Ricordi

di shinepaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a casa ***
Capitolo 2: *** Storm, dolce Storm ***
Capitolo 3: *** Lo sconosciuto ***
Capitolo 4: *** Importanti decisioni ***
Capitolo 5: *** Esitazione ***
Capitolo 6: *** L'arrivo ***
Capitolo 7: *** Perché piangi? ***
Capitolo 8: *** L'impostore ***
Capitolo 9: *** Delusione ***
Capitolo 10: *** Sorprese poco gradite ***
Capitolo 11: *** Il vero Jack ***
Capitolo 12: *** Dimostra chi sei ***
Capitolo 13: *** Jack e Diantha: storia di un amore impossibile ***
Capitolo 14: *** Finalmente salvi ***
Capitolo 15: *** Il villaggio ***
Capitolo 16: *** La boutique del fuoco ***
Capitolo 17: *** I forestieri ***
Capitolo 18: *** Paura ***
Capitolo 19: *** Assetato di potere ***
Capitolo 20: *** In trappola ***
Capitolo 21: *** Prigionieri ***
Capitolo 22: *** Colpo di spada ***
Capitolo 23: *** Il giorno prima della battaglia ***
Capitolo 24: *** Tutto sbagliato ***
Capitolo 25: *** La luce della speranza ***



Capitolo 1
*** Ritorno a casa ***


Un anno. Era passato un anno da quando Jewel e Alex erano tornati a casa, portando con sé felicità, nostalgia, un po' di tristezza, e tanta forza. Quel viaggio, quell'avventura, li aveva senz'altro avvicinati e arricchiti di nuove esperienze. Da poco era passato il compleanno di Jewel, e quello di Alex era stato mesi prima: la ragazza ancora non ci poteva credere che l'anno prossimo di anni ne avrebbe compiuti diciotto, insomma sarebbe diventata un'adulta a tutti gli effetti! Non aveva paura del futuro, no, aveva Alex al suo fianco e questo la rassicurava, ma non poteva fare a meno di essere un po' triste, e se ne accorse perfino il biondo. Le mancava Jack, le mancava tanto da fare male, le mancava da togliere il fiato. Il loro ritorno a casa era stato una gran festa, erano stati accolti come eroi, ma Jewel avrebbe voluto gridare al mondo che senza Jack nulla sarebbe stato possibile. Aveva detto che si sarebbero rivisti, nel passato, ma quando? E il biondo vedeva i grandi occhioni castani della sua ragazza farsi ogni giorno più malinconici e gli pareva quasi di vedere la speranza che a poco a poco si affievoliva, lasciando spazio a una tristezza senza fondo. Alex vedere deperire Jewel e non poteva farci nulla, perché nonostante l'amore che li univa, lui non era Jack. Semplicemente, faceva il possibile: ogni mattina la portava a fare delle passeggiate con lui e Thor, le mostrava gli animali che addomesticava, le portava i fiori più belli e rari, la riempiva di coccole. Non sopportava non vedere il suo sorriso, quello che in un attimo gli aveva fatto perdere la testa. Le avrebbe ridato la felicità, con o senza Jack. Per Jewel, qualsiasi cosa. Anche se avesse dovuto andare nel passato, anche se avesse dovuto uccidere una tigre a mani nude, oppure andare in capo al mondo... per la felicità dell'unica persona che contasse sulla Terra, che era il suo mondo, avrebbe dato la vita. Avrebbe fatto qualsiasi cosa a qualunque costo. Perché l'amava.

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Capitolo 2
*** Storm, dolce Storm ***


Storm stava brucando placidamente nel prato rigoglioso poco distante dal villaggio: solo in quel prato crescevano delle erbe speciali particolarmente apprezzate dagli Unicorni. Arrivò Jewel, che in mano teneva una mela verde leggermente sbocconcellata. L'unicorno alzò il muso, fissandola con i lucidi occhi scuri, mentre il corno azzurrino riluceva sotto i timidi raggi del sole mattutino. La ragazza si sistemò il vestito, avvicinandosi al suo partner a quattro zampe: - Buongiorno, Storm - sussurrò, passandogli una mano sulla groppa candida. L'unicorno cercò la mano amica, infilando il naso nel palmo socchiuso della ragazza, e soffiando piano. Storm adorava Jewel, e lei, quando non era con Alex, trascorreva tutto il suo tempo con l'animale, parlando e confidandogli tutto ciò che le passava per la mente. A volte piangeva, a volte no. Spesso semplicemente abbracciava lo stallone e rimaneva così, col viso fra la sua criniera morbida, ad annusarne il profumo di neve e ghiaccio. A volte si domandava se avesse potuto parlare, cosa avrebbe detto? No, Storm sarebbe rimasto in silenzio, perché a volte esso è meglio di cento parole. Gli fece i grattini sul naso, mentre addentava la mela, per poi porgergliela. L'unicorno non fece lo schizzinoso: ne prese un morso, non troppo grande ne troppo piccolo. - Storm - sussurrò Jewel, giocherellando con una ciocca di crini. Sbuffò piano, girando il muso verso la ragazza. Una lacrima scivolò lentamente lungo la pallida guancia di Jewel, e lo stallone gliela asciugò strofinandole il muso sul viso, delicatamente. - A volte penso che solo tu mi capisci davvero - sospirò, sistemandogli il ciuffo scompigliato. E Storm rispose, con un breve nitrito che le scaldò il cuore. - È tardi - mormorò, dandogli delle pacchette affettuose. - Ciao, piccolo - lo salutò, strofinandogli il muso e lasciando che finisse la mela. Storm soffiò, con dolcezza, il suo modo di salutarla e rassicurarla. La guardò avviarsi senza fretta lungo il sentiero, poi quando scomparve alla sua vista riprese a brucare l'erba rigogliosa, ma all'improvviso non aveva più fame.

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Capitolo 3
*** Lo sconosciuto ***


- Jewel!!! Dov'eri? - Alex era fuori di sé dalla preoccupazione. - Ero da Storm - mormorò semplicemente la ragazza, scrollando le spalle. - Be'... sai che hanno avvistato qui al villaggio uno sconosciuto? Una misteriosa figura incappucciata gira per le nostre strade, dicono che sia pericoloso! - le lanciò un'occhiata significativa - ora c'è la caccia all'uomo! Il Re ha detto che se entro una settimana non sarà catturato, metterà una taglia sulla testa dello sconosciuto! - parlava in fretta il biondo, talmente era eccitato, gesticolando animatamente. La ragazza si portò una mano alla bocca per non scoppiare a ridere: se la "misteriosa figura incappucciata" era davvero chi pensava, allora non era affatto "pericoloso"! Alex la guardò: stava ridendo? E allora sorrise, col cuore traboccante di dolcezza, e la abbracciò forte. Jewel ricambiò l'abbraccio, mettendosi a saltellare in tondo, ridendo, e il biondo l'assecondò, mettendosi a ridere a sua volta. Una grossa cosa pelosa all'improvviso passò loro fra le gambe, facendoli cadere sul didietro. Si fissarono, stupiti, mentre Thor li guardava a sua volta preoccupato: scoppiarono nuovamente a ridere, e il lupo iniziò a scodinzolare piano, ansimando con la lingua fuori. - Andiamo - disse Alex, aiutando la sua ragazza ad alzarsi e passando una mano sulla schiena dell'animale. Il giorno dopo, mentre Jewel andava a trovare Storm, le parve di vedere una figura scura girare attorno al suo amato unicorno: si mise a correre, doveva sapere, ma la figura si dileguò all'istante, e la ragazza dovette sopprimere una fitta di delusione. L'unicorno sembrava nervoso quel giorno, e nemmeno le carezze di Jewel riuscirono a calmarlo. Era ormai notte fonda, ma la ragazza non riusciva a dormire: scivolò fuori dal caldo letto che condivideva con Alex e andò a guardare fuori dalla finestra. La luce della luna illuminava debolmente le vie buie del villaggio addormentato, eppure a Jewel parve di notare un movimento rapido in mezzo all'oscurità. Si sporse di più per vedere meglio, e lo sconosciuto si voltò di scatto, permettendo alla luce lunare di illuminargli il volto. Alla ragazza balzò il cuore in gola, quando l'incappucciato si girò nuovamente. - Aspetta! Jack, aspetta! - gridò Jewel, ma il suo grido non venne udito, e rimbombò per la strada, perdendosi in lontananza. Ritornò a letto, rannicchiandosi contro Alex, beandosi del calore del suo corpo. Le braccia forti del ragazzo la strinsero a sé, mentre le posava un bacio sui capelli: - Jewel... - Jewel non voleva sentire quello che Alex aveva da dirle, non questa volta, e lo zittì con un bacio. Il biondo sospirò, poi le augurò la buonanotte. Il mattino dopo, quando si alzò, fece per andare a preparare la colazione, ma udì degli strani rumori che la insospettirono: trovò Thor davanti alla porta sul retro che ringhiava, teso e agitato. - ALEX! - lo chiamò. Aveva uno strano presentimento, ma quando il ragazzo scese, ancora in pigiama e con i capelli arruffati, decise di tenerlo per sé. - Che c'è? - borbottò assonnato: - Thor... - rispose semplicemente la ragazza, facendo correre lo sguardo al lupo, che non sembrava intenzionato a smettere di ringhiare. Alex lo fissò, poi mosse la mano verso l'altra parte della stanza: - Thor, a cuccia! - esclamò con fermezza. L'animale non lo ascoltò neanche, continuando a guardare insistentemente la porta. - Thor, a cuccia! - ripeté il ragazzo con tono quasi arrabbiato. Il lupo gli lanciò un'occhiata veloce, poi tornò a fissare la porta. - Thornado. - lo ammonì il padrone, ma non c'era niente da fare. Alex si abbassò al livello del lupo, prendendo una ciocca di peli del collare di pelliccia: - Thor, ci pensiamo noi qui, ok? Torna pure a cuccia. - disse dolcemente, arruffandogli il pelo. L'animale smise un attimo di ringhiare, confuso, prima di scrollarsi delicatamente via la mano. - Thornado. - Alex stava perdendo la pazienza. Il grosso lupo emise un piccolo ringhio, che ne preannunciava altri ininterrotti. - No. - il biondo gli prese il muso tra le mani, e il lupo riprovò con un ringhio molto basso. - Ho detto no. - ripeté, poi con una mossa improvvisa ribaltò l'animale, tenendolo premuto al pavimento. Alex detestava dover fare così, ma quando il suo partner a quattro zampe si impuntava non poteva fare altrimenti. Thor rimase immobile, guaendo pietosamente. Lo lasciò andare, e il lupo si rifugiò in un angolo. - Ora, apriamo questa porta - disse Jewel, che aveva assistito alla scena in silenzio. Sguainò il pugnale, ed aprì di scatto la porta. La figura misteriosa si voltò, mostrando chiaramente il suo volto, e la ragazza sussultò.

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Capitolo 4
*** Importanti decisioni ***


- Jack... - sussurrò Jewel, mentre il cuore e la mente le si riempivano di lui, dei suoi occhi colorati, dei suoi capelli luminosi, del suo aspetto giovane. La mano che impugnava il pugnale si fece molle, lasciando cadere l'arma a terra. - Jack! - si fiondò tra le sue braccia, stringendolo come se non volesse più lasciarlo andare. Lui la abbracciò piano, lasciando che il cappuccio scivolasse lentamente via, lasciandogli completamente scoperto il viso. - Piccola... - sussurrò, carezzandole dolcemente i capelli castani. - Non sono... piccola! - sbottò, ed entrambi scoppiarono a ridere. - Ehm... - si intromise Alex imbarazzato - forse dovremmo entrare... - suggerì, guardando in basso. - Sì, giusto! - esclamarono all'unisono, cercando di darsi un contegno. Mentre Alex si cambiava (era ancora in pigiama) Jewel preparò la colazione. Thor li fissava dall'angolo in cui si era rifugiato, abbacchiato, e alla ragazza fece tanta pena: prese un pezzetto di salsiccia, e gliela diede mentre lo accarezzava. - Su, Thor... è tutto a posto - lo rassicurò, e il lupo le leccò timidamente una mano. Proprio in quel momento arrivò il biondo, che si lasciò cadere mollemente su una sedia. Jewel e Jack presero a chiacchierare amabilmente mentre facevano colazione. Il biondo inarcò un sopracciglio: - Jewel, non credo che Jack sia qui per prendere il té... - osservò. - Oh già, hai ragione - si fecero seri - c-che... succede? - l'uomo la guardò. - Sono venuto a proporvi di venire nel passato. Per cambiare il corso degli eventi. - spiegò e Jewel trattenne il fiato - ma... - continuò Alex, perspicace. - Ma, se il tutto andrà a buon fine, la magia scomparirà da questo mondo. Per sempre. - i ragazzi fissarono l'uomo,  impietriti. - Cosa? - trovò la forza di domandare la ragazza. - Questo è il prezzo da pagare per poter cambiare il passato - mormorò Jack, gli occhi all'improvviso tristi - starò qui tre giorni, dovrete decidere cosa fare entro quel tempo. Poi la magia mi riporterà alla mia epoca, e non potrò più fare nulla. Tre giorni è il tempo massimo che mi è stato concesso, poi non potrò mai più andare nel futuro - finì la frase in un soffio. - Jack... - la ragazza abbassò il volto per non far vedere che aveva gli occhi pieni di lacrime. - Sono stanco, scusate, ma potrei... dormire? - i ragazzi annuirono. Mentre l'uomo dormiva iniziarono a discutere: - Jewel, ma ne vale la pena? - la ragazza strinse i pugni - Alex, non essere stupido. Non desideriamo altra Neve Perenne! Giusto? - lo fissò, le labbra serrate - Ma... e  se ci fosse un'altra possibilità? - digrignò i denti - L'hai sentito Jack! O andiamo, o ci toccherà ancora tornare là! - sbottò. - ... - la guardò di sottecchi - A te, sta bene? - le domandò. La ragazza ci mise un attimo a realizzare cosa sottintendesse: - Certo che sì - rispose, ma i suoi occhi dicevano tutt'altro. - Allora siamo d'accordo - affermò decisa, nonostante dentro di sé si sentisse lacerata. Ben presto Jack scese, di nuovo in forma. Trovò i ragazzi che lo aspettavano, fissandolo in modo strano. Fu Jewel a parlare: - Veniamo con te, Jack. -

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Capitolo 5
*** Esitazione ***


- E Storm? - domandò Jewel. - Storm? - Alex si voltò a guardare la ragazza. - Io non lo lascio qui - si ostinò, incrociando le braccia al petto. Il padre sospirò: - Verrà con noi... - e Jewel arricciò il naso, mentre gli occhi le si facevano lucidi. - Cosa succederà, a Storm... dopo? - chiese, abbassando lo sguardo. - Se la caverà - borbottò Jack sbrigativamente. - Ma... - l'uomo fece un gesto con la mano e la ragazza serrò le labbra: - Ora, muoviamoci. - li spronò, lanciandole un'occhiata. - Vai a prendere Storm, se hai finito - la esortò, e Jewel uscì. Si diresse rapidamente dal suo amatissimo unicorno: - Vieni, bello - lo chiamò dolcemente, accarezzandolo sul muso candido. L'animale la fissò con i suoi occhi scuri, sbattendo le lunghe ciglia, poi le trottò a fianco, agitando la fluente coda. La ragazza si fermò: - Oh Storm, cosa ti succederà quando sarà tutto finito? - l'unicorno starnutì, producendo una polverina azzurra. Jewel ridacchiò fra le lacrime e lo abbracciò. Quando si staccò gli lasciò un bacio sul naso: - Andiamo - mormorò, dandogli un ultimo buffetto sulla guancia. - Eccoci, Jack - disse in tono neutro, dando delle pacche sul collo dell'animale. - Uhm... bene, è tutto pronto? Sì. Vi spiego un paio di cose, allora. - si fecero attenti - il passato dove andremo noi è una dimensione parallela dove gli eventi stanno accadendo. Il passato dove vivo io è un'altra dimensione, dove il tempo trascorre come qui, solo che nulla si evolve. Il passato si può cambiare, il futuro si può vedere, ma il presente non si può cambiare e una volta andato... comunque. Mentre saremo nel passato, il tempo qui trascorrerà normalmente. Quando tornerete la magia non esisterà più, e sarà scomparsa dalla mente delle persone. Voi sarete gli unici che avranno ancora ricordi della magia, ma non potete, non dovete permettere agli altri di ricordare. La magia resterà nei vostri cuori, perché vi ha scelto - i ragazzi lo fissarono, confusi, ma Jack non aggiunse altro. - Siete pronti? - domandò. - Sì... - le mani di Jewel e Alex si cercarono, per poi stringersi. - Salite sull'unicorno - ordinò, guardandolo a lungo con una strana espressione. I ragazzi montarono in groppa, Jewel abbracciata al collo di Storm e Alex aggrappato alla ragazza. L'uomo mormorò qualcosa sottovoce e davanti a loro si spalancò un portale luminoso, attraversato da luci che sembravano essere dotate di vita propria. L'uomo si voltò, sul viso una domanda silenziosa. In quel momento udirono Thor abbaiare furiosamente, lanciandosi contro la finestra con veemenza. Jack abbassò lo sguardo, e il portale iniziò ad attirarli con una forza magnetica. - Aspetta! - gridarono i ragazzi all'unisono - Jack, aspetta! JACK! ASPETTA! - il portale si spalancò, risucchiandoli. Un passo. Un solo passo li avrebbe portati nel passato o lasciati nel futuro. Andare o restare. Decise Storm per loro. Si lanciò in avanti e saltò...

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Capitolo 6
*** L'arrivo ***


- WAAAAAH! - un grido ruppe la quiete, mentre Storm atterrava malamente sulle quattro zampe, sbalzando i ragazzi di sella all'impatto col terreno. Jewel percepì il fianco sbattere dolorosamente contro i sassi, mentre rotolava e rotolava senza potersi fermare. Bonk! picchiò la testa contro qualcosa di appuntito e poi tutto divenne nero. Nel frattempo Alex se l'era cavata con solo qualche graffio, e ora stava cercando gli altri: di Storm e Jewel non c'era traccia, ma Jack non poteva essere troppo lontano, e difatti lo trovò poco più tardi in una piccola radura, che si spolverava i pantaloni. Lo fissò: - Dove sono Jewel e Storm? - chiese. L'uomo si grattò la testa. - Non lo so - rispose dandosi un'ultima controllata. Jewel provò a socchiudere gli occhi: ci mise un attimo a mettere a fuoco, e dovette strizzarli per la troppa luce. Intanto qualcosa di caldo le stava accarezzando i capelli, che poi si accorse essere il respiro di Storm. - Ggh - si tirò a sedere, mentre la testa le doleva terribilmente. Si leccò le labbra, e nel farlo sentì in bocca il sapore amaro del sangue. Provò ad alzarsi, ma, come un puledro appena nato, traballò sulle gambe malferme e ricadde sul fondoschiena. - Maledizione - imprecò, aggrappandosi alla criniera di Storm mentre riprovava ad alzarsi. L'unicorno non fece una piega, lasciando che la ragazza lo usasse come stampella. Ora che era in piedi, Jewel constatò che era messa proprio male: aveva un ginocchio sbucciato che sanguinava copiosamente, vari graffi ovunque e un taglio sulla fronte. Si guardò le mani, piene di spine e sporche di terra. Quando provò a fare un passo, tenendosi a Storm, il piede destro le lanciò una fitta lancinante: - Aaaaah - si lamentò come un animale ferito a morte. A occhio e croce, doveva pure essersi slogata la caviglia. - Storm... - lo implorò lamentosamente, e l'animale, paziente, si accovacciò, permettendole di salire in groppa. - Trova Alex - gli sussurrò, stringendosi forte al suo collo mentre si alzava. L'unicorno partì al galoppo. Jewel cercava di tenersi con tutte le sue forze, ma era esausta e aveva perso molto sangue: - Mi dispiace... Storm... - mormorò, prima di permettere alle sue palpebre, all'improvviso pesanti, di chiudersi. Alex e Jack avevano cercato in tutta l'area circostante la ragazza e l'unicorno, ma senza risultati. Stavano già per perdere la speranza, quando videro arrivare verso di loro un'indistinta figura bianca. Storm si fermò di botto, ansimando, mentre la ragazza scivolava lentamente fra le braccia del biondo. - Oh mio dio. - fu tutto ciò che disse, mentre senza nemmeno accorgersene le lacrime gli sfuggivano copiose dagli occhi.

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Capitolo 7
*** Perché piangi? ***


- No... Jewel. Ti prego, non mi puoi lasciare. Ti prego. Jewel, Jewel! - Alex piangeva, disperato, fregandosene di quello che avrebbe potuto pensare qualcuno guardandolo. - Alexander - una mano gli si posò sulla spalla e lui alzò lo sguardo: - È solo svenuta. Se la caverà - disse Jack con voce dura. Il biondo tirò su col naso: dov'era finito il Jack che conosceva? Il padre affettuoso, il suo rivale... quello non era Jack. Tenne per sé i pensieri riguardanti l'uomo mentre l'aiutava a medicarla: - Quanto tempo abbiamo? - domandò. - Una settimana e mezzo, circa - rispose l'uomo passandosi una mano fra i capelli - poi dovremo agire, volenti o nolenti - il ragazzo si torturò le mani: - Okay... - sussurrò. Rimase sveglio tutta la notte a controllare Jewel, e quando il sonno veniva a chiamarlo Storm gli dava un colpetto col muso. Il mattino dopo, chinandosi a dare un bacio sulla fronte alla ragazza, la scoprì bollente. - Jack! Jack! - lo chiamò. - Hm? - l'uomo sembrava piuttosto di cattivo umore, forse aveva dormito male. - Jewel ha la febbre! - esclamò Alex. - Ci mancava solo questa... -mormorò, voltandosi: - Tu pensa qualcosa, io preparo da mangiare - disse sbrigativamente. Alla fine il ragazzo riuscì a convincere Storm a produrre del ghiaccio misto a neve che poggiò sulla fronte di Jewel. Mangiava poco e non dormiva, Alex, restando a fissare il volto arrossato della ragazza, il cui rossore diminuiva appena sotto il rinfrescante ghiaccio dell'unicorno. Passarono tre giorni, una settimana. Jack aveva detto "se la caverà" ma sapevano entrambi che oscillava tra la vita e la morte. E Alex pregava con tutto il cuore che lottasse, che si aggrappasse alla vita con tutte le sue forze, ma se le forze le avesse esaurite... non voleva neanche pensarci. Le ferite si erano rimarginate, ma la febbre persisteva, segno che in quel corpo era ancora in corso una battaglia. Fissò il suo volto in cerca di un segno, un qualsiasi segno che si sarebbe ripresa, ma niente. Si abbassò, lentamente, e la baciò. Rimase immobile, mentre il cuore rabbrividiva, svuotato da ogni affetto. Gli vennero le lacrime agli occhi, quando le labbra sotto di lui si mossero per rispondere al suo bacio. Pensò che forse era solo un sogno, e probabilmente era svenuto anche lui. - Alex? Perché piangi? - biascicò Jewel con la voce impastata dal sonno. Il ragazzo sgranò gli occhi, scoppiando a ridere, terribilmente sollevato. - Non sto-... - la abbracciò, continuando a ripetere il suo nome, ancora e ancora. - Alex... cos'è successo? - gli chiese, guardandolo con quei suoi occhioni castani così dolci ed espressivi. - Al nostro arrivo - cominciò a raccontare - siamo caduti... io sono atterrato poco più in là, mentre tu hai rotolato per parecchio tempo. Ti abbiamo cercata ovunque, ma è stato Storm a portarti qui. Hai dormito per una settimana, e hai avuto una forte febbre fino ad adesso. - spiegò. - Oh... mi dispiace di-... - si fermò, mentre al ragazzo la vista si faceva annebbiata e la testa pesante. - Alex? Mi stai ascoltando? - domandò Jewel. - S-sì... - farfugliò, prima di crollare addormentato. Si risvegliò con la testa appoggiata a qualcosa di incredibilmente morbido, con una mano che gli accarezzava e giocherellava con i suoi capelli. Aprì gli occhi con calma, poi all'improvviso li spalancò. Jewel rise, una risata pura e cristallina. - Jack mi ha raccontato tutto... però se avevi tanto bisogno di dormire potevi dirmelo, eh, invece di addormentarti sulla mia spalla! - esclamò, continuando a giocherellare con una ciocca dorata. Si sentiva così felice, Alex. Si tirò a sedere, afferrandole delicatamente la mano, che poggiò sul proprio viso. L'attirò a sé, baciandola, e lei rispose con entusiasmo, quasi ferocemente. In un attimo finì sdraiato a terra, con la ragazza sopra di lui. Le mani corsero alle sue, intrecciandosi. Percepì il respiro caldo di Jewel all'orecchio: - Alex, grazie - sussurrò, con un tono pieno di commozione. Si fissarono, dolcemente. - Ti amo, Jewel - mormorò, sorridendo. Si abbracciarono, per non lasciarsi mai più.

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Capitolo 8
*** L'impostore ***


I giorni passavano lenti, mentre Jewel guariva sempre più in fretta. Jack era tornato quello di sempre, o così sembrava. Eppure a volte ad Alex pareva di vedere una freddezza incredibile in fondo ai suoi occhi colorati, oltre ad avere una sgradevolissima sensazione in sua presenza. Non voleva turbare Jewel, ne farle pensare che provasse ancora antipatia per l'uomo, ma ogni giorno si scopriva sempre più diffidente nei suoi confronti. La ragazza sembrava non accorgersi di nulla, e forse era meglio così. Quel giorno il biondo era particolarmente nervoso, anche se cercava di non darlo a vedere. I suoi sospetti su Jack non gli davano pace nemmeno la notte, ora. - Alex!! Ma hai sentito cos'ho detto?! - sbottò l'uomo. Cadde dalle nuvole: - Eh? - . - "Eh?" TI SEMBRA CHE ABBIAMO TEMPO PER SOGNARE AD OCCHI APERTI? - gridò, arrabbiato. Scattò in piedi: - Mi dispiace, sono cose che succedono!! Non c'è bisogno di gridare! - strillò a sua volta. - AH NO? - alzò la voce, ancora. - NON SEI IL CAPO, PER CUI DATTI UNA CALMATA! - esclamò il ragazzo. - E TU SMETTILA DI FARE IL BAMBINO! - ribatté rabbiosamente l'altro. Stava per rispondere in modo tagliente quando Jewel, che aveva assistito alla discussione in silenzio, li zittì: - PIANTATELA, TUTTI E DUE! IDIOTI! - esclamò, poi scoppiò in lacrime e corse via. Si lanciarono un'occhiata in cagnesco, poi Alex andò alla ricerca della ragazza. La trovò abbracciata al collo di Storm che piangeva, con il viso affondato nella criniera dello stallone. - Jewel... - la chiamò piano. - Alex! - si staccò dall'animale per rifugiarsi tra le sue braccia. - Ehm... mi-... - lei si asciugò le lacrime, poi abbassò lo sguardo: - Jack... Jack non è più lo stesso. - tirò su col naso - non lo riconosco più. - il ragazzo la guardò meravigliato: - Anche tu...? - lei annuì. Non aggiunsero altro. Entrambi, quella sera, non riuscivano a guardare in viso quella faccia che consideravano amica. Il mattino dopo, fu il rumore di una tazza che andava in frantumi a svegliare Alex: si alzò e corse da Jewel. - Che s-...? - la ragazza lo fissava, impietrita, con in mano un biglietto. Troppo scioccata per parlare, il ragazzo le prese il biglietto di mano: " Andatevene finché potete" c'era scritto semplicemente. Alzò lo sguardo: - Jack...? - lei scosse la testa. - Se n'è andato - disse in un soffio.Sempre quella mattina ma altrove, un uomo dai capelli castani chiari e gli occhi colorati era legato e imbavagliato, mentre il suo aguzzino rideva malvagiamente: - Ora che il nostro impostore ha fatto il suo lavoro non ci resta che sorvegliare i ragazzini. Se tu non farai ciò che ti chiedo, allora... - gli diede un colpetto con la punta dello stivale - una cara ragazza potrebbe farsi male. - l'uomo si dimenò: - Uh mmmmmh pfff grrr - poi sputò, liberandosi della bandana che non gli permetteva di parlare. - Non osate toccare Jewel o io... - ricevette uno schiaffo e dovette digrignare i denti. - Ma il nostro caro paparino sa come farsi ascoltare, vero? E così se la sua adorabile figlioletta si ostinerà a restare qui, il suo caro Jack le farà cambiare idea. - rise ancora. Jack strinse i pugni, nonostante avesse le mani legate. - Mi fai schifo - sputò, e quello rise ancora più sguaiatamente. Quello era proprio un grosso, grosso problema.

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Capitolo 9
*** Delusione ***


Jewel era terribilmente delusa. Si sentiva tradita: si era fidata di Jack, e gli aveva donato tutto l'affetto di cui disponeva, ma a quanto pare lui era cambiato. Li aveva portati nel passato per poi svignarsela... e cos'era quel biglietto? Una minaccia? O c'era forse di mezzo qualcun'altro? Ricacciò indietro le lacrime e strinse i pugni. Non sapeva, se se lo fosse trovato davanti, se avrebbe avuto il coraggio di affrontarlo, ma era più che decisa ad andare a fondo nella missione. Qualcosa le sfiorò la mano serrata e lei la dischiuse, permettendo alle dita di Alex di intrecciarsi alle sue. Rimasero così per un po', poi sentì le labbra del ragazzo poggiarsi sulle sue: chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi, ma percepì chiaramente la ruga in mezzo alla fronte che le veniva sempre quando era corrucciata. - Alex... - mormorò, accennando una lieve smorfia. - Sì... - rispose, senza fermarsi. Gli appoggiò una mano sul petto e lo spinse delicatamente via: - Non... ora. - si costrinse a dire, arrossendo. Abbassò lo sguardo per non incontrare quello abbattuto del biondo. - Che cosa... facciamo? - domandò, accennando al biglietto. - Non vedo dove possiamo andare. Senza qualcuno che conosca la magia, tornare alla nostra epoca è escluso. Andare altrove? E dove? Qua forse non è più sicuro, ma... - la guardò, scrollando le spalle. - Non possiamo restare qui - ribadì la ragazza, poi sospirò: - Dobbiamo trovare Jack, che ci piaccia o no - disse, concludendo la frase con uno schiocco di lingua. - Non vedo alternative... - ammise Alex, fissandosi la punta delle scarpe. Presero i loro oggetti e si incamminarono. Intanto, da un'altra parte... - I ragazzini sembrano intenzionati a non fermarsi. Per cui tocca a te, Jack - gli rifilò un calcio nello stomaco, che l'uomo incassò impassibile - dovrai convincerli ad andarsene, ma non provare a rivelargli la verità o accadrà qualcosa di molto brutto sia a te che alla tua cara figlia. Dirai che eri sotto l'effetto di un incantesimo e che ti dispiace, che qui è troppo pericoloso e che è meglio se tornano a casa. Se non sarai convincente e loro non ti crederanno, interverrà il tuo sosia. - ghignò malevolo e Jack sentì l'odio bruciargli nelle vene. - Sei solo un verme - commentò, dimenandosi. Le manette anti-magia gli impedivano di fare qualsiasi incantesimo: non era uno sprovveduto, conosceva le arti magiche ed era molto dotato, ma non sopportava di essere impotente. - Ciò che la vita da, la vita può anche togliere - ribatté semplicemente l'aguzzino.

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Capitolo 10
*** Sorprese poco gradite ***


Jack tremò. I brividi di freddo lo scuotevano dal primo mattino, ma non era sicuro di poter dire che era il freddo a farlo tremare. Una folata di vento gelido lo investì, facendolo sussultare. Batté i denti, poi strinse i pugni: - Calma. - si disse, facendo apparire una minuscola fiammella sul palmo della mano. I brividi parvero cessare, per poi riprendere poco dopo, non appena intravide una grossa ombra scura avanzare verso di lui. "Oh, avanti!" maledisse il vento impetuoso che lo faceva sobbalzare, mentre l'ombra si avvicinava sempre più. "Non è possibile, io non ho... paura!" pensò all'ennesimo tremito. Avanzò, fingendosi impassibile. Il vento gridava neve, ed era scesa una leggera nebbiolina, ma il cielo era terso. Jewel lo vide subito, che si dirigeva verso di loro. Jack. Guardandolo bene, per quanto la nebbia potesse permetterglielo, le sembrò parecchio strano. Appoggiò una mano sulla spalla di Alex: - Guarda - lo avvisò. Il ragazzo annuì silenziosamente, mentre estraeva la spada e lei il pugnale. - Ragazzi! - il grido venne raccolto dal vento, disperdendosi. Jewel smontò da cavallo: - Jack! - ora erano ad un passo dall'altro, ma non si abbracciarono. "Com'è pallido" constatò la ragazza. - Ragazzi... - ripeté piano. La ragazza incrociò le braccia al petto, sporgendo il mento in fuori. Era chiaramente arrabbiata e diffidente, ma in fondo, molto in fondo, era anche sfiduciata e delusa. - Che cosa vuoi? - diretta, impassibile ma con una nota dolorante. - Mi volevo scusare. Sono conscio di aver commesso un terribile errore, ma non ero in me. Ero sotto l'effetto di un incantesimo, e ciò non mi rendeva padrone delle mie azioni. - spiegò, parlando concitatamente per essere credibile - mi perdonate? - fissò Jewel, implorante, che distolse lo sguardo. Sospirò forte, poi si voltò verso l'unica persona di cui si fidasse completamente: - Alex? - il ragazzo annuì brevemente. - Per me è un sì - aggiunse Jewel, poi sembrò voler dire qualcos'altro ma si morse la lingua. L'uomo tirò un lungo respiro, che aveva tenuto fino ad adesso. Davvero gli credevano così facilmente? Si fidavano di lui a tal punto da perdonarlo immediatamente? Sorrise, sollevato, mentre tutto inizia a girare vorticosamente. Allungò una mano verso Jewel, che venne sostituita dal cielo. - JACK! - il grido della figlia fu l'ultima cosa che udì, prima che qualcuno spegnesse quella folle giostra.

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Capitolo 11
*** Il vero Jack ***


"TI AVEVO AVVERTITO!" strillò la voce dell'aguzzino nella sua mente. Poi tutto si tramutò in sogno: era buio, non vedeva nulla, eppure sapeva che Jewel era lì, ne percepiva la presenza. - Jewel - la chiamò piano. Iniziò a sudare freddo e si mise a gridare: - Jewel, vai via! È pericoloso! Vai via! Jewel! Vattene! - all'improvviso la visione si schiarì, rivelando una piccola Jewel in lacrime, che tendeva la manina verso il papà. - È pericoloso! Jewel, mettiti al sicuro! - continuò a gridare, e la bambina si mise a piangere ancora più forte. - No, ti prego, non piangere... - sussurrò, continuando a ripetere il suo nome. Si svegliò, tirandosi su di scatto. Jewel era davanti a lui, e lo guardava stupita. - Sono qui - disse sbattendo le palpebre e prendendogli una mano. - Cosa...? - lei si mordicchiò il labbro. - Non conosco la magia, ma dato che Daniel mi ha spiegato qualcosa riguardo alla febbre magica che una volta Storm ha preso... credo che si tratti di quello - borbottò, arrossendo quando pronunciò il nome di Daniel. - Oh - disse semplicemente, mentre la sua mente correva altrove. "Il non poter usare momentaneamente i tuoi poteri ti ha reso debole fino a farti ammalare" spiegò una vocina appena apparsa nei suoi pensieri. Gli venne un'idea: abbracciò stretta la ragazza, avvicinandosi al suo orecchio. - Jack ma cos-... - la zittì stringendola più forte. - Qualcuno ci sta osservando... mi hanno rapito, ora ho infranto la promessa di tacere. Mettetevi in salvo, Jewel - sussurrò il più piano possibile. Lei si staccò, sorridendo fintamente, e appoggiò la fronte alla sua, strofinando il naso freddo contro il suo in un gesto tenero. Il giovane uomo socchiuse gli occhi. - Quel bastardo e la ragazzina la pagheranno cara! È una promessa! - esclamò l'aguzzino, infuriato. 3... 2... 1... Jack poteva contare i secondi che mancavano all'esplosione del suo rapitore. Aprì gli occhi di scatto: - SCAPPA, JEWEL! - gridò con tutto il fiato che aveva in gola. In un attimo la ragazza si ritrovò al fianco Alex, con la spada sguainata, e Storm, che le si mise davanti, con un'espressione sul muso stranamente feroce. Entrambi avrebbero venduta cara la pelle prima di permettere ad un solo nemico di toccare Jewel. Ciò che però si parò davanti a loro fu una scena a dir poco incredibile...

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Capitolo 12
*** Dimostra chi sei ***


Due Jack, due persone uguali identiche, stavano lottando corpo a corpo, ferocemente, e il loro obiettivo era uno: uccidere il falso, o meglio, il sosia. Riconoscere il Jack vero e quello falso era un'impresa a dir poco impossibile: stessi occhi, stessi capelli, stessi vestiti. Entrambi avevano lo stesso cordino rosa con il cuore. Jewel era combattuta dall'impulso di fuggire, mettersi al sicuro con Alex, e quello di restare, combattere con Jack, il suo Jack. - Jewel... vai via. Non pensare a me. Mettiti in salvo - sussurrò Jack lanciandole uno sguardo malinconico. L'altro Jack si limitò a fissarla, continuando a combattere. Stava per avventarsi su di lui, quando i suoi occhi scintillarono benevoli, lasciandola indecisa. - Jewel, ti voglio bene! - gridò uno. - Io te ne voglio di più! - scattò a guardare colui che l'aveva detto, ma un luccichio del braccialetto dell'altro le fece perdere la concentrazione: il cordino era nuovo, mentre quello dell'altro consunto. - Merda! -  imprecò a bassa voce, poi le venne un'idea. - Alex! - sussurrò, facendogli poi segno di stendere e tenere fermo. Le mimò un "ok!" e si lanciò nella mischia, mentre lei faceva altrettanto. Una scivolatina qua e là, dovuta al ghiaccio di Storm, rese il tutto più semplice, e in un attimo i due Jack erano stesi a terra e premuti saldamente al suolo. - Ora facciamola finita una volta per tutte - sbottò, serrando le labbra. - Thor cosa prova verso Jack? - domandò. - Gelosia - disse uno - Indifferenza - replicò l'altro. - Come si chiama mia madre? - la voce le tremò lievemente. Lo sguardo del primo Jack si fece malinconico: - Diantha - sussurrò. - Diantha - confermò l'altro, contraendo la mascella. - Cosa feci quando beccai Jack a spiarci? - uno sembrò rifletterci, il sosia non esitò: - Mi puntasti il pugnale alla gola - rispose. - Mi andasti a prendere da sotto un cespuglio, mi puntasti il pugnale che ti regalai alla gola e mi chiesi che cosa volevo da voi - sorrise al ricordo. Jewel si morse il labbro a sangue pur di non cedere. Lentamente si abbassò a guardare negli occhi del primo: erano malinconici, dolci, ricolmi di affetto e tante emozioni. Sorrideva, senza paura. Gli occhi dell'altro erano freddi e vuoti, riempiti di emozioni finte. - Non meriti compassione - disse fredda, schiaffeggiandolo con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo. - Alex... - il ragazzo comprese all'istante, trascinando via il corpo del falso Jack. Jewel crollò in ginocchio, abbracciando il padre. - Jewel... non piangere -

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Capitolo 13
*** Jack e Diantha: storia di un amore impossibile ***


La bella Diantha aveva solo ventun anni quando si innamorò di Jack. A quel tempo era una giovane studentessa, frequentava l'università e non le interessavano i ragazzi: voleva solo laurearsi, il più seriamente possibile. Mentre usciva dal suo modesto appartamento lo vide: un ragazzo bellissimo, anzi, un giovane uomo sui ventitré anni. Ciò che catturò il suo sguardo furono i suoi occhi bicolori: uno grigio e l'altro castano. Stupendi. Lo vedeva ogni giorno, e spesso i suoi sguardi erano ricambiati. Era lusingata dal pensiero che potesse provare interesse per lei, ma non era sicura di quello che voleva. Nonostante fosse una magnifica ragazza non riusciva a vedersi tale: aveva i capelli biondo chiarissimo, morbidamente mossi, e gli occhi ghiaccio, quasi bianchi. Era magrissima e piuttosto bassa, aveva tanti amici ma lo erano solo per il suo aspetto. La sua unica vera amica era Alyss, tutto il contrario di lei: capelli liscissimi e occhi scuri, tanto allegra quanto lei seria. Eppure ciò che pensava è che gli opposti si attraggono, e non c'era giorno in cui non vedesse quant'era salda la loro amicizia. Quel giorno entrò nell'aula, lasciandosi cadere accanto all'amica con un sospiro. Ascoltò distrattamente la lezione, scarabocchiando velocemente degli appunti confusi. Alyss la fissò a lungo, notandola disattenta. Le diede una gomitata: - Che hai? - le chiese, sapendo quanto Diantha fosse diligente, attenta e seria. - Niente... - mormorò, colta sul fatto. - Che tipo di niente? - tornò all'attacco Alyss, che conosceva molto bene l'amica. - Ecco... un ragazzo - spiegò impacciata, arrossendo. - Oooh - la fissò con quell'espressione sorniona da gatto che sta puntando un uccellino. - E come si chiama? Che aspetto ha? Frequenta l'università? - la ragazza scosse la testa, esasperata. - Non so come si chiami e no, non frequenta l'università. E... ha i capelli castani chiari, diciamo caramello, e gli occhi bicolori! Uno grigio e l'altro castano caramello, sono... stupendi. E ha un sorriso... - Diantha si perse nella descrizione da sogno di Jack. - Ho capito, hai perso la testa per lui - annuì Alyss. - Io non... - provò a ribattere debolmente, per poi arrendersi. - Mi devi aiutare, Alyss - sussurrò per non farsi sentire dal professore, che la guardava minaccioso. - Va bene, farò tutto il possibile! - trillò, poi le  fece l'occhiolino. - Ma... - continuò, e l'amica si irrigidì. - Ma...? - Alyss sgranò gli occhi, ridacchiando. - Ma dovrai dire a Elliot di darsi una mossa! - esclamò. Elliot era il ragazzo di Alyss dalle medie, molto silenzioso e riservato, oltre che parecchio intelligente. "Darsi una mossa?" Diantha ci pensò, perplessa, senza però soffermarsi sugli innumerevoli significati. - Okay... - acconsentì, mentre Alyss sogghignava in maniera inquietante. Riuscì in qualche modo a passare il messaggio allo strambo ragazzo, che rispose - Hm - aggiustandosi gli occhiali. L'amica invece si dava da fare: - Allora, ho scoperto un sacco di cose! - esclamò, tirando fuori il pranzo. - Uhm... gnomp gnomp... e cosha hai s-operto? - chiese curiosa la ragazza, con la bocca piena. - Si chiama Jack ed ha un lavoro part-time, ma soprattutto... è libero!! - strillò, facendolo udire a mezza università. - SHHH!!! - Diantha avvampò, guardandosi attorno. - È una buona notizia - mormorò, pulendosi la bocca con un fazzoletto di carta. Passarono i mesi, senza che la ragazza avesse il coraggio di fare il primo passo, e senza che il misterioso Jack provasse a parlarle. Alyss, stufa della timidezza improvvisa della sua migliore amica, decise di farli conoscere. Adocchiò Jack che usciva dal lavoro e lo raggiunse: - Ciao! - lo salutò allegramente. - Ciao... - rispose senza mostrare alcuna emozione in volto. - Sai, la mia amica ti vorrebbe conoscere! - gli rivelò. Intanto l'amica in questione stava sbuffando, domandandosi quanto ci mettesse ad andare al bagno. - Alyss? - la chiamò, e si trovò sovrastata dal bellissimo Jack. La ragazza fece capolino da dietro: - Diantha, questo è Jack. Jack, questa è la mia amica Diantha - li presentò. Arrossì, iniziando a balbettare confusamente. Le tese una mano, sorridendo calorosamente. "Qualcuno qui ha fatto breccia" pensò Alyss, lasciandoli soli. E Diantha si sentì sciogliere mentre cominciavano a parlare appassionatamente, come se si conoscessero da sempre. Jack invece sprizzava gioia da tutti i pori, la ragazza che aveva tanto ammirato ora gli stava parlando con naturalezza, nonostante si conoscessero da soli cinque minuti. Aveva vissuto tanto, eppure mai come ora si sentiva vivo, sì, vivo. Il cuore gli batteva forte, gli scoppiava nella cassa toracica, mentre sentiva la testa svuotata da ogni pensiero e il sangue affluirgli alle guance, rendendole piacevolmente calde. Passò il tempo ma non i sentimenti. Si rafforzarono, si rinsaldarono, ma non scomparvero, mai. Scappò un bacio, poi un altro e un altro ancora. La giovane Diantha, che all'amore non era mai stata interessata, si ritrovò all'improvviso perdutamente innamorata (ricambiata) del bellissimo Jack. Quella fu una serata un po' particolare: erano usciti a cena in un ristorantino piccolo ma elegante, per poi andare a guardare le stelle. Dopo aver commentato la volta celeste, era sceso un fastidioso silenzio imbarazzato. Diantha aveva cercato di trovare un argomento interessante con cui spezzarlo, quando, nel girare il volto verso Jack, si era ritrovata il viso del ragazzo a pochi centimetri dal suo. Aveva deglutito, mentre la baciava con dolcezza infinita, chiudendo gli occhi. Si era staccato, mentre la tensione si poteva tagliare con un coltello. - Ti amo - le aveva sussurrato, con gli occhi colorati che riflettevano il luccichio delle stelle. - Anch'io - aveva risposto, e da lì una cosa aveva tirato l'altra. Quando si risvegliò, nuda, nel suo letto, con un braccio di Jack attorno alla vita, capì che era in assoluto il suo primo e unico amore. Un amore eterno ed impossibile, ma il solo che desiderava nella vita. Due anni più tardi nacque la piccola Jewel, diversa da entrambi di aspetto ma molto simile al padre di carattere. Il dolore della scomparsa del marito non cambiò i suoi sentimenti, e piuttosto che trovarsi un altro uomo decise di crescere la figlia da sola, continuando a credere che un giorno sarebbe tornato. Perse di vista Alyss, per poi ritrovarla felicemente al matrimonio con il taciturno Elliot. Ebbero tre figli, due maschi e una femmina, alla quale fece da zia dopo che anche Jewel se ne andò. Ma non smise di sperare. Prima o poi, il cielo le avrebbe restituito Jack, il suo amato Jack.

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Capitolo 14
*** Finalmente salvi ***


Pochi attimi prima c'era stata una battaglia: Jack contro Jack, o meglio, Jack contro il suo sosia. Distinguerli era impossibile, eppure Jewel c'era riuscita. Ora lei, Jack, e Alex, si stavano guardando in silenzio, senza sapere di preciso che dire. Erano un po' scossi, gli ultimi avvenimenti non erano cose da tutti i giorni in quel mondo strano. - State tutti bene? - domandò Jewel preoccupata. - Sì... - rispose Alex fissando i suoi occhi grigi su quelli castani della ragazza. - Hm-hm - annuì il padre. Sospirò, sollevata: - Bene - . - Ragazzi... da oggi nulla è più sicuro. - li avvisò Jack, scuotendo lentamente la testa - volete tornare a casa? - chiese, incerto. - Dopo tutto quello che abbiamo dovuto passare? - domandò la ragazza, incredula. - Come non detto, ma la possibilità è sempre lì - replicò. - Domani... scenderete al villaggio! Comincia la missione! - esclamò, cercando di sembrare energico. - Già... - commentò neutro Alex. Silenzio imbarazzato. - Vado a controllare Storm - si cavò dall'impiccio Jewel, fuggendo dall'unicorno. Jack fissò il biondo, pensieroso, e il ragazzo lo fissò a sua volta, sulla difensiva. Si alzò, sorridendo impercettibilmente: - Sei un bravo ragazzo, Alex - mormorò, dandogli una pacca leggera sul capo. Il ragazzo rimase immobile, per poi girarsi stupito quando se ne andò. Si grattò la testa, domandandosi se fosse impazzito o cosa. "O cosa, di sicuro" e ridacchiò fra sé. Forse Jack non era così male come pensava. E da qualcuno Jewel doveva pur aver preso, rifletté. Al pensiero della missione un brivido gli attraversò la schiena: il pericolo non lo spaventava, e gli venne una voglia smaniosa di combattere. "Frena i bollenti spiriti, Superman!" lo rimbrottò la vocina nella sua testa, e allora mise il broncio: doveva aspettare davvero fino a domani?

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Capitolo 15
*** Il villaggio ***


- Allora, ragazzi... non dovrebbero servirvi le armi, al villaggio, ma non si sa mai. Penso che agire di nascosto non sia l'opzione più adatta, per cui sarete dei "forestieri". Io vi seguirò, ma non direttamente perché il contatto con il me del passato squasserebbe lo spazio temporale. Terrò io Storm. Mi raccomando, fate attenzione - usò il plurale ma guardò Jewel. Lei si morse il labbro: - Noi staremo attenti, ma tu non fare nulla di pericoloso - ribatté tremante. Alex annuì, alzandosi. - Andiamo - disse stiracchiandosi.  Dovettero camminare per qualche ora prima di giungere al villaggio: era composto da tante piccole casette di pietra col tetto di paglia, con qualche edificio qua e là come il fabbro, il taglialegna, il macellaio. In fondo c'era una casa più grande delle altre, probabilmente quella del capo villaggio. Jewel si voltò verso Jack: - Quale...? - lui fece un cenno con la testa. - Quella più grande... - borbottò, stringendosi nelle spalle. - Ah - si insultò mentalmente per aver fatto una domanda scomoda. - Non vi preoccupate, sono molto ospitali qui - li informò. "Per adesso" aggiunse mentalmente fra sé. - Oh, meglio per noi - sorrise Alex, che finora era stato in silenzio. - È giunto il momento... - mormorò l'uomo senza parecchia convinzione. - Eh già... - commentarono, senza fare una piega. Si riscossero: - Allora andiamo! Ciao Jack! - esclamarono con finta allegria. E così l'uomo li guardò dirigersi verso il villaggio, verso il pericolo, senza poterci fare nulla, se non augurar loro buona fortuna e pregare che stessero bene.

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Capitolo 16
*** La boutique del fuoco ***


Mentre attraversavano con noncuranza le vie del villaggio, Alex e Jewel si sentivano osservati. In effetti oltre ad essere delle facce nuove, lì, indossavano pure degli abiti piuttosto stravaganti rispetto agli abitanti del posto. La ragazza adocchiò una minuscola boutique e vi si infilò, trascinando con sé il biondo. Li accolse una ragazza della loro età, con un sorriso enorme e finto stampato in volto: - Benvenuti! - esclamò. Jewel iniziò a curiosare fra gli scaffali, mentre il ragazzo guardava distrattamente qua e là. Mentre Jewel afferrava un paio di abiti per provarseli notò la commessa provarci spudoratamente con il suo ragazzo: digrignò i denti, poi sorrise il più convincentemente possibile e le si avvicinò. - Scusa, mi aiuti? - e senza aspettare la risposta l'afferrò per un braccio e trascinò verso i camerini. Alex sospirò, iniziando a guardare con serio interesse gli abiti appesi agli attaccapanni. Jewel ricomparve circa mezz'ora dopo, indossando un abito rosa con le maniche a sbuffo e delle balze voluminose, decorato con delle piccole gemme azzurre. - Wow - riuscì solo a dire il ragazzo, ammirandola. - Non restare lì impalato - sibilò al suo orecchio - devi provare e prendere qualcosa anche tu! - si sistemò il vestito. Il ragazzo arraffò i primi abiti che gli capitarono in mano, poi andò a cambiarsi, rifiutando cortesemente l'aiuto della giovane commessa. Mentre era voltata, Jewel ne approfittò per spiare Alex: la vista della sua schiena nuda e muscolosa le fece salire un certo istinto animalesco, ma cercò di calmarsi. Proprio nel momento in cui si stava leccando le labbra in modo famelico il ragazzo si voltò, e per poco non si mise a strillare come una ragazzina: - JEWEL!!! - esclamò a voce un po' troppo alta, e lei lo baciò per zittirlo. - SHHHH, sei impazzito? - poggiò le mani sugli addominali lievemente pronunciati, mentre riprendevano a baciarsi con foga. - Ora - disse cercando di riprendere fiato - vedi di provarti 'sti dannati vestiti - gli ordinò con tono fintamente scocciato. La fissò incredulo, per poi scuotere la testa. Riuscì a trovare qualcosa anche per lui, poi pagarono. Jack aveva dato loro un sacco di soldi, solo che lì costava tutto un terzo di meno che nel futuro. - Spero di rivedervi presto! - Jewel pensò che sarebbe stato più utile un pupazzo parlante al posto di quella commessa. Stavano per uscire quando la voce squillante di quella rompiscatole li interruppe: - Ehm... non vi ho mai visti qui. Di dove siete? - chiese. Alex fece per aprire la bocca, ma la sua ragazza lo fulminò con lo sguardo: - Aha, abbiamo viaggiato così tanto che non ci ricordiamo più da dove siamo partiti! Resteremo qua per un po'... una settimana, forse. Arrivederci, e buona giornata. - glissò elegantemente il discorso, maledicendosi per aver rivelato il loro tempo di permanenza. Si preannunciava una settimana intensa.

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Capitolo 17
*** I forestieri ***


Avevano vagato un po' per il villaggio, parlando occasionalmente con le persone che incontravano e presentandosi come dei "viaggiatori". Alla fine a parte comprare dei vestiti e un po' di pane dal massiccio ma simpatico panettiere non avevano concluso altro. Erano ritornati da Jack, che era sbucato fuori da un cespuglio all'improvviso, con parecchie foglie in testa. - Presumo che non abbiate trovato qualcuno che vi ospiti. - commentò, davanti alle loro espressioni stanche. - Be', ci arrangeremo, come sempre - mormorò Jewel, esausta. Il giorno dopo tornarono al villaggio, e si imbatterono in Mack, il padre di Jack, nonché nonno di Jewel e capo villaggio. In quel momento non sembrava così ombroso come nei frammenti, anzi, i suoi occhi grigi scuri scintillavano benevoli. I capelli color castano mora erano lunghi fino alla schiena, con una cresta che occupava tutta la testa e in fondo un legaccio azzurro elettrico che formava un piccolo codino. Sorrise calorosamente: - Voi dovete essere i forestieri arrivati ieri, giusto? Si parla tanto di voi qui al villaggio! Io sono Mack, il capo villaggio, e voi siete...? - i ragazzi si guardarono, leggermente intimiditi. - Io... mi chiamo Jewel, e lui è Alex - li presentò la ragazza. - Immagino che non avrete un posto dove dormire... - disse, pensieroso. - Già... - replicarono semplicemente. - Perché allora non venite a stare da noi? - propose allegramente. Annuirono con entusiasmo, ma dentro erano terrorizzati. La grande casa del capo villaggio era arredata in modo semplice e un po' rustico. La porta si aprì con uno scricchiolio inquietante: - Mack? Chi è? - domandò una voce femminile. Poco dopo apparve una bella donna sui trent'anni, con lunghi capelli castani scuri e due begli occhi scuri. "Ecco da chi ho preso" pensò Jewel, notando l'impressionante somiglianza con la nonna. - Oh, abbiamo ospiti - sorrise. Dietro di lei comparve un bimbo sui due anni, che la ragazza identificò come Jack. Vedere il padre da piccolissimo le fece una tenerezza immensa: sembrava un cerbiatto con quei grandi occhioni colorati e i capelli ancora vaporosi come le piume di un pulcino. - Loro sono Jewel e Alex, i forestieri di cui si vocifera al villaggio - spiegò Mack - staranno da noi per un po' - aggiunse piano. - Jack, saluta - lo incitò la madre, e il bimbo caracollò timidamente fino a Jewel. La ragazza si chinò, allungando una mano verso il bimbo, che la strinse con la sua. Non appena si sfiorarono avvertì una scossa fortissima, ma la ignorò. - Ao, -ewel - disse con la sua voce bassa e infantile. Iniziò a far le coccole al bimbo, sotto lo sguardo dei genitori e di Alex, che pensava che la sua ragazza sarebbe stata un'ottima madre. - Ti piacciono i bambini? - le chiese la donna dopo essersi riappropriata del piccolo. - Tantissimo... - sospirò Jewel sognante. - Oh, e quando...? - la ragazza arrossì violentemente: - L'anno p-prossimo ci sposeremo... - confidò a bassa voce. - Buona fortuna, cara - le augurò, dandole un buffetto sulla guancia. Iniziarono ad esplorare un po' meglio il villaggio, fermandosi ad una specie di bar. Ad un tavolo c'erano riunite un sacco di ragazze, fra cui la commessa della boutique. Si avvicinò abbastanza da origliare: - Avete visto i forestieri? Chi sono? - domandò una. - Sono una ragazza e un ragazzo... lui è stupendo! - Jewel rise sotto i baffi. - Oh, dici che ci dovrei provare allora? - chiese un'altra. - Non te lo consiglio - si intromise la commessa - sono venuti alla boutique e li ho visti che si baciavano nei camerini! - esclamò, quasi scandalizzata. - Ah, peccato - commentò l'altra delusa. - Ma poi lo sapete che sono ospitati dal capo villaggio? - saltò su un'altra ancora. A quel punto Jewel aveva già udito abbastanza: - Andiamo, Alex - lo chiamò, senza smettere di sorridere.

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Capitolo 18
*** Paura ***


- Alex? - una voce lontana lo chiamò. - Alex! - ancora. - Mmmm... ancora cinque minuti, mamma - biascicò, rigirandosi nello scomodo letto. - ALEX!!! - la voce gli perforò i timpani, mentre qualcuno iniziava a scuoterlo per le spalle. Spalancò gli occhi di colpo, mettendosi seduto: - Je'... - cercò di recuperare la lucidità - che c'è? - nella stanza era ancora tutto buio mentre fuori iniziavano a brillare le prime luci dell'alba. - Idiota, dobbiamo controllare la situazione attuale della radura - sbottò, sempre la solita Jewel: si era illuso che qualcosa, non tanto ma qualcosa, fosse cambiato, ma a quanto pare non era così. Un sorrisetto gli apparve sul viso, mentre cercava di rubarle un bacio. Lei lo spinse via e lui mise il broncio, offeso: - E sentiamo, perché dobbiamo andarci a questo orario infausto? - domandò. - Perché ora non ci sarà nessuno, sicuramente! - replicò con ovvietà. - Sarà, ma a me non cambiava niente andarci più tardi - borbottò, iniziando a vestirsi. La ragazza sospirò forte, poi il più silenziosamente possibile uscirono di casa. Non si accorsero del bimbo che segretamente li stava seguendo. Camminando, Alex sbatté il piede contro un sasso appuntito: - AHIAAA AHIAAAA AHIA!!! - iniziò a saltellare su un piede solo, tenendosi l'arto ferito, sbraitando improperi a non finire. Jewel scoppiò a ridere, mettendosi una mano sulla bocca. Era così buffo e ridicolo che dovette tenersi la pancia, piegata in due dal ridere. - Non ridere delle disgrazie altrui - la sgridò, guardandola di sbieco. Dato che non smetteva, le voltò le spalle e riprese a camminare a passo spedito. - Eddai, Alex, scusami! - lo raggiunse, correndo, ma all'ultimo inciampò, volando in avanti. Il ragazzo si girò a guardarla, mettendosi a ridere: - AHAHAHA - Jewel non commentò, limitandosi a dire: - Ora siamo pari - . Raggiunsero la radura, dove soffiava una brezza leggera. - Wow... è molto più bello che... nel futuro - sussurrò, mentre l'aria le scompigliava i lunghi capelli. Un gridolino giunse alle loro orecchie, poi videro il piccolo Jack scoppiare a piangere tenendosi un dito. - Jack! Che cosa ti sei fatto? - la ragazza controllò attentamente la manina del bimbo: da un punto minuscolo sul dito usciva qualche goccia di sangue, probabilmente si era punto con qualcosa. - So-ellona - piagnucolò, e Jewel si sentì invadere da una tenerezza immensa. "Se solo sapesse..." pensò, accarezzandogli la testolina, facendogli emettere un verso deliziato. - Cos'è tutto questo trambusto? - una voce tonante e brusca li fece sobbalzare. - Cosa ci fate qui, voi? - Mack. Un brivido percorse loro la schiena. - Ehm... abbiamo sentito un grido e siamo venuti a vedere - infondo non era proprio una bugia. Li squadrò da capo a piedi: in quel momento faceva davvero paura, con gli occhi bui e un'espressione arrabbiata. - Cos'è successo? - chiese, rilassandosi appena. - Si è punto con qualcosa... - spiegò Jewel, continuando ad accarezzare la testa del bimbo. - Oh Jack, cosa mi vai a combinare! - esclamò il padre, sorridendo. Da un'altra parte il Jack adulto fu colto da un fremito, mentre la testa iniziava a girargli. Cadde bocconi, aggrappandosi ai fili d'erba. - Ugh... - non pensava che Jewel, mettendosi a contatto con il Jack del passato, gli avrebbe provocato accidentalmente dolore. Dentro al petto, sopra al cuore, dove risiedeva la magia, tutto gli pulsava dolorosamente. "Lo sai benissimo, l'hai sempre saputo anche quando hai proposto tutto ciò ai ragazzi che non possono esistere due Jack, neanche in un universo parallelo. Lo sai che scomparirai, e allora perché non gliel'hai detto? Perché l'hai illusa?" la voce nella sua testa aveva ragione, aveva maledettamente ragione, ma non voleva e non poteva ascoltarla.

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Capitolo 19
*** Assetato di potere ***


Le giornate trascorrevano pigre, senza che accadesse nulla di particolare, e Jewel cominciava a chiedersi se Jack non li avesse portati nell'epoca sbagliata. Intanto aveva fatto amicizia con un ragazza, Daisy, e ci passava tutto il tempo a chiacchierare. Anche lei amava i cavalli e trascorrevano intere ore a parlare dei loro destrieri: le aveva anche mostrato la sua giumenta, Pie. Una bestia piuttosto pigra e sonnacchiosa, con un bel pelo falbo. Jewel invece aveva descritto Storm come un normale stallone, mentre se la rideva sotto i baffi pensando a che faccia avrebbe fatto la sua amica se avesse saputo che in realtà era un unicorno. A mezzanotte precisa, ne udì i rintocchi, sentì la porta aprirsi lentamente, per poi chiudersi con un colpo: insospettita, uscì anche lei e si diresse alla radura. Sentì delle voci e si nascose dietro ad un cespuglio: - Presto sarai mio - era lo voce del capo villaggio. Una fiaccola illuminò l'area circostante, e la ragazza si fece piccola piccola. L'uomo accarezzò i petali del grande fiore, che parve ritrarsi al suo tocco. - No... - le scappò, e Mack si voltò. Scivolò lentamente indietro, poi col cuore in gola si mise a correre, senza fermarsi, il più lontano possibile. Rientrò in casa senza emettere alcun rumore e si infilò velocemente nel letto. Il giorno dopo il capo villaggio la fissò con sospetto, ma non disse nulla. Jewel era terrorizzata, e sentiva il bisogno di parlarne con Jack. Lo trovò al limitare della foresta, davanti ad una carcassa di cervo da cui gocciolava ancora il sangue. Gli raccontò tutto e lui annuì con sguardo neutro: - Grazie di avermelo riferito - disse solo. Non sapeva la ragazza quanto dentro stesse male, quanto si sentisse morire al pensiero che l'avrebbe abbandonata, e questa volta per sempre.

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Capitolo 20
*** In trappola ***


- Jewel, fai attenzione. Non mi piace la situazione che si è venuta a creare - erano state le ultime parole di Jack prima che sparisse di nuovo nella foresta. Lei aveva fatto una smorfia, poi era tornata al villaggio. Aveva visto Mack dirigersi di nuovo alla radura e stavolta aveva chiamato Alex. Nascosti nei cespugli, l'avevano spiato, cercando di origliare. Il capo villaggio si era messo a parlare con uno sconosciuto in una lingua incomprensibile, poi aveva detto: - Domani cominciano le operazioni - e allora avevano deciso di intervenire. Si voltarono verso di loro: - Cosa state facendo qui? - aveva chiesto Mack, arrabbiato. Gli occhi gli scintillavano in modo inquietante, non più benevoli. La ragazza ignorò la domanda: - Non farlo. Stai commettendo un errore che costerà caro a tante persone, sei ancora in tempo per cambiare idea - disse decisa. Li fissò freddamente: - Prendeteli - ordinò. Sguainarono le armi, ma era troppo tardi: erano in trappola. Vennero accerchiati e catturati: - STAI COMMETTENDO UN ERRORE! - urlò Jewel con tutto il fiato che aveva in gola. Si divincolò: - Lasciaci andare! - ruggì Alex. - No, altrimenti mi ostacolerete ancora - replicò, mentre venivano trascinati via. Vennero rinchiusi in una cella buia e puzzolente. - Dobbiamo andarcene di qui, Alex - singhiozzò la ragazza. - Shh, non piangere - nonostante avesse le mani legate, il ragazzo le si avvicinò e le asciugò le lacrime ad una ad una con le labbra. - Va meglio? - le chiese dopo un po'. Ma lei non rispose, perché, con la testa appoggiata sulla sua spalla, si era addormentata. Alex sospirò, appoggiando a sua volta la testa su quella della ragazza, pregando che qualcuno venissi a salvarli, e in fretta.

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Capitolo 21
*** Prigionieri ***


Erano passati tre giorni, tre giorni di prigionia in quella squallida cella. Tre giorni in cui erano stati impotenti, a guardare in silenzio il giorno che si alternava alla notte da una minuscola finestrella. Jack era molto preoccupato: non vedeva i ragazzi da un bel po' di tempo e questo lo stava mandando in crisi. Stava andando a grandi passi al villaggio, quando una terribile fitta al petto lo costrinse a fermarsi. Il grande fiore soffriva, e lui con esso. Un dolore atroce si diffuse dal petto fino alla testa: cercò velocemente un posto riparato, poi vi si accasciò e perse conoscenza. Intanto una figura incappucciata era entrata nella cella e aveva slegato i polsi ai ragazzi: - Andatevene - disse solo. Loro esitarono, sorpresi. Vennero spinti fuori a forza, e allora non ci pensarono più. Si misero a correre per i corridoi deserti, senza guardarsi indietro. La luce del sole li schiaffeggiò con violenza, beffandosi dei loro occhi non più abituati agli spazi luminosi. Rabbrividirono: la temperatura era calata notevolmente. Brutto segno. - Oh no! - esclamarono all'unisono. Se faceva così freddo, significava che le operazioni erano cominciate. - Dobbiamo trovare Jack, subito. - disse la ragazza, battendo velocemente le palpebre per non mostrare gli occhi lucidi. Avevano combinato un pasticcio e ora toccava a loro sistemare le cose, ma ci sarebbero riusciti?

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Capitolo 22
*** Colpo di spada ***


Aveva paura, Jewel. Non riuscivano a trovare Jack da nessuna parte, e aveva il terrore che gli fosse successo qualcosa. Le vie del villaggio erano deserte: tutti erano rintanati nelle loro case, spaventati dagli avvenimenti. Alcuni uomini che coraggiosamente erano ancora fuori tentarono di acciuffarli, ma se la cavarono con qualche breve colpo di spade. Ripresero a correre, stavolta trovare Jack non era più un semplice bisogno, ma un'esigenza. Si ritrovarono al punto di partenza: - E ora? Senza Jack rimarremo intrappolati in quest'epoca per sempre! - anche Alex era in ansia, dopo aver cercato di mantenere il sangue freddo per tutto il giorno. La ragazza stava fissando un punto indefinito dietro di lui. - Jewel? - la chiamò. - Guarda! - esclamò, dirigendosi rapidamente verso un cespuglio. - Cosa...? - si inginocchiò, mentre la ragazza carezzava dolcemente i lisci capelli di Jack. - Uh... J-jewel - mormorò, aprendo gli occhi. - Che cosa succede? - gli chiese Jewel. - Il grande fiore... sta soffrendo. V-vi ho già spiegato tutto, no? Andate... fermate m-mio p-padre. - la guardò implorante. - E tu? - domandò Jewel. - Vi raggiungerò il prima possibile - rispose - chiama Storm - la ragazza fischiò e l'unicorno arrivò.

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Capitolo 23
*** Il giorno prima della battaglia ***


- Brrr - Alex rabbrividì vistosamente: la temperatura scendeva sempre di più, costringendoli a indossare vestiti su vestiti. Jewel sapeva che prima agivano meglio era, ma non se la sentiva di lasciare lì Jack, in balia del freddo e del suo stesso corpo che non gli dava pace, continuando a farlo sussultare in preda a fitte improvvise e dolorose. L'uomo si alzò, lentamente, traballando. - Possiamo andare - disse, prendendo un lungo respiro. - Jack ma... - la ragazza lo guardò, dubbiosa e preoccupata. - Niente ma. Sto bene. - affermò, per poi aggrapparsi al braccio di Jewel. "Non sta affatto bene" pensò lei, mentre gli angoli della bocca le si piegavano all'ingiù. Storm sbuffò piano, non vedere Jewel per tanto tempo l'aveva reso nervoso e irritabile. - Povero Storm, ne stai passando di tutti i colori, eh? - lo accarezzò per calmarlo e lo stallone le strofinò il naso contro il palmo, rasserenato. Una fitta più forte delle altre lasciò Jack senza fiato, che si piegò tenendosi lo stomaco: - Ugh - strinse i denti, ma era troppo. - Jack, non puoi combattere in queste condizioni - osservò Alex, subito seguito da Jewel. - Ce la faccio benissimo - ringhiò, testardo, e il ragazzo alzò gli occhi al cielo: "Mamma mia quant'è cocciuto... mi ricorda qualcuno..." pensò, guardando la ragazza. - E va bene! Andiamo! - sbottò Jewel, montando a cavallo. Raggiunsero di corsa la radura: lo spettacolo che si mostrò ai loro occhi era terribile. Una marea di uomini stavano strappando i fiori, che appassivano lentamente. Il grande fiore si ritraeva, donava un minimo di energia vitale agli altri, ai suoi figli, ma stava soffrendo. Stava morendo. - NO! - gridarono all'unisono, e tutti si voltarono. E con quel grido iniziò la battaglia.

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Capitolo 24
*** Tutto sbagliato ***


- Fermati! Non condannare degli innocenti! - l'unica risposta che ricevette fu una risata sprezzante. - Distruggeteli - ordinò, riprendendo a fissare il grande fiore. Sguainarono tutti le spade e i pugnali: - ALL'ATTACCO! - gridarono, e con aggressività si lanciarono nella mischia. Erano in tanti, ma loro erano più astuti. Mentre Alex era schiacciato sotto un gigante che cercava di soffocarlo arrivò Jewel, che con uno spintone dall'impensabile forza lo fece volare dall'altra parte, poi con una mossa aggraziata allungò la mano al ragazzo e lo tirò su: - Grazie! - e ripresero a combattere. Un bestione costrinse la ragazza in un angolo, armato solo degli enormi muscoli. Lei gli fece lo sgambetto e quello cadde come un sacco di patate: soddisfatta, fece per andarsene, ma quello le afferrò una caviglia, e per poco non cadde. Ritrovò in fretta l'equilibrio e con uno scatto gli piantò il pugnale nel braccio. Il bestione gridò, portandosi la mano al braccio e Jewel ne approfittò per svignarsela. Notò Jack in un angolo, al sicuro, sofferente. - Vai via, Jack - gli sussurrò, evitando agilmente la pioggia di colpi che tentavano di abbattersi sulla sua testa. L'uomo sgranò all'improvviso gli occhi: - Jewel! - gridò, quando da dietro di lei apparve l'unicorno che con un potente calcio spedì uno dei tanti combattenti nel mondo dei sogni. Nitrì e poi ridiventò invisibile: - Ma non... - non fece in tempo a dirlo che un fiocco le planò in viso. Alex la affiancò, parandole con maestria un paio di colpi: - È ora di fare sul serio - esclamò, eseguendo con precisione un affondo. La battaglia era a un punto fermo, erano tutti stanchi (e alcuni svenuti) ma non volevano, non potevano fermarsi. Jewel vide Storm accerchiato, impossibilitato a diventare invisibile: lo raggiunse rapidamente proprio mentre uno si preparava a sferrare un colpo mortale contro il suo amato unicorno. Senza pensarci gli si parò davanti: "Anche se andrà a finire così, non importa. Se devo morire, proteggerò chi amo fino alla fine" vide la spada avvicinarsi sempre di più al suo petto, ma non chiuse gli occhi. Una fiammata deviò il colpo, e la ragazza sgranò gli occhi: Jack stava ansimando, con un'espressione combattiva in viso, pallido, ma era lì. Si avvicinò all'uomo che aveva cercato di colpirli e lo afferrò per il colletto: - NON OSARE TOCCARE LA MIA JEWEL, MAI PIÙ. - disse, poi gli sferrò un pugno tanto forte che gli spezzò il naso. Tutti li stavano fissando, pietrificati. Si guardarono, lanciandosi di nuovo nella mischia. Lottarono fino allo stremo delle forze: Alex aveva qualche contusione, pochi graffi e un taglio su una guancia, Storm aveva il mantello candido segnato da lievi ferite, Jack era ancora debilitato dalle fitte, e inoltre lo sforzo per usare la magia lo rendeva debole. Jewel si ritrovò a fronteggiare Mack: - E ora a noi due - ringhiò, estraendo ancora una volta il pugnale. - FERMI! - una voce ruppe il silenzio. Si voltarono: il Mack del futuro li osservò, poi parlò: - Sei solo una sciocca ragazzina. Non capisci che è tutto sbagliato? Cambiando gli eventi del passato farai crollare il nostro mondo e tutti gli universi. Lo spazio temporale si squasserà, mandando in rovina tutti i mondi esistenti e i suoi abitanti! E per cosa poi? Non puoi avere indietro Jack. Può esistere un solo Jack alla volta, e fare andare le cose in modo diverso non cambierà il fatto che lui non può esistere, nel futuro. - le parole dure dell'uomo le fecero crollare il mondo addosso. Cadde in ginocchio, mentre le lacrime le facevano pizzicare gli occhi. Tutto sbagliato. Era tutto sbagliato. Non aveva neanche la forza di prendersela con Jack per averli ingannati. Non aveva più la forza per nulla. In quel momento notò con la coda dell'occhio Storm apparire dietro Mack. Chinò lentamente il muso verso il grande fiore. Tutti lo fissarono impietriti. La bocca le si spalancò: - NOOOOO STORM! - gridò, ma era troppo tardi. L'unicorno sfiorò il grande fiore.

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Capitolo 25
*** La luce della speranza ***


Un bagliore intenso li costrinse a chiudere gli occhi. Smise di nevicare, mentre iniziava a soffiare una brezza gentile: il dolore, la tristezza, la delusione e la rabbia svanirono, per lasciare il posto a un senso di pace che penetrò nell'anima dei presenti. Jewel si accinse a socchiudere gli occhi: davanti a lei Jack si stava facendo evanescente. - ... - iniziò a fluttuare. - No! - esclamò, alzandosi di scatto e afferrandogli le mani: - Io... io ti avevo promesso che ti avrei salvato! - le lacrime, silenziose e gelide, le scivolarono lentamente lungo le guance. - Non ti dimenticherò mai, Jewel - sussurrò piano, alzandole il viso. Sorrise dolcemente, poi si trasformò in tante piccole lucine argentee che lentamente salivano in cielo. - Jack... - lo chiamò, prima di ricadere in ginocchio. Suo padre non sarebbe tornato mai più. Mai più. Le si strinse il cuore, quando le venne in mente di Storm. - Oh no! - non poteva perdere anche lui. Si asciugò il viso, tirandosi su. Si voltò, e con sua grande sorpresa, davanti a lei, c'era seduto un bellissimo ragazzo. Aveva i capelli di un color verde/azzurrino, gli occhi blu come il cielo di notte e una stellina azzurra in mezzo alla fronte, che spiccava sulla pelle pallida. Lo sguardo corse più in basso, soffermandosi sulla canottiera arancio del ragazzo e poi sulle braccia lunghissime e sottili, ma con un accenno di muscoli. Scese ancora, stavolta guardando sorpresa le gambe slanciate ma perfettamente proporzionate fasciate dai jeans. - Storm...? - sussurrò, confusa. - Sì - rispose lui, con una voce bassa e calda - sono io - sorrise, un sorriso caloroso. - M-ma tu...? - indietreggiò involontariamente. - Uno stregone mi trasformò in unicorno quando ero bambino - spiegò, emettendo poi una risata cristallina. - Oh - ora la ragazza era senza parole. - E... come ti chiamavi, prima di diventare un unicorno? - gli chiese. - Non me lo ricordo più... ma ormai mi va bene Storm - lentamente si alzò e la abbracciò. Rimasero così per un po', mentre Jewel si lasciava cullare dal ritmo calmo del cuore del ragazzo. - Dove siamo? - domandò, guardandosi attorno. Sembrava la radura, solo che era illuminata dalla luce solare e circondata da una nebbia rosa. - Non... lo so - rispose Storm, sistemandole un ciuffo dietro l'orecchio. Vide il suo volto avvicinarsi notevolmente, i loro occhi incatenati, intenti a scrutarsi. Percepì il suo fiato caldo sulle labbra, prima che la baciasse. Un bacio dolcissimo eppure... sbagliato. Si scostò lentamente, ritrovandosi ad annegare negli occhi blu di Storm: - Ti amo, Jewel - disse. Aprì gli occhi, tirandosi su di scatto. Guardò Alex di fianco a lei che dormiva. "Era solo un sogno..." sospirò. Si trascinò fino in bagno: erano appena le sette. "Aspetta, le sette?!" si preparò in fretta. Poco dopo stavano entrambi facendo colazione in silenzio. Si ritrovarono a fissare lo stesso quadro praticamente nello stesso istante. - Prima non-... - il quadro ritraeva lei, Alex, Jack e Storm ancora unicorno. - Cosa...? - fissò Alex con aria interrogativa. Lui aveva la stessa espressione smarrita. Poi Jewel sorrise: - Sembrano passati anni da quando è successo... è già un ricordo. -

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