La maledizione del bel fiore -
Capitolo secondo
Due ragazzi alti camminavano per i prati dell’immenso giardino di
Hogwarts.
Uno era bruno, e portava un paio di occhiali neri a cerchio. Aveva la
stessa montatura da anni, e non gli importava a nulla cambiarla. Il suo corpo
era snello e muscoloso, proprio come si conveniva a un giocatore di Quidditch.
L’altro era poco più alto del primo, con i capelli rossi gettati al vento e gli
occhi azzurri capaci di penetrare dove volevano. Aveva delle mani molto grandi e
ruvide coperte da un paio di mezzi guanti da sport.
Si ritrovarono a parlare del più e del meno, e l’argomento della loro
ultima preoccupazione era proprio l’amica, Hermione.
- Ha detto la Chips che c’erano delle
controindicazioni per quella pianta, sai di che si tratta?- chiese Ron,
appoggiandosi ad un albero.
- Ho cercato in biblioteca, ma non ho trovato nulla.- rispose il moro,
sedendosi sul prato. Era morbido e bagnato, cosa non buona perché quando si
sarebbe alzato, avrebbe trovato un’enorme macchia sul didietro.
- Non hai per caso chiesto a Neville?- insisté il portiere dei
Grifondoro.
- Ron, anche tu hai mani, occhi e bocca. Potevi chiederlo tu!-
Il rosso sbuffò.
- E dai, Harry. Qui quello single sei tu. Io ero impegnato con tutti i
sensi con una bella fanciulla- e ammiccò all’amico.
- Ma dai, non mi dire. E chi è?- chiese Harry curioso, raddrizzando le
antenne.
Se tutto gli andava bene, la ragazza aveva un’amica molto
carina.
- Si chiama Giselle de Lenfent, secondo anno dei Corvonero. E, Harry, è
uno schianto.-
Si sedette accanto all’amico e si tuffò nella descrizione della fanciulla
dai capelli molto mossi e neri e dagli occhi verdi. Harry ascoltava
interessato.
- Ma dimmi- fece, approfittando di una pausa del ragazzo – ha una bella
amica?-
Ron gettò la testa all’indietro, spalancò la bocca e rise.
- Oh, Harry, vecchio marpione! Certo che ce ne ha di amiche carine!- e lo
guardò sorridendogli soddisfatto.
Una ragazza si avvicinò loro.
Fece un po’ di rumore e si girarono.
La prima cosa che videro furono un paio di stivaletti con il tacco a
spillo. Fecero scivolare all’insù lo sguardo, che sembrava carezzare le belle
gambe affusolate della ragazza, la gonnellina a pieghette che arrivava poco
sopra il ginocchio, la maglia nera aderente che metteva in risalto il
seno.
Stavano per fare i complimenti a Madre Natura, quando alzarono ancora di
più lo sguardo e gelarono.
Hermione li guardava con uno sguardo ammaliante, dolce e
carino.
Ma da quando la ragazza si metteva così in mostra? Di solito mancava
pochissimo a che si mettesse i pantaloni sotto la gonna.
- Salve, ragazzi- li salutò, sedendosi in mezzo a loro.
Loro ci misero un po’ per rispondere.
- Ehm…ciao Hermione-
- Che facevate di bello?- chiese la ragazza, portandosi le ginocchia al
petto.
- Nulla di che. Parlavamo di ragazze- le rispose Ron.
- Bene! Allora ne hai trovata una! Sono contenta che tu mi abbia
dimenticata, perché io non ti ho mai amata, a me è sempre interessato Draco
Malfoy-
Le parole le uscirono prima che potesse fermarle.
Era per caso impazzita? Se continuava così avrebbe ferito qualcuno in
modo irreparabile. Ron era forte, e sapeva in fondo al cuore che lei non c’era
mai stata con tutta se stessa, avrebbe capito e perdonato.
Si sentì gelare quando il ragazzo la guardò con uno sguardo colmo di
delusione che si trasformò presto in odio e disgusto.
- Hermione, ti rendi conto di quello che hai detto?- sbottò lui,
allontanandosi da lei.
Harry guardò entrambi. La ragazza si girò verso di lui e sorrise
malignamente.
- Harry, tu l’hai sempre saputo, vero? Te l’avevo detto-
Ron guardò stupito Harry, si alzò, sputò a terra e se ne andò a grandi
passi.
Il bruno la guardò preoccupato e adirato.
- Hermione, la devi smettere! Ron non è una bambola! Lui prova dei
sentimenti, non puoi dirgli quello e per di più che ami Malfoy. E poi cos’è
quest’ultima notizia?- chiese incredulo.
La ragazza scrollò le spalle.
- Semplicemente che mi piace Draco, e voglio stare con lui- rispose
candidamente, strappando un fiore da terra.
Cosa stava facendo, per Merlino? Stava ferendo i suoi due migliori amici
con parole che non avrebbero mai trovato riscontro nella realtà.
Si sarebbe volentieri tagliata in due la lingua, strappata tutti i
capelli, anziché dire quelle scemenze.
Ancora non riusciva a capire cosa le stava succedendo.
Harry scosse la testa.
- No, Hermione, non è vero. Questo è tutta la causa di quel fiore
maledetto che ti ha colpito in pieno nella Serra numero Quattro.- disse,
passandosi una mano tra i capelli.
Lei rimase scioccata.
- Fiore? Quale fiore?- chiese con la voce che le tremava.
Improvvisamente si ricordo del fascio di luce, dello sguardo di Malfoy,
di quanto lo odiasse nonostante fosse il ragazzo più affascinante che avesse mai
incontrato.
E come un fulmine a ciel sereno faceva di tutto per farsi notare da lui
senza che lo volesse in realtà. O forse lo voleva, ma non voleva accettarlo
perché altrimenti si sarebbe sentita sconfitta.
Quel fiore dava vita ai suoi pensieri più reconditi, quelli che anche lei
stessa si vergognava di provare.
E come un secchio d’acqua gelida, la realtà la scosse
profondamente.
Lei in realtà era attratta da Malfoy, ma lui la considerava alla stregua
degli occhi di rospo che metteva nelle pozioni. Questo non avrebbe mai potuto
accettarlo, e si era costruita una maschera dura che era riuscita a prendere il
sopravvento su di lei.
Era stato un bene o un male?
Si era avvicinata a Ron, aveva permesso che lui la toccasse, anche se lei
non provava nulla. Non era scossa minimamente.
Con Malfoy, invece, sarebbe stato diverso?
Doveva provarlo, doveva farlo.
Solo in seguito avrebbe detto se la maschera aveva preso il sopravvento o
era lei che aveva cambiato idea, e solo così avrebbe capito se l’incidente del
fiore era giunto come una benedizione o una maledizione.
Si alzò di getto e iniziò a correre verso il lago, incurante di Harry e
del fatto che sarebbe stato carino ringraziarlo e salutarlo.
Ringraziarlo per cosa, poi? Tutte le volte che l’aiutava, lui non la
ringraziava mai. Sembrava sempre che a lui fosse dovuto tutto. E di certo lei
non aveva tempo per i perbenismi che non le venivano mai rivolti allo stesso
modo come lei li regalava.
Basta fare la brava bambina. Così non aiutava certo se stessa, e se gli
altri le volevano davvero bene, avrebbero capito e avrebbero accettato la nuova
situazione che avrebbe presentato loro.
Arrivò al lago quasi correndo.
Non s’era accorta che aveva accelerato il passo, mentre si allontanava da
Harry.
In fondo voleva trovarsi il più lontano possibile da coloro che, anche se
non volevano, le soffocavano i sentimenti con le loro dolci, seppur rude,
attenzioni.
Voleva conoscere davvero chi le piaceva, ma con quale volto si sarebbe
presentata?
Si guardò il riflesso nella pozza d’acqua che si estendeva per migliaia
di chilometri.
Com’era possibile che un lago così enorme si trovasse nel perimetro della
scuola? Se l’era sempre chiesto, e ogni volta si era risposta dicendo “Questa è
Hogwarts, il luogo dove i sogni possono avverarsi”. Ma quante bugie c’erano tra
quelle semplici parole.
Il suo sogno non poteva avverarsi.
Lei era una sudicia Mezzosangue, troppo in basso per essere guardata
dall’aristocratico Draco Malfoy, anche se indossava vestiti provocanti e si
truccava, come faceva la maggior parte delle sue compagne di corso.
Sospirò e si sedette a gambe incrociate sulla riva.
I sassolini sotto le sue gambe erano ruvidi, messi in una posizione che
le graffiavano la pelle, e bagnati.
L’acqua dolce si rifrangeva sulle sponde, levigando i piccoli
sassolini.
Hermione ne afferrò uno e lo gettò nel lago. Questo calò a picco, con un
tonfo sordo, senza scuotere eccessivamente l’acqua, ma dipingendo sulla
superficie cerchi concentrici.
Rimase quasi delusa. Di sicuro si aspettava si vederlo rimbalzare, ma non
aveva mai capito come si faceva. Di conseguenza non lo sapeva fare.
Un altro sasso venne lanciato poco distante da lei, rimbalzò quattro
volte e poi si immerse.
Rimase quasi estasiata nel sentire quei piccoli tocchi del sasso
sull’acqua. Sembravano voci degli angeli.
Una risata cristallina giunse alle sue orecchie. Si voltò di scatto e
vide un biondo Serpeverde innalzarsi in tutta la sua statura.
- Sei pensierosa, Granger?- chiese lui.
Hermione si voltò dalla parte opposta, cercando di nascondere un
verginale rossore dipingerle le guance.
“Forse è un semplice miraggio, come è successo in infermeria”.
Si voltò, sicura di vederlo scomparire, e invece eccolo lì, ancora nella
stessa posizione di prima.
La guardò attentamente e sorrise.
- Che c’è, i tuoi mastini ti hanno lasciata da sola?- rincarò la
dose.
Hermione si sentì ferita da quelle parole.
Mastini. Intendeva sicuramente Harry e Ron. Loro non volevano lei, loro
volevano le ragazze, come tutti i ragazzi. Lei era solo un’amica fedele, ed era
lei a cercare loro. No, la definizione giusta era che lei era un cagnolino nelle
mani degli amici, ed era troppo fedele per ferirli. Avrebbe continuato a ferire
lei stessa, se quel maledetto fiore non l’avesse colpita. Perché proprio a lei
poi doveva capitare?
Lui sbuffò e le si sedette accanto.
- Mezzosangue, ti hanno tagliato la lingua?- chiese, annoiato,
guardandola di sbieco.
Lei si irrigidì. Non perché fosse indignata, ma perché odiava quella
parola.
- Per piacere, Malfoy, non chiamarmi a quel modo- riuscì a
sussurrare.
Perché quel fiore non faceva effetto? Un po’ di sfacciataggine le avrebbe
fatto bene.
Si guardò le gambe e subito le fece scattare fino a congiungere le
ginocchia.
Il biondino seguì ogni sua mossa.
Sbuffò annoiato.
- Ma cosa ti prende, Hermione Granger? Non sei la solita-
Lei lo guardò dritto negli occhi, ma non resse e sciolse lo
sguardo.
- No, per niente. Ma tanto a te che importa?- fece, con lo sguardo perso
davanti a sé.
- Infatti. Non so neanche perché sono qui in questo momento.-
Lui si alzò e lei gli si aggrappò al mantello.
Si scambiarono uno sguardo sorpreso.
Hermione sentiva il suo corpo muoversi da solo. Si alzò e si stagliò di
fronte al ragazzo. Malfoy era alto più di lei di una decina di centimetri. Gli
posò le mani sul collo e lo attirò a sé con uno strattone, facendo aderire le
loro labbra.
Lei sospirò e chiuse gli occhi. I muscoli le si intorpidirono mentre
assaporava la vicinanza di quelle labbra alle sue.
Il ragazzo la staccò violentemente e lei perse l’equilibrio e cadde per
terra, con le gambe leggermente divaricate. Sentiva i gomiti che le sfrigolavano
sull’acciottolato. Chiuse forte gli occhi, e tentò di sopportare il dolore che
le arrivava dalla schiena e l’aveva paralizzata.
Draco la guardava con disprezzo e sorpresa. Le sue labbra tremavano
irrimediabilmente, e arretrò di mezzo passo.
Hermione aprì gli occhi, si morse il labbra inferiore. Quello sguardo di
repulsione le face venire le lacrime agli occhi.
Si sentiva mortificata fino all’inverosimile, per quel gesto che avrebbe
voluto ma non avrebbe mai avuto il coraggio di fare.
Si voltò di lato, lasciando le lacrime sgorgarle dagli occhi.
Era stanca di far finta che nulla la toccava. Era stanca di essere la
dura Hermione Granger.
Aveva tante virtù, ma in amore era una frana. E se ne rendeva conto con
il tempo che passava, sempre di più.
Lui si girò e si allontanò.
Lei tirò sul col naso, si mise a pancia sotto vicino al lago e pianse
fino a che non si sentì così stanca che non riuscì neanche a trascinarsi al
castello.
Con il freddo della sera, Hermione sentiva il vento sferzarle il viso e
scompigliarle i capelli. Non ce la faceva ad alzarsi, e si rannicchiò ancora di
più.
Non chiudeva gli occhi, per paura che avesse degli incubi, dopo le brutte
esperienze di quel giorno.
Tirò su col naso. Il mal di testa le dimezzava le forze.
Lottava contro le sue stesse palpebre che minacciavano di
abbassarsi.
Sentì all’improvviso un rumore di passi svelti, che si fermarono poco
distante, e ripresero a camminare più lentamente, fino ad arrestarsi ancora una
volta vicino ai suoi capelli.
- Granger - sussurrò la calda voce del ragazzo che le faceva battere il
cuore.
Hermione avvicinò una mano alle labbra, e stette in ascolto.
- Scusa, per prima. Beh, mi sono ricordato che avevamo una questione in
sospeso. Spero che ora tu sia contenta.-
Entrambi rimasero poi in silenzio.
Qualche animale notturno gufò in lontananza, e smosse le fronde scure
degli alberi nella notte.
Lei si fece forza sulle braccia e si sedette.
Si voltò verso il biondo e scosse la testa.
- Non sono affatto contenta, Malfoy.- proferì, con voce
sommessa.
Lui la guardò con quei suoi occhi gelidi, cercando di capire cosa volesse
dire.
Lei sospirò. Ingoiò un po’ di saliva, fece appello a tutto il suo
coraggio, e per una volta volle fare la vera coraggiosa, la vera Grifondoro qual
era.
Gli prese le mani. Fu quasi sorpresa nel sentirle calde più delle sue. Il
ragazzo non si sottrasse da quel contatto, ma al contrario fece di tutto per
scaldargliele di più.
Aprì la bocca.
Da dove cominciare? Doveva dire “ti amo”, oppure “mi piaci”? Doveva
dirglielo che voleva stare con lui o no? E se le avesse riso in
faccia?
La sua lingua parlò prima che potesse formulare una frase.
- Senti, tu mi piaci, e anche tanto, e non mi arrenderò fino a che non ci
mettiamo assieme.-
Draco fu spiazzato da quella sicurezza.
Si leccò le labbra e strinse le sue mani.
Le prese la testa con una mano e l’avvicinò a sé.
La baciò, chiudendo gli occhi, nel suo solito modo di fare, accattivante
e provocante, dolce e furioso allo stesso tempo.
La ragazza si sentì bruciare, il fuoco le arrivò alle guance
arrossendole, e riscaldandola.
Il freddo della sera non li sfiorava neppure.
Come due belve, si presero le rispettive labbra mordendole e
succhiandole, inebriandosi con le loro stesse lingue.
Il ragazzo l’allontanò proprio quando lei iniziava ad annullare la
propria coscienza.
- Non va, Granger. Non perderti quando mi baci. - sghignazzò.
L’aiutò ad alzarsi.
- Vieni- aggiunse – Andiamo, altrimenti qualcuno può pensare
male.-
Lei sorrise e si incamminò, affianco a lui, ma poco distante.
Sorridevano entrambi, ma nessuno voleva dare all’altro l’impressione che
era più debole.
- Tranquillo, Malfoy – fece lei, rompendo il silenzio – io non mi perdo
quando ti bacio. Sei uno come un altro.-
Lui rise.
- Di certo non puoi paragonarmi alle tue vecchie fiamme.-
Lei sbuffò.
- Non fare paragoni assurdi, Malfoy.- lo guardò con sguardo provocatorio
– Ron sapeva come prendermi, meglio di te.-
- Questo è impossibile, Granger –
Si scambiarono uno sguardo divertito.
Sì, forse quella del fiore era una maledetta benedizione.
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