Pokemon Apokalypse di Justanotherpsycho (/viewuser.php?uid=197636)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Apocalisse ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** Cenere ***
Capitolo 4: *** Fuga ***
Capitolo 5: *** Forza ***
Capitolo 6: *** Verità ***
Capitolo 7: *** Legame ***
Capitolo 8: *** Fallimento ***
Capitolo 9: *** Attacco ***
Capitolo 10: *** Caduta ***
Capitolo 11: *** Rinforzi ***
Capitolo 12: *** Scontro ***
Capitolo 13: *** Custodi ***
Capitolo 14: *** Rifugio ***
Capitolo 15: *** Guerra ***
Capitolo 16: *** Risveglio ***
Capitolo 17: *** Rivelazione ***
Capitolo 18: *** Missione ***
Capitolo 19: *** Viaggio ***
Capitolo 20: *** Meta ***
Capitolo 1 *** Prologo - Apocalisse ***
Pokémon Apocalipse
Incredibili catastrofi
preannunciarono il Suo risveglio: vulcani ruggivano di fuoco, tempeste
squarciavano l'aria con folgori e venti indomiti, la terra veniva dilaniata da
tremiti e spasmi, i mari scalpitavano e ululando partorivano onde alte quanto
piccole montagne.
Pokémon ed esseri umani
erano terrorizzati, e per una volta non era colpa né degli uni né degli altri.
Infine i continenti
arrestarono la loro epocale marcia ricongiungendosi in un'unica, gigantesca
isola, nel mezzo di un oceano infinito, e il monte più alto mai visto vi sorse
nel mezzo, sospinto dalle enormi masse di terra.
Proprio in cima a quel
monte avvenne il Risveglio: l'eterno Arceus si ridestò dal suo ancestrale
sonno, ritornando in questa dimensione per compiere il destino di questo mondo.
Egli convocò tutti i
Pokémon affinché intraprendessero con lui il Grande Esodo verso una dimensione
dove potessero vivere in uguaglianza e felicità, ma non coinvolse gli uomini,
poiché avvertiva in questi e nei loro pensieri il seme della malvagità.
Non tutti i Pokémon, però,
accettarono le condizioni del Viaggio, essendo il legame che li univa al loro allenatore
umano più forte della tentazione di una terra promessa dal Primevo.
Mew allora intercedette
per questi ad Arceus e, capendo l'amore che provavano, fece sì che potessero
rimanere sulla Terra insieme ai loro cari.
Inoltre, mosso a
compassione per questi e per gli stessi umani, convinse Arceus a lasciare delle
tracce dei Pokémon Leggendari in alcune armi e armature sparse per il globo,
così da dare ai rimasti indietro una speranza e, al tempo stesso, mantenere
l'equilibrio nelle forze della natura.
I Pokémon consenzienti,
allora, abbandonarono questa dimensione, mentre gli altri restarono al fianco
dei loro allenatori.
Nel nuovo mondo, però, non
tutti furono felici: Mewtwo apprese che il principio di uguaglianza sarebbe
stato messo in pratica in tutti i sensi, cosa che la sua mente orgogliosa non
poteva accettare.
Così si ribellò ad Arceus,
rivendicando la sua individualità e superiorità, e prontamente Egli, notando
in lui il germe malvagio dell'umanità, che, alla fine, l'aveva creato, lo
scaraventò nuovamente sulla Terra, insieme a quanti aveva corrotto, dopo
un'epica battaglia.
Sulla Terra, l'umanità,
avvedutasi della scomparsa dei Pokémon, piomba nel caos e i governi delle varie
nazioni, già provati dalle catastrofi naturali, finiscono col dichiararsi
guerra a vicenda con quella che sarà l'ultima grande guerra umana.
Prevedendo le sorti del
conflitto, Mewtwo si fece ibernare dai suoi seguaci, dando loro l'ordine, da
tramandarsi di generazione in generazione, di risvegliarlo dopo duemila anni.
Le armi tecnologiche
distrussero la tecnologia stessa con impulsi diabolici; tutte le città vennero
spazzate vie da bombe nucleari; la popolazione umana, più che dimezzata, fu
costretta ad una diaspora nelle zone più selvagge e desolate del continente,
lasciandosi alle spalle la conoscenza di intere civiltà, a bruciare nelle
biblioteche.
Alla fine gli eserciti si
annientarono a vicenda e la pace nacque dalle ceneri insanguinate della guerra.
Piano piano, l'umanità strisciò
fuori dalle grotte e dalle foreste in cui si era rintanata e, anche se ancora
tremante di paura, fece quello che sapeva fare meglio, e allo stesso tempo
peggio: vivere socialmente.
Nacquero nuove civiltà
senza che se ne avesse la consapevolezza, pochi mestieri erano sopravvissuti,
ma abbastanza per garantire una vita civile a quanti si univano in questi
piccoli villaggi.
Ma il seme malvagio non
era stato estirpato e germogliò di nuovo, portando violenza anche in questo
nuovo mondo. Duemila anni dopo il Risveglio, il supercontinente è costellato di
villaggi e piccole cittadine, edificati con tecnologie vecchie di quattromila,
controllati da una serie di gruppi armati in lotta fra loro che hanno
l'esclusiva sui Pokémon e sul loro addestramento e che li usano per controllare
col pugno di ferro i vari governi fantoccio e la popolazione sotto questi.
Il Cantuccio: allora, premetto che pubblicare prologhi di
una storia ancora non scritta in passato non mi ha portato
bene... ma devo farlo, perché solo così mi
deciderò a scriverla (o ad abbandonarla del tutto, ma almeno
prendere una decisione).
In questa storia ho voluto prendere i Pokémon sotto un aspetto
più "realistico", crudo, meno da bambini insomma, perciò
più che una fanfiction dell'anime mi piacerebbe considerarla una
FF dei videogiochi. Mi piaceva l'idea di mescolare in una sola storia
Pokémon, storie quasi-bibliche (non volevo rivelare apertamente
le analogie con la bibbia, ma ormai è fatta), un'apocalisse
nucleare, una spruzzata di medioevo giapponese, un certo pizzico
di magia ed un tocco quasi alla gioco di ruolo (forse queste due cose
si capiranno meglio avanti).
Spero che vi intrighi e continuiate a leggerela (se la scriverò XD) :)
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Capitolo 2 *** Incontro ***
Capitolo 1 - Incontro
Raccogliere bacche, non
c'è cosa più noiosa. Pensava Serak mentre strappava i piccoli frutti dai
ramoscelli dell'arbusto come se stesse spennando un magro Spearow.
Per fortuna ormai la sacca
era piena e poteva riprendere la strada per casa; non vedeva l'ora: quella sera
ci sarebbero stati grandi festeggiamenti con tutta la famiglia riunita, e già
pregustava il suono delle chiacchiere allegre e dello scoppiettio del focolare.
Mentre si faceva largo tra
i rami selvaggi, però, udì dei rumori spaventosi: versi di pokemon!
All'istante si immaginò la
scena di lui che tornava a casa vittorioso con in spalla la carcassa succulenta
di qualche bestia da cucinare per l'occasione speciale.
Così si affrettò a
raggiungere la fonte di quei suoni. In una piccola radura, ai piedi di
un enorme albero, quattro Zangoose si stavano dando battaglia ferocemente. Ad
un'occhiata più approfondita, però, si poteva intuire che in realtà non
stessero battagliando tutti contro tutti, ma che tre stavano infierendo sul
quarto.
Il malcapitato,
fisicamente provato da molte ferite, la più evidente delle quali sull'occhio
destro, cercava di difendersi con gli artigli sguainati, ma la superiorità
numerica era schiacciante.
A quella vista, il cuore
di Serak scacciò ogni fame e l'unico pensiero che gli venne in mente fu che
doveva aiutare quel poveretto.
Nascosto dietro una fila
di cespugli, mentre a qualche passo da lui infuriava la battaglia, iniziò a
lanciare strani urli, muovendo al contempo le frasche, cercando di spaventare i
pokemon.
Ma tutto ciò ebbe solo
l'effetto di fermare i tre prima che dessero il colpo di grazia alla loro vittima, di certo non fuggirono,
anzi, si voltarono verso quello strano cespuglio ondeggiante e urlante e
sembrava che si stessero preparando ad attaccarlo.
Costretto all'ultima
spiaggia, Serak afferrò una pietra ai suoi piedi e la lanciò contro uno degli
Zangoose, prendendolo pieno in testa. Il pokemon incassò il colpo, ma più che
dolorante sembrò spiazzato. Così il ragazzo incalzò scatenando una pioggia di
pietre che, alla fine, spaventò le bestie che si rifugiarono a gran velocità
nella tana tra le radici di quell'albero.
Sgomberata l'area, Serak
si precipitò sullo Zangoose aggredito, che giaceva inerme a terra, respirando
affannosamente. Non appena, però, cercò di sfiorarlo, questo aprì gli occhi e,
dopo aver lanciato uno sguardo insieme terrorizzato e rabbioso, si rimise
frettolosamente in piedi per darsela a gambe a tutta velocità.
«Aspetta!» gli gridò inutilmente dietro, mentre già partiva al suo
inseguimento.
Dopo un po' di slalom tra la vegetazione, Serak continuava a correre,
ma in verità aveva perso di vista da tempo il pokemon.
Improvvisamente venne fermato da qualcosa che all'inizio non riusciva
a vedere, ma che poi riconobbe: un'enorme ragnatela.
Puntualmente, da un angolo remoto di questa, spuntò un Ariados grande quanto
Serak stesso.
Le sue fauci sfrigolavano pregustando il dolce sapore di umano e i
suoi occhi vitrei erano fissi in quelli della vittima.
Il ragazzo, allora, urlò con quanto fiato aveva in corpo, catturato da
quello sguardo che non riusciva a distogliere... se solo avesse un braccio
libero per afferrare il suo coltellino!
Ormai riusciva a specchiarsi perfettamente negli occhi della bestia e
a vedervi riflessa la sua paura, quando ad un tratto qualcosa gli passò accanto
come una saetta.
Subito dopo la ragnatela cedette e Serak e l'Ariados vennero allontanati
dallo strappo creatosi.
Il ragazzo, con pochi altri movimenti, si liberò completamente e fece
per scappare, ma Ariados gli ripiombò addosso atterrandolo all'istante. Il suo
pungiglione, madido di veleno letale, pendeva minacciosamente sopra di lui.
Quella saetta, però, spuntò nuovamente dal nulla portandosi via la
bestia.
Ora Serak poteva vederlo chiaramente: era lo stesso Zangoose che stava
rincorrendo prima!
Che stesse cercando di sdebitarsi con chi gli aveva salvato la vita?
Zangoose e Ariados erano ora uno davanti all'altro e si studiavano in
silenzio.
Nessuno azzardava una mossa e il primo, messosi eretto, pizzicava
l'aria con le dita, squadrando l'avversario con occhi di fuoco.
Ad un tratto, Zangoose fece scattare gli artigli, ma subito Ariados
scappò emettendo strani versi...
Dopo un primo istante di sorpresa, li rinfoderò con un ghigno beffardo
di superiorità, ma qualcosa si eresse alle sue spalle sibilando e subito dopo
una frustata lo colpì nel costato spazzandolo via di lato: era un Seviper!
Zangoose si rimise faticosamente in piedi, cercando di mettere a fuoco
il suo nuovo avversario.
Questo, però, non gli concesse la pausa e, spinto dalla naturale
rivalità tra le due specie, si gettò a fauci spalancate contro quello, ancora
disteso per terra.
Grazie alla sua prontezza di riflessi, Zangoose riuscì a saltare via
giusto in tempo mentre il suo avversario andò a riempirsi la bocca di terra.
Adesso era il turno del pokemon artigliato che, approfittando della
momentanea immobilità dell'avversario, si scagliò su di questo con una lunga
carica, ma non servì a nulla perché un'altra spazzata di coda protesse il capo
immobilizzato.
Zangoose venne scagliato contro un albero e Seviper liberò la testa.
Un sguardo veloce di sfida e i due partirono di corsa l'uno verso l'altro. Zangoose
spiccò un balzo prima di raggiungere il nemico, questo si fermò e cercò di
intercettarlo a mezz'aria con la lama all'estremità della coda, intrisa di
veleno, ma l'altro riuscì a parare il colpo con gli artigli della zampa destra mentre
con la sinistra riuscì a mettere a segno il primo fendente, sotto la testa del
nemico.
Ma bastò un istante di distrazione perché Seviper potesse
imprigionarlo nelle sue spire, immobilizzandogli gli arti superiori; Zangoose
urlò di dolore mentre si riusciva quasi a sentire il rumore delle sue ossa che
scricchiolavano.
Alla fine scoprì i suoi canini e li affondò nella carne del rivale. Il
pokemon serpente fu così costretto ad allentare la presa e subito Zangoose
spiccò un salto per allontanarsi.
Di nuovo faccia a faccia, i due si sfidarono in una specie di duello
all'arma bianca: coda contro artigli. E anche se Zangoose era naturalmente
resistente al veleno di Seviper, questo era comunque presente in dosi abbondanti
sulla sua lama.
Il Zannaserpe fece sibilare velocemente la coda nell'aria mentre il
Furogatto agitò le zampe incrociandola sul filo tagliente.
Con una mossa degna di uno spadaccino provetto, Seviper aprì le difese
dell'avversario e infilò due fendenti al livello del torace.
Zangoose accusò il colpo e abbassò ancora di più la guardia,
lasciandosi sguarnito contro il seguente affondo.
La lama avvelenata penetrò profondamente nella sua carne.
A Serak, impotente spettatore dello scontro, sfuggì un urlo: era colpa
sua se Zangoose stava per morire.
Così sfoderò il suo risibile coltellino e partì alla carica del
Seviper urlando, ma Zangoose incrociò i suoi artigli con quella piccola lama
quando stava per passargli oltre, poi si voltò a guardare l'umano, come a volergli
dire di non preoccuparsi.
Subito dopo, però, venne sollevato, impalato sulla coda, quasi
innalzato a mo' di trofeo sopra la testa del serpente, che, dopo avergli fatto
fare un giro per aria, lo scaraventò via contro lo stesso Serak e i due si
schiantarono contro un albero.
Il ragazzo batté violentemente la testa e perse i sensi.
Convinto di riaprire gli occhi, vide solo buio, finché delle fiamme
crebbero dal nulla formando una specie di corridoio davanti a lui, conducendo
il suo sguardo fino ad una figura prima d'allora in ombra: un altro pokemon, un
Absol.
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Capitolo 3 *** Cenere ***
Capitolo 2 - Cenere
Non fece in tempo nemmeno
ad aprire completamente gli occhi che già il dolore lo assalì, sgorgando dal
punto in cui il suo cranio si era schiantato contro il tronco contro cui ora
appoggiava le spalle, seduto per terra.
Le immagini che gli
apparvero erano ancora sfocate e ondeggiavano un po', ma quando tutto diventò
più definito e stabile riconobbe quelle che prima erano solo due macchie di
colore: Zangoose, ancora più pieno di ferite di come l'aveva l'asciato,
grondante sangue e ansimante, si ergeva vittorioso sulla carcassa di un Seviper
ridotto, se possibile, peggio di lui e che non accennava segni di vita.
Non sembrava però essere
in vena di festeggiare: le sue palpebre si socchiusero e i suoi occhi ruotarono
all'indietro mentre iniziava a cadere a peso morto.
Serak si alzò di scatto,
cedendo al suo lancinante dolore alla testa solo una piccola smorfia, e cercò
di afferrarlo prima che toccasse terra, fallendo miseramente.
Constatò che respirava
ancora, ma questo non lo calmò affatto. Ritrovò così la sua cesta piena di
bacche, ne prese qualcuna e, ricordando gli insegnamenti dei suoi sugli
utilizzi medici di queste, ne schiacciò qualcuna per poi aspergervi col succo
che vi scaturì le ferite del pokemon.
Fatto quello che poteva,
se ne ristette, in ginocchio, ad osservare il suo paziente che non sembrava
reagire in alcun modo, né positivo né negativo. Serak pensò che ci sarebbe
voluto del tempo perché quei rimedi improvvisati sortissero qualche effetto.
Nel frattempo il suo
pensiero tornò a quanti lo stavano attendendo a casa: ormai la luna era alta
nel cielo e rischiarava la radura dove si trovava e dove si era svolto il
combattimento, probabilmente i primi ospiti erano già arrivati e tutti si
stavano chiedendo dove fosse finito Serak con le bacche per la festa, magari
sua madre era preoccupata e suo padre la stava tranquillizzando
affettuosamente.
Proprio in quell'istante,
un esplosione, urla, le stelle che stava fissando scomparvero, oscurate da una
luce più forte, più vicina.
Di scatto si voltò verso
la fonte di quelle urla, guidato da quella malaugurata luce.
Si rizzò in piedi
altrettanto di scatto e frenò l'istinto di mettersi a correre verso quella
direzione solo per prima caricarsi sulle spalle il corpo ancora immobile di Zangoose.
La bestia gli arrivava
quasi al costato, ma non ci pensò due volte prima di issarsela in spalla.
Durante la corsa fra gli
alberi cercò di occupare la mente come poté per non pensare al perché si stesse
preoccupando così tanto, a cosa ci fosse nella direzione verso cui correva...
Si concentrava solo sul
suo respiro affannoso nelle orecchie che cresceva ad ogni faticoso passo, al
peso del pokemon sulle spalle che si faceva sempre più pesante, alle frasche e
agli arbusti che lo frustavano durante la sua corsa strappandogli i vestiti già
rovinati nella battaglia...
Nelle feritoie tra un ramo
e l'altro, negli squarci tra un tronco e l'altro, quando per qualche istante
osava alzare gli occhi da terra, vedeva avvicinarsi sempre di più quella luce
terribile, che ora tingeva tutto di rosso-arancio.
Sentiva ormai
distintamente quell'ineluttabile ronzio,
come di uno sciame immenso di Beedrill furiosi e mortiferi; ruggiva sempre più
fragorosamente nelle sue orecchie e rimbombava nella sua mente, strappando a
poco a poco l'attenzione dal suo respiro affannoso e forzando i suoi pensieri a
focalizzarsi sul peggio.
Un orribile sipario gli si
spalancò davanti quando superò gli ultimi alberi: in cima alla piccola collinetta
che gli stava davanti un inferno aveva usurpato il posto della sua casa.
Subito crollò in
ginocchio, lasciandosi cadere dalle spalle Zangoose, mentre esplodeva in un
urlo di dolore.
La luce ormai abbagliante
di quel rogo penetrava violentemente attraverso le lacrime che ora gli
ingombravano la vista, quasi cercassero impietosite di nascondergli
quell'orribile scena, ma invano.
Il calore malvagio delle
fiamme si faceva largo attraverso la sua carne fino al gelo che gli stava
mangiando l'anima.
Altre urla provennero dal
bocciolo di fiamme, le riconobbe. Così asciugandosi le lacrime in preda ad un insperato
ed inaspettato coraggio, si rimise in piedi e, risalendo il declivio a grandi
passi, si gettò oltre il muro di fuoco.
Si mise una manica sulla
bocca e sul naso e strizzò gli occhi bruciati dal fumo per vederci un po'
meglio attraverso, mentre cercava di ignorare il calore che gli graffiava la
pelle.
Guidato dalle urla, si
fece strada nell'inferno finché non giunse in una delle stanze che lo avevano
visto crescere, ma che quella crudeltà aveva sfigurato a punto tale da renderle
per lui, tristemente, irriconoscibili l'una dalle altre.
Lì, al centro, giaceva suo
padre, inghiottito per metà da una trave in fiamme, urlante dal dolore mentre
queste iniziavano a lambirgli le carni.
«Padre! - urlò lasciando perdere le varie precauzioni - Non vi
preoccupate, vi salverò io!»
«No! Non c'è tempo! Devi scappare! Ma prima devi prendere questo...»
gli rispose sfilando da sotto il corpo l'oggetto che aveva protetto dal fuoco.
Era un grosso pezzo di metallo, grande quanto un avambraccio, in cui
si rifletteva l'incendio che aveva attorno, anche se pareva ignorarne la foga,
rimandando sfolgoranti lampi di luce a destra e a manca secondo le pieghe delle
sue decorazioni.
All'inizio Serak non distinse cosa esso rappresentasse, ma poi realizzò:
era la testa di un Entei, il Pokémon Leggendario simbolo della sua famiglia!
Le fauci spalancate mostravano zanne spaventose, gli occhi fieri e
feroci erano stretti in espressione d'attacco, la regale criniera coronava il
suo volto senza stravolgere le proporzioni del tutto e dietro di questa si
nascondeva una lunga catena avvolta intorno a quello che sarebbe stato il
collo, coprendo il breve spazio tra la testa e l'estremità posteriore del
manufatto.
«Ma Padre! Posso ancora salvarvi! Lasciate almeno che ci provi!» gli
ripeté quello, sconvolto, poco interessato agli oggetti di metallo raffiguranti
pokemon piuttosto che a suo padre.
«... Vuoi salvarmi? ... Allora indossa questo» rispose quello,
titubante, porgendogli infine l'oggetto.
«Indossarlo? ...»
«Sì, è un pugno da guerra, devi infilare il braccio dietro la testa...»
Il ragazzo, persuaso di poterlo aiutare, si fiondò a indossarlo, e
quando ebbe infilato il "guanto" fino al gomito destro, sentì un
leggero 'click' e avvertì qualcosa che gli si chiudeva intorno all'avambraccio,
poi, non appena suo padre lasciò la presa, avverti tutto il suo enorme peso e
ne fu vinto, tanto che non riuscì a sostenerlo e dovette appoggiarlo a terra.
«Ora cosa devo fare?»
«Scappa, figlio mio! Corri più forte che puoi!»
«Ma... avete detto che se avessi messo questo coso avrei potuto
salvarvi!»
«Certo che puoi salvarmi! Puoi salvarci tutti dal fallire la nostra
missione - ogni tanto cercava di reprimere il dolore crescente con qualche
smorfia della faccia - Quello che tu chiami "coso" è un oggetto sacro,
l'Arma Leggendaria a cui io ho votato la mia vita, così come i miei e i tuoi avi
e tutta la nostra famiglia.
Noi siamo i suoi custodi, prescelti per preservare le Reliquie di
Entei dalle grinfie di uomini malvagi che le userebbero solo per i propri
fini...»
Non fece in tempo a finire la frase che pezzi di legno infuocati esplosero dalla parete alle sue
spalle investendo Serak come un muro compatto, spedendolo dritto a terra.
In mezzo a quella specie di bocca fiammeggiante che si era aperta
nell'edificio si stagliò una sagoma nera dapprima irriconoscibile.
Quando la nube incandescente di ceneri e sottili schegge lignee si
posò, la figura andò assumendo sempre più definizione, ma ciò ne accrebbe la
spaventosità: un grande Charizard nero si librava a mezz'aria sbattendo le
gigantesche ali con sufficienza, quasi non ne avesse bisogno, avvolto in un
armatura lucente che risaltava ancor di più sulle sue squame scure.
Sulle sue spalle, il suo cavaliere era invece vestito d'un'armatura
rossa-arancio, come il colore dell'inferno, che ricalcava le fattezze del
pokemon che cavalcava, a partire dall'elmo: che era una copia quasi perfetta
della testa di un Charizard, dalla cui bocca spalancata spuntava il volto dell'uomo.
«Ehi tu, ragazzino! Ridammi l'arma leggendaria!» urlò il cavaliere.
«Non lo fare, figliolo!» intervenne il padre.
Il ragazzo, rimessosi in piedi, rispose deciso:
«No! Noi siamo i custodi di questa reliquia!»
«Un ragazzino coraggioso, eh? Bene, allora mettiamola così: se mi dai le
Fauci di Entei, salverò tuo padre... e me ne andrò senza fare dell'altro male a
qualcuno...»
Serak guardò prima l'uomo, poi suo padre, proteggendosi col braccio
sinistro il volto dalle folate di pulviscolo incandescente che sollevava ogni
colpo d'ala del Charizard. Alla fine, dopo una lunga battaglia interiore,
decise di fidarsi dell'uomo.
«Ok prendilo, è tutto tuo...» fece, cercando di sfilarsi l'arma dal
braccio. Dopo vari e faticosi tentativi, però, non riuscì nell'impresa.
«Allora? Cosa stai aspettando!?» gli urlò contro per l'ennesima volta
l'uomo sul drago, spazientito.
«N-non lo faccio apposta... n-non riesco a toglierlo!»
«Mi stai prendendo in giro!!» gridò quello, sempre più indispettito.
«No davvero! Non riesco a...»
«Bene, se non riesci a togliertelo, allora dovrò sfilarlo io dal tuo
braccio, dopo averlo ridotto in cenere! Miei Heatmor, all'attacco!»
All'istante tre Heatmor sbucarono dalle fiamme intorno, facendo
sibilare in aria le loro lingue di fuoco.
«Corri! Va! Scappa!» incitò il padre.
«No! Non voglio abbandonarvi!» fece Serak, cercando di sollevare il
peso che gli attanagliava il braccio destro: alla fine, tutti dicevano che era
un'arma, e le armi servono proprio in situazioni come queste.
«Oh che carino - lo prese in giro il cavaliere - ma non ti
preoccupare, ti aiuto io a dissipare i tuoi dubbi morali» detto questo,
estrasse un arco, caricò una freccia e la scoccò: Serak poté giurare di
riuscire a vedere la freccia muoversi nell'aria, rallentata insieme al suo
respiro e al battito del suo cuore, ma non poté fare niente per fermarla.
Si conficcò dritta nel collo di suo padre, ammutolendolo all'istante.
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Capitolo 4 *** Fuga ***
Capirolo 2 - Fuga
«NOOOO!!!!!» urlò Serak con quanto fiato aveva in gola, in ginocchio
vicino al cadavere di suo padre.
«Che scena straziante» commentò sprezzante il cavaliere.
«BASTARDO!» ruggì Serak a denti stretti, sfogando l'insolita rabbia
che gli scavava l'anima, e lanciò all'assassino uno sguardo più incandescente
delle fiamme che lo circondavano, tanto che quasi non si capiva come facevano
le lacrime che vi sgorgavano a non evaporare all'istante.
D'istinto sollevò la sua nuova arma, aiutandosi con la mano libera, e
la puntò contro quell'uomo.
«Che cosa vuoi fare? Non sai nemmeno come si u...» ma non fece in
tempo a finire la frase che il ragazzo lo interruppe con un urlo di battaglia,
in seguito al quale strinse gli occhi e concentrò tutta la sua furia in quel
pezzo di metallo, che sentì riscaldarsi poco dopo.
All'improvviso, un'esplosione. Serak venne sbalzato all'indietro,
fuori da quella stanza, questo è quello che scoprì quando riaprì gli occhi.
Del cavaliere e dei suoi Heatmor nessuna traccia: davanti a lui, dove
prima c'era l'ingresso della stanza dove si trovava il corpo del padre, vi era
un muro infuocato di pezzi di legno crollati dal soffitto.
Uno scricchiolio, una trave in fiamme cadde dal soffitto. Il ragazzo
riuscì a schivarla per miracolo, ma quello lo convinse a rialzarsi, anche
perché iniziò a sentire altri scricchiolii provenire da tutta la struttura:
stava per crollare tutto.
Appena ebbe finito di constatare ciò, udì un
«Piccolo moccioso, io ti uccido!» provenire da dietro il muro di
fuoco.
Subito dopo un Charizard con tutta la sua mole lo sfondò sparando
lapilli ovunque.
Serak mise tutte le forze che gli restavano nelle gambe e scattò come
non aveva mai fatto, via da quel pokemon e dal suo cavaliere; quello si mise a
volargli dietro, sebbene a malapena entrasse nel corridoio.
Come se fuggire da un Charizard ed evitare crolli e fiamme non fosse
già abbastanza difficile, l'uomo si mise a saettare frecce che un paio di volte
andarono veramente vicine a finire il giovane.
Dopo un paio di virate a vuoto e modifiche di percorso in quel
labirinto di fiamme, Serak individuò una finestra proprio mentre le sue gambe
iniziavano a mostrare segni di cedimento.
Con un ultimo sforzo, accelerò, mentre sentiva dietro di sé il
Charizard caricare una fiammata.
Al passo prima del salto, una freccia gli si conficcò proprio nel
polpaccio che stava per poggiare a terra, ma con la forza della disperazione,
lo piantò al suolo e, tra dolori atroci, lo usò per spingere il suo corpo e il
pesante acciaio che si portava al braccio a sollevarsi da terra.
Sfondò il vetro della finestra e si appiattì sull'erba oltre di questa
dopo esservi atterrato.
Subito dopo il Charizard sfondò anche quella parete, sorvolandolo di
qualche centimetro, per poi andarsi a schiantare qualche metro più in là,
strisciandone per qualche altro.
Il cavaliere, fortunatamente rimasto illeso, smonta dalla sua
cavalcatura e inizia a camminare lentamente verso il ragazzo, rimasto a terra
dolorante, con la ferita che vomita sangue.
«Ti ho sottovalutato - ammette amareggiato l'uomo - ma non lo farò
più» ed estrae da dietro la schiena una lunga e larga spada, dalla lama
leggermente ricurva in cima. La scorre con lo sguardo, compiaciuto, leccandosi
i baffi come assaporasse il sangue che sta per versare.
Raggiunto il corpo raggomitolato del giovane, lo espone con un calcio
nel costato.
Con un piede sulla spalla destra, gli pianta a terra il braccio armato
e solleva la lama al cielo.
Fa per calarla come il boia sulla testa d'un condannato, quando
qualcosa lo atterra, facendogli volare via la spada dalle mani.
Appena può, Serak cerca di capire cos'è successo, e trova lo stesso
Zangoose che aveva lasciato privo di sensi addosso al cavaliere, intento a
intaccare la sua armatura con gli artigli affilati.
Pieno di gratitudine, vorrebbe sdebitarsi nuovamente, ma una nuova
responsabilità grava su di lui; così si rimette dolorosamente in piedi,
mordendosi le labbra ogni volta che si poggia sull'anca destra. Quando passa
vicino al Charizard questo accenna a riprendersi, scrollando la testa, ma Serak
lo rimette KO con un pugno d'acciaio improvvisato, ma efficace.
Per ovviare al rallentamento procuratogli dallo zoppicamento, rotolò
fino alla base della collinetta che aveva fatto di corsa alla vista
dell'incendio, però poi dovette continuare con le sue gambe malconce dentro la
foresta.
Dopo quella che gli sembrò un'eternità di dolore straziante, lacrime,
gridolini sfuggiti incautamente e centinaia di tronchi d'albero tutti uguali,
il ragazzo stramazzò a terra e perse i sensi.
Quando rinsavì notò subito una certa mobilità di ciò su cui era steso
e convenne all'istante che non doveva trovarsi più sul terriccio della foresta,
ipotesi poi immediatamente supportata dal tatto, che gli comunicò che era
disteso su una superficie più irregolare e ruvida, dalla vista, che gli
mostrarono un cielo non più notturno, fresco di alba, e con delle chiome verdi
che scorrevano agli angoli più remoti della sua vista, e dall'udito, che
sentiva rumore di zoccoli e di ruote che macinavano strada.
Il primo istinto mosse la mano sinistra su quella destra, e venne
rassicurato dal freddo del metallo che l'avvolgeva ancora; poi cercò la ferita,
e vi trovò sopra una benda.
«Ben svegliato!» lo accolse una voce da sopra la sua testa.
Serak si mise a sedere e si guardò finalmente in torno: si trovava su
un carretto pieno di legname, trainato da un Bouffalant e guidato da un piccolo
vecchietto di colore, dai capelli afro molto voluminosi e identici alla
criniera del suo pokemon, se non fosse per il colore grigio/biancastro.
«Ti ho trovato, ferito, poche ore fa nella foresta. Ti ho salvato da
potenziali pokemon selvaggi, banditi e addirittura da un incendio che era
divampato non molto distante da dove ti trovavi... Ti ho fasciato la ferita, ma
non è una medicazione definitiva, ti dobbiamo portare all'ospedale in città,
tanto è in città che devo andare... Se posso chiedere, cos'è quell'aggeggio che
ti porti al braccio?... se non fossi così giovane direi che è una di quelle
armi diaboliche dell'Ordine...»
Serak non disse niente, nè rispose a nessuna domanda.
Se ne stava fermo, a fissare il cielo che scorreva sopra di lui.
Le lacrime gli sgorgarono nuovamente dagli occhi mentre ripensava a
quello che aveva visto, a ciò che aveva perso: tutto quanto.
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Capitolo 5 *** Forza ***
Capitolo 4 - Forza
Il viaggio continuò per
tutto il giorno. Gli unici rumori erano il macinio delle ruote, le zoccolate
del Bouffalant e le parole del vecchio, che continuò imperterrito a imbastire
conversazioni nonostante l'assenza di risposte da parte del suo interlocutore,
tanto che arrivò a pensare ad alta voce che stesse parlando ad un muto o ad un
sordo, o ad entrambi.
«Dobbiamo fermarci un attimo a questa taverna, devo solo svuotare la
mia vecchia vescica»
disse il vecchio.
Poco dopo il carro si fermò e Serak udì i passi lenti del vecchio
allontanarsi sempre di più, fino a sparire dietro il cigolio di una porta.
Ora i rumori si erano ridotti al semplice sbuffare irregolare di
Bouffalant, che, a quanto sembrava, non gradiva particolarmente l'immobilità.
Mentre seguiva con la coda dell'occhio una nuvola uscire dal suo campo
visivo, Serak sentì crescere un rumore di passi, accompagnati da voci sconosciute:
«Avete sentito? Un tizio ha appiccato un incendio stanotte,
sterminando un'intera famiglia. Ha una taglia non indifferente sulla testa, ma
se vogliamo accaparrarcela dobbiamo sbrigarci: data la velocità con cui è stata
decisa la condanna a morte e il numero di volantini con annesso ritratto, non
ci vorrà molto prima che lo trovi qualcun'altro...»
«Hanno un ritratto del cavaliere!» pensò Serak, e scattò a sedere.
La comparsa del ragazzo oltre il cumulo di legname, nel carretto,
attirò non poco l'attenzione dei viandanti, tre grossi brutti ceffi,
incappucciati a puntino, tanto da sembrare di non volersi far riconoscere.
«Ehi, ma... Non è possibile! E' lui!» disse quello che reggeva in mano
il volantino con la taglia.
«E' solo un ragazzino» commentò divertito un altro.
«Meglio, sarà più facile! - disse trionfante il terzo - La taglia
specifica se lo vogliono vivo o morto?»
«No, basta che si riporti un'arma che indossa al braccio destro»
«Perfetto!»
I tre sguainarono le loro lame. Serak nuotò tra il legnamene
goffamente mentre quelli già si erano gettati sulla coda del carro e lo stavano
scalando.
Con non poca fatica, dato anche l'indimenticato peso che si portava
attaccato al braccio, raggiunse l'estremità anteriore del carro e, tendendo il
braccio libero oltre questa riuscì a sfiorare la coda di Bouffalant. Questo
bastò a far infuriare il pokemon che, dopo aver scalpitato un po', partì a
tutta velocità.
Intanto, arrancando anche loro faticosamente, ora ancor meno
facilitati dalla corsa del carro, i tre malviventi si erano pericolosamente
avvicinati al ragazzo, che ancora giaceva mezzo sepolto tra i ceppi.
Quello più vicino fece forza sulle gambe e si mise ritto in piedi,
sebbene la legna lo inghiottisse fino alle ginocchia, e alzò la spada al cielo
prima di tentare l'attacco.
D'istinto, Serak mise il braccio armato davanti al volto, riuscendo
efficacemente a bloccare la lama, dopodiché, col braccio libero, afferrò un
pezzo di tronco e lo fracassò con tutta la forza che aveva in corpo contro la
testa dell'avversario che, dopo qualche barcollamento, cadde dritto
all'indietro sul letto di legna.
Gli altri due si levarono come il primo, ma si scambiarono un segno
d'intesa per agire insieme, allora il giovane capì che doveva almeno
divincolarsi e mettersi in piedi al par di loro.
Il sobbalzare violento del carro sulle irregolarità del terreno
sbilanciava i due aggressori il tanto che servì a Serak per mettersi in piedi
nonostante il dolore proveniente dalla ferita al polpaccio destro.
Subito uno tentò una sciabolata, la cui andata a vuoto lo fece
sbilanciare tanto che dovette appoggiarsi con le mani ai ceppi sotto di lui per
non cadervi di faccia.
L'altro invece fece un tentativo più valido, che richiese un'altra
parata con le Fauci, ma comunque infruttuoso.
Serak allora, con inaspettata risolutezza, passò al contrattacco:
allontanò la lama che aveva bloccata sul guanto metallico e poi colpì in pieno
viso con questo lo stesso nemico, che venne sparato all'indietro.
Il tempo di rialzare l'enorme peso che dovette parare un fendente alto
dall'uomo che prima aveva mancato l'attacco. La lama, stavolta, colpì proprio
in mezzo alle fauci aperte di Entei; ancora una volta spinto dall'istinto,
Serak serrò il pugno e la bocca del pokemon lo seguì scattando come tenaglie,
spezzando in due la lama.
L'uomo ne fu sorpreso, e non vide arrivare il pugno metallico dritto
sulla sua faccia.
Ma ancora una volta i tre si rimisero in piedi e fecero per attaccare
insieme, per non lasciare alcuno scampo.
Serak allora puntò le Fauci contro gli avversari e urlò: come se
uscisse dalla sua gola, il fuoco sprizzò dalla bocca della bestia avvolgendo i
tre che seguitarono ad urlare anche loro.
La legna prese fuoco, insieme a tutto il carro, e iniziò a cadere come
una valanga infuocata dietro alla sua corsa. I tre aggressori dovevano essere
in mezzo a quelle fiamme perché le urla si allontanarono con quelle.
Ora però, se possibile, il ragazzo era ancora più in pericolo, con le
fiamme che cercavano di risalire il carro lottando contro la corrente
dell'aria, mentre, ancora, il Bouffalant correva a briglie sciolte verso non si
sa cosa.
E di certo Serak non avrebbe voluto scoprirlo in questo modo, quello
che c'era alla fine della corsa: il pokemon, accortosi all'ultimo istante di
quello che gli si parava davanti, piantò gli zoccoli, facendo fare al carro una
curva e sbalzando via il ragazzo, nel vuoto.
Mentre si dimenava a mezz'aria, riusciva a vedere tutto come al
rallentatore, cosa che interpretò come presagio della sua fine: pezzi di legna
e fiamme lo inseguivano ancora, anche nella caduta, come una maledizione di
fuoco lo seguisse dal giorno della catastrofe; Bouffalant, intanto, era rimasto
aggrappato con le zampe anteriori al ciglio del precipizio e, anche se sembrava
impossibile, non cedeva alla forza di gravità, con tutto il peso del carro
ancora sulle sue spalle e con le fiamme che risalivano proprio la sua massa di
legno, ormai ridotta ad un ombra nera e insicura avvolta dal vermiglio delle
fiamme.
Poi, mentre era ormai sicuro della morte che lo aspettava molti metri
più in basso, uno stridio, alto e tagliente...
Il Cantuccio: scusate la luuuuuuuuuunghissima pausa, ma ho avuto
problemi con la connessione e, non so perchè, questa è
stata la storia che ne ha risentito di più, quella che ho messo
più tempo a riprendere.
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Capitolo 6 *** Verità ***
Capitolo 6 - Verità
Sibilo nell'aria.
Atterrò su qualcosa;
battito d'ali; fulgide penne; comparve alla sua vista un grande Fearow.
Tutto avvenne così
velocemente che gli ci volle un po' a riordinare le immagini in testa secondo
un filo cronologico.
Era il vecchio, ricomparso
a bordo di un enorme Fearow armato con pezzi di armatura più rarefatti e meno
splendenti di quelli che bardavano il Charizard del cavaliere.
Serak era talmente confuso
da non riuscire a parlare, così osservò la scena seguente: dopo essere sceso
giù in picchiata lungo il costone di roccia per recuperarlo, il volatile ora
risaliva abilmente, come il peso dei due umani e della corazza non si facessero
sentire; come se non bastasse, arrivato sul bordo del precipizio, afferrò con
gli artigli da rapace le spalle di Bouffalant, che ancora lottava per la vita
e, sbattendo le ali con uno sforzo inimmaginabile, lo aiutò a riportare tutte
le zampe sulla terra senza però riuscire a sollevarlo, mentre la roccia su cui
poggiava gli zoccoli franò e i resti carbonizzati del carro si staccavano dal
traino.
«Tutto bene?» chiese il vecchietto da sotto il cespuglio grigio, dopo
che la sua cavalcatura si era posata per godersi il meritato riposo.
Come si aspettava che potesse rispondere a quella domanda?
Come avrebbe mai potuto qualcuno anche solo fargliela dopo tutto
quello che stava succedendo?
Che gli era preso al destino? Perché tanto accanimento?
Era sicuro che queste domande le stesse urlando, forse solo nella sua
testa, ma comunque si stupiva del fatto che il vecchio non le sentisse, e le
gridava più forte, ancora nella sua testa.
La sua bocca però rimase immobile, socchiusa, gli occhi persi nel
vuoto.
Nessuno avrebbe preso quell'espressione funebre come un
"sì", ma quel vecchio, sorprendente ometto lo fece.
E così ricominciò a parlare, ma 'stavolta con un tono diverso rispetto
a quello che aveva tenuto per tutto il viaggio a bordo del carretto: un tono
greve, serioso, che mai, a vederlo, sembrava sarebbe potuto uscire da quel
piccoletto canuto ed esile.
Nel suo stato confusionale, Serak all'inizio captò poche parole,
quella più ricorrente era "verità". Poi, forse anche per il fatto che
il vecchio stesse ripetendo più o meno sempre le stesse frasi, quasi a farlo
apposta, per farle entrare definitivamente nella mente del giovane, riuscì a
collegare qualche stralcio della sua storia:
«Devi sapere la verità, caro ragazzo! ... Non sono un semplice vecchio
fattore!... Custodi delle Antiche Reliquie, sono uno dei Custodi delle... Devi
sapere la verità!... Cavalieri! Ordini, armati... La verità, caro ragazzo! ...
Controllano i villaggi, gli Ordini, con la forza, la paura, i pokémon... E' la
verità! ... Cercano tutti le Antiche Reliquie per il potere, l'egemonia... noi
custodiamo l'equilibrio, la pace, custodiamo le Reliquie... Caro ragazzo! ...
La tua famiglia proteggeva le Antiche Reliquie del potente Entei da
generazioni, ma non hanno mai voluto unirsi ai Custodi... noi però la tenevamo
d'occhio, in segreto, ma non sapevamo che l'Ordine del Fuoco sapesse della sua
esistenza... il momento opportuno, hanno aspettato il momento opportuno per
attaccare, quando tutti i rami della famiglia, e le relative Reliquie, erano
riunite in un solo luogo, e poi... la verità, Serak, la verità...»
Il Fearow atterrò in mezzo agli alberi; già, perché era ripartito,
poco dopo aver aiutato il Bouffalant, ed aveva attraversato oceani di fronde
verdi, mentre l'ungulato lo seguiva, in basso, oltre la coltre di fogliame, lo
si sentiva dal boato della sua cavalcata impetuosa.
«Sbrigati, Skoll - accennò al Fearow - attira facilmente l'attenzione,
ci è servito per spostarci velocemente fino a qui, ma ora dobbiamo far perdere
le nostre tracce, dovremo procedere a piedi mentre lui prende il volo verso
un'altra direzione per sviare le spie - fece risoluto il vecchietto.
Ah, io sono Tertroth, comunque, ma puoi chiamarmi Terry» sorrise.
Il Cantuccio: chi capisce perchè il Fearow si chiama così è bravo XD
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Capitolo 7 *** Legame ***
Capitolo 6 - Legame
«Ok ci accamperemo qui, stanotte» fece
alla fine il vecchio, interrompendo l'estenuante marcia, ma come se egli non
avesse fatto nessuna fatica.
Serak si gettò sul prato di fianco a quel
rivolo gorgogliante di acqua chiara e fresca, abbastanza vicino da poterci
immergere il braccio nudo per ritrovare una corporeità sotto quella testa che
da ore e ore ormai non faceva altro che pensare e sfornare lamenti e
imprecazioni contro il destino, tutti muti.
Cacciò il braccio bagnato e si spalmò
quell'acqua su tutta la faccia e i capelli. Una sensazione magnifica. Si
sentiva in colpa di poterla ancora provare.
Lentamente il Bouffalant si avvicinò al
ruscello per abbeverarsi. Serak si stupì alla sua vista: come aveva fatto a non
accorgersi che li stava seguendo? Eppure una bestia del genere non sembra poter
passare inosservata. E non era solo colpa di tutti quei pensieri.
Si mise a sedere, guardando quel magnifico
essere. Gli accarezzò un fianco e quello non si lamentò. Un sorriso si dipinse
sul volto del povero ragazzo.
Aveva sete, molta sete, tutta adesso. Come
a voler emulare il pokémon, si mise in ginocchio con la faccia sull'acqua
corrente.
Non l'aveva preventivata, quella faccia,
specchiata lì, su quel liquido argenteo che rifletteva i lumi delle stelle
lontane sopra quella testa.
Ancora una volta si trovò vittima del fato
crudele: era una faccia come tante altre, ma aveva sofferto quanto nessun'altra
faccia poteva esprimere.
Certo, forse quello che c'era intorno alla
faccia, quella criniera non era comune a tante altre facce.
Era enorme, esagerata, esuberante. Lo
faceva assomigliare molto a quel mostro che ancora gli attanagliava il braccio
destro, ma più sproporzionata.
I colori della sua chioma, poi,
rispettavano in modo impressionante quelli del pokémon sullo stemma di
famiglia, tanto che da piccolo pensava ingenuamente e un po' egocentricamente
che quel simbolo fosse ispirato a lui. Solo ora vedeva che tutto ciò non era
nient'altro che un'ulteriore beffa del
destino.
E quei bracciali metallici poi, che gli
serravano i polsi e persino le caviglie, come quelli di quel dannato Entei, ora
non gli sembravano altro che premonizioni di quel pezzo di ferro che gli
stringeva l'intero avambraccio... che i suoi genitori lo sapessero? Che lo
stessero preparando a questa eventualità? Certo, quegli ornamenti non pesavano sicuramente
quanto quel massiccio pezzo di ferro, ma indubbiamente pochi bambini crescono
con quei pesi alle estremità.
Poco altro era rimasto della sua immagine,
ora riflessa nell'acqua: i vestiti, prima lunghi e bianchi, ma leggeri, erano
ridotti in brandelli inceneriti che svolazzavano nella brezza serale,
spensierata.
Quindi era quello il suo corpo, la
corporeità che aveva quasi perso nelle elucubrazioni a tempo di marcia,
rischiando quasi di impazzire, esisteva ancora, poteva essere vista oltre che
avvertita, pungente, nel freddo di un fiumiciattolo.
Vi immerse una mano e si portò un po' di
acqua alla bocca, e ripeté il gesto un'altra volta. Ma aveva ancora sete. Si
voltò e il Bouffalant era ancora lì, a trangugiare quella meraviglia fresca,
con la faccia a un palmo dalla superficie lucente.
Splash! Ci infilò tutta la testa, Serak, a
voler annegare tutti quei pensieri. Fu la sensazione più bella del mondo, e non
solo non se ne sentì in colpa, ma sentiva anzi di meritarsela. Avrebbe voluto
che durasse all'infinito...
Una mano lo afferrò e lo tirò fuori
bruscamente.
«Allora giovanotto, cosa avevi intenzione
di fare?» era stato Terry.
«Io... volevo solo... rinfrescarmi...»
balbettò il ragazzo, scoprendo anche di avere ancora una voce.
«Beh, vedi di non far finire in un modo
tanto ridicolo la nobile casata dei Custodi delle Reliquie di Entei, che tanto
ha sacrificato per...» ma si accorse di aver toccato il tasto dolente, così,
imbarazzato, gli lasciò andare la spalla e senza proferire parola si voltò e
riprese ad organizzare il giaciglio all'interno di una grotta lì vicino, da cui
spuntava il fiumiciattolo, dove stava preparando il riparo per la notte.
Che strano ometto. E che nome poi: Terry
sembrava tanto inadatto a rappresentarlo, troppo giovanile, quanto Tertroth
sembrava azzeccato, nel colore dei suoi suoni, sebbene vergognosamente orribile
a sentirsi.
Ma quell'uomo era tutto un ossimoro, basti
pensare che dietro quella forma sottile e fragile, dietro quei baffi e quella
capigliatura a cespuglio ingrigita si celava uno di questi fantomatici Custodi
che sembra siano in grado di salvare il mondo da gente pericolosa come quel
cavaliere sul suo Charizard.
Un fruscio, qualcos'altro a interrompere
quel pensare.
Serak si voltò di scatto: pericolo?
«Ci segue dall'inizio... è più agile delle
spie dell'ordine» fa Terry senza nemmeno voltarsi.
«Ma...»
«Se non ti sei accorto di Bill, il mio
Bouffalant, come speravi di poterti accorgere di lui?»
Come faceva a leggergli nella testa così
facilmente?
«Ma chi è?» riuscì infine a dire il
ragazzo.
«Perché non vai a scoprirlo tu stesso?»
Serak, stupito da questa risposta, rimase
un attimo insicuro, spostando ripetutamente lo sguardo dal punto dove si era originato
il rumore a Terry, quest'ultimo che gli dava ancora le spalle tutto preso dai
preparativi, come se quello che stava succedendo fosse di poco conto.
Alla fine prese coraggio, si alzò e si
allontanò lentamente da Bill, fino ad arrivare vicinissimo ad un cespuglio
oltre il quale riprendeva la foresta, dopo la pausa che ospitava quel ruscello.
Ora lo sentiva chiaramente, ansimare
faticosamente, qualcuno o qualcosa a pochi passi da lui, nascosto dal fogliame.
Con la mano tremante, protesa verso quel
manto verde, fece gli ultimi passi sempre più lentamente.
Alla fine, dopo essersi fermato per un
istante, a controllare solo con l'orecchio se il vecchio nella grotta l'aveva
degnato della sua attenzione (ma non era così), spostò le foglie con un unico,
veloce gesto.
Lì, in piedi, con la testa abbassata, come
a segnare la sua resa, e il torace che faceva su e giù sospinto da qual respiro
profondo e rapido, Zangoose.
Era sempre lui, lo riconosceva dalla
ferita all'occhio destro.
Era ancora più malridotto di come l'aveva
lasciato: la lotta contro il Charizard, che miracolosamente non l'aveva ucciso,
l'aveva sicuramente ridotto molto male.
Ma comunque aveva avuto la forza di
seguirlo fin qui... Perché?
«Un legame» fu la risposta del vecchio, le
rughe scavate dalle ombre che il fuocherello da lui acceso gli proiettava in
faccia.
Un legame. Gli rimbombava in testa, questa
parola, tra gli scoppiettii della fiamma e il respiro intenso del Bouffalant
che, mezzo addormentato, stava con la testa appoggiata sulle gambe incrociate
del suo padrone, a farsi pettinare la chioma con lo stesso pettine di legno che
Terry doveva usare per la sua stessa acconciatura.
«Non ha più una casa nè una famiglia -
proseguì, secondo quello che Serak gli aveva raccontato di quel pokémon - E tu sei
l'unico ad avergli dimostrato affetto, o perlomeno interessamento... Se
vogliamo tu sei il suo nuovo branco... la sua nuova famiglia...»
Zangoose dormiva, spalle al fuoco e ai
compagni di campeggio, un po' più lontano dagli altri.
Serak lo guardò mentre si stendeva sul
giaciglio d'erba fatto dal Custode, ritrovandosi un po' nella storia di quel
poveretto...
Poi, inevitabilmente, lo sguardo si posò
sul fuoco davanti a lui, lo osservò danzare, come beffardamente avevano fatto
le fiamme che gli avevano distrutto la vita.
Più lo guardava e più quella danza gli
chiudeva gli occhi, e più lo sguardo si addentrava in quel rosso acceso.
Un istante prima di addormentarsi gli
sembrò di avvistare un Absol, dentro quelle fiamme, identico a quello,
maledetto, che gli era apparso in sogno prima del disastro.
Il Cantuccio: e rieccomi qua! Scusate ma l'ultimo periodo scolastico e
la maturità mi hanno tenuto occupato, ora invece sono libero!
Se c'è qualcuno che segue anche le mie altre storie sappia che
riprenderò anche quelle a breve, solo, capitemi, sono un po'
arrugginito XD
PS: mi scuso in particolare con colui che ha assunto l'inquietante nick
di Jeff the Killer XD da cosa aveva detto prima della pausa già
mi sarei aspettato qualche messaggio intimidatorio sulla posta del sito
XD
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Capitolo 8 *** Fallimento ***
Capitolo 8 - Fallimento
Un'ala nera, per un
istante eclissa la luna alta nel cielo.
«Non può aver fallito proprio lui! Il
Campione dell'Ordine del Fuoco!» sbotta infastidito un uomo, basso e tarchiato,
mentre percorre e ripercorre ansiosamente lo stesso tratto del prezioso tatami di
cui è tappezzata quella stanza all'ultimo piano della pagoda.
E' davvero una figura quasi grottesca: per
la maggior parte pelato, all'estremità della testa quasi perfettamente rotonda
spuntano cinque strane formazioni di capelli bianchi, che si stagliano verso
l'alto, ondulati, come cinque canuti raggi solari.
Unico altro accenno di pelo sulla sua
faccia altrimenti bambinesca, un piccolo pizzetto per far vedere di possedere
un mento e un qualche tipo di angolo sul volto.
Sotto le guance paffute e arrossate, sotto
il collo talmente corto da potersi a malapena dire esistente, una vestaglia da
sera, elegante e lussuosa, di pura seta di Larvesta, azzurrina e decorata con
vari ghirigori dorati che spesso vanno a formare elementi floreali e vegetali,
ma che sulla schiena danno vita al più grande e maestoso dei disegni: un
Volcarona stilizzato a grandi forme d'oro, ad ali spalancate, che "regge"
tra le corna che si prolungano dai lati della testa un disco solare.
Il collo della vestaglia e coronato da una
folta ma leggera pelliccia bianca arruffata, da cui spuntano altri cinque raggi
solari che fanno eco a quelli sulla testa di chi li indossa, ma sono molto più
grandi e dorati anch'essi.
Tanto lusso dispiegato su così pochi
centimetri di statura. Persino le pareti di quella stanza, shoji e fusama, sono
decorate con pitture giapponesi delle più meravigliose e costose, raffiguranti
lo stesso piccolo uomo in avventure poco credibili, una scena delle quali
ritraeva proprio lo stesso Volcarona.
Quel bambinone troppo cresciuto faceva
sembrare tutto un grottesco ossimoro, ma la sua faccia contratta e la sua
andatura nervosa non erano per niente divertite, anche se forse divertenti.
«Sua Maestà, sono sicuro che Arderan non ha fallito» risponde calmo e
pacato un uomo invece molto più alto, ma seduto a gambe incrociate davanti al
piccolo tavolino da tè al centro della stanza.
Già in quella posizione è più imponente del piccoletto che davanti a
lui non si dà pace: indossa una tipica armatura cerimoniale giapponese, rossa e
dorata, a ostentare come monito il suo alto grado militare, come un fiore
sgargiante che avvisi i potenziali aggressori della sua velenosità.
Il volto è affilato, cupo, ma calmo, terminante con una lunga barba
nerissima, raccolta sul pizzetto in una piccola treccia.
Gli occhi socchiusi mentre prende un altro sorso del tè fumante da una
tazza di porcellana, costosa anch'essa.
Poco distante dal prezioso servizio da tè, sempre sul tavolo, osserva
la scena incuriosito un piccolo Larvesta, i grandi occhi azzurri che fanno la
spola da un interlocutore all'altro.
«Lo spero per lui! O costringerò entrambi a fare harakiri!» urla il
piccolo uomo.
Poi un tonfo, fuori. Rumore di un pannello che si sposta.
Da una finestra entra malconcio il cavaliere.
Alle sue spalle si intravede un altrettanto malconcio Charizard,
atterrato sul tetto a falde che regge la stanza reale.
L'armatura scalfita e sporca, tagli sulle parti esposte della pelle.
Sono segni inequivocabili, talmente inequivocabili che l'uomo in
armatura cerimoniale non attende nemmeno il suo rapporto: scatta in piedi in un
istante urlando:
«Cosa hai combinato! Ti sei lasciato
sfuggire la Reliquia!?»
La reazione istantanea e inaspettata
spaventa il Larvesta che con un balzo cade dal tavolino. Anche l'uomo in
vestaglia sobbalza, spiazzato e si volta verso di quello, con sguardo
intimidito.
«Il ragazzino... ci è scappato» annaspa il cavaliere, per niente
sorpreso.
«L'Ordine del Fuoco è stato fregato da un ragazzino! Lo sai che ti
attende la tortura, vero?!»
«Ma abbiamo ucciso tutti gli altri membri della famiglia e recuperato
tutti i pezzi dell'armatura e il Guanto sinistro, il ragazzino è riuscito a
portare in salvo solo il destro» fa quello, senza però assumere tono di scusa.
«Questo non renderà meno severa la tua punizione»
«Sì Gran Maestro» chiude il cavaliere abbassando la testa.
«Non c'è bisogno di essere così precipitosi!» si affretta ad
intervenire il piccolo re, spaventato dalla reazione del Gran Maestro e rivedute
le sue iniziali intenzioni ostili all'ombra di quell'aggressività.
«Abbiamo comunque recuperato la maggior parte delle Reliquie di
Entei...» continua chiedendo conferma con gli occhi al suo generale.
«Ma se mai il Paese del Fulmine dovesse trovare il ragazzo e venire a
conoscenza dei fatti, se mai dovesse avere la conferma inoppugnabile della
nostra cerca delle Reliquie, ci dichiarerebbe guerra seduta stante!» sentenzia
quello, senza mai distogliere lo sguardo dal suo sottoposto.
«Ma non è quello che vogliamo? ... Cioè, che voglio?... La guerra alla
Nazione del Fulmine, i nostri nemici storici! Prima conquisteremo loro e poi
tutto il continente!»
«Ma i tempi non sono ancora maturi, Sua Altezza»
«Non mi chiamare così - lo interrompe - sai che mi sembra una presa
per i fondelli»
«Dobbiamo assolutamente rintracciare il ragazzino» tuona egli, senza
degnarlo di una risposta.
«Non si preoccupi, Gran Maestro - risponde calmo il cavaliere - ho già mandato le
mie spie a stanarlo»
Il Cantuccio: spero che perdoniate l'uso del presente storico per tutto
il capitolo ma serviva sia per descrivere meglio la scena (a mio
parere), sia per distinguerla dall'azione principale.
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Capitolo 9 *** Attacco ***
Capitolo 8 - Attacco
Un Heatmor, con fare
circospetto, spostò del fogliame, cercando di vederci oltre.
Da quello squarcio nel
verde si vedevano i due umani, uno giovane e l'altro più anziano, raccogliere
le loro cose negli zaini e prepararsi a lasciare il rifugio della notte.
Un secondo Heatmor sferrò
un pugno sulla testa del primo che subito lasciò andare il cespuglio
richiudendo lo scorcio. Tastandosi il bernoccolo con una zampa, chiese
spiegazioni alzando le spalle e quello che l'aveva colpito fece cenno di fare
silenzio.
Poi si voltò ad un terzo
Heatmor e fece segno di attendere, e vedere se fossero realmente i bersagli che
cercavano da due giorni.
«Ma
perché non hai mai tolto le Fauci di Entei?» chiese Terry d'un tratto.
«C-Cosa?
Si possono togliere? Io non lo sapevo!» rispose Serak incredulo.
«Ma
certo che sì... Guarda, basta fare così» e il vecchio premette due dita negli
occhi del leggendario. Subito si avvertì un 'click' identico a quello che era
scattato quando Serak ci aveva infilato il braccio per la prima volta.
L'Arma
venne via facilmente.
Il
ragazzo, sollevato da quel peso, si guardò l'avambraccio che non vedeva da più
di due giorni e sgranchì le dita.
Subito
un Heatmor fece segno agli altri e tutti e tre spuntarono fuori dal cespuglio.
Puntavano
dritto alla Reliquia.
Il
Bouffalant ne intercettò uno a metà della sua corsa, scaraventandolo via, ma
gli altri due gli sfuggirono: uno saltò su Serak atterrandolo, e l'altro rubò
al volo la Reliquia dalle mani del vecchio.
Vedendo
il successo del loro intervento, l'Heatmor che era stato atterrato dal
Bouffalant puntò il suo muso per aria e, prima di svenire, sparò una specie di
fiammata lucente che doveva servire da segnalazione, poiché subito, in
lontananza, si avvertirono i ruggiti di alcuni Charizard.
Terry
estrasse una lunga e sottile spada dal suo semplice bastone da passeggio; prima
gettò lo sguardo all'Heatmor che si stava allontanando con l'Arma Leggendaria,
poi a quello che ora rotolava per terra cercando di aggredire il ragazzo.
Decise
di intervenire su questo e lo allontanò con un calcio da Serak.
Rialzatosi,
i due si scambiarono uno sguardo intenso per un istante, poi Terry fece per
scattare, ma Zangoose, ancora tutto fasciato e pieno di ferite, vi si frappose,
fermando la carica del vecchio. Gli fece segno di inseguire l'Heatmor in fuga.
Terry
rispose con un altro cenno, partì all'inseguimento urlando «BILL!» e subito il
pokémon accorse facendolo salire in groppa.
Ora
erano Zangoose e Heatmor a scambiarsi sguardi di sfida, ma il primo ogni tanto
si lasciava andare a smorfie di dolore.
«No!
Non sei in condizioni di combattere!» gli urlò Serak.
Ma
quello non voleva saperne.
Senza
preavviso, l'Heatmor partì alla carica, ma si mise a girare intorno a Zangoose,
producendo un circolo di fuoco che in breve lo imprigionò.
Lì
dentro, Zangoose non riusciva a vedere nulla, ma, avvertito dal suo udito
sopraffino, decifrò la direzione dell'attacco successivo e incrociò gli artigli
con quelli del nemico.
Questi,
però, non si accontentò a lungo dello stallo e, approfittando della piccola
distanza, mise a segno una Leccata sulla faccia del Furogatto.
Tremando,
Zangoose non riuscì più a muoversi, il che diede l'opportunità all'Heatmor di
scomparire nuovamente nel muro di fiamme, poco prima che questo stesso si
chiudesse sul nemico.
Zangoose
urlò dal dolore mentre bruciava.
Serak
si decise ad intervenire, ma appena provò a scattare verso di lui, la ferita al
polpaccio si fece nuovamente sentire, atterrandolo per il dolore lancinante.
Nel
frattempo l'inseguimento continuava nella foresta: l'Heatmor riusciva a
sfruttare a proprio vantaggio gli alberi per rendere difficile il percorso al
Bouffalant e così sopperiva alla sua minore velocità.
Ad
un tratto dal cielo calarono due Charizard, nessuno dei quali nero, per
fortuna, ma comunque entrambi cavalcati da un cavaliere dell'Ordine in armatura.
«Qui
le cose si mettono male» fece Terry, e poi si mise due dita in bocca emettendo
un fischio alto ed acuto.
Ma
non successe niente.
I
Charizard, dal canto loro, iniziarono a sputare fiamme, incendiando gli alberi
dietro il Bouffalant.
Terry,
lentamente ma con destrezza, si mise in piedi sulla groppa galoppante del
pokémon, per niente facilitato dallo slalom tra i tronchi.
«Bill,
al mio tre!» urlò.
Uno!
L'Heatmor lì davanti cercava di porre quanti più ostacoli possibile sulla sua
via.
Due!
I Charizard stavano distruggendo mezza foresta sotto lo sguardo dei loro
cavalieri.
Tre!
Bill e Terry saltarono insieme, il Bouffalant puntò i suoi zoccoli posteriori
verso l'alto, il vecchio vi posò sopra i suoi piedi e il pokémon calciò con
quanta forza aveva in corpo, facendo schizzare via l'anziano Custode.
Attraversando
come un proiettile la coltre di fuoco, Terry volò poco al di sopra di un
Charizard, falciando con un fendente volante il cavaliere che vi si trovava sul
dorso.
Questo
venne disarcionato e Terry riuscì ad aggrapparsi alla coda infuocata della
bestia per miracolo.
L'altro
Charizard si allineò dietro al primo e spalancò le fauci per mordere il
Custode.
Questo,
impacciato, impuntò i piedi su mandibola e mascella, impedendo sia di chiuderle
che di avvicinarsi.
Il
cavaliere, però, sfoderò un arco e puntò una freccia contro il nemico. Così si
vide costretto a inventarsi qualcosa: allentò la presa sulla fauci e portò la
coda, che aveva chiuso sotto l'ascella, proprio dentro queste, cosicché quando
il secondo Charizard chiuse il Morso, la coda ardente del primo finì nella sua
bocca serrata.
Il
primo ruggì di dolore e schizzò via, portandosi dietro Terry sempre ancorato
alla sua coda, il secondo lasciò andare il boccone incandescente, ustionatosi palato
o gola, e, in preda al dolore, per un pelo non disarcionò il suo cavaliere.
Ma
la freccia di questo era stata scoccata ugualmente e aveva colpito Terry alla
spalla destra, forse non dove quello aveva mirato, ma comunque lo aveva ferito.
Il
Charizard, imbizzarrito, era volato in alto, rivelando il paesaggio intorno: alla
destra dell'Heatmor e di Bill si apriva un grande burrone.
Il
Custode fece giusto in tempo per realizzarlo, che il Pokémon Fiamma lo staccò
dalla sua coda con un colpo di reni, facendolo volare ancora più in alto.
Con
un brevissimo tempo di reazione, mentre precipitava poi verso il basso, riuscì
ad ancorarsi al collo del Charizard con la parte ricurva del suo bastone-spada,
ma per aggrapparvisi dovette stringere con la mano destra la lama,
strisciandovi per qualche centimetro e aprendosi una profonda ferita.
Urlò
dal dolore, e il Charizard l'aveva capito, perciò continuava a dimenarsi
facendo sprofondare sempre di più la lama nella carne e scivolare la mano verso
il vuoto al di sotto. Oltretutto si era anche posto sul burrone, per
assicurarsi la sua eliminazione in caso di caduta.
Tortura
verso l'alto e morte verso il basso: ovunque spostasse lo sguardo, Terry vedeva
solo la fine; un dolore atroce gli scavava lentamente la mano, un altro,
persistente gli trafiggeva la spalla.
E
come se non bastasse, l'altro Charizard tornava ad avvicinarsi, con sopra il
cavaliere ancora armato di arco e frecce.
Sembrava
la fine.
Lo
sembrava anche per Serak, mentre l'Heatmor che aveva messo KO Zangoose gli si
avvicinava da sinistra e quello che il Bouffalant aveva steso, ma che ora si
era rialzato, da destra.
Dalle
loro piccole bocche spuntavano a intermittenza sottili lingue di fuoco.
Il
ragazzo strisciava all'indietro lontano dai due, afferrando un sasso ogni qual
volta glie ne capitava uno per le mani, e tirandolo ai pokémon, che ne venivano
colpiti, ma non sembravano accusarne tanto dolore.
Poi
la mano gli capitò su qualcosa, che riconobbe subito al tatto non essere un
sasso come gli altri. Lo afferrò e lo portò alla sua vista: un Pineco!
Subito
il piccoletto, infastidito, si accese di un bianco intenso.
Con
una reazione pronta, Serak scagliò anche quello contro gli Heatmor, poco prima
che esplodesse.
Sbalzato
via dall'onda d'urto, Serak rotolò fino a sbattere su un tronco, ed un altro
Pineco gli cadde in testa: alzò lo sguardo e vide che la fonte di quei pokémon
era proprio quell'albero, al quale ve n'erano appesi a decine.
Anche
questo Pineco aggrottò gli occhi, irritato e si illuminò: Serak fu costretto a
lanciarlo di nuovo ai due Heatmor, che dalla prima esplosione erano stati presi
in pieno.
Schivata
la seconda esplosione, i due Heatmor, un po' malconci, alzarono nuovamente lo
sguardo e trovarono un Serak in piedi, con un ramo a mo' di bastone in mano e
un'aria beffarda.
Il
ragazzo tirò un colpo con la pianta del piede al tronco dell'albero, facendosi
cadere davanti un Pineco che prontamente colpì col ramo spedendolo nuovamente
contro i nemici e ripetendo la tecnica diverse volte.
Gli
Heatmor si trovarono in difficoltà a schivare tutte le esplosioni, ma per la
maggior parte ci riuscirono, finché una non mandò definitivamente KO uno di
loro in una pozza di sangue.
L'Heatmor
rimasto rivolse il suo sguardo truce verso il nemico che aveva fatto fuori il
suo compagno; Serak, colto di sorpresa da quella ritrovata sicurezza del
pokémon, sferrò un altro calcio all'albero e ripeté la mossa che l'aveva
salvato fin'ora, ma stavolta l'Heatmor, con un colpo deciso della zampa, deviò
il Pineco dritto all'interno della caverna dove il ragazzo e Terry si erano
accampati per la notte.
L'esplosione
che ne seguì scatenò un'eruzione di Zubat e Golbat che, spaventati e arrabbiati
allo stesso tempo, si catapultarono fuori dalla loro tana buia tra stridii
assordanti.
Serak
ebbe il giusto tempismo per gettarsi a terra e non venire investito dall'ondata
di pokémon veleno, ma l'Heatmor non poté vantarsi di aver fatto altrettanto e
venne travolto da quelle zanne velenose, finendo ricoperto di Zubat e Golbat
ancorati per i denti a tutto il suo corpo, steso per terra.
Serak
cadde in ginocchio, esausto. Poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Terry
invece no.
Il
Charizard al di sotto di lui era sempre più vicino, e con lui il cavaliere.
Questi,
senza tanti preamboli, scoccò un'altra freccia, ma Terry la intercettò al volo
con la mano libera, rivelando riflessi di sicuro non comuni nemmeno tra uomini
nel pieno delle proprie forze, figurarsi per un vecchio.
Neanche
tutti i riflessi del mondo, però, l'avrebbero aiutato contro quello che
ribolliva nella gola del Pokémon Fiamma: sputò un'enorme palla di fuoco che si
avvicinava ad alta velocità.
Il
Custode non ebbe molte altre possibilità: lasciò la presa.
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Capitolo 10 *** Caduta ***
Caduta
Tutto sembrava rallentato:
la palla di fuoco sulla sua testa, l'aveva evitata, gli aveva solo
bruciacchiato un po' la sommità del cespuglio che aveva per capelli; ma sotto
di lui c'era il vuoto: poteva mulinare in aria le braccia quanto voleva, ma quello
lo aveva inghiottito e la morte sembrava avvicinarsi al ritmo innaturalmente
rallentato del suo cuore.
Poi un verso, alto,
tagliente, squarciò l'aria che sembrava immobile.
Subito dopo, qualcosa
ingoiò il sole, su Tertroth calò l'oscurità.
Era Skoll! Che afferrò al
volo il suo padrone per le spalle con le forti zampe.
«Ci hai messo un bel po',
eh?» fece Terry, ironico, cercando di nascondere con un sorrisetto il dolore
della freccia ancora conficcata nella spalla, su cui ora premeva il pokémon.
«Riportami su quel
Charizard, devo recuperare il mio bastone» riprese poi.
Il Fearow prontamente
ubbidì e puntò il Charizard privo di conducente, ma sulla sua strada c'era
ancora quello invece ancora cavalcato dal suo padrone, che non aveva perso
d'occhio il nemico durante la caduta.
Salendo di quota ad una
velocità quasi verticale che sembrerebbe impossibile, il pokémon volante schivò
anche agilmente alcune frecce scoccate dal cavaliere, ma il Charizard si
preparò nuovamente ad una fiammata micidiale.
Skoll allora, con una
giravolta, scaraventò via in modo poco garbato il vecchio Custode verso la sua
meta e poi continuò l'avvitamento chiudendo le ali e trasformandosi in una
specie di enorme trivella, con per punta il suo duro becco.
La trottola mortale ad
alta velocità consentì al pokémon di superare la cortina di fuoco quasi illeso,
strappandone qualche drappo incandescente che per un istante si trascinò dietro
come la scia di una cometa.
L'attacco poi colpì il
pokémon fuoco in pieno petto, dove la corazza l'aiutò a sopportare l'impatto.
Terry intanto atterrava
sano e salvo, anche se un po' confuso dal volo, sul Charizard a cui mirava.
«Delicato come al solito»
commentò il gesto del suo pokémon con un sorrisetto provato.
Senza perdere altro tempo,
recuperò lo spadino dal collo del pokémon che intanto si era accorto di lui e
cercava di girare la testa per morderlo, ostacolato dall'armatura.
Proprio tra questa, Terry
riuscì a trovare un vuoto alla base del collo e senza pensarci due volte vi
infilzò la lama, uccidendo il pokémon sul colpo.
Fece giusto in tempo a
spiccare un salto verso l'altro Charizard mentre la carcassa iniziava a
precipitare.
Nel frattempo la trivella
di Fearow aveva continuato a ruotare velocemente per cercare di perforare
l'armatura nemica, ma il Charizard l'aveva afferrato con le zampe e, sebbene
queste avessero poi iniziato a sanguinargli per l'attrito, riuscì nell'intento
di fermarla e ora Fearow si trovava alla sua mercé.
Tenendolo fermo con le
zampe spalancò le fauci per un'ennesima fiammata e Fearow ficcò lo sguardo
nella sua gola aspettandone l'attacco, urlando mentre cercava di divincolarsi
senza successo.
Ma invece che le fiamme,
dal punto preciso in cui Skoll ha infisso lo sguardo spunta una lama
insanguinata. Terry era riuscito a sgozzare velocemente alle spalle il
cavaliere per poi occuparsi del suo pokémon.
Ancora una volta, Terry
rischiava di precipitare con il nemico abbattuto, ma Skoll lo aiutò a salirgli
in groppa.
«Ben fatto, ma stavolta ci
è mancato poco» si congratulò, sempre un po' caustico, a denti stretti per il
dolore ormai insopportabile.
Il suo sguardo, poi, tornò
immediatamente all'inseguimento sotto di loro: nella foga della battaglia, i
Charizard avevano rallentato e ora l'Heatmor in fuga era molto più avanti. Per
fortuna, però, Bill era ancora alle sue calcagna, ma Terry non sapeva quanto
sarebbe durato ancora a quel ritmo.
Dopo uno scatto veloce per
raggiungerli, il Custode urlò al suo Bouffalant:
«A destra, Bill! Portalo a
destra!»
Il pokémon, nonostante il
respiro pesante e affannoso, nonostante il frastuono delle zoccolate impetuose,
nonostante i tronchi che gli sfrecciavano di fianco e nonostante anche la folta
chioma che nascondeva le sue orecchie, capì al volo l'ordine urlatogli dal padrone.
Con una tecnica forgiata
dall'esperienza, l'inseguitore iniziò a spostarsi sempre di più verso sinistra,
avvicinandosi poi all'inseguito che, di conseguenza, è costretto a deviare
lentamente verso destra, probabilmente senza neanche accorgersene.
Alla fine l'Heatmor, per
di più impegnato a guardarsi di quanto in quanto le spalle, venne sputato fuori
dalla vegetazione e finì dritto nel burrone, portando con sé l'Arma Leggendaria,
mentre Bouffalant frenò la sua corsa selvaggia proprio sull'orlo del precipizio.
Con ogni probabilità,
anche l'Heatmor visse le stesse sensazioni provate da Terry poco prima: il
tempo rallentato, il battito nel cuore, come un tamburo, nelle orecchie... E
anche lui vide il sole scomparire dietro una grande ala piumata... ma questa
volta gli artigli di Skoll afferrarono solo le Fauci di Entei, strappandogliele
dalle zampe.
Terry non seguì nemmeno il
resto della caduta del pokémon nel vuoto fino alla sua triste morte, nella sua
testa c'era solo un pensiero: Serak.
Cantuccio: non avete idea di quanto mi riesca difficile scrivere
al passato, dopo aver scritto un casino al presente per un'altra mia
storia (l'originale nella categoria "Epico", Aremakhia, per chi la
conoscesse). Comunque il significato del nome Skol" è *rullo di
tamburi*... Skoll... è un lupo della mitologia norrena che
insegue il Sole per divorarlo e ci riuscirà durante il Ragnarok.
Lo so, Fearow non è un lupo, ma le sue ali sono talmente grandi
che, come in questo capitolo, possono "ingoiare" il Sole, e quest'idea
mi piaceva troppo.
PS: scusate se questo capitolo è un po' più corto degli altri, ma così doveva essere.
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Capitolo 11 *** Rinforzi ***
Capitolo 10 - Rinforzi
Il respiro pesante, per la
paura, per la fatica, per il dolore.
Era riverso per terra, rannicchiato, con la fronte sull'erba umida della
mattina.
Riusciva a muovere la testa quanto bastava per dare un'occhiata a Zangoose,
ancora inerme e ricoperto di fuliggine dopo il Turbofuoco dell'Heatmor.
Lentamente cercò di rimettersi in piedi, e per un istante ci riuscì, ma poi la
ferita alla gamba si fece nuovamente sentire.
Quando finalmente riuscì a zoppicare fino al pokémon per poi gettarsi a peso
morto al suo capezzale, avvicinò lentamente l'orecchio al suo petto: battiti!
Era vivo!
Sul volto provato del ragazzo si fece largo un grosso sorriso e si lasciò
scappare qualche colpo di risata, ma poi quei battiti si fecero più fitti, più
incalzanti e gravi.
Non venivano più dal suo cuore!
Skoll solcava veloce i cieli, ripercorrendo il tragitto compiuto da Bill, che
ora stringeva fra le zampe, chiaramente segnato da un'evidente scia di tronchi
spezzati.
Alla fine la radura, col piccolo ruscello e la grotta in cui andava a
rintanarsi, spuntarono tra le fitte fronde.
Lì in mezzo Serak se ne stava accovacciato sul corpo immobile di Zangoose.
Il Custode in groppa al Fearow urlò, felice:
«Ragazzo! Abbiamo recuperato la reliquia!» fece sventolando goffamente il
pesante oggetto di metallo.
Bill venne posato al suolo e poco dopo atterrò anche il Fearow.
Terry si precipitò giù dalla groppa di quest'ultimo per sincerarsi delle
condizioni dei due, ma subito si accorse dello sguardo terrorizzato del ragazzo,
che aveva ancora l'orecchio poggiato sul petto di Zangoose.
«E' vivo?» chiese schietto.
Serak si scosse bruscamente, come si accorgesse solo ora della presenza del
vecchio.
«Sì... sì, ma... sta arrivando qualcuno!»
Il Custode, allora, poggiò un orecchio al suolo che subito gli urlò quel tetro
avvertimento.
«Oh no! - fece tirandosi su di scatto - come hanno fatto ad accorrere così
velocemente!?»
«Cosa sono?» chiese preoccupato Serak.
«La cavalleria... beh, non la nostra, purtroppo...»
Ruggiti interruppero i due, che subito si voltarono verso il punto da cui
venivano, ma ancora non si scorgeva niente fra i tronchi.
Il tumulto di quella carica divenne udibile senza bisogno di consultare la
terra, affiancato da tintinnii pesanti di armature e inconfondibili versi di
«Arcanine!» proruppe il Custode.
Poi, sopra le chiome degli alberi spuntarono altre tre sagome ormai
terribilmente familiari.
«E altri Charizard!» concluse Terry, ormai vistosamente preoccupato.
«Dobbiamo scappare!» si riprese velocemente.
«M-Ma Zangoose! Non può correre, è ferito! E-e anche tu sei ferito - si
meravigliò accorgendosi del sangue che ormai imbrattava tutte le lunghe vesti
del Custode, partendo dalla mano destra e dalla spalla destra, da cui spuntava
la penna di una freccia - E in verità la ferità fa male anche a me...»
«Non abbiamo tempo!» detto questo, afferrò la freccia e, stringendo i denti
dopo un respiro profondo ma tremulo, se la strappò via dalle carni insieme ad
un urlo.
Sangue sgorgò a fiotti e il Custode venne costretto in ginocchio dal dolore.
«Non c'era altra soluzione... - bisbigliò sotto voce, come per autoconvincersi,
la voce tremante - aveva preso l'osso...»
Lentamente, ma il più velocemente possibile, mise su prima una gamba e poi,
tremando come la sua voce, anche l'altra.
Gettò via la freccia ricoperta del suo stesso sangue e consegnò le Fauci di
Entei al loro legittimo proprietario:
«Mettilo» fece, risoluto.
Serak si rese conto che il tempo stringeva e trovò inopportuno obiettare,
quindi vi infilò nuovamente il braccio destro fino al gomito, e nuovamente
sentì il metallo gelato aderirgli alla carne con un 'tic'.
«Ora andiamo!»
Terry fece salire il ragazzo su Skoll, che afferrò anche Zangoose con le zampe.
«Non combattere - impose il Custode al pokémon dopo un ultimo rapido
sguardo ai Charizard, sempre più vicini -Scappa e basta»
Egli, invece, montò sul Bouffalant e partirono entrambi.
Serak, ben saldo sul Fearow, afferrò la Reliquia e la esaminò: non l'aveva
ancora mai fatto, se ne rendeva conto adesso, eppure era quella la causa di
tutti i sui mali. Quando una cosa ti rovina la vita, di solito si merita almeno
un'occhiata approfondita.
Insomma, tutta quella morte, quel dolore, per cosa? Un pezzo di ferro? Sì, va
bene, un pezzo di ferro che sputa fuoco, e allora? Valeva davvero le vite
di tutti i suoi famigliari?
La rabbia crebbe dentro di lui. E quell'Arma maledetta se ne infischiava! Se ne
stava lì, fredda, immobile, come non ci fosse un braccio umano, di carne pulsante,
bollente, dentro.
Sembrava succhiargli via la felicità, la vita, attraverso il braccio, con la
sua morsa fredda.
La bocca aperta, come stesse ruggendo, con le temibili zanne ben in vista, e
poco sopra queste, occhi accigliati, minacciosi. Dietro di questi una
particolare criniera, molto simile a quella di Serak, anche se molto più
contenuta.
E infine poco prima che il braccio rispunti dal ferro, privato anche del
gomito, un gomitolo di strane catene, munite di piccole punte per ogni anello,
facevano più volte il giro del cilindro metallico.
Ma forse Serak non capiva, forse non era tutto lì, forse c'era dell'altro!
Ma sì, qualcosa che andava oltre la sua comprensione! Sarebbe meglio se fosse
così!
In fondo, un'organizzazione segreta si stava dando tutto questo bel da fare
solo per un pezzo di ferro?
Era davvero questa così terribile arma? Allora perché non usarla!
Il ragazzo, sempre impugnando l'avambraccio armato, si mise in piedi e si voltò
verso gli inseguitori, puntandogli contro le Fauci.
«Serak! - urlò il Custode, dal basso - E' inutile! Non possiamo combatterli!»
Ma il giovane ignorò completamente quella voce e cacciò un potente urlò di
battaglia che, come uscisse dalle Fauci stesse, materializzò tra queste una
sfera di fuoco.
Subito le Reliquia la sputò fuori, ad una velocità impressionante, e poco dopo
esplose in una Fuocobomba.
"Straordinario, riesce a maneggiarla senza allenamento!" pensò Terry,
incredulo.
Ma dalla nube di fuoco e fumo che si era generata, i Charizard spuntarono
indenni: non li aveva colpiti.
Serak cadde in ginocchio sul dorso del pokémon pennuto e guardò nuovamente
l'Arma: cosa gli era preso?
L'inseguimento continuò ancora per parecchio, ma alla fine, gli alberi finirono
e apparve una grande distesa di erba bassa e color smeraldo, in salita verso
due enormi formazioni rocciose che lasciavano fra di loro solo una stretta
feritoia.
Serak guardò in basso e vide Terry spuntare dalle fronde degli alberi sul suo
Bouffalant, ma poco dopo lo seguirono gli Arcanine: finalmente poteva vederli,
cinque Arcanine corazzati, cavalcati da altrettanti membri dell'Ordine, vestiti
della stessa armatura.
«E' giunto il momento di dare il segnale» disse Terry, come se qualcuno potesse
sentirlo.
Poi, come aveva fatto prima,strinse due dita tra le labbra ed emise un acuto
fischio.
Anche questa volta non sembrava succedere nulla.
Ma il fischio catturò l'attenzione di Serak:
«Cosa hai fatto?»
«Quello era il segnale per gli altri Custodi a guardia del Rifugio» sorrise il
vecchio.
La folla di pokémon inseguiti e inseguitori si avvicinava sempre di più a
quelle rocce, ma ancora nessun segno di risposta, quando, ad un tratto, tre
figure, ancora in lontananza, spuntarono dalla foresta ai lati di quelle
rocce, ai margini della radura, fino a raggiungere la feritoia, come a volerla
bloccare.
«Ora tocca ai nostri di rinforzi» ghignò Terry.
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Capitolo 12 *** Scontro ***
Scontro
Con il vento negli occhi,
Serak doveva socchiudere le palpebre per riuscire a intravedere le tre figure
ai piedi della gigantesca soglia del Rifugio, ma anche con tutto lo sforzo che
concentrava in quello sguardo non riusciva
a distinguere che contorni insicuri.
Molto più giù, Terry
continuava ad avere stampato sulla faccia quel sorrisetto compiaciuto, ma
lentamente le sue palpebre scivolarono sugli occhi stanchi.
Non era sonno, però,
quello che lo cullava: dalle ferite aperte non aveva mai smesso di fluire sangue
e con lui, ora, sembrava dovesse scorrere via anche la sua vita.
Alla fine, sebbene
aggrappato a quel ghigno, crollò sulla groppa di Bill, che continuava la sua
galoppata, imperterrito.
Il ragazzo sul Fearow, in
un istante in cui aveva staccato gli occhi dai rinforzi all'orizzonte, se ne
accorse e iniziò ad urlare il nome del Custode, ma non ricevette alcuna
risposta.
Alle loro spalle l'onda
anomala di fiamme, ruggiti e clangore di metallo infuriava ancora impietosa. I
Cavalieri sui Charizard scagliavano frecce che, attraversando la coltre di
fuoco soffiata per l'occasione dalle loro cavalcature, acquisivano chiome
vermiglie. Spesso alcune di queste sfioravano le piume di Skoll e il pokemon
era costretto ad un continuo zigzagare che aumentava l'entità della sua fatica.
Intanto, nella loro
immobilità, le figure all'orizzonte avanzavano, acquisendo sempre più dettagli
definiti, e quello che andava definendosi sotto gli occhi di Serak lo stupì non
poco: erano ragazzi! Forse della sua stessa età!
Come personaggi di
un'opera teatrale che avanzano lentamente dalle quinte per fare la loro entrata
in scena, così Serak li vide diventare sempre più grandi mentre si avvicinavano
lentamente, diventando sempre più dei personaggi unici:
Alla sua estrema sinistra
c'era un ragazzo seduto per terra con le gambe incrociate, vestito di una
leggera armatura di cuoio decorata con dei simboli presenti su quelle di tutti
gli altri, dietro la schiena uno scudo ed una spada. Ma la cosa che lo
distingueva subito dagli altri era il suo elmetto: una specie di grosso
teschio... Sulle ginocchia aveva un pokémon, ma ancora non si capiva bene
quale.
Dall'altra parte dello
schieramento, invece, c'era... beh, qualcosa di ancora più strano: un
indefinito ammasso viola... nessuno sembrava esserne il padrone...
Al centro si ergeva,
dritto e impettito, un ragazzo esile, ma alto, rada armatura d'acciaio, capelli
nerissimi, occhi neri contornati da uno spesso strato anch'esso nero, ma mezzi
chiusi, a sembrare ancora più minacciosi. In entrambe le mani impugnava due
coltelli.
Accanto a lui quella che
sembrava una sua riproduzione in scala rimpicciolita: un Pawniard, minaccioso
quanto il suo padrone.
"Sarebbero questi i
rinforzi?" lamentava Serak tra sé e sé.
«Allora, pronti?» iniziò quello al centro, lontano dalle
orecchie di Serak e indirizzato agli altri.
«Veramente
non so se sia una buona idea» fece una timida e delicata voce femminile alla
sua sinistra.
Proveniva
da un volto che spuntava dalla melma del corpo di un grosso Muk. Il ragazzo non
sembrò stupirsi di nulla.
«Un Custode ha chiesto il
nostro aiuto, Quinn, e noi dobbiamo prestarglielo» fu la secca risposta.
«Ma magari ha chiesto
l'aiutò di vere sentinelle, non di tre semplici reclute...» obiettò
candidamente.
«Il dovere è dovere. E poi
è inseguito dal nemico, se non lo fermassimo raggiungerebbe il Rifugio e per
tutti noi sarebbe la fine... Jay, smettila e alzati in piedi, stiamo per
combattere!» fece voltandosi di scatto alla sua destra, infastidito dai
continui vezzeggiamenti che ne provenivano.
«Ma K, non hai proprio un
cuore! Guarda quant'è dolce quando dorme! E' poi ha perso la madre! Poverino!»
mentre diceva queste ultime parole gli occhi gli si inumidivano tutti, e tornò
ad accarezzare la tonda pancia del Cubone che era appisolato sul suo grembo.
«Sveglialo e fallo
preparare alla battaglia! Stanno arrivando!»
«Ehi! Ehi! Voi! Siete dei
Custodi? - urlò Serak, ormai abbastanza vicino - Ci serve aiuto!»
«Lo vedo - commentò cinico
K - Ma sarebbe meglio se non andassi ad urlare al vento dei Custodi! - disse
alzando la voce - Sai, siamo un gruppo segreto! E se non fossimo stati chi
credevi?»
«Non credo sia il momento
di discuterne» rispose, sempre urlando, Serak
«Ha ragione» concluse K
sottovoce, infastidito.
Subito partì di corsa, seguito
a ruota dal suo Pawniard. Incrociarono ripetutamente le loro traiettorie per
confondere il nemico e, dopo aver superato Bill, finalmente furono faccia a
faccia con i cinque Arcanine e i rispettivi Cavalieri.
Uno di questi lanciò un
giavellotto contro il ragazzo che ne deflesse la traiettoria con entrambi i
pugnali e cacciò un urlo di battaglia per caricare l'attacco, ma venne spazzato
via da una zampata dell'Arcanine.
Poco distante il Pawniard
venne abbrustolito dalla fiammata di un altro Arcanine.
Skoll atterrò dietro la
linea difensiva mentre Bill deponeva delicatamente il padrone privo di
conoscenza. Subito dopo essersi liberati la groppa, i due instancabili pokemon
ripartirono per il contrattacco.
Bill incornò un Arcanine e
riuscì a sollevarlo per poi ribaltarlo. Ma subito dopo, accerchiato, venne
trafitto da due giavellotti sui poderosi muscoli delle zampe e fu costretto in
ginocchio.
Skoll invece puntò dritto
contro i tre Charizard che iniziarono a sputargli contro delle Fuocobombe: le
prime furono agilmente evitate, ma poi fu colpito dalle frecce dei Cavalieri e,
distratto, non riuscì a evitare gli altri attacchi che, esplodendo, lo
gettarono al suolo.
Nel frattempo Muk aveva
fermato un Arcanine con una mano e con l'altra sferrò un pugno al Cavaliere,
disarcionandolo e facendolo urlare dal dolore inflittogli dal veleno. «Scusa»
si affrettò a dire la ragazza, col massimo del garbo, grottescamente in
opposizione alla durezza del suo pokemon.
Poi il Muk raddoppiò la
morsa sul pokemon fuoco che gli mostrava le fauci, e vi soffio dentro del gas
velenoso. «Scusa» ripeté Quinn, e l'Arcanine stramazzò al suolo.
Ma gli altri Cavalieri
capirono che era sconsigliabile attaccare da distanza ravvicinata e così
prepararono le fiammate dei loro pokemon. Muk fece appena in tempo a inglobare
anche il volto della ragazza per proteggerlo che le fiamme di due Arcanine gli
si abbatterono addosso, e non poté far altro che urlare dal dolore.
Un altro Pokemon Leggenda
accorse a fronteggiare il ragazzo ancora seduto per terra ed emise un forte
ruggito.
Il Cubone si svegliò e
inizio a mugolare.
«Guarda! L'hai fatto
piangere! - fece infuriato sempre stando seduto, puntando il piccolo pokemon
contro il nemico - Non è carinissimo quando piange?» aggiunse cambiando voce e
facendola diventare più dolce.
Piangendo rumorosamente,
due potenti getti di lacrime esplosero dagli occhi del povero Cubone e si
abbatterono sull'Arcanine in carica, facendone uscire del vapore e
costringendolo a indietreggiare.
Il Cavaliere che vi era in
groppa, però, non si fece intimidire e saltò giù dal suo pokemon con un
fendente di spada diretto alla giovane Recluta e al suo pokemon piagnucolone.
Jay però espose la schiena
dove l'enorme scudo lo ricopriva tutto, scomparendo sotto di questo e stringendo
ancora fra le braccia Cubone per proteggerlo.
Il Cavaliere, infuriato
per il comportamento del ragazzo, continuava a vibrare colpi contro il solido
scudo che ora era il carapace del suo nemico, fin quando alle sue spalle spuntò
dal suolo il Cubone ancora in lacrime che aveva fatto un buon uso del suo
attacco Fossa.
Nonostante gli occhi
ancora bagnati, riuscì a tirare una clavata col suo osso sul cranio del
Cavaliere.
Questo stese il Cavaliere,
ma l'Arcanine, alle sue spalle lo immobilizzò con una zampa al suolo.
«Cubone!» urlò preoccupato
Jay, spuntando finalmente da sotto lo scudo e gettandosi contro il pokemon
avversario.
Per l'Arcanine, però, non
fu difficile rimandarlo indietro con una rasoiata dei suoi affilati artigli.
Serak intanto osservava la
scena dalle retrovie, impotente. Per un attimo aveva pensato di scappare verso
il Rifugio, alle sue spalle, ma sentiva di dover dare una mano in qualche modo:
in fondo era per lui che stavano combattendo quei ragazzi.
Così i suoi pensieri si
concentrarono nuovamente verso l'Arma Leggendaria al suo braccio.
Tremando, la puntò verso i
Charizard, che svolazzavano sopra il campo di battaglia indisturbati. Non
sapeva ancora come funzionava, quel coso, le altre volte aveva solo chiuso gli
occhi e sperato che succedesse qualcosa, e così fece anche questa volta: dalla
chioma metallica di Entei esplose un getto di fumo o vapore, e la parte
anteriore della Reliquia partì a razzo verso il cielo, mentre la catena rimasta
al braccio del ragazzo e legata al pezzo schizzato via cominciò srotolarsi
velocemente.
Alla fine della sua corsa,
le Fauci raggiunsero un Cavaliere e, sorprendentemente, si serrarono con
violenza su un suo braccio. Il Cavaliere urlò dal dolore, sovrastando il
'crack' dell'osso spezzato, mentre fiotti di sangue iniziavano a colare lungo
il metallo.
Quando Serak aprì gli
occhi fu meravigliato dal sempre nuovo volto che quell'Arma gli rivolgeva,
anche se questo era quanto mai indesiderato. Ma ancora più meravigliante fu
quanto seguì: le Fauci richiamarono con forza le catene e, mentre il Cavaliere
veniva spinto contro la sua cavalcatura dal peso del ragazzo, Serak schizzava
incontrollato proprio contro di lui.
Le urla, purtroppo, per
quanto forti, non riuscivano a frenare la sua corsa.
K, lasciato indietro dalla
carica nemica, sollevò lo sguardo dopo essersi ripreso
"Persino Quinn e Jay
hanno contribuito più di quanto abbiamo fatto io e Pawniard" lo sguardo si
rivolse al pokemon, mezzo fuso e disteso sull'erba carbonizzata a qualche passo
di distanza.
In quel momento gli passò
accanto Bill, zoppicante con ancora le armi dei Cavalieri conficcate nella
carne e grondanti sangue.
Poi anche Skoll, un po'
più distante, si rimise lentamente in piedi, scrollandosi le piume dalla loro
stessa cenere, per poi spiccare il volo.
Ancora una volta, Skoll
riuscì a impedire che Serak finisse tra le grinfie del Charizard, che già si
leccava i baffi per la preda che di sua spontanea volontà stava saltando nella
sua bocca.
Con il ragazzo, il Fearow
trascinò via anche il Cavaliere, ma la catena non aveva smesso di riavvolgersi
e in breve raggiunse Serak.
Inaspettatamente, il
Cavaliere guardò negli occhi il ragazzo e lo supplicò di non lasciarlo andare.
Serak venne mosso a pietà, ma non le Fauci, che si riaprirono facendolo cadere
nel vuoto.
Ancora una volta
quell'Arma lo spaventò.
Molti metri più in basso K
aveva osservato tutto.
"Anche quel ragazzo,
un moccioso sconosciuto, vuole farmi fare la figura dell'idiota. Anch'io devo
rialzarmi, combatterò anche senza il mio pokemon!".
Così il ragazzo si rimise
a fatica in piedi e puntò verso il nemico più vicino: l'Arcanine che ancora
stava infierendo sul Cubone: coi suoi due coltelli ben in vista iniziò ad
urlare a squarcia gola, come per sospingere quella carica, anche se probabilmente
sapeva di star andando incontro a fine certa.
L'Arcanine allora si voltò
verso di lui, i canini in mostra. K chiuse gli occhi aspettando l'impatto.
E invece un'esplosione.
Il Cantuccio: scusate ritardo università iniziata bla bla bla
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Capitolo 13 *** Custodi ***
Capitolo 13 - Custodi
Subito aprì gli occhi, e ne ritrovò altri due, azzurri e freddi come il
ghiaccio, a restituirgli, severi, lo sguardo: li conosceva bene.
E quella mano, anch’essa la conosceva bene, ora gli bloccava fermamente
il braccio proteso a recare offesa al nemico.
Alle spalle di quell’uomo che gli si ergeva davanti, imperturbato, una
cupola d’energia, azzurra come i suoi occhi, che aveva sprigionato la potente
onda d’urto che ora muoveva i capelli neri dell’uomo.
Era avvolto in una specie di lunga tunica gialla o mantello di
pelliccia rasa e le uniche parti corazzate erano quelle intorno al collo, come
una specie di ampio collare, decorato a strisce blu e dorate, tanto che
sembrava davvero d’oro. Come sembrava d’oro quello strano copricapo che gli
scendeva lungo i lati della faccia fin sulla strana corazza, sempre a strisce,
sempre blu e dorato, ma che sopra la fronte, al centro, recava fiero una testa
di Lucario dorata in scala.
Dalla base posteriore del copricapo si dipartivano quattro lunghi e
strani pezzi di stoffa neri, terminanti con una punta rossa, così come neri
erano anche i guanti di pelle, con borchia metallica sul dorso, che ancora
stringevano il braccio del ragazzo; e sempre di pelle nera erano gli alti
stivali, anch’essi con borchia metallica sul dorso del piede, che finivano
inglobando dei pantaloni blu, stretti alle ginocchia e molto larghi sulle
cosce, unico abbigliamento che un’apertura sul mantello giallo lasciava vedere.
Quando l’energia si dissipò e l’esplosione e la polvere lasciarono
posto al silenzio un Lucario, con stesso collare e copricapo, atterrò al centro del
cratere che aveva creato. Lo stesso sguardo freddo, ma iridi rossi come il
fuoco.
Pokemon e padrone portavano sulla schiena una lunga e strana arma,
commisurata alla rispettiva altezza: una specie di lungo bastone di ferro con,
in cima, una grossa falce a mezzaluna tondeggiante.
«Cosa ci fate qui?» fece
l’uomo, secco e veloce come un fendente.
«Abbiamo risposto ad una
richiesta d’aiuto» rispose intimidito K.
«Non è vostro compito.
Siete solo delle reclute, non siete ancora pronti per combattere»
Nel frattempo una lingua
di sabbia sbucò fragorosamente tra le alte mura del Rifugio facendole
assomigliare a rocciose fauci.
La massa informe, come uno
sciame di insetti, raggiunse i Charizard investendoli uno dopo l’altro per poi
mirare dritta verso il suolo, successivamente, una forte luce, filtrando
attraverso la sabbia, percorse l’enorme scia rimasta in piedi, trasformandola
al suo passaggio in vetro cristallino: pokemon e cavalieri vi erano rimasti
imprigionati dentro, senza dare più segni di vita.
Dal terreno eruttò un
grande Flygon corazzato che poi si posò davanti alla sua opera ammirandola
compiaciuto.
Dal suo dorso saltò giù
una giovane donna, bellissima, capelli lunghi, lisci… biforcuti… verdi… fin
troppo simili alle antenne del suo pokemon.
Si tolse gli occhialoni da
volo, grandi e rossi, spostandoseli sopra la fronte.
Reggeva sotto il braccio
una tela su un cavalletto, la posizionò davanti all’enorme e sinuosa scultura
di vetro realizzata dal Flygon:
«Dipingerò il vostro
dolore!» urlò, e si mise a spennellare energicamente, correndo di qua e di là,
facendo svolazzare la sua lunga veste verde con dettagli rossi e tintinnare lo
strano bastone che aveva sulla schiena, con alla sommità una pietra rossa
modellata a forma di disco e dei lembi di tessuto che producevano il rumore.
Altro botto e qualcosa, a
velocità inaudita, disarcionò i due cavalieri che stavano infierendo sul Muk,
portandoseli via con sé al suolo, alzando un gran polverone. Tra la terra sbucò
un uomo largo e muscoloso, con la faccia coperta da una maschera ma un grosso sorriso
sulla bocca, a petto nudo e pantaloni attillati.
«Bel lancio Tulkas!» fece
allegro. Ma gli Arcanine orfani dei loro padroni non erano dello stesso umore e
iniziarono a ringhiare contro l’uomo.
Questi non si scompose, ma
sempre sorridendo suggerì di guardare in alto. Subito dopo un’enorme ombra
iniziò ad espandersi come una macchia d’inchiostro nerissimo sul suolo, fino a
ingoiare i due pokemon fuoco che, seguendo il consiglio, alzarono lo sguardo e
iniziarono a guaire impauriti.
Un’norme massa rocciosa si
abbatté su di loro, cancellandoli.
«Bell’atterraggio! Se
continui ad allenarti così mi sa che stavolta lo vinci il torneo!» si complimentò
l’uomo mascherato, con due pacche sulla roccia.
Quando la terra si diradò
l’enorme masso, ricoperto di armi conficcatevi a forza, si smosse, alzandosi
faticosamente: era un Rhyperior, anche lui con tanto di sorriso e maschera.
Sopra tutta la scena
comparve un Gardevoir che iniziò a discendere lentamente verso il suolo, come
rallentata da quella specie di gonna gonfiata dall’aria che ci passava gentilmente
attraverso. Mentre planava dolcemente, leggiadra iniziò a volteggiare e a
danzare, seminando uno strano tepore sotto di lei.
K, lì vicino, iniziò a
sentirsi meglio, come un dolce tepore, guardò le sue ferite e le vide
lentamente rimarginarsi, allora capì: stava usando Ondasana.
Anche il resto dei feriti,
pokemon e umani, presenti nell’area iniziarono a sentire quegli effetti
positivi.
Infine Gardevoir toccò il
suolo.
«Cass! – la richiamò
subito la sua padrona, la donna che stava ancora dipingendo – mettiti qui con
Basil che manca un po’ di verde» e il pokemon raggiunse, un po’ imbarazzato, il
Flygon invece tutto impettito in posa da vincitore davanti alla sua scultura.
«Oh oh! – rideva l’uomo
mascherato, come se non riuscisse a togliersi il sorriso trionfante dalla
faccia – Questo Pawniard è messo proprio male! Non penso che un’Ondasana
basterà…»
«Ci penserà Mary al
Rifugio, Finn, ora pensiamo a sgomberare l’area» lo riprese, sempre freddo,
l’uomo dagli occhi di ghiaccio.
«E il vecchio Terry?»
chiese avvicinandosi all’uomo.
«Sta bene, Cass ha
rimarginato le ferite, ma dovrà recuperare dall’emorragia» rispose mentre Bill,
rimesso in sesto, si avvicinava al corpo del padrone come per riscaldarlo col
suo fiato.
Infine Skoll atterrò
malamente vicino al Gardevoir, cedendo con una gamba che lo portò al suolo e
lanciando versi di lamento.
Il pokemon psico colse il
messaggio e corse a guarire sia il Fearow che Serak, sulla sua groppa.
«Tu devi essere il giovane Serak – esordì l’uomo dagli
occhi di ghiaccio, sempre controllato – Tertroth stava sorvegliando la tua
famiglia… a proposito, mi dispiace per ciò che è successo ma non siamo riusciti
ad evitarlo»
«Chi siete?» chiese un po’
rintontito il ragazzo.
«Io mi chiamo Jakarath, ma
tutti mi chiamano Jak. E questo – indicò il Lucario di fianco a lui – è Nubis»
«E io sono Andora – fece
la donna con la lingua fuori dalla bocca per lo sforzo, ancora impegnata a
dipingere con tutta la forza che aveva in corpo - che brutta epoca per i nomi
quella in cui viviamo, eh? Ma non ti preoccupare, puoi chiamarmi Andy, come
fanno tutti… ah, e le mie muse sono Basil e Cass»
«E questo è Tulkas» intervenne
l’uomo mascherato sempre sorridente, indicando il Rhyperior che, di tutta
risposta, rimandò al ragazzo un gesto di saluto fin troppo umano. Gli altri
rimasero a guardarlo, mentre lui sembra aver finito le sue presentazioni.
«Ah, già! – fece,
scuotendo la testa – Io! Che sbadato! Io mi chiamo Buster, piacere ragazzo…»
Serak però continuava a
fissarlo
«E… sì, non è il
diminutivo di niente… solo Buster… il nome vero l’ho dimenticato molti anni fa…
sai, le botte in testa sono piuttosto comuni dato il mio stile di lotta… e
qualcuna è stata davvero forte, in passato» ed esplose in una grassa risata.
«Quindi è questa la Reliquia
che la tua famiglia custodiva» fece Jak avvicinandosi alle Fauci.
Serak, d’istinto, tirò
indietro il braccio.
«Non ti preoccupare, sei
in mani sicure, adesso» lo tranquillizzo il Custode.
Il ragazzo allora gli
porse il braccio armato. Con cura Jak premette sugli occhi dell’Entei e liberò
l’avambraccio di Serak.
«Dev’essere un pesante
fardello per un giovane ragazzo della tua età…» Jak iniziò ad analizzare l’Arma
da ogni angolazione.
«In realtà… la mia
famiglia Custodiva anche il resto dell’Armatura…»
«Lo sappiamo… è stata una
grave perdita per la Confraternita dei Custodi… anche se la tua famiglia non ne
faceva parte»
Era la prima volta che
qualcuno parlava di “Confraternita” e, a sentirla così, non sembrava qualcosa
di molto diverso dall’”Ordine”.
«Andiamo, è ora di farti
conoscere quello che noi chiamiamo, e da oggi lo farai anche tu, Rifugio»
Cantuccio: Sì, sono passati secoli dall'ultimo aggiornamento. Mi
era morto il PC con conseguente distruzione dell'Hard disk e di tutte
le storie... rimettermi a scrivere è stata un'impresa di
autoconvincimento lunga ed estenuante. In più di mezzo ci sono
stati esami universitari (e presto ce ne saranno altri :S), comunque mi
scuso, e spero di riprendere ad un ritmo un po' più sostenuto.
Grazie della pazienza :)
PS: a proposito, nel capitolo che avevo scritto prima della distruzione
dell'hard disk si capiva molto di più che il look di Jak e Nubis
è ispirato all'antico egitto, spero l'abbiate capito. Non
usciranno mai più come erano usciti prima :(
PS: stavo di nuovo per dimenticarmi, ormai è giunto il momento di esprimere le mie posizioni sulla sesta generazione: questa storia è stata concepita poco dopo l'avvento della quinta generazione e già poco questa c'azzecca, ma la sesta generazione ha portato novità più importanti e "invasive", come il nuovo tipo. Ad esempio, il Gardevoir di Andy non subirebbe alcun danno da un attacco drago? Innanzitutto, per esigenze narrative, spesso la resistenza o la superefficacia o altre questioni tecniche ereditate dal gioco vengono ridimensionate (esempio: se un fottuto Salamence o che so io tira due unghiate ad un Clefairy, anche se queste unghiate prendono il nome di "dragartigli" di certo non attraverseranno il corpo del nostro paffuto amico rosa come un fantasma... a proposito, già l'immunità reciproca Normale-Spettro è più giustificabile, come quella Lotta-Spettro) ed è anche il motivo per cui raramente farò i nomi degli attacchi, anche se molti li farò capire senza nominarli esplicitamente. Altra questione sono i nuovi pokemon: non avendo giocato X e Y (e non so quando o se mai potrò farlo) non ho abbastanza informazioni per inserirli col loro background, soprattutto i leggendari, anche se alcuni mi piacciono. Infine le megaevoluzioni: hanno fatto indignare molti e in effetti la maggior parte non piace nemmeno a me, proprio a livello di estetica, e anche di raison d'etre, ma non posso negare che alcune mi tornerebbero utili nella storia... tanto che già, se siete stati attenti, c'è qualche strizzata d'occhio già in quest'ultimo capitolo...
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Capitolo 14 *** Rifugio ***
Capitolo 14 - Rifugio
Terry e Zangoose (e Serak aveva
dovuto difendere quest’ultimo come suo salvatore per convincere
gli altri a fargli avere cure) viaggiavano stesi sulla groppa di Bill,
ancora inermi, Skoll era sparito da tempo portando con sé il
malconcio Pawniard, e probabilmente aveva già raggiunto il
rifugio; a guidare la colorita carovana c’erano Jak e il suo
Lucario, tutti impettiti, mentre dietro di loro viaggiavano Buster e il
suo Tulkas, col primo che continuava a parlottare col secondo di tutto
e di più, e, in coda, le reclute coi loro pokemon e Serak. Molto
al di sopra delle loro teste, invece, c’era Andy col suo Basil,
mentre il Gardevoir era svanito nel nulla appena si erano messi in
marcia.
«Quindi tu saresti un
custode, vero? – chiese Jay, il Cubone seduto sulle spalle
– Cioè, non uno di quelli della Fratellanza, ma un
custode, che vive con le proprie regole, fuori dall’Altopiano
Nascosto…»
«Non lo assillare!»
intervenne Quinn, pentendosi poi di aver parlato e ritirandosi
imbarazzata fra le spalle come uno Shuckle nel suo guscio, le guance
rosse anch’esse come il carapace di quel pokémon. Diede
un’occhiata veloce a Serak e subito dietro di lei spuntò
Muk, accigliato: questo non la ricopriva più come
un’armatura, ma sembrava ancora essere protettivo e possessivo
nei suoi confronti, e mal sembrava digerire il comportamento della
ragazza.
«Sì, beh… io
non lo sapevo che la mia famiglia custodisse qualcosa – rispose
comunque Serak – ma credo che quello… faccia di me un
Custode» concluse indicando l’Arma che ora si trovava nelle
mani di Nubis.
«Ti piacerebbe –
intervenne schietto K, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo –
Per diventare veri Custodi bisogna allenarsi duramente. Siamo una
squadra, e nella nostra squadra non c’è posto per un
quarto elemento: è tradizione della Confraternita organizzare le
reclute in squadre da tre, quindi non abituarti troppo alla nostra
compagnia. E poi noi ci alleniamo dacché possiamo ricordarcelo,
ora arrivi tu, con… con quella – gli rifila un fulmineo
sguardo disgustato di sottecchi – con quei capelli… che
saresti, un buffone di corte?» finito bruscamente il suo
discorsetto, così come era iniziato, alzò il passo e si
allontanò dai suoi coetanei.
«Non stare a sentirlo –
lo rincuorò Jay – ti troverai bene con noi, e soprattutto
sarai al sicuro… beh, almeno fino alla prossima luna
piena…» il tono sfumò nel sibillino cercando di
attirare l’attenzione di Serak, che, di risposta, non fece altro
che fissarlo stranito.
«Non iniziare con queste
storie!» lo richiamò timidamente Quinn, sempre poi
arrossendo per la vergogna e abbassando lo sguardo, mentre il Muk di
nuovo le spuntava alle spalle, imbestialito.
«Quali storie?» si trovò quasi costretto a chiedere Serak.
«Beh – iniziò
Jay, come se non stesse aspettando altro, ma abbassando la voce –
si dice che Jak sia nientemeno che… un Pokeantropo!»
«Un cosa?» chiese il
ragazzo, occupando lo spazio che Jay aveva destinato allo stupore con
semplice curiosità.
«Un Pokemannaro! …
mezzo uomo… mezzo pokemon… mai sentito parlare? …
ma delle streghe, delle streghe avrai sentito parlare! Andy è
una strega! Una Mangianime!»
«Non è del tutto vero
– intervenne l’interessata, calando dall’alto col suo
Flygon che ora volava rasoterra – Alcune persone hanno una
sensibilità più elevata di altre e questo denota dei
poteri psichici sopiti… sono molto più comuni di quanto
si pensi, solo che occorrono i giusti strumenti per sfruttarli –
fece cenno al bastone che portava sulla schiena – Pietra Rossa,
la preferita dai pokemon psico! Per quanto riguarda i Mangianime, trovo
offensivo essere paragonata a loro: sono dei mostri, ma non quanto il
nome e le leggende popolari lascino pensare: non mangiano l’anima
dei pokémon, fanno qualcosa di più
“scientifico”, sono esseri umani che mangiano parti dei
corpi di pokémon, quelle che danno loro i poteri, per
acquisirli, rischiando spesso di morire… Ha vissuto isolato dal
mondo, dal nostro mondo, imbecille, non sa di cosa tu stia
parlando!» concluse infine rivolgendosi brusca a Jay, prima di
riprendere quota.
«Avete visto! Ha confessato
di essere una strega!» esultò Jay, non capendo
perché ciò non riscuoteva lo stesso effetto negli altri.
La loro meta non si trovava
immediatamente dopo la grande Soglia tra le montagne, ma avevano dovuto
camminare un bel po’ in mezzo alla fitta foresta di
quell’altopiano, immerso e ben nascosto tra alti crinali
innevati, prima di scorgere delle alte mura in palizzata di legno.
Jak si fermò bruscamente:
«Conservare l’equilibrio, redimere l’uomo» bisbigliò.
E subito i pesanti portoni di legno davanti a lui si aprirono, trascinandosi con fatica.
«Jak! – cominciò
una voce maschile, prima ancora che il portone potesse essere in grado
di rivelare a chi appartenesse – Ancora con questa parola
d’ordine! Se foste stati dei nemici vi avremmo già
avvistati da tempo!» a parlare, con una voce stridula, adatta
alla sua stazza, era stato un uomo bassissimo, coi capelli neri tutti
stropicciati e degli occhialetti tondi storti senza asticelle che si
tenevano in bilico su un piccolo naso a punta, dando
l’impressione di dover cadere da un momento all’altro,
camice bianco e occhi stralunati, verdi e a palla, ma un grande sorriso
anch’esso sbilenco.
Di fianco a lui, ma ancora
più basso, c’era un Elgyem, col camice bianco
anch’esso, che, forse traducendo quello che diceva il padrone nel
suo linguaggio, emetteva strani versi quasi meccanici, mentre emulava
perfettamente il suo gesticolio, in sincro. Portava gli stessi
minuscoli occhialetti tondi senza stanghette, ma, non avendo un naso,
era costretto a tenerli sospesi all’altezza a cui avrebbero
dovuto trovarsi, usando la telecinesi, ma anch’essi traballavano
pericolosamente, non si capiva se per fedeltà
all’originale o per poca efficienza della levitazione.
«Sì, mi sono accorto
del volatile di mio fratello molto tempo fa, potrebbe farci individuare
a chilometri di distanza» ribatté, aspro, Jak.
«Avrei potuto farti saltare
le cervella in qualsiasi istante, ogni tanto mi chiedo perché
non lo faccia, fratello» saltato giù agilmente da un
grosso Talonflame atterrato poco dopo, aveva parlato un giovane uomo,
tutto coperto da uno spesso mantello con cappuccio, rosso fuoco,
l’unico elemento che lo riconduceva al fratello, oltre
l’occhio sinistro, azzurro come il suo, era quello destro,
perché coperto dalla metà di una strana maschera, dorata
e decorata come l’armatura di Jak, terminante sul collo con lo
stesso collare, ma raffigurante un Talonflame e sembrava avere
sull’occhio coperto un qualche meccanismo per aguzzarne la vista.
Sulla schiena portava quella che doveva essere la sua strana lunga arma.
«Non hai mai visto un fucile?» chiese il piccolo uomo in camice, un po’ comprensivo e un po’ divertito.
Prima che possa continuare un
Miltank sfrecciò sullo sfondo, volando, uscendo di scena tanto
rapidamente quanto vi era entrato e lasciandosi dietro una scia di
latte.
All’inseguimento una vecchia signora, vestita da infermiera e con una benda sull’occhio destro
«Questo tuo
“milk-pack“ non funziona! Pazzo di un nano!»
urlò, rifilando una poderosa manata al volo sul retro della
testa del destinatario dei suoi insulti mentre continuava a inseguire
il pokemon.
«Mary!» Il piccolo uomo
si affaticò a recuperare a mezz’aria gli occhiali
scaraventati lontano dalla sua faccia, riuscendo a riacciuffarli dopo
qualche evoluzione in aria causata da tentativi mancati, seguito alla
perfezione da Elgyem. Alle sue spalle, nel frattempo, levitando a
mezz’aria, comparve un Klinklang che stava seguendo il Miltank e
la sua padrona, assorto nel macinare dei suoi ingranaggi.
Tra uno strano soggetto ed un
altro, la carovana si riversò tutta nel Rifugio. I feriti
vennero consegnati nelle mani dell’infermiera, recuperato il suo
Miltank volante.
Ma Serak venne catturato da un suono, che mai aveva sentito.
Seguendolo fra i vari edifici in
legno, tutti diversi fra di loro, giunse ad un giardino dove Cass, il
Gardevoir, volteggiava soave, con gli occhi chiusi.
Ma il suono, dolce come quella danza, e armonioso, proveniva da un uomo, seduto su una roccia, con uno strumento sulle gambe.
Quando lo toccava, quando toccava
quelle corde vibranti, quelle liberavano un suono, e questo cambiava a
seconda di come e dove le toccava.
Ora cantava come un cuore triste,
ora, gioiosamente, urlava fuori tutto il suo dolore; correva su, alto
come una montagna, e poi cadeva giù, gentilmente, come pioggia.
L’uomo si interruppe quando
avvertì la presenza di Serak, e Cass, come fosse terminata la
magia, aprì gli occhi e, imbarazzata, scomparve un’altra
volta.
«E’ molto timida quando
esprime la sua arte – commentò l’uomo, giovane anche
lui come il fratello di Jak – A volte io, lei, Basil e Andy ci
riuniamo per delle sedute creative, ognuno con la propria arte…
Ma che sbadato, io sono Peertleeson, ma tutti mi chiamano Peert, sono
il bardo del gruppo. Tu devi essere il ragazzo nuovo… Serak, se
non sbaglio. Ah, e lui è Lamneth, mio fidato amico e compagno
d’avventure» fece cenno ad un Exploud che prima Serak non
aveva notato.
«Cos’è quello
strano aggeggio?» andò dritto al sodo il ragazzo,
indicando il congegno che dava vita a quei suoni straordinari.
«Questa? … Un
giocattolo che ha aiutato a distruggere l’umanità,
credo… Non hai mai sentito una chitarra? Che vita orribile! Ma
rimediamo immediatamente!» tutto contento, si tirò in
piedi sulla roccia che gli faceva da seduta poco prima e, tirando fuori
un cavo da non si sa dove, ne inserì un’estremità
nella chitarra e l’altra, in uno strano buco in una piccola
piastra metallica applicata artificialmente sulla schiena
dell’Exploud, probabilmente dallo stesso uomo che aveva fatto
volare il Miltank.
Poi coprì il buco sulla
chitarra, sotto le corde, con una tavoletta di legno che sembrava
designata a quello scopo, e assunse una posizione ferma, che lo faceva
troneggiare su tutto il giardino intorno.
«Pronto Lamneth?» chiese, e quello gli fece un convinto segno di intendimento.
Poi spalancò la bocca e Peert, con uno strano piccolo oggetto fra le dita, colpi forte tutte le corde insieme.
Il suono che eruttò dai potenti polmoni del pokemon scosse l’aria e fece tremare le pareti di legno del Rifugio.
Il bardo incalzò, creando un
ritmo potente e rabbioso, mentre sembrava abbeverarsi alla forza del
suo pokémon come ad una fonte.
«Cos’è questo baccano!» urlò una voce, un’altra voce nuova.
«Sempre lui» fece scocciato Peert, fermandosi di botto e facendo tornare la quiete.
A parlare era stato un uomo alto e sottile, ma vissuto, non giovane come la maggior parte degli altri Custodi.
Uscì in pompa magna da una
serra, spalancandone le porte, imbufalito, e decine di Zubat, Golbat e
Crobat scapparono via, proprio come era successo cogli Heatmor alla
grotta.
«Ti presento Venilor, per gli amici Ven, quindi per nessuno» lo introdusse, sprezzante, Peert.
«Non mi interessa se abbiamo
ospiti o cosa, Peert, ti ho detto che non puoi usare quella diavoleria
perché disturbi il mio lavoro!» si lamentò Ven,
accennando al ragazzo.
«Non è un ospite, Ven
– intervenne Jak, entrando in scena tra i vicoli che portavano al
giardino – Ma un nuovo membro della nostra famiglia. La sua ha
custodito le Reliquie di Entei per secoli, e noi lo addestreremo a
continuare questa venerabile tradizione…»
«Jak» intervenne anche il piccolo uomo in camice.
«Sì, Al?»
finalmente veniva a sapere il nome, o almeno il diminutivo,
dell’ultimo dei Custodi che sembrava mancare all’appello.
«Il vecchio Terry… si è svegliato… e chiede del ragazzo»
Serak, senza nemmeno attendere la
risposta di Jak, partì spedito, e il Custode sembrò
indispettito da questo travalicamento.
«Il nome intero, comunque,
è Albethorf» confidò sottovoce l’uomo mentre
lo accompagnava da Terry.
Una volta giunta alla casa
dell’infermiera, Serak vi si fiondò dentro, trovando il
vecchio cosciente ma ancora a letto.
«Mi hanno raccontato la
battaglia – faticò, cercando di tenere alto a forza un
sorriso – E che ti sei distinto… sembra che tu abbia una
predisposizione naturale per usare quella Reliquia…
Ascolta… fece, avvicinandoselo ed abbassando la voce – ora
qui inizierai una nuova vita, sarai protetto e felice, so che avrai
voglia di combattere, e ti addestreremo a farlo… ma non lasciare
mai quell’Arma… vorranno negartela, ma tu sei fatto per
lei, solo padroneggiandola potremo sconfiggere gli Ordini e riportare
la pace. Io sarò con te, sarò il tuo maestro e mentore,
sarò sempre dalla tua parte, ricordalo…»
Intanto, molto lontano, uno
Skarmory faceva tentennare le sue metalliche piume mentre avanzava
lungo la navata di un castello, accompagnato dal suo padrone,
interamente rivestito da un’armatura di ferro senza colori ne
fronzoli, ma leggera, che non sembrava per niente ostacolare i
movimenti.
Arrivati alla fine della loro camminata, davanti ad un trono, si inchinarono entrambi.
«E’ vero quello che mi
hanno detto!? – esordì l’uomo seduto sul trono
– La Nazione del Fuoco ha delle Armi Leggendarie!»
«Sì signore» rispose concisamente l’uomo in armatura.
«Ebbene, certamente sapranno che questo significa guerra!»
Cantuccio: sì, lo so, proprio la volta scorsa esprimevo dubbi su
la sesta generazione ed ora ci ritroviamo un Talonflame... però
era il pokemon perfetto per quel personaggio, anche come simbologia ;)
A proposito, chi scova il riferimento (i riferimenti) da 1 milione di
danari, vincerà una fornitura a vita di mia stima in gettoni
dì'oro.
Comunque, finita questa estenuante carrellata di personaggi. Dalla
prossima volta si farà sul serio. Scusate se sembra un capitolo
un po' affrettato, ma è periodo d'esami, capitemi D:
PS: spero si sia capito il tributo/parodia al mondo dei giochi di ruolo con questo capitolo ;)
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Capitolo 15 *** Guerra ***
Capitolo 15 - Guerra
Il Sole, alto, possente,
semina la sua luce per tutto il cielo, azzurro, sgombro, talmente vuoto da far
venire le vertigini, come se da un momento all’altro il Mondo intero dovesse
rovesciarsi sul ventre, facendo cadere in quell’azzurro abisso tutti quelli che
vi camminano sopra.
In lontananza, uniche forme
a innalzarsi, monumentali, su una distesa a perdita d’occhio di erba verde, due
ciminiere, gemelle, ultime vestigia della Prima Civilizzazione, talmente
lontane da non poter dire con sicurezza come finiscano a terra, troppo per
potervisi aggrappare quando il Mondo si capovolgerà.
Nessuno sa chi edificò
tali monumenti, né a quale scopo lo fecero, o come; e perciò li temono, quei
grandi spaventapasseri di pietra annerita. La maggior parte delle opere della
Prima Civilizzazione sono andate distrutte, perse, o giacciono in rovina, com’è
possibile che queste invece sembrino intonse, immobili nel tempo, incrollabili?
Si chiede la gente del posto che le vede svettare oltre l’orizzonte.
Ma l’ignoto spaventa e
attrae insieme, e quei monoliti gemelli, slanciati verso l’infinità del cielo
terso, proiettano un alone di misticismo quanto le loro lunghe ombre che si
sdraiano indisturbate sul verde letto che le circonda, segnando la lenta marcia
del sole come una sproporzionata meridiana; e quando quello si trova a passare,
basso, tra di loro, ecco che si crea una porta per un qualche luminoso Paradiso.
Ma la verità è che si
sentono soli, quei pungoli nel costato del cielo, ultimo slancio di antica
superbia; hanno solo l’un l’altro, attraverso i secoli.
Eppure oggi hanno
compagnia: due eserciti, fronte a fronte.
Tra di loro il verde
oceano.
Il vento che prima
sembrava accarezzare l’erba dolcemente, ora monta in collera, sferzandola con
violenza; mentre come un’onda l’attraversa tutta piegandola al suo passaggio, dipinge
una splendida aurora di smeraldo: ecco fatto, cielo e terra si sono scambiati,
il Mondo s’è capovolto.
Non sembrano, però,
accorgersene, quei mostri compositi.
Uno sbuffa, fumo nero,
tintinna, scalpita; l’altro è fermo, ronza, splende di luce propria, soffusa
luce azzurra, scorre tra le sue fila mentre delle veloci lingue elettriche
guizzano nell’aria, come bestie che pregustino il sapore della battaglia.
Il Demone della Guerra ha
trasfigurato i loro corpi, rendendoli essi stessi simili a demoni: gli uni
completamente ricoperti da un’armatura da samurai di ferro, tra il rosso e il
rame, che ticchetta in mille ingranaggi espellendo al contempo fumo nero da un
piccolo comignolo sulla schiena, la faccia completamente nascosta da una
maschera antigas.
Gli altri di nuovo in
armatura samurai, ma con visiera sulla faccia che la nasconde anch’essa, mentre
tutto il corpo è ricoperto da fili ed elettricità che producono il tipico
rumore di sciami infuriati.
Sono rispettivamente la
Nazione del Fuoco e quella del Fulmine.
Il comandante Arderan è
l’unico fuori dalle fila del suo schieramento; in groppa al suo Charizard nero,
a terra, ricoperto, come tutti i Pokémon dell’esercito, da un’armatura
meccanizzata, regge il vessillo della Nazione del Fuoco.
Ma lui è diverso, la sua
armatura è diversa: si distingue dalle altre, per fattura, forme e colori, più
robusta e più finemente lavorata, di un acciaio impettito e altero,
sinuosamente modellato, non già come ogni altro metallo, ché anche la più abile
mano di fabbro non riesce a nascondere del tutto la sua natura di artificio, di
forzatura, ma bensì come fosse quello stesso, a suo piacimento, a voler
assumere quelle forme. Strane forme. E le più strane sono due serie parallele
di spuntoni che dipartono dalla schiena, leggermente coperti da una specie di
mantello che sembra fatto di nero fumo.
Eppure anche tale mirabile
opera ticchetta, sobbalza e sbuffa: ingranaggi e tubature le sono state accollate,
postume, rovinandone la bellezza.
Il comandante solleva il
braccio sinistro, mostrando le Fauci di Entei al suo esercito di
uomini-macchina, la sua espressione impassibile non fa intuire se per dare
sicurezza o semplicemente per attirarne l’attenzione.
Da un grande comandante ci
si aspetterebbe un grande discorso prima della battaglia, che sia la scintilla
che accende le membra dei suoi uomini, ma le macchine non hanno bisogno di
discorsi, e tutto quello che esce dalla sua bocca, è un terrificante e possente
urlo.
Poi, tra le fila rosse, si
fanno avanti degli enormi costrutti, in ferro, dal rudimentale aspetto di
Magmortar, al loro interno piloti e rispettivi pokémon, dai Quilava ai
Charmeleon e a ogni pokémon la cui fiamma sia forte abbastanza da smuovere quel
metallo.
I mostri puntano i cannoni
che hanno per braccio destro verso il cielo e lanciano ventate di fuoco.
Anche dall’altra parte,
però, tra il blu accecante delle luci, spuntano enormi costrutti di metallo, ma
con l’aspetto di Electivire e dotati di spade su misura, accese anch’esse di
una forte luce blu che le percorre forse costituendole interamente, ma anche
questi hanno piloti e sono alimentati da pokémon elettro al loro interno.
E sono proprio questi
mostri, da ambo gli schieramenti, ad iniziare la carica, seguiti a ruota dalla
fanteria, mentre in tutta la valle risuona l’urlo di guerra, unisono, della
fiumana di demoni che ha oscurato il cielo e fa tremare la terra. E le
ciminiere risuonano come un macabro diapason.
«Serak! Sbrigati, farai
tardi per la cerimonia!» lo incalza Quinn. Tutti questi anni e non ha mai perso
il rossore sulla faccia quando gli rivolge la parola.
«Arrivo!» la rassicura il
giovane, riemergendo dal lago di elucubrazioni in cui si era immerso quasi
senza accorgersene.
Gli capita spesso. A tutti
dovrebbe capitare. Insomma, il mondo sta andando a rotoli. Di nuovo.
Questa guerra dura da
ormai sette anni, da quel giorno in cui è arrivato al Rifugio ed è diventato
una Recluta.
Ma da oggi non lo sarà
più, oggi diventerà un Custode a tutti gli effetti, dopo sette anni di
allenamenti.
Eppure, nonostante ormai
sia un giovane uomo, maturo e preparato al mondo, non riesce, ogni tanto, a
fare a meno di pensare che tutta questa follia sia correlata alla scomparsa dei
suoi cari.
Da quel dolorosissimo
giorno, dall’istante esatto in cui ciò che per lui rappresentava l’ordine
contro il caos, la pace contro il male, la felicità contro il dolore, è venuto
improvvisamente a mancare, tutto il mondo sembra aver subito il suo stesso
smarrimento e sia caduto nella follia, come se quel ruolo di collante la sua
famiglia lo ricoprisse per tutta la realtà che ora crolla impietosamente.
Sì, è irrazionale, ma
sembra così lampante.
Gli sembra perciò quasi di
sentire ogni battaglia, di avvertire ogni fendente sferzare l’aria che gli
sfiora il collo, la Guerra un’inquietante presenza che veglia su di lui,
invisibile, giorno e notte.
Scuotendo la testa scaccia
gli ultimi pensieri e finisce di indossare l’armatura in tenuta da cerimonia.
Non aveva mai visto, fin
ora, la Sala delle Reliquie, non aveva mai visto ciò per cui si allenava così
duramente e ciò a cui, tra poco, avrebbe votato la vita. Si rende conto solo
ora di quanto sia stupido e paradossale.
“Questioni di sicurezza”
gli rispondevano.
La Sala è più lunga che
larga, come un’unica grande navata.
Vi si accede dal Tempio di
Mew, fulcro di tutto il Rifugio.
Ancora ricorda le sue
domande insistenti su Mew e la storia dei Custodi e della fine della Prima
Civilizzazione. Aveva imparato che ciò che custodiscono non si trova solo in
quell’inaccessibile Sala sottoterra, ma anche nella grande biblioteca, vessillo
dell’antica conoscenza, di pensieri e parole che la maggior parte degli uomini
ritiene estinti, e invece le idee si sono rivelate più resistenti degli uomini
che l’hanno concepite.
A volte “il culto di Mew”
sembra fin troppo simile a quello per un Dio, come quello che i sudditi della
Nazione del Fuoco riservano per il loro Imperatore.
Ma quando avanzava questo
dubbio Terry gli rispondeva che di essere onnipotente se ne esisteva uno, non
era certo Mew, ma Arceus, ciononostante Mew aveva salvato l’umanità e,
indirettamente, fondato la Fratellanza dei Custodi, e quel tempio, così come le
incisioni sulle loro armature, esprimevano la gratitudine dovutagli.
Eccolo lì, Terry, lungo la
navata, con un sorriso da un orecchio all’altro. Al contrario di quanto è successo
per gli altri membri della Fratellanza, ancora nel fiore degli anni, il tempo
non è passato senza lasciare traccia sul suo volto: rughe più numerose e più
profonde solcano il suo viso, e non solo per l’esagerato sorriso; i suoi
capelli, sebbene ancora ritti come un cespuglio, sono ormai completamente
bianchi.
Ci sono tutti nella Sala,
a formare un corridoio umano che porta verso l’altare su cui Jak, austero come
sempre, aspetta le Reclute.
Lungo tutte le pareti sono
disposte statue di Pokémon leggendari e, davanti a queste, teche con le
rispettive Reliquie. E ci sono molte più statue che Reliquie.
Dietro l’altare, sul lato
corto della sala, osserva tutti dall’alto l’imponente statua di Arceus. La sua
teca vuota. Fatta per accogliere una Reliquia che da molti degli stessi Custodi
è considerata una leggenda.
Durante la cerimonia
l’unico a fiatare, oltre a Jak che celebra, è il Muk di Quinn, l’unico pokémon
in Sala poiché nessuno era riuscito a farlo desistere. Le sue lacrime di
commozione, come quelle di un padre che veda sposarsi la figlia, corrodono il
lungo tappeto rosso che si srotola per tutta la lunghezza della stanza.
In realtà il tutto dura
poco e subito iniziano i festeggiamenti.
Peert suona grazie alla possente
gola di Lamneth, mentre una Mary ubriaca cerca di ballare, riuscendo solo a
dondolarsi appesa al collo di un divertito Buster, mentre i pokemon del dojo di
quest’ultimo se le danno di santa ragione, così, per divertimento, nel piazzale
centrale del Rifugio.
Serak è seduto sul bordo
della fontana di Lugia, come sempre assorto nei suoi pensieri, nonostante il
trambusto che sta facendo Jay poco distante.
«Non mi starai diventando
un muso lungo come K, vero?» scherza Terry, avvicinandosi e sedendogli di
fianco.
«No è che… non lo so…»
cerca di difendersi il ragazzo, provando a trovare qualche scusa ma fallendo
miseramente.
«Ehi, oggi niente pensieri
infelici, d’accordo? Confratello?» l’occhiata vispa associata a quest’ultima
parola fan scappare un sorriso al ragazzo.
«E non solo tu ora sei un
membro di questa grande famiglia, ma anche Zangoose. E come tale merita un
nome… Ma non preoccuparti, so che ancora non l’hai trovato, sono sicuro che al
momento giusto arriverà» sempre quel sorriso tranquillante che lo aveva cullato
per sette anni.
«Comandante, la battaglia
è vinta… le truppe nemiche si ritirano e…»
«Vittoria!? – lo
interrompe – questa tu la chiami una vittoria!?» Arderan indica la distesa di
cadaveri in fiamme intorno a lui.
«Abbiamo perso troppi uomini!
– lamenta – Assicuratevi che non ci sia nessun sopravvissuto e poi torniamo al
campo…» conclude sommesso.
Il verde prato non c’è
più, macchiato dal sangue e consunto dalle fiamme.
Il cielo nero vomita una
pioggia di disgusto e dolore, come a voler lavare via freneticamente, quella
morte e quella bruttezza.
Nemmeno le ciminiere, per
quanto distanti potessero sembrare, sono state risparmiate: una è crollata
nella foga dello scontro, e ora l’altra piange la perdita della sorella e pensa
a quanto sarà sola la sua eternità.
Cantuccio: Eccomi tornato. Non mi
dilungherò nell'apportare le solite scuse sul malfunzionamento
di internet e computer... MA SONO VERE! Comunque finalmente ho cambiato
gestore del wifi e ho una linea buona, e il computer non crasha
più, quindi da adesso dovrei riuscire ad essere più
regolare (ultime parole famose.
Cooomunque... timeshift alla manga d'obbligo e cyberpunk vs. steampunk
in un nuovo medioevo giapponese in salsa pokémon, io vi avevo
avvisati che questa storia sarebbe stata un accrocchio di roba XD Mi
piace esagerare
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Capitolo 16 *** Risveglio ***
Capitolo 16 - Risveglio
La luna, timida, sembra di
proposito non voler diradare le tenebre intorno a sé con la sua candida luce,
come a volersi confondere tra gli altri innumerevoli, meravigliosi, bagliori
della notte.
Serak la osserva,
catturato da quella tenerezza, quasi incantato.
Ma poi un fruscio poco
lontano, qualcosa che si nasconde fra le frasche più basse, ai piedi degli
alberi.
Istintivamente il giovane
insegue quel suono, facendosi largo fra la fitta vegetazione, e la cosa che
l’aveva prodotto sembra allontanarsi, di corsa, fuggire.
Ma non sembra un
inseguimento: Serak sta facendo il suo gioco.
Dopo un tempo indefinito,
senza aver provato nessuna fatica e con la mente concentrata solo a raggiungere
quella cosa, il giovane sbuca fuori dalla foresta, ed una monumentale e
maestosa scena gli esplode negli occhi nell’argenteo lume lunare:
Una città, gigantesca,
distrutta. Palazzi di ferro, pietra e vetro, come giganti caduti, giacciono, gli
uni riversi sugli altri o sdraiati al suolo.
La natura li ha reclamati
e il verde ora li ingoia, li stritola.
E lì, in cima ad uno dei
pochi giganti ancora in piedi anche se azzoppato, di nuovo lui, a stagliarsi
contro quella grande luna piena alle sue spalle, come un’aureola: Absol.
Come sputato fuori da un
lago gelido, Serak drizza seduto sul letto.
Il respiro pesante, gli
occhi corrono a destra e a sinistra, un po’ per accertarsi che lo scenario che
vedevano poco prima sia interamente scomparso, un po’ per assicurarsi che
nessuno degli altri si sia svegliato.
Istintivamente, per dare
sfoga ai fremiti che scorrono lungo il suo corpo, scende dal letto ed esce dal
dormitorio.
La luna, quasi identica a
quella nel suo incubo, è sempre lì, forse solo un po’ meno grande.
L’aria fresca della notte
lo calma un po’, così come la visione delle macerie della festa di qualche ora
prima.
Ma poi sente delle note,
fredde come l’aria, ma meno confortanti, come dei gelidi aghi conficcarglisi
nelle carni. Seguendole scopre, come si poteva aspettare, che è Peert a
crearle, ma non è il solito bardo allegro e spensierato: gli occhi chiusi, la
faccia corrucciata; davanti a lui Cass danza, come sempre levitando a pochi
centimetri dal suolo, in un cerchio al cui interno Andy è assorta nel gettare
con violenza colori su una tela che una volta doveva essere bianca, bianca come
i suoi occhi, mentre brandisce il pennello con la ferocia d’un assassino che
brandisce un pugnale.
La scena, per quanto inquietante,
ha un che di bello e sacro, e Serak non osa interromperla.
Ma poi tutto finisce,
senza nemmeno poter ben dire come. Tutti sembrano quasi nello stesso stato in
cui era Serak appena uscito dal suo scomposto sonno.
«Serak!» Peert è il primo
ad accorgersi di lui. Cass scompare all’istante.
«Che ci fai ancora in
piedi a quest’ora? – chiede Andy, col fiatone – Ancora incubi sull’incendio»
nonostante lo shock che sembra appena aver subito riesce comunque a tirar fuori
un’espressione dolce e rassicurante.
«No… - risponde Serak
avvicinandosi – stavolta non c’era il fuoco… c’era… quello!» esclama indicando
il dipinto appena è abbastanza vicino da vederlo anche nella semioscurità:
delle rovine di una grande città.
«Hai sognato questa
identica scena?» chiede Peert, in apprensione.
«Sì beh, in più c’era un
Absol…»
«Questo significa che le
macerie potrebbero voler dire solo distruzione e sventura, l’oracolo non deve
essere per forza preso letteralmente…» fa Andy.
«Non è che questo migliori
le cose…» commenta preoccupato il bardo.
«Ho già visto quell’Absol»
rompe il silenzio il ragazzo appena creatosi, secco.
«In un altro sogno… il
giorno in cui tutta la mia famiglia morì… Era avvolto dalle fiamme… Quella
volta ho perso tutte le persone che mi erano care… non voglio che succeda di
nuovo…»
Andy si alza di scatto e
abbraccia con forza il ragazzo.
«Non perderai questa
famiglia, Serak» gli sussurra.
Intanto, due Sneasel, nel
loro rifugio di ghiaccio nascosto chissà dove, stanno facendo un a prova di
forza, un vero e proprio braccio di ferro. Sono in stallo, ma poi, uno dei due,
senza dover nemmeno spostarsi troppo, graffia leggermente l’altro sulla guancia
con i lunghi artigli della mano impegnata nella stretta avversaria, il tanto
che basta per far distrarre e perdere l’altro Sneasel.
Questo si arrabbia e cerca
di controbattere, ma il vincitore non vuole sentire ragioni e alternando
sghignazzate a sbadigli si dirige verso il suo giaciglio per concludere la
serata, a quanto sembra dagli occhi mezzi socchiusi e pesanti di sonno.
Sbuffando, il perdente si
incammina nella stretta galleria che lo porterà al suo dazio, sbadigliando
anche lui e stropicciandosi gli occhi col dorso della zampa.
Finalmente giunge in un’enorme
sala di ghiaccio dove salta all’occhio una delle sue pareti, interamente
ricoperta di piccoli graffi verticali, dal soffitto al pavimento, da una parete
all’altra, o quasi dato che ne manco solo uno per riempirla tutta, migliaia di
graffi.
Controvoglia, lo Sneasel
allunga un artiglio sul duro ghiaccio della parete e vi incide l’ultimo segno.
Fatto il suo dovere prende
la via per il suo riposo, ma poi, come colpito da una folgorazione, si blocca
all’istante, e allargo lo sguardo sulla colossale parete: è piena!
Secoli e secoli,
generazioni su generazioni della sua famiglia hanno poggiato i loro artigli su
quel ghiaccio millenario e inciso il trascorrere del tempo…. E ora l’attesa è
finita!
Si volta lentamente a
guardare la parete prospicente, l’indefinita sagoma intrappolatavi dentro da
tempo immemore.
Subito chiama l’altro
Sneasel che, sopraggiunto di corsa, fissa anche lui lo sguardo sull’essere
congelato nel ghiaccio perenne, con un grande sorriso maligno sulla faccia.
Sfodera gli artigli e li
conficca nel ghiaccio.
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Capitolo 17 *** Rivelazione ***
Rivelazione
Un esodo come questo non si vedeva
da millenni, dal Tempo del Giudizio. E ancora una volta tutti quei
pokémon si dirigono verso lo stesso monte: il Picco del
Risveglio.
Ma sono altri tempi, e altre
motivazioni quelle che spingono il fiume vivente; intere pianure,
intere foreste, mobilitate da quel singolo pokémon, che ora
capeggia la carovana, fiero, impettito sui versanti scoscesi del Monte.
Non cammina nemmeno: fluttua, a
mezz’aria, come quella terra, quand’anche sia sacra
poiché fu la più vicina alla beatitudine, non sia degna
dei suoi piedi.
Lo sguardo, crucciato, carico
d’odio ma anche di sicurezza, rivolto solo alla vetta, per tutto
il viaggio. Alle sue spalle la folla innumerevole sembra solo fargli da
mantello.
Mewtwo, il Nemico, è tornato
nel luogo in cui fu più vicino all’essere un Dio, al pari
di tutti i pokémon che con lui accettarono la beatitudine.
Subito tornano alla mente la
scottante ingiustizia nel vedersi accomunato a tutti gli altri mentre
nel Vecchio Mondo egli era temuto e rispettato. E l’invidia per
Arceus, che nonostante professasse l’uguaglianza, spuntava fra
tutti come il Dio che era.
E allora tutto fu chiaro: doveva
prendersi il suo posto. E così ammaliò gli altri
pokémon con il suo intelletto superiore e ritorse un grande
esercito contro i fedeli del Primevo.
E grande e feroce fu la battaglia nel Mondo Beato.
Ma ancora una volta
l’orgoglio di Mewtwo fu ferito poiché dovette ammettere la
superiorità del suo nemico. La sconfitta fu inevitabile.
Mewtwo, l’Esiliato, il
Reietto, rispedito sulla Terra insieme ai suoi seguaci. Giurò
vendetta. Ma vide quella anche come un’opportunità: nel
Mondo degli Uomini non c’erano Dei, lì avrebbe regnato e
sarebbe stato osannato sia da Pokémon che dagli Uomini, cosa in
cui nemmeno Arceus era mai riuscito.
Ma non era quello il tempo: gli
Uomini erano ancora forti, ma stavano provvedendo a distruggersi a
vicenda. Così capì che doveva aspettare, e così
fece, per duemila anni, ibernato nel profondo nord.
Ora che l’attesa è
terminata, ora che i suoi seguaci, ritrovati nelle generazioni o appena
sedotti, circondano il Monte dove avvenne l’Assunzione e il primo
Dio sì palesò, uno nuovo sta per rivelarsi al Mondo.
Sulla cima più alta della
Terra, immobile alle sferzate di vento gelido e neve, Mewtwo si
circonda di alcuni Bronzong e Bronzor: la loro risonanza servirà
ad amplificare i suoi poteri psichici, poiché ora si appresta a
lanciare un messaggio a tutto il mondo tramite telepatia.
K urta Serak uscendo dalla porta. Uno sguardo e poi se ne va senza dire una parola.
Il ragazzo lo segue un po’ con gli occhi, insospettito da quel comportamento, ma poi procede nella casa di Jak.
«Ora che sono un vero Custode dovrai ascoltarmi Jak!» esordisce.
«Anche tu, di nuovo!»
«Non possiamo più
continuare a restare con le mani in mano! Dobbiamo intervenire! La
guerra sta distruggendo due nazioni!»
«Ah sì? E’ per
questo che vorresti intervenire? Non per una tua propria vendetta
personale? E anche se fosse, non è compito dei Custodi, noi non
ci immischiamo in faccende politiche…»
«Ma è nel nostro
giuramento: “Conservare l’equilibrio” invece
lì fuori c’è il caos!»
«Sarai anche un Custode a
tutti gli effetti, adesso, ma sei ancora giovane… Equilibrio non
sempre coincide con ordine…»
«E allora cosa mi dici di
“Redimere l’uomo”? Come facciamo a redimere
l’umanità standocene fermi con le mani in mano? Lasciando
che uomini e pokémon si uccidano a vicenda?»
«Forse per redimerla bisogna mondarla dai malvagi, perciò lasciamo pure che si scannino tra di loro…»
«… Non posso credere che tu la pensi così…»
«E’ l’unico modo
in cui la si possa pensare… siamo troppo pochi contro due
eserciti, cosa pensi che potremmo fare?»
«Non mi interessa, io
continuerò a proporre l’intervento in ogni Riunione della
Confraternita! Infondo nessuno prende decisioni da solo qui!»
«Mi dispiace, ma la pensano tutti come me… tranne il tuo compagno… K»
«K? Anche lui…»
«Già, ma non otterrai informazioni da me…»
Serak, stupito sia
dall’inaspettato comportamento del compagno che dalla repentina
riservatezza di Jak, rimane un istante in silenzio, a cercare indizi
nelle sue memorie di ricordi che potessero collegare K a quelle idee.
«Jak – riprende
sottovoce, quando non ne trova alcuno – Ho fatto… ho fatto
un sogno qualche notte fa…»
«Sì lo so, Andy me
n’ha parlato, di te e del suo quadro… Ma non sempre le sue
arti divinatorie sono corrette…»
«Jak! Io ho già visto
quell’Absol… e ogni volta che è successo è
capitato qualcosa di terribile… Ho studiato i libri antichi
della biblioteca in questi 7 anni… So che è stata una
guerra fra uomini a distruggere la vecchia civiltà…
Potrebbe succedere ancora!»
«Salve, miei sudditi»
Una voce sbuca dal nulla. Sia Jak
che Serak si guardano intorno, ma non c’è nessuno, eppure
sembra così vicina.
Nello stesso istante perfino da
fuori o da altri edifici nel Rifugio giunge un urlo, come se qualcuno
fosse stato colto di sorpresa.
«Chi vi parla è Mewtwo» un Pokémon Leggendario!? Qui nel Mondo degli Uomini!?
Ora appare subito chiaro che non
c’è nessuna voce da seguire: il pokémon psico sta
comunicando via telepatia.
«Il vostro nuovo sovrano e Dio – prosegue calmo – sia che voi siate Pokémon o Umani.
Molti miei seguaci fra i primi si
sono già uniti alla mia discesa su questa Terra, ma non abbiate
paura, nessun uomo verrà discriminato. Tutti saranno uguali
sotto la mia guida, e regnerà la pace. Tutto ciò che vi
chiedo è la cieca fedeltà e ubbidienza.
Ovviamente qualsiasi forma di
resistenza verrà punita aspramente, con l’annientamento. E
nessuno potrà considerarsi mio seguace se non punisce gli
infedeli. Quindi, Pokémon, ribellatevi ai vostri padroni se non
vogliono perseguire la retta via, e anche voi, Umani, sopprimete le
vostre bestie se stupidamente non vedono la luce!
Presto mi manifesterò a
tutti i popoli e per allora mi aspetto una risposta da parte delle
Nazioni degli Uomini, a cui ricordo che posso schiacciarle tutte
insieme senza fatica. Ora mi ritirerò per qualche tempo, in
cerca di qualcosa che mi appartiene, ma non dubitate, saprò
sempre ciò che fate, dite e pensate, perché grande
è il mio potere!»
Come era venuta, inaspettata, la
voce scompare dalla testa di Serak, che ora fissa Jak. Lo sguardo
confuso, spaventato, ma anche, al contempo, beffardo, come a voler dire
“ora dovremo per forza prendere una posizione”.
«No» fa schietto
quello, come avendo decifrato quello sguardo, oppure Mewtwo non
è l’unico capace di leggere nel pensiero.
«Avete sentito!?» Si
precipita dentro, affannato Terry, piegato in due con quel cespuglio
bianco che ondeggia su e giù.
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Capitolo 18 *** Missione ***
Capitolo 18 - Missione
Il ruggito terribile degli
Arcanine rimbomba nel Rifugio insieme al frastuono delle loro fiamme.
«Vai Burg!» urla Jay,
armato di solita spada, scudo e armatura.
Un Marowak atterra a gran
velocità su un Arcanine penetrandogli le carni con violenza con due enormi
machete terminanti in manico d’osso, precisamente quelle che sembrano due teste
d’omero.
Lo sguardo deciso, fermo,
inquietante, nascosto da uno strano teschio cornuto, più grosso e terrificante
di quello di ogni altro Marowak: neanche la minima traccia in quegli occhi di
ghiaccio del piccolo Cubone piagnucolone.
Immediatamente, l’Arcanine
morto svanisce in mille luci turbinanti, ma altri si fanno avanti, cavalcati
dai loro padroni.
«Ah ah! Visto il mio Burg?
I suoi machete d’Ossospesso l’hanno reso ancora più forte, ora è praticamente
invincibile!» fa tronfio Jay.
Ma non si avvede del
ticchettante Cavaliere alle sue spalle che, katana sguainata, sta per prenderlo
alle spalle con un fendente, quando una lama intercetta quella nemica.
«Sì, ma dovresti anche
imparare a combattere da solo» commenta K, padrone di quella strana lama,
ricurva, che gli spunta dal fianco dell’avambraccio attaccata ad un bracciale
metallico.
Deviata poi la katana, un
netto e veloce taglio all’addome con la gemella di quella lama dall’altro
braccio, prima di finirlo con un colpo dritto alla gola.
Poco distante il suo
Bisharp atterra un altro Arcanine.
«Bel lavoro Slasher»
commenta serioso K: è armato e vestito esattamente come il suo pokemon, lame da
braccio incluse.
«E per inciso: questo è un
bel nome, non come quello schifo, Burg, che diamine vuol dire?» fa poi,
pungente e cinico, rivolto a Jay, mentre il Cavaliere e il suo Arcanine lì
vicino esplodono in mille luci.
«Mi è venuto dal cuore! –
risponde, un po’ indispettito, Jay – Non come quella schifezza: solo perché
taglia… che cosa stupida…»
Ma sono interrotti dal
passaggio a tutta velocità di un Arcanine al galoppo.
In piedi sul suo grande
dorso Serak è immerso in un fitto duello di fendenti e parate con scudo e spada
del tutto simili a quelli di Jay, dotazione standard dei Custodi.
Nonostante il suo nemico
non lesini su sciabolate e fendenti e nonostante il ragazzo riesca a parare
tutti i colpi, anche i suoi vengono costantemente intercettati e sembra essere
molto in difficoltà, mentre cerca allo stesso momento di mantenere
l’equilibrio.
Nel frattempo, appeso alle
fauci dell’Arcanine, Zangoose, equipaggiato con una riproduzione in scala
dell’armatura dei Custodi, ha il suo bel da fare nel cercare di rimanere
attaccato al nemico nonostante le sue zampate tra una falcata e l’altra di
quella folle corsa, cercando al contempo di nuocergli con gli artigli.
Alla fine, riesce a
piantarglieli dritti in fronte e la corsa viene bruscamente interrotta,
coll’Arcanine che si pianta di faccia per terra, schiacciando quindi Zangoose,
e i due duellanti sulla sua groppa che vengono catapultati contro la serra di
Ven. E mentre l’Arcanine e il Cavaliere Rosso si dissolvono, Serak finisce per
sfondare una delle pareti di vetro.
«Ehi! – urla Ven – C’è
gente che sta studiando qui dentro!» la testa curiosa di Quinn sbuca alle sue
spalle da dentro la serra, per poi ritirarsi, rossa, alla vista di Serak.
«Potresti anche farle
seguire qualche esercitazione, sai!» risponde furiosa Andy, andando ad
affrontarlo a testa bassa, mentre Cass, poco distante riapre gli occhi e stacca
le mani dalle tempie, per poi sparire subito dopo, dato che le sue capacità non
sono più richieste.
«Quinnita ha scelto l’arte
dei veleni!» le tiene testa Ven.
«Allora: innanzitutto
l’hai costretta, solo perché, essendo immune ai veleni, potevi usarla come tua
cavia umana per ogni antidoto, e poi… cosa ne capisci tu di ARTE!» ruggisce.
«Ma soprattutto a cosa le
servono altri veleni quando ha un Muk» commenta sottovoce Jay nell’orecchio di
Serak, mentre questi si chiede tra sé e sé come mai nessuno si preoccupi della
sua salute.
«Stai… stai bene?» gli
chiede Quinn, accovacciata sopra di lui, rossa che sembra stia per esplodere.
«Sì… credo di sì… solo…»
fa per alzarsi ma avverte una fitta proprio sul sedere.
Un inerme piccolo Ekans,
venuto fuori da un vasetto ormai in frantumi, ha i denti conficcati nel
fondoschiena del ragazzo.
«Oddio! – divampa Quinn –
L’Ekans era già morto ma… ma potrebbe essergli rimasto del veleno! Corro a
prenderti l’antidoto!» intanto Serak si rimette in piedi e si stacca l’Ekans
dal didietro.
«Eccomi arrivo!» si
precipita Quinn, con una siringa, e senza preamboli la conficca nella zona
interessata.
Dopo qualche istante di
silenzio, però, realizza quello che sta facendo.
E in un istante esplode in
una marea di scuse e guance vermiglie. Prima poi di cadere all’indietro
svenuta, inglobata da Muk accorso tempestivamente, che inveisce agitando il
pugno contro Serak.
«Comunque Serak, sei
migliorato molto con spada e scudo, ma non è ancora abbastanza…» lo rimprovera
moderatamente Andy.
«Forse se gli lasciaste
usare…» fa per intervenire Terry, che ha assistito a tutto l’allenamento.
«Non se ne parla –
interviene, dal nulla, Jak – Siamo Custodi: custodiamo, non usiamo. Le Reliquie
non sono mere armi, ma manifestazione del divino…»
«Sei sempre il solito
buffone» lo stuzzica K, avvicinandosi a Serak mentre gli adulti continuano il
loro diverbio.
«Sarei io il buffone?
Guarda come sei conciato tu!» replica Serak, che negli anni aveva imparato a
rispondergli.
«Quante volte dovrò
ripetervelo? Armarsi ed equipaggiarsi come il proprio pokémon aumenta la sua
empatia verso di voi, la sincronia, solo così vi riconoscerà come parte del suo
branco!»
«Tutte cavolate –
interviene anche Jay – E io cosa dovrei fare? Mettermi un teschio in testa come
elmo e andare in giro a tirare ossa?»
«Beh, magari…»
Ma i due litigi paralleli
vengono interrotti dall’entrata in scena di Falk, il fratello di Jak, che salta
giù dal suo Talonflame.
«Abbiamo individuato il
posto» fa, schietto, rivolto al fratello.
Tutti si bloccano, alcuni,
probabilmente solo i ragazzi, senza capire.
«Giovani Custodi, è
arrivato il momento della vostra prima missione ufficiale» fa Jak con aria da
cerimonia.
Un misto di paura ed
eccitazione attanagliano il cuore di Serak: che si siano infine decisi ad
intervenire in questa guerra? Riuscirà a trovare l’uccisore della sua famiglia?
«Si tratta di un’operazione
di recupero»
«Cosa!?» erompono all’unisono
K e Serak. Quest’ultimo, subito ritornato in sé, squadra, stranito, il
compagno, mentre questo non fa una piega e prosegue.
«Con la guerra, Mewtwo e
tutto il resto volete solo farci fare i fattorini?!» urla.
«Abbassa la voce K! Credi
che non sia preoccupato per tutto quello che sta avvenendo? Anzi, è proprio per
questo che vi sto affidando questa missione: dovrete recuperare una Reliquia.»
«E questo come potrebbe
fermare…»
«Ma non una Reliquia
qualunque… – lo interrompe – Una molto importante… credo per Mewtwo»
«Cosa?»
«Quando si è rivelato al
mondo, Mewtwo ha parlato di “qualcosa che gli appartiene” e che sta cercando…
io penso si riferisse alle sue Reliquie»
Tutti i ragazzi (compresa
Quinn, fatta rinvenire in tempo da Muk) restano sorpresi da questa rivelazione,
mentre gli altri non fanno una piega, segno che comunque ancora nel Rifugio c’è
chi ha più privilegi di altri.
«Nessuno sa cosa avviene
quando un Pokémon Leggendario viene in contatto con la propria Reliquia, perché
questo non sarebbe mai dovuto accadere, le Reliquie non sono state create per
questo. Noi sappiamo che le Reliquie mantengono l’equilibrio in questo mondo
anche in assenza di Pokémon che a questo erano delegati, ma di preciso non
sappiamo come attingano il loro potere: potrebbe provenire direttamente da
quegli stessi Pokémon, instaurando un legame tra questo mondo e il loro, e
probabilmente perché in quel Mondo essi godono di una condizione beata, ciò non
diminuisce il loro potere. Ma poiché ora Mewtwo si trova in questo mondo
mortale, se esistesse questo legame la Reliquia potrebbe in realtà sottrargli
parte dei suoi poteri e della sua energia. In questo caso, se noi la troviamo
prima di lui abbiamo un buon vantaggio per sconfiggerlo. In caso contrario egli
potrebbe impadronirsene e riacquisire l’interezza dei suoi spaventosi poteri.
Un altro caso, forse il
peggiore, è che la presenza nello stesso mondo sua e della Reliquia non abbia
nessun effetto negativo, ma così, se la trovasse i suoi poteri si
moltiplicherebbero…»
Un brivido attraversa la
schiena di Serak.
«In ogni caso è
fondamentale trovarla…»
«Ma... ma potrebbe anche
riferirsi a tutt’altro!» cerca ancora di intervenire K, ma ormai è rimasto solo
nella sua battaglia, persino l’animo di Serak è stato completamente rivolto a
questa nuova, terrificante esigenza.
«Domani partirete alla
volta del posto dove molto probabilmente si trova la Reliquia; si trova nel
Paese del Fuoco, tra le montagne a nord, quindi ci vorranno diversi giorni di
marcia per raggiungerla. E dato che è la vostra prima Missione sarete
accompagnati da un Custode più anziano…»
«Più anziano di me…»
interviene Terry.
Jak sembra contrariato e
gli lancia uno sguardo congelante, ma poi
«E sia, Tertroth vi
accompagnerà. Ora andate a preparare i vostri zaini e riposatevi».
Cant: chi capiscè perché Burg si chiama così è bravo ;) |
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Capitolo 19 *** Viaggio ***
Capitolo 19 - Viaggio
«Ma questa missione doveva
capitare proprio quando c’è la finale del Torneo del Dojo di Buster?» lamenta
Jay, le braccia incrociate sotto la testa a mo’ di cuscino, steso sul pavimento
ligneo e ondeggiante del carro, fissa il tetto di stoffa con aria stufata.
«Avete anche il coraggio
di lamentarvi? Se la mia prima missione l’avessi fatta con tutta questa
comodità, portato a spasso su un carretto, non mi sarei mica lamentato!
Piuttosto dovreste ringraziare che sia stato io a farvi da accompagnatore» fa
Terry oltre le tende, alle redini del suo Bill, seduto sul sediletto di legno.
«E poi tanto si sa che
anche stavolta vincerà Orome» commenta schietto K, senza nemmeno degnare il
compagno di uno sguardo, con aria saccente.
«Come fai a dire questo?
Tulkas ha fatto dei passi da gigante innegabili!» si infervora Jay.
«Come ogni anno. Ma ogni,
anno, puntualmente, vince Orome…»
Mentre la discussione da
dormitorio va avanti fra i due, Serak, lì di fianco, è steso anche lui, sguardo
al cielo che si intravede tra le trame della stoffa. L’ingombrante zaino a mo’
di cuscino.
Non molto lontano c’è
Quinn, che come cuscino invece ha il suo Muk. Regge davanti agli occhi, con le
braccia tese, degli appunti, probabilmente di Ven su qualche strano intruglio.
Ogni tanto le si stancano quelle delicate braccia rosee ed è costretta a
mettersi su un lato per poter poggiare il quaderno. Così facendo incrocia lo
sguardo con Serak per poi far finta di voltarsi molto lentamente per altri
motivi.
L’unico in piedi nel carro
è Slasher, il Bisharp di K, che fa volare fendenti a velocità assurde per aria,
come allenamento, ma squarciando ogni tanto il telo che copre il carro.
Burg, invece, (si riesce a
distinguere la sua sagoma dall’interno) è ritto in piedi sopra il tetto del
carro, stagliato contro il vento come una polena a prua di una nave, con quel
gusto coreografico che tanto fa impazzire il suo padrone.
Zangoose è fuori, seduto
di fianco a Terry. Lui è uno dei suoi pensieri, Serak non fa che pensare a
quanto si meriti un compagno, un pokémon, un amico… a cui non riesce nemmeno a
trovare un nome. Significa forse che ci tiene così poco?
Dal canto suo Serak (forse
si ostina) a vedere una certa freddezza da parte del pokémon dal giorno
dell’iniziazione.
Eppure lo sente vicino,
quell’anima solitaria, vicino più di chiunque altro, di qualunque umano. Come
Serak, non ha assolutamente nulla, famiglia, casa, e come lui è nuovo a questo
mondo e al suo dolore. Ma Zangoose ha molta più forza di quanta Serak possa mai
vantare, o almeno così sembra.
Magari hanno scelto modi
diversi per affrontare il dolore: Serak ha chinato il capo, Zangoose innalza
una maschera.
Eppure, ogni tanto,
durante gli allenamenti, durante le dure prove di ogni giorno, sente qualcosa,
che li lega, un calore in fondo all’anima, forse si illudeva essere ricambiato,
ma se c’è una cosa che può fargli alzare la testa e rompere ogni maschera è
quel legame, quell’amicizia.
Sincronia la chiama K. In
modo molto freddo e calcolatore, ma probabilmente è quello.
Ed ecco che inesorabile si
fa largo tra tutti questi pensieri sempre la solita immagine: quel metallo,
quegli occhi, quella criniera… quelle Fauci.
Forse è vero che i pokémon
devono sentirsi parte di un branco. E allora non c’è da stupirsi che Zangoose
non voglia far parte di un branco insieme ad una presenza così forte ed
ingombrante. Un pezzo di ferro inanimato, sì, ma la sua possanza lo fa sembrare
quasi vivo.
Serak non ha mai più avuto
la possibilità di maneggiarlo da quel giorno di sette anni fa quando arrivò al
Rifugio, grazie alle regole di Jak, ma non ha mai smesso di pensarci: provava
insieme paura, odio, curiosità e attrazione per quella Reliquia.
Tutti i suoi guai sono da
quella scaturiti, eppure il potere che aveva sentito scorrergli dentro e fargli
ribollire il sangue fanno sbiadire ogni allenamento, ogni battaglia intrapresa
al fianco del suo pokémon. Quel cambiamento repentino e sconsiderato lo
spaventarono allora, e lo spaventano ogni qual volta quei ricordi tornano a
tormentarlo di notte. Non pensava si potesse nascondere tutta quella
determinazione dentro di lui…
E che insulto poi che
tutta quella sicurezza gli venga da ciò che ha provocato lo sterminio della sua
intera famiglia! E allora rabbia lo rode dentro, gli fa digrignare i denti.
Terry, suo unico
confidente, diceva che è normale, che quelle Reliquie hanno grandi poteri e
possono influenzare la mente delle persone. Ciononostante continua a propugnare
la sua causa secondo la quale Serak ha il diritto di fare delle Fauci di Entei
la sua arma.
«E’ quello che avrebbe
voluto la tua famiglia e i tuoi antenati. – gli ripeteva – Col tempo riuscirai
ad avere tu il controllo sulla Reliquia» ma la sua voce tranquillizzante non
bastava ad ammutolire tutta quella tempesta di pensieri.
«Qual è stata la tua prima
missione?» quasi sobbalza Serak, all’interruzione così brusca del suo flusso di
pensieri. Quasi nemmeno si capacita d’esser stato lui a fare quella domanda,
non pensava avrebbe trovato la forza per tornare così in fretta in questo
mondo.
«Beh… - fa il vecchio,
spremendosi le meningi in cerca di un ricordo – è difficile dopo tanti anni…»
«Prima ci fai tutto il
discorsetto su quanto siamo fortunati a fare questa prima missione così – fa
Jay – e poi fai finta di non ricordare la tua! Scommetto che era anche più
comoda! Viaggiavate in prima classe!»
«Immagino sia stata una
tranquilla missione di recupero, dato che non ricordo niente di che» ridacchia
poi il vecchio, chiudendo la discussione. I suoi occhi ritornano sulla strada,
ma la sua mente viaggia indietro. E ricorda, al contrario di quanto avesse
detto. Ricorda il dolore e le lacrime. Ma non lascerà che l’incubo si ripeta.
Cant: SESSIONI ESTIVE, sessioni estive ovunque. E non sono ancora finite! D:
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Capitolo 20 *** Meta ***
Capitolo 20 - Meta
Raccogliere bacche, non
c'è cosa più noiosa. Eppure il pensiero della festa lo consola: a breve sarà
circondato dalla gente che ama, dalle loro risate, dai brindisi e dalle battute
rumorose degli zii accorsi da nord e da ovest. Potrà di nuovo ascoltare le
storie del nonno e del deserto, le leggende di quell’Entei che è il simbolo
della loro antica casata. E quanto sarà felice la madre e orgoglioso il padre,
quando Serak tornerà con tutte queste bacche, da farne gran vassoio ed esporlo
a centro tavola!
Per la strada del ritorno,
però, sente degli strani rumori, come ringhi e mugolii, provenienti da un posto
non molto lontano. Superato qualche cespuglio si ritrova davanti alla scena: un
branco di Zangoose… e uno sembra non essere gradito da tutti gli altri.
“Non è affare che mi
riguarda” pensa Serak. Con il suo bel sacco di bacche gira i tacchi e punta
verso casa.
Il fuoco. Allegro scoppietta
nel camino. Sulla lunga tavola, attorniata da tutta la famiglia estesa, piatti
ricchi di carni, bicchieri pieni di bevande, e al centro la montagna di frutti
raccolti da Serak.
La serata era esattamente come
se l’era immaginata, pervasa da quel calore che ti riempie l’anima.
Tutto è come deve essere.
Niente è fuori posto.
«Ehi, Serak… siamo
arrivati» lo sveglia la delicata voce di Quinn, prima che questa, appena il
ragazzo apre gli occhi, si allontani arrossendo.
Serak, ancora un po’
rintontito, si strofina gli occhi mentre si appoggia sui gomiti per sollevarsi
dal legno del pavimento del carro, ancora sobbalzante. K è già sveglio mentre
ora Quinn sta svegliando Jay, impresa che si rivela più ardua della precedente.
Aveva dimenticato quanto
potesse essere confortevole il mondo dei sogni, una realtà in cui tutto va
sempre nel migliore dei modi. Gli capita raramente ormai di poterlo visitare;
talmente di rado che non è più abituato a distinguerlo dalla realtà. Né
tantomeno si aspettava di poter fare sogni felici proprio in queste condizioni,
con una missione potenzialmente pericolosa alle porte.
Raggiunge Terry alla guida
del carro, con Zangoose sempre taciturno al suo fianco.
«Quella è la nostra meta»
gli indica il vecchio Custode con un cenno del capo.
Davanti a loro, dopo un
altro breve tratto di strada fangosa, delle porte di legno, imponenti, ma più
marce e decrepite di quelle del Rifugio. Tutta la zona è offuscata da una folta
nebbia, che corre e si perde tra cupi tronchi d’albero tutt’intorno.
E’ notte, ma le stelle
sono coperte da nuvole e la luna è buia, oscura, luna nuova.
Il carro si ferma davanti
alle porte chiuse. Sotto alle mura, al ciglio della strada, c’è un piccolo
capanno, le cui lanterne stanche sembrano salutare con la loro luce la compagna
solitaria che segue i Custodi nel loro viaggio, come vecchi amici che si
incontrino per caso lungo la via.
Una guardia all’interno
del capanno, dietro un bancone, sta dormendo con le braccia conserte ed una
picca stretta da queste. Ma si agita, il volto corrucciato, farfuglia “no no”
quasi a voler scacciare l’invisibile.
Terry, non vedendo
reazioni, si schiarisce la voce a richiamare l’attenzione.
Subito la guardia
sobbalza, quasi cadendo dalla sedia.
«Chi va là? Chi siete?
Cosa volete?» urla brandendo la picca.
«Siamo dell’esercito di
Sua Maestà l’Imperatore della Grande Nazione del Fuoco» proclama il vecchio.
Serak rimane stupito.
«Ah sì? E dove sono le
armature? Gli stendardi? I proclama? I plotoni?» fa sospettosa la guardia.
«Siamo in guerra,
figliolo, e qui siamo anche molto vicini al confine. Fossimo venuti qui in
pompa magna avremo scatenato una battaglia. E non è questo quello che vogliamo,
vero? Qui ho quattro dei migliori soldati della Nazione, e tu stesso stai
parlando con uno dei veterani più navigati, non abbiamo bisogno di plotoni. In
più abbiamo i pokémon – indica Zangoose – e solo l’esercito può avere pokémon,
non è una prova sufficiente per te? O dobbiamo riferire al Generale che non
volete il nostro aiuto?» il tono calmo e sicuro sembra sortire il giusto
effetto, perché subito il volto, incavato e pallido, della guardia cambia
espressione, e diventa quasi supplichevole.
«Finalmente! Sapevamo che
l’Imperatore non si era dimenticato di noi! Grazie! Altre guardie all’interno vi
scorteranno al Palazzo» detto ciò aziona una grossa manovella e le porte,
lentamente, si aprono.
«E grazie per avermi
svegliato – fa poi sottovoce a Terry, quasi in modo confidenziale – rischiavo
di…» ma poi si blocca bruscamente, abbassando il capo, finché non scompare
dietro le porte richiuse alle loro spalle.
Le nebbia, come un
silenzioso Ekans, è strisciata anche all’interno, bassa sulle strade fangose e
mal tenute della città, come fosse a caccia della sua prossima preda.
Le ruote del carro si
infrangono fragorose sulle pozzanghere, creando ampi cerchi nella fanghiglia.
Appaiono poi come in un
sogno, o forse un incubo, le case oltre la coltre biancastra, illuminate da
altre timide fiaccole sparse lungo la strada: di legno, le abitazioni, marce e
fatiscenti anche queste. Insieme a loro dal sipario etereo di nebbia e notte
sbucano i loro abitanti, stranamente sparsi per le strade, nonostante l’ora
tarda: tutti hanno un colorito pallido, quasi come a mimetizzarsi con la nebbia,
e gli occhi incavati, stanchi.
Ma si comportano in modo
strano: le palpebre pesanti sono tirate su, a forza, spalancando gli occhi in
modo terrificante e innaturale, le espressioni del volto finte, forzate,
sorrisi da manichini. Si muovono quasi trascinati da fili, ma non sono marionette,
ché mai si è visto un marionettista tanto abile da riuscire a creare qualcosa
di così terribilmente afflitto quanto solo un corpo umano può essere. No, ma
quei fili sembrano esistere davvero, e sono fatti di paura.
Gliela si legge in faccia,
tra una pantomima e l’altra, la paura, il terrore.
Eppure non tutti sono in
piedi sul palcoscenico, qualcuno sembra esserne caduto, e giace con la schiena
contro un muro, seduto tra fango e Insetti. Gli attori non sembrano curarsi di
questi individui, ma quest’ultimi non si muovono, hanno gli occhi chiusi, forse
a stento sembrano respirare… che stiano dormendo?
Un brivido, come una
scossa, attraversa il corpo di quello che Serak sta fissando, per poi emettere
un urlo, sempre con gli occhi chiusi, e cadere, rannicchiato, di lato, la
faccia nella sporcizia. Ancora, nessuno sembra preoccuparsene: lo spettacolo
deve continuare.
Ma subito, avvertiti dal
pesante tonfo degli zoccoli di Bill nel terreno irregolare, gli abitanti si
voltano all’avvicinarsi del carro, i loro volti, stavolta, pieni di sospetto,
quasi ostilità. Magari non hanno spesso ospiti.
«Terry, che sta
succedendo? Che significa tutto questo? Da quando siamo a servizio
dell’Imperatore?» chiede Serak, distogliendo lo sguardo per non incrociare
quello indagatore dei passanti.
«Ovviamente era una bugia,
ragazzo. Vedi, stanno succedendo delle cose, in questo posto… strani fenomeni
riconducibili a dell’attività psichica… per questo crediamo che potrebbe
esserci lo zampino della reliquia di Mewtwo…» risponde Terry
«Che genere di attività
psichica?»
«Disturbo del sonno»
«L’intera città? A causa
di una sola Reliquia?»
«Già, ma non siamo
riusciti a capire esattamente dove questa si trovi…»
«Ancora non capisco cosa
centri l’impero in tutto questo…»
«Il Signore della città si
è rivolto all’autorità imperiale affinché intervenisse, ma la guerra impegna
alquanto l’Impero, che non ha tempo né energie da spendere in questioni del
genere. Lo stesso dicasi per la Nazione del Fulmine: nonostante qui siamo
vicini al confine, non ci sono stati attacchi o incursioni, dato che persino la
Nazione del Fulmine evita queste terre. Diciamo che questa città è stata
tacitamente eletta a zona franca, ma è praticamente abbandonata a sé stessa,
quasi in quarantena…»
«E così noi gli daremo
quello che volevano…»
«O almeno questo
fingeremo… ricorda, siamo qui solo per la Reliquia…»
Nel frattempo giungono
nella piazza della città: lampioni più elaborati delle fragili fiaccole
incontrate fino ad ora circondano un grande spiazzo pavimentato e salvo, almeno
questo, dal fango, ma non dalla nebbia.
All’estremità opposta
della piazza, a simbolo di una forse passata gloria, si erge un palazzo in pietra,
sospettosamente ben illuminato e fornito di guardie, in grado con la sua mole
di far impallidire gli altri edifici circostanti, ma neanche troppo imponente
come altri palazzi imperiali: si capisce che sia la sede di un’autorità
importante, ma non esattamente la più potente dell’Impero.
A testimoniare questa
distanza dal resto della Nazione vi è lo stile architettonico: completamente
differente da quello più elegante e “leggiadro” dell’impero, ma ricco di
asprezze e punte, slanciato verso l’alto, senza però particolari decorazioni
che ostentino ricchezza.
Tra i Custodi e questo
palazzo, ad affollare la piazza, decine di bancarelle, gente e mercanti
urlanti, quasi a farsi beffe dell’ora tarda. Anche i venditori, però, sono
attaccati a questi fili, e mostrano i segni dell’assenza di sonno di cui
parlava Terry: la voce, anche volendo ergersi sopra tutto il trambusto, è rotta
e a volte sottile, neanche i loro volti sono salvi dal pallore.
E anche qui, appena la
folla nota gli intrusi, tutto si ferma, persino le urla e i contrattamenti.
Attorno al carro si crea
il vuoto, con tutti i cittadini intorno, che si aprono a far passare il gruppo
come le onde sotto una nave.
Una nave che sembra anche
troppo indifesa contro una possibile mareggiata, dato che gli sguardi non
sembrano per niente benevoli.
Finalmente giungono al
palazzo e, soprattutto alle sue guardie. Già, quella all’entrata aveva parlato
di una scorta, ma probabilmente si riferiva solo al percorso dai cancelli del
palazzo fino al suo interno… forse è troppo pericoloso rompere i ranghi…
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