ghiaccio bollente

di annaregotti
(/viewuser.php?uid=750132)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** particolari non trascurabili ***
Capitolo 2: *** R. ***
Capitolo 3: *** E. ***
Capitolo 4: *** Una serata al Musain ***
Capitolo 5: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 6: *** Conversazioni stralunate ***
Capitolo 7: *** L'agonia della barricata (parte prima) ***
Capitolo 8: *** L'agonia della barricata (parte seconda) ***



Capitolo 1
*** particolari non trascurabili ***


Eccomi! Finalmente sono riuscita a vincere le mie paranoie (e se non piace? E se mi criticano? O se -orrore- nessuno la legge?) e a pubblicare la mia fanfiction. Che dire, vegeta nei meandri nel mio pc già da tempo e spero davvero che possa suscitare un qualche tipo di reazione.
Ho cercato di focalizzarmi sulla psicologia dei personaggi che sono una vera miniera d'oro e sul periodo storico che adoro, poi sono stata travolta da questo favoloso fandom e si, ebbene si, mi sono innamorata follemente di Grantaire ed Enjolras. E di tutti i Les Amis, ovviamente: mi sembra di conoscerli da sempre.
Spero di aggiornare giorno per giorno e ci sono in prevsione una decina di capitoli sui quali già sto lavorando, mi scuso anticipatamente sugli errori grammaticali che potreste trovare leggendo: ogni tipo di critica o incoraggiamento sarà ben accetto. Vi ringrazio :)
Buona lettura!
PS: mi piacerebbe essere "adottata" dal fandom, ho terribilmente bisogno delle vostre critiche e i vostri suggerimenti.

                            


Particolari Non trascurabili


~~Il maggio odoroso stava volgendo al termine, portando con sé il gelo e il brutto tempo, lasciando invece i caldi raggi del sole, i fiori, i frutti
succosi, l’erba alta, la bella stagione…mentre Proserpina gioiva il cittadini di Parigi non si poteva dire che stessero facendo lo stesso: gli strascichi di della Rivoluzione, di quell’anno terribile ed insieme magnifico –il ’93-, di Madama Ghigliottina, di Marat – l’ami du peuple -, dei brissottini, il ciclone di Maximilen Robesperierre, i diritti dell’uomo e del cittadino…eventi che hanno fatto la Grande Storia, perché “la storia trascura quasi sempre tutti questi particolari, e non può fare altrimenti senza perdersi nell’infinito. Pertanto questi particolari che a torto si dicono piccoli (non ci sono piccoli fatti nella storia, come non ci sono piccole foglie nella vegetazione) sono utili. La faccia dei secoli si compone delle varie fisionomie degli anni.” Questi anni così significativi, 1789 –l’inizio di tutto- 1793, 1794, 1795, impregnati di sangue, sporchi di fango, splendenti nella loro aurea di Gloria ma…sono serviti realmente a qualcosa? Ogni singolo diritto è stato conquistato attraverso una scala ripida si battaglie, sangue, morti, delusioni, lacrime e fucili, ogni singolo riconoscimento è costato uno sforzo immane e, rispetto solo a qualche anno prima, assolutamente impensabile. La ‘vil plebe’, affamata ed arrabbiata…no, questa espressione non rende il clima di esasperazione, di tensione che si tagliava a colpi di sciabole, il popolo era incazzato nero, ecco com’era! Grandi ideali di Giustizia, Uguaglianza, Fratellanza: siamo tutti uguali, l’aristocratico incipriato e il bifolco puzzolente, la gran dama e la sartina ad ore, nessuno deve più patire la fame, nessuno dovrà mai più crepare di freddo da solo, abbandonato per le strade.        Grandi uomini carismatici intrisi di una fibra da leader che trascinava le folle: Marat, Robespierre, Saint-Just, Brissot, Danton… noi tutti avevamo scommesso su di loro, ci eravamo attaccati ai loro calcagni sperando che con la loro parlantina eloquente ricca di parole forti e rivoluzionarie potessero davvero ribaltare la situazione. Combattemmo con quello che avevamo: bastoni, pentole, scarpe…ma è stato tutto un’illusione. Noi ci fidavamo di loro. Noi, noi, il popolo di Parigi, noi abbiamo tagliato la testa al Re! Abbiamo ucciso quei porci di Luigi e Maria Antonietta e messo sul piedistallo i grandi leader. Ci hanno promesso parole, carte, diritti: una Costituzione! Una Repubblica!
Orsù: abbiamo preso un abbaglio. L’amico del Popolo è stato scuoiato come una bestia dalla normanna Charlotte Corday, Robespierre ha voltato faccia…in pratica la nuova Costituzione non si poteva applicare, tutte quelle belle parole si sono sgretolate come torri di sabbia, e il popolo non stava meglio di prima: si crepava di fame e di freddo, le risse per accaparrarsi un tozzo di pane, la gente buttata negli angoli delle strade…e Madama Ghigliottina sembrava l’unica e beneficiare della nostra tanto amata, voluta, sofferta Rivoluzione.
Il Terrore regnava ovunque: non una parola contro la Repubblica, non un accenno, un’allusione contro Robespierre e gli altri che…zac! In men che non si dica eri stato denunciato dal tuo amico e condannato alla pena capitale, ti ritrovavi al centro della piazza con il capo chino e un uomo incappucciato che ti sussurrava all’orecchio, stordendoti con il suo alito fetido: ‘pentiti dei tuoi peccati prima di tirare le cuoia, bastardo!’
Non si poteva andare avanti così: noi parigini avevamo combattuto per i nostri diritti e venivano presi così candidamente a pesci in faccia…lo sai cosa successe? Lo sai? Ad omaggiare Madama Ghigliottina ci mandammo quel voltagabbana di Maximilen Robespierre.
I fatti sono i suddetti, cittadino, quel che è successo è successo, abbiamo fatto la Rivoluzione e adesso, nel 1832, ben trentanove anni dopo, stiamo di nuovo tutto daccapo. I ricchi ci calpestano con le loro scarpe lucide e noi crepiamo di fame.  Il popolo di Parigi piange e cova odio, un giorno tutto questo finirà, basta poco, la famosa goccia che fa traboccare il vaso, la causus belli, e porteremo a termine la gloriosa impresa che i nostri genitori hanno iniziato con al presa della Bastiglia del ’89.

“…there is a life about to start
when tomorrow comes…”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** R. ***


~~Capitolo  1
R.

Un raggio di sole accarezzò il volto mal depilato di Grantaire, il quale, non essendo avvezzo a tali dolci effusioni spalancò immediatamente gli occhi blu, leggermente opacizzati dall’alcool ma allo stesso tempo incredibilmente vivi, tragici, veraci.
Il primo pensiero in assoluto di Grantaire fu un’imprecazione causata dalla bocca impastata e l’alito pesante. Il secondo invece dedicato ad una morsa che gli divorava lo stomaco, una sete inestinguibile ed implacabile che reclamava un sorso di liquido frizzante ed acidognolo. Il terzo pensiero era rivolto all’origine dei suoi problemi, della sua più grande dannazione  e della sua più grande benedizione, il suo universo ridotto in un essere, la parte mancante, il sublime fiammeggiante che ogni giorno –e ogni notte- animava ogni particella della sua anima: Enjolras.
Enjolras: il carismatico, erudito, coraggioso, nobile, sublime, leader dei Les Amis de l’ABC, gli ‘amici del Popolo’.
Grantaire era un giovane uomo profondamente scettico ma non ateo: non credeva nel Dio dei cristiani, né in Maometto o Allah, bensì egli credeva in Enjolras, il suo capo e guida, Dio e punto di riferimento. Non staremo qui a dilungarci sulle sfumature della psiche di Grantaire, basta dire che egli tendeva ad Enjolras, lo bramava, come un ratto brama a vedere il cielo azzurro, pur essendo nelle fogne. Esso era istruito e possedeva uno spiccato talento artistico ma nonostante ciò era affetto da una particolare carie secca dell’intelligenza: lo scetticismo. A cosa fosse dovuta questa carie non ci è dato sapere, noi sappiamo soltanto che Grantaire aveva solamente due certezza nella sua vita: il bicchiere colmo di vino stretto nella mano, ed Enjolras.
L’essere dipendente dagli alcolici –vino, birra, acquavite, assenzio- di Grantaire fu assai presto accettato di buon grado dagli amici de l’ABC, e il perenne stato di ubriachezza era stato ormai associato alla sua persona in modo indissolubile, tanto da valergli la nomea di ‘Grantaire, l’ubriacone’, e quest’ultima non aveva un’accezione denigratoria, semplicemente faceva parte di lui ed era valutata come una qualsiasi caratteristica: per esempio Joly, un componente del suddetto gruppo, era ipocondriaco, e nessuno si era mai sognato di disprezzarlo per questo, anzi, era motivo di risa affettuose tra amici. Così con Grantaire: la sua ubriachezza era fonte di scherzi, allusioni e battute.
Di prima mattina Grantaire si recò in un caffè  a Place Saint-Michel chiamato ‘cafè Musain’, quale era il ritrovo del gruppo. Ormai era, per così dire, un habitué nel caffeuccio, un abitudinario assai curioso: egli infatti non prendeva parte alle conversazioni politiche che si svolgevano tra i membri dei componenti del gruppo, si limitava ad intervenire sporadicamente per schernire l’opinione di qualcuno o per ridicolizzare qualche orazione fin troppo solenne di Enjolras, ma per la maggior parte del tempo fissava la bottiglia di vino, il bicchiere pieno che sia con lo sguardo vitreo e perso, tracannava grossi sorsi e poi, inevitabilmente, la sua ubriachezza lo spingeva a tre tipi di sbronze: la prima è la cosiddetta ‘sbronza allegra’, nella quale gli effetti dell’alcool erano solo eccessi di risa e monologhi deliranti, la seconda prevedeva uno stato di malinconia struggente, Grantaire si abbandonava a riflessioni ad alta voce sulla vacuità della vita e sulla sua assoluta mancanza di senso, la terza ed ultima sbronza prendeva Grantaire quando mescolava gli alcolici, egli crollava tra le braccia di Morfeo in men che non si dica e ci volevano parecchi giorni per ridestarlo da quel misterioso sonno profondo.
In ogni caso, questo era il punto di vita degli amici dell’ABC (Enjolras il capo, Combeferre il filosofo, Jean Prouvaire il poeta, Feuilly lo straniero, Joly l’ipocondriaco, Courfeyrac l’esuberante, Bahorel l’attaccabrighe, Bossuet lo sfortunato) e così vedevano Grantaire: ma non si immaginavano nemmeno che lo sguardo non era minimamente perso o vacuo, bensì era concentrato, rivolto costantemente allo scintillante leader.
Fatto sta che anche quel giorno Grantaire varcò la soglia del caffè Musain per recarsi nella sala adibita agli incontri del circolo, superò la sguattera Louison senza degnarla di uno sguardo e si sedette nell’angolo, sulla sedia che ormai era considerata di sua proprietà, appoggiò i gomiti sul tavolino lercio dove da ormi troppo tempo smaltiva le sue sbronze ed infine si decise ad ordinare un bicchiere di doppio whisky, giusto per iniziare bene la giornata.
-Monsieur!- esclamò con voce severa Louison, la quale di tanto in tanto si preoccupava per la salute di Grantaire – Monsieur, sapete che ore sono? Ebbene ve lo dirò io: non sono neanche le otto del mattino e voi già reclamate alcolici?
-Louison, perla meravigliosa, la vostra dedizione è commovente…
-Voi, canaglia, farvi gioco di me! Ad ordinare whisky di prima mattina!
-Suvvia, suvvia. –e dicendo questo Grantaire mise uno una monetina nella mano rugosa della sguattera che, esauritosi il suo slancio materno, decise di accettarla e corse in cucina.
A quell’ora nel Musain c’erano poche persone: uno o due borghesucci mattinieri, lavoratori che consumavano una magra colazione prima di andare a sgobbare, gli ubriaconi come Grantaire che non perdevano occasione di offuscarsi la mente con qualche buona bottiglia ed infine animi turbolenti come Enjolras, il quale era abbandonato sopra un tavolino ricoperto interamente di pergamene e libri, addormentato. Proprio così: addormentato. Spesso accadeva che egli si addormentasse sopra i suoi oggetti di studio –trattati di legge, cartine della Francia sotto la Costituzione, drammi greci-, essendo lui avvezzo a trascorrevi sopra la maggior parte del tempo, e proprio in questi frangenti si rivelava in tutta la sua umanità. Lui, il sacerdote della Rivoluzione, Paladino dei Diritti Umani, novello Saint-Just, arcangelo della Giustizia, lui che mai si concedeva un sorriso o una svago, lui che sembrava più marmo animato da pensieri nobili che un giovane uomo appena uscito dall’adolescenza, lui, addormentato come un ragazzo qualunque sopra un tavolino, era una vista sublime per Grantaire.
Attese che il suo Enjolras –che aveva soprannominato Apollo a causa delle sembianze poco riconducibili ad un comune mortale e più simili ad un dio marmoreo- si svegliasse per circa un’oretta e mezza, poi, visto che non accennava minimamente a manifestare segni di lucidità –dopotutto era mattina preso- decise di tornare in quel lurido buco che gli fungeva da abitazione. Non prima di essersi concesso un’ultima occhiata al viso addormentato e corrucciato di Apollo, un’occhiata così dolce che poteva essere travisata per adulante ma che ogni innamorato o innamorata ben conosce.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** E. ***


~~Capitolo 2
E.

Gli odori familiari di inchiostro e carta destarono Enjolras dai suoi sogni con una carezza avvolgente. La bocca era asciutta e la guancia stranamente schiacciata. Gli doleva il collo.                             Si era addormentato leggendo, di nuovo.
Uscì dal Musain sperando che nessuno lo avesse colto in quel suo stato di debolezza e vulnerabilità: egli non cedeva difronte a nulla, che fosse sonno, fame, le intemperie, la Natura, le donne…si considerava un automa, lui non era nato per vivere, era stato creato da Dio per combattere e morire in favore dei diritti umani, lui non era ripieno di carne tenera e sangue, lui era un blocco di marmo che si mostrava indifferente agli effetti collaterali dell’essere un essere umano. Gelido e freddo come il ghiaccio ma appassionato e sublime come il fuoco: come facesse, si interrogavano i suoi amici. Ognuno di essi era innamorato di donne che alimentavano l’ ardore e questo  dava loro  la carica, ma Enjolras? Non aveva donne, non aveva vizi o dipendenze, non un rapporto umano oltre l’amicizia che lo legava agli Amis, la sua esistenza era totalmente sacrificata al Dovere. Come faceva ad essere sempre così infervorato e sicuro? Egli sosteneva che fosse la Patria, il suo amore sconfinato per la terra d’origine ad alimentare il suo spirito. Enjolras venne soprannominato “ghiaccio bollente” in merito a questo lato del suo carattere.
Camminava a lunghi passi verso la biblioteca del quartiere Saint-Antoine perché doveva consultare dei trattati di Diritto i cui punti salienti sarebbero stati argomento di discussione quella sera al Musain, vi entrò ed iniziò a cercarli febbrilmente senza neanche accorgersi della presenza di Jean Prouvaire, membro degli Amis de l’ABC con una spiccata vena poetica.
- Il sole è sorto da pochi minuti e già ti trovi chino sui libri? Eppure giurerei di averti visto far tardi ieri sera, non sei stanco? – la voce squillante di Jehan fece sussultare Enjolras che si girò guardandolo intensamente negli occhi.
-Prouvaire; non è mai né troppo presto né troppo tardi per dedicarsi alla lettura ed allo studio. In ogni caso ti ringrazio per il cortese interessamento, sono perfettamente riposato. –il tono eccessivamente cordiale di Jehan infastidiva sempre Enjolras, come tutte le manifestazioni di affetto o interesse, del resto, ma apprezzava molto il poeta per le sue belle parole e la dedizione che metteva nelle discussioni politiche, quindi si limitava a scrollarsi di dosso queste conversazioni troppo…troppo frivole per lui. Tutto ciò che era al difuori della politica e della Francia non meritava che poche briciole della sua attenzione.
-Ne dubito fortemente e le grosse macchie violacee che cerchiano i tuoi occhi ne sono la conferma.
-La situazione è delicata e non posso permettermi di tergiversare o trastullarmi con quisquiglie come il dormire bene, viviamo in un clima precario e la situazione potrebbe ribaltarsi da un momento all’altro, la Francia sta cambiando giorno per giorno…
-Amico mio, ma tu capisci da te che tutto ciò non ha nulla a che vedere con il dormire bene e prendersi cura di se stessi.
-Come non finisce mai di raccomandarmi Joly. –rispose Enjolras con aria beffarda. Perché i suoi amici volevano sempre preoccuparsi di cose futili come il mangiare regolarmente e dormire in un letto almeno tre ore a notte?
Jean Prouvaire lo osservò per un attimo con aria leggermente divertita, poi decise di accantonare la discussione.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Una serata al Musain ***


~~ Angolo dell’autrice
Non avevo pensato a ritagliarmi un “angolo” nei capitoli ma forse è giunto il momento di farlo. However, in questo capitolo la discussione è liberamente ispirata dal discorso che pronunciò Victor Hugo il 17 luglio 1849 (per chi potesse essere interessato) all’Assemblea Legislativa sulla Miseria: sia chiaro, il discorso lo pronunciò lui e io me ne servo solo perché ho pensato che sarebbe stato un argomento plausibile in una discussione rivoluzionaria tra quei personaggi. Ripeto: non mi sono ispirata al suo discorso per mancanza di idee ma per aggiungere un po’ di verosimiglianza, un po’ di pepe. Tutta qua, detto questo spero che possa essere di vostro gradimento.
Anna
Una serata al Musain

Le dinamiche del dibattito erano sempre le stesse: Combeferre introduceva un argomento di attualità –l’ultima orazione di un politico, l’ennesimo scandalo, notizie dalla Vandea e dall’estero- e Courfeyrac esprimeva la sua opinione, che però come al solito si rivelava un po’ troppo radicale e allora Prouvaire si sentiva in dovere di smussare e addolcire qualche punto del suo discorso. Courfeyrac allora alzava la voce e il poeta lo osservava in silenzio, per poi annotare qualcosa sul suo taccuino: da li più o meno tutti si dichiaravano d’accordo con l’uno o l’altro, tutti tranne Enjolras che li scrutava con aria torva come se stesse pensando ad altro. Alla fine Combeferre si girava verso di lui chiedendogli “ E tu Enjolras, che cosa ne pensi?”. E allora Enjolras sputava la sua sentenza, non si dilungava mai nello spiegare le sue ragioni come se non ce ne fosse bisogno e il solo fatto che provenissero da lui era prova certa della loro correttezza. Nessuno osava ribattere a quello che diceva il Capo, gli unici che si arrogavano il diritto di contestarlo ogni tanto erano Combeferre e Courfeyrac, essendo suoi amici di lunga data e quindi meritevoli di essere presi in considerazione. Solamente Grantaire non prendeva parte alle discussioni, si limitava a tracannare vino seduto ad un tavolino in fondo alla sala: quando sembrava abbastanza sobrio, o non troppo ubriaco, si dilettava a stuzzicare Enjolras. Ridicolizzava le parole solenni del capo e sgretolava le sue teorie, ma egli non gli dava mai peso. Il massimo della stizza espressa da Enjolras era un’occhiata ardente alla Caron Dimonio dagli occhi di bragia alla quale Grantaire ammutoliva.
Quella era una sera come tutte le altre al Musain, il dibattito era già in fase avanzata e si potevano ammirare Courfeyrac con il volto paonazzo e le guance gonfie inveire contro Prouvaire che parlava tenendo gli occhi bassi. Le giornate iniziavano ad allungarsi quindi  gli ultimi raggi del sole morente e le nuvole rosa era bene in vista dalle finestre: tutto sommato era una serata piacevole.
-Il tarlo che corrode la nostra società è la miseria, amici miei! –diceva gesticolando Combeferre, ma nessuno dei Les Amis sembrava particolarmente d’accordo con lui.
-‘Ferre la povertà è una dannazione che corroderà sempre, e dico sempre la società, è una sua naturale conseguenza. –rispondeva alzando gli occhi al cielo Courfeyrac.
-Non sto parlando della povertà Courf’, la povertà esisterà sempre ed hai ragione, ma se si potesse estirpare la miseria…
-Cosa intendi dire Combeferre? – si intromise Joly.
-La miseria come responsabile della criminalità, la miseria come…
-Sei un sognatore ‘Ferre! Esisteranno sempre degli infelici e i criminali! – esclamò Courfeyrac sbuffando vistosamente.
-Questo è sicuro, gli infelici e i sofferenti non possono scomparire, ma i miserabili si!
-E come pensi che si possa attuare questo progetto ambizioso?
-Innanzitutto partirei dai bambini e renderei obbligatorio il minimo sindacale di erudizione.
-Con ciò?
-Avendo acquisito un minimo di cultura si potrebbero avere le idee molto più chiare sul mondo, si potrebbe imparare un mestiere migliore, aspirare ad ambizioni superiori e forse si ruberebbe di meno! Una gioventù più consapevole e meno passiva! Le menti delle persone poco istruite sono più facili da plagiare! –disse ‘Ferre senza prendere fiato per un attimo, gli occhi gli brillavano intensamente.
-E’ possibile che tu abbia ragione ‘Ferre. –la voce flebile di Prouvaire risuonò nella sala e per un po’ tutti mantennero il silenzio.
-Combeferre ha ragione: una gioventù più consapevole dei suoi diritti sarebbe un passo avanti enorme per la società ma al momento non è quello che ci preme di più. Prima bisogna rivoltare il governo, poi si potrà ricominciare partendo dalla gioventù. –disse infine Enjolras, e questo concludeva definitivamente la discussione.
“Che marmo presuntuoso” pensò Grantaire guardando Enjolras “si sente onnipotente perché nessuno osa mettere in discussione quello che dice, è un oratore, è un populista. Troppo sicuro di sé e troppo deciso. Che marmo arrogante e presuntuoso.”
-Apollo abusi del plurale, come puoi ben vedere a ‘Ferre preme di più partire dall’istruzione piuttosto che rivoltare il governo. Dovresti ascoltare di più. – non c’era rimprovero nel tono di voce di Grantaire, anzi, la sua voce era decisamente dolce e conciliante. Sembrava che stesse liquidando una faccenda puerile. Enjolras lo fissò intensamente per una frazione di secondo con la sua classica occhiata “alla Caron Dimonio”, poi la sua espressione di raddolcì ma assunse una sfumatura strana, come se lo stesse compatendo. “Oh, povero sciocco ubriaco” sembrava pensare Enjolras, o almeno questo traspariva dalla sua faccia.
-Grantaire – esclamò – prima di giudicare il mio uso del lessico ti converrebbe impegnarti in una discussione e prenderne parte, piuttosto che intromettertici alla fine col solo scopo di creare zizzania. –usò volutamente un tono di voce dura per incrinare la fastidiosità di quell’ubriacone che ogni sera veniva al Musain senza un apparente motivo. Grantaire non sembrava molto turbato.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nuove conoscenze ***


~~

Angolo dell’autrice.
Questo capitolo è stato scritto di getto quindi, se ho fatto un po’ di pasticci con i dialoghi (molto probabile) segnalatemeli. È stato riportato quasi interamente il testo della canzone “Red and Black” del musical: lo so che ho messo questa storia nella sezione dei libri ma è stato più forte di me. Mi premeva da tantissimo rielaborare il testo della canzone e, a parte che mi sono divertita a scriverla, penso che calzi benissimo con il filo del libro.
Perdonate questa debolezza e buona lettura!
Anna

Capitolo 4
Nuove conoscenze
Nel nucleo dei Les Amis ben presto si inserì un “democratico bonapartista”, come egli si era definito, un discepolo che si era unito al gruppo tramite Courfeyrac. Il suo nome era Marius Pontmercy: giovane dal vestiario malconcio e povero, lavorava come traduttore per sbarcare il lunario. Ben presto aderì alle discussioni al caffè Musain portando con sé una zaffata di novità: spesso si scontrava con Enjolras. Il Capo non andava molto d’accordo con il nuovo arrivato e forse per questo Marius si guadagnò quasi immediatamente la simpatia di tutti che trovavano semplicemente deliziosa la sua testardaggine contro quella di Enjolras. Proprio così: deliziosa.
-Oh, ma guarda chi si vede! –urlò Bahorel appena vide Marius varcare la soglia della sala. Il giovane arrossì, effettivamente erano diverse sere che si mostrava distratto e con la testa sopra le nuvole, sembrava assente.
-Di cosa ti stupisci? –rispose mentre il rossore si espandeva per tutto il viso.
-Hai una pessima cera e con questo voglio dire: incarnato pallido, occhi lucidi, sguardo perso, espressione malinconica e sopracciglia aggrottate. Stai  male, amico mio, se fossi in te mi preparerei a fare testamento. – disse subito Joly scrutando Marius da capo a piedi con aria grave.
-Mi permetto di dissentire Joly – intervenne Prouvaire – il nostro Marius è evidentemente scosso da qualcosa o da qualcuno.
-Dici Prouvaire? Qualcuno o qualcuna? –rincarò Feuilly mentre Marius raggiungeva l’apice del rossore sulle punte delle orecchie.
-Suvvia, non ci confesserà mai la causa delle sue pene. –disse Courfeyrac buttando il braccio intorno al collo di Marius, il quale aprì la bocca, forse per dire qualcosa, ma la richiuse immediatamente.
-Dopotutto, come si suol dire: In vino veritas! –esclamò Grantaire riempiendo un bicchierino di vino e porgendolo al giovane Pontmercy – buttane giù due sorsi e aprici il tuo cuore perché hai una faccia che sembra sia stata masticata da un cane, hai forse visto un fantasma?
-Il fantasma di una qualche signorina?! –non riuscì a trattenersi Bossuet e scoppiò a ridere, ma nel farlo il contenuto del bicchiere di vino che teneva in mano si rovesciò sulla sua camicia.
-Un fantasma dite? Oh, un fantasma forse…giusto il tempo di scorgere un musetto pallido e due occhioni blu nascosti da un grazioso cappellino di crespo ed è sparita. Sparita, capite?! –finalmente Marius era riuscito a vuotare il sacco, e vedeste che faccia mentre declamava le delizie di quella sublime apparizione!
- Inaudito!
-Non ci posso credere…
-Questa è buona!
I mormorii divertiti dei Les Amis ben presto riempirono la sala. Chi batteva delle pacche sulla spalla a Marius, chi rimaneva a bocca aperta, chi cercava di capire qualcosina in più della misteriosa signorina dal capellino di crespo.
-Marius…mi hai sconvolto! E lo sai che niente di solito mi sconvolge.– la faccia di Grantaire assomigliava ad una maschera greca con le guance rosse e la grande bocca aperta in una smorfia di sorpresa, gli occhi azzurri lampeggiavano maliziosi. – te, proprio te, innamorato! Il timido Marius Viva L’Imperatore Pontmercy dedito solo al lavoro! Il Marius che abbassa sempre gli occhi davanti a qualche gonnella e non si lascia mai sfuggire un “uh” o un “Ah”!
Tutti scoppiarono a ridere perché effettivamente la descrizione appena fornita da Grantaire di Marius calzava a pennello, perfino lui si ritrovò a sorridere.
-E mentre il Capo, il Centro e la Guida progettano insurrezioni e sommosse – continuò Grantaire alzando la voce ed indicando Enjolras, Courfeyrac e Combeferre che nel frattempo non avevano preso parte alla discussione e si erano relegati in un angolino a parlottare .
– Il signorino Pontmercy ci viene a parlare come un Don Giovanni – altre risate da parte dei Les Amis, come se l’immagine di Marius nelle vesti di un Don Giovanni fosse assolutamente esilarante.
– Oh, amici miei! – Grantaire salì sul tavolo e indicò Marius- risparmiate i soldi, è molto meglio di una serata all’Opera!
All’apice delle risate, con Grantaire ancora sul tavolo piegato in due dalle risate, Enjolras cambiò rapidamente espressione. Si alzò e si avvicinò pericolosamente a Marius.
-Ma proprio non lo avvertite?! Parigi non è più la stessa, il mondo sta cambiando e noi stiamo prendendo parte al cambiamento, questi giorni forse faranno la storia e il prezzo da pagare sarà alto. Ci avete mai pensato che potreste morire? E ancora rincorrete i sollazzi di una serata all’Opera?   –improvvisamente il silenziò investì i Les Amis che si fecero compunti, nei loro volti c’era una punta di rammarico per essersi così facilmente fatti prendere dalla risate. Solamente Grantaire e Marius conservavano delle espressioni diverse: Grantaire guardava beffardo Enjolras come se stesse pensando “perché rimproveri le risa pure di questi giovani che un grande, nobile e stupido ideale condurrà al macello?” mentre Marius sembrava scettico.
-Al sangue rosso di rabbia che scorre vorticosamente nelle nostre vene, a un nuovo mondo che sta per sorgere, sconfiggeremo l’oscurità dei secoli passati perché, dopotutto, anche la notte più buia finisce, alla fine. A questo dovete dedicare i vostri pensieri. –concluse Enjolras pensando evidentemente che la discussione fosse finita, ma non fu così.
-Se fossi stato al posto mio stamattina avresti capito: avresti capito quanto può cambiare il tuo mondo quando un raggio di luce ti colpisce fin dentro le ossa, avresti capito che da oggi iniziava una nuova era e che ciò che sembrava giusto ora è sbagliato, e che ciò che sembrava sbagliato adesso è giusto… -Enjolras lo incenerì con lo sguardo ma Marius non dava segno di voler tacere.
-La mia anima è in fiamme, arde come la fiaccola della Rivoluzione, brucia come la citta di Troia, si sgretola per poi rinascere come una fenice! Mi sembra di vedere tutto così rosso e fiammeggiante…
-Rosso? –disse Grantaire con un ghigno di scherno.
-Si, rosso! Quando penso a lei ardo di desiderio e tutto in me diventa rosso: il sangue, la faccia…eppure solo un giorno fa non l’avevo vista, il mio mondo era così vuoto, così…
-Nero? – provò Grantaire divertendosi. Era così sublime vedere come più Marius si infervorava più Enjolras sembrava basito e arrabbiato.
-Nero! Com’era nero il mio mondo senza di lei! Nero, il colore della disperazione che mi divora!
-Marius, poni fine a tutto questo, per l’amor del Cielo! – esclamò Enjolras elargendo la sua famosa occhiata alla Caron Dimonio a Marius in primis per essere la causa di tutto quel subbuglio, e a Grantaire per esserne in qualche modo complice.
-Sembra che per te tutto questo sia un gioco, un gioco per un rampollo ricco e viziato…la tua anima solitaria non è di interesse per nessuno, arrivati in questo momento decisivo della Guerra contro l’Oppressione le nostre opache vite personali vanno accantonate. Rifletti sulle tue priorità Marius, sei un cittadino francese prima di un innamorato! – e dicendo questo il Capo assunse un tono acuto quasi in falsetto e uscì dal Musain sbattendo la porta.
Tutti tacquero per un paio di minuti, poi il vociare riprese e tornarono alle loro occupazioni, sapendo che a volte il leader aveva degli eccessi di ira ma che poi a fine serata tornava sempre. Tutti tranne uno.
Grantaire.
Grantaire posò il bicchiere di vino e uscì dal Musain rincorrendo Enjolras.
-Che cosa diavolo avrà in mente?! – esclamò sbigottito Joly.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Conversazioni stralunate ***


~~Angolo dell’autrice.
Mi scuso per la brevità di questo capitolo ma oggi avevo un mal di testa terribile che mi impediva di mettere in fila due parole di senso compito (giustificazioni, giustificazioni, giustificazioni). Non ha nessuna attinenza con il film o con il libro, è semplicemente scaturito dalla mia immaginazione e spero che possa piacere. Ci sono delle citazioni sparse e, come al solito, se scovate qualche strafalcione, segnalatemelo.
Anna


Conversazioni stralunate

-Enjolras!
La voce arrochita dall’alcool di Grantaire squarciò il buio delle strade di Parigi ma non vide nessuno: non c’erano fonti di luce e tutto sembrava confuso, si riconoscevano a malapena i contorni delle case.
-Enjolras!
Ripeté a lungo quel nome, lo urlò più volte. Qualcuno gli lanciò un vaso da notte dalla finestra minacciando di scuoiarlo se non se ne fosse andato a letto immediatamente.
Imboccò tutte le strade, percorse tutti i vicoli. Si smarrì.
-Apollo…ma perché…perché mi sfuggi sempre?
Grantaire si abbandonò su una panchina tenendosi la testa fra le mani.
-Chi va là, cittadino?
Una voce straordinariamente familiare scosse l’animo di Grantaire e lo spinse ad alzare lo sguardo: davanti a lui c’era una figura alta e imponente lievemente rischiarata dalla luce lattiginosa della luna. Il suo cuore fece una capriola.
-Enjolras…sei tu?
-Grantaire. –il Capo pronunciò quel nome con una voce strana, non avrebbe saputo dire se sorpresa, contenta o delusa. Si accasciò a terra.
-Sono io.
-Perché sei qui?
-Volevo permettermi di consigliarti…lo permetti? –una strana luce si accese negli occhi di Grantaire. Enjolras mosse il capo con un segno impercettibile di assenso.
-Secondo la mia modesta opinione Marius è un giovane valido e non dovresti essere così duro con lui.
-Oh, lo so bene che è un valido giovane, e mi rammarico se ho utilizzato qualche termine troppo…
-Troppo brusco, Enjolras.
-Troppo brusco. –ammise il Capo, poi aggiunse – ma se posso giustificarmi, stasera ho ricevuto… -la voce si incrinò – ho ricevuto una notizia straziante.
Grantaire strabuzzò gli occhi mentre vedeva il suo leader, per la prima volta, distrutto. Aveva gli occhi gonfi e lucidi…era così umano.
-Cosa ti ha turbato? –chiede avvicinandosi ad Enjolras.
-Un monellaccio che ho incaricato di mantenermi informato sulla saluta del generale Lamarque mi ha detto che…mi ha detto che è venuto a mancare qualche ora fa.
Enjolras alzò gli occhi e fissò Grantaire.
-Il colera è una bestia immonda e ha stroncato anche lui, c’era da aspettarselo.
-Grantaire, questo è un segno, il segno, quello che aspettavamo. Solo pochi giorni fa è morto un ragazzo che conoscevo, un matematico di nome Galois, piuttosto famoso… - Grantaire annuì – e stasera è morto il grande Lamarque, l’uomo del popolo, uno dei pochi che aveva davvero a cuore gli interessi della Francia. È il momento di agire, domani ai funerali di Lamarque il popolo di Parigi si farà sentire.
-Enjolras, non per demolire il tuo entusiasmo, ma in questo periodo sommosse e disordini sono all’ordine del giorno e a nessuno, né a Luigi Filippo, né ai cittadini di Parigi importa. Perché pensi che una manifestazione al funerale di domani potrebbe cambiare la situazione?
-Grantaire, tu non capisci…! Lamarque era un uomo eccezionale, portava in sé l’odio per Wellington e la tristezza per Waterloo, come può il popolo di Parigi non insorgere? La sua morte è l’occasione di rovesciare questa immonda ed abominevole dittatura! –nel parlare Enjolras aveva iniziato a gesticolare e più si infervorava più il suo tono diventava alto.
Grantaire scosse la testa: no, era Enjolras a non capire. Il popolo di Parigi teneva di più alla propria pelle che agli ideali di libertà ed uguaglianza, sarebbe stato un massacro. Insorgere contro tutto e tutti? Una follia, Enjolras era diventato folle, e probabilmente lo era da sempre.
-Tu mi disapprovi.- -disse Enjolras. Al chiarore della luna i lineamenti erano alterati, i suoi occhi sembravano più grandi, le labbra più rosse: l’entusiasmo lo aveva trasfigurato.
-Non vedo come questo potrebbe importarti.
-Allora vedi male, Grantaire, perché si dia il caso che mi importi molto.
-Penso che il tuo volto, Apollo, non è destinato a vedere la vecchiaia, i tuoi capelli non diventeranno mai grigi. Non sarai mai circondato dai tuoi nipotini…- una lacrime solitaria attraversò il volto di Grantaire, perché sapeva di star dicendo la verità.
-Per la serenità delle generazioni a venire è destino che alcune persone non vedano mai la vecchiaia e muoiano giovani, è giusto così.
-Ma Enjolras, non è giusto…-la vista di Grantaire si appannò e gli occhi gli si riempirono di lacrime.
-Grantaire –la mano di Enjolras si posò sulla spalla del compagno e i loro volti erano l’uno difronte all’altro- Morire non è nulla, credimi. Spaventoso è non vivere.
Pronunciate queste parole, il Capo raccolse una lacrima dalla guancia di Grantaire poi la osservò.
-Lacrime e sangue, questo è il prezzo da pagare. Ma non temere, la notte finirà un giorno, e il sole dopo splenderà. E sarà magnifico.
Entrambi alzarono gli occhi al cielo, denso di nuvole che nascondevano appena la luna, perfetta, fredda, distante. La notte sarebbe durata ancora a lungo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** L'agonia della barricata (parte prima) ***


~~Note dell’autrice alla fine.
L’agonia della barricata

Parte prima
Piove.
Grantaire ne avvertì l’odore dolciastro e pungente.
Maledizione! Dio, perché mi hai fatto arrivare vivo a questa giornata, eh? Voglio morire infilando la testa sotto terra, io non posso, non posso assistere al martirio dei mie amici!
No, non era possibile, ci doveva essere un errore.
-Agnes! Agnes! –gridò Grantaire chiamando la portinaia.
-Monsieur Grantaire, si può sapere che cosa…
-Agnes, che giorno è oggi?
-Il quinto del mese, Monsieur.
-E in che mese siamo?
-Il primo d’estate. E adesso me ne torno a spazzare, guai a voi se mi interpellerete nuovamente per dei così futili quesiti. –concluse Agnes sbattendo la porta del buco dove abitava Grantaire, il quale cadde sul suo giaciglio.
Oggi ci saranno i funerali del generale Lamarque e quei pazzi vogliono affrontare le guardie del Re. Ci saranno centinaia, migliaia di guardie perché Luigi Filippo se l’aspetta.
Richiuse gli occhi cercando di riprendere sonno. Li spalancò. Un pensiero orribile si faceva largo nei meandri della sua mente intricata.
Si faranno ammazzare.
Uscì fuori di casa e si buttò nelle vie di Parigi: nulla è più stranamente calmo della fisionomia di Parigi durante una sollevazione. Si vedevano trafficare bottegai e venditori ambulanti, le donne si chiudevano dentro casa, tutti si stavano preparando all’ennesimo tafferuglio. Chi caricava una pistola, chi una baionetta, le vecchie si armavano di bastoni, i monelli raccattavano cerbottane. Grantaire sentì un brivido corrergli lungo la schiena.

-Amici miei, cittadini! –intanto si affrettava a declamare Enjolras davanti ad un gruppo sostanzioso di giovani e uomini, tra i quali ovviamente c’erano i Les Amis al gran completo, tranne per Grantaire.
-Oggi è il giorno, come la più piccola ape racchiude un pungiglione, come una pedina muove scacco matto al Re, noi attaccheremo alle prime luci dell’alba, non abbiate paura! Non temete di scivolare o cadere!
Molti intonarono i cori de La Marsigliese mentre altri correvano per raccattare armi. Enjolras sorrise soddisfatto.
Bossuet e Joly erano con Grantaire a fargli compagnia in un’antica osteria di nome Corinto, ma non sapevano che di li a poco sarebbe diventata il punto d’appoggio per una barricata.
Un marasma di voci eccitate riempì l’osteria destando Joly e Bossuet che vi si unirono: i tavoli vennero rovesciati e così la mobilia, un manipolo di giovani stava raccogliendo tutto quello in cui vi si imbatteva per costruire una barricata.
-Che cosa…che cosa è successo? –borbottò Grantaire.
-Vattene, Grantaire, la tua ubriachezza disonora la barricata della Libertà. – esclamò sdegnoso Enjolras.
-Dimmi che cosa è successo! Che cosa avete fatto…!  - urlò di rimando con un punta di isteria nella voce, evidente preludio della disperazione che lo avrebbe colto di li a poco.
-Abbiamo fatto sventolare le nostre bandiere rosse! –disse Bahorel.
-Siamo saliti sopra il corteo diretto al ponte d’Austerlitz! – rincarò Prouvaire.
-Uno sciacallo ha sparato ad una vecchia innocente.- aggiunse con voce cupa Combeferre.
-No, no…non ci posso credere…- piagnucolò Grantaire –non lo capite che questa bravata sfocerà in un massacro? A cosa serve morire per un ideale e abbattere il Re di oggi se domani ce ne sarà un altro? 
-Che cosa dovremmo fare? Intervenire, agire, protestare! Non si può rimanere passivi difronte ai soprusi dei vili despoti. –  il tono lievemente acuto e concitato del poeta Prouvaire fece, per un attimo, calare il silenzio nell’osteria. Courfeyrac che nel frattempo stava fondendo le posate per ricavarne dei proiettili si fermò, tutti si girarono verso  Grantaire aspettando una risposta del Leader.
Enjolras squadrò Grantaire dall’alto in basso: austero, coraggioso, fiammeggiante, antico, immortale. Era terribile.
-Ricordati: i luoghi più caldi dell’inferno sono riservati a colore che in tempo di grande crisi si mantengono neutri. E adesso vattene a smaltire il tuo vino fuori di qui!
Grantaire lo guardò dal basso all’alto con occhi affettuosi e turbati, gli occhi di una moglie che saluta il proprio marito andare in guerra.
-Lasciami restare affinché la morte mi colga insieme a voi.
-Grantaire, sei incapace di credere, di pensare, di volere, di vivere e di morire!
Egli tacque con aria grave. La sera prima il Capo si interessava della sua opinione e adesso, il mattino dopo, gli impediva di morire insieme a lui e lo scacciava.
-Vedrai.
Detto questo si lasciò andare sulla sedia, e nessuno fece più caso a lui.

Angolo dell’autrice.
La mia idea originale era di scrivere un capitolo molto lungo per “l’agonia della barricata” però mi sono resa conto che sembrerebbe un po’ un’accozzaglia e non renderebbe minimamente giustizia a questi attimi, così ho deciso di spezzarlo in due parti. Potete trovare citazioni varie non solo di Victor Hugo sparse.
Anna

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** L'agonia della barricata (parte seconda) ***


~~L’agonia della barricata
Parte seconda

Per tutta la notte i Les Amis erano rimasti accampati alla barricata e, ai primi bagliori dell’alba, iniziarono a dare segni di cedimento. Nessuno osava mangiare o muoversi perché si aveva la paura che in qualunque momento le guardie del Re potessero attaccare. Ripiegati in posizioni scomode con la mano pronta sul fucile, palpebre a mezz’asta, tic nervosi. La paura di morire iniziava a farsi sentire.
Improvvisamente la voce squillante ma in questo caso supremamente malinconica e solenne di Jean Prouvaire attirò l’attenzione di tutti; era appoggiato sopra un botte piena di letame e sporcizia, impiegata per la costruzione improvvisata della barricata, e fissava il vuoto con un sorriso struggente, gli occhi colmi di bei ricordi e lacrime.
-Rammentate la nostra dolce vita, quando eravamo tutti così giovani…?
-Quando aggiungendo la mia età alla tua, in due non facevamo quarant’anni.- rispose Courfeyrac, unendosi a quel flash-back, a quell’attimo di raccoglimento.
-Avevamo in cuore un solo desiderio, essere ben vestiti ed innamorati! –ricordò Joly pensando alla sua Musichetta.
-Bevete con me…! –disse Bahorel tirando fuori da una manica interna del suo gilet logoro una bottiglietta di vino.
-Che il vino dell’amicizia scorra nella vostra gola e nelle vostre vene! –brindò Feuilly alzando la bottiglietta al cielo.
-Temete voi la Morte, amici miei? –chiese a voce bassa Combeferre, non si capì se stesse parlando a se stesso o no, ma tutti intesero.
-La morte è solo una conseguenza naturale della vita …piuttosto, io temo sopra di tutto l’Oblio- sospirò con occhi spiritati Prouvaire.
-L’Oblio?
-Essere dimenticato, sapere che la mia morte non è servita a nulla e sprofondare nell’Ade. –qualcuno annuì, qualcun altro si coprì gli occhi.
-In quest’ora dolente…- a pronunciare queste parole fu Enjolras, madido di sudore con i capelli aderenti alla fronte, il labbro inferiore leggermente tremante, gli occhi sfolgoranti come due stelle.
-Tenevo a far sapere ad ognuno di voi che è stato un grande onore che abbia fatto parte della mia vita, è stato un onore ascoltare e condividere le vostre idee, è stato un onore combattere insieme.
-Oh, Capo…- Courfeyrac abbandonò la testa sopra la spalla di Enjolras.
-Il mondo ci ricorderà quando cadremo?
-E se la mia vita non significasse niente? E se fosse solo un’illusione?
Erano quesiti senza risposta che sgorgavano dai cuori dei Les Amis impetuosi come una cascata, rendendo l’aria satura di tanta, dolce malinconia. Ma c’era coraggio in quest’ultima malinconia.

-Chi va la?
Un rumore di centinaia di passi, armi che battevano l’une contro le altre, infine questa voce così terribile.
Era il momento di decidere chi essere e perché si era venuti al mondo, un solo momento di coraggio per un’eternità di gloria, bisognava solo raccogliere quel coraggio, che nel frattempo si era annidato in un angolo remoto del cuore.
Enjolras lanciò un’occhiata ai suoi lati come per accertarsi che qualcuno volesse rispondere, ma nessuno lo fece.
-La Rivoluzione Francese!
Un attimo, una frazione di secondo e la sentenza venne urlata.
-Fuoco!

E allora
fu il caos.
Un piccolo, grande eroe che si sacrifica per delle cartucce.
Una donna meravigliosa dona la propria vita per salvare quella del suo amato.
Un bacio casto posato su una fronte.
Giovani vite spezzati in favore di un grande ideale.
Sangue.
La polvere, quanta polvere.
Spari.
Tutto scorre davanti agli occhi di Enjolras come se il mondo si fosse fermato: tutto è lento, i rumori sono ovattati,  agisce come se fosse addormentato.
Un’ultima, disperata speranza: ausilio dentro all’osteria. Ormai è a spalle al muro. Sente il rumore dei passi, i passi delle guardie.
Non c’è niente da fare. Getta l’arma. Incrocia le braccia. “È fatta, uccidetemi.”
-Dannazione, mi pare di fucilare un fiore! –l’imprecazione di una guardia che teneva la carabina puntata contro Enjolras, la fronte imperlata di gocce di sudore.
No, non bendatemi gli occhi.
Si, ho ucciso io il vostro sergente.
Uccidetemi.
Ecco: la sento! La Morte sta venendo a prendermi! Sento le campane, uno stridore d’ali, i raggi del sole che mi accarezzano…
-Viva la repubblica! Finitene due con un colpo solo!
Chi è?
No, non può essere.
Grantaire…?
Barcollando, Grantaire si avvicinò al suo Apollo: si vedeva che aveva passato le ultime ore a dormire, i capelli erano così scompigliati…
Enjolras lo guardò come se fosse una via di mezzo tra un’apparizione divina e un’alba scorta in mezzo alle montagne. Lo guardò come un bambino appena nato guarda sua madre. Lo guardò come un uomo guarda la sua futura compagna di vita giurandole amore eterno.
-Lo permetti? –gli sussurrò Grantaire con voce dolce, leggermente incrinata.
Oh, Grantaire…è solo questione di un attimo e passa tutto…se non ci dovesse essere nessuno mentre la tua anima salirà in cielo…io ti seguirò, nell’Oscurità, nell’Oblio, nel fulgore di Dio…
Un sorriso appena accennato, un sorriso di risposta che

Le guardie fecero fuoco.

“ nell’Oscurità, nell’Oblio, nel fulgore di Dio…io ci sarò…”

Angolo dell’autrice.
Non ci sono parole per esprimere questo capitolo.
Adesso termina questa mia prima avventura ma ho in mente tante nuove storie da raccontare, e spero che voi sarete con me a leggere questi piccoli deliri.
Come al solito, ci sono delle citazioni sparse e ho riportati dei pezzi di “Drink with me” e altri dal libro.
Vostra

Anna

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2805524