Anything's possible

di Berta__D
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giornate di fine estate. ***
Capitolo 2: *** Acquisti e ritorno a Hogwarts. ***
Capitolo 3: *** Occhi dentro occhi. ***
Capitolo 4: *** La gelosia. ***
Capitolo 5: *** Un Natale Rosso. ***
Capitolo 6: *** L'amore attraverso il Quidditch. ***
Capitolo 7: *** Tutto così perfetto. ***
Capitolo 8: *** Lo sbocciare di un fiore. ***
Capitolo 9: *** Un dolce addio. ***
Capitolo 10: *** Conseguenze. ***
Capitolo 11: *** Alla Tana. ***
Capitolo 12: *** Distanti. ***
Capitolo 13: *** La battaglia di Hogwarts (I). ***
Capitolo 14: *** La battaglia di Hogwarts (II). ***
Capitolo 15: *** Un nuovo inizio. ***
Capitolo 16: *** Diventare adulti. ***
Capitolo 17: *** La decisione. ***



Capitolo 1
*** Giornate di fine estate. ***


! Piccola anticipazione. Questa storia vuole dar voce alla relazione di Harry & Ginny che io trovo semplicemente stupenda. Ho scelto di scrivere alcuni Missing moments (come ho già fatto con la Romione sempre da me scritta), prendendo spunto da avvenimenti realmente accaduti nella saga, citando anche pezzettini del libro (un po' dal VI, un po' dal VII e poi, probabilmente, continuerò un pochino per conto mio ;) ), per approfondire quello che è secondo me uno degli amori più dolci creati dalla Rowling. Spero vi piaccia questo mio esperimento! Cercherò di dare soprattutto voce a Ginny, negli episodi in cui abbiamo visto tutto soltanto attraverso gli occhi di Harry, ma anche quest'ultimo avrà il suo spazio, in momenti principalmente inventati da me. Buona lettura! :)
 


«Harry and Ginny are real soul mates
They’re both very strong and very passionate.
That’s their connection, and they’re remarkable together
.» 

 

[V Anno VI Anno]

 

 

 

 

# Giornate di fine estate..


Ginny Weasley, quel giorno d'estate prima dell'inizio del suo quinto anno, si sentiva raggiante. Era appena sveglia e, alzatasi dal letto, si diresse verso lo specchio per pettinarsi i capelli arruffati dal sonno. Una volta lì sbadigliò fragorosamente e si stropicciò gli occhi; dopo qualche minuto il suo riflesso le diede il buongiorno e lei sorrise di rimando. Gli occhi nocciola, ancora leggermente gonfi, erano contornati da una miriade di lentiggini poggiate delicatamente sulle gote e il tutto era incorniciato da bellissimi capelli rosso fuoco.

 

Afferrò la spazzola e li pettinò frettolosamente, poiché non riusciva ad ignorare il suo stomaco affamato che le intimava di andare a fare colazione. Era cresciuta di qualche centimetro durante l'estate ed il suo corpo era divenuto più slanciato e formoso. Dean la trovava ancora più affascinante del solito e lei non poteva che esserne felice: si trovava bene con lui era un buon compagno e baciava particolarmente bene, almeno così le sembrava rispetto agli altri che aveva frequentato; le piaceva la sua pelle color cioccolato e i suoi capelli ricci e scuri.

Posò la spazzola sul comodino, inforcò le pantofole e si avviò verso la porta.

Eppure c'era sempre qualcosa che le ronzava per la testa, come un fastidioso moscerino, che le impediva di innamorarsi completamente di Dean.

Arrivò in cucina e dopo aver salutato la madre si sedette al tavolo: Il latte, il succo d'arancia e le uova con pancetta erano pronti per essere gustati e lei non vedeva l'ora di addentare qualcosa. D'improvviso la signora Weasley la guardò e disse con aria frettolosa, mentre controllava che l'ago ricucisse adeguatamente la tasca di un pantalone “Ah Ginny cara, è arrivato Harry. E' di sopra nella stanza di Fred e George.. penso siano andati a svegliarlo Ron ed Hermione!”

La rossa per poco non rischiò di strozzarsi con il latte, ma per non far accorgere la madre di ciò continuò a bere dalla tazza e annuì restando in silenzio.

Harry era lì, dopo sarebbe salita e l'avrebbe salutato. Le faceva piacere vederlo, non c'era dubbio, eppure il fatto che lui piombasse improvvisamente in quella casa, da sei anni ormai, la scombussolava sempre. In passato la sua cotta le impediva perfino di aprire bocca in sua presenza, ma dall'anno precedente Ginny Weasley era cambiata: aveva accantonato i suoi sentimenti per Harry Potter. Come ci era riuscita non lo sapeva neanche lei con esattezza, ma grazie a Hermione era riuscita a capire che quella situazione poteva solo farle del male; era tremendo essere innamorati di qualcuno senza che l'altro ricambiasse, una cosa davvero struggente! Fortunatamente Harry non gliel'aveva fatto mai pesare e per questo lo ringraziava di cuore. Non l'aveva mai trattata in modo diverso o evitata, anzi era sempre stato gentile e premuroso nei suoi confronti al punto di salvarle la vita nella camera dei segreti.

Sorrise appena ricordandosi di quegli occhi smeraldini, ancora da bambino, che la fissavano preoccupato per la sua salute.

Si schiarì la gola scacciando via i ricordi e disse alla mamma “Beh, io vado di sopra, qui ho finito di mangiare!” e salì la scala di corsa per andare in camera sua.

“Dopò sciondi subitò, devi aiutarmi, dobbiomo fare mille cose... mi hai sontito Ginevrà?!”

Una voce dall'accento francese si intromise nella stanza e alla ragazza bastò un secondo per capire che si trattava di Fleur.

Ginny sbuffò accigliata: perché doveva aiutarla sempre lei? Era una vera seccatura essere l'unica figlia femmina in quella casa!

“Si d'accordo, ma prima devo cambiarmi.” sbottò secca, senza troppe cerimonie. Sentì Fleur borbottare qualcosa in francese con aria di disappunto, ma lei decise di ignorarla vistosamente e sgattaiolò su.

Entrata in stanza si cambiò velocemente, poi uscì e passò per il bagno dove si lavò il più in fretta possibile per poi dirigersi verso la camera dei gemelli, dove veniva ospitato Harry.

La porta era accostata e da fuori riusciva a sentire la voce di Hermione e Ron.

“Ginevrà! Svelta!!” cinguettò la bionda dal piano terra, ma la rossa la ignorò ancor più irritata. Stavano parlando di un insegnante, Lumacorno. E poi sentì quella di Harry. “Boh” disse “Non può essere peggio della Umbridge, no?” Aveva un tono roco e assonnato, come se fosse stato appena svegliato e probabilmente era così. Sorrise serena al pensiero di lui mezzo addormentato sotto le lenzuola ed aprì la porta. Dopo un attimo si ricordò di quello che le toccava fare a breve e si trascinò nella stanza esasperata.

“Io conosco qualcuno che è peggio della Umbridge,” annunciò seccata “Ciao, Harry.” aggiunse rivolgendogli un sorriso veloce, per poi rivolgersi al fratello e ad Hermione.

Il moro le sorrise di rimando, ma non disse nulla, si limitò ad osservarla accuratamente. Ginny non restò a fissarlo, il suo sorriso era particolarmente bello quella mattina, o almeno così le sembrava e non voleva rischiare di arrossire, non le succedeva ormai da tempo, ma quello non era il momento di farsi prendere da una tale debolezza. Cercò di pensare a Dean e alla sua pelle color nocciola, nonostante lo sguardo smeraldino di Harry fosse ancora incollato su di lei.

“Che cos'hai?” le chiese Ron.

“E' lei,” disse Ginny, lasciandosi cadere pesantemente sul letto di Harry, guardando verso tutti e tre. “Mi sta facendo impazzire.”

“Adesso che cosa ha combinato?” le chiese Hermione con aria comprensiva.

“E' come mi parla... neanche avessi tre anni!” sbottò amaramente.

“Lo so,” convenne Hermione abbassando la voce. “E' piena di sé in un modo...”

Harry sembrava sconvolto dal loro modo di parlare e la rossa non sapeva spiegarsene il motivo, ma ben presto Ron ribatté, arrabbiato: “Non potete lasciarla perdere per cinque secondi?”

Come sempre Ron pendeva dalle sue labbra. Per Ginny era una cosa davvero odiosa e vomitevole: solo perché non aveva mai baciato una ragazza e non aveva il coraggio di dichiararsi con Hermione doveva comportarsi in quel modo?

“Ah, bravo, prendi le sue parti..” sbottò. “Lo sappiamo che sei pazzo di lei.”

Con la faccia di uno che aveva perso qualche pezzo del racconto, Harry chiese: “Di chi state...?” La rossa era sul punto di dargli una spiegazione, ma la risposta arrivò prima che lui potesse finire la domanda e che lei potesse aprir bocca. La porta si spalancò di nuovo e Harry si tirò d'istinto le lenzuola fin sotto il mento con tanta forza che Hermione e Ginny scivolarono a terra. “Ahia!” sbottarono le ragazze in coro, ma nel contempo una figura snella dalla chioma bionda era entrata nella stanza, portando con sé un profumo di fiori freschi, che a Ginny negli ultimi giorni provocava nausee e peggioramenti d'umore. “Arrì, quanto tompo che non sci vediamo!” disse.

La signora Weasley, che si trovava ancora sull'uscio della porta, aveva l'aria particolarmente contrariata “Non c'era bisogno di portar su il vassoio, stavo per farlo io!”

“Nionte disturbo.” rispose la bionda, posandolo sulle ginocchia di Harry e chinandosi a baciarlo sulle guance. Ginny e Hermione arricciarono il naso nervosamente, mentre Ron la osservava come se fosse una fata scesa dal cielo.

La rossa si accorse che le guance di Harry si erano arrossate e gli lanciò un'occhiataccia, tanto che il moro la guardò quasi con aria di scuse.

Fleur chiacchierò qualche minuto con Harry per poi annunciargli il matrimonio con Bill e in seguito lo salutò recandosi al piano di sotto.

Mentre i ragazzi sembravano ancora scioccati dalla presenza della ragazza, Hermione e Ginny dimostrarono apertamente la loro ostilità nei confronti della francese, preferendo di gran lunga Tonks come possibile moglie del fratello Weasley.

Proprio mentre stavano discutendo riguardo i problemi di depressione di Tonks, la mamma fece capolino dalla porta della stanza e sussurrò “Ginny, vieni giù ad aiutarmi con il pranzo.”

La rossa si voltò verso la madre con aria accigliata “Sto parlando con loro!”

“Subito!” ordinò la signora Weasley e scompare giù per le scale.

Ginny sbuffò seccata ed aggiunse rivolta ai tre amici “Mi vuole di sotto per non dover stare sola con Flebo!”

Girò per la stanza, volteggiando come una ballerina e smuovendo i capelli ramati a mo di principessa, scatenando l'ilarità di Hermione, Harry e anche un po' di Ron. Quando si fermò aggiunse “E' meglio che scendiate in fretta anche voi.”

Si avvicinò alla porta e nel momento in cui la chiuse incrociò lo sguardo del moro e si accorse che quegli occhi smeraldini erano ancora puntati su di lei, più intensamente del solito.

Qualche secondo dopo aver accostato l'uscio, si sentì bollire fortemente le gote. Sorrise un attimo, per poi lasciarsi pervadere da quella solita indifferenza che aveva sostituito i suoi sentimenti.

Ma una cosa l'aveva capita. Quel moscerino fastidioso era lui, era Harry Potter che le ronzava nella mente per poi scenderle fino nel cuore e che le impediva di amare qualcun'altro.

 

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Harry rimase entro i confini del giardino della Tana per le poche settimane che seguirono. Passò gran parte delle giornate a giocare a Quidditch due contro due nell'orto dei Weasley (lui e Hermione contro Ron e Ginny; Hermione era tremenda e Ginny brava, quindi erano ragionevolmente equilibrati) e le serate a mangiare triple porzioni di tutto ciò che la signora Weasley gli metteva davanti. Non poteva andare meglio di così! Quella mattina era sceso a fare colazione e gli altri stavano ancora dormendo. Avevano deciso di giocare a Quidditch anche quel giorno e ne era veramente felice; si versò del succo d'arancia nel bicchiere e lo sorseggiò lentamente, mentre si immergeva nei suoi pensieri. Si sentiva rilassato da quando si trovava alla Tana, stare con Ron ed Hermione era la migliore cura per il suo malumore. Il pensiero di Sirius era sempre ricorrente, ma riusciva a scacciarlo quando si divertiva con i suoi amici. E poi c'era Ginny, che sembrava essere diventata parte integrante di quei giorni; Harry la trovava diversa in qualcosa, ma non sapeva precisamente in cosa. Mentre rifletteva a riguardo alcuni passi leggeri entrarono nella stanza, accompagnati da un profumo dolcissimo, che sciolse completamente i pensieri ingabbiati nella mente del moro.

“Buongiorno Harry.” sussurrò una voce al suo fianco. Il ragazzo si voltò verso la fonte del saluto e vide Ginny Weasley che prendeva posto accanto a lui, osservandolo ancora assonnata. “S-salve Ginny, scusami non mi ero accorto della tua presenza.” bofonchiò leggermente imbarazzato, addentando un biscotto fatto dalla signora Weasley.

“Tranquillo non c'è problema.” sorrise serena, dirigendo la propria attenzione verso la colazione.

“Allora oggi facciamo una partitina?” chiese dopo poco con aria di sfida per poi aggiungere sottovoce nel suo orecchio “Anche se sarebbe meno deprimente se giocassimo uno contro uno.. ma non si può..” fece spallucce divertita e bevve un sorso di latte dalla tazza.

Harry rise piano e fu capace di dire soltanto “Già..” mentre la osservava rapito. Non capiva davvero perché i suoi occhi fossero sempre incollati a Ginny, da quando l'aveva rivista, per ben due settimane e non era una cosa educata fissare così spudoratamente le persone, ma non riusciva a controllare quell'impulso. Forse aveva i capelli più rossi del solito? O il sorriso più bello del solito? Non se lo sapeva spiegare, ma c'era qualcosa che lo attirava, come quando una calamita non può fare a meno di avvicinarsi ad un frigorifero.

Ginny si accorse che la stava fissando e gli chiese curiosa “Va tutto bene? Devi chiedermi qualcosa..?”

“Nono,” mentì lui, frettolosamente “mi stavo solo chiedendo quando Ron e Hermione hanno intenzione di svegliarsi.”

“Ah.. capisco..” disse sovrappensiero guardando davanti a sé “Spero presto, non ho intenzione di aspettarli a lungo!”

Harry sorrise e pensò a cosa dire per continuare la conversazione, ma non sapeva esattamente cosa chiederle, nonostante volesse evitare di restare in silenzio, perché trovava davvero piacevole chiacchierare con lei: Ginny era intelligente, brillante, decisa e sincera. A differenza di Cho e Hermione, Ginny sembrava risplendere di una sicurezza profonda che infondeva a Harry calma e fiducia.

“Sei pronta per il quinto anno? Ti tocca il G.U.F.O.” le chiese, continuando a fissarla intensamente.

La rossa gli rivolse uno sguardo incerto e disse con voce annoiata “Non vedo l'ora! In ogni caso si, mi sento pronta.. posso farcela! E poi se ce la fa mio fratello, non vedo perché non ce la dovrei fare io.” e gli fece l'occhiolino.

Harry sorrise divertito e aggiunse “In realtà ancora non lo sappiamo se ce l'abbiamo fatta.. e in ogni caso non avrai la Umbridge!”

“Già, credo arriveranno a breve i risultati, o no? Comunque devo darti ragione, senza quel rospo la vita di noi studenti sarà sicuramente migliore!” sentenziò allegra.

Harry rise nuovamente insieme a lei e si convinse ancora di più di quello che già aveva pensato: Ginny era davvero divertente.

Mentre era perso a fissarla Ron arrivò nella stanza ancora in pigiama affiancato da una Hermione già pronta, che si sedette velocemente e prese a fare colazione.

“Alla buon'ora! Chiaramente è rivolto a Ron non a te Hermione.” disse Ginny con aria seria. La riccia sorrise di rimando e continuò a mangiare.

Ron sbuffò seccato e disse “Miseriaccia, io ho provato a svegliarmi prima, ma..”

“Il sonno ti ha impedito di svegliarti?” continuò Harry divertito.

“Esattamente! Proprio così.” annuì deciso, sedendosi anche lui.

“Vedi di sbrigarti. Io e Harry eravamo tentati nel fare una partita uno contro uno con l'arbitraggio di Hermione, ovviamente. Ma di aspettare te non ne avevamo voglia.” confessò la rossa, alzandosi “In ogni caso io vado a cambiarmi, ci vediamo dopo.” e con questo salì per la lunga scala che conduceva al bagno di sopra, i capelli rossi che si muovevano sinuosi lungo la sua schiena.

Ron bofonchiò qualcosa in merito al lavarsi al piano terra e proseguì con la sua colazione.

Proprio quando il moro staccò gli occhi dalla figura appena svanita, incontrò lo sguardo curioso, divertito ed interrogativo della sua migliore amica.

Harry si schiarì la gola ed aggiunse frettolosamente, mentre si alzava “Vado a cambiarmi anche io. Ci vediamo in cortile quando siete pronti.” Corse su per le scale senza aspettare una risposta da nessuno dei due. Quando fu abbastanza lontano dalla cucina fece un grosso respiro e chiuse gli occhi: lo sguardo divertito e inquisitorio di Hermione l'aveva fatto agitare a tal punto che era dovuto correre fuori dalla stanza. Ma perché? Mentre ancora ragionava ad occhi chiusi sentì di nuovo quel profumo dolcissimo che aveva pervaso la cucina quella mattina.

Aprì gli occhi e vide Ginny che scendeva per le scale. “Tutto bene?” gli chiese fissandolo preoccupata.

“Si, benissimo. V-vado in bagno..” concluse impacciato, sfiorando la sua mano con la propria mentre saliva.

“Ok, ci vediamo dopo!” rispose lei continuando a scendere, ritraendo velocemente la mano con un sorriso tirato.

Quel profumo gli aveva invaso il cervello. Harry entrò nel bagno e si sciacquò la faccia con l'acqua fredda. “Adesso vado giù e giochiamo tutti a Quidditch come sempre.” si disse serio. Dopo qualche minuto passato a fissare il suo riflesso iniziò a lavarsi e, dopo essersi cambiato velocemente in stanza, afferrò la Firebolt e scese giù in cortile.

In lontananza vide Ron e Hermione con la scopa poggiata sul corpo e Ginny che lanciava divertita la pluffa per aria; si voltò verso Harry e gli sorrise ampiamente, lasciandolo nuovamente ed inspiegabilmente senza fiato.

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Capitolo 2
*** Acquisti e ritorno a Hogwarts. ***


! Nota dell'autrice. In questo capitolo ho dato voce soltanto ai pensieri di Ginny, in quanto avevo voglia di darle più spazio, ma non vi preoccupate... probabilmente il prossimo capitolo sarà o interamente o in parte raccontato dal punto di vista di Harry. Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! E adesso vi auguro soltanto...una buona lettura! :)
 

# Acquisti e ritorno a Hogwarts...

 

Quel giorno l'intera famiglia, o quasi, si recò a Diagon Alley; la presenza di Harry cambiò però leggermente le cose: alcune auto del ministero li aspettarono all'ingresso della Tana per scortarli nella loro consueta giornata d'acquisti e, sul posto, ci sarebbe stata una squadra di Auror pronti ad intervenire in caso di necessità. Questa situazione innervosiva Ginny Weasley, che non riusciva a concepire l'idea di dover essere osservata da una ciurma di maghi mentre gironzolava semplicemente per i negozi. Non appena, però, le balenò quest'idea per la mente si diede della stupida mordendosi la lingua: e la pressione che provava Harry? Era lui che controllavano non la sua famiglia e lei non poteva capire cosa provasse. Da una vita si ritrovava sotto i riflettori del mondo magico e più passavano gli anni, più la situazione peggiorava. Eppure la rossa ammirava il migliore amico di suo fratello, per il coraggio e la determinazione con i quali continuava a svolgere la propria esistenza.

Quando presero posto in macchina, la signora Weasley era accanto al padre sul sedile anteriore, lei si sedette al fianco del ragazzo occhialuto, trovandosi in mezzo a lui e Hermione, la quale a sua volta era seduta accanto a Ron. Harry non disse una parola limitandosi ad osservare fuori dal finestrino il paesaggio che mutava dalla campagna a quello urbanistico della grande metropoli. Ginny faceva qualche battutina su Fleur a voce bassa, zittendosi sotto gli ammonimenti della madre e facendo ridacchiare di tanto in tanto sia la riccia al suo fianco che il moro, ma riuscì per pochi attimi a farlo sorridere. Si maledisse per non essere abbastanza simpatica, ma dopo qualche istante decise di abbandonare la missione.

Una volta giunti al Paiolo Magico trovarono davanti alla porta d'ingresso del locale il custode della scuola Hagrid, che dimenava le braccia e sorrideva allegro. Harry sorrise di rimando e scese dall'auto correndo a salutarlo. Ginny, i tre membri della sua famiglia e Hermione si avvicinarono al mezzo gigante e lo salutarono a loro volta. Dopo aver discusso per un po', Hagrid assicurò a Molly di prendersi cura di Ron, Hermione e Harry; Ginny invece dovette seguire i genitori per caricarsi di libri scolastici e l'idea non le faceva fare i salti di gioia, sarebbe andare volentieri con gli altri. Salutò Hermione, Harry e Ron e disse “Ci vediamo dopo, al negozio di Fred e George.” La riccia le annuì in risposta e così fece anche Ron. Harry la osservò più a lungo, con le sopracciglia leggermente aggrottate, come se volesse dirle qualcosa. La bocca si schiuse e per un attimo resto in silenzio, ma poi sussurrò semplicemente un “D'accordo.” e le sorrise.

Dopo essersi allontanata per raggiungere i genitori, che camminavano dinnanzi a lei, rifletté sulla reazione di Harry. A volte davvero non lo capiva! Le era parso che il moro volesse dirle qualcosa, ma poi non aveva aperto bocca. Perché si comportava in quel modo strano? L'aveva notato già alla Tana: la osservava a lungo, sembrava perdersi in pensieri misteriosi mentre i suoi occhi erano incollati su di lei e la cosa le provocava un tremendo imbarazzo, che faticava a mascherare. Fortunatamente era determinata ad ignorarlo e riusciva a camuffare le proprie emozioni. Ma ce l'avrebbe fatta ancora? Sospirò e seguì i genitori a malincuore all'interno del Ghirigoro. La madre iniziò a spintonare, lottando con le altre signore e a sfilare dal bancone tutti i libri di seconda mano possibili ed immaginabili affiancata dal padre carico come un mulo, che pazientemente tentava di non sbuffare. Quell'immagine intenerì la rossa: i suoi genitori erano così uniti e amavano così tanto i propri figli che cercavano di garantire loro, anche se nei modi più economici, tutto il necessario. Per questo li ringraziava dal profondo del cuore, anche se talvolta si vergognava di indossare abiti usati o di utilizzare libri di seconda mano. Ma questa era la vita che le era capitata e lei l'accettava così com'era; d'altro canto aveva notato di aver successo con i ragazzi più di alcune studentesse che indossavano abiti di tendenza e che avevano una famiglia ricca alle spalle. Solo un ragazzo che le interessava non era mai riuscita a conquistare. Mentre la sua mente si perdeva nell'immagine di quegli occhi smeraldini puntati su di lei, Molly le posò sulle braccia cinque o sei libri, facendola quasi cadere per terra.

Quando la madre completò definitivamente gli acquisti, i tre si recarono davanti al negozio dei suoi fratelli gemelli dove ritrovarono Harry, Ron e Hermione. Harry li aspettava silenzioso e osservò di nuovo Ginny, sorridendole debolmente. Lei ricambiò e si avvicinò alla riccia entrando nel negozio, seguendo il fratello ed il moro. Le due ragazze, dopo aver salutato Fred e George, si separarono dagli amici ed iniziarono un tour del negozio.

“Allora come va?” chiese Hermione con aria curiosa.

Ginny inarcò un sopracciglio confusa e le rispose “Bene, perché?”

“Oh, avanti..!” sbuffò Hermione, divertita “Vuoi dirmi che non hai notato l'atteggiamento di Harry?”

“No..” mentì Ginny, avvicinandosi ad uno scaffale per contemplare i Sognisvegli Brevettati “Quale comportamento?”

“Ginny, non prendermi in giro..” iniziò la riccia, con aria incredula.

“Non ti prendo in giro!” sbottò l'altra, un po' seccata “Io non noto niente di strano, si comporta con me come ogni santa volta che ci siamo visti.”

“Non è vero.” sentenziò la bruna decisa “Ti osserva con uno sguardo, che non gli avevo mai visto prima.. neanche quando era interessato a Cho.”

“Che c'entra Cho!” disse la rossa fissandola con occhi spalancati per poi aggiungere sottovoce “Ti ricordo che LORO si sono baciati,” si guardò intorno sperando che nessuno l'avesse sentita “quindi non paragonare gli sguardi che rivolgeva a lei con quelli che rivolge a me.” e con questo tornò a fissare lo scaffale.

“Fa come vuoi, ma prima o poi mi darai ragione..!” Hermione incrociò le braccia e prese a guardare anche lei quegli oggetti. “Ma che diavolo sono?” chiese aggrottando la fronte.

“Non ne ho la più pallida idea.” sussurrò Ginny, ancora persa in quella discussione che non avrebbe mai voluto iniziare. Hermione era stata capace di peggiorare la situazione nella quale già navigava da giorni. Sospirò esausta e si voltò: apparve Fred seguito da Harry. I due si dirigevano nella parte principale del negozio, dove scoprirono Hermione e Ginny accanto alla sezione dei Sognisvegli Brevettati.

"Ragazze non avete ancora visto i nostri prodotti speciali Tumistreghi?" chiese Fred. "Seguitemi, signore..." le due si avviarono con il gemello, allontanandosi di pochi passi dallo scaffale precedente. Vicino alla vetrina c'era una gamma di prodotti rosa shocking attorno ai quali alcune ragazze ridacchiavano entusiaste. Hermione e Ginny si ritrassero sospettose.

"Ecco," disse Fred orgoglioso. "Il miglior assortimento di filtri d'amore sulla piazza."

Ginny sollevò un sopracciglio scettica in direzione del fratello. "Funzionano?"

"Sicuro che funzionano, fino a ventiquattr'ore di fila, secondo il peso del ragazzo in questione..."

"...e il fascino della ragazza," concluse George, ricomparso all'improvviso al loro fianco. "Ma a nostra sorella non li vendiamo," aggiunse, improvvisamente serissimo, "visto che ha già cinque ragazzi in pista, da quello che abbiamo..."

Harry era a pochi passi di distanza e osservava la scena appoggiato ai numerosi scaffali. Ginny si sentiva prudere la nuca a causa di quello sguardo intenso sempre inirizzato su di lei.

"Qualunque cosa vi abbia detto Ron è una menzogna," tagliò corto Ginny tranquilla, sporgendosi in avanti per prendere dallo scaffale un vasetto rosa. "Questo cos'è?"

"Annullaforuncoli Garantito Dieci Secondi," rispose Fred. "Ottimo su tutto, dai brufoli ai punti neri, ma non cambiare discorso. E' vero o no che stai con un certo Dean Thomas?"

"Sì che è vero," rispose Ginny. "E l'ultima volta che l'ho visto era decisamente uno, non cinque. Quelle cosa sono?" chiese ancora, cercando di cambiare argomento, e indicò un gruppo di palle pelose in varie sfumature di rosa e viola, che rotolavano sul fondo di una gabbia emettendo strilli acutissimi.

"Puffole pigmee," disse George. "Ne vendiamo tantissime, non facciamo in tempo ad allevarle. E un tale Michael Corner?"

"L'ho piantato, non mi piaceva," fece Ginny schietta, infilando un dito tra le sbarre della gabbia e osservando le Puffole radunarsi attorno. "Sono proprio carine!"

"Sono tenere, sì," ammise Fred. "Ma non è che ti dai troppo da fare coi ragazzi?"

Ginny si voltò a guardarlo, le mani sui fianchi. Odiava quando i suoi fratelli si immischiavano nella sua vita privata e ora avrebbe dato un taglio a quella conversazione.

"Non sono affari tuoi. E ti sarei grata," aggiunse inviperita a Ron, appena comparso accanto a George e affiancato da Harry, carico di mercanzia "se la smettessi di raccontare storie su di me a questi due!"

Lo sguardo della rossa si posò sul moro, che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Imbarazzata dall'idea che avesse sentito tutto riguardo le sue storie amorose, si voltò e chiese alla signora Weasley, che aveva appena sgridato Ron per un gestaccio in direzione dei gemelli "Mamma, posso comprare una Puffola Pigmea?" chiese subito Ginny.

"Una cosa?" domandò la signora Weasley, sospettosa.

"Guarda, sono così dolci..." sussurrò, mentre provava ad accarezzarle attraverso la gabbia.

“Sono molto carine..” sussurrò Harry improvvisamente, che si era messo al suo fianco “ e sono sicuro che sarebbero un animale ideale per te.”

Ginny sobbalzò e si voltò verso di lui. Incrociò il suo sguardo verde intenso e disse un debole “Grazie.” sorridendogli. Mentre i loro occhi si immergevano gli uni negli altri ed il cuore di Ginny iniziava a battere all'impazzata, un rumore esterno distrasse Harry, che fissò fuori dalla vetrina con espressione seria: era Malfoy.

Il moro le rivolse di nuovo l'attenzione e le disse un po' imbarazzato “Scusa, raggiungo un attimo Ron e Hermione.”

“Fai pure!” esclamò Ginny, sollevata. Se fosse rimasta ancora un po' con lo sguardo intrecciato al suo, probabilmente tutte le Puffole Pigmee avrebbero preso fuoco in un istante. Quando il ragazzo si allontanò da lei, respirò a fondo cercandosi di rilassare e pensò che bisognava trovare una soluzione, ovvero stargli il più lontano possibile.

*

Era la mattina della partenza per Hogwarts e a Ginny parve così strano che l'estate fosse già finita e che un nuovo anno scolastico stesse per incominciare. Una volta salita sul treno, dopo aver salutato i genitori, scorse Harry ancora nel corridoio, il quale era intento a chiacchierare con Ron ed Hermione. I due erano divenuti prefetti e Ginny sospettò che il loro scompartimento sarebbe stato differente da quello del loro migliore amico. Dopo qualche minuti l'espresso per Hogwarts fischiò allegramente e prese ad avanzare sulle rotaie. La rossa si sporse dal finestrino e salutò con la mano i genitori. Si accorse che anche Harry, rimasto solo, sorrideva e sventolava la mano affettuosamente, finché il treno non imboccò la prima curva e i signori Weasley scomparvero. Poi si voltò per vedere dov'erano finiti gli altri. Ginny si chiese se fosse il caso di fare sue chiacchiere con lui, ma tentennò ricordando quello che aveva deciso all'uscita del negozio di Fred e George. Fortunatamente due amiche si avvicinarono a lei chiedendole come aveva trascorso l'estate; mentre chiacchierava con loro, Harry si mosse verso di lei, trascinando con sé il baule. Gli altri studenti lo fissavano attraverso il vetro degli scompartimenti, schiacciandovi addirittura il viso contro per osservarlo meglio. La rossa trovò quella situazione disgustosa e fulminò ognuno di loro: alcuni abbandonarono l'impresa, intimoriti dal suo sguardo severo. Il moro la raggiunse e batté delicatamente sulla sua spalla.

"Ti va di cercare uno scompartimento?" le chiese, sorridendole. I suoi occhi verdi erano più brillanti del solito e i capelli scompigliati gli davano quel tocco di trasandato e allo stesso tempo di affascinante che Ginny adorava.

Mentre lo stomaco le si riempiva di fastidiose farfalle svolazzanti, rispose cordialmente "Mi dispiace, Harry, ho promesso a Dean che l'avrei raggiunto," aspettò qualche secondo, osservando la reazione del moro e aggiunse "Ci vediamo dopo."

"Sì, certo." fece Harry con voce tesa, ma Ginny notò che era vistosamente deluso e la sua espressione aveva una nota di irritazione. Lei gli sorrise dolcemente e si allontanò, scostando i lunghi capelli rossi dalle spalle che danzarono involontariamente lungo la schiena. Decise di non voltarsi nuovamente, consapevole di averlo lasciato lì fermo nel corrdoio; ma cosa poteva farci? Non era il caso di trovare uno scompartimento da soli. Lei aveva paura dei sentimenti che stavano nascendo di nuovo nel suo cuore e doveva riuscire a soffocarli, prima che andasse tutto in rovina. Arrivata allo scompartimento dove Dean l'aspettava, sospirò scacciando via quei pensieri che le attanagliavano la mente e spalancò le porte scorrevoli. Il ragazzo era in piedi vicino al finestrino, intento a fissare il paesaggio, ma quando udì il rumore si voltò ed incrociò gli occhi di Ginny. Le sorrise sereno e si avvicinò a lei, dandole un dolce bacio sulle labbra “Finalmente, ti stavo aspettando.” disse, chiudendo lo scompartimento. Ginny si sedette e si massaggiò le tempie, cercando di non far trapelare la sua confusione “Scusami, ho incontrato parecchie persone..”

“Non fa niente l'importante è che sei qui.” Dean si sedette al suo fianco e le passo un braccio intorno alla spalla, stringendola a sé. “Sono contento di vederti.”

“Si, anche io.” sussurrò la rossa, fissando fuori dal finestrino. Ginny provava, però, una strana sensazione; si sentiva lontana anni luce da quello scompartimento. Ad ogni battito di ciglia le si parava dinnanzi agli occhi l'immagine di quel corridoio dove quegli occhi smeraldini le chiedevano di restare. In quel momento capì di non amare Dean.

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Capitolo 3
*** Occhi dentro occhi. ***



 

! Nota dell'autrice. In questo capitolo ho dato voce soltanto ai pensieri di Harry, per compensare il capitolo precedente. So che è breve, ma non volevo esagerare, mi sono ispirata come sempre ad un momento già accaduto, che si trova al termine di un capitolo affinché io potessi fantasticare un po' su cosa accade prima del capitolo successivo! Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! Buona lettura! :)
 


# Occhi dentro occhi...


 

Mentre prendeva posto alla tavola dei Grifondoro per cenare, Harry si sentiva ancora incredulo e scombussolato, ma allo stesso tempo felice. Aveva vinto una fiala di Felix Felicis dopo aver ottenuto il migliore Distillato della morte vivente. Lui che andava bene in pozioni? Un miraggio fin quando Piton aveva presieduto quella cattedra, ma da quando il suo docente era divenuto Lumacorno... c'era riuscito! Beh, non proprio da solo, ma la reazione di tutti i Serpeverde e, doveva ammetterlo, anche quella di Hermione l'avevano divertito a tal punto che tutti i sensi di colpa erano scivolati via. Ad aiutarlo erano stati alcuni appunti scritti in grafia sottile ai bordi delle istruzioni del manuale di pozioni che, a quanto sembrava, nessun altro possedeva. Per un attimo aveva domandato a se stesso, se fosse stato il caso di avvisare il proprio docente; ma poco dopo decise che non avrebbe avuto alcun senso e così si era ritrovato una fialetta di oro liquido e una pozione perfettamente preparata. Aveva ringraziato dal profondo del cuore chiunque avesse scritto quelle annotazioni, perché gli avevano reso la giornata migliore.

Ron e Hermione presero posto accanto a lui ed iniziarono a mangiare; Harry, notando che nessuno fosse in ascolto, decise di confessare loro il suo segreto: mentre il rosso spalancava la bocca sbalordito e allo stesso tempo divertito dall'avvenimento, Hermione lo guardò torva e e con espressione canzonatoria, che lui davvero non sopportava. La riccia incominciò ad ammonirlo con aria acida, rimproverandolo per non essersi rivolto immediatamente a Lumacorno. “Si certo,” si disse Harry nervosamente “scommetto che se avesse avuto lei fra le mani quelle istruzioni non avrebbe detto nulla.

“Va bene, dillo che ho imbrogliato.” concluse esasperato, aggiungendo in mente “E che ti dà fastidio che per una volta di non essere la prima della classe.”

“Beh, non è stata proprio opera tua.” sbottò lei, sempre più rigida.

Ron invece parve prendere le sue parti, sostenendo che il libro sarebbe potuto capitare anche a lui e di certo non ne avrebbe parlato con il docente.

Harry parve sollevato e proprio mentre si stava rilassando, sicuro che nessun altro avrebbe avuto qualcosa da ridire una voce vicina al suo orecchio sinistro disse “Un momento,” un' ondata di quel bellissimo profumo dolce misto a fiori freschi, che aveva emesso l'Amorentia durante la lezione di Lumacorno, gli invase i polmoni. Il ragazzo si voltò velocemente e vide Ginny “Ho sentito bene?” aggiunse la ragazza “Hai preso ordini da qualcosa che qualcuno ha scritto in un libro, Harry?” Il viso teso e preoccupato e le sopracciglia leggermente aggrottate fecero comprendere al moro che fosse anche un po' delusa.

Capì subito che cosa le stesse passando per la mente e sventolò le mani davanti al viso rassicurandola sottovoce “Ma no, non è come.. insomma.. il diario di Riddle. E' solo un vecchio manuale su cui qualcuno ha preso appunti.” Sperò ardentemente di averla convinta, perché la rossa mostrò un atteggiamento molto simile a quello della Signora Weasley quando si innervosiva, il quale faceva sentire Harry a disagio.

“Ma tu fai quello che dice?” continuò imperterrita, senza smettere di sostenere lo sguardo.

Il moro rimase qualche minuto in silenzio non potendo fare a meno di osservare quei bellissimi occhi color nocciola, che risplendevano di forza e sicurezza, ma anche di sincero timore. Poi riprese, scandendo le parole con voce pacata, per far si che la ragazza non si preoccupasse ulteriormente “Ho solo provato alcuni dei suggerimenti scritti sui margini, davvero, Ginny, non c'è niente di strano...”

Lei parve voler replicare, ma poco dopo lasciò perdere. Annuì brusca e ancora tesa in volto, si allontanò da Harry, Ron e Hermione per recarsi da Dean, che era seduto più avanti. Il moro distolse lo sguardo infastidito da come si era chiusa la conversazione fra loro e cercò di ignorare le ennesime prediche della migliore amica, che intanto aveva ripreso ad ammonirlo sulla gravità dell'avvenimento. Non riusciva a capire perché gli sembrava così strano il fatto che Ginny non stesse con loro, eppure non era mai successo che si frequentassero a scuola. La doveva finire con quella storia. Sospirò a malincuore e iniziò a mangiare.

Mentre era perso nei suoi pensieri, Hermione gli sfilò il manuale da mano cercando di far affiorare qualsiasi possibile presagio oscuro attraverso un incantesimo. Quando la ricca non trovò nulla, Harry riprese il volume dalle sue mani con fare particolarmente brusco, tanto che cadde per terra. Seccato si chinò a raccoglierlo e lesse una scritta “Questo libro appartiene al Principe Mezzosangue”.

Fu rapito per un attimo dalla grafia sottile, la stessa degli appunti; “Chissà che vuol dire..” pensò curioso, poi si accorse che nessuno aveva visto e rimise il libro nella borsa.

Dopo alcuni minuti Ginny e Dean passarono accanto a loro salutandoli ed uscirono dalla sala grande tenendosi la mano. Nell'osservarli Harry sentì una fitta fastidiosissima allo stomaco, che gli fece svanire anche il più minimo languorino. Restò seduto tentando di mangiare per un'altra mezz'ora, ma quando capì che era inutile ingurgitare cibo se poi non riusciva ad inghiottirlo decise di alzarsi e di dichiarare agli amici il suo stato di inappetenza. I due lo fissarono: Hermione con la sua solita apprensione angosciante e Ron con indifferenza, proponendosi di finire la sua porzione. Li salutò frettolosamente e si diresse verso i dormitori.

Mano nella mano,” pensò mentre saliva le scale, con aria contrariata “potrebbe dare fastidio a Ron...”, ma gli ci volle un attimo per comprendere che non era il suo migliore amico l'unico a provare un certo fastidio per quella situazione. Sbuffò seccato ed accelerò il passo; arrivato al quadro della signora grassa pronunciò la parola d'ordine e si inserì nell'angusto passaggio di pietra che conduceva alla Sala Comune. Una volta entrato nella stanza circolare, decorata con numerosi drappi ed arazzi, fece per avviarsi verso il proprio dormitorio quando vide una figura inginocchiata dietro una delle grosse poltrone. Inclinò leggermente il capo per capire chi fosse e la risposta gli fu subito chiara quando vide una lunga chioma di un rosso vivo e brillante. Il cuore gli saltò in gola ed impiegò qualche secondo per formulare una frase di senso compiuto, anche se continuava a non capire il motivo di quel suo comportamento. “Ginny! Che succede? Non ti senti bene?” le chiese, un po' preoccupato.

La ragazza si voltò verso di lui, scattando in piedi quasi spaventata. Harry capì che non l'aveva sentito entrare. “Harry! No, tranquillo sto benissimo è solo che..” iniziò guardandosi intorno turbata e pensierosa, con una mano poggiata sul capo “ho perso Arnold! Non so dove sia finita.”

Harry trattenne il fiato riflettendo e si guardò intorno. Se non ricordava male la puffola pigmea di Ginny era rosa, quindi doveva essere facile distinguerla, eppure ad una prima occhiata non la vide. “Ti aiuto se ti va.” propose il moro, sorridendole.

“D'accordo.” acconsentì Ginny, ricambiando in fretta il sorriso. I due iniziarono a cercare sotto ogni poltrona, dietro ogni libro, scaffale o qualsiasi oggetto vi fosse nella sala comune, ma nulla.

Dopo un po' la rossa poggiò le mani sui fianchi sfinita ed incrociò lo sguardo di Harry “E se fosse caduta dalla finestra, oppure non so..” mormorò preoccupata.

“Tranquilla,” disse subito Harry, cercando di calmarla. “la troveremo.”

La rossa sembrò un po' più convinta e riprese le ricerche.
Il moro si unì a lei, ma con scarsi risultati.

Si abbandonò sul divano con le sopracciglia aggrottate cercando di pensare dove poteva essere finita la puffola. “Non può essere andata lontano..” si disse preoccupato, ma proprio mentre rifletteva la vide: Arnold era accoccolata nel camino accanto alla brace completamente addormentata. Harry si chiese se stesse facendo le fusa, sempre se potesse farle, perché sembrava godere del tepore che emanavano le fiamme come quando un gatto è addormentato sul ventre del proprio padrone . Quando richiamò l'attenzione di Ginny, lei si precipitò verso l'esserino e lo prese in braccio ammonendolo nervosamente “Ma come diavolo ti è venuto in mente?! Potevi bruciarti!” Arnold sembrò ignorarla vistosamente, continuando a riposare tranquilla.

Harry rise divertito “Beh, tutto bene quel che finisce bene, no?” e guardò Ginny sereno. Era così bella: i capelli brillavano alla luce del fuoco e sembravano ancor più rossi del solito e le sue guance erano un po' sporche di polvere a causa della ricerca senza sosta negli angoli più remoti della stanza.

Ginny mormorò un “Già..” sorridendo incredula, senza smettere di accarezzare l'animaletto. Senti Harry..” continuò seria, aggrappandosi ai suoi occhi “mi dispiace per prima, non volevo farti la predica e penso che tu lo sappia. Ma quando ho sentito le tue parole io..” la voce le si fermò in gola e guardò altrove per alcuni secondi, come se cercasse le parole di cui aveva bisogno all'interno della stanza. Poi riprese con un sospiro, tornando a fissare gli occhi verdi del ragazzo “Io temevo che potesse succederti qualcosa di brutto, come è successo a me. E dato che sei stato tu ad aiutarmi in quella occasione, mi sono sentita in dovere di chiederti spiegazioni. Mi dispiace, ecco tutto.” concluse con sguardo fiero e splendente.

Harry rimase qualche secondo in silenzio, sostenendo lo sguardo. Poi si alzò e disse “Non preoccuparti, ho capito le tue intenzioni e ti ringrazio. Ma mi credi se ti dico che non hai alcunché di cui preoccuparti?” Lei annuì silenziosamente in risposta ed il moro le sorrise “Bene, allora direi che la questione è chiusa.”

La sua attenzione si rivolse nuovamente alle guance impolverate della ragazza e senza riuscire a trattenersi bisbigliò con un sorriso “Sei sporca qui..” allungando una mano per pulirla, ma si pentì non appena fece quel gesto rendendosi conto che era alquanto fuori luogo. La rossa alzò lo sguardo verso di lui e parve disorientata da quell'iniziativa. Harry trattenne il fiato per qualche secondo, perdendosi nei suoi occhi per l'ennesima volta e capendo che anche lei era intrecciata irrimediabilmente al suo sguardo. Il cuore gli prese a battere più velocemente e più rumorosamente, in modo quasi incontrollabile e desiderò che quell'istante non finisse mai. Si inumidì le labbra, provando invano a fare chiarezza nella sua mente.

Dei passi che provenivano dalla scala del dormitorio maschile, però, lo riportarono alla realtà e con uno scatto fulmineo allontanò la mano dalla guancia di Ginny. La ragazza trasalì, strofinandosi le guance velocemente un po' imbarazzata e dandogli le spalle. Harry si voltò verso la fonte del rumore e vide Dean che entrava nella stanza sorridente; salutò Harry e si avvicinò a Ginny per baciarle la fronte. Le budella del moro si strinsero leggermente, ma lui ignorò quella sensazione cercando di rivolgere al compagno di dormitorio un sorriso decente.

“L'hai trovata!” disse il ragazzo, accarezzando Arnold.

“S-si è stato tutto merito di Harry..” bisbigliò la rossa ancora un po' scioccata con gli occhi fissi sull'esserino.

“Ma no.. è stata fortuna..” borbotto lui in risposta, grattandosi la nuca imbarazzato.

“Beh, grazie Harry. Allora la portiamo con noi, che ne dici?” disse Dean stringendo le spalle di Ginny con un braccio, poi si rivolse ad Harry ed aggiunse “Noi andiamo a fare un giro in cortile, finché Gazza ce lo permette.. passa una buona serata!”

Condusse la rossa verso l'uscita della Sala Comune, ma lei riuscì a voltare il capo per bisbigliare un “Grazie.” in direzione del moro.

Harry fece un cenno con il capo ed amareggiato si diresse verso il proprio letto, respirando piano nella speranza che il cuore smettesse di battere all'impazzata.

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Capitolo 4
*** La gelosia. ***


! Nota dell'autrice. Scusate per il ritardo, ma lo studio mi ha trattenuta >.<. In questo capitolo ho fatte parlare un po' la nostra Ginny spero vi piaccia tanto, ho davvero faticato per esprimere tutto ciò che volevo! Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! Buona lettura! :)
! IMPORTANTE: Per chiunque abbia letto questo capitolo prima dell'aggiornamento di stasera (h 23:00) mi scuso se la trama è stata pubblicata due volte! 
Probabilmente ho premuto due volte sul tasto INCOLLA. Chiedo ancora perdono per avervi fatto confondere o illudere sulla lunghezza del capitolo. Baci!


# La gelosia...


Ginny camminava per il corridoio del terzo piano e pensava al fatto che finalmente quella giornata fosse finita. Si sentiva esausta! Da quella mattina scorrazzava per le aule, in modo da frequentare tutte le lezioni di quell'anno accademico. Al momento le sembrava quasi che il suo cervello stesse per prendere fuoco “Sapevo che sarebbe stato stressante prepararsi per i G.U.F.O., ma i docenti si stanno impegnando particolarmente per distruggerci la vita..” si disse perplessa, ragionando sul fatto che avere Piton come insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure non migliorava la situazione. Era così.. odioso! E sapeva di non essere l'unica a pensarla così. Sospirò amareggiata ed imboccò la scalinata in direzione della Sala Grande; avrebbe volentieri dormito solo per cinque minuti, per poi riprendere a studiare, anche se non aveva la benché minima voglia, ma si era ricordata improvvisamente di aver promesso a Dean una gita romantica ad Hogsmeade e non poteva dirgli di no. Si vedevano così poco in quei giorni! Ma così il suo programma di studio andava a rotoli ed il giorno seguente avrebbe dovuto trascorre il doppio del tempo accanto ai libri.
D'improvviso una McGrannitt affannata e vistosamente spazientita le si parò davanti. Ginny deglutì tesa e salutò frettolosamente la docente, chiedendosi che cosa volesse da lei. “Oh signorina Weasley, proprio uno di voi cercavo!”
“Voi?” si chiese la rossa perplessa, non capendo a cosa si riferisse. Cercò di frugare nella sua mente in cerca di qualche episodio compromettente che potesse rovinarle la carriera scolastica, ma dopo alcuni secondi di riflessione non arrivò a nulla. Squadrò gli occhi seri ed imperscrutabili della professoressa, sperando di non dover subire una ramanzina, ma nel caso fosse successo si preparò decisa a confutare le ipotesi della donna. “Mi dica.” disse in attesa.
La docente sfilò una pergamena dalla tasca del mantello porgendola alla rossa con un sorriso tirato, che portava con sé misto di gentilezza e di severità. “Mi consenta di consegnarle questo avviso per il signor Potter. Avrei dovuto recapitarglielo personalmente ma, purtroppo, non ho molto tempo stamattina.” con aria ansiosa sbirciò nell'altra tasca estraendo di appena un pollice il piccolo orologio da taschino “o Santi Numi, devo scappare!” roteò gli occhi al cielo esasperata ed aggiunse mentre si affrettava a scendere le scale “Mi raccomando signorina Weasley, consegni la pergamena al signor Potter, è molto importante!”
Detto questo si precipitò veloce verso i corridoi del piano di sopra.
Ginny non ebbe il tempo di salutare l'insegnante o semplicemente di annuire così, ancora un po' tesa per l'incontro imprevisto, si diresse verso la Sala Grande. Avrebbe dovuto consegnare quel messaggio a Harry, chissà di cosa si trattava.
Una volta davanti al grande portone della stanza, si inserì nel piccolo spazio che restava attraversabile, a causa della grande massa di gente che chiacchierava e si salutava all'ingresso: quasi tutti andavano ad Hogsmeade.
Quando entrò vide i tre amici seduti alla grande tavola intenti a discutere. Erano tutti vestiti con abiti molto pesanti (anche lei lo era d'altro canto) e sembravano leggermente tesi.
Mentre si avvicinò a loro sentì Harry dire con aria sarcastica “Sarebbero lieti di accettarmi nel club, come no, saremmo amiconi.. se non continuassero a cercare di uccidermi.” Questo fece ridere Ron e anche Hermione sembrò aprirsi in un sorriso. Ginny si trattenne dal chiedere spiegazioni, anche se avrebbe voluto, e si rese conto di come Harry era capace con la sua ironia di far sbocciare un sorriso sulle labbra di chiunque. Il cuore della rossa si scaldò lentamente. Si schiarì la gola, cercando di ignorare le sue emozioni e si avvicinò ancor di più al moro dicendo “Ehi, Harry, devo darti questo.”
Il ragazzo si voltò verso di lei ed afferrò veloce il rotolo di pergamena col suo nome, scritto in grafia sottile e obliqua, la ringraziò e si rivolse verso gli amici raggiante “E' la prossima lezione di Silente!” disse, srotolando la pergamena e leggendone rapido il contenuto. “Lunedì sera!” aggiunse felice. Gli amici annuirono decisi in risposta e ripresero a discutere.
Lui invece si voltò verso la rossa sorridendole radioso ed incrociando i suoi occhi “Vuoi venire con noi a Hogsmeade, Ginny?” le chiese. Sembrava davvero convinto di quello che diceva e Ginny non poté fare a meno di restare un attimo spiazzata da quella proposta. Prima la invitava nello scompartimento, ora addirittura ad uscire insieme per Hogsmeade?! Ci sarebbero stati anche Ron e Hermione, ma le faceva comunque uno strano effetto ascoltare quelle parole. Mentre il suo cuore bisbigliava una sottospecie di risposta affermativa si affrettò a dire “Ci vado con Dean... Magari ci vediamo là.”
Harry restò con la bocca leggermente aperta ad osservarla per alcuni secondi, dopodiché fece un sorriso veloce e fissò il pavimento imbarazzato. Lei si sentì tremendamente in colpa, ma si ricordò di avere appuntamento con il suo ragazzo in cortile e che era quasi ora di andare, così salutò i tre amici con la mano e se ne andò. Voltò le spalle il più in fretta possibile per non incrociare di nuovo quei due occhi verde brillante che si alzavano nuovamente su di lei.
*
Si trovava al secondo piano ed era intenta a baciare Dean con tutta la passione che aveva. Non sapeva bene come mai, ma dopo quelle tre settimane infernali nelle quali non aveva avuto neanche un secondo di tempo per prendere fiato a causa dello studio, ora si sentiva talmente attratta che non riusciva a scollarsi da lui. La spingeva a suon di baci delicatamente contro il muro freddo del passaggio segreto, che conduceva alla Sala Comune di Grifondoro, e lei rispondeva con un forte trasporto: era felice, eccitata e allo stesso tempo stranamente rilassata. Il periodo in cui Harry le faceva capolino nei sogni era terminato e, nonostante gli allenamenti di Quidditch nei quali era obbligata a vederlo e a parlare con lui, si stava di nuovo dimenticando di quelle sensazioni che spesso le avvinghiavano il cuore. Durante gli incontri era difficile non indirizzare l'attenzione verso di lui: era il capitano e riusciva a lasciare tutti a bocca aperta per la sua capacità innata in quello sport e per il suo notevole fascino. Si era accorta di non essere l'unica ad osservarlo mentre faceva piroette sulla scopa, impartiva ordini o ringraziava con un sorriso chi aveva partecipato all'allenamento, ma fortunatamente lei aveva Dean sempre al suo fianco: lui cancellava tutti quei pensieri che avrebbe voluto maledire.
La complicità con il suo fidanzato stava aumentando, nonostante talvolta ci fossero dei momenti di tensione. Generalmente, però, riuscivano a venirne a capo.
“Sei bellissima..” bisbigliò il ragazzo dalla pelle color nocciola, scostandosi solo un attimo dalle sue labbra. La rossa sorrise felice e si tuffò di nuovo su di lui vogliosa di baciarlo ancora.
Improvvisamente qualcuno spostò l'arazzo che nascondeva il passaggio segreto. Sentì la voce di suo fratello rimbombare contro i muri di pietra. “Ehi!” sbottò furioso.
Dean e Ginny si staccarono l'uno dall'altro. Lei si voltò verso Ron e si accorse che c'era anche Harry: aveva il viso corrucciato e le sopracciglia aggrottate, che contornavano i suoi occhi verdi, gli donavano un aspetto severo e deluso. Il cuore della ragazza fece una paurosa capriola all'indietro, ma poi riacquistò la propria determinazione e si voltò verso il fratello sbottando con voce seccata “Cosa?!”
“Non mi piace vedere mia sorella che pastrugna la gente in pubblico!” urlò spazientito il rosso, guardando malissimo Dean.
“Questo era un corridoio deserto finché non siete venuti a ficcare il naso!” sbottò Ginny, questa volta rivolta anche ad Harry. Il fatto che la rimproverasse le dava fastidio, lui non era nessuno per guardarla in quel modo. Si sentiva presa in giro e le dava tanto fastidio. E poi cosa pretendeva? Che lei non si facesse una vita solo perché lui non ricambiava i suoi sentimenti? Era davvero insopportabile l’idea che Harry volesse chiuderla in una campana di vetro, come avrebbe voluto anche Ron, in modo che nessun’altro ragazzo potesse sfiorarla. Era grande ormai e aveva più esperienza di entrambi i due amici messi insieme.
Dean era fortemente imbarazzato. Rivolse a Harry un sorrisetto furtivo che lui non ricambiò, rimase a squadrarlo con aria seria.
“Ehm... su, Ginny..” balbettò Dean, “andiamo in sala comune...”
“Vacci tu!” ringhiò la rossa, senza voltarsi a guardarlo “Io devo fare due chiacchiere col mio caro fratello!” “E anche con te..” pensò amareggiata, lanciando una veloce occhiata al moro.
Dean se ne andò, con l'aria di essere dispiaciuto di abbandonare la scena.
“Bene,” iniziò la ragazza finalmente felice di potersi sfogare, scuotendo i lunghi capelli rossi e guardando Ron torva, “chiariamo questa faccenda una volta per tutte, Ron. Con chi sto o che cosa ci faccio non ti riguarda..”
“Invece sì!” esclamò Ron, altrettanto infuriato. “Non voglio che la gente dica che mia sorella è una...”
“Una cosa?” urlò Ginny, sfoderando la bacchetta. “Una cosa di preciso?”
Adesso stava perdendo la pazienza e l’avrebbe volentieri ridotto in pezzetti.
“Non voleva dire niente Ginny...” intervenne Harry.
“Invece sì!” sbraitò lei, infiammandosi con Harry. Cercava di difenderlo o cosa? Decise di non prendersela direttamente con lui, perché non aveva la forza al momento così continuò sempre rivolta al rosso “Solo perché lui non ha mai baciato nessuno in vita sua, solo perché il più bel bacio che abbia mai ricevuto è stato da zia Muriel...”
“Sta' zitta!” gridò Ron, quasi marrone dalla vergogna mista a rabbia.
“Col cavolo!” strillò Ginny, fuori di sé. “Ti ho visto con Flebo: tutte le volte che la incontri speri che ti baci sulle guance, fai pena! Se andassi in giro a pomiciare un po' anche tu non ti seccherebbe tanto che lo facciano tutti gli altri!”
Sentì di averlo ferito nel profondo perché anche il fratello estrasse la bacchetta; Harry s'intromise rapido tra i due.
“Ma cosa stai dicendo!” abbaiò Ron, cercando di mirare verso di lei al di là di Harry, che le stava davanti a braccia spalancate. “Solo perché non lo faccio in pubblico...!”
Ginny rise sprezzante, cercando di spingere Harry da parte. L’odore del moro, che cercava di proteggerla da Ron, le invase le narici deconcentrandola. Nonostante ciò cercò di non badarvi troppo e, riprendendo il discorso, chiese con aria acida  “Cosa fai, baci Leotordo? O hai una foto di zia Muriel nascosta sotto il cuscino?”
“Tu...” ringhiò a bassa voce il rosso lanciando un lampo di luce arancione dalla sua bacchetta che sfrecciò sotto il braccio sinistro di Harry e mancò la ragazza di pochi centimetri.
 Harry spinse Ron contro il muro. “Non fare lo stupido...” sbottò nervoso, guardandolo diritto negli occhi.
Ginny trattenne il respiro, sorpresa dal modo in cui il moro avesse reagito. Sembrava infuriato con il suo migliore amico, come se avesse temuto realmente alla sorte di Ginny, ma non come faceva di solito. No. Era quella nuova attenzione che le dedicava, quella che le faceva battere il cuore all’impazzata. Sull’orlo della disperazione, nel tentativo di controllare tutte le sue emozioni iniziò a riversare quello che pensava in direzione di entrambi, sentendo il cuore che si lacerava lentamente.  “Harry ha baciato Cho Chang!”  urlò ormai vicina alle lacrime, sperando che il moro capisse che si rivolgeva a lui specificatamente “E Hermione ha baciato Viktor Krum, sei solo tu che ti comporti come se fosse una cosa disgustosa, Ron, ed è perché hai l'esperienza di un dodicenne!” aggiunse per concludere la sua arringa contro il fratello. Dopodiché corse via il più veloce possibile, mentre le lacrime le cadevano lungo il viso e il dolore le invadeva il petto.
Era tutto crollato, tutta la sua sicurezza si era spenta a causa di quell’incontro. Ron che non le dava il permesso di frequentare nessuno, Harry che la rimproverava e la guardava con quegli occhi che la rendevano impotente, non ce la faceva più.
Arrivata all’ingresso del dormitorio aprì la porta e crollò per terra scossa dai singhiozzi.
“Ginny..” una voce preoccupata le fece alzare lo sguardo verso l’alto. Era Hermione che si avvicinava a lei con la punta della bacchetta illuminata: il leggero raggio di luce fece brillare le lacrime della rossa. “Cos’è successo? Hai litigato con Dean?” chiese accovacciandosi accanto a lei.
La ragazza si asciugò le guance e scosse il capo con aria afflitta aggiungendo sottovoce “E’ Ron che mi rimprovera sempre quando mi trova in compagnia di Dean..e poi c’è Harry..” non riuscì a trattenersi ed esplose di nuovo in un pianto sfrenato.
La riccia sembrò innervosirsi e l’abbracciò forte “Sono due idioti. Ron ignoralo, perché non ha alcun potere su di te. Solo perché non ha mai baciato nessuno crede che anche il resto del mondo debba comportarsi così! E Harry..” si interruppe un attimo scostandosi da lei per guardarla negli occhi. “Harry sta reagendo finalmente, quindi non ti meravigliare che si comporti così, direi che puoi farlo restare un altro po’ sulle spine e poi sarà pronto.” Le strizzò l’occhio divertita e le diede un bacio sulla guancia. “Ora vai a dormire, è molto tardi. Buonanotte.” Detto questo si alzò e si allontanò verso la porta della sua stanza spegnendo il raggio di luce proveniente dalla bacchetta.
Ginny la guardò sbalordita bisbigliando “’Notte.” in risposta , mentre la consapevolezza di un Harry geloso le apriva finalmente gli occhi e le faceva sprofondare sempre di più tutta la sicurezza che aveva acquistato in quei due anni.

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Capitolo 5
*** Un Natale Rosso. ***


! Nota dell'autrice. Ecco il nuovo capitolo interamente impersonato da Harry! Spero vi piaccia, ho allungato di un po' la stesura e mi sono impegnata molto per immaginare dei momenti particolari fra loro. Sono inventati da me eccetto il secondo mini episodio, dove ho preso spunto dalla frase di Ginny sul vermetto nei capelli di Harry :) Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! Buona lettura! :)
 


# Un Natale Rosso.

 



La luce filtrò attraverso le tende della stanza e pian piano Harry si svegliò.

Sbadigliò delicatamente strofinandosi gli occhi, dopodiché la sua mano a tentoni raggiunse il comodino alla ricerca degli occhiali. Non appena il suo sguardo mise a fuoco l'ambiente circostante, Harry si accorse che Ron stava ancora dormendo beato russando fragorosamente. Restò qualche minuto a fissarlo ancora assonnato, poi decise di alzarsi, uscì dalla camera arancione dell'amico e si diresse giù per le scale: la stanza si trovava subito sotto la soffitta ed era particolarmente angusta, per cui il moro una volta sveglio non riusciva a restare molto in quell'ambiente anche se non gli dispiaceva per nulla. Amava quella casa, era un rifugio per lui come lo era l'intera famiglia Weasley. Scendendo giù per la lunga scalinata di legno si fermò alcuni secondi davanti alla stanza al terzo piano: quella di Ginny. Fissò la porta scura per un po' e poi proseguì verso il pian terreno.
La cucina era completamente inondata dalla luce e deserta; il ragazzo si sorprese di non vedere la signora Weasley apparire improvvisamente da dietro un angolo, ma il fatto che non vi fosse nessuno non gli dispiacque, in quanto poteva stare un po' tranquillo con i suoi pensieri. Si avvicinò ai fornelli e si accorse che Molly aveva preparato una bellissima torta alla Melassa; Harry sorrise e dopo aver tagliato una fetta ed averla poggiata in un piatto si versò anche un bicchiere di succo d'arancia. Preparato il suo pasto stava per andarsi a sedere quando i suoi occhi si persero oltre il vetro della finestra dietro il lavello: la neve ricopriva il cortile della Tana e rendeva il tutto più magico e accogliente secondo il parere di Harry. Il moro si chiese se però quella bellissima giornata con il cielo terso e il sole splendente non fosse riuscita a sciogliere il manto bianco adagiato sul prato. Diede un morso alla torta “Mmm.. buona..!” pensò felice, rivolgendo un grazie mentale alla signora Weasley.
Era quasi Natale e lui, come sempre, si era recato a casa di Ron. Era davvero felice di trovarsi lì, purtroppo Hermione non c'era in quanto aveva litigato, e al momento lo ignorava apertamente, con Ron. Dal canto suo il rosso si era fidanzato con Lavanda e la riccia era uscita con Cormac McLaggen, ma non sembrava che la relazione fosse andata in porto. In ogni caso Harry sperava con tutto il cuore che i due amici chiarissero i loro problemi, perché l'atmosfera a scuola non era delle migliori! Tra l'altro lui aveva le sue lezioni con Silente, che erano interessantissime, ma al contempo stressanti e poi c'era Malfoy sempre più misterioso...

Mentre beveva un sorso di succo e fissava ancora il paesaggio da dietro la finestra, una vocina roca ed assonnata bisbigliò “Ciao Harry!”

Il moro si voltò lentamente e si accorse che Ginny stava scendendo l'ultimo gradino della scala di legno, con un dolce sorriso in volto: era bellissima. Ad Harry sembrò per un attimo di essere tornato indietro con la Giratempo se non fosse stato per il fatto che si trovava in piedi accanto al lavello, anziché seduto al tavolo. Il liquido gli andò storto ed iniziò a tossire, cercando di non affogarsi. La rossa gli si avvicinò velocemente un po' intimorita “Tutto bene?!” gli chiese dandogli qualche colpetto sulla schiena.

“S-si,” bofonchiò il moro in risposta, con la voce strozzata “alla grande..cof..”
Doveva avere un aspetto molto buffo, perché Ginny scoppiò a ridere divertita e quel riso fu una musica stupenda per le orecchie di Harry, che lo fece riprendere dal soffocamento. Sorrise anche lui, sentendosi un po' imbarazzato “Ero ridicolo, vero?” chiese con aria ovvia.

“Giusto un po',” ammise la rossa scuotendo la testa “eri molto rosso in viso, ma per il resto tutto normale.” Allungò la mano verso la brocca e chiese in direzione del ragazzo “Posso?”

“Certo.” rispose lui allontanandosi giusto un po' dal mobile e pensò a malincuore “Non ero rosso per il succo..”

“Come mai già sveglio?” gli chiese Ginny, intenta a tagliare adesso una fetta di torta.

“Non so, mi sono svegliato con il sole penso.. ma Ron era ancora perso nei sogni, mi dispiaceva disturbarlo e così ho preferito venire qui giù.” rispose sincero, osservando perso i capelli rossi di lei.

“Scommetto che russava.” sentenziò la ragazza, dirigendosi verso il tavolo.

“Giusto un po',” ammise ridendo, seguendola e sedendosi di fronte a lei “ma non così forte quanto credi.” aggiunse appoggiando la colazione sulla superficie di legno.

“Mhh..” bofonchiò lei con aria ironica, mentre addentava la torta “non hai sentito la sua performance peggiore e in ogni caso non si sveglierebbe neppure con le cannonate.”

Il moro continuò a ridere sinceramente divertito. Era così schietta e diretta che a volte Harry restava spiazzato, ma forse era proprio questo a renderla così unica e simpatica.
Da quando l'aveva incontrata avvinghiata a Dean nel passaggio segreto verso la Sala Comune di Grifondoro, il moro non riusciva a distogliere la mente dall'argomento Ginny Weasley; la notte di quell'incontro aveva preso sonno tardissimo costringendosi a pensare alla ragazza solo come la sorella di Ron e che il fatto che c'era rimasto così male era dovuto solo all'affetto fraterno che provava nei suoi confronti. Purtroppo gli risultava davvero complicato considerare quel ragionamento come valido e adesso se ne rendeva nuovamente conto, poiché restava imbambolato a fissarla mentre era immersa nelle sue azioni quotidiane facendosi inondare la mente di quel rosso brillante dei suoi capelli.

“Devi chiedermi qualcosa?” gli fece lei fissandolo un po' sconcertata; probabilmente si era accorta di come lui la stesse fissando.

Harry ebbe un brivido lungo la schiena e si domandò come fare a districarsi in quella situazione: se avesse detto “no” avrebbe troncato la conversazione ed insospettito Ginny, ma se avesse detto “si” avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per intrattenere un dialogo. Si morse il labbro e si ammutolì per alcuni secondi, notando la rossa che inclinava il capo curiosa.

“Si,” decretò infine, dopo aver valutato le due alternative “ehm.. ecco.. volevo chiederti..” iniziò spremendosi le meningi. Voleva trovare un argomento che l'avrebbe anche interessata, non una scemenza qualsiasi; mentre si tormentava in cerca di una soluzione, giunse dal cielo un'illuminazione divina: Quidditch.

“Pensi che sia capace come capitano della squadra?” le chiese stavolta guardandola più incuriosito. Era davvero afflitto ogni tanto da quella domanda e sapere cosa ne pensasse lei del suo ruolo era una cosa che si era sempre chiesto, anche se adesso temeva di ricevere un giudizio negativo a causa della sua sincerità.

Ginny parve rimanere colpita dal quesito e sembrò riflettere a lungo sulla risposta, cosicché il moro poté ancora osservarla compiaciuto.

“Sei capace. Molto bravo. Mi piaci come capitano!” disse infine la ragazza seriamente annuendo decisa “Non penso ci sia qualcuno più competente all'interno della nostra squadra e tu sei il giocatore migliore che abbiamo, se devo essere sincera.” Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi riprese a parlare “L'unica cosa che posso dirti come ammonimento, se così si può dire, è che devi essere più duro con alcuni di loro. Certe volte sembra che si approfittino della tua gentilezza e a me dà fastidio. Digliene quattro quando fanno baccano e soprattutto non fargli passare lisce cose che potrebbero essere punite.”

Harry rimase senza fiato da quella risposta, aveva gli occhi un po' più aperti del normale e si sentiva sia gradevolmente colpito che divertito dalle parole di Ginny. Era una vera forza della natura, se ne rendeva conto, ma sentirla ragionare così gli alleggeriva il cuore. “Così pensa che sono capace.. fantastico!” pensò allegro, cercando di non far trapelare il suo entusiasmo.

“Ti ringrazio,” disse dopo un po' “e seguirò il tuo consiglio anche se..” la guardò divertito “so che sei capace nel lanciare fatture, quindi potrei delegare questo compito a te!”

Ginny scoppiò a ridere divertita “Oh, Lumacorno mi fa troppa pubblicità! Comunque lo farei con piacere, credimi!” assumendo un'espressione più aggressiva. Harry rise scuotendo la testa e rimase a guardarla.

La ragazza restò in silenzio per un po', ma improvvisamente un barlume di euforia le illuminò gli occhi color nocciola “Hai già visto il soggiorno?!” chiese al moro eccitata.

Harry la guardò spiazzato “Certo, l'ho visto per la prima volta quattro anni fa, ricordi? Quando Ron mi è venuto a prendere dai miei zii di notte con la macchina volante e...”

“No no, non intendo allora.” sbuffò lei in un risolino “Parlo di adesso.”

Con un gran sorriso si alzò dal tavolo e si diresse verso di lui, gli prese la mano e disse “Chiudi gli occhi Harry e seguimi.”

Il ragazzo annuì, un po' imbarazzato, e fece come lei gli aveva detto. Seguendo la scia del suo profumo e guidato dalla stretta delicata della mano dopo alcuni secondi si fermò e comprese di trovarsi nel salotto.

“Posso?” chiese titubante, curioso di aprire gli occhi.

“Si!” rispose decisa la rossa.

Harry aprì gli occhi lentamente e si ritrovò davanti ad uno spettacolo fantastico: il soggiorno era interamente decorato in ogni angolo, ma nell'insieme non era vistoso, anzi era talmente delicato e fine che quasi sembrava essere sempre stato così.

“E' opera mia!” esclamo la ragazza entusiasta.

Il moro non aveva dubbi a riguardo: solo Ginny poteva aver decorato con tanta dovizia quel luogo; sembrava di trovarsi nel centro di un'esposizione di ghirlande di carta.

“E' magnifico, complimenti.” sussurrò voltandosi verso di lei e guardandola negli occhi. La rossa alzò gli occhi verso il soffitto e lo stesso fece Harry: da lì pendeva del vischio.

Lei sembrò volersi giustificare e disse “Beh, questo serviva per dare quel tocco natalizio in più.. che qualsiasi casa dovrebbe avere, no?”

“Certamente,” commentò il moro senza smettere di fissare la pianta “dona qualcosa di speciale a questa atmosfera già magnifica.” Dopodiché abbassò lo sguardo verso di lei e la trovò splendente, in uno dei suoi sorrisi migliori.

“Grazie per i complimenti Harry, sai nessuno mi ha detto nulla sul lavoro che ho fatto. La mamma è triste per via di Percy, Hermione non c'è e i miei fratelli non si accorgono di nulla...”

Il ragazzo restò in silenzio ed entrambi in un attimo realizzarono di trovarsi troppo vicini e proprio in perpendicolare della pianta portafortuna, sotto cui scambiarsi baci è di buon auspicio.

Gli istanti che seguirono furono muti, imbarazzanti, ma pieni di emozioni contorte. La lotta interiore di Harry riprese tempestosa. “E' la sorella di Ron.” “E' proibita, non posso desiderarla in alcun modo..” pensava combattuto, eppure quel viso leggermente arrossato dall'imbarazzo e quegli occhi nocciola invece imperscrutabili, fissi su di lui, in attesa di qualcosa... gli facevano provare un senso di irresistibile attrazione.

C'erano mille cose che le avrebbe voluto dire: quanto era bella, simpatica. Quanto la trovava intelligente, brillante e quanto era bello trascorrere il tempo insieme a lei; ma era fidanzata ed era la sorella di Ron. Sembrava esservi un muro invalicabile fra loro e lui non riusciva a trovare un modo per raggirarlo, per saltarlo.

Eppure le sue labbra sembravano attratte come una calamita da quelle di lei e...

 

Il loro contatto visivo fu spezzato bruscamento dall'arrivo di Ron in soggiorno.

“Che diavolo ci fate lì impalati?!” chiese curioso.

Harry fece istintivamente tre passi indietro, distanziandosi veloce dalla sorella dell'amico, cosicché lui non potesse pensare male “Niente, cosa vuoi che stessimo facendo. Ginny mi mostrava come aveva decorato il soggiorno...” Si accorse di avere la voce tremante, un leggero fiatone per l'ansia e il cuore tamburellava incessante nel petto.

“Oh,” sussurrò Ron osservando la stanza “non me n'ero proprio accorto.”

La rossa sembrò naturale e rilassata. Si avvicinò all'orecchio di Harry e sentenziò con voce secca “Che ti avevo detto.”

Lo superò e e si recò di nuovo su in camera sua.

Ron borbottò assonnato all'amico “Vieni? Faccio colazione.” dopodiché andò a sedersi al tavolo.

Il moro lo seguì a malincuore, mentre la mente fantasticava ancora su quegli attimi di prima e la lotta dentro di sé giungeva al massimo della potenza.

 

*

 

Quel giorno si svegliarono tardi, d'altro canto era Natale!

Dopo aver assistito all'apertura del regalo da parte di Lavanda e aver preso in giro Ron per ben dieci minuti, Harry scartò preoccupato il regalo di Kreacher scoprendo che consisteva in una grossa quantità di vermi.

Particolarmente scioccato e disgustato da quella visione, si diresse verso il piano terra insieme a Ron. Tutti erano già a tavola per il grande pranzo e indossavano, come anche loro, i pullover della signora Weasley eccetto Fleur e Harry non riuscì a trattenere una piccola risata.

Ginny era seduta a tavola e scherzava con Fred e George: era stupenda. Con il maglione rosso fuoco i suoi capelli brillavano ancora di più, secondo il moro, e non poté far a meno di osservarla ammaliato quasi per tutta la durata del pasto.

 

D'un tratto lei lo guardò divertita ed Harry inarcò il sopracciglio curioso, ma lei rideva ancora di più dopo quella espressione.

“Harry, hai un verme nei capelli.” fece allegra, sporgendosi sopra il tavolo per prenderlo; il ragazzo sentì sul collo una pelle d'oca che non aveva niente a che fare col verme. Deglutì silenziosamente e la ringraziò con un debole sorriso.

Non poteva continuare così, si rese conto che ormai era seria la faccenda.

Se si emozionava per così poco, cosa sarebbe successo più avanti?

Alzò gli occhi e la fissò a lungo mentre pizzicava Fred e gli faceva le smorfie divertita.

 

Il ragazzo cercò di godersi quella giornata, giurandosi di modificare i propri sentimenti per il bene della sua amicizia con Ron.

 

Ma ci sarebbe riuscito?

 

* * *

 

Il ritorno ad Hogwarts non era stato traumatico, ma avrebbe preferito che le vacanze di Natale durassero di più.

C'erano tantissimi motivi validi, ma uno esplodeva nel suo cuore come una bomba di calore.

Sospirò a malincuore, scosso da quei pensieri guardando la pagina del libro sulla quale era ormai fermo da due ore. Si trovava in un'aula studio insieme a Hermione ed entrambi studiavano, ma la ragazza a differenza sua sembrava molto concentrata.

Ron era altrove con Lavanda, infatti i due ancora non si erano ancora riappacificati, così Harry aveva deciso di trascorrere un po' di tempo con la sua migliore amica.

Dopo alcuni minuti di vuoto totale, affondò il viso nel libro esasperato. Aveva solo un colore in testa: rosso. C'era rosso ovunque, anche nei caratteri dei libri, nelle pozioni, nel cielo, nell'acqua. In Hermione.

Aaaaaaaaaaah!” pensò alzando di nuovo il viso, ma senza togliere il mento dalle pagine: curvo così poteva somigliare ad uno struzzo. “Chissà se i maghi conoscono l'esistenza di quest'animale babbano..” si chiese, sperando di indirizzare la mente altrove. Ma niente.

Ginny Weasley sembrava pararsi davanti agli occhi in ogni secondo della sua esistenza e questa cosa lo stava portando all'esasperazione.

 

Proprio adesso, infatti, gli sembrò di vederla entrare nell'aula studio, con i libri sotto braccio e la sua solita espressione fiera. I capelli ramati danzavano a ritmo con i suoi passi lungo le spalle ed Harry si incantò a fissarla.

Era davvero perfetta per essere il frutto della sua mente.

 

Quando lei però si sedette di fronte a lui e salutò entrambi, il moro capì che non si trattava di un'allucinazione. Scattò seduto facendo strusciare la panca di legno sul pavimento e provocando un gran fracasso nella stanza, tanto che tutti i presenti lo guardarono male compreso il professor Vitious. Hermione, invece, sembrò più incuriosita e divertita che contrariata e il ragazzo evitò di incrociare il suo sguardo. “Ci manca solo lei..” pensò amareggiato dall'espressione dell'amica.

“Tutto ok?” bisbigliò Ginny guardandolo preoccupata.

Harry annuì veloce e riprese a guardare il libro, sentendosi le guance in fiamme. Probabilmente l'aveva fissata con la bocca aperta, mentre era convinto di fantasticare.

Che figuraccia..” pensò afflitto “perché non riesco a controllarmi?”

 

Passarono delle ore e lui sbirciava ogni tanto la rossa mentre studiava, sperando di non farsi scoprire. Era così determinata, concentrata, aggraziata.. una visione davvero stupenda.

Dato che lui, inveve, non riusciva a concludere niente in quella giornata di studio provò a parlarle, affinché potesse guardarla direttamente negli occhi.

“Hey Ginny, vieni all'allenamento domani?” sussurrò il moro.

Ginny alzò lo sguardo su di lui e parve un attimo spaesata, poi aggrottò le sopracciglia e rispose in un soffio “Certo, perché non dovrei?”

Harry si morse la lingua, consapevole della scemenza che aveva appena detto “Già perché non dovrebbe..?” si chiese cercando una soluzione.

Poi tentò bisbigliando “Pensavo che magari dovessi studiare.. oppure andare con Dean da qualche parte.”

La rossa continuò a guardarlo, sta volta un po' accigliata e rispose sotto voce “No. Non metterei mai Dean prima del Quidditch, mi meraviglio che tu mi abbia chiesto una cosa del genere.” e tornò a scrivere.

Harry si dispiacque di averla turbata, ma da un lato si sentì vittorioso: non era innamorata di Dean al punto di rinunciare agli allenamenti, ergo le piaceva in modo discreto, normale. Sorrise fra sé e sé compiaciuto e cercò di nuovo di studiare.

 

Passò un'altra oretta e proprio quando il moro aveva trovato un certo ritmo nello studio, la ragazza si alzò dal tavolo, prendendo i libri sotto braccio.
“Dove vai?!” chiese istintivamente Harry, ancor prima che Hermione potesse aprire bocca per chiedere, probabilmente, la stessa cosa.

“Mi vedo con Dean, sai è da un po' che non ci incontriamo.. e poi domani c'è l'allenamento!” disse strizzandogli l'occhio divertita.

Salutò entrambi con un sorriso e si diresse fuori dall'aula.

Harry guardò incantato la sua figura uscire dalla porta della stanza, che lasciò una melodiosa e profumata scia rossa. Pensò al fatto che stesse per uscire con il suo compagno di dormitorio e si rabbuiò improvvisamente, tornando a fissare il libro.

“Sei buffo.” decretò Hermione reprimendo un sorrisino.

Il moro si voltò a fissarla “Di che parli?” le domandò.

“Del modo in cui ti rivolgi a lei, ovviamente!” sussurrò la ragazza guardandolo negli occhi questa volta.

Harry sospirò affranto: si notava davvero così tanto?

Nonostante ciò decise di non perdersi d'animo e disse all'amica in tono un po' nervoso “Guarda che le ho chiesto dell'allenamento solo perché è brava ed in caso di infortunio è lei che deve sostituirmi. Quindi è meglio che si alleni.”

“Certo, come no. E la faccia che avevi quando se n'è andata?” ridacchiò Hermione, intingendo la penna nel calamaio e riprendendo a scrivere il suo tema.

“Hermione!” esclamò Harry con voce strozzata.

“Harry?” chiese lei di rimando con aria beffarda, poggiando la piuma sul tavolo.

Lui sbuffò irritato “Non so cosa credi di dire con queste frasette, ma io intendevo solo chiederle se veniva ad allenamento.”

La ragazza non replicò, ma aveva ancora quell'espressione di scherno che faceva imbestialire il moro, così Harry decise di andarsene, tanto comunque non riusciva a concludere nulla. Raccolse tutti i libri e si alzò.

“Ci vediamo dopo.” disse con voce inespressiva all'amica.

Lei alzò gli occhi verso di lui e sussurrò “Lo so che è la sorella di Ron, ma ricordati che è anche Ginny Weasley e che ha una bella coda dietro di sé. Le cose con Dean non vanno un granché, quindi ti conviene sbrigarti.”

Harry restò immobile per alcuni secondi e si chiese se era il caso di confidarsi finalmente con Hermione, ma infine decise di no. Voleva vedersela da solo.

Diede un pizzicotto affettuoso sulla guancia dell'amica, le sorrise e lei ricambiò.

Dopodiché il ragazzo si allontanò dall'aula studio.

 

E' la sorella di Ron. E' proibita.

 

La voce ammonitrice della sua coscienza gli invase i pensieri.

 

Ti conviene sbrigarti.

 

Le parole di Hermione si sovrapposero a quelle precedenti.

 

Cosa avrebbe dovuto fare?

 

Non lo sapeva, ma temeva davvero di impazzire, mentre il mondo si tingeva interamente di rosso.

 

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Capitolo 6
*** L'amore attraverso il Quidditch. ***


 

! Nota dell'autrice. Scusate per il ritardo!! Chiedo venia davvero, ma ho studiato tantissimo e non avevo proprio il tempo di aggiornare >.<.. maledetta vita universitaria! In ogni caso.. in questo capitolo Ginny sarà la nostra protagonista e alla fine ho lasciato un piccolo posticino per un pensierino di Harry. Si parla di Quidditch (che io personalmente adoro! :P). Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! Ci stiamo avvicinando al momento più importante del VI libro e spero che questi Missing Moments vi stiano piacendo. Vi auguro una buona lettura! Un bacio grande! :)
 

 


 


# L'amore attraverso il Quidditch...



Erano in ritardo, in netto ritardo e di lui nemmeno l'ombra.
Ginny non poté far a meno di innervosirsi mentre passeggiava negli spogliatoi ricoprendo la distanza tra una parete e l'altra con grandi falcate.
Dove diavolo è finito?! Giuro che se ci fa perdere la partita per un ritardo lo ammazzo!” pensò guardando costantemente la porta della stanza.
Ma niente, neanche l'ombra del loro capitano.
McLaggen si intromise fra i pensieri della rossa con la sua solita voce pomposa ed arrogante sbottando schietto in direzione di tutti i giocatori “Lo sapevo che Potter c'avrebbe causato problemi prima o poi, non è per niente competente come capitano dovremmo sostitu-”
“Taci.” sentenziò acida Ginny con voce abbastanza alta, affinché l'intero gruppo di persone potesse sentirla, arrestandosi di colpo.
“Se no che fai Weasley?!” il ragazzo la guardò divertito, curioso della risposta che gli avrebbe dato.
“Se no ti spedisco in infermeria ancor prima che inizi la partita. Mi hai capito?!” sussurrò lei malefica, fissandolo con gli occhi color nocciola ridotti in fessure.
“AH! Certo, tu che spedisci me in infermeria, magari in un'altra vita Weasley..!”
Ma McLaggen non ebbe il tempo di voltarsi che Ginny gli scagliò contro una fattura, la quale colpì la parete opposta dello spogliatoio, sfiorando appena il suo orecchio. Il ragazzo si voltò di scatto, terrorizzato. Poi si ricompose e deglutendo esordì con una vocina roca e tesa “N-non hai neppure una buona mira..!!!”
“Peccato che io abbia sbagliato di proposito. Cosa c'è te la fai sotto?!” sogghignò lei divertita.
La smorfia di irritazione che ricoprì il volto del ragazzo durò solo alcuni secondi, difatti dopo poco si fiondò veloce su Ginny estraendo la bacchetta.

“Ora basta.” disse Dean calmo, parandosi davanti alla rossa. “Non toccarla.” sussurrò con voce più seria” poi si voltò verso la sua fidanzata: aveva un'aria un po' delusa “E tu datti una calmata! Harry sarà qui a momenti, sono sicuro che ha avuto le sue buone ragioni per ritardare. Non c'è bisogno di reagire così.”

I due avversari si allontanarono l'uno dall'altro, guardandosi ancora con espressioni torve. La ragazza dai capelli ramati si sedette su una panca ed aspettò paziente che il loro capitano arrivasse.
Dopo alcuni minuti guardò Dean intento a parlare con gli altri componenti della squadra e pensò al fatto che era davvero un bravo ragazzo e che le voleva bene. Però talvolta cercava di reprimere le sue reazioni istintive e questo la infastidiva. Lei era fatta così.. non poteva cambiare e sembrava che a Dean non andasse giù quel lato del suo carattere! Sospirò a malincuore pensando che solo Harry riusciva davvero comprenderla e a rilassarla, quando ad esempio le sorrideva o l'abbracciava. “La dovrei finire.. Dean non si merita di essere accantonato così. E tra l'altro oggi Harry mi sta facendo incavolare.. Si strofinò gli occhi e tornò a fissare l'ingresso della tenda dello spogliatoio.

Dopo altri dieci minuti finalmente Harry si unì alla squadra.
Sembrava pensieroso e anche un po' turbato, ma era bellissimo: i capelli neri arruffati, gli occhi verdi profondi e misteriosi, i muscoli che da quell'anno erano diventati più evidenti, la sua aria seria, il suo profumo che si diffondeva nell'ambiente dal momento in cui era entrato … Il cuore le rimbalzò nel petto ad un ritmo incessante. Ma non doveva dimenticarsi che era arrabbiata con lui, anche perché il fatto che fosse infastidita dal suo ritardo risultava l'unica ancora di salvezza alla quale potersi aggrappare per scacciare via quelle bollenti emozioni.

“Dove sei stato?” gli chiese alzandosi in piedi, quando lui iniziò a recuperare i vestiti da Quidditch. Tutta la squadra era vestita e pronta; Coote e Peakes, i battitori, si sbatacchiavano nervosamente le mazze contro le gambe. La rossa si rendeva conto che anche loro erano irritati dalla mancanza di puntualità del loro capitano.

“Ho incontrato Malfoy.” mormorò Harry soltanto verso di lei, infilandosi per la testa la divisa scarlatta.

“E allora?” sbottò la ragazza, poggiando le mani sui fianchi e guardandolo severa.

“E allora volevo sapere come mai lui è su al castello con un paio di ragazze mentre tutti gli altri sono quaggiù...” rispose un po' intimorito, e una volta pronto si fermò a guardarla negli occhi: a Ginny sembrò un bimbo che aspettava di essere sgridato dalla mamma. L'idea la divertì, ma mantenne comunque un certo distacco e continuò a fissarlo accigliata.

“E' importante in questo momento?” chiese, sottolineando il fatto che non fosse rilevante cercare Malfoy proprio quel pomeriggio, non dovevano neppure giocare contro di lui! Bisognava andare in campo, giocare e vincere. Sapeva che Harry ci teneva quanto lei al Quidditch, ma talvolta per la sua curiosità e gli affari nei quali era immischiato accantonava certi doveri che lei non avrebbe mai messo da parte.

“Be', tanto non posso scoprirlo, no?” ribatté lui sorridendole. Afferrò la sua bellissima Firebolt e si aggiustò gli occhiali con aria seria.
Ginny sospirò rendendosi conto di non poter contrastare quelle emozioni: era davvero così bello in divisa e quel modo che aveva di aggiustarsi gli occhiali.. Abbassò gli occhi, sentendosi avvampare le guance.

Harry le alzò il capo con una mano e la guardò di nuovo negli occhi, sta volta con aria molto dolce. Sussurrò un leggero “Scusa..” le diede un leggero pizzico sulla gota e poi urlò agli altri “Andiamo, su!”
Lei trattenne il respiro per un attimo, affinché quelle sensazioni fortissime si placassero. Poi con aria seria e vogliosa di stracciare i Tassorosso si avviò verso l'esterno.
Svelti camminarono sul campo dove l'altra squadra era già in posizione. L'idea che McLaggen fosse il portiere in quella partita innervosiva Ginny indescrivibilmente, ma poiché Ron aveva bevuto l'idromele avvelenato, indirizzato a Silente, offertogli da Lumacorno adesso si trovavano in quella situazione. Tra l'altro se non fosse stato goloso oltremodo e non avesse mangiato i cioccolatini di Romilda Vane per Harry, tutto ciò non sarebbe mai successo. Fortunatamente ora suo fratello era in infermeria e sembrava star bene.
Quando ripensava a quel filtro d'amore da parte di Romilda le viscere le si attorcigliavano: gelosia? Non sapeva definire in modo appropriato quella sensazione, ma forse era un po' infastidita. Durante quell'anno accademico Harry era considerato il ragazzo più interessante della scuola: da sempre colui che è sopravvissuto, ora anche prescelto, dunque l'unico capace di sconfiggere il signore oscuro, ed in più era divenuto bello. Si, era davvero bello. Ginny si rendeva conto che non soltanto ai suoi occhi il moro appariva diverso, più maturo, più seducente; le ragazze lo osservavano quando camminava nei corridoi e non solo per puro interesse nei confronti della sua fama, no. Il ragazzo magrolino dagli occhiali buffamente tondeggianti e troppo grandi per il suo viso era diventato alto, robusto e gli occhi rapivano ormai numerosi cuori. A lei era piaciuto da sempre, da quando l'aveva visto per la prima volta sul binario 9 ¾ e adesso.. era semplicemente perfetto.
La rossa udiva spesso bisbigliare le studentesse in bagno riguardo Harry, ma appena entrava nella stanza loro la squadravano torve e cambiavano subito argomento. Con il tempo aveva compreso il motivo: la detestavano, lei e Hermione. Loro due, e talvolta Luna, erano le uniche amiche con cui il moro discuteva e trascorreva piacevolmente del tempo; anche Cho Chang ormai era acqua passata, da quando si erano allontanati definitivamente infatti Harry non la degnava nemmeno di uno sguardo e la cosa rendeva raggianti tutte le altre spasimanti. Anche a lei non dispiaceva quell'ignorarsi a vicenda: Cho non le era mai stata simpatica, la trovava una classica ragazzina piagnucolona che dimostrava meno della sua vera età.
Ma ora doveva smetterla di pensare a tutte quelle cose e concentrarsi sulla partita e al massimo su come salvare la sua relazione con Dean.
Hermione, Seamus e Neville erano negli spalti e sorridevano felici. Lei e Harry li salutarono con un sorriso.

Il moro strinse la mano del capitano Tassorosso e Madama Bumb fischiò l'inizio della competizione. Tutti scattarono in aria volteggiando veloci verso le loro posizioni, tranne i due cercatori che volarono in circolo esplorando la zona. Ginny osservò velocemente il suo capitano destreggiarsi con la scopa alla ricerca del boccino; era senza dubbio superiore a qualsiasi altra persona del loro secolo nell'arte del volare. Era leggero, agile, veloce, aggraziato e tantissime altre cose che la rossa non avrebbe saputo descrivere a parole. Sta di fatto che tutti lo ammiravano, o invidiavano per la sua bravura.

Lei volò veloce a centro campo e il gioco iniziò a farsi interessante.
Il Tassorosso sembrava più aggressivo del solito, difatti era difficile stargli dietro, ma Ginny diede il massimo per afferrare più occasioni goal possibili.

La cronaca di Luna rendeva l'incontro molto più divertente secondo la rossa “Ecco Smith di Tassorosso con la Pluffa,” la sua voce sognante echeggiò sul campo. “La volta scorsa era lui a fare la cronaca, e Ginny Weasley l'ha travolto, credo apposta... o almeno così pareva. Smith è stato piuttosto insolente con Grifondoro, immagino che se ne penta, adesso che sta giocando contro di loro... Oh, guardate, ha perso la Pluffa, Ginny gliel'ha presa, lei mi piace, è molto carina...”
Infatti Ginny aveva appena strappato la palla a Smith facendogli una linguaccia e ora sfrecciava veloce verso la porta: segnò 10 punti per il Grifondoro. La folla esultò soddisfatta. Le ragazze della squadra le schiacciarono il cinque, mentre i ragazzi le diedero forti pacche sulla schiena per congratularsi “Cercate di non spezzarmi in due!” disse lei divertita. Dean fece un cenno con il capo, il viso sembrava più rilassato di quando avevano discusso negli spogliatoi.
La ragazza cercò Harry con lo sguardo. Stava sfrecciando verso di lei e urlò un veloce “Bravissima!” senza sfiorarla, ma immerse i due smeraldi nei suoi occhi in un attimo che le sembrò lungo una vita, per poi tornare a setacciare il campo.

Più tardi Demelza le lanciò una palla molto importante, ma lei la mancò d'un pelo e l'altra squadra se ne impossessò “Diamine!” sbottò furente, osservando il giocatore con la divisa gialla che sfrecciava verso la porta. Lo inseguì veloce, superandolo per raggiungere gli anelli; era fiancheggiata dalla compagna, che le urlò parole di conforto “Ginny, non preoccuparti! Non è colpa tua, era veloce!” Lei annuì brusca senza aggiungere niente, ma in cuor suo sapeva di aver sbagliato.
Una volta raggiunti i tre anelli sbottò secca “Hey, McLaggen, preparati arriva una possibile rete!”
“Oh, ma guarda Weasley chissà perché arriva questa occasione per i Tassorosso, forse perché tu non te ne sei occupata a dovere!” la apostrofò il portiere con aria vanitosa.
“Adesso taci e concentrati sulla partita!” urlò Ginny cercando di fermare il giocatore che avanzava per segnare.
“Weasley sei un'incompetente, tu, tuo fratello e il nostro capit-” ma Cormac non riuscì a concludere la frase: la pluffa oltrepassò gli anelli, donando 10 punti alla squadra avvesaria. Le urla dei Tassi si fecero sentire chiare dagli spalti.
“Ma sei idiota o cosa?!” sbraitò la rossa avvicinandosi a lui furente.
“Toccava a te controllare questa palla!” urlò lui in risposta
“E magari a te pararla, che dici?!” la voce della rossa si incrinò fortemente, divenendo più roca e profonda.
“Sei una maledetta saput-”

“McLaggen!” sbottò una voce familiare a Ginny, che si voltò veloce verso sinistra. Harry volteggiava a cinque metri da loro; poi veloce si parò dinnanzi al portiere accostandosi alla rossa. “Vuoi stare attento a quello che dovresti fare e lasciare in pace gli altri?” gli chiese con la solita voce calma, che poteva soltanto essere una minaccia: gli occhi verdi erano seri e pieni di collera. Ginny sapeva che il moro non sopportava Cormac e non poteva dargli torto.
Il ragazzo lo guardò male e disse in risposta “Senti chi parla!” allontanandosi verso gli anelli.
Harry sospirò stancamente, scuotendo la testa e poi si voltò verso l'amica con un sorriso “Su tranquilla, vedrai che la prossima volta andrà meglio! Complimenti per la rete di prima, sei stata sensazionale” le poggiò delicatamente una mano sulla schiena e le fece l'occhiolino, dopodiché si allontanò di nuovo su nel cielo alla ricerca del boccino. Ginny lo guardò per un po', ma poi riprese a giocare.

Ci fu un secondo scontro verbale fra McLaggen e Harry e stavolta non andò per nulla bene. Ginny li osservò da lontano: non riuscì ad udire le voci, ma vide che il portiere aveva preso la mazza di un battitore e gli stava mostrando come, secondo lui, bisognasse colpire i bolidi. Harry, sta volta con il volto più spazientito, si stava avvicinando veloce probabilmente per ammonirlo, ma Cormac aveva già colpito la palla che andò diritta in faccia al moro.
“MCLAGGEN!” urlò Ginny furente, sfrecciando verso Harry che cadeva vertiginosamente verso il suolo. Il moro si schiantò sul campo urtando violentemente contro l'erba e numerosi componenti dei Grifondoro si precipitarono verso di lui, compresi Hermione, Neville, Seamus dagli spalti e alcuni giocatori del Tassorosso amici di Harry.
Madama Bumb si avvicinò e decretò veloce a due portantini “Su, svelti, portatelo in infermeria!”

*

Era seduta accanto al letto di Harry e lo guardava preoccupata. Aveva il viso quasi tutto bendato a causa della botta, difatti Madama Chips aveva dichiarato che si trattava di una frattura del cranio, ma non era niente di grave. Ora dormiva tranquillo come un bimbo. Ginny si fece sfuggire un piccolo sorriso mentre lo osservava, ma cercò di reprimerlo velocemente: Harry era steso accanto a suo fratello Ron e Hermione occupava la sedia accanto al suo letto. Non era il caso di intenerirsi.
“Certo che Cormac è proprio un idiota. Non capisco come tu abbia fatto ad uscirci Hermione, davvero.” dichiarò disgustato il rosso, scuotendo il capo con aria di disapprovazione.
“Sono cose che capitano, come tu con Lavanda, o no?” chiese la riccia con aria calma, guardando fuori dalla finestra.
Ron deglutì a fatica ed aggiunse “Già, non mi ricordare quella schizzata..” poi si voltò verso la sorella e le chiese “Quindi come è finita la partita?”
“Ma se hai sentito la cronaca tutto il tempo.” disse Ginny, fissandolo incredula.
“Non mi ricordo mica il risultato esatto!!” sbottò lui spalancando le braccia.
Ma la rossa sapeva benissimo che suo fratello voleva sentire nuovamente il punteggio per ridere della sorte di McLaggen, così decise di accontentarlo. “Trecentoventi a sessanta per i Tassi” disse lei per niente entusiasta dell'esito del match.
“E' un duro colpo per il povero McLaggen,” sghignazzò malefico “penso proprio che lo picchieranno in sala comune.”
“Ron!” esclamo Hermione esterrefatta.
“Cosa c'è, lo difendi dopo quello che ha fatto ad Harry?” chiese lui ad occhi spalancati, indicando l'amico.
“Certo che no,” sussurrò l'amica un po' rossa in viso “è che non voglio che si scateni una rissa di sopra.”
“Io sarei contento..” bofonchiò il rosso, guardandola ogni tanto per vedere la sua reazione; dopo alcuni secondi lei non riuscì più a contenersi e scoppiò a ridere “Glielo darei anche io un bello schiaffo!”
“Ora si che si ragiona!” sorrise Ron felice.
Anche Ginny rise allegra e li osservò accuratamente. Ron aveva lasciato Lavanda e ora i due si stavano riavvicinando; erano davvero una coppia formidabile, perché secondo lei Hermione era perfetta per quell'impacciato di suo fratello. Sperava da sempre che uno dei due si dichiarasse, ma non era ancora successo, eppure sapeva che si amavano dal profondo del cuore.
“Perché mi fissi?!” chiese Ron scrutandola.
“Più ti guardo e più mi chiedo... cosa abbiamo in comune. Guarda come sono bella io e tu invece..” sussurrò lei con espressione disgustata, cercando di non far trapelare i suoi pensieri.
Ron divenne rosso dalla rabbia “Ginny!!”
Hermione si piegò in due dalle risate e la rossa fece una linguaccia al fratello. L'unico che mancava all'appello era Harry. La ragazza era sicura che anche lui si sarebbe divertito a quella battuta, se fosse stato in condizioni migliori.

Dopo alcuni minuti Madama Chips entrò nella stanza “Signor Weasley, dobbiamo fare la puntura.” sentenziò preparando l'ago e la siringa.
Il rosso deglutì impaurito “Miseriacca, proprio adesso?! Odio le punture..”
“Oh, avanti, smettila di frignare e seguimi nell'altra stanza. Vuoi fare l'uomo? Ci sono due signorine qui, non mi dire che sono più coraggiose di te!” esclamò l'infermiera incredula.
“Beh, questo è sicuro.” decretò sincera Ginny.
Lui la guardò male per l'ennesima volta, dopodiché si alzò dal letto un po' a fatica e si avviò dietro la donna per andare nell'altra stanza. “Ci vediamo dopo allora..” sussurrò grattandosi il capo in direzione di Hermione, che reprimeva a fatica le risate.
Lei alzò lo sguardo e gli sorrise dolcemente “Si, vedrai dura un attimo. Io vado a studiare, dopo passo a trovare Harry.”
Lui annuì in risposta e la fissò per qualche secondo rapito, poi si voltò verso Ginny e grugnì un “Ciao.”
“Ciao fratello!” rispose lei ridacchiando.

Una volta che Ron ebbe abbandonato la stanza, Hermione si avvicinò a lei e disse “Penso proprio che tu voglia rimanere un po' da sola, io vado in biblioteca.. lascio Harry in buone mani!” le strizzò l'occhio e si allontanò verso il corridoio.
Ginny la ringraziò mentalmente, rendendosi conto di come l'amica sapeva comprendere le situazioni, in un modo forse unico.
Si voltò verso Harry e osservò il suo viso bendato. Rimase immobile per alcuni minuti, dopodiché si fece coraggio e prese ad accarezzargli la fronte dolcemente. Chiacchierò con lui come se il ragazzo stesse ascoltando, non sapeva bene il motivo, ma solo così si sentiva a suo agio: niente occhi smeraldini che scavavano nel suo cuore e niente sorrisi ammalianti. Ora dormiva placido e lei poteva dirgli quello che voleva.

“Sai ho litigato con Dean, mi ha detto che sono troppo aggressiva con Cormac. Tu non diresti così, ne sono sicura.” sussurrò, passando ad accarezzare le sue guance “Penso che quando ti sveglierai minaccerai di ucciderlo, ma Hermione o Ron placheranno la tua ira.” sorrise divertita, fermando la mano.
Aveva un pensiero in mente, ma non voleva dagli ascolto, no. Se l'avesse fatto avrebbe combinato un guaio, una cosa di cui sicuramente si sarebbe pentita.

Eppure... c'era qualcosa che l'attirava a lui, in modo irresistibile.

Chinò il viso lentamente verso il suo e diede un leggero bacio alle labbra del ragazzo.
Sentì il suo bellissimo e buonissimo odore, che le ricordava il profumo della natura. Sorrise, mentre una bellissima sensazione le invadeva il cuore, riscaldandolo affondo.

Poi udì i passi di Ron e di Madama Chips che tornavano verso l'infermeria; si alzò di scatto e fuggì via, salendo la grande scala che conduceva alla sala comune di Grifondoro.

Non sapeva se aveva fatto la cosa giusta o meno, ma non si era pentita.

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Era incavolato nero. Si era appena svegliato e aveva la testa che pulsava dal dolore, la partita di Quidditch era andata uno schifo e McLaggen era ancora in circolazione vivo e vegeto. “Giuro che lo squalifico almeno.” pensò amareggiato guardando di fronte a sé. Ron gli aveva consigliato di non picchiarlo, poiché era più robusto di lui.
“Ginny è passata a trovarti mentre eri svenuto,” riprese l'amico, con cui stava chiacchierando, dopo una lunga pausa.
L'immaginazione di Harry schizzò a velocità stellare, edificando una scena in cui Ginny, in lacrime sul suo corpo esanime, confessava il profondo sentimento che provava per lui mentre Ron impartiva la sua benedizione... “Ma che diavolo vado a pensare? Non succederà mai..” si disse afflitto, inumidendosi le labbra. Sentì un sapore dolce, come di caramella alla fragola nel momento in cui deglutì. Era piacevole e gli invase dolcemente la gola. “Sembra l'odore di-” ma il suo pensiero si interruppe. Cosa stava insinuando? Che Ginny fosse venuta lì e l'avesse baciato? La botta alla testa lo stava facendo delirare, forse era meglio riposare un po'. Eppure in fondo al suo cuore rimase viva la possibilità che la rossa avesse fatto davvero tutto ciò e che ci tenesse ancora a lui. “Perché io ci tengo a lei, è inutile che continuo a negarlo..” pensò, mentre il cervello ribolliva di immagini di Ginny che volava sulla scopa, che gli sorrideva e che scuoteva i suoi bellissimi capelli ramati... “Non sarò mica..”

“Dice che sei arrivato appena in tempo. Come mai? Sei uscito di qui abbastanza presto.”

“Oh,” fece Harry, intanto che la scena nella sua mente implodeva e i suoi ragionamenti contorti crollavano come castelli di sabbia in balia di un uragano. “beh, ora ti spiego.”

E scacciò di nuovo quel pensiero fisso e quella domanda che gli faceva venire le farfalle nello stomaco. Era innamorato di lei? Non voleva rispondersi, perché temeva di si e temeva di perdere il suo migliore amico.


 


 

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Capitolo 7
*** Tutto così perfetto. ***


! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Come state? Spero bene :) Io sono in partenza, ma non potevo lasciarvi senza il seguito di questa storiella! In ogni caso.. in questo capitolo Harry&Ginny daranno parecchia voce ai sentimenti ... ;P quindi spero davvero che vi piacerà. Non è stato facile scrivere questo capitolo onestamente, ma mi sono impegnata molto e mi è piaciuto tanto tuffarmi in questi momenti mancati *-*.. Vi auguro una buona lettura! Un bacio grande! :)
 

 


 


# Tutto così perfetto...

 

L'allenamento di quel giorno era appena terminato. Tutti ridevano e scherzavano allegri discutendo animatamente le nuove tattiche di gioco. Nonostante la tremenda sconfitta contro i Tassi, il Grifondoro era carico e pronto a stracciare tutti nei prossimi incontri sportivi, Harry ne era sicuro.

Per quanto riguardava Ginny, lei non sembrava affatto turbata per la rottura con Dean; al contrario, era l'anima della squadra. Hermione gli aveva raccontato di come avessero rotto quasi per causa sua! Già avevano litigato perché l'ex fidanzato della rossa aveva riso per bolide di McLaggen che aveva preso in pieno volto Harry. Il fatto che Ginny l'avesse difeso senza farsi ostacolare dai sentimenti nei confronti di Dean lo onorava. Ma le cose erano peggiorate: aveva indagato cercando di non essere troppo insistente ..

Come mai?” - aveva chiesto una settimana prima durante la lezione osservando Dean, seduto in fondo all'aula, con l'aria sconsolata e l'amica dai capelli ricci aveva risposto - “Oh, per una cosa stupidissima... Ginny gli ha detto di smetterla di aiutarla a passare per il buco del ritratto, come se lei non fosse capace di camminare da sola... Ma erano secoli che avevano un po' di problemi.”

.. se pensava al fatto che si erano lasciati davvero per quel motivo così banale, o almeno di essere stato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, gli veniva da ridere. Non voleva causare cose così spiacevoli, però la faccenda era davvero buffa: stava passando per il buco del ritratto con il mantello dell'invisibilità e aveva camminato fra di loro sfiorando casualmente Ginny. Probabilmente lei aveva pensato che a toccarla fosse stato Dean! Un po' gli faceva pena...
L'idea che adesso nessuno toccasse Ginny, però, lo rendeva più tranquillo e sentiva che la creatura dentro di sé, vogliosa di conquistarla, si stava risvegliando.

In ogni caso le imitazioni che Ginny faceva negli spogliatoi di Ron che ballonzolava su e giù tutto ansioso davanti agli anelli mentre la Pluffa correva verso di lui, o di Harry che urlava ordini a McLaggen prima di finire lungo disteso, tenevano alto il morale della squadra. Lei era l'unica che poteva permettersi di prenderlo in giro, non che Harry sgridasse gli altri, ma lei lo faceva davvero divertire! Ridendo infatti con gli altri, fu felice di avere un motivo innocente per guardarla; si era beccato parecchi altri colpi di Bolide durante gli allenamenti perché non teneva gli occhi sul Boccino. Ma come faceva a concentrarsi quando quei capelli rossi danzavano nell'aria, brillando più di qualsiasi altra cosa? Come poteva essere così perfetta? Non sapeva darsi una spiegazione, perché come sempre restava senza fiato e senza pensieri concreti quando l'osservava.
Oh, quanto è bella.. e quanto è intelligente.. e quanto è simpatica.. e quanto-”

“Si può sapere che diavolo hai? Fissi Ginny con l'aria di uno che ha bevuto un filtro d'amore.” gli chiese Ron con aria inquisitoria.
Avevano appena finito gli allenamenti e lui si era incantato a fissare Ginny, mentre discuteva con le altre ragazze delle tattiche di gioco.
Harry deglutì impaurito e scosse il capo con aria innocente, parando le mani dinnanzi al volto “Cosa?! No, no, stavo pensando ad altro.. tranquillo..” ammise con voce tesa.
L'amico lo fissò per altri brevi secondi, scrutandolo torvo, poi annuì e si allontanò verso il castello bofonchiando di avere fame. Lui rimase lì impalato, sperando di poter parlare un po' con la rossa. “Che pensieri faccio, non dovrei desiderare queste cose..” si disse, titubante. La battaglia infuriava ancora dentro la sua testa: Ginny o Ron? Non c'era una risposta adeguata, ma in cuor suo sapeva cosa doveva fare e di sicuro non doveva provare alcun tipo di sentimento nei confronti di quella bellissima ragazza rossa che ora stava ridendo divertita e che scuoteva i suoi capelli ramati ogni qual volta si voltava, provocando in lui dei piccoli vuoti nel battito cardiaco..
“Oh, santo cielo, non posso, non posso..!!!” si ripeté chiudendo gli occhi, stringendoli così forte che temette per un attimo di provocare l'esplosione del suo cervello.
Harry non riusciva fare a meno di parlare con Ginny, di ridere con lei, di tornare insieme dagli allenamenti; per quanto gli rimordesse la coscienza, si chiedeva come fare per rimanere solo con lei. L'ideale sarebbe stato se Lumacorno avesse dato un'altra delle sue festicciole, perché Ron non ci sarebbe andato.. purtroppo però Lumacorno sembrava aver abbandonato l'idea..

Mentre si tormentava a malincuore, Harry sentì un leggero tocco sulla spalla e il dolcissimo profumo di-
“Ginny.” disse lui mettendosi dritto, interrompendo bruscamente i suoi pensieri.
“Harry,” cominciò lei con un sorriso divertito “si può sapere che stai facendo fermo qui con gli occhi chiusi?” gli chiese cordialmente guardandolo.
“Ecco io..” iniziò il ragazzo cercando qualcosa da dire “..ho.. ho mal di testa.” concluse con aria poco credibile.
Ma Ginny sembrò fidarsi delle sue parole e lo osservò più preoccupata “Dev'essere la botta che hai preso durante la scorsa partita. Dovresti riguardarti.” poggiò una mano sul suo capo corvino e gli accarezzò i capelli.
Il moro sentì un brivido corrergli lungo la schiena “Oh, no tranquilla..” sussurrò lui, guardandola emozionato “non devi preoccuparti sto bene..” Poggiò la sua mano su quella della ragazza e la fece scorrere verso il basso, allontanandola dal proprio corpo, senza però lasciarla andare.
“Oh.. capisco..” sussurrò lei sostenendo lo sguardo e tenendo salda la stretta. Era visibilmente imbarazzata, ma come al solito lottava per nascondere le sue debolezze.
E' così fiera e sicura di se.” pensò affascinato.
Restarono per alcuni secondi in silenzio a scrutarsi. Harry era incantato..

Poi d'improvviso un brontolio rumorosissimo sferzò l'aria interrompendo quella pace.
Era lo stomaco di Harry.
D'istinto le lasciò la mano per poggiarla sulla pancia tremante.
Ginny scoppiò a ridere divertita e lui si sentì un idiota, maledicendosi più volte per non aver mangiato qualcosa prima di andare in campo per l'allenamento.
“Stai morendo di fame mi sa!” decretò lei sorridendogli.
“Onestamente, si..” sussurrò lui un po' imbarazzato.
“Su andiamo, anche io non vedo l'ora di mangiare.” Sta volta fu lei a prendergli la mano e a condurlo verso il castello.
Camminarono così per ben cinque minuti, con le mani saldate in una stretta delicata e timida; chiacchierarono a lungo su varie cose, compresi gli esami che si avvicinavano e risero allegri sui trattamenti che erano stati riservati a McLaggen dopo la partita contro il Tassorosso.
“Se lo meritava!” annunciò Ginny, facendo una finta espressione solenne.
Harry che rideva a crepapelle gracchiò “Si, ma ahaha, dai addirittura questo? Ahahaha!!”
“Ma che ridi, scemo? L'abbiamo fatto per te!” sbottò lei, voltandosi offesa.
“Oh, no Ginny.. non vole-” mormorò lui avvicinandosi alla sua schiena.
“Scherzavo!!” urlò lei felice, girandosi di nuovo e trovandosi faccia a faccia con Harry.
“OH!” sbottarono entrambi, a due centimetri l'uno dall'altro.

“Allora?! Si può sapere dov'eri finito?!” gli gridò Ron in lontananza, sull'uscio del portone della Sala Grande.
Harry sobbalzò e mormorò imbarazzato a Ginny “Scusami, vado.”
Lei annuì, aggiustandosi i capelli dietro l'orecchio.
Il moro non poté fare a meno di guardare Ron con aria torva ed infastidita.


 

Le giornate fragranti scivolarono dolcemente attraverso maggio; ogni volta che Harry incrociava Ginny, Ron stava sempre tra i piedi. Harry si ritrovò a sperare in un colpo di fortuna perché Ron si convincesse che nulla l'avrebbe potuto rendere più felice dell'amore tra il suo migliore amico e sua sorella, e li lasciasse da soli insieme per più di qualche secondo. Ma così non fu. Così rinunciò all'idea di poter trovare un'altra occasione per parlarle e aspettò che un goccio di Felix Felicis gli recasse un po' di fortuna.. liquida!

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La sala comune di Grifondoro quasi rischiava di implodere su se stessa per il gran baccano che stavano facendo. La gente urlava gioiosa, saltava, suonava, agitava le bacchette provocando un fracasso da matti. I Grifoni avevano vinto contro i Corvi, quello era ciò che contava di più in quel momento. E soprattutto lei aveva stracciato Cho Chang, quale gioia più grande poteva esserci?
Ginny stringeva le mani di parecchie persone con un sorriso ampio sul volto: era entusiasta ed onorata dal fatto che tutti l'ammirassero per l'esito del match. Aveva giocato come cercatrice al posto del loro capitano e se l'era cavata alla grande, quasi non riusciva a crederci neanche lei!
“Una grandissima partita Ginny, complimenti!” le urlò un ragazzo, mentre Peaks e Coote la sollevavano sopra le loro spalle per mostrarla all'intera sala. Lei ringraziò con un cenno del capo il tipo che l'aveva lodata e cercò di tenersi dritta sulle spalle dei due battitori. Rideva di gusto, mentre i ragazzi saltellavano leggermente per lanciarla un po' in aria. Quando i due si placarono, la rossa si voltò e vide che anche suo fratello era al settimo cielo: chiacchierava soddisfatto con Hermione, Neville, Seamus ed altri ragazzi. Era stato pazzesco, bravissimo! E Ginny lodava raramente le persone, soprattutto se si trattava di Ron, ma quella partita aveva mostrato il lato migliore del loro portiere e lei non poteva far altro che essere orgogliosa di lui. Quando il rosso incontrò il suo sguardo le rivolse un sorriso, che lei ricambiò accompagnandolo con un gesto di approvazione. Quanto gli voleva bene! Erano sempre pronti a litigare, ma in fondo erano legatissimi: Ron essendo il fratello maschio più piccolo era anche quello con cui aveva giocato durante l'infanzia. Costituiva il suo punto di riferimento e anche un amico; l'unico difetto era la sua angosciante gelosia, che d'altro canto accomunava tutti i maschi Weasley. Adesso però sembrava più rilassato da quando lei si era lasciata con Dean.
Il ragazzo dalla pelle color cioccolato era in fondo alla stanza, in disparte, che chiacchierava con altri componenti della squadra. Non sembrava pienamente felice, Ginny conosceva bene il suo sguardo e sapeva che era anche colpa sua se si trovava in quello stato: avevano chiuso la loro relazione in malo modo, principalmente per volontà della rossa, ed ora tendevano ad ignorarsi. Anche agli allenamenti ognuno stava per i fatti suoi e in Sala Comune cercavano di incontrarsi il meno possibile; lui l'amava ancora, ma la ragazza ormai da tempo aveva mutato i propri sentimenti. “O forse addirittura da sempre..” pensò un po' amareggiata, mentre tornava a poggiare i propri piedi sulla morbida moquette bordeaux della stanza: i battitori le avevano concesso di scendere dal podio. “Forse non mi sono mai innamorata di lui perché..”
Il pensiero volò verso Harry. Dov'era? Possibile che fosse ancora in punizione? Sospirò e si guardò attorno nella stanza: avrebbe tanto voluto che lui fosse lì a festeggiare con loro. Purtroppo la maledizione che aveva scagliato a Malfoy era risultata molto grave, per questo motivo era stato punito duramente con il divieto di giocare l'ultima partita di Quidditch. Era stato un duro colpo per la squadra, ma lei sapeva che Harry non avrebbe mai voluto scagliare una maledizione di quella portata su una persona, si era sentito minacciato, in trappola. Lui non è un tipo violento..” si disse convinta.
Un forte applauso si levò nella Sala Comune e Ginny si voltò a guardare cosa avesse scatenato quel gesto: Ron reggeva la coppa trionfante e la mostrava a tutta la gente intorno. La rossa sorrise divertita notando l'espressione di Hermione che era mista fra ammirazione e rimprovero. “Di sicuro sta pensando «Ron non ti prendere tutti i meriti come sempre, la squadra è composta di tanti elementi e tutti sono stati indispensabili per la vittoria!», ma il suo cuore dice tutt'altro. E' orgogliosa di lui; si vede lontano un miglio che è innamorata. Perché diavolo mio fratello non se ne rende conto?!si chiese delusa mentre li osservava. I ragazzi erano proprio tonti, se ne rendeva conto ogni giorno di più; anche lo stesso Harry, quando si trattava di affari di cuore non brillava d'intelligenza.

Non si accorgeva per esempio che lei era ancora innamorata di lui.

Si, lo era e finalmente lo stava ammettendo a se stessa.
Ma questa dichiarazione intima che aveva appena fatto il suo cuore alla sua mente avrebbe cambiato la situazione? Lo sconfortò le gravò sul morale sereno di quella bellissima giornata e si sentì improvvisamente a pezzi, mentre intorno a lei tutti festeggiavano allegri la vittoria. Percepiva che la relazione con Harry non sarebbe potuta cambiare, poiché si trattava del migliore amico di suo fratello! Anche se si fosse innamorato perdutamente di lei, e questa possibilità la escludeva a priori, prima avrebbe dovuto capirlo e poi avrebbe dovuto parlare con Ron; ma non sarebbe stato facile trovare il coraggio per dichiararsi e per affrontare la reazione del rosso.
Ma quando sovrappensiero si voltò verso l'arco della stanza che conduceva al ritratto della signora grassa d'improvviso lo vide.
Harry era entrato nella stanza, e si guardava intorno con una meticolosa attenzione, come se stesse cercando qualcuno in particolare. Indossava la divisa: la cravatta d'oro e bordeaux aveva il nodo allentato, il mantello nero poggiato in modo asimmetrico sulle spalle faceva spiccare la camicia bianco brillante con le maniche arrotolate, la quale aveva i due ultimi bottoni sul collo aperti. Si vedeva che la primavera era arrivata, Harry si vestiva sempre così quando aveva caldo e quando voleva sentire la brezza fresca sul volto. Lo conosceva bene, ormai. I capelli erano scompigliati come di consueto ed illuminati dal sole luccicavano come l'inchiostro appena poggiato dalla piuma sulla pergamena; gli occhi, di quel verde profondo che la facevano rabbrividire ogni volta, brillando scrutavano tutti i presenti, con attenzione.. alla ricerca di qualcosa.. di qualcuno..
I due smeraldi si posarono su di lei, rimasero fissi, immobili a guardarla con aria imperscrutabile. Ginny sentì il pavimento sotto di lei sgretolarsi e le gambe molleggiarono paurosamente sotto quel contatto visivo, ma riuscì a controllarsi: mantenne un'espressione dura, splendente.
Capì immediatamente che qualsiasi cosa fosse successa fra loro, a lei sarebbe andata bene. Perché era innamorata di lui e lo sarebbe stata per sempre. Aveva provato a scacciare via dal suo cuore il ragazzo occhialuto di cui si era innamorata ben sette anni prima sul binario della stazione di King's Cross a Londra.. ma non ce l'aveva fatta. No, non c'era riuscita e non ci riusciva tutt'ora; lui era troppo importante per lei. Era la cosa più bella che le fosse capitata e se avesse dovuto continuare ad amarlo in silenzio l'avrebbe fatto. Era anche per quello che aveva deciso di lasciare Dean, lei amava Harry Potter e nessun altro poteva sostituire il suo posto.

Corse verso di lui, senza evitare i suoi occhi e lo abbracciò. Sentì il suo profumo fresco invaderle i polmoni e il calore del suo petto scottarle quasi la guancia. E, per quello che parve a Ginny, senza riflettere, senza averlo premeditato, senza preoccuparsi del fatto che cinquanta persone li stavano guardando, Harry la baciò.
Prima poggiò soltanto le labbra sulle sue, ma poi approfondì il bacio con un'intensità ed una delicatezza che la rossa trovò perfette. Lei ricambiò, evitando di chiedersi il motivo per il quale tutto ciò stesse accadendo proprio in quel momento, proprio a lei.

Dopo parecchi lunghi istanti, o forse mezz'ora, o forse parecchi giorni di sole, Harry e Ginny si separarono. Nella stanza era calato un silenzio inquietante di cui Ginny si accorse soltanto in quel momento. I due si guardarono per dei brevi secondi: il moro era di una bellezza tale, che la ragazza l'avrebbe contemplato anche per il resto della sua vita. Poi partì una serie di fischi d'ammirazione e ci fu un'esplosione di risatine nervose. Harry interruppe il contatto visivo con Ginny ed allungò il collo, guardando sopra la sua testa; anche lei a sua volta si girò di 360° per osservare la situazione: vide Dean che teneva in mano un bicchiere infranto e Romilda Vane che sembrava pronta a scagliare qualcosa. Hermione era raggiante, Ginny forse non l'aveva mai vista così. Ma la rossa si accorse che lo sguardo di Harry cercava Ron. Anche lei scrutò la sala e alla fine lo trovò: era ancora aggrappato alla coppa e con l'espressione di chi ha appena preso una bastonata in testa li osservava stravolto.
Ginny deglutì a malincuore. Non era stata una grande idea baciarsi così davanti a suo fratello, avrebbero anche potuto fargli venire un infarto!
Per una frazione di secondo, che sembrò durare un'eternità, Harry e Ron si guardarono. Sia lei che Hermione trattennero il fiato, spostando gli occhi dall'uno all'altro. Harry era serio, aveva l'aria di uno che sapeva bene cosa aveva fatto; non sembrava intimorito, ma aspettava in silenzio la decisione del suo migliore amico, come se stesse aspettando una sentenza. Ginny si voltò definitivamente verso il fratello e si unì ad Harry. Lo guardò dolcemente e piena di speranza: voleva fargli capire quanto fosse felice, quanto avesse sognato questo momento che finalmente si era avverato.
Ron fece un piccolo cenno del capo all'amico che sembrò sottintendere un “Beh, se proprio devi.”
Mentre la rossa si voltava sollevata verso il ragazzo moro più alto di lei, si accorse che Harry le stava sorridendo raggiante: era felicissimo e l'idea che lei fosse la fonte di tanta gioia le riempiva il cuore di un'emozione fantastica. Le fece cenno senza parlare al buco del ritratto. Ginny sorrise timidamente ed annuì sentendo le guance in fiamme. Finalmente sarebbero stati soli e avrebbero potuto fare una lunga passeggiata sul prato durante la quale, se ne avessero avuto il tempo, avrebbero anche potuto discutere della partita. Ma ora lei voleva baciarlo, tante e tante volte finché avrebbe perso il fiato.
Harry le afferrò la mano e sgattaiolò fuori dalla Sala Comune, correndo veloce come un forsennato. Ginny aumentò la velocità per stargli dietro, mentre entrambi ridevano sereni, vogliosi di fuggire da tutto e tutti per cercare quell'intimità che tanto avevano segretamente bramato. Sbucarono dal passaggio angusto che conduceva al quadro della Signora Grassa, dopodiché imboccarono la grande scalinata bianca, urtando parecchie persone che li osservarono sconvolti: il fatto che si tenessero per mano poteva significare una sola cosa a Hogwarts. Ma Harry sembrò infischiarsene e non arrestò la sua marcia per nessuna ragione, neanche quando, dopo aver superato il portone che conduceva in cortile, urtò degli oggetti che il custode della scuola stava riordinandoli facendoli cadere a terra e frantumandoli. Gazza difatti gli sbraitò dietro minacciandolo di segregarlo nei sotterranei.
Quando finalmente giunsero in riva al lago Harry si fermò.
Aveva il fiatone, infatti dovette appoggiarsi contro il grande albero che si affacciava sulla distesa d'acqua illuminata dal sole. Anche Ginny inspirò affondo osservandolo in silenzio, ancora un po' sotto shock.
Harry scosse la testa divertito “Scusami, non volevo farti stancare così tanto, ma non sarei durato un altro secondo in quella stanza.” concluse facendo un cenno con il capo in direzione del castello.
La rossa annuì silenziosa, guardando a terra mentre il cuore le batteva all'impazzata per l'emozione. “Non devi emozionarti proprio adesso! E' davanti a te, tutto tuo, come avevi sempre desiderato..alza la testa e guardalo!si disse ammonendosi, mentre fissava l'erba sotto i suoi piedi.
La mano del ragazzo le alzò il volto e i suoi occhi verdi si tuffarono di nuovo in quelli color nocciola della ragazza “Ginny.” disse in un sussurrò, guardandola rapito. Le sue guance erano rosee e la ragazza si meravigliò di vederlo così imbarazzato, così vulnerabile. Poggiò le dita sotto il suo mento e si avvicinò piano a lei, chiudendo le palpebre e baciandola di nuovo con estrema dolcezza. Lei gustò quel momento, alzandosi in punta dei piedi per approfondire quel contatto. Infatti lo spinse piano contro l'albero e continuò a baciarlo, infondendogli tutto l'affetto che riusciva a dimostrargli.
Dio, come bacia bene...” pensò, mentre nella sua mente un'orchestra di violini suonava una bellissima e armoniosa melodia.
Quando si separarono di nuovo, i loro volti erano a pochi centimetri di distanza. Harry le sorrise e rimase ad osservarla con attenzione: con il pollice le accarezzava le guance, mentre curioso osservava le sue innumerevoli lentiggini e gli occhi castani.
“Sei bellissima.” sussurrò con voce roca, appoggiando la sua fronte contro quella di lei. “Io non so se ho sbagliato prima, ma quando ti ho vista, io.. non ho capito più nulla. Il mio cervello non connetteva più, Ginny. C'eri solo tu davanti a me, tutto il resto era vuoto. Tu, i tuoi bellissimi capelli,” una mano le accarezzò il capo ed afferrò una ciocca ramata della sua chioma “il tuo profumo e quella tua espressione, così.. così..” si interruppe, perso nei suoi occhi.
“Così..?” lo incalzò lei con voce soffusa, consapevole di essere completamente rossa in volta.
“Così perfetta..” concluse il moro, riafferrando di nuovo le sue labbra.
Lei gli buttò le braccia intorno al collo e lo baciò con passione crescente.
Rimasero lì l'intero pomeriggio a scoprirsi e a chiacchierare della partita, quando si staccavano l'uno dall'altro.


 

Ginny era così felice, che avrebbe potuto spiccare il volo.
Se le avessero dato una scopa, sarebbe schizzata su verso le stelle e le avrebbe raggiunte una ad una, tanta era l'energia che sentiva dentro sé.

Lei ed Harry erano finalmente insieme e non c'era nulla di più importante.

Era tutto così perfetto.

 

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Capitolo 8
*** Lo sbocciare di un fiore. ***


 

! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Come state? Spero bene :) Scusate se c'ho messo una settimana e un giorno maaaa... è stato difficilissimo fare questo capitolo, ho cercato in tutti i modi di non sfociare nella banalità.. speriamo che ci sia riuscita! In ogni caso.. in questo capitolo Harry&Ginny si alterneranno, quindi spero davvero che vi piacerà. Alla prossima! Vi auguro una buona lettura! Un bacio grande! :)
 

 


 


# Lo sbocciare di un fiore...

 

Il profumo dei capelli rossi invadeva i suoi polmoni, trasportato dalla brezza primaverile di quella bellissima giornata di Maggio, rilassandogli i muscoli e scacciando via qualsiasi pensiero negativo potesse esservi nella sua mente.
Si trovavano nel luogo dove si erano baciati a lungo il giorno in cui si erano fidanzati: il grande lago brillava sotto i raggi del sole.
Harry appoggiato contro l'albero accarezzava con una mano il capo ramato di Ginny, la quale era distesa perpendicolarmente al suo corpo e poggiava la testa sul ventre di lui; la chioma fulva brillava in una miriade di bellissime sfumature scarlatte. Questo spettacolo emozionava il moro in maniera indescrivibile, nonostante fosse passato un po' di tempo da quando si erano baciati. Conosceva bene il colore dei capelli della sua ragazza, ma ogni volta si perdeva ad osservarli rimanendo irrimediabilmente estasiato. Era inoltre fiero di aver scoperto che la capigliatura presentava anche degli isolati fili arancione acceso e alcuni biondo intenso, per questo la chioma della ragazza aveva questa moltitudine di riflessi talmente incredibili.
“Sei di un rosso eccezionale..!” esclamò divertito, mentre continuava ad accarezzarle la testa con delicatezza.

Lei interruppe di leggere il libro di Difesa Contro Le Arti Oscure, nel quale era sprofondata da più di un'ora ed alzò gli occhi verso di lui, girando il capo affinché potesse incontrare il suo sguardo “Come mai questa sentenza?” chiese sorpresa, con un sorrisetto leggero.
Harry sospirò e continuò “Non lo so, più guardo i tuoi capelli più mi piacciono!”
“Anche a me piacciono i tuoi, se è per questo..” bisbigliò lei, poggiando il libro al contrario sul prato, affinché non perdesse il segno. Dopodiché si mise seduta, fissandolo per bene con le guance un po' rosee: Harry si chiese se quel colore fosse dovuto al calore del sole o alle emozioni che provava la rossa nei suoi confronti.
Dopo alcuni istanti di silenzio, Ginny continuò “..E mi piacciono soprattutto quando sono spettinati..!” Posò una mano nella chioma corvina del ragazzo, che sentì un brivido dietro la nuca e si strinse un po' nelle spalle.
Poi ridendo dichiarò “Cioè sempre!”

“Esatto, sempre..” mormorò lei, vicinissima al suo viso.
Harry non riuscì a resistere: le cinse la vita con un braccio e l'avvicinò verso di lui per baciarla.

Il fatto che Harry Potter stesse con Ginny Weasley parve interessare un sacco di gente, soprattutto ragazze, ma nelle settimane che seguirono Harry si scoprì impermeabile in un modo tutto nuovo ai pettegolezzi. In fondo, era un bel cambiamento essere sulla bocca di tutti per qualcosa che lo rendeva più felice di quanto fosse stato da molto tempo, invece che per orripilanti fatti di Magia Oscura. La sua esistenza era cambiata da quando aveva scoperto di essere innamorato di Ginny. La dinamicità, la decisione, l'umorismo e la passione che si trovavano in lei avevano reso la vita del moro migliore. Quelle settimane trascorse ad incontrarsi dopo le lezioni, a fuggire lungo il lago per quegli attimi di intimità e a scherzare in compagnia anche di Ron e Hermione coloravano le giornate scolastiche di una allegria scarlatta, che Harry non aveva mai provato in vita sua.
Lei era come un cuore che pompa sangue bollente nelle vene, incessantemente, senza mai arrestarsi. Non voleva lasciarla, non voleva perderla.
Una cosa così bella... quando gli sarebbe capitata nuovamente una cosa simile?
Harry era finalmente felice.

E in quel momento, mentre la baciava con intensità crescente, sentiva di aver avuto torto sulla sua vita; alla fine vivere da Harry Potter non era poi così male se Ginny era al suo fianco.
Ma perché mai non si era accorto prima di lei?
Se si fossero messi insieme l'anno precedente, o anche all'inizio di questo, avrebbero avuto più tempo per stare accanto. Era consapevole del fatto che gli esami si avvicinavano e che la rossa teneva particolarmente allo studio, quindi a breve si sarebbero dovuti separare. E lui, come avrebbe fatto? Si era abituato a quegli appuntamenti, inebriati dal suo profumo, ricchi del desiderio di non doversi mai dividere.

Quando interruppero il contatto e si scostarono l'uno dall'altro, il moro le disse serio “Fra poco ti toccherà studiare.”
“Già.” disse lei, per niente entusiasta. Si mise in ginocchio, scaricando l'intero peso del suo corpo sui talloni per stare più comoda.

Harry, guardando altrove, appoggiò il proprio gomito sul fianco ed affondò la fronte nel palmo della mano con aria afflitta “Significa che tutto questo finirà.”
Ginny tentennò un attimo e poi fece con aria per nulla convinta “Non utilizzerei il verbo finire, ma più rimandare.” Gli poggiò una mano sulla guancia e continuò “Riusciremo a vederci, vedrai.”
Harry la guardò e le sorrise dolcemente, ma in cuor suo sapeva che lo studio non le avrebbe concesso di perdere pomeriggi interi in riva al lago. Lui sapeva bene quanto si dovesse studiare per i G.U.F.O., quindi non avrebbe ostacolato per nulla al mondo la sua preparazione al test.
Eppure avrebbe voluto farlo. 
“In ogni caso...” sussurrò lui, prendendole la mano dal volto “...direi che dobbiamo approfittare di questi momenti...” la tirò di nuovo a sé con delicata velocità “...per stare insieme.”
Lei affondò gli occhi nocciola nei suoi e sussurrò “Non posso darti torto...”

E semplicemente si abbracciarono, scivolando stesi sul prato, l'uno accanto all'altro.

Harry ascoltò tutte le sue ansie riguardo gli esami e l'aiutò con alcuni quesiti presenti nel libro di Difesa Contro Le Arti Oscure, che la ragazza stava leggendo.

“Come sconfiggere un Troll di montagna, che accidentalmente incappa nel vostro cammino. Accidentalmente?! Diamine ma cosa pensano le persone che scrivono questa roba?!” sbottò Ginny, roteando gli occhi al cielo sconvolta.
Harry rise divertito e attese che la rossa riprendesse a leggere “a) provate a schiantarlo, b) create un incantesimo mimetizzante, c) provate a confonderlo con un incantesimo di memoria o d) scappate.”
La ragazza si voltò verso di lui inarcando un sopracciglio con aria sarcastica.
Il moro suggerì “Io aggiungerei anche la lettera e) colpirlo ripetutamente con qualsiasi oggetto a portata di mano, finché non crolla per terra privo di sensi. Io e tuo fratello l'abbiamo fatto, per salvare Hermione il primo anno, è stato davvero inquietante ripensandoci.. ma ci siamo anche divertiti! L'idea di Ron di sbattergli in testa la clava, facendola prima levitare sopra il capo per confonderlo, mi ha salvato la vita!”
Ginny scoppiò a ridere di gusto, affondando il volto nel libro.
“Hey, cosa ridi?! Guarda che potevo finire morto spiaccicato da quella mazza se Ron non avesse praticato bene l'incantesimo” disse lui, spostandole il libro dal volto per darle un bacio sulla fronte “E ora non sarei qui.”concluse con un sorriso.

Poi le raccontò, sempre in modo molto vago, degli appuntamenti con Silente e dei suoi dubbi sui comportamenti di Draco Malfoy. Per quanto le volesse bene, sapeva che quei discorsi erano molto delicati e lui ne parlava soltanto con Ron e Hermione; forse un giorno avrebbe approfondito il tutto, ma per il momento non aveva intenzione di affollare anche la mente di Ginny con una realtà delle cose grottesca e senza speranza. Voldemort doveva essere lontano dalla sua mente quando erano insieme, si era fatto una promessa.

“Sai cosa mi sono chiesto?” domandò Harry, dopo un po' che entrambi erano ammutoliti.
“Dimmi.” disse lei, voltando il viso verso il suo.
“Chissà se i miei genitori sono mai venuti qui. Sai, ecco, insieme intendo. Chissà..” guardava verso il cielo limpido, sperando che quella riflessione non risultasse ridicola alle orecchie della rossa.
Ma lei dopo poco rispose “Penso proprio di si. E' un posto così bello, sono sicura che sarebbe piaciuto anche a loro.” Si avvicinò a lui, appoggiando la guancia sulla sua spalla ed Harry l'accolse con piacere al suo fianco. Sentiva che Ginny non ignorava il suo dolore.
“Loro sarebbero fieri di te, di quello che sei diventato. Ne sono sicura.” la ragazza disse quelle parole così spontaneamente, che lui quasi si commosse.
“Ginny..” sussurrò debolmente, baciandola con estrema dolcezza e lei rispose con altrettanto amore a quel contatto.

Rimasero lì tutta la giornata, con il volto rivolto verso il cielo a fantasticare sereni.

Era chiedere troppo desiderare che quell'attimo di fugace serenità non terminasse mai?

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Ginny si trovava a lezione di pozioni e si stava annoiando a morte. Lumacorno quel giorno era particolarmente soporifero e tra l'altro si era messo in testa di fare un ripasso generale di tutti gli argomenti trattati quell'anno. Era da suicidio.
“Santo Dio.. non ne posso più..” mormorò esausta, quasi fra sé e sé, mentre i suoi occhi guardavano fuori dalla finestra verso il prato verde del cortile.

Verde.. come i suoi occhi. Il cuore fece una piccola capriola all'indietro e lei sorrise, senza riuscirsi a contenere. Che bello pensare a lui così liberamente, senza doversi sentire in colpa; adesso erano fidanzati e non c'era più bisogno di dover nascondere i suoi sentimenti o di dover reprimere le proprie riflessioni amorose.
Mentre aveva ancora quel sorriso ebete stampato sulle labbra, Romilda Vane le si avvicinò sbattendo le ciglia e le sussurrò con strana gentilezza “Hey Ginny. Ciao. Lezione noiosa, vero?”
“Ciao. Si, abbastanza.” rispose furtiva la rossa, inarcando un sopracciglio curiosa.
L'altra ragazza ridacchiò senza motivo e continuò “Eh si... così stai con Harry Potter..?”
“Già...” disse lei “Penso sia abbastanza ovvio.”
“Ehm, si..” mormorò Romilda, visibilmente delusa dalla poca confidenza che Ginny le riserbava. Ma la rossa non aveva mai apprezzato quella ragazza, la trovava futile, stupida e pettegola. Dopo poco quella, però, ripartì alla carica “E... com'è?!”

“In che senso.. com'è?” replicò Ginny esasperata dalla conversazione.

“E' romantico? Gentile? Bacia bene?” chiese la riccia corvina, con gli occhi spalancati che luccicavano di speranza.
Sembra quasi che se le dico di si le faccio un favore..” pensò perplessa l'altra, mentre la osservava. Ma decise di stare al suo gioco, almeno si sarebbe divertita un po'. “Si, lo è. E bacia da Dio!” sentenziò, strizzandole l'occhio. In effetti non stava mentendo: Harry baciava davvero bene!
Romilda fece una faccia che sembrava mista fra invidia, ammirazione ed incredulità. “Wow! Che bello, sei proprio fortunata..!” le mormorò.
“Si lo so.” rispose secca, consapevole di ciò che aveva appena detto. Harry aveva scelto lei, anche se a volte stentava ancora a crederci.
“E senti.. ma sono vere le voci che corrono?” chiese di nuovo la riccia, interrompendo i pensieri di Ginny.
“Quali?” chiese la rossa curiosa, aggrottando appena le sopracciglia. Già correvano storie ambigue su di loro? Certo che la gente aveva parecchia fantasia.
“Ecco, è vero.. che Harry ha un tatuaggio.. un.. Ippogrifo.. tatuato sul petto?” le domandò, con l'aria di chi sa di aver chiesto qualcosa di intimo.
Ginny spalancò la bocca per rispondere, ma poi non seppe bene cosa dire e rimase alcuni secondi in silenzio. L'immagine di Harry con un Ippogrifo stampato sul petto le provocò un attacco di ridarella a livelli cosmici, ma dovette obbligatoriamente contenersi, nonostante lo stomaco le si contorcesse: in primo luogo erano a lezione ed in secondo luogo si era ripromessa di divertirsi. Quindi optò per la strategia "continuiamo a darle corda".
“Oh no, no. Non un Ippogrifo, si tratta di un Ungaro Spinato. Sai ha deciso di farlo dopo il Torneo Tre Maghi.. aveva vinto e ha pensato che la prova con il drago è stata la più dura..” sospirò, con l'aria di chi la sa lunga e poi riprese “..è molto sexy!” e le fece l'occhiolino.
“Immagino!” commentò sbalordita Romilda.
“Ron, mio fratello, sai? Lui invece si è fatto tatuare una Puffola Pigmea in un posto proibito.” sghignazzò divertita, ma l'altra sembrò a tratti disgustata.

Fortunatamente Lumacorno intimò ad entrambe di interrompere la conversazione, altrimenti Ginny sarebbe esplosa dalle risate. Le ragazze ritornarono sui libri e prestarono attenzione alla lezione. “Non vedo l'ora di vedere Harry e raccontargli questa cosa!” pensò allegra prendendo appunti.

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Si erano ritrovati tutti insieme in Sala Comune: Harry, Ginny, Ron e Hermione. La rossa adorava il fatto che il rapporto si fosse rafforzato grazie alla sua relazione con Harry, non che prima non fossero abbastanza uniti, ma adesso lei era sempre insieme al trio. Anche se Ron ogni tanto dava i numeri e intimava loro di non scambiarsi sguardi amorosi: era terribilmente irritante e Ginny non nascondeva il suo disappunto, nonostante Harry cercasse di placare la sua rabbia.
La rossa era seduta sul pavimento della sala comune e, appoggiata alle gambe di Harry, era intenta a leggere La Gazzetta del Profeta; nel contempo suo fratello e il suo ragazzo si stavano lamentando delle lezioni di Piton.
“E' insopportabile, noioso e poi ha sempre quel ghigno nei confronti di noi Grifondoro. Grazie a lui ora odio anche Difesa Contro Le Arti Oscure!” sbottò amaro Ron.
“Non credo che sia Piton il motivo..” sentenziò seria Hermione, senza guardarlo.
“Oh, avanti, non vorrai giustificarlo?!” replicò lui.
“Assolutamente no, ma ti sei lamentato di tutti gli insegnanti che abbiamo avuto!” fece lei, allargando le braccia con aria ovvia.
“Di Lupin mai!” confessò lui e Harry annuì energicamente per sostenere l'amico.
Hermione roteò gli occhi al cielo, ma non disse nulla.
“In ogni caso quasi quasi ripiango la Umbridge..” mormorò stanco il ragazzo fulvo.
“COSA?!” sbottò Hermione incredula.
“Stai scherzando?!” chiese Ginny, emergendo da dietro il giornale altrettando sconvolta.
“Ron.” fece soltanto Harry, guardandolo storto.
“Lo so, lo so. Ma io Piton non lo sopporto.. tratta male tutti!” cercò di giustificarsi lui.
“Beh.. su questo hai ragione,” iniziò Harry “ma rimpiangere la Umbridge è troppo. In fin dei conti Piton si è sempre rivelato una persona corretta, nonostante ora stia confabulando con Malfoy qualcosa..” e si perse nei suoi pensieri tenebrosi.
Ginny, che non voleva assolutamente vedere il suo ragazzo pensieroso, si intromise nella discussione “Sentite, evitiamo di parlare di cose spiacevoli?”
“Sono d'accordo.” concluse Hermione, annuendo.
“Mhh.. si va bene anche per me.” bofonchiò Ron ed Harry si limitò a dare un tacito consenso.
“Per esempio..” cominciò la riccia, sorprendendo tutti che avesse preso l'iniziativa di trovare un argomento leggero ed interessante “..a scuola non si fa altro che parlare di voi due!”
Harry sorrise imbarazzato e si grattò la nuca guardando altrove: la rossa adorava vederlo imbarazzato, era così dolce e vulnerabile.
Ron non sembrò entusiasta dell'argomento, ma lei non si meravigliò, così decise di parlare e di dar adito alla proposta di Hermione “Verrebbe da dire che ci sono cose più importanti su cui spettegolare,” osservò Ginny “Tre attacchi di Dissennatori in una settimana, e Romilda Vane mi chiede se è vero che hai un Ippogrifo tatuato sul petto.”

Ron e Hermione si sbellicarono dalle risate. Harry sembrò ignorarli e le chiese curioso “E tu che cosa le hai risposto?”
“Che è un Ungaro Spinato.” disse Ginny, voltando pigramente una pagina del giornale. “Fa molto più macho.” La cosa la divertiva e sperava divertisse anche lui.
In effetti il moro si aprì in un gran sorriso e ribatté un “Grazie” in risposta, per poi aggiungere dopo poco “E Ron, che cosa le hai detto che si è fatto tatuare?”
“Una Puffola Pigmea, ma non le ho detto dove.” disse lei con un occhiolino, rimettendosi a leggere. Hermione si rotolò dalle risate, ma Ron si scaldò rabbioso.
“Attenti,” minacciò lui, indicando Harry e Ginny. “Solo perché vi ho dato il permesso non vuol dire che non posso riprendermelo...”
Cosa aveva detto?!
“Il permesso,” lo schernì Ginny, mettendosi velocemente a sedere. “Da quand'è che mi dai il permesso di fare qualcosa? Non l'hai detto tu, che preferisci Harry a Michael o Dean?” Lo guardò con occhi che fumavano di rabbia e di istinto omicida. Difatti il fratello sembrò spaventarsi alla vista di quella occhiataccia.
“Certo,” ammise a malincuore. “E finché non cominciate a pastrugnarvi in pubblico..”
“Schifoso ipocrita! E tu e Lavanda, che vi contorcevate dappertutto come due anguille?” chiese Ginny, additandolo con aria di sfida.
“Su, su, ora basta.” Harry si alzò e la tirò per la mano costringendola a mettersi in piedi.
“C-cosa?” chiese lei un po' frastornata ed infastidita. “D-dove mi porti?”
“Vieni con me.” sorrise lui, mentre si rivolgeva agli amici “Ci vediamo dopo!”
“Ciao!” li salutò Hermione raggiante; la sua voce fu accompagnata da un grugnito rassegnato del ragazzo dai capelli rossi.

“Non dovevi interrompermi proprio mentre stavo incastrando Ron! Cavolo!” esclamò delusa, mentre varcavano il grande portone del cortile.
“Hai ragione, scusami.” disse sincero Harry, tenendola per mano mentre la guidava lungo il prato. Lei lo osservò curiosa, ma non aggiunse nulla.
Sta volta, però, la ragazza si accorse che di non star percorrendo la solita strada in direzione del lago: si stavano incamminando verso la capanna di Hagrid.
Decise di non investigare in un primo momento, ma quando deviarono totalmente e quindi vide che non erano diretti neppure a casa del custode di Hogwarts gli domandò con un sorriso curioso “Si può sapere dove mi stai portando?”
“Altri due secondi e lo scoprirai.” le sussurrò all'orecchio.
Lei annuì felice ed attese ansiosa.

Dopo alcuni minuti Ginny intravide il Platano Picchiatore ed Harry si fermò.
Si voltò verso di lei ed incominciò a parlare vistosamente imbarazzato “Sai ieri ero con Neville, non ricordo esattamente cosa stavamo facendo, in ogni caso siamo passati per di qui e io ho visto questo..” gli occhi smeraldini si abbassarono verso il prato e quelli della rossa li seguirono: scorse un bellissimo fiore color fragola intenso in mezzo ai fili d'erba. “Lui era felicissimo, mi ha ringraziato mille volte per averlo notato. Ecco, mi ha raccontato che non è un fiore qualunque..” continuò accovacciandosi, invitando anche lei ad abbassarsi “.. si tratta di un fiore rarissimo, forse il più raro al mondo. Ce ne sono solo due esemplari secondo lui: uno in Nuova Zelanda ed uno in Inghilterra. Curioso che io l'abbia trovato, no? Proprio adesso, da quando sto con te. E' la Camellia*, mi ha detto che si chiama così.. ti piace?” gli chiese lui speranzoso.
Ginny era ancora sotto shock. Tutto si aspettava fuorché una cosa del genere, era una cosa così romantica... così... “Harry è una cosa splendida,” sussurrò con la voce rotta dall'emozione “grazie..” Lei prese ad accarezzare i petali del fiore e ad annusarne l'odore: era davvero eccezionale. “Non voglio prenderlo, se è raro bisogna lasciarlo qui.” concluse convinta, mentre lo osservava.
Il moro la guardava rapito. Dopo lunghi attimi di silenzio si avvicinò a lei e la baciò a lungo, con forte intensità; quando si separarono aggiunse “Ho pensato a te per il colore e perché.. tu sei unica Ginny.”
“Harry...” non riuscì a dire altro: lo abbracciò talmente forte, che temette di spezzargli le costole.

Assaporò quel momento magico, sentendo di amarlo più di ogni altra cosa al mondo.

*Onestamente non penso che questo fiore si trovi in natura singolarmente e con tanta facilità, ma l'idea mi piaceva tantissimo e che si sono solo due esemplari in Nuova Zelanda ed in Inghilterra corrisponde alla verità.. quindi spero che questo episodio vi sia piaciuto ;) <3

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Capitolo 9
*** Un dolce addio. ***


 

! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Come state? Spero bene :) C'ho messo un po' per fare questo capitolo su Harry&Ginny, ma spero davvero vi piaccia.. diventa sempre più difficile scrivere di loro, non so perché! Forse per il fatto che non voglio risultare banale.. fatemi sapere cosa ne pensate a riguardo :) Alla prossima! Vi auguro una buona lettura. Un bacio grande! :)
 

 


 


# Un dolce addio...

 


Harry fece un grosso sbadiglio, senza neanche prendersi la briga di mettere la mano davanti alla bocca. Appoggiò il gomito sul banco e posò esausto la testa nel palmo della mano.

Ho sonno.”
Voglio dormire.
Che qualcuno mi uccida ora, per favore.”
Che noia mortale.”

Questi pensieri vagavano nella mente del moro in maniera confusa e ripetitiva, mentre il professor Piton mostrava l'ennesima diapositiva sui demoni, la quale descriveva dettagliatamente i modi raccapriccianti, che utilizzavano per attaccare le persone. Aveva fatto una panoramica eterna su tutti gli argomenti trattati gli anni precedenti e adesso era tornato a parlare di quelli attuali, in quanto demoni come i Mitwa e i Dubaku bisognava studiarli durante il sesto anno. “Un mago deve conoscere affondo ciò che ha appreso durante la propria vita per affrontare le insidie che lo attendono all'esterno.” Harry non era della sua stessa idea: avrebbe dato oro pur di alzarsi da quella stramaledetta sedia ed effettuare una prova pratica di Difesa Contro Le Arti Oscure, come facevano ben tre anni prima con Lupin, anziché scavare nel passato scolastico attraverso delle diapositive. E invece si trovava lì inchiodato da ben due ore! Tra l'altro doveva sopportare Piton anche durante le punizioni pomeridiane, o serali, infertegli dopo l'incidente “Sectumsempra” con Malfoy: aveva il compito di riordinare vecchi archivi scolastici, i quali catalogavano le innumerevoli punizioni subite da altri malcapitati studenti. E per iniziare il docente propinò al ragazzo proprio i cataloghi che descrivevano le punizioni subite da suo padre e Sirius, irritando ancor più la pazienza del moro. Non sapeva con certezza quando avrebbe scontato interamente la pena, ma Piton si divertiva a sottolineare il fatto che se gli scatoloni pieni di schede non fossero stati ordinati entro la fine del quadrimestre, Harry avrebbe dovuto proseguire l'anno successivo. Era davvero avvilente.
Il suo sguardo si posò su Ron, che sembrava in procinto di addormentarsi, mentre Hermione ascoltava con snervante attenzione, prendendo appunti meticolosamente.
Il moro si incantò ad osservarla con sguardo stanco chiedendosi come diavolo faceva ad essere sempre perfettamente sveglia, partecipativa e preparata durante le lezioni; nonostante fossero passati sei anni se lo domandava tutt'ora! “Chissà se anche Ginny è così in classe..” pensò curioso ed intanto il suo cuore iniziò a battere più veloce ed un sorriso da ebete gli affiorò sulle labbra.
“Signor Potter.” incominciò una voce strascinata, seccata e accusatoria. Il ragazzo si girò di scatto, trovandosi il volto del professor Piton a due centimetri dal suo “Invece di osservare la sua compagna di classe, farebbe meglio a stare attento.”
“Io, stavo solo-” provò, facendo sparire immediatamente qualsiasi barlume di serenità dal proprio viso.
“Solo facendo perdere tempo inutile alla classe a causa della sua disattenzione.” concluse l'insegnante ancora piegato su di lui, guardandolo disgustato. “D'altro canto non è l'unico..” cantilenò con la sua voce odiosamente apatica, spostando lo sguardo verso il suo compagno di banco. Ron degluitì impaurito e sprofondò la testa nel manuale. “Per questo motivo,” continuò allontanandosi dal moro, rimettendosi diritto e rivolgendosi all'intera aula “voglio un compito su tutte le creature magiche oscure studiate durante i vostri anni qui a Hogwarts e sugli incantesimi da utilizzare contro di loro. Per chi è stato attento non sarà di certo un problema.” Detto questo si voltò, dirigendosi di nuovo verso il proiettore.
Il rosso spalancò gli occhi esterrefatto, mentre gli altri compagni di classe sbuffavano e si lagnavano apertamente; perfino Hermione sembrò sconvolta.
Harry scosse la testa nervosamente, si sentiva tremare dalla rabbia. Odiava le ingiustizia e Piton; dai tempi in cui insegnava loro Pozioni, si dilettava con questi giochetti scorretti. Non riuscendosi a contenere disse con voce tesa “Tutte?! Lei ha forse idea di quante sono? Non ce la faremo mai per domani, è un'assurdità!”
La classe piombò nel silenzio e tutti osservarono la scena con curiosità e paura crescente.
Gli unti capelli neri fluttuarono nell'aria creando una ruota quando Piton si voltò di scatto e si tuffò di nuovo sul banco del ragazzo occhialuto, sporgendosi verso di lui. “Forse, signor Potter, se non perdesse il suo tempo lungo le rive del lago ad amoreggiare con la sua fidanzata riuscirebbe a scrivere un tema.” sussurrò con voce abbastanza alta, affinché tutti lo potessero sentire, osservandolo con le sopracciglia inarcate a mo' di sfida.

Harry sentì lo sguardo di Hermione e Ron addosso, che gli imploravano di non reagire e allo stesso tempo le risatine divertite dei Serpeverde. Stava fumando dalla rabbia e dalla vergogna, perché se Piton aveva detto ciò poteva significare soltanto una cosa: li aveva visti baciarsi in cortile. Si era chiesto a lungo se lui lo sapesse o meno, anche perché tendeva a trattenerlo sempre di più durante le punizioni ghignando malignamente sul fatto che Harry perdesse le belle giornate e le possibilità che offrivano. E adesso che il suo timore era divenuto realtà, si sentiva ancora peggio. Non sapeva perché gli desse così fastidio; forse perché per lui la relazione con Ginny era una cosa privata, non voleva di certo nasconderla agli altri, ma desiderava essere lasciato in pace quando stava con lei. Lumacorno, ad esempio, aveva attribuito il calo di Harry in Pozioni, al fatto che fosse innamorato e non perché aveva rinchiuso il manuale del Principe Mezzosangue nella Stanza Delle Necessità; ma il professore si era dimostrato favorevole alla loro relazione, a differenza di lui.
Guardò a lungo l'insegnante con occhi carichi di odio e di rabbia, dopodiché decise di interrompere il contatto visivo e restare in silenzio: se avesse intensificato le punizioni avrebbe rischiato di non riuscire a vedere Ginny neanche durante le pause-studio per i M.A.G.O.
L'uomo dai capelli corvini alzò leggermente il mento con aria soddisfatta e ghignò divertito dalla reazione di Harry. Il grande orologio della scuola scoccò rumorosamente segnando mezzogiorno, l'insegnante si allontanò dal moro e disse alla classe “Domani è il termine unico per questo compito, chi non lo farà può dichiararsi bocciato nella mia materia.”

Una volta fuori dall'aula Ron sbuffò seccato “Miseriacca, come se non avessimo già una montagna di compiti da fare! Meno male che almeno il campionato di Quidditch è finito, altrimenti sarei stato sicuramente bocciato in Difesa Contro Le Arti Oscure quest'anno!”

Harry si passò una mano fra i capelli e rimase fermo in quella posizione, sentendo la rabbia dentro di sé che andava sempre più scemando “Mi dispiace, è colpa mia.” cominciò affranto, rendendosi conto di ciò che aveva appena combinato. “Se avessi tenuto la bocca chiusa non sarebbe successo tutto questo. Credo che metà dell'aula mi odi.”
Ron si guardò intorno scrutando i volti amareggiati dei loro compagni, che uscivano dalla stanza, con la sua solita aria impacciata e sussurrò verso l'amico “Aggiungici anche l'altra metà.”
Hermione aveva le sopracciglia inarcate e scuoteva la testa mostrando un evidente disappunto: sembrava stesse ragionando fra se e sé, ma appena udì le parole del rosso si rivolse verso il moro e disse sicura “Harry, non è assolutamente colpa tua! Se non ci fossi tu a dire le cose come stanno nessuno si prenderebbe la briga di criticare i metodi d'insegnamento di Piton. Il problema è lui e il suo rapporto con te: si diverte a metterti in difficoltà. In ogni caso la sua è stata una reazione davvero eccessiva, ma oggi ci tocca studiare.. non possiamo fare altrimenti! Quindi io mi avvio in biblioteca, mi troverete lì se anche voi avrete intenzione di prendere un voto decente in Difesa Contro Le Arti Oscure. A dopo!” e detto questo si incamminò veloce verso le scale per raggiungere il terzo piano del castello, mentre i ricci scompigliati rimbalzavano ribelli sulla sua schiena.
“Sa sempre quello che bisogna dire.. o fare! Continua a sorprendermi, ogni anno che passa.” mormorò Ron con gli occhi fissi sulla figura dell'amica, la quale era appena svanita in fondo al corridoio.

“Già.” fece Harry, anche lui con lo sguardo rivolto in quella direzione. “Su, andiamo.. altrimenti veramente verremo bocciati.” dichiarò un po' spaventato da quell'idea, dando una pacca sulla spalla del rosso per farlo tornare presente. Inoltre desiderava ardentemente andare in biblioteca, affinché potesse vedere, anche se di sfuggita, Ginny studiare. Dall'inizio di Giugno il tempo che i due passavano insieme diventò sempre più limitato: I G.U.F.O. di Ginny si avvicinavano e lei era costretta a ripassare per ore, fino a notte fonda. Osservarla mentre era impegnata a studiare era fantastico: Harry riusciva ad apprendere un sacco di cose: i gesti usuali, le espressioni ed il modo in cui scriveva. Sperò vivamente che fosse lì.

Quando andarono verso le scale per dirigersi al terzo piano, Ron interruppe improvvisamente il silenzio che si era insinuato fra loro.
“Harry, ascolta, io non ho ancora parlato con te di quello che è successo con Ginny..” cominciò l'amico, senza guardarlo.
Il moro deglutì e rimase in silenzio aspettando la continuazione del suo discorso. Cosa voleva dirgli? Non poteva di certo adesso impedire la loro relazione, lui teneva troppo a lei oramai, non avrebbe mai potuto e voluto lasciarla.
“..Io credo che tu sia la persona perfetta per mia sorella,” disse sincero, un po' imbarazzato.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo ed continuò ad ascoltare le parole dell'amico “per questo non vi ho detto niente quando vi siete baciati senza il minimo preavviso davanti a tutta la Sala Comune di Grifondoro.” Harry si lasciò scappare un piccolo risolino quando il rosso marcò quelle parole e aggiunse “Scusami, davvero.”
“Beh, ecco, mi avete lasciato di stucco.. capisci?!” chiese Ron, con aria sconvolta.
Harry annuì e gli posò una mano sulla spalla “Hai ragione, mi dispiace. E' che io l'ho vista lì e..” iniziò, immergendosi di nuovo nel ricordo di quegli occhi color nocciola, perdendo il filo delle parole.
“No, no, grazie tieniti per te i tuoi pensieri!” sbottò schietto Ron, scuotendo la testa “Io volevo solo dirti che sono felice di vederla con te.” Erano appena arrivati sul pianerottolo dinnanzi al corridoio del terzo piano e l'amico si voltò verso di lui per parlargli faccia a faccia “Non l'ho mai vista talmente felice, sai?” gli disse con un piccolo sorriso.
Harry ricambiò quel gesto e sussurrò “Sapere questo mi fa stare davvero bene, grazie Ron.”

Il rosso si schiarì la gola, vistosamente imbarazzato per quell'argomento così delicato ed aggiunse con aria più minacciosa “Ciò non implica che voi possiate sbaciucchiarvi in giro, come se io non esistessi!”
“Naturalmente.” fece Harry, tornando immediatamente serio ed annuendo.

“Inoltre,” disse l'amico alzando un indice davanti al viso dell'altro “se la farai soffrire dovrai vedertela con me!”

Il moro rimase un attimo spiazzato da quell'affermazione così rigida, ma dopo annuì nuovamente e disse sinceramente “Non lo farò, te lo prometto.”

Conclusa la discussione, entrambi percorsero il corridoio e raggiunsero la biblioteca.
Il ragazzo occhialuto si guardò immediatamente intorno alla ricerca di quella bellissima, profumatissima chioma ramata e gli ci volle un attimo per trovarla: Ginny era seduta accanto a Hermione al terzo grande tavolo di legno, i capelli legati in uno chignon improvvisato, il gomito sinistro poggiato sulla superficie di ciliegio e la fronte sprofondata nel palmo della mano. Aveva l'aria stanca, nervosa e anche un po' minacciosa, ma Harry andò a sedersi di fonte lei senza esitare neanche un secondo.
Quando la rossa sentì il movimento della sedia che si scostava dal tavolo alzò lo sguardo accigliato ed incrociò quello del moro. Lui le sorrise sereno ed il voltò roseo della ragazza si illuminò di gioia. “Quanto è bella quando è così serena...” pensò guardandola incantato, felice di averla rasserenata; poi tirò fuori il manuale di Difesa Contro Le Arti Oscure ed iniziò a scrivere il tema.
Hermione talvolta gli lanciava occhiate di rimprovero, quando scriveva bigliettini alla rossa o le sorrideva: il giorno prima l'aveva sgridato perché distraeva Ginny, che doveva lavorare sodo per gli esami. Ma lui non poteva farci niente, lei era così bella! E stare al suo fianco era una tentazione incredibile.
Allora non andare a studiare dove c'è anche Ginny!” gli aveva detto Hermione sull'orlo dell'esasperazione, quando avevano discusso a riguardo, ma quel giorno non era riuscito a resistere. Aveva deciso di recarsi lì nonostante gli ammonimenti dell'amica.

Harry voleva che l'estate arrivasse il prima possibile, affinché potesse trascorrere tutte le giornate in compagnia di Ginny.

Magari alla Tana, perché no?

Sarebbe stato fantastico!

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Il castello era stato attaccato. C'era gente che lottava ovunque: luci di colori diversi fuoriuscivano dalle punte delle numerose bacchette, colorando l'ambiente circostante.
Ginny armeggiava veloce con la sua, schivando attacchi provenienti da ogni direzione sempre più ansiosa, più preoccupata. Non per la sua incolumità, perché aveva bevuto un po' di fortuna liquida...
“Ecco la fiala di Felix Felicis. Dividetela tra voi e Ginny. Salutatela da parte mia. E' meglio che vada, Silente mi sta aspettando..”
...
così aveva detto Harry ad Hermione e Ron prima di seguire Silente in missione. Era per lui che si sentiva in ansia. Non era passato a salutarla, non le aveva detto nulla. Sentì di nuovo una fitta di paura invaderle lo stomaco, mentre schiantava un Mangiamorte. Lo sapeva che Harry aveva missioni più importanti di lei da fronteggiare, eppure l'idea di non averlo salutato le appesantiva il cuore. E se non fosse tornato? E se non avesse avuto più l'occasione di rivederlo? Deglutì amaramente, correndo verso un altro gruppo di persone, per accertarsi che tutti stessero bene.
Ma d'improvviso Amycus si fiondò su di lei, con la bacchetta in alto; Ginny scansò una dopo l'altra le sue fatture, saltando da una parte all'altra, mente i capelli le danzavano sulla schiena come una fiamma ardente. Capì che il mago la stava portando all'esasperazione, affinché potesse attaccarla in un momento di debolezza.
Crucio... Crucio... Non puoi ballare per sempre, carina...” gracchiò l'uomo goffo, mentre la rossa perdeva l'equilibrio per la stanchezza. Proprio in quell'istante approfittò per cimentarsi in un altro incantesimo, perché Ginny riuscì a vedere la punta della bacchetta colorarsi di una luce verdastra. Trattenne il respiro spaventata, rendendosi conto di quale maledizione si trattava e di non riuscire sta volta a scansarla: tutto stava succedendo troppo velocemente. Chiuse gli occhi per una frazione di secondo, ma una voce familiare, furiosa e spaventata le rimbombò nelle orecchie. La sua voce.

Impedimenta!” urlò Harry, che si trovava alle spalle della ragazza. L' incantesimo prese in pieno il Mangiamorte, il quale cadde a terra grugnendo.
Non era possibile, da dove era arrivato? “Harry, da dove sei spuntato?” gridò Ginny. Ma la rossa un attimo dopo scosse la testa pensando “Poco importa, è qui.. davanti a me.. è salvo!” Si guardarono negli occhi, neanche per un minuto, ma non la sua domanda non ricevetta alcuna risposta: Harry abbassò la testa d'improvviso evitando un'esplosione sopra di lui. Una volta rialzatosi incrociò di nuovo il suo sguardo e le disse qualcosa attraverso quel contatto visivo, non a parole; poi corse via in un'altra direzione all'inseguimento di chissà cosa.
Ma lei aveva sentito ciò che le aveva trasmesso e sorrise, trattenendo le emozioni che si agitavano violentemente dentro sé. Il ragazzo che era sopravvissuto le aveva salvato di nuovo la vita, come sei anni prima nella Camera dei Segreti.

Abbi cura di te, Ginny.”

“Grazie. Anche tu, Harry.”

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Da quando il castello era stato attaccato e Silente aveva perso la vita, Harry, Ron, Hermione e Ginny non si lasciavano mai. Il bel tempo sembrava prendersi gioco di loro; Harry immaginava come sarebbe stato se Silente non fosse morto e avessero trascorso quel periodo insieme, la fine della scuola, gli esami di Ginny alle spalle, il sollievo di non avere più compiti... e ora dopo ora, rimandava quello che sapeva di dover dire, di dover fare, perché era troppo difficile rinunciare al conforto più dolce.

In un attimo di solitudine, quando Ginny era andata a dormire e i suoi amici erano rimasti in Sala Comune, lui si recò presso il Platano Picchiatore, dove appena un mese prima aveva mostrato alla rossa quella bellissima Camellia. Si sedette accanto al fiore: era ancora bellissimo e profumatissimo. Poi guardò verso la casa di Hagrid che da lassù sembrava molto più piccola; si ricordò improvvisamente di quando guardarono l'esecuzione di Fierobecco e di come alla fine riuscirono a salvarlo, insieme a Sirius e Silente li aiutò.. ed ora erano morti entrambi, per causa sua.
Harry sentì le viscere annodarsi e i suoi polmoni per alcuni secondi furono incapaci di accogliere l'aria. Cercò di calmare il respiro e di guardare in alto dove il sole, che stava tramontando, tingeva il cielo di bellissime e caldissime sfumature rosse. E di nuovo Ginny si introdusse nei suoi pensieri, facendolo sentire ancora peggio; decise di stendersi sull'erba fresca e da lì iniziò a ragionare su tutta la sua vita: era stata un dolore continuo. Aveva perso talmente tante persone a lui care che ormai sentiva l'emozione dell'infelicità come parte della sua esistenza, ma poi si ricordava dei suoi amici, Ron e Hermione: loro erano fantastici, i migliori che potessero esistere sulla faccia della terra! E poi c'era Ginny; esisteva una ragazza più bella, intelligente, seducente e simpatica di lei? No, perché quell'insieme perfetto poteva trovarsi solo in lei e lei era solo sua. Ma nel momento in cui il preside aveva perso la vita, a causa di Voldemort, aveva capito che non potevano stare insieme. Assurdo? Si, era tutto assurdo. Era assurdo che lui doveva vivere così, nel dolore e nella paura di perdere le persone che amava di più; avrebbe continuato a svolgere la sua esistenza per chissà quanto tempo in quelle condizioni, ma lei no, non voleva vederla infelice. Inoltre se Voldemort le avesse torto anche solo un capello, Harry allora sarebbe impazzito e l'avrebbe davvero fronteggiato per ucciderlo. Non poteva fare una cosa del genere, Silente gli aveva affidato un piano e lui doveva portarlo avanti. Per questo motivo riteneva che la migliore cosa per entrambi fosse lasciarla; suonava paradossale, ma era così: se voleva proteggerla doveva interrompere la loro relazione, il loro magnifico rapporto.
Poi si chiedeva “Posso prendere una decisione così drastica da solo?”, ma sapeva che Ginny avrebbe accettato tutto questo, nonostante in un primo momento si fosse ribellata. Era coraggiosa e non temeva di rischiare la propria vita per lui, ma Harry non voleva che anche lei rischiasse di morire a causa sua; non poteva sopportarlo.

Osservò la volta celeste fin quando si colorò di blu scuro e le stelle punteggiarono quel manto scuro con la loro incredibile e brillante bellezza.
Dopodiché si alzò e si diresse di nuovo verso il castello, convinto di ciò che doveva fare.

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Durante il funerale di Silente Ginny non piangeva più. Sentiva dentro di sé un'incredibile forza e lucidità che le impediva di pensare e di soffrire. Di tanto in tanto la brezza estiva trasportava verso di lei il profumo di Harry, seduto accanto a lei, che le accarezzava dolcemente il cuore. Ad un certo punto si voltò verso il ragazzo ed incrociò i suoi occhi con la stessa espressione dura e ardente di quando lo aveva abbracciato dopo aver vinto la Coppa di Quidditch. Percepì che l'affetto nei suoi confronti era mutato in qualcosa di più grande, qualcosa di unico: si capivano al volo, si completavano, si amavano, forse, in un'armonia perfetta. Eppure sentiva che c'era qualcosa di terribile ad attenderla, qualcosa celato dietro quegli stupendi occhi verdi dall'aria tesa e decisa, che la fissavano di rimando. Sospirò ed attese che lui iniziasse a parlare.
“Ginny, ascolta...” mormorò pianissimo il ragazzo dopo alcuni secondi, mentre il brusio cresceva attorno a loro e la gente cominciava ad alzarsi, perché la cerimonia era terminata. “Non posso più stare con te. Dobbiamo smettere di vederci. Non possiamo stare insieme.” Quelle parole così dure e schiette la lasciarono per un attimo senza la capacità di controbattere; non sembrava Harry a parlare, ma una persona distante, che non aveva niente a che fare con lei. Poi pensò che probabilmente aveva provato più volte quel discorso e che aveva deciso di rivolgersi a lei in quel modo per non soffrire ulteriormente; ma quel tono le spezzava il cuore ancor più del significato di quella frase.
“E' per qualche stupida, nobile ragione, vero?” chiese con aria altrettanto distaccata, sorridendo ironicamente.
Lui addolcì lo sguardo ed iniziò a parlare con voce più tremante, carica di emozione “Queste ultime settimane con te sono state come... come la vita di un altro,” continuò Harry. “Ma io non posso... noi non possiamo... Devo fare delle cose da solo, ora.”
Lei non pianse; continuò a sostenere lo sguardo attendendo la fine di quel discorso, una spiegazione valida per cui dovevano lasciarsi. Voleva ascoltare tutto, fino alla fine e poi soffrire in disparte.
“Voldemort usa le persone a cui i suoi nemici tengono. Ti ha già usato una volta come esca, e solo perché sei la sorella del mio migliore amico. Pensa a quanto più grande sarà il pericolo che correrai se continuiamo a stare insieme. Lo verrà a sapere, lo scoprirà. Cercherà di arrivare a me attraverso di te.” disse il ragazzo, cercando di essere il più chiaro possibile e di evidenziare la gravità della situazione. Lei lo sapeva, l'aveva sempre saputo di esporsi ad un grande rischio stando insieme a lui, ma non avrebbe mai desistito per non lasciarci le penne, mai. Era troppo innamorata.
“E se a me non importasse?” ribatté con forza. Il suo sguardo duro trafisse quello di lui che per un attimo tentennò prima di reagire, osservandola con evidente dispiacere.
“Importa a me,” rispose Harry, con una sincerità che quasi fece traballare la sicurezza di Ginny. Lui ci teneva davvero a lei, per questo si preoccupava per la sua incolumità; era una sensazione talmente bella, che faticò a non gettarsi fra le sue braccia e baciarlo.
“Come credi che mi sentirei se questo fosse il tuo funerale... e fosse colpa mia...” continuò lui, mentre i suoi occhi esprimevano una sofferenza grandissima. Il moro era provato, Ginny lo sapeva. Il fatto che Silente fosse appena morto, e che l'anno precedente anche Sirius fosse deceduto, l'avevano distrutto e per questo motivo voleva proteggerla, ma lei davvero non ce la faceva.. l'idea di lasciarlo le faceva venir voglia di fuggire via lontano. Proprio ora che c'era riuscita a conquistarlo, proprio ora che qualsiasi cosa era divenuta possibile grazie a lui; distolse lo sguardo per fissare il lago: il luogo in cui si erano sempre incontrati, baciati... il loro nascondiglio. Con gli occhi incollati alla superficie brillante dell'acqua iniziò a dichiarare tutto quello che forse non avrebbe mai voluto dirgli, perché era qualcosa di così intimo ed importante per lei da farla quasi vergognare “Io non ho mai davvero rinunciato a te,” disse con la voce che scorreva come un ruscello, trascinando inarrestabile le sue emozioni verso il mare aperto. “Mai. Ho sempre sperato... Hermione mi ha detto di vivere la mia vita, magari di stare con altri, di lasciarti perdere per un po', perché non riuscivo a spiccicare parola se c'eri tu nella stessa stanza, ti ricordi? E lei pensava che forse mi avresti notato di più se fossi stata un po' più... me stessa.”
“Astuta, quella Hermione.” disse Harry e la rossa capì che stava sorridendo. Anche a lei venne da sorridere all'idea. “Vorrei averti chiesto di stare con me prima. Avremmo avuto un sacco di tempo... mesi... forse anni.” continuò lui con la voce affranta.
Anche lei lo pensava, eppure non era andata così. No. E tutto ciò la faceva soffrire talmente tanto, che fu difficile sforzarsi per non darlo a vedere. “Ma tu eri troppo occupato a salvare il mondo magico,” lo interruppe con una mezza risata. !Beh... non posso dire di essere sorpresa. Sapevo che sarebbe successo, alla fine. Sapevo che non saresti stato contento se non fossi andato a caccia di Voldemort. Forse è per questo che mi piaci tanto.” Sapeva di avergli detto tutto, ormai, che l'aveva completato e ferito allo stesso tempo e che lui adesso stava provando le stesse sue emozioni. Probabilmente era distrutto dal dolore, dall'idea che dovevano separarsi, ma non disse nulla. Rimase a lungo in silenzio e Ginny riuscì a percepire il suo corpo tremare dalla tensione; poi Harry si alzò, voltò le spalle alla ragazza e alla tomba di Silente e andò a camminare sulla riva del lago.

Lei lo osservò per un po', mentre le lacrime silenziosamente le rigavano le guance e il dolore le invadeva il cuore.
Guardò per l'ultima volta il suo Harry, mentre passeggiava silenzioso nel loro posto speciale, dandole le spalle, con la testa rivolta verso il basso e la schiena ricurva: stava piangendo anche lui, probabilmente.
Sospirò a malincuore e dopo alcuni secondi distolse definitivamente lo sguardo; poi si alzò e si diresse verso il castello asciugandosi le guance e sperando che i sentimenti per Harry fossero scivolati via, insieme a quelle lacrime.


 

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Capitolo 10
*** Conseguenze. ***


! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Innanzi tutto scusatemi tantissimo se c'ho messo così tanto.. ma non sono stata a casa e quindi ho avuto molto poco tempo per dedicarmi a questa storia... chiedo perdono >.< voi come state? Spero bene :) Questo capitolo vede i nostri Harry&Ginny dopo l'addio al funerale di Silente, durante l'estate del loro VII e VI anno.. spero vi piaccia, fatemelo sapere con una bella recensione :) Alla prossima! Vi auguro una buona lettura. Un bacio grande! :)

 

    [VI Anno / VII Anno]

 

 


# Conseguenze...
 

 

Harry sedeva dinnanzi alla casa degli zii a Privet Drive, guardando il cielo limpido e soleggiato di quell'estate, la quale gli avrebbe regalato la maggiore età secondo la comunità magica. Era un'estate incredibilmente triste. Teneva le gambe stese e rilassate, il viso rivolto verso l'alto e le braccia, tese e con i palmi delle mani rivolti verso il prato, reggevano completamente il peso del suo corpo. I Dursley avevano deciso di recarsi dal dentista per far fare un controllo a tutta la famiglia, tranne lui chiaramente; per questo motivo aveva deciso di star lì in giardino a godersi quel bel sole estivo.
Erano successe così tante cose durante la fine del suo sesto anno accademico a Hogwarts che faticava a distrarsi con altro: la sua mente era costantemente affollata dagli avvenimenti accaduti pochi mesi prima ed il suo cuore ogni volta li accoglieva in silenzio stringendosi in una morsa angosciante.
Mentre gli occhi smeraldini studiavano con accuratezza quel celeste pastello che tingeva delicatamente la volta celeste, i pensieri vagavano liberi da una direzione all'altra, ma finivano sempre per toccare le tematiche che gli stavano straziando l'anima in quel periodo. Visto da fuori, non si poteva comprendere quanto Harry Potter stesse soffrendo: il suo volto era una maschera di inespressività ed il suo sguardo freddo analizzava in modo meticoloso qualsiasi forma vivente che lo circondasse, senza però il minimo interesse; ma talvolta, di notte, quando non riusciva a reprimere il dolore iniziava a piangere inerme nel suo letto, domandandosi perché tutto questo stesse succedendo proprio a lui, perché sempre a lui.
Albus Silente aveva perso la vita ed era stato ucciso da Severus Piton, come era possibile? Ancora non trovava un senso a questa situazione e provava costantemente a ricostruire i frammenti di quella notte sulla torre, nel disperato tentativo di trovare una spiegazione banale e scontata al brutale assassinio del suo preside, ma ogni volta tutto andava via, insieme al vento estivo, e non arrivava a nulla di concreto.
Sospirò, accogliendo la brezza fresca nei suoi polmoni e mentre il ricordo di Silente svaniva leggero, come sciolto dai raggi del sole, quello di Ginny si intromise pungente e allo stesso tempo dolcemente nella sua mente. Un piccolo sorriso gli apparve sulle labbra, mentre dinnanzi ai suoi occhi appariva la bellissima ragazza rossa, attorniata dai suoi capelli danzanti e carichi di vita, con le labbra schiuse per ricambiare il suo gesto. Pensava a lei di continuo, senza mai provare a scacciarla quando giungeva: era l'unica cosa che non riusciva ad analizzare con la sua distaccata attenzione di quell'estate, perché lei era troppo importante, troppo perfetta, troppo Ginny. Poi di nuovo gli occhi color nocciola splendenti e colmi di tristezza gli appesantivano l'animo, rendendogli difficile continuare a respirare: l'aveva dovuta lasciar andare via e proprio non ce la faceva a farsene una ragione, gli mancava così tanto. Se solo avesse potuto mandare tutti i suoi piani all'aria e scappare via con lei, se solo avesse potuto evitare di farla soffrire... ma ciò non era stato possibile. E le aveva spezzato il cuore, lo sapeva benissimo, perché nonostante Ginny avesse trattenuto le lacrime in sua presenza, dietro quel volto rigido in un'espressione di fierezza e bellezza indescrivibili, aveva sentito un esplosione di dolore provenire dal suo cuore; per questo dopo averle parlato era andato a camminare lungo il lago e lì si era sfogato, liberato di tutto quel dolore che aveva nel cuore. Poi il giorno del ritorno l'aveva intravista mentre saliva sul treno e prendeva posto in uno scompartimento: i capelli legati in una coda ed il viso, che aveva perso il suo solito colore roseo, sembrava più magro del solito. Aveva imposto a se stesso di non avvicinarsi a lei, per quanto forte fosse la tentazione di andar lì, scusarsi e baciarla come se non vi fosse stato un domani. No, non lo fece ed andò a sedersi con i suoi amici nel treno; Ron lo guardava di tanto in tanto con aria nervosa: non aveva preso bene la notizia della loro rottura, o meglio da un lato era contento, ma dall'altro sapeva che Harry aveva fatto del male a sua sorella con questa decisione, mentre gli aveva promesso di non spezzarle il cuore. Quando incrociava lo sguardo di Hermione, invece, trovava un po' di conforto: lei lo guardava con aria dolce e comprensiva.
Quando erano arrivati a Londra ed avevano scaricato i bagagli dall'espresso per Hogwarts, Harry aveva di nuovo intravisto quella coda fulva sgattaiolare veloce attraverso la colonna e poi fin fuori dalla stazione. Dunque non vi era stata occasione di parlare ulteriormente e forse era stato meglio per entrambi. Ognuno per la sua strada, era così che doveva andare per quanto lui non lo volesse.
Beh... non posso dire di essere sorpresa. Sapevo che sarebbe successo, alla fine. Sapevo che non saresti stato contento se non fossi andato a caccia di Voldemort. Forse è per questo che mi piaci tanto.” le sue parole gli rimbombavano nella testa e l'immagine del suo viso illuminato dal sole durante il funerale di Silente costrinsero il ragazzo a chiudere gli occhi per trattenere il dolore che gli provocò quel ricordo, che gli provocava tutt'ora lei.

Quando riaprì gli occhi vide una ragazza con una divisa giallo canarino aggirarsi per la strada, sbucata da chissà dove. Probabilmente, si disse, doveva essere lì da un bel po', ma lui non se n'era minimamente accorto avendo il viso sempre rivoto verso il cielo e la mente affollata da innumerevoli problemi. Aveva i capelli rossi, raccolti in una coda, sul capo un berretto dello stesso colore degli abiti e due grandi occhi azzurri. “Perché in Inghilterra è così comune questo colore di capelli? Se fossi vissuto in Italia, oppure in Grecia, ad esempio, non ci sarebbero state così tante persone fulve..” pensò rammaricato, nonostante la sfumatura della ragazza non si avvicinasse minimamente a quella di Ginny. La tipa lo guardò, con aria stranamente speranzosa, e si avvicinò a lui.
“Ciao! Posso farti alcune domande?” disse, con un sorriso allegro. Aveva un logo stampato sulla divisa, il quale probabilmente era lo stemma di qualche associazione umanitaria babbana.
Harry la osservò a lungo e poi rispose con pacata gentilezza “Ciao. Certamente, dimmi pure.”
Lei sospirò, rilassandosi, nonostante sembrasse agli occhi del ragazzo ancora un po' tesa. “Che sia imbarazzata?” si chiese curioso. Probabilmente c'entrava il modo in cui la fissava, quel suo modo di guardare imperscrutabile e distaccato doveva metterla in soggezione, così Harry decise di farle un piccolo sorrisetto affinché riprendesse a parlare. Gli spiegò tutta la storia dell'associazione per cui lavorava e dopo aver finito con quell'interminabile monologo gli chiese “Sei maggiorenne?” Harry scosse il capo e lei continuò “Ti capisco, nemmeno io.. non posso rispondere ad un questionario, però posso andare in giro a pubblicizzarlo..assurdo, no?”
“Un po'” fece il moro, senza riuscire ad essere più simpatico. Ma lei non sembrava turbata, anzi si interessava ancor più a lui.
“Posso chiederti se per caso i tuoi genitori sono interessati al progetto?” gli domandò, guardandolo con i suoi occhioni celesti. A quel punto Harry non riuscì proprio a trattenere una risata che divenne sempre più amara e che non passò inosservata alla ragazza, la quale gli chiese con aria preoccupata “Non hai un bel rapporto con loro?”
Il ragazzo sospirò e guardò altrove, cercando di non riflettere sull'entità della domanda “Non sono interessati a questo tipo di cose, mi dispiace, quindi forse ti conviene provare alla porta accanto. So che i nostri vicini sono molto disponibili per i progetti umanitari.” le disse annuendo con una falsa sicurezza.
“Oh, d'accordo.. capisco..” fece lei guardando verso la casetta accanto “penso proprio che andrò a dare un'occhiata, allora. Ti andrebbe di accompagnarmi? Sempre se non hai da fare.. sai sono sola tutto il giorno, mi annoio tantissimo!” bisbigliò infine, vistosamente imbarazzata.
Harry trattenne il fiato per qualche secondo e poi aggiunse “Non posso, mi dispiace.”
Lei annuì veloce e disse “Scusa. Avrai da fare.. magari devi vedere la tua ragazza, in questo caso capisco che tu non voglia venire.”
“Io ecco..E' un argomento delicato.” disse veloce, mettendosi in piedi per dirigersi verso casa. La ragazza aveva il volto spolverato di lentiggini, ma non era bello come quello di Ginny, eppure il fatto che avesse il suo colore di capelli e quegli occhi così limpidi lo facevano star male, aveva voglia di andare via.
“Non state più insieme?” chiese lei e stranamente Harry non si infastidì per quella insistenza.
“Una specie.” continuò, aggiustandosi la T-Shirt stropicciata sui fianchi.
“Beh, spero che tu riesca a risolverlo. Anche perché si vede lontano da un miglio che sei ancora innamorato di lei.” sorrise sconfitta e poi aggiunse “Comunque piacere Amie.” allungandogli la mano.
Harry, rimase spiazzato da quell'osservazione “Si vede lontano da un miglio che sei ancora innamorato di lei.” Era così? Anche Ginny quando l'avrebbe rivisto, se si fossero rivisti, l'avrebbe capito? Il cuore gli batté più velocemente, a quel pensiero, di un possibile incontro con lei. Mentre riascoltava la voce di Amie, come con una cassetta in un registratore, decise dopo qualche secondo di allungare anche la sua mano e concludere la stretta dicendo il primo nome che gli venisse in mente “Dudley.”
“Beh, Dudley, magari un giorno ci ritroveremo. Sai io vengo ogni quindici giorni in questo quartiere d'ora in poi, sperando che qualcuno accetti l'offerta della mia associazione,” disse con aria sarcastica “quindi forse potresti accompagnarmi a fare un giro del rione.” gli propose con un sorriso un po' imbarazzato.
Harry le sorrise, sta volta sereno ed aggiunse gentilmente “D'accordo Amie, volentieri.”
Le labbra di lei si aprirono in un sorriso a trentadue denti, poi i due sciolsero la stretta di mani, si salutarono e si incamminarono in direzioni diverse.

Harry sapeva che non l'avrebbe mai più rivista: mancavano meno di due settimane al suo compleanno e lui aveva intenzione di lasciare Privet Drive e non farvi mai più ritorno.
Così disse addio ad Amie, ai suoi occhi blu, alle sue lentiggini, ai suoi capelli rossi, così diversi da quelli di Ginny eppure dello stesso colore; disse addio alle sue parole, all'idea che amava ancora la sorella del suo migliore amico, perché faceva troppo male.
Si avviò in casa attendendo il ritorno dei suoi zii.

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Ginny si era svegliata da un pezzo, ma non aveva voglia di alzarsi; era ferma immobile nel suo letto intenta ad osservare il soffitto della sua stanza, senza quasi batter ciglio. Di tanto in tanto l'istinto naturale del suo corpo l'obbligava a chiudere per qualche secondo le palpebre, ma poi lei le riapriva nuovamente e tornava a fissare su con aria inespressiva. La pioggia estiva era leggerissima, eppure la ragazza riusciva a sentire come picchiettava allegra contro il vetro della sua stanza; gli gnomi del giardino probabilmente stavano sguazzando felici nelle pozzanghere ed alcuni componenti della sua famiglia erano ancora nel letto a dormire come ghiri, si disse. Sua madre, però, era l'unica sicuramente sveglia.
Decise allora di scendere giù in cucina per distrarsi; si alzò dal letto, andò vicino allo specchio e si pettinò i capelli. L'anno scorso era allegra, vitale e piena di speranze nel nuovo anno scolastico che stava per cominciare, quell'estate invece Ginny Weasley si sentiva fortemente infelice. Il suo viso sembrava più pallido, i capelli un po' più arruffati, ma sempre ramati e brillanti, e gli occhi erano gonfi ed arrossati: aveva pianto molto in quei giorni.
Il suo quinto anno si era concluso nel peggiore dei modi a causa della morte di Silente, dell'aggressione a suo fratello Bill, il quale era rimasto sfregiato e della rottura con Harry.
“Harry..” mormorò debolmente il suo nome guardandosi un attimo per bene nello specchio. Un mese prima grandi lacrime calde avrebbero rigato le sue guance nel pronunciare quella parola, ma adesso non riusciva più a piangere, al contrario provava una sensazione che non sapeva definire adeguatamente. A volte si chiedeva se lo amasse ancora; poi si pettinò rozzamente i capelli e si incamminò giù per le scale: era meglio non riflettere su queste cose.
Quando si ritrovò nella stanza al piano terra, vide la madre intenta a leggere un grande libro di cucina, sospeso a mezz'aria, mentre un doppio mestolo color castagna girava veloce in un pentolone mischiando chissà cosa.
“Ancora con le prove per il banchetto del matrimonio?” chiese Ginny, con una nota di disperazione nella voce: non ne poteva più di quel matrimonio, tutti parlavano di quello e la loro vita sembrava svolgersi in funzione di tale cerimonia.
“Beh, cara mia, qualcuno dovrà pure pensarci.” fece schietta la donna, senza scostare gli occhi dal manuale, poi si voltò verso i fornelli ed assaggiò la pietanza, interrompendo il vorticare veloce del mestolo “Mmm.. un po' di sale in più..” mormorò con voce decisa, mentre un vasetto bianco levitava allegro sulla pentola e faceva cadere alcuni granelli bianchi al suo interno. “In ogni caso, come mai già sveglia?” chiese sua madre, guardandola finalmente negli occhi.
Ginny si strinse nelle spalle e prese posto a tavola “Non so, non avevo sonno.”
“E' da un po' che dormi male, o mi sbaglio? Forse da quando sei tornata da Hogwarts..” incominciò Molly, con l'aria inquisitoria.
“No.” concluse subito la rossa, sapendo dove voleva arrivare la madre.
“Ginny, tesoro, io capisco che tu possa sentirti scossa da tutto quello che è successo: la morte di Silente e poi l'aggressione a Bill. E' stato un dolore immenso per tutti noi, non devi aver paura, puoi parlarne con me..” mormorò sua madre con voce dolce, avvicinandosi a lei e poggiandole una mano delicatamente sul capo “d'accordo?”
“Si, mamma, d'accordo.” rispose la ragazza, iniziando a fare colazione.
Lei sorrise e si avvicinò di nuovo al cibo sul fuoco. Ginny non sapeva bene se parlarle di ciò che era successo con Harry, alla fine nessuno dei suoi fratelli oltre Ron sapevano della loro relazione; fece un grande sospiro e poi disse “Mamma.”
Molly si voltò a guardarla con le sopracciglia aggrottate in un espressione preoccupata.
Visto che sua madre non disse nulla, la rossa proseguì “C'è un altro motivo per il quale non dormo bene..”
La donna abbandonò totalmente la sua occupazione e si sedette accanto alla figlia, prendendole la piccola mano nelle sue.La ragazza iniziò a raccontarle tutto ciò che era successo in quell'anno appena terminato: la sua relazione con Dean, la convinzione di non essere più infatuata di Harry, l'interesse dimostrato da quest'ultimo nei suoi confronti, la rottura definitiva con Dean, il bacio con Harry dopo la vittoria della coppa di Quidditch, la loro storia d'amore e la decisione finale di interrompere il rapporto. Quando ebbe finito si sentì stranamente sollevata, come se qualcuno le avesse tolto un'incudine dalla pancia.

Molly dal canto suo sembrava un po' scossa e attese alcuni minuti prima di commentare il tutto: Ginny poteva capirla, le aveva raccontato così tante cose che probabilmente l'aveva sconvolta.
“Capisco..” mormorò quando riprese a parlare “è per questo che sei sempre giù di morale e non riesci bene a dormire?” le chiese fissandola con occhi pieni di dolcezza.
“Anche.” concluse lei frettolosamente.
“Oh, tesoro. Le delusioni d'amore sono terribili, ma questa passerà vedrai, anche se credi che ciò non potrà mai accadere.” le dichiarò sua madre, con molta comprensione.
“E se non dovesse passare?” le chiese con una nota di paura nella voce. Temeva davvero di non riuscire a dimenticarlo, di amarlo per l'eternità senza mai più venir ricambiata.
“Ginny.. Harry è un ragazzo incredibilmente intelligente e capace. Lo considero quasi un figlio e penso di conoscerlo a sufficienza,” cominciò sua madre stringendole di più la piccola mano fra le sue, cercando di trasmetterle tutto l'affetto che provava nei suoi confronti “quindi sono convinta che quando avrà dato un senso alla sua vita tornerà da te. Adesso vuole proteggerti ed è comprensibile: non vuole vederti morire come tutte le persone che sono state al suo fianco e io non posso far altro che ringraziarlo, perché neanche io voglio che rischi la tua vita solo per una relazione adolescen-.”
“Lo sapevo! Per te è solo una sciocca storiella fra ragazzini, ma per me non è così!” sbotto la rossa alzandosi in piedi, sentendosi improvvisamente avvampare dalla rabbia “Non capisci proprio, vero? Tutti voi non capite. Pensate che non sia una cosa seria, ma per me lo è! Io sono innamorata di lui da quando avevo solo dieci anni e adesso ne ho quasi sedici, quindi fai un po' due conti!”
Molly sembrava rammaricata e provò a parlare con più calma a sua figlia “Non intendevo dire che è una cosa poco importante, ma che siete molto piccoli e con il tempo le cose cambiano Ginny.”
“Non siamo così piccoli quanto credi.” concluse secca la rossa, guardandola ancora accigliata.
“D'accordo. Allora lo ami davvero. Quindi potrai aspettarlo per sempre, anche se lui non dovesse più tornare da te.” sentenziò seria la madre, osservando con attenzione la sua reazione. La rossa capì che aveva ragione, probabilmente lei avrebbe fatto così perché ci teneva troppo a quel ragazzo. Rimase in piedi immobile a guardare nel vuoto, consapevole di ciò che le sarebbe aspettato.
“Inoltre Malocchio, tuo padre, Lupin, Tonks e tutti gli altri vogliono attuare un'operazione per portarlo qui in tutta sicurezza il giorno del suo compleanno, ma credo che Harry ne sia ancora all'oscuro. Quindi, Ginny,” disse la signora Weasley alzandosi dalla sedia ed andandole incontro “a breve dovrai rivederlo. Fatti forza figliola mia.”
La ragazza guardò sua madre negli occhi e poi sprofondò nelle sue braccia stringendola forte.
“Sai tesoro,” fece Molly, accarezzandole il capo “mi ero accorta di qualcosa fra voi due. A Natale, ad esempio, Harry non faceva che guardarti! Aveva gli occhi pieni di amore e sono convinta che sia ancora così.”
“Grazie, mamma.” sussurrò la rossa con la voce rotta dall'emozione, sentendosi fortemente sollevata da quel contatto materno.

Quando Harry sarebbe tornato da lei, Ginny aveva la certezza di quale sarebbe stata la sua reazione, perché probabilmente sarebbe riuscito a dimenticarlo, ma per il momento sentiva di amarlo talmente tanto, da non poter immaginare la sua vita senza lui.

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Per incontrarsi nuovamente non passò poi così tanto tempo e tutti i buoni propositi che si era imposto crollarono alla vista di quella bellissima ragazza. Quando vennero a prelevarlo da Privet Drive, Harry sentì una forte emozione crescere dentro lui: la sensazione di una nuova vita all'insegna dell'avventura che iniziava e la paura di fare i conti con ciò che aveva lasciato in sospeso, o meglio con Ginny.
Erano nel cortile della Tana ad attendere tutti gli altri, i quali ancora dovevano rientrare dalla missione. Per quanto fosse teso come una corda di violino e preoccupato per la sorte dei propri compagni, Harry non riuscì a trattenere quel flusso di emozioni che gli invase il corpo e gli scaldò dolcemente il cuore. Nel momento in cui si era incatenato a quei bellissimi occhi color nocciola, splendenti di forza, aveva sentito una forza sconosciuta premergli contro la schiena, facendogli venir voglia di andare verso lei ed abbracciarla, stringerla a sé con tutto l'amore che poteva dimostrarle, baciarla come se non vi fosse un domani e farsi cullare da quel dolce profumo che emanavano quei bellissmi fili ramati sciolti liberamente lungo le spalle. C'era anche la signora Weasley, ma per un attimo Harry pensò che non gli importava: lui voleva Ginny, la sua Ginny e neppure Molly gliel'avrebbe impedito. Ed il fatto che lei lo guardasse con quella espressione così dura, solenne, ma piena d'emozione non faceva altro che alimentare la sua fantasia e farla schizzare fino alle stelle.
L'avrebbe fatto, se qualcosa non li avesse interrotti: un rumore proveniente dalla cucina li fece sobbalzare e spezzò il loro contatto visivo e quei castelli costruiti in aria crollarono inermi sull'erba bagnata di rugiada.
Harry sospirò e si calmò, capendo che era meglio così.
Lui aveva rotto con Ginny Weasley e doveva continuare a starle distante, altrimenti l'avrebbe fatta soffire ancora o peggio ancora messa in pericolo.
Deglutì e tornò a guardare verso il cielo stellato, nell'attesa del ritorno dei suoi amici.

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Ginny aveva percepito qualcosa nell'incrociare quegli smeraldi, qualcosa che proveniva direttamente dal cuore di Harry. Aveva sperato per un attimo che sua madre svanisse nel nulla e li lasciasse soli, affinché potessero dirsi tutto ciò che non erano riusciti a dichiarare l'un l'altro, ma non era successo ed un gran fracasso proveniente dall'interno della casa li aveva fatti distrarre, tanto che il loro intrecciarsi di sguardi era cessato bruscamente.
Ora stava lì sul prato, ferma al suo fianco ad aspettare. Aveva paura perché temeva per la sicurezza di tutti coloro che avevano partecipato alla missione, anche perché gran parte di costoro erano dei Wasley. Sentiva la tensione di Harry che cresceva in modo esponenziale, facendo vibrare l'aria; la rossa sollevò gli occhi su di lui e ammirò la sua bellezza: i suoi soliti capelli scompigliati erano mossi dalla brezza notturna di quella serata, il viso serio e maturo era immobile, rivolto verso le stelle che facevano brillare ancor più i suoi bellissimi occhi verdi. Ginny si accorse anche che Harry era divenuto più alto durante quei mesi in cui si erano separati; sorrise debolmente e poi senza pensarci troppo a lungo gli prese la mano, stringendogliela delicatamente.
Il moro sembrò rilassarsi immediatamente: chiuse per un attimo le palpebre, inspirò l'aria fresca, accolse il contatto chiudendo le dita sottili attorno alla piccola manina della rossa ed increspò appena le labbra in un sorriso; ma non si voltò a guardarla.
Ginny sapeva perché si comportava così e non poteva biasimarlo: lo faceva per non farla soffrire, per non illuderla.
Ma l'attrazione che lei provava nei suoi confronti era così pura e sincera, che non riusciva a contrastarla.
Così con il cuore che batteva veloce, tornò anche lei a fissare quel cielo scuro, rivolgendo una preghiera silenziosa per coloro che dovevano ancora tornare.

 

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Capitolo 11
*** Alla Tana. ***


 

! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Come state? Spero bene :) Ok cari, spero si non essere ripetitiva in questo episodio, perché alla fine mi ritrovo sempre ad analizzare le loro emozioni ed è difficile non ripetersi purtroppo ...in questo capitolo Ginny ci spiegherà un po' come sono stati questi giorni alla Tana, quanto è stato difficile stare lontana da Harry e anche lui parlerà un po'. Fatemi sapere che ne pensate, grazie! Vi auguro una buona lettura! Un bacio grande! :)
 

 


 


# Alla Tana...



Si incontravano continuamente in casa, d'altro canto era impossibile non farlo, e tutte le volte Harry provava a trattenere il respiro o a far scivolare via quel bellissimo profumo inebriante che emanavano i capelli di lei. Quando le loro spalle si sfioravano accidentalmente subito si scusavano l'un l'altro, tornando a svolgere la mansione che stavano portando a termine; oppure si scontravano, dopo aver svoltato entrambi un angolo della casa; toccavano le stesse cose a tavola, ritirando immediatamente le mani dall'oggetto ed evitando definitivamente di prenderlo; ridevano alle stesse battute, o pensavano le stesse risposte ad alcune affermazioni degli altri e, in preda all'imbarazzo, ammutolivano guardando altrove.
Era uno strazio! Quella situazione era talmente difficile da gestire, che stava impazzendo... ma doveva riuscire a non cedere! Non doveva cadere in tentazione, altrimenti avrebbe mandato tutto a rotoli: il suo piano per sconfiggere Voldemort, la promessa fatta a Ron, la volontà di non vederla più soffrire. Perché Ginny Weasley non se lo meritava; lei non aveva fatto nulla di male per essere presa in giro dal ragazzo che era sopravvissuto.
E allora perché si incantava a guardarla mentre lei saliva sulla scala e addobbava, con grazia e maestria, la casa per il matrimonio di Bill e Fleur? Riusciva ad osservare il suo bel fisico longilineo e formoso, rimpiangendo di non poter più stringerla a sé. Oppure si imbambolava a fissarla durante i pasti, mentre la ragazza si versava da bere o scherzava con gli altri componenti della famiglia, facendo danzare i suoi lunghi capelli ramati sulla schiena. Perché?
Già, perché?” pensò tristemente, quando un giorno a colazione restò per l'ennesima volta ammaliato dal sorriso della rossa, nato a causa di una battuta di George. Bellissimo, bianchissimo e perfetto.
Perché era impossibile sfuggire al suo fascino e stare insieme sotto lo stesso tetto non faceva che peggiorare la situazione, ecco il motivo; si domandò quanto avrebbe resistito prima di correre nuovamente da lei e chiederle di trascorrere un pomeriggio in giardino, come quando lo facevano nel cortile della scuola. “La scuola.. il lago.. i suoi baci.. il suo profumo..” tutte le immagini scorrevano veloci dinnanzi ai suoi occhi, come la pellicola di un film d'epoca.
Proprio mentre ragionava e lasciava volare libere le proprie fantasie, Ginny incrociò il suo sguardo: restò un attimo immobile, ricambiando quell'intreccio e poi gli sorrise debolmente, tornando subito a fissare il piatto.
Lo sconforto si impadronì di Harry, il quale si pentì amaramente di averla osservata così a lungo: stava illudendo in primo luogo se stesso. Voltandosi verso il resto della tavolata incontrò gli occhi di Hermione, che lo guardò rammaricata per un attimo, dopodiché anche lei riprese a mangiare ed in seguito quelli di Ron, che si era accorto di quel contatto visivo con sua sorella. Il moro si irrigidì e continuò anche lui a fare colazione; il suo migliore amico l'aveva guardato storto, non c'era dubbio e aveva ragione: doveva darci un taglio, assolutamente.

 

Basta.” pensò, poco convinto “Adesso basta, Harry. Smettila, altrimenti combinerai solo guai.
Il problema era che per lui Ginny era un dolce conforto. Quegli ultimi giorni alla Tana erano stati molto difficili: la morte di Malocchio e l'aggressione a George, avevano inflitto una dura ferita a tutti i componenti della missione e della famiglia Weasley, in particolar modo a Harry. Quando aveva stretto la piccola mano di lei quella notte ed avevano brindato a Moody, il fatto che la rossa fosse al suo fianco, l'aveva rincuorato. Però sapeva che quando sarebbe partito lei non avrebbe potuto più confortarlo e far parte della sua vita, quindi doveva allontanarsi prima che il distacco definitivo diventasse più difficile e doloroso.

Quando tutti si alzarono da tavola attese prima che Ginny decidesse dove andare e lui, a malincuore, prese la direzione totalmente opposta sperando di riuscire ad ignorarla definitivamente, nonostante gli si stringesse il cuore.

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Stava camminando da un quarto d'ora nella sua piccola cameretta, percorrendo velocemente la distanza da una parete all'altra con grandi passi. Era tesa, agitata, preoccupata, emozionata, speranzosa ed impaziente. La notte precedente aveva dormito pochissimo, in quanto aveva escogitato un piano.. o meglio un regalo! Infatti a mezzanotte di quella sera appena trascorsa, Harry era divenuto maggiorenne e quella mattina, giù in cucina, tutti gli stavano consegnando i propri regali; ma lei no. Lei era rimasta nella sua stanza, si era lavata, cambiata e ora attendeva il momento giusto per fare ciò che aveva programmato. In realtà non sapeva se fosse una bella idea, ma si era accorta di come lui la guardava: era ancora innamorato. Per questo motivo aveva deciso di cogliere quell'occasione per donargli qualcosa che era unico e che nessun altro avrebbe potuto regalargli; ma temeva che la reazione di Harry non sarebbe stata come lei avrebbe desiderato e perciò si sentiva agitata e preoccupata. Ma poi si fermava e pensava: cos'aveva da perdere?
Nulla.” si disse fermandosi un attimo, cercando di auto convincersi che ciò che stesse facendo era una cosa giusta. L'avrebbe perso comunque, perché fra poco sarebbe partito per chissà dove, lontano da lei per sempre. Strinse gli occhi per evitare di sentire nuovamente il suo cuore che andava in frantumi; poi riprese imperterrita a misurare la stanza con grandi falcate.
Poteva anche essere squallida o triste come trovata, ma era sicura che nessun ragazzo avrebbe rifiutato una cosa simile e, ripensando a ciò che avevano trascorso insieme si convinse del fatto che anche a Harry sarebbe piaciuto quel piccolo souvenir.

Dopo dieci minuti udì i passi di qualcuno che saliva le scale. Corse veloce verso la porta ed udì le voci dei tre amici, che scherzavano; sospirò lentamente e poi decise di aprire la porta: Harry la guardò diritto negli occhi e lei sentì che il cuore faceun balzo fino in gola.
“Harry, vieni dentro un momento?” mormorò con voce gentile, ignorando lo sguardo omicida del fratello, sperando che Hermione lo trascinasse via; fortunatamente la riccia lo afferrò per un gomito e lo spinse su per le scale. “Grazie, sei una grande amica.” pensò riconoscente, tornando ad osservare il moro, che sembrava particolarmente agitato, ma aveva appena messo piede nella camera. Lei si incamminò verso la finestra con il battito accelerato ed un fastidioso groppo alla gola. Il ragazzo studiò la stanza con modesta curiosità, ma lei sapeva che stava evitando i suoi occhi per paura di non riuscire più a staccarsi. “Oh, Harry..” si disse, mentre le emozioni le esplodevano nel petto ad un ritmo sempre più incalzante.
Quando finalmente riuscì ad aggrapparsi a quelle bellissime iridi verdi gli disse con un sorriso, dopo aver respirato affondo “Buon compleanno.”
“Si.. Grazie.” rispose lui distaccatamente abbassando lo sguardo, visibilmente imbarazzato ed indeciso sul da farsi. La rossa comprese che non sapeva se era meglio fuggire da quella stanza oppure restare lì per sempre; lo capiva benissimo, perché anche lei era combattuta. Temeva che ciò che stava per fare avrebbe peggiorato le cose e li avrebbe fatti soffrire ancora di più; ma decise di farsi coraggio e continuare nel suo intento.
“Bella vista.” sussurrò lui, indicando la finestra con un cenno del capo, ma lei decise di ignorarlo; Harry stava temporeggiando per scansare la realtà e loro non potevano continuare a vivere così. Se non voleva parlarle faccia a faccia di quello che era successo, d'accordo, a lei andava bene. Ma comportarsi come due estranei senza emozioni, no, non ce la faceva.
“Non sapevo cosa regalarti.” continuò la ragazza, con voce rilassata e serena.
“Non dovevi regalarmi niente.” concluse lui schietto, ma lei continuò ad evitare di soffermarsi su quelle frasi, perché sapeva che Harry aveva paura e voleva solo interrompere quel momento. Però lei non voleva scappare da quell'amore, non in quel momento: voleva godersi quell'ultimo attimo di tranquillità in sua compagnia.
“Non sapevo cosa ti sarebbe servito. Niente di troppo grande, perché non puoi portarlo con te.” fece lei sicura, attendendo una reazione.
Lui alzò veloce lo sguardo e quando incrociò di nuovo i suoi occhi, Ginny sostenne quel contatto con forza, senza cedere alle emozioni che si agitavano tumultuosamente in lei.
Si avvicinò di un passo e notò che il moro trattenne un sospiro; si stava emozionando anche lui e questa cosa la rallegrava, perché significava che non stava sbagliando a volere ancora un po' di intimità per loro.
“Quindi ho scelto qualcosa che ti faccia pensare a me, sai, nel caso incontrassi qualche Veela mentre sei in giro a fare quello che fai.” continuò pacatamente, senza staccargli gli occhi di dosso.
“Le possibilità di uscire con delle ragazze saranno abbastanza scarse, a essere sincero.” mormorò lui con aria sarcastica, sempre più teso ed emozionato. Stava capendo cosa aveva intenzione di fare la rossa e questo la spronò a proseguire.
“E' proprio quello che speravo..” sussurrò in un soffio, ormai a due centimetri da lui. Notò che Harry osservava le sue labbra rapito, come incantato. Gli occhi scintillavano bramosi e il suo petto si muoveva veloce, anche quello in preda ai battiti accelerati del cuore.
Ginny non perse un attimo in più, chiuse gli occhi ed azzerò definitivamente le distanze fra loro: prima toccò la sua bocca con delicatezza estrema, assaporando il profumo fresco della pelle, e poi fece in modo che lui la schiudesse per baciarlo con passione sempre più crescente.
Aveva quasi dimenticato quanto fosse bello baciare Harry Potter, quanto fosse magica la sintonia che avevano ed eccitante il ritmo incalzante delle loro lingue che si accarezzavano, delle loro labbra che si sfioravano. Aveva smarrito il ricordo di quanto fosse perfetto precipitare nell'oblio dell'amore in sua compagnia e sprofondare nelle sue braccia forti.
Il ragazzo posò una mano sulla schiena di lei e l'altra nei suoi capelli ramati, che Ginny sapeva quanto adorava. Il fatto che la stesse toccando, le fece sentire quanto amore provasse ancora nei suoi confronti e quest'emozione crebbe veloce dentro di lei, che reagì aumentando la passione del loro bacio. Si stavano desiderando come non avevano fatto mai, perché ora sentivano entrambi che la loro unione era autentica, speciale, unica.
Se avesse potuto sarebbe rimasta incollata a lui per tutta la vita, finché qualcuno non li avesse separati per sempre. Perché Ginny Weasley senza Harry Potter era nulla.
Ma così fu.

D'improvviso la porta della sua cameretta si spalancò, provocando uno schiocco secco. I due si separarono veloci, sbandando a causa di quel rumore; gli occhi color nocciola corsero veloci verso la fonte di quel trambusto e non si meravigliarono di scoprire che a provocare tutto ciò era stato suo fratello. Un'emozione mista fra rabbia, delusione ed imbarazzo si impadronì di lei, facendola sentire uno straccio.
“Oh, scusate.” fece il rosso, sarcastico.
“Ron!” Hermione era alle sue spalle, senza fiato. Probabilmente aveva corso per le scale nella speranza di riuscirlo a bloccare, ma non c'era riuscita. Calò un silenzio teso all'interno della stanza: era qualcosa di veramente straziante ed imbarazzante.
Ginny si sentì morire dalla vergogna, ma cercò di contenersi e disse con una vocina spezzata dalla collera che si era impadronita di lei “Beh, comunque buon compleanno, Harry.” Però non azzardò più a guardarlo negli occhi, perché non sapeva quanto avrebbe retto in quella situazione.
Suo fratello aveva le orecchie scarlatte e sembrava fumare dalla rabbia; Hermione era come al solito nervosa e probabilmente si sentiva in colpa per non aver trattenuto l'amico ai piani superiori.
Harry era talmente teso che Ginny, la quale adesso fissava le sue mani, notò che queste ultime tremavano visibilmente. Forse anche lui avrebbe desiderato sbatterli fuori da quella stanza e mandarli a quel paese, eppure entrambi sapevano che quel gesto del rosso li aveva ricollegati alla realtà e che adesso nulla poteva tornare come prima: quel momento era svanito nel nulla, per sempre. L'amore nel quale si erano rifugiati in quei brevi attimi per fuggire il doloroso presente, aveva lasciato posto ad un gelo insopportabile, che sembrava tagliare a fette la loro intimità.
La rossa sentì gli occhi del moro posarsi su di lei: probabilmente voleva dirle qualcosa, ma non fu abbastanza veloce e lei non riuscì più a sopportare quel momento imbarazzante e si voltò di spalle. Riusciva a percepire le lacrime che si facevano spazio prepotentemente fra le sue palpebre strette in una morsa di disperazione. Lui non poteva fare nulla per consolarla davanti a Ron, lo sapeva perfettamente, quindi in quel momento non c'era più nulla da fare. Doveva andarsene via e portare con sé anche i suoi amici. Ginny aveva bisogno di stare sola, di sfogarsi e soffrire in tranquillità.
“Ci vediamo dopo.” le mormorò con voce dispiaciuta, e seguì gli altri due fuori.
Hermione guardò verso di lei affranta, ma la rossa scosse il capo e le intimò di lasciarla in pace. Fortunatamente la riccia comprese i suoi sentimenti e si avviò giù per le scale, senza dire nulla. Quando la porta si chiuse con uno scatto, Ginny si gettò sul letto ed iniziò a piangere in modo convulso, ma silenzioso. Non si sentiva così dal giorno del funerale di Silente, dove aveva già dovuto dirgli addio.
Sentì dei rumori nel cortile e lanciò un occhiata attraverso la finestra, con gli occhi appannati dalle lacrime: Ron stava in piedi sul prato appena falciato, Harry era ad un metro da lui e più distante c'era Hermione, visibilmente spaventata dalla possibile reazione del rosso.
“L'hai piantata e adesso cosa fai, la prendi in giro?” sbottò lui furente, indicando l'amico con aria accusatoria.
“Non la sto prendendo in giro.” rispose calmo Harry. Quella sua solita pacatezza era solo un sintomo di una collera soffocata, Ginny lo sapeva benissimo.
Hermione si avvicinò e sussurrò con dolcezza “Ron...”
Ma lui alzò una mano per zittirla. Era incavolato nero, si riusciva a vedere anche da camera sua. “Era a pezzi quando l'hai lasciata...” continuò con la voce che tremava dalla rabbia. Ginny sentì una fitta di malinconia e di dolcezza attraversarle il cuore: suo fratello veramente si preoccupava per lei. Sapeva che aveva aperto la porta per il suo bene e da un lato lo ringraziava; ma dall'altro avrebbe voluto anche parlare con Harry oltre che baciarlo, per dirsi magari tutto ciò che non avevano avuto il tempo o il coraggio di confessarsi.
“Anch'io. Lo sai perché ho chiuso, non l'ho voluto io.” mormorò teso il moro, senza guardarlo: fissava un punto indefinito sul prato, con occhi inespressivi.
“Sì, ma adesso ti trovo lì a baciarla, e magari lei spera ancora...” incalzò Ron infastidito, senza abbassare gli occhi dal suo amico.
Non è una stupida, sa che non può succedere, non si aspetta che noi... finiamo per sposarci, o...” iniziò deciso, ma Ginny notò che sta volta il suo sguardo andava lontano, magari in un ipotetico futuro dove lei si sposava con qualcun altro, dove i loro destini sarebbero stati separati. Le lacrime calde continuarono a rigarle le guance incessantemente; sentì sempre più viva la consapevolezza che si sarebbero lasciati per sempre.
“Se continui a metterle le mani addosso tutte le volte che puoi...” insistette il rosso ancora nervoso, ma con la voce più pacata.
“Non succederà più.” ribatté Harry, aspramente. Sta volta alzò quei bellissimi smeraldi da terra, che si inchiodarono a agli occhi di suo fratello: quel verde brillava alla luce del sole, mostrando quanto il suo animo fosse affranto. Era evidente come tutto questo gli facesse male, come soffrisse indicibilmente, come era difficile per lui dire che non si sarebbe mai più avvicinato a lei, ma quello era il momento giusto per prendere una decisione così complicata. “Va bene?”
Ron era sempre irritato, ma presto sopraggiunse l'imbarazzo; si dondolò avanti e indietro, poi disse “D'accordo, be', allora... va bene.” Hermione sospirò rincuorata, appoggiando una mano sulla propria fronte; dopodiché si avvicinò al rosso e lo tirò per la maglietta, intimandogli di lasciare un po' tranquillo Harry. L'altro accettò e si allontanò insieme a lei.
Appena entrambi furono di nuovo in casa, il moro scaricò la tensione con un sospiro, rilassando le spalle che fino a quel momento erano rimaste rigide. In seguito alzò veloce lo sguardo verso la finestra di Ginny, la quale si abbassò veloce, affinché lui non potesse vederle, ma lei riuscisse ugualmente ad osservarlo. I suoi occhi erano pieni di tristezza e di dispiacere e lei avrebbe voluto tanto alzare la testa, sorridergli e correre giù da lui per consolarlo; ma non poteva e lui neppure.

No, non potevano.

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Stava seduto contro un albero nel giardino della Tana e rimuginava su ciò che era appena accaduto: l'invito ad entrare nella sua stanza, i loro occhi che si incontravano, il suo respiro così vicino, quel profumo incantevole che gli aveva pervaso le narici, le loro labbra che danzavano ad un ritmo veloce ed appassionato... era stato meglio del Whisky incendiario! Poi, però, tutto si era distrutto così velocemente, che Harry ancora stentava a crederci. Una cosa era sicura: si sentiva un idiota. Nel momento in cui Ron aveva fatto irruzione nella stanza di Ginny, lui non era riuscito a spiccicare nemmeno una sciocca parola per confortarla.
“Che stupido che sono.. che razza di cretino..” si ripeteva a bassa voce a ritmo costante, mentre sbatteva il retro della propria testa contro la corteccia dell'albero.
Poi gettò di nuovo uno sguardo verso la finestra della cameretta al terzo piano, ma nulla.
Sospirò affranto e mormorò un breve “Mi dispiace, Ginny, mi dispiace davvero..”
Perché realmente era rammaricato per quella situazione, ma se fosse salito da lei per parlarle sarebbero caduti nuovamente in tentazione e si era già ripromesso più volte di evitare situazioni simili; per di più ora aveva avuto una vera e propria discussione con il suo migliore amico, quindi se sta volta avesse anche soltanto azzardato ad avvicinarsi a sua sorella Ron l'avrebbe ammazzato, ne era certo.
“Quindi ho scelto qualcosa che ti faccia pensare a me, sai, nel caso incontrassi qualche Veela mentre sei in giro a fare quello che fai.” sentì la voce rilassata della rossa rimbombargli nella testa; chiuse gli occhi ed abbandonò il capo contro il legno duro del platano, aprendo le labbra in un piccolo sorriso. Come poteva anche soltanto credere lontanamente che Harry avrebbe cercato qualcun altra in quel viaggio, per di più una Veela, ed averci una storia? Non ci sarebbe mai riuscito, ma in fondo lo sapeva anche lei. Amava scherzare e lui l'adorava per questo, perché se ne usciva con queste trovate divertenti. Era unica!
“Come faccio a provarci con un'altra dopo questo bacio...” sussurrò in un soffio, inumidendosi le labbra per gustare un altro po' quegli istanti di poco fa. “Sei perfetta, Ginny.”
Poteva sembrare stupido il fatto che stesse parlando ad alta voce, ma si sentiva meglio. Era come se si stesse sfogando; inoltre se qualcuno avesse dovuto origliare le sue parole, di sicuro sarebbe stato uno gnomo impiccione. Rise divertito all'idea di quegli esserini che ascoltavano i suoi ragionamenti.
Poi sospirò, aprì gli occhi e decise di alzarsi per tornare in casa: di sicuro la signora Weasley aveva bisogno di una mano per i preparativi del matrimonio di Bill e Fleur.
Il matrimonio..” pensò, mentre calpestava l'erba verde chiaro, terrorizzato all'idea di dover resistere un'intera serata in compagnia di una Ginny stupendamente vestita, pettinata e profumata, ovviamente senza guardarla neanche di sfuggita. “Impazzirò.” sussurrò infine affranto, aprendo la porta e facendo ritorno nella Tana.

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Il giorno del matrimonio Ginny era nella stanza con sua madre, Fleur, Gabrielle e la madre della francese. Si stava annoiando a morte, ma poco poteva farci: il suo destino era quello della damigella d'onore, almeno in quella calda giornata d'estate. Indossava un vestitino dorato con un delicato scollo a V, che le stava davvero in modo incantevole, ma i suoi pensieri erano rivolti altrove. Sapeva che Harry aveva ingerito della pozione polisucco per non essere riconosciuto durante la cerimonia ed il ricevimento; sarebbe stato un loro cugino di nome Barny. Chissà se l'avrebbe riconosciuto in mezzo agli altri...
Barny..” pensò sorridendo con dolcezza.
Quanto avrebbe voluto fuggire via con lui, anche sotto forma di un rosso Weasley.

*

Quando uscì nel cortile in compagnia di Gabrielle, dietro il lungo vestito di Fleur, sentiva tutti gli occhi puntati su di lei e si chiese se anche Harry la stesse guardando; difatti una volta arrivata all'altare ed aver visto come suo fratello Bill fosse rimasto ammaliato dalla sua sposa, Ginny si guardò attorno sorridendo ed incontrò lo sguardo del famigerato Barny: era così strano! Inoltre le venne da ridere, perché per quanto fosse rosso ed avesse dei buffi ricci in testa riusciva a riconoscere le sue espressioni.
Ti conosco troppo bene..” pensò divertita facendogli l'occhiolino. Harry si irrigidì un po' sulla sedia e si guardò attorno scaltro, forse per vedere se Ron si era accorto di quel gesto della rossa; poi le rivolse un debole sorriso imbarazzato e tornò a guardare altrove.
A quel punto la ragazza si voltò di nuovo per ascoltare la cerimonia, soffocando a fatica quel sorrisetto divertito e pieno di dolcezza.

*

Stava seduta a parlare con Luna ed ascoltava tutte le sue riflessioni sull'esistenza dei Gorgosprizzi ed animali fantastici simili, sorprendendosi nuovamente per quanta fantasia e curiosità avesse quella ragazza: era incredibile! E le voleva davvero bene, per quanto a volte i suoi ragionamenti non seguissero alcun senso logico.
Harry chiacchierava con Viktor Krum, ma non era seduto così distante da lei; infatti aveva sentito il moro dire al ragazzo straniero che Ginny era impegnata con un tipo grosso e anche particolarmente geloso, quando quello gli aveva chiesto se la rossa era libera; quindi gli consigliò per il suo bene di non avvicinarsi a lei. Era stato difficile trattenere le risate, perché quella cosa l'aveva divertita tantissimo, ma decise di far finta di nulla, come faceva anche lui d'altro canto.

Dopo alcuni minuti Lee Jordan si avvicinò a lei salutandola. “Hey Ginny, come stai?”
“Lee!” esclamò lei allegra, abbracciandolo “Alla grande! Tu?”
Il ragazzo di colore le sorrise felice “Bene, dai, mi ha fatto piacere riunirmi alla famiglia Weasley. Ma quanti siete? E poi tutti rossi!”
Lei rise divertita “Già hai ragione, siamo una tribù!”
Dopo alcuni minuti di chiacchiere su ciò che accadeva a Hogwarts e sulla vita del ragazzo, le chiese se le andava di ballare.
La rossa si sentì lusingata da quella proposta e disse con un sorriso cordiale “Certamente!”
Le prese la mano ed iniziarono a danzare allegri. Lee Jordan era un amico di vecchia data di Fred e George, un Grifondoro esemplare ed anche un ragazzo niente male; la conosceva da quando era piccola, ma adesso sembrava guardarla con altri occhi, non più quelli di una volta.
Mentre sorrideva insieme a lui, scherzando sul fatto che fossero entrambi una frana a ballare, Ginny incontrò lo sguardo di Harry: nonostante il viso fosse totalmente diverso da quello solito, riuscì a vedere quanto il ragazzo fosse rimasto infastidito dal fatto che lei stesse danzando con Lee. Si arrestò nel vederla lì sulla pista da ballo abbracciata con un altro, ma poi si riprese e si allontanò da lì.
“Chi era quello lì che ti ha squadrata in quel modo?” chiese curioso il ragazzo di colore.
“Nessuno,” rispose Ginny a malincuore “un cugino lontano di cui non ricordo nemmeno bene il nome.”

*

«Il Ministero è caduto. Scrimgeour è morto. Stanno arrivando».

Ginny spalancò gli occhi esterrefatta.
Non era possibile, non poteva crederci!
Tutti entrarono nel panico, il tendone che ospitava il ricevimento si riempì di urla di terrore ed il caos regnò sovrano.
Si guardò intorno spaventata alla ricerca di sua madre e suo padre, ma non riusciva a trovarli. Si avvicinò a Luna e insieme iniziarono a correre verso l'interno della casa; mentre scappava veloce d'improvviso li vide: Harry, Ron e Hermione si tenevano per mano e si smaterializzarono velocemente.

Le si fermò il cuore in gola.

Non l'aveva salutato.

Se n'era andato.

Per sempre.

Un raggio di luce le sfrecciò sopra la testa, così riprese a fuggire.

Buona fortuna.” pensò soltanto in direzione dei suoi tre amici, cercando di mettersi al riparo.

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Capitolo 12
*** Distanti. ***


! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Come va? Spero bene :)
Allora questo episodio sarà moooolto particolare e diverso dal mio solito stile. Dato che i nostri due innamorati sono distanti, in quanto Harry è partito e Ginny si trova a scuola, ho deciso di struttare il capitolo in questo modo: la rossa scriverà su un diario ed il moro ci comuncherà i suoi pensieri in momenti di pausa del suo viaggio. Spero vi piaccia nonostante sia un po' differente ed i due personaggi parlino in prima persona. Fatemi sapere che ne pensate, grazie! Vi auguro una buona lettura! Un bacio grande! :)

 


 


# Distanti...

 



10 Ottobre 1998, Sala Comune di Grifondoro, Hogwarts

 

 

 

Caro Harry,
avrei quasi voluto scriverti una lettera, ma tranquillo non lo farò.
Non vorrei mai che tu rischiassi la vita per leggere le mie stupide riflessioni, assolutamente.
Però una settimana fa, durante la cerimonia di Smistamento ho capito che Voldemort è arrivato a Hogwarts e ho avuto paura, Harry.
Tutto quello che avevi preannunciato si sta realizzando e vorrei tanto che tu fossi qui, perché saresti l'unico a poterci aiutare.
Per questo ho preso un mio vecchio diario e ho iniziato a scrivere di getto, tutto quello che mi veniva in mente e ora sono seduta qui in Sala Comune, indirizzandoti i miei pensieri.
Tranquillo niente zampino di Tom Riddle, è solo uno stupido insieme di innocui fogli di carta.
Ne ho bisogno, perché in questo modo ti sento sempre al mio fianco ed il coraggio torna a pulsare nelle mie vene.
Ecco a te le novità: Severus Piton è divenuto preside e i fratelli Carrow sono entrambi insegnanti.. dire che la nostra scuola è un inferno, credimi, è dir poco.
Ma noi vogliamo ribellarci, Harry. Non staremo al loro gioco!
Metteremo i piedi in testa ai Mangiamorte e ci riusciremo, fidati!
Per questo motivo io, Luna e Neville abbiamo deciso di restaurare l'ES, anche se senza te, Ron e Hermione non sarà lo stesso.. questo è ovvio, ma dobbiamo farlo.
Bisogna che noi prendiamo in mano la situazione, per salvare i poveri ragazzini del primo anno, per donargli una speranza, per fargli capire che questa non è Hogwarts.
No, questa non è Hogwarts.
Io rivoglio la mia scuola, quella dove potevamo correre lungo il lago, dove potevamo ridere e scherzare, dove potevamo amare ed essere sereni.
Rivoglio quella Hogwarts e loro non potranno impedirci di riprendercela!

Detto questo spero che tu sia bene, Harry.
Penso a te continuamente e mi chiedo che cosa tu stia facendo lì fuori insieme a mio fratello e alla mia migliore amica.

Ascolto in ogni momento di pausa la radio, insieme agli altri, sapendo che se per caso dovesse esservi successo qualcosa, farebbero immediatamente un servizio e lo manderebbero in onda.
Ogni volta che accendo quel maledetto apparecchio, mi tremano le mani ed il cuore inizia a battere veloce.
Perché sono terrorizzata dall'idea di perdervi.
Soprattutto di perdere te, Harry.
Se dovesse succedere, ti giuro che ucciderei chiunque l'abbia fatto, Voldemort compreso.
Ecco, mi è scesa una lacrima e ho bagnato la carta di questo stupido diario, ma non c'è problema.
Chissà quando vedrai queste pagine.
Io ogni notte prego che tu riesca a vederle un giorno, magari quando saremo insieme davanti ad una burrobirra, scaldati dal calore di un caminetto.
Prego di poterti rivedere, di poterti riassaporare, di poter essere osservata da quei bellissimi occhi color smeraldo.
Oh, Harry, quanto mi manchi!
Adesso vado, la pausa è terminata.
Sei sempre nel mio cuore, e così sarà per l'eternità.
Tua Ginny.

 

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Pensieri: #1

 

 

 

Non so bene che giorno sia e non so neanche di preciso dove siamo.
Vaghiamo senza meta da quasi due mesi e ho paura, una paura snervante di non riuscire a fare ciò che mi ero ripromesso.
Ora stando seduto qui, su questo sasso, guardo il grande lago grigio di fronte a me, che riflette la cupezza delle nuvole, spesse come un muro di mattoni e scure come la Foresta Proibita di notte.
Ron e Hermione sono da qualche parte nei pressi della tenda, ma io avevo bisogno di pensare, da solo.
L'unica cosa che mi viene in mente in questo istante di silenzio e di distacco dai miei problemi sei tu, Ginny.
L'unico motivo per il quale mi sento ancora vivo, perché talvolta il mio cuore sprofonda a causa della desolazione e del terrore che mi attanagliano le viscere.
Oh, Ginny, ancora ripenso al giorno del matrimonio di Bill e Fleur e davanti ai miei occhi appare, come se fosse ieri, la tua figura avvolta da quel bellissimo abito dorato, che abbagliava qualsiasi altra cosa.
Eri splendida come sempre e sorridevi con quelle tue labbra aggraziate schiuse delicatamente; quelle stesse labbra che mi hanno baciato il giorno del mio compleanno.

Il fatto che, dopo quell'episodio, ti dovessi stare lontano accresceva ancor più il desiderio di averti.
Quanto mi pento di non averti salutato, di non averti parlato o semplicemente baciato prima di fuggire dalla festa.
Ora avrei bisogno di te.
Anzi, è una certezza: ho bisogno di te, Ginny.
Talvolta mi sento incompreso: Ron e Hermione sembrano riporre sempre meno fiducia in me e anche io mi sento sempre più scoraggiato.
Sapevo che sarebbe stato difficile, ma speravo di ottenere qualche risultato, anche se minimo e invece niente: siamo qui, persi in una landa desolata alla ricerca di una pista, aspettando che qualcosa ci dia un segno per indicarci la via che dobbiamo proseguire.
Tuo fratello ascolta ogni giorno la radio e io tiro un sospiro di sollievo quando nessuno di voi rimasti a Hogwarts viene nominato.
Cosa farei se ti succedesse qualcosa?
Non lo so, davvero non lo so.
E' per questo che dovrei sbrigarmi, dovrei risolvere questa situazione.
Ma più passa il tempo, più cresce il timore di non riuscire a salvare il mondo magico.
Non sono capace di sconfiggere Voldemort, lo sento.
E' troppo potente e gli Horcrux sono sparsi in giro, chissà dove.
Non ho alcuna possibilità contro di lui.
Io non sono il prescelto, Ginny.
Non posso davvero esserlo.
Non ce la farò, mai.
Ho così tanta paura, vorrei fuggire via.
Scappare lontano e portarti con me, dove nessuno mi conosce, dove Voldermort non esiste.
Ginny..
Se solo potessi tornare lì e farlo per davvero.
Se solo fosse così semplice.
Mi fa male il cuore e il mio cervello sta per esplodere.
Mi manca l'aria.
Aiuto, aiutami ti prego.
Ho bisogno della tua forza, del tuo coraggio.
Ho bisogno del tuo interminabile ottimismo.
Ginny..

 

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20 Dicembre 1998, Sala Comune di Grifondoro, Hogwarts

 

 

 

Caro Harry,
ho deciso di scrivere ogni mese qualche pagina di questo diario, cosicché io possa sfogarmi ed un giorno, quando ci rincontreremo, mostrarti qual è stata la nostra vita qui a Hogwarts senza di voi.
I Mangiamorte ci stanno andando giù pesante con le punizioni, altro che la Umbridge.
Loro ci mettono letteralmente le mani addosso, infischiandosene dei nostri diritti.
Non possiamo dire nulla, Harry, perché qui loro dettano legge e noi dobbiamo subire.
Questa è la nostra vita.
Non ti sembra assurdo?
Per me è qualcosa di disgustoso, questo posto non è più una scuola: è un carcere.
Ma noi abbiamo trovato il modo di lottare, Harry.
Si.
Noi subiamo le punizioni, ma soltanto perché ci ribelliamo!
Non ci toglieranno la libertà di pensiero, perché è l'unica cosa che c'è rimasta.
Per questo quando usciamo dai loro studi pieni di lividi, praticamente percossi, siamo felici.. perché stiamo lottando per il nostro futuro!
Dovresti vedere Neville, è una persona fantastica, è diventato forte e coraggioso; sono sicura che saresti fiero di lui, io lo sono.
E poi ci sono Luna, Seamus, Lavanda, Calì, Ernie, Hannah, Padma, Michael, Terry ed Anthony, che come noi stringono i denti e fronteggiano con coraggio questa situazione.
I più piccoli ci ammirano e coloro che hanno paura ci evitano.
Ma noi camminiamo a mento alto nei corridoi, nonostante le persone osservino sconvolti le nostre ferite.
Fortunatamente la McGrannit ci aiuta a curarci, portandoci durante la notte di nascosto in infermeria.
E' davvero una donna fantastica, si occupa di noi come se fosse nostra madre e sono orgogliosa di essere nella sua casa.
Quando riesce mi chiede notizie di te, Ron e Hermione, ma io le rivelo che purtroppo non so nulla.
Quanto vorrei sapere qualcosa di voi, anche una sola frase alla radio che dica “Stanno bene”.
Sarebbe fantastico, ma so che non è possibile.
Per questo di notte, prima di addormentarmi, ascolto per l'ultima volta la stazione di Lee e sento i nomi dei caduti; poi chiudo gli occhi e prego, ringraziando il fatto di non aver udito i vostri.
Non so a chi rivolga le mie preghiere, ma lo faccio perché mi rassicura.
Il giorno dopo, quando mi sveglio, la mia routine ricomincia daccapo e talvolta mi chiedo se non impazziremo tutti prima o dopo.
Qui tanti sperano nel tuo ritorno vittorioso e io so quanto ti stia pesando la consapevolezza di avere i fili del destino fra le mani.
Lo so.
Sarai a pezzi, ma io credo in te, Harry.
Tu ci riuscirai ne sono sicura, anche se adesso probabilmente hai paura.
Tu sei il mago più potente che abbia mai conosciuto.
Vincerai, Harry, vedrai.
Voldemort non ha nessuno, tu hai noi.
E quando tutto sarà finito, potremo vivere insieme come ho sempre sognato.
Solo tu ed io, nessun altro.
Adesso vado, il mio tempo è terminato.
Eternamente tua,
Ginny.

 

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Pensieri: #2

 

 

 

Ron se n'è andato, ancora non posso crederci.
Sono furioso, spaccherei tutto ciò che è sul mio tragitto se solo potessi.

Urlerei fin quando terminerei l'aria nei polmoni.
Ma devo mantenere la calma, assolutamente.
Devo confortare Hermione: è totalmente a pezzi.
Non credevo che c'avrebbe davvero lasciati, eppure l'ha fatto.
Adesso, mentre svolgo il turno di guardia fuori dalla tenda, sento i piccoli singhiozzi di lei.
Non ce la faccio a vederla così, mi si stringe il cuore.
Non se lo merita.
Non ce lo meritiamo.
Alzo lo sguardo e guardo il cielo scuro trapuntato di stelle.
Oh, Ginny... perché?
Ora che se n'è andato Ron la mia sicurezza sta vacillando e ho davvero paura.
Cosa ci succederà?
Cosa ne sarà del futuro del mondo magico?
Non ho più certezze Ginny.
Spero solo che tu stia bene.
Se ti dovesse accadere qualcosa..
Io...
Io...
Le lacrime mi stanno rigando le guance.
Adesso piango pure, Ginny.
Non riesco neanche più a controllarmi.
Se solo tu fossi qui con me: appoggerei il capo sulle tue gambe e mi farei accarezzare i capelli, sono sicuro che riusciresti a calmarmi e ad infondermi quella sicurezza che adesso non riesco più a trovare.
Ma mi basterebbe soltanto rivederti: la tua immagine mi donerebbe il coraggio necessario per proseguire.
Provo a chiudere gli occhi e a pensare a quei mesi bellissimi trascorsi insieme a scuola.
Sorrido.
Sei stupenda.
Eccoti, con i tuoi capelli ramati e la tua espressione dura, raggiante, solenne.
Sei perfetta.
Sei mia.
Apro gli occhi: mi sento meglio.
Lo sapevo che mi bastava pensare a te per riprendermi.
Sento il letto di Hermione cigolare.
Dev'essersi alzata perché dobbiamo darci il cambio per la guardia.
Almeno vado a dormire un po'.
Speriamo che vada tutto bene domani, Ginny.


 

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30 Aprile 1998, Sala Comune di Grifondoro, Hogwarts

 

 

 

Caro Harry,
ti scrivo solo adesso perché non ho più avuto la forza di farlo.
Devo essere onesta, pensarti causava in me una sofferenza troppo grande e, così, cercavo di studiare, soffocando il tuo ricordo.
Dopo le vacanze di Pasqua sono stata a casa per molto tempo e non ho avuto modo di dedicarmi a questo diario.
Ma ieri sono tornata e oggi è successo qualcosa, qualcosa di magnifico e quindi non posso far altro che sperare.
Sono vere le voci che corrono?
Siete riusciti realmente a fare tutto ciò?
Qui, da ieri, si parla delle vostre azioni eroiche e sembra che la fiducia sia rinata in noi.
Si può tastare con le dita l'eccitazione e la voglia di lottare!
Quando abbiamo saputo dell'accaduto non riuscivamo a stare nella pelle dall'emozione, Harry.
Terry Steeval stasera, durante la cena in Sala Grande, si è alzato in piedi sulla panca di legno e ha urlato a squarcia gola che tu, Ron e Hermione avete rubato nella camera blindata di Bellatrix Lestrange.
Oh, Harry.
Non puoi capire quanto è stata bella la reazione dell'intera scuola: è esploso un applauso fragoroso e tutti hanno fischiato soddisfatti.
Purtroppo Terry è stato punito duramente e mi dispiace tantissimo che abbia dovuto subire quando tutti noi siamo della stessa sua idea.
Amycus l'ha massacrato.
Eppure lui sorrideva raggiante, quando è tornato da noi.
Ma adesso basta!
Sentiamo che qualcosa si sta muovendo, Harry.
Per questo motivo abbiamo deciso che domani sera ci chiuderemo nella Stanza delle Necessità per organizzare una ribellione.
La guerra sta per iniziare, con o senza di te.
Ma noi ci faremo onore, te lo prometto.
Combatteremo come se non vi fosse un domani.
Perché in realtà non c'è un futuro possibile.
In queste condizioni non esiste un avvenire per Hogwarts.
Ora vado, Harry.
Spero di rivederti presto, almeno ora so che sei vivo.
Tua Ginny.

 

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Pensieri: #3

 


 

Mentre seguo Neville attraverso il buco del ritratto di Ariana, sento di avere il fiato corto ed il mio cuore, al contrario, accelera impetuoso il suo battito.
Quando ho visto apparire lui, da dietro il dipinto, quasi non ci credevo!
E' ridotto male, malconcio e ferito: mi ha fatto no strano effetto vederlo così.
E' stato tutto così veloce e così assurdo, che ancora stento a credere ai miei occhi.
La decisione di tornare a Hogwarts, passando per Hogsmeade.

I Mangiamorte che ci hanno scoperti.
Aberforth Silente, la cui esistenza non era a me nota.
La storia della sorella ed infine il passaggio segreto per entrare nel castello.
No, davvero, sono troppe cose, mi fa male la testa.
Per di più Voldemort è realmente arrabbiato e sta per arrivare.
Non so se ce la posso fare.
Non volevo che tutti sapessero del mio ritorno, ora chissà cosa pretenderanno da me.
Io non sarò in grado di rispondere ai loro interrogativi, diamine!
Ma so già che mi verranno poste un miliardo di domande ed io, Ron e Hermione dovremo eluderle per poter proseguire nel nostro piano.
Ma in fin dei conti non so dove diavolo si trovi questo Diadema Perduto, quindi qualcuno potrebbe aiutarci.
Non abbiamo molto tempo; dovrò essere svelto, assolutamente.
E se vedo te, Ginny?
Come faccio a carpire le informazioni necessarie ed abbandonarvi tutti nuovamente se ci sei anche tu?
Non credo di esserne capace, non potrei mai ignorarti.
Oh, ecco, adesso mi sto davvero agitando al pensiero di rincontrarti.
Non sono pronto.
Non so cosa dirti.
Sospiro.
Neville parla di tutto ciò che sta succedendo a Hogwarts da quando noi non ci siamo più e resto sconvolto, forse non capendo appieno ciò che realmente avete passato tutti voi.
Sono terrorizzato dall'idea di trovarti nelle sue stesse condizioni.
No, non sarà così.
Ripenso al matrimonio.
La mia mente inizia a ricordare e i miei occhi sono abbagliati dall'immagine del tuo sorriso.
Mi rilasso.
Svoltiamo per un angolo e poi varchiamo la fine del tunnel di pietra.
Entriamo in una stanza.
Urla di stupore e strilli di felicità rimbalzano contro i miei timpani.
Aggrotto le sopracciglia spaesato e mi guardo intorno: parecchia gente mi stringe, dandomi forti pacche sulla schiena.
Neville dopo un po' allontana questa calca e riesco finalmente a studiare i volti dei presenti.
Ne cerco solo uno.
Non c'è.
Dove sei, Ginny?

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Capitolo 13
*** La battaglia di Hogwarts (I). ***


 

! Nota dell'autrice. Salve gente! Innanzi tutto scusate per il ritardo.. ma non potete capire quanto c'ho messo per creare questo episodio: chiaramente ho citato molti pezzi del libro, perché per me erano troppo importanti e li ho fatti vedere attraverso gli occhi di Ginny, ma poi creare delle scene nuove è stato difficilissimo (tra l'altro sono stata anche poco bene, quindi chiedo scusa >.<)! In ogni caso in questo capitolo ho dato voce quasi solamente ai pensieri di Ginny, in quanto avevo voglia di darle più spazio. La parte della battaglia penso sia molto importante ed interessante dal suo punto di vista.. infatti ho deciso di suddividerla in due parti. Spero davvero di aver reso bene la tensione, l'emozione ed il desiderio di combattere che prova la nostra ragazza Weasley! Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! E adesso vi auguro soltanto...una buona lettura! :)
 

 


 


# La battaglia di Hogwarts... (I)
 


 

Ginny era agitata e allo stesso tempo emozionata. Dopo aver fatto una piccola fuga a Hogwarts*, durata solamente due giorni, era nuovamente tornata a casa sotto pressione dei propri genitori; ma quella sera era arrivato il messaggio: i numeri sulla fascia del galeone falso dell'ES erano cambiati e la moneta aveva cominciato a scaldarsi. Era il segnale, dovevano tornare a Hogwarts perché Harry era lì. Quando aveva compreso l'importanza della situazione attese che i suoi fratelli rientrassero a casa. Fortunatamente anche Fred e George avevano ricevuto il messaggio ed avevano deciso di recarsi a scuola insieme a lei. La ragazza chiese ai due di non dire niente alla madre; se la situazione fosse peggiorata i loro genitori l'avrebbero certamente saputo e quindi si sarebbero recati anche loro al castello. Dopo vari ripensamenti i due gemelli avevano accettato e così si recarono a Hogsmeade, dove incontrarono anche Lee Jordan. per accedere attraverso il negozio di Aberforth.
“Hey, caro vecchio Ab!” salutarono allegri di due gemelli, mentre Ginny si limitò a fare un piccolo sorriso e Lee un cenno con il capo.

“Sbrigatevi, diamine!” sbottò l'uomo barbuto, chiudendo con uno scatto fragoroso la porta alle loro spalle e spingendoli verso il passaggio dietro il quadro di Ariana “Siete in troppi! Quando mi lascerete andare a dormire?” continuò grugnendo, mentre aiutava la rossa a varcare la soglia del tunnel, con maggiore delicatezza.
“Devono essere arrivati anche gli altri!” esclamò Fred entusiasta, ignorando l'uomo, ma George aggiunse in sua direzione “Spero siano finiti, abbi un po' di pazienza vecchio Ab... sta iniziando la rivoluzione!”
Lui gli lanciò un occhiataccia ed il quadro si chiuse. “Simpatico.” sussurrò Fred a Lee e al fratello sghignazzando mentre percorrevano il corridoio di pietra.
“Beh un po' lo capisco,” fece il ragazzo di colore “immagina avere gente che ti piomba nella locanda ogni due minuti!”
Ginny cercò di ignorare i loro ragionamenti ed iniziò a respirare lentamente, per calmare la propria agitazione. L'idea di rivedere Harry la scombussolava nel profondo, perché questo momento le era sembrato sempre qualcosa di lontano ed irraggiungibile; invece ora, varcato l'uscio di quel passaggio, l'avrebbe rivisto per davvero.
Sospirò ed accelerò il passo distanziando i tre ragazzi. Quando passò finalmente attraverso il buco nella parete, seguita da Fred, George e Lee, incontrò immediatamente lo sguardo smeraldino di Harry. 

Il cuore fece una piccola capriola nel suo petto e per un attimo sentì gli occhi divenire umidi dall'emozione: era incredibile che fosse lì dinnanzi a lei, vivo! Ma si sforzò di contenersi e gli rivolse un semplicissimo sorriso, che fu però il più radioso di sempre.
Harry si pietrificò per alcuni istanti fissandola incredulo, incantato. Per questo motivo lei poté osservarlo accuratamente: era visibilmente dimagrito, aveva il volto stanco, due grandi occhiaie sopra gli zigomi e gli indumenti logori. Non l'aveva mai visto in quelle condizioni, neppure quando l'aveva tratta in salvo dalla Camera dei Segreti, oppure quando aveva lottato contro Voldemort nel Ministero della Magia. Era davvero provato, ma nonostante ciò Ginny era convinta che lui fosse il ragazzo più bello di tutta la stanza e capì che lo amava ancora profondamente.
Poi incrociò lo sguardo del fratello e di Hermione che le sorrisero: vederli lì, sani e salvi, le sembrava un sogno.
“Aberforth è un filino seccato,” annunciò Fred, alzando la mano in risposta a diverse grida di saluto, che li avevano accolti quando erano entrati nella stanza “vorrebbe andare a dormire e il suo pub è diventato una stazione ferroviaria”.

Dopo alcuni secondi dal passaggio di pietra sbucò anche Cho Chang e la rossa, quando incrociò il suo sguardo, non riuscì a mascherare la propria ostilità. La ragazza la ignorò rivolgendosi direttamente con un sorriso mieloso a Harry “Ho ricevuto il messaggio.” gli disse, mostrando il suo galeone falso, e andò a sedersi vicino a Michael Corner.

Poi George e gli altri chiesero al moro quale fosse il piano, ma il ragazzo non sembrava averne uno. Ginny corse verso Luna, abbracciandola forte, e poi si avvicinò a Dean per salutare anche lui e prese ad ascoltare, insieme a Seamus, la storia di dov'era stato tutto quel tempo sedendosi su una grossa poltrona in pelle; ma la sua mente era altrove: stava ragionando sul comportamento di Harry.. perché era arrivato lì senza avere la minima idea di cosa fare? E perché si adirava quando gli altri credevano in lui e aspettavano qualcosa dal suo arrivo? Quello era il piano! Quando il galeone falso si era scaldato lei sapeva che tutto sarebbe cambiato, che la guerra sarebbe scoppiata. Invece il ragazzo sembrava non avere intenzione di lottare: quel viso turbato e stanco, quegli occhi freddi e sfuggenti.. cosa gli era successo?

Ron si voltò di scatto verso Harry, includendo anche Hermione, e Ginny si accorse che i tre amici stavano confabulando fra loro; si erano sempre comportati così, la rossa lo sapeva per esperienza personale, ma ancora adesso le dava fastidio questo atteggiamento che assumevano: tendevano ad escludere gli altri, a consultarsi soltanto fra loro. Tutte le volte che si erano comportati così in sua presenza aveva chiuso un occhio, ma adesso non riusciva a farlo perché tutte le persone che avevano fatto ritorno a Hogwarts, lei compresa, erano lì per loro; perché riponevano fiducia nel loro arrivo, speravano di poter ribaltare la situazione. E invece quei tre mormoravano in disparte, ignorando l'intera stanza.
“D'accordo” gridò finalmente Harry, voltandosi di nuovo ed il brusio che si era generato cessò immediatamente: Fred e George, che stavano sparando una sfilza di battute per la gioia dei loro vicini, tacquero. Erano tutti all'erta, emozionati. Ginny posò gli occhi su di lui, aspettando ciò che aveva intenzione di dire.

“Dobbiamo trovare una cosa..” proseguì il moro “una cosa... che ci aiuterà a sconfiggere Voi-Sapete-Chi. E' a Hogwarts, ma non sappiamo dove. Forse apparteneva a Corvonero. Qualcuno ha sentito parlare di un oggetto del genere? Qualcuno ha mai visto qualcosa con il corvo inciso sopra, per esempio?” guardò speranzoso il gruppetto di Corvonero, Padma, Michael, Terry e Cho, ma fu Luna a rispondere, che si era appollaiata sul bracciolo della poltrona di Ginny.
“Beh, c'è il suo diadema perduto. Te ne ho parlato, ricordi, Harry? Il diadema perduto di Corvonero? Papà sta cercando di riprodurlo.” fece con aria convinta, osservandolo attraverso i grandi occhioni blu.
Micheal Corner però fece notare il fatto che fosse perduto da secoli e anche Cho sottolineò come i professori avessero cercato in lungo e in largo nel castello, senza ottenere alcun risultato.
La rossa sospirò anche lei affranta: era convinta che fosse di vitale importanza per Harry e, soprattutto, per la salvezza del mondo magico. Si chiese come mai stessero cercando proprio quell'oggetto; se era davvero smarrito perché mai poteva essere speciale? Non era stato toccato da nessuno per anni e anni. Non riusciva davvero a spiegarsi il motivo di tanto interesse nei confronti di quel diadema, ma i suoi pensieri furono interrotti dalla vocina fastidiosamente dolce di Cho “Se vuoi sapere che aspetto si pensa che avesse il diadema, posso portarti su nella nostra Sala Comune e mostrartelo, Harry. La statua di Priscilla Corvonero lo indossa.”
La rossa si raddrizzò sulla poltrona e le lanciò un'occhiataccia: cosa aveva intenzione di fare, flirtare con Harry in Sala Comune? Quel battito frenetico e civettuolo generato dalle ciglia nere dei suoi occhi a mandorla mandò su tutte le furie la ragazza. “Beh, non te la do vinta mia cara..” pensò sadica Ginny.
Harry, in quell'istante, sembrava turbato e tastava con forza la cicatrice: che stesse di nuovo avendo visioni su Voldemort? Non ne aveva mai parlato bene con lei, ma sapeva di quel problema e soprattutto era a conoscenza del fatto che quando la cicatrice bruciava presagiva guai seri. Dopo alcuni secondi il ragazzo guardò Cho: alla rossa sembrò che stesse valutando quella proposta con estrema serietà; infatti si voltò poco dopo di nuovo verso gli amici per annunciargli la sua intenzione di seguirla per scoprire qualcosa.
La ragazza dai tratti orientali si alzò soddisfatta, ma Ginny intervenne con una certa energia, per frenare qualsiasi suo possibile tentativo di accompagnarlo “No, sarà Luna ad accompagnare Harry.”
Lui la guardò un attimo confuso ed incuriosito, ma quando capì il perché decise probabilmente di non commentare ed evitò nuovamente i suoi occhi nocciola; così la rossa continuò in direzione dell'amica bionda “Ti va, Luna?”
“Oooh, sì, volentieri!” rispose lei allegra e Cho tornò a sedersi, delusa.
La ragazza dai capelli ramati sospirò rilassata e si abbandonò contro lo schienale imbottito della poltrona in pelle. Non voleva fare scenate gelosia e si sentì anche stupida nell'aver reagito così, ma il modo in cui la ragazza Corvonero si era proposta per accompagnare Harry l'aveva infastidita ad un punto tale che non era riuscita a controllarsi. Si comportava ancora da bambina, ma lei aveva lottato per il suo Harry e non voleva che ora Cho tentasse di riavvicinarlo, solo perché era attratta dalla figura del prescelto. Era ovvio che lui avesse fin troppi pensieri per badare a quell'oca starnazzante, ma Ginny si disse che tenerla alla larga il più possibile da lui era una saggia decisione.

“Come facciamo ad uscire?” chiese Harry dopo alcuni secondi a Neville.
“Di qua.” rispose lui, guidando l'amico e Luna verso un angolo, dove un armadietto si apriva su una ripida rampa di scale. “Sbuca ogni giorno in un posto diverso, quindi non sono mai riusciti a trovarla. L'unico problema è che non sappiamo mai dove saremo di preciso quando usciamo. Fai attenzione, Harry, pattugliano sempre i corridoi di notte.” disse il ragazzo pensieroso, fissando la scala.
“Non preoccuparti.” decretò con aria seria il moro e poi aggiunse agli altri “Ci vediamo fra un po'.” lui e Luna salirono in fretta la rampa; dopo poco sparirono agli occhi degli altri.

La rossa sospirò affranta e restò a fissare a lungo l'entrata dell'armadietto.
Poi Neville si avvicinò a tutti gli altri e disse con fare solenne ed eccitato allo stesso tempo “E' ora di avvisare il resto della banda!” Estrasse il falso galeone ed iniziò ad armeggiare con la bacchetta per inviare un messaggio ai componendi dell'Ordine della Fenice.
“Grande Neville!” esclamarono i gemelli, attorniandolo.
“Ottima idea!” sentenziò Ginny alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso suo fratello e Hermione, che stavano discutendo sommessamente. “Allora voi due? Come mai non siete andati con Harry?” domandò loro curiosa..
Quelli si voltarono ed attesero alcuni minuti prima di darle una spiegazione. Poi Ron incominciò con aria tesa “Ascolta, Ginny, ciò che sta facendo Harry è molto importante, ma anche noi dobbiamo fare una cosa.. dobbiamo andare in un bagno-” però Hermione lo interruppe, continuando nervosamente “Già, quindi noi andiamo. Tu non dire nulla agli altri, non vogliamo che stiano in pensiero. E' molto importante e scusa..” le prese entrambe le mani e le sorrise: Ginny si accorse di quanto fosse dimagrita anche lei e delle numerose ferite che aveva collezionato sul volto “se non ti spieghiamo cosa stiamo combinando, ma agiamo in nome di Silente” deglutì tristemente “e Harry ci ha espressamente ordinato di non parlarne con nessuno, ok?”
La rossa annuì con un debole sorriso e l'abbracciò forte poi, una volta separatasi, guardò anche suo fratello: la osservava con aria apprensiva. “Non preoccupatevi, andate. Nel caso dovesse tornare, gli riferirò tutto.” disse rilassata.
I due le sorrisero e Ron prima di allontanarsi le prese il viso fra le sue mani grandi “Fai attenzione e resta qui.” gli ordinò serio, con gli occhi cristallini che tremavano dall'emozione. Poi la lasciò andare e sgattaiolò via con Hermione. Ginny sorrise piano al pensiero che suo fratello si preoccupasse ancora tanto per lei e dopo aver accettato l'idea che si fossero allontanati anche loro dalla stanza si incamminò verso Neville ed attesero tutti insieme l'arrivo degli altri.

Dopo pochi minuti infatti Kingsley, Lupin, Oliver Baston, Katie Bell, Angelina Johnson, Alicia Spinnet, Bill, Fleur ed i suoi genitori varcarono il passaggio che li conduceva alla Testa di Porco: ci fu un gran fracasso di chiacchiere, saluti e abbracci.
I presenti iniziarono a discutere su ciò che si doveva fare e la rossa si sentiva sempre più esclusa, come anche Dennis e Colin, che erano tornati quel giorno nella Stanza delle Necessità vogliosi di partecipare alla rivoluzione; ma coloro i quali non erano ancora maggiorenni, venivano tagliati fuori. Non era giusto!
Sbuffò seccamente e si rivolse ai due ragazzi “Io voglio restare per lottare!”
“Anche noi.” affermò Dennis solenne, ma il fratello lo guardò con aria di disappunto dicendo “Tu sei troppo piccolo,” e quello tacque contrariato; poi Colin riprese a parlare in direzione di Ginny “non vuol dire niente il fatto che non siamo maggiorenni, avanti!”
“Infatti!” sostenne lei, rivolgendo un'occhiata furente in direzione della madre “Scommetto però che lei mi darà il tormento e cercherà di mandarmi a casa.”
“Beh, credo che anche la mia lo farebbe se fosse qui. Ma essendo babbana non ho di questi problemi.” decretò onestamente il ragazzo biondo con un sorrisetto e Ginny si arrese, sprofondando nuovamente nella poltrona.
Lupin si avvicinò a lei salutando i due ragazzi, i quali si allontanarono per chiacchierare con gli altri, e la guardò con aria curiosa mentre si accomodava sul bracciolo “Cosa c'è Ginny?”
“Indovina.” fece lei nervosa.
“Molly non ti ha ancora detto niente.” sostenne lui con la sua solita voce pacata.
La rossa roteò gli occhi e si mise dritta, scostandosi dallo schienale per rivolgersi direttamente a Remus “Oh, avanti, lo farà a secondi. Come se non la conoscessi!” esclamò rabbiosa.
Lui rise divertito e le posò una mano sulla spalla “Lo sai che si preoccupa per te,” incominciò con aria paziente, senza permetterle di controbattere “fra poco toccherà anche a me, guarda..” ed estrasse una foto dalla giacca “gliel'abbiamo fatta ieri, non è bellissimo?” domandò, mentre un sorriso dolce gli si dipingeva sul volto.
Ginny osservò la fotografia: un piccolo bimbo con un ciuffetto di capelli turchesi si agitava dinnanzi all'obiettivo; la ragazza sorrise incantata da quell'esserino e guardò il volto di Lupin esclamando “E' bellissimo, davvero!”
“Grazie.” fece soltanto lui, posando nuovamente la foto nella tasca.
“E Tonks, come sta? Dov'è?” chiese curiosa la rossa, meravigliandosi di non vederla lì. Adorava quella donna, era la sua fonte di ispirazione, il modello di strega da seguire.
“E' a casa con Teddy e la madre. Le ho chiesto io di restare.” disse l'uomo seriamente.
“Ma..” incominciò Ginny, aggrottando le sopracciglia, incredula all'idea che Ninfadora avesse accettato una cosa simile. Sarebbe corsa lì senza pensarci neanche un attimo, se avesse potuto scegliere.. ne era sicura! Possibile che aveva deciso di rimanere a casa?
“Niente ma, Ginny.” la interruppe lui guardandola diritto negli occhi “E' meglio così. Nel caso dovesse succedermi qualcosa, Teddy avrà sempre sua madre. Non posso sopportare neanche il pensiero che resti... orfano.”
La rossa si morse la lingua, maledicendosi per la sua stupida insolenza; soltanto adesso comprendeva affondo ciò che stava dicendo Remus. Era un ragionamento preventivo, triste, ma giusto: Teddy quella notte poteva rischiare di perdere suo padre, se ci fosse stata una battaglia; per questo Lupin aveva chiesto a Tonks di non recarsi a Hogwarts.
Sorrise al suo ex insegnante e gli disse con voce piena di dolcezza “Sei molto coraggioso e hai fatto la cosa giusta.”
Lui le sorrise di rimando e si alzò per andare dagli altri membri dell'Ordine.
Quell'apprensione che aveva Lupin nei confronti di suo figlio le fece pensare a Harry: forse Teddy non avrebbe rischiato di avere la sua stessa infanzia, di soffrire la perdita dei propri genitori e soprattutto rimpiangere il fatto di non averli mai conosciuti. Deglutì tristemente al pensiero di ciò che aveva passato il ragazzo che amava e guardò sua madre, che si stava avvicinando a lei.
Ginny aveva avuto sempre una famiglia numerosa alle spalle, ma la persona più importante era sempre stata la figura materna. Non soltanto come mamma, ma anche come donna: per lei, cresciuta solo con fratelli maschi, era stata un esempio ed un conforto. Eppure adesso, mentre la osservava, le tornò in mentre il motivo per il quale la donna si stava recando lì; la rossa sprofondò di nuovo con la schiena nella poltrona ed attese a malincuore la richiesta della donna.
“Mamma, ti prego..” sussurrò quando quella si sedette sul bracciolo “non chiedermi di andare a casa. Devo restare! Abbiamo una persona in meno, Tonks è rimasta a casa con Teddy. Ti prego io sono capace, io-” ma Molly la interruppe con aria severa “Non se ne parla Ginevra.”
Quanto odiava quando la chiamava con il suo vero nome! Rabbrividì sentendo l'ira che aumentava dentro sé e continuò a parlare, nonostante le tremasse la voce dal nervosismo “Senti, ti vorrei ricordare che due anni fa sono entrata nel Ministero della Magia, l'anno scorso ho affrontato l'arrivo dei Mangiamorte a Hogwarts e durante quest'anno scolastico li ho fronteggiati, nonostante ci punissero ingiustamente e-”
“E ti è andata bene, figlia mia.” disse la signora Weasley. “Non credere che ci voglia solo bravura nella vita, ma anche fortuna. Io non voglio che stasera rischi la vita, sei ancora minorenne: il fato potrebbe giocare brutti scherzi!”
“Basta con questa storia!” urlò furente, alzandosi in piedi: ormai aveva perso le staffe “Smettila di tirare in ballo questo motivo!”
“Ginevra non parlarmi così!” sbottò la donna, seguendola.
Ma proprio mentre stavano litigando, gli occhi di Ginny si posarono sulle figure di Harry e Luna, che stavano varcando la soglia del passaggio che conduceva all'interno della stanza. Il ragazzo sembrò sorpreso nel vedere tutta quella gente “Harry, cosa succede?” gli chiese Lupin, andandogli incontro ai piedi delle scale.

“Voldemort sta arrivando, stanno barricando la scuola,” fece un passo ed entrò finalmente nella camera “Piton è fuggito,” poi li studiò tutti con meticolosità “cosa ci fate qui? Come avete fatto a saperlo?” domandò confuso, mentre un grande brusio si spargeva fra la gente a causa della notizia che aveva appena dato.
I presenti gli spiegarono la situazione e gli chiesero informazioni sul da farsi.
Harry mettendosi al centro della stanza dichiarò serio scrutandoli “Si combatte.”
A Ginny saltò il cuore in gola dall'emozione e, con un boato, la maggior parte delle persone si lanciò ai piedi delle scale: i membri dell'Ordine della Fenice, dell'Esercito di Silente.. correvano tutti con le bacchette sfoderate, pronti a riversarsi nel castello.

Era rimasto solo un piccolo gruppo di persone nella Stanza delle Necessità ed avendo visto i suoi due amici andare via, Ginny si rivolse di nuovo a sua madre con aria supplichevole “Mamma, ti prego, fammi restare!”
“NO!” urlò lei adirata, avvicinandosi. Attorno a loro c'erano Lupin, Fred, George, Bill e Fleur e Harry si era appena unito al cerchio di persone.

“Sei minorenne!” riprese, urlando la signora Weasley “Non lo permetterò! I ragazzi sì, ma tu, tu devi tornare a casa!” e le afferrò un braccio per trascinarla verso il passaggio che conduceva alla Testa di Porco.
“No!” sbottò Ginny, liberandosi dalla stretta della madre con uno strattone che le sventagliò i capelli ramati per aria. “Sono nell'Esercito di Silente...” mormorò rabbiosa, ma con voce solenne.
“... una banda di ragazzini!” borbottò aspra Molly.
“Una banda di ragazzini che sta per sfidarlo, cosa che nessun altro ha osato fare!” intervenne Fred, anche lui adirato.
“Ha sedici anni!” urlò la madre, spazientita. “Non è abbastanza grande! Cosa v'è saltato in mente a voi due, di portarvela dietro!”
Fred e George parvero vergognarsi e questo fece imbestialire ancora di più Ginny; Bill, inoltre, contribuì con la sua voce dolce ed apprensiva “La mamma ha ragione, Ginny. Non puoi. Tutti i minorenni devono andarsene, è giusto così.”
Ma perché facevano così? Perché la trattavano come una bambina? Suo fratello Ron si era sempre cacciato nei guai da quando aveva undici anni e lo stesso era successo a Hermione, che era una ragazza: eppure entrambi erano vivi e vegeti. Lei voleva restare, voleva lottare. Cosa avrebbe fatto da sola alla Tana?
“Non posso tornare a casa!” sentì gli occhi riempirsi di lacrime di rabbia, nonostante cercasse di ricacciarle in gola “Tutta la mia famiglia è qui, non posso star là da sola ad aspettare, senza sapere, e...”
Per la prima volta, da quando era rientrato, il suo sguardo incontrò quello verde di Harry. Lo guardò supplichevole, chiedendogli con tutta se stessa di aiutarla, di assecondarla. Lui lo sapeva che non era più una poppante, che poteva combattere al loro fianco. Lui, però, scosse il capo: aveva un'aria mista fra la serietà, la dolcezza e lo spavento. Si preoccupava anche lui per lei, ma Ginny non sopportò quegli occhi così apprensivi, non gli piacque quel suo atteggiamento e si voltò, affranta.
Basta.
A questo punto era meglio andarsene, dato che tutti la trattavano come una stupida.
“Bene.” si arrese, ancora tesa, fissando l'ingresso del passaggio che tornava alla Testa di Porco. “Allora vi saluto, e...”

Uno scalpiccio e un gran tonfo: qualcuno uscì dal tunnel, perse l'equilibrio e cadde. La rossa guardò sconvolta nel punto in cui era apparsa quella figura e quando quella si rimise in piedi aggrappandosi alla sedia più vicina e si guardò intorno attraverso gli occhiali storti cerchiati di corno dicendo “Sono in ritardo? È già cominciato? L'ho saputo solo ora e...” capì che si trattava di suo fratello Percy. Trattenne il respiro sgomenta e lui tacque improvvisamente, rendendosi conto di avere dinnanzi a sé tutta la sua famiglia. Seguì un lungo silenzio, rotto da Fleur che si rivolse a Lupin e chiese notizie di Teddy, in un vistoso tentativo di allentare la tensione.
Ginny continuò a fissare il ragazzo rosso dai capelli ricci, così come facevano gli altri Weasley restando perfettamente immobili. Perché era venuto lì? Non aveva immaginato che li avrebbe incontrati tutti? Sentiva che le lacrime si facevano spazio fra i suoi occhi: anche Percy? Non ci voleva. Sentiva il peso della distanza fra loro, divenire sempre più gravoso.
Percy ruppe finalmente il silenzio con un forte ruggito “Sono stato uno scemo! Un idiota, un imbecille tronfio, sono stato un... un...”
“Un deficiente schiavo del Ministero, rinnegato e avido di potere.” concluse Fred. E Ginny si voltò a guardarlo, mentre fissava il fratello con aria seria.
Percy deglutì ammutolendosi per un attimo e poi annuì squittendo un “Sì!”
“Beh, non potevi dirlo meglio di così.” dichiarò Fred, avvicinandosi a lui e tendendogli la mano. Ginny sentì i muscoli che si rilassavano e sorrise serena, guardando anche lei Percy con dolcezza.
Sua madre, come al solito, scoppiò in lacrime, spinse via Fred e strinse Percy in un abbraccio soffocante, mentre lui le dava pacche sulle spalle, lo sguardo puntato sul padre. La rossa fissò suo Arthur che sembrava ancora sotto shock e sperò con tutto il cuore che lo perdonasse.
“Mi spiace, papà.” mormorò il ragazzo.
Il signor Weasley batté le palpebre in fretta, poi anche lui corse ad abbracciare il figlio.

Dopo aver discusso un po' con i fratelli si avviò veloce verso la scala con Bill, Fred e George, per gettarsi nella battaglia. Nel contempo la rossa, cercò di accodarsi ai fratelli per sgattaiolare verso il castello: quello era il momento perfetto per fuggire dalle grinfie di sua madre, doveva approfittarne immediatamente. Ma proprio quando ci stava riuscendo sentì sua madre abbaiare “Ginny!”
Si voltò verso di lei e sbuffò nervosa, in procinto di accendere nuovamente la miccia per un litigio, ma Lupin si intromise e disse “Molly, facciamo così, perché Ginny non resta qui? Almeno sarà presente e saprà cosa succede, ma non starà nel mezzo della battaglia.”
Cosa? No, no, lei voleva andare nel castello e lottare! Allora non aveva capito un accidente?!
“Io...” incominciò, cercando di far valere le sue idee, ma suo padre si inserì nella discussione “E' una buona idea.” decise “Ginny, tu non ti muovi da questa Stanza, mi hai sentito?”
Lei lo fissò con rabbia, ma allo sguardo insolitamente fermo del padre capì che non c'era nulla da fare ed annuì con un grugnito. I signori Weasley e Lupin si avviarono a loro volta verso le scale.

“Dov'è Ron?” chiese Harry “Dov'è Hermione?”
“Devono essere già in Sala Grande.” gli gridò il signor Weasley, il quale aveva udito la sua voce, prima di sparire.
“Non li ho visti passare.” mormorò pensieroso e preoccupato.
“Parlavano di un bagno,” fece Ginny, guardandolo “poco dopo che te n'eri andato.”
“Un bagno?” le domandò, avvicinandosi a lei e rivolgendole la parola per la prima volta da quando aveva fatto ritorno a Hogwarts. Lei sussultò un attimo, quando capì che stavano conversando finalmente e poi annuì piano.
Il moro si diresse a grandi passi fino ad una porta aperta che conduceva fuori dalla Stanza delle Necessità e controllò il bagno, dove però non c'era nessuno.
“Sei sicura che abbiano detto ba-” ma Harry chiuse improvvisamente gli occhi con aria sofferente, stringendo forte le palpebre e poggiando i polpastrelli sulla cicatrice che diventava sempre più rossa. Appoggiò la schiena contro la parete e scivolò sempre più veloce verso il pavimento.
“Harry!” urlò la ragazza correndo verso di lui, notando che stava perdendo l'equilibrio. Lo afferrò cercando di sorreggerlo e lo guardò aspettando sue notizie: ansimava e sudava freddo. Così Ginny afferrò la manica della propria maglia e gli tamponò piano la fronte “Va tutto bene, Harry..” sussurrò con delicatezza, mentre il ragazzo aveva ancora gli occhi serrati in una morsa di dolore e respirava a fatica.
Dopo alcuni secondi spalancò le palpebre e le sue iridi verde smeraldo si allacciarono a quelle color nocciola di lei, trasmettendole tutto il senso di angoscia e terrore che stava provando.
“E' qui, Ginny...” mormorò, mentre tossiva piano cercando di riprendersi “è arrivato.”
La ragazza trattenne il respiro sconvolta e aiutò Harry a rimettersi diritto; lui deglutì lentamente e poi riprese a parlare “Io devo andare adesso.”
Lei annuì seria, senza interrompere il contatto visivo.
“Tu mi devi promettere che rimarrai qui.” le disse lui, ma la ragazza a questo punto guardò altrove. Non poteva rimanere lì e anche lui lo sapeva.. lo sapeva benissimo.
“Ginny.” fece il ragazzo moro con aria supplichevole.
“Cosa c'è, Harry?!” sbottò lei fissando un punto indefinito del muro.
“Per favore.. promettimelo...” le posò una mano sulla guancia, accarezzandogliela con delicatezza “fallo per me, non uscire da qui. Non ce la farei se ti dovesse succedere qualcosa.. resta qui.. ti prego..”
Lei sentì la forza e la dolcezza di quelle parole scombussolarle le emozioni nel profondo, ma non poteva giurargli questo: se ne avesse avuto l'opportunità, sarebbe fuggita dalla Stanza delle Necessità. Attese qualche minuto in silenzio, senza dire niente, poi tornò a fissarlo: i loro visi erano cinque centimetri l'uno dall'altro, riusciva a sentire il suo fiato caldo sulle labbra.
“Ci proverò.” disse soltanto con espressione dura e fiera, come a sottolineare l'impossibilità di ciò che aveva appena detto.
Harry si lasciò sfuggire un piccolo sorriso e sussurrò rapito dai suoi occhi “Non potevo aspettarmi una risposta differente.. d'altro canto è proprio per questo che mi piaci...”
Lei sorrise appena e sentì le guance diventare bollenti: quanto avrebbe voluto fermare il tempo per restare ancora un po' in sua compagnia.
Lui le diede un bacio sulla fronte e poi disse “Ora devo andare.” i suoi occhi verdi la scrutarono ancora profondamente “Fai attenzione.” aggiunse soltanto e si scostò dalla rossa, incamminandosi verso la scala. Si voltò solo una volta verso di lei per osservarla con occhi pieni di tristezza e paura, per poi sparire nuovamente.
“Anche tu, Harry.” mormorò Ginny osservandolo mentre si allontanava.

 

*

Rimase a lungo da sola nella Stanza delle Necessità a riflettere, sentendo l'ansia che cresceva a livelli esponenziali. Era odiosa quella situazione: star lì in silenzio, senza nessun altro che le tenesse compagnia, che le donasse delle notizie su ciò che stava accadendo lì fuori. Non sapeva quanto avrebbe retto ancora; cercò di ricordarsi le parole che le aveva detto Harry, ma più ci pensava più si innervosiva e aveva voglia di fuggire da quel posto.
Dopo parecchi minuti, però, d'improvviso Tonks e la nonna di Neville varcarono la soglia del passaggio che conduceva alla Testa di Porco. Vederla lì fu un sollievo per la ragazza, che quasi non riuscì a trattenere la propria emozione.
“Tonks!” esclamò incredula, correndole in contro per abbracciarla.
La strega la strinse a sé e poi la guardò a lungo “Oh Ginny,” fece con dolcezza “ti fai sempre più bella!” La rossa osservò il suo volto e si accorse che era pallido e tirato dalla tensione: ma soprattutto si domandò perché fosse venuta lì.
“Salve signora Paciock.” salutò poi e la nonnetta rispose con un grugnito, sedendosi sulla poltrona in pelle.
Le tre donne chiacchierarono a lungo, scambiandosi informazioni su ciò che probabilmente stava accadendo e su cosa avrebbero potuto fare per sconfiggere i Mangiamorte.
Poi Ginny guardò Tonks e le chiese preoccupata, ciò che avrebbe voluto domandarle immediatamente “E Teddy?”
“Ci pensa mia madre.” disse schietta lei e sembrò che non ne volesse discutere “Piuttosto, sai dov'è Remus?”
Ginny scosse la testa e disse “So solo che è andato via di qui, ma non so cosa stia facendo esattamente; penso stia combattendo.”
La donna ebbe un piccolo sussulto, ma poi si contenne guardando altrove agitata.
La rossa avrebbe voluto raccontarle della conversazione con Lupin, ma temeva di peggiorare la situazione ed inoltre non ebbe il tempo per ripensarci: una voce si impadronì del loro udito, scavando nella loro mente con forza, sembrava provenire dalle pareti circostanti.
«So che vi state preparando a combattere». Ginny e le altre due streghe cercarono di tapparsi le orecchie in ogni modo, ma la voce era come se adesso fosse nella loro testa: gelida, crudele, violenta «I vostri sforzi sono futili. Non potete fermarmi. Io non voglio uccidervi. Nutro un enorme rispetto per gli insegnanti di Hogwarts. Non voglio versare sangue di mago. Consegnatemi Harry Potter» proseguì la voce di Voldemort «e a nessuno verrà fatto del male. Consegnatemi Harry Potter e lascerò la scuola intatta. Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati. Avete tempo fino a mezzanotte». Il silenzio regnò nuovamente nella stanza; Ginny ansimò a lungo quando la voce smise di rimbombare nei suoi timpani e comprese finalmente cosa significasse per Harry percepire i pensieri di quell'essere spregevole e quindi anche la sua voce.
Tonks la guardò esterrefatta e anche la signora Paciock sembrò sconvolta.
“Dobbiamo uscire di qui!” decretò la strega, scattando in piedi.
“Aspetta!” urlò la rossa, non avendo in realtà un motivo per chiederle di restare. “Io rimarrei sola.” tentò, poi, sperando di convincerla a rimanere lì al sicuro con lei, anche se la voglia di gettarsi nella battaglia le faceva battere il cuore all'impazzata.
“Ha ragione.” concluse la nonna di Nevile “Non possiamo lasciarla qui sola.”
La ragazza ringraziò il buon senso della signora Paciock e fissò a lungo la giovane strega, nella speranza che anche lei desistesse.
Tonks trattenne il respiro per un attimo; poi senza dire una parola si abbandonò di nuovo sulla sedia pensierosa, guardando un punto indefinito del pavimento.
Le tre piombarono in un silenzio pieno di angoscia.
Le pareti vibrarono incredibilmente, difatti le tre streghe si destarono dal loro stato di catalessi e balzarono in piedi, sfoderando le bacchette; ma dopo alcuni minuti Harry, Ron e Hermione entrarono nella Stanza delle Necessità.
Ginny si sentì incredibilmente sollevata vedendoli tutti e tre sani e salvi.

“Ah, Potter.” lo accolse la signora Paciock con vivacità, come se lo stesse aspettando “Tu saprai dirci cosa sta succedendo.”
“Stanno tutti bene?” chiesero Ginny e Tonks insieme: entrambe temevano per l'incolumità delle persone a loro care. La rossa fremeva dall'angoscia e l'altra strega non era da meno.
“Per quello che ne sappiamo,” rispose Harry guardando soprattutto lei “ c'è ancora gente nel passaggio per la Testa di Porco?”
“Io sono stata l'ultima a passare,” assicurò l'anziana donna “l'ho chiuso, credo che non sia prudente lasciarlo aperto ora che Aberforth ha lasciato il pub. Hai visto mio nipote?”
“Sta combattendo” replicò Harry serio.
“Naturalmente,” commentò la vecchia signora con fierezza “con permesso, devo andare ad aiutarlo.” e corse verso la scala di pietra con una rapidità sorprendente.
Il moro guardò Tonks e disse sorpreso “Credevo che fossi da tua madre con Teddy.”
“Non potevo sopportare di non sapere...” Tonks sembrava in preda all'ansia, Ginny non l'aveva mai vista così, ma poteva capirla “gli baderà lei... hai visto Remus?”
“Doveva guidare un gruppo di combattenti nel parco...” iniziò Harry, ma senza dire un'altra parola anche Tonks corse di sopra.
La rossa era rimasta nuovamente sola, non poteva crederci. Sbuffò seccata e si guardò intorno sperando di poter fuggire in qualche modo da quel posto.
“Ginny,” riprese il ragazzo guardandola nuovamente e lei incrociò il suo sguardo: sembrava combattuto “mi dispiace, ma devi andartene anche tu. Solo per un po'. Dopo potrai tornare.” le ultime parole furono scandite accuratamente.
Ginny gli sorrise raggiante e lo superò di corsa, felice finalmente di lasciare il suo rifugio. Avrebbe potuto combattere accanto ai suoi fratelli, dimostrando quanto fosse capace!
“Dopo potrai tornare!” le urlò dietro Harry, mentre lei saliva di corsa le scale dietro Tonks. “Dovrai tornare!”

Lei rideva al pensiero che il ragazzo cercasse di darle ordini, ma anche di proteggerla. Eppure sta volta non avrebbe obbedito!
Corse veloce vogliosa di combattere.
“Non tornerò, Harry, scusa.” pensò, mentre lanciava una fattura in direzione di un Mangiamorte.

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Harry tossiva e cercava di inspirare quanta più aria possibile. Avevano appena preso il Diadema perduto attraverso le fiamme dell'incantesimo di Tiger: stentava a crederci! Ma d'improvviso un pensiero gli affollò la mente: Ginny.
“Dov'è Ginny?” domandò guardandosi intorno allarmato. Le aveva chiesto, anzi ordinato di tornare lì.. eppure non c'era. L'agitazione ed il terrore crebbero in maniera esponenziale in lui. “Era qui. Doveva tornare nella Stanza delle Necessità.” continuò mettendosi in piedi; controllò nuovamente, ma dei suoi capelli ramati non c'era nessuna traccia.
Perché non gli aveva dato retta? Non le aveva chiesto di rimanere lì nei paraggi così, tanto per dire qualcosa, ma perché voleva davvero che restasse al sicuro. Adesso, invece, poteva trovarsi ovunque, in balia di chissà quale pericolo! Deglutì atterrito e cercò di fare mente locale, ma si accorse che nel castello regnava il caos, quindi trovarla sarebbe stato complicato, tenendo soprattutto conto di tutto ciò che dovevano fare loro.

“Cavolo, ma secondo te funziona ancora dopo quell'incendio?” la domanda posta da Ron, riguardo il luogo dal quale erano appena usciti, si inserì nei suoi pensieri, ma il moro la ignorò.
E se fosse successo qualcosa alla sorella del suo migliore amico? Non poteva permettersi di averla persa. No, non poteva. Cosa avrebbe raccontato ai Weasley? Era stata colpa sua infondo se lei era uscita da quella stanza, lì sarebbe rimasta al sicuro.
Diamine..! Lei e quella testa dura che ha..!” pensò amareggiato, mentre si ricordava dell'espressione dura di Ginny: quegli occhi nocciola imperscrutabili che facevano in realtà trapelare l'intento di fuggire.
Sapeva bene che amava quelle sue caratteristiche: un coraggio da vendere, l'attrazione per il rischio e la sete di giustizia; ma non era un gioco quello che stava accadendo adesso a Hogwarts, era una vera e propria battaglia. Harry avrebbe desiderato essere al suo fianco, almeno, nel caso avesse dovuto combattere: se fosse stato accanto a lei, avrebbe potuto proteggerla a sufficienza. Ora invece si trovava lì, fuori da quella stramaledetta stanza e si sentiva totalmente impotente perché sapeva di doversi occupare d'altro e di non poter setacciare il castello per trovarla.
L'amico fulvo si alzò, si stropicciò il petto e guardò a destra e sinistra ; poi parlò di nuovo “Dobbiamo dividerci e cercare...?”
“No” lo interruppe Hermione, anche lei in piedi.
Harry ignorò nuovamente gli amici e si chiese se per caso Ginny stesse combattendo in quel preciso istante con qualche Mangiamorte. Sarebbe stata in grado di proteggersi? Certo, era capace.. ma sarebbe bastata la sua bravura? Se solo avesse avuto un po' di Felix Flicis gliel'avrebbe regalata prima che lei se ne fosse andata dalla Stanza delle Necessità, ma forse neppure quella sarebbe stata sufficiente in un'occasione del genere...
“Restiamo uniti. Io dico di andare... Harry, cos'hai appeso al braccio?” continuò la riccia, guardandolo.

“Cosa? Ah, già...” fece lui, ricollegando il cervello e guardando la coroncina appoggiata sul suo gomito.
La sua mente gli fece notare che era il momento di occuparsi d'altro, lo sapeva. Eppure il pensiero di averla persa d vista gli lasciò un groppo in gola.
Ma l'avrebbe cercata, non appena tutto sarebbe finito: Harry Potter avrebbe ritrovato Ginny Weasley ad ogni costo.

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Aveva percorso l'intero corridoio, dove si era scontrata con parecchi nemici; dopodiché imboccò le scale ed ora scendeva di corsa, giù verso la Sala Grande. Riusciva a sentite i suoi capelli che danzavano svelti sulle spalle, al ritmo incessante dei passi. Gli occhi color nocciola guizzavano da un angolo all'altro del castello, catalogando con orrore la devastazione che regnava all'interno della sua scuola: numerosi muri erano crollati e forti esplosioni facevano traballare i pavimenti; c'era gente per terra, ma Ginny decise di non chiedersi se fossero vivi o morti.. Quasi non riusciva a credere ai suoi occhi: non voleva realizzare che tutto ciò stesse accadendo! Schizzava come una scheggia, schivando le numerose maledizioni che lampeggiavano sopra il suo capo. Con la calma di chi sta seduto a prendere una tazza di tè, continuava a correre, concentrandosi sul suo respiro affannato ed incredibilmente lento. Quando una fattura rischiò di colpirla in pieno, si arrestò un attimo e si voltò verso la fonte dell'incantesimo: il Mangiamorte era però steso a terra privo di sensi ed accanto al suo corpo la rossa vide Neville, che torreggiava fiero sull'avversario sconfitto. Le rivolse un cenno del capo e tornò a combattere; lei sospirò un attimo e poi riprese la sua inarrestabile marcia.
Entrò veloce nella Sala Grande e si accorse che era un vero e proprio campo di battaglia: luci di colori diverse donavano sfumature fluorescenti alle pareti; maghi e streghe si destreggiavano in sortilegi maledetti, che talvolta venivano schivati e talvolta andavano a segno. Si terrorizzò per un attimo all'idea di doversi scontrare con tutti quegli stregoni, molto più esperti di lei ed arrestò il suo cammino.
Ma presto una voce dentro si fece spazio dentro di sé e sussurrò piano: tu sei più forte di loro, perché hai un motivo per lottare.
“Si..” si disse, mentre iniziava ad accelerare nuovamente il suo passo “io ho la mia famiglia, i miei amici, i miei insegnanti, questa scuola..” alzò la bacchetta fiera in direzione di Greyback che cercava di aggredire una ragazza del Tassorosso “e poi ho te, Harry.” Con un tocco agile sferrò una fattura potentissima, che fece schizzare il lupo mannaro lontano dalla sua preda: almeno per un po' sarebbe stato lontano. La ragazza le rivolse un cenno di ringraziamento e tornò a combattere. Ginny si voltò intorno e vide sua madre e suo padre che, come due spadaccini, lanciavano incantesimi quasi all'unisono. Sorrise fiera dei suoi genitori e si dedicò agli altri Mangiamorte.
Combattere fu senz'altro emozionante, liberatorio, soddisfacente, ma anche spaventoso, crudele e disgustoso: non le piaceva colpire persone di cui non aveva mai visto il volto prima d'allora; sapeva che erano loro nemici, però pensava “E se anche loro hanno una famiglia?”
Molti erano caduti a terra, privi di vita e Ginny non sapeva se gioirne o soffrirne.
Cercava di deglutire e guardare altrove, concentrandosi sul nemico che trovava di fonte a lei.
D'improvviso, mentre duellava con Avery Junior si accorse che Rodolphus Lestrange aveva appena schiantato Cho Chang** e si stava avvicinando pericolosamente a lei per darle, probabilmente, il colpo di grazia. Ginny trasalì incredula e si impegnò per interrompere bruscamente il suo duello; una volta riuscita nel suo intento corse veloce, ma con passo felpato, alle spalle dell'uomo e lo schiantò con un colpo secco. Poi si chinò accanto alla ragazza dai capelli corvini e le prese il capo con una mano.
“Cho!” urlò cercando di destarla, mente udiva scoppi fragorosi sopra la sua testa “Cho, svegliati!”
La ragazza aprì piano gli occhi a mandorla e la guardò con aria stordita, ma quando realizzò che si trattava di lei esclamò “Ginny! Cosa è successo?!”
“Rodolphus Lestrange ti aveva schiantata e ha provato a...” mentre la rossa pronunciava quelle parole, un brivido di paura e ribrezzo le corse lungo la schiena e disse infine “ad ucciderti!”
Cho trattenne il respiro e con il suo aiuto riuscì a mettersi in piedi. “Grazie,” fece un po' imbarazzata “ti devo molto..” e poi corse via, ad aiutare alcuni suoi compagni Corvonero.
Ginny si sentì fiera di ciò che aveva fatto: magari un giorno avrebbe smesso di vedere Cho come un'insopportabile oca starnazzante; ma ben presto dovette interrompere le sue riflessioni e occuparsi nuovamente di Avery Junior, che sembrava essere rinvenuto.

Lottò a lungo e non seppe esattamente quanto tempo fosse trascorso; sapeva solo di essere molto stanca e di averne abbastanza di tutto quel frastuono, di quegli inseguimenti, di quella angoscia nel comprendere di essere in bilico fra la vita e la morte... ma non poteva arrendersi.

Incontrò Tonks di sfuggita: la donna le rivolse un sorriso amichevole e si accostò a lei, facendo aderire la schiena contro quella della rossa; ansimava ed aveva un'espressione aggressiva dipinta in volto.
“Tutto bene, Ginny?” domandò mentre si guardava intorno furtiva.
“Si!” esclamò lei, scrutando torva la grande stanza, aspettandosi immediatamente qualcuno che sopraggiungesse per schiantarla. “Lupin?”
“Bene, fai attenzione!” iniziò per poi aggiungere “Non lo so, non l'ho ancora rivisto...” sembrava preoccupata e turbata all'idea “In ogni caso ti guardo da lontano, se avrai bisogno di aiuto.. arriverò più veloce che mai!” detto questo schizzò via come una scheggia per tenere a bada un altro Mangiamorte.
Ginny si sentì grata all'idea di essere protetta da Tonks: non avrebbe potuto desiderare di meglio; ma la sua mente volò verso Remus. E se gli fosse successo qualcosa? Ma scosse la testa velocemente, rimproverandosi per quel pensiero tanto assurdo e spaventoso. Non sarebbe successo niente a Lupin, era stato insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure, non poteva accadergli nulla. Il tentativo di confortarsi fu interrotto dal ricordo del discorso che avevano fatto nella Stanza delle Necessità Teddy avrà sempre sua madre. Non posso sopportare neanche il pensiero che resti... orfano.” Eppure Tonks era lì, lottava fiera, ma rischiava la vita. La sua esistenza era appesa a dei fili che i Mangiamorte sembravano tagliare con estrema facilità. Rabbrividì terrorizzata e disgustata da quell'idea.
“Basta pensare queste cose, altrimenti rischio di lasciarci io le penne!” pensò, dandosi la carica per correre in aiuto a Hannah Abbott, la quale cercava di tenere a bada Dolohov che mostrava quel suo insopportabile e perfido ghigno.

Ogni tanto, durante gli attimi di tregua fra un duello ed un altro, si guardava intorno asciugandosi la fronte dal sudore alla ricerca di volti conosciuti. Ben presto, però, si accorse di aver perso di vista Tonks, i suoi genitori e molte altre persone a lei care. Il terrore le attanagliava le budella, ma poi riprendeva imperterrita a lottare.

D'improvviso, dopo chissà quanto tempo, una voce glaciale si impadronì della sua mente, proprio come era accaduto nella Stanza delle Necessità: era uscita dalla Sala Grande, e si trovava alla fine della grande scalinata, intenta a combattere. Tutti si arrestarono, compresi i Mangiamorte, che cessarono di sferrare maledizioni.
«Avete combattuto valorosamente,» diceva la voce acuta e fredda «Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una perdita e uno spreco.» Ginny osservò i volti contratti dalla rabbia e dal disgusto di tutti i presenti e si sentì anche lei ferita nel profondo: quell'essere era deplorevole, parlava di spreco di sangue magico, quando aveva intrapreso lui in prima persona quella guerra.

«Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente.» Tutti i Mangiamorte con un sonoro pop, si smaterializzarono lasciando increduli i maghi ancora con le bacchette levate, nell'intento di duellare.
«Avete un'ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti. Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te.» Il cuore di Ginny mancò un battito: le parole morti e Harry Potter, le fecero raggelare il sangue. Si voltò con aria disperata, lanciando un'occhiata verso la Sala Grande: ma non scorse Harry. Dov'era finito? Che fosse ancora nella Stanza delle Necessità a fare chissà cosa? No, impossibile, era trascorso troppo tempo..
«Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un'ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò e punirò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un'ora.»
“No..” mormorò Ginny mentre sentiva le forze venir meno; si guardò intorno e sperò di vedere la figura magra con gli occhiali tondeggianti, ma nulla. Non poteva andare così, Harry non doveva consegnarsi!
Ma proprio mentre stava riflettendo sulla drasticità della situazione, Luna si avvicinò a lei e le mormorò con gli occhi sbarrati dall'orrore “Ginny, c'è qualcosa che dovresti vedere..”
La ragazza si voltò a guardarla e poi mise a fuoco ciò che stava succedendo intorno a loro: numerosi corpi venivano trascinati con incantesimi e posati per terra su delle coperte nella grande stanza, dove spesso avevano trascorso allegramente le loro giornate scolastiche.
“Non può essere...” sussurrò, varcando il grande portone. I sopravvissuti erano pochissimi, sedevano l'uno accanto all'altro formando dei gruppetti e si abbracciavano. Madama Chips e un gruppo di volontari curavano i feriti sulla pedana in fondo.

C'erano tanti morti, disposti in fila nel centro della sala, e questa cosa la sconcertò; mentre avanzava nella stanza gigantesca osservava terrorizzata i volti pallidi e privi di espressività, pregando con tutta se stessa di non riconoscere le persone a lei care. Purtroppo, dopo poco, osservò i biondi capelli di Colin Canon completamente impolverati e gli occhi spalancati, che osservavano il soffitto senza batter ciglio.
“Oh.. no..” mormorò, mentre sentiva gli occhi riempirsi di lacrime “no, io..” ma non riusciva a concludere la frase perché non c'era da dire nulla. Nulla poteva sostituire ciò che stava vedendo; si chinò piano accanto all'amico e gli accarezzò il capo con delicatezza, sorridendo senza un motivo valido. Luna accanto a lei sembrava sotto shock e fissava con inespressività il corpo senza vita del giovane Grifondoro.
Ginny ricordò il coraggio che aveva dimostrato sin dai primi giorni Colin, anche la sua passione per la fotografia. Ma poi quando era entrato nell'ES ed aveva sempre creduto in ciò che faceva; quell'anno poi aveva dovuto rinunciare a frequentare Hogwarts, solo perché i suoi genitori erano babbani. Fece scivolare una mano sulla guancia pallida e chiuse gli occhi per qualche secondo, cercando di ricordare il volto del suo compagno di scuola durante i periodi più spensierati della sua vita.
Poi d'un tratto una mano leggera si poggiò sul suo capo ramato. Ginny si voltò ed incontrò gli occhi celesti di Fleur, che erano pieni di lacrime; la ragazza bionda non disse nulla, le prese la mano e la condusse verso un gruppetto di teste fulve, tutte ammassate e chinate verso qualcosa.
Il terrore si fece spazio dentro sé. Non voleva continuare a camminare, non voleva scoprire cosa ci fosse lì dietro, no. Non ce la faceva, ma le gambe andavano per conto loro, seguendo la lunga coda sporca della ragazza francese, dagli abiti logori.
Una volta avvicinatasi si fece spazio fra i suoi familiari e con orrore realizzò di chi si trattava: il corpo senza vita di Fred giaceva immobile, sotto la volta stellata della Sala Grande, con ancora l'ombra di un sorriso dipinto sulle labbra. Le ginocchia della ragazza tremarono sotto il peso di quella disperazione; George era inginocchiato vicino alla testa e piangeva in silenzio: Ginny non l'aveva mai visto in quello stato. Sua madre era accasciata sul petto del figlio, scossa dai singhiozzi. Suo padre le accarezzava i capelli e aveva le guance inondate di lacrime.
Ginny non ce la fece più: si chinò ed appoggiò il volto sulla pancia di Fred. Iniziò a piangere senza controllarsi, perché non gli importava di essere forte. Voleva tornare bambina, quando piangeva ed il suo fratellone la faceva ridere, per far cessare la sua disperazione. Sperò che fosse uno scherzo, un grande e stupido scherzo che solo lui, o il suo gemello erano capaci di fare; se ora le avesse dato un pizzicotto, o fatto il solletico dicendole che aveva schiacciato un pisolino perché si stava annoiando? Sarebbe stato magnifico, ma non era così. Non era possibile. No, perché Fred se l'avesse vista piangere in quel modo, avrebbe interrotto immediatamente quella presa in giro e le avrebbe accarezzato i capelli per rincuorarla. Ma Fred non c'era più, era volato via in quella nottata maledetta.
Dopo alcuni minuti, alzò il volto arrossato dal pianto e guardò attraverso uno spiraglio che si era aperto fra i componenti della cerchia che si era creata attorno a suo fratello.
Il suo cuore sprofondò negli abissi più remoti del lago nero: Remus e Tonks, pallidi e immobili, come addormentati, erano stesi con il volto rilassato.
Lupin e Tonks.
Non poteva essere.
Lupin, la persona più dolce che avesse mai conosciuto.
Tonks la strega più brillante e coraggiosa che avesse mai visto.

Teddy. Oh, no.
Teddy era orfano.

Non poteva crederci.
Colin e Fred erano morti.
Suo fratello Fred era sparito, per sempre.
Non voleva... non poteva essere davvero così.
Si mise in piedi, sconvolta e si allontanò dal gruppetto per un attimo: aveva bisogno di respirare.
Sentì che qualsiasi ragione per continuare a vivere scivolava via con le grandi lacrime che rigavano le sue guance. Che senso aveva la sua esistenza adesso?
Improvvisamente delle braccia sottili la strinsero e lei riconobbe quella chioma riccia, scura, che le ostacolò la vista, già annebbiata dalle lacrime: Hermione l'aveva appena abbracciata; gli occhi nocciola vagavano per la stanza, quasi senza vita e scorsero Ron, il quale raggiunse Bill, Fleur e Percy, che gli gettò un braccio attorno alle spalle.
Poi anche Ginny e Hermione si avvicinarono al resto della famiglia. Osservò ancora i volti dei caduti, privi di vita e si sentì piena di rabbia. Quelle che ora fuoriuscivano copiose dalle sue palpebre gonfie erano lacrime di collera.
La rossa percepì dentro sé una fiamma che iniziava a crescere e ad ardere.
La sua vita aveva ancora un senso: doveva vendicare coloro che erano morti.
Questo doveva fare e l'avrebbe fatto, anche a costo della propria vita.

 

*questa è una mia interpretazione, Ginny non è tornata a Hogwarts nel libro. Poiché nello scorso capitolo ho voluto renderla partecipe del momento in cui Terry Steeval ha annunciato le imprese di Harry, Ron e Hermione in Sala Grande, volevo spiegare questa mia decisione :)

**questo mio episodio è totalmente inventato da me, però l'idea mi piaceva: un po' come Hermione che salva Lavanda da Greyback :)

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Capitolo 14
*** La battaglia di Hogwarts (II). ***


 

! Nota dell'autrice. Salve gente! Innanzi tutto scusate per il ritardo.. ma ho dovuto studiare tantissimo per questa sessione di esami e non ho ancora terminato: mi manca l'ultimo! Inoltre dar vita a questo capitolo è stato complesso, soprattuttofarlo vedere attraverso gli occhi di Ginny. In ogni caso in questo capitolo ho dato voce quasi solamente ai pensieri di Ginny, in quanto avevo voglia di darle più spazio. Spero davvero di aver reso bene la tensione, l'emozione nello scoprire Harry morto e poi nel vederlo apparire improvvisamente sul campo di battaglia. E' stato emozionante scrivere questo episodio e, come sempre, ho citato parti del libro troppo importanti per essere trascurate. Anche Harry ha modo di parlare in questo capitolo, nella parte finale, che sognavo da sempre onestamente e spero piaccia anche a voi, perché io me la sono sempre immaginata così *-*
Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! E adesso vi auguro soltanto...una buona lettura! :)

P.s. 19/01/2015: Ho deciso di aggiungere alcune immagini a questa storia (trovate sul web) di cui mi sono letteralmente innamorata! Spero vi piaccia l'idea ;)  

 


 


# La battaglia di Hogwarts... (II)
 


 

Ginny guardava diritto negli occhi suo fratello, affiancato da Hermione, con la stessa disperazione, rabbia e voglia di lottare che lui le trasmetteva attraverso lo sguardo cristallino.
Era passata già mezz'ora da quando Voldemort aveva indetto la tregua; l'aria si era fermata, così come i rumori: il silenzio veniva interrotto talvolta da qualche sommesso singhiozzo dei superstiti.
C'erano molti cadaveri intorno a loro e Ginny riconobbe così tanti volti familiari che il dolore non fu più quantificabile. I vetri infranti delle grandi finestre di Hogwarts scricchiolavano sotto le scarpe di coloro che si trovavano nella Sala Grande, provocando ancora più disperazione nei loro animi. La scuola era distrutta, metà dei suoi componenti era ferita, molti erano morti e loro erano deboli, provati, disperati; nonostante ciò la rossa avvertiva una fiamma dentro sé, che invece di spegnersi cresceva sempre più. Non si sentiva più sconfitta, anzi capì improvvisamente di poter nuovamente esplodere e combattere.
“Ron, dobbiamo fare qualcosa.” disse, mentre scrutava decisa il fratello fulvo. Entrambi si erano allontanati dalla famiglia, che si trovava attorno al corpo inerme del ragazzo rosso; loro due, ancora molto scossi per la morte di Fred, erano intenzionati a vendicarlo. Ginny sentiva che se avesse occupato la mente con qualcosa da fare, tutta quella angoscia e quel senso di oppressione sarebbero volati via nella notte, almeno per un po'.
“Io e Hermione dobbiamo trovare il serpente, ma..” si interruppe guardandosi intorno e Ginny capì immediatamente a cosa si stesse riferendo: Harry mancava all'appello. Se n'era già accorta, ma il dolore straziante per la morte di suo fratello le aveva annebbiato i pensieri; così aveva rinviato la sua ricerca ed ora finalmente si stava interrogando su dove fosse finito.
Hermione, con gli occhi spalancati e vistosamente stanchi, si mordeva il labbro angosciata guardandosi intorno “Che si sia..” iniziò e la rossa percepì che le tremava la voce.
“Consegnato?” concluse lei, con aria stranamente pacata “Non so, è possibile conoscendolo.. sarà pieno di sensi di colpa per quello che è successo...” aggiunse guardando verso il parco con occhi spenti “..ma spero vivamente di no.” Ed era vero, non voleva assolutamente che Harry Potter corresse nelle braccia del Signore Oscuro, non voleva perderlo, non quella notte, non così. Allo stesso tempo, però, non aveva idea di dove fosse e questa cosa la rendeva impotente.
“Non lo farà.” fece Ron, poco convinto, ma probabilmente nel tentativo di calmare entrambe “In ogni caso dobbiamo continuare ciò che c'aveva chiesto di fare, dobbiamo aiutarlo.”
Era talmente sicuro di sé che a Ginny quasi non parve suo fratello, ma la riccia lo osservava orgogliosa e gli teneva la mano con dolcezza: doveva essere successo qualcosa fra loro, perché erano entrambi diversi. Sorrise debolmente ed annuì per poi dire “D'accordo, andate. Io mi occuperò dei feriti e quando sarà l'ora di combattere lo farò!”
Abbracciò i due con più lentezza ed affetto del solito: il pensiero di non rivederli più vivi le ghiacciava il sangue e, dopo quello che era successo a Fred, comprese di dover dare più peso al momento dei saluti.
Quando la coppia si allontanò dalla Sala Grande, lei tornò verso la madre, che si era seduta accanto al marito su una panca di legno: i loro occhi fissavano il vuoto. Arthur accarezzava la spalla massiccia di Molly, quasi come se fosse un gesto automatico, lo sguardo rivolto verso il pavimento. Le iridi nocciola, come le sue, della signora Weasley erano invece incollate sul cadavere di suo figlio dove George, attorniato dagli altri componenti della famiglia, era ancora era chino, scosso dai singhiozzi.
Il dolore invase nuovamente il cuore di Ginny, in modo così prepotente che fece fatica a ricacciare le lacrime in gola; poi si fece coraggio e si avvicinò ai suoi genitori.
“Mamma..? Papà..?” domandò incerta accovacciandosi accanto a loro e posando con delicatezza il palmo della mano destra sul ginocchio di Molly.
Arthur la guardò, gli occhi velati dal pianto e sussurrò “Dimmi Ginny.”
“Vorrei aiutare i feriti, se mi allontano non preoccupatevi. Devo fare qualcosa, non posso restare qui oppure..” e sentì di nuovo la necessità di stringere le palpebre in una morsa per non piangere.
“Vai.” dissero all'unisono i genitori. La rossa si sorprese per il fatto che nessuno dei due stesse protestando.
“Se possiamo aiutare, dobbiamo farlo.” fece la madre mentre incrociava i suoi occhi e si asciugava le guance ancora bagnate.
La ragazza annuì riconoscente e si allontanò dai due sfrecciando veloce attraverso il portone del grande salone, mentre il respiro le si arrestava in gola.
Appoggiò la testa contro il muro esterno del castello e, mentre reprimeva quell'ondata di dolore, si accorse di una ragazzina per terra. Il cervello si riattivò velocemente e Ginny scese i gradini di corsa, immergendosi nel buio del parco: ormai erano quasi le quattro; quel silenzio mortale la fece rabbrividire.
“Hey..” le sussurrò aiutandola ad alzarsi. La ragazza parve riprendersi improvvisamente e guardò la rossa diritto negli occhi “Aiuto..” disse soltanto con voce soffocata, tossendo ripetutamente.
Ginny le accarezzò la schiena ed attese che lei terminasse per poi chiederle “Sei rimasta sola?”
Quella annuì sconvolta, toccandosi il viso e scoprendo di essere piena di graffi: incrociò di nuovo terrorizzata lo sguardo della ragazza. La fece sedere e rimase a scrutarla, capendo quanto si sentisse frastornata.
“Va tutto bene,” le disse “è tutto a posto.. ora ti portiamo dentro.”

“Ma io voglio andare a casa..” sussurrò la ragazza “..non voglio più combattere!”
“Lo so..” rispose la rossa e sentì la sua voce spezzarsi “..andrà tutto bene.”
Provò a stringerla a sé nella speranza di infonderle un po' di conforto e quella sembrò calmarsi parzialmente; poi si mise in ginocchio accanto al lei, prendendola per mano.

D'un tratto, mentre i suoi occhi erano immersi in quelli chiari della ragazza, qualcosa generò un piccolo alito di vento che profumava di menta fresca: un odore meraviglioso.
Ginny inspirò affondo quella fragranza, assaporandone la bellezza e la familiarità; lei conosceva quel profumo, talmente bene che avrebbe potuto descriverlo a parole. Si voltò di scatto, con gli occhi sbarrati verso la fonte che aveva generato quella brezza notturna e silenziosa, ma non vide nulla. Non era possibile, non poteva essere...
“E se invece...” si domandò speranzosa senza schiodare le due iridi nocciola dal punto di prima. E se fosse stato Harry a generare quel soffio? Se fosse stato realmente lui? Probabilmente indossava il mantello dell'invisibilità per questo non riusciva ad osservare la sua alta e magra. Per alcuni secondi fu tentata di alzarsi e mettersi a correre, inseguendo quella scia profumata ovunque l'avrebbe portata; gli avrebbe tolto quella copertura magica di dosso e si sarebbe gettata fra le sue braccia, chiedendogli di condurla lontano da tutto e da tutti, di baciarla dolcemente, di accarezzarle i capelli e di asciugarle le lacrime; ma poi il buon senso le fece ricollegare i neuroni e si rese conto che il moro stava sicuramente svolgendo un compito molto importante.
Sospirò affranta dall'idea di perderlo di nuovo, dalla paura che si stesse consegnando al Signore Oscuro, ma non protestò ulteriormente: Harry non era uno sciocco, sapeva cosa faceva. Doveva fidarsi di lui. Si voltò verso la ragazzina nuovamente, deglutendo a fatica il rimorso di non essersi alzata in tempo per salutarlo.
Quella la guardò seria e sussurrò “Va tutto bene?”
Ginny alzò gli occhi verso di lei e si rese conto di averli pieni di lacrime “No, non va tutto bene, ma non bisogna abbattersi ora. Su, vieni con me, torniamo dentro.. saremo al sicuro.”
Si alzarono entrambe e varcarono la soglia del grande portone, attendendo una risposta da quella lunga pausa che stava quasi per terminare.

***

“Ti fa molto male?” chiese la rossa con un debole sorriso ad un ragazzo dai capelli scuri.
“No, tranquilla, posso ancora lottare!” disse lui fiero, alzandosi ed allontanandosi con il polso fasciato.
Ginny si sentì orgogliosa di ciò che stava facendo: aiutava tutti i feriti della battaglia insieme a Madama Chips e tutte le altre donne della stanza; anche Hermione era tornata: lei e Ron non avevano trovato alcuna traccia del serpente di Voldemort. Adesso suo fratello stava discutendo animatamente con Neville, nel tentativo di comprendere dove si trovasse e come riuscire ad ucciderlo.
Ora la rossa era seduta sulle panche di legno accostate alle pareti della Sala Grande ed attendeva che qualcun altro si recasse da lei per farsi medicare; non avendo nulla da fare, il suo sguardo si tuffò nel parco, attraverso i vetri infranti ed il pensiero volò inevitabilmente verso Harry. Come stava? Dov'era? Quando sarebbe tornato? Ma più si poneva queste domande e più aveva il terrore di trovare una risposta; così le eludeva puntualmente e tornava a curare i feriti.
D'improvviso Hermione le posò una mano sulla spalla, facendola sobbalzare “Ginny,” disse con aria seria “lo so che stai pensando a Harry, ma lui sa quello che fa, quindi-”
“Lo so.” la interruppe lei bruscamente, cercando di scacciare l'immagine di lui in fin di vita e di accogliere nella sua mente quella del ragazzo allegro di un anno fa. Ma forse quel ricordo le fece ancora più male, perché l'idea di aver perso per sempre la possibilità di rivivere quei giorni stupendi in riva al lago era terribile.
“Lui è capace e coraggioso. So che è consapevole di ciò che fa.” aggiunse, mentre posava lo sguardo su Lee Jordan, che si stava avvicinando a lei.
La riccia rispose con un debole sorriso e si occupò della caviglia di Luna.
Lee si sedette di fronte a lei e la ragazza si occupò del taglio che aveva lungo il polpaccio, ma senza mai alzare lo sguardo: la mente era talmente affollata da immagini di Harry, che non riusciva a pensare ad altro. Tutti i momenti in cui l'aveva osservato ora pulsavano vitali davanti ai suoi occhi, facendola tornare indietro nel tempo e stringendole il cuore in una morsa. Il loro primo bacio: Indossava la divisa, la cravatta d'oro e bordeaux con il nodo allentato, il mantello nero poggiato in modo asimmetrico sulle spalle, la camicia bianco brillante con le maniche arrotolate con i due ultimi bottoni sul collo aperti... I capelli scompigliati come di consueto ed illuminati dal sole luccicavano come l'inchiostro... gli occhi, di quel verde profondo che la facevano rabbrividire si posarono su di lei, fissi, immobili a guardarla con aria imperscrutabile...
Sentì nuovamente il pavimento crollarle sotto i piedi e per un attimo appoggiò la mano sulla panca di legno affinché non perdesse l'equilibrio.
“Ginny!” esclamò Lee afferrandola “Forse dovresti riposarti un po', hai fatto un ottimo lavoro con me.. grazie, ma adesso stai un po' tranquilla..”
La ragazza alzò lo sguardo su di lui ed annuì seria: aveva ragione, doveva un attimo appoggiarsi tranquilla da qualche parte e rilassarsi.
Proprio quando stava per alzarsi, però, una voce fredda, acuta ed amplificata rombò nei suoi timpani come era successo in precedenza e Ginny sentì il prorpio stomaco annodarsi dalla paura..

«Harry Potter è morto.»
Il cuore mancò un battito.
«È stato ucciso.»
Un altro ancora e i suoi occhi si spalancarono increduli.
«Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il vostro eroe è caduto.»
Deglutì ed incrociò quelli terrorizzati di Hermione, sensa riuscire ancora ad accogliere l'aria nei suoi polmoni.
«Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo Che È Sopravvissuto è morto.»
“Non è possibile..” pensò esterrefatta, mentre spalancava la bocca inerme, senza però riuscire a respirare.
«La guerra deve finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme».
Quando la voce finì di invaderle la mente, la rossa poté inspirare affondo e solo dopo averlo fatto la sua mente si ricollegò alla realtà ed il suo sguardo cercò quello degli altri.
Alcuni si voltavano intorno disperati, altri spaventati e altri ancora furiosi dalla rabbia. Lei invece si sentiva totalmente spaesata, come se qualcuno le avesse dato una botta in testa; poi Hermione si avvicinò a lei con gli occhi pieni di lacrime e le prese la mano, allora Ginny capì: dovevano correre fuori da quella stanza. Ed infatti si alzò e fuggì ansimando insieme a tutti gli altri verso l'esterno, mentre il cielo si tingeva di un rosso intenso ed il sole si faceva spazio sul mondo con fare prepotente. Quel colore le ricordò il giorno in cui Harry le aveva mostrato quella Camellia, così rossa... così bella...
I sopravvissuti alla battaglia uscirono sui gradini a fronteggiare i vincitori e a vedere con i loro occhi se era vero che Harry era morto. Nessuno voleva crederci e lei era la prima a non volerlo fare, ma la prima a temere che fosse la realtà: aveva perso suo fratello, dunque tutto poteva succedere.
Poi un gruppo di uomini incappucciati da mantelli neri come la pece, capitaneggiati da una figura mostruosa dal naso schiacciato, con accanto un serpente gigante, avanzarono verso di loro; Ginny inorridì alla vista di quell'essere, che probabilmente era lo stesso che suo fratello e Hermione stavano cercando con tanta ansia, e di coluiche aveva provocato in loro tantissima sofferenza.

Il suo umore, però, sprofondò negli abissi del lago nero quando scorse Hagrid che reggeva un corpo inerme fra le braccia.
“Harry..” sussurrò in un soffio, con le lacrime agli occhi: i capelli neri scompigliati erano sudici ed opachi, gli occhi chiusi e gli occhiali poggiati storti sul viso scavato e pallido.
“No..” fece di nuovo, sentendo Hermione che singhiozzava e Ron che tremava dalla rabbia.
“NO!” urlò la professoressa McGrannit, senza riuscire a contenere quel rantolo di disperazione.
“No!” sbottò suo frattello furente, dopo alcuni minuti

No!” gridò poi la riccia, in preda alle lacrime.

E poi Ginny non poté più ragionare lucidamente: il dolore le invase il petto in modo brusco e lacerante “Harry!... HARRY!” urlò facendo diversi passi in avanti, sgattaiolando fra le figure più alte di lei, con la rabbia che montava sempre di più, senza riuscire a controllarsi. Non era possibile, non era vero.. Harry Potter non poteva essere morto, non così. Si avvicinò di più alla figura di Hagrid in lacrime e riuscì a vedere anche i graffi sul viso del ragazzo.
“Il mio Harry...” pensò distrutta, sentendo le ginocchia cedere sotto il peso di quella realtà così terribile, mentre la voce di Harry nel giorno del funerale di Silente le rimbombava nella testa...Queste ultime settimane con te sono state come... come la vita di un altro, ma io non posso... noi non possiamo... Devo fare delle cose da solo, ora. Voldemort usa le persone a cui i suoi nemici tengono. Ti ha già usato una volta come esca, e solo perché sei la sorella del mio migliore amico. Pensa a quanto più grande sarà il pericolo che correrai se continuiamo a stare insieme. Lo verrà a sapere, lo scoprirà. Cercherà di arrivare a me attraverso di te.” le aveva detto serio.
“E se a me non importasse?” aveva ribattuto lei con forza.
Importa a me,” aveva risposto Harry sincero come credi che mi sentirei se questo fosse il tuo funerale... e fosse colpa mia...”
Ed intanto era lui quello lì, fermo, senza vita fra le braccia di Hagrid.
E lei non gli aveva dato neanche un ultimo bacio.
Non ce la faceva, non poteva reggere.
Voldemort urlò improvvisamente di tacere ed ordinò ai Mangiamorte di poggiare il corpo senza vita del moro per terra, ai suoi piedi come secondo lui meritava.
Un conato di vomito si impadronì della ragazza costringendola a stringere le labbra in una morsa: non meritava di essere trattato così, lui era stato la salvezza dell'intero mondo magico, l'ancora di speranza alla quale si erano aggrappati nei giorni più bui...
E poi tutto fu così veloce ed immediato che Ginny fece fatica a restare salda al proprio posto.
Tutti inveirono contro Colui-che-non-doveva-essere-nominato, aizzati da suo fratello Ron e poi Neville lo sfidò, con quel coraggio brillante che aveva da qualche anno ormai e che rendeva Ginny orgogliosa di essergli amica.
Voldemort agitò la Bacchetta facendo sfrecciare da una delle finestre infrante del castello qualcosa di simile ad un uccello deforme, che atterrò nella sua mano pallida e sottile. Lui scrollò l'oggetto muffito tenendolo per la punta e quello penzolò vuoto e lacero: era il Cappello Parlante.
“Cosa diavolo ha intenzione di fare?” pensò Ginny rabbrividendo.
Quella figura lontana da qualsiasi parvenza umana, strisciò avanti e indietro guardando con occhi folli la calca dei sopravvissuti alla battaglia, annunciando che non sarebbe esistita più alcuna casa a Hogwarts da quando lui avrebbe preso il potere.
“Non è possibile!” esclamò Hermione a bassa voce, con l'aria di chi aveva appena subito un torto orrendo. La riccia si era sempre battuta contro le ingiustizie le più atroci, come ad esempio quelle inflitte agli elfi, e probabilmente riteneva una follia che soltanto la casata dei Serpeverde avrebbe accolto tutti gli studenti di Hogwarts.
La rossa era pienamente d'accordo: ognuno era libero di essere ciò che voleva, dunque non poteva obbligare le generazioni future ad essere dei Serpeverde.
Poi Voldemort puntò la Bacchetta contro Neville, che s'irrigidì, mettendogli in testa il Cappello, che gli cadde sugli occhi. La folla davanti al castello fu percorsa da un fremito di rabbia e Ginny avanzò furiosa verso l'amico, per andarlo ad aiutare, ma Ron la trattenne per il polso.
“Fermati!” disse serio “Non permetterò che ti accada qualcosa!”
La ragazza avrebbe voluto protestare, ma non ne ebbe il tempo...
“Il nostro Neville ora dimostrerà che cosa accade a chiunque sia così sciocco da continuare a opporsi a me” annunciò Voldemort e con un guizzo della Bacchetta incendiò il Cappello Parlante. L'alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato.
Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
Ginny inorridì a quella vista, si divincolò dalla stretta del fratello e urlò rabbiosa, avvicinandosi all'amico per salvarlo da quell'incantesimo atroce, ma il suo grido fu soffocato da un gran un frastuono: centinaia di persone varcavano le mura di corsa e si avvicinavano al castello, levando alte grida di guerra.
Nello stesso momento, Grop arrivò a passi pesanti da dietro la scuola e chiamò “HAGGER!” più volte, accompagnato dagli strilli rochi dei giganti di Voldemort.
Ginny era troppo vicina a quel fiume di gente e non sapeva come ripararsi, ma fortunatamente Ron le afferrò di nuovo il polso e la trascinò verso l'interno del castello insieme a Hermione. Le iridi nocciola, prima di voltarsi verso il grande portone della scuola, furono testimoni di molte cose: Neville si era riuscito a liberare dal sortilegio e con un solo, rapido, fluido gesto il Cappello in fiamme gli cadde dalla testa; lui ne estrasse qualcosa di argenteo, con l'impugnatura sfavillante di rubini, che attirò a sé gli sguardi di tutti. In una sola mossa mozzò la testa dell'enorme serpente, che roteò alta nell'aria, scintillante nella luce che veniva dalla Sala d'Ingresso.
La bocca di Voldemort si spalancò in un urlo di rabbia che nessuno riuscì a sentire, e il corpo del serpente cadde con un tonfo ai suoi piedi....
Ai suoi piedi non c'era più nulla...
Ginny sussultò.
Il corpo di Harry era sparito...
Non c'era più, come per magia....
“Harry è sparito!” urlò in direzione dei due amici che si bloccarono improvvisamente. Tutti e tre provarono a cambiare rotta, per tornare nuovamente all'esterno del cortile, ma non fu più possibile: una folla spaventata li spinse verso l'interno fin dentro la Sala Grande e subito i Mangiamorte li segurino, iniziando a lottare.
Sopra le grida, i ruggiti, i colpi dei giganti, l'urlo di Hagrid risuonò più forte di tutto “HARRY! HARRY... DOV'È HARRY?”
Quindi anche lui se n'era accorto, non era stata l'unica a notarlo! Ma i tre non riuscirono neanche più a parlare, perché subito furono divisi e dovettero rispondere agli attacchi dei seguaci di Voldemort.
Dove diavolo era finito il corpo di Harry?! Non l'avrebbe lasciato nelle mani dei Mangiamorte, doveva andare a cercarlo e poi l'avrebbero seppellito come meritava; decise di uscire fuori lo stesso, anche senza Ron e Hermione, ma proprio mentre si fiondava nuovamente verso il cortile Bellatrix Lestrange, con il suo sorriso sadico e folle le lanciò contro una maledizione, costringendola e gettarsi per terra.
Rialzò il capo dopo alcuni secondi, inspirò affondo e poi si voltò a guardarla, trasmettendole uno sguardo carico di disgusto ed odio: si, la detestava e voleva vederla morire. Si alzò piano, osservandola accuratamente mentre rideva di gusto e lanciava incantesimi oscuri a destra e a manca; poi le si gettò addosso per schiantarla, ma quella parò con estrema agilità il suo attacco.
Rise di nuovo.
Quella smorfia da matta dipinta sul volto pallido e spigoloso.

Brividi di rabbia si impadronirono della ragazza dai capelli ramati, che si guardò intorno comprendendo di non potercela fare da sola. Hermione e Luna incontrarono i suoi occhi e corsero verso di lei, affiancandola.
“Bene, ragazzine.. ci divertiamo. Oh, ma guarda.. c'è la mezzosangue. Il tuo fidanzatino ebete questa volta non ti salverà!” sbraitò sadica agitando la bacchetta e lanciandole una fattura, ma Luna e Ginny riuscirono a deviarla.
Si trovavano a cinquanta metri da Voldemort, che lottava anche lui contro tre avversari a un tempo: stava duellando con la McGranitt, Lumacorno e Kingsley in-sieme, e il suo volto era una maschera di freddo odio mentre i tre balzava-no e si abbassavano attorno a lui, senza riuscire a finirlo.
Anche loro avevano lo stesso identico problema: Bellatrix le uguagliava. Si stavano stancando tantissimo e spesso erano costrette a gettarsi a terra per schivare le maledizioni che la maga infliggeva loro, troppo veloci da poter deviare con la bacchetta.
Improvvisamente un Anatema che Uccide fu scagliato così vicino a Ginny che la mancò di un soffio. La ragazza trattenne il fiato incredula di essere ancora viva e mentre si voltava verso la strega, con una smorfia di rabbia mista ad odio udì un urlo familiare alle sue spalle
“MIA FIGLIA NO, CAGNA!” sbaitò mentre correva la signora Weasley, che gettò gettò via il mantello per avere libertà di movimento.
Bellatrix si girò di scatto e scoppiò a ridere alla vista della sua nuova avversaria.
“FUORI DAI PIEDI!” urlò la signora Weasley a loro tre, e con uno svolazzo della bacchetta cominciò a combattere.
Ginny non sapeva ancora bene cosa pensare, per il solo fatto che non aveva mai visto sua madre in quello stato: così arrabbiata, determinata e pericolosa. Era terrorizzata, ma allo stesso tempo fiera e grata che stesse combattendo, per lei, la sua unica figlia.
La bacchetta di Molly fendeva l'aria e vorticava svelta, mentre il sorriso di Bellatrix Lestrange tremava e si trasformava pian piano in un ringhio. Schizzi di luce volarono da entrambe le bacchette, il pavimento attorno alle due streghe era rovente e crivellato di buchi.
Ginny iniziò a spaventarsi, perché entrambe combattevano per uccidere e lei aveva visto quanto fosse capace quella odiosa Mangiamorte: non voleva perdere sua madre.
Eppure più la osservava e più comprendeva quanto fosse incredibilmente capace ed agile, una strega eccezionale che per anni non aveva fatto altro che occuparsi di loro. Quasi sentì le lacrime invaderle gli occhi, ma ben presto dovette ripararsi da altre fatture che le volarono sopra il capo e si cimentò in nuovi combattimenti.
Ma le urla della madre risuonavano nella stanza “No! Indietro! INDIETRO! È mia!” gridò la signora Weasley quando alcuni studenti accorsero in suo aiuto.
Poi Ginny riuscì a liberarsi del suo avversario, schiantantolo con agilità e dopo essersi asciugata la fronte dal sudore, corse verso le centinaia di persone che erano allineate lungo le pareti e assistevano alle due battaglie: Voldemort contro i suoi tre avversari e Bellatrix contro Molly.
“Cosa sarà dei tuoi figli quando ti avrò ucciso?” la canzonava sprezzante Bellatrix, folle come il suo Signore, schivando le maledizioni di Molly che le danzavano attorno. “Quando mammina sarà morta come Freddie?”
Ginny tremò dalla rabbia e sentì delle lacrime calde farle capolino attraverso le palpebre.
“Maledetta..” pensò asciugandosi le guance e sentì la voce spezzata di sua madre crescere sempre più in un urlo “Tu... non... toccherai... mai... più... i... nostri... figli!”
Bellatrix rise, ma la maledizione di Molly passò sotto il suo braccio teso e la colpì in pieno petto, al cuore. Quel sorriso maligno si congelò e gli occhi si dilatarono: per una frazione di secondo, forse, capì che cos'era successo, poi cadde.
Ginny trattenne il fiato e vide che sua madre stava facendo lo stesso.
Poi la donna incontrò il suo sguardo e Ginny si accorse che stava piangendo. E lei sapeva perché: piangeva per ciò che aveva detto Bellatrix, perché se l'avesse uccisa loro non avrebbero tirato avanti un giorno senza lei; piangeva per Fred, che non era riuscito a proteggere e per Tonks, Lupin, Sirius, Malocchio e tutti coloro che avevano perso la vita. Piangeva perché ce l'aveva fatta!
“Mamma..” pensò emozionata mentre correva verso di lei, con il desiderio di volerla soltanto abbracciare e farle capire quanto le volesse bene, nonostante i loro frequenti litigi. Aveva combattuto per lei, l'aveva protetta ed era la mamma migliore del mondo. Doveva assolutamente dirle tutte quelle cosa, ma proprio quando era quasi arrivata verso di lei Voldemort alzò la Bacchetta e la puntò gliela puntò contro. Molly guardò terrorizzata quell'essere disgustoso, rendendosi conto di non avere il tempo necessario per reagire.
Ginny trattenne nuovamente il fiato e si bloccò osservando la scena, mentra la mano scivolava veloce verso la bacchetta, da poco riposta nella tasca dei jeans.
Ma improvvisamente una voce, che Ginny riconobbe subito, ruggì “Protego!” e il Sortilegio Scudo si allargò al centro della Sala.
La rossa guardò incredula verso l'incantesimo come tutti gli altri.
Piombò un silenzio mortale e tutti attesero con ansia; anche Voldemort si guardò intorno cercandone l'origine e finalmente il suo artefice si mostrò: dal nulla apparve Harry, che fece scivolare il Mantello dell'Invisibilità sul pavimento impolverato della stanza.
Harry.

Era lui.

Osservò a lungo quella figura magra e seria, con gli occhi verdi accecati da una rabbia profonda, da una voglia di vendicarsi e di porre fine a tutto ciò che stava succedendo.
Ginny cadde per terra stupefatta continuando a guardarlo, senza riuscire a comprende cosa stava accadendo. Sentì soltanto che il suo cuore faticava a battere e che la sua mente cercava di dare una spiegazione razionale a quell'evento, ma non riusciva a trovarla.
“Era morto..” pensò, capendo di non avere la voce per parlare “L'ho visto con i miei occhi..”
Urla di sorpresa, acclamazioni, grida, invasero la Sala Grande.
“Harry!”

“È vivo!”

Ma poco dopo furono soffocati: la folla ebbe paura e il silenzio cadde improvviso e totale, quando Voldemort e Harry si guardarono e cominciarono a muoversi in cerchio uno di fronte all'altro.
Si squadravano e si analizzavano con meticolosa attenzione: il moro era così perfettamente conscio di ciò che stava facendo, che Ginny comprese il motivo della sua tranquillità.

“Non voglio aiuto,” disse il moro con voce calma “deve andare così... devo essere io.”
Sapeva cosa stava succedendo, lo sapeva solo lui; ma la rossa era comunque spaventata: era vivo e rischiava di perderlo di nuovo.
Voldemort sibilò con gli occhi rossi spalancati “Potter non voleva dire questo. Non è così che si comporta, vero? Chi userai come scudo oggi, Potter?”
“Nessuno.” rispose Harry semplicemente “Non ci sono altri Horcrux. Siamo solo tu e io. Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive, e uno di noi sta per andarsene per sempre...”
“Uno di noi?” lo schernì Voldemort. Ogni suo muscolo era teso e i suoi occhi rossi erano immobili: come un serpente pronto a colpire. Ginny sentiva che era più spaventato di chiunque fosse presente in quella stanza. Tutto doveva essergli sfuggito di mano, perché anche lui era convinto che Harry era morto nella Foresta Proibita, come tutti loro d'altro canto. “Pensi che sarai tu, vero, il Ragazzo Che È Sopravvissuto per caso, solo perché Silente tirava i fili?”
“È stato un caso quando mia madre morì per salvarmi?” chiese Harry. Continuavano a spostarsi di lato, tutti e due, disegnando un cerchio perfetto, mantenendo la stessa distanza l'uno dall'altro. Per Harry esisteva solo il volto di Voldemort, non incrociava gli occhi di nessuno e tutti erano rapiti da quel movimento perfetto che avevano creato. “Un caso che io abbia deciso di combattere in quel cimitero? Un caso che io non mi sia difeso questa notte, eppure sia sopravvissuto, e tornato per combattere di nuovo?”
Casi!” urlò Voldemort “Casi e fortuna e il fatto che ti sei rannicchiato a frignare dietro le gonne di uomini e donne più grandi di te, e hai lasciato che io li uccidessi al posto tuo!”
Ginny temette che quell'affermazione avrebbe fatto perdere il controllo a Harry: quando si parlava di coloro che avevano perso la vita per proteggerlo, poteva anche divenire una belva; ma quello invece rimase calmo, freddo e distaccato, con quegli occhi imperscrutabili fissi sulla figura dal naso schiacciato che scivolava di fronte a lui “Non ucciderai nessun altro questa notte,” ribatté serio “Non potrai uccidere nessuno di loro, mai più. Non capisci? Ero pronto a morire per impedirti di fare del male a queste persone...”
“Ma non l'hai fatto!” ruggì quello, mostrando la sua disperazione, la sua rabbia per un qualcosa che non aveva calcolato: Harry l'aveva preso in giro per l'ennesima volta.
“Era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che nessuno dei tuoi incantesimi funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi toccarli. Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero?” sorrise un po' ironicamente il moro, facendo imbestialire Voldemort.
Tu osi...” sibilò freddamente.
“Sì, io oso.” continuò Harry “Io so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose importanti che tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere un altro grosso errore?”
Voldemort non parlò, ma continuò a muoversi in cerchio e Ginny seppe che Harry era riuscito ad avere la sua massima attenzione, ad ipnotizzarlo: ora pendeva dalle sue labbra, trattenuto dalla vaghissima possibilità che Harry conoscesse un segreto a lui sconosciuto. Era un essere troppo egoista ed eccentrico per permettere che qualcun altro sapesse verità a lui ignote.

Discussero a lungo di cose che Ginny non aveva mai sentito, di realtà che la lasciarono sconvolta: la verità su Silente, su Piton e su tantissime altre persone e cose che fino a quel momento lei aveva sempre ignorato.
Si morse le labbra pensierosa e comprese affondo, finalmente, tutto il peso che quel ragazzo aveva portato sulle spalle, che però non aveva deciso di condividere con lei. Un po' si sentì tradita, ma ben presto quella sensazione si tramutò e percepì di essere stupida ed indegna per lui: forse Hermione sarebbe stata più adatta ad uno come Harry, perché gli era sempre stata accanto dall'età di undici anni e aveva sempre saputo tutto di lui; ma aveva scelto suo fratello.
E Ginny, invece, non aveva saputo comprendere a dovere ciò che provava l'uomo che aveva scelto lei! Talvolta aveva anche sottovalutato la sua missione, non sapendo esattamente di cosa si trattasse; si era comportata come una bambina sciocca quell'estate, baciandolo e facendolo soffrire, quando Harry aveva doveri molto più importanti.
Forse non erano fatti per stare insieme.
Lo amava, certo, più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma sarebbe stata una compagna di vita alla sua altezza?
Quelle domande le affollarono la mente, mentre i suoi occhi erano incollati a quelle due figure che danzavano in cirolo.

Poi, dopo una lunga discussione fra i due, un bagliore d'oro rosso divampò all'improvviso nel soffitto incantato sopra di loro e uno spicchio di sole accecante apparve sul davanzale della finestra più vicina. La luce colpì i due volti nello stesso momento e quello di Voldemort divenne una macchia infuocata.
Ginny sentì la voce acuta di Voldemort strillare e allo stesso tempo quella di Harry che, puntando la bacchetta verso di lui, pronunciò il proprio incantesimo
Due sortilegi completamente opposti fuoriuscirono dalle loro armi.
Avada Kedavra!”
Expelliarmus!”
Lo scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che eruppero tra loro, al centro esatto del cerchio che avevano disegnato, segnarono il punto in cui gli incantesimi si scontrarono.
Il lampo verde di Voldemort urtò quello rosso dell'incantesimo di Harry e la Bacchetta di Sambuco volò in alto, contro il soffitto incantato, verso il padrone legittimo.
Harry, con l'infallibile abilità del Cercatore che possedeva, la prese al volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva all'indietro, le braccia spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano verso l'alto: crollò sul pavimento con banale solennità, il corpo fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente inespressivo.
Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa maledizione.
Ginny osservò per qualche secondo senza fiato quel corpo privo di vita e poi si voltò verso Harry, che fissava con due bacchette in mano il guscio vuoto del suo nemico. Era frastornato, ma traboccante di coraggio, pacato, fiero e serio: tutte quelle caratteristiche che facevano impazzire Ginny.
Ci fu un vibrante secondo di silenzio. La rossa si mise in piedi, sentendo la pesantezza delle proprie gambe, per aver corso tutta la giornata e consapevole ormai che tutto era finito.
Poi il tumulto esplose attorno a Harry: le urla, l'esultanza e i ruggiti dei presenti lacerarono l'aria.
L'ardente sole nuovo incendiò le finestre, illuminando il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, di nuovo, in tutto il suo splendore. Perché Harry era splendido, più bello di sempre, più solenne, orgoglioso e sicuro di quanto fosse stato in passato. Gli occhi verdi brillavano sotto il fuoco del sole e mentre tutti avanzavano verso di lui, allargava le braccia per accoglierli il un gesto di solidarietà.
I primi furono Ron e Hermione, le loro braccia ad avvolgerlo, le loro urla incomprensibili ad assordarlo. Li strinse a sé, senza dire nulla.
Poi Ginny si avvicinò piano, facendosi spazio fra la folla.
Il moro incrociò i suoi occhi color nocciola, ma lei non riuscì a sostenere quello sguardo: avanzò accelerando il passo e sprofondò nelle sue braccia. Lui la strinse con affetto ed appoggiò il mento sul suo capo. Per alcuni secondi furono soli, senza nessun altro che arrivasse a disturbarli e Ginny si sentì finalmente in pace contro il suo petto: così caldo ed ampio, così familiare.
Ma ben presto si interrogò su cosa sarebbe stato il domani: avrebbero potuto trascorrere il resto della vita insieme, ma sarebbe stato facile?
Dopo poco Neville e Luna, e poi gli altri Weasley e Hagrid, e Kingsley e la McGranitt e Vitious e la Sprite si accostarono ai due e la ragazza fu costretta ad allontanarsi.
C'era così tanta gente addossata su di lui, che Harry si sentiva spaesato e probabilmente non riusciva a capire una parola di quello che stavano urlando, né quali mani lo afferravano, lo tiravano, cercavano di abbracciarlo.
Ginny capì la felicità di tutti i presenti ed iniziò a piangere invasa dalle emozioni di quel momento: Harry li aveva salvati da un futuro buio, oscuro e tremendo. Era stato colui che era riuscito a sconfiggere Lord Voldemort e aveva riportato la pace nel mondo magico.

Ce l'aveva fatta!
E lei non aveva avuto mai alcun dubbio sul suo conto e sulle sue capacità, ma non era degna di un ragazzo così speciale ed anche per questo piangeva. Sapeva di doversi allontanare da Harry, perché meritava qualcun'altra, qualcuna che l'aveva compreso da sempre, fino in fondo.

Scorse in lontananza sua madre seduta ad un tavolo e corse verso di lei: finalmente poteva abbracciarla. Ora non voleva più pensare a Harry e al domani che li avrebbe attesi, desiderava ardentemente stringersi intorno alla sua famiglia e piangere finalmente, con la tranquillità che merita, il suo lutto.
Mentre sfrecciava fra le gente e le sue lacrime volavano nell'aria mattutina, il sole sorgeva su Hogwarts e la Sala Grande ardeva di vita e di luce.
Niente li avrebbe più minacciati.

Iniziava una nuova era.

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Harry si mosse piano nel letto e sentì i propri sensi che si affacciavano prepotentemente sulla realtà. Aprì gli occhi ed allungò la mano verso il comodino accanto al letto, afferrando gli occhiali per inforcarli come di consueto. Quando finalmente il suo sguardo riuscì a distinguere ciò che stava osservando, il soffitto del dormitorio di Grifondoro gli diede il buongiorno; se era giorno.
Si guardò intorno frastornato e si accorse che fuori era ancora chiaro, ma non sapeva dire se fosse mattino, ora di pranzo, o addirittura pomeriggio. Si grattò il capo ed avvertì numerose fitte che partivano dal tallone, passando per la schiena schiena e terminavano nelle sue dita; fece una smorfia sofferente e si provò a mettere seduto, con estrema lentezza. Quando si guardò le mani si accorse che erano lerce, e piene di graffi: improvvisamente rimembrò il fatto che era corso a letto senza nemmeno lavarsi.
Non avrebbe dovuto fargli così senso quell'immagine di lui completamente sporco, perché era da mesi che non si lavava decentemente, eppure l'idea di star impolverando e macchiando le lenzuola brillanti e profumate del suo letto a Hogwarts gli faceva piangere il cuore.
Così, con un po' di fatica si mise in piedi, cercando di ignorare la testa che pulsava come se fosse stata spaccata in due; si toccò di istinto la cicatrice, ma subito si rese conto che non era quella fargli male. Sorrise piano e si ricordò le urla, gli abbracci e i festeggiamenti dei sopravvissuti. E poi il volto freddo ed inespressivo del suo avversario inerme sul pavimento.
Andò vicino all'armadio, lo aprì, afferrò gli unici panni puliti che si trovavano al suo interno, ovvero la divisa della scuola, e si avviò verso il bagno.
Aveva ucciso Lord Voldemort.
E ancora faticava a crederci.
Quando entrò nella stanza dalle mattonelle color crema, si svestì di quei panni sudici e si immerse nella grande vasca dall'acqua bollente.
Si tolse gli occhiali e sprofondò sotto la schiuma sentendo lo stress e la tensione volare finalmente via.
Quando riemerse tutte le immagini della battagli gli affollarono la mente: la morte di Fred, Tonks, Lupin, Colin e tanti altri; il momento in cui si era consegnato a Voldemort ed era riuscito a sopravvivere; la discussione con Silente; la marcia verso il castello nelle braccia di Hagrid; la sofferenza che aveva provato Neville sfidando il Signore Oscuro, per lui; il momento in cui aveva rivelato di essere vivo; il duello con Voldemort e la sua definitiva morte; le urla di gioia dei sopravvissuti.
Non poteva essere vero.
Iniziò a ridere sommessamente, ancora incredulo, per poi scoppiare in una fragorosa risata, che divenne via via sempre più amara e triste, accompagnata da grandi lacrime che gli solcarono le guance.
Strinse le palpebre in una morsa cercando di arrestare quel flusso incontrollabile, ma pian piano si convinse a lasciarsi andare, senza curarsi più di nulla.
Le mura del bagno furono le uniche testimoni di quel grande sfogo.

***

Una volta ripresosi, quando finì di lavarsi ed abbandonò il dormitorio, si rese conto che erano le due del pomeriggio e che era rimasto completamente solo.
“Dove saranno finiti Ron, Neville, Dean e Seamus?” si domandò curioso, mentre scendeva piano le scale, cercando di reprimere le smorfie di dolore generate da ogni movimento che compiva.

Poi dedusse che, probabilmente, il suo migliore amico aveva dormito con Hermione e che loro due e tutti gli altri dovevano già essere in piedi da un pezzo.
Incontrò parecchie persone nelle scale che lo salutarono raggianti, dandogli pacche sulla spalla, ignari del fatto che il corpo di Harry fosse un covo di dolore. Lui si sforzò di sorridere e procedette verso la Sala Grande.

Quando varcò la grande porta si guardò intorno: i corpi dei caduti erano stati spostati e le grandi tavole erano di nuovo al loro posto; si domandò per un attimo se quello di Voldemort fosse ancora lì, nell'aula accanto alla grande stanza, ma non ebbe il coraggio di verificare.
Lì, invece, c'erano molte persone sedute ed altre in piedi che discutevano, ma lui cercò immediatamente la testa rossa e quella riccia dei suoi migliori amici. Improvvisamente li scorse: erano l'uno accanto all'altro su una panca e parlavano seri; Hermione annuiva e Ron parlava piano, con gli occhi rivolti verso il basso.
Harry deglutì e si avvicinò a loro con calma, rendendosi conto di essere osservato da gran parte dei presenti, ma fortunatamente alcuni non si accorsero del suo ingresso e così non calò il solito silenzio.
“Ciao.” disse solo, arrivato a dieci metri da loro.
Hermione si alzò di scatto e corse verso di lui, stringendolo forte a sé.
“Ahia!” urlò il moro senza riuscire a contenersi, ma felice di quell'abbraccio fraterno da parte della sua migliore amica.

Lei si scostò veloce ed iniziò a farfugliare ansiosa “Oddio scusami, devi essere pieno di dolori, mi dispiace. Forse dovresti andare da Madama Chips, lei sicuro può aiutarti. Sai, è tornata in infermeria, sta curando tantissime persone, ma sono sicura che darebbe la precedenza a te. Sei o non sei il nostro salvatore? Quindi forse è meglio che tu va-”
“Hermione,” fece in un soffio il ragazzo, interrompendo quel flusso inarrestabile “sto bene. Non voglio andare da Madama Chips, non ora. Voglio solo stare con voi.”
Lei annuì e si morse il labbro cercando di trattenere le lacrime.
Poi il moro spostò gli occhi su Ron che lo stava guardando fisso, con un'espressione rilassata, ma triste allo stesso tempo: aveva le palpebre gonfie e le iridi cristalline arrossate. Vederlo così gli strinse il cuore.
Si avvicinò di più all'amico e quello si alzò dalla panca per stagliarsi di fronte a lui, superandolo di parecchi centimetri in altezza.
Poi in un unico movimento fluido, si avvicinarono l'un l'altro e si strinsero, dandosi ripetute pacche sulla spalla; Harry si disse più volte di non lasciarsi andare, ma non riusci davvero a trattenere le lacrime che gli inumidirono gli occhi: il fatto che Ron e Hermione fossero lì sani e salvi era il regalo più grande che il mondo avesse deciso di fargli.
Quando si separarono, anche Ron aveva gli occhi umidi e tirò due volte col naso prima di iniziare a parlare “Sei stato grande. Grazie.”
“Non ce l'avrei mai fatta senza di voi..” disse il moro con un sorriso, guardando i suoi amici “..e nemmeno senza tutti gli altri.” continuò vedendo Neville che camminava verso di lui veloce.
“Harry!” esclamò sereno, stringendogli la mano ed il ragazzo fu contento di non ricevere ulteriori pacche sulla schiena.
“Neville! Sei stato eccezionale, hai ucciso il serpente..” fece ancora sbigottito, scuotendo il capo con un sorriso “..non sai quanto sia stato importante affinché riuscissi a sconfiggere Voldemort.”
“Ne sono felice, ma credimi: il migliore sei stato tu.” detto questo si allontanò per raggiungere Luna in fondo alla stanza, che stava riparando le clessidre delle Case.
“Harry, tutti parlano di ciò che è successo ieri,” cominciò Hermione, invitandolo a sedere con loro “non puoi capire! Tutti sono così elettrizzati ed emozionati, ancora stentano a crederci!”
“Anche io, pensa te.” fece lui ridendo, sedendosi e scoprendo che gli amici gli avevano conservato il cibo. “Oh, grazie.. sto morendo di fame!”
“Non puoi mangiarlo freddo!” sentenziò la riccia, estraendo la bacchetta dal pantalone e recitando un incantesimo che scaldò la pietanza al punto giusto.
“Fantastico.” fece Harry con un sorriso e prese a mangiare vorace.
Ron fissava Hermione con un sorriso dolce e con occhi pieni di amore e lei bofonchiò imbarazzata un “Che c'è? Perché mi guardi così?”
Era bellissimo vederli così, uniti, innamorati...
“Ginny!” esclamò, facendo cadere la forchetta nel piatto.
I due lo guardarono: l'amica era confusa, invece Ron sembrava attendere una domanda da Harry.
“Dov'è Ginny?” chiese direttamente al migliore amico, sentendo il cuore che iniziava a battere all'impazzata. I suoi capelli rossi, il profumo e quegli occhi color nocciola gli invasero la mente.
“Lo sapevo che me l'avresti chiesto.” fece lui serio, guardando oltre le finestre della Sala Grande, che erano state riparate.
“Io.. ecco..” iniziò il ragazzo, aggiustandosi gli occhiali sul naso. Lo sapeva che Ron gli aveva chiesto di starle lontano, ma doveva assolutamente parlarle, vederla, abbracciarla.. e... avrebbe fatto di tutto in realtà se avesse potuto, ma davvero gli bastava osservarla. “Io, ti giuro Ron, che non la farò soffrire, non adesso. Voglio solo assicurarmi che stia bene. Sai, l'ho persa di vista dopo lo scontro, l'ho vista con tua madre e poi.. siamo andati nello studio di Silente e.. poi sono crollato nel letto come un idiota.” concluse amareggiato. Se invece di andare a dormire fosse andato subito da lei, avrebbe potuto consolarla, guardarla e starle accanto come avrebbe dovuto fare anche durante la battaglia.
Il ragazzo fulvo riprese a scrutarlo. Aveva uno sguardo imperscrutabile, che Harry non riuscì neanche parzialmente a decifrare.
“Ma se tu non vuoi che io vada, rimarrò qui. Non c'è problema.” decretò poi deciso, ingurgitando un altro po' di cibo. Non poteva litigare con Ron, non adesso. Magari più in là avrebbe acconsentito a farli incontrare; quindi, nonostante stesse morendo dalla voglia di cercare Ginny, decise di rimanere inchiodato lì
“Vai.” disse l'amico a voce bassa, ma chiara.
Harry posò di nuovo le forchetta e trattenne il fiato. “Davvero?!” chiese poco dopo, incredulo.
“Si.”
“Dov'è?”
“Al Lago.”

Il moro si alzò veloce ed iniziò a correre, per dirigersi fuori dalla Sala Grande; si voltò solo un attimo per urlare un grazie in direzione di Ron, che stava sorridendo insieme a Hermione, agitando sereno la mano.
Poi spinse via tutti quelli che incontrava e si gettò fuori nel parco.
Mentre correva veloce, e sentiva l'eccitazione crescere dentro di lui fu interrotto dalla McGrannit, di ritorno da una probabile perlustrazione del cortile scolastico, che marciava verso il castello.
“Potter!” esclamò raggiante.

“Professoressa.” fece lui ansimante arrestando la sua corsa. Doveva avere un'aria vistosamente impaziente, perché la donna prese a scrutarlo curiosa.
“Dove vai così di corsa? Volevamo chiederti alcune cose, se per te non è un problema anche subito e poi-”
“E' un problema.” ammise teso, interrompendo l'insegnante. Non voleva essere sgarbato, ma ora che Ron gli aveva dato il permesso di vederla, non avrebbe permesso a nessuno di ostacolarlo.
Lei sembrò un attimo interdetta ed aggrottò le sopracciglia “Cos'hai di così importante da fare?” chiese, inclinando il capo, con quella sua solita aria severa e pacata che aveva a lezione.
Harry trasse un lungo respiro e poi con tutta la sincerità che poteva trovare disse “Mi dispiace professoressa, ma devo vedere una persona molto importante. Io devo parlarle, lei è..” e guardò verso il lago “..molto molto più importante di qualsiasi altra discussione in questo momento.” Incontrò nuovamente lo sguardo serio della docente e la scongiurò “La prego, le prometto che appena avrò terminato di parlare con Ginny, io-”
“Ah, la sorella del signor Weasley.” fece l'insegnante e Harry si morse la lingua, maledicendosi per aver ammesso l'identità di chi doveva incontrare. “Se è così..” continuò la donna, increspando le labbra in un sorriso pieno di dolcezza e di comprensione “..ci vediamo dopo, Potter.”
Harry sorrise radioso e la ringraziò con un veloce cenno del capo per poi riprendere a correre il più veloce possibile, ignorando i dolori che gli invadevano sotto forma di fitte regolari il corpo intero.
Sentì il fiatone crescere e il battito del cuore accelerare sempre più e quando finalmente giunse in prossimità del grande lago la vide: era seduta sotto l'albero; i capelli ramati spostati su una sola spalla, brillavano alla luce del sole e lasciavano in vista il piccolo orecchio candido e la guancia baciata da innumerevoli lentiggini castane; gli occhi erano persi oltre la superficie liquida, che si stagliava di fronte a lei, alla ricerca di chissà cosa. Era bellissima, come sempre d'altro canto.
Harry respirò piano per riprendere fiato, deglutì più volte e si inumidì le labbra sentendo la gola secca per la corsa, ma soprattutto per l'emozione di doverle parlare.
Poi si avvicinò cautamente a lei e quando fu abbastanza vicino, attese che la ragazza facesse qualcosa; ma non successe nulla: Ginny rimase immobile.
Harry era sicuro che avesse percepito la sua presenza, così si sedette accanto a lei sperando di poterla guardare finalmente negli occhi; ma quando quella continuò ad ignorarlo il moro decise di parlare.
“Mi dispiace, Ginny.” cominciò osservando il suo profilo e cercando di essere il più onesto possibile “Avrei dovuto parlarti prima, ne sono consapevole. Ieri invece di venire da te, sono andato a dormire come uno stupido, senza nemmeno chiedermi in che condizioni fossi. Sono stato tremendamente idiota e vorrei tanto trovare un modo per farmi perdonare, ma probabilmente non esiste. Oggi quando ho visto Ron e mi ha dato il permesso di vederti, so che ti dà fastidio questo termine, ma tu conosci i problemi che ho avuto con lui per la nostra relazione, non puoi immaginare quanto ero felice! Sono schizzato fuori dal castello per cercarti e ho trovato anche la McGrannit che voleva parlare con me di chissà cosa, ma l'ho mandata al diavolo e sono venuto qui. Quindi, Ginny, scusami se ci ho messo tanto, ma spero davvero che tu possa.. possa perdonarmi... per tutto quello che ti ho fatto: per averti lasciato, per averti fatto soffrire, per averti ignorato, per essermene andato, per essere tornato all'improvviso e non aver avuto il coraggio di parlati. Scusa, davvero, dal profondo del cuore.” quando smise di parlare aspettò una minima reazione da parte della rossa, quasi con la stessa tensione che aveva provato durante l'incontro con Voldemort nella Foresta Proibita ed attendeva l'Avada Kedavra.
Gli occhi di Ginny abbandonarono l'acqua della grande pozza d'acqua, leggermente increspata dalla brezza di fine primavera, e si posarono in basso sull'erba.
“Non devi scusarti di nulla, Harry.” disse con voce talmente bassa, che Harry dovette ringraziare che il parco fosse così silenzioso: si udiva solo qualche cinguettio ogni tanto. “Tu non hai fatto nulla di male, al massimo quella che si è comportata in modo sbagliato.. sono io.”
Il moro rimase colpito da quelle parole e si sentì spaesato. Aggrottò le sopracciglia per alcuni secondi e poi domandò “Ma cosa stai dicendo, Ginny?”
“La verità.” fece lei schietta, con espressione dura “Tu avevi da fare cose molto più importanti ed io mi sono comportata come una bambina viziata alla quale i genitori tolgono il suo giocattolo preferito: invece di capirti mi sono lamentata; ho provato ad avvicinarti a me in tutti i modi, nonostante tu mi avessi lasciata e ci sono rimasta male quando tu non mi hai incluso nel tuo viaggio, non mi hai parlato di tutto ciò che dovevi fare..”
“Infatti avrei dovuto Ginny, ma-”
“Lo so Harry, non potevi.” continuò la rossa, interrompendolo “E proprio per questo motivo, non avrei dovuto per nessuna ragione al mondo comportarmi così. Sono una stupida, sciocca bambina frignante. Non merito una persona come te. Non sono degna di stare accanto a colui che ci ha salvato dall'oscurità perenne.”
La cosa che spaventò di più il ragazzo fu la convinzione che dimostrava la rossa, mentre parlava. Perché pensava tutte quelle cose? Perché mai? Lei non era stupida, per nulla. Era stata, anzi, talmente perfetta che Harry non aveva parole per descrivere ciò che provava nei suoi confronti.
“Ginny, tu non sei una bambina viziata..” sussurrò posandole mano sotto il mento e costringendola a voltare il viso, per guardarlo negli occhi. Quando le loro iridi si incrociarono, il moro comprese quanto stesse soffrendo nel dirgli quelle cose e quanto avesse sofferto durante la battaglia: come Ron, aveva gli occhi gonfi ed arrossati. La morte di Fred li aveva distrutti e per questo motivo non voleva permetterle di auto deridersi. “Tu sei stata coraggiosa ed ammirevole per le scelte che hai preso e, soprattutto, perché mi hai permesso di fare ciò che dovevo, senza impedirmi di starti vicina, senza trattarmi diversamente. Sei stata talmente sicura di te ed eccezionalmente matura, che non posso far altro che ammirarti: sei sensazionale. E tu sei più che degna, anzi che dico.. non c'è bisogno neanche di specificarlo, di utilizzare questa parola. Ginny, ascolta..” e stavolta la sua voce era più disperata ed emozionata del normale “io non posso farcela senza di te, capisci? Io non voglio nessun'altra accanto a me, perché nessun'altra sarebbe in grado di capire.”
“Hermione potrebbe capirti meglio di me.” fece lei, con lo sguardo triste.
“Ma io non vorrei mai stare con Hermione, anche se non avesse scelto Ron. Non riesci a capirlo? Io voglio te, Ginny! Solo te, per l'eternità..” le ultime parole scivolarono a voce sempre più bassa.
Harry si sentì invadere dall'emozione, gli occhi si inumidirono ed il cuore gli faceva male all'idea di perderla “Non voglio trascorrere la mia vita distante da te, non più, mai più.. ti prego, Ginny.”
Lei lo guardò a lungo con quell'espressione solenne e spenta allo stesso tempo dal dolore del giorno precedente. Poi le sue labbra si schiusero in un sorriso e si avvicinò a lui per abbracciarlo.
Il moro la strinse forte a sé e si lasciò andare, piangendo come un bambino “Mi dispiace..” disse fra i singhiozzi “per tutto il male che ti ho fatto, a te e alla tua famiglia e a tutta Hogwarts.. io non volevo Ginny, volevo solo uccidere Voldemort. E ora che ci sono riuscito ancora non ci credo.”
Lei in silenzio lo ascoltava, accarezzandogli la nuca dolcemente.
“Lo so che non dovrei essere io quello che piange, adesso. Scusami, scusami. Ma non posso pensare ad un'ipotetica vita senza di te.. io voglio starti accanto, per aiutarti in questo momento difficile e voglio che tu sia al mio fianco per sostenermi. Ti prego.”
Dopo alcuni secondi, Ginny si scostò piano da lui e lo guardò negli occhi; Harry arrossì, consapevole di essere in lacrime davanti a lei e tirò più volte col naso, cercando di darsi un contengno.
“Non pregarmi, Harry, perché posso essere soltanto felice di stare al tuo fianco. Io sono innamorata di te dal primo giorno che ti ho visto, nello stesso identico modo. Sono cresciuta, è vero, ma quel sentimento è rimasto immutato per tutti questi anni e vorrei che resti così per sempre. Non chiedermi scusa, perché tu sei il nostro salvatore e sii fiero di ciò che hai fatto. Ci sono state delle vittime, è vero, Fred è morto..” si interruppe un attimo e strinse forte gli occhi per controllare le emozioni, probabilmente. Poi li riaprì e continuò “..ma il mondo continua, la vita va avanti e finalmente possiamo ricominciare tutto daccapo. Questa nuovi anni saranno bellissimi Harry, saranno dominati dalla pace e io.. io vorrei davvero stare al tuo fianco.” Sorrise dolcemente e si avvicinò di più al moro dandogli un lungo e delicato bacio.
Il ragazzo sentì un brivido corrergli lungo la schiena e quando si separarono rise piano, asciugandosi le lacrime dalle guance “Ti amo, Ginny.” disse senza rifletterci a lungo, confessando ciò che gli passava per la testa.
Lei lo guardò sorpresa da quella parola e lui si sentì orgoglioso di averle finalmente rivelato cosa provava, di aver definito a voce i sentimenti che nutriva nei suoi confronti. “Oh, Harry..” gli occhi le si inumidirono e con uno slancio improvviso si tuffò su di lui, facendolo cadere sulla schiena e baciandolo con passione.
Quando si separarono, Harry riaprì gli occhi ed incrociò quelli bellissimi di lei. Sorrise sereno e la studiò accuratamente, accarezzandole i capelli.
“Anche io ti amo..” confessò lei, dopo alcuni secondi, arrossendo.
Harry le baciò le guance a lungo e piano per poi riafferrarle le labbra e stringerla sempre di più contro di sé, con una mano appoggiata sulla sua nuca. Ora poteva affondare le dita nei suoi capelli profumati e ramati, e sentire il loro legame divenire saldo...unico.

Da quel giorno, la loro vita ricominciò daccapo e con la calma dovuta ricostruirono tutti i pezzi di quel passato doloroso, affacciandosi su quella nuova era di pace e d'amore.

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Capitolo 15
*** Un nuovo inizio. ***


 

! Nota dell'autrice. Salve gente! Eccomi qui finalmente.. questa sessione di esami è finalmente terminata! Scusate se ho impiegato qualche giorno in più ma mi farò perdonare con questo capitolo che è parecchio lungo (ormai c'è un vero e proprio dislivello fra quelli iniziali e questi XD). Questa settimana andrò in montagna, quindi aggiornerò quando tornerò. Ora passiamo alla presentazione del capitolo: volevo fare un po' di chiarezza su ciò che avveniva nei giorni successivi a Hogwarts, durante l'estate e poi un episodio durante l'inverno che ho adorato creare *-*(infatti ho messo anche le date per farvi orientare meglio) spero vi piacciano le mie riflessioni, nonostante Ginny&Harry talvolta siano separati per far vedere come entrambi si sono comportati. In ogni caso spero davvero di  non deludere le vostre aspettative, anche perchè per me è stato emozionante scrivere questo episodio, in quanto si tratta di un racconto sia doloroso che romantico e stavolta è tutta farina del mio sacco :P. La storia non è ancora finita, quindi restate sintonizzati!!!
Mi raccomando, fatemi sapere se è di vostro gradimento con una bella recensione! E adesso vi auguro soltanto...una buona lettura! :)

!P.s.: se c'è qualche errore di ortografia, scusatemi davvero! Sono molto stanca e non ho riletto benissimo perché ci tenevo a postare prima di partire, ma prometto che controllerò meglio quando tornerò dalla vacanza. Baci ;)

 


 

 

# Un nuovo inizio...
 


 

 


03/05/1998

 

Il pomeriggio ed il giorno seguente al chiarimento con Ginny, furono talmente intensi e allo stesso tempo rapidi, che Harry non seppe definire con precisione come li percepì: eterni o brevi?
La verità era che si ritrovarono estremamente indaffarati, al punto che il pensiero della battaglia e, soprattutto, dei caduti per un attimo si nascose in un angolo remoto della loro mente. Rimettere in piedi Hogwarts non fu facile e per questo motivo lavorarono sodo e senza un attimo di pausa. Chiunque poteva, dava una mano a suo modo e tutti si sentivano legati da qualcosa che li rendeva più che semplici studenti, membri dell'ES, dell'Ordine e combattenti: erano i sopravvissuti, coloro che avevano assistito al grande dolore e cambiamento che aveva causato quella guerra.
Dopo aver trascorso un paio d'ore di tranquillità in compagnia di Ginny, il moro la guardò negli occhi e le disse, mentre le accarezzava la guancia “Penso che sia il caso che torniamo.”
La ragazza gli aveva dato un dolce bacio sulle labbra, poi aveva annuito silenziosamente e, tenendosi per mano, si erano recati nuovamente all'interno del castello; una volta giunti nella Sala Grande si erano separati: la rossa era andata insieme agli altri per partecipare alla restaurazione, lui invece, come gli aveva domandato espressamente la McGrannit in precedenza, si era recato dall'insegnante per chiederle cosa aveva intenzione di fare.
La donna lo condusse davanti alla porta dell'aula accanto al grande salone e Harry comprese immediatamente di cosa si trattasse: lì dentro si trovava ancora il corpo di Voldemort.
“Signor Potter, capisco quanto sia difficile per lei entrare qui dentro e guardarlo di nuovo, ma abbiamo bisogno di comprendere se non c'è alcuna possibilità che costui..ecco..”
“Ritorni?” chiese falsamente divertito il moro inarcando il sopracciglio “Ne dubito ed onestamente professoressa, con tutto il rispetto che nutro nei suoi confronti e mi creda è davvero tanto, lei non può capire e nessun altro sulla faccia della terra può farlo.” si interruppe un attimo scrutando il volto teso ed imbarazzato della docente per poi riprendere “Ciò non significa che io adesso me ne andrò, assolutamente, anzi: capisco la necessità di verificare che sia tutto come abbiamo creduto ieri, neanche io vorrei cattive sorprese. Quindi possiamo procedere.”
La McGrannit lo guardò con occhi misti fra la tenerezza e l'orgoglio: probabilmente era fiera, come già aveva dimostrato in passato, che Harry facesse parte della sua casata e che fosse così calmo, equilibrato ed onesto nel valutare tutte le opzioni possibili.
Quando la porta di legno si aprì Harry vi trovò al suo interno Kingsley Shaklebolt, il professor Vitious, la professoressa Sprite, il professor Lumacorno, la professoressa Cooman, Aberforth Silente ed Augusta Paciock, l'unica seduta su una sedia con le gambe accavallate e scrutava con fare curioso il moro insieme a tutti gli altri.
La McGrannit osservò la calca di gente e disse con fare serio “Ringrazio tutti per essere stati qui e per esservi dati il cambio nella veglia del suo corpo,” e lanciò un occhiata fugace all'involucro malconcio di Voldemort “ma adesso il signor Potter resterà con me, Shaklebolt ed Aberforth per analizzare il cadavere ed inseguito raccontarci meglio le dinamiche del suo viaggio e della vittoria contro di lui, che abbiamo udito soltanto durante il duello con il Signore Oscuro..”
Nessuno sembrò protestare: Harry pensò che probabilmente ne avevano abbastanza di star lì ad osservare il corpo di quell'assassino, che aveva fatto soffrire tantissime persone.
Poi l'insegnante schiarì un attimo la voce e si rivolse alla professoressa Cooman “Sibilla, cara, mi faresti la cortesia di convocare qui la signorina Granger? Vorrei ascoltare anche lei. Non è il caso di chiamare il signor Weasley, è meglio che stia tranquillo e non pensi a tutto ciò oggi.”
La professoressa, dagli occhi grandi e sferici, annuì veloce e sgattaiolò fuori dall'aula, seguita dagli altri che sorrisero a Harry, rivolgendogli complimenti e frasi d'ammirazione.
Il moro ringraziò con un cenno del capo e quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, si voltò nuovamente verso i tre rimasti; subito si chiese cosa ci facesse Aberforth. Non che gli desse fastidio, ma la McGrannit aveva temporaneamente la carica di Preside e Kingsley era un esponente del Ministero; invece l'uomo anziano dalla barba lunga e le sopracciglia folte era solo il proprietario di una locanda a Hogsmeade. Ma era anche il fratello di Albus Silente, quindi si disse che probabilmente voleva ascoltare i suoi progetti, così non si espresse a riguardo.
Non appena Aberforth si sedette, la docente cominiciò a parlare con un sorriso sottile “Bene signor Potter, quando vuole si può avvicinare.” Negli occhi le si leggeva una certa tensione e preoccupazione nell'esporre Harry a quel tipo di stress ed il ragazzo, non volendo farla sentire in colpa, andò subito vicino al cadavere ed iniziò ad osservarlo: l'involucro sciupato e pallido di Voldemort era rigido e spento, come se l'avessero prosciugato e poi congelato; al suo fianco si trovava una lunga bara di ferro, simile ad una gigante scatola di latta. Fortunatamente qualcuno aveva avuto la buona pensata di chiudergli le palpebre e Harry si sentì sollevato dall'idea di non dover fissare quelle iridi infuocate.
Si chinò piano su di lui, estraendo la bacchetta e fissandolo accuratamente: pregò con tutto se stesso che i suoi occhi rimanessero serrati. Anche gli altri tre sfoderarono tesi le loro ed attesero in silenzio.
Quando fu abbastanza vicino, gli ci vollero pochi secondi per comprendere che Voldemort era davvero morto, per sempre: nessun bruciore della cicatrice, nessun immagine sinistra della sua mente e nessun senso di oppressione. Quel corpo era lì, inerme, morto e non aveva alcuna influenza su di lui. Deglutì piano e continuò a scrutarlo sentendosi stranamente vuoto e spaventato: aveva ucciso un uomo, se così si poteva definire quell'essere, ed il legame tormentato ed odiato che l'aveva accompagnato da quando aveva appena un anno era finalmente cessato. Era l'unico a cui avesse tolto la vita e per quanto fosse consapevole della necessità e dell'importanza del gesto che aveva compiuto, si sentì invaso da una sensazione di colpa mista a vergogna. Non era un'azione di cui andarne fieri, eppure tutti gli continuavano a fare i complimenti perché aveva salvato il mondo magico; ma quell'uomo senza vita, steso sul pavimento freddo di quella piccola aula era stato un ragazzo come lui una volta: Tom Riddle, così simile a lui che il destino aveva incrociato le loro vite per tantissimo tempo. Adesso invece non avevano più nulla in comune.
D'un tratto Kingsley interruppe il filo dei suoi pensieri esordendo con voce profonda “Harry, allora.. cosa ne pensi?”
Il moro si voltò verso di lui e decretò “E' morto, non ci sono dubbi.” Poi si alzò e tornò a fissare il volto schiacciato del suo rivale con sguardo imperscrutabile.
La professoressa McGrannit, dopo aver tratto un sospiro di sollievo, disse “Bene. Noi ora ci chiedevamo dove fosse il caso di seppellirlo, probabilmente presso la tomba di famiglia.” La sua sembrava una sottospecie di proposta e Shaklebolt sembrava essere d'accordo, mentre Aberforth si astenne da qualsiasi commento. Entrambi scrutarono Harry in attesa di un cenno di consenso, ma lui non sapeva davvero se fosse il caso portarlo lì.
“Non so se sia una buona idea,” fece dubbioso continuando a guardare il cadavere “in fin dei conti odiava suo padre, per questo lo ha ucciso insieme ai suoi nonni.” si arrestò un attimo e rifletté. Quando riprese alzò gli occhi verso i due membri dell'Ordine “Bisognerebbe scoprire dov'è seppellita sua madre, l'unica che probabilmente considerava membro della sua famiglia, anche se.. lui non ha avuto una famiglia. Un po' come me.”
I due aggrottarono le sopracciglia e l'uomo di colore iniziò dicendo “Non vorrai dire che-”
“Sono come lui?” chiese ironicamente il moro “Lo sono più di quanto possiate immaginare e Silente lo sapeva bene.” Il fratello dell'ex-preside alzò lo sguardo su Harry e lo studiò attentamente mentre il ragazzo continuava a parlare “Per Voldemort Hogwarts era la sua unica casa, per questo quando aprì la Camera dei Segreti, terrorizzato dall'idea che la scuola chiudesse decise di accusare Hagrid della morte di Mirtilla. Penso che avrebbe voluto essere seppellito qui.”
La McGrannit si irrigidì ed un'espressione di disappunto si impadronì del suo volto.
“Ma non accadrà,” continuò il moro “ha fatto cose orribili e non gli permetterei mai di riposare sullo stesso suolo in cui tante persone hanno perso la vita, per colpa sua, e dove giace il corpo di Silente. Per questo motivo credo che seppellirlo nella stessa tomba, o cimitero dove si trova la madre sia l'idea migliore.”
Kingsley e l'insegnante di Trasfigurazione sembravano particolarmente colpiti dal discorso di Harry ed erano rimasti senza fiato mentre Aberforth, che era seduto su una sedia e non aveva ancora aperto bocca, si alzò e grugnì “Il ragazzo ha ragione e penso che abbia compreso e spiegato l'esistenza di Voldemort meglio di chiunque altro e con pochissime parole. Sarebbe un affronto seppellirlo con le persone che ha assassinato e lo stesso vale per l'idea di edificare la sua tomba qui. Vada per sua madre. Inoltre è il caso di portarlo via da quest'aula il prima possibile: ci manca solo che i parenti delle vittime lo trovino. Vi assicuro che poi non avremmo nulla da mettere in quella specie di Sarcofago.”
Tutti annuirono e Kingsley si rivolse alla professoressa “Minerva, a questo punto io e Aberforth porteremo il corpo a Londra nell'obitorio del Ministero dove sarà sorvegliato a dovere, lontano da occhi indiscreti, e ci informeremo sul luogo in cui si trova Merope Gaunt. Ci sarà anche Hagrid a darci una mano. Tornerò il prima possibile, tu inizia ad ascoltare i ragazzi.”
Dopo aver salutato Harry ed aver trasferito il corpo di Voldemort nella bara di ferro, la sollevarono e con un sonoro pop sparirono.
Quando il moro alzò gli occhi sulla McGrannit, dei leggeri colpetti alla porta attirarono l'attenzione di entrambi.
La donna disse un solenne “Avanti.” e quando la porta si aprì, Harry vide Hermione fare capolino. I suoi occhi osservarono svelti il pavimento, probabilmente alla ricerca del corpo di Voldemort: sapeva che era stato riposto lì.
“Prego signorina Granger, entri pure, il cadavere è stato portato via... in ogni caso la stavamo aspettando.” disse la docente con un sorriso gentile.
La ragazza sembrò sollevata, ma era particolarmente affannata ed infatti attese alcuni secondi prima di iniziare a parlare “Mi scusi professoressa se ho impiegato così tanto tempo per arrivare, ma stavo aiutando gli altri a-”
“Non si preoccupi, anzi mi dispiace che abbia corso così tanto per arrivare fin qui. Ora, cortesemente, sedetevi entrambi.” I due amici si accomodarono su delle sedie, mentre la professoressa McGrannit occupava una poltrona dietro la cattedra. Ad Harry sembrò di essere tornato indietro agli anni quando la docente li interrogava in Trasfigurazione e per un attimo si raffigurò mentalmente una scena in cui la mano di Hermione era alzata, ancor prima che l'insegnante avesse rivolto loro la domanda. Gli venne da ridere a quell'immagine, ma si contenne e tornò collegato alla realtà.
“Bene, ora iniziate tutto da quando avete abbandonato la Tana e, se è possibile, chiaritemi anche i piani del professor Silente.” la sua voce era calma, pacata, ma Harry notò uno spettro di emozione nei suoi occhi: doveva essere molto curiosa del loro viaggio, dei progetti dell'ex-preside e di come loro avevano distrutto gli Horcrux ed infine sconfitto Voldemort.
Ma prima che potessero iniziare, con un altro pop, Kingsley riapparve nella stanza; salutò cordialmente Hermione e prese posto accanto alla McGrannit, su una sedia troppo piccola per la sua stazza.
Da quel momento in poi Harry e Hermione si alternarono nel racconto, che durò tantissimo tempo, anche se il moro non seppe con precisione quanto impiegarono per narrare tutti gli avvenimenti. Ma in un attimo in cui lui e l'amica si arrestarono per ascoltare i commenti dei due seduti di fronte a loro, guardò fuori dalla finestra e si accorse che era buio.
Il sostegno della riccia fu fondamentale per il ragazzo: lei ricordava davvero ogni minimo dettaglio e riusciva a riordinare cronologicamente i fatti, mentre Harry aveva una confusione nella mente che tendeva a mischiarli.
Quando ebbero finito, la McGrannit sembrava scossa ed allo stesso tempo commossa: tutte le verità erano salite a galla, verità terribili anche sul trattamento che Silente aveva riserbato per Harry, su Piton, che era in realtà stato un uomo onesto fino alla fine ed allo stesso tempo il racconto delle loro imprese doveva averla toccata nel profondo.
“Ciò che avete fatto,” inizio Shaklebolt, alzandosi dalla sedia “è stato qualcosa di eccezionale e probabilmente non ve ne saremo mai abbastanza grati.” La docente annuiva, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime: era orgogliosa di loro.
“Il peso che avete portato su di voi per un incarico così importante ed il rischio di perdere la vita sono ammirevoli. Vi ringrazio e ringrazio te Harry in particolare” disse rivolto verso di lui “per aver affrontato il tuo destino con coraggio.”
Il moro si lasciò scappare un debole sorriso malinconico: non era riuscito però ad evitare tutte quelle vittime “Un sacco di persone sono morte a causa mia.” disse con voce fioca, mentre il dolore gli riempiva il cuore.
“Harry,” iniziò la McGrannit, che per la prima volta gli dava del tu e lo chiamava per nome, tanto che il moro spalancò gli occhi sorpreso “non devi caricarti di crimini che non hai commesso. Purtroppo in una guerra è normale che vi siano delle vittime.” Si tamponò dignitosamente gli occhi umidi con un fazzolettino bianco estratto dalla tasca e proseguì “Ora andate entrambi e state accanto alla famiglia Weasley, anche da parte nostra.”
I due amici annuirono, salutarono Kinglsey e la docente ed uscirono dalla stanza. Quando Harry guardò l'orologio della Sala Grande vide che erano le nove di sera e soprattutto che non c'era quasi più nessuno: tutti dovevano essere andati di sopra. Si voltò verso Hermione e domandò “Secondo te ci sarà ancora qualcosa da mangiare? Oggi alla fine non ho pranzato e sto morendo di fame.” Il suo stomaco brontolò, facendo rimbombare il suono nel grande salone praticamente deserto.
Hermione rise divertita, per la prima volta dopo tanto tempo e lo abbracciò forte con affetto; il moro sorrise a quel contatto e le accarezzò i capelli con dolcezza.
Quando si separarono la riccia disse con aria furba “Direi che è il caso di andare nelle cucine e pregare Kreacher di darci qualcosa.”
Harry era entusiasta all'idea: non vedeva l'ora di mettere qualcosa sotto i denti.
La prese per mano ed insieme fuggirono allegri verso sotterranei.

 

*

05/05/1998

E poi arrivò il momento dei funerali.

Il giorno seguente al colloquio con la McGrannit e Kingsley era trascorso troppo velocemente.
I quatto amici non si erano lasciati mai, neanche un secondo, come durante l'anno precedente dopo la morte di Silente. Quel mattino avevano deciso di rimettere in piedi biblioteca su proposta di Ron, cosa che sconvolse Harry e Ginny, ma specialmente Hermione.
Quando la sorella gli aveva chiesto come mai volesse occuparsi proprio di quel posto, lui aveva risposto “Scherzi?! La biblioteca è un luogo importantissimo! Pensa alle future generazioni che entreranno a Hogwarts ed avranno bisogno di consultare un libro.. e se non fosse tutto perfetto? Per noi è stata un'ancora di salvezza quando avevamo bisogno di qualcosa.. quando ad esempio cercavamo informazioni su Nicolas Flamel, sulla Pozione Polisucco, oppure sul Basilisco...quindi dobbiamo controllare che ci siano tutti i libri e nel caso mancasse qualcosa dall'inventario segnalarlo alla professoressa McGrannit, non è vero Herm-”
Ma la riccia non gli permise di concludere la frase: si gettò su di lui dandogli un lungo bacio improvviso, lasciando Harry e Ginny sbigottiti.
In realtà il moro aveva assistito già a quel tipo di reazione da parte dell'amica nel momento in cui Ron, durante la guerra all'interno della Stanza delle Necessità, si era chiesto se fosse stato il caso avvisare gli elfi delle cucine, che si trovavano nei sotterranei.
Quando si separarono Ron era ancora un po' scosso, ma sorrideva sereno, Hermione era divenuta bordeaux dall'imbarazzo e gli altri due ridevano a crepapelle. In realtà Harry era felice per loro due e soprattutto per il suo amico, che aveva bisogno di essere circondato d'amore.

Avevano lavorato sodo fino a sera ed erano andati a dormire.

Quando Harry aprì gli occhi, si rese conto che quel giorno era arrivato.
Sospirò, cercando di darsi la carica ed inforcò gli occhiali; una volta fatto per prima cosa di voltò verso Ron, che era seduto sul letto in silenzio e con le gambe incrociate da chissà quanto tempo: fissava un punto indefinito davanti a lui.
Dean, Seamus e Neville si stavano alzando dal letto, sempre in religioso silenzio e di tanto in tanto lanciavano qualche occhiata indagatoria al ragazzo fulvo.
Dopo essersi vestiti li salutarono e dissero che si sarebbero avviati giù in Sala Grande; Harry annuì con un piccolo sorriso, mentre Ron rimase immobile.
Quando i tre furono fuori, il moro si tolse le coperte di dosso, si alzò dal proprio letto e si sedette su quello del suo migliore amico guardandolo attentamente, con aria un po' preoccupata.
Dopo alcuni minuti di silenzio Ron, con una voce strana quasi strozzata disse “Non ce la faccio, Harry.”
E quello si sentì sprofondare, consapevole del dolore che stesse provando il suo compagno. Gli mise un braccio intorno alla spalla sperando di poterlo consolare, più che potesse, ma in realtà non sapeva precisamente come. La morte era qualcosa che lui aveva sperimentato affondo: tante persone care erano decedute e principalmente per causa sua, ma mai un membro della sua famiglia, perché lui una famiglia non l'aveva mai avuta. Eppure quando ripensava a Fred, allo spettro della risata disegnato ancora sulle sue labbra mentre scivolava a terra nella confusione della battaglia, sentiva anche lui di aver perso un fratello, perché la famiglia Weasley l'aveva accolto in casa come un figlio. I ricordi di Fred e George inseparabili, pieni di voglia di vivere e dotati di uno spirito eccezionale, gli rendevano difficile rimanere calmo e rilassato. Doveva essere forte per quella famiglia, ma anche lui si sentiva perso in quel momento. Percepì il rosso tremare sotto il suo braccio, scosso da piccoli e silenziosi singhiozzi e Harry rimase muto ad ascoltarlo, mentre i pensieri volavano verso Ginny chiedendosi quale fosse il suo stato d'animo.

 

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Ginny si svegliò e sbadigliò piano, mentre si rivoltava nelle coperte. Aveva fatto un bellissimo sogno: era in Egitto con la famiglia, come quando aveva dodici anni, ma lei era più grande e c'erano anche Harry e Hermione.
Fred e George sghignazzavano maledici, escogitando scherzi nei confronti di Ron e ridevano semplicemente... felici.
Quando aprì gli occhi e si accorse che si trattava solo di un frutto della sua mente rimpianse quella pace; si mise seduta e si stropicciò le palpebre.
Hermione era in piedi davanti alla porta e la guardava con aria tesa; attese alcuni secondi e poi disse “Ginny, dobbiamo andare.. oggi è quel giorno.”
La schiena della rossa si piegò piano a quella parola e le spalle rientrarono verso il busto per lo sconforto: era il momento dei funerali. Di già? Non voleva, non ce la faceva.
La ragazza riccia si avvicinò a lei e si sedette sul letto dicendo “Se vuoi mi avvio giù e ti aspetto lì.”
Ma l'altra sollevò lo sguardo su di lei e disse con voce piatta “Assolutamente no, dammi due secondi e sono pronta.” Si alzò dal letto, prese degli abiti puliti dall'armadio ed andò verso il bagno del dormitorio. Una volta chiusa la porta appoggiò la nuca contro la porta spessa di legno scuro ed attese qualche secondo per andare verso il lavandino; poi lo raggiunse ed osservò il riflesso di se stessa: aveva il volto abbastanza pallido, più magro del solito, un po' di occhiaie sopra gli zigomi e dei tagli, che stavano per rimarginarsi, sul volto. Ma la cosa che notò era la stanchezza; lei si sentiva incredibilmente stanca, sempre, continuamente. Dormire durante la notte non era sufficiente per scaricare quella montagna di fatica che portava sulle spalle.
Si bagnò il viso con l'acqua fredda e si lavò il più velocemente possibile, sperando che il suo cervello non incominciasse a pensare a ciò a cui avrebbe dovuto assiste di lì a poco.
Non doveva abbattersi.

Doveva essere forte per sua madre, aveva deciso così.

 

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Il sole splendeva lucente nel cielo e l'aria era tranquilla: solo una leggera brezza di tanto in tanto rinfrescava i volti dei presenti, accarezzandoli. Gli uccelli cinguettavano allegri, salutando la primavera che lasciava il posto alla stagione estiva.
Probabilmente non avrebbero potuto desiderare una giornata più bella, si disse Harry, e se fosse stato un anno come gli altri quello sarebbe stato il termine di un lungo periodo di lezioni e di esami, che gli studenti di Hogwarts avrebbero accolto con serenità.
Ma quello non era un anno come gli altri e quel giorno era talmente doloroso, che il moro si chiese se la bellezza e la luminosità del sole fossero uno scherzo del destino.
Il giorno dei funerali era giunto infine.
Come durante la commemorazione di Silente erano state disposte delle sedie in riva al lago, ma sta volta erano il doppio, ed al centro si apriva un corridoio dove poter passare per prendere posto. Alla fine di esso si stagliavano 53 bare semplici, tutte color mogano, poggiate per terra l'una accanto all'altra: fra gli studenti di Hogwarts furono contati 50 morti, più Fred, Tonks e Lupin. I parenti delle vittime si erano recati al castello per assistere alla cerimonia celebrativa di tutti coloro che avevano lottato contro il Signore Oscuro ed in seguito avrebbero prelevato i corpi dei loro cari. Per quanto riguardava i caduti di origine Babbana, il consiglio che aveva organizzato i funerali aveva deciso di informarli dopo aver eseguito il rito e di consegnare direttamente ad ogni famiglia i propri cari.
Harry si domandò se fosse giusto procedere così, escludendo quelle persone dall'evento. Sapeva bene che non era consentito l'accesso a Hogwarts a coloro i quali non possedevano l'arte della magia, ma erano pur sempre i parenti di quei ragazzi e non avevano altra colpa se non quella di avere dei figli maghi. In futuro quella regola sarebbe dovuta essere abolita, affinché anche i genitori Babbani degli studenti avessero potuto visitare Hogwarts.
Fra i presenti Harry vide sul lato destro Kingsley, Aberforth Silente, la professoressa McGrannit, Vitious, Lumacorno, la Cooman, la Sprite, Hagrid e Fiorenzo, che stava in piedi accanto alla fila di sedie ed Augusta Paciock.
Dietro di loro erano seduti Oliver Baston, Katie Bell, Angelina Johnson, Alicia Spinnet, Lee Jordan, Cho Chang, Lavanda Brown, molto pallida e con il collo interamente fasciato, Michael Corner, Terry Steeval, Anthony Goldstein, Calì e Padma Patil, Hannah Abbott ed Ernie Macmillan.

Lui, Hermione, Luna, Neville, Dean e Seamus erano invece seduti dietro alcune file vuote, che dovevano ospitare le famiglie dei caduti, le quali ancora dovevano recarsi al lago.
Passarono alcuni minuti prima che i suoi occhi verdi scorgessero un gruppo di persone dai capelli rossi camminare lungo il corridoio e prendere posto con silenziosa calma nelle prime file; il moro trattenne il fiato osservando la figura di Ginny che teneva la madre della madre e si sedeva accanto a lei. Non lo guardò, neanche per un istante: aveva il volto teso e pallido, ma allo stesso tempo sembrava emanare una forza ed una determinazione senza eguali. Era talmente splendida che se solo avesse potuto Harry si sarebbe alzato e sarebbe corso lì da lei per stringerla a sé e sentire un po' di quel coraggio riversarsi in lui.
I Weasley occuparono un'intera fila: Percy, Arthur, George, Molly, Ginny, Ron, Charlie e Bill davano le spalle a tutti gli altri invitati, stringendosi l'un l'altro nella speranza di confortarsi a vicenda. Accanto a loro si trovarono altri parenti, come Zia Muriel.
Poco dopo Fleur apparve dal nulla, portando con sé un aroma di fiori freschi e si sedette accanto a lui; aveva il volto contratto dal dolore e guardava la nuca di Bill con le guance rigate dalle lacrime. Anche la sua migliore aveva le iridi scure incollate sui capelli fulvi di Ron ma, a differenza della ragazza francese, stava in silenzio con la schiena dritta ed il volto teso. Quando si accorse che Harry la stava osservando, lo guardò per un attimo e poi gli prese la mano stringendola con affetto fraterno; lui saldò la presa e le sorrise debolmente per poi rivolgere la propria attenzione verso il mago che stava per celebrare il rito sotto il sole caldo di Maggio.

Fu una cerimonia calma, triste e a tratti inverosimile; ma forse era incredibile il fatto che tutto ciò fosse successo ed anche finito. La guerra, Voldemort, i caduti e la rinascita dalle ceneri del mondo magico... com'era possibile che tutto ciò fosse accaduto in appena un giorno? Nessuno probabilmente riusciva a spiegarselo e per questo motivo Harry percepiva che quel momento fosse doloroso, ma altrettanto irreale: per quanto fosse tutto vero, lui stentava ancora a crederci. Ma bastava abbassare gli occhi su quelle 53 bare color mogano per comprendere di non star vivendo un sogno.

Mentre il mago recitava altre parole di cordoglio, il moro osservò attraverso le lenti tondeggianti i fili ramati di Ginny, accarezzati dal vento leggero, che li faceva ondeggiare lungo le sue spalle. Chissà cosa stava provando e pensando. Quanto avrebbe voluto andare lì e stare al suo fianco, permettendole di sostenersi a vicenda in quella mattinata di dolore; invece era lì, accanto a Hermione, che probabilmente desiderava la stessa identica cosa. Sospirò a malincuore senza togliere gli occhi di dosso a quella chioma vermiglia.

 

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Le iridi nocciola tremarono al suono di quelle parole così familiari, dolci, tristi e spaventate. Si chiese quanto avrebbe retto, quanto sarebbe durata la sua forza.
George era in piedi davanti alle bare e stava parlando: aveva un mezzo sorriso tirato dipinto sulle labbra, gli occhi gonfi ed arrossati dal pianto, delle grandi occhiaie livide sopra le guance, le spalle incurvate e le mani strette in due pugni.
Era lì e stava raccontando alcuni ricordi di lui e Fred durante gli anni a Hogwarts; cose che solo loro avevano vissuto e che quasi tutti ignoravano; ricordi che gli raggelavano il sangue e gli inumidivano gli occhi. Quasi a fine cerimonia si era alzato ed aveva camminato lungo il corridoio vuoto fra le sedie, raggiungendo il luogo dove aveva parlato il mago alcuni minuti prima, come avevano fatto alcuni parenti delle vittime per rendere loro omaggio. Ora tutti lo ascoltavano silenziosi, in particolar modo la famiglia Weasley, distrutta dal dolore. Ginny tentava in tutti i modi di trattenere le lacrime, consolando la madre piegata sulla sua spalla, che piangeva e sussurrava ripetutamente a voce bassa “Il mio bambino...”.
“Quando eravamo insieme, nulla poteva andare storto,” disse il ragazzo fulvo con la voce bassa e leggermente rotta dall'emozione “ce la cavavamo sempre, in un modo o nell’altro. La verità è che non potevo desiderare un compagno di disavventure migliore.” sorrise amaramente, lasciando correre le lacrime lungo le guance. Ginny sentì i suoi occhi talmente carichi di lacrime, che appena batté le ciglia fu inevitabile farle cadere lungo le gote e non riuscì a maledirsi per essersi lasciata andare: doveva farlo, ne aveva bisogno; era un suo diritto piangere suo fratello.

“Fred era fatto così. Appena aveva un'idea, doveva darle vita il prima possibile ed io soltanto potevo capirlo.. e lo farò per sempre, perché Fred è fatto così ed io anche.”
Ron gemette piano e strinse le spalle di sua sorella con un braccio, che la rincuorò in parte.
“Noi siamo uguali, gemelli. E la felicità la dividevamo in due... e così sarà per sempre.*” Quando terminò di parlare si portò una mano alla bocca e strinse forte gli occhi, cercando di contenersi. Poi li aprì, si voltò un attimo in direzione della bara di suo fratello e si incamminò nuovamente verso la propria famiglia. Si sedette accanto a sua madre e la strinse forte, mentre lei affondava nelle sue braccia.
Il mago concluse il rito ed alcuni dei presenti si alzarono per dare le condoglianze alle famiglie che avevano subito perdite. Ginny si ritrovò circondata da volti sconosciuti che le porgevano le mani e le davano pacche sulla spalla esordendo con frasi del tipo Fatti forza ragazza! Oppure La vita è davvero dura, ma la felicità arriverà vedrai. Lei non sapeva cosa rispondere ed annuiva sgomenta. La verità e che voleva soltanto fuggire lontano. Attese un bel quarto d'ora prima di trovare il coraggio per svignarsela: si alzò piano, sgattaiolò fra la folla di gente senza farsi accorgere dai propri parenti ed una volta uscita dal gruppo di gente ammassata davanti alla fila di sedie dov'era seduta, si guardò intorno. Non vedeva nessun ragazzo dai capelli scuri e gli occhiali tondeggianti. Il cuore le sprofondò nello stomaco.

Dov'era Harry? Aveva bisogno di lui.

 

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Quando il funerale era terminato, sia Harry che Hermione erano scattati in piedi con l'intento di raggiungere Ron e Ginny; purtroppo il resto della gente fu più veloce, infatti si fiondò sulla famiglia Weasley assediandoli.
“Che facciamo?!” chiese la riccia allarmata.
“Non lo so, aspettiamo, vedrai che fra poco si calmerà la situazione e riusciremo ad avvicinarci.” fece lui, mentre si guardava intorno e scrutava i presenti: molti erano coloro che conosceva, ma ai suoi occhi spiccò un ciuffetto verde che spuntava fra le braccia di una donna dai capelli di un morbido castano chiaro e grandi occhi che somigliava incredibilmente a Bellatrix Lestrange. Come era successo l'estate precedente, Harry dovette lottare per reprimere l'istinto di saltarle addosso e disarmarla, ma poco dopo Harry si rese conto che finalmente l'assassina di Sirius era morta e che quel mucchietto di capelli apparteneva ad un neonato: lui sapeva benissimo di chi si trattasse. Trattenne il fiato incredulo e poi si lasciò sfuggire in un sussurro “Teddy..”
Hermione si voltò a fissarlo spaesata, ma poi seguendo la direzione delle sue iridi probabilmente comprese a cosa si stesse riferendo.
Il moro senza attendere neanche più un secondo si avvicinò alla signora che stringeva il bimbo al proprio petto e cercò di trovare il coraggio per dire qualcosa, ma quella quando lo vide aprì le proprie labbra in un debole sorriso dicendo “Harry Potter, sono contenta di rivederti.”
Il moro ebbe di nuovo la sensazione che gli occhi della Andromeda Black fosse più grandi e più dolci di quelli della sorella, nonostante la somiglianza strabiliante fra le due. Aveva quell'espressione fiera e sostenuta classica della famiglia Black, ma il volto era visibilmente segnato dal dolore: la perdita del marito e della figlia dovevano averla distrutta.
“Signora Tonks,” iniziò il ragazzo sorridendole “anch'io sono felice di averla incontrata, nonostante le circostanze spiacevoli. Mi dispiace tantissimo per tutto ciò che è successo, condoglianze.”
“Ti ringrazio. Salve cara.” fece la donna in direzione di Hermione, che aveva appena raggiunto Harry; la riccia la salutò cordialmente, dandole le condoglianze. Poi quella riprese a parlare “Chiamami Andromeda, per favore Harry.”
Il moro annuì ed i suoi occhi si posarono di nuovo sul faccino tondo del neonato; la signora parve accorgersi di quell'interesse e mormorò “Questo è il piccolo Teddy, il suo figlioccio.. immagino che sia la priva volta che voi due vi incontriate.”
Harry osservò in silenzio il piccolo bimbo che agitava i pugnetti davanti al faccino. Era come sotto shock, non riusciva a parlare: il pensiero che quel bambino fosse orfano e che lui avesse conosciuto ed ammirato entrambi i suoi genitori, morti per salvare il mondo magico e soprattutto per mano di Voldemort, gli fece provare emozioni forti. Sentì il cuore battergli nel petto ad un ritmo incessante, mentre la consapevolezza che a Teddy spettasse un destino molto simile al suo si fece spazio in lui.
Andromeda sembrava percepire tutti quelle riflessioni profonde e terribilmente complesse che s'erano appena scatenate nella mente del ragazzo, così fece un piccolo passo verso di lui e propose con aria gentile “Ti va di prenderlo in braccio?”
Lui annuì ancora in trance ed allargò le braccia non sapendo bene come si facesse ad afferrare un neonato; la signora Tonks glielo appoggiò su un avambraccio, spingendo l'altro gomito verso l'interno in modo da congiungere le due braccia e trasformarle in una specie di culla.
“Ecco fatto,” fece sorridendo “non è poi così complicato.”
Quando Teddy lo fissò negli occhi e fece una smorfia accompagnata da un piccolo gemito, Harry non poté non ridere.
“Siete bellissimi..” sussurrò Hermione, quasi commossa mentre li osservava.
Il ragazzo provò un po' a cullarlo, con fare goffo, mentre pensava a quanto sarebbe stata difficile la vita di quella creaturina. Però più rifletteva sui lati negativi e più c'era un barlume di speranza che pulsava in lui: Teddy non era solo. Lui non avrebbe vissuto in un sottoscala impolverato con degli zii riluttanti a qualsiasi tipo di magia, bensì con una nonna affettuosa ed amorevole che l'avrebbe accudito come meglio poteva. Inoltre non avrebbe dovuto aspettare i suoi tredici anni per conoscere il proprio padrino relegato ad Azkaban, come era successo a Harry con Sirius. Loro due si erano appena conosciuti in quel giorno terribilmente triste, il giorno del funerale dei suoi genitori e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di dividerli; non avrebbe perso il suo figlioccio.
“Andromeda,” incominciò, con gli occhi ancora incollati al ciuffetto colorato di Teddy “qualsiasi cosa ti serva io ci sono e ci sarò sempre, sappilo. Questo bambino.. io, ecco.. voglio esserci mentre crescerà. Non posso dimenticarmi di lui e non voglio farlo, neanche per un secondo; quindi ti chiedo, per favore, di poter essere presente nella sua vita.” Alzò lo sguardo sulla signora Tonks, che lo stava osservando con un sorriso delicato dipinto sulle labbra.
“Non devi neppure chiedermelo, è quello che avrebbero voluto sia Tonks che Remus e penso che tu lo sappia.” sussurrò lei.
Harry sentì una morsa stringergli il cuore al ricordo di Lupin che gli chiedeva di diventare il padrino di suo figlio e del loro incontro nella Foresta Proibita, prima di consegnarsi a Voldemort. Si era rivolto a Lupin più che agli altri, implorante...

... avevi appena avuto un figlio... Remus, mi dispiace...”

Dispiace anche a me. Mi dispiace perché non lo conoscerò mai... ma lui saprà perché sono morto e spero che capirà. Stavo lottando per un mondo in cui lui possa vivere una vita più felice.”

Sentì che la calma e la sicurezza che si era imposto di avere durante quel funerale gli stavano sfuggendo di mano; non voleva perdere il controllo di sé davanti ad una donna che aveva perso il proprio marito e la propria figlia a distanza di pochi mesi e che adesso si ritrovava sola a dover crescere un bambino, non era giusto.

Mentre cercava di calmare le sue emozioni una voce chiamò il suo nome e lui si voltò di scatto: era Ginny. Lo guardò per un attimo spaesata, poi i suoi occhi si incollarono al corpicino del neonato che il ragazzo stava stringendo contro petto. Si avvicinò piano, senza smettere di fissarlo e chiese con voce mista fra lo spavento e la sorpresa “E' Teddy?”
“Si..” fece lui in un sussurro “è proprio lui..”
Ginny sorrise dolcemente e gli accarezzò il capo con delicatezza “E' così carino... assomiglia tanto a Tonks..”
“Già..” sussurrò Harry, sentendosi stranamente smielato.
Hermione si avvicinò alla rossa e domandò “Dov'è Ron?”
“E' ancora con la mia famiglia,” fece lei “ma penso che la maggior parte delle persone siano andate via, quindi raggiungilo se vuoi.”
La riccia le sorrise e si incamminò verso le prime file.
Il moro riconsegnò il piccolo Teddy nelle braccia di Andromeda e disse “E' stato un piacere conoscerlo e spero di rivedervi entrambi presto.”
“Lo stesso vale per me signora Tonks.” si intromise Ginny “Per me sua figlia era una bellissima persona, alla quale io mi ispirerò per il resto della mia vita.” Harry le cinse le spalle con un braccio, sapendo quanto la ragazza tenesse a Tonks e quanto la stimasse.
“Ti ringrazio. Mi dispiace per la tua perdita: questa guerra non ha fatto altro che creare sofferenza. Ora se non vi dispiace vado a salutare i tuoi genitori, Ginny. A presto.” e con questo si allontanò, seguendo la scia di Hermione.
Il moro attese qualche secondo e quando finalmente lui e la rossa furono soli, si rivolse a lei con voce dolce “Come stai?”
La ragazza alzò le spalle e sussurrò “Così, non c'è una vera e propria definizione appropriata.”
“Forse è il caso che vada da tua madre e tuo padre..” aggiunse lui pensieroso. Non si era ancora recato lì per far loro le condoglianze, per quanto ne avesse già avuto l'occasione.
“No, ti prego. Non andare.” lo supplicò Ginny con sguardo preoccupato: sembrava avesse paura di dover restare sola.
“D'accordo,” la tranquillizzò lui, dandole un bacio sulla fronte “ora stiamo un po' insieme, ti va?”
La ragazza annuì sprofondando nel suo petto. Harry la condusse lontano da tutta quella gente, andando verso il Platano Picchiatore dove potevano stare un po' in tranquillità ed ascoltare il silenzio del parco. Quando giunsero in prossimità dell'albero si arrestò e guardò verso il terreno.
Ginny seguì il suo sguardo e mormorò “Credi che la guerra l'abbia distrutta?”
“Non lo so, ma me lo stavo chiedendo.” fece il moro un po' dispiaciuto.
La ragazza improvvisamente trattenne il fiato emozionata ed indicò un punto poco lontano da loro dove spiccava un bellissimo fiore rosso.
“C'è ancora Harry!” esclamò raggiante. Il ragazzo restò gradevolmente sorpreso da come il fatto che la Camellia fosse ancora in vita l'avesse fatta sorridere. Anche lui ne era felicissimo: sembrava rappresentare il simbolo della vita, ovvero qualcosa di indistruttibile che non avrebbe cessato mai di esistere.
“Già ed è ancora bellissima, come te..” sussurrò baciandole delicatamente le labbra. Ginny ricambiò quel contatto con dolcezza e poi si tuffò nuovamente fra le sue braccia.
Lui l'avvolse, stringendola a sé ed accarezzandole i capelli profumati.
Il fatto di averla lì, aggrappata a lui, riusciva a tranquillizzarlo e a fargli capire quante cose belle che ci fossero ancora al mondo.
“Grazie...” sussurrò piano la rossa.
“Grazie a te...” rispose Harry in un sorriso.

 

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30/07/1998

 

“Mi date una mano con questa roba per favore?” chiese Harry con il volto spaventato, mentre il cumulo di scatoloni che sosteneva le sue braccia barcollava pericolosamente.

Vingardium Leviosa.” disse semplicemente Hermione, agitando la bacchetta e facendo levitare tutte le scatole a due centimetri dagli avambracci del moro “Ecco fatto.”
“Sempre ad usare la magia e a mostrarci quanto sei brava.” la stuzzicò Ron con un sorriso, entrando attraverso la porta per poi incamminarsi all'interno della casa.
“Perché non dovrebbe?! E' magnifico non avere più la Traccia addosso, anche se Hermione non ce l'ha pià da un pezzo, ma voi due..” disse Ginny nervosa, rivolgendosi ai due ragazzi “non capisco davvero perché evitate di usarla. Io farò tutto con la magia non appena compirò diciassette anni, così non muoverò neppure un muscolo.” concluse seria, consapevole di quello che stava dicendo, andandosi a sedere sul divanetto che si trovava nel grande ingresso.
Harry rise divertito e, dopo aver fatto accomodare l'amica riccia, chiuse la porta dietro di sé.
Erano a Grimmauld Place ed era il giorno prima del compleanno di Harry. Ginny era elettrizzata dall'idea che il ragazzo avesse deciso di andare a vivere lì; l'idea che sarebbe stato solo in quella grande casa e che lei avrebbe potuto fargli visita ogni volta che voleva era fantastico... Già pregustava i loro momenti di intimità, ma poi pensò alla gelosia morbosa di Ron e al fatto che per quanto i suoi genitori avessero accettato la loro relazione, non avrebbero mai approvato a farla dormire fuori casa, soprattutto con Harry. Sbuffò tristemente ed osservò il suo fidanzato mentre apriva tutti gli scatoloni e studiava il loro contenuto, aiutato da Hermione. Quanto era bello, seducente, incredibilmente attraente... sospirò, consapevole di essere totalmente cotta di lui e si voltò a guardare suo fratello che si guardava attorno curioso, come se non avesse mai messo piede in quella casa; poco dopo esordì dicendo “Dove hai intenzione di dormire? Questa casa è gigantesca.”
“Beh, credo che starò nella stanza dove abbiamo dormito questo autunno.” rispose quasi automaticamente il moro, che stava impilando i libri a seconda degli anni.
“Non è male quella stanza. Ma ha bisogno di una pulita.” ammise Hermione, inarcando il sopracciglio.
“Oh, lo farei io... peccato che non posso!” fece Ginny sarcastica.
Harry la guardò divertito e disse con aria tranquilla “Non dovete preoccuparvi, in fin dei conti non è urgente. Volevo solo portare le mie cose qui, ma penso che sistemeremo in seguito tutto il resto. Ad esempio per prima cosa vorrei togliere quel maledetto quadro urlante...” ed indicò la tenda che nascondeva il grande ritratto della mamma di Sirius “...e quelli” con un cenno del capo si rivolse alla scala, probabilmente per riferirsi a quelle poche teste di elfo appese al primo piano, sopravvissute alla pulizia accurata di Sirius. Sicuramente Kreacher aveva lottato in passato per lasciare quei cimeli al loro posto. “C'è tanta di quella roba da fare che non so davvero da dove incominciare.” ammise il moro.
Hermione, che come sempre sembrava avere le idee chiare, iniziò con aria decisa “Bene, allora tu e Ginny porterete alcuni di questi libri ed i panni di sopra, mentre io e Ron ci occupiamo di sistemare tutte le cose della scuola, la scopa e le altre cose qui giù.”
La rossa si alzò dal divanetto ed andò incontro a Harry prendendo i pochi libri che lui le consegnò, mentre il ragazzo afferrava il pesante baule per portarlo di sopra. Ron sembrò aver intenzione di protestare, ma Hermione glielo impedì mettendolo subito a lavorare.

Quando Harry e Ginny entrarono nella stanza ed il moro chiuse la porta, la rossa si sentì stranamente tesa senza riuscire a spiegarsene il motivo. Lei non voleva sentirsi così in sua compagnia, ma c'era qualcosa che le impediva di essere se stessa: era imbarazzata e allo stesso tempo attratta da lui. Osservò il suo fidanzato accuratamente, mentre decideva su quale scaffale riporre i libri: aveva il capo inclinato verso il basso, gli occhi verdi intenti a leggere i titoli dei manuali, le sopracciglia aggrottate a causa della concentrazione, i capelli scompigliati, la t-shirt un po' stropicciata e d'improvviso, con un gesto abitudinario, fece risalire la montatura degli occhiali su per il naso accostandola di più al viso. Era perfetto, perfettamente Harry, il suo Harry. Un'irresistibile voglia di saltargli addosso si impadronì di lei, ma tentennò cercando di darsi un contengo: di sotto c'erano suo fratello e Hermione, non poteva andar lì e baciarlo, altrimenti sapeva che avrebbe perso il controllo. In fin dei conti si trovavano in una stanza da letto e, nonostante avesse zero esperienza in quelle cose, sapeva bene che era una grande tentazione e non voleva imbarazzare Harry.
Ma proprio mentre rifletteva su tutte queste problematiche, le sue gambe si avviarono automaticamente e presero a camminare, conucendola verso di lui. Quando il moro notò che era così vicina, alzò lo sguardo su di lei immergendo gli occhi smeraldini nei suoi color nocciola.
Ginny trattenne il fiato emozionata e senza riuscire più a resistere si gettò su di lui, baciandolo appassionatamente; lo slancio spinse Harry contro il muro facendolo cozzare contro una mensola, causando la caduta dei numerosi oggetti pesanti che vi erano riposti sopra. “Ahi!” urlò.
“Scusa..” mormorò lei, scostandosi velocemente. Doveva avergli fatto male, che imbranata che era!
Harry si massaggiò per un secondo la nuca, ma poi collegò ciò che era appena successo ed afferrò la sua fidanzata avvicinandola a lui per baciarla con fervente passione. Ginny gemette serena a quel contatto e saltò in braccio a lui, circondandogli il bacino con le proprie gambe: sembrava una specie di pacifico ed innamorato Avvincino. Infilò le mani sotto la maglietta grattandogli piano il dorso liscio e caldo.
Il ragazzo le cinse la schiena con una mano, mentre l'altra era intenta a spingere dietro la sua nuca.
Era così incredibilmente fantastico, che Ginny non riusciva davvero a staccarsi da lui e avrebbe voluto stendersi per poterlo baciare ancora.. ed ancora..

Dei passi pesanti attirarono la sua attenzione e con uno scatto fulmineo balzò giù da Harry, lasciandolo disorientato; ma quando anche quello si accorse del rumore si diede una sistemata veloce ai capelli e alla maglietta.
Dopo pochi secondi Ron spalancò la porta e domandò con aria tesa “Che diavolo è successo? Cos'è stato quel rumore?”
Ginny rispose prontamente con aria rilassata “Harry è ancora una frana con gli incantesimi, ha provato a sollevare i libri sugli scaffali ed invece a fatto cadere tutto. E' stato divertente, vi siete persi una bella scena.” guardò Hermione che aveva corso affannata fin su ed aveva un'espressione dipinta sul volto che rifletteva il suo imbarazzo per non essere riuscita ad arrestare Ron.
“Ok.” disse soltanto il rosso inizialmente, facendo guizzare i propri occhi dall'uno all'altro “Adesso però venite di sotto.”
“Si, certo.” fece Harry, con la voce ancora un po' roca.
Ginny non poté non sorridere all'idea di averlo fatto eccitare e si sentì un po' in colpa; quando Hermione e Ron si incamminarono nuovamente verso l'ingresso, si avvicinò di nuovo a lui e gli disse con un sorriso “Buon quasi compleanno.”
Poi uscì dalla stanza, facendo danzare i suoi lunghi capelli rossi sulle spalle.

 

*

Ginny sorrideva radiosa mentre Harry guardava la torta emozionato ed aspettava che i tre amici terminassero di cantargli la canzone di buon compleanno. Quando il grande orologio a pendolo della stanza da pranzo segnò la mezzanotte, il moro soffiò sulle candeline e Ron, Hermione e la rossa gli fecero un lungo applauso.
Ron esordì dicendo “Ora sei maggiorenne anche nel mondo babbano!”
“E' vero!” esclamò Hermione entusiasta “Non c'avevo pensato!”
Ginny restava sempre più sorpresa da come la sua amica restasse ammaliata dalle osservazioni di suo fratello e lo stesso doveva succedere a Harry, che infatti li guardava divertito.

Ben presto le due ragazze tagliarono il dolce a fette ed i quattro amici iniziarono a mangiarlo.
“E' buonissima!” esclamò sognante il ragazzo occhialuto, con la bocca ancora piena.
“E' merito nostro caro mio!” fece Ginny guardandolo con le sopracciglia inarcate; quello osservò le due ragazze e sorrise loro dicendo “Grazie, siete le migliori cuoche di sempre!”
“Questa deve averla letta in 12 passi infallibili per sedurre una strega.” sussurrò divertita la rossa all'orecchio di Hermione che scoppiò a ridere fragorosamente.
“Eh?! Che hai detto?!” chiese lui allarmato.
“No niente.. solo un vecchio libro che abbiamo trovato fra le tue cose..” fece Ginny ridacchiando, mostrando il manuale anche agli altri due.
Harry abbassò il capo affranto, diventando leggermente rosso sulle gote.
“Guardate che questo libro è un capolavoro!” esclamò Ron in sua difesa, strappandolo dalle mani della sorella, che si pentì di non aver avuto una presa più salda.
“Quindi l'hai usato anche tu..” cominciò Hermione con aria di scherno.
“L'ho solo consultato di tanto in tanto..è di Harry, mica mio..!” fece il rosso in difesa.
“Ma se me l'hai regalato tu!” esclamò quello in risposta, allargando le braccia.
A quel punto le due ragazze non si riuscirono più a contenere e scoppiarono in una risata comune talmente fragorosa, che furono capaci di risvegliare la madre di Sirius.

Una volta messa a tacere la signora Black, i quattro si sistemarono sui divani ed iniziarono a discutere del futuro: quell'estate Ron aveva deciso di dare una mano a George al negozio che, essendo ritornata la pace, era frequentatissimo dai maghetti; Harry, dal canto suo, era molto indaffarato con i progetti sulla restaurazione di Grimmauld Place e Hermione, invece, sembrava essere sicura di cosa voler fare dopo la stagione estiva. Il mese prima era partita per andare alla ricerca dei genitori in Australia ed avendoli ritrovati aveva restituito loro la memoria e spiegato gli eventi accaduti a Maggio.
“Sapete ora che vivo di nuovo con i miei genitori e che non ci sono più pericoli imminenti nel mondo magico, ho deciso che tornerò a Hogwarts.” dichiarò la riccia con un sorriso raggiante “Voglio recuperare l'anno scolastico che abbiamo perso per scovare gli Horcrux.”
Ginny l'abbracciò forte, al settimo cielo: l'idea di essere in sua compagnia a scuola era fantastica; si trovava molto bene con lei ed era stata da sempre più di un'amica, quasi una sorella.
Harry sembrò prendere bene la notizia, ma Ron no; aveva l'espressione di uno a cui avevano appena tirato un bolide in testa.
“Perché?” domandò soltanto, con aria un po' accigliata.
“Perché..” iniziò lei un po' intimorita “..è importante per una futura carriera aver finito la scuola e penso che anche voi due dovreste pensarci.” concluse, rivolgendosi ai suoi amici.
Il rosso scosse la testa e fece con aria imbronciata “No, io non tornerò a Hogwarts. Non so cosa farò, ma ho già deciso di non concludere la mia istruzione.”
Hermione abbassò il capo triste e la ragazza dai capelli ramati capì quando soffrisse al pensiero di doversi separare da lui, con il quale aveva appena intrapreso una relazione.
Il moro si intromise dicendo con voce calma “Io vorrei intraprendere la carriera di Auror, quindi non ho bisogno del settimo anno.”
Ginny sospirò a malincuore: sapeva che Harry non aveva la benché minima intenzione di tornare a scuola, ma la speranza era sempre l'ultima a morire.
Harry parve accorgersene e disse con voce un po' triste “Mi dispiace, l'idea di dovermi separare da voi due è tremenda, ma sarà solo un anno in fondo.” poi guardò soltanto la rossa e sussurrò nel suo orecchio “Possiamo farcela.”
Lei sorrise e gli diede un bacio sulla guancia. Poi annuì, anche se il solo pensiero di trascorrere un anno accademico senza di lui la distruggeva.
Ron sembrava ancora imbronciato, ma gli sarebbe passata.
Il futuro era alle porte ed ognuno di loro avrebbe fatto le proprie scelte, a prescindere dagli altri: questo significava diventare adulti, secondo Ginny.
E lei era pronta per concludere la scuola e dedicarsi al proprio avvenire insieme a Harry.

 

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23/12/1998

 

Quella sera Londra era gelida e Harry fu felice di scendere dalla sella della moto, perché stava davvero congelando. Spense il motore, si tolse il casco che indossava solo in città per non far insospettire i babbani ed indossò veloce un cappello che aveva ripiegato nella tasca della giacca.
Alzò lo sguardo verso la stazione di King's Cross e si incamminò veloce verso l'entrata, attraversando la grande pazza; una volta arrivato all'ingresso entrò e scorse Ron che lo aspettava con un sorriso: anche lui indossava un cappello.
I due amici si abbracciarono e si incamminarono verso i binari.
“Ma quanto freddo fa?” domandò il rosso sfregandosi le mani.
“Troppo.” rispose Harry, che batteva incessantemente i denti “Fortuna che ho i guanti.”
“Già.. come va quel gioiellino?” chiese curioso l'amico.
“Va una meraviglia, non mi dà nessun problema. Tuo padre è stato eccezionale.” esclamò entusiasta Harry, mentre si dirigevano al binario 9.
Arthur durante tutta l'estate e l'inizio dell'autunno aveva lavorato per restaurare la motocicletta di Sirius; quando ad Ottobre gliel'aveva consegnata, il moro ne era stato talmente felice che per la prima volta aveva abbracciato il signor Weasley, trasmettendogli tutto l'affetto che provava nei suoi confronti. Quello gli aveva detto con gli occhi umidi...
“Sai Harry, per me è stato molto importante fare qualcosa durante quest'estate. Certo c'era il lavoro, ma non bastava. Avevo bisogno di qualcosa che mi tenesse impegnato anche fisicamente per non pensare al mio Fred; sono stati tempi difficili ed ancora adesso quando ci penso soffro indicibilmente, ma il pensiero di riparare qualcosa e di regalarla a te, mi ha sollevato. Sono felice di averti fatto questo regalo.”
Il ragazzo si era quasi commosso quando aveva udito quelle parole, per questo l'aveva stretto in un abbraccio simile a quello fra un padre ed un figlio.
Era orgoglioso di quel dono e soprattutto di come l'aveva reso bello Arthur: il sidecar era componibile, dunque Harry preferiva viaggiare senza e la moto era stata riverniciata quindi splendeva come un gioiello raro.
Aveva dovuto prendere la patente per guidarla e farne una copia falsa babbana nel caso la polizia l'avesse fermato, ma per il resto ora era tutto perfetto e l'idea di farla vedere a Ginny lo emozionava indicibilmente.
“Lo sai che a lui piace fare queste cose.” disse semplicemente Ron.

Quando arrivarono alla colonna fra il binario 9 e 10, si guardarono furtivamente intorno e con un solo passo oltrepassarono la barriera; Harry come ogni anno chiudeva istintivamente gli occhi nel momento in cui passava attraverso il muro di mattoni e sbucava sul binario 9 e ¾.
Erano le 7 in punto della sera del 22 Dicembre e l'espresso per Hogwarts, con la sua meticolosa puntualità, era già arrivato: tantissime persone stavano scendendo dai vagoni, afferrando le proprie cose per correre il prima possibile dai loro cari.
Sia lui che Ron allungarono il collo nella speranza di vedere Ginny e Hermione e dopo pochi secondi le videro: entrambe indossavano sciarpa e cappello e quando si accorsero dei propri fidanzati iniziarono a correre veloci, spingendo il carrello.
Harry era talmente emozionato che non riuscì a muoversi ed attese che la rossa lo raggiungesse; quando finalmente fu dinnanzi a lui si avvicinò velocemente e la baciò. L'intensità di quel contatto lo trasportò lontano a quei caldi giorni di scuola trascorsi in riva al lago, riscaldati dal tepore del sole di fine primavera. Ora, invece, entrambi avevano le mani in tasca per il troppo freddo e mentre le loro lingue si intrecciavano in quella danza consueta, che era mancata al moro in modo indescrivibile, cominciò a nevicare.
Quando si scostarono guardarono entrambi verso l'alto sorpresi e risero felici: solo su quel binario poteva succedere una cosa del genere, nonostante fosse coperto; a quel punto Harry l'abbracciò forte stringendola a sé con tutta l'intensità e la delicatezza che potesse avere.
Dopo alcuni secondi Hermione e Ron, che dovevano aver appena finito di salutarsi li affiancarono e tutti insieme si incamminarono fuori dalla stazione.

Una volta giunti alla moto di Harry le ragazze la osservarono sbalordite.
“Fa molto macho.” fece Ginny con aria maliziosa e Harry arrossì a quelle parole.
Hermione ridacchiò divertita e commentò “Beh, è vero.”
“Già, mentre la macchina di papà no..” borbottò accigliato Ron, mentre gli altri tre scoppiavano a ridere. “Comunque sbrigatevi a salutarvi voi due che dobbiamo andare, a meno che tu non voglia venire a casa Harry, lo sai che alla mamma fa piacere.” disse il rosso in direzione dell'amico.
“Ti ringrazio, ma domani devo andare a lavoro quindi preferirei dormire a casa.. però..” si interruppe guardando sofferente Ginny: aveva una voglia matta di stare con lei e dallo sguardo della ragazza sembrava trapelare lo stesso desiderio.
Hermione parve capire e disse “Andiamo Ron, diremo che Ginny è andata a cena da Harry, ma che verrà a dormire da me. Quando mi riaccompagnerai a casa noi faremo finta di passarla a prendere. Buona serata ragazzi!” e prese il fidanzato per mano strattonandolo verso la macchina, prima che potesse replicare.
Lui provò a divincolarsi, ma Hermione lo obbligò con qualche sorta di incantesimo a seguirlo; Harry riuscì ad udire soltanto “Dormite in camere diverse!”, prima che la riccia lo facesse salire in macchina come un docile cagnolino.
Il moro si voltò verso Ginny che sorrideva raggiante e domandò indicando la modo “Ti va di salire su?”
“Con piacere!” esclamò lei prendendo posto dietro di lui ed indossando un casco.
Poi con un incantesimo il ragazzo rimpicciolì tutti gli oggetti della ragazza, mise in moto ed accelerò lungo la strada. Una volta premuto il filtro anti babbani la motocicletta divenne invisibile e loro poterono spiccare il volo nel cielo scuro di quella serata gelida, circondati da fiocchi di neve.

 

*

 

Harry aprì la porta di Grimmauld Place e scivolò dentro, trascinando con sé tutte le cose di Ginny, senza lasciare la sua mano. Le accatastò con noncuranza in un angolo dell'ingresso ed iniziò a togliersi cappello, guanti, sciarpa e cappotto.
La ragazza fece lo stesso, guardandosi intorno curiosa “Hai cambiato molte cose qui, è bellissimo!”
Il moro si rese conto che la rossa mancava da un pezzo ormai, ma ora lui non riusciva a pensare ad altro che a lei.
“Si..” mormorò avvicinandosi e baciandola “..magari dopo ti faccio fare un tour della casa..”
“Già... magari dopo...” sussurrò lei in risposta, saltandogli addosso come quella volta in estate nella stanza di sopra.
Harry la condusse al primo piano attraverso le scale, tenendola stretta a sé per non farla scivolare di dosso; era bellissima la sensazione di averla contro il suo corpo: riusciva a sentire le sue forme, il suo calore ed il suo irresistibile profumo. Una volta entrato nella stanza dove dormiva, si piegò verso il letto in modo che la schiena di Ginny potesse toccare il materasso. Con le mani tremanti dall'emozione le sfilò il maglione ed iniziò a sbottonare la camicetta.
“Hai le mani congelate..” gemette lei mordendosi il labbro.
Harry rabbrividì di eccitazione a quella scena, trovandola estremamente seducente, e deglutì sussurrando “Scusami..”
Lei a quel punto lo interruppe e si rialzò per sfilargli i vestiti con una voracità e velocità che lasciarono un attimo spaesato il moro: si ritrovò improvvisamente solo con il jeans.
Però decise di darsi da fare anche lui, così quando lei iniziò a giocare con il bottone del pantalone, lui riprese a baciarla, correndo giù lungo il collo per distrarla, e riprese a lavorare con i bottoni della camicia bianca.
Poi, nonostante fosse forte il desiderio di dedicare la propria attenzione subito in direzione del décolleté appena scoperto della ragazza, le sfilò la gonna e le calze, lasciandola in intimo.
Ginny inspirava affondo, facendo muovere il proprio seno contro il petto di Harry: riusciva a sentire quanto era sodo e allo stesso tempo soffice e ai suoi occhi semplicemente perfetto.
Le mani sottili di lei si cimentarono di nuovo a sbottonare il jeans del moro e quando ci riuscirono anche lui si ritrovò soltanto in intimo.
Per un attimo si domandò se anche lei volesse lo stesso che lui desiderava da tanto tempo e decide di domandarglielo “Ginny, io non voglio obbligarti a fare niente che tu non voglia, quindi se vuoi che io mi fermi dimmelo immediatamente.” Sembrava che stesse parlando dall'alto di chissà quale esperienza, eppure si sentiva sicuro di ciò che pensava: non avrebbe mai voluto fare qualcosa contro la sua volontà.
La ragazza sorrise e disse in un soffio al suo orecchio “Io voglio te.”
Harry sentì stavolta un'eccitazione forte e profonda invadergli tutto il corpo e fargli perdere letteralmente le staffe; con un solo movimento fluido fece scivolare la ragazza sul letto, le sfilò la biancheria intima e si mise su di lei, guardandola negli occhi.

I loro sguardi si intrecciarono, mentre i loro corpi si legavano fra loro in qualcosa di nuovo ed indissolubile che Harry non aveva mai provato, ma aveva sempre immaginato quando pensava a Ginny; solo lei era riuscita a far sorgere tali pensieri nella sua mente, perché era così bella, intelligente, seducente ed unica che nessun'altra avrebbe potuto creare un effetto simile.
Lui l'amava e voleva stare con lei per il resto della sua vita.
Danzarono in un ritmo incalzante, stingendosi l'un l'altra ed assaggiandosi bramosi, mentre l'eccitazione cresceva in maniera esponenziale.

E quando poi tutto esplose in una miriade di coriandoli di piacere, Harry ansimò stanco e si appoggiò accanto a lei stringendola in un abbracciò.
Anche la rossa aveva il fiato corto e sprofondò la testa nel suo petto.
“Ti amo Harry..” mormorò emozionata Ginny, guardandolo negli occhi; lui sentì le lacrime farsi spazio prepotentemente attraverso le palpebre: era talmente felice che non riusciva quasi a risponderle.
Poco dopo però si fece coraggio e dopo aver deglutito sussurrò “Anche io e ti amerò per sempre.”
Le diede un lungo ed intenso bacio, caldo ed appassionato, mentre fuori alla finestra continuava a nevicare.

 

*questo breve discorso di George è stato scritto da me in una FanFic su di loro, ambientata durante le scorribande a Hogwarts e ritenevo fosse carina l'idea di inserirlo durante il funerale.

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Capitolo 16
*** Diventare adulti. ***


! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Come state? Spero bene :) Scusate se c'ho messo un po' più di tempo, ma l'importante è avercela fatta (?!). Dunque, dunque eccoci qua con un nuovo episodio; vi starete chiedendo perché l'ho chiamato diventare adulti? Beh, io penso che in questo capitolo ci saranno degli svolgimenti notevoli per la loro vita di coppia e per le resposabilità che diverranno sempre più grandi.  Ginny avrà più spazio, ma anche Harry avrà una parte finale che spero daaaaavvero vi piaccia *-*. Ho deciso di parlare del compleanno di 18 anni di Ginny, voi vi starete chiedendo perché mai abbia fatto una cosa simile.. e non posso darvi torto.. ma vedete giustamente un utente fra voi mi ha domandato se mi ero mai chiesta cosa avesse regalato Harry a Ginny per i suoi 17 anni e mi sono resa conto (come una sciocca) di aver saltato una data così importante. Così mi è venuta voglia di creare un episodio a riguardo e ho voltuo, diciamo, "recuperare" la mia dimenticanza, motivando gli avvenimenti attraverso le scelte di Harry. Spero vi piaccia l'idea (in particolare a te Bon Jovi :*, che mi hai davvero illuminata :D).  Alla prossima! Vi auguro una buona lettura! Un bacio grande! :)

 

 


 

 

# Diventare adulti...

 
 

10/07/1999

 

 

Fare l'amore con Harry era qualcosa di estremamente bello, romantico ed appassionante.
Non sapeva definire con precisione le emozioni che la invadevano, quando i loro corpi si intrecciavano armoniosamente, ma la felicità e l'amore prevalevano su qualsiasi riflessione razionale possibile.
Erano trascorsi sei mesi dalla loro prima volta e se Ginny ci ripensava, le veniva da ridere: l'imbranataggine di Harry, l'ignoranza di entrambi in materia ed il dolore iniziale, ma intenso che aveva provato avevano poi lasciato posto al desiderio crescente di entrambi e alla passione. Ora sembravano sensazioni lontane, remote, che potevano essere ripescate soltanto all'interno di un Pensatoio colmo di ricordi.
Si stavano baciando dolcemente sul divano di Grimmauld Place, che era divenuto il loro nido d'amore da quando aveva terminato gli esami e la scuola era ufficialmente finita. Ormai si recava continuamente in quella casa e Ron aveva smesso di protestare, permettendole di dormire da Harry; non che lei avesse bisogno di alcun permesso, ma il fatto che avesse smesso di lagnarsi era positivo.
Harry lavorava come Auror da quasi un anno ormai, ma essendo appena usciti da una guerra, il mondo dei criminali magici sembrava addormentato ed il lavoro non era molto; spesso il moro si ritrovava a dover catalogare vecchi schedari, cosa che lo annoiava tantissimo, ma poi aveva tutti il tempo da dedicare alla sua fidanzata.
Avevano appena fatto l'amore.
Ginny affondò le mani piccole in quella spettinata chioma corvina illuminata dal sole caldo di Luglio che filtrava attraverso le tende. Si chiese per l'ennesima volta se tutto ciò fosse frutto della sua mente: aveva ottenuto quel che aveva sempre desiderato, ovvero l'uomo che amava.
Si ricordò, mentre il moro le accarezzava la schiena nuda con delicatezza e le baciava il collo, di come tre anni fa alla sola età di quattordici anni avesse detto proprio a lui che ogni cosa era possibile se si possiedono nervi sufficientemente saldi. Ora aveva quasi diciotto anni, era diventata grande, matura; aveva concluso la sua istruzione con voti eccellenti e si affacciava ad una vita da adulta. La sua infanzia circondata da fratelli maschi l'aveva temprata e, di conseguenza, aveva saputo tener duro per costruire la storia d'amore, che aveva sempre sognato, con il ragazzo che era sopravvissuto.
Doveva tutto proprio alla sua famiglia, forse.

Fred.

Ginny trattenne per un attimo il respiro ed aprì gli occhi, osservando quelli vicinissimi e socchiusi dell'altro.
Era trascorso più di un anno da quando si erano riuniti, ma anche da quando suo fratello aveva perso la vita quel fatidico 2 Maggio di un anno prima.
Si scostò dalle labbra del suo fidanzato, cercando avida l'aria nella stanza che improvvisamente le mancava.
Harry inforcò gli occhiali poggiati sul tavolino e la osservò spaesato con i suoi bellissimi occhi verdi, aggrottando le sopracciglia; lei sospirò e scosse la testa piano “Scusami.”
Lui parve capire cosa pensasse in quell'istante la rossa, così non disse nient altro: si mise seduto, la tirò verso sé e le cinse le spalle con un braccio.
“Ci sono qui io.” sussurrò con voce ancora un po' roca, ma profondamente dolce.
Ginny si strinse a lui affettuosamente, ascoltando con l'orecchio poggiato sul petto il cuore del moro battere ad un ritmo incessante.

 

***

10/08/1999

 

Giallo girasole.” disse sicura, mentre fissava la parete spoglia dinnanzi ai suoi occhi.
“Giallo girasole? E perché proprio questo colore?” le domandò Harry curioso, che stava al suo fianco e guardava nella sua stessa direzione, sostenendo nel palmo della propria mano una spugna.
“Non lo so. Penso sia adatto alla cucina, o sbaglio?” domandò lei, sentendo la determinazione vacillare per un attimo. Quando Harry le poneva domande del genere non sapeva mai se era per semplice cortesia e curiosità, o perché quell'idea non gli piaceva.
“Hai ragione, illumina tantissimo questa casa tetra.” rispose lui con voce gentile voltandosi verso di lei e sorridendole.
La rossa gli sorrise di rimando e si tuffò su di lui per dagli un lungo bacio.

In quella bellissima e caldissima giornata di Agosto lei e il suo fidanzato avevano avuto la brillante idea di procedere con la restaurazione di Grimmauld Place, dedicandosi alla cucina: avevano spostato i mobili, ricoperto il pavimento di giornali per proteggerlo, staccato la carta da parati vecchia ed ammuffita e adesso dovevano pitturare le pareti. Avevano diviso il muro in parti: solo la zona centrale della stanza sarebbe stata tinteggiata, mente la base delle pareti ed il soffitto sarebbero rimasti bianchi. Il moro aveva visto su una rivista babbana al supermercato un nuovo tipo di tinteggiatura realizzabile con una spugna di mare e, dato che voleva farlo con le sue mani, sembrava anche meno faticoso dell'utilizzo del pennello.
Ginny aveva consigliato a Harry dei colori pastello, chiari, ma allo stesso tempo brillanti in modo che quel luogo acquisisse un carattere più familiare e pacifico; per questo motivo il ragazzo era tornato a casa carico di barattoli di colore che avrebbero poi utilizzato anche per le altre camere.
Giallo girasole pastello, sfumato non era perfetto per una cucina? Poi lei adorava i girasoli, erano dei fiori stupendi e soprattutto diversi dalle classiche rose che piacevano all'intero mondo femminile. Eccetto Ginny Weasley, ovviamente.


Dopo qualche minuto trascorso ad amoreggiare, il moro si scostò da lei e disse ridendo “Hey, così però non inizieremo mai..”
Ginny sbuffò, roteando gli occhi al cielo “Solo perché tu vuoi farlo alla maniera babbana.”
“E' più soddisfacente.” sentenziò il moro, sperando di trasmetterle la stessa voglia di fare che aveva lui; ma la ragazza dei capelli ramati continuò a restare poco entusiasta da quell'idea. Forse era un problema della famiglia Weasley: non erano dei tipi molto attivi in questo tipo di cose, tendevano a semplificare sempre tutto con l'aiuto dei sortilegi magici.
“Non capisco perché dobbiamo sgobbare come dei muli se possiamo risolvere tutto in pochi minuti con la magia..” si lagnò per poi aggiungere dopo qualche secondo con aria maliziosa “Conosco qualcosa di molto soddisfacente che potremmo fare mentre la spugna fa il suo lavoro.”
Harry rise divertito scuotendo il capo “Avanti Ginny, fammi questo favore! Poi ti prometto che faremo tutto ciò che vorrai con la magia.”
“D'accordo.” fece lei infine un po' delusa; poi guardò i barattoli con i vari colori “Allora? Qual è il Giallo girasole?” domandò allegra.
“Non c'è.” fece Harry osservandola con aria divertita.
“Che vuol dire non c'è?!” chiese la rossa accigliata. Si era dimenticato di comprarlo? Gli uomini non sapevano davvero fare un bel niente senza una donna accanto!
“Vuol dire che lo dobbiamo creare.” rispose lui pazientemente aprendo il barattolo dell'arancione, del giallo e del bianco.
“Stai scherzando, vero?” sbottò secca lei.
“No, perché dovrei?” domandò il moro con gli occhi verdi fissi su di lei.
“Ma è un'assurdità! Dai, Harry, ascoltami.. creiamolo con un incantesimo e poi tinteggiamo come i babbani.” lo supplicò, sperando che il ragazzo ragionasse sull'impossibilità di ciò che voleva fare.
“No, lo voglio fare io.” continuò il suo fidanzato con determinazione, abbassando lo sguardo sui colori ed iniziando a procedere.
“Non penso tu lo sappia fare.” fece la rossa, con aria scontata “Alla fine non hai mai fatto una cosa simile.. sei un mago!”
“Io penso che invece sia tu ad avere paura di non saperlo fare.” decretò con aria di sfida Harry, alzando nuovamente gli occhi su di lei.
Ginny inarcò le sopracciglia, punta nell'orgoglio. “Cosa hai detto?!” domandò con la voce inarcata dal nervosismo.
“Che non ci riesci!” esclamò lui sorridendo sempre di più, schernendola.
“Ah ah ah. Davvero divertente. D'accordo! Passami quei dannati colori Harry Potter e vediamo chi vincerà.” disse combattiva la ragazza afferrando un recipiente vuoto, una spugna pulita e mettendosi all'opera.
Con la coda dell'occhio intravide le labbra del moro arricciarsi in un sorriso soddisfatto, ma allo stesso tempo dolce e pieno d'amore.

*

 

“AH! Hai visto?! E' perfetto, anzi perfettamente perfetto! Un Giallo Girasole che così simile a quello in natura non era mai stato visto e neppure un muro dipinto con tale precisione.” esclamò Ginny raggiante, sventolando il barattolo con il liquido in faccia al fidanzato ed indicando la parete che avevano appena dipinto con il colore da lei creato.
Harry si asciugò la fronte affaticato e ridendo ammise “D'accordo, hai fatto un ottimo lavoro. Mi hai battuto! Sei contenta, vedo.”
“Mai stata meglio.” dichiarò soddisfatta la rossa, aggiungendo poco dopo “E pensare che avevi detto che avevo paura di non saperlo fare.. puah! Invece tu hai creato una sottospecie di arancione bruciacchiato.” Posò il barattolo di plastica a terra, abbandonando la spugna marina al suo interno ed incrociò le braccia scrutandolo torva.
“Mi sbagliavo.” disse soltanto lui, senza smettere di sorridere.
“Come fai a non rimanerci male? Cavolo, hai perso.. non sei giù di morale?” domandò scoraggiata ed invidiosa: Harry era sempre perfettamente equilibrato, non era possibile.
“Perché hai vinto tu..” sussurrò avvicinandosi e cingendole la vita con le braccia, stringendo ancora la sua spugna in una delle due mani “Quindi sono felice.”
“Mmm..” grugnì lei, lasciandosi sfuggire un sorriso mentre lui le iniziava a baciare il collo con delicatezza.
“Penso proprio che questo colore sia perfetto su di te...” sussurrò con ancora le labbra incollate alla sua pelle candida.
Ginny sentì dei brividi correrle lungo la schiena e si strinse nelle spalle emozionata, costringendo Harry a scostarsi un po' da lei; il ragazzo appoggiò la fronte contro la sua e continuò a mormorare con voce profonda, creando uno sciame di farfalle scatenate nello stomaco della rossa “...per questo motivo vorrei vederlo sulla tua pelle..”
Le sopracciglia chiare e ramate della ragazza si aggrottarono curiose, ma non ci fu tempo per chiedere spiegazioni: il moro aveva già appoggiato i pollici sporchi di pittura sulle sue gote rosee.
“Harry!” esclamò lei ridendo, cercando di togliere il colore dalle guance tempestate di lentiggini, causando l'effetto contrario, macchiando dunque tutto il viso.
Lui rise divertito. “Ti dona molto, in effetti.” decretò soddisfatto, osservandola.
Lei si allontanò da lui, immergendo un intera mano nel barattolo di pittura e gliela appoggiò sul collo colorandolo. “A te sta meglio il verde, invece!” fece schernendolo e facendogli la linguaccia; ma il moro l'afferrò di nuovo e sta volta con la spugna le sporcò anche le braccia e gli indumenti.
“Sei perfido!” esclamò lei, sudicia e bagnata.
“Te la sei cercata!” fece lui, lanciandole addosso la spugna impregnata di colore.
Ginny a quel punto afferrò la sua, ancora galleggiante nel barattolo e diede vita ad una vera e propria guerra di pittura: i due risero e si fecero gli assalti per un quarto d'ora.

Quando entrambi esausti crollarono a terra sul pavimento ricoperto dai giornali impregnato di colore, completamente sporchi, la rossa domandò ansimante e un po' preoccupata “Come diavolo si toglie questa roba di dosso?”
Harry fece solo un piccolo cenno del capo verso il piano di sopra e quando lei sembrò afferrare cosa intendesse il suo fidanzato, quello si aprì in un sorriso malizioso.
Si alzarono entrambi e la rossa gli saltò addosso, aggrappandosi al suo corpo; si fece trasportare comodamente verso il piano superiore, mentre i loro occhi si immergevano gli uni negli altri e quel contatto provocava un aumento incalzante del battito cardiaco.
Una volta entrati nel bagno, misero a scaldare l'acqua della vasca mentre si svestivano e baciavano appassionatamente.
Quando tutto fu pronto si immersero nell'acqua calda e piena di schiuma, senza staccarsi l'uno dall'altra: Ginny era talmente emozionata e felice che quasi ebbe paura che il cuore, dal battito sempre più rumoroso, potesse esploderle nel petto. Non avevano mai fatto l'amore nella vasca e quella realtà l'agito inspiegabilmente: e se fosse stato più difficile, più doloroso? Non seppe perché quelle domande sciocche le stavano affollando la mente, ma non poté far a meno di irrigidirsi e preoccuparsi.
Harry parve accorgersene e cercò di metterla a suo agio, baciandola ovunque, come solo lui era capace. Il contatto di quelle labbra sottili color fragola lasciava un marchio infuocato sulla sua pelle lengigginosa, che riusciva a far distendere meccanicamente i nervi; la rossa si rilassò lentamente, assaporando quel momento magico e capendo che non sarebbe successo nulla di spaventoso.
Tutto ciò di cui aveva bisogno era lì davanti a lei: un ragazzo dai capelli corvini e dagli stupendi e profondi occhi color smeraldo, completamente imbrattato da una pittura color Girasole, di cui era sempre stata innamorata e al quale adesso era legata da una bellissima relazione d'amore, le stava offrendo l'immenso piacere di essere sua, in quel bollente pomeriggio d'estate.

 

**

 

11/08/1999

 

Ginny si svegliò baciata dai raggi del caldo sole mattutino d'Agosto.
Aprì piano le sue palpebre, facendo invadere le iridi color nocciola dalla brillante luce solare; poi si stiracchiò sbadigliando e si voltò verso l'altra metà del letto: Harry non c'era.
Possibile che era lì in quel letto dal giorno precedente? Per un attimo si meravigliò di se stessa, ma in effetti poco importava: era estate, la scuola era finita e non aveva compiti per Settembre.
Nel momento in cui le immagini degli attimi trascorsi in bagno in compagnia del suo fidanzato le balzarono dinnanzi agli occhi sorrise ed arrossì divenendo un solo colore con i suoi capelli. Quel pomeriggio di passione nella vasca era stato fantastico ed il moro ormai era totalmente padrone della situazione; riusciva a farle provare emozioni sempre più intense ed incredibilmente sconosciute.
Restò alcuni minuti a scrutare le lenzuola dove poco fa aveva dormito il suo fidanzato, dopodiché si alzò, indossò una leggera vestaglia color pesca e si incamminò di sottò.
Quando giunse al piano terra, qualcosa le oscurò improvvisamente la vista; in un primo momento si spaventò, ma poi il consueto profumo di menta fresca la riportò alla realtà e comprese immediatamente che si trattava di Harry.
“A cosa devo il divieto di guardare?” domandò ironica la rossa, con un sorriso stampato sulle labbra.
“Beh, è un sorpresa.. su vieni, ti guido io. Resta con gli occhi chiusi, però.” le sussurrò all'orecchio il moro, appoggiandole le mani sui fianchi e conducendola altrove.
Una volta arrivati a destinazione, il ragazzo le diede il permesso di guardare. Erano in cucina! Il muro era asciutto, il pavimento libero e pulito e la stanza aveva tutti i mobili in ordine.
“E' stupenda! Harry, hai messo tutto apposto da solo.. mentre io dormivo!” esclamò con un sorriso la ragazza osservando entusiasta la pareti colorate della camera.
“Beh non mi ci è voluto molto con la magia,ma.. non è finita..!” mormorò conducendola stavolta verso il tavolo.
Sulla superficie di legno era appoggiato un pacchettino dello stesso colore che avevano utilizzato per dipingere la cucina; la rossa non seppe cosa pensare in un primo momento, mille domande le affollarono la mente, come ad esempio dove avesse trovato della carta da regalo di quel colore, o a cosa fosse dovuto quel pacchetto, e quindi restò ammutolita osservandolo con occhi curiosi.
Harry dopo pochi secondi la incitò ansioso dicendo “Beh, ecco.. aprilo.”
Ginny si risvegliò dallo stato di trance e lo aprì con delicatezza, liberandosi del pacchetto che mostrò il suo contenuto: una scatolina quadrata di un blu scuro intenso con una scritta sopra, di una marca che la rossa non aveva mai sentito nominare. La aprì e all'interno brillarono prepotentemente due bellissimi orecchini a forma di girasole. La ragazza trattenne il fiato esterrefatta ed accarezzò la superficie dei gioielli: i petali erano lisci e riflettevano la luce del sole che illuminava la stanza; il centro del fiore era formato da dei brillanti scuri, che luccicavano stupendamente.* Non erano vistosi, perché rispecchiavano i colori reali del girasole senza eccedere in un luccichio inutile, che potevano donare i diamanti, ma erano talmente preziosi e raffinati che la lasciarono senza fiato.
“Buon compleanno, Ginny! Non sapevo esattamente cosa regalarti, ma dato che ieri hai deciso per il giallo girasole, ho pensato che questi orecchini, che avevo visto qualche giorno fa in una vetrina di un negozio babbano, fossero il regalo perfetto. Non solo perché è un fiore che ti piace particolarmente, ma perché vorrei che ti ricordassero sempre il grande passo che abbiamo compiuto insieme progettando la ristrutturazione di questa casa: ovvero la decisione di farla divenire nostra per vivere insieme il prima possibile.” disse senza interrompersi e guardandola negli occhi.
Lei era talmente spaesata e felice che non sapeva cosa dire “Harry..” sussurrò con gli occhi lucidi, iniziando ad indossare gli orecchini per vederli allo specchio “..ma quanto ti sono costati?! Sono perfetti, bellissimi, sensazionali!”
Il moro rise soddisfatto da quella reazione “Non pensare al prezzo. Sarò anche sciocco, ma per me i diciott'anni di una persona resteranno sempre importanti, forse è perché sono cresciuto a cavallo fra il mondo magico e quello babbano; quindi ci tenevo a farti un bel regalo in quest'occasione speciale, più per me che per te.”
“Oh Harry.. e io che me n'ero dimenticata..” sussurrò, mentre si osservava nello specchio nella camera accanto alla cucina ed accarezzava i fiori gioiello, come se fossero dei rari oggetti di inestimabile valore.
“Già.. me n'ero accorto..” sussurrò in un soffio, osservando la sua immagine riflessa; le spostò i capelli e le baciò la nuca dicendo “Sei bellissima.. e ti stanno d'incanto.”
“Ti amo.” disse lei, prendendo le sue braccia per far si che Harry si accostasse di più e lei potesse sprofondare con la schiena nel suo petto.

Ginny portò sempre quegli orecchini nelle occasioni speciali della sua vita.

Dopo alcuni anni Harry rivelò a Ginny di aver sbagliato di proposito il colore con cui dipingere le pareti, per renderla felice e stare in sua compagnia durante la restaurazione babbana.

 

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25/12/1999

 

“No, non si mangia. Devi giocarci, non metterlo in bocca!” fece Harry terrorizzato, cercando di riprendersi il giocattolo.
Intorno a lui tutti esplosero in una fragorosa risata e le mura fragili della Tana tremarono a causa di quella botta d'allegria. Probabilmente era da molto che non si rideva così serenamente e quello era il primo vero Natale più sereno da quando Fred aveva perso la vita.
Da un anno a questa parte, la casa era cambiata notevolmente: il grande orologio con le lancette per ogni membro della famiglia Weasley era sparito, sostituito da uno con un'unica lancetta che indicava cosa fare durante la giornata o se si fosse in ritardo**. Doveva essere stata dura osservare quella di Fred fissa sulla voce “morto”. La stanza dei due gemelli era stata sgomberata dalle vecchie cose, nonostante in un primo momento Molly avesse preferito lasciarla così com'era; adesso spesso vi dormiva Andromeda quando veniva a trovarli con il piccolo Teddy o chiunque si recasse alla Tana.

Per quanto riguradava la vita della famiglia Weasley Ron lavorava ancora con George presso il negozio a Diangon Alley, Molly si occupava come sempre della casa e Arthur lavorava al ministero come sempre. Bill era impiegato alla Gringott, Charlie era ancora impegnato a studiare draghi in giro per il mondo e Percy era diventato capo del dipartimento dei trasporti magici.
Ginny ogni tanto faceva percepire al moro di aver intenzione di entrare in una squadra di Quidditch come cacciatrice, ma non ne era ancora sicura, per questo motivo adesso si godeva il dolce far niente post-Hogwarts.

“Guarda che è un bambino, funziona così nel loro mondo.” disse la sua fidanzata con aria tranquilla, andandosi a sedere sul divano, dove si trovavano Hermione e Ron.
Il moro, seduto per terra, non si tranquillizzò a quelle parole e quando Teddy girò verso di lui il suo visino tondo sorridente, circondato da una soffice chioma di capelli verdognoli, con il pupazzetto di un Ippogrifo scalpitante che sbucava dalla sua bocca non seppe più cosa fare.
“Ginny ha ragione, i bambini sperimentano tutto con la bocca e le mani è il loro contatto con il mondo, non devi angosciarti inutilmente. Vuol dire che il tuo regalo di Natale gli è piaciuto.” disse gentilmente Andromeda, seduta al tavolo insieme al signor e la signora Weasley e Fleur che reggeva in braccio la piccola Victoire.

“Beh, ne sono contento, davvero.. ma sarà pieno di germi, non l'ho lavato prima di darglielo!” continuò agitato, percependo di avere la fronte imperlata dal sudore.
“Si fa gli anticorpi.” liquidò la faccenda un Ron particolarmente rilassato.
“Ronald! Harry ha ragione, chissà che cosa c'è su quel coso!” sbottò la riccia seduta al suo fianco, con la voce incrinata dall'ansia.
Perfetto, se Hermione mi dà ragione vuol dire che sto diventando come lei.” pensò Harry allarmato, mentre osservava Teddy che cercava di mettersi in piedi con ancora il pupazzetto stretto fra i denti.
“Guarda che il negozio è pulito, dato che sono io ad occuparmene!” esclamò il rosso in direzione di suo fratello appena entrato in cucina, mano nella mano con Angelina.
“E questo ti toccherà fare per altri innumerevoli anni, prima di poter intraprendere la retta via.” sentenziò quello con aria saggia, afferrando un dolcetto dal tavolo.
“Ma quale retta via! Mi sono stancato di farti da schiavo..” brontolò Ron, guardandolo in cagnesco.
“Oh, avanti dateci un taglio.” fece Ginny con aria ammonitoria in direzione di entrambi.
George fece un sorriso gigante a suo fratello, come per fargli capire che la questione era stata per l'ennesima volta accantonata e si sedette al tavolo insieme alla sua fidanzata.
Harry nel contempo cercò di capire cosa volesse fare il bambino davanti a lui: stingendo ancora l'ippogrifo, con le piccole manine cercava di darsi la spinta per mettersi in piedi, ma in questo modo aveva il viso rivolto verso il pavimento e se fosse scivolato avrebbe potuto sbattere con il volto per terra e far penetrare il giocattolo fino in gola.
O Santi Numi.” pensò agitato, così decise di prenderlo in braccio ed appoggiarlo contro il ventre.
Quello lo guardò e lo indicò divertito bofonchiando “Erri.”
“Si, Harry bravo!” esclamò il ragazzo sorridendo e sperando che per parlare mollasse la presa sull'oggetto, che ormai si agitava freneticamente. Fortunatamente dopo pochi secondi lo sputò e l'ippogrifo giocattolo, esausto, corse il più lontano possibile da lui.
“Lui, via.” disse con il viso triste il bimbo, guardando Harry con i grandi occhi, che improvvisamente divennero scuri forse per il cambiamento di umore.
“Ma dopo torna, non preoccuparti.” provò a tranquillizzarlo, sperando di distrarlo “Ora mi dici come ti chiami?”
“Me, deddy.” disse in un sorriso il piccolo, mentre gli occhi si coloravano di un azzurro intenso.
“Bravissimo e lei?” fece il moro indicando Hermione.
“'Mone.” disse, guardandola con attenzione. La riccia sorrise dolcemente
“Si, esatto e lei?” chiese spostando la sua attenzione su Ginny, che lo guardava curiosa.
“Inni!” urlò allegro, battendo le mani. Provava una particolare simpatia nei confronti della sua fidanzata, che lo faceva sempre divertire facendo facce buffe.
“Mi piace Inni!” esclamò Ginny sorridendo.
“E questo qui?” domandò infine Harry, facendo voltare Teddy verso Ron. Il rosso attese allegro che il bambino pronunciasse il suo nome, ma quando quello lo fece probabilmente non fu ciò che lui si aspettava di sentire.
“Gon.” sputò in un soffio, scoppiando a ridere e causando l'ilarità di tutti i presenti.
Anche Harry non riuscì a contenersi. Ron invece divenne paonazzo dall'imbarazzo e sembrò restarci un po' male; Hermione cercò di consolarlo spiegandogli che forse aveva difficoltà a pronunciare la lettera r all'inizio della parola e che spesso succedeva nei bambini francesi, ma quello non sembrò molto convinto.

Dopo aver pranzato ed essersi scambiati tutti quanti i regali, la maggior parte dei presenti si recò in cortile per giocare a palle di neve, mentre Harry andò a sedersi sul divano dove si trovavano Molly ed Andromaca con Teddy accanto, intente a discutere di tematiche che, almeno dai loro volti, sembravano delicate.

“..quindi non so come fare, ma un modo lo troverò, vedrai.” mormorò la donna dai capelli ricci e dai grandi occhi castani.
“Lo sai che su noi puoi sempre contare.” disse Molly, posando una mano su quella dell'altra, a mo' di conforto.
“Voi avete tante cose di cui occuparvi, non potete badare anche a noi.” fece quella scuotendo la testa, con aria affranta.
“Che succede?” domandò il moro, sedendosi sulla poltrona accanto al divano in modo da poter avere di fronte a sé entrambe.
Adromeda e Molly si guardarono l'un l'altra in tensione e poi risposero all'unisono “Nulla, stai tranquillo.” Poi la nonna del suo figlioccio proseguì dicendo “Parlavamo di Teddy.”
“A che proposito esattamente?” domandò il moro, per poi aggiungere, sempre con tono cordiale ma incalzante “Sai essendo il suo padrino sono interessato a qualsiasi cosa riguardi lui in prima persona.”
La signora Weasley sospirò e senza riuscire a trattenersi, almeno così parve a Harry, dichiarò “Parlavamo dell'asilo di Teddy.”
“Molly!” sbottò offesa la signora Tonks, irrigidendosi notevolmente.
“Mi dispiace, cara, ma Harry ha il diritto di sapere le tue difficoltà.” cercò di scusarsi la donna corpulenta, osservandola con occhi dolci; ma quella non sembrò accogliere le scuse con calore.
“Che problema c'è con l'asilo?” chiese il ragazzo, cercando di attirare l'attenzione di entrambe.
La donna sembrò ancora rifiutarsi di voler parlare, ma dato che Molly aveva sputato il rospo Harry si concentrò su di lei, fissandola spudoratamente finché quella per l'esasperazione non cedette nuovamente “Andromeda ha difficoltà economiche e non ha i soldi necessari per pagare l'asilo al piccolo.”
Il moro si sentì improvvisamente spaesato, ferito dal fatto che la signora Tonks non gliene avesse parlato e deluso da se stesso per non aver pensato a quella possibile necessità.
Dopo alcuni secondi la mamma dei fratelli Weasley si alzò dicendo “Ora vi lascio discutere da soli di questa problematica.”
La donna dai capelli ricci non disse nulla: guardava altrove con l'aria altezzosa tipica dei Black, punta nell'orgoglio. Harry le fece un sorriso e poi, quando Molly lasciò la stanza definitivamente, si rivolse ad Andromeda. “Perché non mi hai detto nulla?!” domandò nervosamente, indicando Teddy che giocava allegro sul divano con il giocattolo di Ippogrifo.
“E cosa avrei dovuto dirti, che non riesco a badare neanche al mio unico nipote?!” sbottò la donna con aria dura e ferita, guardandolo torvamente.
“Non intendevo questo, ma..”
“Ma, cosa?! E' la verità..” lo interruppe quella, facendo diminuire sensibilmente il tono di voce. Ora la sua espressione era amareggiata e triste. “Non sono riuscita a salvare mio marito, mia figlia e mio genero. L'unica cosa che mi è rimasta di loro è questo bambino, eppure non sono capace di donargli un'istruzione. Sono una nonna inutile.”
Harry si sentì in colpa per aver fatto sfociare la conversazione in quella direzione drastica: non voleva che Andromeda gettasse del fango su se stessa, ciò che stava facendo era ammirevole e si stava rivelando una figura importantissima per Teddy a suo avviso, non solo in qualità di nonna.
“Non è assolutamente vero,” disse il moro con voce calma e sicura “tu sei una persona fondamentale per tuo nipote e stai facendo quel che puoi.” si interruppe un attimo osservando il bimbo che faceva le pernacchie all'Ippogrifo, il quale si leccava le piume con noncuranza “Non è facile crescere un bambino, immagino, e io davvero non avrei saputo da dove iniziare; tu invece sei eccezionale e se l'unico problema che hai è quello economico, non credo che tu sia una pessima nonna.”
La signora Tonks addolcì lo sguardo ed attese ancora che il ragazzo continuasse.
“Io voglio sapere cosa succede, perché sento di essere coinvolto anche io nella vita di Teddy essendo il suo padrino e davvero non è un peso per me. Mi spaventa, questo è sicuro, perché io non so cosa fare se mi danno un bambino in braccio, penso tu te ne sia accorta poco fa, e se non ci fossi stata tu la vita per lui sarebbe stata molto diversa, credimi; però ti prego se ho la possibilità di dare una mano, che si tratti di un aiuto economico o morale, permettimelo. La mia vita non è stata come sarà quella di Teddy: lui avrà te, me e la famiglia Weasley. Io non avevo una nonna amorevole, ma degli zii che mi hanno causato più problemi che altro, anche se in fondo un po' di bene me ne volevano; un padrino rinchiuso ad Azkaban, che credevo l'assassino dei miei genitori e che quando ho scoperto realmente chi era e desideravo andar a vivere con lui, non ho potuto. Non sai quanto ho atteso quel momento, come se fosse l'inizio di una nuova vita, con una persona che mi amava.. ma non è mai arrivato. Quando è morto è crollato un altro punto di riferimento.” deglutì e sentì il cuore stringersi in una morsa di dolore a quei ricordi.
Poco dopo riprese dicendo “Per questo motivo vorrei aiutare Teddy e se tu me lo concedi io te ne sarei davvero grata.”
La donna lo fissava con i grandi occhi pieni di lacrime: aveva perso tutta la solennità che in genere aveva dipinta sul volto; adesso il suo sguardo sembrava trasmettere solo un forte sentimento d'amore ed una disperata richiesta d'aiuto. Dopo qualche minuti di silenzio, nei quali il ragazzo sentiva soltanto il proprio cuore tamburellare incessantemente contro i timpani, domandò con voce flebile “Mi dai una mano, Harry?”
“Certamente, Andromeda.” sussurrò lui piano, alzandosi dal divano ed abbracciando la signora Tonks, alzatasi a sua volta per stringerlo a sé.

 

*

Inspirò a lungo l'aria fredda del cortile ed osservò con occhi avidi quel luogo pieno di ricordi: la Tana forse restava l'unica casa, la sua casa. Avrebbe reso Grimmauld Place un posto accogliente e sereno per una sua ipotetica famiglia costruita con Ginny in futuro, ma quello sarebbe stato sempre il suo rifugio, colmo di momenti tristi e beati della sua adolescenza.
Il pensiero di doversi preparare a divenire un adulto, a dover prendere decisioni importanti che non riguardassero solo il lavoro, ma anche la vita di persone più fragili e che dipendevano da lui lo terrorizzava.

Harry non seppe dire con precisione quanto tempo trascorse seduto ad osservare il mano di neve che ricopriva la terra, ma dopo poco Ginny si unì a lui, trascinando con sé il suo dolce profumo.
“Che fai qui da solo?” domandò, inclinando il capo.
Ma quello non si voltò a guardarla e disse con voce tremante “Ho paura di non essere abbastanza pronto per diventare adulto. Più sto qui e più sento di essere ancora un bambino.”
“Cosa te lo fa pensare?” chiese, con quel suo modo sempre perfettamente discreto e sensibile che Ginny aveva per indagare nella sua mente.
“Io.. io non lo so, Ginny. Ma.. se ripenso a prima.. quando giocavo con Teddy.. io non sono pronto e forse non lo sarò mai.” sentiva un groppo in gola che gli impediva di scandire con chiarezza le parole.
Ma la rossa sembrò capire ciò che stesse farfugliando e disse con voce calma e forte “Harry, hai solo paura di non essere un buon padrino o anche di non essere un buon padre in futuro?”
Perché riusciva sempre a cogliere nel segno?
Lui annuì soltanto, sentendosi incapace di parlare.
La ragazza si strinse di più vicino a lui e sta volta sussurrò “Non essere sciocco, tu sarai perfetto. Noi saremo perfetti; ci sono anche io ricordi? Quando avrai paura o ti sentirai perso io sarò al tuo fianco. Andrà tutto bene vedrai.”
Harry sentì il peso che aveva sul cuore sciogliersi lentamente e diventare caldo e dolce come il miele aggiunto ad una bollente tazza di tè.
“Ginny..grazie..” mormorò in un soffio, stringendo la sua fidanzata con un braccio ed accostandola sempre di più a lui, osservando la neve bianca.

Harry e Ginny erano diventati adulti sostenendosi l'un l'altro giorno per giorno, costruendo il loro futuro.
 

*ho cercato su internet degli orecchini del genere e dubitavo di trovare ciò avevo immaginato, invece alla fine ce l'ho fatta e vorrei mostrarli anche a voi: http://i57.tinypic.com/o03zp4.png nell'immagine sembrano molto grandi, in quanto sono ravvicinati, ma io li immagino di una grandezza normale, capaci di restare all'interno dei bordi del lobo :). Io me ne sono innamorata.. non so voi! :D (anche perché adoro i girasoli!)

**questa è una mia decisione personale, in realtà nel libro non si parla di un orologio con le lancette per ogni membro della famiglia Weasley, ma nel film esiste e mi piaceva l'idea di inserirlo in questa storia per far capire il cambiamento che ha subito la casa a causa della morte di Fred. L'orologio che ha sostituito il vecchio, in realtà è quello descritto da Harry nel scondo libro della saga, quando arriva alla Tana :).

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Capitolo 17
*** La decisione. ***


! Nota dell'autrice. Eccomi qui cari lettori con un nuovo capitolo!! Come state? Spero bene :) Sono mancata molto, lo so e mi scuso anticipatamente per tutto. Ho avuto problemi personali più o meno seri e mi rincresce soltanto non aver mai fatto un capitolo nel quale vi avvertivo.. perché ero sempre convinta di poter riprendere.. ed invece rimandavo. E' stato terribile non riuscire a concludere questo capitolo, che penso sia molto importante per la storia. Infatti in questo capitolo Harry&Ginny daranno davvero voce ai loro sentimenti ... dei sentimenti che si evolvono sempre più e sarà il momento di prendere una grande decisione, che porterà anche a delle piccole incomprensioni. Spero davvero che vi piacerà! Non è stato facile scrivere questo capitolo onestamente, ma mi sono impegnata molto e mi è piaciuto tanto tuffarmi in questa impresa più ardua del solito.
Mi scuso ancora con tutti e spero che ognuno di voi continui a leggere questa FanFiction con la stessa passione di sempre.
Grazie per chi mi ha chiesto come stavo, davvero, grazie per chi ogni tanto ha controllato se avessi pubblicato un nuovo capitolo e per chi ha da poco o appena scoperto la mia storia.
Detto questo, vi auguro come di consueto una buona lettura! Un bacio grande! :)

 

 


 

 

# La decisione...

03/09/2000

 

 

Pop.
 

Il sole splendeva sulle pianure verdi del Galles, facendo brillare meravigliosamente l'erba recentemente tosata.
Ginny, che si era appena smaterializzata, guardò in alto verso il sole e sorrise: si sentiva raggiante!

Quel giorno avrebbe sostenuto l'ultimo degli innumerevoli colloqui per entrare a far parte di una squadra di Quidditch, che fino a quel momento avevano dato un responso positivo. Ora era la volta delle Holyhead Harpies e percepiva dentro sé che sarebbe stata la sua scelta definitiva; in fin dei conti quella squadra era la sua preferita e l'aveva accompagnata dall'adolescenza fino all'età adulta. Quel provino doveva per forza andar bene!
Sempre se le altre giocatrici l'avessero accettata. Deglutì terrorizzata.
Poi, involontariamente, Harry ed i suoi bellissimi occhi di quel verde rassicurante le invasero la mente, facendola tornare velocemente di buon umore; si avviò sorridente verso lo stadio in lontananza, che si ergeva in una piccola vallata.
Il suo fidanzato, prima che partisse, l'aveva tranquillizzata a sufficienza.
Non che Ginny ne avesse bisogno, in quanto non era una persona ansiosa, ma nel momento in cui comprendeva che ciò che stava per fare sarebbe stato determinante per la sua vita, iniziava ad agitarsi. E, in effetti, questo colloquio si trattava di uno dei momenti più significativi della sua esistenza, perché avrebbe segnato il suo futuro.
Anche quello di Harry, in realtà..” si disse, mentre accelerava il passo.
Ripensò a quel pomeriggio d'estate in cui lei ed il suo compagno avevano appena finito di fare l'amore. Una sottile pioggia estiva rinfrescava l'aria e loro avevano goduto finalmente di quella rarissima assenza d'afa. Lui stava seduto sul letto con la schiena contro la spalliera e le gambe rilassate sul materasso; lei era stesa a pancia insù accoccolata fra le sue gambe e, con il capo poggiato sul suo ventre, fissava intensamente gli occhi verde smeraldo. Harry le accarezzava i capelli delicatamente, scrutava le sue labbra con espressione imperscrutabile e sembrava in procinto di immagazzinare ciò che la rossa gli aveva appena detto...
“Quindi vuoi partire.” aveva detto alcuni minuti dopo in un soffio.
“Si.” aveva subito risposto lei.
“E' quello che desideri fare? Vuoi davvero entrare in una squadra di Quidditch?” le aveva domandato.
“Io.. credo di si. Mi è sempre piaciuto giocare a Quidditch durante la scuola e mi era parso di essere abbastanza capace-”
“Più che abbastanza!” aveva ammesso lui in un sorriso
Ginny aveva sorriso di rimando e poi proseguito, tornando seria “Credo sia ciò di cui ho bisogno, anche perché non saprei cosa fare altrimenti e restare ferma a casa mi sta facendo impazzire.” aveva confessato infine con una punta di nervosismo.

Capisco.” aveva detto pensieroso il moro e poi aveva guardato fuori dalla finestra della loro stanza. Ginny adorava fissare i muscoli del suo collo contratti quando voltava il capo per osservare altrove e, come sempre, era rimasta rapita da quel gesto. Dopo poco Harry si era immerso nuovamente nei suoi occhi nocciola e aveva detto “Fa ciò che credi meglio per te e sopratutto ciò che ti rende felice.” ...
Mentre si avvicinava, dal nulla sbucò Angelina con un sonoro pop: sventolava un braccio e le sorrideva raggiante.
Quando le fu abbastanza vicina disse “Hey, Angie!”
La ragazza dalla pelle scura accelerò il passo, smuovendo la chioma enorme di fili color cioccolato fondente. Da un annetto e mezzo, ormai, la fidanzata di suo fratello giocava presso quella squadra femminile*; era stata lei infatti a convincere la rossa.
“Ginny, che bello vederti, ti stiamo aspettando. Andiamo!” esclamò sua cognata, anche se sembrava strano definirla tale.

“Si.” fece lei, seguendola a passo svelto e determinato, con lo sguardo puntato sullo stadio.

*

Ginny si asciugò la fronte ansimando.
E' vero che sono stanca a causa di tutte le selezioni alle quali ho preso parte, ma per essere una squadra femminile ci vanno giù pesante.”si disse, mentre riprendeva fiato e si guardava attorno alla ricerca del boccino. “O forse Harry era semplicemente troppo dolce con noi..” dedusse infine, ricordando gli allenamenti di Hogwarts. Il moro era tranquillo e davvero troppo comprensivo: se non fosse stato per lei, che si spazientiva facilmente e urlava contro gli altri componenti della quadra, qualcuno gli avrebbe facilmente disobbedito.
Aveva deciso, come in tutte le altre squadre, di fare l'audizione sia per il ruolo di cacciatrice, che per quello di cercatrice; anche se restava sempre convinta di essere più capace nel primo. In effetti aveva visto il viso di Gwenog Jones, il capitano dagli sparati capelli scuri, molto compiaciuto quando era riuscita a lanciare la pluffa oltre gli anelli per ben cinque volte. Ginny sapeva quanto difficile fosse convincere la ex studentessa di Hogwarts definita dalla Gazzetta del Profeta “brillante, ma pericolosa” ed in passato da Hermione “piena di sé”; eppure dei sottili sorrisi avevano increspato ad ogni punto le labbra carnose della ragazza, impreziosite da un lucidalabbra color pesca.
Quando d'improvviso il boccino luccicò sferzando l'aria, la rossa riemerse dai suoi pensieri e si lanciò all'inseguimento della piccola sfera dorata; mentre la velocità aumentava ed i capelli, scompigliati dal vento, le frustavano le spalle pensò alla risposta di Harry quando gli aveva domandato cosa trovasse di speciale nel ruolo di cercatore...

Non saprei...” aveva detto lui osservando nuovamente la strada oltre i vetri bagnati della loro camera da letto. “C'è qualcosa in quel boccino che mi lascia senza fiato, qualcosa che mi fa innervosire per il fatto che mi sfugge e che allo stesso tempo mi attira indicibilmente ad inseguirlo.” Le sue sopracciglia si erano increspate, come se si stesse concentrando e cercando lì, fra le nubi grige che ricoprivano il cielo londinese, quella piccola sfera dorata. “La prima volta che ho provato tutto questo è successo quando ho recuperato la ricordella di Neville: si trattava di un'emozione soddisfacente che non avevo mai provato in precedenza e che si è ripetuta tutte le volte in cui sono riuscito ad afferrarlo durante le partite.” Dopo aver concluso il suo discorso, si era dedicato nuovamente al viso lentigginoso della propria fidanzata ed aveva aggiunto con un sorriso “Non so se sono stato chiaro, ma credo che sia questo che mi piaccia. Ecco, credo che tu debba sentirti felice per esserne sicuro.” ..
No, non era stato per niente chiaro, ma Ginny non glielo disse. Capì che era una sensazione talmente intima che Harry aveva difficoltà ad esplicarla.
Quando finalmente fu a due passi dal boccino ed allungando il braccio riuscì ad afferrarlo, tirò un respiro di sollievo ed arrestò la corsa della sua scopa.
Ansimante, aprì il pungo nel quale risiedeva la piccola pallina dorata e la osservo mentre schiudeva piano le ali, probabilmente percependo di nuovo l'aria che le accarezzava il guscio d'oro.
Un fischio le ricollegò i neuroni facendole comprendere di dover tornare giù e che l'ennesima selezione era terminata. Fece un cenno con il braccio per avvisare il capitano e lentamente indirizzò la scopa verso il suolo.
Cosa aveva provato mentre afferrava il boccino?
Semplice rilassamento e gratitudine: seguire incessantemente quell'oggetto l'aveva sfiancata, come ogni volta in cui aveva dovuto sostituire Harry a Hogwarts.
Cosa aveva provato mentre aveva segnato quei cinque punti con la pluffa?
Un'incredibile senso di rabbia nel momento in cui l'aveva lanciate e poi soddisfazione nel vederla oltrepassare l'anello.
Sorrise felice, quando ormai era approdata sul prato verde del campo.
Il capitano le venne incontro, brandendo la sua fedele mazza di battitore e seguita da Angelina, quasi al settimo cielo dalla felicità.
“Bene Weasley, sei stata molto capace e posso darti subito il mio responso: sei dei nostri. Dato che ti sei dimostrata adeguata in entrambi i ruoli, ti chiedo di dirmi subito quale preferisci, dato che siamo alla ricerca anche di una nuova cercatrice.” sentenziò Gwenog con aria dura ed altezzosa.
Ginny fissò entrambe, poi il boccino d'oro che aveva ancora nel palmo della mano ed infine i lunghi pali che quasi toccavano il cielo con i loro grandi anelli.
.. Credo che tu debba sentirti felice per esserne sicuro ..
Sorrise.
“Mi piacerebbe molto diventare la vostra Cacciatrice.” dichiarò con decisione.

 

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La scrivania era completamente sommersa da scartoffie, che dovevano essere riordinate e catalogate secondo un ordine cronologico. Con gli occhi fissi su quei documenti e la penna d'oca stretta fra le dita sottili della mano destra, Harry si reggeva la fronte con il palmo dell'altra mano da più di un'ora, dove spiccava ancora in modo evidente la cicatrice ormai indolore. Per un attimo sperò che qualcosa riuscisse a penetrare, grazie a chissà quale forza della natura, nella sua materia grigia, ma non accadde nulla.
Se solo si potesse utilizzare l'incantesimo Adesione Permanente anche per ciò che si legge..” pensò, mentre le sue labbra si arricciavano in un flebile sorriso al ricordo di Sirius che gli narrava come aveva incollato lo stemma dei Malandrini, dei Grifondoro e i poster di babbane in costume sulle pareti dei dormitori.

La quantità di eventi accaduti, da quando Voldemort aveva preso potere al Ministero della Magia fino alla sua caduta, era talmente tanta che il moro non riusciva a fare chiarezza nella sua mente. Questo implicava anche l'impossibilità di rendere ordinati quegli innumerevoli fascicoli.
Era sconvolgente scoprire ogni giorno, nonostante fossero passati già ben due anni, quante tragedie causate da quel colpo di stato erano state messe a tacere dai Mangiamorte stessi, affinché tutto sembrasse svolgersi regolarmente. Molte erano vicende grottesche, come ad esempio assassini, razzismo, torture; altri semplici sfratti, furti o violenze verbali.
Sta di fatto che Harry stava per impazzire.
E Ron non sembrava altrettanto entusiasta.
Gli occhi verde smeraldo si posarono sul volto del rosso, contratto in un'espressione di noia mista ad ansia e panico. Reggeva con entrambe le mani due differenti fogli: li osservava tenendoli distanti dai propri occhi celesti, probabilmente anche lui nel tentativo di capirci qualcosa in più.
Quando si accorse che il suo migliore amico lo stava fissando, sospirò a malincuore e borbottò “Miseriacca Harry, quanta roba è successa nel 1998? Non è umano, davvero. E se ci stessero prendendo in giro? Magari per farci uno scherzo perché siamo arrivati da poco...”

Tu sei arrivato da poco, non io.” lo corresse stancamente il moro, mentre tratteneva a fatica uno sbadiglio “Poi, dai, non penso siano così sadici! Per quanto riguarda gli avvenimenti, mi spiace dirlo, ma non può esserci alcun tranello. Pensaci: in un colpo di potere come quello effettuato da Voldemort è ovvio che tante cose siano state taciute. Ci tocca lavorare.” concluse a malincuore, osservando l'amico che adesso tramutava la sua espressione in pura disperazione e tornava a fissare i fogli. Poi li posò ed iniziò a stendere una lista dell'ordine secondo cui andavano catalogati.
Ron era fatto così, aveva sempre bisogno di qualcuno che lo tranquillizzasse e gli dicesse come affrontare la situazione, non perché non ne fosse capace, ma semplicemente perché a volte non aveva voglia di farlo in prima persona.
Harry non scollò lo sguardo da lui immediatamente, restando immerso nei suoi pensieri: il fatto che fosse lì, con lui, presso il Quartier Generale degli Auror sembrava ancora il frutto di un sogno. Era produttivo e piacevolmente familiare lavorare con lui; avevano parlato spesso durante i loro anni scolastici a Hogwarts riguardo cosa avrebbero voluto fare da adulti e talvolta avevano fantasticato sull'idea di finire insieme da qualche parte, a fare chissà quale strambo mestiere.
Invece ora si trovavano proprio lì, al Ministero della Magia, come sempre insieme.
Sorrise involontariamente, ricordandosi di come era riuscito a trascinare Ron in quel posto; ormai per il rosso lavorare con suo fratello era diventato poco stimolante, forse addirittura frustrante, dato che George gli affidava sempre incarichi secondari: nessuno poteva prendere il posto di Fred, probabilmente. Così, dopo parecchio tempo e vari tentativi da parte del moro di portarlo con sé, Ronald Weasley si era convinto ed aveva fatto domanda di ammissione al dipartimento degli Auror.
Ovviamente era stato accettato, non solo perché era uno degli eroi della seconda guerra magica, ma anche e soprattutto perché era un abilissimo e coraggiosissimo mago e, a quanto pareva, a pensarlo non erano solo i suoi più cari amici e la famiglia.
La comunità magica lo stimava e Harry ne era orgoglioso quanto lui.
Ron era davvero eccezionale, un compagno di avventure fantastico.
Ma poco portato per le faccende burocratiche.
Come anche Harry, d'altro canto.

“E' meglio che ti dia una mossa, altrimenti non usciremo vivi di qui.” farfugliò l'amico, senza alzare gli occhi: il fatto che non udisse alcun fruscio di fogli o strisciare della piuma d'oca contro la pergamena doveva avergli fatto capire che il moro si era imbambolato.
Quanto lo conosceva bene?
Quello si riprese e mormorò un semplice “Già.” in risposta, arricciando le labbra in un sorriso.
Decise di non condividere quei suoi pensieri con il migliore amico, nonostante fosse il compagno di una vita.

*

“Spero che ci diano qualcosa da fare entro la fine dell'era magica, altrimenti giuro che impazzirò là dentro.” dichiarò Ron, mentre marciava al fianco di Harry attraverso il grande salone del Ministero.
Quello sospirò ed ammise in risposta “Anche io non ne posso più. Insomma, non c'è nessun altro che se ne può occupare? Non capisco perché dobbiamo fare tutto noi.”
“Infatti!” esclamò il rosso, allargando le braccia; poi aggiunse in un sussurro quasi nostalgico “Mi sembra di essere tornato ai tempi delle punizioni con Piton.”
Harry sorrise e i suoi pensieri volarono in direzione dell'ex-insegnante di Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure.
La notte della battaglia, quando aveva scoperto l'innocenza di Severus Piton, il tempo per riflettere a sufficienza sulla sua vita e su ciò che aveva dovuto passare non c'era stato: Harry aveva dovuto affrontare Voldemort e, nei giorni seguenti, la morte di tante persone a lui care.
Ricordò le parole che aveva rivolto al suo nemico...
«Severus Piton non era tuo.
Piton era di Silente, dal momento in cui hai cominciato a dare la caccia a mia madre.
E non te ne sei mai accorto.
Non hai mai visto Piton evocare un Patronus, vero, Riddle?
Il Patronus di Piton era una cerva come quello di mia madre, perché lui l'ha amata per tutta la vita, da quando erano bambini.
Avresti dovuto capirlo.
Ti aveva chiesto di risparmiarla, no?»

Deglutì piano, mentre i ricordi scivolavano pungenti nella sua mente. Era vero, aveva avuto poco tempo per capirlo, eppure c'era riuscito. E adesso dopo due anni dalla scoperta di quella verità, durante i quali si era interrogato affondo, provava ancora a scavare nella difficile esistenza di quell'uomo dai capelli unti.
Ma alla fine c'era poco su cui riflettere: aveva fatto tutto ciò per amore. Un sentimento così semplice eppure così potente.
Severus Piton si era rivelato una persona buona, come alla fine di ogni anno scolastico nel quale il moro l'aveva accusato ingiustamente. Purtroppo parte della comunità magica la pensava in modo diverso; il funerale dell'insegnante, infatti, non fu celebrato nello stesso giorno di quello dei caduti di guerra. Molti consideravano il comportamento dell'uomo ancora ambiguo e grottesco: uno dei tanti motivi era il fatto che avesse approvato le punizioni inferte agli studenti da parte dei fratelli Carrow, nonostante fosse dalla parte di Silente.
Per questo motivo, in accordo con la McGrannit, Harry aveva deciso di celebrare il funerale nel suo luogo d'origine, ovvero a Cokeworth ed in pochi si erano recati.
Era strano il fatto che Piton fosse rimasto solo fino alla fine, anche dopo la morte e nonostante la scoperta di tutto ciò che aveva fatto per il mondo magico: talvolta maghi e streghe sapevano essere davvero ottusi, disgustosi ed egoisti.
Per andar contro a quel tipo di gente Harry, Ginny, Ron, Hermione, Luna, Neville, Hannah, Dean, Seamus (sotto protesta di sua madre), Padma, Calì, Michael, Terry, il resto della famiglia Weasley, Fleur, Kingsley, Aberforth, la nonna di Neville, i docenti di Hogwarts, Oliver Baston, Lee Jordan, Katie Bell, Angelina Johnson, Alicia Spinnet e qualche altro studente e mago assennato si erano recati durante la celebrazione del rito, nella speranza di far percepire la propria presenza.
Non era più tornato sulla tomba del suo ex professore, come d'altro canto sulla tomba di nessun altro, neppure quella dei propri genitori; ma si era ripromesso di farlo, prima o poi.
Aveva anche un altro piccolo desiderio nella sua mente, che riguardava il nome del proprio docente...

“Ma quella non è Andromeda con Teddy?” domandò Ron, una volta smaterializzati sulla strada della caotica City.
Harry, che aveva appena ricollegato i propri neuroni, si accorse della donna dai capelli castani sciolti in morbidi ricci in attesa all'altro lato della strada. I due attraversarono e le andarono in contro.
“Cosa ci fai qui?” chiese Harry con un sorriso, prendendo Teddy in braccio e facendolo accomodare sulle sue spalle: quello si aggrappò alla sua testa ridendo felice.
La signora Tonks rispose con voce serena “Teddy non fa che chiedere di te, così gli ho promesso che saremmo venuti a prenderti. Ginny mi ha detto che finisci di lavorare a quest'ora e che in genere ti smaterializzi in questo punto perché è dove parcheggi la moto. Quindi eccoci!”
“Ottima idea.” fece Harry per poi rivolgersi al bambino, che era intento ad ispezionargli i capelli “Ciao!”
“Ciao Harry! Ciao Ron!” bofonchiò lui al settimo cielo. Il rosso gli scompigliò i capelli verdi, facendolo ridere ancora di più.
“Ok, ascolta Ron ecco le chiavi della moto, va a prendere Hermione: stasera ceniamo tutti a casa nostra!” disse il moro, intento a reggere il piccolo che si muoveva fin troppo.
L'amico annuì entusiasta e si incamminò verso la motocicletta: adorava guidarla.
“Oh, Harry, sei sicuro? Non volevamo auto invitarci a cena; volevamo solo passare a salutarti. E poi mi spiace farti camminare a piedi, ma io non me la sento di smaterializzarmi con lui così piccolo.”
“Infatti vi ho invitato io ed una camminata non può farmi altro che bene. Sono sempre seduto in studio..!” concluse sinceramente il ragazzo, avviandosi verso casa in compagnia di Andromeda ed il piccolo Teddy.
Per quanto il moro morisse dalla voglia di godersi finalmente un po' di intimità con la sua fidanzata, non riuscì a non invitare la donna ed il bambino.
Ginny era tornata proprio quel giorno dall'ultimo colloquio per entrare a far parte di una squadra di Quidditch. Harry sapeva che si trattava del suo sogno nel cassetto, così aveva rispettato la sua scelta di andare in girò per il Regno Unito a fare provini. Adesso, oltre a voler sapere come fosse andata, avrebbe desiderato, prenderla in braccio, portarla di sopra, stendersi sul letto con lei, toglierle i vestiti, accarezzarla, odorare la sua pelle chiara e profumata, baciarla... e fare tutto ciò che lei gli avrebbe domandato. Non vederla per tre settimane era stata dura e sembrava assurdo dirlo, dato che durante la ricerca degli Horcrux non si erano visti per un anno intero; ma, forse, il fatto di vedere quotidianamente gironzolare per casa quella chioma ramata, aveva diminuito la sua capacità di astinenza da Ginny Weasley.
Come avrebbe fatto, quindi, a resistere in presenza di Andromeda, Teddy, Ron e Hermione?

Si figurò una scena in cui Ginny apriva la porta e gli sorrideva: i capelli profumati, mossi leggermente dalla brezza serale, la fragranza delicata che gli invadeva i polmoni, i suoi occhi color nocciola che si allacciavano ai suoi magneticamente...

Respirò a fondo e pensò “Devo darci un taglio altrimenti davvero impazzisco.
Ma lui non poteva farci nulla, l'amava.
Non sapeva quantificare quel sentimento, eppure lo trovava talmente profondo e sincero che ancora adesso, dopo un anno di convivenza, andava su di giri quando la guardava dormire, fare colazione, sorridere... e tante altre cose banali che ai suoi occhi apparivano speciali.
Inoltre, da qualche tempo, si domandava se fosse il caso di fare il grande passo. Non ne era ancora certo e voleva parlarne con qualcuno, ma non sapeva con chi di preciso. Non che avesse bisogno di conferme: lei era l'unica donna della sua vita e lo stesso doveva valere per Ginny, quindi il matrimonio sarebbe stato voluto da entrambi. Nonostante ciò si chiedeva se non fosse troppo presto; in fin dei conti la rossa sarebbe partita molto probabilmente in tour con una squadra di Quidditch e lui invece sarebbe rimasto bloccato a Londra.
Eppure quando pensava a lei in abito da sposa, attorniata da bellissimi fiori colorati, con quel suo meraviglioso sorriso, felice... il cuore gli balzava in gola, proprio come stava accadendo in quel preciso istante...

“Ahia!” sbottò, quando Teddy gli tirò i capelli facendolo tornare alla realtà.
Durante tutto il tragitto verso casa il bambino utilizzò il suo capo come tavolo da gioco, facendogli galoppare sulla chioma corvina il pupazzetto dell'ippogrifo che gli aveva regalato un anno prima.
Andromeda si scusò e gli domandò se avesse preferito far camminare Teddy, ma Harry le disse di no con un sorriso, cercando di scacciare le immagini della sua fidanzata che rimbalzavano davanti agli occhi.

Mentre camminavano, fortunatamente, la signora Tonks gli raccontò un avvenimento particolarmente delicato ed il moro riuscì ad accantonare per un attimo le sue domande esistenziali sul matrimonio e perfino a non badare al caos che stava avvenendo sulla sua chioma corvina.
“Quindi.. cosa hai intenzione di fare?” domandò, sperando di non sembrare indelicato.
“Non lo so.” rispose lei, sospirando a malincuore. Harry comprese che quella faccenda la faceva soffrire indicibilmente. “Narcissa è pur sempre mia sorella. Anche se io da un bel po' ho dimenticato di averne una.”
Il moro deglutì: come si poteva cancellare una sorella dalla propria vita? Per un attimo i suoi pensieri si rivolsero alla famiglia Weasley ed in particolare a Percy. Per quanto si fosse comportato male, in famiglia nessuno l'aveva dimenticato. Non ne avevano parlato a lungo, questo era vero; lo stesso Ron aveva evitato l'argomento imbarazzato quando era saltato fuori il suo nome e la signora Weasley era scoppiata più volte in lacrime, ma non era stato cancellato dalle loro menti, anzi: quando si erano riconciliati, tutto era tornato alla normalità.
Poi però pensò a Sirius e a come era stato diseredato da sua madre; di conseguenza non si meravigliò più delle parole di Andromeda. Lei era una donna forte, una Black, che non riusciva a perdonare nessuno, proprio come Sirius ed in fin dei conti entrambi avevano ragione.
Narcissa Black, come Peter per il suo padrino, era stata una persona meschina.
Eppure Harry trovava qualcosa in lei, qualcosa di diverso rispetto a Minus o ad una criminale come Bellatrix: Narcissa sapeva riconoscere cosa era giusto e cosa sbagliato, anche se per puro egoismo.
D'improvviso gli tornò in mente la notte nella Foresta Proibita e la sua voce fredda, distaccata, che faceva però trapelare la paura di aver perso Draco per sempre, domandargli in un soffio dove fosse suo figlio.
Narcissa amava la sua famiglia e, anche per questo motivo, aveva fatto delle scelte di vita sbagliate, innamorandosi di un uomo senza valori. Harry, però, non riusciva a comprendere cosa trovasse quella donna in Lucius: lei sembrava intelligente e persino equilibrata; lui invece era sprezzante ed egoista. Fortunatamente Draco, sembrava aver preso più dalla madre, nonostante avesse avuto un bisogno sconsiderato di sentirsi accettato dal padre che l'aveva condotto sulla strada sbagliata.

Infine Harry non poteva non pensare che Narcissa fosse una donna positiva ed una mamma amorevole.

Tirò un sospiro e poi disse “Io penso che voi due siate legate per l'eternità essendo sorelle, a prescindere dalle vicende familiari.” Andromeda incollò gli occhi su di lui quasi in attesa che proseguisse, così lui continuò “Può sembrare difficile perdonare. Prendi me ed i miei zii: hanno fatto di tutto pur di rendermi infelice,” e percepì una sorta di morsa allo stomaco nel ricordare la sua vita a casa dei Dursley “dicendomi che mi odiavano e che ero il più grande dei loro problemi.” mentre riprendeva fiato capì che davvero, per la loro tranquilla vita babbana, doveva essere stato un duro colpo. “Eppure saranno miei parenti per sempre e quando ci siamo dovuti salutare ai miei diciassette anni, c'è stato un momento in cui avremmo voluto dirci molte cose e chissà se un giorno lo faremo.” poi scacciò via la sua vita e si concentrò nuovamente su ciò che gli aveva confessato Andromeda “Se si trattasse di un mio fratello o sorella, per quando avesse fatto delle cose orribili, sarei sempre pronto a perdonarlo.”
La signora Tonks deglutì e non aggiunse nient'altro.

Quando finalmente giunsero a Grimmauld Place, Harry notò la sua moto parcheggiata di fronte al portone e dedusse quindi che Ron e Hermione fossero già arrivati e stessero aiutando Ginny a preparare la cena. Percepì il cuore rimbalzare veloce nel suo petto, mentre cercava di mantenere il controllo. Nel momento in cui la piccola porta scura apparve dal nulla, stagliandosi nettamente contro il cupo muro di pietra, Harry l'aprì e ne varcò la soglia; dopo alcuni secondi una figura snella dai bellissimi capelli ramati avanzava verso lui e la sua ospite, trascinando un profumo fresco e dolce simile al gelsomino. Quando si accorse che Ginny stava sorridendo radiosa, non poté fare a meno di sorridere anche lui. Le andò incontro e poggiò le mani sulle sue gote candide: riuscì ad osservare i bellissimi e tondeggianti denti bianchi che luccicavano alla luce intensa del lampadario.
Avrebbe voluto darle un lungo bacio appassionato e poi fuggire di sopra per continuare ad assaggiare tutto il corpo sinuoso, ma sapeva di non poterlo fare; fortunatamente a riportarlo con i piedi per terra fu proprio il piccolo Teddy che improvvisamente gli tirò i capelli. Harry si era quasi dimenticato della sua presenza.
Il lamento del moro fu subito soffocato dalla voce mielosa di Ginny e Hermione, appena accorsa, le quali dedicarono immediatamente tutte le proprie attenzioni al bambino. Harry riuscì a scorgere Ron appoggiato contro la cornice della porta, intento ad osservarli con un mezzo sorriso divertito.

Ben presto tutti si accomodarono a tavola compreso Teddy, felicemente seduto nel suo seggiolone. Da un anno a questa parte, non appena Harry e Ginny ebbero finito di ristrutturare la casa, Ron, Hermione, la signora Tonks ed il suo nipotino si recavano lì per pranzare o cenare tutti insieme. Si trattava di una specie di tacita tradizione, che Harry sperava durasse per sempre: ogni volta che si trovava seduto ad ascoltare le risate degli invitati e della sua bellissima fidanzata, ogni volta che osservava i loro volti felici, il suo cuore si scaldava nel profondo e si sentiva a tratti commosso. Se qualche anno prima avesse dovuto domandare a se stesso come sarebbero state le sue serate, si sarebbe sicuramente immaginato solo, probabilmente malandato ed infelice in quella stessa casa, ma ancora non ristrutturata, dunque umida e cupa, impegnato alla ricerca di Voldemort.
Ron e Hermione prima o poi l'avrebbero lasciato per convivere e lui sarebbe comunque rimasto lontano da Ginny e dall'intera famiglia Weasley, per non metterli in pericolo.
Invece non era andata così e a volte si chiedeva quale merito avesse per essere degno di tutto quello che ora i suoi occhi potevano osservare.
Quando aveva espresso questo suo dubbio alla rossa, lei si era al contempo accigliata ed intristita e l'aveva ammonito dicendo “Chi più di te merita la felicità Harry?”.
Eppure lui non riusciva a convincersi di tutto ciò ed ogni volta ringraziava silenziosamente chiunque avesse contribuito alla realizzazione di quel presente meraviglioso.


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“Comunque sono nelle Holyhead!” dichiarò Ginny con un sorriso, mentre Harry afferrava gli occhiali, si aggiustava i capelli e cercava la sua biancheria intima ai piedi del letto.
“Cosa?!” sbottò lui incredulo, voltandosi di scatto: era in piedi e completamente nudo. Aveva un fisico bellissimo secondo Ginny, poiché non era né troppo muscoloso ne troppo magro, aveva la sua giusta altezza e delle spalle particolarmente ampie. Eppure, per quanto la rossa restasse puntualmente incantata a fissarlo, in quel momento lo trovò talmente buffo, che non riuscì proprio a non ridere.
Il moro arrossì ed incrociò le braccia, mentre un sorriso si schiudeva sulle sue labbra “Hey, non puoi prendermi in giro, stiamo parlando di cose serie.” fece con aria falsamente offesa.
“Hai ragione, scusa.” rispose lei con la voce soffocata.

Quando gli ospiti avevano lasciato Grimmauld Place Harry, senza attendere neanche un secondo, aveva baciato con una tale intensità Ginny che in lei si era generato un vero e proprio focolare di passione. Non potendo resistere, i due piccioncini erano fuggiti al piano di sopra e dopo ben tre settimane di lontananza si erano finalmente uniti.
“Veramente sei nelle Holyhead?” domandò lui con aria curiosa.
“Si!” squittì lei, non riuscendo a smettere di sorridere.
Harry si aprì in un sorriso ampio e sincero, dopodiché si tuffò di nuovo sul letto e la sovrastò con delicatezza, stringendo il piccolo corpo della sua fidanzata con le sue braccia grandi. “Sei eccezionale, non avevo dubbi sul fatto che ti avrebbero presa.” disse con gli occhi colmi di orgoglio.
“Davvero?” fece Ginny in un soffio, mentre gli occhi le si inumidivano leggermente.
“Davvero..” sussurrò, baciandole le labbra delicatamente. La rossa accolse quel contatto con piacere, sentendo di nuovo quel focolare, leggermente assopito, bruciare in lei. Quando si scostò il moro aggiunse “E scommetto che sei una cacciatrice!”
“Anche questo è giusto!” rise lei divertita.
“Anche su questo non avevo dubbi.” fece lui, accarezzandole con dedizione i capelli ramati.
“Perché? Non sono in grado di essere una cercatrice secondo te?” domandò lei dubbiosa.
“Assolutamente no, tu sei perfettamente capace. Ricordati però che sono stato anche il tuo allenatore e ti ho sempre osservata durante gli allenamenti e le partite: quando segnavi un punto, oltrepassando i grandi anelli con la pluffa, la tua espressione parlava da sé; eri raggiante, ti brillavano gli occhi, sapevi di aver fatto ciò che dovevi fare nel miglior modo possibile ed eri orgogliosa di te stessa perché avevi lottato. Quando si trattava di afferrare il boccino, tu davi il 100% di te stessa come in ogni cosa che fai, ma non ci mettevi la stessa passione. Non è una cosa negativa, ma vuol dire che non è ciò che ami e forse perché non ti piace inseguire qualcosa di irraggiungibile, tu la vuoi conquistare direttamente e la pluffa può darti questo risultato: la reggi con le tue stesse mani ed hai il suo perfetto controllo; il boccino invece non puoi manvrarlo, è qualcosa di incontrollabile che non ha il minimo interesse nei tuoi confronti e che ti sfugge di continuo.” concluse con aria seria mentre continuava ad accarezzarle i fili vermigli.
Ginny non disse nulla, immerse gli occhi color nocciola in quelli verde smeraldo di Harry e lo baciò con passione fervente, unendosi nuovamente a lui.

Quando il moro sprofondò in un sonno profondo, lei ragionò ancora su quel discorso.
Un esempio calzante, parallelo a quello sportivo e che potesse riassumere il fatto che lei preferisse essere una cacciatrice piuttosto che una cercatrice, forse era proprio Harry: si era innamorata di lui dal primo giorno in cui l'aveva visto in stazione e non gli aveva mai detto nulla espressamente per conquistarlo, perché era troppo timida all'epoca. L'aveva inseguito per un po' e quando aveva realizzato che il moro non era minimamente interessato a lei aveva provato a dimenticarlo, mettendolo da parte e frequentando altri ragazzi. Ginny non era una di quelle ragazze ossessive, che si struggevano d'amore perché non erano ricambiate dal ragazzo che desideravano; così aveva costruito attorno a questo rifiuto una nuova vita e si era fortificata, facendo emergere la vera sé. Aveva avuto il controllo assoluto su tutte le sue relazioni, perfino su Harry che era diventato un amico e che finalmente riusciva a gestire come tale. Poi improvvisamente, durante i suoi sedici anni, proprio il moro aveva mostrato un curioso interesse nei suoi confronti: Ginny era diventata il suo boccino ed Harry da bravo cercatore aveva iniziato a seguirla. Ma lei, al contrario, non voleva inseguirlo come si fa con quella pallina dorata, perché non aveva intenzione soffrire nuovamente e per questo aveva continuato ad ignorarlo, sfuggendogli ripetutamente, nonostante provasse ancora dei sentimenti vivi per lui.
Quando poi quel giorno nella Sala Comune di Grifondoro Ginny aveva corso verso di lui perché forse dentro sé sapeva che in quel momento poteva vincere, come una cacciatrice che riesce a segnare il punto decisivo per la propria squadra, anche Harry l'aveva raggiunta e finalmente afferrata, come fa un cercatore con il boccino, ed ottenuto quindi ciò che aveva inseguito per un anno.
Il nostro amore sembra una partita di Quidditch..” pensò ridacchiando silenziosamente per non svegliare il moro.
Loro erano, nella vita e nello sport, semplicemente ciò che provavano e questa cosa appariva incredibilmente bella.

Pian piano sentì le palpebre farsi pesanti, così decise di accoccolarsi sulla spalla del suo compagno e si addormentò candidamente, sprofondando in un sogno fantastico dove pluffe e boccini volavano in un cielo stellato.

*

23/12/2000


Ginny e Hermione camminavano serene in una Diangon Alley innevata; finalmente dopo parecchio tempo erano riuscite ad uscire da sole per fare un po' di compere in vista del Natale e raccontarsi le novità più importanti senza i loro fidanzati fra i piedi. Hermione aveva espresso il desiderio di voler stare un po' in sua compagnia e la rossa aveva acconsentito, anche perché voleva sapere cosa avesse la riccia di così importante da raccontarle.
Fino ad allora non avevano avuto il tempo di aggiornarsi: Ginny alla fine di Settembre era dovuta partire per incominciare il campionato e Hermione era stata impegnata al lavoro; da quando aveva ultimato la scuola insieme a Ginny, la riccia era subito entrata a far parte del Dipartimento per la Regolazione ed il Controllo delle Creature Magiche, all'interno del Ministero della Magia, dove finalmente aveva potuto dar un giusto rilievo al suo progetto C.R.E.P.A per la salvaguardia dei diritti degli elfi e di altre creature magiche sfruttate. Era felice ed orgogliosa del proprio incarico, eppure sembrava desiderasse battersi anche per qualcos'altro; così un giorno Ginny le aveva chiesto espressamente cosa la turbasse e lei aveva confessato che il suo desiderio più grande era quello di entrare a far parte del Dipartimento per l'Applicazione della Legge Magica ed annullare definitivamente i vecchi ordinamenti che favorivano i Purosangue nel Mondo Magico. Questa ammissione doveva essere stata per lei molto difficile da dichiarare, perché la rossa sapeva quanto l'amica avesse sofferto da quando si era iscritta a Hogwarts e soprattutto durante il dominio di Voldemort. Ma allo stesso tempo era felice che ne avesse parlato proprio con lei e perciò decise di incoraggiarla a proseguire questo cammino: era giunto il tempo di cancellare qualsiasi differenza fra maghi e streghe purosangue e non.

Dopo aver visitato un paio di negozietti ed essere uscite particolarmente deluse, decisero di comprare soltanto un sacchetto di biscotti allo zenzero. Passata un'altra mezz'ora decisero di andare al Paiolo Magico, per scambiare quattro chiacchiere in tranquillità, lontane dalla massa di gente alla folle ricerca di un regalo, dinnanzi ad una bella cioccolata calda.
Una volta entrate nel locale Ginny si tolse il pesante cappotto color cammello ed anche il cappello ed i guanti marroni, per accomodarsi ad un tavolino color noce con due sedie un po' sgangherate, ma dall'aria molto intima; anche Hermione si svestì e si sedette di fronte all'amica.
Dopo aver ordinato, Ginny appoggiò il sacchetto di biscotti sulla superficie legnosa, ne afferrò uno e domandò curiosa “Allora? Che cos'è che devi dirmi?”
Era l'ennesima volta in quella giornata che la rossa le poneva quest'interrogativo, ma l'altra aveva scosso il capo e aveva rimandato la risposta ad un luogo più tranquillo; Hermione, però, non sembrò più resistere a quel punto: un enorme sorriso illuminò il suo volto e con grazia appoggiò la mano sinistra accanto al sacchetto di carta che conteneva i biscotti allo zenzero. Sul sottile anulare della riccia splendeva un anello con un piccolo, sobrio ed elegante brillante.
Ginny per poco non si strozzò con l'impasto del biscotto e quando fu arrivata la cioccolata calda ne bevve un gran sorso nonostante fosse bollente.
“Ron?!” esclamò, ancora con la voce rotta.
L'altra annuì con gli occhi che scintillavano. Era davvero ricolma di gioia.
“Non ci credo.. così ha imparato anche a comprare un anello, non l'avrei mai detto.” scherzò, osservandolo con attenzione.
Hermione scoppiò a ridere e dopo alcuni secondi aggiunse “Già.. ed è bellissimo, non è vero?”
“Si, lo è! Per questo non riesco a credere che ci sia andato da solo; tra l'altro ti assicuro che non gli ho neanche dato un consiglio dato che ero in giro per il campionato. E' stato davvero bravo!” concluse con un po' di orgoglio per l'ottima scelta del fratello; ma dopo poco si convinse che aveva fatto affidamento su sua madre o peggio su Fleur. “Ma dimmi come ti ha dato questo anello!” domandò dopo poco curiosa e divertita.
“Oohh.. non credo che voglia che te lo dica, ma è stato talmente romantico! Prima mi ha regalato un mazzo di rose bianche con una al centro rossa e proprio su quella spiccava l'anello che aveva messo lì con un incantesimo.. sono rimasta senza fiato!” fece la riccia che continuava ad annuire in estasi e fissava l'anello.
“Accidenti, ma che cosa bella e romantica!” esclamò lei colpita nuovamente e si disse ancora che doveva averlo aiutato qualcuno. A quel punto, dato che non sapeva cos'altro dire, provò a domandare scherzosamente “Quindi con questo voleva confermare il vostro fidanzamento? Anche se non credo ce ne fosse bisogno, dato che voi due particamente siete fidanzati dal primo anno di Hogwarts!”
Hermione rise ancora e scosse il capo dicendo “Ma no! Vuole sposarmi Ginny!”
La rossa sbarrò gli occhi sconvolta “Spo-sposarti? Già? Ma perché?”
“Perché ci amiamo.” rispose lei leggermente rossa in volto. “Tu e Harry non ne avete mai parlato?”
L'altra trattenne il fiato e non disse nulla per alcuni minuti, mentre una serie di immagini ruotavano nella sua mente: immagini di Harry. Un Harry felice che le parlava del loro futuro, un futuro insieme. Che avesse intenzione anche lui di chiederglielo? “No, non ancora.” tagliò corto con aria scherzosa, per non dar voce a tutti i dubbi che stavano nascendo in lei.
“Oh, capisco.. beh, in ogni caso volevo chiederti: vuoi essere la mia damigella?” domandò con un sorriso sereno la sua migliore amica.

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“Come hai fatto? Cioè con che parole?” domandò con forte curiosità Harry, grattandosi la testa.
“Non lo so, non è che me le ero preparate.. diciamo che sono venute da sole quando le ho dato l'anello, ma mi ha aiutato mia madre, sai...” rispose il rosso, anche lui un po' imbarazzato “Perché me lo chiedi?”
“Così.” concluse, mentre fissava il cielo terso di quella giornata invernale londinese.
Entrambi erano seduti in un piccolo parco dinnanzi al Ministero della Magia, mentre consumavano il loro pranzo; avrebbero lavorato anche la mattina della Vigilia di Natale ma almeno erano riusciti ad avere la serata libera.
Mentre mangiavano alcuni babbani di tanto in tanto si voltavano per osservare il curioso mantello lungo fino ai piedi che indossava Ron. Harry preferiva indossare un cappotto più corto, così non dava troppo nell'occhio.
“Lei è felice?” domandò dopo poco al rosso.
“Oh si, era felicissima.. sai non l'ho mai vista talmente felice credo. Forse solo quando apriva la pagella di Hogwarts e scopriva di aver presto tutte E.” ammise, mentre masticava.
Entrambi dopo alcuni secondi scoppiarono a ridere, probabilmente ricordando l'espressione tesa di Hermione quando stava per aprire la busta che arrivava ogni anno.
Quando si calmarono, Harry chiese ancora “Quando hai capito che era il momento giusto per chiederglielo?”
“Non credo ci sia un momento giusto. Avrei potuto chiederglielo anche il primo giorno in cui la vidi a Hogwarts mentre si vantava di tutto quello che sapeva riguardo il soffitto incantato della Sala Grande. Io gliel'ho chiesto perché sono innamorato di lei e perché non voglio più aspettare, credo.” confessò imbarazzato Ron, mentre ripuliva la vaschetta in cui aveva messo il pranzo con un incantesimo.
Harry rimase alcuni secondi a fissarlo, poi osservò il cielo terso e pensò.
Ron aveva chiesto a sua madre.
Lui a chi avrebbe chiesto?
Si interrogò su cosa fare.
Dopo un po' si alzò e si incamminò con il suo migliore amico verso il Ministero, senza aver preso una decisione.

 

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07/01/2001

«Vieni a Hyde Park alle 19.00.
Ti aspetto sotto il grande salice piangente lungo la riva del Serpentine.
Harry.»

Ginny osservò con espressione imperscrutabile la grafia sottile del suo fidanzato brillare sopra la pergamena chiara e, dopo aver guardato velocemente il grande orologio che segnava le 18.45, afferrò nuovamente il cappotto ed uscì di casa.

Era stata fino a qualche minuto prima a casa dei suoi genitori: aveva chiacchierato con sua madre e suo padre, poi aveva osservato Molly mentre faceva le faccende di casa, ricordandosi di tutte le volte in cui in passato l'aveva aiutata.
Era rimasta seduta per un po' al grande tavolo di legno, sempre troppo piccolo per ospitare tutti i loro cari durante il Natale ma allo stesso tempo sempre sorprendentemente capace di farlo e poi si era alzata, dividendo le maglie pulite che sua madre aveva estratto dalla lavatrice ed asciugato con un semplice incantesimo; si accorse che erano divenute molto meno ora che tutti loro abitavano lontano e questa cosa le fece salir fino agli occhi delle piccole lacrime di malinconia.
Quando le sue iridi nocciola, proprio uguali a quelli di sua madre, si posarono su di lei scoprì come fosse invecchiata negli ultimi anni. Si disse che probabilmente il dispiacere di perdere Fred aveva contribuito a quel tracollo, oppure semplicemente gli anni passavano anche per lei.
“Non esiste l'eterna giovinezza.” pensò con un mezzo sorriso sul volto.
Quando ebbero finito tutte le faccende si sedettero di nuovo al tavolo e parlarono a lungo: del campionato delle Holyhead, di Ron e Hermione, di George e Angelina, Bill e Fleur, della piccola Victoire, di Percy e di Charlie.
“Come va con Harry, tesoro?” domandò sua madre ad un certo punto con un dolce sorriso.
Ginny si irrigidì e sentì mancare improvvisamente le parole; perché riusciva sempre ad interrogarla su cose di cui non voleva parlare? Ovviamente Molly sembrò capirlo.
“C'è qualcosa che non va?” chiese con una punta di curiosità.
“Certo che no!” sbottò lei schietta, sentendo che la voce si incrinava leggermente.
“Ginevra-”
“Mamma!” fece lei, sta volta guardandola con occhi preoccupati. Era proprio così che si sentiva: preoccupata. E così, non potendo più contenersi, cominciò a raccontare alla madre i timori che aveva.
Da un mese Harry era strano: silenzioso, serio, quasi corrucciato e lei non riusciva ad abbattere quel sottile muro che si era creato fra loro; sembrava sempre intento a rimuginare su qualcosa, qualcosa di complesso che lei non riusciva ad afferrare. Pareva preoccupato e di conseguenza lo diveniva anche lei. Il loro rapporto non era peggiorato, era sempre tutto molto tranquillo e i due compagni stavano insieme ogni qual volta potevano; eppure Harry aveva come un velo dinnanzi a quei bellissimi occhi verdi, un velo che Ginny non riusciva a sollevare.
Molly rimase a lungo in silenzio a pensare; sua figlia poté osservare alcune nuove rughe segnarle la fronte per lo sforzo dovuto alla concentrazione. Dopo un po' domandò “Può centrare con la proposta che ha fatto Ron a Hermione?”
“Cosa?!” fece Ginny con gli occhi spalancati “Perché mai dovrebbe?”
“Magari ci sta pensando anche lui..” provò Molly con cautela.
“Beh, se così fosse, non capisco perché non ne abbia parlato con me.” continuò lei dura.
“Forse perché non saprebbe come reagiresti e probabilmente sarebbe proprio così.” concluse semplicemente sua madre.
“Così come?”
“Con questo tuo modo di fare. Probabilmente ha paura della tua reazione.”

Pop.
Quando si smaterializzò nel parco, i suoi occhi adocchiarono immediatamente in grande lago e si avvicinò con passo svelto; toccò i propri lobi per verificare se gli orecchini a forma di girasole fossero ancora al loro posto: non era la prima volta che perdeva qualcosa durante la smaterializzazione.
Ancora pensava all'ultima frase che sua madre le aveva detto, prima che lei avesse tagliato corto con quella conversazione e fosse tornata a casa.
Non poteva essere.
Harry aveva paura di lei e delle sue reazioni?
Non voleva crederci.
Non appena giunse nei pressi del salice piangente vide Harry, vestito in modo particolarmente elegante, appoggiato contro la corteccia dell'albero: era pensieroso ed era bellissimo.
Ginny deglutì dall'emozione e dalla preoccupazione, dopodiché si avvicinò ancora di più al suo fidanzato, che finalmente si accorse di lei. Scostò la propria schiena dal tronco ed immerse i suoi occhi verde smeraldo in quelli castani della rossa “Ciao.” disse soltanto.
“Ciao, perché quel messaggio?” domandò senza riuscire a trattenersi.
“Vieni, siediti.” fece lui con un piccolo sorriso.
Ginny guardò per terra e si accorse che c'era una coperta da pic-nic ed un cestino. Si sedette silenziosamente accanto al suo fidanzato e non smise di fissarlo: si sentiva tesa, preoccupata, non riusciva davvero a rilassarsi finché Harry non le avesse detto il motivo di quell'incontro.
“Mi dispiace per questi giorni, Ginny.” sussurrò passandosi una mano nei capelli “Sono stato una frana, lo so. Un vero e proprio disastro come fidanzato, come persona, come tutto. Dovevo pensare.” deglutì un attimo e poi riprese “Dovevo pensare a noi due.”
Ginny batté le palpebre più volte un po' spaventata, ma rimase in silenzio ed attese, sperando che fosse qualcosa di bello.
“Io.. ah..” il moro rigettò la testa indietro appoggiandola contro la corteccia del salice “..io non sapevo se era troppo presto, troppo tardi, non sapevo a chi chiedere consiglio. Non che ce ne fosse bisogno, ma Ron ha chiesto a tua madre e così...”
La rossa trattenne il fiato: quindi aveva ragione? Voleva proprio chiederglielo? Perché aveva fatto tutto ciò? Perché non aveva nessuno con cui parlarne? Nonostante avesse mille domande in mente, attese ancora in silenzio che lui finisse di parlare.
“Aprilo.” disse indicando il cestino legato con un bellissimo fiocco rosso. La ragazza lo fece senza esitare e quando lo aprì e vide qualcosa di rosa e morbido, inserì la mano per tastare e si accorse che quell'oggetto era ricoperto da una peluria morbida e soffice simile a..
“Arnold!” sbottò divertita, mentre la piccola Puffola Pigmea risaliva lungo il suo braccio saltellando e si fermava all'altezza del gomito “Che carina, ma che ci fai qui? E che cos'hai sulla schiena..?” domandò affondando la mano nel pelo rosa della creatura: un piccolo anello, formato da due fili d'oro bianco intrecciati alla fine, dove si congiungevano sorreggendo un bellissimo diamante, scintillò dinnanzi ai suoi occhi.
La rossa alzò le iridi nocciola sul suo fidanzato, che teso attendeva una sua reazione, ma lei non riuscì a proferire parola dall'emozione.
“Ginny, mi vuoi sposare?” domandò con voce sicura, ma allo stesso tempo rotta dall'emozione.
“Harry..” sussurrò lei con gli occhi che si riempivano inspiegabilmente di lacrime “Si, che lo voglio!”
Si tuffò su di lui facendolo cadere sulla coperta, mentre nelle mani stringeva il bellissimo anello.
Il moro sorrise entusiasta e la baciò a lungo, mentre Arnold faceva le fusa sull'altro angolo del plaid.
Dopo alcuni minuti Ginny si rialzò e chiese un po' accigliata, mentre si asciugavano le lacrime “Perché diavolo non me l'hai detto prima?! Lo sai quanto mi hai fatto preoccupare?!”
“Scusa..” mormorò lui, stringendole la mano nella quale giaceva l'anello “Non volevo. Io avevo preso questa decisione, ma ero spaventato perché non sapevo come proportelo. Non volevo chiedere a tua madre, mi vergognavo troppo.. Hermione era sempre impegnata.. Ron non si sa spiegare.. e alla fine non ho chiesto a nessuno. Io avrei tanto voluto.. tanto voluto chiedere consiglio a mia madre.” ammise con un piccolo sorriso e Ginny si sentì un attimo morire dentro. Come aveva osato essere così egoista da sgridarlo in questo modo? “Ma poi ho pensato e ripensato e alla fine ecco qua..” il moro indicò con fare impacciato tutto quello che era appoggiato sull'erba. “Ho scelto questo posto perché mi ricorda il lago nero a Hogwarts.. spero lo ricordi anche a te.” continuò guardandosi attorno.
Ed era così.
Era tutto perfetto.
E anche lui lo era.
“E' fantastico Harry.. e l'idea di far venire anche Arnold lo è ancora di più.” sussurrò dolcemente Ginny, schiudendo la mando ed osservando il brillante.
Il moro sorrideva radioso e domandò dopo poco “Posso?”
Lei annuì serena.
Il suo fidanzato prese il sottile anulare e vi infilò il bellissimo anello intrecciato. “Ti sta d'incanto.” decretò osservando l'oggetto.
“Tu hai scelto il migliore.” fece lei convinta, dandogli un altro bacio.
Dopo alcuni minuti, Harry riscaldò l'area intorno a loro con alcuni incantesimi, affinché entrambi potessero togliersi il cappotto; estrasse delle gustosissime pietanze dal cestino e finalmente i due fidanzati poterono godersi una bellissima cena in riva al lago osservando la volta celeste.

“Harry mi prometti due cose?” chiese Ginny.
“Due? Dimmi.” rispose lui osservandola.
“Non nascondermi più nulla.” affermò seria.
“D'accordo.” disse il moro, annuendo. “La seconda?” domanò poco dopo.
Ginny attese alcuni istanti e poi sussurrò “Mi prometti che non cambierà nulla fra noi con questa decisione?”
“Te lo prometto, Ginny.” ammise dolcemente Harry, baciandola sotto il cielo stellato.

 

* Non sono date certe, non so neanche quando sia entrata effettivamente a far parte della squadra, ma l'idea che lei avesse inserito Ginny nelle

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