Our Little Brother

di Wyatt White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perchè a me? ***
Capitolo 2: *** Girando per i corridoi ***
Capitolo 3: *** Cercasi costumi disperatamente ***
Capitolo 4: *** L'ultimo concerto ***
Capitolo 5: *** Musica maestro ***
Capitolo 6: *** Il primo giorno di scuola ***
Capitolo 7: *** Al centro commerciale ***
Capitolo 8: *** Tra la maniglia e il chiavistello ***
Capitolo 9: *** Un nuovo giorno ***
Capitolo 10: *** Gli innamorati ***
Capitolo 11: *** Un compleanno inaspettato ***
Capitolo 12: *** S.O.S. STILISTA ***
Capitolo 13: *** La mia storia ***
Capitolo 14: *** La scelta ***
Capitolo 15: *** Gita a Seoul ***
Capitolo 16: *** Non sei solo ***
Capitolo 17: *** Un nuovo te ***
Capitolo 18: *** Dubbi ***
Capitolo 19: *** Senza risposta ***
Capitolo 20: *** Addio ***
Capitolo 21: *** Distanti ***



Capitolo 1
*** Perchè a me? ***


Our Little Brother

Perchè a me?



Edward stava camminando per i corridoi della scuola media superiore tenendo una busta gialla, con sopra scritto l’indirizzo di uno dei più famosi college inglesi, l’Arts College di Londra.
Finalmente arrivò davanti al centro postale interno dell’istituto; era terrorizzato: i suoi occhi blu, nascosti dalle lenti degli occhiali, continuavano a muoversi guardando prima la busta che teneva tra le mani, poi la cassetta della posta.
Il ragazzo era titubante sul da farsi, doveva inviare la lettera o no?
Alla fine imbucò la busta, tenendo gli occhi chiusi per la paura!
Portato finalmente il compito a termine, si diresse verso la prossima lezione quando sentì dietro di lui una persona che urlò:
“Edward!”
Allora si girò, e vide che a parlare era stata una ragazza della sua stessa età con i capelli rossi e gli occhi verdi; allora il ragazzo, con un grosso sorriso stampato in faccia, disse:
“Buongiorno, Karen! Come sta andando la mattinata?”
“Buongiorno, Edward! Molto bene, grazie. Volevo essere la prima a farti i complimenti per la vittoria!”
“Grazie, ma non capisco di che cosa stai parlando.”
“Ma come? Non hai saputo? Tu e gli altri avete vinto il concorso per i cosplayers degli SHINee!”
Allora Edward si ricordò tutto: qualche tempo prima, aveva partecipato con altri quattro loro compagni di classe a un concorso in cui centinaia di gruppi si sfidavano per capire chi imitava meglio la boy band sudcoreana.
In quel momento suonò la campanella che annunciava l’inizio della prima ora di lezione. Edward e Karen, perciò, si diressero verso l’auditorium della scuola, dove la professoressa Spring avrebbe tenuto l’ora di musica.
Appena entrarono nel teatro sentirono un ragazzo urlare:
“Un applauso per il nostro Minho!”
Ovviamente il Minho a cui si riferivano era Edward che a questa esclamazione disse:
“Karen, ti prego uccidimi!”
“Dai, smettila! Su entriamo!”
Quindi andarono a cercarsi due posti liberi nelle prime file: non riuscivano a trovare un posto libero neanche a pagarlo,  poi, però, sentirono qualcuno dire:
“Edward, Karen, qui ci sono due posti liberi se volete!”
A parlare era stata Aiko, una loro grande amica d’infanzia, una ragazza giapponese con i capelli marroni e gli occhi scuri.
Allora i due amici dissero:
“Ehi, Aiko, ciao! Arriviamo!”
Si andarono a sedere, quindi, vicino all’amica, che non appena Edward si sedette, disse:
“Edward, che hai fatto ai capelli? Sono biondi!”
“È una parrucca! Non sopportavo più di avere i capelli castani!”
“E perché? Eri così carino: sembravi proprio Minho!”
“Appunto!”
La lezione finì velocemente e i tre ragazzi uscirono dall’auditorium per tornare in classe. Durante il tragitto sembrava tutto normale, ma, non appena girarono l’angolo si trovarono un’orda di studentesse urlanti che si agitavano come delle pazze.
Allora Aiko, un po’ spaventata, disse:
“Ma che sta succedendo? È tornato di nuovo quel supplente francese di ginnastica?”
In quel momento dal mucchio, corse fuori una ragazza che saltò al collo di Edward, urlando:
“Grazie Edward! Grazie di esistere!”
“Prego. Ma perché?”
“Non avete sentito la bella notizia?”
“No! Cos’è successo?”
Intervenne Karen. La ragazza disse:
“Gli SHINee verranno a stare un mese in questa scuola!”
“E sarebbe una bella notizia?”
“Edward! Ma si sa il perché?”
“No, Aiko! Ma si vocifera che dipenda dalla vittoria di Edward e degli altri al concorso!”
Quindi la mattina finì e Edward, Karen e Aiko si diressero verso la caffetteria.
Durante il tragitto, Aiko chiese:
“Non è incredibile che un gruppo così famoso venga a stare nella nostra scuola!”
“Io non lo trovo così strano: ho sempre avuto molta sfortuna!”
“Però, Edward, devi ammettere che stavolta te la sei cercata: sei venuto a studiare nella Corea del Sud!”
“Siamo venuti a studiare in Corea, Karen! Ti ricordo che sei inglese quanto me, se non di più!”
Allora i tre amici scoppiarono a ridere. Poi Edward si fermò di colpo; Karen e Aiko, non vedendolo più, si voltarono e videro che il ragazzo stava frugando nello zaino.
Karen allora gli chiese:
“Tutto bene?”
“Ho dimenticato il mio blocco degli schizzi in teatro! Torno indietro a prenderlo!”
“Noi ti aspettiamo in caffetteria!”
“Va bene.”
“Oh, se vedi gli SHINee, salutaceli. D’accordo?”
“Sì, certo!  Come no!”
Allora il ragazzo si diresse verso l’auditorium. Finalmente arrivò: cercò dappertutto ma non trovò il suo blocco. Dov’era finito? Non poteva essersi allontanato da solo!
Sconsolato decise di raggiungere le amiche. Era veramente triste: quel blocco glielo aveva regalato suo padre prima che partisse per la Corea e ora lo aveva perso. Mentre pensava a tutto ciò, camminava tenendo la testa bassa, quasi pensasse di trovare il suo amato quaderno degli schizzi da qualche parte sul pavimento del corridoio.
Naturalmente, non prestando attenzione a chi passava nel corridoio, andò a sbattere contro qualcuno, cadendo a terra.
Allora quel qualcuno disse:
“Scusami tanto, non ti avevo visto!”
“Non ti preoccupare! Non è colpa tua: non guardavo dove stavo andando!”
Edward alzò lo sguardo e, senza accorgersene, rimase a bocca aperta: il ragazzo con cui si era scontrato era Minho, quel Minho! Quindi era vero che gli SHINee erano nella sua scuola! Edward non ci riusciva a credere: ci vuole un grande impegno per andare a sbattere contro un idol in una scuola in cui ci sono migliaia di persone!
Il rappar notò lo stupore del ragazzo e, vedendo che non si riprendeva, chiese preoccupato:
“Stai bene?”
Allora il ragazzo scosse la testa e, dopo essersi ripreso, rispose:
“Sì, tutto bene! È che non mi era mai successo di investire una star del k-pop di prima mattina!”
L’idol allora scoppiò a ridere, porse la mano ad Edward e lo aiutò ad alzarsi; quest’ultimo disse:
“Grazie.”
“Figurati. Comunque, piacere: il mio nome è Minho.”
“Sì, lo so! Piacere, il mio nome è Edward. Edward Hearts.”
“Oh, davvero? Allora credo che questo sia tuo...”
Subito dopo, tirò fuori un quaderno. Edward lo riconobbe subito: era il suo blocco!
“...l’ho trovato sotto una poltrona del teatro.”
“Ti ringrazio, lo davo già per disperso!”
“Devo dire che disegni molto bene!”
“Scusa, ha-ai guardato i miei disegni?”
“Sì...cioè no...cioè...”
In quel momento, entrambi i ragazzi diventarono rossi dall’imbarazzo. Ci fu un lungo momento di silenzio, poi però il cantante prese coraggio e disse:
“Perdonami, non volevo ficcare il naso nelle tue cose: stavo cercando un indirizzo o un numero di cellulare per poterlo restituire.”
“Stai tranquillo, non è grave: è solo che non mostro molto spesso i miei schizzi.”
“Perché? Sono fantastici!”
“Be’, diciamo che sono un po’ timido.”
La campanella suonò. In quel momento, Edward si accorse di aver parlato con Minho per tutta la pausa pranzo. Allora, un po’ agitato, rivolgendosi al cantante, disse:
“Scusa devo andare. Addio!”
Corse verso la sua aula. Riuscì ad arrivare, non capì in che modo, cinque minuti prima che la professoressa entrasse in classe. Ad aspettarlo lì c’erano le sue due amiche che, sollevate, gli dissero:
“Edward, finalmente! Dov’eri finito!”
“Ehm...”
“Allora?”
“Sono stato fermato da un ragazzo che aveva trovato il mio quaderno.”
“Lo conosciamo?”
“Non credo...può essere...è uno studente nuovo!”
In quel momento Karen ebbe un’illuminazione e, con un ghigno malefico, disse:
“Ti sei ricordato di salutarcelo?”
Allora, anche Aiko realizzò cos’era successo; perciò disse:
“No...non ci credo...tu hai incontrato uno de...”
Edward gli mise una mano sulla bocca, dicendo a voce molto bassa:
“Vuoi scatenare la terza guerra mondiale?!”
“Scusa, ma come è successo?”
“Ve l’ho detto: ha trovato il mio quaderno e me l’ha restituito!”
“Ma chi era?”
Allora Edward disse loro ad un orecchio quale componente degli SHINee aveva incontrato; Aiko, quindi, disse:
“Accidenti, Ed, non poteva andarti meglio!”
“Dipende dai punti di vista!”
Subito dopo entrò la professoressa di coreano che disse:
“Buongiorno, ragazzi. Per caso Edward è qui?”
“Sì, professoressa. Eccomi!”
“Meno male. La preside vorrebbe vederti adesso.”
“Come? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“No no, sta tranquillo. Ti deve chiedere una cortesia. E ha chiesto che tu andassi immediatamente lì.”
Allora Edward si precipitò nell’ufficio della preside: chissà cosa voleva da lui? Forse doveva chiedergli di sistemare la biblioteca. Oppure gli doveva chiedere di aiutare in caffetteria. Era veramente curioso; finalmente arrivò davanti alla porta della presidenza.
Appena arrivato, gli sembrò di sentire delle voci all’interno dell’ufficio: la voce della preside e altre cinque voci che, non sapeva in che modo, ma gli sembrava di conoscere.
Aveva qualche dubbio su cosa fare, ma poi decise di bussare. Che altro poteva fare?
Stava per poggiare le nocche sulla porta, quando all’improvviso la preside disse:
“Edward, entra pure!”
Allora il ragazzo pensò:
“Ma...ma...ma come ha fatto?!”
 Dopodiché Edward entrò e, non appena varcò la soglia, vide che all’interno dell’ufficio c’erano tutti gli SHINee che lo squadravano confusi, tranne Minho che lo guardava quasi volesse dirgli “Sono contento di rivederti!”.
Edward allora disse:
“Mi scusi, mi avevano detto che mi cercava. Ma se è impegnata torno più tardi.”
“No, Edward. Sei arrivato giusto in tempo. Ragazzi vi voglio presentare Edward Hearts: uno dei nostri migliori studenti di canto. E da ora in poi sarà la vostra guida e il vostro vicino di casa.”
“Come?!”
“Sì, Edward. Gli SHINee staranno qui per uno o due mesi e frequenteranno le lezioni. Perciò ho pensato che sarebbe stata una buona idea affiancargli uno dei nostri migliori studenti. E considerando i tuoi eccellenti voti, ho pensato che potessi essere la persona perfetta per questo incarico.”
“Ma come mai sono anche il loro vicino di casa?”
“Semplice: la scuola gli ha affittato l’appartamento accanto al tuo.”
“Io non so se posso...”
“Edward, vinci la timidezza per una volta!”
Dicendogli questo la preside gli mise una mano sulla spalla e lo guardò con aria materna. Allora Ed fece un respiro profondo e disse:
“D’accordo, ci proverò!”
“Perfetto. Oh, dimenticavo: ho organizzato un concerto per presentare gli SHINee. Dovrai portarli tu alle prove.”
In quel momento gli idol iniziarono a urlare:
“Grandioso!”
“Spero che ci siano delle ballerine!”
“Jonghyun sei incorreggibile!”
Edward dopo tutto quello che era successo in quella giornata avrebbe voluto dire un sacco di cose; ma riuscì a dire solamente, sospirando:
“Perché a me?”.

Nei panni dell’autore che ha un nome improponibile

Ciao, vi piace il nuovo titolo?
Esatto ragazzi: gli shawols maschi esistono! E io, purtroppo, sono uno di loro *si nasconde imbarazzato* xD
Allora, ho scritto questa storia dopo aver notato che quasi tutte la fanfiction sugli SHINee hanno come protagonisti solo ragazze. Ho pensato: chissà cosa succederebbe se fosse un maschio ad avere rapporti ravvicinati con i cinque cantanti?
Ed ecco che è nata Our Little Brother ^^
Ci tengo a ringraziare la mia migliore amica che mi ha spinto a finire e a pubblicare la storia. Ti voglio bene Moran <3
Metterò il prossimo capitolo domenica prossima. Spero che la storia vi piaccia e che continuiate a seguirla.
Vi chiedo per favore di recensire questo capitolo: ci tengo a sapere il vostro parere ^^
Grazie a tutti,
                      Wyatt White

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Capitolo 2
*** Girando per i corridoi ***




Edward allora sospirando disse:
“Perché a me?”
“Edward, va tutto bene?”
“Sì, preside. È che...che...”
Il ragazzo doveva inventarsi una scusa alla svelta, per poter scappare.
All’inizio non riusciva a pensare ad una bugia abbastanza convincente; poi all’improvviso l’illuminazione:
“...ho dimenticato lo zaino in classe; sarà meglio che lo vada a prendere.”
Ed, quindi, con uno scatto felino, corse verso la porta; pensava di essere salvo, quando la preside disse:
“Aspetta, Edward! Visto che la tua classe si trova dall’altra parte dell’istituto, potresti portare questi talentuosi ragazzi a visitare la scuola.”
“Sarebbe veramente interessante vedere le varie parti di questo edificio. Ti dispiacerebbe accompagnarci a vederla?”
“Molto! Preferirei spaccarmi una gamba piuttosto che accompagnarvi!”
Ecco quello che Edward avrebbe voluto rispondere a Taemin, ma però pensò che non fosse il caso di dirlo; non sarebbe stato cortese. Sì, certo: gli SHINee non li sopportava, ma non doveva mica darlo a vedere.
Perciò, sforzandosi di sorridere, disse:
“Niente affatto. Sarebbe un vero piacere accompagnarvi!”
“Perfetto. Oh, Edward, potresti andare a prendermi in teatro il programma del concerto?”
“Naturalmente, signora preside. Dove lo trovo?”
“Dovrebbe essere nell’ufficio del personale.”
“D’accordo.”
“Grazie mille.”
Quindi Ed uscì dalla presidenza seguito dagli SHINee, che sembravano stupefatti dalla grandezza e dalla vastità della scuola; continuavano a girarsi, a indicare, a volte anche a toccare pareti. Sembravano incantati da tutto ciò che li circondava.
Intanto il ragazzo, osservando il comportamento dei cinque cantanti, pensava:
“Ma non sono mai stati in una scuola prima d’ora?!”
Il giro incominciò dalle aule, naturalmente vuote: Edward non ci teneva ad essere investito dai decibel delle urla delle studentesse alla vista dei cinque idols del k-pop.
Soprattutto aveva paura di una cosa in particolare: che si mettessero a cantare qualche loro canzone; per lui era già una tortura dover stare con loro, pensate ascoltarli!
Poi li portò a visitare il laboratorio di chimica: un’enorme aula con almeno dieci tavoli piastrellati provvisti di scaffali per gli strumenti; di solito quell’aula non veniva usata molto, visto che quella scuola puntava più sulla musica e sull’arte più che sulle scienze.
Però, i cinque nuovi studenti insistettero per visitarla comunque, perciò Edward chiese ad un bidello, che stava pulendo il corridoio, di aprirgli cortesemente quell’aula.
Il bidello aprì immediatamente il laboratorio e i sei ragazzi, dopo averlo ringraziato, entrarono a visitare l’aula.
 All’inizio sembrava andare tutto bene: i ragazzi guardavano i vari strumenti che erano presenti nell’aula; lo studente controllava da lontano: non voleva stargli con il fiato sul collo, ma non voeva neanche che si facessero male; quindi stava attento che non si mettessero a scherzare con i coltelli o con le beute in vetro.
All’improvviso, Onew, che si trovava nei pressi della porta, cadde in avanti, come al suo solito, sbattendo contro un tavolo.
Allora gli altri suoi compagni scoppiarono a ridere e a dire:
“Onew, sei sempre il solito!”
“Ti devi sempre far riconoscere, leader?”
“Sì, sto bene ragazzi! Grazie per avermelo chiesto.”
Edward, allora, scosse il capo nel vedere il caos che erano riusciti a creare in pochi secondi.
Pensò:
“Due mesi con questi individui? È già tanto se li sopporto una settimana! Figuriamoci un mese!”
Poi i sei cantanti si diressero verso la palestra.
Arrivati davanti all’ingresso dell’aula di ginnastica, Ed si fermò e disse, rivolgendosi agli SHINee:
“In questo momento è in corso la lezione di ginnastica artistica. Devo entrare un secondo a prendere una cosa; voi aspettatemi qui, non dovrei metterci molto.”
“Aspetta, aspetta, aspetta! Ci stai chiedendo di restare qui fuori, quando lì dentro ci saranno almeno una ventina di ragazze?!”
Edward, allora, cercando di rimanere più calmo possibile, rispose a Jonghyun, che sembrava sconvolto dalla richiesta del ragazzino:
“Sì, Jonghyun. Una ventina di ragazze che vedendovi potrebbero urlare talmente forte da demolire la palestra.”
Allora Ed entrò in palestra, chiudendo dietro di sé la porta così in fretta che i ragazzi non fecero nemmeno in tempo a sbirciare.
Intanto nell’aula le ragazze del corso di ginnastica artistica erano impegnate a provare una specie di coreografia con i nastri.
Naturalmente erano tutte vestite con dei body coloratissimi, ma che erano leggermente un po’ troppo attillati, non lasciando nulla all’immaginazione.
Il ragazzo non appena le vide non poté fare a meno di arrossire: non si sentiva molto a suo agio in una situazione del genere;
Dopo essersi leggermente ripreso dall’imbarazzo di quel momento, Edward iniziò a cercare il professore di ginnastica: il professor Chung.
Il professor Chung non era il solito insegnante di ginnastica, ma più uno spirito libero: infatti a questo professore non importava nulla delle medie o della bravura di uno studente, ma la sua tenacia ed il suo spirito d’iniziativa.
Inoltre, il professore, per distinguersi da tutti gli altri professori, veniva sempre a scuola in bermuda e con una camicia a fiori; per non parlare poi della bandana arcobaleno che portava legata intorno alla testa per tenere raccolti i suoi lunghi capelli neri.
Insomma, non era una grossa impresa riuscire a riconoscerlo! 
Dopo qualche minuto che cercava l’istruttore, notò che si trovava proprio in mezzo alle ragazze, che coordinava e dava indicazioni sui movimenti utilizzando un lungo nastro, che agitava in aria accennando dei passi di danza.
Il ragazzo, allora, sospirando, si avvicinò al professore, evitando accuratamente di sbattere contro una delle ragazze.
Quando gli fu accanto, il ragazzo disse:
“Buongiorno, professor Chung.”
“Buongiorno, Ed. Come va?”
“Beh, ho avuto giornate migliori. Sono venuto a prendere il programma delle prove del mio gruppo.”
“Ah, sì certo. Eccolo.”
Quindi diede un fascicoletto ad Edward, dopo avergli dato un’occhiata.
Dopo averlo letto attentamente e aver controllato gli orari delle prove, disse al professore:
“Grazie. Adesso devo andare: sto mostrando la scuola a cinque nuovi studenti.”
“Allora la preside ha incastrato te questa volta!”
“Già. A quanto pare, ogni tanto, avere buoni voti a scuola è uno svantaggio.”
Il professore, quindi, scoppiò a ridere.
Edward, un po’ contrariato dalla reazione del professore, uscì dall’aula per ritornare dagli SHINee: non sapeva spiegarsi il motivo, ma aveva un brutto presentimento, temeva che avessero combinato qualche guaio.
Come dargli torto: dopo quello che era successo in laboratorio, era più che comprensibile il suo timore!
Per fortuna, però, il suo timore si rivelò immotivato;
Infatti, stranamente, i cinque ragazzi erano rimasti seduti su una panchina del giardino, che si trovava davanti alla palestra, ad aspettare che la loro guida uscisse per poi continuare la visita.
Ed ne fu sorpreso: forse li aveva giudicati male!
Minho vedendolo uscire dalla palestra, gli chiese:
“Fatto?”
“Sì. Continuiamo il giro se volete.”
“Certamente.”
“Va bene. Andiamo.”
Quindi ripresero il giro.
Prima andarono nell’aula d’informatica: qui i ragazzi iniziarono a toccare tutti gli schermi e tutte le tastiere; Ed però non si preoccupò più di tanto stavolta: ormai aveva capito che erano delle persone in grado d’intendere e di volere.
Poi, li portò a vedere l’aula di arte; non appena entrarono, tutti e cinque i cantanti rimasero a bocca aperta: quell’aula era enorme ed era piena di opere d’arte.
Infatti l’aula d’arte era lo spazio a cui la preside teneva di più e che riforniva sempre di nuove attrezzature: tele, pennelli, tempere...qualsiasi cosa venisse in mente agli studenti, lei lo comprava. 
I cinque cantanti iniziarono a guardare uno per uno i disegni presenti nell’aula, senza tralasciare nessun particolare.
All’improvviso Taemin, che si stava guardando intorno incantato dai colori presenti nella stanza, corse davanti ad una particolare tela: era una grande tela rettangolare sulla quale erano dipinti tutti e cinque gli SHINee in una scena di Ring Ding Dong.
Il disegno era stato eseguito con una tecnica mista, utilizzando tempere e matite per poi essere completato con dei dettagli argentati, che probabilmente erano stati realizzati con un pennarello dalla punta grossa.
Il cantante allora disse:
“Ragazzi venite a vedere...”
Allora gli altri cantanti si avvicinarono al quadro ed ebbero la stessa reazione del compagno.
Minho iniziò a guardare attentamente il disegno e all’improvviso notò un dettaglio che gli fece intendere qualcosa che gli altri suoi compagni non capirono.
Allora il cantante, rivolgendosi alla loro guida, disse con un sorriso smagliante:
 “Complimenti, Edward. Quanto ti ci è voluto per finirlo?”
Allora Ed, imbarazzato, disse:
“N-non so di che cosa stai parlando...continuiamo il giro!”
Usciti dall’aula di disegno, si diressero verso il teatro per prendere il programma del concerto.
Durante la strada i sei ragazzi rimasero per la maggior parte del tempo in silenzio, poi però, ad un certo punto, Key, che stava osservando da un po’ Edward, gli chiese:
“Edward, posso farti una domanda?”
“Certo. Chiedi pure.”
“Sei coreano? I tuoi tratti non sembrano coreani al 100%.”
“Che occhio, Key! No, sono anglo-coreano: mia madre è inglese mentre mio padre coreano.”
“Forte!”
Edward poi, prendendo coraggio, continuò:
“Posso farvi io adesso una domanda? Come mai siete venuti in questa scuola?”
Allora, Jonghyun, con una smorfia di rabbia e di disgusto, disse:
“Per colpa di cinque sfigati che hanno vinto il concorso! Il nostro agente, vedendo il loro successo, ha pensato che, se loro riescono a conciliare la scuola con le prove, noi potevamo riuscirci almeno per un paio di mesi!”
Il minore si offese molto dopo aver sentito il discorso del vocalist: avrebbe voluto urlargli contro tutto quello che pensava.
Avrebbe voluto dirgli ad esempio:
“Ma come ti permetti! Brutto, minuscolo, dinosauro che non sei altro!”
Oppure:
“Brutto idiota! Perché non ti cuci quella brutta bocca che ti ritrovi!?”
Ma poi, con il tono più freddo che aveva, disse semplicemente:
“Vi assicuro che non era nostra intenzione.”
Onew, allora, quasi come se qualcuno lo avesse folgorato, realizzò il senso implicito della frase. Perciò disse scioccato:
“Aspetta! Non sarai...”
“Uno dei cinque sfigati che hanno vinto il concorso? Sì!”
Detto questo, Edward riprese a camminare in maniera più spedita; non aveva più intenzione di sopportare un minuto di più quei ragazzi se lo dovevano prendere in giro.
I cinque cantanti provarono a chiamarlo per chiedergli scusa; non era loro intenzione mancargli di rispetto. Era stato solamente uno spiacevole incidente di percorso.
Edward, però, non gli diede ascolto: era troppo infuriato per poter ragionare con calma con quei ragazzi, ma soprattutto non voleva ascoltarli.
Minho, allora, disse seccato a Bling Bling:
“Bel colpo, dinosauro: ora è arrabbiato sul serio!”
“Ma come potevo sapere che era uno di loro?”
“Potevi stare zitto!”
Jonghyun era a terra. Non voleva combinare quel macello.
Adesso si sentiva veramente in colpa per quello che era successo e non vedeva l’ora di chiedere scusa allo studente.
Ad Edward, che aveva ascoltato da lontano tutta la loro discussione, dispiaceva che rimproverassero il vocalist: non poteva sapere che lui era uno dei cinque cosplayers.
Voleva salvarlo in qualche modo.
Perciò, con un tono freddo e distaccato, disse ai cantanti:
“La potete smettere: non voglio aspettarvi per tutto il giorno!”
Allora gli SHINee smisero di litigare e raggiunsero la loro guida che si era fermato un secondo per aspettarli.
Finalmente arrivarono in teatro; allo studente era sempre piaciuto quella sala: fin dalla prima volta che ci era entrato, rimase rapito dal grande sipario rosso damascato che serviva a nascondere l’enorme palcoscenico di legno intarsiato, posizionato in cima ad una piccola rampa di scale, che serviva a collegarlo alla zona in cui erano state posizionate le poltrone per gli spettatori.
Edward fece segno agli altri di seguirlo dietro le quinte del palcoscenico; lì raggiunsero una porta sulla quale c’era scritto:
“Accesso acconsentito solo agli autorizzati”
Quindi Ed prese una chiave che era dentro un mobiletto attaccato ad una parete.
Il ragazzo aprì la porta ed entrò.
Poi, notando che i cantanti erano rimasti davanti alla porta con un’aria dubbiosa, disse:
“Volete entrare?”
“Possiamo?”
“Certo.”
Gli idols, allora, entrarono nell’ufficio, anche se un po’ esitanti.
Appena entrarono, rimasero stupiti nel vedere quanti fogli erano presenti nella stanza: sembrava che un tornado li avesse sparsi per tutto l’ufficio.
Però, stranamente, Edward sapeva esattamente dove fossero le cose; infatti, dopo pochi secondi, esclamò:
“Trovato!”
“Hei Edward, come mai c’è una nostra foto qui?”
Allora Ed si avvicinò ad Onew per guardare la foto che gli stava indicando; la guardò un secondo e poi scoppiò a ridere.
Il cantante, un po’ confuso, chiese:
“Perché ridi, scusa?”
“Quelli non siete voi...siamo noi al concorso!”
“Cosa?!”
Allora gli altri quattro cantanti si avvicinarono alla foto ed ebbero la stessa reazione di Onew.
Quelli nella foto sembravano proprio loro; erano identici: stessi occhi, stessi capelli, perfino i lineamenti.
Dietro ai cinque ragazzi erano ben visibile il cartellone del concorso ed il premio, ma i cantanti continuavano a trovare incredibile quello che gli aveva appena detto Edward.
Erano sconvolti!
Jonghyun, curioso, chiese:
“Edward, ci sveli l’enigma, per favore?”
“Prego?”
“Dai che hai capito: chi imiti di noi cinque?”
“Ah...non ve lo dico.”
“Perché?”
“Non ci credereste mai. E poi sarebbe troppo semplice.”
“Sai che lo scopriremo, vero?”
Intervenne Minho, sfidando Ed con lo sguardo; il ragazzo rispose:
“Naturalmente: sarebbe strano se non ci riusciste in due mesi. Ora andiamo.”
Dopodiché i sei ragazzi si avviarono verso l’uscita; nel tragitto, intanto, gli SHINee cercarono di cogliere qualcosa nel modo di camminare della loro guida che gli permettesse di capire a quale di loro potesse assomigliare.
Naturalmente fallirono miseramente!
Finalmente giunsero a destinazione; lì Key disse:
“Grazie di cuore per averci fatto vedere la scuola.”
“Figurati. È stato un piacere.”
“Vuoi un passaggio fino al condominio? Tanto viviamo nello stesso palazzo.”
“No, grazie.”
“Sicuro? È abbastanza lontano da qui.”
“Sicurissimo. Inoltre, devo portare questi documenti alla preside.”
“D’accordo. A domani allora.”
“A domani.”
Salutati i ragazzi, Edward rientrò a scuola, recuperò la cartella e portò il programma del concerto alla preside.
Arrivò a casa verso le 20:00.
Era esausto e non vedeva l’ora di andare a dormire.
Stava per aprire la porta quando notò che sopra di essa era attaccato un biglietto con sopra scritto:
Grazie di tutto e scusa per la frase infelice di Jonghyun.
                                                                                                 Gli SHINee

Edward sorrise: aveva veramente giudicato male quei ragazzi.
Poi entrò in casa e andò a dormire, sfinito dopo tutta quella giornata.    

Nei panni dell’autore

Incredibile! Sono riuscito a rispettare i tempi che mi ero stabilito! Evviva! *saltella dalla gioia*
Allora in questo capitolo ho cercato di descrivere meglio le emozioni e i luoghi della storia ^^ spero di esserci riuscito ^^
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo di questa storia e ringrazio HikariKamishi per la sua recensione e per i suoi consigli ^^
Grazie a tutti, spero che il capitolo vi piaccia e che recensiate questo capitolo ^^
A domenica prossima,
                                    Wyatt

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Capitolo 3
*** Cercasi costumi disperatamente ***


Cercasi costumi disperatamente

Quella mattina arrivò troppo presto per Edward.
La sveglia suonò alle 6:50 e il ragazzo si trascinò in bagno come uno zombie: trascinava i piedi come se fossero di cemento, le braccia erano ancora addormentate e ciondolavano ad ogni movimento dello studente;
gli occhi poi erano quasi inutili poiché Ed, nello stordimento più totale, si era dimenticato di mettersi gli occhiali, anche questi blu come i suoi occhi.
Riuscì ad arrivare in bagno, senza però capire come avesse fatto visto che di solito, quando non mette gli occhiali, continua a sbattere dappertutto.
Iniziò a sciacquarsi il viso per cercare di svegliarsi, poi passò a lavarsi i denti e così via.
Mentre si lavava, Ed iniziò a ripensare allo strano sogno che aveva fatto la sera prima;
infatti, la sera precedente, il ragazzo aveva sognato che la preside gli aveva chiesto di occuparsi di alcuni animali, tra cui una rana gigante e, non sapeva perché l’avesse sognato, un dinosauro.
E la cosa ancora più strana è che ad Edward sembrava di conoscere questi animali e qualche momento prima aveva parlato di arte con quella rana gigante, che lo guardava con un sorriso a trentadue denti.
Inoltre, sempre nel sogno, li aveva portati in giro per tutta la scuola e, dopo un po’, questi animali avevano iniziato a prenderlo in giro perché...sinceramente non si ricordava neppure il motivo.
Poi, come se non bastasse, il sogno finiva con la preside che diceva ad Ed di occuparsi di quelle creature per tutto il tempo che sarebbero rimaste in quella scuola.
Finalmente Edward, ancora un po’ disorientato da quel sogno, uscì dal bagno.
Stava per andare a mettersi la parrucca e gli occhiali, quando sentì qualcuno, nell’appartamento accanto al suo, urlare:
“Key, ti decidi ad uscire da quel bagno: ci sono altre quattro persone che devono usarlo!”
“Senti, Bling Bling, ho bisogno di molto tempo per prepararmi. Va bene?”
Allora Ed capì che non aveva sognato l’altra sera, ma aveva vissuto una seconda volta il suo incubo peggiore.
Ora era tutto chiaro: la rana gigante era Minho e il dinosauro era Jonghyun.
Il suo cervello era rimasto talmente traumatizzato all’idea che il ragazzo dovesse fare da balia a quei cinque cantanti, che ha rielaborato il fatto in un sogno in modo da renderlo meno orribile: in effetti, Ed avrebbe preferito badare ad un dinosauro piuttosto che a Jjong.
Poi, all’improvviso, realizzò che non era quella la cosa peggiore che potesse capitargli.
C’era di peggio rispetto al fare da baby-sitter agli SHINee;
infatti, Ed si ricordò che quel giorno ci sarebbe stato il concerto di quei cinque ragazzini e avrebbe dovuto passare circa otto ore ad ascoltarli mentre facevano le prove.
In quel momento sentì vibrare le sue corde vocali e la lingua fremere; stava per dire qualcosa, qualcosa di cui sicuramente si sarebbe pentito.
Allora si chiuse la bocca con entrambe le mani e corse più velocemente possibile sul balcone.
Attraversò la sua camera e uscì sul terrazzino, chiuse la porta dietro di sé e infine, dopo aver preso un grosso respiro e, naturalmente, dopo aver tolto le mani dalla bocca, urlò con tutta la voce che aveva:
“Perché sono venuto a studiare nella Corea del Sud?!”
Poi si sedette su una sedia che era posizionata intorno ad un piccolo tavolo  di legno che la sua famiglia gli aveva regalato qualche giorno prima che ripartissero per Londra, lasciando il ragazzo da solo a vivere con una cultura totalmente diversa da quella inglese.
Ed era veramente agitato quando la sua famiglia partì; pensava:
“E adesso cosa farò? Come farò a sopravvivere qui senza la mia famiglia?”
Era devastato! Temeva di non riuscire a resistere nemmeno per cinque minuti senza qualcuno che lo aiutasse.
Simon, suo fratello, in qualche modo, si accorse della grande paura che provava Edward.
Allora, Simon, qualche ora prima di partire, disse a suo fratello:
“Fratellino, non devi aver paura. Il fatto che torniamo in Inghilterra, non vuol dire che non ci saremo per te: se mai dovessi sentirti in difficoltà, vai sul tuo terrazzino e siediti vicino al tavolino che ti abbiamo regalato. In quel momento, sappi che noi saremo insieme a te.”
Da quel giorno Edward andò molte volte a sedersi vicino a quel tavolo.
Quando si sedeva lì vicino si sentiva meglio, perché si sentiva accanto alla sua famiglia.
Per fortuna, il tavolo riuscì anche in quella occasione a calmare Ed che, dopo essersi tranquillizzato, ritornò in camera sua a prepararsi per la lunga e faticosa giornata che lo aspettava.
Nel frattempo, dall’appartamento degli SHINee, si sentiva:
“Ontokki, ora che, finalmente, è uscito Umma, stai tu in bagno per ore?!”
“Scusa, Jonghyun. Non è colpa mia se sei lento e non ti sbrighi ad entrare in bagno!”
Ed, era sconvolto: non solo quei ragazzi non riescono a dividersi un bagno, ma la loro voce attraversava le pareti.
Persino dalla sua camera riusciva a sentirli, sembrava quasi che avessero messo un microfono nella casa del ragazzo; e la cosa iniziava ad infastidire Edward.
Infatti il ragazzo aveva iniziato a pensare di insonorizzare la casa o almeno la sua camera: sinceramente non ci teneva a sentire le voci dei cinque cantanti mentre dormiva.
Mentre Ed pensava a tutte queste cose, la discussione tra gli SHINee continuava.
E adesso non erano solo Jonghyun e Onew; ora si erano messi ad urlare anche Key e Taemin e più continuavano a litigare, più loro urlavano.
All’improvviso, Minho urlò:
“Smettetela i urlare, voi quattro! Così rischierete di svegliare Edward!”
Allora Ed uscì dalla sua stanza e, un po’ stanco della loro discussione, urlò:
“Non preoccuparti, Minho. Mi ero svegliato prima di voi. Preoccupatevi di non svegliare l’intero condominio, piuttosto!”
“Oh, è vero. Scusa.”
I cinque ragazzi, finalmente, tacquero; e lo studente poté tornare a prepararsi per uscire.
Non sapeva ancora bene cosa mettere: non aveva mai dovuto passare un’intera giornata con cinque ragazzi contro la sua volontà.
Quindi decise di lasciar stare per il momento l’abbigliamento, e di preparare, intanto, la borsa con il necessario per sopravvivere.
Prese una tracolla dall’armadio, quella che di solito usa per andare a scuola, e iniziò a metterci il suo blocco e l’astuccio; cose indispensabili per il ragazzo.
Poi prese l’mp3 e le cuffiette: così da poter ascoltare musica per lui decente.
Infine, nel dubbio, prese anche un libro e degli spartiti che doveva studiare per scuola.
Ecco, ora pronto per le prove!
Aveva tutto il necessario per sopravvivere.
Stava per mettere il cellulare nella borsa, quando lo sentì squillare.
Lo aprì e vide che c’era un messaggio di Karen che diceva:
“Ehi ciao come va? Ieri sei sparito! Cos’è successo?”
Ed pensò un attimo a cosa rispondere.
Poi le scrisse:
“Scusa. La preside mi ha incastrato a fare da balia a tu sai chi.”
“Accidenti! Vorrei essere al tuo posto! La tua solita fortuna!”
“La mia solita sfortuna, vorrai dire!”
Rispose allora Edward, demoralizzato: per Karen, quello che stava succedendo al ragazzo era una grande fortuna, ma per lui era una grande tragedia.
Due secondi dopo, Karen gli mandò un messaggio con scritto:
“Non dire così.”
“Invece sì. Sembra quasi che la sfortuna mi abbia abbandonato.”
Ci fu di nuovo una pausa nella chiacchierata; però stavolta durò molto di più rispetto a quella precedente: circa cinque minuti. A quanto pare Karen non sapeva cosa dire per aiutare l’amico.
All’improvviso il cellulare squillò di nuovo.
Ed lo aprì e trovò un nuovo messaggio di Karen che diceva:
“Beh, se la pensi così, indossa la felpa.”
“Giusto, hai ragione! Cosa farei senza di te?”
“Non riusciresti a fare niente! A stasera.”
“A stasera.”
Dopo aver salutato l’amica, quindi, aprì l’armadio e cercò la felpa consigliata dalla sua amica.
Quella felpa, però, non era una felpa qualunque, ma la sua felpa fortunata: una felpa bianca sulla quale Edward, in corrispondenza della manica destra, aveva creato un motivo a macchie verdi, blu e grigie che diventava più sulla spalla.
Poi sopra, per completare l’opera, aveva disegnato un lungo nastro azzurro che sembrava tener unita la manica come una i lacci tengono chiuse le scarpe.
Questa felpa l’aveva messa una volta per un compito di geografia.
Era molto preoccupato per quell’esame, ma stranamente durante il compito era tranquillissimo e non solo, prese il massimo quella volta, lasciando tutti i suoi compagni e il suo professore senza parole.
Da quel giorno la felpa gli aveva portato sempre fortuna e sperava che lo aiutasse ad affrontare le avversità che avrebbe incontrato nell’arco della terribile giornata che lo aspettava.
Prese una maglia azzurra e dei jeans; li indossò.
Infilò la felpa: all’inizio era indeciso se lasciarla aperta o chiuderla, ma poi decise di lasciarla aperta.
Si mise i suoi amati occhiali blu, dopo averli puliti tre volte come al suo solito.
Finalmente adesso riusciva a vedere quello che gli stava intorno: di solito anche se non portava gli occhiali riusciva a vedere alcune cose, ma quella mattina proprio non riusciva a distinguere nulla oltre il suo naso.
Infine, indossò la parrucca bionda, facendo attenzione a nascondere tutte le sue ciocche castane: se non faceva attenzione, i suoi capelli rischiavano di sembrare l’inverso di quelli di Jonghyun!
Quindi, dopo aver infilato un paio di scarpe da ginnastica, uscì dall’appartamento per andare a chiamare i cantanti e portarli alle prove.
Arrivò davanti alla loro porta: quella porta era identica a quella del suo appartamento ma non sapeva perché questa qui gli dava i brividi.
Non ne capiva il motivo: era una semplice di porta di legno dipinta di blu con sopra un numero scritto in caratteri dorati, eppure gli metteva una grande paura; forse era l’idea che dietro quella porta c’erano cinque idols coreani. Non lo sapeva proprio.
“Ma devo chiamarli per forza?”
pensò
“Potrei far finta di essermi dimenticato. Ma...che cavolo sto dicendo?! Non ho scelta!”
Incominciò, allora, ad avvicinare le nocche alla porta ma la sua mano non voleva proprio collaborare.
Si disse tra sé a sé:
“Edward, coraggio! Bussa! Bussa!”
Quindi prese un grande respiro e bussò alla loro porta.
Qualche secondo dopo, sentì Onew urlare:
“Sto arrivando. Un secondo.”
Poco dopo l’idol aprì la porta: era ancora mezzo addormentato e doveva ancora cambiarsi.
Edward, un po’ imbarazzato, disse:
“B-Buongiorno, Onew. Siete pronti ad andare?”
Il cantante, senza accorgersene, rimase a bocca aperta: all’inizio non aveva riconosciuto lo studente che li aveva accompagnati nel loro giro turistico il gioeno prima.
Era talmente diverso!
Ed, confuso, chiese:
“Va tutto bene?”
Onew, ancora scioccato, disse:
“Cosa?...ah sì...tutto bene, scusa. È solo che sembri così diverso!”
“In senso buono o cattivo?”
“Buono, naturalmente.”
“Oh...beh...grazie, allora.”
Allora Onew sorrise ad Ed, che ricambiò il sorriso, un po’ timidamente.
All’improvviso sentirono una specie di terremoto provenire dall’appartamento dei cantanti.
Poi, videro uscire di corsa Jonghyun, all’apparenza molto spaventato, rincorso da Key che, con uno sguardo omicida, urlò al vocalist:
“Come ti sei permesso, brutto dinosauro che non sei altro?!”
I due ragazzi continuavano a correre in tondo nel pianerottolo: Jonghyun urlava spaventato, mentre Key lo rincorreva agitando in aria i pugni.
Subito dopo sbucò fuori dall’appartamento Minho che, cercando di farli calmare, incominciò anche lui a girare per il pianerottolo.
Ed, allora, un po’ irritato, urlò:
“Fermi! Un altro passo, e gli SHINee diventeranno quattro!”
Il silenzio piombò tra i due litiganti, che sembravano terrorizzati dalla minaccia di morte del ragazzo.
Onew, stupefatto, disse:
“Complimenti, Edward! Mi insegni come si fa a farli stare buoni?”
Nel frattempo, Taemin era uscito dall’appartamento, attirato dal baccano; e, ancora con lo spazzolino in mano, chiese:
“Che succede? Key ha ucciso Jonghyun?”
“No, ma ci stava giusto per spiegare il motivo del loro screzio. Giusto, Key?”
“Ah...sì, Edward. Prima di partire, Jonghyun ha tolto dal baule tutti i costumi per il concerto!”
“Cosa?!”
“Come hai potuto?!”
I cinque ragazzi, allora, ricominciarono a litigare e ad urlare ancora più forte di prima.
Ed non ci vide più dalla rabbia: dei ragazzi che si comportavano come dei bambini viziati; è inconcepibile!
Allora, molto arrabbiato, urlò:
“Smettetela di litigare. Sembrate dei ragazzini di cinque anni. Vi dovreste vergognare! Adesso andiamo, siete in ritardo per le prove!”
Il ragazzo, quindi, si diresse verso l’uscita del condominio, seguito dai cinque cantanti che si vergognavano da morire per il loro comportamento.
Edward aveva ragione: avrebbero dovuto cercare una soluzione al problema, non iniziare a litigare come dei neonati.
Durante la strada, i cantanti provarono più volte a chiedere scusa ad Ed ma, ogni volta che ci provavano, il ragazzo aumentava il passo e si allontanava: non aveva per niente voglia di starli a sentire.
Edward, in quel momento, stava pensando ad un ipotetico piano B per il problema dei cinque cantanti.
All’improvviso il lampo di genio: aveva avuto l’idea geniale che stava cercando!  
Arrivarono in teatro e lì Edward disse:
“Io ora vado a fare una commissione. Torno più tardi.”
Detto questo se ne andò.
Dopodiché,  gli SHINee iniziarono le prove, anzi, iniziarono a cercare uno stereo per mettere la musica. Lo trovarono dopo  circa mezzora tra i vari attacchi di Onew condition.
Intanto Ed si era diretto verso il suo appartamento stanco, una volta aperta la porta, finalmente, si fiondò in camera sua dove inizio a rovistare tra i cassetti della sua scrivania.
Cercò a lungo finché non riuscì a trovare quello che stava cercando: il suo portafoglio in pelle nera.
Compiuta la sua impresa si diresse verso il centro della città.
Una volta arrivato a destinazione entrò in un negozio di abbigliamento, ma non uno qualunque il suo negozio di abbigliamento, dove lavorava part time.
Appena entrato iniziò a cercare tra gli stand di vestiti e a guardare tutti gli articoli esposti.
All’improvviso sentì qualcuno dirgli:
“Hey Edward non sapevo che avessi il turno oggi.”
Ed si girò:
“Ciao Miyuki. Infatti oggi non lavoro.”
“Che ci fai qui allora?”
“Mi sono accorto che non ho mai speso i miei bonus natalizi. Quindi ho pensato di comprare qualche vestito.”
“Per te?”
“No, per cinque miei amic- conoscenti.”
“Hai già qualcosa in mente?”
“Hai presente lo stile SHINee?”

- Nel frattempo alla palestra –

I ragazzi stavano provando da quelle che sembravano ore.  Key, che era solito segnare lo svolgimento delle prove, aveva un’ agenda dove, sul giorno corrente era scritto:

REPLAY: 6
QUASIMODO: 5
IN MY ROOM: 6
Perché Jonghyun non segue  il tempo?


Dove i numeri stavano per le volte che avevano provato il pezzo. Stavano provando Lucifer ma nessuno riusciva a concentrarsi: troppo presi da quello che Ed aveva detto sul loro comportamento infantile.
Al secondo minuto della canzone, Key si fermò, si avvicino allo stereo e lo spense seccato.
Poi disse:
“ORA BASTA!” fece un respiro profondo per calmarsi: “È inutile: nessuno di noi riesce a concentrarsi.”
“Hai ragione Divah, state pensando anche voi a quello che ha detto Edward?”
“Sì. Ci siamo veramente comportati da stupidi.”
“Forse dovremmo fargli le nostre scuse.”
“Scuse accettate... ma per cosa?” disse Ed entrando con cinque enormi porta abiti tra le braccia.
Allora Minho corse giù dal parco e si avvicinò allo studente.
“Per il nostro comportamento di sta mattina.” Disse provato, poi prese la forza di continuare: “Scusaci tanto.”
“Figurati. Dovrei essere io a scusarmi. Non dovevo permettermi di dire quelle cose.”
“Invece avevi ragione. Nessuno aveva mai avuto il coraggio di dircelo in faccia.”
Non appena il rapper ebbe finito il leader intervenne:
“Edward che sono quelli?”
“Che domande! I vostri regali di benvenuto!”
Quindi Ed diede ad ognuno di loro un porta abiti. Il più svelto fu Jonghyun che rimase a bocca aperta: era un costume di scena, formato con una giacca nera con inserti rossi, una maglia con forme geometriche su tinte simili e Jeans bianchi. Differiva dai costumi degli altri solo per il colore: ognuno aveva il suo.
I cinque cantanti erano stupefatti: non si aspettavano che il ragazzo gli comprasse i vestiti.
Erano senza parole.
Ed preoccupato:
“Che c’è? Non vi piacciono?”
“Cosa? No! Ci piacciono moltissimo è che... che... che non ce lo aspettavamo, tutto qui.”
“Beh sapevo che vi servivano e quindi sono andato a comprarli.”
“Quanto hai speso? Vorremmo ridarteli.”
Edward, alla domanda di Key, scosse la testa e disse:
“Non se ne parla, è un mio regalo per voi.”
“Almeno dicci come possiamo sdebitarci.”
“Cercando di non perderli fino a domani. Va bene?”
Ed sorrise. I ragazzi non riuscivano ancora a trovare le parole. Allora il minore disse:
“Non è il caso che riprendiate le prove?”
I ragazzi annuirono e le prove ricominciarono con nuova carica.


Nei panni dell’autore

Ciao a tutti ^^ eccomi qui con il nuovo capitolo ^^ spero vi sia piaciuto ^^
Allora in questo capitolo ho scritto un sacco di cavolate, lo so! A partire dal sogno di Edward ad arrivare a...praticamente tutto il capitolo xD
Devo fare un ringraziamento speciale alla mia migliore amica Moran che, anche se ha dormito sul divano quasi tutto il tempo, mi ha aiutato a scrivere questo capitolo ^^
Grazie ancora a tutti quelli che hanno letto i capitoli precedenti e a HikariKamishi che ha recensito i vecchi capitoli ^^
A domenica prossima,
                                 Wyatt
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** L'ultimo concerto ***


L’ultimo concerto


Ormai era la quinta ora di prove dall’inizio della giornata.
I cinque cantanti erano stremati e Edward aveva le mani in fiamme per quanto aveva applaudito.
Da quando Ed era tornato dalla sua missione, gli SHINee, forse rincuorati per aver fatto pace con lo studente, avevano incominciato a lavorare meglio; erano molto più concentrati e nelle coreografie avevano ritrovato la loro caratteristica sincronia.
Inoltre Key non doveva più prendere appunti sull’andamento delle prove visto che Edward si era offerto di scrivere al posto suo, cosicché il cantante potesse pensare solo alle prove.
Allo scoccare della sesta ora di prove, la pagina dell’agenda di Umma era piena in ogni suo angolo e i cinque cantanti stavano provando per settima volta Hello.
All’improvviso, Onew cadde a terra esausto e con un filo di voce disse:
“Vi supplico, facciamo una pausa. Sto per svenire!”
I suoi compagni ci pensarono un po’, poi, dopo qualche secondo dissero:
“Sì, d’accordo. Ma cinque minuti. Ok?”
Onew annuì.
Allora i cinque ragazzi scesero dal palco e si andarono a sedere vicino al nuovo conoscente.
Non appena si sedettero tirarono un sospiro di sollievo: per loro quelle poltrone erano il paradiso dopo più di cinque ore di prove senza sosta.
Edward fu molto sorpreso quando gli SHINee si sedettero accanto a lui: c’erano poltrone anche più vicine al palco rispetto a quelle della fila in cui si era seduto Ed, che si trovava circa a metà della sala.
Continuava a pensare:
“Ma come mai ci tengono così tanto a me?”
Proprio non riusciva a darsi una risposta.
Intanto gli SHINee continuavano a lamentarsi per tutte le ore di prove che avevano fatto e dicevano che non vedevano l’ora che finissero anche quelle ultime due ore rimanenti.
Lo studente, un po’ dispiaciuto per loro, disse:
“Secondo me, potete anche smettere di provare: tanto le sapete già benissimo le canzoni.”
“Si può sempre migliorare.”
Gli rispose Taemin, sorridendo.
In quel momento, Minho ebbe l’idea di  approfittare della stanchezza dei suoi compagni per scoprire di chi faceva l’imitazione Edward.
Allora, con un ghigno diabolico sulla faccia, disse al minore:
“Senti Ed, perché non dai il cambio ad uno di noi? Tanto sai le coreografie e anche, forse, le canzoni.”
Il cantante pensava di avere la vittoria in pugno, ma, purtroppo per lui, Edward aveva capito benissimo le intenzioni del rapper.
Quindi, lo studente, anche lui con un ghigno ancora più diabolico, gli rispose:
“Senza forse! No, mi dispiace:  non voglio darvi la soddisfazione di scoprire chi imito di voi. Comunque...bel tentativo!”
Il maggiore sbuffò: non era abituato a perdere; e poi non poteva crederci che il ragazzo riuscisse a tenergli testa.
Pensava:
“Ma non gli incuto neanche un po’ di paura?!”
Il ranocchio gigante, però, era intenzionato a non arrendersi; perciò, rispose:
“Ma dai. Non era per quello: volevo solo capire se sei bravo come dicono.”
“Be’, se vuoi ci sono tutti i video delle esibizioni del concorso su internet.”
“Dai?! Per favore?”
“No, mi dispiace. Magari un’altra volta.”
“Quando?”
“Stasera.”
In quel momento entrò la preside, vestita come al solito con un completo molto elegante color blu scuro, che, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, continuò:
“Infatti, voi SHINee vi esibirete con Ed e gli altri suoi compagni di classe.”
“Cosa?!”
Edward scattò in piedi: non voleva, non poteva crederci che la preside avesse pensato ad una cosa del genere.
Non poteva crederci che volesse veramente metterli in paragone con i cinque cantanti sul palco davanti a migliaia di persone; era come pretendere che una tartaruga corresse alla stessa velocità di un ghepardo.
Sarebbe stato un disastro!
All’affermazione della preside, Taemin, entusiasta, disse:
“Ma è un’idea fantastica!”
“Almeno così potremo vedere te e gli altri esibirvi!”
continuò Jonghyun, anche lui contento.
Minho, invece, non disse nulla; ma era chiaro a cosa stava pensando:
“Ho vinto, Edward!”
Lo studente, che sperava ancora di far cambiare idea alla direttrice, disse:
“Ma, preside, non proviamo i pezzi da mesi, ormai!”
“Lo so. Ed è per questo che ho chiamato gli altri tuoi compagni. Così mentre loro finiscono le prove, voi proverete i brani in palestra.”
“Ma...”
“Niente ma! Ormai è deciso!”
Il ragazzo sbuffò: non solo doveva badare a quei cinque ragazzi, ma adesso doveva anche esibirsi con loro durante uno spettacolo in cui saranno presenti tutti i suoi compagni di classe; ma scherziamo?!
Purtroppo, però, quando la preside si metteva in testa qualcosa era quasi impossibile fargli cambiare idea.
In quel momento iniziò a chiedersi perché la sua felpa gli stava portando così tanta sfortuna; l’aveva indossata per non avere problemi, non per crearsene di nuovi!
Alla fine, per sua sfortuna, dovette cedere e quindi, un po’ seccato, disse:
“Va bene. Vado a cambiarmi e a prendere le lenti a contatto colorate.”
“Lenti a contatto colorate?”
chiese confuso Onew, che continuò:
“A che ti servono, scusa?”
“Per il costume: non si è mai visto un coreano con gli occhi azzurri.”
Detto questo, Ed si diresse nuovamente verso il suo appartamento.
Era imbufalito: altro che felpa fortunata...è una felpa sfigata!
Dopo una decina di minuti, arrivò finalmente davanti alla porta della sua casa.
Lì entrò in camera sua e aprì l’armadio per cercare la sua tuta da ginnastica; cercò nei vari cassetti del mobile e dopo qualche minuto riuscì a trovare ciò che stava cercando: un completo composto da pantaloni lunghi bianchi e felpa azzurra con la cerniera.
Prese quindi una maglietta da un altro cassetto, indossò la tuta e, quasi cacciando un urlo dalla rabbia, gettò all’interno dell’armadio la sua ex-felpa fortunata.
Quindi, prese una scatola di lenti a contatto colorate, ancora chiusa, e si diresse verso la palestra della scuola.
Lì ad aspettarlo c’erano tutti gli altri membri del suo gruppo: Bae, Kwan, Jung-su e Hyun Ki; naturalmente erano tutti e quattro coreani, solo Edward costituiva un’eccezione.
I quattro ragazzi non appena videro Ed, esclamarono in coro:
“Hello Amigo! Hai visto Lucifer che chiedeva un Replay a Julliette?”
“Pessima ragazzi! Davvero una pessima battuta! Spero che non ci abbiate pensato a lungo.”
“In realtà era una battuta di Bae.”
“Ah, ora si spiega tutto.”
Allora Bae, l’imitatore di Onew, chiese:
“Che vorresti insinuare?”
“Che, esattamente come Onew, riesci a farci ridere solo due volte all’anno.”
In quel momento i cinque imitatori sentirono qualcuno bisbigliare da dietro la porta:
“Ma è vero? Le mie battute sono così orribili?”
“Sì, anche di più.”
Hyun Ki allora, un po’ confuso, chiese:
“Ma chi è?”
“Cinque ragazzi che rischiano la morte!”
Quindi Ed si avvicinò con passo felpato alla porta; non sapeva perché ma, più si avvicinava, più aveva voglia di ammazzarli.
Arrivò davanti alla porta e finalmente riuscì a sentire chiaramente i cinque condannati a morte che dicevano:
“Che idea geniale!”
“Già: adesso potremo scoprire chi ci imita!”
“Come mai non sento cantare? Se ne saranno accorti?!”
“Ma figurati se ci scoprono! Non se ne accorgeranno mai.”
“Invece ce ne siamo accorti!”
Ed, allora, aprì la porta di colpo, lasciando spiazzati gli idols.
Credevano che il loro piano fosse infallibile, invece, erano stati scoperti praticamente subito; erano abbastanza delusi, ma anche molto spaventati dallo sguardo omicida di Edward.
Lo studente, cercando di trattenersi dall’uccidere quei cinque ragazzi, disse:
“Non vi ha insegnato nessuno che è maleducazione origliare?”
“No...non st-stavamo origliando.”
“Ah no? Be’, allora potete anche tornare a casa vostra.”
“Assolutamente no!”
“Non costringetemi a mandarvi via con la forza!”
I cinque ragazzi scoppiarono a ridere che quasi rimasero senza fiato.
Non si aspettavano che Ed dicesse una cosa del genere; insomma, erano pur sempre più grandi di lui. Non ce l’avrebbe mai fatta a batterli tutti e cinque.
Quindi, Jonghyun disse:
“Siamo cinque contro uno: come pensi di riuscire a mandarci via? Con la forza?”
Jonghyun aveva ragione: non poteva batterli nella forza fisica, ma Edward aveva un vantaggio su di loro: lui non era famoso!
Allora fece un ghigno malefico e, con una voce cristallina, quasi come quella di una ragazza, urlò:
“Oh, mamma mia! Ci sono gli SHINee davanti alla palestra!”
In quel momento, da un lato del corridoio, si sentirono delle urla fortissime; poi spuntarono centinaia di ragazze che urlavano:
“Vi amiamo, SHINee!”
oppure:
“Sposami, Onew!”
o cose del genere.
I cantanti erano spaventati a morte: un’orda di shawols stava per aggredirli.
Tremavano all’idea di trovarsi intrappolati tra tutte quelle fans.
Allora, Edward, con uno sguardo soddisfatto, disse:
“L’uscita più vicina è in fondo al corridoio. Vi conviene scappare, altrimenti vi travolgeranno!”
Gli SHINee, ancora terrorizzati, seguirono il consiglio dell’istigatore di shawols e iniziarono a fuggire; mentre correvano, però, Jonghyun si girò un secondo, verso Edward, per urlare:
“Ed, questa me la paghi!”
Edward scoppiò a ridere: non pensava che sarebbe stato così facile mandarli via.
Pensava che avrebbe dovuto combattere per la propria privacy, invece, gli è bastato urlare che quei cinque ragazzi erano in palestra per farli scappare a tutta velocità.
Dopo qualche minuto riuscì finalmente a calmarsi e tornò a provare.
Mentre Edward rideva per la riuscita del suo piano, gli SHINee erano usciti dalla scuola, cercando di seminare le shawols impazzite; ma la missione si rivelò più difficile del previsto: infatti, non appena giravano l’angolo, trovavano sempre nuove fans che iniziavano ad inseguirli.
Finalmente, dopo circa un’ora dall’inizio dell’inseguimento, riuscirono a seminare tutte le ragazze e quindi, esausti per la corsa, decisero di tornare nel loro appartamento.
Ormai non riuscivano neanche più a reggersi in piedi per lo sforzo fisico che avevano subito: le gambe cedevano ogni tre passi e le loro braccia sembravano essere senza ossa, visto che ciondolavano di qua e di là senza che i ragazzi le potessero controllare.
Avevano proprio bisogno di riposare un po’ prima dell’inizio del concerto.
Non appena entrarono in casa, Taemin scoppiò a ridere e, quasi rimanendo senza fiato, disse:
“Incredibile: Edward ci ha messi fuori gioco fingendosi una shawol. Voi ci avreste mai pensato?”
“No, chi se lo poteva aspettare.”
“È riuscito a trasformare la nostra popolarità in un vantaggio; è intelligente il ragazzo.”
Il ranocchio invece non diceva nulla: era troppo arrabbiato per poter dire qualcosa.
Era già la seconda volta che Edward gli teneva testa quel giorno; e la cosa gli iniziava a dare fastidio.

- Nel frattempo alla palestra –

I cinque imitatori stavano finendo di provare l’ultima canzone del concerto.
Ripassare i brani era stato molto più facile di quello che pensavano: infatti, tutti e cinque i ragazzi ricordavano perfettamente le coreografie e sapevano cantare benissimo le canzoni.
Non sembrava affatto che fossero passati mesi dall’ultima volta che si erano esibiti.
La canzone finì e Ed, entusiasta, disse:
“Bene ragazzi, questa era l’ultima canzone!”
“Grandioso! Allora che dite? Andiamo a casa a riposare un po’.”
“Sì, certo. Però io penso che arriverò un po’ prima per riscaldarmi: Taemin è davvero molto sciolto nei movimenti, e io lo devo essere ugualmente; altrimenti che imitatore sarei!”
“Sì, anch’io penso che arriverò prima per avere più tempo per farmi di nuovo le ciocche viola. Arrivi anche tu prima, Edward?”
“Quasi quasi. Almeno così ripasso di nuovo i rap. Tu, Jung-su?”
“Sì, anch’io arrivo prima. Magari ti do una mano a ripassare i rap.”
Allora i ragazzi, dopo essersi messi d’accordo per trovarsi in teatro un’ora prima del concerto, si congedarono e ognuno di loro tornò al proprio appartamento per prendere i costumi.
Perciò Ed si diresse verso casa per prendere tutto ciò che gli serviva per quella sera.
Non appena entrò in casa, si diresse verso la sua camera e tirò fuori da sotto il letto un enorme e pesantissimo trolley, dove era contenuto un intero arsenale di trucchi che sarebbe servito a truccare lui e i suoi compagni.
Poi aprì l’ultimo cassetto in basso dell’armadio e tirò fuori il costume che aveva indossato per il concorso: un paio di pantaloni neri di pelle, un giacchetto nero, con  delle cerniere in corrispondenza delle cuciture lungo i fianchi, e una maglietta con la stampa di una cravatta, che cambiava colore in base all’imitatore.
Infine prese dalla scarpiera un paio di anfibi neri, che buttò all’interno di una sacca insieme al costume di scena.
Ecco: ora aveva tutto ciò che gli serviva.
Perciò, dopo essersi rinfrescato un po’, decise di dirigersi verso il teatro.
Sarebbe stato un po’ in anticipo, certo.
Ma pensò che non sarebbe stata una brutta cosa: i rap di Minho sono molto veloci e complessi; e quindi un po’ di tempo in più per ripassare non poteva essere altro che un bene.
Il ragazzo, allora, iniziò a trascinare, con tutta la forza che aveva, quel pesantissimo trolley fuori dall’appartamento.
Riuscì, non sapendo in che modo, a portare fuori da casa l’enorme valigia; però non aveva considerato una cosa molto importante: le scale!
Infatti Edward abitava al secondo piano del condominio e, con l’ascensore guasto ormai da settimane, avrebbe dovuto portare giù il trolley per quattro rampe di scale.
Esasperato e arrabbiato, il ragazzo non poté fare a meno di urlare a squarcia gola:
“Accidenti!!! Perché devo tenere io questo trolley del cavolo!!!”
Nel frattempo gli idols stavano riposando nel loro appartamento: ormai avevano recuperato a pieno le forze e, adesso, non vedevano l’ora di esibirsi.
In quel momento i cinque ragazzi erano intenti a ripassare alcuni brani che non pensavano di aver provato abbastanza.
Erano nel bel mezzo della coreografia di Sherlock quando all’improvviso sentirono qualcuno urlare:
“Accidenti!!! Perché devo tenere io questo trolley del cavolo!!!”
Key, un po’ confuso e spaventato, chiese:
“Scusate ragazzi, ma...sbaglio o questo era Ed?”
Subito dopo sentirono una serie di piccoli rumori provenire dalla scale; poi rimbombò per tutto il pianerottolo un fragorosissimo tonfo seguito da un timidissimo:
“Ahia! Che male!”
Preoccupati, i cinque cantanti uscirono di corsa fuori dall’appartamento per capire cosa fosse successo: lì videro Edward steso a terra in fondo alla rampa di scale con accanto una valigia che sembrava sul punto di scoppiare.
Il ragazzo non sembrava dare segni di ripresa, allora Minho, sempre più preoccupato, corse giù per la rampa e, arrivato vicino all’infortunato, chiese:
“Edward, tutto bene? Dimmi qualcosa per favore, non farmi preoccupare!”
Ed, all’esortazione del cantante, non ebbe nient’altro di meglio da dire se non:
“Stupida Onew condition!”
Il rapper allora si tranquillizzò: il ragazzo, per fortuna, stava bene.
Lo aiutò a rialzarsi e, quindi, il minore, dopo essersi sistemato i pantaloni, disse:
“Grazie mille.”
“Figurati. Si può sapere cos’è successo?”
“Stavo portando giù per le scale quel trolley. Sono inciampato su uno scalino e sono volato giù per l’intera rampa.”
“Ti sei fatto male?”
“No, sto bene, tranquillo.”
“Sicuro? Forse dovremmo portarti in infermeria.”
“Ti assicuro che sto bene. Non è la peggior caduta che mi sia capitata.”
Detto questo riprese la valigia e scese giù correndo per tutte le scale.
Arrivato in fondo all’ultima rampa urlò:
“Ciao! Ci vediamo dopo al concerto!”
I cinque ragazzi rimasero senza parole.
Era incredibile: quel ragazzo era caduto per un’intera rampa di scale e non si era fatto assolutamente niente; anzi, era corso giù per le restanti scale come se non fosse successo nulla.
Quel ragazzo era veramente forte!
Dopodiché, anche gli SHINee si diressero verso il teatro.
Si sentivano sempre più agitati: non vedevano l’ora di vedere Ed e i suoi compagni vestiti come loro; così avrebbero capito se erano veramente identici a loro.
Arrivati a destinazione, trovarono i cinque imitatori vestiti e truccati esattamente come loro.
Non riuscivano a credere ai loro stessi occhi: erano identici a loro; occhi, capelli, fisico, altezza, lineamenti...ogni cosa coincideva! Era incredibile!
Allora Onew chiese curioso:
“Scusate, chi di voi è Edward?”
I cinque sosia, davvero molto divertiti dalla domanda del cantante, fecero spallucce, per poi scoppiare a ridere.
Gli SHINee, un po’ arrabbiati dopo la reazione degli imitatori, si andarono a preparare per il concerto.
Dopo una ventina di minuti uscirono dai camerini; Ed avrebbe voluto fare un sospiro di sollievo: le taglie degli abiti erano giuste.
Purtroppo, però, non poteva farlo, altrimenti avrebbe rivelato a quei ragazzi che era lui ad imitare Minho; perciò rimase impassibile.
Gli SHINee si avvicinarono ai cinque imitatori e Key, sorridendo, disse:
“Allora? Siete pronti?”
I cinque studenti si limitarono ad annuire.
Onew, notando che si mordevano il labbro inferiore, gli chiese:
“Non potete parlare?”
I ragazzi, allora, scossero la testa.
Ad un certo punto tutti e dieci sentirono la preside dire:
“È con grande piacere che apro il concerto di stasera in cui gli SHINee verranno supportati dai vostri compagni di scuola, che si esibiranno per l’ultima volta!”
Ed era terrorizzato, ma fece un grande respiro e si tranquillizzò.
Quindi, insieme agli altri cantanti, salì sul palco; lo spettacolo, così, ebbe inizio.





Nei panni dell’autore che si nasconde per la vergogna

Chiedo scusa a tutti quelli che stanno leggendo questa per gli orribili disegni che ho messo in questo capitolo *^*
Non so cosa mi sia venuto in mente: ho pensato che, visto che avevo creato io il bozzetto del costume degli SHINee, sarebbe stato carino farvi capire esattamente com’è esattamente questo costume.
Adesso vi starete chiedendo: perché ha le ali? La spiegazione è che stavo guardando il video di Ring Ding Dong mentre disegnavo xD ahahahahahah xD
Mentre il secondo disegno è uno schizzo di Edward ^^ è così orribile?
Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^ e che abbiate voglia di recensirlo ^^
Grazie a tutti ^^
A domenica prossima,
                                   Wyatt
P.S. scusate gli errori xD

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Capitolo 5
*** Musica maestro ***


Musica maestro




I cantanti allora salirono sul palco.
Non appena misero piede sul palcoscenico, la folla esplose in un applauso appassionato.
Ed provò a guardarsi un po’attorno: tra il pubblico c’erano almeno un centinaio di shawols che si sbracciavano e urlavano; poi c’erano delle ragazze che portavano semplicemente una maglia con la foto del loro cantante preferito del gruppo.
In quel momento al ragazzo tornò in mente il giorno del concorso: tutti quei costumi strani, le parrucchiere che torturavano le cuti dei ragazzi per trasformarli negli SHINee, le interminabili sedute di trucco e poi, quasi come un fulmine, si ricordò della loro prima esibizione sul palco.
Ricordò ogni più piccola emozione che aveva provato; si ricordò della sensazione di disagio che aveva provato e della grande paura, provata davanti ai giudici della gara.
Ed, pensando a tutto ciò, iniziò a non sentirsi molto bene.
La paura di esibirsi in pubblico tornò ad infastidirlo: non riusciva più a respirare e la voce era scomparsa; gli sembrava di sentire le sue corde vocali intrecciarsi e irrigidirsi.
Era terrorizzato.
Hyun Ki, che stava abbracciando con lo sguardo tutto il palcoscenico, si accorse che Edward era paralizzato dalla paura; a metterlo in allarme erano stati i suoi occhi.
Infatti, i grandi occhi blu di Ed avevano una caratteristica molto speciale: erano formati da centinaia e centinaia di sfumature di blu e di argento che, in base alle emozioni del ragazzo, si alternavano, modificando il colore dei suoi occhi.
Ad esempio, se il ragazzo era felice, i suoi occhi diventavano di un azzurro quasi cristallino mentre, se era arrabbiato, diventavano grigio topo.
l’imitatore di Key, anche se Edward aveva le lenti a contatto marroni, notò che i suoi occhi erano diventati completamenti neri; non era mai un buon segno quando diventavano neri perché voleva dire che il ragazzo era immobilizzato dal terrore più totale.
Allora, capendo che la causa della sua paura era il fatto che doveva esibirsi davanti a tutto l’istituto, si avvicinò a lui e gli sussurrò:
“Non ti agitare, Edward. Non hai nulla di cui preoccuparti: sei bravissimo a imitare Minho.”
Ed allora guardò negli occhi Hyun Ki, sorridendogli; quel ragazzo era sempre in grado di tranquillizzarlo.
Chiuse un secondo gli occhi, fece un respiro profondo e poi disse a bassa voce:
“Ready!”
All’improvviso sentì qualcuno da dietro dirgli:
“Nervoso?”
Ed si girò e vide che a parlare era stata la rana gigante.
Rimase stupefatto: sinceramente non si aspettava quella domanda fatta dall’idol.
Annuì lentamente e il rapper, sfoderando il suo più bel sorriso, disse:
“Devi stare tranquillo! I giudici del concorso ci hanno detto che la tua era l’imitazione che più mi rispecchiava. Ricordati solamente di respirare ogni tanto.”
Il minore annuì nuovamente, accennando un nuovo sorriso.
In quel momento Minho si stupì: quel ragazzo riusciva ad essere uguale a lui anche solo sorridendo.
Dopodiché, tutti e dieci i cantanti fecero un inchino.
La preside disse:
“Bene, ragazzi! Diamo inizio al concerto: saranno i nostri cinque studenti ad aprire lo spettacolo. Quindi, senza indugio diamo inizio allo spettacolo.”
Allora gli SHINee andarono dietro le quinte, augurando buona fortuna ai loro imitatori.
Quasi tutti i componenti del gruppo si era limitati solamente a dire:
“Buona fortuna, ragazzi!”
Ma Minho, invece, si sbilanciò un po’ di più: infatti, mentre seguiva i suoi compagni, diede una pacca sulla spalla al suo imitatore, sussurrandogli all’orecchio:
“Non lasciarti prendere dal palco. Non vedo l’ora di vederti esibire!”
Detto questo, sparì dietro le quinte lasciando spiazzato il povero Edward che faticò un pochino a riprendersi dal profondo imbarazzo che gli era piombato addosso.
Non poteva crederci: Minho gli aveva appena detto che non vedeva l’ora di vedere l’esibizione dello studente. Insomma...se voleva mandarlo nel pallone, ci era riuscito in pieno!
Per fortuna, si riprese in pochi secondi e, con una piccola corsetta, raggiunse i suoi compagni che si erano disposti in fondo al palco.
La preside, quindi, disse entusiasta:
“Musica maestro!”
La preside scese dal palco e, dopo qualche secondo, partì a tutto volume la base di Lucifer.
In quel momento, la mente di Edward si svuotò all’improvviso e, ad ogni nota della canzone, si sentiva sempre più sicuro.
Ad un certo punto, gli sembrò quasi che i battiti del suo cuore si fondessero con la musica.
Senza accorgersene, lo studente aveva incominciato anche a ballare, perfettamente in sincronia con i suoi compagni; poi si unì anche la voce.
Era incredibile: tutta l’ansia che aveva provato in quei pochi minuti, sembrava essersi volatilizzata all’inizio della canzone.
Intanto gli SHINee, curiosi come non mai, si erano messi a guardare l’esibizione dei colleghi.
Rimasero senza parole: non riuscivano a trovare nemmeno una differenza tra le loro e quella degli imitatori.
Ogni gesto che i cinque studenti facevano, era l’esatta copia dei movimenti che i cinque cantanti facevano nei loro video musicali.
Si erano persino ammutoliti nel guardare quella esibizione: gli sembrava quasi di essere davanti allo schermo di un computer e di star guardando un loro video.
Il colpo di grazia glielo diede Ed quando iniziò a rappare: era perfettamente a tempo e, anche se impegnato a cantare, riusciva anche a muoversi con naturalezza, come se in realtà non stesse cantando sul serio.
Jonghyun allora esclamò:
“Ma non è possibile! Quel ragazzino è identico a te, Minho!”
Il ranocchio allora pensò, facendosi sfuggire un sorriso:
“E meno male che era agitato!”
L’esibizione finì e i cinque ragazzi furono travolti dagli applausi dei loro compagni che urlavano:
“F-SHINee siete grandi!”
Gli imitatori corsero dietro al palco: erano euforici; erano riusciti ad esibirsi davanti a tutti i loro compagni di scuola.
Non appena arrivarono dietro le quinte, iniziarono a saltellare e a battersi il cinque.
Dopo essersi ripresi un po’, si diressero verso il loro camerino per ritoccare il trucco che con il calore dei riflettori si era rovinato: ad esempio, Ed doveva assolutamente ritoccarsi le sopracciglia perché la matita marrone si era sciolta.
Stava per entrare in camerino per sistemare il trucco, quando qualcuno gli mise una mano sulla spalla.
Era terrorizzato: se fosse stato uno degli SHINee, avrebbe potuto notare le sopracciglia bionde e riconoscerlo.
Spaventato a morte, Edward iniziò a voltarsi molto lentamente, quasi sperasse che quella persona se ne andasse stanco di aspettarlo.
Finalmente si girò e vide che erano Karen ed Aiko; il ragazzo allora fece un sospiro di sollievo.
Poi disse:
“Ragazze mi avete spaventato!”
“Credevi che fossimo uno di loro, vero?”
“Sì.”
Allora le due ragazze risero, poi, dopo essersi ripresa, Karen disse:
“Non ti preoccupare, sono saliti tutti e cinque sul palco.”
“Complimenti per l’esibizione: sei stato bravissimo!”
“Grazie, Aiko. Scusate, vado un secondo in camerino: ho le sopracciglia a chiazze.”
I tre amici scoppiarono di nuovo a ridere; poi Ed salutò le amiche per poi sparire in camerino.
Passò qualche minuto, allora la porta del camerino si riaprì e i cinque imitatori uscirono dalla stanza, freschi come una rosa, per risalire sul palco.
Come seconda canzone era stata scelta Juliette; non furono molto felici di questa decisione perché a nessuno di loro piaceva molto quella canzone; avrebbero preferito cantare Rind Ding Dong ma purtroppo l’avevano già scelta gli SHINee.
Non c’era un motivo particolare per il loro rifiuto verso Juliette, non gli piaceva e basta; anche se, però, il loro gruppo era nato proprio grazie quella canzone.
La canzone, finalmente, terminò e quindi, dopo aver fatto un inchino, si diressero dietro le quinte.
In quello stesso momento, i cinque idols stavano salendo sul palco.
Edward, per paura che lo riconoscessero, tenne lo sguardo basso.
I due gruppi si incrociarono, ma nessuno di loro disse niente; l’imitatore di Minho si tranquillizzò, se l’era cavata anche questa volta.
Gli SHINee, dopodiché, si posizionarono sul palco e, dopo aver controllato che i microfoni fossero accesi, diedero il segnale per far partire la canzone.
Allora partì la base di Ring Ding Dong; tutti e cinque gli imitatori si misero a guardare i loro rispettivi cantanti.
Dopo qualche secondo dall’inizio dell’esibizione, i cinque studenti erano quasi ipnotizzati da quei cinque ragazzi che si muovevano con una sincronia quasi impossibile da replicare.
Ormai erano caduti tutti e cinque erano caduti in trance; a loro non piacevano più di tanto le canzoni di quei cantanti, ma, non sapevano perché, adoravano le loro coreografie; soprattutto ad Edward che aveva sempre ammirato la scioltezza nei movimenti di Taemin.
Il ragazzo, però, non stava guardando il Maknae del gruppo; stava guardando, invece, il ranocchio gigante.
Dopo un po’ che lo stava guardando, notò qualcosa a cui non aveva mai fatto caso.
Sgranò gli occhi e poi, un po’ scioccato, chiese ai suoi compagni:
“Ma, ragazzi...sembro veramente così cretino quando imito le espressioni di Minho?”
“Sì.”
“Certo.”
“Senza dubbio.”
“E perché cavolo non me l’avete mai detto?”
“Perché sembri esattamente quel cretino!”
I cinque ragazzi, allora, scoppiarono a ridere, non accorgendosi così che la canzone era finita e che i cinque cantanti stavano tornando indietro.
Onew, non appena li vide ridere, chiese curioso:
“Va tutto bene? Possiamo sapere perché ridete?”
I cinque imitatori smisero di ridere e, imbarazzati a morte, scossero la testa e corsero sul palco.
La serata andò avanti con i due gruppi che si alternavano sul palco.
Tra i due gruppi, però, nessuno si era mai rivolto la parola: si limitavano a guardarsi durante le esibizioni e a scambiarsi qualche sorriso di circostanza ogni tanto.
In realtà, però, la rana gigante avrebbe voluto parlare con il suo imitatore, per fargli i complimenti e per chiedergli come faceva a imitare perfettamente la sua voce.
Purtroppo, non ebbe mai il coraggio di farlo: aveva paura che il minore si spaventasse e che corresse via in preda alla paura.
Poi gli venne in mente che anche se fosse riuscito a parlarci, il suo imitatore non avrebbe comunque potuto dire niente visto che aveva il divieto di parlare; perciò decise di lasciare stare.
Dopo un paio di ore, il concerto iniziò ad avviarsi verso la fine; tutti i cantanti erano esausti: non riuscivano più a reggersi in piedi, la voce stava diventando flebile e la testa diventava sempre più pesante.
All’improvviso arrivò la preside, vestita benissimo come sempre, che disse:
“Vi devo fare i miei complimenti. Lo spettacolo è un successo. Stavo pensando che, per chiudere il concerto, potreste fare una canzone tutti e dieci insieme. Che ne pensate?”
I cinque imitatori si ammutolirono di colpo: era impossibile riuscire a fare un’esibizione collettiva, soprattutto poi perché Edward e gli altri non potevano parlare. Era assurdo pensare di poter riuscirci.
Gli SHINee, invece, sembravano entusiasti dell’idea; infatti, Onew, saltellando dalla gioia, disse:
“È un’idea fantastica! Sarebbe veramente bellissimo.”
Poi, rivolgendosi ai cinque imitatori, disse:
“Voi cosa ne pensate, ragazzi? Non è un’idea fantastica?”
I cinque imitatori, alla domanda del leader, scossero la testa, lasciando spiazzati i cinque cantanti.
La preside, allora, chiese agli studenti:
“Perché?”
Bae prese un blocco di carta e ci scrisse sopra le ragioni per cui, secondo loro, l’idea era irrealizzabile, strappò dal blocco il foglio su cui aveva scritto e lo diede alla preside.
La preside lo lesse e poi continuò:
“Sì, in effetti avete ragione: non potendo parlarvi sarebbe difficile per voi mettersi d’accordo.”
I cinque cantanti, allora, si demoralizzarono di colpo, capendo che i cinque imitatori avevano ragione.
All’improvviso, ad Ed balenò un’idea.
Avrebbe voluto urlarla a tutti quelli lì presenti, ma gli venne in mente che non poteva parlare; allora corse a riprendere il blocco che Bae aveva usato prima, prese una penna da un tavolo lì vicino e scrisse la soluzione a cui aveva pensato.
Lo porse alla direttrice che, dopo aver letto quello che il ragazzo aveva scritto, esclamò entusiasta:
“Questa sì che è un’idea geniale!”
“Scusi quale idea?”
“Quella che ha avuto questo ragazzo, Taemin.”
“E sarebbe?”
“Un mash-up”
Gli altri quattro imitatori applaudirono: era un’idea vincente, in questo modo era più semplice cantare  tutt’insieme.
Allora Jonghyun, contento, disse:
“È veramente perfetto. Noi potremo cantare Hello! E voi cosa vorreste cantare?”
Jung-su allora scrisse sul blocco il nome di una canzone; lo mostrò ai suoi compagni che annuirono e poi girò il blocco sul quale c’era scritto:
“Love like oxygen?”
Allora Key disse:
“Va benissimo!”
Passò qualche altro minuto e poi i dieci cantanti risalirono sul palco; Minho disse:
“Scusate l’attesa. Ecco a voi la canzone di chiusura!”
In quel momento partì la base di Hello: i ragazzi dal pubblico iniziarono a gridare e ad applaudire.
All’improvviso la canzone iniziò a rallentare e poi si sovrappose la seconda canzone che infine la sostituì.
Allora Ed e gli altri iniziarono a ballare e a cantare il ritornello della loro canzone.
Infine le canzoni furono sovrapposte di nuovo e i due gruppi di cantanti iniziarono a cantare a ballare insieme.
La canzone finì e il pubblico si alzò per applaudire; i cinque F-SHINee si abbracciarono commossi: erano riusciti a fare un intero concerto senza fare brutte figure sul palco.
I dieci ragazzi corsero dietro le quinte, saltando dalla gioia: chi si batteva il cinque, chi si abbracciava, chi urlava e chi, come Ed, si dava pizzicotti per essere certo che non fosse un sogno.
I cinque imitatori, dopo essersi ripresi dall’euforia, si avviarono verso il loro camerino; stavano per entrarci, quando Onew disse:
“Fermi voi cinque!”
I cinque studenti si voltarono confusi: ma cosa volevano ancora da loro?
Il leader allora si avvicinò ai quei ragazzi, facendoli spaventare, e...iniziò ad applaudire; subito dopo anche gli altri quattro cantanti iniziarono ad applaudire, dicendo:
“Complimenti ragazzi! Siete stati grandi!”
Allora i cinque imitatori arrossirono per l’imbarazzo.
Purtroppo non potevano parlare; perciò Kwan scrisse su un foglio:
“Grazie. Voi, invece, siete stati incredibili!”
Taemin allora disse:
“Figuratevi, per noi sono cose di tutti i giorni!”
Dopo essersi congedati dai cinque cantanti, gli studenti corsero in camerino a cambiarsi; ci misero circa venti minuti per cambiarsi e altri venti per togliersi il trucco.
L’ultimo ad uscire fu Edward perché ci mise circa trenta minuti di più rispetto agli altri per rimettersi la parrucca.
Finalmente riuscì ad infilarsi decentemente la parrucca bionda e poté, quindi, uscire dal camerino; stava per andarsene, quando si ricordò che doveva riportare in camera quello stupido trolley.
Allora sbuffando, tornò indietro per prendere la valigia che quel giorno gli aveva causato soltanto guai; prese il trolley e iniziò a trascinarlo per tutte le quinte, scese la scaletta del palco e si avviò verso l’uscita dell’auditorium.
Finalmente uscì dal teatro.
Non appena uscì dall’auditorium sentì qualcuno dirgli:
“Finalmente sei uscito dal camerino! È da un’ora che ti aspettiamo!”
Il ragazzo allora si girò e vide che gli SHINee erano seduti sul pavimento del corridoio davanti al teatro.
Edward era un po’ sorpreso che fossero lì: credeva fossero già arrivati a casa a quell’ora.
Quindi, non riuscendo a capire, chiese:
“Che ci fate ancora qui?”
“Che domande: ti stavamo aspettando.”
“Aspettavate me? Perché?”
“Volevamo darti un passaggio.”
“Tranquilli. Voi andate pure: io vado a casa a piedi.”
“Ma Ed...”
“Cosa?”
“Sono le 23:00 e tu sei stremato: non possiamo lasciarti andare a piedi.”
“Non sono stanco! E poi vado sempre a piedi.”
Detto questo, salutò con la mano i cantanti e incominciò a percorrere il lungo corridoio per poi svoltare a destra; era un po’ stanco, certo, ma non gli andava di recare disturbo a quei ragazzi.
Finalmente uscì dal cancello della scuola e si diresse verso il palazzo; arrivò a destinazione circa mezz’ora dopo.
Salì le rampe di scale fino al pianerottolo del suo piano.
Si avvicinò alla porta del suo appartamento sulla quale c’era un biglietto che diceva:
“Per favore, avvisaci quando arrivi.
SHINee
P.S. Onew vorrebbe sapere cosa vuol dire F-SHINee.”
Ed sorrise e poi scrisse sul retro del foglio:
“Sono arrivato. F-SHINee significa Fake-SHINee.
Edward”
Quindi spinse il foglio sotto la porta dei vicini e poi, finalmente, andò a dormire.
 


Nei panni dell’autore
 
Ce l’ho fatta! Sono riuscito a mettere il capitolo *^* *respira a fatica*
Purtroppo non sono riuscito a finire il disegno che volevo mettere ma forse è meglio così: ho evitato una figuraccia xD ahahahahah xD
Spero che il capitolo vi piaccia e che abbiate voglia di recensirlo ^^
Spero di riuscire a mettere il prossimo capitolo domenica prossima ma, se non dovessi riuscirci, lo metterò il giorno dopo *^*
Ringrazio HIkariKamishi e lagartischa che hanno recensito tutti i vecchi capitoli ^^
Grazie ancora tutti ^^ a presto,
Wyatt
*si addormenta davanti al computer*
 
P.S. scusate gli errori *^*
 
 
  
 

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Capitolo 6
*** Il primo giorno di scuola ***


Il primo giorno di scuola




La sveglia suonò di nuovo alle 6:50 e Edward, maledicendola mentalmente, si alzò dal letto e iniziò a prepararsi.
Quella mattina non si sentiva per niente in forma: le gambe erano ancora indolenzite dalla sera prima, la spina dorsale sembrava essersi accartocciata come un foglio di carta e nella sua testa continuavano a rimbombare tutte le urla della sera prima.
Come se non bastasse, poi, non poteva fare a meno di pensare alla strana preoccupazione degli SHINee nei suoi confronti: lo conoscevano appena, eppure, si interessavano al ragazzo come se fosse parte della loro famiglia.
Non capiva perché; non ne capiva il senso.
Forse avrebbe dovuto chiedere a quei ragazzi il motivo di tanto affetto, ma sapeva benissimo che non ne avrebbe mai avuto il coraggio; la timidezza, a volte, era la sua rovina.
Dopo un po’ che continuava a pensare a tutte queste cose, scosse la testa, decidendo che non valeva la pena rimuginarci sopra ancora a lungo.
Insomma, era soltanto una situazione temporanea: probabilmente erano gentili con lui solo perché erano i suoi vicini e non volevano avere problemi.
Si diresse verso il bagno per rinfrescarsi un po’, prima di vestirsi per andare a scuola.
Lì iniziò a sciacquarsi il viso, sperando di riuscire così a riordinare le idee; cosa che non successe, ovviamente.
Uscì circa una decina di minuti dopo, fresco come una rosa e pronto per quello che sarebbe stato il giorno più duro di tutta la sua vita; infatti, quel giorno a lezione con lui ci sarebbero stati anche gli altri cinque ragazzi e la cosa lo spaventava parecchio.
Si immaginava già le urla delle sue compagne quando avrebbero visto gli SHINee entrare dalla porta; di sicuro le ragazze avrebbero iniziato a saltellare e a gridare cose senza senso.
In quel momento, mentre cercava di pensare a come sopravvivere a quella giornata, si accorse di una cosa strana: fino a quel momento non aveva sentito schiamazzi provenienti dall’appartamento accanto.
Iniziò, subito, a preoccuparsi, aveva paura che fosse successo qualcosa a quei ragazzi; in fin dei conti erano sotto la sua protezione e non voleva che si facessero male, anche se gli dispiaceva ammetterlo.
Stava per correre a controllare che andasse tutto bene, quando, all’improvviso, sentì uno sciacquone e poi Jonghyun urlare, con voce trionfante:
“Ok, ragazzi: Il bagno è tutto vostro!”
“Ti ringrazio, Dinosauro. Ci hai lasciato un po’ di acqua calda?”
Edward tirò un sospiro di sollievo: per fortuna gli SHINee stavano bene; decise di non disturbarli: erano già abbastanza in ritardo e, da quello che aveva capito, non erano nemmeno andati in bagno.
Dopo un po’ di tempo, sentì Key dire:
“Hey,  guardate: Edward ha lasciato un biglietto.”
“Ah sì? Fa vedere. Be’, poteva anche scrivere a che ora era tornato: da quello che sappiamo potrebbe anche essere appena tornato dall’auditorium.”
A quella affermazione di Taemin, il minore rispose urlando:
“Dovevate specificarlo nel biglietto!”
Dopodiché tornò a prepararsi; andò in camera sua e prese dal suo armadio l’uniforme scolastica: un semplice completo formato da una camicia bianca con gilet azzurro, decorato con lo stemma dell’istituto, e dei jeans sui toni del grigio.
Infilò la divisa, facendo attenzione a non stropicciarla troppo, e diede un’ultima controllata alla cartella: la preside, il giorno prima, aveva fatto attaccare nella bacheca un avviso in cui diceva che, quel giorno, i ragazzi erano esonerati dal portare i libri e che avrebbero dovuto portare solamente un paio di quaderni e un astuccio; Ed era rimasto un po’ sorpreso dopo aver letto quell’avviso, ma aveva deciso di non fare domande e di eseguire gli ordini.
Finalmente Edward uscì dall’appartamento: aveva finito di prepararsi e quindi decise di incamminarsi verso la scuola.
Arrivò davanti all’appartamento degli SHINee; bussò alla porta e poi, un po’ imbarazzato da quella situazione, disse:
“Ragazzi, io vado a scuola. Ci vediamo lì.”
Non ricevette risposta.
Pensò, però, fosse stato un bene: se gli avessero detto qualcosa del tipo:
“Stai attento mentre attraversi.”
o:
“Non accettare passaggi da sconosciuti.”
probabilmente sarebbe diventato rosso come un pomodoro e non sarebbe più riuscito a muoversi.
Stava per scendere la prima rampa di scale, quando lo studente sentì qualcuno dirgli:
“Aspetta!”
Ed, allora, si girò e vide Onew sulla porta che disse:
“Se ci aspetti, ti diamo un passaggio.”
Lo studente sorrise: quei ragazzi ci tenevano proprio a lui e la cosa lo iniziava a spaventare parecchio.
Cercando di sembrare calmo, Edward rispose al cantante:
“Non serve, grazie. La scuola non è poi così lontana.”
Subito dopo, il ragazzo salutò Tofu e poi uscì dal palazzo.
Arrivò a scuola circa dieci minuti prima dell’inizio delle lezioni: non era mai stato in grado di capire come, ma riusciva sempre ad arrivare in orario.
Entrò in classe e, appena mise piede nell’aula, si accorse che non c’era traccia dei cinque ragazzi: possibile che non fossero ancora arrivati?! Andando in auto, avrebbero dovuto arrivare a scuola prima di lui, invece, non c’erano; il ragazzo sbuffò: da quando erano arrivati, non facevano altro che fargli fare un infarto ogni cinque minuti.
Si diresse verso il suo posto; li ad aspettarlo c’erano Karen ed Aiko che dissero in coro:
“Buongiorno, Ed.”
“Buongiorno, ragazze. Come va, oggi?”
“Benissimo: la preside, stamattina, ha annunciato che in onore degli SHINee faremo solo quattro ore di lezione; due ore di arte e due di musica.”
“Grandioso!”
I tre amici si sedettero ai loro posti, senza mai smettere di chiacchierare e di scherzare: continuavano a parlare di qualunque cosa passasse loro per la testa.
Passò qualche minuto, poi, mentre erano nel bel mezzo di una discussione su quale grammatura bisognasse utilizzare per fare un disegno con gli acquarelli, Karen sgranò gli occhi confusa; la ragazza, infatti, aveva notato che nella loro fila non c’erano tre banchi come al solito, ma quattro.
Allora, sempre più confusa, la ragazza chiese agli altri due:
“Scusate ragazzi, voi sapete perché c’è un banco in più?”
“Uhm...no.”
“Io sì, purtroppo.”
Disse Ed, sbuffando; Aiko, incuriosita dalla reazione del ragazzo, chiese:
“Ce lo puoi dire?”
“Solo se giurate di non urlare.”
Le due ragazze annuirono.
Il ragazzo esitò qualche secondo, facendo diventare ancora più curiose le due ragazze, poi si avvicinò a loro e, parlando con un tono di voce tale che solo loro due potessero sentirlo, gli spiegò il motivo di tutti e cinque i banchi in più.
Le due amiche, dopo aver ascoltato l’amico, cercarono di rimanere calme; ma all’improvviso, quando Ed pensava che si fossero tranquillizzate, iniziarono ad urlare a squarcia gola.
Il ragazzo chiuse la bocca ad entrambe con una mano e disse seccato:
“Avevate giurato di non urlare. Per fortuna che ci siamo solo noi in classe in questo momento!”
“Scusaci Edward ma...non ci aspettavamo che fosse così grandiosa la spiegazione.”
Lo studente, allora, sbuffò di nuovo, pensando:
“Ma perché le mie due migliori amiche devono essere delle shawols?!”
Dopo poco, incominciarono ad entrare uno a uno i compagni di classe dei tre ragazzi; mentre salutava tutti quanti, Ed continuava a guardarsi in giro per vedere se erano arrivati i cinque cantanti: non li vide.
Possibile che avessero deciso di non presentarsi?
La campanella suonò: le lezioni stavano cominciando e loro non erano arrivati.
Edward si rassegnò: a quanto pare avevano di meglio da fare che andare a scuola; e pensare che li aveva anche aiutati a recuperare tutti i libri.
Sbuffò per la terza volta.
In quel momento entrò la professoressa di arte, vestita come al solito con un lungo vestito a righe verdi e blu che Ed detestava a morte.
Di solito la professoressa Lee era sempre molto allegra e spensierata, ma quel giorno sembrava molto seria e concentrata: sembrava che si aspettasse il peggio; che stesse aspettando un’invasione degli alieni.
La professoressa si diresse verso la cattedra, procedendo nel silenzio più assoluto, e poi, abbracciando l’intera aula con lo sguardo, disse:
“Buongiorno, ragazzi. Rimanete pure seduti. Da oggi avete cinque nuovi compagni di scuola. Entrate pure.”
Alle parole ‘cinque nuovi studenti’, Edward sorrise: allora erano venuti a scuola; quei ragazzi continuavano a stupirlo.
I cinque ragazzi, all’invito della professoressa Lee, varcarono la soglia dell’aula, scatenando le urla di tutte le shawols presenti in quell’aula.
Ed, istintivamente, si tappò le orecchie per cercare di non sentire tutti quei schiamazzi; fu completamente inutile: era impossibile non sentire quelle grida.
I cinque ragazzi, intanto, salutavano tutte le ragazze che li stavano acclamando; poi, però, in mezzo a tutte quelle fans, notarono una testolina bionda che sbucava dalla terza fila; allora, con sorriso a trentadue denti, urlarono:
“Ciao Edward!”
Il silenzio ripiombò nella stanza; le ragazze erano rimaste a bocca aperta.
All’improvviso tutte le shawols, realizzando quello che avevano detto, si girarono verso lo studente, squadrandolo confuse.
In quel momento il ragazzo desiderò di sparire dalla faccia della Terra: come gli era venuto in mente di salutarlo? Volevano la sua morte per caso?!
La professoressa, allora, per cercare di riportare l’ordine, disse:
“Bene, ragazzi. Ora andatevi a sedere, così iniziamo la lezione.”
I ragazzi, quindi, andarono a cercarsi un posto.
Minho avrebbe tanto voluto sedersi vicino ad Edward, così da vedere i suoi disegni un’altra volta; il rapper non sapeva perché, ma adorava lo stile dei disegni di quel ragazzo; sperava che, sedendosi accanto a lui, avrebbe potuto capire che tecnica usava.
Poi, gli sarebbe piaciuto anche poter parlare un po’ con il minore: sembrava un bravo ragazzo e aveva l’impressione che sarebbero potuti andare d’accordo.
Purtroppo, però, fu anticipato da Onew che, con uno scatto felino, si era seduto accanto ad Ed; allora la rana gigante, dopo aver incenerito con lo sguardo Jinki, andò a sedersi vicino a Key.
Ed si sentì accerchiato: aveva Onew a destra, Minho e Key dietro, Taemin davanti e Jonghyun nella fila accanto alla sua; iniziò a sentirsi veramente molto a disagio.
La professoressa disse:
“Bene ragazzi, oggi disegno libero: disegnate quello che vi pare.”
Edward, Karen e Aiko non se lo fecero ripetere due volte: tirarono fuori i loro blocchi e iniziarono a disegnare.
I tre ragazzi adoravano disegnare e il pensiero di poter fare quello che volevano, li rendeva ancora più felici.
Passò qualche minuto, il ragazzo in pochi minuti aveva già completato lo schizzo: aveva disegnato due ragazzi abbracciati che si baciavano davanti al tramonto; adesso non gli restava altro che sistemare alcuni dettagli ed inchiostrare il tutto.
Un po’ annoiato, Ed iniziò a guardarsi intorno; all’improvviso, la sua attenzione fu rapita da Onew che sembrava un po’ in difficoltà.
Il minore provò a chiedere:
“Va tutto bene?”
“Non proprio.”
“Problemi con il disegno?”
“Sì. Non sono molto portato per il disegno.”
“Posso vedere?”
Onew, allora, un po’ triste, spense il blocco verso il banco di Edward che iniziò a guardare attentamente il disegno di Jinki: il cantante aveva provato a disegnare tutti e cinque gli SHINee; non era poi tanto male, ma il ragazzo aveva saltato qualche passaggio.
Allora il minore, sfoderando un grosso sorriso per risollevare il morale di Onew, disse:
“Non è male, Onew. Ma hai saltato tutta la base.”
“Che vuoi dire?”
“Ehm...come te lo spiego...oh, ecco! È come se tu stessi mangiando il pollo senza averlo cotto; devi prepararlo prima di mangiarlo.”
“Adesso, ho capito! Quindi cosa devo fare?”
“Non vorrei intromettermi...”
“Intromettiti, ti prego!”
“Be’, vediamo...”
Il minore, quindi, iniziò a spiegare al cantante come migliorare il disegno mentre quest’ultimo cercava di applicare gli insegnamenti appena ricevuti.
Nel frattempo Minho, che stava ancora disegnando, alzò lo sguardo e vide che Ed e leader stavano chiacchierando e ridendo; il minore poi, ogni tanto, muoveva il braccio indicando alcuni muscoli dell’arto.
Il rapper avrebbe tanto voluto sapere di che cosa stessero parlando; un po’ seccato,chiese a Key:
“Secondo te, di che cosa stanno parlando?”
“Boh...parlano troppo piano. Non riesco a sentirli.”
“Ancora non capisco? Perché Tofu si è seduto lì: vi avevo detto che volevo sedermi io accanto ad Edward. Questa me la paga!”
“Minho...non sarai mica geloso...di Edward,vero?”
“N-no, c-che dici?”
Le due ore passarono in fretta: Edward e Onew avevano finito entrambi di inchiostrare e adesso stavano cancellando i tratti a matita.
Finito anche questo passaggio, i due si batterono il cinque, facendo incavolare ancora di più il rapper; Minho ormai aveva raggiunto il limite: doveva sapere di cosa stessero parlando quei due.
Intanto Umma osservava il suo compagno di banco, divertito dalle reazioni di quest’ultimo.
Key, allora, si avvicinò all’orecchio del ranocchio e, con un filo di voce, disse:
“E tu non saresti geloso? Ma non farmi ridere!”
Minho ignorò completamente la battuta del suo amico e, rivolgendosi ai due ragazzi davanti a lui, chiese:
“Di che cosa stavate parlando?”
“Edward mi stava dando qualche dritta per migliorare il mio disegno...anzi...Ed?”
“Si?”
“Ti andrebbe di darmi lezioni di disegno?”
Il minore rimase spiazzato da quella domanda; non se l’aspettava proprio.
Insomma, gli avevano già detto che avrebbe potuto dare lezioni di arte ma...ad un cantante...non sapeva se ne sarebbe stato in grado.
Con un filo di voce, disse a Jinki:
“Sinceramente non so se sono in grado...”
“Per favooore.”
Onew allora fece gli occhi da cucciolo; il minore provò a resistere a quello sguardo ma non ci riuscì: quel ragazzo con quegli occhioni era talmente carino.
Lo studente sospirò e poi disse:
“Va bene, ma solo finché rimanete in questa scuola. D’accordo?”
“Grazie. Grazie. Grazie.”
Il leader gettò le mani al collo di Edward, abbracciandolo forte; Minho stava per correre a dare un pugno ad Onew ma, fortunatamente, Umma lo fermò prima che potesse fare una sciocchezza.
In quel momento entrò l’insegnante di musica, la professoressa Spring.
La professoressa Spring era l’unica insegnante di nazionalità inglese in tutta la scuola; durante i primi anni, la professoressa aveva aiutato molto Edward sia con la lingua sia nell’organizzazione.
Era stata proprio lei, infatti, ad aiutare il ragazzo a trovare un lavoro.
Adesso per lo studente quella professoressa non era solo un’insegnante, ma una seconda mamma: era sempre stata molto gentile con lui, lo aveva sempre confortato quando sentiva la mancanza della sua famiglia e lo aveva sempre sostenuto quando non sapeva cosa fare.
La professoressa non appena entrò, notò il disagio di Edward; guardandosi intorno capì immediatamente il motivo: il ragazzo era circondato da tutti e cinque i cantanti e quello accanto a lui sembrava un po’ troppo espansivo.
L’insegnante si sedette dietro la cattedra e, dopo aver sistemato la borsa, disse:
“Buongiorno. Lasciatemi dare subito il benvenuto ai vostri nuovi compagni di scuola. È un piacere conoscervi ragazzi.”
“Il piacere è tutto nostro.”
“Bene, ragazzi: prendete tutte le vostre cose e andiamo in aula di musica.”
Tutti i ragazzi, allora, prepararono velocemente gli zaini e seguirono la professoressa nell’aula di musica.
I cinque cantanti, non appena entrarono nella nuova aula, rimasero a bocca aperta: davanti a loro c’era un’aula enorme con dei tavoli lunghissimi al posto dei banchi; inoltre quella stanza era piena di strumenti musicali e di impianti audio di ultima generazione.
Stavano entrando nel paradiso della musica.
Tutti gli studenti presero posto nei tavoli in fondo all’aula; stavolta Minho batté sul tempo l’amico e, dopo essersi seduto vicino ad Ed, fece la linguaccia ad Onew.
Il minore pensò:
“Mi sono perso un passaggio, forse?”
Poco dopo, la professoressa passò tra i tavoli con uno scatolone, tirando fuori dei microfoni con l’auricolare; tutti i ragazzi indossarono i microfoni non appena la professoressa li distribuì.
La professoressa Spring, quindi andò verso un tavolo dove era stata predisposta una postazione da Dj.
Poi, con voce entusiasta, disse:
“Bene, ragazzi. Possiamo cominciare la lezione. Prima di tutto...i vocalizzi!”
Per qualche minuto nell’aula continuarono a risuonare scale musicali e accordi sia maggiori sia minori.
Finiti i vocalizzi, la professoressa chiese agli SHINee:
“Vi piacerebbe cantare qualcosa mentre gli altri ragazzi prendono un po’ di coraggio?”
“Certamente.”
“Cosa vorreste cantare?”
“Quello che vuole.”
“D’accordo”
Allora i cinque cantanti si alzarono in piedi e iniziarono a cantare Romeo+Julliete dal vivo.
Tutte le ragazze ricominciarono ad urlare; solo Edward era rimasto in silenzio ad ascoltare rapito quei cinque ragazzi cantare.
La canzone finì e tutti i ragazzi incominciarono ad applaudire.
I cantanti si rimisero a sedere; la professoressa, quindi, disse:
“Grazie, ragazzi. Adesso...uhm...Ed. Ci canti qualcosa?”
“S-si.”
Edward si alzò preoccupato: sperava che non lo chiamasse proprio il giorno in cui in classe erano presenti gli SHINee.
La professoressa chiese al ragazzo:
“Ti va bene una canzone dei vocaloid?”
Il ragazzo annuì entusiasta.
Partì, quindi, la base di Six trillion years & overnight story; Edward iniziò a cantare, tenendo sempre gli occhi chiusi e incrociando le dita, sperando che la voce non lo abbandonasse.
I cinque cantanti rimasero senza parole: lo studente cantava benissimo e poi aveva un timbro pulito e cristallino; sembrava un angelo.
Finalmente anche Ed finì di cantare e poté sedersi al proprio posto.
Non appena si sedette, Minho gli chiese:
“Ma sai parlare anche in giapponese?”
“Sì, mi sono sempre piaciute le lingue orientali.”
L’interrogazione di canto durò continuò e uno ad uno tutti gli studenti.
Dopo circa un’ora e mezza dall’inizio della lezione, l’esame canoro era, finalmente, giunto a conclusione.
La lezione stava per finire quando, però, la professoressa disse:
“La lezione è quasi finita, ragazzi: potete iniziare a rilassarvi; ma prima, vorrei chiedere agli F-SHINee se ci vogliono cantare qualcosa. Che ne dite, ragazzi?”
I cinque ragazzi si guardarono tra loro spaventati e poi, quasi in sincronia, scossero la testa.
La professoressa disse:
“Non dovete aver paura. Gli SHINee non sono qui per giudicarvi.”
Tutta la classe, allora, incominciò ad incoraggiarli; i cinque studenti allora, sospirando, si alzarono in piedi.
La professoressa disse:
“Venite qui vicino alla cattedra, per favore.”
Gli imitatori, adesso ancora più spaventati di prima, si disposero davanti alla cattedra; era disperati: speravano che ci fosse qualche malfunzionamento della console che non facesse partire la base.
Purtroppo, però, la console funzionava benissimo e subito partì la base di Amigo e i ragazzi, ancora un po’ spaventati, iniziarono a cantare e a muoversi, acquistando a poco a poco sempre più coraggio.
Gli SHINee rimasero di nuovo senza parole: le loro voci erano esattamente identiche a quelle dei cinque cantanti e anche i movimenti erano identici a quelli che di solito facevano loro sul palco.
Alla fine arrivò il momento del rap di Key e di Minho; perciò, prima Hyun ki e poi Ed, iniziarono a rappare; in quel momento a tutti e cinque i cantanti venne un colpo: Edward, quel ragazzo che sembrava così timido e indifeso, sapeva cantare esattamente come la rana gigante.
La canzone finì e, quasi in contemporanea, suonò la campanella: le lezioni per quel giorno erano terminate.
Allora i cinque imitatori tornarono ai loro posti per prendere i loro zaini.
In pochi minuti l’aula si svuotò, solo cinque persone erano ancora lì: gli SHINee, che sembravano essersi paralizzati dopo la performance dei loro imitatori.
Edward stava per andarsene quando notò che i cantanti non si erano mossi di un centimetro; provo ad avvicinarsi, dicendo:
“Ragazzi, tutto bene?”
Nessuna risposta: i cantanti continuavano a rimanere fermi a guardare il vuoto con la bocca aperta.
Allora lo studente decise di ricorrere ad un nuovo shock per svegliarli; allora si avvicinò di soppiatto ad Onew e poi urlò a squarcia gola:
“ONEW È FINITO IL POLLO!!!!”
Il cantante allora si alzò di colpo dicendo:
“Cosa? Come? Quale pollo? Chi l’ha finito?”
Il minore scoppiò a ridere dicendo:
“Tranquillo nessuno ha finito il pollo. Adesso ti dispiace darmi una mano a far riprendere gli altri? Sono ancora paralizzati dallo shock.”
I due ragazzi svegliarono tutti gli altri cantanti e poi, insieme a loro, si avviarono verso i propri appartamenti.

 


Nei panni dell’autore 


Ce l’ho fatta!!! Sono riuscito a finire il capitolo ^^ come sono contento ^^
Allora, intanto, mi scuso se ho messo il capitolo solo adesso ma ho finito di scrivere alle 22:30 e non ho avuto nemmeno il tempo di rileggerlo, quindi, mi scuso anche per gli eventuali errori che troverete *^*
Ringrazio tutti quelli che leggono la mia storia e ringrazio, come sempre, HikariKamishi e lagartischa che hanno recensito tutti i capitoli ^^
Ma stavolta vorrei ringraziare due volte lagartischa perché ha fatto un disegno ispirato al terzo capitolo e che però ho messo in questo capitolo, che è il sesto xD ahahahahahah xD
Inoltre ho messo una foto che ho fatto con il cellulare di uno schizzo che avevo fatto durante un cambio dell’ora a scuola di Aiko ^^ spero si riesca a vedere ^^
Vi ringrazio ancora tutti quanti e spero che recensiate questo capitolo ^^
A domenica prossima,
Wyatt 

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Capitolo 7
*** Al centro commerciale ***


Al centro commerciale


Esattamente come il primo, anche il secondo giorno di scuola iniziò.
Purtroppo, però, le lezioni di quel giorno non furono divertenti come quelle della mattinata precedente: infatti, avevano avuto un’ora di geografia, una di storia, due di matematica e, infine, un’interminabile ora di coreano.
Ormai gli SHINee vedevano doppio per quanto avevano tenuto la testa tra i libri e, inoltre, l’odore di libri nuovi si era impossessato dei nasi dei cantanti e non ne voleva sapere di andarsene.
Per fortuna quella giornata, come era iniziata, finì in poco tempo e i cinque ragazzi poterono tirare un respiro di sollievo.
Poco dopo il suono dell’ultima campanella, Key, Taemin, Minho e Jonghyun uscirono dall’aula, quasi correndo, dirigendosi verso la caffetteria; era evidente che non ne potevano più di studiare: nella fretta di uscire dalla classe, non si preoccuparono neanche di aspettare Ed e Jinki, che stavano ancora facendo la cartella.
I quattro ragazzi, dopo qualche minuto, arrivarono a destinazione: non vedevano l’ora di mettere qualcosa sotto i denti.
Dopo poco tempo, trovarono un tavolo libero non molto lontano dall’entrata della caffetteria e, non appena si sedettero, Taemin disse:
“Ragazzi, che giornata! Pensavo che non finisse più!”
“Sì, hai ragione: per fortuna, domani è domenica.”
“Già, è vero, Key: domani potremo rilassarci un po’!”
Mentre i quattro ragazzi chiacchieravano del più e del meno, dalla porta di ingresso apparve Onew con il naso all’aria, attirato dall’intenso profumo di pollo fritto che proveniva dalla cucina.
Dopo essersi preso un’abbondante porzione di pollo, il leader iniziò a guardarsi intorno in cerca dei suoi compagni.
Jonghyun allora, notando l’aria sperduta del suo amico, iniziò ad agitare le braccia in aria per segnalare la loro posizione; dopo un po’ Jinki si accorse dei segnali di Bling Bling e, cercando di non divorare lungo la strada l’appetitoso pollo, si diresse correndo verso il tavolo.
Raggiunti gli altri cantanti, Onew disse:
“Ciao, ragazzi.”
“Ciao, leader. Ma...Ed?”
“Dov’è?”
“Si è fermato ad aspettare Karen e Aiko.”
“Chi, scusa?”
“Le nostre due compagne di banco. Sono delle ragazze fantastiche: vi piaceranno di sicuro!”
Poco dopo, arrivò anche Ed, che chiacchierava con le due ragazze di cui parlava Onew.
Minho, non appena i tre ragazzi entrarono dalla porta, rimase incantato da una delle due ragazze; era bellissima: aveva dei grandi occhi verdi e dei lunghissimi capelli rossi; in poche parole, era la sua ragazza ideale.
Senza accorgersene il rapper era rimasto imbambolato a guardare la ragazza: non capiva il perché ma più la guardava, più gli piaceva; avrebbe tanto voluto raggiungere il suo amico e chiedergli ch fosse quella ragazza, ma, purtroppo, il suo corpo non gli rispondeva più: non riusciva a muoversi e la sua testa era entrata in coma.
Key, intanto, aveva notato che era entrato il loro nuovo amico e, notando che non li aveva visti, aveva iniziato a chiamarlo a gran voce; per fortuna quelle urla ebbero un doppio effetto, ridestando dalla trance Minho che, riprendendo il controllo del proprio corpo, sospirò sollevato.
Nel frattempo Ed, sentendo le urla di Umma, si girò di scatto per capire da dove provenissero le urla; poi, dopo aver visto il cantante, salutò  da lontano i cinque ragazzi e li raggiunse facendo segno alle sue amiche di seguirlo.
Appena arrivò al tavolo, Ed disse:
“Ragazzi, vi presento le mie due migliori amiche: Karen e Aiko. Ragazze...beh...voi sapete chi sono loro.”
Allora Jonghyun, ridendo, disse:
“Però, Ed: grande presentazione! I miei complimenti!”
“Che c’è? Sono due shawols: probabilmente sanno anche il vostro gruppo sanguigno!”
Le due ragazze, all’affermazione dell’amico, arrossirono vistosamente: non pensavano che Ed potesse dire veramente una cosa del genere; soprattutto perché conoscevano veramente i loro gruppi sanguigni.
Karen e Aiko, cercando di non far vedere il loro forte imbarazzo, dissero:
“È un piacere conoscervi.”
“Il piacere è tutto nostro.”
Rispose Minho, sfoderando il suo sorriso migliore, per cercare di nascondere il suo imbarazzo.
Allora Onew chiese:
“Ragazze, vi va di mangiare qui con noi?”
Karen e Aiko, in quel momento, si pietrificarono; non potevano credere alle loro orecchie: Onew, il leader della loro band preferita, gli aveva chiesto se volevano mangiare con loro; avrebbero voluto urlare a squarciagola e accettare senza pensarci l’invita del ragazzo ma, pensandoci bene, non sapevano se era il caso: insomma, quei ragazzi non li conoscevano veramente; e se avessero fatto una figuraccia? Erano davvero indecise su cosa fare.
Edward, vedendo il forte stato di dubbio e di imbarazzo che affliggeva le sue amiche, disse con un grande sorriso:
“Ma certo che gli va. Giusto, ragazze?”
“S-sì.”
Le due ragazze, quindi, si sedettero vicino al loro migliore amico; erano ancora molto agitate e Ed lo sapeva bene: entrambe le sue amiche avevano preso un braccio del ragazzo e avevano iniziato a stringerlo, conficcando le loro unghie all’interno della carne dell’arto.
Per cercare di alleggerire l’atmosfera, Edward, liberandosi dalla morsa creata dalle due ragazze, disse:
“Allora, ragazzi, siete contenti che domani sia domenica?”
“Certamente: questi due giorni sono stati lunghissimi.”
“Già: Avrei preferito allenarmi nel dribbling.”
Intervenne, allora, Karen, che sembrava aver preso coraggio; Minho chiese curioso:
“Ti piace il calcio, Karen?”
“Un pochino.”
A quella affermazione della ragazza, Ed e Aiko scoppiarono a ridere, lasciando spiazzati i cinque cantanti.
I due studenti rotolarono a terra dalle risate: anche se erano senza fiato, non potevano fare a meno di ridere; Karen, un po’ irritata, chiese ai suoi due amici, incenerendoli con lo sguardo:
“Be’? Si può sapere cos’avete da ridere?”
Allora Edward, asciugandosi le lacrime, si rimise a sedere e, dopo aver ripreso fiato, disse:
“Un po’? Ma se quando c’è il campionato ci fai una testa così.”
Aiko intanto continuava a ridere: non faceva nemmeno più caso alla presenza dei cantanti.
Karen adesso era ancora più imbufalita di prima: ma come si permetteva Edward di fargli fare una figuraccia del genere? Con gli SHINee poi: non poteva lasciare impunita una frase del genere; quindi, con gli occhi iniettati di sangue, disse:
“Sempre meglio di quella porcheria che fate voi?”
In quel momento sia ad Ed che ad Aiko caddero le posate nel piatto; persino Onew smise di mangiare il suo amato pollo, notando che intorno ai due ragazzi si stavano formando un’aura contornata di fulmini e di saette.
Karen, allora, si spaventò: non aveva mai visto i suoi due amici così infuriati; istintivamente, iniziò ad indietreggiare, quasi cadendo dalla sedia.
Temeva il peggio ma non successe nulla: Edward, infatti, aveva bloccato Aiko prima che potesse fare qualcosa; il ragazzo, poi, prese un respiro e disse, con un ghigno sulla faccia:
“Tanto per cominciare è uno sport olimpico e comunque mi sembra di ricordare che, fino a qualche anno fa, piacesse anche a te. Sbaglio forse?”
La ragazza arrossì all’istante: l’amico l’aveva colpita nel suo punto debole, lasciandola priva di difese; non sapeva più cosa dire; infondo Ed aveva ragione: anche a lei piaceva quello sport una volta.
Che poteva dire, adesso?
Karen, allora, con voce tremante, disse:
“N-non so di che stai parlando...”
“Se se...”
“Scusate, ma...di che sport stiamo parlando?”
I tre ragazzi, alla domanda di Taemin, si ricordarono di non essere soli, come al solito; allora, intimidendosi all’improvviso, Aiko disse:
“Pattinaggio artistico.”
“Sul serio?”
Edward e Aiko abbassarono la testa, colpevoli; di solito, quando dicevano che facevano pattinaggio artistico a livello agonistico, la gente scoppiava a ridere e li prendevano in giro; allora Ed disse, senza smettere di guardarsi le scarpe:
“Sì. Ridete pure se volete.”
“Perché dovremmo? È uno sport come un altro: non c’è nulla di cui vergognarsi.”
I due ragazzi alzarono sorpresi: non si aspettavano che quei cinque cantanti fossero così gentili con loro; sorrisero ai cinque ragazzi che ricambiarono felici il silenzioso ringraziamento.
Aiko, per cambiare discorso, chiese:
“Voi cinque avete già pensato a cosa farete domani?”
Key sorridendo rispose:
“Io pensavo di andare a comprare un nuovo cellulare: il mio non funziona più.”
Dicendo questo, Umma appoggiò il suo cellulare sul tavolo.
Era veramente ridotto male: la tastiera era completamente consumata, lo schermo crepato e il guscio del telefonino era scolorito e pieno di graffi.
I tre studenti iniziarono a chiedersi cosa ci aveva fatto per ridurlo così; poi, però, Aiko si limitò a dire:
“Ti conviene andare nel centro commerciale fuori città: lì c’è un ottimo negozio di informatica e mi pare di ricordare che ci fossero anche dei bellissimi cellulari in vendita.”
“Grazie, Aiko. Ehi...mi è venuta in mente un’idea: perché non andiamo al centro commerciale domani?”
“Che bella idea, Key. Io ci sto!”
“Anch’io ci sto. Volete venire anche voi?”
Chiese allora Jonghyun ai tre studenti, lasciando sorprese le due ragazze che però risposero di sì senza pensarci due volte; allora tutti si girarono a guardare lo studente che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
Edward, sentendosi osservato, chiese confuso:
“Perché mi state fissando tutti?”
“Edward, tu vieni. Vero?”
Il minore rimase impietrito alla domanda di Minho, che adesso lo fissava come se lo volesse implorare; non sapeva cosa rispondere, quindi, con un filo di voce, disse:
“Io non so se posso...”
“Dai Ed...”
Allora il rapper iniziò a guardarlo con un grande paio di occhi da cucciolo: era impossibile resistergli, ma Edward era intenzionato a riuscirci.
Perciò il minore si girò dall’altra parte per non guardare quegli occhioni dolcissimi; Minho aveva capito le intenzioni del ragazzino, iniziò ad avvicinarsi sempre di più: già una volta Edward era riuscito a tenergli testa e Minho era intenzionato ad evitare che succedesse di nuovo.
Lo studente intanto continuava a guardare dall’altra parte, pensava di essere riuscito ad evitare lo sguardo dell’altro ragazzo; ma purtroppo Minho era ancora lì fermo a guardarlo e ad aspettare che Ed dicesse qualcosa.
Alla fine il minore dovette cedere e quindi, sbuffando, disse:
“Va bene, vengo. Ma adesso smettila di guardarmi così!”
Allora il ranocchio gigante si rimise a sedere al suo posto, soddisfatto di essere riuscito a vincere contro il suo imitatore.
Karen, dopo aver guardato il suo orologio, disse:
“Bene. Adesso sarà meglio andare in stazione, altrimenti non troveremo più biglietti.”
“Biglietti? Quali biglietti?”
“Quelli dell’autobus: il centro commerciale è troppo lontano per andarci a piedi.”
Rispose Edward, un po’ confuso dalla domanda di Taemin; pensò:
“Ma questi ragazzi non hanno mai visto un autobus?”
Allora Onew, un po’ offeso, disse ai tre studenti:
“Ma pensate veramente che vi lasceremo andare in autobus? No no no: voi venite in macchina con noi.”
In quel momento Karen ed Aiko soffocarono un urletto di gioia: non solo il giorno dopo sarebbero andate al entro commerciale con gli SHINee, ma sarebbero andate anche in macchina con loro; sprizzavano felicità da tutti i pori.
Edward, invece, non sembrava felice quanto loro, in realtà era un po’ preoccupato: già pensare di andare in giro con loro poteva essere pericoloso, pensate andare anche in macchina con loro; si immaginava già calpestato dalle shawols che si sarebbero gettate addosso ai cinque cantanti.
Stava per dire ai cinque ragazzi che preferiva andare in autobus, quando, poi, notò la gioia delle sue amiche: non le aveva mai viste così felici e piene di vita; non poteva fargli questo; perciò disse:
“Be’, in questo caso, grazie mille.”
“Figuratevi. È un piacere. A domani, allora.”
“A domani.”
Allora i ragazzi si salutarono e si diedero appuntamento per la mattina successiva davanti al condominio dove vivevano Ed e gli SHINee.
Finalmente arrivò la mattina tanto attesa.
Edward era esausto: aveva passato tutta la sera prima a casa di Aiko per aiutare le due amiche a scegliere l’abbigliamento più adatto per uscire con i cinque cantanti; sinceramente il ragazzo non capiva perché Karen e Aiko fossero così agitate: erano soltanto dei ragazzi, tutto sommato.
Per fortuna, verso l’una di notte, i tre amici riuscirono a trovare gli abiti perfetti e Ed fu libero di andare a dormire.
Quindi, dopo una notte del genere, il minore avrebbe voluto darsi malato e rimanere a casa a dormire, ma non se la sentiva di lasciare sole le sue amiche con i cinque cantanti; in qualche modo, anche se la cosa non gli piaceva per niente, lui era l’unico tramite tra le ragazze e gli SHINee.
Perciò, maledicendosi per aver accettato di andare al centro commerciale, si alzò dal letto e iniziò a prepararsi per la gita del giorno.
Prima di tutto andò in bagno per rinfrescarsi e infilarsi la parrucca: aveva imparato fin troppo bene che era meglio infilarla davanti uno specchio.
Dopodiché tornò in camera sua per vestirsi; all’inizio era un po’ indeciso se vestirsi se vestirsi casual o più formale; poi pensò:
“No, non posso ridurmi come Karen e Aiko per scegliere i vestiti!”
Quindi prese una maglia colorata, un paio di jeans grigi e una giacca in jersey nera; la giusta combinazione tra elegante e casual: era abbastanza comodo per andare in giro tra i cinque piani del centro commerciale, ma era comunque abbastanza formale da non farlo sembrare troppo trasandato.
Infine, dopo aver infilato scarpe e occhiali, prese la sua adorata tracolla e uscì dall’appartamento per vedere se i cantanti erano pronti.
Stava per bussare alla porta dei suoi vicini, quando questa si aprì di colpo e dall’appartamento uscì Minho, che sembrava ancora un po’ assonnato; all’improvviso i due ragazzi si ritrovarono ad una distanza di circa cinque centimetri: per un attimo Edward aveva pensato che il cantante che l’avrebbe travolto.
Per fortuna Minho riuscì ad iniziare a connettere qualche secondo prima di scontrarsi con Ed; imbarazzatissimo e preoccupato, il rapper disse:
“Sc-scusami tanto Edward! Ti ho fatto male?”
“No, tranquillo. Sto benissimo. Ma dove stavi andando così di fretta?”
“Be’...ti stavo venendo a chiamare. Fra poco sono le 07:00.”
Edward si stupì: Minho era molto premuroso con lui; il minore non poté fare a meno di sentirsi onorato: non è una cosa di tutti i giorni che un cantante così famoso si preoccupasse di un ragazzino che conosceva da solo cinque giorni.
“Ehi, Ed, sei già sveglio! Meno male!”
In quel momento, uscì dall’appartamento Onew, vestito molto bene: un paio di pantaloni bianchi, una camicia sempre bianca e una felpa sportiva verde.
Il leader, non appena uscì dall’appartamento, si precipitò ad abbracciare Edward, facendo ingelosire Minho.
Era veramente arrabbiato: insomma, era stato lui a scontrarsi con Ed il primo giorno ed era sempre stato lui a coinvolgere per primo lo studente nel gruppo; e ora Jinki si accaparrava tutte le attenzioni di Ed? Non lo trovava affatto giusto.
Fortunatamente, tutta la sua rabbia sparì in pochi istanti, vedendo salire per la rampa di scale Karen.
Era bellissima: era vestita abbastanza comoda con una canotta bianca, una gonna nera che arrivava sopra il ginocchio e una maxi maglia rosa.
Il rapper rimase, poi, incantato guardando i lunghi capelli rossi della ragazza che aveva raccolto in due code; non capiva cosa gli stesse succedendo: non aveva mai provato qualcosa del genere per una ragazza prima di quel momento; non la conosceva nemmeno bene, quindi, non poteva essere amore; non ancora almeno.
Continuava a pensare:
“Ma che mi prende? Non sarà mica un colpo di fulmine?!”
Edward, vedendo arrivare le sue amiche, si precipitò ad abbracciarle dicendo:
“Buongiorno, ragazze! Siete puntualissime!”
“Buongiorno, Edward. Buongiorno, ragazzi.”
Minho e Onew, allora, risposero al saluto delle ragazze con un grande sorriso; Karen e Aiko, naturalmente, arrossirono immediatamente.
Finalmente arrivarono anche gli ultimi tre cantanti mancanti e, quindi, gli otto ragazzi poterono finalmente partire.
Dopo una ventina di minuti, passata a scherzare e a chiacchierare, la comitiva arrivò al centro commerciale; i tre studenti fecero strada ai cantanti, portandoli direttamente al negozio di informatica.
Non appena entrarono nel negozio, i cantanti rimasero senza parole: il negozio era immenso ed era pieno di scaffali che contenevano cellulari, computer...qualunque cosa che si potesse desiderare era sistemata in uno di quegli scaffali.
Ed, allora, rivolgendosi ai cantanti, disse:
“Che ne dite? Volete entrare o avete paura di perdervi?”
“Ma per chi ci hai presi? Guarda che abbiamo il senso dell’orientamento.”
“D’accordo, allora. Ci vediamo qui fra un’ora?”
“Va bene.”
Il gruppo si divise in due: i tre studenti andarono a vedere i computer mentre i cantanti iniziarono a cercare il reparto dove erano presenti i cellulari.
Karen, Aiko e Edward passarono quasi l’intera ora a chiacchierare e a guardare ogni singolo computer presente in quel negozio; naturalmente non avevano alcuna intenzione di comprare nessun portatile; infatti, era entrati nel negozio con una precisa intenzione.
Dopo un po’ che giravano per gli scaffali del negozio, si imbatterono finalmente nell’oggetto che stavano cercando: una tavoletta grafica con un programma apposito per disegnare i manga.
Si avvicinarono al bancone in cui erano esposte le tavolette; subito, furono accolte da una commessa che, con un grandissimo sorriso, chiese:
“Buongiorno, ragazzi. Cosa posso fare per voi?”
“Vorremmo comprare tre tavolette grafiche.”
“No...in realtà solo due tavolette...”
Karen e Aiko si voltarono a guardare il loro amico, che sembrava essere stato pugnalato al petto; le due ragazze gli chiesero confuse:
“Perché? L’hai già comprata?”
“No...”
“E, allora, come mai non la vuoi più prendere?”
“Non ho abbastanza soldi.”
“Cosa?! Ma se è da mesi che risparmi per comprarla. Com’è possibile che adesso non hai più abbastanza soldi?”
In quel momento, Edward non sapeva cosa rispondere ad Aiko: non poteva dirle che aveva speso quasi tutti i suoi soldi per comprare i costumi agli SHINee; perciò decise di dire all’amica una mezza bugia; quindi, disse:
“Ho avuto una spesa improvvisa...e adesso...non ho abbastanza soldi per comprare la tavoletta.”
“Oh, Ed...”
“Non fa niente...la prenderò quando avrò risparmiato di nuovo la cifra che mi serve. Voi compratela, però...non sentitevi obbligate ad aspettarmi.”
Allora le due ragazze, anche se la cosa le faceva sentire in colpa, comprarono le tavolette e poi, insieme al ragazzo, si diressero verso l’entrata del negozio.
Quando arrivarono davanti all’entrata, però, non trovarono i cinque cantanti; non capivano dove fossero finiti: ormai era passata più di un’ora da quando si erano divisi; dove potevano essere finiti?
Per fortuna, poco dopo, arrivarono anche gli SHINee, che stranamente sembravano avere un’espressione colpevole.
Edward chiese:
“Ehi, ragazzi, che vi è successo? Come mai quelle facce?”
Jonghyun stava per dire qualcosa ma, prima che potesse parlare, Key gli mise una mano davanti alla bocca e poi, con una voce abbastanza tranquilla, disse:
“No, niente di grave. E che...ci siamo persi. Avevi ragione tu.”
“Ah, vabbeh! Pensavo che vi fosse successo qualcosa di grave. Non dovete stare male per una cosa del genere: anche noi la prima volta ci siamo persi dentro questo negozio.”
Il gruppo si riunì e, quindi, gli otto ragazzi ricominciarono di nuovo il giro del centro commerciale insieme; il resto della giornata passò molto velocemente, caratterizzata da centinaia di battute e da discorsi quasi deliranti di cui alla fine nessuno si ricordava il senso.
Durante quel pomeriggio, poi, Karen e Aiko entrarono a far parte ufficialmente del gruppo, di cui Edward era già membro da qualche giorno.
Purtroppo anche il pomeriggio passò in fretta e i ragazzi dovettero tornare a casa.
Arrivarono al condominio circa mezz’oretta dopo; lì, Karen e Aiko salutarono i ragazzi e si diressero verso i loro appartamenti, che si trovavano qualche strada più in là.
I ragazzi, allora, salirono le rampe di scale per tornare nei loro appartamenti; quando arrivarono nel pianerottolo, Edward disse:
“Grazie per la bella giornata, ragazzi. Ci vediamo domani a scuola.”
Stava per rientrare a casa, quando Key disse:
“Aspetta un secondo. Ti dovremmo dire una cosa.”
Il minore si girò verso i cantanti, un po’ confuso, chiedendo:
“Cosa dovete dirmi?”
“Non siamo stati del tutto sinceri oggi dentro al negozio d’informatica...”
“In che senso?”
“Sarà più semplice dopo che aprirai il nostro regalo.”
Detto ciò, Minho estrasse dal suo zaino una scatola blu chiusa con un nastro bianco e lo porse allo studente; Ed, quindi, sempre più confuso, aprì il regalo e capì immediatamente la situazione: dentro alla scatola c’era una tavoletta grafica con un software per il computer.
Edward alzò la testa e, con un sorriso un po’ malinconico, chiese ai cinque ragazzi:
“Mi avete sentito. Non è vero?”
“Sì. Perdonaci: non volevamo farti spendere tutti i tuoi soldi.”
“Non dovete scusarvi. È stata una mia scelta, non mi avete costretto voi...perciò...non posso accettarla.”
Dicendo questo, il minore ridiede la scatola a Minho che, immediatamente, la mise di nuovo tra le mani di Edward, replicando:
“Ed, prendila: è un regalo da parte nostra.”
“È un regalo troppo costoso! Non posso accettarla.”
“Infatti devi! Il discorso è chiuso: questa adesso è tua.”
“E  poi, visto che mi devi dare lezioni di disegno, avrai bisogno della giusta attrezzatura.”
Lo studente era senza parole: quei ragazzi avevano il potere di sconvolgere la sua mente; riuscivano a renderlo incapace di parlare.
Allora, con una voce quasi sull’orlo del pianto, disse agli SHINee:
“Non so cosa dire se non grazie mille. Se avete bisogno di qualcosa, chiedete pure.”
“Be’, Edward, in realtà avremmo un problemino: abbiamo un posto in più a tavola e non sappiamo come riempirlo. Ci puoi aiutare?”
Il minore scoppiò a ridere; poi disse, ridacchiando:
“Va bene. Ma non ditelo a Karen e Aiko, altrimenti dovrete pagare anche il mio funerale.”

 
Nei panni dell’autore

Ciao^^ sono riuscito a finire il capitolo^^
Che soddisfazione^^ spero che vi piaccia e che abbiate voglia di recensirlo^^
Allora in questo capitolo Minho non solo combatte con Onew per le attenzioni di Ed, ma è anche in un continuo conflitto interno provocato da Karen ^^ sarà amore quello che sente? Io lo so ovviamente, ma non ve lo dico xD ahhahahahahahahahahahaha xD
In questo capitolo ho messo anche un disegno di Karen che, lo ammetto, ho fatto molto di fretta ieri pomeriggio^^ non ho saputo resistere e ho fatto un disegno in stile shojo ^^ spero vi piaccia lo stesso ^^
Comunque penso che cambierò il giorno in cui pubblico: da ora in poi infatti credo che metterò i capitoli di lunedì perché mettendoli di domenica faccio tutto di fretta *^*
Quindi, grazie a tutti quelli che leggono la mia storia ^^
A lunedì prossimo,
Wyatt
 
 
 
 
  
 

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Capitolo 8
*** Tra la maniglia e il chiavistello ***


Tra la maniglia e il chiavistello

Purtroppo la domenica passò e i sei ragazzi dovettero di nuovo tornare a scuola per un altro noiosissimo giorno, caratterizzato da lezioni interminabili e da un pranzo che dovrebbe essere definito un rischio alla salute mondiale.
Però, quella giornata fu diversa: quella mattina, per i cinque cantanti, non era più solo una noiosa perdita di tempo, imprigionati in una stanza a studiare su vecchi libri, immersi nella nebbia provocata dal cancellino che veniva sbattuto contro la lavagna; quel giorno era diventata una buona occasione per stare insieme, chiacchierando e scherzando.
Persino il termine insieme aveva un nuovo significato: adesso quella parola non comprendeva solo loro cinque, ma anche Karen, Aiko e soprattutto comprendeva Ed; gli SHINee, ormai, consideravano quel ragazzo parte della loro speciale famiglia.
Quella mattina, poi, era stata differente perché Minho, intenzionato a controllare che Onew e Ed non diventassero troppo intimi, si sedette al posto di Jinki, così da avere l’occasione di parlare un po’ con il nuovo amico senza essere interrotti.
Ma, alla fine, il rapper non parlò molto con Edward perché chiacchierò quasi tutto il tempo con Karen: ancora non capiva il perché di questa grande attrazione che provava nei suoi confronti, però, più parlava con lei, più cose scopriva averci in comune; il motivo di quella forte infatuazione iniziava ad essere sempre più definito e chiaro.
L’imitatore del ranocchio gigante intuì di essere d’intralcio ai due ragazzi, perciò durante la ricreazione, approfittando dell’assenza dei due futuri piccioncini, aiutato da Aiko, spostò tutte le sue cose al posto dell’amica e quelle di lei al suo posto, lasciando Karen e Minho liberi di approfondire la loro conoscenza.
Anche quel giorno di scuola finì e i ragazzi decisero di avviarsi per andare a casa.
Ma non appena uscirono dall’aula, un secondo dopo aver salutato le due ragazze, il ranocchio saltò addosso allo studente, abbracciandolo e ringraziandolo per averlo aiutato con Karen; Ed cercò subito da liberarsi da quell’abbraccio imbarazzante ma Minho era troppo felice e nel giro di tre secondi lo riafferrò, stringendolo ancora di più a sé.
Il secondo abbraccio durò un paio di secondi e, non appena il più grande liberò Edward, quest’ultimo scappò a gambe levate con la scusa di dover cercare un libro che gli serviva.
I cantanti, allora, si avviarono verso il loro appartamento, con un’andatura molto più lenta rispetto a quella del nuovo amico.
Arrivarono a casa circa venti minuti dopo e non appena entrarono in casa si bloccarono di colpo; iniziarono a guardarsi negli occhi a vicenda: la tensione era palpabile e nell’aria iniziavano ad essere visibili le scintille provocate dal desiderio della guerra; all’improvviso, dopo aver lanciato un’ultima occhiataccia di sfida a tutti i suoi colleghi, Taemin urlò:
“Il bagno è mio!”
I cinque ragazzi, allora, iniziarono a correre verso la porta del bagno; era appena iniziata una lotta all’ultima sangue: chi si spintonava, chi tirava pugni e chi, preso dal desiderio in controllabile di sciacquarsi i denti per togliersi quel disgustoso sapore del cibo della mensa, buttava le sedie a terra così da ostacolare i suoi sfidanti; nella foga della corsa, poi, Jonghyun inciampò, e, cercando di non cadere, andò a sbattere contro un muro.
Alla fine, Key fu il vincitore della battaglia e quindi, dopo essere entrato in bagno, disse ai suoi compagni, con un sorriso vittorioso:
“Be’ ragazzi, io vado in bagno! Ci vediamo tra un po’!”
Allora chiuse la porta, lasciando gli altri con un palmo di naso.
Poco dopo, i quattro ragazzi sentirono bussare alla porta e, poi, qualcuno che timidamente disse:
“Ragazzi, sono io. Posso entrare?”
Onew, quindi, cercando di rialzarsi, gli rispose:
“Certo, Ed, entra pure: la porta è aperta.”
Lo studente entrò e subito rimase spiazzato nel vedere la confusione presente in quella casa: sedie buttate a terra, fogli e riviste sparse sul pavimento, quadri appesi storti sulle pareti; Edward, subito, pensò:
“Ma non avevamo messo a posto l’appartamento ieri sera?”
Non appena entrò, si precipitò ad aiutare Jinki, che sembrava aver perso il senso dell’equilibrio; il più grande, allora, dopo essersi rialzato, disse:
“Grazie, non riuscivo a mettermi in piedi.”
“Figurati ma...che è successo?”
“Be’ sai...tra colleghi può succedere che ci siano dei battibecchi...”
“Non riuscivate a decidervi su chi dovesse andare per primo in bagno. Ho ragione?”
Il leader allora abbassò la testa colpevole, annuendo; si sentiva in colpa: insomma, cinque ragazzi adulti e vaccinati che litigano per una cosa così scema e cretina; dopo tutti quegli anni dovrebbero essere almeno in grado di organizzarsi per non discutere ogni giorno su cose del genere.
All’improvviso sentì due braccia avvolgerlo e poi una voce dolce e delicata dirgli:
“Non devi essere imbarazzato: anch’io se avessi quattro coinquilini con cui condividere un solo bagno litigherei per qualsiasi motivo.”
Il maggiore, alla frase dell’amico, sorrise e ricambiò il gesto d’affetto; sciolto l’abbraccio, si accorse che il ragazzo aveva tra le mani un libro per bambini, uno di quei libri che le mamme regalano ai propri figli cosicché imparino a disegnare.
Allora, ridendo,chiese:
“E quel libro?”
“É il libro di testo del mio corso.”
“Il libro di testo del tuo corso?”
“Sì. Per darti lezioni di disegno ho capito che devo partire dalle basi e non ho trovato niente di più basico di questo.”
“Ah...in questo caso...grazie.”
Ed, quindi, sorrise e poi consegnò il libro ad Onew che, notando le scimmiette colorate sulla copertina, scoppiò in una fragorosa risata.
Lo studente, cercando di non scoppiare a ridere anche lui, iniziò a guardarsi attorno per farsi un’idea più precisa dei danni che quei ragazzi erano riusciti a provocare per un bagno; poco dopo, però, notò qualcosa che brillava per la sua assenza: non c’era nessuno che facesse confusione.
Jinki, vedendo Ed distratto alla ricerca di qualcosa, chiese:
“Che hai?”
“Come?...ah no, scusa e che...dove sono gli altri?”
Allora il maggiore iniziò a guardarsi intorno; in effetti Edward aveva ragione: non c’era più traccia dei ragazzi; provò ad andare verso il bagno per vedere se erano lì; entrò nel corridoio che portava alle camere e sparì anche lui.
Ed, un po’ preoccupato, corse a vedere cosa stesse succedendo; girò anche lui l’angolo, che ormai faceva invidia al triangolo delle Bermuda, e si trovò davanti i cinque ragazzi che erano intenti a fissare un muro.
Quindi, un po’ incuriosito, si avvicinò anche a lui a quel particolare muro; non appena ci fu accanto, notò che sulla parete c’era una specie di contorno rettangolare; all’inizio rimase confuso ma poi, osservando un po’ meglio la superficie del muro, notò che c’era una serratura all’estremità interna di quel tracciato.
Dopo aver aspettato almeno una decina di minuti che i cinque ragazzi si risvegliassero da quello stato di trance, lo studente disse, spazientito:
“Si può sapere perché state fissando quella porta?”
“Come porta?”
Disse, allora, Taemin, risvegliatosi dal coma; Ed rispose:
“Sì, porta: non avete visto la serratura?”
“Ma se è una porta...cosa c’è dall’altra parte?”
“Be’...il mio appartamento, credo...”
I cinque cantanti si voltarono di scatto, spaventando a morte il minore che indietreggiò quasi in sincronia con la loro reazione; Key allora, un po’ confuso, chiese:
“Come mai pensi che questa porta conduca al tuo appartamento?”
“Be’ se non ricordo male, all’inizio, per ogni piano c’era solo un appartamento di dimensioni gigantesche...poi il proprietario dello stabile ha deciso di dividerli in due, così da ottenere due appartamenti...in alcuni però hanno lasciato una porta per riunirli in caso di bisogno...”
In quel momento Ed si ricordò del giorno in cui comprò l’appartamento: l’ansia del non sapere cosa ci fosse dietro la porta, la sorpresa nel vedere le dimensioni dell’abitazione e soprattutto la confusione provocata da tutti i moduli che dovette compilare; il ragazzo non poté fare a meno di sorridere; Key, mentre Edward parlava, iniziò a pensare alla porta e al fatto che dietro quella soglia ci fosse l’appartamento dello studente; all’improvviso ebbe l’illuminazione e, quindi, con voce squillante, chiese:
“Scusa Edward, sai per caso chi ha la chiave?”
“Il portinaio, credo, ma...perché t’interessa, Key?”
“Come facciamo ad aprire la porta senza la chiave, altrimenti!”
Disse Umma con un grosso sorriso stampato in faccia; gli altri cantanti iniziarono ad applaudire, entusiasti dell’idea di Key, mentre Edward era rimasto spiazzato: aprirla avrebbe voluto dire avere tra i piedi quei ragazzi anche durante il resto della giornata e non solo durante le lezioni.
Minho, allora, senza nemmeno cercare di controllare il suo entusiasmo, disse:
“Ok è fatta, vado a chiedere la chiave al portinaio!”
“Aspetta ranocchio...prima dobbiamo stabilire se siamo tutti d’accordo.”
“Io ci sto.”
“Idem.”
“E lo chiedi.”
All’appello, però, mancava la risposta di Ed, che era rimasto immobile a fissare il pavimento; non sapeva proprio cosa dire: insomma, gli piacevano quei ragazzi ma un conto era andare d’accordo a scuola e un altro riuscire a convivere in un solo appartamento; d’altro canto, gli appartamenti sarebbero stati comunque due e nulla vietava di lasciare aperta quella porta solo per le emergenze; proprio non sapeva cosa fare.
Notando lo stato confusionale dell’amico, Jonghyun appoggiò una mano sulla spalla destra di Ed, facendo sussultare quest’ultimo per lo spavento, poi, guardandolo negli occhi, il vocalist chiese:
“Tu sei d’accordo Edward?”
“Be’ io...ecco...preferirei pensarci un po’ prima di rispondere...”
“Ah...ok...tranquillo...”
“Io ora vado...ci vediamo domani...”
Allora il minore, senza dare a nessuno il tempo di replicare, uscì dalla casa dei cantanti per tornare nel suo appartamento.
Non appena varcò la soglia, si lasciò cadere sul suo divano privo di forze: non sapeva perché ma quelle espressioni deluse dei ragazzi lo avevano distrutto; avrebbe voluto urlare o battere i pugni per terra: voleva sfogare quella frustrazione che ormai portava in corpo da quando gli SHINee erano piombati nella sua vita; purtroppo, però, non ne aveva la forza, non aveva la forza di fare niente.
Possibile che potesse essersi ridotto così perché quei ragazzi erano tristi?
Possibile che potessero fargli questo effetto?
Provò a fare mente locale e di capire cosa avrebbe fatto il suo lato freddo e razionale: ormai non poteva più definirsi razionale dopo che aveva conosciuto i suoi nuovi vicini; il suo cervello ci mise pochi secondi a formulare una risposta: no.
Non valeva la pena legarsi tanto a cinque ragazzi che dopo non avrebbe più rivisto.
Il suo lato più dolce e sensibile, però, gli gridava a gran voce di accettare: quei ragazzi gli piacevano ed erano sempre stati gentili con lui; lo trattavano quasi come fosse di famiglia.
All’improvviso tutti i suoi pensieri andarono a confluire in una semplice domanda; la domanda che ormai lo tormentava da giorni; la domanda a cui Ed non era mai riuscito a dare risposta:
 

PERCHÉ QUEI RAGAZZI CI TENGONO COSÌ TANTO A ME?

 
Il resto della giornata passò in fretta, anche se per Ed era come se fosse durata secoli.
Finalmente il sole sorse di nuovo e un nuovo giorno iniziò.
Edward non aveva affatto voglia di alzarsi: a scuola di sicuro i ragazzi gli avrebbero chiesto nuovamente se accettava e lui non sapeva ancora cosa dire.
Per fortuna, invece, non gli fecero nessuna pressione: avevano capito che per il ragazzo, non essendo abituato a convivere, non era semplice decidere cosa fare.
La mattinata trascorse come al solito: tra ore passate a chiacchierare e ore passate a tenere sveglio Onew che si addormentava ogni cinque minuti.
Infine, quando tutti e sei i ragazzi credevano di star per svenire, arrivò l’ora di pranzo e con lei la fine del supplizio; allora i ragazzi, insieme a Karen e ad Aiko, si avviarono verso la caffetteria.
Dopo aver preso posto intorno a quel tavolo che ormai era diventato di loro proprietà, Karen chiese:
“Ragazzi, era mai successo che la preside sospendesse le lezioni per un guasto ai bagni?”
“No, mai: almeno domani potremo dormire un po’ di più.”
“Già, hai ragione, Edward: è da mesi che non dormo più di dieci ore a notte.”
“Non sei mica un neonato, Aiko.”
Intanto gli SHINee si guardavano tra di loro: non sapevano se chiedere o non chiedere ad Ed una risposta alla domanda che gli avevano fatto; avevano paura di stressarlo troppo; dopotutto non era una cosa urgente; non così tanto, almeno.
Poi, però, Minho, un po’ teso, chiese:
“Ed?”
“Sì?”
“Poi hai riflettuto su...quel problema?”
Ed allora appoggiò la forchetta sul piatto e alzò la testa per guardare negli occhi il rapper: la tensione nel suo sguardo era visibile; in quel momento il minore si rese conto che anche lui aveva un certo effetto su quei ragazzi.
Minho era agitatissimo: si era pentito di averglielo chiesto un secondo dopo aver smesso di parlare; temeva la reazione dello studente: cosa sarebbe potuto succedere? Avrebbe urlato? Si sarebbe irritato?
Per fortuna, tutta la sua preoccupazione svanì quando Edward, sorridendo, rispose:
“Sì, certo. Ne parliamo dopo a casa.”
Il maggiore, allora, si tranquillizzò: il sorriso dell’amico aveva il potere di calmarlo.
Ogni giorno per il rapper era una scoperta: più tempo passava con quel ragazzo, più notava la loro grande somiglianza.
Edward, invece, iniziava ad essere un po’ nervoso: non stava mentendo quando diceva di averci riflettuto sopra e durante la mattina aveva trovato anche la risposta a quella domanda ma, sempre quella mattina, aveva deciso che prima di rispondere gli avrebbe fatto lui una domanda e tremava al pensiero della loro risposta.
Passò un’altra ora.
Era giunto il momento: era giunto il momento in cui ogni dubbio sarebbe stato soddisfatto.
I sei ragazzi si diressero verso il palazzo.
Quando arrivarono i cinque cantanti entrarono nel loro appartamento, invitando l’amico ad entrare.
Edward sorrise nervoso: la discussione si sarebbe svolta nella tana dei leoni; non riusciva a immaginare un posto peggiore dove parlare.
Procedendo di mezzo metro al minuto, Ed entrò nella casa dei suoi vicini e, non appena lo fece, Taemin gli chiese:
“Allora...qual è la tua risposta?”
“P-prima se non vi dispiace d-dovrei farvi una domanda...”
I cinque ragazzi si guardarono perplessi ma poi, incuriositi dalla premessa di Edward, dissero:
“Certo, fa’ pure.”
Il minore prese un respiro profondo e subito dopo, torturandosi le mani, chiese:
“Perché ci tenete tanto a me? Insomma...non sono una shawol e non vi ho mai trattato come idoli della musica; quindi...perchè?”
“Proprio per questi motivi, Ed.”
Disse, sorridendo, Minho che si era avvicinato all’amico per tranquillizzarlo; Edward, sempre più confuso, chiese:
“Come? Non capisco.”
“Tu sei diverso dagli altri: alcuni ci trattano come delle divinità, mentre altri ci considerano solamente un prodotto; tu, invece, ci tratti come delle persone: se facciamo qualcosa di sbagliato, non stai zitto come qualsiasi fan; ci urli addosso e ci sgridi.”
“Per te può essere una cosa normalissima, ma per noi non lo è.”
“In qualche modo, ci tratti come ogni ragazzo tratta i propri fratelli.”
Edward rimase di stucco: quei ragazzi non lo stavano prendendo in giro; erano sinceri, lo si poteva leggere dai loro occhi; allora Ed, rise, pensando:
“Ora ho la certezza di essere impazzito.”
Poi, appoggiandosi al bancone della cucina che si trovava dietro di lui, disse, spostando con la mano un ciuffo che era caduto sulla sua fronte:
“Va bene...avete vinto.”
“Vuoi dire...”
“Sì: mi va bene aprire la porta ma ad una condizione: prima di entrare in camera mia, dovete bussare. D’accordo?”
Lo studente non fece in tempo a finire la frase che Minho lo abbracciò, preso dall’euforia; Edward stavolta, però, non si ritrasse; anzi, lo ricambiò, contento di aver reso così felici quei ragazzi.
Intanto, Jonghyun fissava il vuoto, come se stesse cercando la risposta ad un suo interrogativo; allora Key gli chiese:
“Tutto bene, Dino?”
“Fratello...fratellino...fratellino!”
“Fratellino? Stai delirando, Jonghyun?”
“No! Finalmente ho trovato un soprannome per te, Ed: fratellino.”
“Sì, mi piace. Tu cosa ne pensi, Edward?”
Il minore ci pensò un attimo prima di rispondere ad Onew: in effetti non era poi tanto male come soprannome; dopotutto, suonava anche bene, l’unica sua preoccupazione era che lo chiamassero così anche a scuola.
Dopo un po’ disse:
“Sì, piace anche a me.”
Il pomeriggio passò in fretta, passato a chiacchierare e a discutere su qualsiasi cosa passasse per la mente dei sei ragazzi.
All’improvviso, i ragazzi sentirono bussare alla porta; Onew scattò in piedi e corse alla porta: finalmente era arrivato il portinaio con la chiave per aprire la porta comunicante.
Il portinaio consegnò la chiave al cantante e se ne andò.
Jinki, allora, tornò in salotto, tenendo in mano la chiave come se fosse il Santo Graal; tutti i ragazzi allora si radunarono intorno alla porta; Ed inserì la chiave nella serratura, la girò e un secondo dopo la porta si aprì.
Lo studente entrò nel suo appartamento, come se fosse la cosa più normale del mondo entrare dalla casa dei vicini; i cantanti, invece, esitarono un po’ prima di entrare; Ed, sorpreso della loro improvvisa timidezza, disse:
“Volete entrare o no?”
Gli SHINee, incoraggiati dall’esortazione del loro ‘fratellino’, entrarono nell’appartamento e subito rimasero a bocca aperta: Edward aveva arredato casa sua con uno stile molto moderno; le sfumature prevalenti erano quelle del blu e del grigio, con qualche tocco di bianco.
I mobili, poi, non erano sfarzosi o vistosi: avevano delle linee semplici ed essenziali; il suo appartamento ricordava in maniera impressionante i loft delle metropoli americane ma con alcuni accenni allo stile coreano.
Il minore, divertito dalle espressioni ebeti di quei ragazzi, chiese:
“Che c’è? Vi aspettavate l’apoteosi della bandiera inglese?”
“Be’...sì.”
“Ma esattamente da quanto tempo è che vivi in Corea?”
“Circa sei anni.”
“Accidenti!”
“Che dite mangiamo?”
I sei ragazzi trascorsero la serata davanti alla TV di Ed a guardare tutti i film che i cantanti si erano portati da casa; poi, verso mezzanotte tutti i ragazzi caddero addormentati nel salotto del minore: chi era steso sul tappeto, chi sul divano, chi si aveva appoggiato la testa sul tavolino e chi, come Ed e Minho, si erano addormentati l’uno tra le braccia dell’altro.


Nei panni dell’autore che si addormenta sul divano  

Ciao ^^ vi piace il titolo?
Allora, per scrivere questo capitolo ho quasi rischiato l’esaurimento nervoso ma ne è valsa la pena ^^ almeno credo *^*
Finalmente si è scoperto il senso del titolo della storia ^^ yeee ^^
In questo capitolo poi ho chiarito finalmente il rapporto tra Ed e i cantanti ^^ ci sono riuscito? ^^
Questa settimana non sono riuscito a fare nessun disegno *^* perdonatemi *^* però vi allego un disegno degli SHINee in stile chibi che ho trovato su internet, spero vi piaccia ^^
Grazie ancora a tutti per aver letto il capitolo ^^
Se vi va, recensite il capitolo, per favore ^^
A lunedì prossimo,
Wyatt

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Capitolo 9
*** Un nuovo giorno ***


Un nuovo giorno

La notte passò veloce.
I sei ragazzi erano ancora addormentati davanti alla TV accesa: nessuno si era mosso di un centimetro da quando si appisolarono il giorno prima; nella stanza regnava il silenzio più assoluto, rotto in alcuni momenti da qualche respiro più profondo.
Nessuno aveva messo la sveglia e nessuno sembrava intenzionato a svegliarsi; il tempo, per quei ragazzi, si era fermato, lasciandoli liberi di muoversi nel mondo dei sogni.
All’improvviso tutti gli orologi segnarono le 6:50 e, in quell’esatto momento, Ed iniziò a svegliarsi; sbatté pigramente le palpebre un paio di volte e subito rimase scioccato: la sua vista era fin troppo chiara e definita; i suoi occhi non poterono fare a meno di lacrimare; si mise una mano sopra gli occhi e si accorse che aveva ancora gli occhiali addosso.
La cosa lo lasciò visibilmente confuso; iniziò a chiedersi:

“Ma come mai non me li sono tolti prima di andare a letto?”

Ancora un po’ intontito dalle ore di sonno appena trascorse, provò a cercare la sveglia che di solito si trovava sul suo comodino; però, stavolta, sotto di lui non trovò il materasso: infatti, sotto di lui c’era Minho che dormiva come un angioletto e che,quasi fosse la cosa più normale del mondo, lo stava stringendo stretto a sé.
Edward, non appena si rese conto del fatto, saltò indietro per lo spavento, liberandosi dalla morsa creata dalle braccia del rapper; era sempre più confuso: non riusciva a capire cosa ci facesse in casa sua il cantante; poi, però, notando che sullo schermo della televisione era ancora presente il menù di selezione di un DVD, si ricordò cos’era successo la sera prima.
Si portò le mani in faccia, imbarazzatissimo; continuava a pensare:

“Perché ho accettato di aprire quella stupida porta?!”

Intanto il rapper, ancora nel bel mezzo del sonno più profondo, si accorse che qualcosa era cambiato e che qualcosa o qualcuno si era spostato; allora, mentre dormiva, allungò le braccia in cerca della cosa che era scomparsa e che ora non gli permetteva di dormire tranquillo.
Il minore, sentendo i lamenti del nuovo amico, aprì le dita delle mani e, dalle fessure appena createsi, vide che Minho stava agitando le braccia in cerca di qualcosa; gli era chiaro cosa stava cercando: lui; Ed, infastidito, pensò:

“Ma mi hai preso per un peluche?!”

Il maggiore, intanto, aveva iniziato ad alzare il busto, con un sonno sempre più agitato: voleva ritrovare ciò che gli aveva favorito il sonno e non sembrava intenzionato a cedere; ormai solo pochi centimetri li distanziavano; Minho era quasi riuscito a trovare di nuovo il suo ‘fratellino’; Edward, spaventato, prese un cuscino e lo lanciò addosso al cantante che lo prese al volo e lo strinse forte, scambiandolo per lo studente.
Il minore tirò un sospiro di sollievo: l’aveva scampata bella, questa volta.
Rimase qualche secondo paralizzato, guardando il rapper che era ritornato a sembrare un angelo caduto dal cielo; era dolcissimo: stringeva il cuscino al suo petto e, ora, aveva raccolto le gambe  quasi non volesse fare scappare un’altra volta il suo peluche improvvisato.
Ed sorrise: sarebbe stato un crimine svegliarlo.
Si guardò attorno e subito notò gli altri quattro ragazzi: erano stesi sul pavimento, privi di ogni energia; dopo un po’, però, si accorse di una cosa strana: Key era steso sopra di Jonghyun e gli cingeva la vita con le braccia.
Allora, Edward, sempre più confuso, decise di lasciarli dormire e, cercando di fare meno rumore possibile, si alzò dal divano e si diresse verso il bagno; fu una vera sfida per il ragazzo raggiungere la sua meta: i cantanti era sparsi dappertutto sul pavimento e negli spazi lasciati liberi c’erano pezzi di patatine e di salatini; finalmente, dopo mille stenti, riuscì a raggiungere il bagno e, dopo essere entrato, socchiuse la porta dietro di sé.
Il bagno era illuminato da alcuni timidi raggi di sole provenienti da una finestra, velata da una tenda bianca, perciò non dovette accendere la luce; il ragazzo sorrise a quella inaspettata fonte di luce: quella mattina, i suoi occhi erano già stati messi a dura prova e non era sicuro di poter affrontare una altra sfida del genere.
Si diresse verso il lavandino e, dopo essersi tolto gli occhiali, si sciacquò il viso, massaggiandosi il viso in modo energico, così da svegliarsi completamente: quella notte non aveva dormito benissimo e, quindi, non si sentiva nel pieno delle forze.
Spense l’acqua e, stropicciandosi con una mano l’occhio sinistro, con la mano destra iniziò a cercare un asciugamano tra quelli presenti nella pila accanto al lavandino; si asciugò il viso e, non appena si tolse l’asciugamano dal viso, il suo sguardo cadde sullo specchio: aveva la parrucca completamente sottosopra e le ciocche sintetiche color oro si erano fuse con quelle castane dei suoi capelli, creando una tonalità ambrata veramente singolare.
Si tolse, velocemente, la parrucca e, dopo aver perso qualche minuto a capire quale fosse il davanti, la rinfilò, infilando una ad una le ciocche marroni sotto il toupet.
Terminata questa ultima fase, stava per uscire dal bagno quando il suo sguardo cadde su un altro oggetto che si trovava accanto al lavandino: il suo spazzolino da denti; istintivamente si portò una mano davanti alla bocca e provò a sentire il suo alito: sapeva di patatine, salatini, bibite gassate e ketchup; gli sembrò quasi di svenire dal forte odore che emanava la sua bocca.
Afferrò, immediatamente, lo spazzolino e iniziò a lavarsi i denti, usando quasi tutto il dentifricio che era contenuto nel tubetto che aveva comprato qualche giorno prima; alla fine, dopo aver fatto circa dieci mila gargarismi con il colluttorio, uscì dal bagno, fresco come una rosa.
Decise di ritornare in salotto, per vedere se i cinque ragazzi si erano svegliati: erano ancora addormentati e non sembravano dar segni di ripresa; si erano completamente abbandonati ad un sonno che sembrava averli imprigionati in una gabbia dalle pareti di roccia liscia che non permettevano ai prigionieri di evadere e di tornare alla vita; Edward, abbastanza frustrato, pensò che almeno, se dovevano dormire con il rischio di procurarsi un’ernia, dovevano stare in un ambiente pulito.
Perciò, stando attento a non svegliarli, tolse il film dal lettore DVD e poi, dopo essere riuscito a levare il telecomando dalle mani di Onew, che continuò a dormire senza mai svegliarsi, spense la televisione che era rimasta accesa tutta la notte; dopodiché, raccolse tutte le briciole dal pavimento.
Mentre puliva, però, notò che Key aveva un grosso sorriso stampato sul viso e ogni tanto ridacchiava; all’inizio non ci diede peso ma poi sentì Umma dire, mentre si leccava le labbra:
“Uhm...Dino...”
Ed, allora, si lasciò sfuggire un:
“Dino??”
Per fortuna, parlò abbastanza sotto voce e nessuno notò la sua domanda.
Dopo una ventina di minuti, il salotto era pulito e i cinque ragazzi poggiavano la testa su un cuscino: fu una faticaccia per il minore alzare le teste dei cantanti e infilarci sotto un guanciale senza farsi notare ma, fortunatamente, riuscì nella sua impresa e la cosa lo rese fiero di se stesso.
Lo studente, allora, decise di preparare la colazione: mise su del caffè e poi mise nel tostapane alcune fette di pane; dopo qualche minuto, il caffè era pronto e, quindi, lo versò in sei tazze colorate: quasi a farlo apposta il ragazzo scelse le tazze dei colori preferiti dai cantanti; non le aveva prese di proposito di quei colori; semplicemente erano le più esterne all’interno della credenza.
All’improvviso saltarono fuori dal tostapane le fette, adesso dorate; le estrasse dall’elettrodomestico, cercando di non scottarsi le dita, e le mise su un piatto con dei biscotti al cioccolato; mise tutto su un vassoio di legno grigio, che si trovava all’interno di un’altra anta della credenza, e portò la colazione sul tavolino che si trovava in soggiorno.
Dopo aver appoggiato il vassoio sul tavolo, Edward guardò l’orologio appeso alla parte: ormai erano le 8:30, i ragazzi avevano dormito abbastanza; perciò, con un tono di voce abbastanza dolce, disse sotto voce:
“Ragazzi, svegliatevi: è ora di alzarsi.”
Il primo a svegliarsi fu Taemin che, barcollando leggermente, si mise seduto sul pavimento, stropicciandosi gli occhi per togliersi le ragnatele dagli occhi; Ed allora, con un grande sorriso, gli disse:
“Buongiorno, Taemin.”
“Buongiorno, fratellino.”
Poi, uno dopo l’altro, si svegliarono anche gli altri ragazzi; il risveglio più traumatico fu quello di Minho: infatti, quando si svegliò, rimase scioccato alla vista del cuscino che teneva stretto al petto; era veramente confuso: credeva di tenere Ed tra le braccia; la notte prima Edward si era addormentato e, privo di forze, stava per cadere giù dal divano; Minho, quindi, spaventato lo aveva stretto a sé.
Perciò, adesso, era sorpreso di trovarsi un cuscino tra le braccia; il maggiore, allora, diede un’occhiata furtiva al suo ‘fratellino’ che stava bevendo tranquillo il suo caffè, ancora caldo; dopo un po’, però, Ed si accorse che Minho era strano, perciò, girandosi per guardarlo, gli chiese:
“Va tutto bene, ranocchio?”
“Cosa...ah sì...tutto bene. Stai tranquillo, fratellino.”
Ed sorrise, ma sapeva benissimo che Minho stava mentendo.
Il rapper, intanto, continuava a pensare alla notte prima e al suo strano risveglio: in fin dei conti, forse era stato un bene che non si fosse risvegliato con il suo ‘fratellino’ tra le braccia; ma, purtroppo, non poteva non sentirsi dispiaciuto: la sera prima, quando afferrò Edward per evitare che cadesse, sapeva che sarebbe stato meglio farlo stendere di nuovo sul divano però, in quel momento, Ed era talmente carino che non riuscì a staccarsene e dopo poco si addormentò anche lui.
All’improvviso, i pensieri di Minho furono interrotti bruscamente dalla suoneria di un cellulare: era un motivetto molto orecchiabile, composto principalmente da accordi suonati da un pianoforte e da virtuosismi al violino.
Ed, allora, sorpreso, disse:
“Oh, scusate: è il mio.”
Tirò fuori da una tasca dei jeans il cellulare e rispose alla telefonata, allontanandosi dal soggiorno.
Non appena lo studente si allontanò, Taemin si voltò verso Jonghyun e Key e, incenerendoli con lo sguardo, gli disse:
“Ragazzi, volete stare più attenti: Ed vi stava per scoprire!”
“Ma cosa abbiamo fatto di male?”
“Key, stavi dormendo sopra a Jonghyun...”
“E allora...non ha fatto nulla di male...in fondo stiamo insieme!”
“Sì, Jonghyun, hai ragione ma Edward non lo sa e non è il caso che lo venga a saper così; perciò state un po’ più attenti...”
Jonghyun e Key abbassarono la testa colpevoli: i loro amici avevano ragione; non potevano sapere come avrebbe reagito fratellino se li avessi scoperti; dovevano spiegargli la situazione prima di lasciarsi andare a tal punto.
Poco dopo, Edward rientrò in salotto e, non appena mise piede all’interno della stanza, notò subito la forte tensione che si era creata tra i cinque ragazzi; Minho, Taemin e Onew stavano guardando gli altri due componenti del gruppo con uno sguardo di rimprovero, mentre, Jonghyun e Key, che sembravano nel pieno dello sconforto, si guardavano la punta dei piedi, tristi e sconsolati; Ed, avvicinandosi lentamente per paura di far scoppiare di nuovo la scintilla del conflitto, chiese:
“Ragazzi, che succede? Voi tre sembrate in preda alla rabbia...”  
I cinque cantanti, allora, cercarono di darsi un contegno; ora erano veramente imbarazzati: non si aspettavano che Ed tornasse così in fretta; speravano che la telefonata durasse di più; Onew, che intanto era riuscito a nascondere la frustrazione e che ora si sforzava di sorridere, disse, con una voce da cui traspariva tutta la sua insicurezza:
“N-niente, fratellino, su-sul serio...n-non siamo arrabbiati...ma che dici...”
“Uhm...sarà...”
Detto questo, Ed iniziò a guardare dritto negli occhi il leader del gruppo: il suo sguardo sembrava riuscire ad entrare all’interno dell’anima del cantante e scoprirne i segreti più oscuri; Jinki, ormai, era ipnotizzato dagli occhi del minore: in quel momento, erano di un colore blu molto inteso, quasi elettrico, e nelle sue iridi si potevano vedere delle saette che ne contornavano i confini.
Minho, notando che Onew sembrava sul punto di dire tutto quello che era successo allo studente, spezzò il contatto visivo dei due ragazzi, chiedendo al minore:
“Fratellino, scusa: chi era al telefono?”
Edward, allora, si girò verso Minho, distogliendo lo sguardo da OnTokki, che, sentendosi in salvo, fece un sospiro di sollievo.
Ed era un po’ stupito dalla domanda postagli dal ranocchio gigante ma, dopotutto, non era poi una richiesta così strana: ci stava un po’ di curiosità; perciò, con grande tranquillità, gli rispose:
“Era il mio capo: chiedeva se oggi potevo andare a lavorare.”
Tutti i cinque cantanti, in quell’istante, si voltarono a guardare il minore che, sentendosi osservato un po’ troppo, diventò rosso come un pomodoro; non riusciva proprio a capire cosa avessero quel giorno gli SHINee: prima Key che nominava nel sonno Jonghyun, poi quella strana discussione tra i cinque cantanti e adesso questo sguardo scioccato; più tempo passava, più si pentiva di aver voluto aprire quella porta: stava così bene prima quando viveva da solo nel suo appartamento; invece adesso aveva cinque ragazzi, che la maggior parte delle volte si comportavano come dei bambini e che, adesso, sembravano aver visto un fantasma; quei ragazzi erano svegli da pochi minuti e già lo avevano esasperato.
Allora, Edward, deciso a risolvere almeno uno di quei misteri, chiese:
“Perché, adesso, mi state fissando tutti?”
“Ed...tu lavori?”
“Ovvio. Come farei a permettermi questo appartamento, altrimenti?”
La conversazione su quell’argomento morì in quel momento; in effetti, il ragazzo non aveva torto: gli appartamenti in quel palazzo erano veramente costosi ed era impensabile che fratellino riuscisse a permetterselo senza avere un lavoro fisso.
Il resto della mattinata passò abbastanza serenamente: i cinque cantanti avevano trascorso quasi tutto il tempo davanti alla televisione o al computer a guardare dei video satirici su qualche serie TV che Ed non conosceva e di cui, sinceramente, non gli importava granché.
Lo studente preferì ritirarsi in camera sua per studiare per il giorno successivo; quella mattina lo aveva distrutto sia nel fisico sia nello spirito e aveva capito che se voleva rimanere sano di mente, era necessario stare un po’ lontano da quei ragazzi; perciò, andò in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle, e si mise a studiare storia dell’arte.
Passò un’oretta circa da quando Ed iniziò a studiare: ormai era perso nel suo mondo, pieno di castelli gotici e di templi egizi dai colori più sgargianti; non sentiva più nessun rumore intorno a sé: la sua mente era proiettata completamente sulle pagine dell’enorme libro che era appoggiato sulla sua scrivania.
Stava ripetendo per la settima volta la descrizione di una chiesa in stile gotico, immerso in quel suo speciale stato di trance, quando all’improvviso qualcuno bussò alla porta della sua camera; allora, ad Edward sembrò di cadere da una montagna: ormai era talmente perso nei suoi pensieri che il risveglio fu devastante; come ricevere una pallonata in piena faccia.
Fratellino, ancora un po’ confuso, disse:
“Chi è?”
“Sono Onew. Posso entrare?”
“Oh...sì, certo. Entra pure.”
Onew entrò nella stanza e, subito, rimase sorpreso nel vedere la stanza del minore: era una stanza molto colorata, sempre sui toni del blu e del grigio, anche se però questa volta era presente anche qualche traccia di rosso; le pareti erano ricoperte di scaffali pieni di libri, cd, pennelli e altri oggetti a cui il cantante non riusciva a dare un nome; la sua attenzione poi fu rapita da una grande bandiera inglese che era stata appesa sopra al letto come se fosse un baldacchino.
Dopo un po’, Edward chiese:
“Tutto bene, Jinki?”
“Cosa?...oh, sì certo.”
“Posso fare qualcosa per te?”
Onew, allora, annuì e, con sorriso smagliante, mostrò al minore il libro di disegno per bambini; fratellino guardò prima il libro, che adesso era abbastanza consumato e spiegazzato, e poi il cantante, lanciandogli uno sguardo interrogativo; OnTokki, ridendo, disse:
“Ho finito tutto il libro. Ora sono pronto per le lezioni di disegno.”
Edward, capendo la situazione, sorrise e, con un sguardo compiaciuto, disse:
“Bene! In questo caso cominciamo subito!”
Onew afferrò una sedia, che si trovava in un angolo, e si sedette vicino all’amico, veramente entusiasta; lo studente, sempre più divertito dalle reazioni del cantante, prese un blocco nuovo da un cassetto della scrivania e, dopo averlo messo in mezzo tra lui e Jinki, iniziò ad abbozzare delle linee di costruzione, spiegando ogni passaggio all’amico, utilizzando parole semplici e chiare.
OnTokki , nel frattempo, osservava, concentrato, tutti i movimenti di Edward; era veramente sorpreso: il minore muoveva la matita sul foglio come se stesse ricalcando un disegno già fatto; non c’era traccia di incertezza nelle linee che tracciava su quella superficie bianca.
Dopo pochi istanti, sul foglio, quasi come una magia, apparve il musetto di un bellissimo cagnolino che mostrava due grandi occhioni neri; allora, Onew, guardando il disegno, si finse infastidito; lo studente, girandosi verso il leader, chiese:
“Cosa c’è?”
“Con tutti i soggetti che esistono...proprio Jonghyun dovevi scegliere...”
Edward scoppiò in fragorosa risata, seguito a ruota dal cantante, che era contento di aver fatto ridere il suo nuovo amico.
Finalmente arrivò il pomeriggio: Edward iniziava il turno alle 15:30 esatte, perciò dovette correre a cambiarsi; quindi, dopo pranzo, sparì in camera sua per un’ora intera; ogni tanto i cantanti si avvicinavano alla porta del ragazzo per capire cosa stesse succedendo, ma l’unica cosa che riuscivano a sentire era il rumore di mille cassetti che venivano aperti in continuazione, seguiti, poi, dal rumore di due ante che venivano sbattute.
All’improvviso, la porta della camera si aprì e uscì lo studente, completamente trasformato: indossava dei pantaloni grigi, abbastanza aderenti ma ugualmente eleganti, una camicia rosata, un maglioncino lilla e una cravatta, anche questa rosa; inoltre, non indossava più i suoi soliti occhiali azzurri, ma un paio con la montatura bianca, che si abbinavano perfettamente al suo abbigliamento.
Erano rimasti tutti a bocca aperta constatando quanto fosse diverso il loro ‘fratellino’; non si aspettavano un cambiamento così radicale: vestito così, Edward dimostrava la loro stessa età; fratellino, per evitare di dover rispondere alle domande dei suoi nuovi coinquilini, dopo aver preso la sua valigetta, tagliò corto, dicendo:
“Bene, ragazzi: io vado. A stasera.”
Detto questo, corse fuori dall’appartamento per poi scendere come un fulmine le rampe di scale che lo dividevano dal pian terreno.
Arrivò a lavoro circa dieci minuti prima che iniziasse il suo turno; tirò un sospiro di sollievo: anche questa volta era riuscito a scampare al licenziamento; si avviò verso la stanza dei dipendenti e, appena arrivato, iniziò a tirare fuori il suo blocco e il suo astuccio con le matite colorate; quasi non fece in tempo a mettere la sua borsa dentro il suo armadietto, che il suo capo entrò nella stanza, seguito  da una ragazza che era accompagnata da quella che presumibilmente era sua madre.
Il capo gli sorrise, in segno di saluto, poi, rivolgendosi alle due donne, disse:
“Signore, ho il piacere di presentarvi Edward Hearts: uno dei nostri migliori designers.”
“È un piacere conoscervi.”
Disse allora il ragazzo, facendo un inchino in segno di saluto; le due donne lo salutarono a loro volta e poi la signora disse:
“Mia figlia fra qualche mese avrà la festa di fine anno e quindi siamo venute qui per farci realizzare un abito su misura.”
“Perfetto. Allora incominciamo subito. Se volete seguirmi, andiamo in un salottino di ricevimento: così potremo buttare giù qualche idea per il vestito.”
 
- Nel frattempo nell’appartamento -
 
Ormai erano passate alcune ore da quando Ed era uscito di casa; Taemin, Minho, Jonghyun e Key erano seduti sul loro divano a guardare un film d’azione; Onew invece era in camera sua che cercava di applicare in un disegno gli insegnamenti ricevuti quel pomeriggio.
Scoccarono le 18:30 e tutte e cinque sentirono la porta d’ingresso dell’appartamento accanto chiudersi; i cinque ragazzi corsero verso quella porta; appena arrivarono, trovarono Ed esausto, seduto a terra con la schiena appoggiata sulla superficie della porta.
Key, allora, con un grande sorriso, chiese a fratellino:
“Ehi, bentornato! Come va? Stai bene?”
“Sì, sono solo esausto. Vado a cambiarmi: non sopporto più questa cravatta.”
Ed, quindi, si diresse in camera sua a cambiarsi; uscì una ventina di minuti dopo, indossando una tuta blu e i suoi soliti occhiali; Taemin, sorridendo, chiese:
“Va meglio?”
“Decisamente. Anche se la parrucca pizzica da morire...ahia!”
I cinque cantanti si guardarono negli occhi, confusi; poi Jonghyun chiese:
“Quale parrucca?”
Ed li guardò a sua volta, non capendo il motivo di quella domanda; poi, però, colpendosi la fronte, disse:
“Oh, giusto...non lo sapete...i miei capelli non sono biondi...in realtà sono castano.”
“E perché indossi la parrucca?”
“Non volevo sembrare troppo identico a Minho.”
“Ah, ok...be’ se ti da fastidio...toglila.”
Ed rimase a bocca aperta dalla tranquillità con cui Taemin gli disse di toglierla; ma, poi, incoraggiato dai loro sorrisi, prese coraggio e si sfilò la parrucca, svelando la sua capigliatura color cioccolato; tutti i cantanti rimasero a bocca aperta: adesso sembrava veramente identico a Minho.
Il resto della serata passò come al solito, tra chiacchiere e battute; ormai i ragazzi non si vedevano più come ragazzi capitati per sbaglio nella stessa scuola, ma come amici di lunga data; adesso erano molto legati tra loro e speravano che i due mesi non passassero mai.



Nei panni dell’autore

Ciao^^ non so come ma sono riuscito a finire anche questo capitolo^^ è venuto bene?
In questo capitolo poi mi sono sbilanciato da morire e ho inserito la JongKey^^ yeee^^ cioè...spero di aver fatto bene*^*
Ammetto di aver scritto questo capitolo di fretta*^* quindi se trovate errori o se vi fa schifo e basta, vi chiedo scusa *^*
Il disegno l’ho fatto io, un pomeriggio che mi annoiavo da morire^^ all’inizio avevo fatto un disegno diverso ma...mi hanno fatto notare che non andava bene xD perciò l’ho rifatto completamente^^ vi piace?
Ringrazio tutti quelli che leggono la mia storia^^
Come al solito, vi chiedo di farmi sapere il vostro parere^^
A lunedì prossimo,
Wyatt
P.S. ho notato che il mio nome è abbastanza impronunciabile quindi, se preferite, chiamatemi pure Riccio ^^
   

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Capitolo 10
*** Gli innamorati ***


Gli innamorati

La vita di Edward ormai era diventata di nuovo una routine.
Aveva di nuovo degli orari da rispettare e delle scadenze da onorare; però la routine del ragazzo non poteva più essere definita normale: non era più da solo.
Con lui vivevano cinque ragazzi che, anche se erano più grandi di lui, si comportavano come dei bambini e lo facevano impazzire.
Con loro una giornata non era mai uguale ad un’altra: c’era sempre qualcosa che sconvolgeva la situazione rendendola unica e singolare e anche quel giorno non fu da meno.
Finalmente suonò anche l’ultima campanella e tutti i ragazzi poterono tornare a casa.
La giornata era stata molto faticosa:  un’ora di matematica, due di ginnastica e due di storia dell’arte; durante la lezione di matematica, la professoressa Park aveva interrogato Edward; era terrorizzato: non gli erano mai piaciute le interrogazioni alla lavagna perché lo facevano a sentire a disagio; tutti quelle persone che lo fissavano e che aspettavano che rispondesse alle domande, confabulando e commentando ogni sua mossa; avrebbe preferito sotterrarsi piuttosto che subire questo supplizio.
Naturalmente, l’interrogazione andò benissimo.
Ed, infatti, prese otto: il voto più alto a cui si potesse aspirare in quella materia; non appena tornò al suo posto, il ragazzo fu sgridato da Karen che, come al solito, gli ripeteva di smetterla di sottovalutarsi.
Alla fine, i sei ragazzi arrivarono a casa; i cantanti erano fieri di se stessi: dopo infinite lotte, erano riusciti a convincere il minore ad accettare il loro passaggio in macchina; Edward di solito odiava spostarsi in auto: fin da piccolo aveva sempre preferito andare a piedi; non sapeva perché ma gli piaceva di più camminare; quella volta, però, gli SHINee avevano insistito talmente tanto che, pur di farli smettere, decise di accettare il passaggio.
Appena varcarono la soglia di casa, Ed corse in camera sua a studiare, rimproverato a gran voce da Minho che riteneva da pazzi mettersi sui libri dieci minuti dopo aver mangiato.
Il minore, ovviamente, lo ignorò completamente: non era per mancanza di rispetto, ma aveva sempre fatto così e non vedeva il motivo per cui cambiare il suo metodo di studio solo perché a quei ragazzi non piaceva.
Entrò in camera da letto e chiuse la porta a chiave; finalmente aveva un po’ di tempo da passare tranquillo senza che nessuno lo disturbasse.
Si mise a studiare storia: la settimana prima il professore aveva assegnato a tutta la classe una ricerca sul medioevo con la precisazione che l’elaborato doveva essere almeno di quattro pagine; Edward aveva già fatto il compito ma pensò di dargli una letta per controllare di non aver fatto errori; iniziò a leggere con attenzione ogni paragrafo presente su quei fogli; per il giorno dopo non aveva compiti, perciò poteva fare con calma.
All’improvviso, dopo aver finito la seconda pagina, Edward esclamò, disperato:
“Ma che barba! Quasi quasi mi leggo un libro.”
Si alzò velocemente dalla sedia e corse a cercare un libro tra gli scaffali della sua stanza; purtroppo, però, quei libri li aveva già letti più volte e non aveva voglia di rileggerli: ormai ne sapeva le trame a memoria.
Non sapeva proprio cosa fare: di sicuro non avrebbe iniziato di nuovo a correggere la ricerca; poi, dopo averci rimuginato sopra, si ricordò che Key gli aveva parlato di un libro che parlava di due innamorati che si erano giurati amore eterno da bambini e che, durante la loro adolescenza, avevano cercato negli occhi dell’altro la propria anima.
Una storia più smielata non poteva esistere; però, Ed adorava le storie d’amore, soprattutto se facevano venire il diabete.
Uscì dalla sua stanza in punta di piedi: a volte i cantanti si addormentavano sul divano e aveva paura di svegliarli; gli SHINee, invece, contro ogni ipotesi dello aspettativa, erano seduti sul divano del loro soggiorno a guardare un programma in cui la gente saltava in aria come dei fuochi d’artificio.
Combattendo il disgusto per quel programma, Ed iniziò a cercare con lo sguardo Kibum; stranamente, il cantante non era insieme ai suoi compagni; allora, cercando di ignorare il cadavere in fiamme sullo schermo della televisione, chiese:
“Ehi, ragazzi, avete visto Umma?”
“Perché?”
“Volevo chiedergli in prestito un libro.”
“Dovrebbe essere in camera sua...prova a cercalo lì.”
“Grazie mille.”
Lo studente, allora, si diresse verso la camera del cantante; era la prima porta appena entrati nel corridoio, perciò, non ci mise molto ad arrivare a destinazione.
Bussò alla porta, chiedendo:
“Key, posso entrare?”
Non ricevette risposta; riprovò a bussare: nulla, anche stavolta non ci fu replica da parte del cantante; Ed, un po’ titubante, provò ad abbassare la maniglia: la porta era aperta; la cosa lo lasciò abbastanza confuso: che Key non fosse neanche in camera sua?
Lo studente aprì la porta; la camera era abbastanza buia e silenziosa; allora, convinto che non ci fosse nessuno, spalancò la porta e rimase paralizzato: sul letto,  c’erano Jonghyun e Key che si baciavano e ridacchiavano; sembravano molto intimi, fin troppo: Jonghyun era senza maglietta e Key non sembrava per niente turbato da questa cosa.
Ed, non appena i due ragazzi notarono la sua presenza, squittì imbarazzato:
“S-scusate...n-non volevo disturbarvi...esco subito...”
Detto ciò, uscì dalla camera alla velocità della luce; non poteva credere ai suoi occhi.
Aveva visto male? No, non aveva visto male.
Non poteva neanche essere uno strano gioco di luci perché la stanza era buia.
Jonghyun e Key...non poteva crederci...insomma...era già strano vivere con dei cantanti e adesso...
Non che ci fosse qualcosa di male...l’amore è imprevedibile...
Ma, sinceramente, avrebbe preferito scoprirlo in un altro modo.
Cosa gli costava dire:
“Ehi, Edward, io e Jonghyun stiamo insieme.”
Intanto Minho, che si stava guardando attorno, notò che Edward era davanti alla porta della camera di Key, con il viso completamente rosso per l’imbarazzo; il cantante, un po’ preoccupato, chiese:
“Fratellino, tutto bene?”
“Sì, tutto bene...potevate avvisarmi che Key aveva compagnia, però...”
“Come, scusa?”
“C’è Jonghyun con lui. Se l’avessi saputo, non sarei andato a disturbar...” 
Ed si fermò di colpo quando vide l’espressione del rapper: era infuriato; sembrava che lo avessero istigato a forza di pugni e schiaffi e nei suoi occhi erano visibili le fiamme dell’inferno; lo studente iniziò a temere le reazioni del maggiore: sembrava essere sul punto di uccidere qualcuno; non era difficile capire chi fossero le vittime predestinate.
All’improvviso, il ranocchio gigante scattò in piedi e corse verso la porta di Key; Ed provò a bloccargli la strada, cercando di salvare la vita ai due ragazzi che si stavano baciando dentro quella stanza; non poteva permettere che Key e Jonghyun si facessero male per colpa sua.
Tentò di far calmare il maggiore che però sembrava indemoniato: aveva provato a dirgli di calmarsi, che non stavano facendo nulla di male; ma niente: Minho non sentiva ragioni e continuava ad avanzare, finendo per schiacciare contro la porta il povero Edward, che non era disposto a cedere.
Purtroppo Minho, in quel momento, aveva la forza di dieci uomini e, dopo aver combattuto a lungo, spinse indietro lo studente che tentò nuovamente di bloccarlo; il cantante, però, fu più veloce ed entrò nella camera, fulminando con lo sguardo i due ragazzi che si erano alzati dal letto, imbarazzati.
Il rapper, non appena entrò nella stanza, urlò:
“Ma si può sapere cosa avete in testa?! Cosa vi è saltato in mente?!”
“Minho, credevamo di aver chiuso la porta a chiave...”
“Non m’interessa...vi avevamo detto di parlare con Edward prima di trascorrere momenti così intimi!”
“Minho, piantala!”
I tre cantanti si girarono a guardare lo studente, che adesso stava incenerendo Minho con uno sguardo che avrebbe fatto spaventare anche il più temerario dei soldati; i suoi occhi non erano né blu né grigi: erano di un colore molto scuro che non facevano trasparire nessuna emozione; il minore, ottenuta l’attenzione di tutti i presenti, disse, con un tono molto freddo:
“Jonghyun e Key non stavano facendo nulla di male. Se devi rimproverare qualcuno, rimprovera me che sono entrato nella stanza mentre volevano stare da soli. Non loro.”
Minho era senza parole: non aveva mai visto Ed così serio; era come se fosse cresciuto nell’arco di trenta secondi; non mostrava nemmeno neanche la più piccola esitazione; in quel momento, il rapper si sentì fiero di quel ragazzo ma era anche un po’ dispiaciuto visto che quel ragazzo lo stava rimproverando.
Edward, intanto, aveva smesso di parlare e, con passi molto leggeri, si stava avvicinando a Key, dicendo:
“Scusami tanto, Key: non volevo mettervi nei guai. Scusami anche tu Jonghyun.”
“Edward, non devi scusarti: non potevi sapere cosa stavamo facendo.”
“Key, ha ragione. Dovevamo dirtelo ma non ne abbiamo mai avuto il tempo.”
Il minore, allora, sorrise ai due cantanti che adesso si tenevano per mano; sembrava che si fossero tolti un enorme peso dalle spalle; e in effetti era così: da quando erano arrivati in quella scuola, Jonghyun e Key avevano sempre dovuto restare a qualche metro di distanza tra di loro, per non creare gossip che avrebbero potuto creargli problemi in futuro; e adesso, sapere che nel loro appartamento potevano stare insieme senza doversi nascondere li rendeva davvero molto felici.
Dopo un po’, lo sguardo di Ed si staccò dai due innamorati, che avevano ricominciato a darsi dei piccoli baci; in quel momento, lo studente si ricordò che nella stanza c’era anche Minho.
Il rapper era ancora fermo nello stesso punto: guardava verso il basso e sembrava essere sul punto di piangere; il minore iniziò a sentirsi veramente uno schifo: non avrebbe dovuto sgridarlo in quel modo; il più grande si era comportato in una maniera abbastanza sgarbata ma si era comportato così solo perché temeva che Ed si fosse spaventato vedendo Key e Jonghyun; anche Minho meritava delle scuse.
Edward, allora, si avvicinò al maggiore e, abbracciandolo da dietro, gli disse:
“Scusami, ranocchio. Non dovevo rimproverarti. Mi puoi perdonare?”
Minho sussultò per la sorpresa: l’improvvisa dolcezza di Ed lo aveva preso alla sprovvista; ma poi, iniziò a sentirsi bene: quell’abbraccio era la cosa più bella che gli fosse capitata in quella giornata; avrebbe voluto che quel momento non finisse mai; si sentiva al caldo e il fatto che Edward lo stesse tenendo stretto a sé lo faceva sentire in pace con il mondo; dopo qualche minuto, però, anche se con un po’ di dispiacere, si liberò dall’abbraccio dell’altro e, con un grande sorriso, disse:
“Non ti devi scusare. Almeno non con me.”
Poi, rivolgendosi stavolta agli altri due cantanti, disse:
“Scusate, ragazzi: mi sono comportato come uno stupido.”
“Non ti preoccupare: è tutto ok.”
I tre ragazzi si sorrisero a vicenda; era come se non fosse successo nulla: nella stanza non c’era più quella tensione che si era creata dall’arrivo del rapper; adesso, si poteva respirare pace e serenità; Ed, felice che non fosse successo l’irreparabile, chiese:
“Che ne dite di una bella tazza di the? Mi pare che abbiamo tutti bisogno di calmarci.”
“Mi pare un’ottima idea.”
Per preparare il the ci vollero pochi minuti.
Tutti i ragazzi era seduti intorno al tavolo della cucina di Edward; fu abbastanza imbarazzante spiegare a Taemin e a Jinki cos’era successo; già era stato strano vivere quella vicenda; raccontarla fu ancora peggio, soprattutto quando Jonghyun dovette spiegare esattamente cosa stavano succedendo prima che Ed entrasse nella stanza.
Sentita la spiegazione, entrambi i ragazzi rimasero a bocca aperta ma alla fine esplosero in una grandissima risata; l’idea che Ed, cercando un libro, aveva trovato i due ragazzi in intimità li faceva sbellicare dalle risate.
Intanto, Ed e Key erano seduti sul divano in disparte, a chiacchierare del più e del meno: avevano preferito allontanarsi rispetto al resto del gruppo, visto che la conversazione era diventata un po’ troppo volgare per i loro gusti.
La conversazione non aveva un argomento definito: discutevano di tutto quello che gli passava per la testa; passavano dall’arte alla musica; dalla storia alla filosofia; alla fine non riuscivano più a ricordarsi da dove era partita il discorso.
Dopo un po’ che parlavano, Ed, un po’ intimidito, chiese:
“Scusa, Key, posso farti una domanda?”
“Certo. Dimmi pure.”
“Tu e Jonghyun...insomma...com’è successo?”
“È una storia abbastanza lunga...”
“Dai, please...”
Edward, davvero molto incuriosito; iniziò ad implorare il più grande con due grandi occhioni da cucciolo; Key, guardando il minore, scoppiò a ridere: con quegli occhioni, Ed sembrava il più dolce dei bambini; perciò, non riuscendo a resistere a quello sguardo, disse:
“Va bene, va bene, ora ti racconto tutto. È successo qualche anno fa...”
 
Stavamo facendo un’intervista in una stazione televisiva di Seoul.
Le domande non era molto stimolanti: era le solite quattro stupidaggini che di solito i giornalisti concordano con il nostro agente; non ci è mai capitato di rispondere a domande che non avessimo preparato prima nel nostro appartamento.
Era passata circa mezz’ora dall’inizio della trasmissione quando, all’improvviso, la presentatrice ci chiese:
“Cosa ne pensate delle coppie interne al gruppo, create dalle fans?”
La domanda ci spiazzò visibilmente: non avevamo concordato quella domanda e non capivamo da dove fosse saltata fuori; iniziammo a guardarci tra di noi, per cercare di capire cosa rispondere: nessuno sapeva cosa fare.
Fu veramente molto imbarazzante.
Ma poi, Jonghyun, con uno sguardo abbastanza divertito, disse:
“Be’...sinceramente non mi è mai capitato di baciare Key...quindi non saprei cosa dire sulla Jongkey...”
“Allora perché non ci provate adesso?”
In quel momento avrei voluto correre fuori dallo studio televisivo, urlando a squarcia gola; non potevo crederci che stesse succedendo sul serio; tutti gli spettatori, intanto, avevano iniziato a sbattere i piedi per terra, urlando:
“Bacio! Bacio!”
Arrossii all’istante.
Sarei stato disposto a fare qualunque cosa per le fans ma...per una cosa del genere...be’...come dire...non ero affatto preparato; probabilmente, se mi avessero chiesto di rasarmi i capelli, sarei stato più felice di accontentarli; dopo un po’ che ero immerso nei miei pensieri, sentii Jonghyun chiedermi a bassa voce:
“Che ne dici? Ci proviamo?”
“C-cosa?! Sei fuori?!”
Jonghyun allora, con sguardo di sfida, mi disse:
“Fifone!”
Fifone? Fifone a me?!
Non sono un codardo: ho sempre affrontato ogni sfida che mi si era presentata; non so quante volte ho dovuto fare l’audizione per entrare alla SM, ma non mi sono mai scoraggiato; perciò, quando Jonghyun mi diede del fifone, mi sentii veramente offeso; lo guardai dritto negli occhi e, ricambiando il suo sguardo di sfida, dissi:
“Non ho paura! È che non vorrei farti innamorare di me: i miei baci sono stregati.”
“Ah sì? Bene: correrò il rischio.”
Nel giro di pochi secondi, le nostre labbra si scontrarono, facendo esplodere la platea, che iniziò ad applaudire entusiasta.
Non so dire esattamente cosa provai in quel momento...ma...posso affermare con sicurezza che fu qualcosa di molto intenso, qualcosa che non avevo mai provato prima; il mio cuore iniziò ad accelerare, facendo quasi male.
Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo: in pochi istanti, il mondo si fermò, sparendo; intorno a me non c’era più nulla: riuscivo a vedere solo Jonghyun; in tutta quella confusione, all’improvviso, mi ritrovai a pensare che forse...mi ero innamorato di lui.
Alla fine Jonghyun mi lasciò andare, ponendo fine al bacio; il mio respiro era pesante: mi sembrava di essere rimasto in apnea per anni; il mio battito era sempre più irregolare e veloce; se non fossi stato seduto, sono sicuro che le mie gambe avrebbero ceduto sotto il peso del mio corpo.
Jonghyun, intanto, si era rimesso al suo posto, dicendo:
“Be’...non posso dire altro se non che Key è un ottimo baciatore...”
“G-grazie, Jonghyun...ma cerchiamo di non ripeterlo, va bene?”
“Perché? Non ti è piaciuto?”
“Uhm...passabile.”
Ci volle tutta la mia forza di volontà per riuscire a mentire; quel bacio mi aveva sconvolto: non riuscivo più a parlare o anche solo a pensare; passai il resto dell’intervista in silenzio ad ascoltare i miei compagni che ridevano e scherzavano.
 
Edward, intanto, continuava ad ascoltare in silenzio il suo amico che, mentre raccontava quella storia, sorrideva e si guardava le scarpe; i suoi occhi brillavano e le sue guance si erano colorate di una delicata tonalità di rosso.
Key prese un lungo respiro e poi ricominciò il suo racconto.
 
Dopo quel bacio, io e Jonghyun continuammo a comportarci come se non fosse mai successo nulla: parlavamo senza problemi e continuavamo a scherzare su qualsiasi cosa; sembrava tutto normale ma, dentro di me, sapevo che qualcosa era cambiato: non riuscivo più a guardarlo negli occhi per più di tre secondi; non sapevo perché, ma i suoi occhi mi sembravano due lame che mi tagliavano in due il cuore.
Persino fare shopping era diventato un problema: ogni volta che vedevo un capo d’abbigliamento maschile, iniziavo a pensare a come sarebbe stato addosso a Jonghyun; la mia vita si era trasformata in un incubo da cui non potevo scappare.
Non potevo continuare a vivere in quel modo.
Dovevo trovare una soluzione a quella situazione.
Decisi che forse sarebbe stato meglio prendere le distanze da Jonghyun; in questo modo, forse, sarei riuscito a riprendermi; forse, sarei riuscito a dimenticare quel bacio.
Mi sembrava la decisione più saggia.
Da quel giorno, cominciai ad uscire di più durante la giornata; se uscivamo fuori a cena per qualche festa, mi sedevo due posti più in là rispetto a quello in cui era seduto lui; iniziai persino ad ignorare alcune sue telefonate; fu tutto inutile: non riuscivo a smettere di pensare a lui, ai suoi, alle sue labbra.
Iniziai a temere per la mia carriera: come avrei fatto a continuare a cantare con lui se non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi?
Aumentai sempre di più le distanze da lui; le cose sembrarono migliorare: il bacio iniziò a diventare un flebile ricordo e la presenza di Jonghyun non mi faceva più nessun effetto.
 
“E poi cos’è successo?”
Key, sorrise: Ed ormai ascoltava a bocca aperta, sempre più incuriosito dal suo racconto; bevve un sorso di the,che ormai si era raffreddato, e poi, con un grosso sorriso, rispose:
“L’inaspettato.”
 
Da alcuni giorni Jonghyun era diventato strano: era molto nervoso e si arrabbiava per qualsiasi cosa; Onew aveva provato più volte a parlarci ma tutte le volte riceveva come risposta uno sgarbato:
“Fatti gli affari tuoi!”
Era diventato impossibile conviverci; eravamo tutti terrorizzati di starci affianco: temevamo ogni sua singola reazione; avevamo paura persino di chiedergli di passarci il sale; in qualche modo, comunque, eravamo riusciti a continuare a vivere insieme senza troppi problemi; imparammo che il metodo più efficace era quello di lasciare a Jonghyun i suoi spazzi e, quando ci chiedeva qualcosa, di assecondarlo.
Sembrava andare tutto bene.
Ma poi arrivò il fatidico giorno di Marzo.
Avevamo appena finito un’intervista, in un altro programma televisivo, però: da quando quella presentatrice ci fece quella domanda non concordata, il nostro agente non ci fece più rilasciare interviste in quel programma.
L’intervista era finita abbastanza in fretta; Jonghyun si era comportato bene: non si era innervosito a nessuna domanda e non si era avventato contro nessun produttore: iniziai a pensare che le cose stessero tornando alla normalità.
Stavo andando verso l’uscita dello studio televisivo: non sapevo perché ma, vedendo Jonghyun riprendersi, mi venne voglia di ributtarmi nello shopping più sfrenato.
Avevo quasi raggiunto una porta secondaria quando vidi Jonghyun: era appoggiato con la schiena contro il muro e si stava guardando intorno come se stesse cercando qualcosa; gli passai davanti, un po’ dubbioso, salutandolo con la mano.
All’improvviso sentii Dino che mi diceva:
“Key, ti devo parlare.”
“Scusa, Jonghyun, ma vado di fretta.”
“NO! Adesso tu mi starai a sentire!”
Nel giro di pochi secondi, Jonghyun mi prese per le spalle e mi scaraventò contro un muro; provai a divincolarmi ma la sua presa su di me era troppo forte e non mi lasciava possibilità di muovermi: ero intrappolato.
Allora, gli urlai, spaventato:
“Jonghyun, lasciami andare!”
“No, adesso mi stai a sentire: perché mi eviti, Key? Perché non mi parli più? Perché quando stiamo nella stessa stanza non mi degni di uno sguardo? Non capisci che mi stai facendo impazzire? Sai quanto ho sofferto in queste settimane? Lo sai?”
“J-Jonghyun, lasciami! Mi stai facendo paura!”
“No, non ti lascio andare finché non avrai risposto alle mie domande.”
Non riuscivo più a connettere; il suo sguardo era un misto di rabbia e di disperazione; non potevo credere che il motivo del suo nervosismo fossi io; sembrava talmente indifferente nei miei confronti; continuavo a chiedermi il motivo di questo attaccamento nei miei confronti; eravamo amici, certo, ma una reazione del genere mi sembrava esagerata.
Avrei voluto dire un sacco di cose, ma dalle mie labbra uscì solamente un timido:
“J-Jonghyun...”
“Perché? Perché?”
“Io...”
“RISPONDIMI, KIM KIBUM! PERCHÉ?”
“PERCHÉ TI AMO, BRUTTO IMBECILLE!”
Jonghyun si ammutolì di colpo; la sua presa iniziò ad indebolirsi così ne approfittai per liberarmi dalla gabbia che aveva creato con il suo corpo; non appena mi liberai, gli dissi:
“Da quando mi hai baciato non riesco più a smettere di pensare a te. Sei sempre nei miei pensieri. Non riuscivo più a vivere al tuo fianco. Ecco perché mi sono allontanato. Ecco perché ti ignoro. Sei soddisfatto, adesso?”
“No, non ancora...”
“Come, scusa? SI PUÒ SAPERE COSA VUOI ANCORA DA ME?”
“Questo.”
Senza che mi potessi opporre, Jonghyun mi bloccò di nuovo contro il muro, dandomi il bacio più bello di tutta la mia vita; il contatto durò pochi secondi, ma fu abbastanza lungo per togliermi il respiro.
All’improvviso, Jonghyun annullò ancora di più le distanze tra di noi e, con il sorriso più bello del mondo, mi disse:
“Ti amo anch’io, Key.”
 
“Ed è così che è iniziata la nostra storia. La cosa buffa è che se avessi avuto il coraggio di dirgli subito quello che provavo, probabilmente avremmo evitato un sacco di problemi. Dopo tutto questa storia mi sono convinto che quando sei innamorato di qualcuno devi avere  il coraggio di buttarti e di esprimere i tuoi sentimenti.”
“Non è così facile...”
Key, a quell’ultima affermazione, si girò a guardare Edward che, mentre fissava la sua tazza sconsolato, continuò:
“A volte non è così semplice dichiararsi: rischi di rovinare un intero rapporto...”
“Ed, sei innamorato di qualcuno, per caso?”
Edward, alla domanda di Key, alzò lo sguardo, sconvolto; le sue guance erano rosse per l’imbarazzo; le mani tremavano e il respiro si era fatto irregolare; dopo qualche secondo, lo studente, cercando di nascondere il suo nervosismo, disse:
“C-cosa? N-no. C-che dici?”
“Non ci credo! Sei innamorato! Chi è? È una nostra compagna di classe?”
“Key, ti ho già detto che non sono innamorato di nessuno.”
“Tu dici di no, ma le tue guance dicono il contrario.”
“Key, piantala!”
Il resto della serata passò come al solito: tra chiacchiere e discussioni su cosa a guardare alla TV; Umma, ovviamente, provò ancora innumerevoli volte a far confessare Edward che, però, continuò a negare;  alla fine, dopo aver passato venti minuti a decidere quale film guardare, i sei ragazzi si addormentarono, esausti.



Nei panni dell’autore sotto antibiotico

Ciao, come va? ^^
Sì lo so, sono in ritardo scusate *^* purtroppo in questi giorni non sono stato molto bene *^* infatti da tre giorni sono sotto antibiotico *^*
Comunque in qualche modo sono riuscito a finire il capitolo ^^ spero che sia venuto bene *^*
Se vi fa schifo, ditemelo pure *^* è la prima vota che scrivo un capitolo con un flashback *^* sinceramente mi piace come l’ho inserito^^
Vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, per favore ^^
Grazie a tutti quelli che hanno letto il capitolo ^^ spero di non avervi deluso ^^
A presto,
Wyatt
  
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Un compleanno inaspettato ***




La sveglia anche quel giorno non si dimenticò di suonare.
Ed era esausto: quella notte non era riuscito a dormire; non aveva la febbre e non aveva nemmeno mangiato pesante; era rimasto sveglio a riflettere su tutto quello che era successo.
La prima volta che aveva incontrato i suoi coinquilini, non pensava che si sarebbe affezionato così tanto a loro: immaginava che ci avrebbe litigato per quasi tutto il tempo, invece, contro ogni sua aspettativa, erano diventati una sorta di fratelli maggiori.
Taemin, la sera precedente, aveva coniato per loro cinque un nuovo soprannome: Big Brothers; ma non si era limitato solo a quello: convinto che ‘fratellino’ non rendesse abbastanza l’idea dell’unicità del loro rapporto, aveva dato al minore il nomignolo di ‘Little Brother’; Ed all’inizio era rimasto un po’ sconvolto dai nuovi soprannomi: non vedeva il motivo per cui dovevano comportarsi come se facessero parte della stessa famiglia; ma poi, si rese conto che loro in qualche modo erano una famiglia.
Una famiglia caotica, chiassosa ma pur sempre una famiglia.
Quella notte l’idea che quei ragazzi fossero diventati parte della sua vita in un modo così profondo lo rendeva felice ma allo stesso tempo malinconico.
Che sarebbe successo al termine dei due mesi passati insieme?
Sarebbero comunque rimasti in contatto? O, per gli SHINee, lui sarebbe diventato un ricordo sbiadito?
Non riusciva a darsi una risposta.
La sveglia intanto continuava a suonare; Ed, però, la ignorava: quella mattina non voleva alzarsi; l’unica cosa che voleva era rimanere a letto a farsi prendere dallo sconforto; può essere paradossale ma, a volte, il ragazzo aveva bisogno di sprofondare nella depressione più totale per stare meglio.
Allungo un braccio e disattivò la sveglia; immediatamente, il silenzio riavvolse la stanza; lo studente sospirò sollevato: poteva raggomitolarsi nelle coperte e dormire; purtroppo, però, quando Ed stava per addormentarsi, la porta si aprì all’improvviso, inondando di luce la camera da letto.
Edward gemette disperato: i suoi occhi si erano abituati troppo al buio e adesso tutta quella luce glieli faceva lacrimare; cercando di sopravvivere alle nuovi condizioni ambientali, tirò le coperte sopra alla sua testa, chiudendo gli occhi; credeva di essere riuscito a salvarsi, ma poi, sentì il materasso piegarsi sotto il peso di qualcuno che, con un gesto rapido e sicuro, abbassò le coperte, svelando il dolce visino dello studente, che si agitava in cerca di un po’ di buio.
Nel bel mezzo della sua lotta con la luce esterna, Ed sentì due labbra calde e morbide sulla sua guancia dargli un piccolo bacio; arrossì all’istante; l’ultima cosa che si aspettava era essere baciato da uno dei suoi Big Brothers; quasi in sincronia con il suo imbarazzo, sentì quel qualcuno ridere e poi, con una voce molto calma e tranquilla, dirgli:
“Little Brother, svegliati. È ora di alzarsi.”
“Uffa, Minho, non sono riuscito a dormire stanotte. Lasciami stare.”
Detto ciò, il minore si nascose di nuovo sotto le coperte; Minho, osservando i comportamenti infantili dell’amico, rise di nuovo; avrebbe voluto lasciarlo dormire ma allo stesso tempo non voleva che perdesse un giorno di scuola; all’improvviso, un’idea balenò nella sua mente; ghignò soddisfatto: aveva in mano la carta vincente per far alzare Edward.
Allora, divertito nel pensare alla futura reazione del minore, disse:
“Va bene, Ed. Facciamo così: ti lascio dormire se mi dici il nome della ragazza che ti piace.”
A quell’affermazione, Ed si mise seduto come un fulmine, completamente rosso in volto; quasi non riusciva a parlare; non riusciva a credere che il cantante avesse detto veramente una cosa del genere; avrebbe voluto dire un sacco di cose, ma, alla fine, riuscì a dire solamente:
“W-What? C-come?”
Il rapper, intanto, era scoppiato a ridere: la reazione di Ed era stata anche più divertente di quella che pensava; lo studente era paralizzato, completamente rosso in volto e quasi non riusciva a parlare in coreano; il cantante non poté fare a meno di abbracciarlo; proprio non riusciva a vederlo così sconvolto; dopo aver cercato di calmare il più piccolo, Minho disse a voce bassa:
“Tranquillo, stavo scherzando. Key ieri sera mi ha parlato della vostra discussione e, perciò, ho provato a fare un tentativo al posto suo. Scusami.”
“Don’t wo...cioè...non preoccuparti e che non me l’aspettavo una domanda del genere così all’improvviso.”
“Allora è vero che ti piace una ragazza!”
“Be’...sì. Ma...non me la sento dirti chi è, scusa.”
“Non importa. Adesso va a cambiarti, la colazione è pronta.”
Ed, sollevato dalla gentilezza dell’amico, corse in bagno a cambiarsi e a rinfrescarsi.
Uscì dal bagno in pochi minuti; quella mattina era riuscito a nascondere tutte le ciocche castane sotto alla parrucca al primo tentativo; si era sciacquato il viso con acqua gelata, per eliminare ogni traccia della notte in bianco e si era messo le lenti a contatto: non sapeva perché ma quel giorno aveva voglia di cambiare; per finire tornò in camera sua e indossò la sua divisa.
Finito di prepararsi, andò nella cucina degli SHINee dove c’erano tutti e cinque i cantanti ad aspettarlo; erano seduti intorno al tavolo, tranne Key, che aveva preferito sedersi sulle gambe di Jonghyun, che gli aveva circondato la vita con un braccio; Ed, guardando i due ragazzi che si abbracciavano e si baciavano senza sentirsi colpevoli, sorrise contento; non appena entrò in cucina, Onew gli corse incontro con una tazza di caffè, dicendo:
“Buongiorno, Little Brother. Vuoi un po’ di caffè”
“Buongiorno, Onew. Grazie mille.”
Key,intanto aveva smesso di guardare Jonghyun, per concentrarsi su Ed; aveva notato che in lui c’era qualcosa di diverso, ma non riusciva a capire cosa; poi, l’illuminazione; si sentì così stupido a non averlo capito subito: era talmente evidente; non indossava gli occhiali; soddisfatto per aver svelato il mistero, chiese al minore:
“Ehi Ed, come mai oggi non indossi gli occhiali?”
“Avevo voglia di cambiare. E devo dire che mi piace non avere il problema degli occhiali.”
“Sì, anche a me piace portare le lenti a contatto, ma devo dire che in alcuni casi preferisco portare gli occhiali.”
A quella frase di Key, Jjong mise il broncio e, con un tono malinconico, borbottò:
“E come mai, allora, non ti ho mai visto usare gli occhiali che ti ho regalato per il tuo compleanno?”
Umma, accortosi di aver detto una frase infelice, strinse forte il suo compagno e, riempiendo la sua faccia di baci, gli disse:
“Non li uso perché sono bellissimi e ho paura di rovinarli. Dai non fare così, tesoro...non l’ho fatto apposta...scusa.”
Jonghyun cercò di tenere ancora il broncio, voltandosi da un’altra parte per evitare le coccole del suo ragazzo; all’inizio pensava di farcela ma poi, sentendo singhiozzare Key, non ce la fece ad essere arrabbiato; nel giro di pochi secondi, avvolse Umma tra le sue braccia e gli stampò un bacio sulle labbra, dicendogli:
“Non riesco ad arrabbiarmi con te...ti amo.”
I due si baciarono ancora; intanto, Minho, che cercava di ignorare i due suoi colleghi che si baciavano proprio accanto a lui, stava pensando al suo ultimo compleanno; gli avevano organizzato una bellissima festa e aveva ricevuto un sacco di regali; mentre ripensava a tutte le cose che aveva ricevuto, iniziò a pensare a quanto sarebbe stato bello se ci fosse stato anche Edward; poi, una domanda prese forma nella sua testa; perciò, un po’ incuriosito, chiese al minore:
“Little Brother, quand’è il tuo compleanno?”
“Perché?”
“Così possiamo farti gli auguri.”
Edward ci pensò un po’ su: in effetti non c’era nulla di male nel dirglielo; probabilmente se lo sarebbero dimenticati non appena fossero tornati a Seoul; allora, prendendo un bel sorso del suo caffè, disse:
“Uhm...che giorno è oggi?”
Minho, un po’ confuso da quella sua domanda, guardò il display del suo cellulare e, poi, disse:
“Mercoledì.”
“Ah ok...allora è oggi.”
Tutti e cinque i cantanti si girarono verso lo studente a bocca aperta; non poteva essere proprio quel giorno il suo compleanno; non gli avevano nemmeno preso il regalo; iniziarono a sentirsi veramente in colpa per non averglielo chiesto prima; forse, avendolo saputo con qualche giorno d’anticipo, avrebbero potuto almeno comprare una torta; Ed, notando lo sconforto dei cinque ragazzi, chiese:
“Ehi, ragazzi, che c’è?”
“Be’ ecco...ci sentiamo un po’ in colpa...non ti abbiamo preso il regalo.”
Edward, allora, scoppiò a ridere, lasciando perplessi i cantanti; dopo essersi calmato, disse, con le lacrime agli occhi per quanto aveva riso:
“Ragazzi, non dovete sentirvi in colpa...io mi ero scordato che oggi è il mio compleanno!”
Gli SHINee, all’affermazione dell’amico, rimasero sconvolti: non riuscivano a crederci che Ed si fosse dimenticato del suo compleanno; tutte le persone aspettano con ansia il giorno della propria nascita, invece, lui era completamente indifferente; non sembrava curarsene; incredibile: ha solo diciannove anni; dovrebbe essere al settimo cielo, dovrebbe aspettare euforico di aprire i suoi regali; proprio non riuscivano a capacitarsi che ad Edward non importasse nulla del suo compleanno.
Little Brother, intanto, aveva finito il suo caffè e ora stava mangiando un biscotto; non riusciva a credere che fosse già di nuovo il suo compleanno: doveva ancora riprendersi da tutte le smancerie che gli avevano riservato Karen e Aiko l’anno prima; le canzoncine, i dolcetti e i bigliettini di auguri; solo a ripensarci gli venivano i brividi lungo alla schiena; Ed, quando era piccolo, adorava festeggiare il suo compleanno, ma, da quando si era trasferito in Corea, non aveva più voluto festeggiarlo.
Non era per cattiveria, ma, non era la stessa cosa festeggiare il suo compleanno senza i suoi genitori e suo fratello; naturalmente, ogni anno, Simon lo chiamava per fargli gli auguri e aggiornarlo sulle ultime novità di Londra; era bello sentire la sua voce, però, non era la stessa cosa.
Mentre pensava a quanto gli mancasse la sua famiglia, una lacrima iniziò a rigare la sua guancia cadendo sul pavimento; Jonghyun, che stava riprendendo lucidità dopo quelle ultime rivelazioni, vide che la guancia sinistra di Ed luccicava; capì, immediatamente, che non era sudore, ma lacrime; allarmato, chiese:
“Little Brother ma...stai piangendo?”
Edward, a quella domanda, si riscosse da quello stato di tristezza che lo stava opprimendo; non si era accorto di star piangendo; si sentiva così stupido; con uno scatto felino, si asciugò il volto con una manica della camicia e, cercando di mantenere un certo controllo, disse, fingendo di ridere:
“Chi? IO? Ma ti pare? Adesso andiamo, altrimenti arriveremo tardi a scuola.”
Detto questo, il ragazzo corse a prendere il suo zaino e uscì di casa.
All’improvviso, quando era arrivato al pian terreno, si accorse di non aver aspettato i cantanti; colpì la sua fronte con il palmo della mano: come aveva fatto a dimenticarsi i suoi Big Brothers?
Stava per salire di nuovo tutte le rampe di scale quando sentì un clacson provenire dalla strada; si girò verso la porta d’entrata del palazzo e vide Minho, seduto al volante della loro macchina, fargli cenno di salire, sorridendo.
Ed, allora, rise: si era preoccupato per niente; corse verso l’auto e salì a bordo: in macchina Taemin, Onew, Jonghyun e Key si erano sistemati nei posti dietro, perciò, si andò a sedere accanto a Minho, che come se volesse dargli il benvenuto gli scompigliò i capelli, ridendo.
La prima volta che aveva visto l’automobile degli SHINee, Edward era rimasto a bocca aperta: non era una macchina, era una specie di casa su ruote; in quella macchina potevano starci circa nove persone; quando ci salì, poi, fu ancora più sbalordito: gli interni erano tutti sui toni del bianco e del crema, i sedili erano in pelle e sul tettuccio c’era presente una specie di lucernario da cui si poteva vedere il cielo; Ed non capiva perché avessero preso una macchina così grande: anche se erano in cinque, non serviva prendere una auto così ingombrante; la risposta dei cantanti lo lasciò senza parole: gli dissero semplicemente che volevano viaggiare comodi; lo studente non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo.
Adesso, però, dopo quei giorni passati insieme, ad Ed non faceva più strano viaggiare con quella macchina; anche se gli dispiaceva ammetterlo, quell’auto era veramente comoda; si sentiva molto a suo agio, adesso, seduto accanto ai cantanti: non si sentiva più in soggezione accanto a loro; infatti, lo studente, senza preoccuparsi di essere preso per un secchione, tirò fuori dal suo zaino il libro di storia e si mise a ripassare gli ultimi argomenti affrontati in classe.
Intanto, Onew stava dando dei calci al sedile di Minho; il rapper aveva capito qual era il significato di quei calci; Jinki lo stava invitando a fare ciò che avevano concordato mentre Ed prendeva lo zaino; al ranocchio non serviva un promemoria: sapeva benissimo cosa doveva chiedere ma, sinceramente non sapeva come entrare in argomento; i calci del leader, adesso, era diventati più insistenti e più ravvicinati; Minho era sul punto di esplodere; prese un lungo respiro e, poi, cercando di sembrare il più normale possibile, chiese ad Ed:
“Ehi, Ed, se avessi a disposizione tre desideri, cosa chiederesti?”
“Bel tentativo, ma non voglio regali.”
Minho, si girò, veramente incredulo, verso Edward, che non aveva staccato gli occhi dal libro nemmeno per un secondo; non riusciva a capire come avesse fatto a scoprirlo; non lo aveva neanche guardato in faccia, quindi, non poteva aver visto Onew fargli cenni; proprio non riusciva a capire come avesse fatto.
Ancora a bocca aperta, il maggiore chiese:
“Ma come hai fatto?”
“Be’ non ci voleva molto a capirlo...potevi inventarti qualcosa di meglio dei tre desideri.”
Dopo qualche altro minuto di viaggio, i sei ragazzi arrivarono a scuola; la discussione sembrava essersi conclusa, ma i cinque cantanti erano determinati a fare un regalo al loro Little Brother.
Il resto della giornata passò come al solito; quella mattina avevano avuto due ore di storia, una di musica e due di scienze; all’inizio sembrava che nessuno si fosse ricordato del compleanno di Edward; il ragazzo tirò un sospiro di sollievo: non avrebbe dovuto sopportare i soliti momenti di imbarazzo che caratterizzavano i suoi compleanni; ma, poi, non appena suonò la campanella della ricreazione, tutti i suoi compagni di classe saltarono in piedi cantando ‘Tanti auguri a te’; nel frattempo, tutti i ragazzi presenti nell’aula si accalcarono intorno ad Ed, che stava sbattendo la testa contro il banco, cercando di perdere i sensi per poter avere una via di fuga.
Finalmente suonò anche l’ultima campanella; tutti e sei i ragazzi erano esausti e non vedevano l’ora di tornare nel loro appartamento a riposare; Minho, però, doveva portare a termine un’altra missione prima di andare a casa; durante la lezione della professoressa Spring aveva capito che, se non poteva chiedere direttamente al festeggiato, poteva chiedere alle persone più vicine a lui: alle sue amiche; al termine delle lezioni, era veramente agitato: Karen stava per uscire dall’aula e lui non riusciva a dire una parola; Aiko era già andata via insieme ad Ed, quindi, Karen era la sua unica speranza.
Il ranocchio prese coraggio e, prima che la ragazza potesse andare via, si alzò in piedi e, poggiandole una mano sulla spalla, chiese, con un filo di voce:
“K-Karen, scusa, posso parlarti un secondo?”
Karen, sentendo la mano del cantante sulla sua spalla, arrossì di colpo; l’ultima cosa che si aspettava quella di mattina era che uno degli SHINee gli volesse parlare; cercando di non far notare il suo nervosismo, si girò verso il ragazzo e, sorridendo, disse:
“Certo. Dimmi pure.”
“Be’ ecco...oggi è il compleanno di Ed e...noi ragazzi non abbiamo la più pallida idea di cosa regalargli. Mi puoi aiutare?”
A quella domanda, Karen scoppiò quasi a piangere: quei ragazzi tenevano veramente molto ad Edward; non si sarebbe mai aspettata che i cinque cantanti si disturbassero tanto per fare un regalo allo studente; se Minho lo stava chiedendo a lei, significava che non si erano arresi alla decisione di Ed di non volere regali.
Il rapper, intanto, si guardava le scarpe, in attesa di una risposta; era veramente preoccupato: che avesse fatto male a disturbare Karen per una cosa così stupida? Forse avrebbe dovuto lasciare stare come gli aveva detto il festeggiato; comunque sia, adesso non poteva più tornare indietro; l’unica cosa che gli rimaneva da fare era aspettare che la ragazza davanti a lui decidesse se aiutarlo o no.
Dopo cinque minuti interminabili, Minho non ce la faceva più ad aspettare: voleva avere una risposta; perciò, molto timidamente, chiese:
“A-Allora? Mi puoi aiutare?”
“Sì, certo. Scusa se non ho risposto subito ma...be’...mi hai lasciata un po’ spiazzata. Non c’è qualcosa di specifico che gli potete regalare...basterà qualcosa che gli dimostri il vostro affetto. Va bene anche un biglietto, se lo comprate con il cuore.”
Il ragazzo era al settimo cielo: bastava così poco per farlo felice? Se era così, non avrebbero avuto problemi a fargli un regalo; gliene potevano fare una decina: Onew poteva fare un disegno, Key poteva portarlo a fare shopping, Taemin poteva creare una coreografia; nella sua mente frullavano mille idee diverse, tutte bellissime e piene d’affetto; nel pieno dell’euforia, il cantante abbracciò Karen esclamando:
“Grazie mille! Ti devo un favore.”
“F-Figurati è stato un piacere.”
In quel momento, Minho si accorse di quello che stava succedendo; era stato un impulso involontario; quasi non si era reso conto di stringere dalle braccia quella ragazza; per fortuna era una shawol, altrimenti avrebbe rischiato una denuncia per molestie; in un secondo momento, la sua mente, che aveva appena recuperato lucidità, si azzerò quando il profumo di Karen lo avvolse: era un profumo buonissimo, così dolce e delicato; lo aveva completamente stregato; sapeva che doveva staccarsi da lei ma il suo corpo non sentiva ragioni: non voleva lasciarla andare; finalmente, dopo aver cercato di staccarsi un’infinità di volte, riuscì ad allontanarsi da Karen; era veramente imbarazzato: non gli era mai successo di imbambolarsi così davanti ad una ragazza; guardandosi le scarpe, disse:
“S-Scusami...mi sono fatto prendere dall’euforia.”
“Tranquillo non importa. Può succedere.”
I due ragazzi si salutarono, con un sorriso; Karen, subito dopo, uscì dall’aula, cercando di non far vedere l’euforia provocata dall’abbraccio più bello della sua vita; intanto, Minho era rimasto in classe, continuando a pensare:
“Bel colpo, genio. Ti sei innamorato di una studentessa.”

- nel frattempo, a metà strada tra la scuola e il condominio di Ed -

Edward e Aiko stavano camminando lungo un marciapiede.
Mancavano poche miglia per arrivare al condominio dove abitava lo studente.
Per tutto il tragitto non aveva aperto bocca; la sua mente era affollata di pensieri: il suo rapporto con i cantanti era diventato molto intimo; si era affezionato troppo a quei ragazzi; cosa sarebbe successo dopo? Non c’era nessuna certezza che gli SHINee non si sarebbero dimenticati di lui non appena avessero messo piede a Seoul.
Eppure quei ragazzi erano così gentili e dolci con lui; sembrava che gli volessero veramente bene; se era in difficoltà, lo aiutavano e non chiedevano mai nulla in cambio; che ci tenessero sul serio a lui? Proprio non riusciva a trovare una risposta alle sue domande.
Era tutto così strano: Ed era sempre stato un ragazzo con la testa sulle spalle; riusciva sempre a cavarsela da sola; poche volte aveva chiesto aiuto qualcuno; però, da quando i cinque cantanti erano arrivati, la sua mente era sempre piena di pensieri e di dubbi; possibile che potessero avere un effetto così devastante su di lui?
Aiko, dopo aver pazientemente atteso che Ed le spiegasse di sua spontanea volontà cosa gli stava succedendo, disse, abbastanza stufa di aspettare:
“Edward, si può saper cos’hai? Sembra che un camion ti abbia investito.”
“Aiko...cosa ne pensi di tutta questa storia?”
La ragazza rimase un po’ perplessa dalla domanda dell’amico; infatti, chiese:
“Spiegati meglio. A cosa ti riferisci con ‘di tutta questa storia’?”
“Agli SHINee...e a me. Che idea ti sei fatta?”
Aiko fece spallucce, non capendo la preoccupazione dell’amico; non ci vedeva nulla di male nel loro rapporto; ma, volendo capire dove volesse arrivare Edward, disse:
“Uhm...be’...siete amici. Non ci vedo nulla di male. Vi volete bene, tutto qui.”
“È questo il punto. Siamo troppo legati...insomma...ho paura di provocargli problemi in futuro.”
“Problemi?! Che dici?!”
Ed annuì col capo; la ragazza lo guardava a bocca aperta: che voleva dire con ‘problemi’? Era un ragazzo molto educato; non aveva mai mancato di rispetto a nessuno; chiedeva scusa anche per le cose più insignificanti; come poteva pensare di diventare un problema per quei ragazzi?
Ancora più confusa dall’atteggiamento dell’altro, continuò:
“Ed...come puoi pensare di diventare un problema?”
“Aiko, quei ragazzi sono degli idols: quando ritorneranno alla loro vita, io potrei diventare un peso per loro.”
“Ormai dovresti aver capito che per loro tu sei veramente importante...”
“Sì, lo so e non ne capisco il motivo.”
Aiko, sorrise; quel ragazzo era fin troppo razionale; pensava troppo al futuro e non si godeva il presente; doveva capirlo; in un gesto d’affetto, strinse a sé un braccio del ragazzo e, con un sorriso affettuoso, disse:
“Non c’è una spiegazione logica a questo: è soltanto l’effetto della Ed condition.”
“Ed condition?! Mi stai dando del virus, Aiko?! Così non fai altro che darmi ragione.”
“No, non hai capito: Ed, tu hai il potere di essere simpatico a chiunque ti incontri. Non è una cosa da tutti. Quei ragazzi hanno solamente capito che sei un ragazzo d’oro.”
Edward iniziò a sentirsi un po’ meglio; Aiko era sempre stata brava a trovare le parole giuste per tirare su di morale le persone; il ragazzo, allora, si fermò lungo il marciapiedi e stringendo forte l’amica, disse:
“Grazie, Aiko. Ti voglio bene.”
“Anch’io ti voglio bene, Ed.”
La ragazza, felice di averlo aiutato, ricambiò l’abbraccio; in quel momento, ad Ed mancò il fiato e le gambe iniziarono a tremare; il suo corpo, all’improvviso, divenne troppo pesante; il suo battito cardiaco accelerò, facendo quasi male; Edward continuava a pensare:
“Gambe, vi prego, non abbandonatemi ora.”
Dopo una decina di minuti, lo studente arrivò finalmente a casa.
Era esausto: non vedeva l’ora di andare a dormire; durante quella giornata aveva avuto troppe sorprese per i suoi gusti; l’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un bel letto caldo e la sua coperta a righe bianche e blu; quando si sentiva un po’ giù, quel piumone era in grado di rasserenarlo.
Arrivò davanti all’ingresso del suo appartamento; stava per entrare ma poi, alzando lo sguardo notò un biglietto che diceva:

“Little Brother, entra dal nostro appartamento, per favore.
                                                                                                SHINee”


All’inizio rimase un po’ confuso; che differenza faceva se entrava dal suo o dal loro appartamento?
Troppo stanco per poter trovare una risposta al suo ennesimo perché, fece come gli era stato detto ed entrò dalla porta dei cinque cantanti; non appena entrò, fu sorpreso dalla mancanza di luce in quella stanza; sembrava che si fossero fulminate tutte le lampadine nello stesso momento; un po’ titubante, fece qualche passo in avanti; non si sentiva nessun rumore oltre a quello dei suoi passi; all’improvviso, si sentì afferrare da dietro e sollevare in aria; Ed, allora, emise un piccolo urlo, spaventato.
Le luci si accesero di colpo e qualcuno urlò:
“Sorpresa! Buon compleanno!”
Lo studente sbarrò gli occhi; si accorse solo in quell’istante dei festoni sul soffitto; provò a girarsi verso il suo assalitore; non riusciva a crederci: era Minho; sempre più confuso, chiese, con un po’ di balbettio:
“C-Che succede?”
“Non l’hai capito? Ti abbiamo organizzato una piccola festa di compleanno.”
Ed sgranò gli occhi per la sorpresa; quei ragazzi gli avevano organizzato una festa a sorpresa; nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per lui; intanto, Minho lo aveva messo giù e lo stava spingendo verso il divano, notando che il ragazzo era paralizzato; arrivati in salotto, Edward era riuscito a connettere di nuovo e adesso si era seduto sul sofà, in attesa degli sviluppi.
Dopo che lo studente si sedette, Key corse saltellando verso di lui con in mano un pacco regalo, incartato con della carta rossa cangiante e con sopra un grosso fiocco viola; arrivato davanti al minore, Umma gli porse il regalo, sfoggiando un grande sorriso; lo studente all’inizio tentennò ma poi prese coraggio e prese la scatola colorata dalle mani del cantante.
Iniziò a scartarla; tutti gli occhi erano puntati su di lui: sembravano tutti agitati all’idea della sua reazione; finalmente, il ragazzo rimosse tutta la carta e aprì il regalo; dentro alla scatola c’era molta carta da imballaggio; la tolse velocemente, cercando di alleviare un po’ l’ansia dei suoi Big Brothers; dopo aver tolto la maggior parte della carte, trovò un’altra scatola, stavolta di colore blu; divertito da quel piccolo scherzo, aprì la nuova scatola e rimase a bocca aperta: c’era una braccialetto bianco formato da un striscia di pelle avvolta su se stessa a formare un cilindro; sopra al bracciale erano state applicate tre lettere di metallo che formavano la scritta ‘OLB’.
“Significa ‘Our Little Brother’: ci sembrava un modo simpatico per dirti che saremo sempre con te. Ti piace?”
Ed era sull’orlo del pianto; quei ragazzi erano così dolci; cercando di non piangere, li abbracciò uno per uno; quello era stato senz’altro il compleanno più bello della sua vita.


Moran ti adoro <3...



...NO COMMENT xD

Nei panni dell’autore che si vergogna e si finge morto

SORRY! SORRY! SORRYYYYYYYYY!
Sono in ritardo, lo so, scusate *^* per dei motivi tecnici non ho potuto aggiornare prima*^*
Finalmente sono riuscito a mettere il capitolo ^^ non ho avuto il tempo di controllare gli errori *^*
Spero che non ce ne siano^^
Inoltre ho messo due foto di come dovrebbe essere Ed: la prima è stata fatta da Moran, che ringrazio, mentre la seconda l’ho fatta io^^ vi piacciono?
In questo capitolo ho rivelato l'amore segreto di Ed^^ avete capito chi è?
Le opzioni sono:
A) Karen
B) Aiko
C) Il mio cane
Se vi va, mandatemi le vostre risposte^^
Grazie a tutti quelli che hanno letto il capitolo^^
A presto,
Wyatt
 
 

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Capitolo 12
*** S.O.S. STILISTA ***


S.O.S. STILISTA

Un nuovo giorno era iniziato.
Ed era ancora raggomitolato tra le coperte quando la sveglia suonò; quella notte non aveva avuto nessuna difficoltà ad addormentarsi: aveva capito che non doveva sentirsi a disagio con quei cinque ragazzi; gli volevano bene e anche lui voleva bene a loro.
Naturalmente non l’avrebbe mai ammesso davanti a loro; non ne avrebbe mai avuto il coraggio.
In sincronia con la sveglia, Edward, ancora un po’ assonnato, uscì dalle coperte; si mise seduto sul bordo del letto stiracchiandosi: durante la notte aveva dormito in una posizione strana e adesso si sentiva un po’ indolenzito.
Mentre allungava le braccia cercando di sgranchirle, il suo sguardo cadde sul braccialetto che gli avevano regalato per il suo compleanno; la sera prima non si era accorto di quanti dettagli ci fossero sul quel braccialetto: le cuciture di rifinitura era bianche e le lettere di metallo avevano un piccolo bordo interno blu.
Il ragazzo sorrise; quei ragazzi tenevano tanto a lui e la cosa, a volte, lo spaventava un po’: il suo pensiero continuava ad andare al giorno della loro partenza.
Cosa sarebbe successo in quel momento?
Avrebbe scoperto che in realtà volevano solo tenerlo buono finché rimanevano lì?
Però, in quel caso, che motivo c’era di aprire la porta comunicante?
Gli volevano veramente bene o anche quella era una bugia?
Mentre cercava, inutilmente, di dare una risposta a tutte quelle domande; la porta della sua camera si aprì ed entrò Minho; Ed era troppo assorto nei suoi pensieri per accorgersene: in quel momento, era seduto sul materasso, a guardarsi i suoi piedi che dondolavano avanti e indietro.
Il cantante notando la leggera malinconia dell’amico, si allarmò: non si era nemmeno accorto che non era più solo nella stanza; si avvicinò, a passi lenti, ad Edward e, vedendo chiaramente, adesso, la tristezza del ragazzo, decise di provare a tirargli su il morale; perciò lo abbracciò da dietro e, quasi sussurrando, disse:
“Buongiorno Little Brother. Tutto bene?”
Ed, quando Minho lo abbracciò, sussultò per la sorpresa: il cantante era sempre di una dolcezza infinita con lui; non voleva farlo preoccupare; poi, sinceramente, aveva paura che si potesse arrabbiare sapendo a cosa stava pensando; quindi, si voltò verso il maggiore e, sforzandosi di sorridere, disse:
“Buongiorno, Minho. Tutto bene, grazie.”
“Uhm...davvero?...a me non sembra...”
“S-Sto bene...t-te l-lo giuro...”
“Più lo ripeti, più so che non è vero.”
Ed, non sapeva cosa dire: Minho sembrava riuscire a leggere nella sua mente; la sua testa era già troppo affollata per sopportare lo sguardo indagatore del cantante; aveva bisogno di una via di fuga: una qualunque idea che potesse distogliere l’attenzione dal suo malumore; all’improvviso, gli ingranaggi nel suo cervello iniziarono a lavorare; lentamente nella sua mente si formò una semplice frase che sarebbe stata in grado di mettere ko il rapper.
Lo studente ghignò soddisfatto e, girandosi di nuovo verso il cantante, che non aveva smesso di cingergli la vita, disse:
“D’accordo, lo ammetto...stavo pensando a quanto ancora dovrà aspettare Karen, prima che tu le dica che ti piace.”
Minho, alla frase del più piccolo, si irrigidì di colpo; non riusciva a crederci: come faceva Ed a saperlo? Non lo aveva detto a nessuno, nemmeno agli altri quattro cantanti; senza accorgersene, il rapper sgranò gli occhi, rimanendo a bocca aperta; le sue braccia iniziarono a perdere presa, così, Edward, approfittando della confusione del maggiore, si liberò dall’abbraccio.
Nel giro di pochi secondi, si sedette a gambe incrociate davanti all’amico, che non dava segni di ripresa.
All’inizio aveva pensato di aspettare che Minho si riprendesse, ma poi, accorgendosi che non si sarebbe calmato tanto presto, decise di provare a smuoverlo da quello stato di shock; perciò, guardandolo dritto negli occhi, chiese:
“Allora? Quanto?”
“T-Tu come fai a saperlo?”
La voce del maggiore era rocca e molto flebile: sembrava provenire dall’al di là; i suoi occhi erano ancora sbiaditi e privi di qualsiasi luce: era evidente che era ancora in stato confusionale; Edward non ce la faceva a vederlo in quello stato: aveva il corpo completamente in tensione e dalla fronte continuavano a scendere gocce di sudore; lo studente voleva lasciarlo spiazzato per farlo smettere di parlare, ma non voleva certo ridurlo così; si sentiva veramente in colpa.
Ed, allora, abbracciò Minho, stringendolo forte; cercò di tranquillizzarlo, ma il cantante era comunque molto agitato; perciò, stringendolo ancora di più a sé, disse:
“Minho, non devi agitarti: lo so solo io.”
Non appena pronunciò quelle parole, sentì il corpo del maggiore sciogliersi; tirò un sospiro: non sopportava l’idea di aver fatto soffrire il suo Big Brother.
Il rapper, intanto, gli aveva avvolto di nuovo la vita: stavolta, però, la presa era molto più forte; il minore pensò che fosse un po’ una reazione allo shock; però, qualche istante dopo, il più grande lo fece cadere sul letto; Minho gli fu subito sopra; avevo uno sguardo omicida e sulla faccia gli si era formato un ghigno malefico; il minore iniziò ad aver paura.
All’improvviso, il cantante iniziò a fare il solletico ad Edward, che cominciò a contorcersi ridendo; il ranocchio gigante continuava a muovere le mani per tutto l’addome del più piccolo: non aveva alcuna intenzione di smetterla e voleva evitare che l’altro si abituasse e smettesse di agitarsi per il fastidio; lo studente non riusciva più a respirare: aveva riso troppo e adesso era rimasto senza fiato.
Nella disperazione, Ed, con il filo di voce che gli era rimasta, disse:
“Ti prego, smettila...non ce la faccio più...please...”
“Assolutamente no! Mi hai spaventato a morte...e adesso me la paghi!”
Detto questo, Minho continuò a fare il solletico ad Edward.
Il più piccolo, ormai, era in apnea: aveva riso talmente tanto da svuotare completamente i suoi polmoni; come se non bastasse, poi, il cantante si era messo a cavalcioni sopra di lui, schiacciandolo contro il materasso; Ed sgranò gli occhi: il ranocchio era molto più pesante di quanto pensasse; non sentiva, nemmeno, più le gambe, troppo intorpidite sotto il peso di Minho.
Lo studente provò più volte a dimenarsi e a dare calci al più grande; purtroppo, però, il rapper era molto più forte di lui e lo aveva immobilizzato, tenendolo bloccato contro il letto; Edward si sentiva in trappola.
All’improvviso, i due ragazzi sentirono qualcuno gridare nell’appartamento accanto; era un urlo disperato e pieno di paura; chiunque avrebbe sentito un brivido percorrergli la schiena sentendo quell’urlo.
Si girarono, spaventati, verso la porta della camera; avevano capito perfettamente chi stava gridando: la voce era inconfondibile; era Key; i due ragazzi, però, non erano riusciti a capire cosa stesse succedendo.
Minho, intanto, troppo distratto dallo strano movimento che si era creato nel suo appartamento, aveva smesso di fare il solletico allo studente che poté tirare un sospiro di sollievo; Edward, allora, volendo sfruttare il momento di confusione per poter scappare, diede un calcio al più grande, facendolo cadere a terra; subito dopo, temendo le reazioni dell’altro, corse fuori dalla stanza e si precipitò a vedere cos’era successo.
Quando entrò nell’appartamento degli SHINee, si trovò davanti una scena quasi surreale: Key stava farneticando qualcosa in una lingua che sembrava un miscuglio di inglese e coreano, mentre Jonghyun gli stava dietro, cercando di calmarlo, anche lui visibilmente molto preoccupato; sempre più confuso, lo studente provò a cercare con lo sguardo gli altri due cantanti; purtroppo, però, quella mattina si era dimenticato di mettersi gli occhiali, troppo impegnato a combattere contro Minho; provò a stringere un po’ le palpebre, per mettere un po’ più a fuoco gli oggetti.
Dopo qualche secondo, per fortuna, vide Onew e Taemin, seduti sul divano con una tazza di caffè fumante in mano; non sembravano preoccupati come gli altri due cantanti, che continuavano a girare in tondo per il salotto; forse loro avrebbero potuto spiegargli qual’era il problema.
Un po’ dubbioso, Ed si avvicinò a Jinki e, parlando a voce bassa, chiese:
“Onew, scusa, che sta succedendo?”
“Buongiorno, Little Brother. Uhm...no tranquillo...non è successo nulla.”
“NON È SUCCESSO NULLA!!!!”
Urlò, allora, Key, fulminando il leader con lo sguardo; aveva le fiamme al posto degli occhi e stava serrando i pugni talmente forte che le nocche erano diventate bianche; Taemin e Edward, vedendo Umma trasformarsi in un demone bramoso di sangue, indietreggiarono spaventati: ora Key era ancora più arrabbiato.
Onew bevve un sorso di caffè e poi, con una tranquillità quasi innaturale, disse:
“Key non è successo nulla di grave: si può risolvere.”
“Nulla di grave?! È molto grave: come faremo per la tournée?”
“Troveremo una soluzione...”
“Ma si può sapere cos’è successo?”
Tutti quanti si voltarono a guardare lo studente, che ormai non ci capiva più niente; Taemin, mettendosi a ridere per l’espressione confusa del ragazzo, gli si avvicinò e, parlando con molta calma, spiegò:
“Ci ha chiamato il nostro agente, il signor Choi Jin, e ci ha detto che il nostro costumista si è licenziato, troppo deluso dalla sua carriera; il problema, però, è che senza costumista forse il concerto che avremmo dovuto fare in Giappone potrebbe essere annullato; abbiamo faticato per creare la nostra immagine e adesso, senza dei costumi adeguati, potremmo rovinarla.”
Dopo aver sentito la spiegazione, Ed cadde sul divano sconvolto: possibile che un vestito possa creare così tanti guai?
Insomma, avrebbe capito se lo avessero annullato per un problema alle luci o agli strumenti...ma per qualche pidocchioso costume?
Beh...però...se era solo quello il problema...poteva farli lui i bozzetti...
No. No.
Forse non era una buona idea: il suo campo era quello dell’abbigliamento femminile, non quello maschile...
E se combinava qualche pasticcio? No. Meglio non rischiare...
Ma poteva veramente lasciarli da soli? In fondo, lui era un fashion designer...tirocinante, certo...ma era abituato a creare dei vestiti per eventi particolari.
Forse ce la poteva fare.
Forse...quella parola non prometteva nulla di buono...
“Ed?...Ed?...riesci a sentirmi?...Ehi?”
Il ragazzo, sentendo quella voce chiamarlo, si riscosse dai suoi pensieri, rimettendo a fuoco tutto ciò che lo circondava;  in quel momento, si accorse che Minho era inginocchiato davanti a lui e gli teneva il viso tra le mani, nel tentativo di farlo tornare in sé.
Edward, allora, sentendo la stretta delle mani del cantante, arrossì all’istante, facendo sorridere Minho.
Il minore, imbarazzato a morte, scosse la testa e alzandosi, disse:
“S-Sorry...mi sono incantato.”
“Tranquillo...può succedere...però, adesso sbrigati...altrimenti arriveremo tardi a scuola.”
Il resto della mattinata passò come al solito; le lezioni, stranamente, erano molto interessanti, ma nessuno dei sei ragazzi riusciva a seguire le lezioni; stavano pensando al concerto in Giappone e ai costumi che avrebbero deciso il loro destino; l’unico sorridente era Jinki: era convinto che avrebbero trovato una soluzione a tutti i loro problemi; naturalmente, però, non sapeva che la risposta a tutti i loro guai era seduto accanto a loro; i cantanti, infatti, non sapevano che Edward era uno stilista e che per lui era una cosa di tutti i giorni disegnare vestiti.
Finalmente, suonò anche l’ultima campanella e i sei ragazzi poterono uscire dall’aula e dirigersi in caffetteria.
Si sedettero al tavolo, sconsolati: persino Onew stava iniziando a perdere ogni speranza; avevano tutti gli occhi fissi sul proprio vassoio; in realtà, non avevano molta voglia di mangiare; il cibo, poi, non è che aiutasse molto: purea grigia e un pezzo di quella che doveva essere carne; avrebbe fatto passare la fame a chiunque; in quei momenti, Ed si chiedeva sempre dove andassero a finire tutti quei soldi che la scuola investiva nella mensa.
All’improvviso, entrarono Karen e Aiko che si diressero verso il tavolo dove erano seduti i ragazzi; non appena arrivarono, le due studentesse rimasero stupite nel vedere l’aria amareggiata che era dipinta sui volti dei cantanti; Aiko, allora, provò a girarsi verso il suo amico e vide che anche lui sembrava triste e sconsolato; Karen, confusa quanto l’altra, chiese:
“Ehi, ragazzi, come mai quei musi lunghi?”
“Problemi di lavoro...”
“Ah...e...tu Ed?”
“Empatia...”
Rimasero un paio d’ore in caffetteria per poi prendere strade diverse; Minho e Jonghyun decisero di andare in palestra; Key, per tirarsi su il morale, si diresse verso il centro per fare shopping; Onew e Taemin, invece, decisero di tornare a casa per chiamare il loro agente; alla fine, erano rimasti solo i tre studenti che, dopo aver chiacchierato per qualche minuto, si avviarono verso l’appartamento di Karen.
Durante la strada, le due ragazze iniziarono a tempestare Ed di domande; il ragazzo, all’inizio, era un po’ restio a raccontare l’intera vicenda alle sue amiche, ma, poi, vedendo gli occhioni da cucciolo di Aiko, gettò la spugna e spiegò l’accaduto alle due ragazze.
Il racconto fu molto conciso: naturalmente, Ed tralasciò tutta la faccenda del solletico e si limitò a dire i fatti più importanti; Karen e Aiko, intanto, ascoltavano ogni parola che usciva dalla bocca dell’amico; erano veramente stupite quando realizzarono che il problema consisteva in un disguido di costumi: nemmeno loro, come Edward, riuscivano a crederci che un vestito potesse essere così vitale.
“...Bene, questo è più o meno quello che è successo.”
“Accidenti: non pensavo che potesse essere così grave non avere un vestito.”
“Ma, Ed, perché non li fai tu i costumi?”
“Ci ho pensato ma...non credo di avere abbastanza esperienza...”
Le due ragazze non poterono fare altro che dargli ragione: in effetti, era solo da un paio d’anni che il ragazzo lavorava come tirocinante presso il negozio di abbigliamento; per svolgere un incarico così importante, bisogna avere anni e anni di esperienza, per non parlare, poi, di un ottimo curriculum; insomma, avrebbe rischiato di fare un buco nell’acqua.
Mentre camminavano, i tre studenti provarono a ipotizzare qualche soluzione ma tutte, pensandoci meglio, si rivelavano poco concrete e, in alcuni casi, assurde.
Dopo un po’, Edward, troppo in agitazione per godersi un film, decise di tornare a casa: forse Jinki e Taemin erano riusciti a sapere qualcosa in più dal loro manager; quindi, ansioso di raggiungere i cantanti, salutò le sue amiche e corse verso il suo palazzo; arrivò a destinazione una manciata di minuti dopo, completamente sudato e con il respiro affannato: Ed odiava ridursi così, soprattutto quando succedeva per colpa dell’adrenalina; sempre più esausto, salì le rampe di scale, che in quel momento gli sembrarono infinite, e, finalmente, entrò nel proprio appartamento.
Appena aprì la porta, il silenzio presente nel salotto gli fece accapponare la pelle: di solito, quando entrava in casa, veniva assordato dalle urla dei cinque cantanti  che o giocavano ai videogiochi , o stavano discutendo sul calcio; un po’ preoccupato, allora, provò ad andare nel salotto dell’altro appartamento.
Percorso tutto il corridoio, lo studente sbirciò dalla porta comunicante il soggiorno degli SHINee: lì c’erano Onew e Taemin che, seduti intorno al tavolo,stavano scarabocchiando qualcosa con delle matite colorate; accanto ai due cantanti, si era formata una montagnola di carta stropicciata che, con il passare del tempo, sembrava aumentare di volume.
Incuriosito, lo studente si avvicinò ai due ragazzi, tentando di fare meno rumore possibile per non spaventarli; in quel momento, dopo essersi avvicinato ancora un po’, notò che Onew e Taemin  stavano disegnando delle specie di manichini con sopra magliette e pantaloni dalle forme più astratte; Ed sgranò gli occhi: stavano disegnando i costumi per il concerto.
Iniziò a pensare:
“Sono davvero così disperati? La situazione è più grave di quanto pensassi...”
Dispiaciuto per i cantanti, Ed si avvicinò a Taemin e, accarezzandogli una spalla in segno di saluto, disse:
“Ehi, ragazzi, vi state dando all’arte moderna?”
“Ciao, Ed...in realtà sarebbero... no... dovrebbero essere i bozzetti i nostri costumi...”
“Ma, come vedi, non sono proprio bellissimi...”
“Non fate così: sono carini. Dovreste solamente perfezionarli un po’ di più.”
Lo studente sperava di riuscire a sollevargli un po’ il morale, ma, purtroppo, i due cantanti sembravano ancora più tristi; sì, d’accordo: i loro costumi non erano poi il massimo, ma non serviva buttarsi giù; Ed, poi però, realizzò che erano così abbattuti perché rischiavano di dover annullare il concerto; durante quelle sere passate insieme, i cinque cantanti gli avevano sempre raccontato di quanto avrebbero tanto voluto andare in Giappone e di come li rendesse felici esibirsi davanti a milioni di persone.
No.
Non poteva abbandonarli così.
Lui non era proprio il più grande esperto del mondo della moda ma...era pur sempre un fashion designer.
Doveva almeno provarci.
Ed, allora, sbuffò e, sedendosi accanto agli altri due ragazzi, tirò fuori il suo blocco e iniziò a preparare un bozzetto di prova; sinceramente, non sapeva bene quali canzoni avrebbero fatto al concerto, perciò decise di fare un costume ispirato a Lucifer: dopotutto era una bella canzone, e, da quello che era riuscito a capire dai video su internet, la cantavano abbastanza spesso durante le loro performance.
I due cantanti, intanto, fissavano Ed, stupefatti: non lo avevano mai visto così concentrato; aveva la fronte corrucciata e gli occhi erano fissi su quel foglio di carta che, adesso, si stava riempiendo di linee sinuose e di tratti più spessi.
Dopo qualche minuto, lo studente appoggiò la matita sul tavolo e, dando un’ultima occhiata allo schizzo, lo passò a Jinki, chiedendo:
“Può andare?”
Il leader, allora, guardò il blocco e rimase a bocca aperta: Ed aveva disegnato un bellissimo costume dai toni un po’ dark, completato da un laccio intorno ad un braccio e da una ginocchiera che ricordava molto quelle che avevano indossato nel video musicale; era veramente stupito dalla velocità con cui Edward aveva fatto quel bozzetto.
Con un’espressione sconvolta in viso, Onew chiese:
“Ma...ma...come hai...”
“Sono un fashion designer tirocinante...sono ancora un po’ inesperto...ma il mio capo dice sempre che ho un grande talento...”
“Davvero? Sei uno stilista?”
Ed annuì, un po’ imbarazzato.
Gli occhi dei due cantanti si illuminarono: il loro salvatore era seduto davanti a loro; ormai, avevano capito che Edward era un ragazzo veramente incredibile, ma, non pensavano fino a questo punto; Taemin iniziò a credere che lo studente fosse un angelo mandato sulla Terra per proteggerli; ogni volta che avevano un problema, il loro fratellino arrivava e sistemava tutto.
Jinki e Taemin, quasi all’unisono, si slanciarono ad abbracciare Edward che, non riuscendo più a respirare, disse, con una voce molto flebile:
“I-I can’t breathe...n-non riesco a respirare....”
“Oh, scusaci.”
Passate un paio d’ore, Minho, Jonghyun e Key tornarono a casa.
Erano tutti e tre esausti: Jjong e Minho avevano passato tutto il pomeriggio a fare sollevamento pesi e gli addominali a terra, mentre Umma era stato in almeno quaranta negozi, comprandosi un intero guardaroba nuovo.
Entrati in casa, i tre cantanti rimasero un po’ perplessi nel vedere Edward, Onew e Taemin chiacchierare sul divano, ridendo per qualsiasi cosa; non si aspettavano di trovarli così tranquilli e sereni: pensavano che, appena entrati in casa, sarebbero stati travolti dalle migliaia di ansie e di preoccupazioni del loro Maknae; invece, erano seduti sul sofà, tutti sorridenti.
Minho, sorpreso della quiete che regnava in quella stanza, disse:
“Ciao, siamo tornati. Tutto bene?”
“Perché non dovrebbe?”
Edward e Taemin, quasi a ribadire la domanda di Onew, sorrisero, pacifici; Jonghyun, allora, non capendoci niente, chiese:
“E...i costumi?”
“Tutto risolto. Abbiamo appena mandato per fax i bozzetti al signor Choi Jin.”
I tre ragazzi, alla risposta di Taemin, sgranarono gli occhi, spalancando la bocca per la sorpresa.
Avevano veramente trovato i bozzetti per il concerto?
Key, allora, iniziò a saltellare, urlando per la gioia; non ci poteva credere: la tournèe era salva; ormai, pensando al concerto, si era messo l’anima in pace: sembrava talmente impossibile trovare i costumi che credeva non sarebbero mai riusciti ad andare in Giappone.
Era così contento.
Avrebbe potuto vedere tutte le boutique di Tokio, visitare tutti i monumenti più importanti.
E tutto grazie a...
Aspetta...ma...chi ha fatto i bozzetti?
“Scusate, ragazzi, ma...chi è lo stilista?”
Allora, Jinki e Taemin si girarono, sorridendo, verso Ed che, alzando un braccio, disse:
“Colpevole.”
“T-Tu?”
“Già: Ed, non ce l’ha mai detto, ma lui è uno stilista.”
“Tirocinante, Taemin. Sono uno stilista tirocinante.”
“Beh, il risultante non cambia...e nemmeno il tuo ruolo...”
“Cioè?”
“Sei il nostro angelo custode.”






Nei panni dell’autore che implora pietà

Sorry*^* sorry*^* sorry*^*
Sono in ritardassimo! Non l’ho fatto apposta, ho avuto un sacco di problemi*^* prima a scuola, poi a casa*^* per non parlare poi della mia migliore amica che mi voleva fare entrare nel fandom degli X-men...
Comunque...
In questo capitolo ho creato di nuovo problemi agli SHINee xD spero che non leggano mai questa storia, altrimenti potrebbero pensare che io li odi xD ahahahahahahahahahahah xD
Per fortuna nessuno di loro parla italiano xD ahahahahahahahahahahahah xD
Ammetto che ho scritto il capitolo un po’ di fretta, quindi se vi fa schifo...vi capisco*^*
Per quanto riguarda i disegni:
il primo disegno...
Allora, non ho resistito e ho provato a creare un bozzetto di un costume di scena^^
Io non sono uno stilista, ovviamente, quindi...questo è tutto ciò che potevo fare, considerando poi che non sono molto esperto di abbigliamento maschile xD ahahahahahahahahah xD
Il secondo disegno...
Non c’entra niente con il capitolo, lo so^^
In realtà, all’inizio il capitolo era diverso e comprendeva una scena con Edward e Aiko...ma poi non mi piaceva e quindi l’ho cancellata^^
Però il disegno mi piaceva tantissimo, perciò, ho pensato di metterlo lo stesso^^ ho fatto bene?
Forse è un po' mossa*^* scusate*^*
Ringrazio tutti quelli che leggono la mia storia e tutti quelli che hanno avuto voglia di recensire i vecchi capitoli^^
Come al solito vi invito a farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo^^ mi farebbe piacere sapere la vostra opinione^^
Un bacio a tutti,
Wyatt
*saluta con la manina*
 

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Capitolo 13
*** La mia storia ***




Se qualcuno gli avesse detto che gli SHINee sarebbero diventati i suoi più grandi amici, Ed, probabilmente, sarebbe scoppiato a ridere.
Qualche anno prima, allo studente, solo a sentire i primi versi di Julliette, venivano i conati di vomito.
Non aveva nulla contro di loro.
Nulla.
Non li conosceva, non poteva dire di odiarli.
Semplicemente non amava la loro musica: la trovava un po’ ripetitiva; dopotutto, fin da bambino, Edward aveva ascoltato sempre e solo musica inglese; a volte, americana; perciò, abituato a canzoni piene di virtuosismi, era normale che potesse non apprezzare completamente quella coreana.
Le sue compagne, poi, non è che lo aiutassero molto: ogni volta che entrava in classe, veniva travolto dalle urla delle ragazze che esultavano per l’uscita di un loro nuovo album; ancora ricordava il giorno in cui avevano messo in vendita ‘Yes Of Us’: Karen e Aiko lo avevano costretto a stare in fila per ore davanti ad un negozio solo per comprare quell’album.
Non si era mai vergognato così tanto in vita sua: era l’unico ragazzo nell’arco di cinque miglia; Karen e Aiko, il giorno dopo, provarono più volte a scusarsi con lui ma fu tutto inutile: Ed tenne il muso per un’intera settimana; in realtà, non era arrabbiato; ma vedere le sue amiche tentare in tutti modi di farsi perdonare lo faceva ridere.
Ogni volta che pensava a quei cantanti, li immaginava  come degli sbruffoni viziati che non avevano mai dovuto faticare nella loro vita.
In qualche modo, Edward li invidiava per questo.
Sicuramente, se non fosse diventato un loro imitatore, non avrebbe mai capito quanto dovettero faticare quei cinque ragazzi per diventare così famosi.
Da quel momento, se qualcuno gli chiedeva cosa pensava degli SHINee, lui rispondeva:
“Uhm...I don’t know...prima dovrei conoscerli per rispondere.”
Probabilmente se l’era andata a cercare.
Insomma, aveva schivato talmente tante volte quella domanda che era inevitabile che il fato gli riservasse una sorpresa del genere.
Due mesi con gli SHINee: sogno per ogni shawol...incubo per Edward.
Quando la preside gli chiese di prendersi cura di loro, avrebbe voluto urlare a squarciagola, scappare a gambe levate, migrare in Francia.
Purtroppo, però, non ne ebbe la forza e accettò quell’indesiderato incarico.
Fin dal primo momento, Ed sapeva benissimo che la preside stava mentendo.
 
“Sì, Edward. Gli SHINee staranno qui per uno o due mesi e frequenteranno le lezioni. Perciò ho pensato che sarebbe stata una buona idea affiancargli uno dei nostri migliori studenti. E considerando i tuoi eccellenti voti, ho pensato che potessi essere la persona perfetta per questo incarico.”
 
Era chiaro che stava mentendo: lo aveva scelto semplicemente perché non era un loro fan; in fondo, però, non era una motivazione così sbagliata: se avesse assegnato quel compito ad una shawol, gli SHINee non avrebbero avuto nemmeno un momento di respiro.
I primi giorni erano stati un po’ imbarazzanti; Ed aveva sempre odiato fare la babysitter; le uniche volte che accettava di badare a qualcuno era perché glielo chiedeva suo fratello; non era mai riuscito a capire come facesse, ma Simon riusciva sempre ad incastrarlo; non che ad Edward dispiacesse: lui adorava suo nipote; il bambino più dolce del mondo.
Per fortuna, già dal terzo giorno, le cose erano migliorate; quei ragazzi non era poi così male; erano gentili con lui e si erano dimostrati dei bravi ragazzi.
Siamo arrivati al tredicesimo giorno di convivenza e le cose non potrebbero andare meglio.
I sei ragazzi, ormai, si sono creati una loro routine; le liti per il bagno iniziavano a diventare sempre più rare e tutti rispettavano la privacy degli altri; non c’era mai un giorno simile ad un altro e la cosa era veramente bellissima; le giornate erano divertenti e, soprattutto, leggere; Ed non si sentiva in gabbia, anzi, ogni giorno, aspettava con ansia la fine delle lezioni per poter tornare a casa.
In quel momento, Ed era steso sul divano mentre chiacchierava al telefono con Hyun Ki; adorava parlare con quel ragazzo: era veramente simpatico e, esattamente come ad Ed, gli piaceva disegnare; la prima volta che ci aveva parlato era stata nel negozio d’abbigliamento dove lavorava come fashion designer.
Chiacchierare con lui, era veramente incredibile: non c’era un momento di serietà; la conversazione poteva andare avanti per ore e i due ragazzi non se ne accorgevano; alla fine, nessuno dei due riusciva più a ricordare di cosa stessero parlando.
Intanto, nella cucina del suo appartamento, Minho e Jinki stavano preparando la cena; i due ragazzi non erano due grandi chef, ormai si sapeva benissimo, ma questa volta erano ispirati; stavano cucinando un piatto di noodles con pollo e verdure; ovviamente il pollo era stata un’idea di Onew: visto che doveva cucinare lui, poteva fare tutto ciò che voleva; per fortuna c’era Minho a dargli dei limiti.
La cucina risuonava delle risate di Ed: la sua risata era cristallina e piena di allegria; era impossibile non mettersi a ridere; infatti, Minho ed Onew stavano ridendo come due bambini: non c’era un motivo particolare, avevano solamente voglia di ridere.
Il ranocchio era veramente contento nel sentire Ed ridere: il giorno prima, lo studente era teso e molto preoccupato; quell’anno avrebbe avuto gli esami finali e non si sentiva per niente pronto; i cinque cantanti provarono a tirargli su il morale ma fu tutto inutile: alla fine, il ragazzo si chiuse in camera sua per tutto il pomeriggio, a ripassare per l’ennesima volta l’ultimo capitolo di chimica svolto in classe.
Adesso, vedere il loro fratellino ridere e scherzare al telefono, era una soddisfazione veramente incredibile; all’improvviso, Jinki, mentre stava preparando il brodo, disse:
“Ha una risata contagiosa, vero?”
“Sì, è vero. È un piacere sentirlo ridere.”
Dopo qualche secondo, il silenzio cadde su tutto il soggiorno; la telefonata era terminata e lo studente poteva, finalmente, riprendere fiato: gli piaceva da morire parlare con il suo amico ma dopo rimaneva sempre senza ossigeno in corpo; alla fine di ogni chiamata, si ritrovava a pensare:
“Meno male che ha chiamato lui, altrimenti sai che bollette...”
Riuscendo, di nuovo, a respirare, si ricordò dei due ragazzi che stavano preparando da soli la cena; perciò, curioso di vedere cos’erano riusciti a combinare, si diresse verso la cucina; lì, vide che i due cantanti avevano già finito e che adesso stavano iniziando a preparare la tavola; sorpreso dalla calma e dall’armonia che regnava in quella stanza, si avvicinò a Jinki e, sfoderando un grande sorriso, chiese:
“Ciao, ragazzi. Vi serve una mano?”
“Ehi, Ed...ma come? Hai ancora la forza di parlare?”
Edward non lo degnò di risposta, si limitò solamente a fargli la linguaccia, facendo ridere Minho che intanto stava sistemando i piatti; Onew, allora, finse di offendersi, voltandosi da un’altra parte; dopo un po’ provò a girarsi e si trovò davanti lo studente che aveva sfoderato i suoi occhioni da cucciolo bastonato; Jinki cercò di resistere, distogliendo lo sguardo, ma fu tutto inutile: lo sguardo del minore era magnetico; era praticamente impossibile non prestargli attenzione; perciò, sbuffando, si girò verso Ed, dicendo:
“Uffa, non ce la faccio ad arrabbiarmi con te...ci dai una mano a preparare la tavola?”
“Sì, certo.”
I tre ragazzi ricominciarono a preparare la tavola.
Tra di loro, dopo qualche minuto, si creò una grande sincronia: Onew passava i bicchieri a Minho che li sistemava sul tavolo per dopo prendere i piatti che, intanto, Ed aveva tirato fuori dalla credenza; ormai, non erano più tre ragazzi: erano diventati una macchina ben oleata; non gli ci volle molto a finire; infatti, dopo circa sette minuti, il tavolo era stato apparecchiato e, adesso, non c’era nient’altro da fare se non versare i noodles e il brodo nelle ciotole.
Minho e Jinki, quindi, si sedettero sulle sedie, con un espressione abbastanza sofferente: sembrava quasi che avessero fatto una maratona; Ed, invece, dopo aver passato più di due ore steso sul divano, non aveva voglia di sedersi; perciò, si versò un bicchiere d’acqua, e, dopo aver lanciato uno sguardo ai due ragazzi agonizzanti seduti sulle sedie, si appoggiò al bancone della cucina, prendendo un sorso d’acqua.
Rimasero per qualche minuto in silenzio; quel silenzio, però, non era opprimente, anzi, era come se nella stanza stesse viaggiando una sinfonia dalle note mute che circondava i tre amici in un abbraccio trasparente; non succede molte volte che persone così chiassose possano stare così bene nella quiete più totale.
Ed, approfittando della serenità che si era venuta a creare in cucina, ricominciò a soppesare tutto quello che gli stava succedendo.
Una convivenza temporanea con gli SHINee...
...l’affetto di quei cantanti...
...l’affetto ricambiato...
...il giorno della loro partenza...
Quel rapporto stava diventando troppo intimo.
Che dovesse mettergli un freno?
Ormai era da almeno una decina di minuti che continuava a farsi domande senza risposta; ma, all’improvviso, i suoi ragionamenti interiori furono rotti da Onew che, saltando in piedi, urlò:
“NOOOOOO?!”
“Onew, che succede?”
“Taemin mi ha appena mandato un messaggio: quei tre irresponsabili sono ancora in centro e non torneranno prima di un’ora. Abbiamo cucinato tutto quel cibo per niente...”
Edward, allora, si accorse della mancanza degli altri tre cantanti; era così impegnato a seguire i discorsi deliranti di Hyun Ki che non si accorse nemmeno che erano usciti; probabilmente lo avevano anche salutato; in quel momento, lo studente iniziò a sentirsi molto in colpa; poi, però, la sua attenzione si posò sui due amici che, adesso, stavano guardando malinconici l’enorme pentola piena di noodles.
Un po’ dispiaciuto per loro, Ed si avvicinò ai due ragazzi e, sfoderando il suo sorriso migliore, disse:
“Dai...non fate così...sono sicuro che riscaldati saranno comunque buonissimi.”
“...Sarà...”
“Ragazzi, su...pensiamo a fare qualcosa di più costruttivo...ci deve pur essere qualcosa che vi va di fare...”
“Beh...ci sarebbe una cosa...Ed? Ci racconti come sei diventato un nostro imitatore?”
Lo studente, alla loro richiesta, sgranò gli occhi: non si aspettava una domanda del genere; era quasi tentato di rifiutare: era una storia abbastanza imbarazzante da raccontare; ma, poi, Jinki e Minho iniziarono a guardarlo con degli enormi occhioni da cucciolo; sapevano benissimo che Ed non sapeva resistere a quello sguardo; infatti, lo studente, sbuffando, si sedette accanto a loro e, incrociando le braccia al petto, disse:
“Va bene...uffa...allora, è successo circa due anni fa...”
 
Ormai erano già da tre anni che io, Karen e Aiko vivevamo qui in Corea.
La lingua non era più un problema e tutti e tre avevamo trovato un lavoro; per noi fu una grande conquista: avere un lavoro significava non dover più chiedere ai nostri genitori di mandarci soldi per pagare l’affitto; io, in quel periodo, lavoravo come cameriere in un ristorante non molto lontano da qui.
Era un buon lavoro, certo.
Pagato anche abbastanza bene ma, sinceramente, non mi faceva sentire realizzato.
Da un po’ di tempo, dopo aver finito il mio turno, gironzolavo per il centro, con la speranza di vedere un cartello con scritto ‘cercasi nuovo dipendente’; purtroppo, nessun negozio sembrava aver bisogno di assumere nuovo personale.
Ero veramente abbattuto.
Credevo di dover fare il cameriere per tutta la vita.
Poi, però, la mia vita cambiò radicalmente.
Tutto cominciò un lunedì di settembre: all’apparenza sembrava un normalissimo giorno di scuola; avevo passato tutta la mattina in classe a studiare le materie più disparate: un’ora di arte, un’ora di storia, un’ora di musica, una di fisica e, infine, una di scienze; alla fine delle lezioni, non riuscivo più a reggermi in piedi.
Finita la mattinata, io e Karen ci eravamo incamminati verso casa; di solito, Aiko faceva la strada con noi ma, quel giorno, doveva correre a lavoro; perciò, anche se un po’ triste, appena suonata la campanella, si avviò verso il centro, lasciandoci soli.
Camminammo per qualche minuto; io, durante il tragitto, non avevo mai aperto bocca: ero troppo impegnato a pensare a quanti piatti avrei dovuto ancora servire prima di trovare un lavoro più decente.
All’improvviso, sentii Karen dirmi:
“Avanti, Ed, parla: che cos’hai?”
Non ero affatto sorpreso che avesse notato il mio malumore: Karen si accorge sempre di tutto; è impossibile nascondergli qualcosa.
Allora, mi fermai lungo il marciapiede e, sedendomi su un muretto che si trovava dietro di me, dissi:
“No, niente...sto pensando a quanto ancora dovrò aspettare prima di riuscire a trovare un altro lavoro.”
Karen, alla mia affermazione, sospirò, un po’ dispiaciuta, e si sedette accanto a me; non appena si sedette, mi abbracciò forte: quello è il suo modo preferito per tirare su il morale alle persone; tenendomi stretto a sé, mi disse:
“Dai, Ed, non essere triste: sono sicura che riuscirai a trovare un lavoro fantastico.”
“Ormai, sono un po’ scoraggiato...sembra che nessun negozio abbia voglia di cercare nuovi dipendenti.”
Passammo qualche ora lì a chiacchierare del più e del meno; Karen ce l’aveva messa tutta per distrarmi: cambiava così tante volte argomento che dopo un po’ non riuscii più a capire di cosa stessimo parlando; purtroppo, però, non riuscivo a pensare a nient’altro se non al mio lavoro: non mi piaceva per niente fare il cameriere; d’altro canto, però, avevo bisogno di quel lavoro, altrimenti non avrei mai potuto pagare le bollette.
Dopo un po’, Karen dovette andare via e io rimasi lì da solo, a guardare le macchine che passavano per quella strada; mi sentivo veramente a terra; il non sapere cosa fare mi stava facendo impazzire; speravo in un qualche aiuto dal destino, non sapevo neanche io cosa: un enorme cartello di qualcuno che chiedeva disperatamente aiuto, una persona che distribuiva volantini.
Qualsiasi cosa.
 
“Accidenti, Little Brother: eri veramente disperato.”
Esordì, allora, Onew, a bocca aperta.
Il minore fece un piccolo sorriso; più di circostanza che sentito: il solo ripensare a quei giorni lo faceva stare male.
Minho, accortosi dell’espressione malinconica dell’amico, cercò di cambiare discorso, chiedendo:
“Ma, poi, le cose migliorarono, giusto?”
“Sì, certo. Le cose sono migliorate circa...dieci minuti dopo...”
 
All’improvviso, sentii qualcuno appoggiare una mano sulla mia spalla; un po’ sorpreso, mi girai verso quel qualcuno; in quel momento, sgranai gli occhi per la sorpresa: era la professoressa Spring.
Ancora molto stupefatto, dissi:
“Professoressa Spring, come mai è qui?”
“Ho notato che eri abbastanza depresso stamattina e, vedendoti qui tutto solo che guardavi la strada, ho pensato di chiederti se andava tutto bene.”
“È molto gentile da parte sua, professoressa. Thank you so much. In realtà, non va benissimo: è da giorni che sto cercando un nuovo lavoro senza risultati.”
La professoressa, alla mia risposta, diventò molto seria; quasi sotto ipnosi, si girò a guardare la strada in cerca di qualcosa che non riusciva a trovare; rimasi un po’ di tempo a guardarla: non l’avevo mai vista così concentrata; iniziai a chiedermi a cosa stesse pensando.
All’improvviso, cambiò espressione: sul suo volto apparve un grande sorriso, un sorriso dolce e pieno di speranza; si girò verso di me e, con uno sguardo vittorioso, mi chiese:
“Edward, sei appassionato di moda, giusto?”
La sua domanda mi lasciò un po’ perplesso.
Insomma, cosa c’entrava con il mio problema il fatto che fossi interessato al mondo del fashion?
Un po’ dubbioso, annuì con la testa, curioso di capire dove volesse arrivare; la professoressa, allora, sempre più compiaciuta, mi chiese:
“Bene. Altra domanda: disegni vestiti, per caso?”
“Beh, sì ma...”
“Per caso hai qualche bozzetto nello zaino?”
Sempre più confuso, annuì di nuovo con la testa e tirai fuori dallo zaino alcuni bozzetti che avevo fatto durante l’intervallo; la professoressa li prese tutti e gli diede un’occhiata; il suo sguardo era enigmatico: proprio non riuscivo a capire cosa volesse capire; erano solo degli schizzi che avevo fatto in un momento di noia.
Dopo qualche secondo, mi prese per un braccio, dicendo:
“Andiamo.”
“Andiamo?! Where?”
“Dal tuo futuro datore di lavoro...”
“What?!”
“Dopo ti spiego tutto. Adesso andiamo.”
 
“Ed, non fraintendere...è una storia molto interessante ma quando arrivi agli F-SHINee?”
“Adesso ci arrivo, Minho. Lasciami finire...”
 
Nel giro di pochi minuti, io e la professoressa arrivammo davanti ad un enorme negozio di abbigliamento: era articolato su tre piani e, in corrispondenza del secondo, aveva un bellissimo balcone decorato con dei fiori coloratissimi.
La professoressa Spring mi fece cenno di seguirla; io ero terrorizzato: non capivo cosa stesse succedendo; allo stesso tempo, però, morivo dalla voglia di entrare in quel negozio: non vedevo l’ora di curiosare tra gli scaffali che si trovavano all’interno; perciò, entrai nel negozio, un po’ nervoso e sempre più confuso.
Non appena entrammo, qualcuno disse:
“Hannah, che piacere vederti.”
“Il piacere è tutto mio, Eunji. Come va?”
“Ora che ti vedo benissimo.”
Io, intanto, sbattei le palpebre un paio di volte un po’ sconvolto.
Adesso, chi era quel tizio?
Il suo ragazzo?
Perché nessuno si degnava di spiegarmi cosa stava succedendo?
Dopo un po’ che parlavano, quell’uomo chiese:
“Allora, Hannah, dimmi: come mai sei venuta a trovarmi?”
“Sei ancora in cerca di nuovi stilisti tirocinanti, per caso?”
“In effetti sto ancora cercando un ultimo stilista per completare il mio nuovo gruppo di tirocinanti.”
“Perfetto, sono arrivata al momento giusto. Sono riuscita a trovare uno stilista che, a mio parere, può fare grandi cose.”
Ci misi qualche secondo a capire che stava parlando di me; per un attimo mi ero illuso che ci fosse qualcun altro dietro di me; che la professoressa stesse indicando un cliente che si trovava all’interno del negozio; provai a guardarmi intorno ma non vidi nient’altro che grucce e scaffali pieni di vestiti.
Non vi so descrivere l’imbarazzo che provai: non solo ero stato trascinato in uno dei negozi più belli della città, ero anche stato candidato a mia insaputa ad occupare un posto nel gruppo di designers di quel negozio d’abbigliamento.
L’apice del terrore, però, lo raggiunsi quando la professoressa Spring diede a quello che poi scoprii essere il proprietario i miei bozzetti; in quell’istante il mio viso diventò completamente rosso.
Che avevo fatto di male per meritarmi quella tortura?
Già mi immaginavo la scena: un intero negozio che rideva per quanto erano brutti i miei schizzi.
Speravo che succedesse una calamità, qualcosa che distruggesse quei fogli.
Niente: li stava già guardando.
Ero nel panico.
Non avevo nemmeno vie di fuga.
Da un momento all’altro quel signore avrebbe detto...
“Sono fantastici. È proprio lo stile che stavo cercando. Come ti chiami, ragazzo?”
Sgranai gli occhi per la sorpresa: gli piacevano; non potevo crederci; forse dovevo avere più fiducia in me stesso; ero euforico; poi, dopo qualche secondo, realizzai che mi aveva fatto una domanda; perciò risposi:
“E-Edward, Edward Hearts.”
“Piacere, Edward. Io sono Yoon Eunji: sono il proprietario di questo negozio.”
Quel signore, poi, sorridendomi, mi diede la mano in segno di saluto; ricambiai il saluto, accennando un sorriso che però, per il nervosismo, assomigliò di più ad una paresi.
Non appena sciolse la stretta intorno la mia mano, il signor Yoon Eunji riportò la sua attenzione ai miei disegni, dicendo:
“I tuoi modelli sono molto belli. Saresti interessato a lavorare per me. Il mio negozio offre un servizio di sartoria e molti dei nostri clienti richiedono abiti su misura. Tutto ciò che dovrai fare sarà disegnare abiti e discutere i dettagli con i clienti. Naturalmente, riceverai uno stipendio, che penso troverai abbastanza sostanzioso. Allora? Che ne pensi? Accetti?”
Non riuscivo a credere alle mie orecchie: sul serio mi avrebbero pagato per disegnare?
Ancora sconvolto dalla situazione, annuì con il capo, un po’ agitato; non sapevo se fare un inchino o annuire; forse avrei dovuto fare entrambi; per fortuna, il mio nuovo datore di lavoro era un tipo molto alla buona; infatti, appena capì che accettavo l’offerta, mi diede una pacca sulla schiena e, senza che potessi dire niente, mi trascinò a fare un giro turistico dell’intero negozio.
Il giro durò circa un’ora.
Ero esausto; quell’uomo non aveva smesso nemmeno per un attimo di parlare e di darmi pacche sulla schiene, riempiendola di ematomi; finito il giro, mi trascinai giù per le due rampe di scale che si trovavano all’interno dell’edificio e mi diressi verso l’uscita.
Purtroppo, la professoressa era già andata via; avrei voluto ringraziarla per l’aiuto.
Stavo per aprire l’enorme porta a vetri del negozio, quando sentii qualcuno dire alle mie spalle:
“Ehi, Ed, ciao. Che ci fai qui?”
Mi girai per capire chi era.
Non appena lo feci, mi trovai davanti un ragazzo con dei pantaloncini multicolor e un paio di occhiali da vista rosso fuoco; un po’ sorpreso, dissi:
“Hyun Ki, ciao. Ho appena finito un colloquio con il proprietario del negozio.”
“Non dirmi che sei il nuovo fashion designer?!”
“Beh...sì.”
“Che bello! Questo vuol dire che lavoreremo insieme. Anch’io sono uno stilista tirocinante.”
“Davvero? Ma è fantastico!”
“Senti, Ed: ho appena finito il mio turno. Muoio di fame. Ti va di prendere un caffè insieme a me?”
“Sì, certo.”
Pochi minuti dopo, arrivammo a destinazione: era uno di quei bar alla moda, in cui tutto era bianco; sedie, tavoli, tende, bicchieri...tutto era completamente bianco; in quel posto, purtroppo, i colori sgargianti del mio amico erano molto più evidenti; iniziai a sentirmi leggermente a disagio.
Ci sedemmo ad un tavolo non molto lontano dall’entrata e ordinammo due caffè e due brioche alla crema; alla cameriera feci credere che il secondo croissant fosse per me, ma, in realtà, erano entrambi per Hyun Ki che, a quanto pare, si vergognava di far vendere che era affamato ma non di sembrare un albero di natale.
Passammo una decina di minuti chiacchierando e sorseggiando i nostri caffè; mi sono sempre trovato bene con lui: forse, perché, per quanto riguarda il carattere, siamo molto simili.
All’improvviso, sentimmo qualcuno urlare:
“Hyun Ki...meno male che ti ho trovato...”
Ci girammo verso l’entrata: proprio davanti alla porta, c’era un ragazzo un po’ basso di statura, che ansimava forse per aver corso a lungo; Hyun Ki, allora, ridendo, disse:
“Ehi, Jung-su, che hai fatto? Hai corso la maratona di New York...”
“Non scherzare, la situazione è grave...ah, ciao, Ed...scusa non ti avevo visto...”
“Non importa, tranquillo.”
Intanto, il mio collega aveva divorato anche la seconda brioche; perciò, dopo aver bevuto un altro sorso di caffè, chiese a Jung-su:
“Allora, amico mio, cos’è successo?”
“Il nostro ranocchio ha lasciato il gruppo...siamo senza rapper...”
“Cosa?!”
I due ragazzi iniziarono a gesticolare e a dire cose per me senza senso; non riuscivo a capire di cosa stessero parlando; proprio non lo capivo; intanto, quei due continuavano a discutere e io a capirci sempre meno; preso dalla disperazione, chiesi:
“Ehm...scusate...posso sapere di cosa state parlando, per favore?”
“Oh, scusami Ed...mi ero scordato che tu fossi qui...beh, ecco...hai presente chi sono gli SHINee?”
“Non proprio...so che sono dei cantanti...”
“Ok, perfetto...allora, devi sapere che io, Jung-su e altri due nostri compagni di classe abbiamo formato un gruppo che imita gli SHINee e...aspetta...forse è meglio che, prima, ti mostri una foto...”
Allora, Hyun Ki tirò fuori da una tasca dei pantaloni il suo cellulare e mi fece cenno di avvicinarmi; in risposta al cenno, mi alzai dalla sedia e mi accostai a lui che, subito, mi mostrò una foto dei cinque cantanti, dicendo:
“Vedi?...questi qui sono i cantanti...ognuno di noi imita uno di loro...ma, purtroppo, adesso siamo rimasti senza Minho...questo qui...”
Dopo aver guardato per qualche secondo la foto, mi scappò una mezza risata; Jung-su e Hyun Ki mi guardarono un po’ perplessi; allora, un po’ imbarazzato, dissi:
“No...scusate è che...Minho assomiglia tantissimo a mio fratello...però Simon ha i lineamenti un po’ più squadrati...”
“Ah, dav...”
In quel momento, Jung-su si paralizzò; continuava a fissare prima me, poi la foto, per poi riguardare me; quel teatrino andò avanti per un po’; stanco di quella situazione, chiesi:
“Perché mi guardi in quel modo?”
“E-Ed s-sei uguale a Minho...”
 
“Dopodiché, quei due iniziarono ad implorarmi di aiutarli e io, imbarazzato a morte, pur di farli smettere, accettai; poi qualche mese fa, dopo aver partecipato a non so quanti concorsi, ci iscrivemmo allo SHINee Contest e, poi, il resto della storia la conoscete già...”
“Cavoli, Ed...te ne sono successe di cose quel giorno...”
Dopo qualche minuto, arrivarono anche gli altri tre cantanti: erano esausti e non vedevano l’ora di mangiare e andare a letto; perciò, Onew e Minho scaldarono la cena alla velocità della luce e servirono a tavola il più in fretta possibile.
Finita la cena, i sei ragazzi guardarono un film alla televisione, addormentandosi, pochi minuti dopo l’inizio dei titoli di testa.
 
Nei panni dell’autore
 
Ciao^^ come va?
Accidenti...scrivendolo non mi ero accorto che fosse così lungo il capitolo*^*
Chiedo scusa a tutti quelli che leggono la mia storia*^* la prossima volta cercherò di scrivere meno^^
Allora, in questo capitolo ho provato a darvi un’idea di com’era la vita di Ed prima di conoscere gli SHINee^^
Mi sembrava una bella idea^^ voi che ne dite? È un bel capitolo o meriterebbe di essere messo al rogo?
Poi, in questo capitolo non ci sono disegni...e per questo mi scuso....ma, stavolta, ho messo un banner^^
Non so come mi sia venuto in mente, ma devo dire che non è venuto poi tanto male^^ è la prima volta che provo a farne uno, perciò, siate clementi, per favore*^*
*si mette in ginocchio e supplica*
Ringrazio tutti quelli che leggono la storia e vi invito a recensire questo capitolo^^
Grazie a tutti^^
Alla prossima,
                        Wyatt^^
    

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Capitolo 14
*** La scelta ***


DELLA SERIE ‘IO VI AVEVO AVVERTITO!’: ciao^^ allora...questo capitolo serve a chiarire il rapporto tra Ed e Minho^^ prima di iniziare a leggere, vi chiedo gentilmente di nascondere tutti i coltelli che avete in casa...non voglio finire al pronto soccorso xD ahahahahahahahah xD grazie per l’attenzione^^

BUONA LETTURA^^
 



Minho continuava a rigirarsi tra le coperte.
Quella notte non era riuscito a dormire.
La sera prima aveva discusso con Jinki e le sue parole lo avevano sconvolto.
 
Era circa mezzanotte quando Minho si svegliò; all’inizio era leggermente confuso: non riusciva proprio a capire dove fosse; la stanza era molto buia e l’unica fonte di luce che riusciva a scorgere era quella che proveniva dallo schermo della TV.
Dopo qualche minuto di stordimento, il ranocchio iniziò a ricordare quello che era successo la sera prima: avevano deciso di guardare un film, ma poi erano crollati prima ancora che iniziasse; provò, allora, a guardarsi intorno per fare il punto della situazione: Key, Jonghyun e Taemin stavano dormendo sul pavimento: Jjong stava stringendo a sé Umma, mentre il piccolo Maknae era steso accanto al tavolino, immerso in una profonda catalessi.
Dopo un po’ che guardava i suoi colleghi che dormivano, Minho provò a girarsi alla sua destra: lì, coperto da un enorme cuscino, c’era il suo fratellino che dormiva rannicchiato in un angoletto del divano; il rapper non poté fare a meno di sorridere: Edward sembrava proprio un angelo quando dormiva.
All’improvviso, il cantante si accorse di una cosa strana: Jinki non era più steso sul tappeto davanti alla televisione; non era proprio in salotto insieme a loro.
Preoccupato, si alzò dal divano e iniziò a cercarlo; per fortuna, la ricerca non durò molto: dopo qualche secondo, si accorse che in cucina la luce era accesa; inoltre, prestando un po’ più di attenzione, riuscì a sentire qualcuno che apriva il frigo e iniziava a rovistarci dentro; sollevato, si diresse verso la cucina.
Non appena entrò, vide una scena abbastanza esilarante: Onew si era infilato quasi interamente all’interno del frigorifero, continuando a rovistare tra i ripiani in cerca di cibo; il busto era completamente all’interno del frigo, mentre le gambe erano rimaste fuori e iniziavano ad agitarsi a mezz’aria; il rapper, allora, scoppiò a ridere, chiedendo:
“Ti serve una mano, leader?”
Jinki sobbalzò per lo spavento, sbattendo contro il soffitto del frigorifero; Minho continuava a ridere: avrebbe tanto voluto smettere ma proprio non ci riusciva; se avesse avuto il cellulare, probabilmente avrebbe filmato la scena.
Quella nottata sarebbe rimasta impressa nella sua mente per sempre; ormai ne era convinto.
Onew, intanto, aveva tirato fuori la testa dal frigo e, adesso, guardava di sbieco il suo amico: si sentiva abbastanza offeso e non vedeva l’ora che l’altro la smettesse di prendersi gioco di lui; purtroppo, però, il ranocchio non sembrava avere la minima intenzione di finirla, così, abbastanza esasperato, disse:
“La vuoi piantare, adesso?! Sveglierai gli altri.”
“S-Scusa....ora la smetto...”
In realtà, a Minho ci volle ancora una ventina per calmarsi; non appena riuscì di nuovo a respirare, lui e Onew si sedettero attorno al tavolo e iniziarono a chiacchierare; non c’era un argomento specifico: parlavano di tutto ciò che passava per la loro mente; la conversazione era partita dalle caratteristiche figuracce di Onew e, dopo una decina di minuti, era arrivata allo sport.
Jinki, all’improvviso, spalancò la bocca; aveva gli occhi sgranati e continuava a balbettare:
“N-Non è possibile...”
Il rapper non ci capiva niente: era successa una catastrofe senza che lui se ne accorgesse?
Proprio non comprendeva il comportamento di Onew.
Il tempo, intanto, passava e leader continuava ad essere sotto shock; un po’ preoccupato, allora, il ranocchio iniziò ad agitare le mani davanti al volto del suo amico, per cercare di svegliarlo; niente: non era cambiato assolutamente niente e la cosa iniziava ad essere abbastanza imbarazzante.
Stufo della situazione, Minho disse:
“Si può sapere che cos’hai?”
“Il giorno della partenza è sempre più vicino...”
Il rapper rimase senza parole: aveva quasi rimosso che di lì a poco sarebbero tornati a Seoul, ritornando alla normalità; non poteva crederci che quel giorno stesse diventando sempre più vicino; all’inizio sembrava così distante che temeva non sarebbe mai arrivato.
Adesso, però, non voleva tornare a casa.
Voleva rimanere lì insieme...insieme....insieme a chi?
Nella sua testa, iniziò a farsi strada una semplice domanda.
Non una semplice domanda, però: era la domanda che lo tormentava da non sapeva quanto tempo; non poteva andare avanti così, doveva trovare una soluzione al suo problema.
Deciso di mettere a tacere i mille pensieri che aveva per la testa, Minho alzò leggermente il capo, per riuscire a vedere Onew che era seduto su una sedia con un’espressione molto malinconica; non era certo su cosa avrebbe dovuto dire, ma sapeva che aveva bisogno dell’aiuto del leader.
Perciò, anche se un po’ titubante, chiese:
“O-Onew, ti posso fare una domanda?”
“Naturalmente.”
Minho prese un respiro profondo e poi disse:
“È che io....io....”
“Sei innamorato di due persone diverse e non sai cosa fare. Giusto?”
Il rapper rimase a bocca aperta: come aveva fatto?
Non sapeva esattamente cosa rispondere; era nel pallone più totale.
All’improvviso, Jinki gli strinse una mano e, sorridendogli affettuosamente, disse:
“Ascolta, Minho...io so già tutto, non mi devi spiegare niente. So benissimo ciò che provi per Karen e, anche se hai fatto di tutto per nasconderlo, so che anche Ed non ti è del tutto indifferente. Sorpreso?...lo sai, sono il leader: io so sempre tutto. La tua domanda immagino che fosse ‘Come faccio a decidere quale dei due amo veramente?’, sbaglio?....sei completamente paralizzato, quindi penso di aver centrato il problema. Allora...io non posso decidere al posto tuo. Nessuno può farlo. Perciò, tutto ciò che posso dirti e di ascoltare il tuo cuore. Lasciati guidare dai tuoi sentimenti.”
Minho non poté fare a meno di dare ragione a Jinki; lo ringraziò e, anche se con un po’ di fatica, si trascinò fino in camera sua, per cercare di dormire un po’.
 
Purtroppo, però, non riuscì a chiudere occhio.
Era rimasto sveglio tutta la notte, cercando di mettere chiarezza nei suoi pensieri; senza risultato ovviamente.
Proprio non sapeva cosa fare.
Il letto, ormai si era trasformato in una prigione per il povero cantante; avrebbe voluto alzarsi e bere un po’ di caffè ma, allo stesso tempo, voleva rimanere nascosto in camera: il solo pensiero di incontrare il suo Little Brother lo terrorizzava.
Aveva sempre e solo un pensiero fisso:
“Devo trovare una soluzione...ma come?”
All’improvviso, la porta della stanza si aprì leggermente, facendo entrare un piccolo raggio di luce proveniente dal corridoio; poi, pian piano, la fessura si allargò e dall’uscio sbucarono due occhioni blu elettrico che iniziarono ad osservare, furbetti, il letto che si trovava addossato ad un muro della stanza.
Minho, intanto, continuava ad agitarsi in mezzo alle coperte; era veramente molto nervoso: così preso dai suoi pensieri, non si accorse nemmeno di non essere più solo nella stanza.
Il tempo passava e il visitatore misterioso si avvicinava sempre di più al ranocchio; la luce, nel frattempo si era diffusa, leggermente, per tutta la camera, illuminando le ciocche bionde del ragazzo, che ora si era appostato accanto al letto; sul suo volto si era formato un sorriso dolce e allo stesso tempo vendicativo.
In quel momento, notando che Minho si stava riaddormentato, saltò sopra all’amico, urlando:
“BUONGIORNO, BIG BROTHERRRRRRRRRR!”
Il rapper si svegliò di soprassalto; ci mise un po’ a focalizzare bene la situazione ma poi, accorgendosi che il suo fratellino era seduto a cavalcioni sopra di lui, divenne completamente rosso; incominciò a pensare:
“Accidenti! Ma proprio oggi devi diventare spiritoso, Ed?!”
Il minore, nel frattempo, capendo che forse aveva oltrepassato una specie di limite, disse:
“Sorry, Minho. Non volevo offenderti....Key mi ha mandato a svegliarti....anyway...la colazione è pronta...”
Detto questo, Edward scese dal letto; stava per uscire dalla stanza, quando si sentì afferrare per un braccio; in sottofondo, udì Minho che, quasi bisbigliando, disse:
“No aspetta...”
L’imitatore, un po’ stupito, si girò verso il maggiore: il ranocchio non riusciva a guardarlo negli occhi e, come se non fosse già stato abbastanza evidente il suo nervosismo, continuava a torturarsi le dita, poggiate sulle sue ginocchia, che aveva raccolto al petto.
Ed sembrava abbastanza preoccupato.
Minho non sapeva cosa dire; o meglio...sapeva cosa dire ma non sapeva come...
Dopo un po’ pensò di provare a partire dal principio; perciò, con un filo di voce, disse:
“E-Ed...ecco...t-ti dovrei parlare...”
“Ti ascolto...”
Ormai non aveva più scelta, doveva dire tutta la verità...non poteva continuare a tenersi tutto dentro.
Prese un respiro profondo e poi, cercando di guardare negli occhi Edward, disse:
“Ascolta, Little Brother....io non ce la faccio più a starti accanto solo come amico...la  verità è che...provo qualcosa per te e...e...vorrei sapere cosa sono io esattamente per te...io e te potremo mai essere più che amic-...Ed? ma che cos’hai? Perché piangi?”
Il minore stava piangendo; sembrava disperato e non aveva alcuna intenzione di calmarsi.
Il rapper lo abbracciò spaventato; non capiva cos’avesse: che avesse sbagliato a dirgli quelle cose?
Forse avrebbe dovuto parlargliene con più calma...
...sì, forse era quello: doveva andarci più piano...
...l’aveva combinata grossa.
Minho si sentiva veramente in colpa.
Come avrebbe fatto a guardarlo ancora negli occhi?
Sempre più nervoso, disse:
“Ed, scusami...non volevo spaventarti...se non vorrai più parlarmi...ti capisco...”
“No...non sono spaventato....p-perché non me l’hai detto prima, brutto ranocchio che non sei altro?”
Il cantante, ormai non ci capiva più niente: cosa vuol dire ‘perché non me l’hai detto prima?’?
Che Ed...no...non è possibile...
“C-Come scusa? Che vuoi dire, Ed?”
“Anche tu mi piaci, Minho!”
Al ranocchio sembrò di toccare il cielo con un dito; lo ricambiava; non ci avrebbe mai creduto eppure, anche se non gli sembrava vero, Edward lo ricambiava; adesso voleva fare solamente una cosa...
“Ed, senti, ti posso dare un bacio? S-sulle labbra intendo...”
“C’è bisogno di chiederlo? Vieni qui, stupido!”
Minho, allora, veramente molto agitato, iniziò ad avvicinarsi ad Ed; mano a mano che la distanza tra i due si accorciava, il cantante sentiva il cuore accelerare...
...il battito diventava sempre più irregolare...
...90...100...120...
Adesso, riusciva a sentire il respiro del minore riscaldargli le labbra.
...140...150...
Stava per baciarlo quando sentì una specie di eco, proveniente da qualche parte all’interno della stanza.
“Minho...Minho...”
All’improvviso, l’eco diventò ancora più forte; diceva:
“Minho...Minho....MINHO SVEGLIA!!! Il materasso sta diventando geloso del cuscino!!!”
Il cantante aprì gli occhi e rimase pietrificato; il suo unico pensiero era:
“Ma che...”
Non riusciva a capire cosa stesse succedendo: era steso sul letto, immobilizzato dalle lenzuola, e davanti al suo viso c’era il suo cuscino; un po’ titubante, provò ad abbassare il guanciale e, in quel momento, desiderò scomparire dalla faccia della terra: in fondo al letto, quasi senza fiato dalle risate, c’era Edward che continuava a ridere, guardando la faccia perplessa del maggiore.
Il rapper, imbarazzato a morte, chiese:
“Ed, d-da quant’è c-che sei qui?”
“Abbastanza da vederti sbaciucchiare il tuo cuscino...dovresti vedere la tua faccia...comunque sono qui perché volevo dirti che la colazione è pronta...quando sei pronto, vieni a mangiare...oggi sarà una lunga giornata...”
“V-va bene, grazie, Little Brother.”
Edward uscì dalla stanza, regalando un piccolo sorriso al più grande.
Minho, rimasto solo, buttò la testa indietro, frustrato; non pensava di avere un'immaginazione così fervida; non che fosse la prima volta che faceva sogni di questo genere: gli era già capitato di fantasticare su qualche ragazza ma...quel sogno era talmente...reale...
dopo un po', gli venne in mente che forse Ed poteva aver sentito qualcosa; forse poteva aver detto qualcosa...una sillaba....
...poi, arrivò il pensiero più orribile:
“E se inavvertitamente ho detto il suo nome....”
Solo pensare ad una cosa simile, lo fece rabbrividire; sperava vivamente che non fosse successo: cosa avrebbe fatto, altrimenti? Che ne sarebbe stato della loro amicizia? Edward, ora, faceva parte della sua famiglia e non voleva perderlo.
Alla fine pensò che non era il caso di rimuginarci troppo; ormai, anche se fosse accaduto, non poteva farci niente; perciò, sospirò e, dopo essersi liberato dalla stretta delle lenzuola, si alzò dal letto e iniziò a prepararsi.
Il resto della mattinata fu abbastanza noiosa: un'ora di chimica, un'ora di storia...le solite cose.
Minho, quella mattina, però, non riusciva a concentrarsi: continuava a guardare prima Ed e poi Karen.
La situazione stava diventando insostenibile; non riusciva più a pensare a nient'altro che non fosse:
“E adesso cosa faccio?...cosa?”
Durante la lezione di matematica, al rapper venne in mente che forse, se fosse riuscito a trovare un difetto ad uno dei due studenti, sarebbe riuscito a risolvere questa situazione; provò, allora, a concentrarsi e a fare mente locale su cosa potesse fargli perdere interesse su uno dei due.
Niente...assolutamente niente...
Karen e Edward erano....perfetti!
Gli stava venendo l'orticaria da quanto si stava innervosendo; tentò ancora un paio di volte a pensare a qualche loro difetto ma tutte le volte si rendeva conto che erano delle persone meravigliose e che chiunque sarebbe stato fortunato ad essere fidanzato con loro.
All'improvviso, sentì qualcuno appoggiargli una mano sulla spalla, seguito da un timido:
“Minho, tutto bene?”
Il cantante si girò per vedere chi fosse: era Edward che, adesso, lo guardava con un'espressione alquanto preoccupata; Minho, ancora immerso nei suoi pensieri, rispose:
“Sì, sì, tutto apposto tranquillo...”
“Non ce l'hai con me, vero?”
A quella domanda, si girò verso il minore, sbarrando gli occhi; non ci poteva credere che lo avesse pensato seriamente; ancora sbalordito, chiese:
“Ma come ti viene in mente, scusa?”
“E che stamattina ti ho preso in giro per la storia del cuscino e adesso, vedendoti così cupo, ho pensato che potessi esserti offeso...ti giuro che non era mia intenzio-”
Edward non fece nemmeno in tempo a finire quella frase che il rapper gli mise una mano sulla bocca; preso alla sprovvista, il minore sussultò per lo spavento; il cantante, intanto lo guardava con un'espressione molto seria; sembrava quasi offeso; dopo un iniziale momento di silenzio, disse:
“Non provare mai più a dire una cosa del genere...capito? Ti voglio un bene dell'anima...non potrei mai avercela con te...solo il fatto che tu l'abbia pensato, mi offende...”
Detto questo lo abbracciò forte; non sopportava l'idea di averlo fatto soffrire; doveva trovare una soluzione e anche in fretta, altrimenti avrebbe rischiato di perderli entrambi.
Finalmente, le lezioni finirono e gli studenti poterono avviarsi verso casa; il ranocchio, però, non voleva tornare a casa; non era riuscito a cavare un ragno dal buco e l'idea di riaffrontare Onew e Ed lo spaventava.
Decise di trattenersi un po' di più in classe con la scusa di voler chiedere qualcosa al professore di ginnastica; nel giro di pochi minuti, la classe si svuotò e Minho rimase da solo, annegando nei suoi pensieri; ormai, erano passate cinque ore dall’inizio della giornata e lui non era ancora riuscito a chiarirsi le idee: ogni volta che pensava di aver capito il da farsi, arrivava qualcosa a sconvolgere tutti i suoi piani mentali.
Senza che se ne accorgesse, passarono altre due ore; era sempre più confuso.
“Minho, avanti concentrati….non puoi arrenderti…pensa…pensa…”
All’improvviso, qualcuno iniziò a picchiettargli con un dito la schiena; quasi in reazione a quel tocco, il cantante saltò in piedi spaventato: era talmente immerso nei suoi pensieri che aveva percepito quel picchiettare quasi come una pugnalata; ancora un po’ scombussolato, si girò e si trovò davanti Key, che lo guardava con un grande sorriso stampato in faccia.
Sorpreso di vedere il suo amico, chiese:
“Key, ma che ci fai qui?”
“Sono venuto a chiederti se ti andava di parlare…sai…del tuo problema…”
“Lo sai anche tu?”
“Non è poi così difficile: è evidente che hai un diavolo per capello.”
Minho, allora, cadde sulla sua sedia, frustrato; ci mancava solo questo: non solo Jinki lo aveva capito prima di lui, ma ora anche Key sembra saperne più di lui sull’argomento.
Non ce la faceva più.
L’unica cosa che voleva fare in quel momento era urlare, scappare in Giappone.
Però, non poteva: non voleva scappare come un fifone; doveva riuscire a vincere questo momento di sconforto; perciò, anche se la cosa non gli piaceva per niente, doveva ingoiare il rospo e chiedere ad un esperto in relazioni amorose che, per sua sfortuna, era Kibum.
Alzò lo sguardo, per raggiungere quello della Divah; non si era mosso di un centimetro: era rimasto impalato davanti al rapper, guardandolo con un sorriso che dimostrava tutto il suo affetto; Minho, quindi, in qualche modo rasserenato, chiese, intimidito:
“Key…t-tu come hai capito di essere innamorato di Jjong?”
“Beh lo sai…dopo che ci siamo baciati durante quell’intervista televisiva…”
“E…hai mai avuto dei dubbi s-sulla vostra relazione?”
A quella domanda, Kibum alzò un sopracciglio, un po’ indispettito; incrociò le braccia al petto e, con un’espressione molto seria, chiese:
“Dove vuoi arrivare?”
Minho sospirò triste: parlare di queste cose non gli piaceva per niente.
“Come si fa a capire se…una persona ti piace veramente?”
Key, allora, rise e, sedendosi accanto all’altro, rispose:
“É veramente un’ottima domanda….vediamo….immagino che se una persona ha dei dubbi sui propri sentimenti…l’unica cosa che può fare è parlare con la persona che è la causa di tutta questa storia. Devi parlare con Ed.”
“Penso proprio che tu abbia ragione, Kibum…grazie.”
Finalmente, sapeva cosa fare.
Umma aveva ragione: doveva trovare il coraggio di parlare con Edward.
Non serviva a niente rimuginarci sopra; e poi, a pensarci bene, Ed aveva sempre avuto una risposta ad ogni loro problema, quindi, chi poteva aiutarlo meglio di lui.
Con questa nuova speranza, il ranocchio corse a casa; avrebbe voluto aspettare Key per fare la strada con lui e, magari, decidere insieme le parole da usare, ma il suo amico doveva uscire a cena con Dino e prima di incontrarlo aveva deciso di andare a fare shopping: a quanto pare nessuno degli abiti che aveva portato via andava bene.
Non sapeva se per l’adrenalina o per cos’altro, ma il rapper arrivò a casa circa dieci minuti dopo; gli sembrava di avere le ali ai piedi da quanto era veloce.
Arrivato davanti alla porta d’ingresso, esitò.
“E se parlandogliene, lo perdessi per sempre? E se mi odiasse? Se lo disgustassi?”
Non poteva tornare indietro: se lo avesse fatto la situazione sarebbe potuta peggiorare; scosse la testa, un po’ terrorizzato.
“Avanti, Minho…sei un uomo…prendi il coraggio a due mani ed entra!”
Infilò la chiave nella serratura e, molto lentamente, iniziò a girarla, aprendo la porta d’ingresso; non appena mise un piede dentro casa, fu subito travolto dal suono armonioso della risata di Edward; tirò un sospiro di sollievo: per fortuna era a casa.
Si diresse verso il salotto del loro appartamento; quando arrivò, la scena che gli si presentò davanti lo fece sorridere: Little Brother e Jinki erano seduti sul divano, intenti a giocare con un videogioco che, da quello che riusciva a capire dalla soglia, sembrava essere uno di quei giochi di guerra dalle tinte horror che Taemin aveva portato da Seoul; all’inizio non sembravano tanto presi dal loro combattimento digitale, ma poi, continuando a guardarli, notò che Onew stava iniziando a sudare, mentre Ed, che sembrava avere tutto sotto controllo, aveva un’espressione omicida dipinta sul volto.
La sfida sembrò diventare sempre più impegnativa: dopo pochi secondi, il leader si alzò in piedi, preso dalla foga del momento, Ed, invece, si era sistemato un po’ meglio sul divano e, come se non già abbastanza evidente la sua bravura, iniziò a sbadigliare, quasi annoiato.
Alla fine, si sentì una voce, che aveva un’aria un po’ robotica, che disse:
“Game over!”
Jinki, allora, si buttò a terra, battendo i pugni contro il pavimento: era veramente abbattuto; Minho capì immediatamente che non era la prima partita che perdeva contro Edward, che, al contrario del maggiore, si era alzato in piedi, gongolando per la vittoria.
Quel teatrino andò avanti ancora per un po’: il minore saltellava e faceva le linguacce, mentre Onew si era seduto sul tappeto a gambe incrociate, mettendo il broncio.
Il rapper, vedendo il comportamento infantile del suo leader, scoppiò a ridere: non lo aveva mai visto comportarsi in quel modo.
In quel momento, Jinki e Little Brother si girarono verso la porta, alquanto sorpresi: non si erano minimamente accorti della presenza del ranocchio; Ed gli si avvicinò e, con il suo solito sorriso, chiese:
“Ehi, Minho! Sei riuscito a parlare con il professor Chung?”
“Con chi? Oh…ehm….sì sì…tutto risolto….ehm…ti posso parlare un secondo, per favore?”
“Ehm…certo….va…tutto bene?”
“Sì, certo…ti volevo chiedere una cosa…”
“Ah, ok.”
Minho, allora, gli fece cenno di seguirlo nell’altro appartamento; Ed, senza farsi vedere dal cantante, si girò un secondo verso Jinki che, non appena il minore lo guardò, gli fece l’occhiolino, quasi a rispondere ad una domanda che in realtà non è mai stata pronunciata, a voce alta almeno.
Edward, quindi, raggiunse il rapper, che si era fermato davanti alla camera del suo fratellino.
Minho aprì la porta della camera da letto, invitando l’altro ad entrare; lo studente, senza mostrare segni di esitazione, entrò nella sua camera e si sedette sul letto, stringendo il suo cuscino come se fosse un peluche.
Il cantante chiuse la porta e, dopo aver preso un respiro profondo, si andò a sedere accanto al più piccolo, che lo guardava con uno sguardo che era un misto tra preoccupazione e curiosità.
“Allora? Cosa volevi chiedermi?”
Il ranocchio era terrorizzato; non sapeva assolutamente cosa dire: non era un argomento così semplice da affrontare; senza contare che Ed era innamorato di una loro compagna di classe, perciò, era ovvio che non lo avrebbe mai ricambiato; forse non serviva parlargli dopotutto.
All’improvviso sentì qualcuno in lontananza, che diceva:
“Minho mi senti? Sei ancora tra noi?”
Il cantante si riscosse dal suo stato di trance e alzando lo sguardo vide che Edward lo stava osservando, un po’ preoccupato.
“Scusa, Ed. Mi devo essere incantato…”
“Don’t worry, Big Brother…non è successo nulla…ma adesso mi spieghi che cos’hai? È da stamattina che sei strano!”
Il rapper prese un respiro profondo: quella scena stava diventando molto simile al suo sogno.
Strinse le mani di Ed, per darsi forza, e incominciò a pensare alle parole che era meglio usare; il minore, intanto, continuava a guardarlo sempre più preoccupato; quasi inconsciamente aumentò la stretta intorno alle mani del più grande, che, sentendosi in qualche modo incoraggiato, disse:
“Senti, Ed…è un po’ difficile spiegare quello che mi sta succedendo ma…farò un tentativo…”
Annuì a se stesso; non c’era altro modo per risolvere questa faccenda.
“…devi sapere che da qualche giorno io….sento delle emozioni discordanti e…ehm…non riesco a intenderne il significato….quindi…io….volevo chie-”
“Minho, scusa, posso farti una domanda?”
“Ehm…certo.”
“Dire ‘Sento una forte attrazione sia per te che per Karen ma non so chi di voi due mi piace di più. Aiutami a mettere chiarezza nella mia testa, per favore.’ era troppo semplice, vero?”
Il maggiore spalancò la bocca per la sorpresa; non ci poteva credere: lo sapeva anche lui?!
Ma solo lui non sapeva di essere innamorato di loro due, quindi?
Ogni volta, tutti erano sempre un passo avanti a lui; e pensare che non gli piaceva per niente perdere; ma a quanto pare in queste doveva uscirne sempre sconfitto.
Un po’ demoralizzato, chiese:
“Te l’ha detto Jinki?”
“Veramente sono stato io a dirglielo.”
“Cosa?! E tu, allora, da quant’è che lo sapevi?”
“Dal vostro primo giorno di scuola…in realtà, era da un po’ che lo sospettavo…ma…diciamo che il tuo comportamento durante la lezione d’arte mi ha tolto ogni dubbio…”
Il ranocchio, in quel momento, divenne completamente rosso in viso: in effetti, in quella occasione, si era comportato come un fidanzato geloso della propria donna; non si era mai sentito così in imbarazzo nei confronti di qualcuno; poi, però, fu colto da una grande curiosità e, senza pensarci due volte, chiese:
“Ma se lo sapevi già, perché non sei venuto a parlarmi? E perché lo hai detto a Jinki?”
“Punto numero uno…mi sembrava giusto che decidessi tu il momento giusto per parlarne…punto numero due…sapevo che, se ti fossi trovato in un momento di sconforto, come è successo, Jinki sarebbe stata la prima persona con cui ti saresti confidato e perciò gliel’ho detto.”
Minho scosse il capo; come aveva fatto a non pensarci?
Non era possibile che il leader fosse così in gamba da capire quello che stava succedendo; doveva per forza essere stato informato da qualcuno; questo spiegava anche il modo così evasivo con cui aveva trattato il problema: non aveva il quadro completo e così ha improvvisato.
Ora restava solo una cosa da chiarire; perciò, chiese:
“Little Brother…sai anche aiutarmi a….decidere tra voi due?”
“Non c’è nulla da decidere: Minho…tu sei innamorato di Karen…non di me…”
“Ma se è come dici…perché provo una grande gelosia quando sei con Jinki?”
“Semplicemente perché all’inizio eri attratto da me e…quando hai visto Karen…ti sei spaventato e, per evitare di affrontare i tuoi veri sentimenti, hai ingigantito ciò che provavi per me.”
Il cantante rimase di nuovo a bocca aperta: aveva una mente così contorta?!
Non se n’era mai accorto.
Per fortuna, lo sapeva il suo angelo custode; perché ormai era quello il ruolo di Edward; era sempre più convinto che non fosse solo un caso il fatto di averlo incontrato: era stato il destino a volerlo e non poteva esserne più contento.
Sollevato, abbracciò Ed, dicendo:
“Grazie mille, Little Brother.”
“Figurati, ranocchio. It was a pleasure. Adesso ti rimane una sola cosa da fare…”
“Cioè?”
Alla nuova domanda del maggiore, il più piccolo, esasperato, prese il cuscino e lo sbatté in faccia a Minho, urlando:
“CHIAMA KAREN, BRUTTO STUPRATORE DI CUSCINI CHE NON SEI ALTRO!!!”
 
Nei panni dell’autore

Ciao^^ I’m back^^
Siete contente? Beh…spero di sì^^
Allora, in questo capitolo forse ho messo fine alla EdHo, scusatemi tanto*^* ma in fondo vi avevo già avvertite*^*
Il capitolo l’ho scritto un po’ male ma spero che sia comunque carino^^
Piaciuto il sogno di Minho? Ho riso per giorni scrivendo quella scena xD ahahahahahahahahahahahah xD
Sfortunatamente in questo capitolo c’è solo il banner *^* in realtà avevo fatto un disegno che ritraeva il sogno del ranocchio ma risultava un po’ troppo…ambiguo….per non dire yaoi…perciò ho preferito non metterlo xD
Ringrazio tutte le persone che leggono la mia storia e vi invito a recensire^^
Grazie ancora a tutte^^
A presto^^
Wyatt^^

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Capitolo 15
*** Gita a Seoul ***




Era mattino presto e Ed si trovava ancora tra le braccia di Morfeo; la sera prima aveva faticato molto ad addormentarsi: finalmente, stava incominciando a capire quanto gli SHINee tenessero a lui e la cosa lo spaventava.
All'inizio, credeva che non sarebbe riuscito nemmeno a parlarci con quei ragazzi; pensava che lo avrebbero snobbato, trattandolo come uno stupido ragazzino che, per loro sfortuna, era capitato sulla loro strada.
Adesso, invece, non sapeva neanche come avrebbe fatto a vivere di nuovo da solo.
Voleva veramente bene a quei ragazzi; in qualche modo, anche se non aveva ben capito come fosse successo, loro sei erano diventati una famiglia.
Strana, rumorosa, eccentrica, imbarazzante...
....ma pur sempre una famiglia.
Purtroppo, però, il tempo passava in fretta; di lì a poche settimane, i cantanti se ne sarebbero andati e lui avrebbe fatto ritorno alla sua vecchia vita.
Proprio non sapeva cosa sarebbe successo.
Avrebbero veramente mantenuto la loro promessa?
Ci sarebbero stati, veramente, per lui in futuro?
Non sapeva cosa pensare.
Alla fine, dopo averci riflettuto a lungo, capì che non serviva a niente essere negativi; la cosa giusta da fare era godersi il momento e non pensare a cosa sarebbe successo dopo; ed era proprio quello che avrebbe fatto.
Kibum aveva ragione: rimuginava sempre troppo su tutto; doveva essere un po' piú impulsivo.
Nel frattempo, il tempo del riposo era finito: la sveglia segnava le 6:35; nel giro di pochi minuti la radiosveglia sarebbe suonata, rovinando la quiete che alleggiava all'interno della sua camera.
Non volendo disturbare gli altri, spense la sveglia e, cercando di non perdere l'equilibrio, si alzò dal letto, dirigendosi verso il bagno per darsi una rinfrescata.
Stava per uscire dalla stanza quando, improvvisamente, sentì squillare il suo cellulare; era abbastanza confuso.
Chi poteva essere a quell'ora?
Preoccupato che i cantanti potessero svegliarsi per il rumore, iniziò a cercare il suo telefonino per tutta la sua camera; sfortunatamente, lo studente non riusciva proprio a ricordare dove lo avesse lasciato.
Un po' dubbioso, provó a guardare dentro al cassetto del suo comodino; niente: c'erano solo un paio di fazzoletti di stoffa e un tubetto di crema per le mani; controlló, allora, sopra gli scaffali attaccati alla parete; non era nemmeno lì; all'improvviso, come un fulmino a ciel sereno, si ricordò che la sera prima, troppo stanco per curarsene, lo aveva lasciato dentro una tasca dei suoi jeans.
Con uno sguardo vittorioso, Ed si precipitò a controllare quel paio di pantaloni, che aveva appoggiato sopra una sedia affianco alla scrivania; li prese al volo e rovistó dentro le tasche.
Finalmente, dopo aver penato per una ventina di minuti, Ed estrasse il cellulare e, quasi saltellando dalla gioia, accettò la chiamata, rispondendo con un assonnato:
"Pronto?"
"Cavolo, Ed, ma dov'eri finito?! Ci hai messo un'eternità a rispondere!"
In quel momento, ad Edward venne la tentazione di riattaccare ma, capendo che doveva essere qualcosa di importante, si limitò a roteare gli occhi, rispondendo:
"Good morning, Jung-su....sì, tutto bene....grazie per avermelo chiesto...."
"Sì, scusa...é che sono talemente emozionato...."
"Dai, racconta: cos'é successo?"
"Va bene. Ti ricordi quella canzone che avevo scritto per partecipare al concorso indetto dall'Istituto di musica di Seoul?"
"Sì, certo."
E come faceva a scordarsela?
Non solo Jung-su gliela aveva fatta correggere tutta, facendolo penare per la quantità di errori che aveva fatto, ma lo aveva costretto a cantarla perché, a detta sua, solo Ed avrebbe potuto valorizzarla; però, in un certo senso, non poteva dargli tutti i torti: il testo della canzone era in inglese; perciò, anche se la cosa non gli piaceva per niente, era il più indicato a cantarla.
Alla fine, maledicendo per tutto il tempo il suo amico, Edward incise quella canzone.
Qualche giorno dopo, Jung-su spedì il CD dove aveva registrato il pezzo e nessuno, da quel momento, toccò mai più quell'argomento.
Passarono alcune settimane e dall'Istituto di musica non erano arrivate notizie; ormai tutti e cinque gli studenti si erano rassegnati all'idea che la canzone non fosse piaciuta; quindi, non riuscì a crederci quando l’altro ragazzo gli disse:
"A quanto pare, ai professori di quella scuola é piaciuta talmente tanto che non solo mi hanno dato una borsa di studio ma hanno contattato la SM Town per fargliela sentire e loro...mamma mia, Ed....manderanno qualcuno della casa discografica nella nostra scuola per un'audizione..."
"Ma é grandioso! Sono sicuro che all'audizione farai faville!"
"Ma l'audizione non é per me...é per te."
"Come, prego?"
"Sì....ai dirigenti é piaciuta così tanto la tua voce che vogliono sentirti di persona. Non sei contento?.....Ed?....Edward, ci sei ancora?"
Jung-su continuava a chiamarlo ma lo studente non riusciva più a sentirlo: la sua vista si era annebbiata, la testa gli faceva malissimo e le gambe erano diventate di gelatina; ancora sconvolto, cadde a terra sotto il peso del suo corpo; non riusciva a crederci.
Com'era possibile?
Insomma, Ed non era un talento da scoprire.
Non era un ragazzo interessante: era solamente una ragazzino timido e insicuro.
Non si sentiva pronto per una cosa del genere; l'idea di fare un'audizione lo metteva veramente in ansia.
E se avesse fatto una figuraccia?
E se avesse stonato? Se avesse stonato davanti a loro?
Forse avrebbe dovuto annullare tutto; probabilmente il fantomatico esaminatore non era ancora partito.
Ma come avrebbe fatto a contattarlo?
Lui non sapeva assolutamente nulla di questa persona.
Poi, al ragazzo venne un'illuminazione: probabilmente, gli SHINee lo avrebbero aiutato.
"Ed?....Rispondimi, mi stai facendo preoccupare...."
Edward, sentendo la voce del suo amico, sussultó per la sorpresa; si colpì la fronte, dandosi del cretino: si era completamente dimenticato di star parlando al telefono.
"Sì sì, I’m ok...don’t worry....o-ora devo andare....scusa...."
Appena finí di parlare, riagganció senza lasciare all'altro il tempo di dire nulla.
Ancora non riusciva a crederci: i dirigenti della SM Entertainment lo ritenevano un bravo cantante; molti dei suoi amici glielo avevano detto che aveva un gran talento ma lui non la pensava così; fin da piccolo era sempre stato insicuro sulle proprie capacità; ma adesso, una casa discografica lo riteneva bravo e lui non sapeva più cosa pensare; confuso e stordito da tutto quello che gli era successo, Edward si diresse verso la cucina, alla disperata ricerca di caffeina: dopotutto, era sveglio solamente da una quarantina di minuti.
Dopo aver raccolto il cellulare che nella confusione era finito sotto il letto, si alzò dal pavimento e uscì dalla stanza.
Uscito dalla sua camera da letto, la sua attenzione fu attirata da alcuni rumori provenienti dalla cucina degli SHINee; lo studente non ci capiva più niente.
Erano già svegli?!
Non gli risultava che fossero così mattinieri: di solito a quell'ora, si trascinavo fino al bagno per prepararsi per la scuola; perciò, sentendoli chicchierare così allegramente, era inevitabile che il ragazzo rimanesse senza parole.
Curioso di scoprire il motivo di tanto fermento, entrò nella cucina: come volevasi dimostrare, i ragazzi stavano chiacchierando del più e del meno, davanti a delle tazze di caffè fumante; il primo ad accorgersi della sua presenza fu Taemin che, sorridendogli dolcemente, gli disse:
"Buongiorno Little Brother. Come mai sei già sveglio?"
"Lunga storia....diciamo che in poco tempo me ne sono successe di tutti i colori...."
Prima che potesse rendersene conto, Ed si ritrovò coinvolto in una strana conversazione sulla lunghezza dei pantaloncini del professor Chung: Jonghyun sosteneva che, essendo un uomo abbastanza vecchio, dovrebbe portare dei pantaloni un po' più lunghi; Ket, però, non era per niente d'accordo: se una persona deve insegnare educazione fisica, é normale che usi un abbigliamento un po' più casual.
La conversazione andò avanti per un po' di tempo, trasformandosi in un vero e proprio scontro tra titani; Kibum e Jjong non si limitavano più a discutere oralmente: avevano iniziato a spintonarsi e a pestarsi i piedi a vicenda; sembravano due bambini che si contendono un giocattolo; temendo che la discussione potesse degenerare ulteriormente, Jinki si mise in mezzo ai due per separarli; purtroppo, però, non servì assolutamente a niente: Dino, appena il leader gli si paró davanti, lo scansó via, riniziando a colpire il suo ragazzo.
Per fortuna, la lite fu interrotta da uno strano rumore che sembrava arrivare dal salotto; non sembrava la suoneria di un cellulare; non era una melodia; sembrava più il suono di una notifica o qualcosa del genere; all'improvviso, Taemin, un po' stupito, disse:
"É il mio computer..."
Detto questo, il Maknae del gruppo andò a controllare il suo pc, per capire cosa stesse succedendo; intanto in cucina, i ragazzi si guardavano tra loro un po' perplessi: da quando Taeminnie si preoccupava di controllare il computer?
Di questo passo avrebbe cominciato anche a rispondere alle telefonate.
Dopo un paio di minuti che il cantante era andato in salotto, il resto del gruppo decise di raggiungerlo per capire cosa fosse successo; alla fine, in cucina rimase solo Edward che aveva preferito finire il suo caffè, pensando che forse poteva essere qualcosa di lavoro e che, quindi, non era il caso che si intromettesse.
Terminata la colazione, lo studente guardò l'orologio attaccato alla parete.
Le 7:20; la scuola sarebbe cominciata un'oretta dopo.
Il ragazzo, allora, mise nella lavastoviglie la sua tazza, ora vuota, per poi dirigersi di nuovo in camera sua; stava per aprire la porta, quando vide sbucare Onew dall'altro appartamento che lo prese per un braccio e lo trascinò dagli altri, dicendo:
"Dobbiamo presentarti una persona..."
Presentargli una persona? Chi?
Non riusciva a capire a chi potesse riferirsi; non si conoscevano da così tanto tempo da essere una persona importante come un familiare o un amico; allora chi poteva essere?
Poi, ad Ed venne in mente una cosa poco trascurabile: in quel momento, addosso aveva solo dei boxer a righe bianchi e grigi e una maglietta grigia di cotone; pensò:
"Che figura! It's too embarrassing...."
Edward, cercando di evitare una figuraccia, scongiuró Jinki che lo lasciasse andare in camera, per mettersi almeno l'uniforme scolastica; il maggiore scosse il capo una decina di volte per poi cominciare a strattonarlo ancora più forte; alla fine, anche se lottó con tutte le sue forze, il minore entrò in soggiorno, fulminando il maggiore con lo sguardo.
Quando entrarono, il primo ad accoglierlo fu Jonghyun che, sorridendo, disse:
"Oh, eccoti finalmente. Dai vieni qui. C'é una persona che vorrebbe conoscerti...."
A quell'esordio, Little Brother avrebbe voluto girarsi e correre in camera sua; doveva essere una persona veramente importante se ci tenevano così tanto; non era assolutamente il caso che si presentasse in mutande: la prima impressione è quella che conta.
Stava per mettere in pratica il suo piano, ma, senza che si potesse opporre ulteriormente, Minho lo prese per un braccio e lo tirò a sé, facendolo sedere accanto a lui.
Non appena si sedette, sentì una voce provenire dal computer, che diceva:
"Tu devi essere Edward. Piacere, io sono Choi Jin: il manager dei tuoi strampalati coinquilini."
Allora, anche se un po' impaurito, si girò verso lo schermo; non appena lo fece, sul volto gli si formò un dolcissimo sorriso: quando gli avevano parlato del loro manager, se lo era immaginato come un  tipo severo e cattivo; magari magro come un chiodo e completamente calvo; invece, quell'uomo era totalmente diverso: era un pochino paffutello, avevi gli occhi scuri e i capelli tagliati a spazzola come i soldati; sembrava veramente molto simpatico; non sapeva perché, ma aveva la sensazione che ci sarebbe potuto andare molto d'accordo.
Rasserenato, rispose:
"Molto piacere. É un onore conoscerla."
Dicendo questo, abbassò il capo in segno di rispetto; subito, però, il manager disse, in mezzo ad una piccola risatina:
"Edward non servono gli inchini con me...anzi...già che ci siamo...diamoci del tu...ho come l'impressione che da questo momento in poi parleremo molto spesso..."
Il minore annuì con il capo; non si era sbagliato: il signor Choi Jin era una persona molto gentile; era un piacere parlare con lui; probabilmente aveva ragione: conoscendo gli SHINee, prima o poi il loro manager avrebbe dovuto correre lì per sistemare qualche loro pasticcio; dopotutto, Ed non poteva fare sempre tutto da solo, no?
Poco dopo, Taemin iniziò ad agitare una mano per richiamare l'attenzione di tutti; sembrava di essere in classe con gli studenti che fanno a gara per andare in bagno, nel tentativo di sfuggire ad un'interrogazione; il signor Choi Jin, notando il piccolo Maknae, si girò verso di lui e disse:
"Sì, Taemin?"
"C'é un motivo particolare per cui ci ha chiamato?"
"Non essere scortese, Taemin!"
Si intromise, allora, Kibum, colpendo con una mano la nuca di Taemin, che emise un piccolo gridolino di dolore; Edward, intenerito dalla reazione del cantante, gli accarezzó la schiena per confortarlo, guadagnandosi un piccolo sorriso di ringraziamento.
"Non rimproverarlo, Key. In realtà, c'é un motivo...."
I sei ragazzi si avvicinarono al computer incuriositi; lo studente, in quel momento, si sentì un pochino stupido: forse, non avrebbe dovuto impicciarsi; in fin dei conti, non li conosceva da molto; in altre situazioni, se ne sarebbe andato lasciandogli un po' di privacy, ma Minho gli aveva circondato le spalle con un braccio e lo teneva stretto a sé; anche se non voleva ammetterlo, Ed ne era un po’ contento; in qualche modo, quel ranocchio gli ricordava tanto suo fratello; non solo per la somiglianza a livello fisico che, doveva ammetterlo, era abbastanza evidente, ma anche come atteggiamento nei suoi confronti; una volta, stava quasi per chiamarlo Simon; per fortuna, si era fermato in tempo.
Intanto, il manager dei cantanti era diventato serio e, dopo aver controllato di avere l'attenzione di tutti, disse:
"Allora, ragazzi, ho esaminato con molta attenzione i bozzetti che mi avete inviato....sono veramente molto belli...oserei dire perfetti....perciò ho annunciato alla stampa che il tour si farà."
A quelle parole, i cantanti saltarono in piedi per la gioia; chi saltellava, chi urlava; sembravano tutti al settimo cielo.
All'improvviso, tutti si girarono verso il minore, lasciando quest'ultimo un po' confuso; lo studente pensò:
"Come mai adesso mi fissano tutti?"
Quasi avessero ascoltato i suoi pensieri, Jinki lo guardò in modo truce, dicendo:
"Non penserai mica di cavartela così, vero?"
Edward non ci capiva niente.
Che aveva fatto di male?
Perché ce l'avevano con lui, adesso?
Nel giro di pochi secondi, gli SHINee saltarono addosso al più piccolo, iniziando a fargli il solletico, dicendo ogni tanto qualche frase come, ad esempio:
"Meno male che non eri capace, eh?"
Oppure:
"Prova di nuovo a dubitare delle tue capacità e giuro che te la faccio pagare!"
Lo studente non riusciva più a respirare; quello era veramente un colpo basso: sapevano benissimo che soffriva terribilmente il solletico; ma prima o poi gliela avrebbe fatta pagare: poteva anche sembrare un angelo ma, se si metteva d'impegno, poteva renderti la tua vita un inferno.
Quell'imbarazzante teatrino andò avanti ancora per un bel po': i cantanti non sembravano avere la minima intenzione di smettere; ormai, il povero Edward stava per esaurire l'ossigeno; fortunatamente, il signor Choi Jin, temendo per la salute di quel ragazzo, decise di aiutarlo; perciò, nel tentativo di fermare i cantanti, si schiarí la voce, attirando di nuovo l'attenzione generale; poi, disse:
"Stavo dicendo....ho annunciato che la tournée si farà...e...per publicizzarla....vi ho organizzato un'intervista televisiva...perciò....preparatevi....fate le valigie...e saltate in macchina...vi aspetto tutti e sei qui alla SM Entertainment...abbiamo un sacco di cose di cui discutere e non abbiamo molto tempo a disposizione, quindi vi consiglio di fa-"
"Aspetti un secondo....come sei?"
Il manager, allora, si giró verso Ed, che lo guardava un po'confuso; il maggiore sorrise e, poi, con un tono di voce molto pacato disse:
"Non avevamo detto di darci del tu? Comunque sì, sei: i ragazzi mi hanno detto che da quando sono lì, non ti hanno mai visto riposarti un secondo...."
A quelle parole, Edward si girò verso Kibum fulminandolo con lo sguardo; era ovvio che fosse stato lui: chi altro poteva essere così impiccione?
Key, sentendosi osservato, si girò verso il ragazzo e, notando il modo in cui lo guardava, disse:
"Be'?...che c'è? Ho detto soltanto la verità..."
Edward sbuffó: neanche sua mamma era così apprensiva; un po' irritato, si rimise seduto composto al suo posto.
"Dicevo...visto che i ragazzi mi hanno detto che lavori tanto, mi sembrava carino farti un regalo...e poi...mi farebbe piacere che...avendo disegnato tu i bozzetti dei costumi....partecipassi all'intervista insieme agli SHINee...."
In quell'esatto istante, i cinque cantanti esplosero in un grande applauso per il loro manager: quell'idea gli piaceva veramente tanto; avrebbero potuto mostrare ad Edward Seoul; fargli visitare la sede della casa discografica; e poi, avrebbero potuto passare un po' di tempo insieme a lui senza dover pensare ai compiti o alle interrogazioni; non vedevano l'ora di partire.
Solo una persona non stava esultando: Ed.
Dopo aver sentito le parole del Signor Choi Jin, aveva sgranato gli occhi, continuandoo a fissare il pc, con la bocca spalancata; era uno scherzo, vero?
Non bastava l'audizione; adesso, doveva anche essere intervistato insieme ai suoi Big Brothers?!
Non aveva mai avuto così tanta paura in una volta sola.
Ma cosa pretendevano tutti da lui?
Era soltanto un ragazzo in fin dei conti; certo, ogni tanto gli capitava di far finta di essere una popstar e di cantare a squarciagola in camera sua, tenendo in mano il telecomando dello stereo come se fosse un microfono; a chi non é mai capitato?
Però, un conto è far finta; un conto é cantare davvero davanti a degli esperti per riuscire a passare un'audizione che potrebbe cambiargli la vita.
Cosa doveva fare?
"Ehi piccolo, cosa c'é? Stai bene?"
Quelle domande, all'improvviso, lo riportarono bruscamente alla realtà; non gli era mai capitato di estraniarsi così tanto: di solito, quando gli succedeva, aveva almeno un leggero accenno di quello che succedeva intorno a lui; stavolta, invece, non si era nemmeno accorto che Minho, nella foga dei festeggiamenti lo aveva abbracciato.
Ancora leggermente frastornato dagli avvenimenti, si girò verso il ranocchio che lo guardava un po' preoccupato; imbarazzato a morte per il proprio comportamento, scosse il capo, dicendo:
"Sì, tutti ok....scusate....é che non me l'aspettavo...."
"Non sei contento? Insomma....non sembri entusiasta quanto noi...."
"Lo sono...ve lo assicuro....datemi solo un attimo per metabolizzare la notizia...."
Minho, visibilmente più sollevato, strinse forte lo studente, dandogli un piccolo bacio sulla guancia; Edward, a quel leggero contatto, arrossì: quel ragazzo, con dei gesti così semplici riusciva a fargli capire quanto ci tenesse a lui; non avrebbe mai immaginato di affezzionarsi così tanto a quei ragazzi: erano gentili, simpatici; in poche parole, dei ragazzi d'oro.
La conversazione con il manager non durò ancora molto: solo il tempo necessario per chiarire il programma delle prove e delle interviste dei ragazzi; Ed rimase a bocca aperta: quei ragazzi non si fermavano un secondo; avevano degli orari da rispettare e se ritardavano anche solo di un minuto, rischiavano di mandare all'aria l'intero lavoro di una giornata; non sapeva proprio cosa pensare: si sottoponevano a tutto quello stress e avevano il coraggio di lamentarsi delle ore di matematica?!
Proprio non li capiva: in confronto ai loro soliti impegni, passare un paio di mesi in una scuola pubblica non dovrebbe essere così faticoso; dopo averci riflettuto a lungo, decise di lasciar perdere; in fin dei conti, lui cosa ne poteva sapere della vita di un idol?
Nel frattempo, il signor Choi Jin, dopo aver spiegato per l'ennesima volta a Jonghyun che non stavano tornando definitivamente a Seoul, ma che stavano semplicemente interrompendo la loro trasferta per poter partecipare ad un programma televisivo, interruppe la videoconferenza, congedandosi con la scusa di dover preparare i programmi delle audizioni.
A sentire la parola "audizioni", la schiena di Edward fu percorsa da un brivido; il solo il pensiero di dover affrontare quel genere di esame lo spaventava a morte; Jinki, intanto, lo osservava insospettito; non riusciva a capire il motivo di tutto quel suo nervosismo; non poteva essere solo per l'intervista; no: di sicuro c'era sotto qualcos'altro; ma cosa?
Doveva essere qualcosa di molto serio: non era da Edward comportarsi in quel modo.
Che avesse avuto dei problemi a scuola?
Che subisse atti di bullismo? Che qualcuno gli stesse facendo del male?
No...glielo avrebbe detto....o almeno lo avrebbero notato...
....erano sempre stati insieme...
...tranne durante i suoi allenamenti di pattinaggio....
....che gli facessero del male durante gli allenamenti?
"Hyung....hyung, ci sei?"
Il cantante sussultó, risvegliandosi dal suo stato di trance; non gli era mai capitato di estraniarsi; era veramente strano: nel giro di pochi secondi aveva perso ogni contatto con la realtà; ancora leggermente intontito dallo stato di incoscienza, si girò alla sua sinistra per capire chi lo avesse chiamato; non appena si girò, si trovò davanti Jonghyun che lo guardava con il suo solito sorriso da cane che fa le feste; disse, balbettando:
"C-cosa c'è, Jonghyun?"
"No, niente....é che sei rimasto lì immobile per almeno una mezz'oretta...non dovresti prepararti per la partenza?"
Onew non poteva credere alle proprie orecchie: mezz'ora?!
Scosse leggermente il capo; Ed aveva ragione: estraniarsi é orribile.
Riprendendo contatto con la realtà, si girò di nuovo verso il vocalist e disse:
"Sì....sì é vero...grazie Dino."
"Figurati. Meglio che vada a controllare che il mio ragazzo non stia portando via tutto l'appartamento...a dopo."
"Jonghyun, aspetta un attimo...."
Il Dinosauro, allora, si voltò verso il più grande che sembrava molto preoccupato; Jinki, non sapendo bene come affrontare l'argomento, esitò un attimo a parlare; prese un respiro profondo: doveva sforzarsi di parlare, altrimenti Jjong avrebbe pensato che era impazzito; provó ad aprire la bocca, nel tentativo di emettere qualche suono; naturalmente non ne uscì neanche uno; esasperato, provó a fare un altro tentativo e, con sua grande sorpresa, riuscì a dire:
"Dino...h-hai notato anche tu che Ed si comporta in modo strano?"
Jonghyun, a quella domanda, sospirò e, sedendosi accanto all'altro, disse:
"Speravo di essermelo immaginato...hai qualche idea di cosa potrebbe essere?"
Il leader scosse il capo.
"Non ne ho idea...ma deve essere qualcosa di molto serio...."
"Forse é solo un po' di stress...penso che questa vacanza farà bene a tutti...."
Il più grande, all’affermazione dell’altro, annuì; probabilmente aveva ragione: poteva capitare di essere un po’ tesi ogni tanto; soprattutto se lavoravi da mattina a sera senza sosta come faceva Ed.
Sentendosi più sollevato, sorrise e , dopo aver salutato Jonghyun con una pacca sulla spalla, se ne andò in camera sua per prepararsi.
 
- Un’oretta dopo -
 
Finalmente, dopo aver aspettato che tutti fossero pronti e che avessero fatto le valigie, i sei ragazzi erano riusciti a partitre.
Destinazione: Seoul.
In macchina, stranamente, la situazione era abbastanza tranquilla: l’unica cosa che rovinava quel clima di pace era Taemin che, ogni cinque minuti, chiedeva:
“Siamo arrivati? Siamo arrivati? Siamo arrivati?”
All’ennesima volta che gli faceva quella stessa domanda, Kibum disse, un po’ infastidito:
“No, Taemin, te l’ho già detto: mancano ancora una ventina di minuti....cerca di rilassarti un po’...”
Il Maknae del gruppo, alla risposta di Key, buttò la testa all’indietro sbuffando, facendo ridere Minho, che stava cercando di prestare attenzione alla strada.
I cantanti non erano mai stati così contenti di dover andare ad un’intervista; finalmente avrebbero potuto mostrare al loro fratellino la loro città; da quando erano partiti, non avevano fatto altro che parlare di quello che avrebbero voluto fare una volta lì; chi voleva andare a mangiare, chi voleva andare al parco; su una cosa erano tutti d’accordo: la prima cosa che avrebbero fatto sarebbe stato un giro turistico di tutti i monumenti presenti a Seoul, per poi terminarlo con una visita guidata della casa discografica.
Ormai mancavano solo pochi chilometri all’arrivo e nessuno era più in grado di tenere buono Taemin: aveva ricominciato ad assillare Kibum e, adesso, come se non bastasse, aveva iniziato a scalciare, stanco; Minnie, quando voleva, poteva diventare veramente fastidioso.
Per il dispiacere di tutti, Minho dovette fermarsi ad un incrocio: il semaforo era diventato rosso; nella macchina, in quel momento, scoppiò una rivolta generale: non potevano crederci che il ranocchio si fosse fermato.
Voleva la loro morte, per caso?
In tutto quel fracasso, solo una persona era calma; fin troppo, forse; Edward.
Da quando era salito in macchina, non aveva fatto altro che guardare fuori dal finestrino, cercando qualcosa lungo l’orizzonte; non riusciva a sorridere; per gli altri, quella era una bella gita ma per lui era un incubo: prima l’audizione e, adesso, anche l’intervista; sperava che col tempo sarebbe riuscito a calmarsi ma, purtroppo, ad ogni minuto che passava, lui diventava sempre più nervoso.
Non voleva, però, far preoccupare i suoi Big Brothers; erano così felici, non voleva rovinare la giornata a tutti; per il momento, preferiva tenersi tutto dentro; magari gliene avrebbe parlato più avanti, se ce ne fosse stata l’occasione.
All’improvviso, qualcuno gli appoggiò una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare; preso alla sprovvista, si girò di scatto per vedere chi fosse; era Jinki; un po’ se l’aspettava: Onew, tra tutti, era quello che si accorgeva prima dei suoi malumori.
Il leader, intanto, gli sorrideva, anche se molto preoccupato, e, parlando a voce bassa per non farsi sentire dagli altri, gli chiese:
“Tutto bene, Little Brother?”
“Sì, tutto bene...non ti preoccupare...”
Detto questo, il minore si girò di nuovo verso il finestrino; sperava che, in questo modo, avrebbe fatto finire la conversazione; purtroppo per lui, invece, Onew era determinato a scoprire che cos’avesse; infatti, prendendo una mano di Edward per richiamare di nuovo la sua attenzione, disse:
“Ed?...tu sai che se hai un problema me ne puoi parlare...vero?”
Lo studente a quella domanda, rise; non era proprio in grado di nascondere i suoi problemi; sorridendo ancora, abbracciò il maggiore, ringraziandolo di tenere tanto a lui; ovviamente non gli disse che cosa lo preoccupava; ma Ed si sentiva comunque sollevato: il solo sapere che quel cantante si stava preoccupando per lui, gli aveva ridonato il sorriso; quei ragazzi ci tenevano veramente a lui; ora sapeva che, qualunque cosa fosse successa, ci sarebbero sempre stati per lui.
Il semaforo, nel frattempo, era diventato di nuovo verde; la macchina ricominciò a muoversi e il viaggio poté ricominciare; tra i ragazzi si era formato un clima di attesa: chi ipotizzava il numero di paparazzi appostati davanti alla loro casa, chi pensava a quale film avrebbero guardato quella sera e chi, come Edward, si godeva il paesaggio, ansioso di veder comparire i primi grattaceli di Seoul.
 

Nei panni dell’autore

 
Hi ^^ I’m back ^^
Come state?

Allora, questo capitolo nasce in un modo abbastanza singolare: stavo pensando a cosa avrei potuto scrivere, quando, guardando qualcosa alla TV, mi è venuto in mente che, dopo aver passato tutto quel tempo insieme a loro, Ed avrebbe dovuto in qualche modo essere risucchiato dal loro mondo ^^
Così ho buttato giù qualche riga e, pensando che fosse abbastanza buono, ho provato a finire il capitolo xD ahahahahahahahahahahah xD

In questi giorni ho avuto un po’ di problemi con il mio computer, perciò, ho scritto la maggior parte della storia sul tablet, quindi non so se ho scritto tanto quanto le altre volte *^* portate pazienza per favore *^*
Spero di poter aggiornare al più presto ^^
Ringrazio tutte le persone che hanno letto la mia storia ^^ spero che continuerete a leggerla e magari, se ne avrete voglio, che proverete a lasciarmi qualche recensione xD ahahahahahahahah xD

Grazie a tutti ^^
Alla prossima ^^
Baci <3
*saluta con la manina*

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Capitolo 16
*** Non sei solo ***



Erano già le 8:10 e gli SHINee stavano preparando la colazione.
La sera prima avevano faticato molto a farsi strada tra i paparazzi; a quanto pare, anche se non avevano capito come, quasi tutte le stazioni televisive avevano scoperto il giorno del loro rientro; il Signor Choi Jin aveva sparso la voce che erano già tornati a Seoul ma evidentemente non ci aveva creduto nessuno.
Ovviamente, non erano arrabbiati per l’inconveniente: gli era già capitato di essere inseguiti dai giornalisti o di essere spiati dai fotografi; era la loro vita dopotutto; in realtà, erano preoccupati per Edward: lui non era abituato a questo tipo di vita; temevano che potesse essersi spaventato.
Lo studente, appena entrati in casa, aveva provato a tranquillizzarli, dicendo che stava bene però non era stato abbastanza convincente; sotto sotto, i cantanti erano ancora preoccupati; alla fine, però, per evitare di peggiorare la situazione, decisero di lasciar stare e di godersi la loro prima serata insieme ad Ed senza l’ansia della scuola.
La serata passò molto velocemente; avevano riso e scherzato per quasi tutto il tempo; nessuno aveva toccato l’argomento lezioni: quella per loro doveva essere una vacanza e in vacanza non si parla né di scuola né di lavoro.
Adesso era mattina ma la filosofia di vita non era cambiata: il primo che si azzardava a pronunciare la parola “studio”, era un uomo morto.
Il tempo passava e la colazione era quasi pronta: il pane era tostato e il caffè era già stato versato nelle tazze; mancava solo una cosa: Edward.
Key, quella mattina, stava andando a svegliarlo quando Taemin gli si parò davanti, dicendo al più grande:
“Lasciamolo dormire per una volta che può riposare.”
Kibum, ridendo, diede ragione al piccolo Taeminnie e, senza ulteriori discussioni, ritornò in cucina, precipitandosi tra le braccia del suo ragazzo.
Passarono altri venti minuti e i cinque cantanti decisero che era il caso di svegliare il più piccolo: quel giorno dovevano provare e non andava a nessuno di loro di andarsene senza di lui; che razza di Big Brothers sarebbero stati in quel caso?
Little Brother, intanto, stava ancora dormendo profondamente; la sera prima ci aveva messo un sacco di tempo per addormentarsi e non sapeva neanche perché; non era un problema dovuto al letto: il materasso era veramente molto comodo; si sentì quasi in colpa quando lo vide: gli SHINee avevano preparato un piccolo lettino singolo nella camera di Minho.
Non sapeva proprio cosa dire: a lui sarebbe bastato anche un sacco a pelo oppure una coperta e un divano; Jinki, a quelle parole, lo aveva fulminato con lo sguardo; per non parlare del ranocchio che lo aveva abbracciato da dietro, rimproverandolo; per poi dire:
"Little Brother, ma sei matto? Non permetteró mai che tu dorma sul divano...non rischierai di distruggerti la schiena...no a casa nostra...siamo intesi?"
Ed, alla fine, dovette arrendersi; dopo tutto quel tempo passato insieme, aveva imparato che non serviva a niente puntare i piedi; era meglio mettere da parte la timidezza e sorridere.
La notte, per fortuna, passò velocemente e, ora, un debole raggio di sole filtrava dalla finestra colpendo gli occhi del povero studente che, in reazione alla fonte di luce, iniziò a rigirarsi nel letto, alla disperata ricerca di un posticino all'ombra.
Dopo aver penato per qualche minuto, si nascose sotto le coperte, crogiolandosi nel dolce tepore di quel letto; pensava di poter riposare ancora un pochino, invece, contro ogni probabilità, il suo cellulare iniziò a squillare.
Sospirò, demoralizzato, pensando:
"Uffa...ma perché? Per una volta che posso dormire in santa pace..."
Cercando di non svenire per la stanchezza, si alzò dal letto; gli vennero i brividi: il pavimento era gelido e lui non indossava nemmeno i calzini; combattendo l'impulso di ritornare a letto, raggiunse l'armadio del rapper dove, anche se costretto, aveva riposto i suoi vestiti; prese dallo scaffale in basso la sua felpa blu e cercò il suo telefonino; non appena lo trovò, sul suo viso si formò un enorme sorriso: era Aiko.
Senza perdere altro tempo, rispose alla chiamata, dicendo:
"Ehi, Aiko...buongiorno. Come va? Tutto bene?"
"Buongiorno, Ed. Sì, tutto bene. Invece tu? Come sta andando la vacanza?"
"Beh, vacanza é un parolone....ieri sera ho rischiato di finire all'ospedale....e tutto per colpa di un branco di fotografi."
La ragazza, sentendo l'amico, scoppiò a ridere; ad Ed, in quel momento, mancò quasi il fiato: aveva sempre adorato la sua risata; si sentì così stupido; per fortuna non stavano parlando faccia a faccia, altrimenti sarebbe morto dalla vergogna.
La conversazione andò avanti per una decina di minuti; lo studente iniziò a rilassarsi un po'; non si era mai sentito così sereno: per un attimo dimenticò tutti i suoi problemi; l'audizione, l'intervista; tutto.
Verso la fine della telefonata, però, l'amica disse:
"Senti, Eddy, ti devo dire una cosa..."
Lo studente iniziò ad agitarsi: quando lo chiamava 'Eddy' non era mai un buon segno.
Che fosse successo qualcosa a lei o a Karen?
Cercando di risultare calmo, disse:
"Dimmi."
Aiko tentennó; no: non poteva significare nulla di buono.
"Beh, ecco...fra qualche giorno, Zack verrà qui in Corea...ha detto che gli manco troppo...non é dolcissimo?"
Edward, a quelle parole, cadde sul suo letto, demoralizzato; uno dei suoi peggiori incubi stava diventando realtà: Zack, il fidanzato del suo amore segreto, stava per venire in Corea; era sempre stato geloso di quel ragazzo: alto, bello, aitante; era praticamente perfetto; Ed, in confronto a lui, era uno sgorbietto; grazie a quello specie di semi-dio, non avrebbe mai avuto possibilità di conquistarla.
"Yes...r-really sweet...ma come mai sei così agitata?"
"Beh...Zack ti vorrebbe conoscere e...ho paura che possa non piacerti..."
Era proprio questo il problema: ad Ed piaceva quel ragazzo; non lo aveva mai visto di persona ma, ogni tanto, gli era capitato di parlarci al telefono e in quelle poche occasioni gli aveva fatto un'ottima impressione; senza contare, poi, che amava veramente tanto Aiko; era il fidanzato che ogni padre ha sognato per la propria figlia; ed era esattamente per questo motivo che aveva deciso di non rivelare i suoi sentimenti: Zack la rendeva felice e non avrebbe permesso a niente e a nessuno, nemmeno a se stesso, di rovinare tutto.
Perciò, reprimendo l'impulso di fare una scenata, disse, simulando una risata:
"E perché non dovrebbe piacermi, scusa? Sono sicuro che andremo d'accordo....ora devo andare...devo prepararmi per uscire..."
"Ah...ok....allora, ciao..."
"Ciao."
Mise giù, senza dire altro; si sentiva uno schifo per averla trattata così ma temeva che, se avesse continuato la conversazione, prima o poi avrebbe rischiato di farla soffrire e lui non ci teneva affatto che accadesse.
Un silenzio opprimente circondó completamente  la stanza e Ed iniziò a sentire un peso insopportabile al petto; lentamente il suo viso fu rigato da alcune lacrime silenziose; quella telefonata era stata la goccia che fa traboccare il vaso: in un solo colpo, tutta l'ansia e la frustrazione che aveva provato in quei due giorni stavano fuoriuscendo lasciando il vuoto nel suo cuore.
Sperava di riprendersi in fretta: non voleva che qualcuno lo vedesse così.
Purtroppo, però, la porta si aprì di colpo, seguita da un allegro:
"Little Brother, svegliati! Oggi é il tuo primo giorno a Seoul e ti aspetta un itinerario pieno di impegni!"
Preso alla sprovvista, si girò di scatto verso la parete, asciugandosi le lacrime con un braccio; pregava con tutte le sue forze che non avesse notato nulla; non avrebbe mai voluto far soffrire quei ragazzi.
Continuando a rimanere nascosto, rispose:
"Buongiorno, Minho...adesso arrivo...."
Tirò su con il naso un paio di volte; le lacrime non la volevano sapere di smettere; si sentiva come un fiume in piena; di questo passo, si sarebbe disidratato nel giro di pochi minuti.
La camera era tornata silenziosa; Edward incominciò a pensare che probabilmente se n'era andato; gli sembrò strano: il rapper non era stupido; forse si era accorto che voleva stare da solo; all'improvviso, però, ogni sua ipotesi si rivelò errata quando sentì il letto abbassarsi e due braccia avvolgerlo.
Pensò:
"Mi ci mancava di dover essere consolato come un bambino."
In quel momento, avrebbe voluto urlare al ranocchio di lasciarlo stare: non era una di quelle persone che hanno bisogno di un mare di coccole per stare bene; l'unica cosa che gli serviva era un po' di pace e di tranquillità; anche se, tutto quell'affetto non gli dispiaceva per niente; forse, in altre occasioni, si sarebbe accocolato tra le braccia di Minho ricambiando la stretta.
Ad un certo punto, i suoi pensieri furono rotti da un tenero:
"Ed, perché piangi? É solo un incubo o ti é successo qualcosa di brutto?"
Il più piccolo non rispose subito; non sapeva esattamente cosa dire: era una storia troppo lunga da raccontare; non poteva nemmeno dirgli che era per colpa dell'auduzione: loro non lo sapevano nemmeno; alla fine, iniziando a sentirsi un po' rasserenato da quell'abbraccio, disse:
"Problemi di cuore...é una storia lunga..."
"Abbiamo un sacco di tempo...dai, comincia dal principio...."
Non fu facile per lo studente aprirsi e confessare tutto quello che aveva nascosto per anni e anni; all'inizio provó a rimanere sul vago ma, dopo aver pronunciato solo tre parole, il suo cuore ebbe la meglio e dalla sua bocca fuoriuscí ogni ricordo, ogni emozione e, purtroppo, ogni lacrima versata.
Il cantante, intanto, ascoltava tutto quello che diceva il minore; era veramente sorpreso: aveva capito che quel ragazzo era forte ma non immaginava così tanto; si era tenuto dentro tutto ciò che provava per Aiko e non si era mai lamentato; se non fosse entrato per svegliarlo, di certo non lo avrebbe mai scoperto.
Più l'altro parlava, più lui aveva l'impulso di stringerlo forte e di cullarlo; non ce la faceva a vederlo così triste e sconsolato; doveva assolutamente aiutarlo; non poteva restarsene con le mani in mano; nel frattempo, Ed aveva smesso di parlare e ora lo guardava con uno sguardo interrogativo; Minho gli sorrise, cercando di tranquilizzarlo, e poi, dopo avergli dato un bacio sulla fronte, gli chiese:
"Perché non me l'hai detto prima, piccolo?"
"Non sarebbe servito a niente...loro due si amano e io non voglio essergli d'intralcio..."
Il ranocchio, sentendo il suo fratellino così rassegnato, lo strinse forte, dandogli dei piccoli baci tra i capelli; non gli piaceva per niente vederlo ridotto in quello stato: Edward era sempre gentile con tutti; non meritava di soffrire in quel modo.
Voleva aiutarlo ma non sapeva cosa fare; provó a ripercorrere con la mente tutte le sue relazioni passate nel tentativo di ricordare qualcosa che potesse essere d'aiuto all'altro; niente; assolutamente niente: non gli era mai successa una cosa del genere; avrebbe voluto dire qualcosa per poterlo tirare su di morale ma non aveva nessuna idea.
Nella sua testa continuavano a passare frasi che all'inizio avevano un senso ma poi, qualche secondo dopo, diventavano delle idiozie gigantesche; purtroppo, anche se gli costava molto ammetterlo, era Kibum l'esperto in questo genere di cose; l'unico che poteva aiutarlo era lui.
Deciso a non abbandonarlo, gli accarezzó un'ultima volta un braccio, dicendo:
"Vedrai che andrà tutto bene....non sei solo, Ed..."
Lo studente alzò leggermente lo sguardo, incontrando gli occhi del più grande; dopo tutte le lacrime che aveva versato, non aveva neanche più la forza di parlare; perciò, cercando di far capire all'altro quanto gli volesse bene, sillabó un 'grazie, Big Brother'.
Il ranocchio sorrise e, dopo aver scompigliato i capelli al minore, disse:
"Figurati, piccolo....ora vestiti e vieni a fare colazione...io intanto vado a scambiare qualche parola con Key."
Edward fece cenno di sì con la testa; si sentiva più sollevato, adesso, e tutto grazie a Minho; solo in quel momento si rese conto di quanto gli sarebbero mancati quei ragazzi.
Chissà se anche loro avrebbero sentito la sua mancanza?
Scosse leggermente il capo: non gli andava di rattristarsi un'altra volta pensando al futuro; il cantante, nel frattempo, era uscito dalla stanza lasciandolo da solo.
Riaccese il cellulare per controllare l'ora; ci mancò poco che avesse un infarto: non aveva mai dormito così tanto in tutta la sua vita; si sentì quasi in colpa; cercando di recuperare il tempo perduto, corse a riprendere i suoi vestiti: i jeans, sfortunatamente, si erano stropicciati leggermente ma non gli importava più di tanto.
Infilò velocemente i pantaloni, rischiando di cadere un paio di volte: forse avrebbe dovuto rilassarsi un po'; si mise una maglietta bianca con delle piccole scritte sulle tinte del grigio; sinceramente non aveva capito cosa dovesse fare quel giorno, perciò aveva pensato di vestirsi con qualche cosa che potesse andar bene per qualsiasi occasione.
Rovistó velocemente nella sua valigia per poi prendere un blazer azzurro che gli aveva regalato sua madre; adorava quel maglione: era caldo e morbido allo stesso tempo; praticamente era un abbraccio portatile e quel giorno ne aveva proprio bisogno.
Passò un secondo in bagno per sciacquarsi il viso e lavarsi i denti; stava per andare in cucina quando si accorse di una cosa molto importante: non aveva indossato la parrucca e, soprattutto, non aveva idea di dove fosse; provó a tornare nella camera di Minho per cercarla; guardò sotto il suo letto, sotto l'armadio; provó addirittura a guardare sotto il letto del rapper.
Dove cavolo era finita?
Stufo di strisciare per terra, si alzò dal pavimento e, dopo essersi spolverato le ginocchia, si avviò verso la cucina sperando che gli altri non lo sgridassero per tutto il tempo che aveva passato a letto.
Arrivato davanti all'entrata dell'altra stanza, esitò un attimo; non sapeva perché, ma aveva paura di quei ragazzi; forse era il fatto che non si trovavano più nella sua scuola, ma erano nel loro mondo.
Ancora un po' spaventato, afferrò la maniglia e, cercando di sembrare il più normale possibile, entrò timidamente in cucina; ci volle un po' prima che i suoi Big Brothers lo notassero: erano tutti troppo intenti a ridere e a scherzare; Ed, in quel momento, si sentì fuori posto; ancora non capiva perché si trovasse lì; non c'entrava niente con quel tipo di vita.
All'improvviso, Jinki si voltò verso la porta e, notando lo studente in piedi davanti alla porta, sorrise contento, dicendo:
"Ehi fratellino...buongiorno! Dormito bene?"
Edward, preso alla sprovvista da quella domanda, annuì con il capo accenando ad un timido sorriso; Taemin, vedendo quanto si sentisse a disagio il minore, gli si avvicinò e, poggiando una mano sulla sua schiena, lo guidò verso il tavolo; non appena l'altro si sedette, gli diede qualche colpetto di incoraggiamento, dicendo:
"Ed, sta tranquillo....non é cambiato nulla...siamo sempre i tuoi fratelloni....solo che adesso non ci sono compiti o verifiche a cui pensare."
Lo studente non poté fare a meno di ridere: a quanto pare, quella mattina non era proprio capace di mentire; Jonghyun, intanto, aveva versato un'altra tazza di caffè e gliel'aveva offerta; lo ringraziò e ne prese un lungo sorso; dopo la notte precedente aveva proprio bisogno di un po' di caffeina.
Poco dopo, entrarono anche Key e Minho; Umma non appena vide Edward, lo abbracciò forte come se lo volesse confortare; Ed si girò di scatto verso il ranocchio, sussurando, incredulo:
"Gliel'hai detto?!"
Minho, guardò da un'altra parte con un espressione colpevole; non sapeva proprio cosa rispondere: non poteva negare il misfatto; era proprio grazie a Key se aveva scoperto che il più piccolo stava male.
 
"Minho corri, presto!"
"Key, si può sapere cos'hai? Come mai non hai svegliato Little Brother?"
"É già sveglio...ti prego vieni....Ed ha bisogno di te, anche se non lo ammetterá mai!"
 
Glielo doveva dire.
Soprattutto dopo che era corso a chiamarlo; in quel momento si era dato dello stupido: aveva già notato che Edward era strano ma aveva lasciato correre come un idiota; avrebbe dovuto parlarci molto tempo prima.
Continuava a pensare:
"Perdonami, piccolo...senza volerlo ti ho trascurato...."
Senza che nessuno se ne accorgesse, passarono altri trenta minuti; i sei ragazzi continuavano a ridere e a scherzare: per un attimo si erano dimenticati di essere a Seoul e che di lì a poco avrebbero dovuto affrontare tutti insieme un'intervista televisiva.
Ormai erano le nove passate: fra poco avrebbero dovuto correre alla casa discografica per discutere gli ultimi dettagli; stranamente, però, nessuno se n'era accorto; avevano lasciato tutti i cellulari nelle loro stanze e l'orologio attaccato ad una delle pareti erano nascosto dalla porta aperta.
Per fortuna, Onew, avendo perso il filo del discorso, guardò annoiato il suo orologio da polso e quasi cadde dalla sedia per lo spavento; preso dal panico, urlò:
"Yaaaah, ragazzi é tardissimo! Dobbiamo correre alla SM Entertaiment!"
Contagiati dall'ansia del leader, i quattro cantanti si alzarono di colpo dalle loro sedie e iniziarono a correre per tutto l'appartamento; nel bel mezzo di quella confusione, Jonghyun prese Ed per un braccio trascinandolo verso la porta d'ingresso; il minore, allora, in uno sporadico momento di lucidità, puntò i piedi, dicendo:
"Aspettate...non posso uscire...non trovo più la parrucca..."
Taemin, alle parole del ragazzo, gli lanciò una scatola, dicendo:
"Ah, giusto! Prendi questa...la metti in macchina...."
Senza poter opporsi ancora, lo studente corse giù per le scale trainato dal Dinosauro e Minho che, preoccupati di arrivare tardi, lo stavano facendo correre alla velocità della luce; praticamente non toccava neanche più gli scalini delle scale: Jonghyun lo teneva ancora per un braccio precedendolo mentre il ranocchio lo spingeva da dietro.
Più il tempo passava più Edward rimpiangeva le interrogazioni di storia.
I sei ragazzi, finalmente, salirono in macchina e il povero studente poté aprire il pacchetto che gli aveva dato prima il maknae del gruppo; rimase a bocca aperta: dentro alla scatola c'erano una parrucca color castano ramato e un matita per sopracciglia della stessa tonalità; ancora un po' perplesso indossò il parrucchino e, cercando di essere il più accurato possibile, utilizzò la matita per dare gli ultimi ritocchi; avrebbe preferito avere uno specchietto per controllare di non aver sbavato ma, purtroppo, era finito nei posti dietro e non gli era venuto in mente di portarsi il suo beauty case.
Il viaggio non fu molto lungo: assuefatto dall'adrenalina, Kibum aveva tenuto il piede sull'acceleratore per quasi tutto il tragitto; non guardava nemmeno se i semafori erano verdi; l'unica cosa che gli importava era di arrivare in tempo: probabilmente, se ci fosse stato un muro di mattoni in mezzo alla strada, lo avrebbe sfondato con il paraurti; per fortuna, quella mattina non c'erano molte macchine, perciò, non corsero molti rischi: solo qualche sbandata ogni tanto.
Key parcheggió davanti alla casa discografica, dicendo:
"Bene ragazzi...eccoci qui...."
"Bravo, amore...la prossima volta, però, cerca di frenare qualche volta..."
Taemin, Jinki, Key e Jonghyun scesero dall'auto; avevano tutti lo stomaco sottosopra, anche se Kibum fingeva di star bene; non poteva certo ammettere di aver guidato in modo spericolato; i quattro cantanti iniziarono a guardarsi attorno: i vicoli erano pieni di fotografi; il loro obiettivo era chiaro: Edward; erano tutti lì per riuscire a fare una foto del misterioso fratellino.
Onew fece un cenno con la testa a Minho che subito annuì avendo recepito il messaggio.
Subito dopo, il rapper si girò verso il più piccolo che sembrava molto spaventato; gli scompiglió i capelli e, dopo avergli passato degli occhiali da sole, gli disse:
"Sta' tranquillo...andrà tutto bene...."
"Minho, io ho paura..."
"Ma non devi. Ci siamo noi con te, capito?"
Ed, anche se non era per niente tranquillo, infilò gli occhiali e respiró profondamente; il ranocchio aspettò che il suo amico fosse pronto e poi, dopo aver contato fino a tre, aprì la portella dell'auto; non appena lo fece, un esercito di paparazzi uscì allo scoperto, facendo trasalire Edward che, come avrebbe fatto bambino, si nascose dietro al rapper; gli SHINee, allora, crearono un barriera umana intorno al loro fratellino e, senza mai lasciarlo solo, entrarono dentro all'edificio.
L'ultimo ad oltrepassare la porta d'ingresso fu Jonghyun che, subito dopo essere entrato, salutò con la mano i vari giornalisti che si erano ammassati davanti alla casa discografica.
Lo studente, un po' sconvolto dalla situazione, si sedette un attimo per terra; nell'arco di ventiquattro ore aveva visto più gente di quanta ne avesse vista in tutta la sua vita; Taemin si mise in ginocchio davanti a lui, preoccupato; gli chiese:
"Tutto apposto?"
"Ma come fate a fare queste cose tutti i giorni?!"
"Di solito non sono così agguerriti...é solo che....tu sei lo scoop del giorno, Ed!"
Little Brother non sapeva proprio cosa dire; non gli piaceva per niente essere trattato come una merce; adesso, cominciava a capire il motivo della parrucca nuova: se lo avessero visto con la sua solita pettinatura, non avrebbe più avuto una vita privata.
Scosse leggermente il capo; quella vita non faceva proprio per lui.
Si rialzó in piedi; non serviva a nulla a lamentarsi: doveva farsi forza e sorridere; i cantanti gli chiesero di nuovo se stava bene e lui rispose di sì con un cenno del capo per poi aggiungere:
"Quello che non ti uccide, ti fortifica...no?"
In quel momento, arrivò il signor Choi Jin che, lanciando un'occhiata fuori dalla porta, si avvicinò allo studente e, dopo aver controllato che stesse bene, disse agli SHINee:
"Quale parte di 'non date troppo nell'occhio' non vi era chiara? Adesso, venite con me...abbiamo molte cose di cui discutere...."
Il manager, dopo aver detto questo, si diresse verso il suo ufficio, seguito a ruota da quattro dei componenti del gruppo; Ed indugió un secondo prima di seguirli: aveva bisogno di raccogliere un attimo le idee; mosse un primo passo, quando, si sentì afferrare per un braccio; un po' sorpreso, si girò per vedere chi era: era Key.
Confuso, chiese:
"Kibum...che succede?"
"No, niente...é che....non mi va di passare ore e ore a sentire le solito raccomandazioni...mi accompagni a fare shopping, per favore?"
 
- Una ventina di minuti dopo -
 
Ancora non riusciva a crederci di aver accettato.
Soprattutto, non riusciva a credere che il loro manager avesse acconsentito così facilmente; non aveva fatto una piega: si era limitato solo a dargli il permesso e augurargli 'buono shopping a tutti e due'.
Ora, si trovavano nel centro di Seoul, in uno dei negozi più belli ed eleganti di tutta la città; si sentiva un po' a disagio: di solito, quando entrava in un negozio di quel livello, era per lavorare; facendo il fashion designer aveva avuto molte possibilità di visitare bellissime boutique ma, purtroppo, non aveva mai potuto comprare nulla.
Invece, adesso, girava liberamente tra i vari scaffali con le commesse che ogni tanto gli chiedevano se avesse bisogno di aiuto; in realtà, alcune volte aveva avuto l'impressione che ci stessero provando spudoratamente ma non ci aveva dato peso; a quanto pare non era poi così brutto.
Che fosse la parrucca nuova?
Chissà?
"Trovato niente?"
"Uhm...per adesso guardo soltanto...."
"Uffa...mi vuoi dire che non ti piace niente di quello che vedi?!"
Ed non rispose, si limitò solo a girare la targhetta di una maglia verso Kibum, mostrandogli il prezzo: 122.566,00 won; praticamente una sola maglia di quel negozio valeva quasi quanto la sua tavoletta grafica; non aveva alcuna intenzione di spendere tutti quei soldi; non solo per una maglia almeno.
Il più grande sbuffò; non poteva dargli torto: quel negozio vendeva dei capi molto costosi, però, ogni tanto riusciva a trovare qualche capo molto carino.
Edward, intanto, stava cercando di trattenere una piccola risata: quei capi per un certo periodo li aveva tenuti anche l'atelier dove lavorava, ma poi il direttore aveva deciso di eliminarli dal magazzino perché non li comprava nessuno; tutti i clienti li guardavano e dopo li rimettevano sugli scaffali; non faceva molto fatica a credere che avessero alzato così tanto i prezzi.
I due ragazzi continuarono a girare tra le varie grucce nel silenzio più assoluto ancora per qualche minuto; Key avrebbe voluto dire qualcosa ma non sapeva esattamente da dove cominciare; avrebbe voluto parlare di ciò che era successo al più piccolo quella mattina; del perché aveva pianto; di cosa lo stava tormentando in quegli ultimi due giorni; avrebbe voluto chiedergli un sacco di cose ma non sapeva da quale cominciare.
Per fortuna, non dovette dire nulla; infatti, Ed, sospirando, chiese:
"Di cosa volevi parlarmi?"
Umma, non capendo, si girò a guardarlo, visibilmente confuso; l'altro continuò:
"Guarda che ho capito che volevi dirmi qualcosa ma che non ti andava di farlo davanti agli altri. Quindi, parla pure...ti ascolto..."
Il cantante era veramente spiazzato: non si aspettava che lo studente fosse così intelligente e che capisse così in fretta le sue intenzioni; un po', però, era sollevato: almeno, adesso, non doveva più girarci intorno; avendo leggermente paura delle possibile reazioni dell'altro, chiese, timidamente:
"Edward...come stai, oggi?"
Il minore guardò l'amico con uno sguardo interrogativo: stavolta, era lui a non capirci niente; Kibum, nel frattempo, cercava di non guardare l'altro negli occhi; non lo faceva con cattiveria, cercava solo di rimanere concentrato sul discorso che si era preparato mentalmente; continuava a sbirciare alcuni maglioni, ripetendosi delle piccole frasi che potevano aiutarlo a fare il punto della situazione.
Il tempo passava e Little Brother non rispondeva; ripeté la domanda:
"Allora...come stai?"
"Bene ma....perché me lo chiedi?"
"Stamattina...Minho non é stato il primo a venirti a chiamare....prima ero venuto io e...ti ho visto in lacrime....cos'é successo?"
Ed era rimasto senza parole; lo aveva visto?
Perché non aveva detto niente?
Ecco perché Minho aveva parlato con Key quella mattina: gli stava spiegando la situazione.
Si sentiva veramente una schifezza.
Disse con un tono malinconico:
"Scusami tanto...non volevo farti preoccupare....Minho ti ha già spiegato tutto, vero?"
L'altro annuì: il rapper non gli aveva riferito le esatte parole, ma gli aveva fatto un quadro generale del problema; il minore, continuò:
"É una situazione molto complicata....e io....mi sento perso...non so cosa fare...h-ho provato in tutti i modi a dimenticarla ma...io la amo e-e....non posso fingere di non provare nulla...."
In quel momento, Ed scoppiò a piangere; non ce la faceva più: i sentimenti che provava erano sbagliati ma lui non poteva rinnegarli; era come staccarsi un braccio a morsi: era un dolore insopportabile con cui conviveva da non sapeva più da quanti anni.
Il maggiore, per cercare di consolarlo, lo abbracciò forte; comprendeva benissimo quello che stava passando l'altro: era la stessa cosa che aveva vissuto lui molto tempo prima quando aveva capito di essere innamorato di Jonghyun; quello che sentiva Ed non era una semplice cotta; se lo fosse stato, non avrebbe sofferto così tanto.
Il pianto di Edward, lentamente, diminuí; Non era mai stato il tipo da disperarsi platealmente, solo che, in alcuni casi, accumulava così tanto stress che finiva per esplodere senza controllo; Kibum, intanto, continuava a tenerlo tra le braccia, accarezzandogli la schiena; non voleva mettergli fretta: avrebbe aspettato finché l'altro non si fosse calmato; era inutile parlare mentre Ed era ridotto in quello stato.
Per fortuna, lo studente non ci mise molto a smettere: era comunque una persona molto forte; si asciugó le lacrime e, rimettendosi composto, disse, singhiozzando:
"Sc-scusami...d-di solito non piango in pubblico...."
"Non devi scusarti per una cosa del genere....e poi qui non c'é nessuno..."
Edward accennó un piccolo sorriso: anche se si sentiva un po' meglio, avvertiva comunque un grande peso in corrispondenza del cuore; purtroppo, quel dolore lo tormentava da anni: un paio di lacrime non potevano cancellare tutti i suoi dispiaceri.
Key, aspettò ancora un po' prima di riaprire bocca; lo studente era in un momento di crisi: una sola parola sbagliata poteva causare danni irreparabili; soppesando ogni parola, il cantante disse:
"Ascolta, non é colpa tua..."
"Sì, lo so...'tu sei un ragazzo fantastico, lei non ti merita, troverai la ragazza giusta'...giusto?"
Kibum si morse un labbro dalla vergogna: in effetti, poteva fare di meglio.
Riprovó.
"Ok, so che può sembrare una frase fatta ma....io le penso veramente queste cose...magari saperlo non ti sarà di alcun aiuto....però devi capire che chiuderti in te stesso, fingere di non provare nulla...non ti porterà da nessuna parte....ti farà solo star male..."
"Lo so...ma non so cosa fare....tu hai qualche idea?"
Umma a quella domanda sembrò rinascere; non vedeva l'ora che l'altro glielo chiedesse; si avvicinò all'amico, con aria maliziosa, e picchiettandogli il naso con un dito, disse:
"Ma certo, fratellino...i cuori infranti sono la mia specialità..."
Edward, guardando il cantante, scoppiò a ridere: se non avesse saputo che era fidanzato, avrebbe pensato che ci stesse provando; decidendo di assecondare l'altro, chiese:
"Ah sì? E esattamente cosa avresti in mente?"
Non appena finì di parlare, il povero ragazzo fu travolto da una decina di magliette, mentre Key diceva:
"Ok, intanto proviamo queste...poi pensiamo a giacche e pantaloni....su forza, vai in camerino a cambiarti..."
Lo studente non ci capiva più niente; un po' confuso e disorientato, chiese:
"Scusa, ma non dovevi aiutarmi a superare i miei problemi sentimentali?"
"Infatti, ma, per esperienza, so che é più facile partire dall'esterno che dall'interno...ora muoviti...dopo dobbiamo passare anche dal parrucchiere...."
"Anche i capelli?!"
"Soprattutto i capelli...non ne posso più di vederti con la parrucca..."
"Ma ma Key..."
"Niente ma....ora andiamo!"
Ed sbuffò infastidito: non gli andava proprio per niente; cercó di fare resistenza, purtroppo, però, Kibum non gli lasciava scelta: lo spintonava verso il camerino, afferrando altri vestiti dai vari espositori; anche se di mala voglia, perciò, lo studente iniziò a provarsi centinaia di magliette, per poi, passare ai pantaloni, da quelli più colorati a quelli più attillati.
Poi passarono dal salone di bellezza; Ed avrebbe voluto scappare; non che gli facesse schifo il posto, anzi, era veramente carino: si sviluppava su un unico piano e alle pareti erano attaccate delle stampe molto eleganti; non appena entrarono, gli andarono in contro un paio di ragazzi che Ed immaginó essere due parrucchieri; sembravano abbastanza eccentrici: uno aveva i capelli color biondo platino con delle meches argentate, mentre l'altro aveva i capelli rosso fuoco e delle spesse linee di eyeliner intorno agli occhi.
 Il ragazzo biondo, quando li vide, iniziò ad agitare le mani, urlando:
"Bummie!"
Kibum, sentendosi chiamare, si girò e non appena vide il parrucchiere, sorrise;  sembrava essere molto in confidenza con quel ragazzo.
Chissà chi era?
I due si abbracciarono calorosamente e, poi, il ragazzo dai capelli biondi disse:
"Non mi aspettavo di vederti così presto...mi avevi detto che avresti passato un paio di mesi in una scuola fuori Seoul..."
"Infatti, ma siamo tornati prima per un'intervista."
"Ahn...e lui chi é?"
"Lui é un mio caro amico...Edward vieni qui..."
Lo studente sobbalzó spaventato: si era perso a guardare la bellissima carta da parati che decorava alcune pareti di quel salone; un po' dubbioso, si avvicinò al cantante che, subito, gli circondó le spalle con un braccio e, girandosi verso il parrucchiere, disse:
"Ti presento Edward...lui é un mio compagno di classe ma io lo considero il mio fratellino...se non ci fosse stato lui, probabilmente non saremmo sopravvissuti..."
Ed, a quelle parole, diventò rosso per l'imbarazzo; non pensava di essere così indispensabile per quei ragazzi.
"Piacere, Edward...io mi chiamo Chin Hae...hai un aspetto molto familiare, lo sai?"
"Beh...può essere...sono il sosia di Minho...a parte gli occhi azzurri..."
Chin Hae rimase a bocca aperta: come aveva fatto a non accorgersene, era praticamente identico!
Sentendosi uno stupido, scoppiò a ridere e, dopo aver dato una pacca sulla spalla all'imitatore, gli chiese:
"Ok 'Minho' cosa posso fare per te, oggi?"
"É meglio che ti rivolgi a me....Ed é qui contro la sua volontà...vorrei che gli facessi un restyling completo....capelli e sopracciglia...ma rimani sul sobrio...non é una persona eccentrica come me...."
"Capito....ora...se vuoi seguirmi, Ed...iniziamo a fare lo shampoo...."
Ed sentendo la parola 'shampoo' provó a scappare ma Kibum lo spinse verso Chin Hae dicendo:
"É per il tuo bene!"
 





Nei panni dell'autore


Ok ok ok...lo so...sono in ritardissimo *^*
Scusatemi tanto *^* ma ho avuto dei problemi con il computer e, come se non bastasse, ho avuto un sacco di verifiche in questi ultimi giorni *^*
Per questi motivi, non so esattamente come sia venuto il capitolo, posso solo dire che ci ho messo tutto il mio impegno ^^
Spero che vi sia piaciuto :) In questo capitolo, ho provato a dare risalto a Key e a definire meglio il suo rapporto con Edward ;)
Insomma...ho scritto una sorta di EdKey xD ahahahahahahah xD
Ringrazio tutte le persone che leggono questa storia e spero che qualcuno abbia voglia di recensire ^^
Un ultimo ringraziamento a HikariKamishi che mi ha mandato i bellissimi ritratti che trovate alla fine del capitolo :)
A presto <3
Baci <3

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Capitolo 17
*** Un nuovo te ***



 
Non puoi rinunciare ad un'occasione del genere...
Lo so, Signor Choi Jin...ma non so se sono allaltezza dei vostri standard...
 
La discussione del giorno prima continuava a rimbombargli nelle orecchie; era partito tutto da un’innocente telefonata del loro manager che aveva chiamato per sapere se si era ripreso dallo shock di quella mattina; alla fine, però, Ed dovette nascondersi in camera di Minho per parlare dell’audizione.
Sperava tanto che il Signor Choi Jin capisse i suoi timori ma, invece, tutto quello che usciva dalla sua bocca era:
 
Se rinunci non potrai tornare più indietro...hai un gran talento....te lo direbbero anche i ragazzi se tu ci parlassi...
Lo so...lo so...
 
Gli sembrava di soffocare, come se qualcuno gli stesse stringendo il collo togliendogli il fiato; non sapeva cosa fare: era sempre stato un ragazzo timidissimo e ora l’idea di dover cantare davanti ad un gruppo di esperti lo terrorizzava a morte.
Era soltanto un ragazzo di diciannove anni in fin dei conti; non era pronto per uno stress del genere; in realtà, nessuno è mai pronto per una cosa di quel tipo.
Tutto quello a cui riusciva a pensare era:
“E se stonassi subito all’inizio della canzone?”
Oppure
“E se svengo per l’ansia?”
Alla fine, il manager gli diede un ultimatum.
 
Non puoi rimandare questa decisione allinfinito...vuoi sì o no fare laudizione? Pensaci bene prima di rispondere...ti do due minuti...
 
A quella domanda, il cervello di Edward iniziò ad elaborare una sola risposta: no; non avrebbe fatto quell'audizione; non avrebbe rischiato di fare una figuraccia davanti a centinaia di ragazzi; e poi, non era nemmeno sicuro di voler fare il cantante: era più il tipo da dietro le quinte che da show dal vivo; no, non sarebbe mai stato in grado di fare cose simili a quelle che fanno i suoi Big Brothers; per farle bisogna avere un gran coraggio e lui era certo di non averlo.
 
Bene...tempo scaduto...coshai deciso?
 
Stava per dire che rifiutava quell’offerta, quando, il suo sguardo cadde sulla finestra; più precisamente, sul suo riflesso; percorse con lo sguardo le sue ciocche ondulate color cioccolato, cercando di intravedere quelle piccole sfumature di colore che nel salone lo avevano sorpreso; ripensò a quello che gli aveva detto Key quel pomeriggio.
 
Ora sei un Edward tutto nuovo...comportati come tale....è questa la Key-terapia...
 
Forse aveva ragione lui: doveva abbandonare la timidezza e comportarsi da uomo; non poteva fare il bambino per tutta la vita; doveva darsi una svegliata; il tempo scorre e non può rimanere fermo sempre nello stesso punto; doveva mantenere il passo.
 
Allora? Coshai deciso?
Lo farò...farò laudizione...
 
Adesso erano quasi le 6:00 e lo studente stava dormendo abbracciando il suo cuscino come se fosse un orsacchiotto; non sapeva perché, ma la sera prima aveva un gran bisogno di coccole; purtroppo, però, non aveva avuto il coraggio di chiedere un abbraccio a Minho, così si era arrangiato in altro modo.
Stava facendo il sogno più bello della sua vita: era a Londra insieme alla sua famiglia; Simon era accanto a lui e gli stava sussurrando all'orecchio; gli aveva detto:
"Seguimi...ti devo dire una cosa..."
Non ricordava bene cosa fosse successo dopo, l'unica cosa che gli era rimasta impressa era una frase di suo fratello.
"Ed, sei un ragazzo in gamba...smettila di aver paura di tutto e prova per una volta a cambiare ciò che non ti sta bene..."
All'improvviso, sentì un tonfo provenire da lontano che lo fece riemergere dai meandri della sua mente; spaventato da un ulteriore rumore, sbatté pigramente le palpebre, cercando di mettere a fuoco la stanza; dopo qualche secondo, iniziò ad intravedere un sagoma nascosta dietro al letto di Minho; non capendo cosa stesse succedendo, si mise seduto e, con la voce impastata di sonno, chiese:
“Big Brother? Sei tu?”
“Oh...sì, sono io...scusami non volevo svegliarti...”
Non appena finì di parlare, il rapper si alzò dal pavimento e, camminando in punta di piedi, andò a sedersi accanto al suo fratellino, stampandogli un bacio sulla guancia.
Poi, sentendosi un po’ in colpa per il più piccolo, incominciò a riempirlo di baci e carezze, nel tentativo di aiutarlo a riaddormentarsi; Ed, in un primo istante, provò a fare resistenza ma poi cedette alla stanchezza, accoccolandosi tra le braccia del più grande; in quel momento, però, si accorse che il cantante indossava una maglietta a maniche corte e un paio di pantaloncini che sembravano essere di tessuto elasticizzato; confuso dal suo abbigliamento, disse:
“Ranocchio...ma....come mai sei vestito così?”
“Hm? Ah...no niente....mi era venuta voglia di andare a correre così mi sono messo qualcosa di comodo...”
Il minore ne rimase molto sorpreso; non lo faceva così mattiniero; di solito, alla mattina bisognava chiamarlo almeno quattro o cinque volte prima che si decidesse ad alzarsi; all’improvviso, come una specie di flashback, gli venne in mente che anche a lui, tre anni prima, piaceva correre alla mattina presto, sentendo l’aria fresca sulla pelle; colto da un’irrefrenabile ondata di adrenalina, saltò in piedi, chiedendo:
“Posso venire a correre con te? Please...”
Minho, vedendo il grande entusiasmo dell'altro, non poté fare a meno di sorridere; in realtà, glielo voleva chiedere ma la sera prima Ed si era addormentato subito dopo cena e non se l'era sentito di svegliarlo; volendo lasciare un po' sulle spine il suo fratellino, fece finta di pensarci; lo studente, intanto, lo guardava dritto negli occhi, sfoderando il suo migliore sguardo da cucciolo bastonato; alla fine, soffocando una grossa risata, disse:
"Non lo so...non dovresti riposare? Oggi ti aspetta una giornata impegnativa...."
"Starò a casa tutto il giorno...chiamala giornata impegnativa...."
Mentí spudoratamente: non poteva certo dirgli che quel giorno aveva le audizioni alla casa discografica; se lo avesse fatto, probabilmente, avrebbero fatto qualcosa che lo avrebbe messo in imbarazzo; e poi, con grande probabilità gli altri ragazzi, vedendolo insieme agli SHINee, avrebbero pensato che fosse un raccomandato; quello era il motivo principale per cui non lo aveva detto a nessuno dei suoi Big Brothers; purtroppo, però, le notizie corrono veloci: infatti, il maggiore, sogghignando, gli disse:
"Ah sì? Beh é strano...non dovevi sostenere un'audizione alla SM Entertaiment, oggi?"
Il minore, a quelle parole, sgranó gli occhi; lo sapeva?!
Come?
Da quando?
Era sconvolto; si sentiva veramente un verme; iniziò a temere che l'altro potesse avercela con lui: in fin dei conti, gli aveva mentito per più di due giorni; vergognandosi, abbassò lo sguardo; chiese:
"L-lo sapevi?..."
"Sì...il Signor Choi Jin l'altro giorno mi aveva chiesto di convincerti a sostenere l'esame...."
"Ah..."
Ora si sentiva anche peggio: Minho sapeva fin dall'inizio che mentiva.
Chissà cosa pensava di lui adesso?
Quei ragazzi lo trattavano come uno di famiglia; non gli nascondevano mai niente e se c'era un problema gliene parlavano; invece, lui non si era mai aperto completamente con loro; non lo faceva apposta ma era talmente abituato a dover contare solo su se stesso che gli era difficile chiedere l'aiuto di qualcun altro.
Non sapeva più cosa fare; si limitava a stare in piedi immobile a fissare il pavimento; avrebbe voluto dire qualcosa ma dalla sua bocca non usciva alcun suono.
Il rapper, intanto, aveva iniziato ad allacciarsi le sue scarpe da ginnastica blu e bianche; ogni tanto, accennava ad una piccola risata; non si aspettava che l'altro rimanesse così scioccato; Ed, alla fine, non aveva fatto niente di grave: aveva solo omesso di dire che doveva affrontare un'audizione; anche lui, a volte, non diceva qualcosa per pura scaramanzia.
Finì di allacciarsi la sua scarpa destra; stava per alzarsi e uscire dalla stanza quando sentì un timido:
"Big Brother?"
Tirò su la testa per capire cosa volesse Edward; rimase a bocca aperta: lo studente guardava basso con gli occhi pieni di lacrime; teneva i pugni serrati e le nocche erano completamente bianche; il suo cuore saltò un battito: odiava vedere il suo fratellino stare male; soprattutto, se era lui la causa di quel dolore.
Il colpo finale fu sentire l'amico dire:
"Perdonami...non volevo mentirti...n-non odiarmi ti prego..."
Il ranocchio era senza parole.
Odiarlo?!
Ma come gli era saltato in mente un'idea simile?
Non sapeva se sentirsi in colpa o offeso; tutti i suoi dubbi, però, andarono in frantumi vedendo il più piccolo che continuava a singhiozzare.
Nel giro di pochi secondi, lo afferrò per un braccio tirandolo verso di sé; lo abbracciò forte, accarezzandogli la schiena; continuava a sussurrargli:
"Ed, va tutto bene...non hai fatto nulla di male..."
Lo studente non aveva ancora detto niente; aveva nascosto il viso nel petto di Minho, cercando di soffocare le lacrime.
Ci fu un lungo momento di silenzio; si riusciva quasi a sentire Key che chiamava nel sonno il suo ragazzo; all'improvviso, Edward si liberò dalla stretta del più grande, asciugandosi gli occhi; disse:
"No...non per quello...."
"Allora per cosa?"
Il ranocchio sorrise; non sapeva perché ma trovava quella situazione molto buffa; forse era per il fatto che il più piccolo continuava a torturarsi le dita delle mani; oppure era quel piccolo broncio che lo faceva sembrare un piccolo cucciolo che aveva perso la mamma.
Chissà?
L'unica cosa di cui era certo era che avrebbe voluto stringerlo per tutto il giorno, riempiendolo di baci sulle guance.
Edward, intanto, sospirò; perché si sentiva così a disagio?
Cercò di darsi un tono; il rapper, non capendo la sua agitazione, provava inutilmente a riabbracciarlo ma l'altro continuava ad allontanarsi; alla fine, disse:
"Ti volevo chiedere scusa perché...in qualche modo....penso di aver tenuto una certa distanza da voi...ma senza volerlo....e mi sento un po' in colp...yaaa...Minho....mi fai male..."
Minho, non riuscendo più a vederlo così triste, lo aveva stretto forte e ora non lo lasciava andare; lo studente provó più volte a liberarsi ma l'altro non glielo permetteva; quella scenetta andò avanti ancora per qualche minuto, finché il minore, stanco di lottare, si accasció, sbuffando; il maggiore, allora, gli diede qualche bacio tra i capelli.
Forse era un po' egoista, ma gli piacevano quei momenti che passava da solo con lui; lo poteva abbracciare e coccolare senza che nessuno gli potesse dire niente; anche se, allo stesso tempo, odiava vederlo così malinconico; sperava che Ed durante quella vacanza riuscisse a rilassarsi e a recuperare un po' di energie; invece, era tutto l'opposto; per qualche strana ragione, sembrava che fosse ancora più stressato; non era il suo fratellino a dovergli chiedere scusa; ma lui.
A volte, quando rimaneva da solo, si ritrovava a pensare a come doveva essere stata la vita di Edward prima di incontrarli; nelle sue fantasie, se lo immaginava come il classico topo da biblioteca che passava le sue giornate tra i libri, studiando pagine su pagine di storia e filosofia; poi però, gli veniva in mente il suo carisma e, allora, il ritratto mutava e lo studente diventava uno dei ragazzi più popolari della scuola; passava ore e ore a provare a capire come potesse essere il suo fratellino, ma, alla fine, ci rinunciava, ritrovandosi con le idee confuse.
Ed era semplicemente indefinibile: era sensibile ma allo stesso tempo distaccato; fragile ma allo stesso tempo indipendente; nessuno sarebbe mai riuscito a dire con esattezza a che rango apparteneva quel ragazzo; era praticamente impossibile.
Il minore, nel frattempo, si era calmato; teneva ancora la testa appoggiata sul petto del cantante, respirando lentamente per cercare di non riscoppiare a piangere un'altra volta; si sentiva veramente un'idiota; non sapeva perché ma, con quei ragazzi non riusciva a darsi un tono; di solito, era molto attento a come si comportava davanti alle altre persone; invece, con quei cantanti, si trasformava in un bambino di due anni che non faceva altro che piangere.
Finalmente stava iniziando a capire il senso delle parole di suo fratello; doveva smettere di comportarsi come un neonato che ha bisogno della mamma per tutto; doveva svegliarsi e combattere per ciò che gli apparteneva.
La sua testa, in quel momento, era affollata di mille pensieri contraddittori; alcuni riuscivano a dargli speranza, mentre gli altri lo facevano ritornare insicuro su tutto; cosa doveva fare?
Doveva lasciare stare e vivere così come aveva sempre fatto?
O doveva tirare fuori tutta la sua grinta?
All'improvviso, sentì Minho che diceva:
"Ed...Ed, ti prego, scusami...."
Edward, colto di sorpresa, alzò lo sguardo, incontrando quello dell'altro; iniziò a non capirci più niente: il cantante aveva un'espressione colpevole dipinta sul volto; sembrava sul punto di scoppiare a piangere; non era da lui lasciarsi così andare.
Gli accarezzó una guancia, cercando di farlo calmare; poi, disse:
"Ehi...non piangere....il ruolo del melodrammatico é una mia esclusiva..."
Minho, allora, scoppiò a ridere; aveva proprio bisogno di farsi una bella risata; strinse la mano dello studente, tenendola attaccata al suo viso; Ed, intanto, si era ammutolito, rapito dal modo in cui il rapper si stava accocolando, premendo la sua guancia contro il palmo della sua mano; gli sfuggì un piccolo sorriso: sembrava un gatto che fa le fusa.
I due rimasero così per qualche minuto; nessuno dei due aveva voglia di far finire quel momento così dolce; i minuti passavano e Ed aveva iniziato a rilassarsi un po': anche se gli costava molto ammetterlo, il rapper aveva un grande ascendente su di lui; era qualcosa di più forte dell'empatia; il loro rapporto era diventato sempre più simile ad un legame fraterno.
Ancora non riusciva a spiegarselo ma Minho gli ricordava tantissimo Simon; fin dalla prima volta che lo aveva incontrato, la grande somiglianza tra i due lo aveva colpito; forse era stato anche per quello che, dopo aver sbattutto contro di lui, era rimasto immobile con quella faccia da ebete: per un attimo gli era sembrato di vedere il suo adorato fratellone.
Dopo qualche minuto che erano lì, il cantante respiró profondamente; senza dire assolutamente niente lasciò andare la mano del più piccolo, per poi riafferrarlo e stringerlo forte come fosse il suo peluche preferito; Ed, allora, emise un piccolo mugolio di fastidio, dicendo:
"Hyung, la pianti?...ho diciannove anni....non sono un bambino..."
Il maggiore scoppiò di nuovo a ridere; in quel momento, Edward sembrava tutto tranne che un ragazzo di diciannove anni; cercando di rimanere serio, rispose:
"Lo so, piccolo...ma non posso farne a meno....sei così carino..."
"Ho capito però non puoi trattarmi come una bambola di pezza...."
"In effetti, é vero...forse....é perché in qualche modo mi sembra che tu abbia bisogno di protezione...dovresti avere un po' più di fiducia in te stesso..."
Edward, alle parole del cantante, non poté far altro che dargli ragione; la sua timidezza non era altro che un ostacolo per lui; se voleva veramente sentirsi un adulto, doveva disfarsene.
All'improvviso, una piccola scossa si diffuse per tutto il suo corpo, arrivando fino al suo cervello; qualcosa dentro di lui era cambiato; si sentiva diverso; era come se non fosse più lui, o almeno non al 100%; tutta la sua timidezza sembrava essere sparita; ancora non capiva cosa fosse successo ma si sentiva una persona completamente nuova.
Che la Key-terapia avesse funzionato veramente?
Beh, poteva anche essere: pensandoci bene, Kibum era un esperto in queste cose.
Alzò la testa di scatto, come se fosse stato folgorato; non si sentiva più se stesso: gli sembrava di essere più grande e notevolmente più forte; era come se i suoi muscoli si fossero rinvigoriti tutti in un solo istante.
Il ranocchio, confuso, gli chiese:
"Ed, tutto bene?"
"Sì, certo...almeno credo....é che..."
"Che..."
Lo studente non rispose subito, cercando di fare il quadro della situazione; fu in quell'istante che vide la sua immagine riflessa sulla finestra; era totalmente diversa da quella che aveva visto il giorno prima; i suoi occhi; soprattutto i suoi occhi erano diversi: sembravano splendere di luce propria; per non parlare del colore: erano di una meravigliosa sfumatura cobalto.
Sorrise: non era solo una sensazione; era veramente una persona nuova.
Disse:
"Che hai ragione! Non posso continuare a nascondermi per la paura...sono un ragazzo in gamba  dopotutto...devo solo avere un po' di fiducia in me stesso..."
"Wow, Little Brother...cosa ti é successo? La Key-terapia ha funzionato?"
"Circa...diciamo che si é mescolata con la Minho-terapia...."
 
- Qualche ora dopo alla casa discografica -
 
Ormai era da venti minuti che si trovava in quella piccola stanzetta d'attesa.
Continuava a fissare il muro davanti a lui, come se stesse per apparire qualcosa di incredibile; dopo tutto quel tempo, ne aveva memorizzato ogni singolo centimetro: aveva una piccola crepa nell'angolo a sinistra, la vernice aveva iniziato a scolorirsi e sotto ai quadri sembrava essersi accumulata vent'anni di polvere.
Iniziò a fissarsi i piedi, sbuffando; quella mattina, gli era sembrata una buona idea andare un po' prima per tranquillizzarsi un po' prima dell'audizione; ma, adesso, si era reso conto che non avrebbe mai dovuto farlo: l'ansia invece di diminuire, aumentava sempre di più e il suo cuore era diventato un martello pneumatico.
Non sapeva nemmeno lui perché fosse così tremendamente agitato; forse, era il fatto che si trovava lì tutto solo; probabilmente, se ci fosse stato qualcun'altro, non si sarebbe nemmeno accorto del tempo che passava.
Provó, allora, a girarsi verso la porta, nella speranza di veder entrare qualcuno; nessuno: sembrava che l'unico ad essersi presentato fosse lui; senza accorgersene, cominciò a battere un piede contro il pavimento; non ce la faceva più ad aspettare; aveva lo stomaco sottosopra e la testa iniziava a fargli male; era arrivato al limite; stava già valutando l'idea di scappare e tornarsene a casa.
All'improvviso, nel bel mezzo di un'enorme crisi nervosa, qualcuno gli chiese:
"Agitato?"
Il ragazzo, preso alla sprovvista, saltò in piedi spaventato; alzò lo sguardo e notò che davanti a lui c'era un ragazzo della sua stessa età; aveva i capelli biondo platino e gli occhi marroni; ancora un po' teso, rispose:
"Scusa...non ti avevo visto..."
"Figurati...scusa tu se ti ho spaventato...comunque, piacere...Park Tae Joon."
"Edward Hearts...lieto di conoscerti."
"Inglese?"
"Non proprio...anglo-coreano..."
I due, finite le presentazioni iniziarono a chiacchierare del più e del meno; erano andati subito d'accordo; se li avesse visti qualcuno, avrebbe pensato che fossero vecchi amici; Ed, però, aveva qualche dubbio su quel ragazzo: gli sembrava di averlo già visto da qualche parte, ma non si ricordava dove; poi, ebbe l'illuminazione: lo aveva visto in una foto che era sulla scrivania del Signor Choi Jin; pensò:
"E ora che faccio?!"
Si sentiva in trappola; stava parlando con il nipote del manager.
Come aveva fatto a non accorgersene subito?
Il giorno prima, Kibum gliene aveva parlato così tanto che gli sembrava di conoscerlo di persona; purtroppo non poteva dirgli che sapeva perfettamente chi era; se lo avesse fatto, avrebbe dovuto spiegare al ragazzo che era amico degli SHINee.
Cosa doveva fare?
Fortunatamente, non dovette pensarci a lungo: infatti, mentre stavano parlando, Tae Joon, quasi spaventandolo, urló:
"YAAAAAAAAAA! Sono un vero idiota! Tu sei il fratellino degli SHINee!"
"Shhhhhhhhhhhh...a-abbassa la voce, ti prego...qualcuno potrebbe sentirti..."
L'altro ragazzo, allora, si zittí di colpo, sorpreso; ancora un po' confuso, sussurrò:
"Scusa...ma perché sei così preoccupato che qualcuno lo scopra? Non é mica un reato..."
Edward, intinidito, iniziò a torturarsi le dita; non sapeva perché ma ora si sentiva piccolo e fragile; non sapendo bene cosa dire, si limitò a rispondere:
"Non vorrei che pensassero che io sia raccomandato..."
Il nipote del manager, sentendo i dubbi dello studente, sbarró gli occhi per poi scoppiare a ridere come un matto; Ed, non capendo, sbatté un paio di volte le palpebre; chiese:
"Perché ridi?"
"Raccomandato?! Ma se hai una voce che fa invidia ad un angelo!"
A quell'affermazione, le guance di Edward si tinsero di porpora; nessuno gli aveva mai fatto un complimento così diretto sulla sua voce; di solito, si limitavano a dirgli che cantava bene ma non si erano mai sbilanciati così tanto; all'improvviso, però, gli venne in mente una cosa: come faceva a sapere che cantava bene?
Si erano appena conosciuti.
Cercando di nascondere l'imbarazzo, gli chiese:
"Ma...ma...tu come fai a sapere che canto bene?"
"Beh, come avranno fatto tutti...ascoltando le tracce vocali che hanno messo sul sito della SM Entartainment...."
"Le cosa?!"
"Le tracce vocali...ricordi? Tutti i ragazzi che partecipano alle audizioni hanno dovuto registrare una canzone a cappella per il sito...lo hai fatto anche tu, no?"
In quel momento, allo studente venne in mente qualcosa successa qualche giorno prima.
 
"Ehi, Ed...perché non ci canti qualcosa?"
"Cosa dovrei cantare?"
"Qualunque cosa ti passi per la mente...magari a cappella..."
"Scusa, Minho...sinceramente non mi va..."
"Dai, per favore..."
 
Ecco, perché ci teneva tanto; pensò:
"Ma che bugiardo...quando torno a casa gliela faccio pagare..."
Scosse leggermente il capo, ridendo; avrebbe potuto anche dirgli la verità; che bisogno c'era di mentirgli?
Che non volesse far sapere agli altri cantanti il motivo per cui doveva registrarlo?
A volte, proprio non lo capiva.
Passarono altri venti minuti prima che arrivasse qualcun altro; fu veramente incredibile: nel giro di pochi secondi la stanza si riempí di centinaia di ragazzi e ragazze che canticchiavano e ballavano per scaricare la tensione; Ed non poté fare a meno di sbuffare: sarebbe stata una lunghissima giornata.
Poco dopo arrivarono le 15:00 e con loro il momento delle audizioni.
All'improvviso, i candidati sentirono aprirsi la porta d'entrata e poi videro una ragazza dai capelli castani che, dopo essersi assicurata di avere l'attenzione generale, disse:
"Allora ragazzi....gli esaminatori vi chiameranno a coppie e giudicheranno la vostra preparazione teorica e il vostro modo di dominare la scena...poi passerete in un'altra stanza al piano superiore per sostenere una prova di ballo...quindi, senza altri indugi...partiamo con i primi due cantanti...perciò...Park Tae Joon?"
"Eccomi."
"Perfetto...Edward Hearts?"
Sentendo il suo nome, lo studente quasi cadde dalla sedia; aveva una paura tremenda; si alzò dalla sua sedia come se fosse un'automa e seguí l'assistente.
I tre ragazzi, allora, uscirono dalla stanza e iniziarono a percorrere un lungo corridoio; Tae Joon, ogni tanto gli lanciava un'occhiata interrogativa, come se volesse chiedergli dove stessero andando; Ed non poté far altro che fare spallucce, sussurrando uno stupidissimo:
"Boh...come faccio a saperlo?"
Passarono altri quindici minuti e non erano ancora arrivati a destinazione; l'ansia, intanto, continuava a crescere; l'aria sembrava sempre più irrespirabile; lo studente, notando che il corridoio era ancora molto lungo, provó a ripassare mentalmente tutte le canzoni che sapeva.
Cosa gli avrebbero chiesto?
Cosa avrebbe dovuto cantare?
La cosa che lo spaventava di più era la prova di ballo; da quando faceva pattinaggio artistico, aveva preso qualche lezione di danza classica ma non era un vero professionista.
E se gli chiedevano qualcosa di tecnico?
E se iniziavano ad usare quegli strani termini in francese?
Sperava di poter riuscire a controllare le sue parole ma, all'improvviso, l'assistente, disse:
"Entrate qui...siamo già un po' in ritardo sulla tabella di marcia...sbrigatevi a scaldarvi..."
Non sapeva più cosa fare; senza rendersene veramente conto, aveva fatto i primi passi all'interno di un enorme teatro; provó a guardarsi attorno: era tutto buio; l'unica fonte di luce presente in quell'anfiteatro era un piccolo riflettore che illuminava un microfono che si trovava al centro del palcoscenico.
I due ragazzi, non avendo la più pallida idea di cosa dovevano fare, si guardarono a vicenda, chiedendosi:
"E ora? Che facciamo?"
Le loro perplessità furono soddisfatte tutte in una volta quando sentirono in filo di fusione un uomo dirgli:
"Edward Hearts faccia un passo in avanti..."
Ecco.
Si comincia; non c'è più modo di tornare indietro.
Prendendo un grosso respiro; pensò:
"Beh, Edward...che dire? Fighting!"
 

Nei panni dell'autore

Ce l'ho fatta!!!
Sono riuscito a pubblicare il nuovo capitolo ^^ yeeeeeeeeee ^^
*saltella come un cretino*
Allora, questo capitolo in realtà all'inizio non lo avevo pensato in questo modo...doveva concentarsi di più sull'audizione di Ed ma poi ho pensato che sarebbe stato divertente lasciarvi con il dubbio sull'esito dell'esame e così ho seguito quella strada xD ahahahahahahah xD
Spero che non mi odierete :)
Ringrazio con tutto me stesso KuraiShitsuji che mi ha aiutato a realizzare il banner di questo capitolo ^^
Non é così facile trovare una foto in cui Minho abbraccia un altro Minho, sapete?
*rotola dalle risate*
A proposito di Minho...sbaglio o é diventato biondo? xD ahahahahahahah xD
Che abbia letto questa storia? Speriamo di no...
Grazie ancora a tutte le persone che leggono questa storia <3
Ci vediamo al prossimo capitolo <3
Baci :)
*saluta con la manina*

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Capitolo 18
*** Dubbi ***


Dedicato a tutti quelli che non hanno mai perso la speranza:)
Buona lettura <3




Quella mattina gli SHINee avevano pensato di lasciare dormire un po' di più il loro fratellino.
Il giorno prima, aveva passato una brutta giornata; non solo aveva dovuto spiegare agli altri quattro cantanti che avrebbe fatto un’audizione alla casa discografica, ma aveva anche dovuto dissimulare tutta l’ansia e la frustrazione che stava provando.
Ancora non potevano crederci a quello che gli aveva detto il giorno prima.
 
“Ehi fratellino, allora? Com'é andata?”
“Non mi hanno preso. A dire il vero non penso che avessero mai avuto l'intenzione di prendermi...”
“C-co-cosa?! Ti hanno detto almeno il perché?”
“Sì...hanno detto che ti assomiglio troppo e che quindi sarebbe stato impossibile per me far carriera come cantante...”
 
Era talmente assurdo; non erano per niente d'accordo: Ed assomigliava molto a Minho, é vero, ma non era certo un motivo valido per scartarlo; quel ragazzo aveva una voce meravigliosa e, adesso, solo per il fatto di essere il sosia di uno di loro, veniva penalizzato.
Come se non fosse stato abbastanza, poi, il Signor Choi Jin chiamò Ed per dirgli che il programma televisivo a cui dovevano partecipare aveva cambiato idea e non era più invitato come ospite, ma solo come spettatore; lo studente, allora, sospirò e dopo aver annunciato le ultime novità, accennò ad una risata che nelle intenzioni doveva essere allegra ma che in realtà fece trasparire tutta la sua malinconia.
I cinque cantanti avrebbero tanto voluto confortarlo in qualche modo; avrebbero voluto abbracciarlo e fargli capire che aveva un talento enorme; purtroppo, però, lo studente si era chiuso in camera dicendo che aveva sonno e che preferiva andare a letto.
Quel giorno, allora, avevano deciso di dedicare tutto il loro tempo a lui; avevano già pianificato il programma della giornata; per prima cosa gli avrebbero portato la colazione a letto e, successivamente, gli avrebbero mostrato tutta Seoul; non interessava a nessuno se li avrebbero visti: l'importante era farlo sorridere.
Adesso, erano le 8:00 e il ranocchio stava entrando nella sua stanza con un enorme vassoio in mano, pieno di dolci e di biscotti di tutti i tipi; si immaginava già la reazione dell'altro: forse all'inizio sarebbe stato dubbioso, ma poi avrebbe fatto un enorme sorriso, iniziando a mangiare qualcosa; non appena entrò, però, rimase sorpreso: Edward, non solo era sveglio ma stava messaggiando al cellulare.
Stupito, si avvicinò a lui e, cercando di non spaventarlo, chiese:
“Ehi, Little Brother, ma sei sveglio?”
Il minore, alzò leggermente il capo; non si aspettava che il cantante fosse ancora in casa; confuso, mise giù il cellulare, dicendo:
“Minho? Che ci fai qui? Non dovresti essere alla casa discografica?”
“Sì é vero...ma qualche minuto fa il Signor Choi Jin ha chiamato per dirci che ci dava la giornata libera..”
Mentí spudoratamente; non poteva certo dirgli che si erano dati malati per controllare che stesse bene; però si era scordato di un piccolo particolare: Ed era sveglio e capì immediatamente che quella era una bugia e, cercando di capire dove volesse arrivare l'altro, alzò un sopracciglio perplesso; lo guardò dritto negli occhi: il suo sguardo guizzava da una parte all’altra senza mai trovare una meta; si vedeva che era nervoso.
Senza lasciare il tempo all'altro di parlare, chiese:
“Sì, d'accordo...solo una domanda...il Signor Choi Jin vi crede malati o cosa?”
Il maggiore, a quella domanda, si bloccò di colpo.
Come aveva fatto a capirlo così in fretta?
Forse gli era tremata la voce; oppure, senza accorgersene, aveva fatto qualche smorfia strana che ha messo il suo fratellino in allarme; le cause potevano essere tantissime ma la verità era che Ed aveva la capacità di leggere l'anima di chi gli stava accanto; non importava quanto potesse essere nascosto un segreto nel cuore di una persona, lui riusciva a capirne l'essenza senza il minimo sforzo.
Sbuffò, deluso: pensava di saper recitare meglio; forse doveva fare un po' di pratica in più; lamentandosi, disse:
“Yaaaaaaaaa! Non potevi fingere di credermi almeno per cinque minuti?”
“Non é nel mio stile...ormai dovresti saperlo...comunque non hai risposto alla mia domanda...malati o cosa?”
“....malati...”
Il minore, allora, rise; non sapeva perché ma si aspettava una cosa del genere; quei ragazzi gli volevano veramente molto bene anche se ancora faceva fatica a crederci; gli sembrava così strano che dei ragazzi così talentuosi potessero affezionarsi ad un ragazzo così anonimo e noioso.
Chissà cosa avevano visto in lui?
Forse gli faceva tenerezza; oppure pietà.
Chissà?
Intenerito dal broncio del più grande, stese le braccia verso di lui, sorridendo.
Minho, senza farselo ripetere due volte, appoggiò il vassoio sul mobile che si trovava alla sua sinistra e, ricambiando il sorriso, corse tra le braccia dell’altro che lo strinse forte; in quel momento, gli sembrò di aver raggiunto la pace dei sensi; era incredibile il potere che il suo dolce Edward aveva su di lui; avrebbe voluto rimanere così per tutta la vita; volendo godersi fino in fondo le coccole del minore, si accostò di più a lui, appoggiando un orecchio sul suo petto; riusciva a sentire perfettamente il suo battito cardiaco: era calmo e pacato; sembrava che stesse scandendo il ritmo di una melodia che risuonava attraverso il respiro di Ed.
All’improvviso, prendendo alla sprovvista il maggiore, lo studente disse:
“Sai...è la prima volta che ti coccolo...di solito sei tu a stringermi tra le braccia....”
“È vero. Però devo dire che non mi dispiace per niente questo cambio di ruoli...non so come farò senza poterti abbracciare quando tornerò a vivere qui...”
A quelle parole, il corpo del minore smise di funzionare e tutti i suoi muscoli si irrigidirono di colpo; quasi in preda allo spavento, sciolse l’abbraccio, portandosi una mano in corrispondenza del cuore: per alcuni secondi aveva smesso di battere, lasciandolo senza fiato; prese qualche respiro cercando di riprendere il controllo; non capiva cosa gli fosse successo; il petto, intanto, continuava a fargli male, come se qualcuno lo avesse pugnalato.
Il rapper, notando lo strano comportamento dell’altro, si mise seduto meglio sul letto e, accarezzandogli la schiena, chiese:
“Ehi, piccolo, va tutto bene?”
“S-sì...n-no...non lo so...”
“C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?”
“Sì, in realtà, c’è...”
“Ti ascolto...”
Edward, allora, fece un respiro profondo; c’era una cosa di cui avrebbe tanto voluto discutere ma non sapeva esattamente come affrontare l'argomento; era cosciente che prima o poi gliene avrebbe dovuto parlare ma sperava che quel momento non arrivasse così presto; ancora confuso su quello che gli stava succedendo, respirò profondamente e, prendendo le mani del più grande, disse:
“Andate alla SM Entertainment e preparatevi per l'intervista...”
Minho, a quella richiesta, sgranò gli occhi, non capendoci nulla.
Perché li stava mandando via?
Perché lo stava mandando via?
Avrebbe voluto dire tante cose, ma dalla sua bocca non usciva nemmeno un suono; abbassò la testa, triste; guardò le sue mani intrecciate a quelle dell’altro; le strinse forte; non voleva andare a lavorare quel giorno: il suo fratellino aveva bisogno di lui; deciso a non lasciarlo solo, scosse il capo, dicendo:
“Assolutamente no! Voglio stare insieme a te oggi...vogliamo stare insieme a te oggi...hai avuto una bruttissima giornata ieri...non é il caso che tu rimanga da solo...”
“Minho ti assicuro che sto bene...smettila di trattarmi come un bambino...”
Il rapper, infastidito, scosse di nuovo il capo, sbuffando; non capiva di cosa stesse parlando: non lo stava trattando come un bambino; lo stava trattando come una persona che aveva appena avuto una grossa delusione e doveva ancora riprendersi.
Si alzò dal letto e iniziò a camminare nervosamente per la stanza; gli sembrava di essere in un incubo: prima la casa discografica sprecava un talento naturale e, adesso, uno dei suoi più cari amici non lo voleva tra i piedi; il mondo sembrava essere impazzito nel giro di ventiquattro ore; cercando di rimanere calmo, si portò le mani a coprirsi il viso e, soffocando un ringhio isterico, disse:
“Perché ci stai allontanando, Little Brother? Non ci vuoi più bene forse?”
“Ma sei impazzito?! Certo che vi voglio bene...é proprio per questo che ti sto dicendo di andare alle prove...”
“Scusa Ed, ma oggi proprio non riesco a seguirti...”
Lo studente, sfiancato dalla crisi di nervi del più grande, sospirò: si era appena svegliato e già non ne poteva più; si alzò dal letto e andò verso l'altro per poi abbracciarlo forte; gli dispiaceva vederlo così sconsolato e amareggiato, ma, allo stesso tempo era molto irritato perché il rapper aveva dubitato dell'affetto che provava per loro: lui gli voleva bene veramente; erano come una famiglia per lo studente, ormai; si strinse al maggiore ancora per qualche secondo e subito dopo, allontanandosi un po' per poterlo guardare negli occhi, disse:
“Minho, ascoltami...io vi voglio un bene dell'anima, capito? Non potrei mai odiarvi e sinceramente non penso proprio che riuscirò a dirvi addio così facilmente ma...prima o poi succederà e quindi voi dovete cercare di tornare alla vostra vita e...dovete provare a dimenticarvi di me...e...”
“Ed, smettila!”
Il minore, sentendo il cantante, sobbalzò per lo spavento; per un attimo aveva abbassato lo sguardo e non si era accorto che l'altro aveva mutato il viso in una smorfia di rabbia.
Impaurito, iniziò istintivamente a indietreggiare; purtroppo, però, il maggiore aveva intensificato la presa sui suoi fianchi, impedendogli di muoversi; le sue gambe iniziarono a tremare: non lo aveva mai visto così infuriato, almeno non nei suoi confronti; all'improvviso, l’altro lo abbracciò, facendo combaciare le loro fronti; disse:
“Perdonami...per un attimo mi é andato il sangue al cervello...però, Ed...devi smetterla di considerarti solo uno stupido ragazzino perché non é vero...tu sei speciale e credimi quando ti dico che non smetteremo mai di essere amici...troveremo un modo per stare insieme...non devi preoccuparti...comunque...se ci tieni tanto...vado a dire agli altri di prepararsi per le prove...”
Edward annuì, sorridendo.
Il ranocchio, allora, scosse la testa, ridendo; quel ragazzo riusciva sempre ad averla vinta; di solito era lui a vincere ma con il suo fratellino non ci era mai riuscito; in effetti, questa cosa gli dava un po' fastidio.
Rassegnato, scompigliò i capelli al minore e, dopo avergli dato un piccolo bacio sulla guancia, uscì dalla stanza.
Lo studente scosse il capo a sua volta: gli sarebbe mancato da morire quel ragazzo.
Chissà se un giorno lo avrebbe rivisto?
E, soprattutto, chissà se Minho lo avrebbe trattato ancora con così grande affetto?
Mentre pensava a quelle cose, il suo cuore perse ancora un paio di battiti; rimase a bocca aperta: era già la seconda volta che gli succedeva quella mattina e non riusciva a capirne il motivo; forse doveva parlarne con i suoi Big Brothers; forse doveva in andare in ospedale; stava per raggiungere gli altri, quando la sua attenzione fu catturata dal suo cellulare che aveva iniziato a squillare.
Si colpì la fronte, dandosi del cretino: prima che entrasse il rapper, stava parlando con Tae Joon.
Doveva essersi preoccupato parecchio: non aveva più risposto a nessuno dei suoi messaggi.
Corse a prendere il telefonino e, senza nemmeno guardare chi era, rispose con un timido:
“Pronto?”
“Ed, ma dove cavolo eri finito?! Ero preoccupato da morire...”
“Scusami tanto...era entrato Minho...abbiamo anche litigato...”
“Oh...mi dispiace...n-non lo sapevo...é tutto a posto?”
“Sì sì, tutto ok. É solo che odio mentire a quei ragazzi...certo che tuo zio é davvero sadico...cosa gli hanno fatto di male poverini?!”
Non ricevette alcuna risposta; sentì solo una grossa risata che gli diede ai nervi; Tae Joon la trovava una cosa spiritosa ma per lui era una cosa veramente odiosa; seccato, disse:
“La vuoi smettere di ridere?! Sono stanco di dirgli bugie...”
“Dai non fare così...pensa a quanto saranno contenti quando ti vedranno esibire come nuovo membro della SM Entertainment...”
Edward sbuffò; odiava doverlo ammettere ma forse il suo amico aveva ragione; sinceramente doveva ancora capire perché il signor Choi Jin gli aveva chiesto di mentire; quella volta gli aveva detto solamente che ne avrebbe capito il motivo quando sarebbe stato il momento; più che tranquillizzarlo, però, quella frase lo aveva messo ancora più in ansia.
Stufo di tutto quella situazione, disse:
“Va bene...a che ore sono le prove oggi?”
“Sono fra un'ora...tu preparati che fra mezz'ora passo a prenderti...oh, ricordati la parrucca bionda!”

- Qualche ora dopo alla SM Entertainment -

Gli SHINee stavano ancora provando per l'ennesima volta la stessa canzone.
Per l'intervista dovevano preparare almeno due canzoni con le rispettive coreografie.
Per fortuna, non ci avevano messo molto a ripassare i brani e adesso dovevano solo decidere quali portare; nessuno, però, era abbastanza concentrato per poter anche solo pensare ad una cosa del genere; erano troppo preoccupati per Edward: temevano che li avesse convinti ad uscire di casa solo per non farsi vedere in lacrime da loro.
Ormai avevano capito com'era fatto: tendeva sempre a nascondere ciò che provava; di solito, riusciva ad aprirsi con loro ma stavolta c'era qualcosa di diverso in lui: era come se il suo cuore si fosse congelato, rendendolo incapace di provare emozioni.
Passarono altri venti minuti e i cinque ragazzi decisero che era meglio fare una pausa per mangiare qualcosa; Minho, tuttavia, non aveva per niente voglia di andare in giro per Seoul facendo finta che non stesse successo niente; quella mattina era veramente molto nervoso: l'idea che il suo fratellino potesse averlo allontanato in qualche modo lo aveva fatto arrabbiare da morire.
Continuava a provare senza sosta, nel tentativo di sgombrare la mente; all'inizio, gli sembrava di star un po' meglio ma poi cominciò  ad avere dei flash di quella giornata: vedeva Ed che non riusciva a guardarlo negli occhi e che sembrava voler andarsene da un momento all'altro; la rabbia, allora, diventò incontenibile; non ce la faceva più: aveva bisogno di risposte ma nessuno voleva dargli retta.
In uno scoppio d'ira, diede un calcio ad un muro, ringhiando; probabilmente, se ci fosse stato qualcuno, avrebbe iniziato a picchiarlo fino a renderlo irriconoscibile; all'improvviso, sentì qualcuno dirgli:
“Cavolo, Minho, ma che ti ha fatto di male quel muro?”
Il rapper, sempre più irascibile, si girò per vedere chi avesse parlato: era Jonghyun; sbuffò esasperato: l'ultima cosa di cui aveva bisogno era una pessima battuta fatta da quel Dinosauro; si avvicinò alla sua sacca degli allenamenti e, dopo aver estratto una bottiglietta d'acqua, disse, fissando un punto impreciso della stanza:
“Cosa vuoi Jonghyun? Non dovresti essere insieme al tuo ragazzo?”
“Ti ho portato qualcosa da mangiare...”
Il ranocchio, allora, spostò lo sguardo e vide che l'altro aveva in mano una borsetta di plastica da cui spuntavano delle scatoline di molti colori; anche se molto lusingato, scosse la testa, dicendo:
“Non ho fame...grazie lo stesso...”
Detto questo, attaccò il suo mp3 alle casse e, dopo aver fatto partire la musica, cominciò a provare per l'ennesima volta la coreografia di Sherlock, senza prestare più alcuna attenzione all'amico.
Il maggiore, vedendo l'atteggiamento del rapper, si infuriò: si stava comportando veramente in un modo odioso; proprio non capiva cosa gli fosse successo; quella mattina aveva sfoggiato un enorme sorriso e continuava a ridere per qualsiasi cosa; adesso invece, era scontroso e trattava malissimo tutti; arrabbiato, tolse la musica e, prendendo di sorpresa l'altro, urlò:
“SI PUÒ SAPERE COSA TI É PRESO?! É da quando siamo usciti da casa che ti comporti in modo strano...”
“Non sono affari tuoi...mi potrò permettere una giornata storta ogni tanto, no?”
“Non se fai preoccupare anche Edward...”
A quella frase, Minho fece cadere la bottiglia che teneva ancora in mano; non poteva crederci: aveva fatto spaventare il suo fratellino; in effetti, mentre stavano andando via, era stato un po' brusco nel salutarlo, ma non pensava di essere stato così duro; sentendo, all'improvviso, tutto il peso del suo corpo, si accostò ad una parete, scivolando verso il pavimento.
Si sentiva un verme: non lo voleva trattare male.
Si coprì il volto con le mani, dandosi dell'idiota; sperava vivamente che Ed lo perdonasse.
Dino, vedendolo così sconsolato, si chinò per raggiungere il suo viso e, dopo avergli lasciato una carezza sulla guancia, disse:
“Minho non ti preoccupare, non é grave...dai non fare così...se non sapessi che é impossibile direi che sei innamorato di...”
In quel momento, le parole gli morirono in gola; non poteva credere a ciò che stava vedendo: Minho aveva tolto le mani dal viso e ora lo fissava con uno sguardo colpevole; sgranò gli occhi, incredulo.
No, non poteva aver capito bene.
Doveva aver frainteso quello che l'altro stava cercando di dirgli.
Con un filo di voce, balbettò:
“Minho, tu...no...insomma...avevi detto...tu e Ed avevate detto...”
“Ho mentito...sia a te che agli altri...”
“P-perché?”
“Perché rischiavo di perderlo...temevo che, se glielo avessi detto, non avrebbe più voluto vedermi...”
Jonghyun, ormai, non ci capiva più niente.
Allora era per quello.
Si comportava in modo strano per quel motivo.
Sempre più curioso, chiese:
“E...e Karen?”
“Karen é una brava ragazza...ammetto che mi attrae parecchio...ma Ed mi ha stregato fin dalla prima volta che l'ho visto...”
Il vocalist, a quelle parole, non poté fare a meno di sorridere: finalmente era riuscito a capire quel forte attaccamento che il ranocchio aveva sviluppato nel giro di pochi giorni.
Come aveva fatto a non accorgersene prima?
Era talmente ovvio che tra i due c'era un legame troppo forte per essere solo un'amicizia; avrebbe voluto dirgli qualcosa ma Minho lo spiazzò, dicendo:
“Ma che importa?...tanto é innamorato di Aiko, giusto?”
Allora, dai suoi occhi iniziarono a scendere calde lacrime; si sentiva uno schifo: come avrebbe fatto a dirgli addio?
Non ce l'avrebbe mai fatta.
Per lui, Edward era tutto ormai; alla mattina, quando si svegliava, pensava a lui, al suo sorriso; non voleva lasciarlo andare; non poteva lasciarlo andare; se lo avesse fatto, se ne sarebbe pentito per sempre.
Il maggiore, dispiaciuto, si avvicinò all'altro e, sedendosi sul pavimento accanto a lui,  cercò di confortarlo come meglio poteva; conosceva bene quella sensazione di sconforto e confusione; era esattamente quella che aveva provato lui quando Kibum era diventato più distaccato nei suoi confronti.
Avrebbe tanto voluto fare qualcosa ma presto si rese conto che lui non aveva alcuna giurisdizione in quella situazione; c'era solo una persona che poteva porre fine a quella storia: Edward.

- Quella sera alla stazione televisiva -

Mancavano solo pochi minuti alla sua entrata in scena e Ed era ancora alla postazione del trucco con una ragazza che gli metteva una mano di fondotinta ogni trenta secondi; non ce la faceva più: neanche quando imitava Minho si truccava così tanto; per fortuna, la make-up artist dopo poco finì e gli disse che poteva andare dal tecnico del suono; il ragazzo lanciò un’occhiata furtiva allo specchio che stava davanti alla postazione del trucco: aveva la sua solita parrucca bionda acconciata da una hair stylist e indossava delle lenti a contatto verdi che facevano sembrare la sua carnagione ancora più candida; ci aveva messo molto a prepararsi, però, doveva proprio ammetterlo: stava veramente bene con quel suo nuovo look.
Si alzò dalla poltroncina su cui era seduto e, dopo aver spolverato le maniche della sua giacca, si diresse verso il posto che gli aveva indicato la ragazza; si sentiva un po’ a disagio: non era mai stato nel backstage di un programma televisivo e, di sicuro, non aveva mai cantato in diretta con delle persone che lo riprendevano con una telecamera; temeva di scordarsi il testo della canzone.
Fece un paio di respiri profondi.
Doveva stare calmo e godersi il momento.
Arrivò a destinazione e, subito, iniziò a guardarsi attorno, non sapendo a chi rivolgersi; all’improvviso, qualcuno gli appoggiò una mano sulla spalla, chiedendogli:
“Serve aiuto?”
Preso alla sprovvista, si girò per vedere chi fosse: era Tae Joon.
Chi altro poteva essere?
Sorridendo, scosse il capo e poi, con un'espressione furbetta, rispose:
“No, grazie...sto solo cercando il mio partner per l'esibizione...lo hai visto, per caso?”
“Tutte le volte che mi guardo allo specchio...dicono che alle ragazze piaccia molto...”
“Oh, davvero? Dovrebbe piacergli con un'esplosione di tinta per capelli in testa?”
Lo studente non riuscì più a trattenersi, scoppiando in una grossa risata; non ce la faceva a guardarlo, rimanendo serio: aveva i capelli di mille colori con delle rare ciocche bionde che creavano dei particolarissimi giochi di luce; in origine l'idea era quella di rappresentare il suo lato più libero e indipendente ma ad Ed sembrava solo la brutta copia di un clown.
Tae Joon, intanto, lo stava fulminando con lo sguardo; a lui piaceva il suo look; lo rappresentava molto; e poi, non era così colorato; a parte i capelli, il resto del suo outfit era molto scuro: indossava una giacca nera di pelle, una maglietta grigia con degli inserti trasparenti sui fianchi e un paio di pantaloni abbastanza attillati che formavano un tutt'uno con i suoi anfibi.
Sorrise, sarcastico: non gli piaceva per niente essere preso in giro per il suo abbigliamento; irritato, disse:
“Almeno io ho un mio stile...tu sembri essere appena uscito da scuola...”
“Ma non é vero...non hai visto le ali d'angelo disegnate sulla mia giacca?!...io rappresento il tuo lato più dolce e tranquillo, ricordi?”
“Va bene...va bene...hai vinto! Contento?”
I due, allora, scoppiarono a ridere; da quando si conoscevano non avevano fatto altro che ridere e scherzare; si trovavano veramente bene a lavorare insieme; non serviva nemmeno parlare: gli bastava uno sguardo per capirsi; erano molto simili; forse anche troppo: infatti, al nipote del manager gli ci erano voluti solo pochi secondi per capire che l'altro era strano.
Si avvicinò un po' di più all'altro per poter studiare meglio i suoi occhi: anche se erano coperti dalle lenti verdi, si notava con grande facilità che non aveva più la loro caratteristica luce che incantava chi li guardava.
Sospirò, triste: da quando erano andati alle prove, il suo amico non aveva fatto altro che incupirsi sempre di più; sperava che prima dell'inizio del programma si riprendesse ma, vedendo come si sforzava di sorridere, capì che non gli sarebbe passata in fretta.
Colto da un momento di irrefrenabile tenerezza, lo abbracciò forte, sussurrandogli ad un orecchio:
“Ed, che ti succede? Come mai sei triste?”
“É-é così evidente?”
“Abbastanza...”
Edward, sentendosi scoperto, si strinse ancora di più a Tae Joon, dicendo a bassa voce:
“TJ aiutami...non so più cosa fare...”
“È successo qualcosa?”
Edward, annuì; si sentiva perso, tradito dal suo stesso corpo; nel mezzo di una crisi di panico, disse:
“Il mio cuore stamattina mi ha fatto un paio di brutti scherzi...e ora non so se debba andare in ospedale o no...”
L’altro a quelle parole iniziò a preoccuparsi; temeva veramente per la salute dell’amico; gli diede qualche pacchetta sulla schiena per cercare di tranquillizzarlo; poi, tentando di non sembrare impaurito, disse:
“Ed...Ed, guardami...cosa intendi con ‘brutti scherzi’?”
Edward, allora, respirò profondamente; aveva una gran paura di avere qualche strano morbo incurabile; forse stava esagerando ma, fin da quando era piccolo, suo padre gli aveva sempre detto di non sottovalutare i segnali che gli lanciava il suo corpo; di solito era abbastanza sicuro delle sue condizioni fisiche ma stavolta proprio non lo capiva.
Si prese qualche secondo per calmarsi e poi rispose:
“Questa mattina...il mio cuore perdeva dei battiti e non so il perché...”
“Ok, mantieni la calma...pensaci bene...cosa stavi facendo quando ti è successo?”
“Niente...stavo parlando con Minho della loro partenza...”
TJ, a quelle parole, tirò un sospiro di sollievo, accennando ad una piccola risata.
Pensò:
“Possibile che non ci sia ancora arrivato?”
Lo abbracciò un’altra volta, nel mezzo di una grossa risata; il suo comportamento non era proprio rispettoso nei confronti dell’altro ma, proprio non aveva potuto farne a meno; Edward era un ragazzo in gamba ma quando si trattava di cose del genere non ci capiva assolutamente niente.
Desideroso di aiutare l’altro, sciolse l’abbraccio e lo invitò a sedersi su una delle sedie che gli scenografi si erano dimenticati di portare sul palcoscenico; poi, non appena lo studente si sedette, si mise in ginocchio davanti a lui; non sapeva esattamente come affrontare il discorso: non era una cosa esattamente facile di cui discutere.
Pensando di aver trovato le parole giuste, disse:
“Ascolta...tu non hai nulla che non vada...è solo il tuo cuore che cerca di parlarti...vedi: ci sono cose che a volte non riusciamo a cogliere ma che la nostra anima capisce...”
“Che vuoi dire?...non riesco a seguirti...”
Respirò profondamente; non pensava che sarebbe stato così difficile.
“Quello che stavo cercando di dirti è che...forse...il tuo cuore ha perso dei battiti perché hai una gran paura di perderlo...”
Ed si sforzava di capire ma proprio non capiva.
Perché gli stava dicendo queste cose?
Prima che potesse dire qualcosa, i due ragazzi sentirono una voce fuori campo dire:
“Attenzione, attenzione...l’intervista sta per finire...Tae Joon e David raggiungano il retro dello schermo luminoso...cinque minuti all’esibizione...”
Lo studente, fece una smorfia di disgusto: con tutti i nomi inglesi che ci sono, proprio ‘David’ doveva essere il suo nome d’arte.
Si alzò dalla sedia, frastornato; ancora non riusciva a capire il senso del discorso di TJ; decise di rimandare la questione a dopo lo spettacolo: non era il caso di aggiungere altri dubbi a quelli che già aveva; si sistemò il microfono all’orecchio, mettendosi accanto all’amico dietro a quell’enorme televisore formato da centinaia di luci al led.
Era veramente molto agitato ma, allo stesso tempo, elettrizzato; provava un sacco di emozioni contrastanti che, stranamente, gli davano una forza incredibile; gli sembrava quasi di essere in grado di sollevare un auto.
Che fosse questa l’energia di cui parlavano sempre i suoi Big Brothers?
 
“Ehi ragazzi, posso farvi una domanda? Cosa si prova ad esibirsi davanti a migliaia di persone?”
“Da dove comincio? È una sensazione veramente incredibile...è come se tutto il resto sparisse...sei solo tu e la musica...”
“È come se la tua anima prendesse il sopravvento...”
 
Ad un certo punto, il pannello davanti a loro si aprì, svelando l’immenso pubblico che li guardava stupiti.
Ed deglutì intimorito; c’era fin troppa gente a fissarlo; poi, quando gli sembrava di stare un po’ meglio, la presentatrice annunciò:
“E per concludere questa fantastica intervista...accogliamo una delle nuove scoperte della SM Entertainment che ci canterà qualcosa...ecco a voi David!”
Il ragazzo, sgranò gli occhi: perché presentava solo lui? Non doveva esibirsi con Tae Joon?
Si girò verso l’amico per chiedere spiegazioni; solo in quel momento si accorse di essere lì tutto solo; soffocò un urlo di esasperazione: lo aveva preso in giro; non dovevano fare un duetto; era solo una scusa per convincerlo a cantare; sperava di essersi sbagliato; purtroppo, però, dei ballerini presero posizione di fronte a lui, confermando le sue teorie.
Pensò:
“Beh, almeno adesso so cosa devo cantare...TJ, ti giuro che questa me la paghi!!!”
Infuriato a morte, si mise in posizione aspettando che la musica partisse; il pubblico, intanto, continuava ad applaudire, mettendolo ancora di più in agitazione; lanciò un’occhiata verso la sua sinistra: gli SHINee erano tutti lì in riga a chiedersi chi fosse il fantomatico ragazzo che stava per esibirsi; sorrise: non sapeva il perché, ma gli ricordava tanto il loro primo incontro.
Volendo fargli capire che era lui, alzò le maniche della giacca, scoprendo il suo amato bracciale bianco di pelle; sperava tanto che lo vedessero; il palco, purtroppo, era tutto buio e non poteva essere sicuro che lo avessero visto; per fortuna, Taemin lo vide e, quasi in preda ad un infarto, iniziò a saltellare dicendo agli altri la sua scoperta.
La musica, allora, partì e Ed fece i primi passi della coreografia.
Una cosa era sicura: dopo quella sera la sua vita sarebbe cambiata per sempre; soprattutto, perché, nel bel mezzo della canzone, lo studente pensò:
“Oh, cavolo! Ecco cosa voleva dirmi Tae Joon...”
 
Nei panni dell’autore che teme la vostra reazione
C-ciao...come va?
*avanza intimorito temendo di essere ammazzato*
Sì, lo so che vi avevo detto non sarebbe mai successo nulla tra Minho e Edward ma...ho mentito xD ahahahahahahahahahah xD
La verità è che mentre scrivevo la storia ho notato che il ranocchio era troppo...come dire...mestruato per non essere minimamente interessato a Little Brother xD ahahahahahahahahahah xD
Perciò ho deciso di esaudire una richiesta che mi hanno fatto molte lettrici e ho ridato speranza alla EdHo <3
Arrabbiate? Spero di no *^*
E i due piccioncini? Riusciranno a stare insieme?
Chissà? xD
Grazie ancora a tutti quelli che hanno letto la storia e grazie a quelli che recensiranno il capitolo ^^
Per favore, lasciatemi un piccolo messaggino...ci terrei tanto a sapere la vostra opinione *^*
Oh, quasi me ne dimenticavo...tanti auguri agli SHINee che sono insieme da sette anni <3
A presto:)
*saluta con la manina*

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Capitolo 19
*** Senza risposta ***




Sveglia alle 6:50.
Questa, di solito, era la routine di Edward; o almeno, lo era prima d’incontrarli.
Prima che quei cinque ragazzi arrivassero, aveva una vita tranquilla: le sue giornate erano scandite in base a scuola, casa e lavoro; quando si svegliava alla mattina, sapeva già come sarebbe andata la giornata.
Adesso, invece, era tutto diverso.
Alla mattina, raramente indovinava cosa sarebbe accaduto; poteva provare a fare mille ipotesi ma mai nessuna era corretta; la verità era che gli SHINee erano come un terremoto: distruggevano tutto ciò che incontravano; rompevano ogni equilibrio, ridisegnano i confini, creavano nuovi legami; infatti, da quando li conosceva, non avevano fatto altro che demolire tutte le sue certezze; non se ne salvava nessuna; non importava se fosse una cosa stupida o una cosa basilare, loro ne stravolgevano le regole.
Non pensava che delle persone potessero avere quella capacità: sembrava quasi che, piano piano, giorno per giorno, un pilastro della sua vita andasse in frantumi, lasciandolo fragile e confuso.
Non aveva mai provato tante emozioni nel giro di poche settimane; aveva pianto; aveva esultato; aveva riso; si era arrabbiato; ormai credeva di aver sperimentato tutti i sentimenti fino ad oggi conosciuti; alcuni lo avevano rafforzato, mentre altri avevano indebolito le sue difese.
Per fortuna, i cantanti, anche se stavano rompendo tutti i suoi equilibri, c’erano sempre stati per lui; non lo avevano mai abbandonato: se aveva bisogno di aiuto, accorrevano a salvarlo; se era triste, lo facevano ridere con delle battute orribili; e se stava male, si trasformavano in infermieri pronti a curarlo con coccole e abbracci; adorava quei ragazzi; ormai facevano parte della sua vita e non riusciva più ad immaginarla senza di loro.
Temeva il momento della loro partenza.
Continuava a chiedersi:
“Ce la farò a dirgli addio? Li vedrò ancora?”
Come al solito, non riusciva a darsi una risposta.
Durante tutto quel tempo, aveva avuto modo di immaginare molti scenari per il loro addio: era partito dal classico “a mai più rivederci” che non lascia spazio a rapporti futuri, per arrivare ai più felici “arrivederci” che promettevano tanti messaggi e videochiamate ogni settimana; non sapeva come sarebbe andata a finire; lo avrebbe scoperto solo al momento dei saluti e la cosa lo spaventava molto.
Per i primi tempi, solo una cosa riusciva a distrarlo abbastanza dal pensarci: la consapevolezza di essere innamorato di una ragazza già fidanzata.
Sapeva che non avrebbe mai potuto avere una possibilità con lei, ma a lui bastava esserle accanto; lo faceva stare bene; forse, se lo avesse saputo qualcuno, gli avrebbe detto che era un masochista cronico e che, continuando a vivere vicino a lei, si stava facendo solo del male ma a lui non importava; se la cosa lo faceva vivere sereno, perché rinunciarci?
Adesso, però, anche quell’ultimo caposaldo era svanito e tutto per colpa di uno sguardo.
 
Era nel bel mezzo della coreografia e il pubblico stava applaudendo entusiasta; iniziava a sentirsi meglio: non era poi così male esibirsi davanti a centinaia di persone.
All’improvviso, il suo cervello tornò al discorso che gli aveva fatto Tae Joon qualche minuto prima; solo in quel momento ne capì il senso; sgranò gli occhi per la sorpresa.
Pensò:
“Oh, cavolo! Ecco cosa voleva dirmi Tae Joon...ma allora io...sono innamorato di Minho?! No...non è possibile...non può avere ragione, no!”
La canzone, ad un certo punto, finì e con lei anche l’esibizione; i ballerini si erano buttati a terra mentre Ed era in piedi a guardare negli occhi il pubblico; era esausto, quasi non si reggeva in piedi; respirava affannosamente e le mani tremavano, però, non si era mai sentito così vivo.
Finalmente capiva perché i suoi Big Brothers adorassero tanto esibirsi.
Fece un piccolo inchino, stando bene attento a non far cadere la parrucca; durante la coreografia aveva rischiato di perderla almeno un paio di volte; non ci teneva a rimanere senza capelli proprio adesso; la platea, intanto, non la smetteva più di applaudire; si sentiva molto fiero di sé stesso: credeva veramente di non farcela e, invece, se l’era cavata egregiamente.
Pensò:
“Magari mi avessero visto i miei genitori...”
Stava per andarsene quando, nel bel mezzo di quel trambusto, incrociò lo sguardo di Minho: lo stava fissando con un’espressione indecifrabile; non riusciva a capire se fosse felice o arrabbiato.
In quel momento, il suo cuore fece una capriola; gli sembrava quasi di star soffocando; era abbastanza preoccupato: che ce l’avesse con lui?
Si rattristò molto; non voleva ferirlo; era stato il Signor Choi Jin a dirgli di mentire.
Poi, mentre era ancora ipnotizzato dagli occhi dell’altro, gli sembrò quasi di essere colpito da una scossa elettrica, molto simile a quella che aveva sentito tra le braccia del più grande il giorno prima.
Che Tae Joon avesse ragione?
Che quella scossa fosse solo il modo con cui il suo cuore cercava di parlargli?
Accennando a due ultimi inchini, uscì dalla scena e si precipitò in bagno a togliersi la parrucca, che gli sembrava essere diventata strettissima.
 
Ora era mattina e Edward si stava rigirando tra le coperte; quella notte non aveva dormito per niente: era ancora sconvolto dalle centinaia di emozioni che aveva provato durante lo spettacolo; la sua testa, poi, era affollata di pensieri e di dubbi; continuava a chiedersi se l’altro potesse avere ragione; se quella che considerava una grande amicizia fosse invece qualcosa di più.
Il tempo passava e lui era sempre più confuso; continuava a pensare:
“E adesso? Che devo fare?”
Era disperato: non sapeva più dove sbattere la testa.
Cosa sarebbe potuto accadere?
Come faceva a sapere se quello che sentiva era vero o era solo una suggestione?
Nella confusione più totale, aveva persino considerato la sindrome di Stoccolma, scartandola immediatamente: il ranocchio non lo aveva mica rapito.
All’improvviso, sentì la porta aprirsi; pensò:
“Oh no, mi ci mancava il buongiorno di Minho!”
Sconsolato si girò verso l’entrata della camera, rimanendo spiazzato: non c’era nessuno lì davanti; provò a guardarsi intorno per capire dove potesse essere; nulla: la stanza era troppo buia e non riusciva vedere niente; non era per niente tranquillo: aveva il presentimento che sarebbe successo qualcosa di brutto.
Provò, allora, ad alzarsi: era ancora troppo scuro: continuava a non vedere niente oltre ad un palmo del suo naso; seccato, si diresse verso l’interruttore per accendere la luce; non sopportava più quell’oscurità, che diventava più opprimente ad ogni minuto che passava; stava quasi per schiacciare il pulsante, quando qualcuno lo afferrò da dietro, scaraventandolo sul letto del rapper.
Era terrorizzato: che cosa stava succedendo?!
Poco dopo, il misterioso individuo divaricò le gambe del più piccolo, mettendosi in mezzo; il minore sbarrò gli occhi per la paura: ormai, era certo che fosse un pedofilo oppure un ladro che, non avendo trovato nulla di quello che cercava, aveva deciso di prendersela con lui.
Sempre più spaventato, tentò di chiedere aiuto ma l’altro gli mise una mano sulla bocca, impedendogli di emettere alcun suono; provò a dimenarsi e a scalciare ma l’intruso era troppo forte; doveva essere davvero molto muscoloso: Ed, anche se cercava di nasconderlo, era abbastanza aitante grazie al pattinaggio; poi, come se la situazione non fosse già abbastanza terrificante, quel qualcuno aveva iniziato ad abbassare la testa verso la sua; ormai erano chiare le sue intenzioni.
Il povero Edward, rassegnato a quello che sembrava essere il suo destino, girò il volto da un’altra parte per evitare che lo sconosciuto profanasse le sue labbra; frenava a stento le lacrime; pensò:
“Allora saranno questi i miei titoli di coda...”
Il tempo scorreva e i loro volti erano sempre più vicini; Ed, allora, ancora speranzoso di salvarsi, disse sottovoce:
“Ti prego...non farmi del male”
L’altro, in quel momento, scoppiò a ridere, nascondendo il viso nell’addome dello studente; disse:
“Perdonami Little Brother...ma la tentazione di farti uno scherzo del genere era troppo forte...”
Il minore sgranò gli occhi; vuol dire che era tutto uno scherzo?!
Piegò leggermente il capo per poter vedere meglio chi c’era davanti a lui; non poteva credere ai propri occhi: il fantomatico intruso era Minho!
Arrabbiato a morte, lo spinse via, urlando:
“YOU’RE SUCH AN IDIOT! STAVO QUASI PER FARE UN INFARTO!!! MA TI SEMBRANO SCHERZI DA FARE?! ”
Il ranocchio non lo aveva degnato di risposta; continuava a ridere senza prestare alcuna attenzione al suo fratellino; si sedette sul letto accanto a lui; non pensava di riuscire ad arrivare fino in fondo con lo scherzo ma, per qualche strana ragione, ce l’aveva fatta.
Si girò per abbracciarlo ma, purtroppo, l’altro non voleva nemmeno stargli vicino; infatti, Edward, imbufalito nero, si era alzato e, incenerendolo con lo sguardo, si stava dirigendo verso la porta.
Prima che potesse uscire dalla stanza, lo afferrò per un braccio, tirandolo a sé e stringendolo forte per non farlo scappare; l’imitatore, ancora arrabbiato, provò a ribellarsi ma l’altro, ogni volta che riusciva a sfuggirgli, lo riafferrava.
All’improvviso, il più grande disse:
“Dai piccolo scusa...non volevo farti arrabbiare...era soltanto uno scherzetto...”
“E ti sembrano scherzi da fare?! Pensavo che mi volessi violentare!”
“Sì lo so...per favore, perdonami...”
Il minore sbuffò, esasperato; possibile che il rapper non riuscisse capire che non era in vena di giocare?
Si girò da un’altra parte, gonfiando le guance; era veramente indignato: lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere ad un’altra persona; Minho, intanto, lo guardava con un’espressione malinconica: non lo voleva spaventare; era solo una piccola vendetta per pareggiare i conti; aveva pensato che Ed, avendogli mentito sull’audizione, si meritasse una punizione; non aveva nemmeno considerato l’ipotesi che potesse scambiarlo per uno stupratore; avrebbe dovuto attenersi al piano iniziale: fargli il solletico mentre dormiva.
Sentendosi in colpa, lo abbracciò ancora più forte, dandogli dei piccoli baci tra i capelli; voleva scusarsi ma non sapeva esattamente come fare; poi, pensandoci bene, trovò le parole perfette; appoggiò la testa sulla spalla del minore e, sussurrandogli all'orecchio, disse:
“Edward, please...forgive me...”
Lo studente sbarró gli occhi per la sorpresa: gli aveva appena chiesto di perdonarlo in inglese; gli venne quasi da piangere: nessuno lo aveva mai fatto per lui; di solito, tutti davano per scontato che bastasse dirlo in coreano; che fosse la stessa cosa; invece, per lui non era affatto così; a suo parere, era una dimostrazione di grande rispetto chiedere scusa a qualcuno nella sua lingua d’origine.
Intenerito, si girò a guardarlo: era ancora appoggiato sulla sua spalla; aveva lo sguardo da cane bastonato: si vedeva che si era pentito di quel dispetto; lo abbracciò; probabilmente aveva esagerato; in fin dei conti, il cantante non lo aveva fatto con cattiveria; si strinse ancora di più a lui, dicendo:
“Solo se tu perdoni me...ho ingigantito la cosa...non avrei dovuto reagire così...”
“No, avevi ragione tu...mi sono comportato da stupratore...”
I due, allora, scoppiarono a ridere; proprio non ce la facevano a litigare per tanto tempo; si volevano troppo bene.
Rimasero così per un po' l'uno tra le braccia dell'altro; continuavano a chiacchierare di tutto quello che gli passava per la mente.
Erano in perfetta armonia: ormai si completavano le frasi a vicenda.
Solo i loro battiti non riuscivano a trovare un compromesso: quello del rapper era sempre più accelerato mentre quello di Ed era incostante; passava da momenti in cui il suo cuore sembrava voler uscire dal suo petto, a momenti in cui gli sembrava di non sentirlo più battere; continuava a chiedersi:
“Che io sia veramente innamorato di lui?”
Forse gliene avrebbe dovuto parlare ma, purtroppo, non ne aveva il coraggio; cosa avrebbe dovuto dirgli?
Non era certo nemmeno lui di cosa stesse provando.
Per tutta la sua vita era stato etero e ora non sapeva più come definirsi; che fosse bisex?
Proprio non lo sapeva; insomma, non gli veniva da sbavare ogni volta che vedeva dei ragazzi e non cercava nemmeno di avere il loro numero; d’altro canto, però, non si comportava così neanche con le ragazze; infatti, da qualche tempo, vedere una ragazza non gli faceva né caldo né freddo; lo lasciava completamente indifferente.
Invece, quando stava insieme al suo Big Brother, era come se tutto il mondo si fermasse; l’unica cosa che riusciva a sentire era la sua voce; come se non bastasse, da qualche tempo, quando stava accanto a lui gli sembrava quasi di rincretinire; era senza dubbio colpa dei suoi occhi marroni così penetranti; e poi dicevano che erano quelli dello studente ad essere magnetici.
Non aveva mai provato una cosa del genere in vita sua; era qualcosa di molto intenso e particolarmente forte; come se qualcuno gli stesse dando dei pugni nello stomaco; quello che sentiva per Aiko, in confronto a questo, non era praticamente niente; quando era con lei, al massimo gli tremavano le gambe.
Con Minho era tutto amplificato.
Che fosse quella la sensazione che si prova a stare affianco alla persona che ami?
Glielo doveva dire; quando il cantante aveva avuto lo stesso problema, era stato sincero e gliene aveva parlato; in qualche modo, aveva trovato il coraggio di ammettere il suo dubbio e di rivelarlo a qualcuno; se non voleva diventare pazzo, doveva ingoiare il rospo e vuotare il sacco; non poteva fare altro.
Cercando di non agitarsi, disse:
“Minho, ti dovrei dire una cosa...”
“Ti ascolto...”
Prese un respiro profondo; tremava come una foglia e la voce usciva come un piccolo sussurro; non pensava che sarebbe stato così difficile dire la verità; temeva ogni possibile reazione dell’altro.
E se si fosse arrabbiato?
E se lo avesse odiato? E se si fosse messo a ridere?
Spaventato, abbassò lo sguardo verso il pavimento, balbettando:
“M-Minho...i-io...”
“Ragazzi vi date una mossa...tra poco dobbiamo partire...”
Sobbalzò per lo spavento: gli ci mancava solo qualcuno che entra senza bussare; stava per farsela addosso dalla paura; quella non era assolutamente la sua giornata fortunata; non aveva più dubbi su questo; sarebbe stato meglio se avesse dormito tutta la mattina: avrebbe evitato molti problemi; si girò, ancora stordito, e vide che sulla porta c’era Taemin che li guardava con un’espressione interrogativa.
In quel momento, riuscì a recuperare lucidità: era come se, fino a quell’istante, fosse stato sotto ipnosi; solo ora si rese conto di quello che stava per dire:
“Minho, io credo di amarti...”
Sul serio stava per dire una cosa del genere?
Senza accorgersene, si portò una mano alla bocca; non poteva credere di averlo pensato veramente; per fortuna Tae era entrato a chiamarli: una parola in più e avrebbe rischiato di rovinare la loro amicizia.
Aveva veramente raggiunto il limite: quando uno si innamora dovrebbe essere felice; non dovrebbe spaventarsi ogni due per tre; ma, pensandoci bene, era veramente innamorato di lui o era solo una stupida infatuazione?
Era veramente sicuro di quello che sentiva nei suoi confronti?
Non ce la faceva più: ogni volta che gli sembrava di aver trovato la risposta a tutte le sue domande, questa gli sfuggiva, facendolo precipitare in un baratro di inquietudine e confusione.
All’improvviso, sentì il Maknae chiedere:
“È tutto ok? Ho interrotto qualcosa?”
Ed, allora, per evitare che Minho dicesse qualcosa, rispose velocemente, dicendo:
“No no tranquillo...tutto a posto...ora ci prepariamo...”
“Va bene...noi vi aspettiamo in salotto....”
Il cantante, quindi, uscì dalla camera, lasciandoli nuovamente da soli.
Lo studente saltò subito in piedi e corse a raccogliere il suo bagaglio; quella mattina sarebbero tornati al condominio di Ed per gli ultimi giorni di convivenza; anche se era felice di andare a casa, allo stesso tempo, era davvero molto triste: non voleva dire addio a quei ragazzi.
Mentre stava mettendo via i suoi vestiti, Minho gli si avvicinò, appoggiandogli una mano sulla spalla; gli chiese:
“Ehi fratellino, cosa volevi dirmi prima?”
“Cos...oh, no...nothing...non ti preoccupare. Adesso sbrigati...la prossima volta potrebbe venirci a chiamare Key...”
 
-  Un paio di ore dopo -
 
I sei ragazzi entrarono nel loro appartamento, agonizzanti.
Non gli era mai capitato di trovare così tanto traffico tutto in una volta.
Ancora sconvolti dal viaggio in macchina, i cinque cantanti si buttarono sul divano di Edward, desiderosi di riposare un po’; erano veramente molto stanchi; non erano certi se fosse stata colpa delle lamentele di Taemin o la lunga attesta per trovare parcheggio, ma quello era stato senza dubbio il percorso più faticoso della loro vita.
Mentre gli SHINee si uniformavano al mobilio, lo studente era andato in camera sua per disfare la sua valigia; a differenza dei suoi coinquilini, lui non era molto stanco; forse le ore di sonno in più lo avevano avvantaggiato.
Dopo aver messo via l’ultimo paio di pantaloni, richiuse le ante dell’armadio; gli sembrava così strano essere di nuovo nella sua stanza; quegli ultimi giorni a Seoul, in qualche modo, lo avevano cambiato: non era più il ragazzo timido e insicuro di un tempo; aveva più fiducia in se stesso e nelle sue capacità; senza poi contare che stava per firmare un contratto discografico; non era una cosa da tutti i giorni.
Era talmente felice; niente avrebbe potuto rovinargli il buonumore.
Bzz....bzzzz....
In quel momento, una sua tasca dei jeans iniziò a vibrare; un po’ sorpreso, il ragazzo estrasse il cellulare immaginando che qualcuno lo stesse cercando; guardò lo schermo e quasi gli venne un colpo: era Aiko.
Era molto agitato; temeva quello che avrebbe potuto dire la ragazza; l’altra volta gli aveva annunciato che il suo ragazzo, Zack, sarebbe venuto in Corea; chissà cos’era successo stavolta?
Titubante, rispose al cellulare, dicendo:
“Ehi, Aiko, è bello sentirti.”
“Ciao, Eddy...”
Ecco appunto; la telefonata non era neanche cominciata e già lo chiamava ‘Eddy’; questa volta era successo sicuramente qualcosa di grave; purtroppo, però, non sapeva ancora cosa; si passò una mano sul viso, continuando ad ascoltare la sua amica, che gli chiese:
“...senti, ma...quando torni?”
Più la ascoltava, più si agitava; quel dialogo era troppo enigmatico per i suoi gusti; cercando di non far capire all’altra che era preoccupato, rispose:
“In realtà, sono appena tornato...ho già disfatto le valigie...”
“Davvero?”
“Si...ma...perché me lo chiedi?”
“No, niente...è che...Zack è arrivato ieri e, come ti ho detto, vorrebbe conoscerti...”
Il ragazzo, quando sentì ‘Zack’, perse l’equilibrio in un attacco di Onew Condition; per fortuna, riuscì ad appoggiarsi al letto, evitando di farsi male.
Doveva ancora metabolizzare la notizia; il ragazzo di Aiko era arrivato; e voleva incontrarlo; provava sensazioni molto contrastanti: da una parte una forte allegria, dall’altra, invece, un’intensa agitazione; ma la cosa che lo sorprese di più fu che non aveva pensato:
“Ecco, devo incontrare il ragazzo che vuole portarsi via l’amore della mia vita!”
Bensì:
“E se non gli piaccio? Non voglio essere antipatico al suo fidanzato...”
Era sconvolto; era veramente questa la sua paura più grande? Non piacergli?
Ancora stentava a crederci; cosa gli era successo a Seoul?
“Ed...Ed, ci sei ancora?”
Riprendendosi quel tanto che basta, disse:
“Si si ci sono...quando vorrebbe incontrarmi, scusa?”
“Beh, se è possibile anche oggi...”
Oggi?! Ma stiamo scherzando?!
Non era ancora pronto per affrontare una cosa del genere; poi, però, ci rifletté meglio e comprese che doveva farlo; andare a conoscere quel ragazzo era l’unico modo per mettere chiarezza una volta per tutte nella sua testa; prese un respiro profondo, per infondersi coraggio.
Chiese:
“A che ora?”
“Ti va bene veramente?”
“Certo.”
“Grazie grazie grazie...ci vediamo in centro tra un’ora...ti adoro, lo sai?”
“Sì, lo so...a dopo.”
Riattaccò, esasperato: quella giornata, per lui, era diventata un vero e proprio calvario; a ripensarci adesso, lo scherzo di Minho era stata la cosa più piacevole della giornata; si lasciò andare all’indietro sul materasso, rilasciando un urlo strozzato; avrebbe voluto sfogarsi, urlando a squarciagola e distruggendo qualcosa; purtroppo, in quel momento, non ne aveva la forza.
Dopo un po’, sentì Key chiamarlo, dicendogli che il pranzo era pronto; si alzò dal letto, recuperando il cellulare che era finito tra i cuscini; guardò l’orologio attaccato alla parete, sussurrando:
“Manca solo un’ora...devo cercare di essere forte...”
 
- Più tardi in centro -
 
Mancavano solo cinque minuti all’incontro e Edward era agitatissimo.
Non si sentiva per niente tranquillo: Aiko non era stata affatto chiara su quello che avrebbero fatto; l’unica cosa che sapeva era che doveva trovarsi in centro; per fortuna, la ragazza aveva avuto la decenza di mandargli un messaggio con scritto dove incontrarsi; secondo quello che gli aveva detto, doveva andare al parco pubblico e aspettarli sotto la grande quercia che si trovava dalla parte opposta all’ingresso.
Arrivò nel luogo prestabilito con qualche minuto di anticipo; forse avrebbe dovuto partire più tardi ma era talmente teso che non ce l’aveva fatta ad aspettare ed era partito troppo presto, correndo per le strade della sua città; sconsolato si sedette su un gradino della fontana che si trovava lì vicino e aspettò.
Passarono alcuni minuti; il giardino, piano piano, aveva iniziato a riempirsi di persone; il ragazzo, allora, iniziò a guardarsi intorno nel tentativo di vedere arrivare Zack e Aiko; un leggero soffio di vento, nel frattempo, gli stava scompigliando i capelli, regalandogli una dolce sensazione di benessere.
All’improvviso, sentì qualcuno dire:
“Dai sbrigati...siamo in ritardo...”
“Va bene amore, ma sta’ tranquilla...siamo in perfetto orario...”
Si voltò nella direzione dalla quale provenivano le voci e vide Aiko che tirava per un braccio un ragazzo alto con i capelli castani; quello doveva essere di sicuro il famoso Zack; si mise di nuovo in piedi e, agitando le braccia, disse:
“Ehi, Aiko, sono qui...”
La ragazza, sentendosi chiamare, si girò e, non appena vide lo studente, iniziò a correre verso di lui; quando fu ad un passo dal ragazzo, gli saltò addosso, abbracciandolo; Ed la strinse forte, tenendola incollata a lui per non farla cadere; si aspettava di sentire le farfalle nello stomaco o le gambe tremare ma, niente; non aveva sentito nulla; era come un qualsiasi altro abbraccio: bello, affettuoso ma non da far venire i brividi o le scosse elettriche come gli succedeva con il rapper.
Dopo qualche secondo, pose fine alla stretta, sorridendo all’amica; disse:
“Ciao, Aiko...non pensavo di esserti mancato così tanto...”
“Dai non prendermi in giro...lo sai che per me sei come un fratello...”
A quel punto, l’altro ragazzo si avvicinò ai due e con un tono abbastanza formale, disse:
“Ciao io sono Zack...lieto di conoscerti...”
“Piacere...io sono Ed...”
I tre, dopo le dovute presentazioni, decisero di andare a bere qualcosa insieme per conoscersi un po’ meglio perciò, senza perdere altro tempo, si diressero verso il bar più vicino, continuando a chiacchierare del più e del meno.
Qualche minuto dopo, erano già seduti ad un tavolino di un locale molto carino che non si trovava molto lontano dal parco; tra i ragazzi c’era ancora un po’ di imbarazzo: in fin dei conti, lui e il fidanzato di Aiko si conoscevano da pochissimo tempo; la ragazza, ogni tanto, lanciava un argomento di discussione per riuscire a far aprir bocca agli altri due.
All’inizio, la cosa sembrò funzionare ma, ad un certo punto, Aiko disse:
“Vado un secondo in bagno...”
Ed, a quelle parole, si innervosì; non sapeva come avrebbe fatto a sopravvivere con quel ragazzo, all’apparenza perfetto, che lo scrutava quasi lo considerasse un alieno appena atterrato sulla Terra; lo studente provò ad implorare con gli occhi la sua amica di non andarsene; lei, però, non colse i segnali e si alzò dal tavolo, dirigendosi verso i bagni.
Sbuffò, nascondendo la bocca dietro al menù che era appoggiato accanto a lui; immaginava che potesse succedere una cosa del genere ma non si era minimamente preparato; di cosa poteva parlare con lui?
Non sapeva nemmeno quali fossero i suoi interessi.
L’altro, intanto, continuava a fissarlo, mettendolo a disagio; avrebbe voluto chiedergli perché lo stesse studiando ma non voleva essere scortese; all’inizio, provò a far finta di niente e la cosa sembrò funzionare; in qualche modo, avevano raggiunto un equilibrio: Zack lo fissava con insistenza, mentre lui lo ignorava, giocando con il cellulare.
All’improvviso, il suo nuovo conoscente disse:
“Ti immaginavo diverso, sai?”
Alzò lo sguardo, confuso.
“Come, scusa? Che intendi con ‘diverso’?”
“Diverso...Aiko, quando mi parlava di te mi diceva sempre che eri un po’ timido e che difficilmente esternavi le tue emozioni davanti ad altre persone...non so...ora che ti vedo...non mi dai questa impressione...”
A quella affermazione, Ed sorrise; in effetti, da qualche tempo era cambiato molto e per questo doveva ringraziare i suoi nuovi fantastici coinquilini.
In quel momento, arrivò la cameriera con le loro ordinazioni; i due ragazzi fecero un cenno con la testa in segno di ringraziamento alla ragazza, che si congedò in fretta per tornare dietro al balcone; lo studente prese in mano la sua tazza, guardandone il contenuto; aveva ordinato del tè verde; fin da quando era bambino, sua mamma glielo faceva bere tutte le volte che lo vedeva triste; la fece ondeggiare, creando delle piccole increspature sulla superficie del liquido.
“Allora non sei poi così diverso dalla sua descrizione...”
Alzò un’altra volta lo sguardo, per incontrare quello del ragazzo davanti a lui; chiese:
“What?”
“So che quando sei agitato bevi sempre il tè verde...”
Sapeva anche questo?
Certo che Aiko proprio non conosceva il significato della parola ‘privacy’.
Bevve un sorso della sua bevanda e poi disse:
“Ok...oltre ad averti fatto una mappa dettagliata delle mie abitudini e del mio carattere...cosa ti ha detto su di me?”
Zack, sentendo la sua domanda, si sistemò meglio sulla sedia, rise; dopodiché, prendendo in mano il suo succo d’arancia, rispose:
“Mi ha detto che sei un ragazzo dal cuore d’oro...che daresti la tua vita per salvare quella sua e di Karen...che ami disegnare e che quello che non riesci a dire attraverso le parole lo trasmetti con i tuoi schizzi...che ami il pattinaggio...cose così...”
“Sì va bene...però così non vale...tu sai tutto di me e io, invece, non so praticamente niente di te...”
“Chiedimi qualcosa, allora? Risponderò a qualsiasi domanda...”
Edward, allora, pensò a quale domanda avrebbe potuto fargli; la curiosità era tanta: non vedeva l’ora di capire se era veramente così perfetto come credeva; le domande, infatti, non mancavano: si andava da quelle più stupide, come ‘Ma perfetti ci si nasce o si diventa?’, a quelle più profonde e di carattere più formale, ‘Se potessi rivivere una seconda volta un momento della tua vita, quale sceglieresti?’; alla fine, trovò la domanda giusta e, con un grosso sorriso stampato in faccia, chiese:
“Quando hai capito di essere innamorato di Aiko?”
L’altro rimase spiazzato; forse non si aspettava di dover affrontare quell’argomento; bevve un sorso di succo e poi, fissando lo studente dritto negli occhi, rispose:
“L’ho capito qualche giorno prima della vostra partenza...ero nella mia camera a parlare con lei al telefono...quando ha pronunciato la parola ‘partenza’, il mio cuore ha smesso di battere...all’inizio non capii...solo dopo mi resi conto che la amavo...prima tendevo sempre a farmi troppe domande su tutto ma da quel giorno, ho capito che alcune domande non hanno risposta...o almeno...non la trovi con la testa...l’unica cosa che puoi fare è lasciarti guidare dal tuo cuore...”
Detto questo, si portò il bicchiere alle labbra e bevve qualche sorso del liquido che c’era all’interno.
L’imitatore annuì a se stesso; a quanto pare lui e Zack sentivano le cose allo stesso modo; stando così le cose, lui non era assolutamente innamorato di Aiko; tirò un sospiro di sollievo: non gli era mai andata giù l’idea di non poter essere felice per la sua amica; sorrise: finalmente non avrebbe più avuto problemi a parlare con lei dei ragazzi che le piacciono e magari, un giorno, se glielo avesse chiesto, avrebbe potuto farle da testimone alle sue nozze.
Sempre più felice, disse:
“Sai, Zack...sono sicuro che voi due starete insieme per molto tempo...è la prima volta che vi vedo insieme ma mi sembrate una splendida coppia...”
“Oh, Eddy, grazie...non sai quanto ci tenevo alla tua opinione...”
A quelle parole, il ragazzo si voltò e vide che l’amica era tornata dal bagno e gli aveva appoggiato una mano sulla spalla; sorpreso, chiese:
“Aiko ma quando sei tornata dal bagno?”
“Qualche secondo fa...giusto in tempo per sentirti dire che saremo felice insieme...”
Il resto del pomeriggio passò in fretta; tutta l’agitazione e l’imbarazzo iniziale erano scomparsi; cominciarono a parlare di un sacco di cose e più parlavano più scoprivano che i due ragazzi avevano un sacco di passioni in comune.
Quando arrivarono le 19:00, si salutarono, prendendo direzioni diverse.
Edward non vedeva l’ora di tornare a casa: voleva stare un po’ insieme ai suoi Big Brothers; ormai il giorno della partenza era sempre più vicino e ogni momento era prezioso; aveva preso la sua decisione: avrebbe cercato di sfruttare al meglio il tempo che gli era rimasto da passare insieme a loro, senza più farsi continuamente domande; non gli importava più cosa sarebbe successo dopo; in quel momento, tutto quello che voleva fare era vivere al massimo il presente.
“In effetti...” pensò “...alcune domande sono intriganti perché sono senza risposta.”

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Nei panni dell’autore

Ciaoooooooo ^^
*saluta agitando le braccia*
Finalmente sono riuscito a finire il capitolo e, come se non fosse già abbastanza dura, ho fatto anche due banner bonus ^^
Sono al settimo cielo :)
Però, allo stesso tempo, sono triste: questo qui è il terzultimo capitolo *-*
Non avrei mai immaginato di riuscire a finire questa storia...non ero nemmeno tanto convinto di pubblicarla xD ahahahahahahahahahah xD
Comunque, ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia e soprattutto ringrazio HikariKamishi, lagartischa e KuraiShitsuji che hanno recensito tutti i capitoli e che hanno sopportato tutti i miei numerosi scleri <3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ;)
Ci vediamo al prossimo ^^
Baci <3

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Capitolo 20
*** Addio ***




Era in centro a Seoul a girovagare per i negozi.
Ormai era passato un anno da quando gli SHINee se n’erano andati dal suo condominio e a lui mancavano molto; all’inizio avevano mantenuto i rapporti ma poi, un giorno, i cantanti non risposero più a nessuno dei suoi messaggi; avrebbe tanto voluto sapere perché lo avessero cancellato dalle loro vite in un modo così repentino; immaginava che sarebbe potuto succedere però sperava almeno che gli dicessero:
“Ci siamo stancati di te...non siamo più amici...”
O qualcosa del genere; tanto per mettersi l’anima in pace.
Continuava a guardarsi intorno, spiando l’interno dei negozi in cerca di qualcosa da comprare; forse le vetrine era un po’ troppo pretenziose per lui tuttavia, sinceramente, non gliene importava più di tanto.
All’improvviso, vide riflesso nella vetrina una sagoma alta e slanciata che passava proprio dietro di lui; si girò incuriosito: era Minho che stava camminando mentre parlava al cellulare; non poté fare a meno di sorridere: non era cambiato di una virgola; sospirando, tornò a guardare la vetrina, ripensando al tempo passato insieme; probabilmente quello era stato il periodo più bello della sua vita; peccato che, dopo tutto quel tempo passato insieme, quei ragazzi non si sarebbero neanche ricordati il suo nome.
Ad un certo punto, sentì qualcuno dirgli:
“Ehi, ma tu sei Edward.”
A quelle parole, lo studente si voltò, trovandosi  davanti il rapper che gli sorrideva; non capendoci più niente, chiese:
“Ma come? Ti ricordi sul serio di me?”
“Ma certo...come potrei dimenticare quell’idiota che pensava davvero di essere nostro amico...ancora ridiamo...sul serio credevi che ci importasse qualcosa di te?”
“W-What...?”
Il suo cuore si strappò in mille brandelli; con che coraggio gli stava dicendo una cosa talmente orribile; l’altro, intanto, era scoppiato a ridere, facendolo sentire ancora più stupido.
Come aveva potuto fidarsi di lui?
Come aveva potuto innamorarsi di lui?
Era andato completamente nel pallone; continuava a pensare:
“Perché mi stai facendo questo? Che cosa ti ho fatto di male?”
Nella confusione più totale, qualcuno gli disse:
“Edward...Edward, svegliati...è solo un incubo...”
Nel giro di pochi secondi, allora, il cantante sparì e una luce molto intensa lo avvolse, costringendolo a chiudere gli occhi; quando li riaprì, era nella sua stanza con Jonghyun che lo teneva per le spalle, nel tentativo di farlo svegliare; ancora sconbussolato, scosse la testa.
Quindi stava solo sognando?
Era tutto talmente reale.
Una volta Bae gli aveva detto che se, mentri dormi, vedi qualcosa di fin troppo realistico può essere che sia una sorta di visione dal futuro; all'inizio, pensava che fosse solo una stupida superstizione; non pensava che potesse essere vero; Adesso, però, iniziava a crederci anche lui.
Il più grande, intanto, continuava a guardarlo in apprensione; non lo aveva mai visto così agitato.
 
Era uscito un secondo dalla sua stanza per prendere un bicchiere d'acqua.
Quella notte non era riuscito a chiudere occhio; non ce la faceva più: il segreto di Minho stava diventando troppo insopportabile da custodire; non  riusciva a vedere uno dei suoi più cari amici soffrire come un cane.
Entrò nella cucina dello studente: ormai mancavano solo un paio di giorni alla partenza e perciò non si erano preoccupati di fare la spesa; non appena varcó la soglia, iniziò a sentire dei strani rumori provenire dalla camera del minore; non capendo, si precipitó a vedere cosa stesse succedendo; gli si spezzò il cuore: Ed si agitava nel letto spaventato; aveva i pugni serrati e i capelli erano appiccicati alla fronte per il sudore.
 
Per fortuna, non gli ci volle molto a svegliare l'altro da quello che sembreva un incubo terribile.
Ora, il più piccolo aveva aperto gli occhi e si guardava attorno disorientato; sembrava veramente sconvolto.
Forse quello era il momento migliore per chiedergli cosa provasse nei confronti del ranocchio; avrebbe dovuto prenderla alla larga ovviamente; non poteva certo dire semplicemente:
“Lo ami o no? Tra due giorni partiamo, sai?”
Annuì a se stesso: era senz'altro meglio un approccio indiretto.
Ed, nel frattempo, scuoteva la testa come a scacciare un pensiero fastidioso; pensó:
“O adesso o mai più....”
Gli appoggiò una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione; solo in quel momento vide i suoi occhi: non erano del solito colore blu elettrico che ipnotizzava chiunque lo guardasse; erano grigi, quasi neri e tutte le sfumature che di solito animavano il suo sguardo si erano volatilizzate, lasciando le sue iridi spente e scure.
Cos'aveva sognato il suo povero Little Brother?
Sempre più agitato, chiese:
“Tutto ok, Ed?”
“Sinceramente in questo momento non saprei cosa risponderti...”
Dino, a quella risposta, non ce la fece più; lo strinse forte tra le braccia; non lo aveva mai visto cosí: sembrava sul punto di crollare per la tensione; iniziò ad accarezzargli la schiena, nel tentativo di confortarlo.
Edward, intanto, non riusciva a parlare; non si era mai sentito così debole e indifeso.
Quando l'altro lo abbracciò, non resistette, scoppiando in un pianto disperato; aveva tanto bisogmo di sfogarsi con qualcuno ma non sapeva con chi potesse parlare; si vergognava troppo per aprirsi con qualcuno; si limitò, quindi, a sopprimere le lacrime, fingendo di star bene.
Si rimese seduto composto sul letto; si sentiva un po' stupido: non era da lui piangere in quel modo per un semplice brutto sogno; si asciugó gli occhi dalle ultime lacrime rimaste; disse:
“Scusami tanto...non volevo spaventarti...”
“Non ti preoccupare...non é successo nulla...ma piuttosto, cosa stavi sognando?”
A quella domanda, si pietrificó di colpo; sperava tanto che non glielo chidesse; non sapeva cosa rispondere; non poteva certo dirgli che aveva sognato Minho: avrebbe scatenato un effetto domino inarrestabile.
Alla fine, sentendosi osservato dall'altro, balbettó:
“N-non me lo ricordo...”
“Ah sì...e come mai ho l'impressione che tu mi stia mentendo?”
Lo studente, non sapendo cosa fare, abbassò lo sguardo; a quel punto non c'era niente che potesse discolparlo.
Jonghyun sospirò; doveva essere qualcosa di molto personale se non ne voleva parlare; provó a pensare un attimo a cosa potesse fare per mettere l'altro più a suo agio; forse, sarebbe stato più facile se fosse stato qualcun'altro a parlare con Ed.
Convinto della sua idea, disse:
“Senti, Ed...vado a svegliare Minho così potete parla-”
Non fece nemmeno in tempo a finire di parlare che il minore lo afferrò per un braccio prima che potesse alzarsi dal letto; era confuso: che volesse impedirgli di andare a chiamare l'altro?
I suoi dubbi furono confermati quando il più piccolo sussurrò:
“Jonghyun ti scongiuro...non chiamarlo...tutti ma non lui, ti prego...”
Sbarró gli occhi per la sorpresa: tutti ma non lui?!
Ma che stava succedendo?!
Fino al giorno prima erano così legati; non potevano essere diventati nemici nel giro di una notte; doveva esserci per forza un altro motivo; qualcosa di abbastanza privato da imbarazzare lo studente.
All'improvviso, un'idea balenò nella testa del cantante; pensò:
"Che Ed...?"
Curioso di verificare le proprie ipotesi, si rimise seduto composto sul materasso, accarezzando la mano che gli stringeva il bicipite; lentamente la presa del più piccolo si allentò e così Jonghyun, con un gesto rapido, prese la sua mano, cercando di dargli coraggio; non voleva forzarlo a parlare ma, allo stesso modo, desiderava porre chiarezza a tutta quella storia.
Ne accarezzó il dorso: non si era mai accorto che la pella di Ed fosse così candida; forse era solo un gioco di luce; oppure un calo di zuccheri.
Chissà?
Scosse il capo, dandosi dell'idiota; aveva cose più importanti a cui pensare; si avvicinò leggermente all'altro e, sussurrando, chiese:
“Little Brother...tu ami Minho...non é vero? Era lui che stavi sognando?”
Edward non rispose subito; si limitò a guardarlo negli occhi quasi a voler capire se fosse serio; non pensava che qualcuno gli avrebbe fatto veramente quella domanda; un po' però era sollevato: non ce la faceva più a nascondere tutto ciò che provava; sospirò rumorosamente, giocherellando con l'orlo della sua maglia; e adesso cosa doveva fare?
Rispondere sinceramente o mentire?
No: era troppo stanco di mentire agli altri e soprattutto a se stesso.
Prese un ultimo respiro per poi dire in apnea:
“Sì...o almeno...credo di sì...nel mio cuore ci sono talmente tanti sentimenti contrastanti che non so più cosa pensare...”
“Ma Ed...perché non lo hai detto a nessuno?”
“Non é così facile...fino a qualche giorno fa ero etero e ora...non so nemmeno come definirmi...”
Irritato, si accasció all'indietro soffocando un grido che tratteneva da non sapeva quanto tempo.
Dino, intanto, stava ancora metabolizzando quello che aveva appena sentito; Ed amava Minho; non stava più nella pelle; se era veramente così allora era tutto risolto; non vedeva l'ora di dirlo al ranocchio.
In quell'ultimo periodo, lo aveva visto quando non c'era lo studente: tutto ad un tratto il suo sorriso si spegneva e i suoi occhi si riempivano di oscurità; aveva perso il conto di tutte le volte che aveva provato a dirgli di buttarsi e di dichiararsi; ogni volta la stessa storia:
 
“Andiamo Jonghyun...quante speranze ho contro una ragazza?”
 
Forse, finalmente, qualcosa si stava muovendo per quei due ragazzi.
Guardò un attimo lo studente: aveva nascosto la testa tra i cuscini, nel tentativo di nascondersi dal mondo intero; sorrise; non aveva mai visto una ragazzo così carino in tutta la sua vita; a parte Kibum, ovviamente; lo tirò a sé, stringendolo forte; disse:
“Little Brother, ascolta...é normale sentirsi confusi e spaventati...io ho provato le stesse cose quando mi sono innamorato di quella Divah che si veste un po' troppo spesso di rosa...all'inizio é stata dura ma poi, quando ho trovato la forza per dirgli ciò che provavo, la mia vita é diventata meravigliosa...”
Mentre parlava aveva tenuto lo sguardo fisso verso la parete; su quel muro gli era sembrato quasi di vedere riflessi tutti i momenti passati con Kibum; insieme a lui aveva vissuto i suoi giorni migliori; in principio, non era stato facile nascondere davanti alle telecamere tutto il loro amore ma ne era valsa la pena: potevano amarsi senza che nessuno li rimproverasse.
Abbassò lo sguardo verso il più piccolo, che aveva appoggiato sul suo petto; gli prese con due dita il mento e gli fece alzare il viso così che lo potesse guardare: aveva ancora gli occhi lucidi; quella situazione doveva proprio averlo destabilizzato; gli scompigliò i capelli, dicendo:
“Ed...da’ retta a uno che in amore ha già commesso un sacco di errori...parla con lui e digli quello che senti...vedrai che andrà tutto bene...”
Lo studente, a quell'affermazione, riabbassó il capo, rispondendo:
“E anche se lo facessi, cosa cambierebbe? Non ho alcuna possibilità che lui possa essere interessato a me in quel modo...”
Jonghyun non sapeva più cosa fare; continuava a pensare:
“Accidenti! Ma lui é sul serio interessato a te in quel modo!”
Purtroppo, non poteva dire nulla del genere: aveva promesso a quello stupido del suo amico di mantenere il segreto, soprattutto con Ed ed era un uomo di parola; si portò le mani al volto, sentendosi perso; fece un altro tentativo.
“Ma Little Brother...non puoi saperlo se non ci provi...”
“Non ne ho bisogno...insomma guardami...”
Nel dirlo si era alzato in piedi, aprendo le braccia in un gesto plateale.
Il cantante lo squadró dalla testa ai piedi; chiese:
“Che c'è che non va, scusa? Mi sembri un bellissimo ragazzo...”
“Oh, andiamo! Lui é Choi Minho: rapper, modello, sportivo, bello...praticamente perfetto! Mentre io...sono un ragazzino timido che per qualche strano scherzo del destino assomiglia ad un cantante famoso...non sono niente in confronto a lui.”
Il maggiore a quel punto, batté piano il pugno sul materasso, sconfitto; quanto desiderava fargli capire che si sbagliava; il problema era che se lo avesse fatto, avrebbe tradito la fiducia del suo amico dagli occhi grandi e lui se faceva una promessa la manteneva sempre; si alzò in piedi e si mise davanti all'altro; gli occhi di Ed sembravano diventare sempre più vuoti ogni minuto che passava.
Lo strinse di nuovo al petto, sussurrandogli:
“Va bene...non voglio forzarti a far niente...ma promettimi almeno che ci penserai.”
“Te lo prometto, hyung. Ma non credo che cambierò idea...”
 
- Qualche ora dopo -
 
6:50.
La sveglia non suonò quella mattina: Edward l'aveva disattivata durante la notte, non riuscendo più ad addormentarsi; nella sua testa risuonavano continuamente le parole di Dino.
Che avesse ragione lui?
In effetti, non era esattamente uno sgorbietto; però, rimaneva il fatto che se i cantanti non avessero dovuto passare del tempo in quella scuola, non lo avrebbero mai degnato di uno sguardo.
Si raggomitoló sotto le coperte, buttando fuori tutta l'aria che aveva in corpo; ancora non riusciva a crederci di essersi messo in quella situazione; non avrebbe mai dovuto affezzionarsi a quei ragazzi; non sapeva se sarebbe riuscito a salutarli, sapendo che poteva anche non vederli mai più.
Quello era l'ultimo giorno che avrebbe passato insieme a loro; non voleva alzarsi: voleva far durare quella giornata in eterno; si strinse ancora di più nel copriletto, sopprimendo le lacrime; si sentiva così stupido; nemmeno quando i suoi genitori tornarono a Londra versò una lacrima; possibile che cinque bambini un po' troppo cresciutelli fossero in grado di ridurlo così?
All'improvviso, sentì la porta aprirsi; un leggero raggio di luce filtró attraverso il tessuto della coperta, mettendolo in agitazione; forse la cosa migliore era fingere di dormire; strinse le palpebre, cercando di sembrare rilassato; dopo poco, il materasso incominciò a piegarsi sotto il peso di un'altra persona; tremó: sperava tanto che non fosse lui.
La coperta come per magia sparì, lasciandolo completamente in balia degli eventi; respiró profondamente: il piano non era cambiato e se voleva salvarsi doveva continuare a fingere; le distanze tra lui e il ragazzo misterioso si accorciarono sempre di più; riconobbe immediatamente il suo profumo: era proprio Minho.
Il ranocchio gli sussurrò:
“Piccolo...guarda che so benissimo che non stai dormendo...”
Sbuffò: quel rapper, ormai, lo conosceva troppo bene; si mise a gambe incrociate sul letto, dicendo:
“Uffa, Big Brother...ma non potevi illudermi di averti ingannato?”
“Non aveva funzionato neanche la prima volta...perché doveva funzionare la seconda?”
A quella domanda, Edward guardò da un'altra parte, imbarazzato; nemmeno Simon ci era mai cascato; sospirò, triste; lui e il più grande erano diventati molto legati e gli si spezzava il cuore al solo pensiero di dovergli dire addio; forse aveva ragione Bling Bling; forse doveva svelargli i suoi sentimenti.
Scosse il capo: non ne era ancora del tutto convinto.
Più ci pensava, più il suo cervello si polverizzava; non ce la faceva proprio più; desiderava tanto distruggere qualcosa e urlare tutta la sua frustazione; sfortunatamente, l'unica cosa che riuscì a fare fu piangere; senza che se ne accorgesse, infatti, le sue guance iniziarono ad essere rigate da calde lacrime che resero i suoi occhi ancora più luccicanti.
Il cantante, immediatamente, chiese:
“Ehi ehi...perché stai piangendo?”
“No...niente...é che...mi mancheranno i tuoi buongiorno di prima mattina...”
Il maggiore, vedendolo così, non resistette e lo abbracciò forte; anche a lui sarebbe mancato tanto l'altro; lo amava moltissimo; ogni volta che lo vedeva gli veniva voglia di baciarlo; ancora si ricordava  quando si erano parlati per la prima volta.
 
“Stai bene?”
“Sí, tutto bene! É che non mi era mai successo di investire una star del k-pop di prima mattina!”
 
Non avrebbe mai immaginato di affezzionarsi a tal punto a lui; all'inizio, sembravano diametralmenti opposti ma poi, giorno dopo giorno, vennero a galla tutte le loro somiglianze; avevano un sacco di cose in comune; allo stesso tempo, però, tra di loro c'erano delle piccole differenze che rendeva il minore ancora più speciale; quando guardavano lo sport, ad esempio, Minho continuava a sbattere i piedi e urlare contro l'arbitro mentre Ed si limitava ad analizzare millimetro per millimetro il campo di gioco, riuscendo persino a prevedere i fuorigioco; persino i suoi tratti fisici facevano un effetto diverso sul minore.
Edward era unico; non poteva essere definito un suo sosia.
Gli scompiglió i capelli, ridendo; disse:
“Dai...asciuga quelle lacrime...non é mica l'ultima volta che ci vediamo...sai quante volte ci incontreremo alla SM Entertainment? Non ti libererai così facilmente di noi.”
Dolcemente, gli passò i pollici sulle guance, scacciando alcune gocce che facevano scintillare i suoi occhi; un po' gli dispiacque: quando i suoi occhi erano liquidi, sembravano due pezzi di cielo stellato; al solo pensarci, gli venne da arrossire; non gli era mai successo di prendere una sbandata del genere per qualcuno; aveva provato in tutti i modi a convincersi di amare Karen ma, purtroppo, il suo cuore aveva le idee fin troppo chiare.
 
Era l'ora di educazione fisica.
Si stava disputando un acceso torneo di pallavolo e la squadra di Ed e Minho era arrivata in finale; ancora non ci credevano di avercela fatta; all'inizio della lezione nessuno avrebbe scommeso un centesimo su di loro, invece, più la sfida andava avanti, più loro diventavano forti; ad un certo punto, il resto del team avrebbe potuto andarsene e nessuno se ne sarebbe accorto.
Entrambe le squadre a due minuti dal suono della campanella erano al match point; la tensione era palpabile: a quel punto, nessuno era intenzionato a perdere.
Fu questioni di pochi secondi: la palla fu messa in gioco, intercettata immediatamente da Ed che la mandò di nuovo in aria mentre Minho fece una schiacciata così potente che quasi rimase il segno sul pavimento; il professor Chung fischió segnalando la fine della partita; l'intera squadra, in quel momento, iniziò ad urlare e a saltellare come un branco di pazzi.
Nel mezzo dei festeggiamenti, Edward, preso dall'euforia, si buttò tra le sue braccia.
 Non appena lo abbracciò, le gambe del rapper iniziarono a tremare e il cuore diventò un martello pneumatico; non capiva cosa gli stesse succedendo: non si era mai sentito così.
Nella sua mente, poi, apparve la risposta:
“Little Brother...ma allora...io ti amo...”
 
Temeva da morire l'arrivo del giorno dopo.
Non credeva che sarebbe stato in grado di dirgli addio; avrebbe voluto impacchettarlo e portarselo via; però, anche se lo desiderava tanto, non ne aveva il coraggio: farlo avrebbe significato confessargli ciò che provava e quindi rischiare di perdere la persona più importante per lui; avrebbe fatto qualsiasi cosa per continuare a vederlo: si sarebbe imposto di non mostrare più nessuna emozione se fosse stato neccessario.
Se lo portò al petto per consolarlo; lo studente sembrava veramente molto triste; un po' la cosa gli faceva piacere: voleva dire che anche lui teneva a loro; allo stesso tempo, ci stava anche male: odiava vederlo così malinconico.
Provó ad accarezzargli la schiena, per infondergli un po' di benessere; per fortuna quel giorno c'era uno sciopero generale e le lezioni erano state annullate; potevano fare tutto quello che volevano; avevano passato tutta la sera a discutere su come passare quella giornata; alla fine avevano pensato di andare un'altra volta al centro commerciale: Taemin doveva comprarsi delle cuffiette e Kibum voleva comprarsi dei leggins da accompagnare ad una canotta che aveva comprato qualche giorno prima.
Gli diede un ultimo bacio tra i capelli; disse:
“Va un po' meglio?”
“Sí, grazie Minho...scusami.”
“Non ti preoccupare. Adesso preparati...gli altri si stanno già vestendo.”
Detto questo, il ranocchio se ne andò, lasciando l’imitatore da solo.
Edward era ancora scombussolato dalla notte precedente; da un parte c’era l’incubo che aveva fatto, mentre, dall’altra c’era la conversazione con Jonghyun; le sue parole continuavano a rimbombargli nelle orecchie.
 
...non puoi saperlo se non ci provi...
 
Frastornato, si alzò dal letto e si diresse verso l’armadio per prendere i vestiti; aprì le ante senza neanche sapere cosa stesse cercando; sinceramente, quella mattina non aveva voglia di fare niente: avrebbe preferito di gran lunga rimanere in pigiama, guardando un film alla TV; rovistò tra i suoi vestiti, sperando che una maglia o un paio di pantaloni gli dessero l’ispirazione che gli mancava.
Ad un certo punto, il suo sguardo cadde su un capo in particolare: la sua ex felpa fortunata; la prese in mano dubbioso; l’ultima volta che l’aveva indossata la preside lo aveva costretto a esibirsi sul palco insieme ai suoi Big Brothers; ormai era convinto che avesse perso tutto il suo potere; forse non era il caso di indossarla ma, poi, pensò:
“Beh...mi sono appena svegliato e mi sento da schifo...l’amore della mia vita sta per tornarsene a Seoul e forse non lo rivedrò mai più...peggio di così non può andare...”
Aprì la cerniera e la tolse dalla stampella dove era appesa; dopodiché, prese una maglietta verde pastello e un paio di jeans neri; indossò il tutto, controllando che i capi si abbinassero bene tra loro: ad un primo sguardo non sembrava stare male, anzi, come completo non era affatto male; annuendo a se stesso, si mise gli occhiali e uscì dalla stanza, dirigendosi verso il bagno per rinfrescarsi.
Finalmente, dopo una decina di minuti fu pronto e con passo spedito si avviò in cucina per vedere se gli altri stavano già facendo colazione; andò nell’altro appartamento e con sua grande sorpresa trovò la tavola piena di dolci che, all’apparenza, sembravano essere deliziosi; fece un paio di passi all’interno della stanza per capire cosa stesse succedendo; lì dentro c’era solo lui e non capiva dove fossero finiti tutti.
In quell’esatto istante, sentì qualcuno sussurrare:
“Ragazzi sbrighiamoci...Ed sarà pronto da un momento all’altro...”
“Tranquillo...manca solo questa scatola di biscotti, no?”
Il primo ad entrare fu Jinki che, vedendo il più piccolo, si rattristò; disse:
“No, uffa...volevamo farti una sorpresa...”
“Beh...anche se non era tutto al proprio posto, é riuscita lo stesso...”
A quel punto, entrarono anche gli altri ed ebbero la stessa reazione; Edward, triste di avergli rovinato i piani, li abbracciò uno ad uno per consolarli.
Chissà quanto avevano speso per comprare tutto quel cibo?
Quei ragazzi erano veramente incredibili; quei gesti per loro molto probabilmente erano normali ma per lui non lo erano; lo facevano sentire speciale; gli venne quasi naturale coccolarli; alla fine, Minho, tenendo ancora tra le braccia il più piccolo, disse:
“Vabbeh...ormai che siamo tutti qui...che ne dite se facciamo colazione?”
Gli altri annuirono sorridendo così, senza farselo ripetere due volte, si misero intorno al tavolo pronti a mangiare; stavano per servirsi, quando, sfortunatamente, squillò il telefono che si trovava nell'altro soggiorno; Kibum, allora, disse:
"Se mangio tutte queste cose ingrasso...vado io..."
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che era già uscito della cucina a passo spedito; i cinque rimasti si guardarono un secondo negli occhi per poi iniziare a ingozzarsi di biscotti e pasticcini; tra un morso e l'altro, Ed chiese:
“Ma ragazzi...come mai avete comprato così tante cose?”
“Questo é il nostro ultimo giorno insieme...perciò abbiamo deciso di viziarti un po'...”
Mentre rispondeva, Jonghyun gli sporcó la punta del naso con un po' di panna; a quel gesto, Little Brother sorrise: nemmeno suo fratello gli faceva scherzi così stupidi; intanto gli altri si erano messi a ridere; solo il ranocchio aveva un'aria triste: stava provando ad immaginare la stessa identica scena con solo lui e il resto degli SHINee; si era reso subito conto che non sarebbe mai stata la stessa cosa perché la persona che ora costituiva tutto il suo mondo non ci sarebbe stata.
Senza che se ne accorgesse, smise di sentire quello che gli stava intorno; era troppo concentrato a disperarsi per fare attenzione a quello che succedeva nella stanza.
Qualcuno gli appoggiò una mano sulla spalla, riportandolo alla realtà; sussultando, si girò e vide che il suo imitatore lo guardava con aria preoccupata; chiese:
“Che c’è, Ed?”
“Niente...é che ti vedevo così sofferente...stai bene? É successo qualcosa?”
Sospiró.
Quel ragazzo riusciva a leggere la sua anima; ormai ne era certo; appoggiò la sua mano su quella dell'altro e, sorridendo, rispose:
“Non ti preoccupare...sto bene...ho solo qualche pensiero per la testa...”
Prese un tovagliolo e tolse della panna che era sfuggita all'altro, che arrossì immediatamente; si perse un attimo nei suoi occhi: quel giorno sembravano essere di un blu talmente intenso da renderlo ancora più etereo.
“G-grazie, Big Brother.”
“Figurati.”
Gli scompigliò i capelli, cominciando finalmente a ridere.
All'improvviso sentirono Key, dire:
“Yes...just a minute...Ed é una chiamata da Londra...quello al telefono dice che deve parlarti assolutamente...”
“Really?”
La Divah annuì; allora, l'anglo-coreano si alzò dal tavolo e, dopo aver preso dalle mani del più grande il telefono, si allontanò per avere un po’ di privacy.
Non appena se ne andò, Jonghyun e Tae iniziarono a fare un interrogatorio in piena regola a Umma; volevano sapere tutto ció che aveva detto quella persona; continuavano a chiedergli:
“Chi era? Un amico? Ti ha detto se era un suo parente o un semplice conoscente?”
“Non lo so...ripeteva senza sosta che doveva parlare con lui...”
I cinque cantanti si guardarono perplessi; anche se nessuno voleva ammetterlo, stavano morendo dalla curiosità; provarono a fare delle ipotesi sull’identità dell’interlocutore; una più assurda dell’altra; all’inizio avevano provato a rimanere con i piedi per terra, immaginando che fosse un suo zio che lo chiamava per sapere come stava; dopo un po’, però, iniziarono a raccontarsi storie di spionaggio in cui Ed costituiva il vertice di un’organizzazione di agenti incaricati di proteggere il mondo.
Passarono alcuni minuti e il ragazzo non tornava; iniziarono a preoccuparsi.
Che fosse successo qualcosa di grave?
Che qualcuno avesse fatto un incidente e che quello fosse il medico che aveva il compito di dare a Edward la notizia?
Ormai, erano sul punto di scoppiare; non ce la facevano più ad aspettare: dovevano sapere.
Ad un certo punto, sentirono avvicinarsi il più piccolo; riuscivano quasi a distinguere delle parole in inglese; presi alla sprovvista, gli SHINee provarono a darsi un tono, inutilmente: nel tentativo di sembrare calmi, risultarono ancora più innaturali e tesi.
In quel momento, rientrò lo studente, a passo lento; sul suo volto c'era un'espressione di stupore mista a malinconia; Minho, temendo il peggio, chiese:
“Ehi, piccolo, che succede? Brutte notizie?”
“Mi hanno offerto una borsa di studio in un'università di belle arti...”
Jinki, allora, orgoglioso del ragazzo, chiese:
“Ma perché hai quel muso lungo, scusa? É una notizia meravigliosa...”
Il minore, tentennó; si rigirava il telefono tra le mani, senza dire una sola parola; per Dino non serví altro per capire la situazione; lo guardò con aria severa e, scandendo bene le parole, chiese:
“Se accetti dovresti tornare in Inghilterra, giusto?”
L'altro abbassò la testa: un ‘sí’ muto inequivocabile.
Erano tutti sconvolti; non potevano crederci; non volevano crederci: il loro fratellino stava per andarsene e forse non lo avrebbero più rivisto.
Kibum, quasi in apnea, balbettó:
“M-ma come? Te ne vai? E il contratto con la casa discografica?”
“Non ho ancora preso nessuna decisione...ho tempo fino a domani per accettare l'offerta...”
L'altro, a quel punto, stava per ribattere di nuovo, ma, prima che potesse dire qualsiasi cosa, Taemin gli strinse una mano sotto al tavolo per dopo fargli segno di tacere quando questo lo guardò.
Ci fu un attimo di silenzio; nessuno aveva il coraggio di aprir bocca.
Per fortuna, volendo sbloccare la situazione, il leader disse:
“Su ragazzi...cosa sono quelle facce tristi? Io dico che bisogna festeggiare...non é una cosa di tutti i giorni ricevere un'opportunità del genere...io vado ad accendere l'auto così andiamo...vi aspetto giù...”
Così, finito il suo monologo, si alzò dalla sedia e andò verso la porta; mentre stava uscendo, si avvicinó a Edward e gli scompiglió i capelli; era sinceramente felice per lui ma, in un certo senso, era anche arrabbiato con lui: se fosse tornato a Londra, non avrebbero più avuto modo di vedersi e la cosa lo faceva stare male; si diresse verso il pianerottolo senza mai guardarsi indietro.
Scese le scale, sovrappensiero; continuava a grattarsi la testa in cerca di un’idea; si fermò di colpo su di uno scalino, con sorriso ebete che avrebbe fatto ridere persino una guardia di Buckingham Palace; correndo giù per il resto della rampa, tirò fuori il suo cellulare dalla tasca e compose un numero che ormai conosceva a memoria.
La linea era libera ma non rispondeva nessuno; aspettò che qualcuno dall’altro capo del telefono dicesse qualcosa.
Uno squillo...
Due squilli...
Poi:
“Pronto?”
“Signor Choi Jin, sono Jinki...avrei bisogno di un favore...”
“Onew, é un piacere sentirti...certo, chiedi pure...”
“Per caso lei sa se ci sono degli istituti d'arte a Seoul?”
 
- Più tardi al centro commerciale -
 
Erano appena entrati in un bellissimo negozio di abbigliamento, in cerca dei leggins che servivano a Kibum.
La Divah non aveva dato nessun indizio su come dovevano essere; si era limitato a dire:
“Devono esaltare la mia bellezza.”
Un po' confusi, decisero di dividersi in tre gruppi: il primo sarebbe stato formato da Key e Jong, il secondo da Taemin e Onew, mentre l’ultimo, per esclusione, da Minho e Edward; le squadre di ricognizione, perciò, si separarono e iniziarono la loro missione.
Il ranocchio era molto nervoso; l’idea di stare da solo con lui lo metteva in agitazione.
Cosa sarebbe successo se in un momento di confusione lo avesse baciato?
Doveva restare calmo altrimenti sarebbe stato peggio; respiró profondamente, tentando di rallentare il battito cardiaco; quando si sentì più sicuro, chiese:
“Ehi, fratellino, iniziamo?”
“S-sí certo...andiamo...”
I due ragazzi, allora, cominciarono ad aggirarsi per i vari espositori, evitando accuratamente di guardarsi negli occhi.
Passarono circa venti minuti ma i vestiti sembravano non voler finire mai; ormai erano esausti: non avevano mai visto così tanti pantaloni tutti in una volta; curiosavano tra le grucce, annoiati; nessun capo presente in quel negozio era abbastanza fashion da poter essere all'altezza del cantante.
Ogni tanto, uno dei due mostrava all'altro un paio di leggins o di pantaloni per sapere cosa ne pensava; la maggior parte delle volte, si limitavano a scuotere la testa o ad abbassare i pollici facendo una smorfia.
La tensione era fin troppo evidente; non si stavano ignorando ma avevano troppa paura per dire qualcosa.
Alla fine, il più piccolo, non resistendo più, disse:
“Yaaaah...I need a break...non ce la faccio più...”
“Sì anch'io...andiamo a bere qualcosa nel bar qua davanti?”
“Va bene.”
Uscirono velocemente da quella che ormai per loro era diventata una prigione e corsero nella caffetteria di fronte; ad un primo sguardo, il locale sembrava molto carino: le pareti erano di un marrone-cappuccino tenue mentre l'arredo era tendente al vintage con delle sedie dallo schienale molto elaborato.
Decisero di sedersi ad un tavolo all'interno per non dare troppo nell'occhio; purtroppo, a discapito dei loro progetti, lì dentro c’era un sacco di gente che si girò a guardarli, non appena entrarono; ovviamente, avevano riconosciuto subito il cantante e, stupefatti, dicevano:
“Ma é proprio lui? É Choi Minho?”
“Sì, é proprio lui...ma chi é il ragazzo insieme a lui?”
“Non lo so...forse é suo fratello...si assomigliano molto...”
Lo studente, sentendo tutte quelle cose, girò la testa da un’altra parte imbarazzato; tutti quegli occhi puntati addosso lo facevano sentire a disagio; Minho si accorse subito del suo forte fastidio; gli strinse una mano per dargli coraggio; poi, avvicinando le labbra al suo orecchio, sussurrò:
“Ma dai, piccolo...ti lasci spaventare da quattro ragazzini annoiati?”
Il minore, allora, sbuffò e, facendo la linguaccia all'altro, si andò a sedere su un tavolo che si trovava lí accanto a loro; il ranocchio, rise: persino quando si comportava da bambino era bellissimo.
Si sistemó davanti a lui, facendo un cenno ad una cameriera perché venisse a prendere le ordinazioni; la ragazza arrivò immediatamente e con un dolce sorriso, chiese:
“Buongiorno, cosa vi porto?”
“Un tè freddo al limone e...anzi facciamo due...”
Scrisse tutto sul suo tacquino e, con un altro sorriso, si congedó.
Il rapper, vedendola sparire dietro al balcone delle bibite, si girò verso Edward, dicendo:
“Sembra una ragazza molto simpatica...tu che dici?”
Il ragazzo non rispose; continuava a fissare il vuoto con un'espressione enigmatica.
Rise: gli sembrava di star parlando con un muro; schioccò un paio di volte le dita davanti al viso dell’altro, chiedendo:
“Little Brother, ci sei?...riesci a sentirmi?”
Ed, reagendo di nuovo, cominciò a guardarsi intorno, confuso; dopo qualche secondo, incontrò lo sguardo del maggiore e capì cos'era successo; scosse la testa, rispondendo:
“Sì scusami...ero distratto...”
"Questo lo avevo capito...a cosa stai pensando?"
“Alla telefonata di stamattina...mi ero completamente dimenticato di aver inviato il modulo...e adesso che faccio?”
“Tranquillo...per me devi solo dormirci sopra...”
In quel momento, tornò la cameriera con le loro bibite; i due ringraziarono cordialmente e, quando lei sparì, tornarono alla loro conversazione; il primo a parlare fu Edward che, con un filo di voce, disse:
“In realtà, penso di aver preso una decisione...”
Il maggiore bevve un sorso della sua bevanda, aspettando che l'altro finisse la frase, ma poi, si rese conto che l'aveva lasciata sospesa apposta; non gli ci volle molto per capirne il motivo; appoggiò il bicchiere sul tavolino e prese un tovagliolino di carta; iniziò a giocherellarci nervosamente: temeva quello che stava per chiedere.
“Hai deciso di tornare a Londra, vero?”
L'altro abbassò lo sguardo, annuendo col capo.
In quel momento, si sentì come se qualcuno gli avesse conficcato un pugnale in mezzo al petto; si strinse nelle spalle, soffocando la sua rabbia; pensava:
“Lo sto perdendo per sempre....non posso crederci...non voglio crederci...”
Sospirò.
Sapeva che sarebbe potuto succedere, però, nel profondo del suo cuore sperava tanto che il minore si trasferisse a Seoul così da poterlo vedere sempre; si sistemò meglio sulla sedia come se avesse avuto la sensazione di cadere e, dopo essersi schiarito la voce, chiese:
“Cosa ti ha fatto cambiare idea? Sul contratto intendo?”
“Per fare il cantante ci vuole una grande fiducia in se stessi e io sotto molti punti di vista sono troppo timido”
“Spiegati meglio...”
A quella richiesta, Edward si girò a guardare un tavolo che si trovava alla sua destra, dove erano sedute delle ragazze che, non appena notarono di essere osservate, fecero finta di controllare il menù, smettendo di fissarli; rise, ripensando al primo giorno dei cantanti a scuola: quasi tutte le sue compagne li scrutavano nello stesso esatto modo; si voltò di nuovo verso di lui, dicendo:
“Guardati attorno...siamo qui neanche da dieci minuti e già tutti i presenti stanno parlando di te...non riuscirei mai a sopportare tutti quegli occhi puntati addosso che non fanno altro che giudicarti...io posso essere al massimo l'assistente di scena...non il protagonista....”
“E sei sicuro di riuscire a rinunciare a tutte le tue abitudini coreane e tornare un semplice studente londinese?”
“L'Arts College di Londra é una delle migliori scuole in tutto il mondo...solo cento ragazzi su ventimila vengono presi...non so se riusciró a tornare com'ero prima di venire qui ma...penso che ne valga la pena...e poi il disegno é la mia vita...sono stati proprio i miei disegni a farci incontrare, no?”
“Sì, é vero.”
Il ranocchio mentí; lui, in realtà, lo aveva già visto molte ore prima.
 
“Bene ragazzi, ecco a voi la nostra nuova prigione!”
“Jonghie, amore, non dire così: sono sicuro che sarà una bella esperienza.”
“Kibum ha ragione...non possiamo sapere cosa ci aspetta...”
Gli altri parlavano ad alta voce, ma lui le sentiva come dei sussurri lontani.
Si era incantato a guardare fuori dal finestrino gli scolari che si accalcavano davanti al cancello principale; gli sembrava così strano tornare al liceo; erano successe così tante cose da quando era diventato famoso; gli sarebbe piaciuto poter essere un normale adolescente.
Si soffermava su tutte le cartelle e i sorrisi che vedeva; gli piaceva tutta quella confusione e allegria; ad un certo punto, si accorse che, seduto con la schiena contro un muro, c'era un ragazzo che appariva molto diverso dagli altri: aveva i capelli biondi e la pelle molto chiara; probabilmente era straniero.
“Ehi, Keroro, ti muovi? La preside ci aspetta.”
“Ma...ma...”
Key, stanco di aspettarlo, lo tirò di peso fuori dall'auto; l'altro provó a guardare un ultima volta dal finestrino ma, purtroppo, il misterioso straniero era sparito.
 
Non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo sarebbe dinventato uno dei suoi migliori amici.
Si alzò dal suo posto e si mise in ginocchio accanto a lui; gli appoggiò una mano sulla spalla, dicendo:
“Ascolta Ed, noi ci saremo sempre per te...non importa se sarai qui o in Inghilterra...tu farai sempre parte della nostra famiglia...”
I due, allora, si abbracciarono.
Forse quello era uno degli ultimi che si davano ma a nessuno dei due importava; volevano solo stringersi per un po', fingendo, anche se per poco, di poter star insieme per tutta la vita.
Una voce, sfortunatamente, li riportò alla realtà:
“Ecco dov'eravate finiti voi due...”
Quasi in contemporanea, alzarono lo sguardo e videro che davanti a loro c’erano Taemin e Jinki che, con un grosso broncio, disse:
“Mentre voi facevate i piccioncini noi abbiamo fatto il giro di quattro negozi diversi senza concludere assolutamente nulla...”
“Noi...stavamo so-”
“Dai andiamo, Jong e Key ci aspettano qua fuori...pagate il conto è sbrigatevi...”
Non gli ci volle molto per tornare a casa: al massimo un'oretta scarsa; di solito, intorno al centro commerciale si formava una fila lunghissima per uscire dal parcheggio ma, stranamente, quel giorno la strada era vuota e Jonghyun poté schiacciare più forte l’acceleratore.
Ogni tanto, mentre guidava, dava un’occhiata ai due "piccioncini" attraverso lo specchietto retrovisore; era veramente una tortura guardarli: si vedeva lontano un miglio che volevano dirsi qualcosa e che nessuno dei due ne aveva il coraggio; scosse il capo frustrato; non riusciva proprio a capire cosa passasse per le loro teste.
Arrivati davanti al condominio, parcheggiarono lungo il marciapiede in un posto riservato per l'edificio e si avviarono verso la portineria; una volta lì, il leader disse:
“Ragazzi voi andate su...finisco le ultime formalità e poi vi raggiungo.”
Ad Ed venne quasi da piangere; solo adesso si era reso conto veramente che quella era l'ultima sera che passava insieme ai suoi Big Brothers; cercò di non far notare la sua enorme tristezza, arrivando a mordersi a sangue il labbro inferiore; tenendo la testa bassa, iniziò a salire le scale seguito dagli altri che si erano ammutoliti di colpo, forse anche loro tristi.
Il resto della serata la passarono ridendo e scherzando; in un momento di noia, avevano deciso di guardare un film; non avevano un genere preciso in mente: bastava che fosse abbastanza movimentato e che non fosse troppo sdolcinato; Taemin tirò fuori tutti i Dvd che si era portato ma nessuno sembrava andare bene.
Lo studente, allora, disse:
“Tae prova a controllare in quell'armadietto: ci sono un sacco di film che non guardo mai.”
“Devo guardare qui dentro?”
“NO NON LÍ!”
“Ehi ma qui ci sono i nostri Cd...ecco dove li avevi nascosti....”
Si coprì il volto imbarazzatissimo; li aveva tenuti nascosti per due mesi interi e ora, per colpa della sua pigrizia, li aveva serviti praticamente su un piatto d'argento.
Pensò:
"Ma perché non mi sono alzato io??"
Minho, ridendo, lo strinse forte, dicendo:
“Ma allora non era vero che ci odiavi...”
“No no vi odiavo sul serio...li avevo comprati solo per lo SHINee Contest...”
Lo studente si pentí subito di quello che aveva detto: i cantanti, infatti, ascoltandolo, si erano rattristati e avevano smesso di sorridere; capendo la stupidaggine che aveva fatto, disse:
“Ma non fraintendetemi...ora che vi ho conosciuto vi voglio bene e mi mancherete da morire...”
“Anche tu ci mancherai Ed.”
I sei ragazzi si abbracciarono forte; rimasero così per qualche secondo, poi, si staccarono; a quel punto, i sei ragazzi si misero a chiacchierare del più e del meno; la conversazione era interessante ma lo studente era spossato e, senza che se accorgesse, si addormentó; in quel momento, la Divah, con tono pimpante, disse:
“Dai Minnie cerca un film...la notte é ancora gio-”
“Shhhhhh...fa' piano o rischierai di svegliarlo...”
“Svegliare chi, scusa?”
Non capendo cosa intendesse, si voltò verso Jonghyun e vide che il più piccolo era crollato tra le braccia di Minho, che sussurrò:
“Già mentre eravamo in macchina aveva rischiato di addormentarsi due volte...doveva essere veramente stanco...”
Key, trovando la cosa dolcissima, scostó alcune ciocche di capelli dalla fronte di Ed; disse:
“Ci credo...durante tutto questo tempo non gli abbiamo reso la vita facile...”
“Già...lo porto in camera sua...torno subito...”
Gli altri annuirono e il rapper, tenendo tra le braccia il minore, si avviò verso il corridoio e, una volta arrivato davanti alla porta della sua camera, entrò; facendo attenzione a dove metteva i piedi, raggiunse il letto e lì lo adagió dolcemente; gli sfiló gli occhiali e li appoggiò sul comodino; poi aprì la cerniera della felpa e gliela tolse, sperando di non svegliarlo; infine, lo mise sotto le coperte e si sedette accanto a lui.
Rimase a guardarlo per un po'; era talmente bello quando dormiva.
Sussurrò:
“Oh, amore mio...perché non riesco a dirti che ti amo? L'unica cosa che vorrei é poter passare la mia vita insieme a te...é così sbagliato?”
Mentre parlava, continuava ad accarezzargli una mano che era rimasta fuori dalla coperta; si sentiva stupido: stava parlando con una persona che non poteva neanche sentirlo.
All'improvviso, Ed, agitandosi nel sonno, aveva schiuso le labbra per respirare; Minho deglutí: la sua bocca era talmente invitante; aveva sempre voluto baciarlo ma temeva la reazione dell'altro; non resistette più: la tentazione era troppo forte; si chinò lentamente verso il suo volto e, tremando come una foglia, lo baciò per poi staccarsi dopo alcuni istanti.
Pensò:
“Ora posso illudermi di averti baciato almeno una volta...”
Si alzò e andò verso la porta; lo guardò un ultima volta prima di uscire; disse a bassa voce:
“Sogni d'oro, piccolo...”
 
- La mattina dopo -
 
Jonghyun e Taemin stavano caricando le ultime valigie in macchina.
Quella mattina si erano svegliati tutti prestissimo e perciò avevano deciso di partire subito così da non trovare traffico.
Kibum era insieme ad Edward e gli faceva le solite raccomandazioni; ad esempio:
“Non cacciarti nei guai.”
Oppure:
“Vai a dormire presto...devi riposare se non vuoi andare male a scuola...”
Lo studente rise; per tutto quel tempo, era stato lui a fare quel genere di raccomandazioni agli altri.
Lo abbracciò forte, dicendo:
“Non ti preoccupare...starò attento...”
Dopodiché, arrivò Jinki che, con tono scherzoso, chiese:
“Key posso salutarlo anch'io o lo vuoi solo per te?”
“Sì, va bene...ti concedo di salutarlo...”
Detto questo, Kibum lo lasciò andare; lui, allora, strinse tra le braccia Onew, dicendo:
“Ciao Jinki...mi mancherai...”
“Ehi Ed, non penserai mica di cavartela così facilmente?”
L'imitatore si distanziò leggermente, sorpreso.
“Che vuoi dire?”
Il leader, a quella domanda, tirò fuori dalla giacca un foglio ripiegato e lo consegnò al ragazzo che, sempre più confuso, lo rigiró tra le mani, chiedendo:
“What is it?”
“Aprilo.”
Esortato dal più grande, aprì il foglio e notò che sopra c'erano scritti un sacco di numeri di telefono insieme a degli indirizzi e-mail; alzò lo sguardo, lanciando un'espressione interrogativa a Onew che, avvicinandosi a lui, indicò la prima riga, spiegando:
“Questo é il mio numero...qui c'é quello di Taemin...quello di Minho...Key...Jong....il numero diretto del nostro manager...oh, questo é della casa discografica, da usare solo per le emergenze...mentre queste sono le nostre e-mail...”
“Scusa ma...come mai mi stai dando tutti i vostri recapiti?”
“Non é ovvio?...Così puoi rimanere in contatto con noi....vogliamo almeno una chiamata a settimana altrimenti ti veniamo a cercare...ci siamo capiti?”
Quell'ultima domanda l'aveva fatta puntandogli un dito contro in modo autoritario; l'altro annuì, sorridendo.
In quel, momento arrivarono gli ultimi tre componenti del gruppo; Ed li saluto uno per uno e poi li accompagnò verso l’auto; quando i ragazzi furono seduti ai loro posti, si avvicinó al finestrino del ranocchio, che si trovava alla guida, e, appoggiando una mano sul finestrino, salutò con un gesto della mano; gli SHINee ricambiarono sorridendo; Minho avrebbe voluto dire qualcosa ma con il vetro alzato non si sarebbe sentito nulla all'esterno; così, appoggiò anche lui la mano in corrispondenza di quella dell'altro, sillabando un ‘mi mancherai’.
Il motore si accese e la macchina lasciò il vialetto; Little Brother si mise in mezzo alla strada, agitando una mano in aria; continuava a pensare:
“Aspetta che girino l'angolo...aspetta che girino l'angolo...”
La macchina sparì e lui corse dentro al palazzo; entrò nel suo appartamento sbattendo la porta e lì scoppiò in un pianto disperato; cadde in lacrime sul pavimento, singhiozzando:
"Ti amo Choi Minho."

BANNER BONUS(fatto in autobus xD)
SPIEGAZIONE: sì lo so...esprime tanta tristezza ma è un banner ispirato all'ultima parte del capitolo in cui Ed dice addio a Minho quindi mi sembra azzeccato xD



 
Nei panni dell'autore

Edward POV
Ciaooo ^^
*saluta con la mano*
Oggi le faccio io le note finali perché Wyatt sta finendo di fare le valigie :)
Finalmente posso ringraziarvi per aver seguito la mia storia *^*
Quante di voi si ricordavano che avevo spedito un modulo d'iscrizione all'Arts College of London?
Era successo durante le prime righe della storia...quanti ricordi :)
*sorride*
Questo capitolo é molto ma molto più lungo degli altri ma io e Wyatt abbiamo pensato che, essendo il penultimo capitolo, sarebbe stato bello scrivere un po' di più ^^
Cosa succederà nell'ultimo capitolo?
Io e Minho ci incontreremo di nuovo? O tornerò in Inghilterra senza vederlo mai più?
Fateci sapere la vostra opinione: siamo molto curiosi di sapere le vostre teorie ^^
Grazie a tutti quelli che hanno letto la storia e ringrazio anche tutti quelli che hanno recensito ;)
Alla prossima <3

Wyatt: Ed, non stai dimenticando qualcosa?
Ed: Oh già...
E & W: Tanti auguri HikariKamishi <3

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Capitolo 21
*** Distanti ***









É passatà un'ora da quel suo ultimo messaggio ma ancora non ha trovato la forza per rispondergli.
Avrebbe dovuto dirglielo prima che partisse; avrebbe dovuto avvertirlo fin da subito: lo stesso giorno che se n'erano andati, quando aveva accettato l'offerta dell'Arts College.
 
"Mr Thompson...I'm Edward Hearts...we talked yesterday morning..."
"Oh, Edward...did you decide?"
"Yes..."
"So?"
"I accept the scholarship."
 
Purtroppo però, non ne aveva avuto il coraggio.
Dirgli che partiva, significava ammettere che non avrebbe visto mai più l'amore della sua vita e la cosa lo avrebbe distrutto; Minho, ormai, era il centro del suo universo; era il suo baricentro; il suo ossigeno; in poche parole, la sua unica ragione di vita.
Il tempo passava e il rapper si ostinava a rimanere online; la cosa iniziava a irritarlo.
Perché non chiudeva la rete dati?
Perché non si arrendeva all'evidenza che non avrebbe risposto?
Preso dal nervosismo, iniziò a battere il piede per terra; ogni singolo muscolo del suo corpo era in tensione; se qualcuno lo avesse visto in quel momento avrebbe pensato che stava aspettando i risultati di un test clinico.
Avrebbe tanto voluto spegnere il cellulare ma non ci riusciva; quel suo continuare a negarsi era un chiaro segnale di distacco e voleva assicurarsi che l'altro lo avesse capito; la sua mano teneva in una morsa di ferro il telefonino.
Continuava a pensare:
"Avanti Minho...accetta l'evidenza..."
All'improvviso, apparve la scritta 'sta scrivendo' e lo studente andò nel panico; temeva quello che poteva star scrivendo l'altro; poteva essere qualunque cosa; un'offesa; una battuta ironica; oppure l'estremo addio che aspettava da mesi; alla fine, invece, la scritta sparì e, sotto al nome del suo contatto, 'online' fu sostituito da 'ultimo accesso alle 13:20'.
Buttò la testa all'indietro, sprofondando tra i cuscini del letto, e liberó tutta l'aria che aveva in corpo; a quanto pare, ce l'aveva fatta: aveva posto fine alla loro amicizia; sussurrò:
"Addio per sempre amore mio..."
Senza che se ne fosse accorto, le sue guance furono rigate da centinaia di lacrime argentate; strinse i pugni nel tentativo di controllarsi; era arrabbiato; non solo con se stesso ma anche con il mondo intero; proprio non riusciva a darsi pace.
Perché si era innamorato di un cantante?
Perché non poteva vivere una storia d'amore senza complicazioni?
Incominciò a battere i pugni contro il materasso in preda alla disperazione; si sentiva impotente; allo stesso tempo, tuttavia, non si pentiva della sua scelta: non sarebbe mai riuscito a parlare con Minho senza poterlo più vedere; a lungo andare, avrebbe finito per impazzire.
Smise di tirare cazzotti al letto e si giró su se stesso, nascondendo il viso tra alcuni guanciali; ne abbracciò uno che si trovava accanto alla sua spalla destra; si sentiva a pezzi; quell'appartamento era diventato troppo grande per lui; ma la cosa più orribile era che tutto in quella casa gli ricordava quei ragazzi.
Una mattina aveva persino trovato un paio di mutande rosa a fiorellini nel cesto della biancheria sporca; ricordava ancora di aver pensato:
 
"E queste?! Di sicuro non sono mie..."
 
Qualche minuto dopo aveva già chiamato Kibum per sapere a chi appartenessero; anche se, in realtà, quella più che altro era una telefonata di circostanza: era convintissimo che fossero sue; gli venne quasi un infarto quanto sentì quest'ultimo dire:
 
"Ecco dov'erano finite le mutande di Jonghyun! Quell'idiota perderebbe anche la testa se non fosse attaccata al collo..."
 
Proprio non se l'aspettava una risposta del genere; sapeva che Jonghyun era gay ma non pensava fosse il tipo di persona che si veste di rosa.
Purtroppo quei boxer non erano l'unica cosa che glieli ricordava; gli bastava guardare un mobile a caso perché gli tornasse alla memoria un momento passato insieme; non se ne salvava nessuno; da quando erano partiti, ad esempio, non era più riuscito a sedersi davanti alla scrivania che si trovava in camera sua: tutte le volte che ci provava veniva investito dallo stesso ricordo.
 
"Uffa...ma perché non posso usare le dita per sfumare?"
"Perché non si fa...puoi chiedere a qualsiasi insegnante d'arte e ti dirà la stessa cosa..."
"Ma il colore non verrà omogeneo..."
"Dai lascia fare a me....basta passare la matita in questo modo..."
 
Era difficilissimo per lui riuscire a concentrarsi lí; gli bastava anche solo passarci accanto per sentire rieccheggiare nella stanza la risata di Onew.
Ad un certo punto, aveva persino preso in considerazione l'idea di cambiare completamente l'arredamento; aveva già pensato ad uno stile un po' più vintage; magari sui toni del beige o di qualche altro colore caldo.
Più tardi, però, si rese conto che sarebbe stato del tutto inutile: non sarebbe mai riuscito a liberarsi di quei cinque fantasmi.
L'unica cosa che poteva fare era cercare di tirare avanti fino al giorno della partenza.
Ora era ancora sul letto con la faccia nascosta tra i cuscini; non aveva neanche più il coraggio di guardarsi in faccia; il suo comportamento gli sembrava così infantile; allo stesso tempo, tuttavia, non ce la faceva ad essere più maturo e razionale, e si odiava per questo.
Proprio non riusciva a capire cosa gli fosse preso; era riuscito a nascondere la sua infatuazione per Aiko per non sapeva neanche più quanti anni e ora non riusciva a smettere di piangere; aveva passato notti intere a chiedersi cosa gli stesse succedendo; valutava ogni possibile ipotesi ma nessuna sembrava avere un senso.
Pensava e ripensava ma non riusciva a trovare una soluzione; ogni volta si ritrovava a sospirare, chiedendo al soffitto:
 
"E ora? Che devo fare?"
 
Quante volte aveva sperato che gli rispondesse; era da folli, certo, ma lo avrebbe fatto stare meglio sapere l'opinione di qualcun'altro.
Stanco di stare a letto, si alzò, sbuffando; quella mattina per lui era stata un inferno: aveva paura di scoprire come sarebbe stato il pomerggio.
Si stiracchió un po’, per scacciare il torpore; da quando era finita la scuola, tre giorni prima, era sempre stanco e non ne capiva il motivo; Simon gli aveva detto che era normale che i nervi cedano dopo aver passato tutto quel tempo sui libri ma lui continuava a non sentirsi tranquillo.
Sistemò le coperte nel tentativo di rendere presentabile la stanza: era stato steso lì per circa ventiquattro ore e le lenzuola erano diventate una massa informe; ricordavano quasi una pallina di carta stropicciata; non riusciva proprio a capire come fosse successo: non pensava di essersi mosso così tanto durante la notte.
Giá che c'era raccolse anche qualche vestito che era rimasto là per terra; visto che aveva trovato il coraggio di fare le pulizie, era meglio completare l'opera subito; ad un certo punto notò che aveva lasciato sul pavimento anche una delle sue camicie più delicate; sospirò, triste; ormai era convinto di aver raggiunto il fondo: anche se con gli altri si mostrava sorridente, dentro in realtà era come se fosse morto; non riusciva più né a ridere né a scherzava; non faceva altro che fingere, trattenendo le lacrime.
Uscì dalla camera tenendo tra le mani i vestiti sporchi, ora appallottolati; andò in bagno e buttò quell’enorme palla nel cesto della biancheria sporca; sbuffò, appoggiandosi con le mani al lavandino.
Pensò:
“Mi faccio schifo...mi faccio schifo...”
Alzò lo sguardo verso lo specchio: il suo viso tradiva tutta la sua tristezza e la sua rabbia; i suoi occhi erano contornati da profonde occhiaie violacee dovute alle numerose ore di sonno perso e il suo colorito era spento; girò la manopola dell’acqua fredda e la fece scorrere; portò entrambe le mani sotto il getto a formare una piccola conca e dopo averle riempite, se le portò sul viso; l’acqua era gelida e gli fece perdere la sensibilità alla faccia per qualche secondo; si guardò di nuovo allo specchio: appariva leggermente più sveglio ma i suoi occhi continuavano a tradire la sua malinconia.
Uscì dal bagno, sbattendo la porta.
Avrebbe tanto voluto scomparire dalla faccia della Terra.
Lanciò un’occhiata al suo orologio; si meravigliò: erano quasi le 14:00; si passò una mano sul viso; anche se era già passata l’ora di pranzo lui non aveva per niente fame.
Si diresse comunque verso la cucina per provare a sgranocchiare qualcosa; non appena entró, aprí il frigo per vedere se c'era qualcosa che potesse ispirarlo; purtroppo, però, doveva ancora fare la spesa e lí dentro non era rimasto molto; chiuse la portella frustrato; pensò:
"Di bene in meglio...."
Si sedette su una sedia e si portò le mani al viso; ormai non sapeva più cosa fare; gli sembrava che niente avesse più senso senza di lui.
All'improvviso il campanello suonò, lasciandolo stupito: quel giorno non aspettava nessuno.
Chi poteva essere?
Si alzò dalla sedia e andò verso la porta d'ingresso; immaginava già che fosse il solito venditore porta a porta che provava a far passare una scopa da quattro soldi per una delle più geniali invenzioni dell'epoca moderna.
Aprì la porta, ritrovandosi davanti Karen e Aiko con delle grosse buste di plastica; non capendo il motivo della loro visita, chiese:
"Ehi ragazze...ma che ci fate qui?"
"Non è ovvio? Ti salviamo da te stesso..."
Mentre Karen parlava, le due amiche entrarono in casa e iniziarono a guardarsi intorno per valutare la gravità della faccenda; Edward, ancora confuso, chiese:
"Salvarmi...da me?!"
"Si esatto...da quando è finita la scuola ti sei rinchiuso nel tuo appartamento come un eremita...è ora che tu torni alla vita..."
Il ragazzo sospirò, sapendo dove volevano andare a parare; chiuse la porta, richiudendo idealmente la sua gabbia dorata; avevano perfettamente ragione: da quando non doveva più uscire per andare a lezione, aveva smesso di vivere rimanendo per ore e ore seduto sul divano a guardare la TV.
Si avvicinó a loro e con un tono di voce pacato gli disse:
"Ascoltate...so che in questi giorni vi ho fatto preoccupare ma...vi giuro che sto bene...ho solo bisogno di stare solo..."
"Ma Ed...non è così che riuscirai a dimenticarlo..."
A quella frase rimase a bocca aperta; non riusciva a capire cosa stesse accadendo.
Lo sapevano?
E se si, chi glielo aveva detto?
Divenne completamente rosso in viso; il suo cervello era andato in tilt e non era più in grado di connettere; senza accorgersene balbettò un
"C-come? N-non capis-"
Non riuscì nemmeno a finire la frase per quanto era sconvolto.
Aiko, nel frattempo, si era avvicinata a lui e ora gli era accanto; gli appoggiò una mano sulla spalla richiamando la sua attenzione; quando il ragazzo si voltò a guardarla, sorrise per cercare di trasmettergli un po' di coraggio; disse:
"Edward non devi sentirti in imbarazzo...è stato Jonghyun a dirci tutto...non voleva lasciarti da solo in questo tuo momento di fragilità..."
Lo studente stentava a credere alle sue orecchie; Dino le aveva avvisate così che potessero stargli vicino in quel suo momento di sconforto; rimase piacevolmente sorpreso: non pensava che quel ragazzo avesse così tante attenzioni nei suoi confronti; in quell'istante, dai suoi occhi iniziarono di nuovo a scendere calde lacrime che diedero sfogo al caos interiore del ragazzo.
Le altre due, vedendolo in quello stato, lo abbracciarono forte; anche se non capivano in pieno la grande disperazione che lo circondava, avevano deciso di fare tutto ciò che era in loro potere per aiutarlo.
Ed, intanto, tremava tra le loro braccia, scosso dai singhiozzi e dal pianto; finalmente si stava liberando da un peso troppo duro da sopportare da solo; tiró su con il naso, cercando di riordinare le idee; ripensó a tutte le volte che era stato il rapper a tenerlo attaccato al petto; per un momento, gli sembrò quasi di sentire di nuovo il profumo della sua pelle e la cosa lo mandò completamente in confusione; abbassò la testa demoralizzato e, con un filo di voce, disse:
"Mi manca tanto..."
Non fu facile rimettersi in piedi ma grazie all'aiuto delle sue migliore amiche riuscì a riprendere in mano la propria vita; non fu un cambiamento immediato; gli ci vollero molte settimane per tornare il ragazzo che era prima però, procedendo a piccoli passi, raggiunse il suo obiettivo; cominciò dai propri capelli, ritornando al suo colore naturale; gli piacevano castani ma voleva partire da zero e non sarebbe stato possibile con quella tinta.
Ricominciò ad usare anche gli occhiali, non sentendosi ancora del tutto se stesso; anche se non lo voleva ammettere, gli mancava nascondere gli occhi dietro le lenti.
Dopodiché passò al suo appartamento, sbarazzandosi di tutto ciò che non gli serviva; rimase sorpreso dalla grande quantità di cose che aveva accumulato in tutti quegli anni; continuava ad aprire armadietti ritrovandosi davanti centinaia di cianfrusaglie inutili; peluche di quando era piccolo, vecchi cellulari rotti, vecchi album con pezzi di cartoncino scarabocchiato; si ritrovò a pensare:
"Ma come sono arrivato a questo punto?!"
Prese un cestino e iniziò a buttare via tutto; gli dispiaceva buttare via tutti quegli orsacchiotti di pezza ma erano troppo rovinati per pensare anche solo di ripararli.
Gli scaffali lentamente si svuotavano e i sacchi della spazzatura si riempivano; gli ci volle un'intera mattina per sistemare tutta casa; non ne poteva più; non vedeva l'ora di mettersi sul divano e riposare un po'.
Portò giù nei bidoni condominiali la spazzatura e, non appena rientrò in casa, chiuse la porta con un piede e corse a stendersi, esausto; si accasció sul sofà, buttando la testa indietro; borbottó:
"Non pensavo di avere così tante cose da buttare..."
Si girò su di un lato, appoggiando la schiena contro uno dei cuscinoni del divano; sospiró: quella casa era fin troppo silenziosa per i suoi gusti; avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire una delle bruttissime battute di Onew.
Senza accorgersene, iniziò a giocherellare con l'orlo della copertura del divano; era veramente a terra: non sapeva più dove sbattere la testa.
Ad un certo punto, si accorse che sotto quella seduta c'era una specie di nastro dalla trama abbastanza ruvida; sorpreso, provò a tirarlo per vedere cosa fosse e si accorse che era legato a qualcosa di pesante; tirò ancora e spuntò una macchina fotografica digitale, all'apparenza, molto costosa; la prese in mano, cercando di capire a chi appartenesse; sua non era di certo: non poteva permettersela con il suo stipendio.
Poi, gli venne in mente la sera del suo compleanno; Kibum, volendo renderla indimenticabile, aveva pensato di fare una specie di servizio fotografico.
 
"Dai Ed...quando ti ricapita di fare delle foto con degli idols..."
"Va bene ma con cosa facciamo le foto? Con il cellulare?"
"Beh io in realtà ho portato via la mia fotocamera..."
 
Sgranò gli occhi capendo chi era il proprietario; era di Minho; deve essere finita lì sotto quella sera durante i festeggiamenti e nessuno dopo si è ricordato di recuperarla; la sfiorò, incredulo, tracciando il contorno dell'obiettivo; pensò:
"Chissà se si è accorto di averla persa?"
Se la rigirò tra le mani, analizzandola centimetro per centimetro; probabilmente ce l'aveva da tanto tempo ma era ancora in ottime condizioni; si vedeva che ci teneva.
Anche se titubante, decise di accenderla; selezionò la voce 'album' e sbirciò le foto: la maggior parte erano di paesaggi o di edifici di Seoul; andò avanti con l'apposito tasto fino ad arrivare a quelle fatte quella sera; sorrise: anche se le fecero per scherzo, erano veramente molto belle.
Il suo sorriso, però, mutò quando ne vide una in cui c'erano solo lui e Minho: il maggiore lo abbracciava mentre lui faceva l'aegyo; sbuffò: erano venuti anche bene, purtroppo.
Chiuse la macchina e l'appoggiò sul tavolo davanti a lui; si mise seduto pensando al da farsi; doveva restituirgliela ma non sapeva come; non poteva certo andare alla SM Entertainment a dargliela; si alzò in piedi e si diresse verso lo sgabuzzino; la soluzione migliore sembrava quella di spedirgliela per posta: in questo modo non avrebbe dovuto incontrarlo; prese una scatola vuota e tornò in soggiorno.
Prese la fotocamera e ce la mise dentro; poi, però, gli venne in mente che doveva mettere qualcosa per proteggerla dagli urti; si guardò intorno in cerca di qualcosa da usare; non trovando nulla che potesse andare bene, andò a prendere un rotolo di carta da cucina e usò quella.
Stava per chiudere la scatola quando gli venne in mente che aveva ancora i boxer di Jonghyun; andò in camera sua e aprì la sua cassettiera; prese la busta di plastica in cui le aveva messe e tornò doveva lasciato il pacco; le mise dentro stando attento a non rovinare nulla; chiuse il tutto e lo sigilló con del nastro adesivo.
Lo prese in mano e si diresse verso la porta: doveva sbrigarsi se voleva andare alle poste e spedirlo.
In quel momento, sentí qualcuno bussare alla porta; sorpreso, rimise giù la scatola e andò ad aprire; non sapeva proprio chi fosse; Karen e Aiko erano ad uno stage fuori città quindi non potevano essere loro; ipotizzó che potessero essere Jung-su o Hyun Ki ma poi gli venne in mente che erano fuori città anche loro per la proiezione di un film di cui non sapeva il titolo; il personaggio misterioso intanto aveva iniziato a colpire la porta in modo brusco; corse verso la porta e senza controllare chi era la aprí.
Quando capì chi era, rimase a bocca aperta: davanti a lui c'erano gli SHINee al completo, che lo guardavano arrabbiati; boccheggió per qualche secondo ma poi con un po' di fatica chiese:
"C-che ci fate qui?"
"Sul serio dobbiamo spiegartelo?"
"Due chiamate a settimana ti dice niente?"
Continuò a guardarli senza riuscire a dire nulla; gli sembrava quasi surreale vederli tutti insieme davanti alla sua porta; avrebbe voluto abbracciarli ma sapeva perfettamente che non era il caso; abbassò lo sguardo, colpevole; sussurrò:
"Lo so...scusate...é che ho avuto paura di diventare un peso per voi...così ho smesso di mandarvi messaggi..."
Era la bugia più grossa che avesse mai detto ma non poteva rivelargli la verità; si sarebbe sentito morire se Minho avesse scoperto che lo amava; sospirò: forse quella era l'ultima volta che li vedeva; concluse:
"Perdonatemi...capirò se non vorrete più vedermi..."
Sorrise amaramente, iniziando a chiudere la porta; odiava l'idea di dover dire addio all'amore della sua vita ma non aveva altra scelta; stava per farla sbattere quando la porta si fermò; alzò il viso e vide che Minho la stava bloccando con una mano; lo guardò stupito: pensava che la discussione fosse già conclusa.
Il rapper spalancò di nuovo l'ingresso e fece un paio di passi all'interno dell'appartamento; lo studente di riflesso fece due passi indietro, mantenendo le distanze; era spaventato: gli occhi del maggiore non gli piacevano per niente.
All'improvviso, il ranocchio lo prese per un braccio e lo tirò a sé; lo abbracciò forte, inspirando a pieni polmoni il suo profumo; solo in quel momento si era reso conto di quanto gli fosse mancato; avvicinó le labbra ad un orecchio del più piccolo e gli disse:
"Se pensi di liberarti di noi così facilmente...beh ti sbagli di grosso...tu rimarrai sempre il nostro fratellino..."
A quelle parole, Ed rimase senza parole; non si sarebbe mai aspettato che l'altro lo trattasse in modo così affettuoso; pensava che lo avrebbe schiaffeggiato, insultato o addirittura picchiato; si sarebbe aspettato di tutto ma non che lo stringesse tra le braccia e lo coccolasse.
Dal resto del gruppo, poi, uscì anche Kibum che, senza pensarci due volte, si fiondò ad abbracciare il minore; quasi in successione, all'abbraccio si unirono i restanti, creando un cerchio intorno a lui.
Anche se all'inizio ci fu un grande imbarazzo; dopo tutto quel tempo passati separati, Edward sentiva un po' di soggezione nei loro confronti; non sapeva se fosse per il loro lavoro o l'idea di essere di nuovo nella stessa stanza con il ranocchio, ma non riusciva a guardarli negli occhi; gli altri ovviamente se ne accorsero quasi subito e la cosa li fece sorridere: non era cambiato di una virgola.
Jinki, approffitando di un momento di distrazione del più piccolo, si sedette accanto a lui e, avvolgendogli le spalle con un braccio, gli disse:
"Ehi Little Brother...siamo sempre gli stessi...non devi sentirti a disagio."
L'altro lo guardò confuso; poi, però, scosse il capo diventando rosso in viso; rispose:
"Lo so scusa...ma non ero più abituato a parlare con degli idols."
Taemin, a quell'affermazione, scoppiò a ridere.
"Non é poi passato così tanto tempo..."
"Forse é vero...ma mi fa comunque strano..."
Il leader vedendo lo studente sempre più imbarazzato, gli diede qualche colpetto sulla schiena per dargli coraggio; saperlo così impaurito gli faceva tanta tenerezza.
Minho, intanto, era rimasto in disparte; all'improvviso, si sentiva debole e incapace di muoversi; non gli era mai capitata una cosa del genere; all'inizio era partito bene ma poi si era bloccato; continuava a ripetersi:
"Ma si può sapere cosa ti prende?! Prova almeno a dire qualcosa!"
Aprì la bocca ma non riuscì ad emettere nessun suono; sbuffò; gli sembrava di essere sul patibolo invece che a casa di una delle persone più importanti della sua vita.
Jonghyun era l'unico che non aveva ancora aperto bocca; si era limitato a guardare la scena come spettatore; alla fine non aveva resistito e aveva detto tutto a Key; si sentiva un verme ad aver tradito la fiducia del rapper ma non sapeva più che pesci pigliare e dopo tutti quegli anni passati assieme aveva imparato che, se c'era un problema da risolvere, lui era il più indicato a cui rivolgersi.
Continuava a guardare il suo ragazzo nell'attesa di una sua mossa; il tempo passava ma lui non aveva ancora fatto nulla; chissà cosa stava aspettando?
Stanco di attendere, gli sussurrò ad un orecchio:
"Ehi micetto...hai intenzione di star seduto qui per tutto il giorno?"
"Sta' calmo...gli parlerò  quando saremo soli...non davanti a tutti."
Sbuffò; non vedeva l'ora che questa storia venisse chiarita; si portó la frangia indietro, liberando la sua visuale che era coperta da alcune ciocche di capelli; ancora non si era abituato al nuovo taglio; non che gli dispiacesse, ma forse avrebbe preferito tenerli un po' più semplici; un taglio corto come quello di Minho sarebbe stato perfetto; il colore però lo adorava: un bel castano chiaro; proprio nel suo stile.
Kibum, intanto, anche se poteva sembrare calmo, dentro stava urlando; non sapeva proprio cosa fare; in passato, gli era già capitato di gestire situazioni del genere ma, in questo caso, non aveva idea di come comportarsi; aveva paura di aggravare il problema.
Accavalló le gambe, mordendosi un labbro; i minuti passavano e lui aveva sempre meno tempo per agire; gli serviva un pretesto per rimanere da solo insieme al minore; respiró profondamente cercando di distendere i nervi.
Cosa poteva fare?
Abbassò lo sguardo sul tavolino che stava davanti a lui e quando vide il suo bicchiere gli venne l'illuminazione; guardò un attimo la giacca che stava indossando; sospiró, pensando:
"Speriamo che si possa smacchiare..."
Prese il bicchiere in mano e lo avvicinó alle labbra; si guardò un attimo in giro: erano tutti impegnati in altre conversazioni; approfittando dell'occasione, si verso addosso la bevanda e finse di essere sconvolto; si alzò in piedi, dicendo:
"Oh no...i miei poveri vestiti...Ed, ti prego, mi aiuti a smacchiarli?"
Edward, preso alla sprovvista, rispose:
"Si...d'accordo...forse in bagno ho ancora dello smacchiatore..."
Si alzò dal divano e fece segno all'altro di seguirlo; il maggiore andò verso il bagno insieme a lui ma prima di entrare in corridoio, si girò verso Jonghyun e gli fece l'occhiolino; era soddisfatto: forse, adesso, sarebbe riuscito a confrontarsi con l'altro.
Quando il main vocalist gli disse tutto quello che sapeva, non riuscì a crederci.
 
"J-Jonghyun scherzi vero?? Minho e Ed...no non é possibile..."
"É la verità...devi credermi...ma nessuno dei due ha il coraggio di dichiararsi..."
Si passò le mani sul viso non capendoci più niente; si stava sforzando di metabolizzare le notizie appena ricevute ma gli era praticamente impossibile; si alzò dal letto e andò verso la cassettiera dove teneva un deodorante per ambienti: non sapeva perché ma l'aria gli sembrava terribilmente viziata.
Prese la bomboletta di profumo e diede un'occhiata all'etichetta; pensó:
"Oggi al profumo di magnolia...bah...perché no?"
Ne spruzzó un po' per la stanza e annusó in giro: a quanto pare nessun detersivo o fragranza era capace di far sparire l'odore di sudore che portava Jonghyun dopo essere stato in palestra; si risedette accanto all'altro e, sospirando, disse:
"Certo che é un bel casino...ma ora che ci penso avevo notato che tra loro due c'era una specie di nervosismo..."
"E pensa che si erano sforzati di nascondere tutta la faccenda..."
Ci fu un attimo di silenzio tra i due che sembrò non finire mai; non sapevano cosa dire; il primo a rompere il silenzio fu Kibum che, con voce tremante, sussurrò:
"E ora? Che hai intenzione di fare?
"Non lo so...qui l'esperto sei tu no?"
 
No.
Non era assolutamente un esperto; non sapeva nemmeno come introdurre il problema.
Come avrebbe fatto a sviscerare la questione?
Si sedette sul bordo della vasca e iniziò a giocherellare con le dita; Ed, intanto, era piegato sulle ginocchia, con il viso nascosto in un mobiletto in cerca dello smacchiatore; la situazione era leggermente imbarazzante: avrebbe voluto dire qualcosa ma non gli sembrava il caso di parlare al sedere dello studente; non sarebbe stato molto delicato.
Per fortuna, Ed si rimise in piede con una bottiglietta blu in mano e si avvicinò a lui; Kibum storse il naso; la sua giacca era molto delicata e temeva che si rovinasse.
Forse l'altro si accorse del suo scetticismo e, con voce dolce, gli disse:
"Sta' tranquillo...questo prodotto lo usiamo anche in atelier...non rovina nessun tessuto...te lo assicuro."
Detto questo, prese un asciugamano pulito che si trovava in una pila accanto alla vasca e lo impregnó con il prodotto; poi, abbassandosi di nuovo sulle ginocchia di fronte a Kibum, iniziò a picchiettare il panno sulla macchia.
Lentamente la macchia diventó meno evidente fino quasi a sparire; il cantante rimase a bocca aperta: quel detersivo era veramente miracoloso; proprio non se lo aspettava.
Edward sorrise e alzandosi in piedi disse:
"Visto? Quando arrivi a casa sciacqui di nuovo con un po' d'acqua la macchia e sei a posto..."
"Va bene. Gomawo Little Brother."
Lo studente gli diede una pacca sulla spalla e rimise la bottiglietta nel mobiletto.
Kibum capì che se non parlava ora non ci sarebbe più riuscito; sarebbe stato impossibile davanti agli altri; soprattutto davanti a Minho; aveva promesso a Jonghyun di mantenere il segreto, quindi, chiedere a Ed davanti a tutti se provava qualcosa per il ranocchio sarebbe stata una stupidaggine terribile; perciò, un po' titubante, chiese:
"Ehi Ed...posso farti una domanda?"
"Si certo...cosa devi chiedermi?"
Bella domanda.
Cosa doveva chiedergli?
Non ne aveva la minima idea; sapeva solamente di dover prendere tempo finché non trovava l'illuminazione.
Edward intanto si era alzato da terra e si stava lavando le mani, guardando con la coda dell'occhio il cantante; non lo aveva mai visto cosí perso e confuso; chiuse il getto d'acqua e, girandosi verso l'altro, ripeté:
"Allora...che volevi chiedermi?"
"No niente...é che..."
In quel momento, ebbe l'idea.
"É che l'altro giorno ho iniziato a leggere un libro che parla di cinque ragazzi che vogliono suicidarsi e così decidono di fare il giro degli Stati Uniti ed esaudire i loro ultimi desideri...e...mi sono ritrovato a pensare a cosa avrei voluto fare prima di morire...a te é mai capitato?...quale sarebbe il tuo ultimo desiderio prima di morire?"
"Stare insieme al ragazzo che amo...anche se é praticamente impossibile..."
Questo avrebbe voluto rispondere ma non ne ebbe il coraggio; si voltò di nuovo verso lo specchio e ci si specchió; non si riconosceva neanche più; gli sembrava di star vivendo un incubo; uno di quegli incubi che non riesci a distinguere dalla realtà; respiró profondamente e girandosi verso Kibum disse:
"In questo ultimo periodo ho capito che molti dei miei sogni sono irrealizzabili perciò...penso che morirei tenendo il mio ultimo desiderio per me..."
Sorrise malinconico quasi a incorniciare quel momento che a lui sembrò infinito; non voleva passare per un cinico disilluso ma, purtroppo, era quello che pensava veramente; durante tutte quelle settimane non aveva fatto altro che sperare di dimenticare Minho e di riuscire ad andare avanti con la sua vita; invece, più passava il tempo, più gli sembrava di impazzire; gli era mancato tutto di lui: la sua voce, i suoi occhi, il calore dei suoi abbracci.
Spesso si ritrovava a fissare la porta comunicante, ora chiusa, e a pensare quanto gli faceva strano non poterla aprire e andare nell'altro appartamento.
Avrebbe tanto voluto tornare indietro e rifiutare di potarli in giro per la scuola; rifiutare di unire i due appartamenti; ma, più di tutto, rifiutare di dover stare insieme con loro tutto quel tempo; si sarebbe risparmiato un sacco di sofferenza.
Il cantante intanto era rimasto ammutolito da quella risposta; non avrebbe mai immaginato di sentire uscire quelle parole dalla bocca dello studente; era sempre stato un ragazzo solare e pieno di vita; non sembrava neanche più la stessa persona; pensò:
"Oh Ed...devi essere davvero molto forte se riesci a tenerti tutto dentro..."
Senza neanche accorgersene si era alzato in piedi ed era corso ad abbracciarlo; avrebbe tanto voluto dirgli che sapeva tutto e che non doveva continuare a mentire ma, se lo avesse fatto, avrebbe rotto la promessa che aveva fatto a Jonghyun; sospirò e staccandosi leggermente, disse:
"Scusa...non so cosa mi sia preso..."
"Tranquillo...non hai mica commesso un reato...dai torniamo dagli altri..."
Kibum annuì senza proferire altra parola; si sentiva in colpa per non essere riuscito a portare a termine la missione; si era sempre vantato di essere un esperto d'amore; eppure, quando si trattava di un'applicazione pratica, non sapeva che pesci pigliare; percorse il corridoio tenendo la testa china; pensó:
"E ora? Cosa dico a Jong?"
Arrivarono in soggiorno e subito Dino lo guardò con aria interrogativa; scosse il capo sillabando un malinconico 'scusa'; odiava deluderlo ma la cosa era molto più complicata di quanto si aspettasse; vide l'altro rattristarsi tremendamente e gli venne quasi da urlare; perché Jonghyun non gli aveva chiesto di cercare il mostro di Lochness?
Forse sarebbe stato più facile.
Il ranocchio, intanto, continuava ad osservare gli altri senza riuscire a capire cosa stesse succedendo; aveva notato tutto: il finto incidente, l'occhiolino tra i due piccioncini, la faccia abbattuta del vocalist; che stava succedendo?
Il fatto che Kibum fosse stato da solo con Edward non lo faceva stare tranquillo; avrebbe tanto voluto sapere di cosa avevano parlato: non potevano aver passato tutto quel tempo a smacchiare la giacca; il suo sguardo cadde subito sul suo amico dinosauro; non sapeva perché ma qualcosa gli diceva che la causa scatenante di tutto era lui; stava per andare a parlargli quando i suoi occhi incontrarono quelli di Ed; fu quasi come se li avesse visti per la prima volta; non era il solito blu elettrico: erano quasi turchesi e scintillavano come due stelle; anche se erano belli, però, quello che lo colpì fu la grande tristezza che li avvolgevano; si ritrovò a pensare:
"Che ti è successo piccolo?"
L'altro, quasi come se lo avesse sentito, gli sorrise malinconico facendolo preoccupare ancora di più.
Nel bel mezzo di quel silenzioso trambusto, un'altra persona scrutava la scena aspettando il momento opportuno: il leader.
Da quando erano arrivati era sempre stato zitto, limitandosi a fare qualche commento di tanto in tanto.
Soprattutto, non aveva mai perso di vista la sua giacca; l'aveva tenuta sempre sotto braccio così da essere pronto per quando avrebbe dovuto parlare con lui.
Avrebbe tanto voluto parlare in un momento più allegro ma la situazione sembrava star degenerando e forse sarebbe andata sempre peggio.
Doveva parlare ora.
Si schiarí la voce per richiamare l'attenzione di tutti e, quando tutti gli occhi furono puntati tutti su di lui, disse:
"Sentite ragazzi...io dovrei dirvi una cosa..."
Gli altri cinque si guardarono confusi: non avevano mai visto Jinki così serio; gli fecero cenno di proseguire con un movimento del capo; Onew fece un grosso respiro e, tirando fuori una busta gialla da una tasca del giaccone, continuò:
"Da quando Ed ci ha detto della borsa di studio a Londra...beh...ho fatto alcune ricerche..."
Lo studente, sentendosi preso in causa, sgranò gli occhi; balbettò:
"R-Ricerche?"
L'altro annuì, passandogli la piccola cartellina che teneva in mano.
Il minore tentennò un attimo ma alla fine la prese e ne guardò il contenuto; dentro c'erano alcuni depliant e alcuni documenti scritti a parole molto piccole; chiese:
"Cosa sono?"
"Sono dei moduli d'iscrizione...non so se conosci la Seoul National University?"
"Si certo...é una scuola molto pre-... no aspetta un attimo..."
Inizió a sfogliare sconvolto i documenti che aveva in mano fino a quando non trovó quello che temeva: l'attestato di ammissione al primo anno.
Si sedette sulla poltrona che si trovava dietro di lui non riuscendo più a reggersi in piedi; non poteva crederci: lo avevano iscritto ad una delle scuole più prestigiose e, cosa più importante, costose di tutta la città senza neanche parlargliene prima; continuava a guardare quel foglio sperando di aver sbagliato a leggere, anche se sapeva che non era quello il caso.
Guardò Jinki allibito; chiese:
"Ma che significa?"
"So che avrei dovuto chiedere un tuo parere prima ma se lo avessi fatto non mi avresti permesso di fare niente...e io volevo tanto poterti dare un'alternativa..."
"Un'alternativa a cosa?"
"Al dover tornare a Londra..."
Buttó la testa all'indietro non sapendo più che dire; si sentiva come se lo avessero appena investito; non era arrabbiato, ma triste: studiare in Corea avrebbe voluto dire continuare a vedere Minho e la cosa a lungo andare lo avrebbe ucciso.
Si portò le mani al viso; era commosso dal fatto che l'altro si fosse prodigato così tanto per lui ma non poteva assolutamente accettare; però, allo stesso tempo, non poteva neanche dirgli di no in modo troppo brusco: Jinki non poteva sapere che, invece di aiutarlo, stava soltanto peggiorando le cose; guardò sorridendo l'amico e, cercando di non farlo star male, disse:
"Onew ascolta...sono molto lusingato ma non posso proprio accettare..."
"M-ma perché?"
Ottima domanda.
Perché? Perché non poteva accettare?
Tutti e cinque gli SHINee lo stavano guardando con occhi imploranti; si vedeva che gli volevano bene e anche lui teneva a loro ma non ce l'avrebbe mai fatta a vivere così vicino al ragazzo che amava senza potergli dire ciò che provava; prese un grosso respiro per trovare la forza di parlare; nella sua mente stavano tornando tutti i più piccoli dettagli del loro primo incontro; si ricordò di quando imbucó la lettera per il college londinese e di come si sentiva piccolo e timido in un paese così grande.
Annuì a se stesso: ora sapeva cosa dire.
"La verità é che per tutto questo tempo ho fatto finta di essere un normalissimo cittadino coreano ma non lo sono...anche se ho la doppia cittadinanza continuo ad essere inglese ed é giusto che torni in Gran Bretagna dopo questa lunga vacanza...se si può chiamare così..."
A quelle parole, sugli occhi di tutti i cantanti iniziò a calare quel piccolo velo di tristezza che preannuncia il pianto; anche se avevano appena saputo della seconda alternativa, dovevano averci sperato con tutte le loro forze.
Ad un certo punto, Taemin si alzò in piedi e si mise davanti ad Ed; si piegò sulle ginocchia per poterlo guardare negli occhi e, con la voce incrinata per la tristezza, disse:
"Little Brother...noi rispettiamo la tua decisione...ma sappi che se mai cambierai idea...noi ti accoglieremo a braccia aperte..."
Subito dopo, strinse tra le braccia lo studente per poi essere abbracciato a sua volta da tutti gli altri.
Passarono altri venti minuti e, purtroppo, arrivò il fatidico momento dei saluti.
Nessuno di loro avrebbe voluto che quel momento arrivasse: sapevano perfettamente che stavolta era un addio definitivo.
Continuarono a salutarsi per non sapevano neanche loro quante volte; quello più difficile da salutare fu Kibum che non la smise neanche per un momento di ripetere ad Edward di scrivergli e di mandargli qualche cartolina; le prime quattro volte era stato anche carino ma dopo sette volte era diventato abbastanza snervante.
Minho, come aveva fatto per il resto della giornata, rimase in disparte aspettando che il più piccolo finisse il giro dei saluti; preferiva essere l'ultimo così da illudersi che non fosse veramente l'ultima volta che lo vedeva; continuava a guardarlo con lo sguardo perso, cercando di memorizzare ogni singolo dettaglio di quello che considerava un piccolo miracolo della natura; fissava le sue ciocche bionde e come il sole le facesse brillare; gli venne un tuffo al cuore: come avrebbe fatto a vivere senza di lui?
Vide Ed avvicinarsi e gli venne la tentazione di scappare; sapeva benissimo che se lo avesse abbracciato non lo avrebbe mai più lasciato andare.
Fu questione di pochi secondi e i due si ritrovarono faccia a faccia; non serví dire niente: gli bastò uno sguardo per dirsi tutto; si abbracciarono forte anche se forse non avrebbero dovuto: in questo modo non facevano altro che farsi del male; il primo a rompere il silenzio fu Minho che, avvicinandosi ad un orecchio dell'altro, sussurrò:
"Se mai avessi bisogno di aiuto...io ci sono...non ci metto niente a salire su un aereo e a raggiungerti..."
"Grazie Big Brother...mi mancherai tanto..."
"Anche tu..."
I ragazzi si separarono, sorridendosi un'ultima volta.
A quel punto, il rapper salì in macchina, prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentito; non era ancora riuscito a farsene una ragione; non lo trovava affatto giusto: perché non poteva essere felice come qualsiasi altra persona?
Non appena si sedette al suo posto, vide Jonghyun ammonirlo con lo sguardo; sospirò, girandosi da un'altra parte; si sentiva già uno schifo da solo; non serviva che l'altro glielo ricordasse.
L'automobile partì e Ed, esattamente come la prima volta, li salutò dalla strada, sbracciandosi per farsi notare; stavolta, però, il ranocchio non si voltò nemmemo una volta a guardarlo: se lo avesse fatto probabilmente sarebbe scoppiato a piangere; si limitò ad agitare una mano in aria, per poi portare il braccio sopra gli occhi, mentre faceva aderire completamente la schiena al sedile.
In questo modo avrebbe nascosto qualsiasi attacco di pianto: in quella posizione sembrava star dormendo.
Passarono venti minuti e i cantanti avevano già percorso metà della strada che li separava da Seoul; a Minho sembrò di morire: di solito ci volevano almeno due ore per arrivare a destinazione, invece, quel giorno, non c'era neanche una macchina.
All'improvviso, sentì il suo stomaco attorcigliarsi; temendo di sporcare i tappetini dell'auto, chiese:
"Jinki puoi fermarti un secondo, per favore? Non mi sento bene..."
"Oh si certo..."
Il leader accostò in una piazzola di servizio e lui corse fuori come un fulmine; si appoggiò ad un palo e spalancò la bocca, sentendo i conati di vomito farsi sempre più forti.
Gli altri, intanto, lo guardavano non capendo cosa gli stesse succedendo; si vedeva che non stava bene ma il problema era che non sapevano cosa avesse esattamente; erano rimasti a fissarlo mentre si contorceva senza poter fare nulla; il più sconvolto era Taemin che, con un filo di voce, chiese:
"Ma che cos'ha Minho-hyung? Dite che dovremmo fare qualcosa?"
Jonghyun si acciglió arrabbiato; sul serio quello era lo stesso ragazzo che, quando si trattava di una sfida, sembrava invincibile?
Si allontanò dal gruppo e raggiunse l'amico che era ancora piegato in due sul ciglio della strada; lo squadró dalla testa ai piedi e con tono di rimprovero, disse:
"É inutile che rimani qui a torturarti...tanto non é vomitando che ti libererai del tuo dolore..."
Il rapper alzò leggermente lo sguardo, rivelando i suoi occhi arrossati e ancora lucidi per il pianto; si passò una manica sul viso per asciugarseli e poi, tirando su un paio di volte con il naso, disse:
"L-lo so...ma non so cos'altro fare..."
"Non sai cosa fare?! Combatti, accidenti! Non ti sei mai arreso davanti a niente e cominci proprio ora?!"
"Ma Ed..."
"ED TI AMA, BRUTTO IMBECILLE! ED.TI.A.M.A...AMA!"
Glielo urlò in faccia, esasperato; non ne poteva più di quella situazione e voleva portarla a termine; all'inizio, aveva provato a rimanere in disparte ma, adesso, aveva capito che quei due non ce la potevano fare da soli.
Minho a quelle parole, sgranó gli occhi, rimettendosi subito dritto davanti al maggiore; era sconvolto; Edward ricambiava i suoi sentimenti?
Non riusciva a crederci.
Ma perché non glielo aveva detto?
Balbettó:
"M-ma perché..."
"Perché non te l'ha detto? Perché ha paura esattamente come te...anzi...forse ne ha più di te..."
A quelle parole, nella sua mente scattò qualcosa: quindi stava tornando a Londra perché aveva paura; non glielo avrebbe lasciato fare; non gli avrebbe permesso di andarsene; non avrebbe lasciato partire la persona che amava.
Iniziò a correre nella direzione in cui erano venuti; forse ci avrebbe messo ore a raggiungerlo ma non gli importava; doveva parlargli assolutamente.
All'improvviso, sentì Jonghyun urlargli:
"Ehi si può sapere dove stai andando?!"
Urlò:
"Vado a riprendermelo...e credimi...stavolta non mi arrenderó..."
Nel frattempo, Ed aveva smesso di salutare.
Si era seduto sul marciapiede, a pensare.
Pensava a tutte quelle sere che aveva passato sul divano a guardare i film dell'orrore insieme a loro.
Pensava alle centinaia di volte che aveva finto di ridere alle battute del fanatico del pollo.
E, soprattutto, a tutti i momenti che aveva passato tra le braccia di Minho.
Si alzò, senza mai smettere di guardare la strada; immaginava il camion dei traslochi arrivare davanti al condominio; gli scatoloni con tutte le sue cose stipate sul retro del veicolo; sorrise, malinconico: era proprio vero che la vita era diversa dai film; nella realtà il ragazzo che ami non arriva di corsa ad impedirti di partire.
Entrò nel condominio e salì le scale per tornare nel suo appartamento; doveva sistemare tutto lo scompiglio che avevano portato quei ragazzi; era sconvolgente la velocità con cui Taemin riusciva a mettere sotto sopra una stanza.
Non appena chiuse la porta, però, gli venne da urlare; sopra al tavolino del salotto c'era ancora la scatola che aveva preparato quella mattina; sbatté un pugno contro una parete.
Possibile che nessuno si fosse accorto di quel pacco?!
Afferrò un pezzo di carta dalla libreria e ci scrisse sopra in velocità:

"Risistemando casa ho trovato un paio di cose che avete dimenticato.
                                                                                                                      Baci, Ed"

Attaccò il biglietto sulla scatola sperando che fosse abbastanza leggibile: era talmente nervoso che la sua calligrafia sembrava deformata; afferrò una giacca dall'armadio e la infilò; doveva fare in fretta se voleva arrivare alle poste prima che chiudessero.
Stava per uscire quando qualcuno bussò alla porta; pensò:
"Di nuovo?! Se sono gli EXO rido..."
Rimise sul tavolo il pacco e andò ad aprire; sgranó gli occhi.
"M-Minho?!"
Rimase impietrito sulla porta a guardare il cantante che sembrava avere il fiatone; si schiarí la voce e un po' intimidito chiese:
"C-che ci fai qui?"
"Ho dimenticato una cosa..."
"W-what?"
"Te."
Senza dargli il tempo di ribattere, il rapper afferrò il suo viso e fece combaciare le loro labbra; sentì le gambe tremare; avrebbe tanto voluto fingere che non gli piacesse ma la verità era che gli piaceva; e anche tanto; a malincuore interruppe il bacio, spingendolo via; disse:
"Minho ma che fai?! Insomma...siamo due ragazzi...sei impa-"
Si sentì afferrare un'altra volta per le braccia e con un movimento velocissimo si ritrovò di nuovo a baciare il rapper; la sua testa andò completamente in tilt; non aveva mai provato un'emozione così forte in tutta la sua vita; il bacio ad un certo punto finì, stavolta però interrotto dal più grande che, facendo combaciare le loro fronti, disse:
"Ed...Jong mi ha detto tutto...perché non me lo hai detto?"
Lo studente, sentendolo, scoppiò a piangere; finalmente si sentiva sollevato: era come se si fosse tolto un enorme macigno dal cuore; nascose il viso nel petto dell'altro, imbarazzato; odiava farsi vedere così ma, in quel momento, non poteva farne a meno; provó a calmarsi un po' e, con un filo di voce, rispose:
"Perdonami...avevo tanto paura di perderti..."
"Ehi non piangere..."
Il maggiore gli fece sollevare il viso; sorrise: con gli occhi lucidi Edward era ancora più carino; gli accarezzó una guancia e, stringendolo forte, disse:
"Non mi avresti perso...anzi...forse a quest'ora saremmo stati entrambi a Seoul..."
Respiró profondamente per prendere coraggio.
Ora o mai più.
"Ti amo Edward Hearts...e se vuoi tornare a Londra prima dovrai vedertela con me..."
Lo studente, a quelle parole, rimase a bocca aperta; aveva paura che fosse solo un sogno; temeva di svegliarsi e capire che si era immaginato tutto; lo abbracciò forte, appoggiando il mento sulla sua spalla; non sapeva cosa dire, se non:
"Se stai scherzando giuro che ti uccido..."
"Pensi veramente che se fosse uno scherzo mi sarei fatto almeno cinque chilometri di corsa per venire da te?"
I due si staccarono, specchiandosi l'uno negli occhi dell'altro; era la prima volta dopo un sacco di tempo che si sentivano veramente felici.
Rimasero così per qualche secondo; anche se si erano detti tutto c'era ancora un certo imbarazzo: nessuno dei due aveva mai avuto una storia con un altro ragazzo; era tutto nuovo per loro; il tempo passava e non avevano idea di cosa dire; avevano bisogno di sciogliersi un po'; perciò Edward, anche se ancora teso, chiese:
"Ti va se ordiniamo una pizza? O devi tornare a casa subito?"
"No no...una pizza sarebbe l'ideale dopo tutta la strada che ho fatto..."
Chiamarono una pizzeria d'asporto e ordinarono due margherite; il cameriere con cui Minho aveva parlato disse che ci sarebbe voluta almeno un'ora di attesa, quindi decisero di guardare un film; così, cercarono tra i DVD del minore finché non ne trovarono uno d'azione; accesero la TV e si sistemarono sul divano.
Guardarono i primi dieci minuti e, subito, si pentirono di averlo scelto:; non era un thriller: era un film smielato che parlavano di un ragazzo che entra nell'esercito per cercare sua sorella; cercarono di tenere duro ma poi si arresero.
Il ranocchio, sbuffò.
"E questo lo chiamano thriller?! Persino io avrei potuto idearne uno migliore..."
"Sì é vero...fa abbastanza schifo...in camera dovrei averne uno decente...vado a cercarlo..."
"Ti do una mano..."
Misero in pausa il film e andarono in camera di Ed.
Iniziarono a rovistare tra i cassetti e negli scaffali, senza trovare quello che cercavano; alla fine, gettarono la spugna e pensarono di continuare a guardare il DVD di prima; stavano per uscire quando il minore inciampó, trascindando con sé l'altro.
Caddero sul letto in una posizione abbastanza equivoca: Minho era sopra di lui, esattamente in mezzo alle sue gambe; balbettó, nervoso:
"Sc-scusa...non l'ho fatto apposta..."
"Tranquillo...é c-colpa mia..."
Rimasero immobili come se avessero paura di innescare una bomba; le loro labbra erano a pochi centimetri: ci sarebbe voluto pochissimo ad unirle e a dare vita ad un bacio ricco di emozioni; il più grande si morse l'interno di una guancia per il nervosismo; avrebbe tanto voluto esprimergli tutto quello che provava ma temeva che l'altro potesse reagire nel modo sbagliato; disse:
"E-Ed...spingimi via...altrimenti non penso che mi sposteró..."
L'altro capì subito il senso del discorso e gli strinse i fianchi; anche lui desiderava andare oltre ma non lo aveva mai fatto; non sapeva neanche da che parte cominciare; spostò le mani dai fianchi alla schiena, per poi abbracciarlo forte; gli sussurrò:
"Minho io ti amo...ma io...non l'ho mai fatto..."
Il cantante ricambiò la stretta, dandogli un bacio sulla guancia; anche lui condivideva queste paure ma voleva sembrare sicuro per entrambi; lo guardò sorridendo, per infondergli un po' di coraggio.
Gli disse:
"Neanch'io l'ho mai fatto...ma se lo desideri...possiamo scoprirlo insieme..."
I due iniziarono a baciarsi, un po' titubanti; credevano fosse una cosa che veniva naturale ma per loro a quanto pare non lo era; non si sentivano ancora del tutto a loro agio; il ranocchio provó ad alzare la maglietta di Edward, ma la cosa sembró peggiorare; ad un certo punto, si staccarono, ancora più tesi, sedendosi alle estremità opposte del letto.
Il più piccolo si guardò i piedi, sconfitto; si sentiva in colpa: sapeva perfettamente che era lui il problema.
"Little Brother...c'é forse qualcosa che non mi hai detto?"
Si girò verso l'altro e notò il modo in cui lo guardava: era uno sguardo deluso e allo stesso tempo preoccupato; strinse i pugni, istintivamente; forse era giunto il momento di vuotare il sacco e di fare quella domanda che lo tormentava da settimane; parlò a voce bassa, scandendo ogni singola parola:
"Minho cosa succederà domani?"
"Che vuoi dire?"
Sospirò, alzandosi dal letto e iniziando a camminare verso la finestra; continuò:
"Da quando ve ne siete andati...io ho sempre avuto paura...di svegliarmi un giorno e scoprire che mi avete dimenticato..."
Minho lo guardò stupefatto.
É per questo, allora, che si era distaccato.
Si alzò anche lui e corse a stringerlo tra le braccia; gli diede qualche bacio tra i capelli; non pensava che potesse sentirsi così; gli disse all'orecchio:
"Tesoro, ascolta...io ti amo, capito? E gli altri ti vogliono un mondo di bene...tu non rimarrai mai solo...sarei disposto perfino a rinunciare alla mia carriera per te..."
"Ma io non voglio che tu rinunci alla tua vita...mi basterebbe solo sapere come faremo a stare insieme senza metterti nei guai..."
"Key e Jonghyun ce l'hanno fatta...perché noi non dovremmo riuscirci?"
Si baciarono un'altra volta ma stavolta fu diverso; non fu un contatto veloce e goffo: fu una vera e propria dichiarazione di amore assoluto; Edward lentamente spinse il suo ragazzo verso il materasso fino a farlo distendere sopra; il rapper rise.
"A quanto pare qualcuno qui é più sereno, eh?"
"Senti chi parla..."
Da lì in poi divenne tutto estremamente semplice.
Continuarono a farsi le coccole fino a quando non sentirono di essere pronti a proseguire; a quel punto, iniziarono a spogliarsi, partendo dalle felpe fino ad arrivare ai pantaloni; lo studente arrossì: il ranocchio era a petto nudo e poteva finalmente contemplarlo in tutto il suo splendore; era bellissimo: aveva un fisico definito e la pelle di seta.
Si sentiva un po' in imbarazzo; ancora non capiva come un ragazzo così perfetto potesse essersi innamorato di lui; non pensava di essere bello; e nemmeno interessante; quindi non sapeva cosa pensare; a togliergli ogni dubbio fu lo stesso rapper che con ogni suo singolo gesto gli dimostrò tutto il suo amore.
Alla fine arrivò il momento ed entrambi iniziarono ad essere agitati: stavano per diventare una cosa sola; da quel momento tutto sarebbe cambiato; in meglio però.
Il maggiore fu il più dolce possibile; non voleva che la loro prima volta fosse legata ad un ricordo negativo, così fece tutto con la massima calma, stando attento a preparare bene Ed; quando sentì che il minore era pronto, si prese il tempo necessario e poi, con un filo di voce, chiese:
"Te la senti ancora? Non voglio che tu ti senta obbliga-"
L'altro gli mise un dito sulle labbra per farlo tacere.
Lo abbracciò forte e, baciandogli la nuca, sussurrò:
"Mi fido di te Minho...non vorrei essere in nessun altro posto..."
A quelle parole, sentì tutti i suoi muscoli distendersi e il respiro diventare più regolare; sorrise; neanche lui avrebbe voluto essere in nessun altro posto; tutto ció che desiderava era stare insieme a lui per il resto della sua vita.
Si posizionó meglio e, trattenendo il respiro, affondó nel corpo del suo ragazzo; un centinaio di brividi percorsero la sua pelle: non aveva mai provato un piacere così intenso; anche se si sentiva al settimo cielo, non espresse subito il suo benessere; era troppo preoccupato per il più piccolo.
Continuava a chiedersi:
"Perché non dice nulla? Perché non parla? Che gli abbia fatto male?"
Gli sfiorò una guancia, agitato; disse:
"Piccolo ti prego...dimmi qualcosa..."
L'altro rise.
"Sta' tranquillo Minho sto bene...stavo solo cercando di rilassarmi..."
Il ranocchio buttó fuori tutta l'aria che aveva in corpo.
Ma gli sembrava il momento di fargli prendere uno spavento del genere?
Scosse il capo e dandogli un bacio sulle labbra riprese quella che ormai sembrava una danza fatta di carezze e di gemiti.
Ogni spinta era una scarica di adrenalina.
Ogni bacio, una dichiarazione di amore reciproco.
Intorno a loro non c'era più nulla; nessun rumore; nessun cielo; nessun clacson; c'erano solo loro due e le loro mani intrecciate.
Il ritmo aumentava ad ogni secondo che passava; il sudore imperlava le loro fronti e la saliva tracciava dei fili d'argento sui loro menti; ad un certo punto, sentirono un brivido più forte degli altri e si strinsero più forte tra loro; vennero entrambi nel giro di pochi istanti, ormai stremati.
Il maggiore si stese accanto a lui e lo prese tra le sue braccia; iniziò ad accarezzargli la schiena, sperando di scaldarlo un po'; dopo tutto quel movimento erano tutti e due completamente sudati e non voleva che Ed si ammalasse; rimasero in silenzio per un po', ma poi, il più piccolo disse:
"Ehi hyung...grazie..."
"Di cosa?"
"Per essere tornato a prendermi..."
Il cantante sorrise e si avvicinò per baciarlo; in quel momento, però, qualcuno suonò alla porta, rovinando l'atmosfera; sbuffò:
"I fattorini da quando si ha memoria non sono mai stati in orario...proprio oggi devono iniziare?!"
Little Brother, ai lamenti dell'altro, rise stringendosi ancora più forte a lui; gli disse:
"Dai amore alziamoci...altrimenti se ne va e addio pizze..."
 
- Tre anni dopo -
ED POV
 
Accidenti che noia!
Sono seduto sul divano a guardare la TV completamente da solo.
Minho é agli allenamenti di basket, Onew dal medico, Key sta facendo le prove di un nuovo musical, Jonghyun in sala d'incisione.
E Taemin? Taemin sta uscendo con una ragazza; non mi ha detto molto su di lei: solo che mangia il gelato a colazione e come lui perde un sacco di mp3; per adesso é tutto quello che so ma appena ne avrò la possibilità indagheró.
Chiudo la televisione e mi alzo sbuffando; non che mi aspettassi una parata ma dopo aver passato tre settimane a Londra speravo almeno in un 'ciao'; é forse chiedere troppo?
Anche se può sembrare che io mi stia lamentando, sono felice della mia nuova vita; mi sono laureato con qualche anno di anticipo; ho trovato un buon lavoro in un atelier del centro come fashion designer; ho un sacco di amici, anche se più della metà sono artisti della SM Entertainment e quindi non ne posso far parola con nessuno.
E soprattutto, sono innamorato pazzo di quella rana gigante che mi ha sconvolto l'esistenza.
Vado nella camera degli ospiti, che in realtà sarebbe la mia, e mi siedo davanti alla scrivania; afferro un paio di fogli e inizio a fare dei bozzetti per prendermi avanti con il lavoro; guardo l'ora, triste; penso:
"Amore, ma dove sei? Mi manchi..."
 
MINHO POV
 
Sono davanti alla porta d'ingresso e sono agitato.
Ho passato tutto il pomeriggio ad allenarmi sui tiri liberi nel tentativo di rilassarmi ma non é servito a niente; odio nascondere delle cose ad Edward; allo stesso tempo, però, sapevo che se gliel'avessi detto mi avrebbe impedito di farlo.
Faccio un respiro profondo ed apro la porta.
"Ehi amore sono tornato..."
Vado in salotto pensando di trovarlo; e, invece, no; ma dove si sarà nascosto?
Vado a vedere nella sua camera; ancora non mi va giù l'idea che dormiamo separati; ogni tanto durante la notte sgattaiolo da lui e passo la notte insieme a lui ma non é la stessa cosa.
É terribile essere famosi: non posso neanche godermi il mio fidanzato per paura che qualche paparazzo ci veda.
Arrivo davanti alla stanza e lo vedo seduti alla scrivania a disegnare; mi avvicino di soppiatto e lo abbraccio da dietro.
"Ciao amore...."
 
ED POV
 
Sento due braccia avvolgermi da dietro e sobbalzo; giro la testa e capisco che é Minho; sorrido dolcemente e, facendo combaciare le nostre labbra, sussurro:
"Bentornato..."
"Ti sono mancato?"
Annuisco con la testa per poi ricominciare a baciarlo.
 
MINHO POV
 
Mi lascio coinvolgere dai tuoi gesti e senza nemmeno pensarci lo sollevo e mi siedo al posto suo facendolo accomodare sulle mie gambe; so che dovrei parlargli ma mi piace così tanto fargli le coccole; lo abbraccio ancora più forte, accarezzandogli la schiena dall'alto verso il basso; sto provando con tutte le mie forze a rimanere concentrato ma é quasi impossibile.
Ma come fanno Jong e Key a non saltarsi sempre addosso?
Io potrei passare un'intera giornata così e non me ne pentirei assolutamente.
Mi stacco a malincuore da te e, riprendendo fiato, dico:
"Ehi piccolo...se ti chiedessi di seguirmi ma senza farmi domande...lo faresti?"
 
ED POV
 

Continuo a baciarlo mentre lui mi muove come se fossi una bambola di pezza.
Adoro questi momenti in cui possiamo comportarci da fidanzati; a volte ho quasi paura ad abbracciarlo; so quanti problemi gli creerebbe un mio passo falso davanti ad un giornalista; ricordo ancora quando sono entrato per la prima volta alla SM Entertainment: c'é mancato poco che mi linciassero; per fortuna, c'era lui a proteggermi.
Lui pone fine al nostro bacio, facendomi ritornare alla realtà.
La sua domanda mi disorienta.
"Posso almeno sapere se dobbiamo uscire dal paese?"
"Non usciremo nemmeno dal condominio..."
Sospiro per poi annuire con il capo.
Chissà cos'ha combinato?
 
MINHO POV
 
Lui accetta e io senza perdere tempo lo faccio alzare per poi prenderlo per mano e guidarlo verso la porta; afferro le chiavi in velocità e usciamo di casa; lo spingo verso le rampe di scale e lì gli indico quella che va al piano superiore.
Sono talmente emozionato!
Lui, intanto, continua a fissarmi con aria spaventata e io ci rimango un po' male; si, certo, lo sto spintonando in giro per il condominio senza dirgli dove stiamo andando; ma non per questo é autorizzato a guardarmi come se fossi uno stalker; ormai dovrebbe saperlo che lo amo più della mia stessa vita.
Lo metto davanti alla porta che ormai conosco a memoria; é ancora molto confuso ma cerca di non darlo troppo a vedere; adoro quando fa così; continuo a pensare:
"Il mio soldatino coraggioso...vedrai il regalo che ti ho fatto..."
 
 
ED POV
 
Sono passato dall'essere confuso all'essere spaventato: non lo avevo mai visto comportarsi in questo modo; sembra quasi un cagnolino che insegue una palla.
Mi spinge su per le scale e poi mi fa fermare di colpo davanti alla porta di un appartamento.
Lo guardo sempre più disorientato; che ci facciamo qui?
Facciamo amicizia con i vicini?
Mi hai sempre detto che non dobbiamo far sapere che ci conosciamo; forse mi sono perso un passaggio o semplicemente il signor Choi Jin ha cambiato idea.
Continuo a chiedermi:
"Ma che...?"
 
MINHO POV
 
Lui continua a chiedermi spiegazioni con lo sguardo e io, senza rompere il silenzio che ci circonda, indico la targhetta attaccata sopra al campanello; ci vuole solo un secondo prima che lui cambi espressione; la sua bocca inizia ad assomigliare ad una 'o' e io inizio a ridere sotto i baffi; cerco di rimanere serio ma non ci riesco e scoppio a ridere, stringendoti forte; ti sussurro ad un orecchio:
"Scusami piccolo...so che non avrei dovuto farlo...ma non ce la facevo più a vederti in quella stanzetta per gli ospiti tutto solo..."
Senza aggiungere altro, lo lascio andare e apro la porta, invitandolo ad entrare.
Lui ancora non ha capito bene quello che sta succedendo ma fa comunque qualche passo dentro all'appartamento.
 
ED POV
 
Dalle sue parole inizio a capirci qualcosa ma il quadro non mi é del tutto chiaro.
Lui apre la porta e io curioso entro guardandomi attorno; mi viene quasi da piangere: ci sono tutti i miei vecchi mobili; guardo un po' meglio e sulla parete di fondo vedo delle nostre foto appese alla parete; sento centinaia di lacrime rigarmi le guance; non sono lacrime di tristezza ma di gioia; mi giro verso di lui con voce rotta dal pianto, chiedo:
"Questo appartamento..."
"Sì, Ed...é il nostro appartamento...un giorno avevo sbagliato piano e l'ho visto...così ho pensato che poteva essere un'idea carina avere una casa tutta nostra..."
Mi asciugo gli occhi, raccogliendo le idee; non so nemmeno cosa dire; nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me.
Corro ad abbracciarlo senza nemmeno pensarci; mi sembra di toccare il cielo con un dito; ad un certo punto, purtroppo, il mio lato razionale si riaccende e con tono preoccupato, dico:
"Ma Minho...me lo posso permettere? É costoso? Devo parlare con l'amministratore del palazzo?"
 
MINHO POV
 
"Ehi piano piano...si te lo puoi permettere, soprattutto visto che ci abiteremo insieme e quindi pagheremo le bollette insieme...non é molto costoso anche se lo sembra...e si forse dovresti parlarci..."
Gli scompiglio i capelli giocosamente e, ricambiando la sua stretta, continuo:
"La verità é che non mi interessa quando problemi incontreremo o quante volte faremo i salti mortali per riuscire a pagare l'affitto...io voglio vivere con te, voglio aprire gli occhi la mattina e vederti al mio fianco, voglio svegliarmi nel cuore della notte infreddolito perché mi hai rubato tutte le coperte, voglio..."
Mi fermo un attimo per guardarlo negli occhi.
"Voglio amarti per il resto della mia vita...in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia...."
 
ED POV
 
"Oh Minho...tu si che sai come fare una dichiarazione in piena regola."
Tiro su con il naso non curandomi di quanto possano essere gonfi i miei occhi; mi sento così fortunato a poterlo definire 'il mio ragazzo'; non riesco più ad immaginare la mia vita senza di lui.
Questi ultimi tre anni sono stati meravigliosi e per questo devo ringraziare solo lui.
Lo guardo con occhi trasognati, sorridendo; chissà se un giorno si stancherai di me?
Lo bacio sulle labbra e, commosso, dico:
"Minho...amore mio...io non posso prometterti che la nostra vita sarà perfetta...ma ti posso promettere che farò di tutto per farti felice...dovessi smuovere cielo e terra..."
Faccio una piccola pausa per raccogliere un po' di lucidità, anche se in realtà quello che gli voglio dire lo potrei ripetere anche tra singhiozzi e lacrime.
                                                      
                   
        "Saranghae Minho!"
                                       "I love you Ed!"
 
BANNER BONUS
(fatti dai miei angeli custodi <3)
















Nei miei panni

 
*si commuove*
Non ci posso credere che questa storia sia finita *^*
Non ho nemmeno le parole per dirvi quanto sono felice e grato che voi abbiate letto la mia storia :)
All'inizio non pensavo che sarebbe piaciuta; immaginavo che a lungo andare sarebbe finita nel dimenticatoio; invece ho avuto un sacco di visualizzazioni e ottime recensioni ^^
A questo proposito, voglio ringraziare quelle che ormai considero mie grandi amiche: KuraiShitsuji, Lagartischa, HikariKamishi e BonesCia ;)
Grazie ragazze! Non so cosa avrei fatto senza di voi <3
Ancora grazie a tutte e se non vi dispiace vorrei presentarvi una persona...
 
Ciao a tutti!
Il mio nome é Chris e sono lo scrittore di 'Fratellino'...
Avete la sensazione di dejá vu?
Perfetto! Infatti io sono il personaggio della nuova ff di Wyatt e ho il compito di interpretarlo ;)
Di cosa parla la storia? Leggetela e lo saprete ^^
Vi aspetto a "Love Between the Lines"! Ciaooooo!
*saluta insieme a Wyatt che non riesce a smettere di piangere*

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