Guerra aperta

di ticci
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lucy/ASpen ***
Capitolo 2: *** Marlee/Carter ***
Capitolo 3: *** Ribelli ***



Capitolo 1
*** Lucy/ASpen ***


Nick dell'autore: ticci
titolo: Guerra aperta
Sezione di partecipazione: B
Rating: giallo
Personaggi: Lucy/Aspen, Merlee/Carter, Ribelli
Genere: romantico, introspettivo, guerra
Avvertimenti: raccolta, what if?
N.d.A. (eventuali): Ciao! Ti presento 3 OS, ognuna che rappresenta al meglio il tema della “guerra” (nella prima la Guerra che fa paura, nella seconda la Guerra che quotidianamente una persona vive quando va contro le regole imposte dalla società, e la terza la Guerra come unica via per cambiare la propria condizione). Ho volutamente scritto questa raccolta prima della pubblicazione di the one (*^*). Non so te, ma io non ho letto la versione in inglese, quindi non ti so dire chi Maxon sceglierà o America. Qua ti propongo le coppie che spero nascano (Lucy/Aspen... sì, io spero che Maxon e America alla fine si sposino, anche se, a causa dei ribelli, magari non saranno re e regina. Sono stupendi insieme) e che rimangano (Marlee/Carter. Sono rimasta sconvolta dalla Collins e della Roth, quindi mi aspetto di tutto anche dalla Cass). Spero ti piaccia.
Fandom: The selection
Canzone scelta Keep Holding On (Avril Lavigne)

 
Guerra aperta
#1
Lucy/Aspen

Lucy stava finendo di cucire un abito per America. Era totalmente presa dal lavoro che stava facendo. Si divertita a creare gli abiti per la ragazza, sopratutto quelli lunghi che davano risalto al suo incarnato e alla sua fisicità.
Un improvviso rumore la fece sobbalzare. Si guardò intorno per individuare la fonte di tale rumore, ma non vide nessuno.
Non essere sciocca.
Emettendo una risate nervosa, riprese a cucire. Un altro boato rupe il silenzio. La ragazza appoggiò il prezioso tessuto su un tavolino e si diresse verso la finestra. Non era molto grande, ma da lì riusciva a vedere una porzione del giardino. Sembra tutto tranquillo: c'erano due guardie che chiacchieravano all'ombra di un grande albero, mentre Kriss e Celeste sorseggiavano qualche gustosa bevanda, comodamente sedute su un divano da giardino. Nonostante la pace che stava vedendo con i suoi occhi, il cuore continuò a batterle velocemente nel petto. Appoggiò una mano sul seno sinistro e chiuse gli occhi.
Non sono loro.
Nonostante si ripeté quel pensiero diverse volte, non riusciva a calmarsi. Terribili ricordi rischiarono di riaffiorare. Si allontanò dalla finestra e iniziò a percorre avanti e indietro la piccola stanza diverse volte, cercando di controllare il respiro. Quando si sentì leggermente meglio si risedette sul sgabello e riprese a lavorare, cercando di ignorare il leggero tremolio delle sue mani. Stava applicando un grazioso fiore sulla spallina dell'abito, quando una guardia entrò come una furia nella stanza: “I ribelli! Nasconditi! Non c'è tempo da perdere!”.
Lucy rimase, per qualche secondo, con l'ago sospeso, pietrificata.
Sono qua.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
Sono qua.
Copiose lacrime iniziarono a bagnarle le guance.
Sono qua.
I singhiozzi la scossero talmente tanto che fece fatica a respirare.
Sono qua.
Si accosciò per terra, una mano premuta sulla bacca, e l'altra sotto allo sterno.
Sono qua.
Provò ad alzarsi, ma tutta la forza sembrava aver abbandonato il suo corpo.
Sono qua.
Si appiattì alla parete, e cinse con un braccio le ginocchia.
Sono qua.
Sentì le grida, le voci, i passi delle persone che passavano fuori dalla sua porta in cerca di un nascondiglio.
Sono qua.
Sentì il rumore di una finestra che si rompeva in mille pezzi. Quel terribile suono la paralizzò dalla paura. Smise di piangere, il viso completamente bagnato, e premette le mani sulle orecchie.
Non è lui. Non può essere.
Nonostante lottasse con tutte le forze di scacciare dalla memoria quel volto, ricomparve con tutta la sua forza.

Era un pomeriggio afoso come quello. Lucy era stata appena assunta a corte e si sentiva onorata. Sperava che tra quelle mura riuscisse a trovare quel riscatto che cercava da quando era stata costretta a vendersi come serva per poter pagare le cure mediche di sua madre. Grazie al suo aspetto grazioso e alle sue abilità a lei era stato assegnato il compito di servire la famiglia reale e i suoi ospiti e, se avrebbe continuato a rigare dritto, sicuramente sarebbe stata la cameriera personale di una delle ragazze scelte per la Selezione. Stava riordinando la camera della Regina, quando la raggiunse un'altra cameriera e, trascinandola per un braccio, le annunciò che dovevano nascondersi perché il castello era sotto assedio.
“Chi ci sta attaccando?” domandò la ragazza, affrettando il passo.
“I ribelli”.
“Ma cosa vogliono da noi?”.
“Muoviti!” la esortò la ragazza, con una punta di isterismo nella voce.
Lucy alzò il vestito dell'uniforme e iniziò a correre. Presto furono raggiunte da altri dipendenti: c'era chi era impaurito, chi sapeva esattamente come muoversi in quei casi, chi arrabbiato... e poi c'era lei, curiosa di sapere come mai un gruppo di persone volesse attaccarli. Così domandò a un'anziana donna che arrancava accanto a lei: “Da dove vengono i ribelli?”.
“Spera solo che non siano quelli del Sud”.
“Perché?”.
L'anziana donna stava per rispondere quando un vecchio la interruppe: “Muoviamoci! Hanno aperto un varco dalle scuderie!”.
“Dalle scuderie?” domandò, fermandosi.
“Ragazza, non abbiamo tempo da perdere” la riprese l'uomo, senza smettere di camminare.
“Là c'è mio padre”.
L'anziana signora, che si era fermata accanto a lei per riprendere fiato, la guardò con aria triste.
“No!” sussurrò e, senza pensarci due volte, corse dalla parte opposta dove stavano andando tutti. Si imbatté in diversi domestici che la superavano senza degnarsi di guardarla e in diversi gruppi di guardie, che stavano decidendo come organizzare la difesa. Girò in nel corridoio che spesso attraversa per raggiungere suo padre dopo ogni turno di lavoro. Strinse i denti, e continuò a correre, nonostante la fitta alla milza che provava per l'eccessivo sforzo. Era quasi giunta alla porta, quando qualcuno l'afferrò e la fece sbattere contro il muro. La vista si annebbiò per qualche istante, ma quando riuscì bene a mettere a fuoco, fu invasa, per la prima volta, da una terribile paura. Un ragazzo la teneva bloccata, mentre la squadrava dalla testa ai piedi. Lucy non poté mai più dimenticare quello sguardo. Era vuoto, apatico, sprezzante, crudele. Il ribelle si soffermò a guardare il petto della ragazza che si alzava e abbassava furiosamente, sia per lo sforzo fisico appena compiuto, sia per la paura che stava provando.
“Lasciami andare” sussurrò lei, cercando di divincolarsi.
Il ragazzo tornò a guardare il viso della ragazza e scosse leggermente la testa. Afferrandole e stringendole un seno, le disse: “Perché mai?” e, con un terribile ghigno, aumentò la prese. La ragazza urlò per il dolore, mentre iniziò a piangere.
Il ragazzo le diede uno schiaffo in pieno volto, colpendola all'altezza dell'occhio: “Non gridare” la intimò.
Senza smettere di singhiozzare, annuì.
“Lasciami andare. Non dirò a nessuno che ti ho visto” supplicò lei.
Di risposta, lui le si fece più addosso, schiacciandola di più contro il muro, mentre con una mano cercava di alzarla la gonna per approfittare di lei. Con il poco spazio che le rimaneva, cercò di divincolarsi, ma il ragazzo era decisamente più forte. All'improvviso un vetro si rupe proprio vicino a loro. Le schegge colpirono i ragazzo, che fu costretto ad arretrare di un passo.
Approfittando del momento di distrazione, Lucy si fece coraggio e gli diede uno spintone. Riuscì a fare qualche metro,ma il ribella la riacciuffò. La buttò per terra e inizio a prenderla a calci, colpendola all'altezza dell'addome e della testa. I colpi si susseguivano implacabili, forti, costanti. A ogni colpa, Lucy si sentiva morire e a un certo punto sperò di esserlo. Sentiva il sangue sgorgarle dal naso e dalla bocca. L'ultima cosa a cui pensò prima di svenire è: “Adesso finisce”. Non seppe mai chi la mise in salvo, ma una cosa dal quel giorno non l'abbandonò mai: quello sguardo. Quegli occhi che si sentiva addosso ogni volta che percorreva i corridoi del palazzo. Quegli occhi che temeva di vedere ogni volta che i ribelli li attaccavano. Quegli occhi che l'andavano a trovare nei suoi peggiori incubi. Quegli occhi la svegliavano nel cuore della notte, facendola sentire sola e vulnerabile come quel pomeriggio
.

Lucy si sentì afferrare per un braccio. Per lo spavento emise un suono acutissimo, intriso, fino all'ultimo decibel, da un'autentica paura.
“Lucy, calmati, sono io” disse una voce gentile. Ma la ragazza teneva gli occhi chiusi, cercando di allontanarsi il più possibile da lui.
“Lucy...” ripeté l'uomo.
“Lasciami andare, lasciami andare...” continuava a ripetere lei, meccanicamente.
Prendendola per entrambe le spalle, il ragazzo disse con decisione: “Guardami. Sono io, Aspen”.
La ragazza aprì gli occhi. Ci mise qualche secondo a rendersi che quegli occhi che la guardavano erano quelli gentili di Aspen. “Sono qua” sussurrò con un filo di voce.
“Lo so. Per questo dobbiamo andarcene. C'è un nascondiglio qua vicino” affermò Aspen, ma si rese conto che la ragazza non lo stava ascoltando, persa nei suoi pensieri.

Just stay strong
'Cause you know I'm here for you, I'm here for you

“Stai tranquilla. Non ti succederà niente” provò a rassicurarla lui.
Lucy continuava a guardarsi in torno, come un animale in gabbia.
Prendendole dolcemente il viso le sussurrò: “Sii forte, Lucy. Sono qui per te”.
Vedendo che aveva catturato l'attenzione della ragazza, continuò: “Non sei sola. Ci sono io con te”.
Forse per la prima volta da quando l'aveva trovata, ad Aspen sembrò che la solita Lucy fosse tornata.
“Aspen...” disse con un filo di voce “sei tu” e si tuffò ad abbracciarlo. Si aggrappò con tutte le forze alle sue spalle, mentre affondava il viso nel suo petto.
Sorpreso, Aspen iniziò ad accarezzarle dolcemente la testa: “Sì, sono io”.
L'aiutò ad alzarsi e, senza lasciare mai la sua mano, la condusse in un nascondiglio.
Una volta dentro, la fece stendere su un letto che trovarono.
“Non lasciarmi” sussurrò lei, prima di addormentarsi.
Sorridendo debolmente, affermò: “Sono qua”.
E, in cuor suo, sapeva che non l'avrebbe mai fatto
.

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Capitolo 2
*** Marlee/Carter ***


#2
Marlee/Carter

So far away
I wish you were here
Before it's too late, this could all disappear
Before the doors close
And it comes to an end
With you by my side I will fight and defend
I'll fight and defend

Yeah, yeah


Marlee si rigirava nervosamente tra le mani un guanto. Era stata una notte magica. Non solo perché avevano festeggiato una cosa che era andata dimenticata (anche se il significato vero di questo Halloween non l'aveva ancora capito), ma anche perché aveva potuto stringersi a lui di fronte a tutti. Per qualche ora non aveva temuto di essere punita per qualcosa che non poteva fare a meno di provare. Per qualche ora aveva vissuto il momento senza pensare alle conseguenze.
Per qualche ora si era dimenticata di essere una ragazza che partecipa alla Selezione.
Per qualche ora si era concessa di amare, senza riserva alcuna.
Spinta da queste emozioni, aveva accettato l'appuntamento che lui le aveva sussurrato all'orecchio durante il loro ultimo ballo.
Dovevano vedersi in quella stanzetta esattamente mezzora fa. Buttandosi pesantemente su una sedia, emise un sospiro.
Ti è successo qualcosa?
Hai cambiato idea?
Ti sei reso conto che c'è troppo da perdere? Se venissimo scoperti, perderemmo tutto quello che abbiamo sempre conosciuto. Il nostro amore è abbastanza forte da sopportare tutto questo? Cosa succederebbero alle nostre famiglie? Verrebbero punite anche loro? E cosa penserebbero di noi?
Il cuore di Marlee si strinse nell'immaginare il volto del padre attraversato dalla delusione.
Si passò una mano sulla spalla nuda.
Se Maxon mi scegliesse, sarei disposta a vivere una vita lontana dall'uomo che mi ha fatto sentire per la prima volta viva? Lontana dall'uomo che ha voluto conoscermi e non perché ha dovuto farlo? Lontana dall'uomo che mi ha fatto ridere come mai nessuno era riuscito a fare prima di lui?
Marlee scosse la testa, sconsolata.
Carter dove sei? Vorrei tanto che fossi qui.
Sfilacciò il guanto che stringeva, tirando un filo.
Vale la pena di combattere ogni giorno una guerra contro tutti per far valore la loro storia?
Vale la pena di rischiare tutto per amore?
Si stava rigirando una ciocca di capelli, quando, finalmente la porta si aprì.
Bastò vedere lo scintillio negli occhi di Carter, il sorriso sincero che si allargo sul suo volto, le mani che si stringevano nervosamente intorno alla cintura del costume e le guance tingersi leggermente di dorso, a far sparire ogni dubbio dalla ragazza.
Vale la pena di rischiare tutto per essere guardata così ogni giorno.
I due si avvicinarono e iniziarono a baciarsi.
Vale la pena di rischiare tutto per essere baciata così ogni giorno.
“Mi sei mancata” sussurrò lui, a fior di labbra.
“Non ci vediamo da mezzora” replicò lei, sorridendo.
“A me è sembrata un'eternità”.
Vale la pensa di rischiare tutto per essere amata così ogni giorno.
E se si arriva ad una fine, con te al mio fianco, combatterò e ti difenderò. Combatterò e ti difenderò.

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Capitolo 3
*** Ribelli ***


#3
Ribelli

There's no other way when it comes to the truth
So keep holding on
'Cause you know we'll make it through, we'll make it through


L'uomo si sistemò la bandana, osservandosi in uno specchio improvvisato. Nonostante si fosse lavato nella tinozza della sua casa, erano ancora visibili tracce di sporco causategli dal lavoro. Si passò una mano sul mento, mentre dall'altra stanza sentiva i figli piccoli piangere perché avevano fame e lui e sua moglie non avevano niente da dargli.
Chiuse gli occhi, cercando di ignorare i loro lamenti, che ogni volta che gli laceravano il cuore. E, come sempre, dopo la tristezza, sopraggiungeva la rabbia. Rabbia per il dolore che non riusciva a scacciare, che ogni volta si presentava più devastante che mai. Rabbia per la consapevolezza che, nonostante gli sforzi che avrebbe fatto, sarebbe stato sempre e comunque un Sette. Rabbia nel constatare che quel destino sarebbe toccato anche ai suoi figli. Rabbia nel sapere che la maggior parte di loro si era rassegnato a quella condizione, senza fare niente per cambiarla.
Andò in cucina e diede ai suoi bambini la sua porzione della cena. Vedendo gli occhi riempirsi di gioia, anche solo per qualche secondo, gli fece prendere una decisione importante.
Avrebbe tenuto duro e combattuto. Nonostante questo faceva paura. Ma l'avrebbe fatto. Per loro.


Una donna arrancava verso casa con un grosso cesto pieno di vestiti da rammendare per il giorno seguente sulle spalle. Il giorno precedente aveva piovuto tantissimo, quindi sulla strada si era accumulata un sacco di fango che rendeva il percorso più difficoltoso. Inoltre non riusciva a vedere nulla perché i lampioni erano spenti, dato che il coprifuoco era passato da un pezzo. Emettendo un respiro stanco, continuò a camminare.
Mancano solo due isolati a casa.
Stava calcolando approssimativamente il tempo che occorreva per sistemare tutti quegli indumenti, quando inciampò e cadde in una pozzanghera. L'acqua filtrò dalla gonna, bagnandole le gambe. Il vestito si sporco di fango così come i vestiti su cui doveva lavorare. Imprecò ad alta voce e si mise a raccogliere tutte le sue cose, prima che la situazione potesse peggiorare ulteriormente. Nel procinto di alzarsi, si rese conto di far fatica. Cautamente, appoggiò un piede a terra, ma fu pervasa da una fitta di dolore. Gli occhi si riempirono di lacrime.
Come faccio ad andare al lavoro domani?
Spostandosi una ciocca ribella dalla faccia, vide che vicino a lei c'era un gruppo di persone che la guardava, senza far nulla per aiutarla.
Fu invasa da una collera terribile. Possibile che la sua vita deve essere ricca di tante piccole e costanti umiliazioni? Possibile che il massimo a cui può aspirare è sposare un uomo di una Casta più alta della sua? Possibile che l'unico momento della giornata in cui è in pace con se stessa è quando si corica la notte?
Dalla finestra di una casa vicino filtrò la voce del giornalista del notiziario. Si parlava della Selezione. Saltellando, si avvicinò alla finestra e vide che stavano trasmettendo il volto di una giovane con i capelli rossi. La cosa che colpì la donna non fu tanto la bellezza della ragazza, neanche il bellissimo abito che indossava, e neppure la bellissima acconciatura che metteva in risalto il viso. La cosa che le fece togliere il fiato fu vedere il luccichio che aveva negli occhi, che comunicava speranza. Speranza nel futuro. Speranza di avere una vita felice. Speranza di essere ricambiata dall'uomo che amava.
Anche lei voleva averla. Per se stessa e per i suoi fratelli.
Appoggiandosi al muro, iniziò la sua lenta marcia verso casa. A causa del buio, non vide un uomo con la bandana e si scontrarono. Lui la sorresse, la osservò per alcuni istanti e poi commentò: “È ora di combattere”. La donna non ebbe bisogno di altre parole. Era arrivato il momento. Per tutta l'Illéa. Per tutti le persone delle caste più basse. Per lei.

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