Broken

di TheGreatAndPowerfulZael
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shattered ***
Capitolo 2: *** Spilled Blood, Pt. 1 ***



Capitolo 1
*** Shattered ***


SHATTERED
 
Cammino, barcollando, invisibile fra la folla.
Trascino stancamente un piede sul duro cemento del marciapiede, con la caviglia slogata da chissà quanto tempo.
Ormai ne ho perso la cognizione. Che giorno è oggi? Martedì, Venerdì, Domenica? Non lo so, mi paiono tutti uguali. Un passante mi urta, e io cado, ferendomi il volto. A nessuno importa, e mentre inizia a piovere tento di rialzarmi, nonostante le continue e involontarie pedate che subisco dalla folla, consapevole o meno, della mia presenza.
In pochi secondi il marciapiede si svuota, e io sono ancora a terra, contusa e dolorante. Lentamente mi rialzo a fatica, e riprendo la mia inesorabile marcia. Il taglio sulla guancia sanguina, ma non sembra essere profondo; il sangue scorre, dipingendomi la parte sinistra del volto di un acceso rosso scarlatto. Porto una mano agli occhi e caccio via le gocce di pioggia che scendono dai miei capelli turchesi.
Non piango.
Non piangerò mai più.
Non dopo quella volta

Sono stata gettata via, una volta chiuso il laboratorio. Nata artificialmente, in provetta, cresciuta prematuramente grazie a chissà quali sostanze e chiamata progetto "Beta", in un laboratorio militare, chiuso poi "per presunti esperimenti contro l'umanità". Io e tutti gli altri siamo stati caricati su molti camion, e portati in un enorme campo.
Uno ad uno, scendevamo.
Uno ad uno, morivamo.
Uno ad uno, ci fucilavano.
"Non deve rimanerne vivo nessuno! Altrimenti l'appoggio del governo ce lo scordiamo!"
Sono riuscita a scappare, miracolosamente. Ancora ho le cicatrici dei colpi che mi colpirono alle spalle. Ma non riuscirono a fermarmi. Raggiunsi la foresta, e mi nascosi.
Uno ad uno, venivano.
Uno ad uno, cadevano.
Uno ad uno, li uccidevo.
Coperta di sangue uscii dalla foresta, con le lacrime agli occhi. Rivoli azzurri assumevano un colorito porpora mentre lavavano la linfa vitale che mi ricopriva. Guardai i miei fratelli e le mie sorelle, tutti morti, giustiziati sommariamente con un colpo alla fronte. Piansi, in ginocchio, per non so quanto tempo. Il sole tramontò, si levò la luna, e io piangevo. Si congedò la luna, il sole fece capolino, ma io continuavo a piangere.

Raggiungo finalmente la mia destinazione. Entro nel fortino di tessuto, cartone e legna che chiamo casa. Sono fradicia, e tremo dal freddo. Riesco ad accendere un piccolo fuoco con delle cartacce e cerco di far asciugare quell'unico straccio sudicio che oso chiamare vestito. Tocco il rigonfiamento sul piede, e mi mordo il labbro inferiore dal dolore. Non posso lasciarlo così. Prendo due tavolette di legno e lego al piede con una striscia di tessuto. Fa male. Un secco strattone, e urlò dal dolore. Ora però riesco a muovere il piede, e presto o tardi il rigonfiamento andrà via.
Prendo le due tavolette e la striscia di tessuto, e le uso per ravvivare il fuoco. Ora va meglio, ma sento gorgogliare lo stomaco. Sono due giorni che non ingurgito qualcosa.
Esco dalla "casa", arginando il fuoco con delle pietre. Non voglio rischiare che vada tutto in fiamme.
Il piede fa ancora male, ma è sopportabile, e io devo cercare qualcosa. Mi avvento su una pozza d'acqua piovana. Non è pulita, ma andrà bene ugualmente. Deglutisco a grandi sorsi quell'acqua sporca, inquinata; sa di cloro, di sostanze chimiche. Uno schifo, ma non posso permettermi dell'acqua pulita. Avvisto un bidone per rifiuti alimentari, e ci trovo dentro cibi marci o ammuffiti. Affrontando il disgusto, trangugio qualcosa, giusto per sopravvivere. So che starò male dopo, ma mi passerà. Come tutte le altre volte.
Torno alla "casa", e mi rannicchio vicino al fuoco. Controllo la guancia, e noto che ha smesso di sanguinare; effetto collaterale della mia crescita innaturale, presumo. Mi addormento, preparandomi per un altra giornata.

Mi sveglio in un luogo che non conosco. Sento caldo, e apro gli occhi. Non vedo altro che bianco: mura bianche, lenzuola bianche, fiori bianchi. Mi alzo, e vedo i volti di tutti i miei compagni. E allora capisco: sono morta. Li guardo, ma loro non sorridono. Loro non mi degnano di uno sguardo. Poi guardo meglio, e vedo che non possono guardarmi. Non possono sorridermi.
Orbite vuote insanguinate al posto degli occhi. Labbra cucite con il filo spinato. Indossano camici bianchi.
Mi sollevano dal letto, e mi tengono saldamente; non posso liberarmi.
Quando si fermano, inizio a vedere tutto rosso. Mi lanciano dentro una buca, e sento un dolore atroce. Vedo fiamme consumare la mia carne, bruciare con maestosa potenza, incenererirmi completamente.
Ma dalla cenere magicamente mi riformo, e brucio ancora, e ancora, e ancora. Forse è questo il mio destino. Forse dovevo morire con tutti loro. Li ricordo ancora tutti.
E chiudo gli occhi, con la mente inondata di pensieri tristi, mentre brucio.
Ma non piango.

Sobbalzo di soprassalto, svegliandomi questa volta per davvero. Il sole è ormai alto, per cui spengo il fuoco. Il rigonfiamento è quasi scomparso, e mi preparo per un altro giorno. Esco e cammino, incessantemente. Molti mi urtano, ma per loro non esisto. Non c'è spazio per i derelitti in questo mondo. Vige la legge del più forte. E io al momento sono un'ombra. Sono un insetto insignificante che svolazza ignorato vicino ad un gigante di metallo. Perché io sono stata creata dal nulla, e ritornerò al nulla.
Senza famiglia, senza casa, senza amici. Le uniche cose che avevo mi sono state portate via per un capriccio politico. Mi hanno portato via l'anima, perché ormai non sono altro che un automa rotto, senza uno scopo, abbandonato nell'angolo buio del magazzino di una fabbrica. In una parola: sono Beta.


Angolo di Zael
 
Ebbene ha inizio quella che potrebbe essere la fic più dark che io abbia mai scritto. Sappiate che per me è doloroso scriverla, dato che Beta è il mio personaggio preferito. Se vi piace o non vi piace, lasciate una recensione e ditemi cosa ne pensate. Ci si vede.
Ah, un'ultima cosa: BETA BEST GIRL.
Ora bye sul serio gente, ci si sente al prossimo aggiornamento.
Zael

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Capitolo 2
*** Spilled Blood, Pt. 1 ***


SPILLED BLOOD PT.1
 
Cammino, ancora, invisibile fra la folla.
Sento sguardi di disgusto, misto a pietà e compassione, ma li ignoro.
Se ci dessi peso, molto probabilmente, questa gente pagherebbe con il sangue.
Schivo più persone possibili, ma vengo urtata, e cado.
Non importa.
Sento una spina conficcarsi nella mia carne, seguita da una scarica elettrica.
Non sono ancora stesa, cerco di alzarmi per contrattaccare.
Vengo raggiunta da altre due scariche e svengo.

Quell'incubo mi perseguita.
Rivedo le facce dei miei compagni morti, ogni volta più mostruose, sfigurate.
Iniziano dalle dita, e me le strappano via.
Il sangue cola, e brucia, fuoco liquido.
Poi gambe, braccia.
Pezzo per pezzo, mi dilaniano.
Fiotti di sangue sgorgano, e fa male.
Ma non piango, non piangerò mai più.
Mi cavano gli occhi.
iniziano a ricucire tutto, con filo spinato.
Dita, braccia, gambe, labbra.
E poi mi liberano dal tavolo di dissezione.
E sorgo, una di loro, riunita a loro nella morte.
Siamo automi nati in provetta, artificiali, nessuno sentirà mai la nostra mancanza.

Mi risveglio, incatenata ad una sedia, al sentire una singola voce, rauca e sadica, malvagia e crudele.
Una voce che conosco fin troppo bene.
Una voce che ho sentito di continuo durante la mia vita.
La prima voce che udii quando fui estratta dal tubo di stasi.
La voce dell'uomo che m'ha creato, che m'ha dato la vita.
Lo Scienziato.
"E così, la piccola pecorella smarrita è tornata all'ovile... l'unica sopravvissuta del gregge... l'assassina sanguinaria che sterminò un'intera squadra governativa... il mio piccolo progetto..."
Prima che possa pronunciare il mio nome, gli sputo addosso; con disprezzo, aggiungo:
"Appena mi libero, morirai, bastardo."
"Calmati, piccola mia. Io non ho ordinato l'esecuzione dei miei progetti. Anzi, vivo in clandestinità, perché il nostro illuminato governo non tollera più la scienza... s'è fatto traviare da un essere vecchio di millenni... un siluriano. Profeta, per giunta. Ha convinto i politici ad abbracciare la sua religione, e da lì, la chiusura di tutti i laboratori fu cosa breve."
"Non ci hai protetto!"
"Ho provato a farlo! Ma erano troppi... e ora che ti ho qui, Beta... posso offrirti la cosa che desideri più al mondo. La vendetta."
Con un comando mi libera, e mi offre una tuta da battaglia potenziata.
M'illustra la missione che dovrò fare.
Sorrido, ma non di gioia.
Dopo tanto tempo, verserò del sangue.
 
Mi dirigo verso l'antico tempio siluriano nel deserto.
Il Profeta vuole risvegliare la sua divinità, il Camminatore delle Dune... Phep'zir Raag.
Sono all'entrata, e lo sento pronunciare, urlando, le parole del rituale.
Quando arriverò a lui ormai sarà già troppo tardi.
Inizio a farmi strada trucidando i presenti.
"Sangue dal sacrificio si coagula
Cristalli rossi di formano e il nostro legame si consuma
Della scienza il respiro morente conclude il tuo viaggio
Sorgi dalla tua Casa Oscura, ora tu mi appartieni!"
Entro nella sala principale, continuando a eliminare accoliti che mi si parano davanti.
Zeloti ovunque tentano di fermarmi, ma i loro tentativi terminano in fontane di sangue.
Vado verso il Profeta, ma tutto si ferma, mentre il titanico abominio inizia ad apparire.
Guardo il siluriano, questa specie d'ibrido fra uomo e rettile, e gli intimo di smetterla.
Guardandomi di rimando, risponde.
"Millenni fa, il mio cuore era gentile; ma dal nostro giusto posto, la mia razza fu scacciata; sento le loro urla dalle tombe perseguitarmi; guarda nei miei occhi, e dimmi cosa vedi!"
Fissandolo negli occhi, vedo la sofferenza e il dolore, e il desiderio di vendetta.
Gli stessi che provo io, e rispondo:
"Vedo i dolorosi ricordi scendere dal tuo volto, sento la mancanza d'emozioni diventata il tuo destino, ma se punisci un'intera razza, tutta questa terra e anche me, non sei diverso dalla piaga che uccise la tua famiglia; e sicuramente, tu credi di essere nel giusto, ma non posso permetterti di portare questa cosa in questo mondo impunemente; anch'io sono stata ferita, ma è parte di ciò che sono. Io non posso chiudere questo portale, ma tu puoi ancora farlo."

E mentre discutiamo, sento urla provenire da tutta la sala.
Vedo zeloti e accoliti scappare, e mi giro verso la direzione dalla quale provengono.
Vedo il portale che continua ad aprirsi, sento il gelo e le urla.
Le colonne del tempio iniziano a tremare, e tutti i suoni calano, mentre il mostro emerge.
La mia poca sanità mentale e ciò che rimane della mia spavalderia scompaiono, mentre poso gli occhi sul Camminatore delle Dune
 
Angolo di Zael

È un po' diverso dallo stile prosaico del primo capitolo, ma mi son reso conto che la prosa sterile non può rendere bene l'essenza di questa fic, per questo ho optato per un piccolo ibrido fra prosa e stile poetico. Detto questo, ci si sente per la seconda parte del capitolo...  con l'apparizione totale.
 
Zael

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