My Smile Will Go On

di ChristineMGreenLeaf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Traduzione di "My Smile Will Go On", capitolo 1, di Christine M. Greenleaf.

“È molto gentile da parte sua interessarsi ai detenuti, signor Wayne,” disse la dottoressa Joan Leland, direttrice dell'Arkham Asylum, seduta nel suo ufficio assieme a Bruce.

“Apprezziamo veramente l'incredibile generosità delle sue donazioni, più di quanto non riusciamo ad esprimere.”

“Faccio quello che posso per aiutare, dottoressa Leland,” disse Bruce, annuendo. “Una parte enorme della criminalità di Gotham dipende da queste persone. Se possono essere aiutate, curate o occupate in qualche modo, farà bene alla città quanto a loro.”

“E per me,” concordò lei “Un mal di testa in meno. Anche se la nuova cura che abbiamo dato a Joker sembra fargli più bene che male.”

“Una cura?” ripeté Bruce.

“Sì, abbiamo iniziato a dargli un insieme di caffeina, adrenalina e zucchero,” replicò la dottoressa. “Sperando di sovraccaricare il suo sistema già iperattivo. Francamente la quantità di energia che riesce a reggere è una sorta di miracolo, anche se si manifesta in un comportamento anormale.”

Bruce la fissò. “Lo ammetto, non sono sicuro di quanto possa essere anormale il comportamento di Joker.”

La Dottoressa Leland sospirò, gesticolando sullo schermo del suo computer e facendo apparire le telecamere di sicurezza della sala ricreativa. Joker era appollaiato sul bracciolo del divano e parlava a cento chilometri all'ora agli altri detenuti che sembravano incredibilmente a disagio.

“...Voglio dire, è strano, no? No? Davvero, no? Voglio dire, elastici nei calzini! È impazzito tutto il mondo? Che è successo alle giarrettiere? Le giarrettiere sono fantastiche! Ma adesso ci sono elastici di qui, elastici di là! Una società di plastica, questo è quello che abbiamo! A proposito della plastica, sapevate che fanno action figures su di noi? Otteniamo qualche diritto per quelle, qualcuno lo sa? Qualcuno lo sa? Nessuno? Probabilmente no. E perché no? Ve lo dico io perché no! Perché l'intento della società è di portarci via i nostri diritti! Il diritto di possedere la nostra stessa immagine! È una pazzia! Le persone mi danno del folle, ma io non faccio figurine di plastica su di loro per venderli e ricavarne profitto! Soldi, è tutto incentrato sui soldi! Cosa è successo ai buoni, di vecchio stile... di che stavo parlando? Ah, sì, dei calzini!”

“Mr. J... credo che ora dovresti andare a dormire...” iniziò Harley Quinn, con cautela.

“No, no, no, mi sento ben in forza, Harl!” esclamò Joker. “Ben, ben in forza! Sapete cosa fa rima con forza? Torta! E mi piacerebbe averne un po' adesso. Torta al cioccolato, o una ricca torta, o... chi vuole fare una torta? Dai, sarà divertente! La girate, le date un colpetto, ci fate sopra una B, e la mettete nel forno per Batsy e per me! Chi vuole giocare a fare una torta di fango con me?” disse, alzando le mani. “Tetchy, so che ti piacciono questi giochi da bambini! E per giochi da bambini intendo giocare con loro, e non intendo davvero quello, intendo giocare come allusione a qualcos'altro! Harley e io usiamo sempre quel modo di dire... non che ci sia qualcosa di sbagliato a meno che tu non abbia una sorta di feticismo per i bambini, e io non ce l'ho, è solo che mi piacciono le donne più giovani. Non il tuo tipo di donna più giovane -Harley ha superato l'età legale in tutti i paesi-, ma credo che tu potresti trasferirti in Olanda. Ho sentito che lì hanno un'età del consenso più bassa. Gli europei sono nauseanti e malati, senza offesa...”

“Harley, fallo smettere!” urlò Jervis Tetch.

“Non so come fare!” replicò Harley. “È colpa di questa stupida cura! Ho pregato i dottori di smettere di dargliela, lo elettrifica! È stato sveglio tutta la notte a fare pagine e pagine di note dei suoi nuovi piani!”

“Oh sì, chi ne vuole sentire qualcuno?” chiese Joker, estraendo dalla tasca diversi fogli di carta, scritti a casaccio. “Capre che esplodono. Un esercito di porcellini d'india. Per quello non vedo l'ora. Pistole-cucchiaio. Un uovo del giudizio. L'erezione più grande di Batman... aspetta un attimo, ho detto erezione?” chiese, confuso. “Intendevo un errore... errore, no? Sì. L'errore più grande di Batman...”

“Credo che abbiamo sentito abbastanza,” disse Bruce in tutta fretta. La dottoressa Leland spense lo schermo mentre Wayne si appoggiò allo schienale, pensando.

“Mi chiedo, dottoressa, se le mie donazioni potrebbero essere spese in qualcos'altro oltre alle cure per i pazienti,” disse infine.

“Sicurezza?” chiese lei, speranzosa. “Avremmo davvero bisogno di migliorie sulla sicurezza...”

“Credo che misure di sicurezza più ristrette sarebbero viste semplicemente come una sfida a superarle,” disse Bruce “Ma ci deve essere un modo per farli restare dentro. Forse se volessero stare, per qualche ragione...”

Abbassò la voce. “Sono tutti molto... teatrali, no?” chiese “E se dessi loro i fondi per fare un film?”

“Un film?” chiese la dottoressa, confusa.

“Sì,” disse Bruce, piano. “Qualcosa a cui possano dedicare tutta la loro energia. Qualcosa che richieda lunghi tempi di produzione e che sia molto complicato da realizzare. Un film molto lungo...”

Bruce pensò ai film più lunghi che aveva visto ai suoi appuntamenti. Ce ne erano diversi. Uno in particolare spiccò nella sua mente, in particolare perché dopo il film la sua ragazza l'aveva criticato per non stare annegando tra le lacrime come lei. L'aveva accusato di essere insensibile, al contrario del ragazzo del film, che era chiaramente l'uomo ideale di qualunque donna. Bruce le aveva risposto in malo modo che ora che il ragazzo non era più così sensibile, visto che era morto, e i due si erano lasciati dopo poco. Le loro parole di addio furono un reciproco augurio che l'altro condividesse la sorte dell'uomo del film. Il che fu strano, visto che il Joker uccise la ragazza circa una settimana dopo.

Titanic,” disse convinto. “Facciamo fare loro Titanic.”

La dottoressa lo fissò. “Come facciamo... intendo... non possiamo costruire una nave qui dentro...”

“Possiamo pagare qualche ragazzo degli effetti speciali per quello,” la interruppe Bruce. “Non c'è più neanche bisogno di un set per fare un film -bastano i computer. Dia loro campo libero per riscriverlo come vogliono, mettere il cast che vogliono e farlo come vogliono, nei limiti del ragionevole. Dovrebbe occuparli per un tempo abbastanza lungo, lasciando la città a fronteggiare solo i criminali normali, che già sono abbastanza difficili da gestire da soli.”

La dottoressa Leland annuì. “Non posso chiederle di finanziare un intero film, signor Wayne...”

“Beh, sono solo un paio di milioni,” disse Bruce, con un'alzata di spalle. “Me ne occuperò entro la prossima settimana.”

“Bene... grazie mille,” disse la dottoressa, alzandosi. “Credo che sarà meglio dare ai pazienti la buona notizia...”

Diede un'occhiata alla telecamera di sicurezza, che mostrava il Joker intento a fare la ruota intorno alla sala ricreativa, cantando ad alta voce e ogni tanto afferrando i compagni detenuti per farli ballare assieme a lui: “Che devo far, uh uh uh uh, rido da morir! Che devo far, uh uh uh uh, tutto mi fa divertir! Che posso far, ah ah ah ah, mi vien da sghignazzar! Che posso far, eh eh eh eh, se il mondo mi fa sbellicar!

“...oppure potrei aspettare un po',” disse, sedendosi nuovamente.

“Almeno adesso è più normale,” sospirò Bruce.
“Non avevo idea che lei sapesse come è Joker da normale, signor Wayne,” disse la Dottoressa Leland, sorpresa. “Non sapevo che avesse delle relazioni con lui.”

“Ehm, no, non ne ho,” disse Bruce frettolosamente “Ho soltanto... uh... oh, è già così tardi? Devo andare,” disse lui, dando un'occhiata all'orologio.
“Ho un appuntamento urgente -la chiamerò più tardi per discutere i dettagli del film, dottoressa. Arrivederci.”

Lei lo fissò confusa, e poi sospirò. “L'arroganza dei ricchi e dei famosi, che pensano di sapere tutto di tutti. Chi si crede di essere, Batman?

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Traduzione di "My Smile Will Go On", capitolo 2, di Christine M. Greenleaf.

“Non ho mai sentito parlare di questo film.” disse Jonathan Crane, leggendo confuso il copione.

“Davvero? Hai vissuto sotto una roccia per gli ultimi venti anni, Johnny?” chiese Due Facce. “Era un sacco di moda negli anni novanta. Ci ho portato un paio delle mie ragazze per avere un po' di coccole. Non ne è valsa la pena.”

“Beh, alcuni di noi non hanno donne con le quali soffrire film terribili,” rispose Crane. “Sfortunatamente”, sospirò.

“Non sono sicuro di quanto possiamo renderlo storicamente verosimile,” commentò Jervis Tetch, mentre sfogliava il testo. “Abbiamo risorse limitate. In particolare i costumi saranno un problema”.

“Di sicuro a nessuno importerà,” rispose Due-Facce. “Voglio dire, non sarà neanche rilasciato per davvero, no? È solo un ovvio stratagemma dei dottori che ci vogliono far restare in questa discarica. Su di me non funziona.” disse, risoluto.

La porta della sala ricreativa si aprì. “Harvey, Mr. J vorrebbe offrirti la parte del fidanzato di Rose”, disse Harley Quinn.

Due Facce la guardò e poi prese la sua moneta dalla tasca. La lanciò in aria e atterrò sulla faccia buona.

“Ci sto”, annuì.

“Non capisco ancora perché J dirige questo progetto”, grugnì Poison Ivy mentre Harley assentiva e scompariva di nuovo nella sala ricreativa.

“Vuoi batterti con lui?” chiese Due Facce.

“No”, rispose Ivy. “Al momento, sto cercando di essere molto carina con lui così mi darà la parte di Rose. Non pensi che sarei fantastica?”

“Certo, perché no?” mormorò Due Facce. “Anche se penso che dipenderà dall'attore che avrà la parte di Jack e dall'alchimia che hai con lui”.

Ivy sorrise. “Harvey, sono io! Io creo la mia alchimia personale con gli uomini”, disse lei, sollevando il suo lucidalabbra.

“Spero di essere Jack”, disse Edward Nygma. “Non penso che troveranno qualcuno migliore in questo posto. Sono dell'età giusta. Il mio unico avversario sarebbe stato Harvey, ma adesso che ha un'altra parte sono speranzoso”, disse, compiaciuto.

Due Facce e Ivy si scambiarono un'occhiata. “Vuoi sempre fare Rose?” chiese lui.

Ivy sospirò. “Farei un sacco di cose per poter essere una star”, borbottò. “Forse sopporterei anche Nygma”.

“Ok, vieni, Red!” la chiamò Harley, aprendo la porta di nuovo e sorridendo a Ivy. “Siamo pronti per il tuo provino”.

Lei entrò nella sala ricreativa e si sedette di fronte al tavolo. Joker era seduto dall'altra parte, diversi fogli davanti.
“Tutto bene, J?” chiese Ivy, notando che si massaggiava le tempie.

“Mal di testa”, brontolò. “Stare male per un'overdose di zucchero è una cosa molto dolorosa. Forse è per questo che Bats è sempre così infelice. Troppi dolci.”

Si sforzò di sorridere. “Non importa. Bene, Pammie, per quale ruolo vorresti fare il provino?”

“Beh, penso che sarei perfetta per il personaggio di Rose”, replicò Ivy.

“Davvero? Una donna giovane, innocente e delicata che non è mai stata innamorata prima?” disse Joker, alzando un sopracciglio. “Completamente inesperta sessualmente. Pensi davvero di poterlo fare?”

“Sono una buona attrice”, rispose Ivy.

“Dovresti essere la migliore attrice di sempre per farmelo credere”, disse Joker. “Che ne pensi, Harley?”

“Beh, sarò di parte, Mr. J, ma non penso che lei sia adatta a quel ruolo quanto lo sono io”, disse Harley.

“Tu?” ripeté Ivy. “Dai, Harley, non essere ridicola!”

“Non sono ridicola!” scattò Harley.

“Allora, prima di tutto Kate Winslet in Titanic aveva i capelli rossi”, rispose Ivy. “Secondo, era formosa. E terzo, nome della protagonista è Rose, che è un nome floreale come il mio. Sono chiaramente più adatta al ruolo di te.”

“Ah, ma che diamine, Red, abbiamo già scelto l'attore per Jack”, disse Harley, indicando Joker.

Ivy lo fissò. “Ma tu dirigi...”

“Sono un uomo rinascimentale, Pammie!” ridacchiò Joker. “Proprio come Leonardo, o Raffaello, o Michelangelo, o... chi era la quarta Tartaruga Ninja, Harley?” chiese, voltandosi verso di lei.

“Jack dovrebbe essere un giovane attraente”, disse Ivy. “Non puoi sembrare giovane! Neanche attraente, se è per questo”.

“Metterò un po' di trucco color carne, così non sembrerò un pagliaccio”, rispose Joker. “Le persone non possono evitare di sorprendersi vedendo un ragazzo con la faccia da clown ammesso sul Titanic. Ma sono sicuro che non si stupiranno così tanto se lui sarà un po' più vecchio di quanto lo era nella precedente, inferiore versione della storia”.

“Inoltre lui è il direttore, quindi quello che dice si fa”, disse Harley, compiaciuta. “E se vuoi essere Rose, dovrai posare nuda mentre Mr. J ti disegna, e poi simulare una scena di sesso con lui”.

Ivy guardò il Joker, che le fece l'occhiolino e le mimò un bacio. “Mi tiro fuori”, disse, si alzò e uscì.

“Sarà una madre fantastica per te, Harl!” rise Joker, scrivendo il nome di Ivy vicino a quello della madre di Rose. “Possiamo metterle un po' di trucco invecchiante così il pubblico se la berrà. Non che ne abbia bisogno. Ormai sta diventando un pochino vecchia, se vuoi la mia opinione”.

“Manterremo i nomi dei personaggi, puddin'?” chiese Harley, leggendo il copione. “Potremmo cambiare il nome in Rose Harley”.

“Beh, penso che potremmo prenderci un po' di licenza creativa”, fu d'accordo il Joker. “Per me tengo Jack, comunque. Voglio dire, non voglio far credere a quegli stolti che c'è un altro Joker. Sono unico!” rise lui.

“Lo sei di sicuro, puddin'”, miagolò lei, baciandolo.

“Chi ci manca ai provini?” chiese, guardando la lista.

“Eddie Nygma e Johnny Crane”, disse lei.

“Non preoccuparti per Nygma -ho già il ruolo per lui”, rise Joker, scrivendo qualcosa. “Chiama dentro Johnny, invece.

Harly obbedì e un momento dopo entrò Crane. “Siediti, Johnny”, disse Joker “Per che ruolo vorresti ottenere la parte?”

“Oh, qualsiasi cosa sia rimasta, davvero” sospirò lui. “Nessuno di questi ruoli mi si adatta in particolare. Non mi ci riconosco.”

“Davvero? Allora perché vuoi fare parte di questo film?” chiese Joker. “Perché non te ne vai?”

“Beh, ritengo il processo di creazione del film abbastanza affascinante,” ammise Crane. “E, in ogni caso, ho finito tutti i piani per terrorizzare Gotham, al momento”

“Joker rise. “Bene, Johnny, non so se lo sai, ma Harley sarà la nostra star”, disse lui, dando un colpetto sulla testa di lei.

“Congratulazioni, Harley” disse Crane con sincerità, sorridendole. “Sono sicuro che sarai splendida”.

“Oh sì, ce la farà, nessun problema”, disse Joker, annuendo. “Una ragazza attraente come lei. Voglio dire, capisci, no, Johnny?”

Crane lo fissò. “Che significa?”

Joker sbuffò. “E chiamano vecchio me. Hai letto il copione, huh?”

“Gli ho dato un'occhiata”, ammise Crane.

“Allora saprai che c'è una scena dove Harley viene disegnata nuda dal coprotagonista”, disse Joker. “Seguita da una scena dove entrano in una macchina e fanno sesso. Normalmente questo sarebbe sesso simulato, ma io sono un direttore autentico, quindi insisto perché Harley faccia veramente sesso con lui. Lo farà per il bene dell'arte, non è vero, pooh?” chiese lui, voltandosi verso di lei.

“Certo, Mr. J!” disse Harley, festosa.

“La ragione per cui ti ho chiamato qui è per darti la buona notizia riguardo al personaggio maschile”, continuò Joker. “Penso che ne sarai molto felice. Ho capito che deve essere un uomo più vecchio, intelligente, dolce, sofisticato, sensibile, e c'è un solo uomo qui dentro che si adatta alla descrizione. Il personaggio maschile per Harley... non sei tu. Sono io. Ma puoi essere il ragazzo che sbaglia la costruzione della nave, che ne dici?” chiese, scrivendo il suo nome.

Crane si era stretto ai braccioli della sedia in crescente eccitazione, per poi realizzare che Joker si era preso gioco di lui. Avrebbe dovuto capirlo. Sospirò gravemente, alzandosi e dirigendosi vero la porta. “Bene”, disse “Va bene”.

Joker rise, guardando la lista completa del cast. “Sai una cosa, Harley?” rise. “Penso che sarà un successone!”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


“Sarà un disastro”, mormorò Due Facce, guardando le telecamere e gli schermi verdi che decoravano la sala ricreativa.

“Bene, appropriato per un film sul Titanic!” ridacchiò Joker. “Ma francamente, non sono d'accordo con te, Harv. Penso che vincerà un Oscar. E se non lo vince, gaserò di risate tutti i membri dell'Academy in diretta TV! Questo aumenterà gli ascolti! Ora vai a finire di truccarti -ci vorranno almeno un paio d'ore per farti sembrare attraente”.

“Da che pulpito!” sbottò Due Facce.

“Non so di cosa stai parlando”, rispose l'altro. “Mi tingerò i capelli di nero, ma non ci metterò molto. E un po' di fondotinta andrà bene per la mia faccia e i miei capelli... ok, un sacco di fondotinta” ammise.

“E avrai bisogno di una quantità pazzesca di fondotinta per le scene di sesso”, disse Ivy, annuendo.

“Uhm... sai, non ci avevo pensato”, disse Joker, pensieroso. “Forse potremmo filmarle al naturale e poi far ritoccare la mia pelle dai ragazzi degli effetti speciali. Di questi giorni possono fare qualsiasi cosa con i computer. Basta guardare i nuovi film di Star Wars.

“Sono film terribili, J” replicò Due Facce, brusco.

“Lo so”, rispose Joker, con un'alzata di spalle. “Ma mi sono sembrati carini per essere un qualcosa senza un set e degli attori reali”.

“Gli attori erano reali” disse Due Facce.
“Davvero?” chiese J, sorpreso. “Huh. La recitazione era così meccanica, ho pensato che fossero stati realizzati da una manciata di computer. Comunque, almeno noi abbiamo una grande storia per il nostro film, ragazzi -vero amore, azione, dramma, pericolo, e una terrificante tragedia. Beh, credo che l'ultima cosa ce l'avessero anche gli ultimi film di Star Wars -intendo che è stata una tragedia il fatto che siano stati prodotti, e tutto il resto...”

“Quindi reciteremo semplicemente contro questi schermi verdi e faremo finta che ci sia una nave che affonda intorno a noi?” lo interruppe Jervis Tetch. “Non sarà incredibilmente difficile?”

“Non se hai un po' di immaginazione, Tetchy.” rispose Joker. “E devi averne a volontà se pensi che quel bambino di cui sei innamorato un giorno ricambierà al tuo affetto. Ora, Harvey, smamma al trucco”.

“Dov'è Harley?” chiese Ivy, guardandosi intorno mentre Due Facce si allontanava.

“Si sta aggiustando il costume”, replicò lui. “Dopo, inizieremo a filmare qualche scena.”

“Scommetto che i suoi vestiti sono magnifici”, mormorò Ivy. “E ha ottenuto questa parte solo perché è andata a letto col direttore.”

“Ehi, Pammie è un metodo collaudato di Hollywood!” ridacchiò Joker. “Non urtare le antiche tradizioni di vecchio stile! Comunque, dovresti essere felice del fatto che ti abbia affibbiato una canzone da cantare. Avrei potuto dare anche quella ad Harley.”

“Avresti dovuto!” scattò Ivy. “Non sono sicura di essere un'attrice abbastanza brava da far sembrare il testo sinceramente convincente! Near, far, wherever you are, I believe that my smile does go on. Once more, you grin like before, and you're here in my smile, and my smile goes on and on.* Voglio dire, che significato dovrebbe avere?

“Beh, l'originale non aveva comunque un senso”, replicò Joker. “Credo che la mia versione sia una miglioria.”

“Da dove li prende Arkham tutti i soldi per fare questa cosa?” chiese Crane, studiando le telecamere ad alta definizione.

“Non ne ho idea”, rispose Joker, facendo spallucce. “Forse qualche ricco donatore ha finalmente visto il genio visionario che è in me, e mi ha dato fondi illimitati per mostrare i miei eccezionali talenti sul grande schermo.”

“I tuoi eccezionali talenti non dovrebbero essere impiegati per un film comico di qualche sorta?” domandò Crane.

Joker lo fissò. “Beh, sì... cosa pensi che sia questo, Johnny? Una barca sbatte contro un iceberg, affonda, tutti muoiono... dai, è roba divertente!”

Titanic è un dramma romantico, non una commedia!” scattò Ivy.

“Sì, sicuramente non hai pensato di fare una commedia sulla tragica morte di centinaia di persone, vero?” domandò Tetch.

“Posso farlo e lo farò”, replicò Joker.

“J, devi fare le cose seriamente!” sbottò Ivy. “Non apparirò in qualche sorta di stupida, grossolana versione di uno dei più grandi film romantici di tutti i tempi!”

“Sì, ci tireremmo fuori”, disse Crane, fermamente. “Se devi fare questa storia, devi renderle giustizia, non creare uno strano, bizzarro pasticcio di humor nero!”

“Ragazzi, dov'è il vostro spirito creativo?” chiese Joker. “Comunque, ho già riscritto tutto il copione riempendolo di battute! Sentite questo: cosa fai se attraversi l'Atlantico con il Titanic? Più o meno metà strada!”

Joker rise isterico, ma nessun altro lo fece. “J, seriamente, aggiustalo o ce ne andiamo” scattò Ivy.

“Bene!” replicò lui. “Lo riscriverò in un tono più serio! Branco di zucconi senza senso dell'umorismo...” mormorò, cancellando la battuta.

“Puddin'? Come sto?” arrivò una voce dall'uscio della porta.

Tutti alzarono lo sguardo per vedere Harley in uno sbalorditivo abito in stile edoardiano. “Tieni la bocca chiusa, Johnny” sbottò Joker, quando vide cadere la mascella di Crane.

“Mia cara, sei semplicemente fantastica”, disse Tecth, prendendo la mano di Harley e baciandola. “Non c'è niente di più attraente che una ragazza in un vestito edoardiano”.

“A meno che non sia un bambino in un vestito edoardiano, non è vero, Tetchy?” ridacchiò Joker, spingendolo via di mezzo e studiando Harley. “Devo dire, baby, che ti dona veramente.”

“Oh, grazie, puddin'!” disse Harley, illuminandosi. “Mi sento veramente affascinante.”

“Già, e questo mi mette nell'ordine di idee di filmare la nostra scena di sesso adesso”, disse Joker, ghignando mentre si metteva di fronte alla telecamera. “Dai, baby, facciamolo.”

“Non puoi mettere una vera scena di sesso tra voi due nel film!” scattò Ivy. “Traumatizzerà gli spettatori!”

“Ma Red, non ha mai voluto fare sesso prima!” ansimò Harley, lottando per liberarsi dal vestito restrittivo. “Sto arrivando, Mr. J! Dammi una mano con questo, vuoi, Red?” pregò, gesticolando contro il vestito.

“Capite che dovrete riprendere più di una volta la stessa scena?” domandò Crane.

“Sì. E quindi? Ho resistenza”, replicò Joker. “E non penso che Harley si lamenterà, vero, pooh?”

“No, Mr. J!” risposte Harley. La sua voce era smorzata siccome era incastrata cercando di tirare il vestito sopra alla sua testa, e ora Ivy stava cercando di tirarlo via.

“Non strappate i costumi!” urlò Tetch, correndo ad aiutarla. “Davvero, le persone di questi tempi sono troppo impazienti di spogliarsi! Devi sciogliere con attenzione questi fiocchi dietro al corsetto, vedi?” disse, gesticolando.

“Quindi questo è il motivo per cui ai tempi le persone erano tutte sessualmente represse?” chiese Joker, ridacchiando. “Perché gli serviva un sacco di tempo per togliersi i vestiti? In realtà qualcuno lo è ancora oggi, vero, Johnny?”

Sentirono uno strappo, e videro Ivy che era finalmente riuscita a liberare Harley dal vestito, che ora aveva una gigante apertura sul retro. Tecth urlò come se fosse stato colpito, prendendole il vestito dalle mani e correndo via per andare a cucirlo. Harley indossava solo della biancheria intima troppo larga, e saltellò verso Joker, baciandolo appassionatamente.

“Okay, ruotate la camera, e voi maniaci andate via!” urlò Joker a Crane e Ivy. “Dovrete aspettare per vedermi recitare nel film, proprio come tutti gli altri! Niente anticipazioni!” ridacchiò lui, buttando Harley giù in terra.

Crane ed Ivy si affrettarono a lasciare la camera alle urla di piacere di Harley e alle sue grida di “Oh, puddin'! Voglio dire... Jack! Oh, non so tu, ma io credo che questa scena potrebbe essere veramente migliorata con un cuscinetto rumoroso**!”

“Pooh, mi hai letto nel pensiero!” ridacchio Joker.

Ivy sospirò rumorosamente. “Harvey aveva ragione”, mormorò. “Sarà un disastro”.


*Vicino, lontano, dovunque tu sia, credo che il mio sorriso andrà avanti. Ancora una volta, ghigni come prima, e sei qui nel mio sorriso, e il mio sorriso va avanti e avanti.
**Gli whoopee cushions, quei cuscinetti rosa che se li schiacci fanno il rumore di un peto: non avevo idea di come tradurre questo termine. Qualche idea?

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


“Vorrei ringraziare tutti voi per essere venuti alla nostra proiezione”, disse Joker agli spettatori, ovvero i suoi compagni detenuti, i dottori e le guardie di Arkham e Bruce Wayne. “Bene, vorrei ringraziare quanti di voi hanno avuto una scelta in merito, e penso si tratti solo Bruce Wayne”, rise. “Comunque, è bello avere una celebrità alla nostra prima. C'è stato un lavoro amorevole di tutti noi durante i pochi mesi passati, anche se state per essere testimoni solo del prodotto finito”, disse, gesticolando verso il grande schermo. “Vorrei ringraziare ogni persona coinvolta, inclusi i dottori e le guardie che hanno interpretato tutte le comparse. Questo è il primo film professionale delle Produzioni Joker, ma sono fiducioso che non sarà l'ultimo. Voglio dire, ho realizzato qualche video occasionale e roba del genere prima, anche qualche spot pubblicitario. Tutti si ricordano lo spot del pesce Joker? È un classico”.

“Me lo ricordo, puddin'!” si fece sentire Harley. “Mi ha disgustato, ma è stato grandioso!”

“Comunque, quelli non erano veramente importanti”, continuò lui. “Se alla gente piace questo film, magari potremo trovare un distributore e fare qualche sequel. Bene, lasceremo che il materiale parli da solo senza ulteriori indugi. Spero veramente che vi piacerà guardarlo quanto a noi è piaciuto produrlo. Signore e signori, My Smile Will Go On!”

Tutti applaudirono, e Harley lo fece dalla prima fila, saltando in piedi e facendogli una standing ovation. “Aspetta fino alla fine del film, Harl”, disse lui, pizzicandole la guancia e sorridendo mentre le si sedeva accanto. “Spero che piaccia a tutti”.

“Lo adoreranno, puddin'”, miagolò lei, baciandogli la guancia.

“Scommesse su quanto ci vorrà prima che uno di noi esca fuori?” sussurrò Ivy, seduta dietro di loro in seconda fila con Due Facce, Crane, Tetch e Nygma. “Qualcuno che pensa che ci vorranno più di cinque minuti?”

“Dovrò consultare la monetina”, replicò Due Facce.

“Se la scena iniziale sembra così finta come penso che sarà, me ne andrò subito dopo”, disse Crane, annuendo.

“Credo che mi piacerebbe restare fino alla mia performance iniziale”, disse Tecth. “Ma probabilmente non dopo”.

Le luci si abbassarono, e Bruce Wayne si appoggiò allo schienale, preparandosi al peggio mentre la musica iniziava a suonare e la faccia di Joker appariva sullo schermo, ruggendo come il leone della MGM, con la scritta “Produzioni Joker” sotto.

“Oh Dio, sarà un inferno”, sussurrò a sé stesso.

Poi la schermata iniziò a dissolversi, e un'ammaliante musica celtica iniziò a suonare mentre la camera faceva una panoramica in basso e si focalizzava sul Titanic ancorato nel porto. La mascella di Bruce si spalancò, come quella di tutti i detenuti di Arkham. Il porto e la nave sembravano incredibilmente realistici.

“Oh... mio Dio!” boccheggiò Ivy. “Sono degli effetti speciali sorprendenti!”

“Te l'ho detto, Pammie, questi ragazzi dei computer sono geniali!” ridacchiò Joker.

“È bello!” sussurrò Crane. “Tutto questo è semplicemente... bello!”

Videro Harley scendere da un'auto di vecchio stile e salire sul Titanic da una passerella. Sembraa elegantissima nel suo costume edoardiano. “Penso che potrei piangere”, sussurrò Tetch, raggiungendo il suo fazzoletto.

Fu seguita da Ivy e Due Facce, anch'essi incredibili nei loro costumi. La telecamera poi fece una panoramica sulle strade e si fermò in uno squallido bar sul lungomare, dove un uomo ben noto era seduto davanti a un gioco di carte.

“Sei così bello, puddin'!” miagolò Harley in prima fila, baciandogli di nuovo la guancia. “Anche con la pelle normale e i capelli neri!”

“Shh, Harley, ti perderai la trama!” sibilò Joker, coprendole la bocca con una mano. “Tutta la roba importante sullo sviluppo dei caratteri!”

“...quindi penso che sarebbe piuttosto conveniente per te lasciare la città per un po', no, Jack?” disse l'uomo di fronte a lui, fumando una sigaretta e sorridendo.

Jack accese la sua sigaretta e gli sorrise a sua volta. “Puoi ben dirlo, Buzz”, fu d'accordo. “Mi hai visto sul manifesto da ricercato?”

“Sì. Duecento dollari è un buon prezzo per la tua testa”, replicò Buzz, annuendo mentre Jack dava le carte. “I ragazzi che hai fatto fuori valevano così tanto?”

“I poliziotti di sicuro la pensano così”, annuì Jack, ghignando. “E francamente è tutto ciò che mi è rimasto per la mia quota”, disse, gettando una mazzetta di banconote sul tavolo. “Ma è più o meno così che vale un biglietto d'emergenza per una nave, vero? Dai, Buzz, aiuta un vecchio amico e un compagno criminale. Gordon mi sta alle calcagna, e sai quanto può essere persistente”.

Buzz diede un'occhiata al suo amico Chuckie. “Bene, guarda a caso, ci è capitato di avere un biglietto per quella barca là fuori”, disse lui, indicandola fuori dalla finestra con un cenno del capo.

Jack si girò a guardare. “Cosa, quella inaffondabile?” chiese. “Titanfall?”

Titanic”, lo corresse Buzz. “Sì. È in terza classe, il che significa che sarai sul fondo della nave...”

“Meglio sperare che queste dicerie sul fatto che sia inaffondabile siano vere, allora!” ridacchiò Jack.

“Lo sono”, replicò Chuckie, sicuro di sé. “Se hai letto i giornali, dicono che è diversa da qualsiasi nave che abbiano costruito prima. Il tipo che l'ha progettata, Crane, è una specie di genio. Ha la grandezza, la velocità e la completa invulnerabilità”.

“Suona troppo bello per essere vero”, disse Jack. “Dov'è diretta?”

“Che importa?” chiese Buzz. “Ti porterà fuori da Gotham. Di certo puoi sempre stare qui e tentare la fortuna contro Gordon, se preferisci”.

Intascò i soldi e tese il biglietto. “Che ne pensi, Jack?” chiese. “Ti senti fortunato?”

Jack ghignò. “Mi conosci, Buzz”, disse, prendendogli il biglietto. “Sono un ragazzo fortunato”.

La nave fischiò all'improvviso. “Faresti meglio a muoverti se non la vuoi perdere”, disse Buzz, rigettando le carte a Jack.

Jack prese il bicchiere, finendo il Whisky che rimaneva in un sorso. “Bene, è stato un piacere fare affari con voi, gentiluomini”, disse, raccogliendo le carte con il Joker in cima, e infilandosele in tasca. “Ci vediamo in giro!”

Corse fuori dal bar, precipitandosi verso la passerella della nave e mostrando il suo biglietto alla guardia. “Sì, ciao, Jack Napier, terza classe”, disse.

La guardia esaminò il biglietto e annuì. “Segua le indicazioni, signore. È un po' di strada”.

Jack si affrettò a salire sulla nave, guardandosi intorno e fischiettando. “Ragazzi, non scherzavano riguardo alla grandezza”, disse. “Guardate questa cosa!”

Corse alla prua della nave, alzò le mani in alto e urlò: “Sono il re del mondo!”

“Cosa diamine stai facendo?” scattò una voce. Jack si girò per vedere Jonathan Crane che lo fissava in piedi dietro di lui.

“Solo i membri della ciurma sono ammessi qui”, scattò lui. “È un pericolo per la sicurezza”.

“E tu cosa sei, il poliziotto della nave?” domandò Jack.

“Sono l'architetto di questa nave”, replicò Crane, freddo. “Ma se preferisci confrontarti col capitano, sono sicuro di poterlo trovare”.

“Oh, tu sei Crane!” disse Jack, sorridendo. “Ehi, è vero che questa cosa è inaffondabile?”

“Abbastanza inaffondabile, sì”, replicò Crane. “È l'ultima tecnologia di galleggiamento. In caso di una breccia nello scafo, delle porte stagne possono essere chiuse per contenere la fuga. In effetti, sono così sicuro dell'invulnerabilità di questa nave che ho tagliato sulle scialuppe di salvataggio, siccome sono completamente inutili”.

“Mi sembra che tu stia provocando il fato”, replicò Jack.

“Sono un uomo di scienza- non credo nel fato”, disse Crane.

“Beh, sarebbe uno scherzo se affondassi, no?” ridacchiò Jack. “Tu e tutti quanti qui dentro! Non uno scherzo divertente, in effetti”.

“È completamente impossibile”, scattò Crane. “Dio in persona non potrebbe affondare questa nave”.

Una musica inquietante iniziò all'improvviso a suonare da qualche parte, e si guardarono entrambi attorno, confusi, per un momento. “Oh, è solo la banda che si accorda”, disse Crane, facendo un cenno alla vicina banda della nave.

“Stiamo per partire, Jonathan, se mi vuoi raggiungere al timone”, disse Jervis Tetch, per venire ad unirsi a loro.

“Certamente, capitano Tetch”, disse Crane, annuendo. Si girò per fissare Jack con disprezzo fulminante. “Vada per la sua strada, signore. Terza classe, giusto? Faresti meglio a tornare da dove vieni”.

“Sì... certo... non voglio dare un'occhiata in giro sulla tua preziosa nave o cose del genere. Cretino”, mormorò Jack, dirigendosi verso le scale e accendendosi una sigaretta. “Spero che affondi”.

“La rotta è impostata, Capitano, ci dirigiamo dodici gradi e tre verso est”, disse un membro della ciurma, salutando Tetch e Crane mentre raggiungevano il timone.

“Eccellente. Spingiamola al largo e vediamo come va”, disse Tetch, guardando verso l'orizzonte.

“Ho davvero un buon presentimento riguardo a questo viaggio inaugurale, Jervis”, disse Crane, sorridendo. “Cosa potrebbe andare storto?”

In quel momento, il film si fermò di colpo con un stridore del nastro. “Oh, Cristo, si è sbrogliato!” esclamò Joker, alzandosi e correndo verso il proiettore. “Datemi un secondo per metterlo a posto...”

“Joker, come hai fatto... come... è fantastico!” ansò il Dr. Leland. “Voglio dire, sembra così... vero e professionale!”

“Beh, cosa ti aspettavi, Dottore, un lavoro di seconda classe?” chiese Joker, con un'alzata di spalle. “Sono un ragazzo dedito, sai, e un perfezionista quando si tratta della roba a cui sono dedito. Certo che è fantastico! L'ho fatto io!”

Ivy, Due Facce, Crane, Tetch e Nygma si scambiarono un'occhiata. Non sembrava che qualcuno stesse per andarsene. Anche Bruce Wayne se ne stava intontito in silenzio, chiedendosi perché non avesse pensato a questo modo per distrarre il Joker anni prima.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Quando il film iniziò di nuovo, la scena si era spostata nell'elegante e lussuosa cabina di Harley. Lei fissava lo specchio, lacrime nei suoi grandi occhi blu mentre guardava il riflesso.

La porta si aprì all'improvviso, e Poison Ivy entrò. “Voltati, fatti vedere”, le disse, prendendola per le spalle e facendola girare per guardarla in faccia. Notò le sue lacrime e sospirò rumorosamente, prendendo un fazzoletto e asciugandogliele via. “Davvero, Harley, le lacrime non sono piacenti”, mormorò. “Non vuoi apparire al meglio per la tua proposta di matrimonio?”

Harley non rispose. “Io... io non lo voglio sposare, madre”, mormorò infine.

“Non importa ciò che vuoi, Harley, per la centesima volta”, replicò Ivy. “Harvey è un uomo ricco, e un scelta eccellente per te. È giovane, bello, carismatico e ha un grande futuro davanti. Non capisco perché dovresti opporti al matrimonio in qualche modo”.

“Io non... lo amo”, balbettò lei.

Ivy la fissò sorpresa. “L'amore, l'amore ha a che fare con qualcosa?” sospirò. “Credi che amassi tuo padre quando l'ho sposato? No. È stata semplicemente una questione di circostanze. Lui era ricco, e io non lo ero. Sto cercando di risparmiarti la sorte che io ho dovuto soffrire per così tanti anni cercandoti un uomo ricco, e salvandoti da una vita di povertà. Dovresti ringraziarmi, non fare la difficile. Avrei ucciso per un uomo come Harvey quando avevo la tua età”.

“E allora perché non te lo sposi?” mormorò Harley.

“Perché a lui non interesso io- gli interessi tu”, replicò Ivy. “Sappilo, sarebbe diverso se io fossi ancora una ragazza: nella mia giovinezza, potevo avere ogni uomo che volevo. E tu hai la mia bellezza, tesoro”, disse, togliendole i capelli dalla faccia. “Quindi non sprecarla. Traine vantaggio, e usala per avere un uomo che può provvedere ai tuoi bisogni”.

Harley non disse nulla. Ivy raggiunse il suo comodino e prese il romanzo che lei stava leggendo. “Questo è il tuo problema”, disse, reggendolo. “Troppi libri. A nessuno piace una ragazza che legge: i suoi occhi diventano storti e la rendono poco attraente. E le danno un'idea stupida dell'amore. Non esiste. È tutto senza senso”.

Gettò il libro nella spazzatura. “Ora ascoltami”, disse, prendendola di nuovo per le spalle. “Sono tua madre e capisco meglio cosa è bene per te. Harvey è qui fuori e vuole farti la proposta. Accetterai, e vi sposerete una volta che attraccheremo, mi hai capito?”

Harley annuì con lentezza. “Sì, madre”, sussurrò.

“Brava ragazza”, disse Ivy, baciandole la fronte. “Ora sorridi. Lo mando dentro”.

Ivy se ne andò, chiudendosi dietro la porta. Harley non sorrise -si girò di nuovo verso lo specchio, cercando di trattenere le lacrime. Qualcuno bussò alla porta.

“Vieni”, disse, forzando un sorriso.

Harvey Dent entrò. “Harley, sei molto bella”, le disse, sorridendole.

“Grazie”, sussurrò lei. “Per favore, ehm... siediti”, disse, indicando la sedia.

“Grazie, ma preferisco stare in piedi”, disse. “Credo di dover stare in piedi per... ehm...” perse il filo. Ci fu uno strano silenzio fino a che Dent non si schiarì la gola. “Ehm, forse conosci, ehm, la ragione per cui sono qui, o puoi almeno averla immaginata...”

“ Me l'ha detto mia madre”, lo interruppe Harley, girandosi di nuovo a guardare lo specchio.

“Oh, bene”, disse. “Che cosa mi dici a questo proposito, allora?”

“Questa è la tua proposta di matrimonio?” sussurrò Harley. “Che cosa mi dici a questo proposito, allora?

“Guarda, Harley, non sono bravo con tutta queste stupide cavolate romantiche”, replicò Dent. “E tu sei una ragazza furba -non dovresti avere bisogno di quella robaccia affettuosa. Credo che tu sia una donna incredibilmente bella, ti ammiro molto, e voglio sposarti. Penso di essere in un momento appropriato della mia vita per prendere una moglie, e ho molto da offrirle -sicurezza finanziaria, e una posizione in società. E... beh... non penso di essere l'uomo più brutto del mondo...”

“Sei molto bello, Harvey”, mormorò Harley.

“Sono felice che la pensi così”, disse, sorridendole. “Quindi non hai obiezioni al nostro matrimonio?”

“Nessuna obiezione”, mormorò Harley.

“Meraviglioso!” esclamò lui. “Speravo che fosse la tua risposta, e ti ho comprato un piccolo regalo di fidanzamento prima di lasciare Gotham”, disse, prendendo qualcosa nella sua tasca. “Ho pensato di deviare un po' dall'anello tradizionale, e penso che sarai molto felice del risultato”.

Aprì una scatola, dentro alla quale si rivelò una splendida collana in argento con un enorme diamante blu intagliato a forma di cuore. “Le Coeur de la Mer”, disse, aprendo la chiusura e mettendoglielo attorno al collo. “Il cuore dell'oceano. È appartenuto originalmente a Luigi XVI, ma l'ha perso durante la Rivoluzione Francese”.

“Assieme alla sua testa, che sono sicura fosse molto più preziosa per lui”, mormorò Harley, toccando il diamante. “Ma grazie, Harley, è molto bello”.

“Sono felice che ti piaccia -non hai idea di quanto l'ho pagato!” disse Dent, sogghignando. “Mi è costato un occhio nella testa. Ma ne vale la pena per la mia futura moglie”, disse, prendendola tra le braccia e unendo le sua labbra con quelle di lei.

Harley provò a ricambiare il bacio, ma le lacrime scivolarono dai suoi occhi chiusi, e all'improvviso si ritrasse. “Perdonami, Harvey, mi sento solo un po'... emozionata”, mormorò, asciugandosi gli occhi.

“Certo, capisco”, disse, prendendole la mano. “Ho sentito che le donne piangono spesso alla loro proposta di matrimonio. E ai loro matrimoni. Ma non mi importa se sei un po' sensibile -è molto appropriato in una donna”, disse, sorridendo. “Ti lascerò ai tuoi pianti e ci vedremo a cena”.

Le baciò la mano e lasciò la stanza. Harley tornò a guardarsi nello specchio, studiando la collana e realizzando lentamente cosa significava. Era una catena intorno al suo collo che la legava in un matrimonio con un uomo che non amava. Era lei che abbandonava ogni speranza o sogno d'amore, e che si rassegnava a una noiosa, tediosa esistenza come moglie di un uomo d'affari di successo. E quella realizzazione le faceva venire voglia di strapparsi la collana dalla gola e di buttarla nell'oceano.

La stanza improvvisamente sembrò senz'aria. Harley ansimò, affrettandosi verso la porta ed aprendola. Corse per i corridoi, alla fine salì sul ponte e si diresse verso la prua, il suo cuore che batteva. In quel momento, la morte sembrava più preferibile di un futuro come quello.

Raggiunse la prua alla fine, dando una veloce occhiata intorno per essere sicura che nessuno stesse guardando. La notte era buia, ma un po' di lampade illuminavano il ponte, che sembrava vuoto siccome tutti erano a cena o a prepararsi per essa, di una luce gentile. Lentamente, Harley salì sulla ringhiera con qualche difficoltà, guardando in basso le onde dell'acqua che sembravano quasi accoglienti. Le fissò per un momento, preparandosi a saltare.

“Cadrai e ti romperai il collo se non stai attenta”, disse improvvisamente una voce. Lei si girò, per vedere un uomo che se ne stava seduto su una delle panchine, fumando una sigaretta. Non l'aveva notato prima -era fuso con l'oscurità-, e ora la studiava con i suoi luminosi, curiosi occhi verdi.

“Non sono affari ruoi, giusto?” scattò, furiosa per essere stata interrotta.

Lui scrollò le spalle. “No, se ti soddisfa”, disse. “Se stai cercando di romperti il collo, ci sono modi più veloci per farlo che saltare da una nave o affogare. L'affogamento è lunghissimo, e siccome la caduta probabilmente non ti ucciderebbe, è più facile che tu ti frantumi contro la nave o che sia fatta a pezzetti dalla sua elica. Brutti modi per morire, poco piacevoli”.

“Ripeto, non sono affari tuoi!” scattò Harley. “Vai via!”

“C'ero prima io”, replicò. “Vai via tu”.

“È esattamente quello che sto cercando di fare!” replicò lei. “Sto cercando di... andare via da tutto...”

Soffocò un singhiozzo, guardando di nuovo l'acqua. “Se non ti secca la domanda, cosa potrebbe esserci per una ricca ragazza carina come te di così terribile da spingerti al suicidio?” chiese lui.

“Come sai che sono ricca?” domandò lei.

“Dal modo in cui parli”, replicò. “E da quella pietra gigante che hai intorno al collo. Deve essere costata un bel po' di soldi”.

Harley si guardò la collana, prendendo il diamante e strappandoselo dalla gola. “Ecco!” scattò, buttandola ai suoi piedi. “È tua se la smetti di tormentarmi con queste domande e mi lasci semplicemente ai miei affari!”

“Wow, che scambio fantastico!” esclamò lui, raccogliendola e mettendosela in tasca. “Ci hai preso, piccolina! Niente più domande!”

Lui continuò a fissarla, fumando in silenzio. “Credevo di averti chiesto di lasciarmi ai miei affari...” disse Harley, infastidita.

“Sì, non sto mica interferendo”, replicò, annuendo. “Sono semplicemente qui che fumo. Continua pure. Dai, vai avanti e salta. Magari potresti sbrigarti, sai?”

“Io... non posso farlo mentre ci sei tu che mi guardi!” scattò lei.

Lui scrollò di nuovo le spalle, tornando a sdraiarsi e guardando le stelle mentre fumava con calma. “Sto aspettando un tuffo”, disse.

Harley guardò di nuovo l'acqua, il suo desiderio di suicidarsi che scompariva improvvisamente quando pensò all'essere frantumata dalla nave o fatta a pezzetti dall'elica. Lentamente, scese dalla ringhiera, scendendo per andare a sedersi vicino al misterioso uomo.

Lui ghignò. “Niente tuffo?” chiese.

“Non essere impertinente”, scattò lei. “Dammi solo la mia collana indietro”.

“Quale collana?” chiese innocentemente lui.

“Stai cercando di essere divertente?” domandò lei. “La collana che ti ho appena lanciato! Il Cuore dell'Oceano!”

Lui scosse la testa. “Non mi ricordo di te che mi lanci una collana, zuccherino. Ma francamente, se l'hai fatto, chi trova tiene. Un affare è un affare, dopo tutto, e non ho interferito nel tuo tentativo di suicidio”.

Harley si alzò arrabbiata. “Dammela subito indietro o andrò a chiamare il capitano!” scattò lei. “E il mio fidanzato, e lui ti picchierà fino a che non sarai mezzo morto, comune ladruncolo!”

“Comune ladruncolo?” ripeté lui, alzando le sopracciglia. “Sono offeso, tesoro! Posso essere un ladro, ma non ho nulla di comune!”

Si infilò una mano in tasca e le tese indietro la sua collana. “Ecco. Ora calmati. Sei chiaramente piuttosto nevrotica, con i tuoi tentativi di suicidio per attirare l'attenzione e gli attacchi di quasi isteria. Mi sento male per il tuo povero fidanzato”.

“Come... osi?” scattò Harley. “Non stavo cercando attenzioni! Io.. volevo veramente.. suicidarmi...”

Si ritrasse, nascondendosi la faccia tra le mani e piangendo. “Ehi, ehi, ehi”, le disse lui gentilmente, circondandola con un braccio e porgendole un fazzoletto. “Dai, asciugati questi occhi. La vita non può essere così brutta, no? Non per una ragazza come te, con la tua bellezza ed i tuoi soldi...”

“Queste cose non ti comprano la felicità”, sussurro lei. “E io sono... davvero infelice”.

“Già, lo vedo”, disse lui, annuendo. “Non mi sorprende che volessi suicidarti. È un destino più triste della morte, il non essere felici. Io lo dovrei sapere -sono un ragazzo sempre felice!” rise lui. Le porse la mano. “Jack Napier”, disse.

“Harleen Quinzel”, mormorò lei, scuotendogli la mano. “Sono felice di conoscerla, Signor Napier. Grazie per... avermi convinta a scendere dalla ringhiera”.

“Oh, non ho fatto niente a parte dire la verità”, disse, scrollando le spalle. “Sarebbe stato un modo abbastanza brutto per morire. È la cosa brutta dei suicidi nei quali si salta giù da qualche parte -a metà strada te ne penti, probabilmente!” ridacchiò.

“Scherzi sempre riguardo alla morte?” mormorò lei.

“Io scherzo su tutto”, replicò lui. “Che cos'altro puoi fare in questa barzelletta che è la vita, cara?”

Aspirò la sigaretta. “Scusa, dove sono finite le mie buone maniere?” disse, prendendo qualcosa dalla sua tasca. “Vuoi fumare?”

“Ehm... no, grazie”, balbettò Harley.

“A te niente”, replicò lui, riponendo la sigaretta. “E di più per me!”

Harley si rimise la collana attorno al collo. “Devo ammetterlo, è una pietra abbastanza sorprendente”, disse lui, fischiettando.

“Il mio... fidanzato me l'ha data”, mormorò. “Come regalo di fidanzamento”.

“Capisco perché te lo sposi!” ridacchiò lui. “Quel ragazzo deve essere ben ricco!”

“Già”, fu d'accordo lei. “Per questo lo sposerò”.

I suoi occhi si riempirono di lacrime. “Io.. non lo amo”, sospirò lei. “Per questo sono infelice. Non voglio sposare un uomo che non amo”.

“Già, sarebbe abbastanza stupido”, disse lui, annuendo. “Voglio dire, cosa c'è di buono nei soldi se sprechi la tua vita ad odiare l'uomo con cui la condividi, e provando risentimento nei suoi confronti perché ti tiene prigioniera del vostro matrimonio?”

“Beh, mia... madre pensa che sia importante per me avere un futuro sicuro”, mormorò Harley.

“Niente cose del genere”, replicò Jack. “Nessuno ha un futuro sicuro. I piccoli incidenti vanno sempre di mezzo in tutto quello che pianifichi. Prendi questa nave, per esempio”, disse, indicandola. “Potrebbe urtare un iceberg e affondare improvvisamente, o qualcosa del genere”.

“Impossibile”, replicò Harley. “È inaffondabile”.

Jack fece un'alzata di spalle. “C'è sempre una prima volta”, replicò. “Diciamo che la nave è affondata, e tu sei morta. O diciamo che ti sposi questo tipo, e il giorno dopo il vostro matrimonio una macchina ti investe e ti uccide. Sposarlo per avere un futuro sicuro ti sembrerebbe furbo, allora? O ti sembrerà di aver buttato la tua vita facendo qualcosa che non avresti voluto fare?”

“Hai un modo molto persuasivo di vedere le cose, Signor Napier”, mormorò Harley.

“Oh, chiamami Jack”, disse. “Una donna come te non ha bisogno di essere formale con uno come me, Miss Quinzel”.

“Harley”, sussurrò lei. “Il mio nome è Harley”.

“Un nome carino”, disse lui. “Per una ragazza carina”.

Harley sorrise. “Ecco, vedi?” disse lui, sorridendole. “La vita non è poi così male”.

Harley aprì la bocca per rispondere, quando un grido: “Harley!” spostò la sua attenzione da Jack. Si girò per vedere Dent e sua madre correre verso di lei.

“Sei qui!” ansimò Ivy. “Cosa diamine stai facendo di fuori con quest'aria notturna? Morirai di freddo!”

“Sto bene, madre”, mormorò Harley. “Non ho freddo...”

Dent la ignorò, togliendosi la giacca e mettendogliela addosso. “Cosa stai facendo qui fuori, Harley? La cena è servita”.

“Io... volevo solo fare una passeggiata all'aria aperta e... ho perso il senso del tempo”, balbettò Harley. “Sono semplicemente stata a parlare con... il Signor Napier”.

Sia Ivy che Dent si girarono per guardare Jack, e un'espressione di disprezzo e di diffidenza raggiunse i loro volti quando diedero un'occhiata ai suoi vestiti. “Quindi?” disse Ivy. “E cosa ti ho detto riguardo al parlare con gli sconosciuti, Harley?”

“Io... lui... lui mi ha salvato dal... dal cadere dal bordo della nave”, balbettò Harley. “Stavo dando un'occhiata in basso, ho avuto un momento di debolezza e... lui mi ha preso”.

“Oh, Harley, dovresti stare più attenta!” boccheggiò Dent, abbracciandola. “Non andare più fuori da sola! Sono sempre felice di camminare assieme a te”.

“Penso che invece di sgridarmi dovresti ringraziare il Signor Napier”, scattò Harley.

“Ehi, non si preoccupi”, disse Jack, con un'alzata di spalle.

“No, lascia che gli dia qualche soldo”, le disse Dent, infilandosi una mano in tasca.

“E che prezzo avrebbe esattamente la mia vita?” scattò Harley.

“Beh, in che altro modo si ringrazia un... uomo come lui?” domandò Dent.

Harley fissò Dent, e poi guardò di nuovo Jack. “Invitalo a cena”, scattò. “Domani sera”.

“A cena?” ripeté Dent. “Con... con noi? Ma... ma Harley, è un passeggero di terza classe”.

“Sì, e sapete! Ho lasciato il mio vestito migliore a Gotham!” ridacchiò Jack. “Una giacca viola e tutto quanto: avrei proprio fatto una bella impressione!”

“Invitalo a cena”, ripeté Harley. “Non si preoccupi, Signor Napier, troveremo qualcosa di adatto a lei per vestirsi. Giusto, Harvey?”

Dent lanciò un'occhiata in cerca di aiuto ad Ivy, che era quasi inorridita dall'essere vista anche solo parlare con un passeggero di terza classe. “Sì, va bene”, mormorò alla fine. “Alle sei nel salone delle cerimonie, Signor Napier. Sono sicuro che un membro della ciurma gliela potrà indicare. Buona sera”, disse, afferrando fermamente il braccio di Harley.

Harley si staccò da lui, tornando da Jack e porgendogli la mano. “Grazie ancora, Signor Napier”, sussurrò. “Di tutto”.

“Non è stato niente”, replicò con sincerità. “Chiunque avrebbe fatto lo stesso nella mia posizione. La morte di.. qualcuno come te sarebbe stato uno spreco, cara. Davvero un terribile spreco”.

Harley sorrise di nuovo mentre lui si abbassava e le baciava la mano. “Ci vediamo domani”, mormorò lei. “Buona sera, Signor Napier”.

Dent le prese di nuovo il braccio e la portò via. “Onestamente, dovrebbero tenere quei delinquenti nei ponti inferiori”, mormorò Ivy. “Non dovrebbe essergli permesso di girare su tutta la nave in quel modo”.

“Come sai che è un delinquente, madre?” scattò Harley.

Lei sbuffò. “Basta guardarlo! Quell'uomo è di certo un criminale”.

“Già, dirò ai camerieri di tenerlo d'occhio alla cena, o magari potrebbero accorgersi che qualche pezzo dell'argenteria è stato rubato!” rise Dent. Ivy rise con lui, ma Harley non lo fece, girandosi di nuovo per dare un'occhiata a Jack e sorridendogli.

 

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