fact, not fiction

di Sariel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Was it a dream? ***
Capitolo 3: *** The day after. ***
Capitolo 4: *** Portland, again. ***
Capitolo 5: *** Brave Cinderella ***
Capitolo 6: *** Ops, there's a man in my bed ***
Capitolo 7: *** Decisions ***
Capitolo 8: *** Being Edward Cullen would be useful. ***
Capitolo 9: *** You love me, don't you? ***
Capitolo 10: *** What I was looking for. ***
Capitolo 11: *** Lovers ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Rating: Verde/Giallo.
Tipologia: Fiction a più capitoli.
Avvertimenti: Real Person Fiction.
Genere: Generale, Romantico.
Disclaimer:  Q
uesta storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*) rispettivamente i suoi personaggi in The Messengers, Into the Wild e Twilight. Ovviamente non appartengono a me, ma a chi ne detiene il copyright.
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il seguito di one night in Portland. Grazie davvero a chi ha commentato.

La long-fic avrà il POV di Kristen, ma non è detto che cambi.
Il film è stato girato per la maggior parte nell’Oregon, proprio sotto lo stato di Washington, precisamente nella zona di Portland. Perciò la fiction è ambientata lì.

fact, not fiction
 
fact, not fiction.
 LA MIA VITA DIPENDE SUL LAVORO  CHE, IN POCHE PAROLE, CONSISTE NEL FINGERE.
FINGERE DI ESSERE UNA PERSONA DIVERSA OGNI VOLTA[…], IN ME AVREBBERO VISTO
JESS, TRACY, BELLA.  MA NON KRISTEN.
 
 
La differenza tra realtà e finzione, a volte, non viene considerata. Non viene notata.
In realtà la differenza è abissale. Una differenza tale, per una come me, è fondamentale.
La mia vita dipende su un lavoro che, in poche parole, consiste nel fingere.
Fingere di essere una persona diversa ogni volta, rischiando quasi di perdere la propria personalità, il proprio Io. E questo accade quando il personaggio diventa me e non il contrario.
Ho sempre pensato che non avrei potuto relazionarmi con i miei coetanei, per paura che alcuni di loro non mi considerassero la persona che sono.
In me avrebbero visto Jess, Tracy, Bella(*). Ma non Kristen.
Ogni tipo di legame sembrava forzato e poi spariva, come se fosse stato un illusione, un miraggio.
Era tanto pretendere di avere almeno una storia normale?
Ormai ero rassegnata al fatto che la scelta di diventare attrice avesse condizionato per sempre la mia vita privata.
Ma una notte a Portland cambiò tutto.

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Capitolo 2
*** Was it a dream? ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*) Breakaway, di Kelly Clarkson.
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il primo capitolo del seguito di one night in Portland. Grazie davvero a chi ha commentato il prologo e l’altra fiction.


was it a dream?

1.
Was it a dream?
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Era come fluttuare. Mi sentivo leggera e per un istante pensai di galleggiare nell’aria.  Alcune immagini mi passarono davanti agli occhi.
Le luci di una città, le strade piene di gente, un’insegna luminosa di un ristorante.
Una dolce sensazione di calore mi pervase, il tepore che mi circondava era a dir poco paradisiaco.
Il sogno - non poteva essere reale, ne ero certa - venne accompagnata da alcune parole lontane, che mi echeggiavano in mente dalla sera prima e da un paio di occhi azzurri che mi guardavano divertiti.
- E’ ora di tornare, Cinderella.-
La sua voce mi arrivò distintamente, come se lui fosse lì, accanto a me.
Spalancai gli occhi di colpo e mi trovai nella totale oscurità. Mi puntellai sui gomiti e mi misi a sedere, mugugnando. La coperta scivolò e un brivido mi corse sulla schiena. La ripresi, coprendomi fino al petto.
Allungai il braccio verso la lampada di vetro verde accanto al letto e tirai la cordicella per accenderla.
Il suo lieve bagliore verdastro riempì il vano della roulotte.
Mi guardai intorno intontita, certa di trovare qualcuno vicino a me, ma era solo un sogno. Fissai imbronciata il mio riflesso dello specchio appeso all’armadio ai piedi del letto e aggrottai le sopracciglia. I capelli sembravano indomabili, erano simili ad un cespuglio. Tentai di appiattirli con le mani, conscia che non appena mi sarei alzata avrei dovuto pettinarli parecchio per farli tornare al loro posto.
Il mio sguardo cadde poi sul led luminoso della radiosveglia. Le tre e mezza. Sospirai e ricaddi nel letto, non prima di aver spento la lampada.
Chiusi gli occhi, coprendoli poi con le mani, per tentare di riaddormentarmi.
Al contrario di quanto volessi, mi sentii improvvisamente sveglia, lo stordimento iniziale dovuto al brusco risveglio sparì del tutto.
Restai immobile per qualche momento, prima di togliermi le mani dal volto e di rannicchiarmi sotto le coperte, tirate su fino all’altezza degli occhi.
Rimasi ad ascoltare il lieve ticchettio del mio orologio da polso, che avevo lasciato sul tavolo accanto al letto. Sbuffai piano e mi girai dall’altra parte, fissando la parete a cui il letto era appoggiato.
Maledii in silenzio la scelta. Ora non c’era nulla che potesse distrarmi.
Il sogno, il ricordo, era ancora vivido nella mia mente e mi metteva in imbarazzo, e sapevo benissimo il motivo.
Ero rimasta in silenzio. Non avevo proferito parola per tutto il viaggio di ritorno ed ero stata tutto il tempo con lo sguardo fisso fuori dal parabrezza della macchina, dritto di fronte a me, concentrandomi sulla strada. Forse era lo stupore, forse era la sorpresa. Ma non parlai.
Fu solo quando arrivammo alle roulotte che risposi piano al suo buona notte, senza riuscire a guardarlo negli occhi.
Ascoltai i suoi passi mentre si allontanava, diretto verso la sua roulotte e non accennai a muovermi fino a quando non sentii la porticina chiudersi.
Andai subito a letto, rossa dalla vergogna, tentando di non pensarci. Forse l’avevo offeso.
Forse avevo rovinato tutto.
Nonostante quei pensieri mi ritrovai a sorridere, quasi stupidamente e come una ragazzina alla prima cotta, ripensando alla serata precedente passata a Portland.
Mi inumidii le labbra con la punta della lingua, riuscendo quasi a sentire ancora il sapore pungente della salsa di soia.
Chiusi gli occhi, lasciando che il ricordo continuasse ad aleggiare nella mia mente e sperando davvero che lui non si fosse offeso.
In un attimo, senza che me ne accorgessi, mi assopii e mi addormentai profondamente, ancora accompagnata dalle immagini della sera precedente.
 
×××
 
Quando mi risvegliai mi sembrò di essermi addormentata solo da qualche minuto.
Non mi resi subito conto di cosa fosse stato a svegliarmi. Non era lo stesso sogno che mi aveva svegliato durante la notte, ma il suono acuto della radiosveglia, unito alla canzone che era partita non appena si era accesa.
Mugugnai mentre mi voltavo per scendere dal letto. Mi stiracchiai, sbadigliando. Allungai il braccio per spegnere il suono continuo della sveglia, ma lasciai continuare la canzone.
Mi lavai la faccia e tentai di sistemarmi i capelli, sbuffando. Mi sentii improvvisamente agitata, al pensiero di dover uscire da lì a poco.
Mi vestii piano, come tentando di perdere tempo, solo per poi rendermi conto del mio comportamento stupido. Cercai di distrarmi, cominciando a canticchiare la canzone, che nel frattempo era cambiata.
- I'll spread my wings and I'll learn how to fly.- intonai, mentre sistemavo il letto, - I'll do what it takes til' I touch the sky.- continuai, prima di buttare via il contenitore del ristorante cinese, che avevo lasciato sul tavolo e che conteneva ancora gli avanzi della sera prima.
- And I'll make a wish, take a chance, make a change.- proseguii, prima di spegnere la radio e indossare la giacca.
- And breakaway.(*)- Aprii la porta della roulotte, ma mi bloccai sulle scale, così come la sera precedente, non appena il mio sguardo si soffermò sulla figura di fronte a me.
Lo osservai, senza capire se era davvero offeso per il mio comportamento dopo il - pronunciare mentalmente quella parola, che avevo accuratamente evitato di pensare, mi provocò un tuffo al cuore - bacio.
- Rob.- riuscii solamente a dire, con voce spezzata, senza riuscire a nascondere il mio nervosismo.
In risposta mi sorrise e si avvicinò, con due tazze fumanti di caffè. Me ne porse una e la afferrai, ringraziandolo.
- E’ appena fatto.- mi disse, senza smettere di sorridere.
Portai la tazza alle labbra e bevvi un sorso. Il caffè era bollente. Tossicchiai piano, mentre lui cominciava a ridere.
- Te l’ho detto che era appena fatto.- riuscì a dire, tra una risata e l’altra.
Lo guardai di traverso per poi sorridere a mia volta, non appena mi resi conto che in fondo, fortunatamente, non se l’era presa.

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Capitolo 3
*** The day after. ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*) Breakaway, di Kelly Clarkson.
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il secondo capitolo del seguito di one night in Portland. Grazie davvero a chi ha commentato il primo capitolo e l’altra fiction
.
E scusate per il ritardo ma la scuola mi sta tormentando.
Ah, le scene sono puramente inventate. Non quella di questo capitolo, dato che è presa dal trailer.
Dopo aver visto il film mi baserò su quello per le altre scene. Sperando che la storia arrivi fino a novembre.


the day after.

2.
The day after
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Sorseggiai piano il mio caffè mentre entravamo nel bosco, per ripetere le riprese del giorno prima. Ormai era quasi freddo e stava perdendo il suo gusto.
Robert cammino alla mia destra fino a che non arrivammo nel punto in cui gli alberi, che fino a qualche metro prima erano talmente fitti da impedire quasi di vedere oltre, cominciavano a diradarsi.
- Senti, Kris.- iniziò Robert, fermandosi e voltandosi verso di me. - Riguardo ieri sera…-
Lasciò in sospeso la frase e mi continuò a guardarmi senza scomporsi. Mi schiarii la voce.
- Oh.- sussurrai, abbassando lo sguardo. - Già….ieri sera.- dissi, con voce roca.
Abbozzai un sorriso, mentre rialzavo il viso per guardarlo.
- Bè, sai.- sentii le guance arrossarsi leggermente. - Mi metti un po’ in imbarazzo.-
- In imbarazzo?- chiese, stupito, lanciandomi uno sguardo incuriosito.
Annuii piano e mi morsi un labbro. - Tu sei….ehm, come dire...- cominciai, evitando di balbettare. - Spontaneo.- riuscii a dire.
Rob mi lanciò un’altra occhiata incuriosita. - Che vuoi dire?- domandò, aggrottando le sopracciglia.
- Bè, come parli. Così diretto, senza imbarazzo.- gli dissi, alzando un sopracciglio.
- Non mi sembra ci sia nulla di cui essere imbarazzati.- replicò, facendo spallucce.
- Se lo dici tu.- ridacchiai e feci per incamminarmi di nuovo.
- Cos’è che ti mette in imbarazzo, di preciso?
Scossi la testa e non mi fermai. Sentii che cominciò a muoversi anche lui e in meno di un attimo mi raggiunse.
- Niente, Rob, niente.- mormorai, sorseggiando quel che rimaneva del caffè.
Feci una smorfia non appena percepii il sapore dell’espresso ormai gelato.
Sentii la sua mano appoggiarsi sulla mia spalla e mi voltai verso di lui.
- Bene, allora esci di nuovo con me?
Restai in silenzio per un attimo, fissandolo stupita. Avrei risposto volentieri ad un’offerta del genere ma le parole sembravano essere sparite in quel momento.
Aprii la bocca per rispondere - o almeno, per provarci - ma Robert mi anticipò.
- Lo prendo per un sì.- disse velocemente, con un sorriso.
In quell’attimo di silenzio la voce di Catherine che ci chiamava giunse a noi.
Rob si abbassò e mi posò un bacio sulla guancia, prima di incamminarsi verso il set e lasciarmi ancora immobile nel bosco.
 
×××
 
Con la fronte appoggiata alla sua potevo sentire il suo respiro caldo sul mio viso. Chiusi gli occhi e inspirai il suo profumo.
Inclinò la testa di lato e si avvicinò, fino a sfiorare le mie labbra.
Concentrati, mi ordinai, hai davanti Edward Cullen.
Il contatto delle sue labbra sulle mie si fece più netto.
Edward Cullen, non Robert, pensai ancora, mentre lui si avvicinava di più.
Dischiusi le labbra ma sussultai e mi allontanai da lui di qualche centimetro.
- E…stop!- urlò Catherine, prima di avvicinarsi a noi.
Il set era cambiato. Ora eravamo in quella che sarebbe stata la camera di Bella.
- C’è qualcosa che non va, Kris?- mi chiese, preoccupata.
- No, niente Cath.- mi schiarii la voce. - Va tutto bene.- le assicurai, con un sorriso.
- Bene, allora la rifacciamo.- si allontanò e riprese posto sulla sua sedia da regista.
Scrollai le spalle e lanciai un’occhiata a Rob.
- Scusami.- sussurrai, seriamente dispiaciuta. Mi rivolse un sorriso in risposta e riprendemmo a girare.
Non mi allontanai, stranamente, e non capii come mai. Riuscii a non muovermi, a rispondere al bacio fino a quando Cath non fermò ancora la scena, questa volta per dire che andava bene, ma che era meglio girarla un’altra volta.
Era già tardi e riuscimmo a girare solo un’altra volta, prima di tornare alle roulotte.
Scesa dal pullmino che ci aveva riportato lì, raggiunsi Robert che stava già rientrando nella propria roulotte.
- Rob!- lo chiamai, correndo verso di lui.
Si fermò e si voltò a guardarmi.
Ripresi fiato. - Va bene.- dissi semplicemente, rivolgendogli un sorriso.
- Va bene cosa?- chiese divertito, anche se sapeva benissimo a cosa mi riferivo.
Alzai un sopracciglio e sbuffai in protesta, anche se sotto sotto non mi dava così fastidio.
- Va bene.- ripetei. - Uscirò ancora con te.- aggiunsi, senza smettere di sorridere.
Le sue labbra si distesero in un sorriso.
- Bene, Cinderella.- esclamò, felice. Sussultai non appena sentii il nome Cinderella. - Ti passo a prendere tra un’oretta. Ti lascio il tempo per prepararti.- disse, facendomi l’occhialino.
- Perfetto.- replicai, con un cenno d’assenso. - Bè, allora a dopo.
Iniziai ad allontanarmi ma sentii ciò che disse subito dopo, sebbene non l’avesse urlato.
- Domani è giornata libera. Quindi stasera niente carrozze che si trasformano in zucca.- le ultime parole scomparirono non appena chiuse la porta della roulotte e io non potei fare a meno di sorridere.

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Capitolo 4
*** Portland, again. ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*) Stop and Stare-One Republic

(**)With me-Sum 41
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il terzoo capitolo del seguito di one night in Portland. Grazie davvero a chi ha commentato
. Non pensavo che questa e l’altra fiction potessero avere un simile successo **
Scusate ancora per il ritardo ma la scuola mi sta tenendo molto impegnata.
Ho notato che iniziare la fiction o mettere nei capitoli una scena partendo dalla registrazione di una scena(scusate la ripetizione) del film è piaciuto quindi continuerò a farlo =) Lo metterò come, diciamo, un “marchio di fabbrica” x°D
Ps le ore di storia sono molto produttive, dico sul serio. La maggior parte di questo capitolo è stata scritta in quell’ora x°D Aggiornerò presto, lo prometto. Aggresive!Kris è in arrivo *w*

Portland, again

3.
Portland, again.
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Restai ferma, lasciando scorrere l’acqua piano, rilassando ogni singola parte del mio corpo. Avevo sempre amato la sensazione che l’acqua provoca quando tocca la pelle. Sarei rimasta per ore sotto la doccia, se mi fosse stato possibile.
Girai piano la manopola della doccia, facendo diventare l’acqua tiepida. Mi sciacquai lentamente i capelli, massaggiandomi piano la testa.
Chiusi l’acqua e uscii dal piccolo vano della doccia. Mi avvolsi nel mio morbido asciugamano che avevo preparato fuori e uscii dal bagno - se così si poteva chiamare il buco adibito a bagno delle roulotte.
Mi diressi nella mini-camera da letto ma mi bloccai, non appena sentii qualcuno pronunciare il mio nome.
- Kris.
Un bisbiglio. Realizzai solo dopo che si trattava di quello ma mi procurò comunque un tuffo al cuore. Emisi un gridolino, spaventata, stringendo forte e reggendo d’istinto l’asciugamano.
Mi guardai attorno, ma ero sola.
- Kris.
Il bisbiglio era diventato più forte. Solo in quel momento compresi che la voce proveniva da fuori. Mi avvicinai alla finestra della roulotte, sempre reggendo l’asciugamano in modo che mi coprisse bene, e lo vidi.
- Rob?- chiese, stupita.
Aprii leggermente la finestra e mi trovai Robert di fronte.
- Non sei ancora pronta?- domandò, aggrottando le sopracciglia.
- Un secondo e andiamo.- replicai.
Si alzò in punta di piedi e io mi spostai leggermente all’indietro.
- Prevedo un’alternativa migliore.- replicò malizioso, alzando un sopracciglio.
- Cretino.- mormorai, chiudendo la finestra.
- Hey.- protestò, ma mi allontanai, non prima di aver tirato la tendina.
- Dammi dieci minuti e sono pronta!- gli urlai in rimando, correndo verso l’armadio.
- Sì, dieci minuti, come no.- lo sentii lamentarsi e ridacchiai.
Mi fiondai verso il comodino e presi il primo completo intimo che trovai - nero, con i bordi rossi - e me lo infilai velocemente, gettando l’asciugamano sul letto. Presi anche un paio di calze nere lunghe di nylon pesanti e le infilai.
Aprii l’armadio e presi una gonna nera e un maglioncino di cotone rosso con collo a V, il mio preferito. Tentai di infilarmi il maglione e la gonna contemporaneamente e mi accorsi di quanto quella scelta, per fare in fretta, fosse stupida solo quando il braccio mi rimase incastrato nella manica.
Sbuffai e mi sistemai. Corsi in bagno per cercare di sistemarmi i capelli, che cadevano flosci e bagnati sulle mie spalle. Li raccolsi con un elastico in uno chignon e sistemai il tutto con delle forcine.
Mi truccai velocemente con un po’ di fard e una traccia di matita. Optai per un ombretto dorato, che mi faceva esaltare gli occhi.
Infilai un paio di stivali neri, con l’esterno simile a velluto, solo dopo aver messo il lucidalabbra. Afferrai di corsa la giacca e presi il cellulare mentre uscivo.
Chiusi la porta della roulotte e scesi le scale, infilandomi il giaccone.
- …and time’s up.- mi accolse la voce di Robert, ancora immobile di fronte alla roulotte.
- Uh?- chiesi, raccogliendo una ciocca ribelle che mi era ricaduta sul viso e portandola dietro all’orecchio.
Guardò annoiato l’orologio e alzò gli occhi, posando lo sguardo su di me.
- Wow. 10 minuti.- disse, fingendosi stupito. - Sei un portento.
Alzai gli occhi al cielo e lo afferrai per un braccio, trascinandolo vero la macchina.
- Allora, dove andiamo?- mi chiese, ridendo.
Mi bloccai e mi girai per fissarlo.
- Dovresti dirmelo tu.- replicai, alzando un sopracciglio.
Fece spallucce. - Ok.
Si avvicinò alla portiera del passeggero e la aprì. Sgranai gli occhi.
- Tu mi hai chiesto di uscire e non sai dove vuoi portarmi?- domandai, tra il divertito e lo stupito.
- Bè….no.-
Roteai gli occhi e salii in macchina, seguita subito da lui. Misi in moto e accesi la macchina.
- Fammi sapere quando hai deciso.
- Ma certo.- replicò, a bassa voce, mentre allungava il braccio per cambiare stazione radio.
La musica si diffuse nell’abitacolo.
Time to make one last appeal… for the life I lead
Stop and stare
I think I’m moving but I go nowhere
Yeah I know that everyone gets scared
But I’ve become what I can’t be, oh
Stop and stare (*)
 
Mugugnai e gli mandai un’occhiata eloquente, affinchè cambiasse canzone. Cambiò stazione radio e sorrisi, riconoscendo la canzone.
Cause it's true
I am nothing without you
Through it all
I've made my mistakes
I'll stumble and fall
But I mean these words(**)
- Uh, sì. Lascia questa!- esclamai.
Cominciai a canticchiarla, senza rendermi conto che potevo sembrare ridicola. Mi voltai e notai lo sguardo perplesso di Robert. Si schiarì la voce.
- Scusa se te lo dico così, ma…bè sei molto più brava come attrice che come cantante.
Scoppiai a ridere. Tornai a concentrarmi sulla strada, mentre entravamo a Portland.
- Allora, dove andiamo?
- Cinema.
Svoltai a destra e parcheggiai di fronte al Cinema 21 Theatre. Scendemmo dalla macchina ed entrammo. Robert si avvicinò al cassiere e comprò due biglietti. Il tipo alla cassa lo guardò per qualche momento e, sebbene avesse tentato di camuffarsi con un cappellino da baseball, sembrò riconoscerlo.
Entrammo in sala - che era semi deserta - e ci sedemmo nei posti centrali dell’ultima fila.
- Kris.- sussurrò Rob, mentre sistemavo la giacca sul sedile davanti a me. Mi sporsi verso di lui e sobbalzai non appena me lo trovai di fronte, a pochi centimetri di distanza.
- Vuoi i popcorn?- domandò, tranquillo.
- Ehm…no.- risposi, con voce improvvisamente roca.
Continuai a fissarlo, spostando lo sguardo dai suoi occhi alla sua bocca e viceversa. Non appena se ne accorse e mi inchiodò con lo sguardo, sentii le guance avvamparmi.
Feci per allontanarmi, ma lui fu più veloce di me e si avvicinò di scatto.
Trattenni il respiro non appena le nostre labbra si sfiorarono. Chiusi per un secondo gli occhi, poi li aprii per perdermi nei suoi.
Potevo sentire il suo respiro caldo colpirmi sul viso e fondersi con il mio.
- Possiamo rimanere così tutta la sera, ma non penso sia produttivo.- bisbigliò, sorridendo.
Deglutii a fatica prima di provare a rispondere. Non appena aprii la bocca, le luci della sala si spensero, facendoci cadere nel buoi totale.
Mi allontanai di qualche centimetro, tentando di concentrarmi sullo schermo che si stava accendendo.
- Scusa.- fu l’unica cosa che riuscii a sussurrare.

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Capitolo 5
*** Brave Cinderella ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: //
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il quarto capitolo del seguito di one night in Portland. Grazie davvero a chi ha commentato
!
Scusate ancora per il ritardo ma la scuola mi sta tenendo molto impegnata, soprattutto nelle ultime due settimane.
Come promesso, ecco a voi Aggressive!Kris.
Premetto che ho finito questo capitolo oggi a scuola, in un momento in cui ero particolarmente incazzata. Che dire, mi ha calmato.
Grazie al cielo.
Buona lettura!

Brave Cinderella

4.
Brave Cinderella.
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Tenni lo sguardo fisso sulle immagini che scorrevano sullo schermo di fronte a me, senza però vederle veramente. Non osai lanciare occhiate alla mia destra e rimasi immobile, senza muovere un muscolo.
- Vado un attimo in bagno.- mi sussurrò Rob, sporgendosi leggermente verso di me.
Gli rivolsi un cenno, senza girarmi, facendogli capire che avevo sentito. Mi voltai solo quando era già di schiena e lo osservai andarsene, seguendolo con lo sguardo fino a che non sparì in fondo alla sala.
Sbuffai e mi coprii il volto con le mani. Mugugnai piano, facendo voltare le persone davanti a me, che mi fissarono incuriosite, per poi tornate a guardare il film.
Ripensai a quello che era successo pochi minuti prima.
Stupida!, mi gridai nella mente, maledicendomi. Ma qual’era il mio problema? Cosa diavolo non andava in me? Cavolo, nessuno mi aveva mai messo così in imbarazzo.
Sbuffai di nuovo, forse troppo forte dato che due teste davanti a me si girarono e mi sibilarono un leggero shh.
Dovevo assolutamente rimediare a quella situazione. Mi alzai di scatto e mi avviai decisa verso il fondo della sala, lasciando la giacca - con tutto dentro: cellulare, soldi e chiavi della macchina - ancora al mio posto.
Scostai la tenda pesante che non lasciava entrare la luce del corridoio nella sala del cinema e mi diressi verso i bagni.
Mi fermai di fronte alle due porte e mi fermai di fronte a quella con l’omino azzurro semi-sbiadito, che portava al bagno degli uomini. Rimasi immobile, aspettando che uscisse.
Robert si bloccò di colpo, non appena mi vide lì fuori.
- Kris?- chiese, con tono preoccupato.
Mi avvicinai velocemente a lui e lo trascinai dentro, controllando poi che non ci fosse nessuno all’interno del bagno maschile.
- Kris, ma che diav-
Non gli lasciai il tempo di parlare. Non volevo che parlasse. Lo sentii prendere fiato poco prima che le mie labbra incontrassero le sue. Mi alzai in punta di piedi e mi aggrappai con una mano al suo maglione di cotone per mantenere l’equilibrio.
Feci muovere le mie labbra sulle sue piano, dolcemente, ma optai per qualcosa di diverso. Cominciai a muoverle con più decisione, stringendomi sempre di più al suo corpo.
Sentii le sue mani salire piano sulla mia schiena, solleticandomi piano attraverso il maglioncino leggero. Un suono, simile ad una risata, mi uscì dalle labbra socchiuse e Robert ne approfittò per cogliermi di sorpresa e far entrare la sua lingua nella mia bocca.
Mugugnai in protesta. Ero io quella che doveva darsi da fare.
Mi baciò dolcemente, continuando a far scorrere le sue mani dietro di me, per tutta la lunghezza della schiena.
Gli infilai la mano libera tra i suoi capelli spettinati, nel tentativo di avvicinarlo ancora di più a me. Lui fece lo stesso, portando una mano dietro alla mia testa. Si aggrappò ai miei capelli legati, ancora umidi.
La struttura di forcine e mollette che li teneva insieme cedette, lasciando cadere i capelli in ciocche scomposte insieme alla miriade di decori che li teneva su.
- Scusa.- sussurrò, tra un bacio e l’altro.
- Non importa.- bisbigliai in risposta, continuando a baciarlo.
Con un braccio mi circondò la vita e mi alzò leggermente per stringermi di più a lui.
Sorrisi e gli morsi piano il labbro inferiore, facendo mugugnare Robert. Un rumore improvviso, simile ad un tonfo sordo, ci fece sussultare e io mi allontanai di scatto da lui.
Lo guardai preoccupata. Non osai immaginare cosa avrebbe potuto pensare qualcuno che fosse entrato in quel momento per caso e ci avesse visto così, spettinati ed affannati.
Di certo non era una scenetta usuale per un bagno di un cinema.
- Cos’è stato?- mormorai, con la voce spezzata per il fiato corto.
Robert fece spallucce e mi lanciò un’occhiata perplessa. Guardai fuori dalla porta e scoppiai a ridere, non appena capii che era stata la chiusura (alquanto violenta) della porta del bagno delle donne a farci spaventare.
Comprendendo che forse quello non era il miglior posto per stare da soli, mi avvicinai a Rob e gli posai un bacio sulle labbra, leggermente gonfie ed arrossate, e uscii, non prima di aver raccolto da terra tutto ciò che era caduto dalla mia testa.
- Wow.- lo sentii sussurrare stupito, mentre la porta del bagno si chiudeva dietro di me.
E mentre tornavo in sala, non potei fare a meno di distendere le labbra in un sorriso.
Ormai il film era quasi a metà, ma non mi importava. Mi sedetti tranquillamente al mio posto, aspettando che uscisse dal bagno.
L’imbarazzo che mi aveva colto prima era sparito. Una parte di me era ancora alquanto sorpresa e confusa per quella situazione, ma veniva zittita dall’altra parte di me, che sussultava ogni volta che Rob mi appariva di fronte e che in quel momento stava festeggiando con champagne e caviale per quello che era appena successo.
Sospirai piano, ancora sorridente e una risatina mi uscì dalla gola, non appena intravidi Rob entrare nella sala e tornare a sedersi accanto a me.

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Capitolo 6
*** Ops, there's a man in my bed ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: //
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il quinto capitolo del seguito di one night in Portland. Grazie davvero a chi ha commentato. E grazie alle 39 persone che hanno messo la storia tra i preferiti *___________* Je v'aime <3
!
Scusate per il titolo, è una cavolata x°D
Buona lettura!
ps non betata. Se ci sono errori ditemelo che sistemo =) Grazie!

Quinto capitolo;

5.
Ops, there’s a man in my bed.
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Non volevo svegliarmi. Restai accoccolata sotto la coperta, mentre il suo dolce tepore mi avvolgeva. Quando la sveglia suonò mi voltai di malavoglia e allungai fuori un braccio da sotto e lenzuola. Il freddo pungente del mattino mi colpì, facendomi venire la pelle d’oca.
Tenni gli occhi chiusi e agitai la mano nell’aria fino a che non tastai qualcosa.
Qualcosa che non era la sveglia. Decisamente non lo era.
Il fatto che continuasse a suonare me ne diede la certezza. Aprii di scatto gli occhi e lentamente misi a fuoco ciò che avevo davanti.
Una chiazza scura che poco a poco divenne più nitida, facendomi capire cosa- o meglio, chi- avevo di fronte.
Mi misi seduta, aiutandomi con una spinta del braccio e lo osservai, senza staccare la mano da quello che poi vidi essere il suo maglione.
Robert era lì. A letto. Nel mio letto. Osservai il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente, la bocca socchiusa e l’espressione beata che aveva sul volto.
- Rob.- sussurrai, muovendo piano la mano sulla sua pancia.
Mi abbassai verso il suo viso.
- Rob.- bisbigliai ancora, a pochi centimetri dal suo orecchio.
Sgranai gli occhi. Non si svegliava. Mi rialzai piano e scivolai in fondo al letto, finendo di fronte allo specchio ai suoi piedi.
Oh mio Dio, pensai non appena vidi il mio riflesso. I capelli erano peggio della mattina precedente. Si erano gonfiati ed erano diventati mossi. Cercai di sistemarli inutilmente con le mani. La situazione sulla mia faccia non era migliore. Il poco trucco che avevo messo il giorno prima era sbavato, lasciando macchie nere intorno agli occhi.
Indossavo ancora i vestiti della sera prima, stropicciati e spiegazzati. Lanciai un’ultima occhiata a Robert, che stava ancora dormendo beato nel mio letto.
Scossi piano la testa, sospirando. Ci eravamo addormentati vestiti - e sottolineai il vestiti nella mia mente- nel mio letto. Bene. Il problema era uno solo. Come diavolo ci eravamo arrivati?
I miei ricordi si fermavano al rientro il sala, dopo il mio- ehm - attacco alle sue labbra. Trattenni una risata mentre il ricordo riaffiorava.
E dopo? Buio. Eppure non avevamo bevuto, ne ero certa. Aggrottai le sopracciglia. Mi ero addormentata? Impossibile.
Un bofonchio sommesso alle mie spalle interruppe il mio soliloquio mentale e mi fece capire che Rob si era svegliato. Si mise a sedere, facendo ballare piano il letto.
Mi voltai verso di lui e lo vidi socchiudere gli occhi per mettere a fuoco la stanza.
- Buongiorno.- disse, rivolgendomi un cenno, con voce impastata dal sonno.
- Hey.-
Si guardò intorno e si passò una mano fra i capelli - meravigliosamente - scompigliati.
- E’ la tua roulotte.- costatò, lanciandomi un’occhiata incuriosita.
Non risposi e tornai a voltarmi verso lo specchio, cercando ancora una volta di sistemare come meglio potevo i capelli. Tutto inutile.
Lasciai cadere le braccia, sconfitta. Sospirai piano.
- Che è successo ieri sera?- chiesi, alzandomi dal letto.
Sembrò pensarci un attimo.
- Mi hai baciato.- rispose lui piano, alzando un sopracciglio.
- Sì, lo so.- replicai con voce improvvisamente roca.
- E anche bene.- aggiunse, con un sorriso malizioso.
Ignorai l’improvviso calore alle guance.
- Intendevo dopo.- specificai.
- Ah.- si limitò a dire. - Siamo tornati qui.- aggiunse semplicemente.
- Hai guidato tu?- chiesi, cercando di ricordare.
- Sì. Tu sembravi ko. Ti sei addormentata in macchina. E ti ho portato in braccio fino al letto.-
- E ci sei rimasto, vedo.- dissi, sorridendo.
Ricambiò il sorriso e mi squadrò, soffermandosi sul mio volto. Scoppiò a ridere senza ritegno.
- Sembri un panda.- disse, fra una risata e l’altra.
Sbuffai e andai in bagno per sistemarmi. Mi lavai velocemente la faccia e affondai il volto nell’asciugamano, strofinando piano. Rifiutai di mettere mano ai capelli, avrei aspettato il pomeriggio, dopotutto quello era un giorno libero.
Feci per uscire dal bagno, ma trovai Rob sullo stipite della porta, pronto ad aspettarmi. Era appoggiato al lato della porta, a braccia conserte, e mi fissava con un sorrisino stampato in faccia.
- Ho notato che hai affinità con i bagni.- mormorò, a voce bassa. - E che hai anche un lato nascosto.- aggiunse, con una risatina.
Lo fulminai, ma mi avvicinai a lui. Mi alzai leggermente in punta di piedi, quasi fino a sfiorare la sua pelle.
- Smettila di essere ironico.- lo intimai, con scarsi risultati, dato che mi scoppiò a ridere in faccia.
Tornai sui miei passi ma con un braccio Robert mi afferrò per la vita, facendomi finire- letteralmente- addosso a lui. Prima che potessi parlare, le sue labbra furono sulle mie.
Risposi con passione al bacio e socchiusi le labbra, per permettergli un contatto più profondo. Assaporai fino in fondo quel bacio, ma all’improvviso, il rumore sordo di alcuni colpi alla porta ci fece sussultare.
Mi trascinai fino alla porticina, mentre Robert rimaneva fermo davanti al bagno, e la aprì, trovandomi di fronte la faccia di Nikki - stranamente con parrucca, lenti a contatto e trucco a posto, il che mi diede la stessa strana sensazione che provavo quando ero con lei in versione Rosalie sul set - che mi guardava sconvolta. Mi squadrò, guardando incuriosita l’ammasso informe che avevo al posto dei capelli. Ne ero certa, il mio aspetto era ancora orribile. Ma almeno non per lui.
- Kris!- esclamò, agitando le braccia. - Dove eri fini-
Si bloccò e i suoi occhi si sgranarono, non appena Rob apparve al mio fianco. Tossicchiai piano, facendo finta di niente.
- Dove diavolo eravate finiti?- concluse, senza smettere di far andare il suo sguardo da me a Rob e viceversa.
- Qui.- risposi, soffocando una risatina. - Perché?-
- Siete in ritardo!- diede un’occhiata all’orologio. - Siamo in ritardo.-
- Per cosa?- chiese Rob, con voce ancora assonnata.
- Catherine ha cambiato i programmi.- spiegò, agitata. - Tra oggi e domani finiremo le ultime scene.-
- Cosa?- sbottai, incredula. - Ma oggi era giorno libero!-
- Lo so.- replicò, scuotendo la testa. - Ma cosa pensi? Che mi piaccia andare in giro vestita da Rosalie come se nulla fosse?-
Robert ridacchiò e lo fulminai.
- Vi aspettiamo al pulmino. A dopo!- corse via, sicuramente ad avvisare che ci aveva trovati.
Sbuffai. Le riprese stavano per terminare. E io ero davvero da sistemare. Guardai Rob e il mio sguardo cadde sui suoi capelli. Forse anche lui aveva bisogno di una sistematina.
- Bè, comincio ad andare.- disse, voltandosi verso di me.
Scese i gradini della roulotte e si girò per guardarmi. Si sporse verso di me, afferrandomi poi per la vita.
- A dopo.- sussurrò, sfiorandomi piano.
Mi posò un bacio leggero sulle labbra e se ne andò. Lo fissai finché non lo vidi sparire nella sua roulotte.
Sospirai. Ora che le cose stavano andando bene, rischiavano di finire.

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Capitolo 7
*** Decisions ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: //
Note dell'Autore:  Ecco qua il sesto[caspita, mica pensavo che la fiction sarebbe arrivata fino a questo punto °°] capitolo del seguito di one night in Portland.

Questo capitolo è un po’….così. Non mi convince molto. Ma volevo far passare velocemente alcuni mesi, per attualizzare la fiction con gli ultimi eventi legati a Twilight. Ah, il fratello di Kris si chiama Cameron. Tanto per la cronaca. =)
Ci siamo spostati a Los Angeles *w* E qualcuno è venuto a per Kris. u.u
Vi consiglio di leggere anche ;;ménage à trois, anche se ai fini di questa storia non è importantissimo. Grazie a chi lo farà, a chi ha commentato e a chi ha messo la storia nei preferiti[che sono lievitati a 46]!

;;decisions
 
 
 6.
Decisions.
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Il rientro a casa fu traumatico. Dopo quasi quattro mesi passati lontano da tutto e tutti, dopo aver visto le stesse facce, ormai considerate amiche, per giorni e giorni, ritornare alla vita normale mi sembrò molto strano.
Mi tenevo ancora in contatto con Nikki, con la quale avevo instaurato una profonda amicizia, soprattutto dopo la vicenda della roulotte, con Catherine ovviamente, ma anche con il resto del cast. Di lì a poco sarebbero iniziati gli eventi pubblici, le interviste, le cerimonie di premiazione dove il film sarebbe stato premiato. Per non parlare delle premiere.
Per i primi giorni di libertà - anche se le richieste per nuovi ruoli mi assillavano già - decisi di rimanere a casa, chiusa nella mia stanza. Passai ore ed ore a fissare il soffitto, seduta sul mio letto. Non volevo vedere nessuno, tanto meno lui. E non Robert. Lui, Michael. Quello che avrei dovuto considerare il mio fidanzato. Teoricamente lo era, ma non riuscivo più a considerarlo tale.
Una volta tornata a casa mi resi conto di quanto quei quattro mesi avessero cambiato le cose. Di quanto quel lasso di tempo avesse cambiato me.
Nonostante mi fosse venuto a trovare più volte sul set, soprattutto verso l’inizio e la fine delle riprese, non ero riuscita a pensare a lui, quella notte a Portland. Non ero riuscita a sentirmi in colpa, ogni volta che le labbra di Robert toccavano le mie.
Sospirai piano, affondando la testa nel cuscino. Un colpo alla porta mi ridestò. Mugugnai in risposta, senza alzare lo sguardo.
La porta si aprì con un cigolio e la voce di mio fratello entrò nella stanza.
- Kris.- mi chiamò e sentii i suoi passi avvicinarsi al letto.
Alzai la testa, guardandolo.
- Che c’è, Cam?- domandai, a bassa voce.
- Ehm. C’è Michael al telefono.-
Mi porse il telefono e lo presi.
- Grazie.- sussurrai, mettendomi seduta. Lo guardai uscire dalla stanza, prima di parlare.
- Mike?- iniziai, mentre cominciavo a diventare nervosa.
- Hey Kris.- la voce entusiasta di Michael mi colpì, forte come uno schiaffo. - Quando sei tornata?-
- Qualche giorno fa.- risposi, tentando di non far tremare la voce. - Pensavo di avertelo detto.-
Lo sentii ridacchiare. - Sì, ma volevo comunque sentirti.-
Ci fu un attimo di silenzio.
- Possiamo vederci?- chiese poi Michael, speranzoso.
Sospirai, non sapendo che rispondere. Se ci fossimo visti subito, gli avrei detto tutto, senza pensare bene a come dirlo. E mi sarei sentita in colpa, anche se sapevo benissimo chi volevo.
Provai a trovare le parole, ma qualcosa mi distrasse. Il cellulare posato sul comodino vibrò, annunciandomi l’arrivo di un nuovo messaggio.
Lo afferrai, quasi gettandomi verso il mobiletto, non appena riconobbi il numero.
 
Faresti da guida ad un povero inglese sperduto?
Ti aspetto davanti allo Starbucks di Sunset Blvd.
R.
 
- Ehm, Mike.- dissi, ricordandomi di essere ancora al telefono. - Oggi non posso. Vorrei riposarmi un po’, sono distrutta.-
- Ok.- replicò, senza nascondere la delusione. - Allora ci sent-
- Ti chiamo io.- lo anticipai, scoccandogli un bacio volante e chiudendo la chiamata. - Scusa.- sussurrai poi, al telefono ormai muto.
Dammi cinque minuti. Digitai velocemente sul cellulare, alzandomi dal letto e gettando alle mie spalle il telefono. Schiacciai il tasto send e corsi all’armadio, non prima di aver appoggiato il cellulare sulla scrivania di fronte al letto.
Infilai in fretta un paio di jeans e una maglietta scura con collo a V. Presi un paio di All Star e uscii di corsa dalla camera, con la borsa e il cellulare in mano.
- Io esco.- urlai a Cam, seduto di fronte al televisore in salotto. Aprii la porta e la richiusi subito alle mie spalle. Corsi al garage e misi in moto la macchina.
Guidai con calma, anche se in realtà l’agitazione stava prendendo il sopravvento. Parcheggiai a due traverse dalla Sunset Blvd, ringraziando il cielo di aver trovato il posteggio.
Mi incamminai verso lo Starbucks, quasi correndo, per poi rallentare poco prima di svoltare l’angolo e cominciare a camminare nel modo più naturale possibile.
E lo vidi lì, sotto l’insegna del bar. Sentii invadermi dal panico, non sapevo più che dire.
Prova con un ciao, tanto per iniziare, pensai. 
Mi avvicinai a grandi passi, raggiungendolo subito.
- Ciao.- lo salutai, con voce improvvisamente roca.
Mi sorrise e ricambiò il saluto.
- Entriamo?- propose, indicando la porta dello Starbucks.
- Certo.- accettai con un sorriso.
Entrammo e prendemmo posto ad un tavolino nascosto, in un angolo del locale. Mi guardai intorno.
- Sei preoccupata?- mi domandò, con un ghigno.
- No. Affatto. Perché dovrei esserlo?- replicai subito.
Fece spallucce. - Qualcuno potrebbe vederci.-
E quel qualcuno non sono i paparazzi, aggiunsi nella mia mente. Non l’aveva detto, ma di sicuro l’aveva pensato. Lo dedussi dall’espressione del suo viso.
Una cameriera si avvicinò a noi e prese le ordinazioni. Incrociai le braccia e mi appoggiai sul tavolino, senza saper cosa dire. O come iniziare un discorso almeno.
- Allora.- provai ad iniziare. Robert alzò lo sguardo verso di me, facendomi dimenticare per un momento cosa volevo e stavo per dire. - Come va?- aggiunsi, tutta d’un fiato.
- Bene.- rispose, aggrottando le sopracciglia.
Ci fu un altro momento di silenzio, interrotto dalla cameriera che ci portava i nostri caffè. La ringraziai e mi concentrai sul caffè, sullo zucchero e su una qualsiasi altra cosa che poteva catturare la mia attenzione in quel momento.
Avevo preso la mia decisione, ma avevo paura. Paura che qualcosa in lui, da quando le riprese erano terminate, fosse cambiato. Per causa mia.
- Ho preso una decisione.- gli dissi, sorseggiando piano il mio caffè.
- E sarebbe?- chiese, cercando di suonare indifferente. Una nota preoccupata nella sua voce lo tradì.
Sospirai.
- Ci ho pensato molto.- cominciai, del tutto sincera. - E vorrei continuare ad uscire con te.-
Rimase in silenzio, come se stesse valutando attentamente le mie parole.
- E il tuo ragazzo?- la sua voce era leggermente alta per l’emozione. Si schiarì piano la gola. - Cosa ne pensa Michael di tutto questo?- domandò, suonando leggermente ironico.
A volte era proprio insopportabile. Ma questa volta era mia la colpa, non potevo incolparlo.
Scossi la testa.
- Non lo sa ancora. Non mi va di dirglielo per telefono.- sorseggiai ancora il mio caffè. - Michael è come un amico. Molto intimo, ma rimane pur sempre un amico. Non riesco a considerarlo il mio fidanzato.-
Non dopo quello che è successo in questi quattro mesi, pensai, ma evitai di dirglielo.
- Vorrei che lo avessi capito prima.- replicò Robert a bassa voce, con un’espressione strana sul viso che mi gelò il sangue.
- Sai.- iniziò, guardandomi negli occhi. - Non mi è mai successa una cosa del genere prima d’ora.-
- Una cosa di che tipo?-
Si sporse in avanti sul tavolino. Lo imitai.
- Voler così tanto una persona.- sussurrò. Un improvviso calore mi colpì le guance. Abbassai gli occhi, in imbarazzo. Pensavo di aver superato da un pezzo quel problema.
Le sue dita furono sul mio mento e mi alzarono piano il viso. Mi persi per un momento nei suoi occhi. Si sporse ancora di più per potermi baciare.
Fu un bacio lento e delicato, come quello che mi aveva dato a Portland e che mi mancava. Si allontanò di qualche centimetro da me.
- Allora, mi fai o no da guida?- chiese, sorridendo.
Ridacchiai, prima che le sue labbra catturassero le mie in un altro bacio.

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Capitolo 8
*** Being Edward Cullen would be useful. ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: //
Note dell'Autore:  Ecco qua il settimo capitolo del seguito di one night in Portland.

Siamo ancora a Los Angeles, periodo della premiere *w* Quindi poche settimane fa.
Ehm, niente di esplicito. Non in questa fiction almeno. Se scriverò qualcosa a rating rosso su questi due- che a mio parere farebbero scintille a letto - lo farò in una one-shot.
Ah, qui vale la stessa cosa del capitolo precedente. Non mi convince, non c’è niente da fare. Ultimamente sono molto critica riguardo a quello che scrivo .___.mancano due o tre capitoli, poi l’epilogo è già pronto. Ma nulla mi vieta di scrivere un seguito, no?
Ultimissima cosa. La fiction sta giungendo al termine.
Come sempre buona lettura.
Ps capitolo non betato, scusate i possibili errori.
 
Being Edward Cullen would be useful. 

 
 7.
 Being Edward Cullen would be useful.
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Le settimane che seguirono il nostro incontro furono piene di impegni. Interviste, servizi fotografici, partecipazione a programmi televisivi. La cosa che mi faceva più piacere era che, essendo i protagonisti del film, eravamo spesso- anzi, spessissimo- insieme.
Alla fine ero riuscita a dire a Michael che tra noi non poteva esserci più nulla. Non senza alcun rimorso, ovviamente. E’ sempre stato così e sempre sarà: ogni volta che devo dare una notizia brutta a qualcuno, mi sento in colpa.
Lui sembrò capire e per qualche giorno mi lasciò quell’impressione, ma dopo qualche tempo cominciò a seguirmi ovunque e io non riuscii ad impedirglielo.
- Non siamo più insieme, ma non abbiamo smesso di essere amici, no?- continuava a ripetermi, ogni volta che gli chiedevo qualche spiegazione.
E a quello non potevo controbattere, dato che erano le parole che avevo usato quando avevo rotto con lui. Ogni volta mi ritrovavo a sospirare e ad accettare la sua presenza, sapendo però che a Robert non andava giù.
Si era dimostrato…geloso. O almeno così sembrava a me. Una volta provai a chiederglielo, per curiosità. Si era limitato a rispondermi ad una battuta alla Pattinson e a cambiare argomento con nonchalance, parlando del tempo e di altro di poco conto.
E quelle piccole cose mi procuravano un piacere immenso.
Con il passare del tempo gli impegni divennero sempre più numerosi e cominciarono a riguardarci separatamente. Se io avevo un servizio fotografico, lui aveva un’intervista con qualche giornale. E viceversa.
Era difficile anche vedersi perché potevamo trovarci in paesi lontani chilometri. Riuscivamo solo a scambiarci sms con il telefono.
Non riuscivo ancora a vederci come una coppia e non ne capivo appieno il motivo. Era tutto così strano, nonostante l’imbarazzo iniziale fosse svanito del tutto ora che mi ero resa conto di quanto ci tenessi a lui.
Quando arrivò novembre, quasi non me ne accorsi. La breve visita a Roma, per la presentazione del film, segnò l’inizio delle premiere. E lì saremmo stati insieme.
La sera prima della premiere a Los Angeles ero sgattaiolata fuori di casa e l’avevo raggiunto in albergo, per fargli una sorpresa. Mi ci volle un bel po’ per decidermi ad andare.
Inutile dire che lui ne fu più che felice. E che non dormimmo molto quella notte.
Quando mi svegliai la mattina successiva, mentre i primi raggi di sole filtravano attraverso le tende della stanza, ero leggermente frastornata.
Rob stava ancora dormendo. Mi tirai su aiutandomi con un braccio, mi voltai verso di lui e alzai un po’ la testa, appoggiandola il mento sul palmo della mano.
Osservai l’espressione beata che aveva sul viso e non riuscii a non sorridere. Si svegliò poco dopo e mi saluto con un flebile Hey, seguito da uno sbadiglio.
Mi lasciai cadere indietro, affondando la testa nel cuscino, sempre girata verso di lui.
Si portò una mano sugli occhi, infastidito dalla luce, anche se flebile, del mattino.
- Che sonno.- mormorò piano, con la voce impastata dal sonno.
- Sai, una caratteristica di Ed non ti farebbe male.- bisbigliai piano, cercando di non scoppiare a ridere.
Spostò la mano dagli occhi e mi guardò.
- E sarebbe?- chiese. Impossibile non notare la nota divertita nella sua voce.
Sorrisi al pensiero di quello che stavo per dire. - Bè, non stancarsi mai sarebbe alquanto utile.- gli feci notare, alzando un sopracciglio. - E’ un bel vantaggio.-
- Sai.- replicò lui, leggermente - e falsamente - preoccupato. - A volte mi fai paura.-
Soffocai una risatina.
-  Mi sei mancato, tutto qui.- sussurrai, stringendomi a lui e affondando la testa nel suo petto. - Abbiamo perso un sacco di tempo.-
In tutta risposta ridacchiò, avvicinandomi a sé con un braccio. Sospirò piano.
- Non sono sicura che tu voglia che io abbia quel lato di Cullen.- bisbigliò, con una punta ironica nella voce.
Non potevo saperlo poiché non lo vedevo in faccia, ma ero certa che sulle sue labbra ci fosse stampato un ghigno.
Aggrottai le sopracciglia.
- E perché mai?- replicai, senza capire. - Guarda che non dicevo sul serio.-
Ignorandomi, con un gesto repentino, spostò il braccio che teneva sulla mia schiena e mi afferrò per un braccio, mentre l’altra mano faceva lo stesso. Sgranai gli occhi, presa in contropiede. Un gemito di sorpresa mi salì dalla gola.
Si tirò su a sedere e mi trascinò con sé. Ero praticamente a cavalcioni su di lui.
Mi coprii d’istinto, mentre le guance andavano in fiamme. Lui si limitò a sghignazzare.
Posò le sue labbra nell’incavo del mio collo, per poi lasciare una scia di baci fino alla mascella. Mi mordicchiò piano proprio vicino al mento. Sbuffai in protesta, provocandogli un’altra risatina.
- Dovrei andare.- sussurrai, mordendomi un labbro.
- Hai appena detto che abbiamo perso un po’ di tempo.- rispose a bassa voce, facendomi tornare con la schiena appoggiata al letto. Le mie mani si intrecciarono fra i suoi capelli.
Le sue labbra si appoggiarono di nuovo al mio collo, provocandomi un brivido lungo la schiena.
Chiusi per un momento gli occhi, tentando di non cedere e dargliela vinta.
- So quello che ho detto.- riuscii a dire, con difficoltà. - Ma non posso presentarmi così alla premiere, o sbaglio?
Rob alzò la testa per fissarmi. Inarcò un sopracciglio e parlò.
- Non sarebbe male.- disse divertito.
Alzai gli occhi al cielo e mi misi seduta.
- Avanti, c’è ancora tempo.- si lamentò, aggrottando la fronte.
Stinsi le labbra, ricambiando il suo sguardo. Infine sospirai, dopotutto aveva ragione.
-Ok. Resto ancora un po’.- mormorai, con un sorriso.
Riuscii a intravedere il ghigno stampato sulle sue labbra, non appena si avvicinò velocemente a me, facendomi ricadere sul materasso, e mi baciò.

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Capitolo 9
*** You love me, don't you? ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: //
Note dell'Autore:  Ecco qua l’ottavo capitolo del seguito di one night in Portland.

Sono sempre più sorpresa dal numero di preferiti su EFP, arrivato a 65!.
Capitolo scritto nell’ora di latino, con la mia compagna di banco che continuava a cercare di sbirciare -___- Quindi non so come sia venuto x°D
Anyway, hope you like it_
Come sempre buona lettura.
Ps capitolo non betato, scusate i possibili errori.
Ps2 vorrei consigliarvi di leggere questa raccolta, a cui tengo molto. You set my soul alight. Grazie a chi leggerà e commenterà.
 

You love me, don't you? 
 
 8.
 You love me, don’t you?
- FACT, NOT FICTION -
 
×××
 
Il dolore lancinante ai piedi stava diventando insopportabile. Tentai di camminare nel modo più normale possibile, ma tutto quello che ottenni fu barcollare per un tratto del tappeto rosso. Evitai di fermarmi per firmare qualche autografo, avrei dovuto ricominciare tutto da capo.
Sbuffai piano, senza farmi vedere e mi avvicinai al resto del cast.
Robert mi lanciò un’occhiata preoccupata.
- Ahia.- mormorai, rivolta verso di lui.
Si avvicinò e fece scivolare il suo braccio dietro la mia schiena, sostenendomi.
- Che succede?- bisbigliò al mio orecchio, rivolto però con un sorriso ai fotografi davanti a noi.
Mi tirai dietro l’orecchio una ciocca che era sfuggita e mi voltai anch’io, sforzando ti stendere le labbra in un sorriso.
- Mi fanno male i piedi.- replicai dopo, sempre a bassa voce.
Ci spostammo piano, fermandoci qua e là per gli autografi e per le foto, anche se ad ogni movimento una fitta mi colpiva i piedi.
Non riuscii a non guardarlo. Continuavo a lanciargli occhiate veloci, senza che se ne accorgesse. Era a dir poco perfetto in quel vestito nero. I capelli scompigliati - come al solito - non stonava con l’abito elegante, anzi, miglioravano l’aspetto complessivo.
Si passò una mano tra i capelli, prima di firmare l’ennesimo autografo. Ridacchiai.
Mi trovai accanto a lui più spesso di quanto mi aspettassi, per lo più per le foto e ogni volta, ogni contatto era accompagnato da un improvviso batticuore.
Era la stessa sensazione di Portland, ma io pensavo di aver superato quella fase da mesi.
E vederlo accanto alle centinaia di fan accalcate alle transenne, che tentavano di toccare allungando le braccia per trascinarlo a sé in modo alquanto inquietante, come delle assatanate, mi rendeva ansiosa. Continuavano a toccarlo.
E in quel momento provai una sensazione nuova, che fino a quel momento era stata sepolta chissà dove. Lo sentivo mio. Una mia proprietà, che nessuno doveva toccare o desiderare.
Fino a quel momento nulla di simile mi aveva scombussolato.
Era mio, solamente mio.
Aggrottai la fronte e distolsi lo sguardo, tornandomene al centro del tappeto rosso, accanto a Nikki. Ci avvicinammo progressivamente all’ingresso del Village Theatre.
Fu difficile non notare lo sguardo preoccupato che Nikki mi lanciò e tentai di rilassare l’espressione sul mio viso.
I flash erano talmente tanti che quando entrammo nel cinema mi pareva di vedere piccoli puntini luminosi ovunque. Appena entrati dissi a Nikki che dovevo andare in bagno per un momento e lei mi seguì. Entrammo nel bagno femminile, appena fuori dalla sala e mi issai accanto al lavandino, aiutandomi con le braccia, mentre Nikki si serviva della toilette. Tolsi le scarpe e le lasciai cadere a terra. Piegai la testa all’indietro, chiudendo gli occhi, e assaporai la sensazione di fresco sui piedi, facendoli oscillare piano avanti e indietro.
Nikki uscì dal bagno e mi raggiunse al lavandino. Non appena mi vide scoppiò a ridere.  Alzai una palpebra e le lanciai uno sguardo divertito.
- Mh, lo so.- dissi, mordendomi un labbro. - Sono ridicola.-
- Sembri distrutta.- constatò, con un sorriso stampato sulle labbra.
Annuii lentamente, piegando la testa in avanti. Allungò una mano verso il rubinetto e girò il pomello dell’acqua calda, che uscì con uno schizzo improvviso.
Sobbalzai piano, ma l’acqua non mi aveva raggiunto. Nikki si sciacquò le mani, senza smettere di fissarmi.
- Che c’è?- le domandai, inarcando un sopracciglio.
- Se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero?- chiese, preoccupata.
- Certo.- risposi in automatico, scendendo dalla base di finto marmo del lavandino.
Il contatto con il pavimento freddo mi procurò un brivido, che mi percorse la schiena.
Si asciugò lentamente le mani senza aggiungere altro. Continuai a guardarla, in attesa.
- Sei diversa, Kris.- disse infine. - Sicura che non sia successo niente?-
Non seppi rispondere immediatamente. Ma soprattutto non sapevo cosa rispondere. Mi schiarii la voce.
- Non è successo niente.- riuscii a dire, con un sorriso. O una smorfia, a giudicare da quello che uscì. - Bè, niente di brutto.- aggiunsi.
Mi abbassai e mi infilai le scarpe. Andava un po’ meglio. Quando mi rialzai Nikki era immobile davanti a me, il suo sguardo ancora su di me.
Scosse piano la testa.
- Prima, di là.- iniziò, con la voce leggermente più alta del normale. - Avevi un’espressione strana.-
- Oh. Quello.- replicai, capendo a cosa si stesse riferendo. - Non era niente.- continuai, facendo spallucce.
Alzò un sopracciglio e sospirai piano. Impossibile mentire con lei.
- Bè, niente di brutto.- ripetei e poi mi resi conto che forse, se mi fossi confidata con lei, mi sarei tolta un peso. Dopotutto era mia amica.
- Nikki, hai mai tenuto ad una persona più di ogni altra cosa al mondo?-
Sembrò pensarci un attimo e quando rispose il suo tono era comprensivo.
- Sì.-
Abbassai lo sguardo, mordendomi un labbro.
- Si tratta di Robert?- chiese all’improvviso.
Sgranai gli occhi e li rialzai. Annuii, sospirando.
- Se ci tieni a lui penso che tu debba dirglielo.- mi consigliò. - Dopotutto vi frequentate da parecchio.-
Alzai un sopracciglio. Da parecchio, da molto più di quello che pensava lei, che ci aveva trovati nella stessa roulotte poco prima della fine delle riprese.
Ma io non ero sicura. Non ero sicura che quello fosse - solo la parola mi sembrava strana - amore. Il fatto che tenessi a Robert era inattaccabile, ma come facevo ad essere sicura che fosse amore? Mi ero dimostrata gelosa - sì, perché era proprio gelosia - solo poco prima e avevo pensato che lui fosse solo mio. Ma ciò non mi dava la certezza che cercavo.
E se anche ne fossi stata sicura al cento per cento, come potevo sapere se anche per lui era la stessa cosa?
- Andiamo in sala.- annunciai infine, dirigendomi a grandi passi verso l’uscita del bagno.
Forse parlarne non era stato il massimo, le mie idee erano più confuse di prima.
Presi posto accanto a Robert, che aveva lasciato un sedile libero per me. Alla mia destra si sedette Nikki. Lanciai un’occhiata a Catherine, in fondo alla fila, accanto a Peter, e la salutai piano con la mano.
Sorrisi a Robert, che si sporse leggermente verso di me. Senza pensarci mi avvicinai a lui, spinta da una volontà irrazionale.
- Ti amo.- gli sussurrai all’orecchio, proprio mentre il buio scendeva nella sala. Trattenni il fiato per un istante. Tutti i problemi che mi ero fatta poco prima sembravano spariti, lasciando spazio alla paura. Paura della sua risposta.
Si voltò di scatto verso di me e notai i suoi occhi spalancati. Rimase immobile, fissandomi con la bocca leggermente socchiusa.
Gli sorrisi e mi concentrai sullo schermo, sul quale scorrevano le prime immagini del film.
Avevo fatto quello che Nikki mi aveva consigliato, cancellando ogni esitazione.
Lo amavo, ma lui provava lo stesso per me?

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Capitolo 10
*** What I was looking for. ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*)esiste davvero e si trova al 3-7 Stamford Street. Non so dirvi se si affacci sul London Eye, perché non sono mai stata a Londra, però è vicino.
Note dell'Autore:  Ecco qua il nono, nonché penultimo, capitolo del seguito di one night in Portland. L’epilogo della storia, come ho già detto, è già stato scritto. Questo capitolo è leggermente più lungo degli altri ;)

Scritto relativamente in poco tempo, considerando che prima aggiornavo più lentamente.
Come sempre buona lettura,
Sara;;
Ps capitolo non betato, scusate i possibili errori.
Ps2 //spazio pubblicità// vorrei consigliarvi di leggere questa shot, a cui tengo molto. sunburn_he can’t look away. Grazie a chi leggerà e commenterà.
Ps3 piccolo riferimento temporale. La notizia del sequel è arrivata il 22 novembre, quindi la domenica di cui parlo è il 29, ovvero domenica scorsa.
 
 
 
What I was looking for.
 9.
 What I was looking for.
- FACT, NOT FICION -
 
×××
 
Non ottenni le parole che volevo sentir uscire dalle sue labbra per un po’. Non ero sicura di come l’aveva presa ed ero certa che avevo sbagliato. Non avrei dovuto dirglielo così.
Ma l’istinto aveva avuto la meglio e io non potevo farci più nulla.
Dopo la premiere di Los Angeles ero rimasta con lui. Anche il giorno dopo e quello dopo ancora, ma niente.
Si comportava normalmente, come se non avessi mai pronunciato quel ti amo. Non riuscivo a capirlo. Nella mia mente era impressa la sua espressione, subito dopo quelle due semplici parole. Gli occhi spalancati dallo stupore e le sue labbra leggermente dischiuse.
Eppure ora sembrava che la cosa non lo toccasse più di tanto. Volevo sapere il perché del suo silenzio, del suo comportamento indifferente, ma prima che trovassi il coraggio per affrontarlo, lui dovette partire e tornare a Londra.
Lo accompagnai all’aeroporto e lo salutai, una parte di me sperava che dicesse qualcosa - qualsiasi cosa pur di liberarmi dal tormento - ma non accadde.
Si limitò a baciarmi e a sussurrarmi un dolce a presto, prima di prendere il suo aereo.
Nel frattempo il film stava andando alla grande. La sua uscita aveva fatto terminare l’attesa di milioni di fan che, dimostrandosi fedeli al cento per cento, ci diedero l’opportunità di pensare anche a New Moon, il sequel.
La notizia arrivò inaspettata, ma di certo non sgradita. Quando il mio agente mi chiamò, dicendomi che la Summit aveva deciso di continuare con la saga, quasi saltellai di gioia per la casa, con Cameron che mi guardava sconcertato.
Lo abbracciai e gli scoccai un bacio sulla guancia, prima di correre in camera mia. Chiusi la porta alle mie spalle e mi lasciai scivolare sul pavimento, senza smettere di ridere.
Saremmo tornati a Portland, quello era certo. E forse saremmo andati a girare alcune scene in Italia, per la gioia di Catherine.
Il telefono vibrò tra le mie mani. Il mio cuore ebbe un sussulto, non appena riconobbi il numero.
Schiacciai la cornetta verde e risposi.
- Pronto?- chiesi, incerta.
- Kris.- la sua voce, così familiare, era gracchiante. Guardai l’ora e ridacchiai. Erano le sette di sera perciò da lui erano le…tre di notte? Ma che diavolo ci faceva sveglio a quell’ora?
Poteva uscire quanto voleva, non c’erano problemi. Anzi, in realtà ce n’erano eccome, ma non volevo sembrare iperprotettiva. Potevamo considerarci una coppia?
- Che ci fai sveglio a quest’ora?- domandai, mordendomi un labbro.
Mugugnò, assonnato. Per un momento ci fu il silenzio e pensai si fosse addormentato.
- Ho ricevuto una chiamata interessante.- disse infine.
- Ah. Anch’io.- risposi. - E che ne dici?- aggiunsi.
- Dico che è grandioso.- replicò, con una risata.
Restammo in silenzio. Chiusi gli occhi, ascoltando il suo respiro regolare e desiderando per un attimo di essere lì con lui.
- Senti Kris.-
- Mh?-
- Che ne dici di fare un salto qui prima della premiere?- propose, con la voce improvvisamente squillante.
Spalancai gli occhi di colpo. Deglutii a fatica, prima di rispondere.
- Dico che è grandioso.- dissi, citandolo, quasi in un sussurro. - Posso partire domenica prossima.-
- Allora ti aspetto.-
Cercai di parlare ma non mi uscì alcun suono. Mi schiarii la gola.
- Ok.-
- Ok.- replicò, con una risata.
Agganciai e chiusi gli occhi, sorridendo. In quel momento capii che in fondo non m’importava. Non m’importava sapere tutto ciò che gli passava nella mente e quello che provava. Tutto ciò che aveva valore era la sua presenza, stare con lui.
Non capirlo appieno potevo sopportarlo, no?
Con la mente decisamente più leggera e svuotata da quei pensieri partii per Londra. La settimana sembrò non passare mai e quando la domenica arrivò, quasi non mi sembrava vero.
Non ricordai molto del viaggio, dormii per tutto il volo, senza però sentirmi riposata. Fu una hostess a svegliarmi, poco prima dell’atterraggio a Heathrow.
Volevo andare nel minuscolo bagno dell’aereo, per sistemarmi un po’, ma stavamo già atterrando e dovetti allacciarmi le cinture, dovendo così restare al sedile.
Mi accontentai dello specchietto che avevo in borsa.
Quando vidi il mio riflesso mi venne un colpo. I capelli erano totalmente in disordine, la leggera linea di matita sugli occhi quasi colata. Presi un fazzoletto e cercai di sistemare la situazione, inutilmente.
Sbuffai e ricaccia tutto in borsa, con un moto di stizza.
- Dannazione.- mormorai a denti stretti.
Quando l’aereo finalmente toccò terra e si fermò, fui la prima a scendere. Approfittando dell’attesa per le valigie corsi in bagno, sistemandomi almeno i capelli. Non potevo fare niente per le profonde occhiaie che mi si erano formate sotto agli occhi, nonostante la lunga dormita.
Più agitata di prima tornai al nastro delle valigie, ringraziando il cielo che si fosse messo in moto, e presi la mia.
Proprio fuori dalla sala attesa bagagli trovai Robert, appoggiato ad una colonna. Mi avvicinai sorridendo. Mi salutò con un bacio sulla guancia e allungò una mano per prendermi la valigia.
Quando rifiutai me la strappò dalla mano, scuotendo la testa e dicendo qualcosa del tipo ‘sempre la solita testarda’, che mi strappò un sorriso.
Uscimmo dall’aeroporto e ci incamminammo verso il parcheggio. Robert si avvicinò ad una macchina grigia metallizzata, anonima, che non dava nell’occhio. Sistemò la valigia nel bagagliaio e si avvicinò alla portiera di sinistra.
- Prego, Cinderella.-
Mi aprì la portiera e salii in macchina, seguita subito dopo da lui. Non ero abituata a vederlo al posto di guida.
Arricciai il naso.
- Non mi abituerò mai a vedere il volante al contrario.- commentai, osservando l’interno della macchina.
Ridacchiò. - E quello che dicono tutti.- sussurrò, mettendo in moto l’auto.
Rimasi a fissarlo per tutto il viaggio, relativamente breve, studiando la sua espressione concentrata. Imprecò sottovoce due volte, fulminando con lo sguardo degli incapaci davanti a lui. Ridacchiai e si voltò, aggrottando le sopracciglia.
- Che c’è di divertente?- chiese.
- Niente, niente.- risposi, girandomi per guardare il panorama fuori dal finestrino.
Restammo in silenzio, fino a che la macchina non si fermò davanti ad un palazzo, con la facciata in mattoni rossi, finemente decorato e con una scritta dorata che urlava “The Mad Hatter Hotel”.(*)
- Un albergo?- chiesi, alzando un sopracciglio.
Si limitò ad annuire.
- Ma perché non stiamo a…- iniziai, ma mi zittii subito.
A casa tua, volevo aggiungere. Ma forse non era il caso.
- L’albergo va bene.- dichiarai decisa, scendendo dalla macchina. Robert fece lo stesso, raggiungendo il bagagliaio per prendere le mie cose.
Entrammo all’interno dell’hotel. La hall era ben arredata, semplice ma d’effetto. C’erano molti ornamenti dorati, che richiamavano parti della facciata.
Robert si avvicinò alla reception e parlo con il concierge, chiedendoli le chiavi di una stanza, la numero ventitré. Sorrisi notando che gli era tornato l’accento inglese. Ovvio, lontano dal set non doveva sforzarsi per farlo sparire.
Sprofondai in una poltrona, sbuffando. La stanchezza cominciava a farsi sentire, nonostante la dormita durante il volo. Abbassai un attimo le palpebre, ma le riaprii di scatto. Robert ritornò accanto a me e mi prese sottobraccio, trascinandomi verso l’ascensore.
Schiacciò il pulsante dorato con la scritta 3 e l’ascensore partì con un leggero sobbalzo.
Non disse una parola fino a che non ci trovammo di fronte alla camera ventitré, il numero - come ogni cosa in quell’albergo-  dorato, scritto elegantemente.
- Spero ti piaccia.- sussurrò mentre varcavo la soglia.
La stanza era divina. Lasciai cadere la borsa vicino alla porta e cominciai a guardarmi intorno. Il letto matrimoniale, con la testiera attaccata alla parete, era decorato finemente e sembrava antico. La testiera era attaccata ad un drappo rosa pallido che saliva arrivava fino al soffitto.
I mobili erano semplici, ma non stonavano affatto.
Mi avvicinai, quasi fremendo, alla finestra e mi si mozzò il fiato. La vista era spettacolare.
Davanti a me c’era il London Eye, che emergeva dai tetti delle case che lo separavano dall’albergo. Più in là si poteva vedere il Big Ben e le due cime del London Bridge. Il suono delle possenti campane arrivò distintamente, quasi come se fossi stata a due passi dal campanile.
Sentii i passi di Robert avvicinarsi.
- E’ fantastico.- bisbigliai, meravigliata.
Mi appoggiai al davanzale e lo guardai. Avvicinò il suo viso al mio per baciarmi. Ma mi risultò difficile rispondere a quel bacio perché, improvvisamente, tutti i pensieri che mi avevano tormentata nelle due settimane precedenti erano tornati, più violenti di prima. Ma era il fatto che avessi pensato che non m’importasse nulla che mi fece stare peggio. Volevo stare con lui, mi bastava la sua presenza, ma in quel momento capii che non era vero.
Avevo mentito a me stessa. Dovevo sapere.
- Che c’è?- domandò preoccupato, notando l’espressione sul mio viso.
- Niente.- mormorai, ma la mia voce si spezzò. Sforzai un sorriso e scossi piano la testa, prima di guardare fuori dalla finestra. Gli occhi cominciarono a pizzicare e mi sentii una stupida.
Robert allungò una mano verso di me, accarezzandomi la schiena, fino a raggiungere il collo.
- Vuoi una risposta.-
Non era una domanda, ma annuii comunque. Non mi accorsi subito della lacrima che mi sfuggì, scendendo lungo la mia guancia. La asciugai con rabbia.
- Non sei obbligato.- provai a dire, ma la voce si spezzò di nuovo. E invece sì, devo saperlo, pensai con più rabbia di quanto volessi.
Sentii Robert sospirare.
Prese il mio viso tra le sue mani e mi baciò di nuovo, muovendo le sue labbra sulle mie con più decisione. Mi mordicchiò dolcemente il labbro inferiore e le dischiusi, permettendogli di approfondire il bacio. Si allontanò di pochi centimetri, per potermi guardare dritta negli occhi.
Sorrise, scoprendo i denti bianchi e perfetti.
- Ti amo, Kris.- Solamente un sussurro, che mi fece gonfiare il cuore. Per un attimo temetti che potesse esplodere.
E le sue labbra furono di nuovo sulle mie.

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Capitolo 11
*** Lovers ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*)I’ll be your lover too di Van Morrison, cantata nel 2007 da Rob. Se volete sentirla, eccola qua.
Note dell'Autore:  Ed eccoci qua con l’ultimo capitolo del seguito di one night in Portland. Dopo di questo ci sarà solo l’epilogo, che non considero un vero e proprio capitolo.

Capitolo più corto degli altri, ma nel complesso mi piace. Mi piace davvero.
Come sempre buona lettura,
Sara;;
Ps capitolo non betato, scusate i possibili errori.
Ps2 //spazio pubblicità// vorrei consigliarvi di nuovo questa shot, a cui tengo molto. sunburn_he can’t look away. Grazie a chi leggerà e commenterà.
Ps3 piccola anticipazione. Il titolo di questo capitolo sarà lo stesso del primo capitolo del seguito di questa storia. Chi segue la fiction sul forum sa già alcune cose, che su EFP non ho detto e non dirò. Sorry.
Ps4 e giuro che è l’ultimo. La definizione amanti mi è venuta ascoltando quella canzone, che trovo perfetta per loro due *-* spero che qualcuno sia d’accordo con me <3
 
lovers 
 10.
 Lovers.
- FACT, NOT FICION -
 
×××
 
Quando mi svegliai, la mattina successiva, non capii subito da dove provenisse quel senso di benessere che mi aveva cullato durante il sonno.
Per poco non sobbalzai quando aprii gli occhi, trovandomi di fronte Robert. Mi ci volle qualche istante per capire che mi trovavo a Londra e non a Los Angeles.
Allungai una mano verso terra e tirai su la sua maglietta, finita lì la sera precedente. Ridacchiai. Me la infilai e mi alzai dal letto, sospirando piano, mentre lui continuava a dormire.
Gli posai un bacio sulla fronte e mi diressi verso il bagno, stringendomi nella sua maglietta e inspirandone il profumo.
Mi gettai nella doccia, sotto l’acqua calda, e il getto mi rilassò. Persi la cognizione del tempo e rimasi nella doccia per quasi un’ora.
Uscii, sgocciolando acqua da tutte le parti, e mi avvolsi in uno dei due asciugamani bianchi e morbidi dell’albergo.
Sfregai bene i capelli e sbuffai, mentre attaccavo il phon, sperando di sistemarli i capelli. Dopo il viaggio del giorno prima erano un disastro.
Li agitai con la mano mentre l’aria calda li colpiva e non mi accorsi subito della sua voce. Pensavo stesse ancora dormendo.
Allontanai il phon da me e ascoltai attentamente. Stava cantando.
- I'll be your man, I'll understand, I'll do my best.-
Spensi il phon, rimasi a sentire la voce che proveniva dall’altra stanza, insieme ad un leggero strimpellio di chitarra.
- To take good care of you, You'll be my queen.-

La sua voce calda e profonda era bellissima. Non l’avevo mai sentito cantare davanti a me, a dire il vero non voleva mai farlo.
Aprii piano la porta del bagno e guardai nella stanza.
Era seduto su una sedia di fronte alla finestra, con un piede appoggiato all’intarsiatura ai piedi del letto.
- I'll be your king.-

Uscii in silenzio dal bagno, camminando lentamente. La moquette sul pavimento ovattava il rumore dei miei passi, grazie al cielo.
- And I'll be your lover too
(*).-

Si voltò leggermente verso di me la sua voce si spense, non appena mi vide uscire dal bagno.
- No, ti prego.- lo supplicai. - Continua.-
Mi sedetti a terra, avvolgendomi nell’accappatoio. Mi guardò esitante, ma alla fine decise di accontentarmi.
Chiusi gli occhi, non appena cominciò di nuovo a suonare.
- Derry down green, Color of my dream…A dream that's daily com- si bloccò e spalancai gli occhi.
Abbassò lo sguardo verso di me.
- Scusa ma proprio non ci riesco.-
Sospirai, delusa.
- Era molto bella.- commentai.
- Dici?- chiese, interessato.
Annuii decisa.
- Come si intitola?
- I’ll be your lover too.- rispose, appoggiando la chitarra al tavolino accanto alla sedia. - E’ di Van Morrison.- aggiunse.
- Sarò anche il tuo amante?- chiesi, aggrottando la fronte.
Fece cenno di sì con la testa.
- Mi piace davvero.-
Sorrise in risposta, abbassando poi lo sguardo.
- Kris, senti.- iniziò, ma la sua voce si affievolì. Si schiarì la gola e alzò gli occhi verso di me, inchiodandomi.
- Cosa siamo noi?- mi chiese, alzando un sopracciglio.
Non risposi e mi limitai a guardarlo. Bella domanda, pensai tra me e me. Mi era difficile pensare a noi - la parola suonava bene già di per sé - come una coppia, o come fidanzati.
- Una coppia?- propose, scendendo dalla sedia e mettendosi di fronte a me a gambe incrociate sul pavimento.
Arricciai il naso e feci segno di no con la testa.
- No, il termine coppia non mi piace.- dissi, mordendomi un labbro. - E non mi è mai piaciuto.- aggiunsi.
Abbassai lo sguardo sulle mie mani e iniziai a giocare con un lembo dell’accappatoio. Robert restò in silenzio, in attesa che aggiungessi qualcosa. Mi morsi un labbro, ma non c’erano definizioni adatte a noi due. Tutto quello che era successo in quattro mesi di lavorazione ci aveva portato a stare insieme, senza che le difficoltà mancassero ovviamente, e ora - facendo un calcolo rapido - potevamo considerarci insieme da…quasi nove mesi. Impressionante.
 Tornai a fissarlo.
- Voglio qualcosa di più profondo.- dichiarai, decisa.
- Una coppia non ha un legame abbastanza profondo per te?- domandò, con una risata.
- Non è per quello.- cercai di spiegarmi. Feci spallucce e scossi la testa.
Inclinai lievemente la testa di lato e lo fissai dritto negli occhi.
- Tu come ci definiresti?-
- Mh.- Sembrò pensarci su un attimo. - Amanti?- propose.
Annuii piano. Sì, quella definizione mi piaceva proprio.
- Amanti.- concordai, con un sorriso, mentre si sporgeva verso di me.
Ridacchiai non appena le sue mani scesero sulla cintura dell’accappatoio. La mia risata si spense non appena le sue labbra furono sulle mie, bramose come non mai.
Infilai una mano fra i suoi capelli spettinati e lo avvicinai a me, approfondendo il bacio.
La sua mano si insinuò sotto il tessuto morbido e raggiunse la mia schiena. Iniziò ad accarezzarmi piano, con gesti circolari, provocandomi un brivido.
Sorrisi istintivamente e provai ad avvicinarmi a lui, ma tutto quello che ottenni fu perdere l’equilibrio e cadere sul pavimento, trascinando Robert con me.
- Ops.- mormorai piano, non appena le sue labbra si staccarono dalle mie.
La risata calda di Rob si diffuse per la stanza.
- Amanti.- sussurrò, accarezzandomi piano la guancia.
Sì, amanti. Le sue labbra furono di nuovo sulle mie e cominciarono a muoversi con dolcezza.
E in quel momento non sperai altro che quell’istante durasse per sempre.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***


Disclaimer:  Questa storia è frutto della mia fantasia. Non conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*) rispettivamente i suoi personaggi in The Messengers, Into the Wild e Twilight. Ovviamente non appartengono a me, ma a chi ne detiene il copyright.
Note dell'Autore:  Non ci credo. E’ giunto il momento di mettere la parola fine a questa fiction. *tristezza*

Wow, non riesco a credere di essere riuscita a portarla a termine. Io…bè, devo ringraziarvi.
A fine epilogo troverete tutto.
Ah, le prime righe dell’epilogo sono quelle del prologo. Nient’altro da dire se non…buona lettura.
Sara;;
 
epilogo;;

fact, not fiction.

IO E ROB. ALTRO CHE BELLA ED EDWARD.
QUESTA E' LA REALTA', NON LA FINZIONE.
 
 
La differenza tra realtà e finzione, a volte, non viene considerata. Non viene notata.
In realtà la differenza è abissale. Una differenza tale, per una come me, è fondamentale.
La mia vita dipende su un lavoro che, in poche parole, consiste nel fingere.
Fingere di essere una persona diversa ogni volta, rischiando quasi di perdere la propria personalità, il proprio Io. E questo accade quando il personaggio diventa me e non il contrario.
Ho sempre pensato che non avrei potuto relazionarmi con i miei coetanei, per paura che alcuni di loro non mi considerassero la persona che sono.
In me avrebbero visto Jess, Tracy, Bella(*). Ma non Kristen.
Dopo quella notte a Portland, devo ammettere che la mia vita è cambiata. In quattro mesi di riprese non solo mi sono divertita e ho conosciuto persone fantastiche, che rivedrò presto.
Posso dire di aver veramente conosciuto lui, che sa apprezzarmi per quella che sono.
Che ha fatto di tutto per avermi, facendomi capire a modo suo quanto fossi importante per lui.
Che mi ama. A prescindere da chi sarò nel mio prossimo film. A prescindere dalla maschera che indosso.
Non avrei mai creduto in una cosa del genere. Sono sempre attenta con le persone, terrorizzata dal fatto che potessero scappare via da un momento all’altro, rendendosi conto che sono diversa da come mi immaginano.
Con lui è stato differente. E’ riuscito a cambiarmi, a darmi più coraggio. Mi ha anche permesso di entrare nella sua vita, di conoscere veramente lui e i suoi lati, anche quelli più nascosti, che non ha mai mostrato a nessuno.
E ora mi sembra di vivere in un sogno. Un sogno creato appositamente per lui e per me. Per noi. Insieme. Io e Rob.
Altro che Edward e Bella. Questa è la realtà, non la finzione.
 
Fin
 
Ringraziamenti.
Siore e siori è finita la fiction. Ammetto che mi viene il magone a pensarci.
Ma ne scriverò altre, tanto per tormentarvi un po’ u.u
A parte gli scherzi sento il dovere di ringraziare alcune persone.
;; kucchi e anfimissi. La prima per avermi richiesto la shot che si è poi trasformata in questa long, la seconda per avermi aiutato per la shot all’inizio, quando ero nel buio più totale per la caratterizzazione dei personaggi.
;; le mie robstenine adorate, che avete seguito la fiction sia su EFP che sul forum, che con i vostri commenti mi avete convinto a continuarla, anche quando pensavo che fosse uno schifo totale.
Grazie mille ragazze. Vi adoro, davvero <3 Un ringraziamento particolare alla Nadi, che mi segue da un botto di tempo e che è sempre un tesoro.
;;zia Steph semplicemente per il fatto che è la mia fonte d’ispirazione. Senza di lei non avrei mai potuto scrivere quelle fiction che ritengo essere le migliori, come Memories o You set my soul alight. Amo quella donna <3  Ah, se la potessi ringraziare di persona. *-*
;;Rob and Kris perché, senza di loro, non ci sarebbe nessuna storia, o sbaglio? <3 Sì, sembra inutile ringraziarli, tenendo conto che non leggeranno mai queste parole, ma è il pensiero che conta, no?
;; tutte le persone che hanno commentato questa fiction, chi dall’inizio e chi no. Grazie sul serio.
;; chi ha inserito la fiction tra i suoi preferiti di EFP, facendomi provare una gioia immensa. {e siamo a 74!}
;;me sì, succederà solo questa volta. Sono orgogliosa delle fiction Robsten che ho scritto. Molto più di tutte le altre. Perciò grazie la mio cervellino, che ogni tanto si dà da fare x°D
Ho tralasciato qualcuno, lo so. E mi dispiace. Grazie anche a voi <3
Thanks;;

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