Perfect Girl is gone.

di HystericalFirework
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Domande. ***
Capitolo 2: *** Solitudine. ***
Capitolo 3: *** Il ghiaccio brucia. ***



Capitolo 1
*** Domande. ***


1


- Principe Hans delle Isole del Sud, vi condanno a passare il resto della vostra miserabile vita a marcire nelle celle di Arendelle.
Elsa sembrava una vera regina dei ghiacci, così composta e gelida da far paura persino ad Anna, che sedeva accanto a lei nella sala grande. Pronunciò quella sentenza come si pronuncia una sentenza di morte, solennemente e con fare inquisitorio.
Il principe, dal canto suo, non aveva pronunciato una parola da quando era comparso in quella stanza, incatenato e scortato dalle guardie reali. I suoi occhi verdi fissavano il pavimento, le labbra erano piegate all’ingiù, quasi a deformare il bel viso in una smorfia.
Per un momento Anna fu intristita dalla sorte del prigioniero: la sua famiglia non aveva mosso un dito per venire a riprenderlo, anzi, avevano considerato quasi un sollievo che ad occuparsi di lui da qui fino alla fine dei suoi giorni, non sarebbero stati loro.
Poi lo guardò di nuovo, quel viso ammaliante che l’aveva tratta in inganno, che l’aveva quasi condotta alla morte, la stessa persona che aveva tentato di decapitare sua sorellla… E la compassione volò via dai suoi pensieri.
- Avete qualcosa da dire prima di esser scortato nella vostra cella?
- Nulla, vostra Maestà- gli occhi di Hans si piantarono in quelli di Elsa. Rimasero così per un tempo che sembrò interminabile: era come se tra i due si fosse instaurata una sfida silente a chi avrebbe ceduto per primo.
- Bene, guardie, riportatelo nel posto che si merita- concluse la Regina secca, senza distogliere lo sguardo da quello del Principe.
Perché, d’un tratto, era lei quella che si sentì gelare dentro?

 
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Era notte fonda e Elsa, nelle sue stanze, non riusciva ancora a prendere sonno.
Stava ancora pensando a quegli occhi di un verde tanto simile al veleno che la scrutavano, cercavano di leggerle l’anima, subdoli e calcolatori. In quegli occhi lampeggiava una verità che la Regina di Arendelle aveva seppellito nel suo passato di tristezza e solitudine: “Sei tu il mostro”. E insieme a quella verità, un milione di domande turbinavano nella sua mente, come lingue di ghiaccio che sinuose si infiltravano nei pensieri più oscuri e nascosti.
Era sempre stata abituata ad avere tutte le risposte, o a non farsi domande.
Ma quell’enorme punto interrogativo la tormentava, le impediva di chiudere occhio.
 
D’un tratto la porta della sua stanza si aprì, lasciando passare uno spiraglio di luce.
- Elsa?
- Anna, che ci fai ancora sveglia?- mormorò la sorella maggiore fingendosi assonnata.
- Il cielo è sveglio, quindi sono sveglia anche io!- esclamò la ragazza scostandosi i capelli rossi dal viso e sorridendo.
- Posso restare un po’ con te?
- Certo che puoi…
Elsa non era più abituata ad avere persone intorno a sé, a provare l’affetto puro e genuino di una sorella, ma ogni volta che Anna si avvicinava il suo cuore si riempiva di calore, e di gioia, e di appagamento.
La principessa si sdraiò sul letto accanto a lei, fissando il soffitto.
- Sai, Elsa, io lo amo- la Regina accennò un mezzo sorriso.
- Amo Kristof, e oggi quando ho rivisto Hans l’ho capito, e ne sono sicura. Kristof è il mio unico, vero amore. E voglio sposarlo e… e… insomma mi piacerebbe un sacco che tu, insomma che tu ci dessi l’okay che tu…
- Mi stai chiedendo la mia benedizione, Anna? Nel mezzo della notte?
- Sostanzialmente… sì.
Risero entrambe.
- Certo, Anna. Kristof sembra… apposto.
- Davvero?
- Davvero.
- Omiodio! Omiodio!- la abbracciò così stretta che Elsa si sentì soffocare.
- Devo andar subito a dirlo a Kristof!- Anna si stava già alzando dal letto, precipitandosi fuori dalla stanza, quando la sorella la fermò.
- Non pensi che Kristof sia a casa sua a dormire a quest’ora?
- In realtà…- la rossa si lasciò scappare un sorriso misto tra imbarazzo e malizia.
- Cosa, Anna?- domandò la Regina, d’un tratto severa.
- Potrebbe o non potrebbe essere in camera mia in questo momento.
- CHE COSA?!- improvvisamente nella stanza iniziò a nevicare.
- Calma, Elsa, calma. Io, ora, ahem, vado!
E in meno di un attimo la minore delle sorelle aveva chiuso la porta dietro di sé, lasciando l’altra ai suoi incubi e alle sue domande.
 
 
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Non sapeva neanche perché lo stesse facendo, ma c’era come una forza che la spingeva a percorrere quelle scale, fino all’estremità più buia del castello.
Il cuore le martellava nel petto, e ogni qual volta si appoggiava a qualcosa, questo diveniva di ghiaccio. Ma doveva continuare, doveva sapere la verità.
 
Le celle erano buie e umide, in lontananza si udivano un gocciolio e i passi concitati dei ratti o di altri animali poco nobili. Cercando di mantenere un contegno, Elsa accese una torcia e si diresse verso l’ultima cella delle segrete.
- Hans delle Isole del Sud- lo chiamò con voce ferma, illuminando l’interno del tugurio.
Una sagoma si mosse dalla penombra e si avvicinò alle sbarre.
- Elsa, Regina di Arendelle- la canzonò, sul viso dipinta un’espressione beffarda.
- A cosa devo l’onore?- la luce fioca della torcia faceva saettare nel buio i suoi occhi color smeraldo, inquisitori e fieri anche in quelle condizioni.
- Perché?- scoppiò di botto Elsa.
- Perché, cosa, Maestà?- domandò di risposta, prendendosi gioco di lei.
- Lo sai.
- Sii più chiara, non capisco dove vuoi andare a parare- sbuffò Hans, spazzando via in un attimo qualsiasi formalismo.
- Perché non mi hai uccisa?
- Anna si è…
- No, non è vero!- lo interruppe furiosamente.
- Lo sai tu, e lo so io, che la tua spada si è posata sul mio collo ben prima che Anna si lanciasse tra noi due. Ho sentito il tuo no sussurrato, ti ho visto far scivolare la spada sul tuo fianco… Perché?
Il Principe delle Isole del Sud si rabbuiò di colpo, gli occhi saettarono come nella sala grande e si allontanò dalle sbarre, dando le spalle alla sua interlocutrice.
- Vi state sbagliando, Maestà.
- TI ORDINO DI DIRMI LA VERITA’.
- Altrimenti? Mi rinchiuderete in una sporca cella per il resto della vita?- Hans rise e tornò nell’ombra, senza più rivolgerle la parola.  

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Capitolo 2
*** Solitudine. ***


Dopo una notte insonne, per Elsa fu un sollievo vedere i primi raggi di luce filtrare dalla finestra della sua stanza. Non era ancora abituata alla sontuosità dell’appartamento regale, all’immensità del talamo nuziale posto al centro della stanza, che ospitava i suoi sonni solitari.
Si alzò lentamente e si diresse in bagno a sciacquarsi il viso: nello specchio la sua immagine sembrava stravolta, gli enormi occhi azzurri cerchiati da ombre scure, la carnagione più pallida di quanto già non fosse. Cercò di aggiustarsi al meglio prima di scendere a colazione con la sorella, per non farla preoccupare.
Mentre il getto d’acqua la rinfrescava e lavava via il sonno dal suo volto, i pensieri della Regina di Arendelle turbinavano impetuosi: come poteva convincere Hans a parlare? Perché quel gelo negli occhi? Possibile che, proprio lei, non riuscisse a capire da dove quel freddo provenisse?
Intanto l’acqua del lavabo era stata ricoperta da una patina di ghiaccio.
Qualcuno che bussava alla porta la riportò al mondo reale.
- Sì?
- Elsa? Sono Anna! Ti ricordi che tra mezzora devi essere in sala grande per ascoltare ciò che hanno da dirti i rappresentanti del popolo?
Silenzio.
- Elsa?
- Sì, Anna arrivo! Aspettami in sala da pranzo.
Si era totalmente dimenticata. Corse verso l’armadio e prese un vestito di un rosso vermiglio che le fasciava il corpo forse un po’ troppo, ma che aveva proprio al centro lo stemma della famiglia reale.
 
In cucina fu subito pervasa dal fragrante odore di croissant appena sfornati.
- Buongiorno dormigliona!
Elsa rispose con un sorriso e si sedette di fronte alla sorella, sorridente come non mai.
- Stavo già stillando una lista di invitati e forse stanno diventando un po’ troppi ma con Kristoff pensavamo di chiamare anche i troll e…
- Anna.
- Sì?
- C’è tempo.
- Hai ragione.
- A proposito.. Dov’è lui?- la minore delle sorelle diventò paonazza e iniziò a giocherellare con una fetta di pane.
- Io, ehm, ecco… Insomma, io, cioè… E’ già andato via, aveva delle cose da fare con il ghiaccio.
- Immagino- rispose la Regina ridacchiando.
- Tu invece dove ti sei cacciata nel mezzo della notte? Ti ho vista passare, sai?
- Io, oh… Non riuscivo a prendere sonno e sono andata a fare una passeggiata in giardino.
Una mezza verità forse era meglio di una bugia.
- Sarà- sbuffò Anna facendo spallucce.
- Su, Vostra Maestà, è ora di andare… C’è un Reame che vi aspetta!
 
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- Ehi StupidHans! Dov’è la tua bambolina?
- Non è una bambolina, è il mio migliore amico!
- Hai sentito Doug? E’ il suo migliore amico… Povero piccolo IdiotHans!
- Ridatemela, vi prego!
- Andiamocene, Chris… o il moccioso chiamerà mamma.
Hans raccolse il pupazzo-Renna e scappò via, chiudendosi nella sua piccola stanza in fondo al lungo corridoio. Una lacrima solitaria scese sulla sua guancia.
- Tu non mi lascerai, vero Truk?- sussurrò rivolto alla renna di pezza.
Silenzio.
- Un giorno ce ne andremo da questo posto, e non saremo più gli ultimi, te lo prometto.
 
 
Molti anni dopo, un Hans più alto, con il cuore indurito, ma ugualmente solo, ascoltava le gocce di pioggia che cadevano una dopo l’altra sul pavimento umido della sua cella.
I vestiti iniziavano ad essere sporchi, la barba ispida sul mento e sulle guance gli dava prurito e avrebbe tanto voluto un pasto decente.
D’un tratto sentì un altro rumore che si univa alla pioggia: passi.
Passi? A quell’ora della notte? Forse dopo l’irriverenza della sera precedente la regina aveva deciso di giustiziarlo in gran segreto, o forse…
- Hans, delle Isole del Sud.
La Regina di Arendelle era in piedi di fronte alla sua cella, di nuovo, e trascinava con sé un grosso sacco.
- Ma che piacere! Ieri non sono stato abbastanza scortese?
- Ho portato un po’ di cose- sbuffò lei armeggiando con la serratura.
- Che cosa stai facendo?
- Mi sembra ovvio, sto entrando.
- Non puoi!
- E’ il mio castello, certo che posso.
Hans si rifugiò in un angolo della cella come un animale braccato, mentre Elsa si adagiava sul pagliericcio.
Il suo viso era illuminato dalla debole luce che filtrava dalla finestra, i capelli sembravano raggi lunari che le ricadevano delicatamente sul collo e il vestito vermiglio avvolgeva il suo esile corpo perfettamente.
E’ davvero bella, pensò Hans, ma scacciò subito quell’idea dalla testa.
- Ho portato delle lamette per la barba, vestiti puliti e asciugamani.
- A cosa mi servirebbero gli asciugamani?
- Ad asciugarti dopo il bagno caldo. Due servitori stanno portando giù una tinozza in questo momento.
- Oh.
Silenzio. Lo sguardo di ghiaccio della Regina incrociò per un momento quello velenoso del Principe, prima che entrambi iniziassero a fissare il pavimento.
- Perché lo fai?
- Voglio sapere la verità. Posso renderti la vita molto più facile, Hans.
- Vi credevo più dura, Maestà. Di solito il ghiaccio non si piega al volere delle foglie.
- Non mi sto piegando!
- Ah no?- Hans si sporse in avanti, con aria di sfida. Erano talmente vicini che una ciocca ramata di lui riusciva a toccarle la fronte.
Troppo vicini, pensò Elsa.
- Smettila!
- Di fare cosa?- domandò lei sbigottita.
- La temperatura è calata di venti gradi nel giro di due minuti, stavo solo scherzando, permalosa.
- Come ti permetti, io sono la tua Re…
- M.. Maestà? Dove dobbiamo posare questa?- a interromperla fu Vik, uno dei due servi che aveva incaricato prima.
- Poggiatela nell’angolo destro della cella. Grazie Vik.
- A… arriv… arrivederci, Vostra Maestà- e con un inchino i due si congedarono.
- E ora?- domandò il Principe, sogghignando.
- Ora mi giro e aspetto che tu ti lavi, il tuo odore è nauseabondo.
- Accidenti, Regina Elsa, non ti facevo così… sfacciata.
- Non uscirò da questa cella fin quando non mi dirai il vero motivo per cui non mi hai uccisa.
- Allora suppongo che avrò compagnia per molte notti ancora.
 
 
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- Hai fatto?
- Non ancora. Certo, se ti vuoi girare non sono il tipo che si imbarazza facilmen…
- No grazie- lo freddò subito Elsa.
Lo sentì uscire dall’acqua e prendere gli asciugamani.
La Regina non poté far a meno di osservare con la coda dell’occhio i muscoli della schiena che si tendevano, il fisico asciutto del principe con la massima calma si avvolgeva l’asciugamano in vita.
Non aveva mai visto un uomo nudo, neanche suo padre, e le sembrò che il primo fosse quel verme di Hans delle Isole del Sud. Un moto di imbarazzo e di disgusto la pervase.
- Vacci piano, sono nudo! Dì la verità, vuoi farmi morire assiderato in questa cella.
- Scusa- sbuffò lei.
- Ho l’asciugamano. Puoi girarti ora, se vuoi.
- Mettiti i vestiti puliti prima.
- Quanto sei pudica, reginetta…
 
Pulito e tirato a lucido, Hans aveva tutto un altro aspetto; Elsa riusciva a riconoscerlo come il viscido verme che aveva illuso sua sorella e l’aveva portata sul punto di morire.
- Ora parla.
- Perché è così importante per te saperlo? Non capisco…
- Voglio solo una risposta.
- Non te la saprei dare. Bisogna rassegnarsi al fatto che ad alcune domande semplicemente non esistano risposte.
- Cosa ti ha fatto cambiare idea un secondo prima che la tua spada mi tagliasse la testa?
- Non lo so.
- Come puoi non saperlo?- sbraitò esasperata la Regina, prendendosi la testa nelle mani.
- Non lo so, Elsa, ho sentito che… che era sbagliato e che non potevo farlo.
- Mi vuoi far credere che il tuo senso morale si sia risvegliato così, in una frazione di secondo?
- Non saprei, probabile. O forse ho semplicemente sentito che tu non te lo saresti meritato.
- Perché io?
- Perché sei sola, Elsa. E so cosa significa sentirsi soli da tutta la vita.
Seduti fianco a fianco, riuscivano a sentire il loro respiro, con gli occhi piantati in quelli dell’altro, qualcosa in quel momento si sciolse.
E Elsa corse via, chiudendosi la cella alle spalle. 

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Capitolo 3
*** Il ghiaccio brucia. ***


- Sei strana in questi giorni, lo sai?
- Mh?- Elsa rimescolava pensierosa il suo tè verde mentre Anna la assillava su ogni singolo dettaglio del suo matrimonio.
- Ma stai almeno ascoltando quello che ti dico?
- Sì, del matrimonio.
- ELSAAAAA! Stai dormendo ultimamente? Ti devo stanca.
- Scusa Anna, ero sovrappensiero. Cosa stavi dicendo comunque?
- Ti ho chiesto se avessi in mente un accompagnatore per il matrimonio.
Per poco la Regina non si ritrovò a sputare tutto il contenuto della tazzina in faccia alla sorella ma, cercando di riacquistare un contegno, le rivolse un sorriso a metà.
- Anna, ho ben altro a cui pensare…
La minore delle due sbuffò e iniziò a guardarla in cagnesco.
- Io proprio non ti capisco. Sarai anche una regina, ma non c’è certo la Nazione a riscaldarti nel letto la notte, ad abbracciarti, ad accendere il fuoco dentro di te…
- Anna?
- Sì?
- Dimentichi una cosa: io dentro ho il ghiaccio.
 
 
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“Vai ad Arendelle e conquista la regina”.
Il piano era semplice, Hans non avrebbe impiegato grande sforzo: del resto era un ragazzo prestante, un gentiluomo e soprattutto un nobile.
Ma poi la vide: alla cerimonia d’incoronazione, così splendida, fiera, gelida… E sola.
In quell’esatto momento, mentre il cuore gli si era infiammato tutto d’un colpo, capì che non avrebbe avuto alcuna speranza con lei, che nessuno dei presenti in quella stanza l’avrebbe avuta. C’era qualcosa dentro quella giovane donna che era ghiacciato, forse per sempre.
Non ballò per tutta la sera: Hans la osservava da un angolo della sala, pensieroso.
“Forse vorrà ballare?” si domandava.
“No, di sicuro rifiuterebbe la mia richiesta, ne ha già declinate centinaia” ma se ne stava lì, in piedi, con un mezzo sorriso dipinto sul volto.
Fu solo per una frazione di secondo che gli sguardi dei due si incrociarono: quello di lui verde boscaglia, quello di lei un lago gelato.
“Devo provarci, non posso tornare a casa a mani vuote”.
Si avviò a passo deciso verso l’estremità opposta della sala, quando perse l’equilibrio e inciampò. Su qualcuno.
- Oh, ciao!- il viso raggiante della sorella minore lo colse alla sprovvista. Era felice di vederlo.
Si prese un momento per guardare in direzione della Regina, ma era scomparsa nella folla.
“Non puoi tornare a casa, non puoi”.
Un respiro, il più ammaliante dei suoi sorrisi, e tese la mano verso Anna.
- Mi concedete questo ballo?
 
 
Ripensando alla sera dell’incoronazione, Hans sospirò mestamente: quante cose avrebbe potuto fare diversamente, quante possibilità aveva mandato all’aria quando aveva deciso di perseguire il suo scopo ad ogni costo.
Avrebbe dato oro per tornare a quella sera e cancellare tutto, rimanere solo con il fugace sguardo di Elsa, e nient’altro. Gli sarebbe bastato, avrebbe camminato fino a lei e le avrebbe chiesto un ballo.
E ora era scappata via, probabilmente la notte precedente sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe potuto vedere il suo viso.
Chiuse gli occhi, cercando di addormentarsi e, sorprendentemente, fu trascinato velocemente nel mondo dei sogni.
Hans fu svegliato, non avrebbe saputo dire quanto tempo dopo, da un armeggiare di chiavi e la porta della sua cella che cigolando si apriva.
Si alzò di soprassalto, quando vide il luccichio di un abito di ghiaccio.
Le scarpe della Regina ticchettavano sul pavimento lurido della prigione. Lei si fermò davanti al pagliericcio e gli fece cenno di farle posto; quando si sedette le loro spalle si toccavano e Hans cominciò a sentire freddo.
- Come fa uno con dodici fratelli a sentirsi solo?- spiazzato da quella domanda, il Principe la guardò in silenzio per un po’.
- Forse è il peggior tipo di solitudine. Sentirsi soli in una stanza affollata, insomma.
- Ma almeno non hai dovuto combattere i tuoi demoni da solo per tutta la vita.
- I miei demoni, Elsa, avevano delle facce, dei nomi e il mio stesso sangue.
Silenzio.
- E’ per questo che dovevi scappare?
- Sì.
- Scappare non serve a niente.
- Senti chi parla!- la urtò con la spalla ridendo, ma lei, dopo aver accennato un sorriso, continuò a fissare il vuoto dinnanzi a sé.
- Sono così sola da averti fatto pena al punto di non uccidermi?
- Non è solo questo…
- E cosa allora?
Si guardarono per un tempo infinito, riflettendo le proprie paure negli occhi dell’altro. I loro visi erano così vicini che i nasi quasi si toccavano. Elsa riusciva a scorgere delle pallide lentiggini che gli davano l’aspetto di un bambino impertinente.
E’ tutto così impossibile, pensarono.
Poi Hans parlò.
- Sei la cosa più bella che io abbia mai visto.
E la baciò.
Lei non si scansò, non provocò una tempesta di neve, anzi, il ghiaccio sembrava sciogliersi, ardere di nuovo piacere e dare vita ad altri uragani all’interno di Elsa.
E così è questo che si prova a baciare qualcuno, pensò.
Ma il desiderio era incontenibile, sgorgava da entrambi come lava e non aveva intenzione di cessare, di darsi tregua, di darsi un limite.
Le mani di Hans percorrevano il suo corpo dolcemente, poi con più forza, fino a quando i baci non diventarono più insistenti e la Regina, prendendolo per i fianchi lo spinse sopra di lei.
Sentiva il corpo di lui premere contro il suo, la sua lingua che scendeva lungo il collo e si soffermava per assaporare il suo profumo.
Il vestito scivolò via facilmente, così come i panni di Hans e si ritrovarono l’uno affianco all’altra, la pelle bianca di lei e la miriade di lentiggini di lui che si univano in un singolo.
Poi Elsa iniziò a sentire dolore. E soffocò un urlo. Ma il Principe delle Isole del Sud se ne accorse e la guardò spaventato.
Certo, sarebbe la sua prima volta!
- No!- ansimò lui.
- Cosa?- la voce della Regina era più che altro un basso gemito.
- Non può succedere così.
Velocemente raccolse i suoi vestiti e se li rimise, poi aiutò Elsa a fare lo stesso.
Non parlarono, rimasero solo seduti in silenzio per un altro po’, fin quando lei non si alzò per andarsene.
Non posso lasciarla andare così.
Le prese una mano e la attirò verso di sé.
La baciò di nuovo, stavolta delicatamente, a fior di labbra.
- Buonanotte, Vostra Maestà.
- Buonanotte, Hans delle Isole del Sud.
 
La guardò chiudere la cella e andare via.
E in quel momento realizzò che il ghiaccio l’aveva bruciato. 

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