This Heart Desease Called Love

di chelestine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Suspended Sentence ***
Capitolo 2: *** Night People ***
Capitolo 3: *** Gimmix ***
Capitolo 4: *** 36 Hours ***
Capitolo 5: *** Give Me What I Need ***
Capitolo 6: *** Are You The Business ***
Capitolo 7: *** The It Man ***
Capitolo 8: *** I Wrote The Songs ***
Capitolo 9: *** 23rd ***
Capitolo 10: *** A Distant Relation ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***



Capitolo 1
*** Suspended Sentence ***


Ringrazio per prima cosa chiunque decida di fermarsi e leggere questa fanfiction, grazie.
E' la mia prima fanfiction su questa piattaforma, e ci ho messo diverso tempo prima di decidermi
a pubblicarla, ed infine eccomi qui. Come avrete visto, sia il titolo che il sottototitolo sono citazioni di 
poesie di John Cooper Clarke (l'autore del testo dI I Wanna Be Yours e da sempre grande
ispirazione per le Scimmie), che potete trovare qui, ovviamente niente di tutto ciò mi appartiene.
Anche i titoli dei diversi capitoli si rifaranno a diverse poesie di Cooper Clarke,ed anche quelle non
mi apparterranno. Non mi appartengono neanche i personaggi di Alex Turner e degli altri membri
degli Arctic Monkeys, mentre il personaggio femminile e l'idea per questa storia, sono mie. 
Non ho grandi pretese, vorrei solo divertirmi ed intrattenere chiunque ne abbia bisogno, o voglia.

 
 

1. SUSPENDED SENTENCE

«The novelty's gone - it's hell
This place is a - death cell»

 
«Vi chiedete mai cosa avreste fatto, se non aveste sfondato in campo musicale?» Era una domanda dolorosamente e distaccatamente banale, Andy non potè fare a meno di chiedersi quante volte altre intervistatrici impreparate vi si fossero nascoste dietro, sperando di essere particolarmente fortunate e non incorrere in una risposta scortese; ma la sorte non le tese la mano.
«Bah.. Niente, probabilmente. Non credo di saper fare altro.» Ogni risposta era uno schiocco di frusta: le parole ogni volta si rincorrevano per accavallarsi su quel tono basso e nervoso che la faceva sentire in colpa per aver posto ogni singola domanda. La ragazza iniziava ad abbandonare la timidezza per gettarsi nell'agitazione; stava facendo il proprio lavoro, e niente dava a quei due il diritto di risponderle di malavoglia, o perlomeno lei non classificava come valida scusante l'essere una rockstar. Forse quella domanda sarebbe risultata interessante ai due intervistati, se solo avesse avuto più palle, si disse.
Vi comportate da stronzi menefreghisti perché siete Rockstar?
«Pensate di aver perso qualche fan per il modo in cui la vostra musica è cambiata.. diciamo da Whatever People Say I am, That's What I'm Not ad adesso?» Chiese invece. Il tono con il quale l'aveva chiesto era forse leggermente più velenoso del dovuto, quindi lo addolcì con un sorriso di circostanza poggiando il gomito sul tavolo ed allungando il microfono verso i due ragazzi davanti a lei. Il batterista parve leggermente sorpreso, e scosse la testa con decisione
«Nah, insomma sono cresciuti con noi, non credo che qualcuno ci sia rimasto male. Voglio dire, facciamo sempre rock, no? Che dici Al, ne abbiamo perso qualcuno per strada?» L'intervistatrice guardò il ragazzo che aveva appena parlato con una punta di disappunto, sembrava che la stesse prendendo in giro. Il secondo, più taciturno e lapidario, si strinse nelle spalle.
«Spero di no.» Rispose. Un nuovo schiocco di frusta.
Siete dannatamente sicuri di voi stessi, per non avere neanche 30 anni. Avrebbe dovuto rispondere. Eppure in cuor suo la ragazza sapeva che se avesse toccato le note giuste, i due si sarebbero aperti e l'intervista sarebbe terminata in discesa, forse il suo capo le avrebbe addirittura fatto i complimenti, differentemente da quanto era successo dopo l'intervista dei The Black Keys, il giorno precedente. Dunque decise di mettere da parte i canini ed il veleno.
«Ho letto che scrivi la maggior parte dei testi da solo, Alex» si prese la libertà di chiamarlo per nome «Di quale testo sei più orgoglioso?» Si sporse nuovamente per avvicinare ai due il microfono, e guardò negli occhi il frontman degli Arctic Monkeys, che per la prima volta parve fare lo stesso, dietro le lenti nere degli occhiali da sole. Aveva richiamato la sua attenzione, adesso doveva solamente sperare che la incanalasse in senso positivo.
«La prima volta che.. Beh, è stata anche l'ultima.» Rise, guardando il suo amico, seduto alla sua sinistra. «Quando me l'hanno chiesto, la prima volta.. Ho risposto Arabella. Probabilmente è di Arabella il testo di cui vado più fiero dell'ultimo album. Ma in generale non saprei, è.. E' strano giudicarsi da soli, no?» Cercò nuovamente conforto nello sguardo di Matthew Helders, che si strinse nelle spalle con un sorriso sornione sul volto; la ragazza pensò che sembrasse perennemente divertito da ciò che gli succedeva attorno, anche se non succedeva assolutamente niente. «E' come se una madre dovesse scegliere il proprio figlio preferito, si può? Voglio dire, magari ne ha uno, tutti i genitori ne hanno uno, ma si può dire ad alta voce? Credo che sia scortese, non credi sia scortese Matt?»
«Non mi faccio di questi problemi Al, non ho ne figli ne canzoni.» gli rispose inutilmente, perché il cantante stava già seguendo un filo di pensieri privato e silenzioso, estraniandosi per qualche secondo dalla stanza. Calò il silenzio, ed Andy si trovò costretta ad intervenire.
«She does what the night does to the day. She's Thunderstorms probabilmente è la mia preferita.» Lo disse velocemente, quasi stesse per dimenticarsene ed avesse bisogno di sfogarsi. Se ne pentì a breve: le vennero in mente almeno altre cinque testi che preferiva a quello ed avrebbero potuto farla sembrare più colta e preparata sulla band, ma in silenzio pregò di non aver rovinato il minuscolo sprint positivo precedente. Matthew Helders parve soddisfatto.
«Anche a me piace un sacco!» Commentò annuendo ed intrecciando le braccia sul petto, mentre con l'intervistatrice si voltava verso il suo caro amico, appena tornato da un viaggio nel proprio mondo.
«Forse Cornerstone, ma alle volte mi rende triste. Mardy Bum? O Piledriver Waltz, Fake Tales of San Francisco. No, non riesco a decidere» disse Alex Turner come sempre affrettandosi sulle parole, ben sapendo tuttavia che l'eleggere la sua favorita avrebbe occupato tutto il suo tempo libero sino a quando non avrebbe trovato la degna vincitrice, e nella sua mente maledisse l'intervistatrice per avergli messo in testa quel nuovo tarlo. Lei diede un'occhiata fugace all'orologio da polso intrappolato in un cinturino di un marrone tendente al violetto, sperando che nessuno la notasse, temendo di risultare maleducata. Il tempo che le era stato concesso era quasi finito, ma non poteva permettersi di cacciarli prima del dovuto, il suo capo - lo stesso che si era scusato con i The Black Keys per le sue domande imbarazzanti - avrebbe esposto la sua testa come un trofeo fuori dal suo ufficio. La verità era che era stata una grande fan degli Arctic Monkeys, li aveva ascoltati nella sua Londra per il tour di Whatever People Say I Am, That's What I'm Not, e per quello di Favourite Worst Nightmare, poi li aveva semplicemente persi di vista. Si era persa dietro al folk, ai ritmi incalzanti del banjo ed ad una sconfinata voglia di andarsene dalla propria città. In quel momento credeva di non poterci condividere niente, era come se dallo stesso ovile avessero intrapreso due strade differenti e le loro linee parallele faticassero ad incontrarsi; non si riconosceva in quell'adolescenza piena di sigarette e di alcool ed allo stesso tempo non voleva deludere la se stessa di anni addietro che sarebbe morta per conoscere il proprio gruppo preferito. Gli occhiali da sole del cantante, il sorriso beffardo del batterista ed il poco confort degli stivaletti neri che aveva deciso di indossare non facevano che aumentare il suo disagio.
«Alex, ricordo che hai composto la colonna sonora del film Submarine. Vorrai ancora cimentarti in un'esperienza simile? Nel mondo del cinema?» Per la prima volta da quando si era seduta con i due uomini, Andy sorrise sinceramente, felice di essersi ricordata di quel particolare. Il suo interiore entusiasmo fu subito smorzato dalle parole nervose ed accatastate del cantante, che si strinse nelle spalle con fare menefreghista.
«Non credo, non ci sono molti progetti interessanti come quello. Vedremo.» A quel punto l'intervistatrice ne ebbe abbastanza. Sapeva di aver fatto il possibile per far sentire a proprio agio i due ragazzi, così come per trattare argomenti non esageratamente banali, e non avrebbe saputo dire se il suo scopo era stato raggiunto, ma qualcosa negli sguardi annoiati dei due le suggeriva che l'intervista non avrebbe fatto il boom di ascolti su youtube, che alla fine era l'unica cosa che davvero importava al suo capo. O almeno così aveva recepito per le innumerevoli volte in cui gliene aveva ricordato l'importanza. Aveva fatto le domande standard all'inizio dell'intervista: da cosa proviene il sound del nuovo album, perché l'avete registrato a Los Angeles, che rapporto avete con la fama.. Niente di nuovo, avrebbe descritto la sua intervista come una qualunque, e poteva convivere con quell'idea; l'aver fatto un'impressione mediocre a quella che un tempo era stata la metà del suo gruppo preferito, tuttavia, la turbava. Decise di rinchiudere la sua presunta mediocrità nel cassetto immaginario nel quale nascondeva tutto ciò a cui non voleva pensare, nella speranza che quando avrebbe voluto avrebbe saputo cogliere l'imbarazzo con un sorriso che non fosse amaro.
«Ragazzi adesso smetto di rubarvi tempo, è stato un piacere parlare con voi. Grazie.» Disse tentando di silenziare il groppo che le si stava formando in gola l'intervistatrice tendendo una mano sopra il tavolo, e stringendola poi ad entrambi, mentre loro si sprecavano nel borbottare malvolentieri i soliti convenevoli.


Mentre Judith versava il liquido nero e bollente nelle tazze, continuava a dare occhiate furtive alla sua collega, seduta con sguardo vitreo su una delle sedie anonime della sala caffetteria. Appoggiò la tazza gialla sul tavolo con un leggero tonfo, per richiamare l'attenzione della giovane ragazza.
« Sono stati abbastanza stronzi, Andy. Neanche fossero i cazzo di AC/DC. Com'è che ti ha risposto? Registriamo a LA perché ci sono più feste? » disse scimmiottando la risposta del batterista l'intervistatrice. « Non potevi fare molto altro, ti hanno dato proprio delle risposte a teste di cazzo. Non avrei potuto farci molto nemmeno io, o Jerry - anche se ti dirà che li avrebbe stesi -. Quindi rallegrati dolcezza, non credo che Andrew ti licenzierà perché due coglioni hanno fatto i gradassi. Su, bevi il caffè. » Il tono che Judith utilizzava era spesso granitico e malvolentieri lasciava spazio ad obiezioni, e Andy lo mal sopportava almeno quanto le continue imprecazioni, ma quella volta le rivolse il sorriso più sincero che possedesse. Non riusciva a decidersi: doveva essere infuriata, così come suggeriva la sua collega, o semplicemente imbarazzata per la pessima figura che aveva fatto? Il tappeto sotto il quale nascondeva la polvere alla fine non era riuscito a nasconderla troppo a lungo. Prese un sorso della bevanda bollente, incastonando tra le dita affusolate e color alabastro il contenitore giallo, e solo allora si rese conto di quanto avesse bisogno di caffeina. Ne prese un sorso più generoso, lanciando uno sguardo a Judith, per ringraziarla di averle ricordato l'importanza del caffè, e quella sua nascosta proprietà di rendere tutto un po' più digeribile. 
« Sai una volta li ascoltavo. I primi due album, soprattutto. Mi dispiace che sia andata in questo modo, in fondo ci tenevo. » Commentò  a bassa voce finalmente Andy con scarso entusiasmo, perdendosi con lo sguardo nel fumo che usciva vaporoso dalla tazza. Si chiese se il fumo avesse un colore, o se come l'acqua fosse incolore; non avrebbe ben saputo descrivere ciò che stava osservando: era grigio, o bianco? E' solo vapore, si disse. « Sono solo un gruppo » esternò invece rivolgendosi più a se stessa che alla bionda collega, oramai sulla cinquantina e da molti più anni nel settore radiofonico rispetto al suo curriculum praticamente virgineo. Tamburellò le dita laccate di smalto rosso mattone sulla tazza poggiandola poi nuovamente sul tavolo con un sospiro, quando se ne sarebbe convinta sarebbe stata meglio.
« Esatto! Sono solo un cazzo di gruppo! » Ripetè Judith alzando entrambe le braccia per rafforzare il concetto con un sorriso. « Non hai mandato a puttane l'intervista con Bob Dylan, Gesù! Sono dei ragazzini ribelli, chissà se arriveranno al prossimo decennio senza scannarsi a vicenda o senza salutarci per la cocaina! » Andy aggrottò spontaneamente le sopracciglia: quella conversazione era appena divenuta estremamente scomoda. Non si sentiva a proprio agio a parlare in quel modo di ragazzi che non conosceva, specialmente se avevano fatto parte di una delle band che aveva ascoltato per ore ed ore, seduta sul parquet chiaro della sua camera da letto con le cuffie sulle orecchie. 
« Non fare quella faccia Andy, sai come funziona per i gruppi rock, ha sempre funzionato così. E comunque io li avrei stesi. » Commentò Jerry non degnando di uno sguardo nessuno, ed avvicinandosi assetato alla macchinetta per il caffè. La ruga tra le sopracciglia della ragazza aumentò visibilmente. Che faccia ho fatto?
« Il cantante però, quel Turner. Sexy, sexy. Scommetto che le ragazzine impazziscono per quell'atteggiamento da testa di cazzo. » Commentò divertita Judith sapendo che il suo collega avrebbe approvato quel commento malevolo, e così fece alzando la propria tazza del caffè mimando il gesto del brindare. Andy si limitò a sospirare e voltarsi verso il tavolo, ben sapendo che a quel punto sarebbe partita una serie di commenti spiacevoli sul modo in cui l'intervista si era svolta e sulle proprie opinioni a proposito degli Arctic Monkeys. Non voleva difenderli, non aveva alcun interesse nel farlo: quelli che una volta aveva ascoltato avidamente avrebbero rischiato di farle perdere il lavoro, ed in più un 2 contro 1 che involveva Judith e Jerry l'avrebbe lasciata sconfitta all'angolo del ring prima di potersene accorgere. Le loro parole si fecero indistinte ai suoi orecchi, e si concentrò sul vapore che adesso meno egoista conquistava l'aria soprastante alla tazza. Si chiese se Alex Turner avrebbe potuto trasformare in un testo anche quel ritaglio di vita quotidiana sul quale si era concentrata: parole ovattate sullo sfondo, una tazza fumante il cui solo compito è quello di risolvere problemi fuori dalla sua portata, ed uno stato d'animo a metà tra l'arrabbiato ed il deluso. Certo che potrebbe. Ne tirerebbe fuori un capolavoro, o almeno un tempo ne ero convinta. Fu a quel punto che si rese conto che non era delusa da se stessa, ma dall'impressione che i due le avevano fatto. Aveva sognato per mesi di incontrarli, da ragazza. E la solida realtà degli Arctic Monkeys non aveva retto il confronto con il fulgido ritratto immaginario che aveva dipinto grazie alla loro musica. Si concesse un piccolo sorriso che si allargò alla destra delle sue labbra, mentre giocherellava con la tazza in ceramica, rincuorata dalla sua scoperta. Forse non era stata un completo disastro.
« Porca puttana Stonem, ti giuro che se fai un'intervista del genere a Jack White ti caccio a calci in culo! » tuonò imperativo il capo dei tre nella stanza, rivolgendosi alla più giovane tra loro, che si voltò impaurita verso la porta della sala caffetteria. Non aggiunse una parola. Dopo averla guardata negli occhi con aria minacciosa, la sua figura scomparve. Andy rimase a fissare lo spazio vuoto, mentre un silenzio surreale conquistò il chiacchiericcio sguaiato dei suoi colleghi che fino a pochi secondi prima formava lo sfondo del suo scenario quotidiano. 
 

Non so se i prossimi capitoli saranno più corti, più lunghi, od uguali a questo
Lo scoprirò assieme a voi.
Abbiamo ovviamente appena iniziato, e non vedo l'ora di scoprire insieme
anche se l'immagine che ho di Alex, può piacervi almeno quanto piace a me.
Vi ringrazio ancora, ed al prossimo capitolo! :)

 

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Capitolo 2
*** Night People ***


Eccoci al secondo capitolo di questa mia nuova avventura, il titolo della fanfiction, ed i titoli dei capitoli sono poesie
appartenenti a John Cooper Clarke, che potete trovare qui. In questo capitolo ci saranno diverse citazioni ad artisti,
album o canzoni: nessuno di loro mi appartiene, così come i personaggi di Alex Turner, Miles Kane e le altre Scimmie.
Per gli interessati o semplicemente curiosi, metterò qualche link a fine capitolo riguardante canzoni/album citati.

Grazie ancora. Grazie a chiunque si fermi a leggere questa storia, grazie.
 
 

2. NIGHT PEOPLE


I like the nightlife... give me danger
I had a nice wife... she was a stranger
One of the people, I never meet
Night people, funky but neat”


 
Lavorare a contatto con persone famose aveva in qualche modo influenzato la percezione che aveva della notorietà; quelle che una volta sembravano ad Andy pressoché divinità aveva scoperto essere nient'altro che persone normali, o almeno, la maggior parte di loro erano persone normali. Cosa poi in fondo volesse dire essere normali, l'aveva sempre incuriosita, e lasciata perplessa. Ma il vero enigma che spesso le occupava la mente vi era strettamente collegato: è alla fine poi così desiderabile essere normale? Questo si chiedeva mentre con il suo vestito vintage in fantasia floreale si avvicinava a quella che immaginava essere l'area allestita a bar della casa del proprio capo per quella particolare serata. Lo scollo quadrato le copriva gran parte del petto, anche se il suo seno abbondante non veniva mascherato dallo sfondo bianco dell'abito che le sfiorava il ginocchio con una gonna leggera, che le aveva sempre ricordato la primavera.
Aveva acquistato quel vestito con sua madre quella che le sembrava una vita addietro, in un piccolo negozio vintage nella periferia Nord di Londra, e mentre lei si guardava allo specchio esibendosi in giravolte accompagnate da risate divertite, l'altra si preoccupava di farle ben comprendere che « è un vestito estivo, non lo metterei altro che per andare in spiaggia! » Andy aveva annuito; nella vita addietro annuiva sempre, senza mai ascoltare.
Provò ad immaginarsi che faccia avrebbe fatto sua madre nel vederla con proprio quel vestito ad una festa alla quale avrebbero partecipato anche persone famose; ma non ci riuscì: pensava di non conoscerla abbastanza bene, ed anche quel suo piccolo test fallì, inventandosi smorfie e rughe che forse mai sarebbero comparse sul volto di sua madre. Il fallimento la fece sentire triste, ma solo per un attimo.
« Un gin tonic, grazie » ordinò con un sorriso educato. Si inumidiva le labbra continuamente, nella paura che il rossetto violaceo se ne andasse per magia. Poco dopo sorrise di nuovo stringendo tra le dita il bicchiere in plastica freddo, e ricordandosi come il suo capo, Andrew, avesse additato proprio l'alcool gratuito come la maggior motivazione che avrebbe attratto tutti i suoi invitati famosi a quello che continuava a definire – secondo Andy impropriamente – l'evento dell'anno.
« Ma che cazzo ti sei messa addosso? Sembri uno spaventapasseri. » la ragazza lanciò la testa indietro in un impeto di nervosismo; non aveva bisogno di voltarsi per sapere che commenti maligni travestiti da sarcasmo non potevano uscire che dalle labbra di Jerry, suo collega di appena un paio di anni più grande di lei. A meno che non sia mia madre.
« Mi sono messa un vestito Jerry. » il suo tono non tradiva alcuna emozione.
« Oh si beh questo lo vedo, sfortunatamente. Speri di incontrarci Marcus Mumford in quel.. in quello? E' il tuo obiettivo per la serata? » la canzonò indicandola distrattamente con l'indice.
« Il mio obiettivo per la serata è evitare di far innervosire Andrew ulteriormente, bere fino a dimenticarmi l'intervista di domani con Chris Martin, scansare come la peste il cantante dei Black Keys se mai si presenterà, e si, eventualmente conoscere Marcus Mumford con.. questo » indicò il suo vestito con una smorfia, imitandolo.
« Quello è praticamente un frate, non ti scoperà mai! E Chris Martin è più stronzo di quanto non sembri! La Paltrow l'ha lasciato perché si fotteva le groupies! » concluse alzando la voce per farsi sentire mentre Andy si allontanava con noncuranza dal bancone, ben conoscendo l'unico metodo per mettere a tacere il castano ventottenne. Per i suoi colleghi era tutta una questione di sesso e di droga; era raro che parlassero di altro. Non aveva mai sentito Judith e Jerry disquisire sulle sonorità dell'ultimo album dei The Killers, o su quanto innovativo fosse stato il primo disco degli Strokes; per loro era solamente una questione di chi si droga di più, chi si è scopato chi, chi non si è scopato chi perché era troppo fatto. Qualche volta Andy si chiedeva se non fosse lei quella con un concetto erroneo di Rock 'n' Roll. Ma di nuovo, chi poteva decidere cosa fosse normale o quale fosse la corretta definizione di Rock 'n' Roll? Andy non aveva mai amato le classificazioni, il bianco e il nero, si trovava molto meglio a navigare nel grigio ed in tutte le sue variazioni, ben lontana dall'imprigionare un qualsivoglia concetto in celle distinte. Amava cambiare idea: credeva che il riuscire a farlo implicasse un'intelligenza non comune, e probabilmente aveva ragione. Amava lasciare le celle aperte.
« Quindi Mumford uhm? Non credo che verrà, non mi sembra il tipo, no? » la ragazza che aveva appena attirato la sua attenzione era bionda, leggermente più alta di lei, il suo rossetto rosso combinato alle lunghe ciglia nere ricordava ad Andy gli anni '20 ed era stata passiva ascoltatrice della conversazione con Jerry; un moto di empatia le dipinse un sorriso sul volto. « Sono Margareth, ma chiamami Marg per l'amor diddio. Gestisco le pubbliche relazioni dei The Neighbourhood. » L'intervistatrice alzò un sopracciglio confusa. « Sweater Weather » spiegò Margareth citando la loro canzone più famosa.
« Aaah! Ho capito, ho capito! » sorrise Andy, annuendo divertita. « Io sono Andy, lavoro da circa un mesetto per Andrew, alla KROQ. » Stavolta fu il nome della stazione radio di Los Angeles ad essere citata. Si strinsero le mani. « Si, non credo che Marcus Mumford verrà.. A dire il vero non so neanche se Andrew li ha invitati.. Non sono esattamente il genere di artisti che passano da lui. Cioè, da noi » si corresse.
« Oh, la nota di disappunto nella tua voce mi suggerisce che preferisci il folk? » chiese socchiudendo un occhio con divertimento Margareth. Andy, invece, rise di gusto.
« Pareggio, un totale pareggio. Non potrei mai scegliere » le rispose sinceramente, prima di poggiare le labbra sulla cannuccia e prendere un sorso del suo gin tonic. Il folk le aveva cambiato la vita: aveva appena ventuno anni quando scoprì i Mumford and Sons, Bon Iver, Iron & Wine, Ben Howard, le First Aid Kit e gli altri, ed innocentemente, lentamente, involontariamente.. Le cambiarono la vita. Prima di ascoltare Sigh No More – il primo album dei Mumford and Sons - non sapeva di aver bisogno di un cambiamento; ma d'altronde ci si rende conto di ciò che non si sa solamente quando lo si impara. Lei grazie a loro aveva capito: capito che aveva una scelta, che doveva conquistarsi la propria felicità, che le piaceva viaggiare, che il piacere a se stessa era più importante che piacere agli altri, che niente era più importante per lei che sentirsi viva e che niente la faceva sentire più viva che il vento tra i capelli.
« Però vuoi incontrare Marcus Mumford.. » rincarò la dose Margareth con un sorriso nascosto.
« Io lo voglio sposare, altro che incontrare. »
« Sai che è già sposato, vero? Con un'attrice. » Andy annuì divertita.
« Diventeremo una grande famiglia. »


Margareth era sicura di se. Andy pensò che avesse una trentina di anni, ma probabilmente li portava troppo bene per indovinare la sua reale età. Sembrava completamente inserita in quel mondo che ancora le faceva paura: salutava con cenni distratti quasi tutti i presenti alla festa – che iniziavano ad espandersi per tutta la superficie della villa del suo capo man mano che i minuti passavano – fermandosi a scambiare due veloci parole con alcuni di loro. Bevvero altri drink insieme, parlando di cosa aveva portato Andy a Los Angeles, e cosa aveva portato la PR dei The Neighbourhood al mondo della musica; parlarono anche di Rock 'n' Roll e Margareth le confessò che era cresciuta ascoltando blues, ed alle volte si lasciava trasportare dalle dolce sonorità del sax disperandosi per la poca popolarità del genere che l'aveva cullata durante la sua adolescenza, a Jackson, Mississippi. Dal canto suo Andy le confessò che suo padre era un grande amante del rock inglese, sorridendo mentre raccontava l'assoluto divieto di immettere nelle mura domestiche qualsiasi cosa che rimandasse lontanamente ai Rolling Stones.
« Beatles eh? » chiese allora Margareth annuendo appena, con approvazione.
« Ci puoi scommettere. » Andy le chiese allora quale fosse il suo preferito dei quattro di Liverpool, domanda più ricorrente del dovuto nella sua patria natia.
« Lennon. Non c'è storia. Chi dice altrimenti vuol solo fare il bastian contrario. » Rispose una voce maschile per lei, mentre entrambe si voltavano per guardare in volto l'intruso. Era esageratamente alto e magro, i capelli neri gli ricadevano sulla fronte e donavano al volto un colorito spettrale, aiutati da un collo alto nero. Un ampio sorriso si allargò sul volto di Margareth.
« Kane, pensavo fossi tornato nelle fredde lande desolate dell'Inghilterra! Miles, lei è Andy, lavora per Andrew alla KROQ. » disse la PR salutandolo ed evitando di sprecarsi in presentazioni per quanto riguardasse il ragazzo, ritenendole giustamente inutili.
« E' un'abbreviazione? Il tuo nome. » chiese il ragazzo moro al suo fianco, in cui l'intervistatrice riconobbe subito Alex Turner, abbassando lo sguardo sul pavimento nero.
« Si. » Lo schiocco di frusta. L'unica rivincita che si sarebbe presa sulla la loro intervista sintetica, concisa e deleteria per la sua giovane carriera. Lui sorrise, e lei non lo notò.
« Marg, ti presento Alex. » disse allora con un sorriso Miles Kane.
« Vi conoscete? » chiese innocentemente Margareth. Alex si strinse nelle spalle, portando alle labbra un bicchiere in vetro, contenente scotch.
« Li ho intervistati la scorsa settimana, alla radio. » spiegò Andy per entrambi dopo aver stretto la mano a Miles Kane, tornando a guardare la bionda. Si sentiva la testa leggera, e le luci soffuse che secondo lei continuavano ad abbassarsi non la aiutavano ad inquadrare bene i due ragazzi che davanti a lei parlavano sommessamente tra di loro, intervallando sussurri con sorrisi ed risate complici.
« Sei inglese, non è vero? » chiese Kane puntando i suoi occhi di un marrone ramato in quelli azzurro accesi dell'intervistatrice. Lei sorrise, consapevole che per l'ennesima volta il suo accento l'aveva tradita nel giro di due frasi.
« Sono di Shoreditch, Londra. »
« Shoreditch?! Ci ho preso una delle sbronze più colossali della mia vita. Eravamo insieme, Al? Oppure ero con John? » Miles Kane sembrava confuso, così come il ragazzo al quale aveva posto la domanda.
« Non ricordo di sbronze colossali a Shoreditch. » commentò Turner sorridendo.
« Ma si! Eravamo in quel pub.. il Three Doors Down! E poi andammo a ballare in un posto assurdo, c'erano un sacco di travestiti! »
« Non ricordo neanche travestiti, Miles » aggiunse alzando un sopracciglio con aria divertita. Andy si voltò verso di lui credendo – nella dimestichezza con la quale riusciva a snocciolare problemi e soluzioni allo stesso tempo grazie all'alcool – di aver svelato l'arcano. Forse non era stato così conciso nell'intervista per malignità, ma perché il suo carattere gli impediva di dilungarsi in risposte in conclusione sempre banali e vuote, come quei bei vasi che non vengono mai riempiti da fiori, per quanto uno lo possa desiderare. O forse sono solo ubriaca.
« Il fatto che tu non lo ricordi non implica necessariamente che tu non ci fossi » commentò sarcastica Margareth, probabilmente spinta ad una maggiore confidenza dai diversi Margaritas che aveva bevuto a quel punto della serata. « Anzi, in un certo modo suggerisce che tu abbia partecipato attivamente alla sbronza. » Miles Kane rise, al pensiero del suo migliore amico come Aurora de La bella addormentata nel bosco nel letto di un travestito; Alex Turner invece – nel suo giubbotto di pelle che nascondeva una t-shirt bianca ed un paio di jeans scuri – aggrottò le sopracciglia sorpreso da tanta intraprendenza, per poi sorridere imbarazzato.
« Non scordo mai niente, per quanto male mi possa ridurre. L'ho sempre considerato uno dei pochi pregi derivanti dall'aver conosciuto l'alcool troppo presto. » commentò poi prendendo un altro sorso di scotch, quasi per rafforzare il concetto. Andy non poté fare a meno che percepire la sua frase con un pizzico di dispiacere. Mentre si perdeva a rincorrere la nascita del proprio rapporto con l'alcool, perse anche il contatto con la realtà, e quando rialzò gli occhi dal quarto gin tonic che stringeva tra le mani, trovò la sua neonata compagnia dimezzata. Guardò l'unico sopravvissuto al taglio al personale con aria interrogativa. Alex Turner si limitò a poggiare l'indice sulla narice destra con delicatezza, e ci volle qualche secondo prima che Andy ne comprendesse il significato, ed una punta di dispiacere la cogliesse per l'uso di cocaina della compagna della sua serata.
« Mi accompagni a riempire il bicchiere? » chiese lui con un tono di voce troppo basso per la musica che riempiva le stanze della villa, e lei annuì anche se non aveva ben compreso il senso delle sue parole. Lo seguì silenziosamente, attenta a non perdere l'equilibrio sulle sue zeppe bianche, fino al bancone che pensava di aver già frequentato troppo spesso per una sola sera.
« Scotch, per favore. » chiese al barista porgendo il bicchiere vuoto.
« Non ti viene in mente Last Nite degli Strokes ogni volta che vai ad una festa? » chiese Andy guardando il contenuto del suo gin tonic, esternando uno dei mille filoni di pensieri che le viaggiavano nella mente, involontariamente. Alex sorrise con le labbra serrate, quasi non volesse concederle troppo.
« Non ti devi divertire molto alle feste. » suppose lui ricevendo tra le lunghe dita il suo bicchiere riempito. Lei si strinse nelle spalle imitandolo, troppo annebbiata dal gin per spiegargli cosa volesse intendere. « Quindi She's Thunderstorms è davvero il tuo testo preferito? » Lei scosse energicamente la testa, tornando a guardarlo negli occhi, vedendo finalmente uno spiraglio di redenzione per l'immagine mediocre che pensava di aver dato di se durante la loro intervista.
« No. Cioè, è bella, mi piace. Ma direi When The Sun Goes Down. Domani cambierò idea. » disse conoscendosi fin troppo bene. « No ho cambiato idea già ora.. Poi non mi sento in grado di fare commenti sui figli con la madre davanti. » aggiunse Andy riferendosi alla loro intervista. Lui sorrise, sempre con le labbra strette, ed entrambi presero un sorso del loro drink.
« Non sei una fan degli Arctic, vero? » chiese lui senza particolari intonazioni della voce. Sembrava semplicemente curioso. Lei lo guardò per qualche secondo negli occhi, tentando di capire se le aveva appena teso una trappola, o poteva esprimersi liberamente. Poi decise di farlo in ogni caso.
« Lo ero. Vi ho visti in concerto a Londra due volte: circa 5, 6 anni fa direi. Avevi un sacco di capelli. » commentò tentando di non ridere, ma un sorriso le sfuggì dalle labbra ed abbassò lo sguardo, imbarazzata per la sua constatazione chiaramente dettata dalla frequenza assidua al bancone del bar. Lui la osservò stranito, guardandosi per qualche secondo attorno nell'intento di trovare una risposta abbastanza divertente, ma lasciò perdere.
« Dovrei dare la precedenza al tuo commento sulle abilità del mio parrucchiere, o al fatto che hai usato il verbo essere al passato? Da quando non ci ascolti più? » Era divertito, ma non voleva apparire indagatore.
« Dovresti dare la precedenza alla scelta del tuo parrucchiere. » commentò sarcastica, mentre il rosso che albergava sulle sue guance non accennava a sloggiare per il perenne filo di imbarazzo che provava nell'intento di trattare Alex Turner come un qualunque ragazzo. « Comunque non ho mai smesso di ascoltarvi, è solo che.. Non so, suppongo di avere dei gusti diversi adesso.. Senza offesa. O forse semplicemente non vi ho più posto l'attenzione di prima, nell'ascoltare i dischi, dico. AM è bello, ma i B-Sides sono più belli, secondo me. Voglio dire, Stop the World I Wanna Get Off With you è pazzesco! » sorrise, guardandolo negli occhi. Se si fosse soffermata a pensare lucidamente al fatto che si trovava ad una festa a parlare di musica con il frontman degli Arctic Monkeys, non sarebbe riuscita ad incastrare parole cosicché formassero una frase di senso compiuto; dunque cavalcava l'onda, esprimeva concetti, lasciava che le parole fluissero dalle sue labbra sincere ed oneste, si faceva guidare dal gin tonic. « Comunque io preferisco McCartney. E non lo dico per fare il bastian contrario. » Aveva provato a non dirlo in precedenza, tenendo per se quell'opinione che secondo Kane poteva apparire dissacrante, ma Alex non era stato categorico come lui poco prima. Ed invece scosse la testa divertito.
« Lennon. Ha ragione Miles. Bastian contrario. » Lei sorrise timidamente, scuotendo a sua volta la testa. « Vuoi qualcosa da bere? » Andy alzò la testa tornando a guardarlo e fece segno di diniego con il capo, sorpresa per l'ennesima volta della delicatezza con la quale il ragazzo pareva fare o dire qualsiasi cosa. Non l'avrebbe descritta come educazione, o gentilezza, ma una vera e propria sofficità che pareva innata, imprescindibile dalla sua figura introversa e imperscrutabile di rockstar. Si inumidì di nuovo le labbra con la sensazione che il suo rossetto viola la stesse abbandonando. Non avrebbe più bevuto, il giorno seguente doveva intervistare Chris Martin e credeva di aver già ingerito troppo alcool per svegliarsi in condizioni accettabili al mattino.
« Non ti sentire in dovere di tenermi compagnia, ci sono dei miei colleghi a giro, posso trovarli. » disse Andy dopo qualche secondo di silenzio tra i due, che si guardavano intorno dal bancone del bar.
« Preferirei non incontrare troppa gente, soprattutto dopo aver bevuto quel che ho bevuto. Divento arrogante, malignamente sarcastico. » Rispose guardando un punto indefinito davanti a lui. Lei ne approfittò per studiarne il profilo: diverso, complicato. Non brillava di bellezza oggettiva, ma i suoi lineamenti singolarmente bizzarri assieme formavano un complesso intrigante ed innatamente adescatore. Non stentava a credere che da ragazzina ne fosse perdutamente innamorata, così come altrettante ragazze e donne continuavano a pendere dalle sue labbra, e pregare per riuscire a passare una notte con lui.
Quando Margareth e Miles tornarono a ricomporre la neonata combriccola, nel tentativo di mascherare il suo studio attento concernente la fisicità del musicista, Andy si lanciò alla ricerca della cannuccia del suo drink con la lingua, mancandola diverse volte in uno spettacolo divertente prima di riuscire a intrappolarla tra le labbra e finire in un sorso il gin tonic, alleato imprescindibile contro l'imbarazzo. Kane, inattento, aggiornò l'amico sulle diverse conoscenze in comune che aveva trovato alla festa nel tratto bar-bagno e viceversa, mentre Andy, attenta, non mancò di notare la sbavatura di rossetto scarlatto sul mento di Margareth. Le sorrise a labbra serrate, facendo conseguentemente gonfiare i suoi zigomi rosati, e con un cenno distratto le indicò la parte di volto sporca sul proprio, specularmente. La donna non ci mise molto a capire, e voltandosi di tre quarti si strofinò il mento energicamente, cercando poi uno sguardo di approvazione in Andy. Lei sorrise di nuovo, e con un cenno netto di assenso si trovò sollevata grazie alla scoperta che la sua nuova conoscenza avesse fatto sesso in bagno con Miles Kane piuttosto che uso di droghe.
« Che ne pensate? Non è fantastico Empire?! Ma che state facendo? » chiese l'altissimo cantante osservando le due donne, che sembravano esser state colte in flagrante. Andy annuì energicamente, tentando di nascondere un largo sorriso.
« Il mio preferito dei Kasabian. Una figata assoluta. » commentò con tono fintamente solenne.
« Vorrete scherzare! Mi volete far credere che secondo voi è meglio di Velociraptor!? Ma l'avete almeno sentito?? » esordì Alex Turner. Miles sbuffò spazientito, e le due ragazze ebbero la sensazione che quella doveva essere la centesima volta che affrontavano la medesima discussione.
« Mi dispiace per la solidarietà femminile, ma stavolta devo dare ragione a Mr. Rockabilly, Velociraptor è senza dubbio il migliore. » commentò Margareth con un tono sofferente. Alex la squadrò alzando un sopracciglio per il soprannome che gli era stato appena affibbiato, ma rimase in silenzio, senza lamentarsi.
« Ragazzi, Shoot the Runner. » si limitò ad aggiungere Andy.
« Esatto! Finalmente qualcuno che ragiona! Stuntman, Empire, Apnoea! Ma di cosa stiamo parlando? Ma di cosa state parlando?! » si infervorò divertito Miles Kane, scuotendo le braccia in segno di disperazione, elencando canzoni dell'album Empire. La sua spalla improvvisata per quella battaglia rise sommessamente, poggiando il bicchiere ormai vuoto sul bancone ed intrecciando le braccia sotto il seno, pronta ad avvalorare le proprie tesi.
« Re-Wired » disse allora Alex Turner con sguardo serio, quasi minaccioso. Sembrava che stesse sfidando i due avversari a parlar male di quella specifica canzone, contenuta in Velociraptor, cosicché potesse sfoderare le sue armi migliori, e farli a pezzi sul proprio territorio. Andy sbarrò gli occhi con divertimento ed alzò le mani
« Easy Cowboy » commentò inclinando leggermente la testa.
« Cosa vorrebbe dire? Un titolo di canzone buttato lì con quel tono? Non hai mica detto Enjoy the Silence. Non capisco questa tua fissa con Re-Wired. » Disse Kane prendendolo in giro e scuotendo la testa. « Re-Wired » lo scimmiottò prima di voltarsi verso il bancone ed ordinare una birra. Turner lo fissò per qualche secondo, studiandone i movimenti. Poi un sorriso gli si allargò sul volto, e per la prima volta in tutta la serata Andy notò i suoi denti bianchi. « Re-Wired » commentò ancora Miles Kane con la birra tra le dita. « Ti sei bevuto il cervello. Re-Wired. » Le ragazze erano onestamente divertite da quel teatrino, ed Alex sembrò abbandonare ogni speranza di poter vincere quella singolare battaglia voltandosi di profilo e scrutando la folla, con uno sbuffo allegro.
« Qualcuno ha fame? Ho voglia di frittelle. » disse Margareth con una smorfia, ed il suo fare da bambina fece sorridere Miles ed Andy. Quest'ultima annuì.
« Io ho sempre fame. » aggiunse
« Al, potreste venire tutti da me. Cuciniamo delle frittelle. Volevo dire cucinate delle frittelle, dal momento che io non ne sono capace; però sarei ben felice di mettere a disposizione i miei fornelli. » l'intervistatrice fu sorpresa da quelle parole. Non si immaginava che Miles Kane avesse una casa a Los Angeles, né tantomeno che vi invitasse una sconosciuta, per quanto questa potesse schierarsi al suo fianco in una battaglia musicale. Il frontman degli Arctic Monkeys annuì stringendosi nelle spalle, e l'ultima parola fu donata ad Andy.
« Non so cucinare. » ammise sorridendo.

 

Spero vivamente che questo secondo capitolo vi sia piaciuto; io mi sono divertita molto a scriverlo, e credo mi divertirò
altrettanto nel continuare la storia.  Ci tengo a precisare che le mie opinioni musicali non coincidono
necessariamente con quelle di Andy.  Recensioni sono sempre più che ben accette, positive o negative.
Al prossimo capitolo, un abbraccio!

Sweather Weather - The Neighbourhood: https://www.youtube.com/watch?v=RA26uXxh5O0
Last Nite - The Strokes: https://www.youtube.com/watch?v=EXaHy814cEA
Stop the World I Wanna Get Off With You - Arctic Monkeys: https://www.youtube.com/watch?v=IXTMDLbaIeg
Shoot The Runner - Kasabian: https://www.youtube.com/watch?v=2C0OEVWKZv0
Re-Wired - Kasabian: https://www.youtube.com/watch?v=gjsrH_cnK7g



 

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Capitolo 3
*** Gimmix ***


Eccoci al terzo capitolo di questa fan-fiction. Per prima cosa, di nuovo grazie, 
non sapete quanto mi faccia piacere vedere in quanti leggono questa ff, e
leggere le vostre recensioni, mi riempite di giuoia. Come sempre, i personaggi
di Alex e Miles non mi appartengono, così come le canzoni citate nella FF.
I titoli dei capitoli, come il titolo della FF appartengono a John Cooper Clarke.

 

 
3. GIMMIX
 
"Tune in the idle chatter
turn a blind eye to the scream
at the shatter proof heart of the matter
things are as they seem"

 
Qualcosa di lei gli ricordava Matt. Ci vollero due isolati e diversi sguardi scrupolosi alle luci notturne di Los Angeles aldilà del finestrino per capire cosa: canticchiava esattamente come il suo migliore amico. Entrambi non seguivano una linea logica, tampinando l'intero testo di una singola canzone sino alla fine, ma si affidavano ad una loro playlist mentale formata grazie ad associazioni di parole o melodie, dunque il ritornello di una canzone portava alla strofa di un'altra, il quale arrangiamento li conduceva dritti alla loro terza interpretazione. Non era rumorosa come Matt ma l'intonazione non le mancava, e spesso sussurrava per non farsi scoprire da orecchi indiscreti. Ciò che Alex Turner non poteva immaginare era l'importanza dell'alcool in quelle sue esibizioni estemporanee, altrimenti risultanti impossibili in presenza di sconosciuti, specialmente se famosi come loro. Margareth e Miles discutevano sull'influenza dell'Hip Hop in tutta la musica contemporanea e lui, munito di orecchi indiscreti, la ascoltava sussurrare melodicamente dal suo sedile da passeggero, accanto a Miles, il guidatore. Quel mormorio armonico lo calmava, e leniva con gentilezza l'effetto che lo scotch aveva sul suo corpo stanco, tenendolo attento ad ogni cambio di rotta, con l'intenzione di indovinare ogni singola traccia di quell'immaginario CD. Anche lei si teneva sveglia sondando nella propria mente le varie possibilità di scelta tra le innumerevoli canzoni che sapeva a memoria. Il finestrino oscurato filtrava la realtà circostante come un velo, donando alla città degli Angeli un manto ancor più tetro ed affascinante del normale; voleva rallegrare le vie, e se stessa.
« Getting off the train to see a girl that's sweeter than an apple picked from Adam's tree.. Oh, Glory be! » sorrise abbassando lo sguardo sulle mani intrecciate nel grembo. Lui la lasciò continuare qualche secondo, dando un'occhiata distratta allo specchietto nella speranza di vederla, spontaneamente.
« Aspetta, questa non la conosco. » Nell'auto calò il silenzio. Margareth ed il guidatore non capivano a cosa Alex si riferisse, ed interruppero di colpo la loro conversazione, aspettando maggiori spiegazioni. Andy dal canto suo si sentì come un bambino trovato dopo 10 secondi dietro l'angolo giocando a nascondino; credeva di sapere a cosa alludeva il cantante, ma sperava di sbagliarsi, non voleva pensare che l'avesse ascoltata per tutto quel tempo. « La canzone » ribadì, avverando gli incubi dell'intervistatrice. Lei deglutì sonoramente.
« E' Alloway Grove. Di Paolo Nutini.. » disse allora leggermente incerta, quasi fosse la risposta ad un'interrogazione scolastica alla quale non si era preparata correttamente. Alex annuì, apparendo pensieroso ed affascinato allo stesso momento, ma non disse niente. Andy, seduta dietro di lui, non poté vederlo e strinse le dita nervosamente, mettendo fine a quella piccola sessione privata.




« Ci stai mettendo troppa farina. Miles, diglielo tu! Non mi ascolta! » disse cantilenando la voce di Margareth. Il suo interlocutore si strinse nelle spalle, scuotendo leggermente la testa.
« Non ho la minima idea di cosa stiate parlando. Tu lascialo fare, al limite sapremo a chi dare la colpa se stanotte ci terranno svegli i crampi. » Andy sorrise con Miles, guardando i promotori della bellezza di Velociraptor affaccendarsi sui fornelli. Era appena tornata in cucina, dopo un tour solitario e veloce del piano terra della piccola villetta del cantante; gli altri due erano già stati ospitati in quella dimora, e ne conoscevano le particolarità, ma a lei quelle parete tappezzate di dischi e poster risultavano sconosciute, così come la libreria ripiena di testi e fotografie, e dopo aver chiesto il permesso al proprietario, si era dilungata da sola nel salotto accarezzando con i polpastrelli quella realtà tangibile di una vita quotidiana assolutamente ed innegabilmente peculiare. Andy era sempre stata affascinata dall'arredamento interno delle case a lei sconosciute, pensava che raccontassero molto di più sul proprietario di quanto non facesse una serata passata con quest'ultimo, in balia di convenevoli e prime impressioni. Le mura non mentivano, il parquet invecchiato non mentiva, le foto ritraenti Miles e sua madre non facevano giri di parole: arrivavano dritte al punto. Le piaceva scoprire i gusti delle persone senza dover chiedere, soffermandosi sulle collezioni filmiche o letterarie, e per quanto fosse evidente che Miles non aveva ancora vissuto abbastanza quella casa per imprimergli appieno la propria essenza, ad Andy lasciò nella mente un'immagine allegra ed accogliente, con i propri risvolti seri e riflessivi, ma mai tetri.
« Hai una casa bellissima » disse allora mettendosi a sedere al suo fianco, sul secondo degli sgabelli presenti in cucina.
« L'ho aiutato io a scegliere i mobili, altrimenti qui tutto avrebbe ricordato uno studio medico degli anni '70 » Lo prese in giro Alex prima che il proprietario della casa potesse ringraziare. Andy sorrise poggiando gli avambracci sull'isola in pino invecchiato della cucina, sporgendosi leggermente in avanti.
« Il solito egocentrico! Pensa a farci mangiare, invece di prendere per il culo. Ve l'avevo detto che era meglio fermarci a prendere qualcosa da asporto. » Gli rispose Miles imitando l'intervistatrice e sporgendosi a sua volta verso i due ai fornelli. Alex non si voltò, ma il suo migliore amico poteva immaginarsi quel sorriso sornione che gli si dipingeva in faccia per aver colpito nel segno: nell'arredamento aveva sempre avuto un gusto migliore del suo, ed amava ricordarglielo. L'improvvisatosi cuoco aveva tolto la giacca in pelle appena entrato in casa con familiarità, ed adesso quella giaceva su di una delle poltrone del salotto con maestria; nella sua precedente escursione Andy aveva pensato che neanche addosso ad un manichino sarebbe risultata tanto elegante. Lui si sentiva più a suo agio di quanto non lo fosse alla festa, al contrario di lei. In quel momento le pareva di essere completamente scoperta, come se gli altri tre avessero improvvisamente adocchiato il suo punto debole: non era come loro, non era inserita nel mondo dello spettacolo, non si sentiva interessante allo stesso modo. Ragionò anche sull'idea che poteva aver dato accettando quell'invito: Miles e Margareth sarebbero probabilmente finiti a ripetere la stessa attività per la quale li avevano abbandonati alla festa, e forse Alex Turner – essendo una rockstar – avrebbe provato ad esercitare la sua elegante aura su di lei, aspettandosi nient'altro che un assenso data la sua presenza in quella casa. Forse agli occhi dei tre appariva come una groupie, che li aveva seguiti con la speranza di rotolarsi tra le lenzuola con un personaggio tanto famoso. Si sentì improvvisamente a disagio.
« Andy non essere silenziosa. Parlaci di te. » La spronò risvegliandola dai suoi pensieri Margareth, abbandonando definitivamente la cucina e dandola vinta al cantante, voltandosi verso di loro. Lei girò la testa sorpresa, guardando per un attimo Miles e poi Alex, che le aveva lanciato un'occhiata incuriosita prima di tornare a porre la sua attenzione sull'impasto che stava preparando.
« Non c'è molto da dire » le rispose stringendosi nelle spalle, con ancora quella sensazione di disagio che le pesava sul petto.
« C'è sempre qualcosa da dire! » La contraddisse Miles con un sorriso incoraggiante.
« Ho lasciato Londra quattro anni fa, e l'Università di Letteratura che avevo iniziato.. Non.. Mi sembrava che quello non fosse il mio posto, ecco. » Iniziò facendo di nuovo spallucce. « Ho vissuto un po' a giro per il mondo: Irlanda, Germania, Olanda, Francia, Brasile ed infine eccomi qui.. Ho fatto diversi lavoretti, praticamente di tutto » disse sorridendo con nostalgia, ricordando quanto fosse facile lavorare in un bar sulla spiaggia a Rio de Janeiro. « Sono arrivata a Los Angeles due mesi fa, vivo con due ragazzi ed una ragazza in un appartamento.. piccolo, direi. » Annuì divertita, paragonando la sua umile tana con la villetta di Miles Kane. « E niente, Andrew mi ha inspiegabilmente assunta alla KROQ, ed il resto lo sapete. »
« Non c'è molto da dire?! » la scimmiottò Miles aggrottando le sopracciglia. « Hai lavorato in giro per il mondo per quattro anni e non c'è molto da dire?! Hai uno strano concetto di ciò che valga la pena raccontare, fattelo dire. » commentò con un tono ammirato.
« Miles ha ragione, detta così la tua vita sembra adatta ad un film. » Commentò Margareth sorridendole, e poggiando le mani sull'isola della cucina, guardandola negli occhi.
« No credetemi, non è niente di speciale. Ho provato a vivere alla giornata ma in realtà è stata una corsa perenne per riuscire ad arrivare a fine mese. Non sono neanche riuscita a visitare la metà delle città in cui sono stata. » Le reazioni di Margareth e Miles l'avevano aiutata a sciogliersi nuovamente, ed adesso il disagio sembrava lentamente allontanarsi con disappunto per la mancata riuscita.
« Il tuo nome. » come sempre tagliò l'armonia la voce bassa di Alex Turner, voltandosi infine verso di loro e poggiando il fondoschiena di fianco ai fornelli. Un sorriso sghembo. « Adesso posso sapere il tuo nome? » Miles ridacchiò sonoramente; sapeva che il suo migliore amico non riusciva a lasciar perdere: doveva inseguire le risposte che voleva avere sino a quando non le possedeva finalmente, e solo allora lasciava la corda e si riteneva soddisfatto. Andy a sua volta sorrise con imbarazzo, guardandolo negli occhi.
« Andromeda. Mia madre è una patita di mitologia greca. » Ammise con un filo di imbarazzo. Non erano in molti a chiederle se il suo nome fosse un abbreviazione; la maggior parte delle persone immaginavano che stesse per Andrea, oppure semplicemente non ci facevano abbastanza caso. Erano più di due anni che non pronunciava il suo nome per intero, e provò una sensazione strana, come se ne avesse dimenticato il suono.
« E' bellissimo » commentò Margareth con un sorriso, e Miles si unì al coro di apprezzamento, che la ragazza concepì come un atto di cortesia ed educazione.
« E' la moglie di Perseo, la donna che ha salvato dal mostro marino. Era incatenata ad una rupe, non è vero? » Chiese Alex voltandosi nuovamente verso i fornelli. Andy rimase spiazzata dalla sua domanda: non erano in molti a conoscere la mitologia greca, e forse l'ultima persona al mondo della quale avrebbe sospettato era il frontman di una delle band indie rock più famose al mondo. Miles e Margareth parvero altrettanto sorpresi.
« Si, si! E' lei » disse con entusiasmo, ringraziandolo mentalmente per non essersi fermato al definirla la moglie di Perseo, così come solitamente veniva ricordata.
« Da quando sei un esperto di mitologia greca? » gli chiese Miles con una punta di divertimento, mentre gli occhi di tutti si voltavano verso il ragazzo che aveva versato in padella precedentemente riscaldata un po' di impasto.
« A differenza tua io leggo, Miles. » gli rispose marcando il nome dell'amico quasi a rimproverarlo.
« Staresti insinuando che non leggo abbastanza? »
« Sto insinuando che non leggi, punto. » ribatté pronto Alex continuando a dare le spalle ai tre.
« Ma certo che leggo! Questa stronzata da dove viene fuori?! » Miles sembrava più preoccupato sull'effetto che quelle parole potevano sortire su Margareth e la sua nottata di svago piuttosto che difendersi logicamente.
« Leggere lo stesso libro all'infinito non vale. » Alex sembrava tranquillo, continuava a cucinare per la combriccola.
« Di che libro si tratterebbe? 50 sfumature di grigio? » Chiese con una punta d'ironia Margareth, desiderosa più di scoprire un particolare per il quale prendere in giro Miles, che di inserirsi nella conversazione.
« Simpatica. » commentò lui con una smorfia.
« Non che tu non l'abbia letto, vorrei farlo presente. » commentò Alex, voltandosi per un secondo a dare un'occhiata di divertimento inequivocabile al suo migliore amico. « Ma in questo caso stavo parlando del De Prufundis di Wilde. »
« Beh, è bellissimo » si intromise Andy, che sin dall'adolescenza aveva coltivato una fiorente passione per lo scrittore irlandese; ed adesso che ci rifletteva, poteva benissimo immaginarsi Miles Kane a leggere quella struggente, sincera, disperata opera di cruda emotività che era il De Prufundis. Un po' ci assomiglia anche, a Oscar Wilde.
« Non mi azzarderei ad affermare il contrario, ma Miles ne è ossessionato. E' da quando lo conosco che se lo porta dietro, citando frasi a casaccio nei momenti meno appropriati. » le spiegò Alex, impiattando la prima frittella.
« Questa è la tua opinione, Turner. Almeno io non vado a giro a recitare poesie di John Cooper Clarke come se fossero la Bibbia! »
« E' un problema per te? Non ti piace Cooper Clarke? » chiese stizzito Alex, voltandosi.
« Per quanto voglia riportare l'attenzione sul fatto che Miles abbia letto 50 sfumature di grigio, se devo schierarmi di nuovo sto dalla parte di chi voleva il cibo da asporto. » Intervenne Margareth, affamata. 


Dopo aver mangiato la misera frittella che le spettava, – Alex ne aveva cucinate una a testa – Andy aveva sentito il bisogno di tornare a casa: il suo orologio indicava le quattro di notte, ed il giorno seguente avrebbe iniziato a lavorare alle undici. L'aspettava l'intervista con Chris Martin, e per quanto avesse tentato di fuggire dall'ansia, a quel punto della notte non riusciva a provare nient'altro. Si era congedata ringraziando Miles per l'ospitalità e gli altri due per la compagnia; le avevano reso la serata altrimenti solitaria molto piacevole: adorava parlare di musica, e poterlo fare con due musicisti ed una responsabile delle pubbliche relazioni dell'ambiente, l'aveva intrattenuta gioiosamente, dopo l'imbarazzo iniziale. Alex ne aveva seguito l'esempio una volta notata la volontà di Margareth di non andarsene; appena Andy si alzò dallo sgabello si sentì come un terzo incomodo, non avrebbe mai ostacolato il divertimento notturno di Miles. Dopo aver pazientato perché le due ragazze si scambiassero i numeri di telefono, chiamò un taxi per entrambi e si rimise il giubbotto di pelle, uscendo dalla villa assieme all'intervistatrice.
Miles chiuse la porta alle loro spalle salutandoli cordialmente per l'ultima volta, lasciandoli al clima fresco delle notti di Dicembre a Los Angeles. Nessuno dei due si era ancora abituato a poter sopravvivere con un giubbotto leggero in inverno, e per abitudine si stringevano ancora nelle spalle con un piccolo brivido.
« Hai freddo? » chiese allora lui accendendosi una sigaretta.
« No, grazie. Un po' d'aria fredda fa sempre bene al cervello. » rispose sorridendogli.
« Fumi? » chiese di nuovo porgendogli il pacchetto di sigarette.
« Solo canne. » disse seria. Il silenzio notturno si insinuò nella loro conversazione. « Sto scherzando, è demenza da sonno. » Aggiunse ridendo. Anche lui sorrise, ed annuì ritraendo il pacchetto. « Sto cercando di smettere. »
« Perché? » chiese di nuovo.
« La mattina mi fa male la gola. » Alex annuì, sapeva a cosa si riferisse, ma non gli era mai sembrato un sintomo tanto fastidioso da forzarsi ad eliminare quel vizio che gli pareva quasi nato con lui.
« A che canzone stai pensando? » Andy si voltò verso di lui con uno scatto, e le sopracciglia aggrottate.
« In che senso? » Gli chiese quando si accorse che non avrebbe specificato oltre se non gli fosse stato richiesto.
« Mi hai detto che le feste ti ricordano Last Nite degli Strokes. Canticchiavi in macchina. A che canzone stai pensando? » Le disse espirando fumo, senza guardarla negli occhi. Lei non si sentì in grado di dirgli che non pensava perennemente a canzoni: le piaceva l'idea di una ragazza che incorniciava ogni situazione nella sua melodiosa gemella; una sorta di fautrice di colonne sonore che non si stancava mai di provare cose nuove per incastonarle a nuove armonie, avrebbe voluto essere quella ragazza. Rimase in silenzio qualche secondo riflettendo; tra loro non c'era alcun tipo di tensione, ed ormai la stanchezza aveva nascosto l'imbarazzo come una coperta di lana, e lui aspettava fumando la sua risposta.
« Constellations, Jack Johnson. La conosci? » disse sorridendo.
« No. Non conosco neanche Alloway Grove. » ammise poggiando di nuovo le labbra sulla sigaretta.
« Non credo siano il tuo genere. »
« Non sono mai riuscito a capire quale sia il mio genere. » La contraddisse lui sorridendo brevemente. « Le ascolterò se ascolterai meglio i nostri ultimi due album. »
« Sei sempre così? » Le chiese lei con dolcezza, cercando di non far apparire quella domanda più maleducata od indiscreta del dovuto. La loro breve conversazione non era stata banale, lui non era banale. E lei si sentiva sotto un perenne riflettore.
« Così come? » rispose lui, sapendo già abbastanza bene a cosa si riferisse.
« Così.. » si rese conto in quel momento di quanto fosse difficile descriverlo; era molto cose tutte assieme, e districare i pensieri alle quattro di notte, dopo altrettanti gin tonic, era molto complicato. Sospirò, gesticolando come se volesse stringere qualcosa e guardandolo negli occhi « Intenso » ridacchiò tra se e se, scuotendo la testa.
« Devo prenderlo come un complimento? » chiese lui alzando un sopracciglio con un sorriso sghembo. Lei avrebbe voluto rispondergli che si, era una qualità rara per non dire unica. Ma lui la precedette: « Comunque no, non sempre. » Lei sorrise timidamente, abbassando lo sguardo, con la sensazione che avesse mentito.
Un taxi si fermò davanti a loro, e dopo aver spento la sigaretta sotto la suola dei suoi stivaletti color notte, Alex si avvicinò ad esso e le aprì lo sportello.
« A volte sono anche così » le disse con un sorriso allegro, facendole cenno di salire. Lei scosse la testa sinceramente divertita e lo accontentò, facendolo proprio cavaliere per quel breve istante. Il cantante la seguì imitandola e dopo aver chiuso lo sportello dissero uno dopo l'altra il proprio indirizzo al tassista, che consigliò ad entrambi il giro più celere, fermandosi prima a casa della ragazza per poi portare a casa Alex. Lui acconsentì senza problemi, ringraziando l'uomo di mezza età alla guida.
Tra i due calò un silenzio calmo, turbato solamente dal suono basso ed armonico della radio della macchina, che trasmetteva note che entrambi conoscevano da sempre. Fu lei, di nuovo, a prendere coraggio per prima.
« Hey, Mr. Tambourine Man.. Play a song for me, I'm not sleepy and there is no place I'm goin' to.. » Alex aveva scoperto il suo segreto, l'aveva già sentita cantare, e per quello si trovò a sussurrare quelle parole a fior di labbra guardando al dilà del finestrino, stretta tra le proprie braccia con la speranza che lui fosse troppo occupato a pensare a qualsiasi cosa per sentirla. Per quanto avesse provato ad ascoltare quella voce nasale che conosceva da sempre senza imbrattarla con i propri sospiri, era un istinto che non poteva controllare. Quella canzone le ricordava casa, le ricordava sua nonna e l'amore che provava per il folk degli anni '60, le ricordava un film dei fratelli Coen, le ricordava il thè verde, e l'armonica sulle labbra dell'allora ragazzino Bob Dylan.
« Hey Mr. Tambourine Man, play a song for me.. In the Jingle-Jangle morning.. I'll come followin' you.. » Si unì lui, con un tono più deciso e la sua voce bassa, guardando a sua volta oltre il vetro che li separava dalla realtà. Con un tacito accordo cantarono la canzone insieme, guardandosi negli occhi un paio di volte con un sorriso di empatia, e lui le fece l'occhiolino annuendo per l'ultimo ritornello.


« Ci rivedremo, Andromeda » disse lui quando il taxi si fermò, dopo diversi minuti di silenzio. Lei lo guardò aggrottando le sopracciglia.
« E' un'affermazione o una domanda? » gli chiese aprendo lo sportello.
« Un'affermazione. Buona notte. » Alex si allungò lasciandole due baci sulle guance che la colsero di sprovvista, non pensava di conoscere il ragazzo abbastanza bene, così come non le era parso che lui ci avesse provato o simili per tutta la serata. Lo guardò socchiudendo gli occhi, quasi stesse studiando qualcosa di confuso; i contorni del cantante erano annebbiati, sfocati, e lei avrebbe voluto inquadrarlo una volta per tutte, ma non ci sarebbe mai riuscita.
« Smetti di fare la femme fatale » commentò allora lasciandosi uscire un commento sarcastico uscendo dal taxi, allegramente. « Qualcuno potrebbe chiedersi se sia tutta finzione » concluse abbassandosi a guardarlo una volta scesa sul marciapiede, sorridendogli prima di chiudere delicatamente lo sportello. Il taxi ripartì con un rombo sommesso e lei rimase a guardarlo.
Ma che cazzo ho detto. Non aveva il minimo senso.

 

E di nuovo, vi ringrazio per l'attenzione. (con il rischio di diventare pesante!)
Ho molta voglia di continuare, e sino a quando gli impegni universitari non 
saranno di intralcio, aggiornerò settimanalmente - più o meno.
Spero vi siate di nuovo divertite quanto l'ho fatto io a scrivere questo capitolo.
A seguito le canzoni citate, ed al prossimo capitolo! :

Alloway Grove - Paolo Nutini:  
https://www.youtube.com/watch?v=a_v1k1NcWSE
Constellations - Jack Johnson: https://www.youtube.com/watch?v=9AOQ9jXC6iE
Mr. Tambourine Man - Bob Dylan: https://www.youtube.com/watch?v=WtiFf1VoFP0

 

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Capitolo 4
*** 36 Hours ***


Salve a tutti/e! Devo ammettere che la stesura di questo capitolo mi è risultata più difficoltosa delle altre 
probabilmente perché ancora non avevo una storia ben chiara in mente, ma adesso credo di esserci arrivata.
Non mi convince, non come i primi tre, ma credo che da questo momento in poi la strada sarà in discesa.
Volevo anche avvertire che probabilmente i capitoli saranno molti (marò mi dilungo sempre troppo ma oh), e 
ricordo che i personaggi di Alex Turner e le scimmie, così come i titoli dei capitoli e della FF non mi appartengono,
appartenendo a John Cooper Clarke.  Ah, Grazie, grazie, grazie ancora -
le vostre recensioni mi lasciano sempre piacevolmente incredula, grazie di cuore.
 

4. 36 HOURS

STEEL SHOES ON THE STONE COLD FLOOR
I HEAR THE SCREWS SCREAMING IN THE CORRIDOR
THE BAD NEWS AND THE SLAMMIN' OF THE DOOR
THE "WHAT DID I DO'S" AND THE "WHAT AM I HERE FOR'S"
SHADES OF DOUBT FALL DEEPER THAN THE SLAG MINE
LIGHTS OUT... SACK TIME

 
 
 

Le lenzuola bianche. Non aveva mai comprato lenzuola bianche in tutta la sua vita perché gli ricordavano i tristi ed anonimi ospedali delle campagne inglesi; e da quando la sua mente aveva operato quel collegamento tutte le donne con le quali aveva dormito, si rifugiavano sotto lenzuola più candide dell'innocenza stessa, quasi la vita lo punzecchiasse per palesargli la propria opinione, ed indicasse al virgineo colore facendogli notare ciò che lui aveva perso, o forse non aveva mai avuto: non l'avrò mai vinta, non sulle lenzuola. Scostò gli occhi dalla sua bianca nemesi per guardare la figura di spalle al suo fianco, mossa da respiri regolari, e non poté fare a meno di sorridere. La schiena nuda si contorceva amabilmente, impreziosita dai capelli color pece che in ciocche disordinate e lisce macchiavano il cuscino bianco quasi fossero petrolio. La sua instancabile testa pulsava, ed aveva paura di mettersi a sedere per il troppo alcool ingerito la sera precedente, così rimase a fissare il soffitto bianco per qualche secondo, mentre la mano poggiata sullo stomaco nudo si riscaldava per il nervosismo, man mano che la lucidità avanzava nella sua mente annebbiata. Il letto ad una sola piazza li costringeva vicini, ed i corpi nudi si erano sfiorati più volte durante la notte, provocando però solo in quel momento di chiarezza un brivido di imbarazzo: erano due sconosciuti che avevano condiviso, in contraddizione, un momento di intimità cruda e sincera, ed Alex non si sentiva abbastanza maturo per affrontare il disagio, era quello il motivo principale che lo tratteneva dal dormire tutte le notti con donne differenti. Prese coraggio e si alzò lentamente, facendo il possibile per non svegliare la ragazza che dormiva beata al suo fianco. I vestiti poggiati a pochi centimetri dal letto gli ricordarono che si erano spogliati a vicenda sotto le coperte, evitando scene da film porno con tonfi contro porte, pareti o quant'altro; ma non si ricordava perché, in fondo aveva sempre preferito un po' di messa in scena, giusto per aumentare il desiderio e supplire all'inevitabile mancanza che sarebbe sopraggiunta quando la temporanea compagna avrebbe scoperto che la rockstar dei suoi sogni non reggeva il confronto con quella reale. I pantaloni neri e la camicia rossa non erano il giusto abbigliamento per la colazione, ma si dovette accontentare, per quanto avrebbe preferito una tuta da ginnastica. Dopo aver riflettuto per qualche secondo se lasciare un bigliettino alla ragazza ancora nel mondo dei sogni, uscì dalla stanza di soppiatto chiudendosi la porta in legno alle spalle. 
« Walk of Shame!! » sentì gridare. Si voltò istintivamente con la preoccupazione che la ragazza si svegliasse, prima di continuare a camminare verso quella che pensava essere l'uscita, a testa bassa. 
« Amico, amico! Dove scappi? » La stessa voce lo colse di nuovo di sprovvista da dietro le sue spalle, mentre una mano pesante si poggiava su una di esse. « Non te ne vorrai mica andare in queste condizioni? Sembri Al Capone. » Parlava veloce, troppo veloce e stringendolo a se lo stava portando in cucina, con un sorriso sornione sul volto. Era tutto ciò che in quel momento lo disgustava: allegro, squillante, radioso, infinitamente espansivo e decisamente troppo sveglio. Alex si limitò ad aggrottare le sopracciglia. Quando entrarono in una nuova stanza luminosa, socchiuse gli occhi per il fastidio della luce. « Cavolo sei proprio un cencio, cosa ti faccio? Una spremuta? Un pancake? » Il ragazzo non smise di parlare, intavolando una discussione con se stesso sull'importanza dei cereali al mattino.
« Jay, cazzo, stai zitto. » Un altra voce maschile che espresse i suoi identici pensieri lo fece voltare verso il tavolo non molto distante, ancora con la stessa espressione confusa sul volto. Fu in quel momento che Alex si ricordò del perché i vestiti erano a fianco del letto: la ragazza aveva dei coinquilini. Portò una mano al volto strofinandolo con forza, nella speranza che quella situazione fosse solo un brutto sogno.
« Alex? » una voce femminile dal tono incredulo uscì dal rumore di sfondo quando pronunciò il suo nome. Alzò lo sguardo. Lei era qualche centimetro più bassa di lui, i capelli castani e mossi raccolti in una coda che le dava un'aria da bambina, vestita di un paio di pantaloncini da calcio, ed una maglietta con la stampa di Jesse Pinkman di Breaking Bad. Gli occhi azzurri, più chiari di quanto non desiderasse ammettere, lo guardavano con preoccupazione. « Non hai un bel colorito, mettiti un attimo a sedere, ti preparo un caffè. »
« Preferisco un thè, Andy. Grazie. » La ragazza gli sorrise annuendo appena, prima di voltarsi ed avvicinarsi ai fornelli.  Era passato poco più di un mese dall'ultima volta che l'aveva visto, e non si aspettava che quell'affermazione su un loro futuro incontro includesse fare sesso con la sua coinquilina. Prima o poi imparerò a non dare niente per scontato. Le note dell'ultimo album di Ben Howard, Every Kingdom, furono interrotte bruscamente. Andy si voltò di scatto verso il più giovane degli abitanti di quella casa, con sguardo incupito. 
« Jay, non ti azzardare. Sono le nove di mattina! » Si lamentò mentre il ragazzo, con addosso una camicia di jeans che si sposava perfettamente con il colorito scuro della pelle, accennava dei passi di danza seguendo il ritmo della prima traccia del CD più famoso dei Green Day. Aveva l'abitudine fastidiosa di tormentare chiunque rimanesse a dormire nel loro appartamento, specialmente se il risveglio del povero malcapitato era costellato da nausea ed imbarazzo: iniziava gridando 'walk of shame', il cammino della vergogna che spetta a coloro che tornano a casa alla mattina con i vestiti della sera precedente, per poi inondare la vittima di domande, e renderla praticamente una bomba ad orologeria pronta ad esplodere dal nervosismo. Andy lanciò un'occhiata al tavolo al quale si era seduto Alex, tenendosi la testa tra le mani mentre il secondo coinquilino, Nick, si alzava indispettito, abbandonando la sala con fare astioso.
« Un giorno ti ucciderà nel sonno. » Commentò la ragazza poggiando la teiera sul fuoco e controllando nuovamente Alex con un sospiro. 
« Ma lo conosci? » chiese James avvicinandosi a lei ed unendosi allo studio del ragazzo
« L'ho conosciuto un mesetto fa.. Non credevo l'avrei più rivisto, onestamente. » Preferì evitare di dirgli la sua occupazione nella vita, per non scatenare un tornado più grande del previsto.
« Non ci hai fatto sesso, vero? Sarebbe imbarazzante. » Andy sorrise all'idea, e scosse la testa poggiando le mani sui fianchi « Menomale. » commentò l'afroamericano prendendo una scatola di biscotti da uno dei cassetti più in alto per poi tornare a studiare da lontano il cantante.
« Potete abbassare la musica? » chiese flebilmente Alex alzando per un secondo la testa, prima di riappoggiarla sulle braccia incrociate sul tavolo in legno chiaro. La ragazza non poté fare a meno di sorridere, e chiese a sua volta a Jay di spegnere lo stereo. Lui, dopo l'euforia iniziale, acconsentì e tornò ai fornelli per pescare dal sacchetto il primo di una lunga serie di biscotti.
« Cos'è, il quarto che si porta a casa in una settimana? » chiese sottovoce alla propria coinquilina masticando ed iniziando a fissare Alex da lontano. Andy lo rimproverò con lo sguardo, nonostante lui non le prestasse attenzione.
« Non parlare in quel modo, te l'ho già detto che mi da fastidio. Smetti di fare il maschilista per una volta. » Il suo tono era serio come raramente lo diveniva, e per quanto trovasse James simpatico, non riusciva a sopportare il modo in cui giudicava la libertà sessuale spesso dimostrata da Hester, la loro coinquilina di origini tedesche. « Sicuramente si diverte più di noi » commentò la ragazza, sicura che le sue parole sarebbero state coperte dal fischio già prorompente della teiera.
« Sono solo preoccupato per lei » provò a giustificarsi James.
« Si, lo vedo » ribatté ironicamente lei.
« Menomale che ci sei tu, Madre Teresa! » Andy gli lanciò uno sguardo infastidito inclinando leggermente la testa. Il ventenne era molto di compagnia e sempre con il sorriso sulle labbra, ma aveva la brutta abitudine di giudicare su basi inconsistenti troppo spesso, per quanto la riguardava. Non sa quanto ci guadagnerebbe a tenere la bocca chiusa, di tanto in tanto.
« Non hai niente da fare? Tipo cercare un lavoro o, non lo so, procrastinare in silenzio? » Di tutta risposta, James le fece l'occhiolino prima di avvicinarsi al tavolo tenendo ben saldo nella mano destra il pacchetto dei biscotti e mettendosi a sedere di fianco al cantante, poggiando la sua colazione sul tavolo e richiamando così volontariamente la sua attenzione. Alex alzò il busto rimettendosi a sedere con un sospiro, sfregandosi di nuovo il volto con una sola mano. Non aveva la forza di raddrizzare tuttavia un singolo pensiero, e si voltò stancamente verso il suo incubo mattutino: James.
« Sei piuttosto rumoroso » commentò la sua voce impastata, con la speranza che il ragazzo non recepisse quelle parole come un complimento, perché le aveva pronunciate con l'intento opposto.
« So fare di meglio » disse lui continuando a fissarlo senza ritegno. « Un biscotto? » chiese porgendogliene uno.
« No. » rispose deciso « Ma tu chi sei? »
« Sono James, vivo qui. Piacere » il cantante aspettò che il ragazzo poggiasse il biscotto prima di stringergli la mano, presentandosi a sua volta senza la minima traccia di entusiasmo. « Ho sempre trovato assurdo conoscersi in situazioni simili. » affermò allora sorridendo, aumentando il disagio dell'inglese. 
« E' al limone, aiuta la nausea, il mal di testa.. Un po' tutto » intervenne con gentilezza la ragazza, poggiando una tazza fumante di fronte a lui e sedendosi. Alex accennò un sorriso di ringraziamento allungandosi verso la bevanda bollente e negando al suo parere sul thè al limone e la sua preferenza per il thè verde di esprimersi ad alta voce.
« C'è una giacca nera all'attaccapanni, credo sia tua » lo informò James continuando a mangiare biscotti. Andy approfittò della concentrazione del cantante sul suo thè per osservarlo meglio: la camicia rossa dava al suo colorito chiaro una maggiore lucentezza, il suo petto semi-scoperto appariva soffice al tatto e liscio come seta. Il cerchio nero attorno agli occhi era spesso, e gli conferiva un'aria stanca ed allo stesso momento tenera, aiutata dai capelli color pece che privi di gel ricadevano in due ciocche asimmetriche sulla sua fronte, rendendolo più giovane di quanto non sembrasse solitamente. Era il volto più dolce plasmato da un eccesso di alcool che avesse mai visto. Il post-sbronza non era mai stato altrettanto clemente con lei.
« Insomma, com'è Hester a letto? » chiese con noncuranza James. Alex sollevò spontaneamente lo sguardo su Andy, e quest'ultima ancor più celermente sul coinquilino.
« Jay smettila! » disse scocciata, scuotendo leggermente la testa. Il cantante rimase in religioso silenzio.
« Sant'iddio voi inglesi siete così pudici! » rispose lamentandosi, e con sorpresa di entrambi dimostrandosi riconoscitore dell'accento anglosassone. « Non gli ho mica chiesto se ha votato labour party alle ultime elezioni! E' sesso! » disse alzandosi ed aumentando il volume della voce. « Dal momento che si è scopato una sconosciuta dovrebbe prendersi le sue responsabilità! E rispondere ad una semplice domanda del cazzo! » concluse stizzito uscendo dalla cucina senza degnare i due di uno sguardo. Andy fissava il tavolo con gli occhi sbarrati e le sopracciglia alzate, mentre Alex lo aveva seguito con lo sguardo confuso, non capendo cosa stesse succedendo.
« Beh, il discorso ha subito un'impennata abbastanza improvvisa » commentò la ragazza dopo qualche secondo di silenzio, cercando di capire da cosa fosse provenuta tutta quella rabbia espressa dal suo coinquilino. Alex abbassò di nuovo lo sguardo prendendo un sorso di thè. 
« Vado a vestirmi. Tra 10 minuti esco per andare a lavoro, vuoi un passaggio a casa? » chiese inclinando leggermente il capo. Il ragazzo alzò lo sguardo; avrebbe voluto essere più lucido e cosciente: Andromeda era una delle poche donne intelligenti con le quali non era andato a letto, e la sua passione per la musica l'aveva colpito, con quel profumo che l'aveva riaccompagnato a casa nell'unica serata che avevano passato insieme. 
« Mi faresti un favore, grazie. » La sua voce era più bassa del solito, e se Andy non l'avesse ritenuto impossibile avrebbe pensato che si sentisse in colpa.
« Non ci sono problemi, torno subito. » La ragazza si alzò sorridendogli nuovamente e lasciandolo solo dopo pochi secondi, in una casa sconosciuta. Ne approfittò per controllare il telefono.


 

« Qui svolta a destra, ecco.. Adesso è tutta dritta per un po'. »
« Peeerfetto.. » rispose concentrata la ragazza stringendo leggermente le dita al volante. « Odio la guida a destra. » commentò tenendo gli occhi fissi sulla strada. Alex sorrise, la pensava allo stesso modo, ogni volta che doveva guidare aveva l'impulso di salire dalla parte sbagliata dell'auto, abituato alla guida inglese, a sinistra. Aveva il gomito appoggiato allo sportello, e con due dita teneva la testa in alto, passandosi di tanto in tanto la mano tra i capelli, che erano il principale motivo per il quale ancora non si era guardato allo specchio, odiava tenerli disordinati.
« Perché non c'è musica? Non mi dire che non la ascolti in macchina, non ci crederei mai. » chiese il ragazzo, che si sentiva in dovere di fare conversazione, dato il ritardo che le avrebbe causato a lavoro. Lei sorrise.
« Credevo ti desse fastidio. Ci sono dei CD lì in terra sotto i tuoi piedi, guarda se ti piace qualcosa! » gli disse allegramente, indicando il tappetino sul quale stava poggiando i piedi. Lui li alzò titubante, abbassandosi a cercare a tentoni qualcosa che somigliasse ad un contenitore di album.
« Lasci a me gli onori? » chiese poggiando sulle gambe un portaCD in tessuto nero, e guardandola di sottecchi. Lei accennò un sorriso arricciato sul lato sinistro del volto, tenendo gli occhi sulla strada.
« Finché non dobbiamo discutere per i Kasabian, mi fido. » disse gentilmente rallentando alla coda di un semaforo, e voltandosi incuriosita dalle dita affusolate del cantante che carezzavano un album dietro l'altro con la solita innata delicatezza. Andy non poteva saperlo, ma un'operazione come quella di scegliere cosa ascoltare in auto poteva richiedere diverso tempo in una normale situazione per Alex, perfezionista dell'estetica e accanito amante del far troppo caso ai dettagli. Per quella volta si forzò a limitarsi, sapendo che il viaggio non sarebbe durato molto.
« Vale se scelgo un nostro CD? » chiese fissando il cremato album di Suck it and See nel portaCD con un sorriso. Lei rise, ripartendo al verde del semaforo.
« Si, per questa volta fingerò che non sia un gesto narcisista. » La ragazza indossava un paio di occhiali vintage con lenti perfettamente circolari ed azzurre, un paio di jeans chiari ed una leggera camicia in lino bianca con le maniche sapientemente ripiegate sino al gomito. Il clima a Los Angeles in Gennaio era più fresco di quanto non sperasse, ma il suo giacchetto in pelle marrone risiedeva sui sedili posteriori con la giacca nera di Alex in un accozzamento di stili che rimandava perfettamente agli abbigliamenti dei due sui sedili anteriori. Lui sorrise inserendo il CD, e premendo con sicurezza uno dei pulsanti sulla radio, fece partire il CD dalla numero 4, The Hellcat Spangled Shalala. Lei non fece domande, rimasero in silenzio per quasi tutta la canzone.
« Tieniti sulla sinistra, al prossimo semaforo devi girare. » Andy annuì in silenzio seguendo le sue indicazioni. « Grazie ancora » si sentì in dovere di dirle.
« Non ti preoccupare, davvero. » gli rispose per l'ennesima volta. 


 

Quando accostò la macchina al marciapiede seguendo le indicazioni di Alex, si rese conto che viveva in un condominio, ed in silenzio apprezzò quella nuova scoperta. Lui le sorrise cortesemente, mentre le note di Love is a Laserquest si prodigavano a fare da colonna sonora ai due.
« Senti, non so come ringraziarti, davvero. » lei sorrise, incredula per l'ammontare di volte che Alex aveva espresso gratitudine, e scosse la testa.
« Non devi, ci è voluto solo una ventina di minuti e dovevo comunque uscire di casa, mi hai fatto compagnia! » Il suo tono era allegro e la voce era quella di una ragazza che si era svegliata di buon'umore ed era pronta ad affrontare la giornata; quella di Alex d'altronde era la voce di uno che nella sua mente non aveva ancora messo un punto alla serata precedente, e per il quale la mattina altro non era che un'agonia interminabile. Stavano vivendo due momenti della giornata differenti.
« E mi dispiace anche.. Insomma, dell'imbarazzo, stamattina. »
« Non devi. » disse lei mentre le sue guance divenivano rosate, desiderosa di non toccare l'argomento 'hai fatto sesso con la mia coinquilina' per pudore personale. 
« Non so come ho fatto a non rendermi conto ieri sera che era il tuo indirizzo.. »
« Alex, dico davvero. Non hai disturbato, ed al contrario di come la pensi Jay, Hester è libera di fare ciò che vuole nella sua stanza. » la ragazza era categorica, e cercava di far intendere al suo interlocutore che quell'argomento non la metteva a suo agio; non pensava che si dovesse scusare o giustificare, aveva semplicemente fatto sesso con una ragazza, era un uomo – per giunta una rockstar – grande e vaccinato, poteva gestire a proprio piacimento il suo tempo. Lui apparve contrariato, ma si limitò ad annuire ed aprire lo sportello.
« Un giorno di questi ci vediamo? Non lo so, magari con Miles e Margareth, prendiamo una birra? » sembrava indeciso e titubante, voleva renderle il favore ed offrirle qualcosa, ma l'alcool continuava a lenire la sua prontezza mentale, mentre si allungava sul sedile posteriore per prendere la giacca. Lei non fece nemmeno caso a quella proposta, pensando che fosse l'ennesimo atto di cortesia.
« Si certo, perché no. » rispose noncurante con un sorriso.
« Ok, allora scriverò a Miles, tanto Margareth ha il tuo numero vero? »
« Mmh-mmh » assentì.
« Ok. Grazie ancora e scusami » le disse salutandola con un bacio sulla guancia prima di uscire dall'auto.
Fu allora che Andy - con la cosciente convinzione che sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto Alex Turner - finalmente si permise di guardargli il fondoschiena, pensando che almeno quello le fosse dovuto data la gentilezza che gli aveva dimostrato; lo voleva fare dalla loro intervista, ma solo allora pensò che lui fosse abbastanza in debito per permetterle un'occhiata. Non riuscì a trattenersi dal sorridere da sola, annuendo lentamente con le mani sul volante. Cosa ti aspettavi? Ovviamente sembra sodo come un uovo.
A causa di quella piccola concessione, si negò di riflettere sul fatto che Hester era riuscita a portarlo nel loro appartamento, e lei era riuscita solamente a dirgli una frase insensata prima di guardarlo andare via in taxi, mantenendo la propria autostima stabile.




« Walk of Shame!! » la voce di James era tanto potente da riuscire ad espandersi in tutti gli angoli del loro appartamento, raggiungendo la camera di ogni coinquilino. Nick si svegliò di soprassalto a causa del suo sonno leggero, mentre Andy finse assonnata ignoranza voltandosi sull'altro fianco e coccolandosi con la coperta color pesca: non le erano mai piaciute le lenzuola bianche, le ricordavano la casa in campagna di suo padre e di conseguenza il terribile ed incolmabile vuoto che provava da quando non c'era più. Il color pesca, invece, le ricordava la primavera, gli alberi in fiore ed allo stesso momento le foglie danzanti dell'autunno: era un connubio di sensazioni che le permetteva di svegliarsi con il sorriso sulle labbra, ed aveva deciso non molto tempo addietro che quelle era la cosa più importante. Quella mattina il sorriso la colse ancora prima della sveglia, mentre svogliatamente sfregava la guancia sul morbido cuscino, immersa per metà in un sogno dal sapore dolce e desiderosa di rimandare al più lungo possibile il momento in cui sarebbe diventato nostalgico. La finestra della stanza era chiusa, ed il riscaldamento funzionante durante la notte si era spento da poco lasciando un tepore mattutino che si sposava bene con il parquet chiaro della camera e le sue mura candide e spoglie se non per un paio di foto che ritraevano la ragazza con alcuni degli amici fattasi durante i suoi viaggi. Lo spazio una volta vuoto di fianco alla finestra ospitava una libreria in legno lavorato contenente tutti i libri che si era permessa di portare con se: quelli che non potevano rimanere indietro. Era forse una delle sensazioni che preferiva: il solitario dormiveglia mattutino: quando ancora la giornata deve nascere, e le speranze non sono ancora morte disilluse. Aveva sognato di possedere un cane, un intelligentissimo border collie bianco e nero che si divertiva almeno quanto lei a giocare nel parco, e con lei Claire, una ragazza francese conosciuta in Brasile, rideva a crepapelle guardandolo inciampare su se stesso nel fin troppo dedicato tentativo di prendere al volo un frisbee.
Due colpi alla porta accompagnarono la nostalgia della fine del sogno.
« Andiamo, svegliati Andy! Abbiamo un ospite a colazione! » lei istintivamente roteò gli occhi, scocciata dall'atteggiamento del rumoroso coinquilino. Provò per qualche secondo a rimanere immobile, fingendo di dormire. « Andy! Sei sveglia? » chiese di nuovo James bussando alla porta per la seconda volta.
« Che palle! Si! » borbottò chiudendo nuovamente gli occhi.
« Allora andiamo, forza! Ti aspetto in cucina! » disse con un tono di voce ancora più alto e quella che la sua coinquilina giudicò come un'insopportabile allegria. In pochi minuti riuscì a mettersi a sedere ed elaborare le parole di James: probabilmente Hester aveva portato qualcun altro a casa ed il ragazzo si sentiva a disagio a torturarlo da solo, aveva sempre bisogno di una controparte 'dolce': un po' come poliziotto buono e poliziotto cattivo. Andy non l'avrebbe mai ammesso, ma trovava quella recita divertente alle volte. Prima di presentarsi in cucina andò in bagno a lavare il volto e raccogliere i capelli in una coda alta che la accompagnava tutte le mattine. Quando si rese conto che Alex Turner aveva di nuovo fatto sesso con la sua coinquilina, vedendolo seduto sulla stessa sedia che l'aveva accolto un paio di settimane prima, indossava ancora i suoi pantaloncini larghi del pigiama ed una maglia con la stampa di Paolo Nutini comprata ad un concerto a Londra.
« Alex? » chiese allo stesso modo, stavolta con la speranza che il ragazzo negasse la sua identità.
« Andy. » disse invece lui stavolta salutandola, con ben più controllo di se stesso di quanto non avesse giorni addietro. Le sorrise scaltro, con le dita intrecciate ad una tazza fumante di quello che immaginava essere thè.
« Vi conoscete? » chiese Hester, che preparava al suo caffè di fianco ai fornelli con una vestaglia in lino, che i coinquilini sapevano essere destinata alle grandi occasioni.
« Li ho intervistati alla KROQ. » rispose Andy con un sospiro, guardando James che già sedeva di fianco al cantante. « Faresti un po' di caffè anche per me per favore? » Lei annuì sorridendole.
« Com'è andata la cena ieri sera? » chiese con il duro accento tedesco.
« Una noia mortale. Siamo andati al Rakutei, hanno voluto mangiare sushi a tutti i costi e ovviamente la serata è finita con Jerry che si lamentava dell'incredibile prezzo del pesce crudo condendo il tutto con stereotipi sugli asiatici » rispose con un tono da lamentela raccontando della cena di lavoro della sera prima.
« Voi che avete fatto? » si inserì nel discorso James cogliendo la palla al balzo.
« Io ero con Hannah a fare una bevuta, ci siamo incontrati più tardi. » tagliò corto Hester riferendosi al suo appuntamento a tarda notte con Alex. « Tu che hai fatto, Jay? Ti sei sfondato di telefilm un'altra volta? »
« Cosa vorrebbe dire 'un'altra volta'? Scusami tanto se la mia ragazza mi ha lasciato e non sono la persona più felice del mondo! » disse sarcasticamente alzando la voce. Le sue coinquiline si voltarono a guardarlo; una inclinando la testa e l'altra alzando un sopracciglio. Alex si ritrovò ad essere il divertito spettatore di quel ritaglio di vita quotidiana; si soffermò per un attimo a guardare Andy e si ricordò allora di averle detto la volta precedente che le avrebbe offerto da bere per ripagarla del disturbo che si era presa; si sentì un verme per non averlo fatto. Abbassò lo sguardo sul thè e continuò a rimanere in silenzio mentre le due ragazze prendevano in giro James sulle sue abitudini sedentarie.
« Voglio cambiare appartamento » esordì Nick entrando in cucina e zittendo tutti. Li guardò ad uno ad uno. « Cercate un altro coinquilino perché io me ne vado. Vi odio. » Per James fu dura aspettare che l'uomo se ne andasse prima di scoppiare a ridere con le altre due, incredulo.
« Voglio fare dei provini, se anche il prossimo è uno psicopatico lo dividiamo in tre l'appartamento, non mi interessa. » disse il ragazzo scuotendo la testa.
« Ma se ne va oggi?! » chiese divertita la tedesca all'altra ragazza. Andy sorrise, stringendosi nelle spalle e prendendo dalla credenza un pacco di biscotti.
« Non mi sorprenderebbe. » rispose l'intervistatrice prendendo anche il cartone di latte dal frigo e poggiando in seguito tutto sul tavolo. Si voltò verso James sorridendo. « Ezra? » il sorriso che gli rispose fu ancora più aperto ed allegro, accompagnato con un infantile gesto di assenso eccitato. La ragazza allora si avvicinò allo stereo della cucina inserendo il CD di George Ezra.
« Metti Breakaway per favore! » Andy non se lo fece ripetere due volte. « Tanto Nick già ci odia. » commentò James stringendosi nelle spalle. Da quando era uscito il CD del giovane cantante inglese ascoltava raramente altro: gli metteva allegria ed in qualche modo lo rilassava allo stesso momento. « Allora Alex, ho scoperto da fonti certe che sei il cantante degli Arctic Monkeys. » decise di tornare all'attacco James. Alex sorrise brevemente, annuendo appena.
« Jay non iniziare! » lo rimproverò Hester dalla cucina mentre versava il caffè in due tazzine bianche. Andy sorrise divertita, senza la minima intenzione di aiutare il ragazzo: in qualche modo si sentiva presa in giro; in macchina le aveva chiesto scusa per l'imbarazzo creatosi per poi fare la stessa identica cosa una decina di giorni dopo. 
« Non iniziare cosa? Ho fatto una considerazione! » disse scocciato, abbandonandosi sullo schienale della sedia, esattamente come il cantante. Andy lo scrutò per un paio di secondi, quella mattina indossava una maglietta bianca ed i boxer neri, evidentemente aveva avuto il tempo di portare con se il pigiama, e dunque rendersi conto della casa in cui stava dormendo. Alex si morse un labbro continuando a guardare il thè, si sentiva leggermente a disagio ed imbarazzato ma non l'avrebbe mai ammesso: era un cantante di fama mondiale e non si permetteva di aver paura davanti ad altri tre esseri umani che non conosceva bene. « Non gli posso nemmeno parlare? E' una specie protetta? » Hester scosse la testa contrariata dall'eccessivo sarcasmo ed Andy decise di rimanere in silenzio.
« Puoi parlarmi, magari non riferendoti a me in terza persona.. Ma puoi parlarmi. » disse finalmente Alex voltandosi a guardarlo.
« Questa è una bella notizia, Alex. Devo aspettarmi di vederti spesso gironzolare per l'appartamento? » chiese senza mezzi termini.
« Sarebbe un problema? » rispose prontamente il cantante.
« No anzi, mi permetteresti di inscenare il teatrino sulla walk of shame più spesso. »
« Ti svegli così allegro oppure non dormi? » Andy ridacchiò spontaneamente, annuendo appena, quasi per dar ragione ad Alex. Sembrava che James non fosse mai stanco, e spesso la ragazza si era chiesta quando si riposasse, e se appena svegliato come una molla diventasse il fascio di nervi che conosceva, pronto a saltellare da una parte all'altra della stanza urlando.
« Non dormo perché le pareti sono fini ed Hester.. » si avvicinò a lui fingendo di dover rivelare un segreto, sussurrandogli all'orecchio « geme parecchio. » Per quanto ci provasse, Alex non riuscì a trattenere un sorriso, ed affondò il volto dentro la tazza di thè prendendone un lungo sorso. La ragazza ignara poggiò le due tazzine di caffè sul tavolo, sedendosi con gli altri tre.
« Oggi hai qualche intervista? » chiese distrattamente la tedesca, accavallando le gambe sotto il tavolo. Andy sospirò, al pensiero di dover sopportare Jerry e Judith per tutto il giorno.
« Fortunatamente Miles Kane. L'ho conosciuto e spero sia una cosa abbastanza confidenziale. » disse prendendo il primo sorso di caffè bollente dopo averci versato un filo di latte.
« Intervisti Miles? Davvero? » chiese Alex improvvisamente incuriosito. Lei annuì. « Posso passare a salutarlo? » Andy sorrise.
« Certo, non abbiamo orari di visita.. Dovrebbe arrivare verso le 15.00 oggi pomeriggio. »
« Ok gli farò una sorpresa, non dirgli niente! » Andy era decisamente stranita, ma acconsentì. 

 

Come già accennato, a me questo capitolo risulta un po' più macchinoso e meno naturale degli altri,
da una parte spero che sia solo una mia impressione, dall'altra sono abbastanza convinta che non lo sia, ha!
Ad ogni modo, mi scuso per il leggero ritardo dell'aggiornamento, e come sempre vi ringrazio.
Perchè mi avete fatto degli splendidi complimenti ed io non mi aspettavo assolutamente una risposta del genere.
Grazie

Breakaway - George Ezra: https://www.youtube.com/watch?v=xEu_N2U7flg
 


 

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Capitolo 5
*** Give Me What I Need ***


Lo so, ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo! Voglio scusarmi, dunque: scusate.
Ma la realtà è che non avevo inspirazione, sono stata a fissare le poche pagine che inizialmente
avevo scritto per un bel po', prima di smettere di sforzarmi ed abbandonare per un po' il capitolo.
Ma oggi, glorioso e fastoso giorno, la voglia di scrivere è tornata, ed è stato un tour de force, e
tutto è uscito davvero veloce e poco pensato, ma mi piace. Inspiegabilmente, mi piace. E spero
che dopo avervi tenuto sulle spine così a lungo, questo capitolo vi soddisfi almeno quanto ha soddisfatto
me. Come sempre, i personaggi di Alex Turner, le scimmie e Miles Kane non mi appartengono,
così come il titolo della FF e dei suoi capitoli, essendo questi titoli e poesie di John Cooper Clarke.
Come sempre, Grazie infinite.

 

5. GIVE ME WHAT I NEED


 
You may never know what I want, but I know what I need.
A victim by profession; blame it on the girl
With the vacant possession of the sedentary world
I believe in miracles, it's written in the creed
Immaculate connection. Give me what I need.


 
« Ti sei mai chiesto cosa avresti fatto, se non avessi sfondato in campo musicale? » per qualche strano motivo, che riguardava anche il volto simpatico del cantante, ed il suo adorabile modo di fare, Andy non riusciva a smettere di sorridergli con una punta di ironia. Miles Kane la guardava perennemente divertito dalla necessità imposta dal lavoro della ragazza di mantenere tra loro un formale distacco, gli occhi fissi in quelli azzurri dell'intervistatrice ed un sorriso nascosto che aveva l'amichevole intenzione di prenderla in giro.
« Non lo so, Andy. A parte che non credo di aver sfondato in campo musicale in senso vero e proprio, per il resto non saprei.. Credo di essere un ottimo barista, con l'alcool ci so fare.. E, vediamo.. Magari qualcosa che ha a che fare con i bambini? Alcool e bambini? Mi sto spingendo troppo oltre? Ritiro tutto. » L'intervistatrice era onestamente divertita, ridevano entrambi e fu allora che lei pensò suo lavoro per quella giornata non poteva essere più gratificante: Miles era disponibile, pronto a scherzare ed estremamente sagace. Indossava una camicia blu a stampa floreale con un paio di pantaloni bianchi, in contrasto con la maglietta nera ed i pantaloni rossi di lei.
« Perché credi di non aver sfondato in campo musicale? Voglio dire, il tuo nome è conosciuto. Hai suonato a Glastonbury, c'è qualcosa di più gratificante per un inglese? » Miles rise di gusto, scuotendo la testa allegramente.
« Ci sono un sacco di cose più gratificanti per un inglese, come il thè. » Le sue labbra si allargarono in un sorriso ilare, mentre mostrava i denti bianchi alla ragazza, che sorrideva con lui scuotendo appena la testa. « No, a parte gli scherzi, è stato bello. E' probabilmente il più bel ricordo che ho della mia carriera da musicista,Glansto è un festival speciale.. Mi piacerebbe poterci suonare ancora. Ci sei mai stata? » per Miles qualsiasi intervista si trasformava in una chiacchierata formale, a maggior ragione quel pomeriggio stava ignorando completamente le telecamere ed i microfoni per concentrarsi nell'essere un ottimo interlocutore. Lei sorrise di nuovo imbarazzata, sperando che il suo chiamarla per nome e porle domande non avrebbe infastidito Andrew.
« No, ma immagino che sia fantastico! » gli rispose allegramente. « Che progetti hai per il futuro? Stai lavorando ad un nuovo album da solista? »
« Qualche traccia, niente di veramente interessante. » si strinse nelle spalle con un sospiro leggero.
« Ed a proposito dei The Last Shadow Puppets puoi dirmi qualcosa? » Andy si esibì in un sorrisetto furbo che lasciò interdetto il cantante, mentre si voltava verso l'unico ingresso della stanza adibita alle interviste, quel luogo che la ragazza aveva sempre immaginato come una grande teca adibita allo sfoggiare quasi fossero premi i vari artisti che vi passavano. Dopo aver chiesto più volte se avrebbe creato disturbo, il frontman degli Arctic Monkeys si era messo d'accordo con l'intervistatrice nel sorprendere Miles. Vedere Alex Turner era per lei – e lei immaginava lo fosse per chiunque – ogni volta un'esperienza nuova: non si sentiva più a suo agio rispetto all'ammontare di minuti che passavano insieme, la sua presenza, il suo modo di fare, quell'imbarazzo mascherato da strafottenza continuavano a farla sentire tremendamente fuori luogo. Per quanto provasse a ripetersi che era una persona normale, i suoi jeans scuri e la camicia bianca, indossati con un sorriso sicuro e degli stivaletti neri e la sua presenza nel luogo del misfatto – dove aveva provato involontariamente ad affondare la sua neonata carriera – la innervosiva.
« Al! Che cazzo ci fai qui?? » Miles rise alzandosi dalla seduta per andare incontro all'amico. A sua volta Alex gli regalò uno di quei sorrisi riservati a lui ed a lui soltanto, abbracciandolo. Andy si alzò con un sorriso intimidito, allungando la mano verso il cantante. Lui la ignorò bellamente avvicinandosi e baciandola sulle guance, provocando l'ennesima ed involontaria reazione d'imbarazzo nella ragazza.
« Andy mi ha detto che ti avrebbe intervistato, ed ho pensato di passare a fare un saluto. Non disturbo, vero? » L'aveva chiesto di nuovo. Andy scosse la testa, sorridendo.
« Assolutamente. Mettetevi pure comodi ragazzi. » gli disse indicando distrattamente il divano riservato agli ospiti e tornando a sedere. Si accomodarono sul divano molto vicini, l'uno attaccato all'altro con una naturalezza disarmante. Si stavano scambiando commenti sottovoce prendendosi in giro, ed alla ragazza fu evidente una complicità che andava oltre l'alcool della prima sera, oltre all'amicizia: era chiaro che qualcosa univa quei due ragazzi ad un livello più profondo, ed Andy si chiese in quanti li prendessero in giro per il rapporto privo di definizione certa che condividevano; lei non si sarebbe mai permessa, anzi, si trovò a rendersi conto che li invidiava per il livello di naturale intimità che sembravano comodamente riuscire a raggiungere con un solo sguardo, chiedendosi se esistesse una persona nel mondo che poteva farla sentire come l'uno faceva sentire l'altro.
« Quindi non sei mai stata a Glanstonbury, davvero? Non me l'aspettavo da te. » disse Alex prendendola in giro e confermando la sua supposizione: rispetto all'intervista che gli aveva fatto con Matt, il cantante sembrava estremamente sciolto ed a proprio agio, si rivolgeva direttamente a lei con un sorriso sulle labbra ed una confidenza che lei non credeva di aver acquisito. Sorrise.
« Davvero. Ma parliamo di voi, so che vi hanno chiesto diverse volte come vi siete conosciuti, e come funziona il processo di scrittura quando le mani sono quattro e non due.. Mi chiedevo se c'è qualche canzone dell'altro di cui siete invidiosi. Miles? » Il ragazzo rise divertito, annuendo appena e guardando il collega al suo fianco, alzando un sopracciglio e passandogli un braccio sulla spalla per avvicinarlo a se. Nonostante fossero nati a pochi mesi di distanza, quando erano vicini Miles sembrava il fratello maggiore di Alex, che perdeva istantaneamente una decina d'anni per tornare un bambino felice ed estasiato da ogni mossa dell'amico: sembrava che la sua vicinanza gli poggiasse degli occhiali sul naso coi quali riusciva a vedere il mondo in maniera differente.
« Quante volte ti ho mandato messaggi offendendoti? » Risero entrambi ed il ragazzo di Liverpool strattonò un paio di volte l'altro allontanandolo e riportandolo vicino a se. « Tutte le volte che mi fa sentire qualcosa gli scrivo 'vaffanculo, come cazzo ti è venuto in mente?'. Sono invidioso costantemente, ha delle idee fottutamente geniali e tutte le volte mi lascia come un rincoglionito a chiedermi da dove le ha tirate fuori! » Alex nascondeva un sorriso dietro alle labbra serrate mentre guardava un punto non definito sul tavolo piccolo tavolino che li separava dall'intervistatrice, chiaramente in balia dell'imbarazzo. « Con lui è una corsa continua.. Questa.. Non so, è una specie di macchina che non riesce a smettere di pensare, ed ogni canzone, per quanto non lo possa convincere, ha qualcosa di speciale.. Anche quell'unica parola che la eleva da tutto.. Tutto il resto, noi poveracci! » Andy rise con Miles, scuotendo appena la testa. La passione con la quale parlava del suo migliore amico era quasi disarmante, ad un occhio non attento sarebbe potuta sembrare quasi pubblicità non necessaria, ma per lei altro non era che un non volutamente controllato bisogno di parlarne con l'onestà più cruda, perché anche lui potesse sentire, perché in fondo era lui che doveva ascoltarlo.
« Smettila di dire stronzate » lo canzonò Turner con la chiara intenzione di chiudere l'argomento, guardandolo negli occhi con un sorriso riconoscente. Miles scosse la testa ridendo.
« Miles ti ringrazio per quest'intervista, è stato davvero un piacere. E Alex, per essere passato. » si intromise lei sorridendo, notando la scadenza del tempo a loro disposizione.
« Non ci sono problemi, cara. Al prossimo Glansto ti porto con me! » disse Miles stringendole la mano.
« Nessun problema. Grazie a te. » ribadì Alex facendo lo stesso, mantenendo quell'informalità dovuta alla telecamera puntata su di loro.



I due ragazzi si fermarono negli edifici della KROQ per fare due chiacchiere e prendere una tazza di caffè, attirando gli sguardi curiosi delle stagiste e di qualsiasi altra impiegata di genere femminile: separatamente erano ragazzi interessanti, uno puntava con falsa nonchalance sulla propria innata sensualità, mentre l'altro si affidava ad uno stile eccentrico ed un modo di fare pericolosamente coinvolgente; assieme erano irresistibili, ed Andy si ritrovò a chiedersi quante serate avessero passato nei pub a rimorchiare insieme donne che raramente li avevano rifiutati. Si passò una mano tra i capelli castani e mossi, guardando Alex Turner parlare a bassa voce con Jerry, il suo collega, seduti ad un tavolino della caffetteria.
« Marg ci ha ascoltati alla radio, ha invitato tutti e tre a cena. » la sorprese la voce di Miles, che accolse con un sorriso divertito. Lui le mostrò il telefono per farle capire che gli era appena arrivato un messaggio, prima di rimetterlo in tasca.
« Certo, vengo volentieri. » disse allegramente intrecciando le braccia sotto il seno. In quel mese e mezzo aveva rivisto Margareth un paio di volte, e si erano scambiate messaggi ancor più spesso: erano molto diverse, eppure qualcosa nel loro modo di rapportarsi a vicenda le rendeva stranamente affiatate: insieme si divertivano, molto. E se la donna era più estroversa e sicura di se, Andy compensava con la sua spontaneità e spensieratezza, quei due pomeriggi passati assieme erano stati dedicati a loro stesse: niente ragazzi, niente vip, solo due persone interessate a conoscersi a vicenda. « E' forte, Margareth. » commentò allora la ragazza guardando Miles. Lui sorrise, un sorriso profondamente cosciente e sincero.
« Si, è uno spasso. » le rispose. E dietro quelle poche parole, Andy ebbe l'impressione se ne nascondessero altre mille.
« Di che si parla? Il tuo collega mi ha chiesto in dieci modi differenti con chi stessi uscendo, sono scappato. » la ragazza sorrise divertita alzando un sopracciglio, mentre Alex si tirava su i jeans scuri con la mano destra. Miles si sporse per scorgere il diretto interessato con fare ilare, prima di tornare ai due davanti a lui.
« Margareth ci ha invitati per cena. » gli disse poggiandogli una mano sulla spalla.
« Ha invitato anche me? » chiese spostando il peso da un piede all'altro. L'amico tirò fuori il telefono rileggendo il messaggio che gli aveva mandato la bionda.
« “Porta anche Mr. Rockabilly” » citò testualmente con un sorriso « Mi pare abbastanza chiaro. » Andy ridacchiò gettando la testa all'indietro, mentre Alex alzava un sopracciglio, interdetto.
« Devo ancora decidere se questo soprannome mi piace. » commentò sarcasticamente il frontman degli Arctic Monkeys.
« A me piace. Andy? » chiese Miles lasciando la presa sulla spalla dell'amico.
« Non saprei, non è male. » rispose lei stringendosi nelle spalle.
« Meglio di Femme Fatale sicuramente. » la riprese lui con sarcasmo inclinando leggermente la testa e guardandola negli occhi. Andy aveva tentato inutilmente di rimuovere dalla propria memoria l'imbarazzante momento dei saluti della loro precedente serata assieme. Arrossì.


 
Alex si era seduto di fronte a lei. Per un secondo si guardarono negli occhi, nel silenzio in cui Margareth e Miles li avevano lasciati intimandoli di accomodarsi mentre loro si sarebbero occupati degli antipasti. Andy provò a rilassare le spalle, nel suo vestito color crema semplice, terminante appena sopra il ginocchio, come quasi tutti gli abiti che aveva, ma non riusciva a non pensare che quella stessa mattina lui si era seduto allo stesso modo nella sua cucina, dopo aver fatto sesso con la sua coinquilina. Per la seconda volta. Lui ricambiò lo sguardo silenzioso, apprezzando il fine eyeliner nero sugli occhi di lei, che ogni volta sembravano più grandi.
« Andy, spero che non ci sia imbarazzo per.. » sapeva leggere le persone, o forse sapeva leggere solo lei, che scosse la testa abbassando lo sguardo.
« Alex te l'ho già detto, non devi giustificarti. » ogni volta che veniva bloccato a metà della frase provava sconforto, e sollievo allo stesso momento. Non sapeva bene cosa dirle, né perché continuasse a giustificarsi, ma sapeva di doverlo fare fino a quando lei non avrebbe accettato le sue banali scuse. Abbassò a sua volta lo sguardo.
« Mi sembra che ci sia un velo di imbarazzo, tra di noi.. Non vorrei fosse causato da quello che ho fatto, voglio dire.. Da come mi sono comportato. » Non era facile per lui esprimere i propri sentimenti, specialmente da sobrio, ma si disse che quello era il momento giusto per farlo, perché in qualche modo il pensare che una ragazza come Andy potesse avere una pessima opinione di lui lo faceva diventare matto. Aveva passato tutta una vita a costruirsi un personaggio che allontanava le persone come lei: oneste, spontanee.. interessanti. Andy fu visibilmente sorpresa dalle sue parole, ed inclinò la testa, socchiudendo appena gli occhi.
« No, non c'entra niente.. Cioè, non credo. Credo sia dovuto semplicemente ad un imbarazzo mio, eri il mio idolo da adolescente e non è facile trattarti come una persona normale, spero te ne renda conto. » rispose dolcemente, con un sorriso. « Sei pur sempre Alex Turner. Ma proverò a sciogliermi, promesso. » concluse annuendo leggermente, più a se stessa che al giovane cantante. In fondo era ciò che voleva: riuscire a sciogliersi e godersi quella serata, e magari l'amicizia che sarebbe potuta nascere tra i tre invitati e l'ospite. Lui, mentre le sue labbra si arricciavano per un impercettibile secondo alla sinistra del suo volto, arrossì leggermente.
« Che è questo silenzio? Alex? » intervenne Miles poggiando al centro del tavolo dei crostini, seguito da Margareth che invece portò il vino ed altri antipasti. Il cantante si voltò verso il suo migliore amico con un sopracciglio alzato.
« Alex cosa?! Non mi parlare come mia madre perfavore! » entrambe le ragazze risero mentre ognuno prendeva il proprio posto a tavola. Miles si sedette al fianco dell'altro ragazzo poggiandogli una mano sulla spalla.
« Allora non comportarti come un bambino. » Alex lo fissò seriamente per qualche secondo, mentre lui si serviva allegramente ignorandolo. Le due rimasero a loro volta in silenzio prendendo qualche crostino, lanciando di tanto in tanto un'occhiata fugace al ragazzo.
« Quindi? Cosa avete fatto a Capodanno bellezze? » Chiese Miles decidendo di sorpassare bellamente la piccola discussione che si era appena conclusa. Mancavano pochi giorni alla fine di Gennaio, ed il quartetto non si riuniva dall'inizio di Dicembre, dunque si persero ben presto in racconti atti a recuperare il tempo che avevano passato in solitaria, aggiornando gli altri sugli avvenimenti più importanti. Quando finì la prima bottiglia di vino rosso, avevano appena iniziato a mangiare il risotto preparato da Margareth, e la conversazione si fece chiassosa e divertita, imperlata da frecciate ben studiate tra i due ragazzi, e sottintesi riferimenti tra le altre due, che si scambiavano loquaci sguardi rallegrati. Andy avrebbe voluto ringraziarla per averla fatta entrare nella sua vita, fidandosi di un vestito a fiori, la passione per il folk e Marcus Mumford e poco altro: la camicia nera dell'altra donna, intrappolata nella sua corrispondente gonna la rendeva molto sensuale, e l'intervistatrice si chiese se non si fosse vestita a quel modo per il cantante di Liverpool, che come lei pareva apprezzare la sua eleganza. Durante le serate che avevano passato insieme non le aveva mai chiesto la natura del suo rapporto con Miles, avendo paura di sembrare troppo invadente, e Margareth non lo aveva mai nominato, avviando involontariamente nella mente di Andy una serie di possibili scenari rappresentanti la loro relazione, da amici di letto ad ex fidanzati che non riescono ad ingabbiare la loro tensione sessuale. Ed in ogni singolo scenario, non riusciva a non adorare la chimica che chiaramente condividevano.
Era affascinata dalla loro relazione, e non riusciva a non notarne ogni volta nuovi particolari. Miles la accompagnò per la terza volta in cucina per inpiattare l'agnello, lasciandola nuovamente sola con Alex, e i diversi bicchieri di vino che già avevano ingerito.
« A che canzone stai pensando? » Lo precedette lei poggiando gli avambracci sul tavolo, e socchiudendo leggermente gli occhi, ironicamente. Per quanto tentasse di nascondere un sorriso, le guance le si gonfiarono impudenti, tingendosi di rosato. Lui catturò lo sguardo acuto di lei nel suo in un attimo, cogliendo al volo la sua provocazione.
« Constellations di Jack Johnson. Mi piace il vento nei capelli, andare in campeggio ed i grandi falò sulla spiaggia. » Fu più perspicace di quanto si credesse capace, ed alzò un sopracciglio vittorioso, allargando un sorriso fiero. Andy fu sorpresa dalla sua presa in giro, ed aprì leggermente le labbra, fingendosi offesa, per poi annuire piano, stringendosi nelle spalle. Doveva ammetterlo, era la battuta più divertente che avesse sentito uscire dalle sue rosee labbra.
« Ti metti anche vestiti con i fiori? » decise di continuare poggiando il gomito destro sul tavolo e passando la mano sotto il mento, posando poi la guancia sulle proprie dita, strette in un pugno.
« Solo quando mi sono fatto la ceretta. » rispose prontamente sporgendosi leggermente verso di lei, quasi le stesse confessando un segreto. Andy non poté fare a meno di sorridergli grata, gonfiando le guance e scuotendo appena la testa, divertita. Scoprire quel lato tagliente ed arguto di lui l'avrebbe aiutata a sciogliersi, ed a spogliare finalmente il velo d'imbarazzo che anche lui aveva percepito tra di loro. Si stavano guardando negli occhi grati ed al contempo incuriositi quando Miles e Margareth rientrarono, rubando l'attenzione che l'uno aveva posto nell'altra.

 


Era già successo. Non spesso, non sempre. Si era sentito in quel modo quotidianamente, una vita addietro. Negli ultimi anni, quella condizione si era trasformata lentamente ed oniricamente in un'utopia, non se ne era neanche accorto; eppure ad un tratto si era reso conto di non riuscire più a sentirsi normale. Non che si sentisse speciale, bensì anormale. Raschiando sul fondo del baratro agognava un sospiro del vecchio Alex, bramava perché il peso sulle sue spalle si sollevasse anche per pochi minuti, perché il cervello gli impedisse di muoversi lentamente, di mettersi il gel, di lasciare a casa il suo ridicolo pettine. Era arrivato a convincersi che non avesse scelta, che dipendesse da qualcosa con cui era impossibile competere, almeno per l'uomo che era divenuto. I pensieri, come sempre, si impossessarono di tutta la sua attenzione, mentre le note di un sassofono riempivano di colori caldi lo sfondo della sua mente ed il salotto scuro nel quale si trovavano, ed il suo sguardo non riusciva a staccarsi dalle dita pallide che ticchettavano nervosamente l'ennesimo bicchiere di vino rosso, il suo.
Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, con studiata lentezza, riportò l'attenzione alle persone che condividevano con lui la stanza: Miles e Margareth erano uno sulla poltrona e l'altro sul suo bracciolo, Andy in piedi a qualche passo da loro, il bicchiere di vino stretto anche tra le sue bianche dita, intenta a leggere i titoli della libreria della bionda. Approfittò per guardarla più a lungo di quanto non avesse mai fatto, nonostante non riuscisse a guardarla in faccia: la sua testa si muoveva quasi impercettibilmente al ritmo del blues, facendo ondeggiare i capelli mossi e castani che accarezzavano senza fretta il tessuto cremato del suo vestito sulle spalle. Poteva quasi immaginare il suo sorriso, le rosee labbra piene che scoprivano timidamente i denti bianchi prima di nasconderli di nuovo con furia. Era quel tipo di ragazza nata per i cantautori, la musa perfetta. Ma non per lui. Ogni volta che la guardava poteva quasi sentire il banjo in sottofondo, una voce calda ed intima che cantava uno spicchio di vita, una tazza di thè ed il biscotto all'arancio, un sorriso ed un maglione rosso in lana, il Natale, la neve. Era quel tipo di canzone, Andy era una canzone dolce, ma allo stesso tempo nostalgica. Si passò la lingua tra le labbra prima di accogliere il bicchiere in vetro tra di esse e prendere un altro sorso di vino rosso, distogliendo lo sguardo dalla ragazza, inconsciamente sforzandosi di non guardarle il fondo schiena, come avrebbe fatto con molte altre donne. Lo colse una punta di orgoglio.
« Posso mettere questo CD?? E' assurdo che tu ce l'abbia Marg, non pensavo neanche conoscessi Daniela Andrade! » esordì Andy con entusiasmo, mostrando agli altri tre una copertina aranciata con due sagome disegnate. Alex sorrise, intimamente. Sembrava che la ragazza l'avesse ascoltato ed adesso volesse fargli sentire che tipo di canzoni poteva ispirare, niente a che vedere con il suo rock'n'roll, con la chitarra elettrica, con la batteria ingombrante. Una chitarra ed una bella voce, qualcosa da trasmettere. Anche gli altri due sorrisero, con una punta di tenerezza.
« Certo, non devi neanche chiederlo. » acconsentì la bionda alzandosi dalla poltrona ed avvicinandosi all'altra per aiutarla nel cambiare musica. Mentre la ragazza raccontava di quando aveva incontrato Daniela, ed aveva preso il suo CD, Alex si voltò verso Miles, consapevole dello sguardo felice che l'avrebbe accolto. Il suo migliore amico non lo deluse, era già pronto. I suoi occhi nocciola nei suoi; sospirò appena. Fu contento di non dover parlare per fargli capire cosa provava: era fermo, entrambi lo erano. Si presero quel momento per comunicarlo a loro stessi, ed a vicenda. Il mondo continuava a girare, le solite folli frequenze: qualcuno fuori stava bevendo quanto loro solitamente facevano, stavano parlando di stupidaggini, stavano suonando davanti a milioni di persone. Ma per quella sera, loro due, erano scesi dal treno. Potevano quasi sentire nelle loro vene il tempo rallentare, ed avevano paura di sentirsi pienamente parte di quel quotidiano momento. Alex permise a se stesso di sentirsi normale.
Miles distolse lo sguardo per primo, riportando la sua attenzione sulla bionda ed avvenente donna, che in piedi a pochi passi da lui continuava a parlare allegramente con Andy, gesticolando. Nessuno di loro riusciva a concentrarsi sulle loro parole, a causa del vino ingerito, delle dolci note di chitarra acustica che li avevano avvolti da un paio di minuti, e dall'esteticamente perfetto quadretto che formavano.
« Che hai da guardare, Kane? » lo riprese Marg, nascondendo il piacere per averlo scorto in adorazione. Alex si voltò verso l'amico, grato che la bionda non avesse fatto caso prima a lui, che le stava fissando alla stessa maniera.
« Mi chiedevo quante ne sapessi di folk. » rispose pronto Miles, scivolando sul cuscino della poltrona nera dal bracciolo, con un grande ed aperto sorriso. Lei a sua volta alzò un sopracciglio, sul piede di guerra.
« Sicuramente più di te, De Prufundis» Lo prese in giro, riferendosi alla sua recente scoperta dell'ossessione del cantante per il capolavoro di Oscar Wilde. Sia Andy che Alex risero, lui abbassando il volto e scuotendo la testa, lei invece la gettò all'indietro per un secondo. Presero entrambi un altro sorso di vino.
« Allora, volete davvero venire a Glanstonbury? » si intromise il cantante, sporgendosi in avanti. Andy con calma si avvicinò al divano, sedendosi di fianco a lui, senza tuttavia posizionarsi troppo vicino.
« A me piacerebbe. » commentò stringendosi nelle spalle, e cercando assenso nell'altra donna.
« Dipende dal lavoro, ma se sarò libera beh.. Sicuramente! Non vorrei perdermi per niente al mondo uno show dal vivo di Mr. Rockabilly. » gli disse alzando nuovamente un sopracciglio. Andy sorrise apertamente, incontrando lo sguardo rallegrato di Miles, a sua volta divertito dalla donna.
« E non dovresti, perché in live sono ancora più sexy. » commentò affondando la schiena nel divano, nascondendo un sorriso.
« L'ultima volta che sono andata a vederli non riuscivo neanche a guardarlo in faccia da quanti capelli aveva. » intervenne con un tono timido Andy, evitando di guardare il cantante. Miles scoppiò a ridere annuendo lentamente, indicandolo con fare ilare.
« Capellone, per caso volete un caffè? » chiese Marg divertita. L'uomo al suo fianco annuì immediatamente, così come gli altri due. Andy agognava un po' di caffeina da più di un'ora, ma non voleva mettere fretta all'altra, completamente a proprio agio con i suoi amici. Margareth sparì in cucina canticchiando, seguita da Miles. Rimasero di nuovo da soli, ma oramai il velo di imbarazzo tra di loro era stato strattonato via dall'alcool, e da una grande forza di volontà da parte di entrambi. Sospirarono quasi in sincronia, guardando davanti a loro. Andy accavallò le gambe poggiando a sua volta la schiena sui soffici cuscini neri, il bicchiere di vino quasi vuoto ancora nella mano, e quelle note così familiari nelle orecchie. Si sentiva fortunata.
« A che canzone stai pensando? » chiese allora lui, sofficemente, con una dolcezza che le sembrò talmente surreale da domandarsi se avesse realmente fatto una domanda. Poi voltò la testa verso di lui, rimanendo poggiata ai grandi cuscini. Gli sorrise.
« It was the night I chose my favourite dress and you were wearing your best suit. It was about that time when everyone is sound asleep.. I was up talking to you. » canticchiò, sopra la voce infinitamente musicale di Daniela Andrade e la sua Gentlemen, che riempiva candidamente il salotto ed i loro petti. « Non c'è sempre bisogno di pensare » continuò, regalandogli un piccolo e dolce sorriso. Lo ripetè a se stessa: se si fosse soffermata su se stessa, ed i propri movimenti, le sue parole, non avrebbe fatto niente di ciò che voleva fare, cantare, parlargli, stare a quella distanza da lui. Non sapeva perché lo faceva, e non voleva saperlo. Non voleva sovraccaricare di inutili guazzabugli quel momento, abbastanza intimo da farle desiderare di chiudere fuori tutto il mondo. Alex non riusciva a non guardarla negli occhi, quelle enormi ed azzurre iridi sembravano ogni volta ingrandire, volenterose di essere notate, ed ogni volta si chiedeva in silenzio come riuscisse a scambiare degli sguardi con lei senza distogliere l'attenzione. Lo metteva in imbarazzo, ma in un modo che lo faceva sentire giovane ed inesperto, e che non vedeva l'ora di provare di nuovo, ogni volta. Spostò di qualche centimetro la mano poggiandola su quella chiara di Andy, riposante sul soffice tessuto nero. Aveva la pelle soffice, e le sue dita si mossero involontariamente sotto lo stress dei nervi, mentre i suoi occhi provavano a non farsi coprire di imbarazzo.
« Non so perché non l'ho fatto fino ad adesso » disse piano, con la tonalità di voce più bassa che possedesse.
« Non pensare? » chiese lei sorridendo, rimanendo immobile nella paura che la sua mano potesse sfuggire da quella grande e rassicurante di Alex.
« Anche » acconsentì lui con un leggero sorriso. « Non è strano? » Non sapeva a cosa si stesse riferendo, ma sperava che lo sapesse lei, per entrambi.
« E' strano. » rispose sbattendo piano le palpebre, stirando le labbra in un sorriso socchiuso. « Sono gli effetti dell'acoustic folk » lo prese in giro socchiudendo appena gli occhi.
« Ti va di chiamare un taxi? Uscire. » era serio, e lei notò la difficoltà che aveva provato nel dirlo ad alta voce, a chiederle di rimanere da soli. Annuì appena, dopo averlo guardato negli occhi per diversi secondi, ma non disse niente. La mano ancora immobile sotto la sua. A sua volta, Alex annuì, alzandosi per andare a prendere il proprio telefono, nella giacca.
Andy strinse la mano sul divano, scorrendo con lo sguardo sul bicchiere di vino. Ne avrò bisogno. Lo finì in un sorso.
 

Vorrei promettervi che per il prossimo capitolo non dovrete aspettare tanto, e 
giuro che farò il possibile per non far passare un mese, ma non posso garantire niente!
Come sempre, ringrazio chiunque si sia fermato a leggere, con la speranza di avervi 
regalato un sorriso! Grazie a tutti, di cuore!  Un abbraccio ed al prossimo capitolo! :)


Personalmente, vi consiglio di ascoltare tutto l'album 'Things We've Said' di Daniela Andrade, ma comunque:
Gentlemen - Daniela Andrade: https://www.youtube.com/watch?v=LEuKhiVukd0

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Capitolo 6
*** Are You The Business ***


Stavolta non ci ho messo una vita! Neanche una settimana, si, ma
neanche una vita *gioisce*. Bene, iniziamo con il solito: gli Arctic non
mi appartengono, il titolo della storia e dei suoi capitoli appartengono a 
John Cooper Clarke, essendo sue poesie. Ringrazio tutte le persone
che si sono fermate a leggere questa storia (e siete davvero tanti!) Grazie.
Non saprei come descrivere questo capitolo: strano? lungo? corto? inutile?
troppo utile? non lo so. A me piace, e spero che vi intrattenga, un abbraccio. :)

 
 
6. ARE YOU THE BUSINESS
 
"did Noriega knock out coke
did Bob Marley like the odd smoke
was Jesus Christ a decent bloke
are you the business

does Oliver Reed ever get pissed
can Chubby Checker do the twist
was Karl Marx a communist
are you the business"
 
Alex aprì di nuovo lo sportello del loro taxi per lei, stavolta senza prodigarsi in scontate battute. Miles e Margareth avevano capito cosa stava succedendo, ma avevano finto ignoranza per non mettere in imbarazzo i due ragazzi, già abbastanza a disagio nel comunicargli della loro decisione di tornare a casa. Avevano bevuto assieme il caffè in cucina evitando di guardarsi, entrambi impauriti da un possibile cambio di rotta da parte dell'altro; avevano voglia di passare del tempo insieme, da soli, ma non l'avrebbero mai detto ad alta voce, non così chiaramente, dunque si tormentavano nel dubbio delle loro reciproche scelte. Lei si obbligava a non pensare alla grande mano di Alex sulla sua, e lui cercava di evitare gli occhi azzurri di Andy per non dare più importanza di quanta ne avesse alla loro neonata complicità.
Si aggiustò il vestito guardandolo entrare nel taxi con grazia, i suoi jeans scuri, quegli stivaletti neri e la camicia scura coperta dalla solita giacca di pelle che rendeva il suo colorito ancor più bianco, lo faceva apparire simile ad una statua in marmo. Sembrava infinitamente concentrato nel chiudere lo sportello, e nel non rispondere alla tassista, che aveva appena chiesto ad entrambi dove volevano essere portati. Seguirono dei secondi di silenzio, Andy fingeva di guardare fuori dal finestrino, si rese conto che restare da sola con lui poteva condurla a infiniti e diversi scenari, nessuno dei quale la faceva sentire pienamente a proprio agio. Decise di comportarsi da gentiluomo, avvicinandosi di qualche centimetro a lei per sporgersi in avanti, parlando con la tassista.
« Park Griffith, è ancora aperto? » le chiese. La sua voce bassa fece voltare Andy per apprezzare il suo profilo, per quanto si sentisse a disagio.
« Si, dovrebbe.. » gli rispose la donna, sulla quarantina, con un accento australiano.
« Ok, allora ci porti li. Grazie. » La tassista acconsentì, mentre la schiena del ragazzo tornava a riposarsi sui sedili in pelle nera. Istintivamente cercò la mano di Andy come se non avesse mai fatto niente di più naturale, trovandola in pochi secondi. Solo quando la strinse nella sua nascondendo il pollice sotto il palmo di lei si rese conto dei movimenti del suo arto, alzando istintivamente il mento, fissando il parabrezza lontano per non doverla affrontare. Non voleva riflettere su cosa l'aveva portato con tanta naturalezza a quel gesto, se fossero le migliaia di volte che l'aveva fatto con Alexa, Arielle e le altre ragazze, o una complicità che con lei sembrava crescere nel silenzio condiviso. Andy con lentezza ed indecisione strinse il suo pollice, attorcigliandovi le dita attorno, lasciando che il palmo della mano di lui riscaldasse il dorso della propria.
« Va bene Griffith Park per te? » le chiese dopo svariati minuti di silenzio trovando il coraggio di voltarsi verso di lei, senza muovere la mano, fingendo di non star stringendo la sua. Lei seguì benvolentieri la recita, interpretando a sua volta completa ignoranza, annuendo.
« Non ci sono mai stata di notte. » la sua voce tradì una certa indecisione, che preoccupò il ragazzo al punto di gettare la maschera: strinse leggermente la sua mano, guardando le vene sul suo dorso bianco gonfiarsi impercettibilmente. Lei invece guardò lui, con gli occhi abbassati, il naso appena arrossato a causa del clima notturno, e le labbra contratte in una smorfia di concentrazione. Sorrise, istintivamente. Se avesse avuto più coraggio l'avrebbe ringraziato per non aver pronunciato l'indirizzo di casa sua senza neanche chiederglielo, come in realtà si aspettava avrebbe fatto; ma inspiegabilmente il vino rosso non si stava muovendo sulle strade giuste. Aveva voglia di stare con lui, un neonato ma evidente desiderio di condividere il silenzio e di sentire la sua voce allo stesso momento. Il feeling che si era creato tra loro sul divano, costruito lentamente durante tutta la sera, o forse da un po' più a lungo, li seguiva passivamente. Se entrambi non si sapevano spiegare cosa ci facessero mano nella mano sul retro di un taxi che li stava portando ad un parco sulle colline attorno a Los Angeles a mezzanotte, non avevano messo in discussione per un solo secondo di essere dove volevano essere, qualsiasi fosse la motivazione per la quale vi si erano ritrovati, nascosta dietro all'imbarazzo.
« Si, è ancora aperto. Anche se non so se lo resterà tutta la notte, ad essere sincera. » ruppe il silenzio la donna, fermando il taxi ed indicando ad entrambi un grande cancello spalancato. La ringraziarono entrambi ed Alex pagò il passaggio precedendo Andy, che stava tirando fuori i dollari da una delle tasche del vestito. La donna li salutò con un cenno della mano prima di ripartire, lasciandoli di nuovo soli. Inaspettatamente, Alex si sentì meno a disagio guardando i fari della macchina sparire nel buio.
« Ti va di fare due passi? » le chiese con un cenno della testa, indicando il sentiero dietro di loro, che si addentrava nel parco, illuminato scarsamente da radi lampioni. « Si vede tutta Los Angeles illuminata da laggiù. » Le disse con un sorriso storto, ma allo stesso tempo rassicurante.
« Certo » rispose prontamente lei. La sua giacca in pelle color cuoio le sfiorava la vita, e decise di chiuderla, facendo scorrere velocemente la zip, sino alla cima mentre camminava al fianco di lui. « E' una sensazione particolare.. In qualche modo mi sembra di conoscerti già. Sai, ascoltare la tua musica, leggere i testi.. Una parte di me ha la sensazione di conoscerti, ma non ti conosco, affatto. » Prese coraggio lei, con un sorriso, lanciandogli un'occhiata. A sua volta, lui annuì, capendo perfettamente cosa intendesse dire.
« Ed io non so neanche se darti ragione.. Non mi piace pensare che le persone mi immaginino solo attraverso ciò che scrivo. Ma allo stesso tempo sono sicuro di poter affermare che chi ha interpretato i testi nella maniera giusta mi conosce più di molte persone che ho attorno costantemente. » Le rispose con tranquillità. « E' una sorta di vedo non vedo, il cantautorato, no? Voglio che tu mi ascolti, ma non mi guardare. » Lei sorrise, come lui.
« Mi spoglio ma voltati dall'altra parte. » cercò di interpretarlo Andy, e lui annuì energicamente.
« Esatto! » rispose sorpreso dalla naturalezza con la quale aveva colto ciò che intendeva dire. La ragazza annuì a sua volta, nascondendo un sorriso di compiacimento per il suo entusiasmo. Il ragazzo tirò fuori il pacchetto di sigarette e se ne accese una continuando a camminare, mentre lei gli stava accanto, con le mani intrecciate dietro la schiena. « Dunque sono io quello che parte svantaggiato. Tu conosci qualcosa di me, ma io non ti conosco, affatto. » disse ripetendo le sue stesse parole con ironia, le labbra gli si arricciarono da un lato in un sorriso, prima di poggiarle sulla sigaretta.
« Cosa potrei dirti che ti stupirebbe? La svantaggiata sono io, la partita è truccata! » gli rispose allegramente, ridacchiando e voltandosi verso la strada, continuando a camminare. Alex scosse la testa seriamente.
« Ci sono tante cose che potrebbero stupirmi. » le disse con il suo tono basso. Non voleva essere ambiguo, ma si rese conto che dopo tutto quel tempo gli era impossibile frenarsi prima di parlare: era abituato ad un certo tipo di risposte, quelle che mettevano in soggezione lei. « Scommetto che hai fatto un sacco di cose che io non ho mai fatto, non dare niente per scontato. » continuò poggiando di nuovo la sigaretta sulle labbra. Andy continuava a camminare, e mettendosi a pensare a qualcosa di interessante da raccontare di se, lasciò calare il silenzio tra di loro.
« Ho incontrato Bob Dylan ma sicuramente an- » disse dopo diversi minuti. Lui scosse la testa, con un'aria soddisfatta.
« Mai. » sorrise, era inspiegabilmente allegro. Si sentì normale, avrebbe voluto scambiare i ruoli con lei, e non farla sentire in difetto, non lo era. « Non credo nemmeno che sappia dell'esistenza degli Arctic Monkeys » aggiunse. Andy rise.
« Allora ho una foto con Bob Dylan, che tu non hai. » disse inclinando la testa e guardandolo.
« Anche la foto?! Incredibile. » la prese in giro Alex, con una vena di ironia che le sollevò l'umore.
« Anche l'autografo, se è per questo. » ribadì lei col sorriso sulle labbra, continuando a camminare.
« Mi sento nettamente inferiore. » replicò Alex abbassando la testa fingendosi sconfitto.
« Hai suonato alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi. Io ho lavorato per l'Oktoberfest. » gli disse squadrandolo con aria torva.
« Un'altra cosa che non ho mai fatto! » esclamò lui entusiasta. Andy rise di gusto, scuotendo la testa. « Siamo a due, potremmo andare avanti tutta la notte. » le disse stringendosi nelle spalle con un sorriso.
« Ho fatto una maratona del Signore degli Anelli in tedesco al cinema. Non ci ho capito assolutamente niente. » disse allora lei ridendo dopo un minuto di silenzio. Alex aggrottò le sopracciglia, confuso.
« Come ci sei finita? Pensavi di andare al concerto di Nutini? » la prese in giro con una maschera di serietà, imprigionando di nuovo la sigaretta tra le labbra. Lei lo guardò male cercando di non sorridere e fallendo miseramente nella futile missione di fingersi offesa.
« Non capivo neanche cosa dicevano quando mi ci hanno portato, poteva essere un porno per quanto ne sapevo. E forse avrei preferito a 10 ore di tedesco. » Gli disse facendolo ridere. Si immaginava le sue guance rosate avvampare davanti ad un film erotico in lingua germana, nascosta dal buio ma comunque abbastanza esposta per sentirsi nel luogo più erroneo del mondo. Scosse la testa divertito al pensiero, mentre lei era intenta a studiare il suo profilo. I radi lampioni con la luce biancastra disegnavano i lineamenti del suo volto con profondità, rendendo il naso ed il mento più spigolosi del normale, i capelli ricadevano in un ciuffo scomposto sulla fronte che dava a tutta l'immagine una vena artistica, surreale. Sembrava il soggetto di un quadro.
« Siamo a tre, Andy. Adesso mi sento terribilmente in soggezione. » disse poggiandosi la mano sul petto in un gesto teatrale, continuando a camminare con lei. Lei lo guardò di nuovo con quello sguardo di disapprovazione che nascondeva una profonda complicità. Si morse un labbro per trattenersi, aveva la sensazione di aver aperto il vaso di Pandora, che fosse partecipe di uno dei rari momenti in cui Alex Turner si apriva per tornare ad essere un normale ragazzo, ma sperava di aver avuto solo la fortuna di averci passato abbastanza tempo assieme perché decidesse di farsi conoscere.
« Sei simpatico. » disse allora annuendo, con un sorriso dolce. « Non voglio offenderti, non che tu dia una pessima impressione, ma non avrei mai pensato tu fossi così ironico. » si spiegò meglio gesticolando appena, camminando con la testa bassa.
« Grazie. » si limitò a rispondere lui sinceramente. Finì la sigaretta e la gettò a terra; rallentò per un attimo il loro passo per spegnerla sotto la suola degli stivaletti neri, prima di tornare a guardarla. Seguì il silenzio, il loro confortevole, condiviso silenzio. Camminarono fianco a fianco per diversi minuti, lei non riusciva a distogliere lo sguardo dal cielo, erano abbastanza lontani dal centro per poter vedere delle stelle, che incaute brillavano dietro i rami degli alberi quasi spogli, rade. Sorrideva appena, era da tanto tempo che non si sentiva così calma: era raro per lei rendersi conto di essere nel posto giusto, ma passo dopo passo si sentiva come se la vita la stesse abbracciando, si sentiva viva come non le capitava da tempo. Alex con le mani in tasca la seguiva, i tacchi degli stivali tradivano il suo passo strascicato e lungo, la piccola strada selciata tagliava a metà tutto il parco per arrivare al suo belvedere, ma non ne era più interessato, avrebbe camminato per ore. Gli pareva di sentire una vecchia canzone in sottofondo, ma si convinse che dipendeva dal rumore del leggero vento, lo stesso vento che scompigliava i capelli ondulati di Andy, lasciandoli correre dietro la sua nuca con gentilezza, senza dar fastidio al suo naso all'insù. Camminarono all'unisono, Andy ogni tanto si preoccupava per l'impressione che poteva dargli, ma in qualche modo pensava che il modo migliore per conoscersi fosse condividere passi silenziosi, e lui appariva tutto fuorchè a disagio. Finalmente, arrivarono al belvedere, e nessuno dei due ebbe bisogno di farlo notare. Los Angeles si distendeva sotto di loro come un immenso focolare, era così lucente che le stelle scomparvero, ed Andy fu di conseguenza catturata da un bagliore d'altra provenienza. La fissarono in silenzio, nella notte, per diversi minuti. Lui aveva le mani nelle tasche dei pantaloni, lei in quelle della giacca.
Con un sospiro, Alex si avvicinò ad una delle innumerevoli panchine con vista sulla città, sedendosi. Lei lo seguì senza farsi pregare, accavallando le gambe senza riuscire a distogliere lo sguardo dallo spettacolare panorama.
« Toglie il fiato. » disse Andy poggiando la schiena sul legno della seduta, leggermente umido. Lui annuì, nonostante lo sguardo della ragazza non fosse puntato su di lui. Poggiò la caviglia sull'opposta gamba, mettendosi comodo a sua volta, inclinando la testa. Era stato in quel posto con Arielle, ma non di notte, e non si erano mai seduti su quella panchina, tanto che in quel momento il parco non gli ricordava la sua passata fidanzata, non gli ricordava niente; pensava tuttavia che quel preciso momento, che stava vivendo, avrebbe per sempre stampato nella sua memoria una precisa fisionomia di Griffith Park, non l'avrebbe mai più nominato senza pensare ad Andy.
« Non mi capita spesso di non dover parlare di me. » disse con il suo tono basso, che la ragazza pensò si sposasse alla perfezione con l'ambiente. Si voltò verso di lui, aggrottando leggermente le sopracciglia confusa. « Solitamente mi vengono fatte delle domande, sulle canzoni, sugli album, su come si è formato il gruppo, Sheffield.. Perché non mi hai chiesto niente di tutta quella roba? » Le chiese incuriosito. Lei, come sempre, si strinse nelle spalle.
« Ho pensato che ti capitasse spesso di dover parlare di te. » rispose con un sorriso leggermente imbarazzato. Lui scosse la testa, un sorriso amaro.
« Sempre la risposta giusta al momento giusto. »
« Non sembri uno che ha voglia di parlare di se. » disse allora Andy seriamente. Lui rimase in silenzio, dandole il profilo e guardando Los Angeles, completamente illuminata. Poggiò una mano sul ginocchio piegato, dondolando appena il piede, l'anello al mignolo ben visibile.
« Mi sembra sempre una recita. » confessò evitando di guardarla.
« Allora non lo fare, possiamo parlare di fotografia tutta la notte, di film, di serie tv, del meteo, e di tutto quello che di più impersonale ti viene in mente. » suggerì dolcemente Andy, continuando ad osservare il suo profilo, così intrinsecamente maschile. Allora Alex si voltò verso di lei, cercando la verità nei suoi occhi. Le iridi normalmente di un azzurro luminoso erano oscurate, uno strato di blu le rendeva più calde e dolci, le luci in lontananza si riflettevano su di lei quasi fosse vicina al suo albero di Natale, e si ricordò della musa che aveva immaginato: il maglione rosso, il biscotto all'arancio, il Natale. Le sorrise, con sincerità. I suoi occhi a quelli di lei sembravano pece, il buio della notte li rendeva profondi come pozzi e non riusciva a distinguere l'iride dalla pupilla, ma in qualche modo vi vide il calare di un velo, ed improvvisamente si illuminò il suo volto.
« Puoi venire a sedere qui? » chiese lui guardandola, lasciando tornare entrambi i piedi sul terreno, e poggiando sofficemente il grande palmo sulla sua gamba. Andy seguì il suo sguardo, che la portò sulle grande dita affusolate restanti sui jeans scuri, immobile. Annuì, un solo e deciso cenno. Non aveva avuto bisogno di pensarci, la vena di bisogno nella voce del ragazzo le aveva accarezzato il cuore, e sapeva che non vi si nascondeva niente di sensuale, aveva solo trovato il coraggio di esprimere la necessità di sentirla più vicina, la stessa che aveva lei. Si alzò e si posizionò sulle sue gambe, toniche. Passò un braccio sulle sue spalle per non perdere l'equilibrio, cercando di non muoversi eccessivamente, lui con la testa bassa rimaneva immobile per farla accomodare, guardando la fantasia del vestito color crema sulle sue gambe. Andy intrecciò i piedi, a penzoloni a qualche centimetro dal terreno, abbassando finalmente lo sguardo su di lui, si era seduta a metà coscia evitando una troppa vicinanza che avrebbe messo entrambi in difficoltà; non riusciva a scorgere bene il suo volto da sotto il ciuffo ben studiato, ma gli sorrise comunque.
« Meglio » mormorò lui, come un bambino. Andy si voltò verso il panorama, dandogli la nuca.
« Los Angeles è davvero bella. » un commento banale, ma si sentiva leggermente a disagio, sulle gambe di Alex Turner. La sensazione di condividere il tempo con una rockstar, e non con una persona, bussò di nuovo alla sua porta.
« Non è Londra, ma è bella. » commentò lui sorridendo e ticchettando i polpastrelli sul legno umido della panchina. Anche lei sorrise, aveva ragione.
« Quanto siamo inglesi » commentò divertita Andy, tornando a guardarlo. Lui era già pronto ad incrociare i suoi occhi sporto leggermente in avanti, con la curiosità dipinta in faccia, sembrava che il calore delle cosce di lei gli avesse dato nuova vita. Le sorrise, per un secondo. Passò una mano sulla sua schiena, trovando rifugio tra il giacchetto di pelle della ragazza ed il suo vestito, rimase in silenzio, e sospirò impercettibilmente.
« Stai comoda? » lei annuì velocemente, portando dietro all'orecchio una ciocca di capelli, e guardandolo dall'alto in basso. Alex annuì a sua volta, accarezzando appena la sua schiena, con un movimento di non più di un paio di centimetri. « Saremmo andati d'accordo al liceo. » disse allora passando la mano libera sul ciuffo e tirando i capelli indietro, per permettersi una visuale migliore. La ragazza aggrottò le sopracciglia.
« Non mi pare di essere in disaccordo adesso. » disse sorridendogli, incerta. Lui annuì.
« Intendevo dire che avrei avuto una cotta per te. » le rispose arricciando il lato sinistro della bocca in un sorriso, cercando i suoi occhi. Lei arrossì all'istante, alzando leggermente le sopracciglia per la sorpresa. Le uscì istintivamente un “oh” dalle labbra. Il sorriso di lui si allargò allora ancor di più. « Già, oh. » commentò divertito abbassando lo sguardo sulle cosce della ragazza, coperte dallo strato di tessuto del vestito. Avrebbe voluto conoscerla da adolescente, e avrebbe voluto imparare da lei come comportarsi in una relazione, sembrava il tipo di ragazza che lasciava un ricordo immensamente dolce del primo amore. « Sei mai stata innamorata? » le chiese tornando con studiata lentezza a scrutarla. Ma lei guardava le proprie mani, intrecciate sul grembo, ed i capelli come una tenda impedivano ad Alex di leggere le sue espressioni.
« Non lo so » confessò con un tono di voce basso, ma deciso. Con un sospiro tornò eretta, portando i capelli castani dietro alle orecchie. « Ho avuto delle relazioni lunghe, ma non so se ho mai amato. E' una cosa talmente grande che mi sentirei stupida a dire che si, ho amato due uomini nella mia vita. Ci ho condiviso una parte di me, ma.. Non lo so, Alex. » disse guardandolo negli occhi, quei pozzi color pece che la spingevano ad essere totalmente sincera con lui. A chiunque altro avrebbe risposto che si, era stata innamorata. Ma in quel momento non ne era certa; nel passato una persona diversa da quella che era in quel momento aveva amato, ma lei? Lei, matura? Non lo sapeva. E non sapeva neanche spiegarglielo come avrebbe voluto, dunque rimase in silenzio. Lui le accarezzò di nuovo la schiena, da sopra il tessuto del vestito, mentre l'interno della giacca in pelle ricopriva il dorso della sua grande mano.
« Non devi saperlo per forza. » rispose cercando il suo sguardo, con delicatezza.
« Tu? » chiese lei per cambiare soggetto. Alex rimase in silenzio qualche secondo.
« Si, forse più volte di quante non voglia ammettere. » ammise in un sospiro, quasi se ne facesse una colpa. « E sempre in maniere completamente diverse, non ho mai amato due persone allo stesso modo. » le disse mordendo per un attimo il labbro inferiore e facendolo scomparire. Andy annuì, capiva a cosa si stava riferendo; anche lei pensava che non si potesse quantificare l'amore, ma semplicemente notarne le differenze, che portavano a relazioni differenti, ed a sviluppi personali unici, caso per caso. Ogni amore era una storia a parte. Si guardarono negli occhi per diversi secondi, prima che Andy si voltasse nuovamente verso il panorama mozzafiato, evitando volutamente il suo sguardo. Rimasero immobili diversi minuti, dovevano essere arrivati al parco da più di un'ora, ed iniziava a fare freddo ad entrambi, ma Andy fu la prima a rabbrividire.
« Dovremmo spostarci, il vento inizia a tirare più forte. » palesò la voce profonda di Alex, lei annuì, ma non si mosse dalle sue gambe, non voleva, e lui lo capì. Accarezzò la sua schiena lentamente, scrutando il profilo della ragazza. « Vuoi sapere a che canzone sto pensando? » chiese avvicinandosi con fare infantile, poggiando la guancia sulla sua spalla. Lei sorrise, guardandolo di sottecchi per un attimo prima di tornare a guardare le proprie mani, a causa della troppa vicinanza.
« Sentiamo » disse con finto scetticismo.
« Glass in the park » rispose di getto, tornando con la schiena sul legno umido e guardandola, con dedicata attenzione. Lei si voltò, sorpresa, cercando di capire se la stesse prendendo in giro. « and I'll wait for you.. as if I'm waiting for a stone to stop » canticchiò. Andy aggrottò le sopracciglia.
« E' un modo per abbordare le ragazze? » non riuscì a trattenersi, e disse con serietà.
« Cosa? »
« E' un modo per abbordarmi? » si ripetè, ancora seriamente.
« Ma sei seria? » chiese Alex, si sentiva offeso, ma non poteva dirle di no, le avrebbe mentito.
« Sono seria. » rispose, decisa. Lo guardò negli occhi, ancora con un'espressione confusa. Avrebbe preferito onestà, se voleva dirle qualcosa doveva solamente dirlo; niente giochi di parole, niente canzoni, niente trucchetti, proprio come aveva fatto sino a quel momento. La sua voce bassa l'aveva fatta sentire una delle tante: quella sensazione che sino a pochi secondi prima era lontana anni luce dalla sua mente. « Devi dirmi qualcosa? » gli chiese allora, continuando a sedere sulle sue gambe. Lui rimase in silenzio per qualche secondo, sostenendo la durezza del suo sguardo, e cercando di capire se avesse qualcosa da dirle, aveva qualcosa da dirle?
« Ho voglia di baciarti, da quando ti ho stretto la mano sul divano. » ammise, con un tono di voce più basso del normale, in un sussurro. Lei, di primo istinto, inghiottì rumorosamente, non aspettandosi una risposta del genere. Sbatté le palpebre un paio di volte, cercando di controllarsi, prima di dargli velocemente la nuca e voltarsi verso Los Angeles, che a differenza sua non brillava ad intermittenza. Anche lei ne aveva voglia, e l'aveva avuta a lungo, almeno quanto lui. Ma qualcosa non le sembrava corretto, non riusciva a non pensare che la sera prima aveva fatto sesso con un'altra donna, la sua coinquilina. « Rispondimi, Andy. » le disse con un tono quasi supplichevole dopo un paio di minuti di silenzio. Lei non riusciva a voltarsi, si morse il labbro inferiore con indecisione fingendo di fissare il panorama. « Vuoi andare a casa? » chiese infine lui, dopo altrettanti minuti di inesistenti risposte. Annuì appena, alzandosi dalle sue gambe e pentendosene non appena le sue punte toccarono terra, sospirò stirandosi il vestito per evitare di guardarlo negli occhi. « Ok, chiamo un taxi. » Lui la imitò non solo nell'alzarsi ma anche nel sospiro, e dopo aver compilato il numero del servizio, ebbe una breve telefonata che terminò con dei ringraziamenti. Cercava lo sguardo della ragazza ma quello era troppo occupato ad evitarlo come la peste. Scosse appena la testa, avvicinandosi di un passo. « Cos'ho fatto? » chiese allora con decisione, inclinando leggermente la testa.
« Non hai fatto niente, Alex. » gli rispose passandosi una mano tra i capelli per tirarli indietro, stancamente.
« Non sembrerebbe. »
« Anche io ho voglia di baciarti. » ammise, con una finta strafottenza a causa della sua insistenza. Ma quella altro non era che una profonda vergogna per l'averlo ammesso ad alta voce. Finalmente lo guardò negli occhi, e lui aggrottò le sopracciglia.
« Ma? » chiese di nuovo senza battere ciglio.
« Ma stamattina abbiamo fatto colazione insieme dopo che avevi fatto sesso con la mia coinquilina. Non un mese fa, stamani mattina! » gli disse aprendo leggermente le braccia, con un tono sconsolato che rifletteva la sua personale battaglia contro ciò che avrebbe voluto fare e quello da cui la mente le gridava di fuggire. Lui apparve sorpreso per qualche secondo, e rimase a guardarla in silenzio.
« E' una cosa completamente diversa, lo sa Hester, e lo sai tu. » le rispose tranquillamente. Lei alzò leggermente le sopracciglia, pronta a rispondergli a tono, ma decise di aspettare qualche secondo, guardandolo negli occhi. Avrebbe voluto dirgli che no, non lo sapeva, che no, non era completamente diversa, e che no, non lo conosceva. Ma non ne era completamente sicura, non era certa di ciò che provava.
« Non voglio darti del playboy, non penso che tu mi stia usando, davvero Alex. » iniziò non staccando gli occhi dai suoi. Lui annuì, convinto. Le credeva. « Ma ti mentirei se ti dicessi che non mi da fastidio, sono umana. » concluse sinceramente.
« Se non vuoi baciarmi- »
« Voglio. Volere voglio. » lo interruppe alzando un sopracciglio. Lui sorrise, istintivamente, divertito.
« Se non te la senti, non lo fare. Nessuno ti obbliga, ti ho detto quello che pensavo e volevo essere gentile, non so perché tu l'abbia presa così male. » le disse con una punta di dolcezza, cercando di riportare la situazione sui giusti binari. E lei sorrise, facendolo sorridere di rimando.
« Sembrava solo un pessimo modo per rimorchiarmi. » gli disse gonfiando gli zigomi rosati con un sorrisetto furbo. Lui alzò un sopracciglio.
« Ragazza, sapessi quante me ne sono cascate ai piedi così! » disse ironicamente, gesticolando. Risero assieme, ed Andy scosse la testa divertita, ed il pentimento per aver interrotto quel momento di intimità fu rimpiazzato dalla sorpresa di ritrovarsi in pochi secondi in completa sintonia con lui.
« Quante? » chiese, ancora con il riso sulle labbra.
« Andiamo, ti riporto a casa. » finse di correre a cambiare soggetto. Risero di nuovo. Andy lo guardò, aveva il volto illuminato: il sorriso donava ai suoi occhi una luce particolare, sembrava quasi un'altra persona. « E' freddo, andiamo dai. » le disse di nuovo, divertito. La ragazza annuì e si voltò per avviarsi sulla strada del ritorno; prima di rendersene conto teneva la mano di Alex nella sua, e la sua voce baritonale continuava a tessere le lodi di un fantomatico passato da playboy, e lei continuava a ridere. 

 

Stavolta non ho canzoni da proporvi, a parte Glass in the Park, ma
credo la conosciate tutti e non voglio offendere. Ogni recensione è ben accetta
ed ogni critica è ben accolta, ringrazio di nuovo tutti per aver perso/preso tempo
per questa storia. Al prossimo capitolo, un grandiiisssimo abbraccio!

 

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Capitolo 7
*** The It Man ***


Eccoci al 7° capitolo di questa FF! so di averci messo più tempo del previsto, ma
temo che a causa degli impegni universitari, gli aggiornamenti si faranno leggermente più
radi. Come sempre, le Scimmie, il titolo dell'FF e dei suoi capitoli non mi appartengono; 
questi ultimi sono titoli di poesie di John Cooper Clarke. Ringrazio come sempre chiunque
si sia fermato a commentare, ed a leggere questa storia, spero che anche questo capitolo
sia di vostro gradimento, grazie di nuovo, di cuore!

 

7. THE IT MAN

 
He's after all your stuff
His motto is... 'receive.'
Too much is not enough now,
Let's not be naive”

Ascoltava il CD della colonna sonora di 'A Proposito di Davis' da giorni. Nick se ne era andato da casa il giorno dopo aver manifestato odio nei confronti dei suoi coinquilini, e James si stava impegnando a trovare qualcun altro che riuscisse a sopportarli, specialmente lui; non avevano abbastanza denaro per dividere l'affitto di quella casa in tre. Lo stesso giorno Andy aveva parlato con Hester, sentiva il bisogno di spiegarle cosa era successo: non conosceva bene la tedesca, ma sapeva che non avrebbe reagito esageratamente male, era piuttosto libertina per quanto riguardava le relazioni romantiche, una qualità che lei apprezzava immensamente ed un po' le invidiava. “Non ti devi scusare, Andy. Sono felice che tu me ne abbia parlato.” Le aveva ripetuto più volte, poggiando la mano sul suo braccio. “Io ed Alex non eravamo niente, non ti giustificare.” Allora aveva smesso di farlo, sorridendole.
Ascoltava quel CD perché aveva bisogno di casa. Avrebbe voluto chiamare sua madre, per dirle che stava bene, che non era stata così bene da anni, ma non riusciva a trovare il coraggio. Stava bene con se stessa, e da un certo punto di vista avrebbe voluto essere capace di sentirsi in quel modo anche a Londra, ma aveva paura che sua madre la prendesse sul personale, ed interpretasse il suo benessere causato proprio dalla lontananza da casa. Non si sentivano da più di un mese: si erano scambiate gli auguri di Capodanno per sms, e dopo il vuoto totale: le mancava, ma il suo orgoglio le impediva di fare il primo passo.




 
Ci ho ripensato. Quanto sarebbe stato banale un primo bacio a Griffith Park con Los Angeles illuminata, di notte? Ci hai salvati da un luogo comune. Grazie.”
 
Posò lentamente la tazza del caffè sul tavolo in plastica della sala caffetteria, sorridendo. Fissò per diversi secondi le parole che componevano quel messaggio che lo rispecchiava a pieno: si era interrogata su come apparissero gli sms di Alex Turner, e per quanto avesse provato, la sua immaginazione non era giunta a tanto, forse per paura di disattendere le aspettative, che lui comunque aveva surclassato. Erano passati tre giorni da quando avevano passato la notte assieme a Griffith Park, non si erano scambiati baci, ma i numeri di telefono. Lui non l'aveva cercata sino a quel momento e, barricata nel suo 'non voglio disturbarlo', lei aveva finto di non accorgersene.
 
Io ho ripensato alla storia del 'conoscersi al liceo'. Che tipo eri?”

Gli rispose dopo averci pensato su un bel po', desiderosa di non toccare l'argomento bacio, per vergogna e per non farsi sommergere dai ricordi di quello che non era accaduto.
 
Il tipo che non avrebbe mai parlato con una come te. Avrei semplicemente avuto una cotta adolescenziale: ti avrei probabilmente fissato la nuca per ore nella speranza di convincerti ad amarmi con dei fantomatici poteri telepatici.”

Rispose Alex dopo mezz'ora.
 
Avrebbe funzionato?”
 
Digitò Andy rapidamente, per poi inviare il messaggio.
 
Fortunatamente ti ho conosciuta adesso.”

Sempre la risposta giusta al momento giusto.”

Andy aveva paura di aver risposto in modo troppo freddo, citando una risposta che le aveva dato lui durante la loro serata a Griffith Park, ma dopo un'ora, il nome di Alex comparve nuovamente sul suo cellulare.
 
Miles organizza una piccola festa per amici perché Martedì partiamo per il tour con i Monkeys, Domenica. Vieni? Credo ci sia anche Margareth, nel caso puoi portare James, se non ti senti a tuo agio.”

Sei sicuro che non disturbi?”

Non disturbi. Passo a prendervi alle 14.00”

Il sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra: non voleva ammetterlo a se stessa, ma aveva avuto paura di non rivederlo mai più; tuttavia il pensiero che presto sarebbe partito per un tour mondiale la disturbava più di quanto era disposta a concepire, e si limitò a nascondere il cellulare per non crearsi paranoie inutili. Quando il suo telefono squillò di nuovo, un quarto d'ora dopo, avrebbe scommesso su qualsiasi cosa, tranne che sul ricevere un messaggio del genere.
 
Volevo fare il gradasso, senza far domande. Ma adesso non so se verrai o no. Devo passare a prenderti? Perché non te l'ho chiesto?”


Sorrise allo schermo, rileggendo diverse volte il messaggio con allegria.
 
Ti aspetto per le 14.00, fenomeno. Ps. Grazie”

Di niente, ho voglia di vederti. A Domenica.”






James teneva la sua mano quasi fosse un velo, in alto. Lei vi volteggiava sotto, muovendosi lentamente, sembrava in slow-motion, ma stava solamente seguendo il ritmo della voce di Lana del Rey, e della sua Gods & Monsters. Rideva annuendo lentamente. I suoi fianchi si muovevano con grazia, gli occhi chiusi ed il volto rivolto verso il soffitto, i capelli castani in cascata libera sulle sue spalle chiare. James la guardava con un sorriso divertito, battendo le mani fuori tempo. Tutto ciò che riusciva a percepire erano i bassi della canzone, che attraverso le vetrate arrivavano in un sommesso borbottio alle sue orecchie. La guardò un secondo in più del dovuto.
« Ma dove vi siete conosciuti? » Matt lo guardava incuriosito, la testa inclinata verso destra, ed un bicchiere in plastica contenente birra, immaginò Alex.
« Ci ha intervistato alla KROQ, ti ricordi? » disse lui incontrando gli occhi azzurri del batterista, fingendo di non essere stato appena scoperto con le mani nel sacco. Matt alzò le sopracciglia sorpreso.
« Ecco dove l'avevo vista! Non avevo collegato. » Breana apparve al suo fianco, e Alex le sorrise spontaneamente: quel taglio di capelli così corto la faceva apparire molto più innocente di quanto non fosse. Le era sempre stata simpatica.
« Di cosa parlate? » chiese con la sua voce musicale, innatamente sensuale.
« Andy e James, i due ragazzi che sono arrivati con me. » tentò di nascondersi il cantante, indicandoli con un cenno della testa. Gli altri due si voltarono all'unisono, scrutando il duo che dentro la casa stava adesso parlando con Miles.
« Una è una ragazza. » constatò Breana, fuorviata dal nome neutrale dell'intervistatrice. Matt rise, e Alex lo imitò con un sorrisetto allegro.
« Che spirito di osservazione, signora Fletcher! » la canzonò il suo futuro sposo.
« E' simpatica? » chiese la moretta ignorandolo, e puntando il suo sguardo sveglio su Alex. Lui annuì, convinto.
« E' forte. » rispose il cantante senza voltarsi, per paura di essere scoperto. Breana girò sulle punte delle sue ballerine e li lasciò da soli in pochi secondi, raggiungendo la ragazza dentro la casa. Alex sorrise istintivamente, osservando le guance piene di Andy arrossarsi leggermente mentre si impegnava in una stretta di mano rispettabile, pronunciando il proprio nome. Quasi lo sentì nella sua mente, sposarsi con il labiale della ragazza.
« Nick e Jamie? » lo interruppe Matt, chiedendogli dove fossero i colleghi.
« Eh? » fece Alex scuotendo leggermente la testa, incrociando i suoi occhi, con attenzione.
« Come? » lo canzonò Matt con un sorriso sornione.
« Cosa? » ripeté il cantante confuso aggrottando leggermente le sopracciglia. Matt lo guardò per qualche secondo prima di scoppiare a ridere, scuotendo la testa in segno di sconsolatezza, ogni volta che si distraeva riusciva ad incastrarlo in quel terzetto di battute; sempre le stesse. Alex sorrise a sua volta, rendendosi conto della sua sbadataggine; tendeva a riflettere su troppe cose contemporaneamente, perdendo il contatto con la realtà.
« Dove sono Nick e Jamie? » ripeté allora portando il bicchiere alle labbra.
« Jamie è con Katie, dentro. Credo che Nick arrivi più tardi, come sempre. » lo sguardo che vagava tra gli invitati, nascosto dietro un paio di rayban scuri. Matt annuì, perdendosi insieme a lui nella folla con lo sguardo.
« Raggiungo Bree dentro, vieni con me? » chiese con la sua solita naturalezza il batterista, pensando di fargli un piacere. Di nuovo, Alex parve distratto.
« Eh? » Dopo pochi secondi risero entrambi, ed Alex scosse la testa. « Arrivo tra poco » Lo guardò allontanarsi per poter poi navigare con lo sguardo verso Andy, anche lei un bicchiere in plastica rosso stretto nella mano e, come sempre, una risata sulle labbra. Il cantante sorrise a sua volta, continuando a guardarla per qualche secondo. Prese dalla tasca dei jeans il suo i-phone.

 
Mi sa che ci ho ripensato sulla storia del primo bacio, forse avrei preferito Griffith Park. Lo so che rende tutto più complicato, ma adesso non faccio che chiedermi come sarebbe baciarti.”

Guardò per qualche secondo il telefono, fissando il messaggio che aveva appena scritto in pochi secondi, rileggendolo diverse volte. Lo cancellò interamente.
 
Save room for my love, save room for a minute to be with me.”

Scrisse il testo della canzone di John Legend che in quel momento arrivava alle sue orecchie da dentro la casa; qualcuno aveva alzato il volume, probabilmente Miles, si disse. No, è troppo presto per roba del genere. Forse è sempre troppo presto per roba del genere, sono patetico. Cancellò di nuovo il messaggio. Potrei scrivere sei bellissima. Iniziò a scrivere. No. Da quando penso che sia bellissima? E' bellissima? Non dovrei dirglielo comunque, anche se ne fossi sicuro. Potrei non scriverle niente, potrei evitare di comportarmi come un bambino dell'asilo che si nasconde dietro la gonna di sua madre. Potrei. Ma voglio scriverle. Sapevo che non dovevo chiederle il numero, ma quanti anni ho? Sono completamente deficiente.
La guardò, aldilà della vetrata, proprio mentre Miles le prendeva la mano giocosamente per ballarci assieme, James a pochi passi da loro rideva battendo la mano sul proprio ginocchio, probabilmente a causa dell'imbarazzo ben evidente sul volto di Andy. Alex sorrise di nuovo.
Magari lo penso, magari penso che sia bellissima. Lo penso? E' bellissima? Perché penso sempre così tanto? Devo solo scrivere qualcosa di carino e di divertente, ha detto che sono simpatico. Impegno, impegno. Pensa.

 
Smetti di rubarmi gli amici.”

Non è divertente, è terribile. Capirà che scherzo, oppure penserà che sono geloso di Miles? L'ultima cosa di cui ho bisogno è un'altra ragazza che pensa che ami Miles. Perché penso sempre così tanto? Guardò di nuovo il cellulare per qualche secondo, chiedendosi se Andy avrebbe trovato quel messaggio divertente. Lo inviò, con un leggero sospiro.
Potevo aggiungere una faccina, emoticon, quelle diavolerie, come si chiamano, le faccine gialle. Potevo farlo, almeno sarei stato sicuro che avrebbe capito le mie intenzioni. Quali sono le mie intenzioni? Perché le ho mandato un messaggio tanto stupido? Tre parole messe in croce. Posso cancellare i messaggi già inviati? Tra le impostazioni dei messaggi, cercava un modo per eliminarlo.
« Ehi » Lo interruppe dolcemente la voce di lei, con la delicatezza che si usa solitamente per svegliare qualcuno al mattino. Per un attimo lui si dimenticò del messaggio, sorridendo.
« Ehi. Ti diverti? » anche Andy sorrise, indossava una gonna azzurra che dalla vita le scendeva sino ai piedi coprendo gli stivaletti neri, ed una canottiera bianca, nascosta dal solito giacchetto in pelle. Era la prima volta che la vedeva con i capelli raccolti, a parte quelle due mattine nel suo appartamento, ma decise che non contavano, su alcun fronte.
« Mmh-mmh » annuì guardandolo negli occhi. « Miles mi ha mandato a recuperarti. Ha detto qualcosa a proposito di una tendenza ad isolarti che sembri avere durante le feste. » Gli spiegò nascondendo un sorriso, guardando per un attimo il telefono che ancora teneva tra le mani. Alex rise, scuotendo la testa.
« E' sempre pronto a spendere una buona parola, non è vero? » ironizzò guardandola negli occhi, che con quella gonna vicino parevano ancora più azzurri.
« Penso che volesse solamente farmi smettere di ballare ma non riuscisse a trovare un modo carino per dirlo. » scherzò anche lei, prendendo in seguito un sorso dal bicchiere in plastica tra le sue dita. Alex avrebbe voluto dirle che poteva farla ballare lui, ma non lo fece, ma le sorrise. Era tuttavia preoccupato per il messaggio, se lo avesse letto davanti a lui sarebbe morto di imbarazzo. Oh, chi mi ha mandato un sms? Ah, la persona che mi sta davanti. Quanto sono stupido. Quanto sono stupido.
« Ti va di rientrare? » Andy aggrottò leggermente le sopracciglia, sorpresa. Ma velocemente provò a mascherare le proprie emozioni annuendo.
« Si, certo. » gli rispose. Avrebbe preferito rimanere lì con lui, nonostante ci fossero altre persone attorno; ma almeno non sarebbe stata circondata dai suoi migliori amici, e messa con grande probabilità in imbarazzo da James.






James la stava, effettivamente, mettendo in imbarazzo, anche se in realtà stava mettendo un po' tutti a disagio, evitando di riservare solo a lei lo speciale trattamento. Erano le sei di pomeriggio, ed era decisamente troppo ubriaco per quell'orario. Aveva obbligato Miles ad accendere la console Wii per poter sfidare chiunque a “Just Dance”, appellandosi ad una fantomatica “noia” insita negli inglesi, per far leva sull'orgoglio degli anglosassoni. L'unica che raccolse la sfida, americana e fiera, lo fece solamente perché voleva provare, come lui, che “gli inglesi non sanno divertirsi”. Anche Breana era, comunque, abbastanza ubriaca.
Cantavano entrambi, col fiatone, muovendosi più o meno a tempo con 'Get this Party Started' di Pink; avevano allestito uno spettacolo piuttosto divertente, nessuno dei due minimamente preoccupato del giudizio altrui. Andy non riusciva a non sorridere, guardando il suo coinquilino lanciare occhiate alla ragazza mentre le sue ginocchia arrivavano ad un'altezza preoccupante, con il volto trasformato dalla concentrazione.
« Non devo preoccuparmi, vero? » L'intervistatrice si voltò confusa verso Matt, che già la fissava con un sorriso sornione. Andy ebbe di nuovo la sensazione già provata durante l'intervista: era perennemente divertito, da qualsiasi cosa.
« In che senso? » chiese lei, guardandolo negli occhi.
« Dico il tuo amico, James, non è che ci prova con Bree, giusto? » Aveva un tono leggero, ma voleva comunque sapere.
« Eh? No, no! Assolutamente no! » si affrettò a dirgli, sorpresa che avesse potuto solamente pensare ad una cosa del genere. « No, Jay è distrutto da una rottura. Credo si sia ubriacato per questo. La sua ragazza si è trasferita in Italia. » Gli spiegò annuendo leggermente, e si rese conto che quella era la prima volta che parlava direttamente col batterista, dopo la disastrosa intervista.
« Oh, mi dispiace. Non dev'essere semplice. » rispose lui voltandosi verso i due che continuavano a ballare come se in palio ci fossero dei soldi, ed iniziavano a richiamare una folla abbastanza numerosa. « Forse gli serviva, allora. » disse stringendosi nelle spalle. Lei fece lo stesso, pur non guardandolo.
« Spero. » gli rispose con un sospiro, sinceramente augurandosi che il conoscere persone nuove risollevasse il morale al suo coinquilino; per lui era la cosa più banale del mondo nascondere i propri sentimenti, ma era quasi un mese che non usciva di casa, e sia lei che Hester iniziavano a preoccuparsi seriamente. Dopo qualche secondo di silenzio, e l'urlo vittorioso di Breana all'esito della prima sfida, partirono le note di Stayin' Alive, causando un sorriso in tutti i presenti.
«Well, you can tell by the way I use my walk, I'm a woman's man: no time to talk » canticchiarono entrambi all'unisono, non riuscendo a trattenersi. Si guardarono e risero entrambi, annuendo appena, in una comune vergogna di sapere a memoria il pezzo.
« Vado a controllare la borsa. » disse lei divertita, congedandosi dalla loro piccola performance, Matt annuì continuando a seguire la nuova sfida.
Con calma si avviò verso la camera in cui Miles aveva fatto posare borse e cappotti degli ospiti, guardandosi attorno. Non vedeva Alex da quasi un'ora, ma forse preferiva non vederlo che averlo accanto con quello strano atteggiamento; era stato freddo con lei per tutto il pomeriggio, sebbene si rendesse conto che ricreare un'intimità come quella condivisa a Griffith Park era impossibile, non con il sole che li guardava. Cercava di non pensarci e di non intrappolarsi in paranoie che le avrebbero impedito di godersi la festa; ma non poteva fare a meno di pensare che forse si era pentito di averli invitati. Lentamente attraversò il corridoio, maledicendo mentalmente gli impegni di lavoro di Marg che non le avevano permesso di partecipare; si sarebbe trovata sicuramente più a proprio agio, con lei presente. Con un sospiro, entrò nella stanza vuota. Pensò di rimanere a sedere lì dentro, fino a quando James non le avrebbe detto che si era fatto tardi, ed allora Alex avrebbe dovuto riaccompagnarli a casa; o forse doveva chiamare un taxi? Mentre si lasciava cadere sul letto, una suoneria familiare catturò la sua attenzione: sorrise.
Don't, don't, don't, don't, don't yooou! Forget about me!
Si alzò velocemente, cercando sotto la pila di cappotti la sua borsa a tracolla nera, con una sottile speranza che finalmente sua madre avesse trovato il coraggio di chiamarla. Ma il display recitava “Marg”. Ne fu ugualmente sollevata.
« Pronto? » rispose mettendosi nuovamente seduta.
« Andy! Come stai? Come procede la festa? » sembrava che l'amica avesse il fiatone.
« Ciao Marg, tutto bene! Tu come stai? » le chiese accavallando le gambe.
« Bene adesso, è stato un pomeriggio infernale. Senti, resti ancora un'oretta? Forse ce la faccio a passare. »
« Non so! Forse? » le rispose incerta. Aveva voglia di vederla, ma non molta di restare.
« Lo prendo come un si. Mi faccio una doccia veloce, a dopo! » La bionda chiuse la chiamata frettolosamente, lasciandola con un sorriso stampato in faccia. Sospirò scuotendo leggermente la testa. Aveva raccontato all'amica a grandi linee la serata passata con Alex dopo la cena a casa sua, e dopo aver notato il suo imbarazzo Marg non aveva più nominato il cantante, speranzosa che gliene parlasse spontaneamente l'intervistatrice. Ma per il momento non aveva avuto molta fortuna. Chiudendo a sua volta la chiamata, Andy notò due messaggi, il primo era di Andrew, il suo capo, che le ricordava di presentarsi per le 10.00 a lavoro per preparare l'intervista del giorno successivo a Jake Bugg; il secondo, con sua grande sorpresa, era stato mandato da Alex alle 15.12 e recitava:

 
Smetti di rubarmi gli amici.”

Non poté fare a meno di sorridere allo schermo. Si sentiva come un'adolescente, chiusa in una stanza da sola durante una festa, a rispondere al messaggio del ragazzo più carino della scuola. Al pensiero arrossì. Iniziava ad adorare il suo senso dell'umorismo.
 
Ti sei perso una formidabile sfida di ballo, credo che avresti potuto battere sia Jay che Breana, con il giusto impegno.”

Inviò il messaggio continuando a sorridere, cercando di capire quale fosse l'esatto momento nel quale il ragazzo aveva sentito il bisogno di inviarle un messaggio; e scorrendo sullo schermo rilesse velocemente quelli che si erano già scambiati precedentemente. Ogni parola dei messaggi di Alex era calzante, nell'insieme sembrava tutto incastrarsi perfettamente; mentre i suoi le parevano frettolosi e poco ragionati, la maggior parte delle volte.
 
Potrei battere anche Justin Timberlake, se volessi. Dove sei?”

Le rispose dopo un minuto scarso lui. Pensò di rispondergli “trovami”, ma dopo essersi mentalmente rimproverata per un'idea tanto idiota e pateticamente romantica, si alzò inserendo il telefono nella tasca del giacchetto di pelle. Percorse lo stesso corridoio con un passo diverso, ed una leggerezza appena ritrovata; il salotto era ancora affollato, e James stava adesso sfidando un uomo che Andy non aveva mai visto; erano entrambi molto sudati e molto ubriachi.
Se non altro espellerà birra da ogni poro. Si fece spazio tra i presenti notando l'arrivo del bassista della band, che sino a quel momento non aveva mai visto, intento a parlare con una ragazza che si immaginò essere la sua fidanzata; un gruppetto di donne si era affollato in cucina, ed Alex le pareva di nuovo assente.
« Andy! Dov'eri finita? » una voce la chiamò facendola voltare, e sorrise grata a Miles.
« Credo ci sia troppa gente, mi sento come in metropolitana. » Lui le poggiò una mano sulla spalla abbracciandola, divertito, e la accompagnò con lui fuori dal salotto.
« Ti stai divertendo?? Hai bevuto abbastanza?? » il musicista era chiaramente brillo, ed Andy lo guardò, voltandosi verso l'alto, tentando di nascondere l'ilarità.
« Si Miles, tutto apposto. E scusa per James, nel caso disturbi dimmelo e- » stava di nuovo gesticolando, come quando non riusciva a trovare le parole adatte. Lui sorrise, accompagnandola nel piccolo giardino.
« Non disturba, ho visto ben di peggio. » la rassicurò chiudendo la porta a vetro alle sue spalle sciogliendola in seguito dall'abbraccio.
« Ah, ha chiamato Margareth, dovrebbe arrivare tra un'ora! » si ricordò di dirgli, e lui annuì convinto, guardandosi intorno con fare furtivo mentre prendeva un altro sorso di qualsiasi intruglio ci fosse nel suo bicchiere in plastica.
« Si, mi ha avvertito. » le rispose enigmatico, mentre a pochi metri di distanza, Alex ed un altro uomo si avvicinavano a loro con studiata lentezza; Alex le sorrise, e tolse gli occhiali da sole continuando a camminare. « Ah eccovi! Vi lascio Andy, vado a controllare che nessuno stia vomitando in bagno. » disse Miles una volta notati i due amici. Lei aggrottò le sopracciglia confusa e rallegrata allo stesso tempo, sentendosi un ospite da dover intrattenere a tutti i costi, guardando fuggire l'artista di Liverpool, per poi lentamente tornare a guardare i due uomini davanti a lei.
« Andy, lui è Tom Rowley, suona con noi in tour. » i due si strinsero la mano, accompagnando il gesto con i soliti convenevoli.
« Vado dentro a cercare Nick, è stato un piacere conoscerti Andy. » le disse quasi immediatamente l'uomo congedandosi; lei rispose cortesemente, prima di guardarsi attorno, leggermente imbarazzata. Alex indossava una maglietta a maniche corte nera che fasciava alla perfezione il suo torso, un paio di jeans classici con le cuciture sfilacciate, e la fibbia della cintura con le rifiniture dorate in bella vista; come sempre guardarlo la metteva in soggezione. Qualche secondo di silenzio conquistò la scena, mentre i due si guardavano attorno.
« Justin Timberlake, eh? » decise infine di prendere coraggio Andy. Lui sorrise, divertito.
« Anche Justin Bieber se è per questo. » la ragazza aggrottò le sopracciglia stupita, e lui di tutta risposta si mise a ridere, per poi forzarsi in un contegno ed alzare un sopracciglio, fiero. « Ti ho stupita, eh? »
« Beh, sicuramente. » commentò scettica guardandolo negli occhi.
« Come stai? » ruppe con la sua voce bassa e soffice l'aria di scherno appena creatasi, ed il sorriso sparì dal volto di Andy per concentrarsi sulle espressioni di quello dell'altro. Era capace di fare domande banali donandogli mille significati solo con l'intonazione della voce, e quello sguardo tra il preoccupato e l'incantato nei suoi occhi, che non si staccavano dai suoi neanche per chiudere le palpebre. Una domanda così banale, eppure avrebbe voluto rispondergli in così tanti modi differenti.
« Sto bene. » decise di dirgli infine, passando i denti incisivi per un attimo sul labbro inferiore. Lui la guardò negli occhi per diversi secondi senza dire niente, indagando in silenzio se le sue parole fossero sincere. « Tu come stai, Alex? » gli chiese a bassa voce.
« Sono stanco. » Le rispose onestamente, con un sospiro. « Ma sono contento che tu sia qui, davvero. » le sue labbra si piegarono per un sorriso sghembo, ed abbassò lo sguardo. Lei lo imitò arrossendo, ma lui non aveva finito, non ancora; doveva cavalcare l'onda del coraggio sin quando sarebbe riuscito. « Ti ho pensata in questi giorni, Andy. » si guardava le scarpe, e serrò la mascella, si sentiva come se le avesse appena confessato un peccato. Lei trovò l'audacia di alzare lo sguardo, scorrendo con esso sul profilo mascolino di Alex, il mento ben delineato, le guance scavate, i suoi zigomi spigolosi, e quelle labbra fini e rosee; non riusciva a credere che si trovasse tanto in imbarazzo con una donna.
« Anch'io. » disse semplicemente lei, in un sussurro. Lui alzò finalmente il volto per incontrare gli occhi di lei, e le sorrise timidamente, apparendo sollevato; a sua volta la contagiò per quella strana reazione da adolescente. « Ti va di andare? » chiese dolcemente Andy; e lui annuì immediatamente, mentre un sorriso si allargava sul suo volto.
« Si, mi va. Decisamente. » confermò continuando a guardarla negli occhi, con quel tono di voce che le faceva venir voglia di ascoltarlo parlare all'infinito. « Vado ad avvisare Miles e gli altri, tu intanto prendi la borsa, ok? Sento se qualcuno può riaccompagnare a casa James. » Gli sorrise grata annuendo, era quello che avrebbe voluto sentirsi dire da più di un'ora; si sentiva in colpa ad abbandonare James, ed a fuggire prima che arrivasse Margareth, ma non aveva senso rimandare l'inevitabile. Aveva voglia di stargli vicino, e continuare ad ignorare il bisogno non avrebbe fatto che peggiorarlo; e dalla porta sul retro del suo cervello iniziava a bussare incessantemente il ricordo della sua partenza in meno di tre giorni per un tour mondiale. Non voleva farsi domande, oramai con lui era quasi abituata ad ignorare qualsiasi dubbio la sua coscienza le suggerisse all'attenzione; era un instancabile ignorare la parte razionale del suo cervello, e non avrebbe smesso allora.
Seguì le sue istruzioni entrando in casa dietro di lui in silenzio e facendosi spazio verso la camera; per quanto tentasse di mantenere un contegno, voleva correre e uscire da quella villetta il prima possibile.




Alex le ricordava una canzone di Marian Hill di cui una sua coinquilina a Lione, in Francia, era praticamente ossessionata; e non riusciva a liberarsi di quella musicale melodia, le stava riempiendo la testa e più che studiava il suo profilo intento alla guida della sua macchina, più avrebbe voluto dirglielo.

You know you've got that thing
That makes the girls all swing
You know exactly what you do
You like the hit and run
You say it's all for fun
You think that I'm the one for you

Si continuava a ripetere nella mente, torturando le proprie dita sul grembo, alternando il tremolio alla gamba con una passata nervosa della mano sui capelli raccolti, sospirando. La musica derivante dalla radio si espandeva nell'abitacolo della macchina, ma non riusciva a sentire altro che i propri pensieri. Erano praticamente fuggiti dalla festa, e da quel momento non avevano proferito parola; il loro solito silenzio li aveva riportati entrambi mentalmente alla loro serata assieme. Alex non le aveva detto niente, aveva semplicemente messo in moto ed era partito. Andy non aveva fatto domande. Parcheggiò la macchina di fronte a quello che anche lei si ricordava essere il palazzo in cui abitava; slacciò la cintura, spense il motore, e con esso si spense anche la musica. Evitò di guardarla, temeva di aver fatto il passo più lungo della gamba, l'aveva portata a casa sua senza chiederlo; ed adesso erano lì, in silenzio. Poteva dire qualsiasi cosa, chiederle di mangiare un boccone assieme, per alleviare la pesantezza; ma non voleva mentirle. Il sole era già tramontato e una luce aranciata sopravviveva in lontananza, mentre il buio della notte galoppava alla conquista dell'intero cielo. Rimasero ancora in silenzio.
« Non so cosa dire » palesò lui con un tono di voce soffocato, trovando finalmente il coraggio di voltarsi verso di lei. « Ti va di salire? » aggiunse banalmente, con un sospiro, come si fosse arreso alle proprie intenzioni. Andy si voltò lentamente, trovando i suoi occhi scuri. I rayban incastrati al collo della maglietta nera, le grandi mani poggiate ancora sul volante, con il loro ticchettare nervoso e quel ciuffo che nonostante l'ora continuava a resistere imperterrito sulla sua fronte, perfetto. Si guardarono per qualche secondo, Andy si sentiva come una preda, indecisa sul da farsi; più che altro nervosa ed ansiosa per l'altamente probabile finale di quella situazione. Il suo respiro si fece leggermente affannoso mentre lo guardava, indifesa. Si, le andava di salire, si, le andava di baciarlo, di toccarlo, le andava; ma il dirlo, il farlo.. Era tutta un'altra storia. Lui non era impaziente, la guardava attento mordendo appena l'interno del labbro, quasi si fosse perfino dimenticato la domanda. « Senti, vieni qui. » le disse infine passando velocemente una mano tra i capelli e sporgendosi verso di lei, al suo fianco. Andy non se lo fece ripetere, voltando il torso e avvicinandosi a lui, che mentre le mani fini di lei si poggiavano delicatamente sui suoi fianchi, poggiò le proprie sul suo collo. Sospirò di nuovo nascondendo un sorriso.
« Che hai da ridere? » chiese subito la ragazza, divertita a sua volta. Lui scosse la testa, fingendo ignoranza e accarezzando appena con il pollice il mento di Andy, spostando lo sguardo sulle sue labbra; più per farle capire cosa stava per fare, che per necessità: non avrebbe voluto guardare altro che i suoi occhi. Le mani di lei si staccarono dai suoi fianchi per trovare nuova comodità tra le proprie gambe, mordendosi appena il labbro inferiore. Tornò ad incrociare i suoi occhi, tornando serio. I suoi occhi scuri l'avevano completamente catturata, ed Andy non riusciva a pensare ad altro se non a come sarebbe stato baciare le sue labbra.
« Mi va di salire » disse allora con un filo di voce, a pochi centimetri da lui.
« Mmh-mmh » annuì lui noncurante, avvicinandosi. La guardò negli occhi fino a quando le loro labbra non si toccarono, così intensamente da doversi forzare a chiudere le palpebre per concentrarsi sul bacio; il loro primo bacio. Alex non le avrebbe mentito, non dopo la loro discussione a Griffith Park; e non avrebbe finto, non ne aveva il tempo: cercò immediatamente di schiudere le sue labbra respirando con lei; che strinse le mani tra loro inclinando la testa per assecondare il suo movimento, spingendo la bocca contro la sua. Non voleva darle un bacio a stampo, voleva assaporarla, voleva averla più vicino possibile. La sua mano scorse sul retro della testa di Andy per non permetterle vie d'uscita, intrecciando le loro lingue in un bacio umido e passionale; quasi stordita dalla foga di lui, la ragazza quasi senza pensarci afferrò la maglietta nera di Alex in un pugno, con noncuranza, mentre la mano di lui la guidava con ogni piccolo movimento, accarezzando il suo collo con la gemella. Durante la maggior parte dei baci che aveva dato e ricevuto, una piccola parte di Andy non riusciva a non pensare a come stesse baciando, sulle impressioni che l'altro poteva avere, se dovesse rallentare o velocizzare i movimenti; ma con lui non le era rimasto spazio per pensare, l'aveva completamente inondata col suo profumo di sigarette e colonia, la sua pelle fresca si sfiorava con la sua malamente, eppure riusciva a sentire le sue guance avvampare al suo tocco, il ciuffo di capelli di Alex le solleticava lo zigomo; le sue labbra stavano lentamente divenendo umide con quelle di lui, mentre i loro respiri si fondevano caldi e frequenti. Cercando di riprendere controllo di sé, Andy strinse il tessuto della sua maglia con più forza, tirandolo più vicino; Alex si spostò sul sedile del guidatore incastrando le dita tra i capelli castani di lei raccolti in una crocchia, inclinando ancora di più la testa per riuscire a raggiungerla meglio, continuando a muovere la sua lingua ruvida con quella della ragazza, spingendo il naso contro il suo zigomo. Riuscirono a staccarsi l'uno dall'altra dopo diverso tempo; lui poggiò un bacio a stampo leggero sulle labbra arrossate di Andy, mentre i respiri uscivano veloci dal suo naso infrangendosi sul volto della ragazza, sintomo del battito accelerato del suo cuore.
« Meglio. » sussurrò piano tenendo gli occhi chiusi, accarezzando il collo di lei con entrambe le mani, leggermente sudate.
« Meno banale di Griffith Park di notte? » mormorò lei ancora un po' scossa ed imbarazzata, aprendo piano le palpebre e lasciando andare la sua maglietta.
« Saliamo, fenomeno. » le rispose baciandola di nuovo sulle labbra umide e piene, con un sorriso. 


 
Cocludo con una nota personale ammettendo che raramente mi capita di descrivere o 
scrivere di baci, o più, quindi spero che non sia un totale disastro; io mi sono divertita molto
a scrivere questo capitolo, e quest'ultima scena. 
Un abbraccio grande a tutti, ed al prossimo capitolo! :)

cd completo della colonna sonora di Inside Llewyn Davis ( A proposito di Davis):  
https://www.youtube.com/watch?v=YxcO53WATYw&list=PLFk5bSyTefxhutVTkzFjWHuXN5d6Vc4Eh
Gods & Monsters - Lana del Rey: https://www.youtube.com/watch?v=FkgMbiVi_3E
Save Room - John Legend: https://www.youtube.com/watch?v=iOmnGzAKLvg
Get this Party Started - Pink: https://www.youtube.com/watch?v=UqUtEXmSHfA
Stayin Alive - Bee Gees: https://www.youtube.com/watch?v=I_izvAbhExY
Don't You (Forget About Me) - Simple Minds: https://www.youtube.com/watch?v=CdqoNKCCt7A
Marian Hill - One Time: https://www.youtube.com/watch?v=-XqTeZgiipA





 

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Capitolo 8
*** I Wrote The Songs ***


Rieccoci! So che ci ho messo un po' di tempo, ma questo capitolo non si è reso davvero facile da scrivere,
prima di tutto per i temi "sensibili" (?) trattati, i quali, ho già detto, non sono proprio abituata a scrivere. La paura di
rendere il tutto molto banale, troppo dolce, troppo sensuale o semplicemente troppo troppo, era molta. Il capitolo è
inoltre leggermente più breve degli altri, ed anche se lo immaginavo con un finale diverso, e dunque una parte finale
in più, devo dire di essermi semplicemente resa conto che mi piaceva molto così. Per questa volta ho copiato l'idea
di HeySoul, che creò una playlist per la sua FF; facendo lo stesso ne ho creata una per questo capitolo, che troverete qui! (il tutto è
fatto con rispetto, e spero che non infastidisca l'autrice! c: ). Sono canzoni che mi hanno aiutato a scrivere il capitolo,
e che nella mia testa riuscivano a rendere bene l'idea dell'atmosfera creatasi tra i due. Ringrazio infine come sempre
chiunque si sia fermato a recensire, ed anche solamente a leggere questa FF; e ricordo che anche le critiche sono
sempre ben accette; Buon divertimento!

8. I WROTE THE SONGS

 
NOT TO LEAVE OUT TWIST AND WHISPER
BRAND NEW LEAPORDSKIN PILLBOX GLOVE
BABY YOU AND ME WE GOT A GREASY KIND OF LOVE
 
« Prima le signore » disse nascondendo un sorriso divertito Alex, spingendo la porta di casa con una mano, e rivelando il corridoio buio. Andy lo guardò torva, sentiva le labbra ancora gonfie a causa del bacio in auto, e temeva che si fossero arrossate.
« Che gentiluomo » lo prese in giro entrando in casa del cantante. Lui la seguì sorridendo silenzioso, chiudendo con delicatezza la porta alle loro spalle. Il silenzio che li aveva osservati in ascensore continuava con lunghe braccia ad abbracciarli candidamente, mentre i loro passi risuonavano pesanti sulle mattonelle del pavimento. Era sobrio, mentre lei aveva bevuto appena un bicchiere di birra; che ne desiderasse altri, in modo infantile, in quel momento, non la aiutava comunque a sciogliersi. Interpretando il suo silenzio come un assenso, Andy si prese la libertà di fare un rapido giro della casa, senza fermarsi troppo sui dettagli o spostare o toccare niente: non riusciva a pensare ad altro che al ragazzo che continuava a starle a qualche passo di distanza, con una delicata attenzione ad ogni suo piccolo movimento; era un appartamento normale, un po' troppo scuro per i suoi gusti, un paio di chitarre poggiate con grazia ai muri, un divano, diverse foto della band affisse ai muri, in ognuna sembravano davvero giovani, non c'era niente che potesse ricondurre alla loro carriera di gruppo rock di fama mondiale: niente premi, niente televisioni al plasma, dischi d'oro, strani od autocelebrativi soprammobili; niente avrebbe potuto esplicitare il suo stile di vita, o la sua disponibilità economica. Incrociò le braccia sotto il seno mordendo leggermente il labbro inferiore, fermandosi ad osservare una foto raffigurante il cantante e Miles, entrambi sorridenti con i volti vicini, pareva di non troppo tempo addietro, il ciuffo prepotente di Alex sembrava voler uscire dal vetro della cornice.
« Vuoi qualcosa da bere? » disse finalmente lui, che si era avvicinato ad un piccolo tavolino in legno del salotto, versandosi quello che a lei parve scotch in un bicchiere in vetro. Lo sguardo di Andy indugiò sulle sue mani, prima di guardarlo negli occhi, a qualche metro di distanza; non riuscì a trattenere un sonoro sospiro. Lui aggrottò immediatamente le sopracciglia, ricambiando lo sguardo con il suo bicchiere tra le dita. « Che c'è? » chiese con la sua voce bassa, che come sempre riusciva a sposarsi con tutto ciò che le faceva da sfondo. Mi chiedevo di quanto alcool tu avessi bisogno prima di trovare di nuovo il coraggio di baciarmi.
« Non bevo, grazie. » gli rispose con dolcezza, continuando a guardarsi intorno dandogli le spalle. « E' carino qui. » aggiunse dopo poco, quando Alex la raggiunse. Annuì; Arielle l'aveva aiutato ad arredare quasi ogni stanza, e stare in quel luogo da solo lo innervosiva alle volte, ma presto sarebbe partito per un tour mondiale e non avrebbe rivisto quel posto a lungo, magari nel frattempo sarebbe cambiato, proprio come avrebbe cercato di fare lui.
« Musica? » chiese guardando il suo profilo, concentrato nella lettura dei titoli di alcuni libri poggiati sugli scaffali. Si voltò verso di lui, sorridendo leggermente ed annuendo.
« Certo » rispose Andy tornando a scrutare la sua scarna collezione libraria. Alex si avvicinò allo stereo, poggiando vicino il bicchiere in vetro in cui aveva riposto le sue ultime speranze prima di abbandonare il campo senza provare a rompere l'imbarazzo. Non riuscì a non pensare a quanto facile fosse, con Andy, creare e distruggere la loro piccola bolla di complicità, chiedendosi se fosse giusto non menzionare la sua rottura con Arielle, dopo una storia così lunga ed importante, di un paio di settimane prima. Dopo; non far pesare ancora di più questo imbarazzo. Non si sentiva male: la loro storia era stata sul bilico per un paio di mesi prima che si rendessero entrambi conto che sarebbero stati più felici da soli. Non era facile, ma era necessario. Con uno sguardo la raggiunse quando la musica, soffice, li abbracciò. Andy sembrava rapita da altro, non riusciva a guardarlo negli occhi, per quanto volesse ancora perdersi nell'universo segreto dietro al suo sguardo, qualcosa non glielo permetteva, non ancora. Con un paio di passi le si affiancò, bevendo un sorso di scotch, ed il suo profumo le pizzicò le narici, convincendola finalmente a voltarsi. « Passi molto tempo qui? » chiese, continuando a stringere le braccia sotto il seno.
« Non abbastanza da definirla 'casa'. Ma comunque mi piace Los Angeles, è piena di vita. » Le rispose con onestà, ed il suo tono basso, ticchettando con l'indice il bicchiere di vetro.
« E' vero. » commentò Andy, ancora sul filo sottile dell'imbarazzo.
« Pensi di rimanere, o trasferirti di nuovo? » le chiese senza una particolare intonazione spostando lo sguardo sui libri sopra e davanti a loro. La ragazza fissò il suo profilo per diversi secondi, rapita. Era una domanda che si era fatta molte volte nei giorni precedenti: Los Angeles avrebbe sancito la fine del suo viaggio? Voleva finalmente piantare radici, proprio lì? Il naso di Alex puntava in alto, dritto e leggermente sproporzionato, e la luce che si rifletteva sulla sua pelle la faceva apparire lucida e soffice; avrebbe voluto accarezzarlo per testare con mano.
« Non lo so. Per il momento qui sto bene, ma non voglio precludermi niente. » Rispose sinceramente, con un leggero sospiro. Alex la guardò per un secondo, prima di finire lo scotch nel suo bicchiere, e poggiarlo su una mensola di fronte a loro; annuì. Con la gola in fiamme a causa dell'alcool, poggiò gli occhi nei suoi, grandi ed azzurri.
« Ti va di ballare? » Andy non poté fare a meno di sorridere per la solita sofficità con la quale la voce di Alex raggiunse le sue orecchie, ed annuì immediatamente, avvicinandosi a lui. « Bene. » commentò piano, con un piccolo sorriso, poggiando con delicatezza le mani sulla vita della ragazza.
« Bene.» ripeté in un sussurro lei poggiando le sue sulle spalle del ragazzo, coperte dal tessuto nero della maglietta. Si guardarono per qualche secondo negli occhi seguendo lentamente la musica prima di avvicinarsi maggiormente: le braccia di lui si chiusero sulla schiena della ragazza ancora coperta dal giubbotto in pelle, mentre i capelli fuggiti dall'acconciatura gli solleticavano la guancia. Andy accarezzava lentamente il braccio del ragazzo con piccoli movimenti dell'indice, osservando la sua spalla a pochi centimetri da lei, respirando sul suo corpo con attenzione, sperando di non fargli notare la sua agitazione.
« Andy.. » mormorò piano lui dopo qualche minuto di silenzio, un sorriso nascosto nella voce. Lei spostò la testa per tornare a guardarlo negli occhi, con uno sguardo incuriosito. Alex gli sorrise, avvicinandosi cautamente al suo volto; la ragazza arrossì intuendo la sua intenzione, indugiando con lo sguardo sulle labbra rosee del cantante. Rimase in religioso silenzio lasciandolo farsi più vicino, mentre il loro dondolare diminuiva, facendoli rimanere immobili. Le loro labbra si incontrarono di nuovo, stavolta in un bacio più dolce: Alex respirò delicatamente sulla sua pelle chiudendo gli occhi, le labbra piene di Andy accoglievano le sue calde e morbide; le baciò un paio di volte con estrema calma, scorrendo con le mani sino alla zip del suo giubbotto. Si staccò da lei con sguardo interrogativo. Andy annuì, aiutandolo a togliere il suo giubbotto e poggiandolo sul divano a loro vicino. Alex tornò a dedicarle tutta la sua attenzione, accarezzando con lentezza le braccia ora scoperte di lei, con un sorriso gentile, facendola sentire come un quadro; quasi la stesse studiando, e si aspettasse di trovare piccoli dettagli con ogni nuovo scorcio di pelle.
« Ti piacciono i Kodaline » disse allora con indecisione, riconoscendo la canzone che aveva iniziato a suonare dallo stereo; lui sorrise alzando appena le sopracciglia, con sorpresa.
« Si. » rispose tentando di non dimostrarle il suo divertimento per quell'affermazione condita d'imbarazzo, già ben visibile dalle sue guance rosate.
« Anche a me. Hai degli ottimi gusti. » commentò velocemente guardando il petto del ragazzo per evitare di incrociare il suo sguardo. Stavolta Alex si lasciò scappare una risata, con un piccolo cenno di assenso.
« Ti ringrazio. » le disse mordendo per un attimo il labbro inferiore e inclinando leggermente la testa. Andy aggrottò le sopracciglia, squadrandolo con allegria.
« Non è che far parte di un gruppo di fama mondiale ti renda un ottimo critico musicale, non è scontato. » precisò trovando il coraggio di poggiare le mani sul suo torso, con delicatezza, inconsciamente sperando che neanche se ne accorgesse.
« Si, Andy, lo so. » commentò divertito alzando un sopracciglio. Poi abbassò lo sguardo, fermandosi sulle mani di lei con finta confusione, e tornò a guardarla, con la fronte corrugata. « Hai perso qualcosa? » chiese prendendola in giro. Le guance di Andy avvamparono mentre staccava immediatamente le mani dal suo corpo, sul volto un misto di imbarazzo, sorpresa per quella battuta tagliente, e divertimento; Alex rise di gusto fermando le sue mani con le proprie.
« Non ti toccherò mai più! » commentò ad alta voce lei ancora rossa in volto, tentando di divincolarsi dalle sue dita con un imbattibile sorriso sul volto. Alex continuava a ridere, osservando le sue reazioni con un'ilarità rara, specialmente per lui. La ragazza provò a non unirsi alla sua risata, ma fingersi offesa diveniva con ogni secondo più difficoltoso. Le tornò in mente una frase di una sua canzone; when she laughs, the heavens hum a stun-gun lullaby.
« Ah mai più?! » ripeté lui alzando un sopracciglio, lasciando le sue mani. « Mai più mai più? » chiese rimanendo ad un paio di passi di distanza.
« Mai più, Alex. » rispose nascondendo un sorriso, intrecciando di nuovo le braccia sotto il seno, per allontanare definitivamente le mani dal suo corpo: un affermazione perentoria.
« E' un peccato. » commentò lui passando la lingua sui denti, un espressione enigmatica ed un sospiro. Andy alzò le sopracciglia, squadrandolo dalla testa ai piedi, gli occhi indugiarono sulla sua figura, così indecifrabile ed allo stesso momento ben disposta a farsi conoscere. Diavolo tentatore. Pensò rimanendogli a debita distanza.
« Riuscirò a sopravvivere. » rispose stringendosi nelle spalle con noncuranza. Lui si avvicinò con le mani tese verso di lei lentamente, quasi si stesse avvicinando ad un animale selvatico ed avesse paura di un'improvvisa dipartita; doveva riuscire a non farla fuggire; un sorriso si allargò sulle labbra di lei, guardandolo e rimanendo immobile.
« Però io posso toccare! » le disse guardandola negli occhi, un'espressione innocente.
« Puoi provarci! » rispose lei con sguardo di sfida, inclinando appena la testa. Lui fece lo stesso, piacevolmente sorpreso. Si guardarono per un paio di secondi in silenzio: Alex con le mani tese, Andy con le braccia incrociate, entrambi miseramente impegnati nel nascondere i propri sorrisi. Con uno scatto il cantante poggiò con forza le mani sui suoi fianchi, bloccando la sua fuga. Andy, colta di sorpresa, rimase immobile, indietreggiando con il busto involontariamente, mentre le sue guance raggiungevano il colore delle fragole. Si voltò di scatto per non doverlo guardare negli occhi, le braccia saldamente strette tra loro; voleva apparire stoica, una statua: neanche i venti più forti sarebbero riusciti ad erodere la sua roccia. Ma a chi voglio darla a bere, mi stanno andando a fuoco anche gli orecchi da quanto sono in imbarazzo.
« Ciao. » disse Alex divertito, inclinandosi per riuscire a guardarla. Andy serrò le labbra, torcendo maggiormente il collo per scostarsi, tenuta in equilibrio soprattutto dalla ferma stretta delle mani di Alex, il quale non poté che mettersi a ridere guardandola esercitarsi in quello che pareva uno sforzo disumano. « Non mi parli più?! » domandò con tono falsamente preoccupato il ragazzo. Andy si voltò verso di lui, nascondendo con scarso successo un sorriso, tornando con il torso eretto, sospirò.
« Sei simpatico. » disse piano, guardando il suo petto. Alex sorrise, lasciando che le sue mani si intrecciassero sulla schiena di lei, portandola più vicino. Andy si morse il labbro per evitare di guardarlo con fare stupito ed imbarazzato, decidendo di sciogliere le braccia per far giocare le dita tra loro, e far finta di volerle guardare muoversi piuttosto che perdersi nel suo sguardo.
« Anche tu. » sussurrò lui continuando a guardare il suo volto, concentrato nell'evitarlo.
« E ora non ti azzardare a dire would a kiss be too much to ask perché ti giuro che me ne vado. » commentò ironica riuscendo a ritrovare coraggio per guardarlo. Alex scoppiò a ridere: genuinamente. Era effettivamente una cosa che aveva detto, più volte, a ragazze diverse; non che in quel momento ci stesse pensando, ma il volto ilare di Andy, e quella sua ironia tagliente l'avevano per l'ennesima volta stupito. Lei si unì a lui con una risatina sommessa, scuotendo appena la testa. Il ragazzo non ci aveva mai visto niente di male, era semplicemente una frase carina, di una canzone scritta tanto tempo addietro, da un cantautore che oramai non conosceva più: non era più quel ragazzo. Scosse la testa per rassicurarla. Non glie l'avrebbe chiesto. Si avvicinò a lei dolcemente, e con altrettanta dolcezza Andy chiuse gli occhi, lasciando che le loro labbra si incontrassero di nuovo; trovò il coraggio di poggiare il palmo delle mani sul suo petto, sperando che non ripetesse la stessa battuta, inclinando la testa. Schiusero le labbra all'unisono, ed ad Alex parve di mancare un battito di cuore avvicinandola maggiormente a sé, intrecciando la lingua con la sua; allo stesso momento slegò le mani, portando il suo torso più vicino con i palmi delle proprie mani. La musica leggera tornò a farla da padrona scacciando le risate, ed Andy non poté fare a meno di far scorrere le proprie mani sino al collo del cantante, accarezzandolo per la prima volta. Alex adorava i baci, li avrebbe definiti come il modo più concreto di sapere se tra due persone sarebbe potuta nascere una storia, o semplicemente se avrebbero potuto passare una serata piacevole; Andy era inesorabilmente calma, e lenta. Lo costrinse a rallentare il ritmo dei propri movimenti, ed assaporare ogni singolo secondo di quel momento. Poteva quasi tastare personalmente il rallentamento del tempo, con la sua derivante possibilità di far caso ai piccoli dettagli: le sue dita fredde sul suo collo, il profumo dolce della sua pelle, le labbra piene ed umide che lo cercavano, il suo corpo vivo e caldo sotto i suoi palmi, i suoi frequenti respiri sulla sua guancia. Non riuscì a fermare le proprie mani dallo scorrere sui suoi fianchi, calzanti e bisognose. Andy accarezzò di rimando la linea del suo mento, avvicinandolo a sé. Alex sorrise tra le sue labbra.
« Hai perso qualcosa? » sussurrò lei imitandolo, le palpebre ancora chiuse.
« Credo di averlo appena trovato.» rispose dopo qualche secondo lui, aprendo gli occhi e cercando il suo sguardo.
« Sei ridicolo. » commentò lei in imbarazzo, e decise di nascondersi in un altro bacio, andandogli incontro. Alex accolse le sue labbra in un sorriso, cullandola leggermente al suono della musica. Andy passò una mano sulla sua nuca, massaggiando delicatamente i suoi capelli facendosi pacatamente lasciare piccoli baci a stampo sulla bocca. Il ragazzo tornò ad accarezzare i suoi fianchi ed il suo costato facendola rabbrividire quando le sue dita sfiorarono il reggiseno.
« Vieni con me. » sussurrò sulle sue labbra con gli occhi chiusi. Andy si staccò da lui, mordendo il labbro inferiore. Alex si spostò per poter prendere la sua mano, intrecciando le dita con le sue con la naturalezza che già aveva dimostrato a Griffith Park, avviandosi verso la camera da letto. Non accese la luce entrando nella stanza e chiudendo la porta dietro di loro; la musica si fece ovattata, lasciandoli ai loro respiri. Andy poteva appena intravedere la sua sagoma grazie alle luci serali di Los Angeles che filtravano attraverso le tende scure della camera, mentre il ragazzo si portava la sua mano alle labbra per baciarne il palmo, cercando il suo sguardo nell'oscurità. Chiuse gli occhi, poggiandovi una guancia. Andy ne era completamente rapita, ogni piccolo movimento gli pareva innegabilmente armonioso, una sorta di danza silenziosa che aveva tra i suoi scopi quello di catturarla.
Si fece più vicina baciandogli le labbra, accarezzando lentamente il suo volto, mentre le mani di Alex esploravano con delicatezza la sua schiena, avvicinandola il più possibile. La ragazza lasciò passare le dita tra i suoi capelli scuri, cercando la sua lingua ed il suo desiderio, palesato dal respiro corto sulla sua guancia quando il bacio si fece di nuovo profondo; le sue labbra fini e morbide si muovevano sapienti in una ricerca sfiancante, umide e cocenti allo stesso tempo. Affondando il naso nella pelle di lei, raggiunse il suo collo. Andy abbassò la testa continuando ad accarezzare i suoi capelli, godeva delle labbra di Alex che dolcemente lasciavano baci leggeri sulla sua pelle, silenziosamente; l'avrebbe definito estremamente rispettoso, quasi adorante.
La verità era che non sentiva il bisogno di strafare, perché la rockstar inglese con il ciuffo impomatato non era colui con cui Andy voleva dormire; si sentiva talmente a suo agio da poter essere solamente Alex, sapeva che non l'avrebbe delusa, perché non aveva aspettative surreali: erano estremamente reali, entrambi; così veri da farsi male. Con un sospiro la ragazza decise di staccarsi per un attimo. Lo guardò negli occhi, prima di lasciare un soffice bacio sul suo mento, chiudendo gli occhi. Alex le stava dedicando tutta la sua attenzione, sorpreso a sua volta da quanto potessero risultare dolci e confortevoli le sue labbra sulla propria pelle, e rimase immobile a farsi baciare il volto: una mano poggiata sul fianco di lei e l'altra lungo il corpo, abbandonata. Andy la raggiunse con la propria, stringendo le dita con le proprie. Si sentiva completamente avvolta dal suo profumo così maschile, con quel retrogusto di tabacco che non lo abbandonava mai.
Alex si tolse la maglietta nera con un movimento fluido lasciandola sul pavimento, tuffandosi in un nuovo bacio per non permetterle di guardarlo troppo a lungo; mi spoglio, ma voltati dall'altra parte: ripensò a come Andy aveva definito il cantautorato quella serata che avevano passato insieme. Nonostante la paura per una nuova battuta, la ragazza poggiò le mani sul petto del cantante, rispondendo al suo bacio.
« Pensavo fossi più muscoloso » sussurrò piano sulle sue labbra, prendendolo in giro.
« Simpatica » rispose lui mordendole per un attimo la guancia, giocherellando con l'elastico della gonna a vita alta. Andy sorrise, strusciando il volto contro il suo, prima di lasciare un fresco bacio a stampo sulle sue labbra. Con estrema lentezza Alex afferrò il tessuto della sua canottiera bianca e la sfilò con delicatezza, lasciandola in reggiseno; provò a non sorridere, ma non ci riuscì.
« Adesso che hai da ridere! » lo riprese la ragazza stupita, in realtà piacevolmente, dal suo fare a volte infantile.
« Pensavo fossi più formo-» Andy aprì le labbra in segno di sorpresa, colpendolo con una mano sul braccio nudo.
« Non ti azzardare! » lo interruppe fissandolo, un sorriso divertito sul volto. Alex rise, mordendo con fare giocoso di nuovo la sua guancia, abbracciandola. Andy di tutta risposta lasciò scorrere la mano sul retro del suo braccio, facendogli un pizzicotto; Alex sussultò, tornando a guardarla negli occhi. In realtà pensava che fosse splendida, e trovava difficile tenere gli occhi lontani dal suo normalissimo reggiseno bianco. La baciò sulle labbra candidamente, accarezzando adesso la porzione di schiena lasciata scoperta dalla gonna a vita alta. Le braccia di Alex erano fresche, i muscoli si accavallavano con perfezione lasciando la sua figura snella e tonica, la sua pelle liscia ed apparentemente perfetta, le sue spalle moderatamente larghe e pronte ad abbracciarla. Lui avrebbe voluto dirlo ad alta voce, sei bellissima. Non riusciva a trovarne il coraggio. Decine di canzoni già scritte, o non ancora dipinte su carta, gli girovagavano in testa; e per quanto volesse concentrarsi su quel momento, non riusciva a scardinarlo dal modo in cui solitamente la sua mente ragionava; non avrebbe mai trovato pace. Le mani fredde di Andy esploravano con calma il suo torso nudo, pizzicandolo ed accarezzandolo, con un sorriso od un bacio, e lui rimaneva fermo lasciandola fare, chiedendosi cosa le passasse per la testa. A che canzone stai pensando?
Baciò a sua volta i margini delle sue labbra prima di abbassarsi sul suo collo, e successivamente sul petto chiaro. Le dita di Andy si intrecciarono prontamente ai suoi capelli scuri accarezzandogli la nuca; poggiò delicatamente la guancia contro la sua tempia, chiudendo gli occhi. Le mani di Alex sembravano già conoscere ogni piccola strada percorribile sul suo corpo, e le seguiva alternativamente con un'attenzione per lei disarmante; se i suoi baci non si fossero fatti più caldi ed il suo respiro corto, avrebbe voluto farsi accarezzare la schiena più a lungo, scoprendo con lui quante reazioni differenti avrebbe potuto suscitargli il suo tocco. Baciò la sua tempia, riportando le sue labbra vicine a sé. Con entrambe le mani sul mento, incorniciava il suo volto col desiderio di sentire ancora il suo naso poggiarsi malamente sulla guancia, ed il suo respiro dentro il proprio. Con un sorriso Alex tirò su come un sipario la gonna lunga della ragazza che abbracciando le sue spalle si alzò dal freddo pavimento intrecciando gli stivali dietro la schiena del cantante. Prontamente lui la sorresse, poggiando entrambi i palmi sui glutei ancora coperti dal tessuto azzurro.
« Ah però » commentò cercando i suoi occhi nell'oscurità, punzecchiandola.
« Stai zitto » rispose prontamente Andy cercando le sue labbra. Ridacchiando il ragazzo indietreggiò sedendosi sul letto, e togliendo entrambi gli stivali con la punta del piede opposto. Tornò ad accarezzare la schiena della ragazza per giocherellare con il ferretto del reggiseno continuando a baciarla, sopra di lui. Andy si staccò per un attimo, mordendo il labbro inferiore.
« Non dovremmo parlare di-»
« No » rispose con decisione il ragazzo. Cercò le sue labbra allungando il collo, per poi poggiare la testa sul suo seno. Le dita di Andy ritrovarono il proprio posto sulla nuca del ragazzo, aiutandola successivamente a muovere il suo capo per trovare di nuovo la sua bocca, togliendo con difficoltà a sua volta gli stivali, dietro la schiena di Alex. Nonostante i jeans spessi, riusciva a percepire il suo desiderio, e tolse il reggiseno con calma. Lui baciò lentamente il suo seno con delicatezza, spostandosi sul letto e tenendola stretta a sé, per trovare una posizione più comoda.
« Sono contento che tu sia qui » sussurrò sulla sua guancia poggiando la schiena ad uno dei cuscini. Andy lo guardò per un secondo negli occhi, la sofficità nella sua voce aveva sempre un certo effetto su di lei; lo baciò poggiando il seno sul suo petto, e le braccia di Alex si strinsero automaticamente sulla sua schiena, portandola il più vicino possibile; avevano bisogno l'uno dell'altra, per sentirsi normali, per mettere un punto a ciò che già si era avviato senza il loro consenso, perché in uno strano e contorto modo, si capivano. Alex non poté fare a meno di sorridere quando percepì le dita fredde di Andy giocherellare con la fibbia della sua cintura. Sono contento che tu sia qui.




Avrebbe voluto accendere la luce per guardarla meglio, ma non voleva lasciare quell'abbraccio. I capelli adesso sciolti di Andy si disperdevano sul suo petto pizzicandogli il collo; erano rimasti in silenzio per diversi minuti, lei stava ascoltando il battito del suo cuore ed Alex con movimenti circolari disegnava sotto le coperte figure geometriche sulla schiena nuda di Andy. Nessuno dei due avrebbe saputo quantificare il tempo che avevano passato assieme, ma non gli importava. La mano sudata della ragazza abbracciava il suo costato in un'implicita paura di sentirlo sfuggire, e con gli occhi aperti fissava la coperta scura a qualche centimetro dal suo volto. Alex aveva già fumato una sigaretta in silenzio sul letto, osservando ogni suo piccolo movimento. Il fumo li aveva circondati per qualche secondo prima di scomparire.
« Mi piacciono le lenzuola scure. » disse Andy muovendo lentamente un piede sulla sua gamba nuda. Il ragazzo baciò con calma la sua testa, rimanendo in silenzio. Deglutendo, mosse la testa per guardarlo negli occhi; trovò il suo sguardo scuro già attento, con una venatura di dolcezza che la sorprese. « Conosci la canzone, January, di Paolo Nutini? » Alex scosse leggermente la testa, continuando ad accarezzare con i polpastrelli la sua schiena. « Non è in nessun disco. » Chiarì lei, quasi volesse giustificarlo.
« Puoi cantarla? » chiese sofficemente, inclinando leggermente la testa per guardarla meglio. Andy rimase per qualche secondo in silenzio, indecisa sul da farsi. Aveva già involontariamente cantato di fronte a lui, ma Margareth e Miles stavano parlando, mentre in quel momento si sentiva totalmente scoperta. Sospirò appena.
« I sit around and wonder.. About the fire in your eyes, the movement of your fingers,the way you slowly complicate my life.. » mormorò musicalmente distogliendo lo sguardo dal suo. Alex rimase in religioso silenzio, facendo attenzione ad ogni piccola intonazione della sua voce. « Could it be January 'cause it feels so cold without you here.. Oh you are the sun.. Yesterday and everyday seems so plain now you're not here, my colour's gone. » canticchiò il ritornello ticchettando con le dita sul petto del ragazzo, che la avvicinò per baciare di nuovo la sua fronte. Ascoltava Paolo Nutini praticamente da sempre, non era mai riuscita a vederlo in concerto ma la sua musica l'aveva accompagnata per l'ultima parte della sua adolescenza, e per tutto il suo viaggio degli ultimi anni.
« Vorrei portarti ad un concerto. » disse Alex portando la mano tra i capelli castani della ragazza e pettinandoli con lentezza.
« Di chi? » chiese incuriosita, torcendo il collo per poterlo guardare di nuovo.
« Non lo so. » rispose stringendosi nelle spalle e facendo di conseguenza muovere la testa di lei. « E' raro trovare qualcuno a cui piaccia la musica quanto piace a noi. Penso sarebbe divertente. » Le spiegò continuando a passare le dita tra i suoi capelli, osservando in modo distratto il modo in cui le onde scure si dividevano sotto le sue dita chiare, e come il suo anello di tanto in tanto si intrecciasse con ciocche minuscole. Andy annuì, rimanendo tuttavia in silenzio. Avrebbe voluto fare molte cose con lui, ma la realtà era che sarebbe partito dopo un paio di giorni per un tour mondiale, e per quanto entrambi volessero evitare di parlare di quell'elefante nella stanza, questo continuava ad insinuarsi in ogni loro ragionamento. « Hai fame? » chiese allora lui, che sembrava averle letto nella mente. Andy sospirò, spostandosi sulla sua gamba e poggiando la pancia sul suo fianco, con il mento sul petto del ragazzo.
« Si. » disse con un sorriso dolce. Alex sorrise a sua volta, e con la mano portò indietro i capelli della ragazza per guardarla meglio in volto.
« E ti aspetti che dopo questo tiro mancino mi alzi? » chiese riferendosi ai suoi movimenti, accarezzando lentamente la sua schiena. Andy ridacchiò scuotendo la testa, prima di poggiare la guancia sul suo petto e giocherellare con le dita dei piedi sulla sua gamba. Poggiando entrambe le mani sui suoi fianchi spostò con fatica la ragazza verso di lui, sorridendo sulle sue labbra quando si incontrarono con le sue. « Tentatrice » la apostrofò baciando piano la sua bocca, in un soffio. Andy rise scuotendo la testa; era così difficile far combaciare le mille immagini di Alex Turner che aveva avuto in testa da quando aveva iniziato ad ascoltare gli Arctic Monkeys, eppure quel ragazzo era tutto tranne che un frontman pieno di sé; era con lei, e lo sentiva così vicino da dimenticare tutto il resto. Quello era Alex, o almeno così arrivò a pensare.
« Alex ho fame, ed hai finito i.. i protettori. » gli disse lasciando dei piccoli baci agli angoli della sua bocca.
« I protettori di cosa? » la prese in giro Alex, lasciandosi scappare una risata divertita. Andy colpì dolcemente il suo petto con il palmo della mano, accoccolandosi sulla sua spalla e mettendosi su un fianco. Il ragazzo aveva capito perfettamente che si riferiva ai preservativi, ma la sua innocenza o pudore riguardante certi argomenti non finiva mai di sorprenderlo. Con un sospiro lui si voltò di fianco, abbracciandosi con il braccio della ragazza, lasciando che le sue ginocchia trovassero posto nell'incavo delle sue. Andy si avvicinò sorpresa senza dire una parola, poggiando il seno contro la schiena di Alex, ed il palmo sul suo petto; un bacio soffice sulla sua spalla.
« Quindi.. sei il cucchiaio piccolo. » sussurrò intrecciando i piedi con i suoi, riferendosi alla loro posizione.
« Lasciami in pace. » rispose divertito, portandosi la sua mano alle labbra per baciarla.




Il buio era decisamente più fitto quando si risvegliò, doveva essere notte fonda perché anche il rumore delle auto si era fatto indubbiamente più rado. Non sentendo il calore del suo corpo addosso, immaginò che Andy si fosse girata su un fianco, e voltandosi a sua volta trovò la sua schiena nuda nel letto. Baciò la sua spalla delicatamente, prima di accarezzarle il braccio ed abbracciarla da dietro. Avrebbe voluto che quella notte non finisse mai, svegliarsi altre mille volte e voltarsi altrettante, baciarla, abbracciarla, accarezzarla, senza dover dire niente; un infinito deja-vu che avrebbe portato solo ad una mattinata ancora più dolce, in cui lei non se ne sarebbe andata, e se ci avesse provato, lui l'avrebbe convinta a rimanere, solo per un po'. Con un mugolio sommesso, la ragazza intrecciò le dita con le sue, poggiando le loro mani sulla sua pancia, leggermente sporgente a causa della posizione, della sua scarsa predisposizione per gli sport, e un amore mai finito con la buona cucina. Alex si avvicinò ancora di più, portando il braccio davanti al suo petto e stringendola a sé, abbracciandola in una sorta di gabbia fatta di nient'altro che ossa e carne.
« Parliamone adesso. » sussurrò, con una mezza speranza che lei non lo sentisse. Rimase in silenzio qualche secondo, in dedicata attenzione ad ogni piccolo sospiro della ragazza; non era convinto che dormisse, anche se da una parte lo sperava. Svegliala, parlagli. Parliamone; me ne vado. Me ne vado e non so come definire questa notte. Sembra tutto così strano. E stavolta non sono gli effetti dell'acoustic folk. I capelli scomposti gli ricadevano sulla fronte mentre la collana d'oro che portava sempre al collo si era adagiata, in parte, sul materasso. Di notte è tutto così facile.


Avverto infine (per giocarvi uno scherzetto di cattivo gusto) che per il momento non ho riletto il capitolo,
perché ci lavoro da giorni e se lo rileggessi in questo momento penso potrei cancellarlo interamente; dunque scusatemi
se ci sono degli errori grammatici/ortografici. Vi abbraccio forte, e spero che vi sia piaciuto questo passaggio
per me così difficoltoso nel raccontarvi!
Ci tengo inoltre a precisare che leggendo l'FF di Fefelina ho trovato alcune piccole similitudini specialmente nel comportamento
di Alex; che mi hanno piacevolmente sorpresa nel leggere il suo ultimo capitolo. Spero che sia chiaro che non ho voluto
"ricopiare" niente, non mi permetterei mai; credo sia semplicemente dovuto al fatto che davvero vediamo Alex in un modo
davvero, davvero simile. :)

Direte, ma non poteva metterla nella playlist? e si che potevo, ma son un po' stronza, perdonatemi.
January - Paolo Nutini: https://www.youtube.com/watch?v=51T3ulGjEUE

 

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Capitolo 9
*** 23rd ***


Buongiorno, buonasera, buonbuon (soprattutto buon anno, carissimi) a tutti. So di essere molto, molto in ritardo con la pubblicazione
di questo capitolo, ma purtroppo ho paura che da qui in avanti i tempi di pubblicazione saranno molto rallentati, causa Università. Vorrei 
chiarire che non ho alcuna intenzione di smettere di scrivere - e se mai la avessi, lo farei presente, senza lasciare il tutto così a metà -.
Il capitolo in sé non è stato facile da scrivere, forse perché il primo con una presenza così scarsa di  Alex ed una paura che la
protagonista femminile non fosse già abbastanza completa da reggere la scena da sola. Spero che il capitolo non vi annoi, perché in fondo
è forse uno di quelli che mi sono divertita di più a scrivere. Infine, ringrazio tutti, tutti tutti. Chi si è fermato a leggere, chi ha trovato il tempo
e la voglia di lasciare una recensione, e chi segue in silenzio. Grazie grazie grazie, perché mi regalate dei sorrisi. 

 

9. 23rd

 
It doesn't pay to help him
he's somewhere else
Tell 'im - you can't tell him
He's a fool to himself
"What's in it for me" - you know the kind
Always saying "Why?"
Two weeks behind
He doesn't try 
 
Aveva conosciuto Alana e Sunny – non le aveva mai detto il suo vero nome – grazie a Margareth: la prima era un'amica di vecchia data, anche lei inserita nel mondo della musica e sulla trentina; Sunny era la cugina di Alana, ed aveva 26 anni, esattamente come lei.
« Caleb Followill?! Mi stai dicendo che Caleb Followill non è “affascinante”?? » Andy rise di gusto, osservando il volto di Sunny arrossire a causa della foga, Margareth la fissò negli occhi.
« Non dal vivo, almeno. » commentò la bionda bevendo dal bicchiere in vetro il vino rosso che le quattro si stavano dividendo.
« Senti se è perché è sposato, è trascurabile. Voglio dire, ha quegli occhioni azzurri.. Ed una voce da brividi. » Andy rise di nuovo, scuotendo il capo. Sentiva la testa leggera, forse aveva bevuto troppo. « Che hai da ridere, inglesina? Anche tu non sei una fan? » le chiese con un sorriso.
« Sono una fan. Ma ho sempre preferito il bassista. » commentò lei alzando un sopracciglio. Alana la indicò annuendo vivacemente; era d'accordo, e stava bevendo della coca cola, a differenza delle altre. « Jared Followill è il pacchetto completo: simpatico, bello come il sole, bassista, e dunque ignorato dalla massa, e un po' testa di cazzo.. E' sexy. » concluse mentre i suoi zigomi arrossivano senza il suo consenso. Margareth la guardò divertita alzando un sopracciglio.
« Da quando preferisci i bassisti? » le chiese accavallando le gambe, sulla grande poltrona del suo salotto.
« In questo caso, preferisco il bassista. » specificò Andy affondando il volto nel bicchiere di vino per impedire al suo volto di arrossire maggiormente, o sperando almeno che le altre ragazze non lo notassero. L'aria calda di Giugno si insinuava nelle finestre aperte, ed accarezzava i capelli sciolti delle donne, traghettando le risate da una bocca all'altra.
Don't don't don't don't.. Don't yoou, forget about me!! Andy scosse la testa velocemente, guardandosi intorno.
« E' il mio, sarà Jay, di nuovo. » Si alzò spostandosi in cucina, cercando con furia il cellulare nella piccola borsa a tracolla in cuoio. « Rompipalle, dove ti ha lasciato quella macchina maledetta stavolta.. » mormorò rovistando. « Pronto?? » chiese velocemente, temendo che la chiamata si fosse già interrotta.
« Pronto? » ripeté una voce dopo la sua.
« Pronto. » disse di nuovo Andy, confusa anche dall'alcool.
« Andy? » chiese una voce che non aveva mai sentito, non al telefono, almeno.
« Pronto. Chi parla? »
« Alex. » una parola, un nome. Sbarrò gli occhi poggiando una mano sulla cucina in legno. Rimase in silenzio per qualche secondo, all'altro capo del telefono solo un brusio lontano.
« Alex chi? » era ubriaca, e fingere ignoranza le sembrava una mossa davvero intelligente. Lui rise, perché lo sapeva. Rimase in silenzio e non le rispose. Andy ticchettò le dita sulla cucina, indecisa sul da farsi; non si sentivano oramai da due mesi: dopo aver provato a mandarsi messaggi di tanto in tanto per un mese, entrambi avevano lasciato che la distanza si insinuasse in quel rapporto con una base troppo fragile per reggere il peso di tanto tempo, troppo tempo. « Ciao Alex, come stai? » mormorò con tono colpevole poi. Lui rise ancora, stavolta sembrava meno nervoso.
« Sono stanco, Andy. Stanco ed ubriaco. E solo, mi hanno lasciato da solo. » Andy ridacchiò. Non aveva idea di dove fosse, e forse non voleva neanche saperlo; però la rincuorava sapere che anche lui versava nelle sue stesse condizioni.
« Chi ti ha lasciato da solo?? » chiese divertita.
« I miei amici, Andy. » Sembrava scocciato, ma allo stesso momento confuso. « Dove sei? » chiese all'improvviso, quasi potesse raggiungerla.
« Sono a casa di Margareth, con delle amiche. » rispose guardandosi attorno, con la paura di vederle spuntare da dietro la porta.
« Sto pensando a Last Nite degli Strokes. »
« Sei ad una festa. » convenne lei, con un sorriso: si ricordava. Anche lui sorrise.
« Andy sono curioso, mi pensi? » le chiese senza una particolare intonazione della voce se non quella dell'alcool che aveva ingerito quella notte, sembrava davvero semplicemente curioso, ed il fatto che continuasse a cambiare argomento, la divertiva. Non avrebbe saputo dire se il suo girovagare fosse colpa dell'alcool, od a quell'imbarazzo che sarebbe dovuto esserci ma non si faceva sentire, per la prima volta tra loro. Non si sentivano da mesi, eppure dopo pochi secondi di chiamata, Andy ebbe la sensazione che avrebbero potuto parlarsi tutta la notte.
« Si, Alex. Ogni tanto si. » la costrinse ad ammettere il vino rosso, lui sospirò.
« Anche io ogni tanto. » una breve pausa « Ogni tanto. » ripeté, più a se stesso che attraverso il telefono. « E cosa pensi? » si morse la lingua, diveniva terribilmente egocentrico da ubriaco, equilibrando forse quella scarsa voglia di parlare di sé che aveva da sobrio, ma l'alcool non avrebbe cancellato anche quella vocina nella sua testa che lo canzonava per averle appena fatto una domanda simile.
« A dove sei, sei stai bene. Quella notte.. Qualche volta mi chiedo se stai usando le parole che hai usato con me con qualcun'altra. » confessò a causa dell'alcool la ragazza. Stavolta fu lei a sospirare.
« Perché hai quest'idea di me? Cos'ho fatto per farti pensare di aver delle frasi già preparate da tirar fuori con le donne? » Le chiese con un piccolo broncio sul volto. Era seduto su un divanetto in pelle nero, all'interno di un locale. Era molto tardi, troppo tardi; avrebbe voluto aver la forza per andare a casa, ma non voleva rimanere da solo. Andy rise, di gusto.
« Non lo so, Alex! Hai fatto sesso con la mia coinquilina? E poi con me? » gli rispose divertita.
« Non le ho chiesto se aveva perso qualcosa. » mormorò colpevole, spostandosi sul divanetto per poggiare la testa su una mano, stanco.
« Perché probabilmente non l'aveva perso. » commentò lei con un sorriso.
« Tu si? » Chiese sorpreso, un leggero sospiro.
« Ho perso tante cose, Alex. » Andy guardò la sua mano, poggiata sul fianco, coperto da un jeans chiaro. « Sembrava troppo melodrammatico. » Risero assieme, prima che tra i due ritornasse il silenzio. « Quindi? Riusi le frasi o no, Turner? » lo stuzzicò, con un sorriso.
« Ma con quante donne credi che dorma? Sembra che abbia perennemente le possibilità di portarmi a letto qualcuno! Frena.. Oddio, non so il tuo cognome?! » Alex sembrava estremamente stupito da quella nuova scoperta. Pensava di conoscerla, non sapeva neanche il suo cognome; nell'ubriachezza, fu una doccia fredda.
« Stonem. » rispose con calma la ragazza.
« Frena, Stonem!» concluse con una voce leggermente più alta. Andy rise. La verità era che non le importava molto se il ragazzo avesse riusato le stesse frasi usate con lei; o almeno, non le importava sino a quando riuscivano a non perdere quella strana connessione che parevano avere, per quanto apparisse un lunghissimo, seppur fragile, filo elastico.
« Ti stai divertendo? Va tutto bene? » lo sentì di nuovo sospirare.
« Andy è così.. difficile. In tour è così difficile.. Non lo so, rimanere con i piedi per terra, capisci? E' tutto così veloce, ed esagerato.. Non è la vita reale, ma è facile confonderla per essa.. » fece una pausa, ed Andy si sentì tremendamente in colpa per avergli fatto una domanda così banale. « E' ovviamente quello che più amo fare, ma questo tour mi sta mettendo alla prova. Mi sento un coglione. » concluse con semplicità, forse era il finale che già si era prefissato.
« O forse sei solo ubriaco. »
« Sono anche ubriaco, ma in primis sono un coglione. » Andy non poté fare a meno di sorridere.
« Hai combinato qualcosa? Vuoi confessarti? » gli chiese con dolcezza, portando indietro i capelli castani con la mano libera, impreziosita da un paio di semplici anelli che aveva comprato un paio di settimane prima ad un mercatino indiano.
« Non so se.. Cioè sarebbe strano. » mormorò, con un accento talmente forte che Andy ebbe delle difficoltà a capirlo. La ragazza serrò la mascella, e decise di non fare l'errore che già una volta aveva commesso: voleva mostrare a se stessa che aveva imparato.
« Se sono problemi con una ragazza, non voglio che me ne parli. So che può sembrare maleducato, ma non sono disposta a farti da amica per quanto riguarda altre donne. Non adesso, almeno. » Lo disse tutto di un fiato, chiudendo gli occhi. Alex rimase in silenzio.
« Capisco. Neanch'io vorrei che mi parlassi di altri uomini, sarebbe imbarazzante. » Andy tirò un sospiro di sollievo, aveva paura che prendesse le sue parole come sintomo di una gelosia ingiustificata, voleva semplicemente essere onesta. Non erano abbastanza intimi da poter parlare di relazioni, specialmente dal momento che l'ultima volta che si erano visti avevano passato la notte assieme.
« Dunque hai problemi con una ragazza. » dedusse comunque la ragazza dal suo silenzio.
« Si, ma non è come pensi. » biascicò lasciandosi andare sul divanetto, con uno sbuffo quando il rigido schienale incontrò la sua schiena, coperta da una camicia bianca, sbottonata più dal dovuto. « Ho problemi con un po' tutto. Con l'alcool, come avrai capito. » Andy sorrise, scuotendo la testa. « Con la scaletta, Andy. Ho problemi con la scaletta, come faccio a scegliere ogni sera tra Crying Lightning e My Propeller? Eppure, tutte le sere scelgo tra i miei figli. Ne lascio uno a casa. Piange. » Risero insieme, il tono melodrammatico di Alex aveva alleggerito l'atmosfera e adesso il ragazzo si guardava attorno ridendo; come poteva dimenticarsi così spesso di quanto era fortunato?
« Sceglierei My Propeller. Tutte le sere. » ammise lei con un sospiro, ed un sorriso accennato.
« Perché ti piace fare porcherie!» commentò ironicamente il ragazzo con un tono alto. Andy sbarrò gli occhi, arrossendo, era incredula.
« Scusami?! »
« Non ti scuso, Stonem. Mi scegli tra i figli, me li rovini. » Andy rise di gusto.
« Ma che hai da ridere inglesina? Ti sentiamo dal salotto! » esordì Sunny aprendo la porta di cucina velocemente, uno sguardo indagatore ed un sorriso sin troppo furbo. L'intervistatrice arrossì di colpo, specialmente quando si trovò a pensare alla risposta “Niente, mi faccio due risate con Alex Turner”. Ma chi le avrebbe creduto? Solo Margareth. Decise di divertirsi.
« Niente, mi faccio due risate con Alex Turner! » disse stringendosi nelle spalle con un sorriso. Sunny socchiuse gli occhi, sorprendendola: si aspettava semplicemente una sonora risata.
« Con chi parli? » chiese pacatamente il ragazzo all'altro capo del telefono. Aveva chiuso gli occhi e si stava rilassando sul divanetto del locale praticamente vuoto.
« Un'amica. » disse velocemente, studiando la reazione dell'amica.
« Salutala » biascicò sbadigliando.
« Ti saluta » disse allora Andy all'altra, con un sorriso furbo.
« Si beh risalutalo e digli che se non si impegna per un concerto decente ad LA a Settembre mi impegnerò personalmente io, ad evirarlo. Adesso andiamo, quella rompipalle di Alana vuole tornare a casa, domattina lavora. » commentò ironicamente Sunny, chiudendo la porta della cucina. Non le aveva chiaramente creduto, anche se il suo tono era incerto, dunque avrebbe probabilmente chiesto conferma a Marg prima di dare tutto per scontato.
« Quindi.. devi andare. » mormorò Alex assonnato.
« Si. Starai bene? Ce la fai a tornare all'albergo o quello che è? » Andy sorrise tra sé e sé, si sentiva sua madre. Anche lui sorrise, stupito dalla sua premura. Quando aveva composto il suo numero si era aspettato almeno un po' di freddezza da parte sua, e forse lì risiedeva il vero motivo per cui non l'aveva chiamata per più di quattro mesi. Era facile scordarsi la persona reale che giaceva dietro l'immagine fittizia di giorni e giorni di silenzio; Andy nella sua mente era diventata questa donna indipendente e sicura di sé che probabilmente si era già scordata di lui, contrariata dall'atteggiamento da bambino che aveva tenuto nei suoi confronti; alle volte si era anche chiesto se fosse rimasta insoddisfatta della nottata di sesso passata insieme, magari non voleva più vederlo per quel motivo. Magari voleva frequentare uomini, e non ragazzi. « Alex stai bene? Non ti sei mica addormentato? » chiese con un tono divertito. Lui ridacchiò, passandosi una mano sul volto stanco.
« E chi si è mai svegliato.. » sussurrò più a se stesso che alla sua interlocutrice. Andy, d'altro canto, poteva sentire le ragazze affaccendarsi in salotto, ed Alana dopo pochi secondi entrò nella stanza per mettersi il proprio cappotto. La guardò con un sorriso dolce.
« Ti dispiace se andiamo tesoro? Domattina devo lavorare presto. » I capelli color pece della donna riflettevano la luce della cucina, ed Andy le sorrise scuotendo energicamente la testa.
« Ci sentiamo allora! » disse velocemente la ragazza a telefono, con un tono allegro.
« Ci sentiamo Andy. Stammi bene. »
« Anche tu. »





« Jay, c'è Monica al portone. » Ancora. Pensò tra sé e sé. Era quasi una settimana che ogni giorno l'ex-ragazza di James si presentava al loro indirizzo e lo implorava di tornare con lei. Lui non le apriva la porta, dunque si urlavano – uno dalla finestra e l'altra dal marciapiede – per quasi mezz'ora prima che lei decidesse di passare almeno un'ora della sua giornata seduta davanti al loro portone, in segno di protesta, almeno così lo interpretava Andy.
« Quella stronza.. » borbottò James passandole accanto in corridoio. Andy annuì distrattamente, più o meno era quella la reazione di base che il suo coinquilino aveva ogni giorno. Quando la ragazza si era trasferita in Italia, era venuto fuori attraverso i social network che non aveva lasciato il paese per una vacanza di studio, bensì si era innamorata di un italiano e convivevano, a Siracusa. James aveva avuto il cuore spezzato per mesi. Poi, la stronza, il 13 Luglio era tornata: pentita, nostalgica, depressa, a baciargli i piedi. Il ragazzo stava tentando di resistergli con ogni mezzo – primo tra tutti, la distanza fisica – nonostante lo trovasse sempre più difficoltoso giorno dopo giorno. « Vattene dal mio portone!! BARBONA MALEDETTA!! » Andy alzò le sopracciglia cercando di non ridere, allontanandosi dal corridoio che sapeva si sarebbe presto trasformato in una curva da stadio. Passando di fianco alla porta di camera di James, socchiusa, la catturarono delle note sin troppo familiari. “Da quando ascolta gli Arctic Monkeys? Ecco dov'è finto il mio cd di Suck it and See.” Non poté fare a meno di scrivergli perché non voleva fare a meno di scrivergli.

 
Ti senti come un “sundance kid behind a synthesiser” * anche oggi? La vita è dura, Turner.
 
Lasciami in pace, Stonem. Neanche ti spiego cosa vuol dire... Troppa poesia, troppa arte.
;)

Scusa, Baudelaire.






Il negozio di fianco agli studi della KROQ incarnava tutto ciò che aveva sempre desiderato in una caffetteria, e non perdeva occasione di ricordarlo a se stessa, fermandovisi ogni volta che poteva. Non era il tipo di bar al quale precipitarsi per prendere dei caffè da asporto, ma uno di quei piccoli spazi che esistevano solamente nei film; interamente in legno, pieno di oggetti vintage (alcuni di essi erano in vendita), non più di una mezza dozzina di sedute ed un odore che faceva desiderare ad Andy di fermarsi a leggere un libro e dimenticare di essere in una delle città più caotiche al mondo per lunghe, infinite ore. Trovava incredibile che ci fossero sempre delle sedie vuote, che così poche persone avessero il tempo o la voglia di fermare l'orologio per un pomeriggio e concedersi una rilassante seduta di egoismo. Era proprio ciò che aveva in mente quando vi si fermò dopo il pranzo offertole dal proprio capo, che iniziava ad apprezzare il suo lavoro, specialmente da quando le faceva scrivere le interviste, piuttosto che condurle in prima persona. Il vestito color crema che aveva indossato la mattina si sposava perfettamente con l'ambiente, e si rese conto di averlo indossato con la speranza di capitarvi nel pomeriggio. Le spalline semplici e fini erano coperte dall'immancabile giacchetto di pelle color cuoio, e i motivi ricamati della gonna larga le sfioravano le gambe nude appena sopra il ginocchio.
« Salve. Prendo un cappuccino e.. per caso avete i muffin alla carota dell'altra volta? » chiese con un sorriso, riconoscendo la commessa con la quale si era fermata a parlare circa due settimane prima.
« No, li finiamo presto al mattino perché in cucina non ne fanno molti. Li abbiamo al limone però. » le rispose gentilmente. Andy annuì rallegrata, forse addirittura li preferiva.
« Allora prendo uno di quelli. Non è un problema se mi siedo, vero? » disse la ragazza voltandosi verso i tavolini in legno vuoti.
« Assolutamente, prego. La servo al tavolo. » Andy le sorrise, riconoscente. C'era qualcosa che la colpiva profondamente dei pomeriggi come quello: tutto sembrava incastrarsi perfettamente; o forse era il suo stato d'animo grazie al quale riusciva ad apprezzare maggiormente le piccole cose: la lavorazione del legno, il raggio di sole, il sorriso della commessa che di fatto non era dovuta ad essere così cortese con lei, il rumore della macchinetta del caffè. Si sentiva quasi in colpa per essere così schifosamente serena ed in pace con se stessa. Tirò fuori dalla borsa il taccuino che si portava perennemente dietro ed iniziò a controllare le interviste della successiva settimana, desiderosa di finire velocemente il lavoro per potersi perdere nel romanzo di Fitzgerald, Gli Ultimi Fuochi, che Margareth le aveva regalato per il compleanno, una settimana prima. Era sempre stata affascinata dagli anni '20 americani, e dopo aver letto Belli e Dannati ed Il grande Gatsby si era convinta che se avesse letto solo un altro romanzo di Fitzgerald avrebbe finito per non respirare sino a quando non avesse letto tutto, dell'autore americano. E Margareth aveva deciso di farle il regalo di un libro che in realtà ne rappresentava altri dieci.
Non ci volle molto prima che la cameriera le portasse la sua ordinazione; si salutarono con due sorrisi – uno di cortesia, e l'altro di ringraziamento – lasciandosi in religioso silenzio. In realtà, in sottofondo, c'era sempre della musica ricercata, che Andy raramente conosceva, ma che gli sarebbe piaciuto conoscere, ed un paio di volte si era fermata a chiedere informazioni ai camerieri. Ma quella volta, incredibilmente, alzò la testa. La conosceva. Non riuscì a non sorridere. I The Shins. Quindi? Dov'è la verità? Tutto si incastra, o sono io a volerlo incastrare? Si rimise a lavorare gettando uno sguardo al muffin, sembrava delizioso, come sempre. Avrebbero intervistato Julian Casablancas, e non riuscì a non pensare ad Alex. Non si sentivano da più di due settimane, ed anche l'ultima volta si era trattato di un paio di messaggi, ma la ragazza si era oramai abituata; ed ogni messaggio, si convinceva fosse l'ultimo. Sospirò. Incastra, incastra, incastra. Non ti far incasinare il pomeriggio.
Riuscì a finire il lavoro in meno di una ventina di minuti; bevve il cappuccino freddo, e prese un morso dal muffin, senza usare la piccola forchetta poggiata sul piattino bianco in ceramica. Tirò fuori il libro. Non l'aveva ancora aperto, l'aveva solo osservato ed adorato dall'esterno: l'edizione regalatole da Margareth era, secondo Andy, una delle migliori che avessero fatto di qualsiasi libro; ne era semplicemente innamorata. Si perse nell'introduzione, riguardante la vita di F.S. Fitzgerald ed in pochi minuti si ritrovò immersa tra le pagine del romanzo. Gli Iron & Wine la sorpresero, cullandola tra le parole.
« Ti ho già vista qui. » Una voce bassa e roca, maschile, virile. L'accento, sfacciatamente scozzese. Andy alzò lo sguardo confusa, chiedendosi se il ragazzo si riferisse a lei.
« Scusa? » Inclinò appena la testa, le mani ferme sul libro poggiato al tavolo solo dalla sua costola, e la schiena poggiata sul morbido intrinseco creato dal legno intrecciato sullo schienale della sedia. Il ragazzo le sorrise, imbarazzato. Abbassò lo sguardo sul tavolo.
« Non è la prima volta che ti vedo qui. » ripeté con un sorriso sbilenco, ed una fossetta gli si formò sulla guancia destra. Andy sorrise a sua volta, aggrottando le sopracciglia.
« Non è la prima volta che ci vengo. » gli rispose guardandolo negli occhi con calma.
« Quindi è la prima volta che tu vedi me. » di nuovo quel sorriso. Non sembrava dispiaciuto, poggiando la mano sullo schienale dell'altra sedia, di fronte a lei. Andy si morse l'interno delle labbra, osservandolo per qualche secondo: non era molto alto, forse un paio di centimetri più di lei, ma non con gli stivaletti. La prima cosa che notò, furono gli occhi – impossibile non notarli – pensò. Erano enormi, e di un color cioccolato che raramente aveva visto; le ricordarono quelli di Alex, ma quelli di Alex erano più scuri, più profondi, pieni di problemi, e di tutte le soluzioni. Gli occhi del ragazzo erano contornati da piccole lentiggini, che con il naso a patata rendevano il volto fanciullesco, eppure le labbra piene e pronunciate, e quelle sopracciglia così folte e dritte lo rendevano stranamente interessante; quantomeno memorabile. Andy gli sorrise e gli zigomi si gonfiarono in piccole palline rosate.
« Tendo a distrarmi. » gli rispose per poi guardarsi attorno, sperando di non infastidire nessuno con la loro conversazione. Lui seguì il suo sguardo incuriosito, accertandosi che nessuno li guardasse torvi.
« Sono Benjamin, Ben. » le disse con il solito sorriso sbilenco allungando il braccio.
« Andy, piacere di conoscerti. » rispose stringendogli la mano.
« Piacere mio. Vado.. a sedere. » disse inclinando la testa il ragazzo, ed indicando un tavolo poco distante. Andy rimase sorpresa, piacevolmente. Era raro che dopo essersi presentato, ed aver manifestato una qualche sorta d'interesse un ragazzo semplicemente, se ne andasse; se non altro Benjamin era stato educato. Annuì appena, mentre lui si voltava salutandola con un cenno goffo della mano. Il giacchetto di jeans, che come ultimo strato dopo una camicia a quadri rossa e nera ed una maglietta bianca lo copriva, gli dava un'aria ancora più giovane. Andy si morse il labbro divertita, dai suoi movimenti era chiaro che si sentisse osservato, ma a lei non dispiaceva guardarlo sedersi, dandole le spalle. Fu colta alla sprovvista dalla vibrazione del telefono mentre lo fissava, e quel suono sordo parve far più rumore della loro conversazione; Benjamin si voltò a guardarla divertito, scuotendo la testa. Andy arrossì cercando con foga il telefono, poggiando il libro sul tavolo. Figure di merda, incastra incastra incastra cogliona!!
Premette con violenza il tasto centrale del suo samsung, facendo cessare la vibrazione avviata dai messaggi in arrivo. Evitò di alzare lo sguardo, per paura di trovare ancora gli occhioni di Benjamin a prenderla in giro, con quel barlume di luce nell'iride. Era Miles, le aveva scritto 5 sms.

 
Dove sei? Sono a LA.

Non riesco a rintracciare Marg. Siete insieme?

Ci becchiamo una di queste sere? Ti devo far conoscere i Mumford, te l'avevo promesso.

Comunque Dan Auerbach non ti odia

Ci sto parlando adesso

Andy cercò di trattenere le risate, ma era difficile, immaginandosi Miles con le sue lunghe dita premere quei minuscoli tasti così compulsivamente, inviando più messaggi al posto di uno soltanto. Era la prima volta che le scriveva, quelle due volte che si erano sentiti lui l'aveva chiamata, per poi inondarla di domande in pochi secondi, come, in fondo, aveva fatto con i messaggi. Inoltre il pensiero che il chitarrista dei Black Keys non la odiasse la rasserenò; ogni tanto pensava ancora alla pessima intervista che aveva condotto con loro. Che figura di merda. Impostò il telefono sulla modalità silenziosa e lo rimise nella borsa a tracolla color cuoio, decisa a chiamarlo mentre sarebbe tornata a casa, in vivavoce in macchina. Almeno qualcuno le avrebbe fatto compagnia. Combatté l'istinto di guardare Benjamin, e riaprì il libro.
Le ci vollero diversi minuti per riuscirsi a concentrare nuovamente ed arrivare a non finire una pagina senza aver compreso una sola parola; ma riuscì a riniziare a leggere in qualche modo. Non era mai riuscita ad interrompersi a metà pagina; doveva arrivare alla fine del capitolo, ed alla fine del III, decise che era l'ora di porre fine alla sessione d'egoismo. Con un sospiro chiuse il libro, ponendolo nella borsa, e scoprì con amarezza che aveva finito tutto il muffin senza accorgersene, mentre leggeva. Adesso incastra il muffin sui fianchi, Stonem. Si alzò contrariata passando la borsa sulla testa per posizionarla sulla spalla ed avvicinandosi al bancone. Aspettando che la cameriera tornasse dalla cucina, notò la nuca di Benjamin, a pochi passi da lei. Sorrise, e si schiarì la gola. Il ragazzo si voltò, con uno sguardo talmente furbo che Andy non ebbe dubbi nel pensare che lui già sapesse.
« Ti ho già visto qui. » disse lei inclinando la testa e socchiudendo gli occhi, fingendo di studiarlo. Benjamin sorrise, stavolta in maniera generosa, e le fossette si formarono su entrambe le guance.
« Te ne vai? » le chiese poggiando un avambraccio sullo schienale della sedia e voltandosi di tre quarti. Lei annuì con un cenno della testa. « Ti va di vedermi qualche altra volta qui? » le chiese sorridendo, spavaldo. Anche Andy sorrise.
« Nel senso osservarti la schiena? » domandò alzando le sopracciglia.
« Sempre meglio di essere disturbati dalla suoneria di qualche cafone! » le rispose ironicamente.
« Molto simpatico. » commentò con un sorriso falso, per poi voltarsi verso la cameriera, appena tornata. « Ah! Ho preso.. un cappuccino ed un muffin. » le disse tirando fuori dal portafoglio i dollari. Dopo aver pagato, ripose malamente lo scontrino nella tasca del giubbotto, un'abitudine che aveva praticamente da sempre. Benjamin si era alzato per mettersi in coda dietro di lei. Le sorrise, per salutarla.
« Giovedì prossimo? » chiese con nonchalance Andy, fingendo di essere pienamente cosciente e per niente imbarazzata dalle proprie parole, rovistando tra la borsa un oggetto inesistente. Ben, sorpreso, alzò le sopracciglia, guardandola.
« Eh? » si lasciò scappare confuso, sperando che ripetesse. « Cioè, voglio dire ok. Ok, Giovedì prossimo. Ciao Andy. » lei annuì, imbarazzata. Continuando a non guardarlo.





« No.. » le sfuggì dalle labbra mentre tentava di coprirsi il volto, scendendo dalla macchina. « Ti prego nonono.. » sbatté lo sportello e cercò di avviarsi il più in fretta possibile verso il portone.
« Andy! » Cazzo! Le chiavi le chiavi le chiavi. «Andy!! »
« Monica!! » rispose finalmente con un tono fintamente amichevole la ragazza.
« Ti ho chiamata due volte » le fece notare la brunetta californiana.
« Non ti ho sentito stavo.. ripetendo. » disse annuendo Andy, cercando di non guardarla. Aveva sempre pensato che avesse uno sguardo da folle, ma adesso sapeva che era una pazza fatta e finita.
« Ah. Posso entrare? » Andy si fece indietro, fissando il pavimento.
« Non lo so Monica è meglio di no.. Credo sia meglio di no. » rispose piano, guardandole di tanto in tanto la pancia, per paura di capitare per sbaglio su quegli occhi verdi da furia omicida. Se avesse vissuto la situazione dall'esterno sarebbe scoppiata a ridere; purtroppo sapeva che Monica non l'avrebbe lasciata in pace sino a quando non l'avrebbe fatta salire nel loro appartamento, e lei non poteva fare una cosa simile a Jay.
« Andy, per favore! Devo parlargli, posso spiegargli qualsiasi cosa. » La ragazza scosse energicamente la testa.
« Monica è più di un mese che vieni qui quasi tutti i giorni.. » tentò di farla ragionare Andy
« Andy! » la chiamò una voce familiare. Alzò lo sguardo sorpresa. James la stava aspettando alla porta, ignorando completamente la sua ex ragazza. Gli sorrise, grata, camminando velocemente verso di lui. Nonostante l'ora tarda, il ragazzo era ancora in pigiama, ed una volta passata la coinquilina, si chiuse la porta alle spalle con fierezza. Andy annuì con ammirazione.
« E bravo James. » si complimentò imboccando la rampa di scale.
« Si ma muoviti prima che quella prenda a sprangate la porta. » Sospirò catartico « Ma che gli farò mai alle donne! » Andy rise con lui, sembrava davvero convinto a non concederle un'ulteriore possibilità, sicuramente non dopo aver dimostrato a tutto il vicinato quella vena di follia che avrebbe potuto esplodere da un momento all'altro. « Tutto bene oggi? »
« Sisi, te come stai? » gli chiese voltandosi per un secondo sulle scale prima di continuare.
« Hester ha cantato tutto il giorno per quel cazzo di provino e volevo morire. Poi Monica si è presentata alla sessione di urla settimanale, e allora sono morto. Voglio solo mangiare fino a scoppiare. E morire di nuovo. » Andy scosse la testa divertita dal tono melodrammatico che James dava sempre a qualsiasi cosa. « Ah, c'è Miles Kane in casa nostra. » Andy si fermò sulle scale, voltandosi confusa verso il coinquilino.
« Come? » chiese con un sorriso. E' tutto troppo surreale. James sorrise, passandole accanto ed arrivando al loro pianerottolo.
« E' arrivato una ventina di minuti fa. E' stato anche lui vittima di Monica, ma è sano e salvo. Almeno che Hester non se lo sia mangiato in questo lasso di tempo. » Andy rise di gusto, scuotendo la testa. Il suo coinquilino si fermò sulla porta, alzando le sopracciglia divertito.
« Ha una camicia a stampa leopardata. Non ci volevo credere, ma è vero. » sussurrò.

* citazione da Black Treacle

 
Finisco augurandovi nuovamente che questo possa essere il migliore degli anni e che abbiate passato delle feste
memorabili. Il prossimo capitolo spero di riuscire a pubblicarlo entro la fine di Gennaio, avendolo già in mente, ma
non prometto niente. Un abbraccione a tutti/e! 

No Way Down - The Shins: https://www.youtube.com/watch?v=aQpsI2QrAO8

Each Coming Night - Iron & Wine: https://www.youtube.com/watch?v=cNXisvrK1_o
 

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Capitolo 10
*** A Distant Relation ***


10. A distant relation
 
“ Look at this picture.
We're in there, look there.
Permanent fixtures.
People who care,
Whisper who dares ”


 
E' tutto pronto?

Si, Miles. Per la quarta volta, è tutto pronto. E' tutto pronto da mezz'ora.

Arriviamo
 
Poteva leggere nello sguardo di Sunny un odio cocente; non aveva ancora conosciuto Miles Kane, ma qualcosa – probabilmente il suo ritardo di più di un'ora – la portava volontariamente e voracemente ad odiarlo, così. Andy le sorrise, perché adorava il suo modo giovanile di provare emozioni a quel modo, a prescindere: un piacere che si era negata quando aveva deciso di comportarsi da persona matura, di crescere e prendersi le proprie responsabilità.
« Allora, Miles dovrebbe arrivare con Marg tra poco, credo siano appena usciti dal ristorante. » Andy avvertì la scarna combriccola, tutta radunata per fare una sorpresa a Margareth per il suo compleanno, grazie a Miles Kane, che per quanto le aveva detto, doveva “farsi perdonare qualcosa”.
« Secondo me quella ci rimanda a casa, ma chi le fa le feste a sorpresa dopo pranzo, neanche il tempo di prendere il caffè! » Si lamentò Sunny, manifestando i vari dubbi che a quel punto pareva nutrire sul cantante di Liverpool. Andy la spinse dolcemente verso la cucina lasciando gli altri ospiti nel salotto, c'era qualcosa in quella ragazza che le faceva desiderare di passare sempre più tempo con lei, la divertiva come nessun'altro.
« Versati un bicchiere di vino. » quasi ordinò, scrutando i suoi occhi verdi, un sopracciglio alzato. « Forza! Non voglio che appena arrivato Miles finisca inghiottito da questo astio perpetuo. » Sunny rise, eseguendo l'ordine all'istante.
« Ma veramente si è presentato a casa tua in camicia leopardata? » chiese sarcastica versando il vino rosso in un secondo bicchiere in plastica. Andy rise, ricordando la sorpresa che aveva provato nel trovare il cantante nel loro piccolo appartamento.
« Senza avvertire » rispose lei annuendo. Sunny scosse la testa divertita, bevendo il primo sorso di vino.
« L'avrei denunciato. » Andy rise di nuovo, dandole una leggera spallata.
« Come minimo ci saresti finita a letto, Sunny. E non fare quella faccia!! » commentò guardandola negli occhi e bevendo a sua volta.
« Con Kane!? Per favore, sembra un cavallo. » Le andò il vino di traverso. Andy iniziò a tossire coprendosi la bocca con una mano ed arrossendo in volto; a sua volta Sunny iniziò a ridere dando piccoli colpetti alla sua schiena. « Non mi morire prima della cazzo di festa a sorpresa perché senza di te neanche li faccio entrare quei due. » Andy tossì più forte, lanciandole uno sguardo supplicante dietro alle lacrime, il volto ormai rosso. Sunny nascose un sorriso scaltro, aveva un volto così furbo, gli occhi che ricordavano leggermente i tratti orientali, come quelli di sua sorella Alana.
« Cerca di non fare commenti simili davanti a Marg. » la rimproverò Andy una volta tornato normale il suo colorito.
« Andy? Jesse ha detto che pensa di aver visto uscire da un taxi Marg e Kane. » li avvertì James entrando in cucina. « Vino?! Avete iniziato a bere senza di me, stronze?! » Andy sospirò roteando gli occhi.
« Che vuol dire pensa di aver visto? Perché Miles ha voluto invitare anche quelli.. » mormorò la ragazza riferendosi al gruppo dei the Neighourhood, per il quale Margaret gestiva le pubbliche relazioni da più di un anno. Andy sparì dalla cucina con l'intento di gestire i cinque ragazzi americani, con un sospiro. Sunny, di tutta risposta, alzò il bicchiere in plastica verso il ragazzo afroamericano.
« Un brindisi alla festa più divertente di sempre. » commentò sarcastica.








Margareth aveva reagito meglio del previsto; Andy temeva che non avrebbe gradito l'invasione di casa, per di più senza possibilità di scelta. Non avrebbe potuto cacciare nessuno dei presenti, ed avrebbe sopportato le scelte di Miles per gli inviti per un pomeriggio ed una serata interi. Ma sembrava contenta, mediamente sorpresa, ma pur sempre contenta. Andy la trovava splendida in un vestito rosso aderente, ed un paio di tacchi neri; doveva tenere molto all'appuntamento con Miles, perché l'aveva vista raramente vestita così elegante, o probabilmente sospettava che vi fosse una festa. Miles si sarà lasciato sfuggire qualcosa.
La osservava da qualche metro di distanza con un sorriso sul volto, Margareth era stata una sorta di ancora a cui rimanere aggrappata durante quei mesi. Non ricordava di essersi mai fermata così a lungo in un luogo, non da quando aveva lasciato Londra: ed adesso eccola, viveva a Los Angeles, aveva degli amici, un gruppo di amici. Non si riconosceva nella ragazza che era sorprendentemente divenuta, ma in qualche modo questo la rendeva felice, pensava di aver fatto un regalo a se stessa, non aveva più bisogno di fuggire.
Margareth non era la migliore amica che aveva mai avuto, e neanche la sua anima gemella. Era semplicemente una donna matura che la capiva, riusciva ad ascoltarla ed a farsi ascoltare; vedevano la vita in maniera simile e questo le aiutava a darsi consigli. Era da tanto che non si sentiva così felice di aver perso tempo e fatica per fare un dono per un'altra persona, per quanto astratto.
« Andy, giusto? » la ragazza si voltò di scatto, sorridendo a Jesse Rutherford, il cantante dei the Neighbourhood. Annuì.
« Jesse. » Rispose indicandolo. Se avesse dovuto immaginare la classica “faccia da schiaffi”, non si sarebbe immaginata niente di diverso dal volto che si trovava davanti.
« Lavori alla KROQ, giusto? » Andy sorrise per la ripetizione, ed annuì ancora. « Ci hanno intervistati un paio di settimane fa, ma non ricordo di averti vista. »
« Ah non faccio più le interviste. Le scrivo, più che altro. » Jesse sorrise, e la ragazza ebbe la sensazione che conoscesse più segreti che parole.
« Ti sei stufata delle rockstar? » La sua intonazione le fece per un momento temere che sapesse della notte con Alex. Ma perché dovrebbe saperlo? Ma poi che gliene fregherebbe?
« Non sono fatta per parlare davanti ad una telecamera. » rispose sorridendo.
« Di cosa si parla? Beatles? » intervenne Miles sorridente, probabilmente ricordandosi il modo in cui si era introdotto nella conversazione di Margareth ed Andy alla prima festa in cui si erano incontrati. Andy rise, scuotendo la testa divertita.
« Vado a fare rifornimento. » commentò allora alzando il bicchiere in plastica rosso. In realtà, si era un po' stufata delle rockstar, delle risposte vuote e quegli sguardi vacui che sembravano guardarla negli occhi senza davvero vederla, la trattavano come altre mille persone, in mezzo ad un milione. Non aveva più voglia di sentirsi una serva bisognosa di elemosinare due parole in più da uno sconosciuto; non tutti si comportavano in quel modo, ma molti erano comunque troppi per lei. O lo erano divenuti.
« Louder than sirens, louder than bells.. » mormorava seguendo il ritmo della canzone dei Florence + The Machine mentre si versava altro vino rosso nel bicchiere, in cucina.
« Sweeter than heaven.. And hotter than hell!! » continuò con voce stridente James.
« Florence Welch! » gridò sorpresa Andy prendendolo in giro, fingendo di averlo scambiato per la cantante del gruppo inglese.
« Miles mi ha mandato in missione. » gli rispose rimproverandola con un'occhiataccia. Andy alzò un sopracciglio stranita.
« Ha paura che mi ubriachi? Io? E te?! » chiese divertita. James la guardò di nuovo male.
« Mi ha detto di avvertirti che Alex passa di qui. L'ha chiamato, e niente. Si ferma qui. A salutare. » Andy sbarrò gli occhi, con James poteva reagire spontaneamente. Rimase in silenzio, a fissarlo negli occhi. Bevve un sorso di vino continuando a fissarlo, o almeno provandoci. Non aveva idea che Alex fosse a Los Angeles, e non si sentiva minimamente preparata ad incontrarlo di nuovo. A sua volta James la osservava, cercando di nascondere un sorriso a causa della sua reazione. « L'hai presa bene, tutto sommato. » commentò alzando le sopracciglia. « Silenzio stampa? » chiese divertito. Andy scosse una mano goffamente, continuando a guardarlo incredula. Alex. Avrebbe rivisto Alex. Credevo non l'avrei rivisto non solo a breve, ma mai più.
« Benissimo. » commentò con un filo di voce.
« Benissimo, lo stavo per dire. Sembri proprio felicissima. » la prese in giro James.
« Se mi lasci per un attimo da sola ti giuro che ti strangolo nel sonno. »
« Cioè devo farti da cagnolino nel caso fossi troppo imbarazzata da Alex? » chiese divertito alzando appena le sopracciglia.
« L'ultima volta che l'ho visto, è stata otto mesi fa. Ed abbiamo fatto sesso. » gli rispose a bassa voce scandendo lentamente le parole, per cercare di fargli capire la sua agitazione.
« Come minimo finirete a letto anche stasera. » Andy lo gelò con lo sguardo.
« Non ne parlare. Non ci pensare, non provare neanche a sfiorare il pensiero di.. di niente. Di niente, James. Ma cosa sto dicendo. Lascia perdere, ascolta. Ascolta, non mi abbandonare. Ho bisogno di te, non mi abbandonare adesso. » concluse indicandolo con un dito, accusatorio.
« Benjamin lo sa? » chiese cercando di non scoppiare a ridere. Andy si avvicinò ancora di più a lui, gli occhi sbarrati.
« Benjamin? Tu neanche dovresti sapere chi è Benjamin, se non fossi completamente squilibrato. » Serrò la mascella, ripensando a quando Jay si era presentato al piccolo caffè proprio durante quello che si era rivelato essere un primo appuntamento tra la ragazza ed il giovane scozzese. « E poi cosa deve sapere? Che ho fatto sesso con Alex Turner 8 mesi fa? Che sei uno psicopatico? Che stai rischiando la morte? » Era agitata, e sotto shock, e continuava a sorridere istericamente, tentando di calmarsi.
« Vino, per l'amor del cielo. Ti serve vino. » commentò preoccupato James, prendendole il bicchiere di mano.
« Vino. Mi serve vino. » ripetè lei con un sospiro.


I don't need to see you
to know how beautiful you are
I don't need to find you
to know you're going on so far
I don't need to wait for you
to know you're coming home


Era cambiato, eppure qualcosa in lui era tremendamente familiare. Ma era cambiato ai suoi occhi, innegabilmente. Ogni tanto tentava di osservarlo senza farsi notare, sporgendosi oltre altre conversazioni ed altre parole, ma non voleva farsi scoprire così intenta nella scoperta di nuove differenze; i suoi capelli erano così lunghi, e le occhiaie più profonde, il naso più marcato, la mascella più decisa. Sembrava la versione adulta del ragazzo che aveva conosciuto a Gennaio. O forse è solo il taglio di capelli che gli sta male.
« Quindi non lo saluti. Dopo esserti nascosta in bagno al suono del citofono, adesso vagabondi per la casa fissandolo. » intervenne Marg con un sorriso dolce. Andy trasalì, voltandosi immediatamente verso di lei, rivolgendole uno sguardo colpevole. Aveva agito da bambina, ma l'alcool le giocava brutti scherzi.
« Lo so, ho sbagliato. Ma sono entrata nel panico. Non sapevo come salutarlo.. e cosa dirgli.. ed adesso ho fatto ancora peggio, perché non lo so.. gli gravito intorno fingendo che non ci sia.. Mi sento un'idiota. » sussurrò vicino alla festeggiata. Marg gli sorrise. Per quanto tentasse di comportarsi come una donna matura, qualche volta la sua parte irrazionale prendeva il sopravvento, lasciandola indifesa dopo qualche minuto, con un senso di colpa che nessuno sarebbe riuscito ad eradicare. Avrebbe voluto farle capire che poteva comportarsi come meglio preferiva, non c'era da scusarsi, e soprattutto non doveva farsene una colpa. « Comunque non ti azzardare a stare dietro a me, è la tua festa. Goditela e non ti preoccupare. Ti prego. » aggiunse Andy con un sorriso. Marg gli sorrise a sua volta.
« Non mi preoccupo. Voglio solo che tu stia tranquilla, ok? Non hai ucciso nessuno ed adesso vi saluterete con calma. » Andy annuì, guardandola negli occhi.
« Un brindisi alla festeggiata! » Tuonò Miles non molto distante da loro, alzando il bicchiere in vetro, contenente champagne. Andy sorrise, rivolgendo il suo sguardo a Margareth. Tutti alzarono il loro bicchiere, contenente diversi tipi di bevande, guardandola. Si elevò un coro di auguri che la colsero imbarazzata.
Andy scostò lo sguardo, non riuscendo a trattenersi. A pochi metri di distanza, Alex teneva sollevato il proprio bicchiere con aria divertita, una camicia nera ed un paio di pantaloni neri, la giacca grigia. Non ci volle molto prima che la cogliesse mentre lo osservava, ed istantaneamente un piccolo sorriso imbarazzato nacque sulle sue labbra. Bevvero entrambi dal loro bicchiere con tutti gli altri invitati guardandosi di tanto in tanto, ed una volta dispersa l'attenzione, Alex prese coraggio e si avvicinò.
« Ciao » quasi un sussurro mentre la baciava sulle guance, la mano stretta attorno al bicchiere in vetro.
« Come stai? » gli chiese lei con un sorriso, il respiro corto dal nervosismo.
« Me la cavo. Siamo tornati un paio di settimane fa, cerco di riprendermi prima del tour in Sud America. » le rispose guardando in basso.« Tu? Ti trovo bene. » chiese sorridendo appena. Andy indossava un paio di pantaloni neri ed una semplice maglietta bianca, i capelli tirati su in una crocchia disordinata avevano adesso un colorito ramato sulle punte, differentemente da quanto ricordasse, e la bocca piena era colorata da un rossetto viola.
« Sto bene. Non mi aspettavo di vederti qui. » Gli disse onestamente.
« Mi ha avvertito Miles stamattina, ma non ero sicuro di riuscire a passare. » le rispose guardandola negli occhi. Pensò che doveva essere abbronzata, perché gli occhi azzurri risaltavano sin troppo sul suo volto. Avrebbe voluto farle altre mille domande, ma l'imbarazzo tra di loro era palpabile, mentre Andy si grattava distrattamente una guancia. « Non ero neanche sicuro che Marg mi volesse, non credo di essere mai entrato nelle sue grazie. » continuò con un sorriso, abbassando lo sguardo sul pavimento. Andy sorrise, scuotendo appena la testa.
« Non potrebbe che fargli piacere se Miles riuscisse a rilassarsi grazie alla tua presenza. » commentò con un sorriso storto. Alex sorrise a sua volta.
« Organizzare feste lo fa sempre uscire di testa. » Riuscì a guardarla negli occhi. Mi sei mancata. Mi sei mancata? La conoscevo da due mesi prima di partire. Come.. Ci credo che.. No. Pensa prima di parlare. « A lavoro tutto bene? » chiese con un leggero sospiro.
« Si, lavoro sempre alla KROQ. Grazie a Dio adesso mi fanno scrivere le interviste, piuttosto che condurle. » Gli rispose con un sorriso. Alex annuì, sembrava contento per lei.
« Almeno non devi stare davanti alla telecamera. » commentò serio. Andy lo fissò. Non poté fare a meno di notare la differenza nelle risposte di Jesse ed Alex, che sembrava ancora riuscire a capirla. Non sono fatta per parlare davanti ad una telecamera. Alla fine, riuscì ad annuire. Alex si passò una mano tra i lunghi capelli scuri, e la ragazza non poté fare a meno di chiedersi come dovevano sembrare al tatto. Sbatté le palpebre un paio di volte per ritrovare la concentrazione.
« E' andato tutto bene in tour? » chiese portando il vino rosso alle labbra e bevendone un sorso. Alex sospirò, deglutendo subito dopo.
« Si, è stato.. assurdo. Forse anche troppo. » Andy lo guardò negli occhi cercando di capire a cosa alludesse, ma lo sguardo di lui continuava ad indugiare sul pavimento. Da qualche parte nella mente della ragazza una vocina le gridava che si stava comportando in quel modo perché non aveva voglia di fare conversazione in generale, e si chiese se non fosse tornato il ragazzo dell'intervista che avevano fatto quasi un anno addietro. Abbassò lo sguardo a sua volta, mordendo l'interno del labbro inferiore. Alex avrebbe voluto chiederle se aveva un ragazzo, come stava, come stava davvero.
« Vado a fare rifornimento. » disse Andy, di nuovo alzando il bicchiere, in realtà ancora mezzo pieno. Alex sollevò gli occhi lentamente, annuendo con la testa in silenzio. Anche lei annuì lentamente, ingoiando le parole che voleva dirgli.








Sunny continuava ad accarezzarle i capelli dividendoli in piccole ciocche; l'aveva obbligata a scioglierli per poterci giocare, ed adesso non sembrava aver intenzione di smettere. Avevano cenato tutti insieme con un piccolo buffet di cibo freddo preparato da Alana durante la mattina, ed adesso i restanti erano seduti in salotto comodamente, continuando a bere alcool, giocando e raccontandosi storie. Andy sedeva a gambe incrociate sul pavimento appena sottostante il divano, fissando James che tentava di mimare il titolo di un film per la propria squadra, formata da Alana, Margareth, Alex e due ragazze che Andy aveva conosciuto quel giorno, amiche di lavoro della festeggiata. Non poté fare a meno di voltarsi: Alex era seduto sulla poltrona in pelle che una volta aveva accolto Margareth e Miles, e rideva tra sé e sé a causa della goffaggine del coinquilino della ragazza.
« Non è un paese per vecchi? » chiese titubante Victoria, aggrottando le sopracciglia. Aveva lunghi capelli biondi ed occhi scuri, il suo accento australiano era pressocché inconfondibile. Durante la serata Andy aveva pensato più volte quanto fosse difficile trovare una ragazza di aspetto anche lontanamente sgradevole nell'ambiente musicale: Marg e le sue colleghe erano splendide e consapevoli di esserlo. James sbuffò, allargando le braccia infastidito. Alana ed Andy risero della sua reazione.
« Ghostbusters? » chiese allora Alex con il sorriso. James si voltò verso di lui, fissandolo.
« Mi prendete in giro? »
« E' scaduto il tempo! » gridò allegramente Miles, con l'orologio alla mano.
« Che cos'era?? » chiese subito Alana, curiosa.
« Era il curioso caso di Benjamin Button! » si lamentò James gettandosi di nuovo sul divano con un tonfo.
« Quello?? » intervenne immediatamente Victoria, le sopracciglia alzate. Tutti i presenti ridacchiarono, ed Andy scosse la testa divertita all'ennesima risposta provocatoria di James, voltandosi di nuovo verso Alex. Non stava sorridendo, e lo trovò già pronto con gli occhi nei suoi. Era incantato dal modo in cui i suoi capelli risplendevano ad ogni movimento, ed avrebbe voluto sedersi al posto di Sunny per poterli accarezzare e toccare di nuovo il suo collo liscio. Andy gli sorrise istintivamente, imbarazzata. Lui fece lo stesso, con una nota di rammarico e colpevolezza, distogliendo lo sguardo. Avevano scambiato un altro paio di battute durante la cena, ma non erano ancora riusciti a tornare al loro normale status, ed il ragazzo stava iniziando a credere che non avrebbero potuto, non con tutte quelle persone attorno; in fondo ogni volta che si erano riusciti davvero a sciogliere erano soli. Anche Andy abbassò lo sguardo, sempre più convinta che tra loro non ci fosse davvero più niente.
« Sta a me! » tuonò Miles, eccitato come un bambino. Andy notò che Alex si stava alzando ed allontanando con la coda dell'occhio, e dopo essersi assicurata che fosse andato in cucina, si alzò a sua volta, cercando di non dare esageratamente nell'occhio; ma tutti sembravano occupati nel capire a cosa potessero portare gli strani e poco leggiadri movimenti del cantante di Liverpool. Quando arrivò in cucina, Alex stava versando del succo di arancia in un bicchiere pulito di plastica, con la sua camicia nera risvoltata sino ai gomiti ed i pantaloni scuri.
« Va tutto bene, tra me e te? » esordì dopo aver fatto un grande respiro. Alex si voltò sorpreso con un'espressione indifesa, cercando i suoi occhi. « Voglio dire, non c'è imbarazzo vero? Non vorrei che ce ne fosse. Tu mi stai simpatico e non voglio che ti senta a disagio. » riuscì ad articolare stupendo soprattutto se stessa. Tu mi stai simpatico. Si, ciao. Alex sorrise spontaneamente, il sapere che da parte della ragazza non c'era rancore lo tranquillizzò immediatamente. Lui sapeva cosa non andava: esattamente come al principio lei gli aveva chiesto del tempo per abituarsi a trattarlo come una persona normale, adesso ne aveva bisogno lui, per far combaciare la Andy reale a quella che in tutti quei mesi era gravitata come un fantasma sulla sua testa di tanto in tanto. Aveva pensato a lei più di quanto avrebbe mai ammesso, più di quanto lei aveva pensato a lui, e più di quanto si sarebbe aspettato; ed adesso lei era lì, dopo sette mesi in carne ed ossa, e non era quella che aveva idealizzato, era viva e poteva toccarla. Voleva toccarla.
« Va tutto bene tra me e te. » gli rispose con un sorriso, tentando di essere dolce. Andy lo guardò negli occhi, finalmente poteva ancora scrutare quei profondi pozzi scuri. Li aveva sempre immaginati pieni di risposte, ma adesso vi leggeva solamente domande, e forse alcune scuse.
« Forse ci sto solo pensando troppo. » ammise la ragazza inclinando appena la testa. Avrebbe voluto solo scherzare, dargli un pugno sulla spalla, e poi abbracciarlo. Non erano mai stati amici, si erano visti appena una mezza dozzina di volte, ma la consapevolezza che quella complicità che riuscivano a raggiungere in certi momenti non era surreale, le faceva dimenticare quanto poco in realtà si conoscessero.
« Forse, ma.. Non sono da meno, credo. » Andy sorrise, sapeva che probabilmente Alex pensava il doppio di lei, poteva quasi vedere gli ingranaggi del cervello che si muovevano con foga e precisione allo stesso momento. Il rumore le arrivava agli orecchi. Sorrise.
« Quindi siamo apposto. Bene. » Gli disse con un leggero sospiro.
« Cioè voglio dire.. » intervenne subito lui, allungando per un attimo un braccio verso Andy. « Si. Si, certo. Siamo apposto. » Andy continuò a guardarlo negli occhi. « Io.. Non so, in realtà è strano. » si costrinse ad ammettere, abbassando di nuovo lo sguardo.
« Ed è normale che lo sia, forse. Però non.. Non ti preoccupare, ok? A parte l'imbarazzo, io sono tranquilla. E spero lo sia anche tu. Niente rancore, giusto? » chiese leggermente titubante. Alex non poté fare a meno di chiedersi se sarebbe riuscito ad affrontare l'argomento nel caso lei non ne avesse parlato a cuore aperto, onestamente. Forse avrebbe lasciato perdere, e si sarebbero salutati in quel modo freddo le successive volte che si sarebbero visti, se si sarebbero visti. Se fosse stato per me, sarebbe finita qui. Codardo. C'erano così tante cose che gli piacevano di Andy, e quello sembrava solamente l'ultimo pezzo che concludeva il puzzle. Ha molto più coraggio di me, è così sincera.
« No, certo. Assolutamente no. » Deglutì sonoramente. Ad Andy sembrava che qualcosa continuasse a non quadrare nella mente del ragazzo, ma non poteva chiedergli per sempre se andava tutto bene. Sospirò, guardandolo negli occhi e rimanendo in silenzio per qualche secondo, sperando che capisse che poteva parlare; doveva. Ma lui continuava a guardarla, i grandi occhi stanchi color nocciola persi nei suoi, silenziosi come lui. Andy allora annuì, sconfitta, e si voltò. « Rinizieresti da dove abbiamo lasciato? » lo chiese talmente veloce che la ragazza ebbe difficoltà a capirlo, ma si voltò comunque con sguardo interrogativo, il petto che si abbassava ed alzava nervoso. Alex studiava il suo volto come se fosse il suo lavoro, con le sopracciglia corrucciate per lo sforzo. « L'ho detto. Io.. Io probabilmente vorrei. » Andy arrossì, e stavolta fu il suo turno di abbassare lo sguardo con un sorriso imbarazzato. A quel punto, sorrise anche lui, prendendo maggior coraggio. « Mi piace quando riesco a farti rimanere senza parole. » commentò divertito tirandosi indietro i capelli. Andy lo squadrò, gli zigomi gonfi di un sorriso.
« Che sfortunatamente accade spesso.. » commentò scuotendo la testa divertita. Alex inclinò il capo per poi fare una smorfia soddisfatta ed annuire, orgoglioso. Andy sorrise. « Si. Rinizierei, ma lo sai che non è così semplice. » Per la tua carriera, per la mia incapacità di legarmi ad un posto, e per la gelosia che ancora non sai proverei nei tuoi confronti. Una notte è una cosa, un mese è un'altra. Sono matura, ma non sono un'automa. Non avrebbe mai potuto spiegarglielo, sarebbe stato assurdo, dopo appena una notte passata insieme. Alex annuì, non poteva conoscere tutti i suoi pensieri, ma alcuni poteva intuirli, erano quelli che tenevano lontane le ragazze interessate ad una storia sera con lui da quasi un anno. Quelli, ed il mio comportamento infantile. « Ma possiamo essere comunque amici. » gli disse con un sorriso, non ci credeva neanche lei e le si leggeva in faccia. Alex sorrise, onesto.
« No, amici no. » disse seriamente, un leggero sospiro. Lei lo guardò negli occhi, sorpresa. « Amici no, Andy. O siamo qualcosa, o non siamo niente. Amici no, non devo dirtelo io. » Si, anche lei sapeva che non avrebbero preso caffè e parlato delle loro relazioni, dei loro amici.. Non senza toccarsi insistentemente, od immaginare il profumo dell'altro sotto le narici, e le lenzuola. Le parole di Alex non erano apparse categoriche, eppure in un certo senso lo erano; tentava di fare chiarezza nella propria testa ed in quella situazione, ma non sapeva se aveva imboccato la strada giusta, non lo sapeva mai. Amici no. L'aveva ripetuto tre volte e neanche se ne era reso conto, neanche ne era convinto.
Andy deglutì sonoramente, le sue parole andavano incontro ai bisogni che sentiva, lei la pensava come lui, ma non era facile esprimerlo, dirlo, e soprattutto rispettarlo. O qualcosa, o niente. Annuì piano, portandosi indietro i capelli e scompigliandoli.
« Allora immagino che.. non lo so, lo scopriremo? Non ti aspettavi una risposta. » era una constatazione, non una domanda. E lui scosse la testa, con un sorriso dolce.
« Non era una domanda, non mi devi dare una risposta tu. Neanche io potrei dartela. » Andy scosse la testa, riusciva sempre a trovare parole più adatte e poetiche delle sue. Alex passò celermente la lingua sulle labbra, indeciso. Avrebbe voluto avvicinarsi e baciarla, o quantomeno abbracciarla, ma non era abbastanza ubriaco e non si sentiva in grado di sopportare le conseguenze. Andy annuì, un sorriso divertito.
« Allora torniamo di là. Vedrai il miglior mimo della storia. » disse riferendosi a se stessa con un sopracciglio alzato.








« Ascolta, non sto dicendo che i film de Lo Hobbit siano migliori di quelli del Signore degli Anelli..»
« Ci mancherebbe altro! » Jay e Andy interruppero all'unisono Miles Kane. Lui sospirò, sconfitto.
« Non mi fate neanche parlare! » si lamentò strofinando il volto con il palmo della mano, erano ubriachi, ed era notte fonda.
« Prima hai confuso Pipino con Samvise Gamgee. » si giustificò Andy, la testa abbandonata contro la porta a vetro che separava l'interno di casa di Margareth dal giardino.
« Ha chiamato Gandalf Silente » precisò James, seduto sulla sedia a dondolo con gli occhi chiusi. Sia Miles che Andy risero, ripensandoci. Seguirono diversi secondi di silenzio. Margareth si era addormentata sul divano, e loro tre erano gli ultimi rimasti alla festa: non avevano idea di come avrebbero fatto a tornare a casa.
« Sai.. Pensavo che tornassi a casa con Alex stasera. » Miles sorprese entrambi, con voce soffice ed un tono neutro. Andy sospirò, un leggero sorriso sul volto.
« Anche io.. ad un certo punto, credo? » pensò ad alta voce. Miles non parve stupito, annuì lentamente.
« Avrete altre occasioni. » le rispose con un tono divertito, continuando a bere la sua birra. James e Andy avevano abbandonato l'alcool oramai da ore, ma il cantante sembrava volerci andare a dormire, con quella bottiglia in vetro.
« Sto uscendo con un ragazzo. » disse Andy, un piccolo sorriso amaro. « In realtà siamo usciti solamente una volta, ma.. sono stata bene. Sembra forte, dovremmo vederci di nuovo domani. » continuò riferendosi a Ben, il ragazzo scozzese conosciuto nel piccolo caffè vicino al suo ufficio. Miles la guardò per diversi secondi, prima di parlare di nuovo.
« E' una cosa seria? » Andy ridacchiò, poggiando di nuovo la testa al vetro, un sospiro. Si voltò verso James, che si era addormentato.
« Potrebbe diventarlo. Sembra veramente interessato. »
« Quindi era stanotte o mai più, mi pare di capire. » commentò con un sorriso furbo studiando la figura della ragazza.
« Più o meno. » rispose sorridendogli. Non aveva avuto neanche il coraggio di accennare la situazione ed Alex, tanto era presa dalla loro conversazione in cucina. « Sono sicura che spezzerà il cuore di Alex. » continuò ironicamente. Miles ridacchiò con lei, scuotendo la testa divertito.
« Almeno non l'hai rimpiazzato con un altro cantante. » commentò Miles.
« Marcus Mumford è sempre sulla lista però! » scherzò Andy riferendosi al cantante dei Mumford and Sons. « Miles.. so che forse non dovrei chiederlo, perché non sono fatti miei.. Ma tra te e Margareth.. » la ragazza lasciò morire la domanda senza specificarne la fine, sapeva che avrebbe capito. Miles sorrise brevemente, tanto che Andy pensò di esserselo immaginato.
« E' complicato.. e credimi non lo dico perché non voglio raccontartelo, ma perché è difficile da spiegare. Fondamentalmente circa sette anni fa stavamo insieme, ho fatto una cazzata, ed adesso provo a riconquistarla ma.. più che altro è sesso. » Sospirò « da parte sua. »
« Non è completamente disinteressata, anche sentimentalmente. » provò ad intervenire Andy. Miles le sorrise, riconoscente. Sembrava che parlare di Margareth per lui fosse una tortura: i suoi occhi si facevano tristi e le dita non smettevano di rincorrersi dal nervosismo.
« Non è lo stesso, non.. Non è lo stesso. » commentò strofinandosi di nuovo il volto.
« Ok, scusa io non volevo.. mi dispiace. » Miles inclinò la testa, con un sorriso.
« E per cosa? Per essere una buona amica? » Andy sapeva bene che si stava riferendo all'amicizia che aveva con Margareth, non alla loro.. Riconducibile a malapena ad una conoscenza leggermente più approfondita. Quel commento le fece però estremamente piacere, e sorrise apertamente, toccandosi distrattamente i capelli di nuovo legati. Tra meno di un'ora sarebbe sorta l'alba, e provava un gran desiderio di vederla, cercando di non pensare a niente. Miles sospirò, tirandosi in piedi a fatica, la bottiglia in vetro ancora stretta in mano. « E' un peccato per Alex. Sei una delle migliori che abbia mai avuto. » Andy rimase sorpresa, ed alzò il volto per guardarlo negli occhi, con un'espressione confusa.
« Non siamo neanche stati insieme. » precisò, ben decisa ad opporsi a quell'affermazione. Miles si strinse nelle spalle.
« Avreste potuto. »


 

Come sempre, ci ho messo una vita. Sono pessima, ma sono anche in dirittura d'arrivo con la tesi.
Mi scuso innanzitutto con le autrici delle storie che stavo seguendo, che purtroppo non sono riuscita a commentare,
ma prometto che cercherò di rimettermi in pari! Seconda di poi, spero che questo capitolo possa essere
soddisfacente. Dopo settimane di nulla cosmico (ma più che altro creativo) l'ho scritto in praticamente due
giorni, e questo è il risultato (spero non maldestro). Infine, vi ringrazio, tutti. Chiunque abbia favorito (??) o seguito
questa storia, chi lascia recensioni, chi la legge e basta.. Insomma, grazie mille. Mi rendete veramente felice
come una Pasqua! Al prossimo capitolo, un abbraccio graaaandissimo (e mannaggia alla miseria che cicalone
era ieri sera ai grammys). !

la canzone citata è Coco Chitty - King Charles: https://www.youtube.com/watch?v=jZmIRfL1Xqw

Florence + The Machine - Drumming song: https://www.youtube.com/watch?v=3SZ0p05bAlI
 

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Capitolo 11
*** 11. ***


11.

 
 
Il secondo appuntamento con Ben era arrivato.
Lui era una ventata d’aria fresca, il soffio del vento scozzese, scogliere bagnate dalle onde salate, risate di pancia e un fuoco acceso nel camino. Andy era stata bene, talmente bene da non aver pensato neanche per un attimo alle parole di Alex della sera prima. Rinizieresti da dove abbiamo lasciato. Si erano incontrati al solito bar, quello che ormai Ben aveva preso a definire «il nostro bar», e avevano passato insieme tre ore a chiacchierare delle loro vite.
Raggiunto l’orario di chiusura, lo scozzese l’aveva invitata a prendere una birra. Andy lo aveva guardato. Aveva guardato quegli occhi color nocciola, le lentiggini e le labbra piene e sincere.
«Certo, perché no?» In uno slancio di impulsività, gli aveva preso la mano e, senza guardarlo, erano arrivati fino al pub.
 
«Quindi? Dai, raccontami com’è lavorare nell’ambito editoriale qui a Los Angeles? Hai conosciuto parecchi pezzi grossi?»
«E lo chiedi a me?! Sei tu che lavori con Coldplay, U2 e Beyonce!» Andy rise di gusto. Per una volta, era bello passare del tempo con qualcuno che non lavorasse nel suo stesso settore. Ben scosse la testa e prese un altro sorso di birra.
«A ognuno il suo» tentò di giustificarsi l’inglesina.
«A proposito, stai preparando qualche intervista interessante?» Andy sorrise di nuovo, giocherellando con la pinta di birra. La conversazione con Ben era facile, spontanea, scorreva come un fiume in piena. E i suoi occhi la cercavano con una luce gioiosa e riconoscente.
«Visto che me lo chiedi, sì» rispose Andy in maniera fintamente altezzosa. «In ufficio siamo un po’ in subbuglio perché lunedì prossimo verrà in radio per la prima volta Lady Gaga.» Ben spalancò la bocca, fissandola.
«Cooosa?» Andy scoppiò a ridere.
«Dai, smettila! Ordiniamo qualcosa da mangiare, piuttosto.» La ragazza si sporse per chiamare la cameriera.
«Suppongo quindi che questo fine settimana sarai impegnata con il lavoro…» butto lì Ben con un sorrisetto e lanciandole uno sguardo di sottecchi.
«Perché? Volevi forse rivedermi? … Ben! Non ti pare di star correndo troppo? Tre appuntamenti in due settimane?» lo canzonò inclinando la testa.
«Non sai che ti perdi! Volevo invitarti alla festa di compleanno di una mia cara amica, anche lei è inglese.» Andy parve stupita.
«Ah, sì?»
«Sì, si chiama Georgia. L’ho conosciuta all’università, qui a L.A. È un tipo veramente forte, si occupa anche lei di libri, ma più del lato social» spiegò dopo aver ordinato un hamburger alla cameriera. Lo stesso ordine di Andy. «Ci troviamo sabato sera per una bevuta al SOS, se vuoi passare… Be’, non ti dirò che mi farai felice, ma diciamo che non mi dispiacerà!»
Andy sorrise, e annuì prima di prendere un altro sorso di birra. «Okay, cerco di passare. Ovviamente mi porterò anche James, per supporto, sai.»
«Ovviamente» ripeté lui con una punta di sarcasmo. E le sue fossette sorrisero per lui.
Dopo aver mangiato e aver conversato davanti ad altre due birre, Ben e Andy si erano salutati. Lui l’aveva abbracciata a lungo, con trasporto. Lei si era fatta l’idea che fosse timido, e avesse bisogno di tempo prima di passare a un eventuale stadio successivo.
Gli aveva dato due baci sulla guancia e, salutandolo, gli aveva fatto l’occhiolino.
Per qualche minuto, sulla strada del ritorno, pensò addirittura di saltellare a casa. Era felice: aveva passato delle ore splendide, stava conoscendo nuove persone e la sua vita a Los Angeles sembrava finalmente avere un senso. Certo, anche l’incontro della sera precedente aveva il suo ruolo in quella momentanea euforia.
Per tutta la mattina si era sforzata: non voleva pensare ad Alex e neanche alle parole di Miles, a quel Sei una delle migliori che abbia mai avuto, era ubriaco e probabilmente stava straparlando. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era ricadere in un vortice di dubbi e malintesi con una rockstar con cui parlava a stento da otto mesi. Piuttosto, doveva concentrarsi sul convincere James a farle da +1 sabato sera, perché le situazioni sociali non rientravano esattamente nella sua comfort zone.
Continuando a camminare, tirò fuori il telefono dalla borsa di tela con il logo dei Paramore, più che altro per controllare che non fossero arrivati messaggi di lavoro.
 
Ehi, com’è andata? Scozia e Inghilterra vanno d’accordo, alla fine?
 
Andy aveva sorriso. Un messaggio di Marg di due ore prima. Assurdo come riuscisse a ricordarsi ogni suo singolo impegno.
 
Scozia-Inghilterra: 1-0. Nuovo match: sabato sera, compleanno di un’amica dello scozzese. Mi presti un vestito? PLEASE

Aveva risposto col sorriso.
 
Certo! Finalmente me l’hai chiestoooooo!
 
Grazie, bellezza <3
 
Ti voglio bene. Te lo meriti!
 
Mettendo via il telefono, Andy sospirò. Sapeva a cosa si riferiva.
Marg non era mai stata contenta del flirt che aveva avuto con Alex, e in generale non era una grande fan del cantante inglese. Nonostante Andy non fosse una persona esageratamente espansiva e non avesse mai parlato con le amiche dei suoi sentimenti per Alex – soprattutto dopo la sua partenza per il tour –, Marg la conosceva abbastanza per sapere che era stata male per quell’assenza, arrivata così ingiustamente nel momento in cui stava iniziando a provare qualcosa. Qualcosa, per giunta, di profondo. E per quanto l’inglesina avesse provato – anche con se stessa – a dar la colpa alla distanza, sia lei sia Margareth sapevano benissimo che l’atteggiamento di Alex non aveva aiutato la loro situazione, di per sé già impossibile.
Diciamo che, se fosse stato presente, sincero e diretto, la loro neonata “storia” sarebbe sfumata con molto meno dolore. Almeno da parte di Andy. Adesso, dopo otto mesi, ancora Marg non perdeva occasione per sottolineare quanto Alex non fosse adatto a lei. D’altronde, chi meglio di lei poteva parlare a ragion veduta di rockstar e musicisti?
Andy sapeva che lo faceva per il suo bene, ma una parte di lei non poteva non convincersi che in fondo Marg non conosceva Alex, che aveva deciso di fermarsi alla superficialità e che non poteva sapere cosa avevano vissuto insieme, seppur per così poco tempo. In ogni caso, quella storia era finita. Sepolta. Non la riguardava più.
 
 
Si svegliò di soprassalto.
«James?!» gridò subito. Il coinquilino era solito svegliarla d’improvviso per scherzi idioti.
Ci mise un secondo a capire dove si trovasse, e cosa stesse succedendo.
Nella sua stanza era buio pesto e un rumore squillante la rimbambiva. Una luce in fondo al letto… Il telefono! Stava squillando. Ma che ore sono? Mi sono scordata di mettere il silenzioso ieri sera…
Con gli occhi ancora impastati di sonno, si precipitò a rispondere, terrorizzata che si potesse trattare di un’emergenza riguardante sua madre, dall’altra parte dell’oceano.
«Pronto? Pronto?» si affrettò a dire nel microfono del telefonino.
«Stonem.» Il sangue le si gelò nelle vene.
«Alex?» chiese con un filo di voce.
«Ehi» fu l’unica cosa che lui riuscì a dire.
«Alex, sei tu?» ripeté lei. Tra la confusione dovuta dal sonno e dalla sorpresa, non riusciva a spiegarsi come fosse possibile. L’aveva chiamata una sola volta in otto mesi di tour, e adesso, dopo averla vista poco più di quattro giorni prima, alla festa, la stava chiamando nel cuore della notte. Deve essere ubriaco…
«Ehi, sì, scusa. Ti ho svegliata?» Eppure la sua voce suonava normale. Profonda, lucida, soffice. Come sempre. Andy guardò il suo Apple Watch. Erano le 4.13, come pensava che potesse essere sveglia? Per giunta, il giorno seguente era un giovedì, doveva andare al lavoro.
«Ehm… No, cioè sì, ma non fa niente. Va… va tutto bene?» chiese. Improvvisamente le balenò in mente il peggiore scenario: era successo qualcosa a Marg e Miles e lui l’aveva chiamata per avvertirla. Lui, tra tutte le persone al mondo.
«Sì, sì, scusami. Cazzo, non volevo spaventarti, scusami. Scusami…» Andy tirò un sospiro di sollievo e si mise a sedere a gambe incrociate sul letto. Lentamente, i suoi battiti iniziarono a tornare alla normalità. «È che… non riuscivo a dormire, okay? Merda, detto così sembro veramente un egoista del cazzo, aspetta…»
Andy era sempre più confusa. In effetti, non aveva senso che lui l’avesse disturbata alle 4 di notte solo perché non riusciva a dormire. Voglio dire, sicuramente in più di trent’anni di vita avrà imparato altri metodi per tornare a letto… considerato che si parla di Alex Turner, pensò Andy. Alex restò in silenzio per una manciata di secondi.
«Pronto?» disse di nuovo lei.
«Sì, volevo dire che non riuscivo a dormire perché avevo bisogno di parlare. Cioè, di parlare con te.» Il cuore di Andy tornò a battere all’impazzata, e si passò una mano tra i capelli mossi tirandoli indietro per il nervosismo.
«Okay…?» provò a rispondere lei.
«Okay, quindi sono sotto casa tua.»
Andy sbiancò: un’espressione stupefatta si dipinse sul suo volto. L’aveva lasciata senza parole, non poteva credere alle sue orecchie. Provò a balbettare qualcosa in risposta ma si bloccò di nuovo, si sentiva completamente congelata.
«Se-Sei sotto casa mia?» ripeté, per essere sicura di aver capito bene.
«Sì, sono sotto casa tua. Puoi scendere?» Andy sospirò profondamente, cercando di rimettere in ordine i pensieri. Per prima cosa, non aveva chiesto di salire: buon segno, voleva parlare e basta. Seconda cosa, evidentemente era lucido, non era una chiamata da ubriaco: altro buon segno. Terza cosa, doveva darsi una calmata, perché non poteva vederlo in quelle condizioni.
«Okay, mi dai un secondo? Mi lavo la faccia e scendo.»
«Certo, ti aspetto.»
 
Mentre si lavava la faccia facendo meno rumore possibile, nella mente di Andy scorrevano tutti i papabili scenari che poteva trovarsi davanti una volta scesa in strada. Che fosse uno scherzo? O che Alex dovesse dirle qualcosa riguardante Marg o Miles? Che si trattasse di lavoro? O che si trattasse, ancora peggio, della sua coinquilina Hester, con cui il cantante aveva avuto due incontri passionali prima di iniziare la “storia” con lei. No, non può essere, sarebbe uno scherzo troppo crudele, da parte del destino.
Si infilò la maglietta di un concerto di Bruce Springsteen, un paio di pantaloncini sportivi da ciclista e le Vans. Raccolse i capelli in una crocchia e il coraggio nel petto. Dopo aver fatto un grande respiro, prese le chiavi di casa e si chiuse la porta alle spalle con un movimento morbido, per cercare di non svegliare nessuno dei coinquilini. Scese le tre rampe di scale a piedi e, dall’ingresso vetrato, lo vide.
Le dava le spalle, era sul marciapiedi deserto. Una mano nella tasca dei jeans scuri, il volto di profilo che guardava in lontananza, l’espressione apparentemente seria. La camicia nera era arrotolata sulle braccia, e la mano destra, oltre a due anelli teneva anche una sigaretta. Andy si fermò di colpo a osservarlo, ormai a pochi metri da lui. Pensò che chiunque, nell’attesa, avrebbe guardato il telefono. Lui, ovviamente, non era chiunque. Era nervosa, agitata all’idea di passare un altro momento da sola con lui, perché sapeva perfettamente con quanta facilità l’emozione poteva giocarle brutti scherzi. Ma la curiosità era più forte di tutto il resto.
Lo fissò ancora un secondo prima di aprire il portone d’ingresso con il pulsante interno. Al rumore del ronzio metallico, Alex si voltò. Immediatamente, i loro occhi si incontrarono, ed entrambi ebbero la sensazione di essersi rivisti allora per la prima volta dopo otto mesi, non il giorno precedente.
«Ehi» si lasciò scappare lui, come in un sospiro.
Andy superò la porta e se la chiuse alle spalle. «Ehi» lo salutò lei alzando una mano, un po’ impacciata. Di tutta risposta, Alex alzò il mento in cenno di saluto. «Qua vicino c’è un giardino con un paio di panchine, possiamo andare lì se ti va» proseguì Andy.
Alex annuì con un’espressione seria e, dopo aver gettato la sigaretta, si avviò dietro di lei. Teneva lo sguardo basso e per un paio di volte gli balenò l’idea di fare due chiacchiere per smorzare la tensione, ma era troppo confuso. Si sentiva in colpa per averla tirata giù dal letto in una nottata infrasettimanale e in più non era neanche più così sicuro di cosa voleva dirle.
Da parte sua, anche Andy era troppo nervosa per proferire parola. Preferiva camminare nella frescura notturna di fine agosto e torturarsi l’anima su ciò che stava per avvenire. In una decina di minuti raggiunsero il parchetto e la ragazza prese posto su una panchina tra due alberi. Inevitabilmente, le menti di entrambi corsero a quella notte a Griffith Park di tanto tempo prima, quando per la prima volta avevano provato qualcosa l’uno per l’altra.
Alex prese posto accanto a lei stirandosi i jeans sulle ginocchia, le mani sudate per il nervosismo.
«Andy, scusami» iniziò lui passandosi una mano tra i capelli e fissando la tela scura dei pantaloni. «Sono sveglio da mezzanotte, sono uscito in macchina alle due e sono passato sotto casa tua tre volte… non riesco a fermare tutti i pensieri.» Deglutì rumorosamente e sospirò un paio di volte.
Il vento estivo portò al naso di lei il profumo di dopobarba di Alex. Chiuse gli occhi un attimo per goderselo. Più parlava, più il suo nervosismo cresceva: non poteva credere di star vivendo davvero quel momento. Per paura di intromettersi tra i suoi pensieri già abbastanza ingarbugliati, preferì rimanere in silenzio e voltarsi – con non poca fatica – verso il profilo di Alex. Lui si leccò le labbra, secche dall’agitazione.
«Da quando ti ho vista, alla festa, non riesco a darmi pace. In realtà, sono andato via dalla festa perché non riuscivo a darmi pace.» Trovò finalmente il coraggio di guardarla negli occhi. «Non so perché non te l’ho detto, ma in questi otto mesi ti ho pensato.»
Andy si morse il labbro inferiore e annuì. In realtà quella per lei non era una nuova informazione, già nella telefonata che Alex le aveva fatto da ubriaco, dopo una festa, si erano detti a vicenda che il pensiero dell’altro attraversava le reciproche menti. La ragazza si lasciò scappare un mezzo sorriso, e decise di togliere dall’imbarazzo Alex. «Anche io ti ho pensato.»
«Ti ho pensato tanto» specificò subito lui con una certa urgenza. «Non so perché non ti ho detto che ti ho pensato tanto, ma da quando ti ho vista, l’altro giorno, mi tormento.»
Andy aggrottò le sopracciglia. «È successo qualcosa, Alex?»
Lui scosse la testa, confuso. Si prese la testa tra le mani. «Prima neanche me ne accorgevo: ti pensavo ogni giorno, casualmente. Non… non so perché, ma mi giustificavo dicendo che avevamo passato dei bei momenti insieme, che tu mi piaci, insomma, non mi era mai successo, ma comunque neanche tu mi eri mai successa… poi, alla festa…»
Andy era forse più confusa di lui. «Aspetta un attimo.» D’istinto, prese le mani di Alex tra le sue e si voltò con il busto verso di lui. «Aspetta…» ripeté di nuovo. «Calmati, non sto capendo.»
«Per me non è facile parlare dei miei sentimenti. Soprattutto con una persona che ho idealizzato per otto mesi.» Stringendo le mani di lei, alzò finalmente lo sguardo. Fece un sospiro e sembrò prendere più coraggio. «Sembro pazzo?»
Andy non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso. «Diciamo che sono molte informazioni in una volta.»
«Anche per me. Fino all’altro giorno non mi ero reso conto di averti idealizzata così. Ma sono venuto alla festa solo sperando di vederti, e quando mi hai seguito in cucina è stato difficile non mostrare tutta l’agitazione che provavo… Ciò nonostante non sono riuscito a dirti niente di ciò che pensavo.» Alex deglutì, in difficoltà.  Rimase in silenzio per qualche secondo e per un istante si pentì di quell’idea folle, di averla svegliata in piena notte per blaterare parole senza un filo logico. Lasciò la sua mano un attimo e si grattò la fronte, poi la riprese immediatamente. Andy guardò il dorso della mano di Alex, e a sua volta sospirò. In cuor suo pensava di aver capito cosa voleva dirle, ma le sembrava troppo strano per essere vero. Forse lui stesso non sapeva riconoscere i propri sentimenti.
«E cosa pensavi?» chiese lei dopo quella che parve un’infinità.
«Che ti voglio, Andy. Che sono stato un idiota a non chiamarti appena sono tornato a Los Angeles. Ho pensato che avrei voluto avere il tuo coraggio e chiederti di uscire, avvertirti che ero in zona. E non sono riuscito a dirtelo nemmeno l’altra sera.» Alex le lanciò uno sguardo speranzoso. Poi abbassò di nuovo gli occhi. «Miles mi ha scritto cosa vi siete detti.»
Andy lo studiò, poi allontanò le mani dalle sue. Dunque l’unico motivo per cui è qui è che Miles ha fatto la spia e gli ha detto che sto uscendo con Ben. Sono in parte… lusingata, credo, ma mi sento anche raggirata.
La ragazza scosse la testa. «Quindi sei qui solo perché hai saputo che esco con un ragazzo e dopo la festa non sono tornata a casa con te. Cos’è, hai una sorta di feticismo per ciò che non puoi avere?»
Alex si strofinò le cosce con i palmi sudati delle mani e fece un sorriso amaro, distogliendo lo sguardo. Rimase in silenzio per qualche secondo e prese dalla tasca un’altra sigaretta, che accese continuando a osservare il vuoto.
Ma Andy non aveva finito. «Alex, non ci vediamo da otto mesi e oggi mi chiami alle 4 di notte solo perché hai saputo che non sono disponibile per ogni tua futura evenienza, ogni volta che sarai a Los Angeles?» La sua voce era pacata e bassa, ma traspariva un certo nervosismo.
Senza fiatare, lui si alzò dalla panchina e si ravviò i capelli con la mano libera. Poi, dopo essersi grattato la fronte con il mignolo, fece un tiro di sigaretta e si voltò verso di lei, ma comunque non la guardò negli occhi. Fece per dire qualcosa ma poi scosse la testa con un sorrisetto disilluso.
Andy continuava a fissarlo, ancora seduta. «Lo sai che mi piaci, non posso e non voglio nascondertelo… Come potresti non piacermi?» riuscì a dire prendendo il coraggio a due mani. Si alzò e si avvicinò a lui di un passo incrociando le braccia sotto il seno.
«Sono quattro giorni che penso solo a quella notte passata con te a casa mia» confessò lui. Deglutì e poi si strinse nelle spalle con un sorriso finto. «Però è troppo tardi per dirtelo, giusto? Be’, volevo tu lo sapessi, tutto qui.» Annuì tra sé e fece per voltarsi. «Scusa se ti ho svegliata» disse, prima di incamminarsi.
D’istinto, Andy allungò una mano e strinse il tessuto morbido della sua camicia in un pugno, per fermarlo. «Alex…»
Lui si voltò, l’espressione esausta a causa della nottata in bianco e della fatica che aveva provato a esprimere i propri, confusi, sentimenti. «Che c’è? Non ti devi sentire in colpa, hai ragione.»
Andy lasciò andare la sua camicia e lo fissò negli occhi, anche se lui tendeva a evitarla. Fece un altro tiro di sigaretta. Nonostante fosse evidentemente a disagio, era ovvio che Alex non volesse andarsene. Rimase fermo qualche secondo prima di alzare gli occhi su quelli di Andy. Lei lo fissava, spudoratamente, con uno sguardo intenso e confuso al tempo stesso. La sua espressione era il riassunto perfetto dell’indecisione.
«A che canzone stai pensando?» chiese allora lui facendo un altro tiro, buttando lì la loro domanda come se niente fosse.
«Just Breathe dei Pearl Jam» rispose lei in un soffio.
Lui, ancora indeciso sul da farsi, annuì soddisfatto. «Bel pez-»
Le sue parole si infransero contro le labbra di Andy, che in un istante lo aveva raggiunto. La sigaretta gli cadde a terra, e in un attimo le sue braccia si strinsero sul torso di lei, togliendole il respiro. Andy chiuse gli occhi e accarezzò le guance di Alex mentre con la lingua cercava quella di lui con un’urgenza improvvisa. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che quel bacio le avrebbe incasinato la vita per settimane, che lui doveva partire di nuovo per il tour in America del Sud, che era sparito per otto mesi, che con ogni probabilità era lì solo per uno sfizio irrisolto e che, non meno importante, nella sua vita era appena arrivato Ben… ma niente di tutto questo era stato sufficiente a convincerla a non fare ciò che veramente voleva fare: baciarlo, stringerlo, annusarlo e toccarlo.
A contatto con l’urgenza di lei, Alex infilò le mani sotto la maglia larga del concerto di Bruce Springsteen e strinse con forza la vita nuda di Andy, spingendola il più possibile contro di sé. Le morse il labbro inferiore prima di tornare a giocare con la sua lingua. I loro nasi si sfioravano in un eccesso di foga, mentre le sue mani correvano sotto i pantaloncini da ciclista, strette tra la pelle dei glutei e il tessuto tecnico.
Le labbra di Andy si staccarono dalle sue e Alex la seguì per un momento, sporgendosi in avanti. Poi sorrise leccandosi le labbra umide e la guardò negli occhi, a un paio di centimetri di distanza. Lei, nonostante fosse stata la prima a baciarlo, sembrava ancora confusa e spaesata. Alex allora le diede un bacio soffice sul naso e si staccò da lei, per lasciarle il suo spazio: era evidente perfino a lui che ad agire era stato puro istinto e niente di razionale.
«Dicevo… bel pezzo!» scherzò lui per metterla a proprio agio, ravviandosi i lunghi capelli neri.
Andy si toccò le labbra con due dita, come per verificare che ci fossero ancora, come se avessero agito di testa propria. Poi tornò a guardarlo, ancora confusa e piena d’indecisione.
«Non… non volevo che te ne andassi» spiegò lei in un soffio, sottovoce.
«Be’, sei stata convincente» rispose Alex, cercando di nascondere un sorriso malizioso.
Lei avrebbe voluto non ridere, ma gli concesse un sorrisetto prima di scuotere la testa e guardarsi le Vans nere e consumate. Si sentiva ancora bruciare la pelle dove Alex l’aveva stretta, sui fianchi e sul sedere, con quell’urgenza che, in tutta onestà, l’aveva fatta impazzire per un secondo. Sospirò, cercando di riordinare i pensieri.
«E ora?» chiese, con un’onestà di cui solo lei era capace.
«Sempre le domande più difficili, Stonem» rispose Alex guardandola negli occhi. «Ora… Be’, ora non sai quanto vorrei prenderti e portarti a casa mia infrangendo tutti i limiti di velocità da qui al mio condominio e passare il poco che resta della notte chiuso in camera da letto con te, dopo averlo sognato per quattro giorni di fila… ma credo sia meglio darci la buonanotte.»
Andy sospirò, le sue parole l’avevano eccitata forse più del bacio in sé: era la prima volta da quando si erano conosciuti che le aveva esplicitamente detto quanto la voleva, anche dal punto di vista prettamente fisico. E lei non era da meno, lo voleva almeno allo stesso modo. Si morse il labbro, un po’ orgogliosa di avere quell’effetto su di lui. Tuttavia annuì, aveva ragione. «Sì, credo anche io» confermò stropicciandosi il viso con le mani, come per svegliarsi da un sogno.
«Però ci sentiamo domani, cioè, oggi, vista l’ora…» continuò Alex con un sorriso. «Okay?» Si avvicinò di nuovo a lei e la abbracciò, prima di avvicinare il naso al suo collo fresco e sussurrare: «Stavolta non mi scappi, Stonem».
Lei lo abbracciò a sua volta allargando i palmi delle mani sulla sua schiena tonica e definita, sotto la camicia nera. Rabbrividì al contatto e appoggiò la testa contro la sua spalla per lasciarsi cullare un secondo in quell’abbraccio che aveva il suo odore. Lui le lasciò un soffice bacio sul collo.
«Buonanotte» disse Alex.
Lei lo strinse a sé ancora un secondo prima di lasciarlo andare. Lo guardò negli occhi mentre il sole stava ormai sorgendo, dovevano essere passate almeno due ore da quando era uscita di casa. «Buonanotte» ripeté lei, anche se sapevano entrambi che nessuno dei due avrebbe chiuso occhio.
Alex si voltò per andarsene lanciandole un ultimo sorriso. «Alex…» lo chiamò di nuovo lei. Quando si fu voltato, chiese, a bruciapelo: «Quando riparti per il tour?».
Lui la fissò per qualche secondo, a un paio di metri di distanza, poi prese coraggio: «Tra una settimana». Si grattò la nuca con l’indice e aggiunse, riluttante: «Stiamo via quattro mesi».
Lei non poté fare a meno di lasciarsi scappare un’espressione stupefatta: quattro mesi?! Ancora? Suo malgrado annuì, ma il sorriso l’aveva abbandonata all’istante. «Okay, buonanotte» disse Andy, prima di incamminarsi verso casa senza voltarsi.
 
 
 
 
Ehi, mi puoi chiamare oggi pomeriggio? Stacco alle 16.
 
Sì, certo. Ti chiamo dopo.
Ma che è successo?
Tutto ok?
Stai bene?
Riguarda Marg?
 
Come sempre, Miles l’aveva inondata di messaggi in risposta a una singola domanda.
Era uno dei suoi tratti distintivi. E solitamente quel fiume di parole si verificava anche in conversazioni dal vivo, in cui Miles faceva fatica a prendere fiato. Andy aveva guardato arrivare quella cascata di messaggi mentre sorseggiava il secondo caffè della giornata, stavolta più necessario del solito: aveva dormito appena quattro ore.
 
Sì Miles, non preoccuparti, sto bene e anche Marg sta bene ;) Ieri notte ho visto Alex, voglio solo fare due chiacchiere con teeeeeeeee!
 
AH… OKAY…
OH-OH.
 
Già, oh-oh. Andy ripose il telefono nella borsa di tela e si ripromise di non pensare più a quella faccenda per il resto della giornata lavorativa. L’ultimo scambio con Alex aveva rovinato tutto il resto, lasciandole un ricordo amaro di quella notte.
 

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Capitolo 12
*** 12. ***


12.

 
«Ehi, Miles» rispose Andy al telefono entrando nel bar vicino all’ufficio.
«Ehi, bellezza! Come stai?» la investì lui con il solito entusiasmo. Involontariamente, Andy sorrise e si sedette al tavolo che sceglieva sempre. Stranamente, il posto era completamente deserto. Forse è più presto del solito?
«Dai, bene, diciamo bene… Tu come stai?»
«Bene, oggi sono in sala di registrazione, sai, l’ispirazione e tutte quelle stronzate… ho fatto volentieri una pausa per la mia inglese preferita.» Andy rise di gusto scuotendo la testa. Quando si avvicinò la cameriera, allontanò il telefono e le chiese un americano e un muffin al limone. «Be’? Sputa il rospo, dai, mi piace questo nuovo ruolo di confidente, mi sembra di essere in un romanzo della Austen!»
«Ieri notte Alex mi ha chiamato, alle 4… ed era sotto casa mia.» Andy sapeva benissimo che Miles avrebbe riferito tutto al suo migliore amico, ma non le interessava, aveva bisogno di parlare con qualcuno che lo conosceva bene, e soprattutto che conosceva il lavoro di rockstar di fama mondiale.
«Elegante, classico, romantico… Colpo da maestro. Vai avanti.»
«Abbiamo parlato, o comunque ci abbiamo provato… Alex mi sembrava abbastanza confuso.»
«Sì, non stento a crederci, ci siamo visti in questi giorni e non riusciva a mettere in fila i pensieri.»
«Okay… Be’, ha provato a dirmi qualcosa, che sembrava molto simile a un “riproviamoci”… nonostante non ci siano trascorsi di tentativi veri e propri, tra noi due… ma comunque…»
«Be’, era quello che voleva dirti, per quanto ne so, quindi direi che alla fine è riuscito a spiegarsi.»
Andy sospirò e ringraziò con un cenno la cameriera quando arrivò la sua ordinazione.
«Bene. Dopo tutto questo, mi ha anche detto che partiranno di nuovo in tour, per quattro mesi» finì scandendo con una certa lentezza le ultime tre parole. «Ora, io posso solo immaginare, mentre tu sai quanto deve essere folle un tour degli Arctic. Quindi dimmi: che senso ha? Perché io non lo so.» Miles fischiò dall’altra parte del telefono, come per sottolineare l’importanza della questione. Ma Andy non gli diede tempo di rispondere, e aggiunse: «Detto tra noi, non ho alcuna voglia di aspettare con le mani in mano che Alex Turner torni dal tour tra quattro mesi per starci insieme due settimane, e poi non rivederlo né sentirlo per altri otto, e ricascarci, e poi riperderlo, e ricascarci… Non sono fatta per resistere a una simile tortura».
Miles si schiarì la gola, impressionato da quelli che sembravano pensieri maturati in un certo quantitativo di tempo. Stette zitto qualche secondo e poi rispose: «Cosa vuoi che ti dica?».
Andy giocherellò con la tazza tra le dita. «La verità?»
«Be’, la verità è che è impossibile stare con un musicista in tour. Gli orari sono sempre diversi, si perde il focus, si perde la concezione del tempo e, onestamente, anche un po’ della realtà. Il tempo da dedicare a qualcun’altro, soprattutto per uno come Alex che vuole stare dietro a tutto ciò che riguarda la resa del live, è inesistente…» fece una pausa. «Ciò detto, ovviamente esistono musicisti felicemente sposati e padri di famiglia… Ma se vuoi la verità non credo che sia quello che vuole Alex. Nelle storie che ho visto funzionare, uno dei due deve seguire l’altro in tour.»
Andy si lasciò scappare una risatina sarcastica. «Sì, come no, non vedo l’ora di fare la groupie.»
Anche Miles rise. «Credimi a nessuno sano di mente passerebbe per la testa di proporti una cosa simile.»
Andy deglutì rumorosamente e annuì, nonostante Miles non potesse vederla. «Quindi, come pensavo, non c’è una soluzione.»
«Non ho detto questo.»
«Be’, non l’hai detto perché non ce n’è stato il bisogno.»
Miles tossicchiò, guadagnando tempo per risponderle. «Senti, Andy, tu sei una mia amica. Ti ho detto la verità, ma devi parlare con Alex. Soprattutto di questo.»
Lei annuì, sapeva benissimo di doverlo fare. Quella mattina lui le aveva scritto un messaggio verso le 10 – Stonem, buongiorno. Volevo dirtelo: ti sto pensando. Sto imparando a esprimermi, visto? Buona giornata –, ma lei non aveva risposto. Era ancora troppo infastidita dal loro ultimo scambio, non poteva credere che lui volesse veramente farla ricadere con tutte le scarpe in quell’infatuazione per poi mollarla per altri quattro mesi con una sola telefonata da ubriaco.
Di fatto, ciò che le aveva fatto capire la sera prima era che improvvisamente, avendola rivista, si era reso conto di volerla ancora – Ergo, non gli faccio schifo. Grande vittoria –, e solo perché Miles gli aveva raccontato di Ben lui si era sentito in dovere di marcare il territorio. Il resto lo aveva fatto lei, lo aveva baciato, gli aveva detto che gli piaceva ancora, e gli aveva chiesto del futuro, possibilmente condiviso: il tour.
«Okay Miles, hai ragione, grazie. Bacio.»
«Bacio a te, baby, ci vediamo domenica al brunch da Marg.»
«Sì, perfetto. Miles, grazie ancora.»
«Scherzi? È il minimo!» Il cantante chiuse la chiamata e Andy si ritrovò a guardare il salvaschermo del suo telefono. C’era una notifica di un messaggio.
 
Andy? Dove sei?
 
Era di nuovo Alex. Sempre così asciutto, senza superfluo, sempre così perfetto.
Lei fece un respiro profondo e decise di darsi il tempo di finire il caffè e il muffin prima anche solo di pensare di rispondergli. Ovviamente voleva vederlo, voleva baciarlo e portare fino in fondo ciò che avevano iniziato la sera prima, voleva chiarire con lui e farsi rassicurare che adesso era il loro momento, che potevano davvero iniziare a conoscersi, finalmente.
«No! Una stalker! Ti denuncio!» Andy sollevò lo sguardo confuso verso il ragazzo apparso davanti al suo tavolo.
Ben fece fatica a trattenere una risata, vedendo la sua espressione persa e anche un po’ impaurita. «Che fai? Mi segui? E poi ero io, eh?» Lei non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Ben annuì soddisfatto del suo operato. Indossava un paio di pantaloni verdi e una camicia di jeans Levi’s appena usurata. Si mise a sedere davanti a lei senza chiedere e si strinse nelle spalle. «A dirla tutta, speravo di trovarti qui.»
Lei arrossì, finora Ben era sempre stato a dir poco timido e cauto con frasi simili. In tutta risposta, arrossì anche lui, infiammando le adorabili lentiggini dorate sulle sue guance. «Be’, eccomi qui» rispose lei sorridendo e offrendogli il suo americano.
Lui prese un sorso e fece una smorfia schifata. «Il solito sciacquone. Grazie mille di averlo condiviso con me.» Lei si strinse nelle spalle sorridendo, comunque soddisfatta. «Senti, devo assolutamente finire un lavoro, ma se mi aspetti ci possiamo prendere una birra.»
Andy deglutì e si drizzò sulla sedia. Ben. Come aveva fatto a non pensare a Ben fino a ora? Lui la guardava, un po’ confuso ma comunque entusiasta, sincero e senza fronzoli. Un ragazzo interessato a una ragazza, senza tanti problemi o pensieri ingarbugliati. E le piaceva. I suoi occhi grandi, color nocciola, indugiarono sulle sue labbra per un attimo, in attesa di una risposta.
«Io… Ben, oggi non posso» rispose distogliendo lo sguardo.
«Non fa niente» si affrettò a intervenire lui. «Ti faccio compagnia il tempo di un thè e ti lascio in pace.» Le sorrise, sornione. «Anzi, meglio, così non mi distrai» la prese in giro prima di ordinare un thè verde. Andy non poté fare a meno di notare che non era scappato, né si era scoraggiato, né aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti. Ben sembrava, senza dubbio, una delle persone più genuine che avesse mai conosciuto.
«Come stai?» gli chiese, avvicinando un po’ la sedia alla sua.
«Bene, dai. Ti avevo raccontato di quel lavoro importante per cui oggi finiva la gara, no?» Andy e Ben si sentivano più o meno una volta al giorno via messaggio, si raccontavano qualcosa o si facevano semplicemente un saluto, niente di impegnativo, ma di quel lavoro le aveva parlato. Lei annuì, prendendo un morso di muffin. «Be’, voglio farti vedere l’illustratore che ha vinto: è straordinario» felice, tirò fuori il Mac dallo zaino per farle vedere delle tavole.
Andy si concesse il tempo per studiare il suo volto. I capelli castani e scompigliati gli ricadevano sulla fronte e le labbra piene erano contratte in un momento di concentrazione. Era il suo tipo, decisamente. Molto più di quanto non lo fosse Alex. Alex. Merda, il messaggio. Di sottecchi, Andy controllò lo schermo del telefono: non erano arrivati altri messaggi. Certo, Alex non era il tipo da farsi sentire due volte in caso di non risposta. Comunque, non gli rispondeva da troppo, pur avendo visualizzato il messaggio. Non voleva che pensasse che lo stava evitando… Anche se…
«Guarda qua» disse Ben riportandola alla realtà. Lei tentò di sembrare concentrata ed entusiasta, ma la sua testa stava viaggiando alla velocità della luce. Si avvicinò a lui poggiando una mano sul suo avambraccio tonico. Ben, spontaneamente, sorrise e la guardò a sua volta.
«È bravissimo» commentò lei con un tono sincero.
«Già! Verrà un libro stupendo.» Andy sorrise per l’entusiasmo contagioso del ragazzo. Poi gli diede un bacio sulla guancia.
«Devo andare, scozzese.»
Lui fece un mezzo sorrisetto imbarazzato e la guardò alzarsi. «Ci vediamo sabato, vero?»
Sabato. La festa di compleanno della sua amica a cui l’aveva invitata. Gli aveva detto che sarebbe passata. Cazzo. «Sì, ci vediamo sabato.» Che male poteva fare una festa di compleanno con un sacco di invitati, in fondo? In qualche modo doveva pur passare i suoi fine settimana. Ben annuì, soddisfatto.
«Ciao Andy» la salutò con un cenno della mano.
 
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Adesso sono a casa. Tu?
 
Rispose una volta seduta sul divano del suo appartamento.
Non voleva mentirgli, quindi aveva omesso dove si trovava nelle ore precedenti. L’ultima cosa di cui Alex aveva bisogno era un ulteriore motivo per chiamarla alle 4 di notte, e in fondo il suo rapporto con Ben non era affar suo. Così come il suo rapporto con Alex, per il momento, non doveva interessare Ben. Non si erano neanche baciati.
«Non ci credi davvero alle stronzate che hai appena detto, vero?» chiese James quando lei si spiegò con lui.
Andy rimase in silenzio. … No, ovviamente non ci credeva. Sapeva benissimo di sbagliare a non parlare della situazione generale a entrambi, ma sperava solo che si risolvesse al più presto per non dover affrontare argomenti spinosi con persone che – tutto sommato – non conosceva così bene. Erano entrambe relazioni pronte a sbocciare, una evidentemente destinata a finire in catastrofe, l’altra con prospettive ben più rosee, e serene.
«Devo dire ad Alex di Ben?»
«Sì! Quantomeno accennargli che non hai intenzione di smettere di uscire con questo scozzesino rubacuori.» James l’aveva conosciuto: l’aveva seguita al loro primo appuntamento, e ci aveva subito stretto amicizia. D’altronde, con Ben era facile andare d’accordo.
 
Riunione con il team organizzativo per il Sud America.
 
Nel leggere con lei la risposta, James fece una smorfia di disagio.
«Oh-oh» disse. «Qui qualcuno se l’è presa…»
Andy si sbatté il palmo della mano sulla faccia. Se solo con Alex fosse stato facile come lo era con Ben…
 
Possiamo parlare?
 
Ne avremo ancora per ore, e domani partiamo per un paio di giorni per uno shooting a Las Vegas.
 
Andy alzò le sopracciglia, stupita da quella risposta.
«Che presa per il culo…» mormorò, rivolta più a se stessa che a James. «Prima mi sveglia alle 4 per dirmi che mi vuole e poi perché non rispondo a un messaggio mi bidona senza nemmeno chiedermi scusa.»
James annuì. «Se posso, un po’ me lo aspettavo, visto il personaggio.»
Il telefono vibrò ancora e le loro teste curiose si fiondarono all’unisono sullo schermo.
 
Scusa. Non sai quanto mi piacerebbe passare la giornata con te. Domenica ho tutto il tempo che vuoi. Te l’ho detto, non mi scappi.
 
James fece una faccia soddisfatta e incrociò le braccia sul petto. «Be’, decisamente meglio…»
Lei non poté fare a meno di sorridere. Gli rispose subito, presa dall’entusiasmo del momento.
 
Domenica ci sarebbe il brunch da Marg…
 
Ti passo a prendere alle 11, andiamo insieme? Per cena cucino io.
Abbiamo un conto in sospeso, io e te.
 
Okay, se Marg ti fa entrare…
 
James le lanciò un’occhiata piena di giudizi e si alzò dal divano. «Ti lascio a scrivere le tue porcate, vado a finire Sense8
Andy quasi non sentì le sue parole, e con un sorriso chilometrico in faccia poggio la nuca contro il divano. Nonostante tutto, non vedeva l’ora che arrivasse domenica.
 
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Sabato pomeriggio prese la metro rail per andare da Marg a provare qualche vestito per quella sera, come le aveva promesso. Aveva lavorato tutto il giorno all’intervista a Lady Gaga del lunedì successivo, che sarebbe diventato una sorta di speciale per la KROQ, di più di un’ora. Il suo nuovo boss, a capo dell’area scrittura, credeva molto in lei e le aveva lasciato praticamente carta bianca, ma per le quattro del pomeriggio aveva dovuto inviargli la bozza definitiva per una revisione.
Scese alla fermata corretta scorrendo le mail di lavoro per vedere se ci fosse qualche feedback. Ancora niente. Dopo qualche minuto suonò il campanello di Marg e salì in ascensore fino al quinto piano. L’amica la stava aspettando con addosso una tuta da casa sulla soglia della porta. Le rivolse subito uno sguardo inquisitore e puntò l’indice accusatore contro di lei.
«Qualcuno ha fatto la spia e mi ha raccontato di un incontro notturno…»
Andy sorrise ed entrò in casa. «Te lo volevo raccontare oggi, okay?»
«Sì, sì… come no.» Marg la abbracciò e le diede due baci sulle guance. Andy si tolse il cappotto e lo poggiò sull’attaccapanni: ormai casa di Marg per lei non aveva segreti, si conoscevano da appena un anno ma ci era stata talmente tante volte che non avrebbe saputo indicare un numero preciso. «Dai, vieni» disse Marg prendendola sotto braccio e portandola in camera da letto, doveva aveva parte dei suoi innumerevoli armadi.
Al pensiero del casino che potenzialmente poteva far scoppiare principalmente nella sua testa – e nella sua vita –, Andy si sedette sul letto con un tonfo, abbassando la testa come farebbe un peluche. «Che casino, Marg» borbottò.
La sua amica la imitò e le si sedette accanto, ma non poté fare a meno di ridacchiare e di esclamare, sarcasticamente: «Melodrammatica… due uomini che ti vogliono, che tragedia!».
Andy le diede una gomitata amichevole prima di tornare su con la testa e guardarla negli occhi. Marg era serena, anzi, divertita dalla situazione. La sua espressione la rassicurò: tutto si può risolvere, non sono questi i problemi della vita. «Dai, fammi vestire alla moda, una volta ogni tanto…»
Marg non se lo fece ripetere due volte e iniziò a mostrarle tutta la selezione che aveva fatto per lei. Mille volte le aveva suggerito di sfruttare il suo guardaroba, ma Andy si sentiva sempre a disagio e quindi aveva rifiutato sempre; tuttavia Miles le aveva confessato che a Marg sarebbe molto piaciuto, che è uno dei suoi modi di dimostrare affetto, quindi alla prima occasione buona aveva approfittato della vastissima scelta dell’amica. Le fece vedere – e provare – cinque abiti differenti, ma alla fine si incaponì su un vestito in seta verde simile a una sottoveste con le spalline a canottiera che lasciava molto poco all’immaginazione, visto che il tessuto cadeva su ogni singolo avvallamento del suo corpo. Per convincere Andy ci volle almeno mezz’ora: non era assolutamente il suo stile, e dovettero trovare un compromesso con una giacca oversize di velluto bianca da portare sopra il vestito. «Perfetto, così mi rovini tutto il look, inglese dal pessimo gusto» si lamentò Marg. Ma Andy sorrise e le baciò una guancia prima di ributtarsi a sedere sul letto.
«Okay, quindi abbiamo un vestito approvato e indossato. Quindi cosa farai… qual è il piano?»
Andy sospirò, prendendosi la testa tra le mani. «Il piano è un casino. Diciamo che vorrei prima passare la giornata di domani con Alex, parlarci, e provare a capire cosa voglio davvero…»
Marg sollevò un sopracciglio, dubbiosa: «E la sera di stasera la passerai con Ben?».
Andy sospirò di nuovo, lasciandosi cadere all’indietro sul letto dell’amica. Marg la imitò e si distese accanto a lei. «Possiamo venire qui al brunch domenica, vero?»
«Se proprio dovete…» rispose lei spintonandola con fare canzonatorio.
 
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James l’aveva raggiunta a casa di Marg e da lì, insieme, avevano preso un Uber verso l’SOS, il locale in cui si sarebbero trovati tutti gli amici di Georgia, la festeggiata.
Andy lo aveva ringraziato infinite volte per averla accompagnata, ma ovviamente non era stato abbastanza, per cui gli aveva promesso di offrirgli una cena fuori nel suo locale indiano preferito. Uno scambio equo agli occhi di entrambi.
«E smettila di mangiarti le unghie che sembri una dodicenne!» la rimbrottò passeggiandole accanto sul marciapiede.
«Cristo santo se sei un rompipalle» borbottò lei ficcandosi le mani nelle tasche del cappotto.
Arrivarono di fronte al locale, e da dietro Andy si sentì toccare da due mani le spalle. Trasalì e sobbalzò, spaventata come se fosse in un film dell’orrore: forse era un po’ troppo nervosa. Davanti a sé trovò solo Ben, una camicia verde, un paio di jeans e un sorriso mozzafiato.
«Ehi! Ti ho fatto paura?!» chiese ridendo. La abbracciò prima di abbracciare anche James e scambiare due parole con lui.
«Scusala, è allergica a incontrare persone nuove» la prese in giro James. Andy rise e diede una spintarella al suo coinquilino borbottando «Idiota».
«Venite, dai, vi presento i miei amici» disse James prima di passarle un braccio attorno al collo e guidare entrambi verso una dozzina di persone, poco distanti. Una ragazza stava raccontando qualcosa facendo grandi gesti, circondata da risate sguaiate.
Al loro arrivo si aprì un varco e Andy rivolse un sorriso imbarazzato alla comitiva. Il sorriso, tuttavia, svanì all’istante: davanti a lei c’era, innegabilmente, Alex Turner. Non appena lo notò, i suoi occhi si fissarono su di lui, confusi e spaventati. Cosa? Come è possibile… Perché?! Perché a me?!
Alex ebbe la stessa reazione: il sorriso che aveva sulle labbra rivolto evidentemente alle chiacchiere con i suoi amici svanì in un nanosecondo e i suoi occhi si gelarono in quelli di lei. Per entrambi, il tempo parve rallentare. La sigaretta che Alex stava portando alle labbra rimase ferma a mezz’aria, e la sua bocca si aprì di un centimetro scarso per la sorpresa. Era stato preso totalmente in contropiede.
«… Lea, la festeggiata, Georgia, e ovviamente Alex, che conoscerai come il cantante di una delle band più famose del mondo…» riuscì a sentire Andy quando le parole scalfirono il mondo ovattato in cui era caduta in un solo istante. Le sembrava di aver fatto un incidente frontale, ma nel mentre Ben stava tentando di presentarle i suoi amici con il suo solito tono spensierato e gioioso.
James abbassò lo sguardo e prese a stringere le mani dei presenti per cercare di togliersi dall’imbarazzo, mentre Alex fu costretto a prendere coraggio, notando che Andy era ancora paralizzata sotto il mezzo abbraccio di Ben. «In realtà, io e Andy già ci conosciamo, mi intervistò tempo fa alla KROQ» accompagnò le parole con un sorriso imbarazzato.
Lei, completamente nel panico, passò lo sguardo da Ben ad Alex, e da Alex a Ben. Poi si schiarì la voce e, annuendo, provò a blaterare: «C-ciao… Piacere di conoscervi, piacere e… tanti auguri».
Ben si voltò a guardarla, un po’ stranito da quel comportamento impacciato, e le tolse il braccio dalle spalle. «Ah, fico! Non lo sapevo. Io e Al ci conosciamo da qualche anno, ha lavorato con Georgia al lancio di un libro di Cooper Clarke e sono rimasti in contatto» spiegò Ben ad Alex con il solito tono vivace. Andy fece un sorriso di circostanza e annuì senza avere veramente capito che cosa le aveva appena detto. Si morse un labbro con forza per il nervosismo, deglutì e annuì di nuovo.
«Capito… capito.» Porca puttana.
«Ciao, Andy» disse Alex dopo aver fatto un tiro di sigaretta. Si stava atteggiando da rockstar. Indossava un paio di pantaloni neri di sartoria e una maglietta bianca a maniche corte perfettamente stirata con degli stivaletti in pelle. Gli occhiali da sole pendevano dal colletto. Lei lo guardò in silenzio, cercando di indagare con cautela su quale fosse stata la sua reazione a quell’improvvisata micidiale e le sembrò di scorgere solo una grande amarezza.
Andy avrebbe solo voluto scomparire. In tutta onestà, in quel momento ebbe la sensazione di non aver fatto una sola scelta corretta in vita sua: una lunga sfilza di idiozie doveva averla portata a essere lì in quel momento, a presentarsi sorridente e sotto il braccio di un ragazzo adorabile di fronte a quel cazzo di enigma impossibile che era Alex Turner… con cui avrebbe dovuto passare tutto il giorno seguente, in quello che sperava fosse un misto di romanticismo e passione sfrenata. Quell’Alex che non sapeva niente di dove fosse, men che meno che fosse a fare serata con il tipo di cui gli aveva parlato Miles.
Andy sospirò e strinse le mani in due pugni nervosi nelle tasche del cappotto di velluto. «Ciao, Alex.»
La verità è che non poteva scomparire, né far tornare indietro il tempo, doveva però capire come uscire da quell’impiccio il prima possibile. Come sempre, il suo primo istinto fu quello di dire la verità: gridare VOGLIO USCIRE CON ENTRAMBI! SCUSATE! FORSE DOVEVO PARLARVENE!, ma le parve un gesto di eclatante egomania, quindi, semplicemente, si zittì.
Per dieci minuti buoni, quando Ben tentava di coinvolgerla in una conversazione con i suoi amici, lei si limitava ad annuire e sorridere timidamente, oppure conversava sottovoce con James di argomenti il più lontani possibile da quella situazione tremenda: come, per esempio, a proposito dei vincitori dell’Eurovision.
Alex, da parte sua, era calato in un mutismo assoluto e non fingeva neanche di rispondere alle domande dirette che di tanto in tanto venivano sparate nella sua direzione. Finì il suo drink in appena due sorsi e fumò la sigaretta in non più di tre tiri. Non le rivolse neanche l’accenno di uno sguardo: si era voltato di tre quarti ed evidentemente stava cercando di escluderla completamente dal suo campo visivo.
«Vado a prendere da bere» annunciò Andy a un tono più alto del normale, rivolta un po’ a tutti, un po’ a nessuno. L’ultima cosa che voleva era mettersi a parlare con Ben come se fosse il suo ragazzo e sussurrarglielo nell’orecchio. Lui si voltò e fece per dirle qualcosa, probabilmente voleva offrirsi per farlo al posto suo – cazzo, adorabile –, ma Andy non gli diede il tempo: girò i tacchi e si avviò con uno sprint verso l’interno del bar, stracolmo di gente.
Adesso mi rannicchio a terra e resto qui tutta la sera, pensò. Una mano le toccò la spalla e il terrore la colse, ma quando si voltò trovo solamente James, che la guardava con un’espressione di disagio.
«Che dire… è un bel casino» disse, raggiungendola tra la gente. Doveva praticamente urlare per farsi sentire oltre al frastuono della musica dal vivo. Un gruppo di cinque componenti stava suonando un repertorio di musica indie. In quel momento, toccava a una cover dei Vampire Weekend.
«È un bel cazzo di casino, James… Come faccio?» quasi gridò, disperata, continuando ad avvicinarsi al bancone. Finalmente lo raggiunsero e iniziarono a cercare di incrociare lo sguardo di un barista benevolo. Per il caldo e il nervosismo, si legò i capelli in una coda alta.
Il suo coinquilino scosse la testa, incredulo anche lui per quell’assurda coincidenza. «Voglio dire… chi cazzo avrebbe pensato…»
«Esatto! Chi cazzo avrebbe pensato! Ma come ne esco?!» Ormai Andy era praticamente isterica.
Dopo aver tamburellato il dito sul bancone, lui la guardò e bisbigliò: «Puoi far finta di avere un’emergenza… di stomaco… il cagotto?».
Andy gli lanciò un’occhiataccia e si sbracciò per catturare l’attenzione della barista. «Ciao! Scusa, ci fai due Negroni? Fortissimi, grazie.» Pagò subito con la carta e si mise ad attendere il drink.
James la studiava: aveva paura di essere sbranato alla prima parola errata. «Sul serio, che vuoi fare?» le chiese poggiando i gomiti sul bancone alto.
«Sul serio, non lo so» gli rispose, rivolgendogli uno sguardo terrorizzato. Era sull’orlo di una crisi di nervi: non aveva idea di come uscire da quella situazione agghiacciante senza ferire nessuno o mandare all’aria un potenziale futuro felice. A ondate arrivava anche una sorta di consapevolezza che non avesse fatto davvero niente di male: non era fidanzata con nessuno, e per quanto ne sapeva sia Ben che Alex potevano troncare tutto dopo due giorni, o potevano uscire con altre cento persone. In fondo, non era così grave. Voglio dire, Alex aveva passato due volte la notte con la sua coinquilina e il giorno stesso voleva baciarla a Griffith Park.
«Possiamo restare qui un po’?»
James annuì, prendendo il drink tra le mani e dando subito una bella sorsata. All’istante, fece un’espressione disgustata. «Dio, quant’è forte…» tossicchiò un po’ e seguì Andy per spostarsi in un angolo meno affollato del locale, dove presero posto su due sgabelli e osservarono un po’ la band in silenzio. «Alex sembra incazzato nero» constatò poi lanciando un’occhiata di sottecchi verso Andy.
Lei ricambiò l’occhiata e bevve il Negroni. «Già… giust’appunto, mi sa che mi nasconderò qui per un paio d’ore» rispose Andy con un tono a metà tra il lamento e il sarcasmo.
James e Andy finirono i drink e ne ordinarono altri due: ormai erano spariti da almeno quaranta minuti dal resto della compagnia, che alla spicciolata ogni tanto entrava nel bar per ordinare da bere. Ogni volta, Andy faceva il possibile per voltarsi e non essere riconoscibile. Lanciò un paio di occhiate al telefono, nella speranza che Alex le scrivesse qualcosa… Qualcosa del tipo “è tutto okay” o “dove sei?”. Lo schermo le restituì il silenzio assoluto che lui aveva deciso di riservarle.
«Che serata del cazzo…» commentò Andy con un sospiro. «Ancora non posso credere che conosca Ben. In tutta questa enorme città doveva proprio conoscere lui!»
«Se non altro non sembrano migliori amici… Poteva andare peggio» replicò James prendendo un altro sorso dalla cannuccia.
All’improvviso all’altro lato del bar si sentì un gran trambusto, tra grida e applausi. La folla parve aprirsi come l’acqua di Mosè per far spazio a qualcuno, che dopo qualche minuto di confusione salì sul palco. A cinque metri di distanza da loro, Alex Turner prese il microfono in mano, tra gli applausi scroscianti del pubblico e dei suoi amici presenti, che apparivano esaltati per aver finalmente convinto il cantante a esibirsi al compleanno di Georgia. I musicisti, ovviamente, sembravano tutti entusiasti, e perfino il cantante si fece da parte volentieri: non capita tutti giorni di poter vedere una star internazionale esibirsi in una serata casuale e in un locale tanto piccolo.
Andy voleva affogare nel suo drink, ma rimase ferma a guardarlo: purtroppo, la sua visuale era perfetta, il che implicava che anche Alex poteva vederla benissimo, con James e il suo drink nascosta in un angolo.
«Be’, forse può andare peggio…» commentò sottovoce il suo coinquilino.
Nonostante la sua fama mondiale, Alex pareva a disagio, continuava a toccarsi i capelli e a sorridere gentilmente ai musicisti che sembravano inondarlo di parole. Annuiva e lanciava sguardi agitati, evidentemente era stato costretto, forse per far contenta la festeggiata.
Andy spostò appena lo sguardo e, sotto il palco, notò la comitiva di amici che aveva conosciuto poco prima. Tra loro, Ben gridava gioioso di iniziare a cantare e, in coro, intonava il nome di Alex con altri ragazzi. Andy sospirò: per fortuna non si era allarmato della sua assenza. Conoscendolo, pensò che si fosse impegnato nel rendere contenta la festeggiata dandosi una qualche giustificazione alla sua ormai prolungata sparizione.
Andy prese un lungo sorso del suo secondo drink fino a finirlo. Lo poggiò su un tavolino e tolse la giacca di velluto per legarla in vita. Tutto quell’alcol iniziava a farle sentire caldo. Si passò una mano sulla fronte per sistemare tutti i ciuffetti che le erano scappati dalla coda e si preparò a soffrire. Ecco la mia punizione.
«Signori e signore…» tuonò d’un tratto il microfono, la voce profonda di Alex riempì il locale. Lei lo guardò, rassegnandosi definitivamente a dover assistere a quello spettacolo. «… sono Alex Turner. Vi dispiace se canto un paio di pezzi per voi?» Il poco pubblico presente impazzì, e anche le persone che erano fuori sul marciapiede si precipitarono dentro al locale per capire cosa stesse succedendo. «Assicuriamoci prima che questi gentlemen conoscano il repertorio» borbottò divertito voltandosi verso i membri della band per consigliarsi con loro.
Nelle prime file iniziarono ad alzarsi alcuni telefoni, pronti a riprendere quella fortunata e inusuale performance intima. Dopo qualche assenso e risata entusiasta dei componenti della band, che sembravano pendere dalle labbra di Alex, il cantante si riavvicinò al microfono con un’espressione concentrata e compiaciuta al tempo stesso. «Qualcuno qui conosce per caso una canzone chiamata Do I Wanna KnowDomanda, a dir poco, retorica. Di nuovo, i presenti risposero con delle grida intellegibili. Si sarebbe detto che sì, conoscessero la canzone chiamata Do I Wanna Know, loro e l’intera popolazione mondiale.
Quasi all’istante, la band dal vivo replicò le prime note del brano di AM e, nonostante l’acustica non fosse delle migliori, la voce di Alex iniziò a risuonare contro le pareti come la più soave delle sirene incantatrici, e i presenti non poterono fare a meno di gridare di nuovo. Andy, dal canto suo, rimase paralizzata a osservarlo fare la sua magia – nella speranza che non si accorgesse di lei in fondo alla sala ­–: sembrava un’altra persona. Era infinitamente sicuro di sé, la sua voce non aveva il minimo accenno di indecisione e iniziò a muoversi a tempo di musica con piccoli movimenti di bacino, aggiustandosi il microfono con le salde dita bianche. Tra un verso e l’altro lanciava sguardi tra l’arrogante e il sensuale attorno a sé. A forza di guardarsi casualmente attorno per coinvolgere il più possibile i presenti, sul ritornello inevitabilmente scorse Andy tra la folla.
«… busy bein’ yours to fall for somebody new, now I thought it through… Crawlin’ back to you» terminò non staccandogli gli occhi di dosso. Andy, a sua volta, lo fissava. Lo aveva già visto in concerto, ovviamente, tanto tempo prima, ma al di là dei propri confusi sentimenti e del casino che aveva infiocchettato doveva ammettere che era contenta di assistere a un momento simile: veder cantare Alex Turner a così pochi metri di distanza non succedeva tutti i giorni. Lui proseguì con la sua performance, impeccabile come sempre, totalmente inscalfibile in quella che era, a tutti gli effetti, la sua casa: il palco. Andy sapeva perfettamente che un professionista di tale portata non si sarebbe fatto distrarre da niente, tantomeno da lei, che lo fissava dal fondo della sala.
Di tanto in tanto lanciava qualche sguardo alle persone in prima fila accompagnandoli alle – sensualissime – parole della canzone. Oltre all’emozione di sentire dal vivo di nuovo la voce di Alex, Andy non poté fare a meno di pensare che, comunque, quella canzone si adattava benissimo alla loro situazione. Anzi, perfettamente.
«But we could be together, if you wanted to…» cantò anche Andy con il resto del pubblico presente imitando Alex. Poi, con James, cantarono insieme il ritornello con trasporto, come se fossero davvero a un concerto degli Arctic Monkeys. «Ever thought of callin’ daaaarliin’…» proseguirono scambiandosi un sorriso. Che pezzo fantastico, è senza tempo, si trovò a pensare Andy.
Alla fine del brano, si unirono al coro di applausi e di gridolini. Alex alzò una mano in segno di riconoscenza. «Facciamo un bell’applauso a Georgia: buon compleanno amica mia» disse con la sua voce vellutata. La comitiva di Ben si esibì in applausi e grida da stadio, mentre Georgia rideva imbarazzata, in prima fila. Il resto dei presenti applaudì con meno convinzione, cercando tra la gente il volto della festeggiata per poter invidiare la beneficiaria di quella performance tanto speciale.
«Okay, solo un altro pezzo e poi tolgo il disturbo e lascio suonare questi bravi ragazzi… Scusate l’imposizione» si leccò le labbra beandosi per l’adorazione generale. «La prossima è meno conosciuta, un pezzo che si potrebbe definire… storico» proseguì con un tono basso sensuale. «Quasi un anno fa mi è stato detto essere il mio testo più bello: sarete voi a giudicare.»
Partirono le note di She’s Thunderstorm. Andy sorrise. Era quello che gli aveva detto la prima volta che si erano visti, quando aveva intervistato lui e Matt. Lo fissò e assunse un’espressione grata quando gli occhi del cantante si poggiarono su di lei per un secondo, senza l’intenzione però di restare.
«In an unusual place, when you’re feeling far away… She does what the night does to the day…» si unì al coro con trasporto Andy chiudendo gli occhi.
Stavolta, lo show di Alex non era sexy, ma sognante. Per la maggior parte del tempo fissò il vuoto davanti a sé. Aveva una voce splendida, perfetta e vellutata. La maggior parte del pubblico non conosceva la canzone, ma qualche fan appassionato sì, e continuò a registrare video della performance. Anche Andy non poté fare a meno di tirare fuori il telefono e scattargli una foto, solo per ricordo. Nello scatto il cantante aveva gli occhi chiusi, stava di profilo e una mano era alzata sopra la testa, le dita in movimento come per suonare un tamburello immaginario.
Al termine della canzone, Andy ripose il telefono nella tasca del cappotto e applaudì con il resto del pubblico. Alex la guardò per un istante ma senza espressioni particolari, poi fece un inchino per tutti i presenti. «Grazie, e ringrazio anche i miei amici che mi hanno obbligato a fare questa improvvisata, causandomi immenso imbarazzo… Buona serata a tutti» concluse tra le risate sguaiate del gruppetto in prima fila.
Il suo taglio alla moda sparì tra le tante teste, e Andy si voltò finalmente verso James: «Posso usarti come scusa?».
Lui roteò gli occhi, sbuffando. «Cristo santo… Okay, va bene. Cos’ho, stavolta? Una gamba rotta? Mi hanno rubato la bici? Ho la meningite? Ho perso un parente stretto?» Andy non poté fare a meno di sorridere, era così plateale, con quelle mani sempre a gesticolare.
«Adesso vediamo che mi invento… Mettiamo in atto la grande fuga, dai.» Andy si alzò e con non poca difficoltà per la calca raggiunse prima il palco e poi si diresse verso l’uscita. Con la coda dell’occhio, notò che Alex era stato placcato da almeno tre ragazze, non vide Andy neanche quando gli passò di fianco. In compenso, la ragazza scorse la testa castana e scompigliata di Ben sul marciapiede, così si diresse verso di lui con un’espressione contrita.
Una volta raggiunto, venne investita all’istante dalle sue parole divertite: «Andy! Dove eri finita? Tutto bene? Hai visto la performance di Alex? È stato fighissimo!». Annuì, sì, aveva visto la performance di Alex. Sorrise guardandolo dritto negli occhi: era leggermente accaldato per via dell’alcol e della calca sotto il palco, sicuramente aveva cantato e sbraitato più di tutti, ed era adorabile, con i capelli bagnati dal sudore qua e là. Si sentiva in colpa, non voleva dirgli una bugia e raccontargli che doveva andarsene per via di James: era grande abbastanza.
«Ben, scusami… oggi è proprio una giornata no, devo tornare a casa. Mi permetti di spiegarti tutto, con calma, la prossima settimana?» Lui le rivolse subito uno sguardo confuso e preoccupato, le sopracciglia folte a incorniciare i grandi occhi nocciola.
«Ma… sì, sì, certo, assolutamente. Hai bisogno di qualcosa?» le chiese toccandole un braccio nudo, come per assicurarsi che non cadesse a terra. Andy scosse la testa prima di abbracciarlo spontaneamente: era impossibile non farlo, con uno come lui. Si alzò leggermente in punta di piedi e strinse le braccia attorno al suo collo, mentre lui le poggiava le mani sulla schiena, coperta solo dal vestitino di seta.
Quando Andy si staccò, notò che si era imbarazzato, ma comunque le lasciò un bacio sulla guancia. «Chiama se hai bisogno di qualsiasi cosa, okay?»
«Okay» rispose lei prima di dargli un cinque scherzoso. «Ci sentiamo, e scusa ancora.» Quando si voltò per cercare James e andarsene finalmente da quell’inferno, scorse la figura di Alex a qualche metro di distanza, stava ancora parlando con una delle ragazze di prima, stavano fumando una sigaretta con una birra. Per andarsene, doveva passargli davanti.
Dopo essersi bloccata a metà passo, prese coraggio e si avviò sul marciapiede. Dopo qualche secondo Alex alzò lo sguardo e la notò, ammutolendo. La fissò negli occhi e lanciò anche un rapido sguardo alla sua intera figura. Andy, forse rinvigorita dall’abbraccio di Ben e dall’abbondante alcol dei due cocktail, prese il coraggio a due mani, pur sempre con la consapevolezza che con ogni probabilità, dietro di lei, scozzese la stava guardando andare via. Si fermò davanti ad Alex e rivolse un sorriso gentile alla sua interlocutrice.
«Ehi… noi torniamo a casa.» Fece una pausa di un paio di secondi per sondare una qualsiasi reazione ma Alex continuava a fissarla, imperterrito. «Fammi sapere per domani, okay? Se vuoi ancora farlo o no.» Dopo quella che le parve un’eternità lui annuì, sempre in religioso silenzio. La ragazza al suo fianco, in compenso, iniziò a squadrare Andy con un’espressione confusa, ma lei non ci fece minimamente caso. Se adesso mi preoccupo pure di questa stanotte mi conviene farmi internare alla neurodeliri: mi devo preoccupare di una cosa alla volta.
«Buonanotte» riuscì finalmente a dire Alex. Fece un tiro di sigaretta sprezzante.
«Buonanotte» ripeté Andy con amarezza mentre lo sorpassava.

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