Double Six Trilogy - Parte 1: Greyhorn Curse

di EOW
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vorrei poterti vedere ***
Capitolo 2: *** Voi non potete capire ***
Capitolo 3: *** Voglio sapere perché ***
Capitolo 4: *** Vecchi ricordi ***
Capitolo 5: *** Vai e fai qualcosa ***
Capitolo 6: *** Vantarsi degli amici ***
Capitolo 7: *** Vola alto nel cielo ***
Capitolo 8: *** Vittoria mutilata ***
Capitolo 9: *** Vedere per credere ***
Capitolo 10: *** Extra - Vedrai che staremo insieme ***
Capitolo 11: *** Valorizza i tuoi ideali ***
Capitolo 12: *** Vendicati di questo sciocco mondo ***
Capitolo 13: *** Viola e Bianco ***
Capitolo 14: *** Vivere per 10000 anni ***
Capitolo 15: *** Variabile DoppioSei ***
Capitolo 16: *** Vacillare per poi rialzarsi ***



Capitolo 1
*** Vorrei poterti vedere ***


ATTENZIONE: Per questa storia ho preparato numerosi artwork, collegati di capitolo in capitolo. Potete trovarli QUI, ma attenzione, non aprite cartelle di capitoli che non avete letto, perché conterranno major spoilers.
Il numero prima del punto si riferisce alla saga:
1) Greyhorn Curse
2) Equestria UnWorld
3) Quilin Realm

Buona visione ^_^
- E.O.W.



Beh... credo che un po' di divertimento non possa farmi male...

 

Era un giorno tranquillo a Ponyville, i pegasi stavano ricoprendo il cielo di nuvole in fretta e furia, erano già in ritardo sulla tabella di marcia e il temporale doveva cominciare alla svelta.

Tutti quanti tornarono nelle loro case e accesero il camino per starsene al calduccio, mentre la pioggia cadeva incessante nelle strade e la principessa Luna faceva calare la notte per garantire a tutti un meritato riposo.

Camminando sul fango un pony incappucciato passò accanto alla capanna di Fluttershy, lungo la strada sterrata per raggiungere la Everfree Forest. Vicino a lui c’era un puledrino, anch’egli incappucciato per ripararsi dal maltempo.

‘Papà… ho freddo…’ mormorò.

‘Mi dispiace, non avevo proprio previsto questo tempo.’ Rispose l’adulto.

‘Perché… perché dobbiamo sempre andare a quest’ora di buio da quel mercante puzzolente?’ insisté.

L’altro distolse lo sguardo dal figlio, prima di replicare.

‘Lo sai, è l’unico che non si fa domande su chi siano i suoi clienti. Poi a quest’ora è difficile che noti il tremendo segno che ci portiamo dietro… Credo però che se anche lo notasse non si farebbe problemi, finché gli si porta i soldi.’

I due proseguirono verso il bosco, senza dirsi altro, fino a che il puledrino non si fermò. Il padre notò la cosa e si voltò.

‘Tutto bene Hope?’

Annuì con la testa.

‘Va tutto bene, è che… sono tanto stanco…’

Il pony si avvicinò al piccolo.

‘Vuoi salirmi in groppa? Ti porto un po’ io.’

Hope sorrise dolcemente e saltellò sulla schiena del padre.

‘Ehi, fai piano, che mi fai male!’ esclamò divertito l’adulto.

E i due si incamminarono nella foresta. In piena notte.

 

Il giorno dopo tutti i pony di Ponyville si svegliarono con un meraviglioso mattino e guardarono fuori dalla finestra i fiori colorati che erano ritornati in forze grazie alla pioggia notturna.

Dash si stava riposando su un albero, mentre le sue amiche stavano rimettendo a posto la roba che avevano usato per un pic-nic.

Rarity tirò su l’elegante stuoia su cui si era seduta, tutta sporca e lurida.

“Oh, il fango, guardate come ha sporcato questa coperta ricamata a zoccolo.”

“Eh, purtroppo tutti i tavolini sono stati presi, non avevamo scelta.” disse Applejack.

“Lo so, lo so, però se lo avessi saputo prima avrei portato una coperta meno elegante. Ora dovrò lavarla e…”

Mentre le due discorrevano Pinkie Pie si allontanò momentaneamente in cerca del bagno. Quando passò proprio sotto la grande quercia la sua coda iniziò a tremare.

Cogliendo l’intuizione si scansò in fretta e vide cadere un puledro dal ramo, proprio accanto a lei.

 

Era un piccolo unicorno grigio, con la criniera verde chiaro. Questo si rialzò subito, aveva la faccia piena di fango ed era così buffo che Pinkie si mise a ridere.

Il piccolo si girò verso di lei, ma puntava la testa all’altezza delle sue zampe.

“Aspetta che ti aiuto, la mia faccia non è lì.” Disse, pulendogli il muso con uno zoccolo. “Ora ci vedi meglio?” gli domandò.

“Ehm… anche con il fango… ecco, non ci vedrei lo stesso.” Aveva gli occhi chiusi mentre parlava.

“Sciocchino, se non apri gli occhi non ci vedi!”

“Anche… anche se li aprissi non vedrei nulla… proprio nulla. Sono così dalla nascita.” Era visibilmente timido nel parlare, come se fosse preoccupato di parlare.

Pinkie notò questo suo atteggiamento. Si portò uno zoccolo al mento e rifletté per mezzo secondo.

“Che ne dici se ti invito al picnic con le mie amiche? Ci divertiremo un sacco e ci saranno tanti bellissimissimi giochi!” si fermò un secondo rendendosi conto che qualcosa non andava “Cioè, in realtà era appena finito, ma non importa, sono sicura che a loro non dispiacerà ricominciare, come dico sempre c’è sempre tempo per un party!”

 

E mentre il povero piccoletto veniva inondato dall’incessante parlantina, Pinkie lo osservò meglio: indossava un gilet rosso che gli copriva più di metà corpo e una bandana dello stesso colore sopra la testa. Notò anche era senza cutie mark, ma più di ogni altra cosa notò… che non lo conosceva! E lei conosceva tutti a Ponyville.

“A proposito, come ti chiami? Io sono Pinkie Pie!” partì nuovamente all’assalto, con l’intento di fare amicizia.

“Io… io sono Blind Hope... p-piacere…” rispose timidamente.

Appena finì di parlare Pinkie si ricordò il motivo per cui si era separata dal gruppo.

“Ah! Il bagno!” esclamò, fiondandosi verso la toilette più vicina.

Il puledro rimase seduto sull’erba ancora un po’ intontito.

Ma l’aveva davvero incontrata una giumenta così stramba?

 

Blind Hope si ritrovò insieme alle ragazze.

“Piccolo, dove sono i tuoi genitori?” domandò Twilight. Egli mosse le orecchie preoccupato.

“Ragazze, forse è meglio non tempestarlo di domande. Non è di qui, quindi forse non è abituato ad avere tanta gente intorno.” Commentò AJ.

Fluttershy gli si avvicinò e iniziò ad accarezzarlo sulla testa.

“Come si fa a perdere di vista un cosino così carino?” fece la voce tenera.

Era disorientato, come diceva la cavalla con l’accento texano non era abituato ad avere così tante considerazioni. C’era poi da aggiungere che era appena scappato di casa e se suo padre lo prendeva… A letto senza cena per un mese di sessanta giorni!

La cosa più importante che doveva ricordare era di non far cadere mai la bandana, né levarsi il gilet, per NESSUNA ragione al mondo. Se lo avesse fatto altro che sessanta giorni, sarebbero stati almeno cento, no macché, mille diecimila giorni senza né pranzo né cena!

Fortunatamente l’agitazione iniziale passò presto, quando si rese conto di essere al sicuro, e continuò a giocare con le sue nuove amiche. Poiché era cieco si limitava a tenere i punti mentre le altre si lanciavano il frisbee e lui si divertiva ascoltando le loro esultazioni o disapprovazioni quando facevano punto o quando non afferravano il disco.

“Punto a quella fissata col pulito! Quella dalla voce squillante che mi ha portato qui ha mancato il frisbee.”

 

Il pomeriggio passò così, semplicemente, fino a quando Dash non si svegliò.

“Ragazze, mi avete aspettato? Grazie!” esclamò contenta.

“Ecco, in realtà siamo rimaste qui a giocare con quel puledrino laggiù, si chiama Blind Hope.” Le spiegò Fluttershy. Dash guardò il piccolo. La bandana era davvero figa.

Si avvicinò e gli porse lo zoccolo.

“Io sono Rainbow Dash, il pegaso più veloce di tutti! Tu invece?”

“Io sono Blind Hope, piacere! Però dimmi una cosa… Come mai sei l’unico maschio qui?”

“Cosa?” Dash non era sicura di aver capito.

“Eheh, ti sei messo bene con tutte queste ragazze, una di loro per caso è la tua fidanzata?”

Arrossì imbarazzata e guardò le amiche ridere di cuore.

“Sono una femmina anche io, non si vede?!”

Il piccolo rimase in silenzio e Twilight gli si avvicinò.

“E’ cieco. Basa tutto sull’udito.”

“E sull’olfatto, non hai il classico profumo di fiori che hanno tutte le donne. Ce l’ha persino mia mamma!”

Dash fece una smorfia di fastidio, poi però le passò tutto e cominciò a divertirsi con tutti loro.

 

 

Intanto, due pony incappucciati, un unicorno maschio e un pegaso femmina andavano cercando il piccolo Blind Hope nei dintorni della foresta.

“Non può essere andato lontano!” imprecò il maschio.

“Caro, ti avevo detto di non portarlo con te.” Lo rimproverò la pegaso, che però fu ignorata.

“Non va bene, anche se porta la bandana e il maglioncino rischia che qualcuno lo veda e riconosca la nostra malattia…”

“Ed è pure contagiosa… Non vorrei che qualcun altro la subisca…” sospirò “Mist, dobbiamo trovarlo!”

L’unicorno guardò il cielo.

“Le nuvole portano messaggi funesti, speriamo bene…”

Detto questo i due si incamminarono alla volta di Ponyville. In pieno giorno.

 

“Io direi di cambiare gioco, sono stanca.” Disse Rarity, sedendosi su una panchina libera.

“Già, che ne dite di una sana bandierina tre contro tre? Blind può tenere la bandierina!” suggerì Dash.

“Sarebbe divertente.” Intervenne Twilight “Ma non abbiamo una bandierina per giocare.”

Tutti si voltarono verso Rarity.

“Che volete? Le mie stoffe non si toccano, si sono già sciupate abbastanza per l’umidità!”

“Beh, abbiamo qui un’altra bandierina!” esclamò la pegaso celeste sfilando la bandana al puledro.

Egli urlò di paura coprendosi la testa con gli zoccoli.

“AAAAH, LO STALLONE NERO MI HA RUBATO LA BANDANA!!! RENDIMELAAA!!!!”

“Ancora con ‘sta questione? Io sono una femm…”

Per riprendersi il telo Blind Hope agitò gli zoccoli verso Rainbow Dash, levandoli dalla testa. Tutti così scoprirono il segreto che celava sotto quel drappo rosso.

Due cornini, davvero piccoli ma facili da vedere spuntavano ai lati della sua testa.

Tutte quante lo guardavano stupite mentre lui, imbarazzato indietreggiava. Andando all’indietro sbatté contro le gambe di un pony ben più grande di lui, incappucciato.

“Ecco dove ti eri cacciato!” esclamò con voce autoritaria.

Il sangue gli gelò nelle vene. Era suo padre e lo aveva visto senza bandana in mezzo a diversi pony.

L’unicorno guardò le sei ragazze.

“Sono Midnight Mist, suo padre. Vi ha dato noia per caso?”

“Oh, affatto, ci stavamo divertendo.” Disse Twilight.

“Allora perché ora lo guardate così? Per via dei suoi corni?”

Blind Hope si era rannicchiato a terra e tremava come una foglia dalla paura. A casa gli sarebbe aspettata una bella punizione.

Pinkie, che era andata a prendere un fazzoletto da usare come bandiera, appena vide il piccolo impaurito gli si avvicinò e cercò subito di consolarlo.

Mist guardò il pony rosa e poi si levò il cappuccio. Anche lui aveva quelle corna ed era di un grigio della stessa tonalità di Blind Hope.

“Sono una cosa di famiglia.” Spiegò, indicandole “Ora riporto mio figlio a casa. Mia moglie mi sta attendendo fuori dal parco.”

“Aspetta!” esclamò Dash, avvicinandosi al puledrino. “Volevo renderti la bandana, è colpa mia se è successo questo casino...”

“Fa… fa nulla, grazie.” Si rimise la bandana e guardò suo padre che si rimise il cappuccio.

Questa volta fu Twilight ad avvicinarsi. Aveva una faccia un po’ emozionata.

“Ora che ci penso tu… Non sarai mica QUEL Midnight Mist? Il genio dell’accademia per unicorni dotati? Lo studente prediletto di Celestia venti anni prima che io entrassi in quella scuola? Il leggendario…”

Mist le tappò la bocca.

“Si, sono io. Se vuoi chiedigli pure di me.”

Con queste parole si congedò, portando con sé Blind Hope.

Twilight guardò le ragazze.

“Sapete cosa sto per dire?”

“Fammi indovinare! Stai per dire ‘Alla libreria’?” disse Applejack.

“Ehm… già…” mormorò il pony viola.

 

Spike era solo in casa a leggere un racconto del terrore sotto le coperte. Appena sentì la porta sbattere trasalì e si infilò sotto il letto.

“Mica ci saranno dei mostri?” pensò.

“Spiiiike!” lo chiamò la voce di Twilight. Il draghetto tirò un sospiro di sollievo e uscì dal nascondiglio.

“Bah, e io che credevo che il lupo mangiadraghi fosse qu…” scese le scale, ma trovò l’atrio completamente vuoto.

Non c’era nessuno e la porta era aperta.

Si avvicinò lentamente e non ebbe il tempo di realizzare cosa stesse accadendo che un fulmine rosa lo investì. Era Pinkie Pie.

“Ah, cosa succede?” esclamò stupito e intontito dall’impatto.

“Svelto Spike, prendi carta e penna!” disse Twilight in fretta e furia.

 

La risposta di Princess Celestia non tardò ad arrivare.

“Cara Twilight Sparkle, sono sicura che quel pony che avete incontrato fosse davvero Midnight Mist, mio ex-allievo. Devo però avvertirvi, se avete avuto contatti con lui, è affetto da una gravissima malattia, nota come ‘Maledizione di Greyhorn’. Chi la subisce vede il proprio pelo diventare grigio e due piccoli corni spuntano ai lati della testa. Ma questo è il meno: chi ne è affetto non vede i colori, ma solo una triste gradazione di grigio. Poiché non sappiamo se è contagiosa o meno tutti gli infetti sono stati mandati in un piccolo accampamento nella Everfree Forest.

Però… è strano che Mist si sia fatto vedere, da quando ha subito la maledizione ha rotto ogni ponte col mondo esterno.

Non so che altro dirvi al riguardo, solo di stare attente, potreste rischiare il contagio.”

Pinkie ascoltò il testo con attenzione e alla fine scoppiò a piangere.

“BUHUUH!!!! NON SAPEVO CHE FOSSE COSI’ TRISTEEEE!!!!”

A renderla triste più che altro era l’idea di non poter più vedere i colori, cosa che faceva un po’ stranire pure Dash, che si chiese come avessero visto la sua criniera.

“Oh, mio dio!” un urlo dietro di loro le stupì “Speriamo non sia davvero contagiosa… Il grigio non va per niente quest’anno!” esclamò Rarity. Tutte la guardarono male.

“Andiamo, stavo solo scherzando, volevo sdrammatizzare…” Sorrise, poi appena le altre si girarono tirò fuori un drappo grigio e se lo provò, scuotendo la testa.

All’improvviso Pinkie si alzò e gridò ad alta voce.

“Ho deciso, dobbiamo andare alla Everfree Forest e fare un bellissimo party per tirarli tutti su di morale!”

“Pinkie, non possiamo entrare così in casa di altri e…” AJ cercò di parlare.

“Pinkie Pie non lascia degli amici tristi e col muso lungo, MAI!” disse risoluta. “Alla Everfree Forest!”

“Everfree Forest?” domandò Fluttershy intimorita.

“Sì, Everfree Forest!” rispose il pony rosa.

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Capitolo 2
*** Voi non potete capire ***


Felicità? Si forse ricordo un tempo della mia vita in cui ero felice.

 

Era stato deciso. Le sei giovani pony si sarebbero avventurate nei meandri della Everfree Forest per trovare l’accampamento dei pony maledetti e aiutarli a trovare un po’ di sorriso.

Non senza timore esse si incamminarono, nessuno sa quali siano gli effetti della maledizione, né se sia contagiosa. Quindi, per prevenire (o almeno cercare di farlo) andarono da Zecora a chiederle se conoscesse qualcosa sul misterioso maleficio.

‘Un accampamento non lontano da qui c’è, ma mai hanno chiesto di me.’ Disse.

‘Non sai proprio nulla?’ le chiese Twilight

‘No, mi dispiace. Là ognuno tace.’

‘Oh, andiamo! Ci deve pur essere un qualcosa per sapere di più! A detta di Celestia è tanto che questo morbo è in giro, possibile che nessuno sia stato abbastanza coraggioso da studiarlo?’ criticò Rainbow Dash.

‘Nessuno a loro si avvicina, ma nessuno di loro si allontana.’

‘Il problema Dash è che quei pony non si vogliono far vedere.’ Spiegò l’unicorno viola.

‘Allora si faranno vedere, andremo là comunque, no?’ il pegaso celeste fece segno di sbrigarsi.

‘Ehm… se deve essere un disturbo sarebbe meglio non andare… che dite?’ disse sottovoce Fluttershy. Nessuno la ascoltò.

Pinkie saltellava sul posto dicendo, con voce di rimprovero:

‘Mi sono pinkie-promessa che li avrei aiutati e non mi fermerò!’

‘Siete disposte a perdere il colore? Se lo siete andate senza timore.’ Quando parlò anche Rainbow Dash si fermò. Pinkie al contrario no.

Non era in effetti una scelta facile, però tutte e sei, chi più chi meno, sentivano di dover indagare sulla questione, per troppo tempo era rimasta irrisolta. Dopotutto loro erano i sei elementi dell’armonia, insieme avrebbero potuto fronteggiare qualunque cosa.

Alla fine presero coraggio e, guidate da Pinkie Pie, riuscirono a trovare l’accampamento.

L’atmosfera era tremenda, tutto era così spento e triste, clima che non avevano più provato da quando avevano visto i pony di cristallo soggiogati da Sombra.

Si avvicinò a loro un giovane pony, anche lui aveva il pelo grigio e due caratteristici cornini.

‘Cosa ci fate qui?’ domandò.

Ai suoi occhi doveva sembrare strana la presenza di pony così colorati in un simile luogo. A dire il vero non ne vedeva il colore, però lo intuiva, tutti i pony grigi imparavano a distinguere i colori dalla gradazione di grigio che vedevano.

‘Stiamo cercando Midnight Mist, non so se…’ cercò di chiedere Twilight, ma fu interrotta.

‘La sua casa è quella.’ Il pony le indicò una casupola fatta di legna e oggetti raccolti qua e là. Era davvero malmessa. Ma lo stupore salì quando egli aggiunse ‘Lui è il capo-accampamento.’

Nonstante fosse il capo viveva in una simile catapecchia? E la sua vecchia casa? Twilight pensò che un unicorno leggendario come Midnight Mist si meritasse di più.

Avvicinandosi Rarity era un po’ riluttante, pensò che doveva fare attenzione alla criniera, rischiava di impigliarsi tra i rottami e quindi rovinarsi. Per fortuna non era piovuto, quindi niente fango, anche se la polvere che si alzava al passaggio era davvero fastidiosa.

Bussarono alla porta e fu proprio Mist ad accoglierle. Le squadrò con lo sguardo, anche a lui pareva molto strano che sei “colorati” si fossero avventurati fin là. Continuò ad ispezionarle per qualche istante, indeciso su cosa fare.

‘Eccoci, siamo qui! E’ tempo di festa!’

Pinkie salì al settimo cielo, tirò fuori il suo Cannone Party e sparò in direzione del pony grigio. Esso si ritrovò avvolto da stelle filanti colorate e coriandoli sin nella coda. Rimase in silenzio per poi chiedere:

‘E questo cosa significa?’

‘Beh, sai, ieri eravamo al picnic, un super-normale picnic con le amiche, ma poi saltò fuori quel piccolo puledrino di nome Hope. Sembrava davvero tristoso e quando sei venuto a prenderlo io e le mie amiche abbiamo deciso di rallegrarvi con una super-festa! Non siete ultra-contenti?’ spiegò la pony rosa.

Mist cominciò a ridere di gusto e si pulì usando la magia. Sembrava molto più allegro, almeno qualcosa erano riusciti a farla.

‘Scusatemi per ieri, ma come avrete capito noi preferiamo distaccarci da voi. Detto così è un po’ brutto, ma non voglio che altri rischino il contagio. Normalmente vi direi di andarvene, ma visto che siete amiche di Hope potete anche restare. A vostro rischio e pericolo però, immagino lo sappiate.’

La casa dentro si rivelò una meraviglia! Era molto più grande e spaziosa ed era arredata così bene che Rarity quasi si fece venire il torcicollo ad esaminare tutto quanto. Anche Dash, che di solito non bada a certe cose era visibilmente stupita. Pinkie e Applejack non ci badarono molto, mentre Fluttershy si sentì meglio e si fece passare la paura.

Ma la più stupita di tutti era Twilight. Un incantesimo spazio-dimensionale di quel livello era qualcosa da uncorni di alta categoria, era di un livello tale che lei poteva solo sognarselo. Non resistì e chiese:

‘Mist, ma lo hai davvero fatto tu?’

Lui la guardò, non disse nulla ed aprì la porta del soggiorno.

‘Vi preparo una tazza di tè, va bene?’ si avvicinò all’unicorno viola ‘Comunque sì, è un mio incantesimo. Una volta attivato funziona perennemente a meno che io non lo sciolga di mia volontà. L’ho attivato anche su tutte le altre case dell’accampamento.’

‘Davvero?!’ era al settimo cielo, non vedeva l’ora di parlare con lui di magie e discutere con lui delle sue scoperte. ‘Si vede che sei davvero stato l’allievo prediletto di Celestia anni fa!’

Mist si girò senza dire nulla e tornò a preparare il tè. Le sei si misero tutte ad aspettare, indecise su come agire. Pinkie non aspettava altro che vedere Blind Hope sbucare fuori dalla porta per organizzargli un super-party a sorpresa.

 

Intanto a Ponyville Spike era rimasto a casa per tenerla d’occhio mentre Twilight era via. O almeno così aveva detto, in realtà aveva una fifa tremenda dei pony grigi, non si sa mai se anche i draghi potessero contrarre la maledizione di greyhorn.

Stava pulendo la camera quando gli venne in mente il nascondiglio del gelato. “Pancia mia fatti capanna, sono solo in casa!” pensò e subitò si recò al frigorifero. Reparto verdure, l’unico che non apriva mai per nessuna ragione, ecco il posto migliore per nasconderlo, ma non aveva fatto i conti con il suo super-intuito!

Prese un cucchiaio e lo inzuppò nel vasetto, tirandone su una grande quantità. Fece per metterla in bocca, quando con una fiammata sputò una lettera. Il gelato si sciolse tutto, rovinandosi, col sommo dispiacere di Spike.

Sconsolato raccolse la lettera e la aprì, leggendone il contenuto.

“Twilight, ho una cosa urgente da dirti. So che vorrai conoscerlo, ma ti chiederei di non recarti da lui. Ci sono diverse cose che non sai a riguardo ed è meglio se non gli dici che sei la mia nuova studente prediletta. Non posso spiegarti per iscritto tutto, fidati di me e non andare a casa sua.”

 

Mentre Spike era desolato per il gelato AJ era stanca di aspettare. Anche se Mist le aveva accolte calorosamente sentiva chiaramente nell’aria che non erano poi così tanto benvolute. Era lì solo per fare compagnia alle altre, infondo era amica di Hope pure lei.

‘Ma Hope dov’è?’ domandò infine.

‘Ecco il tè!’ disse, porgendo sei tazze fumanti alle sei pony. Era gentile come sempre, non è mai riuscito ad essere maleducato, nemmeno nei confronti di chi non aveva voglia di vedere. Erano pur sempre “colorati” sentiva come avessero sotto sotto paura di lui. Era assorto in questi pensieri e non sentì la domanda di AJ.

Lei pensò che Mist fosse un po’ maleducato, ma stette zitta e bevve il tè. La qualità era davvero superba e l’aroma si sparse per tutta la stanza. A differenza delle altre Pinkie non aveva ancora cominciato a berlo, stava ancora buttando zollette di zucchero e continuò a farlo finché Mist non le levò il barattolo

‘Ehi, ehi, ehi, vacci piano! Ti verrà un accidente se ne metti così tanto!’

‘Già, poi lo zucchero costa.’ Disse una voce sulla porta.

Era una pegaso a chiazze, anche lei grigia con le corna, dalla criniera blu e gialla. Bastò la sua presenza a cambiare l’atmosfera, sembrava a suo agio a vedere pony colorati.

Dash la osservò per qualche istante e si avvicinò a lei.

‘Dimmi, non è che sei Shooting Star?’ le chiese. Lei rimase un po’ imbarazzata e poi annuì leggermente con la testa. La pegaso celeste fece una piroetta all’indietro esultando.

‘Insomma zuccherino, cos’hai da agitarti così?’ chiese AJ.

Dash non stava più nel pelo.

‘Ma è Shooting Star, ex-capitana dei Wonderbolt! Non c’è pegaso che abbi battuto il suo record di potenza alare, addirittura 45!’

Star si spostò un po’ per evitare gli sguardi, era molto timida e non ha mai amato stare al centro dell’attenzione. ‘Beh, io ero capitana, ma da quando…’

‘Lo so, conosco la tua storia, per salvare un puledrina che stava precipitando cadesti male e ti si ruppe l’ala destra. Da allora lasciasti i Wonderbolt. Ricordo bene la cosa, quando lo lessi ci rimasi male per tre giorni’ Conosceva tutto di lei, quando era piccola era una delle sue eroine del volo. Star si imbarazzò nuovamente, abbassando la testa.

Mist frenò Dash e con uno sguardo tagliente le fece intendere di “non rompere”.

‘Comunque…’ disse a bassa voce ‘Ho sentito che cercate Hope, ecco… sta dormendo. Meglio se non lo svegliate.’

‘Forse è meglio se tornate la prossima volta, magari però non sparatemi di nuovo con quel cannone.’

‘Hai sentito Pinkie? Possiamo tornare tra un po’, ma…’

Pinkie non era seduta al suo posto, in qualunque momento si fosse alzata nessuno l’aveva vista uscire. Nemmeno Star che era rimasta alla porta tutto il tempo.

 

Effettivamente la pony rosa, stanca di aspettare andò a cercare Hope per conto suo. Era sicura che fosse in casa, quindi in silenzio, per non rovinargli la sorpresa, guardò in ogni stanza.

Nel bagno no, ma non si dovrebbe entrare comunque, quel letto è troppo grande per un puledrino, al piano di sotto ho già visto, quindi no. La libreria inoltre pareva troppo noiosa per una festa.

Pensava questo quando entrò nell’ultima stanza che non aveva ancora controllato, aveva già pronto il cannone party. Però non pensò più a festeggiare quando vide il piccolo.

Vide una di quelle cose così assurde che lasciano interdette anche pony come lei.

Stava sgranchendo le ali, cosa molto strana per un unicorno, di solito non hanno ali, pensò all’inizio, poi si rese conto che il tutto rimandava alle principesse, le uniche tre alicorni che conosceva, e si fermò. Proprio in quel momento Mist, Star e le sue amiche salirono di corsa le scale.

‘Papà, mi hanno visto…’ mormorò Blind Hope. Temeva già per un’altra punizione e si era già rannicchiato sotto il letto. Mist spostò in malo modo Pinkie e intimò il puledro ad uscire.

Visto che non rispondeva si girò verso le sei colorate.

‘Andate via e fate finta di non aver visto nulla. Vedete di non tornare mai più.’ Lo disse con tono freddo, era stufo di queste scocciatrici che nel giro di un giorno si erano intromesse fino a quel punto nella sua vita privata. Il giorno prima è stato un incidente, ma oggi erano venute personalmente a rompere.

‘P-papà…’ disse la tenera vocina di Hope da sotto il letto. ‘Non mandarle via, sono amiche mie.’

A queste parole Mist cambiò totalmente atteggiamento. Diede un’occhiata a Star che annuì sorridendo.

‘Va bene.’ Sospirò ‘Rimanete pure a giocare con lui, ormai la frittata è fatta.’

 

‘Caro, forse non dovresti essere così acido con tutti quanti. Non per forza tutti i colorati ci temono e ci odiano.’ Lo rimproverò in privato sua moglie. ‘Vedi come nostro figlio è felice? Non ha mai avuto amici, vuoi forse privarlo di questo tesoro?’

‘Mi dispiace, ma sai che il nostro Hope non è comune, è un alicorno ed ha la maledizione. Se la voce si spargesse sarebbero guai per tutti noi e non farebbe altro che mettere la nostra famiglia sotto i riflettori di tutta Equestria. Sarebbe la fine della pace per te e per Hope.’

‘Io penso che possiamo fidarci di quelle sei, mi hanno fatto una buona impressione.’

‘Andiamo, quella si è anche messa a raccontare di quell’incidente, sapeva tutto come se fosse una stalker.’

‘Beh, era un fatto conosciuto da tutti ormai, non è così strano che lo sappia.’

‘Non è quello il punto, è che se fa girare la voce che la grande Shooting Star ha la maledizione Greyhorn significherebbe altri rompiscatole! Gente che verrà qui solo per farsi gli affaracci nostri. Se poi uno di loro si ammala come noi? Allora sì che tutti avranno paura e ci eviteranno come la peste cutie!’

‘Sei sempre stato paranoico, sin da quando tutti e sei eravamo ancora insieme.’

‘Tendo solo ad escludere ciò che può causare problemi. Sto studiando la maledizione da un sacco di tempo e sono vicino alla cura! Se ce la faccio regalerò un futuro migliore a tutti quanti!’

‘Mist, sei qui?’ la voce di Twilight lo chiamava. Per loro fortuna l’unicorno non aveva sentito niente, se non le ultime due o tre parole a cui però non aveva dato minimo peso. Era troppo emozionata.

‘Si, che c’è?’ le chiese.

‘Ecco, volevo chiederti se potevi mostrarmi la tua libreria, voglio vedere quali meravigliosi incantesimi conosci.’

Mist sospirò, cercò lo sguardo della sua amata moglie per trovare la forza di sopportare e accompagnò l’ospite nella libreria.

‘Per caso usi il metodo di canalizzazione di Kurt VonPonyard? O quello inverso di Land Scape?’

‘Ehm… Uso quello reverso.’

‘E dimmi, è vero che hai scritto tu l’Exterreris? L’enciclopedia che si auto-aggiorna sugli animali selvatici?’

‘Si…’ disse sospirando.

 

In camera di Hope stavano giocando allegramente. Certo, all’inizio erano sconcertati di scoprire che è un alicorno, ma poi hanno capito che non dovevano fare troppe domande.

Pinkie Pie finalmente era contenta, aveva risollevato il morale del suo nuovo amico e aveva già deciso di fare altrettanto con tutti gli altri abitanti del campo. Solo le dispiaceva di non essere riuscita a sfaldare l’apatia dell’unicorno grigio, ma quella era roba a cui pensare dopo.

Rarity si fermò ad osservare gli splendidi giubbotti che Hope usava per coprire le ali quando usciva di casa e Dash esaminava se il piccolo sapesse volare bene.

Non lo sapeva quasi per niente fare.

‘Ehm… scusami Dash, ma non sono abituato a volare… E’ che papà non vuole che si scopra che sono un alicorno, quindi… per favore… se non è di disturbo… non ditelo a nessuno…’ mormorò.

Tutte rimasero colpite dalla sua dolcezza tremolante e accettarono di mantenere il segreto.

Applejack stava giusto per dirgli che a sua sorella avrebbe fatto molto piacere incontrare un altro pony senza cutie mark, ma decise saggiamente che era meglio tacere. Fluttershy, dopo la scarica di tenerezza, si era rilassata completamente e si stava godendo il momento con dolcezza.

 

Al piano di sotto invece Twilight iniziava ad esasperare il povero Mist a furia di domande, fino a che non si lasciò sfuggire una frase che non avrebbe dovuto dire.

‘Sai una cosa Mist? Pensavo che forse gli elementi dell’armonia potrebbero aiutarvi!’

‘Uh? E tu che ne sai degli elementi?’

‘Beh, io e le mie amiche rappresentiamo i sei elementi, in particolare io…’

‘Tu sei la Magia, vero?’ le disse. L’espressione in viso gli era cambiata, era molto più minacciosa di prima. Twilight avvertì il cambiamento e si mostrò un po’ più timorosa di parlare.

‘Ehm… come lo sai?’

‘Sei l’attuale studente prediletta di Celestia quindi, vero? Vi ha mandato lei?’

Non sapeva cosa rispondere era tutto diventato così strano. Perché faceva quelle domande? E cos’era quell’aura di rabbia che lo circondava.

‘Beh… lo sono…’

Mist non parlò, si limitò a voltarsi e a lasciare la stanza.

‘Seguimi.’ Disse all’unicorno viola.

 

Star aveva sentito l’ultima parte del discorso e si era rivelata preoccupata. Ricordava il tempo in cui lui e suo marito erano i rappresentanti dei sei elementi di scorsa generazione. Lei la Gentilezza, lui la Magia.

Era molto più giovane quando Celestia li incaricò di trovare gli elementi e chiudere per sempre la grotta dei changeling. Beh, non funzionò in eterno, ma se ne stettero buoni per molti anni.

Nessuna delle povere pony colorate potevano capire cosa spingesse Mist a comportarsi così, ma il modo in cui fu abbandonato dalla Principessa appena egli subì la maledizione gli bruciava più di ogni altra cosa. Si era addirittura ripromesso di non avere mai più niente a che fare con cose che anche solo vagamente gliela ricordassero, ecco perché reagì così quando scoprì che Twilight era il nuovo elemento della magia.

Non che gli bruciasse l’essere sostituito, a dire il vero non gliene importava. Solo semplicemente non avrebbe mai perdonato la principessa per non averlo aiutato nemmeno dopo aver saputo che aveva contratto quella maledizione.

E questo era solo uno dei due motivi che ave per odiare Celestia.

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Capitolo 3
*** Voglio sapere perché ***


C'è sempre qualcosa che non potete sospettare.”

 

Mist irruppe furiosamente nella stanza e osservò con sguardo tagliente le colorate pony giocare con Blind Hope. Alla sua vista tutte si immobilizzarono e il piccolo puledrino, con la coda tra le zampe, arretrò. Conosceva bene suo padre e anche se sapeva di non aver fatto nulla di male capiva che la situazione non era piacevole.

‘Dunque voi sei siete le nuove portatrici degli elementi, eh?’ domandò. Nessuna rispose, stavano ancora cercando di valutare la bizzarra reazione del pony grigio.

‘Ecco…, si, siamo noi, problemi?’ Dash si fece coraggio. Mist le lanciò un’occhiataccia spaventosa che la fece ritirare subito.

‘Allora devo chiedervi di andarvene. I vostri stupidi elementi non ci servono a niente.’

‘Ma… io facevo per dire, non siamo venute qui per…’ Twilight arrivò da dietro. Lui si girò.

‘Lo so, siete venute per mio figlio e la cosa mi fa piacere. Ma non posso tollerare che della gente che ha a che fare con la principessina io-sono-dio cammini su questo pavimento!’

‘Ehi! Come osi parlare così della principessa?!’ inveì l’unicorno viola ‘Lei ha sempre fatto molto per noi!’

‘Beh, verrà il tempo in cui si scorderà di voi e vi lascerà per strada, senza considerarvi più.’

‘Tu cosa ne puoi sapere? Non la conosci!’ ringhiò AJ. Mist la guardò.

‘Oh, piccola puledrina, si vede che tu non sai come va il mondo. Nessuno conosce Celestia meglio di me, sono stato il suo studente preferito per tanti anni! Nonostante ciò appena ho subito questa tremenda malattia non ci ha pensato due volte a lasciarmi perdere!’

Star si avvicinò a Mist e lo abbracciò, chiedendogli di calmarsi.

‘Mist… lo sai che in un certo senso è grazie a Celestia che Blind Hope è con noi…’

A quelle parole l’unicorno grigio si chetò. In effetti era vero ciò che sua moglie stava dicendo, ma era anche vero che se il figlio era cieco e orfano, la colpa era solo della Principessa.

‘Scusatemi…’ mormorò Mist ‘Ma rinnovo la mia richiesta di andarvene. Non potete fare nulla per la nostra condizione e…’

‘Oh, andiamo!’ Rarity si infuriò ‘Chi ti credi di essere per trattarci così? Noi siamo venute per stare con tuo figlio, perché siamo sue amiche, e stiamo rischiando di subire la maledizione. E tu ci dici di andarcene solo perché rappresentiamo gli elementi? Non siamo certo venute con l’intenzione di risolvere il problema o chissà che cosa!’

‘Tsk… Forse se foste venute per conto di Celestia lo avrei apprezzato, un tentativo inutile è pur sempre meglio di non tentare. Ma, come ho già detto, io ODIO quella dannata principessa e odio chiunque sia ai suoi ordini.’ In cuor suo Mist si era reso conto di aver ecceduto per la rabbia all’inizio e sarebbe anche stato propenso a lasciarle stare, dopotutto erano anni che non vedeva suo figlio così allegro. Ma il ricordo di quello che gli era stato fatto, di come era stato tradito nella fiducia gli bruciava troppo.

Star aveva capito l’andazzo e sapeva che cercare di fermare suo marito era inutile, quindi si era avvicinata a Hope e lo aveva abbracciato, chiedendogli di capire. Lui rimaneva in silenzio e tirava su il muco col naso.

Fu inutile per le sei tentare qualunque discorso con lui, per ogni cosa che cercavano di dire esso ribadiva lo stesso concetto e alla fine le convinse ad andarsene, facendosi strappare però la promessa di permetterle di rivedere Hope prima o poi, promessa che avrebbe mantenuto malvolentieri.

Mentre si allontanavano si chiedevano il perché di questo odio, è assurdo pensare che possa essere stato causato solo da quella ragione. Infatti non era così.

Le ragazze avevano tralasciato un elemento molto importante nella loro valutazione:

Blind Hope era un alicorno.

Questa è una storia che risale a qualche anno fa, mantenuta opportunamente segreta. Sembra che Celestia avesse un figlio che, quando aveva poco più di due mesi, contrasse la Maledizione Greyhorn. Unito a ciò il piccolo aveva dimostrato scarsissimo talento, sia per il volo che per la magia, inoltre era molto debole di costituzione ed era pure cieco.

Era totalmente inadatto a prendere il posto di governante.

Fu abbandonato nella Everfree Forest e fu trovato per pura fortuna dal’unicorno grigio e dalla sua compagna, che lo presero e lo crebbero amorevolmente, come fosse loro figlio.

Quando Hope superò il trauma dovuto all’abbandono, riuscì a raccontare tutto ai suoi genitori adottivi. Star ne rimase addolorata, non pensava che Celestia fosse capace di atti così crudeli, ma comunque ringraziò il cielo di averle regalato un figlio, anche se adottivo.

Mist invece dal quel giorno perse la luce e la solarità che lo contraddistinguevano. Tutto ciò in cui aveva creduto fino a quel momento era crollato in un istante.

 

‘Fuori dalla mia stanza papà!’ urlò il puledrino, cacciandolo dalla stanza.

‘Hope, lo sai bene cosa ti ha fatto la principessa, è solo colpa sua se stiamo soffrendo così.’

‘LORO NON C’ENTRANO NULLA!’ urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e chiuse la porta con forza. Saltò sul letto e si coprì la testa con i cuscini.

Cominciò a piangere.

Era riuscito finalmente a trovare delle amiche che gli volessero bene e non avessero paura della sua malattia e suo padre gliele aveva appena levate. Chi se ne fregava di chi erano le compagne, erano venute lì solo per giocare con lui.

Aveva ormai superato il trauma e aveva deciso di fregarsene totalmente della principessa. Ora aveva una vita felice, una mamma bellissima e bravissima, avrebbe riso in faccia alla sua vecchia madre se l’avesse vista.

Solo il padre non era riuscito a sorpassare questo odio e Hope desiderava solo che si desse pace. Mancava tanto così perché la loro famiglia fosse felice, nonostante la maledizione.

I guai dell’unicorno erano tutt’altro che finiti. Sua moglie, infuriata, lo aspettava al piano di sotto.

‘Era proprio necessario caro?’

Non rispose.

‘Rispondimi. Erano riuscite a far tornare a sorridere nostro figlio e tu le hai cacciate solo per una ragione così stupida. So che odi Celestia, ma non per questo devi agire così con tutti. Eri tanto dolce e solare…’

‘Prima della maledizione.’ Disse lapidariamente e si chiuse a chiave nel suo studio, dove nessuno poteva disturbarlo.

 

Twilight chiuse dietro di sé la porta della libreria e sospirò. Quello che era accaduto nel pomeriggio non fu per niente piacevole e inoltre avvertiva un tremendo senso di colpa. In effetti se non avesse tirato fuori gli elementi dell’Armonia non sarebbe finita così.

Si sentì persino peggio quando Spike le portò la lettera in cui Celestia le diceva di non fare assolutamente riferimenti agli elementi davanti a Mist.

Sparkle rimase quindi in silenzio per un po’ e poi decise di andare fino in fondo alla faccenda. Una lettera non bastava, doveva parlare con la Principessa di persona.

 

Dash stava accompagnando a casa Fluttershy ma la sua testa era altrove. Avrebbe voluto passare molto più tempo con Shooting Star, dopotutto era la sua eroina d’infanzia. Si chiedeva anche come una pegaso abile e intelligente come lei potesse sposare un unicorno così scorbutico e maleducato.

Da quando si erano messe in viaggio non si erano dette nulla. Rainbow iniziava a sentirsi infastidita e cercò di allentare la tensione dell’amica tirando fuori il primo argomento che le venne in mente.

‘Fluttershy, secondo te Midnight Mist come si è comportato? Secondo me è stato molto sgarbato.’

Avrebbe potuto toccare un altro argomento. La pegaso gialla abbassò lo sguardo, sconsolata.

‘Io… beh, noi…’ mormorava ‘Stavamo disturbando, quindi…’

‘Ma che disturbare e disturbare!’ ribatté l’amica ‘Hope era felice, Star era felice, solo quel tizio era arrabbiato!’

‘Forse dovremo anche cercare di capire come si sente.’ Rispose sottovoce ‘Quando quel tenero puledrino ha sentito che eravamo amiche della Principessa si è ritirato per un secondo.’

‘Dici che hanno fatto bene a cacciarci così?’

‘Ehm… no, dico solo che… che forse abbiamo sottovalutato lo stress accumulato di quell’unicorno. Tu come ti sentiresti se dopo una vita passata lontano da tutti sei complete estranee che hanno a che fare con la persona che più odi ti entrassero in casa e ti dessero fastidio?’

‘Ma se stavamo facendo giocare il piccolo! A detta di sua madre era da tanto che non rideva così!’

‘Neanche io lo capisco ma… ma credo che se ha agito così una ragione ci sarà…’ mormorò.

 

Mist, nel suo laboratorio, prese la sua fedele penna di Civetta Spirulina e aprì un pesante tomo arcano.

Perché nessuno lo capiva? Perché tutti lo disturbano? Se solo lo lasciassero in pace riuscirebbe a completare la sua ricerca e una volta completata nessuno avrebbe più temuto i “grigi”.

Già, tutti sarebbero diventati grigi. Nessuno escluso.

Mist aveva già rinunciato a trovare una cura, l’unica possibile l’aveva letta in un Sacrificet, tomi arcani dotati di incantesimi potentissimi, ma che richiedono pesanti sacrifici per essere eseguiti. Quello che interessava a lui era il Panacea, in grado di curare ogni maledizione e malattia, ma richiedeva in cambio la vita di chi lo usava. Una cosa così non poteva certo permettersela.

Quindi, se non poteva curarli, avrebbe maledetto tutta Equestria. Così, in un mondo grigio e senza colore, nessuno avrebbe più odiato nessuno per il colore del pelo. Ovviamente non lo aveva detto a sua moglie, le faceva credere di avere pronta una cura, così nessuno lo avrebbe fermato.

‘E’ incredibile come con una semplice bugia potrò arrivare molto lontano. Ho bisogno dell’aiuto di un alicorno e del cristallo di Sombra che si trova al palazzo di Canterlot.’

Mist ripensò alle parole di sua moglie. Aveva ragione, non avrebbe dovuto mandarle via, ma quella pony viola faceva troppe domande e lo aveva messo in allarme. Venire a sapere poi della loro relazione…

Beh, non poteva rischiare che scoprissero il suo piano e lo rivelassero alla principessa.

 

Le pesanti porte della sala del trono si aprirono e le guardie permisero ad un unicorno viola, di entrare. L’alicorno bianco era in fondo alla lunghissima stanza, ad osservarla.

‘Principessa Celestia, sono venuta come promesso.’

‘Ti stavo aspettando Twilight.’ Disse la sovrana. ‘Dalla tua lettera mi sono fatto un’idea del problema.’

‘Perché Midnight Mist la odia così tanto? E’ vero che lo ha abbandonato? Perché?’

‘Mia cara studente, la tua curiosità è giustificata. In realtà da quando ho saputo che lui è stato maledetto non ho più avuto pace. Ho cercato una cura ma non l’ho trovata.’

‘E perché non lo ha detto a Mist? Lui ha vissuto gli ultimi anni convinto di essere stata abbandonato!’

Celestia mostrò sul volto segni di incertezza, come se le fosse pesante reggere quella discussione. Twilight colse questo sentore e chiese se era il caso di continuare.

‘No, va bene. Mi pare giusto che tu sappia tutta la storia. Midnight Mist è stato il mio miglior studente, possedeva un talento che si vede una volta ogni cento anni. Nulla gli era impossibile, a soli sei anni era già in grado di lanciare incantesimi che gli unicorni più esperti si sognano. Come tu e le tue amiche, lui e i suoi amici rappresentavano gli Elementi dell’Armonia di vecchia generazione. Ormai il gruppo si è sciolto e gli elementi sono passati a voi, ma non ho mai dimenticato ciò che loro hanno fatto per me e per Equestria.’

‘E allora perché non è andata a trovarlo quando è stato male? Non avrà mica avuto paura della malattia?’

‘Quello era l’ultimo dei miei problemi, è solo che… Non ho mai avuto il coraggio di dirgli che non esiste una cura. Lui si fidava ciecamente di me e della mia magia, mi chiese di aiutarlo e io non ho potuto….’

‘Solo per questo? Principessa…’

‘Lo so, sono stata stupida e ora non posso neanche sognarmi di avvicinarmi a lui. Erano secoli che non fallivo così miseramente.’

‘Su Principessa, sono sicura che è ancora possibile rattoppare i rapporti con lui! Io mi fido di lei e dopotutto parliamo dell’unicorno più intelligente e dotato di sempre! Di sicuro capirà.’

‘E’ intelligente, questo è certo, ma è anche un inguaribile testardo, non so se…’

‘Quando eravamo là da lui disse chiaramente che avrebbe preferito se fossimo state mandate da te per cercare una soluzione, disse che un tentativo inutile era meglio di nessun tentativo.’

‘E va bene, proverò a parlarci, anche se ormai ho perso le speranze…’

‘Non dica così, sono certa che ce la farà.’

‘Grazie Twilight Sparkle, avevo proprio bisogno di parlarne di persona con qualcuno.’

‘A proposito.’ L’unicorno ricordò un certo particolare ‘So che non dovrei dirlo, ma loro figlio è un alicorno. Com’è possibile?’

A queste parole Celestia si bloccò. Si guardò intorno preoccupata e poi parlò.

‘Ti hanno detto qualcosa riguardo a lui?’ il tono di voce era innaturale, sembrava quasi un rimproverò. Twilight arretrò, spaventata, poi mormorò:

‘Ehm, no, abbiamo promesso di non fare domande e di non parlarne.’

Celestia tirò un sospiro di sollievo.

‘Scusa la mi reazione Twilight, ma… Ora devi scusarmi, ma ho degli incarichi importantissimi, ti prego di tornare a casa.’

‘Ma non ho ancora finito, cosa ha intenzione di fare con Mist?’

‘Non ti preoccupare, ci penso io. Ora vai.’ Disse lapidariamente, voltandosi per prendere una pergamena.

Twlight fece retro-front, chiedendosi cosa possa aver agitato così tanto la Principessa. Non era da lei diventare improvvisamente così acida e severa…

 

Star era in cucina, quando era agitata cucinava sempre per abbandonare le sue tensioni. Mentre lo faceva era solita fermarsi a ripensare ai tempi in cui, con i suoi vecchi compagni, andava in giro per Equestria a risolvere problemi.

Aveva da aspettare cinque o sei minuti per la cottura, quindi riprese la sua vecchia foto di gruppo. Da sinistra a destra c’erano lei, suo marito e gli altri compagni. Ricordava come fosse stato il giorno prima ognuno di loro.

C’era Jam Sooth, un corpulento pony terrestre, dal manto bianco e dalla criniera rossa, sempre pronto a stare con gli amici e divertirsi con loro.

C’erano Blithe Blitz e Golden Doubt, fratello e sorella, pegaso e unicorno. Blithe era sempre allegro e giocoso, mentre Doubt era seria e posata, ma dietro al suo carattere sospettoso nascondeva una personalità dolce e tranquilla.

Infine c’era la sua migliore amica, Cup Cake, colei che le aveva insegnato tutti i segreti dei fornelli.

‘Chissà cosa combina la vecchia Miss Cake’ si domandò Star, sorridendo leggermente e appoggiando la foto sul mobile. Poi si ricordò che non era più “miss” ma “mrs”, si era sposata ormai da tempo e gestiva un negozio.

Tanti pensieri affollavano la mente della giumenta grigia e non sapeva a quale dare importanza o no. Da un lato voleva solo rilassarsi, ma non ci riusciva, da l’altro andare a vedere come stava Hope, ma lui voleva stare solo, e infine si chiedeva come mai suo marito fosse così agitato.

Di sicuro quello che era accaduto quel giorno sarebbe rimasto un fatto di poco conto, loro tre insieme erano felici e avevano tutto e di sicuro prima o poi Mist avrebbe permesso a quelle sei brave ragazze di tornare.

Bussarono alla porta.

Star, pensando che nessuno sarebbe andato ad aprire, si avviò all’ingresso canticchiando tranquillamente.

Aprì.

Era Celestia.

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Capitolo 4
*** Vecchi ricordi ***


Ci vuole un momento a cancellare una vita, ma ci vuole una vita a cancellare un momento.

 

Shooting Star volava alta nei cieli. Il suo manto chiazzato viola brillava sotto i raggi del sole e la sua criniera blu e gialla si scompigliava nel vento. Era felice, così tanto che avrebbe potuto eseguire un Sonic Rainboom, o anche di più. Però non era il caso di agitarsi, non in quel momento almeno.

Era passato un anno da quando aveva deposto gli elementi, aspettando che la principessa trovasse sei nuovi possessori. Ora era libera di continuare col suo lavoro di sempre.

Essendo la capitana dei Wonderbolt doveva presenziare agli esami di volo dei giovani pegasi, quindi si sedette tranquilla e si sistemò la chioma.

‘Spitfire, scusami il ritardo, ci sono giovani promettenti?’ chiese al suo secondo.

‘Beh, abbiamo la numero 17, quella con la criniera arcobaleno, è molto agile e veloce, però un po’ matta, sostiene di aver eseguito un Sonic Rainboom, ma nessuno l’ha vista.’

Star sorrise e si appoggiò con la schiena alla sedia.

‘A volte c’è bisogno di un po’ di pazzia quando si vola. Altri candidati interessanti?’

‘C’è la numero 31, quella è davvero strana. Ha paura di volare.’

‘La paura è un sentimento comune, ma anche molto sottovalutato. Fronteggiandolo con successo diventi più forte. Chissà se una volta superata non dimostri di essere una grande volatrice! Altri di riguardo?’

‘Solo un altro. Il numero 50 non si è presentato, ma è giustificato.’

‘Oh, perché?’

‘Beh, ha una malattia degenerante e non può volare.’

‘Oh, povera stellina, che cosa brutta per un pegaso… Però sono sicura che un giorno troverà qualcuno che l’aiuterà a tirare fuori il suo potenziale. Sapevi che si po’ volare anche senza ali? Tipo me, anche ora sto volando da quanto sono contenta, eppure sto ferma.’

Era sempre così, pensò Spitfire, il capo non si smentiva mai. In ogni cosa trovava sempre il lato positivo e credeva fermamente che ognuno poteva avere grandi potenzialità con il giusto incentivo. “Diventerò come lei un giorno” si ripeteva in testa la pegaso gialla. Poi notò quanto quel giorno la leader fosse solare e raggiante, molto più del solito.

‘E’ successo qualcosa di bello?’ domandò.

‘Oh, mia cara Spit, non potresti capire, ma forse se aguzzi il tuo istinto femminile…’

‘Vada dritta al punto.’

‘Sono appena stata all’ospedale, ieri mi ero sentita male, nausea e dolori forti, quindi sono andata a farmi visitare. Sai, quando me lo hanno detto… Oddio, io… AHAHAHAHAH!!!!’

‘Cosa?’ domandò la collega sempre più impaziente. Shooting Star si buttò all’indietro, senza smettere di ridere. Poi all’improvviso smise e osservò l’amica con uno sguardo dolce e sognante.

‘Sto aspettando un cucciolo.’ Mormorò.

 

Midnight Mist passeggiava avanti e indietro, quasi creando un solco per terra tanto era agitato. Il suo manto color latte ondeggiava di passo in passo e il muso sudato faceva scivolare gli occhiali neri.

‘Forse dovresti darti una calmata, zuccherino.’ Gli disse Jam Sooth, venuto a visitarlo a casa sua.

‘Oh, insomma, non capisci! Mia moglie è all’ospedale e hanno detto che l’hanno già dimessa. Non mi hanno detto nulla, spiegandomi che voleva essere lei a dirmelo. Oddio, oddio, cosa avrà?’

‘Andiamo, sono sicura che non è nulla di grave, in fondo è anche andata ad assistere agli esami di volo, no? Tanto male non starà.’ Disse Cup Cake, anche lei là in visita a casa dell’amica.

‘Accidenti e chi lo sa? Lei è così ligia al dovere che andrebbe a quegli esami persino con la febbre a quaranta. E non lo dico per scherzare, lo ha fatto davvero una volta!’

Sembrava che niente potesse domare la tremenda agitazione dell’unicorno bianco, che a momenti andava in pasto ai più bizzarri raptus d’agitazione.

Finalmente la moglie rincasò.

Mist corse giù dalle scale a tutta velocità, frenando davanti a Star.

‘Allora? Allorallorallorallora?’ Era impaziente e mentre lei cercava di riprendersi dall’inaspettata agitazione del marito i due ospiti scesero le scale.

‘Oh, ciao Jam, ciao Cup, come va?’

‘Beh, bene.’ Disse Jam ‘Mi avevano detto che la grande Star stava male e sono passato per dare un’occhiata. Tutto bene?’

‘Oh, si, si, sentirai anche tu la notizia! Ma Blithe e Doubt non ci sono?’

‘No, avevano un impegno, loro padre non sta molto bene purtroppo.’

‘Oh, cielo, mi dispiace…’ mormorò.

‘Ma nulla di irreparabile!’ la consolò il pony dalla criniera rossa.

‘Allora, qual è la grande notizia?’ domandò Cup Cake. Aveva già intuito la risposta, ma non disse nulla, voleva sentirlo dire da lei.

‘ALLORA?!?’ esordì Mist. Star gli diede un bacio delicato sul naso e lo osservò con uno sguardo sensuale.

‘Sai caro… Avremo presto un bambino.’

Dovettero chiamare un’ambulanza. Mist era stato colto contemporaneamente da pressione alta, diabete e blocco cognitivo multiplo.

 

Questa volta non c’erano scuse che tennero, lei doveva riposarsi e soprattutto non preoccuparsi eccessivamente. Gli risultò difficile all’inizio dover rinunciare ai wonderbolts, ma l’istinto materno le diceva che era la cosa giusta.

Passati due mesi l’unicorno bianco la accompagnò all’ospedale, per controllare che il piccolo crescesse bene e non ci fossero problemi. Lei era stesa sul lettino dopo l’esame e suo marito era accanto a lei, reggendole lo zoccolo.

Star guardò suo marito con sguardo soave, ripensando a tutte le avventure che i due avevano passato insieme ai loro amici prima che Celestia chiedesse loro di deporre gli Elementi e godersi un meritato riposo.

‘Sembra proprio che stiamo per imbarcarci in una nuova avventura, eh?’ disse a Mist. Lui strinse delicatamente la presa.

‘Si, cara…. Anche senza elementi le avventure non mancheranno, sono proprio contento di crescere un figlio, ma ancora di più sono contento che sei tu a crescerlo.’

Star sorrise delicatamente e appoggiò la testa sul cuscino, sospirando e sorridendo. Entrò il medico.

‘Buone notizie signori, il bambino sta crescendo bene, non ha né malformazioni, né altri problemi, verrà su bello sano.’

Tirarono entrambi un sospiro di sollievo e si guardarono negli occhi, felici. Il medico richiamò la loro attenzione.

‘Vi interessa sapere se sarà maschio o femmina?’

‘Non dircelo, voglio scoprirlo per conto mio!’ esclamò la giumenta.

‘Sicura amore?’ le chiese il suo caro.

‘Ma certo! Mist, hai forse perso il gusto per il mistero che tanto ti piaceva?’ egli si ritirò all’indietro, come se gli avessero detto un’eresia.

‘Ah, no, certo che no! E mistero sia!’ proclamò agitando il suo zoccolo per aria.

 

‘Yattahuzzah!’ Esclamò Blithe. Doubt, Jam e Cake, col suo fidanzato, erano venuti a salutare la coppia festeggiando il nascituro.

Doubt, l’unicorno nero stappò una bottiglia di sidro d’annata, mentre il pegaso color ocra svolazzava qua e là canticchiando di gioia. Jam invece si era fermato a parlare con Cup e Carrot Cake, discutendo su quanti barattoli di marmellata di Zap Apples regalerà ai due appena ne avrà un po’.

Star era davvero al settimo cielo, era contenta che, nonostante la fine del gruppo, loro sei erano rimasti comunque uniti e sperò in cuor suo che avrebbero continuato a vedersi continuamente ancora a lungo tempo.

La sera giunse presto e i suoi amici, consci che lei doveva riposare, se ne tornarono a casa, tutti tranne Jam, che aveva deciso di cucinare sul momento una crostata speciale per la puledra in dolce attesta, insieme all’amico Mist.

‘Il segreto è scegliere la giusta confettura e spalmarla uniformemente su tutto l’impasto. Abbondanza, mi raccomando, la marmellata deve spandersi in bocca e riempirla di gioia. Così si fanno le crostate!’ spiegò.

Il pony bianco stette l’intera sera con l’amico a cucinare, mentre Star già riposava sul letto. Non le era stato detto cosa diamine i due stessero facendo e quando essi entrarono portando con sé una crostata fumante di marmellata di pesche, la sua preferita, si sentì sorpresa, felice e appagata.

La divorarono tutta in quattro e quattr’otto e Jam infine si congedò, facendo nuovamente gli auguri.

Mist si sdraiò sul letto accanto alla sua consorte, si voltò e le accarezzò la criniera. Non servivano parole in quel momento, i loro cuori erano così vicini l’uno a l’altro che riuscivano a parlarsi senza dirsi niente.

Un momento idilliaco, che avrebbero voluto veder durare in eterno. L’unicorno appoggiò la testa sulla pancia di lei, accarezzandole prima il viso.

‘Ehi, sciocchino, prima dei quattro mesi non lo senti scalciare.’ Ridacchiò. Lui alzò la testa.

‘Maddai, era così bello questo momento di silenzio, perché l’hai rovinato?’

‘Perché sei uno sciocchino!’ esclamò, stavolta ridendo, poi abbracciò forte il marito e lo baciò.

 

Passarono altri due mesi e la coppia ricevette una lettera.

“Con la presente, chiediamo Mrs. Shooting Star di presenziare all’esame di volo della classe seconda. Sappiamo del suo stato di gravidanza, quindi non la biasimeremo se deciderà di non venire, tuttavia, in quanto Capitano dei Wonderbolts la sua presenza sarebbe molto gradita.”

In basso sul margine c’era una scritta a zoccolo, dall’inconfondibile calligrafia.

“Andiamo Capitana! So che ce la farà, sono quattro mesi che non si fa vedere in giro!” firmato Spitfire.

Fu dura convincere il marito a lasciarla andare, ma come si sa, è impossibile avere vinta una discussione con propria moglie, quindi alla fine fu costretto ad accettare, a patto che venisse con lei.

Quindi Star, un poco a fatica per via della pancia che cresceva, atterrò e accanto a lei suo marito, che si era creato un paio di ali da libellula, svolazzava un po’ indeciso. Dopotutto non ci era abituato.

Spitfire si avvicinò subito alla coppia e volle fare conoscenza con Mist.

‘Signor Mist, non credo ci siamo mai visti, ma il Capitano parla spesso di lei!’

‘E come mai non sei mai venuta a trovarla in questi mesi?’ rispose, con un tono di acidità.

‘Caro!’ esclamò la pony viola con tono di rimprovero ‘Non essere sgarbato, come wonderbolt Spitfire ha sicuramente tanti impegni!’

‘Chiedo scusa, chiedo scusa.’ Disse Mist con falsa arrendevolezza. Nella sua mente era impensabile che un’amica non avesse trovato un pomeriggio libero in quattro mesi per venire a trovarli, soprattutto considerato la condizione in cui era.

Una visita era il minimo che poteva fare!

Spitfire rimase un po’ perplessa, poi accompagnò Star nel posto riservato in tribuna. I tre si sederono e osservarono gli esami e la capitana fece la sua solita domanda.

‘Ci sono giovani promettenti?’

Lo chiedeva sempre, pensò Spitfire, soprattutto quando arrivava in ritardo. Era una pony bizzarra, ligia al dovere e gentile con tutti, però spesso arrivava in ritardo perché o si era persa o aveva altro per la testa, ma quando arrivava… Oh, quando arrivava era in grado di trascinare con sé chiunque e nessuno era bravo a motivare gli altri come lei. La pegaso gialla sospirò e rispose.

‘Questa volta non è come l’ultima, gli unici candidati interessanti sono Thunderlane, il numero 3. Ha dimostrato una grande velocità e controllo di volo. Poi c’è Snowflake, numero 9. I suoi muscoli parlano per lui. Nessun altro candidato.’

‘Eheheh!’ sorrise ‘Non basta un esame semplice a valutare le vere potenzialità di un pegaso, a volte il talento sbuca fuori dal nulla. Poi per un pegaso volare non è tutto, c’è chi potrebbe dimostrare talenti nascosti e forse chissà, salvare il mondo.’

Guardare sempre al mondo con ottimismo era la filosofia di vita di Shooting Star, quando tesseva discorsi simili ai cadetti, agli studenti e ai suoi stessi compagni, era in grado di dare coraggio anche al più pavido dei pony, rassicurando chiunque su come “La vita non risiede mai in un singolo evento, se ne fallisci uno rialzati e tenta col prossimo e se fallisci anche il prossimo significa che il tuo talento è un altro. Mai arrendersi.”

Però quella volta la Capitana dei Wonderbolts disse una cosa che lei non si sarebbe mai aspettata.

‘Spit, lascerò la squadra.’

‘Ma come? Abbiamo bisogno di lei!’ replicò, scossa dalla notizia. Star le accarezzò la criniera.

‘Avanti, io ormai sono diventata vecchia, poi dovrò presto crescere un figlio, o una figlia, non avrò modo di fare le due cose assieme. Ascoltami, tu ormai sei abbastanza brava, diventerai tu la capitana al posto mio, va bene?’

‘Io…’ mormorò. Non aveva parole.

‘Andiamo, tranquillizzati. Sarai tu la guida delle future generazioni, non scordarlo. Quando ti conobbi per la prima volta al campo di volo capii subito che eri portata e che un giorno saresti seduta alla mia destra. Ora non preoccuparti per me, mi farò comunque sentire, ma non sarò più una wonderbolt, magari parteciperò a qualche evento, ma… La vecchia guardia se ne va e lascia il posto alle nuove generazioni. Su, lotta per il futuro pensando che è tutto sulle tue spalle e non dimenticare che mi fido di te!’

Spitfire ascoltò in silenzio, sentendosi più tranquilla alla fine del discorso. Alla fine colei che le parlava era la stessa che la convinse a diventare un asso del volo quando era solo una puledrina.

Non avrebbe deluso la sua ex-capitana, per nessuna ragione al mondo.

 

Le audizioni proseguirono tranquillamente senza problemi, finché non cominci a piovere. Era una pioggia debole, Spitfire era convinta che non sarebbe stata di ostacolo. Star era di tutt’altro avviso, da brava volatrice aveva un grande fiuto per le tempeste e quella era una coi controfiocchi.

Sembra che i pegasi fossero troppo impegnati con i preparativi dell’esame, dopotutto era l’esame di fine anno, mica bazzecole, quindi furono tralasciati i controlli del meteo.

Iniziò molto rapidamente, appena poco dopo che la Capitana fece capire quanto sarebbe stato pericoloso continuare l’esame.

Non fecero a tempo a evacuare tutti i partecipanti e non poterono evitare l’inevitabile. Un fulmine, incredibilmente rumoroso, illuminò tutto lo stadio, accecando ogni pony presente. Una puledra, poverina, si vide passare tale evento atmosferico davanti a sé, improvvisamente, a pochi centimetri. Rimase illesa, ma il flash la accecò e le fece perdere i sensi.

Cominciò a precipitare.

Star fu la prima a riacquistare la vista e vide la piccola cadere. Doveva fare qualcosa, era già caduta di diversi metri e l’unica abbastanza veloce da salvarla era lei. Sapeva che non avrebbe dovuto sforzarsi, ma decise comunque di lanciarsi nel vuoto. Suo marito capì le sue intenzioni e tentò di fermarla.

‘No! Pensa al bambino! Non puoi affaticarti!’ le urlò Mist da dietro, mentre lei era già in volo.

‘Non posso vivere e crescere un figlio sapendo di aver lasciato morire un giovane pegaso!’ urlò già in lontananza.

La pioggia era fittissima e lei era senza occhiali. L’acqua, unita all’alta velocità, la sua leggendaria velocità, le rendevano difficile vedere, eppure non scosse mai lo sguardo dall’obbiettivo.

Star afferrò la puledra in volo e la tenne salda a sé. Sapeva bene che perdere il proprio figlio era l’incubo più spaventoso di ogni madre, quindi non poteva lasciare al suo destino quella piccola bambina.

Quando però la prese erano già vicini al suolo, in mezzo ad un bosco. La giumenta fece diverse manovre complicate, cercando però di non sballottare troppo il figlio che teneva in grembo. Doveva fare attenzione anche a quello mentre cercava un punto sufficientemente ampio per atterrare delicatamente. La velocità che aveva raggiunto per salvarla era troppo alta e non riusciva a frenare, doveva per forza cercare uno spazio piano abbastanza grande.

Non fece a tempo a vederlo, un ramo la colpì violentemente nell’ala.

Star piroettò, come se fosse inciampata. La piccola urlò, ma la pony viola non le permise di cascare e la strinse ancora più forte. Rotolò e cadde a terra rocambolescamente.

Leggermente intontita si alzò in piedi e subito cercò di sincerarsi della situazione della puledrina. Stava bene e le saltò subito al collo ringraziandola.

Ma il momento era destinato a finire subito.

Erano sui binari di un treno e il treno stava passando proprio in quel momento.

Non pensò e agì di impulso. Sollevò la piccola e la spinse fuori dai binari, poi tentò di saltare, ma non ci riusciva a causa del dolore all’ala destra. Il treno si avvicinava e lei fece appello alle sue ultime forze e saltò.

L’ultima cosa che vide fu un faro abbagliante.

 

Aprì lentamente gli occhi, la testa le girava ad alta velocità e il corpo era intorpidito. Impiegò un intero minuto per ricordarsi cosa era accaduto e quando lo fece si alzò in piedi di scatto, ma qualcosa la fermò. Un lancinante dolore all’ala destra. Guardò meglio e vide che era ingessata.

Si rese conto di essere in un ospedale. L’odore pungente del disinfettante le penetrò le narici e, faticosamente, si mise a sedere. Accanto a lei c’era il marito, visibilmente triste.

‘Ti sei svegliata amore mio…’ mormorò debolmente. Lei lo guardò.

‘C’è… che succede? La piccola sta bene?’

‘Non potrai più partecipare alle corse, la tua ala non ti permetterà mai più di sforzarti.’

‘Al diavolo quella, la piccola come sta?’

‘Bene. Ha solo qualche osso rotto, ma non è in pericolo di vita. E’ stata un vero eroe signorina!’ esclamò il medico dall’altro lato del letto. Star si ributtò sul letto, sorridendo. Era contenta che si fosse salvata, non avrebbe potuto sopportare l’idea di aver lasciato morire una puledrina indifesa.

Come avrebbe potuto tirare su un figlio con quel rimorso, con l’idea fissa in testa di una madre che ha perso il suo piccolo fiorellino?

‘Signorina, non potrà più volare, o meglio, non potrà più volare velocemente. La sua ala non reggerebbe un grande sforzo e si spezzerebbe nuovamente. Mi dispiace.’ Spiegò il dottore. Star fece le spallucce.

‘Evabbé, tanto volevo crescere mio figlio, ho pure lasciato i Wonderbolt. Se non potrò più correre pace, tanto non avevo più intenzione di farlo.’

Mist guardò il dottore che immediatamente cambiò sguardo, rattristandosi. Tuttavia non disse nulla e appoggiò la cartella medica sul comodino, andandosene.

‘Volevi dirglielo tu, vero?’ disse all’unicorno bianco.

‘Sì… ci penso io…’ mormorò. Il medico chiuse la porta e lasciò soli i due sposini.

‘E’ successo qualcosa caro?’ domandò la pegaso viola.

Lui rimase in silenzio.

‘Nostro figlio….’ Disse sottovoce.

Non servirono altre parole, l’istinto materno di Star fece tutto da solo. Si tocco la pancia, accarezzandola delicatamente. Poi realizzò. L’ottimismo che sempre la caratterizzava si infranse, lasciando spazio ad un vuoto immenso.

Si alzò di scatto in piedi, con il volto già rigato di lacrime.

‘DOV’E’ IL MIO BAMBINO?!?!?’ urlò. Urlò così forte che tutto l’ospedale la sentì.

Sembra che l’incidente col treno avesse ucciso il piccolo e tenerlo in pancia sarebbe stato dannoso per lei. Non si poteva fare nulla per salvarlo e, anche se fosse sopravvissuto, non sarebbe vissuto a lungo a causa del trauma celebrale. I medici si adoperarono quindi per rimuovere il feto, ma l’operazione, già rischiosa di suo, portò la giumenta a diventare completamente sterile, incapace di avere altri figli.

La disperazione fu così tanta e così tanto crudele che la coppia sopravvisse a fatica al duro colpo.

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Capitolo 5
*** Vai e fai qualcosa ***


Perché non sorridi mai? Dicono che fa bene alla salute.

 

Erano sul letto, Mist seduto a guardare il soffitto, Star sdraiata con la faccia nel cuscino ed entrambi coperti fino al collo.

Solo due settimane prima la coppia moriva dalla curiosità di sapere se avessero avuto un maschietto o una femminuccia, ora erano fermi nella penombra a tentare di accettare che non avrebbero più avuto alcun figlio, né ora né mai.

L’unicorno bianco osservò la moglie rimanere totalmente immobile, con lo sguardo spento, senza emozioni. Niente lacrime, niente singhiozzi, solo silenzio. Si sentì totalmente impotente di fronte a questa situazione, non sapeva come avrebbe dovuto consolare la moglie.

Era il suo punto debole, non era mai stato molto bravo quando si trattava di risollevare il morale dei pony, di solito lo peggiorava e basta, quindi preferiva starsene muto e lasciar fare a sua moglie o a Jam Sooth, molto più bravi di lui in questo.

Fece quindi l’unica cosa che gli venne naturale: si sdraiò sotto le coperte, tirandosele fino al collo, poi si avvicinò a Star.

Non fece nulla, le stette solo vicino. Gli occhi di lei lo osservarono, vuoti, di color quasi vitreo, tanto che Mist si sentì fortemente a disagio vedendoli.

Fu lei quindi a muoversi, si avvicinò al marito e lo strinse forte, appoggiando la testa sul suo petto. Gli occhi divennero lucidi e cominciò a piangere. Lui la strinse un pochino e le diede un piccolo bacio sulla fronte.

 

Il giorno dopo suonarono alla porta. Mist si alzò mollemente dal letto, dopo aver stretto la moglie per tutta la notte. Non aveva dormito nemmeno un secondo ed era rimasto a vegliare su di lei addormentatasi piangendo.

La spostò delicatamente e la adagiò sul cuscino, accarezzandole dolcemente la criniera. Sospirò godendosi l’istante, poi si ricordò di andare ad aprire la porta.

Una pegaso dal manto rosso, accompagnata da una puledrina. La più grande non l’aveva mai vista e, su un primo momento, credeva di non conoscere nemmeno la piccola.

Quando i suoi occhi si abituarono leggermente la focalizzò meglio e la riconobbe: era la puledrina che Star aveva salvato quel giorno…

Quello stramaledetto giorno.

‘E’ qui… è qui che abita Shooting Star? Abbiamo saputo che dopo l’incidente lei… voi…’ mormorò, visibilmente vergognata. In effetti era difficile trovare le parole per dialogare con dei genitori che hanno appena perso il figlio.

Mist non disse nulla annuì, limitandosi ad un semplice “mh”, per poi girarsi. Avrebbe voluto chiudergli la porta in faccia, se non fosse stato per sua moglie che in quel momento scendeva le scale.

Si avvicinò al marito e guardò gli ospiti. Non sorrise, ma quando vide la piccola ebbe l’istinto di abbracciarla. Mist e la madre di lei erano sorpresi da questa reazione e si fermarono a guardare Star che piangeva e singhiozzava.

‘A…. almeno tu… tu stai bene… Questo mi tira… mi tira un poco su di morale…’ a queste parole anche la puledrina cominciò a piangere, anche se era piccola si sentiva in colpa per aver fatto perdere così tanto ad una sconosciuta.

La mamma guardò la scena con gli occhi lucidi. Voleva dire qualcosa, esprimere almeno le condoglianze per quanto accaduto, ma ogni parola le si strozzava sulla punta della lingua.

‘Signora Star… io… mi dispiace…’ Mormorò debolissimamente.

Star asciugò le lacrime e guardò l’ospite.

‘Non… non è colpa vostra… se fosse morta vostra figlia io non me lo sarei mai perdonato…’ tirò su col naso mentre i suoi occhi erano ritornati luccicanti e abbracciò la giumenta.

‘Sono contenta di aver salvato almeno lei…’

Queste parole in realtà ebbero un effetto opposto sulla donna, la fecero sentire sempre di più un mostro. Era una situazione surreale, nessuno era in grado di capire i sentimenti di nessuno.

Mist osservò la scena, impassibile. L’unica cosa che poteva fare era guardare, immobile, le tre che piangevano. Nella sua mente di sicuro era molto meglio sopportare la morte di una sconosciuta che la morte del figlio che tanto avevano atteso.

Certo, sarebbe stato certamente triste, ma di sicuro mai tanto triste quanto perdere un figlio e non avere più la possibilità di averne altri.

Perché LORO dovevano pagare per un errore di altri? Il mondo è sempre stato ingiusto, pensò lo stallone, ma a volte esagerava. Era anche parecchio irritato dalla presenza di questa tizia, sbucata dal nulla, che anziché gioire per la salvezza di sua figlia veniva a piangere da noi.

Lo vedeva come un insulto, loro piangevano tantissimo quando invece l’unica che avrebbe dovuto piangere era Star. Mist vide la cosa più come un “noi abbiamo ancora nostra figlia e voi no” e non come un “ci sentiamo in colpa per ciò che è accaduto”.

Alla fine l’unicorno bianco si impuntò, ma cercò di trattenersi con tutte le sue forze. Avrebbe tanto voluto dire una singola frase a quegli “ospiti”:

‘Andate via… Non ci serve la vostra compassione.’

Nei giorni a seguire si presentarono altre persone, gente che a casa sua non aveva mai visto, ma che inspiegabilmente ora si preoccupava tanto per sua moglie.

Ridicoli.

Non voleva però spiegare questi suoi pensieri a Star, sapeva che si sarebbe offesa e si sarebbe sentita ancora peggio. E certo questo non era bene.

 

Star era sola in cucina, con la sua ex-compagna Spitfire. L’aria nella stanza era tesa e le due si guardavano negli occhi, sedute al tavolo con una tazza di the fumante nello zoccolo. L’ospite non sapeva cosa dire all’amica in una situazione del genere, non voleva oppressarla con discorsi su “quanto mi dispiace” e “poverina mi fai pena”, quindi rimase in silenzio. Alla fine fu Star a cominciare.

‘Spit, grazie mille per essere venuta… Davvero tante grazie.’ Disse la giumenta viola ala compagna. Ella non aggiunse nulla, per paura di suonare ridicola e si limitò a cercare di ricreare una situazione normale, pretendendo che non fosse successo nulla.

‘Ecco…’ parlò infine la pegaso gialla ‘…ho qualche problema a gestire la squadra senza di te, ma sto facendo del mio meglio. Tu come facevi a tenere tutti così uniti?’ l’altra mostrò un flebile sorriso.

‘A colpi di mazzate e urli in faccia, come la sergente maggiore Hartmare! No, vabbé, scherzo. Tutto quello che facevo era essere comprensiva e aiutare quando vedevo due litigare. L’importante non è prevenire le diatribe, ma placarle e far uscire la squadra ancora più unita.’

‘Credo io opterò per la versione Hartmare, eheh.’ Spitfire infine si sciolse e le due cominciarono a parlare un po’ più tranquillamente.

Shooting si sentì per la prima volta felice da quel fatidico avvenimento, per una volta avere in casa un’amica che non gli esternasse pietà la faceva stare bene, le permetteva di non ripensare a ciò che era successo.

Continuarono a chiacchierare a lungo e risero pure a volte, discutendo e prendendo in giro un poco tutti i membri dei Wonderbolts, comprese loro stesse.

“Ti ricordi quella volta che Soarin gettò la buccia di banana e tu scivolasti?”

“Certo, poi io intervenni per calmare il vostro litigio e scivolai pure io!”

“E come scordarselo? Ridemmo così tanto che ci scordammo persino il motivo per cui ci stavamo insultando!”

Mist per rispetto non si intromise mai, ma si sentì molto felice. Rivalutò persino il personaggio di Spitfire, reputandola adesso come una “buona per tirar su il morale a sua moglie”. Pensieri tipici di una mente pragmatica erano i suoi, Mist guardava sempre al fine ultimo delle cose e quindi dovette ricredersi sul pensiero che aveva della pegaso dorata. La reputava una seccatura all’inizio, una di quelle che dice di esserti amica e poi non si fa mai vedere.

Quella sera arrivò addirittura a ringraziarla.

 

Per lo stallone invece l’incontro più importante fu quello con Jam Sooth.

Erano entrambi andati al Sugarcube Corner, con l’intento di farsi una chiacchierata in santa pace. Jam era l’unico pony di cui si fidasse nel parlare di argomenti importanti ed era anche uno dei pochi che sapeva esattamente cosa dire e cosa non dire in sua presenza.

‘Mist, mi dispiace tanto per quello che è accaduto, soprattutto mi dispiace vedere come sta tua moglie.’

L’unicorno sospirò. Lo avesse detto qualunque altro pony l’avrebbe presa a male una frase del genere.

‘Vorrei davvero poter fare qualcosa per lei, però non so cosa fare, ho paura…’

‘Di cosa?’

‘Beh…’ si fermò a riflettere ‘Io amo tantissimo mia moglie e…’

‘E’ stata l’unica a farti sorridere.’

‘Eh?’

‘Andiamo Mist, quando mai tu sorridi? Persino io che ti conosco da quando sei nato non ti ho quasi mai visto sorridere!’

Si sentì un poco confuso per il repentino cambio di discorso. Non è che non sorridesse perché aveva poco da ridere, solo che di solito non trovava nessuna ragione particolare per essere felice abbastanza da mostrarlo fisicamente. Poche cose erano in grado di appagarlo in effetti.

‘Jam, che diamine c’entra questo discorso?’

‘Che se tu ti mostrassi un poco più allegro forse anche lei si sentirebbe meglio. Vabbè che sorride sempre per entrambi, però eh, mettici del tuo, no?’

Mist si imbarazzò un poco, vedendo l’amico così sicuro di sé nel discorso? Che avesse ragione?

‘Forse hai ragione, che ne dici di… questo?’

Mist aprì la bocca simulando un sorriso e mostrando tutti i suoi denti.

‘Lavateli.’ Fu la risposta di Jam, alla quale l’unicorno si ritirò, mostrando disappunto.

‘Andiamo, non era così brutto.’

‘Era persino più brutto di me!’ esclamò il pony dalla criniera rossa, mettendosi a ridere sguaiatamente. Sopraggiunse quindi Cup Cake.

‘Jam, calmo! Spaventerai i clienti con quella risata!’

‘RAHAHAHAHAHAHAHAHAH…cosa? Che hai detto?’ disse alla cameriera.

Mist adorava quella risata, tutte le volte che la sentiva sapeva di poter stare tranquillo, visto che niente sarebbe andato storto in quel momento. Per lui Jam era stato un po’ come un fratello, quasi un padre. Facevano sempre tutto assieme e non riuscì a scrollarselo di dosso nemmeno quando si trasferì a Canterlot per studiare.

Lo stallone bianco e rosso lasciò temporaneamente la famiglia per seguirlo e aiutarlo negli studi. Ovviamente in senso morale, in quanto a cultura Jam Sooth non era proprio chissà cosa.

Là conobbero anche Blithe Blitz e Golden Doubt, stringendo con loro una salda amicizia. Doubt aveva ereditato il negozio di collane del padre e suo fratello Blithe era venuto con lei per aiutarla come commesso.

Mist stava ripensando ai tanti ricordi dolci che passò con quegli amici, fino a ripercorrere il momento in cui, grazie ad alcune conoscenze nella famiglia Apple, conobbe Cup Cake e quella che sarebbe diventata sua moglie, Shooting Star.

Ancora non sapevano che Celestia gli avrebbe affidato gli elementi dell’armonia, ma al tempo non era certo un problema.

Stava pensando a sua moglie, al loro primo appuntamento, e sulla sua faccia si stampò un sorriso delicato.

‘A-AH!’ urlò Jam, riportandolo alla realtà ‘COSI’ SI FA DIAMINE!’

Cake trasalì e così fece anche l’unicorno, stordito dal grido dell’amico.

‘Non urlare diamine!’ esclamò la giumenta, mentre tutti gli altri avventori del locale si erano rivolti verso il bancone. Il gigantesco pony bianco non apprezzò molto il gesto.

‘NON C’E’ UN CACCHIO DA GUARDARE, GIRATEVI!!!’ urlò nuovamente, con tono ancora più alto di prima. Tutti si spaventarono e si voltarono.

‘Vedi Cup? Va tutto bene, si risolve tutto, dai.’

Mist rimase in silenzio, solo per non rovinare l’allegria che stava provando in quel momento.

Quel pomeriggio cambiò qualcosa nell’animo del pony, Jam lo aiutò a trovare qualcosa di meglio per risollevarsi da quella situazione. Non serviva chissà cosa per migliorare, bastava poco e la rivelazione dell’amico fu come un raggio di sole.

Mist si portò sempre nel cuore anche l’ultima frase dello stallone.

“Ora fila a casa, fa’ un sorriso a tua moglie e dille che la ami, ok? E VOI CHE CACCHIO GUARDATE?!?!?? GIRATEVI E FINITE LE VOSTRE TAZZE DI CAFFE’!!!!”

La piccola lezione aiutò un poco i due ad affrontare le difficoltà, ma non poté quasi nulla per contrastare gli effetti della terribile tragedia che si abbatté sulla coppia qualche settimana dopo.

 

Quella mattina fu Star la prima a svegliarsi. Erano passati ormai quattro mesi da quando aveva salvato quella puledrina e finalmente era riuscita un poco ad accettare l’idea di non poter più avere figli.

Si alzò tranquillamente, sbadigliò e, ancora un poco stordita, si avviò in bagno. Erano appena le cinque e il sole stava ancora sorgendo, ma lei era sufficientemente riposata al momento.

Si mosse nel corridoio, al buio, tanto conosceva a memoria la posizione di ogni mobile e non ebbe problemi ad arrivare alla porta.

Fu quando accese la luce che capì che qualcosa non andava.

Era tutto grigio.

Non capì bene cosa stesse accadendo. La prima cosa che pensò fu quella che era ancora buio e i colori non si vedevano bene, però poi si rese conto che la luce era effettivamente accesa. Si strofinò gli occhi e provò a spegnere e riaccendere la luce.

Nulla, tutto rimase in scala di grigio.

Il panico aumentò quando si guardò allo specchio. Era il suo solito riflesso, a parte l’assenza di colore, ma c’era qualcosa di strano: le sembrava di vedere due corna.

Si toccò la tempia e si sentì pungere. Erano reali quindi.

‘Cosa… cosa sta accadendo?’ si chiese, frastornata. Ebbe quindi l’impulso di controllare che Mist stesse bene.

Entrò di corsa in camera e rimase a guardare il marito sotto le coperte. Stava valutando se svegliarlo o no, la notte prima era rimasto alzato fino a tardi a studiare le creature selvatiche della giungla di Gantamare, e non se la sentiva di interrompere il suo riposo.

Alla fine si decise e tirò giù le coperte, svegliandolo.

‘Acc, che diamine succede?’

Star non rispose e gli tastò la tempia. Si punse.

Mist la guardò incuriosito, non capiva nulla e le chiese nuovamente cosa stesse accadendo. Lei per tutta risposta accese la luce e puntò la sua testa con lo zoccolo.

‘Guarda!’ riuscì a dire, calmandosi un po’.

Mist cercò di mettere a fuoco e, purtroppo, notò le stesse cose viste dalla moglie. Non riusciva a vedere i colori e due piccole corna appuntite spuntavano dalla sua testa.

Trasalì.

A differenza della moglie lui riconobbe i sintomi. Li lesse in un libro riguardo alle malattie leggendarie e probabilmente incurabili: la Maledizione di Greyhorn.

Una malattia che colpisce quando non te lo aspetti, di cui non si sa niente, né se sia contagiosa, né se esista una cura. Semplicemente ti svegli una mattina con due corna appuntite in testa e i tuoi occhi non distinguono più i colori, ma solo gradazioni di grigio.

La leggenda vuole che sia una maledizione del Re Greyhorn, un alicorno che regnò Equestria millenni fa. Si dice che sacrificò tutti i suoi poteri per donare i colori al mondo, ma quando nessuno lo ringraziò la sua gentilezza si mutò in furia e si vendicò seminando questa malattia.

Fu un nuovo colpo tremendo per la coppia.

Non avevano nemmeno avuto il tempo di riprendersi dal recente trauma che già un altro li ghermiva. Mist passò le giornate sui libri a cercare una cura, senza successo, mentre Star si trovò costretta, a malincuore, a cancellare tutti gli impegni con le sue amiche più care.

Non sapevano se la malattia fosse contagiosa e non volevano rischiare di attaccarla anche ai loro amici.

‘Caro…’ mormorò Star ‘Non dovresti mandare una lettera a Celestia?’

‘L’ho mandata, aspetto una risposta. Mi fido di lei, sono sicuro che saprà aiutarci…’

Si sedette in un angolo, osservando il marito lavorare. Era così concentrato che stava addirittura sudando.

‘Forse dovresti dormire…’

‘Dormirò quando avrò avuto almeno un’idea di un indizio su una plausibile soluzione! Su questi libri non c’è nulla, solo leggende su leggende, niente che faccia capire una benamata mirra!’

Era agitatissimo, come non lo era mai stato. Star si preoccupò tantissimo per il marito ma decise di lasciarlo in pace e ritirarsi in camera.

Guardò le foto appese alle pareti, tutti i momenti felici che aveva trascorso coi suoi amici. C’era quella volta che Jam Sooth vinse il rodeo di Appleloosa, la volta in cui Blithe cambiò le sorti di quel noiosissimo gran galà galoppante mettendosi a ballare in mutande sul tavolo, oppure la volta in cui Doubt scoprì il misterioso ladro di crostate alla fiera di paese. Era stato Blithe, ovviamente.

Poi, il suo sguardò si fermò su quella foto. Il momento più felice della sua vita. Il matrimonio con Mist.

Tra loro due fu amore a prima vista, quel tipo di intesa unica che solo due anime gemelle possono provare. Gli bastava un solo sguardo per intendersi e, anche se totalmente opposti di carattere, riuscivano sempre a godersi la compagnia.

Era la curiosità ad unirli, la voglia di scoprire di più, anche scendendo in campi inutili. A cosa può importare di come si vola ad un unicorno e a cosa serve sapere la magia ad un pegaso? A nulla, ma era divertente parlare di quegli argomenti e perdere ore al bar.

Si supportavano sempre a vicenda nei loro sogni e si impegnarono tantissimo per coronarli. E così diventarono il più grande mago di Canterlot e la più grande volatrice di Cloudsdale. Titoli che ormai appartenevano già al passato, ma che donarono grandi momenti a lei e a suo marito.

Molti si chiedevano come mai a Star amasse così tanto Mist. Lei ogni volta rispondeva che, nonostante il caratteraccio, era uno che si preoccupava sempre tantissimo per lei e spesso metteva da parte lo studio per aiutarla. Insomma, sapeva mostrarle affetto, a modo suo.

“Sai, mi piace davvero tanto la tua criniera blu e gialla! E’ come un fulmine nella notte. Non di quelli pericolosi, ma di quelli che illuminano la via del viandante.”

“Eh?” chiese, poiché non capì bene il senso di quella frase detta apparentemente a caso.

“In pratica sei la luce che mi ha guidato fin qui.”

Fu la frase che gli disse quando vinse il prestigioso Torneo di Starswirl, vittoria che lo incoronava “arcimago d’alta classe”. Di lì a poco lei divenne capitana dei Wonderbolts e, coronati i loro sogni, la proposta di matrimonio non tardò. Fu Celestia in persona a celebrarlo, con tutti i loro amici festanti. Blithe ovviamente si mise un paio di mutande in testa e si mise a ballare su un tavolo.

Shooting Star sorrise, chiedendosi quando sarebbe potuta ritornare a vivere quei dolci momenti. Sapeva bene che non poteva rivedere i suoi amici al momento, non voleva che anche loro potessero subire la maledizione. In cuor suo però non si sentiva triste, perché sperava, prima o poi, di guarire e confidava ciecamente nelle capacità del marito e nell’aiuto della Principessa.

Scese le scale, portandosi nel cuore quella frase di qualche anno fa ed entrò nel laboratorio. Smorzò la luce e si avvicinò a Mist, accarezzandolo con il volto. Lui rimase un po’ perplesso, ma non disse nulla e distolse la sua mente dagli studi per qualche secondo.

‘Amore… mi vuoi ancora bene nonostante tu non possa più vedere la mia chioma blu?’ gli domandò all’improvviso.

‘Eh?’ era ancora più confuso, certamente non stava pensando a quella frase sul momento.

‘Ti ricordi quando mi dicesti che la mia criniera era la tua luce?’

‘Certo.’ Lì per lì mentì, poi si ricordò effettivamente della frase che gli disse pochi mesi prima del matrimonio.

‘Ti piace anche ora che la vedi grigia e spenta?’ gli chiese, con una punta di tristezza, ma anche con un po’ di sensualità nella voce.

Lo stallone la accarezzò sulla testa e la baciò delicatamente sulla guancia.

‘Mica usavo gli occhi per vederla, sciocchina. Ora dirò una cosa molto romantica, ma ti garantisco che è vera e non una cosa smielata.’

‘Vuoi forse dirmi che la vedi col cuore e non ti importa se ora è scolorita?’

‘No, semplicemente ho già imparato a riconoscere i colori in base alla gradazione di grigio. Quindi per me è la stessa identica cosa rispetto a prima.’

‘Non è molto romantico….’

‘Ma io l’ho fatto solo per te, non volevo certo perdermi i tuoi colori bellissimi.’

‘Sei uno stupido.’ mormorò sorridendo.

Mist non rispose e la baciò con passione.

‘Tranquilla amore mio, ti prometto che troverò una cura. Se vuoi puoi restare qui, mi saresti di grande compagnia… Se queste scartoffie non ti annoiano.’

Lei non rispose a voce, si limitò ad accoccolarsi a lui, socchiudendo gli occhi per godersi l’istante di gioia. Mist stesso non alzò la luce, perché nella penombra sua moglie era ancora più affascinante e, come per i colori, non voleva perdersi nessun momento per ammirarla.

Come disse Jam, bastava solo sorridere di più per stare meglio. Anche in quella situazione.

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Capitolo 6
*** Vantarsi degli amici ***


Twinkle twinkle little Star, twinkle twinkle through the Mist.

 

L’indomani i due pony si alzarono dal letto, svegliati dal suono del campanello.

‘E ora che facciamo? Non possiamo farci vedere ridotti così!’ esclamò Star. Mist fece un cenno con la testa e aprì la finestra, cercando di scorgere chi ci fosse davanti alla porta.

‘Tranquilla cara, è solo il postino, ci penso io.’

Si arruffò la criniera per coprire le corna, contando sul fatto che non notasse il manto grigio chiaro anziché bianco. Di sicuro non ci avrebbe dato molto peso e avrebbe potuto imputare il colore sbiadito all’invecchiamento.

Aprì la porta e si trovò davanti un pegaso grigio con la criniera bionda.

‘Signor Mist? C’è una lettera urgente per lei!’ esclamò la giumenta, porgendogli una busta. L’unicorno la prese e la guardò.

‘Ehm, Via del Porcino è quella parallela a questa, ha sbagliato.’ Commentò, notando l’indirizzo errato. L’altra si agitò, riprese la lettera e gliene consegnò un’altra.

‘Mi scusi, è questa quella giusta.’

Riconobbe il marchio della principessa e il cuore gli balzò nel petto. Forse… forse aveva una risposta. Salutata la postina e rientrato in casa chiamò la moglie. Lessero la lettera insieme, ad alta voce.

“Mio fedele studente Midnight Mist, sono molto addolorata per la condizione in cui vi trovate e non posso fare molto. Come ben sapete avete contratto una malattia tremenda, generata dal risentimento di un vecchio Re di Equestria. Mi sono subito messa alla ricerca di una cura e l’unica cosa che posso fare per ora è mandarvi all’Accampamento Pelogrigio. E’ un accampamento edificato nel mezzo della Everfree Forest da altri pony che hanno subito il vostro stesso destino. Ho già fatto riservare una capanna per voi laggiù, per il momento è il meglio che posso fare.”

Lo stallone rimase alquanto deluso, sperava che le avrebbe detto una cura, ma in fondo non poteva sperarci così tanto. L’idea di doversi isolare totalmente dalla società gli dava molto fastidio, ma allo stesso tempo sapeva che era il solo posto in cui lui e sua moglie avrebbero potuto avere contatti con altra gente.

Fecero i bagagli e, nel giro di due giorni, furono pronti a partire.

Uscendo Mist si voltò a guardare la porta di casa, leggermente intristito. Star notò l’espressione del marito, e gli si avvicinò, appoggiando la testa alla suo collo.

‘Tranquillo, sono sicura che ci faremo dei nuovi amici là. Magari c’è qualche altro unicorno esperto di magia che ti aiuterà a trovare una cura!’

Mist scrollò il capo, non era molto convinto, ma sapeva anche che non poteva più rimanere lì, in mezzo ai “colorati”. Non che gli importasse molto, a parte Jam e Blithe non aveva molti amici, praticamente nessuno. Più che altro gli stava dispiacendo di lasciare la sua confortevole libreria.

‘Scusami Star, puoi aspettarmi un momento. C’è una cosa che devo fare, da solo…’

Lei gli sorrise e lui entrò dentro. Girò l’angolo e aprì la porta. C’era lì la sua scrivania, con un vecchio calamaio vuoto appoggiato sopra.

Sospirò, prima di appoggiare uno zoccolo sul tavolo. Guardò intorno gli scaffali vuoti, Celestia gli aveva detto che là le capanne non erano molto grandi e non poteva portare tanta roba. Però con un semplice incantesimo dimensionale era riuscito almeno a portarsi via tutti i libri in una valigia.

Ripensò al perché quella stanza gli piacesse tanto. Era lì che trascorreva un sacco di tempo con Star. O meglio, siccome lui era sempre lì a studiare, sua moglie gli faceva spesso visita e gli faceva compagnia, ascoltando le sue ricerche con grande curiosità.

Prima di uscire fece appello a tutta la sua volontà, gli veniva davvero difficile accettare di dover lasciare tutto e tutti a causa di una stupida maledizione, non voleva certo che nessuno venisse contagiato, ma allo stesso tempo non riusciva ad adattarsi all’idea di doversene andare per tornare chissà quando.

Si convinse che era purtroppo la sola cosa da fare e si alzò in piedi. Si avvicinò con calma ad un comodino, respirò profondamente e lo guardò.

“PERCHE’ A ME?!?!” e scaraventò a terra il tavolino, con inaudita furia.

 

Arrivarono all’accampamento nel pomeriggio, con le loro valigie trasportate dalla magia di Mist. Non c’erano insegne di nessun tipo, quindi dovettero dare per buono il nome che era scritto sulla lettera, Pelogrigio. Un nome molto allegro e simpatico, pensò lo stallone.

Non si presentava proprio bene, alcuni pony, ovviamente con le cornine, si trascinava lentamente per la radura, annoiati. Non si vedeva in effetti nulla di particolare, salvo qualche bancarella anonima che vendava ben poco. Stranamente non c’erano bambini, solo pony adulti, nemmeno tanti.

Con loro due non erano più di venti.

Si avvicinò un pony terrestre di giovane età, dalla criniera corta. A giudicare dalla gradazione di grigio doveva essere rossa, ma non ne erano certi.

‘Voi siete i nuovi arrivati?’ disse, con un po’ di falsa allegria nel tono di voce ‘Io sono Tall Ground!’

‘Ehm, si siamo noi, piacere. Io sono Shooting Star e lui…’

‘ASPETTA! Tu sei QUELLA Shooting Star? L’ex-capitana degli Wonderbolts?’

‘Ehm, si, perché?’

Il pony saltellò sul posto, felicissimo, stavolta per davvero.

‘Quindi quell’altro è Mist, l’arcimago di Celestia.’

L’unicorno annuì, un poco irritato.

‘Gioia, gaudio e tripudio! Forse puoi fare qualcosa per noi!’

A queste parole Mist cambiò espressione.

‘Per caso avete altri unicorni qui che stanno cercando di studiare la maledizione?’

‘Significa che… non sai proprio niente?’ gli chiese.

‘No, mi dispiace. Allora, ci sono altri unicorni?’

Tall fece un giro su sé stesso e fece una faccia triste.

‘Eh, no purtroppo… Sei il primo unicorno che ci becchiamo qua da queste parti.’

Lo stallone guardò la moglie, che gli sorrise amaramente, abbassando la testa. Poi sospirò.

‘Fa nulla, significa che inizierò a studiarmi una cura da solo.’

‘Oh, ne saremmo molto lieti, se sei davvero lo studente numero uno di Celestia sono sicuro che un giorno la principessa ci aiuterà.’

Tall Ground li condusse ad una casupola, costruita evidentemente con roba di fortuna, fatta di legno e col tetto in plastica, mentre l’interno era composto da appena due stanze, con due materassi non proprio pulitissimi.

Star, che solitamente era sempre allegra, faticava a trovare qualcosa di buono in quel posto, le sembrava di essere entrata in una di quelle baraccopoli di cui si sentiva parlare nei libri. Non che disprezzasse i poveri, è solo che in pochi mesi era passata dall’essere una madre in attesa, ad una giumenta sterile che ha perso la sua casa e i suoi amici. Per quanto ci provasse non gli veniva facile trovare un lato positivo in ciò.

‘Avanti Star, c’è Mist con te, finché sarete insieme andrà tutto bene. C’è solo da fare un poco di pulizia e poi questa casa sarà molto accogliente.’

Lo stallone grigio invece non si scompose più di tanto, si sistemò gli occhiali e guardò Ground.

‘Per caso anche le vostre altre case sono fatte così?’

‘Si, se volete andare in bagno però c’è il water pubblico, là dietro!’ disse, indicando uno di quei water chimici che si usano nei cantieri.

‘No, tranquillo, posso fare di meglio!’ esclamò.

La pegaso si girò.

‘Non vorrai mica usare quell’incantesimo?’

‘E perché no? Se funziona per le valigie funzionerà anche per le case! Proviamo, no?’

Il pony terrestre li guardava, senza capire di cosa parlassero. Osservò Mist tirare fuori dalla valigia una decina di libri, si sedette per terra e cominciò a sfogliarli.

‘Dunque, incantesimi dimensionali, incantesimi dimensionali… ECCO!’

Si alzò in piedi, pronto a lanciare qualche arcana magia.

 

Lo stupore dei pony dell’accampamento di Pelogrigio fu infinito quando, dopo anni che stavano lì, qualcuno gli regalò delle nuove case.

In realtà non aveva fatto poi molto, cominciò tutto con il suo corno che si illuminava. Mist si sollevò a mezz’aria, con gli occhi chiusi, avvolto da un alone etereo. Alcuni dei grigi intorno a lui si avvicinarono incuriositi dalla luce, chiedendosi quale magia avrebbe fatto. C’era chi sperava che fosse un incantesimo anti-maledizione e chi pensava che sarebbe semplicemente stato uno spettacolo pirotecnico.

L’incantesimo di Mist fu semplice ma efficace: Aumentò lo spazio all’interno delle dimore, creando nuove stanze, ma lasciando l’interno uguale a prima. Ed erano dotate pure di bagno e acqua corrente.

Un prodigio magico che lasciò l’unicorno alquanto stanco alla fine della giornata, talmente tanto che non si reggeva in piedi. Si girò, scambiando uno sguardo con sua moglie e tentò di entrare nella sua casa, l’aveva ricreata identica a quella dove abitava prima, in modo da sentirne meno la mancanza.

Appena fu sull’uscio fu bloccato da un enorme stallone che lo sollevò sopra la sua testa e gridò ad alta voce il suo nome. La folla era davanti a lui e lui era in cima alla folla, come il leader alla guida del popolo.

Fu acclamato come un messia da tutti e pure Star era fiera del marito che, mentre veniva sbalzato per aria, gli scambiò uno sguardo d’intesa seguito da un occhiolino.

Stranamente, aveva appena provato la prima emozione di felicità da quando era arrivato in quel posto, già al primo giorno. Niente male come partenza, proprio niente male. Si sentì appagato di aver potuto nuovamente aiutare qualcuno, cosa che ormai non faceva più dai tempi in cui era l’Elemento della Magia e partiva coi suoi compagni in avventure per salvare Equestria.

Come diceva Jam Sooth, qualcosa di buono c’è sempre, anche nelle situazioni più nere.

‘Ok, ok, ora potete lasciarmi!’ esclamò, cercando di scendere. Ma i pony non se lo volevano certo far scappare.

‘Andiamo, ci hai regalato nuove case! La prossima volta cosa farai? Andrai nella Everfree Forest e terrai lontane le Ursa Minor?’

‘Ahah!’ esclamò un altro pony di terra, uno stallone dalla grande corporatura e la barba incolta ‘Per te, nella mia bancarella, i prezzi saranno sempre scontati del… uh… del 5%!’

‘Io penso che dovremo eleggerlo capovillaggio!’

‘Perché abbiamo un capovillaggio?’

‘No, per questo lui potrebbe esserlo!’

‘Andiamo, è appena arrivato, fatelo prima ambientare!’

Mist ringraziò le parole dell’ultima giumenta, era lì da appena un giorno, come avrebbe potuto amministrare un villaggio simile così dal nulla.

Era abituato ad organizzare le cose ma, non sapeva certo come gestire un intero accampamento. Anche se, in effetti, erano solo una ventina di pony, mica tanti.

 

Vivere all’accampamento si rivelò molto più semplice di quel che credevano, i pony erano cordiali e simpatici, soprattutto Tall che spesso faceva visita alla loro casa per chiedere di Mist. Alcune volte entrava in casa senza bussare, causando non poca irritazione nell’unicorno che, puntualmente, lo sbatteva fuori, dicendogli di tornare più tardi.

Rapporto strano il loro, un giorno egli entrò nuovamente di soppiatto, stavolta però con l’intenzione di dare un piccolo spavento all’amico.

Mist era seduto alla scrivania, come al solito, sudando amaramente sulle pergamene in cerca di informazioni sulla maledizione, quando è nata, se è contagiosa e altre informazioni varie. Era così concentrato che si era scordato di eseguire l’incantesimo di controllo anti-intrusi (era stato eretto proprio per tenere Tall lontano quando lavorava.

Lo stallone prese un pennino e cominciò a scrivere, sul suo libro, sperando di completarlo al più presto. Era l’Exterreris, un’enciclopedia magica sugli animali che si auto aggiorna in base a ciò che egli scrive sul libro madre. Aveva appena cominciato il capitolo sulle Urse, infatti aveva anche organizzato la settimana per andare nel bosco e studiarle.

All’improvviso sentì un urlo mostruoso dietro di sé e fu spinto con forza in avanti. Sbatté la faccia sulla scrivania con una potenza inaudita, rovesciò il calamaio e tirò una spessa riga sul foglio che stava scrivendo. Si rialzò quasi immediatamente, con un lancinante dolore al naso e gli occhiali mezzi rotti.

Si girò subito di scatto a vedere il giovane pony spassarsela dalle risate, rotolandosi per terra. Non si scompose e con la magia sistemò tutto quanto, cancellando anche la striscia d’inchiostro sulla pagina. Rimessosi gli occhiali con lo zoccolo si portò sopra l’intruso e lo scrutò con sguardo severo. Tall lo guardò negli occhi e, appena li incrociò, rimase spaventato.

Ma non tanto per la situazione, ma perché quegli occhi avevano un che di intimidatorio e oscuro, quasi diabolico.

‘Cosa ti avevo detto sul non entrare mentre lavoravo?’ gli disse, con l’imponenza di un alicorno.

Il pony dalla criniera rossa si strinse a sé e si voltò cercando una via di fuga. Fu toccato sulla fronte da un zoccolo.

‘Stai tranquillo, non è successo niente.’ Mist aveva ora uno sguardo meno infuriato ‘Menomale che non era il libro madre o tutti quelli che hanno comprato una copia dell’Exterreris avrebbero trovato una striscia nera a pagina 394. Su tranquillo.’

‘Io… scusa, volevo solo farti uno scherzetto… Cioè, ehm… Sapevo! Cioè, sapevo che avresti potuto rimettere tutto apposto con la magia, ehm… Eheheh!’ era imbarazzato e cercava di accampare una scusa.

Mist lo guardò, senza mostrare alcuna espressione in volto e gli fece cenno con lo zoccolo che poteva rimanere purché non facesse casino.

Tall rimase seduto a guardarlo scrivere per qualche minuto, senza dire niente. Si stava annoiando, ma aveva troppa paura di scatenare nuovamente una tremenda reazione dell’unicorno e temeva che ogni sua piccola azione avrebbe potuto fare danni.

Prese infine coraggio e si avvicinò a lui guardando la pergamena che aveva davanti. Mist sospirò, già pronto a dirgli di non infastidirlo perché era in un momento importante.

‘Ehm… Che è quella roba?’ gli domandò.

L’unicorno smise un secondo di scrivere e rimase fermo a guardare il foglio. Appoggiò la penna e diede uno sguardo a Tall, ma non uno sguardo spaventoso, gliene diede uno interrogatorio, quasi stupito.

Non gli disse nulla del perché quella reazione e il pony non poteva certo sapere che “che è quella roba?” era la stessa identica frase che gli disse Shooting Star la prima volta in assoluto che si videro. Il ricordo di quel momento prese controllo di Mist facendogli smettere di lavorare.

‘Beh, è l’Exterreris, forse ne hai sentito parlare.’ Si sentì in dovere di spiegarglielo, come fece con la moglie anni prima.

‘Ehm, no.’ Il pony con la criniera rossa non capiva come mai avesse reagito così invece di arrabbiarsi, ma approfittò comunque del momento per dialogare un po’.

‘E’ un libro particolare che sto scrivendo, si tratta di un’enciclopedia degli animali selvatici. Ci sono cose come timberwolf, coccatrici…’

‘Wow, e tu li hai studiati di persona?’

‘Già, ogni capitolo è un caro ricordo. Tipo quando passai un mese sotto una frasca a seguire una manticora per scoprire dove fosse la sua tana, oppure di quegli occhiali speciali che creai per proteggermi dallo sguardo pietrificante dei basilischi. Cavolo, ci persi due mesi per farli!’

‘Sei… sei davvero un grande!’

‘Comunque, questo libro viene già venduto, in poche copie però. Ognuna di esse ha un collegamento magico con questa copia madre.’ Tirò su un libro dalla copertina nera ‘Ogni cosa che viene scritta qua sopra appare magicamente su ogni copia dell’Exterreris.’

‘Deve essere stato un incantesimo difficile.’

‘Mah, no in realtà, è stato molto peggio studiare tutti questi animali.’

‘Quanti ne devi studiare per completarlo?’ gli chiese. Mist sospirò, alzando la testa in alto, guardando a qualcosa di immaginario.

‘Beh, le Urse le devo ancora studiare, poi ci sono altri animali molto rari, come fenici, cerberi, parasprites… Anche creature introvabili come i Grand Paw.’

‘I Grand Paw non li ho mai sentiti nominare.’ Il nome significava pressappoco “grande zampa”, probabilmente erano creature di grandi dimensioni.

‘Uhm, di quella razza non si sa niente, si sa a malapena che esistono, per questo un giorno dovrò trovarli. Non si sa dove abitano, non si sa se siano intelligenti come noi… Si sa solo, ma sono voci, che un grand paw adulto superi in dimensioni persino un Ursa Major! Poi ci sono anche i mitologici quilin, una razza metà drago metà pony che si dice abbino abitato il mondo milioni di anni fa. Ma non esistono prove di una civiltà così antica. Sono tutte leggende di cui si parla nel Nuovo Continente.’

I due continuarono a discutere per un po’, Tall chiedeva curiosità sugli animali e sulla magia, mentre Mist gli chiedeva particolare della sua vita. Era più giovane assai di lui e gli chiese come contrasse la malattia.

Il pony gli raccontò di aver avuto prima un bellissimo manto blu e che viveva ancora coi genitori.

Gli raccontò di come una mattina si alzò dal letto, chiamato per andare a scuola, e si recò in bagno, analogamente a quanto accaduto a Star settimane prima. Lì si accorse pressoché subito che c’era qualcosa che non andava e, appena vide le corna, fu preso dal panico e chiuse a chiave la porta.

Inutili furono i tentativi della madre di chiamarlo e del padre di aprire la porta, Tall non voleva uscire, per paura di ciò che era diventato. Si guardò nuovamente allo specchio, col volto rigato di lacrime e si appoggiò con la schiena al muro, lasciandosi scivolare fino a terra, con la testa tra le zampe.

Era convinto, almeno così pensava allora, di essere diventato un demone e che presto si sarebbe trasformato in un essere grigio che andava in giro a fare del male agli amici. Raccontata ora sembrava un pensiero stupido, pensò Mist, ma di sicuro sul momento non c’era la minima ironia in quel che credeva.

Rimase tutto il giorno chiuso nella stanza, accoccolato su sé stesso, prima che il padre riuscisse a scassinare la serratura e ad entrare. Era infuriatissimo, anche più di Mist qualche minuto, ma appena lo vide, in un lago di lacrime e col manto grigio, la sua furia sparì.

Lasciò posto alla disperazione.

I suoi genitori non furono colpiti e si adoperarono per cercare un medico. Volevano almeno sapere cosa stesse accadendo a loro figlio. Nessuno ovviamente riconosceva i sintomi e solo per caso scoprirono, dopo una settimana, il nome e gli effetti della malattia.

In preda al panico, per il loro figlio, mandarono una lettera disperata alla principessa, che non poté fare altro che mandarli all’accampamento Pelogrigio, per evitare che ulteriori pony venissero contagiati.

Tall passò quei sette giorni in camera, sul letto. Non voleva uscire, aveva paura di perdere il controllo e ferire i suoi cari. Quella mattina aveva maledetto il compito di magia che ci sarebbe stato, ora stava rimpiangendo di non esserci potuto andare per quella ragione.

Persino quando i suoi genitori entravano li cacciava via in malo modo, sempre per la stessa fobia, ma loro, senza preoccuparsi del possibile contagio, gli portavano sempre i pasti, cercando di convincerlo a mangiare. Spesso lasciava i piatti lì sul tavolo senza mangiarli, non aveva certo fame teso com’era.

Quando gli fu data la notizia di cos’era la Maledizione di Greyhorn, anziché preoccuparsi tirò un sospiro di sollievo. Dopo quello che aveva passato, l’idea di non essere un pericolo per gli altri lo fece stare molto meglio. Passata la tensione gli prese subito fame e mangiò avidamente tutto ciò che aveva lasciato stare i giorni prima ed era ancora mangiabile.

Si girò per ringraziare mamma e papà di essersi preoccupati tanto per lui. Le vide.

Anche loro avevano delle corna sulla fronte.

 

Star rimase in silenzio ad ascoltare i due che chiacchieravano, non senza tirare un sospiro di sollievo.

Si fermò un momento a ripensare ai lunghi discorsi che faceva con Mist, parlando del più e del meno. La loro prima discussione era partita in maniera casuale, senza pretesto.

‘Fa strano pensare che da una semplice domanda scaturisca una semplice discussione e che da quella discussione nasce una grande amicizia.’ Pensò tra sé e sé. Era solo la prima sera che loro due si erano effettivamente parlati, ma lei già sapeva che sarebbero stati bene assieme.

Entrò nella stanza portando con sé due tazzine di caffè macchiato.

‘Uomini!’ incalzò ‘Guardate che è tardi! Di cosa state parlando da così tanto tempo?’

Tall si scompose e guardò fuori dalla finestra.

‘Mannaggia, è già buio? Forse è meglio se torno a casa Mist, ci vediamo domani!’

Il pony corse fuori dalla casa, dopo aver sorseggiato rapidamente il caffè e lasciò l’unicorno e la pegaso soli.

‘Ehm… ho forse detto qualcosa di sbagliato? E’ corso via all’improvviso…’ Star era leggermente attonita, era partita con l’intenzione di conoscere anche lei quel giovane puledro.

‘No, nulla di che. Solo che sua madre è molto bacchettona.’

‘Ah… capisco…’

Mist prese con la magia la tazzina e ne bevve metà. Mise una zampa intorno al collo della moglie e avvicino il volto al suo.

‘Vuoi te l’altra metà? Ne ho bevuto abbastanza per stare in piedi un’altra oretta, devo recuperare il tempo perso a parlare con lui.’

Star gli sorrise e gli diede un bacino sulla guancia, mentre il marito le coccolava la criniera.

‘Come ti senti ora Mist? Sei riuscito un po’ ad accettare la cosa dello stare qui?’

‘Beh…’ lo stallone si fermò a pensare ‘Poteva andare peggio, continuo a ricevere lettere da Cup, da Blithe, dai miei genitori… Almeno non abbiamo rotto i ponti con loro.’

‘Di Celestia sappiamo niente?’

‘Ancora no, ma sono sicuro che starà anche lei studiando una cura, mi ha inviato numerosi libri riguardo a Re Greyhorn e il suo impero. Forse ci sono indizi per trovare una soluzione o qualcos’altro, vedremo.’

‘Visto? Ti avevo detto che sarebbe andato tutto bene.’

‘Anche stavolta hai avuto ragione tu cara, poteva andare molto peggio.’

Star rimase in silenzio, a riflettere. Si era ricordata che l’indomani il marito sarebbe andato nella everfree forest a cercare una tana di Ursa Major. Era preoccupata, ma sapeva che suo marito non si sarebbe fatto sconfiggere facilmente.

‘Mi raccomando per domani… Fai attenzione se incontri l’Ursa.’

Mist le sorrise, mostrando i denti.

‘Lo sai vero che stai parlando con un arcimago? Se le cose si metteranno male ti prometto che fuggirò e tornerò da te. Non ti voglio certo lasciare sola!’

Detto questo la strinse a sé e la baciò con passione. Star, che prima era preoccupata, si sentì meglio, tutte le sue paure erano state lavate dal tepore delle labbra di Mist.

Una sensazione dolce e piacevole che anni prima l’aveva fatta innamorare dello stallone. Ringraziò il cielo per quella benedizione e pregò Celestia affinché li mantenesse uniti ancora a lungo.

 

La mattina dopo suonarono alla porta, cosa strana nell’accampamento e Star andò ad aprire. Era un postino dotato di mascherina di protezione, che doveva consegnare della posta. In genere era Mist che si occupava della corrispondenza, lei non lo aveva ancora visto un postino venire di persona lì.

La giumenta ringraziò e prese le due lettere, una di Jam Sooth e una di Celestia.

Entrò dentro e chiamò il marito, che si era addormentato sui fogli. Alla fine non aveva retto ed era crollato sul suo stesso lavoro, non rovinando nulla, per fortuna.

Esso si alzò in piedi massaggiandosi gli occhi per svegliarsi meglio e poi sbadigliò. Si avvicinò alla pegaso e per prima prese la lettera di Celestia, visto che era un bel po’ che non riceveva sue notizie.

“Caro Midnight Mist, non sono ancora riuscita a trovare qualcosa di concreto…” l’unicorno sbuffò in segno di disappunto “…ma il problema di oggi non è questo, è successa una cosa sconvolgente.”

Smise di leggere e guardò negli occhi la moglie. Aveva capito il messaggio e gli strinse lo zoccolo, stavolta, per quanto brutta potesse essere la notizia, sarebbero stati pronti e l’avrebbero affrontata insieme.

“Il tuo caro amico, e mio fedele suddito, Jam Sooth è partito per ragioni sconosciute, portando con sé Golden Doubt e Blithe Blitz. Ciò è successo circa due settimane fa e nessuno sa che fine abbia fatto, pure la sua numerosa famiglia non ha notizie di lui, in nessun angolo di Equestria. Mi addolora molto darti questa notizia, non l’ho fatto due settimane fa per non caricarti di preoccupazioni, ma meriti di sapere. Le ricerche sono continuate a lungo e senza sosta e le guardie non ce la fanno più. Dovremo abbandonare le ricerche, pregando che a loro tre non sia successo nulla.”

‘Oh, no…’ mormorò debolmente Star, stringendo ancora più forte la zampa del marito.

‘Non è possibile! E quest’altra lettera allora?’ sollevò con la magia l’altro foglio. Era datata due settimane prima, per qualche ragione doveva essere arrivata in ritardo.

“Yoi, Mist! Volevo dirti una cosa, una buona notizia che sono ceeerto che schiarirà la tua giornata. Credo di aver trovato una cura alla vostra malattia, non l’ho ancora detto a nessuno, ma per qualche ragione Blithe ha scoperto tutto e Doubt mi ha costretto a farli venire con me, sennò non avrebbero taciuto. Comunque, il punto è che so dove trovare una soluzione, ma non posso dirtelo, è un posto rischiosissimo e non voglio che voi vi facciate male. Fidatevi di noi tre, per cortesia. Un saluto dal vostro Jam Sooth, non preoccupatevi, che sarò di ritorno in pochi giorni!”

Mist chiuse la lettera e lasciò andare la moglie.

Non sapeva che faccia assumere.

Il suo migliore amico era partito con Blithe e Doubt, sapeva dove trovare una cura… E non è più tornato.

Erano tante le domande che gli stavano affollando la testa e non sapeva proprio cosa pensare, né che pesci prendere.

Si limitò a sedersi, cancellando l’uscita nel bosco che aveva programmato, e mise la faccia tra gli zoccoli, con lo sguardo perso nel vuoto.

Star invece stava rileggendo compulsivamente la lettera, sperando di aver capito male, andando su e giù con gli occhi, già lucidi, sperando che la sua amica Doubt stesse in realtà bene.

Perché se è sparita non significa che sia morta, vero?

Era ancora viva, lo sentiva, ci sperava, ci sperava con tutto il cuore che lo fosse ancora.

Mist le si avvicinò e la abbracciò, facendole appoggiare la testa sulla spalla. Il respiro di Mist sulla sua criniera, che di solito la calmava, si rivelò una magra consolazione, paragonata al timore di perdere i suoi amici.

‘Tor… tornerà, vero?’ mormorò. Mist si mise guancia a guancia con lei, accarezzandole la schiena.

‘Ne sono sicuro, mi fido di lui ed è sempre stato un pony molto forte. Dubito che là fuori ci sia qualche animale in grado di fargli qualcosa.’

Nel cuore di Mist cambiò qualcosa, non pianse come invece fece la moglie, ma si arrabbiò severamente con sé stesso. Jam era partito per chissà dove al solo scopo di aiutarlo e lui non aveva potuto fare nulla per impedirglielo.

Se quella dannata lettera fosse arrivata prima forse avrebbe potuto fermarlo.

No, non avrebbe potuto, nessuno poteva fermare un pony testardo come Jam, quando si metteva in testa qualcosa nemmeno dirgli che avrebbe distrutto il mondo lo avrebbe fermato.

Figurati se poteva fermarlo lui.

Insistette ardentemente con la Principessa, affinché riprendesse le ricerche, anche fuori da Equestria, l’unica cosa che poteva fare era rimettersi nelle mani di Celestia e fidarsi di lei.

Le ricerche proseguirono per altri due mesi.

Ma di Jam, Doubt e Blithe nemmeno l’ombra.

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Capitolo 7
*** Vola alto nel cielo ***


Il cielo sarebbe il tuo unico limite? Mai bugia più grossa fu detta.

 

Il sole si fece timidamente strada tra le tende, illuminando debolmente la stanza. Si riflesse sul mobile comodino bianco, regalo di Cup Cake, accendendolo di un candore ancora più brillante. Sopra c’era una tazza di latte casereccio, bella calda e fumante.

Star era sotto le coperte, assonnata e con l’influenza.

Accanto a lei, nel più totale silenzio, Mist stava scartabellando diverse pergamene. Non poteva lasciare a mezzo la sua ricerca, ma non voleva nemmeno lasciare sola sua moglie. Quindi anche a costo di ammalarsi si piazzò vicino al letto con un tavolino, il calamaio e la sua fedele piuma di civetta spirulina.

La pegaso aprì leggermente gli occhi, accompagnata dal lieve rumore di fogli, e si girò supina. Passò uno zoccolo davanti agli occhi per bloccare i raggi del sole, poi si voltò e vide il bicchiere di latte e miele. Lo prese delicatamente e lo bevve con calma, per non scottarsi la lingua.

Finito lo riappoggiò sul comodino e si rimise nuovamente sotto le coperte, per scaldarsi ulteriormente.

‘Grazie caro…’ disse con voce roca, a causa del mal di gola. L’incessante sfogliamento si fermò per un istante e Mist alzò lo sguardo per sorriderle. Poi si ributtò rotoli magici.

Era estate, ed erano passati ormai cinque mesi da quando erano arrivati al capo Pelogrigio, due e mezzo da quando Jam, Doubt e Blithe erano spariti. Ancora nessuna notizia…

Cercando di riprendere il latte per bere di nuovo, passò lo zoccolo su quell’ultima lettera. Lasciò perdere la tazza e prese il foglio di carta.

Solo toccarlo le rinnovava la sofferenza interiore che già provava, eppure esercitava un fascino misterioso e proibito. Era sì la lettera che indicava il loro ultimo contatto, ma era anche piena di speranza e faceva capire quanto loro tre ci tenessero ai loro amici.

Senza contare che gli errori ortografici di Jam Sooth strappavano sempre qualche sorriso.

La rilesse, per l’ennesima volta, con una lacrima che le scendeva lungo la guancia. Il loro ultimo, doloroso contatto.

Quando si trasferirono all’accampamento si sentì triste per il non poter più vedere i suoi amici, ma quantomeno aveva la consolazione di poter comunicare tramite lettere.

Ora non aveva più nemmeno quella.

Solo Cup Cake ogni tanto mandava della corrispondenza, per raccontarle di come la sua attività di pasticcera al Sugarcube Corner stava andando bene, a lei e a suo marito. Non faceva mai accenno a quanto accaduto a Doubt, Jam e Blithe, però….

Richiusa la lettera dopo averla letta per ben due volte di fila e la riappoggiò sul comodino. Mist, impegnato com’era a leggere e studiare, non aveva minimamente notato il gesto della moglie. Decise di fare una pausa e appoggiò le carte sul tavolo, avvicinandosi al letto. Mise uno zoccolo sulla fronte di Star, era calda, ma non poi così tanto.

Star, che doveva riposarsi, non disse nulla, per non rompere quel dolce silenzio, intervallato dai passi dell’unicorno sul parquet ora e dal rumore dei fogli prima. Rumori ritmici ma accoglienti, che l’aiutavano a rilassarsi. E ne aveva bisogno.

‘Ehi amore, vuoi altro latte?’ disse, prendendo il bicchiere. Lei aprì un occhio e lo guardò male. Aveva rotto ciò che non doveva essere rotto.

A quell’occhiataccia Mist si guardò intorno per un secondo, chiedendosi se avesse fatto qualcosa di male, poi vide la moglie sghignazzare.

‘Ihihi.. cough, cough!’ tossì, poi si riprese respirando forte ‘Si, mi farebbe bene… Grazie ancora.’

‘Mi pare il minimo, tu sta’ giù e riposati, ecco.’ Disse, facendole appoggiare la testa sul cuscino e rincalzandogli le coperte, come fosse una bambina.

‘Ma che fai, sei mia madre?’ gli chiese lei con voce rauca. Lui fece un sorriso imbarazzato poi se la rise sotto i baffi e infine uscì dalla stanza.

Sotto le coperte sapientemente sistemate dal marito, Star iniziò a chiedersi se sarebbe stata una buona madre. Forse sì, forse no… A che serve chiederselo, tanto figli non poteva averne e di adottarne uno non se ne parlava, chi darebbe un puledrino ad una che soffre di una spaventosa maledizione?

Sospirò sconsolata fino a che Mist non tornò su accompagnato da Tall. Non aveva nemmeno sentito suonare il campanello.

‘Ehm, mi avevano detto che stavi male e… ecco… Volevo vedere come stavi.’ Balbettò il puledro.

‘Beh, abbastanza bene, la febbre è calata.’

‘Accidenti, che voce gracchiante che hai, sembri quasi una cornac…’ Mist gli tirò una gomitata leggera. ‘Cioè, però di solito hai una voce stupenda!’

‘Ihihihih!’ ridacchiò ‘Grazie!’ rispose, simulando il lancio di un bacetto. Tall arrossì, Star, anche se non più giovanissima, era ancora una bella giumenta.

Il puledro allontanò i pensieri da lei, era sposata, diamine!

Sorrise quindi in maniera un po’ forzata e cercò di sviare lo sguardo di Mist che, se avesse capito che razza di pensieri stava facendo, lo avrebbe seviziato e poi buttato nel fiume.

‘A… a proposito Mist…’ cercò di dire per sviare l’attenzione ‘Ma quella tua ricerca sulle Ursa l’hai ripresa?’

‘Eh? Beh, no… volevo aspettare che Star guarisse. Dopotutto si tratta di passare giornate intere nel bosco a cercarle. Immagino tu sappia quanto può essere pericoloso.’

‘Già…’ abbozzò, in realtà non sapeva bene cosa dire. Non è che la sua fosse una cotta per Shooting Star, era consapevole che la differenza di età e il fatto che fosse già sposata la rendevano irraggiungibile, quindi si era sin da subito messo il cuore in pace. E’ solo che Tall non aveva mai avuto una ragazza e tutte quelle presenti all’accampamento erano o troppo vecchie, o troppo giovani, o già impegnate.

Era solamente sensibile al fascino femminile. E Star ne aveva tanto.

‘Forse è meglio che la lasciamo riposare, andiamo a parlare di sotto nello studio?’ suggerì Mist, preoccupandosi per le condizioni della moglie.

Star avrebbe voluto dirgli di rimanere lì con lei, ma di sicuro Mist si sarebbe silenziato e non avrebbe dato retta all’amico, forse rispondendogli anche male se avesse parlato disturbandola. Decise quindi di lasciarli andare e starsene un po’ sola coi suoi pensieri.

Aveva notato lo sguardo imbarazzato del pony dal crine rosso e aveva capito tutto al volo, come sempre riusciva senza che nessuno comprendesse come.

Non lo biasimava affatto, anzi, da un certo punto di vista voleva fare il tifo per lui, pregando Celestia che un giorno trovasse il suo pony speciale. Gli fece un piccolo sorriso e gli diede un semplice sguardo, come per dirgli “capisco la situazione in cui ti trovi, un giorno troverai la tua anima gemella”. Tall capì subito e si rilassò, ricambiando con un cenno della zampa.

Di tutto questo Mist non notò nulla, non sprecava nessun secondo e si era già ributtato sulle pergamene.

La giumenta infine rimase sola e lasciò cadere gentilmente la testa sul cuscino, afferrando nuovamente la lettera nel frattempo.

‘Doubt…’ mormorò ‘…stai bene, vero?’

Il loro primo incontro fu bizzarro, la incontrò anche prima di incontrare Mist, anzi, se ora era sposata con lui era merito di Golden Doubt e di suo fratello Blithe Blitz.

Accadde in una giornata soleggiata, per le strade di Canterlot. Star stava trottando allegramente con indosso la sua divisa da cadetta wonderbolt nuova fiammante. Era così tronfia che teneva sempre lo sguardo alto verso le nuvole, senza badare a ciò che gli si stava parando davanti. Per fortuna tutti la scansavano a tempo debito… eccetto un particolare pegaso giallo con la criniera arancione, addirittura più svampito di lei, che non la vide arrivare.

La giumenta sbatté addosso al giovane stallone e il succo che quello stava bevendo le si rovesciò addosso, proprio sulla nuova uniforme. Esso cercò di scusarsi subito, offrendosi pure di pagare il conto in lavanderia, ma non sapeva di avere a che fare con una giovane Star, quando ancora era molto più esuberante e irosa. Vedersi la tanto amata divisa, simbolo che il suo sogno stava per coronarsi, rovinata dalle macchie giallastre del succo di pesca la fece infuriare a più non posso. Lanciò una sola occhiata.

Alla vista di quello sguardo il malcapitato si spaventò a tal punto da cadere indietro di schiena. Star gli si avvicinò furiosa, soffiando col naso, come se stesse per caricarlo.

‘Ehi!’ gridò una voce femminile ‘Lascia stare mio fratello!’

Si trattava di un unicorno nero, con la criniera gialla e viola ed un paio di rossi occhiali ben calcati sul muso. Essa se li sistemò e scrutò Star con severità.

‘Ecco, tuo fratello mi ha macchiato la tenuta da wonderbolt!’ esclamò adirata. L’unicorno non rispose e si avvicinò a lei, esaminando meticolosamente la macchia. Le poggiò uno zoccolo sulla divisa, lo guardò, poi si voltò verso il fratello e infine si girò verso Star.

‘E’ solo una macchia di succo di pesca, sei fortunata che la tua tenuta è fatta di materiale difficilmente macchiabile. Blithe ha un vero talento quando si tratta di cucito e lavorazione dei tessuti, te lo può pulire lui stesso!’

‘Già, già, è vero!’ aggiunse il pegaso dietro di lei. A queste parole Star aveva già cacciato dentro parte della furia e si era già calmata, quindi accettò con gratitudine l’impegno.

Di lì a poco le due giumente fecero conoscenza, tra un disastro di Blithe e l’altro, condito con arrabbiature iniziali e successive risate, e divennero amiche per il pelo.

Il legame che le univa era qualcosa di particolare, un’amicizia di quelle che ti permetteva di intendere tutto con uno sguardo e fare ogni cosa insieme senza nemmeno accorgersene. Doubt era una lettrice appassionata di fumetti ed era un’instancabile osservatrice del mondo circostante, nulla sfuggiva ai suoi occhi vigili e attenti. In effetti il suo cutiemark era una lente di ingrandimento.

Ogni volta che Doubt leggeva un fumetto che la colpiva, in positivo o in negativo, non mancava di recensirglielo in diretta e Star ascoltava sempre con grande attenzione, benché conoscesse pochissimi termini riguardanti l’argomento.

‘Ecco, la storia in sé non è male, ma la sceneggiatura e la scelta delle scene a volte non enfatizzano la storia, anzi, la rendono solo più confusa e imprevedibile. Poi c’è anche questa bizzarra scelta di non sviluppare il personaggio di Panpipe. Peccato, il romanzo era molto più bello…’

E ogni volta Star non sapeva nemmeno il titolo dell’opera di cui l’amica parlava, quindi, quando essa finiva, lei cominciava a parlare di volo e di tecniche e piroette, un po’ per vendetta sul non capirci nulla, un po’ perché le piaceva tanto parlarne.

Similmente a come avrebbe fatto poi con il suo futuro marito, lui parlava di magia, lei di volo, e si divertivano insieme a scoprire due campi di cui non sapevano un’assoluta mazza.

Star ritornò alla realtà e appoggiò la lettera. “Fatti forza, torneranno di sicuro, sono ancora vivi, da qualche parte…”. Cercò di chiudere gli occhi e di dormire, sorridendo al pensiero di quanta felicità le avessero portato i suoi compagni. Doubt, Blithe, Cup, Jam e… e suo marito Mist, con cui stava tutt’ora condividendo una grande avventura.

Chiuse gli occhi, ma non poté impedire a qualche lacrima di scorrergli sulle guance.

‘Doubt… mi manchi…’ mormorò quasi in totale silenzio.

 

‘Ehi Mist, verresti a casa mia? Non ti ho mai fatto conoscere come si deve i miei genitori!’

L’unicorno alzò la testa dall’enciclopedia degli animali, stava mostrando a Tall gli animali più bizzarri che gli era capitato di vedere in tutta la sua vita. Ogni pagina aveva un’illustrazione, disegnata a zoccolo da Mist stesso, che aveva un talento unico per qualunque arte richiedesse l’uso di una penna o una matita.

‘Beh, non mi dispiacerebbe in realtà.’ Disse, rispondendo all’amico.

Tall scattò subito in piedi e afferrò lo zoccolo di Mist, tirandolo fuori di casa, quasi strascicandolo per terra. Lo stallone non poté nulla per impedirglielo, ma non si arrabbiò, ormai era abituato a questi atteggiamenti dell’amico.

Non fece la benché minima fatica ad orientarsi in quella casa, in fondo l’aveva costruita lui stesso qualche tempo prima. Gli era pure valso il diventare capo della comunità.

‘Oh, ma chi abbiamo qui! L’Architetto!’ esclamò la madre, di nome Water Pulse. Essere chiamato in quella maniera lo imbarazzò leggermente.

Fu accolto calorosamente anche dal fratellino minore di Tall, Tulip Ground, un puledrino giovanissimo senza ancora il cutiemark. Gli dispiacque vedere un piccoletto così giovane colpito da una maledizione tremenda, sapeva che non sarebbe mai potuto crescere con degli amici della sua stessa età…

L’unico però che non si fece vedere fu il padre, Windmill, un maestoso pegaso dalla folta criniera bianca, con un soffio di vento come cutiemark. Lo aveva già incontrato due o tre volte per strada e subito gli aveva catturato l’occhio.

Mist lo cercò in casa, seguito a ruota dai due fratelli, e lo trovarono in cima alla casa, sul terrazzo che dava sulla Everfree Forest. Dovette ammetterlo, la vista da lassù era veramente spettacolare, si riusciva quasi a vedere Ponyville in lontananza.

Ma non fu il panorama a catturare l’attenzione dell’unicorno. Windmill stava scrutando l’orizzonte con un telescopio, all’apparenza piccolo, ma un vero intenditore avrebbe riconosciuto subito che si trattava di un leggendario Mirror Gate, i migliori telescopi mai creati. Era il sogno di Mist quando studiava astrologia, ma poi aveva preferito un altro corso di magia e aveva abbandonato il progetto di preoccuparsene uno.

‘Ehm, buonasera.’ Attaccò bottone, facendo destare il pegaso dal suo lavoro di osservatore. Mist generalmente non attaccava mai bottone senza uno scopo e quella volta lo scopo era poter mettere gli zoccoli su quel cimelio.

‘Oh, Architetto, sono lieto sia venuto a trovarci.’ Quel nome cadde come un masso sulla sua testa.

‘Ah, chiamami pure Mist e dammi del tu. Lo fa tuo figlio… perché non lo fai anche te?’

‘Ok, Mist. Quindi, cosa ti porta qui nella mia umile dimora?’ la voce, il portamento, la folta criniera ben pettinata (a differenza del figlio) e il suo tono calmo e rilassante stupirono assai l’unicorno, che si appoggiò con un gomito al balcone, scrutandolo senza distogliere lo sguardo. Dal telescopio.

‘Nulla, solo che Tall voleva farmi conoscere i suoi genitori.’

‘Fratellone, davvero sei amico dell’Architetto?’ esclamò il piccolo Tulip. Un leggero tic all’occhio colse Mist.

‘Certo fratellino, te l’ho detto che io sono in conoscenza coi più altolocati unicorni di Canterlot, mica mento io!’ Tall chiuse gli occhi e si portò una zampa al petto, parlando con solennità.

‘Tranne quando porti a casa i voti di scuola.’ Sogghignò suo padre, facendo aprire gli occhi al figlio, che non sapeva cosa dire.

‘Uhm, sentite ragazzi, mi lascereste solo con Windmill? Volevo discutere un po’ con lui.’

‘Discorsi tra adulti, eh?’ Tall sorrise ‘Va bene, vi lascio soli. Vieni Tulip.’ Disse porgendo lo zoccolo al puledrino, un po’ sospettoso.

‘Ma cosa vorranno fare due maschi da soli su un balcone..?’ mormorò, uscendo dalla terrazza.

Il pegaso e l’unicorno rimasero soli.

‘Oh, un po’ di silenzio.’ Sospirò ‘Che cosa osservavi con quel canocchiale?’

‘Questo? E’ un Mirror Gate, permette addirittura di vedere oltre la linea dell’orizzonte e di scrutare gli astri al limitare del sistema solare. Costano una fortuna, questo l’ho ereditato da mio nonno. Certo però non mi aspettavo che un esperto di magia come te non li conoscesse.’

‘Eeeeh, non ho mai fatto Astrologia.’ Ruotò gli occhi, mal celando il fatto che sapeva benissimo di cosa si trattava.

‘E cosa hai studiato?’

‘Beh, ero il supersecchione della sezione G.’ rispose, appoggiandosi al balcone guardando la foresta. Windmill si mise accanto a lui.

‘E quale corso hai fatto? Magia bianca, trasformismo, cosa?’

‘Bah, la magia bianca non è mai stata il mio forte, soprattutto la medicina.’ Mist non rispose però alla domanda su cosa avesse studiato e il pegaso capì che preferiva tenerlo segreto. Non chiese nemmeno perché, di sicuro aveva le sue buone ragioni.

Era un tipo comprensivo, che osservava sempre ogni minimo movimento dei suoi interlocutori per capire cosa volessero e cosa li facesse sentire a proprio agio. Se capiva che dire qualcosa disturbava il compagno di chiacchiere allora non lo diceva.

‘Dimmi, com’è usare la magia?’

L’unicorno mosse l’orecchio. Come il figlio, anche il padre gli aveva rivolto una semplice domanda che lo colpì. “Com’è usare la magia” era la domanda che gli fece Jam, quando ancora si conoscevano appena. Molti altri glielo avevano chiesto, ma nessuno glielo aveva chiesto come lo stallone bianco, con quella sua voce adulta e rilassante.

Erano entrambi coi gomiti appoggiati sul davanzale della finestra, a guardare le stelle, quando Jam gli fece quella domanda. Al tempo era ancora un puledrino e non seppe rispondere.

Ora si trovava in una situazione analoga, gomiti sulla ringhiera del terrazzo a guardare il cielo. E Windmill la voce rilassante ce l’aveva eccome.

‘Beh…’ riprese il discorso dopo quella breve riflessione ‘…io potrei chiederti com’è volare.’

‘Una bella sensazione.’ Parlò senza mezzi termini ‘E’ come la possibilità di andare dove vuoi come vuoi, senza limitazioni di spazio e distanza. Poi poter toccare le nuvole… In realtà non so com’è NON toccarle, ma immagino…’

‘Non toccarle? Beh, è come toccare la nebbia, la vedi ma non la senti sulla pelle.’

‘Ah, grazie.’ Sospirò, apparendo un po’ sconsolato. Mist capì subito cosa non andava.

‘Ti dispiace che Tall e Tulip non siano pegasi?’

A queste parole ricevette uno sguardo intenso, un misto tra stupore e accettazione.

‘No, non è che me ne faccio una colpa o qualcosa… è solo che a volte vedo gli occhi di ammirazione dei miei due figli che vorrebbero volare come me ma non possono. Non sono il tipo da essere deluso per cose simili, in quanto pony di terra hanno una sensibilità unica col mondo che li circonda, che io e te difficilmente svilupperemo.’

Lo stallone con gli occhiali rifletté qualche istante, pensando a come fare. Tall una volta gli aveva accennato che gli dispiaceva non poter volare in cielo “come fa papà”, ma ogni volta cambiava subito discorso e continuavano a parlarne dimenticandosene.

‘Forse… forse posso fare qualcosa per loro due.’ Disse infine.

 

La piazza centrale dell’accampamento era gremita di gente, tutti col muso all’aria. Mist stava davanti a tutti, girato nella stessa direzione della massa, ma in piedi sopra una pedana. Il suo corno brillava.

Tutti gli abitanti di Pelogrigio si trovavano lì, tranne Star che era ancora ammalata. Tuttavia fece appello a tutte le sue forze e si sporse dalla finestra, per osservare il grande evento.

Silenzio.

Solo un piccolo fruscio di vento spezzava la quiete.

All’improvviso accadde qualcosa.

Tutti si sentirono passare una forte ventata a pochissimi centimetri dal muso, proprio sopra le loro teste. Le criniere di alcuni vennero scompigliate all’indietro, mentre un urlo, anzi, due urla, si sovrapponevano al suono di corpi in rapido movimento.

Tall e Tulip erano lassù, al fianco del padre, volavano con delle ali da vespa, non molto maestose, ma perfette per lo scopo.

Ovviamente ai due fratellini ciò non importava, a loro bastava essere su nel cielo al fianco del padre, come sempre avevano desiderato. E se c’erano quei tre dovevano ringraziare solo Mist.

Il pony dalla criniera color carminio volteggiò, eseguendo due piroette nel cielo, con la maestria di un vero pegaso, tanto che tutti i presenti furono stupiti.

Tulip invece arrancava un po’, non riusciva bene a coordinarsi, ma visto la sua età era comprensibile.

Mist non si rese mai conto di quanto quel semplice incantesimo per far spuntare le ali potesse significare tantissimo per l’amico. L’unicorno era sfinito, usarlo due volte era sfiancante e doveva ancora proiettare una leggerissima barriera sotto i due puledri per prevenire gli incidenti.

Sudava parecchio mentre osservava i frutti dei suoi sforzi.

L’aria che lambiva il volto era una sensazione sia vecchia che nuova per Tall. Era qualcosa di diverso da quella che provava quando correva o quando, da piccolo, suo padre lo portava sulla schiena in giro per Ponyville. Volava a bassa quota, ma la sola idea di trovarsi separato da terra lo emozionava tantissimo.

Ora era diverso.

I suoi zoccoli non toccavano nulla se non il cielo stesso. Le direzioni in cui potevano muoversi ora non avevano più limiti e più si alzava, più poteva vedere lontano.

Salì in alto, oltre le nuvole e abbassò lo sguardo. Nei suoi occhi si riflesse un panorama vastissimo e unico, che un pony terrestre non avrebbe mai potuto vedere. Era assai meglio di ciò che aveva immaginato.

Però… non vide a suo fianco né il padre, né il fratellino. Si preoccupò un poco e scese di quota, trovando il puledrino intento a sbattere le ali come un forsennato, col padre che gli fluttuava intorno.

Tulip era sì emozionato dal poter volare liberamente, ma non riusciva proprio a farcela, voleva quasi chiedere aiuto, ma non se la sentiva di ammettere la sua incapacità. Suo padre sapeva che il figlioletto odiava farsi aiutare e si limitava ad incoraggiarlo con le parole, per spingerlo a farcela da solo.

Però non ce la faceva, muovere le ali gli costava un’immensa fatica a cui non era abituato e stava quasi per perdere le forze. Ansimava, ma non voleva arrendersi e rimase in un impassibile silenzio.

Digrignò i denti e diede ancora più forza alle ali, sforzandole oltremisura.

Stava quasi per perderne il controllo e cadere, quando si sentì sollevare da sotto. Era suo fratello Tall.

All’inizio stava quasi per gridargli contro “lasciami!” ma capì che era meglio starsene in silenzio e rallentare il ritmo del battito alare, per riprendere fiato. C’era il suo fratellone a reggerlo.

‘Allora Tulip, vuoi venire sopra le nuvole con me?’

 

Quella sera Windmill rimase sul terrazzo a guardare le stelle con Mirror Gate, mentre sotto sentiva le voci dei figli che, emozionati, descrivevano l’esperienza alla mamma.

‘..E poi WOOSH, siamo passati sopra la folla. Vedessi come era diventata la criniera di quel panzone di Dollar Jolt!’ esclamò Tall, rimproverato subito dalla mamma per aver dato del ciccione a un altro pony.

‘..Io invece ho mangiato una nuvola! Non sapeva di zucchero filato come credevo!’ aggiunse Tulip.

Windmill sorrise, chiedendosi che fine avesse fatto Mist, ancora non era riuscito a ringraziarlo, perché appena dissolto l’incantesimo era stato costretto a barricarsi in casa per evitare le schiamazzanti richieste degli altri pony di terra che volevano farsi un giro.

Dietro di lui la porta della terrazza sbatté.

Era Mist, decisamente malconcio.

‘Ma te pareva a te che quelle massaie super eccitate non mi rincorressero ancora? Perché non capiscono che è un incantesimo difficile e faticosissimo?!’ inveì, andandosi ad appoggiare sul davanzale.

‘Mist?’ Windmill lo richiamò.

‘Che c’è? Ah, a proposito, stanno bene Tall e Tulip?’

‘Grazie.’ Fu l’unica parola del pegaso. Era una gratitudine pura e sincera, che Mist poche volte sentiva ricevere. Anche perché in pochi riuscivano davvero ad essere grati di qualcosa.

Inizialmente mirava solo a mettere gli zoccoli su quel meraviglioso telescopio per esaminarlo, ma con quel piccolo, grande gesto, si era guadagnato un nuovo amico.

Una cosa a cui l’unicorno non era poi molto abituato.

E l’unicorno Midnight Mist e il pegaso Windmill strinsero una grande amicizia.

 

Passarono le settimane e i due passavano sempre più tempo assieme. Star, nel frattempo guarita, strinse amicizia con Water Pulse che, su suggerimento di Windmill, non toccò mai l’argomento “figli”.

Le due famiglie divennero via via sempre più affiatate e unite, quasi ogni sera l’una era a cena dall’altra e viceversa. Mist e Star si sentirono completamente vivi per la prima volta da quando avevano messo piede all’accampamento di Pelogrigio.

Anche quella terrazza col Mirror Gate era diventata il ritrovo preferito dei due stalloni di casa, che passavano lunghe serate a parlare del più e del meno. L’unicorno era pure riuscito a mettere finalmente le mani sul tanto bramato telescopio, osservando estasiato le case in lontananza e i pianeti più remoti del cielo stellato.

Lo passò infine a Windmill, che invece lo puntò verso la foresta. Con sorpresa di Mist anche Windmill si divertiva con lo studio degli animali, solo che il suo era un hobby e non andava mai in mezzo alla foresta di persona. Fortunatamente quel Mirror Gate ereditato dal nonno gli permetteva di vedere tutto quanto senza il minimo rischio.

‘Mh.’ Sbuffò ad un certo punto ‘Certo che quelle Urse laggiù si stanno comportando in maniera strana.’

Mist non aveva più ripreso la ricerca su quelle creature, preso com’era dalle cene e dalle uscite fatte con i nuovi amici e, giustamente, si mostrò incuriosito.

‘C’è qualcosa che non va?’

‘No, nulla di che.’ Rispose il pegaso senza staccare l’occhio dal cannocchiale ‘Sarà stata una mia impressione.’

‘Allora mi sa che non è il momento giusto per andarle a studiare.’ Commentò.

‘No, mi sa di no.’

‘ARCHITETTO, DOVE SEI?!?’

Un urlo riecheggiò dalla terrazza. Sotto di essa c’era una giovane puledra che cercava disperatamente l’unicorno per chiedergli di farle fare un giro con le ali magiche. Era tipo la decima pony a cercarlo per questo.

Windmill si trovò l’amico con le spalle al muro dietro di sé e col fiatone, tanto era snervato.

‘Mist?’

‘Si?!’ era quasi schizzato.

‘Perché odi tanto che ti chiamino “Architetto”?’

‘Eh? Ah.’ Lo stallone si ricompose e si sistemo i capelli, riprendendo fiato. ‘E’ che a scuola la classe degli architetti era accanto alla mia. Oltre al casino che facevano erano degli snob del cavolo e… boh, semplicemente non ero portato per il disegno tecnico.’

‘Una sorta di brutto ricordo di scuola?’

‘Già, proprio così.’

‘Beh, anche io ne ho avuti molti di problemi coi compagni, pensa che secondo i prof io ero uno sfigato che non avrebbe mai volato come si deve.’

‘Allora sai bene cosa ho passato. Che soprannome ti davano? A me Stuzzichino, il perché non l’ho mai capito. Solo che quei dannati architetti continuavano a ripetermelo ogni volta che mi vedevano.’

Windmill rimase fermo a guardare la foresta, imbarazzato.

‘Vuoi… vuoi davvero sapere come mi chiamavano?’

‘Beh… si.’ Il pegaso si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa. Mist sgranò gli occhi e contrasse la bocca, non sapendo come prendere ciò che gli era stato detto.

‘Eh….’ Disse infine ‘Quello sì che è imbarazzante….’

 

Il pomeriggio dell’indomani l’unicorno dovette andare a far compere a Ponyville, facendo scorta per la settimana. Per tutti gli abitanti.

Grazie alla sua magia infatti aveva creato delle borse magiche che non esaurivano mai la propria capacità e potevano essere riempite quasi all’infinito.

Inoltre teneva sempre un mantello incappucciato per non far vedere le corna e causare panico per le strade. Per evitare il contagio evitava anche il più possibile qualunque contatto.

Quel giorno sua moglie volle accompagnarlo e, durante il tragitto di ritorno, iniziò a parlargli.

‘Certo che… è bizzarro.’

‘Cosa?’

‘Beh, fino a qualche mese fa eravamo soli e disperati, mentre ora… c’è la famiglia di Water Pulse a farci compagnia.’

‘Eh, e quindi?’

‘Alla fine non è così terribile come credevo. Da quando… da quell’incidente…’

Suo marito non parlò, si limitò a chinare la testa. Quel trauma ancora non era passato del tutto e Star aveva già gli occhi lucidi solo per averlo menzionato.

La giumenta fece un respiro profondo.

‘Da quando abbiamo perso il nostro figlio, tutto ha continuato ad andare male! La maledizione, la scomparsa di Jam, Doubt e Blithe, quanto possiamo essere sfortunati?!’

Mist fu sorpreso da quest’ultima frase. Era la prima volta, in mesi, che sua moglie riusciva a dire chiaramente cosa era successo. La vide abbassare il capo e singhiozzare un po’. Fece per accarezzarle la schiena e consolarla, ma ella si alzò quasi di scatto.

‘Però… però…’ non concluse la frase e si appoggiò al fianco del compagno.

‘Tranquilla cara, non può andare tutto male, si sistemerà tutto. Mi manca tantissimo Jam, però sento che è vivo. E Celestia sta ancora lavorando per trovare una cura, ci scambiamo spesso appunti e cose così. Certo, ultimamente ne arrivano con meno frequenza, ma solo perché stiamo già finendo i libri, giuro che se leggo nuovamente qualcosa collegato a greyhorn impazzisco. Leggo greyhorn ovunque!’

La pegaso sorrise e si strinse ancor di più al suo amato.

‘Oh, sai… mi hai davvero stupito quando hai usato la magia per far volare quei due.’

‘E perché?’

‘Andiamo amore, quando è stata l’ultima volta che hai fatto un gesto così carino nei confronti di uno sconosciuto? Sei sempre stato un musone che sorride pochissimo!’ trottò poco più avanti e si girò verso di lui, parlando con voce motivante. ‘Sai perché sono contenta? Perché finalmente stai aprendo il tuo cuore!’

E, detto questo, gli mostrò un bellissimo sorriso, reso ancora più meraviglioso dai raggi del sole che si proiettavano sulla sua faccia, illuminandola radiosamente. Mist venne colto da un senso di felicità, sua moglie aveva ragione: era riuscito ad aprire un po’ il cuore, una situazione di mal comune ti rende più vicino agli altri. C’è da imparare sempre qualcosa, non si smette mai di scoprire.

‘Eheh… eheh…’ si portò una zampa davanti alla bocca, stava sorridendo.

Poi scoppiò in una fragorosa risata, cosa così rara che le volte che lo faceva si potevano contare con gli zoccoli. Il momento atipico fu interrotto da Star che gli si buttò addosso facendolo cadere atterra.

Per tutta risposta l’unicorno la prese di fianchi e rotolò di lato, mettendosi sopra di lei.

Iniziarono entrambi a ridere, felicissimi, come non lo erano da ormai tanto tempo e rimasero almeno un’ora distesi sull’erba in mezzo alla foresta. Non avevano paura delle bestie selvatiche, visto che Mist aveva innalzato una piccola barriera intorno a loro.

Nessuno avrebbe dovuto rovinare quel momento idilliaco.

 

Ancora un po’ ubriachi di gioia i due coniugi ritornarono alle porte dell’accampamento. C’era un piacevole silenzio nonostante l’ora del giorno e una leggera brezza sfiorava delicatamente i loro corpi. Essendo ancora piena estate ciò era molto godibile.

Però, di passo in passo, iniziarono a sentirsi strani, la calma si rivelava troppo irreale e c’era qualcosa di pesante nell’atmosfera. Le porte delle case erano tutte chiuse e le ante delle finestre serrate.

‘Ma che diavolo…’ sussurrò Mist, acuendo tutti e cinque i suoi sensi, tenendo pronta la magia nel corno. Anche Star aprì di poco le ali, ma un leggero scricchiolio le ricordò che la sua ala destra ormai non l’avrebbe aiutata molto a volare veloce.

Si videro correre accanto alcuni pony terrorizzati. Lo stallone ne fermò uno e gli urlò in faccia.

‘COSA SUCCEDE!?!? PARLA!!’

‘C’è…. C’è…’ annaspò ‘C’E’ UN URSA MINOR INFEROCITA VICINO AL CAMPO!!!!’ era disperato, impaurito. Con gli occhi stava implorando di farlo tornare in casa.

Mist lo lasciò quindi andare e quello scappò subito a barricarsi.’

‘Dannazione, proprio ora…’

‘Mist…’

‘Star, tu chiuditi in casa e aspetta, ci penso io.’

‘Ma…’

‘Tranquilla. Non è un avversario troppo forte, è solo un’ursa minor.’

‘Sei… sei sicuro?’

‘Assolutamente.’

‘Io… io non voglio lasciarti da solo, posso ancora volare e…’

‘No.’ Si girò e la guardò negli occhi. Il suo sguardo… era spaventoso, incredibilmente spaventoso.

Attorno a lui si era generata un’aura pesantissima, una volontà così ferrea da irrompere prepotentemente nel cuore di chi gli sta intorno. Non lo aveva mai visto così e si impaurì parecchio.

Era come se un gigantesco essere si trovasse davanti a lei, un essere la cui sola vista instilla nell’animo un orrore primordiale, al quale non si può sfuggire. Stava quasi per piangere tanta era la disperazione che suo marito stava trasudando.

‘Vai a casa, ci penso io.’ Mist si incamminò in direzione opposta a quelli che stavano scappando, con passo deciso e sicuro. Dietro di lui Star era seduta a terra e ansimava, ancora scossa. Però in un certo senso tranquillizzata: suo marito era molto più forte di quel che credeva.

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Capitolo 8
*** Vittoria mutilata ***


E se salvare tutti quanti richiedesse un enorme sacrificio?

 

Mist si fece strada tra le case, il silenzio era irreale, davvero inquietante.

Passo dopo passo, respiro dopo respiro giunse al limitare della foresta. Il suo sguardo era uno sguardo forte, sicuro di sé, che non si lascia intimorire.

In cuor suo sapeva che doveva affrontare un Ursa Minor, una creatura che non conosceva benissimo. Anche se non la dimostrava un po’ di paura ce l’aveva.

Ma non smise di credere nelle proprie capacità.

Si ricordò le sue prime lezioni di magia.

 

Studenti, sapete quali sono i fondamenti della magia?” chiese il professore agli studenti. Un alunno alzò la mano.

Concentrazione e Consapevolezza.” esclamò.

Ne manca uno.” Lo studente si ritirò, non conoscendo il terzo punto.

Sono le 3C della magia, il vostro compagno ne ha detti due. Chi conosce il terzo?”

Mist non disse nulla, non alzava mai la zampa per rispondere. L’ultima volta che lo fece gli dissero che godeva a far sembrare stupidi gli altri.

Midnight, tu lo sai?”

Il puledrino bianco sbuffò, stizzito.

Beh… Credere in sé stessi?” disse, con il tono di voce di uno che spara a caso.

Bravo, Concentrazione, Consapevolezza e Credere in sé stessi. Se non vi fidate delle vostre capacità non riuscirete a lanciare gli incantesimi più complessi. Ora vi dico però una cosa, esiste una quarta C, chi la conosce?”

Un’altra alunna, da dietro.

Parla dei Carme prof.?”

 

Mai vacillare di fronte alle difficoltà. La concentrazione era la cosa che gli riusciva meglio e in quanto ad autostima Mist era un campione.

L’unica cosa che gli mancava era la consapevolezza completa del suo avversario, cosa che riusciva comunque a fronteggiare.

Fece un respiro profondo.

Guardò la foresta, aspettando con calma. Il cuore batteva leggermente in fretta, ma la paura poteva giocare a suo vantaggio.

 

Provare paura è vantaggioso in battaglia, ti permette di dare il massimo per proteggere te stesso e chi ti sta caro. Prendi le tue paure e calpestale, la forza che ne deriverà sarà qualcosa di straordinario. Domina la paura e schiaccia il tuo avversario!”

 

Glielo diceva sempre il mitico Elder Scroll, maestro di Magia Nera.

Aveva tutto quello che gli serviva, ma qualcosa lo fece vacillare.

Un urlo, una voce familiare provenì dalla foresta.

Mist si vide correre incontro, grondante di sangue, l’amico.

‘WINDMILL!!!’ esclamò, lasciando che l’agitazione prendesse un poco il sopravvento.

Quello arrancò qualche passo e, appena vide l’unicorno, cadde a terra esausto, ansimando.

Gli si avvicinò e vide che era in condizioni a dir poco pietose.

Le ali erano certamente rotte e c’erano numerose ferite profonde.

‘Mist, scappa, quell’ursa è ferocissima…’

‘Perché l’hai affrontata?!’ fu la sua risposta.

Windmill tossì e sputò un po’ di sangue per terra, cercando di rialzarsi.

‘Si stavano comportando in maniera troppo strana, quindi sono andato ad indagare…’

‘Sciocco, non è un avversario per te. Stai fermo lì e riposati, ci penso io.’

‘Quella… quella è troppo anche per te… Quando sono nella fase di transizione tra Minor e Major diventano incredibilmente aggressive…’

‘Non è un problema.’ commentò Mist.

‘Ti prego, vattene! Posso ancora gestirla, io…’

‘No.’

Windmill ricevette uno sguardo terrorizzante da parte dell’amico, che lo fece cadere nuovamente a terra.

Non si spaventò molto, ma ebbe comunque l’impressione di trovarsi di fronte ad una creatura ben più pericolosa di una banale ursa.

Tuttavia… si sentiva anche al sicuro, come un topo sulle spalle di un leone.

Non disse nulla per fermare l’amico, che ora gli dava la schiena, rivolto verso il mostro.

 

Un ruggito riecheggiò nell’aria, dietro le case. Star corse subito in casa e chiuse tutto a doppia mandata, mettendosi però vicino alla finestra per ascoltare i suoni della battaglia.

Non era minimamente preoccupata per Mist, aveva visto che i suoi occhi erano occhi forti. Più che altro temeva per gli altri pony, soprattutto per quelli che abitavano sul confine della foresta.

Unì gli zoccoli e si mise a pregare che tutto andasse bene.

 

Davanti all’unicorno si presentava una tremenda meraviglia. Un colossale orso, più grande di una casa si stagliava a pochi metri da lui. Il suo fiato scaldava l’aria e l’odore fetido penetrava nelle narici.

Il suo pelo era violaceo, segno che nel giro di poche settimane sarebbe diventata un Ursa Major e nessuno avrebbe più potuto fermarla, forse nemmeno lui.

Avanzò deciso di qualche passo, mentre Windmill dietro di lui si stava trascinando un po’ più lontano, cercando di sopravvivere al dolore delle ali rotte e delle profonde ferite ai fianchi. Dietro di sé lasciava un’inquietante scia di sangue.

 

Mist non fece nulla, si limitò a guardare l’avversario che, già vedendolo aveva rallentato l’avanzata e aveva fiutato il pericolo. Ancora però non era sconfitto.

Un secondo ruggito annunciò l’attacco, l’Ursa alzò la zampa artigliata e la affondò su Mist, che però si spostò all’ultimo secondo.

‘Incanto Nero n.44, Urto Diffuso!” esclamò.

Una potente onda d’urto, generata dallo zoccolo investì la zampa del colosso, facendolo vacillare un poco.

L’unicorno balzò, raggiungendo il fianco del nemico e poggiò nuovamente lo zoccolo sul suo pelo.

'Incanto Rosso n.23, Bomba Sonora!'

Un boato pazzesco precedette la caduta del mostro. Quando il suo corpo incontrò il terreno esso tremò violentemente per qualche istante.

Mist atterrò delicatamente in piedi, visibilmente sudato, ma senza il fiatone. L'Ursa si rialzò all'improvviso, furente come non mai.

Windmill osservava impotente la battaglia, completamente paralizzato dall'aura emanata da quei due titani.

Non si aspettava che Mist, lo stesso Mist che gli era diventato amico, potesse essere così potente. Stava tranquillamente tenendo a bada un gigante senza nemmeno sforzarsi.

Si sentì ancora più affascinato dalla figura di quell'Arcimago.

 

Star non vedeva, ma sentiva le urla e i rumori, fino a che non avvertì un lieve terremoto. Forse l'Ursa era finalmente sconfitta.

Però successe una cosa imprevista: bussarono alla porta.

'Strano...' pensò 'Chi diavolo busserebbe in una situazione simile?'

Si alzò dalla sua posizione e scese le scale, andando ad aprire la porta. Si ritrovò davanti Water Pulse, Tall Ground e Tulip.

'Che succede?' domandò incredula.

'La nostra casa si trova proprio accanto al bosco, solo che non sappiamo dove rifugiarci!' spiegò frettolosamente la giumenta. Star osservò come i due puledrini tremavano, Tulip addirittura non aveva nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo.

Si morse le labbra per l'agitazione e mugugnò.

'Venite dentro, svelti!'

Fece entrare velocemente i tre dentro casa e la chiuse nuovamente. Bloccato il chiavistello si girò e vide Water che stava coccolando Tulip, tremolante come una foglia. Tall era vicino a loro due che accarezzava la fronte del fratellino.

Sentì il suo cuore sciogliersi un po', ma capì anche che non era niente affatto una situazione dolce, un dannato orso formato maxi stava minacciando di distruggere tutto quanto e suo marito lo stava fronteggiando.

'Star... Mist dov'è?' chiese Tall agitato.

'Lui... lui sta combattendo l'ursa.' mormorò, cercando di scorgere qualcosa tra le ante delle finestre. Il ragazzo a quelle parole andò in ipertensione, esigendo di uscire per aiutare l'amico. La pegaso lo trattenne con forza.

'Calmati, Mist sa il fatto suo! Fidati di me che lo conosco da anni!'

'No! Non lo lascio solo! C'è anche mio padre là fuori!'

'COSA?!' Star lasciò la presa e si voltò verso Water Pulse, in cerca di spiegazioni.

La giumenta distolse lo sguardo e mormorò qualche frase sottovoce.

'Ecco... lui aveva visto che c'era qualcosa che non andava nel comportamento delle urse ed era entrato nella foresta per indagare... Poi all'improvviso abbiamo sentito l'allarme e ci siamo barricati in casa. Solo che abbiamo realizzato ben presto di essere troppo vicini al campo di battaglia e... eccoci qui.'

Mentre parlava non smise mai di accarezzare la fronte del puledrino. Lo sguardo di Tulip era perso nel vuoto, continuava a muoversi cercando qualcosa, ma senza trovarla. Era completamente divorato dal terrore.

Tall nel frattempo si era seduto e guardava la porta con rabbia repressa, consapevole di non poter far niente, anzi, di essere solo un intralcio.

'Papà...' sussurrò.

 

Suo padre intanto si era appoggiato con la schiena al muro, quello della propria casa, concentrandosi sul sopprimere il dolore di cui era pervaso tutto il suo corpo.

Mist intanto continuava a cercare di rispedire indietro il mostro ma, nonostante tutti i colpi che gli aveva inflitto, non dava il minimo segno di cedimento.

'Incanto Nero n.44, Urto Diffuso!' non uno, ma due ondate di energia investirono l'ursa, ribaltandola nuovamente.

L'unicorno scattò e le saltò sulla pancia, con lo scopo di raggiungere la testa.

'Prendi questo!' gridò, caricando il corno di energia magica.

L'ultima cosa che sentì però fu un'enorme massa investirgli il fianco.

 

‘BASTA! IO VADO!’ sentirono urlare le due donne di famiglia. Water alzò la testa, ma lasciò lo zoccolo sulla fronte di Tulip che, alla voce del fratello, si era girato pure lui.

Star invece corse subito a tutta velocità cercando di rincorrere Tall che, di nascosto, aveva aperto al porta ed era uscito.

La pegaso lo afferrò per i fianchi e lo bloccò.

‘Ma sei stupido? Non puoi certo fare nulla, mi dispiace, ma so come ti senti.’

‘Tu cosa ne sai di perdere qualcuno? Io ho perso il mio fratello maggiore e non voglio perdere anche mio padre così!’ il puledro scalciava cercando di liberarsi dalla presa. Star lo lasciò andare.

Non disse nulla.

Però lo guardò fisso negli occhi.

Non c’era compassione stavolta, ma pura serietà.

‘Invece lo so bene cosa si prova a perdere qualcuno di caro. Io sono figlia unica, ma ho già perso un figlio e tre cari amici. Ora mio marito sta combattendo non solo per sé stesso, ma anche per tuo padre e per l’intero villaggio. Non possiamo essergli di intralcio, non ora.’

Lo sguardo di Star, a differenza di Mist, non incuteva timore, ma faceva capire che non si ammettevano repliche e che si stava parlando seriamente. Era con quello sguardo che era riuscita a ottenere il rispetto da parte dei Wonderbolts.

‘Ecco… almeno vorrei vedere da più vicino cosa accade…’ mormorò.

Star guardò l’amica, che distolse gli occhi, poi li rialzò ed annuì.

‘Vieni.’ Disse la giumenta al ragazzo ‘Veglierò io su di te.’

 

Windmill osservò l'amico stretto tra gli artigli, che si divincolava cercando di liberarsi.

Non poté fare nulla.

Nei suoi occhi si riflesse l'immagine di Mist e della zampa dell'ursa, che sbatteva violentemente a terra, alzando un enorme polverone.

L'altra zampa si alzò e fendette la nuvolona, mirando proprio dove si trovava il piccolo nemico, con lo scopo di trafiggerlo.

Un urlo doloroso si levò.

Una pesante nebbia si diffuse, sbiadendo tutto quanto.

'MIIIIIST!!' gridò disperato il pegaso, cercando di rialzarsi. Nel momento stesso in cui fu in piedi una tremenda fitta lo colpì ai fianchi e le ali rotte scivolarono pesantemente verso terra, incrementando ulteriormente il dolore.

Cadde in avanti col muso nel fango, cercando però di non distogliere lo sguardo.

'Mist... Mist...' non riusciva a dire altro, mentre le lacrime iniziavano a cadere copiose sulle sue guance.

Un ruggito, il ruggito della vittoria echeggiò nell'aria, l'Ursa aveva vinto e riprese ad avanzare minacciosa verso le case, facendosi strada tra la nebbia che si era appena alzata. Alzò nuovamente la zampa stavolta col riflesso di un immobile Windmill negli occhi.

Attaccò.

Windmill chiuse gli occhi e strinse i denti, arrendendosi al suo destino.

Non accadde nulla.

Aprì prima un occhio, poi l'altro. Una barriera verde si frapponeva tra lui e gli artigli della bestia. Dietro di lei, a fatica, si stava muovendo Midnight Mist, in mezzo alla nebbia.

Osservò inorridito che all'amico mancava almeno metà testa e aveva un foro enorme all'altezza del busto. Nessuno potrebbe sopravvivere, ma c'era anche qualcosa di strano: non stava perdendo sangue.

Anzi, sembrava pian piano ricomporsi mentre un fumo bianco usciva dalla ferita.

Avanzando lentamente mormorava sottovoce qualcosa.

Vento, che scorri nelle mie vene; Tuono, che muovi i miei muscoli. Scorrete, danzate nel mio corpo, liberi come l’etere. Servitevi come più vi aggrada delle mie forze e respingete ciò che si frappone fra voi e l’orizzonte! Incanto Blu n.81, Frattura Differenziale!”

 

La quarta C della magia, il Carme. Ogni incantesimo, come sapete, ha un colore e un numero. Il colore ne indica il tipo, bianco per le magie protettive, nero per quelle di attacco, blu per quelle che alterano lo spazio, eccetera; il numero invece indica la serie. Tanto più il numero sale, tanto più sono potenti gli incantesimi. Fino a quelli di serie 40 non dovreste avere problemi, quelli fino a 70 sono difficili e quelli di serie 80 e 90… beh, scordateveli.”

Gli studenti stavano ascoltando tutti attentamente. Anche Mist, sebbene queste cose le sapeva già, ma voleva sapere di più su questo Carme, per soddisfare la sua insoddisfabile curiosità.

Alzò la zampa.

Ma quindi prof cos’è il Carme?”

Dicevo, ogni incantesimo non ha solo un colore e un numero, ma anche una formula collegata. Per lanciare l’incantesimo non è necessario saperla, ma recitarla correttamente prima di lanciare il suddetto incanto… beh, posso solo dirvi che la potenza che ne scaturirà sarà incredibile. Se però lo recitate male l’incantesimo fallirà e voi perderete inutilmente la carica magica. Si tratta di un azzardo e può essere difficile ricordarsi a memoria tutte le formule.”

 

Quello che si sentì dopo scosse l'intera Pelogrigio. Un boato assordante, simile allo scoppio di cento cannoni, poi un ruggito di dolore e infine un tonfo sordo seguito da una scossa tellurica.

Mist era in piedi, perfettamente integro, proprio di fronte all'Ursa Minor, stavolta stremata e incapace di rialzarsi.

L’unicorno si asciugò il sudore sulla fronte e iniziò ad ansimare, reggendosi il petto, dove prima era stato colpito. Poteva far passare i colpi attraverso il proprio corpo, come se esso fosse fatto di nebbia, ma non poteva impedire al dolore di farsi sentire.

Si avvicinò a Windmill.

'Stai... stai bene?' domandò.

'E lo chiedi a me? Tu piuttos.. coff, coff! T... tu, tu sei quello che si è battuto con un ursa!'

'Ma sei tu quello ferito.'

Poi si girò, si avvicinò all'orso e lo guardò negli occhi. Esso li aprì e lo contemplò, mostrando totale arrendevolezza, quasi come se gli chiedesse di finirlo.

'Vattene.' disse 'Vattene e non tornare.'

Nuovamente, una sensazione di terrore, proveniente dall'unicorno, investì il pegaso, come una ventata gelida in inverno. Il suo corpo non sapeva come reagire, o meglio, non poteva reagire.

L'ursa invece reagì eccome, si alzò e iniziò a sudare freddo, indietreggiando, poi si voltò e corse via il più veloce possibile, per quanto le sue condizioni glielo permettessero.

L'aria improvvisamente si alleggerì, in concomitanza con un respiro profondo di Mist, che spazzò via la nebbia residua. Probabilmente l’aveva creata lui per aiutarsi in qualche modo.

Windmill non sapeva come comportarsi.

Aveva assistito a qualcosa di troppo… troppo al di sopra del suo livello. Un singolo pony che, senza nemmeno troppa fatica, aveva affrontato e vinto contro un Ursa Minor in fase di crescita.

Mist ritornò vicino al pegaso e gli diede una mano ad alzarsi. Se lo mise in groppa e gli disse di riposarsi, che lo riportava lui a casa.

Per fortuna non ci furono danni agli edifici, si risolse tutto in maniera rapida e relativamente indolore. Per le ferite di Windmill c’era solo da aspettare.

In quel momento arrivarono Tall Ground e Shooting Star.

‘Dove… dove l’ursa?’ chiese il giovane, guardandosi intorno. Poi vide suo padre versare in quelle condizioni tremende. ‘PAPA’!!!’

Gli corse incontro, con le lacrime agli occhi.

‘Figliolo, che ci fai qui?!’ fu la risposta dello stallone.

‘Ha insistito tantissimo per poter vedere suo padre lottare. Era preoccupatissimo per te…’ spiegò Star.

‘Water e Tulip come stanno?’

‘Bene, sono a casa nostra.’

Mist invece non disse nulla, si limitò a farsi seguire fin dentro la casa del pegaso.

 

L’allarme ursa era cessato e tutti i pony iniziarono ad uscire dalle case. L’amica di Star e i suoi due figli rientrarono, fino in camera, dove giaceva Windmill.

Accanto al letto c’erano Mist, Star e Tall. Water notò con orrore che alcune delle coperte erano macchiate di sangue.

L’unicorno era a capo chino.

‘Mi… mi dispiace, ma la magia bianca è sempre stata il mio punto debole. Posso alleviare il dolore, ma non posso guarirti, ci vorrebbe un medico…’

L’altro lo toccò con lo zoccolo sulla spalla.

‘Tranquillo, tu e tua moglie avete già fatto tantissimo. Avete protetto il villaggio e la mia casa, mentre davate ospitalità alla mia famiglia. Coff.. cof… Avete anche reso meno pesante il soggiorno qui.’

Mist gli sorrise, con sincerità.

‘Eheheh, anche voi.’

‘Papà starà bene, vero?’

‘Ma certo!’ Star gli mise una zampa sulla testa ‘Dobbiamo solo chiamare un medico che non abbia paura di venire fin qua.’

‘Vado subito a cercarlo!’ esclamò Mist, correndo subito fuori di casa. Prese il mantello per coprire il corpo grigio e le corna e si incamminò verso Ponyville.

 

Il resto del pomeriggio passò in silenzio fino a che non calò la sera. Star e Tall erano ancora lì, a vegliare su Windmill, che nel frattempo stava riposando. Dopotutto aveva subito numerosissime ferite e perso tanto sangue, probabilmente le ferite erano pure più gravi di quel che credevano.

I due rimanevano seduti senza dirsi una parola, illuminati solo da una candela sul comodino. Alla fine fu il puledro a rompere il ghiaccio.

‘Star… io… volevo chiederti scusa.’

‘Eh? E per cosa?’

‘Non sapevo che tu avessi perso il figlio…’

Star sospirò.

‘Non potevi saperlo, nemmeno con tua madre ne ho mai parlato apertamente.’

‘Sai, dieci anni fa, quando Tulip ancora non era nato, io avevo un fratello maggiore. Era un mito, uno di quelli che amano vivere la vita al massimo, progettando scherzi e cavolate da fare con gli amici. Non mi permetteva di prendervi parte, però io lo seguivo di nascosto e lo osservavo, con ammirazione. Volevo diventare come lui, capisci?’

‘Si, anche io da piccola avevo i miei miti. Il mio era la cantante Jolly Roger. Cavolo quanto amavo le sue canzoni!’ diede molta enfasi all’ultima frase.

‘Diamine, sei così tanto vecchia?’ Star strabuzzò gli occhi.

‘Eh?’ replicò.

‘Dai, scherzavo! Comunque… un giorno seguii mio fratello e… e…’

Tall si sentì uno zoccolo appoggiato sulla testa.

‘Se non te la senti non serve dirmelo, se i ricordi ti fanno male allora…’

‘No, devo passarci sopra, sono passati dieci anni… Devo…’ Riprese fiato ‘Ecco… Non lo ricordo nemmeno bene. Ricordo solo lui che prese lo skateboard e finì in mezzo alla strada. Ricordo un urlo del conduttore di una carrozza fuori controllo e poi… poi niente, il mio cervello ha praticamente rimosso ogni ricordo di cosa accadde esattamente. Io…’

Tall singhiozzò, prima lentamente, poi con maggiore intensità e frequenza.

‘Io… mi gettai nel vuoto per salvare una puledra.’ Star lo interruppe ‘Ero ormai al quarto mese, ma durante il salvataggio qualcosa andò storto. Sbattei l’ala destra con violenza e precipitai. Il ricordo successivo io ero in ospedale con mio marito accanto.’

Si sorprese di sé stessa.

Era riuscita a dirlo.

Senza piangere.

 

Mist sbatté la porta con violenza, facendo tanto rumore da svegliare pure Windmill.

‘Che diavolo succedAAAAARGH!!! AHIAAA!’ gridò il povero ferito.

‘Stupidi, dannati, luridi colorati, hanno tutti paura di venire qui. Temono il contagio, oddio, oddio!’ parlò col tono che si assume quando si vuole esasperare la stupidità di un’affermazione, aggiungendo alle parole diversi gesti con la testa e gli occhi.

‘Caro, non parlare così! Sono certa che c’è un’altra soluzione.’

‘Papà, cosa facciamo ora?’ domandò Tall disperato.

‘Tranquilli, tranquilli, ho trovato un libro di magia bianca, posso provare a curarlo!’

Mist, un po’ scosso e provato, aprì raffazzonamente il libro sfogliandolo compulsivamente alla ricerca della pagina per guarire le ferite da taglio. Non riuscì a trovare nulla in quel momento.

‘Ah, Mist, io…’ l’amico gli parlò.

‘Risparmia le forze Windmill, meglio se stai in silenzio. E… scusami per il ritardo.’

‘Fa nulla… sul serio.’ Disse, il suo tono di voce si fece molto più debole all’improvviso.

‘Ti ho detto di rimanere zitto, se ti agiti la ferita si riapre. Piuttosto, fammela vedere.’

Il pegaso sbuffò un po’ e riappoggiò la testa sul cuscino.

‘Tranquillo, fai pure… Coff, coff!’ si portò uno zoccolo, un po’ stordito ‘Mi sento un po’ strano, mi gira la testa.’ mugugnò.

Mist alzò le coperte e vide con orrore le bende già nuovamente macchiate di sangue. Non solo, anche le lenzuola erano intrise, doveva aver continuato a perdere sangue per tutto il giorno. Si morse il labbro e diede un’occhiata a sua moglie e a Tall, in attesa del suo verdetto.

‘E’ molto più grave di quel che credevo.’ Disse l’unicorno tastando delicatamente. ‘Bisogna fare in fretta, altrimenti temo che…’ non proseguì si rivolse a Windmill ‘…hai perso tantissimo sangue, dovremo anche fare una trasfusione dopo che avrò rigenerato il tuo taglio.’

Però il pegaso non rispose, sembrava quasi guardare il nulla, come se non capisse cosa stava accadendo. I suoi occhi erano diventati quasi vitrei.

Mist osservò lo sguardo dell’amico con terrore, quasi rassegnazione. Se non avesse fatto qualcosa in tempo lui sarebbe morto, senza dubbio.

‘MALEDIZIONE!’ urlò, iniziando subito a sfogliare il libro.

L’emorragia stava continuando, doveva essere un effetto degli artigli dell’ursa o più semplicemente Widmill aveva poche piastrine nel sangue e non riusciva a rimarginare la ferita.

Doveva fare in fretta a fermarla, o per il suo amico non ci sarebbe stato più niente da fare.

Riprese a sfogliare il libro da capo.

Pagina 10. Niente.

Tall appoggiò entrambi gli zoccoli sulle coperte. Il padre piegò leggermente la testa verso di lui per guardarlo. Era completamente esausto.

Pagina 23. Niente.

Star guardò il libro col marito, poi controllò che Windmill stesse bene. Lui fece un cenno muovendo gli occhi per guardarla, non riusciva a fare altro.

Pagina 31. Niente.

Water Pulse entrò in camera, preoccupata. Suo marito accennò un debole sorriso.

Pagina 57. NIENTE.

Mist era sempre più nervoso. Perché nessun medico era voluto venire? Si trattava di una vita in ballo, le sue ferite erano molto, molto profonde, era già un miracolo che fosse durato fino ad allora solo con delle bende e del disinfettante.

Pagina 93. Niente, ancora niente.

Pagina 94…

Trovato! Incanto Bianco n.75, Tocco di Esculapio.

‘Windmill, ho trovato l’incantesimo! Però dovrai stare completamente immobile va bene?’

Nessuna risposta.

‘Tsk! Accidenti!’ imprecò debolmente l’unicorno, poi iniziò subito a recitare il carme. ‘Acqua rossa, acqua vitale, scorri nel corpo come un fiume in piena, ti inquini e ti purifichi, in un ciclo infinito che termina alla morte. Invoco il tuo nome, o torrente della vita, ricopri i tuoi argini e previeni l’inondazione. Incanto Bianco n.75, Tocco di Esculapio.’

Un flash accecante illuminò la stanza, spegnendo la candela sul comodino. Mist sorrise e tolse le bende, constatando che l’incantesimo aveva avuto successo. Anche Windmill era già meno agonizzante.

Però non era ancora finita, c’era da fargli la trasfusione.

‘Water, di che gruppo sanguigno è tuo marito?’ le chiese. Lei ansimò un po’ per l’emozione e infine rispose.

‘AB positivo, può ricevere sangue da chiunque.’

‘Questa è una fortuna insperata, meno male.’

Con un piccolo schiocco di magia Mist fece levitare l’apparecchio per la trasfusione che si era portato dietro, prevedendo quello scenario.

Attaccò un ago sulla zampa anteriore dell’amico e l’altro lo infilò con precisione sul suo polso. Sapeva bene dove infilarli anche ad istinto perché nel corso di magia Blu era molto importante lo studio dell’anatonomia. E, da genio quale era, Mist aveva imparato la posizione di ogni arteria, vena o capillare del corpo.

Durò poco, il tempo di far sì che il sangue fosse passato tramite il macchinario sapientemente controllato dall’unicorno.

Finito il processo tirarono tutti un sospiro di sollievo.

‘Ora non è più in pericolo di vita.’ proclamò infine. Anche Windmill aveva iniziato a riprendersi un poco e già lo ringraziava sorridendo. La sua testa cadde all’indietro.

‘Grazie…’

‘Di nulla, era mio dovere… come amico.’ Sussurrò l’unicorno, con una voce calda e rilassata, leggermente agitata visto lo sforzo precedente.

Usare una magia bianca per lui non era proprio il top del riposo.

‘Ora devi dormire però.’ Aggiunse. Windmill obbedì e si tirò le coperte fino al collo, ridendo.

‘Ma chi sei, mia madre?’

Mist si limitò a rispondere con un ghigno, prima di chiudere la porta. Non prima di aver dato un’ultima occhiata all’amico.

‘Come… come sta?’ disse Water Pulse, ancora preoccupata, ma decisamente meno tesa.

‘Starà bene, ora deve solo riposare e mangiare poco, non è più in pericolo.’

‘Io… io…’ mormorò, le parole le si strozzavano in gola.

Non fece nulla di particolare poi, l’unica cosa che Mist riuscì a sentire furono le braccia dell’amica intorno al suo collo e le sue lacrime scivolargli lungo le spalle.

‘Grazie.’

 

‘Tuo padre sta bene!’ esclamò Star, accarezzando la testa di Tulip. Qualcosa nei suoi occhi si accese, all’improvviso, una scintilla che gli era venuta a mancare da quando l’Ursa aveva attaccato il villaggio.

Emise un grido di gioia e subito corse per le scale, venendo però intercettato dalla madre.

‘Non svegliare papà, ora deve riposare.’ Gli disse. Il puledro sospirò, poi si avvicinò nuovamente a Star, che stava riprendendo fiato dal momento di tensione passato poco prima.

‘Signora Star… volevo ringraziare te e Mist per ciò che avet…’ la giumenta gli tappò la bocca con lo zoccolo.

‘Non serve che ringrazi sciocchino, mi pare il minimo!’

Tulip quindi non aggiunse altro e iniziò a saltellare per la stanza contento e felice, strappando un sorriso appagato di Star.

Osservò Mist scendere le scale, lanciava frequentemente occhiate dietro di sé.

Gli si avvicinò e gli diede un bacio, appoggiando poi la testa al suo collo.

‘Hai fatto tanto oggi, riposati e dormi bene, che domattina sistemo io la casa!’

Suo marito si limito ad un piccolo “mh” e per poco non gli crollò addosso dal sonno. Star accarezzò la sua schiena e gli diede una piccola pacca sul viso per svegliarlo.

‘Vieni, ti riaccompagno io a casa.’

E i due uscirono, salutati calorosamente da Water Pulse e Tulip.

 

Tall non aveva salutato il salvatore, ma non per antipatia, solo che si trovava da un’altra parte.

Era in camera sua, una regolare cameretta di un adolescente, maledettamente disordinata e piena di cianfrusaglie.

Tranne il comodino.

Sopra di esso si trovava una foto del mitico fratellone, Quill Fantasy, col suo skateboard e un casco colorato, adornato da motivi tribali. Sul suo muso era dipinto un sorriso fiero, da sciupapuledre, ma comunque degno della più alta fiducia.

Uno di quegli aspetti un po’ rozzi ma comunque puliti, che ti fanno capire di trovarti di fronte ad un pony di mondo, semplice ma intelligente.

La foto era illuminata da un cerino, tenuto costantemente sotto controllo da Tall, che non voleva si spegnesse mai.

I riflessi sul vetro erano la sola fonte di luce della stanza in quel momento.

Il puledro giunse gli zoccoli a mo’ di preghiera e chiuse gli occhi, inspirando a pieni polmoni l’aria nella stanza.

‘Fratello, oggi papà e salvo… salvato da uno stallone fantastico che ha fatto ben più che curare un ferito. Ha dato a noi nuove case, ci ha fatto da capo, ci ha salvato da un’ursa e infine… si è sinceramente preoccupato per tutti noi. Lui non lo capisce ma… è un eroe. Un vero eroe troppo modesto persino per rendersene conto…’

 

Nel letto Mist si rigirò, starnutì e poi prese sonno quasi subito, sebbene fosse ancora ora di cena e lui non avesse mangiato nulla. Tuttavia non aveva fame, solo una stanchezza addosso che gli si era schiantata sulle spalle appena aveva guarito Windmill.

Si raggomitolò stando sdraiato di lato, faccia verso l’esterno, dando le spalle a Star.

Chiuse gli occhi e si abbandonò ai suoi pensieri.

La gratitudine che gli era stata mostrata era… strana. Come per quando aveva ingrandito le baracche, non riusciva a concepire la reazione dell’intero villaggio che lo osannava come un messia. Non aveva fatto poi così molto, aveva fatto solo ciò che gli sembrava giusto. Lo stesso vale per quando fece volare Tall e Tulip, è tanto strano fare un piccolo gesto per un amico? E, sempre per un amico, non è normale fare il possibile per salvarlo?

Mist non concepiva che quelle cose, che per lui arcimago erano quasi banali, agli occhi di pony normali che a malapena hanno visto la magia erano imprese epocali e irripetibili.

Si sentiva a disagio quando gli altri gli stavano troppo intorno, aveva sempre odiato le attenzioni sin da piccolo, quando rifiutava di rispondere a scuola per paura di sembrare troppo intelligente. Aveva anche spesso bisogno di isolarsi di tanto in tanto dal gruppo, pure quando era con Jam ogni tanto sentiva il bisogno di silenzio, pace e solitudine.

Sospirò e iniziò ad ascoltare i suoni nei dintorni, il rumore dei piatti che Star stava lavando dopo aver mangiato, il frinire delle cicale, il fruscio degli alberi, il vento tra le foglie.

Non apriva gli occhi, si concentrava solo sui suoni. Lo faceva quando cercava ispirazione per proseguire i suoi studi o i suoi intricati ragionamenti.

Udì le scale scricchiolare leggermente, poi una piccola pausa e infine la porta cigolare, richiusa poco dopo. Sentì i passi della moglie, un ritmo molto familiare che negli anni aveva imparato a riconoscere tra mille trotti simili.

Sentì anche un dolcissimo odore di camomilla e miele, come piaceva a lui, e questo lo destò. Sua moglie reggeva una tazzina e gliela stava porgendo.

La prese con la levitazione e se la portò alla bocca, sorseggiando la tisana lentamente per non scottarsi.

Finito di bere si ributtò sul letto e tornò a occhi chiusi. Seguì quindi un risolino della moglie e la sensazione delle coperte che vengono tirate. Il materasso si inclinò leggermente, segno che la pegaso viola si era infilata a letto.

L’ultima cosa che sentì fu lo strusciare del suo corpo, quando un morbido zoccolo gli cinse il collo e fu avvolto attorno ai fianchi dalle ali con le piume morbide come velluto.

Un doppio abbraccio che Star gli elargiva solo a letto, quando nessuno li vedeva. Una piccola e innocente intimità tra i due.

Mist si girò e la abbracciò, stringendola avidamente a sé, riempiendola di coccole.

Non si dissero nulla.

Tranne quando alla fine l’unicorno confessò alla moglie.

‘Devo andare a trovare la caverna delle urse e fermare il loro capo. Se non lo faccio… attaccheranno di sicuro di nuovo il villaggio…’

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Capitolo 9
*** Vedere per credere ***


"Non hai bisogno degli occhi per capire quanto è bello questo mondo."

 

 

Mist diede un’ultima occhiata alle case prima di spostare le foglie e inoltrarsi nella foresta.

Dietro di lui c’erano sua moglie e i suoi due amici, Windmill e Tall Ground.

‘Star… pensi che ce la farà?’ chiese il pegaso. Lei rimase in silenzio per un secondo.

‘L’altra sera non ci ho nemmeno provato a controbattere, lui è fatto così. In fondo se non fa qualcosa rischiamo un attacco da un branco di urse arrabbiate.’ Disse, scuotendo il capo. ‘Però… Sono comunque preoccupata…’

‘Visto però come se l’è cavata ieri penso che ce la potrà fare davvero! Dopotutto può contare su quel potere che lo fa diventare nebbia, no?’ esclamò Tall.

Star fece un respiro profondo.

‘Quel potere… forse è un fardello troppo pesante pure per lui.’ Commentò.

‘Perché?’ domandò Windmill.

‘E’ un potere chiamato Maledizione Aelementum. Ti trasforma il corpo in un fenomeno naturale, nel suo caso la nebbia, però ti costringe a portarti dietro un peso colossale.’

‘Cioè?’

‘Credo… credo sia meglio che ve lo dica lui, pure io non ho mai avuto la forza di chiedergli i dettagli.’

‘Ok, però… se sai che ha quel potere, perché ti preoccupi? Praticamente è immortale!’ bofonchiò il puledro.

‘In realtà non so quanto sia efficace quel potere, quali limiti abbia o se ha dei punti deboli. Preferisce non usarlo se non in casi estremi, a causa dei brutti ricordi che gli rievoca.’

Dopo quella frase non parlò più nessuno, si limitarono a starsene seduti a guardare gli alberi, in attesa che, prima o poi, l’unicorno ne uscisse indenne dicendo che ce l’aveva fatta.

Star sapeva bene che Mist in realtà rischiava ben poco, il corpo di nebbia era solo una delle sue tante risorse e contro quell’ursa minor non si era nemmeno scatenato al massimo.

Ciò per cui si preoccupava in realtà non era suo marito.

Ma per i danni che avrebbe potuto provocare alla foresta e ai dintorni un suo eventuale scontro con un Ursa Major.

 

Mist si fece strada tra le erbacce e i rovi, senza mai rallentare il passo.

Nessun animale osava avvicinarglisi e tutti si allontanavano cedendogli il passo, spaventati dalla sua imponente aura intimidatoria. Era capace di usare lo Sguardo, un talento raro che si sviluppa solo in coloro che passano molto tempo a contatto con gli animali, la capacità di spaventare e imporre la propria volontà agli altri esseri.

Con un po’ di pratica non solo gli animali ne verrebbero affetti, ma anche i pony potrebbero subirne gli effetti. Mist in effetti aveva sufficienti capacità da stendere facilmente un gruppo di pony “deboli” solo con uno sguardo.

In realtà avrebbe potuto facilmente usare lo Sguardo sull’Ursa Minor per farla scappare subito, ma non avrebbe potuto fare a meno di influenzare anche Windmill, lì vicino. Nelle condizioni precarie in cui si trovava il terrore generato avrebbe potuto persino causargli un infarto.

Mist fu quindi costretto a cercare un’alternativa, trovandosi suo malgrado, a sfruttare la maledizione Aelementum.

Ripensò ad una domanda che gli veniva posta spesso: “Perché si chiama maledizione se ti rende imbattibile?”. Si chiamava maledizione per il prezzo da pagare. Un prezzo spesso pagato controvoglia, che comportava una sofferenza che solo un Aelementum poteva comprendere.

Non si trattava solo di perdere qualcosa di molto prezioso, ma anche della consapevolezza di non poter più morire e perdere quel poco di brivido che la vita offriva.

Gli Aelementum erano costretti a vivere una vita vuota finché la vecchiaia o la malattia non venivano a prenderseli.

Mist era già passato sopra a questi dilemmi e aveva deciso di continuare a vivere normalmente con sua moglie, riscoprendo una gioia che le recenti sfortune avevano messo a dura prova.

L’unica cosa che ancora gli bruciava e che mai avrebbe potuto scordare era il prezzo che pagò controvoglia.

 

Tuttavia in quel momento non doveva distrarsi e doveva abituare la sua mente al fatto che avrebbe dovuto ricorrere al corpo di nebbia per compiere l’impresa in cui si era imbarcato.

Giunse senza troppa fatica, seguendo le enormi tracce ancora fresche, alla colossale imboccatura della caverna-tana, alle pendici del monte.

Fece una lunga serie di respiri profondi e poi entrò a passo deciso.

Si ritrovò, dopo un breve corridoio, in una stanza scavata nella roccia, ancora più grande del già enorme ingresso.

Al suo interno vi erano le urse. Tre cuccioli di modeste dimensioni, alti poco più di tre metri, un’ursa minor già adulta e la sua vecchia conoscenza che il giorno prima aveva attaccato il villaggio, solo che nel frattempo era già cresciuta di un metro.

Ma non furono i cuccioli ad attirare la sua attenzione, per quelli bastò una cattiva occhiata per farli arretrare, bensì la madre (o il padre, non lo capiva).

La sua stazza, molto più grande di quanto l’unicorno osasse immaginare, sovrastava l’intera grotta e i puntini luminosi dentro al suo corpo semi-trasparente illuminavano i dintorni.

Mist si ritrovò a muso all’aria, cercando di incrociare lo sguardo col suo nemico e, in parte, cedette alla paura ed ebbe la tentazione di scappare.

Ma non poteva permetterselo, doveva placarle e terrorizzarle al punto giusto da impedirgli di attaccare nuovamente l’accampamento. Gli animali non entrano nei territori degli animali più potenti di loro.

Finalmente la Major si accorse della sua presenza e lo guardò, ma non si mosse, limitandosi a contemplare quello spavaldo pony che osava entrare in casa sua a spaventare i suoi figli.

I due rimasero in silenzio a guardarsi negli occhi, scrutando le reciproche intenzioni.

Il colosso alzò fulmineamente una zampa e la affondò sull’unicorno, che esplose in una nuvola di fumo bianco, senza lasciare traccia.

La nebbia si propagò per tutta la caverna, raggiungendo il soffitto e riempiendo la stanza.

L’ursa si guardò intorno, sentiva ancora chiaramente la presenza del nemico, ma non riusciva a capire cosa stava accadendo.

All’improvviso iniziò rapidamente a condensarsi, appena sopra al suo naso, fino a che l’unicorno riapparì proprio a pochi metri dai suoi occhi.

E lì si incrociarono a distanza ravvicinata.

Non servì altro.

‘Su, calmati, tesorino mio… vieni qui, ti strapazzo un po’ cagnolone…’ mormorò Mist, accarezzando lo spazio tra le due orbite del mostro gigante, parlando proprio col tono che si ha quando si coccola il proprio cane.

La Major fece per ringhiare, quando sentì uno sbuffo sulla sua testa, seguito dall’insopportabile sensazione di avere il fiato sul collo.

Alzò lo sguardo e non riuscì ad elaborare ciò che gli si parava di fronte.

Un gigantesco cavallo bianco, la cui criniera fluttuava nell’aria come se fosse fatta di etere. Non era una figura definita, si vedeva solo la testa e la sua zampa destra che, delicatamente, si posava sul suo capo, accarezzandola dolcemente. Dalle sue narici usciva del fumo bianco e i suoi occhi….

I suoi occhi erano bianchi, senza emozione, ma trasudavano istinto omicida, un istinto che travolse l’ursa e la fece impietrire dalla paura.

A Mist non servì altro, aveva vinto, aveva mostrato la sua superiorità assoluta.

Scese così come era salito e abbandonò la caverna, lasciando le minor svenute dal terrore e la major ancora ferma col muso rivolto al cielo, immobile.

 

L’unicorno si avviò verso l’accampamento, con calma, visto che non c’era più pericolo e se qualche timberwolf temerario si fosse avvicinato lo avrebbe potuto scacciare facilmente.

Non c’era certo nulla di cui preoccuparsi.

Però qualcosa attirò la sua attenzione.

Un curioso rumore proveniva dalla sua sinistra, un rumorino leggero e quasi impercettibile, che via via si faceva sempre più vicino.

Un gridolino che pian piano diventava un urlo vero e proprio di un puledrino.

Si girò di scatto e capì subito cosa stava accadendo.

 

Il piccolo puledro stava correndo a perdifiato, sperando di riuscire a scansare gli alberi. Aveva gli occhi chiusi e quindi non ci vedeva, poteva solo riporre fiducia nel suo istinto. Due timberwolf affamati lo stavano inseguendo, pregustando già un pranzetto coi fiocchi. Il miasmido dei loro fiati si faceva sempre più vicino al piccoletto, sudato e terrorizzato.

Inciampò rovinosamente, strisciando il naso nel fango. Agitò le zampe posteriori per liberarsi, ma sentì chiaramente che i lupi avevano rallentato e si preparavano a finirlo con un balzo.

Recitò velocemente le sue ultime preghiere, disperato e attese di venir divorato in un solo boccone.

Non accadde nulla però e quindi rialzò timidamente la testa, pulendosi con lo zoccolo.

Senza aprire gli occhi mosse le orecchie per capire cosa stesse accadendo. Avvertiva chiaramente che c’era un altro pony davanti a lui e che i timberwolf alla sua presenza stavano indietreggiando, quindi tirò un mezzo sospiro di sollievo.

‘Andate via!’ disse lo stallone, dalla voce capì che era un maschio.

I mostri di legna si voltarono e corsero via uggiolando, mentre il salvatore si avvicinò a lui.

‘Ehi, stai bene?’

Il puledro arretrò di un passo e cercò di nascondersi con gli zoccoli, era molto timido e aveva paura a parlare con chi non conosceva. Tuttavia era comunque colui che lo aveva salvato, come minimo doveva dire grazie.

Si fece forza.

‘G-grazie…’ mormorò.

‘Di nulla, ma come stai?’

Non rispose.

I suoni intorno a lui si fecero ovattati e la voce del pony si faceva sempre più distorta. Aveva corso troppo, si era stancato oltre il limite.

Si sentì cadere e i rumori sparirono del tutto.

 

‘Star, che ore sono?’ chiese Tall alla giumenta. Lei guardò l’orologio in casa.

‘L’una e un quarto, quasi ora di pranzo.’

‘Non… non è che l’ursa si è pappata Mist per pranzo?’ ansimò il puledro.

‘AAAAAH, LO HANNO PAPPATO!!’ fece eco Tulip accanto a lui, iniziando a correre in circolo simulando il panico. Tall fermò il fratellino.

‘Ma no. Sono sicuro… sicurissimo che… che lui diventerà nebbia e gli uscirà fuori dalla bocca, poi la colpirà con i suoi mega incantesimi e ci farà gustare arrosto di ursa per cena!’

‘YEEEEEEEEEaspetta, ma i pony non sono erbivori?’ si chiese, un po’ confuso. Suo fratello maggiore batté un colpo a terra.

‘Sarà uno stufato vegetariano!’

Star sorrise a vedere la scena e spalancò la finestra che dava sul bosco.

Era rimasta in casa dei loro amici a prendersi cura di Windmill, visto che ancora non si era ripreso dalle ferite del giorno prima.

Salì in camera sua e, mentre percorreva le scale, sentiva le voci di lui e sua moglie parlare.

‘…e quindi? Cambierebbe qualcosa?’ disse il pegaso.

‘Ma caro, si tratta delle tue ali, le ossa sono completamente frantumate, come farai a riprenderti?’ replicò Water. Star iniziò a capire di cosa stessero discutendo. Guardò la sua ala destra, dal giorno dell’incidente non si era mai ripresa del tutto e da allora non aveva più potuto sforzarla troppo. Poteva volare, ma le sarebbe stato impossibile prendere parte alle gare.

Però per Windmill era un discorso diverso, per lui il volo era sempre stato tutto e a suo tempo, prima che la maledizione lo colpisse, era uno dei migliori gestori del meteo nei dintorni.

Le sue ali erano davvero in condizioni pessime, come pegaso aveva un certo istinto per capire quanto realmente fossero messe male, persino peggio di quanto accaduto a lei.

Si avvicinò alla porta e continuò ad ascoltare.

‘Vedrai che in qualche modo farò. Non torneranno come prima, ma anche se lo tornassero… a che servirebbe? Da quando ho preso questa dannata maledizione il mio lavoro se n’è andato a puledre allegre e sai che preferisco non volare troppo davanti a Tall e Tulip per non farli dispiacere troppo.’

‘Sono sicura che Mist troverà una soluzione. Lavora già giorno e notte ad una cura per la maledizione, troverà anche qualcosa per sistemarti le ali.’ Esordì la pegaso dalla criniera blu, entrando nella stanza. ‘Sono solo ferite, se ti ha curato quello squarcio al fianco penso che potrà anche…’

Windmill le afferrò la zampa.

‘Tuo marito ha già fatto tantissimo per tutti noi e sta ancora facendo tanto. Non disturbarlo oltre.’

‘Ma…’ indugiò Star. Il pegaso fece cadere pesantemente la tesa all’indietro e socchiuse gli occhi.

‘Sono patetico, no? Da quando sono qui non faccio altro che ricevere aiuti da Mist. Prima la casa, poi il volo dei miei due figli, poi l’ursa, poi mi cura… insomma, sto dipendendo troppo da lui.’ Sospirò, guardando sua moglie. ‘Non mi importa se le mie ali guariranno, mi basta essere ancora vivo per poter stare con la mia famiglia…’ si voltò verso l’amica. ‘Tuo marito mi ha già regalato una nuova vita ed è diventato un mio caro amico. E’ a posto così.’ Sorrise, tranquillamente.

In quel momento Star si sentì parecchio vicina a quel pegaso dalla criniera bianca. Entrambi avevano perso un figlio, entrambi si ritrovavano a non poter più volare liberamente… però entrambi erano contenti della loro vita.

Ripensò alle giornate passate all’accampamento. Nonostante le incessanti sofferenze e disgrazie la giumenta ammise a sé stessa che era tanto che non si sentiva così a suo agio con altri pony. Prima della maledizione oltre a Doubt parlava solo con Spitfire veramente di rado.

Posò il suo sguardo su Water Pulse, rimasta in silenzio e le mostrò un semplice, ma sereno sorriso.

‘Tuo marito è uno forte, se la caverà sicuramente.’

Detto questo si girò e si diresse alla porta, cercando di aprirla. Qualcosa la bloccava. Lasciò la presa sulla maniglia e i due fratelli caddero in avanti, ruzzolando.

Tall si alzò di scatto, adirato.

‘Significa che papà non potrà più volare?’

‘Tall!’ lo rimproverò Windmill ‘Non si origliaaaarrgh!’ e iniziò a tossire.

‘Papà! Papà!’ esclamò Tulip, avvicinandosi al letto e appoggiando il muso sulle lenzuola, come fa un cane quando chiede un po’ di affetto. Suo fratello si avvicinò a lui e gli mise una zampa sulla testa, accarezzando i capelli.

‘Io… io non voglio che papà perda la possibilità di volare. Anche… anche se io non posso non voglio che…’

Si sentì accarezzare i capelli, con una zampa sulla testa.

‘E non le perderà.’ Proclamò solenne Star.

 

All’improvviso sentirono bussare alla porta dell’ingresso. Le due giumente si guardarono negli occhi, sicure che Mist fosse tornato e si precipitarono giù per chiedergli come era andata.

Tall e Tulip invece rimasero a fare compagnia al padre, nuovamente costretto a letto.

‘Fratellone, è vero che papà non potrà più volare?’

‘Chi ve lo ha detto? L’unica cosa è che le mie ali stanno un po’ male, ma guariranno.’ Rispose il padre, cercando di tranquillizzarli.

‘Non possiamo chiedere a Mist di…’

‘No. L’ho già spiegato alle donne prima, non voglio dipendere troppo da lui. Non è tanto una questione di orgoglio, è che… mi dispiace vederlo sempre dedicarsi agli altri.’

‘Io invece credo che…’

‘No. Ve lo chiedo per favore, non fategli sapere le mie condizioni. Posso guarire da solo, fidatevi.’

Tall rimase a guardarlo.

Entrambi sapevano che non era vero, ma rimasero in silenzio.

Sin da quando Windmill sentì le ossa frantumarsi sotto i colpi della Minor capì che le sue ali non sarebbero mai tornate a posto. Per lui il volo era una gioia segreta, prima di conoscere Water Pulse aveva in mente solo il raggiungere il limite estremo del cielo.

L’amore, unito alla nascita del suo primo figlio, lo fecero allontanare dai suoi sogni. Quill, nacque pegaso e rimase sempre assieme al padre, condividendo con lui le gioie dell’aria e le fatiche della terra.

Un rapporto genitore-figlio che molti invidiavano.

Lassù nell’infinito celeste Windmill e Quill portavano avanti il lavoro, scoprendo sempre nuove tecniche per pulire il cielo più in fretta. Un idillio troppo bello per non spezzarsi.

Ma spesso tra i cocci può capitare di trovare una monetina.

Nacque anni più tardi Tall Ground, senza ali come la madre, ma con l’istinto di un solca nuvole. Il puledrino osservava spesso il fratello volare alto nel cielo, ma non aveva mai la forza per dirglielo in faccia, non voleva certo ferirlo.

Loro due infatti, data la differenza di età, non litigavano quasi mai e Quill si rivelava più un padre che un fratello.

Windmill osservava contento l’ottimo rapporto che si instaurava tra i due e strinse un tacito accordo col maggiore: non volare davanti a Tall. Non era per pietà, entrambi sapevano che era solo una maschera e che non poteva impedirgli di soffrirne, ma almeno lo faceva stare meno peggio.

Rimpianse, in un angolino del suo cuore, il non poter più volare come prima, ma ci fece rapidamente l’abitudine, conscio che era per il bene di suo figlio.

Dopotutto per coloro che condividono il tuo sangue, si deve essere disposti a sacrificarsi un po’. Water, Quill e Tall erano tutto ciò di cui aveva bisogno per essere felice.

Poi arrivò quel maledetto giorno.

“Suo figlio ha avuto un’incidente.”

“Cosa? E come sta ora?”

“Lui… è morto…”

Il mondo gli crollò sulle spalle.

Non ci furono parole per descrivere ciò che stava accadendo nel suo cuore straziato, il cuore di uno che ha perso una parte della sua anima. Non c’era posto abbastanza lontano e non si poteva volare abbastanza in alto per sfuggire alla triste verità.

Quill non sarebbe tornato.

Anche Tall, nonostante la giovane età, lo capì subito. Non disse nulla, rimase per una settimana chiuso in casa, senza mangiare e quasi senza bere. Ogni tentativo di nutrirlo risultava invano.

Windmill non voleva certo perdere l’altro suo figlio e rimase seduto accanto a lui a fissare il muro per un giorno intero.

Per lui la recente perdita era stata più di un trauma, ma doveva farsi forza e consolare l’altro suo figlio, per il quale aveva già rinunciato al volo. Doveva fare un ulteriore passo e gli parlò, dopo un lungo silenzio.

Cosa gli disse restò un mistero e nemmeno Water venne mai a conoscenza di ciò che si dissero quel giorno.

 

‘Tall…’ mormorò suo padre. ‘…Devi smetterla di vivere all’ombra. Fatti una tua vita e guarda a ciò che hai, piuttosto ciò che non hai. Se mai perderò le mie ali avrò mosso un passo per l’esserti ancora più vicino.’

I due fratelli rimasero in ascolto, Tulip non capiva bene, visto che era ancora molto piccolo, ma avvertì l’importanza del momento.

Tall invece rifletté sul suo passato. E su Quill.

E capì cosa voleva dire suo padre, sul dipendere dagli altri. Lui che era sempre cresciuto all’ombra del fratello, bramandone le ali, aveva perso di vista ciò che già aveva: qualcosa per cui vale la pena vivere, la sua famiglia.

Non era una questione di ali, non era una questione di essere meglio o peggio… era una questione di vivere la propria vita insieme agli altri, non sotto la loro protezione.

‘Capisco…’ disse, sottovoce

‘Non preoccuparti per gli altri trova la felicità nel tuo piccolo e goditela al massimo. Io sono vivo, Mist ci ha salvati e insieme Star è diventato un nostro carissimo amico, riempiendo le nostre grigie giornate qui all’accampamento. Grigie per davvero, eh!’

Iniziò a ridere e abbracciò i due figli che al contrario stavano piangendo.

‘State tranquilli, dalle disgrazie ci si rialza sempre. Non scordarti ciò che ti dissi quel giorno Tall…’

 

Le due giumente aprirono la porta. Era effettivamente Mist, come immaginavano.

E, nonostante Star si aspettasse il suo ritorno, gli saltò al collo e lo baciò, contentissima che stesse bene… e che non avesse causato disastri scatenandosi troppo.

Ma c’era qualcosa di strano nella sua espressione.

‘Va… va tutto bene caro?’ chiese, perplessa.

‘Si, si…’ ansimò, ancora col fiatone ‘Solo… vieni a vedere, svelta!’

La tirò via per una zampa e si limitò ad un raffazzonato saluto a Water, andava davvero di fretta.

‘Insomma, cosa succede?’ chiedeva insistentemente Star. Mist non rispondeva e continuava a condurla a casa, di corsa.

Entrò colpendo la porta e facendola sbattere così forte che quasi tornò indietro e si richiuse. Star la fermò ed entrò anche lei.

Osservò il marito salire le scale e lo seguì.

‘Ecco… ho trovato un puledrino mentre tornavo dalla foresta.’

Star non riuscì a capire subito ciò che le stava venendo detto.

‘Cosa?’

‘Era inseguito da un paio di timberwolf. Nulla di che, li ho spaventati a dovere e se ne sono andati. Però poi lui è svenuto e l’ho portato subito nel nostro letto. Sta molto male, ha un febbrone da cavallo.’ Spiegò.

Star ancora non aveva bene il quadro della situazione, Mist le aveva spiegato tutto in fretta e furia mangiandosi le parole.

Ma fu subito tutto chiaro.

Appena si avvicinò al letto lo vide.

Un mite puledrino, un unicorno, stava sonnecchiando sul letto, madido di sudore. Avrà avuto non più di cinque-sei anni e a parte la febbre, sembrava davvero in salute e ben messo.

Spostò dolcemente le coperte per scoprire quel piccolo corpicino e avvicinò il volto per osservarlo meglio da vicino.

Aveva un musetto dolcissimo e una lunga chioma verde chiaro, come l’erba appena nata. Tra i capelli si potevano notare due piccole ma ben visibili corna, segno che anche lui aveva la maledizione Greyhorn.

Tra le tende alcuni timidi raggi di sole si fecero strada e gli illuminarono il volto, mostrando dei minuscoli e impercettibili spasmi dovuti al dolore.

Come di istinto Star gli diede un bacino sulla fronte e lo accarezzò, sedendosi sul bordo del letto. Il puledrino si calmò subito e sospirò. Dormiva ancora, ma sembrava già più sereno.

Mist guardò la scena in silenzio e in un attimo capì.

Star era davvero nata per fare la madre e si era subito affezionata a quel piccoletto. Già si figurava quanto sarebbe stato doloroso separarsene una volta guarito.

Dentro di sé maledisse il giorno in cui ci fu quel temporale.

Come sarebbe stata la sua vita se suo figlio (o sua figlia) fosse nato senza problemi? Di sicuro lei sarebbe stata una bravissima madre, come tutte le giumente che hanno portato un bimbo in grembo aveva un vero istinto naturale, che a lui invece mancava.

Già quando seppe la notizia che sarebbe diventato padre si chiedeva come avrebbe fatto.

Lui padre, gli veniva da ridere a pensarci.

Eppure ne fu contentissimo quando ricevette la notizia.

E quando seppe che Star aveva abortito si sentì vuoto, ma decise di tenersi tutto dentro e di non piangere, per rimanere vicino alla moglie e farle forza, a lei che il cuore si spezzava molto facilmente.

Poi le innumerevoli disgrazie che lo condussero fino a quella situazione gli bruciavano ancora nel petto, ma mai quanto gli bruciassero l’aver perso il figlio e l’essere diventato un Aelementum.

Si avvicinò alla sua dolce metà e la guardò in silenzio. Stava con gli occhi fissi sul puledro, controllando ogni singolo muscolo del suo corpo per assicurarsi che stesse bene.

‘Chissà di chi è il figlio…’ mormorò.

‘Non lo so, ma intanto dobbiamo dargli una mano.’ Rispose il marito sottovoce.

Star fece per alzarsi a prendere una medicina, ma si sentì tirare il pelo.

‘Non… non andare…’ disse una vocina. Una vocina dolce e limpida, di un bambino gioioso.

Chinò il capo e quasi si mise a piangere.

Ricordava i mesi della gravidanza, quando già era pronta a fronteggiare tutti i doveri di una mamma e già si figurava un futuro in cui sua figlia (o suo figlio) diventavano una pegaso, un’unicorno o una pony di terra brava e gentile verso tutti. Quello che lei da giovane non era mai stata.

Ma quell’evento si portò via il suo futuro e quello del suo piccolo, lasciandola vuota.

Se non ci fosse stato suo marito accanto probabilmente avrebbe perso totalmente il senno e sarebbe stata rinchiusa in qualche manicomio.

Aveva gli occhi lucidi quando Mist la fece riprendere dal momento di riflessione e le disse, con una voce calda e comprensiva:

‘Vado io a prendere lo sciroppo, tu stai qui con lui.’

Si girò e guardò il puledro. Era sveglio, lo si capiva, ma non apriva gli occhi e muoveva le orecchie nei dintorni, cercando di cogliere ogni minimo suono.

‘Ehi… come… come stai?’

Quello girò le orecchie nella sua direzione, ma non parlò. Star capì che non doveva essere forzato, probabilmente era ancora un po’ intontito.

‘Io…’ sussurrò pianissimo ‘…scusa.’

‘E di cosa?’ rispose la giumenta, cercando di assumere un tono il più possibile tranquillo e rassicurante.

‘Ehm… di averti trattenuta.’

‘Eheheh, tranquillo, non è un problema. Ci sto volentieri qui con te.’

‘Beh... grazie.’

Un po’ le dispiaceva che dicesse così poche parole, aveva una voce così tenera e dolce, proprio quella che si era figurata per suo figlio.

Perché ci pensava così tanto? Se lo chiese un paio di volte, cercando di convincersi che non lo avrebbe certo potuto tenere per sempre, avrebbe dovuto ridarlo ai suoi genitori prima o poi.

Però non voleva neanche perdersi quest’occasione, l’occasione di sentirsi madre almeno per una volta.

‘Come.. come ti chiami?’ gli chiese. Stavolta rispose subito.

‘Hope. Blind Hope.’

‘E i tuoi genitori?’

Silenzio.

Senza dire nulla il puledro si rigirò nelle coperte ed evitò il contatto visivo, si fa per dire, con la giumenta. Era meglio soppesare le parole. Stupida, stupida Star, si ripeteva nella testa, devi andarci piano.

Mist tornò con lo sciroppo e facendolo levitare con la magia ne prese una cucchiaiata e cercò di farlo bere a Hope. Però il piccolo non ne voleva sapere.

‘E’ amaro, ne sono sicuro!’ si lamentò.

‘Ma è per il tuo bene, apri la bocca, su!’ lo esortò Star.

Un po’ riluttante il puledro la aprì. Solo che era rivolto da un’altra parte rispetto al cucchiaio.

‘Ehm… il cucchiaio è qui.’ Gli fece subito notare Mist. ‘Apri gli occhi, guarda che la luce non è forte qui.’

Hope si strofinò gli zoccoli, abbassando le orecchie.

‘Io… io anche se li aprissi non ci vedrei comunque, sono nato così.’

Aprì gli occhi e li mostrò ai due coniugi che quasi si spaventarono.

Erano vitrei, completamente bianchi e privi di pupilla, vuoti.

Li richiuse.

‘Spero… spero non vi crei disturbo…’

Per tutta risposta sentì nuovamente un bacio sulla fronte, poco sotto al corno.

‘Non ci cambia nulla.’ Rispose Star. Stavolta aveva davvero una voce rassicurante e tranquilla. Una voce materna. E anche Hope lo notò.

‘Grazie di tutto, io…’ non finì la frase e ricadde sul letto, addormentato.

I due sposati si guardarono negli occhi e decisero tacitamente di lasciarlo riposare. Era già stata una giornata intensa per lui ed era meglio così.

‘A proposito.’ Mist attirò l’attenzione di sua moglie. ‘C’è una cosa che non ti ho detto di quel puledro…’

‘Ehm... cosa?’

‘E’ un alicorno…’

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Capitolo 10
*** Extra - Vedrai che staremo insieme ***


"Lo amo e voglio poterlo aiutare nei momenti difficili. Ha bisogno di me e io ho bisogno di lui...."

 

 

Cloudsdale, notte del 21 dicembre 1981.

Piccole gocce iniziarono a cadere sulle candide strade della città. Strade composte da nembostrati e cumulonembi, sapientemente mescolati e uniti da abili artigiani in epoche antiche.

La città era famosa per la sua efficientissima Fabbrica del Tempo, che creava, per tutto l'anno pioggia arcobaleni e fiocchi di neve, creati a zoccolo uno per uno.

Vicino a tale struttura si ergeva maestosa la seconda gloria della città: la Flight Academy.

Un edificio enorme, che accoglieva pegasi da tutto il mondo per istruirli alla nobile arte del volo e alle raffinate tecniche di controllo meteorologico.

Ben noto a tutto il continente era anche il circuito della stessa scuola, uno dei più importanti centri sportivi del mondo, dove persino il capitano il capitano Forgotten Dream dei wonderbolts si era allenato in gioventù.

Fuori dalla scuola, appoggiata alla ringhiera che divideva la strada dal campo, vi era una piccola puledrina dal fianco bianco.

Con i suoi occhi verde acqua, coperti da una frangia spettinata di colore blu, osservava meravigliata le evoluzioni di alcuni pegasi che si addestravano a volare con la pioggia.

La piccoletta dal manto chiazzato, di colore viola, non aveva alcun riparo dalla pioggia se non un berretto bianco con il logo Taboo rosso. Non gliene importava. La sola cosa che la interessava era osservare quei campioni di acrobazie volteggiare nell'aria.

Spalancò le sue piccole ali e provò a muoverle, cercando di sollevarsi per aria. Riuscì ad alzarsi per i suoi due soliti centimetri e poi ricadde a terra, sudata.

No, non ce la faceva.

Aveva bisogno che qualcuno glielo insegnasse.

Guardò giù dalla ringhiera, il gigantesco foro sotto lo stadio. Là c'era la terra ferma, dimora di unicorni e pony di terra.

Non aveva mai visto nessuna creatura all'infuori dei pegasi, non sapeva come era fatto un unicorno se non per le foto che aveva visto in una rivista.

Un giorno ci sarebbe andata. Diavolo, si che ci sarebbe andata.

Però non sapeva volare e l'unico posto dove poteva imparare era troppo caro per le tasche della sua povera mamma.

Mamma!

Si girò di scatto e proprio in quel momento sentì un tuono in lontananza. Quella che prima era una semplice pioggerella divenne un vero e proprio acquazzone.

La puledrina scattò sulle sue gambe e corse a perdifiato cercando di ripararsi come meglio poteva con un'ala, senza però successo. Il berretto non era impermeabile e la criniera le si bagnò tutta quanta in men che non si dica.

Si acquattò vicino ad un muro, in modo che la tettoia la salvasse almeno un po' dal nubifragio. Svicolò passando per le stradine meno frequentate e finalmente giunse a casa sua.

Una piccola baracca montata con pezzi di lamiera e altri scarti, roba creata dai pegasi capace di stare sulle nubi. Materiali che, da quando era stato scoperto l'uso dei mattoni di cumuli, non erano più in uso.

Spostò la tenda rosa che copriva l'entrata e si fece strada tra le pentole sporche e alcuni fogli di giornale usati per accendere il fuocherello che bruciava in un piccolo secchio.

Una cosa modesta, ma che provvedeva ad illuminare la piccola casetta e scaldare un po' l'ambiente.

“Oh, Star... sei tornata...” mormorò una vecchia pegaso, nascosta sotto un piumino rosa, sdraiata su una montagnola di stracci sporchi. In realtà non era tanto vecchia, ma gli stenti, la fame e le intemperie avevano profondamente logorato quello che un tempo doveva essere un bel viso.

“Mamma...” rispose la piccola avvicinandosi.

“Ma... sei tutta bagnata!” esclamò. Senza dire nulla si levò la coperta e avvolse il corpo della figliola, stringendola a sé.

Le levò il berretto e le scostò i capelli in modo da vederla per bene negli occhi.

“Hai degli occhi stupendi, dovresti metterli più in mostra... Vieni...”

Amorevolmente si mise ad asciugarla, accarezandola con delicatezza, tenendola vicina al suo petto. Stretta tra le braccia della giumenta, Star si sentiva al sicuro sentendo il dolce tepore di sua madre, di cui il piumino era impregnato.

“Ma, mamma! Se mi asciughi poi tu con cosa ti copri?” disse, sentendosi in colpa. Oltre a quella coperta non avevano altro con cui coprirsi se non carta di giornale e scatoloni. La puledrina, conscia delle condizioni della madre, aveva sempre rifiutato di usare la coperta, preferendo che fosse la madre ad usarla.

“Fa nulla Star, fa nulla... l'importante è che tu non ti ammali.” disse. Finì di asciugarla e gettò la coperta fradicia in un angolo, poi diede un bacio sulla fronte della figlia e la abbracciò fortemente. Era ancora un po' umida, ma almeno così non rischiava di ammalarsi.

La riabbracciò e la strinse nuovamente a sé, prendendo con l'altra zampa qualche foglio di giornale e avvolgendosi dentro.

Star si sentì premuta contro il corpo della mamma, mentre le accarezzava la criniera. La puledrina sorrise, contenta.

Sentì di avere tutto quello che le serviva in quel momento. Il caldo abbraccio della mamma, che anche in una situazione difficile come la loro non perdeva mai il sorriso, la sua piccola casetta, che per quanto umile aveva un tepore e un odore così familiare e rassicurante...

Socchiuse gli occhi e ricambiò l'affetto dandole un bacino sulla guancia.

“Buonanotte mamma...” disse, sottovoce.

“Buonanotte stellina mia...” rispose.

E, tranquillizzati dal crepitare del fuoco e rilassati dal ticchettare della pioggia sul tetto, si addormentarono...

 

 

Cloudsdale, mattina del 25 dicembre 1981.

Appena il Sole sorse, erigendosi sopra le nuvole, alcuni timidi raggi iniziarono ad entrare nelle finestre delle case, svegliando tutti i pegasi pronti per una nuova giornata di lavoro.

Anche la piccola casupola di South ne fu presto carezzata e, dalle fessure nel legno, i raggi illuminarono il corpo di una piccola puledrina dormiente.

Star si stiracchiò sotto la coperte portando fuori le zampette e sbadigliando sonoramente.

Biascicò un pochino con la bocca per levarsi quella sensazione di appiccicato, si asciugò e si sistemò il suo inseparabile berretto.

Faceva molto freddo e fuori aveva cominciato a nevicare lentamente. Non dava la sensazione di trasformarsi in qualcosa di più grosso, per fortuna, ma comunque non era il momento migliore per uscire.

Sempre rimanendo sotto le coperte la piccola si rigirò e guardò nell'unica stanza.

La madre stava tenendo a bada il fuoco in un secchiello, che riusciva a reggere bene e a scaldare l'ambiente.

South tossì un po', poi si girò e vide che sua figlia si era svegliata.

'Oh... buongiorno Star. E buon natale.' disse con voce roca, a causa del mal di gola.

Fu in quel momento che si accorse che sua mamma non si stava coprendo e che invece la coperta ce l'aveva lei. Subito il suo corpo uscì dal torpore post-risveglio e schizzò fuori dal giaciglio, prendendo la coperta con la bocca e mettendogliela sulle spalle

'Mammina, devi riguardarti!' esclamò, poi si sedette accanto a lei.

La giumenta senza dire nulla prese la piccola in collo e se la strinse al petto, tenendola vicina al fuoco.

Il crepitare delle fiamme, unito al candido odore della madre, mise subito la puledra in uno stato di dolcissimo rilassamento e, senza pensarci, abbracciò la madre, coccolandosi al suo manto.

'Buon natale mamma...' mormorò a voce bassa, quanto bastava per farsi sentire.

South sorrise, facendo spuntare qualche ruga sul suo viso martoriato dalla stanchezza.

Era in momenti come quello che diventava completamente grata a dio per aver avuto una simile gioia nella vita. Lei che nella vita aveva sempre avuto solo sfortune, era stata benedetta dall'arrivo di una piccola, dolce figliola, altruista e generosa con gli altri.

Qualità d'oro viste le loro condizioni di vita.

Tossì di nuovo, con la gola che le bruciava forte. Accarezzò la criniera di Star e poi la fece scendere e la coprì senza pensarci due volte.

'Ma... ma...' balbettò la puledra.

'Ssshh, tu sei piccola, ne hai più bisogno.' disse, andando a prendere qualcosa dentro una pentola.

'Uffa!' sbuffò, avvolgendosi nella coperta. 'Se poi...'

Si girò e lo vide.

Una piccola pianticella in un bicchiere.

Era una cosa modesta, un semplice mucchietto di erba invasato alla bell'emmeglio, ma tale visione stuzzicò l'entusiasmo della puledra.

Subito lo prese tra le sue zampe, guardandolo con gli occhi illuminati di gioia.

'Buon Natale, Star...'

Era una pianta della terraferma! Della terraferma!

Quel posto tanto misterioso e tanto affascinante dove cresceva rigogliosa la natura, dove c'era fango nelle strade e dove si poteva farsi parecchio male cadendo per terra.

Star era sempre stata affascinata da suolo, quel posto che si poteva vedere solo da lassù, come un interminabile distesa verde. Non sapeva volare ancora e la madre era troppo debole per portarla in groppa, quindi non c'era mai stata.

E perciò ne era completamente affascinata.

'Ma... deve esserti costata una fortuna!'

'Nah, non più di tanto in realtà.' si grattò la nuca.

'Quanto?'

'Beh, non si dice quanto sono costati i regali, no?'

'Uffa...' sbuffò nuovamente 'Comunque.... grazie... grazie davvero!'

Si alzò e si aggrappò alla zampa della madre, piangendo di gioia. A vedere quella scena il cuore di South si scaldò istantaneamente, sentì che i soldi spesi in quel piccolo germoglio erano valsi tutti, fino all'ultimo.

 

Le due, dopo il piccolo momento, si misero di buona lena a sistemare la casa.

Star si calcò bene in testa il berretto e cominciò a rimettere a posto le pentole, smistando quelle pulite da quelle sporche. Non prima di aver assicurato alla pianticella un posto solido e sicuro.

La madre invece mise da parte le bottiglie vuote accumulate che non sarebbero servite a niente e diede una spolverata con lo zoccolo all'unica mensola della baracca.

Intanto sua figlia riportò dentro la bacinella per l'acqua piovana e, mentre South versava il prezioso liquido nelle bottiglie buone, spazzolò la tenda rosa all'ingresso.

Il tutto cullate dal mite crepitare del fuoco al centro.

Continuarono con le pulizie per un bel po', fino a quando una voce maschile non li interruppe.

'EEEHIII, STAAAAR!!!!'

'Oh!' esclamò la puledra 'E' Dustille!'

'Eheh... vai pure fuori.' le sorrise South.

'E le faccende?'

'Ci penso io.' fece l'occhiolino.

Senza dire nulla l'altro puledro irruppe dentro spostando malamente la tenda.

'Star, vieni fuori che c'è la neve! Gli altri sono già nel giardino!'

Era un giovane puledro dal manto marroncino, col muso e le zampe bianche. Aveva una criniera castana più scura, lunga e indossava un cilindro sgualcito.

Gli occhi erano blu profondi, mentre il suo cutiemark era una chitarra.

Infatti il piccoletto portava, legato alla schiena, un piccolo mandolino un po' scordato, ma che produceva una gradevole melodia.

Anche Dustille non sapeva volare, ma a differenza di Star, gliene importava ben poco.

I due uscirono subito fuori, alla completa luce del giorno che ormai era allo zenit.

Quella mattina la puledra aveva mangiato poco e, mentre camminavano, le brontolò la pancia.

'Ehm.. scusa...' arrossì.

L'amico le tirò una gomitata.

'Ehi, niente scuse. A proposito...' si levò il cilindro e lo appoggiò per terra.

'Abracazakula!' esclamò e di colpo tirò fuori una barretta di cioccolato.

'Buon Natale!' disse, sorridendo con tutti i denti, tranne i due incisivi superiori che gli mancavano e dovevano ricrescere.

Star guardò il dolcetto leccandosi le labbra, perdendo per un secondo la cognizione dello spazio e del tempo. Stava per agguantarlo quando Dustille lo ributtò nel cappello e se lo rimise in testa.

Rimase con la zampa per aria guardando l'amico che si calcava bene in testa il copricapo, senza capire cosa stesse facendo.

'Andiamo a mangiarla in un posto speciale, vieni.'

Dustille trottò fuori dal vicolo e Star rimase per un secondo a guardarlo.

'Ehm... pensavo tu volessi andare ai giardini.' e iniziò a seguirlo.

'Beh, ma Dazzle e Bell possono aspettare, prima c'è una cosa che volevo farti vedere!'

La puledra non capì, ma comunque, bramando la cioccolata e la compagnia dell'amico, lo seguì.

Passarono per diverse viuzze, mentre la neve si posava sul loro manto rendendoli quasi completamente bianchi. Fu in quel momento che alzò la testa e vide la città superiore.

Una parte di città per i soli ricchi, dove non pioveva, né nevicava e soprattutto le temperature erano più calde d'inverno e più fresche d'estate.

Ma era un posto tabù per entrambi e lo sapeva bene.

Inoltre non era strambo e affascinante come il suolo.

Subito tornò con l'attenzione a Dustille e, prima che potesse essersene accorta, erano arrivati nel posto tanto anticipato.

Era un semplice balcone al bordo delle nuvole, con una panchina davanti.

Si trovava in un piccolo cortile isolato, in mezzo ai palazzi, ma nessuna finestra che dava su di esso era aperta, segno che nessuno stava guardando.

Un piccolo angolo privato.

Dustille si sedette sulla panchina ed invitò Star a fare altrettanto.

'Vedi, se aspettavamo un altro po' qualcuno sarebbe saltato fuori e ci avrebbe disturbato.' fece notare il puledro. 'Così siamo soli io e te. Guarda.' e indicò il panorama.

Era...

Era bello.

Da lì si vedeva in lontananza un'alta montagna, con un fiume ed una grossa... cascata, così le sembrava si chiamassero, che ricordava tanto gli arcobaleni che cadevano dalla fabbrica, ma fatta d'acqua!

Che posto strano la superficie!

Comunque la cosa che più attirò la sua attenzione fu la città, bianca e gialla, costruita sul versante.

'Wow...' esclamò esterrefatta 'Che posto è quello?'

'La vecchia Mitzy dice che si chiama Canterlot, è la capitale di Equestria. Là vive la nostra Principessa Celestia.' Dustille viveva nell'orfanotrofio locale, ma non era affatto un bel posto e Star si era rifiutata di andarci per non lasciare sua madre.

'Oh... capito... in effetti si, sembra davvero un bel posto. Non mi dispiacerebbe visitarlo.'

'Naaah, sarà pieno di unicorni snob.' commentò 'Comunque, torniamo alla cosa principale: la cioccolata. Non hai idea di quante vite ho rischiato per rubarla.'

'Sei riuscito a farla sotto al naso di Cloud? Come hai fatto?!?' esclamò stupita la puledra.

Nel loro ambiente rubare era normale, quindi ciò che veniva riconosciuta era l'abilità nel farlo. E Cloud era un mercante noto per i suoi occhi dietro la testa e per le terribili punizioni a base di ceci che infliggeva ai piccoli ladruncoli.

Dustille scartò il dolce, mentre Star continuava a leccarsi le labbra e lo spezzò, cercando di smezzarlo come poteva. In realtà lo aveva comprato e gli era costato un mese di paghette, ma per fare colpo su di lei aveva detto di averlo sgraffignato.

Purtroppo il numero di quadretti era dispari, quindi si ritrovò tra gli zoccoli un pezzo da quattro e uno da tre. Li guardò entrambi per un secondo, indeciso se tenersi quello grosso o se...

'Tieni.' disse senza pensarci, porgendole quello più grande 'Dopotutto è il tuo regalo di natale.'

Star gli sorrise e insieme cominciarono a mangiare.

Era una giornata come tante.

Il Natale alla fine era solo un nome.

Ma, per la giovane puledra, solo il fatto di essere lì, col suo migliore amico, avere una mamma fantastica e potersi godere momenti così piacevoli, era la cosa più bella alla quale poteva pensare.

Era felice.

Felicissima.

 

Cloudsdale, estate 1994.

 

Il sole iniziava timidamente a calare, mentre una tiepida brezza primaverile lambiva i cieli di Cloudsdale.

 

Mist scese dalla nuvola, con un piccolo salto, e atterrò davanti alla casa di Star.

Siccome l'incantesimo per le ali finte aveva finito l'effetto, era stato costretto a farsi portare su una nuvoletta spinta dalla sua fidanzata.

La pegaso atterrò dolcemente accanto a lui e guardò l'edificio che avevano di fronte.

Mist aspettò che lei gli aprisse la porta, ma Star rimase ferma sul posto a guardare il terreno, spostando avanti e indietro la zampa anteriore destra, nervosamente.

'Star, che succede?' le chiese.

Lei sobbalzò.

'Eh, chi, cosa?' farfugliò, per poi girarsi verso di lui 'Ah, ecco... nulla... è solo che... uhm....'

Alzò lo sguardo verso la sua casa.

Dall'esterno sembrava un magazzino, di quelli usati per depositare numerose attrezzature e merci.

Mist non c'era mai stato e Star non gli aveva mai raccontato nulla sulla sua casa, quindi non sapeva cosa aspettarsi. Beh... non un magazzino.

Le accarezzò dolcemente i capelli, per rilassarla.

'Su, andiamo... cosa c'è?'

'Ehm.... promettimi... che non giudicherai?'

'Eh?!' rimase sorpreso 'Perché, cosa dovrebbe esserci dentro?'

La pegaso arrossì.

'No.. no... nulla... ehm... nulla di ambiguo.'

'Beh, in tal caso vale la pena entrare, no? Guarda che non mordo mica.'

'Non è certo come casa tua però... non so se...'

Mist si fermò, dopo aver compiuto solo due passi.

Si girò.

'Ti sembro forse il tipo da giudicare gli altri come i classici pony snob di canterlot?'

Star rimase quasi spaventata, come se fosse appena stata ripresa dal suo stesso fidanzato.

Però poi lui le sorrise e le accarezzò la guancia.

'Dai, su... Posso anche dormire per terra. Le nuvole sono così comode.'

Emise un leggero sospiro di sollievo e tirò fuori le chiavi. Con sorpresa Mist la vide volare fin sopra il tetto, spostare due tegole e cercare un poco, per tirare fuori le chiavi.

La giumenta rimise tutto a posto e tornò giù, per aprire la porta.

'Eh, meglio che metterle sotto lo zerbino, no?' commentò, leggermente stupito.

'Beh, quando vivi per quasi vent'anni in un vicolo, dove ti possono rubare tutto senza rimorsi... tendi a prendere certe precauzioni.'

A nessuno dei due piaceva tanto rivangare il passato.

Mist e il suo odio per i nobili, Star il suo passato da senzatetto.

Però, quando la pegaso fece notare al fidanzato quel dettaglio, gli lanciò una mezza occhiata di sfida, quasi come per dirgli “beh, almeno abbiamo avuto entrambi un'infanzia poco facile”.

Lo stallone colse subito quel dettaglio e le rispose con un piccolo ammiccamento.

Star quindi girò la chiave e aprì il portone per entrare in casa.

 

L'unicorno rimase sorpreso.

Era una casa enorme, il soffitto era alto fino al tetto ed era tutta costruita su un unico piano. Saranno stati almeno sei o sette metri di altezza.

L'arredamento era molto, molto semplice e risicato, rispecchiando il basso stipendio della giumenta, ma possedeva un'eleganza unica.

Annusò l'aria.

L'inconfondile odore di Shooting Star era presente ovunque.

Camminando, guardandosi attorno, notò un letto da una piazza e mezzo in un angolo. Dall'altro lato c'era la cucina, che consisteva in una dispensa relativamente grande, un fornello e tutto il necessario per cucinare e lavare.

A parte quello non vedeva molto altro, se non un altro tavolino e una libreria in un altro angolo dell'enorme salone unico.

'Beh, un open space con angolo cottura... mi piace, è accogliente.' commentò, mettendo una zampa attorno al collo della pegaso. La voce riecheggiò leggermente, dovuta alla grandezza dello stanzone.

Star ci rise su dolcemente e subito volò in direzione del tavolo, per preparare la cena.

L'unicorno osservò la pegaso librarsi dolcemente nell'aria, con un gesto naturale come respirare.

Vide quelle ali, così morbidi e soffici al tatto, capaci di sollevare un corpo con tale grazia.

Le adorava quelle ali.

Per un istante ebbe il desiderio di accarezzargliele, ma si fermò.

Decise quindi di raggiungerla e aiutarla con l'apparecchiatura.

'Lascia fare a me, tu cucina pure.' disse, avvicinandosi.

Ebbe il tempo di fare qualche altro passo, prima che un piccolo grido d'imbarazzo lo colse all'improvviso.

'Oh, cielo, cielo! Perdonami!' esclamò la pegaso, ritornando da lui.

Lo fece spostare e si mise a raccogliere qualcosa per terra.

Una piuma viola.

'Sai... può sembrare stupido, ma ho preso questo posto come casa perché... beh, col soffitto alto posso fare pratica di volo. Tendo però a perdere un po' di piume e... non ho spazzato. Scusami...'

'Ma no, fa nulla.' rispose lui, per l'ennesima volta. Percepiva chiaramente la tensione di Star, probabilmente dovuta alla paura di sembrare strana ai suoi occhi.

Ma non riusciva a comprenderla, eppure lei lo conosceva, sapeva che l'aspetto della sua casa sarebbe stato l'ultimo dei problemi.

Tuttavia decise di tranquillizzarla.

Prima che potesse fare retrofront e accendere i fornelli Mist la frenò. Le mise una zampa dietro il collo e avvicinò il volto al suo, dandole un piccolo bacio sulla guancia.

'Non vedo l'ora di assaggiare qualcosa di tuo.' le sussurrò.

Lei lo abbracciò più forte, senza dire nulla.

Gli diede un fugace bacio sulle labbra e tornò ai fornelli.

'Beh, ho fame anche io!' esclamò, durante il tragitto.

 

Mist si mise quindi di buona lena ad apparecchiare, osservando però con la coda dell'occhio lo spettacolo della sua amata preparare da mangiare.

Aveva una grande grazia nel farlo, un po' come faceva ogni cosa con grazia. Eppure Star era sempre stata una dai gusti spartani, rustici.

'Cosa ti cucino?' gli domandò la pegaso.

'Boh, non so, fai tu. I miei gusti ormai dovresti conoscerli.'

'Eheh, sissignor non-mangio-nulla! Troverò il pasto adatto a lei!' commentò ridendo.

Andò alla dispensa, la aprì e iniziò a rovistare tra le cibarie, in cerca di qualcosa. Non si accorse però che dietro di lei Mist le stava guardando... il dietro.

Lo stallone sorrise, come se avesse appena vinto qualche premio.

Star quindi si rialzò, guardando gli ingredienti che aveva appena trovato. Conosceva bene i difficili gusti del fidanzato e sapeva cosa preparargli per l'occasione.

Voleva fare qualcosa di speciale per l'anniversario del loro incontro.

E, un'altra volta senza rendersene conto, si ritrovò ad abbracciare la scatola di riso, ripensando a quando per la prima volta i suoi occhi si posarono sul bianco pony che ora il suo amato.

Il solo pensarci le bastò per farle venire l'ispirazione, si sentiva in grado di cucinare anche le cose più complicate.

'Ho trovato!' esclamò sottovoce, come se non volesse farsi sentire.

Andò rapidamente a prendere un'altra cosa dalla dispensa e subito si mise a trafficare con le provviste, mentre l'olio cominciava a sfrigolare.

Con movimenti sicuri e decisi cominciò a cucinare, tagliuzzando le giunchiglie e aprendo i pacchi del riso e del formaggio.

Mise il riso avviato da parte, per dopo, e lavorò sul sugo.

 

In ogni movimento della giumenta c'era qualcosa di ipnotico che catturava lo sguardo e l'attenzione del giovane unicorno.

E lui, conoscendo l'abitudine di lei di non distogliere mai l'attenzione dai fornelli, decise di sorprenderla con un apparecchiatura speciale.

Tirò quindi fuori tutti i ricordi delle tecniche che il cameriere personale dei Midnight gli aveva insegnato quando era piccolo.

Prese due piatti (da primo e da secondo), mise due forchette e due coltelli ad ogni lato e, non contento, improvvisò un origami coi tovaglioli.

Osservò felice il risultato, aggiungendo una specie di fiammella magica in mezzo, per simulare in tutto e per tutto l'atmosfera di una romantica cenetta a lume di candela.

Ma non era venuto esattamente come voleva.

I piatti e le posate di Star erano quelle che erano, ben lontane dalle porcellane che esigeva suo padre durante i pasti. Senza contare che entrambe le forchette erano uguali.

Inoltre il suo cronico disordine aveva colpito ancora: piatti, bicchieri e sedie non erano propriamente allineati.

Quando se ne accorse si sentì un po' demoralizzato, di non averlo notato prima.

“Già.... sembra davvero brutto...” pensò, vedendo la sua fallimentare apparecchiatura.

Sbuffò e cercò di sistemare come meglio poté.

Alla fine ottenne un risultato carino, ma ben lontano da quello che gli aveva insegnato. Era comunque carino e abbastanza rustico... Perfetto per entrambi.

Nel momento in cui Star scolò la pasta e versò il sugo, Mist spense la luce con una piccola magia, lasciando che solo la candela magica illuminasse il tutto.

Quando la pegaso notò il buio quasi si spaventò e si voltò per chiedere spiegazioni, solo per poi venir sorpresa.

 

Ai suoi occhi l'apparecchiatura era magnifica ed elegante, degna di una casa nobiliare (e conoscendo Mist non se ne stupiva). Qualcosa su cui avrebbe cenato più che volentieri.

Appoggiò la pentola sul tavolo, accanto alla candela e corse subito ad abbracciare Mist riempiendolodi baci, per ringraziarlo.

Lo stallone ne fu sorpreso, ma soprattutto felice.

Poi lo colse l'odore del cibo. Se prima aveva dei dubbi ora ne era quasi certo.

'E' quello che penso che sia?' le domandò, iniziando quasi a sbavare dalla fame.

'Oh, si. Proprio loro. Penne ai Cavolfiori.'

Mist si irrigidì, spaventato.

Odiava i cavolfiori.

'S... Star...' balbettò.

'Dai che scherzo!' esclamò lei, scoperchiando la pentola 'Ta-Dà! Risotto alle Giunghiglie!'

Quello invece era il suo piatto preferito, legato alla sua infanzia. Lo stesso piatto che gli cucinava sepre il fratello Shine da piccolo, nei primi tempi dopo la fuga del padre.

Leccandosi le labbra si sedette e si sistemò, felice come una pasqua.

L'ambiente, la compagnia, il cibo, la situazione... Era tutto così... allegro.

Spensierato.

Star servì due belle porzioni in entrambi i piatte e poi finalmente si sedette.

I due si lanciarono qualche sguardo romantico, col riflesso dell'unica candela sugli occhi e fecero per cominciare.

'Prima però!' esclamò Mist, interrompendola 'Un brindisi!'

Tirò fuori con sé la bottiglia di champagne di prima classe che si era portato dietro da casa e lo versò in due bicchieri. Non erano calici di cristallo, tantomeno erano uguali, ma avrebbero funzionato lo stesso.

Star sollevò la sua bevanda.

'Che la nostra relazione possa durare ancora a lungo.'

'Che io possa rimanere astemio anche dopo questo!' aggiunse l'unicorno, decisamente in vena di battute. Ironicamente, era la situazione stessa che lo ubriacava di gioia.

 

E poi, senza quasi più parlarsi, si misero a mangiare.

Il riso era venuto così buono che non riuscivano a non riempircisi la bocca di continuo.

 

Passarono poi il resto della serata, con la pancia piena, a leggere un libro insieme.

Abbracciati vicini, Mist lo teneva con la zampa destra e Star con la zampa sinistra, rimanendo entrambi vicini guancia a guancia.

Cominciarono ad alternare i ruoli ad alta voce, la pegaso faceva la femmina e l'unicorno il maschio. Non si erano nemmeno detti nulla, così, all'improvviso, cominciarono a comportarsi così.

Bastò lanciarsi una rapida occhiata d'intesa per capire cosa l'altro volesse fare.

Il libro che stavano leggendo era “Il Diario della Ragnarok”, la storia d'amore di due grifoni, entrambi soldati sull'ammiraglia della flotta di Arkadis.

La dura vita del solcanubi – nome dei “marinai” grifonici – impediva al loro amore di esprimersi, eppure i due superavano qualunque difficoltà assieme, senza mai litigare.

Mist in particolare era appassionato di questo tipo di storie.

'Questo è un gran libro!' esclamò, avendolo già letto un paio di volte 'E' bello perché riesce a non usare nessun cliché tipico dei racconti romantici. E' semplicemente una storia verosimile e molto toccante, che non ha bisogno di ricorrere a momenti esageratamente tragici per emozionare.'

'Come dici?' domandò retoricamente Star 'Tutti sanno far piangere con momenti tragici, ma solo i geni ti commuovono parlando della vita normale?'

'Una cosa del genere, si.' rispose 'Solo che se devi mostrare una vita normale... raramente c'è poco interesse. Insomma, se non succede nulla che gusto c'è? La lettura serve appunto ad evadere un po' dalla realtà, immedesimarsi in ciò che non siamo.'

'Beh, noi due non siamo grifoni, quindi.'

'Ma tu hai le ali, almeno.' disse, accarezzandogliele delicatamente e dandole un bacio sulla guancia. 'Comunque sai, ho scelto cosa mettermi a studiare per l'esame da arcimago.'

'Uuuuh!' esclamò sorpresa Star 'E me lo dici solo ora?'

'Beh, ancora non è nulla di certo, però... beh, sai con Scroll vedo un sacco di animali, dopotutto lui è un animagus... Quindi mi son detto... perché non scrivere un enciclopedia delle bestie feroci?'

La pegaso rimase preoccupata.

'Bestie... feroci?'

'Beh, si, quelle di cui si sa poco. Manticore, chimere, idre... Che ne so, magari un giorno parlerò delle creature di Gantamare, o.... perché no? I Leggendari Grand Paw, o i misteriosi Quilin!'

'Ma... sei... sei sicuro?' mostrò una grande incertezza nella voce e si appoggiò con la testa alla sua spalla. 'Insomma, è un bel po' rischioso, no?'

Mist le carezzò la criniera.

'Pfft, tranquilla. Per molte creature mi farò aiutare dal mio maestro. Lui le conosce molto bene. E poi tranquilla, lo sai che non sono uno che si prende rischi inutili.'

'Beh, si, però....' non finì la frase e si strinse a lui, abbracciandolo forte.

Non voleva lasciarlo andare.

Mist richiuse il libro e lo appoggiò su un bracciolo del divano, stendendosi un poco. Posò quindi la sua testa su quella di Star e se la tenne vicina.

'Andrà tutto bene, tranquilla...'

 

 

Andare a letto fu inizialmente un poco difficile, dovuto alle dimensioni non eccezionali del letto.

Star si mise su di un lato, fino a toccare il muro e lasciò che Mist entrasse e si mettesse comodo. Rimase ferma a guardarlo, mentre si sdraiava e si sistemava le coperte.

Sentì un grande desiderio farsi sempre più intenso, diventando quasi una sorta di bolla frizzante nello stomaco, da quanto era tesa.

Mist... era un bellissimo stallone.

Quella specie di principe azzurro che tutte le puledrine sognavano.

Per lei in particolare, era il pony che l'aveva aiutata tantissimo in molti momenti difficili, che non si era fatto problemi sulle sue origini.

Il suo animo era combattuto. Perché se da un lato Mist l'avrebbe fatta uscire dalla povertà, da l'altro si sentiva in colpa coi suoi amici di Cloudsdale e soprattutto con Mist stesso.

Le dava davvero fastidio la sensazione di “usarlo”.

“Dai Star.... se ti da fastidio la sensazione di usarlo è perché lo ami davvero... E non c'entrano i soldi... Mi sono innamorata di lui prima di sapere che era un ex-nobile...”

Vedendo Mist accanto a sé volle abbracciarlo di nuovo.

Lo stallone era supino e sentì la fidanzata appoggiarsi al suo petto, avvolgendolo sia con le zampe che coprendolo con l'ala sinistra.

L'unicorno rimase tranquillo, sorridendo, e se la coccolò dolcemente per qualche minuto. Sentì i crini sciolti e delicati della giumenta sui suoi zoccoli, uniti al profumo di ozono.

La adorava, semplicemente la adorava.

'Uhm... Mist?' ad un certo punto lei ruppe il silenzio.

'Si amore?'

'Stavo pensando... da quanto stiamo insieme?' disse, poi deglutì, nervosa.

'Uhm... ci conosciamo da un anno, però...'

'Beh... di solito molte coppie a questo punto...'

Mist non capì assolutamente dove volesse andare a parare.

'Tranquilla, noi dureremo molto di più di un anno!' e la baciò sulla fronte.

Non era proprio quello che Star aveva in mente. C'era un'altra ragione per cui era così nervosa quella sera... Aveva capito che l'unicorno non era proprio un genio di iniziativa.

 

 

Rimasero accoccolati per diverso tempo, indefinito, con lo sguardo verso l'alto.

'Certo che non me lo aspettavo un lucernario, proprio sopra il letto.' commentò Mist.

'Mi piace guardare le stelle prima di addormentarmi.' rispose la giumenta, strofinandosi col muso sul petto dello stallone.

'Danno anche una luce rilassante... Mi piace un sacco...'

Star era lieta di sentire un complimento dal suo amato e si tenne ancora più vicino a lui.

Ammetté a sé stessa che il riverbero dovuto all'alto soffitto suonava strano, anche perché di solito non aveva mai nessuno in casa, quindi non c'era abituata.

Però per qualche ragione... la voce di Mist rimaneva comunque forte e potente.

L'unicorno chiuse gli occhi, intento ad assaporare il momento il più possibile, concentrandosi solo sul tatto. Si mise le zampe dietro la testa, sul cuscino e sospirò felice.

 

Poi però qualcosa lo prese di soprassalto.

Sentì qualcosa di morbido e delicato toccarlo tra le gambe.

Spalancò gli occhi stupito, solo per capire che era una zampa di Star.

Quando alzò la testa per chiedere cosa stesse succedendo fu bloccato dall'altra zampa e ricevette un bacio a tradimento dalla fidanzata.

Sentì le palpebre tornare normali e cadere, non più in preda alla tensione.

Si lasciò accarezzare dalla sua amata, avendo finalmente capito cosa voleva fare. E chi era lui per fermarla? Però poi qualcosa lo fece fermare.

'Star...' le afferrò la zampa. '...sei... sei sicura di volerlo fare... ora?'

'E perché no? Prima o poi dovremo avere la nostra prima volta, no?'

'Si, ma... e... e se tu rimanessi incinta? Insomma... Stiamo ancora studiando, non abbiamo lavoro. Se... se accadesse...'

La pegaso arretrò un po'.

'Io... beh.... non mi dispiacerebbe affatto avere un figlio da te...'

Le accarezzò la guancia.

'Anche a me piacerebbe. Tu... tu sei quella con cui voglio passare il resto della mia vita.'

'Ihihih... hai mai avuto ragazze prima di me?'

'Uh?' l'unicorno rimase stranito 'No, a dire il vero no. Mio fratello forse ora è alla decima ragazza, però io non sono lui.'

Star a tradimento gli piantò un grosso bacio sul collo, salendo poi più in su fino alla bocca.

'Ho dei soldi da parte, potrei passare in farmacia domattina.' gli disse, mettendolo leggermente a disagio.

'Uhm... quelle pillole non sono proprio ben studiate, lo sai?' cercò di farla ragionare.

Non è che non volesse farlo con lei, anzi... però aveva seriamente paura dei possibili effetti collaterali.

Inoltre non era ben certo di cosa fare una volta arrivato lì.

Per quanto uno potesse farsi “ganzo” agli occhi altrui... beh, erano cose che difficilmente riuscivano alla prima. Aveva varie paure... Farle male, sbagliare qualcosa, non essere all'altezza delle aspettative di lei...

Poi però ebbe una sorta di illuminazione.

Sia lui che Star... lo volevano.

Volevano stare insieme, volevano unirsi per mai più separarsi.

Chiuse gli occhi e la baciò.

'Fai pure tu quello che vuoi...' le disse.

'Ihihihih!' sghignazzò Star, baciandolo di nuovo. 'Però poi anche tu dovrai muoverti, no?'

'Beh, vedremo...'

'L'istinto farà il suo dovere, ne sono sicura.' commentò, tirandolo a sé.

 

E cominciarono.

 

 

 

Mist rimase sotto le coperte, dando le spalle alla fidanzata. Era visibilmente preoccupato e in qualche modo dispiaciuto.

Star era accanto a lui, coi crini sciolti, sparsi sul cuscino e sul materasso, fissa a guardare il soffitto, ripensando a ciò che era accaduto quella notte.

Ne era felice, felicissima...

Sentiva di essersi unita con lui, aveva sperimentato le sue pulsazioni, si erano sincronizzati col ritmo.... Per quel tempo indefinito che era durato, erano come diventati una cosa sola, unita dall'amore.

Ma Mist non si sentiva a suo agio.

Gli mise una zampa sulla spalla.

'Amore... che c'è?' gli chiese.

'Ehm.... uhm...' bofonchiò 'Mi dispiace.' disse.

'E per cosa? Non è che sei andato male, anzi...'

'Cinque minuti.' furono le lapidarie parole dello stallone 'Cinque dannati minuti.'

Si sentì delle zampe avvolgergli petto e pancia, mentre il respiro dell'amata si faceva sempre più vicino al collo. Rimase fermo continuando a tenere su un finto muso lungo, solo per godersi qualche altra coccola.

'Su, su, dopotutto... è noto che la prima volta non va mai molto bene...' gli accarezzò un fianco. 'Si dura poco, fa male... però...' continuò a sussurrargli soavemente nell'orecchio '...Se si chiama prima volta c'è una ragione. E' perché ci sarà una seconda... Vedrai che pian piano andrà meglio.'

Mist si girò così nel letto, facendo attenzione a non darle fastidio e soprattutto a non interrompere l'abbraccio. La baciò con passione.

'Eheheh... ti amo.' le disse.

Lei gli lanciò un'altra occhiata di sfida.

'Tutto qui il tuo romanticismo?'

Lui le premette il naso facendo “boop” con la bocca.

'L'ho esaurito tutto stanotte, mi dispiace. Sto ricaricando le batterie.'

'Lo hai esaurito in cinque minuti.' precisò Star, quasi per prenderlo amorevolmente in giro.

'Beh, lo avevo già consumato nel corso della serata, sai...'

'Ho capito...' la pegaso si massaggiò il mento '...Per farti durare di più devo assalirti quando meno te l'aspetti. Magari in pubblico!'

Le arrivò una cuscinata in faccia.

'Giammai! Già soffro di ansia da palcoscenico, figurati fare quelle cose in pubblico!'

In risposta si beccò un'altra cuscinata.

'Allora dovrai difendere la tua privacy dalla malvagia Imperatrice Shooting Star!!!!' urlò, con la voce che riecheggiava nella casa.

E continuarono a lottare coi cuscini.

Colpendosi amorevolmente.

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Capitolo 11
*** Valorizza i tuoi ideali ***


"Non ci sono brutte o cattive ragioni. Solo ragioni per cui vale la pena lottare."

 

 

‘Un… un alicorno?’ chiese titubante Star, guardando il piccolo puledrino che già si era addormentato sul letto.

‘Già, anche io all’inizio non riuscivo a concepire una cosa del genere, ma ti garantisco che ha sia il corno che le ali.’ Rispose suo marito.

La pegaso rimase a guardare Hope nel letto, in silenzio.

‘Comunque…’ riprese il discorso ‘Per ora occupiamoci di rimetterlo in sesto, poi faremo il punto della situazione… cioè… capire da dove viene…’

‘Allora…’ cercò di dire Mist, nascondendo un po’ di imbarazzo ‘Lo… lo lascio a te. Penso tu sia più brava in queste cose…’

Tacitamente sapevano cosa questa situazione gli faceva tornare in mente e in parte ne soffrivano un po’, ma erano decisi, soprattutto Star, a godersi il momento.

Senza dirsi nulla decisero di provare a fare da genitori per quel piccoletto. Sarebbe durato poco, ma almeno si sarebbero sentiti un po’ più in pace con quanto era accaduto mesi addietro.

Mist scese le scale per prendere una boccata d’aria fresca, era ancora un po’ scosso, provato dal combattimento con l’ursa major e dall’aver salvato quel puledro.

Si guardò un po’ intorno, ormai si era abituato a vedere in bianco e nero e non ci dava quasi più peso, quindi sospirò e si sedette sulla panchina, guardando le nuvole in cielo.

Spesso, quando aveva troppi pensieri per la testa si metteva comodo alla finestra e cercava le forme più bizzarre tra le nuvole, trovando a volte l’ispirazione per proseguire i suoi studi.

Passarono una nuvola a forma di ferro di cavallo, una a forma di gelato alla crema e una a forma di stella cometa.

‘Sembra il cutiemark di Star!’ disse fra sé e sé.

Già, Star… aveva notato subito come lei si fosse comportata da mamma appena aveva visto Hope nel letto, le si leggeva proprio negli occhi la convinzione che fosse davvero figlio suo.

Quel puledrino, che triste sorte gli era toccata… Era cieco ed era comunque stato colpito dalla maledizione. Dal suo punto di vista non cambiava nulla, non ci vedeva lo stesso, ma era cambiato come tutti lo vedevano: come un reietto contagioso.

Mist si immaginò la situazione prima che scappasse, probabilmente era stato abbandonato ai margini della foresta ed era stato attaccato da quei timberwolf, poteva dirsi assai fortunato di averlo incrociato proprio in quel momento.

Poverino… Così piccolo, ma costretto ad avere a che fare con una malattia che nemmeno si è certi sia davvero contagiosa, denigrato da tutti e costretto a scappare dai colorati…

Fu così preso da questi pensieri che non si mise a riflettere sul fatto che fosse un alicorno e preferì decisamente non darci molto peso.

Piuttosto era un altro il suo attuale problema: era un po’ che non riceveva una lettera da Celestia.

 

Star rimase in camera, a vegliare sul “figlio temporaneo”.

Iniziò a girare intorno al letto nevroticamente, cercando l’angolazione migliore per poterlo vedere. Non riuscendo a decidersi continuava a spostarsi.

Iniziò quindi a riflettere su cosa doveva fare appena il piccolo si sarebbe svegliato: preparargli qualcosa da mangiare, stargli vicino… cosa doveva fare come madre?

Cercò di pensare alla sua di madre.

Le ritornarono in mente numerose scene della sua infanzia, nei vicoli di Cloudsdale. Vivere tra i rifiuti e dormire sotto un foglio di cartone non erano proprio bei esempi, però… si ricordava di come sua mamma le sistemava con cura la coperta e di come la abbracciava quando aveva freddo.

Ricordi dolci amari, che fecero rotolare giù qualche lacrima dai suoi occhi.

“Mamma…” mormorò “Che cosa devo fare?”.

Inquieta e nervosa ebbe l’istinto di andarsi a fare una camomilla. ‘Andiamo, cosa ci vorrà a farsi una camomilla?’ si domandava, però poi arrivata davanti alle scale si voltò nuovamente verso il letto. Hope era ancora sopito e le coperte si alzavano e abbassavano regolarmente, segno che respirava senza problemi. Cercò maldestramente di scendere le scale all’indietro ed entrò in cucina senza ma staccare lo sguardo dal piano di sopra, tenendo all’erta tutti i sensi per monitorare anche il minimo cambiamento.

Prese, con un po’ di fatica perché non guardava, le bustine e riempì di acqua calda la teiera. Poi si sporse nuovamente dalla porta e ricontrollò le scale.

 

Mist era ancora seduto, godendosi il cielo sereno e respirando la fresca brezza che lambiva il suo muso. Un momento di pace idilliaco, senza pensieri, che nessuno avrebbe mai potuto interrompere

“AAAAAAAAAH!!!” sentì urlare all’improvviso sua moglie. Sobbalzò sulla sedia e scattò di corsa in casa.

La trovò davanti ai fornelli con la teiera in testa e i capelli bagnati.

‘SCOTTAAAAAARGH!!!’ urlò, quasi squittendo. Mist trattenne una risata, poi si avvicinò e la aiutò a rialzarsi.

‘Stai bene?’

‘Ehm... si, per fortuna non era nemmeno a bollore, altrimenti sarebbe…’

‘Ma che ti è preso, eh?’

‘E’ che…’ arrancò Star, cercando una giustificazione. Suo marito sorrise e le fece cenno che aveva capito.

‘Presa dal bambino, giusto?’

‘Eh, già…’ si massaggiò la nuca con una zampa ‘Non ho idea di cosa fare.’

‘Vorrei poterti aiutare, ma non credo che saprei dirti qualcosa…’ Mist, nel parlare, si fece leggermente scuro in volto e Star capì subito cosa lo angustiava.

Nessuno dei due usciva da una situazione familiare semplice.

Star non aveva mai conosciuto il padre ed era cresciuta per strada, Mist aveva visto suo padre scappare di casa e sua madre diventare pazza per il dolore. Avevano avuto proprio dei bei esempi di genitori.

Sentirono muovere qualche passo incerto dietro di loro e subito Star interruppe la discussione e guardò alle spalle del marito.

Hope aveva sceso le scale e, a tentoni, aveva trovato l’ingresso.

‘Oh, mioddio!’ esclamò la pegaso, correndo verso il piccolo. ‘Ti sei fatto male? Hai avuto problemi a fare le scale?’ lo tempestò di domande, preoccupata. Il puledro apparve leggermente scosso.

‘No, no… sto bene…’ rispose sottovoce.

‘Ah, meno male.’ Disse, tirando un sospiro di sollievo.

Mist si avvicinò ai due, con disinvoltura.

‘Sembra che questo piccoletto sappi il fatto suo.’ Gli strofinò i capelli con lo zoccolo. ‘Io sono nello studio a riguardare il materiale che Celestia mi ha mandato lo scorso mese.’

E, detto questo, si allontanò.

Star rimase leggermente stupita, ma anche felice: era strano vedere suo marito così stranamente felice, lui che di solito rimaneva immusonito a tempo pieno.

Però, per quel breve istante che era distratta, non si accorse del cambio di espressione sul volto di Hope al suono della parola “Celestia”.

 

‘E qua si propone un brindisi per il nuovo arrivato!’ esclamò Windmill, ancora dolorante ma capace di allontanarsi dal letto.

Star e Mist avevano deciso di mostrare il loro ospite agli amici, ma prima gli avevano diligentemente fatto indossare un gilet grigio per coprire le ali, non erano sicuri che fosse il caso di diffondere il fatto che fosse un alicorno.

La famiglia di Windmill aveva ben accolto il puledrino e gli aveva organizzato una festa coi fiocchi, con tanto di numerose pietanze, musica anni cinquanta e torta per l’occasione.

Inutile dire che Hope si sentì subito a disagio, aveva già mostrato di essere molto timido e l’essere così al centro dell’attenzione non faceva altro che gettargli pressione addosso, facendogli nascondere il volto con gli zoccoli.

‘E io stappo la bottiglia, ok?’ Tall afferrò lo champagne per le occasioni speciali e si preparò a svitare il tappo. ‘Attenti che parte! E uno, du…’

PAM!

Nell’istante in cui si udì lo scoppio Mist cadde all’indietro, ribaltando la sedia e trovandosi con la schiena a terra. Il tappo era rimbalzato sul soffitto e aveva centrato l’unicorno proprio in pieno muso, spaccandogli gli occhiali.

Si rialzò di scatto, col viso leggermente deformato e gli occhiali frantumati. Il lineamenti si ricomposero in fretta grazie al suo potere, mentre per gli occhiali fu costretto ad usare un po’ di magia.

Guardò con faccia severa l’amico.

‘Meno male che ero io, cosa sarebbe successo se avesse preso qualcun altro, tipo Hope?’

‘Ehm…’ Tall iniziò a sudare freddo ‘Almeno si dice che porta fortuna, no?’

‘Guarda il lato positivo Mist! Un po’ di fortuna ci farà comodo!’ Star prese parola, sorridendo al marito, che si calmò.

‘Già, è vero!’ Water Pulse si inserì nel discorso ‘Ora che lo avete adottato è come se fosse vostro figlio, no? Ve ne servirà di fortuna!’

Mist sputò violentemente lo champagne che stava bevendo addosso a Windmill, poi tossì violentemente.

‘No, in realtà lo teniamo con noi finché non scopriamo chi sono i suoi genitori.’ Cercò di spiegare, imbarazzato. Effettivamente non si sentiva a suo agio a dire “mio figlio”, almeno per ora.

Hope, che fino ad allora era rimasto in silenzio, parlò. Tutti si zittirono di colpo, interrompendo il pasto. Il puledro che fino ad allora si era limitato a rispondere a suon di mugolii e monosillabi disse qualcosa.

‘Ecco, io… non ho famiglia… Quindi…’

A queste parole Star abbassò i lati della bocca e gli si avvicinò, mettendogli un braccio intorno alle spalle. Aveva uno sguardo serio, lo stesso che assumeva quando doveva incoraggiare i suoi ex-compagni di squadra. Non c’era compassione nei suoi occhi… solo comprensione.

‘Ne so qualcosa…’ sussurrò sottovoce. Hope girò il viso verso di lei e orientò le orecchie. Appoggiò il musetto al petto della giumenta, respirando forte, quasi piangendo.

La scena lasciò tutti fermi a guardare, pure quel casinista di Tall frenò la sua verve inquieta.

Star in quel momento abbandonò completamente ogni indugio. Decise di aprire il suo cuore al puledro e di accoglierlo in famiglia, come fosse suo figlio. Chiuse gli occhi e cinse le spalle del piccolo, tenendolo stretto a sé come solo una vera madre sapeva fare.

In quel momento Water, che più di tutti comprendeva i sentimenti di Star, interruppe il momento, all’improvviso.

‘Basta così, è deciso!’ batté lo zoccolo sul tavolo. ‘Questo puledro, Blind Hope, da oggi è figlio di Midnight Mist e Shooting Star! E’ deciso, poffarbacco!’

E stavolta all’unicorno andò di traverso il boccone. Tossì un paio di volte e poi si ricompose. Il suo sguardo rimase come concentrato, ma si capiva che non stava puntando a niente.

‘Mist?’ domandò Windmill, ancora intendo ad asciugarsi. Non ricevette risposta.

Star invece si mise a ridere, con uno zoccolo davanti alla bocca.

‘Lascialo stare, sa… “processando” la situazione.’

‘Beh, se facesse meno il musone forse non andrebbe in tilt quando è contento, no?’ disse Tall ‘Perché sei contento, vero?’ e lo punzecchiò col gomito.

Non ricevette nessun segnale dall’unicorno, ancora concentrato a guardare il vuoto.

 

Dopo pranzo Hope finalmente si sciolse un po' e iniziò a parlare con Tulip, suo coetaneo. Si sedettero e guardarono con attenzione (o almeno, Hope ascoltò) Tall, che si mise su due zampe davanti a loro mimando una tigre pronta a sbranare i piccoli.

'RAAAWR, VI MANGIO!' urlò, rincorrendoli, mentre i due puledrini scappavano da tutte le parti. Tulip, che conosceva bene la casa, saltellò in giro e si nascose subito dietro un cassonetto, mentre Hope si girò di scatto e iniziò a correre, spostandosi solo all'ultimo secondo prima di impattare su una qualunque superficie.

Mist e Windmill erano seduti sul divano e osservavano i loro figli giocare allegramente.

'Beh, almeno ora si è smosso un po'.' disse Mist 'Sono contento che abbi fato amicizia con Tulip, se non sbagli tuo figlio non aveva coetanei qui.'

'Già, diciamo che è una fortuna inaspettata. Anche per Hope, sembra che non avesse molti amici prima, a giudicare da come si comporta.'

'Qualunque cosa gli fosse successa ora è tutto passato. Ha avuto fortuna ad incrociare voi due, sono sicuro che saprete accudirlo e crescerlo bene.'

Mist chinò la testa.

'Non sono molto sicuro... Sono molto preoccupato.' mormorò.

'E perché?'

'Perché non so come fare... Non mi sento pronto a crescere un figlio. Ancora nemmeno sono sicuro se voglio davvero trattare Hope come tale. Insomma, è strano... Perché dovrei accogliere come figlio un puledrino trovato nella foresta? Io...'

Windmill gli mise una mano sulla spalla.

'Non pensi che forse sia l'occasione di far trovare a tua moglie un po' di serenità? Guarda come è felice.'

E si misero a guardare la pegaso che fluttuava a mezz'aria mentre Hope e Tulip cercavano di acchiapparla.

Stava ridendo di gioia, come Mist non la vedeva fare da un sacco di tempo.

'E' davvero brava.' aggiunse 'Si vede proprio che era una wonderbolt!'

'Già, ma dopo l'incidente non ha mai potuto volare più come prima e...' si fermò, imbarazzato e guardò le ali fasciate dell'amico. 'Ehm... scusa...'

'Fa nulla, l'importante è che stiamo tutti bene e possiamo goderci questo momento di felicità. Ne abbiamo diritto dopo tutto quello che abbiamo passato.'

'Dici che è giusto dimenticare le disgrazie che ci sono capitate?'

'Santo cielo, no! Però non possiamo nemmeno passare la vita a piangere i morti e a ricordare eventi spiacevoli. Serve anche lo svago di tanto in tanto, altrimenti esploderemo!'

Per Mist quelle parole risultavano abbastanza banali, con tutti i libri che aveva letto aveva affrontato quel tema numerose volte. Però dette da Windmill, con la sua carismatica voce assumevano tutto un altro effetto, molto più efficace.

Sospirò e si prese un momento.

Sentì le grida di gioia dei bambini, le risate della moglie e la presenza degli amici. Il tepore del camino acceso che scaldava la stanza, l'energia e la calma del momento.

Socchiuse gli occhi.

Sorrise.

Si sentì finalmente un po' in pace, quasi come se l'incidente non fosse mai accaduto e la maledizione fosse stata solo un male passeggero, come un test di magia molto impegnativo.

'Ti hanno mai detto che hai davvero un bel sorriso? Dovresti sorridere di più.' gli disse Windmill. Mist si girò e si mise a ridere.

'Me lo diceva anche un mio vecchio amico.' ripensando a Jam, per la prima volta non si sentì triste per la sua scomparsa, ma si sentì felice per i bei momenti che aveva passato con lui.

'Te lo diceva perché è vero. Hai un qualcosa quando sorridi che rallegra tutti quanti.'

'E' che sorrido poco mi sa.' speigò 'Quindi quando mi vedono sorridere sanno tutti che c'è qualcosa per cui essere davvero felici, no?'

'Ecco, se è così non sorridere troppo o la magia sparisce, eheheh!'

Anche Mist si mise a ridere, poi si spaparanzò con la schiena sul divano, braccia dietro di esso e testa verso l'alto.

Windmill, che stava per alzarsi e prendere un altro stuzzichino fu colto da una domanda improvvisa.

'Wind, cosa significa essere padre? Almeno, per te cosa significa?'

Il pegaso lo guardò stupito e prese una tartina dal tavolo, mettendola in bocca.

'Urca, era quella di primule. La volevo di viole...' commentò, sedendosi, poi rispose alla domanda, con la bocca ancora piena 'E... non lo chiedi a tuo padre?'

Il sorriso sulla faccia di Mist sparì.

'Mio padre? Eh, bella storia, ma io ce l'ho avuto un padre?'

'Oh... mi dispiace, io non sapevo che...' Windmill credeva che Mist avesse perso il genitore quando era piccolo, ma fu smentito poco dopo.

'No, no, è ancora vivo... credo... solo che non ci penso neanche lontanamente a risentirlo.'

'Ehm... me ne vuoi parlare?' gli chiese.

'Oh, non te l'ho detto è vero.' Mist si rialzò, guardando l'amico con sguardo serio. 'E' una storia di quando ero un puledrino. Un giorno tornai a casa da scuola e trovai mio padre, con la sua fiera capigliatura verde, fuori dalla porta di casa, solo che accanto a lui c'era una giumenta che non avevo mai visto, coi capelli neri e il manto verde scuro. Non ho certo scordato lo sguardo che mi lanciò quella tipa, come se stesse guardando qualcosa di fastidioso e inutile. Senza dirmi nulla mi passò accanto e se ne andò. Non realizzai cosa era accaduto finché non entrai dentro e trovai mio fratello a consolare mia madre, riversa sul tavolo in lacrime. Non l'ho mai perdonato quel bastardo...'

Windmill ascoltò la storia in silenzio e quando Mist finì cominciò a parlare con tono un po' meno serio, per alleggerire la tensione.

'Woah, non sapevo tu avessi un fratello.'

'Oh, ha dieci anni più di me, ma ora vive nel nuovo continente, nella Repubblica di Gyraph. Fa il meccanico e non lo sento da un bel po'. Siamo sempre stati in buoni rapporti io e lui.'

'Beh, almeno questo... comunque... mi dispiace per quanto ti è accaduto.' Windmill non riuscì a mantenere un tono allegro troppo a lungo.

'Non fartene un problema, è una cosa di quasi trenta anni fa ormai, anche di più, ci sono passato sopra da un bel pezzo.'

'Comunque... tornando al discorso di prima... posso dirti cosa per me è significato fare il padre.'

Mist assunse un'espressione concentrata e si mise ad ascoltarlo con interesse.

'Dunque, essere un genitore... umh... non c'è una vera ricetta per farlo, ho sempre creduto fosse una cosa che tutti noi possediamo d'istinto. Però non saprei dirti, credo che un figlio adottato sia totalmente diverso da un figlio naturale, ma ciò non cambia ciò che un figlio deve essere!'

'Che intendi?'

'Che un figlio deve essere la sola cosa che vale più della tua stessa vita. Crescerne uno richiede sacrifici, anche grandi. E' una gioia vederli crescere e vederli aiutarti nella vecchiaia, ma è un dolore perderli quando lasciano la casa per vivere da soli, vanno compresi, ma vanno anche rimproverati quando sbagliano.' riprese fiato, con un grande respiro 'E' una questione di equilibrio con le scelte che fai. Mira alla sua felicità, ma non negargli una gioia leggermente dannosa. Un figlio deve anche sperimentare e imparare... Ecco! Credo di esserci arrivato. Per me essere un padre è essere un maestro di vita!'

Mist, sentite quelle parole, si mise uno zoccolo in fronte e cominciò a ridere. Windmill, vedendolo così, rimase un po' sorpreso, chiedendosi il perché.

'Bizzarro.' commentò l'unicorno 'E' esattamente quello che faceva il mio maestro Elder Scroll.'

'Cosa?'

'Il mio vecchio maestro di magia nera, quando diventai il suo miglior studente decise di prendermi sotto la sua protezione e mi insegnò tante altre cose della vita. Un maestro di vita, come dici tu. Per me era come un padre.'

'Beh, allora... prendi esempio da lui.'

Mist gli sorrise.

'Sai cosa? Non è una cattiva idea!'

 

Il pranzo era appena finito e Mist si era seduto accanto a Windmill a chiacchierare sul divano.

Hope era rimasto seduto al tavolo, meditando sulle parole di Star.

Quella pegaso... aveva veramente un buon odore, un odore di casa, familiare e rassicurante. E la sua voce era così dolce e comprensiva, ma anche autoritaria e sicura.

Per la prima volta desiderò di poter vedere qualcuno in faccia anziché limitarsi ad ascoltare. Chinò il capo in silenzio, per non mostrare le lacrime che stava versando.

Voleva ringraziare Star per quell'abbraccio, che gli aveva scaldato il cuore. E dopo tutto quello che aveva passato ne aveva più che bisogno...

Si ripromise che un giorno avrebbe raccontato a loro due cosa era accaduto in realtà. I suoi genitori, o almeno sua mamma, erano ancora vivi, ma sapeva bene che non sarebbero mai venuti a cercarlo.

Era stato fortunato a trovare Mist.

Tuttavia il terrore di non essere accettato per via delle corna, che aveva sin da piccolo, ancora non era calato e, sebbene avesse capito che quelli erano pony diversi da tutti quelli incontrati finora, ancora aveva paura di dire qualcosa di troppo.

Non voleva però nemmeno essere troppo al centro, ecco perché aveva accettato senza problemi il gilet per coprirgli le ali, così nessuno avrebbe notato che era un alicorno e non gli avrebbero riservato un trattamento da principe.

Perché effettivamente era quello che era.

Sua madre era Celestia.

'Hope?' la rincuorante voce di Star lo fece risvegliare da quello stato di riflessione.

'S-si, Star?'

'Se vuoi...' balbettò la pegaso 'Puoi.... puoi chiamarmi mamma...' Hope non lo vide, ma Star arrossì dicendolo e nel suo stomaco si stava formando un grumo dall'emozione.

'Ehm... va bene. Uhm... ma... mamma, che c'è?'

Anziché una risposta a parole si sentì stringere fortissimo una seconda volta e sentì le lacrime della giumenta sul suo collo.

'Per.. perché...' le parole le si strozzavano in gola dalla contentezza nel sentirsi chiamare mamma '..perché non giochi un po' con Tulip?'

'Ma... e... e se mi prendesse in giro per le mie corna?' domandò preoccupato. Star si alzò, gli prese uno dei suoi piccoli zoccoli e se lo portò alla testa, facendogli toccare le corna che anch'ella aveva.

'Qui le abbiamo tutti quanti... nessuno ti prenderà mai in giro.'

Hope addirittura aprì gli occhi, mostrandoli grigi, ma stavolta brillanti. Poi li richiuse subito e girò le orecchie verso l'altro bambino, cercando di identificarne la posizione dal rumore.

Prima che potesse farlo però sua madre adottiva lo sollevò e lo avvicinò all'altro puledrino.

'Ecco.' disse dolcemente.

'Ma mamma!' esclamò lamentandosi 'Solo perché non ci vedo non significa che non possa muovermi!' e ridacchiò di gioia, per la prima volta da quando era stato abbandonato.

Poi si rese conto di dover aver a che fare con un altro bambino e si ritirò un po'.

'Ehi!' esclamò Tulip 'Vuoi venire con me a sentire le imprese eroiche di mio fratello?'

Hope rimase in silenzio, senza dire niente. Poi si sentì spingere da dietro.

'Fatti coraggio, dai.' gli disse Star.

Il puledro quindi decise di farsi avanti.

'Io mi chiamo Tulip e tu? Credo di essermi scordato il tuo nome, scusami.'

'Ho... Hope...' mormorò.

'Ehi bimbi!' Tall si intromise, in bocca teneva una pipa, probabilmente di suo nonno. 'Vi avevo promesso che vi avrei raccontato quella volta in cui una tigre dai denti a sciabola fu resuscitata dal malvagio scienziato pazzo Mirage Ether e mi cacciò per mari e monti e pianure e laghi. Tutto in un giorno solo! Andiamo!'

Si sistemò la pipa e iniziò a mimare qualcosa.

Hope, che era cieco, non poteva certo vederlo e Tall se ne accorse subito. Decise quindi di iniziare a raccontare per filo e per segno ogni gesto che stava compiendo.

'E poi misi gli zoccoli all'indietro, come per caricare un poderoso calcio e poi... BAM! Da allora avrebbero dovuto chiamarla Tigre con un solo dente a sciabola! A sciabola rotta, per la precisione!'

E tirò così un calcio per aria, mancando di poco la vetrina delle stoviglie.

 

I tre continuarono a giocare allegramente e anche Star ne fu assorbita, finendo per scappare svolazzando qua e là, inseguita dai tre ragazzi.

Water Pulse invece si avvicinò ai due stalloni seduti sul divano, a chiacchierare amichevolmente.

'Che fate uomini?'

'Discutevamo.' disse Windmill.

'Eh, quello lo vedo anche io. Di cosa discutevate?'

'Cose da uomini.' rise Mist 'Non puoi capire.'

'Umpf.' sbuffò la giumenta 'Siete proprio dei testoni voi maschi. C'è da lavare le stoviglie, tocca a te stasera, Windy!' disse, puntando il mestolo sulla faccia del marito.

'Vai Windy, tua moglie ha bisogno della tua potenza maschile.' Mist se la rise di brutto a sentir l'amico farsi chiamare così. Ma suo malgrado aveva imparato anche lui che in casa sono le mogli a comandare.

'Eh, se non ci fossero i maschi a questo mondo, chi farebbe tutti i lavori di casa?' si lamentò, massaggiandosi la schiena.

'E se non ci fossero le donne chi sfamerebbe il vostro insaziabile appetito?'

'Touché.' ammise il pegaso, avviandosi in cucina. 'E ricorda Mist, Celestia propone, il pony dispone e il puledro impone!'

'E le mogli hanno il mestolone! Io ti aspetto qui!' l'unicorno era all'apice della gioia in quel momento.

Era felice, felicissimo, tutto stava andando al meglio, ora aveva adottato un bambino, sua moglie era felice, il bimbo giocava allegramente e lui stesso si sentiva finalmente in pace con tutto.

Pure Windmill ora stava bene, si era in parte ripreso e, anche se non avrebbe più volato, era comunque sprizzante di vita, contento di essersi sacrificato per ritardare la distruzione dell'Ursa e aver protetto il villaggio.

Mist si sentiva parecchio in colpa, se fosse arrivato prima avrebbe potuto curargli le ali. Ma ciò che gli era stato appena detto, sul non rimpiangere il passato, gli fece scordare i rimorsi per un po'.

E poi.

In un singolo istante.

Crollò tutto quanto.

Inaspettatamente.

Mentre lui era sul divano.

Mentre i loro figli giocavano.

Windmill si fermò. Si portò una zampa al petto e iniziò ad ansimare.

Poi cadde a terra.

In un singolo istante.

Crollò tutto quanto.

Un'altra volta.

“WINDMILL!!!!”

“WINDMILL!!!!”

Le voci dei familiari e degli amici rimbombarono sulle pareti di casa, colmandole di paura e terrore, di disperazione e pianto. Il grigiore sul suo corpo inizò a sparire e le corna si dissolsero nell'aria, ritornò al suo colore di un tempo, la maledizione era finita...

“Windmill?!?!” l'unicorno cercò di svegliarlo, scuotendolo.

“Windmill?!”

 

“Windmill..?”

 

 

 

Pioggia.

Le strade fangose furono velocemente abbandonate, lasciandole al loro triste destino sotto un bombardamento di gocce d’acqua..

Solo Mist rimase in piedi.

Proprio lì, davanti alla cassa.

Non parlò, perché non c’era nulla da dire.

Non agì, perché non c’era niente da fare.

Erano tutti tornati in casa, comprese le due consorti e i due figli per ripararsi dalla pioggia.

Solo lui era rimasto lì.

Star, preoccupata, prima provò ad avvicinarglisi, ma l’energia disperata che emanava non le permetteva di stargli accanto. Anche se Mist non piangeva, e sua moglie nemmeno si ricordava l’ultima volta che l’aveva visto piangere, dentro di sé il suo animo era completamente in subbuglio.

Era così distrutto da non riuscire a controllare il suo Sguardo, non era minimamente avvicinabile.

Per questo erano già tornati tutti in casa lasciando il funerale a mezzo, nemmeno il prete se la sentiva di stare vicino ad una tale creatura.

Mist non ci badò minimamente, gli bastava solo essere lì, ancora accanto a lui.

Sin da quando aveva visto che la maledizione se ne stava andando aveva capito che non c'era più speranza. Due cure le aveva trovate in effetti, ma erano entrambe impraticabili. La prima richiedeva che qualcuno sacrificasse la sua vita per te, mentre l'altra... era la morte. Solo con la morte la maledizione poteva sparire.

Il senso di colpa e il rimorso si facevano spazio prepotentemente, non aveva potuto curarlo efficacemente, non aveva capito il vero problema. Ma soprattutto… Nessuno l’aveva aiutato.

“Se forse il medico fosse venuto quel giorno avrebbe capito la vera malattia che lo stava divorando... Non ci si può fidare dei colorati, sono solo egoisti che hanno paura di noi e della nostra malattia.” Pensava, incapace di trovare un obiettivo su cui sfogare la propria frustrazione.

Probabilmente sbagliava a prendersela con chi non aveva la maledizione di Greyhorn, ma al momento non riusciva a vedere altri nemici davanti a sé.

Doveva sfogarsi su qualcosa.

 

In casa di Windmill invece, Star cercava di consolare Water, raggomitolata nelle coperte del letto, stringendo forte il cuscino madido di lacrime.

La pegaso rimaneva in silenzio, non diceva nulla. Ogni cosa le sembrava scontata e rischiava semplicemente di renderla ancora più infelice. Si limitava a lasciarla sfogarsi, facendole compagnia, pronta ad aiutarla qualora glielo avesse chiesto.

Voleva piangere, non era amica di Windmill come lo era Mist, ma era comunque disperata nel suo intimo. Non lo mostrava perché voleva mostrarsi forte per sostenere la sua amica, ora vedova.

Gli occhi però gli divennero comuque lucidi e la vista le si appannava, anche se cambiava poco visto che era in penombra.

Al piano di sotto Tall era disperato, piangeva sommessamente, mentre teneva stretto tra le zampe il suo piccolo fratellino. Tulip invece era stranissimo, non piangeva, non aveva occhi lucidi. Solo un'espressione allucinata, persa nel vuoto.

Tall si ricordava come quando, solo qualche giorno fa il piccolo era rimasto muto per tutto il tempo che il padre stava male. Anche ora non parlava.

Non parlava e forse non avrebbe parlato mai più.

Ora tutto gravava sulle spalle del giovane Tall Ground che da solo avrebbe dovuto aiutare la madre a risollevarsi.

Era quello più forte psicologicamente, ma la sua giovane età era un ostacolo.

'Tulip...' mormorò, ma non ricevette risposta. Non solo a parole, ma nessun gesto del puledrino fece capire se aveva sentito o no.

Il ragazzo non sapeva contro cosa prendersela. Ogni possibile vittima, dopo un breve ragionamento, non aveva nessuna colpa. Mist aveva fatto il possibile per salvarlo ed era stato il primo a muoversi vedendo suo padre cadere. I suoi familiari e Star semplicemente non potevano nulla.

Alla fine non era colpa di nessuno, l'unica cosa contro cui poteva rifarsela era il fato.

Strinse i denti e urlò, in rapita sequenza e a lungo, i nomi di Windmill e Tulip.

Non solo aveva perso il padre.

Ma anche un altro fratello...

 

Mist invece tornò a casa sconsolato, bagnato fradicio. Si scrollò, gettando l'acqua sui muri intorno a sé, si pulì gli zoccoli e salì le scale per andare in camera.

Avevano deciso di far dormire Hope nel letto con loro, finché non avessero comprato un letto, quindi il puledrino era già sotto le coperte, ma non stava dormendo.

'P... pa... papà...' mormorò.

A sentirsi chiamare così gli si strinse il cuore. Era contento, questo si, ma parlando di “padre” gli veniva in mente solo l'immagine di Windmill che gli spiegava cosa significava avere un figlio.

Ora non poteva più nemmeno chiedergli aiuto.

Ritornò alla realtà.

'Dimmi Hope.'

'Io... c'entro qualcosa? E' stata colpa mia?'

Mist gli si avvicinò e gli diede un buffetto sulla fronte, sforzandosi di sorridergli o, visto che non vedeva, assumere un tono più paterno e leggero.

'No, per niente. E' solo stato un colpo di sfortuna... uno molto, molto brutto.'

'Ma ora... ora cosa ne sarà diTulip? E Tall? Giocheranno ancora con me?'

'Tranquillo, lo faranno. Te l'ho già detto, nessuno ti da la colpa.'

'Io...' e si ritirò sotto le coperte, nascondendo il volto.

'Hope, forse è meglio se ne parliamo domani... Ce la fai a dormire?'

Il puledro scosse la testa, facendo cascare le lacrime lungo le gote.

'Ti posso dare una mano? Conosco un piccolo incantesimo che ti aiuterà a dormire.'

Annuì.

La punta del corno di Mist si illuminò delicatamente e toccò la fronte di Hope che, in pochi secondi, fece cascare la testa all'indietro e si addormentò.

Era meglio così, aveva bisogno di riprendersi e lasciar correre un po' di tempo. Dormendo non avrebbe sofferto e domattina sarebbe stato riposato e avrebbe potuto parlargli e stargli vicino, insieme a Tall e a Tulip.

Mentre pensava sentì la porta chiudersi e il rumore di zoccoli che salivano le scale. Era Star, che gli si parò di fronte. Aveva gli occhi socchiusi e le labbra serrate, come se fossero idecise su che espressione assumere.

Prima che potesse salutarla la pegaso gli saltò addosso, iniziando a piangere e ad urlare.

'E' LA MALEDIZIONE! LA MIA DANNATA MALEDIZIONE! COSA FAREMO SE... se..'

Singhiozzò ripetutamente, strozzando le parole in gola.

'E se poi colpisse anche Hope? Non ha risparmiato nemmeno il nostro piccolo, perché dovrebbe farsi scrupoli con Hope? PERCHE'?!?'

Mist non poté fare nient'altro che mettere uno zoccolo intorno alle spalle di Star e darle qualche pacca. Appoggiò la testa sul suo collo e la accarezzò.

'Su, su... non sei maledetta, non è colpa tua.'

'SI! SI INVECE!' esclamò, ormai aveva completamente bagnato con le lacrime la schiena del marito, che si era appena asciugata poco prima.

La maledizione di cui parlava non era quella di Greyhorn, era qualcosa che si portava dietro sin dalla nascito. In realtà non era nulla di magico, semplicemente era una “serie di sfortunati eventi” che colpiva i pony vicini a Star.

La pegaso, nella sua relativamente breve vita, aveva visto morire tantissimi compagni e quasi tutti quelli che conosceva erano morti o avevano avuto gravi incidenti o malattie. Accadeva con una frequenza tale che la giumenta si era auto-convinta di avere una specie di maledizione. Pure l'aborto che aveva avuto lo attribuiva a questa fantomatica maledizione.

Alla fine l'unico che non piangeva era Mist, ma in realtà era tra quelli che soffriva di più, era diventato un grandissimo amico di Windmill.

Ma cosa poteva fare?

Solo aspettare e sperare che prima o poi il tempo risanasse, almeno in parte, quella ferita.

Si lamentò nuovamente del suo amaro destino. Perché gli aveva dato una gioia bella come quella di avere un figlio e poi gli aveva tolto un caro amico?

Alla fine non poteva fare niente.

 

Passarono due settimane, ma la situazione era tutt'altro che migliorata. Water non piangeva più, però quando spolverava i mobili lo faceva senza concentrarsi. A volte spazzava un punto e poi ci ripassava in seguito, oppure passava un'intera ora a spazzolare un soprammobile, anche quando era chiaramente pulito.

Tulip non aveva ancora ripreso l'uso della parola e l'unica volta che Hope lo aveva reincontrato i due erano rimasti in silenzio senza fare nulla.

Tall....

Lui invece aveva completamente smesso di mostrare sofferenza. Da pony allegro era diventato serio e posato, non ammetteva repliche ed era sempre preoccupato per la sua famiglia alla deriva.

“E' mio dovere prendere il ruolo di capo ora che non c'è più mio padre.” aveva detto a Mist, mentre il vento scompigliava la sua criniera rossa e le foglie fluttuavano ai suoi piedi. “Me lo diceva sempre mio padre, quando morì mio fratello: non disperarti quando le cose vanno male. Guarda indietro, memorizzane la gioia. E quando tutto finisce non piangere. Fai del tuo meglio per riprovare quella gioia. Si vive di sorrisi, i pianti non portano a niente, anche se è giusto piangere quando si è tristi. Da quando me lo disse iniziai a cercare di portare la gioia col mio carattere allegro ed esuberante. Ora però il momento richiede serietà.”

Star invece, ogni mattina, passava almeno due ore con l'amica, pronta a consolarla e accoglierla tra le zampe quando le prendeva una crisi isterica ripensando al marito.

Mist invece ogni giorno faceva regolarmente visita alla tomba di Windmill, raccontandogli gli eventi della giornata.

 

Quella sera Mist, Star e Hope stavano cenando. Una cena leggera, perché Star era rimasta fino a tardi in casa con Water, per farle compagnia ed aiutarla a cucinare. Senza avrebbe sicuramente bruciato tutto quanto.

'M... Mamma? Papà?' ad un certo punto Hope ruppe il silenzio.

Mist alzò la testa.

'Cosa c'è figliolo?'

'Forse... forse è il caso se vi spiego tutto quanto, della mia storia...'

'Oh.' si stupì 'Sicuro?'

'Sì.' con voce sicura, continuò 'E' che... mia madre... è ancora viva.'

Star sgranò gli occhi e lo guardò. Già temeva di perderlo un'altra volta.

Ma, quando i due coniugi sentirono il puledrino pronunciare il nome, sentirono il mondo crollargli sulle spalle. Soprattutto per Mist.

'Celestia. E' lei mia madre.'

Poi proseguì e raccontò tutto, di come sua madre lo teneva sempre nascosto in una stanza, chiuso senza poter parlare con nessuno e trattato con eccessiva preoccupazione dalle serve della principessa, che lo asfissiavano con norme di sicurezza e lo ignoravano quando voleva giocare.

Raccontò di quella volta che, nella sua stanza dei giochi, sentì sua madre entrare. Le sorrise, le corse incontro, ma non ricevette abbracci o parole d'affetto, solo un trenino che faceva ciuff ciuff e il rumore della porta che si chiudeva a chiave.

Spiegò come prese la maledizione, di come veniva rimproverato amaramente da Celestia e fu poi abbandonato al limitare della foresta, considerato inutile perché cieco e maledetto.

La solitudine, i rumori sconosciuti e la paura di morire, sentimenti troppo forti per un puledrino di appena sette anni.

Terminò così il racconto, nell'incredulità dei due genitori.

A quel punto Mist fece due più due. Capì anche perché le lettere non gli arrivavano più.

Non solo Celestia lo aveva abbandonato, ma aveva sicuramente deciso di ignorare tutt quelli con la maledizione. E con la conoscenza che aveva finora non poteva sperare di trovare una cura da solo.

Nonostante tutte le lettere che inviava non riceveva mai risposta.

Celestia, e tutti i colorati, li avevano abbandonati.

Finito il racconto, l'unicorno si alzò da tavola, confuso.

Scese le scale, seguito da Star ma, senza dire nulla, si chiuse nel laboratorio.

Guardò i libri attorno a lui, tutti quelli che già possedeva e tutti quelli che la principessa in cui riponeva ogni fiducia gli aveva mandato.

Qualcosa cambiò nei suoi occhi.

La maledizione Aelementum, la perdita del figlio, l'abbandono da parte dei colorati, la scomparsa di Jam, la morte di Windmill e infine l'atto crudele di Celestia.

Questo mondo faceva schifo. Non poteva cambiarlo.

Però...

Se per la morte di Windmill non poteva fare nulla, poteva cambiare gli altri.

Soffiò col naso, le sue spalle tremarono e iniziò a guardarsi maliziosamente intorno, chiudendo impulsivamente l'occhio sinistro.

'Uhuhuhuhuh.... I colorati ci odiano, no?' disse a bassa voce. 'Celestia adora i colorati, giusto?' prese un libro, lo aprì. 'Forse potrei.... uhm, potrei proprio maledire tutti quanti, conosco la maledizione così bene da poter colpire chiunque a mio piacere. Ma farlo per ogni pony di Equestria... Sarebbe inutilmente lungo.'

Poi appoggiò il libro. Guardò la foto di Celestia sul comodino.

'AAAAAH!!!!' la cornice esplose ed evaporò in un fumo verde, poi appoggiò una zampa sul limite del tavolo e rovesciò per terra tutto ciò che vi stava sopra, frantumando i calamai.

Tutto ciò di cui aveva bisogno era un nemico, qualcuno contro cui sfogarsi per tutte le seu sfortune.

E, sebbene Celestia non gli aveva fatto praticamente niente, fu presa di mira.

Mist da quel giorno, per due anni, continuò a studiare un modo per diffondere la maledizione a tutto il regno.

Tutto ciò di cui aveva bisogno era del potere di un alicorno e un cristallo di Sombra che si trovava a palazzo. Gli mancava solo un pretesto per andare a Canterlot, non poteva lasciare così l'accampamento, né voleva parlare con Celestia, che probabilmente le sue lettere manco le leggeva, vedeva che erano sue e le bruciava sul momento.

L'occasione infine si presentò, pochi giorni dopo che le sei portatrici degli elementi vennero a fargli visita. Suonarono alla porta e fu Star ad aprire.

Era Celestia.

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Capitolo 12
*** Vendicati di questo sciocco mondo ***


"Un figlio è la sola cosa che vale più della tua stessa vita."

 

'Buongiorno Star, posso entrare?' disse la sovrana con voce solenne. La pegaso rimase attonita a guardarla, senza sapere come reagire.

Cercò quindi di riprendersi dallo stupore e, balbettando, rispose.

'Ehm... s-si, si! Si a-accomodi pure. Vuole... vuole una camomilla? Qualcosa?'

'No, grazie, immagino tu sappia perché sono qui.'

A queste parole la giumenta contrasse il volto in un'espressione preoccupatissima e si girò per nascondere le lacrime che già le stavano per sgorgare.

Voleva Hope.

L'alicorno invece si fece quindi avanti e rimase sull'uscio, aspettando qualcosa. Di lì a poco Mist fece capolino dallo studio, con lo sguardo assonnato e confuso.

'Accidenti, due settimane che ho trovato il modo e...' poi si fermò, avvertendo che qualcosa non andava.

Si girò.

La vide.

I loro occhi, a distanza di due anni, si reincrociarono.

Rimase fermo, fremendo e mostrando un malcelato ghigno nel riconoscerla.

Celestia sussultò nel vederlo.

'M... Mist...'

L'unicorno le si avvicinò, passo dopo passo.

'Principessa!' la salutò, mostrando un grandissimo sorriso. 'Quanto tempo! Come sta?'

L'alicorno fu presa alla sprovvista, non si aspettava questa reazione dopo ciò che le aveva detto Twilight. Si era già preparata alla furia del suo ex-studente, mentre invece...

'Midnight Mist.' si ricompose 'Mi è stato detto che il vostro figlio adottivo è un alicorno. E' vero?'

'Tsk, così quelle sei cretine non se ne sono state zitte, eh?' domandò Mist, stizzito. 'Comunque, vorrebbe qualcosa? Posso offrirle un caffé, ne ho di decaffeinati anche. Oppure biscotti, meringhe...'

'No, niente di tutto questo, ma grazie lo stesso.' Celestia cercò di sorridergli, ma l'unicorno sviò lo sguardo, avviandosi verso camera.

'Oh, papà, potresti farmi que...' Hope, che stava scendendo le scale, si fermò all'improvviso. Le sue orecchie si mossero in direzione di Celestia e, quando capì chi era, fece due o tre passi all'indietro e si coprì il viso.

Lo sguardo della principessa invece era severo, scrutava il puledro con rabbia.

'Grazie per averlo tenuto a bada.' disse, con un tono quasi infuriato. 'Sono venuta a prenderlo.'

Si aspettava che Mist e Star le saltassero addosso infuriati, ma non fu così. Anzi, Mist addirittura le mise una zampa sulla spalla.

'Capisco perfettamente.' si rivolse al figlio 'Hope, forse è meglio se vai con lei al castello.'

Il puledro, stranito, alzò la testa e simulò un'espressione particolare come se chiedesse “ma cosa stai dicendo?”. Tuttavia, fidandosi del padre che gli carezzò la criniera verde per calmarlo, si avvicinò alla sua vera madre.

Celestia lo guardò in silenzio, finché Mist non riprese parola.

'Beh, ora se volete potete andare, magari quando sarò guarito verrò a trovarti principessa! Su!' esortò, come se avesse fretta di liberarsene.

Celestia, che si sentiva a disagio, ringraziò di essersene potuta andare in fretta.

'A Twilight e alle sue amiche... non hai detto altro, vero? Riguardo a lui.'

'Oh, no, tranquilla, ne sono all'oscuro. Sanno solo che è un alicorno, la loro conoscenza si ferma lì.'

La sovrana tirò un sospiro di sollievo e, silenziosamente, uscì di casa.

Star per tutto il tempo era rimasta con lo zoccolo sul pomello della porta, bloccata lì con gli occhi in lacrime, ma senza la forza di dire niente. Vedendola così Celestia le si avvicinò e le accarezzò la testa.

'Mi dispiace.' disse, senza però ricevere alcuna reazione.

La giumenta osservò in silenzio il figlio che aveva cresciuto per due anni andarsene così, come niente fosse e senza poter far niente per impedirlo. Hope davanti alle scalette della carrozza esitò, ma fu spinto da uno zoccolo della sua vera madre, forzato a salire a bordo. E quando la principessa se ne andò, con un terrorizzato Hope accanto a sé, la pegaso si sfogò. Sul marito.

'PERCHE'?!?!' gridò istericamente 'Perché glielo hai lasciato prendere?! RISPONDI!' e lo afferrò per la collottola.

Mist le disse di calmarsi e con un piccolo incantesimo fece si che i suoi zoccoli si staccassero da lui.

'Non preoccuparti.' le disse, con tono rassicurante.

'Non preoccupati?! Come puoi pensare che la situazione si risolva? Mi spiego, accidenti, come madre io... io non posso accettare che LEI se lo riprenda... non dopo quello che mi ha racconato...'

'E perché non glielo hai detto?'

'Io... uh...' chinò la testa e si calmò, tirando su col naso. '..Non ne avevo il coraggio. Quando ho visto Celestia davanti a me... dopo quello che comunque aveva fatto per noi prima... io.... accidenti!' singhiozzò 'E' che ripensando all'amicizia che c'era tra noi prima della maledizione non sono riuscita ad oppormi. Tutt'ora non riesco a concepire che la stessa principessa che conosco abbi potuto maltrattare così un povero puledrino.'

'Tranquilla Star, ora posso dirti una cosa. Non credere che io abbi lasciato andare Hope senza un motivo.'

Una piccola luce attraversò gli occhi di sua moglie.

'Q-quindi... cosa..?'

'Ho trovato una cura per la maledizione.' mentì Mist, in realtà aveva trovato l'opposto 'Ma l'unico modo è usare la forza di un alicorno, Hope nel nostro caso, e un oggetto che si trova solo a palazzo. Per questo ho avuto fretta di mandarli via e.... AAAARGH, trattenuto la rabbia!' e tirò un calcio al muro, infuriato. In realtà in ogni secondo ogni suo muscolo avrebbe voluto assalire quella bastarda, ma doveva mantenersi calmo e mandare avanti la recita, solo un altro poi. E infine avrebbe avuto la sua vendetta su Celestia e sullo sciocco mondo che lo circondava.

Nessuno avrebbe avuto più paura di chi era maledetto e l'impatto morale sulla sovrana sarebbe stato devastante, proprio come fu devastante per l'unicorno venire abbandonato.

All'improvviso fu soffocato dall'abbraccio della moglie.

'Quindi... quindi c'è speranza!'

Mist le diede un bacio.

'Si.' disse con voce sicura e decisa 'Ora andrò a castello anche io, userò l'incantesimo e riporterò indietro Hope con la forza, sconfiggerò anche Celestia se necessario. E infine potremo vivere felici senza problemi, finalmente.'

Era un piano rischiosissimo, Hope rischiava più di tutti in prima linea e Mist si stava dannando per questo. Voleva tantissimo bene a suo figlio, voleva vederlo felice. Voleva salvarlo.

Non era solo una questione di vendetta la sua, lo realizzò in quel momento. Era anche una questione di liberare suo figlio dai suoi demoni del passato.

“Già.” disse tra sé e sé “Aspettami Hope, farò si che il tuo passato non torni a tormentarti. Ti salverò e garantirò a tutti noi abitanti di Pelogrigio un futuro roseo.... più o meno.”

Sicuro di sé camminò deciso fuori di casa e guardò all'orizzone la montagna di Canterlot e la città che si ergeva maestosa sul fianco.

'Pensi di farcela?' gli domandò Star.

Lui la abbracciò delicatamente e la baciò con passione, quasi come se potesse essere l'ultima volta. E vista la situazione forse lo sarebbe anche stato.

Senza dire nulla Star vide la punta delle orecchie di suo marito fare fumo, o meglio nebbia e pian piano il suo intero corpo stava assumendo una consistenza gassosa.

'Io possiedo questa tremenda maledizione, l'Aelementum. E' ora di usarlo per qualcosa di giusto.'

 

Era una giornata tranquilla a Ponyville, i pony battevano le strade a piedi e il mercato, come ogni lunedì mattina, era ricolmo degli schiamazzi e delle urla della gente, intenta a fare la spesa per la settimana.

Pure al Sugarcube Corner il lavoro non mancava, i coniugi Cake servivano instancabilmente tutti i clienti, uno dietro l'altro. Torte, pasticcini, bomboloni e tanti altri dolci. Quando finalmente ci fu la pausa nel pomeriggio Cup Cake poté sedersi e rilassarsi, prendendo in braccio i suoi due figli e cullandoli un po'.

Pinkie, che fino a quel momento era stata fuori per delle commissioni, rientrò soddisfatta, con la bocca sporca di glassa.

'Ehi, non avrai mica assaggiato di nuovo i cupcakes che dovevi consegnare, vero?' le domandò Carrot, guardandola storto.

'Oh, no, cioè, ho visto che erano incredibiiilmente invitanti e volevo assaggiarle, ma poi mi sono ricordata del mio dovere, ho pensato fosse sbagliato e non le ho assaggiate, quindi le ho consegnate e poi ho dolcemente chiesto se potevo assaggiare quella dolce delizia dolciaria e poi...'

'Va bene, va bene, va bene, però non lo rifare pià, ok? Non è molto educato.'

'Ok, promesso!'

Poi la pony rosa si avviò saltellando su per le scale, ma quando fu vicina alla signora Cake si fermò, riprendendo a camminare normalmente.

Cup alzò la testa, notando lo strano comportamento.

'Pinkie, c'è qualcosa che non va?'

'Woooh! Finalmente me lo chiedi!'

'Cosa?' Pinkie le si avvicinò.

'E' che un paio di giorni fa siamo andati a trovare un tuo amico, ma non ci ha parlato di te, non sapevo nemmeno lo conoscessi, solo che ho visto sul davanzale una foto di lui, sua moglie e altri tre amici e in mezzo c'eri anche tu. Però poi ho pensato non fosse carino dirti che ho disturbato un tuo amico e avevo paura a parlartene, ma tu ora me lo hai chiesto e...'

'Aspetta... Di chi stai parlando?'

'Midnight Mist, lo conosci?'

Sentendo quel nome Cup sgranò gli occhi.

'Si che lo conosco diavolo!' esclamò 'Ma è una storia lunga e non la si racconta in poco tempo.'

'E' vero che... ecco... so che è brutto fare domande personali se non ne vuoi parlare, ma... è vero che eri uno dei sei elementi prima di me?'

Alla fine Cup Cake cedette e sospirò.

'Vedo che lo sai e forse vorrai sapere perché non te l'ho detto. Penso di poterti raccontare tutto.'

Pinkie si zittì e si sedette per ascoltare la storia di Cup Cake.

'Dunque, devi sapere che gli elementi, dopo la sconfitta di Nightmare Moon mille anni fa persero gran parte del loro potere. E' per questo che esistono i portatori, lo scopo principale è quello di salvaguardarne la vita e impedire che perdano per sempre la loro forza. Quindi ogni generazione tiene gli elementi, ma senza usarli, finché non si passano ai successivi guardiani. Questo almeno finché non siete arrivate voi. Voi sei siete la reincarnazione dei sei guardiani originali, voi potete usarli al massimo. Noi li tenevamo solo in vita e, quando li depositavamo, non dovevamo farne parola con nessuno.'

'Ooooh, ora capisco, è per questo che non me lo avevi detto!'

'Già, però l'unico inconveniente è che sembrano aver attirato un sacco di casini. Da quando li avete riattivati diverse sciagure si sono abbattute su Equestria, eheheh!'

'Già, ma con l'unione e con l'amicizia le abbiamo sconfitte tutte!'

E poi se ne andò saltellando, allegra e felice.

Dietro di lei Cup Cake stava sorridendo.

'Già... unione... Chissà come se la passa Mist, avrà trovato una cura? Non lo sento da più di due anni... Mentre Blithe.... oh, spero ancora di vederlo tornare volando a testa in giù a chiedere i bigné alla fragola.' mormorò, con tono malinconico, mentre cullava i bambini addormentati.

'E Star... spero che quando tornerà non si ferisca nel vedermi madre, dopo quello che le è accaduto...'

 

Il fiume scorreva e lo scroscio dell'acqua rilassava gli animali vicini. Sulla riva, con gli zoccoli posteriori in acqua, Applejack e Rainbow Dash si stavano riposando godendosi la frescura dell'erba e l'armonioso cinguettio degli uccelli.

La pegaso color cielo si sistemò gli occhiali da sole, mentre AJ si alzò il cappello dagli occhi.

'Certo che è bello avere un po' di pausa ogni tanto. Gestire la fattoria è parecchio stancante...'

'Ah, posso immaginare, se vuoi domani vengo a darti una mano, mi sono portata avanti con gli atteggiamenti eeeee domani... ci sono. Se vuoi.'

Applejack tirò un sasso in acqua.

'Fa nulla zuccherino, ce la posso fare. Certo, non è più lo stesso da quando non ci sono mamma e papà, però...' una lieve espressione di malinconia attraversò il volto della pony arancione.

Dash si alzò.

'Già, me ne parlasti tempo fa...'

Un secondo sasso fu tirato ancora più volentemente nel fiume.

'Uff! Sembra quasi che noi Apple siamo destinati a separarci dai nostri cari, la mia famiglia è così numerosa che prima o poi qualcuno deve lasciare il nido. E altri non fanno ritorno. Ti ho mai parlato di mio zio?'

'Uh? Tua madre aveva un fratello?'

'No, era il fratello di mio padre. Io l'ho conosciuto poco, Applebloom nemmeno se lo ricorda, era piccola. Solo Big Mac ha trascorso più tempo con lui.' si sistemò il cappello 'Pensa, questo cappello apparteneva a mio nonno, che l'ha passato a mio zio, poi fu Big Mac a riceverlo e infine fu regalato a me. E' sempre stato di famiglia.'

'Eheheh, mi domando quanti anni abbia, è strano che sia ancora così in buono stato.' commentò. Applejack se lo tolse e lo guardò.

'Già, vero. Comunque... Mio zio... Un giorno, un paio di anni fa tornò da Canterlot, dove faceva la guardia nell'esercito di Celestia. Quel giornò non mi salutò nemmeno, si vedeva che era profondamente scosso, passò l'intero pomeriggio a discutere con la nonna, ci litigò pure e poi se ne andò. Nessuno lo ha mai più rivisto, non sappiamo che fine ha fatto.'

'Oh, mi dispiace...'

'No, tranquilla zuccherino!' le diede una pacca sulla spalla. 'In fondo non lo conoscevo così bene... Però... per Big Mac fu un duro colpo. Ci volle un po' per consolarlo.'

'Posso solo immaginare... Senti, posso farti una domanda?'

'A-ah?'

'Come si chiamava tuo zio?'

 

Canterlot, castello della principessa Celestia.

Luna era assente al momento, era stata mandata da sua sorella a svolgere una certa commissione. Era un grande colpo di fortuna.

Mist si nascose dietro la carrozza, attendendo il momento propizio per tirarsi fuori. Ci erano volute due ore a giungere a palazzo e Celestia ormai si era ritirata all'interno da almeno mezz'ora. Però l'unicorno doveva ancora aspettare, non poteva rischiare di allarmare tutte le guardie o non sarebbe mai riuscito a giungere ad Hope e forse la principessa sarebbe scappata.

Stava sudando freddo, trasformare l'intero corpo in nebbia e aggregarsi dietro al mezzo mescolandosi al getto di vapore era stato molto stancante, ma gli aveva permesso di seguirla senza farsi notare.

Iniziò a mormorare sottovoce, una volta ripreso le energie.

'Acqua che scorri, riflesso che distorci. Luce che mostri, luce che accechi. Annullatevi, finitevi, terminatevi. Avvolgete il mio corpo, distorcete l'etere e nascondetemi ai miei nemici. Incanto Blu n.18, Invisibilità.'

Il suo intero corpo divenne refrattario alla luce e scomparì totalmente alla vista delle guardie. Mosse qualche passo in avanti, sicuro di non essere visto e si fece avanti.

“Un campo anti-teletrasporto...” pensò “Un ottimo mezzo per impedire la fuga. E' pure ben tracciato e non ho il tempo di scioglierlo. Devo salvare Hope. Forse c'erano altri modi di introdursi a palazzo, ma probabilmente Celestia avrebbe avveritito la sua presenza, una madre, anche se sciagurata, si accorge di certe cose, approfittare che fosse venuta a riprenderselo mi è sembrata la scelta più logica e naturale.”

Mist si fece avanti per i corridoi, senza venire notato.

Ogni passo che muoveva era alienante, una sensazione vecchia e nuova allo stesso tempo.

Quante volte aveva percorso quei corridoi? Centinaia, forse migliaia. Non solo il ricordo dei tempi che furono lo scosse, ma anche il fatto che, per la prima volta in due anni, vedeva un posto diverso rispetto alla circoscritta realtà dell'accampamento e della foresta lì vicino.

L'agitazione si fece strada nel suo corpo e, per la prima volta dopo tanto tempo, provò ansia e paura, l'idea di fronteggiarsi con un alicorno non era proprio esaltante, soprattutto se quell'alicorno era la sua vecchia maestra e soprattutto la causa delle sofferenze di suo figlio.

Hope, un figlio adottato, ma che aveva amato come fosse suo. Inizialmente scettico e un po' restio all'idea, una volta che si era abituato si rivelò pure un padre niente male, solo che forse passava troppo tempo nello studio a cercare un modo di diffondere la maledizione di Greyhorn.

Gli passarono davanti tutti i momenti trascorsi con lui, i pochi momenti, e il rimorso si fece sentire pesante. L'ultima volta, avevano addirittura litigato, quando scacciò quelle sei pony invasive.

Se ne pentiva, in quel momento si rese conto di quanto fosse stato stupido lasciare andare così Hope.

E, camminando con questi pensieri, gli venne un'illuminazione. Doveva dare la priorità a salvare suo figlio. La maledizione poteva attendere.

Giunse infine alla sala del trono, seguendo la traccia magica che il corno di Hope rilasciava, un po' come un segugio segue l'odore della volpe.

Fece per aprire la porta, quando sentì una voce familiare.

'No Celestia no! Ti supplico, no! No, no, no, no, NOOOOOOOOOOoooo!!'

La voce di Hope.

 

Celestia guardò il buco nel pavimento richiudersi e poi alzò la testa, leggermente turbata. Accanto a lei il cristallo di King Sombra, che prima brillava di un'oscura luce smise di luccicare.

'Guardie... Oggi non è accaduto nulla, non dovrete parlarne con nessuno.'

'Du... dunque...' Shining Armor le si avvicinò. 'Era per questo che mi ha fatto ritornare dal Crystal Empire?'

'Già... per sicurezza. Se qualcosa fosse andato storto io....'

'AAAAAAAAAAAAAHHH!!!!' un urlo agghiacciante costrinse i due ad interrompere il discorso. Il pesante portone fu annichilito, cadendo rovinosamente a terra. Per fortuna tutte le guardie riuscirono a scansarsi in tempo.

Sopra di esso, in mezzo ad una densa coltre di fumo bianco, si ergeva Mist, coi denti serrati in un ringhio infuriato. I suoi occhi, ricolmi di odio, fissavano la principessa. Il cristallo riprese a brillare tenebrosamente più di prima.

'Tu.... tu.... tu.... TUUUUU!!!' urlò.

'Difendete la principessa!' esclamarono i cavalieri e, all'unisono, tirarono le loro lance addosso all'unicorno. Esse si conficcarono tutte quante nel suo corpo, attraversandolo da parte a parte, ma senza sortire effetto.

Caddero quindi a terra, provocando un sinistro clangore senza bloccare l'avanzata di Mist, che si avvicinava sempre più minacciosamente all'alicorno.

Preparato per il momento Mist si era allenato come un dannato, per riuscire a non sentire più il dolore quando veniva colpito, cosa che contraddistingueva quelli che, come lui, avevano ottenuto il potere da poco o non lo usavano quasi mai.

'Hai visto Celestia quanto è potente l'Aelementum? Forse nemmeno lo conosci e non puoi certo avere la benché minima idea di cosa significa ottenerlo. Non avrei certo mai creduto che lo avrei usato per distruggerti.'

'Mist...' rispose 'Posso capire il tuo risentimento, ma cerca di capirmi, io...'

'No, tu niente! Non sai niente della sofferenza che ho provato in questi due anni, non hai idea dell'inferno che ho vissuto. Vedere i miei amici morire, sparire e soprattutto l'essere abbandonati...'

La principessa cercò di evitare gli occhi di Mist, chinando la testa e girandola da un'altra parte. L'unicorno invece non fermò la sua avanzata.

'Ora ti chiuderò quella boccaccia.'

In quel momento Shining Armor, ligio al dovere, si frappose tra lui e lei.

'Ti consiglio di andartene finché sei in tempo. Anche se le lance non possono nulla posso sempre impedirti di venire fin qui!'

Il suo corno si illuminò e una barriera semisferica avvolse il trono dorato su cui risiedeva l'obbiettivo.

'E questa la chiami barriera?' chiese Mist, avvicinandosi. Gli bastò sfiorarla per farla frantumare. 'Vedi, caro capitano, tra me e te c'è un abisso. Avrai sicuramente sentito parlare del sottoscritto, no?'

'Certo, Midnight Mist, divenuto arcimago in giovanissima età, capace di usare incantesimi di serie novanta come niente.... evidentemente sei all'altezza della tua fama.'

'Già... Però ora devo chiederti scusa, ma devo metterti a nanna.'

Prima che qualcuno dei presenti potesse dire qualcosa, erano già tutti stati sconfitti. Gli bastò semplicemente usare lo Sguardo, generando un'ondata di terrore che fece perdere i sensi a tutti i presenti, tranne Shining e Celestia. L'ex-capitano, che gli stava di fronte, ebbe il tempo di provare un terrore ancora peggiore. Dietro Mist si ergeva maestoso un gigantesco cavallo bianco dalla chioma etera che, con i suoi occhi vitrei e minacciosi, lo scrutava sin nel profondo della sua anima.

Si sentì il fiato della creatura sul corpo, come se fosse lì davanti a lui pronta a ghermirlo e divorarlo.

Non riuscì a reggere a lungo, si sentì mancare le forze e cadde a terra svenuto.

'Uhuhuuh... AHAHAHAHAHAHAHAH!!!' la risata folle dell'unicorno riecheggiò tra le alte mura della sala e, mentre avanzava, fece levitare la lancia di Shining e la puntò verso Celestia.

'Ora.... Perdonami Celestia, fammi il favore di morire!'

E la lanciò con tutta la forza e il risentimento che aveva accumulato.

E la colpì velocissimo, senza lasciarle scampo.

La lancia attraversava da parte a parte la testa della sovrana.

 

Mist se n'era appena andato per seguire la principessa, dando quello che Star sperava non fosse l'ultimo saluto. Rientrò quindi in casa, stanca e provata, pregando in silenzio perché tutto andasse bene.

<<Star>>

Alzò la testa, con un sorpacciglio inarcato.

'Chi... chi è?' domandò, voltandosi verso la porta.

<<Star, non sono qui>> proseguì la strana voce.

Era una voce maschile, molto giovane e ammaliante, la tipica voce da stallone sciupapuledre. Cosa che non metteva certo a suo agio la giumenta.

'Bene, allora dimmi chi sei e come mai mi stai parlando.' rispose, guardinga. Grazie a suo marito conosceva tecniche come la telepatia e sapeva di cosa potevano essere capaci alcuni maghi entrando nella mente.

<<Star, chi sono io? Rispondere è difficile>> fece una pausa di qualche secondo <<Al momento mi trovo in un posto buio, a palazzo, dove si trovano tuo marito e tuo figlio.>>

Il cuore le sussultò.

'Come lo sai?' e subito cercò di respingerlocome le aveva insegnato Mist, temendo un attacco psichico.

<<Star, tranquilla, tranquilla, non ho intenzione di farti nulla>>

Il tono della voce, unito ad un certo carisma nella stessa, riuscirono a calmarla.

'D-dunque, cosa vuoi?'

<<Odi la maledizione di Greyhorn, vero?>>

'Tsk, prova ad indovinare.'

<<Star, cosa pensi di fare a riguardo?>>

'Voglio fidarmi di mio marito, problemi? Visto che mi leggi nella mente saprai anche cosa sta facendo.'

Iniziava già a mostrare insofferenza verso l'”ospite” indesiderato. La voce misteriosa sembrò notare il cambiamento nel tono, e anch'essa cambiò atteggiamento.

<<Star, andrò dritto al punto. So assai meglio di te cosa vuole fare Mist, dopotutto... Sono stato io a creare la maledizione>>

Quella frase fece sgranare gli occhi alla pegaso.

'Co-cosa hai detto?!' gridò, infuriata.

<<E ne sono pentito Star. Amaramente pentito. Per questo ho bisogno del tuo aiuto per impedire che tuo marito maledisca l'intera Equestria>>

'SEEEEH!!! Parla come se io ti credessi, Greyhorn. Perché sei Greyhorn, vero?'

<<Si Star>>

'E smettila di dire il mio nome ad ogni frase, è irritante.'

<<Ok, St... Ok. Lasciami però dimostrarti che quello che dico è vero>>

'Umpf, sono sposata con mio marito da almeno quindici anni, pensi che tu possa capirlo meglio di me che sono sua moglie?!'

<<Si>>

'AAARGH! Vai al diavolo.'

<<Entra nello studio e consulta qualcuno dei suoi appunti. Non ti è sembrato strano che negli ultimi mesi non ti facesse mai entrare?>>

Poi la voce sparì e, insieme ad essa, la sensazione che ci fosse qualcuno nella sua mente.

Era stato un momento stranissimo, così strano da essere indescrivibile. Che ne sapeva che fosse davvero il Greyhorn di cui si parlava? Per quanto ne sapeva quel millenario alicorno era morto da più di mille anni. Chiunque poteva spacciarsi per lui.

Però...

Le ultime parole, su Mist e su cosa voglia realmente fare... La turbarono. In qualche modo sfondarono nell'intimo del suo animo una porta chiusa.

In un certo senso tutto quadrava: il cambiamento in peggio di Mist, il fatto che non le permettesse di entrare nello studio era verissimo.

Un dubbio si fece strada nella sua mente, ma cercò subito di scacciarlo.

“No, mi sto solo facendo una serie di problemi inutili.” si disse, però poi non resistette.

Appoggiò i piatti che aveva deciso di lavare e si diresse nello studio. L'odore di carta vecchia e inchiostro la investirono, provocandole uno strano senso di nostalgia.

Si fece strada tra i libri gettati alla rinfusa e accese la candela sul tavolo, unica fonte di illuminazione. Era come lo ricordava, un posto incredibilmente disordinato e pieno di cianfrusaglie e fogli scarabocchiati, con un tavolo così sporco da essere indescrivibile.

Trasmetteva tuttavia un senso di accoglienza e familiarità rari e Star rivide, come fosse davanti a sé, l'immagine di lei e Mist, guancia a guancia nel loro idillio di amore.

Ricordò quella volta che, mentre si stavano coccolando romanticamente entrò Hope nella stanza e si mise fra loro due.

“Sono sicuro che c'è un mostro sotto il letto...” mormorò spaventato.

Mist le sorrise e si alzò.

“Vado io.” poi si rivolse al puledrino, accarezzandogli la verde chioma “E se non torno vendicami quando sarai cresciuto, come si vede fare nei fumet....” e poi si fermava per via della sua gaffe.

Famiglia.

Era questa la parola che le veniva in mente in quella stanza.

Nient'altro.

Notò il libro aperto sulla scrivania...

Lì c'era scritto tutto, per filo e per segno.

“Come far risorgere il Colorless World”

<<Che ti avevo detto?>> riapparve la voce, enfatizzando il già alterato stato della giumenta. <<Cerca le portatrici degli elementi e portale a palazzo... se sarà troppo tardi almeno potranno fermare il tutto prima che diventi irreversibile>>

Star non sapeva come apprendere la notizia...

 

'Mi dispiace Mist...' mormorò Celestia, con la lancia conficcata in testa. 'Ma forse avrei dovuto dirtelo prima...'

Non usciva sangue dalla ferita, né la ferita stessa sembrava provocarle dolore. La lancia, intorno al foro, era avvolta da fiamme arancioni, leggere, che partivano dalla pelle stessa della principessa.

'Non... non è possibile...' mormorò Mist, sconvolto, vedendola estrarre l'arma e vedendo la ferita rimarginarsi come se non fosse mai esistita.

'Anche io sono una Aelementum, proprio come te. So bene il fardello che questa maledizione comporta, ma se servirà a impedirti di rientrare in contatto con quell'alicorno e farti capire le mie ragioni io..'

Un violento impatto la colpì, scaraventola contro il muro, non prima di aver spaccato il trono su cui sedeva. Fu un urto così tremendo che tutta la schiena si trasformò in puro fuoco.

Esistono numerosi tipi di Aelementum, identificati da un nome in base a ciò in cui il corpo viene trasformato. Non è dato sapere che potere si riceverà al momento dell'ottenimento, semplicemente lo ottieni e ti ritrovi in grado di trasformare il tuo corpo in qualcosa di intangibile.

Quando due Alementum si affrontano non valgono i normali rapporti di forza. E' una questione di chi usa meglio i propri poteri.

Ricordando questa lezione del suo insegnante si preparò, ancora più in guardia rispetto a prima. Lui possedeva il corpo di nebbia, Nebula, mentre Celestia probabilmente usava l'Ignis. Un potere niente affatto debole e anzi, molto pericoloso.

'WAAAAAAH!!!' gridò Mist, caricando il corno di un'aura rossa a forma di spada.

Il colpo entrò in collisione col corno della principessa, anch'esso divenuto rosso a forma di spada. Lo sfregare dei corni generò numerose scintille, mentre dai rispettivi corpi fuoriuscivano nebbia e fuoco, bianco e arancione.

'Mist, dove... dove hai imparato ad usare il Frangianima?'

'Sono un Aelementum, ti pare che non impari l'unico incantesimo in grado di ferirmi? Son anche come contrattaccarlo!' esclamò, cercando di far affondare il colpo, ma senza successo. Anche fisicamente Celestia non era una sbarbatella.

Non poteva andarci piano.

Staccò all'improvviso il corno ed evitò l'affondo, spostandosi a destra. Approfittò dei pochi istanti di distrazione e pronunciò un carme.

'Incanto nero n.64, Torrente Impetuoso!'

Un'ondata di acqua nera investì l'alicorno, bloccandola per qualche istane. Mist divenne interamente nebbia e si avvolse intorno al suo nemico, pronto ad attaccare in qualunque momento.

Da dietro, una spada rossa la stava per colpire, ma riuscì a schivare, riportando solo un piccolo taglietto. Non c'era nessuna ferita, solo un segnetto verde. Tuttavia era incredibilmente doloroso e bruciava tantissimo.

Frangianima, un Incanto Rosso proibito, che permette di colpire direttamente l'anima della vittima. Per questo è in grado di ferire gli Aelementum. I colpi inferti con tale magia non provocano danni fisici, ma causano enorme dolore. Nessuna armatura fisica può proteggere da questo incantesimo.”

 

Le guardie nel cortile del palazzo stavano cambiando la guardia. Alcune erano contente e stavano già sospirando l'agognata pausa. Lasciarono la loro imperturbabile serietà e iniziarono a chiacchierare una volta dentro.

'Ehi Tosco, dopo andiamo a farci una ciambella da Joe?' disse uno.

'L'è un po' che un vado là!' rispose l'altro, con uno strano accento.

Poi accadde qualcosa di strano.

Iniziarono a sentire dei rumori, prima leggeri e appena percettibili, poi pian piano si trasformavano in urla vere e proprie, accompagnate da tremendi ruggiti di bestie selvatiche.

I due soldati si rimisero l'elmo, preoccupati, e brandirono le lance con la magia.

E fuori videro l'inferno.

Un branco di timberwolf stava assediando il palazzo da fuori, mentre alcune manticore erano già riuscite a penetrare le mura volando.

'Starai scherzando, vero?!' imprecò una guardia.

'Oh, marianna impestata lurida!' seguitò l'altro.

Tutte le guardie, anche quelle che erano appena rientrate, stavano lottando aspramente contro i nemici, che nessuno riusciva a capire da dove venissero. Non c'erano mai state simili creature nei dintorni di Canterlot ed era impensabile che fossero arrivate tutte dalla Everfree Forest da sole.

Qualcuno doveva averle portate con sé.

Poi accadde un'altra cosa, che sconvolse le guardie.

Le vetrate della sala del trono si frantumarono, spandendo cocci colorati per tutto il giardino, in una pioggia multicolore. In mezzo a quella pioggia videro cadere un corpo, di un pony, avvolto da fumo bianco.

Nonostante la caduta non si era fatto niente e Celestia scese maestosamente davanti a lui. Mist si rialzò, la sua schiena si era trasformata in nuvola giusto in tempo e grazie all'incantesimo per camminare sulle nuvole stesse evitò un atterraggio poco piacevole.

'Avanti Mist, ritira le tue bestiole.' gli disse l'alicorno.

L'arcimago, subito riconosciuto da numerose guardie che non capivano cosa accadeva, si alzò, ridendo di gusto.

'Credi che abbia dimenticato quali sono le magie che ti riescano meglio? Midnight Mist, miglior studente della sezione G, corso di Magia Blu, Evocazione.'

'Già, proprio io.' rispose 'Sai, ho riflettuto a lungo su come trovare un modo efficace di evocare un sacco di creature contemporaneamente senza consumarmi troppo. Mi è bastato usare questo.'

Un libro, dall'aspetto antico, gli apparve davanti e una rarissima penna di Civetta Spirulina fu sollevata.

'Ho unito l'utile al dilettevole, la mia abilità di disegno alla magia blu.'

Mostrò a Celestia le pagine del libro. In una c'era l'immagine di una creatura e nell'altra un cerchio bianco con alcune rune intorno. La principessa capì subito come funzionava.

Mist iniziò a scribacchiare sopra qualcosa.

'Sai, se riesco a disegnare tale creatura come si deve essa appare temporaneamente davanti a me. Tuttavia ogni creatura ha un limite di tempo, poi ritorna automaticamente a dove stava prima di essere evocata e non posso richiamarla per un sacco di tempo. Se sono creature come timberwolf o manticore il problema non esiste, ne posso portare qui quanti ne voglio. Ma non sono la mia creatura jolly loro.'

Le guardie nel frattempo continuavano a combattere, ma sembrava che per ogni lupo che sconfiggessero ne apparissero altri due.

La lotta si era trasformata in un vero e proprio massacro, anche se fortunatamente non c'erano state vittime. Almeno per ora.

Erano tutti troppo impegnati per supportare Celestia in combattimento (e in ogni caso avrebbero potuto poco contro la furia di Mist).

Tuttavia non potevano prevedere cosa stava per accadere.

'Sai...' riprese Mist, aveva la guardia alta e il suo avversario non trovava uno spiraglio per attaccarlo '...nei due anni all'accampamento di Pelogrigio sono entrato a contatto con tantissimi animali. Con uno in particolare ci ho stretto una grandissima amicizia, dopo che avevo sconfitto suo padre semplicemente con uno sguardo. Già allora avevo voglia di prendermi un animaletto domestico e ne ho trovato uno molto... uhm, diciamo singolare. L'ho chiamato Little John e sto per chiamarlo. Prova ad indovinare che animale è.'

Girò il libro, mostrando chiaramente la figura.

Un'Ursa Major.

 

Fluttershy si svegliò all'improvviso, scossa e spaventata. Si stava riposando dopo una lunga mattinata a prendersi cura delle sue bestiole.

Il suo sesto senso era in subbuglio, come se metà ecosistema dell'Everfree Forest fosse stato strappato dal suo habitat in un istante.

Non sapeva che Mist, mentre in quel momento si stava recando a palazzo, aveva evocato tutto assieme un branco di timberwolf e manticore.

Si alzò da letto, diede una carota ad Angel, che la guardò male. Voleva un ravanello, quindi incrociò le braccia e la fissò con sguardo rimproveratorio. Arresa, la pegaso andò fuori in giardino a prendere l'ortaggio.

La sua attenzione fu però colta da un rumore insolito, uno sbattere d'ali impreciso e affannoso. Prima di avere il tempo di chiedersi cosa fosse, vide passare Star che, a tutta velocità, si dirigeva a Ponyville. Le sue ali, si vedeva, facevano un'enorme fatica a gestire l'alta velocità.

'STAR!' gridò. La pegaso grigia frenò a mezz'aria e si girò. La riconobbe subito e si avvicinò frettolosamente a lei. La sua faccia era contratta in un'espressione disperata.

'Flu... Fluster... Fluttershy, giusto? N-non c'è tempo, dobbiamo... oh, oddio... Ho biogno delle tue amiche. Quella pony viola è l'allieva di Celestia, vero?' chiese, affannosamente. La pegaso gialla non capiva cosa stesse accadendo.

'Co... cosa succede?' chiese. Star riprese fiato.

'Mist... mio marito... vuole maledire con il morbo di Greyhorn l'intera Equestria! Dobbiamo fermarlo!'

Fluttershy rimase allibita.

'Cosa?!' gridò sottovoce, non riuscendo ad alzare il tono più di così.

Senza aggiungere altro entrambe le giumente corsero verso Ponyville e radunare i restanti elementi dell'armonia.

Tuttavia Star aveva tralasciato un dettaglio... Era troppo innaturale che avesse capito il piano di suo marito con un tale tempismo. Se Greyhorn davvero voleva impedirlo perché non le ha parlato prima? O altrimenti, perché non ne ha parlato direttamente con Mist? Forse non poteva farlo prima? Come mai?

Possibile che fosse tutto una mera coincidenza?

O c'era qualcosa di più profondo dietro?

 

Quello che videro le guardie, mentre tutte le creature sparivano senza motivo apparente, esattamente come erano arrivate, fu uno spettacolo grottesco e spaventoso.

Un colosso, un orso colossale alto decine di metri e la sovrana che dovevano teoricamente proteggere fronteggiarsi senza esclusione di colpi.

Celestia si muoveva con agilità schivando le pesanti zampate della creatura, avvolte da una minacciosa aura rossa. Destreggiandosi tra i giganteschi arti e gli affilati artigli la sovrana mirava a giungere la testa del mostro o almeno, ciò che vi era sopra.

Mist, completamente assorbito dalla lotta, carico di energia e tensione, osservava il suo nemico bruciare a mezz'aria, lasciando una maestosa scia fiammante dietro di sé che volteggiava intorno al suo cucciolone. Estese una zampa verso sinistra e Little John fece altrettanto, imitando lo stesso gesto del suo padrone. Fece cadere con furia il colpo sfondando completamente il muro della sala del trono, mancando però il bersaglio.

'Incanto Blu n.05, Acquazzone.' mormorò Mist.

Iniziò quindi a piovere, alzando il tasso di umidità nell'aria. Le gocce d'acqua, a contatto con il corpo di Celestia, e quindi le suo fiamme, evaporavano e generando una scia di fumo dietro a lei.

La tattica di Mist era semplice. L'Aelementum di Celestia era superiore al suo, perché prosciugava l'umidità dell'aria e rendeva più difficile all'unicorno di rigenerarsi creando nebbia. Con l'acquazzone non solo aveva ripristinato l'umidità, ma indeboliva le fiamme dell'avversaria. Era ormai vicina, quindi si preparò.

L'intero suo corpo sembrò perdere sostanza, mentre un'enorme lingua di fuoco gli si avventava contro, carica di furia e distruzione.

 

Tutti gli abitanti di Canterlot in quel momento volsero lo sguardo al cielo, osservando la colossale colonna di fuoco e nebbia che si ergeva dal cortile, perforando il cielo come fosse una trivella.

La spirale provocata dai due combattenti era uno spettacolo immenso e spaventoso allo stesso tempo, che testimoniava l'immensa potenza dei due rivali che parevano contendersi il diritto di dominare sull'intero Creato.

Nonostante l'incessante pioggia nessun abitante ebbe il coraggio di rientrare in casa. Il loro istinto gli stava dicendo che dovevano rimanere ad osservare, perché dall'esito di quello scontro sarebbe dipeso il loro futuro.

Mist e Celestia si stavano afferrando l'un l'altro roteando nel cielo, cercando ognuno di prendere il sopravvento. Le loro zampe anteriori erano avvolte dalla medesima aura Frangianima e nessuno dei due progettava di cedere.

'Toglimi una curiosità Celestia... Chi è che ha dato la vita per darti il potere Aelementum?'

Esitò un secondo prima di rispondere.

'Fu mia madre...'

Ottenere l'Aelementum... qualcuno a te molto caro deve immolare la sua vita per te e la sua anima diventa il tuo potere. Un fardello pesante, enorme, che difficilmente se ne va.

La lotta era ormai giunta al limite massimo del cielo e, sin da Ponyville, fu visibile l'esplosione e le due scie bianche e rosse che cadevano nuovamente a terra, mentre la colonna stessa si dissolveva come non fosse mai esistita.

Celestia, che aveva le ali non proprio ben messe, cercò di riequilibrarsi, riuscendo a volteggiare e ad atterrare dolcemente.

Era ferita, piena di graffi e lividi verdi, che causavano un dolore indicibile. Tremando alzò la testa al cielo osservando il suo ex-allievo, incolume, fluttuare in aria su una nuvola da lui stesso creata.

Camminò solennemente riposizionandosi sulla testa della sua creatura, pronta a sferrare un altro attacco. Stavolta non aveva la forza di reagire e chiuse gli occhi, in lacrime.

“Mist... vorrei che le mie parole ti giungessero fin nel cuore... perché non mi ascolti?!” pensava, ma non aveva coraggio di parlare, le parole le morivano in bocca.

'Pri... principessa... Non si preoccupi, sono... sono qui!' esclamò Shining, ponendosi davanti a lei. Era ancora un po' tremolante, ma poiché non aveva subito alcun danno fisico era comunque in forma.

Ma non sarebbe servito a nulla, non contro lo Sguardo pieno d'odio di Mist.

Poi, l'ursa attaccò.

 

Buio. Buio e solitudine. Buio, solitudine e disperazione.

Solo questo c'era nella mente di Hope.

Le lacrime del puledro avevano ormai allagato il pavimento della buia cella in cui si trovava. Anche se non poteva vedre ne percepiva l'oscurità.

In quel momento stava solo desiderando l'abbraccio di suo padre. Sapeva già che sarebbe successo, che Celestia sarebbe tornata un giorno per sottrarlo ai suoi genitori. Genitori adottivi che però considerava veri, genitori che a differenza di quelli che aveva, erano comprensivi e dolci con lui.

Ricordò un giorno, in cui provò a volare, saltando giù da un ramo. Si gettò nel vuoto e spalancò le ali, sbattendole furiosamente, senza però frenare la caduta.

Stava per impattare al suolo, quando sentì delle forti braccia afferrarlo e stringerlo a sé, forti e allo stesso tempo soffici e tiepide, come una nuvola.

Era Mist, suo padre, pronto in ogni momento a salvarlo.

Lui era lì per salvarlo. Non come l'altro suo padre.

Oppure le braccia di sua madre. Calde e protettive, in cui poteva rannicchiarsi e sentirsi cullare da quell'abbraccio caloroso, materno. Di una vera madre.

L'unico calora che sua madre gli aveva dato erano le fiamme del suo Aelementum...

Lui voleva...

Voleva ritornare dai suoi genitori. I suoi VERI genitori, che gli volevano bene e lo apprezzavano anche se non sapeva volare e non sapeva lanciare magie, che non si fermavano bloccati dalle sue palpebre chiuse e che riuscivano a trovare bellezza nei suoi occhi spenti e privi di luce.

Capì che non aveva bisogno di luce.

Mist e Star erano la sua luce.

E disperato, isolato nelle tenebre, Hope piangeva, senza speranza, devastato.

“Papà... salvami... papà.... PAPA'!!!!”

E in quel preciso istante sentì le mura crollare, le pareti infrangersi e una gigantesca zampa avvolgerlo dolcemente. Una cosa che non lo spaventò perché capì subito cosa stesse accadendo.

Riconobbe nella zampa la sensazione dei forti zoccoli di suo padre e, prima che potesse rendersene conto, sentì la sua voce.

Sicura e rassicurante. Ogni sua paura fu spazzata via in un secondo.

L'attacco dell'Ursa aveva distrutto ulteriormente la sala del trono, entrando dentro la cella di Hope, proprio sotto di essa.

Mist stringeva tra le sue braccia il puledro, che gli si era attaccato al collo in lacrime, per la gioia.

Gli accarezzò i suoi verdi capelli, gesto che faceva sempre per tranquillizzarlo.

'E' tutto finito tesoro, tutto... finito.'

Little John, sotto i loro piedi ruggì di gioia, prima di iniziare a sparire in una pioggia di scintille. Pure la vera pioggia d'acqua in quel momento cessò, così come cessarono le paure del puledro e le paure del suo genitore adottivo.

Celestia invece, rimasta a terra dietro a Shining Armor, si rialzò di scatto, per poi ricadere a terra a causa delle ferite.

'No, no, no, no, no, NOOOOO!!!!' gridava, sbattendo disperata gli zoccoli a terra, vedendo quel dannato alicorno grigio tra le braccia di quello che era il suo più promettente studente.

Mai avrebbe pensato che un simile talento le si sarebbe rivoltato contro, mai avrebbe pensato che potesse portarsi dietro tale rancore.

Che... che mostro ho creato?

Ma una voce la fece destare.

'Pri... principessa... Siamo arrivate...'

Alzò la testa.

Era Shooting Star e, dietro di lei, Twilight Sparkle e le sue amiche, con gli elementi ben fissati al collo.

 

Per Mist mancava solo una cosa ormai, la principessa era praticamente sconfitta e il cristallo di King Sombra accanto al trono era a portata di mano.

Non serviva altro per maledire l'intera Equestria, permanentemente.

Gustando il momento camminò fiero su una nuvola creata grazie al suo stesso Aelementum e giunse davanti al trono, ora ribaltato.

Fece scendere Hope e gli disse di prendere il cristallo. Nel momento stesso in cui il puledro lo avesse toccato avrebbe iniziato il rituale e a quel punto nessun pony maledetto sarebbe stato denigrato.

Il puledrino fece qualche passo sulle scale diroccate e fece per afferrare l'artefatto, seguendo le direttive dell'arcimago.

'MIIIIST!!!!!!' esclamò una voce familiare dietro di lui.

Si girò.

Star.

Era sola, avanzava barcollando.

D'istinto le si avvicinò e la aiutò a sorreggersi.

'Che ci fai qui?' le chiese, spaventato. Come risposta ricevette uno schiaffo che gli fece partire quasi metà faccia, danno che si rigenerò subito.

'Cosa vuoi fare?!' gli urlò, arrabbiata.

Mist chinò la testa.

'La-lascia stare... piuttosto, cosa fai qui? Perché... perché sei con Celestia e le sue stupide amiche? Come siete arrivati qui?'

'Ah! Siamo tre pegasi e un alicorno, poi c'era con noi il fratello di Twilight, ci ha aiutati a salire fin quassù!' esclamò Dash.

'Tu... non mi importa se sei il grande Midnight Mist... Non ti perdonerò quello che hai fatto al mio fratellone!' urlò Twilight, infuriata. 'Mi hai proprio deluso!'

'Star...' disse, ignorando totalmente le sei portatrici 'Cerca di capirmi, lo sto facendo per il bene di tutti. Se tutti fossimo maledetti nessuno ci odierebbe. Nessuno avrebbe paura di nessuno.... Se... se non ci fosse stata la paura della maledizione... Windmill...'

Un altro sonoro schiaffo colpì il volto dell'unicorno.

'Non farti scudo con Windmill!' disse, in lacrime.

'Come puoi essere d'accordo con Celestia, dopo quello che ha fatto a nostro figlio? Come?!'

'E tu come puoi ritenerti padre dopo averlo condotto qui solo per una tua ragione egoistica? Mi fidavo di te!'

Mist girò la testa.

'Star, io non posso perdonare Celestia.'

'Nemmeno io.' rispose risoluta la pegaso 'Ma non posso neanche permetterti di compiere questa pazzia.'

L'unicorno non rispose. Guardò sua moglie negli occhi.

Occhi disperati, che cercavano di nascondere la paura e la delusione dietro un sottile strato di rabbia. In cuor suo si sentì stringere forte, ma la sua convinzione, l'ideale in cui aveva creduto fino a quel momento era troppo forte per crollare così facilmente.

Appoggiò uno zoccolo sul petto di Star, mentre il suo corno si illuminava.

'Mi... mi dispiace...' disse, con voce strozzata.

Shooting Star, prima che potesse rendersene conto, stava volando, scaraventata via dall'onda d'urto causata da Mist stesso, riuscendo per ad atterrare grazie alle ali.

'MIIIIIIIST!!!!!' urlò disperata.

Le sei portatrici, visto il fallimento delle parole, passarono all'attacco, ma non avevano calcolato il resistentissimo scudo che Mist aveva proiettato intorno a sé. Dash se ne rese conto quando ci sbatté contro, quasi spaccandosi il muso.

Nulla poteva fermarlo e Hope aveva già preso il cristallo.

L'arcimago aprì il libro, pronto a recitare la formula.

Celestia deglutì e camminò in avanti, portandosi fin davanti alla barriera. Mist però la ignorò.

'M... Mist... ascoltami... Ti supplico...'

'No.' rispose lapidariamente.

'Ri... riguardo a quell'alicorno... lui...'

'So tutto, cosa credi? Mi ha raccontato come lo maltrattavi. Mi ha detto tutto quanto. Pensi che io possa dare ascolto ad una madre sciagurata come te? Tua madre, che ha dato la vita per donarti l'Aelementum non ti ha insegnato nulla? NON PROVI AMORE PER TUO FIGLIO?!?!!?' gridò, dal più profondo del cuore, indicando Hope.

Celestia sgranò gli occhi e lo guardò intensamente, con le lacrime agli occhi.

'Io... io...'

'Seh, avanti, parla pure, io tanto non ti ascolto.... Dunque, dov'era la formula?'

'Io... non so cosa ti abbia raccontato ma...'

'Ma?' mormorò, incurante.

'Ma lui non è affatto mio figlio...'

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Capitolo 13
*** Viola e Bianco ***


E se ti dicessi che tutto quanto, dal primo all'ultimo istante, era una bugia?”

 

 

'Lui non è mio figlio.'

Le parole di Celestia rimbombarono nella testa di Mist, cogliendolo alla sprovvista. Guardò Hope, come cercasse una sicurezza e il puledrino scosse la testa.

'Io... io...' mormorò 'Sono sicuro che lei sia... cioé, l'ho sempre...'

Mist si voltò verso la principessa.

'Mi dispiace, ma preferisco fidarmi di mio figlio. Ti pare possa crederti dopo tutto quello che mi hai fatto passare?'

Celestia rimase con le zampe appoggiate alla barriera, cercando di entrare. Iniziò ad urlare, ma Mist isolò pure i suoni per non sentire le stupide lamentele dell'alicorno, che cercava di sfondare la barriera a testate, disperata. Uno spettacolo disdicevole considerando il suo rango.

Tuttavia, anche se aveva ragione e non era la vera madre di Hope, non importava L'aveva comunque abbandonato e questo non poteva perdonarglielo.

Il piccoletto prese il cristallo e iniziò a guardarlo.

'Papà... non funziona, ha smesso di brillare...'

'Fammi vedere Hope.'

Il cristallo di King Sombra, catalizzatore per la magia, aveva perso la sua luce.

'Hope...' lo chiamò 'Davvero... davvero mi hai detto la verità?' mentre esaminava il cristallo, girandolo e scrutandolo con lo sguardo, continuava a sentire che qualcosa non andava.

Aveva un buon intuito per quanto concerneva le bugie e in un certo senso sentiva che Celestia non stava mentendo. Però anche Hope era sincero, un bugiardo non può andare avanti a mentire così assurdatamente per due anni senza tradirsi.

Il puledro chinò la testa.

'Io sono sicuro di averti detto tutta la verità...'

Allora cos'era accaduto? Mancava chiaramente un tassello in questo puzzle, c'era davvero qualcosa che non quadrava. Per esempio, Star come sapeva cosa voleva fare?

Toccò il cristallo, per tastare che fosse autentico e appena lo sfiorò esso esplose in un enorme flash che lo accecò temporaneamente.

'AAAH! Papà! Stai... stai bene?!' esclamò preoccupatissimo. Mist riuscì ad aprire gli occhi e davanti a sé trovò, al posto del cristallo, uno strano collare dorato con incastonato sopra una pietra bianca e nera.

'Ma che diavolo...'

'Oh!' Hope era sorpreso 'Pe... penso che si possa comunque usare per scatenare la maledizione su tutta Equestria.

Qualcosa colse all'improvviso l'unicorno, un'intuizione non molto rosea.

Alzò la testa e guardò suo figlio.

'Hope.... ma tu... tu come sai cosa voglio fare? Non te ne ho mai parlato.'

In effetti il suo piano era quello di salvarlo e poi usare l'incantesimo appena fosse stato vicino, senza dirgli nulla. Era un piano progettato d'impulso appena aveva visto Celestia davanti a casa sua, però alla fine si era rivelato buono...

Ma era certo di non averne mai parlato con lui e di sicuro non aveva conoscenze magiche sufficienti per comprendere i testi.

Davanti al silenzio del puledro incalzò.

'Hope, come...'

'Ops.' fece, con tono innocente 'A questo punto nemmeno pensavo te ne accorgessi.'

'Cosa... cosa significa?'

Hope non rispose e si mise il collare. Osservò compiaciuto, fuori dalla barriera, Celestia che si dimenava con tutti gli incantesimi più tremendi per sfondarla, aiutata dalle sei portatrici degli elementi.

Star invece era immobile, ad osservarlo e scuoteva appena la testa, come se non potesse credere a ciò che vedeva.

Sorrise maliziosamente e aprì gli occhi guardando Mist.

Guardava.

L'unicorno notò con orrore che Blind Hope ci vedeva eccome, I suoi occhi erano nitidi e accesi. Fu il riflesso di sé stesso in quegli occhi a sconvolgerlo.

Si vide, spettinato e sudato, completamente consumato dalla follia. Si fermò.

'Co... cosa stavo facendo?' mormorò, chinando la testa, sconvolto. 'Hope... tu... tu cosa sei? P... perché?'

'Obbeh.' Hope gli accarezzò i capelli, come faceva lui per tranquillizzarlo 'Anche se sei stato un cretino credulone devo ringraziarti.'

La barriera all'improvviso si infranse, facendo cadere a terra la principessa.

Il puledro lasciò dietro di sé Mist, paralizzato dallo sgomento, e trottò allegramente, ignorando completamente Celestia che era riversa a terra con la faccia contratta dalla paura.

Si avvicinò a Star e le sorrise amorevolmente.

'Mamma?'

Quella parola la risvegliò dal torpore. Chinò la testa, speranzosa, convinta che tutto quello che aveva sentito (la barriera non aveva bloccato i suoni dal suoni dal suo interno) fosse semplicemente un fraintendimento.

'Dimmi Hope...' sussurrò.

'Star... <>?'

La voce.... la stessa... la stessa che aveva sentito prima di venire là, la stessa... che diceva di appartenere a Greyhorn.

Hope si sollevò, fluttuando e si sdraiò di schiena a mezz'aria, a gambe incrociate e zampe dietro la testa, rilassato come se fosse in vacanza.

'Del tipo... quanto ho aspettato? Più di mille anni sicuramente, ricordo ancora quando Celestia era una puledrina.'

'CHI SEI?!?' gridò dietro di lui Twilight. Hope si girò, guardandole, noncurante. Tutte e sei le portatrici si erano messe in posizione e stavano caricando gli elementi, pronti ad attaccare.

Il puledro sorrise e rispose.

'Oh, vengo chiamato con tanti nomi.'

'Lui... lui è Greyhorn...' mormorò Celestia '...Ormai siamo tutti perduti.'

'Ehi, non avete idea di che diavolo di casino sia stato organizzare tutto questo!' esclamò, svolazzando intorno 'Da quando sono stato tradito da mia figlia Gelsomina avevo perso tutti i poteri e mi sono ridotto in questo pietoso stato. Dovevo riprendere il mio collare, che nascosi in uno dei cristalli di Sombra. Era tutto perfetto, ma TU, Celestia, l'hai dovuto rubare a quello stupido. In questo stato pensi forse che avrei potuto fare qualcosa per sottrartelo? Male per te che hai avuto troppa paura a farmi fuori poco fa, forse mi avresti fermato una volta per tutte. Forse.'

Celestia sin da subito sapeva la verità. Sapeva che era Greyhorn, ma non sapeva mirasse proprio al cristallo. Quando seppe dalla sua allieva che Star e Mist avevano adottato “un puledrino grigio” capì subito di chi si trattasse e andò a prelevarlo.

Voleva dirlo sin da subito cosa stesse accadendo, ma visto quanto la sua vecchia amica stesse soffrendo ebbe paura a peggiorare la situazione. Mist invece si dimostrò gentile e credette ingenuamente che conoscesse la situazione.

Quando lo portò a palazzo lo rinchiuse, non trovando il coraggio di eliminarlo, non era certa di essere comunque abbastanza potente da farlo.

E poi Mist la attaccò. Cercò di parlargli, ma la sua furia lo rendeva cieco e sordo. E ora il danno era stato fatto.

Greyhorn aveva recuperato il suo collare.

Il puledro si teletrasportò e si mise davanti al trono, ribaltato. Con un pizzico di magia lo rimise in piedi e ci si sedette sopra, spaparanzandocisi con goia.

'Oh, quanto è comodo!' esclamò, felice.

Poi guardò intensamente negli occhi Celestia, che cercava di rialzarsi, preparandosi ad attaccare. Stava intimando le sue compagne a rimanere ferme. Tuttavia, anche se avessero attaccato tutte assieme, non avrebbero potuto fare nulla.

Bastò quello sguardo a farla desistere.

I suoi occhi erano cambiati. Intorno all'iride, grigia, si trovavano quattro cerchietti bianchi, disposti agli estremi. Qualunque cosa significassero la loro vista fu sufficiente a fermare persino una sovrana.

'UHUHUHUAHAHAHAHAHAHAH!!!!!!' Hope iniziò a ridere e spalancò le ali. Non le sue alucce minuscole e inadatte al volo, ma un paio di maestose ali da drago che, sotto una pioggia di piume grigie, si estesero ai lati. Erano troppo grandi paragonate al suo corpicino, ma la cosa sembrava non turbarlo.

'Finalmente inizio a riprendere i miei poteri!'

La sua voce non era più la voce dolce e tenera di sempre, era diventata improvvisamente più adulta e seria, identica a quella che aveva sentito Star.

Mentre Celestia arretrava terrorizzata, le sei portatrici rimanevano inermi a contemplare la situazione e i due coniugi erano ancora immobili, incapaci di reagire alla situazione, Hope si trasformò.

Il suo corpo fu avvolto da una grandissima luce, che spandeva scintille magiche ovunque, e quando essa si dissolse, in un'esplosione di polvere argentata, al posto del puledrino che tutti conoscevano si presentava una figura autoritaria.

Era un alicorno grigio, dal lucente crine verde, ben più alto di qualunque altro alicorno conosciuto. Aveva una lunghissima coda, attorcigliata a spirale, mentre ai lati della testa aveva due corna, simili a quelle di chi aveva contratto la maledizione, ma più lunghe. Il cutiemark assomigliava ad un 6 nero.

Tuttavia il dettaglio più strano era il suo corno magico. Era incredibilmente lungo ed aveva la forma di una spada orientale.

Tenne le ali aperte e, con una potentissima voce, simile alla voce Reale di Canterlot, si presentò.

'Io sono Lord Greyhorn Tyrant, legittimo sovrano di Equestria e....' la voce tornò normale '...anche il nonno di Celestia, uhuhuhahah!'

Applejack stava stringendo tra le sue zampe Fluttershy, che stava addirittura piangendo e teneva chiusi gli occhi, incapace di assistere al macabro spettacolo.

Pure Dash, Twilight e Rarity erano immobili a guardare e addirittura Pinkie non sembrava nemmeno lei stessa, i capelli le si erano sgonfiate e stava già iniziando a farsi prendere dal pessimisimo.

'Siamo finite....' sussurrava, quasi ridendo.

L'eccesso di felicità porta le lacrime, l'eccesso di tristezza... porta a ridere senza motivo.

AJ all'improvviso si sentì il fiato sul collo, si girò e vide Greyhorn, che si era teletrasportato dietro di lei.

'Tu sei della famiglia Apple, vero? Uhm, per caso hai ereditato “il libro”? Sai, quel segretuccio che la tua famiglia si porta dietro.'

La pony arancione lo guardò, senza capire di cosa stesse parlando.

'Ah, allora non sai nulla del segreto degli Apple. Mi sa che dovrò comunque sterminare la tua famiglia appena finito con voi. Tu rimarrai in vita, dai.' le disse.

La risposta della giumenta fu un poderoso calcio in pieno muso, che lo fece arretrare di qualche passo.

'Non avresti dovuto farlo.'

'Credi forse di farmi paura, zuccherino?'

'Ma io non parlo mica per me. Cosa vuoi me ne importi di un calcetto in viso? Più che altro mi preoccupo per te. Sai cosa succede a chi mi tocca?'

Applejack non ebbe bisogno di chiederlo, lo sperimentò direttamente sulla sua pelle.

Vide i colori intorno a lei spegnersi e il suo pelo perdere di lucentezza, diventando grigio. Spaventata, si toccò la testa e sentì chiaramente qualcosa pungere.

Non aveva bisogno degli sguardi sconvolti delle amiche per capirlo: era stata maledetta.

'UHUHUHAHAHAH!!!' rise nuovamente, spiccando il volo e tornando sul suo trono.

'Dunque, come primo editto potrei.... uh! Non ci avevo pensato.' e si rivolse alle sei 'Voi cosa pensate? Cosa potrei fare? Dopotutto ho Equestria ai miei zoccoli e non è che Celestia può impedirmelo.'

L'ex-principessa si alzò sulle sue zampe e si asciugò le lacrime.

'No. Posso ancora usarlo...' poi strinse i denti. 'Ragazze, scusatemi, ma.... Io...'

'Celestia, non vorrai mica...'

'Dare adito a tutta me stessa. Prima con Mist mi sono trattenuta... Non volevo fargli del male, non ho nemmeno usato incantesimi... Ora però devo usare... Il potere racchiuso in questa pietra che porto al collare.'

'Ah, una delle Sette Pietre delle Virtù Regie, ricordo, quando le possedevo io tutte quante. Tu hai l'Ametista della Stabilità, giusto? Beh, ti avviso che il tuo potere non può farmi nulla.'

'Vedremo.'

'Andiamo Celestia, davvero sacrificheresti le tue fedeli schiavette e porteresti con te tutta Canterlot? Usare quel potere ucciderebbe tutti i pony di questa città e sicuramente non mi farai niente.'

'Principessa! Cosa... cosa vuole fare?' chiese Twilight. Celestia guardò verso il basso e iniziò nuovamente a piangere.

'Scusami... scusami Twilight, io.... io stavo per sacrificarvi tutte quante... sono un mostro....'

L'unicorno viola, sentendo quelle parole, non reagì odiandola, bensì la abbracciò.

'Non si preoccupi, sono sicura che lo stava facendo in buona fede... E sono anche sicura che ci sia un altro modo di sconfiggerlo.'

'…No.... non c'è.... è un re alicorno millenario, ha praticamente creato lui la magia, nemmeno se ci fosse qui Luna avremo qualche speranza.'

E vedendo la principessa in quello stato, così rassegnata... Twilight chiuse gli occhi e sperò in un miracolo.

AJ invece aveva ignorato quanto era accaduto fino a quel momento, si stava ancora guardando gli zoccoli, terrorizzata. Sapeva che, anche se ne fosse uscita viva, non sarebbe potuta tornare alla fattoria. Non avrebbe potuto aiutare Big Mac e Applebloom, né sarebbe potuta andare a vendere le mele.

Ciò che la stava facendo piangere non era la maledizione in sé, ma il fatto di perdere sicuramente la fattoria e soprattutto la vicinanza dei familiari...

Quasi quasi desiderava che Mist riuscisse nel suo intento, così da non avere nessuno di quei problemi. Poi ricordò le funeste parole di Greyhorn “io ucciderò gli Apple”.

Dash, senza paura, le si mise accanto e le cinse le spalle con una zampa, cercando di consolarla.

Rarity invece avrebbe voluto dire che quel grigio era un crimine contro la moda, ma si accorse che era totalmente fuori luogo dire qualcosa in quel momento.

Si avvicinò a Fluttershy e le disse di farsi forza.

'Sai, Flutter... in questo momento sto quasi rimpiangendo che con me non ci sia il mio Spikino ciccino... Ma forse è meglio così, si sarebbe preso uno spavento troppo grande.'

Si asciugò il sudore e guardò l'amica, che continuava a distogliere lo sguardo dall'alicorno grigio, incapace persino di guardarlo.

Pinkie invece iniziò a saltellare, sempre con i capelli lisci, continuando a canticchiare di come “erano tutte morte e sepolte” e che stesse “imitando la danza del cattivone sulle nostre tombe”.

Poi però accadde qualcosa. Mist, che fino a quel momento era rimasto immobile, iniziò a tremare.

'Eh... eheh.... eheheheheheh!' ridacchiò. 'Gr.... G.... Gre....'

Teneva ancora la testa chinata, non si era mosso, parlava e basta.

'Dove... dove...'

Intorno a lui l'aria si fece pesante, e fu avvolto da una scurissima aura oscura. Era difficile definire chi in quel momento, tra Greyhorn e Mist, incutesse più timore.

La furia, la rabbia e la frustrazione dell'unicorno erano così profonde da essere addirittura visibili in quel momento.

'Dove... DOVE HAI MESSO IL VERO HOPE?!?!'

Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, il suo corpo iniziò a vaporizzarsi, ogni cellula era pronta ad attaccare. Saltò addosso all'alicorno, ma fu bloccato di colpo e fu tenuto legato a mezz'aria, come fosse crocifisso.

'Oh, non pensavo ci saresti arrivato.' disse Greyhorn, compiaciuto.

'Li... liberalo...' digrignò i denti, incapace di agire o lanciare incantesimi.

'Oh, che papà adorabile, sei stato il papà migliore che io abbia mai avuto, sai?'

A fatica, opponendosi alle costrizioni magiche, alzò la testa e lo guardò negli occhi.

'Liberalo! Libera Hope!'

'Andiamo, ancora credi che sia mai esistito un Blind Hope? Ero io, sono stato io tutto il tempo.'

'Non ti credo!'

'Senti Mist...' gli si avvicinò, come per parlargli nell'orecchio. 'Ti ho ingannato per due anni senza che tu te ne rendessi conto. Mi sono immedesimato così bene che arrivavo quasi a pensare che mi mancavi, anche nella mia testa continuavo a rimanere nella parte, per non tradirmi un solo istante. Idiota.'

L'unicorno si fece scuro in volto e si arrese, lasciandosi penzolare in aria.

Cosa gli bruciava di più? Nemmeno lui sapeva dirlo con certezza. L'aver perso il figlio che per due anni aveva amato e cresciuto, o scoprire che tutto era solo una farsa ed era stato usato come una marionetta da buttare via in qualunque istante.

Qualunque fosse la ragione ogni sua speranza fu cancellata.

Sorrise.

'Eheh.... e io che ti avevo anche voluto bene.... hai ragione, sono proprio un idiota. Fai pure quello che vuoi, al momento non me ne frega più niente.'

'A questo punto posso rivelarti una piccola cosa: ero io che intercettavo tutte le letterine della principessina, ecco perché smisero di arrivarti!'

Mist non reagì minimamente.

'Come desideri!' esclamò Greyhorn, mentre il suo corno si illuminava di rosso. Era pronto a trafiggerlo.

“NO!” urlò Celestia, colpendo il re con una potente Frattura Differenziale.

Non sortì alcun effetto.

L'alicorno fissò l'ex-principessa, con aria di rimprovero, strofinandosi la bocca.

'Proprio tu non sai startene buona, vero? Non sei lontanamente al livello di tua madre, lei riusciva almeno a farmi spostare. Tipo... così!'

Il suo corno si piantò di colpo nel ventre di Mist, perforandolo da parte a parte.

'GWAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!!!!' le grida di dolore dell'unicorno riecheggiarono per tutta la sala.

Quell'urlo riuscì a svegliare completamente Star, rimasta inerte fino a quel momento. La sua vista si appannò, mentre invocava il nome del marito ad alta voce.

Mist, prima di ricadere privo di forze alzò uno zoccolo cercando di raggiungere la moglie, poi chiuse gli occhi e si abbandonò.

Del fumo verde iniziò ad uscire dalla ferita. Non usciva sangue, poiché solo l'anima era stata colpita, non il corpo. Ma era una ferita ben peggiore, perché nessun medico poteva fare qualcosa.

Greyhorn sollevò il corpo di quello che era suo padre adottivo, impalato sul suo corno, poi volteggiò e lo lanciò giù dalla finestra.

Star reagì in modo fulmineo, si lanciò nel vuoto dietro al corpo del suo amato, cercando di afferrarlo. Era una vana speranza, ma era l'ultima cosa in cui le era rimasto di credere.

“Forza ali, non abbandonatemi ora!” si incoraggiava, dando adito a tutte le sue forze residue. Ma l'ala destra, irrimediabilmente danneggiata, non voleva saperne di rispondere.

“Dai, dai, dai, DAI!”

Strinse i denti, così forte da quasi spezzarli, avvicinandosi di poco a Mist.

L'ala di colpo produsse un rumore sordo, come di qualcosa che si rompeva.

E Star perse il controllo.

 

'La Principessa! La Principessa è venuta a fare visita al Capo!'

Tall stava scrivendo, studiando alcuni fogli che Mist gli aveva passato. Si era messo in testa di imparare un sacco di cose sugli animali, sentendo che fosse il suo talento.

Udì la voce di un pony fuori di strada, Pelogrigio era piccola e le voci giravano in fretta. Eventi come “Celestia è venuta” facevano il giro in fretta.

Preoccupandosi per Mist, essendo a conoscenza di alcuni screzi (ma non sapeva che Hope fosse un alicorno, né che fosse il figlio della sovrana), volle andare a fargli visita.

Si alzò dal tavolo, si pulì gli occhi e aprì la porta.

Suo fratello Tulip era accanto a lui.

'Ehi, ciao fratellino. Come va?'

Tulip annuì e sorrise. Significava che andava tutto bene.

Da quando era morto loro padre non aveva più parlato, per due anni non aveva più potuto sentire la sua voce. Ormai ci aveva messo una pietra sopra, non piangeva più, però ancora non riusciva a sentirsi totalmente sereno. Nel corridoio passò e si fermò davanti alla foto di Windmill, sotto il vetro c'era una sua piuma, di un profondo colore blu, come il mare.

Tall socchiuse gli occhi, tranquillo e gli sorrise.

Poi scese le scale, salutò la madre ed uscì, recandosi a casa dell'amico. Teneva sulla schiena un piccolo pacchetto regalo, un giocattolo che una zebra gentile gli aveva donato e voleva darlo ad Hope.

“Era questo mese o il prossimo il suo compleanno? Obbeh, in ogni caso io il dono l'ho fatto.”

Tuttavia quando arrivò nei pressi della casa vide Star correre fuori di tutta fretta. Cercò di salutarla, ma non fu notato e la pegaso si allontanò nella foresta. Chissà per quale ragione stava correndo così.

Andò sull'uscio e suonò, pensando che ci fosse almeno Mist, ma capì ben presto che non c'era nessuno e si arrese, facendo retrofront.

Decise allora di passare in piazza, per chiacchierare un po' delle ultime novità. Tra l'altro un gruppetto era andato e aveva comprato un bel po' di roba per ridistribuirla a chi ci aveva messo i soldi.

Tall doveva ritirare un sacco di fieno da friggere, che piaceva tanto a Tulip, e alcune penne e pergamene, oltre ad altre cibarie.

La fila era parecchio lunga, sarebbe dovuto arrivare prima, così si mise a parlare con quelli che gli stavano immediatamente vicini, davanti e dietro, a Pelogrigio più o meno si conoscevano tra tutti e c'era sempre qualcosa da raccontare leggendo i giornali che di tanto in tanto venivano lasciati di fronte all'accampamento in blocco. Piccolo regalo della principessa a loro che erano maledetti.

La chiacchierata con i due era diventata così accesa e discussa che, anche dopo aver preso tutto quanto, non si accorse che erano già passate tre ore.

Poi successe un fatto che attirò la sua attenzione.

Tall vide alcuni pony, compresi quelli con cui parlava, fermarsi e osservare allibiti qualcosa.

Si girò, incuriosito.

Una gigantesca colonna di fuoco e fumo si ergeva dalla città di Canterlot, alta e intensa. Tall, d'istinto, percepì che c'era qualcosa che non andava... Sentiva come se Mist ne fosse direttamente coinvolto.

E poi, come fosse una coincidenza, Pelogrigio ricevette una visita inaspettata.

Princess Luna.

'Fedeli sudditi, devo avvisarvi di una cosa importante!'

Non ottenne una reazione piacevole, alcuni pony scapparono, altri urlarono impauriti, dopotutto sapevano appena che Nightmare Moon era tornata, ma non sapevano di cosa era accaduto a Ponyville recentemente.

'No, no, non sono qui per.... oh, al diavolo!'

Tall invece non fu spaventato e, intuendo come quella colonna di fiamme c'entrasse qualcosa, si avvicinò alla principessa.

'Dica pure, mi interessa.'

'Non... non hai paura?'

'E perché dovrei?' rispose 'Nei giornali dicevano che gli Elementi ti avevano redenta, quindi...'

'Oh, meno male, dunque...'

'Farò io da portavoce a tutti quanti, ma mi dica... c'entra per caso un certo Midnight Mist?'

'Già... e il puledrino noto come suo figlio adottivo, Blind Hope.'

Sentendo quelle parole Tall si preoccupò un bel po'.

'E'... è successo qualcosa?'

'Già, ora vi racconto tutto quanto... Ha a che fare anche con la vostra maledizione...'

 

Le sei portatrici rimasero sconvolte, ma più di tutte Celestia corse subito cercando di inseguire anche lei Star, ma le sue ali erano troppo malconce per volare.

Tuttavia saltò, ma sbatté contro un muro di pietra.

'Ops.' bofonchiò Greyhorn 'Sto ristrutturando il palazzo, scusami tanto.' e le sorrise. 'Però se volete potete uscire, vi lascio andare, tanto non è che potrete fare molto.'

Detto questo si girò, facendo volteggiare la lunghissima coda che, estesa, arrivò addirittura ad accarezzare il mento di Celestia.

'Vi lascio andare, un Re senza sudditi non è un re, se vi eliminassi non avrei nessuno su cui regnare. Se può tranquillizzarvi non sarò dispotico, anzi, sarò molto permissivo.'

Ma quelle parole erano tutt'altro che consolatorie.

Twilight guardò la sua mentore, cercando una risposta, ma tutto quello che ottenne fu un semplice gesto. Voltare le spalle ed avviarsi all'uscita della sala, lasciando dietro di sé Greyhorn.

'Se... seguitemi...' mormorò e, dato che non potevano fare altro, le sei portatrici la seguirono.

Era distrutta. Completamente.

In una sola giornata aveva perso il regno e uno dei suoi allievi preferiti, senza contare le ferite che quest'ultimo le aveva inferto accecato dall'odio per la sua negligenza.

Riponeva le sue ultime speranze in Luna, pregando che completasse l'incarico che le aveva assegnato. Poi iniziò a riflettere su alcune cose che non le tornavano chiare.

Perché Greyhorn aveva elaborato un piano tanto complesso e affidato al caso? Era improbabile che una tale serie di coincidenze favorevoli si fossero avverate tutte assieme.

Poi come mai aveva aspettato così tanto? Perché non lo aveva fatto un migliaio di anni fa, quando Celestia era ancora debole a causa dell'esilio di sua sorella?

Sentiva che c'era qualcosa che le sfuggiva.

Camminò, guidando le amiche della sua fedele allieva, fino al giardino, dove era caduto Mist. Procedette lentamente, in silenzio, troppo impaurita di vedere cosa era successo al suo vecchio discepolo.

Trovarono Star, seduta sull'erba.

Immobile.

Si avvicinarono, davanti a lei c'era Mist, sdraiato a terra con gli occhi chiusi, sembrava stesse dormendo.

Ma cosa più strana...

Il suo pelo era tornato bianco e le sue corna erano sparite.

La pegaso si voltò, mostrando un viso martoriato dalle lacrime. Parlò con la voce rotta, singhiozzando.

'Siete... siete un tantinello in ritardo...' disse, con la voce spezzata. 'Quando la maledizione sparisce... significa morte... L'ombra che mi perseguita... infine si è presa anche lui..'

'MIST!' gridò Celestia, gettandosi sul corpo inerte dell'unicorno.

'No....' mormorò Rarity.

Pure le sue amiche rimasero in silenzio, senza poter dire niente.

'Beh, che è accaduto? Siete così tristi, per caso è morto qualcuno?'

Si girarono all'unisono, tranne Star, verso Greyhorn.

Celestia si alzò in piedi, guardando suo nonno, infuriata.

'Hai fatto un passo più lungo della zampa.' disse.

'Uh?'

Prima di capire cosa la sua nipotina aveva detto fu scaraventato contro il muro del castello, sfondandolo. Sortì dalle macerie indenne e iniziò a lamentarsi.

'Andiamo, avevo appena iniziato ad aggiustarlo....'

L'alicorno gli fu addosso, completamente in fiamme, gettandolo a terra e iniziando a prenderlo a schiaffi e pestoni. Per ogni colpo che gli infliggeva il colore grigio sul suo corpo si dipanava e due piccole corna le spuntarono ai lati della testa. Anche Celestia era stata maledetta.

Ma non le importava.

Continuò imperterrita a scaricare il dolore su Greyhorn, continuandolo a picchiare come una creatura selvatica impazzita.

Non esitò nemmeno a morderlo al collo.

I suoi occhi erano completamente oscurati dalla pazzia.

Vedendo quella scena i sei elementi dell'armonia rimasero a guardare lo sconvolgente spettacolo, una bestiale rissa alla quale la vittima nemmeno riusciva a rispondere, colto sotto una pioggia di colpi.

Greyhorn continuava a subire senza reagire, mentre Celestia ormai probabilmente nemmeno più capiva cosa stava facendo.

La figura di una sovrana saggia e tranquilla, calma e riflessiva, agli occhi di Twilight fu rovinata, frantumandosi in pochissimi istanti.

Era davvero lei? La stessa mentore che l'aveva cresciuta?

'Mi hai stancata.'

Celestia fu lanciata in aria e riatterrò fragorosamente a terra, trasformandosi interamente in fuoco dalla potenza dell'impatto, poi riprese il suo aspetto normale.

Con la sola differenza che ora anche lei aveva la maledizione di Greyhorn.

L'alicorno grigio si rialzò, come se nulla fosse accaduto.

Ne ebbero un ulteriore conferma, non si poteva competere con lui, apparteneva ad una dimensione troppo lontana per chiunque.

Il Re guardò i soldati, i quali arretrarono di un passo e, tremando, gli si prostrarono.

'Ora sono io il Re di Equestria. Da questo momento il potere delle Principesse è revocato, non dovrete più obbedirgli. Comunque sia lasciatele andare.' proclamò, andandosene, dopo aver congedato le guardie.

Due si avvicinarono a loro.

'Mi dispiace prin.... signora... ma deve andarsene...' stavano piangendo e aiutarono Celestia ad alzarsi.

'Mist... Mist è ancora vivo!' esclamò Fluttershy. L'ex-principessa corse subito a guardare. Respirava, si vedeva che, anche se debolmente, respirava eccome.

'Star... Star! Guarda!'

Ma Star non diede alcun segnale. Aveva gli occhi chiusi, le guance umide. Era viva. Però allo stesso tempo si era completamente chiusa al mondo esterno.

E forse non si sarebbe nemmeno più ripresa.

Celestia cercò di riprendere fiato, trattenendo le lacrime e poi si rivolse alle sue allieve.

'Per il momento ritiriamoci, Luna ha spiegato la situazione a Pelogrigio ed è andata a cercare l'unico che può avere qualche speranza con Greyhorn.'

'No!' esclamò Pinkie 'Tanto è inutile!'

Applejack le si avvicinò.

'Pinkie... c'è qualcosa che in realtà possiamo fare...' la pony rosa rimase in ascolto, mentre AJ si alzò in piedi e parlò a tutte quante 'Abbiamo con noi gli elementi, possiamo ancora fare un ultimo tentativo per combattere Greyhorn.'

'Ma come potremo... come faremo a coglierlo di sorpresa?' chiese Rarity.

'Non lo so, ma in questo momento il destino di Equestria è nuovamente sulle nostre spalle. Né Celestia né Mist hanno potuto nulla, ma non per questo dobbiamo arrenderci.'

Lei era l'unica che in quella lotta aveva realmente perso qualcosa, subendo la maledizione, ma era anche l'unica che in quel momento cercava di risollevare il morale a tutte quante.

Twilight, Dash, Pinkie, Rarity e Fluttershy rimasero ad ascoltarla, mentre nei loro cuori la speranza ritornava forte. Pure Celestia, osservandole, sentì che potevano farcela e fermare Greyhorn, una volta per tutte.

Le sei amiche si rialzarono, ancora più forti, intente a ripagare la loro incapacità di fare qualcosa a causa dello sconforto che le aveva colte.

Giunsero alla sala del trono senza incontrare opposizione, pure le guardie erano dalla loro parte.

Greyhorn era davanti a loro, seduto sul trono, mentre sorseggiava un po' di vino da un calice di cristallo.

'E alla fine avete scelto di tornare anziché andarvene.'

'In nome della Principessa, noi ti fermeremo.' con voce decisa, Twilight si fece avanti. 'Tutto quello che è successo oggi è stato per causa tua. Non posso perdonarti dopo quello che hai fatto a Celestia e alle mie amiche!'

'Anche se ci privi del futuro noi non smetteremo di lottare!' disse Applejack.

'Anche se ci levi ogni speranza noi rideremo e scherzeremo assieme!' esordì Pinkie.

'Anche se privi di colore il mondo noi continueremo ad abbellirlo!' esclamò Rarity.

'Anche se pieghi tutti gli altri alla tua volontà... noi... noi non ci piegheremo.' Fluttershy si fece coraggio.

'Anche se ci separi noi rimarremo unite!' proclamò infine Dash. 'E te la farò pagare per quello che hai fatto passare a Mist e a Star!'

'Oh, belle parole, senza dubbio, ma se non ci sono riusciti nemmeno il più potente mago del mondo, né un alicorno, voi sei normali pony come potete sperare di battermi?'

Gli elementi, indossati dalle sei ragazze, iniziarono a brillare.

Quando Greyhorn realizzò i suoi occhi cambiarono espressione, mostrandolo preoccupato e intimorito.

'Oh, no. No. No! NO! NOOO!!!'

Un potente arcobaleno di luce partì verso il cielo, esplose e colpì in pieno il Re, che si dimenava disperato, mentre veniva avvolto dalla luce.

Finì tutto in pochi istanti.

Twilight si girò, sorridendo alle sue amiche.

'Ce l'abbiamo fatta!' esclamò con gioia, abbracciando le sue amiche.

'Sapete...' disse una voce dietro di loro '...Che la migliore tattica per sconfiggere i propri nemici è dar loro false speranze e poi farle crollare subito dopo? Devasta la loro determinazione.'

Si voltarono. Greyhorn era in piedi, ancora più vigoroso di prima.

Un'armatura bianca dai fregi dorati lo stava avvolgendo, proteggendo il suo corpo, mentre la spada che aveva al posto del corno divenne ancora più lucida e brillante.

Cosa era accaduto?

Lord Greyhorn iniziò a ridere di gusto, guardando le facce contratte di terrore delle giumente di fronte a lui.

'Beh, cosa vi aspettavate ad usare gli Elementi dell'Armonia contro il loro stesso creatore? Grazie mille per avermi fatto recuperare il 100% dei miei poteri.' disse, sedendosi sul trono in una posizione totalmente noncurante, con le zampe dietro la testa e le gambe incrociate, mentre faceva levitare un calice pieno di champagne d'alta qualità.

'Ogni speranza è cancellata. Ritiratevi che è meglio, vi concedo di andarvene intere da qui.'

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Capitolo 14
*** Vivere per 10000 anni ***


A volte devi sacrificare qualcosa, se vuoi cambiare il mondo.”

 

'Forza, venite!' esclamò Mist, invitando Star e Hope ad avventurarsi nella foresta. L'unicorno era insolitamente emozionato

La giumenta avanzava piano nella melma e guidava il puledrino per evitargli di inciampare e cadere in una pozzanghera.

'Amore, ma cosa c'è di così tanto importante? Insomma, non possiamo tenere Hope troppo a lungo nella foresta, è pericoloso!'

'Andiamo cara, sono la bestia più tremenda nel raggio di venti miglia, chi vuoi mi si avvicini?'

Star sapeva che era vero e scosse la testa, ridacchiando, mentre teneva per zoccolo Hope.

'Tranquilla mamma, non ho paura...' disse il puledrino, appoggiandosi alla sua spalla 'Non devi preoccuparti.'

Niente nel suo cuore era più dolce di un figlioletto che cerca di consolare la madre. Era una di quelle solite frasi di Hope che le scaldavano il cuore.

'Eccoci arrivati!' disse Mist, di fronte ad un'enorme grotta.

'Che... che posto è questo?' chiese la pegaso.

'Ora vedrai.' le sorrise, poi si voltò e mise gli zoccoli ai lati della bocca. 'LITTLE JOHN!!! VIEN FUORI!!!'

Un possente ruggito fece tremare la terra e dalla grotta uscì imponente un'ursa major. Star la vide, strabuzzò gli occhi e fece qualche passo indietro, mentre Mist guardava la creatura ridendo.

'Mist, scappa!' gridò d'istinto, poi si fermò a riflettere. 'Ma... questa...'

'E' l'Ursa che ha attaccato il villaggio tempo fa. L'ho addomesticata, in fondo ci stava attaccando solo perché era stata spaventata da una qualche creatura nella foresta. Mi chiedo cosa diavolo possa spaventare un colosso alto dieci metri...'

Star rimase in silenzio, senza dire nulla. Primo perché si fidava ciecamente di suo marito, secondo perché aveva paura a dire quello che pensava. Windmill era morto da soli due mesi e Mist in realtà non ci era ancora passato sopra. Si chiese come avesse potuto perdonare l'ursa dopo quello che aveva fatto al pegaso, levandogli la possibilità di volare.

Però in fondo stava parlando di un animale feroce e spaventato, non era certo una cosa volontaria.

Cercò di non pensarci e strinse a sé Hope, che invece tremava tutto. Lo baciò sulla fronte e gli sussurrò nell'orecchio, con voce calda e materna.

'Tranquillo, papà lo tiene sotto controllo.'

'Ma... ma... ho paura...'

'Papà è forte, se accadrà qualcosa ti proteggerà, ne sono sicura!'

'Ma ho paura per lui...' mormorò, stringendosi ancora di più al petto della madre adottiva.

'Tesoro, sappi che tuo padre è il più grande unicorno del mondo, ha domato un branco di urse affamate, sconfitto mille draghi ed è stato il primo pony a domare una Major!'

A quelle parole Hope si mise a ridere.

'E' buffo... mi viene è appena venuto in mente l'idea di papà che canta “Midnight Mist e Little John van nella foresta, urca urca tirulero oggi splende il sol” e mi sono messo a ridere. Eheheh...'

La piccola e innocente risata attirò l'attenzione dello stallone, che gli si avvicinò e gli accarezzò la criniera.

'Dai su, vi porto a fare un giro.'

 

La vista da sopra la testa di Little John era mozzafiato. L'orizzonte si era fatto ancora più lontano e il sole che tramontava gettava delle maestose ombre che da quell'altezza rassomigliavano alle figure più disparate. Una sorta di gioco delle nuvole al contrario.

La leggera brezza serale lambiva i corpi dei tre pony, stretti tra di loro. Mist e Star si stavano abbracciando e Hope si intrufolò tra di loro, cercando il tepore e la vicinanza coi suoi genitori.

Un momento idilliaco, quasi fiabesco, con la giovane famiglia cercare nuovamente la vita nonostante tutte le tragedie che avevano passato.

I due coniugi si guardarono. Poi abbracciarono ancora più forte Hope.

Era la loro luce, la luce che li aveva guidati fuori dal tunnel di disperazione e gli aveva donato nuova vitalità.

 

Peccato che quello stesso frammentò di luce si rivelò la loro rovina...

 

Mist aprì gli occhi e si alzò a sedere sul letto.

Si leccò le labbra biascicando, per togliere quella fastidiosa sensazione di appiccicoso in bocca. Si guardò intorno, incerto, con un forte dolore alla testa.

Appoggiò il capo su uno zoccolo e cercò di riordinare le idee.

Gli venne rapidamente in mente tutto quanto, ma non ebbe il benché minimo sussulto.

Era accaduto tutto così in fretta, così violentemente che ancora non riusciva a capire appieno cosa era successo, ancora non era capace di rendersene conto.

Del fatto che era guarito se ne accorse subito, ma non ci diede il minimo peso, con l'animo a pezzi che aveva. “Oh, guarda... colori...” si limitò a pensare, con indifferenza.

Alzò lo sguardo.

Davanti a lui c'era Celestia. I suoi capelli erano rosa e non fluttuavano, mentre il manto era grigio.

'Uh... Celestia... quand'è che sei invecchiata così tanto? Eheh...' poi chinò la testa 'Suppongo di dovere delle scuse, vero? Pft... che idiota che sono stato. Proprio un gran cretino, vero?'

L'ex-principessa non rispose e continuò a guardarlo, con gli occhi lucidi.

'Sono... sono contenta che stai bene...' disse, con la voce tremolante, avvicinandoglisi.

'Quanto tempo... quanto tempo ho dormito? Che è accaduto?'

'Tre giorni... in questi tre giorni Greyhorn è diventato il nuovo sovrano di Equestria e...' al sentire la parola “greyhorn” Mist si fece scuro in volto. Celestia notò questo cambiamento e gli accarezzò la testa. Un gesto tiepido, quasi materno, che fece ridestare l'unicorno.

In quel momento la sua priorità era un'altra.

'E... e Star?' chiese titubante, per paura della risposta. Celestia mosse leggermente la testa, mostrando il corpo della pegaso sotto le coperte.

Mist le si avvicinò dolcemente e spostò i panni.

'Star?' sussurrò.

Nessuna risposta.

'E'... è da quando ti ha creduto morto che è rimasta ferma immobile, prima di svenire. Non si è ancora svegliata, ma è viva.'

Mist sembrò non ascoltarla, rimase vicino a sua moglie, accarezzandole i capelli. Si spostò e la abbracciò amorevolmente, incurante che potesse venir maledetto una seconda volta poi la baciò sulla guancia.

Sentiva sul corpo il tepore del suo pelo, tepore che da sempre lo aveva riscaldato nei momenti freddi. Sin dal loro primo incontro sapevano che erano le due metà della stessa anima e non si erano mai separati.

Certo, litigavano alle volte, ma alla fine facevano sempre pace.

Vedendo Star priva di coscienza Mist si era scordato quasi completamente di ogni cosa e, per dare tutto l'affetto possibile a sua moglie, aveva persino represso gli spiacevoli ricordi del tradimento di Hope, per dedicare la mente solo alla figura dormiente della giumenta.

Celestia rimase a guardare, quasi piangendo all'idea di perdere un'amica. Ma soprattutto era preoccupata per i sentimenti di Mist, l'allievo prodigio a cui si era affezionata tantissimo.

L'unicorno bianco era cresciuto senza una famiglia, solo col supporto del fratello, il padre li aveva abbandonati, la madre era pazza... Fu quasi un figlio per lei.

Non aveva mai voluto il suo male, anche quando lo attaccò lei si difese e basta, senza usare gli Incanti per non ferirlo eccessivamente. Sperava di riuscire a placare il suo spirito, ma aveva finito per permettere il ritorno di Greyhorn.

Si sentiva una fallita, incapace di fare anche la cosa più semplice, incapace di stare vicino sul serio ad un pony che aveva bisogno di lei.

Proprio come accadde con Luna, la trascurò e lasciò crescere il suo odio, fino a che lo scontro fu inevitabile.

Aveva fatto lo stesso errore anche con Mist.

Chinò il capo vedendo il suo allievo continuare a preoccuparsi per la moglie, nonostante le altre cento cose che avrebbero potuto tranquillamente traumatizzare a vita chiunque.

Si chiese se e come ne sarebbero usciti.

Poi distolse lo sguardo e si avviò alla finestra, scostando le tende. Osservò Canterlot, ora governata da Greyhorn.

Greyhorn era malvagio, quello che aveva fatto ai due coniugi era imperdonabile. Però anche vero che era stato il più magnanimo sovrano di sempre. In tre giorni aveva già mandato diversi editti che hanno migliorato la vita, ha ridotto il sistema burocratico ed ha anche migliorato i servizi di Pelogrigio.

Pensando anche al bene dei sudditi Celestia si chiese se fosse davvero il caso spodestarlo nuovamente.

Ma a parlare era la codardia di affrontare un essere tanto potente o un reale pensare al bene del popolo?

 

Il Re Gentile.

Così lo chiamavano diecimila anni fa, quando riunì tutti i pony sotto la sua nazione, il Regno di Equestris. Prima ancora della scissione, prima ancora che il regno si dividesse in tre nazioni per tornare infine a riunirsi, era Greyhorn a dominare.

Dopo che ci fu il disastro del bianco e del nero l'alicorno grigio si prodigò a cambiare la vita dei pony tristi e infelici. Arrivò anche a donare il suo stesso castello facendone un rifugio per poveri, mentre lui viveva in una casetta di legno poco lontano.

Era l'eroe di tutti i pony.

Ogni volta che qualcuno aveva un problema il Re appariva e lo risolveva. Lo si poteva sempre vedere volare nel cielo per vigilare attentamente e non perdeva occasione per divertirsi coi sudditi. Se non fosse stato per la statura sarebbe stato preso per un normalissimo pony. Nessun suddito si lamentava mai.

Ma il Grigio era triste e i pony pian piano iniziarono a divenire tristi anch'essi.

Greyhorn non poteva lasciare che i suoi sudditi soffrissero, il loro cuore spezzato era troppo per il povero cuore debole del re.

Raccolse gli Elementi dell'Armonia, chiedendosi a chi li avrebbe dovuti distribuire.

Sono gli elementi a scegliere il loro possessore...” si ripeteva, pensando agli insegnamenti di suo padre. Poi salì sulla cima della montagna di Canterlot, e usò i sei artefatti.

Compì quindi l'estremo sacrificio.

Donò i suoi colori e la sua lucentezza al mondo intero, diradando il grigio che opprimeva la sua terra.

E, mentre lo faceva, cambiò. Il suo pelo si scurì, la spada sulla testa si annerì e due corna gli spuntarono ai lati della testa.

Nessun colore poteva essere più visto, ma ne valeva la pena.

E invece, quando non se lo aspettava, fu tradito da sua figlia Gelsomina, che gli usurpò il posto levandogli i poteri e screditandolo agli occhi dei pony.

Così nessuno ringraziò mai il sovrano...

Perse i poteri, o meglio, fece a tempo ad sigillarli a insaputa di tutti in un cristallo di Sombra.

La frustrazione era salita al massimo, tutti lo avevano scordato e lo avevano lasciato a vivere in un mondo che non poteva più vedere.

Ma non era solo questa la causa. Fu la sua amata figlia a tradirlo, la figlia di cui tanto si fidava.

E una cosa del genere non si scorda più.

Questo narrano le leggende del Re non più Gentile.

 

Greyhorn stava ricordando il suo passato mentre elaborava alcune pergamene con i conti del governo, cercando di raccapezzarsi nell'economia del suo nuovo regno. In questi tre giorni aveva fatto alcune importanti riforme, tipo il trasporto viveri gratuiti a Pelogrigio e aveva donato dei soldi all'orfanotrofio di Canterlot. Era pure andato di persona a salutare i puledrini felici, facendo però attenzione a non farsi

toccare per non attaccar loro la maledizione.

Sospirò, sconsolato, e girò la pagina.

Un soldato entrò.

'Sua Maestà, c'è un ospite che desidera parlarle!'

Greyhorn alzò la testa e si sistemò la criniera istintivamente.

'Chi è?'

'Non ha voluto rilasciare il nome, ma ha detto di voler incontrare “il Frutto della Conoscenza”. Che faccio, lo mando via?' proseguì la guardia, mettendosi sull'attenti.

Greyhorn sentendo la frase “frutto della conoscenza” sbiancò di colpo e guardò

preoccupato ai suoi lati.

'Fallo... fallo entrare invece!' disse, visibilmente teso. Il soldato fece retrofront e andò a prendere l'ospite.

Greyhorn appoggiò le carte e si sistemò nuovamente la criniera, nevroticamente.

Ad entrare fu un pony di terra viola con gli zoccoli arancioni, coperto interamente da un mantello di iuta e un cappuccio gli copriva la faccia. Si poteva anche vedere qualche ciocca della sua criniera, rossa con alcune punte giallo oro.

Nel momento stesso in cui mise il primo passo nella sala tutte le guardie iniziarono a sputare schiuma dalla bocca e svennero all'unisono, cadendo pesantemente a terra.

Greyhorn invece non si scompose, sapeva che le guardie si sarebbero riprese presto e non poteva permettersi di abbassare la guardia nei confronti del misterioso stallone

'Che vuoi?' disse il Re, guardandolo. Esso alzò la testa e lo fissò dritto negli occhi, sorridendo.

'Nulla, volevo solo vedere come te la cavavi.'

'Ah! Va tutto bene. Ho sottomesso Celestia e sono ritornato il legittimo sovrano, come non avrei mai dovuto smettere di essere!'

'E ne è valsa la pena? Dico, quello che hai fatto con quei poveri sposini.'

Greyhorn girò la testa.

'Si.' rispose, scocciato.

'E il piano procede?' gli chiese. L'alicorno sgranò gli occhi e, senza voltarsi, spostò le sue pupille fino ad incrociare quelle dell'ospite.

'Che piano?'

'Oh, quello che sta portando avanti da un sacco di tempo. Non credere di potermi tenere all'oscuro.'

Greyhorn strinse i denti, quasi ringhiando.

'Giuro che ti farò fuori!' esclamò.

'Oh, provaci pure, sai bene che non avresti speranze nemmeno tu risvegliassi il DoppioSei. Anche perché non puoi. Non senza...'

'TACI!' gridò il Sovrano, muovendo un passo avanti. La collana attorno al suo collo iniziò a brillare.

'Non possiedi più nemmeno il tuo Trigger, come pensi di poter anche solo avvicinarti a me? Senza il Frutto della Vita non potrai mai evocare il Sacro DoppiSei!'

'Troverò un modo!'

Il pony si girò e fece per andarsene.

'Certo però...' disse mentre camminava 'Che tu hai proprio un pessimo gusto per i nomi. Equestria, Manehattan, Trottingam... ce la fai a pensare qualcosa che non abbia a che fare con gli equini? Oppure i colori. Tipo Greyhorn Tyrant. Bel nome ti sei scelto, minaccioso e chiaro, per nascondere quello vero.'

L'alicorno digrignò i denti e iniziò incessante a camminare infuriato verso il pony incappucciato. Esso si girò e lo guardò negli occhi.

Un sussultò attraversò la schiena del sovrano, che arretrò di un passo.

'Ricordati che se tu e tutti i tuoi sudditi siete vivi è solo per un mio capriccio!'

Greyhorn arretrò, con la testa bassa, incapace di attaccare.

'E ricordati la canzone...' si girò e la porta si aprì da sola. 'Equestris Deus Veritas, Omnis Feris Veritas, Inanis Reus Veritas.' canticchiò, dando il tono di una ninna nanna. E le porte si chiusero dietro di lui, con un tonfo sordo. Greyhorn si rialzò e si avvicinò alle guardie, cercando di curarle.

“Devo accellerare i tempi.” iniziò a ripetersi nella mente.

 

Mist uscì di casa, con una chiara espressione triste sul volto. Sarebbe voluto rimanere ancora con Star, ma doveva anche assicurarsi che i suoi amici rimasti stessero bene.

Quando aprì la porta, seguito da Celestia, fu investito da un odore familiare.

Alzò la testa.

Era Little John.

La colossale ursa era seduta vicino alla casa e lo stava guardando con le lacrime agli occhi.

'Deve esserti molto fedele.' disse l'ex-principessa dietro di lui. 'E' rimasto ad aspettare per tre giorni vicino che tu ti svegliassi.'

L'unicorno bianco saltò sul posto, dipanando le zampe.

'Little John!' gridò, felice, anche se si vedeva che sorrideva per nascondere la tristezza.

La risposta dell'animale fu tirare fuori la lingua e leccare il suo padrone.

Mist fu sollevato, incollato alla lingua, per un paio di metri e ricadde a terra gridando. Quando si rialzò il suo ciuffo chiaro era impennato verso l'alto, la lente sinistra era ricoperta di bava e il suo pelo era completamente umido.

'Argh! Cattivo John!' esclamò, asciugandosi scuotendo il corpo.

La scena strappò una risata a Celestia, che coprì il ghigno con lo zoccolo, mentre Mist si teletrasportò sul naso dell'ursa accarezzandogli la fronte.

Scese, visibilmente rinfrancato nello spirito, diede una rapida occhiata alla finestra di camera sua, dove Star ancora dormiva e con un cenno richiamò il suo compagno.

'Little John, torna pure a casa a badare ai tuoi fratellini, che è meglio!'

'GROOOWL!!!' ruggì l'animale, contentissimo, e si avventurò nella foresta, con tranquillità.

 

Tall era a lavare i piatti assieme alla madre quando suonarono alla porta. Sbuffò e lasciò il piatto mezzo sporco nel lavandino, per andare ad aprire.

Midnight Mist.

'Ehi Tall... come va?' mormorò l'unicorno, con un sorriso amaro.

Senza dire nulla il giovane pony gli saltò addosso, stringendolo forte.

'STAI BENE!' gridò, piangendo. 'Mi hai fatto preoccupare tantissimo, idiota!'

Mist gli diede una pacca sulla spalla.

'Va tutto bene, tranquillo.' e si staccò dall'abbraccio dell'amico.

'Luna ci ha raccontato tutto su.... ecco... su Hope... Mi dispiace.'

'Ah... ok.' rispose.

'Ehi!' esordì Tall per cambiare subito discorso 'Vuoi entrare? In tre giorni sono cambiate un paio di cose!'

'Mh, tipo?' disse lo stallone, entrando in casa.

'Ciao zuccherino.' sentì la voce di una giumenta nel salotto, seduta sul divano. Indossava un cappello da cowboy che aveva già visto prima.

'Oh, tu saresti.... Jappleack?'

La pony arancione si girò e lo guardò male.

'Applejack.' disse, laconicamente. Nei suoi occhi traspariva chiaramente un barlume di fastidio. Ma Mist non se ne stupì né se ne crucciò, se lo aspettava dopotutto.

Tall notò l'aria tesa e sopraggiunse anche Water, pronta a calmare un'eventuale lite.

'E-ehm, lei è Applejack. In attesa che costruiscano una casa anche per lei la ospitiamo noi.'

'Già questo è l'accampamento per i cosidetti grigi. Tu invece sei ritornato ad essere un colorato, fammi il favore di andartene, zuccherino.' disse con tono scocciato la cowgirl.

'Ehi, ricordati che sono ospite anche io. Non si trattano così gli ospiti.'

'E tu cosa hai fatto qualche giorno fa?'

'Touché.' ammise Mist.

Rimasero in silenzio un secondo e Applejack si sistemò il cappello.

'Senti, scusami lo sfogo... Ancora non riesco ad abituarmi a questa maledizione.'

'E' dura solo i primi momenti. Poi la gente qui è simpatica.' disse l'unicorno, sedendosi di fronte a lei.

Tall, dietro di loro, notò che l'aria si sarebbe alleggerita e, mentre la madre tornava in cucina a lavare, sollevò Tulip.

'Andiamo fuori Tulip!' esclamò, poi si rivolse ai due 'Io vado fuori, da quando.... ecco, c'è il nuovo regime le cose qui sono cambiate in meglio Mist. Ora ci sono dei lavori per costruire una cinta muraria contro i timberwolf e ci portano delle razioni gratuite con un corriere speciale. Anche se...'

Tall nascondeva l'imbarazzo nell'ammettere che col regime di Greyhorn le cose erano effettivamente migliorate e il nuovo sovrano aveva in fretta conquistato la folla con la sua attitudine a porsi sullo stesso livello dei sudditi. Tall uscì di casa e Mist tornò a rivolgersi alla pony non più arancione.

'Mica male. E io che credevo mi sarei ritrovato in un'Equestria ridotta in schiavitù.' commentò ironicamente lo stallone. Applejack invece non era affatto in vena di spirito.

'Certo che siamo state raggirate ben bene, abbiamo usato gli Elementi su Greyhorn, col solo risultato di avergli ridato le forze... Non ho davvero idea di come faremo a batterlo.'

Mist appoggiò la testa su uno zoccolo, pensieroso.

'Ma servirà davvero combatterlo? Sembra andare tutto bene...' disse.

'Certo che bisogna combatterlo! Buono o no ha preso Equestria con la forza e ha ingannato i civili nascondendo tutto quello che è accaduto nella notte e poi... poi...' si alzò in piedi 'Non ti brucia nemmeno un po' che ti abbia tradito?!'

Mist le afferrò la zampa e la guardò dritta negli occhi.

'Non credere che non me ne freghi nulla. Ma che ci posso fare, eh?!'

Applejack si spaventò e tornò a sedere, cercando di guardare da un'altra parte.

'S-scusa...'

'No, scusa me. Posso sembrarti calmo, ma in realtà dentro di me ribolle una furia che non hai idea. Me ne frego poco di Hope barra Greyhorn ormai. Ma non posso certo perdonargli per come ha ridotto Star... Lei è sempre ottimista, ma...' si fermò, quasi come se soffrisse nel parlare, poi riprese '...ma lei è in realtà sensibilissima. Ha affrontato un numero di traumi immenso ed è sempre riuscita ad andare avanti grazie al suo ottimismo e al suo amore per la vita. Senza quelli penso si sarebbe già tolta la vita da un pezzo, ecco tutto!' concluse ad alta voce, allargando le zampe e agitandole, per po farle riatterrare pesantemente sul tavolino.

Applejack si tolse il cappello.

'Sai, sei un tipo tosto in fondo... Hai dovuto reggere così tanti problemi che i miei sembrano quasi inutili. Insomma... io sono cresciuta senza i miei genitori con una sorellina piccola, ma... Tall mi ha raccontato tutto di ciò che è successo con i tuoi genitori. Penso sia meno peggio non averli che averli ma non poterli raggiungere...'

'Ah, Tall... mai se ne stesse con la bocca chiusa, vero?'

'E poi hai domato un'Ursa Major! Per davvero! Quanti pony possono vantarsi di una tale impresa?'

'Per la precisione ho prima annientato un branco di urse minor e poi ho affrontato loro padre.'

'Appunto! Sei uno tosto! Non credevo tu fossi così.'

'Sai...' disse Mist 'Alla fine nemmeno tu sei poi così tanto male.'..Comunque qel cappello mi è familiare, chi te lo ha dato per caso?'

'Beh, originariamente era di mio zio, poi passò a mio fratello che lo passò a me.'

'E tuo zio per caso è alto due pony e con un calcio butta giù tre alberi?' disse, mimando con lo zoccolo un'ipotetica altezza ad almeno quaranta centimetri sopra la sua testa.

'Si, lo conosci?'

'Jam Sooth, no?'

 

Rainbow Dash si trovava davanti alla porta della fattoria.

Deglutì.

Prese fiato.

Infine bussò.

Il cigolio dei cardini da oliare risuonò nelle sue orecchie e davanti a lei si presentarono Big Mac e Applebloom. Insieme alla puledra c'erano le sue due amiche.

Scootaloo stava per saltare di gioia alla vista della sua eroina preferita, ma conoscendo la situazione si trattenne.

Dash invece stava sudando freddo, aprendo ripetutamente la bocca ed emmettendo versi, cercando di parlare e dire qualcosa, ma le parole le morivano.

Alla fine riuscì a parlare.

'Mi... mi dispiace...' fu l'unica cosa che disse.

'La sorellona sta bene?' chiese Applebloom, con gli occhi tristi. Dash non riusciva a incrociare il suo sguardo.

'Non è colpa tua.' disse Big Mac, con la sua voce grave.

'Si invece! Avrei dovuto quantomeno fermarla, era chiaro che non potevamo nulla contro quel mostro...' delle lacrime rotolarono lungo le sue guance '...Era chiaro... FIN DA SUBITO!!' gridò. Nonostante fossero passati tre giorni ancora non riusciva a mandare giù quanto era accaduto.

Si sentiva inutile, era ottenebrata dal senso di colpa.

Era stata codarda.

Quando aveva visto l'amica pian piano venire maledetta ebbe paura ad avvicinarsi e non fece niente nemmeno mentre Greyhorn la minacciava.

Si alzò in piedi e fieramente guardò gli ultimi tre rimasti della famiglia.

'Applejack soffre moltissimo perché non può venire ad aiutarvi a raccogliere le mele... E io... eh, ultimamente... ho un po' di tempo libero, quindi...'

Big Mac le tappò la bocca.

'Non serve. Ci basta che tu sia venuta qui.'

'Piuttoshto vai a trovarla, credo shia quello l'aiuto migliore che puoi darle.' disse Granny Smith, in un raro momento di lucidità.

La pegaso azzurra sorrise, asciugandosi le lacrime e tirando su col naso.

'Non è una cattiva idea... ho rischiato con Mist, rischierò molto più volentieri per tua nipote!'

'Misht?' disse la vecchia, sentendo le parole di RD.

'Uh? Lo conosci?'

'Era un caro amico di mio figlio...' disse l'anziana, cercando di ricordare. 'Veniva shpessho alla fattoria quando era un puledrino e shi ejercitava a lanshare magie shugli alberi per far crescere le mele.'

Dash ascoltò incuriosita la storia, poi abbracciò uno ad uno tutti i familiare e diede una pacca incoraggiante a Scootaloo.

'Forse ti ho delusa... mi dispiace.'

La puledrina invece le abbracciò la zampa.

'Tranquilla Dash, fatti forza!'

 

Pioveva.

Le strade venivano battute rapidamente da pony frettolosi di tornare in casa.

Cup Cake stava guardando alla finestra, mentre suo marito badava ai figli.

Sospirò.

C'era un silenzio totale nel Sugarcube Corner, con la pioggia non c'erano clienti quindi per loro era una giornata di riposo.

Il ticchettare dell'orologio, il rumore delle gocce che si infrangono sul terreno, il leggero russare dei bimbi, i tuoni in lontananza... erano questi i rumori che spezzavano il silenzio.

Nessuno parlava.

Cup Cake rimaneva a guardare la finestra, nella direzione della Everfree Forest. Carrot teneva in braccio i bambini e li cullava amorevolmente.

Pinkie invece prese il filo della tenda e inizò a far battere ritmicamente il peso di plastica sul vetro.

Toc. Toc. Toc.

'Pinkie...' la giumenta ruppe il silenzio '...che hai?'

La pony rosa la guardò, triste.

'Quando piove non c'è molto da fare...' disse, guardando il basso.

I suoi capelli erano ancora sciolti.

Cup si avvicinò a lei e la abbracciò.

'Posso capire quello che provi, anche un mio caro amico è stato internato a causa della maledizione. Mist, Star, erano amici miei. So quel che provi...'

'Non è solo quello...'

'E allora... cosa?'

'Tu non lo hai visto, il volto della vera disperazione.' alzò gli zoccoli 'Eravamo tutte morte, morte e sepolte! E il cattivo stava già pensando a quale canzone cantare sulle nostre tombe!'

Si mise a piangere all'improvviso, come se la paura che aveva provato non se ne fosse ancora andata del tutto.

Cup Cake poté solo abbracciarla e consolarla.

 

Fluttershy invece rincasò appena vide la pioggia iniziare.

Chiuse la porta dietro di sé e asserragliò le quattro serrature, controllando che potessero reggere contro il forte vento.

Delicatamente trottò verso il camino e accatastò un po' di legna, con l'aiuto di Angel che buttò un rametto e poi si accoccolò aspettando, e pretendendo, che il fuoco venisse acceso.

La pegaso accarezzò la testa dell'animaletto e accese il fuoco, poi si coricò sul divano.

Si rannicchiò nelle coperte, cercando protezione, di quella che si sente solo quando si è nel proprio lettino caldo, come fosse uno scudo anti-mostri.

Chiuse gli occhi e si fece cullare dalle gocce, cercando di addormentarsi.

Ma non ci riusciva.

Nonostante i rilassanti rumori della pioggia e il crepitare del fuoco, non riusciva a dormire.

Certo, non era facile dormire quando i pensieri cominciavano ad assalirla.

Pensieri nefasti, paure primordiali e preoccupazioni terrene.

Gli occhi di Greyhorn, il pelo di Applejack che diventava grigio.... e la frantumazione di tutte le speranze.

Nonostante gli indubbi benefici che il nuovo sovrano stava portando non riusciva a sentirsi a suo agio.

E come poteva dopo quello che aveva visto?

Come poteva accettare di vivere in una pace costruita sulle sofferenze di due poveri pony e sulla follia che prese il sopravvento della principessa che stimavano tutti quanti?

Sia lei che Star erano legate all'elemento della Gentilezza, in qualche modo riusciva a capirla, anche se non si assomigliavano.

Assistendo al tradimento di Hope aveva provato quasi la stessa sofferenza che quella giumenta stava sperimentando sin nell'intimo dell'anima.

Senza accorgersene iniziò a piangere anche lei...

 

Mist tornò frettolosamente a casa, completamente mezzo di pioggia. Entrò e chiuse la porta con forza, stufo dell'acqua che gli bagnava il manto.

Si guardò lo zoccolo.

Era grigio.

Quanto tempo era che non gli capitava? Due anni?

Mentre era maledetto il fenomeno non capitava, ma da quando era diventato un Aelementum gli accadeva un fatto curioso. Ogni volta che si bagnava il suo pelo diventava grigio, a volte addirittura nero.

Ciò era dovuto al suo corpo di nebula, che assorbiva automaticamente l'umidità dell'aria. Senza indugio si scrollò, aveva appena riacquistato il suo colore e non voleva rivedersi grigio.

Aveva passato un piacevole pomeriggio insieme ad Applejack e in fondo nell'animo si sentiva felice nel vederla affrontare bene la cosa, lui l'aveva presa peggio la maledizione.

Sospirò e salì le scale, entrando nella camera di Hope.

Vi trovò Celestia, distesa sul pavimento.

Aveva dormito lì da quando era stata maledetta. Non indossava più nulla di reale, niente corona o zoccoli d'oro, solo la collana continuava a tenerla.

'Si sente ancora il suo odore...' disse, guardando le pareti dipinte. Mist aveva fatto ognuno di quei disegni, anche se sapeva benissimo che Hope non li potev vedere.

Però non voleva certo che la camera di suo figlio sembrasse triste.

'Eh, poi quei murales hanno i colori tutti sbagliati ora che li vedo. Probabilmente non ero bravo come credevo a riconoscere le gradazioni di grigio...' disse con ironia. L'ironia alla fine era l'ultima cosa che gli era rimasta.

'Ti da fastidio se dormo qua?' gli chiese la principessa.

'Assolutamente, dormi pure...' rispose. Poi cercò di uscire, ma fu fermato.

'Non devi crucciarti, io ti ho perdonato...'

Mist si fermò sull'uscio, poi si girò e guardò la sua vecchia maestra.

Emise un singolo respiro strozzato prima di abbracciarla e stringersi a lei. Celestia fece lo stesso, stringendolo a sé.

Rimasero fermi così per qualche minuto, accompagnati solo dalla pioggia.

Poi si staccarono.

Mist si sedette su una sedia e sollevò magicamente un paio di giocattoli.

'Eheh... ci giocava tantissimo con questi, lo sai? Poi c'era questa bambola che aveva cucito Star, ricordandosi le lezioni di Blithe Blitz. Ti ricordi Blithe, vero?'

'Altroché. Di scalmanati come lui ce n'erano pochi.' rise l'alicorno.

L'unicorno continuò a giocherellare col peluche, costruito su immagine di Hope. Manto grigio e criniera verde. Rivedendolo si sentiva quasi ridicolo e lo scagliò contro la parete.

Poi lo sollevò, quasi pentendosi del gesto e lo rimise a posto sul comodino.

'Senti Celestia...' disse a testa bassa 'C'è una cosa che voglio fare.'

'Cosa?'

'Andare a Canterlot, alla reggia. Voglio parlare con Greyhorn!'

L'ex-principessa rimase sgomenta.

'No, non puoi batterlo, lui è...'

'Troppo forte? Lo so benissimo, dopotutto mi ha già battuto. No, tranquilla... voglio solo parlarci tranquillamente. Ci sono delle cose che devo chiarire con lui. Poi come andrà andrà, ma voglio levarmi questo peso dalla coscienza.'

Celestia non disse nulla, conosceva Mist da tempo e sapeva che qualunque cosa avrebbe detto sarebbe risultata inutile.

L'unicorno infine uscì dalla stanza, dando la buonanotte a Celestia e si avviò verso camera sua.

La porta si aprì, era buio, ma riusciva a vederci grazie alla luce del corridoio e ad alcuni sporadici lampi che illuminavano il tutto.

Star era ancora lì, sul letto, immobile.

Respirava normalmente per fortuna e la temperatura del suo corpo era normale.

Vedendola Mist si sentì strano.

Era ancora grigia, non l'aveva mai vista di questo colore. Mentre era maledetto vedeva tutto grigio, quindi era quasi normale. Ora i colori li vedeva nuovamente.

Ironico.

Poteva vedere tutto tranne sua moglie.

Le accarezzò la criniera e la baciò sulle labbra.

'Ti auguro un buon risveglio, mia cara... Domani andrò da Greyhorn e spero di tornare vivo per tornare a farti compagnia...'

Poi si mise sotto le coperte e si addormentò abbracciandola.

Sorrise.

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Capitolo 15
*** Variabile DoppioSei ***


Due più due è uguale a sei? Sicuro?”

 

Mattina.

Il sole sorse in alto senza l’aiuto di Celestia. La sovrana guardò lo spettacolo, per la prima volta da più di mille anni era solo spettatrice e non più autrice di tale spettacolo.

La cosa fu dolce e amara allo stesso tempo.

Poteva finalmente capire cosa provavano i sudditi vedendola, ma allo stesso tempo era consapevole di chi lo stesse sollevando.

‘Ti sei già svegliata?’ chiese Mist dietro di lei.

‘Già, forza dell’abitudine.’

‘Anche io sono sempre stato molto mattiniero.’ sospirò ‘E di solito Star si alzava anche prima di me.’ poi si mise anche lui alla finestra e osservò l’alba.

‘Tra poco partirò.’ Disse.

‘Sono ancora in tempo per fermarti?’ rispose Celestia, ironicamente. L’unicorno sorrise.

‘Decisamente no.’

Si girò e guardò la stanza del piccolo, provando un senso di nostalgia che non si aspettava. Guardò il tappeto e rivide Hope giocare con il trenino, sempre in movimento e sempre a fischiare.

Quanto odiava quel fischio.

Però la vista del giocattolo, lì, fermo e inerte, era assai più deprimente.

Doveva andare a Canterlot.

Doveva avere delle risposte.

Aprì la porta della camera, pronto ad uscire. Guardò nuovamente la sua maestra.

‘Sai Celestia, secondo me stai meglio coi capelli rosa.’

La sovrana fece un cenno la zampa.

‘Ci penserò su. Ora però vai… buona fortuna…’

La porta si chiuse.

 

Il sole era appena sorto.

Greyhorn soffiò sul suo corno, leggermente arrossato per la fatica. Ancora non si era riabituato a farlo sorgere e faceva ancora molta fatica.

“Era molto meglio quando il Sole si leveva per conto suo, senza che dovessi inventare un incantesimo per farlo al posto suo.” pensò.

‘Capitano Shining Armor, le guardie ferite come stanno?’

‘Molto bene.. sua Maestà.’

Non era ancora tornato al Crystal Empire da sua moglie e certamente odiava Greyhorn per quello che aveva fatto passare a Celestia e a Twilight.

Però sapeva benissimo che non poteva fare nulla per cambiare le cose, apparteneva ad una dimensione troppo inferiore per poter fare qualcosa di importante. Si limitava quindi ad aspettare e sperare che l’ex-principessa potesse fare qualcosa a riguardo.

Tuttavia dovette ammettere a sé stesso di non essersi aspettato la linea di governo che avrebbe assunto Greyhorn, era convinto che avrebbe instaurato una specie di dittatura ristrettissima, invece si era subito prodigato per aiutare i poveri e i disoccupati, riducendo gli stipendi dei consiglieri e devolvendo un sacco di soldi ad opere di carità.

Addirittura una volta, due giorni prima, Greyhorn aveva fermato Shining Armor e gli aveva chiaramente detto di conoscere il risentimento che il capitano provava per lui.

“Se vuoi puoi attaccarmi, caricami pure con tutti i soldati, instaura una ribellione. Se ciò può aiutarti a stare in pace e sfogarti io accetterò volentieri la tua volontà.”

Fu quella frase, detta in assoluta arrendevolezza, che lo colpì profondamente. Probabilmente era solo una bugia, ma era così dannatamente convincente…

E Shining era consapevolissimo che anche con tutti i soldati non avrebbe potuto fare niente.

Greyhorn passò accanto a lui.

‘Shining, oggi giorno di riposo. Non sarò al castello.’

‘Dove deve andare?’

‘All’Accampamento Pelogrigio.’

 

Twilight era nella libreria, con Spike. Il draghetto uscì a prendere la posta, la postina doveva essere passata quella stessa mattina.

Cercò di aprire la cassetta, ma era leggermente bloccata. La afferrò con entrambi le mani e tirò con forza, addirittura facendo perno col piede.

Lo sportello si aprì e il drago cadde all’indietro in una pozzanghera.

Si rialzò e si guardò, ricoperto di fango.

‘Oh, no! Proprio oggi che dovevo andare da Rarity! Ieri avevo pure anticipato la mia doccia annuale per andare da lei!’

Poi un luccichio attirò la sua attenzione.

Nella cassetta, oltre alle lettere, c’era uno stupendo rubino brillante, con sopra un bigliettino.

Incentivo per i draghi residenti ad Equestria. Un piccolo dono da parte di Lord Greyhorn in segno di pace.

Spike prese eccitato la gemma e, sgranocchiandola, entrò in casa.

‘Cosa mangi?’ gli chiese Twilight.

‘Oh! Yum! Twilight, dovreshti asshaggiarla! E’ buonisshimisshima!’ poi si ricordò che i pony non mangiano gemme. Ne fu contento, significava che poteva godersela tutta quanta.

‘Dove l’hai presa?’

Spike deglutì l’ultimo boccone e si leccò le dita.

‘Era un regalo da parte di… uhm… come c’era scritto…’

L’unicorno viola, impaziente, prese il bigliettino. Lo lesse e infine lo scaraventò contro il muro con forza.

‘Quel dannato si diverte a prenderci in giro!’ esclamò stizzita.

Bussarono alla porta.

‘Chi è?!’ gridò Twilight, irritata.

Luna.

‘Twilght Sparkle. Sono la Principessa Luna.’

La giumenta tirò un urlo isterico, terrorizzata all’idea della punizione che avrebbe potuto colpirla per aver gridato contro l’alicorno.

‘A-aaah! M-mi scusi..’ mormorò, cercando di nascondere la faccia tra gli zoccoli.

‘Non devi temere Twilight. Però ora dobbiamo andare a Pelogrigio e dire a Mist che abbiamo trovato chi può avere una speranza contro Greyhorn.’

Twilight si alzò, emozionata.

‘Oh, questo significa che le gemme gratis finiranno?’ disse Spike, incrociando le braccia. Nessuno gli prestò attenzione.

‘E chi è?’ chiese incuriosita la bibliotecaria.

‘Lui…’ indicò dietro di sé Luna.

 

Mist uscì dall’accampamento, muovendosi nella terra umida per l’acquazzone della sera prima.

Nessuno era sveglio e nessuno era lì per salutarlo.

La cosa in realtà lo faceva contento, non voleva certo dare troppi problemi e gli addii strappa-lacrime gli davano fastidio.

Continuò a camminare per la foresta, in silenzio, accompagnato solo dai fruscii delle foglie e dal cinguettare degli uccelli mattutini.

C’era però qualcosa che non andava, l’aria che si respirava iniziò a farsi pesante.

‘Ciao Mist.’ disse una voce potente e regale. ‘Per caso stavi venendo da me?’

Greyhorn.

L’alicorno grigio guardò lo stallone bianco, continuando a camminare in direzione del campo, senza fermarsi.

Mist rimase fermo a contemplarlo, cercando di dire qualcosa e, non riuscendoci nell’immediato, iniziò a seguirlo.

‘Beh, cosa vuoi? disse.

‘Senti… Hope.’ riuscì infine a parlare ‘Ho solo una domanda. Perché?’

‘Beh, tu eri vicino a Celestia e ho pensato che che prima o poi avrei avuto un’occasione per avvicinarmi a palazzo.’

‘E il fatto che io fossi maledetto non ti ha fatto pensare il contrario?’

‘Un colorato mi avrebbe accettato forse?’

Non aveva tutti i torti.

‘Ma com’è possibile che uno intelligente come te avrebbe creato un piano così complicato e basato su una serie di colpi di fortuna?’

L’alicorno non rispose, continuando imperterrito nella sua marcia.

‘Rispondi!’ lo intimò Mist.

Quello si girò e lo fissò, infuriato.

‘Silenzio.’ disse, lapidariamente.

Quello sguardo penetrante fece arretrare l’unicorno e per un secondo lo fece desistere.

Mist riprese fiato e tornò a fare domande.

‘Come mai sei qui?’

‘Oh, Celestia ha qualcosa che mi appartiene, la pietra che porta al collo. Prima non l’ho presa, quindi sono venuto a reclamarla.’

L’alicorno fu investito all’improvviso da un raggio magico, diretto al suo volto. Il collo gli si piegò di quasi novanta gradi a sinistra, ma la cosa sembrava non sconvolgerlo.

Si risistemò la testa come se nulla fosse ed entrò nell’accampamento, ignorando l'unicorno.

Mist era dietro di lui che riprendeva fiato, essendosi consumato grandemente per quel colpo.

‘Cittadini di Pelogrigio!’ urlò il sovrano, con la Voce Reale di Canterlot. ‘Sono venuto a cercare Celestia, tiratela fuori e forse non vi farò nulla!’

Le mura che erano in costruzione all’improvviso si alzarono, circondando completamente il campo, mentre una cupola di energia copriva il cielo.

L’unicorno bianco rimase allibito a guardare la scena.

Qual’era l’obbiettivo di Greyhorn? Perché si fingeva innocente per poi distruggere tutto?

O più semplicemente… Perché?

Nel suo comportamento nulla aveva senso, nulla sembrava avere un perché.

Voleva tornare sovrano? E allora perché si trovava qui ora?

Voleva maledire l’intera Equestria? Allora perché non lo aveva già fatto ed evitava pure di toccare i pony per non attaccarla?

C’erano troppe cose che non tornavano.

E solo una cosa era certa.

Dovevano difendersi dalla follia del Sovrano.

 

Celestia sentì la voce, che la intimava ad uscire. Fece subito la sua scelta.

Svelta scese le scale e uscì fuori, trovandosi faccia a faccia con Greyhorn. Mist era dietro di lui, immobile, ancora una volta impotente di fronte all’alicorno grigio.

‘Cosa vuoi?’ chiese.

‘Oh, nipotina adorata, lo dovresti sapere bene. L’Ametista. Dammela. Senza non posso essere considerato uno dei Sette.’

Celestia sorrise e lo guardò con fierezza.

‘E allora perché non l’hai presa prima?’

‘Vuoi saperlo?’ si girò verso Mist ‘Volevo solo divertirmi a darvi un po’ di pace per poi levarvela tutta d’un colpo!’

Il corpo di Celestia iniziò, prima lentamente, poi con più vigore, a prendere fuoco. Si lanciò addosso a Greyhorn, con il corno avvolto di magia.

‘Incanto Nero n.96, Stigmate!’

Tre gigantesche lance caddero pesantemente su Greyhorn, il quale però riuscì a scansarle, rimanendo ferito solo sulla guancia.

‘Non male, un incantesimo di serie novanta…’

Con una zampata afferrò l’ex-principessa e la schiacciò a terra, puntandole il corno contro.

‘Incanto Verde n.90, Solidificazione!’

Le fiamme che avvolgevano Celestia si cristallizzarono all’improvviso, imprigionandola in una forma indefinita, con solo la testa chiaramente visibile.

Comunque era viva.

‘Sai, se cristallizzi un Aelementum mentre usa il suo potere lo puoi spezzare facilmente anche senza il Frangianima.’ e staccò un pezzo di cristallo.

Celstia urlò di dolore, cercando di concentrare energia magica nel corno.

Greyhorn staccò nuovamente un altro pezzetto e poi un altro e un altro ancora, sempre in mezzo alle grida dell’ex-principessa.

Alcuni pony, attirati dai rumori, si misero a guardare, terrorizzati e senza via di fuga. Altri uscirono, correndo in ogni direzione, cercando di scavalcare le mura, mentre i pegasi sbattevano insistentemente con il corpo contro la barriera aerea, cercando di sfondarla.

Greyhorn si gustò il panico assoluto, mentre continuava a ferire Celestia.

‘Tranquilla, non morirai, però sentirai comunque un sacco di dolore.’ rise ‘UHUHUHAHAHAH!!! Ti piace?!’

Mist invece rimase a guardare, cercando un momento per attaccare.

Nella sua grande esperienza aveva subito misurato una seconda volta la disparità tra lui e l’avversario. Sapeva bene quanto fosse in realtà alta la guardia di Greyhorn e non trovava un momento per attaccare.

Avvolse il suo corno di magia e iniziò a recitare un carme, brandendo il suo libro.

 

'Per favore, calmatevi!' esclamò Tall, nella folla, cercando di fermarla, senza successo.

Con lui c'erano sua madre, che si agitava contratta dalla paura, e suo fratellino Tulip, che si stringeva alla sua zampa.

'Il... il creatore della maledizione... vuole ucciderci...' mormorò un pony, strusciando a terra all'indietro, schiacciato completamente dallo stress che provava.

Tall strinse i denti, osservando i due arcimaghi fronteggiarsi, senza però riuscire a prevalere sul nemico, apparentemente troppo forte anche per loro.

Doveva fare qualcosa, quantomeno cercare di riorganizzare gli abitanti... Se solo suo padre fosse stato lì, con la sua voce carismatica sarebbe stato un perfetto leader.

Tall invece si ritrovava con una voce un po' gracchiante e per nulla potente, non avrebbe potuto fare niente. Già era dura sopportare di essere solo un intralcio per la lotta, figurarsi il non poter fare niente nemmeno come pony qualunque.

Abbracciò sua madre Water e strinse a sé il suo fratellino Tulip.

'Possiamo solo fidarci di Mist...' mormorò, piangendo.

Uno zoccolo gli toccò la spalla. La pony non più arancione cercò di incoraggiarlo.

'Tall, è meglio che tu ti metta al sicuro.' disse.

'No! Io... io voglio essere d'aiuto in qualche modo. Non voglio fare lo spettatore un'altra volta.'

In quel momento stava rivivendo il giorno di due anni prima, quando suo padre e Mist combattevano contro l'ursa minor per difendere il villaggio.

Applejack non conosceva la storia, ma capì cosa lo stesse angosciando.

'Forse... puoi fare qualcosa per incoraggiare il tuo amico. Sembrerà una cretinata, ma avvicinarsi là richiede coraggio e solo tu puoi ridare un po' di morale a quel mago.'

'Ma... ma è pericoloso...' mormorò la madre, abbracciando forte il figlio.

'Mamma, io...'

AJ guardò negli occhi la giumenta, che esitò un secondo, prima di lasciar andare Tall.

Il pony si girò verso la sua amica.

'Vedrò... vedrò cosa posso fare...'

'Non preoccuparti, io mi occuperò di tranquillizzare gli altri abitanti. Può sembrare strano, ma ho una certa dimestichezza nel domare greggi impazziti!' e fece l'occhiolino.

Tulip si avvicinò a Tall e gli si appoggiò alla spalla.

'F...fratellone... sii forte.'

 

L'unicorno girò il libro, con sopra l'immagine di un'idra.

E, così come disegnato, la testa di un'idra uscì violentemente, avventandosi su Greyhorn. L'alicorno però riuscì a schivare con un semplice balzo, atterrandogli sopra.

Le fauci del mostro stavano per avventarsi su Celestia, ma Mist riuscì ad annullare in tempo l'incantesimo e l'idra si dissolse subito in polvere luminosa.

'Ottima tattica per perdere tempo Midnight.'

Il sovrano fu avvolto da un enorme vampata di fuoco, ad altissima temperatura.

Il suo pelo si infiammò e, cercando di spegnerlo, volteggiò imprecisamente per aria. In realtà l'idra era solo diversivo e Mist aveva usato il contro-incanto “Decristallizzazione” su l'ex-principessa.

Greyhorn riuscì a spegnere le fiamme, ed atterrò in mezzo ai due.

'Certo siete più fastidiosi di quel che ricordavo. Due Aelementum non sono semplici neppure per me. Ma non potete battermi.'

Celestia e Mist si scambiarono uno sguardo d'intesa e partirono per un disperato attacco. Entrambi col Frangianima caricato nei propri corni si avventarono sull'alicorno, che l'unica cosa che fece fu pararsi con le ali, senza nemmeno ricorrere alla magia.

Mist rimase sorpreso, e il sovrano si voltò nella sua direzione, ghignando.

Abbassò la guardia.

Celestia pose il suo zoccolo davanti a lui.

Vento, che scorri nelle mie vene; Tuono, che muovi i miei muscoli. Scorrete, danzate nel mio corpo, liberi come l’etere. Servitevi come più vi aggrada delle mie forze e respingete ciò che si frappone fra voi e l’orizzonte! Incanto Blu n.81, Frattura Differenziale!

Il terreno sotto i piedi di Greyhorn esplose lanciandolo per aria, fu intercettato e afferrato, poi scaraventato a terra.

Messaggero dell'Oltretomba, Lancia del Diavolo. Mi prostro a voi, chiedendo un riscatto. Io vi supplico. Io vi imploro. Dissipate il Cielo e frantumate la Terra, giudicando indegno il Mondo. Incanto Nero n.98, Colonna Cremisi!

Una colossale colonna di fuoco rosso sangue si alzò dal terreno, investendo un inerme Greyhorn e rompendo la barriera magica sul soffitto.

I pegasi ebbero un'occasione di uscire, magari portando con sé gli altri pony.

Però non lo fecero.

Non riuscivano a staccare gli occhi dalla loro vera principessa, che rischiava la vita in prima linea assieme al capovillaggio.

Lo stesso Mist era allibito a guardare la potenza magica che Celestia stava dimostrando, non era niente in confronto a quando l'aveva affrontata qualche giorno prima.

Aveva davvero affrontato quel mostro, uscendone addirittura vincitore?

Nel terreno rimase una fessura circolare, di Greyhorn non vi era traccia. Pure la tensione che lo accompagnava si era dissolta.

Era davvero finita?

Alcuni abitanti si affacciarono e guardarono il luogo dello scontro. Mist era lì a terra, col libro vicino ad osservare il foro creato dalla colonna cremisi.

Celestia si erigeva maestosissima al di sopra della battaglia, con le ali infuocate, illuminando il cielo più del sole stesso.

Le fiamme si spensero, riportando le sue ali alla normalità. Eppure nonostante il pelo sbiadito e le corna, la figura della Vera Sovrana era comunque imponente e autoritaria.

Alcuni pony si alzarono su due zampe, esultando di gioia e persino Mist sorrise vedendo la sua maestra in cielo trionfante.

Gli dispiaceva non aver ottenuto risposte riguardo a Hope, voleva ricevere una spiegazione soddisfacente sul perché lo aveva tradito e gli sarebbe anche piaciuto capire il suo vero scopo.

Celestia scese a terra, riprendendo fiato e si avvicinò all'unicorno, ansimando.

'Certo... certo che gli incantesimi di serie novanta sono stancanti...' disse, ghignando.

'Devi fare attenzione, pure io faccio fatica a lanciarli.'

Uno scroscio di applausi accompagnò il dialogo, festosamente. Tall emerse tra la folla e scambiò un fugace sguardo con Mist.

“Grazie per l'impegno.” diceva con gli occhi.

Un pegaso quindi volle uscire, come per riappropriarsi della sua libertà e si sollevò in cielo.

Sbatté contro un muro invisibile. La barriera era ritornata.

'Incanto Nero n.97, Colonna d'Azoto.'

Un secondo pilastro magico, questa volta azzurro, fu sparato dal foro. Celestia lo vide arrivare appena in tempo e spinse il suo ex-allievo lontano, per non coinvolgerlo, poi diede fondo a tutte le fiamme che possedeva. Doveva fronteggiare uno dei più potenti incantesimi di ghiaccio.

Mist osservò la sua insegnante rimanere congelata completamente, mentre Greyhorn usciva fuori dal buco, totalmente indenne.

'No, non ci siamo. Senza il DoppioSei non potrete mai sconfiggermi.'

'Il... doppio... sei?' ripetè l'unicorno, incapace di fare altro.

Si sentì debole, troppo debole, per la prima volta.

La sua potenza non era un segreto e lui stesso era quasi consapevole di essere invincibile... o almeno così credeva. E ora nemmeno con l'aiuto di una principessa era riuscito a sconfiggere il nemico che gli si parava di fronte.

Greyhorn riprese la sua spiegazione.

'Il DoppioSei, l'origine stessa della vita, il carburante intriseco della magia, dal quale discendono gli Elementi dell'Armonia. Un'energia latente che solo chi conosce i segreti di questo mondo può sfruttare.'

Mist ascoltò, avvicinandosi con titubanza al corpo di Celestia, per scongelarla. L'alicorno grigio sembrò lasciarglielo fare e continuò il suo discorso, mentre dietro di lui i pony caddero nuovamente nel panico.

'Esistono due metà del DoppioSei, solo un possessore può avere la speranza di battere l'altro possessore. Finché io avrò la mia metà nessuno potrà battermi.'

Celestia fu scongelata e ora era fuori pericolo, ma non avrebbe comunque potuto più combattere.

Mist si alzò e guardò Greyhorn. Nei suoi occhi non c'era più furia... solo rassegnazione.

'Avanti...' disse mollemente 'Finiscimi.'

'Mh, non vuoi sapere perché ho scelto proprio te? Credi lo abbia fatto a caso.'

'E che mi importa? Tanto sto per morire... Almeno ti prego... uccidimi, prendi la collana, fai quello che ti pare... ma lascia stare Star.'

Greyhorn sembrò offeso al rifiuto di Mist e decise di spiegarlo comunque.

'Mai sentito parlare dei cutiemark neri?' disse, ma l'unicorno sembrò non ascoltarlo. Effettivamente il suo cutiemark, la punta di una penna stilografica, era totalmente nero. 'Ecco, sono un tratto distintivo della famiglia Midnight, potrei stare ore a spiegarti il perché di questo strano fenomeno, ma ti basti sapere che è per quello che ti ho scelto.'

'E non perché ero allievo di Celestia?'

'Quello è stato il secondo punto. Ora dimmi... altre domande, prima di morire?'

'Dimmi solo.... perché...'

'Perché cosa?'

'Perché.' rispose l'unicorno.

'Perché un cazzo.' Greyhorn si spazientì, poi si fermò a riflettere 'Uhm, mi sa però che voi di questo mondo non siete abituati a questo linguaggio... diciamo semplicemente “perché niente”.' ed iniziò ad avvicinarsi a Mist, caricando il corno con il Frangianima.

Un sasso lo prese violentemente in testa. Lo sentì, ma non gli fece affatto male.

'Oh, Tall Ground, figlio di Windmill, quanto tempo? Tre giorni credo. Sei più basso di quanto ricordassi.'

Il pony si era avvicinato, dopo aver lasciato la sua famiglia al sicuro in casa.

 

Silenzio.

L'unica cosa che lo rompeva erano i battiti degli altri abitanti di Pelogrigio contro il muro, nel vano tentativo di sfondarlo.

Greyhorn osservò il suo nuovo avversario, l'amico caro di Mist, che aveva dovuto patire la tremenda perdita del padre.

“Sciocco, scappa!” pensò Mist, sul momento, ma non parlò. Gli venne un'idea mentre l'alicorno era distratto.

Tall invece arretrò, le sue ginocchia tremavano visibilmente, era più che terrorizzato di fronte all'imponente sovrano, un sovrano capace di fronteggiare persino la principessa e il capovillaggio.

I suoi due eroi erano appena stati battuti.

Tuttavia non voleva essere da meno e prese la rincorsa, con l'intenzione di saltare addosso a Greyhorn. Tentativo vano, ma aveva capito le intenzioni di Mist e volle fargli guadagnare tempo.

Mentre correva però gli prese un malore, che lo fece bloccare di colpo, quasi inciampando. Si portò lo zoccolo all'altezza del petto e iniziò a respirare affannosamente, accasciandosi al suolo.

Greyhorn gli si avvicinò e chinò il capo per parlargli all'orecchio, facendo però attenzione che Mist lo sentisse.

'Lo riconosci? E' lo stesso malore di tuo padre.' rise, lanciando un'occhiata all'unicorno, che già si era messo in guardia e l'aria che lo avvolgeva era ritornata colma di ira. 'Prova ad indovinare cosa...'

'NON... DIRE... UN'ALTRA.... PAROLA!' esclamò Mist, muovendo qualche lento passo verso l'alicorno.

'Io ho ucciso Windmiiiill!!!' urlò, con tono canzonatorio.

In quel momento sentì una tremenda zoccolata frantumargli il setto nasale. Perse l'equilibrio e cadde a terra con un pesante tonfo, vicino a Tall, infuriato anche lui.

Greyhorn si pulì il sangue dal naso. Tall saltò nuovamente per tirargli un calcio, ma al sovrano bastò semplicemente vibrare uno schiaffo per scacciarlo lontano.

Erano rimasti solo lui e Mist, testa a testa.

'Che bello!' esclamò 'Mi hai toccato e non sei stato maledetto nuovamente! E' segno che tutto va bene!'

L'unicorno lo ignorò.

'Fino ad ora nel profondo del mio cuore speravo di redimerti, ma ora... Ora ti ucciderò e ti farò soffrire.' sibilò, quasi senza aprire la bocca, tenendo i denti ben serrati.

'Uhuhuhahahahah! Manca ancora poco Midnight, voglio farti un'ultimo regalino!'

Un'esplosione dietro di lui lo distrasse.

Si voltò.

Un'ursa, alta almeno cinque case, aveva appena sfondato il muro magico e tutti i pony, su coordinazione di Applejack, uscirono ordinatamente.

Mist rise.

'Eheheh, mentre parlavi con Tall ne ho approfittato per chiamare Little John. Ora siamo solo io e te per davvero. Non coinvolgere ness...' si bloccò, a metà discorso. Aveva scordato un dettaglio.

'Beh, c'è tua moglie ancora dentro. Con lei posso divertirmi!' esclamò, fece dietro-front e corse verso la casa di Mist, la stessa casa in cui aveva abitato fino a pochi giorni prima.

Una catapecchia paragonata alle suite reali.

'LASCIA STARE STAR!!!!' gridò l'unicorno, rincorrendo i sovrano, che sfondò senza troppe cerimonie la porta e salì velocemente le scale.

 

Mist entrò a corsa, poi però inciampò sul tappeto, cadde e si resse alla maniglia, disperatamente. Ogni suo movimento era scordinato e il suo corpo madido di sudore.

Si alzò e si appoggiò al corrimano e salì gli scalini due alla volta.

Greyhorn si trovava accanto al letto, contemplando il corpo di Star sotto le coperte.

'Shh, la sveglierai.' lo sfotté, ridendo.

'Tu... Tu...' a quel punto aveva raggiunto il limite della sua rabbia, sarebbe potuto esplodere in qualunque momento. L'unica cosa che lo tratteneva dal lanciare un incantesimo di distruzione di massa era la presenza di sua moglie lì vicino, ancora dormiente, come una principessina in attesa del cavaliere.

Non poteva perdonarlo.

In quel momento decise anche di fregarsene di ogni risposta, ora voleva solo la testa di Greyhorn su di un palo. Troppo gli era stato tolto, troppo era stato preso in giro.

Le buone non avrebbero funzionato.

'Oh, dimenticavo... sai perché le urse quel giorno si agitarono? Fui io a spaventarle per bene. In realtà non lo feci apposta, semplicemente mi videro e se la fecero addosso.'

L'alicorno carezzò il mento di Mist con la lunga coda, continuando a provocarlo. Stava caricando tutta la sua energia nel corno, pronto ad un attacco decisivo.

'Andiamo, attaccami!' esclamò 'Usa tutta la tua forza!' Poi guardò Star. 'Uh, non attacchi perché c'è lei? Forse se la levo di mezzo tu farai qualcosa, vero?'

Mist ebbe un sussulto.

'Lasciala stare o te ne pentirai amaramen...'

Greyhorn mosse la testa, dal basso verso l'alto, come per vibrare un fendente.

Star fu sbalzata per aria, con un orribile squarcio che le attraversava il corpo, dalla spalla sinistra al fianco destro. Il suo corpo cadde a terra, lasciando una pioggia di sangue rosso per tutta la stanza, sotto gli occhi di Mist.

E in quel momento fu toccato un tasto sbagliato.

Qualcosa, nel più profondo di Mist, si era risvegliato.

 

Tall, Water, Tulip, tutti i pony di Pelogrigio ed anche Celestia, che in parte si era ripresa, assistettero alla scena.

La casa di Mist venne completamente obliterata, in una poderosa esplosione silenziosa. Le fiamme nere si espansero e l'onda d'urto fece quasi volare indietro tutti i presenti, buttando giù persino il muro.

Videro un corpo sparato ad altissima velocità schiantarsi contro il terreno ed un altro corpo uscire da dove prima c'era la casa, fluttuando verso il primo.

Greyhorn era riverso a terra, mentre Mist stava portando con sé Star, in braccio.

La maledizione non se n'era andata, era ancora viva, ma se non fosse stata curata in tempo... sarebbe morta. Doveva fare solo una cosa quindi: eliminare l'alicorno e poi portare di corsa sua moglie all'ospedale, costringendo i medici a curarla.

Celestia osservava la scena, cercando di alzarsi per intervenire e proteggere il suo amico, cadendo però sotto il suo stesso peso appena si metteva a quattro zampe.

'Sorellona...'

Dietro l'ex-principessa c'era Luna, sua sorella e dietro Luna c'erano le sei portatrici. Applejack si fece dare l'elemento dalle sue amiche e si schierò con loro.

E, vicino a loro...

Lui.

L'ultima speranza per sconfiggere Greyhorn.

 

Il Re si rimise in piedi e di fronte a lui si trovava l'unicorno più inferocito del mondo. Mist appoggiò delicatamente il corpo di Star lì vicino e poi tornò a concentrarsi su di lui.

In quel momento il suo corno cambiò.

Da bianco che era iniziò ad assumere un colorito più scuro, quasi nero, poco tendente al rosso. Dalla punta, completamente nera, stavano partendo numerose scariche elettriche, nere anch'esse, che danzavano intorno alla cima, emanando una sinistra luce.

'Che meraviglia...' mormorò Greyhorn osservandolo. E fece l'errore di incrociare il suo Sguardo.

All'improvviso il sovrano si sentì respirare addosso.

Alzò lo sguardo, molto in alto.

Un mostro. Davanti a lui c'era un mostro.

Un cavallo di centinaia di metri si erigeva sopra di lui e i suoi occhi lo fissavano. Occhi spietati, assetati di sangue. L'emblema del puro terrore.

Greyhorn, alla vista di quell'orrore, cadde all'indietro e iniziò a trascinarsi, cercando di allontanarsi. La sua lunga coda sventolava a destra e a manca, nevroticamente.

'Mo... mostro!' urlava, disperato.

Stavolta non stava mentendo. Stava provando una paura assoluta, abissale, qualcosa che non contemplava da quando affrontò per la prima volta Zantheon, riportando una tremenda sconfitta.

Però allo stesso tempo era felice.

Forse Mist era davvero quello giusto per prendere il controllo del suo trigger. Glielo aveva passato proprio tre giorni fa, trafiggendolo.

Tale potere gli curò la maledizione e gli aprì le porte che limitavano i confine tra i pony e gli alicorni.

In quel momento Mist si trovava in uno stato ben superiore a quello di un normale unicorno.

Aveva un portamento regale mentre si avvicinava a lui.

'Che... che creatura meravigliosa...' mormorò Greyhorn.

L'unicorno avanzò di qualche passo, puntando un incantesimo contro il sovrano, intenzionato ad ucciderlo. Chiuse gli occhi ed aprì le zampe anteriori.

“Avanti, finiscimi. Fatti carico della mia volontà e salva questo mondo.” pensò.

Ma nulla accadde.

I fulmini neri che lo avvolgevano sparirono e il corno tornò normale.

Mist cadde di lato, completamente privo di sensi, vicino a sua moglie.

Ironia della sorte erano comunque riusciti a vivere i loro ultimi momenti insieme, sarebbero certamente morti entrambi, insieme.

Greyhorn si alzò e contemplò il corpo dell'unicorno, inerte.

'Vaffanculo...' imprecò 'Mi sa che dovrò ricorrere a suo fratello... Non... non ditemi che dovrò rifarlo un altra volta, io...'

Iniziò quasi a lacrimare, mentre il corno si caricava nuovamente di energia rossa.

'Devo farti fuori Mist, sei stato un fallimento... Non sei affatto capace di sopportare il potere del Frutto della Conoscenza, sei crollato dopo nemmeno un minuto di uso... Mi dispiace, nulla di personale.'

Parlò, seppur conscio che non lo stesse ascoltando e alzò la testa pronto ad affondare.

Si sentì punzecchiare sulla spalla.

Non fece a tempo a girarsi che un pugno lo prese in piena guancia, spostandolo di qualche millimetro.

Però non gli fece nulla.

Cercò di girarsi per guardare chi glielo avesse tirato e, senza preavviso, venne scaraventato da una forza misteriosa e rotolò per terra strascicando la faccia nella ghiaia.

'Lo sapevo! Se metti una sveglia in ritardo di cinque secondi dentro un guantone da boxe il pugno arriva anch'esso in ritardo.'

Uno spirito del Caos.

Pronto a fronteggiare un Dio dell'Armonia.

Discord.

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Capitolo 16
*** Vacillare per poi rialzarsi ***


Questa... questa è la fine di tutte le speranze...”

 

Greyhorn arretrò di qualche passo, di fronte al nuovo nemico.

'Discord!' esclamò, stupito. 'Pensavo ti avessero pietrificato.'

'Già quella è stata una bella vacanza...' disse il draconequus, con un costume da bagno addosso e una tavola da surf sotto il braccio '...Ma non potevo certo starmene con le mani in mano quando ho sentito del tuo ritorno.' si abbassò gli occhiali 'Ricordi il nostro conto in sospeso, vero?'

L'alicorno rise.

'E come potrei? Voi draconequus eravate un tale fastidio. Dovevo eliminarvi e l'ho fatto.'

Discord cambiò espressione e il suo corpo tornò alla normalità. Incrociò le braccia e si mise coi piedi per terra, con la faccia seria.

'Già...' disse, acidamente.

'Sai Discord, mi piacerebbe un sacco parlare con te, ma devo finire una cosa. Prima devo riprendere il mio trigger dal corpo di Mist, poi ascolterò tutto quello che vorrai dirmi.' e si avvicinò al corpo dell'unicorno.

 

Celestia si alzò in piedi, curata da sua sorella. Si sistemò la criniera rosa e si diede una spolverata con lo zoccolo. Si rivolse alla sua fedele studentessa.

'Twilight... cosa ci fate voi qui? Gli Elementi sono inutili contro di lui.'

Fluttershy si intromise, rispondendo.

'Uh! E' stato Discord a dirmi di portarli, non so cosa voglia fare però...' poi si accorse di aver interrotto il discorso '...uhm... scusate...' disse, facendosi da parte.

Twilight riprese la parola.

'Discord ci ha detto di prenderli e tenerci pronte. Non so cosa abbia in mente, ma credo che dovremmo...'

'GIU'!' gridò Luna abbassandosi.

Tutte riuscirono a chinarsi giusto in tempo, vedendo Greyhorn volare sopra le loro teste, per poi schiantarsi su di un albero.

Davanti a loro c'era il draconequus con una scatola da cui era uscito un pugno con guantone gigante. Celestia sorrise.

'Sei sempre il solito Discord.'

Arrossì e si mise una mano dietro la testa.

'Dai, non adularmi così, so di essere bello, però...' e in quel momento la sua corporatura divenne iper-muscolosa ed improvvisò qualche posa da macho.

'INCANTO BLU N.65, PIEGASPAZIO!' gridò l'alicorno.

Discord all'improvviso iniziò a piegarsi, fino a ridursi ad un listello spesso quanto un foglio di carta, evitando il raggio che lo stava per colpire. Il raggio centrò quindi una casa, che implose come risucchiata da un buco nero.

'Ti vedo deluso Greyhorn, non mi sono forse piegato come volevi?'

Il Re ringhiò e caricò il draconequus, passando accanto alle sei portatrici. Esse non fecero nulla, ma confidavano ciecamente nel loro alleato.

Luna mise una zampa sulla spalla di Celestia.

'Forse... forse è meglio se tu ti occupi di portare via Mist e Star. Rischiano di rimanere coinvolti.'

'E tu, sorella?'

'Io devo ancora riposare... non hai idea di dove sia dovuta andare per cercare Discord...'

Celestia capì subito dal suo sguardo dove era stata e non fece domande.

Senza troppe cerimonie corse in direzione dei due corpi privi di sensi, mentre schivava alcune frecce di cioccolata che venivano nella sua direzione.

'Scusa Tia!' gridò lo spirito del caos, mentre afferrava il corno-spada di Greyhorn con le mani.

L'ex-principessa sollevò con la magia i due e li riportò indietro, dando però un ultimo sguardo verso Discord.

“Buona fortuna.”

 

Applejack stava tenendo tra le braccia Tall, che piangeva disperatamente.

'Quello... quello... Ha ucciso... lo ha ucciso...' singhiozzava.

La pony non disse nulla, ma gli accarezzò la schiena.

'Com'è possibile che un puledrino dolce come Hope potesse fare una cosa del genere?' disse Rarity, osservando i tuoi e i lampi che schizzavano tra le strade di Pelogrigio, effetti collaterali dello scontro tra le due entità.

'Però... almeno...' parlò con voce strozzata '..forse Mist smetterà di sentirsi in colpa...'

Il manto di AJ era completamente fradicio di lacrime, ma non le importava. Sapeva benissimo cosa significava perdere un genitore e quello era il massimo che potesse fare in quel momento.

Tulip invece era seduto sull'erba, osservando lo scontro senza fare niente. Non piangeva, non tremava, non aveva la forza di muoversi.

Dash si sedette accanto a lui, agitata, smaniosa di entrare in azione.

'Accidenti!' sbatté uno zoccolo a terra. 'Sono stufa di stare qui, mi sento inutile!'

Tulip si girò verso di lei.

'Sembri... sembri mio fratello...'

'Uh?'

'Anche lui pensa... di essere inutile. Ne... nessuno è inutile...' parlava con un tono bassissimo, non aveva più parlato per due anni e le sue corde vocali non si erano ancora abituate a produrre nuovamente dei suoni.

Celestia arrivò, portando con sé Mist, poi crollò a terra esausta, ancora provata dal precedente scontro.

Non però senza prima aver appoggiato delicatamente i due coniugi nell'erba.

Tall corse verso l'amico, appoggiandocisi sopra, piangendo ancora di più. Si sentì abbracciare e Mist aprì gli occhi, guardandosi intorno.

Non parlò subito, si limitò ad osservare i pony intorno a lui, cercando di fare il punto della situazione. Si ricordò quando...

STAR!

Si alzò di scatto, facendo cadere Tall. Si scusò frettolosamente e guardò sua moglie, ancora riversa a terra. La ferita sanguinava ancora.

'ACCIDENTI!' urlò 'PERCHE' NON CONOSCO LA MAGIA BIANCA?!?!?'

Luna lo spostò e si affacciò osservando la sua moglie.

'Tranquillo, ora ci penso io.' la principessa appoggiò il suo corno sulla ferita e l'emorragia sul petto si fermò. Tuttavia era ven lontana' dall'essere fuori pericolo. Doveva essere portata in ospedale al più presto.

Luna si guardò intorno.

'Nessuno può portarla con sé a Ponyville? Sono necessarie delle cure immediate, o morirà!' gridò, con la voce Reale, ma tutti si fecero indietro, dopotutto attraversare la Everfree Forest con un moribondo non era affatto semplice. Luna e Celestia non potevano rischiare di allontanarsi, avrebbero dovuto supportare Discord in caso fosse necessario e le sei portatrici degli Elementi dovevano stare pronte

Little John, che era seduto lì sull'erba, avvicinò il muso ai due padroni, mugolando tristemente. Mist voleva fare qualcosa, ma si reggeva a malapena in piedi.

Tall, che era in piedi, stava per proporsi di accompagnarli cavalcando l'ursa, ricordando che un giorno Mist gli aveva insegnato a portarlo in giro.

'Aspettate, posso farlo io!'

Era un pony incappucciato, dal manto viola e gli zoccoli arancioni, con la criniera rossa e gialla. Si levò il mantello e rivelò il suo volto. Un unicorno normale, ma con un'eccentrica ciglia finta sotto l'occhio sinistro, quasi femminile. Aveva come cutiemark la silouette di un drago, completamente nera.

'Dragon?' fece Mist, vedendolo.

'MIST!!!' esclamò gioioso il nuovo arrivato, prima di tirare fuori una lettera. 'Ecco, sai, mi era stato detto che tipo tu eri stato maledetto e che ti trovavi qui, quindi ho pensato di farti una visita, ma a quanto pare sono capitato nel momento sbagliato.'

'No, affatto!' esclamò speranzoso Mist. Star fu avvolta da un'aura magica verde e lentamente si sollevò da terra. L'aura passo presto dal verde al giallo e la passò a Dragon.

'A-allora io la porto. Torno appena posso!'

Il pony correva sul posto, cercando di attaccare bottone, ma capì subito che non era il momento.

“Al diavolo, volevo parlare con il mio amico!” pensò, poi rapidamente si girò e si inoltrò nella selva. L'unicorno bianco sorrise e si buttò a terra esalando un sospiro.

'Chi era?' gli chiese Tall, sorpreso, asciugandosi le lacrime.

'Un mio amico della scuola per unicorni dotati. E' un tipo strambo, ma mi fido di lui. Nelle sue mani Star sarà al sicuro.'

'Certo che è stato rapido...' disse Luna 'E' arrivato, ha scambiato due parole e poi è corso via con tua moglie.'

'Se lo dici così sembra tu alluda a qualche cosa!' disse, ridendo.

Vedere la sua risata tranquillizzò i presenti e persino Little John cessò il suo lamento, leccando il padrone. Mist ricadde a terra coperto di bava.

L'arrivo del suo amico era stato davvero un colpo di fortuna, ora Star sarebbe stata fuori pericolo e lui avrebbe potuto riprendersi per poi vendicarsi di Greyhorn per conto suo.

 

Discord ruzzolò all'indietro, eseguendo un beccheggio degno di un aviatore provetto e trasformò il masso che gli era stato indirizzato in un toro di pietra. Si mise un cappellino da matador e iniziò a cavalcarlo.

L'alicorno grigiò lo bloccò col corno-spada e lo ribaltò usando la Frattura Differenzale.

Intercettò il draconequus in aria e lo scaraventò a terra.

Sotto la sua schiena però erano comparsi dei morbidi cuscini, che perdevano piume da ogni lato.

'Sono comodi, vuoi provare?' lo provocò.

Greyhorn strinse i denti e iniziò ad urlare.

'Accidenti a te! Chi ti credi di essere? Ho fatto estinguere la tua intera specie, cosa ti fa pensare che tu da solo possa...'

Si sentì afferrare per il collare. Discord lo stava guardando ricolmo di rabbia.

'Te la farò pagare, sappilo.'

Soffiò nel pollice sinistro e i muscoli del braccio destro si gonfiarono, poi lanciò con violenza il Re contro una casa. Tuttavia emerse dalle macerie indenne.

'E' inutile, senza il DoppioSei non posso essere sconfitto. Dopotutto sono il figlio di Dio, sarebbe strano che non fossi immortale.'

Discord sapeva bene che aveva ragione. Anche se con la sua magia caotica poteva tenergli testa e bloccare i suoi incantesimi non avrebbe mai potuto batterlo.

Prima o poi avrebbe esaurito le energie e Greyhorn lo avrebbe ucciso senza troppi complimenti.

Ma non poteva perdonargli quello che aveva fatto, aveva ucciso tutti i suoi compagni, quando era solo un cucciolo. Ebbe la fortuna di salvarsi solo perché trovò una tana nascosta.

Dovette crescere da solo, tutto per colpa dell'alicorno che ora gli stava davanti.

All'improvviso i suoi movimenti si bloccarono. Cercò di schioccare le dita per rispondere, ma non poteva muoversi nemmeno di un millimetro. Persino la coda non lo aiutava.

Greyhorn gli si avvicinò, ridendo.

'Allora? Hai finito i trucchetti da show magico? Patetico.'

 

Mentre i due combattevano Mist rimase a farsi illuminare dalla luce curativa di Luna, che stava letteralmente esaurendo le energie per donarle a lui.

'Grazie... Luna...' sussurrò, riuscendo in fine ad alzarsi. Osservò tutti i pony di Pelogrigio che, aiutati da Twilight e Celestia, salivano in groppa a Little John.

'Hai fatto bene a stare in disparte senza intervenire mio caro amico...' disse all'ursa '...altrimenti ti avrebbe schiacciato senza pietà e ora non potresti portare tutti quanti in salvo. Ora vai!'

Il colosso ruggì e subito iniziò a correre in direzione di Ponyville, pronto a tornare appena la crisi fosse terminata.

Erano rimasti soltanto Celestia, Mist e le sei portatrici degli Elementi.

'Mist...' lo chiamò l'ex-principessa '...Ma chi era quel pony di prima?'

'Oh, lui? Solo un mio conoscente. In realtà non è che fosse chissà quale grande amico, però era l'unico che in classe prendeva quattro a tutte le materie, tranne Levitazione e Teletrasporto. In quelle riusciva a battere pure me. Non si è mai diplomato però, se ne andò prima per tornare nella sua patria. Mai mi sarei aspettato di beccarlo ora.'

'E'... è affidabile? Con quella ciglia finta dava proprio l'idea di criminale elegante, di quelli che ascoltano Ponythoven mentre ti picchiano.' disse Rarity.

'Ciglia finte? Senti chi parla.' sghignazzò Applejack dietro di lei.

'Preferisco i baffi.' disse Pinkie, mettendosene un paio.

'Ci si può fidare. E' uno che non tradirebbe mai gli amici.'

Twilight gli toccò una spalla, come per richiamarlo, ma accadde un fatto strano. La tiara iniziò a brillare e il corno di Mist produsse alcune scariche di colore nero, in sintonia con le pulsazione dell'artefatto.

'Cosa succede!' esclamò sconvolta la pony viola, staccandosi dall'unicorno bianco.

La corona smise di luccicare e i fulmini neri si dissiparono nell'aria.

Celestia si avvicinò.

'Non... non può essere.'

Mist si guardò, cercando anche lui di capire cosa fosse successo.

'Greyhorn... mi pare lo avesse chiamato Frutto de... di...'

'Frutto della Conoscenza.' disse la sovrana. 'Pensavo fosse andato perduto ormai.'

'Che cos'è?' chiese Twilight incuriosita.

'Un'entità eterea simile ad una nuvoletta nera con il nucleo bianco. E' da lì che fu estratto il potere degli elementi, millenni fa.'

'Quindi cosa significa?' chiese Mist.

'Beh...' rifletté Celestia 'Potrebbe attivare il potere latente degli Elementi dell'Armonia. Però dimmi, come lo hai ottenuto?'

'Non... non lo so...' rispose. Non lo sapeva affatto. Però il potere che aveva manifestato poco prima era veramente poderoso, aveva addirittura piegato la volontà di Greyhorn.

Però era anche vero che era svenuto poco dopo averlo attivato.

'Te la senti di usarlo? Forse potrebbe sconfiggerlo... Però ho visto come ti ha ridotto, non so se...'

'Lo farò.' disse 'Lo farò e poi andrò a vedere come sta mia moglie. Non voglio certo lasciarla sola ora che sono la sola cosa che le è rimasta.'

Il suo corno brillò una seconda volta, illuminandosi di nero.

'Andiamo ad aiutare Discord!' esclamò, carico di energia.

 

Dragon uscì dall'ospedale. Aveva appena lasciato Star nella custodia dei medici ed era pronto per tornare all'accampamento e vedere come Greyhorn se la cavava.

Mist... perché quello stupido alicorno aveva scelto proprio lui come nuovo possessore del Trigger Nero, noto anche come Frutto della Conoscenza?

Ora gli toccava lo spiacevole compito di sistemare quello che anni addietro gli fu amico. Inizialmente si era avvicinato con l'intenzione di prelevare il trigger dal suo corpo, ma vista la presenza delle due principesse sorelle optò per fingersi alleato senza far saltare la sua copertura.

Riguardo al portare Star all'ospedale... non poteva fare altrimenti, sennò non avrebbe guadagnato la fiducia dell'unicorno.

Rifletté, camminando nella foresta, calcolando i tempi.

“No, manca ancora un po', di tempo ne ho ancora abbastanza, ma devo sbrigarmi. Ora che il piano di Greyhorn di risvegliare il DoppioSei è vicino al completamento devo fare il possibile per trovare il Frutto della Vita. Poi potrò con calma risvegliare ciò che dorme nei meandri della terra sotto la montagna di Canterlot...”

Rise, rimettendosi il cappuccio e si teletrasportò sparendo in una marea di scintille.

La sua destinazione era ignota.

 

Greyhorn stava per colpire Discord, ma fu fermato dall'intimazione di Celestia.

'Lascialo stare!' esclamò, dietro di lei c'era il suo esercitino personale guidato da Mist.

'Divertente, volete riprovarci di nuovo con gli Elementi? Sapete che sono inefficaci, no?'

Un'esplosione nera lo fece capovolgere e cadere a terra.

Il corno di Mist era nuovamente avvolto dai fulmini neri e l'unicorno si stava avvicinando a lui, tenendo alto il potere intimidatorio del suo Sguardo.

Le pony dietro di lui e persino Discord dovettero chiudere gli occhi per evitare il contatto visivo. Greyhorn invece era ancora sdraiato nel terriccio, con il pelo leggermente ustionato e il sangue che gli colava dal naso.

Sorrise.

“Stai davvero rispondendo alle mie aspettative Mist... Penso potrai davvero gestire la mia eredità.” pensò, rialzandosi a fatica.

'Sai, quello che stai usando adesso è la cosa più vicina al DoppioSei originale che esista. Forse puoi battermi con quello. Vuoi vendicarti di me? Spara pure.'

Mist invece per tutta risposta disattivò il trigger e con uno schiocco magico liberò Discord dalla sua paralisi.

Il draconequus iniziò a sgranchirsi, piegandosi nelle posizioni più strambe e surreali, poi si avvicinò a Celestia e le cinse il collo con un braccio, sdraiandosi poi a mezz'aria come se fosse su un'amaca.

'E così il tuo allievo ti ha superato, eh?' disse, con ironia.

'Sai, ho un piano...' disse. La sua voce tornò seria. Celestia, e così anche le sei amiche, lo guardarono, stupite dal suo tono.

'Che hai in mente?' chiese Twilight.

'Beh, anche con il potere di quegli schizzi neri che sta usando il vostro amico non potrete battere Greyhorn, però... Un modo ci sarebbe.'

Sull'ultima frase la sua voce calò, diventando quasi triste e malinconica.

'Co... cosa vuoi fare?' domandò preoccupata Fluttershy.

'Eh, cara e dolce pegaso, mi duole tanto, ma temo che la nostra amicizia non durerà a lungo. Salutami Angel, ok?'

Gli occhi della pony color paglia iniziarono ad inumidirsi.

'COSA VUOI FARE?!' gridò, disperata. Persino lei fu stupita di quanto alta potesse divenire la sua voce.

'Lo terrò fermo e voi userete gli Elementi dell'Armonia, catalizzati con il Frutto di Mist e mi colpirete. Verrò pietrificato assieme a lui e non dovrete più temerlo.'

'N-no...' Celestia scosse la testa 'Ci deve essere... un altro modo...'

Discord la guardò negli occhi.

Era totalmente serio. Era pronto a sacrificarsi per salvare il mondo.

Abbracciò la principessa.

'Scusami Tia, ma devo farlo. Giurai su di me e sull'onore del mio Maestro che l'avrei fatta pagare a quel dannato per tutto quello che aveva fatto. Vi prego, non trattenetevi...'

Si girò, passando accanto a Mist, che teneva sotto scacco Greyhorn.

L'alicorno era così compiaciuto nel vedere una delle due metà del DoppioSei venire domata con così tale maestria da un semplice pony che quasi non notò Discord.

'Mist, usa il Trigger e colpisci duro, lo sistemeremo tutti assieme!' il draconequus si pose davanti a Greyhorn, che rialzò la testa, noncurante.

'Allora, vogliamo farla finita?' disse, azzerando la sua guardia.

Sospirò.

Discord lo afferrò per il collo e lo buttò per terra, mettendogli un piede sul petto. Il sovrano scalciava in ogni direzione, cercando di liberarsi, senza successo però.

'LASCIAMI, CAZZO! LASCIAMI!' gridava, cercando di incanalare la magia, ma con la mano ancora libera gli afferrò il corno interferendo. La mano del draconequus stringeva così forte che iniziò a sanguinare, lacerata dal filo del corno stesso.

Cercò anche di colpirlo con la sua fluente coda verde o di spazzarlo via con un potente colpo d'ali, ma nessuna di queste tattiche scalfì la risoluzione di Discord.

'Avanti, colpite!' urlò.

Mist concentro per l'ennesima volta il potere, aveva capito come coinvogliarlo. Dietro di lui Twilight iniziò ad attivare gli Elementi. Persino Fluttershy, che stava piangendo, si rese conto che non aveva scelta.

Si sentiva come se infrangesse la promessa che gli fece, di non usare l'elemento contro di lui, ma allo stesso tempo sapeva che se non lo avesse fatto non glielo avrebbe mai perdonato.

Chiuse gli occhi e concentrò l'energia, sollevandosi per aria assieme alle sue amiche.

Celestia invece socchiuse gli occhi, come per non vedere il vecchio nemico sacrificarsi così. Ripensò fugacemente alle lotte che avevano affrontato, uno contro l'altra. Qualcosa di stranamente nostalgico a pensarci, ora che era dalla loro parte.

Ancora di più ora che si stava sacrificando.

 

Luce.

Una potente onda color arcobaleno si concentrò, all'interno di un cerchio generato dai fulmini neri di Mist.

I colori si concentrarono all'interno e iniziarono a girare su sé stessi, arrivando a velocità tali che li mescolavano assieme, facendoli apparire bianchi.

L'insieme si compattò e assunse una forma strana, disegnando un grande simbolo bianco, simile a due 6 uniti in un solo simbolo.

Tale sigillo magico iniziò a girare a sua volta attorno al proprio centro, spandendo energia apparentemente oscura in tutte le direzioni.

 

Luce.

Discord e Greyhorn furono avvolti dalla luce, un misto di tutti i colori, così luminosi da sembrare bianchi e una serie di scariche nere che li circondavano.

L'alicorno realizzò.

Che era finita.

Mentre il suo corpo si pietrificava, di pari passo con quello di Discord, alzò la testa, sorridendo.

Sul tetto c'era il pony incappucciato che si era presentato come Dragon. Nessuno, oltre a lui poteva vederlo e andava bene così.

Ghignò, come fa uno che ha completato con successo qualcosa.

“Oh, mio caro Zantheon, lo vedi? Il DoppioSei si è appena risvegliato, senza bisogno di andare a disturbare la gente dell'UnWorld. Non potrai riesumare il Gear, perché verrai fermato prima.” pensò, osservando il pony misterioso con un'espressione vagamente preoccupata in volto. Era certo che in quel momento captava i suoi pensieri. “Alla fine non mi dispiace andarmene, iniziavo a stufarmi...”

 

Ho scelto il ruolo del cattivo e ho continuato a recitarlo per tutto questo tempo...

Dovevo farlo, qualcuno doveva accollarsi le responsabilità.

Ho mentito, mi sono dato la colpa di cose che non ho mai commesso.

E tutto per far sì che il DoppioSei venisse risvegliato.

Forza Greyhorn, un'ultima recita...

 

'MALEDETTI STRONZIIIII!!!!' urlò il Re Decaduto, mentre i muscoli della sua faccia venivano incatenati nella pietra e rapidamente il corno veniva avvolto dal bianco marmo. Discord riuscì a malapena ad alzare a fatica la mano con la quale reggeva la lama e alzò il pollice sorridendo.

Era contento di tornare utile in quella maniera.

Aveva usato la sua magia a fin di bene.

“Miei amici draconequus, siete stati vendicati.” pensò, prima che la pietra avvolgesse completamente entrambi.

 

Un piccolo flash partì dalla punta della spada di Greyhorn, il quale esplose all'improvviso in un colossale scinitllio di colori. Non solo i sette dell'arcobaleno, ma tutti quanti, di tutte le gradazioni.

Una vera ondata colorata, che investì tutto quanto si trovava nei dintorni.

Celestia fu presa in pieno e dovette pararsi il muso con la zampa, chiudendo gli occhi.

Quando li riaprì notò che qualcosa era cambiato.

Il suo crine era tornato a fluttuare ed aveva ripreso al colorazione dell'aurora boreale. Applejack davanti a lei si guardava emozionata, tastandosi le tempie.

Era arancione.

Pure sulla groppa dell'ursa i pony vennero investiti dall'arcobaleno, ognuno riprese i suoi colori. Water tornò ad avere il suo manto verde acqua, mentre Tulip poté rivedere il suo pelo rosso carminio.

Tall, che stava sulla testa accanto a Luna era tornato blu oceano.

Lo stesso blu di suo padre.

La criniera era mossa dal vento quando si girò in direzione dell'accampamento.

'Addio mia vecchia casa...' disse, col cuore di nuovo ricolmo di speranza 'Ora tornerò alla mia vita di sempre...'

Respirò profondamente.

'Grazie Mist...'

 

La statua era davanti a loro.

Discord, di sopra, in posizione fiera e vittoriosa, sorridente e trionfante. Sotto Greyhorn, coi capelli scompigliati e la faccia contratta in un urlo di disperazione.

Nessuno avrebbe potuto immaginare che quei due erano fino a poco fa tra le più potenti creature di questo mondo.

Celestia si avvicinò e tocco la figura del draconequus, con accanto Fluttershy.

Mist invece cadde a terra e iniziò a riprendere fiato.

Era felice.

Anche se gli doleva aver usato i poteri contro un eroe come Discord era contento di aver cacciato tutti i demoni che lo attanagliavano.

Non aveva ricevuto un perché, ma non gli importava. Ora nessuno avrebbe più potuto minacciare l'integrità del suo matrimonio e, ancora una volta, avrebbero ricominciato da capo, stavolta nel mondo dei colorati, pieno di opportunità e vecchi amici.

Non riusciva ancora a capacitarsi di aver fatto quello che aveva fatto, eppure lo aveva fatto eccome.

Con l'aiuto della sua maestra e delle sue amiche era riuscito a sconfiggere il più potente alicorno mai esistito dai tempi di Dio Equestris in persona.

Ma ancora non era del tutto finito.

 

Star era ancora operata in condizioni gravissime, a rischio di morte.

Chiuse gli occhi.

Poteva solo pregare.

 

 

 

Epilogo.

 

Giornata tranquilla a Ponyville.

Il Sole si fece strada tra le nuvole, oltre le montagne, preparandosi a tramontare e a lasciar posto alla notte. Il cielo si stava già arrossando e si intravedeva già l'astro della notte all'orizzonte.

Le due Principesse Sorelle erano tornate a palazzo e stavano cercando di sistemare quanto fatto da Greyhorn, il quale aveva messo in seri problemi le casse del governo con i suoi atti di beneficienza smodata.

Forse fu proprio quello uno dei motivi per cui una delle sue figlie lo tradì.

 

Applejack uscì dal fienile, spolverandosi il manto e respirando a pieni polmoni l'aria del meleto. Anche se solo per tre giorni le era mancato tantissimo.

Si avvicinò ad un vecchio albero, in prossimità della fattoria. Il suo tronco era tutto accartocciato su sé stesso, quasi come se volesse sortire fuori dalla terra, mettere le gambe e scappare.

Non produceva quasi nessuna mela, era difficile da scalciare ed era un colpo nell'occhio a vedersi. Però cavolo, quelle tre mele che faceva erano di una qualità superiore.

Dopotutto quell'albero era stato coltivato da Zio Jam in persona, forse uno dei migliori scalciamele mai esistiti, il primo che capì appieno il procedimento per rendere la marmellata di Zap Apple ancora più buona e nutriente.

Appoggiò lo zoccolo sull'albero.

Ripensò a Mist. Ripensò a quello che era successo appena quella mattina prima di pranzo.

Non le sembrava vero.

Aver affrontato e vinto un nemico così potente, quasi divino.

Ed ora essere semplicemente a casa a guardare un vecchio albero.

Sembrava quasi irreale che fosse tutto già finito, così di colpo.

Anzi...

In realtà non era finita.

Star era ancora ricoverata d'urgenza per quella profonda ferita all'addome.

Rischiava seriamente di non sopravvivere.

 

Fluttershy si comportò stranamente dopo quell'evento.

Volle ad ogni costo supervisionare il trasporto della statua di Greyhorn e Discord fino a Canterlot, nel giardino reale, dove sarebbe stata più al sicuro.

Non fece nulla, si limitò ad osservare. Non piangeva. Non voleva piangere.

Piuttosto cercò di sorridere e fare buon viso a cattivo gioco, in fondo...

Se non fosse stato per lui...

Se lei non avesse usato l'elemento...

Se non lo avesse fatto...

Se non lo avesse fatto Discord sarebbe ancora in giro a seminare caos e a divertirsi, magari facendole visita di tanto in tanto e farle compagnia nella solitudine del suo cottage.

Gli occhi iniziarono a luccicare sotto i raggi del tramonto.

Però...

Se non lo avesse fatto...

Greyhorn avrebbe seminato terrore e disperazione, più di quanto già non aveva fatto, mascherando tutto quanto con azioni di carità che scioglievano i cuori degli abitanti.

Poi pensò alle due povere vittime di quel dannato alicorno.

Anche se non li conosceva bene e non sapeva quanto fosse profondo il loro rapporto, poteva anche solo immaginare cosa stesse passando Mist in quel momento.

Anche un cuore di pietra come il suo può rompersi, lei lo sapeva bene.

E poi c'era Star, che nel giro di pochi giorni aveva subito una quantità di traumi psicologici davvero pesanti. Scoprire che il figlio che ha cresciuto e amato come tale era in realtà un bieco sovrano che li stava solo sfruttando, senza aver provato il minimo rimorso a quasi ucciderli.

Da quanto le aveva detto Dash, che da piccola era una sua fan, sapeva che già anni addietro aveva perso il puledrino che portava in grembo e che non era più capace di volare a grandi velocità, perché l'ala non avrebbe sopportato lo sforzo.

Non sapeva se attribuire questa tristezza che provava al suo cuore sensibile o al legame che in un certo senso le collegava, essendo entrambe portatrici della Gentilezza.

Perché in fondo se loro sei potevano usare gli Elementi era anche merito loro. In un certo senso avevano contribuito alla salvezza di Equestria.

Beh, Mist ha più che contribuito, è stato capace di affrontare quasi alla pari un semidio. Non aveva vinto, ma aveva certamente compiuto un impresa epocale.

In quel momento si sentì in colpa per non essere andata all'ospedale a vedere cosa accadeva.

Sospirò e vide Celestia uscire dal castello, dopo aver fatto tramontare il sole, salire su una carrozza e ordinare ai soldati di partire alla volta di ponyville.

La pegaso color paglia ansimò e cercò di chiamarla.

'Ah... ah... Fermativi!'

La principessa comandò ai pegasi di fermarsi.

'Cosa c'è Fluttershy?'

'Uhm... vorrei venire anche io... cioè, se non è di disturbo, ecco...'

Celestia si spostò un po' sulla destra e le fece cenno con l'ala di salire.

La pony sorrise e saltò sulla carrozza senza pensarci due volte.

Mentre il carro si levava in cielo entrambe si voltarono a guardare la statua di Discord, che sembrava guardarle e farle il segno dell'okay col pollice.

'Posso capire...' disse la principessa, guardando Fluttershy '...era davvero un mattacchione. Certe volte faceva cose un po' troppo esagerate, ma non ha mai voluto fare del male a nessuno... Alla fine risultava comunque simpatico.'

'In fondo aveva un cuore dolce...' sussurrò la pegaso.

'Eheh, sembra però che gli piacesse stare nella pietra.'

Fluttershy colse che l'ironia di Celestia nascondeva in realtà un certo dolore nel profondo. Tuttavia non indagò.

'Uhm... lei pensa che Star... ecco, potrebbe farcela?'

La principessa chinò la testa.

'Non lo so...' disse con un filo di voce appena percettibile 'Anche usando magie potenti si può fare poco nei confronti di simili lacerazioni. E' un miracolo già che ci sia arrivata all'ospedale...'

'Nel caso... che lei...' si fermò, non risucendo a dirlo '...cioè, se accadesse qualcosa di brutto... Dobbiamo cercare di stare vicino a Mist.'

Celestia sentendo quelle parole sembrò quasi piangere.

'Quell'unicorno... è stato uno degli studenti migliori che io abbia mai avuto, un talento come se ne vedono ogni mille anni. Potrebbe tranquillamente superare persino Starswirl se continua così.'

'Che rapporto c'era tra te e lui..? Se vuoi dirmelo...'

La principessa si levò la corona e la guardò, con aria malinconica.

'Lui per me fu quasi un figlio. Ed io per lui fui come una madre. Quando era piccolo perse il padre e la madre impazzì. Ha finito per identificare in me e nel suo maestro Elder Scroll due nuovi genitori. Diamine, che bei tempi che erano quelli...'

'Ci sei molto affezionata...'

'Tantissimo. Tanto quanto Twilight. Voglio essere vicina a lui e condividere la gioia o il dolore. Mi piacerebbe rivederlo sorridere, quando era piccolo... aveva un sorriso incredibilmente bello. Era come un fiore raro, difficile da vedere ma quando lo vedi...'

Non finì la frase.

Si chinò e cominciò a piangere.

'Non voglio perdere di nuovo i miei fedeli amici!'

 

Mist era seduto sulla sedia della sala d'attesa, mentre nella stanza dietro di lui sua moglie veniva operata. Avrebbe voluto concentrarsi sui rumori che provenivano, cercando di cogliere ogni minimo indizio sulla salute di Shooting Star.

Però la stanza era insonorizzata e non poteva sentire nulla.

Era anche troppo stanco per usare una qualunque magia.

Non poteva fare molto quindi.

Quando Twilight lo vide, fermo immobile, rimase spaventata.

I suoi occhi erano spenti, vitrei, incapaci di focalizzarsi su qualunque cosa. Se non fosse stato per le contrazioni del petto dovute la respiro, chiunque avrebbe pensato che fosse morto.

Poi all'improvviso si alzò e iniziò a camminare nevroticamente, respirando in maniera incerta e imprecisa.

Stava letteralmente per impazzire dallo stress.

Twilight poté solo rimanere ad osservarlo, sedendosi accanto a lui, aspettando l'arrivo delle sue altre amiche.

In fondo era anche merito suo se Greyhorn ora era solo uno spiacevole ricordo. Almeno per loro.

Per Mist era assai più di un semplice ricordo fastidioso.

Era un trauma profondissimo.

Arrivarono presto tutte quante, preoccupate per Star. Aveva lasciato su tutte e sei un'ottima impressione quando andarono a trovarla, come ci si sarebbe potuto aspettare dall'Elemento della Gentilezza. Per Dash addirittura era un'eroina d'infanzia, colei che era diventata Wonderbolt dal nulla.

Pinkie tirò fuori una trombetta ed iniziò a strimpellare un motivetto, cercando di alleggerire l'aria. Mise un braccio attorno alle spalle di Mist e iniziò a fare previsioni sul bellissimo party che avrebbe fatto una volta che fosse guarita.

L'unicorno però era tutt'altro che convinto, anzi, sembrò persino non notarla, demoralizzato come era. Solo la vista della principessa riuscì vagamente a ridestarlo.

Celestia fece per abbracciarlo, ma sentirono dietro di loro delle porte sbattere.

Alcuni medici uscirono di corsa, spingendo via Rarity che stava in mezzo al corridoio. Spingevano un lettino con sopra Star, apparentemente addormentata.

'Che maleducati!' disse stizzita la stilista, poi però si rese conto di cosa stava accadendo 'Oh... pardon...' disse, ritirandosi.

Mist invece sgranò gli occhi, i quali sembrarono tornare a mettere a fuoco le cose. Si voltò senza dire niente e seguì i medici, barcollando, sbagliando strada per errore e correggendosi subito dopo.

Anche le amiche lo seguirono.

Lo trovarono davanti ad un'altra porta, i medici erano entrati e non avevano detto niente. Videro lo stallone affannarsi, cercando di guardare dal buco della serratura, senza capire però niente di cosa stava accadendo.

Gemette più volte, battendo gli zoccoli sul muro, stringendo i denti.

Poi si arrese e si buttò con la schiena alla parete, facendosi scivolare fino a cadere a sedere. L'espressione sul suo volto era di pura sofferenza. Ancora però non stava piangendo, ma il corpo sudava in maniera innaturale, come se le lacrime stessero effettivamente uscendo da tutto il corpo.

Rimase in quella posizione per almeno un'altra ora, a guardare il vuoto, in silenzio.

Finché un dottore non uscì. Si avvicinarono tutte, preoccupate per il verdetto.

'Signor Mist?' domandò. A quelle parole si alzò di scatto e iniziò a respirare affannosamente. Non sbatteva nemmeno le palpebre tanto era teso.

'So... sono io.' disse, per la prima volta da quando era lì. 'Come... come sta? Lei...'

'Venga un momento dentro, da solo. E' meglio parlarne in privato.' disse lapidariamente. La sua faccia non faceva affatto presagire per il meglio.

Mist lo notò e la sua faccia si contrasse, abbassando lo sguardo.

Seguì il dottore e la porta si chiuse dietro di lui.

 

Nessuna delle presenti sapeva dire per quanto rimase al suo interno.

Forse minuti, forse un'ora intera.

Ma sembrò un anno.

La porta si aprì, lentamente.

Mist era irriconoscibile.

Il viso era martoriato dalle lacrime, gli occhiali rotti. Singhiozzava fino a soffocare e doveva essere sorretto dal medico, altrimenti sarebbe caduto per terra.

Tra un singulto e l'altro cercava di prendere aria affannosamente, con disperazione.

'Che... che è successo?' chiese Celestia, già con gli occhi lucidi.

Mist non rispose, riusciva a malapena a respirare, figurarsi parlare.

Il dottore scosse la testa, cupo.

'Lei è..?'

'No, è viva.'

Celestia, Fluttershy, Applejack e le altre portatrici vollero tirare un sospiro di sollievo, Pinkie addirittura stava per suonare la trombetta. Ma di certo se Mist era in lacrime, lui che non aveva praticamente mai pianto...

'Venite dentro...' disse il medico.

Entrarono nella stanza e la videro.

Star era sveglia, con il petto fasciato, seduta sul letto. I suoi lunghi capelli, prima raccolti in una lunga coda, ora cadevano lungo i fianchi, raggiungendole quasi la coda. Il pelo le era ritornato normale, di colore viola, la maledizione era sparita anche per lei dopotutto.

Sorrideva, guardando il cuscino che stringeva con lo zoccolo sinistro.

Ma con il destro stringeva un cucchiaio vuoto.

'Dai Hope... non fare le storie per il cibo...' diceva, tentando di imboccare il cuscino. 'Se non mangi poi quelle puledre laggiù rideranno di te...'

Il dottore si avvicinò a loro, con il volto scuro.

'L'abbiamo salvata. Quella giumenta ha una forza vitale che molti giovani invidierebbero. Però....' fece una pausa, cercando di trovare le parole '...però la sua mente non ha retto.'

La notizia, che già avevano potuto constatare, mandò totalmente nel panico le sei ragazze e la principessa, che iniziò ad uralre disperandosi. Cercò di abbracciare Star, sperando di risvegliarla, ma il medico la fermò.

'Non si può fare nulla, non riconosce nessuno. Da quando si è svegliata è fermamente convinta che quel cuscino sia suo figlio. Abbiamo pensato di farle vedere suo marito, forse l'avrebbe potuta far riprendere. Invece lei ha iniziato a gridare al maniaco e lo ha preso a schiaffi, rompendogli gli occhiali.'

'Mio marito è morto...' si fece cupa la pegaso dietro, stringendo ancora più forte quello che lei credeva essere Hope.

 

Mist era riverso a terra, in una pozza di lacrime, tanto stava piangendo. Celestia lo abbracciò forte e gli fece appoggiare la testa sulla sua spalla. Anche lei pianse inseme al suo ex-allievo, stringendolo a sé come se fosse effettivamente suo figlio.

'Cosa è successo?' disse un pony dietro le sei portatrici.

Era Dragon.

Gli fu spiegato brevemente la situazione e si mostrò subito preoccupato. Non pianse, ma era sinceramente dispiaciuto per Mist.

'Forse avrei dovuto fare più in fretta...' disse.

'No...' lo fermò Pinkie, i cui capelli erano diventati lisci 'Anche se tu avessi fatto super-prima era già troppissimo tardi...' fece le spallucce, tirando su col naso.

L'unicorno dalla criniera rossa si morse il labbro e guardò raffazzonamente sulla sua agenda.

'Purtroppo devo andare... Ho una cosa importantissima da fare. Questione di vita o di morte.' mugugnò 'Però... però prometto che poi torno, eh! Torno!'

Si voltò e se ne andò così come era venuto.

Era già la seconda volta che faceva un'apparizione sporadica per poi sparire di botto.

Applejack era invece impegnata ad abbracciare Fluttershy, accarezzandole la schiena, mentre Spike si occupava di Twilight, dispiaciuta di vedere la sua mentore ridotta in quello stato.

Ma taceva, poteva capire cosa stesse passando la principessa.

Mist all'improvviso cadde a terra, con gli occhi chiusi. Si era addormentato.

'Gli ho... gli ho fatto un incantesimo... E' meglio se si riposa. Nel sonno dovrebbe trovare la pace, ho già chiesto a Luna di scacciare i suoi incubi. E' meglio così, lo riaccompagno alla sua vecchia casa qui a Ponyville, mi sono assicurata che tutto fosse rimasto in ordine dalla loro partenza, l'ho già fatta spolverare, forse hanno già finito...'

Sollevò il corpo di Mist con la magia ed uscì dall'ospedale, lasciando dietro di sé le sue fedeli allieve.

 

 

 

Nuovo giorno a Ponyville.

Il sole si fece timidamente strada tra le tende, illuminando il letto matrimoniale. Gli occhi di Mist furono colpiti dai raggi tiepidi e si aprirono.

Respirò normalmente, guardando il soffitto. Lo aveva riconosciuto.

L'odore, le imperfezioni delle pareti...

Casa sua.

Alzò lo zoccolo e lo guardò, poté chiaramente vedere che era bianco, poteva vedere tutti i colori per bene. La maledizione era finita, la sofferenza era finita.

Ricadde con la testa sul morbido cuscino di piume.

Ripensandoci, gli era sembrato tutto un sogno, un incubo durato due anni, ora finito. Poteva tornare a vivere normalmente. Mai avrebbe detto che la società gli sarebbe mancata.

Si sarebbe riabituato a vivere normalmente?

Beh, c'era Star con lui, tutto era possibile.

'Star... amore mio...' sussurrò soavemente, spostando la zampa alla sua sinistra, come per accarezzarla.

Vuoto.

Non c'era nessuno.

Solo il freddo delle coperte inutilizzate.

Si girò, osservò il suo zoccolo spostarsi sul lenzuolo alla ricerca invana di qualcosa.

 

La sua mente non ha retto.” disse il dottore “Stando a quello che mi avete detto dovete aver passato molti momenti difficili... Mi dispiace.”

Rimasi ad osservarlo, sconvolto.

Non possiamo fare niente?” chiesi, cercando anche la più piccola speranza.

Beh... Forse rivedendoti potrebbe riacquistare la sanità... Non lo garantisco. Certo però... è incredibile che sia resistita così a lungo, deve aver avuto un'infanzia ancora più impossibile.

Sapevo tutto quello che diceva il dottore. Dopotutto tra me e Star non c'erano mai stati segreti... a parte il piano per ingrigire il mondo intero.

Diavolo, mi sentivo ancora cretino per quello.

Tirai su il moccio col naso, rifugiandomi in quella piccola speranza che il dottore mi aveva dato.

Mi avvicinai al letto e cercai di accarezzarle la guancia, gesto che le era sempre piaciuto.

Uno schiaffo.

Ricevetti uno schiaffo.

Ma non un semplice colpo, no.... fu il momento in cui anche la più remota speranza mi abbandonò.

LASCIA STARE MIO FIGLIO, BRUTTO MANIACO!!!!!” urlò. Le pareti erano insonorizzate, quindi da fuori non l'avrebbero sentita.

Ma al momento non me ne curavo...

Sentii un forte bruciore agli occhi, che non sentivo da un sacco.

Non mi sentivo così da quando diventai un Aelementum. Allora promisi a me stesso che non avrei mai più pianto, ma ora...

Non ce la faccio...

 

Strinse gli occhi, come per impedire alle lacrime di fluire, senza però farcela.

Affondò la faccia nel cuscino, quasi come per soffocarsi e urlò più e più volte con tutta la voce che aveva in corpo.

“STAAAAAR!!!!”

“STAAAAAAAAAR!!!!”

 

“STAAAAAAAAAAAAAAAR!!!!!!!”

 

 

 

“Star....”

 

“Voglio morire...”

 

 

 

 

Quando Celestia entrò rimase sconvolta dalla scena.

Attaccato al soffitto c'era un cappio di corda e a terra uno sgabello era ribaltato.

Mist però era a terra, con il muso schiacciato contro il pavimento, sbattendo forte gli zoccoli.

'Stupido aelementum, fammi morire! Ti prego, fammi morire!'

Dal suo collo usciva del fumo bianco.

Doveva aver tentato di impiccarsi, ma al momento dello strattone il suo potere gli avrebbe impedito di rimanere appeso e lo aveva fatto cadere.

L'Aelementum era un potere fenomenale, ma rendeva praticamente impossibile morire. E il Frangianima funzionava solo sugli altri e non su sé stessi...

 

 

 

La vita a Ponyville tuttavia continuò, nonostante la recente crisi e i repentini cambi di governo la situazione si sistemò, senza problemi.

Tall, Tulip e Water se ne tornarono a casa loro, a Baltimare, anche se decisero di prolungare il soggiorno a Ponyville di una settimana, per stare vicini a Mist in quel momento così duro.

Il giovane puledro dal manto blu guardò la foto di suo padre e di suo fratello maggiore, con nostalgia.

La posò e poi prese quella di tutta la sua famiglia, com Mist, Star e... Hope...

Sfilò la foto e prese una matita.

Cancellò quindi il volto del puledrino dai capelli verdi, ripassando più e più olte per evitare di vedere anche il più piccolo dettaglio.

La rimise sul comodino.

Si appoggiò coi gomiti alla finestra, guardando la piazza gremita di gente. Qualcosa a cui non era più abituato da un bel pezzo.

Si fece forza ed uscì di casa, salutando la mamma e il fratellino.

Vedere tutti quei colori dopo quasi tre anni di grigiume totale quasi lo accecava e ci mise un po' ad abituarsi.

Respirò a pieni polmoni l'aria piena di vita.

E si rese conto di una cosa.

Non sapeva dove era la casa di Mist.

Andò nel panico, per qualche secondo, poi notò che la cassetta delle poste davanti a lui recava proprio l'iscrizione:

MIDNIGHT MIST

SHOOTING STAR

Si portò lo zoccolo alla faccia, era per questo che aveva scelto quell'albergo.

Trottò, attraversando la strada, e bussò alla porta. Gli aprì Celestia.

Alla vista della sovrana ebbe l'istinto di chinarsi.

'Pr... principess...'

'Sh! Sono in incognito. Altrimenti sai quati fotografi e curiosoni verrebbero qua dentro?'

Entrò in casa, constatando come fosse quasi uguale a quella che si era costruito all'accampamento Pelogrigio.

A proposito, quel posto fu abbandonato e ripulito, il recuperabile fu recuperato e le case tornarono ad essere i cumuli di scarti di discarica che erano in principio.

Mist però non volle che venne raso al suolo, in qualche modo era ancora attaccato a quel posto. Addirittura chiese se poteva vivere là per conto suo, in solitudine.

L'unicorno, seduto sul letto, spostò le lenzuola e scese, avvicinandosi al suo amico Tall. Lo abbracciò.

'Sono... sono contento che stai bene. Certo che non mi aspettavo che il tuo manto fosse blu.'

'Pensa te, io non ti facevo mica così bianco, eheh!'

Cercò di mostrarsi di buonumore, da quando Greyhorn era stato sconfitto era già passata una settimana e Mist, almeno in parte, si era ripreso. Cioè, aveva smesso di piangere.

Tall volev davvero stare vicino al suo amico, fargli compagnia finché non si fosse ripreso del tutto. Abitavano lontano, in effetti, non era facile incontrarsi.

'Ci spediremo qualche lettera. Lo facevo con Celestia, figurati se non lo faccio con te!' esclamò. Poi sosprirò, osservando la principessa accanto a lui.

'A proposito, sono due anni che non mi invii lettere. Io le voglio, eh!'

Mist si mise a ridere, fermandosi subito dopo.

Guardò il letto matrimoniale, vuoto.

Un bagliore di nostalgia e rimpianto lo attraversò.

Tall notò questo cambiamento e gli si avvicinò.

'Beh...' cercò di dire. Mist gli diede una pacca sulla schiena.

'Ora non cominciare a sentirti in colpa come fai sempre. Poi.... Uhm...' si strofinò la nuca. 'Dovevo ancora dirti grazie. Se tu non avessi distratto Greyhorn qualche giorno fa non sarei riuscito a colpirlo a sorpresa.'

'Ah, prego. E dire che ero venuto per incoraggiarti e invece...'

'Beh, la buona volontà ce la metti. In qualunque cosa fai, lo hai notato?'

Tall ci pensò.

In effetti era vero. In tutto quello che faceva ci metteva sempre una grande voglia di fare, un grande impegno e soprattutto tanta serietà.

Quando vedeva qualcuno giù di morale in qualche modo si sentiva in obbligo di aiutarlo o quantomeno invogliarlo a non arrendersi.

Quando morì suo fratello decise che nessuno avrebbe mai dovuto soffrire vicino a lui. E se fosse capitato qualche disgrazia sarebbe stato suo dovere impegnarsi a consolarlo.

Incoraggiare sembrava quasi....

...Il suo talento?

Un piccolo luccichio dietro di sé attirò la sua attenzione, ma non capì cosa stesse accadendo. Guardò i volti sorpresi di Mist e della Principessa.

Girò la testa.

Era apparso il suo cutiemark.

Un piccolo sole attorniato da un arcobaleno.

Sorrise a trentadue denti.

'DIAMINE SI!!!' urlò, tirando per errore un calcio a Mist, rompendogli gli occhiali.

L'unicorno rimase impassibile e li riparò con la magia.

'Tranquilla Celestia... ci sono abituato.'

E se li rimise.

 

 

La statua di Discord che sconfiggeva Greyhorn si erigeva maestosta tra le altre, grazie alle sue ragguardevoli dimensioni.

Applejack aveva accettato di accompagnare Fluttershy, che voleva dare un altro saluto al suo amico. La coltivatrice non aveva ancora digerito completamente lo scherzetto del draconequus ai danni del meleto, sebbene poi avesse riparato tutto quanto.

La pegaso invece aveva accettato il sacrificio del suo amico.

Tuttavia le sembrò giusto portargli qualcosa in regalo, come tributo.

La pony gialla appoggiò davanti alla statua una ciotola piena di fogli di carta.

'A ripensarci...' disse '...era una scena buffa. Discord che si mangiava le pagine di un libro.'

Applejack sorrise e diede una rapida controllata al carretto dietro di lei. Ne aveva approfittato per portare con sé qualche prodotto da vendere e Applebloom stava, incredibilmente, gestendo bene gli affari.

'Una bella statua, vero?' disse un unicorno viola incappucciato accanto a loro.

'Ah, ma tu sei...'

'Dragon. L'amico di Mist. Cioè, più che amico conoscente, eh!'

Lo fissarono, ora che potevano farlo con calma.

La criniera rossa dalle punte giallognole, il manto viola e gli occhi di colore diverso, uno blu scuro e l'altro verde. Non era istantaneo notarlo.

E poi quelle ridicole ciglia finte sotto l'occhio sinistro (quello blu). Erano davvero buffe.

'Lo so, è strano come mi sono comportato negli ultimi tempi, ma ho delle buone ragioni. Alcuni affari in sospeso nei pressi del regno di Kimbalion.' disse.

'Uh? Il regno dei Leoni?'

'Già.' annuì.

'Le voci che si sentono sui leoni...' Fluttershy si strinse su sé stessa. 'Mica saranno vere? Ho sentito che mangiano i pony e poi....'

'No, non fanno nulla, sono molto gentili. Certo, è il caso di evitare i vicoli malfamati, che li se ti acchiappano ti ritrovano nello spezzatino con patate.' e dicendolo faceva il gesto di un cuoco col coltello che tagliava gli ingredienti. La pegaso si spaventò e nascose il volto tra gli zoccoli.

Applejack notò l'andazzo e prese per lo zoccolo Fluttershy.

'Forza, andiamo, che mi sa che il treno parte tra poco...'

'Oh, ok...' sussurrò la pegaso, fluttuando vicino alla sua amica.

Dragon le osservò sbaraccare la bancarella e andarsene, per non perdere il treno.

Sorrise.

Guardò la stuatua, osservando compiaciuto Greyhorn.

'Beh, Greyhorn... alla fine ce l'hai fatta, no?' disse. 'Devo ammettere che non me lo aspettavo, ottima la tattica di portare all'esasperazione un povero unicorno solo per risvegliare il frutto della conoscenza che gli avevi innestato. Sei stato molto bravo a riattivare il primo Trigger, non avrei mai pensato che avresti sfruttato uno della stirpe del CutieMark Nero. Sei un grande marpione, ma mi duole dirti che mezzo DoppioSei serve a poco. Ti serve l'altro frutto, quello della Vita. Cioè, quello posseduto da quell'alicorno nero che tu conosci bene... Senza non avrete la minima speranza di fermarmi. Vediamo se ce la faranno a recuperarlo...'

Si girò, osservando il posto dove la bancarella ormai non c'era più.

'Beh, quella è della famiglia Apple, no? Se gli hai parlato del segreto prima o poi lo chiederà ai suoi genitori e quando lo saprà avrà di sicuro l'istinto di cercarlo.'

 

'Suo zio dopotutto è sparito a causa di “quella cosa”, no?'

 

 

Fine della prima saga.

Continua in: Equestia UnWorld.

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