Il profumo delle fragole selvatiche

di evelyn80
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Spazio autrice: Salve a tutti. La mia ispirazione, anche questa volta, mi ha portato a scrivere una storia con Edd e Mike come protagonisti. C'è poco da fare: ho un debole per lo spilungone... ;-)
Spero che possa piacervi e spero di leggere vostri commenti. Anche le critiche sono bene accette!

DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.




Capitolo 1

 

Non è mai piacevole rimanere in panne con l’auto, specialmente quando si è in vacanza… E, soprattutto, se succede nel bel mezzo della campagna inglese: piena di alberi e fiori, questo si, ma quasi totalmente priva di presenza umana.

Quando le accadde, Evelyn stava attraversando un tratto collinare splendido dal punto di vista paesaggistico, con grandi macchie di alberi intervallati da radure completamente ricoperte di piantine di fragoline di bosco, e solo qualche piccolo cottage visibile in lontananza.

All’inizio non si rese conto di quanto stava succedendo: cantava a squarciagola una delle sue canzoni preferite, e non fece caso alla temperatura dell’acqua del motore che stava salendo verso il punto critico. Solo quando dal cofano fuoriuscì una nuvola di vapore bianco che le oscurò completamente la visuale e l’auto arrestò la sua corsa sobbalzando, capì che c’era qualcosa che non andava.

"OH NO!" esclamò, quasi gridando, notando finalmente che la lancetta della temperatura dell’acqua era sul rosso: "E’ andato in ebollizione il motore! E adesso?"

Tirò la leva di apertura del cofano, scese ed aprì il vano motore, venendo investita da un altro sbuffo di vapore acqueo. Riusciva a sentire distintamente il suono dell’acqua che bolliva all’interno del radiatore.

"C’è poco da fare…" sospirò rassegnata: "Devo aspettare che si raffreddi, e sperare di non aver fatto troppi danni…"

Si rimise seduta dalla parte del passeggero, per rimanere rivolta verso la strada, nella speranza vana che passasse qualcuno che potesse eventualmente darle una mano; magari anche solo dandole il numero di telefono di qualche officina nelle vicinanze. Era una giornata calda, ed il profumo che saliva dalle fragoline mature che invadevano i prati circostanti permeava l’aria, che era piena del ronzio degli insetti. Evelyn fu colta dal torpore, e stava quasi per addormentarsi quando udì, all’improvviso, un brusio diverso da quello delle api.

Si riscosse e si alzò in piedi, pronta a fermare l’automobilista in transito, e fu quasi presa dallo sconcerto quando vide il mezzo di trasporto che si stava avvicinando: era una specie di mouse a tre ruote – non avrebbe saputo come descriverlo diversamente – di colore rosso aranciato e delle dimensioni di un cassonetto della spazzatura. Di sicuro alla guida avrebbe trovato una persona anziana, magari anche un po’ rimbambita, cui avrebbe faticato non poco a spiegare di cosa aveva bisogno, considerando anche il fatto che il suo inglese non era proprio perfetto, visto che non era la sua lingua madre.

Con sua grande meraviglia, invece, a bordo di quella specie di scatoletta di sardine stava un giovane uomo di una quarantina d’anni, ma con i capelli prematuramente imbiancati sulla fronte.

"Problemi?" le chiese, fermandosi al suo fianco ed affacciandosi al finestrino.

"Direi di si…" rispose Evelyn, senza riuscire a celare un pizzico di sarcasmo nella sua voce. "Perché, non si vede? La mia auto ha il cofano spalancato e sbuffa come un treno a vapore!" pensò con astio, ma si limitò ad aggiungere:

"L’acqua è andata in ebollizione e l’auto si è fermata. Mi auguro di non aver rovinato qualcosa…"

All’uomo non sfuggì il tono della ragazza, poiché gli rispose, ironico:

"L’indicatore della temperatura è stato messo sul cruscotto proprio perché ogni tanto andrebbe controllato…"

"Spiritoso… Forse sarebbe stato meglio un vecchietto…" pensò di nuovo Evelyn, ma il caldo l’aveva resa sonnolenta, e non le andava di intavolare una discussione con uno sconosciuto, perciò si limitò a rivolgergli un finto sorriso.

Quello che le rivolse invece il giovane uomo fu sincero, e dalla bocca salì ad illuminargli gli occhi, di un bel castano scuro molto intenso:

"Se vuoi posso dare un’occhiata… Sono un meccanico…"

"Te ne sarei infinitamente grata… Grazie. E… scusami per come ti ho risposto, ma sono un po’ nervosa…"

L’uomo si limitò a sorridere di nuovo, per poi letteralmente aprire in due lo strano mezzo di trasporto che stava guidando, sollevando completamente la parte superiore e rivelando uno strettissimo abitacolo da cui riuscì ad uscire solo con molta fatica. Evelyn fece di nuovo il paragone con una scatola di sardine, e le venne da sorridere mentre l’uomo finalmente si metteva in piedi sull’asfalto accanto a lei.

Doveva essere alto almeno un paio di metri, giudicò la ragazza, giacché la superava in altezza di una quarantina di centimetri buoni, ed aveva un fisico robusto ma non grasso.

"Sono Edward…" si presentò, porgendo la mano alla ragazza: "Ma tutti mi chiamano Edd…"

"Evelyn…" gli rispose lei, stringendogli quella che sembrava più una pagaia che non una mano: "Scusa se ti faccio questa domanda, ma… non ti sembra un po’ piccola, quella macchinina, per la tua taglia?"

Lui scoppiò a ridere, gettando lievemente la testa all’indietro:

"Si, direi proprio di si! Ma per fortuna non è mia! Stavo solo facendo una prova di guida…"

Si chinò dentro il cofano, svitò il tappo del radiatore che ormai si era raffreddato e dette un’occhiata al motore, scuotendo la testa:

"Credo che le guarnizioni della testata siano andate… Ma per esserne sicuro dovrei smontare il motore… Manderò il mio socio a prenderti con il carrello…" e mentre ancora parlava già si reinfilava nel piccolo abitacolo con mosse degne del miglior contorsionista, richiudendosi dentro e partendo di gran carriera.

L’officina non doveva essere molto lontana, perché dopo nemmeno una mezz’ora di attesa Evelyn vide sbucare da dietro la curva un grosso fuoristrada con un carrello per il trasporto delle auto agganciato al gancio di traino. Ne scese un uomo di mezza età, con corti capelli castano scuro un po’ ingrigiti sulle tempie e vispi occhi verdi circondati da una ragnatela di rughe d’espressione, dal fisico lievemente appesantito, che indossava bermuda e camicia hawaiana a maniche corte. Aveva più l’aspetto di un commerciante che di un meccanico.

"Oh, ma io sono un commerciante!" le rispose lui quando Evelyn gli espresse il suo parere: "Io compro le auto, e Edd le ripara! Piacere, sono Michael, ma puoi chiamarmi Mike…"

Nonostante agli occhi della ragazza sembrasse del tutto inesperto, l’uomo riuscì a caricare la sua macchina sul carrello in pochi attimi, e dopo neanche dieci minuti stavano già dirigendosi verso l’officina.

Mike era un gran chiacchierone, e nel quarto d’ora di strada che li separava dalla loro meta raccontò ad Evelyn quasi tutto quello che c’era da sapere sulla sua attività in società con il meccanico: lui acquistava vecchie auto (carrette, da quello che riuscì a dedurre lei, ma che l’uomo definiva "classiche moderne") per poche migliaia di sterline; Edward le rimetteva a posto meccanicamente e strutturalmente, e poi cercavano di rivenderle guadagnando il più possibile. La ragazza non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo quando arrivarono all’officina, visto che l’uomo le aveva fatto una testa come un pallone con tutti i suoi discorsi.

Edward li stava aspettando: aiutò il suo socio a scaricare l’auto ed a portarla all’interno, subito prese i suoi attrezzi e si mise a smontare la testata del motore.

Mentre il meccanico lavorava, Michael invitò la ragazza a sedere nel suo ufficio, offrendole una tazza di tè. La parlantina del rivenditore la indusse, nell’attesa, a raccontare di lei molto più di quanto avrebbe voluto in realtà: era partita per una vacanza solitaria nel Regno Unito a seguito di una delusione d’amore. Il suo compagno l’aveva lasciata in sostanza alle soglie del matrimonio, ed all’inizio il colpo era stato talmente duro per lei che si era letteralmente rinchiusa in casa, passando le giornate ad ammuffire ascoltando la musica e leggendo vecchi libri romantici che non facevano altro che abbatterla ancora di più. Alla fine, convinta da una sua cugina, aveva deciso di abbandonare tutto e di partire per un paese straniero, dove poter svagarsi e dimenticare il passato.

Le doti d’oratore di Mike la misero a suo agio, e quando Edd entrò in ufficio per comunicare i risultati del suo controllo, dopo due ore di lavoro, alla ragazza sembrava quasi di conoscerlo da sempre.

"Purtroppo devo darti una brutta notizia…" esordì il meccanico, pulendosi le mani coperte di grasso con uno straccio:

"Come temevo, le guarnizioni della testata si sono rovinate irrimediabilmente… Ho notato anche che il motore non è proprio nuovissimo, e quindi ti consiglio di sostituirlo in blocco… Non dovrebbe costare tanto… Se vuoi, possiamo farti un preventivo!"

Evelyn rimase per un attimo in silenzio, bestemmiando tra se e se, ma poiché non vedeva altre soluzioni fu costretta ad accettare.

Michael si mise subito al telefono, ma la ricerca fu più difficile del previsto: poiché l’auto della ragazza era piuttosto rara in Inghilterra, nessuno degli autodemolitori in cui di solito acquistava pezzi di seconda mano aveva un motore adatto. Avrebbe potuto rivolgersi direttamente alla casa madre, ma un motore nuovo di zecca sarebbe costato un occhio della testa, ed Evelyn non aveva tutti quei soldi da spendere. Dovevano continuare ad insistere, cominciando ad allargare il loro raggio di ricerca.

"Temo che ci vorrà un po’, purtroppo…" le disse Mike, dopo l’ennesima risposta negativa: "Ma non temere! Dovessi andare fino in Scozia, ti prometto che troverò un motore per la tua auto!"

La ragazza lo ringraziò, ma adesso sorgeva un altro problema: avrebbe dovuto trovare un posto dove pernottare nell’attesa di poter ripartire. Mentre il rivenditore continuava il suo giro di telefonate, si rivolse a Edward per chiedergli informazioni:

"Ci sono affittacamere da queste parti? Qualcosa di poco pretenzioso… non ho molti soldi, e credo che la maggior parte dovrò darli a voi…"

"C’è un Bed & Breakfast non molto lontano da qui… 2 o 3 miglia al massimo… Se vuoi posso accompagnarti…"

"Grazie… Prendo la mia valigia…"

La ragazza tolse il borsone dal bagagliaio e raggiunse il meccanico, che l’aspettava fuori accanto al fuoristrada. Dopo un breve tragitto Evelyn scese davanti ad un piccolo B. & B. dal nome azzeccatissimo: "La collina delle fragole"; ed infatti la tenuta si trovava su una collinetta completamente immersa nel verde, circondata da un campo di fragoline. Il profumo le fece venire l’acquolina in bocca, e dopo aver portato il suo bagaglio in camera la ragazza uscì di nuovo e si inoltrò nel campo per farsene una scorpacciata, mettendo da parte le più belle:

"Le porterò a Michael e Edward, per ringraziarli per la loro cortesia…" pensò mentre le riponeva nel piccolo frigobar

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Eccovi il secondo capitolo della storia! Spero che possa piacere... ;-) Bacioni!
Evelyn

DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.





Capitolo 2

 

 

La mattina successiva, di buon’ora, dopo aver fatto un’abbondante colazione, Evelyn si incamminò a piedi verso l’officina di Mike e Edd, con il sacchetto di fragole appeso al braccio. Era una buona camminatrice, e non la spaventava la prospettiva di dover scarpinare per più di un’ora. Il tempo era splendido, e la sua fu una piacevole passeggiata immersa nel verde.

Trovò Edward indaffarato intorno al "mouse su ruote", come ormai lo definiva nella sua mente, mentre Michael non c’era:

"E’ andato a comprare dei pezzi per questa Bond Bug…" le spiegò il meccanico, indicando la scatoletta arancione sul ponte sollevatore.

"Ah, è così che si chiama? Io credevo fosse un cassonetto per la spazzatura…"

Il meccanico ridacchiò, poi soffiò verso l’alto per cercare di spostare un ciuffo ribelle di capelli bianchi che gli solleticava la fronte. Poiché non ci riuscì, tentò di scostarlo con il braccio: aveva le mani completamente ricoperte di morchia e grasso e non voleva sporcarsi più del necessario. Evelyn sorrise ai suoi maldestri tentativi ed alzò una mano per aiutarlo:

"Grazie…" le disse lui, abbassandosi un poco per facilitarle il compito. Nel fare così, i due si fissarono per un momento negli occhi. Quelli del giovane uomo erano talmente intensi che per un attimo Evelyn provò un brivido lungo la schiena, accentuato anche dal contatto con i suoi capelli. Durò solo per un brevissimo istante, poi Edd si raddrizzò e la ragazza si riscosse, scuotendo le spalle come a voler scacciare via quella strana sensazione.

Nel muoversi, il sacchetto le sbatté contro la vita ed allora si ricordò delle fragoline:

"Vi ho portato delle fragole…" disse, porgendole al meccanico: "Il Bed & Breakfast ne è letteralmente circondato, e ieri sera non ho saputo resistere alla tentazione di "farne il pieno"…"

"Oh, grazie! Che pensiero gentile! Io adoro le fragole, ma purtroppo non ho mai il tempo di andare a raccoglierle… Mike mi tartassa di lavoro…" disse, abbassando leggermente il tono, come se temesse che il socio potesse sentirlo anche a distanza.

Evelyn sorrise, poi riportò la conversazione sull’argomento che più le premeva:

"Avete avuto buone notizie, per la mia auto? Trovato niente?"

"No, purtroppo… Ieri sera Mike ha insistito fino a tardi, ma non ha avuto successo… Comunque non temere: credo che sarà questione solo di un paio di giorni…"

"Lo spero, perché purtroppo non ho molto tempo a disposizione… Non posso restare in vacanza troppo a lungo… Bè, visto che devo aspettare, ne approfitterò per visitare questa parte di Inghilterra! C’è qualcosa di interessante da vedere?"

"Intendi oltre alla nostra officina?" le rispose Edd con un sorriso compiaciuto; lei annuì.

"Temo di no: solo alberi, fiumi e… piante di fragoline…"

"Poco male: farò una passeggiata e magari mi sederò un po’ all’ombra a leggere…" disse mentre prendeva dalla sua auto il suo libro preferito ed un plaid: "Passerò di nuovo più tardi!"

"D’accordo! Buona passeggiata!

"Grazie!" rispose Evelyn mentre già usciva e si richiudeva la porta dell’officina alle spalle.

La campagna in cui era immersa era nel pieno della bellezza estiva: la ragazza passeggiò per un po’ lungo la strada che costeggiava campi coltivati intervallati a macchie di alberi, poi si fermò all’ombra di un salice che cresceva lungo le sponde di un piccolo canale. Stese a terra il suo plaid e si sdraiò a leggere.

Il mormorio del ruscello ed il ronzio degli insetti, aggiunto al piacevole tepore dell’aria, ben presto però ebbero la meglio su di lei; ed appoggiando la testa sulle braccia, Evelyn si lasciò andare ad un pisolino.

Il suo risveglio fu quanto mai brusco: lo scoppio fragoroso di un tuono, che la fece destare di soprassalto, sobbalzando per lo spavento. Non fece in tempo a strofinarsi gli occhi per tornare presente a se stessa che già grossi goccioloni di pioggia cominciarono a cadere, lasciando grosse macchie scure sui suoi abiti.

Raccolse in fretta le sue cose e tenendosi il plaid sulla testa nel tentativo di ripararsi la ragazza si incamminò a grandi passi verso il capannone, che riusciva ancora ad intravedere in mezzo alla cortina di pioggia che arrivava proprio da quella parte.

Dopo pochi minuti, il temporale si scatenò violento: un vero e proprio nubifragio che in pochi istanti la inzuppò da capo a piedi. Bestemmiando come una turca, Evelyn rinunciò al suo tentativo di coprirsi con la coperta e si mise a correre più veloce che poté verso la sua meta. Quando finalmente la raggiunse era fradicia dalla punta dei capelli a quella delle scarpe, che si erano letteralmente riempite d’acqua.

Quando Edd la vide piombare dentro lasciò andare gli attrezzi che aveva in mano e corse da lei:

"Evelyn… Sei bagnata come un pulcino! Eri ancora là fuori con questo tempo? Io credevo che fossi tornata al B & B!"

"Ho avuto uno splendido assaggio del vostro meraviglioso tempo atmosferico!" rispose lei, gettando via il plaid e strizzandosi i capelli: "Mi sono appisolata sotto il sole e sono stata svegliata da un temporale!"

Lo disse con un tono di voce tale che il meccanico non riuscì a non mettersi a ridere.

"Non è affatto divertente!"

"Scusami… Non volevo offenderti… Vieni… Puoi farti una doccia ed asciugarti un po’, se vuoi…" le disse, precedendola verso il suo spogliatoio: "Io intanto vedo se riesco a trovarti dei vestiti asciutti…"

Evelyn non si fece pregare: il getto d’acqua calda la ritemprò e quando fu di nuovo asciutta vide che Edward le aveva lasciato una maglietta rossa, taglia XXXL, con il logo dell’officina – una banana con gli occhiali da sole seduta alla guida di un divano con le ruote – stampata sopra. Era talmente grande che le faceva quasi da vestito, visto che le arrivava a metà coscia, con le maniche che le sfioravano i gomiti.

Senza preoccuparsi più di tanto del fatto che non indossava i pantaloni tornò nell’officina. Non appena la vide, Edd lasciò cadere il cacciavite che aveva in mano, fissandola per qualche istante senza nemmeno battere le palpebre. Poi, quando si rese conto che anche lei lo stava fissando, divenne rosso come un pomodoro e cercò di nascondere l’imbarazzo chinandosi a raccogliere l’attrezzo.

"Scusa, ma non ho pantaloni della tua taglia e…"

"Stai tranquillo, non fa nulla!" gli rispose Evelyn, consapevole ed anche un po’ compiaciuta della reazione che aveva suscitato nel giovane uomo al suo apparire. Spostò poi la sua attenzione sul logo:

"Mi puoi spiegare il significato di questo stemma? Perché una banana al volante di un divano?"

Il meccanico si tolse i guanti di lattice arancione che aveva indossato per cambiare l’olio alla Bond Bug e le fece cenno di seguirlo, precedendola verso una porticina che si apriva su un’altra ala del capannone. Al suo interno erano contenuti i veicoli più strani che la ragazza avesse mai visto, persino più strani ancora del "cassonetto motorizzato" che Edward stava riparando: c’erano una scrivania, un letto matrimoniale, un capanno per gli attrezzi, un divano in tutto e per tutto uguale a quello del logo e persino una vasca da bagno, tutti adeguatamente dotati di propulsore.

"Cos’è questa roba? Sembra il laboratorio di qualche ingegnere pazzo!" rise Evelyn, avvicinandosi al divano e sfiorandone il tessuto leopardato con un dito.

"Non so se prenderla come un’offesa oppure come un complimento…" replicò Edd, incrociando le braccia sul petto.

"Vorresti dirmi che questa accozzaglia di mobili a motore è opera tua?!"

"Esattamente!"

Ad Evelyn il tono di voce del meccanico parve leggermente offeso, così cercò di stemperare un po’ gli animi:

"Scusami Edward, non volevo mancarti di rispetto… E solo che… non avevo mai visto niente del genere, prima d’ora… Funzionano veramente?"

"Certo che funzionano! Ho vinto parecchi Guinnes World Record, con questa accozzaglia di mobili!"

"Accidenti, volevo rimediare all’offesa ed invece te ne ho procurata una ancora maggiore… Scusami ancora…".

La ragazza chinò gli occhi, in segno di scusa: non aveva avuto intenzione di mancargli di rispetto. Quell’uomo le stava simpatico, parecchio simpatico in verità, e le dispiaceva molto di averlo offeso. Tenendo sempre il viso abbassato, alzò lo sguardo per guardarlo dal basso e la sua espressione fu così comica che Edd non poté evitare di mettersi a ridere:

"Non guardarmi così, sembri un cane bastonato!" le disse, avvicinandosi a lei, mettendosi seduto sul divano dietro al volante ed invitando Evelyn a fare altrettanto.

"Però, è comodo!" constatò lei, rimbalzando con il sedere sul cuscino. "Allora questo sarebbe il "divano più veloce del mondo"?"

"Proprio così! Abbiamo anche la scrivania… il capanno da giardino… il letto a due piazze… ed ultimo, ma non meno importante, lui, il "Bog Standard", il bagno più veloce del mondo!"

Mentre parlava aveva indicato col dito i vari pezzi di arredamento, ma quando era arrivato alla vasca da bagno il suo sguardo si era letteralmente illuminato: era evidente che era il pezzo forte della sua "collezione" e che ne andava molto fiero.

"Che figata!" esclamò Evelyn, alzandosi dal divano ed avvicinandosi a quello che scoprì essere una specie di sidecar modificato, con un lavabo ed un cesto della biancheria sporca a coprire il manubrio della motocicletta e la vasca inserita al posto della motocarrozzetta.

"Mi piacerebbe un sacco provarlo, sai?"

"Si può anche fare… Magari domenica, se non piove…"

"Sempre che la mia macchina non sia pronta prima…"

"Temo di no, purtroppo: oggi è già giovedì, ed a meno che Mike non torni stasera con un motore adatto, cosa di cui dubito fortemente, credo che per domenica sarai ancora qui…"

La ragazza abbassò un po’ le spalle, ma rispose allegra:

"Poco male… Comincio a stare bene qui con… voi!"

Si era resa conto che stava per dire "con te" ed era riuscita a correggersi all’ultimo momento: non voleva che Edward pensasse chissà cosa. In fondo lei era andata lassù per dimenticare un amore finito male, e non certo per nuove avventure, per cui non si sentiva ancora pronta. Però… quell’uomo, nonostante tutto, la intrigava, ed il fatto che fosse una specie di genio dei motori non faceva che alimentare ancora di più la sua voglia di conoscerlo meglio.

Nel frattempo, anche lui si era alzato e l’aveva raggiunta, mettendosi le mani in tasca:

"Mi fa molto piacere che tu stia bene con noi…" le disse, e lo sguardo che le lanciò per poco non la fece sciogliere come un gelato: Evelyn non aveva mai visto occhi più profondi dei suoi! Rimase a fissarlo per quella che le parve un’eternità; anche se in realtà il tutto durò solo un misero attimo, durante il quale però il cuore prese a batterle all’impazzata e fu costretta a ricorrere a tutta la sua forza di volontà per resistere alla tentazione di lasciarsi scivolare tra le sue lunghe braccia: non voleva certo dargli l’impressione di essere una "donna di facili costumi"!

L’idillio fu interrotto dal rumore di un motore in avvicinamento: Edd distolse lo sguardo dalla ragazza, volgendolo fuori da una delle finestre del capannone.

"Ecco Mike che ritorna! Speriamo che abbia trovato tutto quello che gli avevo chiesto!" e con quelle parole tornò nell’altra ala, seguito dalla ragazza, che all’improvviso fu assalita da un senso di profonda vergogna all’idea di farsi vedere da Michael senza pantaloni:

"Che strano…" pensò: "Non ho avuto nessuna vergogna di Edd… Vuoi vedere che me ne sto innamorando davvero? Oh, Evelyn non dire sciocchezze! Come puoi innamorarti di un uomo che conosci da nemmeno due giorni?! Pensa solo alla tua macchina ed alla bella vacanza che farai non appena lascerai quest’officina!"

La ragazza scosse le spalle, per allontanare tutte le sensazioni provate fino a quel momento, e cercò di allungare il più possibile la maglia verso le ginocchia.

"Eccomi di ritorno!" proruppe il venditore, entrando nell’officina con una scatola di cartone sotto braccio:

"Tieni, spilungone, questa è per te! Il resto è nel bagagliaio…" disse, consegnando il pacco al meccanico e facendo un cenno con il pollice verso la Range Rover parcheggiata all’esterno: "Ho una buona notizia anche per te, cara… Ma… sei mezza nuda! Che cosa ti è successo?" esclamò quando notò l’abbigliamento a dir poco spartano della ragazza, per poi abbassare subito dopo il tono di voce con fare cospiratorio, aggiungendo: "Ho forse interrotto qualcosa…?" ed ammiccando in direzione di Edd, che stava scaricando i pezzi di ricambio.

Evelyn, che era già abbondantemente arrossita non appena Mike l’aveva guardata, a quell’ultima frase assunse una tonalità violacea, sentendosi avvampare per la vergogna. Fu costretta a deglutire due volte prima di poter rispondere:

"No, non hai interrotto proprio niente! Sono ridotta così perché sono stata sorpresa da un temporale durante la mia passeggiata, e Edward mi ha gentilmente prestato una sua maglietta… Allora, qual è la buona notizia?"

"Ah, già! Me ne stavo dimenticando…". Il commerciante lasciò indugiare per un attimo lo sguardo sulle gambe nude di Evelyn – che tentò ancora una volta, inutilmente, di far crescere la maglia in lunghezza con la sola forza del pensiero – prima di continuare:

"Sono riuscito a trovare anche un motore per la tua auto! Purtroppo non ho potuto prenderlo subito, perché non avevo più spazio in macchina…" ed indicò Edward che nel frattempo stava portando all’interno un nuovo tetto in vetroresina per il "mouse arancione": "Ma mi hanno promesso che lo spediranno domani pomeriggio al più tardi!"

La bella notizia fece dimenticare per un attimo alla ragazza che non indossava i pantaloni:

"Evviva! Questa si che è una fantastica notizia!" esclamò facendo un salto di gioia che mostrò ai due uomini molto più di quanto, in condizioni normali, avrebbe voluto.

"Direi che dobbiamo festeggiare!" aggiunse l’uomo più anziano, sbottonandosi un po’ la camicia: la visione che quella ragazza gli proponeva gli aveva fatto venir caldo… "Cosa ne dite di andare fuori a cena? Hanno aperto una nuova pizzeria in paese, e sono giorni che mia figlia insiste per andarci… Così almeno posso finalmente accontentarla!"

Evelyn annuì, entusiasta, ed entrambi spostarono poi lo sguardo sul meccanico:

"D’accordo… Non vedo perché no…"

"Allora devo andare a prepararmi… Non posso certo venire conciata a questo modo! Mi accompagni tu, Mike, al B & B?" chiese la ragazza mentre raccoglieva i suoi vestiti ancora fradici.

"Certo! Stasera passi tu a prenderla, Edd?"

"Sicuro!" rispose il meccanico, alzando per un attimo lo sguardo dalla Bond Bug: "Passerò verso le sette…"

"Perfetto! A dopo! Ciao!" e con la maglietta rossa che gli ondeggiava contro le cosce seguì Michael all’esterno, consapevole però che lo sguardo del giovane uomo era rimasto fisso sul suo didietro mentre si allontanava.



 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Spazio autrice: Salve a tutti! Pubblico il terzo capitolo della storia, sperando che possa piacervi. Buona lettura!

DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.




Capitolo 3

 

 

Nonostante tentasse di ripetere a se stessa di non farsi strane idee ed illusioni, Evelyn non riuscì ad evitare di mettere una particolare cura nel vestirsi, quella sera.

Non stava più nella pelle e quando finalmente, alle sette in punto, Edd suonò il clacson per avvertirla che era arrivato, lei si fiondò fuori dalla porta come una maratoneta allo sprint finale, con un sorriso a trentadue denti.

Fece il giro dell’auto, per salire al fianco del giovane uomo, ma proprio mentre stava per afferrare la maniglia della portiera si rese conto che il sedile del passeggero era già occupato da una donna dai lunghi capelli biondi che, ad occhio e croce, sembrava avere l’età del meccanico se non qualche anno in più.

Il sorriso le si congelò sulla faccia, come una specie di maschera teatrale, e con un movimento repentino – che cercò di rendere il più fluido possibile – scivolò all’indietro, aprendo lo sportello posteriore; si mise a sedere con malagrazia e rimase a fissare la signora seduta davanti a lei cercando di rendere più naturale – ma con scarsi risultati – il ghigno che le era rimasto sulle labbra.

"Tutto bene…?" chiese Edward, rendendosi conto che quello non era un sorriso proprio amichevole.

"Si, certo!" rispose Evelyn, con un’espressione che diceva esattamente il contrario. La donna bionda sembrò non avvedersene:

"Ciao! Mi chiamo Imogen e sono la fidanzata di Edd! Piacere di conoscerti!" proruppe allegramente, porgendole la mano, che Evelyn strinse meccanicamente.

"Il piacere è tutto… (tuo!) mio… Sono Evelyn…"

"Si, lo so! Edd mi ha detto tutto di te! Mi ha raccontato che sei rimasta in panne e che lui ti ha aiutato…!"

Nel pronunciare le ultime parole, la donna bionda si era voltata verso il meccanico, guardandolo con aria adorante. Edward si passò una mano tra i capelli, arrossendo vistosamente. La presenza di entrambe le donne a bordo della sua auto lo stava mettendo stranamente a disagio, e non riusciva a capire il perché. Per togliersi dall’imbarazzo decise che era meglio partire, concentrandosi unicamente sulla strada.

Durante il tragitto furono scambiate solo poche parole di circostanza: Evelyn continuava a cercare di calmarsi, ma gli era quasi impossibile; non con Edward che ogni tanto gli lanciava un’occhiata dallo specchietto retrovisore con quei suoi splendidi e maledetti occhi castano scuro:

"Sei solo una stupida, Eve!" continuava a ripetersi, cercando di trattenere le lacrime di delusione che cominciavano a pizzicarle agli angoli degli occhi: "Avresti dovuto immaginarti che Edd doveva avere una ragazza… (ragazza è una parolona…sembra piuttosto sua mamma!) da qualche parte! Con il tuo stupido romanticismo hai interpretato i suoi sguardi – di semplice lussuria… (ah… i maschi…!) – come occhiate di ammirazione ed interesse più profondo! Sei proprio un’ingenua… E smettila di fissarmi!"

Aggrottò le sopracciglia sull’onda di quell’ultimo pensiero, incrociando lo sguardo con quello dell’uomo alla guida, che capì immediatamente l’antifona e tornò a fissare il nastro d’asfalto davanti a se.

Michael e la sua famiglia li stavano aspettando fuori dalla pizzeria. L’uomo più anziano si rese subito conto che il suo socio era molto a disagio non appena lo vide scendere dalla macchina, perciò lo prese da parte e gli domandò:

"Tutto ok? Ti vedo un po’ strano…"

"Si, tutto ok… E’ solo che non mi sento a mio agio, e non so perché… Forse ho fatto male a portare Imogen con noi…"

"E perché? In fondo è la tua fidanzata! Non ci vedo niente di strano nel portarla con te… O mi sbaglio…? Stai covando forse qualcosa…?"

"No, no… Niente di tutto questo…" concluse il meccanico, passandosi ancora una volta una mano tra i lunghi capelli scompigliati, ed allo stesso tempo fissando di sottecchi Evelyn, che si stava presentando alla moglie ed alla figlia di Mike:

"Io sono Evelyn, piacere di conoscervi! Sono qui in vacanza ma purtroppo ho avuto un inconveniente con la mia auto e Michael ed Edward la stanno riparando…"

"Piacere mio, io sono Michelle, e lei è nostra figlia Claire. Mike ci ha parlato di te, e ci ha detto che stasera "festeggi" il nuovo motore per la tua auto…"

"Si… Per fortuna tuo marito è riuscito a trovarne uno: stavo quasi per perdere le speranze…"

Una volta a tavola, dopo aver ordinato, Evelyn si isolò temporaneamente nei suoi pensieri. Seduta a capotavola, con Imogen e Michelle ai lati, la ragazza lasciò vagare la mente, con il mento appoggiato sul palmo della mano:

"Perché me la sono presa così tanto? E’ normale che Edd sia fidanzato… anche se devo ammettere che, se questa donna ha meno di quarant’anni, se li porta veramente male…! Bè, i gusti sono gusti, ed io non ho certamente il diritto di criticare; però… Edd è così simpatico…" le sfuggì un lungo sospiro: "Ed ha un sorriso così dolce… Ed i suoi occhi, poi… Di un castano così intenso da sembrare quasi liquido… E le sue mani…così grandi e forti… Quanto mi piacerebbe essere sfiorata da quelle mani…"

Con lo sguardo perso nel vuoto, la ragazza era talmente immersa nelle proprie riflessioni che Michelle fu costretta a scuoterla leggermente per farla tornare in se.

"Eh?! Cosa?! Ehm, dicevate?!"

"Bentornata dal mondo dei sogni! Imogen ti stava chiedendo da dove vieni."

"Oh, scusatemi, mi ero distratta un attimo… Sono italiana."

"Ah, che bella che deve essere l’Italia…" sospirò Imogen: "Vorrei tanto andarci in viaggio di nozze… Sai: a Settembre io e Edd ci sposiamo, ma non abbiamo ancora deciso dove trascorrere la nostra luna di miele! Tu cosa ci consigli?"

La notizia dell’imminente matrimonio lasciò ancora più turbata Evelyn, nonostante non ne avesse alcun motivo. Finse di riflettere per calmare il tremito che sentiva salirgli nella voce, prima di rispondere:

"Bè, abbiamo tante belle città in Italia: Roma, Napoli, Firenze, Venezia… Per non parlare delle bellezze naturali… Direi che c’è solo l’imbarazzo della scelta."

"Potresti cercare di convincere Edd a scegliere il tuo Paese? A me non vuole mai dare retta…" concluse la donna bionda, voltandosi verso il fidanzato al suo fianco che, sentendosi il suo sguardo addosso, si voltò dalla sua parte:

"State parlando di me?"

"Stavo solo chiedendo ad Evelyn di convincerti a scegliere l’Italia per il nostro viaggio di nozze! Chissà, magari a lei darai ascolto!"

Lo sguardo del meccanico si spostò dalla fidanzata alla ragazza, e per un attimo Evelyn si sentì inchiodata alla sedia, mentre le labbra morbide e sensuali del giovane uomo si aprivano in un dolce sorriso:

"Chissà… Può darsi…" disse, con un tono che la ragazza non riuscì ad interpretare, ed a cui non poté fare a meno di rispondere:

"Ce la metterò tutta…" mentre si sentiva avvampare internamente. Era andata in Gran Bretagna per dimenticare un amore, e dopo due soli giorni di viaggio già perdeva la testa per un uomo che nemmeno conosceva.

Sperò che l’arrivo della pizza potesse toglierla dall’imbarazzo di dover rispondere ad altre domande di Imogen, ma quella sera la fortuna non era dalla sua parte. La donna le chiese come mai fosse in vacanza da sola, e la ragazza, tra un boccone e l’altro, fu costretta a ripetere la sua storia a quella che, inevitabilmente, nel suo cervello aveva cominciato a chiamare la sua "rivale". Michelle conosceva già la vicenda: Mike gliel’aveva raccontata, e la moglie del rivenditore di auto cercò di consolarla, dicendole che al mondo c’erano migliaia di ragazzi che aspettavano solo di conoscerla.

"Si… Forse è così…" sospirò Evelyn, ed il suo sguardo, involontariamente, saettò in direzione di Edd che, quasi come se fosse stato dotato di un misterioso sesto senso, si voltò verso di lei nel medesimo istante, guardandola dritto negli occhi e facendole perdere diversi battiti al cuore.

Finalmente anche quella serata finì: seduta sul divanetto posteriore dell’auto del meccanico, Evelyn non poté fare a meno di invidiare Imogen, che tra pochi mesi sarebbe diventata la "signora Edward"; prima di ricominciare a maledirsi mentalmente per la sua maledetta ingenuità ed il suo maledetto romanticismo.

Con gli occhi bassi, non si accorse degli sguardi che Edd le lanciava ogni tanto dallo specchietto retrovisore, e fu un bene: se li avesse notati, il suo disagio sarebbe aumentato a dismisura, e per quella giornata le sembrava di averne già provato a sufficienza.



 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Spazio autrice: Buongiorno a tutti! Eccovi il nuovo capitolo! Spero che possa piacervi!
Bacioni!
Evelyn

DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.

 

Capitolo 4

 

Dopo una notte agitata passata a rigirarsi tra le lenzuola stropicciate, la mattina dopo Evelyn decise che non sarebbe andata all’officina: era meglio per lei non vedere quel meccanico che le stava facendo girare così tanto la testa; quindi dopo colazione si incamminò dalla parte opposta, cercando allo stesso tempo di pensare a lui il meno possibile. Dopo aver percorso un bel tratto di strada si mise seduta su un muretto di sassi che delimitava due campi coltivati, all’ombra di un bell’olmo fronzuto; tirò fuori il suo libro e si mise a leggere con impegno.

Ma, ogni tanto, si rendeva conto di perdere il filo, mentre la sua mente volava verso Edward ed il suo dolce sorriso.

Dopo aver ricominciato la lettura della stessa pagina per la settima volta buttò via il volume e lanciò un urlo di frustrazione che fece volar via gli uccellini appollaiati sopra all’albero:

"Aaaaargh! Basta Evelyn! Smetti di pensare a lui!"

Si prese la testa tra le mani, cercando di calmarsi, ma non c’era niente da fare: il viso del meccanico continuava a presentarsi davanti a lei, con un’intensità tale da farla quasi star male. Poteva solo sperare di poter ripartire al più presto possibile: non avrebbe certo sopportato l’idea di andare in gita con lui e la sua fidanzata (a questo punto le era ovvio che sarebbe andata anche lei), in sella al bagno motorizzato. Se non fosse già ripartita, avrebbe dovuto cercare una scusa per evitare l’inutile strazio: per quanto potesse essersene invaghita, Edward era già un uomo impegnato e quindi decisamente fuori dalla sua portata.

Raccolse il libro e si incamminò di nuovo, diretta verso il Bed & Breakfast, con tutta l’intenzione di buttarsi sul letto e non alzarsi fino all’ora di cena, ma i suoi piani furono stravolti dall’arrivo di Michael che, alla guida del suo fuoristrada, stava andando alla ricerca di una nuova auto da restaurare e rivendere, visto che la Bond Bug era finalmente terminata.

"Ho trovato su Internet un paio di Volvo P1800 niente male, e volevo andare a dargli un’occhiata. Mi farebbe molto piacere se tu volessi tenermi compagnia!"

In cuor suo Evelyn avrebbe voluto mandarlo a quel paese, lui e tutte le sue "classiche carrette moderne"; ma non voleva dimostrarsi un’ingrata dopo tutto l’aiuto che lui ed il suo socio le stavano dando, così inghiottì il rospo ed acconsentì ad andare con il commerciante.

La sua parlantina le fece tornare in poco tempo il buon umore, anche se quel pomeriggio, al ritorno dal loro "giro di perlustrazione", la ragazza aveva una lieve fascia alla testa a suon di starlo ad ascoltare mentre le spiegava tutto quello cui bisognava prestare attenzione durante l’acquisto di un’auto d’epoca.

Distratta dalle sue chiacchiere, Evelyn si dimenticò completamente di chiedergli di lasciarla direttamente al B. & B., e Mike, vinto dalla forza dell’abitudine, si diresse direttamente all’officina senza neanche minimamente pensare alla possibilità che la giovane avesse altri programmi. Soltanto quando il fuoristrada si fermò fuori dal capannone e l’uomo suonò il clacson per annunciare al meccanico il suo ritorno, Evelyn si rese conto che i suoi propositi di non vedere Edward, almeno per quel giorno, erano andati ormai a farsi benedire.

Al loro ingresso nell’officina trovarono il giovane uomo con la testa sprofondata nel vano motore dell’auto della ragazza: nell’attesa che arrivasse il nuovo propulsore aveva cominciato a smontare quello vecchio, imbrattandosi di morchia e grasso perfino la punta del naso. Nel vederlo così, con i capelli – specialmente il ciuffo bianco – scompigliati, la bocca carnosa e sensuale leggermente dischiusa e la macchia nera di unto sul naso, Evelyn sentì il cuore accelerare come impazzito: non poteva farci niente, era più forte di lei! Quell’uomo le piaceva così tanto che avrebbe anche potuto perdere la testa e commettere qualche sciocchezza!

Mike la distolse dalla sua contemplazione invitandola a bere una tazza di tè nel suo ufficio, invito che fu esteso anche a Edward, il quale si pulì le mani alla bell’e meglio con uno straccio e seguì i due nel piccolo vano ricavato in un angolo del capannone.

Michael fece un resoconto sommario sul suo sopralluogo: entrambe le auto che aveva visionato non andavano bene, troppo malmesse. Edward ringraziò la sua buona stella: forse si era risparmiato un bel po’ di lavoro, quanto meno per il momento. Ora voleva concentrarsi solo ed esclusivamente sull’auto di Evelyn. Ogni volta che vedeva quella ragazza sentiva correre un brivido lungo la schiena; una sensazione che con Imogen – che conosceva da una vita – non aveva mai provato. Perfino in quel momento, mentre Mike gli parlava, percepiva come una specie di scarica elettrica che gli correva per le membra al solo pensiero di averla seduta vicino. Non appena il tè fu pronto, Edd alzò la sua tazza verso quella di Evelyn, in un brindisi accennato. La ragazza non riuscì a fare a meno di imitarlo, per poi lasciarsi andare ad un gesto molto più intimo: si leccò i polpastrelli di pollice ed indice e pizzicò la punta del naso del meccanico, per togliere il grasso:

"Avevi una macchia di unto…" si giustificò lei, inchiodata sulla poltroncina dallo sguardo penetrante di Edd.

"Grazie…" rispose dolcemente lui, senza riuscire a distogliere lo sguardo dai suoi occhi nocciola.

Persino Mike percepì la "tensione" che passava tra i due, e fu costretto a schiarirsi la voce un paio di volte per poter riportare l’attenzione su di se:

"Scusate se ho spezzato il vostro idillio, ma…"

Quella frase allusiva fece arrossire entrambi: Edward si sbrigò a finire il suo tè ed a tornare al lavoro, mentre Evelyn cercò – invano – di calmarsi fissando il suo riflesso nel liquido ambrato.

Il commerciante rimase per un breve istante in silenzio, poi riprese le sue chiacchiere come se niente fosse, e di questo la ragazza gli fu infinitamente grata: non sarebbe certo stata in grado di spiegare a quell’uomo quello che provava per il suo socio; non in quel momento, quanto meno.

Il suo fiume di parole fu interrotto dall’arrivo del corriere: il motore per l’auto di Evelyn era finalmente arrivato, ma ormai erano passate da un po’ le cinque del pomeriggio, ed il meccanico non sarebbe mai riuscito a rimontarlo prima dell’ora di cena. Non poteva nemmeno pretendere che lavorasse anche di sabato solo per lei, quindi la ragazza fu costretta ad accettare l’idea di dover trascorrere in quell’angolo di Inghilterra dominato dalle fragoline quel fine settimana.

"Dovrò inventarmi una scusa per saltare la gita in "vasca da bagno"…" pensò cupamente: non aveva certo intenzione di rovinarsi la vacanza andando a reggere il moccolo a Edward e Imogen! Sarebbe stato troppo bello per essere vero, se la donna non avesse partecipato alla scampagnata… ma ovviamente era impensabile:

"Smettila di illuderti, Evelyn, altrimenti poi ci resterai ancora peggio! Però non posso certo negare che, anche oggi, quando gli ho pulito il naso, mi ha guardato come se avesse voluto spogliarmi con gli occhi… Oh, BASTA!" si gridò nella mente, riuscendo a stento a trattenere un grugnito: "Sono solo una stupida, stupida, STUPIDA!" e concluse il suo pensiero prendendosi a pugni in testa.

Decise di rientrare al Bed & Breakfast a piedi, così da potersi almeno schiarire un po’ le idee, e la boccata d’aria fresca le fece bene: quando arrivò a destinazione era finalmente calma, con la mente sgombra, in grado di elaborare una scusa per evitare la gita della domenica:

"Fingerò un mal di pancia, o un qualunque altro malanno passeggero. Male che vada mi infilerò a letto e dirò di avere qualche linea di febbre, dovuta a "quei giorni". Gli uomini non sopportano che gli si parli di certe cose, e di sicuro lascerà perdere senza insistere troppo… E poi, può darsi che lui se ne sia anche dimenticato, e che mi stia preoccupando per niente… Ma si, di sicuro è così!"

Quella notte riuscì a dormire e la mattina dopo si svegliò tardi, per recuperare il sonno perduto la notte precedente. La giornata era splendida e la ragazza ne approfittò per stendersi un po’ al sole nel giardino del cottage. La giornata trascorse tranquilla, e la sera Evelyn era più che mai determinata a dire di no alla scampagnata in "bagno" proposta da Edward, se l’uomo si fosse presentato:

"Anche domani passerò una bellissima giornata tranquilla stesa al sole. Poi, se tutto va bene, lunedì sera sarò finalmente libera di ripartire, e così non vedrò più Edd e non penserò più a lui! Mi farò una bellissima vacanza, con la mente sgombra da uomini già impegnati! E chissà, magari troverò qualcuno disponibile… Chi lo sa…" e con quegli ultimi pensieri sconclusionati Evelyn si addormentò placidamente, dormendo saporitamente fino alla domenica mattina.

 

* * *

 

Edward aveva sperato di vederla apparire dalla porticina del capannone fino all’ultimo momento, fino a quando fuori non si era fatto talmente buio da rendere impossibile una passeggiata a piedi. Aveva trascorso tutto quel sabato in officina: in parte per dare una messa a punto al "Bog Standard" – era da molto che non lo usava, e sarebbe stato oltremodo ridicolo ed imbarazzante per lui rimanere in panne durante la gita che aveva organizzato per Evelyn la giornata seguente – e in parte perché sperava vivamente di veder comparire la ragazza. La conosceva solo da quattro giorni, ma già non riusciva a non pensare a lei. Era una sensazione strana, molto strana, per lui che era un uomo abitudinario. Conosceva Imogen dai tempi della scuola, si erano conosciuti ad uno dei corsi di Ingegneria, e si era fidanzato con lei quasi subito: era una ragazza amante dei motori, proprio come lui, e forse proprio questa similitudine lo aveva spinto ad innamorarsene.

Fino ad allora non aveva mai conosciuto un’altra ragazza in grado di fargli perdere la testa. Era la prima volta che gli accadeva una cosa simile: Evelyn, così diversa, così irriverente, così libera, gli aveva sconvolto la vita semplicemente con la sua presenza. Pensò per un attimo alla sua fidanzata, alla vita tranquilla e "monotona" che avrebbe vissuto al suo fianco. Non lo spaventava quel termine, in fondo lui era un amante della "monotonia"… Poi pensò alla ragazza italiana ed alla sua vivacità, al suo modo di fare spontaneo e diretto… ed un altro brivido gli corse giù per la schiena, facendogli accelerare i battiti del cuore.

Già fremeva al pensiero del giorno successivo, del picnic che aveva organizzato, del piacere che avrebbe provato anche solo a stare in sua compagnia.

Con un pizzico di vergogna, ripensò alla bugia che aveva detto ad Imogen: lei gli aveva chiesto di accompagnarla ai grandi magazzini, dovevano ancora acquistare un sacco di cose per il matrimonio imminente; ma lui le aveva detto che aveva da fare in officina, che Mike aveva già trovato una nuova auto e che doveva sbrigarsi a ripararla per mantenersi nei tempi di consegna, sempre molto ristretti.

Sospirò, lanciando un’ultima occhiata alla porta: Evelyn non si era fatta viva… Non la vedeva da un giorno intero, e già gli mancava da morire

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Spazio autrice: Salve di nuovo a tutti! Pubblico il quinto e penultimo capitolo di questa fic. Bacioni a tutti!
Evelyn

DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.



Capitolo 5

 

Fu svegliata da un clacson che suonava insistente proprio sotto le sue finestre. Evelyn lasciò passare qualche minuto, ancora in dormiveglia, nella speranza che il disturbatore molesto la finisse di strombazzare; ma poiché quello non demordeva, si alzò di malavoglia e si affacciò per vedere chi era lo "stronzo" che rompeva così tanto di domenica mattina.

Fu costretta a strofinarsi gli occhi più volte, per essere sicura di non avere le traveggole, e quando fu certa che i suoi occhi non la stavano tradendo non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, prima di spalancare la finestra.

Edd era seduto in sella al "Bog Standard" e non appena la vide affacciarsi cominciò ad agitare allegramente lo "spazzolone grattaschiena" che aveva in mano. Sopra ai vestiti indossava una vestaglia azzurra, ed ai piedi aveva un paio di ciabatte di plastica al posto degli scarponi. Aveva gli occhi protetti da un paio di occhialoni da aviatore, ed al posto del casco indossava una cuffia da bagno a fiori dai colori sgargianti.

"Ma come ti sei conciato?!" gli gridò Evelyn, tra una risata e l’altra.

"Mi sono vestito a tema! Sei pronta?"

"Solo un minuto!"

La ragazza richiuse la finestra, si tolse il pigiama e si vestì in fretta e furia: l’immagine comica del meccanico le aveva completamente fatto dimenticare la scusa che aveva avuto intenzione di accampare e, cosa ancor più importante, non aveva visto traccia di Imogen. Chissà: forse dopotutto non sarebbe stata una brutta idea, quella di andare in gita con Edward; avrebbe anche potuto divertirsi!

Come tocco finale, indossò sopra agli abiti l’accappatoio bianco in dotazione alla sua camera e scese allegramente le scale, raggiungendo il meccanico fuori nel parcheggio.

"Bene, vedo che anche tu hai seguito il mio esempio!" rise il giovane uomo, porgendole una cuffia identica alla sua ed un altro paio di occhialoni: "Tieni, ecco il tuo "casco" ed i tuoi occhiali!"

Senza riuscire a smettere di ridire, Evelyn si infilò nella vasca da bagno e si mise occhiali e cuffia. Edward le passò lo spazzolone e mise in moto la motocarrozzetta, per poi dirigersi subito verso la campagna più selvaggia dei dintorni.

Fu il viaggio più esilarante che la ragazza avesse mai affrontato: era costretta a tenersi aggrappata saldamente con entrambe le mani al bordo della vasca, se non voleva rischiare di correre il rischio di saltarne fuori, e doveva gridare se voleva farsi sentire dal suo accompagnatore, visto che erano entrambi frastornati dal rumore del vento che fischiava nelle loro orecchie; ma fu talmente divertente – con Edd che ogni tanto faceva lo slalom nelle strette stradine deserte – che quando arrivarono a destinazione ad Evelyn faceva male la pancia per il gran ridere.

Il meccanico posteggiò il "Bog Standard" in uno slargo ai margini della strada e si tolse occhialoni e cuffia, passandosi una mano tra i capelli per ravvivarli; la ragazza lo imitò e poi gli fece la domanda che aveva sulla punta della lingua da quando erano partiti, ma che non aveva ancora avuto il coraggio di porgli:

"Come mai Imogen non è venuta? Pensavo che avresti portato anche lei…"

Lo vide irrigidirsi lievemente prima di risponderle:

"In realtà Imogen non sa niente di questa gita… Voleva andare a fare un po’ di shopping ed io le ho detto che avevo da fare e che non avrei potuto accompagnarla…"

"Mi vuoi dire che la tua fidanzata non sa che sei qui da solo con me?"

Il giovane uomo arrossì, prima di scuotere leggermente la testa in segno negativo.

Evelyn non poté fare a meno di sorridere: sembrava proprio che tutto stesse andando per il verso giusto. Edd rispose al suo sorriso, per poi alzarsi ed aprire il cesto della biancheria sporca che stava davanti al manubrio.

Il contenitore nascondeva al suo interno un vano porta oggetti, da cui il meccanico estrasse un grosso cestino da picnic ed un plaid in tela scozzese verde e blu:

"Ho pensato che potremmo fermarci qui a mangiare, se non ti dispiace…"

"Oh no, affatto!" scosse la testa lei, prendendolo sotto braccio e seguendolo lungo un sentiero che si inoltrava in un boschetto di querce.

Dopo poche centinaia di metri la macchia di alberi si apriva in una radura assolata, completamente ricoperta di piantine di fragole selvatiche, il cui profumo era talmente intenso da stordire. Edd stese la coperta, vi si inginocchiò sopra, aprì il cestino e cominciò a tirare fuori le vettovaglie.

C’era veramente di tutto: tramezzini al tonno ed al formaggio, pasticcini, un’insalata di pollo ed un termos pieno di tè caldo. Mentre il meccanico apparecchiava Evelyn non riuscì a trattenere un lungo fischio di ammirazione:

"Però… Hai pensato proprio a tutto eh? Imogen è proprio una donna fortunata, sai? Sei veramente un uomo da sposare!" commentò. Il giovane uomo arrossì suo malgrado, e per togliersi dall’imbarazzo si mise seduto e scartò uno dei tramezzini, che offrì alla ragazza.

Dopo aver mangiato e bevuto di gusto i due si sdraiarono al sole: erano letteralmente circondati dalle fragoline – il cui aroma pungente era dappertutto – e bastava loro solo allungare una mano per raccoglierle e mangiarle. Ad un tratto, Evelyn ne raccolse una più grande delle altre:

"Ehi, guarda questa com’è grossa! Tieni, mangiala tu…" disse, offrendola a Edd.

"Perché? L’hai trovata tu, è tua…"

"E’ proporzionata alla tua stazza…"

Il meccanico sorrise, ma invece di porgere la mano si protese con il viso verso di lei, socchiudendo la bocca. Evelyn non si lasciò pregare, e mise il piccolo frutto direttamente tra le sue labbra. Forse indugiò troppo a lungo – non avrebbe saputo dirlo neanche lei – ma fatto sta che Edward, invece di ritirarsi, chiuse le labbra sulle dita della ragazza, cominciando a succhiarle lentamente, con metodo, fissandola negli occhi.

Ad Evelyn parve che la sua essenza stessa fluisse dal suo corpo al ritmo della suzione dell’uomo: dischiuse le labbra ed esalò il nome del meccanico in un sospiro:

"Oh… Edward…"

Il meccanico si ritirò lentamente, lasciandosi sfuggire le dita dalle labbra; si allungò per raccogliere un’altra fragolina e, dopo essersela messa tra le labbra, si protese di nuovo verso la ragazza, invitandola a raccogliere il frutto con la bocca.

Evelyn era confusa, stordita dal profumo dei piccoli frutti selvatici ed inebriata dal comportamento dell’uomo accanto a lei. Si allungò a sua volta per prendere la bacca, che Edward le spinse delicatamente in bocca con la lingua. Incapace di pensare razionalmente, la ragazza rispose schiacciando le sue labbra su quelle di lui ed insinuando la sua lingua nella bocca dell’uomo, che l’accolse ingaggiando una sinuosa danza. Trasportata dalla corrente di quel momento unico, Evelyn passò una mano tra i suoi capelli, massaggiandogli la nuca, mentre Edward, ugualmente in balìa degli eventi, la attirò a se, fino a farla sdraiare sopra di lui, continuando a baciarla con trasporto, intrecciando le dita nei suoi lunghi capelli castani.

In un attimo di lucidità, Evelyn riuscì a riprendere il controllo di se, ed a spezzare il bacio, ansimando.

"Edd… Cosa stiamo facendo…?"

"Non lo so…" le rispose lui, ugualmente affannato: "E non voglio nemmeno pensarci… Voglio farlo e basta…"

Quelle quattro parole mandarono tutta la buona volontà della ragazza a farsi benedire: in fondo, anche lei non aveva desiderato altro, fin dal primo momento in cui l’aveva visto. In pochi attimi si ritrovarono nudi, stesi sul morbido plaid, avvolti dalla fragranza inebriante delle fragole selvatiche, a fare l’amore in mezzo a quel mare rosso fuoco che ondeggiava sotto le carezze della brezza.

Una volta saziati i loro istinti, i due si rivestirono e si rimisero sdraiati l’uno accanto all’altra, Evelyn con la testa poggiata nell’incavo della spalla destra di Edward. La ragazza avrebbe voluto dire qualcosa, ma non sapeva da che parte cominciare: temeva di spezzare l’idillio che si era venuto a creare tra di loro, e di precipitare di nuovo bruscamente alla realtà. Una realtà in cui lei non era nient’altro che una "puttana", una rovina famiglie che aveva irretito un futuro sposo. Aprì la bocca due o tre volte senza dire niente, come un pesce fuor d’acqua, e quando stava finalmente per scusarsi con lui per il suo comportamento Edward la prevenne:

"Qualsiasi cosa tu stia pensando in questo momento, voglio che tu sappia che non è stata colpa tua…"

"Si, invece… E’ stata solo colpa mia: non sarei mai dovuta venire con te…"

"No… Se non fosse successo oggi, magari sarebbe stato domani, in officina… Non potevo farti andar via così, senza nemmeno un bacio…"

"Noi siamo andati ben oltre un semplice bacio…"

"Già… ma non me ne pentirò mai…"

"Se è per questo, nemmeno io… Ma non sono io quella che ha da perdere, sei tu…"

Lui sospirò senza dire niente.

"Ed ora? Cosa succederà? Tra te ed Imogen, intendo…"

"Non lo so…" rispose dopo un lungo minuto di silenzio: "Non lo so…"

Evelyn rimase zitta per un po’, riflettendo intensamente, prima di continuare:

"Non devi buttare via la tua vita solo per una stupida scappatella… Io sono solo una breve parentesi, che tra poco si chiuderà… Non stravolgere tutto…" disse, alzandosi a sedere, subito imitata dall’uomo.

"Tu non capisci, Evelyn… Conosco Imogen da una vita, e con lei non ho mai provato quello che ho provato oggi con te… Mi hai fatto sentire vivo! Voglio continuare a sentirmi così, per sempre! Al diavolo Imogen, al diavolo Mike, al diavolo tutto! Voglio te, solo te…" concluse, prendendola per le spalle e baciandola di nuovo appassionatamente.

Evelyn non avrebbe saputo dire se e quanto i sentimenti del meccanico fossero stati veritieri, ma nonostante tutto quello che lei aveva provato all’inizio, specialmente quando aveva scoperto che Edward era fidanzato, ora si sentiva come divisa in due metà: da una parte, pazza di gioia per l’evolversi della situazione; dall’altra, piena di sensi di colpa e di vergogna. Stava facendo ad Imogen esattamente quello che la sua migliore amica – o almeno così l’aveva creduta – aveva fatto a lei quando era andata a letto con il suo fidanzato. Era la storia che si ripeteva esattamente uguale, esattamente allo stesso modo. Lei aveva sofferto moltissimo, e non poteva permettersi di fare la stessa cosa ad un’altra donna, proprio perché sapeva esattamente cosa voleva dire trovarsi in quella situazione.

Si allontanò da Edward lentamente, ma con fermezza, guardandolo negli occhi con serietà:

"Non prendere decisioni affrettate, Edd! Ora sei troppo confuso da tutto quello che è successo! Dormici sopra: domani è un altro giorno, e ne riparleremo con più calma…"

Il meccanico annuì, anche se non troppo convinto.

Sulla strada del ritorno, Evelyn si perse nei suoi pensieri:

"Che strano destino… Due giorni fa avrei venduto anche l’anima al diavolo pur di farlo innamorare di me; e ora che è successo veramente, vorrei che non fosse mai accaduto… Perché la mia vita è sempre così sbagliata?"



 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Spazio autrice: Buongiorno a tutti! E siamo arrivati alla fine anche di questa piccola fic! Spero che il finale non deluda...
Bacioni!
Evelyn


DISCLAIMER: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, ne offenderle in alcun modo.




Capitolo 6

 

 

Quella di Evelyn fu un’altra notte agitata: il ricordo del pomeriggio precedente, e della dichiarazione di Edward, era ancora troppo vivido per essere accantonato. Passò tutta la mattina a riflettere su cosa avrebbe dovuto fare e decise che, nonostante tutto, nonostante anche lei fosse pazzamente innamorata di quell’uomo – per quanto una persona possa innamorarsi in pochi giorni – sarebbe stato meglio per entrambi che la loro piccola storia si chiudesse li.

Non poteva, non voleva ridursi alla stessa stregua di quella "troia" che le aveva rubato il fidanzato; e se avesse continuato su quella strada, sarebbe andata proprio così.

Nel pomeriggio raggiunse a piedi l’officina di Edd e Mike, più che mai decisa a mettere la parola "fine" su quella breve parentesi della sua vita.

Non appena la vide entrare, il meccanico abbandonò subito il suo lavoro e le andò incontro, strappandole un bacio che lei avrebbe voluto evitare.

"Edward, ti prego… Non complicarmi le cose…"

"Non voglio complicare nulla… Voglio solo rendertele più facili…" le rispose, tra un piccolo bacio e l’altro, facendo scivolare le sue lunghe braccia dietro la sua schiena per poi sollevarla e portarla alla sua altezza. Il trasporto dell’uomo era tale che per un attimo la ragazza perse la cognizione di quello che stava facendo: gli serrò la vita tra le cosce, assaporando la morbidezza delle sue labbra, la dolcezza della lingua di lui contro la sua.

Un rumore improvviso – una chiave inglese in bilico sul ponte sollevatore che cadde a terra con un tintinnio – li fece sobbalzare entrambi. Quell’attimo di distrazione consentì ad Evelyn di riprendere il suo contegno e con mosse serpentine riuscì a liberarsi dalla stretta ferrea del meccanico.

"No Edd! Quello che stiamo facendo è sbagliato! Ho riflettuto a lungo, stanotte, ed ho capito che se porterò avanti questa storia poi non mi sentirò più in pace con me stessa! Mi sento una puttana, capisci? Sto facendo esattamente la stessa cosa che la mia "ex" migliore amica ha fatto a me! Non posso ridurmi al suo stesso livello! Tu mi piaci Edward, sul serio, ma sento nel profondo del mio cuore che non posso continuare su questa strada! Cerca di capirmi…"

Il meccanico la guardò fisso per qualche istante prima di risponderle:

"Anch’io ho riflettuto, stanotte, ed ho deciso che questa non è la vita per me! Non voglio passare il resto della mia esistenza a riparare macchine sotto questo capannone che diventa una fornace in estate ed una ghiacciaia in inverno; non voglio vivere al fianco di una donna a cui voglio bene, si, ma come ad una sorella… L’ho capito solo ieri, mentre facevamo l’amore… Quello che ho provato con te mi ha fatto sentire vivo, e con Imogen non ho mai provato niente del genere! Voglio stare con te, voglio sentire ancora quelle magnifiche sensazioni che mi hai dato!…"

"Edward, per favore…" cercò di interromperlo lei, ma lui la fece tacere con un gesto della mano:

"Fammi finire, ti prego! La tua auto è quasi pronta, ho già montato il motore nuovo, devo solo fare gli ultimi collegamenti, questione di un’ora, forse un’ora e mezza! Poi andrò a casa e preparerò la mia valigia: ti seguirò fino in Italia, od anche il capo al mondo, se è là che vuoi andare! Ora che ti ho trovato, non ti lascerò più…"

Le parole del meccanico erano così tenere ed appassionate che, per un istante solo, Evelyn fu tentata di cedere, di buttarsi nuovamente tra le sue braccia e baciarlo con tutta la passione di cui era capace. Poi, involontariamente, il suo sguardo cadde su una fotografia appoggiata ad una delle mensole dell’officina, che fino ad allora non aveva mai notato: ritraeva Edward e Imogen seduti sul divano a motore, entrambi sorridenti e con i capelli al vento. Quella vista la fece tornare in se: si allontanò di qualche passo dall’uomo, per evitare di cadere in tentazione, poi gli voltò le spalle:

"No Edd, no… Ripensaci, ti prego…"

Lo sentì avvicinarsi, il passo pesante dei suoi scarponi dietro di lei:

"Ormai ho preso la mia decisione: voglio solo te, Evelyn!"

Le sue grandi mani le cinsero la vita, la sua bocca morbida si posò sul suo collo e prese a mordicchiarlo. La ragazza sospirò, incapace di rifiutare quei gesti di dolcezza. Per riprendere il controllo cercò nuovamente con lo sguardo la foto di prima: l’immagine dei due fidanzati felici la fece ancora una volta tornare padrona di se. Si allontanò ulteriormente dal meccanico, dirigendosi verso la porta del garage. Questa volta Edd non la seguì, si limitò a dirle, mentre lei già afferrava la maniglia:

"Domani mattina partirò con te! Alle sette sarò qui, ad aspettarti…"

Evelyn recise quelle parole – che le davano piacere e dolore allo stesso tempo – chiudendo l’uscio dietro di se: non voleva, non poteva permettere che succedesse! Non se lo sarebbe mai perdonato!

C’era solo una cosa che poteva fare: andarsene prima dell’alba, in silenzio, senza lasciare traccia alcuna di se…

Ma per farlo, avrebbe avuto bisogno dell’aiuto di Michael: solo lui, oltre al meccanico, aveva le chiavi dell’officina. Non avrebbe mai voluto raccontare cosa era successo tra lei e Edward, ma in cuor suo era certa che il commerciante non avrebbe mai fatto parola con nessuno al riguardo.

Prese il cellulare e, risoluta, compose il numero dell’uomo, che rispose al secondo squillo:

"Pronto?"

"Mike, sono Evelyn…"

"Buon pomeriggio cara! A cosa devo la tua chiamata?"

"Ho bisogno di parlarti… a quattr’occhi!"

Il tono allegro e vivace del rivenditore si incupì quando sentì il tono di voce con cui la ragazza gli rispose:

"E’ successo qualcosa…?"

"Si…" sospirò lei: "Ma non posso parlarne al telefono…"

"Va bene… Dove sei, adesso?"

"Per strada, tra l’officina ed il B. & B."

"Aspettami lì, sono già in auto. Tra meno di dieci minuti sarò da te!"

Puntuale come sempre, Mike mantenne la sua parola: dopo pochi minuti Evelyn vide apparire il Range Rover dal fondo della strada. L’uomo si fermò accanto a lei, giusto il tempo di farla salire, per poi ripartire subito dopo, senza dire una parola.

Percorsero parecchi chilometri in mezzo al nulla in completo silenzio. Solo quando il rivenditore si decise a fermare l’auto in uno spiazzo in aperta campagna l’uomo lo spezzò, chiedendo alla ragazza che cosa fosse successo.

"Devi aiutarmi Mike…"

"Farò quello che posso, ma prima devi dirmi cosa…"

"Sono andata a letto con Edd…"

La faccia dell’uomo divenne incredula: si passò una mano tra i corti capelli castani e mormorò un semplice:

"Oh mamma…"

Evelyn trasse un lungo sospiro, prima di lanciarsi nel racconto di quanto era successo tra lei ed il meccanico, e di tutti i sentimenti contrastanti che aveva provato. Mentre parlava, Michael diventava sempre più serio: a volte annuiva, a volte scuoteva la testa, contrariato. Quando finalmente la giovane donna giunse alla conclusione della storia l’uomo si lasciò sfuggire uno sbuffo secco:

"Me lo immaginavo!"

Le sue parole lasciarono inebetita Evelyn:

"Cosa?!"

"Che sarebbe andata a finire così… Ho capito subito che lo spilungone aveva perso la testa per te… Ma ancora non riesco a capire perché sei venuta a raccontare queste cose proprio a me!"

"Edward vuole partire con me…"

"Ah… capisco… COSA VUOLE FARE?!" gridò, quando il vero senso di quelle parole gli fu finalmente chiaro: "A Settembre deve sposarsi con Imogen! Passi una scappatella… Chi è senza peccato scagli la prima pietra! Ma da qui a lasciare tutto…"

"E’ per questo che ho chiesto il tuo aiuto: lui mi aspetta domani mattina alle sette all’officina per andare via insieme, ma io non posso farlo, capisci? Voglio andarmene stanotte, voglio sparire come la nebbia sotto i raggi del sole, senza lasciare tracce o ricordi dietro di me. Tu hai le chiavi dell’officina: aprimi la porta, ed io scomparirò! Te lo giuro Mike: scomparirò nel nulla! Sarà come se tutto questo non fosse mai successo!"

L’uomo annuì, pensieroso, sfiorandosi il mento tra pollice ed indice:

"Si, credo anch’io che sia la soluzione migliore… L’unico modo per lasciare tutto com’è… Passerò dal garage, e rimarrò in ufficio fino a che Edd non se ne tornerà a casa. Poi me ne andrò anch’io e lascerò la porta aperta: fingerò di aver ricevuto una chiamata urgente e di essermi dimenticato di chiudere. Da quel momento in poi, avrai campo libero…"

"Grazie Mike, ti sono debitrice…"

"Si, di trecentocinquanta sterline! Il costo del motore e della mano d’opera…" concluse l’uomo scoppiando a ridere, stemperando l’atmosfera cupa di cospirazione che si era venuta a creare. Evelyn non poté fare a meno di imitarlo:

"Quel che è giusto è giusto!" gli rispose, tirando fuori il portafogli dalla borsa e saldando il suo debito.

Alle tre di mattina, se qualcuno fosse passato davanti all’officina di Mike e Edd avrebbe visto una sagoma scura armeggiare con la saracinesca del capannone. Ma la strada era deserta, ed Evelyn non ebbe nessun problema nel far uscire la macchina dall’officina.

Il motore si accese al primo colpo, e girava come mai aveva fatto prima di allora: merito delle mani d’oro del meccanico. La ragazza rimase per un attimo ferma a contemplare l’interno del garage, ripensando a tutto quello che le era successo in quei pochi giorni di vacanza. Su uno dei carrelli porta attrezzi vide un taccuino, aperto ad una pagina bianca: incapace di resistere, prese una penna e vergò due sole parole, prima di richiudere la saracinesca e salire nuovamente a bordo.

Era giunto il momento di ripartire, di tornare indietro alla sua vecchia vita, di dimenticare; anche se, in cuor suo, sapeva che non avrebbe mai scordato il profumo di Edward e della loro brevissima relazione: il profumo delle fragole selvatiche.

 

* * *

 

Alle sei e mezza, quando mise piede nel garage, Edward non riuscì a trattenere un grido, mentre il borsone pieno dei suoi effetti personali gli sfuggiva di mano, cadendo a terra con un tonfo sordo:

"No… No Evelyn, non puoi avermi fatto questo! Non puoi essertene andata senza di me!"

Si mise le mani tra i capelli, in un gesto di disperazione, mentre fissava lo spazio che fino a poche ore prima era stato occupato dall’auto della ragazza.

Volse lo sguardo all’intorno, come se potesse ancora scorgere qualche traccia di lei, della sua presenza. L’occhio gli cadde sul taccuino che aveva lasciato la sera prima sul banco porta attrezzi: aveva pensato di usare una delle sue pagine per scrivere una lettera d’addio per Imogen, ma all’ultimo momento si era scoperto troppo codardo e non era riuscito a buttare giù nemmeno una riga. Vide che il foglio non era più bianco, ma sporcato da due parole, vergate in una calligrafia minuta ed un po’ inclinata verso destra: "Meglio dimenticare".

Contemplò quell’unica riga, mentre una lacrima andava formandosi nell’angolo dei suoi occhi.

"Perché…" mormorò, stringendo convulsamente il block notes tra le mani.

Un rumore di pneumatici sulla ghiaia lo fece correre di nuovo all’esterno, convinto che fosse lei, che fosse tornata a prenderlo, che non fosse ancora partita. Fu molto deluso quando vide che era solo il suo socio, il quale scese trafelato dal fuoristrada:

"Edd! Credo di aver dimenticato la porta aperta, ieri sera! Mia moglie mi ha chiamato e sono uscito di fretta! E’ entrato qualcuno? Manca qualcosa?"

"Si…" rispose il meccanico con lo sguardo perso nel vuoto: "Evelyn…"

"Bè, certo… Non è partita ieri sera?"

Il giovane uomo alzò lo sguardo su Mike, e quello si spaventò quasi nel vedere i suoi occhi:

"Le avevo chiesto di aspettarmi…"

"Aspettarti… è perché?" Il commerciante tentò di mantenere un tono neutro, ma non riuscì a celare del tutto il tremito che aveva nella voce: lui conosceva tutta la storia, ma doveva assolutamente mantenere il segreto.

Edward rimase per un attimo in silenzio, poi sospirò rumorosamente con il naso e scosse la testa:

"No… niente…"

Il meccanico tornò all’interno e raccolse il taccuino – che nella foga di uscire aveva lasciato cadere – strappò la pagina con le due parole scritte, la piegò e la ripose accuratamente nella tasca dei pantaloni. Poi riprese il suo bagaglio e tornò fuori.

"Cosa fai con quel borsone?" gli chiese Michael, fingendo indifferenza.

"Volevo passare qualche giorno di vacanza con Imogen, se non ti dispiace… Il lavoro sulla Bond Bug è finito, e…"

"Oh no, non mi dispiace affatto! Prenditi pure una settimana di riposo, te la sei meritata!"

Il commerciante non riuscì a nascondere il sollievo: per un istante aveva temuto che il suo socio stesse per commettere una qualche sciocchezza. Lo seguì con lo sguardo, mentre il giovane uomo raggiungeva nuovamente la sua auto, con il borsone appoggiato alla spalla.

Una volta a bordo, Edward tolse di tasca il biglietto e lo spiegò lentamente, rileggendo le due parole:

"Meglio dimenticare… Cercherò di farlo, Evelyn…cercherò di farlo…"

Ma dentro di se sapeva perfettamente che non avrebbe mai scordato il profumo della loro unica volta: il profumo delle fragole selvatiche.

 

Fine



 

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