Feels like forever

di histattooedarms
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amanda's ***
Capitolo 2: *** Primo Incontro ***
Capitolo 3: *** Buongiorno ***
Capitolo 4: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 5: *** Please, don't go ***
Capitolo 6: *** Amour, Amour ***
Capitolo 7: *** Paris and some memories ***
Capitolo 8: *** Demons ***
Capitolo 9: *** Is this the end of us? ***
Capitolo 10: *** Gone forever (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** Amanda's ***


~Sono ancora rintronata dalla scorsa notte, la pioggia scroscia irrefrenabilmente e picchietta sulle finestre. Sono le tre del pomeriggio, dovrei alzarmi, ma queste sono le giornate tipiche invernali che preferisco: pioggia battente, freddo e piumone caldo quindi mi rigiro nel letto e mi rimetto a dormire.
Sono le 16.30, è decisamente l’ora di alzarsi. Alle 21 ricomincio il turno e finirò come sempre alle 4/4.30: lavoro in uno dei pub più famosi della città e per questo motivo è sempre pieno e io corro tra i tavoli come una pazza, poi torno a casa sempre un po’ stordita perché tutte le sere suonano gruppi locali e di tanto in tanto ospitiamo anche bands di una certa importanza; ad esempio la scorsa settimana sono venuti i Pierce The Veil ed è stato a dir poco MERAVIGLIOSO.
Mi alzo, vado a farmi la doccia e poi devo stirarmi la divisa che contiste in un paio di pantaloncini neri a vita alta (che assomigliano più a delle mutande per via della loro “lunghezza”) e una canottiera nera attillata con scritto “AMANDA’S” il nome del pub, insomma l’abbigliamento adatto per le giornate di metà dicembre.
Sono le 17, metto sul fuoco il bollitore con l’acqua per il tè rigorosamente verde (sì, sono fissata con la dieta e devo assolutamente mantenere la mia taglia per via del lavoro) e mi preparo la cena (insalta contita e un pezzetto di formaggio primo sale, con poche kcal)  che mangerò sulle 18 perché sebbene il mio turno inzi alle 21 devo essere lì per le 19 per preparare il locale (sì, è sfruttamento).
Prendo un libro e inizio a leggere; (amo leggere, i libri non mi annoiano mai) quando mi squilla il cellulare, un messaggio dalla mia migliore amica: “Bea devo assolutamente dirti una cosa, non posso aspettare, l’ho appena saputo” ok, mi ha impanicato abbastanza, le rispondo, “Sì Fra, dimmi, che succede? Devo preoccuparmi?” “Sai chi ci sarà stasera a suonare all’Amand’s?! Gli OF MICE & MEN, I NOSTRI IDOLI SARANNO AD UN METRO DA NOI, È UN SOGNO CHE SI AVVERA e io penso di morire”. Mi manca il respiro, non riesco a credere che sia tutto vero, penso che potrei svenire, ma il fischio del bollitore mi riporta alla realtà “Non riesco a crederci, ci vediamo lì” taglio corto, mi faccio il tè, mi perdo nei pensieri sorseggiando e poi corro a prepararmi: trucco nerissimo (sempre per via del lavoro), skinny jeans rigorosamente neri, maglione di lana grigio, 18.37 merda, sono in ritardo, mi infilo gli anfibi perché diluvia, il piumino e salgo in auto. “The Flood” pompa nelle casse della mia vecchia auto e io sgommo via (devo stare attenta a non fare incidenti andando così veloce con la pioggia e il pensiero di avere gli omandm nel locale).
18.57, TOP sono in orario e sono viva, entro all’Amanda’s e Fra mi salta letteralmente al collo; ha le lacrime agli occhi “ È da quando avevamo 16 anni che aspettiamo questo momento, Bea e finalmente è arrivato, non riesco ancora a crederci” ok ammetto che anche a me veniva da piangere, ma dovevamo darci da fare; il locale doveva essere al top. Corro a prepararmi e si comincia.
Le seguenti due ore passano velocemente, tra preparativi e mille pensieri, il locale splende, e finalmente (si fa per dire) siamo pronti ad aprire.
Fino alle 23 non c’è molta gente e quindi neanche tanto lavoro, ma quando arriva la mezzanotte l’AMANDA’S diventa un fiume in piena ed è tutto un continuo via vai di persone.
Mentre mi muovo tra tavoli e bancone un sacco di ‘se ‘ mi affiorano nella mente ‘e se faccio una figuraccia?’ ‘e se Austin mi parla?’ non riuscivo a concentrarmi era più forte di me, mancava poco, il palco che li avrebbe accolti era ormai pronto e io sentivo il mio cuore battere fuori maniera.
00.30 le luci si affievoliscono, gli occhi e le teste di tutti i presenti si girano verso il palco, il mondo sembra fermarsi ed eccoli entrare, loro, tutti e cinque, i nostri idoli a due metri da noi… loro che hanno salvato le nostre vite, perché potete chiamarmi strana, bambina, sognatrice e quant'altro ma la musica salva le persone, la musica ha salvato me. Li fisso, ci sono proprio tutti e sono ancora meglio dal vivo, una lacrima di gioia mi solca il viso.

“I WAS ALL FOR YOU, YOU FELL OVER MY LOVE…” Fra mi fissa, sta piangendo, come me del resto, stanno suonando la mia, la nostra canzone e io non riesco a credere ai miei occhi, è tutto così vero.
Purtroppo però questo momento dura poco perché il dovere chiama e riinizia il via vai di persone e vassoi dai tavoli al bancone.

Suonano per un’oretta buona, e prima che ce ne accorgessimo avevano già finito, mi sentivo un po’ disorientata a quel punto, pensavo di essermi immaginata tutto, e ne ero quasi convinta finchè non tornai al bancone e me li trovai tutti e cinque che parlavano con Travis (il proprietario e nostro fidato amico). Faccio del mio meglio per sembrare indifferente perché sto lavorando, continuo ad andare su e giù, quando alzando lo sguardo dal bancone col vassoio in mano per portarlo al tavolo, mi trovo due enormi occhioni marroni che mi fissano e un sorriso così bello, perfetto da fare invidia al paradiso “Hey, me la dai una birra?”

Nota dell'autrice: Ciao, questa è la mia prima ff, vi prego abbiate pietà e recensite...accetterò tutte le critiche

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Capitolo 2
*** Primo Incontro ***


Per poco non faccio cadere tutto il vassoio; Alan Ashby stava parlando con me, voleva che gli dessi una birra, ma io sono troppo intontita per compiere qualsiasi movimento, le gambe mi tremano e penso che il mio povero cuore stia per esplodere; troppe emozioni in una sola giornata.
«Hey bellissima, che ti succede?» dai Bea svegliati, dagli quella cazzo di birra e vai via.
«Oh si certo, scusami, ecco a te»
«Ti ringrazio»
Ok adesso devo portare il vassoio al quel tavolo laggiù, chissà da quanto stanno aspettando, ma dov’è Fra?! Non riesco a vederla in mezzo a tutto questo caos.
01.33 questa sera malgrado il locale sia strapieno non ci sono molte persone, forse perché piove e, mentre questo pensiero mi attraversa la mente, torno al bancone e vedo Fra, per fortuna. Le vado vicino e le dico di aver parlato con Alan e lei mi spalanca i suoi bellissimi occhioni nocciola contornati da uno strato spessissimo di matita nera e eye-liner
«Che coooosa?! TU HAI PARLATO CON ALAN?»
sì, stava urlando come una pazza, le dico del mio imbarazzante incontro con il chitarrista e lei scoppia in una risata fragorosa:
«Certo che l’ansia fa brutti eff.. »
Non riesce a finire la frase che tornano tutti al bancone:  Austin, Alan, Aaron, Phil e Tino tutti e cinque disposti difronte a noi “Quanto è alto Austin, caspita” penso guardando Fra che penso abbia un attacco di panico non indifferente, le prendo la mano
«Va tutto bene forza torniamo al lavoro» e ci avviamo tra i tavoli.
Sono quasi le due e gli Of Mice & Men sono ancora qui che scherzano con Travis. Torno al bancone per dare una pulita e Alan mi rivolge nuovamente la parola
«Hey, mi daresti un’altra birra» ok, quell’ “hey” all’inizio di ogni frase mi infastidiva, c’è il cartellino con il mio nome per qualcosa, comunque prendo la birra, la stappo e gliela porgo, lui mi sorride come per ringraziarmi (davvero un bel sorriso) e torno a fare quello che stavo facendo; in tutti i cinque anni che ho lavorato all’Amanda’s non mi ero mai sentita così sotto pressione.
«Bea, hai visto che sorpresa che vi ho fatto portandovi qui i ragazzi!» mi dice Travis; “i ragazzi”?! vuoi dire che si conoscono e lui ha aspettato tutto questo tempo per portarli a suonare in questo cazzo di Pub?! Vabbè poco mi importa, devo continuare il mio lavoro. Fino alla chiusura non ho più parlato con nessuno tranne che con i clienti e alle quattro meno venti non arrivava più nessuno così abbiamo deciso di chiudere, ma loro erano ancora lì, seduti sugli sgabelli del bancone che chiaccheravano allegramente tra di loro con Travis incurante del fatto che io e Fra stavamo morendo dalla voglia di scambiare qualche parola con loro.
«Hey, scusa non leggo il tuo nome, ma mi daresti un’altra birra?»
«Alan smettila di bere te ne sei già bevute abbastanza per questa sera, non mettermi in condizioni tali da doverti fare da mammina» interviene subito dopo Austin, e il discorso finisce lì.

«Fra, il cuore mi sta scoppiando, sono a due metri da noi e io non credo di essere più tanto sana di mente»
Ride, ma la conosco da una vita e so che sta succedendo anche a lei.
Mentre stiamo mettendo in ordine i tavoli sento Travis che dice loro
«Dai che vi presento le ragazze, senza di loro questo posto non sarebbe quello che è»
Ho un groppo alla gola, mi manca il respiro.
«Ragazze venite qui dai, basta riordinare, continueremo domani»
Con passo di zombie ci giriamo e andiamo verso di loro.
«Lei è Francesca, ma Fra per gli amici e lei è Beatrice, ma Bea per gli amici. Ragazze loro sono, beh, lo sapete meglio di me»
«Io e la moretta ci siamo già conosciuti, vero?» esclama Alan guardandomi. No, non ci siamo conosciuti per niente non ci siamo presentati e abbiamo scambiato solo due parole.
«Sono entrambe more, idiota» sbotta Austin «Comunque io sono Austin, Austin Carlile…questo qui è Alan e loro sono Aaron, Phil e Valentino, ma Tino per gli amici».
«Molto piacere» esclamiamo in coro, la tensione si è un po’ allentata.
«Sai Austin, loro vi seguono da una vita e conoscervi è una vera gioia» interviene Travis.
«Oh, seriamente?! Allora non c’era bisogno che ci presentassimo» ironizza Austin.
«Ragazzi, mi piacerebbe rimanere qui a parlare, ma ho una moglie e dei figli che mi aspettano per uscire la domenica mattina, quindi è meglio che mi faccia qualche ora di sonno» aggiunge Travis.
«Sì certo Travis, chiudiamo noi e usciamo, ci vediamo domani sera» gli rispondo
Travis si congeda e Alan propone di andare a fare un giro, non  so bene cosa ci sia da fare il 21 di dicembre in una città come la nostra dalle quattro e un quarto del mattino, ma io e Fra accettiamo, quando mai potrebbe ricapitarci di fare una passeggiata nel cuore delle notte con i nostri idoli? Non ricapita, quindi “Seize The Day” (o “Carpe Diem” mettetela come volete).
Solo Alan e Austin però sono entusiasti della proposta del chitarrista, e gli altri tre decidono di tornare in Hotel.
Ok, siamo noi con loro due in giro per le stade alle quattro del mattino, così cominciamo a parlare un po’ di noi, delle nostre vite e Austin decide anche di parlarci dell’operazione al cuore e della malattia che mi lascia senza parole: quell’uomo ha una forza incredibile per continuare ad andare avanti. Lo ammiro ancora di più.
Ridendo e scherzando si sono fatte già le sei e il cielo appare un po’ meno nero, comincia a scendere una pioggerellina sottile che non ci preoccupa, quando mi rendo conto che ho lasciato l’auto al pub e la sera devo andare a lavorare.
«Cazzo, ho lasciato la macchina all’Amanda’s» esclamo «Devo tornare a prendela, scusate, ma domani non so come tornare al lavoro e ormai sono quasi arrivata a casa a piedi».
Si girano tutti a fissarmi con aria sbalordita quando Austin prende parola
«Abiti da queste parti?»
Annuisco e gli indico il palazzo
«Perché quella è la mia auto, se sei d’accordo vi portiamo noi al pub domani, così salutiamo anche Travis».
Non credevo alle mie orecchie, guardo Fra che sta cercando invano di trattenere il suo entusiasmo e con gli occhi mi comunica “Ti prego accetta, ti prego” , guardo Austin
«Oh, sei sicuro che non sia troppo disturbo?»
Annuisce, «Sarebbe un vero piacere» completa Alan.
«Beh, ormai che siamo qua e la pioggia comincia a intensificarsi perché non salite» non so dove trovai la forza per dire certe parole, stavo invitando Austin Carlile e Alan Ashby a casa mia.
«Sei sicura che non sia troppo disturbo?» scherza Austin
«È un piacere» dice Fra imitando Alan

Apro la porta di casa (dell’appartamento)  e faccio entrare tutti gli altri, metto apposto il divano-letto, lo apro e i miei ospiti si accasciano sul piumone stanchissimi.  Li guardo: Fra, Alan in mezzo e Austin alla fine che ci sta a fatica nel letto per via della sua altezza.
Mi tolgo gli anfibi, il piumino e svuoto lo zaino con la divisa e le mance della serata, lascio tutto sul tavolo e me ne torno dagli altri che nel frattempo si sono seduti, si sono tolti scarpe e giacconi e stanno guardando la televisione.
06.23 direi che potremmo anche dormire adesso, ma non faccio in tempo a dirlo che tutti e tre si sono già addormentati sotto il mio piumone e mi hanno lasciato anche un posto alla fine del letto, affianco al colosso di Austin. Mi accoccolo affianco a lui, (oddio sembro ancora più minuta di quello che sono) mi faccio cullare dai pensieri e mi addormento.

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Capitolo 3
*** Buongiorno ***


Mi sveglio dopo qualche ora perché sto praticamente morendo di freddo e non ho la più pallida idea di che ore siano. Mi sento davvero bene perché ho fatto un sogno a dir poco meraviglioso, mi giro per vedere come mai fossi completamente scoperta e mi accorgo di essere nello stesso letto di Austin Carlile, ho il suo braccio appoggiato alla mia schiena in una specie di mezzo abbraccio e allora mi rendo conto di non aver sognato; era successo tutto veramente.
Alzo leggermente la testa e scorgo Fra e Alan che dormono, silenziosi, ognuno immerso nei propri sogni e poi il mio sguardo cade sul cantante che, non riesco ancora a crederci, è nel mio letto; siamo così vicini e se penso che è successo tutto nel giro di qualche ora mi vengono i brividi: prima non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia e adesso siamo nello stesso letto, quasi abbracciati.
Rimarrei a fissarlo per ore, ma sono completamente distrutta quindi cerco un pezzo di piumone per coprirmi almeno un po’ e mi avvicino di più ad Austin, così vicino che riesco a sentirgli il battito cardiaco, sento il suo respiro e cullata dal ritmo del suo respiro e del suo cuore mi riaddormento.
Mi sveglio nuovamente, senza piumone ma molto vicina ad Austin, alzo la testa  ma Alan e Fra non ci sono, cerco il cellulare con le mani, lo trovo e guardo l’ora: 12.47. Beh non ho più sonno , quindi mi alzo e vado in cucina e trovo Fra e Alan che fanno colazione come se fossero a casa loro, si sono preparati il cappuccino e stanno mangiando brioches.
«Buongiorno principessa» mi sfotte Fra «dormito bene?»
Annuisco e faccio un cenno con la mano per salutare il chitarrista che ricambia con uno dei suoi sorrisoni.
«Carlile sta ancora dormendo immagino, devi averlo stancato parecchio questa “notte”» mi dice Alan destando la mia attenzione e un certo imbarazzo
«Che cosa? Stai scherzando vero? Io con Austin non ho fatto proprio niente» gli dico convinta
«Forse non te lo ricordi, ma noi abbiamo sentito tutto»
Fra annuisce con la bocca impastata di brioches.
Sono imbarazzatissima, non mi ricordo di aver avuto rapporti di nessun genere con Austin e poi ero completamente vestita come poteva essere successo?
«Dai Alan, non ti credo…poi sono completamente vestita»
In quel momento Fra scoppia a ridere in una delle sue solite risate contagiose
«Bea, per un momento ci hai creduto, sei rossa come un pomodoro…Non ce la faccio, mi viene troppo da ridere.» dice ridendo «Comunque vatti a lavare il viso che hai il trucco tutto sbavato da ieri, non vorrai che Austin ti veda così» conclude
«Cosa dovrei vedere?» spunta dal nulla Austin
Da quanto tempo era lì, avrà visto o sentito la scena dove mi stavano altamente prendendo per il culo e io per un momento ci ho anche creduto?! Mi auguro di no
«Oh ciao Austin, niente la tua amichetta è presa un po’ male dopo quello che le hai fatto questa notte» risponde serio, ma più falso che mai, Alan.
Austin lo fissa incredulo, poi guarda me (con tutto il nero degli occhi sbavato e i capelli chissà come) e mi sorride, potrei morire per quel sorriso, non sto scherzando.
«Amico sei un idiota, non le ho fatto niente…siamo completamente vestiti» lo spegne Carlile
«Mmm Fra, non pensavo fossero così intelligenti, ci siamo dimenticati questo piccolo dettaglio e abbiamo mandato il nostro scherzo a puttane» ridacchia Alan rivolgendosi alla mia migliore amica la quale annuisce e gli fa l’occhiolino.
«Mmm simpatici, proprio» concludo io.

13.20
Io e Fra ci siamo fatte la doccia e ci siamo sistemate mentre gli uomini stavano guardando la tv
«Fra, ho dimenticato i vestiti in camera»
«Secondo me l’hai fatto di proposito per andare da loro con solo l’asciugamano indosso»
«Ma, che bella considerazione che hai di me»
Stiamo ridendo come due sceme, però quello è un bel problema…per fortuna trovo l’accappatoio, lo indosso e scappo velocemente verso l’armadio, non mi hanno vista.
Apro l’armadio e tiro fuori le prime cazzate che trovo: un paio di jeans neri e una felpa rosso bordeaux, prendo i calzini e furtivamente mi avvio verso il bagno quando sento
«Hey, Austin guarda, niente male» mi sorprende Alan; mi sentivo una ladra colta con le mani nel sacco a casa mia. Mi giro verso di loro (credo di non essere mai stata tanto rossa in viso; ero abituata ai complimenti, come lo era anche Fra, ma fatti da loro avevano un altro effetto) e li trovo lì imbambolati a fissarmi
«Dovevo prendermi dei vestiti» taglio corto e scappo in bagno e mi chiudo la porta alle spalle. Appena mi vede entrare Fra comincia a ridere, ha quasi le lacrime…che imbarazzo lei si era già vestita e io ero appena stata vista da due sconosciuti in accappatoio a casa mia.
«Beh non capita tutti i giorni di ricevere apprezzamenti da Alan Ashby» cerca di sdammatizzare, ma io vorrei solo scomparire, sprofondare.
Mi vesto ed esco dal bagno e li trovo tutti e tre intenti a guardare un programma stupidissimo in televisione, Austin si accorge della mia presenza e mi fa spazio sul divano, mi siedo e gli faccio
«Hey, hai dormito abbastanza bene?»
«Certo, è stato meraviglioso, ero stanco morto e ho dormito divinamente… e tu?»
«Oh sì, anch’io» gli rispondo sorridendo.
«Ragazzi facciamo qualcosa che poi io e Fra dobbiamo andare all’Amanda’s?»
«Oh Bea, mi ha appena chiamata Travis e mi ha detto che oggi tiene chiuso e ci da la giornata libera perché vuole passare un po’ di tempo con i suoi figli e anche noi abbiamo bisogna di una giornata per noi visto che lavoriamo tantissimo, parole sue»
«Sei seria? Abbiamo un giorno libero? Oddio sono troppo felice»
«Facciamo un pic nic?» propone Alan
«Bell’idea» rispondiamo tutti all’unisono

14.03 Saint Jimmy’s Park
«Questo posto è meraviglioso» dice Austin distendendosi sull’erba affianco a Fra
«Già» afferma lei.
Passiamo un pomeriggio gradevole tra risate e aneddoti sulle nostre vite quando Fra se ne viene fuori con la proposta della serata
«Questa sera ci sarà un festa in un locale appena fuori città, vi va di andarci?»
«Non potevi avere idea migliore, musica e alcohol mi attirano assai» le va dietro Alan
Che intesa che c’è tra quei due, sono quasi gelosa di Alan.
«Beh allora siamo tutti d’accordo?»
«Sì»
«Bene, Austin andiamo in hotel a prepararci che poi le passiamo a prendere, alle 10 va bene?»
«Ci faremo trovare pronte»


19.30
«Non so che cazzo mettermi Fra»
«Ma a chi lo dici» mi risponde con tono disperato «Voglio qualcosa di sexy, che attiri l’attenzione, ma non voglio essere volgare»
«Mettiti il tubino nero che ti sta d’incanto, con quello sì che farai girare tutti»
«Tu dici?»
«Non dico, affermo»
«Allora vada per il tubino nero, tu che ti metti?»
«Mmm, bella domanda, non ne ho idea…proposte, consigli?»
«Mettiti la tutina nera che ti ho regalato e poi valorizziamo con gli accessori»
«Ottima scelta»
Ci abbiamo messo una vita per prepararci ed erano già le 21.48 quando abbiamo finito, il risultato non era niente male.

22.00 suona il clacson, sono arrivati. Alan è elegantissimo, ma non eccessivo indossa dei jeans blu e una camicia nera che gli valorizza la corporatura e i muscoli e Austin invece dei jeans e una camicia blu notte che gli risalta il colore dei capelli, è bellissimo, non avrei mai immaginato che potesse vestirsi così, ma è tremendamente perfetto.
«Austin, con che due splendori stiamo uscendo?! Con noi sono sciupate»
«Hai ragione Alan, siete stupende»
«Anche voi non siete per niente male».

Arrivati al locale Alan e Fra si fiondano al bancone degli alcolici (birra per entrambi, ho già detto che sono molto simili?) e mi lasciano da sola con Austin, non siamo mai rimasti da soli (tranne quella mattina nel letto, ma lì stavamo dormendo), lo osservo; è così alto, così perfetto, la camicia gli calza a pennello e mette in evidenza i muscoli, i suoi capelli arruffati mi fanno impazzire.
 Oh no non posso essermi innamorata del cantante della mia band preferita. E mentre faccio per scacciar via quel pensiero lui mi cinge le spalle con il braccio sinistro, si avvicina al mio orecchio
«Sei incantevole»
Dove cazzo è la mia migliore amica quando mi serve? Ho bisogno di lei so che devo parlarne con lei , ma non la vedo, e non riesco a trovare nemmeno Alan…Grandioso la mia amica si è imboscata col chitarrista lasciandomi da sola ai miei istinti. La cosa non deve sfuggirmi di mano.

«Vuoi che usciamo a prendere una boccata d’aria? Mi sembri piuttosto, ehm, strana»
«Carlile, io sono strana comunque va bene»
Usciamo dal locale, lì dentro si soffoca; tra fumo e quantità di persone che ti alitano addosso non riesci a respirare.
«Te l’ho già detto che sei bellissima?»
«Sì, almeno tre volte»
«Beh è perché non riesco a staccarti gli occhi di dosso»
«Oh Austin, sono lusingata»
Mi guarda negli occhi, ci fissiamo per qualche istante; io porto le braccia attorno al suo collo e lo stringo più vicino a me, lui mi prende per la vita e avvicina il suo volto al mio, siamo così vicini che per la seconda volta percepisco il suo respiro sulla mia pelle, è una sensazione meravigliosa, mi lascio andare.

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Capitolo 4
*** L'inizio di tutto ***


Cazzo, cos’ho fatto, non dovevo baciarlo perché l’ho fatto?!  STUPIDA, STUPIDA, STUPIDA .
«Austin, io…» non continuo
«Sì, lo so, scusami è colpa mia»
Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti che sembrano ore, è un silenzio imbarazzante, ma Austin spezza la tensione
«Ti senti un po’ meglio?»
«Veramente no, mi fa un sacco male la testa… e mi gira tutto» dico un po’ stordita
«Ti porto a casa, hai bisogno di dormire»
«No, davvero non ti preoccupare… e poi ci sono Fra e Alan chissà dove»
«Adesso scrivo ad Alan che ti accompagno a casa e che quando vogliono tornare vengo a prenderli»
«Posso resistere, tranquillo»
«Non se ne parla, adesso gli scrivo e poi andiamo» fa una pausa «Insisto»
«D’accordo, aspetta che scrivo a Fra la stessa cosa…nel caso non siano insieme»
-Fra, sto male…Austin mi accompagna a casa e ha detto di chiamarlo se dopo avete bisogno di tornare. Ti voglio bene.- invio il messaggio e mi dirigo verso l’auto di Austin.
Sto davvero male e non so perché. Mi siedo sul sedile del passeggero di destra e lui parte, mi prende la mano
«Vedrai che con qualche ore di sonno ti sentirai meglio»
«Lo spero, sul serio»
Non abbiamo più parlato per buona parte del viaggio, ma ad un certo punto Austin spezza il silenzio interrompendo lo scorrere incessante dei miei pensieri su quello che era quella sera stessa alla festa
«Hai freddo? Vuoi che accenda l’aria?»
Annuisco e lui mi sorride. Cazzo Austin smettila di sorridermi, il tuo sorriso farebbe innamorare chiunque.
Cala nuovamente il silenzio, la musica della radio è bassa e io ritorno nei miei pensieri fino all’arrivo.
«Sali vero?» gli chiedo speranzosa
«Se vuoi che rimanga salgo» mi risponde
Apro la porta, arrivo all’ascensore e premo il numero 6, Austin mi è affianco, immerso anch’egli nei suoi pensieri.
Apro la porta dell’appartamento, mi tolgo il cappottino e faccio accomodare sul divano il mio bellissimo ospite.
«Vado a mettermi qualcosa di meno impegnativo, torno subito. Fa come se fossi a casa tua»
«Certo, fai con calma e se hai bisogno chiamami»
Entro in bagno e mi guardo allo specchio…mamma mia ma sono orribile, non ho per niente una bella cera.
Mi sciacquo il viso, mi strucco e mi spoglio. Dannazione ho dimenticato di nuovo di prendermi i vestiti.
Prendo la vestaglia, che non ho idea per quale motivo sia lì, ed esco dal bagno.
«Ho dimenticato di prendermi i vestiti, di nuovo. Di solito non mi faccio problemi ad uscire dal bagno mezza nuda ,ma direi che non è il caso» gli dico scherzando
«È casa tua, non farti problemi…sono io quello intruso»
Lo guardo storto e lui scoppia a ridere, mi dirigo verso l’armadio e prendo i pantaloni della tuta e la felpa che avevo indossato quel pomeriggio. Dimenticandomi completamente della presenza vicina di Austin mi tolgo la vestaglia e mi infilo i pantaloni e metto la t-shirt, poi mi ricordo di lui…cazzo.
Mi giro e lo vedo guardare la tv, per fortuna mi è andata bene.
«Ti spiace se apro il letto e mi stendo un po’?» gli chiedo
«Figurati, comunque hai un bel fisico…vai in palestra nel tempo libero?»
Sbianco (sì, ancora di più), mi aveva vista.
«Ehm, si ogni tanto ci vado» gli dico più imbarazzata che mai aprendo il letto.
«Beh, complimenti»
«Ti ringrazio»
Ci sediamo sul letto e io mi metto sotto il piumone, credo di avere la febbre.
«Sei pallidina Bea, vuoi che me ne vada così puoi riposare?»
«No, ti prego resta»
Ma sono stupida?! Che cazzo gli ho detto, non posso illuderlo così, tra noi non potrà mai esserci niente e lo sappiamo entrambi
«Resto finché non ti addormenti allora»
«Grazie, Austin»
Mi si avvicina e poggia il suo braccio attorno alle mie spalle, scena rivista e rivista…io mi appoggio completamente a lui e lo guardo negli occhi, quegli occhi nocciola meravigliosi in cui potevi perderti dentro.
«Sei bella anche da malata, lo sai?» mi dice accarezzandomi il viso
Gli sorrido, ma non rispondo.
Avvicina nuovamente il suo viso al mio, le nostre labbra, umide, morbide fanno trasparire il desiderio. Mi bacia con passione e io non ho intenzione di fermarlo. Dopo alcuni istanti di baci intensi lui si stacca controvoglia, riesco a percepirlo…il mio cuore batte velocissimo, sono quasi in tachicardia
«Scusami, ma non riesco a starti distante…»
«Allora non lo fare»
Idiota, Bea sei un’idiota
«Lo so che ci conosciamo da neanche due giorni, ma mi sembra di conoscerti da sempre, mi piace passare tempo con te»
«Anch’io provo lo stesso, Austin»
Mi avvicino a lui e lo bacio intensamente, come aveva fatto lui pochi minuti prima, ma nemmeno me ne accorgo e mi ritrovo sotto di lui, sotto il suo possente e perfetto corpo. Sento le sue mani sul mio petto, sta abbassando la zip della felpa e io decido di sbottonargli la camicia.
«È abbastanza grande, la cicatrice intendo, e profonda…non vorrei ti impressionassi»
«Anch’io ne ho una su questo fianco, non è profonda ma è grande»
(Una serata finita male ancora quando vivevo in Italia e ne porto la cicatrice)
Lui annuisce, ma non ha il coraggio di chiedermi come me la fossi procurata.
Gli ho tolto la camicia, i tatuaggi padroneggiano sul suo petto e la cicatrice è molto evidente. Scendo verso la cintura e la slaccio con molta facilità e lui fa lo stesso con i miei pantaloni della tuta.
Continuiamo a baciarci, lui sopra di me mi bacia il collo e scende verso il mio seno ancora coperto e arriva alla mia pancia, (sto impazzendo, perché glielo sto facendo fare?!) passa con le sue dita sulla mia cicatrice e io affondo le mie unghie nella sua schiena, mi sta facendo uscire di testa.
Alza la testa dal mio ventre, mi guarda e mi sorride
«Non fermarti» gli ordino
«Non ne avevo intenzione» mi risponde

*YOU ALL HAVE SOMETHING TO SAY,
BUT SOMETHING TO WORD,
I DON’T LIVE IN A CAGE*


Mi suona il cellulare proprio nel momento meno opportuno.
«Hey, gli Of Mice & Men»
«É il mio cellulare, scusami»
Si scansa per farmi alzare, e io con uno scatto corro a rispondere
«Fra, che succede?»
«Volevo sapere come stavi, Austin è ancora lì con te?»
«Sisi  è qui con me, perché?»
«Mmm così, digli che non serve che venga a prenderci, siamo in hotel»
«Devi dirmi qualcosa?» sbotto curiosa quando sarei io quella che ha qualcosa da dire
«Mmm, forse»
«Mmm forse un cazzo, dai dimmi»
«Ti racconterò domani che verrò a trovarti per vedere come stai, torna a fare quello che stavi facendo»
«Hai interrotto il momento»
«CHE COOSA?! MA SEI IMPAZZITA PER CASO? SEI TU QUELLA CHE MI DEVE DELLE SPIEGAZIONI» sbotta lei
«Tranquilla, non è successo niente… volevo solo farti preoccupare»
«Ah meno male, stronza. .ma come ti viene in mente di farmi morire qui sul colpo»
«Dai scusa, ma è stato divertente» le dico ridendo
«Sì ceeeerto, divertentissimo…te non stai male per niente»
«Mi ha curato per bene» dico ridendo come una sciocca
«Dai, vattene a dormire che stai delirando. Buonanotte  Bea, ti voglio bene…ci vediamo domani»
«Anch’io, a domani…Buonanotte»
Chiudo la chiamata e torno da Austin che mi stava aspettando
«Fra?» mi chiede
«Già, voleva sapere come stavo…mi ha detto di dirti che lei e Alan sono in Hotel»
«Ahn perfetto, quindi dovrò dormire qui con te»
«Mi sa anche a me, non che la cosa mi dispiaccia»
«Beh nemmeno a me» mi dice sorridendo «dove eravamo rimasti?»
Mi sta fissando, mi sta proprio squadrando e non capisco il perché poi mi sono resa conto di essere in intimo allora mi infilo sotto il piumone con lui che mi accarezza i capelli e mi stringe sempre di più vicino a lui, quasi avesse paura di lasciarmi andare.
«Io sono molto stanca, ti spiace se dormo?»
Non avevamo concluso niente, ma io non ne ho la forza..
«Dormiamo»
Mi bacia ancora una volta e ci addormentiamo.

Sono in dormiveglia, non so che ore siano ma riesco a capire di essere completamente sopra di lui, sento il suo cuore il suo battito è normale, il suo respiro è lento, tranquillo, per niente affaticato come se i mei 49 chili non gli pesassero, le sue braccia sono stese lungo il corpo, riesco a sentire il suo fiato sui miei capelli e io non mi sono mai sentita meglio, vorrei immortalare questo momento e incorniciarlo con una cornice d’oro nella pinacoteca della mia mente.
Apro lentamente gli occhi e pochi istanti dopo si sveglia anche lui
«Allora non ho sognato, sono davvero qui con te» mi dice con voce assonnata, ma giuro che era meravigliosa lo stesso, lui era meraviglioso  con i capelli arruffati e lo sguardo intontito
«Già, siamo qui insieme»
Mi sposto da sopra di lui per dargli modo di respirare con più facilità e mi accoccolo al suo fianco stretta dal suo braccio sinistro.
«Hai fame?» gli chiedo
«Sì, abbastanza…tu come stai?»
«Divinamente, adesso mi alzo e faccio qualcosa…cosa vorresti mangiare?»
«Non ti disturbare, ti porto al bar e ti offro la colazione»
«Hai già fatto abbastanza Austin, lascia che mi sdebiti»
«Non se ne parla, ho dormito a casa tua per due giorni e adesso ho voglia di fare colazione in quel bar che da sulla costa con te»
«Ehm, ok non posso ribattere» gli dico scoraggiata «Mi vado a vestire, se hai bisogno il bagno è da quella parte, ma immagino tu lo sappia già»
annuisce
Sono talmente rintronata che entro in bagno senza pensare che potesse servire anche a lui, mi do una sciacquata veloce ed esco, ma lui è ancora a letto che fissa il soffitto.
«C’è qualcosa di interessante su quel soffitto?» esclamo interrompendo i suoi pensieri
«Oh no, stavo solo pensando…ma tu non dovevi vestirti?»
«Sì certo, ho fatto tappa al bagno prima» gli dico ridendo con un minimo di imbarazzo.
Si alza dal letto e viene verso di me, mi abbraccia e io mi perdo nel suo abbraccio
«Vestiti che prendi freddo, è dicembre»
Mi stacco a malincuore e mi metto un vestito poco impegnativo e delle calze nere e aspetto che Austin esca dal bagno.
09.38
«Sono pronto, andiamo?»
«Certo» prendo il cappotto rosso e mi infilo gli anfibi
«Sei uno schianto, se troppe persone cominciano a guardarti divento geloso» scherza lui
«Potrei dire la stessa cosa di te, e poi tu sei Austin Carlile» ribatto io
«E tu sei mia, per questa mattinata almeno»
Sorrido e lo bacio sulla guancia…uno sforzo incredibile perché io sono appena poco più alta di 1.60 e lui è altissimo per me.
«Sei piccolina» mi dice scherzando, sollevandomi un poco da terra
«No, sei tu che sei troppo alto» faccio l’offesa
«Daaai, stavo scherzando»
«Lo so, ma io no» gli dico mentre mi avvicino per baciarlo.
«Dai andiamo, che sto morendo di fame»

Scendiamo e facciamo una camminata fino al bar sulla riva dell’oceano, un luogo meraviglioso.
Ordiniamo la colazione e ci sediamo ad un tavolino.
Non sapevo come sarebbe andata a finire, ma sapevo che quello che eravamo mi piaceva; mi piaceva tutto di questa vita da quando era arrivato lui, mi piaceva davvero anche se era da poco più di due giorni.

«Devo dirti una cosa» inizia lui con tono preoccupato, come se non sapesse dove la conversazione di avrebbe portati
«Certo, dimmi pure»



Nota dell’autrice:

Carissimi lettori,
spero davvero che la mia ff vi piaccia, vorrei tanto sapere cosa ne pensate voi, lasciate qualche commento positivo o negativo che sia, mi aiuterà a migliorare.
Un bacione, grazie a tutti per aver letto fino a qui

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Capitolo 5
*** Please, don't go ***


«In questi due giorni passati con te sono stato davvero bene, dico davvero» inizia
«Ma?»
«Ma penso, credo che sia meglio non continuare, nel senso che non dovremmo andare oltre…non dovremmo avere una relazione»
si ferma un attimo a pensare come se cercasse le parole meno taglienti per dirmi tutto
«Intendo dire che io ho la mia vita e tu hai la tua, tu hai un lavoro e io ho una band. Il mio lavoro mi porta in giro per il mondo praticamente per tutto l’anno e non potremmo vederci mai, credimi mi secca ammetterlo ma dovremmo concluderla qui e tornare alle nostre vite»
«Mi stai scaricando, Austin?» dico con voce ferma e tagliente
«In un certo senso sì»
«Me lo dovevo immaginare, ero solo una delle tante… dovevo immaginarmelo, tanti complimenti e parole dolci perché volevi solo portarmi a letto e per tua sfortuna non ci sei neanche riuscito, mi fai a dir poco schifo» gli dico cercando di mantenere un tono di voce appropriato, ma vorrei spaccargli la faccia.
«No, ti sbagli non sei stata come le altre, mi piaci veramente ma non voglio farti soffrire»
«Si certo, è la stessa scusa che hai rifilato a tutte le altre. Beh grazie della colazione» mi alzo dal tavolo e me ne vado velocissima.
Esco dal bar e le lacrime cominciano a scendermi dagli occhi, perché sono stata così stupida?! Cosa mi aspettavo, di avere una sottospecie di relazione con l’uomo dei miei sogni?! La vita non è una fan fiction Beatrice, mettitelo in testa.
Stavo odiando quell’uomo che prima avevo tanto amato, che mi aveva aiutato ad superare le difficoltà soltanto con la sua voce e la musica...
Apro la borsa in cerca del pacchetto di sigarette, fumo solo quando sono nervosa, ma adesso non lo ero mi sentivo tradita, illusa, arrabbiata e mentre lo cerco mi suona il telefono, è Fra
«Pronto» dico cercando di non farmi tradire dai singhiozzi, non voglio che l’unica persona a cui tengo più di tutto si preoccupi.
«Bea ma dove sei?»
«Sto, sto tornando a ca…casa, aspettami lì» non ce la faccio a non singhiozzare
«Bea, perché stai piangendo? Cos’è successo?» mi chiede allarmata, non l’ho mai sentita così preoccupata ed è solo colpa mia.
«Niente, tranquilla ti spiego do..dopo» le dico tra le lacrime, ma mi sento tirare per il polso, mi giro: Austin.
«Bea aspetta, ti prego» mi implora stringendomi il polso
«Bea chi è? Con chi sei? Dimmi dove sei che vengo a prenderti, non voglio vederti di nuovo mezza morta come quella volta» mi urla Fra al telefono alludendo all’episodio della cicatrice.
«Carlile, fottiti» gli urlo dimenandomi dalla morsa, mi libero e continuo a camminare senza voltarmi
«Cazzo Beatrice che succede, dimmi dove sei»
«Sono qui, adesso ti spiego tutto» le dico e chiudo la chiamata.
Svolto l’angolo e me la trovo difronte incazzata nera, non l’ho mai vista così; io tengo la testa bassa e lentamente alzo lo sguardo, lei mi guarda e cambia immediatamente espressione, è preoccupata.
«Mi devi delle spiegazioni, chi ti ha ridotta così?»
«Sì, certo…andiamo»
Saliamo in appartamento, ci togliamo i giubbotti e le scarpe e ci sediamo al tavolo della cucina.
«Allora? Cos’è successo?» mi chiede seria
«Io, noi…aspetta un momento devo formulare la frase, ho un casino in testa»
Annuisce e aspetta pazientemente che io mi riordini le idee
«Allora, ieri alla festa mi girava la testa e Austin si è offerto di accompagnarmi a casa, ma questo lo sai già»
«Sì, continua»
«Quando siamo arrivati gli ho chiesto di salire e lui ha accettato, io mi sono cambiata e poi mi sono infilata sotto le coperte e lui era lì con me e tra una cosa e l’altra mi ha baciata e poi insomma…» non so come spiegarle la situazione
«CI SEI ANDATA A LETTO?! TI SEI COMPLETAMENTE FOTTUTA IL CERVELLO?» mi spalanca gli occhi, la sua espressione è un misto di incazzatura e stupore
«No no no, non ci ho fatto niente, cioè stava per succedere, ma poi per fortuna hai chiamato tu»
«Ok, non vedo dove sia il problema, ma perché “per fortuna?”»
«Dopo aver finito di parlare con te gli ho detto che ero stanca e che volevo dormire, così abbiamo dormito insieme, non abbiamo fatto nient’altro»
«Rispondimi»
«Aspetta cazzo, sto raccontando dal principio sennò non capisci» esclamo «Comunque, sta mattina ci siamo svegliati e lui mi ha detto che mi portava a fare colazione al Blue Ocean, hai presente? Quello che fa angolo sull’oceano»
«Certo che ho presente, quello dove abbiamo sempre preso il frappè»
«Sì, quello» le dico accennando ad un sorriso, ricordando i vecchi tempi «Vabbè ci siamo seduti e abbiamo ordinato, poi lui mi fa “devo dirti una cosa” e io gli ho detto “dimmi” e insomma si è messo a dirmi che non possiamo avere una relazione, che però lui ci tiene e tutte cazzate…ma vaffanculo» comincio a piangere di nuovo.
«Che stronzo, non credevo assolutamente fosse il tipo da una scopata e via»
«Già»
«Allora è per quello che ti ho sentito urlare “Carlile, fottiti”, giusto? Era ancora lì con te»
«Sì, cioè no mi ha seguita quando ho preso e me ne sono andata»
«Che stronzo, non riesco a credere che l’uomo che abbiamo tanto venerato sia una persona del genere»
«Non dirlo a me» concludo asciugandomi le lacrime
Passano i minuti e nessuna delle due ha più detto una parola, io sto fissando il vuoto e lei sospira, dove sentivi uscire tutta la delusione possibile.
«Vado a stirarmi la divisa, che dobbiamo andare a lavorare» dico interrompendo il silenzio che c’era da ormai troppo tempo
«Va bene, io allora me ne torno a casa…se hai bisogno chiama che arrivo subito»
«Certo, grazie»
Si alza, esce e si chiude la porta alle spalle.
Sono sola con i miei pensieri, accendo la musica e parte “Repeating Apologize” degli Of Mice & Men.
“Austin sei un idiota” dico tra me e me e intanto vado a stirarmi la divisa.
Sono rimasta a fissare il vuoto per un tempo sconosciuto, poi guardo l’ora: 14.06. direi che posso farmi qualche ora di sonno prima di andare a lavorare e così mi stendo, metto le cuffie faccio partire la musica e mi addormento.
Ho un sonno irrequieto, disturbato ma dormo per circa altre quattro ore.
Quando mi sveglio sono le 18.00, non ho fame quindi non mi preparo niente e rimango ancora un po’ a letto a contemplare il soffitto come aveva fatto quella mattina Austin.
18.32: Mi metto il cappotto e salgo in auto, devo tornare alla vita di sempre, come se lui non fosse mai esistito, come se tra noi non ci fosse mai stato contatto. Ma non ce la faccio, non puoi entrare nella vita di qualcuno, stravolgerla e poi andartene, non è così che funziona.
Sono arrivata, non me ne sono nemmeno accorta di aver percorso tutta la strada pensando a queste cose.
Fra è già pronta, mi sta aspettando.
«Ciao Bea»
«Ciao Travis, come va?»
«Bene, ci voleva una giornata di risposo»
«Già» gli rispondo e mi vado a cambiare.
Non parlo con nessuno per tutta la durata del turno, faccio su e giù tra i tavoli portando ai clienti i rispettivi ordini, mi intasco le mance e ricomincio. Faccio tutto come prima, cerco di non pensarci, ma quando il pensiero mi attraversa la mente sento un peso, un macigno nel petto che mi fa addirittura mancare l’aria, come quando stai troppo tempo sott’acqua e il fiato comincia a mancarti e tu devi risalire il più velocemente possibile per prendere una boccata d’aria, ma io non ci riesco a prendere l’aria e mi lascio affogare.
Sono le 4.00 il tempo è volato, mi cambio e me ne torno a casa
«A domani» dico uscendo, non sento risposta.
Sono stanca, mi metto il pigiama e mi butto a letto.
Non riesco a prendere sonno, sono ormai le 7.00 del mattino e io sono ancora sveglia…sarà davvero una brutta “notte” mi dico. Non c’è verso di dormire, sono più di 17 ore che non tocco cibo e il tempo scorre troppo lentamente, vorrei solo che arrivasse la sera per poter andare al lavoro e pensarci un po’ meno.
Sono le 11.00 e finalmente sono riuscita ad addormentarmi, non dormo bene nemmeno questa volta… lo sogno di continuo e mi sveglio in lacrime, perché mi sto distruggendo così? Non mi ha nemmeno scritto un messaggio, evidentemente non gli importa.
14.18 suonano il campanello. Mi alzo e guardo dallo spioncino sulla porta, è Fra
«Hey, che faccia che c’hai, mamma mia»
«Mmm grazie»
«Come stai?»
«Come un corpo senza vita»
«Dai riprenditi, hai fame? Ho portato i frappè»
«No, non ho fame»
«Un frappè non si rifiuta mai, da quanto tempo è che non mangi?»
«28 ore e 16 minuti»
«Ma che sei cretina?! Tieni qui, che non ci arrivi fino alle 4 oggi»
«Va bene»
Prendo il frappè alla fragola, il mio preferito e comincio a berlo, non dico niente e nemmeno lei.
Suona il cellulare. Mi riprendo e la guardo.
«È Alan»
«Rispondi, veloce» le ordino e mi alzo
«Ok, ma dove vai? NON FARE CAZZATE»
«Tranquilla, vado a lavarmi il viso e poi mi butto sul letto»
Risponde ad Alan ma io non sento cosa si stanno dicendo, vado nell’altra stanza.
«Sono da Bea, cosa c’è?» la sento dire con un tono di voce leggermente alterato
«Sei da solo?»
«Ok, allora sali» e chiude la chiamata.
«Che succede, chi è che sale?» le chiedo allarmata
«Alan»
«Cosa vuole?»
«Non lo so, non gliel’ho neanche chiesto»
«Vabbè»
Mi alzo per aprire le imposte e vedo Alan avvicinarsi al palazzo, lo saluto con la mano, lui ricambia e io chiudo la finestra.
 Faccio per aprire la seconda e sento un gran baccano, guardo giù e c’è Alan che urla con Austin
«Austin, ma sei coglione? Come ti è venuto in mente di trattarla così, ma c’hai pensato? Adesso penserà che sei uno stronzo senza cuore…Sei un idiota amico. Adesso sali e le vai a dire che ti dispiace»
«Non vuole parlarmi»
«E fa bene cazzo, l’hai trattata come un oggetto»
«Io volevo solo evitare di farla soffrire, e…» non riesco a sentire le ultime parole, mi affaccio e gli urlo
«Finitela, venite su e basta»
Si guardano e li vedo scomparire entrando.
Pochi minuti dopo suonano alla porta.
«Alan! Mi avevi detto che eri solo!» sbotta Fra
«Sì, lo so, ma…»
«Gli ho detto io di salire» lo interrompo e Fra mi guarda malissimo
«Voglio sapere cos’ha da dire»
«Mmm, ok entrate»
Entrano e si siedono al tavolo
«Scusateci, ma io e lui dobbiamo parlare, quindi andiamo di là»
Austin si alza senza dire una parola e mi segue, chiudo la porta comunicante e lo faccio sedere sul divano che avevo appena chiuso.
«Hai un aspetto orribile, dove hai passato la notte?»
«Non sono tornato in hotel e sono stato qui in giro, ma la maggior parte del tempo l’ho passata qui sotto»
«Ti ascolto»
«Mi dispiace, mi dispiace davvero, una come te non se lo merita…tu sei una delle cose migliori che mi siano mai capitate, il mio intento era quello di evitare di farti soffrire anche se credo di aver fatto peggio. Credevo che dicendoti di chiudere adesso sarebbe stato meglio per entrambi, ma mi sbagliavo perché da quando te ne sei andata ho sentito un buco, una voragine nel petto che mi stava lentamente consumando, ti chiedo scusa per tutto questo»
«Austin Carlile, mi hai fatto davvero incazzare, ma ti perdono»
«Grazie»
Mi prende per i fianchi e mi abbraccia in uno di quegli abbracci che possono aggiustare tutto.
«Austin, non andartene… ti prego»
«Non lo farò adesso che ti ho trovata, non ti lascerò»
«Le ultime parole famose»
«Sono seriamente serio» mi dice e io scoppio a ridere attirando l’attenzione degli altri due
«Oh, come sono felice» sento dire da Fra, mi giro e sta, non so bene cosa se ballando, abbracciando Alan.
«Austin, Travis mi ha chiesto, visto che siamo ancora qui, di andare a fare un’altra serata all’Amanda’s, abbiamo un gruppo che ci apre…però non mi ricordo il nome, gli altri sono d’accordo, tu sei disposto ad abbandonarla per qualche oretta per le prove?» gli chiede scherzandoci su.
Lui mi guarda e io annuisco.
«Perfetto allora, ci vediamo la» fa Alan girandosi e schioccando un bacio alla mia amica che rimane a dir poco sorpresa.
«A dopo» gli dico accompagnandoli alla porta.

Nota dell’autrice:
Spero che questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere.

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Capitolo 6
*** Amour, Amour ***


Mi giro verso Fra con un sorrisino malizioso
«Però, te e Ashby…mica male eh»
«Ma taci tu, io non ci ho fatto niente»
«Ma nemmeno io» le dico e entrambe scoppiamo a ridere come delle pazze, ma le nostre risate sono interrotte da una canzone: LA RAZA (una canzone di uno dei nostri gruppi preferiti: Oltrezona). È il cellulare della mia amica.
«È mio zio» esclama tutta eccitata
«E che cazzo aspetti, rispondigli no? E metti il vivavoce» la incito io.
Annuisce e risponde
«Pronto, ciao zio come stai? Come mai questa chiamata improvvisa?»
«Ciao principessa, ascolta ho chiamato tuo papà per sapere dove lavoravi e mi ha detto che sei una specie di barista o non so cosa ad un certo pub chiamato Amanda’s, giusto?»
«Sisi, certo. Perché?»
«Perché io e i ragazzi siamo in tour mondiale per farci conoscere e oggi abbiamo appuntamento nel locale dove lavorate te e Beatrice»
«SEI SERIO? Quindi aprirete voi il LORO concerto!» urlammo «stupido Alan che non si è ricordato il nome» dice tra sé e sé
«Sì, dobbiamo fare da spalla a dei certi Of Mice & Men, li conoscete?»
«ASSOLUTAMENTE» urliamo nuovamente insieme
«Beh, allora ci vediamo lì»
«Sisisi ok, zio chebbellosonocosìfelicechenemmenorespiro»  gli urla tutto d’un fiato
«Va bene, a dopo» dice ridendo.

Momento di silenzio, ci guardiamo per qualche istante e poi cominciamo ad urlare, saltare e abbracciarci. È proprio come una sorella, niente da fare. Lei è la mia parte dolce, responsabile e io la sua acida e sognatrice, ma che darebbe la vita per lei. Ci completiamo.
«Ohohoh dobbiamo prepararci, veloceee» dice spezzando l’entusiasmo che si era creato.
«Mmm hai ragione, ma cheppalle però»
«Dai muoviti che poi fai tardi come al solito»

Stiriamo le divise e andiamo a prepararci

«Fra, ma domani è Natale» le dico ad un certo punto «Perché Travis tiene aperto il giorno di Natale?! E perché dobbiamo lavorare…io volevo passare il giorno di Natale diversamente quest’anno»
Sospira «Bea, Bea continua a sognare va…»
«Vabbè comunque non ho fatto regali a nessuno, a parte che la mia famiglia qui sei tu, ma non ho preso niente neanche ai miei e alle mie sorelle da spedire in Italia»
«Nemmeno io. Hai ragione sarà un Natale di merda»
«Mmm, relativamente» le faccio notare che anche se stavamo lavorando avremmo passato un Natale in compagnia di persone che ammiravamo dai tempi immemorabili.
18.40
«Mi spieghi come mai siamo sempre in ritardo?» sbotto, ma lei non mi risponde e ride
Saliamo in auto e io corro verso il pub.
19.07 ops, piccolo ritardo, ma per fortuna Travis è un tipo che non da molto peso a queste cose.
«Ben arrivate ragazze, e buona vigilia»
«Anche a te» rispondiamo assieme a Travis
Non perdiamo un attimo nel riordinare e sono già le 21.00, ci sono già un sacco di ragazzine urlanti e ragazzi che cercano le loro attenzioni.
«Mi sa che la notizia che gli om&m suonano qui di nuovo si è sparsa un po’ in fretta» faccio notare alla mia amica che mi risponde con un sincero ‘Già’
Sono arrivati gli Oltrezona, quanto tempo è passato dall’ultima volta che li avevamo visti live…troppo.
Iniziano a suonare attorno alle 23, spaccano di brutto. Non si era mai visto un pogo tanto intenso, la batteria si fa sentire e con nostra grande sorpresa alcuni ragazzi stanno cantando le loro canzoni…ne hanno fatta di strada.
«E con questo pezzo vi salutiamo e lasciamo spazio agli Of Mice & Men, grazie a tutti»
Concludono con ‘Matalo! Matalo!’ , ma io e Fra urliamo a gran voce di voler sentire anche ‘OLTREZONA’  (il loro grido di battaglia) proprio come facevamo ai loro concerti in Italia.
Ci accontentano, dopodiché lasciano il posto agli om&m.
Entrano loro e sento un brivido corrermi lungo la schiena, è proprio come se fosse la prima volta: gli occhi lucidi, il cuore agitato che batte fuori ritmo, le gambe tremanti. È come se non ci fosse nulla al di fuori di loro.
Mi perdo in questi pensieri quando odo una ventina di ragazzine urlanti, e mi sale il nervoso…Sono gelosa di Austin, lo stanno guardando troppe ragazze e sicuramente alcune saranno anche più belle di me. Cerco con lo sguardo Fra e lei intuisce tutto, anche lei è gelosa di tutte quelle attenzioni, anche se i ragazzi non sembrano preoccuparsi.
Scuoto la testa come per mandar via quei pensieri e ritorno al mio su e giù, scambiando qualche parola con gli OZ.
«Questa canzone la vorrei dedicare a due ragazze straordinarie, perché se non fosse stato per loro probabilmente questa sera non saremmo qui a ricevere tutti questi applausi e il calore che ci state regalando con i vostri sorrisi. Questa canzone è ‘You’re Not Alone’ da il nostro ultimo album ‘Restoring Force’. Francesca e Beatrice, grazie di tutto»
Le lacrime cominciano a solcarmi il viso, non riesco a credere che Austin ci abbia dedicato quella canzone.
Sto piangendo come una fontana e non riesco a fermarmi.
Era l’ultima canzone, e a concerto finito esco dal retro e salto letteralmente addosso ad Austin che prontamente riesce a prendermi e a non farmi cadere (altrimenti non avrei fatto una bella figura). Ho gli occhi gonfi, rossi e il trucco è praticamente tutto colato, mi solleva e mi stringe a se.
«Austin, io, grazie di tutto» affondo il viso nella sua maglia e comincio a piangere
«Hey calmati, perché piangi?» mi chiede preoccupato accarezzandomi i capelli
«Non lo so, Austin. Non lo so» gli rispondo, ma le mie parole sono biascicate, strozzate dai singhiozzi
«E allora non ne hai motivo, comunque torniamo dentro che sei praticamente nuda e fa freddissimo»
Mi stacco a malincuore da lui e mi trascino dentro, mi aspetta una bella strigliata da Travis perché sono uscita senza dire nulla.
«Ma dov’eri finita? Travis si incazzerà da morire…ma aspetta tu stai piangendo, ne ho abbastanza; ti ho già vista piangere troppe volte nel giro di pochi giorni»
«Scusami, dì a Travis che mi sono sentita male e sono andata al bagno»
«Va bene, ma poi mi spieghi che diavolo hai sempre da piangere ultimamente. Aspetta, tu sei innamorata! Boom, beccata, sei innamorata di quell’altro…male male»
«Ma non dire stronzate dai, torna a lavorare che arrivo»
«Ah, l’Amour, l’amour»
«Sisi. Amour, Amour Alle wollen nur dich zähmen, dai» la prendo in giro canticchiando i Rammstein anche se so che ha perfettamente ragione
«Amour, Amour am Ende, gefangen zwischen deinen Zähnen. MUOVITI» mi urla dietro e sparisce sbattendosi la porta alle spalle.
Mi do una sciacquata al viso e mi rifaccio il trucco, risultato? Fa schifo, ma pazienza tra due ore si chiude.
«Stai meglio?» mi chiede Travis intimorito e preoccupato
«Oh sisi, benone» mento
Mancano due ore alla chiusura e il mio unico pensiero inizia per “A” e finisce per “ustin”, sono distratta e sto facendo un casino con gli ordini.
2.47 chiudiamo, è la notte di Natale e non arriva più nessuno, le ragazzine urlanti sono riuscite ad ottenere gli autografi e se ne sono andate soddisfatte, i ragazzi sono riusciti a rimorchiare qualche tipa e tutto va bene.
Sono in camerino e mi sto cambiando, quando un lieve bussare interrompe i miei pensieri su Austin:
«Posso entrare?»
Riconosco la voce, è Austin.
«Ehm, aspetta un attimo»
«Mmm, va bene»
«Ok, puoi entrare» gli dico infilandomi il maglione
«Come stai?»
«Mmm, abbastanza bene»
Lo sento farsi vicino, percepisco il suo respiro lento e calmo. Le sue braccia mi avvolgono il corpo e le mie gli cingono la vita. Appoggio la mia testa nel suo grembo e rimango lì, immobile.
«Non dirmi che sei gelo» viene interrotto
«BEAA, sei lì dentro?» sento urlare da fuori la porta del camerino
«Sì adesso usciamo»
«Che?» si chiede «Oh, cazzo…scusatemi»
Apro la porta del camerino e la trovo tutta rossa e super imbarazzata
«Io, io… mi spiace non volevo interrom»
«Non stavamo facendo nulla, stai tranquilla non serve che ti scusi» le dico sorridendo
«Ah meno male, comunque io me ne vado a letto…ciao ciao piccioncini»
Stronza, l’ha fatto apposta per mettermi in imbarazzo
«Buonanotte simpaticona» le dico facendo la finta offesa
«Notte Fra, portati via Alan va così la finisce di parlarmi di te tutto il tempo» le dice Austin
Io scoppio a ridere e lei pure, anche se ha una risata un tantino nervosa
«D’accordo Austin» dice ridendo, si volta e sparisce.
Siamo di nuovo soli, mi guarda e senza nemmeno pensarci mi stampa un bacio sulla fronte
«Mi sa che mi piaci»
«Mi sa che tu piaci a me» gli faccio eco
«Vieni da me questa notte, ho la sensazione che Alan non tornerà in stanza oggi»
«Mmm, si può fare» accetto la proposta con aria maliziosa.

Salgo nella sua auto e lui guida fino all’hotel, in quei dieci minuti non parliamo che della serata e io gli dichiaro quanto gli sia grata per averci dedicato una canzone.

Siamo arrivati, parcheggia e scendiamo

«La mia stanza è all’ 11esimo»
«Caspita»

Prendiamo l’ascensore e iniziamo a baciarci con foga e sentimento, le nostre labbra spargono il desiderio, i nostri corpi sono così vicini che riesco a sentire il suo respiro farsi più ansioso, corto; il battito accelera. Non mi curo dell'aspetto che ho, in quel momento il mio unico pensiero è lui, siamo noi.
Arriviamo all’undicesimo e senza staccarci un momento entriamo in camera, siamo stesi sul letto; un letto enorme pronto ad accogliere i nostri corpi che stanno per unirsi.
Lentamente mi lascio scivolare sotto di lui, indosso soltanto l’intimo azzurrino che mi aveva regalato la mia amica il Natale scorso, lui indossa ancora i boxer che con un gesto rapido riesco a sfilargli velocemente. Le sue labbra scendono sicure verso il mio collo, seno, grembo...non ho intenzione di fermarlo, non questa volta.
Finalmente riesco a sentire i nostri due corpi unirsi, non mi sono mai sentita meglio.
«Ti amo Austin Carlile»
«Anch’io»
«Non sono per niente il tipo che esterna i propri sentimenti, ma giuro di non essere mai stata più sincera…questa sera ero gelosa di tutte quelle ragazzine che ti stavano mangiando con gli occhi, e mi è salito il nervoso»
«Non ti devi preoccupare per quelle, da quanto sei entrata nella mia vita il tempo scorre attorno a te e io non ho occhi per nessun’altra»
Lo stringo forte a me ancora una volta prima di lasciarmi andare in un sonno tranquillo, senza nessun pensiero.
Lo sentopoggiare la mano sul mio ventre e addormentarsi con me.


È mezzogiorno della mattina di Natale
«Ciao amore»
«Hey» gli dico assonnata, lasciandogli un bacio sulle labbra
«Dormito bene?»
«Certamente, e tu?»
«Pure» mi risponde sorridendomi.

Sono con l’uomo che ho sempre sognato, non sono mai stata più felice.
Aspetto che Austin vada a farsi la doccia e chiamo Fra, le racconto tutto nei dettagli, le dico dei miei sentimenti e del mio stato d’animo e anche lei non perde l’occasione per raccontarmi della sua nottata passata con Alan
«Mi ha detto che ho gli occhi da gatta… e lui ama i gatti»
«Beh però ha ragione sai»
«Comunque Buon Natale Bea, grazie di aver passato un altro anno con me»
«Buon Natale anche a te, ti voglio bene sorella»
Chiudo la chiamata e mi ristendo sul lettone e fisso il soffitto, nel frattempo austin ha finito di farsi la doccia, ma prima che possa andare a farla anch’io Austin mi trattiene
«Devo farti una proposta»
Ho il cuore in gola e ho la tachicardia
«Dimmi tutto» gli dico cercando di rimanere calma.




Nota dell’autrice:
Gli Oltrezona sono un gruppo realmente esistente proveniente dal veneto che io e la mia migliore amica adoriamo. Vi consiglio di ascoltarvi qualche loro canzone.
Detto questo spero che questo nuovo capitolo sia di vostro gradimento. Se avete commenti recensite pure.
Grazie a tutti per aver letto fin qui.
Baci.

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Capitolo 7
*** Paris and some memories ***


Ho il cuore in gola e mi sento mancare il respiro, sono terrorizzata da quello che potrebbe chiedermi. Non so cosa pensare, non capita tutti i giorni di sentirsi dire una frase del genere appena svegli.
«Mi piacerebbe portarti a Parigi per i prossimi cinque giorni; io e i ragazzi abbiamo un concerto lì vicino e se te e Fra veniste sarebbe meraviglioso»
Ho ascoltato la frase fino a ‘Parigi’ e poi non gli ho più prestato attenzione. Ho il volto pietrificato dallo stupore, quella parola mi riecheggia nella testa, nella mente.
Parigi: è il mio grande sogno e non riesco a credere che potrei esaudirlo soltanto con un semplice ‘sì’. Ho lo sguardo perso nel vuoto; sto già sognando quella meravigliosa città che ho sempre voluto visitare, ma che ho ammirato soltanto nei documentari e cose del genere.
«Mmm Bea?! Tutto bene? Dovresti dire qualcosa a questo punto» mi chiede dopo un po’ in tono preoccupato.
Con uno scatto oserei dire felino mi alzo dal letto e gli salto in braccio, non so cosa dire e lo guardo soltanto con gli occhi che mi brillano e stanno per riempirsi di lacrime, proprio come la prima volta che li vidi in concerto. Rimaniamo in quella posizione per alcuni secondi e poi gli do un bacio sulla guancia:
«Certo che voglio venire a Parigi con te» gli dico sincera.
«Perfetto! Mi hai fatto prendere un colpo quando non hai risposto» esclama ridendo nervosamente.
«Scusami, ma, è che è sempre stato il mio sogno andare a Parigi e non sai quanto sono felice di andarci con te»
«Allora è meglio che ti accompagni a casa a fare la valigia, partiamo questa notte»
Rimango a bocca aperta e il mio cuore si è davvero fermato per qualche millesimo di secondo per poi riprendere agitatissimo.
Austin ride vedendo la mia faccia sconvolta, io invece ancora non ci credo e senza dire una parola vado a farmi la doccia.
Ci perdo un’oretta buona e poi devo assolutamente chiamare Fra, di nuovo.
«ANDREAMO A PARIGI!» urliamo entrambe da un capo all’altro del telefono per poi riattaccare.
Esco dal bagno, prendo una delle magliette di Austin per coprirmi e lo raggiungo nell’altra stanza (maledetta suite enorme).
«Quella è mia?» mi dice in tono di disapprovazione guardandomi storto.
«Mmm sì, ti da fastidio?»
«No tranquilla, ma ti perdi lì dentro» dice sogghignando, un altro simpaticone che mi prende in giro per la corporatura.
«Scendiamo a fare colazione?» mi chiede dopo un po’
«Ma io sono in stato comatoso, che vergogna…questo è un hotel di lusso»
«Sei bellissima, mettiti dei pantaloni e scendiamo che ho fame»
«D’accordo capo» dico sconfitta e me ne vado a testa bassa.


Dopo la colazione siamo tornati nella stanza, io ho raccolto le mie cose e mi sono fatta accompagnare in appartamento per preparare la valigia…sono già in ansia.
Mentre sceglievo i vestiti pensavo al fatto che sarei tornata in Europa dopo cinque anni, avrei voluto rivedere la mia famiglia, le mie sorelle. Mi mancano tutti.
Pensando alla distanza una lacrima mi solca il viso, ma poi guardai Austin e mi accorgo di avere una famiglia anche lì; la mia migliore amica, il mio ragazzo, una casa e un lavoro. Vabene anche così.

«A che ora è l’aereo?» chiedo ad Austin curiosa mentre guardiamo pigramente la TV
«23.07» mi risponde meccanicamente
Non dico nulla e riprendo a guardare passivamente la televisione perché la mia mente ècosì affollata di pensieri che non ce ne stanno più.

Dicono che l’attesa sia l’arte più difficile ed è vero, ma non sono mai stata così emozionata di compiere un viaggio, e in cuor mio spero anche che quel viaggio mi possa offrire un’occasione per ritrovare la mia famiglia.
Il pomeriggio passa lentamente e finalmente è ora di cena. Preparo qualcosa e chiamiamo anche i ragazzi.
La serata passa piacevolmente tra risate e scherzi e ormai siamo tutti pronti per partire.


Arriviamo in aeroporto alle 21, io e Fra siamo così eccitate di partire, nemmeno quella volta che ci trasferimmo qui eravamo così euforiche.
Check-in completato, saliamo a bordo e cominciamo a volare.
«Fra sono così eccitata» le dico, ma le sto parlando in Italiano…ormai non parlavamo più in italiano da anni e fu davvero strano che le parole mi uscissero così naturali.
«Anch’io, ma perché stiamo parlando italiano? Hai paura che qualcuno ci senta?!» mi risponde ridacchiando.
«Non lo so perché, boh mi manca l’Italia»
«Ma noi stiamo andando in Francia scema, parla in francese»
«Oh oui oui» le rispondo e poco dopo mi addormento, abbiamo più di dieci ore di viaggio e una dormitina ci sta eccome.
Mi sveglio un paio d’ore prima dell’atterraggio e sono sempre più eccitata all’idea di essere davvero a Parigi.
Dopo qualche ora di confusione ci ritroviamo tutti e andiamo a mangiare.
Erano le 10 quando siamo arrivati e la città si presentava proprio romantica come dicono, volevo assolutamente visitarla tutta e non mi sarei persa d’animo neanche un momento.
Io e Fra abbiamo accompagnato i ragazzi alle prove e poi ci siamo scatenate andando a far shopping e facendo milioni di fotografie.

«Hey, dolcezza come prosegue la giornata?» mi chiama Austin verso le 18.
«QUI È TUTTO MERAVIGLIOSO, NON VOGLIO ANDARMENE MAI PIÙ» gli rispondo spruzzando gioia da tutti i pori, la mia voce è così squillante che credo che abbia dovuto allontanare il telefono dall’orecchio.
«Sono felice che tu sia felice»
«Non potevi farmi regalo migliore»
«Ne sono felice, ci vediamo questa sera, ciao»
«Ciaoo»
E riattacca.

Facciamo ancora qualche giro per i negozi e poi andiamo all’ Hotel per prepararci.
«MA QUESTA SUITE È ENORME» esclama Fra con gli occhi pieni di stupore.
Aveva ragione, era davvero enorme. Potevi perderti da tanto spazio che c’era.

La serata trascorre piacevolmente, ogni tanto qualche fan ferma i ragazzi per una foto o una dedica e loro sono sempre molto disponibili, le ragazze poi muoiono d’invidia quando ci vedono per mano con loro.
Facciamo una lunga passeggiata lungo la Senna e poi ritorniamo all’Hotel che ha una vista davvero mozzafiato.

Sono in camera con Austin quando lui interrompe il vagare dei miei pensieri, che già si proiettavano alla giornata seguente, con una domanda insolita, ma sapevo che un giorno avrei dovuto rispondere.
«Bea, ma posso chiederti come hai fatto a procurarti quella cicatrice?»
Quella domanda mi travolse, mi investì come un tir. Feci un respiro profondo, riordinai le idee e iniziai la mia narrazione:
«Allora, avevo da poco compiuto i 16 anni ed ero andata a festeggiare un sabato sera con alcune amiche in un locale poco distante da casa mia.» mi fermai, guardai Austin e lo vidi interessato alla mia narrazione, così decisi di continuare
«A fine serata, penso fossero le due di notte, non mi ricordo bene uscimmo dal locale e io e Fra che abitavamo vicine ci dirigemmo verso la strada di casa, erano circa quindici/venti minuti a piedi. Per la strada mi accorsi che un gruppo di ragazzi, penso avessero circa 20 forse 22 anni, ci stavano seguendo…erano completamente ubriachi» la mia voce cominciò ad irrigidirsi, ma continuai
«Così accelerammo il passo, ma lo fecero anche loro e noi cominciammo ad avere paura. Ci chiamavano, ma noi abbiamo continuato per la nostra strada finché uno di loro non mi afferrò per il polso. Mi dimenai dalla morsa e iniziai a correre, Fra era già molto più aventi di me probabilmente cercava aiuto. Inciampai.» mi fermo, le lacrime mi inondano gli occhi, ma devo continuare
«Mi sentii le loro mani su tutto il corpo, più cercavo di liberarmi più loro mi strattonavano, non vidi più la mia amica e mi sentii sola come mai prima. Tiravo calci, cercavo di liberarmi nel migliore dei modi, ma senza risultati. Mi ricordo poi di aver visto Fra spaccare una bottiglia in testa ad uno dei tipi, la stessa bottiglia che per qualche motivo finì per trafiggermi il fianco. Poi non ricordo più nulla, solo urla straziate, tanto sangue e delle sirene in lontananza» mi asciugai le lacrime e ricominciai prima che lui potesse interrompermi, volevo sfogarmi con qualcuno «Probabilmente le mie urla avevano attirato le attenzioni di qualcuno lì nel quartiere e erano venuti in nostro soccorso. Mi svegliai all’ospedale con venticinque punti di sutura, piena di dolori e di lividi su tutto il corpo. “Tentativo di stupro” lo definivano i medici. Fra era affianco a me, ma lei è stata più fortunata» «Da quella sera la mia vita fu un inferno; avevo paura di uscire dalla mia camera, non parlavo con nessuno, non mangiavo e non ero più andata a scuola per diverse settimane. In meno di due mesi persi 12 chili e arrivai a pesare 42 chili, mi diagnosticarono anoressia nervosa e grave depressione. I miei non potevano continuare a vedermi così e decisero di mandarmi in un centro specializzato in America poiché lì non ne avevano di così all’avanguardia. Partii con Fra dopo pochi mesi perché era l’unica persona con cui riuscivo a dire qualche parola e dopo un anno di cure ricominciai a vivere una nuova vita» mi fermai perché mi resi conto di avergli raccontato tutto.
«Mi dispiace di averti chiesto di raccontarmi queste cose, non immaginavo che ci fosse una cosa del genere dietro»
«Non ti preoccupare, mi ha fatto bene raccontarlo a qualcuno che non ne sapeva niente»
«Siamo davvero due persone molto forti, io e te» disse infine cercando di allentare un po’ la tensione
«Sì, lo siamo» conclusi io «Però adesso voglio concentrarmi su questa vacanza e nessuno me la deve rovinare.» gli dissi cercando di scacciare quei brutti ricordi
«Certamente, domani sarà una giornata speciale»
Ci accoccolammo sul letto e io mi addormentai.

 

 

 


Nota dell'autrice:
Sono tornata, spero che questo capitolo vi piaccia e sia all'altezza delle aspettative.
Baci

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Capitolo 8
*** Demons ***


Nota dell'autrice:
Ebbene sì, sono tornata. Spero di rendervi la lettura più piacevole mettendo in grassetto i dialoghi e di sorprendervi con questo capitolo. Grazie a tutti per aver letto fino a qui.
Un bacio




Mi svegliai poco dopo. Ero agitata, il cuore batteva fuori ritmo. Incubo. Avevo rivissuto le scene di quella maledetta sera. Quei ricordi erano come demoni addormentati in un angolo remoto della mia esistenza e quella notte li avevo risvegliati.
Ero in un bagno di sudore, il respiro diventava sempre più irregolare e questo fece svegliare Austin di soprassalto.
«Hey, hey che hai
«Incubo» gli risposi tra i respiri affannati
«Stai tranquilla, io sono qui»
Già, lui era lì, ma io mi sentivo sola ad affrontare i miei demoni.
Non gli risposi e rimanemmo in silenzio finché non capii che Austin si era addormentato.
Ora sono davvero sola. Questi pensieri mi stanno divorando l’anima e non riesco a capire il perché mi senta così.
Ho paura.
Prendo il cellulare per chiamare Fra, ma mi chiama prima lei.
«Hey» rispondo
«Hey, neanche tu riesci a dormire?» mi chiede come se sapesse già tutto.
«Già, mi sento sola e ho paura» le rispondo
«Non ci pensare Bea, non accadrà di nuovo. Stai tranquilla, ci sono io qui con te e poi siamo in vacanza»
«Tra un mese sono sei anni»
«Lo so, ma non ci devi pensare, è passato. Sei un’altra persona adesso, sei guarita e nessuno, finché ci sarò io, ti farà del male. Te lo prometto
» mi dice aprendo in me un varco di speranza, e lentamente quella sensazione si allontana dal mio corpo.
«Grazie, sei la cosa migliore che la vita potesse darmi» mi si inondano gli occhi di lacrime, dovrebbero farla santa. Mi ha sempre sostenuto e aiutato quando io stessa la respingevo, quando volevo solo addormentarmi e non svegliarmi mai più. Lei c’è sempre stata per me e io penso di non meritarmelo.
La sento singhiozzare dall’altro capo del telefono
«Che hai?»
«Nulla, è solo che mi dispiace averti lasciata sola quella volta»
«Ma che cazzate stai dicendo? Non mi hai mai lasciata sola. Non lo avresti mai fatto. Eri solo andata a cercare aiuto»
«Vorrei fosse così, ma io sono scappata perché avevo paura»
«Tutti ne avremmo avuta in quella situazione, ma poi tu sei tornata. Questo è quello che conta.»
«Mi dispiace Bea, davvero»
«Sono viva grazie a te, non dimenticarlo…sei la mia roccia»

La conversazione finì lì. Mi sentivo sollevata, mi sentivo più libera e di conseguenza decisi di cercare di addormentarmi di nuovo.
Mi svegliai di buon ora, ma Austin era già andato alle prove.
Ottimo! Potevo lavarmi con calma e poi andare a recuperare Fra


«Pronto, che c’è Austin? Hai dimenticato qualcosa?»
«Non posso spiegarti per telefono, tra due minuti sono lì fatti trovare pronta!»

E riattaccò.
MA CHE ?! Cos’era successo? Perché aveva tanta fretta? Non ne avevo idea.
Mi vestii velocemente e mi misi il giubbotto quando Austin mi piombò in camera con la faccia sconvolta e gli occhi gonfi e rossi

«Austin che diavolo sta succedendo?!»
«Vieni, Sali in auto. Ti spiego tutto mentre andiamo all’ospedale»
«Ospedale? Austin che cazzo succede
!» sbottai, ero fuori di me, era successo qualcosa e nessuno aveva intenzione di spiegarmelo.
Salii in auto, allacciai la cintura e Austin sgommò via come un razzo.

«Ora puoi dirmi che cosa sta succedendo?»
«Sta mattina mi sono alzato e sono andato direttamente in sala perché pensavo di essere in ritardo
«Continua» gli ordinai
«Quando sono arrivato gli altri non c’erano ancora, e dopo poco mi ha chiamato Alan»
«Arriva al dunque, cazzo» ero fuori di me non riuscivo a capire dove fosse il problema
«Era agitato, urlava. Mi diceva di chiamare l’ambulanza, ma chi cazzo lo sa il numero dell’ambulanza in Francia?! Così gli ho detto di spiegarmi cosa fosse successo e Bea, mi dispiace tantissimo» mi disse scendendo dall’auto correndo verso il pronto soccorso.
«Austin non ci capisco niente, puoi dirmi che ca…» mi fermai e collegai tutte le cose
«FRAA» lanciai un urlo, caddi in ginocchio e gli occhi mi si inondarono di lacrime. Provai una fitta al petto, non riuscivo a respirare e il dolore stava ingoiando la mia anima.
Non so per quanto rimasi a terra, ma Austin mi prese per un braccio, mi fece alzare e mi trascinò dentro, in sala d’aspetto trovai Alan che mi corse incontro e mi aiutò a camminare, non riuscivo a reggermi in piedi.
«Cosa le è successo, Alan?» gli chiesi tra i singhiozzi
«Non lo so bene, ma questa mattina si è alzata presto, mi ha detto che aveva bisogno di pensare, è entrata in bagno, poi ho sentito l’acqua scorrere…pensavo si stesse solo riempiendo la vasca per fare un bagno, ma quando l’ho chiamata per dirle che uscivo non mi ha risposto, allora mi sono preoccupato. Sono entrato in bagno…» l’espressione sul suo viso era sconvolta, non la dimenticherò mai.
Austin mi si sedette accanto e mi strinse le mani.
«Potete dirmi cosa cazzo è successo? Dannazione
«Quando sono entrato in bagno lei era lì, nella vasca con il braccio destro che pendeva fuori dal bordo, c’era sangue ovunque. Sul pavimento, nell’acqua della vasca. Sangue che continuava ad uscire dai suoi polsi
Non dissi niente, non riuscivo a capire il perché fosse arrivata a compiere un gesto simile.
Mi sentivo uno schifo, erano mesi che stava così e io non me ne ero mai accorta perché ero troppo impegnata a farle pesare anche i miei problemi? Avevo ignorato tutte le sue richieste d’aiuto? Probabilmente era così. Ero la persona più schifosa di tutta la terra, ero stata un’egoista.
«Ah Bea, ho trovato anche questa. Non l’avrei letta se avessi saputo che era per te»
Alan tirò fuori dalla tasca della felpa una lettera scritta a mano, leggermente intrisa di sangue.

Cara Bea,
non pensavo sarei mai arrivata a tanto, ma ho bisogno che tu sappia.
Dopo la nostra telefonata di ieri sera ho capito che non posso più tenermi dentro queste cose. So per certo che mi odierai dopo aver letto il contenuto di questa lettera, perciò ho deciso di togliere il disturbo perché non merito il tuo affetto, non l’ho mai meritato dopo quella dannata sera della festa.
Non so scrivere, lo sai, sono molto più brava a parlare, ma se trovi questa lettera probabilmente me ne sarò già andata.
Tu di quella sera hai ricordi confusi, sfuocati; invece i miei sono vivi nella mia mente e mi corrodono ogni giorno, perché quella sera io sono scappata, sono scappata via lasciandoti lì e non sono più tornata. Ero spaventata, non sapevo cosa fare e ho deciso di scappar via, sono sempre scappata via dai problemi pensando fosse la soluzione migliore. Ma mi sbagliavo.
Ti ho lasciato da sola nel momento del bisogno, non so perché l’ho fatto. Non sono stata io a spaccare la bottiglia di birra in testa ad uno di loro, l’ho solo lanciata sperando di potergli allontanare da te, ma gli ho fornito soltanto l’arma per farti del male, e tu ne porti ancora i segni, per causa mia. Dopo averla lanciata sono scappata via e solo dopo alcuni minuti ho suonato il campanello di un palazzo, e ho fatto chiamare la polizia. Ma non sono tornata da te. Ero troppo spaventata, non sono venuta a trovarti all’ospedale per i due giorni in cui pensavamo non ti saresti più svegliata. Sono una persona orribile, ma ti chiedo di perdonarmi, perdonami per come mi sono comportata e perdonami per tutti questi anni di silenzio. Perdonami se per causa mia ti sei ammalata, se porti quella cicatrice, se da sei anni non vedi la tua famiglia. Perdonami per averti fatto soffrire quando non te lo meritavi. Perdonami per tutto questo.
Scusami per tutto il dolore,
tua amica per sempre
           Fra


Lessi la lettera, non riuscivo a crederci. La mia migliore amica si era quasi tolta la vita per il senso di colpa. Si stava addossando colpe che non aveva e quella lettera mi fece stare solo peggio.
Mi buttai tra le braccia dei due e rimasi lì per interminabili e ansiose ore. Attendevo una risposta. La mia migliore amica giaceva su un letto d’ospedale e lottava tra la vita e la morte per una colpa che non aveva.

«I parenti della signorina Rossi?»
Mi alzai di scatto
«Sì, io sono sua sorella. Come sta?» mentii
«Sua sorella ha perso una grande quantità di sangue, ma siamo riusciti a stabilizzarla. Vuole vederla?»
«Certo che voglio vederla, ma che domande mi fa!» sbottai
«Sì, assolutamente. Mi segua. La devo avvertire; è molto debole e probabilmente non riuscirà a prestarle attenzione»
«Certo, capisco»

Entrai nella stanza d’ospedale da sola. Odorava di disinfettante, l’ambiente era abbastanza oscurato e spoglio.
Giaceva su quel letto con un sacco di aghi in vena, i polsi erano fasciati con garze bianche qua e là intrise di sangue e le braccia distese lungo i fianchi. Portava una cannula per l’ossigeno infilata nelle narici. Il suo respiro era lento, quasi inesistente.
Vederla così mi fece male, molto male.

«Tu se pazza. Non farmi mai più una cosa del genere. Non hai nessuna colpa, doveva andare così e basta. Ed è solo merito tuo se io sono ancora viva; tu hai chiamato la polizia, tu mi hai accompagnato in America per la terapia. Tu sei sempre stata la mia ancora. Quella che ti deve delle scuse sono io. Scusami per non essermi accorta di tutto quello che ti stavi portando dentro. Scusami per tutto, non ti lascerò mai più»
Speravo mi avesse sentito, anzi ero sicura che mi avesse ascoltato.
«Ti voglio bene Fra»

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Capitolo 9
*** Is this the end of us? ***


Uscii dall’ospedale in totale silenzio; dovevo riflettere, quella vacanza si era trasformata in un incubo.
Avevo staccato il telefono così da essere irraggiungibile, non volevo che nessuno mi cercasse o mi chiamasse, tanto meno Austin.
Mi incamminai verso un parco, faceva un gran freddo e ogni tanto cadeva qualche piccola goccia di pioggia; il cielo ero coperto da nubi grigiastre, “rispecchia il mio umore” pensai e intanto mi misi le cuffie alle orecchie e feci partire la musica, “mi devo distrarre” pensai in seguito.
Mentre camminavo a passo lento milioni di pensieri mi affollavano la mente: “perché lo ha fatto?” “cosa ne sarà di noi?” “ho sbagliato io in qualche modo?”, non mi davo pace.
Avevo ancora fissa, viva nella mente l’immagine di quella stanzetta cupa dell’ospedale, così fredda e spenta, proprio come Fra, già, Fra che non si era mai lasciata abbattere da nulla, lei che aveva sempre il sorriso stampato sulle labbra e gli occhi vivi che brillavano di luce propria ora giaceva come un corpo senza vita su uno schifosissimo letto di ospedale.
Mentre pensavo a tutte queste cose mi resi conto di aver percorso un bel po’ di strada e di essermi persa, in più in un posto in cui non conoscevo nemmeno la lingua e chissà a quanti chilometri dal centro di Parigi.
Cominciò a salirmi l’ansia, strano, che cominciò a prendere possesso del mio corpo, dei miei pensieri e di tutta me stessa. Ero sola. Questa volta non avevo davvero nessuno che potesse aiutarmi. Il cielo si faceva sempre più scuro e cominciò a piovere più forte “grandioso, sono proprio furba” pensai maledicendomi per aver preso quella decisione.
Estrassi il cellulare per cercare aiuto; “non c’è campo”.
Come poteva non esserci campo in un posto come quello? Non era possibile, che la sfiga volesse diventarmi amica ormai lo sapevo, ma non credevo fosse diventata la migliore.
Con l’imbrunire la temperatura aveva iniziato ad abbassarsi e io stavo congelando.
“maledetta me e quella volta che mi sono messa questo vestito” dissi a bassa voce quando per clemenza divina sentii chiamare
«BEATRICE!!» mi girai di scatto, ma non riuscii a capire da quale direzione stesse provenendo la voce, il vento la spazzava via in ogni direzione.
Mi chiamarono ancora, ma non capivo così mi fermai e in quel momento fu buio; sentii delle voci familiari, ma non le riconobbi e poi silenzio.

***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Mi svegliai in un letto caldo, ma in una stanza spoglia, fredda e che odorava di disinfettante.
“Non anch’io in ospedale, vi prego” pensai tra me e me, ma avevo ragione.
Aprii gli occhi lentamente e mi ritrovai addosso gli occhi di Austin e Tino.
Ancora una volta qualcuno mi aveva salvata, grazie al cielo.
«Ma sei impazzita?!» mi aggredì Austin senza nemmeno salutare.
«Buongiorno anche a te, Austin» gli risposi acida, voltandomi e volgendo poi un sorriso a Tino il quale ricambiò assumendo un’ espressione più sollevata.
«Buongiorno un cazzo, che ti è saltato in mente? Scappare così senza dire niente, ma ci pensi a noi, a me? Sei quasi morta per ipotermia perché sei un’incosciente e te ne sei andata staccando addirittura il cellulare, cos’è, volevi suicidarti pure tu?»
Non risposi, abbassai solamente lo sguardo e mi portai le mani al volto: aveva ragione.
«Austin non essere così duro con lei, ne ha già passate tante per questi due giorni. Probabilmente voleva solo schiarirsi le idee» intervenne Tino cercando di calmare l’amico, ma lui continuava a fissarmi, sentivo il suo sguardo trapassarmi la pelle, infiltrarsi nelle mie ossa, non avevo il coraggio di guardarlo.
«Guardami quando ti parlo, cazzo!» Sbottò strattonandomi per i polsi «Voglio sapere perché te ne sei andata via così senza avvisarmi, hai idea di che cosa ci hai fatto passare? No che non ne hai, ci hai pensato a Fra?! No che non ci hai pensato, pensi sempre e solo a te stessa, sei un’ egoista, ecco cosa sei!» mi urlò staccando poi le presa.
Alzai lo sguardo, aveva gli occhi iniettati di sangue, stringeva i pugni e continuava a fissarmi. Aveva ragione, non mi meritavo niente, ero davvero un’egoista e lui non si era fatto problemi a dirmelo, anzi me lo aveva addirittura urlato.
«Scusatemi, volevo solo schiarirmi le idee, non avevo intenzione di allontanarmi molto»
Dissi con un filo di voce appena percettibile.
Tino si alzò, vi lascio soli, ci disse e se ne andò fuori.
Ero da sola con Austin, lui che mi aveva detto “Ti amo” e adesso mi aveva appena fatto capire che schifo di persona fossi.
«Incosciente» mi disse, ma io non risposi, così si alzò e fece per uscire quando con un filo di voce lo richiamai
«Austin, scusa»
Non si voltò nemmeno, proseguì per la sua strada e uscì sbattendo la porta e lasciandomi da sola, nella penombra.
*** Rimasi a fissare la porta per un tempo che sembrò interminabile quando bussarono.
«Avanti» dissi sperando tra me e me che Austin fosse tornato per perdonare il mio comportamento infantile e incosciente, ma quando vidi entrare Fra in stampelle con Alan mi sentii sollevata.
«Hey amica, che combini?» mi chiese con il suo solito fare amichevole. Grazie al cielo questo episodio non l’aveva cambiata, aveva sempre il suo sorriso un po’ meno allegro e solare ma sempre il suo sorriso, e aveva ancora quella luce negli occhi. Non era cambiata, era sempre la mia migliore amica.
Feci per alzarmi dal letto, ma le gambe non risposero e caddi a terra.
«Oddio, cosa fai» si affrettò Alan a raggiungermi ed aiutarmi a rialzarmi.
«Grazie Al, non so cosa mi sia successo, meglio che resti a letto per oggi»
«Lo credo bene, vado a cercare Austin» mi disse e non feci in tempo a fermarlo che se n’era già sgattaiolato via come un ladro.
Fra mi raggiunse e si sedette affianco a me.
Parlammo un po’. Le chiesi come stava, stava bene, si era resa conto che il suicidio non sarebbe stata la soluzione, avevamo ancora tante cose da fare insieme, concerti soprattutto, un gesto estremo, ma per fortuna Alan l’aveva salvata, gliene era molto grata, come gliene ero anch’io.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***


«No Alan, non le perdonerò mai quello che ha fatto»
«Abbassa la voce, idiota. Se ti sentisse le si spezzerebbe il cuore»
«Lei ha spezzato il mio, è stata una stupida, poteva morire e non gliene frega niente»
«Smettila Austin, stai facendo il bambino. Devo ricordarti come l’hai trattata tu qualche settimana fa?»
Sentivo Alan che rimproverava Austin e Austin che rimproverava me e il mio comportamento.
«Vado a dirgli di smetterla»
«No, Austin ha ragione. Mi sono comportata da idiota e ho rischiato la vita»
«Siamo in due, amica»


«Lei ha chiuso con me, non voglio stare con una persona che pensa solo a se stessa» sentii dire da Austin in tono alterato, mi odiava ed era comprensibile.

***

Sospirai e iniziai a piangere in silenzio, se non fosse stata Fra affianco a me probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto.
«Hey che fai, non piangere. Non lo sta dicendo sul serio Bea. Capiscilo, ha avuto timore di perderti»
«Ha ragione, non merito niente e nessuno»


 

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Capitolo 10
*** Gone forever (Epilogo) ***


“La mia relazione con Austin finì lì. Cosa potevo pretendere?! Dopo il mio comportamento da persona super irresponsabile qual ero e infantile era il minimo che mi potessi aspettare.
Ognuno tornò alla sua vita, io e Fra ce ne tornammo in America e continuiamo a lavorare all’Amanda’s.
Ogni tanto ci capita di affrontare l’argomento, e le domande che ci poniamo sono davvero molte. Se ci fossimo comportate diversamente chissà come sarebbe andata a finire.
Quando i ragazzi caricano le foto dei concerti o di loro con le rispettive ragazze è sempre un brutto colpo, ma non posso cambiare quello che è stato.
Sono infinitamente grata a quei cinque per avermi, per averci salvato la vita e per aver vissuto quell’avventura quasi surreale.”

Beatrice e Francesca continuano a lavorare all’Amanda’s, hanno una famiglia e sono ritornate più volte in Italia per le vacanze, nessuno dei parenti però è a conoscenza della loro piccola ‘avventura’ con gli Of Mice & Men, probabilmente non ci crederebbe nessuno.
Le loro vite sono nettamente separate, non hanno più avuto contatti da quella volta all’ospedale di Parigi. Nessuno ha più provato a cercarsi e pian piano le cicatrici si rimargineranno.

Austin non ha voluto perdonare Beatrice per il suo comportamento, non le aveva più rivolto la parola e Alan ha 'tagliato i ponti' con Francesca perché riteneva fosse la scelta migliore; "ognuno di noi deve tornare alla propria vita, non ti dimenticherò mai" le aveva detto un attimo prima di andarsene per sempre. Francesca ne aveva sofferto, ma non per molto; aveva presto trovato qualcuno che la aiutasse a ricominciare a vivere, mentre Beatrice ne soffre ancora, ma è troppo orgogliosa per ammetterlo e cercare Austin.

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