Io e Me di Niaile (/viewuser.php?uid=732660)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sconosciuti ***
Capitolo 3: *** Ricordando ***
Capitolo 4: *** Colloquio ***
Capitolo 5: *** Sorpresa ***
Capitolo 6: *** Era felice ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Francesca
era già con la valigia pronta per andare
all’aeroporto, aveva
pensato già troppo se era la cosa giusta da fare o no, le
parole di
Giorgia non facevano altro che confermare i suoi pensieri.
-Giorgia,
sai che
non è questo il problema!
-E
allora? Perchè
hai deciso di andartene?
-Perchè
non voglio
fermarmi qui, voglio arrivare al punto in cui non posso più
andare
oltre.
-Io
non ti capisco,
sai che bisogna accontentarsi, e poi non si tratta di accontentarti,
volevi diventare qualcuno, e ora lo sei, perchè vuoi
continuare, che
quando vorrai tornare indietro non potrai più?
-Non
credo di voler
tornare indietro.
-L’aspirazione
è
bella, ma ho paura che tu stia perdendo il senso della misura.
-Giò
voglio solo
vivere una vita che mi permetta di dire “SONO FIERA DI
ME”, che
poi chiunque è qualcuno, ma chi realmente riesce senza
ipocrisia a
vivere una vita alla quale aspira?
-Francè
non si
parla di questo, tu volevi essere una scrittrice, hai studiato e
lavorato sodo, tutti apprezzano i tuoi sacrifici, ma capisci che la
vita non si ferma solo al lavoro?
-Si,
ma voglio
essere felice.
-
Anch’io sono
felice, non sarò diventata una ballerina di successo come da
piccola
sognavo, ma quando torno a casa, stanca, ad aspettarmi ci sono mio
marito e le miei due figlie che mi fanno dimenticare tutto ed essere
fiera di quello che sono diventata, di sogni e di aspirazioni, cara
mia, non si campa.
-Ognuno
è felice a
modo suo!
-Quindi
hai già
preso la tua decisione?
-Si.
-Va
bene,
arrivederci e buona fortuna.
Non
c’era nulla da fare ormai, salutandosi con un sorriso si
divisero,
ognuno per la sua strada, ognuno col suo modo di vivere la
felicità.
Sull’aereo
Francesca fu assalita dai suoi soliti dubbi: forse, forse, forse...
Era giusto andare via, lasciare la stabilità, la
così sudata
monotonia, solo per cercare qualcosa che qua, forse non
c’era? Ma
se non prendeva quella decisione non poteva sapere, cosa
l’aspettava
oltre quell’orizzonte.
Non
riusciva a calmarsi, caffè, acqua, musica, sempre quelle
domande e
quella rabbia di essere così ipocrita con se stessa, non
riuscire ad
essere così sicura come quando deve parlare con qualcuno,
quella
paura di se, di affrontarsi perché sa di perdere. Sapeva che
sua
sorella aveva ragione, andare via perché qua non
c’era più nulla
da scoprire non era aspirare a qualcosa ma solo un atto di puro
egoismo nei confronti di chi qua l’aveva aiutata. Ma il
problema
era un altro: voleva andare via da quella città
così piena delle
sue promesse infantili che le erano costate la liberta di vivere:
“da
grande farò questo, quell’altro,
diventerò così, non sopporterei
di diventare un’altra” .
Promesse
a cui
credeva solo lei e purtroppo sino ad un certo punto, il suo sbaglio
più grande, però, è stato quello di
continuare a promettere e a
mantenere quelle promesse che erano così belle a pensare,
anche a
vivere, ma che l’avevano imprigionata in uno stile di vita
dal
quale lei non sapeva più uscire e dal quale oggi,
mercoledì 25
agosto, stava scappando
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Capitolo 2 *** Sconosciuti ***
-Ciao,
scusa ma non
ho potuto far a meno di ascoltarti, secondo me, sempre se ti va di
ascoltare l’opinione di un bello sconosciuto, questa tipa di
cui tu
parli è proprio una strana, non darle troppo retta.-
Sfoggiava un
bellissimo sorriso, sicuramente uno dei più belli, occhi
enormi
nocciola con ciglia lunghissime, capelli rossi, ricci come quelli di
una bambina, le guance invase da lentiggini come i fiori in un
giardino a primavera, un ragazzo mai visto, ma si sà che i
migliori
incontri avvengono per caso.
-Tranquillo,
e poi
certo che mi va di ascoltare l’opinione di uno sconosciuto,
di
solito è la più sincera.- Anche lei non aveva
fatto sconti, il suo
sorriso era enormi, e dopo tanto tempo era sincero, sul suo aspetto
si poteva discutere, era abbastanza stanca!
-Eih
hai dimenticato
bello.
-
Hai ragione, che
sbadata, scusa.
-Eppure
è la prima
cosa che si nota!
Francesca
in quel
momento finalmente riuscì a non pensare, a mettere pausa in
quello
stereo che suonava sempre la stessa canzone, sempre le stesse parole,
che non finiva mai di massacrare quella testa già
così
violentemente massacrata dal passare degli anni e dal procedere degli
eventi.
-Comunque
si, sto
cercando proprio di allontanarmi da lei, ecco perchè sono
qui oggi.
-Secondo
me invece
stai scappando, e le persone grandi non scappano.
-No,
non sto
scappando, ho solo chiuso un capitolo e non c’era altro modo
se non
essere qui.
-Ma
hai cercato di
parlare con lei? E poi scusami ancora, ma ci tieni o no alla vostra
amicizia?
-E’
impossibile
parlare con lei, è intrattabile, ipocrita, scontrosa ,
così
adorabile. Al centro c’è lei, sempre, e poi tutti
gli altri, ma la
cosa che odio di più è il fatto che nemmeno ti fa
accorgere del suo
egoismo! E si, ci tenevo, ma ora ho capito che se
c’è lei non
posso esserci io, ma la cosa stupida è che lei sarei io,
vedi,
quello di cui tu mi hai sentito parlare non era altro che un
rimprovero alla mia stupida personalità. E ora ti sto pure
facendo
paura , e non so perchè continuo a parlare con te e a
pressarti,
scusa!
-No,
tranquilla, fai
pure, ho un cugino psicologo e mi sto mettendo nei suoi panni.
-Ecco,
uno
psicologo, hai ancora una volta ragione, scusa.
Riprese
le cuffie si
girò dall’altra parte. Non c’era tanto
da dire, lui aveva
ragione, uno psicologo sarebbe stato l’ideale, uno di quelli
che
fanno il loro mestiere solo per portare soldi a casa, che non ti
ascoltano veramente, che non gliene frega niente di quello che gli
stai raccontando, che alla fine ti dice la solita frase e che poi ti
chiede i soldi. Ecco, uno così e tutti i problemi si
risolvono, non
era stata una buon idea pensare con le cuffie!
-No
scusa, non
volevo dire quello che tu hai capito, non volevo offenderti, nemmeno
ti conosco, anzi, ecco cosa mancava, piacere Ri...
-No,
ti prego, non
presentarti se vuoi davvero aiutarmi, perchè poi saprei chi
sei e
allora non starò più parlando con uno
sconosciuto, e allora va a
finire che tanto per cambiare io parlo, tu fai finta di ascoltare, io
capirò che ti sto stancando mi alzerò e mi
andrò a sedere da
chissà quale altra parte, no per favore!
-...
Si, ma io non
voglio essere solo uno sconosciuto con cui passare del tempo
sull’aereo, dai ti ho anche fatto sorridere!- Aveva ragione,
sorridere così, da tempo ormai non capitava, ma era
l’effetto
sorpresa che rendeva ciò più bello!
-Allora,
ti va di
fare una cosa? Dimentichiamo i miei problemi da psicologo e
ricominciamo, piacere Francesca.
-Riccardo,
piacere
mio. Io però non volevo dire che i tuoi problemi erano da
psicologo,
e se vuoi possiamo parlarne per tutto il tempo.
-Dai
per favore,
preferisco ridere che parlare.- Si tutto sommato era vero. Ridere
sarebbe stato più utile, alla fine molte persone
l’ascoltavano,
ridere invece le mancava, quindi quel viaggio sarebbe finito con
qualche risata iniziata per caso.
-Avevi
detto che eri
egoista.
-Si,
ma avevo anche
detto che lo nascondevo bene.
-Hai
ragione. Vai a
Roma?
-Si,
tu?
-Pure,
a fare cosa?
-Non
so, qualcosa
penso.
-Vedo
che hai le
idee molto chiare.
-Abbastanza
devo
dire.
-Ma
conosci almeno
qualcuno?
-No,
a quanto pare
mi stai dando ragione su tutto, non hai ascoltato una parola di
quello che ho detto.
-Invece
si, stavi
scappando da te, ma se arrivi a Roma da sola che concludi? Sarai
sempre con te stessa.
-Si,
ma quando
parlerò con qualcuno non dovrò rimanere fra
quelle linee in cui da
tanto sono intrappolata.
-Ma
non conosci
nessuno!
-Anche
all’università non conoscevo nessuno, ma non mi
sono mica
demoralizzata, sono arrivata in camera, sono andata a dormire e
l’indomani mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a
studiare!
-Sai,
ti ammiro.- E
quegli occhi bellissimi potevano solo confermare quello che stava
dicendo, era uno sguardo pieno di ammirazione, e forse qualcosa di
più.
-Grazie.-
Anche
Francesca non si era fermata solo a sorridere in quel momento, quel
ragazzo era stato veramente un dono divino, peccato che non credeva
ancora al destino, ma in quel momento gli stava lanciando una bella
sfida:”vediamo che combini stavolta, magari inizieremo a
diventare
amici io e tu”.
E
Riccardo non aveva risposto, forse troppo occupato a pensare Roma
sotto un altro aspetto adesso, e lei non si aspettava una risposta,
non c’era più nulla da dirsi.
Quell’incontro avvenuto per caso
aveva fatto il suo dovere, era meglio concluderla lì.
La
vocina che ti prepara all’atterraggio stava parlando, era ora
di
scendere.
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Capitolo 3 *** Ricordando ***
All’aeroporto
Riccardo non c’era più, e ora ritornava di nuovo a
essere da sola
con i suoi pensieri, cosa che la spaventava terribilmente, ma
finalmente un rumore, le stava squillando il cellulare.
-Pronto
-Sei
arrivata?
-Si
-Sei
sempre molto
loquace eh?
-Giò
sono stanca
dai! Sono appena arrivata, appena sono a casa ti chiamo io.
-Va
bene.
Terminata la chiamata e rimesso il cellulare in
tasca, si incamminò per
andare a prendere la valigia e tornare a casa. Di Riccardo nessuna
traccia!
Si
trovava fuori dalla porta, doveva solo girare la chiave e sarebbe
entrata, e poi tutto sarebbe ripiombato, la sua infanzia, suo padre,
la prima cotta, il primo bacio rubato dietro casa sua, e poi
l’aereo
e il bel sole della Sicilia.
Entrata!
La
casa non era cambiata, a parte la polvere che ormai era la padrona,
ma tutto sommato con un giorno da Cenerentola sarebbe ritornata
pulita.
Accese
la radio e iniziò a pulire l’armadio, almeno
quello per sistemare
poi la valigia, era tardi per pulire e sistemare altro, decise
quindi di mangiare e poi andare a dormire.
Finito
di sistemare la camera da letto, accese la tv e si sedette sul divano
mangiando un panino, non stava tanto attenta alla pubblicità
che
passava, pensava a come anche questa volta il destino si era tirato
indietro, le aveva fatto conoscere quel ragazzo che l’aveva
fatto
sorridere e con la stessa facilità l’aveva fatto
andare via, ma
l’attenzione era presa da una foto messa sul camino: suo
padre
l’abbracciava mentre lei piangeva; doveva andare a lavorare
la
notte della vigilia di natale e lei non voleva lasciarlo, era
piccola, e come tutte le bambine voleva passare quella notte ad
aspettare Babbo Natale abbracciata nel letto con suo papà.
Una delle
poche foto con suo padre la riprendeva mentre piangeva, non era una
bella cosa, ma quella foto aveva un qualcosa di sensibile che la
faceva stare bene, quelle bracci la coprivano tutta, e sua padre
aveva un sorriso così triste che, seduta sul divano, mentre
qualcuno
in tv stava ripetendo qualcosa sulla Divina Commedia, la fece
piangere. E piangendo si addormentò .
La
notte passò in fretta, senza un sogno, un immagine, una
voce. Buia e
silenziosa. Frencesca si alzò e ricordò di non
aver chiamato sua
sorella come promesso. Il cellulare segnava due chiamate perse:
Giorgia. Guardò l’orologio, le 10:45, a
quest’ora era al
panifico a lavorare, e mentre beveva il caffè-latte la
chiamò.
-
Eri così
impegnata ieri sera che non hai potuto chiamare? Una festa con nuovi
amici per brindare alla casa?
-
Buon giorno anche
a te!
-
Come stai?
-
Non mi lamento,
anche se devo ancora iniziare a pulire.
-
Mi dispiace!
-
Verresti ad
aiutarmi?
-
Stavo proprio
pensando questo!
-
Che sei simpatica!
Come sta mamma?
-
Bene, stiamo
tutti bene, quì è tutto apposto, tu invece?
-
Te l’ho detto
non mi lamento, anche perchè non ho ancora fatto nulla,
appena
inizio ti faccio sapere.
-
Bene, allora
datti da fare, sei ritornata lì per continuare il tuo
futuro,
continua allora.
Giorgia,
sempre la solita, aveva sbagliato a chiamarla proprio
all’inizio
della giornata, almeno avrebbe potuto sperare in un inizio migliore.
Ora, però, si accende lo stereo e si inizia a lavorare e poi
sarebbe
andata a comprare qualcosa per rendere accogliente la casa, ma
soprattutto per mangiare e pomeriggio sarebbe andata a quel
colloquio.
Piano
piano stava finendo, il bagno la cucina, la sala pranzo, e la sua
cameretta. Ieri sera non era entrata nella sua cameretta, le cose si
devono affrontare poco alla volta, era già entrata a casa,
la
camaretta e gli altri ricordi dovevano aspettare. Ma ora era
lì,
seduta su quel letto toccando quel cuscino e guardando quelle foto
che, quando andò via lasciò lì proprio
per dimenticare. C’erano
tutte, quella del battesimo, con i nonni, con la zia, con i cugini e
poi con le sue amiche, a scuola, al McDonald’s, a casa sua o
delle
altre, al cinema, al mare, due pareti piene della sua vita che
però
lei voleva ad ogni costo cancellare, e ora le apparivano tutte
così,
diverso da come prima le guardava. Ritorna guardare il cuscino, era
ancora sporco di quel rimmel colato, trascinato dalle lacrime di
quella notizia, suo padre, quel camion, quell’incidente,
quella
sera, quel Natale!
No,
non doveva piangere, non doveva ricordare, era andata così,
aveva
dimenticato tutto, doveva aver dimenticato tutto, sennò
quegli anni
via da quella città a cosa avrebbero serviti? Suo padre non
c’era
più, lei lo sapeva aveva superato il momento della
negazione, del
non voler capire, già da tempo, ma le lacrime, come un atto
non
controllato, iniziarono a scendere e d’improvviso
ritornò a quella
sera: mangiava con sua madre e Giorgia e guardava in tv i soliti film
di Natale che passano alla Vigilia, poi quella chiamata, quello
sguardo vuoto, perso, di chi con la mente si ferma e inizia a
ricordare, le lacrime e il silenzio, papà era sulla macchina
e stava
andando con gli altri a spegnere un incendio, ma un camion,guidato da
chissà quale mal capitato non contento di quel turno, va a
finire,
per errore aveva detto, incontro la macchina dove si trovava suo
padre e per un errore la vita di quattro uomini si spense, un errore!
Inutile
ricordare la sua reazione, e quella di sua madre e Giorgia, a cosa
sarebbe servito? Erano andate a vivere in Sicilia per dimenticare e
perchè così nonna sarebbe stata più
contenta, e alla fine vivevano
a Roma solo per stare con suo padre, dopo
‘’quell’errore’’
continuare a vivere lì non sarebbe servito a nulla. Ma ora
era
ritornata per ricominciare e doveva farlo. Il passato è solo
un arco
di tempo già vissuto, ora si deve vivere il presente e
allora
Francesca chiuse la cameretta e andò a lavarsi.
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Capitolo 4 *** Colloquio ***
Roma
era diversa, e muoversi non era facile, ma riuscì ad
arrivare in un
centro commerciale. Comprò da mangiare e qualcosa per la
casa.
Prima di tornare a casa vide ina vetrina un abito stupendo, era verde
chiaro, con una cintura marrone in vita, scollato, ma non troppo, non
era provocante, solo semplice, in quella calda giornata sarebbe stato
l’ideale, una coda di cavallo e giusto un filo di matita ed
era già
pronta per il colloquio.
Ritornata
a casa cucinò e iniziò a mangiare guardando un
pò di tv.
L’incontro era per le 18:00 ed erano ancora le 14:40, aveva
tempo
per sistemare le carte e fare il punto della situazione, ma anche per
uscire e visitare quella città apparentemente nuova.
Doveva
andare in una casa editrice a portare il suo nuovo romanzo finito due
mesi fa, in Sicilia la sua casa editrice le aveva detto che per un
pò
non avrebbero pubblicato i suoi libri perchè dovevano dare
spazio ai
giovani, non aveva capito bene il senso di quella affermazione ma
aveva comunque capito che rimanendo là non avrebbe lavorato
più,
aveva provato con altre case editrici ma non aveva concluso nulla,
non si dava pace, come può essere che una scrittrice che
scriveva
ormai da dieci anni non aveva nessuno che le pubblicava i suoi libri,
aveva comunque fatto un buon lavoro durante quegli anni, vendevano i
suoi libri che era una meraviglia, solo una cosa lei si rimproverava
e forse era per questo che nessuno voleva più lavorare con
lei,
ultimamente per il suo nuovo libro aveva perso più tempo,
circa tre
anni, aveva deciso che questo doveva essere un capolavoro, la storia
dei due gradi imperi antichi, Roma e Grecia, un tempo grandi potenze
che hanno fatto parlare di se, hanno fatto la storia, loro
l’inizio
di tutto e ora in declinio, l’Europa ride di loro nascondendo
tutto
in un aiuto ipocrita che non porta da nessuna parte. Eppure quello
che per lei era un capolavoro, diverse case editrici lo rifiutavano
perchè bisogna dare spazio ai giovani. E allora una a
trent’anni è
vecchia? Non può più scrivere? Ecco, lei non
aveva capito cosa
stava succedendo e così provò a telefonare a
Roma, chissà magari
nella grande capitale qualcuno avrebbe accettato quel suo
‘’capolavoro’’.
Erano
le 17:30 si era già vestita e truccata, un pò di
profumo ed era
pronta. Il vestito nuovo le stava benissimo, poi con
l’abbronzatura
quel verde risaltava ancora di più, era entrata un
pò in crisi per
le scarpe e alla fine aveva scelto un paio di sandali marroni e la
solita borsa ‘’porta
fortuna’’che portava ogni volta che
doveva andare a presentare il suo lavoro finito, una tracolla avana
di sua nonna, abbastanza avanti con gli anni,non proprio alla moda e
oggi non si abbinava per niente, ma mai interrompere le proprie
usanze e avere sempre qualcosa di fortunato con se in un colloquio.
Uscì
di casà e girò un pò in centro, niente
di che, c’era traffico,
era tradi e si trovava lontano dal posto di lavoro, riuscì
comunque
ad arrivare dieci minuti prima che la segretaria pronunciasse il suo
nome.
L’uffico
del signor Menoni era piccolo ma ben arredato, le pareti erano
celesti, il lampadario era a forma di lampadina enorme, vari quadri e
attestati riempivano quelle pareti, c’era un tavolo al centro
con
un computere, un portacenere e vari libr accatastati l’uno
sopra
l’altro- bella quest’idea- attorno ad esso due
sedie e dietro la
porta un attaccapanni argentato e accanto la finestra un piccolo
albero di mandarini. Proprio un bell’ufficio. Dopo circa 5
minuti
entrò il signor Menoni.
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Capitolo 5 *** Sorpresa ***
Grande
fu la sorpresa vedendo entrare Riccardo, si quell’uomo che
l’aveva
fatta sorridere in aereo, quello con cui lei aveva parlato dei suoi
problemi quello che poi non aveva più visto. Ed eccolo
lì, davante
a lei in giacca e cravatta pronto ad ascoltarla prare del suo libro.
Che strana la vita, forse il destino non si era tirato indietro!
-
Tu?
-
Si, buon giorno
anche a lei!
-
Si, si, buon
giorno, ma che ci fai qui?
-
Secondo te? Vorrei
che lei pubblicasse il mio libro.
-
Lei? Dai non c’è
bisogno che mi dai del lei, ci conosciamo, abbiamo già
parladto.
-
Sono qui per farle
vedere il mio libro.
-
Francesca per
favore.
-
Ora stiamo
lavorando, in aereo era semplicemente uno sconosciuto, scusa un bello
sconosciuto, qui invece è il mio futuro, spero, datore di
lavoro,
il lei ci sta tutto.
Riccardo
rideva, Francesca invece tentava di essere seria e se la cavava bene
ma riccardo insisteva.
-
Bello soprattutto,
dai per favore, rilassati.
-
Sinceramente mi
vergongo-. E sorrise rilassandosi un pò.
-
E di che? È solo
una situazione strana, ma se il destino ci ha fatti incontrare di
nuovo allora..
-
Se già siamo
arrivati al destino, se continui così ritorno al lei.
Si
misero a ridere e poi iniziarono il colloquio. Davvero strano
però,
il giorno prima Francesca gli parlava dei suoi problemi e il giorno
dopo lui glieli risolve. La vita sembrava riprendere il giusto verso.
-
Perfetto allora,
io prendo il libro e tra qualche giorno ti so dir che ne penso, ma se
ti può rendere felice sono sicuro che il libro lo
pubblicheremo, se
l’ha scritto tu sarà sicuramente un bel libro.
-
Un capolavoro ti
ho appena detto.
-
Si, scusa. Un
capolavoro.
Ridendo
si
salutarono, ma Riccardo la fermò proprio un attimo prima che
lei
aprisse la porta
-
Stavo dimenticando
di chiederti il numero.
Francesco
lo guardò
un pò male e lui subto riprese
-Naturalemte
per
fini strettamente legati al lavoro.
Ridendo
gli diede il
suono e si salutarono.
Non c’era tanto
da fare, non conosceva nessuno, l’ideale sarebbe stato
mandargli un
messaggio e uscire, ma aveva paura, alla fine era stata lei a
sottolineare che lui era solo il suo ‘’datore di
lavoro’’.
Niente da fare, nessun messaggio o chiamata nemmeno da parte sua.
Erano le 22:37, una giornata a non far nulla, decise di chiamare
Giorgia augurarle la buona notte e poi andare a dormire, domani
sarebbe stata una giornata diversa. Sperava.
La
sveglia suona,
irrompe nel suo sonno così tranquillo, e solo adesso si
chiede
perchè l’avesse appuntata visto che non doveva
andare da nessuna
parte. Si alza, prende il cellulare e vede un messaggio, numero
sconosciuto. ‘’Buon giorno, ho pensato che visto la
tua
‘’solitudine’’ magari oggi
potremmo pranzare insieme. Ti va?
Baci Riccardo’’
E
senza accorgersene
sorrise. ‘’Alla faccia dei fini strettamente legati
al lavoro,
comunque non so avrei da fare, devo sistemare un pò
casa.’’
La
risposta arrivò
subito. ‘’Parleremo anche di lavoro se ti rende
felice. Dai vengo
da te appena finisco qui in ufficio, ti aiuto a sistemarti
così poi
usciamo e ti faccio vedere un pò di
posti.’’
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Capitolo 6 *** Era felice ***
Troppo
simpatico il
tipo, ma Francesca aveva paura, era venuta a Roma per trovare lavoro,
sistemare quel suo mondo, non certo per trovare altro, anche
perchè
da anni aveva ormai smesso di cercare
‘’quell’altro’’,
stava bene con i suoi fogli e le sue penne, con la sua fantasia,
stava benissimo proprio perchè viveva di fantasia e questo
è quello
che Giorgia le rimproverava da sempre, quel vivere immaginando e non
vivendo, ma Giorgia non la capiva, non capiva che era quella
fantasia, quella sua voglia di immaginare che la faceva star bene, da
sempre, da quando suo papà se ne andò ancora di
più, e lei solo
scrivendo riusciva a sorridere, si rifugiava in quelle righe, correva
tra quelle frasi, era libera quando si sdraiava tra quelle parole. Ma
ora le si presentava un datore di lavoro simpatico che poteva
risolvergi entrambi i problemi o nemmeno uno. Che fare?
‘’Sai
dove abito. Ti aspetto’’
Rispose
con una
faccina e Francesca andò a fare colazione. La giornata
procedeva
bene. Riccardo, quel sconosciuto, rendeva tutto divertente e
nonostante era a casa sua con lui a sistamere un pò di cose
non
c’era imbarazzo, si respirava aria tranquilla, e questo era
qualcosa di bello per una persona che da un pò di anni non
trovava
la tranquillità necessaria per star bene. Mangiarono a casa
sua,
pulirono e visto che fuori c’era caldo decisero di andare al
mare.
-
Sai quando
sull’aere avevi iniziato a parlare ti avevo presa per pazza,
ma è
stata la curiosità di vedere il tuo sorriso che mi ha fatto
parlare.
-
Non sorrido
spesso, non ne ho mai avuto motivo di farlo, di solito dovevo
lavorare sodo per avere qualsiasi cosa e quando poi la ottenevo
nessuno era felice, bensì si arrabbiavano se non ci
riuscivo, perchè
per loro era normale.- Riccardo la ascoltava, ma guardava il mare
preso forse più dal volo di quegli ucceli che liberi
abitavano il
cielo che dal discorso di Francesca, e allora lei si ferma e si siede
sullasabbia calda di un pomeriggio di sole di Agosto, guardando anche
lei gli uccelli e ascoltando il rumore delle onde.
-
Perchè ti sei
fermata? Ti ascoltavo.
-
Preferisco
ascoltare il rumore delle onde che inguinare l’aria con le
mie
parole.
-
Le onde. Che
magia! Sono stupende, piena metafora di una vita dura. Si infrangono
perchè portati dal vento, perchè controllati
dall’alto perchè
abitano un posto sbagliato, ma non fanno indietro, non sono loro a
fermarsi e il vento che guardandole si calma e decide di regalargi un
pò di pace.
-
Questa è pura
fantastia.
-
Questa è la
realta vista dal mio punto di vista!
-
Affascinante.-
così dicendo gli sorrise e alzandosi andarono via a prendere
un
gelato. Ritornarono a casa sua, Roma è bellissima quando la
si vive
in due.
I
giorni passarono
tranquilli. Riccardo pubblicò il libro di Francesca , la
vendita
procedeva bene, iniziarono a vedersi spesso anche fuori il lavoro,
lei si fece degli amici, persone nuove che conoscevano quello che lei
di se, finalmente, fece uscire fuori, non c’erano
chissà quali
aspettative da parte sua nè tanto meno da parte deglia ltri.
Quella
vita condizionata dal quelle promesse finì, lei si
staccò dalla sua
infanzia, Giorgia, sua madre, sua nonna erano felici di come le cose
le stessero andando e curiosi di conoscere quel ragazzo che fece star
bene la loro Francesca, magari un giorno sarebbe ritornata in
Sicilia, ma per adesso era l che doveva stare, aveva ragione lei, non
voleva tornare indietro, aveva fatto la cosa giusta prendendo
quell’aereo e il destno finalmente le era diventato amico.
Non
c’era nient’altro per adesso che lei voleva avere,
Aveva trovato
di nuovo il modo di continuare il suo lavoro e forse anche qualcosa
di più. Era felice!
Pensieri e Parole:
Questa è una storiella che ho scritto un
paio di anni fa, era piccola e l'unica completa. stavo sistemando il
mio cassetto e l'ho vista e allora ho voluto farvela conoscere.. Cosa
ne pensate?? Le recensioni sono sempre gradite e desiderate <3
Grazie di tutto e sempre :3
Sempre vostra Nia <3
|
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