- Il Caduceo, il Sole, l'Incudine e il Cinghiale -

di _Lullaby99_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Evitare di morire durante l'ora di Educazione Fisica ***
Capitolo 3: *** 2. Nuovi Amici e Case Affollate ***
Capitolo 4: *** 3. Frecce Stregate e Cene che vanno in Fumo ***
Capitolo 5: *** 4.Sogni Inquietanti e Riconoscimenti Inaspettati ***
Capitolo 6: *** 5. Tiro con l'Arco e Nascondino Improvvisato ***
Capitolo 7: *** 6. Caccia alla Bandiera e Speranze in Frantumi ***
Capitolo 8: *** 7. Vittorie Inaspettate e Martelli Incandescenti ***
Capitolo 9: *** 8. Un Uomo Oscuro e Numerosi Fraintendimenti ***
Capitolo 10: *** 9. Rivelazioni ed Evasioni ***
Capitolo 11: *** 10. Piani Saltati e Risvolti Sorprendenti ***
Capitolo 12: *** 11. Grossi Pipistrelli ed Interrogatori ***
Capitolo 13: *** 12. Riparazioni Estreme e Mezzi di Trasporto Alternativi ***
Capitolo 14: *** 13. Macabre Coincidenze e Vecchie Zie Sanguinarie ***
Capitolo 15: *** 14. Maestri di Bugie e Draghi Bagnati ***
Capitolo 16: *** 15. Presunti Traditori e Ritorni a Casa ***
Capitolo 17: *** 16. Migliori Amici e Pioggia di Emma ***
Capitolo 18: *** 17. Porte Blindate e Segreti Svelati ***
Capitolo 19: *** 18. Mamme Possessive e Tramonti ***
Capitolo 20: *** 19. Grosse Perdite e L'inizio della Fine ***
Capitolo 21: *** 20. Squadre di Soccorso e Orsetti Gommosi ***
Capitolo 22: *** 21. Amore Materno e Gocce di Sole ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


N.A.: Ed eccoci qua, come promesso, con la mia prima long ( non la prima che scrivo, ma la prima che pubblico ^^" ).
Che dire, mi tremano le mani al solo pensiero che io stia facendo davvero questa cosa pensando che, fino a neanche un mese fa, ero TERRORIZZATA all'idea che qualcuno leggesse le mie... le chiamo ancora cosucce ma sto lavorando sulla mia autostima, tranquilli xD
Che dire, non voglio annoiarvi prima della lettura ( lo so che straparlo, mi sto trattenendo se non l'avete notato xD ), perciò STOP. Ah si, un'ultima cosa: siccome questa mia long sarà appunto un PercyJackson!AU, vorrei dire a tutti coloro che non conoscono la saga e che non hanno letto i libri che è  godibile anche dai ... non esperti in materia
Adesso, vi lascio sul serio alla lettura ( ma ci rivediamo a fine capitolo, perché se non rompo le bubbles non sono contenta xD ).

     

 

Prologo
 
Numerose risate riempivano quella sera la Casa Grande. Era una magnifica serata estiva, una di quelle in cui solitamente si preferisce passare il tempo all’esterno, a guardare la maestosità che la volta celeste offre. Diverso era il pensiero di Nord e del satiro Filottete, che passavano quella serata a sfidarsi in un gioco che per loro era più importante del cielo: il pinnacolo.
-    L’unico gioco fantastico che gli umani abbiano inventato! – esclamò l’uomo-capra mentre osservava attentamente le sue carte, cercando di prevedere la prossima mossa del suo amico barbuto
-    Coppia reale! Presa mia! – gioì festoso quest’ultimo con il suo accento russo marcato mentre Filottete assumeva una delle solite espressioni arcigne che si stagliavano sul suo volto quando perdeva – Non fare quella faccia, Fil! Prossima volta vincerai! –
-    Si, certo. – sbuffò di rimando il satiro – Fortuna sfacciata, gli dei sono sempre dalla tua parte! – 
L’omone rise di gusto, mantenendosi la pancia, mentre Fil mischiava nuovamente le carte, pronto per un’altra mano.
-    Stavolta vinco io! –
-    Certo, in tuoi sogni! – 
D’un tratto, un rumore assordante li fece destare dalla concentrazione che il gioco prevedeva. Il tavolo cominciò a traballare costringendo i due a tenerlo fermo con le mani.
-    Cosa sta accadendo?! – chiese confuso Nord mentre cercava di trattenere il tavolino, più per non far cadere le carte che per altro
-    Sarà qualche pessimo scherzo da parte dei figli di Ermes, tranquillo! – rispose il satiro – E non approfittare della situazione per spiarmi le carte! –
Ma Nord non aveva creduto all’ipotesi dell’amico. La stanza era stata investita da una forza fin troppo potente per poter essere opera di un figlio burlone di Ermes. A confermare la sua tesi, il tavolo smise di traballare e, davanti a loro, una vecchia donna li osservava con i suoi grandi occhi spiritati.
-    Non può essere... – sussurrò incredulo Nord mentre guardava l’amico satiro, altrettanto stupito dall’avvenimento 
-    Io sono lo Spirito di Delfi, portavoce delle profezie di Febo Apollo, uccisore del possente Pitone. Avvicinati, cercatore, e chiedi. – proferì con voce grave la mummia stecchita, rivolgendosi a Nord 
-    L’hai chiamata tu? – chiese il satiro all’amico, quasi ferito dal fatto che avesse convocato l’Oracolo interrompendo la loro partita – Avevi paura di perdere contro di me! –
-    È cosa seria! – lo zittì Nord – Spirito di Delfi, cosa ci fa qui? – 
-    Un figlio delle tenebre scompiglio porterà e difficile spodestarlo sarà. Solo per il Caduceo, il Sole, l’Incudine e il Cinghiale una possibilità si presenterà. La rabbia alla radice estirpare dovranno, solo così il destino del mondo muteranno. Tante però le cose che nel buio perderanno quando soli contro di lui si ritroveranno.  –
I due rimasero a bocca aperta, stupiti e allo stesso tempo intimoriti dalle parole proferite dallo Spirito di Delfi mentre, quest’ultimo, soddisfatto, abbandonava la stanza, ritornando come se nulla fosse nella soffitta in cui era da sempre alloggiato. 
-    Ora credi a fatto che non sia stato io a chiamare Oracolo? – riuscì a dire Nord a Filottete mentre questo si stropicciava gli occhi, ancora incredulo.
Il satiro annuì spaventato.
-    Ma se non sei stato tu... come... cosa? –
-    Lo Spirito di Delfi esce da soffitta quando faccenda è seria, non quando qualcuno lo cerca. Quella a cui abbiamo appena assistito era profezia in piena regola, amico mio. – 
-    Un figlio delle tenebre... il Caduceo? Ma che? –
-    Non chiedere a me, non lo so. – rispose l’omone mentre, come se nulla fosse accaduto, si stiracchiava un po’, noncurante – Finiamo nostra partita? –
L’uomo-capra annuì. Le profezie c’erano state da sempre, quella non doveva essere una poi così essenziale, secondo loro. Perché preoccuparsi troppo? 
Per quella sera preferirono far finta che nulla fosse accaduto, continuando a giocare, seppur ancora leggermente pensierosi, al loro amato pinnacolo. Non sapevano che da lì a qualche anno a venire quella profezia non sarebbe più risultata per loro una sciocchezza che all’Oracolo di Delfi era passata per la mente durante una sera d’estate. 


N.A.( di fine Capitolo xD ): Ok, se siete arrivati qui, vuol dire che sul serio qualcuno ha speso il suo prezioso tempo nel leggere questo Prologo. Potrei anche avere un attacco di cuore adesso. Basta, devo concentrarmi. Allora, la cosa per cui sono maggioramente preoccupata è la Profezia: sappiate che l'ho riletta e strariletta per... due settimane? Forse anche di più ma so che alla fine è venuta... uno schifo ( roba da gettare nel Tartaro, praticamente xD ). Ma, questo è solo il mio parere ( e sapete quanta poca autostima io abbia xD ), quindi, come sempre, voglio sentire i vostri. ^^ 
Altra cosa che volevo dirvi: Il Prologo è un po' cortino come avrete notato, perciò ( siccome il Capitolo 1, ed anche il capitolo 2, 3 e 4, l'ho già scritto ) domani posterò il seguito. 
Mi spiace postare ora che siamo a settembre e quindi vicini all'apertura delle scuole ( Ansia Time ) ed ognuno di noi sarà poco presente, ma cercherò di aggiornare con una frequenza abbastanza accettabile ( ad esempio questi primi capitoli arriveranno ogni tre/quattro giorni visto che, come vi ho già detto, li ho già scritti, portandomi avanti con il lavoro  xD ).
E adesso basta, mamma mia parlo davvero davvero troppo! Spero che abbiate gradito il Prologo e che vi abbia invogliati a leggere il seguito. Le recensioni come sempre sono aspettatissime, critiche o positive che siano. Alla prossima! <3 

 

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Capitolo 2
*** 1. Evitare di morire durante l'ora di Educazione Fisica ***


Capitolo 1
 

Evitare di morire durante l’ora
di Educazione Fisica 

Hiccup
 
-    Haddock, alza quelle chiappe e corri più velocemente! – l’odioso professore di Educazione Fisica lo richiamò per essersi seduto sul pavimento della palestra durante la corsa di “ riscaldamento “
In realtà, per il professor He-goat, il termine corsa di riscaldamento era intenso più come “ fare venti giri per il perimetro della palestra correndo velocemente “ ed Hiccup non era proprio il tipo che eccelleva in questo tipo di cose. Come se non bastasse, non riusciva proprio a capire perché un uomo così basso e in carne avesse deciso di diventare un docente di Educazione Fisica. Non correva, non aiutava i suoi alunni, non mostrava come si eseguivano correttamente gli esercizi, si limitava solamente a impartire ordini e a sgridare chiunque non li rispettasse. Inoltre il professore zoppicava vistosamente e andava in giro con le stampelle da mesi, ma, nonostante ciò, continuava a comportarsi da dittatore ed Hiccup era uno delle sue vittime preferite, anche se lui non riusciva a comprenderne il motivo. 
Cercò di non fare storie, fece finta di riallacciarsi le scarpe e continuò a correre, nonostante l’aria nei suoi polmoni cominciasse a mancare sempre di più. 
-    Avanti, più veloce, Haddock! Non sono venuto fin qui per vederti stramazzare a terra! – 
-    Ve... venuto... venuto fin qui? – riuscì a chiedere Hiccup con quel poco di fiato che gli rimaneva in corpo. 
Il professore si portò una mano alla fronte e cominciò a colpirsela ripetutamente, dandosi dello stupido a bassa voce. 
-    Ma si, venuto da... dal posto in cui sono nato! Sai che mi sono trasferito, no? – cercò di rimediare all’errore l’ometto.
Per fortuna del professore, Hiccup non ebbe la forza di controbattere, bensì si limitò a cadere a terra, sfinito. La vista gli si era offuscata e cominciava a vederci doppio.  Tutti i ragazzi della sua classe lo fissavano. C’era chi rideva di gusto e chi preoccupato chiedeva l’aiuto del professore. ' Perfetto, l’ennesima figuraccia ', pensò.
Una sensazione gelida poi gli attraversò il corpo inerme, facendolo sobbalzare. L’insegnante gli aveva appena rovesciato un secchio di acqua fresca in piena faccia. 
-    Se tutti gli eroi fossero come te, l’Olimpo sarebbe morto e sepolto da un pezzo. – 
-    L’Olimpo? – chiese un’alunna al professore che la zittì arrabbiato, più con se stesso che con lei
-    Dicevo solamente che così non va! Devi allenarti se vuoi superare la mia classe, non posso venire a raccogliere sempre il solito corpo cadaverico da terra! –
Il ragazzo annuì dal pavimento, facendo poi il segno dell’ok con la mano sinistra. L’insegnante, dopo un attimo di indecisione, gli porse una mano e lo aiutò ad alzarsi. Visto da vicino, il professor He-goat era ancora più basso e tondo, eppure Hiccup non era un gigante.
-    Va a bere qualcosa, ragazzino. Ti voglio qui tra pochi minuti, intesi?! –
-    Si, signore. – rispose il preso in causa con la voce ancora lieve e spossata.
Si trascinò così nel corridoio e si diresse verso uno dei distributori automatici di cui la scuola disponeva. Scelse di prendere solo un po’ d’acqua dato che, dopo essersi rinfrescato, sarebbe dovuto tornare ad ammazzarsi in palestra e quello che voleva di sicuro evitare era vomitare davanti a tutta la classe. Si sedette su una panchina e cominciò a bere. 
Il corridoio era deserto, tutti gli alunni erano nelle loro aule. Strano a dirsi, ma anche i custodi sembravano impegnati in qualcosa di diverso dallo stare in panciolle tutto il giorno. 
Il ragazzo continuava a sorseggiare l’acqua che aveva acquistato quando dei passi lo fecero destare. Il preside della scuola, il signor Ashton, stava facendo uno dei suoi soliti giri di perlustrazione, quelli in cui controllava che nella sua scuola tutto fosse perfetto come lui voleva. 
-    Cosa ci fa qui, signor Haddock? – la voce grave del preside lo fece spaventare, dato che era appena apparso dal nulla davanti a lui 
-    Come... cosa? –
-    Le ho chiesto cosa ci faceva qui. – ripeté spazientito l’omone.
Il signor Ashton era un uomo corpulento e muscoloso, uno di quei tipi da cui ogni persona sana di mente preferiva stare alla larga. Gli insegnanti infatti erano tutti terrorizzati da lui: cercavano costantemente di accontentare ogni sua richiesta e di accattivarselo per evitare eventuali problemi ed accaparrarsi, magari, qualche giorno di ferie extra. L’unico docente che faceva eccezione era appunto il professore He-goat che, ogni singola volta in cui incontrava il preside, cominciava a guardarlo con fare sospettoso, evitando costantemente di rivolgergli la parola. 
-    Io ecco... mi sono sentito male durante l’ora di Educazione Fisica e il professore mi ha consigliato di andare a prendere qualcosa per ... rinfrescarmi. –
Hiccup si aspettava una reazione furiosa da parte del preside che non voleva assolutamente che i suoi alunni fossero lasciati da soli a provvedere a se stessi, nonostante fossero tutti in grado di intendere e di volere. Invece il signor Ashton sorrise, come se fosse felice di vederlo lì, da solo, nel corridoio. Ma quel sorriso non era un sorriso genuino, bensì piuttosto inquietante. Era come se volesse mangiarselo vivo.
Fu un attimo, infatti. Hiccup si ritrovò con le spalle al muro e la mano destra del signor Ashton stretta intorno al collo.
-    Finalmente quella testa di capra di Filottete ha lasciato l’Incudine solo! Aspettavo questo momento da quando tua madre ti ha iscritto a questa scuola. – affermò con voce maligna l’uomo mentre stringeva sempre di più la presa sul collo del ragazzo.
Hiccup si dimenava ma le sue braccia esili non potevano nulla contro quelle potenti del preside. Aveva paura e si sentiva confuso. L’aveva chiamato Incudine e non sapeva il perché. 
-    Avrei voluto avere il piacere di uccidere anche gli altri tre, ma già uno di voi mancante significa il non compimento della profezia. – rise soddisfatto mentre Hiccup cominciava a vederci tutto nero. 
Ragazzino ucciso dal preside psicopatico della sua scuola. Il lentigginoso immaginava di già i titoli dei giornali del giorno dopo. L’unica cosa per cui si preoccupava davvero era però il dispiacere che sua madre avrebbe provato e i sensi di colpa che si sarebbe portata da lì al resto della sua vita visto che era stata lei ad insistere nel mandarlo in quella scuola. 
Quando tutto sembrava perduto, il preside allentò la presa, lasciando cadere il moro a terra. Questo tossì e, dopo essersi preso un attimo per riprendersi, alzò gli occhi verso quello che prima era il signor Ashton. Il suo volto era lo stesso ma, adesso, aveva il corpo di un leone e la coda di uno scorpione, con tanto di artiglio velenoso alla fine. 
Si dimenava, come se qualcosa di invisibile lo stesse attaccando da dietro. Poi, delle corna caprine si intravidero dietro la creatura. L’ometto aggrappato al collo del mostro aveva un viso famigliare. Hiccup si strofinò gli occhi per vederci meglio: era il signor He-goat ed aveva, oltre alle corna, delle zampe pelose da capra. 
-    Signor He-goat...? –
-    Haddock, dammi una mano invece di stare lì impalato! – urlò l’uomo capra - Trattienili la coda e attento a non farti uccidere! – 
Hiccup pensò che il suo insegnante di Educazione Fisica doveva essere davvero molto coraggio per impartire ordini anche in versione animale, per nulla preoccupato che qualcuno potesse mettere in forno la sua parte caprina. 
-    Come faccio a trattenergli la coda?! – 
-    Buttatici sopra! –
-    Come scusa...? -
-    Tu sei bravo a cadere tramortito a terra, no? Fallo anche adesso, ragazzino, senza pensarci! – 
Il moro fece ciò che l’insegnante gli aveva chiesto, ma fu molto più difficile che cadere dopo una lunga corsa stremante. Trattenne con tutta la forza che gli era rimasta in corpo la coda del mostro, evitando meglio che poteva l’artiglio velenoso, mentre il signor He-goat gli puntava l’ascia alla gola.
-    Dimmi per chi lavori, brutto ceffo! –
Adesso il signor Ashton sembrava un gattino indifeso agli occhi del ragazzo a cui scappò una mezza risata. Aveva sul serio paura di un ometto alto così poco che lo minacciava con un’ascia? 
-    Lavoro per il signore delle tenebre. Vi ucciderà tutti! –
-    Si, si, certo, il signore delle tenebre . Va  a farti un giro al Tartaro! – e, in un attimo, dopo un bel colpo di ascia alla gola, il mostro si disintegrò in tanti granelli di sabbia.
-    Come... cosa...? –
-    Dobbiamo andare via, ragazzino, rimandiamo le domande a dopo. Veloce! –
L’uomo-capra afferrò il braccio del ragazzo che non ebbe il tempo di comprendere a pieno ciò che era appena successo. Il signore delle tenebre? L’incudine? Un mostro assetato di sangue che aveva cercato di ucciderlo? Questo si che era strano. 
Uscirono in fretta dall’istituto e si diressero all’auto del signor He-goat. Non sembrava potesse partire, vecchia com’era, ma l’uomo era piuttosto convinto che li avrebbe portati dove dovevano andare.
-    Dovrei avvisare mia madre... Io non posso venire con lei, non so dove mi sta portando!  -
-    Valka sapeva che sarebbe successo un giorno, sa tutto di te e di tuo padre. Ti ha protetto per tutti questi anni grazie alla sua dote di vedere attraverso la Foschia. –
-    La cosa? –
-    Ne parliamo quando saremo al Campo, ti spiegherò tutto lì. Adesso dobbiamo urgentemente andarci, Nord non sarà felice di quello che è appena successo. –
L’uomo-capra mise in moto l’auto ed Hiccup solo in quel momento si chiese come un uomo così basso potesse raggiungere i pedali della vettura. 
-    Come fa a guidare... così? – chiese il moro indicando l’enorme spazio che c’era tra i pedali ed i piedi del guidatore
-    Mettiti la cintura e sta tranquillo. Sarà un bel viaggio. – rispose l’ex insegnante mentre, con le stampelle, premeva il pedale dell’accelerazione.
Hiccup spalancò i suoi occhi verdi, più per lo spavento che per lo stupore. Stava guidando con le stampelle? Non era un comportamento altamente illegale? 
-    Sta.. sta... –
-    Ti ho detto di fare silenzio, Haddock! È più difficile di quanto sembri. Stupidi aggeggi mortali! –
La macchina partì alla velocità della luce e, per tutto il resto del loro viaggio, Hiccup fece del suo meglio per mantenere la calma mentre il suo professore, del tutto disinvolto, evitava le altre vetture esclamando contento: 
-    Non ho mai fatto nulla di più eccitante in vita mia! -

***

-    Siamo quasi giunti a destinazione. – affermò il signor He-goat qualche ora dopo quando ebbero sorpassato il cartello con su scritto Long Island – Ah, il mio vero nome è Filottete, ma chiamami Fil, e inoltre avrai intuito che sono un satiro. – 
Il ragazzo annuì, nervoso. Ecco perché il mostro aveva detto quella testa di capra di Filottete
-    Quindi lei mi ha.. protetto per tutto questo tempo a scuola? –
-    Si. Noi satiri fiutiamo l’odore dei mostri, per questo veniamo mandati nelle scuole a reclutare e proteggere i semidei non ancora giunti al Campo. –
-    Di quale Campo parla? E che significa questa storia del semidio? –
-    Il Campo Mezzosangue. Tu sei un semidio perché hai la madre mortale ed il padre divino. –
-    Padre divino? –
-    Si. Uh guarda, siamo arrivati! –
Il satiro accostò burberamente l’auto nei pressi di una collina. Il viaggio burrascoso e quella frenata improvvisa aveva fatto venire ad Hiccup una nausea pazzesca, ma dovette reprimere qualsiasi liquido avesse intenzione di uscire dal suo corpo date le minacce che il satiro gli aveva fatto poco prima. 
-    Andiamo, vomiterai più tardi! – 
Filottete lo trascinò su per la collina mentre il ragazzo continuava a porre domande su domande.
-    Quel mostro era una... manticora, vero? –
-    Hai avuto un’ottima insegnate di Mito, ragazzino. – si complimentò il satiro - Si, lo era. –
-    E ce ne sono altre in giro? – chiese nuovamente preoccupato
-     Se ce ne sono? Ne incontrerai a bizzeffe in giro! Ma, fin quando sarai al Campo Mezzosangue, sarai al sicuro. Abbiamo una barriera che ci protegge. –
Hiccup deglutì a vuoto. Avrebbe dovuto affrontare quel tipo di mostro ogni giorno, da come aveva fatto intuire Fil. 
Dopo un lungo cammino, finalmente giunsero al luogo di cui il satiro aveva tanto parlato. 
-    Benvenuto al Campo Mezzosangue, Haddock. –

 

N.A.: Quanti di voi hanno gioito nel non vedere le note inziali? Ho capito che con le mie... malattie mentali vi annoiavo solo, perciò ho evitato e ho lasciato tutto alla fine.  xD Ok, allora... da dove cominciamo... ah si. Ogni capitolo sarà scritto in terza persona ma con il POV di uno dei nostri quattro protagonisti. Ho preso ispirazione da Eroi dell'Olimpo per questa cosa xD
Da questo capitolo fino al Capitolo 3 il POV sarà di Hiccup, dato che gli altri li dobbiamo ancora introdurre ( a mio malincuore =( ). Un'altra cosa che volevo dirvi, questa meno piacevole =(. Tutti coloro che hanno letto la mia One Shot nella raccolta, Il CampHalfBlood!AU,  potrebbero annoiarsi leggermente nel Capitolo 2 e per questo chiedo umilmente perdono. E' solo che l'incontro dei nostri quattro al Campo me lo sono da sempre immaginato così e non sono riuscita a fare altrimenti. Ma, e sottolineo Ma, per rendere il tutto piacevole anche a voi, ho cambiato qualche cosuccia, aggiungendo personaggi e facendo qualche piccola modifica esilarante. Non parliamo del futuro però, torniamo a noi
Il Capitolo 1 è un po' cortino a mio parere, ma sarà l'ultimo di queste dimensioni, promesso! Poi, perdonatemi per il cognome che Filottete ha dovuto assumere nella sua missione sotto copertura ( xD ). Molti si staranno chiedendo: Ma perchè scusa? Beh, semplicemente perché in inglese He-goat significa appunto capra, quindi... non ho avuto molta fantasia xD E, per quanto riguarda il signor Ashton, non scervellatevi, l'ho inventato io. Sarà l'unico personaggio non riconducibile all'universo Disney/NON, promesso! ^^ Bene, bene... credo di aver detto tutto.
Il prossimo aggiornamento avverà tra un paio di giorni, credo, imprevisti esclusi. Quindi, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e aspetto con ansia le vostre recensioni. 
Ne approffito un attimo per ringraziare tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le seguite, vi adoro! <3 E ovviamente, anche tutti coloro che leggono solamente, dato che io ho fatto parte per molto della categoria " lettori silenziosi " quindi, vi capisco xD E va be', per gli altri che recensiscono avrò modo di ringraziarli nelle recensioni. Grazie a tutti, senza di voi a sostenermi non sarei qui a pubblicare tutto ciò. <3 ^^
Alla prossima! <3 
 
 

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Capitolo 3
*** 2. Nuovi Amici e Case Affollate ***


N.A.: E rieccoci qui, giunti al Capitolo 2! =3 Ok, stavolta non ho potuto evitare le Note iniziali, quindi, perdonatemi questa prima cosa. xD La seconda cosa che dovete perdonarmi ( e che vi avevo già accennato, detto mille volte più che altro, nello scorso Capitolo ) è la sensazione di Dejà vu che probabilmente proverà chi ha letto la mia CampHalfBlood!AU nella raccolta. Come vi avevo già spiegato, non sono riuscita ad immaginare il loro incontro in modo diverso, quindi... Mi dispiace! T^T Ma ho cambiato un po' di cose, quindi credo sia godibile lo stesso. Ho aggiunto un personaggio che vi farà sbellicare nella Casa di Ermes e... qualche altra cosuccia che non voglio spoilerarvi. xD Che dire, perdonatemi ( e dovrò inchinarmi a voi anche all'inizio del Capitolo 3, ma per poco! >.< ). Adesso però basta tediarvi e buona lettura! <3 =3

 

Capitolo 2

Nuovi amici e Case Affollate 

Hiccup

L’ingresso di Hiccup al Campo Mezzosangue si meritava un posto d’onore nella Top Ten delle sue magnifiche figure. Dopo un’inusuale viaggio in macchina ed una corsa pazza per scalare la collina, vomitare davanti ad un mucchio di ragazzi era lecito. Peccato che nessuno di questi potesse immaginare la giornataccia che il moro aveva passato, stava passando e avrebbe continuato a passare. 
-    Adesso che ti sei liberato dei tuoi ... liquidi corporei ... – cominciò disgustato Fil suscitando con il suo tono le risate della maggior parte dei ragazzi che avevano visto la scena – possiamo andare da Nord! –
E fu così che Hiccup venne strattonato nuovamente, stavolta verso un posto che il satiro chiamava Casa Grande, sotto gli occhi divertiti dei suoi nuovi compagni.
Mentre giungevano in quel luogo, il ragazzo cominciò a guardarsi intorno, sebbene avesse ancora la sensazione orribile che la nausea portava. Campi di fragole deliziose alla sua destra, controllati da dei pacati satiri, assolutamente molto più pacifici di quello che era toccato a lui, mentre alla sua sinistra un gruppo di uomini-cavallo insegnava a dei ragazzi il tiro con l’arco. 
-    Avanti, siamo arrivati. –
Hiccup rivolse lo sguardo davanti a se. Un uomo barbuto se ne stava seduto comodamente su una sedia nel portico della Casa Grande. Dopo aver notato l’arrivo del satiro, però, aveva cominciato a mischiare eccitato un mazzo di carte.
-    No, no, Nord, giocheremo dopo a pinnacolo. – affermò Fil fermando l’uomo dal preparare l’occorrente per il gioco
-    Come mai rimandiamo nostra partita? – chiese dispiaciuto quest’ultimo, rivelando ad Hiccup un marcato accento russo  – Aspettavo che tornassi da tua missione per giocare! – 
-    Mi dispiace, ma c’è una cosa più importante del pinnacolo, adesso. – rispose lui indicando il ragazzo che, confuso, li osservava
-    Più importante di pinnacolo? Spara! –
Filottete si sedette su di una sedia, invitando subito dopo il ragazzo a fare lo stesso.
-    Ho salvato il ragazzino da una manticora. –
-    E dove è problema? Semidei vengono attaccati ogni giorno da mostri. – 
-    Non è questo il punto. La manticora l’ha chiamato... Incudine. – sussurrò l’ultima parola come se fosse un segreto di stato il che fece preoccupare il povero Hiccup che continuava a fissarli, perplesso.
Alla parola Incudine, Nord ebbe un sobbalzo e fece cadere a terra tutte le carte da gioco. 
-    Shostakovich! Profezia... non può essere! – esclamò poi alzandosi in piedi mentre il satiro cercava di andare avanti con il discorso
-    Non ho ancora finito. Ha detto di lavorare per un certo ” signore delle tenebre “ prima che io lo spedissi al Tartaro. –
-    Per tutti gli dei, sta davvero accadendo! – continuò strepitando l’omone 
-    Scusate se vi interrompo ma... io... non capisco. Potreste spiegarmi per bene cosa ci faccio qui e cosa significa questa storia della profezia, dell’Incudine e di tutto il resto? – interrupe il discorso Hiccup cercando di non apparire troppo burrascoso. 
Nord e Fil si lanciarono una serie di sguardi, come se si fossero resi conto solo all’ora di aver parlato della profezia di fronte ad un giovane mezzosangue appena arrivato al Campo.
-    Profezia? Chi ha detto profezia? – chiese Nord facendo finta di nulla, cercando di rimediare al pasticcio
-    Lei poco fa, signore. – rispose Hiccup nervoso mentre si portava la mano sinistra alla nuca
-    A Nord piace scherzare! – intervenne Fil per aiutare l’amico – Andiamo alle cose importanti, piuttosto. L’omone che hai davanti è il direttore del Campo. È un figlio di Zeus che ha chiesto in dono a suo padre di venire a fare il baby sitter a dei ragazzini. –
-    Smettila Fil, sii gentile! – rimproverò il barbuto – E benvenuto, ragazzo! – continuò poi allargando le braccia, gioioso.
Il sorriso di Nord era caldo, famigliare. Simile ad uno di quei sorrisi che si fanno a Natale quando si salutano dei parenti che non si vedono da molto tempo. Grazie a quel gesto, Hiccup si sentì quasi sollevato, dimenticando la traumatizzante esperienza vissuta con il preside-manticora qualche ora prima. 
-    Cos’è di preciso il Campo Mezzosangue? – continuò con le domande il lentigginoso, stavolta più incuriosito che spaventato
-    È una specie di campo estivo in cui tutti i mezzosangue sono al sicuro da mostri simili a quello che ti ha attaccato. – spiegò Fil dimostrando di saper illustrare a meraviglia le cose quando si metteva d’impegno 
-    Oh, i mezzosangue sono frutto di serata a fare follie da parte degli dei greci! Tu sei mezzosangue perché hai madre mortale e papà divino! – continuò la spiegazione Nord ridendo gioioso tra una frase e l’altra
-    Mio padre è una divinità greca? –
-    Vedo che il ragazzo comincia a capire finalmente. – 
-    Esatto! – rispose Nord con il suo solito tono – E qui potrai allenarti e rimanere al sicuro insieme ad altri mezzosangue! –
-    Ma... chi è mio padre? –
I due si zittirono improvvisamente. Hiccup pensò che molto probabilmente adesso veniva la parte più amara da digerire per ogni semidio che giungeva al Campo.
-    Finché questo non ti riconoscerà, non lo sapremo. – trovò poi il coraggio di rispondere Fil.
Il ragazzo abbassò la testa, già abbastanza rattristato dal fatto che suo padre non avesse fatto altro che ignorarlo dal giorno della sua nascita. 
-    Ma, tranquillo! Tuo padre ti riconoscerà presto! – cercò di sollevargli il morale Nord 
-    Quindi... i semidei non abbandonano mai il Campo Mezzosangue? – cambiò argomento Hiccup, cercando di pensare alla nuova vita che lo aspettava e non ai problemi del passato
-    Oh, si che lo fanno! Non rimangono qui tutto l’anno, alcuni tornano a casa loro e frequentano scuole normali! A volte assegniamo anche impresa a mezzosangue che ha meritato! – 
-    Ma di solito non torna mai nessuno. – sussurrò Fil a bassa voce, peccato che Hiccup fosse riuscito a sentire comunque il suo commento poco rassicurante.
Decise di non fare altre domande sulle imprese perche infondo, imbranato come era, non se ne sarebbe guadagnata mai una. 
-    Gli dei dell’Olimpo... esistono. – sussurrò tra se e se, come ad auto convincersi che tutto quello non fosse una sua immaginazione – Quindi tutti miti che ho studiato a scuola sono reali? -
-    So che all’inizio sembrare dura, ma poi tutto comincia a migliorare. – rispose Nord in tono rassicurante mentre gli metteva una mano sulla spalla con fare paterno – E adesso Fil ti porterà in giro per Campo! –
-    Aspetta, perché io?! – 
-    Perché tu lo fai sempre, no? –
L’omone entrò nella Casa Grande, non lasciando al satiro un’altra possibilità di obbiettare.
-    Sarà una lunga giornata. – sbuffò quest’ultimo mentre, seccato, incoraggiava Hiccup a seguirlo. 

***

-    Quella è una parete per l’arrampicata? – chiese Hiccup indicando una costruzione alla sua sinistra.
Tutto al Campo Mezzosangue era un concentrato di novità, persino per uno come lui che di cose ne sapeva. 
-    Si, Haddock, e di lì c’è l’armeria! Ora basta fare domande scontate! – rispose sfinito il satiro.
Il satiro evidentemente odiava quando Nord gli rifilava quello stancante incarico. Ehi Fil, che sarà mai ripetere a dei ragazzini, che fino a qualche ora prima credevano di essere dei comuni mortali, dei concetti venti volte? Un gioco da ragazzi, ovviamente. Il lentigginoso provò quasi pena per lui ma, infondo, quello era il suo lavoro. 
-    Quella è lava? – un’altra domanda fuoriuscì involontariamente dalla bocca del ragazzo che si scusò subito dopo con il satiro – Non volevo... cioè... è ovvio che sia lava. Mi stavo solo chiedendo come faccia a scendere da lì... –
-    Non chiederlo a me, non ne ho idea. –
L’uomo-capra non era una guida molto esaustiva per Hiccup ma doveva accontentarsi. Infondo, quel piccolo ometto gli aveva salvato la vita poche ore prima, gli sarebbe stato per sempre debitore.
Ad un tratto però, il loro giro fu interrotto da un avvenimento improvviso. Un ragazzo dalla carnagione molto chiara ed i capelli altrettanto candidi si piazzò davanti al satiro assumendo un’espressione divertita. Stessa cosa non si poteva dire di Fil che, arrabbiato, cercò subito di togliersi dai piedi, o meglio, dagli zoccoli il disturbatore. 
-    Cosa vuoi, Frost?! – 
-    Nulla, Fil, mi stavo solo chiedendo quanto stessi tediando il povero nuovo arrivato da uno a cento. – 
-    Smettila di fare lo sbruffone. – rispose a tono l’uomo-capra che, dopo qualche istante, cambiò però espressione, sorridendo contento al ragazzo che lo aveva importunato – Visto che ci tieni tanto al nuovo arrivato, accompagnalo tu in giro per il Campo! –
L’albino sussultò.
-    No, no, no, sai che ho da fare! –
-    Mi spiace, ti sei offerto di farlo venendo qui da me. Mai provocare questo satiro! – ribatté poi mentre, fiero, indicava con la mano destra tutto se stesso.
Esattamente come aveva fatto Nord con Fil mezz’ora prima, il satiro corse verso la Casa Grande, togliendo ogni opportunità all’albino di controbattere. Probabilmente stava andando a giocare la partita di pinnacolo promessa a Nord. 
-    Sono uno stupido, certe volte. – sussurrò tra se e se il ragazzo – Comunque, mi chiamo Jack e sono un figlio di Ermes. – disse poi porgendo la mano ad Hiccup
-    Piacere, Hiccup, figlio di... chi ancora non so. – 
-    Oh, mi spiace, essere un indeterminato è un brutto affare ma... sai qual è il lato positivo? Sei in casa con me. Mio padre non fa distinzioni, protegge chiunque. Ladri, viandanti, commercianti, addirittura medici. -
-    Che intendi dire quando dici " in casa con me "? – 
-    Dove pensi che dormiamo, nei sacchi a pelo? – rispose con un'altra domanda Jack facendo sembrare che il passare la notte all’esterno in un sacco a pelo in un campo estivo fosse una cosa del tutto assurda
-    Beh, no, ma... nessuno mi ha spiegato... –
-    Te lo spiego io. Prima finiamo il giro, meglio è. –
Così Hiccup seguì Jack verso la casa dove avrebbe dormito quella sera. Era sollevato di sapere che quella notte avrebbe avuto un letto accogliente in cui riposare. Di solito quando sentiva il nome “ Campo “  pensava subito ad un accampamento di ragazzini che dormivano per terra e mangiavano marshmallows attorno ad un fuoco ma il Campo Mezzosangue non poteva essere definito un normale campo estivo, dopo tutto. Quale campo per ragazzini era provvisto di un’armeria, un poligono di tiro con l’arco ed un’arena? 
Camminarono per un po’, schivando ragazzi che dimostravano più o meno la loro età e satiri trotterellanti, fino ad arrivare in un bosco vicino al lago. Davanti a loro, dodici case disposte a forma di U si stagliavano tra gli alberi. 
-    Ogni casa corrisponde ad una delle divinità dell’Olimpo. I semidei vengono divisi in ognuna di queste case in base al loro genitore divino. – illustrò l’albino cercando di risultare il più chiaro possibile nella spiegazione per non dover ripetere le informazioni una seconda volta – Alcune di queste però sono solo case commemorative, come quella di Era che non ha figli con gli umani. Oh, e, per concludere, a me è capitata una bella rogna. – 
Hiccup si grattò il capo, non riuscendo a capire a cosa Jack si riferisse. Poi, quando furono finalmente davanti alla casa di Ermes, capì esattamente il perché il nuovo amico avesse problemi con la sua casa. 
-    Benvenuto alla casa numero undici. – concluse infine il ragazzo posizionandosi davanti all’edificio e spalancando le braccia in segno di accoglienza – Siamo pochi, come vedi. – continuò poi sarcastico.
Una marea di ragazzi di ogni età e statura si riversavano dentro la casa del messaggero degli dei, rendendo lo spazio poco adatto a chiunque soffrisse di claustrofobia. 
-    Avanti, entra! – lo incoraggiò Jack 
-    Tutti gli indeterminati come me finiscono qui, vero? –
-    Già. Alcuni vengono riconosciuti presto, altri mai. E noi figli di Ermes effettivi siamo costretti a condividere. Ma non è così male... se ti piace vivere con una cinquantina di ragazzini lamentosi. – 
Il lentigginoso deglutì a vuoto. Jack aveva detto che alcuni venivano riconosciuti subito, altri invece mai. E se suo padre non avesse intenzione di accettarlo nella sua progenie in quanto lui fosse un completo disastro? Sarebbe dovuto alloggiare per sempre nella casa undici, e, alla fine, sarebbe morto soffocato dai ragazzi che vi erano dentro. 
Scacciò i brutti pensieri dalla testa, prese un po’ di coraggio e seguì Jack nello spazio ristretto che la casa di Ermes offriva. Schivarono un bel po’ di ragazzi intenti a delineare il loro territorio, cosa alquanto inutile visto che alla fine era inevitabile invadere lo spazio altrui, fino a quando non arrivarono nel luogo che sarebbe spettato ad Hiccup. Un piccolo angolo della casa provvisto di un’amaca precaria. 
-    Ecco il tuo piccolo angolo d’Olimpo. – sdrammatizzò l’albino mentre indicava l’amaca che avrebbe fatto da letto al nuovo arrivato – è il massimo che abbiamo. –
-    Non importa ... va... va bene così. – rispose il moro mentre sistemava le poche cose che era riuscito a portarsi da casa, ovvero gli inutili libri di scuola che aveva nello zaino. 
Ad un tratto, una fitta gli attraversò il braccio. Non se n’era accorto prima. La manticora che lo aveva attaccato nella sua vecchia scuola gli aveva ferito con gli artigli il braccio destro. Bruciava un po’, ma non era nulla di particolarmente preoccupante.
Hiccup sperò che il figlio di Ermes non si accorgesse della ferita ma, purtroppo, era più furbo di quanto pensasse.
-    Il tuo braccio non ha un bell’aspetto. – disse, osservandolo pensieroso – Mi sa che ti porto alla casa di Apollo appena finisci di sistemare le tue cose. –
-    No, davvero, sto bene, non ce n’è bisogno! – cercò di sviare il discorso Hiccup ma con scarso successo
-    Perché soffrire se abbiamo dei capelli magici che possono risolvere la vita! –
Mentre Hiccup fissava sbigottito l’albino riflettendo sulla sua ultima esclamazione, un ragazzino biondo e corpulento gli finì dritto addosso, facendogli mancare l’aria nei polmoni. Ormai era una sensazione che il moro conosceva bene, abituato alle corse che il signor He-goat, ovvero Filottete, gli faceva fare durante le sue estenuanti ore di Educazione Fisica. Solo adesso aveva realizzato che il professore lo aveva fatto allenare per prepararlo a situazioni in cui, come adesso, si sarebbe ritrovato a corto di aria.
-    Oh dei, mi dispiace! – esclamò il ragazzo mentre cercava di alzarsi.
Jack, invece di aiutare, rideva godendosi la scena. 
-    Non. Respiro. – riuscì a dire Hiccup dal pavimento
-    Mi dispiace, sono un imbranato completo! – continuò il biondino quando finalmente riuscì a liberare il lentigginoso dal suo enorme peso corporeo. 
Jack ed il ragazzo paffuto rimasero a guardare Hiccup per un po’, il primo divertito, l’altro pensieroso. 
-    Oh no, l’ho ucciso! – strillò in preda al panico quest’ultimo mentre schiaffeggiava un Hiccup inerme 
-    Sta bene, calmati! – rispose Jack mentre si avvicinava anche lui al corpo del nuovo amico
Questo fece un cenno con la mano per far capire ai due che stava bene. Quella giornata stava andando di male in peggio.
-    Respira?! – chiese preoccupato il paffuto a Jack
-    Ma certo che respira, ha gli occhi aperti, non lo vedi? – rispose quest’ultimo alquanto innervosito dall’ansia che il ragazzino trasmetteva a chi gli stava intorno.
Poi, Hiccup si alzò finalmente in piedi, aiutato da Jack che improvvisamente si era fatto serio,  forse perché il biondino con la sua ansia aveva fatto perdere la voglia di sdrammatizzare anche a lui. 
-    Grazie agli dei, sei vivo! – riprese il ragazzo paffuto mentre prendeva Hiccup per le spalle e lo scuoteva come un cocktail.
Il lentigginoso sentì tutti gli organi interni del suo corpo, ormai liquefatti, andare su e giù e improvvisamente la nausea tornò. Fortunatamente, non vomitò stavolta, dato che aveva già perso l’ora prima tutta la colazione abbondante che la madre gli aveva preparato quella mattina. 
-    Ehi, smettila di strattonarlo, peggiori la situazione! – disse Jack interrompendo finalmente quella scena assurda
-    Mi dispiace. – si scusò di nuovo il ragazzo mentre rimetteva a terrà un Hiccup ormai sbiancato
-     Adesso accetti di andare alla casa di Apollo? – continuò l’albino sorridendo soddisfatto riferendosi al nuovo amico che annuì, esausto. 

***

Nonostante Hiccup sentisse la sua sfortuna farsi sempre più grande, stavolta aveva avuto un pizzico di fortuna: la casa di Apollo, la numero sette, era a due passi dalla numero undici. 
Ci arrivarono nel giro di qualche minuto, minuti in cui Jack non fece altro che ridere ripensando alla scenetta insensatamente comica a cui aveva assistito poco prima. 
-    Peccato che eri mezzo morto, avresti dovuto vedere la faccia spaventata di quel ragazzo! " Oh no, l’ho ucciso! " – esclamò imitando la voce ed i gesti del biondino.
Hiccup non rispose, ancora provato dalla sensazione di soffocamento che aveva sopportato durante quella brutta esperienza. Era stato meglio venir strozzato da una manticora. 
-    Eccoci qua, la casa di Apollo. – disse poi Jack indicando un edificio che lasciò subito di stucco Hiccup.
La casa sette era molto diversa dalla undici. La prima differenza che Hiccup notò fu il numero delle persone che ci alloggiavano. Erano anche loro numerosi, ma non raggiungevano di certo i numeri impossibili della casa di Ermes. 
Un’altra cosa che lo colpì fu il colore dell’edificio. Era così luminosa da sembrar che fosse fatta d’oro. 
Dentro l’atmosfera era tranquilla. Nell’aria risuonava la dolce melodia che una ragazza stava suonando con la sua lira. Era tutto così tranquillo e pacifico che a Hiccup venne voglia di trasferirsi lì. Se suo padre fosse stato Apollo, non si sarebbe di sicuro lamentato. 
-    Jack! – una ragazza bionda chiamò l’albino che subito sorrise di rimando.
Era strano, l’espressione dell’amico era cambiata dopo aver notato quella ragazza. Hiccup pensò che tra i due doveva esserci una particolare simpatia.  
-    Guarda chi ti ho portato! – cominciò Jack indicando Hiccup
-    Un nuovo arrivato! – esclamò contenta lei – Oh aspetta... – disse poi guardandolo meglio - ma tu sei il ragazzo che ha vomitato stamattina. Non sai quanto mi è dispiaciuto vederti in quello stato! – 
' Perfetto, lei ha visto la mia favolosa entrata ' pensò sarcastico Hiccup.
-    Davvero hai vomitato? – chiese Jack che, evidentemente, doveva aver perso la scena 
-    Si, poverino! Adesso lo chiamano tutti... “ vomito “... – rispose nervosa lei che, dispiaciuta, cercò di rimediare – Cioè non tutti, solo i più stupidi! Io non ti chiamerei mai così! – 
Era il primo giorno e già si era guadagnato un soprannome degno di nota. “ Imbranato “, “ secchione “, “ asociale “ ma “ vomito “ era un nomignolo del tutto nuovo. 
-    Io neanche ti chiamerei “ vomito “. Vomitare è una cosa fisiologica, non sono così stupido. – continuò l’albino – Ti chiamerei... “ lentiggine “, quello si che è un bel soprannome! – 
-    Jack! – lo riprese la bionda – Non farlo sentire peggio di come già si sente! E adesso, andiamo alle presentazioni! Io mi chiamo Rapunzel e sono una figlia di Apollo. –
Il sorriso di Rapunzel era simile a quello di Nord: rassicurante e genuino.
-    Hiccup... e sono un indeterminato. –
-    Oh, non durerà a lungo, vedrai! – rispose sorridente lei, facendogli l’occhiolino. 
Hiccup ricambio il sorriso. Quella ragazza riusciva a portare allegria anche in un giorno nero come quello.
-    Siamo venuti qui perché il nostro nuovo arrivato ne ha passate di brutte oggi ed ha bisogno un po’ della magia dei tuoi capelli solari. – continuò Jack indicando il braccio del lentigginoso.
Quest’ultimo solo adesso aveva notato la cascata di capelli biondi che partivano dalla testa della ragazza e finivano in punto impreciso della casa. Sgranò gli occhi, scioccato, mentre la biondina cercava di nasconderli, nervosa. Evidentemente non le piaceva quando qualcuno li fissava in quel modo. 
-    Beh, sarà fatto! – rispose poi tornando sorridente – Vieni Hiccup. – 
Arrivano davanti al letto della ragazza. Rapunzel lo invitò a sedersi comodamente su di esso e ad aspettare qualche instante. Questo fece ciò che la biondina voleva e aspettò, preoccupato. Non sapeva cosa stesse per fare e la parola capelli solari non lo aveva rassicurato affatto. 
-    Non... spaventarti, ok? – gli disse prima di cominciare
Hiccup annuì, anche se quel " non spaventarti " lo aveva impaurito ancora di più. 
Poi, Rapunzel portò vicino a se tutti i suoi capelli, che Hiccup scoprì esserne molti di più di quelli che aveva immaginato, e li avvolse attorno al bracciò ferito. 
Poi, cominciò a cantare. 
-    Fiore, dammi ascolto 
Se risplenderai 
Con i tuoi poteri 
Tu mi proteggerai 
Con la tua magia 
Tu mi aiuterai 
E non dirmi che 
Per me è tardi ormai 
E' tardi ormai
-
Ad ogni strofa, i capelli della ragazza si illuminarono di una luce intensa, così intensa  da costringere Hiccup a chiudere gli occhi. Un calore piacevole gli attraversò il braccio, facendolo rinvigorire. Anche i punti doloranti che avvertiva dopo lo scontro con il ragazzo paffuto nella casa di Ermes stavano pian piano guarendo, facendolo sentire più forte e sano di prima. 
Quando la canzone terminò, la ragazza srotolò i capelli dal braccio e, con estremo stupore, Hiccup notò che i graffi che aveva prima erano spariti. 
Rapunzel sorrise mentre Hiccup si alzava. 
-    Ti ringrazio. - le disse in in primo momento - Ma tutto questo è... assurdo! –
-    È il dono di mio padre. Dio delle arti, della poesia, del sole e anche della medicina. – 
Si, di sicuro essere un figlio di Apollo avrebbe fatto comodo ad Hiccup. Avrebbe potuto guarire le sue ferite da solo. Peccato che nelle arti, nella poesia e in tutto il resto non se l’era mai cavata egregiamente.
-    Hai portato Hiccup al laghetto delle canoe? E al poligono di tiro con l’arco? L’anfiteatro, quello l’ha visto sicuro! – cambiò argomento Rapunzel rivolgendosi questa volta a Jack
-    Ehm... veramente no. – rispose quest’ultimo portandosi una mano dietro alla nuca
-    Non te la cavi tanto bene come guida, eh? Beh, allora rimedieremo subito! –

 

N.A. ( di Fine Capitolo xD ): Ed eccoci qua! Siete arrivati alla fine del Capitolo 2, spero soddisfatti come sempre. Se non è così, allora credo che mi deprimerò. -.- xD A parte gli scherzi, aspetto ovviamente le vostre recensioni, che siano positive o negative! =3
Ma, torniamo al Capitolo. Spero che, nonostante tutto ciò sia un po' un Dejà vu, il Capitolo sia stato lo stesso godibile per tutti.
Adesso però andiamo a chiarire una cosa che chi non conosce la saga dello Zio Rick ( xD )  non avrà capito. 
Nello scorso capitolo ho dimenticato di spiegarvi cos'è il Tartaro ( scusaaaatemi <3 ) ma forse lo sapevate già. Anyway, il Tartaro è praticamente dove vanno a finire i mostri dopo essere stati uccisi. Una specie di... pozzo ( ? ) che si trova negli Inferi ( faccio pena con le spiegazioni xD ).   
Per quanto riguarda il ragazzone che praticamente spiaccica il nostro povero Hic nella casa di Ermes è un persoggio Disney/Non ( che molti di voi avranno riconosciuto ). Si chiarirà nel Capitolo 3 per chi invece non ha idee su chi possa essere ( cosa del tutto impossibile xD ). Oltre a chiarire la sua identità, chiariremo anche il perché fosse lì in quel momento ( due sono i motivi, o è figlio di Ermes o è un indeterminato. Certe volte sono proprio cretina  -.- xD ) 
Ah, e ho cambiato l'arto che Hiccup si... sfregia ( xD ) per motivi che più avanti capirete. ^.* 
Che dire per concludere... ringrazio ancora una volta ( sono proprio noiosa, lo so xD ) TUTTI coloro che sono sempre pronti a sostenermi in tutto ciò che faccio. Vi adoro troppo, non ci posso fare niente! <3 
Al prossimo capitolo! =3 
 
 

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Capitolo 4
*** 3. Frecce Stregate e Cene che vanno in Fumo ***


Capitolo 3
 
Frecce Stregate e Cene che vanno in Fumo
 
Hiccup

Il Campo Mezzosangue era un posto enorme ma, allo stesso tempo, inspiegabilmente accogliente. Gli occhi verdi bosco di Hiccup si perdevano nell’osservare tutto ciò che gli succedeva intorno. Sembrava che tutti avessero qualcosa di importante da fare. Lì nessuno perdeva tempo, ognuno aveva un proprio obbiettivo. C’era chi si allenava con la spada, chi lanciava il giavellotto e chi semplicemente si riposava in riva al laghetto delle canoe. 
-    Allora, ti piace? – chiese Rapunzel con il suo solito tono dolce ed infantile
-    Si, è fantastico. –
-    E non hai ancora assistito ad uno dei miei scherzi! Quelli sono la parte più bella del Campo. – affermò Jack con un tono da sbruffone 
-    Fammi indovinare, la tua vittima preferita è Filottete? – domandò Hiccup, ricordandosi del modo in cui aveva preso in giro il satiro un’ora prima 
-    Non esattamente... – 
Lo sguardo malizioso dell’albino fece preoccupare il lentigginoso. Tutto ciò che voleva era non essere nella lista delle vittime preferite di Jack. Da come li aveva raccontati Rapunzel, non sempre i suoi scherzi erano divertenti per i poveretti che li subivano. Ma, da quello che aveva intuito lui, li faceva solamente a persone che se li meritavano, ovvero quelli che lui chiamava “ i gradassi del Campo Mezzosangue “. Praticamente, il figlio di Ermes si descriveva come una specie di Robin Hood dei mezzosangue: faceva scherzi solo ai più forti. 
-    Ok, vedi quella ragazza che sta entrando nel poligono di tiro con l’arco? – continuò poi spostando la testa di Hiccup verso il luogo che lui stava indicando – Quella è la mia vittima preferita. – 
La ragazza indicata da Jack sembrava corrispondere perfettamente alla descrizione che aveva fornito poco prima delle sue vittime predilette: testa alta ed atteggiamento fiero. 
Avanzava a passo spedito verso il punto da cui avrebbe lanciato la sua freccia mentre un’altra ragazza a bordo campo appuntava ogni sua singola mossa su di un vecchio taccuino. 
-    Non avrai mica...? – chiese Rapunzel confusa all’albino che si limitò ad annuire e a sorridere beffardo – No, lo sai come è fatta! Questa volta non ti perdonerà un altro scherzo! –
-    Tranquilla, Punzie, è tutto sotto controllo. – 
Intanto, la ragazza nel poligono  era pronta al tiro. Qualche riccio cremisi  le ricadeva sul viso, ma lei sembrava non importarsene. 
Passò qualche instante. Dopo attimi di scrupolose preparazioni lasciò andare la freccia con aria sicura, come se avesse di fronte a se già un centro perfetto. Con immenso stupore, sia suo che di Hiccup, la freccia però non andò a segno, facendo esultare gioiosa la ragazza a bordo campo. 
-    Adesso ti ucciderà ... – riaffermò nervosa Rapunzel rivolgendosi a Jack che, tranquillo, si era seduto comodamente sull’erba, pronto a godersi lo spettacolo che aveva programmato. 
Hiccup continuava a non capire il nervosismo della biondina. Infondo, sbagliare un tiro poteva capitare a chiunque. 
La rossa infatti appariva tranquilla. Osservava la freccia che non era andata a segno, pensierosa, mentre con l’altro braccio zittiva i festeggiamenti della ragazza castana. 
-    La calma prima della tempesta. – continuò Jack ironizzando come di suo solito.
Poi, come previsto dall’albino, la rossa piantò i piedi nel terreno e cominciò ad urlare arrabbiata:
-    FROST! – 
L’urlo fece voltare tutti i ragazzi nelle vicinanze. Probabilmente erano riusciti ad udirlo anche gli dei sull’Olimpo, luogo che Rapunzel poco prima aveva collocato sull’Empire State Building, spiegando ad Hiccup che gli dei si spostavano in base al luogo in cui si trovava il cuore dell’Occidente
La furia rossa intanto camminava a passo spedito verso di loro mentre Rapunzel, d’impulso, si era nascosta spaventata dietro ad un altrettanto terrorizzato Hiccup.
Nel giro di qualche secondo, la ragazza li era davanti e stava puntando dritta verso Jack.
-    Sei stato tu! Quelle frecce puzzano di sortilegio! – affermò questa arrabbiata dopo aver afferrato l’albino per la maglia arancione del Campo 
-    Non so assolutamente di cosa tu stia parlando. – rispose lui fingendo indifferenza – Noi figli di Ermes non sappiamo fare quel tipo di cose. –
Dopo quell’esclamazione, l’obbiettivo della rossa si spostò alla biondina che si faceva sempre più piccola dietro alle spalle del nuovo arrivato. 
-    I figli di Apollo sanno farli però! – continuò irata, indicando l’amica – Non ci posso credere, l’hai aiutato! – 
-    Io non pensavo che sarebbero serviti ad uno scherzo! Mi dispiace... – rispose questa realmente dispiaciuta per l’accaduto.
La ragazza sbuffò nuovamente e l’aria prodotta da quel gesto fece spostare uno dei numerosi riccioli che le ricadevano sugli occhi.  Hiccup intanto sentì il bisogno di dover intervenire dato che la stretta di Rapunzel sulle sue spalle gli stava lacerando la pelle.
-    Secondo me stai esagerando, infondo era una solo uno scherzo... – provò a dire tenendo la sguardo fisso sul terreno e non sugli occhi acquamarina della ragazza.
Quegli occhi, nonostante li avesse conosciuti da poco, gli mettevano ansia. A dir la verità, Hiccup non aveva paura solo dei suoi occhi, ma di... tutta lei. Aveva l’aria di una vera e propria combattente, una di quelle che se le dici qualcosa di sbagliato ti schiaccia come un insetto insignificante sul terreno. 
-    E tu chi saresti?! – domandò in risposta, di nuovo irata, mentre puntava il dito verso di lui – Anzi, chi ti credi di essere per difendere... Frost! – 
-    Nessuno. Io... sono... sono arrivato al Campo solo stamattina. – balbettò lui, continuando ad evitare gli occhi della furia rossa
-    Questo spiega tutto. – rispose, e quell’ultima esclamazione del lentigginoso sembrò calmarla – Mi chiamo Merida, figlia di Ares, dio della guerra. –
-    Anche questo spiega molte cose... – sussurrò sarcastico l’indeterminato 
-    Come hai detto, prego?! – continuò Merida, riaccendo il fuoco interiore che le ardeva dentro, facendo spaventare nuovamente il povero Hiccup
-    Nulla, nulla! – si salvò in tempo quest’ultimo. 
Le acque sembravano essersi finalmente calmate. Merida si sedette affianco al figlio di Ermes, avvilita, mentre la figlia di Apollo allentava finalmente la presa dalle spalle dell’indeterminato. 
-    Avevo fatto una scommessa con Belle. – affermò demoralizzata la figlia di Ares  – E, come sempre, devi per forza rovinare tutto! – 
-    Quante dracme ti devo? – chiese l’albino visibilmente dispiaciuto mentre scavava nelle tasche dei suoi jeans
-    Nessuna. C’era in gioco solamente la mia dignità di figlia di Ares. –
Hiccup pensò che Merida avesse preso troppo seriamente quella scommessa. Infondo quello di Jack era stato solamente uno scherzo innocente ed una scommessa persa non era la fine del mondo. 
-    Ehi, tranquilla! – intervenne la biondina - Con Belle risolviamo. Le spiegheremo che hai sbagliato per colpa mia e di Jack. È una figlia di Atena, è intelligente, capirà. –
L’espressione della figlia di Ares cambiò improvvisamente. 
-    Grazie Rapunzel. – sorrise all’amica ed Hiccup pensò che poi tanto male quella ragazza non era – E per quanto riguarda te, indeterminato, mi dispiace per ... beh, averti fatto assistere ad uno dei miei... sfoghi, se così si possono chiamare. –
Questo cercò di sorriderle, nervoso. Avrebbe seriamente sbottato così per ogni singolo scherzo che le veniva giocato? 
-    Non importa. – rispose poi, cercando di apparire tranquillo.
Infondo, l’incontro con quella ragazza gli aveva fatto capire tre cose: la prima era quella di non provocare mai un figlio di Ares, la seconda era che di sicuro suo padre non era il dio della guerra e la terza era che, insieme a quei ragazzi, non si sarebbe mai annoiato al Campo Mezzosangue. 
Adesso capiva perché non si era mai sentito pienamente a casa sua negli altri luoghi in cui era stato costretto a stare. Quella era casa sua. Il suo posto era lì, con qualcuno che finalmente potesse capirlo. 

***

Il pomeriggio era letteralmente volato. Dopo la sfuriata, Merida era tornata da Belle per proporle di ripetere la scommessa. Questa doveva aver accettato data l’espressione trionfante che la rossa aveva assunto qualche attimo dopo. Così, dopo aver lasciato la figlia di Ares ai suoi doveri, Hiccup, insieme a Jack e a Rapunzel, aveva continuato la sua visita del Campo e dire che gli era semplicemente piaciuto era poco. Il luogo che lo aveva colpito più di tutti però era stato la fucina, anche se non riusciva a capirne a pieno i motivi. Fin da quando portava i pannolini, aveva da sempre adorato costruire e riparare oggetti utili per sua madre e quel luogo lo aveva attirato a se come la luce attraeva le falene nelle notti d’estate. 
-    Probabilmente sei un figlio di Efesto. – diede voce ai suoi pensieri Rapunzel mentre si dirigevano insieme verso i loro accampamenti – Si, hai proprio il volto di un figlio di Efesto! -
Per un attimo il lentigginoso si sentì offeso da quell’esclamazione. Si sapeva che Efesto non era il più figo tra gli dei, dato che era stato praticamente gettato giù dall’Olimpo a calci nel sedere a causa della sua bruttezza,  ma poi capì che Rapunzel lo aveva detto ingenuamente, come era solita fare, e le sorrise.
-    Probabilmente si. – 
-    Forse tuo padre ti riconoscerà stasera alla cena. – disse poi Jack - Che è tra... per il divino Ermes, dobbiamo sbrigarci! – 
Un altro attimo ed Hiccup era di nuovo strattonato in giro per il Campo. Ormai era capitato così tante volte che ci aveva fatto l’abitudine. 
I suoi due nuovi amici avevano cominciato a correre come due forsennati come se essere in ritardo per la cena fosse un peccato capitale. Ma infondo, Hiccup non conosceva le regole del Campo, quindi evidentemente era davvero così. 
-    Avanti, sbrigati! – 
Nel giro di qualche secondo si ritrovarono davanti alle case degli dei. Jack salutò velocemente Rapunzel che si diresse in fretta e furia vicino ai suoi fratelli della casa sette. Erano tutti fuori dai loro accampamenti ed Hiccup si rese conto, a malincuore, che la maggior parte dei ragazzi che vedeva alloggiavano nella casa di Ermes. Ne erano davvero, davvero tanti! 
-    Che sta succedendo? – chiese confuso a Jack 
-    Niente, ci prepariamo a raggiungere il padiglione della mensa. – rispose lui come se quella risposta fosse del tutto scontata 
-    E dobbiamo farlo per forza tutti insieme? – 
L’albino non ebbe il tempo di rispondere. Il suono di un corno in lontananza fece zittire tutti i ragazzi costringendo Hiccup a fare lo stesso.
-    Undici, in riga! – un ragazzo alto dall’espressione furba impartì l’ordine e tutti quanti si sistemarono in fila indiana dietro di lui.
Lo schieramento era in ordine di età e Hiccup finì in una posizione abbastanza centrale, dietro a Jack. 
-    Andiamo a mangiare. – continuò il ragazzo di prima mentre cominciava a marciare verso il padiglione della mensa. 
Tutti i ragazzi della casa di Ermes lo seguirono ed Hiccup notò che lo stesso stavano facendo i ragazzi delle altre case, con l’unica differenza che seguivano ognuno il proprio... non sapeva ancora bene come definirli.
-    Quel ragazzo è... –
-    Il capogruppo della casa di Ermes, Flynn Rider. – completò la frase Jack 
-    E fate questa cosa ogni volta per andare a mangiare? – 
-    Effettivamente ... si. –  rispose l’albino – E’ strano, lo so. Ma rafforza il nostro... lavoro di squadra, credo. - 
Ogni casa aveva un proprio schieramento. Nella folla Hiccup riuscì anche ad intravedere Merida insieme agli altri ragazzi della casa di Ares. Erano tutto così  corpulenti e massicci che la ragazza stonava un po’ in mezzo a loro. 
Poi, il lentigginoso notò che i mezzosangue non erano gli unici intenti a recarsi alla mensa. Anche i satiri si stavano dirigendo al padiglione solo che, a differenza di loro semidei, non seguivano un particolare schieramento, a meno che per schieramento non si intendesse trotterellare qua e la giù per la collina. Stessa cosa facevano le ninfe che, come spiriti, sbucavano da ogni angolo del bosco. 
Giunto finalmente al padiglione, Hiccup si sentì messo in soggezione dalle grosse torce sistemate ai lati dell’entrata. Al centro della sala invece, un grosso braciere, largo come una vasca da bagno, si stagliava tra i tavoli. Ogni tavolo corrispondeva ad una casa. Tre di questi erano vuoti, ma lo stesso non si poteva dire di quello della casa di Ermes.
Hiccup non capiva il perché dovessero stringersi per riuscire ad entrare in un unico tavolo quando altri tre erano liberi. Certo che, oltre che ad essere meraviglioso, il Campo Mezzosangue era anche molto strano.
Sfortunato come era, l’indeterminato finì a fine tavolo, posto decisamente scomodo per chiunque dato che dovevi tenere metà del tuo sedere fuori dalla panchina, ma almeno era riuscito a sedersi di fianco a Jack. 
Nello scompiglio generale, Hiccup riuscì ad individuare anche Nord, seduto comodamente al tavolo numero uno, insieme a Filottete e ad altri satiri. 
Poi, il barbuto si alzò, batté la sua grossa mano sul tavolo da picnic per richiamare l’attenzione dei presenti e, mentre alzava il suo calice al cielo, esclamò gioioso:
-    Agli dei! –
E tutti ripeterono la frase all’unisono, lasciando Hiccup in balia degli eventi. Rimase lì, in silenzio, ad aspettare che qualcuno gli dicesse cosa fare.
-    Chiedi qualcosa. – propose Jack indicando il calice dell’amico 
-    A... chi? – chiese confuso quest’ultimo, mentre fissava smarrito l’oggetto in questione
-    A lui! – rispose in seguito il figlio di Ermes indicando il cielo.
Si riferiva al suo genitore divino. 
-    Ok, ci provo allora. – 
Non era certo che avrebbe funzionato, dato che suo padre non lo aveva ancora riconosciuto, però si convinse del fatto che tentare non costava nulla. Era abituato alle delusioni, dopo tutto.
-    Ohm... aranciata! – provò a dire, incerto.
Con immenso stupore, un liquido arancione apparve nel suo calice. Il lentigginoso lo prese in mano e cominciò a studiarlo, come se cercasse al suo interno una sorta di meccanismo complicato che permetteva all’aranciata di spuntare così, dal nulla.
-    Visto? – sorrise soddisfatto intanto Jack – Chiedi qualcosa di più complicato, dai! –
Hiccup si grattò il capo. Di più complicato? Ecco, ce l’aveva.
-    Aranciata verde! – esclamò divertito poi ed ecco, qualche istante dopo, il liquido cambiare colore.
-    Perché il verde? È un po’... disgustoso. – affermò Jack mentre annusava il liquido che era appena apparso nel calice del nuovo amico
-    Mi piace il verde. Mi hai chiesto di chiedere qualcosa di più complicato, l’ho fatto! –
Sorseggiò la sua aranciata color prato, sotto gli occhi di Jack che lo guardava un po’ nauseato, che però di verde, oltre al colore, non aveva nulla.
Poi, delle ninfe dei boschi portarono dei vassoi pieni zeppi di cibo. Hiccup non aspettava altro dopo che aveva perso tutte le sue risorse vomitando per colpa dello sfrenato viaggio in macchina che aveva condiviso con Fil. 
C’era di tutto: carne, pesce, torte, biscotti, frutti di ogni genere e leccornie varie. 
Jack prese un vassoio di carne e lo porse ad Hiccup che, contento, mise qualche bistecca e qualche salsiccia nel suo piatto e si preparò a mangiare.
-    Eh no amico, mi spiace. – lo fermò Jack e solo allora Hiccup notò cosa gli altri facessero con quelle leccornie.
Gettavano la componente più prelibata della loro cena nel braciere in mezzo alla sala, e, quella scena, fece inorridire il lentigginoso che pensò a quanti bambini morissero di fame mentre loro buttavano tutto quel ben di dio in mezzo alle fiamme. 
-    Perché lo fanno? – chiese così a Jack 
-    Agli dei piace l’odore. –
Quella si che era una risposta sensata, ovviamente
Jack intanto, senza fare storie, prese la fragola più matura dal suo piatto e la gettò nel braciere, dicendo:
-    A Ermes. – 
Poi toccò ad Hiccup che avrebbe tanto voluto sapere a chi dedicare la sua offerta. Prese una saporita bistecca di maiale e la gettò nel braciere, sussurrando avvilito:
-    A chiunque tu sia. – 
Jack gli diede una pacca incoraggiante sulla spalla come a dire Non prendertela, quando meno te lo aspetti ti riconoscerà. Hiccup avrebbe tanto voluto pensarla in quel modo, ma non ci riusciva. Sentiva in cuor suo che la casa di Ermes sarebbe rimasta la sua dimora per sempre, o almeno fino a quando un mostro non lo avrebbe trasformato in una di quelle bistecche che aveva appena incenerito. 
Tornarono al loro tavolo e, finalmente, il lentigginoso poté mettere qualcosa sotto i denti. Aspettava quel momento da così tanto tempo da sembrare un’eternità. 
-    Ehi, ma tu sei il ragazzo che ho schiacciato! – esclamò un ometto della sua età che era seduto di fronte a lui.
Quando Hiccup alzò lo sguardo e lo vide, il suo volto sbiancò nuovamente. Quel ragazzo paffuto era ovunque. 
-    Ma sei un incubo, tu! – diede voce ai pensieri del moro Jack
-    Non l’ho fatto apposta... – si scusò nuovamente rivolgendosi all’albino - Mi chiamo Gambedipesce e sono anch’io un indeterminato. Mi dispiace ancora per oggi, ti sei fatto molto male? – continuò poi, riferendosi stavolta ad Hiccup. 
Questo fece cenno di no mentre continuava a mangiare la sua cena. Infondo, quel ragazzo stava solamente cercando di farsi degli amici e lui sapeva quanto fosse difficile farlo. 
-    Io sono Hiccup e davvero, sto bene, basta scusarti. – rispose, guardandolo solo allora negli occhi.
Quegli occhi verdini nascondevano molto disagio all’interno di essi, lo stesso disagio che provava lui. Erano entrambi indeterminati, capiva molto bene come il ragazzo si potesse sentire ad aspettare il riconoscimento del genitore divino che non arriva. 
-    Sono una frana. Nessuno vuole essermi amico. Forse è per questo che il mio genitore divino non ne vuole sapere di riconoscermi. – 
-    No, no, noi vogliamo esserti amico! – esclamò di rimando Hiccup che, subito dopo, venne guardato in malo modo da Jack che, evidentemente, non sopportava quel ragazzo dal primo momento in cui l’aveva visto al Campo 
-    Stai scherzando?! – chiese infatti poi 
-    Già, stai scherzando, vero? – domandò anche Gambedipesce, stupito dal fatto che qualcuno volesse diventargli amico
-    No, non scherzo. – rispose il lentigginoso, sorridendogli.
L’espressione del biondino cambiò. Un sorrisone si stagliò sul suo volto e vederlo gioire fu una specie di consolazione per Hiccup. Almeno aveva migliorato la giornata di qualcuno. 
-    Allora, chi dovrebbe essere il tuo genitore divino? Madre o padre? – continuò il moro, incuriosito 
-    Madre. Sto aspettando il riconoscimento da qualche settimana... – 
Hiccup si sentì improvvisamente egoista. C’era chi aspettava da molto più tempo di lui, infondo. Lamentarsi non serviva a niente.
-    Mi dispiace... –
-    Spero che tua madre ti riconosca presto, Gambedipesce. Così alla casa di Ermes riusciremo a ritagliare un po’ di spazio in più. – 
Hiccup lanciò un’occhiataccia a Jack che, subito dopo, si scusò con il biondino.
-    Era un’esclamazione lecita, stiamo decisamente troppo stretti là dentro e questo tavolo ne è un’ennesima prova. – disse poi a sua discolpa il figlio di Ermes 
-    E tu Hiccup, stai aspettando tuo padre o tua madre? –
-    Padre. Da tanto, tanto tempo. Anche se, in realtà, ho scoperto solo oggi di essere figlio di una divinità. – 
Il biondino annuì, avvilito. Era un ragazzo simpatico ed Hiccup gli aveva già perdonato la disavventura passata nella casa di Ermes. 

***

A fine cena, Nord richiamò l’attenzione dei ragazzi per augurarli la buona notte. Tutti, a stomaco pieno, si avviarono verso le loro case. 
Una volta giunti alla casa di Ermes, il capogruppo di quest’ultima, Flynn, si presentò ufficialmente ad Hiccup.
-    Jack ti ha già spiegato tutto, vero? – 
Hiccup annuì. Osservandolo bene, notò i tratti distintivi che un figlio di Ermes possedeva: sguardo scaltro, aria da malandrino e sorriso ammiccante. In effetti, sarebbe riuscito a riconoscere i veri figli del messaggero degli dei tra tutti quegli indeterminati se glielo avessero chiesto. Ermes non era di sicuro suo padre perché Hiccup era tutto tranne che un furbacchione come Flynn e Jack. 
-    Se sparisce qualcosa, non venire a lamentarti da me, non sono responsabile dei furti dei miei fratelli. – lo avvisò imbarazzato poi prima di augurargli la buona notte.
Hiccup non era preoccupato dei furti visto che, tutto ciò che potevano rubare, erano solamente un libro di storia, uno di aritmetica ed un vecchio zaino scolastico verde militare, di certo non il bottino ambito dal migliore dei ladri.
Così, sfinito, si distese sulla sua precaria amaca e tentò di addormentarsi. Nel giro di qualche minuto, esausto com’era, cadde finalmente fra le braccia di Morfeo, nonostante lo scomodo “ letto “ di cui doveva accontentarsi ed il braccio ciccione di Gambedipesce spalmato sulla faccia. 

 

N.A.: Rieccoci qui! Allora, mi scuso ( questa sarà l'ultima volta ) per l'inzio del Capitolo e la maledetta sensanzione di Dejà vu che avrete nuovamente provato. Fortunatamente, è solo ad inizio Capitolo, il resto era del tutto nuovo, stavolta xD Allora, vediamo un po' le cose che devo chiarirvi ( senza inciapare in una gaffe primordiale come l'altra volta, spero  xD ). Credo solo il termine dracma. E' praticamente il nome della moneta che era in uso nell'antica Grecia.
Le comparse sono state... Belle e Flynn e poi, beh, abbiamo introdotto meglio Gambedipesce ( che tutti avevano riconosciuto e che io ADORO ). Vi dico che nei prossimi capitoli sarà abbastanza presente, nella veste di piccolo stalker che a Jack da sui nervi. xD 
E per quanto riguarda l'aranciata verde che Hiccup richiede al suo famigerato genitore divino... Ogni riferimento a Percy e alla sua mania per il cibo blu è puramente casuale. ù.ù A proposito di Percy... devo un attimino sfogarmi ( perdonatemi ). Stamattina ho finito di leggere Il Marchio di Atena e.. boh, sono ufficialmente morta. Cioè la mia OTP... T^T Rick, verrò a casa tua e ti truciderò ( ma prima mi farò dare una copia de La casa di Ade e un Leo Valdez a grandezza naturale *^* )! Il bello è che ho... non pianto, ma quasi. E mi chiedo quante lacrime getterò da domani quando comincerò finalmente a leggere Colpa delle Stelle ( che alla fine ho acquistato oggi di mio, stanca di aspettare un prestito xD ). Anyway, basta parlare di me, o meglio, torniamo alle cose che scrivo non alle cose che faccio ( ? ). 
Oggi avrei dovuto aggiornare la raccolta di One Shot ma non me la sentivo ancora. Domani molto probabilmente lo farò, quando avrò finito di rileggere e rileggere la cosuccia che ho scritto all'infinito.
Aspetto ansiosa come sempre le vostre recensioni e ne approffito per ricordarvi che senza tutti voi io non sarei qui a lanciare scleri a destra e a manca xD 
Allora ci leggiamo alla prossima! =3

 
 

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Capitolo 5
*** 4.Sogni Inquietanti e Riconoscimenti Inaspettati ***


Capitolo 4


Sogni Inquietanti e Riconoscimenti

Inaspettati
Rapunzel
 
-    Torna da me, bambina mia. – la voce di sua madre riecheggiava nella mente della ragazza, colpendola come un coltello dritto nel petto.
Stava sognando, lo sapeva, eppure quella voce sembrava così reale. Pareva davvero che la stesse chiamando, la stesse invitando a tornare a casa. 
-    Perché sei scappata? – continuava con voce leggermente tremante la donna - Mi stai uccidendo! – 
Rapunzel cercava disperatamente di risponderle, ma non ci riusciva. Era come se le parole le si spezzassero in gola. Sua madre stava davvero morendo per colpa sua? No, non poteva essere vero o non se lo sarebbe mai perdonato.
-    Guardami! Guarda come mi hai ridotta! – 
Il volto sfigurato della donna apparve poi nell’ombra. Non era più la stessa che Rapunzel ricordava. 
Erano passati solo pochi mesi da quando era scappata via, privando madre Gothel del potere benefico dei suoi capelli. Quei pochi mesi però erano bastati a far stagliare sul volto un tempo giovane di quest’ultima innumerevoli rughe, segni della vecchiaia che avanzava. Anche i capelli, un tempo ricci, lucenti e scuri, erano diventati di un colore grigiastro, per nulla giovanile, e Rapunzel sapeva quanto sua madre odiasse apparire anziana. Era per questo che aveva chiesto ad Apollo di donare alla loro bambina la capacità di far sparire ogni male, ogni segno di una vecchiaia che lei non voleva accettare. Questo l’aveva accontentata ma l’aveva anche avvisata che, un giorno, quella bambina tanto dolce non sarebbe più stata dalla sua parte. Avrebbe inseguito i suoi sogni ed i suoi scopi, come era giusto che fosse. 
-    Se tu non verrai da me, sarò io che verrò a cercare te. Perché tu mi appartieni, Rapunzel! –
Il volto della donna scomparve nella stessa ombra da cui era apparso, lasciando nell’animo di Rapunzel un’orribile sensazione di inadeguatezza. 
Poi aprì finalmente gli occhi e cominciò a guardarsi intorno, cercando di scacciare dalla  mente le parole minacciose della madre. 
Fuori dalla casa di Apollo il sole stava nascendo, splendente come ogni mattina. 
-    Buon giorno, papà. – sussurrò dolcemente al Sole, cercando di non svegliare i suoi fratelli che dormivano ancora beatamente.
Era presto ma, dopo quel terribile sogno, non ce la faceva proprio a riaddormentarsi. Ogni volta che provava a chiudere le palpebre, il viso deluso e invecchiato di sua madre le si ripresentava davanti agli occhi, terrorizzandola ancora una volta. 
-    Tu mi proteggerai, vero? – continuò rivolgendosi ancora ad Apollo anche se, come sempre, questo non le rispose, provocando in lei altra tristezza.
Non l’avrebbe protetta da sua madre, non era un problema suo. Aveva cose più importanti da fare come, ad esempio, far sorgere e tramontare il sole. E poi, oltre tutto, gli dei non avevano il permesso di aiutare i loro figli semidivini, perché suo padre avrebbe dovuto fare un’eccezione per lei? 
-    Punzie, tutto ok? – la voce della capogruppo Aurora la fece improvvisamente destare dai suoi pensieri
-    Oh si, tranquilla, continua pure a dormire. –
I fratelli della casa di Apollo erano tutti molto gentili. Da quando era arrivata, la trattavano come una sorella minore da proteggere, specialmente Aurora. Era l’unica, oltre a Jack e a Merida, a sapere della sua vera storia. Come era giunta al Campo Mezzosangue, perché aveva quel dono e tanto altro che non aveva detto a nessuno se non ai suoi migliori amici e a lei. Perciò, ogni volta che qualcosa non andava, si rivolgeva  alla capogruppo e questa, sempre disponibile, la aiutava. 
-    Sei sicura? Hai un volto spaventato... a me puoi dire tutto, lo sai. –
Quell’ultima frase fece sentir Rapunzel inevitabilmente in colpa. Non poteva raccontarle del  sogno, l’avrebbe fatta preoccupare e questo lei non lo voleva. Ma, allo stesso tempo, non poteva tenere un macigno così pesante tutto per se e sapeva in cuor suo che parlarne con qualcuno le avrebbe fatto del bene. Alla fine, tra il suo di bene e quello degli altri, scelse il secondo.
-    Davvero, è tutto ok. – rispose così, sorridendole, per poi invitarla a continuare a riposare.
Quella fu solo la prima delle innumerevoli bugie che la biondina sarebbe stata costretta a raccontare da lì in avanti.

***
 
Quando la mattina si fece più inoltrata, Rapunzel decise di uscire fuori dalla casa sette per godersi un po’ il sole mattutino. 
Suo padre aveva fatto un buon lavoro, come sempre del resto. Le piaceva la sensazione calda che il sole regalava a quell’ora. I raggi che le accarezzavano il volto la rinvigorivano e, allo stesso tempo, la preparavano dolcemente ad una nuova giornata. Molti paragonavano quella sensazione a quella rigenerante che i suoi capelli donavano ai feriti ma lei non poteva saperlo con certezza dato che non aveva mai avuto l’occasione di testarli su se stessa. In realtà, non sapeva neanche se potessero funzionare sulle sue ferite. 
-    Che avevi stamattina? – chiese Aurora mentre le poggiava una mano rassicurante sulla spalla
-    Non mi andava molto di dormire. – mentì – Stava nascendo una così bella giornata fuori che non volevo perdermene neanche un istante! – 
Aurora storse il naso. I figli di Apollo non erano stupidi.
-    Se lo dici tu... – rispose così, diffidente – Vado ad esercitarmi con la lira. Se ti va, più tardi puoi raggiungermi. – 
-    Certo! – continuò sorridendo la biondina, salutando poi l’amica con un gesto della mano. 
Detestava mentire, ma cercò di ripetere a se stessa che lo stava facendo per una buona causa. 

***
 
In un primo momento, pensò che fare un salto alla casa di Ares da Merida l’avrebbe aiutata a dimenticare il sogno di quella notte, poi però ricordò cosa aveva detto quest’ultima qualche giorno prima: " Vi consiglio di stare alla larga dai miei fratelli, sono peggio di me. " Rapunzel le aveva creduto sulla parola, mentre Jack aveva detto che secondo lui Merida si vergognava semplicemente di loro, ecco perché non voleva vederli nei pressi della casa cinque. Qualunque fosse l’ipotesi corretta, era meglio rispettare il volere della figlia di Ares. 
Su quale fosse la casa più accogliente del Campo invece, Rapunzel non aveva dubbi: quella di Ermes, assolutamente. Peccato che, quando ci entravi, dovevi stare attento alle tue cose ed usare bene tutti i tuoi sensi per evitare di cadere in uno scherzo. 
Fortunatamente, Rapunzel non dovette entrarci. Fu Hiccup a salutarla per primo vedendola arrivare e, dal volto supercontento che aveva assunto, la biondina pensò che doveva aver bisogno sicuramente di qualcosa. 
-    Buon giorno Hiccup! – cominciò contenta lei - Dormito bene? –
-    Ecco, era proprio questo di cui ti volevo parlare. Ho dolori ovunque. – rispose il ragazzo mentre indicava tutto se stesso.
La figlia di Apollo non riuscì a trattenere le risate.
-    Possibile che con te debba usare il potere dei miei capelli ogni giorno? – chiese divertita al lentigginoso che, imbarazzato, portò la mano sinistra dietro alla nuca
-    Eh già. – si limitò a rispondere poi  – Allora... mi aiuti? –
-    Certo, che domande! –
Passò qualche minuto, giusto il tempo di far risplendere di luce propria i capelli e di guarire i dolori del ragazzo, che Hiccup cambiò espressione: da disperato a soddisfatto.
-    Grazie mille. Tra quell’amaca precaria e Gambedipesce che mi schiaffeggiava... penso sia normale ridursi così. –
-    E non hai ancora giocato a Caccia alla bandiera. – una voce conosciuta si intromise nel loro discorso.
Chi se non Jack poteva apparire dal nulla nel giro di quale secondo?
-    Cos’è la Caccia alla bandiera? – chiese confuso l’indeterminato guardando l’amico
-    Dovremmo giocarci presto...  ti piacerà! –
Rapunzel dubitava che ad un tipo come Hiccup potesse piacere la Caccia alla Bandiera. A lei non piaceva, infatti, lo trovava un gioco violento. Preferiva di gran lunga partecipare alle attività ricreative, come il laboratorio artistico e quello musicale, con i satiri che le facevano da istruttori.  Jack e Merida invece ne andavano matti. La casa di Ermes e quella di Ares non avevano mai collaborato durante il gioco, e questo contribuiva ad aumentare il loro amore verso di esso: erano l’uno contro l’altro e loro adoravano battersi a vicenda. 
-    Buongiorno ragazzi! – li salutò poi Merida, arrivando di soppiatto dalla casa di Ares. 
Hiccup ebbe un sobbalzo quando udì la voce della rossa. Era davvero terrorizzato da lei dopo l’accaduto del giorno prima. 
-    Buon... buongiorno. – rispose balbettando quest’ultimo, visibilmente nervoso
-    Sei ancora spaventato per ieri? Mi dispiace, ok? A volte esagero. – 
-    “ A volte “. – la canzonò Jack come di suo solito 
Merida lanciò un’occhiataccia all’albino che, di rimando, alzò entrambe le mani in segno di resa, continuando però a sorridere beffardo.
Rapunzel li conosceva da qualche mese e, fin dall’inizio, si erano da sempre punzecchiati a vicenda, come se non potessero farne a meno. Ma, infondo, era proprio quel punzecchiarsi a rafforzare la loro amicizia e a renderla speciale, diversa dalle altre.
-    Ohm... Hiccup... Buon giorno. – una voce poco disinvolta arrivò dall’entrata della casa di Ermes.
Un ragazzino biondo e paffuto li salutava timidamente con un cenno della mano che Rapunzel ricambiò subito. Anche Hiccup fece lo stesso, sorridendo, mentre Merida lo guardava perplessa e Jack si portava la mano destra alla fronte, come se fosse stanco di qualcosa, o meglio, di qualcuno.
-    Buon giorno... ragazzino-biondino-che-ci-perseguita. – lo salutò poi  quest’ultimo cercando di apparire cordiale, peccato che non riuscì nell’impresa.
-    Ti presento le mie... amiche... – continuò Hiccup, un po’ titubante nel pronunciare l’ultima parola, forse perché non sapeva se sul serio le ragazze che aveva conosciuto si sentissero tali nei suoi confronti.
Rapunzel pensò che Hiccup si sentisse confuso specialmente nei confronti di Merida che, in realtà, appariva fredda con tutti ultimamente, non solo con lui che era appena arrivato. 
-    Lei è Rapunzel, figlia di Apollo, mentre lei è Merida, figlia di Ares. – completò la frase dopo un po’, apparentemente sollevato dal fatto che né lei e né Merida avessero obbiettato alla parola “ amiche “. 
-    Io sono Gambedipesce, piacere. – porse la mano alle ragazze – Oh, e sono un indeterminato. – 
Rapunzel gli sorrise, stringendogli la mano, mentre Merida, ancora perplessa, gliela strinse dopo un po’.  Sembrava preoccupata per qualcosa, ma nessuno riusciva a capire cosa. Si comportava in modo inusuale nell’ultimo periodo, come se cercasse di nascondere ai suoi amici qualcosa di importante, qualcosa che la faceva stare male. La figlia di Apollo avrebbe voluto aiutarla ma era difficile se questa non si apriva con lei. Dopo tutto però, da quale pulpito veniva la predica? Anche lei stava nascondendo qualcosa ai suoi migliori amici, qualcosa che le provocava dolore. 
-    Merida, che stai facendo?! –  la voce di Astrid Hofferson richiamò prepotentemente la sua sorellastra all’attenti – Smettila di perdere tempo con gli indeterminati e vieni, abbiamo la lotta a quest’ora! – 
 Merida si voltò verso la ragazza, facendole cenno che stava arrivando.
-    Devo andare... mi dispiace. Ci vediamo più tardi. – disse poi, evitando lo sguardo dei suoi amici.
-    Certo, va da loro! – esclamò con un tono quasi arrabbiato Jack – Sono meglio di noi, no? –
La figlia di Ares non rispose, dirigendosi spedita verso i suoi fratelli. 
Rapunzel sapeva che ciò che aveva detto Jack non era vero, doveva esserci sicuramente dell’altro sotto. Non li avrebbe mai abbandonati per stare con quei montati dei suoi fratelli. 
-    Non ci posso credere... – continuò irato il figlio di Ermes
-    Non è come pensi, Jack. Lei non lo farebbe mai. – cercò di dissuaderlo lei, ma invano
-    Tu sei troppo buona, Punzie. Ma non lo vedi? Ci evita! – rispose lui indicando l’amica mentre si allontanava con i compagni della casa cinque 
-    Magari non è per ciò che pensi tu! Lei ci vuole bene, lo sai. Forse lo fa per un buon motivo... – 
-    E quale potrebbe essere “ un buon motivo “? –
Una madre che ti sta cercando ‘ pensò, dispiaciuta. Avrebbe voluto dirglielo ma cosa avrebbe cambiato? Nulla. Si sarebbe solamente preoccupato per una sciocchezza.
-    Come pensavo. – continuò Jack, stavolta con un tono dispiaciuto – Apri gli occhi, Punzie. Si vergogna di noi, è ovvio. – 
Hiccup e Gambedipesce intanto li fissavano, dispiaciuti, rimanendo nell’angolo, non sapendo evidentemente cosa dire per migliorare l’umore.
-    Adesso devo andare a ripetere un po’ di greco con Belle. Ci pensi tu a questi due? – chiese poi Jack tornando improvvisamente sorridente.
Era da lui cambiare umore così velocemente e questa era una cosa che Rapunzel gli ammirava fin dal primo momento in cui lo aveva conosciuto.
-    Certo. – annuì per poi rivolgersi ai due indeterminati – Vi piacerebbe imparare a suonare la lira? – 

***
 
Aurora fu contenta di ricevere nuove reclute. Accolse i due ragazzi a braccia aperte, come era solita fare con qualcuno di nuovo, e li invitò a prendere una lira. 
Gambedipesce ne afferrò contento una e cominciò a studiarla, estasiato, mentre Hiccup appariva molto perplesso. L’aveva messa addirittura al contrario. 
-    Come... come si suona? – chiese quest’ultimo ad Aurora che, divertita, gli mostrò come impugnarla nel modo giusto – Oh, non comincio bene. – 
-    Tranquillo, è più facile di quanto sembri! – rispose la capogruppo sorridendogli.
Aurora era un’ottima insegnante oltre che un’ottima amica: gentile, disponibile e paziente. Rapunzel la apprezzava tantissimo per queste sue virtù.
-    Prima di tutto, spieghiamo cos’è la lira. - cominciò Aurora – Vuoi dirlo tu, Rapunzel? –
La citata annuì, ma, prima che potesse proferire qualcosa riguardo lo strumento, Gambedipesce la anticipò. 
-    La lira è uno strumento musicale a corde, composto da una cassa armonica alla quale sono applicati due bracci verticali, uniti da una traversa. – 
Hiccup, Rapunzel ed Aurora lo fissarono, sbigottiti. Per essere un indeterminato sapeva tante cose. 
-    Ehm... cosa c’è? Mi piace studiare, tutto qui. – cercò di giustificarsi il ragazzo mentre diventata rosso come un peperone
-    Dimmi Gambedipesce... stai cercando tua madre o tuo padre? – domandò Aurora, visibilmente incuriosita dalle doti del ragazzo
-    Mia... madre. Perché me lo chiedi? – 
La bionda sorrise, come se avesse capito ogni cosa.
-    Nulla, pura curiosità. – si limitò a rispondere però, lasciando per un attimo Rapunzel perplessa.
La lezione di lira andò avanti comunque, con scarsi risultati da parte sia di Hiccup che di Gambedipesce. Quest’ultimo, nonostante sapesse molta teoria, si era dimostrato una schiappa totale nel metterla in pratica. 
Aveva rotto cinque volte la stessa corda che, grazie agli dei, Hiccup era riuscito ad aggiustare prontamente ogni volta, provocando in Aurora altri sorrisi compiaciuti di chi evidentemente la sapeva lunga. 
Quest’ultimo invece aveva impugnato, anche lui per cinque volte di seguito, lo strumento al contrario. Fortuna che la capogruppo della casa di Apollo era una ragazza paziente!
Il pomeriggio passò così, a ridere, a suonare e a distruggere e ricostruire strumenti musicali antichissimi. Quel pomeriggio spensierato però aiuto anche Rapunzel a dimenticare per qualche ora le ombre di un passato che si facevano sempre più presenti. 

***
 
-    Punzie, che ti prende? Non hai neanche assaggiato la tua zuppa di nocciole. – chiese preoccupata Aurora alla ragazza.
Non riusciva a mangiare il suo piatto preferito perché le ricordava troppo casa. La dimora in cui era stata costretta da sua madre a rimanerci rinchiusa per sottrarre alla vista altrui il suo segreto, per tenerla nascosta dal mondo crudele che si celava all’esterno ma soprattutto, per mantenerla lontana dalla sua vera casa: Il Campo Mezzosangue.  
Ricordava ancora quel giorno in cui quei due ragazzini erano giunti nei pressi della sua torre. Erano passati pochi mesi ma a lei sembrava un’eternità. Stavano scappando da uno dei soliti mostri mitologici quando le avevano chiesto di farli salire sulla torre. Lei all’inizio aveva esitato, ma poi li aveva aiutati. Alla fine, era scappata insieme a loro ed era giunta al Campo Mezzosangue. Da quel giorno Merida e Jack erano diventati i suoi migliori amici. L’avevano salvata dalla vita orribile che conduceva, regalandole quella fantastica a cui sua madre aveva cercato per anni di sottrarla. 
-    Sei sicura di stare bene? Non me la racconti giusta, signorina. – continuò Aurora visibilmente impensierita dal comportamento di Rapunzel
-    Non ho voglia di mangiare, tutto qui. – rispose quest’ultima, utilizzando stavolta una mezza verità più che una bugia
-    Ma non è da te! – 
-    È che... – un’altra mezza verità – non mi sento molto bene. – 
Fortunatamente, il discorso dovette cessare. Tutti i ragazzi si erano voltati verso il tavolo di Ermes, parlottando sbigottiti tra di loro. 
Nord si era alzato dal tavolo uno, con la bocca ancora sporca di Oladi, un tipico piatto russo, e si era avvicinato al tavolo numero undici, sorridente come sempre.
Rapunzel si sporse un po’, per controllare che fosse tutto a posto. Notò però un Gambedipesce confuso non più seduto al suo posto, bensì in piedi vicino al tavolo. Aveva un simbolo violaceo e luminoso che gli risplendeva sulla testa. Il simbolo sembrava una civetta, ma dov’è che Rapunzel l’aveva già vista? 
-    Lo sapevo, avevo ragione! – esclamò contenta Aurora subito dopo
-    Non capisco... –
Ma fu Nord a chiarirle la situazione.
-    Bene, bene, tua madre finalmente ha riconosciuto! – esclamò contento con il suo solito accento russo.
Rapunzel adorava il modo bizzarro di parlare di Nord, le metteva tanta allegria. Ricordava quando era toccato a lei uno strano simbolo fluttuante sulla testa. L’omone aveva cercato di tranquillizzarla fin da subito, spiegandole che quello era solamente il simbolo di suo padre che aveva finalmente capito che la biondina era opera sua. 
-    Ave Gambedipesce Ingerman, figlio della dea della sapienza! – continuò a gran voce il direttore, visibilmente contento per il semidio che aspettava da tanto quel riconoscimento. 
-    Atena? – chiese sbigottito il biondino, guardando Nord 
-    Si! Contento? –
Il ragazzo annuì, soddisfatto. Il suo volto faceva trasparire tanta gioia, ma il più gioioso sembrava essere invece Jack che si fece scappare un:
-    Adesso è un problema vostro, figli di Atena! – 
Per poi invitare gli altri del tavolo di Ermes a scalare di un posto.
-    Con lui che se ne va guadagniamo due posti a tavola! – 
Hiccup sembrava meno contento e Rapunzel ne intuì la ragione. Sapeva quanto ci tenesse ad essere riconosciuto da suo padre, come ci teneva ogni semidio con un po’ di sale in zucca. La biondina sentiva però in cuor suo che presto il padre del ragazzo lo avrebbe riconosciuto, anche se lui sembrava non crederci più di tanto. 
Gambedipesce intanto si diresse da suoi fratelli al tavolo sei, gioioso. Ma, prima, salutò Hiccup. Non fu un saluto freddo come una stretta di mano o un semplice gesto, bensì il ragazzone stritolò il lentigginoso in un abbraccio sentito, così dolce che Rapunzel sorrise. Il giorno dopo, Hiccup avrebbe avuto di nuovo bisogno del potere dei suoi capelli per curare le contusioni che probabilmente quell’abbraccio gli aveva provocato! 
 

N.A.: Pensavate che quel " Riconoscimenti Inaspettati " si riferisse a Hiccup, vero? Mi spiace, ma no xD Dei, mi sento cattivissima! >.< Ma tranquilli, Hic verrà riconosciuto... presto. Ok, non prestissimo ma avverà!
Allontiamoci un attimo dal Capitolo e parliamo dell'argomento Scuola-EFP. Domani sarà il mio primo giorno di secondo superiore, ho tanta ansia ( non so neanche io il perchè u.u ) e so già che la scuola mi costringerà a diminuire la cosa che amo più fare: scrivere. Ma, non disperate, ho detto diminuire, non eliminare. Cercherò di aggiornare ogni una/due settimane, lo giuro. Mi organizzerò e ci riuscirò! Batterò l'infido nemico chiamato " compiti a casa " * musica melodrammatica in sottofondo *. 
Tornando al Capitolo, spieghiamo un po' la questione Punzie-Madre Gothel. In questa long, quest'ultima è davvero la madre di Rapunzel. E' stata sedotta da Apollo ( beata lei xD ) e dalla loro unione è nata la nostra biondina preferita. =) Gothel ha però chiesto al dio un dono e quest'ultimo l'ha accontentata. Ecco spiegato il perchè delle doti straordinarie della ragazza. 
Per quanto riguarda Aurora, l'avete riconosciuta tutti, no? La nostra Bella Addormentata nel Bosco. Allora, se questa long fosse stata ambientata dopo la promessa degli dei a Percy avrei smistato la dolce principessa nella casa di Ipno. Siccome non è quella l'ambientazione che ho scelto, ce la vedevo nella casa di Apollo per le sue doti canore. ^^ E l'ho messa addirittura come capogruppo! Si si, ce la vedevo troppo in questo ruolo. =)
Poi... vediamo... Ah si, la nostra Mer. Non è stata molto presente e, quel poco che c'è stata è stata molto fredda con gli altri. Nel prossimo Capitolo spiegherò questo suo comportamento dato che il POV sarà suo, tranquilli. ;) 
Astrid è una perfetta figlia di Ares, penso che tutti siano d'accordo con me su questo xD
Ed il nostro piccolo Gambedipesce? Ho avuto milioni di dubbi su di lui, credetemi. Poi alla fine ho optato per Atena dato che, non dimentichiamolo, lui è una specie di... dragopedia ( ? ) xD E' sapiente, punto. ù.ù 
Ho dimenticato ciò che dovevo dire ( effetto Fishlegs *^* ) quindi... concludo ringraziando tutti come sempre ed invitandoli a lasciarmi una piccola recensione. =3
Siete fantastici, TUTTI! Grazie per il sostegno che mi date. <3 
Alla prossima e che gli dei siano sempre dalla vostra parte, amici miei!



 
 
 

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Capitolo 6
*** 5. Tiro con l'Arco e Nascondino Improvvisato ***


Capitolo 5

Tiro con l’Arco e Nascondino Improvvisato

 
Merida

Merida si svegliò di colpo quella mattina. Erano giorni che lo stesso incubo la perseguitava, costringendola a svegliarsi prima del tempo. Lei adorava dormire quasi quanto adorava tirare con l’arco, ed essere disturbata durante il momento per lei più bello della giornata era un vero strazio. A peggiorare le cose, ogni volta che apriva gli occhi, davanti a lei si parava puntualmente il volto burbero del suo fratellastro Moccicoso, il che non garantiva un gran bel risveglio. 
-    Sai che ti lamenti mentre dormi? – disse questo seccato, come se le sofferenze della ragazza lo molestassero durante il sonno 
-    E tu russi, sai che differenza. – rispose a tono lei, ormai abituata ad avere quelle conversazioni mattutine col fratellastro.
Si rigirò nel suo letto, cercando di ignorare la voce di Moccicoso che continuava ad importunarla alle cinque del mattino con le sue reazioni esagerate. A volte pensava che la casa di Ares non fosse il suo posto. I suoi fratelli non le piacevano un granché e questi, invece di provare a farle cambiare idea, peggioravano ogni giorno di più la situazione. Come se non bastasse, ultimamente si sentiva inquieta per colpa di quell’incubo e le sarebbe piaciuto avere qualcuno che mostrasse un po’ di interesse nei suoi confronti. 
-    Adesso ti do un consiglio: non riaddormentarti, così non ti lamenti ed io posso dormire. – continuò Moccicoso evidentemente interessato più a se stesso che ai bisogni della sorellastra
-    Sta zitto e dormi. – si limitò a rispondere lei, troppo scossa dall’incubo per poter riuscire a trovare una risposta migliore.
I semidei solitamente sognavano il vero, ed il vero era sempre spaventoso. 
Quella stanza buia, sua madre, i suoi fratellini ed il suo patrigno in catene, un orso a sorvegliarli ed un uomo che rideva malignamente nell’angolo invitando un certo Cinghiale a partecipare al divertimento.
Merida sperò che la parola Cinghiale non si riferisse a lei o avrebbe mostrato a quell’uomo che teneva in ostaggio la sua famiglia chi tra i due fosse il vero maiale. 
Avrebbe dovuto dire a qualcuno dei suoi sogni ma, ogni volta che provava a farlo, le parole le si spezzavano in gola, come se una forza superiore in quel momento le impedisse di parlare. Così, aveva diminuito i contatti con i suoi veri amici, preferendo i suoi fratellastri menefreghisti a loro, per limitare i sensi di colpa che le bugie provocavano. Era sbagliato, anche perché così facendo i suoi amici, specialmente Jack, stavano cominciando a credere che lei si vergognasse di loro, cosa assolutamente non vera. Se doveva vergognarsi di qualcuno, quel qualcuno era di sicuro Moccicoso che, dopo essersi riaddormentato, aveva ricominciato a sbavare e a russare come prima. 
-    Tutta colpa tua, papà. – sussurrò la ragazza mentre osservava schifata il volto del fratellastro.

***

Qualche ora dopo il suo risveglio, ecco il capogruppo della casa di Ares, Shang, fare la sua apparizione mattutina per svegliare tutti gli altri. Merida non lo aveva mai visto nel suo letto e, secondo lei, doveva passare tutta la notte ad allenarsi in non si sa quale nascondiglio segreto per non farsi beccare dai supervisori. 
-    Avanti, il sonno lo lasciamo alle mezze cartucce delle altre case! – ripeteva con enfasi come un capo militare che nessuno aveva il coraggio di contraddire.
Merida detestava farsi comandare, altro motivo per cui odiava la casa cinque, ma, quella mattina, non vedeva l’ora di trovare una scusa per alzarsi da quel maledetto letto porta-incubi. 
-    Brava Dun Broch, stiamo migliorando la condotta, ultimamente. – disse Shang visibilmente orgoglioso della sua recluta.
La rossa annuì annoiata, facendo rimbalzare tutti i riccioli ribelli che aveva al posto dei capelli e che la mattina erano al massimo della loro ribellione. 
-    Pettinati un po’ e aiutami a svegliare gli altri. – continuò il capogruppo guardando piuttosto stupito i capelli della sorellastra.
Non si era ancora abituato al loro volume sovrannaturale, evidentemente, per squadrarli in un modo così stupito.

***

Dopo aver aiutato Shang a svegliare ogni soldato, così a lui piaceva chiamare i suoi fratelli, Merida uscì dalla casa cinque per godersi uno dei pochi momenti di libertà che le era concesso: la mattina, quando i suoi fratelli erano ancora troppo assonnati per darle ordini, tutti tranne Shang, ovviamente, che, grazie agli dei, al momento era impegnato a sgridare Moccicoso.
La ragazza però, in quegli attimi di solitudine, non poteva fare a meno di pensare e, quando lo faceva, tutti i suoi pensieri si concentravano su quell’incubo e sulla sua famiglia.
Non aveva mai adorato i suoi fratellini. Anche loro in realtà erano suoi fratellastri, nati dal matrimonio mortale di sua madre con un uomo, Fergus, che a lei però, a differenza di quelle pesti, non era mai dispiaciuto. Era un tipo simpatico e la trattava come se fosse sua figlia. A volte, la aiutava anche nelle innumerevoli discussioni contro sua madre, spesso provocate dall’ansia della donna nell’immaginarsi la figlia intenta a lottare contro quei mostri di cui lei aveva solamente letto nei libri di Mitologia. 
Adesso anche lui era lì e doveva salvarlo per ripagarlo di tutte quelle volte in cui l’aveva aiutata. 
-    Buon giorno Merida! – una voce femminile la richiamò.
Per un attimo, ebbe il presentimento che fosse Astrid, pronta ad impartile le attività che avrebbero svolto quella mattina. Invece, era solamente Anna, una dolce figlia di Afrodite che aveva voglia di salutarla. Insieme a lei, la rossa riconobbe l’indeterminato, Hiccup, che aveva letteralmente terrorizzato qualche giorno prima. A ripensarci,  Merida aveva voglia di nascondere la testa sotto la sabbia come uno struzzo ogni volta che lo incontrava. Si vergognava della maniera in cui lo aveva trattato. Urlare e sbraitare non era un buon modo per presentarsi, neanche per una figlia di Ares agguerrita come lei. 
-    Ciao Anna. E buon giorno anche a te Hiccup. – rispose, cercando di apparire gentile – Cosa ci fate qui, vicino alla casa cinque, completamente scoperti, senza guardie del corpo o satiri ad aiutarvi? –
-    Non essere sciocca Mer, spaventerai il nuovo arrivato! – la riprese Anna – Ovviamente sta scherzando, Hic. – 
Il lentigginoso annuì, nervoso. Merida accennò un sorriso per tranquillizzarlo, ma non funzionò molto.
-    Siamo venuti qui perché stamattina Jack e Punzie mi hanno affidato Hiccup che, poverino, non sa cosa fare. Ma non è l’unico a non saperlo, noi figli di Afrodite non abbiamo attività specifiche... sinceramente siamo noiosi. Cioè io non sono come gli altri che si guardano allo specchio tutto il giorno e seminano cuori infranti ma.... –
-    Anna, basta, ho capito. – la interruppe la figlia di Ares, ormai abituata alla parlantina della fulva – Quindi sei venuta da me perché pensavi avessi qualche attività da proporvi? – 
-    Esatto! Sempre se tu vuoi... e puoi... – continuò la figlia di Afrodite, trasformando quella sua richiesta in una supplica silenziosa.
Merida sapeva di non poterlo fare. Molto presto sarebbe arrivata Astrid e l’avrebbe trascinata a lottare, ad esercitarsi con la scherma o a fare altre cose che a lei, in realtà, non piacevano affatto. Così, per una volta, decise di lasciar perdere la sorellastra e di dedicarsi un po’ ai suoi veri amici. Un’altra cosa che la spinse ad accettare l’aiuto richiesto da Anna era Jack che passava da quelle parti, diretto all’Arena insieme agli altri figli di Ermes. Voleva dimostrargli che non era una pessima amica come lui credeva.
-    Ma certo che vi aiuterò, Anna. – alzò la voce per farsi sentire dall’albino – Perché io sono un’ottima amica, questo lo sanno tutti! –
Anna ed Hiccup la fissavano allibiti, alquanto straniti dal fatto che la ragazza per accettare avesse alzato così tanto la voce. Intanto, Jack continuava a camminare tranquillamente, facendo finta di non aver sentito. 
-    Allora... grazie. – spezzò il silenzio dopo un po’ Anna – Cosa facciamo? –
-    Ma che domande, la risposta è ovvia. Tiro con l’arco! –
-    Oh oh. – scappò ad Hiccup che, subito dopo, si coprì la bocca, imbarazzato – Volevo dire, fantastico! – 

***

Durante il percorso per arrivare al poligono di tiro con l’arco, Anna non fece altro che parlare e parlare di cose assurde, tipo quella volta in cui aveva quasi baciato un mostro.
-    Aveva l’aspetto di un principe! – si giustificò – Io non mi aspettavo fosse così... viscido. –
-    Hai davvero quasi baciato un mostro?! – chiese scioccato Hiccup
-    Te l’ho detto... non pensavo fosse un mostro! Diceva di chiamarsi Hans! – 
Era così che Anna era giunta al Campo Mezzosangue. Uno dei satiri in missione l’aveva salvata da un mostro che fino a qualche istante prima aveva l’aspetto di un bel ragazzo, almeno così raccontava lei. 
-    Pensavo fosse vero amore... ma mi sbagliavo. E sbagliare per una figlia di Afrodite su certe cose non va bene. – continuò tristemente 
-    Ehi, tranquilla. Troverai di sicuro il tuo vero amore. – cercò di rassicurarla Hiccup.
La ragazza tornò sorridente e, per fortuna di Merida che non ne poteva più di sentirla straparlare sul vero amore, erano finalmente giunti al poligono di tiro con l’arco. 
Peccato che però il posto preferito di Merida fosse infestato dai figli di Apollo. Questi ultimi, escludendo Rapunzel, non avevano un bel rapporto con lei. I figli di Ares non erano bravi con il tiro con l’arco, quella era una specialità dei figli del dio del Sole, eppure Merida non sbagliava un colpo. Sapeva che la sua mira infallibile era invidiata dai ragazzi della casa sette come sapeva che i pesci avevano le branchie. 
Si fece spazio tra la progenie di Apollo, sicura, trascinando anche Anna ed Hiccup con se. Gli ultimi due però apparivano molto meno convinti di lei. 
Solo un ragazzo non permise ai tre di sistemarsi nella zona di tiro: Kocoum. Merida lo odiava: si sentiva il signore del tiro con l’arco solo perché era figlio di Apollo e la sua famiglia traeva origine dagli indiani d’America, abili arcieri. 
-    Potresti spostarti, Kocoum? – chiese prima la rossa con falsa gentilezza
-    Ovvio che no. – rispose lui  rimanendo serio ed impassibile, continuando a concentrarsi sul tiro – Questo non è posto per i figli di Ares né tantomeno per quelli di Afrodite e... per chi non si sa. – 
L’ultima frase fece scattare in Merida una rabbia profonda. Non poteva trattarli in quel modo. 
Guardò i suoi due amici, visibilmente dispiaciuti per la prepotenza che il ragazzo aveva dimostrato nei loro confronti, specialmente Hiccup, che sembrava soffrire particolarmente questa storia del riconoscimento. Così, partì all’attacco per difenderli. 
-    Questo posto non appartiene a voi! Non mi sembra ci sia scritto da qualche parte proprietà dei figli di Apollo! –
-    Ehm... Merida ha ragione, non potete trattarci così! – la aiutò poi la fulva alzando improvvisamente la voce.
Kocoum si voltò verso di loro e cominciò a fissarle con il suo solito sguardo serio.  
-    Volete la guerra? – chiese poi, e le due ragazze erano sul punto di annuire, quando, puntualmente, Hiccup le fermò
-    No, no, siamo pacifici noi. – disse – Andiamo ragazze, aspetteremo il nostro turno. –
Le trascinò a bordo campo, invitandole a sedersi e a calmarsi. 
-    Anna, non hai qualcosa di forte che solo i figli di Afrodite hanno? Tipo.. la lingua ammaliatrice o robe simili? – chiese Merida all’amica, ancora irritata dal comportamento di Kocoum
-    Mi spiace. Sono una figlia di Afrodite comune. – 
-    Aspetteremo. Prima o poi si stancheranno, no? – disse infine Hiccup con un tono ragionevole mentre si accomodava di fianco alle ragazze. 

***

Le ore passavano, i figli di Apollo scoccavano frecce e loro continuavano ad aspettare.
Merida aveva intuito fin dall’inizio che sarebbe andata a finire così ma Hiccup non le aveva permesso di dichiarare guerra a quegli antipatici. Si sa che se non si fa i prepotenti con i prepotenti non si risolve nulla e, alla fine, ci si ritrova ad annoiarsi a bordo campo come loro tre. 
-    Potremmo fare qualcos’altro! – propose Anna – Che ne dite di un bel giro in bici? Oppure andiamo a guardare le ore che passano... l’importante è che facciamo qualcosa di meglio di aspettare. – 
-    Non se ne parla di andare via da qui! – rispose Merida alzandosi in piedi – Non me ne andrò fino a quando non mi avranno fatto tirare con l’arco! –
-    Allora, sarà una lunga giornata... – commentò Hiccup sarcastico.
Così continuarono ad aspettare e aspettare e aspettare fino a quando una voce maschile non richiamò Anna.
-    Kristoff! Arrivo! – rispose lei euforica, come se la voce del ragazzo fosse un’ancora di salvezza
-    Che fai, ci abbandoni? E la nostra guerra?! – chiese Merida apparentemente ferita
-    Mi dispiace Mer... la guerra non fa per i figli della dea dell’amore. Ci vediamo presto, ragazzi! – 
E così era corsa via insieme al biondino indeterminato. Merida avrebbe voluto raccontare ad Hiccup la storia di Kristoff, ma non voleva angosciarlo ulteriormente. Il povero ragazzo era un indeterminato da... anni ormai. Nessuno lo aveva riconosciuto e lui, orfano dalla nascita, non aveva amici, se non un pegaso che aveva chiamato Sven. Quando Anna era arrivata al Campo, sembrava essere quasi rinato: finalmente parlava con qualcuno che non fosse un animale alato.
-    Quindi... hai davvero intenzione di rimanere qui fino a quando loro non se ne saranno andati? – chiese poi il lentigginoso 
-    Certo. – rispose con convinzione lei, per nulla annoiata da quell’aspettare e aspettare
-    Anche se dovessero volerci anni? –
-    Anche se dovessero volerci anni. –
-    Sei testarda. – affermò poi l’indeterminato
-    Lo so. – annuì lei – Sono fatta così. Le guerre si vincono con la testardaggine, no? –
Hiccup annuì, sorridendo. Sembrava finalmente non essere più terrorizzato da lei e questo la fece sentire sollevata. In fondo, era un tipo simpatico, voleva davvero diventare suo amico. 
-    Allora, raccontami un po’ di te nel frattempo che aspettiamo. – propose poi la rossa.
Il moro sembrò rimanere sorpreso da quella proposta. Agli occhi di Merida sembrava stesse cercando di capire se la richiesta della ragazza fosse reale o solamente una specie di illusione creata da chissà quale personaggio della mitologia greca. Poi, cominciò finalmente a parlare.
-    Non c’è molto da dire. Ho vissuto con mia mamma per tutto questo tempo... senza sapere chi realmente io fossi. E lei è stata davvero brava nel non farmelo scoprire. – 
-    Vuoi dire che non ti è mai capitato nulla di strano? Tipo mostri assetati di sangue o robe simili? – chiese di rimando lei, stupita
-    No. Ovviamente escludendo la manticora di qualche giorno fa. – rispose l’indeterminato, suscitando nella figlia di Ares un po’ di invidia.
Ogni semidio si era ritrovato a lottare per la propria vita nel modo mortale. I mostri brulicavano come i topi nelle fogne cittadine e lei aveva dovuto imparare subito a difendersi. Perché per quel ragazzo era stato diverso?
-    Probabilmente è stata mia madre. – continuò il lentigginoso, notando presumibilmente l’espressione dubbiosa della ragazza
-    Che intendi dire? –
-    Fil ha detto che mi ha protetto lei. Riesce a vedere attraverso la Foschia. Ma io, sinceramente, non ho ancora capito bene cosa sia. –
Merida pensò che la madre di Hiccup dovesse essere molto coraggiosa. Chissà quanti mostri aveva dovuto affrontare per salvare il figlio. Invece la sua di madre non aveva fatto altro che sbraitare ed arrabbiarsi con lei in quei quattordici anni di vita. 
-    Tua madre deve essere una donna fantastica. –
-    Lo è. Vorrei tanto aver potuto salutarla prima di venire qui. – la voce del ragazzo si rattristò e Merida non seppe cosa dire per rallegrarlo.
Anche lei aveva una madre lontana, anzi, in pericolo di vita. 
-    Ma adesso parla un po’ di te. Io non sono molto interessante. – continuò l’indeterminato cercando di cambiare argomento.
Peccato che quello era proprio ciò che Merida voleva evitare: parlare della sua famiglia. Erano in pericolo e lei se ne stava lì, ad aspettare che degli stupidi ragazzini le permettessero di allenarsi un po’. 
All’improvviso, fortunatamente, gli allenamenti di Kocoum e compagni cessarono, costringendo i due ragazzi a chiudere la loro conversazione. 
-    Il poligono è tutto per voi. – affermò col tono serio Kocoum ma, stavolta, facendo trasparire una nota maligna nella sua voce che contribuì a far imbufalire la figlia di Ares
-    Se fossimo stati al di fuori dal Campo saresti già ridotto ad una purea di patate! – 
-    Merida, calmati. – la prese per le braccia Hiccup – Andiamo a... fare ciò che dovevamo fare prima che arrivi l’ora di cena. –

***

Hiccup era una schiappa con il tiro con l’arco perciò, dopo aver mandato numerose frecce dritte sui posteriori di alcuni ignari centauri nelle vicinanze, decise di lasciar perdere lasciando a Merida campo libero. 
-    Non fa per me. – esclamò il ragazzo mentre, nervoso, si portava una mano alla nuca
-    Lascia fare alla maestra. – rispose divertita la rossa mentre andava a recuperare il suo arco.
Si perché lei ne aveva uno personale, uno che, purtroppo, le faceva riaffiorare troppi ricordi della sua famiglia. 
Era stato il suo patrigno a regalarglielo il giorno del suo dodicesimo compleanno. Era il suo modo per farle capire che, nonostante non fosse il suo padre biologico, lui c’era e ci sarebbe sempre stato per lei. Quello era il simbolo di una promessa che, in un certo senso, anche Merida aveva fatto all’uomo. Ci sarebbero stati entrambi l’uno per l’altra.
-    Tutto ok? – la voce del lentigginoso la risvegliò dai suoi pensieri
-    Si, certo. – mentì – Vuoi vedere come si usa correttamente questa bellezza? – 
-    Non vedevo l’ora! – 
Così, la rossa si preparò a scoccare la sua freccia. Non pensava a nulla se non a mandare quel colpo a segno. Peccato però che andò diversamente, molto diversamente.
-    Merida! – una voce la fece sobbalzare e non era quella di Hiccup. 
Scoccò velocemente la freccia che colpì di nuovo il sedere di un centauro. Questo, al culmine della sua pazienza, bestemmiò qualcosa in greco che però Merida, troppo nervosa, non riuscì a comprendere.
-    Veloce, nasconditi! – ordinò ad Hiccup che, confuso, rimase immobile – Muoviti! –
Lo spinse bruscamente dietro al bersaglio, nascondiglio per nulla ottimale, ma non era riuscita a trovare di meglio.
-    Che sta succedendo?! – provò a chiedere il ragazzo ma fu subito zittito dalla rossa
-    Resta in silenzio. – si limitò a sussurrargli in risposta per poi andare incontro alla sorellastra.
Astrid non sembrava molto contenta di vederla. 
-    Ti ho cercata dappertutto! – sbraitò la bionda – E poi dopo ore ti trovo qui a perdere ancora tempo con... questo! – 
Il modo in cui aveva indicato schifata l’arco di Merida non era piaciuto per nulla a quest’ultima.
-    Questo fa parte della mia vita! – rispose a tono poi guadagnandosi uno sguardo deluso da parte della sorellastra 
-    Papà non approva il tiro con l’arco, lo sai. –
-    Ma a me piace e non voglio rinunciare! – 
Detto questo, Merida si aspettava che la bionda andasse via, delusa, invece, le prese un braccio e la trascinò con se.
-    È quasi ora di cena e tu adesso vieni con me! È una fortuna che ti abbia trovata io e non Shang! – 
Non poté ribattere che era già lontana dal poligono di tiro con l’arco, strattonata da Astrid. Hiccup intanto era uscito dal suo nascondiglio e la guardava andare via, anche lui deluso. Senza rendersene conto, con quello che era appena accaduto, aveva confermato la teoria di Jack. In realtà, avrebbe voluto spiegare a tutti la verità: doveva piacere agli altri della casa di Ares e a suo padre per guadagnarsi un’impresa, impresa che avrebbe salvato la vita della sua famiglia. 


N.A.: La vostra LullabyChePuòFarcela è ancora qui, decisa più che mai a sconfiggere il mostro comunemente conosciuto con il nome di Compiti a Casa. La battaglia sta procedendo bene, come vedete, perché ho postato un altro bel capitolo! ;) Cioè. non bello, questo dovete dirmelo voi! xD Ok, la smetto di fare la Anna di turno ( la adoro, non potevo non inserirla nella mia long *-* ) e comincio a parlare del Capitolo.
Finalmente sappiamo perché la nostra Merida si comporta freddamente nei confronti dei suoi amici. Povera la nostra figlia di Ares, avere un incubo e svegliarsi con Moccicoso davanti non è bello, no no!
E che ne pensate di Shang come capogruppo della casa cinque? Lo avete riconosciuti tutti, il nostro bel figlio del generale Li direttamente dal film Disney Mulan, no? =3 Io ce lo vedevo in questo ruolo, non so voi. xD Si meritava una piccola apparizzione, poi lui è sempre un gran figone, si sa. ù.ù x'D
Chi più c'è in questo Capitolo... ah si, la mia terza principessa Disney preferita ( dopo Rapunzel e Merida xD ), la nostra trecciolina fulva ( ? ), la mia compagna di parlantina: Anna!, degna figlia di Afrodite, la dea dell'amore. E, se c'è Anna, c'è anche Kristoff ( altro mio cucciolo che qui ho trattato male. *-* Povero indeterminato mio T^T ). E se c'è Kristoff... ci sarà anche Elsa! xD Non avrei dovuto dirlo ma... si. Più avanti la nostra regina delle Nevi ( che io non apprezzo molto come personaggio, specialmente se accoppiato a Jack...>.< Ok, ok, mi calmo! ^^" ) farà la sua apparizione in un ruolo che... boh, secondo me voi non vi aspettate ( Già so che nelle recensioni qualcuno lo scriverà, tipo una certa genia che porta il nome de la figlia delle maschere, ad esempio x'D ). =3 
Avrete sicuramente apprezzato la citazione ad HansMostroAssassinoCheCercaDiSbranarsiAnna. Lo vedevo perfetto in questo ruolo. xD 
La parte leggermente Mericcupposa è stata... taaanto cucciolosa da scrivere. *-* Peccato che ci debba andare piano con quei due perché si sono appena conosciuti e prima devono approfondire la loro conoscenza. =( Ed Astrid che rovina tutto... eh già >.< 
Ah, dimenticavo Kocoum! Lo avete riconosciuto? Lo spasimante di Pocahontas nel suo film. Non so perché l'ho inserito a tirare con l'arco... non vedo da molto tempo quel classico Disney quindi... non so assolutamente come mi sia venuta l'idea. Il suo nome mi è balzato nella mente e... Puff, eccoli lì a dare fastidio. ù.ù 
Che dire... spero proprio che anche questo Capitolo vi sia piaciuto, nonostante lo abbia riletto meno volte rispetto agli altri per via della stanchezza che ho in corpo. Scuola, Palestra, Compiti, non ne già posso più! >.< 
Aspetto con ansia le vostre recensioncine ( spero positive xD ) e ringrazio anche chi legge solamente la storia, per me significa molto. ^^
Alla prossima! <3 


 
 

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Capitolo 7
*** 6. Caccia alla Bandiera e Speranze in Frantumi ***


Capitolo 6

Caccia alla Bandiera e Speranze in Frantumi
Jack
Un rumore assordate. Tanti piccoli pezzi di vetro sull’asfalto. Le sirene dell’ambulanza e della polizia rimbombavano nella mente del ragazzo, riportandolo a quel giorno, il giorno in cui tutto era cambiato. Poi il buio ed una voce. 
-    Io posso aiutarti, Caduceo. Posso ridarti ciò che hai perduto. – diceva in tono profondo, quasi spaventoso – Devi solo consegnarmi quello che voglio e le tue pene cesseranno. –
Quella voce era insostenibile per la mente di Jack. Tentava di sottrarsi in tutti i modi dall’incubo, ma, per quanto tentasse, non riusciva ad aprire gli occhi. 
-    Non rivoltarti a me, peggiora solo le cose. Sii mio alleato e ti restituirò ciò che è tuo. –
Dopo quella frase, nel buio si stagliarono due figure femminili che il ragazzo conosceva  bene. Non poteva essere vero, eppure, erano loro.
-    Lasciale andare! – fu l’unica cosa che il ragazzo riuscì a dire nella disperazione.
Non le vedeva dal giorno in cui quel maledetto incidente gliele aveva portate via. 
-    Devi prima darmi ciò che voglio. – 
Le figure femminili scomparvero nel buio e, qualche istante dopo, Jack aprì finalmente gli occhi. 
Tutti i ragazzi della casa di Ermes lo stavano fissando - e ne erano un bel po’ - compreso il capogruppo Flynn ed il suo amico indeterminato Hiccup. 
-    Che ho fatto stavolta? – chiese, aspettandosi il rimprovero di qualcuno che, però, non arrivò.
-    Sei sicuro di stare bene, Jack? – rispose con un’altra domanda Hiccup, visibilmente preoccupato
-    Certo che sto bene! Piuttosto voi, avete tutti delle brutte facce. È morto qualcuno? – camuffò come sempre un suo problema con della sana ironia 
-    Jack – intervenne Flynn con tono serioso, decisamente non da lui – stavi urlando nel sonno. –
L’albino ebbe un sobbalzo. Le sue urla erano state così forti da svegliare tutti i suoi fratellastri – e non – a quell’ora della mattina? Dovevano essere state delle urla davvero terrorizzate per riuscire a fare da sveglia così bene. Jack conosceva i suoi coinquilini: neanche lo scoppio di una bomba sarebbe riuscito a svegliarli. 
-    Non fissatemi in quel modo! – ordinò poi, leggermente imbarazzato – Era solo un incubo, nulla di cui preoccuparsi. –
Peccato che gli altri alla parola incubo si fossero preoccupati ancora di più. Era risaputo che i sogni per un semidio fossero sempre veritieri, anche i più orribili e terrificanti. Jack lo sapeva ma aveva preferito far finta che nulla fosse accaduto. Per una volta, voleva sentirsi un comune mortale che faceva incubi senza alcun senso.
-    C’era solamente un... Coniglio di Pasqua che mi minacciava. Voleva che lo aiutassi a colorare le sue... uova. – mentì aspettandosi una risata generale che però non arrivò
-    Questa sera ci sarà la Caccia alla Bandiera – cambiò discorso Flynn – e anche voi indeterminati potete, anzi, dovete partecipare! Quindi, cerchiamo di non fare le... solite brutte figure e... impegniamoci! - 
Jack fu grato a Flynn per aver cambiato argomento. Era imbarazzante anche solo pensare a se stesso che urlava come una ragazzina mentre tutti i suoi compagni di casa lo fissavano, figuriamoci continuare a parlarne. 
Hiccup non sembrava tanto entusiasta invece. Doveva essere terrorizzato all’idea della Caccia alla Bandiera visto che, negli ultimi giorni, con spade & Company non era andata molto bene. 

***

Quando tutti i ragazzi della casa di Ermes furono usciti per prendere un po’ d’aria, cosa che mancava di sicuro all’interno dell’edificio per via dell’affollamento, Jack si alzò finalmente dal suo letto. Hiccup lo stava aspettando fuori, così si lavò i denti e si infilò velocemente la maglia arancione del Campo. Quando ebbe finito, raggiunse l’amico che aveva un’espressione tutt’altro che felice. Pensava di sicuro alla Caccia alla Bandiera.
-    Non sarà poi così male, non muore mai nessuno la maggior parte delle volte, sai! – gli disse utilizzando il suo solito tono divertito.
Hiccup deglutì a vuoto, visibilmente angosciato. 
-    Non fa per me. Farò fare una figuraccia alla casa di Ermes. – proferì poi tristemente in risposta 
-    Nah, abbiamo sempre fatto figuracce, questa volta non sarà diverso per quanto Flynn lo voglia. – 
Poi, mentre parlavano, Jack notò un ammasso di capelli rossi che conosceva bene correre verso di loro.  
-    Mi dispiace per ieri, Hiccup. Non avrei dovuto... – cominciò a dire per poi fermarsi improvvisamente, notando solo all’ora la presenza dell’albino 
-    Buon giorno anche a te, Miss Non-so-stare-agli-scherzi. – la salutò, beffeggiandola come ogni mattina – Perché ti stai scusando con Hiccup? Mi sono perso qualcosa? – 
La rossa abbassò il capo, cominciando a provare un improvviso interesse per le sue scarpe. 
-    Nulla. – rispose prontamente Hiccup – Mi ha solo pestato il piede ed ha dimenticato di chiedermi scusa. Non importa, Merida, ci sono abituato. – 
Il tono con cui il lentigginoso raccontò la cosa fece sospettare a Jack che ci fosse dell’altro. Oltre tutto, la scusa del piede era assurda, pensandoci bene. 
-    Secondo me si tratta di un bacio rubato ed uno schiaffo ben assestato da parte della rossa, dico bene? – decise di dire poi, mettendo su uno dei migliori sorrisi maliziosi di cui il suo repertorio era provvisto
-    NO! – risposero i due all’unisono – Sei fuori strada. – continuò poi Merida, più imbarazzata che arrabbiata con l’albino. 
Decise di non andare oltre. Dopo tutto, erano affari loro. 
-    Beh, spero che risolviate presto le vostre... divergenze. – affermò poi per concludere il discorso
-    Le abbiamo appena risolte, vero Hiccup? – chiese la rossa al lentigginoso, speranzosa.
Quest’ultimo esitò per un attimo. Doveva essere successo qualcosa di veramente grave tra i due perché Jack non aveva mai visto Hiccup così serio e pensieroso. Continuava a guardare Merida, pensando evidentemente a cosa rispondere. Erano davvero strani quella mattina. 
-    Certo, non importa. – concluse così il moro, facendo però trasparire una nota d’amarezza e delusione nella sua voce – Adesso se non vi dispiace, vado da Gambedipesce, mi ha invitato a rivedere un po’ di greco insieme a lui. –
La rossa e l’albino osservarono Hiccup allontanarsi. A Jack venne spontaneo porre una domanda. 
-    Ma che gli hai fatto?! – 
-    Nulla che possa interessarti, Frost. – rispose lei in tono distaccato – Vado anche io. Ci vediamo alla Caccia alla Bandiera dove, come ogni anno, ti straccerò! – continuò poi accendendosi improvvisamente
-    Certo, sogna pure, rossa! – rispose a tono Jack, divertito.
Gli mancavano quelle conversazioni con Merida. Era irritante con lei perché la loro amicizia era così: il punzecchiarsi a vicenda era per loro un modo di dimostrarsi affetto. Peccato che, da qualche settimana, qualcosa li stesse costringendo a dividersi e quel qualcosa era il comportamento sempre più distaccato di Merida. Avrebbe voluto darsi un’altra spiegazione ma l’unica che riusciva a trovare era quella più dura da accettare: si era stancata di loro, o meglio, di lui
Ad un tratto, la voce di una biondina conosciuta lo risvegliò dai suoi pensieri.
-    Jack! – urlò come se fosse in preda ad una crisi – Stai bene?! –
Era avvenuto tutto così in fretta che l’albino ci mise un po’ a realizzare. Rapunzel si era letteralmente fiondata tra le sue braccia, come se non lo vedesse da secoli a venire. Tremava, era visibilmente impaurita da qualcosa che però al ragazzo sfuggiva. Ma, quest’ultimo, era troppo occupato a nascondere il volto che gli si era improvvisamente arrossato per riuscire a proferire qualcosa.
-    Pensavo ti fosse accaduto qualcosa! – continuò ansimando la ragazza
-    Sto... sto bene, Punzie, tranquilla. -  riuscì finalmente a dire lui, per rassicurarla.
La biondina si staccò dal suo corpo e, subito dopo, si scusò per la reazione esagerata. Jack avrebbe voluto dirle ' Fallo più spesso, non mi lamento mica ' ma non gli sembrava una frase adatta alla situazione, neanche per uno sbruffone come lui.
-    Mi dispiace per... beh, essermi praticamente buttata addosso a te – cominciò poi una volta calmatasi, anche se Jack notò un leggero rossore anche sulle sue gote - ma... per il Campo gira la voce che tu abbia urlato stanotte e... mi sono preoccupata. –
Il ragazzo sorrise, spontaneamente. Si era preoccupata per lui ed era corsa lì, come una matta. Era un comportamento tipicamente da lei. Poi però si soffermò su quello che la ragazza aveva appena detto: tutto il Campo sapeva del suo incubo.
-    Certo che le voci girano in fretta qua dentro. – borbottò infastidito in risposta
-    No... cioè... non tutto il Campo. Me lo ha detto... Flynn. – 
-    Da quando parli con Flynn? –
-    È capitato. – rispose sempre più imbarazzata Rapunzel – Non è questo l’importante! La cosa bella è che tu stia bene... Oh dei, non sai quanto ero in pensiero per te! –
-    Era solo un incubo. –
-    Beh... sai cosa sono gli incubi per noi semidei. –
Il modo in cui lo aveva detto faceva trasparire il fatto che ne avesse vissuto recentemente almeno uno anche lei. Effettivamente, era strana ultimamente, ma non ai livelli della loro amica figlia di Ares.
-    Il mio non era... importante. – cercò di rassicurarla, anche se era difficile rasserenare qualcun altro quando lui stesso era turbato. 
Continuava a visionare il volto di quelle due figure femminili. Sua madre e sua sorella. Morte in un incidente stradale qualche mese prima che lui arrivasse al Campo. 
Era successo tutto così in fretta in quegli ultimi mesi che Jack faceva ancora fatica a credere che tutto quello fosse vero. La morte delle persone a cui più teneva, la sua fuga dalla Casa Famiglia in cui era stato accolto, l’incontro con Merida, poi con Rapunzel ed infine l’arrivo al Campo Mezzosangue. Lì era stato accettato e si era sentito subito a casa, eppure i fantasmi del passato avevano continuato ad insidiarsi nella sua testa, inesorabili. 
Per quanto lui cercasse di nascondere la sofferenza che lo affliggeva, in realtà questa era parte di lui e non sarebbe mai andata via. 
Continuava ad incolparsi per quell’incidente, nonostante lui non centrasse nulla con quest’ultimo. Non era lui l’ubriaco alla guida del camion che aveva stroncato la vita dei suoi cari ma, in cuor suo, sentiva che se non avesse perso quel maledetto autobus durante quel pomeriggio primaverile, sua madre e sua sorella a quell’ora sarebbero state ancora lì, a ridere delle sue battute e a rammentargli di essere sempre prudente. 
L’uomo del sogno aveva detto che poteva restituirgli ciò che aveva perduto... che si riferisse alla sua famiglia?
-    Jack, sei sicuro di stare bene? – la voce di Rapunzel lo riportò alla realtà – Mi sembri assente... – 
-    No, davvero. – rispose, cercando di cacciare quei brutti pensieri - Sto che una meraviglia! –
La biondina corrugò la fronte, pensierosa. Lo conosceva troppo bene per bersi una balla simile.
-    Senti, ci vediamo più tardi, magari. – continuò l’albino, sorridendole – Sto bene, lo giuro. – 
-    Va bene. – rispose lei, ancora però turbata dal comportamento dell’amico.
Il figlio di Ermes salutò con un cenno della mano la biondina e cominciò a dirigersi verso il laghetto delle canoe. Rapunzel continuava a fissarlo e, prima che la figura del ragazzo sparisse dalla sua visuale, gli urlò:
-    Buona fortuna per la Caccia alla Bandiera! – 
Jack si voltò e finse entusiasmo per l’evento di quella sera. In realtà, era passato tutto in secondo piano. Non riusciva a non pensare alla proposta di quell’uomo e all’idea di poter finalmente riabbracciare la sua famiglia. 
-    Grazie. – rispose poi, cercando di risultare il più normale possibile – Batterò Merida anche ad occhi chiusi! –
La figlia di Apollo gli sorrise un’ultima volta prima di correre verso la sorellastra Aurora. I sorrisi di Rapunzel secondo Jack erano più curativi dei suoi capelli. Avrebbe tanto voluto dirglielo ma che cosa avrebbe cambiato? Aveva una cotta per lei da... da quando l’aveva conosciuta. Riusciva a portare il Sole anche nei giorni più bui e questo, ad uno come lui, serviva. Lui che si limitava solamente a far finta di stare bene, regalando battute e sorrisi forzati a chi gli stava intorno. Per stare veramente bene aveva bisogno di qualcuno come lei. Solare, pieno di vita. 
Peccato che Rapunzel lo avesse praticamente friendzonato da tempo. Peggio, brotherzonato. Ed inoltre ultimamente aveva attirato l’attenzione del Capogruppo della casa di Ermes, Flynn Rider, nonché suo fratellastro. Non fraintendete, a Jack Flynn era da sempre piaciuto. Era un bravo ragazzo, quando non faceva il cleptomane-maniaco. Ma, ehi, quella era una cosa che tutti i figli di Ermes facevano, dopo tutto. 
Lo aveva salvato parecchie volte dai guai e, in qualche modo, si era guadagnato la sua stima. All’ultima Caccia alla Bandiera avevano collaborato come degli amici di vecchia data, pronti ad aiutarsi e a proteggersi a vicenda. E inoltre il Capogruppo della casa di Ermes era molto più figo e carismatico di lui perciò se Rapunzel alla fine lo avesse scelto, Jack non l’avrebbe biasimata più di tanto. 

***

Dopo un po’ di cammino, arrivò finalmente al laghetto delle canoe. Di solito, quando aveva bisogno di pensare, si recava lì e cominciava a fissare l’acqua. Era diventato anche amico di una delle naiadi, Ariel, una vivace ninfa dai capelli rossi che custodiva per lui nei fondali del lago il regalo che suo padre Ermes gli aveva fatto un mese prima. 
Un bastone. Era quella l’arma che utilizzava durante le esercitazioni. Tutti al Campo lo guardavano straniti per via del suo inusuale stile di combattimento ma a lui piaceva e non voleva cambiarlo. Però, all’inizio, era stato quasi sul punto di rifiutare quel dono in quanto incolpava anche il padre della morte di sua madre e di sua sorella. Era una divinità o no? Avrebbe potuto fare qualcosa per evitare ciò che era capitato. Ma Jack sapeva che gli dei non potevano ribellarsi al Fato, così alla fine aveva smesso di incolparlo ed aveva accettato quello strano regalo. 
Sembrava essere stato creato apposta per lui. Sin dal primo momento aveva dimostrato una grande padronanza dello strumento e, nel giro di poche settimane, era diventato addirittura una specie di divinità minore della lotta coi bastoni, almeno così a lui piaceva pensarla. 
-    Ciao Jack! – la naiade spuntò fuori dall’acqua per salutarlo – Sei qui per pensare o per prendere qualcosa che ti spetta? –
-    Entrambe le cose. – rispose 
-    Bene... ma... posso farti una domanda? –
Jack sapeva già cosa la ninfa stesse per chiedergli. Era praticamente una fissata per gli oggetti mortali. Ogni volta lo costringeva a portarle un qualcosa che per lui era un banalissimo oggetto di uso comune ma per lei un vero proprio tesoro. 
-    Te l’ho portato. – anticipò così la richiesta di Ariel – Ecco a te. –
Le porse un cucchiaio ancora sporco del cibo che aveva consumato la sera prima. Lo aveva conservato per lei ma non aveva avuto il tempo di lavarlo.
-    Come si chiama? – chiese poi curiosa la ninfa mentre scrutava il suo regalo
-    ... Cucchiaio. – replicò l’albino 
-    Uh, forte! – esclamò entusiasta lei – Adesso ti restituisco il tuo oggettino! –
La ninfa scomparve nell’acqua del laghetto per poi riapparire qualche secondo dopo con il bastone tra le mani. Jack lo faceva conservare a lei per tenerlo lontano dai suoi fratellastri cleptomani. Se lo avesse tenuto alla casa undici qualcuno glielo avrebbe di sicuro rubato.
-    Grazie mille, Ariel. –
-    Grazie a te! – 

***

L’ora di cena arrivò in fretta. Aveva passato tutta la giornata al laghetto, praticamente solo, se escludiamo la presenza di Ariel che però era rimasta a scrutare il suo prezioso cucchiaio invece di interagire con lui. 
Non aveva fatto altro che pensare all’incubo e alla proposta che aveva ricevuto. Forse gli era stata proposta davvero l’opportunità di riavere la sua famiglia indietro ma quell’uomo fatto d’oscurità non lo aveva rassicurato affatto. Devi solo consegnarmi quello che voglio aveva detto e le tue pene cesseranno. Peccato che non avesse detto esplicitamente cosa volesse realmente e questo faceva preoccupare ancora di più l’albino. Sicuramente, nulla di facilmente reperibile.  
Prima che il corno suonasse, Jack si diresse alla casa undici, pronto a raggiungere il padiglione della mensa insieme ai suoi amici. Incontrò anche Hiccup che, ogni volta che incrociava gli occhi acquamarina della figlia di Ares, abbassava lo sguardo, deluso. L’albino non riusciva proprio a capire cosa stesse accadendo tra quei due.
-    Passato bene il pomeriggio? – chiese così all’amico mentre si metteva in fila dietro di lui 
-    Oh si, bene. – rispose quest’ultimo – Gambedipesce è un bravo insegnante... e... il greco mi viene semplice da capire. –
-    Beh si, è la parte bella della nostra dislessia: riusciamo a leggere le lingue morte. – 
-    Si, forte. – 
Il moro sembrava più assente di lui. Avrebbe voluto dirgli ‘ Ehi sveglia, c’è chi sta peggio di te che hai solamente problemi con la furia rossa! ‘ ma non sarebbe stato carino da parte sua. 
In fila indiana si diressero alla mensa. Dopo aver bruciato offerte agli dei e mangiato a volontà, ecco entrare nel padiglione la casa di Atena e la casa di Ares con tanto di bandiere alla mano. La prima blu con il simbolo di una civetta stampato sopra, la seconda invece color rosso sangue con un cinghiale centrale che, con quegli occhi penetranti, metteva chiunque in suggestione. 
-    Quelle sono le bandiere che dobbiamo prendere? – gli chiese Hiccup facendo trasparire in quella frase tutta l’ansia che aveva in corpo in quel momento
-    Esatto. –
-    E noi in che squadra siamo? – 
-    La blu. –
-    Quindi dobbiamo prendere la bandiera col cinghiale? –
-    Si. –
-    Perfetto. Dolore, lo adoro! – concluse sarcastico l’indeterminato, facendo sorridere inevitabilmente il figlio di Ermes.

***

Hiccup non faceva altro che domandare preoccupato a Jack le dinamiche della Caccia alla Bandiera e questo stava snervando non poco l’albino.
-    Sai che a furia di stare con Gambedipesce stai diventando come lui? – gli disse per far arrestare le sue continue domande – Calmati. Fil ti spiegherà tutto. Lo spiegherà a tutti, in realtà. –
Intanto, Jack stava scrutando i suoi avversarsi. La casa di Ares si era alleata con i figli di Apollo, stavolta, ed il figlio di Ermes immaginò che la cosa non dovesse andare molto giù all’amica Merida. Le divisioni interne erano di sicuro un punto a loro favore. 
La casa di Atena invece, oltre ad essersi alleata con la casa di Ermes, poteva contare sull’aiuto dei figli di Efesto e di quelli di Afrodite, peccato che questi ultimi non si mostrassero molto disponibili a collaborare. Odiavano le attività del Campo, preferivano di gran lunga starsene a spettegolare in riva al laghetto delle canoe. Tutti tranne Anna, ovviamente, che però cercava di tenersi alla larga dalla Caccia alla Bandiera, un po’ come Rapunzel. La violenza non faceva per loro.
-    Eroi, fate silenzio! – la voce di Fil fece cessare il vociare generale – Vi ricordo le regole per effettuare un’esercitazione... pacifica come Nord vuole. Non esistono più le belle partite a Caccia alla Bandiera di un tempo. –
Hiccup sembrò sollevato e Jack ne approfittò per dirgli:
-    Visto? Sarà tutto molto pacifico! Nord non vuole che ci restiamo secchi. –
-    Potete muovervi liberamente per la foresta. L’unico confine che avete è il ruscello. Non oltrepassatelo, non voglio sospendere l’attività per colpa dei soliti imbecilli. – continuò Fil guardando in malo modo i gemelli Testa Bruta e Testa di Tufo, ragazzini senza cervello appartenenti alla progenie del dio della guerra.
Jack soffocò una risata. Era stato divertente l’ultima volta anche se, per colpa di quei due, non aveva potuto battere Merida come avrebbe voluto. 
Quest’ultima lo stava osservando da lontano, lanciandogli sguardi di sfida che lui prontamente ricambiava, eccitato. 
-    Sono concessi gli oggetti magici e potete disarmare i vostri avversari, a patto che non li feriate. Ah, e non potete legarli, avete capito teste vuote? – l’ultima frase era riferita nuovamente ai due gemelli che annuivano ridendo come solo due decerebrati potevano fare – E lo stendardo deve essere messo in bella vista, con solo due ragazzi a fare da guardia. Spero sia tutto chiaro. Se vi ferite gravemente, la nostra Rapunzel sarà pronta a bordo campo con i suoi servizi curativi. –
Quest’ultima salutò con un cenno della mano tutti i partecipanti. Nonostante non partecipasse all’azione, era una parte molto importante dell’attività. 
Così, tutti annuirono sicuri, persino Hiccup che sembrava essersi improvvisamente tranquillizzato. La sua espressione cambiò però quando Fil esclamò contento:
-    Allora, alle armi! – 
-    Armi? Oh - oh. – 
I tavoli si riempirono dell’equipaggiamento adatto all’attività, facendo saltellare dalla gioia Jack e spaventare ulteriormente Hiccup. Elmi, spade, lance, c’era di tutto e di più. L’albino prese parte dell’equipaggiamento, ovvero tutto tranne un’arma. Lui la sua l’aveva già.
-    Non prendi una spada? – chiese il lentigginoso confuso
-    Non ho bisogno di un oggetto mediocre come quello per difendermi. Ho il regalo di mio padre. – esclamò in risposta sicuro mostrando ad Hiccup il suo micidiale bastone di legno
-    Oh... sembra... forte. – rispose l’indeterminato anche se non sembrava tanto convinto che quell’oggetto potesse funzionare meglio di una spada.
Il moro ne afferrò una di bronzo, impugnandola in un modo molto goffo ed insicuro.
Poi, la Capogruppo della casa di Atena, Belle, richiamò la squadra blu per discutere sul piano d’azione. Anche Shang aveva fatto lo stesso con la squadra rossa, solo che a guardarli loro sembravano molto più minacciosi. 
-    Che si fa? – aveva chiesto Flynn alla figlia di Atena 
-    Allora... il nuovo arrivato... – cominciò quest’ultima, stupendo tutti, specialmente il chiamato in causa
-    Hiccup? – chiese stupefatto di rimando il Capogruppo della casa di Ermes 
-    Si, proprio lui. –
Il moro fece un passo avanti, spinto da Jack. Per poco il ragazzo non faceva cadere l’enorme spada che aveva nella mano sinistra.
-    Tu cercherai di prendere la bandiera avversaria. – 
-    No aspetta... perché io? – 
-    Perché nessuno potrebbe mai sospettare di te. Ovviamente io ed altri ti terremo d’occhio e ti... salveremo se ce ne sarà bisogno. Ci stai? – 
Il moro aveva voglia di rifiutare, glielo si leggeva in faccia. Ma Jack, con sguardi eloquenti, lo spinse ad accettare quella proposta.
-    Ohm... va bene. – rispose, poco convinto che il piano potesse funzionare
-    Jack e Flynn, l’altra volta ve la siete cavati bene alla difesa. Lo rifacciamo? – 
I due annuirono. Di solito, era Merida a cercare di conquistare la stendardo avversario, per cui si sarebbero sfidati di sicuro se lui si fosse posizionato in difesa.
-    Tutti gli altri, aprite le orecchie. –

***

Dopo essersi confrontati sul piano da attuare, Jack, prima di dirigersi insieme a Flynn verso la zona in cui avrebbero difeso la loro bandiera, salutò un terrorizzato Hiccup che, fino a qualche istante prima, stava interrogando ancora una volta Belle sul piano d’azione.
-    Andrà tutto bene, credimi! – cercò di tranquillizzarlo la figlia di Atena – E’ un piano perfetto! - 
Il moro non sembrava pensarla ugualmente ma si era ritrovato costretto a seguire gli ordini. 
Una volta arrivati vicini alla loro bandiera, Jack e Flynn si posizionarono ai lati di questa, posizionata in un punto alto del bosco, e cominciarono a scrutare il paesaggio intorno a loro. Quando la partita avrebbe avuto inizio, avrebbero dovuto tenere i sensi all’erta, proprio come la scorsa volta. Peccato che, alla fine, quella famigerata volta erano stati battuti. 
-    Credi che Hiccup se la caverà? – gli chiese Flynn, pensieroso
-    Non credo, ne sono convinto. – rispose Jack abbastanza sicuro che l’amico avrebbe fatto un buon lavoro – E, nel caso in cui non dovessimo farcela un’altra volta, non cambierebbe molto, dopo tutto. –
Poi il suono della conchiglia segnalò l’inizio dell’attività più bella che ci fosse al Campo Mezzosangue, almeno secondo Jack. Se non ci fosse stata quella conchiglia, si sarebbe accorto comunque dell’inizio della Caccia viste le urla di battaglia che alleggiavano rumorose nel bosco. 
-    Diamo inizio allo spettacolo, allora! – esclamò a quel punto Flynn, eccitato.

***

Passarono i primi minuti della sfida a tediarsi. 
Nessuno arrivava. Doveva essere un bene ma per loro che stavano lì ad annoiarsi e a sentirsi inutili non lo era. Poi, due figure conosciute vennero fuori dal sottobosco. Erano quei due senza cervello di Testa Brutta e Testa di Tufo.
-    E questo sarebbe l’attacco della squadra rossa? – venne spontaneo da dire a Jack
-    Potrebbe essere un trucco per distrarci.  Io mi occupo di quei due, tu guarda se arriva qualcun altro. –
L’albino annuì, cominciando a coprire le spalle al fratellastro. 
Negli attimi in cui Flynn stava disarmando i gemelli,  una freccia conosciuta si piantò dritta su di un albero, facendo scappare una povera ninfa dei boschi.
-    Non aspettavo altro, rossa! – esclamò contento Jack mentre rimuoveva dall’albero la freccia 
Insieme a lei però, altri due ragazzi, Astrid della casa di Ares e Kocoum della casa di Apollo, spuntarono dai cespugli.
-    Flynn... abbiamo un problema. – 


Se solo qualche alleato fosse stati lì ad aiutarli sarebbe andata meglio di come stava andando. Jack si era dovuto concentrare su Astrid, visto che era lei quella più determinata ad acciuffare la bandiera nemica, mentre Flynn stava affrontando sia le frecce di Merida che quelle di Kocoum. Ed inoltre c’erano i gemelli-senza-cervello completamente scoperti. 
Mentre combatteva contro la bionda assatanata, Jack cercava di controllare anche questi ultimi che, nonostante non avessero neuroni funzionanti, potevano rivelarsi un pericolo per la bandiera. Era quello il piano della squadra rossa: distrarre i due difensori con tre combattenti provetti mentre due cretini si impossessavano dello stendardo avversario.
L’albino però non se la stava cavando male. Schivava i colpi che la figlia di Ares gli sferrava con la sua ascia ed attaccava con qualche bastonata e qualche mossa di arti marziali. Frequentare un corso di karate al Campo si era rivelato utile. 
Ad un tratto però, quando tutto sembrava andare a gonfie vele, Jack notò un uomo dietro ad un albero, intento a fissarlo in modo spaventoso con i suoi occhi dorati. Quegli occhi... Jack era sicuro di averli già visti da qualche parte. Poi, ricordò. Il suo sogno. Quello era l’uomo che gli aveva proposto di riabbracciare la sua famiglia. Quest’ultimo mimò con le labbra qualcosa, qualcosa che Jack riuscì stranamente a comprendere. Stava dicendo ' Dammi ciò che voglio e verrai ripagato '
Poi, un colpo secco fece destare Jack dalla visione. L’uomo fatto d’ombra sparì nella stessa nebbia dai cui era apparso, lasciando il figlio di Ermes confuso, in balia degli eventi.  Abbassò lo sguardo verso le sue mani e, con estremo stupore, capì finalmente la natura del colpo secco che aveva udito poco prima. Astrid gli aveva rotto il bastone, tutto ciò che aveva per ricordarsi che suo padre, nonostante l’assenza fisica, era sempre pronto a vegliare su di lui. 
L’albino cadde sulle sue ginocchia, sconvolto. Sentiva le voci di tutti ovattate. Flynn che gli chiedeva cosa stesse succedendo, Merida che gli si avvicinava preoccupata, Astrid e Kocoum che invece pensavano a vincere, correndo spediti verso la bandiera blu. Ma, prima che questi ultimi riuscissero ad afferrare l’ambito stendardo, una conchiglia suonò, segnando la fine della Caccia alla Bandiera. Quel rumore fu l’ultima cosa che il ragazzo udì prima di perdere completamente i sensi.


N.A.: Con un po' di ritardo, lo so, ma eccomi qui con l'aggiornamento della long! =3
Sono state giornate durissime per me, per questo non ho rispettato la... " data promessa " ma meglio tardi che mai! ;) Sono stanchissima ma, il fatto che ho acquistato il libro Resta anche domani  mi ha tipo svegliata e quindi ho trovato la forza per postare il Capitolo 6 xD L'unico mio problema adesso sarà leggerlo, dato che voglio finire assolutamente Harry Potter e la Camera dei Segreti prima di cominciarlo. Ma a nessuno interessano i miei problemi da pazza lettrice perciò... basta xD 
Questo è il Capitolo che, fino ad adesso, mi piace di più, sia per come l'ho scritto ( ebbene si, all'epoca della stesura ero ancora in vacanza T^T ) sia perché il POV è di Jack quindi è uscito... tragicamente divertente ( ? ) x'D 
La sua storia... lo so, Povero Jackino nostro. Ma lui è... la nostra roccia! Riesce a sopportare dolori così grandi, a mio parere perciò... perirà. Non che gli altri periranno meno, eh xD Sono semidei dopotutto e, chi conosce la saga di Percy Jackson, sa quanto i poveri mezzosangue debbano perire ogni singola volta.
Infatti la Colonna sonora di questa long ( perché io non sono contenta se non ne metto una  ù.ù ) sarà Thing We Lost in the Fire dei Bastille. *-*
Torniamo al Capitolo! ^^ 
Hiccup è deluso dal comportamento di Merida.... beh, anche io ci sarei rimasta male se fossi stata lasciata sola nel bel mezzo di un poligono di tiro con l'arco. ù.ù Ed il Jackunzel moment? Ragazzi, io amo quei due, che ci posso fare xD 
Ma, a differenza di altri Jackunzel shipper, adoro anche Flynn/Eugene, per questo non ho voluto che Jack lo odiasse. Sono rivali in amore si ma, allo stesso tempo, anche fratellastri e... si rispettano! Sono molto pucciosi entrambi. *-* Ma Punzie la vedo più con Jack x'D ( Se non non starei qui a scrivere Jackunzel moment ù.ù xD ) 
E la comparsina di Ariel? E' una ninfa perfetta, non trovate? Ed ho corservato la sua passione per gli oggetti mortali xD
E la Caccia alla Bandiera è cominciata. Mi scuso per la fine del capitolo ma ogni tanto ci vuole un po' di suspanse. ;)
Che dire, ci vediamo alla prossima, perchè io continuo ad essere LullabyChePuòFarcela. O anche, la bambina sopravvisuta ( sto diventato una Potterhead, siii *-* xD ) 
Aspetto con ansia le vostre recensioni e non vedo l'ora di commentare insieme a voi il Capitolo! <3
Grazie per esserci sempre, anche adesso che... beh, siamo tutti stramegasuperiperimpegnati

 

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Capitolo 8
*** 7. Vittorie Inaspettate e Martelli Incandescenti ***


Capitolo 7

Vittorie Inaspettate e Martelli Incandescenti

Hiccup 
Hiccup aveva corso fin da quando il suono della conchiglia aveva dato inizio alla Caccia alla Bandiera. Il nervosismo a quel punto aveva lasciato spazio alla determinazione. Voleva vincere per dimostrare a suo padre che si meritava il riconoscimento e che non era poi un così completo disastro nelle esercitazioni di guerra come tutti credevano. 
Mentre correva, aveva Belle e qualche altro figlio di Atena a seguito, però ad una decina di metri distanti da lui, per non destare sospetti. Fungevano praticamente la funzione di guardie del corpo. Hiccup avrebbe dovuto sentirsi al sicuro grazie a loro ma qualcosa gli aveva suggerito che non sarebbe riuscito a raggiungere la bandiera avversaria tanto facilmente. Stavano parlando dei figli di Ares insieme a quelli di Apollo, dopo tutto, mica roba facile.
Infatti, a causa del suo troppo concentrarsi su eventuali attacchi nemici, era finito proprio in una delle trappole che gli avversari avevano preparato e che lui voleva evitare. 
Ad una trentina di metri lontani dalla bandiera, un gruppo di quattro ragazzi aspettava impazienti eventuali invasori, pronti ad arrestarli. Il regolamento diceva non più di due persone a guardia dello stendardo e, tecnicamente, così facendo non lo avevano violato. Erano abbastanza lontani dalla loro bandiera quindi non potevano essere chiamati difensori ma, allo stesso tempo, quello che facevano era proprio difendere. 
Schiantarsi contro un figlio di Ares però non era esattamente una buona tecnica per sviare il pericolo.
-    Ma guarda un po’, l’indeterminato! – aveva sghignazzato il ragazzo contro cui era andato a sbattere – Mi cadi letteralmente tra le braccia! –
-    Aspetta, questo sarebbe il nostro problema? “ Vomito “? – aveva invece detto indignata l’altra ragazza al ragazzo che, al posto dell’elmo, portava un copricapo vichingo.
Poi avevano cominciato a ridere ed Hiccup aveva sperato che nel frattempo Belle e gli altri accorressero in suo aiuto.
-    Moccicoso e voi altri, fatevi da parte! – la voce di Belle era prontamente risuonata nella foresta come quella di una vera condottiera, rassicurando per qualche instante l’indeterminato
-    Allora non era solo! – aveva dopo di che esclamato la ragazza di prima che, adesso, aveva smesso di ridere
-    Sveglia... – aveva commentato tra sé e sé sarcastico Hiccup
-    Hic, corri verso la bandiera, pensiamo noi a questi quattro! –
Gli ordini di Belle andavano eseguiti perciò Hiccup dovette ricominciare a correre mentre i suoi alleati si riversavano contro i nemici, lasciando lui completamente scoperto e solo a fronteggiare i veri difensori della bandiera. 
La squadra rossa aveva rispettato l’espressione pseudo - latina dulcis in fundo. Shang e Aurora erano stati messi a guardia della bandiera e dire che Hiccup era terrorizzato da entrambi era poco. Cioè, Aurora non era poi così tanto spaventosa, ma, vederla con un arco in mano aveva cambiato ogni prospettiva dell’indeterminato. Shang invece... era minaccioso dal codino che portava in testa alla punta delle scarpe. Non poteva affrontare quei due in uno scontro frontale, perciò aveva dovuto pensare ad un modo per sviare la lotta. 
Se avesse provato ad aggirare la zona che i due controllavano magari sarebbe riuscito ad arrivare illeso alla bandiera che proteggevano. 
Così aveva cominciando a camminare in tondo, sfruttando gli arbusti che circondavano la zona come nascondiglio. Cercava di fare meno rumore possibile peccato che gli riuscisse davvero male. La spada di bronzo gli intralciava i movimenti, così l’aveva lasciata a terra, tanto lo stesso non aveva idea di come usarla, e, dopo aver fatto ciò, sembrava essere diventato meno rumoroso.
Quando però la bandiera avversaria si trovava finalmente ad un battito di ciglio dalla mano di Hiccup, un passo falso di quest’ultimo fece rotolare un fastidioso sassolino dritto vicino ai piedi di Shang. Aurora era corsa a controllare e vedere Hiccup l’aveva stupita non poco.
-    Che cosa...? – aveva cominciato a dire ma poi un figlio di Efesto, alleato della squadra blu, l’aveva disarmata con un colpo di... martello? 
Anche Belle era finalmente giunta nei paraggi della bandiera e stava distraendo Shang. Disarmarlo era impossibile ma la figlia di Atena se la stava cavando bene.
-    Vai Hiccup, è scoperta! – aveva urlato poi quest’ultima ed il ragazzo era corso più in fretta che poteva verso lo stendardo avversario.
Non poteva crederci, l’aveva preso. Il suono della conchiglia aveva poi segnato la vittoria della squadra blu e, i ragazzi di quest’ultima, avevano preso vittoriosi in braccio Hiccup che, contento, si stava godendo gli attimi di gloria. 
Questo ti basta, papà? ‘ aveva pensato mentre i compagni lo alzavano al cielo, chiamando a gran voce il suo nome.
Quando arrivarono però ai confini del bosco, invece di festeggiamenti, trovarono volti preoccupati e Jack al centro di queste preoccupazioni. 
Flynn, Rapunzel e Merida intorno a lui che cercavano di svegliarlo mentre la ragazza con la treccia bionda della casa di Ares sbraitava contro Nord e Fil dicendo:
-    Io non ho fatto niente, è lui il pappamolle! –
I compagni della squadra blu riposarono a terra Hiccup che, subito dopo, corse verso l’amico privo di sensi. 
-    Cosa è successo? – chiese ai tre che gli stavano intorno
-    Astrid gli ha rotto il bastone e lui è svenuto. – sintetizzò il tutto Merida, nervosa
-    Si sviene per un’arma rotta? – continuò Hiccup perplesso
-    Non credo sia per quello, Mer. – intervenne Rapunzel – Ultimamente si comporta in modo strano. Stamattina sembrava assente. –
-    Intendi la storia dell’incubo? – 
-    Non solo quello, Hic. Ho parlato con lui... e sembrava non prestare ascolto a quello che dicevo. –
Jack era un ottimo amico ed Hiccup inoltre sapeva del debole che aveva per Rapunzel. Era impossibile che non prestasse attenzione alle parole della biondina, a meno che non stesse pensando a qualcosa di davvero molto importante. La situazione si faceva sempre più strana e preoccupante.
-    Ehi, la smettete di alitarmi sulla faccia voi tre.  – la voce dell’albino interruppe la loro conversazione – Mi state soffocando. –
-    JACK! – esclamarono i tre in coro, felici di risentire la voce, sebbene a volte irritante, dell’amico 
-    Che è successo? – chiese stordito poi quest’ultimo
-    Dovremmo chiederlo noi a te. – rispose Merida quasi arrabbiata, come di suo solito
-    Io so cosa è successo a me. Voglio sapere chi ha vinto. – 
-    Sei sempre il solito. – rispose la figlia di Ares accennando però finalmente un sorriso
-    Abbiamo vinto noi. – affermò così Hiccup, cauto, cercando di non innervosire la rossa con quella sua ultima esclamazione
-    Davvero?! Come...? – 
-    Loro racconteranno dopo. – li interrupe Nord – Adesso meglio per te se andare a riposare. Domani ne discuteremo. E voi altri, anche voi riposare, festeggeremmo domani vittoria di squadra blu. -
Nord sembrava molto serio. Hiccup, da quando lo conosceva, non aveva mai avuto l’occasione di vederlo in quello stato. Quell’espressione grave sembrava non appartenergli.
 Jack sembrò prima sul punto di contraddire l’ordine del direttore ma poi fu fermato prontamente da Hiccup e Rapunzel. Questi  lo aiutarono in seguito a rimettersi in piedi, la biondina accertandosi anche che non ci fosse nulla di rotto. Dopo aver assicurato gli amici della sua perfetta salute, l’albino cominciò a dirigersi verso la casa di Ermes insieme ai suoi compagni. Hiccup però, prima di seguirli, raccolse i resti del bastone dell’amico. Non sapeva come avrebbe fatto ma sentiva in cuor suo che doveva aggiustarlo. 
-    Mi dispiace di avervi rovinato la festa. – esclamò poi intristito Jack
-    Non importa, devi pensare a rimetterti adesso, amico. – gli disse Flynn cercando di non far pesare al ragazzo la cosa
-    Ma sto benissimo. – rispose l’albino – Ho avuto solamente... un mancamento. Ho mangiato poco alla cena. -
-    Ma sei hai ingurgitato tutto quello che avevi nel piatto?! –  ribatté Aladdin che si era fatto spazio tra la folla per raggiungere il fratellastro
-    Adesso andiamo a dormire. – interruppe la conversazione Flynn – Una bella dormita servirà a tutti per schiarirci le idee. –
Intanto, Hiccup continua a fissare il bastone che aveva tra le mani. Non sapeva la storia di quest’ultimo ma immaginava che fosse qualcosa di molto importante per Jack. Doveva fare qualcosa per aggiustarlo.
-    Ehi, Hic. – senza che neanche se ne fosse accorto, era già all’interno della casa di Ermes – attento ai miei piedi. –
-    Scusa Aladdin. – rispose l’indeterminato tornando improvvisamente alla realtà.
Nascose i resti del bastone di Jack dietro al suo vecchio zaino verde militare, sperando che nessuno li notasse. Si mise poi il pigiama e si crogiolò sull’amaca, sempre precaria, che gli faceva da letto da giorni ormai. 
Suo padre non lo avrebbe mai riconosciuto. Neanche adesso che era riuscito a far vincere la sua squadra si era guadagnato il suo affetto. Era una situazione snervante con cui il moro stava cercando in tutti i modi di convivere. Si impegnava, ma ogni suo sforzo sembrava vano. Pensando a ripensando a ciò, alla fine cadde finalmente addormentato ma il sonno non migliorò molto il suo umore. 

***

-    Incudine, esci allo scoperto. – una voce grave risuonava nel sogno, chiamandolo come lo aveva chiamato il preside-manticora della sua vecchia scuola.
Non riusciva proprio a capire il motivo per cui tutti i tipi loschi che incontrava o sognava lo chiamassero puntualmente così. Era uno scherzo o uno degli ennesimi soprannomi che qualcuno gli assegnava? Lui doveva essere una specie di attira – nomignoli dato che ne aveva così tanti. 
-    Tuo padre non riuscirà a proteggerti ancora per molto. Io so chi sei, non può nasconderlo più. – 
Quella voce parlava di suo padre come se fosse un’amorevole divinità che cercava di proteggere uno dei suoi tanto adorati figli. Hiccup pensò che di sicuro non lo conosceva.
-    Vieni da me, Incudine. Non avrai una brutta accoglienza, promesso. –
Una risata malvagia. Poi, all’improvviso, un grosso drago sputa fuoco si materializzò nell’ombra. Era enorme, grigio, provvisto di sei spaventosi occhi e di una altrettanto gigantesca mazza chiodata che gli faceva da coda. 
Mentre Hiccup, terrorizzato, tentava di svegliarsi dal sogno, il drago gli si avvicinava sempre più fino a quando una tremenda scarica di fuoco incandescente non lo investì in pieno. Urla, e poi, la casa undici.
A differenza di Jack, non aveva svegliato i suoi compagni. Erano tutti ancora intenti a riposare, specialmente l’albino che ronfava come non mai. Sembrava essersi ripreso abbastanza bene dall’accaduto della sera prima. 
Incapace di riaddormentarsi per via di quel maledetto drago gigantesco del sogno, Hiccup decise di andare a fare un giro del Campo adesso che era presto e poteva godersi un po’ di tranquillità. Portò con se il bastone rotto di Jack, magari camminando si sarebbe fatto venire qualche idea sul come aggiustarlo. 
Il Campo Mezzosangue a quell’ora di mattina era ancora più affascinante di come lo era nel resto della giornata. Con i flebili raggi del sole che penetravano all’interno della barriera invisibile che li proteggeva, il campo estivo pareva un piccolo angolo di paradiso celato agli occhi di tutti. Non è che pareva, lo era davvero, in realtà. Hiccup infatti si sentiva estremamente fortunato nel far parte di quella piccola cerchia di persone che potevano vederlo e, meglio ancora, viverci dentro ma, allo stesso tempo, terribilmente preoccupato. Essere un semidio era difficile. Lottare con i mostri, svolgere imprese indette dagli dei... era tutto troppo per uno come lui. Eppure Nord aveva detto che era nel suo sangue. Che, con l’allenamento, sarebbe diventato bravo come tutti gli altri. Che, alla fine, si sarebbe abituato a quel continuo rischiare la propria vita per ragioni più importanti
-    Cosa ci fai con il bastone di Jack?! – una voce femminile lo fece improvvisamente sobbalzare.
Chi, oltre a lui, si ritrovava in piedi a quell’ora del mattino? 
Si voltò ma nessuno gli stava dietro o di fianco. Perplesso, domandò:
-    Chi... chi sei?  Ma soprattutto, dove sei? – 
-    Abbassa lo sguardo, ladruncolo! –
Il ragazzo si trovava in riva al laghetto delle canoe. Dubitava che qualcuno potesse abitarci dentro. Come sempre da quando era arrivato al campo, si sbagliava.
Una ragazza dai capelli rossi emerse dall’acqua, mettendo su uno sguardo arrabbiato, ma non così tanto. Era troppo graziosa per sembrare davvero minacciosa agli occhi degli altri. 
-    Sono Ariel, una naiade. – rispose la ragazza - E quel bastone è del mio amico Jack, quindi, va a restituirglielo. – 
-    No, hai frainteso. – cercò di difendersi Hiccup – Si è rotto e volevo aggiustarglielo. Io e Jack siamo amici. –
Il volto della ninfa si rilassò improvvisamente. 
-    Oh allora... scusami. – continuò poi dispiaciuta - È carino da parte tua cercare di aggiustarlo! –
-    Già... peccato che non ho il materiale adatto per farlo. -  replicò il lentigginoso mentre si sedeva vicino alla riva del laghetto e analizzava il bastone dell’amico  – Servirebbe un collante. –
-    Un che? – domandò stranita la naiade 
-    Un collante. –
Dal volto confuso che Ariel aveva assunto, Hiccup dedusse che la ragazza non sapesse assolutamente cosa significasse la parola collante
-    Un qualcosa per unire i pezzi rotti. Capito? –
-    Unire le cose? Allora forse posso aiutarti!! – esclamò di rimando lei immergendosi nuovamente nelle acque del lago, lasciando Hiccup per un po’ solo e confuso.
Cosa diamine aveva intenzione di fare? 
L’indeterminato non aveva mai avuto a che fare con le ninfe. Potevano anche essere degli esseri spettrali pronti ad ucciderlo. Anche se, pensandoci bene, era alquanto impossibile che lo fossero davvero dato che al Campo Mezzosangue ce n’erano a bizzeffe di quelle creature e Jack, oltre tutto, era anche amico di una di queste. 
La naiade riemerse dall’acqua con una strana sostanza appiccicosa in mano. La porse ad Hiccup che, dopo un po’ di titubanza, la afferrò. Oltre ad essere appiccicosa era verdognola ma non aveva un pessimo odore. Non aveva alcun odore in realtà, come l’acqua. 
-    Che cos’è? – 
-    Strane alghe impastate con altre cose strane. – rispose semplicemente Ariel, facendo intendere che neanche lei ne sapeva molto su quella strana sostanza – Le mie compagne la usano come... come... come hai chiamato la cosa che unisce? –
-    Collante. –
-    Si giusto. Spero tanto che tu riesca ad aggiustare l’arma di Jack! – 
Il moro cominciò a lavorare.
 Usare quella strana colla non era un gioco da ragazzi: ogni volta che cercava di attaccare le due estremità del bastone, la sostanza verdognola cercava di scappare dalla sua presa, appiccicandosi sui jeans, sulla maglietta del Campo, sulle scarpe... insomma, dappertutto, facendo trasformare il ragazzo in una specie di personificazione della colla
Ariel, dopo aver riso per un po’ osservandolo, gli aveva dato altra colla e lui aveva ricominciato la sua complicata impresa. 
-    Come fanno le naiadi ad usare questa cosa? – chiese poi alla ninfa mentre cercava di liberarsi le mani dalla sostanza
-    Vorrei esserti di aiuto ma, davvero, non lo so. – rispose lei rattristita mentre si immergeva nuovamente nell’acqua, probabilmente a raccogliere altra colla.
Fu proprio quell’immersione a far accendere una lampadina nella testa di Hiccup. 
Le naiadi vivevano in acqua e quella colla veniva usata da loro in acqua. Forse era per quello che cercava di scappare dalla sua presa. 
Prima che Ariel potesse riemergere, il ragazzo si tuffò nell’acqua del laghetto insieme al bastone di Jack. Appena il suo corpo venne a contatto con l’acqua stagnante del laghetto, la colla d’alghe che gli si era appiccicata precedentemente ai vestiti si staccò improvvisamente da questi ultimi e cominciò a fluttuare attorno a lui. Il moro fece appena in tempo ad afferrarla e ad applicarla alle due estremità infrante del bastone e ad unire quest'ultime. Poi, contento, notò che finalmente la colla aveva attecchito. 
Nel momento in cui stava contemplando soddisfatto il lavoro di riparazione svolto, la naiade dai capelli rossi era sbucata dai fondali e aveva cominciato a fare mille domande.
-    Come hai fatto? Hai trovato un altro... come si chiama? – 
L’indeterminato fu sul punto di rispondere quando si rese conto di essere ancora in acqua e quindi di non poter respirare. 
Tornò velocemente in superficie insieme all’arma di Jack aggiustata e si sdraiò sfinito sulla riva.
-    Di sicuro tuo padre non è Poseidone. – gli disse Ariel dopo aver fatto riemergere la testa rossa dall’acqua
-    Già. – rispose divertito lui mentre osservava i vestiti inzuppati e scuoteva la testa per asciugarsi. 

***

Quando tornò alla casa undici tutto fradicio le domande dei compagni furono molte.
-    Ehi Hic, piaciuta la nuotata? – lo canzonò Aladdin divertito 
-    Molto divertente. – rispose lui – Jack si è svegliato? –
-    Non ancora. – intervenne Flynn – Si comporta in modo veramente strano. –
-    Magari possiamo mettergli un po’ di schiuma da barba sulla mano e poi... – provò a proporre Aladdin ma la sua proposta fu fermata da una voce 
-    Sono sveglio e non sono sordo.  – urlò questa, che era sicuramente la voce di Jack.
Hiccup corse in fretta e furia dall’amico, con il bastone ben nascosto dietro la schiena. 
-    Buon giorno, Jack! Come ti senti? – cominciò euforico poi, provocando nel figlio di Ermes confusione 
-    Perché così... euforico e bagnato stamattina? – chiese così quest’ultimo, allibito
-    Sai, ho fatto una nuotata nel laghetto delle canoe per aggiustare una cosuccia di poco conto. – continuò soddisfatto il moro
-    Cosa di preciso? – domandò di rimando l’albino, più confuso che mai 
-    Un’arma che era stata spezzata da una figlia di Ares, magari. –
Silenzio. Dall’espressione che Jack aveva assunto sembrava che si stesse sforzando parecchio a capire di cosa stesse parlando l’amico. Poi, finalmente, l’espressione confusa lasciò spazio ad una euforica.
-    Non. Ci. Posso. Credere. – cominciò poi più contento che mai – Non puoi... non è possibile... –
-    Ed invece si. – concluse Hiccup mostrando finalmente al figlio di Ermes l’arma che gli aveva aggiustato.
L’albino la afferrò e cominciò a saltellare di qua e di là, in preda ad un attacco di felicità incontrollabile.
-    Grazie Hic, ti devo un favore. Anzi, un fantastiliardo di favori! – continuò – Ma... come hai fatto ad aggiustarlo così bene? Cioè hai un talento innato, amico! – 
-    Non è stato poi così difficile. La tua amica naiade mi ha aiut... – non riuscì però a concludere la frase perché Jack gli aveva coperto la bocca con la mano
-    Non dire a nessuno di Ariel. Lei nasconde la mia arma da... questi qui. Molti sono gelosi del fatto che papà abbia regalato qualcosa a me e non a loro. – spiegò poi sussurrando – Giura sullo Stige che nessuno mai lo saprà. –
-    Giuro. – rispose Hiccup dopo essersi liberato dalla mano dell’amico.
Il lentigginoso, dopo la promessa, si ritrovò inevitabilmente a ripensare a suo padre. Chissà se aveva visto ciò che era riuscito a fare. Chissà se finalmente l’avrebbe riconosciuto, quel giorno. Quel desiderio ormai ardeva così forte in lui che non riusciva più a contenerlo. Voleva scoprire la sua identità. Non voleva più essere un indeterminato. Lo era stato per troppo, troppo tempo.

*** 

I festeggiamenti per la vittoria della squadra blu si svolsero durante la cena. 
Hiccup aveva passato il pomeriggio con Gambedipesce, Rapunzel e Jack. I primi due non avevano fatto altro che tempestare quest’ultimo di domande riguardanti ciò che era accaduto durante la Caccia alla Bandiera delle sera prima. Poi però, una volta constatato il fatto che il figlio di Ermes non avesse voglia di parlarne, si erano concentrati su Hiccup e sulla favolosa impresa che aveva portato a termine. Avrebbe voluto spiegare loro che non aveva fatto altro che nascondersi e correre ma non voleva deludere le loro aspettative. 
Strano a dirsi, ma anche Merida aveva fatto la sua comparsa quel pomeriggio. Era venuta a constatare che Jack stesse bene e a congratularsi con Hiccup per quello che era riuscito a fare. 
-    Arrivi tu ed improvvisamente la squadra blu vince. Beh, sappi che questa è stata la prima è l’ultima volta, indeterminato. – si era limitata a dire in atteggiamento di sfida
-    Tranquilla, non sono una malato di Caccia alla Bandiera come te e Jack. – aveva risposto lui ridendo alla sfida della rossa
-    E, la prossima volta io ti schiaccerò, rossa. – aveva invece detto Jack all’amica.
Però,  come sempre, la figlia di Ares era dovuta scappare nuovamente dai i suoi tanto amati fratellastri. Ogni volta che la chiamavano, li seguiva come un cagnolino segue il suo padrone ed Hiccup non riusciva a capire come una ragazza ribelle ed insofferente alle regole come lei potesse anche solo ascoltare le regole che i suoi fratelli le imponevano. Rapunzel infatti affermava convinta che quell’atteggiamento non era da Merida e che sicuramente li stava nascondendo qualcosa di importante. 
Insomma, adesso Hiccup si ritrovava come sempre al tavolo di Ermes, compresso tra Jack ed un altro ragazzo, ad addentare la sua bistecca. 
-    Mi congratulo con squadra blu! Ieri, per ragioni sfortunate, non ho potuto farlo, perciò faccio ora. Complimenti! – disse ad un tratto Nord alzandosi in piedi – E  tutti contenti siamo che il signor Frost si sia ripreso. –
Filottete, che era rimasto comodamente seduto al tavolo numero uno, sbuffò leggermente. Hiccup sapeva però che, nonostante tutti gli scherzi che l’albino gli aveva giocato, in fondo era contento che quest’ultimo si fosse ripreso. 
Jack intanto abbassava la testa perché tutti si era voltati verso di lui ed avevano cominciato a fissarlo. Nord era un ottimo direttore ma quella cosa non avrebbe dovuto proprio dirla.  
Lo sguardo del lentigginoso fece poi il giro dei tavoli. 
I figli di Atena parlottavano tra di loro, ma non sembravano discutere sulla faccenda Jack-che-sviene. Avevano uno sguardo molto più preoccupato, come se quello che era capitato al figlio di Ermes fosse per loro un presagio, un segno che l’apocalisse si stava avvicinando. Gambedipesce, quando notò lo sguardo dell’amico posato su di lui, fece un cenno con la mano per salutarlo.
Al tavolo dei figli di Afrodite, invece di mangiare o di parlottare, ci si specchiava. Erano tutti troppo intenti a fissare la propria immagine riflessa in uno specchio per provare il minimo interesse verso il figlio di Ermes convalescente. Tutti tranne Anna ovviamente che, pensierosa, fissava il piatto vuoto che le stava davanti. 
Al tavolo cinque, Astrid, la ragazza bionda che aveva chiamato il suo migliore amico pappamolle la sera prima, se la rideva insieme ai suoi fratellastri figli di Ares. Stavano evidentemente prendendo in giro Jack perché Moccicoso si destreggiava in una pessima imitazione dello svenimento del ragazzo mentre Merida, irata, cercava di zittirli. Questo portò Hiccup nuovamente a pensare a come la ragazza riuscisse a convivere con gente del genere. 
Al tavolo di Apollo, Rapunzel appariva molto triste e ad Hiccup parve che non lo fosse solamente per la salute di Jack. Mischiava la sua zuppa di nocciole senza assaggiarne neanche un po’ mentre la capogruppo della sua casa, Aurora, la invogliava a mangiare. 
-    Sono diventato una specie di fenomeno da baraccone. – disse poi Jack – Da giullare a... fenomeno da circo. –
-    Piantala Jack, sono solamente tutti preoccupati. Belle mi ha detto che Fil e Nord sono al corrente di una profezia che ci nascondono da tempo e... potrebbe essere legata a quello che è capitato a te. – rispose Flynn in tono cupo. 
Profezia... era ciò di cui avevano discusso il direttore ed il satiro proprio il giorno in cui lui era arrivato al Campo.
-    Belle non si sbaglia. – disse così ai due ragazzi – C’è davvero una profezia che non vogliono dirci. –
Mentre proferiva quelle parole, però, il volto di Flynn e Jack cambiò improvvisamente. Lo fissavano, stupiti. Anzi, non fissavano lui, ma più che altro i suoi capelli. 
-    Che c’è? Sono spettinato? – 
Anche gli altri ragazzi del Campo si erano voltati verso di lui, e ad Hiccup era improvvisamente era venuta voglia di sotterrare la testa sotto la sabbia come uno struzzo.
Rapunzel gli sorrideva euforica mentre Anna faceva altrettanto dal suo tavolo. Merida aveva accennato un sorrido, facendo seguire quest’ultimo da un gesto inaspettato dal lentigginoso. Alzò l’indice verso l’alto e cominciò ad indicare il cielo. Fu lì che Hiccup capì. Alzò lo sguardo per vedere sopra la sua testa e scoprì un simbolo infuocato, simile a quello che era apparso sul capo di Gambedipesce qualche giorno prima, sul suo di capo, finalmente. Rappresentava un martello o qualcosa di simile.
-    Quante belle sorprese! – esclamò Nord contento – Amo riconoscimenti! -
Si alzò poi compiaciuto dalla sua sedia e si diresse al tavolo di Ermes, con ancora il tovagliolo in mano.
-    Ave Hiccup Horrendus Haddock III, figlio del dio del fuoco e della metallurgia.
Efesto. Suo padre era Efesto. Non poteva credere che tutto quello fosse vero. Aveva aspettato così tanto quel momento che, per un certo periodo, aveva smesso di sperare che accadesse. 
Jack gli diede una pacca sulla spalla. Nord invece lo abbracciò euforico, cosa che faceva con ogni indeterminato che veniva riconosciuto. Mentre l’omone lo stringeva forte nel suo abbraccio, Hiccup sollevò lo sguardo al cielo e si mise a fissare le stelle.
-    Grazie – sussurrò rivolto al padre.
Quando Nord lo lasciò finalmente, un ragazzo molto, molto basso di statura gli porse la mano.
-    Felix Aggiustatutto – si presentò – Capogruppo della casa di Efesto. Benvenuto, fratello! –
Hiccup gli sorrise di rimando. Non aveva mai avuto un fratello e da quel momento in poi ne avrebbe avuti davvero tantissimi. 
-    Allora, che aspetti a venire al nostro tavolo! – continuò Felix mentre si aggiustava la cintura gialla dove riponeva i suoi attrezzi.
Il lentigginoso si voltò verso Jack, come a chiedergli il permesso. Non voleva andare via così, come se per lui quell’esperienza alla casa di Ermes fosse stata nulla. 
-    Va. – disse Jack sorridendo, capendo perfettamente l’espressione dell’amico – Avrai un letto vero adesso! –
Hiccup ricambiò il sorriso per poi seguire il suo nuovo capogruppo ed accomodarsi al tavolo nove. I figli di Efesto, a differenza di quelli di Ermes, non avevano un tratto fisico così marcato che li distinguesse dagli altri semidei. C’era chi era corpulento e massiccio, chi gracile ed esile come lui. Chi molto basso e chi molto alto. Insomma, sembravano una specie d’insalata di meccanici. Il lentigginoso strinse la mano a così tanti ragazzi che ricordarne i nomi era impossibile. 
Poi, quando la cena si concluse, seguì i suoi fratellastri fino alla casa nove. Ancora una volta, dire che gli era piaciuta era poco. Provvista di ciminiere sul suo tetto come quelle di una fabbrica, aveva addirittura una porta simile a quella di una cassaforte. 
-    Un figlio di Efesto non dovrebbe trovare problemi ad aprirla. – gli disse Felix – Avanti, prova! –
Hiccup vi si avvicinò, si destreggiò incerto tra gli ingranaggi e, dopo essersi beccato una sbuffata di vapore in piena faccia, la porta finalmente si aprì ed il lentigginoso fu contento di essere riuscito a farlo al primo tentativo. 
-    Eh eh, sei proprio un bravo figlio di Efesto, Hiccup! – esclamò gioioso Felix – Adesso, entriamo! –
All’interno, la casa nove si presentava ancora più strabiliante. I suoi fratellastri dovevano aver lavorato sodo per anni per riuscire ad ottenere un simile risultato. 
Le pareti e gli infissi erano completamente rivestiti di metallo. I letti, dei veri letti come aveva anticipato Jack, erano cuccette di acciaio ripiegate contro le pareti. Ognuno di loro possedeva un pannello di comando e questo non fece altro che far esaltare ancora di più un Hiccup che, abituato alla casa di Ermes, non pensava potesse esistere un aggeggio simile a quello. 
-    Questo sarà il tuo letto. – disse Felix indicando una delle cuccette di acciaio – Ti piacerà stare con noi, ne sono certo! –
Sopra al letto che Felix aveva appena indicato, Hiccup notò con amarezza che, anche lì, il vecchio zaino militare con ancora i libri scolastici dentro lo aveva seguito. 
-    Non sparirai mai, vero? – chiese sarcastico allo zaino, già sapendo che non avrebbe risposto.
Mentre lo posava sul pavimento accanto al suo letto però, una foto, di lui e di sua madre il giorno in cui lo aveva portato al parco della cittadina in cui vivevano, scivolò dal suo interno. Le mancava e, in un certo senso, fu grato a chiunque avesse portato quello zaino nella casa di Efesto per averlo fatto.
Si accasciò sulla sua cuccia metallica con la foto stretta al petto sperando che, grazie ad essa, nessuno incubo avrebbe potuto raggiungerlo come la notte prima. Infondo, sua madre lo aveva da sempre protetto dai mostri, lo avrebbe fatto anche quella notte.

 

N.A.: Come promesso, eccomi qua, nonostante la stanchezza di un sabato di compiti. -.- Lo so, di solito il sabato ci si può risposare, ma domani sarò fuori casa per tutta la giornata perciò dovevo farli per forza oggi. >.< Ma, ciancio alle bande ( ? ), andiamo al Capitolo! ;)
Stavolta il POV è tornato ad essere quello di Hiccup. Adesso noi tutti sappiamo come quest'ultimo sia riuscito a far trionfare la sua squadra nella Caccia alla Bandiera. Quanto è bravo il nostro cuccioloso addestratore di draghi *^* Okay, la pianto
Per quanto riguarda Belle, credo di essermi fatta prendere un po' troppo la mano con il suo personaggio. Sarà che ce la vedo così tanto bene come figlia di Atena che l'ho disegnata come una perfetta condottiera che crede che la strategia sia più efficace della forza bruta. 
E Aurora con un arco... Okay, sono completamente pazza. Ma aveva bisogno di un'arma se volevo far partecipare anche lei! ^^" xD Ed essendo una figlia di Apollo, l'arco era perfetto.
Insomma, dopo una serie di peripezie, il nostro Hic ce l'ha fatta. 
Dopo un'altra lunga serie di peripezie, questa volta in compagnia di quella ninfa coccolosa di Ariel, è riuscito anche a riparare il danno che quella antipatica di Astrid ha fatto nello scorso capitolo. -.- Grande Hic, sei tutti noi! <3 
Per quanto riguarda la frase di Jack, " Giura sullo Stige ", devo spiegare a chi non conosce la saga dello Zio Rick di che cosa stiamo parlando ( senza incappare in gaffe primordiali, spero. )
Lo Stige è uno dei fiumi che si trovano negli inferi. Viene usato come una specie di testimone ai giuramenti dato che, chi giura su di esso, non può violare il patto. 
So che lo Stige ha anche altre funzioni ma, per adesso, vi serve sapere solo questo. ^^
Poi, Hic viene finalmente riconosciuto! So che tutti avevano capito che lo avrei assegnato ad Efesto, nonostante prima di cominciare a scrivere la long fossi indecisa appunto tra quest'ultimo e Atena. Ma, alla fine, credo che il suo posto sia la casa nove, insieme a Leo il mio amorino cuccioloso.
Felix Aggiustatutto come Capogruppo della casa xD Ragazzi, non so voi, ma io penso sia perfetto in questo ruolo!
Dal prossimo Capitolo, adesso che Hic è stato riconosciuto, si comincia a fare sul serio. L'azione ci sarà, finalmente ( dato che è mancata molto in questi... oh mamma, già sette capitoli! O.O ) e cominceremo a fare chiarezza su alcune cose.
Che dire, ringrazio come sempre tutti, sempre disponibili ad aiutarmi, a darmi consigli e a scaldarmi il cuore con delle recensioni apprezzatissime. *-* Vi adoro così tanto che vi sposerei tutti! xD E ringrazio anche i numerosi lettori silenziosi, adoro anche voi ovviamente! ^^ 
Anyway, ci vediamo il prossimo sabato, cercherò di continuare ad essere così puntuale! ;)
Stessa cosa non posso dire però della raccolta. Zero idee, sto andando in crisi! >.<
E con questo, vi saluto.
Alla prossima! <3 



 
 

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Capitolo 9
*** 8. Un Uomo Oscuro e Numerosi Fraintendimenti ***


Capitolo 8

Un Uomo Oscuro e Numerosi Fraintendimenti 

Rapunzel
Quella mattina, Rapunzel si svegliò stranamente riposata. Erano settimane che non dormiva così bene. 
La maggior parte dei suoi fratellastri era ancora addormentata. Altri invece, avevano cominciato a prepararsi per la giornata, come se ultimamente al Campo nulla di strano fosse accaduto.
Aveva pensato allo svenimento di Jack intensamente il giorno prima e, anche adesso, non riusciva a fare a meno di pensarci. 
Non credeva fosse stata una semplice arma rotta a provocare nell’albino una simile reazione anche perché, quella stessa sera, anche lei era stata sul punto di perdere i sensi.
Aveva visto la figura di un uomo dietro ad un albero. Il corpo scuro di quest’ultimo si era mischiato con l’oscurità della notte. L’unica parte del corpo distinguibile al buio erano stati i suoi occhi: occhi inusuali, dorati, che Rapunzel aveva già visto in uno dei suoi  terribili incubi notturni. Quegli occhi non erano quelli di sua madre, lo sapeva, ma, in qualche modo, erano legati con la donna che l’aveva sottratta per anni alla vita che aveva sempre sognato.
Ricordava che la testa aveva cominciato a girarle pericolosamente e che poi Anna l’aveva sorretta prima che lei potesse perdere definitivamente i sensi. Grazie all’intervento della figlia di Afrodite, Rapunzel era riuscita a riprendersi ma, poco dopo, a perdere i sensi era stato Jack, poco più distante dalla sua postazione da infermiera. 
Sapeva che i due avvenimenti in qualche modo erano collegati fra loro ma, ogni volta che provava a chiedere a Jack il motivo per cui aveva perso i sensi, questo cambiava argomento, continuando ad affermare che era stato solamente un calo di zuccheri a farlo star male. 
Mentre pensava a tutto ciò, Aurora, la sua amica capogruppo, le si piazzò improvvisamente davanti agli occhi verdi, oscurando per un attimo la luce del sole che irrompeva dolcemente nella casa sette.
-    Buongiorno Rapunzel. – le disse, raggiante come ogni mattina
-    Buon giorno a te, Aurora. – rispose lei accennando un sorriso
-    Volevo avvisarti che il tuo amico Hiccup ti sta aspettando fuori. – continuò la ragazza, indicando col pollice l’ingresso della casa
-    Oh... va bene, grazie mille per avermi avvisata. – 
Detto ciò, la biondina cominciò a correre verso il bagno. Si lavò velocemente il volto per svegliarsi, infilò la maglia del campo e raggiunse l’amico fuori. 
Sembrava più contento del solito e Rapunzel sapeva il perché. Aveva aspettato così ardentemente quel riconoscimento che, adesso, non riusciva più a smettere di sorridere troppa la contentezza per l’accaduto.
-    Ciao Hiccup! Allora, che ne pensi della casa di Efesto? – gli domandò così, visibilmente incuriosita 
-    È fantastica! E sono qui perché... Felix mi sta aspettando alla fucina del Campo e... volevo renderti partecipe. Avere una faccia amica di fianco aiuta durante il primo giorno, no? - 
Un enorme sorriso si stagliò improvvisamente sul volto della biondina all’udire di quella proposta. Voleva bene ad Hiccup e, nonostante lo avesse conosciuto da poco, si era già guadagnato un posto d’onore nel suo cuore con quei suoi occhi verdi sinceri ed il volto cosparso di lentiggini.
-    Ma certo che ti accompagno alla fucina! – rispose poco dopo, euforica, afferrando per il braccio l’amico e cominciando a trascinarlo per tutto il Campo – Ma che domande sono! -

***

Camminarono per un po’ prima di arrivare. All’entrata, Felix Aggiustatutto, un ometto tanto basso quanto ingegnoso, li stava aspettando, ansioso.
-    Eccoti qui, Hiccup! Oh, ci sei anche tu, Rapunzel! –
La biondina aveva avuto modo di conoscere il capogruppo della casa di Efesto durante una Caccia alla Bandiera. Al ragazzo era stato donato dal padre Efesto un martello con poteri eccezionali: riusciva non solo ad aggiustare con un solo colpo gli oggetti mal funzionanti ma anche a curare le ossa rotte dei compagni feriti. L’aveva aiutata là dove il suo potere terminava. Infatti i suoi capelli, in quel caso, non avevano potere se non quello di far diminuire il dolore. 
-     Bene, cominciamo il nostro tour per il nuovo arrivato! – disse poi invitandoli ad entrare mentre, come sempre, si sistemava la cintura gialla che portava ai fianchi.
Faceva molto caldo lì dentro. Se non fosse stata una figlia di Apollo di sicuro lo avrebbe trovato insopportabile ma, tutto sommato, suo padre era il dio del Sole e nulla poteva essere più caldo del sole stesso. 
Intorno a loro, un sacco di ragazzi erano intenti a costruire qualcosa. Chi giocattoli a molla, chi addirittura armi. Uno di loro stava affilando una spada con la meticolosità di un chirurgo. Rapunzel trovava affascinante il mondo dei figli di Efesto: riuscivano a trasformare un semplice pezzo di metallo in una potente arma ammazza mostri e questo lei lo trovava davvero ammirevole. 
-    Non è metallo normale. – osservò all’improvviso Hiccup – E’ diverso da quello che conosco. –
-    È bronzo celeste. – rispose prontamente Felix – E’ un metallo molto raro che viene estratto direttamente dal Monte Olimpo. Disintegra i mostri alla meraviglia, sai? –
Hiccup annuì nervoso. L’idea dei mostri da uccidere non doveva ancora piacergli granché, pensò Rapunzel.
-    Vuoi cominciare a fare qualcosa? – propose poi Felix, notando negli occhi verdi del lentigginoso la voglia di rendersi utile
-    Beh... si, mi piacerebbe molto! – rispose questo attivandosi improvvisamente
-    Allora che aspetti! –

***

Felix si allontanò, probabilmente diretto ad aggiustare qualcosa che i figli di Ares avevano rotto. Era portato nell’aggiustare le cose più che nel crearle. 
Hiccup intanto aveva cominciato a guardarsi intorno, fingendo chiaramente sicurezza. Rapunzel aveva cognizione del fatto che l’amico non sapeva assolutamente da dove iniziare, però.
-    Cosa hai intenzione di fare? – domandò così la biondina per spezzare il silenzio
-    Non ne ho alcuna idea, sinceramente. – rispose il moro mentre, nervosamente, si portava come sempre quando era agitato la mano sinistra alla nuca.
Ad un tratto, un ragazzo dai capelli castani si avvicinò a loro due, sorridendo. 
-    Ti serve una mano, fratello? – chiese cordialmente.
Hiccup sembrò per un attimo incerto sul da farsi, poi finalmente rispose:
-    Ohm... si, fratello, te ne sarei grato. – 
Rapunzel pensò che Hiccup, essendo stato un figlio unico fino a poco tempo prima, dovesse trovare inusuale chiamare qualcuno fratello con la spontaneità con cui l’altro ragazzo l’aveva fatto. 
-    Ci sono delle spade che vanno affilate. Puoi farlo tu se ti va! – continuò il figlio di Efesto di prima indicando un ammasso di spade da affilare riposte nell’angolo
-    Ohm... va bene! –
Fu così che i due si ritrovarono accanto ad un affilatrice con un mucchio di spade e coltelli da acuminare. 
-    Non è esattamente ciò che mi sarebbe piaciuto fare qui dentro ma... tutti hanno cominciato con qualcosa. – 
Rapunzel annuì in risposta, sorridendogli per incoraggiarlo.
Poco dopo, scintille svolazzavano ovunque sotto gli occhi di un Hiccup leggermente sudato e di una Rapunzel molto curiosa. Il lentigginoso se la cavava bene in quel lavoro perché, alla fine, ogni spada ed ogni pugnale diventavano un’arma letale pronta a disintegrare qualche mostro feroce. 
Anche il ragazzo che poco prima avevano incrociato stava affilando delle spade di bronzo celeste ma, secondo Rapunzel, ad Hiccup riusciva meglio. 
Guardando meglio proprio quel ragazzo, la biondina riuscì improvvisamente a collegare il suo volto ad un nome: Guy
Anna non faceva altro che parlare di quanto invidiasse l’amore duraturo che sussisteva tra il figlio di Efesto ed una sorellastra di Merida, Eep. Così diversi eppure così affini.
-    Credo che il ragazzo di prima si chiami Guy. – disse così ad Hiccup, cercando però allo stesso tempo di non distrarlo dal lavoro
-    Come lo sai? –
-    Anna non fa altro che parlare di quanto lui ed Eep siano perfetti insieme. Dice che è strano che un figlio di Efesto ed una di Ares vadano così d’accordo data... beh, la rivalità tra i loro genitori. –
Hiccup lasciò cadere improvvisamente la spada che stava affilando, guadagnandosi un rimprovero dai suoi fratellastri. Rapunzel non capiva cosa avesse mai potuto dire di tanto sbagliato per farlo deconcentrare così tanto. 
-    Va tutto bene, Hic? – chiese, preoccupata di aver detto qualcosa di non gradito all’amico
-    Certo, certo. – rispose nervosamente lui, asciugandosi con la mano sinistra la fronte sudata – Mi è solamente scivolata. –
Perché tutti continuavano a mentirle? Era ovvio che non gli era “ solamente scivolata “. Rapunzel, per un primo periodo, aveva pensato di essere l’unica a nascondere qualcosa ai suoi amici, e dire che si era sentita in colpa era poco. Adesso invece si rendeva finalmente conto che anche questi le nascondevano qualcosa, alleviando la sua pena interiore ma, allo stesso tempo, facendo sorgere in lei altre domande senza risposta. 
-    Siamo tutti un po’ strani in questo ultimo periodo. – le venne spontaneo dire, con una nota di amarezza nella voce 
-    In che senso? –
-    Jack che sviene alla Caccia alla Bandiera, Merida così fredda, tu che fai cadere improvvisamente la spada e non mi spieghi i veri motivi per cui è caduta ed io che... – si bloccò improvvisamente, per poi prendere coraggio e continuare a parlare, sussurrando stavolta - sai, la sera in cui Jack è svenuto ho visto un uomo. –
Si sentiva meno una pessima amica ad averlo detto. Si fidava di Hiccup, sapeva di potergli dire qualsiasi cosa e voleva condividere con qualcuno i suoi pensieri sull’accaduto di quella sera. 
-    Quell’uomo... sembrava fatto di oscurità. Io non so precisamente cosa fosse... so solo che, quando l’ho visto, ho quasi perso i sensi. E poi Jack poco dopo è svenuto. Io... io credo che le cose siano collegate fra loro ma, ogni volta che provo a spiegare questo a Jack, lui cambia argomento. – 
Era come se Hiccup si fosse improvvisamente pietrificato. Aveva cominciato a fissare la spada appena affilata, pensieroso. Che anche lui avesse visto quell’uomo quella stessa sera?
-    Se è quello che ti stai chiedendo – cominciò finalmente a rispondere poi – no, non ho visto alcun uomo quella sera. – 
Il volto di Rapunzel si rattristì improvvisamente. 
L’ultima affermazione del moro, all’inizio, sembrava non avere continua ma poi, quando i suoi occhi verde scuro si incrociarono con quelli intristiti verde prato della biondina, decise di andare avanti. 
-    Ma ho visto un uomo simile... nei miei sogni. –
Tutte le intuizioni di Rapunzel a quel punto si fecero improvvisamente chiare. Anche lei lo aveva sognato, a vegliare su sua madre. Era come se fossero alleati... 
-    Mi chiamava Incudine, proprio come la manticora che mi ha attaccato a scuola. – continuò il moro, con voce seria – Nord e Fil avevano parlato di una profezia il giorno in cui sono arrivato al Campo... credo che c’entri con tutto questo. –
Tutti i tasselli del puzzle sembravano si stessero ricomponendo pian piano, fino a formare un quadro della situazione per nulla rassicurante. 
-    Dobbiamo andare da Jack e Merida, Punzie. – concluse Hiccup mettendo una mano sulla spalla dell’amica – Pensavo che i miei fossero solo sogni assurdi ma... adesso capisco tutto. –

***

Quando si presentarono affannati da Jack e Merida, i due non ne rimasero molto contenti.
-    Scusate ragazzi, devo davvero scappare, Astrid mi sta aspettando. – si limitò a dire per liquidarli Merida, cercando a tutti i costi di evitare lo sguardo del figlio di Efesto che le stava davanti 
-    Io anche, ho promesso ad Anna di impegnarmi nelle lezioni di volo su pegaso oggi e... sapete quanto ci tenga. – si scusò invece Jack, davvero dispiaciuto 
-    È importante! – esclamarono di rimando in coro i due, in tono all’allarmato
-    Ok, siamo tutti orecchi. – affermò in risposta Jack mentre tratteneva per il braccio destro la rossa per non permetterle di andare via come sempre. 
Spiegarono tutte le loro scoperte ai due amici che, stupiti, ascoltarono. Jack era passato da un’espressione sorridente ad una impassibile mentre Merida era rimasta seria, anche se dai suoi occhi acqua marina traspariva lo stesso la preoccupazione che in realtà nascondeva dentro. 
-    Allora, anche voi avete visto quell’uomo? – chiese Rapunzel, una volta terminato il racconto.
Peccato però che nessuna risposta arrivò dai due. La loro conversazione dovette cessare a causa di un urlo spaventoso proveniente dalle stalle dei pegasi. 
-    Anna! – esclamarono i quattro in coro, riconoscendo subito la voce della loro amica fulva.
Dopo di che si lanciarono in una corsa sfrenata verso le stalle dei pegasi. Mentre correvano, Rapunzel, tra i cespugli, rivide per un istante gli occhi dorati dell’uomo fatto d’ombra. Si fermò ed emise un urlo strozzato. Gli amici fermarono la loro corsa per chiederle cosa fosse accaduto ma lei, più preoccupata per la figlia di Afrodite che per se stessa, rispose che nulla era successo ed insieme ricominciarono a correre verso la meta stabilita.
Quando arrivarono trovarono Anna con le spalle al muro, minacciata da un’enorme cavallo fatto d’oscurità. Non corrispondeva ad alcun mostro mitologico di loro conoscenza e, la cosa peggiore, era che non era solo. Altri stalloni neri correvano per il campo, seminando discordia in ogni dove. 
-    Cosa sono?! – chiese Hiccup ai suoi amici, ritenendoli molto probabilmente più esperti di lui
-    Non ne ho idea, Hic. –  ammise Jack – Fatto sta che dobbiamo far fuori quello che sta minacciando Anna. –
-    Sono d’accordo. – continuò Merida mentre, impulsiva come sempre, si lanciava senza alcuna arma ad aiutarla verso la figlia di Afrodite in pericolo
-    Aspetta, Mer! – tentò di fermarla Rapunzel, ma invano.
La rossa si era fiondata sul cavallo fatto d’oscurità. Lo stava letteralmente picchiando.
-    Vai così, rossa! – la incitava Jack euforico.
Ogni pugno che la rossa sferrava faceva sgretolare il punto colpito. Era come se fossero fatti... di sabbia
Mentre Merida si occupava del cavallo, Hiccup e Jack aiutavano Anna a riportare i pegasi, ormai imbizzarriti per via dello spavento, all’interno delle loro stalle. Scalciavano in modo peggiore di come lo facevano i cavalli d’ombra, il che rendeva il tutto più pericoloso. Perciò, Jack aveva intimato Rapunzel a rimanere lontana dall’azione, per evitare che si facesse male. Ancora una volta, quest’ultima si sentiva maledettamente inutile. 
Osservava la scena, inerme, mentre intorno a lei tutto il Campo si stava mobilitando per cacciare i cavalli d’ombra. 
Filottete si destreggiava con l’ascia insieme ad Astrid e a qualche altro figlio di Ares, facendo fuori centinaia di cavalli, l’uno dopo l’altro. Bastava un solo colpo per farli sgretolare in tanti piccoli granelli di sabbia nera. 
Gambedipesce, a differenza dei suoi fratellastri della casa di Atena che avevano stranamente preferito l’azione alla teoria, stava sfogliando nervoso le pagine di un antico libro, probabilmente nel tentativo di capire da quale mito greco spuntassero fuori quegli strani cavalli.
Anche Nord stava contribuendo alla salvezza del campo: brandiva due grandi spade di bronzo celeste e le sapeva usare davvero molto bene. Rapunzel quasi stentava a riconoscerlo in quel ruolo dato che non lo aveva mai visto lottare prima di allora. 
-    Così hai finito, brutto cavallone oscuro! – esclamò poi Merida soddisfatta mentre calpestava vittoriosa la sabbia nera lasciata dal cavallo.
Nella distrazione del suo festeggiamento, la figlia di Ares non aveva notando però che, dietro di lei, un altro di quei cavalli si stava preparando all’attacco. Fu così che Rapunzel ebbe la sua occasione di rendersi utile. 
Impulsivamente, afferrò un pezzo della staccionata che, qualche giorno prima, Gambedipesce aveva per sbaglio distrutto durante una delle sue sgarbate cadute, e la utilizzò per distruggere il cavallo. 
Era stata una bella sensazione, sia quella di salvare un’amica, sia quella di sgretolare uno dei cavalli cattivi che minacciavano casa sua.
-    Grazie! – le sorrise Merida una volta realizzato l’accaduto  – Di che diamine sono fatti questi cosi?! –
La figlia di Ares si inginocchiò vicino alla sabbia nera lasciata dagli stalloni ma, appena tentò di sfiorarla, questa sparì.
-    Sono fatti di una sostanza ancora più antipatica di loro. – borbottò poi tra sé e sé, facendo sorridere Rapunzel con ciò che aveva appena detto. 
Intanto, Jack, Hiccup ed Anna erano finalmente riusciti a placare i pegasi. 
Anche gli altri erano riusciti a debellare l’infestazione di cavalli. Tanta sabbia nera giaceva ai loro piedi e, esattamente come era successo a Merida, ogni volta che provavano a toccarla questa spariva, come se non fosse mai esistita.  
-    Non c’è nulla da vedere. – disse poi Fil ai ragazzi che continuavano a fissare atterriti la sabbia che volava via – Tornate nelle vostre case e fate finta che nulla sia accaduto. –
-    Cosa? Non se ne parla! – lo interrupe Shang della casa di Ares, irato – Queste cose non dovrebbero accadere al Campo! –
-    Sono d’accordo. – continuò Belle – La barriera dovrebbe proteggerci da attacchi del genere. – 
Quei due non avevano tutti i torti. La barriera era stata creata dagli dei in persona per proteggere i mezzosangue da attacchi simili a quello che avevano appena subito, allora perché questa volta non aveva svolto il suo compito?
Aurora, più o meno un mese prima, aveva raccontato a Rapunzel la storia della formazione di quella cupola invisibile che li aiutava a proteggersi dai mostri. Era un dono degli dei. Costruita per ringraziare Hercules, un famoso mezzosangue figlio di Zeus che, molto tempo prima, aveva salvato l’Olimpo dall’imminente distruzione. 
Non avrebbe dovuto di certo permettere a dei cavalli oscuri di riuscire a penetrare nel campo.
-    Non c’è nulla che non vada con barriera – intervenne Nord – Barriera fa suo compito, io controllato. –
-    Allora come è possibile che siano riusciti ad entrare? – domandò Flynn mentre si ripuliva i pantaloni dalla sabbia nera che quei cavalloni avevano lasciato 
-    Non sappiamo. Ci spiace. –
Mentre però i due avevano cominciato a dirigersi verso la Casa Grande, vennero bloccati da Belle che, più convinta che mai, esclamò:
-    Voi ci state nascondendo qualcosa da molto, molto tempo. – cominciò – C’è una profezia che però non volete dirci, ne sono sicura. –
-    Smettila di dire sciocchezze, ragazzina. – si limitò a rispondere il satiro, fermato però poi da Nord
-    Secondo me per loro è tempo di sapere. – disse così quest’ultimo in tono grave, rivolgendosi all’amico.
Fil annuì, sebbene ancora scettico sul da farsi. Ma, in fin dei conti, spettava a Nord decidere in quanto direttore del Campo.
-    Qualche anno fa, in notte d’estate – cominciò a raccontare l’omone mentre ogni singolo ragazzo del Campo pendeva dalle sue labbra – io e satiro Fil giocavamo a pinnacolo in Casa Grande. Poi, mummia inquietante e rinsecchita fermare nostra partita e dire profezia. –
-    Ciò che disse fu – sentì di dover continuare il racconto Fil dato che Nord, a volte, si mangiava qualche parola  - Un figlio delle tenebre scompiglio porterà e difficile spodestarlo sarà. Solo per il Caduceo, il Sole, l’Incudine e il Cinghiale una possibilità si presenterà. La rabbia alla radice estirpare dovranno, solo così il destino del mondo muteranno. Tante però le cose che nel buio perderanno quando soli contro di lui si ritroveranno.  –
Silenzio. Nessuno, neanche Belle aveva il coraggio di prendere la parola. C’era chi tossiva nervoso, chi si grattava il capo pensieroso, chi sfogliava agitato un libro gigantesco – Gambedipesce – e chi si lucidava l’ascia – Astrid – ma nessuno, neanche quei due gemelli poco intelligenti della casa di Ares, riusciva a dire qualcosa. 
A Rapunzel le profezie non erano mai piaciute, nonostante fosse proprio suo padre Apollo a sfornarne una di tanto in tanto. Erano inquietati e spaventose. Cercavano di aiutarti nel compiere il tuo destino ma, allo stesso tempo, non ti aiutavano affatto. E Rapunzel voleva poter scrivere il proprio destino da sola, come le persone normali. 
Si voltò a guardare i suoi amici che, esattamente come gli altri ragazzi del Campo, non riuscivano a spiccicare parola. Anna continuava a torturarsi le trecce fulve mentre Hiccup aveva improvvisamente trovato un certo interesse per le sue scarpe. Merida guardava altrove, cercando molto probabilmente di pensare ad altro, mentre Jack, notando lo sguardo della biondina su di lui, le sorrise, mimando con la bocca un ' è solo una stupida filastrocca '. Rapunzel invidiava quell’indole a ironizzare su tutto di Jack. Aiutava a superare momenti difficili e di grande tensione come quello. Quel sorriso, infatti, l’aveva improvvisamente tranquillizzata. 
-    Non c’è nulla di cui preoccuparsi – disse poi Fil notando le espressioni da funerale che si erano stagliate sul volto dei ragazzi del Campo – Sono passati due anni e non è ancora accaduto nulla! –
Dall’espressione che Hiccup assunse, Rapunzel intuì che non la pensasse come il satiro. 
Effettivamente, qualche ora prima le aveva appunto confidato che era stato chiamato Incudine sia dall’uomo fatto d’ombra del suo sogno e sia dalla manticora che lo aveva attaccato a scuola e, quella stessa parola, si trovava proprio nella profezia che era stata appena proferita dal direttore delle attività del campo.
-    Dovremmo provare a decifrarla. – propose finalmente Belle dopo un po’ 
-    Hai ragione. – intervenne Flynn - Un figlio delle tenebre...  –
-    Questa frase non mi dice nulla. – si limitò a rispondere Jack, ancora scettico
-    Sono, ahimè, d’accordo con Frost. Smettiamola di credere  a queste stupidate! – esclamò Fil visibilmente innervosito da ciò che i ragazzi stavano tentando di fare
-    E che mi dici degli oggetti di cui parla? – continuò la capogruppo della casa di Apollo Aurora non ascoltando minimamente gli ordini del satiro 
-    Non sono esattamente oggetti. – rispose Belle – Più che altro sembrano... simboli. –
-    Esatto! – esclamò Gambedipesce euforico.
Rapunzel pensò che interpretare profezie dovesse piacere molto al suo amico paffuto.
-    Il Caduceo è il simbolo di Ermes, il Sole quello di Apollo, l’Incudine quello di Efesto e il Cinghiale quello di Ares. Magari si riferisce a dei mezzosangue figli di queste divinità! – 
La biondina rabbrividì. I suoi migliori amici erano esattamente figli di Efesto, Ermes e Ares e lei era una figlia di Apollo. Non poteva essere una coincidenza. 
-    Sei un genio! – lo lodò Belle soddisfatta – Complimenti Gambedipesce, degno figlio di Atena! –
-    Basta con queste sciocchezze! – cercò di interrompere nuovamente il discorso Fil ma, ancora una volta, invano
-    Serve un’impresa. – propose Kocoum improvvisamente – L’attacco di quei cavalli era di sicuro un segno. Per non parlare dello svenimento del... figlio di Ermes. –
-    Il figlio di Ermes ha un nome, ed è Jack. – rispose a tono il citato, infastidito dal comportamento dell’ultimo che aveva preso parola.
Alla parola impresa, lo sguardo di Merida si accese improvvisamente. Rapunzel non l’aveva mai vista così euforica come adesso in quell’ultimo periodo. 
-    Giusto, un’impresa! – esclamò così alzandosi in piedi, mostrando finalmente interesse per l’argomento – Mi offro per affrontarla! –
-    No, no, no, soldato. – la interrupe Shang – Tu non vai da nessuna parte senza il mio permesso. –
-    In realtà, nessuno va da nessuna parte senza il nostro permesso! – imprecò Fil e, finalmente, i ragazzi lo ascoltarono – Non ci serve alcuna impresa! –
Nord, che fino a poco prima era rimasto in silenzio, sentì stavolta di dover intervenire.
-    In realtà, sono d’accordo con ragazzi. – disse e, questa sua ultima frase, fece gioire l’intero Campo -  Domani quattro di voi, uno di casa di Ermes, altro di casa di Apollo, altro ancora di casa di Efesto e ultimo di casa di Ares partiranno per impresa per scoprire di più su faccenda di figlio di tenebre. Io e Fil sceglieremo chi. –
Merida imprecò sotto voce. Forse sapeva che i due non l’avrebbero scelta per l’impresa. Rapunzel però non riusciva proprio a capire perché ci tenesse tanto a prendervi parte.
-    Sta calma, rossa. – la invitò poi a sedersi Jack – Perché ti interessa così tanto partecipare a questa cosa? –
-    Non sono affari tuoi. – lo ammonì prontamente – Voglio solamente rendermi utile per una volta tanto. –
Intanto, Fil e Nord parlottavano tra di loro, guardando specialmente loro quattro. Che avessero capito che la profezia parlava di loro? 
-    Noi deciso! – esclamò dopo un po’ Nord, al termine di quella conversazione col satiro – A partire per impresa saranno... -
La tensione salì alle stelle. Rapunzel non sapeva il perché ma sentiva che doveva essere assegnata a loro. Il figlio delle tenebre di cui la profezia parlava doveva essere di sicuro l’uomo fatto d’ombra che lei ed Hiccup avevano visto e che, anche se Jack e Merida non volevano ammetterlo, avevano visto di sicuro anche loro. Leggeva nei loro occhi la paura, la stessa che provavano lei ed Hiccup. Solo che loro erano più bravi a nasconderla. 
-    Flynn di casa di Ermes. –
Il volto di Jack si rabbuiò improvvisamente. Nonostante avesse finto di non importarsene nulla della profezia e dell’impresa, aveva appena dimostrato che in realtà gliene importava eccome. Rapunzel non poteva credere che, dopo tutto quel parlottare e guardare loro quattro, avessero scelto un altro per rappresentare il Caduceo della profezia.
-    Aurora di casa di Apollo. –
Anche lei ci era rimasta male. Sentiva in cuor suo che doveva esserci lei al posto della sua amica capogruppo ma, evidentemente, Nord e Fil la pensavano diversamente.
-    Felix di casa di Efesto. –
Hiccup sobbalzò. Guardò per un attimo l’amica e questa afferrò subito il messaggio che quelle iridi le stavano trasmettendo. ' Sono io l’Incudine, lo sai ' sembrava dire. Se solo avesse avuto il coraggio di dirlo agli altri...
-    Signore – trovò quel coraggio Rapunzel al posto suo – Io credo ci sia un errore. Hiccup... è lui l’Incudine. –
-    Mi spiace ma... Hiccup non pronto per impresa, secondo noi. – rispose Nord, abbassando lo sguardo, come se si sentisse in colpa.
Rapunzel si rimise a sedere, intristita. Hiccup le sorrise, come a dirle ' non fa niente '. 
-    E, per casa di Ares... –
La figlia di Apollo non voleva assistere ad un’altra delusione, quella di Hiccup era già bastata. Peccato che non era lei a decidere.
-    Shang. – 
Merida si alzò in piedi, irata come non mai, ed esclamò a gran voce:
-    Io DEVO partecipate a quell’impresa! – 
-    Dun Broch, calmati. – le consigliò Shang, severo 
-    Non mi calmo! – rispose a tono lei, stringendo i pugni - Voi non capite! I miei sono in pericolo! -
Detto questo, corse verso la casa di Ares, con le lacrime agli occhi, senza voltarsi indietro. 
Adesso Rapunzel capiva il perché dell’atteggiamento freddo dell’amica. Avrebbe voluto seguirla e parlarle ma ci aveva già pensato Hiccup a farlo. 

 

N.A.: Eccoci qui! Ormai il nostro è un appuntamento settimanale ( e sono fiera di me per ciò ù.ù ).
Prima di cominciare a parlare del Capitolo, vorrei ringraziare sentitamente tutti voi, stavolta più di come vi ho ringraziati le altre volte. Perché... cavoli, la storia è arrivata ad avere più di 30 recensioni ed io stento ancora a crederci. *-* Io, che temevo che le cose che scrivevo non piacessero a nessuno. Io, che fino a qualche mese fa avevo una paura matta all'idea di pubblicare qualcosa di mio su questo sito.
Per me è un sogno che si realizza, un traguardo raggiunto... ed è solo merito vostro. <3 Anche tutte le parole più belle del mondo non riuscirebbero a farvi capire quanto il vostro costante appoggio conti per me. <3 
E adesso, passiamo al Capitolo ;)
Come promesso, c'è stata molta più azione in questo Capitolo. ^^ E, si sa, i capitoli dove il POV è di Punzie sono sempre i più pucciosi. *-* Io la adoro, è e rimarrà la mia principessa Disney preferita xD Ovviamente, dopo di lei c'è Mer che adoro quasi quanto adoro la prima *-* 
Va be', Hiccup che va alla fucina del Campo e chiede a Rapunzel di accompagnarlo è patatoso ( ma quando non lo è quel ragazzo? *-* ). E c'è stato anche un piccolo cameo di Guy ed una citazione al suo rapporto con Eep. Io adoro quei due insieme, dopo la Kristanna sono la mia coppia canon preferita *^* E poi ho apprezzato anche il film dove appaiono, ovvero i Croods, perciò perché non inserirli? ^^
Ed i cavalli fatti di ombra devastano il Campo. Ah, e siccome in questo mio megacrossover Disney/NON non ci saranno personaggi provenienti dalla saga dello Zio Rick, ho dovuto omettere anche l'albero di Talia. La barriera, in questa mia versione, è stata un dono degli dei dopo che quel figone di Hercules ha salvato l'Olimpo dalla distruzione. Spero abbiate apprezzato anche questo mio... adattamento. ;)
E finalmente Nord e Fil si sono convinti a raccontare della profezia ai ragazzi del Campo ( grazie alle insistenze di quella stimabile figlia di Atena di nome Belle ). E' stata indetta l'impresa tanto aspettata dalla nostra Merida. Purtroppo, Fil e Nord hanno deciso di assegnarla a ragazzi più grandi ed esperti... per ragione che avete capito, credo. O forse no... va be', NO SPOILER x'D 
Qualche hints!Jackunzel non guasta mai, perciò ce l'ho messo anche in questo Capitolo xD E, dalla fine di quest'ultimo, avrete intuito che il prossimo comincerà con una bella Mericcup scene *-* Ebbene si, devo farli riappacificare dopo la storia del Tiro con l'arco x'D
Credo di non aver tralasciato nulla, perciò, vi auguro una buona domenica e vi do appuntamento a sabato prossimo. ;)
Grazie ancora a tutti voi per esserci SEMPRE, ve ne sono grata. <3




 
 

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Capitolo 10
*** 9. Rivelazioni ed Evasioni ***


Capitolo 9

Rivelazioni ed Evasioni 

Merida

Perché stava andando tutto male? Perché l’essere una semidea dove essere sempre così difficile? 
Il suo mondo stava andando a rotoli, pian piano. Adesso era lì, a piangere su stessa, mentre le persone a cui teneva venivano torturate da chissà quale orso ammazza uomini. E tutto questo perché non era stata abbastanza efficiente in quell’ultimo periodo per guadagnarsi un’impresa. Eppure aveva lucidato le scarpe di Shang, partecipato ai corsi che Astrid le aveva imposto di fare ed addirittura sopportato quell’inammissibile ragazzo di nome Moccicoso, il che era un’impresa ben più ardua di quella indetta da Nord e Fil.
 Tutti i suoi sforzi erano stati però vanificati nel giro di pochi, insulsi secondi. 
-    Tutta colpa tua. – imprecò la ragazza, rivolta al cinghiale impagliato che la stava fissando dal tetto della casa cinque con i suoi occhi marroni profondi ed inquietanti – Se solo non avessi corteggiato mia madre, io ora non sarei nemmeno qui. Ma tu no, eri troppo egocentrico per rinunciare ad una delle tante donne mortali che ti venivano dietro, dico bene?! –
A quelle parole, il cinghiale sembrò animarsi improvvisamente, emettendo un grugnito assordante. Merida dovette tapparsi le orecchie per salvaguardarsi l’udito. Sapeva che era stato suo padre e quel gesto non fece altro che farla infuriare ancora di più. 
-    Ce l’ho con tutti voi, buoni a nulla! – continuò così più irata che mai indicando il cielo – Specialmente con te, Zeus! Sei tu che hai generato figli così... assurdi! – 
Altro suono assordante, stavolta un tuono. A Merida però non importava. Avrebbe potuto anche fulminarla con la sua Folgore, sarebbe stato meglio morire a quel punto, almeno avrebbe raggiunto la sua famiglia negli Inferi. 
-    Imprecare contro gli dei non servirà a niente. – una voce maschile la costrinse improvvisamente a voltarsi.
Hiccup. Cosa ci faceva lì? Non era ancora terrorizzato da lei? 
-    Perché sei qui? – gli chiese così, evitando però di incontrare gli occhi verdi del ragazzo.
Sembravano riuscire a leggerle dentro e questo lei non lo sopportava. 
-    Non capita spesso di assistere all’ira degli dei. – rispose, accennando un sorriso divertito - E poi sei scappata via, volevo assicurarmi che tu stessi bene. -  
-    Sto bene. – gli rispose seccamente, per poi pentirsene – Scusa, volevo dire, grazie per essere venuto. –
Il lentigginoso le si avvicinò, sedendosi di fianco a lei nei pressi alla casa di Ares. Con Hiccup così vicino e quel fastidioso cinghiale che li fissava, Merida non si sentiva affatto a suo agio.
-    Allora era per questo che ci trattavi male. – spezzò poi quel silenzio imbarazzante il ragazzo - Volevi guadagnarti un’impresa per salvarli... –
-    Mi sento così impotente se rimango qui, capisci? – rispose la rossa, cercando allo stesso tempo di trattenere come meglio poteva le lacrime – Io dovevo partire per quell’impresa. –
Hiccup annuì di rimando, silenzioso, mentre qualche lacrima sgorgava dagli occhi acqua marina della figlia di Ares, facendo sfumare per la prima volta l’immagine della ragazza forte ed indistruttibile che quest’ultima si era costruita attorno a sé. 
Merida sapeva che Hiccup, nonostante il suo ingegno, non sarebbe riuscito a risolvere i  problemi che aveva ma, l’anche il solo averlo lì, accanto a sé, la faceva sentire per la prima volta considerata da qualcuno. Il modo in cui la guardava... era come se per lui esistesse solo lei in quel momento. La ragazza non lo avrebbe mai ammesso ma, quella sensazione, le piaceva. 
-    Sono più spaventosa in veste di ragazza piagnucolona che in quelle di ragazza indistruttibile, vero? – gli disse poi, ridendo mentre si asciugava le lacrime
-    Sei spaventosa in entrambi i casi. – rispose lui, ridendo a sua volta – Ma mai più spaventosa del cinghiale impagliato che ci sta fissando. –
Due attimi dopo che Hiccup concluse quella frase, il cinghiale in questione grugnì contrariato. Hiccup e Merida si guardarono per qualche secondo per poi lasciarsi andare in una rumorosa risata.
-    Credo che mio padre e tuo padre non siano felici di vederci insieme. – diceva Merida mentre si piegava su sé stessa per via delle risate – Specialmente tuo padre. Sai com’è, mio padre gli ruba la moglie. –
-    Già! – rispose il moro, continuando a ridere anche lui di gusto.
Era strano, ma Hiccup le aveva davvero migliorato la serata. Stare lì, a ridere insieme, l’aveva fatta sentire meglio, nonostante così stessero entrambi provocando i loro genitori divini. Ma, il bello era che finalmente Merida non se ne interessava più. Ormai, non c’era più alcuna impresa a cui prendere parte e ciò significava che poteva tornare ad essere la Merida di un tempo che se ne infischiava altamente delle regole.
-    Potremmo scappare. – propose improvvisamente Hiccup tornando serio – Di nascosto. –
-    Prego? – 
-    Hai sentito bene. Non possiamo lasciare i tuoi allo sbaraglio. –
-    Tu, il nuovo arrivato, mi stai proponendo di violare le direttive del Campo? – chiese stupita Merida – Mi sa che mio padre ti ha lanciato qualche maledizione poco fa. –
Inaspettatamente, Hiccup non rise a quella battuta. Sembrava davvero serio. Faceva così sul serio che si alzò addirittura in piedi per ripetere:
-    Potremmo scappare. –
Fu proprio in quel momento che la voce di Jack interruppe i loro folli piani, esclamando:
-    Io pensavo di trovarvi qui a piangere come due depressi e abbattuti semidei! Invece, mentre vi raggiungevamo, abbiamo sentito le vostre grasse risate. Ma bravi, i miei complimenti! Festeggiare senza di noi. –
Ma Merida non riusciva a prestare attenzione alle parole di Jack. Era troppo concentrata su quelle che Hiccup aveva detto poco prima. Due semplici parole, eppure così di impatto. E pensare che, sempre quelle due banali parole, potevano salvare la vita dei suoi cari. 
Potremmo scappare... 
-    Potremmo farlo davvero. – dichiarò improvvisamente, risvegliandosi dai suoi pensieri 
-    Fare cosa? – chiese Rapunzel mentre si avvicinava impensierita ai due amici.
Fino a poco prima, la biondina era rimasta nell’angolo, a torturarsi, come faceva sempre quando era nervosa, una delle sue lunghe ciocche dorate, a testa bassa. Sembrava triste e quell’espressione non le apparteneva affatto. 
-    Scappare. – continuò Merida dopo aver alzato lo sguardo verso Hiccup, come se aspettasse da lui un consenso che non tardò ad arrivare
-    Scapperemo. – disse infatti annuendo quest’ultimo in risposta
-    Cosa ci siamo persi? – domandò Jack grattandosi la testa – Oltre alle grasse risate, ovviamente. –
-    Dobbiamo partecipare noi a quella impresa. – rispose Hiccup convinto come non mai - E se Nord e Fil non ce lo permettono, andiamo via di nostra spontanea volontà. –
-    Non possiamo scappare dal Campo. Fuori di qui... non siamo al sicuro. – enunciò in risposta Rapunzel con voce tremante – E’... pericoloso. -
Merida trovò il comportamento dell’amica molto strano. Dopo che lei e Jack l’avevano portata via dalla torre che l’aveva imprigionata per anni, la biondina aveva mostrato fin da subito tanto interesse per il mondo che la circondava. La rossa sapeva quanto le sarebbe piaciuto viaggiare, visitare nuovi posti e scoprire nuove realtà, allora perché adesso mostrava tanto timore all’idea di allontanarsi dal Campo? 
-    Rapunzel, andrà tutto bene, te lo prometto. – le disse poi per rassicurarla – Ma io devo andare a salvare i miei, capisci? E se rimango qui, loro... loro... – 
Moriranno. Non riusciva a dirlo, ma era quello che sarebbe successo, alla fine. Non che provandoci avesse la certezza di salvarli ma, almeno, se avesse tentato, non avrebbe avuto rimorsi per il resto della sua... non-vita futura.  
-    Scappiamo. – acconsentì poco dopo la biondina, cambiando improvvisamente il tono di voce. 
Mancava solamente Jack. Per tutto il tempo, quest’ultimo non aveva spiccicato parola. Sembrava come pietrificato, assente. Merida non lo aveva mai visto in quello stato prima di allora.
-    Jack? – cercò così di richiamarlo all’attenzione – Manca solo il tuo parere. –
Dopo un lungo ed estenuante silenzio, l’albino finalmente aprì bocca. Da quest’ultima però, non uscì il solito commento sarcastico ed insopportabile che caratterizzava le conversazioni con il ragazzo, bensì un serissimo:
-    Si... scappiamo. –
Sul volto di Merida si stagliò un grosso sorriso, uno di quelli spontanei, veri. Abbracciò i tre amici, riconoscente. 
-    Grazie per esserci sempre, nonostante io vi abbia ignorati per settimane. – sussurrò mentre rimanevano stretti in quell’abbraccio famigliare
-    Ehi, era per una cosa seria, sei perdonata. – rispose prontamente Jack, tornando ad usare magicamente il suo solito tono di voce beffardo. 
Quando si sciolsero da quell’abbraccio, una marea di ragazzi si stava dirigendo alle proprie case. Era quasi ora di cena. 
-    Scapperemo stanotte, mentre tutti dormono. – sussurrò agli amici Hiccup con tono risoluto prima di raggiungere i compagni della casa nove. 
I tre annuirono in risposta, per poi dirigersi anche loro dai rispettivi fratellastri. 
A Merida non sarebbero mancati affatto. Beh, tutti tranne uno, Ralph, l’unico in quella maledetta casa che la comprendesse veramente. Nonostante l’aspetto burbero ed i muscoli ben piazzati che aveva, unico segno che i geni di Ares esistessero davvero nel suo DNA, dentro nascondeva un cuore grande, buono. Un giorno, le aveva addirittura confidato che non si sentiva affatto un figlio del dio della guerra, se si tralasciava ovviamente il fatto che riuscisse a rompere qualsiasi cosa con un solo colpo di pugno. Di certo, i fratellastri della casa cinque non aiutavano il povero ragazzone a sentirsi accettato, dato che non perdevano occasione per escluderlo da ogni attività. Distruggeva troppe cose e causava troppi danni per i loro gusti. Merida aveva cercato di proteggerlo quella volta in cui aveva per sbaglio demolito mezza casa cinque, ma non aveva ottenuto nulla se non un ennesimo rimprovero per favoreggiamento di un soldato indisciplinato, o almeno così aveva detto Shang. 
Adesso, lo osservava camminare a testa bassa al termine della fila, solo. Le dispiaceva lasciarlo lì, nelle fauci degli altri figli di Ares,  ma, se fossero partiti in cinque, i mostri sarebbero riusciti a rintracciare prima il loro odore semidivino.
Alla cena, Merida, dopo aver offerto il bigné più buono del mondo a quell’antipatico di suo padre, aveva ingurgitato cibo in quantità per prepararsi come meglio poteva all’evasione di quella notte. Sapeva che, dopo la loro partenza, avrebbero patito per un po’ la fame perciò, meglio abbuffarsi finché poteva.
-    Faccio miei auguri a ragazzi che domani partiranno per impresa! – disse improvvisamente Nord alzandosi in piedi, sorridente – Fate attenzione e scoprite cosa sta accadendo! – 
Merida lanciò uno sguardo agli amici. Hiccup appariva stranamente tranquillo: sembrava come se l’evasione non lo preoccupasse affatto, come se avesse di già un piano perfetto ed infallibile per raggirare i sistemi di sicurezza. 
Rapunzel al contrario era visibilmente preoccupata. Mangiava fin troppo velocemente la sua zuppa di nocciole, come se volesse finire in fretta per scappare da quella cena. Si guardava sempre le spalle, impaurita. Che avesse rivisto quell’uomo?
Jack invece rigirava la forchetta nel piatto, pensieroso, mentre il resto della tavolata di Ermes applaudiva il capogruppo Flynn per incoraggiarlo. Merida pensò che ultimamente l’albino rifletteva fin troppo per i suoi gusti. 

***

Finalmente la cena terminò. 
Come se nulla fosse, Merida si diresse insieme ai fratellastri nella casa cinque, pronta alla notte. 
Quando tutti si furono addormentati, cominciò a preparare silenziosa lo zaino per l’impresa. Fu grata ad Apollo per aver donato all’amica dei capelli con poteri curativi, almeno avrebbe evitato di rubare l’ambrosia dalle scorte di Shang. Quel ragazzo, a suo rischio e pericolo, ne faceva spesso uso dato che, durante i suoi strani allenamenti notturni, non faceva altro che procurarsi dolorose ferite che spiegava ai suoi compagni di casa con scuse assurde, come ‘ Sono inciampato sugli attrezzi che un figlio di Efesto aveva lasciato incustoditi ‘ o robe simili. Quella notte infatti, come tutte le notti, il capogruppo mancava all’appello. Merida stava pregando ogni divinità esistente affinché il figlio di Ares non li scoprisse a sgattaiolare via dal Campo. Sarebbe stata la fine per lei e per la sua famiglia. 
Toltisi quei brutti pensieri dalla mente, mise nel suo zaino qualche dracma, un po’ di soldi mortali – non si sa mai -, qualche vestito di ricambio ed un sacco a pelo per le notti in cui avrebbe dovuto dormire fuori. Poi, il suo sguardo si andò a posare sull’arco che giaceva sul suo letto. Le mancava il patrigno, esattamente come le mancava sua madre – anche se faceva ancora fatica ad ammetterlo per quest’ultima – e li avrebbe salvati, anche a costo di sacrificare la propria vita per loro. 
Con questi buoni proposti, si lasciò la casa cinque alle spalle, con l’arco in mano e lo zaino e la faretra – per il momento vuota - sulle spalle. 
Hiccup, Rapunzel e Jack non erano ancora usciti dalle loro case, perciò Merida, con estrema cautela, cominciò a dirigersi verso il poligono di tiro con l’arco, là dove avrebbe fatto rifornimento di un bel po’ di frecce esplosive e non. 
Mentre però raggiungeva la sua meta, dalla foresta si udirono dei rumori. Sembrava che qualcuno si stesse allenando con la lancia all’intero della fitta boscaglia. Merida non ebbe dubbi: ecco dove Shang si provocava quelle ferite.
-    Fanatico. – borbottò tra sé e sé, contrariata.
Quel ragazzo ci teneva così tanto al prepararsi nella lotta coi mostri che non aveva rinunciato al suo allenamento neanche la sera prima di partire per l’impresa. 
Non importandosene un accidente dell’estremismo del suo capogruppo, fece rifornimento delle frecce che le servivano per l’impresa e, dopo di che, raggiunse in silenzio gli amici al punto di ritrovo. 
Ciò che la stupì fu però che i tre non erano soli.
-    Anna? – chiese così , scioccata, per accertarsi che la sua non fosse solo una visione – Menomale che dovevamo fare tutto di nascosto! -
-    No, vedi, Hic mi ha chiesto di aiutarvi a scappare. – chiarì poi la situazione la fulva – Ed io ho il mezzo di trasporto che fa al caso vostro! –
Ecco perché alla cena Hiccup pareva così tranquillo: aveva davvero un piano perfetto a cui non vedeva l’ora di renderli partecipi. 
-    Seguitemi. –

***

Come Merida aveva immaginato, il mezzo di trasporto in questione era un pegaso. O meglio, due. Ad aspettarli alle stalle c’era anche Kristoff, l’indeterminato che ad Anna sembrava tanto piacere, che si intendeva alla perfezione di pegasi. 
-    Loro sono Angus e Maximus. – cominciò Kristoff – E vi accompagneranno nella vostra... impresa clandestina. Cioè, si da il caso che io non sia d’accordo sulla vostra evasione ma Anna ci teneva tanto ad aiutarvi e... – 
Il biondino arrossì. 
Jack non riuscì a trattenere una risatina compiaciuta, che fu però subito arrestata da una padellata sul fianco da parte di Rapunzel.
-    Aspetta, perché ti porti una padella in missione? – chiese sbigottito alla biondina mentre si tastava il punto dolorante
-    Si da il caso che sia utilissima. – esclamò di rimando questa con convinzione mentre faceva roteare pericolosamente l’arnese da cucina nella sua mano destra che, come Merida si aspettava, la colpì ad un tratto dritta sulla tempia
-    Dicevo... – cercò di andare avanti col discorso il povero Kristoff dopo essersi schiarito la voce – i pegasi sono animali molto... –
-    Non ci servono queste nozioni. – lo interrupe Merida – Sappiamo come si cavalca un pegaso. – 
Sprezzante del pericolo, quest’ultima montò sul pegaso Maximus, impaziente, guadagnando subito dopo una rovinosa caduta. 
-    Stavo dicendo appunto che, specialmente Maximus, non è molto propenso a questo genere di cose. – concluse Kristoff mentre aiutava Merida ad alzarsi da terra
-    Tutto okay? – chiese Hiccup preoccupato all’amica poco dopo
-    Si, sto bene. – rispose affermativamente lei, sorridendo – Ma quel pegaso me la pagherà! –
Il citato si limitò a sbuffare contro la rossa, arrabbiato. Quest’ultima di già non lo sopportava.
-    Io e te non andremo d’accordo... – risposte così a tono, irata.
Un intero viaggio su quel coso? Ma anche no!
-    Posso provare io? – chiese timidamente Rapunzel a Kristoff una volta che il dolore alla testa provocato dallo scontro con la padella fu cessato 
-    Certo! – 
La biondina si avvicinò al pegaso Maximus, ancora intento a lanciare sguardi di sfida alla rossa, prima con incertezza, poi con un’inaspettata sicurezza.
-    Buono bello, buono. – gli disse mentre con le mani cercava di placare la sua ira contro Merida – Seduto. Sta calmo bello, tranquillo. –
-    Ehm... Rapunzel... – la interrupe Jack – Ti ricordo che non è un cagnolino. –
-    Seduto. –
Merida, Hiccup, Jack, Kristoff ed Anna fissavano la scena, chi perplesso come i primi tre e chi sbalordito come gli ultimi due. Il pegaso, sebbene con leggera riluttanza, si era davvero seduto! 
-    Sei proprio un bravo pegasino! – lo lodò poi accarezzandolo – Merida può essere un può burbera a volte, ma ha un cuore d’oro, sotto sotto, te lo assicuro. – 
-    Oh ma andi... – aveva cercato di dire Merida, contrariata, ma fu fermata prontamente da Anna
-    Sta andando bene! – sussurrò quest’ultima alla rossa, eccitata – Ti sta accattivando il pegaso! –
-    Oh, certo...  “ mi accattiva il pegaso “. –
Jack ed Hiccup intanto si sforzavano di trattenere le risate mentre Kristoff guardava Rapunzel con ammirazione.
-    Ottimo lavoro!  Sai, Maximus fa spesso il cattivello. Sei la prima che riesce a domarlo! – le disse quest’ultimo, dandole un’amichevole pacca sulla spalla
-    Sotto sotto è un tenerone, proprio come Mer! – rispose Rapunzel mentre continuava ad accarezzare il permaloso pegaso 
-    Smettila di paragonarmi a quel... coso alato. –
-    MERIDA! – la rimproverarono tutti i presenti, tranne Jack che, dalla faccia che aveva, avrebbe voluto immortalare il momento con una fotografia per quanto si stava divertendo 
-    Volevo dire, a quel bellissimo animale mitologico, ovviamente. – si corresse poi, fingendo ammirazione per il pegaso.
L’altro invece, Angus, non sembrava terribile come il primo. Appariva mansueto e molto più di bell’aspetto di Maximus. Non aveva il manto candido che caratterizzava i pegasi, o meglio sì, era chiaro, ma il suo bianco tendeva di più al grigio e questo, agli occhi di Merida, era già un punto a suo favore. Si distingueva dagli altri pegasi proprio come lei si distingueva dagli altri figli di Ares. 
-    Allora Rapunzel, visto che vai tanto d’accordo con Maximus, io prendo Angus. – propose così, avvicinandosi al cavallo alato color nuvola temporalesca 
-    Direi che è un buon modo di sistemare la cosa. – rispose Kristoff – Angus è molto più disponibile di Maximus. –
-    Perfetto, fa al caso mio. – continuò Merida soddisfatta mentre montava sul pegaso scelto.
Non si era ribellato come l’altro, anzi, sembrava quasi contento di averla lì con sé. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce ma lo trovava adorabile. E poi, chissà che faccia avrebbero fatto i suoi fratelli a vederla giungere in loro aiuto in groppa a quel pegaso! 
Pensando a quelle tre pesti, le tornarono i sensi di colpa. 
Nel suo sogno, giacevano così immobili e legati che si era dovuta sforzare per riconoscerli. Chissà quali orribili sensazioni stavano provando... per colpa sua. Sì, perché se non avessero avuto una sorellastra semidea, adesso sarebbero stati liberi di giocare  e divertirsi come i loro coetanei. 
-    Allora, che aspettate a venire? – la voce di Rapunzel risvegliò fortunatamente Merida dai suoi tristi pensieri.
Si stava rivolgendo ad Hiccup e Jack. Il secondo, in risposta, cominciò a dirigersi verso il pegaso di Rapunzel, ma fu fermato prontamente da un diligente Kristoff.
-    Non ti ho detto che detesta anche i figli di Ermes. – gli disse 
-    Che cosa assurda... che ha contro di noi? – chiese Jack, alquanto innervosito dal razzismo del pegaso 
-    Detesta i ladri. E, se non ci credi, chiedilo a Flynn Rider. – 
Jack non obbiettò. 
-    Ti dispiace se sto con te, rossa? – le disse così, accennando uno dei suoi soliti sorrisi sbilenchi 
-    Benvenuto nel club degli esclusi da Maximus, amico mio! – lo accolse così lei scherzando.
Intanto, Hiccup salì in groppa a Maximus che, esattamente come aveva fatto con Rapunzel, non obbiettò. 
-    Bene, adesso siete pronti. E, grazie agli dei, nessuno della sorveglianza ci ha beccati. – disse Kristoff una volta che i quattro si furono sistemati 
-    Buona fortuna. – li sorrise invece Anna – Sono sicura che riuscirete nella vostra impresa. – 
Gli occhi ricolmi di speranza con cui l’amica figlia di Afrodite li aveva guardati fecero accendere in Merida un barlume nuovo. C’era qualcuno che credeva in loro quindi, dovevano farcela. Non l’avrebbero delusa, non dopo tutto quello che aveva fatto per loro. 
-    Grazie mille Anna, per tutto. E grazie anche a te Kristoff. – disse così sentitamente ai due – Senza di voi non saremmo mai riusciti a trovare un mezzo di trasporto. –
-    Adesso andate, prima che qualcuno ci... –
-    Chi va là? – 
Quella voce... Merida la conosceva.
-    Oh no, Shang! – esclamò – Maledetto lui ed i suoi allenamenti notturni! –
-    Cosa fa? – chiese Jack sbigottito 
-    Lascia perdere, sbrighiamoci! –
Così, con un colpo di scarpa sul fianco fece partire Angus. Il cavallo alato puntava dritto al cielo e, per un istante, Merida si sentì un tutt’uno con ciò che la circondava. 
Stavano lasciando il Campo Mezzosangue, l’unico posto in cui i semidei come loro potevano sentirsi al sicuro, eppure non se ne preoccupava affatto. Si sentiva finalmente libera con Jack che le urlava dietro, euforico, ed Hiccup che si teneva stretto a Rapunzel sull’altro pegaso. 
Durante la salita verso il cielo, l’unica cosa che Merida riuscì ad udire da terra fu:
-    Se incontrate mia sorella ditele che mi manca! – 
E fu così che, con un’uscita spettacolare, i quattro lasciarono il Campo, pronti ad avventurarsi nel mondo esterno, a scoprire chi realmente fosse l’uomo oscuro dei loro sogni e, soprattutto, a salvare la famiglia di Merida.

 

N.A.: Ammetto che pensavo di non farcela stavolta. Ed invece no, LullabyChePuòFarcela è ancora qui, come promesso! Non potrei mai tradirvi dopo tutto quello che fate per me...*-* Okay, non ricomincio con la storia che vi adoro, ormai vi sarete rotti le bubbles a leggere le stesse cose nelle Note dell'autore x'D 
E, come molti avevano indovinato, i nostri quattro sono scappati. Perché LORO sono i quattro della profezia, punto! ù.ù 
La scena Mericcupposa dell'inizio spero vi abbia soddisfatti, anche perché non potevo far succedere... di più. E' troppo presto! T^T 
Anyway, ho anche aggiunto Ralph che volevo tanto aggiungere ma non avevo alcuna idea su come farlo. Poi è arrivata MaJo_KiaChan_ che, oltre a sostenermi sempre, mi ha anche dato questa fantastica idea ;) Grazie mille <3 
E poi la scenetta Maximus versione pegaso Vs Merida x'D Non potete immaginare quanto mi sia divertita a scriverla xD Sono spassosissimi quei due insieme x'D E il " razzismo " di Maximus verso i figli di Ermes era un chiaro richiamo al ruolo che il cavallo svolge in Tangled ;)  
Inoltre, chi non conosce la saga dello zio Rick, ha bisogno di un piccolo chiarimento su cosa sia l'ambrosia  ( anche se l'avrà intuito da solo xD ) ^^
L'ambrosia è... sia il cibo che la bevanda degli dei ( non fate caso al mio modo assurdo di spiegare. Faccio pena veramente. T^T )  Oltre ad essere ciò, è anche una sostanza curativa per i semidei che però devono stare attenti a non usarne troppa o potrebbero... esplodere, credo, in quanto è un qualcosa che... solo gli immortali possono bere/mangiare. ^^" Shang sta correndo un grosso rischio, praticamente ù.ù xD 
E, la richiesta che Anna fa ai quattro alla fine del Capitolo dovrebbe farvi intendere il ruolo che avrà Elsa nella long... 
Aspetto le vostre recensioni come sempre, specialmente per sapere se siete riusciti ad indovinare dove ho deciso di collocare la nostra Regina delle nevi ^^ 
Spero di non aver dimenticato nulla da dire ( ne dubito visto che sono stanca morta -.- Se avete quindi qualche dubbio non esitate a chiedere nelle recensioni, ovviamente ;) ), vi do appuntamento al prossimo sabato e vi ringrazio ancora una volta per la vostra disponibilità nei miei confronti! <3
Alla prossima! =) 
 
 

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Capitolo 11
*** 10. Piani Saltati e Risvolti Sorprendenti ***


Capitolo 10

Piani Saltati e Risvolti Sorprendenti

 
Jack

Quella sensazione di vuoto sotto ai piedi a Jack piaceva. Si era tolto addirittura le scarpe per poterla vivere a pieno. Merida lo aveva rimproverato, dicendogli che così facendo si sarebbe preso un bel raffreddore, ma lui aveva deliberatamente ignorato il suo avviso.
-    Meglio un raffreddore che un mostro nei paraggi. – le aveva detto per giustificarsi, sorridendo beffardo come sempre
-    Che intendi dire? – aveva chiesto lei, confusa
-    La puzza dei miei piedi nasconderà il nostro odore semidivino, no? –
-    Ma piantala, Frost! – aveva risposto la rossa, facendo seguire l’esclamazione da una risatina divertita ed una leggera spinta. 
Per leggera, quando si trattava della figlia di Ares, si parlava di una spinta abbastanza forte da disarcionare qualcuno da un pegaso. Fortunatamente, conoscendola, l’albino si era prontamente agganciato al cavallo alato con entrambe le gambe per rimanere ben saldo sulla sua groppa. 
-    Non so dosare la forza. – aveva detto poi lei per scusarsi, ridendo però sotto i baffi
-    Certo, certo. – aveva sbuffato lui, fingendo arrabbiatura.
Jack per il resto del viaggio non era riuscito a non pensare a quanto fosse felice di riavere la sua migliore amica accanto a sé. In quelle ultime settimane, si era davvero convinto che la ragazza si fosse stancata di lui. Adesso che sapeva come stavano davvero le cose, si sentiva più sicuro, più felice. 
Così, ad un tratto, si sentì di dirle: 
-    Ti aiuteremo a salvare i tuoi. È una promessa. –
La ragazza rimase in silenzio per un po’. Jack sapeva che non si aspettava una simile dimostrazione d’affetto da parte sua. Non erano abituati a dirsi certe cose. Erano più tipi che passavano direttamente all’azione, senza perdersi in tutti quei convenevoli e in tutte quelle parole che la gente spesso usava ma che, secondo loro, erano un’inutile perdita di tempo. 
-    Mi sei mancato. – sussurrò lei spezzando finalmente quel silenzio, lasciando l’albino spiazzato per qualche secondo
-    Come scusa, non ho sentito? – la beffeggiò poi come sempre, compiaciuto
-    Smettila o me lo rimangio! –
E poi cominciarono a ridere e fu proprio in quel momento che Jack si sentì maledettamente in colpa nei confronti dell’amica. 
Anche lui aveva una segreto. Un segreto grande, che c’entrava con quell’uomo. Avrebbe dovuto fare una scelta, molto presto, all’insaputa dei suoi amici.
-    Se vuoi puoi riposare un po’. – le consigliò l’amica con fare materno poco dopo, risvegliandolo dai sui brutti pensieri
-    Stai diventando una mammina apprensiva, sai? –
-    PIANTALA! – lo ammonì – Non sono una mammina apprensiva. Sai quanto odio quel tipo di mamma. –
Il modo in cui l’aveva detto però l’aveva tradita. La sua mamma era apprensiva, la stessa mamma che era in pericolo e, anche se non voleva ammetterlo, Jack sapeva che le mancava.
-    Almeno tu ce l’hai ancora una mamma con cui prendertela. Non sai come ti invidio. –
-    Mi dispiace, sono una stupida. –
-    No, tranquilla. –
Jack aveva incontrato Merida il giorno dopo a quello in cui era scappato dall’orfanotrofio e non l’aveva mai trovata stupida. Le era piaciuta fin da subito, col suo fare combattivo e la sua insofferenza alle regole. Con lei era tutto più facile. Avendo due caratteri molto simili, i due riuscivano a capirsi al volo, il che facilitava lo scorrere delle loro conversazioni: se uno dei due non aveva voglia di esprimersi in un certo argomento, l’altro o lo cambiava subito o smetteva di parlare, rispettando la decisione del primo. Era proprio quello che stava facendo adesso Merida.
-    Angus è proprio un gran bel pegaso. Stiamo viaggiando da ore e non è ancora stanco. – disse infatti per deviare la conversazione di poco prima 
-    Non freddare il cavallo! – rispose Jack ridendo di sottecchi – Adesso si emozionerà per i complimenti e ci farà precipitare nel vuoto! –
-    Certo, perché il pegaso può capirmi. – continuò sarcastica lei – I figli di Poseidone parlano il cavallese, non io, Mr mi-puzzano-i-piedi. – 
-    Mi perdoni, signorina i-miei-invece-odorano-di-rose. - 
Il punzecchiarsi era un’altra bella parte della loro amicizia. Quel prendersi in giro era il loro modo di dirsi ti voglio bene e, anche se gli altri lo trovavano strano, a loro piaceva così. 
-    Ragazzi! – la voce di Rapunzel interruppe il loro piacevole stuzzicarsi continuo – Maximus è stanco... e Hiccup è crollato sulla mia schiena. Secondo me dovremmo fermarci. –
Il figlio di Efesto in questione stava infatti utilizzando la schiena della figlia di Apollo come un morbido cuscino mentre quest’ultima lo indicava divertita con il pollice della mano destra agli amici. 
-    Già, dobbiamo proprio fermarci. – annuì Merida in risposta, continuando ad osservare sorridendo il lentigginoso addormentato
-    Andiamo a costruire un giaciglio per il bel addormentato sul pegaso! – commentò invece divertito Jack.
Fu un attimo ed Angus era già partito in picchiata verso terra. 
A Jack quasi spiaceva dover rinunciare di già a quella piacevole sensazione di freschezza ai piedi, a quella libertà appena assaporata. Anche perché la loro prossima destinazione era una foresta buia che di libertà ne ispirava ben poca.   
-    Sicura che dovremmo fermarci lì? – chiese Rapunzel con preoccupazione, dando voce senza saperlo ai pensieri di Jack
-    È l’unico posto. So che non è il massimo della sicurezza ma... è solo per una notte. E possiamo usare i piedi di Jack come repellente anti-mostro! –

***

Come aveva immaginato Jack, quella foresta pareva tutto tranne che accogliente. Forse per l’ora notturna in cui la visitavano, forse per i rumori strani che ne provenivano dall’interno, fatto stava che non trasmetteva affatto sicurezza. 
Una apparentemente tranquilla Merida ed una terrorizzata Rapunzel cominciarono a sistemare i sacchi a pelo sull’erba fresca mentre lui svegliava Hiccup nel modo più dolce che conosceva.
-    Avanti bell’addormentato, devi andarti a mettere nel tuo sacco a pelo. – diceva mentre lo scuoteva insistentemente.
Solo una volta aveva svegliato qualcuno che dormiva così beatamente: la sua sorellina. 
Quella volta si era appisolata nella stessa macchina che le aveva fatto poi da letto di morte. All’epoca era così piccola, così innocente. Jack ricordava ancora i suoi occhi castani che, specialmente la mattina di Natale quando tutti insieme scartavano i regali sotto l’albero, brillavano di luce propria. Perché il Fato aveva dovuto spezzare quella vita innocente? 
Jack avrebbe voluto dare un’altra possibilità a sua sorella, anche a costo di morire lui stesso per lei. Una possibilità di vivere, di crescere e, alla fine, di morire a tempo debito. Peccato che l’unico capace di assecondare questa sua richiesta fosse proprio l’uomo di cui Jack non poteva e non voleva fidarsi. 
-    Abbiamo ... abbiamo salvato la famiglia di Merida? – balbettò nel sonno il moro, riportando Jack alla realtà, mentre, ad occhi chiusi, camminava verso il suo sacco a pelo
-    Certo amico, certo. – 
Quando finalmente Hiccup si fu sistemato nel suo giaciglio per la notte, gli altri tre poterono fare lo stesso. 
Rapunzel si avvolse nella sua lunga chioma dorata prima di infilarsi nel suo. Lo faceva ogni volta che aveva freddo e si sentiva impaurita. 
Merida invece continuava a mantenere stretto nella mano sinistra il suo arco, nonostante si fosse di già appisolata. Jack sapeva che non lo teneva con sé solo per prepararsi ad eventuali attacchi notturni.  
E lui... lui non aveva affatto voglia di addormentarsi, ma, per quanto la sua mente si opponesse al sonno, le sue palpebre non potevano far altro che fremere per chiudersi.
Come immaginava, non dormì sogni tranquilli. 
-    Stai venendo da me. – la stessa voce del sogno precedente gli rimbombava nella testa, ancora una volta grave ed inesorabile – Stai per portarmi ciò che voglio. –
-    Non ti darò nulla di ciò che vuoi! – rispose l’albino con coraggio.
Era la prima volta che rispondeva con un tono così convinto alle proposte dell’uomo. 
-    Ma la tua famiglia? Non vuoi riaverla indietro? –
-    Lasciami in pace! – urlò ancora di rimando Jack mentre cercava con tutte le sue forze di svegliarsi, ma invano
-    Vuoi perderle di nuovo? Oh, non pensavo fossi così stupido. –
Ed eccole di nuovo apparire nell’ombra, davanti a lui, come la volta prima. Così reali... eppure così distanti. Voleva a tutti i costi riaverle accanto a sé, poterle stringere, poter giocare ancora una volta con sua sorella  ma, allo stesso tempo, non voleva fare ciò che l’uomo voleva lui facesse. Non voleva essere controllato. Pensandoci bene, però, non sapeva neanche esattamente cosa quest’ultimo volesse realmente da lui. 
-    I tuoi amici, Caduceo. Se mi darai loro, tua madre e tua sorella torneranno da te. – disse l’uomo poco dopo, come se fosse riuscito a captare i pensieri più profondi dell’animo dell’albino. 
Dopo quella frase per nulla rassicurante, Jack riuscì finalmente a destarsi da quel incubo e, ciò che trovò davanti a sé una volta riaperte le palpebre furono due grossi occhi verdi primavera intenti a fissarlo preoccupati. 
-    Stai bene, Jack? – chiese la proprietaria di quegli occhi visibilmente in pena per lui
-    Si... io ... – tossì nervoso – Sto bene. –
-    Non sembrerebbe. – continuò lei, posandogli una mano sulla guancia – Hai sudato e sei agitato. Brutto sogno? –
Silenzio. 
Quel contatto con Rapunzel aveva provocato nell’albino una sensazione strana. Di calore, ma non lo stesso calore che emettevano i suoi capelli curativi. Un calore diverso. Benefico sì, ma non dal punto di vista fisico. Si sentiva improvvisamente sollevato, libero dal macigno che quell’uomo gli aveva appena scaricato violentemente sul petto.
-    Si... – rispose poi con voce grave, tornando alla realtà – Nulla di serio. –
-    Devi smetterla di sminuire ciò che ti accade. – lo rimproverò lei - Sappiamo tutti cosa sogni perché è ciò che sogniamo anche noi. – 
-    Era solamente quell’uomo odioso che mi spaventava. Ma ora sto meglio... – continuò così, per tranquillizzarla – Piuttosto tu, cosa ci facevi in piedi a quest’ora? – 
-    Non riuscivo a dormire... e tu... ti agitavi. Volevo controllare che fosse tutto okay... – rispose mentre si torturava una delle lunghe ciocche dorate
-    Non me la racconti giusta...  – proseguì l’albino avvicinandosi al viso della biondina con fare indagatore – Hai fatto anche tu un brutto sogno. –
-    Ti... ti stai sbagliando... io non ... – balbettò nervosa, ma fu fermata prontamente da Jack
-    Ti conosco. Non sai mentire. –
-    No... o almeno non bene come lo fai tu. –
Detestava ammetterlo, ma era così. Anni ed anni in cui aveva dovuto mentire lo aiutavano a far sembrare le sue bugie più credibili di quelle degli altri. Si sentiva una persona cattiva nello stare di fianco ad una così pura come Rapunzel. Era come se... sentisse di non meritarla. Né come amica, né come qualcosa di più. 
-    Sono il maestro delle bugie... – sussurrò così tra sé e sé, tristemente.
Evidentemente Rapunzel lo aveva sentito, perché sottolineò:
-    Delle bugie a fin di bene. –  
-    Se lo dici tu... –
-    Oh si che lo dico! – esclamò alzandosi in piedi, per poi mettersi la mano davanti alla bocca, probabilmente dispiaciuta per aver alzato la voce mentre gli altri due amici dormivano – Volevo dire, oh si che lo dico. – si corresse subito dopo sussurrando.
Jack non riuscì a trattenere una risatina.
-    Sono così divertente? – finse di sentirsi offesa la biondina, per poi cominciare a ridere anche lei
-    Maledettamente divertente. – 
Quella prima notte fuori passò così, insonne, ma pur sempre in buona compagnia.

***

La mattina dopo, Merida si alzò molto presto, pronta per il suo primo giorno d’impresa. Anche Hiccup si era svegliato all’alba, aveva sgranocchiato qualche biscotto che Jack aveva rubato alla cena la sera prima e si era messo a disegnare assorto sul taccuino per i progetti che Felix gli aveva regalato il giorno in cui era stato riconosciuto. Durante la notte, Jack e Rapunzel lo avevano sentito muoversi nel suo sacco a pelo. Probabilmente neanche il bello addormentato sul pegaso aveva dormito sogni tranquilli. 
-    Sarà meglio rimetterci subito in marcia. – propose Merida quando il sole cominciò finalmente a risplendere chiaro in cielo.
Dovevano essere circa le nove del mattino secondo Jack, eppure neanche a quell’ora il bosco pareva un posto sicuro. I rami degli alberi facevano filtrare poca luce, permettendo così all’oscura foresta di conservare l’immagine cupa che gli aveva regalato la notte prima. Il figlio di Ermes infatti era più che felice di poter andar finalmente via da quel postaccio. 
Mentre però stavano salendo in groppa ai loro pegasi, una voce conosciuta li costrinse a fermarsi. Per un momento Jack aveva addirittura pensato fosse stato uno degli scoiattolini demoniaci che lo avevano fissato per tutta la notte ad aver parlato – perché quando sei un mezzosangue tutto è possibile – invece la realtà dei fatti era ben peggiore di ciò che aveva immaginato. 
-    Finalmente vi abbiamo trovati! –
Era Shang insieme agli tre a cui Nord e Fil avevano assegnato l’impresa. Quei quattro secondo Jack erano ben peggiori degli scoiattoli demoniaci. 
-    Siete scappati senza lasciare neanche un biglietto! Il Campo pensava fosse stati rapiti! – disse Felix, più preoccupato che arrabbiato
-    Ma poi Anna e Kristoff ci hanno spiegato tutto e siamo venuti a cercarvi. – continuò Flynn cercando di placare l’ansia di Felix
-    Oh Rapunzel, sono così contenta che tu stia bene! – corse invece incontro alla biondina Aurora, tutt’altro che arrabbiata, anzi, felice di poterla riabbracciare tutta intera
-    Dovevamo scappare. – si difese poi Merida mentre la figlia di Apollo si assicurava che la sua sorellastra stesse bene – Voi non sareste andati a salvare i miei! –
-    E solo noi quattro abbiamo contatti diretti con l’uomo di cui parla la profezia. – replicò invece Hiccup 
-    L’abbiamo sognato. E visto. – proseguì Rapunzel
-    Noi soli possiamo trovarlo. – concluse Jack.
Calò il silenzio. Gli altri quattro non sapevano cosa dire. 
-    Fatto sta – trovò il coraggio poi di parlare quel fanatico di Shang – Che dobbiamo riportarvi al Campo. L’impresa è nostra ed otto semidei in una foresta è una specie di invito a pranzo scritto ai mostri. –
-    Detesto dirlo, ma il tizio tutto muscoli ha ragione. – sbuffò Aurora – Dovete tornare, per il vostro bene. –
-    Ma... non capisci... – provò a farle cambiare idea Rapunzel, ma invano
-    Tornate al Campo con i vostri pegasi, è la cosa giusta da fare. – continuò la ragazza, irremovibile
-    Salveremo la famiglia di Merida e scoveremo questo uomo nero. Ci riusciremo. – promise poi Flynn ai quattro 
-    Ma non avete indicazioni! – obbiettò Merida
-    Datecele voi, allora. – propose Felix – Un motivo ci sarà se hanno assegnato a noi l’impresa e non a voi. –
Merida piantò i piedi a terra. Jack sapeva che quando questa faceva così stava per esplodere. L’esplosione delle rossa però dovette essere rimandata perché ad esplodere erano stati proprio gli scoiattoli che fino a poco prima non l’avevano raccontata giusta a Jack. 
Da piccoli che erano, raggiunsero l’altezza d’uomo, mutando il loro soffice pelo da scoiattolo in una pelle brutta e raggrinzita. I piccoli artigli di cui prima erano provvisti si erano allungati, diventando minacciosamente affilati,  mentre i piccoli dentini erano diventanti zanne acuminate giallastre pronte a strappare la pelle a qualunque mal capitato li fosse capitato a tiro.
-    Sono Benevole! – esclamò Aurora terrorizzata 
-    A me sembrano tutto tranne che benevole. – commentò Jack, cercando come sempre di alleggerire il peso della situazione col sarcasmo
-    Ve l’avevo detto che era una pessima idea rimanere in otto in una foresta del genere! – esclamò Shang mentre cominciava ad attaccare le vecchie signore alate raggrinzite. 
Jack recuperò  il suo bastone dallo zaino, alquanto incerto sul da farsi. Non aveva mai dovuto affrontare qualcosa di così brutto e maleodorante. 
-    Fate davvero schifo. – esclamò così, mentre con vari colpi di bastone cercava di stordirle.
Merida intanto lanciava frecce a destra e a manca, colpendo sempre il petto delle Benevole con una precisione da fare invidia anche al miglior arciere dei figli di Apollo. ‘ Ecco perché Kocoum non la sopporta ‘ pensò Jack. 
Hiccup armeggiava un martello di bronzo celeste. Lo aveva recuperato sicuramente all’armeria. Sembrava fosse l’unica arma a non rivoltarsi contro di lui. 
Rapunzel usava la padella che lui stesso aveva tanto preso in giro. In realtà, cavoli se era utile! 
Sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto. Le Benevole venivano disintegrate l’una dopo l’altra con estrema facilità e loro, nonostante il grosso sforzo fisico, non si sentivano ancora stanchi. 
Poi però la situazione sembrò improvvisamente precipitare. Centinaia di scoiattolini demoniaci continuavano a trasformarsi in vecchie donne pipistrello, lasciando gli otto semidei in netta minoranza numerica. In poco tempo si ritrovarono tutti di spalle contro i tronchi scuri degli alti alberi della foresta, ormai arresi al loro destino. 
L’unica cosa che Jack riuscì ad udire nel chiasso provocato dai versi striduli delle Benevole fu una frase di Shang che avrebbe preferito di gran lunga non seguire:
-    Morto per colpa di questi quattro. Una vita passata ad allenarmi per morire con onore e invece mi tocca uno strazio del genere! –
-    Ma grazie. – rispose seccata Merida, mentre continuava a tenere il suo arco puntato verso le Benevole – Anche noi ti vogliamo bene. -
Su una cosa Jack era sicuro: non voleva morire così. Se loro morivano, l’uomo vinceva e se l’uomo vinceva, il mondo poteva darsi per spacciato. Nonostante non sapesse le reali intenzioni di quest’ultimo, Jack aveva letto nei suoi occhi dorati la voglia di potere che gli ardeva dentro. Non voleva accontentarlo, non voleva dargliela vinta.
Ma ormai era troppo tardi. Una delle Benevole gli aveva afferrato il braccio sinistro e sembrava pronta a strapparglielo via a morsi. Non poteva contare nemmeno sui suoi amici: erano nella sua identica situazione. Non gli restava che chiudere gli occhi e sperare che la morte fosse il meno dolorosa possibile. 
Chissà se sua madre e sua sorella avevano sofferto durante la loro morte. Lui non provava alcun dolore atroce, per adesso. Forse le preghiere che aveva fatto a suo padre erano state ascoltate. 
-    Elsa! – la voce del fratellastro Flynn lo risvegliò dallo stato di trance in cui era entrato. 
Non aveva provato dolore perché non stava morendo. Le Benevole si erano dileguate e a terra adesso giacevano migliaia di frecce argentate. 
Merida, Rapunzel ed Hiccup giacevano di fianco a lui, ancora sconvolti, mentre Shang parlava animatamente con una ragazza sconosciuta.
-    Ce la stavamo cavando benissimo da soli! – diceva quest’ultimo, arrabbiato
-    Oh, certo. – rispondeva sarcasticamente la ragazza – Stavate riuscendo così bene a farvi sbranare da quelle Benevole! – 
-    Odiose insulse Cacciatrici. – sbraitò poi Shang, voltandole le spalle.
Flynn fissava la scena, pensieroso. Jack non lo aveva mai visto in quello stato. Da come guardava la ragazza, sembrava che la conoscesse da tempo. 
Quella si che era una strana situazione.
Improvvisamente però Merida illuminò la faccenda ai suoi amici:
-    Quella è Elsa, la sorella di Anna, ed è l’attuale luogotenente delle Cacciatrici di Artemide. –
-    Intendi quelle ragazze che hanno scelto di seguire Artemide nelle sue pazzie omicide contro i ragazzi? – chiese Jack riuscendo finalmente a capirci qualcosa sul conto di quelle fanciulle
-    Se metti la faccenda sotto quel punto di vista, sì, sono loro. – annuì in risposta la rossa 
-    Ci hanno salvati. – continuò Hiccup – Senza il loro aiuto adesso saremmo una poltiglia semidivina nello stomaco di quelle donne puzzolenti. Dobbiamo portare riconoscenza. –
Jack annuì per poi posare lo sguardo su Elsa. Non assomigliava affatto alla sorella Anna, per questo non gli era passata minimamente per la testa l’ipotesi che le due fossero imparentate. Inoltre, da quando Jack era giunto al Campo, la ragazza non si era mai presentata insieme alle sue compagne Cacciatrici a far visita alla sorella, il che aumentava lo stupore di Jack nel venire a scoprire che le due avevano almeno per metà lo stesso sangue. 
-    E com’è che Anna ed Elsa sono sorelle? – chiese così a Merida che sapeva saperne più di tutti sulla faccenda – Non credo che Elsa sia una figlia di Afrodite, loro non farebbero mai il voto di castità. –
-    Questo non lo so, sinceramente. Non si assomigliano neanche poi così tanto. – rispose Merida, continuando ad osservare Elsa mentre dava ordini alle sue compagne Cacciatrici 
-    Anna un giorno mi disse che hanno lo stesso padre. – intervenne all’improvviso Rapunzel
-    Per il divino Ermes, due dee per un uomo! – commentò Jack stupefatto 
-    Questo si che è strano. – continuò Hiccup mentre si grattava confuso la testa – Afrodite e... –
-    Atena. – la ragazza in questione si piazzò davanti ai quattro.
Quest’ultimi divennero rossi per l’imbarazzo. Cavoli se avevano fatto una figuraccia! 
E, come se non bastasse, vista da vicino Elsa era ancora più minacciosa. Con l’arco in mano, la faretra sulle spalle ed i capelli tendenti al bianco legati in una elaborata treccia che le ricadeva sulla spalla pareva una vera e propria condottiera pronta a impartire ordini da un momento all’altro. 
-    Noi non stavamo parlando di te... noi ... – cercò di giustificarli Hiccup ma senza successo
-    Non importa. So che la storia di mio padre che viene sedotto da due dee può sembrare strana ma... è così. Voi conoscete mia sorella Anna? –
-    Oh si! – rispose euforica Rapunzel – Voleva che ti dicessimo che le manchi tanto. –
Il volto della ragazza si incupì improvvisamente. Sembrava come se Rapunzel con quella frase avesse toccato un tasto dolente. Infatti, Elsa annuì distrattamente per poi congedarli subito con un:
-    Se non avete nulla da fare, potreste aiutare le mie compagne a preparare le tende per questa notte. –
-    Ma noi veramente dovremmo andar via... – provò a liquidarle Merida, ma invano 
-    Non ve ne andrete fino a quando non avrete risposto a delle domande. –
E fu così che la ragazza si allontanò dai quattro, lasciandoli sbigottiti e alquanto preoccupati. Non potevano perdere altro tempo così, senza far nulla, aspettando il momento in cui delle altezzose ragazze avrebbero potuto riceverli. Era un comportamento stupido ed egocentrico da parte loro. Adesso l’albino capiva perché a Shang le Cacciatrici non erano mai piaciute poi così tanto. 

 

N.A.: Buone feste amici di EFP! ♥ 
Non potete immaginare quanto abbia aspettato questi due giorni per staccare un po' dalla scuola. -.- Dei, mi sento stranamente rilassata! x'D Ahimé, durerà per poco ma me la godo finché dura xD Non che stia facendo granchè... niente notti brave o altro, solamente cose da fangirl ù.ù Tipo stare 24 h su 24 a guardare immagini delle mie OTP su Tumbrl... tipo scrivere, " musicare " ed altre cose fangirlistiche xD
Prima di andare al Capitolo infatti devo dare una bella notizia a coloro che seguono la mia raccolta What doesn't kill you makes you Stronger: ho avuto idee pazzesche per continuarla perciò... domani posterò uno Speciale Halloween tutto per voi e non sarà l'ultima One Shot come avevo programmato ;)  
Ma adesso andiamo al Capitolo. 
POV di Jack. Quanto è fantastico quel ragazzo? *-* Troppo xD Adoro scrivere dal suo punto di vista... come adoro scrivere dal punto di vista degli altri quattro xD Non saprei scegliere, sinceramente. >.<
Insomma, all'inizio del Capitolo abbiamo avuto un bel po' di Jarida!Friendship perché chi mi conosce sa quanto adoro quei due nelle vesti di migliori amici. *^* Come adoro anche la Hiccunzel da quel punto di vista affettivo 
♥ Infatti in questa long non voglio concentrarmi solo sulle coppie che shippo, perché i Big Four sono nati essenzialmente come migliori amici ed è questo che voglio far trasparire! Perciò nei prossimi capitoli troverete anche molto Meripunzel!Friendship e Hijack!Friendship ;)
Tornando a questo di capitolo, i quattro, dopo una notte di incubi ( Jackunzel *-* Quanto adoro scrivere su di loro! ), sono stati beccati da Shang e Co. E poi anche attaccati da delle Benevole. La sfiga x'D Ma, alla fine, sono giunte le Cacciatrici di Artemide in loro aiuto.
MISTERO RISOLTO! 
Elsa luogotenente delle Cacciatrici. Era l'unico modo per spiegare la sua assenza al Campo. E poi ce la vedo così bene in queste vesti! *-*
E... sto per dire una cosa stramba... io shippo Flelsa! xD E ci saranno degli hints come avrete potuto intuire xD Lo so, sono strana. Ma tranquilli, non è una cosa che può andare in porto dato che Elsuccia ( ? )  ha fatto il voto di castità x'D 
Prima di darvi appuntamento al prossimo sabato ( e per chi segue la raccolta a domani ;) ), vorrei ringraziarvi T U T T I, dal primo all'ultimo, per tutto ciò che fate per me.
♥  Sono giunta ad un traguardo di 41 recensioni e... tantissime visite! Quindi davvero, grazie di cuore! 
Senza il vostro sostegno non sarei arrivata fin qui. Ho conosciuto persone fantastiche e altrettante fantastiche persone conoscerò. 
E adesso vi lascio alle vostre vite * folla esulta * xD
Alla prossima! =)

 









 

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Capitolo 12
*** 11. Grossi Pipistrelli ed Interrogatori ***


Capitolo 11

Grossi Pipistrelli ed Interrogatori
Hiccup
 
Ad Hiccup le Cacciatrici non erano poi così antipatiche. 
Erano ragazze gentili ed affabili con chi li andava a genio. Lui era uno di quei pochi fortunati ragazzi con cui le fanciulle riuscivano a convivere, o almeno questo aveva detto una di loro durante la cena di qualche ora prima. 
Jack invece aveva affermato che, a parer suo, si comportavano in modo cordiale con lui solo perché era stato l’unico dei ragazzi a non opporsi al loro volere. Ciò che il figlio di Ermes non sapeva però era che Hiccup si comportava così con loro solo perché parlare con le ragazze non gli era mai riuscito bene e, tanto per peggiorare la situazione, quelle non erano ragazze qualunque, ma spaventose fanciulle con tanto di arco e frecce a seguito, pronte ad infilzarlo con una di quest’ultime se diceva qualcosa di sbagliato. Perciò aveva pensato che tacere ed acconsentire ad ogni loro proposta sarebbe stata la soluzione migliore per sopravvivere a quei giorni in cui avrebbe dovuto convivere con loro. 
All’interno della sua tenda Hiccup non riusciva a riposare e non perché temeva le Cacciatrici. 
Pensava e ripensava alla notte prima, alle parole dette dall’uomo oscuro del suo incubo e al grosso animale che aveva visto librare nel cielo notturno poco dopo essersi destato.
All’inizio aveva pensato di esserselo immaginato, probabilmente suggestionato dal terribile sogno avuto poco prima, ma poi, riflettendoci meglio, era giunto alla conclusione che ciò che aveva visto non era stata solamente un’illusione post-sogno-terrificante. In fin dei conti, nulla di ciò che fino a pochi mesi prima aveva creduto fosse irreale adesso lo era ancora. Cavalli alati, donne-pipistrello puzzolenti e divinità onnipresenti: quella era attualmente la sua realtà, il che implicava l’evitare di spiegare tutto ciò che gli accadeva intorno con la razionalità. 
Come se non bastasse, a questo suo timore che quel terribile animale fosse reale si aggiungeva un altro più vivo presentimento. 
Da quando le Cacciatrici li avevano salvati, Merida non aveva fatto altro che fare domande su domande a queste ultime, come se l’idea di diventare come loro la allettasse parecchio. Non che ci fosse da stupirsi di ciò. Hiccup sapeva che Merida vedeva in quelle ragazze così simili a lei l’opportunità di sentirsi finalmente accettata in un gruppo ma - e questo Hiccup non riusciva a spiegarselo - era come se lui non volesse che l’amica facesse quel tipo di scelta. Ogni volta che prendeva in considerazione quell’ipotesi, un’insopportabile tristezza lo attanagliava, più spietata della voce penetrante dell’uomo dei suoi sogni. Eppure, avrebbe dovuto essere contento per la sua amica. Invece si ritrovava lì, a pensare a cosa fosse giusto per lei. Perché, poi? Merida non era di sua proprietà! 
Mentre rimuginava su ciò, il nitrito dei pegasi lo fece scattare in piedi. Anche Flynn, Felix e Jack, i suoi compagni di tenda, si erano svegliati improvvisamente, allarmati come lui. 
-    Che diamine sta succedendo? – chiese Jack agli altri mentre si strofinava gli occhi assonnato – La mia prima notte senza incubi rovinata da quei cosi alati. – 
-    Polli con gli zoccoli. – lo corresse Flynn, irritato – E c’era da aspettarselo: tra loro c’è Maximus. –
Mentre i due figli di Ermes discutevano su quanto quest’ultimo fosse insopportabile, Hiccup gettava un occhio sulla situazione in corso al di fuori della tenda. Pocahontas, la Cacciatrice con cui quella sera aveva cordialmente conversato, chiedeva spiegazioni a Shang in un tono del tutto diverso da quello che aveva invece riservato a lui. 
-    Cosa è successo?! –  chiese infatti al figlio di Ares, alzando la voce
-    Non lo so, non ero qui! – rispose il preso in causa, irato a sua volta più che mai – So solo che quei sacchi di pulci sono scappati! – 
-    Questo lo vediamo tutti! – 
-    Uomini. – sospirò Elsa – Non sprecarti, Pocahontas. – continuò poi rivolta alla compagna - Avverti Merida e Rapunzel, infondo i pegasi erano i loro. –
Ad Hiccup venne improvvisamente una fitta al cuore. Se Maximus ed Angus erano scappati, come avrebbero fatto a continuare la loro impresa? La situazione stava andando di male in peggio.
Elsa aveva cominciato a scrutare le impronte fresche lasciate dagli animali sul terreno quando Rapunzel e Merida erano giunte sul posto correndo. La prima aveva abbassato il capo, dispiaciuta per la fine che aveva fatto il suo amico pegaso. Una lacrima invisibile agli occhi degli altri – ma non a quelli di Hiccup – aveva invece rigato il volto della seconda. L’aveva subito asciugata, ma il lentigginoso aveva afferrato il pensiero che quest’ultima aveva contenuto. ‘ Sto perdendo troppe cose ultimamente ‘.
Fu proprio allora che Hiccup trovò il coraggio di uscire dalla sua tenda, silenzioso nel rispetto dei sentimenti che le sue due amiche dovevano sicuramente provare in quel momento. Queste ultime ed Elsa posarono subito lo sguardo su di lui appena notarono la sua presenza. 
-    Cosa può averli spinti a scappare? – chiese così, facendo intendere alle tre ragazze che lo stavano scrutando che lui sapeva già tutto
-    Non lo so. – ebbe il coraggio di rispondere Elsa – Ma queste impronte non me la raccontano giusta. –
Hiccup trasalì nel vedere le impronte in questione. Erano grandi e sembravano appartenere ad un grosso e minaccioso rettile. 
-    Hai qualche idea su a chi possano appartenere? – domandò ad Elsa, cercando di apparire il più tranquillo possibile, ma senza successo
-    Non ho mai visto nulla del genere prima d’ora. – ammise la Cacciatrice in tono di sconfitta.
Hiccup qualche idea invece ce l’aveva. Qualcosa di molto grosso e spaventoso si nascondeva in quella foresta. Qualcosa di ben peggiore degli scoiattoli demoniaci del giorno prima. Qualcosa di oscuro. Qualcosa che secondo lui presto si sarebbe mostrata. 

***

Elsa invitò tutti quanti a tornare a dormire. Mise di guardia Shang - che aveva insistito tanto per ottenere l’incarico - e Pocahontas, che non aveva di certo gioito nel sapere che avrebbe dovuto collaborare con un maschio. 
Hiccup ovviamente non riusciva a chiudere occhio adesso che aveva la certezza che la cosa da lui vista fosse reale. Credeva che due sole persone a fare la guardia non fossero sufficienti per contrastare un pericolo così grande. Perciò, andando per la prima volta contro gli ordini impartiti da una Cacciatrice, uscì dalla sua tenda per chiedere a Pocahontas il permesso di aiutarli a fare la guardia quella notte. 
-    Non se ne parla, Hic. – fu la sua risposta – Non posso accollarmi una simile responsabilità. Un quindicenne... figlio di Efesto... così gracile... no, no, troppo pericoloso. –
-    Resterò nell’angolo. – promise – Non parteciperò all’azione. –
-    Non mi interessa, è comunque troppo pericoloso! –
-    Oh andiamo – si intromise Shang – lasciagli fare le sue scelte! È un... uomo... beh, una sottospecie di uomo, ma pur sempre un uomo! –
-    È proprio questo il problema, se non l’hai capito! – 
Ma mentre i due litigavano, Hiccup notò qualcosa di sconosciuto muoversi tra i cespugli. All’inizio pensò che si trattasse dei pegasi che finalmente tornavano a pericolo scampato, ma una lunga coda da rettile e dei grossi occhi verdi nell’ombra lo smentirono quasi subito. 
Il lentigginoso provò ad avvisare i due ragazzi di guardia che però, continuando tranquillamente a litigare, si limitarono ad ignorarlo, stufi.
Ma quegli occhi non avevano turbato il ragazzo. Lo stavano scrutando, sì, ma non come un predatore scruta la sua preda. Sembrava... sofferente. Proprio per questo Hiccup non riuscì a resistere al suo richiamo silenzioso.
Si intrufolò nella fitta boscaglia mentre Pocahontas e Shang continuavano ignari di tutto a litigare. 
Camminò per poco dato che la creatura si trovava praticamente a due passi dal luogo in cui si erano accampati. 
Aveva un corpo lungo e nero - almeno questo era riuscito a dedurre Hiccup nell’oscurità - e due grandi ali ricoperte di squame. Ma, ciò che più aveva colpito il ragazzo erano stati i suoi due grandi ed espressivi occhi verdi. Se Gambedipesce fosse stato lì avrebbe classificato di sicuro la creatura come un Drago. Aveva tutto l’aspetto di esserlo, effettivamente.
L’animale in questione cominciò a ringhiargli contro non appena notò la sua presenza, violento. Gli occhi che tanto erano piaciuti ad Hiccup poco prima si erano sfortunatamente trasformati in due piccole e minacciose fessure facendo pentire amaramente il figlio di Efesto di non aver portato con sé il martello di bronzo celeste recuperato all’armeria. Cosa gli era saltato in testa? Era un mostro ed i mostri si cibavano di mezzosangue. 
Ecco spiegato perché non sono un figlio di Atena. ‘ pensò mentre si percuoteva silenziosamente la fronte con la mano sinistra, arrabbiato con sé stesso. 
Il drago continuava a ringhiargli contro e, dallo sguardo che adesso aveva, sembrava avesse tutta l’intenzione di sbranarsi Hiccup vivo. Ma allora perché non lo faceva? 
Fu proprio allora che quest’ultimo notò, grazie alla poca luce che la Luna emanava quella sera, che all’animale mancava qualcosa, qualcosa di importante. 
-    Hai perso un pezzo. – bisbigliò osservando amareggiato la sua coda – Mi dispiace. –
Una macchina senza pezzi non poteva funzionare a dovere ed il lentigginoso sapeva che la stessa cosa valeva per il corpo di un povero animale. 
-    So che vuoi uccidermi come ogni mostro che si rispetti – gli disse poi, con la voce strozzata dalla paura – ma... senza il mio aiuto, la coda continuerà a farti male. –
L’animale ringhiò violentemente in risposta, facendo sobbalzare spaventato il ragazzo.
Perché non lo colpiva? Era solamente uno stupido mostro, avrebbe dovuto uccidere quelli come lui! Ma non ci riusciva. Nonostante gli ringhiasse contro, Hiccup sapeva che era spaventato tanto quanto lui. Non poteva freddare una creatura così indifesa.
-    Aspettami qui. – disse così, già sapendo dove e soprattutto da chi andare.
Era sbagliato metterla in mezzo a quella situazione, per giunta ad un’ora così tarda della notte, ma aveva bisogno del suo aiuto se voleva soccorrere il drago. Infondo, erano migliori amici, non si sarebbe arrabbiata. E poi lei adorava aiutare gli altri, faceva parte della sua indole, non avrebbe rifiutato.
In quel frattempo in cui Hiccup aveva fatto la conoscenza dell’animale della quale presenza lo aveva tanto preoccupato nei giorni precedenti, la situazione tra Pocahontas e Shang non era affatto mutata, perciò fu ancora una volta facile per lui sgattaiolare nella tenda riservata alle ragazze per chiedere aiuto a Rapunzel. Era sbagliato ma, ancora una volta, sentiva di doverlo fare. 
-    Madre! – si svegliò di scatto Rapunzel non appena il ragazzo le sfiorò delicatamente il braccio per chiamarla.
Aveva sudato ed era agitata. Sicuramente aveva fatto un brutto sogno. 
-    Cosa ci fai qui, Hic? – chiese poi questa dopo essersi scotolata la testa per calmarsi
-    Ho bisogno del tuo aiuto... sempre se vuoi aiutarmi. E se te la senti, soprattutto. – rispose, per poi continuare, serio – Non permettere a quell’uomo di spaventarti. -
La biondina annuì, poi accennò un sorriso.
-    Sto bene, tranquillo. – disse poi asciugandosi la fronte bagnata - Cosa devo fare? –

***

Quando Rapunzel vide il drago, emise quell’inevitabile urlo strozzato che Hiccup si aspettava.
-    Ti prego, sta calma. – disse, afferrandola prontamente per le spalle – Sta male. Ha bisogno del tuo aiuto. –
La ragazza annuì, capendo la situazione e cercando di contenere per un attimo la paura. 
-    Cos’ha? – chiese poi per ricevere maggiori informazioni sulla missione che l’amico le stava chiedendo di svolgere
-    Ha perso un pezzo di coda... pensavo che tu potessi aiutarlo. – 
-    Io... non posso far ricrescere gli arti. – ammise, con la voce strozzata di chi era terribilmente dispiaciuto per ciò
-    Ma puoi... puoi farlo star meglio, vero? – domandò nuovamente il ragazzo, speranzoso
-    Posso provarci. –
Peccato che il drago non si lasciava avvicinare da nessuno e ciò che Hiccup voleva di sicuro evitare era che Rapunzel si spaventasse di nuovo per colpa di quel ringhiare continuo. 
-    Dammi i capelli, li avvolgo io alla coda. – propose così, per evitare che la ragazza si ferisse nel tentativo di aiutarlo.
La figlia di Apollo gli porse gentilmente parte della cascata dorata che portava sulla testa. 
Il lentigginoso dopo di che cominciò ad avvicinarsi cautamente al drago mentre Rapunzel gli pregava di prestare attenzione a ciò che faceva. 
-    Buono, bello... buono. – continuava a ripetere lui, cercando di imprimere nella sua voce sicurezza, ma non scarso successo.
Il drago per poco non gli staccò per ben due volte la mano. E pensare che all’inizio Hiccup aveva pensato fosse sdentato! 
-    Sta attento! – esclamava preoccupata Rapunzel ogni volta che Sdentato, così aveva deciso poi di denominarlo Hiccup per via della dentatura retrattile di cui il drago era provvisto, tentava di morderlo
-    È tutto okay, sto bene. – la rassicurava il lentigginoso anche se, in verità, neanche lui credeva a ciò che diceva.
L’aiutare quel drago era diventato una specie di sfida personale per Hiccup adesso. Non si sarebbe fermato fino a quando non sarebbe riuscito ad avvolgere i capelli dell’amica alla coda dell’animale per donargli almeno un po’ di sollievo.
-    Prova ad illuminare i capelli. – propose ad un tratto, stanco di rischiare la mano ogni volta che provava ad avvicinarsi all'animale – Magari la luce lo distrae. –
Rapunzel annuì in risposta per poi cominciare a cantare. Non appena i capelli miracolosi dell’amica presero ad illuminarsi, il drago ne fu immediatamente rapito, dimenticando magicamente le intenzioni del figlio di Efesto.
-    Così, stiamo andando bene. – diceva Hiccup mentre avvolgeva parte della cascata dorata dell’amica alla coda dell’ignaro Sdentato.
Dopo qualche minuto, i capelli di Rapunzel finalmente fasciavano la coda ferita di quest'ultimo. I due ragazzi gioirono silenziosamente, scambiandosi gesti vittoriosi e sorrisi divertiti. 
Quando Rapunzel terminò la sua canzone, la creatura si era addormentata. Quel calore benefico doveva averlo cullato dolcemente fino al sonno. 
-    Era esausto, poverino. – commentò silenziosamente la figlia di Apollo
-    Già... – rispose Hiccup, continuando ad osservare soddisfatto il drago beatamente addormentato. 
In realtà, rimasero per un po’ ad osservarlo entrambi. Da addormentato non pareva più la bestia feroce che aveva cercato di staccargli un braccio poco prima. 
-    Andiamo a riposare Hic, che ne dici? – propose poi Rapunzel, interrompendo improvvisamente l’atmosfera di serenità che si era creata intorno a loro.
Il ragazzo annuì, anche se leggermente amareggiato. Non sapeva se avrebbe mai più rivisto Sdentato. Magari questo sarebbe stato un bene dato che, da sano, sarebbe di sicuro riuscito a sbranarli tutti vivi. Ma, d’altra parte, ad Hiccup dispiaceva. Per la prima volta si era sentito utile a qualcuno. 
-    Secondo te domani sarà ancora qui? – chiese così a Rapunzel che, in risposta, fece spallucce
-    Non lo so, Hic. – ammise poi, con un misto di sollievo e dispiacere nella voce – Forse è meglio di no. –
Come darle torto, dopotutto. Era un mostro, non un’animale da compagnia. 
Doveva togliersi quel drago dalla testa e prima lo avrebbe fatto, meglio sarebbe stato. 

***

La mattina dopo, Hiccup si alzò con un pensiero fisso nella mente. Neanche il sonno era riuscito a scalfire le emozioni contrastanti che provava nei confronti di quella bestia. Sapeva che era un suicidio farlo ma, in cuor suo, sentiva anche che doveva andare a controllare le sue condizioni. 
Così, cercando di fare il meno rumore possibile, tentò di addentrarsi nuovamente nella fitta boscaglia. Stavolta, però, il suo tentativo fu bloccato da una diligente Elsa.
-    Dovrai rimandare le escursioni a dopo. – gli disse, seria – Ora dobbiamo interrogarvi. –
Interrogarli? Non avevano detto che sarebbero state solamente poche domande? 
Inutile ripeterlo, ad Hiccup quelle ragazze spaventavano sempre di più.
Così, seguì la luogotenente Elsa nella tenda dove avrebbe avuto luogo il suo fantomatico interrogatorio. Già lì dentro ad aspettarlo c’erano Merida, Jack e Rapunzel. La prima stranamente tranquilla, il secondo irritato, la terza invece preoccupata. 
Pocahontas e qualche altra Cacciatrice erano state chiamate ad assistere al colloquio mentre anche i quattro a cui Nord e Fil avevano assegnato l’impresa erano presenti per testimoniare. 
-    Ma perché ci dovete fare questo interrogatorio?! – chiese improvvisamente indignato Jack - E’ assurdo, ci state facendo perdere del tempo prezioso. – 
-    Non mi aspettavo che un figlio di Ermes come te capisse tutto da solo le nostre intenzioni. – rispose Elsa, continuando a mantenere il suo tono serio anche quando prendeva spudoratamente in giro qualcuno – Perciò sei giustificato. -
Non lo aveva detto esplicitamente ma Hiccup aveva intuito che quella battuta poco carina non fosse riferita solamente a Jack. Anche la faccia che aveva assunto Flynn lo aveva spinto a credere che la sua tesi fosse esatta. Tra quei due doveva esser successo di sicuro qualcosa nel passato, qualcosa che né l’uno e né l’altra aveva evidentemente dimenticato. 
-    Allora spiegamele tu le vostre intenzioni se non riesco a capirle! – controbatté a tono l’albino
-    Non rispondere così alla luogotenente, Jack. – rimproverò inaspettatamente quest’ultimo Merida  - Sta solo cercando di fare ciò che va fatto. -
-    Grazie. – le sorrise Elsa, lanciandole un gesto di intesa
-    La difendi pure?! Ma che razza di essere femminista stai diventando, Mer? – 
Non lo avrebbe mai detto ad alta voce, ma Hiccup la pensava esattamente come Jack. Quelle Cacciatrici la stavano cambiando troppo, ed in peggio. 
-    Stai trascinando anche la povera Merida nella tua rete, Elsa? – intervenne d’un tratto Flynn, per la prima volta lanciando lui una provocazione alla Cacciatrice
-    Non sta trascinando nessuno in nessuna rete. – rispose a tono Pocahontas, prendendo le parti della compagna – Diventare Cacciatrice è una scelta personale. –
-    Non rispondere a simili provocazioni. – continuò Elsa, mantenendo ancora una volta un tono perfettamente controllato – Andiamo al vero motivo per cui siamo qui. –
Hiccup cercò di concentrarsi su ciò che Elsa stava per dire, nonostante non riuscisse a non pensare a quanto volesse che Merida rifiutasse qualsiasi proposta offerta da quelle insopportabili fanciulle femministe. 
-    Voi siete a conoscenza di alcune informazioni sull’uomo oscuro di cui parla la profezia che noi Cacciatrici non sappiamo. Perciò, uno alla volta, ci illuminerete. – 
-    E se noi non volessimo dirvi nulla? – chiese Jack con fare da smargiasso 
-    Vorrà dire che lo state nascondendo e che siete suoi seguaci. – spiegò la luogotenente, seriosa come sempre.
Quel suo costante autocontrollo stava mettendo Hiccup a disagio.
-    E che quindi rimarrete qui sotto il nostro stretto controllo. – 
-    Eh no, allora parliamo! – esclamò Jack, stufo – Comincia tu Merida, visto che ti trovi tanto bene con... queste qui. –
La citata lanciò uno sguardo offeso a Jack che in risposta fece finta di nulla. 
-    Sappiamo che ha la mia famiglia in ostaggio. – disse poi, cercando di ignorare il comportamento dell’albino – Tutto qui. –
-    Questo è quello che sai tu sul suo conto. – sottolineò in modo irritante la Cacciatrice - Sono i tuoi amici a non raccontarmela giusta. – 
Chi le aveva dato il permesso di accusarli così ingiustamente? Okay, magari lui non aveva raccontato tutta la verità sui suoi sogni ai compagni d'impresa ma non si sentiva un traditore per questo. 
-    Ad esempio, tu, figlio di Efesto – lo chiamò improvvisamente in causa Elsa – in che posto eri diretto poco fa? –
Beccato. E adesso, come avrebbe giustificato il suo comportamento inequivocabile? 
-    Io... stavo solamente... –
-    Cercando delle erbe curative per quando ripartiremo per la nostra impresa. – lo salvò improvvisamente Rapunzel, l’unica che era a conoscenza del suo piccolo segreto – Gli ho chiesto io di farlo. -
-    E perché avresti dovuto? – continuò Elsa, con fare ancora più indagatore di prima – Hai dei capelli curativi, le erbe non ti servono. –
-    Le piace studiarle. – ricambiò il favore Hiccup – E’ pur sempre una figlia di Apollo. -
Al lentigginoso quel botta e risposta continuo pareva una partita di Tennis. Gli occhi di tutti andavano da Elsa a lui a Rapunzel. 
-    Non andrò oltre perché non mi interessa. – pose fine all’argomento Elsa, facendo intendere però ai due che avrebbe lo stesso indagato sul loro conto più avanti – Passiamo al figlio di Ermes. –
-    Non dirlo con quel tono dispregiativo. – interrupe nuovamente il colloquio Flynn, irritato 
-    Il mio non era un tono dispregiativo. – si difese Elsa, mantenendo ancora una volta la calma
-    Ma a chi vuoi darla a bere? – ribatté Flynn – Tu un tempo non eri così! -
-    Sono stati alcuni avvenimenti della mia vita a costringermi a cambiare. –
Hiccup non voleva ammetterlo ad alta voce, ma non ci stava capendo assolutamente nulla di quello che gli stava accandendo attorno. 
-    Io non ti ho mai fatto niente! – continuò Flynn
-    Ah si? Illudermi è niente secondo te? – 
-    Ragazzi, basta. – li interruppe finalmente Pocahontas – Non ha senso portare ancora rancore per gli avvenimenti del passato. - 
Fu allora che Hiccup realizzò di non essere l’unico a non comprendere la situazione. Oltre ai suoi tre amici, anche Shang, Aurora e Felix avevano assunto la sua stessa espressione confusa. 
-    Hai ragione, Pocahontas. – ammise finalmente la luogotenente – Perciò, Jack, siamo pronti ad ascoltare ciò che hai da dirci. –
L’albino cominciò a guardarsi nervosamente intorno. Hiccup sapeva che anche lui nascondeva qualcosa.
-    Non ho nulla da dire sul conto di quell’uomo. – proferì dopo qualche attimo di silenzio – Mi perseguita solamente nel sonno, dicendomi cose insensate. Non ci ha mai dato indicazioni sul luogo in cui si trova. –
-    Jack ha ragione. – intervenne Merida 
-    Vorremmo aiutarvi, ma non sappiamo davvero come. – ammise Rapunzel, dispiaciuta.
Elsa posò poi lo sguardo sulle sue compagne Cacciatrici, come a chiederle un parere. Le ragazze, evidentemente afferrando la domanda silenziosa della luogotenente, annuirono in risposta. 
-    Bene, le domande finiscono qui. – disse così in conclusione – Vi crediamo. Un vero cattivo che si rispetti non darebbe mai indicazioni a qualcuno. –
-    Grazie agli dei! – esclamò soddisfatto Jack, sciogliendo finalmente quell’espressione tesa che aveva avuto fino a poco prima
-    Potete andare a completare la vostra impresa. – continuò rivolta ai quattro ragazzi - E, per quanto riguarda voi altri quattro – cambiò poi i suoi destinatari – tornate al Campo. Sono loro i mezzosangue della profezia. –
-    E chi saresti tu per deciderlo?! – scattò ad un tratto Shang 
-    Il capo supremo di un bel niente. – commentò tra sé e sé Flynn, visibilmente ancora infastidito dal piccolo litigio trattenuto con Elsa poco prima 
-    Non sono nessuno, ma è palese che sono loro i quattro della profezia! – rispose perdendo per un attimo il suo perfetto autocontrollo - Nord e Fil hanno mandato voi solamente per proteggerli e tenerli al Campo. Ma, come era ovvio che sarebbe andata la faccenda, loro quattro hanno inseguito lo stesso il loro destino. –
Fu così che Shang venne messo finalmente a tacere da una ragazza. Improvvisamente, ad Hiccup le Cacciatrici stavano nuovamente simpatiche. 
Mentre i quattro si accigevano però ad uscire vittoriosi dalla tenda, Elsa sfiorò improvvisamente la spalla di Merida per richiamarla. 
-    Prima che partiate, però, voglio parlare in privato con la vostra amica. – 
Hiccup trasalì. 
-    Perché? – chiese così involontariamente, per poi pentirsene
-    Lo sappiamo io e lei, dico bene? –
-    Ehm... si... – rispose incerta la rossa – Ma... possiamo parlarne anche davanti ai miei amici. – 
-    Come vuoi. –
Così si sedettero di nuovo. Hiccup si sentiva più nervoso adesso che prima in cui aveva dovuto mentire per nascondere il drago che si era rifiutato di uccidere.
Elsa appariva tranquilla, come se si aspettasse di già una risposta affermativa alla sua domanda. Anche le altre Cacciatrici sorridevano già soddisfatte ed Hiccup non desiderava altro che strappare quei sorrisi dalla bocca di ognuna di loro. Merida non sarebbe andata con loro... non lo avrebbe fatto. Perché lui sapeva che la domanda di Elsa sarebbe stata quella, anche se non l’aveva ancora posta alla ragazza. 
-    Allora, cosa hai deciso? – chiese, sorridendo stranamente – Ti unirai a noi quando avrai completato la tua impresa? –
Merida abbassò d’un tratto lo sguardo. Hiccup non si aspettava fosse indecisa sul da farsi. Quello era stato il suo sogno da sempre, dopo tutto. Essere finalmente accettata, vivere libera, avere l’immortalità e poter utilizzare finalmente il suo amato arco senza doversi preoccupare delle discriminazioni da parte dei suoi fratelli: quella era la vita che voleva. Eppure, non rispondeva. 
Anche Jack e Rapunzel avevano abbassato lo sguardo, intristiti. Quel gesto dei due fece rassicurare Hiccup: allora non era l’unico che non voleva che la ragazza accettasse.
-    Io... – cercò di rispondere la figlia di Ares, con la voce tremolante.
Hiccup stentava a crederci, ma Merida, nell’indecisione, aveva appena posato lo sguardo su di lui. Fu dopo aver fatto ciò che finalmente esclamò:
-    Rifiuto. – 
Elsa e le altre Cacciatrici trasalirono. Non dovevano di certo aspettarsi una risposta simile da una come Merida. Invece, Rapunzel e Jack si erano guardati e si erano scambiati un sorriso, gioiosi. Anche se lui non se n’era reso conto, anche sul suo volto si era stagliato un sorrisone ebete e spontaneo che faticava ad andar via. 
-    Sei proprio sicura? – insistette poi Elsa, ancora dispiaciuta. 
Merida annuì nuovamente in risposta, convinta più che mai.
-    Ti deluderanno. – si intromise improvvisamente Pocahontas – Lo fanno tutti prima o poi. –
E fu così che le Cacciatrici andarono via, con la promessa che molto presto si sarebbero rincontrati. Era bello per Hiccup e per gli altri pensare di poter contare su qualcun altro oltre che su di loro in quell’impresa. Avevano bisogno di alleati dato che, da quel momento in poi, la loro missione sarebbe cominciata sul serio. 

 

N.A.: Eccomi qua!
Non so quale divinità greca/romana/nordica/chinehapiùnemetta mi abbia aiutata a scrivere questo capitolo perché è stratto scritto in due giorni contati ( ovvero ieri ed oggi )! GIURO
Un po' per la scuola, un po' perché per tre giorni consecutivi ho avuto un fastidioso e stranissimo dolore all'occhio sinistro ( che poi è magicamente sparito giovedì sera grazie ai pianti di gioia provocati dalle parole della mia sister Slvre99, a cui dedico anche questo mio capitolo
 ), mi sono ridotta a scriverlo in due miseri giorni. Perciò, credo sia il Capitolo più orripilante che io abbia mai scritto >.< 
Ma adesso passiamo alle spiegazioni. ^^
Well, il nostro caro ed amato Toothless ha fatto finalmente la sua entrata in scena! Quanto adoro quella Furia Buia! TROPPO *-* 
E, devo spiegarvi una cosuccia. 
Molti di voi - giustamente - saranno rimasti un po' perplessi nel vedere Pocahontas tra le Cacciatrici di Artemide. Beh, anche io non ne ero pienamente convinta data la sua comportazione ( ? x'D ) nel film Disney di cui è protagonista. ^^ 
Ho... praticamente immaginato che, dopo la partenza del suo caro John Smith alla fine del primo film, delusa dal comportamento maschile... si sia... data ad Artemide xD
Shame on me! >.< Siete liberi di criticare la mia scelta, stavolta. x'D Ma, capitemi, è stato difficilissimo trovare un personaggio femminile Disney/Non che non avesse un ragazzo a suo seguito x'D Le uniche perfette sono Elsa e Merida ( ma Merida ha Hiccup qui, quindi non potevo lasciarla con loro! >.< ).  
I piccoli hints!Flelsa... so che non ci avete capito un fico secco come Hic e gli altri xD Vi avevo detto che sarebbero stati davvero pochi ^^" Ma, le Cacciatrici torneranno e... vi dico solo che spiegherò tutto, più avanti ;) 
E poi, abbiamo avuto altri momenti Hiccunzel!Friendship. Patatosi i miei cuccioli
 *^* In realtà,avevo intenzione inizialmente di inserirci Hijack!Friendship in questo capitolo ma... come avrebbe fatto Jack ad aiutare il nostro Sdentato? Perciò, ho dovuto optare per la nostra Punzie. ^^ 
Insomma, voglio come sempre ringraziare tutti coloro che recensiscono/seguono/preferisco/leggono questa storia. Siete in tanti e non sapete quanto sono grata ad ognuno di voi. 
E' solo per voi che in questi due giorni mi sono messa sotto per finire il Capitolo! Perciò.. grazie per darmi un motivo per continuare a scrivere =)
Ci leggiamo il prossimo sabato, allora! 


 




 

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Capitolo 13
*** 12. Riparazioni Estreme e Mezzi di Trasporto Alternativi ***


Capitolo 12

Riparazioni Estreme e Mezzi di Trasporto

Alternativi

 
Rapunzel
 
Da quando le Cacciatrici erano andate via, la tensione tra i quattro sembrava essere calata. L’unico loro problema al momento era trovare un mezzo di trasporto valido per lasciare quella foresta infestata dai mostri il prima possibile. 
Rapunzel continuava a pregare ogni sera suo padre affinché riportasse Maximus sano e salvo da lei ma, nonostante avesse promesso che se lui avesse realizzato il suo desiderio lei sarebbe tornata da sua madre alla fine dell’impresa, del pegaso non c’era ancora alcuna traccia. 
Inoltre, si aggiungeva alla lista dei problemi da risolvere il muso lungo che Hiccup aveva assunto in quei giorni. Rapunzel glielo leggeva negli occhi che gli mancava - inspiegabilmente secondo lei - quel drago che avevano soccorso insieme qualche notte prima, perché quella stessa espressione che aveva lui si stagliava puntualmente anche sul suo volto e su quello di Merida quando pensavano a Maximus e ad Angus. 
Avrebbe voluto consolarlo ma, alla fin fine, era meglio così per tutti loro. Quel drago da sano avrebbe costituito una minaccia e, tutto ciò di cui avevano bisogno adesso era un po’ di tranquillità. Ma quest’ultima parola sembrava non esistere nel vocabolario di Merida. 
-    Non possiamo restare qui a poltrire. – disse quella sera, mentre gli altri tre guardavano tristemente il focolare che erano riusciti miracolosamente ad accendere – Dobbiamo trovare un modo di andare via di qui. –
-    Mi spiace Mer, ma da mio padre ho ricevuto solamente uno strano bastone, non delle scarpe alate. – rispose sarcasticamente a quell’esclamazione Jack
-    Tu Hiccup, non puoi costruire qualcosa di utile?! – 
-    Cosa? – il lentigginoso alzò lo sguardo, svegliandosi dallo stato di trance in cui era caduto
-    Ma che ti prende ultimamente? – gli chiese di rimando Merida, pensierosa.
Hiccup guardò Rapunzel, cercando un appoggio morale che non tardò ad arrivare. 
-    Siamo tutti sfiduciati. – disse così la biondina – Non abbiamo idea di come continuare l’impresa. –
-    Ma continuando a fare gli abbattuti non riusciremo mai a superare questa difficoltà, no? –
-    Potremmo andare a piedi. – propose improvvisamente Jack – Non mi sembra ci siano altre alternative. –
-    Ma... il posto in cui dobbiamo andare... – cercò di dire la rossa, ma neanche lei sapeva come continuare quella frase
-    Quale posto? – continuò al posto suo l’albino, sbuffando - L’uomo non ci ha mai dato indicazioni precise. – 
-    Lo odio ancora di più per questo. – imprecò in risposta Merida, cominciando a menare calci ai sassolini circostanti. 
Hiccup intanto continuava a fissare il fuoco, pensieroso, sotto gli occhi di una preoccupata Rapunzel. 
Perché quel drago era così importante per lui? Infondo, era solamente un mostro. Entrambi dovevano ritenersi fortunati dell’essere ancora vivi dopo averlo incontrato. Ma, ciò che la biondina infondo comprendeva era l’angoscia che Hiccup doveva provare nei confronti di quel drago, perché era la stessa che provava lei. 
Lo avevano lasciato solo, con un pezzo di coda mancante, in una foresta infestata dalle Furie. Qualsiasi drago, anche il più forte di tutti, non sarebbe riuscito a resistere in una situazione simile. 
-    Andiamo a dormire. – propose poi Jack – Domani mattina ci metteremo in marcia. – 
-    Strano da dire ma mai come questa notte sto sperando di sognare quell’uomo per prenderlo a calci! – esclamò Merida mentre entrava nella tenda che le Cacciatrici avevano gentilmente lasciato a loro
-    Tu non vieni, Hic? – chiese poi il figlio di Ermes all’amico, che annuì distrattamente.
No ‘ pensò Rapunzel ‘ Non posso vederlo in questo stato ‘.
Così, fece entrare Merida e Jack nella tenda, del tutto disinvolta, per poi tirare il figlio di Efesto verso di lei prima che anche quest’ultimo andasse a dormire.  
-    Che stai facendo, Punzie? – chiese così il ragazzo, confuso 
-    So perché sei sempre triste ultimamente. – cominciò la figlia di Apollo, utilizzando un tono risoluto – Temi che Sdentato sia in pericolo. – 
-    Ti... ti sbagli. – balbettò il moro in risposta – A me non interessa quella... bestia mangia mezzosangue. –
-    Giura sullo Stige. – gli propose poi, mantenendo il suo tono convinto.
Il moro deglutì a vuoto. Era stato un brutto tiro da giocare da parte di Rapunzel ma era l’unico modo per fargli dire la verità.
-    Non posso giurare sullo Stige. –
-    Beccato! – esclamò soddisfatta – Andiamo a cercarlo, Hic. Io sono con te. – disse poi, poggiando la mano sulla spalla gracile dell’amico.
Quest’ultimo esitò per un attimo.
-    Non possiamo... la foresta è pericolosa, lo sai. –
Anche lei esitò a quelle parole. Ciò che un tempo le diceva sua madre cominciò a rimbombarle nella testa. Il mondo è un posto terribile, Rapunzel. 
-    Non mi interessa! – esclamò poi improvvisamente, facendo spaventare il moro per la troppa enfasi che aveva usato nel proferire quella frase – Dobbiamo trovarlo. – 
Il lentigginoso a quel punto sorrise e, con martello e padella a seguito, i due si avventurarono nella fitta boscaglia.

***

La foresta di notte era ancora più spaventosa. Ogni tanto Rapunzel veniva sfiorata dai rami scuri e rinsecchiti degli alberi e, quando ciò accadeva, un brivido le percorreva spietatamente tutta la schiena. Gli scoiattoli le sfioravano i piedi mentre correvano veloci verso le loro tane. A Rapunzel sarebbero dovuti piacere, ma dopo l’esperienza con le Furie, quelli esserini la terrorizzavano. 
-    Possiamo ancora tornare indietro. – le disse improvvisamente un altrettanto intimorito Hiccup 
-    No... no. – balbettò in risposta lei – Andiamo avanti. –
Diversamente dalla prima volta, camminarono per molto prima di trovarlo. 
Il grosso drago nero si trovava stavolta vicino ad un laghetto diversi kilometri distante dal luogo in cui si erano accampati.
-    Si è allontanato molto dal posto dell’ultima volta. – osservò Hiccup 
-    Deve sentirsi di sicuro meglio allora! – esclamò positivamente lei
-    Lo spero. – smorzò quell’euforia invece il lentigginoso.
Si avvicinarono cautamente al drago che, all’apparenza, stava risposando.
Ciò che Rapunzel subito notò fu che, diversamente dalla volta precedente, Sdentato adesso presentava numerose ferite sul corpo, segno che in quei giorni non aveva avuto vita facile. 
-    Deve essere stato attaccato numerose volte. – osservò infatti dispiaciuto Hiccup – Se solo fossimo arrivati prima... –
-    Ehi, non importa. – lo rassicurò prontamente Rapunzel – Abbiamo i miei capelli! – 
Il ragazzo annuì, felice di quella esclamazione e, cautamente, appoggiò come meglio poteva i capelli dell’amica sul dorso dell’animale.
Quest’ultima cominciò a cantare la canzone del fiore che, nonostante lei non lo volesse, non faceva altro che ricordarle sua madre. La cantavano insieme, ogni sera. Lei le pettinava dolcemente i capelli e la ragazza li faceva risplendere di luce propria. Nonostante l’avesse tenuta rinchiusa per anni in quella torre – o prigione, perché era lì che lei in realtà si era sentita -, Rapunzel le voleva ancora maledettamente bene e soffriva al solo pensiero di vederla affliggersi per colpa sua. 
-    Tutto okay, Rapunzel? – le chiese Hiccup a fine canzone, notando lo sguardo smarrito dell’amica
-    Si, certo. –
Quel richiamo di Hiccup bastò per permettere a Rapunzel di ammirare il lavoro che aveva svolto. Le ferite ed i graffi erano spariti ed il drago adesso si stava lentamente svegliando. 
Spaventati all’idea di un possibile attacco da parte di questo – anche se lo sembrava, non era un cucciolo dopotutto -, si allontanarono cautamente dalla sua figura, sperando di non essere visti.
Il drago si stiracchiò beato per poi notare finalmente stupito le ferite mancanti sul dorso. Hiccup e Rapunzel si scambiarono sorrisi silenziosamente nell’osservare lo stupore con cui Sdentato si scrutava la schiena. Era tenerissimo!
Poi, si allarmò improvvisamente. Il moro fece cenno alla biondina di indietreggiare, probabilmente capendo che gli atteggiamenti del drago non promettevano nulla di buono. 
Quest’ultimo cominciò ad annusare il terreno intorno a sé sino a quando, come sicuramente secondo Rapunzel il figlio di Efesto aveva immaginato, non incontrò i loro corpi nascosti nella fitta boscaglia. 
Ed eccolo lì, il drago più dolce del mondo trasformarsi in quello più feroce. 
Rapunzel afferrò stretta la sua padella, incapace però di agire. Non voleva far del male a quella bestia. 
Stessa cosa doveva star pensando Hiccup perché fece cadere il martello e cominciò a dire:
-    Buono bello, non vogliamo farti nulla! Siamo stati noi a guarirti! –
Sdentato esitò per un attimo. Forse le parole di Hiccup l’avevano davvero convinto.
Poi, si sedette, ed i suoi occhi, dalle piccole fessure che erano diventati, tornarono tondi e grandi come un tempo. 
Rapunzel ed Hiccup a quel punto si convinsero a farsi avanti verso il drago, sempre con estrema cautela. 
Dal modo in cui il lentigginoso avanzava, sembrava che fremesse alla voglia di sfiorare la pelle squamosa del drago. Infatti, poco dopo, allungò incerto il braccio verso di lui e Rapunzel pregò tutti gli dei dell’Olimpo affinché non glielo staccasse. 
Ma, quel tentato contatto col drago fu improvvisamente interrotto da un rumore brusco proveniente dal bosco. Un enorme uomo con un solo occhio sulla fronte fece poco dopo la sua comparsa, correndo infuriato e spedito verso i ragazzi ed il drago. 
-    TU RUBATO MIE PROVVISTE! – urlò contrò Sdentato che, di rimando, abbassò la testa spaventato – Io adesso mangiare te! - 
-    Tu adesso non mangiare nessuno. – si interpose Hiccup tra il drago ed il ciclope -  Ne parliamo amabilmente. –
-    Perché tu stare con questi ragazzini? – ignorò Hiccup l’uomo, continuando a parlare furioso con Sdentato – Tu tradire noi! Allora noi tradire te! –
Poi, arrabbiato, afferrò Hiccup per la maglietta e lo sollevò a qualche metro dal terreno. Sdentato cominciò a sputare uno strano fuoco color viola contro il ciclope. La fiamma però era molto debole, probabilmente per colpa delle sue condizioni poco stabili, perciò non riuscì a colpire nel segno.  
Rapunzel non poteva rimanere ferma a guardare impotente il suo amico che diventava il succulento pasto di un ciclope. 
Afferrò saldamente la sua padella e colpì coraggiosamente l’uomo puzzolente ai piedi, ma questo non provocò altro che ulteriore ira in quest’ultimo. 
-    Insolente ragazzina! – imprecò – Ora io schiaccio te come scarafaggio! –
Quella del ciclope non era una metafora e, tanto per peggiorare la situazione, Rapunzel era inciampata anche in un sasso. A terra ed inerme attendeva la sua morte. 
Invece di pensare a come sarebbe stato brutto lasciare la propria vita così presto, per giunta sotto gli occhi del suo migliore amico, la biondina si soffermò a rimuginare su altro: sua madre. Se lei fosse morta, anche la magia che teneva in vita quest’ultima sarebbe svanita. Perciò, le avrebbe fatto nuovamente del male senza volerlo. 
Mi stai uccidendo, Rapunzel. 
-    Lasciala stare! – la voce rassicurante di Jack la risvegliò dai suoi tristi e sbagliati pensieri.
Le stava davanti ed aveva appena conficcato la punta non ricurva del suo bastone nel piede puzzolente e pieno di funghi dell’enorme ciclope. Lo aveva fatto con rabbia, come se non avesse desiderato altro da tempo. Rapunzel non lo aveva mai visto in quello stato. 
-    Stai bene? – le chiese preoccupato, mentre continuava a spingere con forza il bastone nel piede del ciclope.
Rapunzel annuì al suo salvatore, ancora spaventata. 
Dal punto in cui Jack aveva colpito il piede del mostro, della polvere stava fuoriuscendo. Intanto Merida dall’altra parte dell’improvvisato campo di battaglia lanciava frecce rivolte alla mano con cui il ciclope teneva Hiccup appeso dalla maglietta del Campo. 
Anche da quel punto il mostro si stava sbriciolando ed Hiccup poté finalmente rimettere i piedi per terra. 
-    Me... la... pagherete... – fu l’ultima cosa che i quattro udirono pronunciare dalla voce del ciclope prima che quest’ultimo si dissolvesse nell’aria primaverile di quella sera.
Merida si pulì le mani dalla polvere del ciclope, disgustata. Solo dopo aver fatto ciò notò nell’angolo un drago intento a ringhiarle contro con rabbia.
-    Attenti, c’è n’è un altro! – urlò ai compagni mentre sistemava prontamente l’ennesima freccia nel suo arco.
Rapunzel ed Hiccup ci misero un po’ a realizzare quale fosse l’obbiettivo dell’amica. Intanto, anche Jack si era messo sulle difensive, preparando il suo bastone ad un altro attacco.
-    No, fermi! – esclamarono i primi due quando finalmente afferrarono che l’obbiettivo degli altri due era il loro amico drago – Lui sta con noi! –
-    Come prego? – chiese Merida sconvolta, abbassando però la sua freccia
-    Non è cattivo! – lo difese Rapunzel – Ha cercato di proteggerci dal ciclope! –
-    Aspetta aspetta... avete un drago per amico? – chiese ironico e allo stesso tempo attonito Jack – Questa si che è una cosa strana. –
-    Non strana, di più! – concordò Merida – Quel... coso... ci sbranerà! –
-    Se continui a chiamarlo coso è sicuro che lo farà. – disse Hiccup – E lui è la nostro ultima possibilità di continuare l’impresa. –
Tutti, anche Rapunzel, guardarono Hiccup confusi. Che intendeva dire dicendo che Sdentato era la loro ultima possibilità? 
-    Quel pezzo di coda che ha perso lo aiutava di sicuro a volare. – spiegò – Se lo aggiusto... cioè, volevo dire, se trovo un modo per sostituirlo...  lui può diventare il nostro mezzo di trasporto. –
-    FORTE! – esclamò Jack.
L’idea di volare sopra un drago doveva piacergli molto visto che stava gioendo come un bambino durante lo scarto di un regalo. 
-    Forte? – chiese ancora incerta Merida – Io... non sono convinta che sia una buona idea. –
-    Ma andiamo Mer, ti sei bevuta il cervello? – ribatté Jack ancora euforico - Quando ti ricapita di poter volare su di un drago come quello? –
-    Ti fidi di me? – le chiese poi Hiccup, guardandola. 
La figlia di Ares cominciò a provare un certo interesse per le sue scarpe. Rapunzel era convinta di averla vista arrossire dietro a quella massa di capelli ricci.
-    Certo che mi fido. – rispose poi, alzando il capo quando il rossore sulle sue gote fu finalmente svanito
-    Allora, passiamo alle presentazioni. –
Hiccup si avvicinò a Sdentato, per poi cominciare ad indicare i due nuovi amici alla creatura. 
-    Sdentato, Merida e Jack. Merida e Jack, Sdentato. –
-    Aspetta, che razza di scherzo è questo? – interrupe le presentazioni Jack – Un drago che si chiama Sdentato? –
Hiccup, divertito, fece cenno al drago di aprire le mascelle. Questo mostrò all’albino una gengiva rosa e del tutto priva dei denti aguzzi che quest’ultimo doveva di sicuro essersi immaginato. 
-    Un drago... senza denti... Oh. – rispose l’albino, visibilmente deluso. 
Dopo questa affermazione, Sdentato dovette sentirsi offeso, perché fece apparire sulla sua morbida gengiva una lunga fila di denti affilati come coltelli di bronzo celeste che fece arretrare spaventato Jack.
-    Per il divino Ermes... tu si che sei un drago coi fiocchi! – esclamò dopo un po’ quest’ultimo, riservando al drago un’affettuosa pacca sul dorso. 

***

Hiccup aveva chiesto qualche giorno ai suoi amici per costruire al suo Sdentato una nuova ala caudale. 
Come aveva scoperto il nome del pezzo mancante? Grazie ad un messaggio Iride proveniente dal Campo Mezzosangue che avevano ricevuto una di quelle sere di attesa. Fil e Nord avevano voluto accettarsi che loro quattro fossero ancora in perfetta salute, e l’avevano fatto facendo prendere a questi ultimi un grosso spavento: apparendo dal nulla.
-    Grazie a dei, ragazzi stare bene! – aveva esclamato Nord con gran gioia.
All’inizio, Rapunzel e gli altri si erano presi un gran bello spavento ma poi avevano capito che la testa del loro caro direttore del Campo non stava semplicemente fluttuando davanti a loro ma che in realtà si trattava solamente di un innocuo messaggio Iride
-    Fil, vieni a vedere, ragazzi stare bene! –
-    Tutti? – aveva chiesto speranzoso il satiro, da lontano 
-    Si, tutti tutti! – aveva risposto ancora euforico l’omone barbuto
-    Peccato. – aveva sbuffato in risposta poi il diretto delle attività del Campo, suscitando in Rapunzel un sorriso divertito e in Jack un’espressione accigliata 
-    Shang raccontato a noi tutto. – aveva cominciato poi Nord, accantonando per un attimo l’euforia dell’averli rivisti – Noi... solo cercando di proteggervi. Ma... voi ragazzi di profezia. –
-    Non importa Nord. – lo aveva rassicurato Rapunzel – Vi abbiamo perdonati. -
-    La maggior parte di noi, almeno, l’ha fatto. – aveva sussurrato invece Jack, guardando di sottecchi Merida.
Questa se n’era stata per tutto il corso della... “ chiamata “ – se così si poteva chiamare – in disparte. Doveva provare ancora rancore nei confronti dei due direttori.
Hiccup, dopo aver interloquito velocemente con Nord su quello che avevano fatto nei giorni seguenti alla partenza delle Cacciatrici, aveva chiesto di poter parlare con Gambedipesce. Nord lo aveva accontentato e, qualche secondo dopo, il biondino paffuto  aveva fatto la sua comparsa nel piccolo arcobaleno. 
Hiccup gli aveva mostrato Sdentato ed il ragazzo, alla vista del drago, aveva lanciato qualche gridolino di eccitazione che aveva fatto tenerezza a Rapunzel. Poi, quando Hiccup l’aveva richiamato all’attenzione, aveva cominciato a scrutare dall’immagine per bene il drago. 
-    Gli manca l’ala caudale! – aveva esclamato dopo un minuto di attenta analisi – Bel problema, Hic! –
Ma, prima che il figlio di Efesto potesse fare un’altra domanda, la comunicazione di interrupe e si alzò nell’aria un sonoro: tempo scaduto
Da quando aveva parlato con Gambedipesce, Hiccup sembrava sapere come agire. Ogni giorno costringeva lei e gli altri ad aiutarlo a cercare foglie adatte e legnetti vari per la foresta. Jack e Merida erano titubanti: dubitavano che il ragazzo potesse riuscire a costruire un’ala intera con dei materiali così miseri, ma Rapunzel credeva in lui e nel suo talento. 
Infatti, qualche pomeriggio dopo la sera in cui avevano lottato contro il ciclope, Hiccup mostrò agli amici e a Sdentato l’ala finita e la sella a quattro che aveva preparato per l’imminente viaggio. 
L’ala era costituita da un semplice insieme di foglie, tenuto insieme con vari legnetti. 
-    Non è il massimo. – disse agli amici – Ma... Sdentato riuscirà ad arrangiarsi con questa per un po’. – 
-    Ma... sicuro che se la farà appiccicare? – chiese Jack molto schietto
-    E qui sta il nostro problema, effettivamente. –
Sdentato non si era fatto sfiorare da nessuno in quegli ultimi giorni, neanche da Hiccup. Quest’ultimo infatti, ogni volta che aveva avuto bisogno di effettuare delle misurazioni del corpo dell’animale, aveva chiesto a Rapunzel di far risplendere i suoi capelli per distrarlo. Questa volta però sembrava non aver intenzione di chiederglielo, il che fece sentire sollevata la figlia di Apollo che, in quegli ultimi giorni, aveva fatto funzionare fin troppo la magia dei suoi capelli. 
-    Rapunzel e Jack, voi lo distraete ed io e Merida gli applichiamo la coda ed la sella. – propose poi agli amici che, di rimando, annuirono.
Jack cominciò a chiamare a gran voce Sdentato e fargli facce buffe. Rapunzel invece aveva pensato di produrre luce con un altro oggetto, ovvero il martello di Hiccup. Lo strumento di bronzo celeste cominciò a riflettere la luce del sole in un punto dinanzi al muso del drago che, come un gatto, cominciò ad osservare incuriosito. 
Hiccup stava invece legando l’ala artificiale alla coda dell’animale mentre Merida, con estrema cautela e calma – si stava di sicuro sforzando molto dato che la calma e la pazienza non erano tratti distintivi di suo padre Ares – gli appoggiava la sella sul dorso.
Quando queste due cose furono a posto, cominciò la prima prova di volo. 
-    Vado solo io. – disse Hiccup ai tre amici – Dopotutto, l’idea è stata mia. –
-    Sei sicuro? – chiese Merida, perplessa e preoccupata.
Il moro annuì, per poi balzare in sella a Sdentato. 
Ciò che Rapunzel subito notò fu che l’invenzione di Hiccup era incompleta. Non che lei ne capisse qualcosa ma, quell’insieme di foglie, non funzionava se nessuno lo apriva. 
Il figlio di Efesto doveva essersene accorto perché, subito dopo essersi preso le genuine prese in giro di Jack su quanto la sua invenzione non funzionasse, si sporse verso la finta ala e la aprì. Fu in quell’istante che Rapunzel cominciò a temere seriamente per l’incolumità dell’amico. 
Sdentato partì alla velocità della luce, come se non ci fosse nessuno sul suo dorso in quel momento. 
-    Dobbiamo aiutarlo. – disse Jack, perdendo quel suo solito sorriso beffardo – La situazione si mette male. –
-    Hic! – urlò Merida – Chiudi la coda! –
Non era una frase che aveva molto senso ma, per Hiccup, ce l’aveva. Appena fece ciò che la figlia di Ares gli aveva proposto, lui ed il drago cominciarono a precipitare nel vuoto.
-    RIAPRILA! – urlò stavolta la rossa – E convincilo ad andare lentamente! –
-    Fosse facile! – fu la risposta del moro.
Ma, nonostante ciò, Hiccup riuscì a riaprirla e a ricominciare a volare.
Dopo minuti interminabili di preoccupazione, i due riuscirono finalmente ad atterrare tutti interi.
-    Così non va, Hic. – commentò Jack – Ci lasciamo la pelle. –
-    Un altro giorno, promesso. – rispose il preso in causa – Un altro giorno e sarà pronto! –
Merida annuì, sebbene riluttante. 
Rapunzel si fidava di Hiccup, sapeva che ce l’avrebbe fatta.

***

Passò solamente un altro giorno, proprio come Hiccup aveva promesso. 
Aveva preparato un meccanismo molto complesso servendosi solamente dei soliti legnetti che si trovavano in quella foresta uniti fra loro con delle cinture che il ragazzo aveva portato dal Campo. Instabile, ma poteva andare.
Peccato che Rapunzel non riuscisse a concentrarsi affatto sul lavoro del migliore amico. Lui parlava, lei aveva la testa altrove. 
Quella notte aveva avuto un altro incubo su sua madre ma, stavolta, l’uomo non era rimasto in disparte come sempre, ma si era mostrato in tutta la sua spaventosa oscurità e Rapunzel non riusciva a dimenticare quegli occhi dorati
L’unica cosa positiva di quella notte era stata avere come sempre Jack al suo fianco al risveglio. Quel ragazzo non dormiva proprio mai. Sembrava essere la vittima preferita dell’uomo oscuro che li cercava. Rapunzel si chiedeva come facesse, nonostante ciò, a mantenere la calma, perché anche lei voleva riuscirci.
-    Faccio semplicemente finta di niente. – aveva ammesso lui – Non sto a rimuginare su quello che mi dice. Se lo facessi... credimi, sarebbe la mia fine. Perché... quelle che riserva a me sono vere e proprie minacce. –
Si era chiesta quali fossero le minacce di cui Jack parlava, ma non aveva potuto chiederglielo esplicitamente. Sapeva quanto Jack preferisse tenere le cose per sé e, ultimamente, ognuno di loro lo stava facendo. Lei stessa non aveva ancora avuto il coraggio di dire agli amici che sua madre la stava cercando ed era un’alleata dell’uomo dagli occhi dorati.
Avrebbe voluto riuscire anche lei ad ignorare tutto quello come Jack, ma, per quanto tentasse, le frasi presenti nei suoi incubi continuavano a risuonarle nella testa, coprendo le parole che invece il figlio di Efesto stava dicendo per  presentare e spiegare il suo lavoro perfezionato.
Solamente quando risalì nuovamente in sella al drago l’attenzione di Rapunzel tornò alla realtà.
Merida pareva preoccupata. Secondo Rapunzel non era il meccanismo costruito da Hiccup a preoccuparla, ma il drago stesso. Da quando Sdentato dormiva insieme a loro, la figlia di Ares restava all’erta tutta la notte. Aveva paura che l’animale potesse sbranarli nel sonno, evidentemente.
Grazie al nuovo meccanismo, Hiccup se la stava cavando proprio bene, fino a quando non decise di strafare troppo. 
La corda di sicurezza, ovvero una delle sue cinture, si slacciò dalla sella, facendo cadere Hiccup dalla groppa del drago. Senza il ragazzo sul suo dorso a comandare l’ala caudale, Sdentato cominciò a sua volta a precipitare. 
Merida, Rapunzel e Jack continuarono a guardare impotenti la scena, pregando tutte le divinità esistenti che anche quella situazione si ritorcesse a loro favore. 
Furono attimi orribili per loro che guardavano da terra. Hiccup cercava di dare indicazioni a Sdentato su come girarsi correttamente per permettergli di risalire sulla sua groppa ed il drago tentava di eseguire i comandi. Dopo pochi istanti, finalmente il figlio di Efesto riuscì nel suo intento, riprendendo magicamente il controllo del volo. 
A terra si alzarono sospiri di sollievo non appena questo accade, che si trasformarono in gioia non appena l’amico atterrò insieme al drago. Beh, la gioia di tutti tranne che di Merida, che scattò di rabbia improvvisamente.
-    Tu, brutto cretino! – imprecò mentre il volto le diventa dello stesso colore dei capelli – Mi hai spaventata a morte! –
Hiccup si mise una mano dietro alla nuca, per poi sussurrare dispiaciuto:
-    Mi dispiace. –
La rossa gli era saltata al collo, provocando in Rapunzel un sorriso contento.
Quei due si piacevano, era ovvio. 
Jack invece aveva cominciato a sorridere maliziosamente. Infatti, fece seguire quest’ultimo da uno dei suoi soliti commenti:
-    Basta effusioni, piccioncini. – 
La rossa si staccò dal corpo del moro, puntando la sua rabbia stavolta verso Jack.
-    Dillo di nuovo e sei morto. –
L’albino alzò le braccia in segno di resa, per poi lanciare un altro sguardo divertito a Rapunzel. 
-    Adesso che abbiamo il nostro mezzo di trasporto, sarà meglio andare. – propose Hiccup una volta passato il rossore sulle gote
-    Sempre se non sei ancora troppo emozionato per guidare, amico! –
Ciò che Jack si guadagnò per quell’ennesimo commento fu, ovviamente, uno schiaffo sulla nuca da parte della figlia di Ares.
-    Sali su quel drago e taci! – 
Mentre stava per salire anche lei in sella al drago, Rapunzel udì una frase pronunciata da due voci che conosceva.
Stiamo venendo a prenderti dicevano in coro. 
La biondina rimase paralizzata per qualche secondo a quella frase, riprendendosi solamente quando Jack le porse la mano per aiutarla a salire.
-    Andrà tutto bene. – le disse, con voce rassicurante.
La figlia di Apollo annuì, per poi accettare la mano dell’amico e salire in groppa anche lei a Sdentato. 
-    Pronti? – chiese Hiccup agli amici seduti dietro di lui
-    Che domande sono. – rispose Merida – Sono stanca di stare in questa foresta. – 
Così, non appena Hiccup spalancò l’ala caudale di Sdentato tramite il meccanismo che aveva costruito, il drago partì alla velocità della luce.
Rapunzel, d’istinto, si aggrappò al corpo dell’albino che le sedeva davanti e, per un attimo, il mondo attorno a lei sembrò svanire. 
Era lì, con i suoi migliori amici, e nulla, neanche sua madre e quell’uomo oscuro, l’avrebbe fermata adesso. 



N.A.: Miracolosamente ( e segnatevi la parola miracolosamente ) sono riuscita a pubblicare puntuale. 
Perché cavoli, ragazzi, il Capitolo l'ho scritto praticamente TUTTO oggi. Forse non tutto, avevo scritto le prime pagine ieri ma... la maggior parte del lavoro l'ho fatto oggi. 
Sapete cosa mi ha spinto a scrivere come una matta? Voi. Che mi sostenete, SEMPRE. Che volete la continua di questa long. Siete stati il mio... incentivo x'D
Continuavo a ripetermi: ' Devi farcela, per loro! Ti ripagheranno per questo! '
Perciò, grazie, ancora una volta! Ognuno di voi ha un posto nel mio cuore x'D
Ma, un posto speciale va sicuramente a Kamala_Jackson, a cui dedico questo Capitolo. Perché lei... oltre ad avere una pazienza IMMANE con me che recensisco dopo secoli ( perché so che hai aggiornato la tua storia ma non ho avuto tempo per scriverti la recensione che ti meriti! >.< ) è anche una di quelle persone fantastiche che mi sostiene sempre. Perciò, grazie, Lia

Inoltre, volevo ringraziare tutti coloro che il 10 Novembre mi hanno fatto gli auguri di compleanno. Scusate se non vi ho risposto ma tra Promessi Sposi e Lingue varie ( eh, il linguistico è una brutta bestia xD Tutte le scuole sono brutte bestie, in realtà -.- ) il computer era un miraggio! T^T
Per quanto riguarda il Capitolo... sono troppo stanca per commentarlo con voi, stavolta. Quindi, se avete qualche domanda o se volete qualche chiarimento, chiedete nella recensione. ;) 
Ci leggiamo il prossimo sabato, mie amati amici/lettori.
E grazie per esserci sempre 
 

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Capitolo 14
*** 13. Macabre Coincidenze e Vecchie Zie Sanguinarie ***


Capitolo 13

Macabre Coincidenze e Vecchie Zie

Sanguinarie

 
Merida
Il viaggio per Merida non fu dei migliori. 
Aveva tentato costantemente per tutto il tempo di rimanere in sella al drago con le sue forze invece di aggrapparsi come qualunque altra persona normale al corpo del figlio di Efesto che le stava davanti.
 ‘ Troppo imbarazzante ‘ si era detta ‘ Gli sono già saltata addosso poco fa ‘. 
Non sapeva cosa le era precisamente preso quando aveva visto Hiccup precipitare nel vuoto. Aveva avuto paura di perderlo, certo, ma i suoi sentimenti erano andati ben oltre a quella semplice paura di veder qualcuno a cui vogliamo bene in pericolo.
Aveva pregato suo padre di cambiare in qualche modo il Fato, di far precipitare lei dalla sella di Sdentato al posto di Hiccup, anche se sapeva che la sua richiesta era impossibile da realizzare persino per suo padre. Quando poi il figlio di Efesto era riuscito a sistemare la situazione da sé, le emozioni avevano preso il soppravvento e non era riuscita a sopprimere quell’odioso istinto di abbracciarlo. 
Merida non aveva mai perso il controllo così facilmente, non era abituata a provare emozioni simili tutte in una volta. Eppure, ogni volta che succedeva, di mezzo c’era quel ragazzino dagli occhi verdi che all’inizio aveva tanto odiato. 
Lo aveva odiato e lo odiava ancora perché, a differenza degli altri, era riuscito a conoscere la vera Merida senza che quest’ultima glielo avesse permesso. 
-    Dove stiamo andando di preciso? – chiese Jack all’improvviso, mentre scrutava pensieroso le nuvole sottostanti
-    Dove non si sa. – rispose Hiccup altrettanto impensierito – Giriamo fino a quando un qualcosa ci da un segno. –
-    Che stupido, era ovvio che stavamo aspettando un qualcosa! – continuò sarcasticamente Jack.
La loro era l’impresa più strana che fosse mai stata assegnata – o affrontata clandestinamente come stavano facendo loro – da dei semidei. 
Non avevano indicazioni, non avevano mappe né punti di riferimento. Merida sapeva solamente che un certo uomo oscuro teneva in ostaggio la sua famiglia. Ah, e che, sempre questo tizio fatto d’ombra, si divertiva a chiamarla Cinghiale. Beh, anche lei aveva dei bei nomignoli per lui che non vedeva l’ora di usare.
-    Merida, possibile che quell’uomo non ti abbia mai dato un’indicazione? – chiese Rapunzel all’amica mentre cercava di tenere lontani quei gabbiani che avevano cominciato a
 trovare un certo interesse per la sua lunga chioma dorata
-    Perché avrebbe dovuto? –
-    Perché vuole che andiamo da lui, no? – rispose Jack col suo solito tono – La tua famiglia è solo un’esca, anche io ci ero arrivato! –
A quel punto, tutti si zittirono. Jack non aveva tutti i torti e la figlia di Ares non riusciva a spiegarsi come proprio lui, Mr Me-ne-frego-amabilmente-di-tutto, era riuscito a capire qualcosa che a loro era sfuggito. 
-    Deve averti dato degli indizi, perciò. – continuò la frase dell’albino Hiccup – Deve per forza. –
Merida cominciò a concentrarsi. 
Non le piaceva ricordare i suoi incubi, ma in quel caso era questione di vita o di morte. 
Si lasciò cullare dal lento volare di Sdentato, dal rumore delle sue ali che sfioravano l’aria, e chiuse gli occhi. 
Vedeva la sua famiglia incatenata ed imbavagliata, inginocchiata al cospetto di un grosso orso nero. Dietro quest’ultimo, l’uomo oscuro rideva di gusto, invitandola a raggiungerlo. Presto avrebbe permesso all’orso di banchettare con la sua famiglia se lei non gli avesse consegnato ciò che voleva. Ma cos’era ciò che voleva? 
Pensa, Merida, pensa ‘ si ripeteva a mo’ di cantilena nella testa. 
Cosa poteva mai volere un supercattivo? Dominare il mondo, no? Distruggere gli dei... sicuramente. O forse la sua ipotesi era troppo scontata? 
Ma, domanda più attinente, come poteva lei, una semidea quindicenne armata solamente di arco, aiutarlo nei suoi scopi? 
Un tremendo dolore alla testa la costrinse però a interrompere quel suo monologo interiore.
 Ricordare faceva male e, per giunta, la sua famiglia stava soffrendo chissà dove e lei era lì, a fare stupide ipotesi sull’uomo nero. Era proprio un’egoista. 
-    Mi spiace, non... non mi viene in mente nulla. – disse così  ai suoi amici una volta riaperti gli occhi 
-    Non importa. – la rassicurò prontamente Hiccup – A nessuno piace ricordare i propri incubi. –
Ancora una volta, il lentigginoso aveva colto nel segno. Come faceva a sapere costantemente cosa provava? Che potesse leggere nel pensiero? Nah, non era un talento dei figli di Efesto quello. Era solamente un ragazzo sensibile e la sua era indubbiamente una stupida paranoia. 
-    Quando sogno quell’uomo è sempre buio. – cominciò poi dopo un po’ Rapunzel, l’unica che sembrava aver avuto il coraggio di ricordare -  E’ come se vivesse lontano dalla luce del sole... – 
-    Potrebbe anche essere un effetto dei sogni... non sono molto attendibili. – disse invece Hiccup, scettico 
-    Anche secondo me vive in una grotta. – continuò Jack.
Un posto buio ed umido... 
-    Deve essere una grotta. – intervenne improvvisamente nel discorso Merida – Oppure un riparo sotterraneo... qualcosa di simile. –
-    Ripeto: i sogni non sono attendibili. – ribatté Hiccup nervoso.
Sembrava preoccupato. Forse aveva sognato qualcosa di così spaventoso da voler credere che non fosse vero. Sì, il figlio di Efesto non gliela raccontava giusta.
-    Ma deve per forza averci dato delle indicazioni, anche se implicite. – continuò Jack convinto
-    Va bene, va bene! – esclamò il figlio di Efesto evidentemente stufo dalle insistenze degli altri tre amici – Merida, potresti riprovare a ricordare? Solo per poco. – 
Non voleva farlo ma sentiva di doverlo fare, per la sua famiglia.
Così, chiuse nuovamente gli occhi, cercando come meglio poteva di concentrarsi sui suoi ricordi. Cosa aveva visto oltre ai suoi parenti? Nulla, dato che era stata troppo atterrita dalla visione di questi ultimi in catene per poter riuscire a guardare altro. 
Poi però, quando riuscì ad arrivare al massimo della sua concentrazione – cosa difficilissima per un semidio iperattivo come lei – notò qualcosa che precedentemente non si era resa conto di aver notato. 
Qualche instante prima di scorgere la sua famiglia incatenata nella grotta buia, lo scenario era stato diverso. Aveva visto una strada, vicino ad una piccola cittadina. Aveva anche visto un cartello, ma non ricordava bene cosa ci fosse scritto sopra. Il nome di una città, probabilmente.
La strada però non era una strada qualunque, per questo se la ricordava ancora. Portava in sé tanta malinconia, malinconia provocata dai fiori lilla che vi giacevano ai lati. Erano stati riposti lì per qualcuno, una vittima della strada, quasi certamente. Una vittima molto giovane, dati i peluche che si stagliavano fra un fiore e l’altro. Una vittima di nome... Emma, aveva letto. 
Adesso Merida capiva la scelta dell’uomo oscuro. Proprio vicino – o meglio, sotto – quella maledettissima strada. 
Adesso sapeva dove andare ma, in cuor suo, non voleva, non poteva dare a Jack un simile dispiacere. Emma era sua sorella. Quella era la strada dove il suo migliore amico aveva perso la sua famiglia, il suo tutto. E, proprio sotto a quella strada, presto lei avrebbe perso la sua. Una macabra coincidenza che l’uomo aveva studiato accuratamente, per schiacciarli. 
-    Io... – cercò di dire poi, una volta riaperti gli occhi.
Jack e Rapunzel la stavano fissando animatamente mentre Hiccup continuava a tenere gli occhi dritti davanti a sé, per guidare Sdentato. 
-    Allora? – chiese insistente Jack.
Se sapessi, amico mio ‘ pensò lei amareggiata. Ma non poteva nasconderglielo. Dovevano andare lì, a prendere quell’uomo a calci nel sedere, a salvare la sua famiglia. 
Decise così di omettere le parti peggiori di quello che aveva scoperto. 
-    Ho visto una strada. – cominciò – Tiene i miei genitori in una grotta vicino ad un’autostrada. Questa collega il resto del mondo ad una piccola cittadina... –
Tutti, anche Hiccup a quel punto, cominciarono a guardarla speranzosi. Stava per deluderli però, un’altra volta.
-    Non sono riuscita a ricordare il nome, mi dispiace. –
-    Ma avrai visto qualcos’altro... qualcosa che ti ha fatto capire dove si trovasse il luogo! – continuò Rapunzel, cercando di estrapolare altre informazioni all’amica
-    Io... non... – guardò Jack e non riuscì più ad andare avanti – Non lo so. – concluse così abbassando il capo.
Non poteva portare Jack lì, gli avrebbe fatto troppo male. Ma, allo stesso tempo, se non ci fossero andati i suoi sarebbero morti. E, a questo punto, Merida si sentiva tra due fuochi: i sentimenti del suo migliore amico o la sua famiglia. 
Hiccup però, come sempre, sembrava non essersi bevuto quel suo non lo so, perché subito dopo la guardò, sospettoso.
‘  E’ ufficiale ‘ pensò Merida dopo aver incrociato lo sguardo di quest’ultimo ‘ mi legge nel pensiero ‘. 
-     Fatto sta che Sdentato ha bisogno di riposo. – disse però agli altri due amici, fingendo di aver dimenticato i suoi sospetti – Dove possiamo scendere senza essere visti? –
-    Esiste la Foschia se ti riferisci a Sdentato. – risanò i dubbi dell’amico Jack – Lo nasconderà agli occhi dei mortali. –
-    Foschia... Certo! – esclamò il lentigginoso dopo aver fatto mente locale - Allora quel posticino laggiù andrà bene! –

***

Atterrare nei pressi di un distributore di benzina in disuso non era cosa facile, specialmente se in groppa ad un grosso drago nero che non resisteva all’impulso di inseguire le luci al neon dei cartelloni. Per poco non si schiantarono infatti contro uno di questi ultimi. Solo grazie ad una brusca sterzata di Hiccup erano riusciti a salvarsi la pelle. 
-    Sdentato ha le stesse abitudini di un grosso cucciolo di gatto. – disse Rapunzel una volta scesa dal drago 
-    Queste sue abitudini finiranno per ucciderci. – commentò sarcastico Jack mentre si allisciava la maglietta stropicciata, ricevendo l’appoggio di un’altrettanto contrariata Merida
-    Non lamentatevi o non avremo più un mezzo di trasporto. – rispose il proprietario del drago mentre accarezzava quest’ultimo sul muso.
Quel posto non era il massimo dell’accoglienza. Il distributore di benzina sembrava essere in disuso da decenni e là fuori, oltre a loro, non circolava anima viva. Nonostante ciò, dopo aver alloggiato in una foresta popolata interamente da mostri per giorni, quel luogo in confronto assomigliava alle Bahamas per Merida. 
Poi, ad un tratto, il suo stomaco cominciò a gorgogliare rumorosamente ed incontrollabilmente. 
All’inizio, Rapunzel, Jack e Hiccup avevano pensato fosse stato lo stomaco di Sdentato a provocare un così forte rumore ma la ragazza li smentì quasi subito ridendo.
-    In realtà... era il mio di stomaco. – 
-    Anche io ho un po’ di fame... – annuì in risposta Rapunzel toccandosi la pancia.
Quest’ultima gorgogliò rumorosamente come quella di Merida, spingendo Jack a fare uno dei suoi soliti commenti.
-    Non voglio immaginare il rumore che avrebbe fatto il tuo stomaco se ne avevi molta, Rapunzel. –
Ma anche il suo gorgogliò poco dopo, facendo stagliare un sorriso soddisfatto sul volto di Merida e di Rapunzel ed uno imbarazzato su quello di Jack. 
-    Magari in quel negozietto c’è da mangiare. – disse appena ebbe finito di ridere Hiccup, indicando una vecchia bottega all’angolo – Si sente un profumino, sapete com’è... –
Non si sbagliava, effettivamente. Magari lì dentro c’era davvero qualcuno che poteva offrirgli un pasto quantomeno decente, possibilmente gratis.
Così, dopo aver legato Sdentato ad un palo della luce, si avvicinarono al negozietto. L’insegna – proprio quella con cui avevano rischiato di schiantarsi poco prima – illuminava l’intera strada con i suoi potenti fasci di luce al neon.
-    Qualcuno di voi riesce a comprendere la scritta? – domandò Jack mentre con la mano destra si grattava pensieroso la testa.
Erano tutti e quattro dislessici, come ogni semidio. Quello era il prezzo da pagare se volevi essere in grado di leggere e parlare lingue morte come il greco. 
Il massimo che riuscivano a leggere su quell’insegna era: IAZ EMAD MPOERIOL DIE ITTINENA ADIAINOGR.
-    Bene... è bello essere noi! – rispose al silenzio Jack, sdrammatizzando 
-    Entriamo. – propose comunque Merida – Male che va la scritta voleva dire: Verdure&Co. da Mostro Assetato di Sangue. -  
Merida sentì Hiccup e Rapunzel deglutire dietro di lei a vuoto, dopo di che entrò. 
-    Questo posto è inquietante. – commentò terrorizzata Rapunzel appena fatto il primo passo, mentre brandiva la sua possente padella ammazza-mostri come solo una semidea addestrata sapeva fare. 
Effettivamente, la figlia di Apollo non aveva tutti i torti. 
Ovunque i quattro si voltassero, delle tanto realistiche quanto strane statue facevano la loro terribile comparsa. Bambini, animali, satiri, tutti fatti di cemento. Merida non riusciva proprio a capire come qualcuno potesse volere nel proprio giardino delle statue così inquietanti tra una siepe e l’altra. Ma, se quel negozio ne vendeva, dovevano sicuramente interessare a qualcuno. Qualche pazzo maniaco, probabilmente. 
-    Non mi piace per niente. – commentò Hiccup dopo aver scrutato attentamente una delle statue.
Ma la figlia di Ares sarebbe riuscita a sopportare quegli occhi di pietra puntati avidamente su di lei pur di continuare a seguire quell’odorino invitante che proveniva dal magazzino.
Quando finalmente furono dinanzi alla porta di quest’ultimo, fu proprio lei, spinta da un istinto più forte della paura - la fame - a bussare coraggiosamente.
La porta fu aperta subito dopo da un’anziana donna vestita interamente di nero. Ogni singolo angolo del suo corpo era rivestito da una lunga toga, come a nascondere qualcosa che, secondo Merida, sarebbe stato meglio per loro non vedere.
Anche la testa era coperta da un velo dello stesso colore scuro.
Probabilmente ha qualche malattia della pelle che fa perdere anche i capelli ‘ cercò di spiegare a sé stessa Merida con razionalità.
-    Bambini, cosa ci fate qui? – chiese la proprietaria del negozio in tono dolce 
-    Ohm... noi... – balbettò Hiccup, visibilmente intimidito da quelle donna coperta dalla testa ai piedi
-    Abbiamo tanta fame. E siamo orfani. – spiegò la loro intrusione Merida con due semplici frasi
-    E senza soldi. – sottolineò Jack da degno figlio di Ermes.
La donna li guardò attraversò il velo che le copriva gli occhi. Questi ultimi scintillavano di una luce strana attraversò la garza che li copriva ma Merida preferì non farci molto caso. La fame superava ogni altro istinto di sopravvivenza in quel momento.
-    Oh, poveri cari! – esclamò poi – Entrate pure e chiamatemi zia Em. – 
Ecco cosa doveva significare quel IAZ EMDA che aveva “ letto “ sull’insegna. 
Merida non si fece pregare tanto dalla donna, esattamente come Jack. Rapunzel ed Hiccup sembravano invece ancora titubanti, infatti ebbero bisogno di una spinta dei primi due per entrare anche loro nel magazzino. 
Anche lì c’erano statue. Questa zia Em doveva esserne di sicuro un’appassionata. O meglio, doveva essere una svitata maniaca coi fiocchi
-    Come le fa queste statue? – chiese Hiccup alla donna, guardandola sospettoso
-    Oh andiamo Hic, farai le tue domande da figlio di Efesto dopo. – gli disse Jack, evidentemente ansioso di mangiare quanto Merida.
E poi, finalmente, eccola lì: la zona ristoro. Praticamente i Campi Elisi per dei semidei affamati come loro. Persino Hiccup e Rapunzel che fino a poco prima erano stati più impietriti delle statue, si erano improvvisamente sciolti alla vista di quel paradiso terrestre. 
Si sedettero così comodamente su di un tavolo da pic-nic, respirando a pieni polmoni l’invitante odore di hamburger che alleggiava intorno a loro. 
-    Vi ho detto che non c’era nulla di cui preoccuparsi. – ribadì Merida ai suoi amici mentre si preparava a banchettare come si doveva.
Zia Em corse intanto a cucinare. Passarono pochi minuti prima di vederla tornare con un vassoio carico di leccornie. 
Cheeseburger, frullati e patatine. Cosa potevano desiderare di più?
-    Posso averne uno... verde? – chiese Hiccup alla donna, riferendosi al suo frullato
-    Verde? – domandò Rapunzel stranita
-    Si, è fissato col verde. – rispose Jack – Glielo porti, zia Em, per favore. –
-    Va bene, Caduc...  bambino! –
I quattro si scambiarono uno sguardo spaventato. Quella donna doveva sapere delle profezia per esser stata tentata di chiamare Jack Caduceo, ciò significava che non era una mortale. 
Di semidei adulti non ne trovavi spesso: la maggior parte moriva divorata da un mostro prima di compiere i diciotto anni. Ciò restringeva il campo. O quella donna era un mostro – cosa più probabile – o una dea sottocopertura.
-    Andiamo via. – sussurrò Hiccup agli altri
-    Non me lo farò ripetere due volte. – rispose Rapunzel nervosa
-    Non se ne parla! – esclamò di rimando Merida, cercando di convincere la figlia di Apollo a rimanere – Devo prima finire il mio cheeseburger. –
-    Infiliamo tutto nello zaino e andiamocene. – propose di nuovo Hiccup 
-    Sarebbe un comportamento da figli di Ermes questo, sai? – disse invece Jack, sorridendo furbamente
-    Sarebbe un comportamento da persone che ci tengono alla propria pelle. – precisò Hiccup – Perciò andiamo! –
Ma, proprio mentre stavano filando via con le loro deliziose robe da mangiare, zia Em tornò con il frullato verde che Hiccup aveva richiesto.
-    Dove state andando, bambini? – chiese utilizzando un tono falso da anziana signora che voleva solo aiutarli
-    Ci siamo resi conto di aver dimenticato una cosa fuori... torniamo subito. – rispose Jack a quella domanda, cercando di apparire il più tranquillo possibile
-    Oh no, dovete finire prima la vostra cena. – continuò la donna, stavolta con fare più autoritario – Non sta bene alzarsi da tavola prima di aver terminato. –
-    Davvero, dobbiamo proprio andare via. – ribadì Rapunzel mentre, dal suo zaino, trascinava fuori silenziosamente la micidiale padella che aveva conservato poco prima senza farsi vedere dalla donna. 
Merida udì all’improvviso un flebile sibilo che le fece accattonare la pelle. Se ne infischiava del cibo, adesso, doveva andare via da lì.
-    Prima, aiutatemi ad aggiungere qualche statua alla mia collezione, vi prego. – andò avanti con le suppliche la vecchina dagli occhi scintillanti mentre, lentamente, cominciava a srotolarsi il velo che aveva sulla testa. 
Fu quando lo ebbe finalmente tolto che Merida capì il perché lo avesse tenuto fino ad allora. Una chioma fatta interamente di serpenti le sovrastava la testa. Erano stati questi a sibilare poco prima e, sempre questi, adesso la stavano fissando coi loro occhietti inquietanti. 
Hiccup esclamò:
-    Medusa!
E tutto da lì le fu chiaro. Le statue così realistiche, il suo nome. Zie Em. Emme. Medusa. 
-    Sei intelligente per essere un figlio di Efesto! – esclamò contro Hiccup la donna – Atena deve averti sicuramente preso in simpatia per questo! –
Con quella frase, Merida ricordò anche come Medusa era diventata quello che adesso era. Un tempo era stata una bella donna, ma Atena l’aveva maledetta dopo averla trovata a fare i fatti suoi con quel bell’imbusto di Poseidone proprio nel suo tempio. Una profanazione bella e buona! 
-    Sarai sicuramente felice di essere il primo a posare per me! – continuò contro il lentigginoso arrabbiata, mentre, con un gesto della mano, faceva cadere anche il velo che aveva davanti agli occhi.
Era con questi ultimi che pietrificava le persone. Merida lo aveva appena ricordato quando urlò agli altri:
-    Non guardatela! –
Gli amici fecero come aveva detto mentre Medusa li si avvicinava minacciosa.
-    Avanti, guardatemi... – diceva con voce suadente – far parte della mia collezione sarà divertente! So che il signore oscuro non sarebbe d’accordo se vi uccidessi io ma... non riesco a resistere all’impulso di farlo. –
Poi, si avvicinò a Rapunzel con fare sognante, e cominciò a dirle:
-    Ma che bei capelli, bambina. Sai, anche io un tempo ne avevo di così belli e lunghi, ma una dea gelosa me li ha trasformati in serpenti. Se aprirai i tuoi occhi, mi renderai felice. –
Stava mirando al punto debole di Rapunzel. Era nell’indole di quest’ultima aiutare ed accontentare gli altri sempre e comunque. Merida non poteva lasciarglielo fare. Rapunzel era la sua migliore amica, doveva aiutarla.
Così, adesso che Medusa le aveva voltato le spalle, prese una freccia, la sistemò nel suo arco e prese velocemente la mira. Colpì il fianco della donna che di scatto si voltò dalla sua parte, ululando un:
-    Non ci si comporta così, bambina cattiva! –
Questo bastò a distrarla. 
Rapunzel la stordì con un colpo secco di padella alla testa. Medusa cadde subito dopo a terra di faccia all’ingiù, dando l’opportunità ad Hiccup di poterla  trattenere sul pavimento con l’impugnatura del suo martello. 
A Jack toccò la parte più divertente – almeno secondo Merida -. 
Con la porzione più appuntita del suo bastone, staccò la testa di Medusa dal resto del corpo, esattamente come aveva fatto Perseo secoli prima. 
-    Che schifo! – imprecò poi dopo averlo fatto.
La testa della donna era rimasta intatta, a differenza del suo corpo che si era ridotto presto in sabbia diretta al Tartaro. La testa di Medusa era uno di quei reperti che i semidei chiamavano bottini di guerra. Adesso era loro e, cosa ancora più figa, funzionava ancora se qualcuno le apriva gli occhi.
-    Io non viaggio con quella cosa nello zaino. – continuò Jack mentre avvolgeva la testa in questione nel velo con cui fino a poco prima era stata avidamente celata
-    Propongo di spedirla all’uomo oscuro, per dimostrargli di che pasta siamo fatti! – esclamò con entusiasmo Rapunzel, facendo seguire un saltello eccitato a quella esclamazione
-    Peccato che non abbiamo il suo indirizzo. – puntualizzò Hiccup, spegnendo quell’entusiasmo che si era appena venuto a creare.
E fu lì che la mente di Merida cominciò a viaggiare a mille all’ora. 
Dovevano andare da quell’uomo, anche se il suo nascondiglio si trovava sotto a quell’autostrada. Jack avrebbe capito. Jack non era mai stato un’egoista. Jack l’avrebbe perdonata, alla fine. 
Era pronta a rischiare. In un’impresa bisognava farlo, dopo tutto.
-    Gliela porteremo di persona quella testa. – disse così e, con quella frase, fece stagliare delle espressioni perplesse sul volto dei suoi amici
-    Che intendi dire, Mer? – chiese così Rapunzel mentre la guardava sconvolta
-    Intendo dire che io so dove si trova. E vi porterò da lui. –

 

N.A.: Perdono! >.< Non sapete come mi sento in colpa per questo... RITARDO APOCALITTICO. Ma, come è giusto che sia, la scuola e gli impegni vari ( anche se chiamare impegno l'andare al cinema a vedere Mockingjay Part 1 è una specie di eresia xD Sono ancora sclerata se ci ripenso *-* ), non sono riuscita a terminare questo capitolo in tempo. >.< Ma, so che mi perdonerete per questo. ;)
Well, evito di tediarvi ancora per molto coi miei problemi esistenziali e passo al Capitolo. ^^
I nostri quattro hanno finalmente scoperto dove si trova questo maledetto uomo nero dei loro sogni. EVVIVA! x'D Ma, non potevo scegliere un luogo colorato e felice come location, no? Perciò... vai con le Macabre Coicidenze! ù.ù Li sto facendo soffrire troppo in questa long. Decisamente troppo. Sarà lo spirito di TrollRick che si è impossessato di me ù.ù x'D
A proposito di questo... per la parte di Zia Em-Medusa mi sono ispirata MOOLTO, tantissimo se proprio vogliamo dirla tutta, alla parte in cui Percy&Co la incontrano in The Lightning Thief
L'ho fatto perché personalmente ho adorato quella parte del primo libro di PJO e... volevo impiantare i nostri quattro nella stessa situazione per descrivere come penso che loro avrebbero reagito. E mi sono divertita un mondo a farlo! E spero di aver divertito anche voi...  cosa che mi preoccupa xD
Se non erro, dovrebbe essere tutto. Se avete dubbi o se ho dimenticato qualcosa, non esitate a chiedere nelle recensioni o anche in un messaggio privato se siete timidoni ( come me, del resto ù.ù ) xD Perché mi piacerebbe conoscere l'opinione di TUTTI coloro che seguono questa storia. =) 
Insomma, ringrazio come sempre chiunque sia arrivato fin qui, perché tutto questo significa davvero molto per me.
E SONO GIUNTA A PIU' DI 50 RECENSIONI. I miei poveri feels T^T 
Ah, per quanto riguarda il nostro prossimo appuntamento... non ne ho idea! 
Gli aggiornamenti dovranno diventare per forza irregolari... ma, non temete, riuscirò a non fare troppo troppo ritardo ( ? ). ;) 
Alla prossima! 



 
 



 

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Capitolo 15
*** 14. Maestri di Bugie e Draghi Bagnati ***


Capitolo 14

Maestri di Bugie e Draghi Bagnati

 
Jack
 
Da quando la loro impresa era cominciata, Jack si sentiva sempre più confuso.
I pezzi di quel puzzle che avevano creato insieme giorno per giorno, invece di riorganizzarsi pian piano da soli, si stavano staccando inesorabilmente fra loro, facendo apparire la situazione agli occhi di Jack più tragica che mai. 
Da quando Merida aveva pronunciato quella frase nel negozio della megera dai capelli serpentosiperché secondo Jack il nome Medusa non rendeva bene l’idea – la sua testa aveva cominciato a lavorare più del solito.
Lui non era tipo da rimuginare tanto sulle cose, anche perché se l’avesse fatto sarebbe già impazzito da un pezzo, eppure, si sentiva tradito. 
Merida non parlava, si limitava a dare indicazioni ad Hiccup sulla via da seguire. Quest’ultimo di rimando non le porgeva alcuna domanda, bensì le lanciava occhiate silenziose che a Jack davano molto fastidio. Era come se confabulassero tra di loro alla spalle sue e di Rapunzel.
Rapunzel. L’unica certezza che al momento aveva ma che aveva paura di perdere da un momento all’altro.
Perché, se fossero riusciti davvero a raggiungere il nascondiglio dell’uomo nero, lui avrebbe dovuto fare una scelta, la sua famiglia o i suoi amici, e non si sentiva affatto pronto a ciò. 
-    Uno di voi due – cominciò così all’improvviso, parlando per scacciare quei pensieri che lo avevano tartassato per tutta la durata del viaggio – potrebbe per favore dirmi dove siamo diretti? E non accetto silenzi insopportabili come risposta. Non stavolta. –
-    Svolta a sinistra. – enunciò Merida ad Hiccup, facendo finta di non aver sentito
-    Devi darci una risposta. – la esortò lo stesso figlio di Efesto mentre eseguiva gli ordini  - Ce la devi. -
-    Non posso. – rispose la rossa, rivolgendo i suoi occhi acquamarina alle nuvole sottostanti – Ed un giorno, specialmente tu Jack, mi ringrazierai per questo. –
-    Come potrei ringraziarti? Da quando ci siamo conosciuti non hai fatto altro che raccontarmi bugie. –
A quella frase, la presa di Rapunzel al corpo di Jack si fece più stretta, come a segnale che quel che stava accadendo non le piaceva. 
-    Non... non è vero. – balbettò Merida in risposta, evidentemente sul punto di scoppiare – E, se l’ho fatto, era sempre a fin di bene. –
-    Ma noi – il figlio di Ermes abbassò il tono, cercando di apparire più tranquillo come la biondina voleva – non possiamo sapere se menti a fin di bene oppure no. – 
-    Beh, non sono l’unica a mentire, qui. – rispose invece a tono la rossa, voltandosi per guardare in volto gli amici che le sedevano alle spalle – Tutti voi state mentendo! Quindi, fatevi un esame di coscienza prima di prendervela con me. – 
Quella non era di certo una frase sbagliata, ed infatti bastò a far chiudere la parentesi scomoda che proprio lui, colui che nascondeva il segreto più grande di tutti, aveva aperto. 
Nessuno ebbe infatti il coraggio di controbattere, proprio perché nessuno aveva la coscienza pulita come la figlia di Ares aveva pensato. 
Quest’ultima si voltò poi nuovamente verso il cielo e ricominciò a dare indicazioni al lentigginoso che le stava davanti. Questo eseguiva, ogni tanto regalando qualche pacca sul dorso al fedele Sdentato che stava svolgendo in modo ottimale il suo lavoro. 
Anche Jack avrebbe voluto ringraziare quel lucertolone, perché grazie a lui aveva una scusa per rimanere avvinghiato a Rapunzel tutto il giorno, ma queste erano ovviamente cose che l’albino preferiva tenere per sé. 
Dopo ore di silenzio, silenzio che sapeva di colpevolezza e rancore, Merida si sentì di dire: 
-     Stiamo andando a casa mia. – con le voce ferma di chi credeva fermamente in ciò che faceva – Alla città in cui sono nata. È vicino al posto in cui si nasconde. –

***

Fu un viaggio lungo quello, ma ricco di emozioni altamente contrastanti per Jack. 
Rapunzel si era addormentata beatamente sulla sua schiena e questo gesto, sebbene in un certo senso dovesse far piacere al figlio di Ermes, non aveva fatto altro che farlo sentire ancora più in colpa di quanto già non si sentisse.
Perché? Perché di lui non c’era da fidarsi. 
Se l’uomo nero aveva insistito per averlo come complice un motivo c’era, no?
Questo pensava lui. Si credeva cattivo, più cattivo di quanto si era da sempre creduto.
La sua famiglia era morta per colpa sua, dopotutto. Era stato lui a perdere quel maledetto autobus. Lui a costringere sua madre a passare a prenderlo a scuola. Lui le aveva messe entrambe su quell’autostrada e lui, non il Fato, neanche suo padre o il camionista ubriaco, lui e solo lui era stato la causa della loro morte. 
Perciò, qualsiasi super cattivo avrebbe fatto a gara per averlo nella sua squadra. 
Quando poi fecero una pausa in una città vicina a quella in cui erano diretti – ma soprattutto quando finalmente Rapunzel si staccò dalle sua schiena – l’albino sembrò sentirsi meglio, libero per qualche minuto da tutto quel peso che aveva sentito e sentiva tutt’ora ogni giorno sulle sue gracili spalle.  
Ad aiutare probabilmente era stata anche la pioggia, che Jack aveva apprezzato fin da quando era un batuffolo semidivino nelle braccia di sua madre. Non l’apprezzava certo quanto apprezzava la neve, ma quasi. 
Il solo rumore delle gocce d’acqua che si infrangevano al suolo lo rassicurava e quell’odore inebriante di terra bagnata gli rievocava alla mente dolci ricordi. 
Anche Emma era stata attratta dalla pioggia e, dal giorno della sua morte, a Jack piaceva pensare che la bambina, una volta giunta ai Campi Elisiperché lì aveva il diritto di alloggiare secondo lui - avesse chiesto agli dei di diventare parte integrante di quell’evento atmosferico che tanto l’aveva affascinata.
Perciò, ogni goccia che gli sfiorava delicatamente il volto quella sera, a lui pareva una carezza ricevuta da quella così dolce e piccola bambina che così presto aveva perso. 
Di certo come lui non la pensava Merida, che stava sbraitando imperterrita contro il cielo, come se con le sue urla potessero fermare il regolare corso del ciclo dell’acqua. 
-    Odio Zeus! – 
-    Non lo direi se fossi in te... – commentò Hiccup mentre scrutava la volta celeste preoccupato. 
Subito dopo il commento del moro, infatti, un lampo squarciò orribilmente il cielo, seguito da un tuono così rumoroso da far sembrare che la terra sotto ai loro piedi stesse irreparabilmente cedendo. 
Tutti e quattro indietreggiarono così spaventati, specialmente Merida, cosa che Jack non si aspettava di certo dalla figlia di Ares combattiva che aveva imparato a conoscere. 
-    Mer ha paura dei temporali. – illuminò la faccenda ai ragazzi Rapunzel, avvicinandosi all’amica con fare affettuoso – Ci siamo noi qui. –
-    Non... non ho paura dei temporali! – si mise subito sulle difensive la rossa – Avevo solamente la sensazione che Zeus stesse per fulminarmi. -
A quel punto, un altro tuono spezzò il silenzio della sera, facendo ammettere finalmente a Merida di aver una paura matta di quel tipo di evento atmosferico.
-    Sei la mia migliore amica, se non le so io certe cose. – commentò Rapunzel soddisfatta, mentre si copriva la testa con la padella che, notizia straordinaria, si era rivelata anche un ottimo ombrello.
Alla faccia di Jack che l’aveva chiamata inutile!
-    Le ali di Sdentato dovrebbe riuscire a coprire tutti e quattro. Non possiamo cercare un posto dove stare con un tempo del genere, è pericoloso. – disse poi Hiccup mentre invitava Sdentato a stendere le grosse ali nere di cui era provvisto e ad usarle come riparo.
Così infatti fecero. Aspettarono. 

***

Minuti interminabili passavano. Merida continuava a nascondere il volto fra le sue ginocchia tremolanti mentre dei potenti tuoni risuonavano nell’ambiente circostante. Hiccup la guardava col fare apprensivo di chi si sentiva impotente. Non doveva aspettarsi neanche lui una fobia così da Merida. 
Rapunzel invece aveva cominciato a tremare, e non per la paura. Aveva freddo, e neanche i suoi capelli riuscivano a scaldarla sufficientemente in quel momento.
Poteva sembrare una cosa stupida, secondo Jack, prestare una semplice felpa ad una ragazza che da sola poteva farsi da termosifone umano, ma non riuscì a resistere all’impulso di farlo. Forse per non sentirsi più pessimo di quanto già si sentiva.
-    Tieni. – le disse così, porgendole la felpa azzurra di ricambio che aveva portato con sé 
-    Sicuro che a te non serve? – chiese lei, incerta sull’accettare quel gesto gentile – Fa freddo. –
-    Non soffro il freddo. – ammise il ragazzo – Non so il perché, sinceramente. So solo che... ho una soglia del percepire le temperature glaciali inferiore al normale. –
A Rapunzel scappò una risatina, che fece sorridere un po’ anche lui. 
-    Aggiungilo alla lista “ le cose strane che so su Jack “. – continuò poi l’albino, ridacchiando
-    Non ne ho una. – disse invece la biondina molto ingenuamente
-    E lo capisco. Sarebbe, tipo, un papiro di informazioni! –
Se Jack in quel momento stava ridendo della sua ultima esclamazione, Rapunzel aveva assunto un’espressione preoccupata.
-    Tu non sei strano, Jack. Devi smetterla di avere una così bassa considerazione di te. – gli disse.
Detto da un’altra ragazza, tipo una come Merida o peggio, come Elsa la luogotenente, quella frase sarebbe risuonata alle orecchie di Jack come un rimprovero bello e buono. Detto dalla figlia di Apollo, invece, sembrava un consiglio, un consiglio vero, da amica. Un sbattergli in faccia la dura verità in un modo meno burbero, ma pur sempre efficace. Perché lui, anche se tendeva a mostrarsi agli altri sempre sicuro di sé, in realtà non lo era affatto. E lei, che sembrava sempre così ingenua e piccola agli occhi altrui, in realtà aveva capito tutto. Era riuscita a scavare più a fondo nel cuore di ghiaccio che il figlio di Ermes sapeva di avere. Lo aveva sciolto, letteralmente
Non sapendo come rispondere a quel consiglio, si limitò a rimanere in silenzio, mentre Rapunzel si infilava la sua felpa azzurra. 
Quest’ultima, dopo aver fatto ciò, continuò a guardarlo pensierosa per un po' e Jack non si era mai sentito così in imbarazzo in vita sua.
Così, ricominciò ad osservare assorto la pioggia, per dimenticare per un attimo quegli occhi verdi primavera che lo avevano messo a nudo poco prima. 
E fu proprio guardando quelle gocce cadere che realizzò che lui non voleva stare al riparo come gli altri. Lui voleva bagnarsi di quell’acqua che – ormai ne era convinto – era lo spirito della sorella. 
Così, spontaneamente, disse alla biondina che gli stava di fianco:
-    Sai cosa mi farebbe sentire meglio? Farti conoscere mia sorella. –
Rapunzel assunse un’espressione confusa, che fece sorridere nuovamente l’albino. Anche Hiccup e Merida si erano messi in ascolto adesso, da sotto l’ala destra di Sdentato.
-    Conoscere tua sorella? – ebbe il coraggio di chiedere la figlia di Apollo poi – Ma Jack... lei è... -
-    Lo so ma... fidati, la incontrerai. – 
La biondina cominciò a guardarsi intorno, come alla ricerca di spiegazioni che però non sarebbero mai arrivavate. Così, alla fine, noncurante di tutto ciò che sua madre le aveva insegnato sino ad all’ora, seguì Jack nel suo pazzo tentativo di unire il passato della sua vita al presente. 
Sdentato abbassò l'ala sinistra, confuso, mentre i due semidei si recavano sotto la tempesta perfetta. 
Rapunzel non tremava più, anzi, si mostrava curiosa. 
-    Come faccio a vederla? –  chiese, ancora ingenuamente
-    No, no, non devi vederla. – le spiegò lui – Devi sentirla. –
La figlia di Apollo chiuse istintivamente gli occhi e ciò fece capire a Jack che aveva afferrato il concetto. 
Merida ed Hiccup li osservavano intanto in silenzio, sorridendo però entrambi a quella scena così bella e vera
Il figlio di Ermes fece cenno anche a loro di raggiungerli. Il lentigginoso rispose affermativamente, spingendo anche la figlia di Ares a fare lo stesso. 
Strano a dirsi, ma neanche lei si era sentita di rifiutare. Quel suo gesto fece capire a Jack che non era una traditrice ma che, anzi, avrebbe fatto di tutto per il bene dei suoi amici, anche superare una fobia come quella dei temporali. 
I due si misero accanto a Rapunzel e chiusero anche loro gli occhi. 
In quel momento, Jack si sentiva felice, veramente felice. Circondato dai suoi veri amici, gli amici che sperava non dover abbandonare mai. 
-    La sentite? – chiese poi ai tre, mentre la pioggia li inzuppava tutti violentemente
-    Si... – risposero, continuando a tenere gli occhi chiusi 
-    Ed è fantastica. – aggiunse Rapunzel, che in quel momento risplendeva anche lei di felicità come non mai.  
Così, anche lui chiuse gli occhi, ma quella volta fu diversa dalle altre. 
La sentiva, sentiva la sua voce. Lo chiamava, ed il solo sentir pronunciare il suo nome dalla voce della sorella gli riscaldava il cuore come il sorriso di Nord faceva coi semidei che arrivavano confusi e persi al Campo. 
Avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre.
Ma in una vita fatta di attimi, il per sempre non esiste.
Il ruggito allarmato di Sdentato costrinse infatti violentemente tutti e quattro ad aprire gli occhi. 
Un branco di grossi draghi stava planando verso di loro, e non sembrava aver buone intenzioni come la loro Furia Buia. 
-    Dobbiamo... dobbiamo andare via! – urlò ai compagni Hiccup, una volta essersi ripreso dalla sensazione di benessere che aveva provato poco prima.
Ma non fecero in tempo a salire sulla groppa di Sdentato che quest’ultimo era stato già placcato da un altro drago, decisamente più cattivo ed assettato di sangue di lui.  
-    Dobbiamo muoverci, Hiccup! – urlò Merida al figlio di Efesto che era rimasto imbambolato ad osservare la scena
-    Io non vado via senza di lui. – furono le ultime parole che pronunciò prima di correre in aiuto del fidato amico drago, sotto lo sguardo contrario e allo stesso tempo spaventato della figlia di Ares. 
Fu lì che quest’ultima fu costretta ad agire, e con lei anche gli altri due.
Jack afferrò il suo bastone, incerto che potesse funzionare coi draghi. Con Medusa in confronto era stato un gioco da mortali.
Non sapeva proprio da dove cominciare, così, insieme a Rapunzel tentò di farne fuori uno mentre Merida e Hiccup si occupavano di quello che aveva intrappolato Sdentato. 
Ciò che più stupì Jack però fu quello che accadde dopo. 
Un uomo, robusto e dalla capigliatura formata interamente da lunghe ciocche dreads, cavalcava il drago più grande di quell’armata. Sembrava il loro capo, la loro guida, e facevano tutto ciò che lui voleva.
Di sicuro quell’uomo era un alleato del signore oscuro dei sogni, non c’erano altre spiegazioni oltre a quella.
-    Traditore! – urlò verso la Furia Buia, facendo stagliare espressioni confuse sul volto dei quattro ragazzi all’ascolto – Sapevo che non c’era da fidarsi di te! Non segui il branco e ti allei con il nemico! –
-    Che cosa sta dicendo, Sdentato? – chiese Hiccup perplesso all’amico, come se quest’ultimo fosse in grado di rispondere
-    Dico che dovresti sceglierti meglio i draghi da compagnia. – rispose l’uomo – Ma non mi perdo in queste sciocchezze, la Furia Buia verrà giustiziata a tempo debito. Ciò che devo fare io è rapire voi. –
Il branco di draghi che, all’arrivo del loro capo, si era per un attimo arrestato, adesso aveva ricominciato ad avanzare minaccioso verso di loro, con l’unica differenza che Sdentato adesso era libero. 
Ma, se fossero volati via, quei lucertoloni alati sarebbe riusciti sicuramente a seguirli. 
-    Nella foresta! – urlò Merida
-    Non cambia nulla se andiamo lì! – ribatté Hiccup – Ci scoveranno! –
-    Beh, te lo scordi che mi faccio rapire. – 
Jack guardò prima Rapunzel, poi il cielo. La pioggia aveva continuato per tutto il tempo a cadere, e l’albino rifiutava di credere che sua sorella li volesse tutti nella mani del signore oscuro. Volevano andare da lui, si, ma col vantaggio della sorpresa. 
Una goccia più piena si infranse poi sullo zaino di Jack, ricordandogli una cosa che, in quel momento, poteva salvarli tutti.
Ma il branco era troppo vicino, e doveva difendere i suoi amici. 
Lanciò così lo zaino ad Hiccup, sicuro che il ragazzo avesse afferrato le sue intenzioni, mentre cercava di difendersi dai draghi col bastone. 
Hiccup srotolò dalla garza in cui era stata avvolta la testa di Medusa, le aprì gli occhi e li diresse verso il branco di draghi che, come sia lui che Jack si aspettavano, si pietrificarono all’istante. 
L’uomo era stato l’unico a non aver abboccato all’inganno, perciò, prima che i quattro partissero alla volta del cielo in groppa a Sdentato – sul quale Merida però non aveva negato di nutrire dubbi sul suo doppiogiochismo  - lo sentirono pronunciare adirato:
-    Andate al Tartaro! – 
 

N.A.: Eccomi qui, con irregolarità, ma pur sempre qui! ^^ Questo è il prezzo da pagare se si vuole andare bene a scuola ( e sta andando a gonfie vele, per la cronaca xD ).
In realtà non avevo intenzione di postare oggi, perché il Capitolo l'ho finito... esattamente trenta minuti fa. Perciò
perdonatemi se vi farà pena rispetto agli altri. >.< Ci ho provato =( 
Ma, devo smetterla di autocriticarmi così tanto, sta a voi dirmi se vi è piaciuto o no, dopotutto. ^^" E sono preoccupata.
Andiamo al commento e alle spiegazioni, che è meglio xD
Well, in questo Capitolo mi sentivo molto poetessa mentre scrivevo. ù.ù Sarà che io Jack lo vedo anche molto riflessivo quando non è allegro e scherzoso... quindi quando scrivo dal suo POV mi diletto a raccontare i suoi problemi esistenziali xD Spero di non avervi stancati con ciò, dato che... mi sono dilungata tantissimo sul descrivere quello che frulla nella testa di questo poveretto. x'D
Ed ho cercato di rimediare alla leggera mancanza di Jackunzel che c'è stata nei precendenti Capitoli ^^ Pucciosi loro 
♥ *-*
E ci ho inserito anche un BigFour!Moment ( se così si può chiamare ù.ù )  che, nella sezione, ammettiamolo, manca parecchio. Anche se io sono la prima a shippare Mericcup e Jackunzel amabilmente, sono del parere che dovremmo concentrarsi su loro quattro soprattutto come amici. E la scena della pioggia... e la parte di Emma... lo ammetto, mi sono commossa, quindi spero di commuovere anche voi ( poi magari non succede. Anzi, sicuramente, so shame on me  già da adesso x'D ).
Ah, ho anche spiegato con l'apparizzione di Drago Bludvist ( perché tutti avevate capito che l'uomo coi draghi era lui, penso xD ) il motivo per cui anche il ciclope aveva chiamato Sdentato traditore. Ebbene si, come tutti gli altri draghi prima stava dalla parte oscura. Ma noi tutti sappiamo che il caro vecchio Toothless non farebbe del male ad una mosca ( Se non costretto, ovviamente... oh no, adesso penso a Stoick e muoio dentro T^T ) 

Con questo, credo di aver detto tutto. Se così non fosse, ci sono le recensioni, quindi se avete dubbi non esitate a chiedere. 
Come sempre vi ringrazio TUTTI, dal primo all'ultimo, per tutto ciò che fate per me.
Prima di chiudere però, prometto a coloro che seguono anche la raccolta che, in questi due giorni di pausa dalla scuola, cercherò di scrivere una delle One Shot che avevo in programma di fare. ;)
Detto questo, alla prossima amici, e grazie ancora di tutto 







 

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Capitolo 16
*** 15. Presunti Traditori e Ritorni a Casa ***


Capitolo 15

Presunti Traditori e Ritorni a Casa

 
Hiccup

Hiccup non riusciva più a guardare negli occhi il suo amico Sdentato senza pensare alla parola traditore
Sapeva che adesso la Furia Buia non era più un’alleata dell’uomo nero, eppure una fitta alla stomaco lo attanagliava ogni volta che ripensava al giorno in cui l’aveva incontrato e aiutato in quella foresta brulicante di mostri. 
Si era domandato spesso il perché della presenza di un drago tutto solo in un luogo del genere, ma non era riuscito a darsi una risposta precisa. Le sue erano state solo ipotesi all’epoca, ipotesi che erano state smentite oramai dall’uomo che aveva comandato ai draghi di catturarli tutti e quattro qualche ora prima. 
Quella sera, Sdentato si era trovato in quel bosco per una missione ben precisa: ucciderli per conto dell’uomo oscuro. Il giovane figlio di Efesto non aveva più alcun dubbio su ciò. 
Ma perché continuava a fissare il drago in quel modo? Non li avrebbe traditi. Se avesse voluto farlo li avrebbe consegnati lui stesso a quella specie di generale per draghi quando l’occasione gli si era presentata. Eppure, dentro Hiccup albergava l’orribile timore che la Furia Buia stesse facendo un doppio gioco pericoloso, che si sarebbe concluso quasi sicuramente con la loro morte e la distruzione dell’Olimpo. 
-    Siamo quasi arrivati. – disse Merida, mentre scrutava le nuvole in cerca di casa sua – Questa è la cittadina dove sono nata. –
-    Qui si trovava anche il mio orfanotrofio. – aggiunse Jack, col tono colmo del risentimento di chi evidentemente non rimpiangeva per nulla i momenti trascorsi in quel luogo.
Merida annuì distrattamente. La vicinanza a casa sua doveva aver fatto riaccendere in lei i sensi di colpa. 
-    Mer, sei sicura che sia ragionevole riposare a casa tua per questa notte? – chiese Rapunzel pensierosa – E’ lì che i tuoi sono stati... – 
-    Rapiti, lo so. – concluse Merida la frase dell’amica che, per discrezione, aveva preferito non continuare – Ma non abbiamo altra scelta. Dopo aver studiato un piano d’azione a casa, ci dirigeremo verso il luogo in cui l’uomo nero si nasconde. -
-    Sarebbe meglio farlo a piedi. – intervenne Hiccup – In sella ad un drago saremmo troppo vistosi. –
Aveva spiegato quella sua idea così agli amici, non volendo ammettere neanche a sé stesso che, in realtà, preferiva andarci a piedi perché aveva timore che Sdentato potesse far parte del piano dell’uomo nero e quindi tradirli una volta giunti sul posto. 
-    Ottimo! – esclamò Jack – Allora prepariamoci alle 48 ore più fighe della nostra esistenza! –

***

Quando atterrarono nei pressi della casa di Merida, un mucchio di mortali si era fermato a guardare. Hiccup, che non era ancora abituato a dovere a tutta quella strana roba da semidei, d’istinto cercò di spiegare agli umani ciò che di inusuale stavano osservando.
-    È un aereo a forma di drago, di nuova generazione. –
Ma si guadagnò uno spintone da Merida ed una padellata leggera sul fianco da Rapunzel, che gli ricordarono una cosa importante.
-    Oh si, avevo dimenticato la storia della... Foschia. – e a quest’ultima parola abbassò il tono di voce 
-    Chissà cosa vedono al posto di Sdentato. – diede suono ai suoi pensieri Rapunzel 
-    Magari un aereo nero. Un po’  piccolino. Che può atterrare dove gli pare. - rispose Jack, divertito.
Intanto, Merida camminava spedita verso l’uscio di casa sua che, come sicuramente non si aspettava, era stata sequestrata dalla polizia. 
-    Ma che diamine...? – borbottò mentre sfiorava il nastro giallo del sequestro 
-    Devono aver pensato che qui dentro fosse accaduto un rapimento. È una specie di scena del crimine, adesso. – disse Hiccup, mentre esaminava anche lui il nastro giallo 
-    C’è stato un rapimento, in effetti. – commentò Jack
-    Si, ma avranno pensato sia stato un pazzo psicopatico, probabilmente, non un mostro. –
-    Ragazzi – chiamò ad un tratto Rapunzel con voce tremante – venite a vedere. –
La biondina si trovava sul retro della casa, là dove era stato aperto uno squarcio gigante sul muro. Chiunque fosse riuscito a crearsi un’apertura del genere nella parete doveva essere dotato di una forza disumana. 
-    Il rapitore. – disse Jack – Ecco da dove è entrato. –
Merida si chinò vicino alla squarcio, e Hiccup in quel momento aveva paura le venisse una crisi di nervi. Al contrario, la ragazza si limitò a fissare l’apertura, con gli occhi pieni di astio verso la bestia. 
-    L’ha mandata lui. – affermò poi agli amici – Ed è entrato proprio dalla camera delle tre pesti. Li avrà terrorizzati a morte... – 
Aveva detto l’ultima parte con la voce spezzata. Ad Hiccup faceva male vederla così. 
-    Sono sicura che stanno bene. – cercò di rassicurarla Rapunzel, mentre le accarezzava il capo con fare materno – Sono tuoi fratelli, ciò significa che sono coraggiosi come te.  –
La figlia di Ares annuì, cercando di ritornare in sé. 
-    Te la senti ancora di entrare? – le disse poi il moro, ponendosi sul lato opposto a quello in cui Rapunzel l’aveva abbracciata.
Merida annuì di nuovo, si alzò da terra e si voltò verso gli amici.
-    Grazie per essere qui con me. – dichiarò a tutti e tre, con sentito riconoscimento
-    Nessun ringraziamento, per te questo ed altro. – rispose con uno dei suoi soliti sorrisi caldi Rapunzel
-    Già, e poi noi adoriamo ignorare il nastro giallo della polizia, non lo sapevi? – continuò beffardo Jack, mentre per primo si inoltrava nella casa dell’amica.

***

La scena che si presentò ai loro occhi una volta entrati non fu delle migliori. 
I mobili rotti, la cucina in disuso, le foto di famiglia in frantumi sul pavimento. La casa sembrava esser stata attaccata da un mostro assetato di sangue. Beh - Hiccup lo dimenticava sempre – sicuramente era così che era andata. 
Passo dopo passo esploravano la casa, tentando come meglio potevano di evitare di calpestare qualcosa rotto.
-    Ahia! – gemette Rapunzel all’improvviso, mentre, da seduta, si fissava il piede terrorizzata – Ho calpestato un vetro rotto! –
Hiccup si voltò verso l’amica che aveva il piede completamente insanguinato. Avrebbe voluto sgridarla, dato che era alquanto ovvio farsi male se si camminava sul pavimento di una casa annientata senza scarpe, ma al momento era più preoccupato per il brutto taglio che si era stupidamente procurata per poter proferire qualcosa col giusto tono da rimprovero. 
-    Che sta succedendo? – chiese preoccupata Merida dalla camera da letto al piano di sopra dopo aver sentito Rapunzel gemere 
-    Rapunzel si è fatta male! – rispose Hiccup 
-    Ci penso io, tu va da Merida. – gli disse Jack irrompendo al fianco di Rapunzel - Ha bisogno di sostegno morale in questo momento. – 
Hiccup guardò per un secondo la figlia di Apollo, come a chiederle il permesso. Si sarebbe sentito un pessimo amico a correre così da Merida, senza accertarsi che lei stesse bene. 
-    È solo un taglietto, tutto okay. – gli disse, abbozzando un sorriso che però, per via del dolore, non le riuscì bene.
Il figlio di Efesto annuì così distrattamente, per poi dirigersi verso la rampa di scale che collegava il primo al secondo piano di quella casa semidistrutta. 
Le foto di famiglia che un tempo si trovavano sulla parete adesso giacevano a terra. Mentre saliva le scale, l’occhio di Hiccup cadde su una di queste. 
C’erano Merida e sua madre. La prima sembrava avere più o meno sei anni all’epoca in cui la foto era stata scattata. Sembrava così diversa, così felice. Una Merida lontana da quella attuale ormai lacerata dalla vita che aveva vissuto e che stava vivendo. Una Merida serena, fra le braccia di sua madre.
Istintivamente, Hiccup riposizionò la foto là dove un tempo era stata – o almeno dove credeva fosse stata, che ne poteva sapere lui dopo tutto – per ridare almeno un po’ a quella casa quel pizzico di candore che un tempo l’aveva resa accogliente come tutte le altre case.
Dopo di che, il figlio di Efesto si ritrovò al piano di sopra, davanti all’uscio della porta di una camera da letto disfatta. 
Merida stava china sul letto dei genitori – della madre e dell’uomo che le aveva fatto da padre, per la verità – e, per quanto tentasse di nasconderlo, stava piangendo.
Infatti, appena udita la presenza di Hiccup nella stanza, alzò il capo e si asciugò in fretta e furia le lacrime. 
-    Non devi aver paura di sfogarti di fronte a me. – le disse però lui, avvicinandosi – Sono qui per aiutarti. E se ti nascondi, non posso farlo. –
La rossa lo fissò per qualche minuto coi suoi occhi acqua marina. Ad Hiccup quei minuti parvero interminabili. Interminabilmente belli. Perché era la prima volta che veniva guardato da lei in quel modo e cavoli se gli piaceva. 
Poi, al termine di quei minuti, la rossa fece una cosa che il moro non si aspettava affatto. Poggiò la testa sulla sua spalla e cominciò a piangere. Piangere come non aveva mai fatto. Lacrime e lacrime inzuppavano la maglietta arancione del ragazzo, che rimaneva immobile, inerme di fronte all’emozione forte che la ragazza vicino a lui stava provando. 
Nonostante fosse bravo con le parole, sapeva che stavolta non gli sarebbero servite. Doveva rimanere in silenzio, e con questo farle capire che lui era lì e non sarebbe mai andato via.
-    L’ultima cosa che ho detto a mia madre è stata... – balbettò dopo un po’ la figlia di Ares, spezzando il silenzio, mentre continuava a tener stretto avidamente quell’angolo di maglietta del ragazzo – è stata... preferisco... preferisco morire che essere come te. –
-    Eri arrabbiata. Queste cose si dicono nella rabbia. – si sentì di rispondere lui, perché in passato ne aveva dette tante sul conto di quel padre che lo aveva abbandonato da neonato
-    No... io... io potrei non rivederla mai più. E lei... sa... sa che la odio. – continuò singhiozzando 
-    Sistemerai tutto. Tu la salverai. Salverai tutti loro. Perché tu sei Merida e quell’uomo non ti fermerà. – 
-    Non... non sai quello che dici, Hiccup. – 
-    Lo so invece. – ribatté lui con la sicurezza che non aveva mai avuto prima d’ora - E tu non ti dai per vinta facilmente. Perché vuoi farlo adesso? –
La figlia di Ares non rispose, ma i singhiozzi si affievolirono. A quel punto, Hiccup si fece coraggio e la strinse a sé. Non aveva paura di ricevere un pugno. Sapeva che era quello che anche lei voleva: essere aiutata, anche se faticava a dimostrarlo. 
-    Noi siamo con te. Io... io sono con te! – concluse poi, accarezzandole i ricci cremisi.
Rimasero così per un po’, in silenzio, mentre i raggi del sole si affievolivano al di fuori della finestra. Il tempo e lo spazio sembravano essere svaniti. C’erano solo loro due, tra le macerie di quella vita difficile che entrambi stavano vivendo. Ma – e qui Hiccup si rassicurava – se non fosse stato un semidio e se non avesse sofferto un po’, adesso non sarebbe potuto esserli lì, con lei. Non avrebbe conosciuto la dolce e curiosa Rapunzel, il burlone ma pensieroso Jack, la combattiva e orgogliosa Merida e, cosa ancora più ovvia, il suo migliore amico Sdentato. 
Cosa gli aveva fatto cambiare idea sulla Furia Buia? Il gesto che questa aveva appena fatto, riportandolo alla realtà. 
Aveva bussato alla finestra della camera da letto col muso, fissando i due con i suoi soliti occhioni da cucciolo indifeso. Era stata la stessa Merida a staccarsi dal corpo del figlio di Efesto e ad aprire la porticina di vetro per accarezzarlo un po’. 
Voleva anche lui assicurarsi che la figlia di Ares stesse bene e, questo gesto, fece ricordare ad Hiccup una cosa che aveva dimenticato.
Ho guardato lui ed ho visto me stesso. ‘. Lui e Sdentato erano le due metà di una mela alquanto inusuale, ma pur sempre commestibile. E, se lui non era un traditore, neanche il drago poteva esserlo.
Grazie all’intervento del fedele Sdentato che era riuscito a far sorridere per un attimo anche Merida, i due decisero di scendere al piano di sotto, a controllare le condizioni della mal capitata Rapunzel.
Jack le aveva fasciato il piede con una benda e le aveva dato quel poco di ambrosia che avevano portato con loro. Sulla figlia di Apollo i capelli non avevano effetto.
-    Non abbiamo più ambrosia. – disse il figlio di Ermes, serio - Solo Rapunzel ne aveva portata un po’. È passato a tutti di mente che i capelli non hanno effetto su di lei. - 
-    Il suo dono sarà la sua maledizione. – recitò la biondina – Così aveva detto mio padre a mia madre. –
-    Ehi, piantala. – esclamò l’albino, afferrandola per le spalle e guardandola dritta negli occhi verdi primavera  – Anche se adesso non abbiamo più ambrosia, non vuol dire che la prossima volta che accadrà qualcosa morirai. –
-    Già, non devi pensarlo neanche per scherzo! – continuò Merida, avvicinandosi all’amica 
-    Devi risposarti, Punzie. – si intromise Hiccup – Pensiamo noi al piano per domani. –
-    Ma... io... –
-    Niente ma. – la interruppe Jack, più serioso che mai.
Quest’ultimo doveva aver molta paura di perderla per reagire così alla mancanza di ambrosia in vista della battaglia con l’uomo nero. Tutti avevano paura a quel punto. Non c’era più spazio per gli scherzi.
Così, la prese dolcemente in braccio. 
-    Portala al piano di sopra. – gli disse Merida – Il mio letto è l’unico su cui ci si possa dormire. –
L’albino annuì, cominciando a salire le scale con la figlia di Apollo tra le braccia. 
Mentre quest’ultimo spariva al piano di sopra, Merida ed Hiccup cominciarono a studiare un piano d’azione.
-    Questa non ci voleva. – sbraitò Merida – Rapunzel ferita. E niente ambrosia nel caso in cui domani si ferisca di nuovo. – 
-    Cercheremo di tenerla il più lontano possibile dall’azione. –
-    È impossibile Hic. L’uomo nero ci vuole tutti e quattro morti. – sottolineò la rossa – E non proverà pietà di fronte a Rapunzel. –
-    Potremmo lasciarla qui. – propose il moro
-    Scoperta? –
-    Con Sdentato. –
-    No, lui ci serve. Siamo in pochi. –
-    Le Cacciatrici potrebbero aiutarci. –
Merida scosse la testa, incerta. 
-    Non capisci, Hic? – riapparve improvvisamente Jack dalla scale – Siamo completamente soli in questa battaglia. –
-    Ma non è solo la nostra battaglia. C’è in gioco la sopravvivenza dell’Olimpo. I ragazzi del Campo... qualcuno, chiunque, dovrebbe, deve aiutarci! – 
-    Dovrebbe, ma non può. – rispose l’albino, una volta sistematosi vicino a loro
-    Jack ha ragione. – continuò Merida - Nella profezia ci sono solo i nostri nomi. Solo noi quattro possiamo sconfiggerlo. Mettere in mezzo altri... altri destinati a morire per noi... io non voglio. –
Il figlio di Efesto abbassò il capo. In quel momento, immaginò la loro povera amica Anna a combattere contro gli scagnozzi dell’uomo nero e solo allora si rese conto che Merida e Jack avevano ragione.
-    Bene, allora che si fa? – chiese così, escludendo l’ipotesi di chiedere aiuto a qualcuno
-    Domattina io e Merida raggiungiamo il posto a piedi. Tu invece porti Rapunzel in sella a Sdentato, perché per lei sarà sicuramente doloroso camminare anche domani. – cominciò Jack
-    Okay. Così io e Rapunzel creiamo anche un diversivo. Le possibili guardie penseranno che siamo tutti e quattro su Sdentato. –
-    Una volta fatte fuori queste eventuali guardie – a parlare stavolta era Merida – entriamo tutti insieme. –
-    Soprattutto, non dobbiamo dividerci. – sottolineò convinto Hiccup – Come avete detto voi, la profezia parla di noi quattro che insieme lo battiamo. –
-    Già. – annuì Jack, osservando pensieroso la Luna fuori alla finestra – Nessuno deve allontanarsi. Specialmente da Rapunzel. Non può stare da sola. –
Gli altri due assentirono all’unisono. Poi, il silenzio calò nella stanza. Un silenzio carico di paura.
Quella sera nessuno avrebbe riposato, nemmeno Rapunzel. Chi per gli incubi, chi per il dolore fisico, chi per la preoccupazione di un futuro sempre più incerto. 
Tutti però avevano una sola ed unica consapevolezza: l’indomani a quell’ora le loro pene sarebbero finalmente cessate, in un modo o nell'altro.

 

N.A.: Resuscitata dopo secoli. Pensavate tutti che fossi morta, eh?
Beh, i libri scolastici avevano preso il sopravvento e... effettivamente si, sono quasi morta. Ma adesso sono qui e voglio recuperare ogni cosa! ^^
Non sono riuscita ad aggiornare neanche la raccolta come avevo promesso di fare, ma rimedierò anche a questo ( perché le idee non mancano ma il tempo si =( ). E avevo anche intenzione di scrivere uno Special!Christmas per augurare a tutti voi un Buon Natale. Ho tempo fino al 25 per pensarci xD Non sono sicura che ce la farò, dato che anche alle feste siamo tutti impegnati ( ma impegnati nel senso più piacevole della parola, ovviamente ;) ). 
Anyway, la smetto di fare promesse ( che alla fine, me lo sento, non manterrò T^T ) e passo al Capitolo. ^^
Scritto tutto ieri, ma ormai sapete che io ed il tempo non andiamo molto d'accordo ultimamente. -.- 
Allora, il POV è tornato ad essere quello di Hiccup. Il figlio di Efesto è forse l'unico che, almeno fino a questo Capitolo, ha sofferto meno interiormente, perciò in questo dovevo metterlo in qualche modo in difficoltà. Come? Ma facendogli dubitare della fedeltà del nostro amato Toothless, obviously!  A proposito di Sdentato, piccola parentesi fangirlistica xD
Per Natale i miei migliori amici ( che conoscerete, Slvre99 e DioMagoPrescelto99 ) mi hanno regalto un pesciolino rosso ( perché amo gli animali ed ho due pescioni rossi a cui sono molto affezzionata che vivono nel mio acquario da 8 anni ^^ ). Nonostante sia, appunto, comunemente detto pesce rosso, questo che loro mi hanno regalato è nero. E loro stessi l'hanno battezzato Sdentato. ^^ Però poi io ho scoperto che è una femmina - perché so fare anche questo ragazzi! ù.ù xD - quindi... si... chiama... Sdentata adesso. ^^" Okay, la cosa è penosa, lo so xD 
Chiudiamo questa parentesi davvero davvero pietosa che a nessuno interessa e torniamo al Capitolo x'D
Well, i nostri quattro sono vicini allo scontro con l'uomo nero ed in questo Capitolo mi sono rifiondata nel mondo delle ship. Tanta Mericcup, pizzico di Jackunzel. Spero che abbiate apprezzato, perché, specialmente per la parte Mericcup, mi sono data da fare nonostante il poco tempo a disposizione. 
E la fine... mi sa che Rick Riordan si è impossessato di me. Trolleggio troppo qua e là ( xD ). Non mi vogliate male, perché io adoro ognuno di voi! Ma vi dico di prepararvi psicologicamente al finale. Ma non troppo, sono pur sempre i miei, i NOSTRI amati Big Four, non potrei mai far loro del male. xD 
La smetto di spaventarvi e auguro buone feste a tutti voi e alle vostre famiglie! 
Grazie ancora a tutti per il sostegno ed i consigli che mi date in ogni singolo capitolo, non riuscirò mai a ringraziarvi abbastanza per questo.
Alla prossima!
 



 
 

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Capitolo 17
*** 16. Migliori Amici e Pioggia di Emma ***


Capitolo 16

Migliori Amici e Pioggia di Emma

 
Rapunzel
 
Neanche Rapunzel quella notte era riuscita a chiudere occhio, o meglio, era riuscita a dormire per davvero. L’aveva data a bere a tutti quelli che, di tanto in tanto, erano saliti al secondo piano a controllare. Prima Hiccup, che le aveva dolcemente augurato la buona notte prima di uscire dalla stanza, poi Merida, che le aveva rimboccato le coperte e aveva detto fra sé e sé: “ Beata lei che riesce a dormire “ ed infine Jack.
Jack. 
Le era piaciuto stargli fra le braccia e salire le scale con lui in quel modo. 
Nonostante l’aspetto glaciale che aveva, dovuto all’albinismo, il suo corpo era caldo e rassicurante. Si era stretta a lui, e non era riuscita a far a meno di chiudere gli occhi, cullata dal movimento naturale che le braccia del ragazzo compievano nella salita, facendola sentire inconsapevolmente protetta, a casa, al sicuro. 
Rapunzel non l’aveva fatto di proposito, ma Jack, quando l’aveva adagiata sul letto della figlia di Ares e se l’era ritrovata davanti con gli occhi chiusi, aveva di sicuro pensato che l’amica si fosse addormentata. E la figlia di Apollo era convinta che, se invece l’avesse creduta sveglia, non avrebbe mai azzardato un gesto del genere. 
-    Non permetterò a quell’uomo di farti del male. Anche a costo di rinunciare alla mia felicità. – aveva sussurrato, per poi baciarle la fronte dolcemente, in un modo così leggero che, se non fosse stata sveglia, la ragazza di sicuro non avrebbe percepito.
Jack non era tipo da esternare emozioni in quel modo, lei lo conosceva. Faceva tanto lo spavaldo, ma, quando si trattava d’amore, si chiudeva come un riccio spaventato. 
Rapunzel, grazie a quel gesto, aveva capito finalmente qualcosa che per molto, molto tempo, non era riuscita ad intendere, forse perché troppo occupata a pensare a Flynn, la sua cotta storica,  che, in quella missione più che mai per giunta, non le aveva degnato di un solo sguardo, troppo occupato a battibeccare con Elsa la luogotenente per pensare a lei. 
Jack invece l’amava, e lo faceva con la A maiuscola, e lei era stata così stupida a non capirlo! Eppure, anche Anna, la figlia di Afrodite pasticciona, aveva cercato di inviarle segnali sulla faccenda, ma lei non aveva afferrato i suoi suggerimenti, convinta che Jack si comportasse così solo perché le voleva bene come lo si vuole ad una sorella. 
In quel momento, tanto magico quanto tragico, Rapunzel avrebbe voluto aprire gli occhi, finire la sua falsa e baciarlo e l’avrebbe anche fatto se le voci di Hiccup e Merida che studiavano una tattica per il giorno dopo non avessero richiamato l’albino al dovere. E, in quei momenti, non era lecito loro pensare all’amore. 
Così, aveva lasciato perdere, rimandando il tutto alla mattina dopo.
Fu Hiccup il primo volto famigliare che la biondina vide dopo una notte di finto riposo. Fuori era ancora buio, ma, secondo l’orologio interno di Rapunzel, il sole sarebbe sorto a momenti. Se non sapeva lei quando suo padre prendeva servizio, chi altro dopotutto! 
-    Ehi, sei sveglia. – le disse il figlio di Efesto, una volta entrato nella stanza  – Sono contento che tu abbia dormito. Mi sa che sei stata l’unica. –
-    Già ... –  annuì nervosa la ragazza.
Aveva mentito così tanto che ormai si era abituata a farlo. Dopo tutto, in confronto alle bugie che aveva detto precedentemente, quella era nulla. 
Nessuno sapeva ancora che, molto probabilmente, nella grotta ci sarebbe stata anche sua madre, pronta a riprendersi avidamente il dono che Apollo le aveva fatto anni prima, e l'avrebbe scoperto molto presto. 
-    Jack e Merida? – chiese poi, cercando di non pensare a quanto meschina quella impresa l’avesse fatta diventare
-    Partiti. –
-    Senza di noi? –
-    Oh giusto, tu ti sei persa il piano. – ricordò improvvisamente Hiccup, mentre si puliva quel po’ di fuliggine che aveva sulla fronte.
Solo adesso l’aveva notato, ma l’amico era sporco dalla testa ai piedi. Be’, tutti loro erano sporchi dopo quei giorni lontani dal Campo, ma Hiccup più del normale.
-    Loro vanno a piedi, come avevamo deciso con te, ma, per via del tuo piede infortunato, è meglio che tu vola, ed io sono l’unico in grado di guidare Sdentato. –
Rapunzel annuì, sentendosi maledettamente in colpa per la storia del piede. Lo sentiva ancora indolenzito, nonostante l’ambrosia.
L’ambrosia. Non ne avevano più per colpa della sua sbadataggine. Aveva combinato un guaio grosso, ma almeno l’aveva fatto solo a sé stessa. Se gli amici si fossero feriti, i suoi capelli avrebbero risolto tutto in quattro e quattr’otto. Se fosse capitato a lei invece... meglio non pensarci. 
Il suo dono sarà la sua maledizione. 
-    Tutto okay? Il piano non ti sta bene? – le chiese preoccupato Hiccup 
-    Si, si. Solo che pensavo  ai problemi che vi ho creato... saremmo potuti andare tutti a piedi e non destare sospetti. –
-    Ehi, Punzie, non importa. Hai fatto un favore a Sdentato, e a me soprattutto. Camminare non mi piace, lo sai, inciampo spesso. –
Quella sua ultima frase le ricordò il Campo Mezzosangue ed il periodo in cui lo aveva conosciuto.
Hiccup era maldestro, molto maldestro, ma adesso, in groppa a Sdentato, sembrava un’altra persona e gli scagnozzi dell’uomo oscuro, vedendolo arrivare in quel modo, avrebbero di sicuro tremato dalla paura. 
-    Come mai sei così sporco? – ricordò di chiedere poi Rapunzel, ingenuamente.
Il figlio di Efesto si portò la mano sinistra alla nuca, come sempre quando era nervoso o imbarazzato. Rapunzel lo trovava un gesto dolce, come tutto Hiccup del resto. 
-    Ho migliorato l’ala artificiale di Sdentato. Sai, non riuscivo a dormire, e a casa di Merida ci sono parecchi materiali interessanti. Sicuramente meglio di una foglia e di alcuni bastoncini. –
Ingegnoso e dolce, ecco come riassumere Hiccup. Un grande amico, aggiungiamo, perché, con quel sorriso incerto, le aveva fatto dimenticare per un attimo le pene che stavano andando ad affrontare.
-    Adesso però hai bisogno della colazione. – le disse ad un tratto, scotolandosi i vestiti sporchi 
-    Mi spiace ma... non ho fame. –
-    No, no, non accetto un non ho fame da te. – la rimproverò lui, continuando a sorriderle però – Hai bisogno di forze, Rapunzel. Capisco come ti senti, neanche io ho mangiato ma, almeno tu, devi. –
Non se la sentiva di dirgli un altro no, così lo accontentò. Si aggrappò alla sua spalla ed insieme scesero le scale di quella casa devastata, così casualmente simile alle loro situazione mentale di quel momento. 

***

Rapunzel mangiò qualcosina recuperata dal frigo di casa Dun Broch. Si sentiva una ladra a farlo, ma Hiccup le aveva assicurato il permesso di Merida. 
Faticò ad inghiottire quel cibo – un piccolo muffin ed un po’ di latte – perché ogni suo pensiero andava all’uomo scuro, e, peggio, a sua madre.
Era una donna assetata di potere, Madre Gothel, e Rapunzel non aveva dubbi che avesse scelto di allearsi al misterioso uomo nero. Voleva l’immortalità, dopo tutto, immortalità che Apollo ovviamente non le aveva concesso, spiegandole che la figlia, e di conseguenza anche il suo prezioso dono, sarebbe andata per la sua strada a tempo debito. Perciò, vendicarsi di lei e degli dei doveva essere la cosa in cima alla lista delle cose da fare della donna, secondo la ragazza. 
Forse però, per via di questa alleanza con l’uomo, quest’ultimo le avrebbe risparmiato la vita per concedere alla donna di riavere indietro il suo Sole. Ma, una vita lontana dal Campo, rinchiusa di nuovo in quella torre e, soprattutto, senza i suoi amici, era una vita vuota. Preferiva morire che tornare a quella vita. 
Poi, Hiccup le indicò l’esterno, risvegliandola da quegli orribili pensieri. Il sole stava nascendo, simbolo che era ora anche per loro di andare.
-    Sei pronta? – le chiese, anche se si pentì subito dopo di aver fatto quella domanda – Ma certo che no, nessuno di noi è pronto. – 
La ragazza annuì, per poi aggrapparsi di nuovo alla spalla del ragazzo ed uscire dall’abitazione.
Sdentato li aspettava giù di corda fuori. Neanche lui sembrava contento. Beh, da quello che l’uomo dei draghi – così l’avevano battezzato loro quattro dopo l’incontro di qualche giorno prima – gli aveva detto, anche a lui spettava una punizione esemplare da parte dell’uomo nero, solo perché aveva aiutato loro. 
Rapunzel accarezzò il rettile, per dargli forza. 
-    Siamo con te, così come tu sei con noi. – gli sussurrò dolcemente, mentre Hiccup sistemava assorto la sella sul dorso dell’amico alato.
Sudava mentre lo faceva, e Rapunzel si chiese se anche lui stesse nascondendo qualcosa. 
-    Possiamo andare. – disse poi, una volta sistemato il tutto.
La aiutò a salire in sella e poi ci salì anche lui. Qualche secondo dopo erano già in aria.
La nuova ala caudale di Sdentato sembrava avergli aumentato la velocità, perché stavano sfrecciando più del solito.
Rapunzel si aggrappò salda all’amico, che intanto scrutava pensieroso il panorama sottostante. 
-    Tutto okay? – chiese stavolta la figlia di Apollo, un po’ per ricambiare l’interesse che poco prima lui aveva mostrato per lei
-    Io... sono confuso. – ammise - Merida mi ha dato le indicazioni per arrivare al posto ma... non lo so... stiamo andando dritti verso un’autostrada. –
-    Credi abbia sbagliato a darti le istruzioni? – domandò di rimando lei confusa
-    No...  è solo che... normalmente non ci sono grotte vicino ad un’autostrada. – 
-    Normalmente. – sottolineò lei
-    Oh si, giusto... – annuì lui, abbassando lo sguardo. 
Hiccup sembrava dimenticare che loro erano semidei e che, oramai, nel loro mondo tutto era possibile. Conservava ancora quel briciolo di razionalità che lei aveva perso da mesi. In realtà, per Rapunzel era stato più facile però, dato che aveva sempre vissuto nella fantasia per evadere da quella torre almeno col pensiero, e quindi immaginare mostri assetati di sangue intenti a seguire le sue tracce non le veniva difficile come veniva agli altri.
Ma magari il figlio di Efesto si ostinava a vivere nel suo vecchio mondo per non vivere nel terrore, e lo capiva in quel caso. Lei se l’era ripetuto per anni, che tutto era falso,  quando sua madre le diceva che il mondo era pieno di mostri assetati di sangue, pronti a rubarle il dono che Apollo le aveva fatto. Lo faceva per spingerla a rimanere dentro quella torre, indubbiamente, ma tutto sommato non aveva torto. 
-    Allora, stando alle indicazioni di Merida, siamo arrivati. –
Erano passati venti minuti circa, se non addirittura meno e, sotto di loro, un’enorme autostrada componeva il paesaggio. La fitta nebbia però impediva una visuale perfetta sul luogo circostante. Di rado, qualche macchina sfrecciava ad alta velocità sull'asfalto ma, a quell’ora della mattina, era raro vederne più di una in giro. 
Hiccup fece atterrare Sdentato ai margini della strada. Solamente quando il drago posò le zampe a terra i due semidei notarono la presenza di Merida e Jack, e fu un sollievo. Peccato però che la prima sosteneva il secondo. 
-    È per questo che non volevo dirtelo! – piangeva, scuotendo l’albino – L’ha fatto consapevolmente! Vuole... vuole distruggerci dentro! – 
Hiccup e Rapunzel si avvicinarono, lentamente per via del piede della seconda, più spaventati che confusi.  La figlia di Apollo non aveva mai visto la dura Merida piangere in quel modo, e per un momento temette per la salute di Jack. Che fossero stati attaccati? 
-    Ti prego, rispondi! – continuava la ragazza, mentre i riccioli cremisi le ricadevano sul volto umido – Lui... lui vuole questo, Jack! Vuole... indebolirti! Vuole colpirti nel profondo. Non puoi permetterglielo, ti prego. –
-    Merida... che cosa...? – cercò di chiedere Hiccup, una volta raccolto il coraggio per farlo.
La figlia di Ares si limitò ad indicare un punto nella nebbia, per poi tornare a concentrarsi sul migliore amico inerme.
Da quella posizione, Hiccup e Rapunzel non riuscivano a vedere nulla. Bastarono pochi passi in avanti però per far chiarire loro la situazione. 
Ci mancherete. “ recitava un biglietto, incollato accuratamente ad uno dei tanti vasi di fiori che si trovavano in quell’angolo della strada, tutti rigorosamente lilla
Che le vostre anime risposino in pace. “ diceva un altro
Troveremo quel pirata della strada, è una promessa. “ c’era scritto invece su di un cartellone  
Che tu vola alto in cielo insieme agli angeli, Emma, come meriti. “ enunciava un altro bigliettino, stavolta posato su un peluche. 
Non poteva essere vero, eppure era così. Il covo dell’uomo nero non era su una semplice autostrada, come Hiccup aveva pensato. Era sull’autostrada. Lì erano morte la mamma e la sorella di Jack, e Rapunzel non riuscì a far altro che portare la mano vicino alla bocca, per sopprimere un singhiozzo, mentre Merida continuava a chiamare invano il figlio di Ermes e Hiccup si chinava sconfitto vicino ai fiori.
Sdentato si sedette vicino a loro, come per vegliargli, mentre annusava l’aria. Sembrava aver percepito qualcosa, qualcosa che, nello scherno, anche Rapunzel era riuscita a sentire.
Il cielo era diventato scuro. Suo padre era stato coperto da una nuvola. Una nuvola scura, quasi temporalesca. E poi, avvenne. 
La pioggia. 
Pioggia fredda, rigenerante. Pioggia di Emma. 
Rapunzel, per quanto il piede permettesse, si diresse spedita verso Jack. 
-    È qui. – si limitò a dirgli, costringendolo a guardarla negli occhi – La sento anch’io! E non vuole vederti in questo stato. –
L’albino, a quelle parole, scosse la testa, come per svegliarsi, e alzò lo sguardo al cielo. Lo osservò per un po’, mentre la pioggia gli bagnava il volto pallido ancora una volta. 
Merida intanto si asciugava le lacrime appena versate e Hiccup si avvicinava agli altri tre, mentre anche lui lasciava che la pioggia lo bagnasse.
Da quando erano a conoscenza della storia di Emma, nessuno trovava quell’evento atmosferico insopportabile, neanche lei, che era la figlia di dio del Sole e adorava le giornate a ciel sereno. Nemmeno Merida, che odiava ogni cosa provenisse dall’alto, perché sicuramente mandata da quei dei egoisti che la maggior parte delle volte tanto odiava. E persino ad Hiccup adesso piaceva, che avrebbe dovuto odiare la pioggia, in quanto a lungo andare faceva arrugginire le sue invenzioni. 
No, adesso la pioggia per loro era una benedizione dal cielo, e sembrò finalmente far ridestare Jack che guardò i suoi amici, per poi sorridere.
I tre lo guardarono sconcertati per un po’, poi sorrisero anche loro. Era un sorriso colmo di gioia, un sorriso vittorioso. Perché erano riusciti a battere quel primo ostacolo creato dall’uomo oscuro e sarebbero riusciti ad abbattere anche i prossimi, insieme. 
Si alzarono da terra, e portarono nuovamente tutti e quattro gli occhi al cielo, come quella sera passata nella cittadina di campagna.
-    Grazie. – sussurrarono, tutti diretti alla sorella di Jack.
Perché, senza di lei a dargli quella speranza di cui avevano bisogno, si sarebbero di già arresi. 
-    Merida... – disse ad un tratto Jack
-    Dimmi. – rispose prontamente la chiamata, mentre continuava a fissare il cielo
-    Stavi davvero piangendo per me? –
Merida si voltò e guardò torva il figlio di Ermes.
Hiccup e Rapunzel si scambiarono uno sguardo consapevole, già pronti ad assistere all’ennesimo scoppio della rossa che però, contro ogni previsione, non avvenne. 
-    Vieni qui, brutto cretino. - lo spinse verso di sé - E anche voi! – 
E si abbracciarono, tutti, compreso Sdentato, con la pioggia – Emma – che continuava ad abbattersi dolcemente sui loro corpi, come a voler partecipare anch’essa a quell’abbraccio.
-    La sapete una cosa? – esordì improvvisamente la figlia di Apollo, e, a quel punto l’abbraccio si sciolse per ascoltarla più attentamente – Se si muore una sola volta, io voglio morire insieme a voi.
I tre la guardarono, silenziosi, non sapendo evidentemente neanche loro cosa dire. 
Ma a Rapunzel quella frase era venuta dal cuore. Non voleva rovinare tutta la loro speranza, ma, se il momento era arrivato, era fiera di poterlo condividerlo con loro. Infondo, era meglio morire coi tuoi migliori amici che da sola.
-    Beh, e per me sarà un vero onore morire insieme a voi. – disse invece Jack mentre, ripreso magicamente il suo solito modo di essere, prese il braccio di Rapunzel e se lo mise intorno al collo, per sostenerla nei passi che la dividevano dalla grotta dei loro incubi.
Così, entrarono tutti e cinque – perché, nonostante Sdentato odiasse i luoghi sotterranei e fosse terrorizzato all’idea di rincontrare l’uomo dei draghi, aveva deciso di accompagnarli, da vero amico - tenendosi per mano, e per zampa, nel caso del rettile alato, non più spaventati, ma pronti ad affrontare il loro destino, come solo dei semidei pronti a tutto come loro sapevano fare. 



-  If we only die once, I wanna die with you - Something i need, OneRepublic 

N.A.: Dovevo cominciare queste ennesime note di fine Capitolo con questa frase della canzone che mi ha... ispirata ( e che ho fatto dire a Rapunzel, ma in un modo un po' diverso ^^ ). Ascoltatela, perché è davvero... bellissima. E poi i OneRepublic sono la mia quarta band preferita, meritano tanto. *-*
Io non posso fare a meno di abbinare una canzone a tutto ciò che scrivo/faccio/leggo, ormai lo sapete. ^^" Sono da MANICOMIO! Quando voglio sclerare infatti, mi basta prendere la canzone che ho abbinato alla cosa che tanto mi fa sclerare e BAM, mi sfogo x'D Dovreste provarci, ragazzi ù.ù ;) 
A parte questo, andiamo al Capitolo, prima che vi spaventi ^^ ( Macché, siete sicuro già spaventati a puntino ù.ù ).
Allora, questo sedicesimo passo verso la fine non doveva essere così. No, dovevo far cominciare l'azione. Ma poi mi sono resa conto di aver allungato troppo la parte prima per poter scrivere anche di loro nella fantomatica " grotta vicino all'autostrada " ( detto così sembra una stupidata, fatemelo dire x'D ) perciò, sarà dal prossimo Capitolo che cominceremo a fare sul serio.
E poi, grazie agli dei, Rapunzel ha finalmente capito i sentimenti del nostro Jack! Anna si era impegnata così tanto, e nessuno la credeva, in quanto, be', lei ha quasi baciato un mostro... credendo che fosse vero amore... Okay, a questo punto, non biasimo Rapunzel per non averla ascoltata x'D  
Tornando alle cose serie, mi sono impegnata molto per questo Capitolo e, non nego che, quando ieri ho finito di scriverlo, mi sono sentita più soddisfatta delle altre volte. Poi alla fine, se sono soddisfatta io, a voi non piace, già lo so x'D 
Ovviamente scherzo, perché ho deciso che da oggi crederò di più in me stessa! Infondo, sono arrivata a 68 recensioni e a 10 persone che preferiscono la storia ( a proposito di questo, vi dedico un GRAZIE grande quanto tutto il mondo intero!
♥ ) e, qualche merito ce l'ho sicuramente per ciò! x'D 
Well, vi do appuntamento alla prossima ( come sempre adesso non si sa quando sarà =( ) e spero che il Capitolo vi sia piaciuto come gli altri. Ci tengo a non deludervi, specialmente col finale, al  quale penso notte e giorno ultimamente x'D 
Buon rientro a scuola ( facciamoci forza l'uno con l'altro che fa bene! T^T ) e ci rileggiamo presto! 

 

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Capitolo 18
*** 17. Porte Blindate e Segreti Svelati ***


Capitolo 17

Porte Blindate e Segreti Svelati 

 
Merida
 
Per la prima volta nella sua vita, Merida si sentiva una figlia di Ares a tutti gli effetti. 
Due soli pensieri le balenavano infatti nitidi nella testa, mentre la suola delle sue scarpe calpestava il pavimento umido della grotta infernale nella quale stava camminando: vincere la battaglia e distruggere l’uomo nero.
Peccato che dire le cose era facile, farle molto meno.
E loro, non sapendo assolutamente come la grotta fosse internamente – dato che negli incubi l’uomo li aveva mostrato solamente ciò che gli conveniva mostrare – non avevano neanche studiato un piano di azione adatto all’occasione, fatto che li rendeva ancora più scoperti e vulnerabili di quanto già non lo fossero.
Ma la sua famiglia era lì dentro, da qualche parte, e non poteva tirarsi indietro proprio adesso. 
Il cuore le batteva forte in petto ogni volta che fantasticava sul momento in cui avrebbe rivisto i loro volti. Spaventati e denutriti certo, ma pur sempre vivi, e a lei questo bastava.
E le bastava anche riuscire a mantenere in vita i suoi amici, che adesso le camminavano dietro, silenziosi. 
Rapunzel, ancora infortunata, aggrappata a Jack, ed Hiccup qualche passo distante da lei, col fedele Sdentato al fianco.
La figlia di Ares non nutriva più dubbi su quest’ultimo. Adesso infatti si sentiva al sicuro ad averlo lì, insieme a loro. Ogni tanto, si voltava e gli faceva addirittura un cenno di incoraggiamento, perché di certo i luoghi ristretti come quello non dovevano piacere ad un animale maestoso e abituato alla libertà come lui, e Merida voleva fargli sapere che anche lei era lì per aiutarlo, nonostante i dissapori iniziali. E poi, neanche a lei piacevano i luoghi contenuti come quello, perciò capiva perfettamente come l’animale potesse sentirsi meglio di chiunque altro.
Poi, dopo qualche altro minuto di marcia – e menomale che da fuori quella grotta era sembrata riuscire a contenere si e no quattro persone e mezza -, i cinque si ritrovarono di fronte ad una porta, con quattro simboli disegnati sopra.
-    Un Caduceo, un Sole, un’Incudine ed un Cinghiale. – sussurrò Hiccup, probabilmente per non farsi sentire dagli eventuali mostri che si nascondevano lì dentro 
-    Bene, ci ha anche dedicato una porta! – ironizzò Jack, mantenendo però anche lui un tono di voce basso per lo stesso motivo del figlio di Efesto – Forte. – 
-    Entriamo? – domandò Rapunzel, più a Merida che agli altri.
Sembravano aver nominato segretamente lei capo di quella spedizione, perché la ragazza si ritrovò gli occhi di tutti e quattro gli amici puntati addosso. 
-    Non abbiamo altra scelta. – rispose così, avvicinandosi all’uscio decorato.
Peccato che non ci fossero maniglie di alcun genere su quella strana porta, e lei non avesse alcuna idea su come farla funzionare.
Una figlia di Ares avrebbe provato a sfondarla, ma dentro di sé sentiva che non era la cosa giusta da fare. 
-    Hiccup – chiamò così, perché quella di chiedere a lui le era parsa l’idea migliore – sei tu l’esperto di porte. –
Da quello che aveva sentito dire lei, l’entrata della casa di Efesto al Campo Mezzosangue era diversa dalle altre. Era blindata, complicatissima da aprire, composta da quei diversi ingranaggi bizzarri che avrebbero fermato anche il più incallito figlio di Ares del Campo. In poche parole, roba con cui solo un figlio del dio della metallurgia poteva avere a che fare. E Hiccup, se era riuscito ad aprire quella complicatissima porta, sarebbe di sicuro stato capace di spalancare anche quest’altra. 
Così, senza dire una parola, il ragazzo si avvicinò al loro ostacolo, e cominciò a scrutarlo diligentemente.
Non c’erano ingranaggi, notò Merida, quindi nulla che fosse a lui famigliare.
Brutto segno. 
-    Non saprei... – disse infatti il ragazzo, mentre sfiorava i disegni incisi sulla superficie della soglia.
E così la nostra avventura finisce qui. ‘ pensò intanto accigliata Merida ‘ Semidei addestrati a disintegrare mostri, fermati da una stupida porta! ‘ 
Ma poi, quando Hiccup sfiorò l’Incudine disegnata, un lieve fascio di luce bianca si levò dalla superficie dell’uscio, facendo arretrare il lentigginoso di scatto, spaventato. 
Successivamente però, dopo lo sgomento iniziale, sembrò aver improvvisamente compreso qualcosa che agli altri tre invece era sfuggito.
-    Dovete toccare il simbolo del vostro genitore divino. È così che funziona. – spiegò infatti dopo, per rispondere agli sguardi interrogativi degli amici.
E così fecero, nonostante non morissero dalla voglia di scoprire cosa c’era aldilà di quella entrata.
 Quando tutte e quattro le loro mani si furono posate sul motivo ornamentale corrispondente, il varco si aprì, mostrando loro una sottospecie di stanza sotterranea, senza mobili sul pavimento o decorazioni sulle parenti. 
-    Oh bene, siamo migliorati di molto, a quanto vedo. – disse sarcastico Jack, mentre si facevano incerti strada nel nuovo ambiente.
Chiamarlo nuovo però era una bugia. Le pareti erano di roccia, esattamente come il corridoio che avevano precedentemente attraversato, e faceva ancora freddo, maledettamente freddo. 
-    Almeno qui è più grande. – continuò il pensiero di Jack Hiccup, mentre dava qualche pacca sul dorso a Sdentato. 
Effettivamente, la stanza risultava più grande, e fortunatamente meno claustrofobica. Sarebbe dovuto essere un bene, ma qualcosa diceva a Merida che non erano al sicuro lì dentro.
Si voltò verso la porta da cui erano entrati, come a cercare una via di fuga, che però era assolutamente inutile prendere. Se fossero usciti da lì, non ci sarebbero state più strade da seguire. Quel posto non era un labirinto. Aveva un inizio ed una fine, e se voleva salvare la sua famiglia doveva seguire il percorso tracciato, pericoloso o meno che fosse.
-    Sembra non ci sia nessuno. – si azzardò a dire Rapunzel, con la voce di chi evidentemente si sforzava di non tremare.
Merida, a quelle parole della figlia di Apollo, volse lo sguardo verso Sdentato, come a cercare conferma. Il drago, che apparentemente l’aveva capita, fece cenno di no con la testa. 
Secondo il fiuto dell’animale, la stanza era vuota, perciò le sensazioni della ragazza dovevano essere state provocate dalla suggestione. 
Ma, come era possibile che l’uomo nero non avesse ancora tentato di attaccarli?
La rossa si riscosse, cercando di allontanare quei pensieri dalla testa. Doveva approfittare di quei momenti di tranquillità, finché poteva e finché duravano.
-    Proseguiamo. – disse così agli amici, che la seguirono a ruota, senza obbiettare.
Fecero più o meno una ventina di passi prima di giungere alla seconda porta della giornata. 
Merida si sentì sollevata nel vederne una, perché, meno tempo ci mettevano ad arrivare alla fine di quello strano percorso, meglio era.
Misero prontamente le mani sui rispettivi disegni, ed anche la seconda porta si aprì.
Merida fece il primo passo verso la seconda stanza, seguita da Hiccup e poi da Sdentato. Ma nessuno si era immaginato quello che effettivamente accadde dopo. 
La porta che avevano aperto insieme si era chiusa di scatto, lasciando Rapunzel e Jack dall’altra parte. 
-    NO! – cominciò ad urlare Merida, mentre batteva i pugni sulla porta rocciosa – NON PUO’ ESSERE!
Mentre scalpitava ed urlava, sentiva gli occhi verdi di Hiccup e di Sdentato puntati su di lei. Perché non la aiutavano?! 
-    Avanti, fate qualcosa! – urlò così contro di loro, rabbiosa – Sputa fiamme! – si rivolse a Sdentato – Cerca di aprirla! – disse invece ad Hiccup.
Ma il figlio di Efesto non rispondeva. Continuava a guardarla con gli occhi spenti, come se non riuscisse ancora a realizzare ciò che era accaduto.
Poi, l’urlo di terrore di Rapunzel echeggiò nelle gallerie della grotta, facendo rabbrividire Merida al solo suono.
La sua migliore amica era dall’altra parte di quella insopportabile porta, ed era spaventata. Lei invece era lì, ad ascoltare le sue urla, incapace di far qualcosa per aiutarla.
All’improvviso, il suo essere una figlia di Ares si fece sentire più che mai. Esplose nel suo petto, come una bomba che aveva trattenuto per troppo per vergogna, per disprezzo nei confronti di suo padre. Ma non ne poteva più di contenersi. 
-    NON LASCERO’ CHE TU LE FACCIA DEL MALE! – sbraitò così, fuori di sé, contro la porta, mentre dava calci alla roccia, noncurante del dolore che così si provocava – APRI QUESTA STRAMALEDETTISSIMA PORTA! – 
Sarebbe andata avanti per secoli se all’improvviso Hiccup non si fosse risvegliato, mettendosi tra lei e la porta in questione. 
-    Fermati, Merida, basta! – le disse, cercando di afferrarla, mentre irata continuava a scalciare, rischiando di ferire lo stesso Hiccup.
Era arrabbiata anche con lui, che era stato zitto fino a poco prima. 
Non poteva capirla. Lei conosceva Rapunzel e Jack da più tempo. Loro... erano la sua seconda famiglia, e non riusciva, non riusciva proprio ad abbandonarsi all’idea di lasciarli lì. 
Così continuava a sferrare pugni, ed Hiccup continuava ad incassarli, nel vano tentativo di riuscire ad afferrarla e a fermarla.
Poi la ragazza rallentò il ritmo con cui sferrava colpi, per stanchezza fisica più che per altro, ed il gracile figlio di Efesto riuscì finalmente ad acchiapparla e a stringerla a sé.
-    Non... non posso...non posso... – singhiozzava lei, ancora una volta fra le braccia di lui.
Se fossero stati in un’altra situazione, se ne sarebbe vergognata. Ma ormai, non era la prima volta che utilizzava quel povero ragazzo come spalla su cui piangere.
-    Neanche io. – le disse, poggiando il mento sui suoi capelli cremisi
-    E allora... per... perché rimani... rimani fermo? – 
-    Perché non possiamo ribellarci a questo. – spiegò, col tono convinto che Merida raramente gli sentiva usare - È lui ad aver organizzato tutto, e lo sai meglio di me. Possiamo solamente andare avanti come vuole lui, non ci sono altre soluzioni. –
Anche se una parte di lei non rinunciava ancora ad arrendersi, non poteva dare torto ad Hiccup, perché aveva ragione. Stare lì, ad urlare, a sprecare energie e a piangere non serviva a niente. Doveva rialzarsi, doveva proseguire. 
-    Stai... stai bene? – chiese poi al ragazzo, ripensando solo adesso ai pugni che gli aveva tirato poco prima
-    Il tuo gancio destro non mi ha forato un polmone, fortunatamente, ma ci è mancato poco. – ironizzò il figlio di Efesto, staccandosi dai capelli della ragazza e guardandola negli occhi.
Contatto che Merida avrebbe preferito non avere in quel preciso momento. 
Maledetti occhi. 
Guardandoli, la figlia di Ares aveva perso tutta la voglia di urlare.
Verdi, come la speranza che loro non dovevano perdere. 
L’unica cosa che potevano fare adesso per Rapunzel e Jack era andare avanti, e la rossa l’aveva capito. Così, si alzò, ed aiutò Hiccup a fare lo stesso, assicurandosi che fosse sul serio tutto intero dopo le percosse.
Poi, si voltò verso Sdentato, che era rimasto a guardare, silenzioso, fino a quel momento. Chissà perché l’uomo l’aveva lasciato con loro... 
-    Ti avviso. – disse improvvisamente Hiccup – Credo di sapere cosa c’è alla fine di quel corridoio. – 
-    Cosa? – chiese di rimando lei, mentre col braccio si asciugava la fronte imperlata dal sudore versato poco prima
-    La cosa che... che ho nascosto io, fino ad adesso. – continuò tutto d’un fiato lui, sperando che dirlo in un modo veloce diminuisse il peso delle parole.
Merida lo guardò per un attimo torva, ricordandosi però poi che anche lei, prima di quella missione, gli aveva nascosto qualcosa, perciò... adesso erano pari.
-    Va bene, ce la possiamo fare. Insieme. – si limitò a dire così, cancellando quel cipiglio dal volto
-    Lo spero. –
Sembrava una cosa molto seria da come il ragazzo ne parlava e, a confermare l’ipotesi di Merida, un ruggito squarciò l’aria proprio in quell'istante.
Potente, grave, spaventoso. 
La figlia di Ares sentì l’amico tremarle di fianco. Istintivamente, gli diede la mano. 
Lui la guardò, e, se non fosse stato così buio, Merida l’avrebbe visto di sicuro arrossire. 
-    Andiamo. – gli disse poi, e cominciarono a camminare fianco a fianco.
Ancora una volta, se la situazione fosse stata diversa, la ragazza si sarebbe vergognata a tenergli la mano, come ad esempio in pieno giorno, di sabato, al Campo Mezzosangue. Ma adesso... qualsiasi cosa riuscisse a rassicurarla e a rassicurare lui andava bene.

***

Camminarono per circa trenta passi prima di imbattersi in un’altra porta. 
Hiccup lasciò la mano di Merida, e vi si avvicinò.
Questa volta, i simboli erano due: l’Incudine ed il Cinghiale
Esattamente come aveva detto Hiccup, tutto quello che li era capitato era stato puntigliosamente organizzato dall’uomo nero, altrimenti come spiegare la presenza di soli due simboli disegnati su quella entrata? 
-    Sei pronta? – si voltò verso di lei il ragazzo, dopo aver osservato, con un misto di dispiacere e consapevolezza, i due disegni. 
Merida annuì, e posò in seguito la mano sul Cinghiale
O la va o la spacca.
Il varco si aprì, rilevando un’altra stanza rocciosa. Per nulla claustrofobica, anzi, enorme.
Poteva essere alta un’ottantina di metri. Quel posto era... uno scherzo della natura.
Ma ad esserlo ancora di più era l’animale che ci abitava dentro.
-    Esiste. – sentì sussurrare ad Hiccup, mentre scrutava da lontano quella bestia apocalittica.
Sembrava un drago, ma era diecimila volte più grande di Sdentato. In confronto, la Furia Buia sembrava un moscerino, uno di quelli che i bufali scacciano infastiditi con la coda. 
E magari la sua coda fosse stata scura e liscia come quella di un bufalo. Era... letteralmente una mazza chiodata. E gli occhi... erano sei. Sei schifosissimi e piccoli occhi, che continuavano a fissarli da lontano. 
Merida stava sistemando una freccia nel suo arco quando una voce famigliare risuonò nell’enorme stanza, facendola sobbalzare un po'.
-    Si chiama Morte Rossa, Incudine. – disse questa, con suono quasi serpentino - E... si, esiste. Buona fortuna. – 
I due semidei si erano guardati intorno per tutta la durata della frase, ma non avevano individuato nulla nel buio. Peccato, perché Merida avrebbe strozzato quell’uomo se fosse riuscita ad intercettarlo.
-    Dobbiamo battere questa... cosa. – esordì ad un tratto Hiccup – Anzi, devo. Perciò... segui me. –
 Salirono in groppa a Sdentato, e cominciarono a volare verso la bestia. Merida non aveva idea di cosa il ragazzo avesse in mente, ma questa sembrava la sua prova, quindi doveva lasciarlo fare. 
Quando furono ad un palmo dal muso del mostro, la figlia di Ares cominciò a pensare che Hiccup volesse tentare il suicidio. 
-    Che stai facendo? – gli urlò così, mentre l’enorme Morte Rossa si preparava a sputare fuoco.
Il figlio di Efesto non rispose, limitandosi a schivare a rotta di collo la fiammata lanciata dal drago.
-    Se hai dediso di farci uccidere... –
-    Ho un piano. – la interruppe finalmente poi, e solo allora Merida si rese conto di essere stata fastidiosa.
Doveva essere dura per lui avere il peso di tutte le vite presenti in quella grotta sulle spalle. La famiglia di Merida, Jack e Rapunzel, Sdentato... e lei. Era stata proprio una stupida. Era ovvio che uno come lui avesse un piano! 
-    Sentiamo. – gli disse così, cercando di rimanere cosciente dell’ambiente circostante.
Sdentato intanto compiva movimenti circolari attorno alla testa del bestione, tutti abilmente pilotati dal suo esperto cavaliere.
-    Questo drago... è stato lui il protagonista dei miei incubi nelle ultime settimane. Sapevo che lo avrei dovuto affrontare, se no perché si ostinava a mostrarmelo? –
-    Non fa una piega. – rispose lei, continuando a fissare torva il bestione che avevano davanti
-    Allora ho cominciato a formulare piani. Ho aumentato anche la velocità di Sdentato la scorsa notte per prepararlo a questo. – andò avanti col discorso lui, mentre invitava la Furia Buia a continuare a girare in tondo
-    Si, ma... perché ci ostiniamo a fare la circumnavigazione della sua testa? – 
Hiccup soffocò una risata, il che fece sentire Merida leggermente meglio. Se era riuscita a farlo ridere significava che facevano progressi nella lotta contro la paura.
-    Dimmi, a te non danno fastidio le mosche che continuano a girarti intorno, che muori dalla voglia di uccidere ma che non riesci ad acchiappare? – le chiese poi, usando un esempio banale, ma efficace
-    Si... ma certo! – sobbalzò entusiasta lei 
-    Bene, così lo innervosiamo senza farci male, e ci prepariamo al primo atto del piano. –
-    Ovvero? –
-    Tu che lo accechi con le frecce. – 
Di regola, la rossa sarebbe dovuta essere entusiasta dell’idea di utilizzare un po’ il suo bel arco. Ma, in una stanza semibuia, con un bersaglio in movimento e una piattaforma di tiro altrettanto instabile, le sembrava impossibile riuscire a centrare l’obbiettivo.
-    Provaci. – le disse il moro, come se le avesse letto nel pensiero.
Non potevano perdere altro tempo perché lei esitava come una femminuccia. Riusciva quasi a sentire la voce di suo padre dire: ‘ E questa sarebbe mia figlia?! ‘.
-    Okay. – disse così, mentre preparava la freccia al tiro.
La prima freccia non andò a segno. La colpa era stata l’ansia secondo Hiccup, ma ciò non fece altro che far intestardire la figlia di Ares, che assestò un’altra freccia nell’arco.
Cercò di prendere bene la mira, mentre Sdentato continuava a girare in tondo.
Sebbene la Furia Buia tentasse di andare più lentamente, era impossibile riuscire a focalizzare un obbiettivo in volo. 
Tendi l’arco fino in fondo, fino alla guancia. ‘ la voce del patrigno che le insegnava a tirare con l’arco nel giorno del suo compleanno le tornò improvvisamente alla mente, incoraggiante più che mai.
‘  Tieni aperti entrambi gli occhi e... scocca! ‘ 
Centro.
-    Vai così! – esultò il figlio di Efesto, mentre Sdentato ruggiva compiaciuto sotto di loro.
E poi un altro tiro. Altri cinque, per l’esattezza, tutti andati a segno. 
-    Non fai più lo spavaldo, brutto bestione! – disse alla fine, con tutto il fiato che aveva in gola, facendo seguire la frase da una linguaccia.
Hiccup rise di gusto, mentre la Morte Rossa barcollava davanti a loro e Sdentato imitava la smorfia di Merida.
Poi, dopo quegli attimi di gioia, il bestione rovinò tutto. Una potente fiammata avrebbe potuto investirli in pieno se Hiccup non fosse stato abbastanza saggio da portarsi a distanza di sicurezza. 
-    Che si fa adesso? – gli chiese poi lei, fissando torva il muso del drago grigio.
Improvvisamente, la faccia del lentigginoso si era fatta seria. Così seria, che Merida temette il peggio.
-    Qual è la fase due, Hic? – domandò nuovamente così, allarmata.
Il ragazzo diede una bacca sulla testa a Sdentato, per poi cominciare a dire:
-    Credo sia meglio tu scenda, Merida. –
-    No! – si mise subito sulla difensiva lei – Non se ne parla! Dimmi cosa succede adesso! – 
-    Dobbiamo farlo esplodere... e non so quanto sia sicuro per noi provarci. Ma è l’unica soluzione. –
Merida ci mise un po’ a metabolizzare quelle parole. 
Esplosione. In una grotta. Sarebbero morti sicuramente. 
Dovevano esserci altre soluzioni. 
-    No, ascolta. – cercò così di formulare un nuovo piano, sebbene sapesse che non sarebbe mai riuscita a superare quelli studiati da Hiccup – Noi possiamo... bombardarlo col fuoco di Sdentato. –
-    È immune al fuoco. Ho capito anche questo nel sogno. –
-    E allora come pensi di farlo esplodere, scusa, se è immune? –
-    Guarda. –
Hiccup le indicò il drago, e lei lo guardò confusa. 
-    Prima di sputare fuoco, la sua bocca rilascia quella... strana sostanza infiammabile. –
Una nube verdognola si stava infatti diradando dalla sua bocca all’ambiente circostante. Poco dopo, la nube scomparve, diventando fuoco puro davanti al muso del mostro.
-    Sdentato deve sputare fuoco dentro la sua bocca, e la Morte Rossa finirà dritta al Tartaro, come è giusto che sia. –
-    Ma noi... – cercò di continuare Merida, però le parole le morirono in gola.
Doveva salvare la sua famiglia, non poteva morire così. 
Quella era la prova di Hiccup, non doveva intromettersi. Ma, allo stesso tempo, non voleva guardarlo morire da lontano. 
In quell’istante, le tornò alla mente la frase di Rapunzel, quella detta prima di entrare nella grotta.
-    Preferisco morire insieme a te che restare a guardare. – gli disse così, aggrappandosi salda al suo ventre.
In quell’istante, evidentemente Hiccup si arrese, perché partì all’impazzata contro la bestia, pronto a farla finita come aveva programmato da tempo.

***

Erano ad un palmo dal muso della Morte Rossa quando questa, accecata – sia dall’odio che fisicamente – cominciò a rilasciare il gas che loro stavano ansiosamente aspettando.
-    È il momento. – sospirò Hiccup, e Merida lo strinse più forte
-    Ce la faremo. –
Hiccup annuì, diede un’ennesima pacca sulla testa all’amico Sdentato e poi disse:
-    Vai! –
E da lì, i ricordi di Merida si fecero sfocati.
Il rumore dell’esplosione era stato così forte da farle perdere per qualche secondo l’udito. Ricordava di star precipitando, ma non sapeva bene né da quanti metri né perché. 
Sentiva solo un ruggito lontano, quello di Sdentato, che stava annaspando per afferrarla. Volava verso di lei, anche se il suo più che un volo sembrava una caduta. 
All’improvviso, sentì che la sua fine era vicina. 
Chiuse così gli occhi, aspettando tranquilla la pace dei sensi. 
Ma una voce, quella maledettissima voce, la costrinse violentemente a destarsi.
-    No, no, no, no. – fece contrariata – Voi non morirete in questo modo. –

 

N.A.( di un Mooostroo >.< ): T^T Perché vi ho fatto questo, perché?! T^T 
Vi ho lasciati con.... l'ansia che vi pulsa nel sangue, scommetto. Un po' per il destino di Jack e Rapunzel ( di cui, tranquilli, parleremo nel prossimo Capitolo ) ed un po' per la fine ( Per Hiccup, Merida e Sdentato dovrete aspettare al Capitolo 19, invece, dato che ho diviso i quattro ed il prossimo POV è quello di Jack. >.< ).
Ma, ehi, l'uomo oscuro mica scherza! che poi non ho capito il motivo per il quale continuo a chiamarlo così quando tutti hanno capito chi é ù.ù 
E scrivere la parte dove Merida urla come una pazza davanti alla porta che ha appena separato da lei i suoi migliori amici è stato... devastante. Diciamoci la verità, il Capitolo in sé per sé è devastante. 
E non posso assicurarvi che con questo abbia raggiunto il mio picco del sadiscismo. x'D 

Credo che queste saranno le N.A. più brevi che io abbia mai scritto, perché... non ho parole. >.<
Well, spero solo che, con tutto questo angst ( Che io adoro, non ci posso fare niente ù.ù xD ), il Capitolo non vi abbia delusi. ^^
Fatemi sapere cosa ne pensate, e alla prossima! 


* Ritorna dopo qualche minuto *

Wait, stavo dimenticando una cosa importante! ( Maldestra Maldestra Maldestra! >.<
Volevo ringraziare le 11 meravigliose persone che hanno messo questo mio lavoretto nelle loro preferite. La storia è diventata la... quarta
nelle più popolari della sezione perciò... GRAZIE! 
Vi lascio in pace, adesso, promesso





 
 
 

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Capitolo 19
*** 18. Mamme Possessive e Tramonti ***


Capitolo 18

Mamme Possessive e Tramonti 

 
Jack
 
Quando la porta si era chiusa davanti ai suoi occhi, Jack non aveva urlato e strepitato come aveva fatto Merida dall’altra parte. 
No, doveva essere forte, per Rapunzel. 
E poi, a dirla tutta, si era aspettato un colpo di scena del genere da parte dell’uomo nero sin da quando aveva messo piede in quella sporca ed orribile grotta. 
Era infatti per lui fin troppo strano che questo li lasciasse andare avanti così, tranquilli, come se quella per loro fosse semplicemente una gita turistica nel posto più freddo ed umido del pianeta. 
Così, ecco la sorpresa: un bel portone roccioso a dividerli. 
Gran bello show! L’uomo nero aveva un brillante futuro da intrattenitore.
-    NO! – la voce arrabbiata ed urlante di Merida era riuscita ad attraversare la porta rocciosa, sebbene flebilmente.
Doveva star gridando davvero tanto per fare si che la sua voce varcasse i maledettissimi strati di roccia posti a dividerli.
Se si fossero trovati in un’altra situazione, Jack avrebbe probabilmente provato a dire: ‘ Sempre la solita la nostra Merida ‘, guadagnandosi in seguito un rimprovero da parte di quest'ultima, ma non era quello il momento adatto a scherzare, neanche per un buffone come lui.
Già sentiva la mancanza delle sue sgridate ad alta voce. 
-    NON PUO’ ESSERE! – andò avanti la figlia di Ares, dall’altra parte della porta.
Rapunzel si distese accanto a quest’ultima, fissandola con gli occhi lucidi. 
-    Mer... – sussurrava, distrutta
-    Non le accadrà niente. – si avvicinò a lei e alla porta Jack, posando poi anche lui malinconico una mano sulla roccia  – Né a lei, né a Hiccup e né a Sdentato. –
Lo disse nel modo più convincente che conosceva. 
Aveva usato spesso quel tono quando Emma era ancora in vita, ed aveva sempre funzionato. Sperava lo facesse anche con Rapunzel, sebbene il primo che andasse convinto in quel momento fosse lui.
Non che dubitasse dei suoi amici, che, oltre tutto, avevano anche una maestosa Furia Buia dalla loro parte. Solo che... non potevi essere sicuro di come sarebbero andate a finire le cose in un posto del genere, ostile fino al midollo. 
Tutto era manovrato da quel disgustoso uomo nero che, pur di raggiungere i suoi scopi, non si faceva alcuno scrupolo delle vite altrui. 
L’uomo che, quasi lo stava dimenticando, poteva ridargli anche sua madre e sua sorella.
Ma no, non era quello il momento di pensare a ciò. 
I suoi amici erano la priorità. Gente viva, non morta, quella doveva proteggere.
Poi, ad un tratto, la flebile luce che fino a poco prima aveva illuminato la stanza svanì, lasciando entrambi in balia del buio.
La prima cosa che venne in mente di fare a Jack fu di chiamare Rapunzel per riuscire ad intercettare la sua posizione, in quanto non riusciva a proteggerla come voleva se non la vedeva. Peccato che quel suo gesto fu preceduto dalla voce di qualcun altro. 
-    Mio piccolo Sole. – disse la voce, femminile questa volta, diversa da quelle che Jack era abituato ad udire.
La figlia di Apollo però sembrava sapere perfettamente a chi apparteneva, perché urlò in un modo in cui Jack non l’aveva mai sentita urlare.
Non era solo paura quella, era puro terrore
Ed inutile specificare che, quell’urlo, a Jack non fece per nulla piacere, anzi, parve gli fece fermare il battito cardiaco per qualche tragico istante.
Dopo l’urlo inoltre, la voce di Merida era riuscita a farsi ancora una volta strada nella roccia, più arrabbiata che mai. 
-    NON LASCERO’ CHE TU LE FACCIA DEL MALE! – urlò, e la sua voce arrivò a loro più chiara della prima volta in cui l’avevano percepita – APRI QUESTA STRAMALEDETTISSIMA PORTA!
I singhiozzi di Rapunzel a quel punto aumentarono di ritmo, rendendoli insopportabili all’orecchio del figlio di Ermes.
-    Lasciala in pace! – disse così, stringendo forte il suo bastone, come a cercare la forza necessaria per dire quelle parole dal mandante del regalo – Chiunque sia, Rapunzel, non permetterle di spaventarti! –
-    Ma come! – disse con tono palesemente sorpreso la voce – Non hai mai parlato con i tuoi amici della tua dolce ed amorevole madre? –
E, dopo quella frase, la mente di Jack unì improvvisamente i puntini che l'avevano tempestata confusi per tutta la durata dei minuti antecedenti, disegnando finalmente il quadro completo della situazione. 
La voce apparteneva alla donna che aveva rinchiuso Rapunzel, la sua Rapunzel, nella schifosa torre in cui lui e Merida l’avevano trovata. 
Perché la chiamava donna? Perché quella megera non meritava l’appellativo di madre.
-    Non bastava il tentato sabotaggio alla salute di tua madre, adesso neghi anche la sua esistenza ai tuoi... deliziosi amichetti! –
La figlia di Apollo non rispose, ma Jack riusciva a sentirla piangere, non molto distante da lui.
Maledetto buio. 
E pensare che, a causa del suo albinismo, lui prima di quel giorno aveva adorato il buio. Lo aveva protetto numerose volte dalla luce troppo accecante e pericolosa del sole. 
Ma adesso che gli nascondeva Rapunzel era un nemico, esattamente come lo era quella donna. 
-    Non rispondi neanche, ingrata! – sbraitò la megera contro la biondina, facendo scattare in Jack una rabbia feroce, mai sentita prima
-    Ti ho detto di lasciarla in pace! – le urlò contro così, arrabbiato  
-    Lei è mia! – gli rispose la donna, altrettanto convinta – Non è a te che Apollo ha fatto un dono! – 
E quest’altra frase invece bastò al figlio di Ermes a capire quanto poco la donna fosse emotivamente coinvolta in quella faccenda. 
Lei non voleva indietro sua figlia. Lei voleva solamente riacquistare la giovinezza eterna tanto bramata che, da qualche mese a questa parte, le era stata negata. 
-    Tu non conosci Rapunzel... – cominciò così, col tono aspro di chi non sopportava l’idea di una mamma che insisteva a parlare in quel modo di sua figlia – Lei... lei grazie ai suoi capelli ha fatto del bene, e continua a farlo ogni giorno. È per questo che Apollo ha fatto a lei, e non a te, questo dono. Per aiutare gli altri. –
-    SCIOCCHEZZE! – continuò la donna, e, a quella sua esclamazione, la luce fioca presente precedentemente in quella sala si riaccese, rivelando così a Jack e a Rapunzel i vecchi ed imbruttiti lineamenti di cui adesso disponeva.
La pelle raggrinzita ed i capelli flosci e grigi facevano contrasto coi suoi occhi accesi di odio verso chi le stava davanti.
Almeno però, grazie a quella luce, Jack riusciva a vedere di nuovo Rapunzel. 
Sembrava essersi asciugata le lacrime e stare leggermente meglio. Il figlio di Ermes si convinse che quel suo discorso di poco prima doveva averla fatta ricostituire almeno un po’.
-    Guarda cosa mi hai fatto, Rapunzel. – andò avanti intanto la donna, mostrando alla figlia di Apollo i capelli grigi e stopposi che adesso possedeva – Stai uccidendo tua madre. – 
-    N... no. – balbettò Rapunzel di rimando – Io non... non volevo. –
-    Non la ascoltare! – intervenne Jack, mentre si guardava intorno.
Ci doveva essere un modo per cacciare via quella strega.
-    Lui... – lo squadrò in seguito la donna, per poi ridacchiare malvagia tra sé e sé – Lui ti sta vicino solo perché vuole usufruire del tuo dono, Rapunzel! Sei la solita ingenua! –
-    Non... non è vero... –
-    Non crederle! -  si interpose ancora una volta nel discorso Jack, preoccupato che la figlia di Apollo potesse crederle - Lo sai che... che io... –
-    Guarda, non riesce neanche a dirti cosa prova per te! – lo interrupe vittoriosa la donna, rivolgendosi alla figlia, mentre quest’ultima fissava smarrita prima lei e poi Jack - I suoi sentimenti sono un artificio, Rapunzel! - 
Non poteva crederle. Non dopo quello che avevano passato insieme. I mostri che avevano ucciso, le volte che si erano salvati la vita a vicenda. 
Quella però era pur sempre sua madre e come poteva lui competere con sua madre?
-    Rapunzel... non è vero... – tentò così di dirle, ma la donna aveva sempre qualcosa da obbiettare
-    Menzogne! Tutte menzogne le sue! – esclamò infatti, continuando a guardare con occhi fintamente comprensivi la figlia – Lo sai anche tu, mio piccolo Sole. – la carezzò poi - Lui è un gran bugiardo! – concluse, urlando ed indicando dura il figlio di Ermes dall’altra parte.
Jack avrebbe voluto gridare, dire qualcosa, ma non ci riusciva perché, nel profondo del suo cuore, le dava ragione. 
Era davvero un bugiardo.
E se, in realtà, si fosse davvero innamorato di Rapunzel solo perché lo faceva star meglio col suo potere? 
Cosa aveva di diverso lui da sua madre, a quel punto?
Cadde così a terra, arreso, sotto gli occhi sconvolti della figlia di Apollo, che adesso aveva ricominciato a piangere.
-    Mia piccola, ingenua, Rapunzel. Ricorda le prossime volte: la mamma ha sempre ragione.
La biondina annuì, voltandosi poi verso Jack.
-    Io... – cercò di dirle quest’ultimo, ma la ragazza gli aveva di già voltato le spalle.
Non poteva lasciarla andare via con sua madre.
Ma cosa stava facendo? Lui amava Rapunzel, e non per via dei suoi capelli. Anzi, se non fossero mai esistiti sarebbe stato meglio per entrambi!
Se non fossero stati figli di divinità... dei mortali come tutti gli altri... adesso non sarebbero lì dentro e Jack non la vedrebbe allontanarsi verso la prigionia eterna insieme al suo surrogato di madre.
Improvvisamente, si rese conto che, per risolvere quella situazione, doveva estrarre il problema alla radice, togliendo alla donna ciò che si era venuta prepotentemente a riprendere.
Aiutami, papà. ‘ pensò, prima di attuare quel piano suicida pensato troppo in fretta per poter funzionare. 
Strinse forte il suo bastone, invocò silenziosamente tutto l’aiuto possibile da parte degli dei e, un attimo prima che Rapunzel varcasse il portale oscuro in compagnia della madre, con un colpo di bastone fece cadere la lampada ad olio – fonte da lui appena localizzata della luce fioca presente nella stanza – sul terreno, facendola frantumare in mille pezzi.
-    Che stai facendo, Jack? – era la voce di Rapunzel stavolta a parlare, amara come l’albino non l’aveva mai sentita prima
-    Solo ciò che è giusto per te! – rispose, convinto
-    Arrenditi, stupido ragazzino, o arriverò alle maniere forti! –
Jack non poteva vedere la megera che lo aveva appena minacciato, ma, dall’intimidazione che seguì quella sua frase, capì che le cose si stavano mettendo molto male per lui.
Con Rapunzel dalla parte della madre, non sarebbe mai riuscito a portare a termine la sua missione.
-    Ho un bel pugnale affilato qui con me, e non appena riuscirò a localizzarti, ragazzino, non avrò alcun timore di usarlo come si deve. – fu quella la minaccia a cui abbiamo accennato precedentemente - Me ne infischio del comando del padrone di non ucciderti! –
Per Jack, a quel punto, c’era un’unica possibilità. 
Doveva dire a Rapunzel tutta la verità e, se neanche questo avesse funzionato, almeno sarebbe morto senza rimpianti.
-    Rapunzel... – cominciò così, con la voce tremante.
Era più difficile di tagliare la testa di Medusa la gorgone.
-    Io ti amo. – disse, tutto d’un fiato, raccolto il coraggio precedentemente mancato, non temendo più alcun rifiuto da parte del suo ricevente – Avevo promesso... avevo promesso che ti avrei portata sana e salva fuori di qui, anche a costo di rinunciare alla mia felicità. A me non interessano i tuoi capelli, Rapunzel. A me interessi tu. Il tuo sorriso, la tua gioia di vivere, la gioia che a me, che a tutti noi semidei, lo sai meglio di me, manca. Perciò ti prego... ti scongiuro... fidati di me. –
Silenzio. 
Quel silenzio fu la cosa più devastate che a Jack era toccato sentire in quella giornata. 
Aveva fallito.
Rapunzel lo odiava, e la capiva per questo.
Lui non era Flynn. Come poteva essersi illuso che quel sentimento potesse essere ricambiato?  
Come poteva pretendere che lei si fidasse ancora di lui?
Jack Frost, il bugiardo manipolatore. 
-    Bene. – esordì la donna, evidentemente soddisfatta del silenzio della figlia – Dopo questo toccante momento, posso ucciderti come si deve. –
Non gli interessava più nulla, ormai. Non voleva neanche più difendersi da quella minaccia incombente.
Così, allungò le mani davanti a sé, cercando lui stesso la donna, per farla finita.
Quando questa riuscì ad afferrarlo per il braccio destro, lasciò anche cadere il bastone, rinunciando all’aiuto di suo padre e degli altri dei.
-    Eccoti qua! – esclamò entusiasta la donna poco dopo averlo acchiappato.
Jack sentiva il suo fiato sul collo ma, adesso, la sua voce, seppure così vicina, non lo infastidiva più. 
Il figlio di Ermes riusciva ad immaginare il pugnale della donna avvicinarsi al suo cuore, ma, se lo avesse colpito, cosa sarebbe cambiato? Si era già frantumato in mille pezzi, ormai.
La punta fresca del pugnale aveva raggiunto il tessuto della sua felpa blu quando la voce di Rapunzel arrestò improvvisamente e sorprendentemente quell’esecuzione.
-    NO! – urlò, in un modo così convinto che Jack dubitava fosse la Rapunzel che lui conosceva a parlare – Non fargli del male! – 
Fu come se i pezzi del cuore di Jack si stessero lentamente riavvicinando fra loro, perché solo il suono della sua voce era servito a fargli capire che, almeno in fattore di amicizia, lei c’era ancora per lui.
Quel semplice No gli era bastato per ritrovare la forza perduta e continuare quel disperato piano per salvarla. Perché, se stava facendo tutto quello, era, ancora una volta, solo ed esclusivamente per lei. 
-    Fa risplendere i capelli! – le disse, mentre cercava di liberarsi dall’avida stretta della donna 
-    Perché? – gli chiese, ancora titubante nei suoi confronti
-    Ti prego, fidati di me! Fallo e basta! –
Per altri interminabili secondi, Jack fu convinto di averla persa per sempre.
Poi però, la sentì intonare le strofe della canzone che tanto aveva aspettato di sentire, e la vide illuminarsi nel buio.
Cominciò così per il figlio di Ermes una lotta contro la madre della ragazza, per riguadagnare la libertà nei movimenti perduta. Lotta che, grazie al cielo, durò poco.
Era contro una vecchia, dopotutto, che si era dovuto scontrare. 
-    No, no, che cosa hai intenzione di fare?! – sentì urlare poi quest'ultima, dopo averla scaraventata a terra, mentre lui si dirigeva spedito verso la fonte della luce magica.
Afferrò velocemente uno dei pezzetti di vetro in cui si era divisa la lampada ad olio che aveva poco prima frantumato per poi avvicinarsi a Rapunzel.
-    Fidati di me. – fu l’ultima cosa che le disse, e poi lo fece, nonostante la mano tremante ed il senso di colpa che al solo pensiero di compiere quel gesto nasceva in lui.
Tagliò la lunga chioma dorata della figlia di Apollo, abbracciandola poco dopo averlo fatto. 
Tremava fra le sue braccia, ma Jack sapeva che anche lei aveva cognizione del fatto che quella era l’unica soluzione possibile ai loro problemi.
-    NO! – sentirono urlare la donna alle loro spalle.
La presenza di altri esseri si fece improvvisamente più nitida attorno a loro dopo quell’urlo disperato.  
Degli occhi dorati si rivelarono infatti poco dopo nell’oscurità, ma, per qualche strana ragione, Jack non si sentì affatto minacciato da essi.
Sapeva chi erano. I più fedeli compagni dell’uomo nero, gli stalloni che avevano seminato terrore al Campo qualche settimana prima.
Non erano lì per loro, erano lì per la donna.
La sentirono urlare. 
La stretta di Rapunzel si fece sempre più forte intorno al corpo dell’albino, mentre questo le sussurrava: ‘ Andrà tutto bene.
Le aveva fatto tanto male, ma era comprensibile fosse dispiaciuta all’idea di perdere sua madre.
I cavalli risucchiarono dopo minuti interminabili la megera nella loro oscurità, nitrendo in seguito soddisfatti, mentre loro rimanevano in silenzio nell’ombra, abbracciati.
-    È finita... è finita... – sussurrò successivamente Jack a Rapunzel, una volta scomparsi i temibili occhi dorati attorno a loro.
Poi, la porta che poco prima aveva diviso loro due dal resto del gruppo si spalancò, lasciando entrare un po’ di luce nella stanza.
Li stava invitando a proseguire, come se quella fosse stata solamente una delle tante prove che ancora li attendevano. 
Adesso che c’era di nuovo luce, quelli che un tempo erano stati capelli di Rapunzel si resero visibili sul pavimento.
Scuri, privi di vita. 
-    Mi dispiace per... – cercò di dirle, ma lei gli mise un dito sulle labbra, a fermarlo
-    Non importa. Era la cosa giusta da fare. –
Jack annuì, sollevato che la ragazza la pensasse come lui. 
-    Grazie. – continuò poi, guardandolo negli occhi – Mi hai liberata. -
E, scavalcando le ciocche non più dorate di Rapunzel riposte sul terreno, si fecero strada verso la seconda insidia, mano nella mano, sperando di poter rincontrare presto i loro amici, possibilmente sani. Possibilmente vivi. 

 

N.A.: Chiedo umilmente perdono per questo ritardo apocalittico! >.< 
Vi avevo promesso che avrei aggiornato il prima possibile, data la fine dello scorso Capitolo, invece è avvenuto tutto il contrario! Shame on me! >.< 
Ma, sono certa che comprenderete e mi perdonerete quando vi avrò spiegato il motivo. 
La scuola. La fine del primo quadrimestre. L'inferno. 
Non ho avuto il tempo neanche di respirare! E la maggior parte di voi mi capirà di sicuro.
Adesso che ho fatto le mie scuse, andiamo al Capitolo. ^^
Non so se sia stata molto originale. Sinceramente, l'interno Capitolo non mi convince affatto. -.- L'ho riletto un centinaio di volte, e... boh, non saprei. Sarà che sento il peso di tutti i lettori che seguono, che non voglio affatto deludere, sarà che sono come sempre il Capo Supremo degli Insicuri, sarà che sono semplicemente esagerata, non lo so! x'D  
Perciò sta a voi dirmi se il taglio dei capelli di Rapunzel era una cosa scontata oppure no. ^^
Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate di questo Capitolo e, prima di salutarvi, voglio ringraziarvi perché la storia è ormai seconda nella classifica delle più popolari della sezione. Davvero, GRAZIE, perché per me questo è un traguardo che non mi sarei mai - e sottolineo mai - aspettata di raggiungere.
Vi adoro, TUTTI, dal primo all'ultimo!
Alla prossima! 


 
 

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Capitolo 20
*** 19. Grosse Perdite e L'inizio della Fine ***


Capitolo 19

Grosse Perdite e l’
Inizio della Fine
 
Hiccup
 
Quando Hiccup si risvegliò dal piacevole torpore in cui era caduto, non reagì nel migliore dei modi. Era stato come essere svegliati dalla propria mamma il lunedì mattina, mentre stavi sognando chissà quale bel paradiso tropicale, ed essere riportati alla sporca e tremenda realtà. 
-    Hiccup! – sentì Merida urlare una volta aperti gli occhi – Pensavo tu fossi... pensavo... – balbettava
-    Sto... bene. – mentì per tranquillizzarla, mentre si stropicciava le palpebre sporche di fuliggine. 
In realtà stava in tutti modi tranne che bene. Si sentiva indolenzito, stanco, ormai giunto allo stremo delle sue forze, ma ciò che lo preoccupava di più era la sua gamba sinistra. Non riusciva a muoverla, il che non prometteva nulla di buono.
-    Dov’è Sdentato? – chiese però alla rossa, più preoccupato della salute del suo animale che della sua 
-    Tranquillo, è qui dietro. – rispose lei, indicando il rettile alato intento ad annusare l’aria
-    Sei ferita? – continuò poi, scrutando nel frattempo scrupolosamente con gli occhi le condizioni della figlia di Ares
-    No, tutto okay. – fu la risposta, e Hiccup diede un sospiro di sollievo.
Sdentato e Merida stavano bene, perciò un così completo disastro quel suo piano non era stato. 
Il suo piano... come avevano fatto a salvarsi? 
-    L’uomo nero ha fermato la nostra caduta... – gli disse la figlia di Ares, mentre rivolgeva uno sguardo malinconico al suo arco di legno, riposto a qualche decina di metri di distanza da loro.
Hiccup dedusse fosse stato sempre l’uomo nero ad allontanarlo così tanto da lei per renderla il più inoffensiva possibile. Separare Merida dal suo arco era come allontanare lui da Sdentato. 
-    Dov’è adesso? – chiese poi, riferendosi all’uomo nero
-    Sta parlando con l’orso. – gli indicò due figure nere poco distanti da loro – Ripassano il piano per ucciderci. –
-    Sei riuscita a trovare la tua famiglia mentre dormivo? –
-    No... – abbassò lo sguardo – Altrimenti credi sarei ancora qui a parlare di nulla? – 
-    Già, si, scusami. –
Non voleva innervosirla ancora, perciò decise di fare silenzio e, nel frattempo che aspettavano, riuscire a capire cosa fosse capitato alla sua gamba.
Non dava segni di vita. Non si muoveva e non faceva male.
Hiccup provò a darle numerosi colpetti, cercando sempre di non far insospettire Merida, ma niente. Morta. 
-    Scusami tu per prima. – interruppe poi lei all’improvviso le visite mediche improvvisate del figlio di Efesto, guardandolo dispiaciuta 
-    Capisco come ti senti, non scusarti. – la tranquillizzò lui, con la voce stanca che aveva – E’ difficile rimanere a far niente quando sai che la tua famiglia è da qualche parte nascosta in questo orribile posto. -
Poi, un rumore assordante squarciò il silenzio nella grotta, facendo tremare le pareti come poteva succedere solamente durante un terremoto di grado nove sulla scala Richter. 
Hiccup percepì una stretta poderosa al polso, e solo quando la roccia smise di tremare capì da cosa era stata provocata. Merida gli aveva afferrato spaventata la mano, per poi ritrarla subito dopo, col volto rosso quasi quanto i suoi capelli. 
-    Cosa è stato? – chiese al figlio di Efesto una volta andato via l’imbarazzo, che fece spallucce in risposta.
Non ne aveva la più pallida idea. Sperava solo che non c’entrasse con Rapunzel e Jack, perché se così era, c’era da aggiungere un altro punto alla sua lista “ le cose che mi preoccupano al momento “. 
-    Si stanno semplicemente divertendo dall’altra parte. – una voce famigliare e famelica rispose alla domanda di Merida, divertita
-    Qualsiasi cosa tu abbia fatto a Rapunzel e Jack... – disse la figlia di Ares, alzandosi in piedi e stringendo i pugni minacciosa.
Hiccup le tirò una gamba. Non doveva provocare un uomo che non poteva vedere. 
-    Fa come ti dice l’Incudine, siediti. – continuò il nemico, non rendendosi ancora visibile ai loro occhi – Riposati finché puoi, e non dire che non sono buono nei vostri confronti. –
Merida si sedette indignata e Hiccup le lanciò uno sguardo di disappunto. Doveva darsi una calmata, o la benevolenza di quel tizio sarebbe venuta meno, e con la sua gamba fuori gioco e l’ala artificiale di Sdentato bruciacchiata, dubitava di riuscire a sopravvivere ad un altro attacco senza la presenza di Jack e Rapunzel. 
Dovevano solamente aspettare. Non poteva averli uccisi se aveva salvato loro poco prima.

***

Passarono minuti interminabili per il figlio di Efesto e la figlia di Ares. 
Dall’altra parte della grotta si udivano lamenti disumani misti a nitriti festosi. Non sapere cosa stava realmente succedendo ai loro amici li uccideva, più di quanto li potesse uccidere la Morte Rossa.
Merida aveva posato la testa sulle sue ginocchia e le aveva strette a sé più che poteva, come una bambina che cercava protezione fra le gambe di sua madre. Hiccup si rese conto che anche la persona all’apparenza più forte alla fine aveva le sue debolezze, e quella di Merida doveva essere di sicuro la paura di perdere famiglia e amici. 
-    Ehi, andrà tutto bene. – cercò di dirle, ma la voce tremava anche a lui.
Improvvisamente però un po’ di luce entrò nell’enorme stanza buia in cui erano stati costretti a sostare, e due sagome conosciute cominciarono ad avvicinarsi a loro, lentamente.
Merida partì in quarta, gioiosa come mai Hiccup l’aveva vista.
Gli afferrò il braccio e lo incitò ad alzarsi per raggiungere gli altri due amici. Lui l’avrebbe fatto se ne fosse stato in grado, ovviamente.
-    Che ti prende? – lo guardò confusa Merida 
-    Non possiamo muoverci da qui, l’ha detto l’uomo nero. – fu la prima scusa che venne in mente al ragazzo, e sperò che l’amica ci credesse.
Ma la rossa sapeva quanto anche lui tenesse ai suoi amici e non poteva bersi una simile ciancia.
-    Che cos’hai? – gli chiese perciò, spazientiva, mentre il suo sguardo indugiava sulla gamba KO – Hiccup Haddock, rispondimi, ora!
Non sapeva perché stava succedendo, ma le lacrime non poterono far a meno di stagliarsi sui suoi occhi. Mai come all’ora aveva provato una sensazione di impotenza come quella. Sentiva dentro sé che, a differenza delle tante ferite che precedentemente si era procurato, quella non sarebbe andata via come le altre. Non voleva farle del male, ma non gli aveva lasciato altra scelta.
-    Non riesco a muoverla, okay?! – le disse così, con gli occhi verdi pieni di lacrime – Non... non so cos’ho... so solo... solo che mi sembra morta... ed è... è orribile! – l’ultima parola la urlò, e, ascoltandosi, lui stesso stentava a riconoscersi.
L’uomo nero era riuscito a portargli via anche la pacatezza.
-    Hiccup...- sussurrò Merida, ed il chiamato poteva sentirla singhiozzare – No... Rapunzel ti guarirà. Non devi... non devi arrenderti! –
Avrebbe tanto voluto crederle, ma sapeva che non sarebbe andata così. La sentiva nel suo petto quella maledetta sensazione che stavolta era finita. 
Mentre pensava a ciò, la figura della figlia di Apollo si lanciò contro quella della figlia di Ares, felice di rivederla. Poi si unì all’abbraccio anche il figlio di Ermes e, guardando loro tre, Hiccup pensò che almeno una cosa buona il suo essere un semidio l’aveva portata. Preferiva quella di vita, fatta di sacrifici e battaglie, che una da mortale felice senza di loro. 
-    Dov’è Hiccup? – chiese ad un tratto Rapunzel e, a quella sua domanda, il figlio di Efesto cominciò a sentirsi nuovamente in colpa.
Stava per rovinare il momento, un’altra volta.
-    Rapunzel, tu devi... – ma la figlia di Ares si bloccò improvvisamente, notando una cosa che prima, presa dall’euforia del momento, non aveva notato – I tuoi... capelli? - 
La ormai bruna figlia di Apollo annuì, con gli occhi verdi colmi di lacrime pronte ad esplodere sul suo volto. 
Anche Hiccup aveva notato solo adesso quel cambiamento ma, a differenza di Merida, non pensava all’impossibilità di curarsi senza i capelli dell’amica, ma più a come si sentisse quest’ultima ora che li aveva persi. Forse la stessa sensazione che provava lui nei confronti della sua gamba... 
-    Abbiamo dovuto farlo. – intervenne Jack – Era l’unica soluzione. –
-    Ma... adesso... come... come facciamo? –  Merida guardò il figlio di Ermes disperata
-    Che intendi dire? – chiese quest’ultimo, confuso.
Mentre la figlia di Ares cercava di spiegare la situazione, Rapunzel abbassò lo sguardo verso terra e subito dopo si avvicinò ad Hiccup, preoccupata come mai.
Lo abbracciò con fare materno, per poi concentrare il suo sguardo sulla gamba del malcapitato. 
-    Sei bellissima anche così, Punzie. – le disse sincero Hiccup, sorridendole, dopo aver notato il suo volto bagnato 
-    La tua... la tua gamba, Hic. – balbettò lei, scioccata 
-    Non importa se non puoi curarla, non mi interessa. – 
-    No! Stai soffrendo... ed io non posso fare nulla per te! –
-    Non è vero, a me basta la tua presenza! La presenza di tutti voi. E scusatemi se sono un completo disastro... è solo una gamba in meno, dopotutto. Sopravvivrò. –
Quella frase doveva aver colpito i cuori dei suoi amici, perché lo guardarono seriosi, persino Jack che serio non era mai stato. 
A Hiccup non piaceva essere il centro dell’attenzione altrui, perciò cominciò a cercare subito un modo per distogliere lo sguardo dei ragazzi da lui. Fortunatamente, l’occasione che stava aspettando si presentò presto, nitida ed efficace.
-    Ed eccoci qui, riuniti come aspettavo. – apparve alle loro spalle l’uomo nero, per la prima volta con fattezze umane.
Era alto, magro e con la pelle color latte macchiato di polvere nera. 
Strano colore ‘ pensò Hiccup, ma ciò che in realtà lo colpì di più furono i suoi occhi dorati che, nonostante fossero a lui famigliari, dal vivo lo catturarono e atterrirono ancor maggiormente.
-    Pensavo non sareste venuti, a dir la verità, ma come potevate fare altrimenti? – diceva mentre passeggiava attorno a loro, minaccioso – Io ho qualcosa di cui avete bisogno. –
A quelle parole, accanto a lui apparvero due spiriti, uno di bambina e l’altro di donna. 
Alle sue spalle invece sorsero le figure di cinque persone incatenate, due adulte e tre bambine. Quest’ultime erano troppo lontane per poterle mettere bene a fuoco ed i due spiriti comparsi invece non erano conoscenti di Hiccup, ma, dalle facce che fecero Jack e Merida, dedusse che dovevano essere loro affetti.  
-    Non volevo mettere in mezzo le vostre famiglie, sia chiaro – andò avanti l’uomo nero, continuando a fissarli ardentemente coi suoi occhi dorati – solo che era l’unico modo per convincervi a venire. E, a proposito di questo, devi fare una scelta, Caduceo. –
Jack fece cenno di no ed abbassò lo sguardo, ma sembrava poco convinto. 
Di che scelta stava parlando?
-    Ti ridarò la tua famiglia se lasci che uccida i tuoi amici. – affermò ancora l’uomo con voce serpentina, e Merida non riuscì a non intromettersi
-    Cosa diamine sta farneticando, Jack? – chiese, con voce dura e risentita – Volevi fare patti con lui?! –
-    NO! – urlò in risposta l’albino, e Rapunzel gli afferrò preoccupata la mano, per tranquillizzarlo.
Qualsiasi cosa fosse successa nell’altra stanza tra quei due doveva averli legati molto.
-    Merida, sta calma... – tentò di dire Rapunzel, ma la rossa continuava a tenere i pugni serrati.
Era strano, ma ad Hiccup adesso che non aveva più i suoi capelli dorati sembrava più matura. 
-    Qualcuno può spiegarmi cosa sta succedendo, allora?! – chiese poi Merida, fingendo con questa frase di essere scesa a compromessi
-    Ho proposto al tuo amico uno scambio, Cinghiale. – rispose l’uomo nero
-    Non chiamarmi così per prima cosa. – sbuffò coraggiosamente lei 
-    Ed ora deve scegliere. – andò avanti noncurante lui, rivolgendo poi nuovamente il suo sguardo verso Jack.
Questo non lo guardava, continuando a tenere la testa abbassata.
Hiccup avrebbe voluto stargli vicino, spiegare a Merida che se si stava comportando così era solo perché era difficile scegliere tra famiglia ed amici e che lei avrebbe dovuto capirlo. 
Però, qualcosa al figlio di Efesto non quadrava. Come poteva quell’uomo riuscire a portare indietro delle anime dall’Ade? Non era, chessò, vietato ed impossibile? 
-    Sto aspettando... – continuò spazientito il loro nemico
-    Jack – lo chiamò così il figlio di Efesto, per rendersi utile almeno da seduto – Io non credo sia in grado di riportare i morti in vita. –
-    Ah si, Incudine? E da cosa lo deduci, sentiamo? – si mise sulle difensive l’uomo nero
-    Dal fatto che bisogna meritarla una cosa del genere. Ricordo il mito di Orfeo ed Euridice... –
-    Sono un figlio di Ade, questo ti basta a fidarti di me. Conosco gli Inferi, stupido figlio di un fabbro. – sbraitò, perdendo quel tono soave e compiaciuto che aveva mantenuto fino poco prima.
Figlio di Ade... non c’erano i figli di Ade al Campo Mezzosangue. Hiccup non ne conosceva neanche l’esistenza, in realtà, fino a pochi minuti prima. 
Ma perché quell’uomo si stava comportando così con loro? Cosa voleva, e soprattutto, perché provava tutto quel risentimento nei loro confronti?
-    Io credo che Jack prima di rispondere alla sua proposta debba conoscerla meglio. – disse, sperando di riuscire a saperne di più sul suo conto
-    Già! – esclamò Rapunzel – Non si fanno patti con gli sconosciuti. –
-    Stupidi ragazzini semidivini! – sbraitò ancora una volta lui, facendo stagliare sul volto di Hiccup un sorriso compiaciuto – Non decidete voi cosa devo o non devo fare! –
-    Beh, allora rimaniamo qui fino a quando non moriamo di fame, perché Jack non le risponderà senza che lei si presenti come si deve. – continuò convinto il figlio di Efesto
-    Sa, al Campo ci hanno insegnato le buone maniere. – concluse invece la figlia di Apollo, facendo poi l’occhiolino all’amico.
Jack e Merida guardavano Rapunzel e Hiccup confusi, mentre questi ultimi due li lanciavano sguardi come a dire “ poi capirete “. 
-    Al Campo... – biascicò irritato l’uomo – Ci ho passato anni... anni senza che nessuno mi accogliesse come dovuto. –
-    È per questo che odia tanto gli altri semidei, quindi? – chiese la figlia di Apollo, che ormai sembrava essere a suo agio a parlare con quell’uomo 
-    Si. Ed i loro genitori. Ed anche mio padre. Perché se lo si guarda sempre male, un motivo ci sarà. – 
Adesso che parlava della sua storia, sembrava molto più vicino a loro e meno altero. Anche Jack sembrava meno spaventato, nonostante continuasse a guardare malinconico e pensieroso i due spiriti al suo fianco.
-    Ma – e riprese il suo tono cattivo – avrò la mia vendetta. Una volta finito con voi, distruggerò il Campo e, quando troverò più seguaci, mi spingerò sino all’Olimpo. –
-    Ambizioso. – commentò Hiccup 
-    Ed ora, la tua scelta, Caduceo. Non ho altro tempo da perdere. –
Non poteva ridargli la sua famiglia. Era solamente l’ennesimo semidio abbandonato dal suo genitore divino - come tutti gli altri del resto - che però cercava vendetta. 
Efesto non gli aveva mai scritto o fatto regali. Lui era solo uno dei tanti figli, ma da lì a covare rivalsa nei suoi confronti Hiccup era molto lontano. 
Tuttavia quel semidio sembrava molto più vecchio di loro, quindi doveva aver coltivato il suo risentimento nel corso di anni e, in fondo, Hiccup poteva comprenderlo.
Quell’uomo nonostante ciò era il nemico e non doveva provare pena per lui. 
Lo aveva costretto ad affrontare il suo peggior incubo, aveva rapito la famiglia di Merida, aveva cercato di corrompere Jack e, cosa più triste di tutti, aveva privato Rapunzel dell’unica cosa che la legasse a suo padre.
Adesso il lentigginoso sperava solamente che Jack avesse capito che, tutto sommato, era un semidio come loro e che perciò non aveva poteri né particolarmente preoccupanti e né miracolosi.
-    Un’ultima domanda. – Hiccup voleva però togliersi un ultimo dubbio
-    No, basta! – sbraitò ancora una volta l’uomo nero, a cui stava facendo perdere tutta la pazienza
-    Un’altra e Jack darà la sua risposta, glielo giuriamo sullo Stige. – affermò poi serio  – Come ha fatto ad entrare nei nostri sogni? –
Voleva saperlo. Se ci era riuscito da solo, allora c’era da temerlo per le sue capacità. Se invece non fosse stato così...
-    Ho delle divinità minori dalla mia parte, sai, Incudine? Divinità che bramano vendetta, come Morfeo. –
Bingo. Da solo, quell’uomo non era nulla. 
Ti prego papà, fa che Jack abbia capito! “ pregò Efesto speranzoso.
-    La scelta adesso, avete giurato. –
Jack alzò i suoi occhi chiari e gli andò a puntare su quelli dell’uomo nero. Era arrabbiato, lo si capiva dal modo in cui sosteneva sprezzante lo sguardo del nemico. 
-    Non posso tradire i miei amici. Perciò... non accetto. – gli disse, nonostante la sua voce apparisse meno convinta della postura che aveva assunto
-    Allora, non mi lasci altra scelta. Sarebbe stato bello collaborare con te. –
E, detto questo, le anime della sorella e della madre del figlio di Ermes si dissolsero nell’aria, mentre quest’ultimo tentava invano di afferrarle con le sue mani.
L’uomo nero era scomparso e poi riapparso a qualche metro di distanza da loro, e aveva cominciato a sghignazzare soddisfatto.
-    Provate a cavarvela adesso. – disse poi, mentre attorno a lui i suoi fedeli stalloni si issavano sulle zampe posteriori ed un esercito di draghi si faceva avanti insieme a loro, minaccioso. 
Sdentato, che appena aveva visto i mostri cominciare a procedere verso di loro si era messo dinanzi a Hiccup per proteggerlo, emise un verso spaventato quando rivide il signore dei draghi – l’uomo incontrato al distributore qualche giorno prima – in sella ad uno di loro. 
-    Andrà tutto bene. – lo accarezzò il figlio di Efesto, mentre, aiutato da Merida, gli saliva in groppa.
Non ce l’avrebbero mai fatta da soli, con Sdentato che non riusciva più a volare, l’arco di Merida troppo distante da loro – e molto probabilmente finito calpestato dalla zampa di uno stallone fatto d’ombra –, Rapunzel non più in grado di curarli in caso di evenienza e Jack così provato dalla perdita – per la seconda volta – della sua famiglia. 
Ma dovevano provarci. Insieme.

 

N.A.: No, non sono deceduta e tornata dagli Inferi come Hazel, tranquilli x'D
Cavoli, in realtà non so proprio come farmi perdonare stavolta per il ritardo. >.< Non ho scuse, perché non è per via della scuola ( forse solo un 30 % della colpa va attribbuito a quella ), ma principalmente per colpa di qualcosa di ancora più orribile chiamata " blocco dello scrittore ". Si, non riuscivo più a scrivere una riga, e per sbloccarmi ci è voluto un po'. Fissavo la pagina bianca, scrivevo qualche parola e poi cancellavo perché non mi convinceva. >.< Insomma, ho passato brutti periodi da scrittrice in crisi.
Poi - non chiedetemi come perché non ne ho la più pallida idea - mi sono improvvisamente sbloccata - e grazie al cielo perché avete atteso tanto! >.< - e rieccomi qui, più mortificata che mai!
Ma, spero questo capitolo basti a farmi perdonare, perché sappiate che vi voglio un bene dell'anima e ci tengo a dare a questa storia il finale che si merita. 
Scrivere dal punto di vista di Hiccup mi diverte sempre molto, ma stavolta mi ha spezzato il cuore. 
La parte dove poi piange... T^T No, no, ho esagerato anche questa volta. Povero il nostro piccolo Hic, vorrei essere lì solo per abbracciarlo! >.<
E, per quanto riguarda l'uomo nero - ma chiamiamolo Pitch che è meglio ù.ù x'D - l'ho messo nella progenie di Ade solo ed esclusivamente per esigenze di trama perché, sinceramente, non ce lo vedo più di tanto figlio suo. ^^" E le esigenze di trama sono obviously il fatto che doveva riuscire ad evocare gli spiriti della madre e della sorella di Jack, tutto qui! x'D
Spero che questo non vi abbia delusi, tutto sommato, e, dopo avervi detto GRAZIE per la 1836432784682964 volta - xD - vi do appuntumento alla prossima!

 
 

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Capitolo 21
*** 20. Squadre di Soccorso e Orsetti Gommosi ***


Capitolo 20

Squadre di Soccorso e Orsetti Gommosi 

 
Rapunzel
 
Senza i capelli a darle sicurezza, Rapunzel si sentiva terribilmente sfiduciata.
Non poter aiutare Hiccup a star meglio l’aveva distrutta dentro. Vederlo soffrire in quel modo atroce poi l’aveva sconvolta definitivamente. 
Se non poteva più aiutare i suoi amici, cosa restava di utile alla missione in lei? 
Lei, che in quel momento impugnava impacciata una semplice padella mentre un esercito di mostri le veniva incontro minaccioso. 
Lei, che durante quella impresa aveva perso il suo naturale ottimismo cronico e ancora lei che chiusa in quella grotta senza la luce del Sole si sentiva abbandonata ancora una volta da suo padre.
-    Ce la faremo. – disse Hiccup ai suoi amici, col tono convinto che raramente la figlia di Apollo gli aveva sentito usare.
Sembrava un capo, un leader, mentre si ergeva fiero sulla groppa di Sdentato. Proprio lui che, tra i quattro, al momento sarebbe dovuto essere il più pessimista, con quella gamba fuorigioco e l’ala artificiale del suo migliore amico carbonizzata. 
Rapunzel di conseguenza non poté far altro che ammirarlo per questo e tentare di assorbire come meglio poteva la sua energia positiva. 
-    Dobbiamo farlo. Per il Campo. – disse infatti, pensando a quanto le mancassero i campi di fragole adiacenti a quest’ultimo e a quanto ci tenesse a proteggerli dai mali esterni
-    Per il mondo intero. – continuò invece Merida, con uno strano barlume eroico negli occhi.
L’amica mostrava il suo temperamento anche in situazioni difficili come quella. Alle volte Rapunzel avrebbe voluto avere la sua stessa sicurezza.
Colui che la preoccupava maggiormente al momento era difatti Jack, adesso il più fragile di tutti, che, dopo la scomparsa di sua madre e sua sorella di poco prima, continuava a fissare lo stesso punto nel vuoto, col bastone regalato dal padre Ermes stretto in una mano. 
Lo capiva. Perdere le persone amate era sempre orribile, perderle per due volte di seguito però lo doveva essere doppiamente di più. E anche lei adesso di mancanze ne sapeva qualcosa. 
La sua testa aveva cognizione del fatto che era andata meglio così, che sua madre non sarebbe mai potuta cambiare e che nonostante le promesse fatte avrebbe continuato a sfruttare senza criterio il suo dono ma, in fondo al cuore, sentiva che non aveva fatto abbastanza per salvare quella donna tanto accecata dal desiderio di immortalità prima che per lei fosse troppo tardi.
Era stata sua madre, dopotutto, e, nonostante tutto il male che le aveva infierito nel corso di quegli anni, le avrebbe per sempre voluto bene. 
-    È finalmente arrivata la vostra fine, Big Four! – esclamò ad un tratto l’uomo nero, che in realtà non era altro che un essere semidivino come loro, sghignazzando lontano dall’azione.
Ma aspetta, come li aveva chiamati?
-    Gran bel nome! – esclamò entusiasta Merida, come se un’orda di mostri non le stesse affatto venendo addosso in quel preciso instante – Meglio di Cinghiale, Caduceo ed Incudine sicuramente. –
Rapunzel accennò un sorriso rivolto all’amica, mentre puntava il più minacciosamente possibile la padella verso il muso del primo cavallo fatto d’ombra.
Dire che all’inizio il loro tentativo di difesa andò male sarebbe una bugia. Non se la stavano cavando affatto male infatti. 
Hiccup sferrava colpi di martello a destra e a manca mentre Sdentato dava il suo contributo sputando fuoco verso chiunque fosse sulla sua traiettoria.
Merida, oramai senza più il suo amato arco ad aiutarla, non si era rivelata affatto goffa in mancanza di questo, anzi, se la cavava benissimo a crudo, con solo mani e piedi ad aiutarla. Era una figlia di Ares, dopotutto, questi erano giochetti da bambini per una ragazza in gamba come lei. 
E Jack… Jack era tornato il suo Jack. Si era svegliato dallo stato di trans in cui era caduto quando aveva visto i suoi amici nel bisogno e da allora non aveva smesso neanche per un attimo di assestare colpi col suo bastone. 
Lei invece sapeva usare come andava usata la sua amata padella, ovvero come scudo e come arma difensiva. Una volta tornata al Campo avrebbe di sicuro chiesto ad Hiccup di costruirne molte, magari non semplici come la sua, ma colorate e personalizzabili, che poi avrebbe regalato a chiunque avesse avuto voglia di imparare quella inusuale ma efficace arte difensiva.
Non era però purtroppo quello per Rapunzel il momento adatto a fantasticare su un vittorioso ritorno al Campo. No, non adesso che le forze cominciavano a mancare a tutti e quattro ed i mostri continuavano ad avanzare biechi verso di loro. 
-    Comunque vada, sono felice di avervi conosciuti! – urlò ad un tratto Hiccup, mentre una decina di stalloni oscuri lo stava inesorabilmente circondando
-    Anche io! – disse di rimando lei mentre colpiva sul muso un drago con la padella
-    Vi voglio bene! – esclamò invece Merida, sincera, nel momento in cui affannata mollava l’ennesimo calcio sul didietro ad uno degli stalloni.
Forse la loro fine era davvero giunta.
Mostri assetati di sangue semidivino continuavano ad avanzare verso di loro, e di rimando questi ultimi indietreggiavano, sempre più convinti che questa volta non ne sarebbe usciti vivi. 
Si accostarono tutti e quattro ai fianchi di Sdentato che continuava imperterrito a ruggire nel vano tentativo di salvare i suoi amici. 
Guardando con quanto foga quel loro possente ma dolce amico si stava battendo per salvarli ricordò a Rapunzel quanto fosse contenta di aver aiutato Hiccup a guarirlo settimane prima. Si era rivelato un grande alleato oltre che un amico fidato, e la figlia di Apollo era felice di averlo accolto nella loro piccola e strana famiglia.
-    Ci vediamo ai Campi Elisi! – disse ad un tratto poi Jack, con uno strano sorriso sul volto, nello stesso momento in cui uno stallone fatto d’ombra tentava di addentare un pezzo della sua maglietta arancione.
In altre situazioni quella frase da lui detta sarebbe potuta apparire fuori luogo e pessimista, se non addirittura macabra, ma in quel preciso istante suonava come un inno alla loro amicizia eterna. 
La figlia di Apollo chiuse così gli occhi, stringendo da una parte la mano di Jack e dall’altra quella di Hiccup che a sua volta teneva stretta quella di Merida. 
Sperò con tutto il suo cuore che l’affermazione del figlio di Ermes si avverasse. Sperò di rincontrarli lì, dove gli eroi che prima di loro erano morti per una buona causa riposavano. Più di tutto desiderò però che la dolce Furia Buia li seguisse in quel paradiso ultraterreno, sebbene la sua natura da mostro glielo impedisse a priori. 
La risata del loro nemico si fece poi sempre più vittoriosa e agghiacciante alle loro orecchie di quasi morti, fino a quando qualcosa – cosa loro non lo sapevano ancora – accadde. 
Il suono della risata di colpo sparì, lasciando spazio al rumore dei ruggiti doloranti di alcuni mostri e a tanta, tanta polvere. 
Rapunzel e gli altri aprirono subito gli occhi per controllare cosa fosse accaduto ed una dolce sensazione di sicurezza li appagò per la prima volta dopo tempo immane. 
Dejà vu
-    Pensavate di poter escluderci così facilmente dal divertimento? – la voce di Elsa la luogotenente li rimproverò ma, a differenza delle altre volte, questa parve molto più rilassata a divertita. 
Dietro di lei le altre Cacciatrici, con le frecce ben tirare nei loro archi, pronte a fare strage di mostri come solo loro erano in grado di fare. 
-    Come avete fatto a trovarci? – chiese Jack colpito ad Elsa e Pocahontas, mentre le altre compagne si lanciavano all’attacco
-    Vi abbiamo pedinati. – rispose semplicemente la seconda, facendoli sobbalzare tutti e quattro dalla paura al solo pensiero di non essersi accorti di un esercito di ragazze posto lì a spiarli.
Quelle Cacciatrici erano davvero sorprendenti
Poi, spostando lo sguardo oltre le fanciulle dedite ad Artemide, Rapunzel individuò sua sorella Aurora, e Flynn, e Felix e Shang, insieme a praticamente tutto il resto dei semidei del Campo. 
-    Oh si – intervenne Elsa notando i loro sguardi perplessi e sorpresi – Ci sono anche tutti i vostri amici di Long Island, sebbene io fossi altamente contraria a ciò. –
-    Oh andiamo Elsa, anche noi dovevamo aiutare! – apparve Anna dal nulla, facendo stagliare inevitabilmente un sorriso divertito sul volto di Rapunzel, che era rimasta colpita e rallegrata da quella sua frizzante comparsa.
La loro amica fulva però pareva leggermente diversa da come l’avevano lasciata all’inizio del loro viaggio. Forse merito era del modo in cui adesso andava vestita. Aveva un’armatura invece della solita maglia del Campo, ma non una di quelle greche che erano soliti usare durante la Caccia alla Bandiera, una di ultima generazione, di un acceso colore verde metallizzato.
-    Da dove saltano fuori queste tute? – chiese Hiccup impressionato.
Rapunzel sapeva che se fosse stato in grado di camminare si sarebbe avvicinato all’armatura in questione per poterla esaminare meglio in tutto il suo splendore, così, fu lei a chiedere ad Anna di avvicinarsi, senza però far intendere a quest’ultima la reale motivazione per cui glielo aveva chiesto, per fare un favore al suo migliore amico.
Il lentigginoso le sorrise grato, apprezzando e comprendendo quel suo gesto gentile, per poi cominciare a sfiorare colpito il metallo con cui la tuta era stata scrupolosamente fabbricata. 
-    Le ha costruite uno dei tuoi fratelli. – spiegò schietta Anna, facendo però solamente stagliare di conseguenza sul voto del figlio di Efesto un’espressione ancor più confusa della precedente
-    Quale… Quale dei miei fratelli è capace di costruire oggetti simili? – diede così voce ai suoi pensieri, continuando però a contemplare quell’opera di alta ingegneria meccanica
-    Oh giusto! È arrivato al Campo insieme ai suoi strani amici solo dopo la vostra partenza! – si ricordò improvvisamente la figlia di Afrodite, scusandosi poi per la sua sbadataggine – Si chiama Hiro, comunque. Quando Elsa e le Cacciatrici sono giunte al Campo per comunicarci le novità su di voi, si è offerto di creare delle armature per semidei che rischiano ogni giorno la vita nelle imprese assegnate dai loro genitori per convincere Elsa a far partecipare alla spedizione anche noi mezzosangue. Sembro o non sembro una super eroina adesso? –
Effettivamente, pareva fosse appena balzata fuori dallo schermo di un cinema che stava trasmettendo uno di quei film sui supereroi che a Merida piacevano tanto. Difatti, quest’ultima la guardava sbalordita e - Rapunzel ci avrebbe potuto scommettere su tutte le sue dracme - persino un po' invidiosa.
Intanto, mentre loro facevano domande su domande ad Anna ed Elsa avvenute durante la loro assenza, il resto della loro squadra di soccorso si batteva valorosa contro i mostri: i semidei facendo sfoggio delle loro nuove armature e le Cacciatrici invece onorando la loro divisa. 
Poi, un rumore simile a quello provocato dalle bombe di fuoco greco fece sobbalzare spaventata la figlia di Apollo che, istintivamente, si nascose dietro al corpo sicuro del fidato Jack. Dopo quello che le aveva detto un’ora prima nella stanza precedente di quella grotta infernale si sentiva amata e protetta in sua compagnia. 
-    Scusate! – urlò poi una voce maschile imbarazzata, proveniente dall’alto.
I quattro alzarono il capo, ritrovandosi successivamente davanti agli occhi atterriti un ragazzino sui quattordici anni mai visto prima in groppa ad un... robot?! 
-    Tu… tu devi essere Hiro. - diede voce alle sue supposizioni Hiccup, guardando sgomento non il ragazzo, ma il suo strabiliante robot alato
-    Ohm… si… E… se quello è un drago, tu devi essere Hiccup! – rispose il ragazzino
-    Esatto. – annuì il lentigginoso sorridendo – Sei stato un grande con quelle armature! –
-    Mai quanto te! Elsa mi ha detto che sei riuscito a costruire un’ala per il tuo drago usando solamente rametti e foglie! – 
Era bello guardare quei due chiacchierare così appassionatamente delle loro imprese ma diciamo che non era proprio il momento più adatto per ciò. 
-    Ehm, mi spiace metter fine a questo bel momento tra geni della meccanica della progenie di Efesto ma… l’uomo nero sta scappando. -  disse infatti Jack, interrompendo quel momento fra i due figli del dio del fuoco
-    E abbiamo ancora un conto in sospeso con lui. – sottolineò Merida, facendo arrossire Hiccup per l’imbarazzo di aver dimenticato un particolare così importante.
Dovevano ancora trovare la famiglia dell’amica e l’unico modo era seguire il loro nemico che, in quel preciso istante, stava strisciando silenzioso e spaventato verso un’altra stanza. 
Il nuovo fratello di Hiccup annuì all’affermazione detta poco prima da Jack, per poi cacciare dalla tasca dell’armatura – si, quell’aggeggio meraviglioso aveva anche le tasche! – un pacchetto, che, dal basso, a Rapunzel pareva contenesse delle caramelle.
-    Orsetti gommosi per farmi perdonare? – chiese infatti, e Merida fece eccitata un cenno di assenso. 
Hiro lo lanciò sorridendo nella sua direzione e lei lo afferrò al volo, scartandolo e addentando uno degli orsetti che conteneva con la foga di un mostro affamato.
-    Adoro il tuo nuovo fratello! – esclamò, per poi cominciare a correre spedita verso la fessura da cui l’uomo nero era fuggito poco istanti prima a testa bassa.
Rapunzel e Jack non poterono far a meno di sorridere di fronte a quella scena, mentre un’espressione sconvolta ma infondo divertita come la loro si stagliava sul volto del loro amico lentigginoso.  
-    È impazzita! – disse poi con gli occhi strabuzzati, mentre gli altri due lo raggiungevano sulla groppa di Sdentato, pronti a seguirla. 
E così fecero. La Furia Buia, dopo aver ricevuto il comando dal suo amato amico Hiccup, si gettò in quarta tra la folla di semidei e creature mitologiche, schivando come meglio poteva i resti vomitevoli dei suoi – purtroppo – ex compagni mostri. 
Mentre correvano, sentirono Hiro urlare entusiasta nella loro direzione:
-    Fatelo nero! – 
Per poi aggiungere rivolgendosi al suo robot, che lo stava guardando preoccupato:
-    È solo un modo di dire. – sorrise - E poi, tecnicamente, è già nero di suo. -
Quando raggiunsero finalmente Merida, questa teneva un arco in mano e stava abbracciando commossa la sua sorellastra Astrid. Una scena che confuse i due ragazzi che stavano vicino alla figlia di Apollo, ma non quest’ultima.
Lei sapeva che “ i veri fratellastri “ si riconoscevano nel momento del bisogno.
Astrid le aveva regalato un arco. Rapunzel stentava però quasi a credere che la stessa ragazza che fino a poco tempo prima credeva quell’arma non degna di essere usata da un membro della casa di Ares avesse compiuto un gesto così nolbile e dolce. Ma mai giudicare un libro dalla copertina, dopotutto.
-    Astrid – sentirono Merida dire alla sorella, prima di salire anche lei sulla groppa di Sdentato – Promettimi che quando le cose si metteranno male convincerai Elsa ad andare via senza di noi. –
La bionda esitò. Sembrava sconvolta dalla frase appena pronunciata dalla compagna di casa. Alzò infatti lo sguardo verso Hiccup, Jack e Rapunzel, nel tentativo disperato di essere aiutata da loro nel far cambiare idea alla rossa. Peccato che anche questi altri tre fossero pienamente d’accordo con lei. 
-    Non… - cercò di dire, ma Merida glielo impedì
-    Promettilo! – ribatté difatti, convinta
-    Prometto. –
-    Promettilo sullo Strige. –
Le labbra di Astrid tremarono.
-    Prometto sullo Strige. –
Era la cosa giusta. Non doveva morire nessuno per salvarli. 
-    Grazie. – disse in seguito sinceramente grata Merida, sorridendo, per poi incitare Hiccup a far ripartire Sdentato.
E quest’ultimo ricominciò a correre, veloce, verso la stanza che separava i nostri eroi dall’epilogo della loro avventura. 

 

N.A.: Ed eccomi qui! ^^ 
La scorsa volta pensavo sarebbe passato meno tempo di quello che in realtà è passato - quasi un mese ragazzi, scusate! >.< - ma sembrava proprio che il destino ce l'avesse con me! Tra la scuola, il computer sfortunatamente deceduto ( proprio nel momento in cui nella mia mente le idee fangirlose ballavano a ritmo di musica, desiderose di uscire il prima possibile ) e gli impegni vari che ho avuto, sedersi davanti alla scrivania per riuscire a scrivere qualcosa era quasi un impossibile! Insomma, sono sfigata. 
Ma, adesso siamo qui,a parlare del Capitolo che non vedevo l'ora di pubblicare! Perché? Perché ci sono Hiro e Baymax! *-* 
Ho semplicemente ADORATO Big Hero 6 ( che ho visto sabato di due settime fa, prima che il vecchio computer mi abbandonasse,praticamente ) e non potevo non inserirli in qualche modo in questo MegaCrossover ;) Poi, Hiro e Hiccup e Baymax e Sdentato sarebbero da abbracciare e strapazzare fino alla morte per soffocamento *-* 
Insomma, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, perché ci siamo, l'epilogo é vicino e... piango T^T
Ma, stavo pensando ad una cosa... 
Vorrei creare una raccolta di Missing Moments sulle cose accadute in questa long che, per non appesantire troppo la trama, ho dovuto mettere in secondo piano o eliminare completamente. 
Secondo voi sarebbe una bella idea? O meglio, vi andrebbe di continuare a leggere dei nostri quattro nel mondo creato dal caro Zio Rick
Mi piacerebbe molto saperlo, perché, sinceramente, non me la sento di ancora di lasciarli! T^T E poi ci sarebbero parecchie scenette che ho in testa ma che, per le ragioni che ho elencato prima, ho dovuto eliminare.
So, fatemi sapere nelle recensioni ^^
Come sempre, ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuta e continuano a sostenermi sempre! Non saprò mai come sdebitarmi per questo. 
Alla prossima e buon inizio di primavera ( finalmente! *-* ) a tutti!


 

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Capitolo 22
*** 21. Amore Materno e Gocce di Sole ***


Capitolo 21

Amore Materno e Gocce di Sole

 
Merida 
Il cuore di Merida sembrava prossimo a balzarle fuori dal petto mentre, aggrappata ai fianchi della sua migliore amica, raggiungeva in groppa al fedele Sdentato la prossima – e quasi sicuramente ultima – stanza – insidia – da affrontare. 
Quando poi la Furia Buia si infilò nell’incastro che li avrebbe condotti alla loro agognata meta, quel muscolo pulsante sembrò scattare come uno stallone furioso, costretto dal suo padrone a rimanere rinchiuso in una scuderia per fin troppo tempo. La figlia di Ares adesso lo sentiva chiaramente in gola, fintanto che Hiccup invitava il suo drago a fermarsi.
Questo cuore così accelerato non la faceva sentire viva, ma codarda. 
Era stata abituata a non provare sentimenti nella casa di Ares. Ad essere una guerriera e a sentirsi sempre tale. 
Spietata, combattiva, pronta a tutto. Per lei era sempre stato quello il coraggio: non avere paura. 
Oh Merida, solo una figlia di Ares come te può essere in grado di pensare una cosa così insensata! “ la voce di Belle si andò ad insinuare nella sua testa - voce che un tempo aveva tanto odiato - mentre cercava di placare il suo cuore eccessivamente pulsante “ Perciò, lascia che ti dica una cosa intelligente: il coraggioso non è colui che non prova paura, ma colui che affronta la paura con coraggio. “ 
Non era quello che il capogruppo Shang ed il padre Ares le avevano insegnato, ma, pensandosi meglio, davvero aveva creduto per tutti questi anni a due tizi tutti muscoli e niente cervello? 
Cessò così i suoi inutili ed insensati tentativi di calmarsi, ancora una volta ribellandosi al volere di suo padre. Ringraziò poi silenziosamente Belle e sua madre Atena: la prossima sera, se fosse riuscita a tornare al Campo, l’offerta l’avrebbe fatta volentieri in favore della dea della saggezza. 
Scesa dalla groppa di Sdentato per prima, vide precedentemente agli altri la sagoma del loro nemico distesa a terra. Vestito scuro com’era, si era mimetizzato perfettamente col terreno roccioso che fungeva da pavimento della stanza.
-    È qui. – disse ai suoi amici, e, sentendola, l’uomo nero si voltò.
C’era paura nei suoi occhi, così tanta che Merida provò quasi compassione. 
-    Siete qui per finirmi? – chiese con voce flebile.
La rossa avrebbe voluto rispondere di si ma, al momento, c’era qualcosa che le premeva di più dello spargere il sangue di quell’uomo ovunque.
-    Voglio indietro la mia famiglia. Adesso. – gli disse così, con tono fermo e deciso
-    Riprenditela. A me non serve più... – 
E, a quelle parole, dietro di lui si stagliarono di nuovo cinque figure che Merida riconobbe in seduta stante. Quanto le erano mancate! 
Senza pensarci due volte infatti li corse incontro, e, quando sua madre la vide, scoppiò a piangere copiosamente, facendo stringere inevitabilmente in una morsa dolorosa il cuore già sofferente di Merida.
-    Basta mamma, sono qui, sono qui. – le disse per tranquillizzarla ma mai come allora aveva provato impulso più forte di abbracciarla.
Nonostante il loro rapporto d’amore/odio, rivederla era per Merida un’emozione unica. Le era mancata tanto, troppo, e non vedeva l’ora che tutto quello che stava vivendo diventasse un lontano ricordo, una leggenda da raccontare alle generazioni future, un episodio conclusosi felicemente. 
-    Mi dispiace, Merida. – sussurrò poi la donna singhiozzando, mentre la figlia la liberava dalle corde che avevano stretto i suoi polsi da prigioniera 
-    No, mamma, non devi scusarti, sono io a doverti delle scuse. – rispose la ragazza, con gli occhi pieni di sensi di colpa. 
Rapunzel la raggiunse per aiutarla poco dopo e fu proprio nell’istante in cui quest’ultima liberava i tre piccoli fratelli dell’amica che alle loro spalle successe qualcosa che, pensandoci bene, avrebbero dovuto aspettarsi.
L’uomo nero si era rialzato e stava incitando al combattimento l’enorme orso bruno che Merida aveva già visto nei suoi incubi notturni.
Jack era di già a terra - probabilmente dopo esserci stato scaraventato precedentemente da quel nuovo nemico - mentre Hiccup cercava di respingerlo come meglio poteva dalla groppa di Sdentato.
-     Non mi arrenderò così facilmente! – urlava il figlio di Ade da sopra una nube oscura, creata al momento – Il destino dell’Olimpo è ancora nelle mie mani! –
Dopo aver liberato ogni membro della sua famiglia –
ed averli intimati tutti di restare fermi in un angolo – Merida si lanciò in aiuto degli amici, comprendendo che, stavolta, quella era la sua sfida. 
I suoi occhi acqua marina indugiarono però per un istante su Hiccup, come se avessero percepito qualcosa di strano, qualcosa di pericoloso. 
Difatti il figlio di Efesto stava fissando la nube nera, pensieroso, troppo pensieroso per riuscire ad accorgersi della zampata riservatagli dall’orso che poco dopo lo fece disarcionare da Sdentato. 
Il drago rispose con una sputata di fuoco, un ottimo diversivo per una Merida terrorizzata dalla caduta del moro.
-    Stai bene? – gli chiese una volta che lo ebbe steso sulle sue gambe
-    Si, si, ascoltami. – le disse sbrigativo lui, ancora intento a fissare la nube, abbastanza cosciente dopo la caduta, dato che fortunatamente era stato in grado di cadere così bene da salvarsi la testa – Quel trucco con l’oscurità... non è da figli di Ade. Deve averlo imparato da qualcuno, una maga, o Morfeo, dato che dice che ha avuto aiuti significativi da lui. – 
-    E quindi?! Ti sembra il momento di fare l’intelligentone con me? – lo accusò offesa
-    Con quello crea anche i cavalli d’ombra. – le indicò, noncurante del precedente commento, uno stallone in procinto di nascere – Perciò trova il modo di fermarlo o siamo spacciati. –
Facile a dirsi, eh Hiccup?
Ma annuì, perché dentro di sé sapeva che quella al momento era l’unica cosa sensata da fare.
Rapunzel intanto aveva aiutato Jack a rialzarsi da terra, ma nessuno di loro sarebbe riuscito a resistere ancora per molto. Erano sfiniti, coi vestiti a brandelli, la fuliggine sulla faccia e la fronte sudata.
Persino Sdentato, che però continuava a battersi imperterrito contro l’orso, cominciava a dare segni di cedimento.
Pensa Merida, pensa. “ si ripeteva, ma non era lei quella intelligente.
Hiccup lo era, quando con ingegno riusciva a risolvere le situazioni più disparate; Rapunzel lo era, con la sua passione per i libri sulla Mitologia Greca; difficile ammetterlo, ma anche Jack lo era, con le sue furbizie da figlio di Ermes. 
Ma lei... no, l’intelligenza non faceva parte delle sue doti, e non riusciva a capire il perché Hiccup si fosse fidato così tanto di lei. 
Poi però, quando si voltò verso la sua famiglia e vide nei loro occhi una luce diversa, carica di speranza, capì, e ringraziò il figlio di Efesto per averle dato quella possibilità di riscattarsi.
-    Cosa batte l’oscurità? – domandò così ad alta voce ai suoi amici, per vedere se anche loro avevano afferrato la tanto cercata risposta.
I tre le sorrisero infatti di rimando, complici, per poi esclamare:
-    La luce! – 
Il volto dell’uomo nero sbiancò – per quanto potesse diventare più latteo di quanto già non lo fosse – e Merida esclamò vittoriosa:
-    Sdentato, FUOCO! –
La Furia Buia obbedì, aprendo dopo vari tentativi un varco sulle loro teste grande abbastanza da riuscir ad illuminare con la luce del sole lo spazio a loro circostante.
I suoi amici sorridevano, mentre l’uomo nero urlava disperato e l’orso suo alleato si accucciava nei pochi angoli oscuri rimasti.
La luce, questo riusciva a fermare i suoi trucchi da quattro soldi, come aveva fatto a non pensarci prima? Altrimenti perché ambientare il tanto suo agognato scontro finale in una grotta? Pensava di trovarsi in vantaggio in questo modo, ma si era sbagliato.
-    Finché ci sarà amore, amicizia e fratellanza tra i semidei, il tuo piano non riuscirà mai ad adempiersi. – disse, e quelle parole sembravano aver colpito dritto nell’orgoglio l’uomo nero che adesso indietreggiava atterrito. 
Stanca di continuare a sprecare fiato con quell’uomo, si voltò verso la sua famiglia ed i suoi amici.
-    Torniamo a casa. – pronunciò sorridendo vittoriosa. 
Ma, ormai tranquilla e serena, la nostra Merida non poteva sapere cosa in realtà stesse per accadere. 
Un urlo, una freccia, le lacrime.
-    MERIDA! – aveva urlato sua madre prima di essere colpita in pieno petto dall’ultima freccia in serbo per loro dal figlio di Ade.
Le era caduta addosso, in fin di vita. Aveva dato la sua esistenza per salvare quella della figlia e quest’ultima non si sarebbe mai perdonata per ciò. 
-    No, non puoi averlo fatto, non puoi! – singhiozzava Merida, col corpo della madre fra le braccia, mentre l’uomo nero le sghignazzava alle spalle
-    Prendila come una vendetta personale prima del gesto estremo. – spiegò, mentre il pavimento della stanza, e dell’intera grotta, crollava sotto i loro piedi.
Detto questo il loro oscuro nemico si lanciò in una delle aperture creatasi nella terra, sprofondando solo nell’oscurità più buia.
-    Il Tartaro... – mormorò terrorizzata Rapunzel, guardando giù – Dobbiamo andare via da qui. –
Jack fece appena in tempo ad allontanarsi da un pezzo di terra pronto a cedere prima di completare la frase della figlia di Apollo con un:
-    Subito! –
E corsero, verso la tanto sospirata luce. 
Merida, che portava il corpo della madre inerme aiutata dal patrigno in lacrime, non desiderava altro che uscire da lì.
E, dopo minuti interminabili di corsa contro il tempo, il sole ricominciò a splendere sulle loro teste, per piacere di Rapunzel che adesso poteva sentirsi di nuovo vicina a suo padre.
La figlia di Ares adagiò poi il corpo della madre sul ciglio della strada, proprio accanto al luogo in cui erano stati lasciati pensieri dolci e fiori profumati per la sorella e la madre del migliore amico Jack.
Migliaia di macchine sfrecciavano ad alta velocità vicino a loro, ma Merida sapeva che non si sarebbero fermate a prestare soccorso per via della Foschia. Così pianse e pianse ancora. Lacrime bollenti come lava rigavano il suo volto segnato dalla missione, intanto che invocava tutti gli dei esistenti, nessuno escluso. Persino suo padre, che tanto aveva odiato e tanto continuava ad odiare. 
-    Se l’hai amata, salvala! – urlava, mentre Rapunzel le si stringeva accanto, con gli occhi altrettanto lucidi, e Hiccup comprensivo le stringeva forte la mano dall’altra parte.
Ma nulla accadeva e le sue speranze stavano andando pian piano sfumando inesorabilmente.
Fergus piangeva insieme a lei, mentre i tre bambini si stringevano al padre in totale stato confusionale. Se non era facile per Merida figuriamoci per loro che erano ancora così piccoli.
-    Ti prego... non morire – il pianto della rossa si fece una supplica – Mi dispiace. Tu ci sei sempre stata per me, non ti sei mai arresa, nonostante fossi un completo disastro. Ed io cosa ho fatto? Ho permesso questo, mamma! Perdonami! –
E pianse, ancora. 
Il cuore di sua madre si era fermato, non sarebbe più tornata da lei. Non l’avrebbe più stretta, non l’avrebbe più consolata quando fuori il temporale di turno impazzava violento ma, soprattutto, non l’avrebbe sgridata più per le sue inconsapevolezze. E, a quel punto, come avrebbe fatto senza quei litigi? Come sarebbe riuscita a crescere con la sua mancanza? A diventare una persona matura e saggia come lei?
Si voltò verso Hiccup ed i suoi grandi occhi verdi. Erano quello di cui aveva bisogno, della tranquillità e della protezione che le trasmettevano ogni volta che li incrociava, per non cadere ulteriormente nell’oscurità di quel dolore lancinante che infuriava adesso dentro di lei come fuoco rovente alimentato dal vento impetuoso dei suoi attuali sentimenti. 
-    Vorrei poter fare qualcosa, Mer... – piangeva intanto silenziosa Rapunzel accanto a lei – Vorrei... –
Ma un singhiozzo le impedì di completare la frase ed una lacrima le cadde involontariamente sul corpo esanime della giovane madre di Merida.
-    Non... non devi preo... – raggi di luce intensa cominciarono però a fuoriuscire dal corpo della donna dal punto in cui poco prima la lacrima della dolce Rapunzel si era andata a posare, impedendo alla figlia di Ares di risponderle come avrebbe voluto.
Quest’ultima, impressionata dall’avvenimento, si allontanò di qualche centimetro dal corpo della madre mentre continuava ad osservare confusa ciò che stava capitando.
I raggi di luce si unirono fino a formare un sole che poi esplose, rumore che fu seguito subito dopo dal dolce suono del cuore di Elinor che riprendeva finalmente a battere.
-    MAMMA! – urlò Merida, lanciandosi subito dopo tra le sue braccia indolenzite.
Rapunzel sgranò gli occhi, sconvolta, per poi guardarsi le mani. 
Jack – che era rimasto in disparte, probabilmente incapace di assistere alla morte di un altro genitore senza evitare di esplodere di una rabbia intensa dentro – le si avvicinò e le indicò il sole.
La ormai ex bionda annuì.
-    Il potere non era nei tuoi capelli, Rapunzel! È sempre stato dentro di te! – esclamò la figlia di Ares che, dopo aver strapazzato sua madre cominciò a dedicarsi allo strapazzamento della migliore amica – Grazie, grazie, grazie! –
E sorrisero tutti e quattro mentre il resto dei loro amici li raggiungeva, tutti provati dalla battaglia ma fortunatamente sani e salvi. 
Non chiesero come le cose fossero andate, perché rovinare un momento così bello sembrava inopportuno perfino per quella ex senza cuore di Elsa e le sue compagne Cacciatrici.
Si limitarono ad osservali, mentre, alla luce del sole intensa di metà pomeriggio, i loro quattro eroi si abbracciavano sfiniti ma consapevoli che il loro incubo fosse finalmente finito.
L’affetto che provavano l’uno nei confronti dell’altro contagiò tutti i semidei presenti, persino quelli che non si sarebbero mai sognati di abbracciarsi in piena luce diurna – tipo i due fratelli Shang e Ralph, per fare un esempio eclatante – e si strinsero forte, tutti, felici di essere ancora lì insieme e vivi. 
E fu proprio in quel momento che Merida sentì sussurrare a loro tre da Rapunzel:
-    Se si vive una volta sola, io voglio vivere insieme a voi.
E l’avrebbero fatto. Avrebbero vissuto adesso, come mai prima di allora.


 

N.A.L'ultimo capitolo T^T Stento ancora a credere di avercela fatta in realtà.

Io, che pensavo che questa long non sarebbe piaciuta a nessuno. Sempre io, l'eterna insicura, che ad ogni capitolo aveva paura di deludere i lettori ( ed anche adesso ce l'ho ù.ù ) che con tanta pazienza ( nel sopportarmi ^^" ) mi rassicuravano sempre, appassionatasi ormai a questa storia seguita con un ardore al quale non mi sarei mai aspettata di assistere. 
Davvero, grazie mille alle 18 persone che la preferiscono, alle 23 che la seguono e a quell'una che la ricorda. Farei una statua a tutti voi, specialmente  a chi puntualmente si impegnava a recensire per farmi capire che poi un completo disastro non ero. 
Mi avete sostenuta, aiutata, incoraggiata, e credo che mai riuscirò a sdebitarmi per questo. Perciò, davvero, GRAZIE DI TUTTO. 
Ma, ehi, sto parlando come se fosse finita qui! x'D Manca ancora l'Epilogo, dopo tutto, e be', la Missing Moments! ;) Eh già, non vi liberete di me e delle mie crisi così facilmente x'D
Passiamo a questo 21esimo ed ultimo capitolo, adesso. 
Ci ho messo settimane a rileggerlo, perfezionarlo, ancora rileggerlo e perfezionarlo perché ci tenevo davvero tanto a farlo " uscire bene ", se così si può dire. 
Spero vivamente di non avervi delusi, perché all'ultimo sarebbe terribile, specialmente dopo tutte le cose belle che ho detto all'inizio di queste N.A. x'D
Non ho molto da dire, se non il fatto che spero di non essere stata banale e che il tutto non sia stato scontato ma, ehi, volevo un Happy Ending, nonostante io sia la regina dell'angst a volte ^^" 
E, la parte finale, dove la lacrima di Rapunzel salva la nostra Elinor, i raggi di luce diventato un sole e non un fiore come nel film perché qui rappresenta il potere di Apollo trasmesso a sua figlia Rapunzel e non quindi a quello del fiore ( ma penso che tutti l'avessero capito x'D ).
Invece, la frase finale, " Se si vive una sola volta, io voglio vivere insieme a voi ", è ancora una volta legata a quella meravigliosa canzone degli OneRepublic, Something I need ( che è usata spesso anche nei fan video sul Golden Trio, Aw *-* ) di cui il link avevo messo in un capitolo precedente a questo.
Ci sono sicuramente altri punti da chiarire ma lo farò nelle recensioni perché tra poco le N.A. diventano più lunghe del capitolo x'D
Auguro una Buona Pasqua a voi e ai vostri cari, e soprattutto buon riposo dalla scuola ( ci voleva proprio! ).
Alla prossima! 

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


Epilogo
 

Quella mattina, il sole faceva da sovrano sulla Collina Mezzosangue. 
Tutti – semidei, satiri e ninfe – godevano come meglio potevano di quella giornata di sole intenso, dedicandosi allo sport, al giardinaggio o più semplicemente al dolce far niente in riva al lago. 
Tutti tranne uno che, nella cabina numero undici, continuava a ronfare beato. 
Jack in quelle ultime settimane aveva riscoperto il piacere del dormire senza incubi. 
Era bello poter riposare tranquilli nel proprio letto per tutta la notte, senza doversi svegliare ogni due minuti per colpa del figlio di Ade di turno che, aiutato da un Morfeo perditempo, si divertiva a terrorizzarti nei tuoi sogni più bui. 
E, adesso che la casa di Ermes si era sfoltita notevolmente grazie alla richiesta fatta da loro agli dei la settimana prima, l’albino non veniva disturbato neanche più dagli eccessivi ospiti della cabina che non trovavano posto. 
Avevano fatto una buona azione a chiedere agli dei di riconoscere subito i loro figli, sia per evitare che semidei come quello che erano stati costretti ad affrontare impazzisse di nuovo, sia per preservare i poveri figli di Ermes che, sinceramente, non ne potevano davvero più di tutta quella gente tra i piedi.
-    Jaaaaaack – una voce conosciuta lo stava chiamando, ma il nostro eroe pigrone preferiva bellamente ignorarla al momento.
Quella voce non apparteneva ad una persona facile ad arrendersi, però.
-    Oh andiamo, vuoi davvero poltrire per tutto il giorno? Guarda che quello è il compito di mia sorella Aurora, non il tuo! Ed è una così bella giornata... –
-    Ancora cinque minuti... – biascicò in risposta per liquidarla, ma ancora una volta senza successo
-    Ma bravo, è così che tratti la tua ragazza? – finse di essersi offesa la sua... aspetta, che?
-    Ragazza? – sobbalzò divertito a quella parola
-    Ah ah! – lo additò Rapunzel – Sapevo che così avresti ceduto! –
Si, okay, da quando erano tornati a casa non si comportavano più da semplici amici come una volta visto quello che era capitato tra loro in quella – oramai per Jack non più maledettissima – grotta, ma... era la prima volta che Rapunzel usava la parola ragazza insieme all’aggettivo tua nella stessa frase e per l’albino ciò non fu solamente una piacevole sorpresa, ma anche una strabiliante conferma di quello che aveva aspettato accadesse da quando l’aveva conosciuta.
-    Dai, vestiti, abbiamo promesso a Hiccup di assistere alla prima lezione del suo corso di volo. – 
-    Per il divino Ermes! – il figlio del messaggero degli dei si alzò come una furia dal suo comodo letto, correndo poi altrettanto veloce verso il bagno - l’avevo dimenticato! –
-    Ti aspetto fuori, dormiglione! – 

***

Merida stava aiutando i ragazzi della casa di Iride – si, adesso esisteva anche quella di casa grazie a loro – con gli ultimi addobbi colorati da inserire all’interno della cabina quando Rapunzel e Jack la raggiunsero correndo. 
-    Non dirmi che anche tu hai dimenticato la lezione di Hiccup?! – la guardò severa Rapunzel e Merida si sentì improvvisamente mancare a quella domanda dell’amica.
Come aveva fatto a dimenticarlo?! Hiccup non aveva parlato di altro da giorni!
Ci aveva messo secoli a convincere Nord e Filottete che non c’era nulla di cui preoccuparsi e che i draghi erano amici esattamente come i pegasi.
Per tutti i semidei greci e per i direttori del Campo era stato difficile credergli, abituati alle leggende su enormi draghi sputa fuoco con la tremenda abitudine di papparsi lo sfortunato semidio di turno ma, quando Sdentato aveva mostrato loro la sua dolcezza, avevano dovuto arrendersi all’evidenza.
Kristoff – che ormai era stato finalmente riconosciuto da Apollo grazie sempre a quel favore che avevano chiesto loro in cambio del loro servizio agli dei – si era dimostrato subito disponibile ad aiutarlo nell’organizzare i corsi - lui che, insieme ad Anna, aveva da sempre organizzato quelli con i pegasi - ed avevano passato pomeriggi interi insieme a costruire la struttura adatta al lavoro, aiutati ovviamente da alcuni gentili fratelli di Hiccup. 
Adesso che l’Arena era pronta, le lezioni sarebbero potute finalmente cominciare e Merida sapeva quanto il figlio di Efesto ci tenesse ad avere i suoi migliori amici accanto anche quella volta.
E invece no, lei era stata di nuovo egoista nei suoi confronti. 
Come facesse quel povero ragazzo a sopportarla come amica nessuno lo sapeva. Solo Anna, che durante i lavori di costruzione dell’Arena li aveva fissati maliziosamente per tutto il tempo, sembrava saperne di più di loro sul loro strano rapporto. 
Dopo la missione qualcosa era cambiato ma entrambi, troppo spaventati da quel qualcosa, avevano deciso di continuare a far finta di nulla, tentando come meglio potevano di nasconderlo agli occhi degli astuti compagni di Campo. 
-    Hiccup ci ucciderà. – decise di dire così ai suoi migliori amici Rapunzel e Jack, nel tentativo di scacciare i pensieri sul figlio di Efesto che da settimane le tartassavano fastidiosamente la povera testa.

***

Come possono farmi questo? “ Hiccup camminava su e giù per l’Arena, mentre Kristoff, Anna e Sdentato lo guardavano preoccupati “ Non venire dopo tutte le raccomandazioni che li avevo fatto! Sono finito, annientato, kaputt!
-    Vedrai che arriveranno. – lo rassicurò la figlia di Afrodite – Infondo non è poi così tardi, sono solamente trenta minuti che aspettiamo e non sono nemmeno arrivati gli iscritti al corso! –
-    Grazie mille per questa sintesi illuminante, Anna. –
Non voleva trattare male la sua amica fulva, infondo stava solamente cercando di rassicurarlo.
Da quando questa aveva fatto pace con la sorella poi, pareva molto più serena agli occhi degli altri, e spezzare quella serenità era l’ultima cosa che Hiccup voleva. 
La ragazza adesso si divertiva di più e sentiva Elsa tutte le sere tramite i messaggi Iride. E con Kristoff erano finalmente arrivati ad un buon punto, tutto il contrario di lui e Merida, per intenderci. 
Oh, ma perché adesso ci stava pensando? A lei non importava neanche del suo stupido corso, dopotutto, figuriamoci di mettersi insieme a lui! 
Cenerentola diceva spesso che i sogni son desideri che poi, se ci speri fermamente, diventano realtà... beh, si sbagliava di grosso secondo Hiccup. Infondo era una sognatrice figlia di Ipno, questo avrebbe dovuto spiegare molte cose. 
Sdentato stava strofinando la testa contro il corpo del padrone per rassicurarlo quando qualcuno fece finalmente il suo ingresso nell’Arena.
Hiccup pensava fossero i suoi amici che alla buon ora si degnavano di dargli un po’ di appoggio, invece si trattava di Astrid, Moccicoso e di un’altra manciata di figli di Ares, tutti iscritti al corso.
Al loro seguito Gambedipesce e qualche altro figlio di Atena, insieme al suo compagno di cabina Guy e alla sua ormai ufficiale fidanzata Eep. 
Ma perché tutti che si fidanzavano adesso, poi? Cos’era, un complotto contro di lui?
Eep e Guy, Anna e Kristoff, il fratello di Jack – Aladdin - e la bella Jasmine della casa di Afrodite, persino il capogruppo della progenie di Ares, Shang, sembrava starsi sciogliendo un po’ dopo l’arrivo – miracoloso secondo Merida - di una certa ragazza di nome Mulan, ultimo portentoso acquisto della casa di Atena. 
-    Scusa il ritardo. – esordì Astrid, mentre Hiccup tentava di non pensare a tutto quell’amore nell’aria
-    Non... non importa. – mugugnò così in risposta, mentre continuava a sperare che quei tre arrivassero
-    Cominciamo? – continuò la bionda, evidentemente impaziente, con tono però allo stesso tempo fastidiosamente annoiato
-    Ohm si... certo! – finse così entusiasmo il lentigginoso per cercare di coinvolgere almeno i suoi allievi e riuscire, sebbene solo, in quell’arduo incarico da insegnante.
Anna e Kristoff stavano facendo uscire i draghi dai loro box quando però tre voci chiamarono Hiccup in coro.

***

-    Ci dispiace! – dissero all’unisono, palesemente dispiaciuti.
Rapunzel fissò Hiccup con occhi da cucciolo indifeso intanto che questo cercava invano di mantener un cipiglio offeso sul suo volto.
-    Oh, non fa niente! Non riesco a rimanere arrabbiato con voi per più di due secondi! – si sciolse infatti in un sorriso poco dopo – Andate ad aiutare Anna e Kristoff adesso. –
I tre risposero a quel comando con dei piccoli ed infantili balzi di gioia che il figlio di Efesto arrestò subito con un cenno della mano, imbarazzato probabilmente dal comportamento altamente immaturo che i suoi amici stavano mostrando in pubblico.
Non volendo continuare ad imbarazzarlo, Rapunzel corse ad aiutare l’amica Anna, intenta a portare fuori dal suo box un drago che Gambedipesce aveva chiamato Uncinato Mortale. Non lasciatevi ingannare dal nome però, sono tenerissimi!
-    Ieri sera ho sentito di nuovo mia sorella. – esordì ad un tratto l’amica fulva, mentre avvicinava l’Uncinato Mortale ad Astrid – Dice che Artemide le ha premiate per l’aiuto che hanno dato al Campo. Strano, no? Sembra che grazie a voi tutti gli dei siano diventati più gentili! –
Già, avevano fatto involontariamente proprio un bel lavoro.
Ma adesso, quando Anna parlava di sua sorella, la ormai ex biondina non riusciva a far a meno di pensare anche a Flynn. 
Da quando aveva saputo del loro passato, si intristiva un po’ per l’infelice destino che li era stato riservato. Elsa era diventata Cacciatrice proprio per non soffrire più per lui e per le sue contraddizioni – e per un altro mistero che Anna però non si era ancora sentita di svelarle - ma adesso era lui a soffrire terribilmente per lei. 
Certo, ora che si erano riappacificati la prima cotta di Rapunzel sembrava star un po’ meglio mentre fingeva allegria ed insieme ai suoi fratelli organizzava scherzi sciocchi da giocare agli altri semidei,  ma un voto di castità non si poteva ritrattare facilmente, specialmente se colei che l’aveva fatto era ancora pienamente convinta delle proprie scelte.
La figlia di Apollo aveva parlato col bel figlio di Ermes una sera dopo cena e questo le aveva detto che per lui andava bene così, che sarebbe andato avanti e che avrebbe dimenticato. Ma Anna, da figlia di Afrodite che era, continuava a dubitarne profondamente.
-    Mia mamma adora le storie d’amore come questa. – le aveva detto infatti un giorno in merito al passato di Flynn e sua sorella – Forse è proprio perché le adora tanto che la loro è finita così male... –
Rapunzel si era limitata ad annuire allora, nascondendo abilmente dentro sé il risentimento che provava in quel momento per Afrodite dopo quell’esclamazione di Anna. 
La dea si era rivelata meno amorevole di come se l’era figurata lei, inguaribile romantica, e dire che sapere come questa si divertisse ad osservare gli amori mancati altrui l’aveva delusa era poco. 
-    Allora, prima di tutto instauriamo un legame con il drago. – cominciò Hiccup la sua lezione, risvegliando così Rapunzel da quei pensieri – Non mostratevi minacciosi nei suoi confronti, Moccicoso parlo soprattutto con te, e dategli tutto il pesce che desidera. Attenti alle anguille però, li spaventano terribilmente. –
Fantastico quante cose Hiccup fosse riuscito ad imparare sul conto dei draghi passando del tempo con Sdentato. 
Inutile nascondere che fosse diventato famoso per questo al Campo, ma il loro Hiccup non era mai stato il genere di ragazzo che si montava la testa facilmente. Anzi, secondo Rapunzel non si era neanche reso conto dei fan che si era guadagnato tra i semidei in quell’ultimo periodo. Dei fan che, in realtà, tutti loro si erano guadagnati involontariamente dopo l’impresa ed il Consiglio degli dei.
Specialmente Jack. Una volta Rapunzel aveva sorpreso delle figlie di Afrodite nel tentativo di spiarlo all’arena dove si esercitava col bastone. Un po’ si era ingelosita di questo improvviso interessamento nei suoi confronti – loro, le stesse che quando Jack era svenuto durante la Caccia alla Bandiera l’avevano disegnato come un matto facilmente suggestionabile – ma poi aveva deciso di non pensarci più, completamente indifferente a questo frivolo e sciocco comportamento. Infondo il ragazzo neanche faceva caso a quelle strane avances, perché avrebbe dovuto farlo lei? 

***

La lezione passò in fretta per un Jack che si era limitato solamente ad osservare. 
Guardare Gambedipesce salire in groppa alla sua Muscolona era stata la cosa più esilarante del corso ma da classificare solamente dopo Moccicoso che si faceva incenerire da Zanna Curva ed i gemelli Testa di Tufo e Testa Bruta che davano ordini completamente diversi al loro Orripilante Bizzippo che, avendo due teste, eseguiva entrambi in maniera sconclusionata. 
Insomma, un vero spasso!
Ma per Hiccup doveva essere stata l’ora più lunga della sua vita dato il sudore che Jack gli aveva visto colare dalla fronte per tutto il tempo. Aveva cercato di rassicurarlo con delle amichevoli pacche sulle spalle quando i suoi allievi avevano sbagliato tutto nell’allacciare la sella ai loro draghi ma non era servito a molto.
Ciò che servì invece fu probabilmente quello che Merida, sotto lo sguardo sorpreso e malizioso dei presenti rimasti – la maggior parte degli iscritti era già andata via –, fece dopo.
-    Un. Completo. Disastro! – aveva esclamato Hiccup distrutto 
-    Non è andata poi così male. – aveva cercato di tranquillizzarlo Merida, ma, visto che sembrava non aver funzionato, si era subito data all’azione.
Un bacio sulla guancia, che aveva paralizzato Hiccup sul posto in seduta stante.
-    Oh oh oh, vacci piano rossa! – l’aveva canzonata subito Jack, divertito ma allo stesso contento che finalmente si fosse decisa ad agire – Così me lo uccidi! Non siamo scampati all’uomo nero per vederlo morire di crepa cuore al Campo! –
-    Piantala, Frost! – aveva risposto lei, visibilmente rossa in viso.
Poi la migliore amica gli aveva sorriso impercettibilmente e lui lo aveva preso come un “ Sei perdonato, brutto cretino “. ù

***

Passarono il resto della giornata insieme, tranquilli come non lo erano mai stati.
Sdentato spinse addirittura Hiccup  – ancora destabilizzato dal precedente bacio inaspettato ricevuto da Merida – nel laghetto della canoe dove avevano anche rincontrato una vecchia amica – la dolce ninfa Ariel – alla quale, tra l’altro, avevano risollevato il morale. 
Anche lei triste per amore... ma che stava succedendo là dentro?!
Be’, la sua situazione però sembrava peggiore di quella strana che sussisteva tra lui e Merida. 
Infatuatasi di un figlio di Poseidone - Eric se Hiccup ricordava bene - passava tutto il suo tempo a spiarlo a pelo d’acqua, triste come se l’avessero appena ferita al fianco con un amo da pesca.
Grazie alle battute di Jack e agli scherzetti giocati dal tenero Sdentato, l’avevano fatta però sorridere e dimenticare quel problema almeno per qualche ora, ed era stato bello saper di aver sollevato temporaneamente il morale a qualcuno. 
Al calare del Sole arrivò invece il momento di cenare tutti assieme. 
In fila raggiunsero il padiglione della mensa e, dopo il ridimensionamento della progenie di Ermes, adesso i tavoli parevano molto più omogeneamente divisi dalla prima volta in cui Hiccup aveva messo piede lì dentro. 
A capo della tavolata riservata ai figli di Ares – sotto gli occhi stupiti di Hiccup - c’era Ralph. Shang gli aveva ceduto il suo posto, adesso parevano amici per la pelle!  Hiccup sapeva quanto Merida fosse contenta per il suo amico ormai integrato e, seppur lontano, riusciva a leggerglielo negli occhi acquamarina mentre, seduta comodamente di fianco ad Astrid, gustava la sua cena finalmente a casa.
-    Ehi, Hiro, potresti togliere gli attrezzi dalla tavola mentre mangiamo? – chiese ad un tratto il capogruppo Felix all’ultimo arrivato al tavolo di Efesto che, imbarazzato, nascose gli attrezzi in questione.
Hiccup trovava quel ragazzo pazzesco, inutile ripeterlo.
Avevano passato ore intere insieme a parlare di come volevano cambiare in meglio il mondo con le loro invenzioni. Spade infiammabili, microbot fighissimi ed altre cose simili che, all’amico Gambedipesce, così legato agli amati libri, erano parsi pura fantascienza. 
Quest’ultimo adesso stava al tavolo di Atena contento, finalmente a suo agio, mentre Mulan faceva vedere alla capogruppo Belle la strategia da attuare alla prossima Caccia alla Bandiera – probabilmente, era difficile capirlo da così lontano – . 
Le cose sembravano star andando esattamente come sarebbero dovute andare al Campo.

***

Al termine della cena, Rapunzel fece una proposta a tutti i semidei presenti che Nord accolse con gioia improvvisa, tipica del dolce omone barbuto che tutti conoscevano ed amavano.
-    Un falò, idea meravigliosa! – esclamò infatti entusiasta – E’ da quando io non ricordare che noi non fare falò tutti insieme! –
Filottete invece si limitò ad incrociare le braccia e ad allontanarsi contrariato, fermato tuttavia da un Jack stranamente gentile.
-    Oh andiamo Fil, non vorrai dileguarti proprio adesso? Giuro sullo Stige di non fare scherzi scemi ai presenti. Tutti i presenti. – gli disse alzando le mani in segno di resa.
Poi rivolse uno sguardo eloquente ai fratelli della cabina numero undici che, rattristati, esclamarono di rimando in coro: 
-    Noi tutti figli di Ermes lo giuriamo. –
-    Sullo Stige, avanti! – li esortò Jack divertito
-    Sullo Stige. –
-    Così si fa, ragazzi, così si fa. – rispose poi soddisfatto. 
Filottete si grattò il capo, pensieroso, per poi sorridere ed affermare:
-    Eh va bene, brutti mattacchioni cleptomani, rimango. –
E questi ultimi – i “ mattacchioni cleptomani “ – lo presero in braccio con enfasi, facendo prima sobbalzare il satiro dallo spavento, poi ridere di gusto come non aveva mai fatto prima.
E cantarono, tutti – anche se Flynn si era mostrato fin da subito contrario, costrinsero anche lui a farlo - mangiando marshmallows cotti al fuoco – tranne Hiro che preferiva di gran lunga i suoi orsetti gommosi – e pregando gli dei affinché quella felicità durasse per sempre, così com’era in quel momento.
Merida strinse la mano di Hiccup che, in un primo momento, la ritrasse imbarazzato, per poi, notando lo sguardo intristito della figlia di Ares, ricambiare il gesto e sorriderle.
Rapunzel alzò i suoi occhioni verdi al cielo, là dove la costellazione dedicata ad Hercules splendeva più luminosa che mai e, per un momento, le sembrò di veder scintillare affianco all’eroe più famoso di tutti i tempi quattro ragazzi in compagnia di un drago stretti in un lieto ed espressivo abbraccio.
Sorrise, perché quello – l’imprimere per l’eternità nel cielo l’immagine della loro forte ed intramontabile amicizia -  per lei era il regalo più bello che gli dei avessero mai potuto scegliere di farli. 

 
Fine 
 
 
N.A.: Adesso possiamo piangere T^T 
Non posso credere che questa stupenda, fantastica avventura iniziata il primo settembre 2014 si sia conclusa. Avventura che univa le mie tre cose preferite - Big Four, Crossover Disney/Non e PJO - e le faceva diventare una cosa sola. Credo sia stato anche l'amore incondizionato che provavo per le cose sopra citate a spingermi a portare a termine il progetto nel migliore dei modi. Ma, siete stati SOPRATTUTO voi a contribuire alla realizzazione di questa long, voi che come me vi siete affezionati ai nostri quattro in maglietta arancione ( *-* ), voi che mi avete spronata a continuare, nonostante le difficoltà e nonostante gli impegni.
Sono cresciuta molto da quel lontano settembre. Ero una ragazza timida, riservata, che mai avrebbe sognato di far leggere a qualcuno i suoi pensieri, le sue storie. 
Adesso sono la stessa ragazza, solo con un po' di coraggio in più.
Grazie a voi, ho deciso anche di partecipare ad un concorso di scrittura a scuola, e - stranamente - non me ne sono ancora pentita. x'D 
Perciò grazie, per avermi aiutata a crescere e migliorare giorno per giorno, aggiornamento per aggiornamento ( ? ). 
Ma, ehi, questo non è un addio! ^^ Continuerò a scrivere e a condividere con voi ciò che scrivo, perché ho capito che è questo quello che voglio fare. 
Perché, come diceva il mio mito indiscusso Walter Elias Disney ♥ ) , se puoi sognarlo, puoi farlo. 
Grazie ragazzi, grazie ancora di cuore. 
Ci vedremo presto con la Missing Moments, è una promessa ( fatta sullo Stige, non so se mi spiego ù.ù )! 
Alla prossima! 


 
 
 

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