A Ghost in Love 2 -Back in the Past-

di la luna nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una voce dal passato ***
Capitolo 2: *** La richiesta di aiuto ***
Capitolo 3: *** Un nuovo stargate ***
Capitolo 4: *** La famiglia Harringhton ***
Capitolo 5: *** Misteri e verità ***
Capitolo 6: *** In fuga ***
Capitolo 7: *** Cuori in tempesta ***
Capitolo 8: *** Chi sposerà Louise Millstone? ***
Capitolo 9: *** Nella notte ***
Capitolo 10: *** Una grave perdita ***
Capitolo 11: *** La nuova guida medianica ***
Capitolo 12: *** Addio al Somerset ***
Capitolo 13: *** Come un flash back ***
Capitolo 14: *** Il cugino Lawrence Harringhton ***
Capitolo 15: *** Quello che non ti ho detto ***
Capitolo 16: *** Nel cuore solo lui ***
Capitolo 17: *** Nubi all'orizzonte ***
Capitolo 18: *** Un ritorno inaspettato ***
Capitolo 19: *** Fiori d'arancio in vista ***
Capitolo 20: *** Il ritorno ***



Capitolo 1
*** Una voce dal passato ***


“Dai, non è difficile. Ricordati quello che ti ho detto e tutto andrà bene.”
Edward prese le chiavi dell’auto e le infilò nella fessura. “Ok Ed, hai imparato ad usare il cellulare, puoi imparare a guidare un’auto… Cambio in folle, frizione premuta….”
“Gira la chiave e dai gas.”
Il ragazzo seguì i suggerimenti di Daisy e il motore si avviò, sul suo volto comparve un’espressione soddisfatta.
“Bene, adesso tieni sempre la frizione premuta e metti la prima…. Ok, ora togli il freno a mano e parti.”
“Devo rilasciare la frizione mentre do gas… lentamente…” Il motore aumentò di giri, l’auto iniziò a muoversi sobbalzando e come Edward lasciò il pedale a sinistra, il motore si spense. “Porc…” Sbatté con leggera rabbia un pugno sul volante e quel gesto alla ragazza proprio non piacque.
Gli sfiorò l’avambraccio con un sorriso  quasi forzato sulle labbra. “Ehi ehi! Calma! Devi prendere confidenza con la sensibilità dei pedali, dai! Riprova, vedrai che questa volta andrà meglio.”
Non era per niente di quell’avviso, Daisy tuttavia gli sfiorò le labbra con un dolce bacio sfoderando gli occhi da cucciolo. “Ce la farai, ne sono certa.”
A tutto quello non resisteva: mise di nuovo in moto l’auto e, nonostante l’aumento vertiginoso dei giri del motore, riuscì a fare i primi metri senza problemi.
Il giardino di Swanlake Palace era perfetto per la scuola guida. Prima di sostenere gli esami per conseguire la patente, preferiva prendere qualche lezione dalla sua ragazza per non fare la figura del pivellino fra tutti gli aspiranti automobilisti. Edward moriva dalla voglia di acquisire la sua indipendenza senza dover dipendere dalla ragazza o dai mezzi pubblici per spostarsi e fare quello che desiderava; quando la sua parte sovrannaturale ancora era attiva, tutto si risolveva rapidamente con un gesto; ora non più.
La patente per lui era il primo passo verso la tanto sognata meta.
“Bene! Te lo dicevo che c’avresti preso la mano!” Daisy era molto soddisfatta.
Edward invece era concentratissimo: da quando non aveva più alcun potere soprannaturale, doveva contare solo sulle sue forze e sulla sua volontà per apprendere tutto quello che nel 1866 non c’era. Non era uno stupido e man mano che i minuti passavano, l’auto aveva sempre meno segreti per lui.
“Uff! Per oggi getto la spugna, basta, non ce la faccio più.”
“Hai guidato per più di mezz’ora, può bastare.  Devo ammettere che stai facendo passi da gigante!”
Il ragazzo lasciò il pedale della frizione con la marcia ingranata, la macchina fece due sobbalzi e il motore si spense. “Nooo! Bastardo di un aggeggio a benzina!”
Daisy si mise a ridere. “Dai, la prossima volta non accadrà, ne sono certa.” Prese il posto di guida. “Non sei ancora al livello di Lewis Hamilton, ma col tempo….”
Lasciarono Swanlake Palace e presero la strada di casa.
“Lewis Hamilton?”
“Quello che corre in Formula1, ricordi? Abbiamo guardato il GranPremio domenica in tv.”
“Ah già…. Il quadro che si muove… Sai, è una delle invenzioni più strabilianti che abbia mai visto.”
“Ed è uno dei modi migliori di trascorrere le serate quando sei costretto a stare solo. Che facevate ai tuoi tempi senza tv?”
“Potevamo leggere o conversare per ore intere, c’era che preferiva andare a letto presto con o senza compagnia e chi come me...”
“Chi come te?”
“Beh, a me piaceva soprattutto andare in giro con i miei amici per locande.”
“E spassartela con le belle donne!”
“Perché non ti conoscevo ancora, c’era solo Louise che mi ronzava intorno.”
“Non toccare quel tasto, lo sai che sono gelosa.”
“Ehi.” Le spostò una ciocca di capelli e si avvicinò all’orecchio. “Lo sai di non averne motivo. Che amo solo te più della mia vita lo sai bene…” Le impresse un dolcissimo bacio che le provocò una tale scarica di brividi da farla sbandare.
“Idiota! Quasi finivo fuori strada!” Quanto lo adorava…
“Su di me hai questo effetto, non so resistere.” Si mise di nuovo seduto correttamente con quel sorriso innamorato stampato in faccia ed abbassò il finestrino dell’auto poggiando fuori il gomito. L’aria fresca entrava nell’abitacolo dell’auto che sfrecciava per immergersi nel caos della capitale britannica. L’aria scompigliava i capelli ad entrambi, per il ragazzo era sinonimo di libertà e spensieratezza, presto anche lui avrebbe fatto parte della schiera degli automobilisti. Il mondo dei motori e della velocità lo aveva conquistato fin dal primo momento in cui aveva messo piede nella nostra epoca e moriva dalla voglia di imparare a pilotare quelle carrozze senza cavalli.
Era passato quasi un anno dal ritorno definitivo di Edward e non aveva avuto vita facile nel doversi abituare alle diavolerie moderne. Era rimasto senza parole davanti al televisore, affascinato da quel quadro che cambiava soggetto solo premendo un numero su di una scatoletta; si era quasi impressionato nel vedere un inverno perenne chiuso in un mobile della cucina di Daisy! Ma la cosa in assoluto che lo aveva destabilizzato e conquistato all’istante erano le carrozze senza cavalli, cioè le automobili: potenti, scattanti, futuristiche, anche se rumorose. Sfrecciavano come fulmini solo usando quel liquido puzzolente e piuttosto costoso che ogni tanto Daisy acquistava da quel tipo che, tramite una strana pistola, lo metteva direttamente dentro l’auto.
Giunsero sotto casa dopo aver fatto la spesa al supermercato, quella sera infatti Mel e Soren sarebbero venuti a cena a casa loro. Scaricarono tutte le buste e la ragazza si mise a preparare una di quelle insalate miste che tanto piacevano all’amica. Poi mise in forno l’arrosto di maiale e solo allora si accorse che Edward era fermo, in piedi, davanti alla finestra con lo sguardo perso nel vuoto.
“Ehi, va tutto bene?” Gli sfiorò la schiena.
Il ragazzo deglutì. “Spero di si.”
Daisy guardò fuori, notò che all’orizzonte si stava preparando un temporale. Le nubi erano scure e minacciose, il vento si faceva attimo dopo attimo sempre più forte e le cime degli alberi ondeggiavano lasciando ogni tanto qualche foglia volare via. “Mica avrai paura di due lampi?”
“Certo che no, ho solo paura che quello non sia un semplice temporale.”
“Che vuoi dire?”
“Non lo so… E’ come se qualcosa stesse per accadere. Forse è solo suggestione, ma…. Non lo so, non mi sento tranquillo.” Fece una breve pausa. “C’è una cosa che non ti ho mai detto…. Vedi, anche se adesso la mia parte soprannaturale è praticamente scomparsa, c’è qualcosa che ancora mi lega al passato.”
“Nostalgia?”
“No, è un qualcosa che sinceramente non so spiegarti bene…” Si passò una mano fra i capelli. “Ho l’impressione di percepire gli spiriti, ma non come accade a Mel. Io li sento in ogni momento come si vivessero in simbiosi con me. Riesci a capire?”
“Forse.” Rifletté un attimo. “Quindi secondo te sta per succedere qualcosa?”
“Qualcuno ha bisogno di aiuto.” Sospirò. “Spero di sbagliarmi, ma potremmo riceve visite molto presto.”
Un profumino invitante riempì la stanza e fece destare Daisy dal torpore nel quale era caduta. “Accidenti, l’arrosto!” Schioccò un bacio al suo amore prima di tornare in cucina per ultimare le pietanze prima dell’arrivo degli ospiti, lasciando Edward con lo sguardo perso nel vuoto.
 
 
 
La cena fu un successo, accompagnato da risate e ottima birra danese. Negli occhi di Edward però c’era una luce strana, non era del tutto tranquillo. Fuori il temporale si era scatenato a dovere, illuminando a giorno il cielo di Londra con lampi e fulmini a non finire. Il vento aveva spazzato senza sosta ogni angolo della città, provocando danni alle piante e ad alcuni edifici.
“Il caffé è pronto!” Daisy richiamò l’attenzione di tutti. “Ecco qua, direttamente dall’Italia un bell’espresso per concludere la serata nel migliore dei modi.” Terminò di servire le tazzine posizionandole davanti ad ognuno dei commensali giusto in tempo: l’elettricità se ne andò dal suo appartamento.
“Ehi, che succede?” Soren sentì la mano di Mel sulla sua. “Perché siamo al buio?”
La sensitiva iniziò a respirare affannosamente. “Abbiamo visite. Svelti, formiamo una catena energetica.”
Barcollando nel buio, i quattro si presero per mano. Edward sudava freddo: aveva riconosciuto suo nonno nello spirito che aveva fatto saltare la luce.
Le sue sensazioni dunque erano fondate, non si aspettava però una visita così ravvicinata.
Che cosa voleva? Perché era tornato da lui?
“Edward… Tu lo percepisci come me, vero? O forse di più…” Mel aveva riconosciuto lo spirito e si era resa conto della spiccata sensibilità del ragazzo.
Questi invece restava in silenzio, nella sua testa parole inquietanti si susseguivano attimo dopo attimo. Non sapeva se anche Mel poteva udirle, sarebbe stato di grande aiuto per lui avere un altro parere: le parole del nonno contenevano un messaggio ben preciso.
Fuori l’aria fu squarciata da un fulmine schiantatosi su di un albero del parco a poche decine di metri dall’abitazione di Dasiy che fece sobbalzare tutti quanti. Terminato il fragore assordante, tornò la luce e tutto fu di nuovo normale.
Mel fece un profondo respiro, si voltò verso Soren il quale aveva un’aria lievemente preoccupata. “Lille Havfruhe, tutto bene? Cos’è successo?”
“Un’improvvisa visita dall’al di là.” Piantò gli occhi in quelli di Edward: vi lesse spavento e preoccupazione.
La sua mano non aveva ancora lasciato quella di Daisy. “Hai sentito anche tu quello che ha detto?” Chiese con un filo di voce.
“Credo di si. “
“Che succede? Cosa avete sentito?” Daisy era preoccupata, guardava Edward e l’amica in attesa che qualcuno si degnasse di illuminarla.
Il ragazzo invece si alzò da tavola chiudendosi in camera.
“Ma che gli è preso?” Soren non capiva, non conosceva la verità su Edward, lo trovava un tipo un po’ strano, a tratti con qualche rotella fuori posto, ma non aveva la minima idea di quello che si celava dietro di lui. Questi preferiva tenergli ancora nascoste le sue origini ed attendere il momento opportuno per svelargli il suo segreto, passaggio delicato e certamente non facile da affrontare. Mel e Daisy si guardarono in faccia: sentivano che forse era giunto il tempo di dargli una spiegazione, se effettivamente qualcuno lo aveva cercato dall’al di là, presto Soren avrebbe scoperto tutto e il rapporto di amicizia fra i due poteva compromettersi.
Daisy raggiunse Edward: era seduto sul letto, con lo sguardo rivolto verso la finestra, muto ed immobile. Si avvicinò a lui, gli sfiorò la spalla destra e gli si sedette accanto.
Lui si voltò e lesse nei suoi occhi preoccupazione. Appoggiò la fronte su quella della ragazza. “Perdonami…”
Lo baciò dolcemente. “Va tutto bene?”
“Devo tornare nel passato.”
“Cosa?”
“Mio nonno… Lo spirito che si presentato poco fa era mio nonno. Mi ha detto che hanno bisogno di me…”
“Perché? E’ successo qualcosa?”
“Non mi ha dato grandi spiegazioni.” Ingoiò un nodo in gola. “L’unica certezza che ho è che presto dovrò tornare nel passato, accidenti.”
“Ma perché? Insomma, cosa diavolo c’è che non va?”
“Non lo so.” Si alzò. “Non lo so…. Spero solo che Mel abbia sentito qualcosa in più di me e che mi possa aiutare a capire qualcosa.” Afferrò la maniglia della porta.
Tornò in sala da pranzo dove Mel stava amoreggiando con il suo ragazzo. Si ricomposero subito non appena videro di non essere più soli.
“Mel, devo parlarti.”
“E’ per via di quella voce, vero?”
“Già.” Si sedette a tavola e bevve un goccetto di limoncello. “Spero che tu non abbia sentito quello che ho sentito io.”
Mel non rispose ed abbassò lo sguardo.
“Ho capito.” Sospirò. “Devo fare i bagagli.”
“Aspetta. Domani notte potremmo tentare un contatto spiritico per avere maggiori spiegazioni. Se veramente deve accadere quello che abbiamo percepito, credo sia opportuno vederci chiaro.” Rifletté un istante. “Alle una di notte, nella Lilith Room io e te da soli contatteremo quello spirito. E vediamo cos’ha da dirci.”
Piombò il silenzio.
Daisy si sentiva morire al solo pensiero di doversi separare da Edward. Forse sarebbe stato solo per pochi giorni, forse era qualcosa di veramente urgente e preoccuparsi non sarebbe servito a niente…
Era inutile che tentasse di autoconvincersi: doverlo lasciar andare via la faceva impazzire.
Soren non ci stava capendo nulla: guardava uno ad uno i commensali nella speranza che qualcuno lo degnasse di una spiegazione, ma attorno a sé vedeva solo musi lunghi e sguardi preoccupati. Qualcosa però lo faceva innervosire: cosa c’era fra Edward e la sua ragazza? Cosa significavano quelle parole? Perché volevano incontrarsi di notte loro due da soli nella Lilith Room di Spirithon? Lo guardò con aria di sfida, poi fissò Mel in attesa di una risposta che non voleva arrivare.
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
Ben ritrovati a tutti! :D
Confesso che è la prima volta in cui mi lancio nella scrittura del seguito di una mia storia e spero nel vostro sostegno per questa nuova avventura.
Non esitate a farvi avanti, ogni commento positivo e negativo è il benvenuto.
 
Dunque qualcosa è accaduto nel passato e sembra che Edward debba tornare nel suo tempo… Cosa sarà accaduto di così importante da richiamarlo?
E Soren si è fatto un’idea particolare sul ragazzo e Mel… Lui ancora non sa niente delle reali origini dell’amico.
 
Grazie a chiunque spenda il suo tempo nel leggere la storia. Tenterò di aggiornare ogni venerdì come per l’altra storia.
Un abbraccio
La Luna Nera
 
PS. L’espressione Lille Havfruhe significa Sirenetta in lingua danese.  : )

 

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Capitolo 2
*** La richiesta di aiuto ***


Era quasi l’una e mezzo, una parte di Londra dormiva da un paio di ore, una parte era in piena movida. Qualcuno però era ben sveglio e non per andare in giro per locali, ma per scoprire cosa o chi voleva che Edward tornasse da dove era venuto e soprattutto perché.
Soren e Daisy attendevano con nervosismo la conclusione della seduta. Si trovavano nell’androne di Spirithon, dove la ragazza lavorava. Percepiva una buona dose di tensione nel fidanzato della sua amica e tentava di distoglierlo da pensieri potenzialmente pericolosi mettendosi a ricontrollare le prenotazioni per le sedute delle settimane a venire.
Soren finse interesse per tutta quella mole di scartoffie. “Sono moltissime, non pensavo ci fosse un così grande interesse per l’al di là.”
“Beh, c’è chi non si rassegna alla perdita di un familiare e chi tenta di contattare il proprio idolo passato a miglior vita. Quelli che vanno per la maggiore sono Freddie Mercury, John Lennonn, Jim Morrison, Marilyn Monroe ed Elvis Priesley. Michael Jackson sta prendendo quota rapidamente e recentemente c’è stata qualche richiesta in più anche per Lady Diana.” Parlò come un registratore, anche lei sentiva tensione nell’aria e temeva che da un momento all’altro potesse scatenarsi qualcosa. Soren aveva i nervi a fior di pelle, quello che maggiormente lo infastidiva era proprio il dubbio che fra la sua Mel ed il ragazzo della sua migliore amica ci fosse qualche tresca amorosa sotto i loro occhi. E che lei ne fosse consapevole e consenziente. Tutti insomma sapevano tranne lui. Osservò la porta della sala dove stavano Mel ed Edward, non sentiva alcun rumore. Provò ad avvicinarsi, ma Daisy lo fermò.
“Soren, per favore, non aprire. Può essere pericoloso.”
Il ragazzo si voltò. “Mi meraviglio di te! Come fai ad essere così tranquilla?”
“Perché non dovrei esserlo?”
Piegò l’angolo destro della bocca. “Forse perché sai qualcosa che io non so?”
Daisy deglutì e non rispose.
“Lo sapevo.” Si allontanò dall’ingresso. “Mel mi tradisce con il tuo uomo forse?”
“Ma che ti salta in mente?!”
“Allora mi spieghi almeno tu cosa sta succedendo fra quei due?!”
In quel momento la porta della Lilith Room si aprì: Edward era scuro in volto.
Prese per mano Daisy, salutò rapidamente gli amici ed uscì. Soren lo fissava con aria di sfida, nel silenzio reso più inquietante dalla notte scesa sopra Spirithon.
Il tragitto verso casa fu di un silenzio tombale, guardava dritto davanti a sé senza batter ciglio, mentre l’auto guidata da Daisy percorreva le strade semi deserte della capitale britannica.
Salirono in casa, sempre senza dire una sola parola, Edward entrò in camera e si sedette sul letto, stropicciandosi il volto con le mani. Daisy gli si fece vicina abbracciandolo. Quel silenzio aveva detto molto più di mille parole: era la conferma che presto gli avrebbe dovuto dire arrivederci. O forse addio. Finalmente la guardò in faccia: aveva lo stesso sguardo distrutto di quella sera, quando le rivelò tutta la sua storia e il suo imminente ritorno nel passato.
“Quando te ne vai?” Daisy faticava a parlare.
La baciò.“Prima possibile…. Non appena lo stargate a Swanlake Palace sarà di nuovo percorribile.”
Tentò di metabolizzare la cosa. “E quando tornerai? Perché… tornerai, non è vero?”
Annuì con la testa. “Tornerò quando avrò compiuto quello che mi è stato chiesto.”
“Cioè?”
Fece un profondo respiro, si alzò, guardò la luna che brillava sul cielo notturno di Londra e poi si voltò verso Daisy. “Mio nonno ha detto che Louise Millstone è scomparsa e che solo grazie alla mia presenza c’è speranza di ritrovarla. Non ha fatto salti temporali né è deceduta altrimenti lui ne sarebbe al corrente, è semplicemente scomparsa.”
Daisy balzò in piedi spalancando la bocca per l’incredulità. “Cosa?! Louise Millstone?! La figlia di quello stronzo maledetto che ha tentato di farci fuori?!” In un lampo era passata dalla nera disperazione alla rabbia più accecante.
“Si.”
“Cioè… Fammi capire: tu devi tornare indietro nel tempo per una che ti sei portato a letto, che è innamorata di te e…. Io devo restare qui con le mani in mano mentre potrebbe accadere qualunque cosa?!”
“Ma cosa vuoi che accada?”
“Io…. Io non ti capisco Edward. Sei stato tu a dirmi che quella ti sbava dietro e che non si è fatta pregare poi così tanto nel concederti le sue grazie. Scommetto quello che vuoi che quando l’avrai trovata si getterà ai tuoi piedi offrendoti il mondo..”
Le prese il viso fra le mani e la baciò da farle quasi mancare il fiato. “Sono stato abbastanza esplicito?” Non riusciva ad allontanare gli occhi dai suoi. “Louise può fare quello che vuole, nel mio cuore c’è posto solo per te.”
La ragazza ingoiò una lacrima. “Scusa… E’ solo che ho una paura matta di perderti di nuovo…” Si lasciò stringere da quelle braccia forti e protettive. “Ma perché proprio tu? Non c’è nessun altro che possa andare a cercarla? Non sarà una trappola di suo padre?”
“Non c’è nessuna trappola, mio nonno mi ha rassicurato.”
“E quindi?”
“Quindi sperano che il mio ritorno, seppur temporaneo, possa farla tornare a casa in virtù del fatto che io la conosco bene potendo intuire dove si sia andata a nascondere e che… che…”
“Che?”
“Che lei..” tossì “ancora…ehm…insomma…”
“Lei ancora ti ama!?”
Annuì senza rispondere.
“Lo sapevo.” Iniziò a girare nervosamente per la stanza. “Lo sapevo che sotto c’era qualcosa. E scommetto che faranno in modo e maniera di farvi fidanzare ed appianare l’odio fra le vostre famiglie.”
“Toglitelo dalla testa, non accadrà mai.”
“Guarda che non sono una sprovveduta, ai tuoi tempi i matrimoni combinati erano di moda!”
“E con questo? Ho capito che la gente si deve sposare per amore, non per interesse. Qualunque cosa accada, non ho alcuna intenzione di prendere in moglie Louise. Amo te, solo ed esclusivamente te.” Fece una breve pausa. “Io sono comunque un gentiluomo e non mi tiro indietro, ne va del mio onore e della mia reputazione. Cosa c’è? Non ti fidi?”
Daisy quasi lo fulminò con lo sguardo. “Non mi fido di lei.”
“Ma neanche la conosci!”
“Appunto.” Un’idea le attraversò la mente. “Presentamela.”
“Cosa?”
“Vorrei venire anche io nel tuo tempo.”
Edward restò stupito e meravigliato da quella proposta.
“Che ho detto di male?” Incrociò le braccia. “Non ho il diritto di vedere coi miei occhi i luoghi in cui sei nato e cresciuto? Non ho il diritto di conoscere la tua famiglia e i tuoi amici? In fondo tu conosci i miei.”
Si destò da quella sorta di torpore che lo aveva invaso al suono di quelle parole. “Vuoi solo controllarmi.”
“Forse, ma se non hai nulla da nascondere dove sta il problema?”
“Non ho idea se la cosa sia fattibile. Mio nonno ha chiesto solo a me di attraversare lo stargate.”
“E allora? Chiedigli se posso venire anche io.”
Piegò l’angolo destro della bocca. “Tu non ti rendi conto della delicatezza della questione. Passare attraverso il tempo non è una cosa da prendere alla leggera.”
“Ti costa così tanto chiederlo a tuo nonno?”
“Ci proverò, ma non posso garantirti nulla.” La strinse di nuovo fra le braccia. “Dipendesse da me, farei anche l’impossibile per averti sempre al mio fianco.”
La adorava, non c’era bisogno di aggiungere tante altre cose.
Tutta la gelosia e le paure che la ragazza covava dentro derivavano proprio da questo: non voleva perderlo e date le sue origini il rischio era sempre dietro l’angolo.
Iniziò a baciarla sul collo facendole risvegliare i sensi.
“Vuoi mettermi il pigiama?” Quella di Daisy era una domanda retorica, le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso non appena Edward iniziò a sfilarle gli indumenti.
“Si, ma prima devo controllare una cosa.”
“E quale sarebbe?”
“Voglio vedere se sei ancora bella come quando ti ho vista la prima volta.”
“Oh..” Si lasciò guardare. “Allora? Qual è il responso?”
“No, non sei bella come allora…” Avvicinò le labbra alle sue. “Lo sei di più.”
Lo intrappolò fra le braccia lasciandosi sopraffare dal sentimento. Lui era tutta la sua vita e avrebbe rivoltato il mondo, pure l’altro, per seguirlo in quella bizzarra avventura a ritroso nel tempo. Baci sempre più ardenti risuonavano nella stanza, intervallati da parole dolci sussurrate fra un sospiro e l’altro. Il ragazzo fissò gli occhi in quelli della ragazza: quello era il suo mondo e avrebbe dato l’anima per averla sempre con sé.
“Ti giuro sul mio onore che non lascerò nulla di intentato. Voglio averi accanto per l’eternità.” La baciò.
Daisy lo circondò con le braccia per sentire la sua pelle calda e profumata a  contatto con il suo corpo. “Fammi tua. Ora non desidero altro.”
Edward non si fece pregare oltre e l’amò con tutto se stesso. Era troppo di tutto, il viaggio più bello e sognato di tutta una vita.
Ogni volta era come la prima volta.
Si amavano e non era un mistero per nessuno, neanche per chi doveva decidere se Edward avrebbe dovuto affrontare quel viaggio da solo.
Tanto erano presi dalla passione che non si resero conto che l’elettricità era di nuovo saltata. Si fermarono quando un colpo di tosse anomalo richiamò la loro attenzione.
“Edward! C’è qualcuno!”
“Che dici amore? Non c’è nessun’altro in questa stanza.”
“Ti dico che c’è qualcuno invece!!”
Il ragazzo si voltò e nell’oscurità riconobbe un figura opalescente a lui familiare. “Oh… Nonno… siete voi…”
“Mi duole interrompervi, ma non ho potuto evitare di presentarmi in questo istante.” Fece una riverenza. “Onorato di fare la vostra conoscenza diretta, milady.”
Daisy stava morendo di vergogna, tentò di coprirsi il più possibile con il lenzuolo, non era nell’abbigliamento più indicato per ricevere ospiti. “Il…piacere è mio…” In quel momento realizzò che anche lei era in grado di vedere lo spirito del Duca Harringhton con i suoi occhi, esattamente come poteva fare Edward. Fu colta da un leggero timore che la fece avvicinare al suo ragazzo in cerca di protezione.
“State tranquilla signorina, non ho intenzioni pericolose.” Si mise seduto. “Avrei soltanto il desiderio di conversare un po’ con voi, spero la cosa non vi rechi disturbo.”
“Oh, no signore… Sono solo, ehm… colpita dalla vostra venuta.”
Il nonno giocherellò con i baffi e le sue labbra si piegarono in un sorriso di convenienza nel constatare che la ragazza accettava la conversazione.
“Vi confesso, milady, di essere rimasto molto colpito dal vostro desiderio di seguire mio nipote nel passato. Posso chiedervi a cosa è dovuta questa vostra scelta?”
Dasiy guardò negli occhi Edward che non si era allontanato di un millimetro, sapeva bene di non poter mentire o inventare scuse, il nonno poteva conoscere la verità. “Vedete…. Ho il solo ed unico terrore di perdere vostro nipote… Ci sono già andata vicino una volta e spero che restandogli accanto, corra meno rischi.”
Lo spirito annuì, in fondo le ragioni della gelosia erano quelle. “Mio nipote vi ama a tal punto che non ha esitato un attimo nel mettere a repentaglio la propria vita per la vostra; ditemi, fareste lo stesso voi per lui?”
“Naturalmente milord.”
“E cosa mi dite della gelosia scaturita in voi quando avete appreso dei motivi per cui ho chiesto a mio nipote di tornare nel suo tempo?”
“Ho paura che la signorina Millstone possa portarmelo via. Se ben ricordo, ad Edward è stato permesso di tornare da me grazie al nostro amore… Se qualcosa dovesse incrinarsi, beh, non potrei sopportare di dover rinunciare per sempre a lui.”
“Se avete fiducia profonda in lui, non dovete temere alcunché. Questa è una delle condizioni fondamentali perché il vostro viaggio nel passato possa avere luogo. Dovete tener presente che non avrete vita facile: siete abituata ad un’epoca in cui potete disporre di ogni comodità, in cui le donne godono di certi privilegi che un tempo non esistevano e dove non vi è consentito di controbattere ciò che dall’uomo viene deciso. Ditemi, vi ritenete in grado di sopportare tutto questo?”
“Se è necessario a farmi restare accanto all’uomo che amo, si, senza dubbio.”
Il nonno si fece silenzioso, metabolizzando le parole pronunciate dalla ragazza. Dopo alcuni interminabili secondi si alzò. “Fra due giorni presentatevi allo scoccare della mezzanotte a Swanlake Palace dove vi comunicherò la decisione presa dagli spiriti del tempo. Ah, vi prego di indossare abiti più adeguati al vostro decoro.” Fece una riverenza. “Vi auguro un buon proseguimento.” E svanì come la nebbia ai primi raggi del sole.
 
 
 


 
Ciao a tutti!
Voglio innanzi tutto ringraziare eppy e Drachen per le loro recensioni e un grazie anche a FantFree e nephylim88! Naturalmente non tralascio neanche voi che avete speso del tempo nel leggere il primo capitolo della storia. : )
 
Vengono fuori i motivi che hanno richiamato Edward nel passato: il nome di Louise Millstone basta a far saltare i nervi a Daisy. Ricordate cosa era accaduto fra i due giovani?
Cosa diranno gli spiriti del tempo?
 
Grazie a tutti e a presto.
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 3
*** Un nuovo stargate ***


 
Giunse il momento tanto atteso: Daisy ed Edward entrarono nell’ampio vano d’ingresso di Swanlake Palace. Mancava qualche minuto allo scoccare della mezzanotte quando il portone si aprì ed un’ombra entrò nell’ambiente. Fra i due scese una buona dose di paura perché nessuno doveva presentarsi lì a quell’ora tranne il nonno che era uno spirito. Quella era una persona viva, in carne ed ossa, sconosciuta e potenzialmente pericolosa. Daisy frugò nella sua borsetta ed estrasse una torcia, la accese e la puntò in faccia all’intruso.
“Cosa?!”
“E togli quella luce!!”
“Mel?! Che ci fai qui?!”
La sensitiva si avvicinò a loro. “E’ stato il nonno di Edward a chiedermi di venire qui stasera e non vi potete immaginare quante balle ho dovuto raccontare a Soren.” Fece una breve pausa. “Edward devo essere sincera con te, non so per quanto ancora riuscirò a mantenere il tuo segreto con lui.”
“Se ci tieni a me e alla nostra storia voglio la verità.” Soren irruppe piuttosto scocciato e determinato. “E la voglio subito.” Aveva seguito di nascosto la sua ragazza poiché sentiva che c’era roba scottante sotto.
Mel guardò Edward in faccia, la cosa riguardava principalmente lui e senza il suo consenso non avrebbe detto una sola parola.
“Senti Soren, la faccenda è complicata e sicuramente troverai tutto assurdo.” Il ragazzo rispose dopo una breve riflessione. “Ad ogni modo devi giurarmi di non rivelare a nessuno quanto sto per dirti, è importantissimo.”
“Hai la mia parola.” Incrociò le braccia. “Te la intendi con lei sotto il naso della tua ragazza forse?”
“Sei totalmente fuori strada.” Si passò una mano fra i capelli, non era facile trovare i termini più appropriati per spiegargli da dove proveniva. “Devi sapere che io vengo da un’altra epoca. Sono giunto qui dal 1866 attraversando uno stargate.”
Il giovane danese sbarrò gli occhi per quanto aveva appreso. “Che?!”
“Si, lo so che ti sembra assurdo ma…”
Il racconto di Edward fu interrotto all’improvviso da dodici rintocchi del vecchio orologio a pendolo misteriosamente apparso sulla parete accanto alla scalinata di accesso al piano superiore. I quattro si voltarono in quella direzione: degli orbs si stavano concentrando davanti alle lancette e, dopo alcuni istanti, da un bagliore comparve lo spirito del Duca Edward Harringhton senior.
“Ben arrivato, caro nonno.” Edward si inchinò davanti allo spirito, Daisy e Mel fecero la stessa cosa. Soren era rimasto impietrito dalla paura e dalla sorpresa: era la prima volta che vedeva un’entità sovrannaturale con i suoi occhi.
Il Duca salutò i presenti con un cenno del capo. “Buonasera a voi. Non immaginavo di trovarmi di fronte un così nutrito gruppo di viventi.”
Gli occhi evanescenti del nonno passarono in rassegna i presenti: Edward in perfetto ordine, testa alta, sguardo fiero esattamente come si richiede ad un nobile gentiluomo; Daisy con lo sguardo sospeso a metà fra la paura di apprendere se la sua richiesta fosse stata accolta e il respiro quasi affannoso per l’emozione; Mel che non capiva il motivo per cui il Duca l’aveva invitata e Soren, quello con i maggiori interrogativi ai quali moriva dalla voglia di dare una risposta, senza aver capito ancora se era sveglio o stava sognando. Si ridestò da quello strano torpore che lo aveva assalito solo quando la sua ragazza lo strattonò per un braccio, promettendogli che una volta fuori di lì gli avrebbe spiegato tutto.
“Accomodatevi nel salone dei ricevimenti che si trova dietro la porta alle vostre spalle.” Detto questo, lo spirito si spostò precedendoli nella stanza. Attraversò le pareti e, quando fu raggiunto, si voltò verso di loro. Alle sue spalle c’era un enorme specchio finemente decorato da fiori incisi che formavano un’elegante cornice. Il tutto era ulteriormente adornato da lavorazioni dorate recanti lo stemma araldico della famiglia Harringhton: tre cigni in volo su di uno specchio d’acqua.
Il nonno congiunse le mani, osservò di nuovo i presenti e finalmente parlò.
“Gli spiriti che detengono le chiavi del tempo hanno dato parere positivo al viaggio della signorina nel passato.” Daisy guardò Edward con una lacrima di felicità che le rigava il volto e i battiti cardiaci a mille. “Ma attenzione: l’esito della missione e il conseguente ritorna in quest’epoca è sorretto da un sottilissimo filo che non dev’essere spezzato per nessuna ragione, pena il vostro peregrinare eterno oltre i sentieri dello spazio e del tempo.”
“Cioè, volete dire che se non va tutto liscio non torneremo più indietro?”
“Voglio dire, nipote mio, che se non osserverete tutte le raccomandazioni che andrò ad elencarvi, rischiate di finire reclusi nella dimensione oltre lo spazio e il tempo, dove la possibilità di tornare dove il tempo scorre non esiste.”
“Illustrateci le condizioni, di grazia.”
“Il viaggio attraverso lo stargate è subordinato al legame indissolubile nato fra voi due, dovete fidarvi ciecamente l’uno dell’altra indipendentemente da quanto può accadere. Tu Edward non subirai alcun cambiamento fisico né spiritico; in quanto a voi, milady, poiché appartenete ad un’altra epoca, acquisirete una dote sovrannaturale molto simile a quella che teneva mio nipote in occasione della sua prima venuta nel vostro tempo. Ogni stargate è un portale a sé e come tale ha caratteristiche uniche che lo differenziano dagli altri: chi lo attraversa per raggiungere un’epoca che non è la sua, ne subisce il potere. Voi conserverete le vostre sembianza durante il dì e le ore di oscurità, ma sarete dotata di poteri sovrannaturali: potrete fluttuare in aria, attraversare mura e pareti. Dovrete imparare a gestire questa facoltà e farne buon uso, dovete prestare la massima attenzione a tenere celato questo vostro segreto e soprattutto dovete imparare l’etichetta che si conviene ad una giovane nobildonna promessa sposa di un aristocratico come mio nipote.”
Daisy ascoltò tutto senza batter ciglio. Dopo un attimo di riflessione un dubbio la assalì. “Scusate milord, se sarò una sorta di spirito in ogni momento, a cosa potrei andare incontro se qualcuno dovesse scoprire la verità?”
“Voi svanirete all’istante tornando da dove siete venuta, cioè quest’epoca.” Congiunse le mani. “E naturalmente questo non accadrà a mio nipote, lui resterà dov’è e vivrete il resto dei vostri giorni separati.”
Daisy strinse forte la mano di Edward, era tutto molto rischioso, lei non aveva idea di come si sarebbe svolta la sua vita nel 1867, l’anno in cui sarebbero finiti una volta attraversato lo stargate. In un attimo tutte le sue certezze iniziavano ad incrinarsi, aveva paura sia di separarsi da lui che di precorrere il tempo all’indietro. Forse era stata troppo impulsiva nel voler seguire il ragazzo nella sua epoca per quella gelosia che l’aveva invasa una volta appreso che lì c’era una nobile fanciulla scomparsa che amava il suo uomo e che doveva essere salvata ad ogni costo. Ora però era troppo tardi per avere ripensamenti: se davvero voleva seguire Edward, doveva decidere subito.
Guardò il ragazzo negli occhi, lui fece altrettanto: non voleva influenzarla nella sua decisione e restò in assoluto silenzio.
“Allora milady? Siete sempre del parere di voler affrontare il viaggio temporale?” Il Duca mostrava segni di impazienza.
La ragazza alzò la testa mostrando uno sguardo fiero; Edward l’amava a tal punto da non avere esitato un istante nel sacrificarsi per lei e lei avrebbe fatto altrettanto. “Sono pronta milord.”
Il Duca annuì e con una rapido gesto delle mani fece comparire una bolla di energia che rinchiuse i due giovani. “I vostri abiti siano più consoni ai mirabili anni che vi accoglieranno. Io vi assisterò dalla mia dimensione d’oltre vita e vi farò da guida durante il vostro viaggio nel tempo.” Allargò lievemente le braccia e la luce che aveva avvolto i ragazzi si fece meno intensa. Ora Edward era tornato quello di una volta, con la sua solita camicia bianca e la giacca color nocciola, i pantaloni marroni e i capelli ordinatamente raccolti dietro la nuca. Daisy si ritrovò indosso un meraviglioso abito blu, molto stretto in vita a causa del corsetto tipico dell’abbigliamento femminile dell’ottocento. Un elegante merletto le adornava la scollatura e i suoi capelli erano raccolti in una sofisticata acconciatura che la rendevano quasi irriconoscibile.
“Bene, tenetevi pronti. Lo stargate sta per aprirsi.” Eresse una barriera fra loro e Mel, la quale non credeva a quanto stava vedendo, e Soren che non aveva battuto ciglio, forse stava sognando?
“Voi, signorina, sarete il ponte energetico che terrà in contatto mio nipote e la sua fidanzata con quest’epoca. Verrò spesso a farvi visita in sogno e grazie alla vostra sensibilità, potrete evocarmi quando più vi aggrada. Conservate questo talismano contenente lo stemma degli Harringhton in cristallo di rocca, vi servirà per farli tornare nel vostro tempo. Dovete custodire e preservare lo stargete affinché si mantenga integro in ogni sua parte. Se dovesse subire danni anche di lieve entità, non potrà più essere aperto.” Mel ricevette il prezioso oggetto fra mani tremanti: mai prima di allora aveva avuto un incontro tanto ravvicinato con uno spirito! Comprese di avere un ruolo fondamentale nella missione che Edward e Daisy dovevano affrontare e ringraziò profondamente il Duca ripromettendogli di dimostrarsi all’altezza della fiducia mostrata nei suoi confronti.
Tutto dunque era pronto.
Lo specchio enorme che stava dietro di lui si accese improvvisamente colmando di luce abbagliante tutto il grande salone. In modo altrettanto rapido la barriera energetica che proteggeva Edward e Daisy iniziò a roteare creando un vortice la cui punta mirava verso lo specchio, cioè lo stargate.
La ragazza cercò di aggrapparsi al corpo di Edward che la circondò con le sue braccia per proteggerla dai venti che li avrebbero risucchiati nel passaggio temporale. La strinse forte a sé quasi da toglierle il respiro, le impresse un bacio sui capelli sussurrandole di stare tranquilla, che non l’avrebbe abbandonata per nulla al mondo e di fidarsi di lui, perché tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi. I loro corpi stretti in quell’abbraccio furono colpiti da un violentissimo vento che li catturò trascinandoli nello stargate  che, una volta attraversato, inondò la stanza di un fulmine azzurrognolo prima di chiudersi definitivamente.
Il viaggio nel tempo di Edward e Daisy era appena iniziato.
Quando Mel e Soren riaprirono gli occhi, era tutto di nuovo buio e tranquillo. Davanti a loro c’era solo lo specchio che all’apparenza sembrava come tutti gli altri presenti sulla faccia della Terra. Nei loro sguardi troneggiava sempre un’enorme incredulità per quanto avevano visto. Anche se Mel lavorava con gli spiriti e i fenomeni sovrannaturali, quello che era appena accaduto superava di gran lunga tutte le esperienze di sensitiva. Fra le mani stringeva quello strano oggetto ricevuto dal Duca, lo osservò in silenzio e ripercorse con la mente tutti gli avvenimenti vissuti.
Soren faticava a batter ciglio, teneva sempre lo sguardo incollato allo specchio o stargate… insomma, a quel coso che aveva inghiottito Daisy ed Edward. Provò a sfiorarlo con una mano: la superficie fredda rifletteva la sua immagine come un comunissimo specchio e niente faceva pensare che quell’oggetto fosse anche un passaggio temporale.  Quel contatto lo fece ridestare dal torpore in cui era piombato poco prima. “Quando diceva di venire da un’altra epoca credevo mi prendesse per il culo….”
Mel lo guardò. “Sembra incredibile, vero?” Si avvicinò a lui. “Pensa che quando Daisy mi confessò di essersi innamorata di lui pensavo si riferisse alla sua immagine stampata sulla copertina di un libro che avevo acquistato. Invece quando me lo sono trovato davanti, faticai non poco a credere ai miei occhi.”
“E in sintesi lui che cosa è?”
“Ora è una persona normalissima, non ha più nulla di paranormale, ma quando lo abbiamo conosciuto era una sorta di fantasma a metà. Pure il suo aspetto mutava con il giorno e la notte, si era presentato a noi sotto un’altra faccia ed ha avuto un ruolo chiave nella rottura del fidanzamento di Daisy con quel deficiente del suo ex… E se devo dirla tutta devo ringraziarlo se ci siamo conosciuti…”
“Cioè?”
“Fu lui a suggerirci di andare via da Londra per un po’ di tempo e così siamo venute a Copenaghen….”
Soren la guardò nella penombra, sorrise ripensando a tutti i meravigliosi momenti passati con lei. Non gli importava del fantasma che era stato Edward, non gli importava del fatto che gli avesse taciuto la verità sulle sue origini, gli importava solo che Mel era sua, solo e soltanto sua.
“Sei sempre arrabbiato perché non te lo abbiamo detto prima?”
La catturò fra le braccia per sentire ogni cellula del suo corpo tremare mentre la stringeva a sé. “Come posso esserlo? Hai il potere di farmi tornare il sorriso in ogni momento quando sei con me.”
Si sciolsero in un dolcissimo bacio. Lui aveva solo avuto il terrore di perderla.
“Scusa se ho dubitato di te.” La strinse forte percependo tutti i brividi che la stavano accendendo. “Credi che Edward si arrabbierà se stanotte dormiamo in casa sua?”
“No, tranquillo, ha altro a cui pensare.”
Raggiunsero il piano superiore ed entrarono nella camera da letto di Edward senza mai porre fine al contatto dei loro corpi. Mel si distese sul materasso ed attese che lui diventasse la sua coperta. Presero ad accarezzarsi, attimo dopo attimo il sentimento cresceva sotto i palmi delle loro mani, i baci che si donavano a vicenda portavano tanta di quella passione che di lì a poco sarebbe esplosa in un atto d’amore che ogni volta sembrava fosse la prima volta.
Era tutto troppo bello, mai ripetitivo, mai scontato.
In questo stava la magia del loro amore.
Semplicemente.
 
 
 

 
Ciao a tutti!
Forse avete trovato il capitolo un po’ troppo frettoloso, purtroppo non ho avuto molto tempo questa settimana ed ho rischiato di mancare il solito appuntamento del venerdì. Comunque con qualche salto mortale, ce l’ho fatta!
 
Bene, il viaggio indietro nel tempo è iniziato. Vi è piaciuto lo stargate?
Per ora lasceremo Mel e Soren a coccolarsi a Swanlake Palace, comunque se avete voglia di andare avanti con la storia, conoscerete altri personaggi che spero riempiano lo spazio lasciato in sospeso da loro due.
 
Grazie a tutti!
Un abbraccio  : )
La Luna Nera

 

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Capitolo 4
*** La famiglia Harringhton ***


Daisy sentì finalmente i suoi piedi poggiare su qualcosa di solido, le braccia di Edward non l’avevano lasciata per un solo istante, le sue ossa erano state percorse da una serie infinita di brividi.
“Bene, siamo arrivati a destinazione.”
Come il ragazzo pronunciò queste parole, lei trovò la forza di aprire gli occhi: sembrava l’alba, la campagna era avvolta in una foschia impalpabile che creava strani giochi di luci e ombre. Si trovavano ai margini di un boschetto, poco più avanti vedeva un prato che declinava dolcemente verso il basso, dove un fiumiciattolo scorreva sonnacchioso in attesa del nuovo giorno che di lì a poco sarebbe spuntato. Poco più in là c’era uno specchio d’acqua contornato da altri alberi e infine un meraviglioso palazzo bianco.
“Casa…” Edward fissava l’elegante costruzione portando negli occhi un misto di nostalgia e indifferenza. “Quella è casa mia, lì sono nato e cresciuto. E lì in quei soffitti è iniziato il mio viaggio che mi ha condotto da te.”
“Dove… Dove siamo?” Daisy era ancora spaventata.
“Nel Somerset, a poca distanza da Yeovil.“ La sentiva tremare. “Hai freddo?”
Lo fissò negli occhi. “Tu come ti sentivi al tua arrivo nella Londra moderna?”
Le baciò la fronte comprendendo bene il suo stato d’animo. “Tranquilla amore mio, andrà tutto bene. Il fatto che tu sia con me già è meraviglioso. Il resto verrà da sé.”
A poca distanza da loro lo spirito del nonno si manifestò. “Ben arrivati nel 1867 ragazzi miei. La vostra missione, come sapete, consiste nel trovare la giovane Louise Millstone che da più di due settimane manca dalla sua famiglia. Questo gesto potrebbe mettere a tacere tutte le divergenze che da secoli pongono gli Harringhton contro i Millstone, quindi siate saggi ed usate la ragione in ogni cosa decidiate di fare. Io vi sarò sempre accanto, ma incontrerete una persona che saprà guidarvi meglio di chiunque altro, in modo particolare voi, signorina Daisy. Ricordate che da ora in poi disponete di poteri sovrannaturali che vi donano affinità con gli spiriti extracorporei come me, un potere che dovete assolutamente tenere nascosto ai viventi.”
Daisy si allontanò di qualche centimetro da Edward e osservò le sue mani in cerca di qualche segnale strano.
“Avvicinatevi ad un arbusto e provate a poggiare la vostra mano sul tronco.”
La ragazza mosse qualche passo e cadde rovinosamente a terra inciampando nella gonna. “Uff, iniziamo bene. Guarda qua, sono già tutta sporca di terra.”
Edward le sorrise. “Prova ad avvicinare la mano alla macchia e concentrati su di essa.”
Così fece e non poté trattenere la meraviglia quando vide il suo abito tornare perfettamente pulito. Guardò incredula dove stava la macchia, poi Edward, di nuovo il vestito. “Non…. Non c’è più!”
“Visto? Avere poteri sovrannaturali non è tanto male. Prova a sfiorare il tronco dell’albero adesso.”
“Sai a cosa mi sarebbero utili dei poteri? A camminare con questo cavolo di gonna senza sbattere il naso per terra! Non c’è un filo di praticità!” Sbottò tentando di muovere dei passi. “Quand’è che mi permetterete di indossare dei pantaloni?!” Così su di giri, non appena poggiò la mano sul tronco, la vide penetrare all’interno della pianta. La ritrasse subito gridando. “Ma che,..cosa… insomma.. Che diavolo è?!” Era una sensazione stranissima: sulla sua pelle aveva percepito la linfa della pianta scorrere all’interno dei vasi provocandole un leggero solletico.
“Il tuo potere.” Rispose serenamente Edward. “Non è difficile gestirlo, devi solo fare attenzione a quello che tocchi,  se ti lasci trasportare dalle sensazioni o dalle emozioni la parte sovrannaturale prende il sopravvento, com’è accaduto ora.”
Daisy rifletté un attimo, osservò la sua mano destra e la avvicinò di nuovo al tronco dell’albero: effettivamente poteva toccarlo in modo del tutto normale, sentendo la corteccia ruvida sotto le dita. Il suo viso si distese leggermente in un debole sorriso, forse gestire il suo nuovo potere non era poi così difficile, anzi, poteva essere pure piacevole e divertente in quanto avrebbe potuto fare cose impensabili e totalmente sorprendenti. “Posso anche fluttuare in aria?”
“Certamente. Prova a pensare di volare fino a quei rami lassù, concentrati e…”
Non le fu facile mantenere nervi saldi e concentrazione quando vide la distanza dal suolo aumentare, tuttavia trovava la cosa paurosamente eccitante! Volare come un uccello, libera da qualsiasi marchingegno o diavoleria era senza dubbio una gran cosa!
“Bene, il sole sta per spuntare. E’ ora di tornare a casa, Edward. Fra poco tutti si alzeranno elettrizzati per riabbracciarti dopo il lungo viaggio attraverso il continente che hai intrapreso con la tua fidanzata.”
“Cosa?”
“Ho solo mascherato così la tua assenza; poi quando tutto sarà finito, ogni cosa tornerà come prima. Andate ora, alla fine della strada incontrerete un uomo con una carrozza: sarà lui che vi condurrà a destinazione.” Il nonno guardò ad est, i primi raggi del sole erano già sorti. “Siate sereni, io sono con voi ogni momento, non dimenticatelo mai.” Il Duca svanì nella luce del sole nascente, Edward prese per mano Daisy e insieme si incamminarono verso Harrighton House.
 
 *    *    *    *    *    *    *    *    *    *    *    *    *    *    *   
 
“George, avete controllato che tutto sia in ordine?” La Duchessa Anne era molto eccitata dall’imminente ritorno del figlio dal suo lungo viaggio ed era impaziente di fare la conoscenza della futura nuora.
“Si, vostra grazia.” Il maggiordomo si inchinò alla padrona che stava scendendo gli ultimi gradini in marmo. “Le camere sono come vostra grazia aveva ordinato e la sala da pranzo è allestita, manca solo la vostra approvazione.”
“Bene… bene, andiamo allora.” Si diresse verso il salone seguita dall’uomo. “Il Duca dov’è?”
“Nel parco con i cani.”
“Ah, è incorreggibile! In un giorno così importante lui pensa ai cani!” Il disappunto fra i due era all’ordine del giorno. “Le duchesse Henriette, e Rosemary?”
“La duchessa Henriette si sta vestendo con l’ausilio della propria servitù e la duchessa Rosemary è… fuori a cavallo.”
“Santo cielo! Chi le ha permesso di uscire con quella bestia selvaggia!?” La duchessa Anne si precipitò fuori ordinando a chiunque incontrasse sulla sua strada di riportare a casa la figlia. “Quella ragazza mi farà morire di crepacuore!”
“Non agitatevi, mia cara.” Una voce la fece voltare: era la duchessa Mary Henriette, vedova del Duca Edward. “Conoscete la piccola, tornerà a casa dopo che avrà inspirato tutta l’aria di libertà che desidera.”
“Buongiorno milday.” Si inchinò alla suocera verso la quale nutriva una buona dose di astio in quanto le loro vedute sull’aristocrazia erano ben distanti, pur portandole il dovuto rispetto.
“E distendete i nervi, il caro Edward e la sua fidanzata stanno per arrivare, non vorrete farvi trovare così scomposta.”
Non rispose, si passò una mano sui capelli per constatare che l’acconciatura fosse ancora in ordina. Fu in quel momento che il Duca Gilbert fece il suo ritorno a casa seguito da sei meravigliosi esemplari di English Foxhounds, con gli stivali sporchi di fango e il sorriso sulle labbra semi nascoste dai baffi.
“Buongiorno, cara madre. Buongiorno cara moglie.”
“Dio ti benedica Gilbert.”
“Nostro figlio sta per tornare e tu ti presenti in questo stato?”
“Oh, cosa vuoi che sia, conosci Edward e sai bene che…”
Le parole del Duca furono interrotte dal rumore di una carrozza: i tre si voltarono e riconobbero il figlio che si affacciava dal finestrino con il sorriso sulle labbra. Il mezzo si fermò di fronte al gruppo, la portiera fu aperta ed Edward poté riabbracciare i suoi familiari dopo lunghi mesi di assenza.
“Santo Cielo, figliolo! Questo viaggio ti ha fatto davvero bene, ti trovo in splendida forma!”
“Trovo benissimo anche voi, padre.” Si voltò verso le duo donne che bramavano un suo abbraccio. “Madre adorata… Carissima nonna, quale gioia potervi rivedere.”
“Ben tornato a casa.”
“Permettetemi di presentarvi la mia fidanzata, Daisy Thompson.” Porse la mano alla ragazza che, con non poche difficoltà, scese dalla carrozza con l’ingombrante abito. Fece un profondo e rispettoso inchino alla famiglia Harrighton. “Onorata di fare la vostra conoscenza.”
“Siate la benvenuta, mia cara.” Il Duca le baciò la mano in modo distinto e cordiale allo stesso tempo, da vero gentiluomo. I cani mostrarono subito simpatia verso di lei iniziando a rivolgerle una calorosa accoglienza.
“Lei è mia mandre Anne, e lei la mia adorata nonna Mary Henriette.” La ragazza omaggiò le due donne con una rispettosa riverenza.
Anne invece si mise a scrutare Daisy in ogni dettaglio: trovava l’abito piuttosto semplice anche se di ottima fattura, acconciatura poco vistosa per i suoi gusti, viso sciapo e totalmente inespressivo, una totale delusione insomma. Si aspettava ben altro per uno come suo figlio.
La nonna invece osservò la ragazza in silenzio con aria benevola e serena.
Entrarono in casa proprio quando scendeva Henriette, la sorella secondogenita di Edward.
“Oh, il mio adorato fratello è di nuovo fra noi.” Lo salutò con due baci sulle guance. “E vedo che non è da solo.”
“Henriette, sei sempre più bella.” Regalò un luminosissimo sorriso alla sorella.
“Rupert?”
“E’ ad Oxford, sta studiando all’accademia militare.”
“Peccato, l’avrei rivisto volentieri.” Era così, anche se non aveva mai avuto rapporti idilliaci con il fratello minore, gli avrebbe fatto piacere rivederlo. “Oh, a proposito, lei è Daisy, la mia promessa sposa…. E Rosemary? Dov’è?” Chiese guardandosi intorno.
“Dove vuoi che sia quella selvaggia di tua sorella?! Fuori con quel cavallo scatenato!”
Si spalancò una porta. “Non ci posso credere! Il mio fratellone preferito!” Una valanga di capelli biondi piombò su Edward facendogli quasi perdere l’equilibrio.
“Tesoro, come sono felice di rivederti!” Strinse la sorella prediletta con affetto. I due si somigliavano molto: stessi capelli, stesso sorriso, stessa vitalità. Era diverso solo il colore degli occhi: quelli della ragazza sembravano due gocce di cielo contornate da deliziose lentiggini.
“Quando sei arrivato?”
“Poco fa con Daisy, la mia fidanzata.”
Le due ragazze si salutarono con un sorriso che faceva presagire una deliziosa amicizia fra di loro.
“Vogliamo accomodarci in sala da pranzo? Sarete desiderosi di rifocillarvi dopo il lungo viaggio.”
“Grazie.” Edward porse il braccio a  una Daisy visibilmente più rilassata, l’impatto con la famiglia Harringhton era stato quasi del tutto indolore.
 
Entrarono in un ampio salone dove era stato allestito quello che all’apparenza poteva sembrare un banchetto in grande stile.
Il tavolo era imbandito con ogni ben di Dio, una tovaglia candida su cui erano state ricamate composizioni floreali scendeva fino al pavimento, c’erano dei piatti dai contorni dorati, bicchieri fini ed eleganti, posate raffinate e dei candelabri d’argento come centrotavola. Delle enormi finestre permettevano alla luce di entrare nell’ampio salone, c’erano delle tende verde scuro legate ai lati con drappi dorati. Tutta la stanza era decorata con tonalità simili ai giochi di luce che puoi incontrare mentre passeggi in un bosco. In fondo alla stanza stava un enorme caminetto sul quale troneggiava un affresco dello stemma araldico della famiglia Harrighton, lo stesso che avevano visto sullo specchio-stargate. C’era nell’aria quel tocco di classe tipico delle famiglie di alto rango, era ben evidente che la figura di maggior spessore ed importanza era la nonna, la Duchessa Mary Henriette, nel cui sguardo c’era un velo di tristezza probabilmente dovuto alla perdita del marito alcuni anni prima e a causa di questo portava ancora abiti neri in segno di lutto.
Qui dunque avrebbe vissuto Daisy nei giorni a venire in compagnia di Edward e della sua famiglia. Qui c’era una ragazza scomparsa da ritrovare e d tenere a debita distanza da un giovane la cui presenza era ritenuta provvidenziale per far luce sul mistero di Louise Millstone.
 

 
Ciao a tutti!
Eccoci al nostro consueto appuntamento del Venerdì!
Ringrazio chiunque spenda il suo tempo per leggere la storia e soprattutto un GRAZIE enorme a chi ha recensito e chi avrà voglia di farlo.
Siamo dunque arrivati ad Harringhton House, nell’anno 1867 ed abbiamo fatto la conoscenza della famiglia di Edward. Che ve ne pare?

Vi anticipo che nel prossimo capitolo capiremo il perché della scomparsa di Louise Millstone.
A presto!!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 5
*** Misteri e verità ***


Edward, suo padre Gilbert, Jacob Millstone ed il figlio maggiore Sebastian si accomodarono sulle poltrone dell’elegante salotto di Harringhton House davanti ad un tavolino su cui stavano quattro bicchieri ed una bottiglia di ottimo whisky scozzese.
“Vi confesso Edward” esordì Millstone “che il vostro ritorno dopo così tanto tempo mi ha sorpreso notevolmente.”
“Ho deciso di fare un lungo viaggio unicamente per distendermi un po’, tutto qui.”
“Posso chiedervi se c’è un nesso fra questa vostra decisione e quanto accaduto fra di noi?”
“Vedete milord, il nostro ultimo incontro non può certo essere ricordato per cordialità e amicizia.” Bevve un sorso di whisky. “Porto ancora alcune cicatrici addosso.”
“Ve la siete cercata!” Sebastian balzò in piedi. “Credete forse di potervi vantare dell’oltraggio che avete fatto a mia sorella?!”
“Vostra sorella è scomparsa e siete qui per chiedere aiuto a me e alla mia famiglia per riportarla a casa, badate bene a ciò che dite se davvero volete che faccia qualcosa.” Edward cercava di trattenersi il più possibile.
“Avete fatto fin troppo!” Sebastian era rosso di collera, lo riteneva il solo ed unico responsabile di tutte le vicissitudini negative subite dalla sorella.
“Calmatevi adesso, suvvia!” Intervenne il duca Gilbert vedendo che gli animi si stavano surriscaldando più del dovuto. “Siamo qui perché la sorte di lady Louise sta a cuore ad ognuno di noi e non è certo mettendoci a discutere che possiamo trovare una soluzione.”
Edward e Sebastian continuarono a scambiarsi sguardi minacciosi, ma seguirono il consiglio del duca e si misero di nuovo seduti.
Al che, questi proseguì. “Sappiamo che la fanciulla manca da casa da un paio di settimane; potete raccontarci come si sono svolti i fatti, lord Millstone?”
Il suo sguardo si fece triste. “Come sapete Louise è l’unica figlia femmina che non è deceduta in tenera età, io e la mia nobile sposa abbiamo sempre cercato di fare il meglio per lei, l’abbiamo fatta crescere bella e colta, non le abbiamo fatto mai mancare nulla. Ed ora che ha raggiunto la maturità desideriamo che sia condotta all’altare da un uomo che sia degno di lei, che non le faccia mai mancare nulla e che la tratti come una regina. Sappiamo bene che fra lei e voi, Edward, c’è stato …ehm…quello che c’è stato e questo piccolo inconveniente ha creato non pochi problemi nello sceglierle lo sposo migliore. Il vostro nome, benché illustre, è stato scartato a priori in virtù dei rapporti non proprio idilliaci fra le nostre famiglie e spero non me ne vogliate per questa decisione.” Restò un attimo in silenzio, come a volersi sincerare che le sue parole fossero state ben comprese. “Poco più di un mese fa è venuto a farci visita un mio vecchio amico, lord Reginald Northon. Era vedovo da un paio di anni e mi confessò di essere rimasto molto colpito da Louise. Non fece mistero del fatto che sarebbe stato ben lieto di prenderla in moglie senza alcuna riserva e considerando che vanta antenati illustri, un ingente patrimonio e un nome molto importante, non ho esitato un istante nel concedergli la sua mano nonostante i quarant’anni di differenza. Io e la mia sposa abbiamo visto solo cose positive in questa unione, ma la cosa non ha raccolto lo stesso entusiasmo in Louise; quando glielo abbiamo comunicato è scoppiata in lacrime e si è chiusa nelle sue stanze rifiutando ogni contatto con l’esterno.”
“Mia sorella” intervenne Sebastian “è una ragazza testarda e troppo spesso si lascia trascinare dai sentimenti e dalle romanticherie. Si è mostrata fin da subito riluttante verso il suo promesso sposo, opponendosi con tutta se stessa alle nozze in quanto ancora affermava di nutrire amore per voi. A far precipitare la situazione è subentrata la vostra dipartita, Edward, che l’ha fatta sprofondare nella più nera disperazione.”
“Lord Reginald ha fatto di tutto per farsi ben volere, ma quella testarda per tutta risposta si è allontanata da casa senza fare più ritorno.”
“Temiamo il peggio, non posso negarlo, tuttavia non ci daremo pace fino a che non si trovi qualche traccia di lei….anche la peggiore.”
Edward lesse nei suoi occhi la profonda preoccupazione di un padre in ansia e ritenne opportuno ridonargli la speranza di riabbracciare la figlia. “Non rattristatevi milord, Louise è ancora in vita e noi la troveremo.”
“Come potete esserne così sicuro?” Sia lord Jacob che il figlio lo fissarono con stupore.
“Ho fonti degne della massima credibilità, fidatevi. Louise è viva.”
“Allora voi sapete qualcosa… Sapete dov’è!”
“No, mi dispiace. Non ho idea di dove si trovi in questo momento, so solo che non è morta. Vi chiedo unicamente di fidarvi delle mie parole.”
Lord Gilbert prese la parola dopo alcuni istanti di riflessione. “E’ stata la mia nobile madre a suggerirmi di offrire il nostro aiuto per trovare la fanciulla e mi pare di capire che il tuo ritorno, figliolo, è stato quanto mai provvidenziale.”
Abbassò lo sguardo riflettendo su quanto era stato detto ed un dubbio si insinuò nella sua testa. “Chiedo scusa, c’è una cosa che mi sfugge: cosa sperate che io faccia? Che la trovi promettendole cose che non posso mantenere? Vi rammento che ho già una promessa sposa, signori. E poi se non sbaglio il mio nome è già stato scartato.”
Lord Millstone lo fissò negli occhi. “Voi fatela tornare a casa, al resto penseremo dopo. La conoscete bene, quindi non dovreste avere grosse difficoltà nel farvi venire in mente dove possa essersi dileguata, ammesso che veramente non lo sappiate. In più cercheremo di divulgare il più possibile la notizia del vostro ritorno, così facendo la voce giungerà anche a lei.” Bevve tutto il whisky del suo bicchiere. “E per quanto riguarda la vostra fidanzata, io non mi farei tanti problemi; in fondo si tratta solo di una donna e non credo vi facciate influenzare da lei come un codardo.” Piegò l’angolo destro della bocca mentre versava altro whisky nel suo bicchiere e negli altri. Poi si alzò in piedi proponendo un brindisi all’accordo raggiunto. Edward sentiva puzza di bruciato: nelle parole di lord Jacob e del figlio c’erano molte contraddizioni e alcuni punti oscuri.
Davvero il suo nome era stato del tutto scartato fra quelli dei potenziali mariti di Louise?
 
Nel frattempo Daisy, costretta a restare fuori dall’incontro con i Millstone perché femmina, decise di ingannare il tempo girovagando per il palazzo sfruttando le sue doti paranormali che, con il passare del tempo, trovava sempre più divertenti. Passare attraverso le pareti la faceva sentire come certi personaggi visti in dei film che scoprendo passaggi segreti, arrivano nelle stanze più remote dei castelli piene di misteri e arcani simboli nascosti in pitture, quadri e stemmi. Harringhton House era perfetta per questa strana avventura e la cosa divenne ancora più interessante quando passò a curiosare nell’area del sottotetto. C’erano ragnatele e polvere dappertutto, poca luce faticava ad entrare da piccole finestrelle rotonde. L’ambiente era strutturato in modo relativamente semplice:  c’era un lungo corridoio al quale si accedeva salendo una stretta rampa di scale scricchiolanti nascoste da una porta anch’essa celata da un quadro raffigurante il nonno di Edward nel giorno delle nozze con lady Mary Henriette.  C’erano delle porte consumate dal tempo con delle serrature corrose dalla ruggine, porte semi socchiuse dietro alle quali si intravedevano bauli, armadi  e altri vecchi oggetti dimenticati. Solo due porte erano chiuse e non presentavano segni di abbandono, come se qualcuno ancora usasse quelle stanze non per riporci cose ormai inutili, ma qualcosa che doveva restare segreto. Daisy esitò un istante, era curiosa e non si tirava indietro di fronte al mistero. Non temeva di scovare qualche spiritello, in fin dei conti un po’ lo era anche lei e quell’esperienza la stava riempiendo di adrenalina. Afferrò con decisione la maniglia della prima porta che aveva di fronte, era chiusa a chiave infatti; quindi ricorse al suo potere ed attraversò la parete. Si trovò di fronte ad una stanza arredata in modo piuttosto elegante: c’erano due poltrone in velluto rosso, un tappeto, una stufa spenta e, appoggiato ad una parete, il ritratto di Edward, quello che nella sua epoca d’origine si trovava a Swanlake Palace. Ebbe un tuffo al cuore, le venne in mente che lì, fra quelle pareti, poteva essere iniziata l’avventura che lo aveva portato nella Londra moderna. Con la mente ripercorse tutti i momenti belli e brutti, le angosce, le emozioni… Sfiorò la tela con la mano e venne invasa da un’insolita onda di energia: quel dipinto era stato il ponte di passaggio temporale e probabilmente qualche potere  arcano ancora scorreva in esso. Prima di farsi sopraffare dalla dolce malinconia dei ricordi, uscì da quella stanzetta ma sbagliò parete e invece di tornare nel corridoio, si trovò in un altro locale se si vuole ancora più insolito: lì c’era una finestra più grande nascosta da una tenda di velluto rosso tirata a metà. Davanti ad essa stava un tavolino con una tovaglia scarlatta che arrivava fino al pavimento perfettamente pulito, al centro della quale notò un piatto contenente delle pietre talmente simili a quelle che Mel usava per le sedute spiritiche, che capì subito per cosa veniva usata quella stanza e forse quello era anche il motivo per cui doveva restare segreta. Guardandosi attorno aveva sempre continue conferme dei suoi sospetti, vedeva oggetti strani ed inconsueti dappertutto, sentiva un particolare odore nell’aria simile all’incenso e c’erano anche tantissime candele più o meno consumate. La sua mente fu pervasa dal ricordo della sua amica adorata, agli indimenticabili momenti vissuti con lei e a tutti i guai che le aveva causato con Soren… Chissà come aveva reagito davanti alla verità…
Tranquilla, è tutto a posto.
Daisy si guardò attorno: da dove proveniva quella voce? Le sembrava quella di Mel, ma come poteva udirla così bene?
Daisy, mi senti? Il passaggio attraverso lo stargate ti ha fatta diventare sorda?
“Mel?! Ma sei davvero tu?! Cioè… sei qui?! Dove sei?”
Sono a Londra a casa mia nel 2014, tranquilla. Ricordi la pietra fighissima del nonno del tuo bello? E’ un trasmettitore fenomenale, credimi, funziona meglio di tante diavolerie moderne!
“Dio mio, che bello sentirti…” Una lacrima di commozione le bagnò il viso. “Mi manchi da morire Mel…”
Manchi anche a me, tesoro.. Non vedo l’ora di riabbracciarti. Come vanno le cose?
“Edward è sempre con suo padre ed i Millstone, a me tocca sorbirmi le donzelle della famiglia. Sua madre mi odia… Tu? Come te la passi?”
Al solito. Faccio sedute, evoco spiriti… Con Soren va alla grande, non ce l’ha con voi, anzi è rimasto talmente colpito dalla vera natura di Edward che non vede l’ora di farsi raccontare da lui cosa si prova ad attraversare uno stargate!
“Meno male, non mi sarei data pace.” Sorrise. “Sai, ho l’impressione che qui ci sia qualcuno che ha doti medianiche come te.”
Davvero? E chi è?
Le parve di udire dei passi in avvicinamento. “Qualcuno che sta per entrare qui. Se mi scoprono sono fottuta!” Troncò drasticamente la conversazione con l’amica guardandosi intorno in cerca di una via di fuga: l’unica era la parete.
La chiave stava girando nella serratura, fra poco la porta si sarebbe aperta. Non c’era una minuto da perdere: Daisy si lasciò inghiottire dal muro e in un istante fu di nuovo nel locale adiacente, quello da cui era partito Edward. Moriva dalla voglia di sbirciare e scoprire chi fosse il o la medium, ma una strana sensazione comparsa all’improvviso in lei, la fece desistere. Si, era decisamente meglio lasciar perdere e attendere ancora un po’, in fondo doveva farsi accettare dalla famiglia Harringhton, soprattutto dalla Duchessa Anne che non perdeva mai occasione di farla sentire inadeguata per il figlio.
Tornò ai piani inferiori. Giù, nell’area antistante l’ingresso principale vide Edward con suo padre e altri due uomini. Grazie alle sue doti soprannaturali percepiva tensione fra di loro, anche se all’apparenza sembravano in ottimi rapporti.
Li raggiunse dopo pochi minuti e gli occhi dei due uomini sconosciuti puntati addosso la fecero sentire in forte disagio.
“Questa gentile fanciulla dunque sarebbe la vostra promessa sposa, Edward?” Sebastian Millstone rivolse parole ironiche al ragazzo non appena la mano di Daisy fu stretta fra quelle del giovane Harringhton il cui padre salutò la futura nuora con un sorriso benevolo. Osservando con attenzione i tratti del volto dello sconosciuto più anziano, vi scorse una notevole somiglianza con lo spirito che aveva tentato di soffocarla… Era certa che quell’uomo fosse Jacob Millstone e che quasi sicuramente l’altro tipo dall’aria arrogante fosse suo figlio.
“Si, è lei.” Sibilò le minime parole indispensabili.
L’altro sogghignò. “Vi siete perso in una donnetta simile dopo aver colto il fiore candido di mia sorella? Non vi nascondo la mia delusione, Louise è decisamente più affascinante della qui presente.”
Edward sentì che Daisy stava per esplodere, le strinse forte la mano sperando di farle capire che doveva stare zitta ed incassare in silenzio le velenose frecce scoccate da quel presuntuoso. “Oh, beh, sono felice che la pensiate così. Sarò ben tranquillo, so che non farete pensieri strani su di lei.”
Non rispose, visibilmente seccato dalle parole di Edward.
Daisy invece lo fissò, concentrandosi sulla fibbia dei pantaloni, nessuno poteva sparare così su di lei senza passarla liscia. Dopo alcuni istanti il ragazzo iniziò a sentire del calore proprio in corrispondenza del basso ventre. Ciò lo fece indietreggiare di qualche passo, girava la testa nervosamente guardandosi intorno nella speranza di capire cosa gli stava provocando quella bizzarra sensazione. La ragazza dentro di sé moriva di soddisfazione e trattenne a stento le risa quando Sebastian si scusò rapidamente e altrettanto rapidamente se la diede a gambe dirigendosi verso il laghetto del parco della villa.
“Bene signori,” intervenne il duca “l’aria si sta facendo fresca. Propongo di congedarci adesso, domani mattina partiremo per una prima perlustrazione della contea con la speranza di trovare qualche traccia della fanciulla.”
Si ritirarono nella loro elegante dimora con il  cielo sopra le loro teste che si tingeva dei colori della notte.
 
 
 
Ciao a tutti!   :  )
Vorrei ringraziare ognuno di voi, che trovate del tempo per leggere la mia storia e in particolare voi che recensite rendendomi la persona più felice del mondo!
Qui entrano in scena altri personaggi, le vere ragioni per cui Louise è scomparsa e un nuovo mistero da svelare: c’è qualcuno ad Harringhton House che ha poteri paranormali. Chi è?
Si accettano scommesse!
 
Alla prossima settimana!!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 6
*** In fuga ***


 
La ricerca di Louise Millstone era davvero impegnativa ed estenuante: nessuna delle persone a cui erano state richieste informazioni sapeva nulla. Edward, suo padre e i Millstone avevano setacciato tutti i villaggi del Somerset, controllato nelle foreste grazie all’aiuto dei loro collaboratori, chiesto informazioni a quanta più gente possibile senza esito. La ragazza sembrava inghiottita dal nulla. Non era morta, né aveva fatto salti temporali: Edward lo sapeva bene ma non poteva rivelare a nessuno questi dettagli e neanche da chi li aveva recepiti. Anche lui attimo dopo attimo era sempre più preso dal mistero della sua scomparsa. Sapeva bene che la ragazza adorava trascorrere ore ed ore negli atelier di moda di Yeovil nel provare abiti, cappellini, scarpe e tutto quello che poteva renderla più affascinante ai suoi occhi; sapeva che non disdegnava il teatro, specie quando c’erano delle rappresentazioni delle opere di Shakespeare, non mancava mai a nessuna funzione religiosa e spesso passava in biblioteca per leggere romanzi di avventura. Tutti luoghi da cui Louise mancava da troppi giorni.
Quello che maggiormente preoccupava Edward e in un certo senso lo infastidiva pure, era il dover spendere tutto il suo tempo in giro per le campagne inglesi con suo padre e gli altri due piuttosto che trascorrere ore piacevoli con la sua amata Daisy.
Più volte infatti la ragazza si era lamentata con lui della solitudine cui era costretta. Si sforzava di fare buon viso a cattivo tempo, come si suol dire, ma spesso le restava davvero difficile. L’unica della famiglia Harrighton con cui si sentiva in sintonia era Rosemary, ma la sorella quindicenne di Edward sfruttava ogni attimo libero per fuggire a cavallo nel parco sconfinato della villa e disertare le varie lezioni di musica, di ricamo o di arte che la madre le imponeva. Così anche quel freddo pomeriggio Daisy fu in qualche modo costretta ad intrattenersi con la suocera Anne e la cognata Henriette, proprio le uniche due persone che non la vedevano di buon occhio.
“Ditemi cara, voi amate la musica?” Chiese la duchessa poggiando sul tavolino la sua tazza di the.
“Si milady.”
“E posso sapere chi sono i vostri compositori preferiti, se ne avete?”
In fatto di musica classica la conoscenza di Daisy era pari a zero. Le piacevano da morire i Coldplay e musica rock in generale, tutte cose che nell’ottocento non esistevano. Come un’illuminazione divina le vennero in mente certe suonerie del suo primo telefono cellulare. “La musica quando è bella, è bella e… credo che il maestro Mozart sia una dei più grandi geni della musica della storia. Ah, anche il maestro Beehtoven è senza dubbio degno di nota.” Tiè, beccatevi questa, befane!
“Compositori del passato, credevo foste meno antiquata.” Henriette era acida tanto quanto sua madre. “Di maestri nostri conterranei ancora in vita ne conoscete?”
Panico: nel suo cellulare c’erano solo quelle suonerie tratte dalla musica classica, poi tutta musica moderna. Restò in silenzio pensando e ripensando, non sapeva proprio che dire. I musicisti inglesi più remoti che le venivano in mente erano i Beatles…
“Lacuna alquanto discutibile.” Intervenne Anne. “Henriette, mia cara, perché non fai ascoltare alla nostra lady Thompson qualcosa di meno antico?”
“Con piacere.” La ragazza si accomodò davanti al pianoforte ed iniziò a suonare una melodia lenta, poco ritmica e decisamente adatta a far concorrenza ad una marcia funebre che indubbiamente  sarebbe stata più allegra.“Questo è l’ultimo capolavoro del grande maestro Ernest Bean,  sicuramente avrete ascoltato delle sue composizioni.”
Daisy si sforzò di ricordare quel nome, ma l’unico che le veniva in mente era Mr.Bean… e a differenza dell’altro faceva ridere, non dormire. E tenere gli occhi aperti era difficile, molto difficile,
Dopo interminabili minuti, quella lagna finì ed Henriette si voltò verso di lei aspettandosi valanghe di complimenti. “Davvero incredibile!” Trattene con grande sforzo uno sbadiglio. “Vi confesso di non aver mai udito niente di simile prima d’ora.” Frase dal doppio senso che la fece gonfiare di soddisfazione come un tacchino.
“Sapreste eseguire qualche brano dei vostri compositori antichi?” Anne  porse a Daisy degli spartiti con la musica di Mozart.
Bastarda…. “Ecco… io non conosco la musica..” Per lei le note sul pentagramma erano dei semplici pallini neri messi qua e là da chi se ne intendeva di suoni e melodie.
“Non conoscete la musica?!” Madre e figlia erano scandalizzate.
“Mio Dio, ma da quale famiglia malfamata provenite?”
“Non si è mai vista una ragazza così ignorante come voi accanto ad un elegante aristocratico come mio figlio!”
“Scommetto che non sapete ballare neanche il walzer, non conoscete la lingua latina, non siete capace di ricamare un minuscolo fazzoletto e chissà che educazione rozza avete ricevuto!”
“Sappiate che non avrete mai la mia approvazione se non porrete rimedio a questa vostra intollerabile ignoranza!”
Daisy rimase in silenzio, pugnalata a raffica da quelle parole che le distruggevano l’anima. Se solo Edward fosse stato lì con lei, l’avrebbe difesa. Le costava una fatica immane tacere, ma era una donna che doveva farsi accettare dalla famiglia del futuro sposo e non aveva diritto di replicare. Ma era davvero difficile stare zitta davanti a quelle iene e vedeva solo una strada difficile e tortuosa davanti a lei: come poteva sperare di piacere a quelle due? Lei per prima le detestava! E nonostante gli sforzi non riusciva a trovare nulla di positivo in loro. Si domandava spesso come Edward tanto dolce e meraviglioso potesse essere figlio e fratello di quelle serpi!
“Siete almeno capace di leggere e scrivere?”
Si alzò. “Si, non sono analfabeta. Con permesso.” Le uscì un filo di voce che portava una rabbia repressa che, se fosse esplosa, avrebbe provocato un cratere degno di un meteorite e, girando sui tacchi con l’aria fiera di chi non si deve vergognare di niente, abbandonò quel salone paragonabile solo ad un covo di vipere velenose. Scese giù per la grande scalinata di marmo dirigendosi verso l’uscita. Lì incontrò la Duchessa Mary Henriette, la nonna di Edward che lesse subito negli occhi della ragazza le profonde ferite ancora sanguinanti.
“State bene, Daisy?”
Fece una riverenza. “Grazie, sto bene milady.”
La donna le strinse forte le mani, trasmettendole un fortissimo calore. “Non scoraggiatevi, vedrete che tutto si aggiusterà nel migliore dei modi. Non date ascolto alle parole di mia nuora e di mia nipote, so che Edward ha preso la giusta decisione scegliendovi come sposa ed è questo ciò che conta.” La fissò negli occhi: i suoi erano profondi come un abisso del quale non si scorge il fondo, erano particolari, Daisy ebbe come l’impressione che la nobildonna volesse trasmetterle qualcosa di importante. “Andate a fare una passeggiata, vi farà bene respirare dell’aria pura.”
La ragazza seguì il suggerimento e si inoltrò per le campagne del Somerset. L’aria era piuttosto fredda in quel pomeriggio di fine gennaio, il cielo era coperto di nubi che non promettevano niente di buono. La campagna era spoglia, qua e là alberi senza foglie facevano da sentinelle alla brughiera tipica dei paesaggi inglesi. Un sentiero sterrato conduceva verso un boschetto che copriva le pendici di alcune collinette sulla cui sommità scorse le rovine di un antico edificio, forse una torre di avvistamento. Proseguì senza curarsi di nulla, era talmente amareggiata e furiosa che non le importava di potersi cacciare in qualche pericolo, pensava solo a trascorrere un po’ di tempo in solitudine per riflettere e trovare una via d’uscita all’ingarbugliata situazione con la famiglia Harringhton. I tronchi scuri degli alberi avevano un’aria piuttosto inquietante, eppure erano dei semplici vegetali immersi nel riposo invernale. Ma perché allora c’erano degli strani rumori nell’aria, simili ad ululati? Non soffiava il vento, non c’erano animali sui rami, almeno in apparenza. E quelle scintille minuscole che apparivano all’improvviso per poi svanire nel nulla? Che accidenti c’era in quel bosco? Iniziò a correre senza fare attenzione a dove metteva i piedi, era pure troppo agitata per ricorrere ai suoi poteri e tornare indietro. Si voltava di continuo a destra e a sinistra, scorse una sagoma bianca ed evanescente intrufolarsi all’interno di una cavità. Altre si muovevano di ramo in ramo come se fossero sospinte dal vento in una determinata direzione. Forse quella era una zona maledetta, forse non doveva addentrarsi in quel bosco, forse c’erano degli spiriti che la rifiutavano perché appartenente ad un’altra epoca e la ritenevano indegna di vivere in quegli anni. Correva a perdifiato senza curarsi di niente e di nessuno fino a che non sentì la necessità di riprendere fiato.
Si fermò dunque per riposarsi e guardarsi intorno: non riconosceva nulla, anche alzandosi in aria la situazione non cambiava. Non ricordava quale sentiero aveva percorso, non aveva idea di come poter tornare indietro. Fu colta da un lieve senso di panico che le fece perdere il controllo dei suoi poteri sovrannaturali. Piombò a terra, si rialzò e si mise a correre mentre gelidi fiocchi di neve cominciarono a scendere dal cielo. Correva, correva, correva a perdifiato senza una direzione né una meta, in preda al panico e alla consapevolezza di aver smarrito la strada di casa. Cosa avrebbe detto Edward? Cosa avrebbe fatto quando si sarebbe reso conto che anche lei non c’era più?
E che ne sarebbe stato di lei? Giròvaga nelle campagne dell’ottocento, intrappolata nei meandri del tempo non suo? Continuava a correre confidando in un aiuto ultraterreno, mentre la neve cadeva sempre con più intensità, mentre sul suolo imbiancato le sue impronte si imprimevano nella candida coltre gelida. Il freddo stava penetrando nel suo corpo, fino a farle percorrere le ossa di brividi, fino a farla accasciare ai piedi di una quercia al margine di una distesa bianca che conduceva ad un edificio su di una collinetta. Daisy s stropicciò gli occhi: era un’allucinazione o lì c’era davvero un segno della presenza di esseri umani? Quello poteva essere il segnale in cui sperava, un’ancora di salvezza mentre il mondo veniva lentamente ricoperto da una bianca coltre di neve. Raccolse le poche forze che ancora sentiva e si incamminò verso quello che aveva tutta l’aria di essere un convento.
 
 
HARRIGHTON HOUSE
 
Edward e suo padre scesero da cavallo e lasciarono che il personale di servizio si occupasse di ricondurre gli animali nelle scuderie. Anche quell’ultima giornata di ricerche aveva avuto esito negativo.
“Brrr! Non vedo l’ora di sedermi davanti al fuoco con una tazza di the bollente! Mi sento come un ghiacciolo!” Edward era abituato ai pesanti giacconi e alle stanze riscaldate dell’epoca moderna, non ricordava più il freddo sofferto a causa degli indumenti meno isolanti di cui disponeva nell’ottocento.
“Hai ragione figliolo. Anzi, devo dire a George che mi venga preparato un bel bagno caldo…”
I due uomini si tolsero i cappelli su cui si era depositata della neve e mentre Edward consegnò il suo mantello semi gelato alla servitù, percepì un brivido lungo la schiena. Non era causato dal freddo, sentiva un’origine paranormale in quella sensazione, come se fosse accaduto qualcosa di cui qualcuno voleva avvertirlo.
Raggiunse il piano superiore e bussò alla camera da letto di Daisy senza ottenere risposta. Provò allora ad entrare e trovò la stanza deserta. Che si stesse intrattenendo con le altre donne di casa?
“Buonasera madre, Henriette, Rosemary… Buonasera nonna cara.” Salutò con un sincero abbraccio la nonna con la quale sentiva di avere un legame speciale.
“Dio ti benedica ragazzo mio.” L’anziana nobildonna gli accarezzò i capelli come era solita fare quando era piccolo per consolarlo di qualcosa che lo rattristava.
“Scusate, Daisy non è con voi?”
“Vorrei proprio sapere cosa ci trovi di tanto bello in quella ragazza, Edward.”
“Madre, ancora conoscete poco la mia promessa sposa e probabilmente non avete avuto modo di vedere quanto di bello ci sia in lei.” Capiva bene che non la vedeva di buon occhio. “Ad ogni modo sapreste dirmi dove posso trovarla?”
“No, si rifiuta categoricamente di trascorrere del tempo con noi; eppure ne trarrebbe gran giovamento soprattutto per la sua educazione che ho trovato alquanto carente.”
“E’ strano…” Il ragazzo si fece pensieroso. “Fuori sta nevicando, è strano che non sia in casa.”
“Ho l’impressione che sia una selvaggia come tua sorella Rosemary.” Gli occhi severi della duchessa si posarono sulla figlia minore alle prese con il telaio da ricamo, attività che detestava e che la metteva in grossa difficoltà. “Sai che non conosce la musica, l’arte del ricamo, non sa ballare e…”
“Vi prego di non continuate oltre.” Edward si stava innervosendo. “Che vi piaccia o no, condurrò Daisy all’altare prima o poi. Ed ora, vi prego, ditemi dov’è.”
“E’ uscita.” Intervenne la nonna alzandosi dalla poltrona. “E’ andata a fare una passeggiata e non ha ancora fatto ritorno.” Vide lo sguardo del nipote gelarsi. “Adesso va’ad indossare abiti asciutti e fra mezz’ora presentati nel mio salotto privato. Tu da solo.”
“Come potete chiedermi di restare qui, nonna adorata? Lei potrebbe essere in pericolo ed io devo andare a…”
“Taci e fa’ come ti ho detto!”
Non osò controbattere le sue parole. Si inchinò a lei mentre usciva dalla stanza e pochi minuti dopo uscì anche lui, non prima di aver rivolto delle dure occhiate verso la madre e la sorella maggiore. Il ragazzo fece come la nonna gli aveva ordinato, era sempre nella sua stanza ad allacciarsi le scarpe quando Rosemary entrò.
“Eddie… scusa se sono entrata di nascosto”
Permetteva solo a lei di chiamarlo con quel diminutivo. “Tesoro, che succede?”  L’abbracciò forte, teneva tantissimo alla sorella.
“Mamma e Henriette odiano la tua fidanzata. L’ho vista correre verso il bosco dopo che loro l’hanno umiliata a dovere.”
“Lo immaginavo. Chissà dov’è andata a finire con questa tormenta in corso…”Rivolse lo sguardo verso la finestra da cui non proveniva più la luce del giorno: era buio ed era freddo. E Daisy si trovava là fuori. “E’ tutta colpa mia… non dovevo trascinarla in questa situazione.”
“Di che stai parlando? Quale situazione?”
Non poteva rivelarle nulla, anzi, doveva trovare il modo di evitare l’argomento anche se mentire a sua sorella gli faceva male al cuore. “Scusami, devo andare dalla nonna adesso….” Salutò la ragazza con un bacio in fronte ed uscì.
 
 
Entrò nel salotto come la nonna gli aveva ordinato: l’ambiente era illuminato debolmente da tre candele poste sul tavolino presso il quale, su di un’elegante poltrona, stava seduta la donna. Era vestita di nero, non aveva voluto più indossare abiti di altri colori da quando aveva perso il marito, portava i capelli candidi raccolti in una crocchia sulla nuca, sulle spalle uno scialle di lana anch’esso nero e al collo un grosso cammeo d’oro e corallo. Il volto della duchessa era solcato dai segni del tempo e della solitudine, solo gli occhi scuri e profondi sembravano voler vincere il passare degli anni: erano sempre incredibilmente vivi ed espressivi, severi e allo stesso tempo benevoli e comprensivi. Quella visione lasciò Edward sulla soglia della stanza, come se avesse timore ad avvicinarsi a lei che, dopotutto, era la sua adorata nonna. Tutta quell’oscurità e quel contesto lo inquietavano leggermente. Spostò la mano destra sulla parete, poi si ricordò che lì non avrebbe trovato nessun interruttore della luce: l’elettricità apparteneva al futuro.
“Ascoltami bene, nipote adorato: lei adesso è al sicuro dalla tormenta di neve e ti spiegherò come raggiungerla. Dovrai partire da solo domani al levar del sole.”
“Domani?! Ma io non p…”
“Fa’ silenzio!” La voce dell’anziana donna si fece imperiosa. “Domani al levar del sole partirai in sella al tuo cavallo e percorrerai la strada che conduce a Hedgecock Hill Wood, Troverai la radura di Ham Hill con gi antichissimi megaliti, lì girerai verso oriente e dopo poco vedrai la distesa che a lei conduce.”
 
 


 
Ciao belli!
Di nuovo mille ringraziamenti a tutti voi che leggete e recensite! I’m too happy!
Daisy ha grosse difficoltà nel rapporto con le donne di Harrighton House e dopo l’ultima umiliazione, scappa nella campagna e smarrisce la strada di casa.
Edward dovrà andare a cercarla seguendo le indicazioni della nonna.
Come faceva a sapere dove era finita la ragazza?
Forse la storia per ora non è troppo entusiasmante, sto imbastendo pian piano tanti di quei casini…. Abbiate fiducia!
 
Ciaooooo!!! Mi, raccomando, recensite!!
 
Un abbraccio
La Luna Nera
 

 

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Capitolo 7
*** Cuori in tempesta ***


 
“Che sollievo vedervi con gli occhi aperti, sono arrivata in tempo.”
Daisy si massaggiò gli occhi prima di aprirli per bene e mettere a fuoco l’ambiente. Davanti a lei, seduta su di uno sgabello vicino ad un grande caminetto acceso, c’era una giovane donna dal viso angelico e sorridente. Aveva i capelli biondi raccolti in una treccia, indossava un lungo abito molto semplice con un grembiule chiaro e portava una croce di legno al collo.
“State tranquilla, qui siete al sicuro.”
“Dove…. Dove mi trovo?”
“Nel Convento di clausura di Santa Chiara.”
Strinse fra le mani la coperta che le aveva riscaldato i piedi infreddoliti e iniziò a ricollegare tutti gli avvenimenti: era nel bosco, si era persa e…. si! Aveva visto un convento verso il quale si era diretta! “Qualcuno mi ha portata qui?”
“Sono stata io a scorgervi mentre vi stavate avvicinando fra la tormenta di neve. Posso ancora uscire dal convento perchè non ho ancora preso i voti di clausura, quindi non ho esitato un solo istante a soccorrervi.”
“Grazie, vi devo la vita.” Abbassò lo sguardo, si sentiva terribilmente in debito verso quella ragazza.
“Aiutare il prossimo è una delle cose che più arricchiscono l’anima.” Si alzò, prese dell’acqua calda e la versò in una tazza aggiungendovi qualche goccia di succo di limone. “Bevete, vi farà bene.”
Daisy accettò, non amava particolarmente il limone, ma non voleva offendere quella ragazza tanto premurosa.
“Non vi ho mai vista da questa parti, posso conoscere il vostro nome?”
“Mi chiamo Daisy Thompson e sono qui da alcuni giorni. Io in realtà abito a Londra.”
“Oh, e come mai siete venuta nel Somerset?”
“Ho fatto la conoscenza della famiglia del mio promesso sposo.”
Gli occhi della novizia si fecero tristi.
“Perdonatemi, ho forse detto qualcosa che vi ha ferita?”
Scosse la testa portando sempre negli occhi un velo di malinconia. “No, non preoccupatevi Daisy, va tutto bene.” Si sforzò di sorriderle. “E com’è andato l’incontro?”
“Non benissimo. Diciamo pure che sua madre mi detesta. E’ per questo che sono scappata.”
Si fece scappare una risata. “Avete del fegato! Con un gesto simile potreste compromettere il futuro con il vostro amato.”
“E’ vero, ma so che lui è dalla mia parte. E poi sono una gran testarda, sapete… ehm, come vi chiamate?”
“Presto sarò suor Mary, vorrei che usaste questo nome. Quello che portavo prima l’ho cancellato.”
“Capisco. Ho l’impressione però che portiate nel vostro cuore qualcosa che vi causa quel velo di tristezza che scorgo nei vostri occhi. Immagino appartenga al passato che  desiderate cancellare come il vostro nome.”
“E’ così.” Strinse i lembi del grembiule. “Amavo tantissimo un ragazzo appartenente ad una nobile famiglia e forse in fondo anche lui mi amava. Non me l’ha mai confessato, ma dentro di me sentivo che era così. C’è stato un momento in cui ho pensato che le cose si mettessero finalmente sulla buona strada, che la sorte fosse dalla nostra parte…” I suoi occhi si fecero lucidi. “Purtroppo il destino me l’ha portato via all’improvviso e non immaginate neanche il dolore che mi ha invasa quando ho compreso di averlo perduto per sempre. Il mondo mi è crollato addosso, ho tentato di reagire, di farmi forza e più che mi impegnavo, più le cose  peggioravano. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la costrizione ad un matrimonio combinato con uno che poteva essere mio padre, se non mio nonno.” Ingoiò un nodo che le si stava formando in gola. “Ho quindi deciso di fuggire e rifugiarmi qui per consacrarmi a Dio, quando avrò preso i voti nessuno potrà obbligarmi a fare nulla.”
Daisy aveva ascoltato quelle parole colme di tristezza che l’avevano toccata profondamente. “Avete tutta la mia comprensione.” Sapeva molto bene come ci si sente nel perdere la persona amata. “ E avete il mio sostegno per il gesto che avere fatto fuggendo da quell’assurda imposizione: credo che i matrimoni combinati siano quanto di più sbagliato esista al mondo. Due persone dovrebbero sposarsi solo se si amano, non perché viene loro imposto dalle famiglie.”
Le strappò un sorriso velato di tristezza. “Credete sia facile al giorno d’oggi? Se fate parte di una famiglia nobile non avete possibilità di scelta. Forse voi avete avuto la fortuna di innamorarvi del vostro sposo e di essere corrisposta… a meno che non proveniate da una famiglia borghese.”
“La mia è una storia strana e per certi versi anacronistica.” Non poteva rivelarle tutto. “Se voi comunque siete ben decisa a prendere i voti, fate bene a seguire la vostra strada e vi auguro ogni bene e felicità. Il mio pensiero resta però lo stesso: ognuno dovrebbe essere libero di decidere della propria vita, una donna non deve subire la prepotenza del maschio, sia esso padre o promesso sposo, è un essere umano come lui con un cervello per pensare e fare tutto quello che desidera. Dovrebbe godere di maggiori diritti e poter prendere parte a tutte quelle situazioni che ancora le vengono negate. Verrà il tempo prima o poi in cui tutto questo sarà realtà.”
Suor Mary la guardava con occhi spalancati: ciò che aveva udito rasentava l’eresia! “Per la Beata Vergine Maria! Siete forse posseduta dal demonio?!”
“Come dite?”
“Non si è mai sentito nulla del genere al giorno d’oggi! Ma da dove vi vengono queste idee assurde?!”
Forse aveva galoppato troppo con le parole, i tempi per la parità uomo donna non erano ancora maturi. “E’ semplicemente il mio punto di vista. Correggetemi se sbaglio, ma Dio non ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza? Non li ha creati perché uno fosse superiore all’altra…”
Rifletté un attimo prima di risponderle. “Si, così dicono le Sacre Scritture… Ma ditemi voi cosa può fare una donna senza l’appoggio e l’approvazione dell’uomo?”
“Oh, un sacco di cose. Noi donne abbiamo tutte le carte in regola per arrivare lontano anche senza il maschio.”
Gli occhi di suor Mary sprizzavano incredulità: mai aveva sentito parole tanto forti. “Anche il vostro linguaggio è strano, non solo il vostro pensiero…. Forse il gelo che avete sofferto poc’anzi vi ha danneggiata più di quanto immaginassi.”
Deglutì. “Forse….è meglio che riposi un po’.”
“Si, è decisamente meglio. Domani mattina verrò a svegliarvi perché possiate prendere parte alla funzione delle 5:00, la vostra anima ne trarrà giovamento.” Si alzò facendosi il Segno della Croce e si ritirò nella sua cella.
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
Il sole spuntò sulle colline del Somerset completamente imbiancate dalla neve caduta il giorno prima, quando Edward partì solo in sella al suo cavallo alla ricerca di Daisy, seguendo punto per punto le indicazioni ricevute dalla nonna.
Il freddo penetrava nel suo corpo e nella sua mente riecheggiavano le parole dei suoi familiari che, eccetto la nonna, lo imploravano di desistere dall’impresa di andare alla ricerca della ragazza. Comprendeva benissimo la situazione in cui era costretta a vivere la sua amata e si rendeva conto di come fosse stato difficile per lei adattarsi agli usi e costumi del suo tempo. E lo aveva accettato per lui. Tutto ciò lo inorgogliva del fatto che il loro amore era davvero indissolubile, era andato oltre le barriere del tempo e attimo dopo attimo tante piccole cose gliene davano conferma. Il suo animo però era pervaso anche da un senso di angoscia e preoccupazione: dove era finita? Era uscita di casa dopo l’ennesima raffica di pugnalate al veleno di sua madre e di sua sorella e sicuramente in preda allo sconforto e alla rabbia aveva perso l’orientamento finendo chissà dove. Se solo avesse potuto trascorrere del tempo con lei invece di scorrazzare in lungo e in largo alla ricerca di Louise! Se le avesse dedicato più attenzioni, forse non sarebbe mai scappata, forse non sarebbe mai finita nei guai. E forse non si sarebbe sentito divorare così dai sensi di colpa.
Sfidando il freddo e la neve, attraversò un boschetto immerso del silenzio ovattato interrotto da qualche cumulo di neve caduto dai rami. Stentava ancora a comprendere il significato delle parole della nonna, non si rendeva conto di quale fosse la strada che a lei avrebbe condotto. E, cosa ancora più inquietante, come aveva avuto quelle informazioni? Aveva detto che era al sicuro, dunque doveva esserci una minima traccia di civiltà, non rovi e rami semi congelati. Si soffermò su un’altura ai margini del bosco per tentare di orientarsi e scorse una costruzione su di una collinetta. Un campanile svettava sull’edificio, il che gli fece pensare ad un convento o comunque a un edificio religioso in cui Daisy poteva aver trovato ricovero. Rianimato visibilmente, si diresse verso la meta che poteva fargli riabbracciare la sua adorata.
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
“Suor Mary, non so come ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me.”
“Che Dio vi assista Daisy, voi e il vostro sposo. Pregherò perché la vostra vita sia sempre piena di felicità e che possiate comprenderne a fondo il senso.”
“Grazie…”
“Sapete, ho riflettuto molto su quanto mi avete esposto ieri, sulla differenza fra uomo e donna… Devo riconoscere che nelle Sacre Scritture non ho trovato alcun cenno della supremazia maschile, forse avete ragione nel pensare che anche una donna debba dire la sua.”
Il volto di Daisy si illuminò, le prese le mani fra le sue sorridendole. “E’ così, credetemi. Verrà il tempo in cui tutto questo sarà reale.”
Proprio quando Daisy iniziò a muovere i primi passi verso casa e suor Mary stava per chiudere il portone, un cavaliere giunse in prossimità del convento.
La ragazza alzò gli occhi ed ebbe un sussulto. “Edward! Sei tu?!”
“Daisy, finalmente!” Scese precipitosamente da cavallo per stringerla fra le braccia, sincerandosi che stesse bene. “Finalmente ti ho trovata amore mio. Sapessi quanto sono stato in pensiero..”
“Come… come hai fatto a trovarmi?” La ragazza non riusciva a smettere di singhiozzare, era troppo bello farsi stringere fra quelle braccia forti e premurose, il profumo di Edward la faceva sentire a casa, protetta e al sicuro. “Credevo… credevo di non rivederti più..”
“Tranquilla, ora ci sono qui io, è tutto a posto.” Le  baciò i capelli continuando ad accarezzarla dolcemente. “Ti giuro che non ti lascerò mai più da sola come ho fatto fin ora… Perdonami ti prego, sono stato uno stronzo…”
“Non è possibile….” Una flebile voce incredula spezzò la magia del loro abbraccio. “Non è possibile… Edward Harrighton? Sei proprio tu?!”
Il ragazzo fissò il portone del convento dal quale si affacciava titubante un’esile figura: quei capelli biondi raccolti in una lunga treccia e quegli occhi color zaffiro non poteva non riconoscerli. Quella sera si era lasciato naufragare in quel blu, era quasi morto di piacere nell’affondare le sue dita in quei fili d’oro, per non parlare del delicato profumo di quella pelle candida. “Louise…” Spalancò gli occhi per l’incredulità: l’aveva trovata finalmente.
La ragazza in lacrime si avvicinò a piccoli passi ai due. “Credevo fossi morto…”
Edward era incapace di dire altro. Daisy fissò la ragazza che l’aveva salvata dalla tormenta con occhi vitrei e spalancati e che poche ore prima le aveva confidato di amare un ragazzo scomparso: era davvero Louise Millstone? Era davvero quella che con due moine aveva portato Edward a letto mentre era brillo? Si sentì improvvisamente un’emerita stupida: doveva la vita a quella che si era scopata il suo ragazzo. E inconsapevolmente era stata proprio lei a trovarla. Guardò negli occhi Edward che la fissava con la faccia di un pesce lesso,  incredulo ed incapace di dire una sola parola. Suor Mary in lacrime, dunque in realtà Louise, si avvicinò al ragazzo sfiorandogli il braccio, come se volesse sincerarsi che era concreto, che non stava sognando, che Edward Harrighton insomma era vivo, in carne e ossa davanti a lei. Spintonò Daisy  perché sciogliesse quell’abbraccio,  frapponendosi fra di loro. “Questo è un miracolo.” Prese a giocherellare con i capelli freddi di lui che non riusciva a togliere gli occhi dal lei, tanto era meravigliato di averla finalmente trovata. “Non hai idea di quanto abbia sofferto quando ho appreso della tua dipartita, quando mi lasciarono intendere che i miei familiari ti avevano sopraffatto… E di come mi sia sentita impotente quando cercavo di reagire e mio padre mi costringeva a sposare quel vecchio…” Inghiottì una lacrima. “Io non volevo! Non volevo, capisci? Non potrò mai amare un altro uomo come ho amato te. E sappi che ti amo ancora.” Dette queste parole, afferrò Edward per il colletto del mantello e si impossessò delle sue labbra senza alcun riguardo. Daisy non credeva ai suoi occhi: che sfacciataggine! Lei sapeva benissimo che quello era il suo fidanzato nonché promesso sposo e se n’era infischiata alla grande! Non ci vide più: la prese per un braccio allontanandola con decisione dal ragazzo.
Gli occhi di Louise non apparivano più tanto angelici. “Ehi, ma siete impazzita?!”
“Io sarei impazzita?! Voi piuttosto, come vi permettete?! Questo è il mio fidanzato!”
“Oh no, cara Daisy, lui è mio.”
“Ah si? Potete sparare tutte le cavolate che volete: io e lui siamo una cosa sola e non pensate di averla vinta così facilmente solo perché ve lo siete portato a letto quando era sbronzo! Quello che ci unisce va al di là di tutto quello che potete immaginare.”
“Siete un’indemoniata, ve l’ho detto ieri sera e ve lo ripeto adesso. Parlate e vi comportate come una posseduta dal diavolo! Capisco bene il motivo per cui la duchessa Anne vi detesta, ne ha ben ragione. Neanche io vorrei una sgualdrina come voi accanto a mio figlio.”
“Sgualdrina a chi?!” Spintonò Louise fino a farla cadere a terra. “Chi se lo è portato a letto quando non doveva?!” Puntò il dito verso di lei. “Tornatevene in convento nella vostra clausura, non avvicinatevi mai più ad Edward o farete i conti con la sottoscritta!”
La ragazza si alzò. “Il convento ora non mi interessa più, credete che abbia ancora voglia di restare qui a recitare AveMarie  ora che l’ho ritrovato?”
“Adesso basta! State recitando una scena pietosa!” Edward sbottò visibilmente esasperato, dividendo le due ragazze. “Louise ascoltami bene: io sono qui solo ed esclusivamente per ricondurti alla tua famiglia. Tuo padre è molto preoccupato e…”
“Si, è preoccupato per il suo amico che mi vuole inguaiare. Tornerò a casa solo se tu mi condurrai all’altare.”
“Non posso farlo, ho già una fidanzata che ti piaccia o no.” Avvicinò Daisy a sé, ancora su di giri.
“Affari tuoi. Queste sono le mie condizioni che ti prego di riferire a mio padre. Il mio ritorno a casa dipende da te.” Detto questo, Louise scomparve dietro il portone del monastero, lasciando Daisy ed Edward lì fuori con i piedi immersi nella neve.
Ma quella che si presentava all’orizzonte era una tempesta ben più violenta di quella scatenatasi il giorno prima.
 
 


 
Ciaouuuu!
Ecco che la nostra cara Louise fa il suo ingresso in scena sotto le sembianze di un lupo vestito da agnello che poi mostra il suo vero volto. Daisy poteva starsene con le mani in mano? Certo che no! Voi come vi sareste sentite al suo posto? Dovere la vita ad una che è stata a letto con il proprio ragazzo farebbe uscire di testa chiunque….
Ed ora che succederà?
Grazie a tutti voi che leggete e soprattutto a voi che recensite!
Un abbraccio
La Luna Nera  : )

 

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Capitolo 8
*** Chi sposerà Louise Millstone? ***


 
Daisy aveva quasi consumato il pavimento del salotto a forza di camminare nervosamente avanti e indietro. Edward era seduto sulla poltrona, anche lui agitato per quanto accaduto. Non ce la faceva più a starsene con le mani in mano mentre da un momento all’altro i Millstone sarebbero giunti ad Harringhton House con Louise. Si alzò e si avvicinò a Daisy che da più di mezz’ora non aveva aperto bocca se non per sbuffare.
“Tesoro, cerca di calmarti un po’, ti prego.”
“Spiegamelo tu allora!” Era un generatore di corrente elettrica. “Spiegami come faccio a stare calma mentre quella sta per arrivare qui ed annunciare che vi sposerete!!”
“Ti ho già ripetuto un milione di volte che non ho intenzione di sposarla! Possono fare quello che vogliono, sono irremovibile.”
Si mise a ridere. “Tua madre mi infilzerebbe come uno spiedino e inizio ad avere dubbi anche su tuo padre. Per appianare le divergenze con la famiglia di quella sarebbe capace di costringerti a fare il grande passo.” Scosse la testa. “Sai bene poi che succede se qualcosa va storto…. E il fatto che tuo nonno ancora non ci abbia richiamati nel 2014 nonostante la pivellina sia stata trovata, non mi fa stare tranquilla.” Temeva che qualcosa potesse bloccarli ancora a lungo nel 1867. “Mi sento in trappola Edward. So che dovrei stare calma e fidarmi di te, ma che cosa accadrà se ti costringono a portarla all’altare anche contro la tua volontà?”
Si avvicinò a lei e l’abbracciò forte. “Non lo so…. Non lo so amore mio. So solo che sono pronto a battermi con tutte le mie forze perché questo non avvenga.”
Gli accarezzò la schiena. “Mi manchi da morire…. Da quando siamo arrivati qui non abbiamo mai passato un briciolo di tempo assieme. Ci siamo a mala pena scambiati due baci e inizio a sentire davvero troppo la mancanza di te.”
Edward affondò il viso nei suoi capelli corvini, moriva dalla voglia di farsi travolgere da quell’irrefrenabile impeto di passione che li aveva portati a volare alto, a farli sentire di un altro mondo in cui esistevano solo loro due. Purtroppo doveva contenersi, almeno in situazioni potenzialmente pericolose, in cui rischiavano di essere colti in flagrante e far precipitare in modo irrimediabile la loro relazione già malvista da molti membri della famiglia. “Stanotte vieni nella mia camera. Sai dove si trova, vero?”
“Si, credo di si.” Avvicinò le labbra alle sue, desiderava troppo sentirlo a contatto con il suo corpo. Quel bacio però portava freddezza e distacco. “Che ti prende ora?”
“Non tentarmi, potrei perdere il controllo di me e fare ciò che vorrei e che non posso.” In quel momento la desiderava più di ogni altra cosa, era uno sforzo atroce trattenersi. Per entrambi.
“Sbattitene un po’ dell’etichetta.” Lo fece indietreggiare fino a che la sua schiena non finì contro il muro, cominciò ad accarezzarlo dappertutto. “Non voglio far fossilizzare il desiderio che ho di te per certe stronzate.” Lo fissava con quegli occhi che dicevano più di mille parole, ai quali lui faceva fatica a resistere.
“Daisy non provocarmi così, ti prego….” Non lo ascoltava minimamente, aveva già iniziato a lasciargli una scia di baci infuocati sul collo. Lui si morse il labbro inferiore, sentiva già il desiderio crescere in maniera esponenziale, poggiò le mani sui fianchi della ragazza ed iniziò a massaggiare i pesanti tessuti che coprivano il suo corpo. Tentò di intrufolare la mano sinistra sotto la lunga gonna sollevandone il lembo che sfiorava il pavimento. Catturò le labbra della ragazza e le fece sue, le mordicchiava, le baciava, ne assaporava ogni millimetro per non perdersi neanche un briciolo del loro sapore. Daisy gli sfilò la camicia solleticandogli il ventre, spostando la mano lentamente verso il basso e sul suo viso comparve un’espressione compiacente non appena si rese conto dell’eccitazione di lui.
“Dai amore, non tirarti indietro… Ti prego…” Lo trascinò sul divano finendolo di baci infuocati e adoperandosi attivamente per liberare se stessa e lui dagli ingombranti abiti.
Proprio in quel momento si aprì la porta e l’austera figura della nonna fece ingresso nella stanza, cogliendo in flagrante i due innamorati. La loro posizione lasciava poco spazio ai dubbi e a poco sarebbero servite le giustificazioni. La nobildonna non batté ciglio mantenendo un autocontrollo davvero invidiabile. I ragazzi, dopo un attimo di panico, si ricomposero velocemente ponendosi alla svelta al cospetto della duchessa in condizioni più consone al loro rango.
“Nonna cara….” Edward si inchinò, invitando Daisy a fare altrettanto.
“Farò finta di non aver visto niente.” I due si guardarono in faccia in preda all’imbarazzo. “Fra dieci minuti siete attesi nel salone dei giardini per accogliere i Millstone. Probabilmente riceveremo anche la visita di lord Northon, l’uomo che dovrebbe condurre all’altare Louise. Esigo dunque da voi un comportamento esemplare, in questi giorni potremmo porre la parola fine ad anni di odio e antipatie che hanno portato alle nostre famiglie solo lutti e violenze. Qualunque cosa accada siete tenuti al silenzio e al contegno più rigoroso. Ricordate che la decisione finale sulle nozze degli appartenenti alla dinastia Harringhton spetta a me.” Poggiò la mano sulla maniglia della porta e prima di uscire si voltò di nuovo verso di loro. “Fra dieci minuti dovete essere al piano di sotto per accogliere gli ospiti, siate puntuali.”
Uscì, lasciandoli soli. Daisy iniziò a sentirsi in colpa per non essere stata capace di controllarsi come Edward le ripeteva. “Scusa… è tutta colpa mia.” Abbassò lo sguardo incollandolo al pavimento.
“Lascia stare. Siamo stati fortunati che ad entrare sia stata mia nonna. “Si passò una mano fra i capelli, sentiva come un oscuro presagio che quel piccolo inconveniente non era niente in confronto all’uragano che si sarebbe scatenato di lì a poco. “Stasera… Stasera a mezzanotte vieni nella mia camera così potremo ritagliarci del tempo tutto per noi, va bene?”
Affondò il viso nel suo petto acconsentendo. “Scusa…” Si lasciò stringere dalle sue braccia. Si fidava di lui, sapeva bene che il loro amore era fortissimo, ma tutto il contesto in cui vivevano e si muovevano la preoccupava da morire. Louise era ben determinata a portarglielo via e quasi sicuramente la famiglia Harrighton sarebbe stata dalla sua parte. Tutti tranne forse la nonna?
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
“Milord, i signori Millstone sono arrivati.”
“Grazie George, puoi farli entrare.” Il duca Gilbert si alzò in piedi e così fecero tutti i presenti nel salone dei giardini. Quando la porta venne spalancata, Jacob Millstone fece in suo ingresso accompagnato dalla moglie Eugenia elegantissima, dal figlio Sebastian che portava sempre stampata in faccia quell’aria superba ed arrogante, e per ultima Louise, bellissima, in uno stupendo abito color crema finemente decorato. I suoi occhi di zaffiro si posarono su Edward, lo fissavano incessantemente come a volergli trasmettere un messaggio ben preciso. Daisy lo guardò preoccupata: la ragazza era davvero bella, sembrava un angelo tanto i suoi lineamenti erano delicati e raffinati, le sue movenze eleganti e il suo portamento regale. Come poteva competere con una tanto aggraziata mentre lei era vista come posseduta dal demonio? Bastava metterle a confronto e solo con un primo colpo d’occhio saltavano subito fuori differenze abissali: una bionda e angelica, l’altra mora e spartana; sguardo fiero e aristocratico contro sguardo pieno di dubbi sul futuro e di chiara estrazione borghese. Louise conosceva perfettamente l’etichetta e le buone maniere dell’800, poteva essere la sposa perfetta per il suo Edward, lei in fatto di bon ton era una frana. Ma se la dolce fanciulla pensava di avere la strada spianata, non aveva fatto bene i conti:  Daisy avrebbe dato l’anima pur di non farsi portare via il suo uomo.
La duchessa Mary Henriette si mise seduta sulla sua poltrona accanto al caminetto acceso e, facendo segno a tutti i presenti di accomodarsi, prese la parola.
“Siate voi tutti i benvenuti ad Harrighton House. Dopo lunghi giorni di angoscia la nostra Louise è dunque di nuovo presso i suoi familiari sana e salva.” Osservò in silenzio la ragazza che portava in volto un sorriso tanto luminoso quanto falso.
“Se vostra grazia permette” Intervenne lord Millstone “desidero esprimere la nostra gratitudine a voi e tutta la vostra nobile famiglia per aver riportato nostra figlia a casa. Sono pronto a dimenticare tutto quello che è accaduto fra di noi negli ultimi tempi e in anni più remoti a dimostrazione della nostra eterna riconoscenza.” Si inchinò profondamente davanti alla duchessa e all’intera famiglia Harringhton.
La nobildonna fece un cenno con la testa in segno di approvazione, poi si rivolse alla ragazza. “Gradirei che foste voi, mia cara, a dire qualcosa su quanto accaduto.”
Louise fece un passo in avanti unito ad una riverenza in segno di rispetto. “La mia fuga, Milady, è stata dettata dalla disperazione. Sicuramente Vostra Grazia è a conoscenza del legame esistente fra me e vostro nipote Edward. “Gli lanciò uno sguardo carico di desiderio. “Quando ho appreso della sua dipartita mi sono sentita divorare l’anima e, a peggiorare le cose, i miei nobili genitori mi hanno presentato colui che sarebbe dovuto diventare il mio sposo. Avrei pure accettato con la morte nel cuore se non fosse accaduto un fatto che oserei definire illuminante: durante una notte tempestosa ho udito la voce di Dio che mi stava chiamando. Compresi che solo Lui poteva prendere il posto di Edward nel mio cuore, uno sposo perfetto, l’unico degno di supplire la mancanza di colui che avevo perduto. Sono dunque fuggita dalla mia dimora e sono stata accolta dalle monache del Santa Chiara. Perdonatemi, onorati genitori, se vi ho tenuto celato il mio intento ed ho fatto perdere le mie tracce, l’ho fatto solo perché non avreste compreso la mia scelta.” In fatto di bugie Louise era un’artista bella e buona. “Quando l’altro giorno vi ho rivisto, Edward,  non ho potuto fare a meno di rivedere la mia scelta di ritirarmi in clausura.” Lanciò un’occhiata di sfida a Daisy ed una molto più tenera al ragazzo. “Ho quindi deciso di lasciare il convento e tornare presso la mia famiglia ad una sola e precisa condizione: esigo di convolare a nozze con il qui presente Edward Harrighton.” Fece una breve pausa e si preparò a scagliare un’altra freccia velenosa. “Mi è stato fatto notare che, nonostante sia una donna, non devo essere ritenuta inferiore all’uomo, poiché sono perfettamente in grado di decidere della mia vita, Dio non ha creato l’uomo perché sia superiore alla donna, ma perché la completi e insieme a lei costruisca una nuova famiglia. Quindi non ho intenzione di sottostare a nessun accordo matrimoniale impostomi dai miei genitori, ho cuore e testa per decidere della mia vita. Io sposo Edward e non costringetemi a fare qualche gesto estremo per la mancanza della vostra benedizione, ne sarei capace.”
Restarono tutti a bocca aperta, in particolare Daisy: quella smorfiosa viziata aveva usato le stesse parole che lei gli aveva rivolto poche sere prima per mostrarle tutta la sua comprensione! Un colpo veramente basso per una che voleva farsi monaca! Prima che qualcuno potesse obiettare, George annunciò l’arrivo di lord Reginald Northon ad Harrighton House.
“Che il Cielo sia lodato! La mia piccola Louise è di nuovo qui!” Questi fece irruzione nel salone dei giardini e si precipitò a stringere le mani della ragazza zoppicando vistosamente a causa di una deformazione agli arti inferiori. Negli occhi di Rosemary e Daisy comparve disgusto: il tizio superava abbondantemente il quintale, con un pancione degno dell’orco cattivo delle favole, aveva un grosso neo vicino alla narice sinistra del naso e i capelli quasi completamente bianchi che gli scendevano in modo disordinato fin sotto le spalle, senza considerare lo sguardo languido e semi perverso. Volevano sbagliarsi, ma da lui proveniva pure quel fastidioso odore di vino e aglio che aveva invaso l’aria. “Come state, mia cara? Siete ferita? Avete contratto qualche malattia?”
La ragazza ritrasse le mani con disgusto liberandosi da quelle sgraziate di lord Northon. “Sto bene, grazie.”
Si voltò poi verso i presenti inchinandosi. “Vi porgo le mie più sentite scuse se rivolgo a voi solo adesso il mio saluto. Tanta è la gioia nel poter riabbracciare la mia dolce sposa, che ho totalmente dimenticato le buone maniere. Vi prego di perdonarmi.”
La duchessa Mary Henriette fece cenno all’uomo di prendere posto nei divani del salone per poter riprendere la conversazione. Invece, contro ogni regola, Louise si alzò e parlò in modo fermo e lapidario. “Ho dunque esposto le motivazioni che mi hanno spinta ad allontanarmi da casa e le mie richieste che ne subordinano la permanenza in vita che sicuramente mio padre potrà illustrarvi più tardi e che sono certa comprenderete.” Rivolse lo sguardo verso lord Northon. “Sono desolata, milord, di dover rompere la promessa di matrimonio: ho il solo ed unico desiderio di farmi condurre all’altare da colui che ha attraversato mille difficoltà, sfidato le intemperie e superato ostacoli su ostacoli per trovarmi. Solo uno che mi ama veramente sarebbe stato pronto a fare tutto questo per me: sto parlando del qui presente Edward Harringhton, colui al quale ho permesso fra l’altro di cogliere il fiore della mia purezza.”
“Cosa?!” Northorp strabuzzò gli occhi. “Avete già ceduto la vostra purezza?!” Lo ritenne un affronto, per di più tenutogli nascosto dal padre della ragazza, uno che considerava amico fidato.
“Louise, cosa ti passa per la mente?” Lord Millstone balzò in piedi visibilmente irritato. “Sai benissimo che la decisione è già stata presa!”
“Si che lo so, padre adorato. Ma come vi ho esposto poco fa, ho il cervello e l’intelligenza per decidere della mia vita.” Incrociò le braccia.
“Fermatevi ora, vi prego!” Northorp fissò negli occhi sir Jacob. “Mi avevate fatto un giuramento solenne quando mesi fa chiesi la mano di vostra figlia e mi avete taciuto molte cose di cui sarei dovuto esser messo al corrente. Ero certo che non avremmo trovato intralci ed ho l’impressione che voi non siate abbastanza autoritario da obbligarla ad onorare la promessa di matrimonio. In più, perdonatemi, ma sono molto legato a certi valori tradizionali e non ritengo degna di portare il mio aristocratico cognome una giovane fanciulla di così facili costumi.” Aveva la faccia rossa di rabbia, si sentiva preso in giro e raggirato da uno dei suoi amici più cari. “Tenetevela pure voi la fanciulla. Preferisco invecchiare in solitudine piuttosto che dividere la mia vita e i miei averi con una come la qui presente.” Si mise il cilindro in testa e si avviò verso l’uscita. “Signori, buongiorno.” Uscì sbattendo con rabbia la porta.
Edward aveva i nervi a fior di pelle e faticava enormemente nel mantenersi calmo: Louise aveva sparato tante di quelle bugie e menzogne da bastargli per il resto dei suoi giorni. Che faccia tosta! Che insolenza!
Daisy sarebbe esplosa, si sarebbe precipitata sulla ragazza prendendola per i capelli se non fosse stata immobilizzata dallo spirito del nonno che li aveva raggiunti, il quale continuava a ripeterle mentalmente che tutti gli antenati Harringhton erano dalla sua parte ed avrebbero fatto anche l’impossibile perché Edward fosse tenuto lontano dalla giovane Millstone.
 
Piombò il silenzio su tutti quelli che si trovavano nel salone dei giardini, così chiamato per le decorazioni alle pareti. Lord Jacob si passò le mani sul viso, la speranza di sistemare la figlia era sfumata. E tutto per colpa della diretta interessata! Lui e sua moglie le avevano dato pure l’anima, non le avevano mai negato niente concedendole ogni cosa pur di vederla felice. Questa sua arroganza e prepotenza nei confronti di lord Northorp aveva superato ogni limite. Lui era lo sposo ideale e lei lo aveva respinto di gran lena: e ora? Chi avrebbe potuto condurre all’altare la ragazza?
 
 


 
Ciaooouuu! : )
Questo matrimonio non s’ha da fare…. Come scrisse Manzoni.
La nostra viperetta Louise ha mostrato la sua vera faccia e sta cercando di incastrare Edward con ogni mezzo. Gli spiriti Harringhton però fanno il tifo per Daisy e il nonno è intervenuto per bloccarla dal commettere qualche sciocchezza che l’avrebbe messa ancora di più nei guai. Ma i problemi non finiscono qui…. Cosa accadrà? Ve lo racconto la prossima settimana, voi intanto recensite! ; )
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 9
*** Nella notte ***


 
“Voi! Voi, lurido bastardo che non siete altro! Voi avete rovinato mia sorella e la mia famiglia!” Sebastian si scagliò con violenza su Edward, afferrandolo per il collo e sbattendolo a terra.
I due padri si lanciarono su di loro per dividerli, Sebastian non mollava la presa e Edward faceva fatica a liberarsi nonostante gli sforzi. Tutte le donne presenti si alzarono spaventate dalla scena disdicevole davanti ai loro occhi, Anne e la figlia Henriette erano disgustate, Daisy non sapeva se scoppiare in lacrime o gettarsi nella mischia e prendere a calci Sebastian, Rosemary corse ad abbracciare la nonna che, vista l’età e la salute non proprio ottima, poteva risentirne.  Non fu facile separare i due ragazzi e gli sforzi per tenerli buoni tentando di riportare ordine nel salone diedero finalmente il loro frutto.
“Allora sarei io la causa della rovina di vostra sorella?! Chi ha spifferato quelle cose a lord Reginald mandando a monte le nozze?! Io o lei?!” Edward era furioso.
“Cosa volete insinuare?” Sebastian era trattenuto a fatica dal padre. “Voi l’avete oltraggiata a quel modo, bastardo!”
“Bastardo sarete voi!” Edward fu bloccato dal genitore mentre stava per colpire in faccia l’avversario con un pugno.
“Adesso basta!” Lord Gilbert lanciò un urlo esasperato. “E’ inutile piangersi addosso ed infuriarsi così! Il matrimonio è saltato e ne dobbiamo prendere atto.” Finalmente i due si ricomposero, ma continuavano a guardarsi in cagnesco ansimando per la lotta sostenuta.
“Ben detto milord.” Intervenne Louise. “Un matrimonio è saltato e ce n’è un altro da organizzare.”
“Non credete di aver preso una decisione troppo affrettata?” Intervenne la duchessa Mary Henriette. “Ricordatevi che senza la mia benedizione le nozze non potranno mai avere luogo.”
La ragazza si avvicinò al caminetto e prese fra le mani l’arnese appuntito che usavano per attizzare il fuoco avvicinandoselo alla gola. “Che i preparativi per le nozze fra me ed Edward inizino immediatamente, altrimenti mi uccido.” Il gesto trovò il disappunto dell’anziana donna che restò silenziosa, meditando sul da farsi.
I signori Millstone si schierarono immediatamente dalla parte di Louise, lasciando gli Harringhton di sasso, in particolare Edward. Nessuno aveva preso in considerazione il fatto che Daisy fosse la fidanzata ufficiale del ragazzo, tutti erano come ipnotizzati da Louise che aveva catturato l’attenzione dei presenti per l’audacia e la sicurezza mostrata nel pretendere quelle nozze, nonché da quel gesto sconsiderato di minacciare il suicido in caso di rifiuto.
La tensione nell’aria fu spezzata dalla duchessa Mary Henriette che, appoggiata alla nipote Rosemary, si alzò dalla poltrona. “Adesso basta, per oggi il mio cuore stanco è stato messo a dura prova a sufficienza. Ordino ad ognuno di voi di tornare presso le proprie dimore e prepararsi per la notte. Al matrimonio, che si faccia o meno, penseremo domani.” Fece una pausa passando lentamente in rassegna i presenti, uno per uno, ed aggiunse “Forse.”
Uscì a fatica dalla stanza. Nessuno aveva compreso il significato di quel forse.
Forse non avrebbe dato la sua approvazione alle nozze?
Forse non ne avrebbe voluto parlare il giorno successivo ma più avanti?
Forse voleva valutare con attenzione che fosse la sposa ideale per il nipote, colei che avrebbe avuto il compito di generare l’erede del titolo di Duca del Somerset?
Oppure quel Forse celava altro?
 
Scese la notte su Harrighton House, una notte sotto un cielo che mutava secondo il volere del vento che sospingeva le nubi ad oscurare la luce della luna piena. Tutti si erano ritirati nelle proprie stanze, compresa Louise che fingendo di stare male, fece in modo di restare nella residenza che presto sarebbe potuta diventare casa sua. Si chiuse nella camera assegnatale, ben distante dall’ala del palazzo in cui dormiva Edward. Se davvero voleva sposarlo, avrebbe dovuto contenere certi suoi istinti almeno fino al giorno delle nozze, cosa che non sentiva affatto facile. Si sedette davanti alla grande specchiera e fissò il suo volto illuminato dalla luce di due candele. Si riteneva bella e compiaciuta del proprio aspetto esteriore, sciolse i lunghi capelli biondi  e prese a spazzolarli. Li accarezzò con le dita e quel gesto la fece tornare indietro con la mente a quella sera in cui, per puro caso, entrò nella locanda  “The Three Roses Inn” dove scorse Edward ad un tavolo in compagnia di altri giovani aristocratici. Era ubriaco, parlava a vanvera e si teneva in piedi a fatica. Pensò subito di approfittare della situazione per cercare di avvicinarlo, essendo non del tutto lucido forse non l’avrebbe respinta come soleva fare quando era sobrio. Si avvicinò al gruppo e non appena lui la notò, iniziò a farle un’infinità di complimenti, semplificando di molto la riuscita del suo piano. Non passarono tantissimi minuti e, barcollando, la invitò al piano di sopra in una delle camere il cui uso era riservato a certi clienti per certe cose da tenere nascoste. Entrarono in una di quelle stanze e la ragazza, prendendo fra le mani le redini del gioco, lo sbatté sul letto e iniziò a togliersi gli abiti con una rapidità impressionante, tanta era la voglia di soddisfare il suo desiderio sessuale represso da troppo tempo. Era ancora vergine e non le importava un bel niente di preservare questa sua purezza per concederla allo sposo la prima notte di nozze come era sempre avvenuto nella sua famiglia. Afferrò le mani di Edward e lo guidò perché la accarezzasse dappertutto, perché le facesse scatenare quel piacere che da troppo tempo bramava di provare in prima persona. Lui, spinto forse solo dall’istinto, la fece stendere sotto con un rapido gesto e altrettanto velocemente si liberò degli abiti, avvolgendo quella pelle candida che profumava di mughetto. Intrappolò le sue dita fra quei capelli color dell’oro e iniziò a baciarla dappertutto, finché l’aria risuonava solo dei loro gemiti di piacere. Nel momento in cui perse la verginità le uscì un urlo strozzato dalla gola che le fece inumidire gli occhi, ma quelle non erano lacrime di dolore, bensì lacrime di un piacere così estremo che mai, neanche nelle sue fantasie più perverse, aveva mai immaginato di poter provare. Avrebbe voluto continuare ancora per ore ed ore, sfinirsi di piacere nell’essere riuscita finalmente ad assaggiare certe sensazioni con colui che troneggiava al centro dei suoi pensieri e desideri più arditi da tempo. Il ragazzo però crollò ben presto addormentato sotto l’ultimo colpo di coda della sbronza.
Le cose iniziarono a precipitare quando Edward si svegliò ed iniziò a tornare sobrio rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto. La insultò andandoci piuttosto pensante, in fondo si era approfittata di lui in un momento di poca lucidità e per soddisfare il suo egoismo era finita per metterlo in grossi guai. Se la diede a gambe, lasciandola svestita in quel letto tentando per quanto possibile di tenere nascosto l’accaduto. Cosa che non avvenne.
Di lì a pochi giorni le fu comunicata la notizia della sua scomparsa per mano dei suoi familiari e per lei iniziò il periodo più nero che avesse mai attraversato nella sua giovane vita.
Ora però tutto apparteneva al passato: Edward era di nuovo lì e lei si trovava nel suo palazzo. Tutti quei pensieri riaccesero il suo vecchio desiderio, una fiamma devastante che la riempì totalmente di brividi, sentiva una voglia irrefrenabile di tuffarsi fra le sue braccia infischiandosene di tutto e di tutti, in primis di quella gallina indemoniata della sua fidanzata che, nei suoi progetti, presto sarebbe stata ripudiata. Indossò la camicia da notte senza null’altro ed evitò di proposito di allacciarsi il nastro che chiudeva la scollatura, mise una vestaglia da camera, prese una candela ed uscì dalla sua stanza.
 
Nel frattempo, fuori da Harrighton House,  un gruppo di ombre si erano radunate presso un angolo del cortile antistante gli ingressi della servitù.
“Allora siamo intesi: entriamo dalle cucine senza fare rumore e saliamo ai piani superiori. La ragazza si trova nell’ultima stanza del secondo piano dell’ala ovest, dovete essere rapidi e precisi, ma soprattutto non dovete destare alcun sospetto. Noi vi aspetteremo in fondo alle scale coprendovi da eventuali intrusi. Mi raccomando, ho ingaggiato voi perché siete dei professionisti e vi pagherò profumatamente una volta concluso il lavoro.”
“State tranquillo sir, fra un’ora sarà tutto finito.”
Con una stretta di mano fu dato il via all’operazione: lasciarono accesa solo una delle cinque lanterne che portavano ed entrarono nelle cucine debolmente illuminate dalle ultime fiamme rimaste accese nel caminetto. Passarono senza far rumore per il corridoio che immetteva nel vano d’ingresso e di lì, in punta di piedi presero a salire le scale in direzione dell’ala ovest.
 
Daisy era nella sua camera, guardava con impazienza l’orologio sulla mensola del camino: mancavano dieci minuti alla mezzanotte. Non ce la faceva più ad attendere, moriva dalla voglia di raggiungere Edward per trascorrere la notte con lui. Sbirciò fuori dalla finestra, nell’aria percepiva qualcosa di strano ed inquietante, come se stesse per accadere qualcosa da un momento all’altro. Forse era meglio andare subito da lui, quella strana sensazione non la faceva sentire tranquilla tutta sola in camera sua. In fondo erano già tutti a letto, nessuno l’avrebbe vista se l’avesse raggiunto con qualche minuto di anticipo. Ma si, dai Daisy, cosa vuoi che siano un paio di minuti? Gli farai una bella sorpresa!  Afferrò la maniglia e, quando stava per abbassarla aprendo la porta, fu fermata da una voce alle sue spalle.
“Fermatevi! Non aprite!”
La ragazza si voltò sobbalzando dalla paura e riconobbe nell’evanescenza lo spirito del duca Harrighton. “Milord, che ci fate voi qui?” Si inchinò.
“Non uscite da questa stanza, almeno non fatelo usando la porta.”
“Cosa volete dire?”
“Ci sono dei sicari che stanno venendo qui per uccidervi!”
“Cosa?” La ragazza ebbe un altro sussulto.
“Libratevi in aria dalle finestre, presto! Se volete salvarvi, sbrigatevi! Sono qui!”
Dando ascolto alle sue parole, Daisy attraversò le pareti e si ritrovò all’esterno della villa in compagnia dello spirito del nonno. Fu proprio in quel momento che vide entrare nella sua camera delle ombre con qualcosa in mano che mandava sinistri bagliori ogni qual volta si avvicinava alla lanterna.
“Hanno dei pugnali, affilati appositamente per assassinarvi.” Le parole del duca lasciavano pochi dubbi: qualcuno aveva complottato per eliminarla. “Ho seguito con attenzione quanto accaduto oggi e anche voi vi sarete resa conto di essere scomoda.”
Daisy si voltò verso il nonno. “Vogliono la mia morte perché Edward possa sposare Louise?”
“Si, ma la vostra condanna non è partita né da mio figlio né dalla sua consorte, magari non vi vedono di buon occhio ma non hanno mai fatto ricorso a colpi così bassi. Sono i Millstone che attentano alla vostra vita per soddisfare la loro figlia capricciosa e viziata.”
“C’era da aspettarselo…”
“Fate moltissima attenzione Daisy, voi non potete morire, non potete farlo in quest’epoca che non è la vostra!”
In quel momento ebbe davvero paura, come mai aveva avuto dal suo arrivo nel passato. “Cosa posso fare milord? Io… mi sento in trappola! Perché ancora non ci avete fatti tornare nel nostro tempo? Cosa’altro dobbiamo fare qui dove tutti mi odiano e mi vogliono con la gola tagliata?”
La situazione era seria e il duca tentò di distogliere i suoi pensieri da quelle domande a cui ancora non poteva rispondere. “Intanto dobbiamo fare in modo che smettano di distruggere la vostra camera.”
“E come?”
“Siamo dei fantasmi: spaventiamoli!”
Lo spirito fece accendere delle candele all’interno della stanza e poi le fece spegnere all’improvviso più volte, attraversò le pareti per tornare immediatamente all’esterno invitando Daisy a lamentarsi e piangere. Gli uomini iniziarono a guardarsi attorno terrorizzati dalla paura: quegli strani fenomeni erano riconducibili solo agli spiriti degli antenati Harrighton: si erano forse infuriati perché la loro dimora era stata profanata? Il nonno iniziava a divertirsi sul serio e sotto i grossi baffi Daisy vide spuntare un sorriso divertito. “Adesso state a guardare.” Penetrò nella stanza andando loro incontro invitandoli ad abbandonare per sempre la sua casa. Quelli non se lo fecero ripetere due volte, uscirono precipitosamente lanciandosi giù per le scale ignorando coloro che li avevano incaricati del delitto.
Finalmente sul volto della ragazza comparve un piccolo sorriso, vista dal punto di vista degli spiriti la scena era stata davvero divertente.
“Bene, bel lavoro Edward.” I due si voltarono: Daisy non poté fare a meno di trattenere la meraviglia quando vide una moltitudine di entità fluttuare in aria a qualche metro da loro.
“Sono i nostri nobili antenati.” Lo sguardo del duca si fece preoccupato. “Si riuniscono sono in un’occasione precisa e determinata.”
“Che volete dire?”
Uno degli spiriti si avvicinò a loro. “Vieni orsù, l’ora è giunta. Per la sua accoglienza è necessaria la tua presenza.”
Senza dire una sola parola, scomparve con tutto il seguito, incluso il nonno, lasciando la ragazza sola a mezz’aria.
In quella famiglia parlavano tutti in modo così enigmatico! Cosa volevano dire quelle parole? Chi dovevano accogliere? Stava forse per accadere qualcosa?
 
 
La notte riprese i suoi colori e i suoi silenzi, Daisy si voltò verso la finestre di quella che era la sua stanza: adesso somigliava più ad un locale devastato da un ciclone. Il letto era stato quasi completamente tagliato e sventrato, quei loschi figuri si erano accaniti sul povero materasso come se fosse il colpevole dell’assenza della vittima, avevano spalancato le ante dell’armadio, aperto i cassetti e gettato sul pavimento tutto quello che avevano trovato distruggendolo senza alcuna pietà, delle meravigliose tende alle finestre non restavano che brandelli di stoffa. La ragazza si lasciò sfuggire una lacrima che fu sfiorata dal vento gelido della notte. Se non fosse stato per il duca, che ne sarebbe stato di lei? Con il cuore colmo di amarezza e l’anima svuotata, si diresse verso le finestre della camera di Edward, il calore di un suo abbraccio le avrebbe sicuramente sollevato il morale. Penetrò nella stanza restando nascosta dietro le tende, voleva fargli una sorpresa ma si bloccò vedendo la porta aprirsi lentamente: nell’oscurità quasi totale una figura femminile entrò guidata dalla luce di una candela e si avvicinò al letto in cui era steso il ragazzo. Si sedette sul materasso, poggiò la candela sul comodino, la spense e si infilò sotto le lenzuola.
“Ehi, sei in ritardo…” Edward cinse con le braccia colei che credeva Daisy. “Mi sei mancata da morire amore….”
Daisy udiva solo i dolci sussurri della voce maschile, ma non aveva bisogno di molta immaginazione per capire chi fosse la giovane donna che si era intrufolata sotto le lenzuola. Sperava che Edward se ne accorgesse, sperava riconoscesse il profumo diverso…. Sperava tante cose, che purtroppo non avvennero. Lui attendeva lei che era arrivata con qualche minuto di ritardo. E in quei minuti un’altra aveva preso il suo posto. Lui la stava baciando, la stava stringendo, la stava accarezzando e presto l’avrebbe amata. No, non poteva assistere allo spettacolo che avrebbe segnato la sua fine. Era troppo amareggiata da tutte le cose che aveva dovuto sopportare nelle ultime ore, non aveva né le forze né lo slancio necessario a gettarsi su quella, prenderla per i capelli e sbatterla fuori da quella camera. Temeva pure di perdere il controllo dei suoi poteri sovrannaturali rischiando di farsi scoprire, quindi c’era solo un’unica cosa da fare: indietreggiò lasciandosi inghiottire dalla parete per trovarsi di nuovo all’esterno, nel grande prato coperto di neve, con l’aria gelida che le penetrava nelle ossa e il morale completamente distrutto. Toccò il terreno lasciando i piedi affondare nella candida coltre, non se la sentiva di tornare indietro. A cosa sarebbe servito? Tutti la guardavano con sospetto, non la ritenevano degna di Edward, c’era chi la voleva morta e il colpo finale le era stato inferto proprio da colui che amava e diceva di amarla più della sua stessa vita. Quella notte poteva essere la fine di tutto: mentre si allontanava sotto la gelida luce della luna che faceva brillare la campagna imbiancata rendendola surreale ripensò alle parole degli spiriti degli Harrighton: dovevano accogliere una persona…  
Era forse lei?
 
 


 
Ciaooo! And Happy Halloween to everybody!
Vorrei ringraziare tutti voi che dedicate il vostro tempo a dare un’occhiata alla mia storia, in particolare Drachen, FamtFree e eppy che con le loro recensioni mi fanno felicissima.
Allora… qua la situazione si complica ancora di più. Secondo voi Edward si accorgerà che non è Daisy ad essersi infilata sotto le lenzuola? E di lei in mezzo alla neve che ne sarà?
Alla prossima! ; )
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 10
*** Una grave perdita ***


Edward si stava lasciando travolgere dalla passione, tanta era la voglia di stringere la sua amata Daisy fra le braccia. Cominciò a baciarla sul collo, passò poi alla spalla mentre sentiva la sua mano morbida affondare nei capelli. C’era però qualcosa che non quadrava: forse la sua ragazza si era lavata usando il bagnoschiuma al mughetto molto in voga fra le nobildonne dell’epoca? E i suoi capelli? Erano diversi… E poi quell’insolito silenzio? Normalmente lei gli rivolgeva un sacco di parole dolci e divertenti nei loro momenti di intimità e soprattutto quella di montargli sul ventre e spogliarlo con una sorta di incontrollabile appetito sessuale non era una mossa di Daisy.
“Ma chi accidenti…” La strattonò per liberarsi da quella presa perversa, sentiva ansimare la ragazza, afferrò la lampada ad olio che teneva sul comodino e rapidamente l’accese, trovando conferma dei suoi sospetti. “Louise…. Mi spieghi per quale fottutissimo motivo sei qui?!”
Quella, per niente pentita, si sistemò i capelli non curandosi della camicia da notte che le lasciava quasi completamente i seni scoperti, continuava a fissarlo con occhi pieni di desiderio. “Perché sono qui?” Gli si avvicinò gattonando come una pantera. “Indovina…” Avvicinò le sue labbra a quelli di lui che si ritrasse immediatamente, alzandosi dal letto allontanandosi in preda all’ira.
“Io-io…” Si passò le mani fra i capelli sbottando. “Ah, sei veramente una grandissima schifosa!”
“Sono la tua promessa sposa! Che ti piaccia o no!” Gli andò incontro sbattendolo al muro e si appiccicò a lui come una calamita. “Ho una voglia matta di fare sesso con te, non mi puoi respingere in eterno!”
“Posso eccome.” La spintonò facendola cadere a terra ed uscì di camera dirigendosi verso la stanza di Daisy, furioso a tal punto che avrebbe potuto fare qualche assurda pazzia se qualcuno avesse tentato di fermarlo.
Si pietrificò non appena giunse sulla soglia della stanza della sua fidanzata: la porta era spalancata e l’interno completamente devastato. Entrò cercando invano la ragazza e iniziò a preoccuparsi seriamente di fronte a tutta quella devastazione. Uscì da quell’inferno con il cuore in gola senza una direzione da seguire, guidato solo dalla speranza di trovarla sana e salva.
Poco più in là udì un gran trambusto, tutti i suoi familiari erano svegli e le loro voci disperate e piangenti provenivano dalle stanze in cu dormiva sua nonna. Li raggiunse con il cuore in gola seguito da Louise a debita distanza. Come fu sulla soglia della camera, vide Rosemary in lacrime riversa sulla nonna immobile nel suo letto. Per lui fu come una pugnalata al cuore, gli si gelò il sangue nelle vene e il suo respiro sembrava voler venir meno quando realizzò l’accaduto: la sua adorata nonna se n’era andata per sempre. Si lasciò cadere in una poltrona affondando il viso fra le mani con il cuore che gli faceva male. Era l’esatto dolore provato alcuni anni prima quando era stato suo nonno a mancare. Vuoto. Desolazione. Incredulità. Rabbia. Rifiuto di prendere atto della situazione. Tutto questo accompagnava le sue lacrime amare che gli scendevano sulle guance. Louise preferì restare a debita distanza, tenendosi in disparte dietro la servitù, anch’essa in lacrime per la perdita della duchessa. Non mostrava nessun segno di disperazione, per lei era un altro ostacolo superato: alla nonna spettava l’ultima parola sulle nozze del nipote ed aveva la netta sensazione che fosse dalla parte di Daisy. Con lei deceduta, l’incombenza passava al figlio Gilbert, padre di Edward, il quale pur di far riappacificare le due famiglie, avrebbe dato sicuramente il consenso. Si voltò e riprese il corridoio per rientrare nella propria camera, preparandosi ad inscenare la più commovente disperazione per la morte della duchessa.
 
 
Daisy non si era accorta di nulla, era fuggita sconvolta nel vedere con i suoi occhi Edward stringere Louise fra le braccia. Aveva trascorso gran parte della notte sotto un albero spoglio del parco della villa, immersa nella neve fredda. Niente però era paragonabile al gelo che infuriava nel suo cuore: sentiva di dover dire addio al suo amore, non le importava dove sarebbe andata a finire. Che senso avrebbe avuto la sua vita senza di lui?
Alzò lo sguardo fissando la Luna, si asciugò l’ennesima lacrima pensando a Mel. Quanto le mancava la sua amica! Se solo lei fosse stata lì, avrebbe avuto una spalla fidata su cui piangere. E invece si sentiva sola.
“Daisy, alzate lo sguardo, vi prego.”
Da chi proveniva quella voce? La ragazza si guardò attorno asciugandosi una lacrima: vide due entità materializzarsi a pochi metri da lei. Stentava a credere ai suoi occhi perché riconobbe il duca Edward e la duchessa Mary Henriette.
“Cosa… cosa significa? Milady, come potete essere in quello stato?” Ingoiò una lacrima. “Non sarà mica che voi…”
“Si, mia cara. Ero io quella che il mio nobile sposo doveva accogliere con gli antenati della famiglia.”
Al suono di quelle parole, Daisy pianse amaramente. Si era affezionata tantissimo alla donna ed apprendere che lei non c’era più la riempì di dolore.
“Sono commossa dalla vostra reazione, mia cara.” La duchessa, ormai solo uno spirito, si avvicinò alla ragazza. “Vi sono sempre stata vicina fin dal vostro arrivo dal futuro.” Gli occhi della giovane si alzarono stupiti. “Si, io ho sempre saputo tutto. La stanza del sottotetto in cui avete curiosato alcuni giorni fa era il mio rifugio segreto. Sono stata il tramite che, in collaborazione con la vostra amica Mel, ha permesso il viaggio temporale di mio nipote in vostra compagnia e comprendo bene quanto vi sia costato questo gesto. Perciò ritengo voi l’unica persona degna di essere condotta all’altare dal mio adorato nipote. Ora che non ho più un corpo mortale dovrete avere la pazienza di attendere la persona che prenderà il mio posto, senza la quale non potrete far ritorno nella vostra epoca. Abbiate fiducia e ogni cosa si aggiusterà.”
“Dunque voi siete una sensitiva? Ops… pardon, eravate… Oh, scusate, non riesco proprio a immaginare che voi adesso non siate più qui…”
Sorrise. “Ma io sono qui e lo sarò per sempre. Voi potete percepirmi come e quando volete grazie ai vostri poteri.” Tentò di sfiorarle i capelli per consolarla e ringraziarla dell’affetto. “Ed ero in possesso di una spiccata sensibilità che ho dovuto tener nascosta per non essere additata come strega.” Si lasciò sfuggire una debole risata. Poi tornò seria. “Adesso ascoltatemi con attenzione: come avrete capito ci sono molti nemici attorno alla vostra persona e vi suggerisco di stare con gli occhi bene aperti d’ora in poi. Edward non ha colpe di quanto accaduto poche ore fa, è stato vittima delle voglie di Louise e le ha dato il ben servito, credetemi. Tornate ad Harrighton House adesso, la vostra assenza potrebbe destare sospetti, ma siate forte Daisy, tirate fuori la grinta di una nobildonna quale siete.  Io e il mio nobile sposo siamo dalla vostra parte e faremo di tutto perché siate voi ad essere condotta all’altare da nostro nipote.”
La ragazza si alzò in piedi, visibilmente commossa. “Grazie… Grazie di cuore, davvero. Incontrarvi è stato un onore e conserverò tutto come il ricordo più prezioso.” La nonna fece per abbracciarla, per lei era come una nipote, forse di più, ma le sue braccia evanescenti attraversarono il corpo della ragazza provocandole un lieve alito di vento.
 
Il cielo iniziava a colorarsi delle luci dell’alba, Daisy si incamminò mestamente verso casa.
Nessuno aveva chiuso occhio ad Harrighton House quella notte, nessuno si era accorto che c’erano stati degli intrusi i quali avevano creato la confusione e i rumori che avevano fatto agitare troppo la duchessa con il risultato che un attacco cardiaco se l’era portata via all’improvviso. Il personale di servizio, molto affezionato alla duchessa, era provato dalla grave perdita e Daisy se ne rese subito conto non appena varcò la soglia di casa. Chiese subito notizie mentre negli occhi di chiunque incontrasse vedeva solo lacrime.
Dalle scale poco dopo scese la duchessa Anne composta nel dolore e già vestita di nero per il lutto. Si avvicinò alla ragazza scrutandola con occhi freddi e gelidi più della neve.
“Dove siete stata fin’ora?” Strinse le proprie mani per tentare di contenere l’enorme disappunto. “Solo una persona insensibile come voi poteva allontanarsi in una tale circostanza.”
“Chiedo scusa milady.” Si inchinò. “Ero sconvolta…”
Le sue labbra si piegarono in un sorrisetto cattivo. “Eravate sconvolta? Forse per ciò che avete fatto?”
La ragazza spalancò gli occhi. “Come dite, prego?”
“Avete devastato la vostra camera per inscenare un’intrusione da parte di malintenzionati per un qualche assurdo motivo, per colpa di tutti i rumori che ne sono scaturiti la mia nobile suocera se n’è andata.” Aveva la voce densa di rabbia. “Ammettetelo: voi siete un essere demoniaco che ha ammaliato mio figlio con qualche stregoneria portando scompiglio nella nostra famiglia!”
“Cosa dite? Io non ho fatto proprio nulla!”
“E dunque perché siete fuggita? Come potevate sapere del gravissimo lutto che ci ha colpiti se solo ora fate ritorno a casa?” Daisy non sapeva cosa rispondere. “Siete un essere del male… Un’indemoniata, forse pure una strega. Persone come voi dovrebbero essere gettate nelle mani dell’inquisizione per finire sul rogo come nei secoli passati! Ah, perché mai tutto questo è stato abolito?!”
Portandosi una mano alla fronte, la duchessa tornò al piano di sopra riunendosi alla famiglia. Edward aveva sentito tutto, incrociò gli occhi della madre. “Avete troppa fantasia, madre cara. Adesso non è il momento adatto per sollevare certe polemiche insulse, ne riparleremo quando sarà tutto finito.”
Sibilò parole dure alla donna prima di passare oltre e raggiungere Daisy.
La ragazza sembrava un fantasma in tutto e per tutto: era pallidissima, con i capelli arruffati, lo sguardo spento e gli abiti freddi e bagnati.
Edward le accarezzò il volto, la sua pelle sembrava fatta di ghiaccio. “Dove sei finita? Che ti è successo?”
Lo guardò senza rispondere. “Ieri sera sono venuta da te.”
Il ragazzo comprese tutto: lo aveva visto in compagnia di Louise.
“So che ti ha ingannato, me l’ha detto tuo nonno… quando ormai era troppo tardi.” Si allontanò da lui, che invece la bloccò trattenendola per il polso.
“Ti prego, lasciami andare. Hai cose più grandi di cui occuparti.”
“E tu sei una di quelle. Per favore, ora più che mai ho bisogno di averti accanto.” I suoi occhi erano pieni di lacrime e non poteva essere altrimenti: non riusciva ancora ad abituarsi all’idea di non avere più la sua adorata nonna.
Condusse la ragazza, tenendola sempre stretta per mano, in camera di Rosemary perché si rassettasse per rendersi presentabile e portare il lutto più stretto come voleva l’etichetta del tempo. Poco dopo raggiunsero il resto della famiglia riunita al cospetto della salma della duchessa esposta per ricevere i dovuti omaggi dalle persone giunte da ogni angolo del Somerset. Louise stava recitando una sceneggiata pietosa: non si allontanava mai dalla defunta, si asciugava continuamente lacrime singhiozzando e fingendosi affranta dal dolore più dei congiunti stessi e riceveva le condoglianze presentandosi come nipote della duchessa scomparsa in quanto futura sposa di Edward. Nessuno però dava peso a quelle parole poiché non era certo il momento adatto per simili presentazioni. Daisy, sottobraccio ad Edward, si sedette su di una poltrona sotto gli occhi severi della suocera che si preoccupava più di attenersi rigorosamente all’etichetta che a tutto il resto. Lord Gilbert doveva mostrarsi forte, adesso a capo della famiglia c’era lui e doveva dare esempio a tutti di essere un uomo forte e degno del ruolo che ricopriva, nonostante la perdita dell’amata madre a pochi anni di distanza dal padre, lo divorava dal dolore. Henriette era seduta accanto alla madre, aveva gli occhi rossi per il pianto e si teneva il volto nascosto da una veletta nera. Anche lei voleva mostrarsi forte e composta nel dolore come si richiedeva ad una giovane aristocratica, nonostante il suo cuore grondasse di disperazione. L’unica che se ne infischiava dell’etichetta ed esternava il suo stato d’animo era la piccola Rosemary che si strinse forte ad Edward e Daisy. Il fratello l’accolse fra le braccia e come per incanto nelle loro menti  si affacciarono tanti ricordi legati al passato: Edward aveva poco più di dieci anni quando la nonna lo accompagnava a passeggio nel parco della villa raccontandogli storie della sua vita, dell’Inghilterra e della sua sovrana Vittoria… E lui ascoltava assorto, perdendosi con la mente nel fantasticare sulle parole della nonna. Venivano spesso raggiunti da Rosemary, ancora in tenerissima età, in compagnia del nonno a cavallo. Era un’autentica esplosione di felicità: lassù, in sella al fedele destriero, si sentiva nel suo mondo. Scendeva solo se Edward si metteva a gettare pezzetti di pane ai cigni del laghetto perché voleva sfidarlo a chi ne lanciava di più. Erano momenti felici e spensierati, quando ancora bambini si rincorrevano senza pensieri sotto gli sguardi benevoli dei nonni. Che ora nella grigia realtà avevano raggiunto il mondo della vita ultraterrena.
Rosemary spostò lo sguardo verso Daisy e non si meravigliò di vederla in lacrime. Aveva compreso bene che provava un forte affetto per la sua dolce nonnina. “Sapete una cosa Daisy?” Si asciugò una lacrima. “La nonna ha avuto un pensiero anche per voi prima di andarsene… Si era affezionata tantissimo a voi, mi aveva confidato di essere molto compiaciuta della scelta del mio fratellone…” Naturalmente queste parole furono pronunciate sottovoce, era una sorta di segreto fra nonna e nipote. Daisy era talmente commossa da non trovare le parole giuste per rispondere. Lei era al corrente di tutto, aveva parlato con la duchessa pochi momenti dopo la dipartita e dunque lo sapeva, ma quelle parole furono come una carezza per il suo cuore: in quella famiglia c’era qualcuno che non la vedeva simile ad una strega.
 
 
 
Ciaooo!! : )
Vorrei ringraziare tutti voi che mi avete riempito di gioia con le vostre stupende recensioni sotto questo cielo grigio di novembre. Grazie davvero!!!
Come se Daisy ed Edward non avessero abbastanza problemi, la nonna se n’è andata impedendo momentaneamente ai due di lasciare il passato. Qualcuno dovrà prendere il suo posto: chi potrebbe essere?
Di nuovo grazie a tutti quelli che leggono e commentano!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 11
*** La nuova guida medianica ***


 
Il corteo funebre varcò la soglia della cappella  della famiglia Harringhton all’interno del piccolo cimitero dove gli addetti attendevano la bara della duchessa per procedere all’inumazione. Avrebbe riposato per l’eternità accanto al marito, assieme agli antenati della famiglia. Il cielo era grigio e da poco aveva cessato di piovere, come se anch’esso volesse unirsi al cordoglio per la dipartita della nobildonna.  Edward era a capo del corteo con i genitori, tutti composti nel dolore. Henriette era un passo dopo di loro, avvolta in uno scialle nero, con il volto nascosto dalla veletta; poi c’erano Daisy e Rosemary, si tenevano sottobraccio sostenendosi l’un l’altra con gli occhi rossi per il pianto. A due passi stavano anche i Millstone al gran completo, con Louise in lacrime e perennemente con il fazzoletto in mano in preda alla più nera disperazione. Quanto fingeva poteva saperlo solo lei. 
Il prete che aveva officiato la cerimonia benedisse il feretro e lo consegnò alle persone che lo avrebbero deposto nella tomba. Tutti i partecipanti restarono a debita distanza, qualcuno si allontanò in segno di rispetto, la commozione era tangibile in quanto la duchessa Mary Henriette era stimata e benvoluta da tutti.
Daisy non aveva mai lasciato il braccio di Rosemary, non lo fece neanche quando sentì sussultare la ragazza il cui sguardo andò ad incollarsi presso l’altare della cappella dove all’apparenza non c’era niente di niente.
“Nonna….” Bisbigliò la ragazza che tremava come una foglia.
Edward le raggiunse non appena si rese conto della cosa, credeva stesse per perdere i sensi nel vedere la sepoltura, ma il suo sguardo era fisso in avanti. I due volsero gli occhi in quella direzione e videro lo spirito della nonna in compagnia del marito, dietro di loro altre entità, sicuramente antenati.
Edward e Daisy sapevano di poterli vedere, ma che potesse farlo anche Rosemary era una novità.
“Rosie, tu… li vedi?” Le parole sussurrate all’orecchio della giovane dal fratello furono come vento impercettibile per lei. La ragazza sembrava caduta in tranche e non rispondeva, ma muoveva la testa come se stesse acconsentendo a qualcosa che le veniva detto. I tre indietreggiarono e si portarono fuori dal cimitero lontani dalla folla nonostante la resistenza della giovane. Pochi minuti dopo Rosemary cadde a terra priva di sensi. La trasportarono rapidamente a casa e la misero a letto, preoccupandosi di contattare il medico perché la visitasse e la controllasse prima possibile. Vagava una certa preoccupazione sulla famiglia, se fosse stato un semplice mancamento, si sarebbe dovuta riprendere nel giro di poco. E invece la ragazza dormiva profondamente, con le guance dall’insolito colore rosa ed il respiro regolare. Passavano i giorni e la situazione non mutava, erano stati convocati tutti i più grandi luminari della medicina per venire a capo del mistero del sonno anomalo di Rosemary Harringhton. E nessuno riusciva a fornire una spiegazione logica.
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
“Tesoro, tu per caso senti qualcosa di anomalo o pericoloso attorno a mia sorella ?” Edward abbracciò Daisy che spesso si perdeva con lo sguardo nel vuoto davanti alla finestra dalla quale si intravedeva il cimitero.
Poggiò la testa sulla spalla di Edward. “Si, sento qualcosa attorno a lei… Non è niente di pericoloso, stai tranquillo, sarà lei a spiegarci tutto quando si sveglierà.”
“E quando accadrà?”
“Questo non lo so, potrebbe dormire per altri due giorni come aprire gli occhi fra dieci minuti. Sono cose che non hanno un tempo prestabilito.”
Annuì con la testa, iniziava ad intuire la causa del sonno della sorella. “Sarà lei quindi a farci tornare nel 2014?”
“Credo di si.” Fece una breve pausa. “Edward, dimmi una cosa…. Cos’è successo fra te e Louise davvero?”
Sapeva che Daisy avrebbe voluto affrontare l’argomento prima o poi. Deglutì ed alzò lo sguardo, in fondo non aveva nulla da nascondere. “La sera in cui mia nonna si è spenta, si è intrufolata nel mio letto fingendosi te. Forse è stata una coincidenza, forse sapeva che ti aspettavo… non lo so, ma l’ho sbattuta fuori non appena ho capito che non eri tu e sono venuto a cercarti.”
“Quindi non hai fatto l’amore con lei?”
“Assolutamente no, altrimenti sarei morto io invece di mia nonna.” Fece un attimo di silenzio. “Solo… un piccolo bacio, nient’altro, credimi.”
Daisy annuì tacendo. Apprezzò la sua sincerità, ma sapere che quella vipera aveva osato poggiare le sue labbra velenose su quelle di Edward le face male al cuore. “Grazie.” Si strinse a lui.
“Tu come stai?”
“Perché me lo chiedi?”
Le baciò i capelli. “Mi rendo conto di tutte le difficoltà che devi affrontare qui, mia madre non ti vede di buon occhio, Louise poi è paurosamente insopportabile e ti confesso che a volte mi mette in seria difficoltà e in terribile imbarazzo… oltre che a farmi saltare i nervi…” L’abbracciò più forte. “Ma non temere, io amo solo te e non ti lascerò per niente al mondo, ricordalo sempre.”
Quelle dolci parole la fecero commuovere. “Ti amo anch’io Edward, ho solo una paura matta di perderti.”
Si sciolsero in un meraviglioso bacio, era troppo tempo che desideravano un po’ di intimità. Edward bloccò la porta perché nessuno li disturbasse e, una volta distesosi su di lei che lo aspettava nel divano, iniziò a slacciarle l’ingombrante abito. Avevano entrambi troppo voglia di perdersi nel loro amore, inebriarsi del profumo dei loro corpi, sfiorare la pelle l’uno dell’altra per godere di ogni brivido, di ogni sussulto e di ogni sensazione capace di far dimenticare loro tutto ciò che li circondava, i problemi e le preoccupazioni, l’ingombrante presenza di Louise che pendeva sulle loro teste come una spada di Damocle, pronta a tutto pur di ingabbiare Edward. Ma a lui cosa poteva mai importare di lei? Il suo mondo, la sua vita, il suo passato, presente e futuro aveva solo un nome: Daisy. Lì, nudi su quel divano, si stavano amando come non avevano potuto fare più da troppo tempo, quell’attesa per quanto insopportabile, aveva trasformato il momento in qualcosa di indescrivibilmente dolce e meraviglioso. Tutto sembrava nuovo: i baci, le carezze, le parole sussurrate all’orecchio, gli abbracci, il contatto pelle contro pelle…
Avevano perso totalmente la cognizione del tempo, il sole era ancora alto nel cielo quando si erano chiusi in quella sala, ed ora la luce che filtrava dalle finestre era quella calda del tramonto.
“Credi che dovremmo smettere?” Edward le impresse un dolce bacio sul collo.
“Mhm… Dobbiamo proprio?”
“Direi di si…. Anche perché ci stanno cercando da un po’.” Qualcuno aveva infatti bussato ripetutamente alla porta. “Non vorrei ci beccassero in flagrante.” L’aiutò ad alzarsi, non prima di averle strappato un altro bacio. “Vuoi che ti aiuti a rivestirti?”
“Magari! Odio il corsetto, non riesco proprio a farci l’abitudine! Me lo allacci tu per favore?”
“Ci proverò. Sinceramente sono più bravo a slacciarlo….” Sorrideva maliziosamente.
“Idiota…” Anche lei si mise a ridere.
Uscirono poco dopo, perfettamente rassettati e incontrarono Henriette che stava uscendo dalla sala del pianoforte. “Oh, finalmente.” La ragazza guardò con disappunto Daisy. Era sempre vestita di nero e quel colore unito all’abbigliamento dell’epoca, la faceva sembrare ancora più magra di quanto non fosse. “Sono ore che vi cerchiamo. Posso sapere per cortesia dove vi trovavate?”
“Avevamo bisogno di stare un po’ da soli. Hai forse qualcosa in contrario?”
Quella, visibilmente stizzita, inspirò profondamente. “Rosemary si è svegliata. Ha chiesto subito di voi.”
“Cosa?” Edward lanciò una velocissima occhiata molto esplicita a Daisy, l’afferrò per la mano e corsero insieme verso la stanza della sorella minore.
Entrarono e la videro seduta sul letto, con i capelli sciolti ed uno scialle rosa sulle spalle. Presso di lei  c’era la madre che non l’aveva abbandonato per un solo istante.
“Tesoro, come ti senti?” Il ragazzo si precipitò da lei accarezzandole la mano destra.
La ragazza si voltò, scrutandolo in modo strano con i suoi occhi azzurri, grandi come il cielo. Si voltò poi verso la madre. “Vorrei restare sola con Edward e Daisy, vi prego madre cara…”
“Non vuoi che ti stia vicina? Potresti aver bisogno di aiuto…”
“Vi prego, lasciateci soli.” Era irremovibile e nonostante il disappunto, la duchessa Anne uscì dalla camera della figlia.
Quando furono soli e lontani da orecchie indiscrete, la ragazza parlò.
“La nonna mi ha parlato. L’altro giorno al cimitero… lei e il nonno mi hanno rivelato tutto durante il sonno in cui sono sprofondata. So che anche voi potete vederli e potete conversare con loro. E so che la tua assenza, Eddie, non era dovuta ad un viaggio in giro per l’Europa.” I due si guardarono in faccia sbigottiti. “Non temete, non accadrà niente di quello che pensate. Sono stati gli spiriti dei nostri illustri avi a prendere questa decisione, perciò non correte alcun rischio.”
Edward si sedette vicino alla sorella. “Fammi capire… Tu sai che io ho incontrato lei…”
“…nella Londra del futuro. Si, lo so. E so anche che hai fatto un gesto meraviglioso per salvarle la vita.” I suoi occhi iniziavano a bagnarsi di lacrime. “Sono orgogliosa di te, fratellone.” Lo abbracciò forte. “E voi Daisy, siete stata coraggiosissima nel volerlo seguire qui nel 1867, per di più nella consapevolezza di dover far luce sulla scomparsa di quella …” Anche lei si lasciò abbracciare, nonostante lo stupore che l’aveva colta.
“Aprite quel cassetto per favore.” Daisy fece come Rosemary aveva chiesto: c’era una chiave; la prese e la consegnò alla ragazza. “Questa è la chiave della stanza segreta della nonna, quella nel sottotetto che avete scoperto curiosando in giro qualche settimana fa. Me l’ha donata lei dalla dimensione in cui si trova adesso perché prenda il suo posto e porti avanti la sua opera.”
“Che significa?” Edward era all’oscuro di tutto.
“La nonna possedeva dei poteri medianici tramite i quali ha permesso il vostro viaggio attraverso il tempo. Ora che non c’è più spetta a me questa ingombrante eredità, incluso il fatto di farvi tornare nel futuro. Nessuno doveva sospettare niente di tutto questo altrimenti per lei sarebbero stati guai seri. Questa dote viene tramandata di generazione in generazione e nella nostra famiglia la predestinata ero io. Possedevo questi poteri fin dalla nascita solo che erano rimasti assopiti perché ancora non era giunto il mio momento. Adesso spetta a me imparare a gestire questa peculiarità e confido profondamente nel vostro aiuto. Confesso di essere un po’ spaventata all’idea di aver a che fare con gli spiriti dei defunti, ma non voglio tirarmi indietro e ce la metterò tutta per essere all’altezza del compito affidatomi dalla nonna. So che lei mi starà sempre vicina per guidarmi lungo questa difficile strada e non voglio deluderla in nessun modo.” Spostò lo sguardo verso la finestra presso la quale si stava materializzando lo spirito della defunta duchessa. “Nonna adorata, sarò all’altezza del compito, non temete.” Ricambiò l’affetto della nipote con un segno di approvazione prima di tornare di nuovo nella sua dimensione.
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
Erano trascorse tre settimane dal funerale della duchessa, Rosemary si era ripresa completamente mentre Louise Millstone continuava imperterrita a soggiornare ad Harringhton House ed era abilmente entrata nelle simpatie della duchessa Anne; con lei e la figlia Henriette trascorreva lunghi pomeriggi ad ascoltare musica, a suonare il pianoforte e a conversare di arte e letteratura. Sperava così che potesse influenzare il marito nello scegliere la sposa per il figlio e che la decisione fosse presa prima possibile. La presenza di Daisy sempre attorno al ragazzo la infastidiva e non passava ora in cui non pensasse a come disfarsene. Nonostante il tentativo di ucciderla fosse fallito, il padre ritenne opportuno cambiare strategia onde evitare il rischio di essere scoperti e mandare tutto all’aria, in considerazione del fatto che dietro quell’agguato che aveva involontariamente causato la morte della duchessa c’erano loro. Suggerì quindi alla figlia di agire in modo diverso, puntando sull’eleganza e il fascino per ammaliare gli Harringhton e portare a compimento il piano senza ricorrere alla violenza. Le maggiori difficoltà riguardavano il duca Gilbert, ora a capo del casato. La perdita di entrambi i genitori nel giro di un paio di anni lo aveva colpito duramente e nonostante fosse un uomo sempre molto sereno e pacato, sorridente e cordiale verso tutti, sentiva la cosa come un enorme fardello da portare tutto da solo. Aveva condiviso la cosa con la madre e sapeva che prima o poi gli sarebbe toccata l’incombenza, ma trovarsi solo davanti al mondo così all’improvviso gli fece spegnere il sorriso che sempre aveva in volto. Avrebbe dovuto occuparsi degli affari di famiglia, amministrare la tenuta e controllare periodicamente che i lavoranti facessero il loro dovere correttamente, invece trascorreva le sue giornate in giro con i cani per i boschi, girovagando come un vagabondo che ha smarrito la strada. Tornava a casa solo al tramonto del sole, cenava con la famiglia sempre in silenzio e si richiudeva nel suo studio a leggere davanti al caminetto acceso. Edward voleva molto bene al padre, lo avrebbe voluto aiutare per superare il momento difficile, ma era come se il duca rifiutasse tutto e tutti, tranne che la solitudine.
Rosemary stava pian piano imparando a gestire il potere ereditato dalla nonna, trascorreva lunghe ore nella stanzetta segreta del sottotetto in compagnia degli spiriti dei suoi avi. Era una ragazza molto intelligente, apprese con una certa rapidità a conversare ed evocare le entità sovrannaturali.
 
Finché una sera il duca Gilbert, al suo rientro ad Harringhton House, diede ordine a George di comunicare che alle 20:00 in punto attendeva la famiglia al completo nel salone dei giardini per un annuncio ufficiale che riguardava tutti quanti.
 
 
 
 
 
Ciaoooo!!
La nonna adesso riposa accanto al marito e la “patata bollente” è passata nelle mani della sorella quindicenne di Edward. Qualcuno di voi l’aveva sospettato?
E il duca cos’avrà da annunciare alla famiglia dopo lunga riflessione?
Si accettano scommesse! E naturalmente recensioni! ; )
Grazie a tutti!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 12
*** Addio al Somerset ***


 
Alle 20:00 in punto il duca Gilbert fece il suo ingresso nel salone dei giardini dove tutti lo attendevano con ansia e curiosità. Edward temeva che il padre avesse preso la tanto temuta decisione in merito alle sue nozze, stringeva forte la mano di Daisy anch’essa molto nervosa. Anche Louise era presente a quell’incontro pur non avendone titolo, era stata la duchessa Anne e la figlia Henriette a volerla con loro; purtroppo per Edward la consideravano membro della famiglia ben più di Daisy. Rosemary era seduta in un angolo con il volto all’apparenza disteso e rilassato, solo un velo di malinconia si scorgeva nei suoi occhi. Lei sapeva cosa doveva annunciare il padre, gli spiriti dei suoi nonni glielo avevano già rivelato.
Lord Gilbert dunque si avvicinò alla famiglia, accese la pipa aspirandone il fumo, per poi liberarlo in aria mentre si apprestava a prendere la parola.
“La perdita della mia augusta madre è stata un duro colpo per tutta la famiglia Harringhton e solo ora, a distanza di quasi un mese dalla sua dipartita, inizio ad elaborare la situazione. Ho meditato a lungo sul da farsi per portare avanti e gestire nel migliore dei modi tutti i nostri possedimenti restando nella continuità di quanto fatto fin ora. Nelle mie lunghe passeggiate ho avuto modo di constatare che qui i nostri beni sono trattati con la dovuta cura e attenzione da parte di tutti, che i nostri collaboratori svolgono il proprio dovere con la dedizione loro richiesta, perciò sono giunto a questa conclusione su cui già da giorni, appunto, meditavo: lasceremo il Somerset per un periodo di tempo.”
L’annuncio colse tutti di sorpresa. “Come dite?” Lady Anne era rimasta di stucco. “Perché mai volete abbandonare Harringhton House?”
“Andremo a Londra. Forse ricorderete che abbiamo dei possedimenti anche presso la capitale del regno che negli ultimi anni sono stati amministrati da mio cugino Lawrence e ritengo opportuno trascorrervi del tempo per un po’.” Inspirò altro fumo. “Partiremo fra due giorni, quindi esorto ognuno di voi ad adoperarsi perché i preparativi siano più rapidi possibile.”
“Fra due giorni?” Henriette e la madre si guardarono meravigliate. “Chiedo scusa, padre, come mai avete tutta questa fretta?”
“Cambiare aria gioverà ad ognuno di noi. Queste mura portano ricordi ancora troppo dolorosi.” Si alzò dalla poltrona e ripose la pipa sul posacenere del tavolino. “Ci sistemeremo nel nostro palazzo poco fuori la città, vedrete, vi piacerà soggiornare a Swanlake Palace.”
Al suono di quel nome Daisy ebbe un sussulto, rivolse lo sguardo verso Edward incollando i suoi occhi in quelli di lui. Si capirono all’istante e le loro menti volarono abbracciate ai momenti che avevano visto nascere il loro amore, tutte le emozioni vissute e tutti gli avvenimenti che orbitavano attorno a quel luogo. Fra due giorni vi avrebbero rimesso piede e Daisy lo avrebbe potuto ammirare in tutto il suo splendore che nel giro di un centinaio di anni sarebbe stato ricoperto dalla polvere e dai segni del tempo.
Louise invece mostrò preoccupazione, doveva trovare il modo di seguirli a Londra e restare incollata ad Edward il più possibile. La gallina abitava in quella città ed aveva come la sensazione che il duca, dentro di sé, volesse affrontare il viaggio per giungere alla decisione in merito alle nozze del figlio, forse voleva incontrare la famiglia della ragazza e concordare il matrimonio. Sentiva di dover intervenire, non poteva sopportare oltre l’attesa che si era protratta a causa del lutto. “Chiedo la parola, milord.” Si alzò in piedi mentre lo sguardo dei presenti si incollava su di lei. “Mi rendo conto che questi luoghi siano intrisi di ricordi dolorosi per voi e per tutta la vostra nobile famiglia e che vogliate controllare di persona i vostri possedimenti presso la capitale, ma non comprendo appieno la fretta che vi ha portato a prendere questa decisione.” Lanciò un’occhiata fulminante a Daisy. “Posso chiedervi, Vostra Grazia, se esiste un nesso fra quanto da voi annunciato e il rapporto esistente fra vostro figlio e lady Thompson? Correggetemi se sono in errore, la qui presente proviene da quella città: c’è forse un collegamento fra la cosa e la questione ancora in sospeso della decisione sulle nozze?”
L’uomo la guardò con aria disapprovante. “Lady Millstone, credo sia più opportuno per voi se portiate rispetto per la nostra famiglia. Il nostro periodo di lutto non si è ancora concluso e la questione delle nozze non è al momento fra le priorità che ritengo di dover affrontare. Vi prego di non tornare più sopra l’argomento fin quando non sarò io a deciderlo.”
Daisy incassò le parole del duca come una piccola vittoria personale e cominciò a pensare che forse uno spiraglio di luce esisteva anche per lei in quella situazione ingarbugliata e così lontana dal suo mondo. Mentre il padre di Edward usciva dal salone, lo sguardo della ragazza cadde su Rosemary, seduta immobile nella poltrona, con gli occhi persi in un punto morto della parete dove non c’era nulla da osservare, neanche gli spiriti degli Harringhton. Ebbe come la sensazione che per lei lasciare il Somerset significava qualcosa di ancora più forte, qualcosa che nonostante le provocasse un grande dispiacere, doveva accettare senza controbattere.
 
 
 
Spuntò il sole sulla campagna inglese, qua e là qualche mucchietto di neve non voleva arrendersi ai raggi solari, nascondendosi nei punti in ombra per voler resistere al tiepido calore che preannunciava il suo scioglimento all’arrivo della primavera. Mancava poco all’equinozio e le colline attorno ad Harringhton House si stavano pian piano risvegliando dopo in lungo sonno invernale.
Nell’ampio piazzale antistante la villa i preparativi per la partenza del giorno successivo andavano avanti incessantemente: molti dei bauli contenenti gli abiti erano già stati accatastati in previsione di collocarli sulle carrozze che avrebbero formato il corteo che li avrebbe portati a Londra. Rosemary si era alzata molto presto quella mattina e, senza fare colazione, si era recata nelle scuderie, aveva sellato il suo cavallo ed era partita al galoppo dirigendosi verso Yeovil. Daisy l’aveva osservata dalla finestra , sentiva chiaramente che la ragazza aveva uno stato d’animo molto combattuto fra il desiderio di restare e la consapevolezza di dover partire.
“Hai già preparato i tuoi bagagli?” Edward l’abbracciò da dietro baciandole i capelli.
“Si.” Lasciò la testa cadere all’indietro facendola poggiare sulla spalla del ragazzo. “Tua sorella sta soffrendo molto in questi momenti.”
“Ti ha confidato qualcosa?”
“No, riesco a percepirlo in modo extrasensoriale.”
“Credi dovremmo parlarle?”
“Lo farà lei se e quando lo riterrà necessario.” Si voltò verso di lui senza staccarsi da quel caldo abbraccio. “Ti va di fare una passeggiata in campagna prima di immergerci di nuovo nel fumo della città?”
Edward acconsentì di buon grado ed uscirono mano nella mano inspirando quell’aria di tranquillità che dal loro arrivo nel passato avevano gustato poche volte.
Nel frattempo Rosemary si era soffermata presso le sponde di un laghetto situato ai margini della proprietà della sua famiglia, luogo che distava un paio di miglia dal centro abitato di Yeovil. Si mise seduta sotto un salice che ancora non aveva iniziato a ricoprirsi delle verdi e tenere foglie primaverili. E lì ben presto fu raggiunta dalla persona che attendeva con ansia. Un giovane di bell’aspetto e dall’età apparente di circa vent’anni, scese da cavallo e si avvicinò a lei salutandola con un rispettoso inchino. Si alzò e si lasciò baciare la mano con un sorriso velato di malinconia.
“Buongiorno. Avere il privilegio di vedere il vostro volto rende più luminosa qualsiasi giornata.”
Negli occhi della ragazza comparve una lacrima. “Mi duole enormemente riportarvi queste parole ma non posso fare altrimenti: oggi devo dirvi addio…”
“Come? Perché mai?”
“Domani partirò per Londra con la mia famiglia.” Una lacrima le rigò il volto. “Mio padre ha deciso così ed io non posso oppormi. Mi capite, non è vero?”
Il volto del giovane si fece scuro. “E’ forse accaduto qualcosa di cui devo assumermi la responsabilità?”
“No, voi non avete colpe, state tranquillo. E’ stata una decisione scaturita dalla morte di mia nonna, almeno è quanto abbiamo appreso dalle parole di mio padre.”
Fra i due piombò il silenzio. Si misero di nuovo seduti con lo sguardo perso all’orizzonte, senza la voglia di pronunciare una sola parola, solo con un profondo senso di amarezza sceso nei loro cuori come un vento impetuoso capace di spazzare in un attimo, momenti spensierati e pieni di felicità.
“Credete mi sia consentito venirvi almeno a salutare?”
“E’ rischioso, nessuno sa che ci vediamo e…. insomma… conoscete la mia famiglia.” Gli occhi color del cielo di Rosemary si incollarono in quelli verdi del ragazzo, il quale le catturò le mani e le strinse forte, imprimendovi poi un dolcissimo bacio.
“Avete ragione, non posso oppormi alla decisione di vostro padre e soprattutto non vorrei farvi cadere in situazioni pericolose per la vostra persona e per il vostro onore. Se dirvi addio è ciò che mi chiedete, obbedisco anche se sento la mia anima morire dal profondo.”
“Vi prego, non parlate in questo modo… Rendereste più doloroso il nostro addio…”
“Addio? Un momento, state forse dicendo che non farete più ritorno nel Somerset?”
“Non lo so. L’unica cosa che posso dirvi in questo momento è che non vi dimenticherò mai, per nessun motivo e che conserverò questi nostri incontri come un tesoro prezioso da tenere in segreto nel mio cuore.”
Il ragazzo le asciugò l’ennesima lacrima che sgorgava dai suoi occhi, sfiorandole la pelle con la delicatezza della ali di una farfalla. “Prima di lasciarvi andare, vorrei chiedervi un’ultima cosa…” Prese un bel respiro. “Dal nostro primo incontro non ho fatto altro che tormentarmi nell’immaginare quale dolce sapore avessero le vostre labbra simili al bocciolo della prima rosa sbocciata al sole. Visto che questa è l’ultima volta che ci vediamo, vi chiedo il permesso di acconsentire che io possa bearmi della vostra fragranza.”
Queste parole fecero divampare un violento incendio nella ragazza: lui, il suo lui segreto e impossibile, bramava un bacio. Anzi quello sarebbe stato il suo primo bacio, quello che può farti comprendere quanto di meraviglioso e di doloroso si nasconda nell’amore. Tremava Rosemary, tremava come una foglia d’autunno in preda alle raffiche di vento che la fanno oscillare in una piacevole quanto confusa danza. Tremava per l’emozione che le faceva battere il cuore in modo incontrollabile, mentre le labbra di lui si facevano attimo dopo attimo più vicine. E quando si posarono delicatamente sulle sue, chiuse gli occhi lasciandosi accarezzare da quel vortice di emozioni che stava sconvolgendo la sua giovane vita per la prima volta.
 
 
Poco più in là qualcuno aveva assistito alla scena involontariamente. Edward e Daisy stavano passeggiando per il parco di Harringhton House e finirono proprio per trovarsi nelle vicinanze del laghetto dove Rosemary si incontrava spesso con il suo misterioso innamorato.
“Ma… quella è mia sorella.”
“Fa’ vedere.. Si, è lei.” Le sfuggì un sorriso. “E noto con piacere che è in dolce compagnia. Lo conosci?”
Edward scrutò con occhio attento il ragazzo. “Lo conosco, si. E mi meraviglio di lei!”
“Perché? E’ un delinquente?”
“E’ Nicholas Leighton, figlio del conte di Yeovil, un piccolo aristocratico locale che possiede l’allevamento di cavalli presso cui anche noi acquistiamo gli animali.”
“E dunque?”
“Quel ragazzo non è un buon partito, la sua famiglia è di rango inferiore e non potremmo mai acconsentire al loro fidanzamento.”
“Mi meraviglio di te!” Sbottò Daisy incrociando le braccia. “Stai a guardare queste cavolate invece che alla felicità di Rosemary?!”
Edward non rispose. Era rimasto stupefatto dalla scoperta che la sua sorellina aveva una tresca amorosa segreta.
“Caro amore mio, credevo avessi imparato qualcosa dalla tua permanenza nell’epoca moderna. Se quei due si amano, che motivo hai tu di metter bocca fra di loro? Sei forse geloso che la tua sorellina sta crescendo?”
Il ragazzo si voltò ed effettivamente quel fastidio che sentiva poteva essere riconducibile ad una sorta di gelosia nei confronti della ragazza. “Io… voglio solo che non soffra. Leighton appartiene ad una famiglia inferiore alla nostra e temo solo che se la cosa venisse scoperta Rosie passerebbe un brutto momento.”
“Io invece credo lo stia già passando.” Fece una breve pausa. “Gli sta dicendo addio. Domani partiamo per Londra e in un modo o nell’altro doveva comunicarglielo. Sai benissimo che forse non potranno vedersi mai più, quindi non stare a tirare fuori queste sciocchezze dei ranghi sociali perché in casa tua c’è già chi gliele potrebbe sparare addosso. Lascia che viva il suo primo amore liberamente, non fare una sola parola con lei sull’argomento fino a quando non ce ne vorrà parlare. E ti prego di non ferirla con le parole che hai pronunciato prima.” Si voltò verso i due e, preso Edward per la mano, si allontanarono in silenzio. “ Lasciamoli soli, non peggioriamo la situazione. Se anche lui la ama, credi sia felice di vederla partire?”
C’era del vero nelle parole di Daisy, la strinse forte baciandola con amore e insieme presero la strada per far rientro ad Harringhton House.
Dove qualcuno tramava di nuovo nell’ombra.
 
 
 
Ciaoouu!
Confesso di non essere del tutto convinta del capitolo ed ho combattuto fino a qualche istante fa sull’aggiornare la storia o meno questo venerdì rimandando alla settimana prossima. Ho avuto un periodo di stop, non riuscivo ad andare avanti. Comunque spero non abbiate trovato il capitolo troppo noioso.
Si torna dunque a Swanlake Palace, è lì che infatti si trova lo stargate che Daisy e Edward hanno attraversato insieme… E Rosemary deve dire addio al suo innamorato:  lei deve andare a Londra perché altrimenti i due non potranno mai tornare nella nostra epoca.
Vi ringrazio di nuovo per il tempo che spendete nel leggere la storia e ringrazio fin d’ora chi vorrà lasciare un commento.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 13
*** Come un flash back ***


 
Il sole del nuovo giorno spuntò sulle campagne del Somerset, nel piazzale antistante Harringhton House erano già pronte le carrozze che avrebbero portato la famiglia a Londra. Il personale di servizio stava caricando i bagagli e a breve tutti sarebbero partiti. Louise era riuscita a convincere la duchessa Anne ad accettare la sua presenza almeno per il viaggio. Una volta a destinazione in un modo o nell’altro avrebbe escogitato qualcosa per restare lì. E non aveva ancora abbandonato l’intento di far fuori la rivale in amore.
Cosa avrebbe pensato Edward se la sua insignificante fidanzata non si fosse presentata puntuale alla partenza?
 
Daisy sentiva forte il bisogno di recarsi a portare un ultimo saluto ai nonni di Edward, verso i quali nutriva un profondo affetto, nonché stima e riconoscenza. Si soffermò in raccoglimento presso le loro tombe nel cimitero, non era molto distante da Harringhton House e si sarebbe ricongiunta con la famiglia in breve tempo. Era quello un luogo dal vago sapore gotico, la cappella era grande ma non troppo luminosa date le ridotte dimensioni delle finestre. C’erano delle candele che davano un leggero tocco sinistro all’ambiente a causa dei giochi di luci ed ombre che si venivano a creare con i fiori deposti presso i sepolcri. La ragazza si strinse fra le braccia per farsi coraggio; quell’ambiente immerso nella foschia da cui emergevano le lapidi delle altre tombe esterne alla cappella le faceva venire in mente certi film horror in cui da un momento all’altro dal terreno spuntano zombi che attaccano i protagonisti. Fece il segno della croce prima di uscire dall’edificio sacro e si diresse verso l’uscita del camposanto; all’improvviso un rumore la fece sobbalzare. Ma lì non c’era nessuno, almeno in apparenza, che fosse ancora in vita. Provò a concentrarsi nella speranza di entrare in contatto con eventuali spiriti, senza successo. E di nuovo udì quel rumore. Ritenne saggio dileguarsi prima possibile da quel luogo, forse era vittima della suggestione e non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma una strana sensazione le suggeriva di abbandonare il cimitero prima possibile. Varcò il cancello che richiudendosi, provocò un inquietante cigolio. Fece qualche passo su per il sentiero che conduceva alla villa e scorse un gatto nero inerpicarsi per il boschetto e sparire nella nebbia. Questa fu l’ultima cosa che vide: poi qualcuno le infilò un sacco in testa, la colpì facendole perdere i sensi e la sollevò di peso portandola via.
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
“E’ tutto pronto, George?”
“Si milord. I bagagli sono caricati sulle carrozze e i cavalli sono in posizione. Quando Vostra Grazia lo desidera, possiamo partire.”
Il duca osservò con malinconia il palazzo, contò ogni finestre, ogni colonna, ogni terrazzo come a voler far suo ogni particolare per conservarne il ricordo nel periodo a venire. Allontanarsi da quel luogo gli provocava un insieme di dolore e malinconia, ma la decisione era stata presa e non sarebbe tornato indietro. “I miei familiari dove sono?”
“Stanno arrivando, sir.”
La prima ad uscire dal palazzo fu Louise elegantissima, stretta in un cappotto celeste estremamente aderente e con un delizioso cappellino fiorito sulla testa. Salutò l’uomo con un profondo inchino che fu da questi ricambiato con un lievissimo cenno del capo. Ancora non aveva compreso cosa trovasse di tanto eccezionale in lei sua moglie, a tal punto da averla voluta con sé durante il viaggio a Londra. Poco dopo scese Henriette, seguita dalla madre e per ultimi Rosemary, che portava una borsetta in cui aveva riposto le pietre energetiche e tutto il necessario per le sedute, ed Edward. Mancava solo Daisy. Il ragazzo
sapeva che si era recata al cimitero per portare un ultimo saluto ai suoi nonni e tornò indietro per verificare se fosse rientrata a palazzo senza che lui se ne fosse accorto. Frugò in ogni stanza sperando di ritrovarla, anche con lo sguardo perso nel vuoto in preda alla nostalgia del suo tempo. Daisy non c’era. I suoi bagagli non erano stati ultimati e questa fu la conferma che dalla visita al cimitero non aveva mai fatto ritorno.
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
Aprì gli occhi nonostante il forte dolore alla testa trovandosi al buio, qualcuno l’aveva presa e la stava portando via di peso. Le sue mani erano state legate dietro la schiena impedendole qualsiasi movimento che la avrebbe permesso di liberarsi dal sacco che la imprigionava. Sentiva di essere sopra un mezzo di trasporto, forse un carro o un calesse, e si stava muovendo.
Chi l’aveva presa? E dove la stavano portando?
Ad un tratto sentì che il mezzo di trasporto si era fermato e delle mani l’afferrarono di nuovo; dopo pochi passi fu lasciata cadere su qualcosa di morbido, probabilmente un divano. Udì dei passi che si allontanavano, forse l’avevano lasciata sola. Provò a mettersi seduta e le mani di una persona le tolsero il sacco che le copriva la testa. Si guardò attorno tentando di capire dove fosse: sembrava una casupola di legno, con il divano su cui era seduta ed un tavolo. La poca luce che entrava dall’unica finestra le permise di scorgere un’ombra a circa un paio di metri da lei senza riuscire a riconoscere chi fosse.
L’ombra si inchinò. “Vi porgo le mie scuse per i modi bruti con cui i miei uomini vi hanno condotta sin qui, non hanno a che fare molto spesso con le signore. Spero comprendiate Lady Thompson.”
Quel tipo dunque conosceva il suo nome quindi la cerchia si restringeva drasticamente. E pure il tono della voce, seppur flebile, le era familiare.
L’ombra fece alcuni passi verso di lei entrando nel debole cono di luce che permise a Daisy di avere le conferme che temeva. “Sebastian Millstone… Avevo intuito giusto.”
“Sono lusingato che vi ricordiate di me.” Prese posto accanto a lei. “Gradite del succo di limone?” Le porse un bicchiere.
“Gradirei piuttosto una spiegazione per quanto avete fatto!”
Piegò l’angolo sinistro della bocca in un sorriso. “Vi immaginavo più perspicace, milady.” Poggiò il bicchiere sul tavolo. “Un piccolo ritardo da parte vostra all’appuntamento per la partenza per Londra potrebbe essere un ulteriore aiuto al duca Gilbert nel comprendere quale sia la sposa migliore per suo figlio. Capirà così che siete una persona inaffidabile oltre che rozza e ignorante… E queste sono tutte delle caratteristiche che una nobildonna non dovrebbe possedere, non trovate?”
“Vostra sorella è davvero disposta a tutto pur di sposare Edward… Quello che non capisco è come voi adesso facciate di tutto per soddisfarla, mentre non molto tempo fa lo volevate morto invece che al suo fianco. Forse siete voi quello inaffidabile e con le idee confuse…”
Si lasciò sfuggire un sorrisetto. “Avete del fegato nel parlare così, in fondo siete solo una donna.” Cominciò a disegnarle i contorni del viso con le dita. “E come tale non dovreste opporvi alle mie richieste.” Le dita proseguirono fino al collo, per poi slacciarle il mantello.
“Che accidenti volete, Millstone?!”
“Sapete, guardandovi meglio non siete poi così male. Sarà quasi piacevole intrattenermi con voi mentre gli Harringhton vanno nella capitale. In fin dei conti dobbiamo pur inventarci qualcosa per ingannare il tempo.” Spostò la mano sul suo petto, la ragazza si ritrasse immediatamente, perdendo l’equilibrio e finendo a terra.
Quello si gettò sopra di lei e la avvolse con le braccia cercando il modo di toglierle il vestito. Daisy tentava di divincolarsi, offendendolo sonoramente, scalciava il più possibile urlando di smetterla. Sebastian non ci sentiva proprio e con la mano destra era riuscito ad abbassarle l’abito e l’intimo, liberandole un seno e poggiandovi sopra il palmo. Come in un flash back, la ragazza tornò agli attimi in cui si trovava fra le grinfie di Garrett: quei due sembravano la stessa persona tanto erano viscidi e perversi. Si mise ad urlare, chiamare Edward sperando la sentisse in qualche modo, continuava a divincolarsi, a muoversi, tentando di liberarsi da quel maiale pervertito che incurante di tutto, continuava a giocare con il suo corpo.
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
Edward aveva rivoltato da cima a fondo Harringhton House senza trovare alcuna traccia di Daisy. I suoi familiari iniziavano a spazientirsi, volevano partire prima possibile per evitare di viaggiare durante le ore di oscurità. Il ragazzo scese di nuovo giù nel piazzale, visibilmente preoccupato, comunicando la scomparsa della ragazza. Automaticamente sul volto di Louise comparve un piccolo sorriso di soddisfazione: il piano di suo fratello aveva avuto successo.
“Non mi allarmerei così tanto.” Avanzò di qualche passo raggiungendo Edward. “Lady Thompson non si è presentata con puntualità e devo dedurne che non ha il minimo rispetto per te e il tuo augusto casato, mio caro. E’ evidente che la signorina aveva di meglio da fare.”
“Ci sei tu dietro la sua scomparsa…”
“Non so di cosa stai parlando.” Lo fissò negli occhi. “Proporrei di partire prima che l’ora si faccia tarda.”
“Fate come vi pare, io resto qui e non mi muoverò finché Daisy non avrà fatto ritorno a casa sana e salva.” In quel momento avvertì un forte mal di testa, Rosemary si portò una mano all’altezza del cuore e si accasciò a terra facendo piombare nel panico i genitori. Il ragazzo si precipitò verso di lei e l’aiutò a tirarsi su. Si guardarono negli occhi trovando conferma alle sensazioni strane ed allarmanti che entrambi avevano percepito: Daisy era in pericolo e gli spiriti dei loro avi, non potendo intervenire direttamente, li avevano avvertiti nell’unico modo possibile a loro concesso. La ragazza, con un filo di voce, sussurrò al fratello di precipitarsi ad Hedgecock Hill Wood: lei si trovava lì in una casupola presso la quercia millenaria. Edward afferrò un cavallo e partì senza dare la minima spiegazione ai presenti.
Correva, correva a perdifiato.
Se dietro la scomparsa di Daisy c’erano i Millstone, cosa quasi scontata, sarebbe potuto diventare molto pericoloso.
 
 
 
Dasiy non riusciva a liberare le mani da quel maledetto laccio che la paralizzava, mentre quel porco tentava invano di abusare di lei. Doveva essere forte e tentare di trovare il modo di ricorrere ai suoi poteri: solo così poteva sperare di liberarsi da quelle mani viscide come i tentacoli di una piovra. Era difficile, molto difficile poiché il senso di ribrezzo le paralizzava il cervello. Sentiva che gli spiriti tentavano di aiutarla e che avevano già messo in allarme Edward, ciò nonostante non riusciva a far funzionare la sua parte sovrannaturale. L’unico tentativo da fare consisteva forse nel ricorrere alle maniere forti: spinta forse dalla disperazione, riuscì a spostare una gamba quel tanto che le bastò per colpire Sebastian nei genitali e liberarsi momentaneamente dalla sua presa. Tentò di alzarsi dal pavimento e, come mosse i primi passi verso la porta, inciampò nella gonna che le stava scivolando via di dosso cadendo rovinosamente a terra. Il suo aguzzino, furioso come una belva, la raggiunse schiacciandola al suolo con il suo corpo.
“Dove credi di andare, sgualdrina che non sei altro? Non ho ancora finito con te.” E iniziò a succhiarle e leccarle il collo per poi passare alla schiena, mentre lentamente incominciava a sfilarle l’abito. Quella porta che si spalancò all’improvviso fu come un raggio di sole che squarcia il velo delle nubi dopo la tempesta: Edward piombò come una furia su di lui, lo afferrò per i capelli sbattendolo con violenza inaudita a terra. Aiutò Daisy ad alzarsi e le rimise a posto l’abito, il solo pensiero che quel porco aveva osato guardarla e toccarla in certe parti del corpo stavano tirando fuori la sua parte più violenta, che mai prima di allora era uscita allo scoperto. Le liberò i polsi, si voltò verso Millstone che tentava di risollevarsi barcollando e gli si avvicinò con il volto rosso di rabbia. “Cosa cazzo credevi di fare?”
“Io?” Sputò un sorriso ironico. “Chiedilo alla signorina, mi ha provocato fino allo sfinimento. Evidentemente non sei un grande amatore se aveva dei forti appetiti sessuali. Conosci le donne, Harringhton, si fingono caste e pure mentre in realtà sono una miniera di voglie e desideri.”
“Non credo ad una sola stronzata. Mi fai schifo, tu come tua sorella!”
Quello si mise a ridere. “Si, mia sorella ti ha proprio disgustato quella sera.”
“Non provocarmi oltre, potrei farti male sul serio!”
“Oh, sto tremando di paura! Esattamente come la tua dolce fidanzatina mentre si concedeva a me, ma lei tremava di piac…”
Non terminò la frase, Edward gli sferrò un pugno in faccia che lo fece rotolare di nuovo a terra, provocandogli la fuoriuscita di sangue dal labbro inferiore. Gli puntò il dito indice a poche centimetri dalla punta del naso. “Questo è solo un avvertimento, prova a sfiorarla un’altra volta e sei morto.”
Prese per mano Daisy, visibilmente scossa e insieme fecero ritorno ad Harringhton House ricongiungendosi al resto della famiglia.
 
Seppur con un po’ di ritardo, il viaggio verso Londra poté iniziare.
 
 
 
 
Ciao a tutti e grazie infinite a voi che recensite e spendete il vostro tempo nel leggere la storia. Per me è davvero importante, credetemi!
Capitolo un po’ violento, ma con il finale forse scontato. E comunque il viaggio per Londra finalmente ha inizio.
 
Un’ultima cosa: se siete incuriositi dalle storie sui fantasmi (quelli “veri” intendo), vi invito a dare un’occhiata qui.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2925373&i=1
Sto scrivendo delle poesie su alcuni spiriti che infesterebbero castelli e ville d’Italia, basandomi su leggende e racconti che ho trovato in alcuni libri che ho letto di recente. Mi farebbe molto piacere sapere cosa ve ne pare.
Grazie
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 14
*** Il cugino Lawrence Harringhton ***


 
Swanlake Palace apparve come un miraggio fra gli alberi del parco: si presentava totalmente diverso da come lo avevano conosciuto. Daisy fissava il palazzo con occhi pieni di meraviglia e qualche piccola lacrimuccia, mentre la mano di Edward  teneva la sua. Le finestre dell’edificio brillavano al sole, i muri erano maestosi così come le colonne che ornavano il grande balcone sovrastante l’ingresso principale. Il cancello, che ricordava corroso dalla ruggine, era una meraviglia d’arte del ferro, il giardino poi sembrava uscito da una di quelle riviste di giardinaggio, tanto era curato. La scalinata che aveva percorso quella sera per tuffarsi nell’ultimo abbraccio di Edward era in perfetto stato con l’aggiunta di composizioni floreali che la rendevano simile a certi palazzi delle favole. Scesero tutti dalle carrozze dopo il lungo viaggio dal Somerset; Daisy ed Edward provavano entrambi una strana sensazione nel trovarsi in quel luogo, il loro amore era nato ruotando attorno alla villa, coi suoi misteri e i suoi segreti. Ed era proprio da Swanlake Palace che erano partiti per il loro viaggio nel tempo, lì si trovava lo stargate e lì, probabilmente, si trovava ancora la porta dimensionale che li avrebbe riportati nel 2014. Tutto dunque seguiva una logica ben precisa: il susseguirsi degli eventi non era una casualità, ma sicuramente c’era una sorta di percorso già stabilito, tracciato dagli spiriti che li avevano seguiti nella loro avventura.
 
A Swanlake Palace, a quell’epoca, risiedeva il cugino di primo grado del duca Gilbert, tale lord Lawrence, che al momento dell’arrivo dei parenti si trovava a Londra per sbrigare alcuni affari. La famiglia Harringhton fu quindi accolta dal maggiordomo e dal personale di servizio che provvide allo scarico dei bagagli e alla sistemazione di ogni membro nelle rispettive stanze. Daisy aveva l’impressione di sentirsi a casa, forse perché conosceva già l’ambiente, forse perché si stava abituando all’ottocento, forse semplicemente perché era a due passi da Londra, la sua adorata Londra… Con tutto quello che aveva passato non aveva neanche avuto il tempo di sentire nostalgia di casa, della sua epoca e delle sue amicizie. Ma sentiva che presto avrebbe potuto riabbracciare la sua carissima Mel e che avrebbe rimesso piede nel suo piccolo appartamento con la finestrella che si affaccia sui tetti di Londra dalla quale sentire il caos del traffico ed annusare il tipico odore della città. Chissà se l’edificio in cui sarebbe andata a vivere esisteva già nel 1867! Alla prima occasione sarebbe andata in giro per Londra ed avrebbe soddisfatto questa piccola curiosità, come quella ben più grande di poter ammirare la sua città nel diciannovesimo secolo.
 
Il viaggio non era stato molto confortevole, le strade erano per lo più sterrate e le carrozze, benché di ottima fattura, non avevano le comode dotazioni dei mezzi di trasporto cui era abituata. Nonostante ciò Daisy era talmente eccitata di trovarsi lì che non riusciva a starsene ferma nella sua stanza a riposare. Aveva dormito pochissimo nella prima notte nella nuova residenza che non appena spuntò il giorno balzò giù dal letto morendo dalla voglia di osservare con i suoi occhi ogni angolo e ogni pertugio di Swanlake Palace. Dall’enorme cucina al pian terreno proveniva un delizioso profumo di pane e, sbirciando, vide molte persone alle prese con la preparazione dei cibi che avrebbero gustato durante il giorno. Splendeva pure un bellissimo sole, cosa piuttosto insolita nell’umida e grigia Inghilterra, per cui uscì nel parco retrostante la villa per godere appieno delle luci del giorno appena spuntato in quella parte del parco che nella sua epoca era completamente ricoperto da rovi ed erbacce.
La prima cosa che le balzò alla mente era la meraviglia di ciò che le si presentava davanti: una fila di alberi che si stavano ricoprendo dei fiori di primavera, tulipani, narcisi e giunchiglie che ondeggiavano alla brezza del mattino offrendo al giorno nascente il loro delicato profumo. Dei minuscoli laghetti  spuntavano qua e là nascosti da rocce e piccole cascate creavano giochi d’acqua davvero suggestivi. E tutto questo sarebbe stato inghiottito dall’incuria. Una volta tornati nella Londra del 2014 avrebbe convinto Edward a restaurare tutto! In fondo c’era un edificio mai notato prima che, ad un primo sguardo, somigliava ad una piccola chiesetta, anch’essa destinata ad essere inghiottita da rovi ed arbusti negli anni a venire.
Passeggiava dunque fra i vialetti del giardino, cullandosi del lievi rumore dei ciottoli sotto i suoi passi, del canto degli uccelli e del dolce scialacquio dei minuscoli corsi d’acqua. Si sedette su una panchina ai bordi di uno stagno, dove un salice piangente sfiorava la superficie con i suoi flessuosi rami che iniziavano a ricoprirsi di tenere foglioline verdi. Inspirò quella pacifica sensazione, temeva che ben presto i suoi nervi sarebbero stati messi di nuovo a dura prova. Louise li aveva seguiti come una pecora aggregata al gregge e non mollava le sue mire conquistatrici, Sebastian era rimasto nel Somerset con un occhio nero e mille dolori alle articolazioni e non solo. Rosemary era triste, teneva il suo segreto celato nel cuore, se solo si fosse confidata, forse la sua malinconia sarebbe stata più dolce.
 
 
 
“Quale angelica visione si parò dinnanzi agli occhi miei!”
Quella frase fece destare Daisy dal torpore in cui era caduta. A poca distanza da lei vide un giovane uomo, vagamente somigliante ad Edward,  dall’apparente età sui trentacinque anni. Aveva i capelli corti , castani chiari, con qualche piccolo filo argentato sulle tempie che notò quando le fu vicino  e gli occhi scintillanti color nocciola. “Quale nobile bellezza…”
Daisy guardò attorno per tentare di capire cosa di tanto meraviglioso aveva scorto quel tipo. “Chiedo scusa…. Cosa c’è di così speciale qui?”
L’uomo le baciò il dorso della mano fra lo stupore. “Voi, mia leggiadra. Siete forse una ninfa sorta dalle limpide acque allo spuntar del sole?” Si inginocchiò davanti a lei.
Questo è fatto!  “I-Io?” L’imbarazzo si impossessò di lei.
“Voi, si! Mai, nella vita mia, li occhi miei posaron lo sguardo su creatura più sublime.” Era perso in lei. “Posso domandarvi l’alto onore di conoscere il vostro meraviglioso nome?”
Altro che fatto!  “Mi chiamo Daisy… E voi?”
“Daisy…mhm… Un celestial suono per me diviene or ora il vostro nome.” Si alzò omaggiandola con un profondo inchino. “Permettetemi di presentarmi a voi, mia diletta: sono Lawrence Harringhton, umile cugino di Sua Grazia, il duca Gilbert giunto ieri presso Swanlake Palace che ho l’alto onore di custodire come uno scrigno prezioso.”
La ragazza iniziò a capire qualcosa: quell’individuo era quindi il famigerato cugino di cui Edward le aveva parlato durante il viaggio. Le aveva detto che era un po’ strano, ma credeva ci fosse un limite a tutto! “Oh, capisco… Beh, lieta di fare la vostra conoscenza, sir.”
“Vi prego, mia diletta, chiamatemi con il mio nome, ve ne sarei molto grato.” Si sedette accanto a lei, senza mai staccare lo sguardo dal suo viso. “Posso domandarvi il motivo per cui prima d’ora non ho mai notato la vostra mirabile presenza?”
“Semplicemente perché sono giunta qui ieri con la famiglia Harringhton e se non erro, voi vi trovavate a Londra.”
“Adesso comprendo.” Si fece un attimo silenzioso. “Siete per caso una delle dame di compagnia della duchessa o delle figlie?”
“A dire io vero… sarei la fidanzata di Edward.”
La bocca di Lawrence si aprì per lo stupore. “Quale dolore apprendere che il vostro cuore è già impegnato… Siete dunque la promessa del giovane libertino?”
“Libertino?! Come vi permettete?!”  Balzò in piedi con disappunto.
“Forse vi hanno condotta verso il matrimonio combinato per coprire tutte le disonorevoli avventure del mio illustre parente e ve le hanno taciute di proposito, mia cara. Riflettete bene prima di prendere una decisione che vi porterebbe ad una vita infelice. Voi meritate molto di più di uno come Edward.”
“Come vi permettete? Ritirate immediatamente ciò che avete detto!”
“Mia leggiadra, l’apprendere la cruda verità è una spina nel vostro nobile cuore e mi rendo conto di qual dolore abbia invaso la vostra anima. Vi esorto dunque a rifletter bene sul futuro: se lo ritenete giusto, fatevi pure condurre all’altare da Edward e soddisfatene le voglie come si richiede ad una gentil donzella. Ma sappiate che per trovar giovamento dalla vita matrimoniale che vi si presenta dinnanzi, dovrete ricercar altrove la vostra felicità.”
Non aveva capito un accidente di tutto quel discorso contorto. Più che passavano i minuti, più trovava quell’uomo strano e imprevedibile. “Dove…. Dove volete arrivare?”
“Contraete pure matrimonio, ma sappiate che il mio cuore batterà per voi da ora all’eternità. E il mio talamo vi attende in ogni momento desideriate del sano piacere.” La sua bocca si piegò in un limpido sorriso, credeva infatti di aver fatto breccia nel cuore della ragazza con quelle parole.
“Fingerò di non aver sentito nulla.” Che schifo di uomo! Gli si proponeva come amante in modo talmente spudorato che stentava a credere alle proprie orecchie! “Con permesso.” Si dileguò rapidamente e rientrò nel palazzo, dove poco dopo fu servita la colazione.
 
Nel pomeriggio di quello stesso giorno Edward, con il padre e il cugino, si era dovuto recare a Londra per sbrigare alcune cose. E  Daisy si trovò di nuovo in completa solitudine, esattamente come i suoi primi giorni nel passato. C’era però qualcosa di diverso, sentiva come delle presenze invisibili all’occhio umano che le erano sempre vicino. Forse erano i nonni di Edward che la sostenevano? Forse la stavano avvicinando al momento in cui avrebbe ripercorso lo stargate? Già… lo specchio dietro cui si celava il passaggio temporale doveva per forza trovarsi a Swanlake Palace. Moriva dalla voglia di trovarlo e, conoscendo piuttosto bene l’ambiente, si mise alla ricerca dell’oggetto. Attraversò il corridoio alle cui pareti erano appesi i ritratti degli Harringhton: erano esattamente come ricordava con l’unica differenza delle ragnatele che in quel momento non ricoprivano i quadri. L’aria era intrisa di fresche fragranze floreali, evidentemente il cugino Lawernce amava abbellire il palazzo con piante e fiori freschi ogni mattina. In fondo al corridoio c’era il salone del caminetto ed era lì che aveva casualmente scoperto il ritratto di Edward, in realtà lo stargate attraversato dal ragazzo nel suo primo viaggio attraverso il tempo. Afferrò la maniglia con la mano che sentiva tremare, mentre attorno a sé era solo silenzio: il cuore le batteva forte, non sapeva cosa avrebbe trovato al di là di quella porta. Aprì con timore e senza fare il minimo rumore, sbirciò con circospezione e scorse una figura seduta sulla poltrona presso il tavolino.
“Ti aspettavo Daisy.”
La ragazza sussultò. Poi cacciò un sospiro di sollievo non appena riconobbe Rosemary.
“Vieni, siediti qui vicino a me. Dobbiamo parlare.”
Dovevano parlare? E di cosa? Nella giovane sorella di Edward si manifestavano giorno dopo giorno accenni e sfumature di quello che un tempo era stata la nonna: stesse espressioni del volto, stesse parole da decifrare, stessa profondità dello sguardo.
Attese che la ragazza si accomodasse nella poltrona e poi le parlò. “Lo stargate si trova qui, lo sai vero?”
“Ehm..si… diciamo che in un certo senso lo supponevo.”
“Non manca molto al vostro ritorno nel futuro, io sono quasi al livello che mi è richiesto per l’operazione.”
Daisy fu invasa da una stranissima sensazione: l’apprendere che ben presto avrebbe lasciato l’ottocento le provocò una fitta al cuore. Era buffo: si era talmente abituata a quegli anni che il pensiero di dover tornare da dove era venuta, seppur in compagnia di Edward, quasi le dispiaceva!
“Dimmi una cosa: ricordi ancora ciò che mio nonno ti spiegò prima della vostra partenza?”
“Intendi forse le condizioni necessarie al viaggio nel tempo e al nostro ritorno nel 2014?”
“Esattamente.” Poggiò con delicatezza le mani sulle ginocchia. “Quando Louise è tornata, il rapporto fra te e mio fratello ha subito una battuta d’arresto: credevi che fosse andato a letto con lei seppur con l’inganno. Non è così?”
Daisy restò meravigliata e in silenzio: quello che Rosemary aveva detto era esatto. La ragazza mostrava una maturità ed una serietà fuori dal comune e difficilmente uno che non la conosceva avrebbe pensato che avesse soltanto quindici anni.
“Vorrei solo darti un piccolo avvertimento, cosa che farò anche con Edward quanto prima: devi fare molta attenzione perché le tentazioni ancora non sono finite. L’energia del vostro amore è condizione fondamentale per l’apertura dello stargate, da sola non ce la posso fare.”
“Lo so. I dubbi che avevo riguardo Louise adesso non ci sono più per cui non vedo dove sta il problema.”
La ragazza accennò un sorriso. “Ancora non si è presentato in modo plateale, ma lo farà molto presto. Sai benissimo che la signorina Millstone è ben determinata e non si è ancora arresa. E poi vedo altre nubi all’orizzonte.”
“Cosa?”
“Il cugino Lawrence si è già fatto avanti, sbaglio?”
Negli occhi di Daisy comparve un’ulteriore goccia di stupore: a lei non sfuggiva proprio nulla!
Rosemary si alzò, avvicinandosi ad una delle finestre. “Conoscere quello che deve accadere, leggere nelle mente e sapere tutto di tutti non è poi una gran cosa, credimi. Attendi il futuro con moltissima ansia e, se devo dirla tutta, non c’è più il gusto della sorpresa.” Restò un po’ in silenzio, poi si voltò e sul suo volto comparve un luminoso sorriso. “Ad ogni modo sono fiduciosa, so che il vostro amore è profondo. Ha già superato le barriere del tempo, riuscirà ad abbattere anche i piccoli ostacoli della vita quotidiana.”
Daisy le strinse forte le mani e vi percepì un fortissimo calore che riconobbe come proveniente dalla nonna, quando fu lei a stringerle le mani per infonderle coraggio dopo la serie di umiliazioni ricevute da lady Anne ed Henriette. “Grazie, grazie davvero. Vorrei tanto poter fare qualcosa anche io per la tua felicità e sappi che avrai sempre il mio appoggio in tutto e per tutto.”
Rosmary comprese che si riferiva alla sua storia segreta con Nicholas Leighton, un lieve rossore comparve sulle sue guance nel ripensare a colui che le aveva fatto battere forte il cuore e che aveva dovuto lasciare nel Somerset. Anche per lei sarebbe stato difficile separarsi da lei e dal fratello quando lo stargate li avrebbe riportati nel futuro.
 
 


 
Ciaooo!!
Con un po’ di fatica sono riuscita ad essere puntuale con l’appuntamento del venerdì. Non so se in futuro mi sarà sempre possibile…. Vedremo!
Siamo dunque tornati a Swanlake Palace e per i protagonisti è un momento particolare: attorno a quella villa è cominciato tutto. Adesso è nel suo massimo splendore e al posto di ragni e topi c’è qualcun altro che vive lì. E che non ha perso tempo.
Grazie a tutti voi che leggete, anche in silenzio. E un mega grazie a voi che invece vi fate sentire con le vostre stupende recensioni.
A presto!!!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 15
*** Quello che non ti ho detto ***


 
“Come fiore che s’apre al sol del mattino
m’offro a voi omaggiandovi con l’inchino.
Oh, quale soave visione, quale mirabil sorriso,
scorgon li occhi miei nel vostro viso!
Mai vi fu fanciulla di voi più bella
ch’eguaglia il fulgor di maestosa stella.”
 
Lawernce terminò la declamazione dei versi da lui improvvisati non appena s’imbatté in Daisy. La ragazza era scesa nel piazzale antistante l’ingresso principale di Swanlake Palace in attesa di Edward, con il quale doveva recarsi a Londra per vedere con i suoi occhi la città di metà ottocento. L’uomo le prese la mano baciandogliela con enorme galanteria. “Buongiorno, mia adorata.”
“Buongiorno a voi, sir.”
“Spero abbiate gradito i versi per voi sgorgati dal mio cuore. Consideratela un’umile richiesta di perdono per le parole forse inopportune che hanno caratterizzato il nostro primo incontro.”
“Oh, sono lusingata. Parole molto…ehm… molto profonde.” Era bizzarro il tipo, però doveva riconoscere che con le parole ci sapeva davvero fare.
“Credetemi, Daisy, nessuna fanciulla mi ha mai colpito così profondamente come voi. Farò di tutto perché comprendiate che il mio illustre cugino Edward non è l’uomo giusto per cotanta meraviglia.”
“Ah si?” Il diretto interessato raggiunse la sua fidanzata. “E cosa ve lo fa pensare?”
“Buongiorno.”
“Buongiorno un corno!” Si avvicinò al parente. “Come vi permettete di dire certe cose sul mio conto alla mia promessa sposa?”
“Ritengo opportuno che la meravigliosa signorina debba essere messa al corrente del vero volto dell’uomo che si appresta a prendere come consorte.”
“Non siete tenuto ad impicciarvi delle nostre vite. E soprattutto tenete a freno quella vostra linguaccia dal declamare versi e poesie per una ragazza già fidanzata. Sono stata abbastanza chiaro?”
“Naturalmente, ma questo non mi vieta di decantare la sua bellezza.”
“E neanche di parlare troppo dei fatti altrui.”
Quelle frasi suonarono strane nella mente di Daisy: era come se Edward volesse a tutti i costi nascondere qualcosa che poteva trapelare dai discorsi ingarbugliati di Lawrence. Riflettendo un istante, si rese conto che non le aveva mai raccontato troppo del suo passato. Sapeva della storia con Louise, ma prima di lei? Che cosa aveva fatto? Perché lo definiva sempre libertino? Che Lawrence avesse ragione?
Quei due continuavano imperterriti a discutere, mentre la ragazza mostrava totale disinteresse, anzi il dubbio scaturito dalle parole del cugino prima e di Edward poi si faceva sempre più pressante. Davvero l’uomo che desiderava accanto per la vita nascondeva qualcosa di cui preferiva tenerla all’oscuro?
Fece qualche passo verso l’ingresso del palazzo, qualcosa le suggeriva di non andare il giro per Londra con lui, almeno fino a che quel dubbio non se ne fosse andato dalla sua testa.
“Daisy, dove vai?” Edward si accorse che stava rientrando. “Non dovevamo andare a Londra?”
“Scusa, non me la sento più. Vorrei riposare un po’.” Scomparve dietro la porta e pochi istanti dopo fu raggiunta dal ragazzo che l’afferrò per il polso.
“Che c’è? Che ti succede?”
“Voglio stare da sola.”
“Non ti farai ammaliare dalle parole di quello svampito di mio cugino!”
Piegò l’angolo sinistro della bocca voltandosi verso di lui. “Certo che no. Però mi ha fatto riflettere quando ti ha definito libertino e tu poco fa hai sottolineato il fatto che parlasse un po’ troppo degli affari altrui.”
“E allora?”
“Mi spieghi il motivo per cui ti ha definito libertino?”
Edward restò in silenzio. Non immaginava che per Daisy potesse avere tanta importanza sapere del suo passato.
“Cosa mi nascondi?”
“Ma niente!”
“E allora perché stai zitto?”
Scorse delusione negli occhi della ragazza: si fidava di lui, si fidava così tanto che aveva accettato di affrontare quel viaggio a ritroso nel tempo ben consapevole degli enormi rischi cui si esponeva. Quello sguardo gli faceva male: Edward sapeva che il silenzio sarebbe stato controproducente; sapeva anche che, parlando, le avrebbe dovuto rivelare cose forse non troppo piacevoli.
Perché qualcosa nascondeva davvero.
“Senti, credo che questo non sia il luogo più adatto per parlare, magari potremmo affrontare la cosa con calma da un’altra parte.”
Era la conferma che sotto c’era qualcosa. “Bene, andiamo allora.”
“Adesso?”
“E quando?” Si controllava con difficoltà. “Sai che detesto le bugie e le cose non dette.”
La ragazza si diresse a passo svelto verso una delle sale al pian terreno, aprì con decisione la porta e si fermò al centro della stanza, poco distante dal tavolino su cui troneggiava un vaso pieno di fiori. Ne sfiorò uno con le dita e come per incanto quel tocco fece cadere due petali che si gelarono all’istante.
“Daisy, ascolta…. Qualunque cosa ci sia da raccontare, tieni bene a mente che io amo te sopra ogni cosa. Ho dato la vita per te, l’hai forse dimenticato?”
“No, non l’ho dimenticato. Me lo ripeti ogni volta che nasce qualche discussione! Tieni bene a mente anche te che la cosa non giustifica ogni tuo comportamento! Anche io mi sono lanciata nelle braccia del rischio seguendoti nel tuo tempo e ancora sono in bilico fra la possibilità di tornare nel mio tempo e vagare per l’eternità in un luogo non ben definito!”
“E’ stata una scelta tua, mio nonno aveva chiesto solo a me di tornare qui.” Quella frase gli era proprio sfuggita di bocca.
“E’ così che la metti allora?” Si tratteneva a stento, sentiva una profonda rabbia nascerle nel cuore.
“E’ la verità e lo sai bene.”
Fra i due piombò il silenzio. C’era del vero nelle sue parole: lei aveva insistito per seguirlo ne suo tempo. “Da te non me l’aspettavo… Credevo fossi felice di avermi al tuo fianco.”
“Ed è così infatti. Solo non capisco questa tua rabbia scaturita dalle parole assurde di mio cugino.”
Si voltò verso di lui, gli si fece più vicina fissandolo con occhi talmente penetranti che il ragazzo provò un leggero timore. Daisy era determinata come non mai. “Perché ti ha definito libertino? So della tua scopata con Louise, ma quante donne hai avuto prima di lei?”
Edward inghiottì un groppo. “Va bene, ti dirò tutto, ma voglio sapere anche io quanti uomini hai avuto oltre a me…. E Garrett.”
“Faccio in fretta, tesoro mio: ho avuto un paio di fidanzatini al college e sono andata a letto solo con uno di loro quando avevo diciotto anni. Poi c’è stato solo Garrett alcuni anni dopo. Fine della storia.” Continuava a fissarlo in modo piuttosto inquietante. “Ora vuota il sacco, bello.”
Il ragazzo si mise seduto con lo sguardo rivolto verso il basso, fissava le sue calzature come se ci fosse qualcosa di particolarmente interessante nei lacci o nelle cuciture. Non se la sentiva di guardarla negli occhi mentre le raccontava del suo passato, ma doveva parlare altrimenti potevano sorgere grossi guai.
“Lawrence mi ha sempre preso in giro chiamandomi libertino.” Prese fiato. “Quando avevo poco più di sedici anni lui abitava non lontano da noi nel Somerset ed essendo più grande di me e di altri giovani aristocratici della zona, ci portava spesso in città per farci…ehm… crescere e maturare, come era solito dire. All’inizio mi accorsi che lo faceva per sfotterci per la nostra totale inesperienza con le donne. Col tempo ci presi gusto e…”
“Hai iniziato a frequentare bordelli e prostitute come era normale per i maschioni dell’epoca.”
“Già. Era una sorta di prova di virilità. Ho sedotto una gran quantità di donne ed è uno dei motivi per cui Louise mi marcava stretto, non accettando che portassi a letto tutte tranne lei.”
Casanova made in England dunque. I miei complimenti caro lord Harringhton.” Daisy si alzò dal divano. “Chissà quante corna mi attribuiscono quelli che conoscono te e le tue performance a luci rosse. Sarò lo zimbello dell’aristocrazia britannica, la signorina cornuta promessa sposa del vincitore dell’Oscar per le migliori scopate dell’anno!”
“Non sparare cazzate, per favore! Da quando ci siamo incontrati non ho avuto occhi che per te. Nell’epoca in cui sono cresciuto io per gli uomini è normale avere una moglie imposta dalle ragioni dinastiche e miriadi di amanti con figli illegittimi sparsi dovunque.”
“Aspetta un attimo….” Incollò gli occhi terrorizzati nel suo viso. “Non verrai a dirmi che sei padre?”
“Non lo so e non lo voglio sapere. Sarebbe praticamente impossibile verificare la cosa.” Si era quasi consumato le dita a forza di sfregarle dal nervosismo. “Nessuna ragazza si è mai presentata da me con un bambino e… comunque sai benissimo come sono andate le cose dopo quanto accaduto con Louise.”
“Scusa, ma non ti seguo.” Aveva bisogno di restare sola. Sentiva un gran vuoto dentro il suo cuore: Edward si era scopato una schiera di femmine e poteva pure essere padre. E glielo aveva nascosto. Si avvicinò alla porta afferrando con decisione la maniglia. Uscì senza dire una sola parola, lasciandolo solo, seduto su quel divano.
 
Trascorsero l’intera giornata senza vedersi, ognuno perso nei propri pensieri. Le grandi differenze di mentalità si stavano materializzando: nel diciannovesimo secolo i matrimoni erano combinati, poco importava se fra i “costretti sposi” non c’era amore. Era sufficiente procreare per garantire l’erede (ovviamente maschio) della famiglia, poi ognuno andava per fatti suoi. All’uomo era lecito concedersi qualunque scappatella con donne di qualsiasi rango, la donna doveva sopportare in silenzio tutti i tradimenti, magari vedere in giro i figli che il marito aveva avuto dalle amanti e non controbattere. Guai a farsi l’amante poi! Si correva il rischio di essere ripudiate e fare pure una brutta fine. Solo molti anni dopo le cose sarebbero cambiate: ci si sarebbe sposati per amore e in fatto di tradimenti ognuno ne avrebbe risposto equamente nei confronti dell’altro. Lei, che proveniva dal futuro, sentiva queste ingiustizie come un fatto grave e discriminatorio, per Edward forse era la normalità: lui era nato e cresciuto in  quell’ambiente di stampo maschilista, in cui una donna era equiparata ad un oggetto alle dipendenze dell’uomo, una pedina da giocare, un utero per garantire la discendenza…. Certo, l’aver vissuto nella Londra di centocinquanta anni dopo gli aveva fatto capire moltissime cose, ma forse quel momentaneo ritorno nell’epoca di origine aveva risvegliato in lui quello che gli avevano insegnato e che forse grazie a lei aveva dimenticato.
Anche lui era amareggiato per l’accaduto. Da quando aveva incontrato Daisy nella Londra moderna ed aveva intrecciato una relazione con lei, era stato costretto a tacerle tantissime cose che potevano pregiudicare la sua permanenza in quegli anni non suoi. Lo aveva fatto per ragioni precise e indipendenti dalla sua volontà, per questo la ragazza lo aveva perdonato. Ora, per colpa di quel deficiente linguacciuto, era saltato fuori quel passato che rifiutava, di cui si vergognava e che sperava di aver sepolto una volta per tutte. Amava Daisy e si sentiva veramente uno schifo di uomo per tutte le sofferenze che le aveva causato. Lei non comprendeva e non accettava il suo passato perché proveniva da un’epoca ed una società dalla mentalità diametralmente opposta. Lui l’aveva visto coi propri occhi e fu assalito dal terrore che queste loro diverse visioni della vita potevano diventare un ostacolo più insormontabile del tempo.
Sentiva però di aver fatto la scelta giusta nel vuotare il sacco: già una volta il vortice di bugie e cose non dette lo aveva portato sull’orlo del precipizio, si era salvato aggrappandosi alla verità che con molta fatica aveva tirato fuori. Una volta terminata l’avventura nel passato, tutto avrebbe ripreso i ritmi che condividevano nel 2014, avrebbe imparato a guidare le carrozze senza cavalli, avrebbero trascorso insieme stupende serate abbracciati sotto una calda coperta, magari guardando qualcosa nel quadro che si muove
Già, ma per tornare nel futuro, Daisy doveva fidarsi di nuovo di lui, doveva dimostrare di amarlo ancora e non serbare alcun rancore nei suoi confronti.
 




 
Ciaooo!!
Ci siete ancora? L’anno sta per finire e Natale è alle porte: per questo dico grazie a chi, fra tutti questi giorni che ci avvicinano alle festa, trova il tempo e la voglia di leggere e recensire la storia. <3<3<3
Daisy e Edward hanno discusso: pensate anche voi che la sincerità sia un mattone fondamentale su cui costruire un rapporto? Lei c’è rimasta male e lo ha lasciato solo in quella stanza, hanno entrambi bisogno di riflettere per accettare (o almeno provarci) le abissali differenze di mentalità dei due periodi storici cui appartengono. Ce la faranno?
 
Mi raccomando, recensite! ; )
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 16
*** Nel cuore solo lui ***


 
Aveva ripromesso a se stessa di vedere coi propri occhi la Londra di metà ottocento. Con o senza Edward avrebbe soddisfatto questa sua curiosità. Dopo l’accesa discussione sentiva di dover metabolizzare per bene quanto scoperto. Il solo pensiero poi che potesse avere dei figli sparsi per l’Inghilterra le aveva fatto crollare il mondo addosso.
Dopo essere uscita dal palazzo, aveva passeggiato a lungo ai bordi del parco di Swanlake Palace senza una meta in cerca di risposte o giustificazioni utili a farle ritrovare la serenità. Sfiorò la ruvida corteccia di un albero, si sentiva sola, immersa nel silenzio di un’epoca le cui usanze erano difficili da accettare per una che come lei era nata e cresciuta in un mondo in cui le donne avevano pari diritti (o quasi). Forse aveva sbagliato ad aggredire a quel modo il ragazzo, forse non doveva lasciarlo solo in quella stanza, forse doveva dargli il tempo di spiegarle meglio l’accaduto… Ammesso che ci fosse stato qualcosa da spiegare. Si sedette ai piedi di un albero e si strinse in preda alla malinconia. Poggiò la testa sulle ginocchia sperando di trovare un minimo segnale di conforto per tutta l’amarezza che le aveva invaso il cuore. Restò a lungo immobile in quella posizione, con il vento che tentava di scompigliarle i capelli. Avvertì un brivido lungo la schiena, forse era il segno che aspettava? Si alzò, restando sempre appoggiata al tronco dell’albero, in lontananza scorse Swanlake Palace e come per incanto le tornarono in mente tutte le parole di Edward che le avevano ferito l’anima. Voltando la testa dalla parte opposta scoprì Londra ai suoi piedi. E non era la Londra che conosceva: il colore predominante era il nero, qua e là svettavano tetre ciminiere che sbuffavano fumo nel cielo. Se la immaginava ben diversa, limpida e pulita, magari con eleganti viali alberati percorsi dalle carrozze dei nobili, prestigiosi palazzi come quello in cui viveva lei o come l’imponente Buckingham Palace, la residenza della Regina che, se le reminescenze scolastiche non la ingannavano, era Vittoria. Nonostante l’apparenza lievemente tetra, Daisy sentì un richiamo fortissimo provenire dalla città e sebbene un briciolo di titubanza le suggeriva di restarsene lì, si alzò in volo dirigendosi verso la sua futura metropoli.
 
Intanto Edward non era stato capace di uscire da quel salone che lo aveva visto discutere con la sua ragazza. Si era solo alzato dal divano e piantato davanti ad una finestra, guardano fuori senza un motivo. Se solo quel rimbambito di Lawrence avesse tenuta chiusa quella sua boccaccia! Tutto questo non sarebbe successo! O forse era stato meglio in quel modo? Sapeva benissimo quanto Daisy tenesse alla sincerità e fiducia reciproca, forse ne avrebbe dovuto parlare con lei anche quando si trovavano nella Londra del futuro… Lì poteva sperare di essere al sicuro da qualsiasi imprevisto, poteva sperare che i fantasmi del suo passato se ne restassero per sempre sepolti. E quel dubbio che credeva di aver eliminato dalla sua testa era tornato di nuovo a tormentarlo: qualcuna delle sue partner occasionali poteva davvero avergli dato un figlio di cui ignorava l’esistenza?
“Mi sembri piuttosto pensieroso, tesoro mio. Qualcosa non va?” Due mani presero ad accarezzargli le spalle, massaggiandole con fare molto sensuale. Edward lasciò cadere la testa all’indietro. “Sono cose che non ti riguardano, Louise.” Sbottò con leggero fastidio. “Che cosa vuoi?”
“Credevo fossi andato a Londra, avevo visto preparare il calesse che solitamente usi…”
“Già, ma la gita è saltata.”
“Oh, capisco. Posso chiederti il perché?”
“Fatti miei.” Si allontanò da lei. “Se ora vuoi scusarmi, ho altro da fare che stare qui a perdere tempo con te.”
Louise fu più rapida di lui, si portò davanti alla porta impedendogli di uscire. “Sai bene cosa voglio da te. Ti voglio Edward, ti voglio più di ogni altra cosa.” Negli occhi della ragazza iniziavano a formarsi delle lacrime, mentre le sue mani avevano afferrato con delicatezza il colletto della camicia di lui. “Non puoi continuare ad ignorarmi per sempre, non puoi prendere al tuo fianco una come Daisy, lei non ti merita, non ti accetta e si aggrappa ad ogni cosa pur di farti soffrire.” Una lacrima le bagnò il viso. “Non posso sopportare tutto questo, lo capisci?”
Lo sguardo di Edward era inchiodato negli occhi color del cielo di Louise, sembrava che conoscesse per filo e per segno la discussione fra lui e la sua ragazza. Scrollò la testa per tentare di liberarla da certi pensieri. “Non ti seguo, scusami.”
“Non posso vederti soffrire così per una che non ti merita.”
“E allora tornatene nel Somerset e lasciami in pace una volta per tutte.”
“Non posso! Io ti amo Edward!” Gli gettò le braccia al collo intrappolandolo, lo fece indietreggiare fino a che non cadde sul divano, gli si stese sopra e prese a baciarlo con sentimento e disperazione. Lui non ricambiava affatto il bacio, anzi, teneva la bocca ben chiusa nonostante lei tentasse di entrarvi con ogni mezzo. Nella sua mente riecheggiavano le parole udite poco prima: lei non ti accetta, non ti merita, ti fa soffrire…. In sintesi era giusto: Daisy non accettava certe usanze tipiche dell’ottocento, ma lui si era dovuto adeguare a quelle degli anni duemila. Il fatto di non averle detto niente poi l’aveva mandata su di giri nonostante per la mentalità dell’epoca lui non si sentiva tenuto a riferirle tutti gli affari suoi. Le differenti vedute fra i due stavano purtroppo venendo fuori, era un dato di fatto e come un incubo che piomba nel mezzo della notte, nella sua testa si affacciò di nuovo la possibilità che la loro storia fosse giunta ad un punto critico:  se nessuno di loro avesse fatto un passo indietro per trovare un punto d’equilibrio, potevano trovarsi vicini al capolinea.
 
 
E mentre Edward, perso in mille pensieri era preda della fame di
Louise, Daisy aveva raggiunto la periferia di Londra. Si mise nascosta dietro un muro di mattoni che delimitava l’ingresso di una chiesa ed osservava: quelle viuzze debolmente illuminate in cui passeggiavano solo persone avvolte in lunghi mantelli scuri, le facevano venire in mente certi film e documentari su Sherlock Holmes o, ancora più inquietante, Jack lo squartatore. Erano proprio i quartieri dove circa venti anni dopo il misterioso serial killer avrebbe colpito? Preferì non indagare e tentare, nei limiti del possibile, di raggiungere il centro della città che forse era più sicuro. Si alzò di nuovo in volo e raggiunse la sommità del campanile. Iniziò a guardarsi intorno per orientarsi un po’: davanti ai suoi occhi la città si sviluppava fino a sfiorare l’orizzonte fondendosi con esso. Trovava quella vista estremamente suggestiva e ritenne decisamente meno pericoloso continuare la sua passeggiata alla scoperta di Londra da lassù. Con molta circospezione iniziò a passare di tetto in tetto, facendo attenzione a passare a debita distanza dai numerosi abbaini che si affacciavano come tanti occhi curiosi. Sembrava lo scenario perfetto da cui veder sbucare da un momento all’altro Peter Pan che svolazza diretto all’Isola che non c’è!  Poco più avanti, fra i comignoli di un palazzo, notò delle ombre muoversi. Sorrise ripensando alla sua infanzia, soprattutto quei giorni sotto Natale che trascorreva dai nonni guardando con loro il film “Mary Poppins”: quelle ombre erano sicuramente gli spazzacamini amici della magica bambinaia che volava sulla città appesa ad un ombrello. No, forse quelli erano autentici spazzacamini, ragazzi e bambini che per guadagnare qualche spicciolo si infilavano nelle canne fumarie. Non stavano girando nessun film: quella era la grigia realtà in cui vivevano in molti, respirando robaccia e rischiando la vita passando di tetto in tetto senza storielle e canzoncine, per cui ritenne più opportuno non farsi notare ed andare avanti con la sua passeggiata. Proseguì tentando di raggiungere rapidamente le rive del Tamigi, magari nei pressi del Tower Bridge dove lei ed Edward si aprirono i loro cuori dichiarandosi eterno amore e scambiandosi il loro primo vero bacio. Quei pensieri le strapparono una lacrima: lei amava Edward, non aveva mai smesso di farlo nonostante tutto quello che era accaduto. Aveva bisogno di riflettere da sola e lontano da tutti per ritrovare la calma e tentare quanto meno di accettare il passato del suo ragazzo, convincendosi che una volta tornati nel futuro, le sue partners non ci sarebbero state mai più, potenziali figli inclusi. Poggiò i piedi al suolo in un angolo nascosto, ancora pochi passi e i suoi occhi si sarebbero specchiati nelle acque del Tamigi. Era di un colore decisamente più consono ad un fiume di come lo aveva sempre visto lei: la rivoluzione industriale partita proprio dall’Inghilterra ancora non aveva fatto tutti i danni a causa dei quali molti ambienti naturali avevano perso la loro bellezza e la loro purezza. E quella che finalmente vedeva, era la Londra che immaginava nella sua mente: ecco gli eleganti palazzi, i viali, le carrozze e l’atmosfera romantica che sognava da quando era giunta nel 1867. Tutto però sembrava coperto da un velo di tristezza, fra l’altro il Tower Bridge non era al suo posto, forse non era stato ancora costruito… Peccato, per lei quel monumento aveva un significato profondo. Le ricordava Edward e l’inizio della loro storia d’amore.
Già, e che senso aveva trovarsi lì da sola senza di lui? Sentiva tantissimo la sua mancanza e cominciò a pensare che forse era stata troppo impulsiva nel lasciarlo da solo in quella stanza. Troppo spesso si lasciava guidare dalla rabbia e faceva cose che, dopo un attimo di riflessione, le sembravano dannatamente sbagliate. Si appoggiò al muretto che si affacciava sul fiume e lasciò che il suo sguardo annegasse fra le onde. E proprio da lì uscirono delle voci: poteva percepirle solo lei dato che le gli altri passanti continuavano a camminare per fatti loro. Ed erano le voci dei nonni di Edward, le riconobbe senza difficoltà.
“Ragazza mia, che vi è saltato in mente?”
“Tornate subito indietro, fate ritorno a casa, presto!”
“Andate a chiarire le cose con Edward, sbrigatevi!”
“Se non lo fate, rimarrete bloccata qui per sempre!”
La ragazza si guardò intorno, non voleva essere notata mentre parlava con il fiume. “E con quale faccia mi ripresento a casa? Dovrebbe essere lui a venirmi a cercare e scusarsi di tutte le cose che non mi ha detto.”
“Silenzio! Vi avevo messa in guardia: in quest’epoca è l’uomo che comanda e che vi piaccia o no, dovete accettarlo.”
Daisy restò in silenzio riflettendo e assestando il colpo. Sapeva che Edward era nato e cresciuto in un periodo di stampo prettamente maschilista, sapeva che l’uomo poteva fare quello che voleva senza dover rendere conto a nessuno. Se accettava lui, doveva accettare anche il suo passato che, in quanto tale non sarebbe più tornato. E per uno come lui valeva più che per altri.
“Ho capito. C’è una cosa però che vi prego di dirmi, è un dubbio che mi sta divorando…. Edward ha figli?”
“No, state tranquilla, non è mai diventato padre.”
Quelle parole furono balsamo, di loro si fidava ciecamente e quel macigno che le pesava dentro scomparve come per incanto. “Grazie…. Grazie di cuore, davvero.”
“Ora andate a casa, la vostra assenza potrebbe rivelarsi controproducente.”
Si asciugò l’ultima lacrima e prese la strada per appartarsi in un luogo da cui si sarebbe potuta alzare in volo lontana da occhi indiscreti.
“Milady! Grazie al Cielo vi ho travata!”
Daisy si voltò e riconobbe Lawrence che scendeva dal calesse e si dirigeva verso di lei baciandole la mano una volta raggiunta la ragazza. “Oh, mi avete fatto prendere un bello spavento… State bene?”
“Si… si, sto bene. Sono solo andata un po’ in giro per la città, non mi sembra di aver fatto niente di male.”
“Già, forse voi, mia cara, siete solita frequentare zone aristocratiche della nostra potente capitale dell’Impero e non conoscete i rischi che si annidano nei sobborghi frequentati da brutte facce, prostitute, assassini….”
“So difendermi, non preoccupatevi.”
“Come avete raggiunto la città tutta da sola?”
“Beh…” Autobus e metropolitane?  Da Swanlake Palace non partiva niente di tutto ciò. “Ho chiesto un passaggio ad un contadino…”
Lawernce esplose in un’espressione di grande stupore. “Siete molto intraprendente per essere una donna… E’ molto pericoloso per voi affidarvi agli sconosciuti, potevate passare dei grossi guai. Ad ogni modo salite, vi prego, preferisco ricondurvi a casa quanto prima. Si sta facendo tardi e non tollero vi rivolgiate di nuovo a sconosciuti.”
La ragazza non si fidava completamente di quel tipo, tuttavia accettò l’invito tenendosi sempre sul chi va là. Passare lungo i viali della città in compagnia di un uomo che non era Edward le provocava un effetto strano, insolito, di vuoto e smarrimento. Pensava Daisy, pensava che la cosa migliore da fare era ingoiare l’ultimo boccone amaro delle sue scappatelle passate, in fondo quando se le era concesse non si erano ancora incontrati e Louise, beh, l’aveva respinta con foga in più di un’occasione e una volta tornati nella Londra moderna, la signorina sarebbe scomparsa una volta per tutte. Daisy amava Edward alla follia, questo piccolo litigio ne era l’ennesima conferma. Se non fosse stato così, non si sarebbe sentita in quel modo. Una volta rientrata a Swanlake Palace avrebbe chiarito ogni cosa, quelle ore di solitudine le erano state davvero preziose.
Lawrence parlava come un registratore, decantava la bellezza della ragazza paragonandola ai fiori, ai tramonti, alle montagne, creando dal nulla rime e poesie più o meno assurde, ma lei non lo ascoltava perché nella sua testa c’era soltanto una parola: Edward.
 
Era da poco tramontato il sole quando varcarono il cancello di Swanlake Palace e il parco era avvolto dalla foschia della sera. Dasiy iniziava ad avvertire i morsi della fame, era stata a zonzo per tutta la giornata e non aveva mangiato niente. Nonostante ciò le era stato molto utile per calmarsi e riflettere per prendere la decisione migliore.
“Che mi venga un colpo!” Lawrence cacciò un urlo ed abbracciò all’improvviso Daisy.
“Cosa succede?!”
“Guardate là!” Indicò l’angolo del muro della villa poco distante dal boschetto in cui c’era un piccolo stagno con un gazebo presso la riva sinistra. “Un fantasma!”
“Dove?”
“Laggiù, vicino al gazebo.” Colse l’occasione per stringere a sé la ragazza che dal canto suo non mostrava alcun timore per il presunto spettro e gradiva ben poco il trovarsi fra le braccia del tizio.
“Giù le mani da lei, Lawrence!” Edward li aveva raggiunti non appena erano scesi dal calesse e si stava già agitando nel vedere suo cugino stringere la sua fidanzata.
Perdersi nello sguardo di Edward fu come essere illuminata dal primo raggio di sole del mattino che spazza via tutte le tenebre della notte.
“Fa’silenzio! Laggiù c’è uno spirito, osserva bene…. Ed è uno spirito dalla bellezza sovrumana…. Forse si tratta di una fata…” Ecco che di nuovo iniziava a vagare con la fantasia, addentrandosi nel mondo delle creature del bosco, delle guardiane della natura, dei folletti e degli spiriti silvestri. Effettivamente quell’entità poteva far pensare ad un essere del mondo della fantasia: portava un abito candido che le scendeva fino ai piedi, aveva dei lunghi capelli sciolti, sembravano anch’essi chiari e le nascondevano la faccia come a volerla circondare di un ulteriore tocco di mistero.
Chi o cos’era quell’entità?
 
 

 
Buon Natale a tutti!
E un GRAZIE a caratteri cubitali a tutti voi che avete recensito il capitolo precedente *_* Vi adoro!!!!
 
Daisy fa un giretto per Londra in completa solitudine: come per incanto la città le appare grigia e tetra come forse era davvero a quei tempi. Anche il suo stato d’animo è così e non muta neanche quando si trova nella parte più elegante della città. Il motivo è ovvio: le manca Edward, si era sentita tradita ed aveva bisogno di un po’ di solitudine per riflettere e metabolizzare tutto quanto.
 
Concludo augurandovi di trascorrere un sereno Natale. : )
E’ molto probabile che la settimana prossima non riesca ad aggiornare di venerdì, spero comunque continuiate a seguire la storia!
Buon Natale!
Un Abbraccio
La Luna Nera
 

 
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Capitolo 17
*** Nubi all'orizzonte ***


 
“Edward, hai un attimo?”
“Certo.” Il ragazzo seguì Daisy che rientrava in casa. Lawrence era rimasto immobile là fuori nel contemplare quell’eterea figura che sembrava essere stata creata dal bosco.
I due entrarono in una stanza, dove era stato preparato un piccolo pasto che Daisy gradì molto. Addentò una pagnotta mentre si metteva seduta.
“Devo farti le mie scuse…” Teneva lo sguardo rivolto verso il basso. “Sai che mi faccio prendere dalla rabbia e sono molto impulsiva e…”
Edward non la fece proseguire oltre, la strinse forte a sé sussurrandole “Non andartene mai più, ti prego. Sono uno stronzo, lo so, ho sbagliato a non dirti certe cose…. Perdonami amore mio…”
Lo fissò negli occhi: erano profondi e sinceri come forse non li aveva mai visti, belli, caldi e innamorati. “Sono io che chiedo perdono a te, ti ho attaccato con troppa violenza senza riflettere. Giorno dopo giorno mi rendo conto di quante differenze esistano fra di noi, fra le nostre mentalità e i nostri modi di vivere. Tutto questo mi spaventa, ho una paura terrificante che la nostra storia possa crollare. Ho tentato di metabolizzare il più possibile, ma questa volta non ce l’ho fatta ed ho preferito fuggire… Scusami davvero.. Non so cosa mi sia preso.”
“La colpa è anche mia, mi vergogno talmente tanto di quello che ho fatto che sto tentando il tutto e per tutto di cancellarlo…”
“Ascolta, faccio una gran fatica a comprendere ed accettare la mentalità di questi tempi, ma ci sto provando, credimi. Ti chiedo solo una cosa: sii sincero con me, non raccontarmi più nessuna bugia. Preferisco la verità nonostante possa essere brutta piuttosto che un mare di balle.”
Annuì in silenzio. Riconosceva di non essere troppo bravo nel raccontare per filo e per segno certi suoi momenti e in più di una occasione la cosa gli si era ritorta contro.
“E comunque sei stato bravo con le tue amanti saltuarie: non hai figli…Me lo hanno confidato i tuoi nonni…” Daisy si fece scappare un sorriso. “Magari un giorno li avremo insieme.”
Tirò un sospiro di sollievo abbracciandola. “E saranno bellissimi, già lo so.”
Si tuffarono l’uno sulle labbra dell’altra, non riuscivano proprio a stare lontani e forse quello che era accaduto aveva sigillato ancora di più il loro amore.
“Domani torniamo a Londra, ma questa volta insieme. Sarà stupendo vedrai.”
“Lo so, con te lo è ogni cosa.” Iniziò a giocherellare con i suoi capelli, per poi spostare la mano sulla schiena e solleticarlo come a lui piaceva. “Dormi con me stanotte?”
“C’è bisogno di chiederlo?”
Sgattaiolarono nella camera del ragazzo, quella stanza che già li aveva visti amarsi per la prima volta nell’ultima notte di permanenza di Edward nell’era moderna. L’aria era piuttosto fresca ma non se ne curavano, in pochi secondi i loro abiti erano sparpagliati sul pavimento. I loro corpi erano avvolti solo dalle candide lenzuola e dalle loro carezze. Edward affondò il volto nei capelli di lei per inebriarsi del suo profumo che gli faceva letteralmente perdere il senno, mentre le sue mani percorrevano senza sosta la schiena della ragazza, solleticandola ed incendiandola di meravigliosi brividi. Adorava accarezzare quella pelle candida e liscia come il velluto, calda, morbida e invitante; adorava percorrerla con le labbra, baciarla fino allo sfinimento per fare suo ogni minimo brivido e sussulto che gli faceva capire quanto desiderio stesse per esplodere. Daisy avrebbe dato l’anima pur di bloccare lo scorrere del tempo ed ingabbiarlo in quei momenti in cui si donavano reciprocamente. Era per lei una cosa meravigliosa percorrere con le dita ogni singolo muscolo che formava il corpo di Edward, così forte e sensuale, sentirlo una cosa sola con se stessa, come due metalli fusi insieme che danno origine a qualcosa di ancora più prezioso. Era dolcissimo sussurrarsi le parole sottovoce, captare ogni minimo sussurro o gemito e conservarlo nel cuore come un tesoro prezioso.
Si lasciarono cullare dalla magia della notte che avvolge tutto con la sua coperta di stelle, che dona quel tocco di mistero capace di rendere speciale e suggestivo anche il più piccolo particolare che svanirebbe con la potente luce del sole.
Quella notte scivolò via veloce, ma riuscì a spazzar via ogni dubbio dai loro cuori, condizione fondamentale per tornare nella Londra moderna.
 
 
Il giorno successivo, di buon mattino, Edward e Daisy si recarono a Londra per conto loro, nonostante avessero dormito estremamente poco. Da uno dei finestroni che si affacciavano sull’ingresso del palazzo, Lawrence osservava i due con un pizzico di invidia. Era prossimo alla soglia dei trent’anni e nonostante l’appartenenza ad una delle famiglia più potenti d’Inghilterra, nessuna delle ragazze alle quali aveva avanzato proposta di matrimonio aveva accettato. Era spesso vittima di infatuazioni e, complice il suo carattere singolare e bizzarro, finiva con il ricoprire di assurdi complimenti le giovani fanciulle che gli facevano battere il cuore. E loro rifiutavano con eleganza di prenderlo come consorte lasciandolo solo nel suo mondo immaginario fatto di ninfe, fate e creature fantastiche. Non appena aveva incontrato Daisy, come da copione, si era messo subito all’opera cercando di conquistarla con le solite poesie e paragoni pseudo-mitologici. La ragazza non era fuggita solo perché fidanzata con suo cugino, aveva tentato di intromettersi nel loro rapporto e ce l’aveva quasi fatta, avrebbe proseguito nel corteggiamento se non fosse accaduto qualcosa che gli aveva distolto i pensieri da lei. Infatti una parte della sua mente era stata catturata dall’eterea visione della sera prima. Possibile che quella creatura fosse davvero una fata? Da buon visionario, aveva sempre ritenuto possibile l’esistenza del popolo delle foreste, custode dei fiori e della natura, delle sue forze e dei suoi poteri: forse nel parco di Swanlake Palace vivevano davvero degli esseri fantastici di cui quella che aveva scorto poteva essere la principessa o addirittura la regina? Scese in giardino e ripercorse tutti i sentieri dove secondo lui aveva passeggiato la fata. Controllò ogni angolo per scovare un indizio, anche il più piccolo che potesse portarlo alla soluzione del mistero. Ma della sua creatura non c’era traccia.
Dal palazzo Rosemary, in compagnia della sorella Henriette e di Louise che si dilettava nel suonare il pianoforte, osservava il bizzarro cugino girovagare fra gli alberi come una volpe in cerca della sua preda. La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso, da quando aveva preso coscienza dei suoi poteri e soprattutto da quando aveva lasciato il Somerset le sue labbra erano spesso piegate verso il basso. Sentiva che molte cose ancora dovevano  accadere, sapeva che a breve il discorso sulle nozze di Edward sarebbe stato affrontato. E in quell’occasione ci sarebbe stato qualcosa che la riguardava molto da vicino, qualcosa che, se voleva, poteva conoscere in anticipo solo interrogando gli spiriti e consultando le pietre energetiche. Decise di non farlo, aveva paura che anche per lei, come per la sorella maggiore, fosse giunto il momento di conoscere colui che doveva accettare come marito per il resto dei suoi giorni. Non riusciva a dimenticare Nicholas e non lo avrebbe dimenticato neanche il giorno in cui, vestita di bianco davanti all’altare, sarebbe stata costretta a dire “si” ad uno sconosciuto che mai avrebbe potuto amare.
 
 
Seduti in un elegante locale affacciato sul Tamigi Edward e Daisy stavano finalmente trascorrendo del tempo insieme da soli, come desideravano fare da settimane. Davanti ad una deliziosa tazza di the Londra si mostrava in tutto il suo fascino che da secoli ammaliava chiunque si trovasse a percorrere le sue vie e che avrebbe continuato a conquistare in futuro frotte di turisti e non solo da ogni parte del mondo. Il buon vecchio fiume scorreva tranquillo a poche decine di metri dalla loro postazione, Sulle sue acque si specchiava the House of Parliament, con la sua famosissima torre che già da allora scandiva il tempo della capitale. Il Big Ben era al suo posto come una perfetta sentinella che controlla dall’alto che tutto scorra con ordine, come un vegliardo che detiene fra le sue mani le redini del tempo. Il suono che si propagava dalla campana era lo stesso che fin dalla sua infanzia l’aveva accompagnata lungo le corse per non arrivare in ritardo a scuola, per acciuffare all’ultimo secondo la metropolitana, a fare il conto alla rovescia per attendere l’anno nuovo…. Insomma, quel suono era parte di lei e ascoltarlo la faceva sentire a casa.
“Sono contenta che tutto si sia aggiustato.”
“Già.” Edward sorseggiò il suo the.
“Mi stai facendo scoprire una città meravigliosa.”
Il ragazzo però era scuro in volto. “Ascoltami, non vorrei tornare su quello che è successo fra di noi, specie ora che è tutto risolto, ma….”
“Ma?”
“Sai che abbiamo rischiato di rimanere intrappolati qui per sempre?”
Daisy abbassò lo sguardo. “Si.” Un lieve nervosismo si impossessò di lei. “Me ne sono resa conto solo quando la rabbia è svanita dal mio cuore. Scusami.”
“Ho avuto paura che non riuscissi a comprendere che per me questo ritorno nel passato è stato un passo enorme da compiere: non c’era solo Louise, ma anche tanto altro di cui mi vergognavo come un assassino… Per gli uomini di quest’epoca è normale spassarsela con tutte le donne che vogliamo e nonostante quello che ho appreso vivendo con te, ho dovuto fare i conti con questi maledetti scheletri nell’armadio che quel deficiente di Lawrence è andato a tirar fuori. E non è stato facile, credimi…”
Finalmente gli sorrise. “Me lo immagino. Anzi, non vorrei essere nei tuoi panni con uno stuolo di femmine affamate alle calcagna che se ti acciuffano sei fottuto!”
“Beh, ora me la darei a gambe levate.”
“Ti giuro che non mi comporterò più a quel modo.”
“Lo so, è per questo che ti amo.” Si avvicinò a lei e la baciò teneramente, nascondendosi sotto il cappello della ragazza poiché un tale atto era estremamente sconveniente e scandaloso per l’epoca. “Proseguiamo la nostra passeggiata?”
“Volentieri.”
E così il loro tour li portò sotto la maestosità di Buckingham Palace, l’imponenza della Westminster Abbey, della St.Paul’s Cathedral, fino a percorrere gli eleganti viali presso Hyde Park. Quei metri furono colmi di emozioni per la ragazza: lassù, su quei tetti su cui svolazzavano i piccioni, c’era la piccola finestrella che un giorno sarebbe diventata sua. Il palazzo esisteva già seppur ben diverso. Lì in basso, dove ci sarebbero stati pub, internet point, negozi di souvenir e abbigliamento, vedeva librerie, pasticcerie, calzolai e tipografie.
Poco più avanti, dove sarebbe sorta Aesothèria, si trovava un negozio che vendeva articoli religiosi. Il suo sguardo si incollò a quella vetrina e come per incanto le parve di rivivere i momenti passati in quel luogo con Garrett, con i suoi baci carichi solo di perversione, quelle sue mani viscide come i tentacoli di una piovra e quel suo sguardo che in molte, troppe occasioni, l’aveva resa impotente di opporsi al suo volere. Si avvicinò a Edward che l’abbracciò, forse immaginava cosa stesse provando la ragazza nell’osservare certi luoghi.
“Torniamo a casa?”
“Eh? Come?” Daisy si ridestò dal torpore che l’aveva invasa. “Dicevi… Dicevi qualcosa?”
“Andiamo a casa, fra poco sarà ora di cena.”
Annuì in silenzio stringendosi a lui, mentre si dirigevano verso Swanlake Palace con il sole che si faceva più basso sull’orizzonte.
 
Appena giunsero nei pressi della loro residenza, notarono subito Lawrence vagare come un fantasma nel parco, portava nella mano sinistra un fiore, forse una rosa, e nell’altra una lanterna. Scrutava ogni angolo ed ogni anfratto, senza essersi reso conto del ritorno dei due giovani, né che Henriette stava convocando tutti quanti perché il duca e la consorte dovevano rivolgere loro un annuncio importante. E quindi, mentre il personale di servizio si occupava del mezzo di trasporto, Edward e Daisy seguirono la sorella del ragazzo che li condusse in uno degli eleganti salottini situati al piano terra. Il duca si trovava già lì, in piedi, presso il caminetto mentre aspirava il fumo della pipa. A poca distanza, sedute su un divano dal delicato colore azzurro, c’erano la duchessa Anne e Louise; Rosemary aveva preso posto su una poltrona singola. Il duca attese che gli ultimi entrati si accomodassero e poi fece cenno alla moglie di avvicinarsi a lui.
“Ho deciso di convocarvi tutti qui per esprimervi il mio compiacimento: l’aver lasciato il Somerset, seppur con qualche dubbio, ha dato i frutti positivi che  speravo. L’aria della capitale e tutto quanto a lei connesso mi ha fornito la possibilità di superare il doloroso periodo che abbiamo dovuto affrontare a seguito della dipartita della mia indimenticabile madre. Pertanto posso annunciare ufficialmente terminato il periodo di lutto.” Fece una breve pausa per cogliere nei volti dei presenti l’approvazione alle sue parole. Poi proseguì. “Dunque ho intenzione di seguire il suggerimento della mia cara moglie” posò lo sguardo su Anne sorridente “e daremo un gran ricevimento da tenersi il sabato della prossima settimana per festeggiare il nostro arrivo a Londra.”Si voltò poi verso il figlio. “In tale occasione sarà presa la decisione in merito alle tue nozze, Edward.”
Nel volto del ragazzo scomparve all’istante la serenità che mostrava fino a pochi attimi fa. “Come? …Padre, veramente io…”
Lo fece tacere con in gesto della mano. “La questione è stata tirata troppo per le lunghe, è giunto il momento che tu prenda in mano le tue responsabilità di erede del titolo di Duca del Somerset, è tuo preciso dovere contrarre matrimonio ed assicurare la discendenza alla famiglia.”
“Naturalmente, ad ogni modo conoscete già la mia decisione.” Strinse la mano di Daisy nella sua.
“Certo, manca ancora la nostra benedizione. Ritengo quindi che il ricevimento in programma sia l’occasione perfetta e colgo l’occasione per invitare la famiglia di lady Thompson a Swanlake Palace. Vi confesso, mia cara, che il fatto di non aver mai avuto il piacere di conoscere i vostri parenti ha causato in me qualche perplessità. Spero non abbiate niente in contrario a riguardo.”
Dasiy piombò in un incubo. “C-certo che no, sir….” E cos’altro poteva rispondergli? I miei non possono venire perché si trovano nel futuro?
Strinse la mano di Edward quasi come se volesse stritolarla, era preda del panico.
“Bene, sono invitati anche i Millstone ovviamente. Spediremo gli inviti nel giro di due giorni, voglio che tutto sia organizzato alla perfezione. E’ tutto, potete ritirarvi adesso.”
E adesso? Cosa avrebbe fatto Daisy? Qualcosa doveva inventarsi! Dove li andava a pescare i suoi parenti?!
 

 
 
Ciaoooo!
Spero abbiate trascorso un felice Natale e colgo l’occasione per augurarvi un 2015 pieno di cose belle.
Sono stata titubante fino ad un attimo fa, non ero convintissima del capitolo.
Spero comunque che vi piaccia, posso dirvi che non manca moltissimo alla conclusione…anche perché si inizia a parlare di un certo matrimonio.
Di nuovo buon 2015 a tutti e mi raccomando, recensite! A presto!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 18
*** Un ritorno inaspettato ***


 
SWANLAKE PALACE, UNA SETTIMANA PRIMA DEL RICEVIMENTO
 
 
Miei cari genitori,
unisco all’invito della famiglia Harringhton questa mia lettera per informarvi sulla mia persona e sulla mia vita presso la capitale del regno di Sua Maestà la nostra nobile sovrana Vittoria. La sorte mi sorride e con immensa gioia vi comunico che presto entrerò a far parte del nobile casato degli Harringhton. Vi esorto dunque a raggiungermi prima possibile, affinché si possa dare inizio ai preparativi del mio matrimonio. L’annuncio ufficiale sarà dato in occasione del ricevimento organizzato da Sua Grazia il Duca e desidero ardentemente avervi vicino in un momento per me così importante. Vi informo inoltre che non sarà necessario predisporre alcuna dote consistente, il mio futuro sposo mi ha già nominata proprietaria del suo ingente patrimonio.
Attendo con ansia di potervi abbracciare di nuovo.
Con affetto
Louise
 
 
La ragazza piegò con cura il foglio e lo introdusse in una busta, poi consegnò  il tutto perché fosse recapitato prima possibile alla sua famiglia nel Somerset. Il suo cuore esplodeva di felicità poiché gli avvenimenti degli ultimi giorni le avevano stravolto la vita facendola passare dalla nera disperazione all’apice della gioia. E quello che le era accaduto restava chiuso nel suo cuore, non ne aveva fatto parola con nessuno, specie con i membri della famiglia Harringhton. Si chiuse nella sua stanza vagando con l’immaginazione, vedeva tutto sotto una luce diversa, ogni cosa appariva di colore rosa, il grande giardino le sembrava la cosa più fantastica sulla faccia della Terra così come la stessa villa. Scostò leggermente le tende della finestra e scorse laggiù fra le rose non ancora fiorite, la causa dell’immensa felicità che le aveva invaso anima e cuore. La sua bocca si piegò in un sorriso luminoso: finalmente anche lei aveva trovato la sua serenità.
 
 
SWANLAKE PALACE, DUE GIORNI PRIMA DEL RICEVIMENTO
 
Daisy stava provando l’abito che avrebbe indossato in occasione del gran ballo organizzato dal padre di Edward per gli ultimi ritocchi. Era un autentico capolavoro di sartoria: il bustino la fasciava stretta e dalla vita si dipartiva un’ampia gonna formata da tantissimi strati di seta e organza dal tenue color crema. L’abito le lasciava le spalle scoperte, adornandole con una sorta di stola che si andava a ricongiungere davanti con un elegante cammeo. Nonostante ciò la ragazza era molto pensierosa poiché ancora non aveva trovato una soluzione credibile per giustificare l’impossibilità di presentare al duca la sua famiglia. Le sarte lavoravano senza sosta da giorni per ultimare i preparativi, poco più in là su altri manichini c’erano infatti gli abiti confezionati per Henriette, Rosemary e Louise, tutti meravigliosi. Osservando l’abito della giovane Millstone un altro pensiero per niente tranquillizzante si riaffacciò nella sua mente: nel giro di due giorni il suo destino si sarebbe compiuto e avrebbero saputo chi fra le due avrebbe ricevuto la benedizione della famiglia Harringhton per le nozze. Se avesse perso la sfida, cosa ne sarebbe stato di lei? Sarebbe tornata nel suo tempo da sola o con Edward? Oppure avrebbe vagato per sempre in quella sorta di limbo dove regna l’immobilità? Era preda della più grande preoccupazione mai provata in vita sua, sapeva che la sua rivale partiva avvantaggiata, nonostante i vecchi dissapori familiari, ora superati, poteva contare sulla presenza dei suoi congiunti. Lei era sola, dove poteva trovare nel giro di due giorni delle persone da poter far passare come genitori, parenti più o meno prossimi? Spacciarsi per orfana o appartenente alla classe sociale più bassa era un pessimo biglietto da visita; inventarsi un improbabile ritardo per cause indipendenti era poco credibile. Poteva raccontare che i suoi si trovavano, ad esempio, in India per commerciare the, o al di là dell’oceano Atlantico… E trovare una scusa altrettanto credibile alla domanda quasi automatica Perché non ce lo ha detto prima?
Il tempo passava e l’avvicinava sempre di più a quel momento fatidico e maledetto in cui doveva trovarsi di fronte all’annuncio del fidanzamento ufficiale del suo Edward con quella. Sarebbe mai tornata nel suo tempo se lui avrebbe dovuto sposare l’altra?
 
 
E come ogni uomo alle prese con la fidanzata in giro fra abiti e accessori, Edward era seduto su una sedia nel corridoio presso il salone dove Daisy stava ultimando le prove dell’abito. Attendeva da quasi un’ora e non potendo contare sull’aiuto dello smartphone per ingannare il tempo, faticava a tenere gli occhi aperti. Ogni tanto sbuffava chiedendosi per quanto ancora doveva attendere lì fuori, aveva imparato a mente tutti i particolari del ritratto del suo antenato appeso alla parete, non sapeva più come stare seduto su quel cuscino, aveva contato tutte le pieghe delle tende, tutti gli uccelli che svolazzavano da un albero all’altro del giardino, con quello svampito di suo cugino che vagava di cespuglio in cespuglio, sicuramente ancora in cerca della sua fantomatica creatura. Quest’ultima cosa a dire il vero gli fece piegare la bocca in un lieve sorriso: almeno aveva smesso di corteggiare Daisy fino allo sfinimento!
Pochi istanti dopo un’altra cosa catturò la sua attenzione: una carrozza piuttosto grande trainata da quatto cavalli fece il suo ingresso a Swanlake Palace. C’erano due cocchieri e dei bagagli decisamente voluminosi… Voleva sbagliarsi ma aveva la netta sensazione che i Millstone ne fossero i passeggeri. Perché erano arrivati con due giorni di anticipo rispetto al previsto?
E uno dei due cocchieri non era forse…?
“Ho finito, scusa se ti ho fatto attendere tutto questo tempo.” Daisy era appena uscita dalla stanza e lo trovò con gli occhi incollati alla finestra.
Edward si voltò, non aveva dato ascolto alle sue parole, la guardò un attimo, poi la sua attenzione fu di nuovo per gli ospiti appena arrivati.
“Che succede?” La ragazza guardò fuori. “I Millstone? Che ci fanno già qui?”
“Sai dov’è Rosemary?”
“No, perché?”
“Vedi quel ragazzo alto  che sta scaricando i bagagli?”
“Quello con il mantello verde scuro?”
Annuì con la testa. “E’ Nicholas Leighton.” Fissò la ragazza negli occhi. “Non so cosa si è inventato per venire qui, ma so con certezza che lo ha fatto per lei.”
Negli occhi di Daisy si formarono all’istante miriadi di stelle. “Quant’è dolce…. La ama davvero tanto.” Si lasciò sopraffare dalla sua vena romantica.
“Dobbiamo trovarla velocemente, vieni!”
Si precipitarono mano nella mano al piano di sotto, cercarono in tutte le stanze: Rosemary non c’era.
“Aspetta… Sento qualcosa.” La ragazza si portò una mano alla testa. “E’ in casa ed è in contatto con degli spiriti.”
“Nel sottotetto, svelta! Quando fa quelle cose si nasconde lì!”
Salirono le scale in un lampo raggiungendo i piani più alti del palazzo. Man mano che si avvicinavano alla stanzetta dove si trovava Rosemary, Daisy avvertiva fortissime energie positive e protettive. Le percepiva in modo netto e distinto ed entrò in quell’ambiente in punta di piedi con il massimo rispetto e senza recare il minimo disturbo. Non appena la ragazza riprese il totale controllo delle sue facoltà, si voltò verso il fratello e la sua fidanzata.
“Sento fortissime correnti psichiche, cosa sta accadendo?” Nel suo sguardo c’era tensione.
“Tesoro…” Edward corse a stringerle le mani. “Nicholas è qui.”
Rosemary impallidì, le sue labbra tremavano. “Nich…Nicholas…”
“Tu lo sapevi?”
“Sentivo che doveva accadere qualcosa” deglutì “ma non sapevo che… non credevo che…”
Non terminò la frase, spinse involontariamente il fratello quasi fino a farlo cadere a terra, scese le tre rampe di scale con il cuore in gola e gli occhi spalancati per l’incredulità. Davvero il suo amato Nicholas era lì? Giunse nel piazzale con i capelli quasi completamente sciolti e le guance di nuovo rosee, c’erano solo due bauli da portare nel palazzo. La o le carrozze, non sapeva quanti mezzi fossero stati utilizzati, erano già state spostate e i cavalli forse si trovavano presso le scuderie. E lui non poteva che essere lì a curare gli animali che lo avevano portato a Londra. Con il fiato corto e le gambe tremanti si avviò verso le stalle, la porta era socchiusa, si affacciò titubante con il terrore che stesse sognando tutto. Sentiva dei rumori, qualcuno stava mettendo il fieno nelle mangiatoie, si avvicinò in punta di piedi e per poco non svenne quando, nella penombra, vide che era proprio lui.
Si appoggiò ad una parete e le prime lacrime iniziarono a rigarle il viso. “Nicholas….” L’emozione le aveva lasciato solo un misero filo di voce, flebile ma sufficiente a far voltare il ragazzo e a fargli cadere di mano il forcone non appena la vide. Bisbigliò appena il suo nome, quel nome che sussurrava ogni sera alle stelle sperando che giungesse fino a lei; lei che era lontana, lei che ora stava lì a due passi. Incurante dei rischi che potevano correre corse a stringerla fra le braccia, riempiendo i polmoni della delicata fragranza dei suoi capelli, quel profumo che aveva conservato dentro di sé e che lo aveva aiutato a sopportare quella terribile lontananza. Si scostarono leggermente per guardarsi in faccia, erano ancora increduli. Le accarezzò il viso asciugandole le lacrime, ne descrisse il contorno una, due, tre volte come a volersi sincerare che quella fra le sue braccia non era il frutto della sua fantasia, era lei in carne ed ossa.
“Dio, quanto mi siete mancata….”
“Non ho fatto che pensarvi in queste lunghe settimane…”
“Possibile che siete ogni volta più bella?”
“Possibile che siete davvero qui?”
Le loro labbra si stavano avvicinando pericolosamente, il sapore del loro primo ed unico bacio aveva lasciato impresso in entrambi qualcosa di incancellabile e bramavano di rivivere quegli attimi di magia lì in quel momento, avvolti nella penombra e lontani da tutto il resto del mondo.
“Dovete vedere che cavalli, caro Gilbert!”
“Sono proprio curioso!”
Due voci spezzarono l’incanto. “Oh cavolo, mio padre!” Rosemary si allontanò da Nicholas. “Se ci scopre siamo nei guai!” Fu difficile sciogliere quell’abbraccio, ma necessario.
“Ecco, conoscete il figlio del conte Leighton, è lui che ce li ha forniti e…”
“Rosemary?”
“Padre…” La ragazza si inchinò al genitore. “Lord Millstone…”
“Posso chiederti il motivo della tua presenza nelle scuderie?”
“Beh… sapete che adoro i cavalli e… ho notato poco fa degli animali bellissimi, suppongo siano quelli che hanno accompagnato qui sir Jacob e… insomma, volevo vederli da vicino.”
Il padre ascoltò con attenzione le parole della ragazza, non era troppo convinto e Rosemery se ne rese conto scorgendo una luce strana nei suoi occhi. “Adesso torna a casa, tua madre ti sta cercando.”
Salutò frettolosamente e si allontanò dai tre uomini andandosi a nascondere dietro alcuni montanti che sorreggevano la copertura. Diede un’ultima occhiata a Nicholas muto e immobile mentre gli altri erano persi nel contemplare gli animali, prima di uscire dai locali ed andarsi a sedere sull’ultima panchina del parco, proprio dietro alla chiesetta, con una mano sul cuore. Batteva forte, anzi fortissimo, e non per la corsa che aveva fatto, semplicemente perché ancora era incredula di ciò che era appena accaduto. Poggiò la testa all’indietro e si passò una mano sulla fronte: Nicholas era davvero a Swanlake Palace? Non era un sogno? Se lo fosse stato, nel cielo avrebbe contato le stelle, non gli uccelli che si crogiolavano ai raggi del sole, poiché come sempre, si svegliava nel cuore della notte dopo averlo sognato ed aver creduto che fosse accanto a lei. Restò immobile in assoluto silenzio, aveva bisogno di tranquillità per riprendere il controllo dei suoi nervi e non commettere passi falsi.
“Finalmente vi ho trovata.”
Sussultò. E sorrise.
“Ho girato in lungo e in largo il parco della villa per cercarvi.” Nicholas le prese le mani fra le sue e le portò alle labbra.
“Non posso ancora credere che siete davvero qui. Vi prego, ditemi che non sto sognando, datemi un pizzicotto…”
“Preferirei piuttosto darvi un bacio.”
“E’ pericoloso.”
“Lo so, ma non resisto più. Da quando siete partita non ho fatto altro che pensare a voi, a trovare un espediente per raggiungervi. E’ stato questo difficile periodo che mi ha fatto comprendere che quello che provo per voi non è una semplice infatuazione. Sono tornato ogni giorno nel luogo dei nostri incontri segreti sperando di vedervi arrivare da un momento all’altro, non volevo arrendermi all’evidenza di non potervi più incontrare. Sentivo troppo la vostra mancanza e non appena i Millstone si sono rivolti a mio padre per prendere in prestito dei cavalli e una carrozza sufficientemente grande per venire qui, non ho esitato un istante ad offrirmi per accompagnarli.”
Il volto della ragazza si illuminò, lo accarezzò dolcemente ed impresse un delicato bacio sulle sue labbra.
“Ascoltatemi Rosemary, so di non essere un buon partito per voi, la mia famiglia è inferiore alla vostra e probabilmente vostro padre ha già deciso chi sarà il fortunato che vi avrà come consorte. Malgrado questo, vorrei chiedere la vostra mano non appena mi sarà possibile, sono pronto a tutto per voi e qualunque cosa mi verrà chiesta, io lo farò. E lo farò per voi.”
A queste parole la ragazza non riuscì a trattenere oltre le lacrime, affondò il viso nel suo petto e si lasciò stringere. Anche lei si sarebbe battuta fino allo stremo delle forze per restare con lui, avrebbe fatto di tutto, incluso rinunciare al suo titolo nobiliare, beni, possedimenti di famiglia e quant’altro. Niente aveva più valore della felicità. E la felicità aveva un solo nome: Nicholas Leighton.
 
 
SWANLAKE PALACE, LA SERA DEL RICEVIMENTO
 
Il fior fiore dell’aristocrazia britannica era già nell’enorme salone in attesa dell’ingresso del duca e della sua famiglia. Louise era in compagnia dei genitori e del fratello, Nicholas era in disparte, elegantissimo, Daisy era sola, vicino ad una porta finestra e si rese presto conto di essere nel mirino di molti giovani presenti. Aveva i nervi a fior di pelle perché ancora non si era inventata una valida giustificazione per l’assenza della sua famiglia. Percepiva la presenza degli spiriti degli antenati Harringhton che le sussurravano di restare tranquilla perché tutto si sarebbe aggiustato, ma lei proprio non riusciva a pensare in positivo in quel contesto di sfarzo ed eleganza basata sulle apparenze dedite solo a salvaguardare il buon nome della famiglia o l’appartenenza a questo o quel ceto sociale. Lì, a breve, sarebbe forse stata umiliata davanti a tutti quegli snob le cui conseguenza sarebbero state decisive per il suo futuro.
Il maggiordomo batté tre volte il bastone sul pavimento per richiamare l’attenzione dei presenti che fecero subito silenzio, ed annunciò solennemente l’ingresso di Sua Grazia il duca Gilbert Harringhton, la duchessa Anne, i figli Sir Edward, Lady Henriette e Lady Rosemary. A chiudere il corteo Lord Lawrence.
Daisy sentì un tuffo al cuore pazzesco: Edward era sempre bellissimo, ma quella sera stava superando il limite che credeva insuperabile. Gli altri non esistevano e non esisteva neanche il salone, per lei era buio completo: l’unica fonte di luce era lui e non poteva neanche pensare lontanamente che a breve qualcuno poteva spegnerla per sempre. Nicholas fu costretto ad appoggiarsi ad una colonna non appena scorse la sua amata, tanto era bella e leggiadra in quell’abito color del cielo che era un tutt’uno con i suoi occhi azzurri. Forse il buon senso o forse qualche spirito invisibile lo trattenne dall’andare incontro alla ragazza e urlarle in faccia davanti a tutti quanto era meravigliosa e che avrebbe superato mari e monti pur di averla accanto per il resto dei suoi giorni.
Louise si era avvicinata ai genitori, con gli occhi incollati sulla famiglia Harringhton. “Finalmente…. Finalmente la sorte mi sorride, questo è il momento che sogno da una vita.”
 
 
 
Ciao a tutti!
Chiedo scusa per il mostruoso ritardo… Sono piombata nella pigrizia più assurda che mi ha causato un blocco totale. Non riuscivo più a scrivere un tubo, sono stata più di una volta davanti alla pagina bianca fissando il cursore lampeggiante senza sapere cosa scrivere. Adesso sono tornata in pista ed eccomi di nuovo qua.
Allora… c’è stato un ritorno inaspettato, c’è invece un matrimonio in vista che riguarda Louise e …. Qualcuno l’ha intuito?
Grazie a tutti voi che avete la pazienza di seguire la storia e soprattutto a voi che commentate.
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 19
*** Fiori d'arancio in vista ***


 
 
Dopo i vari convenevoli e discorsi di circostanza, lord Gilbert si avvicinò alla famiglia Millstone salutandone i membri con cortesia ed eleganza.
Poco più in là notò Daisy, bellissima, ma sola.
Le  fece cenno di avvicinarsi e la ragazza, con le gambe che iniziavano a sostenerla con grande fatica, dovette obbedire.
Andrà tutto bene, tranquilla, te lo hanno detto gli spiriti… Dai Daisy, hai superato ostacoli più grandi di questo…
Già ma una figura di merda colossale nell’ottocento ancora non l’hai mai fatta!
Si inchinò agli Harringhton mentre nella sua testa tentava di trovare la forza per non mandarli tutti a farsi fottere una volta che si fossero resi conto della mancanza dei genitori e che l’avrebbero quasi certamente sbattuta fuori come un sacco dell’immondizia. Edward le andò incontro, leggendo nei suoi occhi il dramma che la stava divorando.
“Mia cara, permettetemi di dirvi che siete una meraviglia stasera.”
“Grazie milord.”
“Vorrei poter omaggiare anche i vostri congiunti, se me lo concedete.”
Daisy guardò Edward preoccupatissima. “I miei congiunti…?”
Il duca si guardò attorno, nessuno si avvicinava e tutti gli altri invitati erano sparsi qua e là per il salone con gli occhi incollati su di loro.
“Non si sono presentati?”
“Ecco…”
“Ah, lo sapevo che nascondevate qualcosa.” Intervenne lady Anne senza nascondere il suo disappunto. “Dalla vostra pessima educazione avevo intuito che la vostra famiglia doveva essere di bassa estrazione sociale o addirittura inesistente.”
“E’ così?” Il duca, che fino a poco tempo prima era propenso a dare la propria benedizione a Daisy, si mostrò improvvisamente contrariato, sentendosi oltre tutto offeso. “Non ritengo proficuo insediare a fianco di mio figlio una giovane donna di dubbie origini. Vi confesso che in un primo momento ero molto compiaciuto della sua scelta, ma questa vostra lacuna non è tollerabile dalla nostra famiglia. Vi rammento che gli Harringhton sono una delle dinastie più nobili ed antiche dell’intera Inghilterra e voi… voi potreste essere benissimo un’arrampicatrice sociale se pretendete ad ogni costo di sposare mio figlio poiché conoscete benissimo i privilegi cui andrete incontro e dei quali avete beneficiato fin troppo! O forse sbaglio?”
“Non sono un’arrampicatrice sociale!” Sbottò Daisy, nonostante Edward tentasse di trattenerla il più possibile. “E ho una famiglia degnissima! Non è qui per ragioni da loro indipendenti e impossibili da comprendere per tutti voi!”
“Basta! L’argomento è chiuso! Il vostro tono irrispettoso non merita risposta!” Moderò il tono di voce dopo un breve silenzio. “Ragion per cui non vedo ostacoli nel concedere la benedizione mia e di tutta la famiglia Harringhton alle nozze di Edward con lady Louise Millstone.”
“Eh no milord!”
Gli occhi dei presenti furono catturati dall’esclamazione della stessa Louise che rifiutava categoricamente il matrimonio.
“Mi duole comunicarvelo in questa circostanza, ma non vedo altra via d’uscita.” La ragazza incrociò le braccia. “Non ho alcuna intenzione di sposare Edward.”
Lo stupore era dipinto nel volto di tutti coloro che avevano udito quella frase: sapevano infatti quanto era stato fatto da lei stessa per persuadere il ragazzo, tutti i tentativi, le preghiere, le moine… Ed ora che stava per coronare gli sforzi, rifiutava!
“Il mio sposo è lui.” Andò a stringere le mani di Lawrence, raggiante e sorridente come non mai.
Piombò il silenzio. Sui volti dei presenti si contavano occhi sbarrati per lo stupore ed erano incapaci di pronunciare qualsiasi suono nonostante le bocche spalancate. Louise e Lawrence sembravano la perfetta incarnazione della coppia rimasta vittima del più classico colpo di fulmine: sguardo sognante, sorriso semi ebete stampato in faccia, incapacità di lasciare l’uno le mani dell’altra.
Il primo a ridestarsi da quella specie di dormiveglia fu Edward, non appena percepì la mano di Daisy sfiorargli l’avambraccio. Mostrò un sorrisetto compiaciuto e divertito: finalmente era libero dalle pericolose mire della ragazza e soprattutto quello svampito di suo cugino aveva alzato bandiera bianca dei confronti della sua fidanzata. “Quindi… fatemi capire bene: tu vorresti sposare lei?” Farfugliò indicando prima Lawrence e poi Louise.
“Naturalmente caro cugino. Lei è la mia ragion di vita, la mia fata, la mia musa ispiratrice….”
“E lui è l’uomo più incredibile e meraviglioso esistente sulla faccia della terra.”
 
Dunque tutto sembra si stia mettendo sulla strada giusta, ma facciamo un piccolo salto indietro nel tempo (a quelli siamo abituati!) e vediamo cos’è accaduto.
 
Il giorno successivo all’annuncio da parte del duca Gilbert riguardante il ricevimento, al calar della notte Lawrence uscì per l’ennesima volta nel parco di Swanlake Palace alla ricerca della sua misteriosa creatura. Gli altri membri della famiglia erano già in procinto di andare a letto e lui approfittava della situazione da un paio di sere per scovare la sua fata misteriosa e dimostrare ai suoi parenti una volta per tutte che non era un visionario, che un’entità misteriosa viveva sul serio nel parco, che era bella, anzi, bellissima e che, se gli fosse stato possibile, l’avrebbe pure sposata o almeno amata, anche solo per un’unica notte. Il suo orecchio sentì in lontananza l’orologio a pendolo del salone annunciare le undici della sera, era l’unico rumore artificiale udibile, nell’aria si propagava solo il canto degli uccelli notturni e lo scricchiolio di piccoli ramoscelli sotto i suoi passi. Portava nella mano destra la solita lanterna accesa che gli faceva compagnia durante la sua ricerca, nell’altra mano teneva una rosa: l’avrebbe offerta alla sua fata una volta presentatosi al suo cospetto. Osservava con circospezione ogni angolo che riusciva ad illuminare nella speranza di vederla sbucare da un momento all’altro. Già molte volte era dovuto rincasare senza successo, ma finalmente quella sera la sua costanza fu premiata. Complice la luna piena che illuminava quasi a giorno il giardino, scorse a poche decine di metri dal luogo che stava perlustrando, una fanciulla dalla veste bianca e i capelli chiari stesa su una panchina, forse addormentata. Senza fare rumore si avvicinò a lei e la illuminò con la lanterna per sincerarsi che non si trattava di un’allucinazione, che finalmente l’aveva trovata. Ed era bella come sognava. Si spostò mettendosi di fronte a lei contemplandola: poggiava la testa sul braccio che penzolava dal bordo della panchina; l’altro braccio era piegato e la mano quasi le sfiorava il mento. Era riversa sul fianco destro, le sue gambe leggermente piegate le permettevano di sfruttare al meglio tutto lo spazio; i piedi si intravedevano dal lembo inferiore dell’abito, molto simile ad una camicia da notte, e sembravano scalzi. Sulla testa non presentava alcuna decorazione né acconciatura particolare, portava i capelli sciolti, biondi e lunghissimi, che ricadevano in parte sulle spalle, in parte si nascondevano dietro la schiena. Lawrence restò lì immobile, fissandola come si fa con qualcosa di meraviglioso che ci conquista all’istante, aveva perso totalmente la cognizione del tempo e riprese il controllo di sé solo quando vide che la sua fata aveva aperto gli occhi. Questa, ancora intorpidita dal sonno, tentò di mettere a fuoco ciò che le stava davanti: i lineamenti di quel tipo che la fissava somigliavano tantissimo al viso di Edward, si stropicciò gli occhi per averne la conferma e tirò su leggermente la testa.
“Mia leggiadra creatura fantastica, non era mia intenzione interrompere il vostro dolce sonno….”
“Creatura…fantastica..?” Forse stava ancora sognando. “Dov’è?”
“Voi. Voi lo siete, o meraviglia del mondo nascosto.”
No, non poteva essere Edward. A meno che non fosse uscito di testa. “Io non sono una creatura del bosco.. o quello che voi dite, signore.” Adesso era ben sveglia e iniziò a guardarsi attorno. “Ma questa non è la mia camera!” Guardò poi il ragazzo davanti a lei e fu colta da paura. “E voi chi diavolo siete?!” Schizzò in piedi allontanandosi di qualche metro.
“Lawrence Harringhton, mia meravigliosa fanciulla.” Si inchinò profondamente a lei offrendole la rosa e scatenando nella ragazza una scarica  di emozioni mai provata prima.
“Lawrence Harringhton?” Rifletté un attimo e le tornò in mente quella conversazione udita per caso fra Edward e Daisy sul fantomatico cugino definito bizzarro e svampito, ricollegando le cose.
“Esatto, mia cara. Posso avere l’immenso onore di conoscere il vostro nome?”
“Io sono Louise Millstone e non sono una fata né una creatura del bosco. Sono una comunissima ragazza venuta qui al seguito del duca Harrighton che, suppongo sia vostro parente.”
Il volto di Lawrence si illuminò. “Credevo di aver visto già l’apice della bellezza in questo mondo e forse è questo il motivo per cui vi ho scambiata per la regina delle fate che vaga per il parco quando cala l’oscurità.”
Louise si mise a ridere. “Nessuno mi aveva mai detto niente di simile! Anzi, ho sempre passato dei brutti momenti per i rischi che corro quando cado vittima del sonnambulismo! Anche stanotte sono sicuramente uscita dalla mia stanza senza rendermene conto e sono finita qui dove voi mi avete trovata.”
Adesso era tutto chiaro: quella creatura che Lawrence aveva visto e scambiato per una fata, non era altro che Louise sonnambula. Era rimasto talmente folgorato dalla bellezza della ragazza che iniziò a farle complimenti, dedicarle poesie e decantarne l’aspetto in modo del tutto spontaneo; per la prima volta in vita sua trovava le parole giuste in fondo al suo cuore senza ricorrere ad assurde rime ed improbabili paragoni. Si sentiva dannatamente bene con lei, le stava aprendo il suo cuore come si fa con una persona che si conosce da tantissimo tempo; le ore  scorrevano veloci e piacevoli in sua compagnia e per la prima volta nella sua vita ebbe paura di essersi innamorato sul serio. Nessuna ragazza lo aveva conquistato come Louise.
E lei? Perdutamente innamorata di Edward? Nel giro di pochi minuti lo aveva gettato fra gli oggetti di scarto, immergendosi appieno nelle iridi color nocciola di Lawrence e annegandoci definitivamente. Era stata corteggiata da altri uomini in passato, alcuni decisamente affascinanti, altri ricchi sfondati e appartenenti a famiglie molto prestigiose, ma in lui c’era qualcosa che mancava a tutti gli altri, Edward incluso. Adorò fin da subito il modo in cui parlava, la sua passione per l’arte e la poesia, la letteratura, la musica; il suo sorriso era qualcosa che le accarezzava il cuore riempiendolo di quel calore unico che può ricondurre solo all’amore vero e che le fece scomparire dalla mente tutte le volte in cui aveva rimediato dei secchi rifiuti dal suo ex oggetto del desiderio.
Rimasero lì, entrambi persi l’uno nell’altra, fino a che il cielo non iniziò a tingersi dei colori dell’alba. Prima del sorgere del sole si giurarono amore eterno sigillando il sentimento sconvolgente che li aveva invasi nel giro di poche ore con il loro primo bacio accarezzato dal primo raggio di sole.
 
 
Ecco dunque cosa portò Lawrence a chiedere ufficialmente la mano di Louise quella sera stessa ai Millstone i quali, dopo la sorpresa iniziale, non si opposero alle nozze vedendo come quell’uomo appartenente comunque alla dinastia Harringhton fosse capace di far felice la ragazza. Tutti i presenti accolsero con gioia l’annuncio ufficiale dell’imminente matrimonio dei due giovani che ebbero l’onore di aprire ufficialmente le danze.
“Edward!” Il duca richiamò il figlio che si stava avviando verso il centro del salone per danzare con Daisy. “Dove credi di andare?”
“A ballare con lei, mi sembra ovvio.”
“Figliolo, il fatto che Louise abbia scelto tuo cugino non equivale al mio consenso perché tu continui a frequentare quella ragazza di dubbie origini.”
“Padre, godetevi la serata. Aggiusteremo tutto rapidamente e non vi creeremo scandali, state tranquillo.” Prese per mano Daisy. “Presto sarà tutto finito, il nostro posto non è qui.”
“Che significa? Cosa vuoi insinuare?”
“Capirete tutto al momento giusto.” Si allontanò dal padre volteggiando nelle danze con Daisy fra le braccia. Strizzò l’occhio a Rosemary che comprese subito il messaggio del fratello. Erano pronti per tornare nel futuro ora che si era aggiustata ogni cosa fra di loro. L’ultimo tassello spettava a lei, sapeva quando avrebbe dovuto procedere con l’apertura dello stargate che troneggiava nell’elegante salone del ricevimento, ma non era ancora il momento. Il suo cuore quella sera era in subbuglio e quindi non nelle condizioni ideali per l’operazione. C’era Nicholas e non chiedeva che di tuffarsi fra le sue braccia per ballare con lui, magari fuori in giardino sotto le stelle. Non poteva farlo davanti a tutti, visto che suo padre ancora era in forte disappunto col fratello, avrebbero rischiato di mettere la parola fine al loro amore che tentava di uscire alla luce del sole con grande rischio e fatica. Sgattaiolò fra gli invitati, prese il ragazzo per mano e fuggirono insieme nel parco, lontani da tutto e da tutti, iniziando a volteggiare sulle note del walzer che si espandeva nell’aria di Swanlake Palace per confondersi con la magia della notte che apparteneva solo a loro due.
 
 




Ciao belli!
Ultimamente non riesco ad essere puntuale come una volta, ma siamo quasi giunti alla fine. Il prossimo sarà infatti l’ultimo capitolo e qui molte cose si sono sistemate: Lawrence ha finalmente trovato la sua “fata” e ben presto convoleranno a nozze. Quindi avrete intuito che ben presto lo stargate si aprirà di nuovo… Vi chiedo quindi un altro pizzico di pazienza, la storia va avanti da tempo e posso capire che qualcuno si sia stancato. Non temete, manca poco al finale, dunque vi aspetto prossimamente!
Voi intanto recensite!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 20
*** Il ritorno ***


 
Tutto era pronto: il sacerdote, i testimoni, gli invitati, i fiori e i musicisti….
Lawrence fece il suo ingresso nella chiesetta di Swanlake Palace elegantissimo, esibendo lo stemma del casato Harringhton, con un sorriso luminoso ed innamorato sulle labbra. Dopo aver assistito a quasi tutti i matrimoni dei nobili rampolli inglesi, finalmente era giunto anche il suo momento. Raggiunse l’altare sulle note del Canone di Pachelbel ed omaggiò il prete che a momenti lo avrebbe unito per l’eternità alla sua amata Louise. Si voltò verso l’ingresso dell’edificio religioso e come per incanto apparve davanti ai suoi occhi la visione che gli fece impennare i battiti cardiaci fino al limite dell’infarto. Accompagnata dal padre Jacob, Louise fece il suo ingresso in chiesa: era radiosa in quell’abito bianco con delicati ricami floreali sul petto, con le maniche decorate da sottili fili di pizzo, bustino stretto ed un’ampia gonna con un lunghissimo strascico. Sotto il velo, anch’esso molto lungo, i suoi capelli erano raccolti in trecce che andavano a creare un’acconciatura semplice ed elegante. Il suo viso brillava come non mai: era felice ed innamorata, cosa poteva sperare di meglio?
Fuori presso la carrozza che l’aveva condotta lì, c’era Nicholas in veste di cocchiere. In cuor suo sapeva che prima o poi sarebbe arrivato anche il suo momento, si sarebbe accontentato di una semplice cerimonia senza tutto quello sfarzo pur di avere accanto Rosemary per l’eternità. La ragazza era seduta con la sua famiglia nei primi banchi, appena dietro i suoi zii cioè i genitori di Lawrence. Negli occhi di Henriette si scorgeva una nota di malinconica invidia: aveva quasi compiuto i ventidue anni senza aver mai ricevuto uno straccio di proposta di matrimonio, nessun corteggiatore, nessun ammiratore… E lì, davanti a lei, Louise molto più giovane di lei convolava a nozze dopo aver combinato una serie di guai contrari al buon costume! Lei, dal comportamento ineccepibile, era ancora zitella e con poche prospettive davanti. Più indietro Daisy si nascondeva dietro Edward, aveva preso parte alla cerimonia solo per espressa volontà degli sposi; la sua presenza non era più gradita dalla famiglia del suo fidanzato.
“Sai una cosa? Non avrei mai immaginato di poterlo dire, ma provo una leggera punta di invidia nei confronti della tua ex spasimante.”
Edward si voltò meravigliato. “E cosa avresti da invidiarle?”
“Tutta questa bella cerimonia, l’atmosfera, la festa….. Ho una profonda vena romantica anche io.” Il suo sguardo si faceva sempre più sognante.
“Tranquilla.” Le accarezzò la mano. “Non dovrai invidiarle proprio niente.”
“Perché?”
Le rispose solo con un sorriso, comprese così che aveva in mente qualcosa. Preferì non insistere evitando di rovinare la sorpresa che probabilmente teneva in testa, si fidava di lui e si concentrò di nuovo sulla cerimonia giunta ormai a termine. Fra la commozione dei parenti più sensibili, Lawrence e Louise adesso marito e moglie, si avviarono verso l’uscita della chiesa preceduti da paggetti e damigelle che spargevano petali di rose. Ben presto tutti quanti si strinsero a loro nel parco della villa mostrando la loro felicità ai neo sposi.
Il ricevimento ebbe luogo poco dopo nell’elegante salone al pian terreno, in quell’occasione reso semplicemente spettacolare dalle composizioni floreali e dalle delicate decorazioni realizzate. Da un angolo l’orchestra diffondeva nell’aria note celestiali facendo somigliare ad una favola tutto il contesto in cui si trovavano.
Sulla parete opposta, sopra il grande camino, troneggiava lo stargate in quel momento sotto le sembianze di un comunissimo specchio.
Edward e Daisy sentivano qualcosa nell’aria, temevano che da un momento all’altro potesse accadere ciò che sapevano. Rosemary era seminascosta fra gli invitati e non mostrava niente che potesse far loro presagire l’imminenza del viaggio temporale. Se ne stava lì in disparte a poca distanza da Nicholas, probabilmente per approfittare della prima occasione per sgattaiolare fuori e trascorrere del tempo piacevole in sua compagnia.
“Amici carissimi e onorabili parenti” Lawrence prese la parola catturando l’attenzione dei presenti. “Desidero rivolgere ad ognuno di voi il più sentito ringraziamento mio e della mia sposa meravigliosa per essere intervenuti alla cerimonia. Conserveremo in eterno il ricordo di questi momenti per noi così importanti e vi invito adesso a sollevare i calici ed unirvi a noi in un brindisi di buon auspicio per la nostra vita futura.” Tutti quanti seguirono l’invito dello sposo, il quale poi aprì le danze sulle note di un walzer che fece venire in mente a Daisy certe scene viste in moltissimi film storici dedicati a case reali d’altri tempi. Quella non era una finzione, era la realtà della vita degli aristocratici dell’epoca. Le sembrava quasi impossibile che nel giro di circa centocinquanta anni tutto sarebbe cambiato in modo radicale da far sembrare quelle usanze lontane anni luce. I due sposini volteggiavano in mezzo al salone, belli e innamorati, guardandosi negli occhi senza curarsi di chi stava loro intorno. Erano totalmente persi l’uno nell’altra, non si accorsero neanche dell’ingrasso nelle danze degli altri invitati che, trascorso il tempo canonico da lasciare ai protagonisti dell’evento, si lanciarono nel ballo. Anche Edward trascinò Dasiy, la sentiva nervosa ma non capiva se ciò era dovuto a quanto accaduto con suo padre che non la vedeva più di buon occhio o ad altro.
Poi comprese tutto in una frazione di secondo: a poca distanza da loro comparve improvvisamente Rosemary che aveva negli occhi una strana luce.
La ragazza schioccò le dita e il tempo si fermò: tutti sembravano statue, erano come delle foto istantanee che li ritraevano durante le danze, anche le fiammelle delle candele sugli enormi lampadari erano immobili pur continuando ad illuminare il salone. Gli unici che potevano muoversi liberamente erano lei, il fratello e la fidanzata.
“E’ giunto il momento.” Mostrò loro il talismano comparso fra le sue mani, Daisy lo riconobbe all’istante: era quello che il nonno aveva consegnato a Mel quando lasciarono l’epoca moderna. “Avvicinatevi allo stargate, tra meno di un minuto si aprirà.” Indicò loro lo specchio che iniziava ad illuminarsi della luce azzurrognola che li aveva condotti lì.
Edward e Daisy furono colti da un improvviso spavento misto ad angoscia e tristezza. Si strinsero l’un l’altra come a  volersi fare coraggio a vicenda.
“Non temete, fidatevi di me. Andrà tutto bene e in men che non si dica sarete di nuovo nella Londra del futuro.”
Eward corse ad abbracciare la sorella. “Abbi cura di te Rosie.” I suoi occhi erano umidi, nutriva un affetto molto profondo nei suoi confronti. “Ti voglio bene.”
“Tranquillo Eddie, so quello che devo fare. Forse farò leggermente infuriare papà ma non m’importa.” Volse lo sguardo verso Nicholas e poi guardò di nuovo il fratello. “Adesso vai.”
Si allontanò da lei con le lacrime agli occhi e in una frazione di secondo la ragazza si trovò catturata dalle braccia di Daisy. “Non ti dimenticherò mai, è stato un onore conoscerti.” Anche lei si era affezionata alla ragazza.
Questa le prese le mani. “Io sarò sempre con voi.” Sentì l’energia al culmine. “Vai ora, ci siamo.” La loro presa si sciolse fra le lacrime che solcavano i volti di tutti loro, Daisy si ricongiunse ad Edward e subito furono avvolti dalla luce azzurra sprigionata dallo stargate ormai spalancato.
“Fate buon viaggio!!” Queste furono le ultime parole urlate da Rosemary che riuscirono ad udire prima che il vento spazio temporale li risucchiasse. Poco dopo il talismano recante lo stemma degli Harringhton cessò di pulsare luce e contemporaneamente scomparve anche la luminescenza azzurra: lo stargate era di nuovo sigillato, davanti ai suoi occhi c’era solo un comunissimo specchio. Tirò un sospiro di sollievo: c’era riuscita! Dietro di lei percepiva gli spiriti dei suoi nonni e di tutti i suoi antenati che mai l’avevano abbandonata in quell’operazione così delicata. Grazie al loro intervento sui presenti, ancora immobili, ogni ricordo collegato ad Edward e Dasiy fu modificato, ad operazione completata con un nuovo schiocco di dita il tempo riprese a scorrere come se nulla fosse avvenuto.
 

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Percepivano delle correnti di aria piuttosto fredda, un brivido percorse le loro schiene: fu allora che realizzarono di poggiare i piedi su qualcosa di solido. Daisy ebbe l’impressione di indossare di nuovo dei pantaloni, tutti gli strati di stoffe che formavano le gonne cui si stava abituando erano svaniti. Con buona titubanza aprì un occhio: c’era oscurità resa meno fitta da una leggera luce proveniente dall’esterno, sembrava l’alba. Allentò la presa sulle braccia di Edward e, sempre con il batticuore, si allontanò da lui iniziando a guardarsi attorno: riconobbe di trovarsi a Swanlake Palace, notò lo specchio-stargate a un paio di metri e questo le fece comprendere che quello era il salone meraviglioso in cui si stava svolgendo il ricevimento di nozze di Lawrence e Louise. E se tutto era buio….
“Siamo tornati…” Sussurrò la ragazza.
Edward deglutì e si guardò attorno. “Così pare.”
“Abbiamo anche i nostri vecchi abiti.”
“E’ vero.” Poggiò le mani sul torace sentendo la stoffa della sua felpa, più in basso riconobbe il tessuto in jeans.
Si guardarono attorno con aria di smarrimento e come per incanto davanti ai loro occhi si materializzò un’entità: aveva i capelli bianchi raccolti dietro la nuca, indossava un abito semplice ma elegante, apparentemente degli anni venti del 1900. Sulle spalle teneva uno scialle i cui lembi avvolgevano le braccia, le mani erano congiunte e si notava un anello all’anulare della sinistra. I due rimasero immobili, quello spirito infatti non era fra quelli a loro noti, ma dal dolce sorriso nel suo volto compresero che si trattava di qualcuno che conoscevano. Edward fissò quella donna negli occhi e, seppur con tutte le difficoltà del caso, ebbe l’impressione di intuirne l’identità.
“Sono felice di ritrovarvi qui, vedo che ho svolto il mio compito nel migliore dei modi.”
Quelle parole illuminarono la mente del ragazzo. “Rosemary…? Sei tu?”
“Si, sono io. Comprendo la tua meraviglia, caro fratellone, l’ultima volta che ci siamo visti coi nostri corpi mortali ero molto più giovane. E queste sono le mie sembianze nel momento in cui sono entrata a far parte del mondo ultraterreno.” Allargò le braccia come a volersi far osservare per bene. “Trovo in splendida forma anche te, Daisy.” Sorrise alla ragazza che ricambiò. “Posso tornare nella mia dimensione poiché tutto si è sistemato nel migliore dei modi. Inoltre il sole sta per sorgere ed io appartengo ai sentieri della notte, da lì sono venuta e lì devo far ritorno. Non temete, vi sarò sempre vicina, ho avuto una lunga vita felice e farò tutto quanto in mio potere perché anche la vostra lo sia.” Si commosse. “Andate ora, fuori qualcuno vi attende.” Detto questo svanì mentre il primo raggio di sole squarciò l’oscurità della notte.
Ancora scossi per quanto accaduto, Edward e Daisy si avviarono verso l’uscita mano nella mano con passo lento e a tratti pure mesto. Davanti a loro il parco di Swanlake Palace si presentava desolato e avvolto dall’impalpabile foschia del mattino.
E fu tra quella nebbia che scorsero due figure barcollanti avanzare lentamente.
“Ehi, ma quelli non sono forse Mel e Soren?”
Daisy corse verso di loro, da quanto desiderava riabbracciare la sua amica! Si fermò a pochi passi da lei e si strinsero forte l’un l’altra una volta appurato che si trattava proprio di lei. “Tesoro, che bello rivederti!”
“Non ti dico quanto sono stata in pensiero! Mi hai fatta preoccupare, sai?!”
La ragazza guardò l’amica con aria interrogativa.
“Ah, non fare quella faccia! Cosa credi? Gli spiriti Harringhton mi hanno fatto un resoconto dettagliato delle tue avventure ottocentesche!”
Si mise a ridere. “Beh, così non dovrò sorbirmi il tuo interrogatorio.”
“E’ quello che pensi tu.”
“Che intendi?”
“Devi raccontarmi per filo e per segno tutto quello che loro non mi hanno spifferato, specie dei vostri momenti...”
“E cosa ti fa pensare che voglia farlo?”
“Il fatto che altrimenti ti torturerò con il solletico fino a che non crolli!” Iniziò a punzecchiarla.
“Scordatelo!”
Si abbracciarono strette, avevano sentito tantissimo la mancanza l’una dell’altra.
“Hai una sorella fenomenale Edward, lasciatelo dire.”
Sorrise, aveva ancora gli occhi umidi dall’incontro con Rosemary di poco fa. “Si, hai ragione. Rosie è così.”
Soren gli diede una pacca sulla spalla. “Coraggio compare, avrai voglia di rilassarti prima di raccontarmi com’è il viaggio temporale. Da bambino dicevo sempre che avrei inventato la macchina del tempo…”
“Beh si… Un po’ di relax mi farebbe bene.”
“Già, oltre tutto ho organizzato una serata di puro divertimento in occasione del vostro ritorno.”
“Che?!” Sbottò Mel. “Tu sei fuori! Ti rendi conto che mi sono dovuta svegliare prima dell’alba per venire qui?!”
“Beh?”
“Ti concedo di terminare la tua festicciola alle nove e mezza di stasera, non un minuto di più!” Sbadigliò sonoramente provocando le risa dei presenti.
Mel non era cambiata affatto!
Uscirono dunque da Swanlake Palace sotto i raggi del sole appena sorto che andava ad illuminare i tetti della Londra moderna con il suo caos, il suo traffico, i suoi turisti e uomini d’affari e i rintocchi del caro vecchio Big Ben a dar loro il buongiorno
 
Si, l’avventura era finita. Erano tornati a casa.
 
 
PICCOLO EPILOGO
 
Che fine avranno fatto tutti i personaggi che ci hanno accompagnato in queste settimane?
Nicholas Leighton, armato di coraggio, chiese la mano di Rosemary. Il duca Gilbert lo cacciò in malo modo poiché non era un buon partito per la figlia. Per tutta risposta la ragazza consegnò ai genitori una lettera scritta di suo pugno in cui rinunciava al suo titolo nobiliare, alla sua dote, ad ogni ricchezza ed eredità per seguire nel Somerset Nicholas e diventarne la consorte.  Ne scaturì un putiferio che non la impressionò, andò avanti nel suo intento ed abbandonò la famiglia natale. Un paio di anni più tardi i due si sposarono e la loro felice unione fu benedetta dall’arrivo di cinque figli.
 
Henriette restò zitella. Era stata educata come una perfetta nobildonna snob e rigorosamente attaccata all’etichetta che non ricevette mai proposte di matrimonio. Anche i tentativi della famiglia di trovarle marito si conclusero con rifiuti netti e categorici da parte dei giovani interpellati.
 
Lawrence, completamente assorbito da Louise, ereditò il titolo di Duca del Somerset dallo zio Gilbert una volta che questi fu passato a miglior vita. Nell’arco del suo matrimonio divenne padre di ben dodici pargoli alcuni dei quali purtroppo mancarono in tenera età. L’enorme fortuna di cui disponeva venne rapidamente sperperata dalla moglie vanitosa e capricciosa, alla quale non riusciva a dire di no. Così un poco alla volta il meraviglioso Swanlake Palace cadde in rovina, riducendosi a luogo diroccato ed abbandonato, molto gettonato dai cacciatori di fantasmi per le ragioni che ben conosciamo.
 
Edward, aiutato in sogno dagli spiriti dei suoi nonni, vinse una cifra esorbitante al bingo grazie alla quale rilevò la proprietà del palazzo. Riuscì a ristrutturarlo, riportandolo quasi al suo antico splendore. Non per ultima la chiesetta in fondo al parco…
 
Gli serviva per un matrimonio: il suo.
 
 


 
Ciao a tutti!
Finalmente sono riuscita a pubblicare il finale di questa storia che porto avanti da quasi un anno. Non sono particolarmente entusiasta della conclusione, ma ero a corto di idee… Spero comunque che apprezziate!
Probabilmente lasciare Daisy ed Edward sarà difficile proprio perché mi hanno fatto compagnia per lunghi mesi, ma come ogni cosa anche questa ha visto un inizio e vede ora una fine.
Non so se e quando riprenderò a scrivere e pubblicare nuove storie… Al momento ho la testa vuota, potrei pure dire basta… non lo so ancora. Se questo dovesse avvenire, lasciatemi urlare un GRAZIE a tutti quelli che hanno dedicato il loro tempo alle mie storie.
Un abbraccio a tutti
La Luna Nera
 
PS: Mi lasciate un ultimo commentino alla storia? Thanks! ; *

 

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