Il mondo sulle mie dita

di DoubleLife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sopravvivenza ***
Capitolo 2: *** Imprevisti nel momento sbagliato ***



Capitolo 1
*** Sopravvivenza ***


 

Immobile.

Ogni cosa intorno a me appariva immobile. Il paesaggio, il cielo, l'aria. Respirare ormai sembrava così innaturale. L'avevo paragonata all'atmosfera presente nelle profondità dell'oceano, dove erano il silenzio e la solitudine a regnare.

Già. Erano passati ormai tre anni, otto mesi, due settimane, sette giorni, dodici ore, cinquantasei minuti e ventotto secondi da quando vagavo in quel bosco alla ricerca degli ingranaggi del tempo. Da quando il mondo fu colpito da questa improvvisa e traumatica paralisi io non avevo fatto altro che contare. Tenermi bene a mente quanto tempo fosse trascorso dall'ultima volta in cui ogni cosa poteva muoversi liberamente. Quest'aggettivo potevo considerarlo come la vera parola chiave della vita in generale. Liberamente. Ogni essere vivente, che animale o umano esso sia, ha il proprio diritto di essere libero di fare ciò che desidera in ogni momento. Come camminare, parlare, giocare; le solite cose che una persona libera da ogni problema è solita a fare. Quello che ero capace di fare il più delle volte, da allora, era osservare. Contemplare ogni singola cosa immobile, dedurre cosa stessero per fare o facendo, rimanere interdetti mentre si osservava un qualcosa fermato nel pieno del movimento.

A parlare non ero un granché. Se mi avessero dovuto catalogare sotto un aggettivo, sicuramente il mio sarebbe stato silenziosa. Ero sempre stata molto introversa, sia nei modi di fare che di parlare e le persone che mi conoscevano lo sapevano bene. Seppur abbia sempre avuto un buon modo di parlare e di scrivere, la mia lingua la sapevo parlare, come ogni persona è capace.

Le cose erano cambiate. Da quando non dialogavo più con qualcuno che mi potesse essere stata amica, ero rimasta zitta. Ero arrivata a tal punto di ragionare in modo visivo, lasciando che fosse l'istinto a prevalere prima di tutti. Senza nessuno con cui poter parlare, ormai anche la mia voce era estinta con i miei simili.

Ma poi accadde l'impensabile.

Un giorno, precisamente il cento undicesimo, mi imbattei in qualcosa. Ero allora giunta in un minaccioso cratere cinereo, da cui non si poteva nemmeno calcolare la profondità in assenza di oggetti inutilizzabili corrosi da ruggine o altro.

Ormai ero abituata a sentire il silenzio. Udire qualcosa dalla profondità di quella voragine mi sembrò quasi un sogno; dei cigolii sinistri, come se qualcosa potesse muoversi mesto all'oscurità regnante. Rumore. Il mio cuore batté freneticamente solamente a quel pensiero, che per la prima volta si realizzava dopo tanto tempo di cupa quiete. Fu un attimo scorgere anche delle figure. Inquietanti quanto straordinarie, mi parevano dei piccoli esseri dagli occhi brillanti muoversi in gruppo, disperdendo nel morto eco passi svelti e sghignazzamenti vari; fu per me davvero difficile comprendere che quelli potessero essere Pokémon di tipo buio. Rimasi lì, ad osservare i loro movimenti scattanti verso un ipotetico sentiero che proseguiva alla mia destra, come se per me fosse stata la cosa più anormale di tutta la mia vita.

Quello, il momento più emozionante che accadde dopo tanto silenzio, fu l'inizio di una nuova ricerca. Volevo a tutti i costi ritrovarli. Forse mi avrebbero attaccata, ma avrei fatto un tentativo pur di risentirli far baccano.

Ecco, il cento trentaseiesimo segnò un altrettanto ed importante evento.

Vagavo in un percorso roccioso dall'aria tetra e solitaria, tenendo in mano un pezzo di pane. Era raro trovare qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti già preparato: difatti mangiavo molto lentamente ogni piccolo boccone di pane, affinché mi spronasse di superare quel lugubre luogo che mi metteva non poco i brividi. Arrivata ad un punto morto, circondato dalle solite e ripetitive rocce, mi ritrovai davanti ad un essere vivo. Era piccolo, indifeso, verde, con una lunga coda del medesimo colore. Tremava come una foglia, raccolto a sé. Era impaurito.

Mi meravigliai. Un'altra cosa in movimento, viva, che potesse essere libera del tempo fermo. Non ci mise a capire molto, il piccolo esserino, che lo stavo contemplando nel pieno dei suoi problemi. Mi guardò anche lui, probabilmente per valutare se gli avessi voluto far del male o meno. I suoi grandi occhioni gialli vagavano dalla mia faccia alla pagnotta. Quando me ne resi conto, sorridergli fu una cosa spontanea. La mia voce sgorgò fuori dalle mie labbra e con essa il mio stupore.

-Ne vuoi un pezzo?-. Squadrò nuovamente la mia figura, cercando di pensare alla sua incolumità. Poi si incamminò cauto verso di me, facendo sì che io potessi chinarmi per poter sfamare il piccolo Pokémon. Quando arrivò sulle mie ginocchia, non indugiai a dargli il pezzo di pane e poterlo osservare meglio, cercando di ricordare quale tipo di creatura fosse. Gli cedetti l'altra metà del mio cibo, dicendogli che a me era passata la fame. Quella sorta di geco continuò ad osservarmi riconoscente, mentre finiva di mettere l'ultimo pezzo di pane in bocca.

-Ho una proposta da farti.-, gli dissi improvvisamente, attirando la sua attenzione.

-Sono stata sola per molto tempo e non mi dispiacerebbe stare in tua compagnia.- una mano si rivolse al piccolo straniero, -Perché non vieni con me?-. Il verde mi guardò come se fossi stata pazza, spalancando ad oltranza le sue iridi da rettile.

Dopo una manciata di minuti annuì, accettando così la mia proposta. La mia gioia poteva toccare il cielo! Lo sollevai con le braccia, risi come non mai ebbi fatto da quando il mondo morì in preda alla paralisi. Il Pokémon si concesse solo una scioccata scoccata, mentre mi dimenavo davanti ai suoi occhi per la felicità.

Non scoprii per molto tempo quale fosse il suo nome, benché mi sembrava vagamente familiare la sua figura. Imparò in fretta a tenermi il passo, a cogliere il cibo commestibile dalle rovine e, soprattutto, farmi compagnia. Un viaggio che prima poteva essere noioso e solitario, fu migliorato dalla presenza di una piccola pallottola verde saltellante. Ci sorridevamo a vicenda, dandoci forza a continuare quello che pareva un interminabile cammino.

Ah, ecco. Giorno cento novantesimo, ore 15. Avevamo trovato una biblioteca nel mezzo di una città. Ci guardammo, come se al suo interno ci potesse essere una minaccia. In effetti non sapevamo cosa potesse celare in quel luogo chiuso. Entrammo comunque, ignorando i vari pensieri di qualche creatura al suo interno, cosa che poteva esser possibile.

Un odore di polvere mista a materiale cartaceo colpì le mie narici. Un gran sorrisone venne prima delle mie parole.

-Abbiamo trovato il posto perfetto per ripararci.-. Il mio compagno mi guardò emozionato, come se mi avesse voluto dire che finalmente avevamo un posto in cui stare.

Poi mi venne un'idea.

-Io cerco l'enciclopedia dei Pokémon da questa parte, te vai dalla parte opposta!-Scattammo verso i scaffali ricolmi di libri, straordinariamente intatti malgrado le condizioni temporali. Seppur non leggessi da tempo, riconoscere le copertine non mi fu difficile.

Cucina primaverile, no. Clima e luoghi, no. Collezione MT, tutte le risposte che hai sempre cercato!, certo, come no. E così via. Libri di diverso tipo che erano piazzati davanti a me, colorati da ogni singolo tono o più, decori banali e particolari, che scartavo velocemente con furia.

Finalmente riconobbi il libro. Lo tirai fuori dal suo ripiano con delicatezza, pulendolo dalla grande quantità di polvere di cui era ricoperto. Era di un blu oltre mare, con un nastro rosso alla sua estremità. Due grandi parole occupavano lo sfondo, brillando di un bianco panna.

Enciclopedia Pokémon.

Richiamai subito il mio amico, che non capiva allora cosa volessi farci con un'enciclopedia.

La sfogliai velocemente, trovando su ogni pagina infinità di Pokémon di ogni tipo, genere, sesso e generazione. Ci vollero dieci minuti per trovare la pagina a me richiesta. Un esserino verde, dal petto rosso e dagli occhi ambra, munito di zampe posteriori, anteriori e di un muso, occupava una pagina giallastra nei due quarti del libro. Era esattamente uguale al mio compagno, il quale osservò attentamente la figura.

-Treecko. Il Pokémon legnogeco.-, dissi leggendo meccanicamente ciò che era riportato sul libro. Mi guardò non capendo cosa volessi intendere.

-Finalmente so come ti chiami. Non sai quanto io sia felice, finalmente qualcosa che mi capita di bello!-, esclamai commossa, tremando per l'emozione. Accarezzai Treecko affettuosamente.

-Piacere Treecko. Mi chiamo Sophie e, anche se è tardi per le presentazioni, sono estremamente felice di sapere cosa tu sia.-. Treecko realizzò in pochi secondi cosa succedesse. Lo vidi sorridere nascostamente, mentre ancora ero vittima dell'emozione.

Incredibile. Non mi ero mai sentita così soddisfatta come allora. Certo, anche cogliere del cibo commestibile era una gran soddisfazione. Ma non era quel genere di soddisfazione che si potevano portare con sé a lungo. Invece quella che sentii la potevo vedere, toccare, abbracciare, parlarci per molto tempo. Anche se eravamo in un mondo paralizzato, noi avremmo avuto la possibilità di vivere assieme per altri trecento sessantotto giorni e più.

Allora non potevo sapere cosa sarebbe accaduto poi a me e al mio compagno e in quali grossi e complicati guai ci saremmo infilati.

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Capitolo 2
*** Imprevisti nel momento sbagliato ***


Anche se il tempo del mondo era destinato a deteriorare ogni cosa, sia io che il mio compagno nutrivamo un piccolo barlume di speranza affinché avremmo potuto rivedere il sole sorgere imponente tra le macerie di quel piccolo teatro in bianco e nero.
 
Da quando avevamo trovato quella biblioteca, passammo molti giorni a leggere la maggior parte dei manoscritti più intatti. Più che altro ero io a leggerli; Treecko si limitava a crogiolarsi sopra i tavolini d'ebano del confortevole posto, concedendosi addirittura un pisolino ogni tanto. Al duecento quarantesimo giorno lessi ogni libro del piano, ampliando le mie conoscenze sia geograficamente che culturalmente. Trovai un sacco di libri che trattavano sull'allevamento pokémon, altri specializzati nelle strategie di lotta ed altri che, francamente, non mi avevano suscitato alcun interesse. 
Nonostante la stanza ospitasse un grande numero di libri delle più svariate tematiche, del cibo non ci fu nemmeno l'ombra. Probabilmente nessuno prima che noi venissimo lì era entrato in quel silenzioso luogo e questo mi rassicurava, ma l'idea di uscire dalla nostra nuova tana mi spaventava non poco e Treecko sembrava che condividesse il mio stesso parere. 
Purtroppo, il giorno stesso in cui finii il mio quadri millesimo cinquecento ventiduesimo libro sulla fauna e flora della conosciuta regione di Kanto, varcammo le appannate e sporche porte di vetro cerulee che ci separavano dall'aria aperta.
Tutto ciò che vedemmo qualche giorno prima rimase tale. La distesa di macerie che avevamo attraversato scaltramente (scalandola lateralmente piuttosto che in lungo), si alzava fino a creare un massiccio non troppo stabile; varie travi metalliche erano bloccate in esso, spuntando da quest'ultimo inermi schiacciate dal peso della montagna. Una volta attraversato l'incerto massiccio, facendo attenzione a non rimanere coinvolti in una disastrosa valanga, il paesaggio si apriva in un tetro grigio ed ospitava solo le solite sbriciolate case, rese così da chissà quale cataclisma. Gli unici palazzi superstiti, che si reggevano a stento grazie al resistente scheletro da cui erano formati, erano tre: il Centro Pokémon, riconoscibile dal fiammante tetto rosso che brillava in tutto quel susseguirsi di deprimenti colori; un grosso edificio dinanzi al nostro riparo che non lo riconobbi, poiché parte del muro situato davanti a noi era stato distrutto e con esso parte della struttura era crollata; ed infine la biblioteca, incredibilmente stabile e in un ottimo stato rispetto alle altre due costruzioni, facendosi notare da un amabile verde foresta sulla sua sommità. 
Solo allora, quando ci eravamo avventurati in quella landa desolata alla ricerca di alimenti precotti, avevamo notato la gran quantità di legno che investiva parte della voragine che dapprima non avevamo visto. 
-Probabilmente qui c'era un ponte.-. E in effetti la mia teoria non era affatto errata: le cataste di legno si concentravano in un punto preciso di quel baratro, precisamente alla nostra sinistra. Superarle non fu affatto facile: saltammo tra una trave e l'altra cercando di rimanere in equilibrio, evitando così dei minacciosi abissi che ci ricordavano che dovevamo aver strette le nostre vite. Tra un'esitazione e l'altra, chiedendosi se era meglio saltare da quel legnoso sostegno o meno, giungemmo illesi da quel percorso ad ostacoli mortale. 
Il Centro Pokémon ormai era vicino. Avevo dedotto che, se ci fosse stato del cibo da qualche parte in quel trambusto, sicuramente quel palazzo ne ospitava grandi quantità. Treecko mi guardò deciso.
-È qui che sta la nostra ipotetica cena -sussurrai cautamente, come se qualcuno ci avesse potuto sentire-, sbrighiamoci che sto morendo di fame.-.
Corremmo quanto ci potessero permettere i nostri corpi. Eravamo così disperati di sapere se lì poteva esserci qualche alimento pronto da mangiare subito. Chi non lo sarebbe in una situazione simile? Non potevamo che sperare col cuore (e con lo stomaco, aggiungerei) che le mie deduzioni fossero esatte. 
Superammo il portone, ormai ridotto ad una manciata di schegge di vetro sparse sul pavimento dai toni caldi della rovinata infrastruttura. Non c'era anima viva nei paraggi, se non noi. Sorrisi compiaciuta.
-Treecko, controlla al piano di sopra; io guardo qui.-. Il piccolo geco seguì i miei ordini, mentre io controllai al bancone rosso pastello collocato subito dopo l'entrata, scavalcandolo ed entrando nel piccolo spazio che occupava quest'ultimo. La prima cosa che notai inginocchiata alla mia destra fu un grosso scatolone sospetto; correva nella sua superficie la frase "Fragile, da tenere in un luogo fresco e secco". E, quando c'erano avvertenze simili in una scatola di cartone, significava una sola cosa.
-Cibo!-. Non volevo crederci per quanto irreale potesse sembrarmi! Come poteva essere possibile, che qualcuno non avesse controllato in un posto più ovvio di un Centro Pokémon? 
-Vieni Treecko, presto! Ho trovato una scatola!-. Ma non appena mi alzai in piedi, a guardarmi intorno per gioire col mio amico, notai che egli non dava risposta ai miei esulti. Lo chiamai più volte, fino ad urlare come un'ossessa per tutte le stanze. 
Gli occhi vagavano fulminei da ogni parte, allarmandomi che del legnogeco non ce n'era traccia.
Uscii correndo dal Centro Pokémon. E a quel punto lasciai spazio alle imprecazioni irate che sfuggivano incontrollate dalla mia bocca, facendo sì che qualche lacrima di ansia solcasse impercettibile sul viso.
Non solo Treecko era improvvisamente scomparso, ma un familiare gruppo sinistro di Pokémon si era piazzato davanti a me. Dovevo prepararmi in fretta a quello che si sarebbe trasformato in uno spericolato inseguimento.


Nel frattempo in biblioteca...

... Penso che questo sia il "angolo dell'autore" più patetico nella storia di EFP D:

Buongiorno e/o buonasera a tutti quelli che leggono la mia fanfiction "Il mondo sulle mie dita"! Ringrazio coloro che hanno avuto il coraggio di leggerla e un saluto a Barks che l'ha recensita definendola molto bella! Grazie ancora c: Anche se ho cominciato da molto poco questa storia, sono soddisfatta dei primi due capitoli. All'inizio ero titubante nel voler pubblicare una schifezza  un racconto del genere: non avendo scritto per molto tempo (e la mia ff riguardo Ao no Exorcist ne è la prova) pensavo di esser diventata una sorta di imbecille nello scrivere! Ma più conta qui è la fantasia e non la grammatica, vero? 
Vi posso assicurare che nella scelta dei personaggi mi è saltato all'occhio un errore: N! Però, pensando bene, quando ho visto questo particolare mi sono detta "E perchè no?". L'idea che quel... tipo (meglio definirlo così, bah ò_ò) possa centrare nella mia storia mi stranisce non poco, anche perchè lui in un contesto simile non c'entra quasi nulla. Quasi. E quel quasi fa la differenza, perchè lui sarà uno dei personaggi chiave della mia storiella.
Vi lancio una sfida: mi sapreste indovinare, dalle dettagliate quanto vaghe descrizioni, la città in cui sono capitati i nostri due avventurieri? Se non fossi l'autrice direi che è parecchio difficile dire 'ndo stanno 'sti poveri disgraziati!
Secondo voi, cosa potrebbe mai accadere d'ora in poi? ... Perchè sono informata quanto voi! 
Una recensione non fa male a nessuno, siate gentili! ò/
DoubleLife

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