Vie di fuga di Revan (/viewuser.php?uid=31149)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La città delle stelle ***
Capitolo 2: *** Lo straniero misterioso ***
Capitolo 3: *** Un ballo ***
Capitolo 4: *** La Regina delle nevi ***
Capitolo 1 *** La città delle stelle ***
01. la città delle stelle
VIE DI FUGA
- 01.
La città delle stelle
- [adolescenza]
- E' come un disco d'argento
in mezzo al nulla. Stelle al neon sfolgorano su pinnacoli
vertiginosi, le strade come canyon incassate profondamente tra i
palazzi altissimi.
- La città è
verticale,
area, si slancia in ponti longilinei che balzano di torre in torre.
Ha radici profonde, le vie sono buie adombrate da chilometri di
avorio acciaio vetro che si arrampicano lassù in alto.
- La città è
deserta, un
silenzio si spande dal fondo delle sue strade; un ammonimento. Solo
un ronzio lento, di sottofondo, come di un grande ingranaggio.
- Se prova a contare tutti gli scalini che
conducono all'Osservatorio (la struttura centrale, la
più alta, quella a forma di esagono, bagnata di una luce
tanto cruda
da risultare abbagliante), ci impiegherà circa quindici
minuti,
attraversando le Gallerie, la Sala dei Trofei e degli Eroi, gli
Archi, il Giardino pensile eccetera fino alla Scala Infinita,
bianca stagliata contro l'abisso del cielo.
- Entrando nell'Osservatorio
ha ormai perso il conto, ma poco importa, perché sul
pavimento
lucido si riflettono tutte le stelle come fiori e lei respira piano
piano e i pensieri si sono fatti radi e la paura arcigna svapora
leggera dal suo corpo mentre si adagia al centro della stanza a
braccia spalancate.
- L'arco del cielo ruota lento
sopra di lei; lontano, sente il pulsare dell'ingranaggio,
è il
sangue sotto le palpebre chiuse, pensa.
- Il soffitto a cassettoni
sfarfalla per un paio di secondi quando Elsa apre gli occhi. La
cameretta è in penombra, gli angoli si sono tinti di blu.
- Il cuore batte quieto sotto
la giacchetta, non più dentro la gola assieme alla nausea.
Libera
lentamente una mano da sotto l'ascella per tastare le coperte:
bagnate, ma non ghiacciate.
- Elsa inspira forte fino a
sentire male , fino a che le lacrime non colano adagio la china delle
guance gelide.
*
- Sono troppo anziana per
soffermarmi in presentazioni, perciò dirò
solo:
- Lunga vita alla
Regina!
|
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Capitolo 2 *** Lo straniero misterioso ***
02. lo straniero misterioso
- Aggiornamento nello
stesso giorno, uoooh! Mi sono accorta che sono necessarie alcune
precisazioni:
-
1. Il mio Re è un proto-geek.
-
2.
canzone (ESSENZIALE) che suona all'interno della fiction è
“Barcarolle\Belle
Nuit” di Offenbach. Link di salvataggio
---> https://www.youtube.com/watch?v=g7czptgEvvU
-
3. i capitoli NON sono in ordine
cronologico. Si possono ripartire rozzamente tra frammenti che
riguardano l'infanzia, l'adolescenza, prima età adulta ed
età adulta. Segnalerò di volta in volta di che
epoca stiamo trattando per facilitare l'impresa della lettura.
-
4. la fiction sta prendendo una piega...
strana. Molto strana (ma vi assicuro che non mi faccio di sostanze!).
Tenete duro che dal prossimo capitolo si rumba\snusnu\quelchevipare con
Hans! Forse. E questo dovrebbe ristabilire un po' di
normalità (?). E virare il raiting decisamente verso il
rosso\arancione.
-
5. Troppi i riferimenti letterari e
culturali di cui è debitrice la fiction: li inserisco in
fondo per igiene mentale vostra e mia.
02.
Lo straniero misterioso
[infanzia]
- E'
giunto uno straniero al
palazzo di Arendelle. Dicono venga da sud, da molto lontano, ma
potrebbe venire dal villaggio vicino che la sorpresa sarebbe comunque
grandissima: da anni non ci sono ospiti nel castello.
- E' arrivato con l'ultima
nave della stagione (è già novembre avanzato) con
un carico di
ordinazioni che si attendeva soltanto per maggio, principalmente
arazzi porcellane e libri. Ha richiesto di potere essere alloggiato a
palazzo in cambio del favore della consegna anticipata.
- Elsa è barricata in camera
da allora.
- Lo ha intravisto dalla
finestra: è basso. Vestiva di nero e portava un bizzarro
paio di
occhiali dalle lenti scure. Nel complesso, un aspetto sgradevole.
- Quando sua madre, nel tardo
pomeriggio, le consegna i libri appena arrivati, la sua
indisposizione nei confronti dello straniero non fa che aumentare: il
volume illustrato che desiderava con più impazienza non
c'è. Al suo
posto, un titolo sconosciuto, in francese, che per l'irritazione
getta sul letto.
- “Dovresti essere contenta
che siano arrivati con sei mesi d'anticipo, invece di fare questi
capricci.”
- “Non ha portato i fratelli
Grimm!”
- “Li faremo andare a
prendere con la prossima nave.”
- “Tra sei mesi”, mormora
Elsa, torcendosi le mani.
- Guarda per un lungo istante
il libro francese spalancato sui cuscini.
- “E' basso e brutto”,
sibila con una smorfia.
- “Oh, Elsa...”
- “Non mi piace, e non mi
piace il suo stupido-”
- La Regina non fa in tempo ad
allungare una mano in una carezza che la bambina si è
già ritratta,
gli occhi vigili.
- Sua madre la guarda con
quella piega nella linea della bocca di chi sta invecchiando a forza
di preoccupazioni. Ritira la mano lentamente, che aveva lasciata
sospesa.
- “Cosa vuoi per per cena,
cara?” le domanda dopo aver formulato un sorriso altrettanto
amaro.
- *
- Ha spolverato da tempo
polpette e patate (il vassoio l'ha lasciato sul letto) ed è
intenta
alla traduzione delle prime pagine del libro francese quando succede
qualcosa di strano. Qualcosa di stranissimo.
- Della musica,
improvvisamente. Il suo sguardo si inchioda contro la porta. E'
musica, come se ci fossero tanti, tanti suonatori, giù nella
sala
dove i suoi genitori stanno cenando con lo straniero.
- Gli stanno facendo una
festa? si
domanda chiudendo di
scatto il libro e sgattaiolando verso la porta.
- Il cuore le batte forte
quando sente che alla musica sono mescolate risate.
- Torna lentamente a letto,
butta per terra il libro e spegne la candela. Dalla finestra entra
il riverbero del castello insolitamente illuminato, stria d'oro il
buio della cameretta. Elsa si lascia cullare dalla luce che pare
danzare dolcemente contro la parete. Si addormenta pensando agli
occhiali tondi dello straniero.
- *
- Suo padre, la mattina, l'ha
convinta a scendere a fare colazione. Elsa era recalcitrante, ma
quando lui stesso ha cominciato ad acconciarle i capelli, euforico
come non l'ha mai visto, non ha potuto fare altro che lasciarsi
trascinare per i corridoi.
- Vedrai, vedrai! Una cosa
così... non ho mai visto nulla del genere!
- Entrando nel salotto della
colazione, Elsa individua immediatamente lo straniero: è a
tavola e
sta sbafando di gusto le uova sode.
- [i dialoghi che seguono
si tennero in francese, A.]
- “Monsieur Valdi, le
presento la maggiore delle mie figlie, Elsa.”
- Elsa rimane sulla porta
mentre il re si fa incontro all'altro, sorridente.
- Lo straniero si pulisce la
bocca prima di alzarsi e avanzare verso di lei: le lenti degli
occhiali sfolgorano per un attimo investite dalla luce rosata del
mattino.
- “Quindi è questa la
famosa Principessa Elsa! I suoi genitori mi hanno parlato molto di
lei, signorina.”
- Le ha fatto un grande
inchino piegandosi fino a trovarsi alla stessa altezza della bambina.
Lei si torce nervosamente le mani, facendo saettare lo sguardo
dall'uomo di fronte a lei al padre.
- “Avanti Elsa”, dice
questi sempre sorridendo, “saluta monsieur.”
- “Vi saluto, monsieur, e
mi auguro di tutto cuore che il vostro sia qui un soggiorno
all'altezza della Vostra Persona...”
- “Che ottimo francese,
signorina*!” *sempre in italiano.
- “E' una studiosa, questa
qui” commenta il Re compiaciuto, mentre scosta una sedia
dalla
tavola. “Vieni a mangiare, tesoro”
- Elsa trema nel sedersi,
paonazza in viso per l'essersi ricordata la formula ufficiale di
benvenuto senza impappinarsi e per il complimento. Il cuore le batte
con la furia di chi ha superato una prova di coraggio: da anni non
parlava a uno sconosciuto.
- Attacca il porridge che le
viene servito che quasi ride.
- “L'altra invece...”
- L'”altra” fa in quel
momento il suo ingresso nel salotto in braccio alla madre, ancora
mezza addormentata.
- Non appena vede la sorella
insolitamente seduta a tavola, “Elsa!” comincia a
gridare.
- “Anna, lascia stare tua
sorella. Anna! Cosa si dice quando ci sono ospiti?”
- La bimba guarda perplessa la
madre, poi il signore in nero che le fa ciao-ciao.
- “Ciao.”
- E tornando a strattonare il
colletto della Regina: “Voglio mettermi vicino ad Elsa. Ti
prego ti
prego ti prego...”
- “Lascia in pace tua
sorella. Ecco qui.”
- “Mamma!”
- “La scusi, è ancora una
piccola peste.”
- “Ma si figuri!”
- “Monsieur Valdi”
continua il Re, che si è seduto dirimpetto allo straniero,
“non
voglio essere insistente, ma mi piacerebbe che parlasse della
macchina che ci ha mostrato ieri sera.”
- “Ah, certo! Molto
volentieri. Ma la signorina qui non l'ha ancora vista: bisogna
rimediare.”
- Elsa è quasi sicura di
avere intravisto una strizzatina d'occhi rivolta a lei dietro le
lenti scure.
- “Non si scomodi-”
- “Nessun disturbo. Venite!”
- E' in piedi a fianco di un
tavolinetto da tè, sul quale poggia un aggeggio stranissimo.
Elsa si
avvicina praticamente trascinata dalla vivacità del padre.
- E' una specie di tromba
installata su una scatola di legno.
- “Vedrai, Elsa, vedrai!”
continua a ripetere il Re.
- Lo straniero ha estratto da
una borsa quella che sembra una sottile ruota nera, che deposita al
centro del marchingegno. Prende a ruotare sempre più
vorticosamente
una manovella simile a quella dei macinacaffè, fintanto che
la ruota
nera non inizia a girare. Valdi posiziona con delicatezza un braccio
metallico sulla ruota, attento a posare la puntina e... la tromba
erutta improvvisamente musica.
- “Tranquilla Elsa,
tranquilla. Ascolta...”
Il padre si è chinato affianco a lei,
stringendole le spalle per calmarla.
- La musica riempie la stanza,
come se dentro la scatola vi fosse un'intera orchestra, con i suoi
archi, i suoi fiati e quant'altro.
- Elsa guarda il buco della
tromba con occhi spalancati.
- “Ma come fa a...?”
- “Ah, ottima domanda. La
domanda più giusta di tutte!” fa lo straniero,
alzando la voce per
farsi sentire, le sopracciglia arcuate al di sopra della cerchiatura
degli occhiali. Si sta dondolando da una gamba all'altra con le
braccia strette dietro la schiena.
- “Non ne ho la più pallida
idea” le risponde, ed è in quel momento che la
musica si dilata in
onde lunghe, smettendo di volteggiare al ritmo degli archi volubili.
- “Belle nuit, o nuit
d'amour!” canta lo straniero con una bella voce da
tenore,
l'accento talmente pesante da fare ridacchiare persino Elsa, che
proprio in quel momento si sente sollevare.
- “Papà! Papà
no!”
strilla nel tentativo di divincolarsi , ma il Re se la preme contro
il petto danzando per il salotto.
- “Va tutto bene, Elsa.
Concedi un solo ballo a questo vecchio re.”
- La bambina si lascia
sballottare cercando di non toccare in alcun modo il padre, con le
mani torte contro il proprio petto, ma la fronte appoggiata alla sua
spalla.
- Quando la canzone finisce e
viene deposta sulla seggiola, Elsa sente le fronte caldissima e gli
occhi che pungono.
- “Che apparecchio
meraviglioso. Non so cosa darei per averlo!”
- “Per il vostro regno,
Sire, potrei convincermi a cederlo”
- Lo straniero sta riponendo
il disco nella valigia.
- “Cosa ne dici, cara? Hai
sentito monsieur?” ride il Re, tornando a sedersi un po'
affannato.
- “Devi chiederlo a Elsa: è
lei la futura Regina”
- Lo sguardo complice del Re
la trova ancora scossa.
- “Allora, Elsa? Facciamo
una follia? Vendiamo tutto il regno per la macchina della
musica?”
- L'atmosfera è calda,
è da
una quantità infinita di tempo che l'allegria non visita
questa
casa. La bambina sente ancora sulla schiena il tepore delle mani del
padre. Fa un leggero cenno di sì.
- “Bene, allora è
deciso!”
esclama lui battendo le mani. “Vorrà dire che le
consegnerò le
chiavi delle città.”
- “Temo” dice lo straniero
in tono mortalmente serio “che in fin dei conti non sia
sufficiente: sono troppo affezionato alla macchina. E poi devo
portare a termine il mio viaggio.”
- “Dove state andando?”
- La domanda di Elsa è poco
più di un pigolio.
- “Vorrei arrivare a Capo
Nordkinn entro l'autunno.
Dicono sia il punto più a nord dell'intera Europa. Sa,
signorina,
sono partito dall'Italia a piedi ormai un lustro fa, da Orvieto, per
la precisione.”
- “Cos'è
un lustro?”
- “Sono
cinque anni, tesoro. Ora saluta che c'è il maestro che
aspetta.”
- “Mamma!”
- “Su
Anna. Saluta tutti.”
- Anna
e
la Regina lasciano rumorosamente il salotto. La luce entra
violentemente dalle finestre alte: il sole è già
alto contro un
cielo del colore del fiordo.
- “Perché
è partito?”
- Elsa
guarda le iridescenze degli occhiali, verdi come la corazza di uno
strano insetto.
- “Perché
sono un collezionista, mia cara. Un collezionista di paesaggi e di
città”.
- “Città? Ma come...?”
- In quel momento lo
sconosciuto versa sul tavolo un mare di foglietti, che sfarfallano
ovunque per terra sulle posate tra i bicchieri.
- “E' solo parte della mia
collezione, la più grezza.”
- “Questi sono... no, non è
possibile. Sono quadri?” domanda il Re, scorrendo i
cartoncini,
completamente stupefatto.
- “Niente affatto. Si
chiamano dagherrotipie. E' una delle macchine che possiedo a farle:
vede, è la luce del sole che impressionando una pellicola
riesce a-
beh, onestamente non sono del tutto sicuro quali processi chimici
siano coinvolti.”
- “Una macchina...
straordinario!” esclama il Re, continuando a sfogliare le
fotografie.
- “Se volete vederla, Sire,
potete andare alla mia nave e richiedere di ispezionarla. Vi
raggiungerò non appena...” con un gesto indica la
confusione sul
tavolo.
- “Sicuro! Non avete idea di
quanto vi sia grato per l'opportunità che mi
date.”
- Il Re esce a passo spedito,
quasi di corsa.
- Elsa prende una manciata di
foto: città, colline, mari, lavoranti in mezzo alla
campagna, e poi
ancora città, tutte accozzate sul tavolo del suo salotto.
- Un nodo sembra esserlesi
stretto al cuore.
- “Ha visitato tutti questi
posti?”
- “Certo. Ero partito con
l'intenzione di creare un catalogo delle più belle vedute
d'Europa:
Parigi, Vienna, Firenze, Lione eccetera. Il mondo sta cambiando
rapidamente, signorina: volevo raccoglierlo prima che fosse troppo
tardi. Ma strada facendo mi sono accorto che avevo intrapreso il
viaggio in ritardo.”
- Fa scivolare alcune foto
verso di lei: lunghissime file di tetti neri, bassi, il cielo brunito
da un fumo denso.
- “Londra.”
- Ragazzini della sua età
macilenti e incredibilmente sporchi impettiti all'ingresso di uno
squallido edificio. “East End Factory”, recita
l'insegna alle
loro spalle.
- “Sono tutte fabbriche; e
questo è il Tamigi. Vi assicuro che il colore non
è molto diverso.”
- “Cos'è questo?”
- Una strada amplissima è
squarciata per tutta la sua ampiezza dal selciato svelto: cataste di
oggetti si innalzano lungo i palazzi.
- “Ah! Le barricate di
Parigi, durante il luglio dello scorso anno.”
- “Come può vedere, la
ricerca della regina delle città, la più bella di
tutte, è
fallita: mi sono mosso tardi. O forse non è mai
esistita.”
- Il sorriso dello straniero è
enigmatico.
- “Mi... mi dispiace.”
- “Oh, niente affatto! Ho
attraversato talmente tanti luoghi e visto talmente tante cose, che
io stesso sono diventato una sorta di enciclopedia. Ma quel che
veramente importa, signorina, quel che veramente è il senso
del mio
viaggio, è che in ogni città villaggio paese ho
visto potenzialità.
Potenzialità sprecate per lo più, certo, ma che
col tempo hanno
tessuto una trama fitta nei miei ricordi: io non ho trovato la mia
città ideale in nessun luogo, eppure era in tutti i posti,
era
sciolta ovunque. Una torre a Londra, un arco a Parigi, il selciato di
una cittadina tedesca eccetera, e io ho inseguito la mia
città
invisibile, raccogliendola mattone per mattone”
- Elsa lo guarda immobile. Non
è nemmeno sicura che le parole siano realmente uscite dalla
bocca
dello straniero.
- “Città invisibili?”
- “Certo, Elsa. Ognuno ha
una città invisibile: non potrebbe essere altrimenti. Non
può
esistere là fuori il dritto del rovescio dei nostri
sogni”
- “E' un indovinello?”
- “No.”
- “Sei... sei il Cappellaio
Matto? Come quello di Alice del libro?”
- “No, ma è un personaggio
che sento molto affine.”
- Non un rumore.
- Elsa si illumina tutto ad un
tratto.
- “Quindi il libro francese,
“Architettura dell'onirico”, è tuo?
E'... lo hai scritto tu!
Descrive una città strana, una città infinita,
altissima che-”
- Lo straniero si porta un
dito sulle labbra ed Elsa tace. Gli occhiali sfolgorano più
che mai.
- “Non c'è posto per quella
città qui fuori, neanche a parole. Solo qui” fa
picchiettandosi la
tempia.
- “Lo puoi tenere, se vuoi.
A me non serve più. Prendilo come un risarcimento dei Grimm”
- Elsa deglutisce, sente che
ha un groppo alla gola. Quale può mai essere la
mia città
invisibile?
- “E a nord? Cosa va a fare
a nord?” domanda con un filo di voce.
- “Sto andando a caccia di
orizzonti . Per la mia città ne voglio uno che sia d'acciaio
come
quel mare, gelido. Solo alla fine del mondo potrei trovare un
orizzonte così.”
- “E poi? Dove andrete?”
- Il sorriso dello straniero è
misterioso.
- “Chi lo sa.”
- *
- Se n'era andato da mesi
ormai, quando Elsa capisce cosa sia una città invisibile.
Aveva
letto e riletto il libro francese: si trattava di una silloge di
scorci, di memorie, di schizzi e disegni, schegge di luoghi che
l'autore aveva raccolto perché ne era stato colpito durante
i suoi
viaggi. Alla seconda lettura capisce che la raccolta non è
casuale,
e nemmeno lo è la disposizione dei frammenti: insieme
delineano una
città che sembra un circo, un po' tendone e un po' ruota
panoramica,
rumorosa e notturna, irradiata di luci chiamate
“elettriche”. Ma
cosa più importante di tutte, e questo lo capisce solo alla
fine, la
città invisibile è l'autore, il suo specchio
fedele: da tutti i
suoi scorci spira lo stesso sentore di un'allegria un po'
invecchiata.
- Se n'è andato da quasi un
anno, quando in Elsa comincia a prendere forma la città
delle
stelle. Una notte, durante un attacco più violento del
solito,
mentre sentiva nel buio il ghiaccio arrampicarsi sulle pareti
tutt'attorno, e mentre il sangue le rombava nelle orecchie,
pensò
alla paura come a un pugnale. La vide farsi sottile come una
stalattite, affusolata e tagliente, e poi conficcarlesi nel petto.
Più più e più volte la paura la
squarciò, e dalla sua pelle
sbrindellata colava un sangue argenteo, luminescente contro il buio,
che formava ai suoi piedi una pozza perfettamente ovale, come uno
specchio: era il dolore. Stratificazioni di dolore liquido che
improvvisamente vide ergersi, sempre più in altro, a forma
di picchi
torri minareti, in alto sempre più in alto, verso un cielo
trapunto
di stelle elettriche, e il dolore non smetteva di montare come una
follia, come una città irta di ghiaccio, la sua
città delle stelle,
la città del dolore.
- La ammirò stagliata sopra
di sé, abbacinante nella luce troppo intensa. La tempesta
era
finita. Solo quiete bianca attorno.
- Salì i primi gradini di una
scalinata lunghissima, che si inerpicava verso chissà quale
torre là
in alto. Il suo respiro era tornato regolare. Non faceva più
freddo.
- La scolpì lentamente negli
anni, con pazienza infinita, e ogni volta vi tornava come a un
rifugio dalla paura.
- La città delle stelle era
un deserto di ghiaccio.
***
- Note
random di natura
culturale:
- a) il libro scritto
dallo straniero misterioso è in realtà
“Le città invisibili” di Calvino.
- b) lo Straniero
Misterioso è ispirato contemporaneamente al Sandmen di
Hoffmann e a
un personaggio di Poe.
- c) grammofono e
dagherrotipia (la proto macchina fotografica) sono stati inventati
ben dopo il 1830, anno in cui vorrebbe essere ambientata la
fanfiction. Ma alla fiction frega un tubo della storia,
perciò meh.
- d) il francese era
lingua comunemente usata nell'Europa centrale del 1800, ma non so se
valesse anche per la Norvegia. Io faccio finta di sì.
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Capitolo 3 *** Un ballo ***
03. un ballo
- Grazie
a chi legge e a chi recensisce!
- Avvertenze
essenziali qui in alto, per i blabla (utili ma chilometrici) vi
rimando a fondo pagina:
-
1.
è un ballo, e come tale ci vuole musica: probabilmente si
tratterebbe di un Valzer, ma a me piace di più immaginarlo
con questa: https://www.youtube.com/watch?v=phmz9uRG4E8
-
2. il raiting si
è alzato per... ragioni. Signor Walt, se puoi, perdonami,
perché ho molto peccato.
-
-
03. Un ballo
-
- [età
adulta]
- La
sala da ballo vortica di gonne, i tacchi degli stivali ritmano
energicamente la danza. La musica e lo schiamazzo dei ballerini
è
talmente forte da far oscillare impercettibilmente i cristalli
dell'enorme lampadario.
- Tonde
gocce di cera cadono sulle teste e gli abiti degli invitati, che non
se ne danno minimamente pensiero: è occasione di scherzi da
parte
degli uomini, di risolini da parte delle donne.
- La
danza si insinua a onde larghe per tutta la sala, anche tra i
divanetti sempre più gremiti e i capannelli addossati alle
pareti: i
servitori in nero fendono sinuosi la folla, sottili e silenziosi,
riempiendo bicchieri e raccogliendo quelli caduti. Alcuni uomini
hanno appena trascinato sulla terrazza un invitato troppo ubriaco per
reggersi sulle proprie gambe.
- Prima
di sparire tra le tende ha urlato: Lunga vita alla Regina!,
accennando un brindisi a cui chi assisteva ha risposto con uno
scoppio di risa.
- Le
dame sedute a fianco di Elsa borbottano qualcosa; lei si limita a
guardare fissamente la sala, senza prestare minimo ascolto alla
conversazione.
- E'
molto tardi, ma la festa è ancora viva: vede qualche coppia
venire
assorbita ridacchiando dal buio del giardino, nonostante fuori
scrosci una pioggia torrenziale.
- C'è
un'afa spessa, l'odore dolciastro di sudore e profumi da duecento
franchi.
- Elsa
richiama con un cenno un servitore: sorseggia lentamente il bicchiere
di nuovo pieno. Da dietro l'orlo guarda i sorrisi e i visi paonazzi
delle gentildonne appese al braccio di altrettanti gentiluomini
sfilare davanti a lei.
- Sanno,
pensa.
- Tutti
sanno e aspettano solo un passo falso.
- Appena
a un divanetto di distanza da lei, attorniata dalla sua propria
corte, sta la vera regina della serata, la festeggiata: in
taffetà
grigio a ricami dorati, gli occhi color acciaio sorridenti del
trionfo, siede l'amante di suo marito.
- La
festa, che inaugura da sempre la stagione estiva nel maniero dei
Westergaard, è stata posticipata dal Re unicamente
perché lei
potesse parteciparvi, di ritorno da un viaggio in Germania.
- E'
una donna matura, dell'età di suo marito: la loro relazione
-come
l'aveva informata una lunghissima lettera di Anna- è
sopravvissuta a
due matrimoni di lui, e certo non c'è da aspettarsi che il
terzo,
dichiaratamente di convenienza, con la sovrana di un insignificante
regno tra i fiordi, possa scalfirla in alcun modo.
Nemmeno se la terza moglie è la Strega delle Nevi in
persona.
- Lunga
vita alla Regina!
- Elsa
immagina gli sguardi di tutta la sala trafiggerla, inchiodarla ai
cuscini del divano, sezionarla con mormorii di scherno che guizzano
d'orecchio in orecchio, di risolino in risolino.
- Viva
la Regina!
- Hanno
scommesso, si
dice.
Sono venuti per vedere uno spettacolo: vogliono vedere se la strega
farà calare un nuovo inverno o se davvero ha il ghiaccio nel
cuore.
- Lo
sforzo di non lasciare trapelare che una patina di formale educazione
l'ha irrigidita sul posto. Sente il sudore appiccicarle l'abito alla
schiena.
- Persino
Hans, a inizio serata, già circondato di giovani dame al
tavolini
dei liquori, l'aveva fissata sfacciatamente sorridendo, il bicchiere
alzato in un muto brindisi di buona fortuna.
- Lunga
vita alla regina!
- Elsa
sente l'aria farsi sottile sottile attorno a lei, come il principio
di uno svenimento. Si alza improvvisamente scusandosi con un filo di
voce: Siete sicura di sentirvi bene, Maestà?
Volete che si
facciano portare i sali? Volete essere accompagnata, volete un aiuto,
povera cara? Volete...
- Le
voci delle gentildonne suonano mielate, colano sul suo orgoglio
ferito come sale.
- “Sto
bene, grazie. Ho solo bisogno di un po' di... di...
scusatemi...”
- Elsa
oltrepassa silenziosamente la corte ridente della Regina di fatto,
l'unica maestà rimastele è nelle movenze.
- Procede
in mezzo alla folla rispondendo debolmente agli omaggi; si ferma sul
bordo della pista da ballo, ed è davanti alla calca
ondeggiante,
colorata, viva, nel mezzo della sala rischiarata a giorno gremita di
gente che pensa: non ho un posto in cui fuggire.
- Rimane
immobile ai margini della pista, col bicchiere vuoto ancora in mano,
premuta da tutte le parti da gomiti gonne schiene.
- Poi,
il suo sguardo fisso registra, oltre le teste dei ballerini, la
figura imponente del Re. E' con una strana leggerezza che le pare di
portarsi fino a lui, di salutare l'ammiraglio con cui sta
conversando e di chiedergli in prestito il marito per un ballo.
- Re
Mark si accomiata con un sorriso divertito; le toglie il bicchiere e
la conduce mano nella mano tra i danzatori.
- Inchini
da ogni parte mentre procedono.
- La
musica è fortissima, la pioggia ha spalancato di botto una
finestra
e ha bagnato alcune dame.
- Risate
tutt'attorno.
- Elsa
si ripete, come in sogno, la scoperta improvvisa: Non
c'è un
posto in cui possa scappare.
- “Sei
bellissima stasera, mia cara” le dice il Re trascinandola con
sicurezza nell'unduettrè.
- Le
sue mani sono calde contro i guanti gelidi di Elsa; lei si lascia
cullare dal dondolio della danza. Se lui la lasciasse andare in quel
momento, è sicura che continuerebbe a volteggiare come una
foglia,
leggera tanto leggera nella sala piena.
- Ma
re Mark la tiene salda a sé, elegantissimo in alta uniforme
e
radioso di gioia.
- Sentendole
le spalle tremare, la stringe ancora più forte al suo petto.
- “Hai
visto mio nipote?” le domanda spensierato all'inizio del
secondo
movimento.
- “No...”
mormora Elsa, un po' trasognata. “Solo a inizio serata, al
tavolo
dei liquori.”
- “So
che ti cercava.”
- La
Strega delle Nevi, la Viceregina, guarda la sala piroettare attorno a
lei; il lampadario è a picco su di loro, disegna iridescenze
volubili sulle balze delle gonne e sulle mostrine.
- “Impossibile.
Era... in compagnia.”
- “Mi
sarò sbagliato, allora”, e il Re sorride come chi
la sa più
lunga.
- A
fine danza gli applausi avvolgono la coppia reale.
- Il
Re le bacia galantemente il dorso della mano; come da manuale le
domanda se vuole concedergli un altro ballo.
- Elsa
ringrazia altrettanto educatamente, e scusandosi torna a sedere.
- Il
chiasso la avvolge.
-
*
-
-
- “Lascia pure la luce.”
- “Come volete, Altezza. Buona
notte.”
- Si
è lasciata scartare dall'abito come da un'armatura.
- Ripone
i guanti in un cofanetto. Lo specchio getta lame d'oro sul pavimento.
- Infine,
se ne sono andati tutti, sparendo con le giacche tirate sulle teste
nelle sagome delle carrozze tamburellate dalla pioggia.
- E'
tardi. Mancano poche ore all'alba, ma Elsa non ha sonno. Solo, una
grande spossatezza le indolenzisce le ginocchia.
- Guarda
a lungo il letto vuoto con le coperte perfettamente tirate; il buio
ha inghiottito gli angoli della stanza, mescolato al freddo.
- Eppure,
non me l'aspettavo così.
- Il
pensiero non è rivolto a nulla in particolare, non alla
donna in
grigio, non alla festa, non al suo matrimonio.
- “Non
me l'aspettavo così”, dice agli oggetti della
scrivania, per
sentire che effetto fa detto con la sua voce.
- Altre
gabbie, più grandi, più dorate, avvolte attorno
alla scatola che
era la sua cameretta di bambina terrorizzata, si stagliano da sempre
attorno a lei, inimmaginabili. Hanno sbarre sorridenti educate che
sembrano cantare in coro Lunga vita alla regina!,
e torreggiano su di lei, la stringono, ed Elsa non ha mai pensato,
non ha mai immaginato, non...
- “Io
non credevo che... non immaginavo... io...”
- Il
tremore delle spalle fa precipitare le lacrime sul suo petto. Elsa
piange e ogni respiro è un tremito.
- Sta
così a lungo, mentre la pioggia scema; ormai è
solo un picchiettio
sui vetri.
- Improvvisamente,
Elsa si alza, quasi si getta sulla scrivania. Un foglio, subito, e
una penna, l'inchiostro caracolla nel boccetto.
- Anna.
- Se
Anna fosse qui, se Anna ci fosse, se Anna... lei sa il modo, lei lo
sa, lei trova ogni strada, se Anna sapesse... Anna.
- Elsa
fissa con occhi liquidi la carta di lettere.
- Anna
è all'ottavo mese: se le arrivasse un semplice Vieni,
non
esiterebbe a precipitarsi, lei e i suoi nove chili di bambino in
grembo.
- Il
respiro si è fatto quieto.
- Mio
marito si scopa la donna che ama da sempre è
persino più
ridicolo di Vieni.
- Elsa
si lascia scivolare sulla sedia, ripone lentamente la penna.
- Chiude
gli occhi e sente la stanchezza come drenarle i sangue. Fa freddo.
- Non
ho più un posto in cui fuggire, Anna, pensa.
Mi hanno presa,
finalmente. Io non credevo proprio che la vita fosse così...
-e
qui il pensiero sfuma.
- Si
sente leggera come mentre ballava con suo marito.
- Io
sono sola.
- Si
corica.
- Fuori,
un tuono lontano, poi un altro e un altro e...
- La
pioggia tamburella sulle sue palpebre chiuse. Dilava i pensieri, la
trascina dolcemente nel sonno.
- *
- E
come un miraggio, il suo castello.
- Le
colonne di ghiaccio sfolgorano perfettamente lucide proprio come
allora, il sole incendiato contro la neve del picco.
- Tutto
è immobile.
- Quando
posa il primo passo sul ponte non si sente nulla: anche i suoni sono
stati congelati.
- Sale
lentamente, dietro di lei lo strascico si allunga come un sogno a
coprire la scalinata.
- Elsa
vede il proprio riflesso guizzare sugli scalini: è quella di
allora,
altrettanto giovane.
- E'
un richiamo lontano, un ricordo incastonato nella montagna. Lo guarda
farsi sempre più vicino, riempire il cielo dei suoi
pinnacoli.
- Il
portone si apre senza un rumore.
- Ogni
cosa è identica ad allora, se non che al centro della sala
sta un
trono dallo schienale altissimo. E' ricoperto di pelli, e su queste
Hans.
- Elsa
lo lo scruta immobile; da lontano, un gorgogliare lento di sangue
nelle tempie.
- E'
come allora, come il giorno della sua incoronazione: la giacca
bianca, le mostrine lucide, i guanti, gli stivali.
- I
suoi occhi verdi la guardano come non hanno mai fatto, mentre si
accomoda sulle pelli per mostrarle meglio quanto sia nudo dalla vita
in giù.
- Al
cenno di avvicinarsi, Elsa obbedisce.
- Non
riesce a smettere di guardarlo; indugia sul cazzo eretto tra le cosce
bianche di marmo.
- Sono
così vicini, improvvisamente.
- E'
giovane, tanto giovane con gli zigomi arrossati e i capelli
fiammeggianti, così bello...
- Il
piacere è languido come una malinconia quando lui allunga
una mano
per carezzarle un seno.
- Elsa
lascia andare il respiro che non sa di avere trattenuto.
- Si
ritrova nuda tutto d'un tratto davanti a lui, in piedi tra le sue
ginocchia divaricate.
- Sospira
ancora, e questa volta le mani sono due, e la stringono forte, la
toccano da farle male, ma non ha alcuna importanza; posa le sue sul
dorso di quelle di lui, a incoraggiarlo.
- Hans
la guarda con gli occhi inscuriti dalla voglia mentre continua a
toccarla ovunque ed Elsa ha il respiro spezzato solo per quello
sguardo.
- Una
mano scivola lungo il suo fianco, la arpiona dietro al ginocchio, e
lei si trova in braccio a lui, i sessi che sfregano piano, le dita
affondate nella carne del suo culo.
- Il
respiro la bocca la lingua di lui è contro il suo seno,
tutto è
talmente caldo così caldo solido che Elsa si aggrappa
affannata
contro le sue spalle gemendo piano e lui sfrega tutta la sua
lunghezza sulla sua fessura in un movimento estenuante, lento che...
che...
- La
prende forte mordendole la spalla e il piacere è caldo oh
così
caldo e dolce da far male.
- Sente
i propri respiri rotti, un singulto soffocato nel collo di lui.
- Si
puntella sulle braccia di Hans per cercare di andargli incontro, per
inseguire il ritmo folle dei suoi fianchi, ma lui la afferra per i
polsi con un ringhio e la tira nuovamente contro il proprio petto; la
bacia mordendole le labbra, lei risponde tutta lingua dolce molle
arrendevole, i gemiti di entrambi mescolati coi respiri, con...
- Gli
occhi di Hans sono scuri e le labbra rosse lucide; se la stringe al
petto quando la fa venire, accarezzandole delicatamente i capelli
mentre le mormora con dolcezza oscenità che lei non riesce a
capire.
La culla sopra di sé finché anche lui non viene e
tutto attorno
trema si dissolve il freddo cala e svapora sui loro corpi liquidi di
piacere così caldi così-
- Elsa
si sveglia di soprassalto.
- Il
cuore le martella nel petto nel collo nella figa, e la luce dell'alba
entra rosata dalla finestra.
- Con
le dita un po' tremanti si trova completamente bagnata.
- Ricade
sui cuscini e ascolta il battito farsi sempre più quieto.
- Il
baldacchino del letto matrimoniale è pieno di ombre azzurre.
- Tra
tutti, proprio Hans.
- Elsa
contempla straordinariamente calma il sogno, soffermandosi sui
particolari più osceni. Ogni eccitazione è
svanita
mentre elenca tutti gli attributi di Hans: quasi omicida, nipote e
ora uomo di fiducia di suo marito, ex principe, ex prigioniero.
- Ha
degli occhi molto belli, però,
si trova a pensare prima di soffocare una risatina quasi isterica.
-
- ***
- Sarete
confusi e vi capisco: si tratta di una fanfiction frammentaria, che
non vuole raccontare una storia per filo e per segno, e per questo
molti anelli di congiunzione degli eventi sono completamente saltati.
Se l'incompletezza della storia vi infastidisce, me ne dispiaccio, ma
non ho intenzione di scrivere altrimenti.
- Fornisco
qui, per chi è interessato, una visione
più complessiva della
vicenda:
- All'età
di 25 anni, messa alle strette da ragioni politiche, Elsa sposa re
Mark Westergaard, lo zio più giovane di Hans. E' un uomo
maturo (ha
passato i 50 anni) di genio politico e militare; ha alle spalle due
matrimoni e due figli maschi. Ha preso in moglie Elsa per
convenienza, nonostante abbia un'amante storica, una donna di corte
senza alcun titolo.
- Re
Mark odia quanto Hans il ramo principale dei Weestergaard,
perché,
in quanto ultimo dei figli cadetti, ha dovuto subire delusioni
continue. Poco dopo il matrimonio con Elsa, riesce ad avere la meglio
in campo politico sui fratelli di Hans, che ora governano le Isole
del Sud; forte della vittoria, oltre a convenienti concessioni
commerciali, ottiene la scarcerazione di Hans per umiliarli e per
servirsene come consigliere.
- Elsa
si ritrova in una corte straniera, con un marito che non ama e non la
ama, una donna che la scalza di fatto dal suo ruolo di regina e il
suo quasi assassino.
- All'epoca
dell'episodio raccontato in questo capitolo Elsa e Hans non provano
odio né amicizia l'uno nei confronti dell'altra, tacitamente
hanno
deciso di seppellire il passato. A volte conversano assieme e questo
è quanto.
- E
ora, veniamo alle vere e proprie note (i
lamenti e le scuse)
dell'autrice:
-
1.
Debbo scusarmi in ordine sparso con: il comitato genitori, la Walt
Disney Company, i lettori e la mia coscienza. Mai scritto scene
erotiche, e che la prima sia proprio su personaggi di un cartone
animato fa un effetto... lurido, ecco.
E poi mi scuso per lo stile: è volgare, ma vi assicuro che
non l'ho fatto per ostentazione di oscenità! Semplicemente,
trovo ridicole le trite perifrasi per indicare tutto ciò che
concerne la sfera sessuale, e non ho la fantasia né la
voglia di trovarne di migliori. La scena poi vorrebbe essere simbolica
di una condizione esistenziale repressa al limite, che trova sfogo solo
nella fantasia più rozza, non essere erotica nel senso di
“eccitante”. Scusate ancora l'orrendezza, ma
proprio non sono riuscita a fare di meglio u____u
-
2.
Il ballo. Grrr. Che odio. Una fatica immane per cercare di catturare il
macello che di solito c'è alle feste. Volevo dimostrare che
anche nell'1800 ci sapevano fare in quanto a sballo xD Ma l'atmosfera
ancora non mi convince.
-
3.
Non c'entra e
non ve ne frega nulla, ma lo dico lo stesso: ho scritto la scena
incriminata mentre ascoltavo "Inverno" di Vivaldi. E la cosa, non so
per quale ragione, ha dell'esilarante e del grottesco al contempo.
- Grazie
per avere letto (non c'è bisogno che vi dica che recensioni
e
critiche sono più che ben accette)! Alla prossima!
|
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Capitolo 4 *** La Regina delle nevi ***
- Grazie
grazie e ancora grazie a chi recensisce e a chi legge! *^*
- Note,
link e robaccia varia in fondo, le cose
veramente importanti
qui di
seguito:
-
1.
Come ormai siamo abituati, c'è musica (una vecchia
conoscenza, tra l'altro): https://www.youtube.com/watch?v=kbQyXXOOz-c&list=LLeqWheOMsl0MklkF9hKgq4A&index=1
-
2.
Importante! Nel capitolo vi sono cenni espliciti a pensieri di morte.
Siete avvisati.
-
3.
Sono presenti svariati riferimenti al racconto di Andersen
“La Regina delle Nevi”, al quale è
ispirato Frozen. Non è assolutamente necessario avere letto
il racconto per capire la fiction (per quello ci pensano le note a
piè pagina * risata nervosa * )
- 04.
La Regina delle Nevi
- [età
adulta]
- Cadono
gli anni friabili come foglie.
- Elsa
non si trova molto cambiata dal ballo di alcuni anni fa, e al
contempo si sente stanca, tanto più stanca: a volte pensa
che il
tempo l'abbia limata da dentro.
- Sta
tornando l'inverno; il giorno punteggia notti che si allungano come
sogni.
- “Posso
fare qualcosa per dissipare il velo di malinconia di vostra
Maestà?”
- Hans
l'ha raggiunta alla finestra canticchiando un motivetto; la prende
per i fianchi.
- Elsa
lo lascia fare mentre poggia con la schiena contro il suo petto
caldo.
- Sono
amanti da... non ricorda nemmeno da quanto tempo.
- Erano
passati mesi, prima che lui si accorgesse degli sguardi lunghi che
Elsa gli lasciava scivolare sulle spalle. Una sera d'autunno, mentre
giocavano a whist sulla terrazza, l'aveva sfiorata da sotto il
tavolino, davanti alle gentildonne e agli uomini che ridevano e
fumavano sigari.
- Non
si erano nemmeno guardati; lui continuava a canzonare un vecchio
maresciallo che perdeva da tutta la serata, mentre con le dita le
carezzava l'interno molle del ginocchio.
- Doveva
essere avvampata, perché la moglie del maresciallo aveva
chiesto,
accorata: State bene, Altezza? Come siete rossa! Volete che
si
chiami un dottore? Non avrete la febbre?
- Aveva
balbettato qualcosa ma Hans l'aveva interrotta: “Signora, non
dite
sciocchezze: in virtù delle sue... peculiari
qualità, sappiamo bene
che sua Altezza non può ammalarsi. Non è
vero?”
- L'aveva
guardata sorridendo mentre le stringeva l'interno della coscia.
- Ha
lo stesso sorriso sornione, quando Elsa si volta nell'abbraccio.
- “Sei
quasi più triste del solito, mia cara.”
- La
contempla scostandole una ciocca dagli occhi liquidi, che ultimamente
sembrano sempre supplicarlo in silenzio.
- “Non
che non ti doni, la tristezza”, le mormora contro le labbra.
- Elsa
si lascia baciare in quella maniera un po' languida, come fa sempre
lui.
- Quando
Hans traccia il profilo del suo collo con la bocca, apre gli occhi:
il soffitto dei suoi appartamenti è rischiarato dal camino
che
brucia dirimpetto al letto.
- Tutti
gli oggetti sono dove li ripone o dove vengono sistemati dai
domestici, gli abiti nello spogliatoio, le collane nel portagioie, i
guanti nei cassetti, ed Elsa sa che tutte queste cose non hanno alcun
valore per lei. Sono sue, eppure in tanto tempo non si è
depositato
nulla di lei in quel castello: se dovesse sparire domani, nulla
racconterebbe la sua presenza.
- Non
lascio già più impronte, pensa.
- Sente
Hans, col respiro un po' pesante sul suo collo, premersi contro di
lei, toccarla da sotto la gonna -si è arricciata attorno ai
suoi
avambracci, stringere quella pelle alla quale Elsa da qualche tempo
si trova a pensare come a un involucro sottile da cui sgusciare piano
in una sola notte.
- Un
dolore come una nausea le sale dal cuore.
- “Hans...”
- Credendolo
un incoraggiamento, lui se la spinge ancora più contro il
petto.
Torna a baciarla con foga, le dita corrono ai nastri del suo
corsetto.
- “Hans...
Hans!”
- Hans
la guarda un po' sorpreso divincolarsi nel suo abbraccio come un
animale braccato; allenta la presa fino a tenerla delicatamente per
la vita.
- Ancora
quegli occhi supplicanti su di lui.
- “Devo
avere frainteso”, sussurra contro il palmo della sua mano,
prima di
baciarlo piano.
- Si
allontana, lasciando Elsa guardarlo dirigersi con disinvoltura
all'armadietto dei liquori.
- Gli
stivali, l'anta, i bicchieri, la bottiglia producono suoni secchi nel
silenzio della stanza.
- “Allora,
vediamo” , fa Hans, tornando verso Elsa, impalata dove
l'aveva
lasciata. Quando fa il gesto di offrirle il secondo bicchierino, lei
si limita a continuare a guardarlo.
- Senza
esitazione Hans beve per entrambi.
- “Vediamo.
Niente sesso, niente alcool... forse vi andrà di ballare,
Altezza?”
- Elsa
capisce che è arrabbiato dal modo con cui l'afferra per un
fianco e
se l'attira vicino, nonostante le sue deboli proteste.
- La
trascina in una danza i cui unici accompagnamenti sono lo
scricchiolio del parquet e il crepitio del fuoco.
- Poi,
inizia a canticchiare il motivo di prima; glielo sente vibrare in
tutto il petto.
- “Belle
nuit, o nuit d'amour, souiris a nous ivress”, lo
sente cantare
contro la sua tempia, ed è come se la melodia tirasse mille
fili
della memoria che si riannodano contemporaneamente.
- “Cosa?”
- Hans
continua a cantare e a sospingerla nel ballo.
- E'
la stessa di quello straniero di tanti anni fa, l'unico ballo mai
ballato con suo padre.
- Bella
notte, o bella notte d'amore, sorridi alle nostre gioie, notte molto
più dolce del giorno, o bella notte d'amore!
- L'aveva
cullata tanto dolcemente per la sala e lei aveva provato una gioia,
una gioia talmente piena che aveva sospeso per un attimo ogni paura.
- “Hans...”
- Lui
sembra non sentirla.
- Il
tempo fugge, e porta via le nostre tenerezze per sempre! Il tempo
vola lontano da questo luogo gioioso e non fa ritorno.
- Per
un solo istante, la felicità d'allora riverbera tutti i
giorni che
sono seguiti: le braccia di suo padre le sembrano così
calde, ora,
l'ultimo scudo contro il dolore che sarebbe venuto, come se avesse
saputo, come se fosse già un addio.
- Elsa stringe le spalle di
Hans; lo chiama, ma lui non ha intenzione di ascoltarla. Alza la
voce, canta sempre più forte.
- Appoggia la testa alla sua
spalla.
- Se si potesse morire di
nostalgia, come sarebbe dolce! dolce come lasciarsi andare in un
gorgo quieto, inesorabile, sempre più giù.
- “Voglio andare via”,
mormora.
- Lo ripete ancora più piano,
chiudendo gli occhi.
- E' quando lui si è fermato
e tutto attorno tace che lei si accorge di stare piangendo; trema
forte contro il petto di Hans, come la bambina di allora piangeva
nella camera che non ha mai abbandonato.
- “E dove vorresti andare?”
- Hans la guarda freddamente;
le braccia gli pendono lungo i fianchi, non la tocca più.
- “Vorresti tornare ad
Arendelle? Da Anna? E poi? cosa farai?”
- “Io... non lo so... Voglio
solo andare via, lontano-”
- “Dove, Elsa? Lontano
dove?”
- Il viso di Hans è contratto
dalla rabbia; non sta urlando, ma Elsa si sente piccola piccola di
fronte a quello sguardo.
- “Non importa... Non ce la
faccio più... Io... Portami via, Hans.”
- La sua voce si è ridotta a
un piagnucolio contro la spalla di lui.
- “Ancora con questa
storia.”
- Hans la scosta. Il vuoto
improvviso del suo corpo è riempito dal freddo.
- La sua sagoma riempie il
caminetto, gettando ombre lunghe nella stanza.
- “Non ci sarà mai un posto
lontano abbastanza per te.”
- “Hans, ti prego-”
- “Non c'è nessun posto,
Elsa”, urla Hans “abbastanza lontano! Non ci
sarà mai un luogo
al sicuro dalle tue paure! Guardati... guardati! Non c'entrano
più
nulla i tuoi poteri. Da quant'è che sono sotto controllo?
Anni? Non
puoi continuare a fuggi-”
- “Ti prego... Hans”,
singhiozza Elsa. Gli ha quasi preso una mano, quando lui la ritrae
violentemente.
- “Smettila di guardarmi
così!”, grida Hans.
- Si fissano; i bagliori del
fuoco riempiono di ombre il viso di lui.
- La sua voce suona ferita,
improvvisamente bassa come un ringhio.
- “Con quegli occhi... Come
se fosse colpa mia. Come se mi chiedessi di farlo ora.”
- Elsa ascolta il proprio
respiro farsi più calmo; il suo sguardo gli accarezza il
volto,
ancora una volta pieno di malinconia.
- Perché non mi hai
uccisa
quel giorno?
- “Solo così sarebbe
abbastanza lontano, eh Elsa? E' questo che intendi.”
- Non si guardano più.
- Sentirlo dire da lui è come
trovare una parola che si ha sulla punta della lingua.
- Elsa contempla l'idea in
maniera straordinariamente serena, come se ci fosse sempre stata,
ammantata da tortuosità di pensieri che altro non
conducevano che
lì.
- “Sì”
- Si asciuga le guance.
- “Sarebbe stato sicuramente
meglio che tu mi-”
- “Taci.”
- Il silenzio ristagna tra
loro a lungo, Hans seduto sul letto, la testa tra le mani, Elsa in
piedi, appoggiata al camino.
- La sua mente è ad anni luce
da lì; non si accorge di essere rimasta sola nella stanza.
*
- Nevica leggero; stria di
bianco la massa delle montagne, bagna come un pianto i tetti delle
case addormentate.
- Non è stato il tempo a
limarla, pensa Elsa, seduta alla finestra.
- Il paese giace sotto di lei.
- E' stata la città,
sì, la
Città delle Stelle a mangiarla, a farla sempre
più sottile.
Troneggia nella sua mente vuota di tutto, altissima algida
abbacinante.
- Io l'ho costruita, io ho
fatto la mia tomba giorno per giorno, io l'ho fatta a mia immagine.
- La chiama da sempre con
silenzi profondi come voragini e al contempo tanto familiari.
- Il silenzio dentro l'androne
di ghiaccio del suo castello, quel giorno, parlava lo stesso
linguaggio.
- Com'ero felice,
e ripensa alla gioia di vederla brillare di ghiaccio, farsi cosa tra
le cose a un suo solo gesto, lei, la città invisibile
diventare
visibile, come un miraggio.
- Ero proprio felice. Se
fossi rimasta, se fossi...
- Il cielo si sarebbe arcuato
sopra di lei, notte dopo notte, le stelle sfolgoranti come nei suoi
sogni. Si sarebbe lasciata andare dolcemente, e il suo corpo si
sarebbe fuso finalmente alle colonne, incastonato per sempre nella
dimora della solitudine.
- Se potessi...
- Fuori, continua a nevicare.
- *
- E' notte fonda quando Hans
sente la porta della sua camera aprirsi. Uno spiffero gelido entra
fin sotto le coperte.
- “Elsa?”
- E' buio, ma distingue una
sagoma in piedi sull'ingrasso.
- “Cosa ci fai qui?”
- “Volevo scusarmi per
questa sera.”
- La voce di lei è debole, ma
ferma.
- Hans si tira su a sedere
contro la spalliera, fa per cercare a tentoni la candela sul
comodino.
- “Non l'accendere, per
favore.”
- Il letto cigola quando si
siede sul bordo del letto.
- Anche nell'oscurità, il
bianco degli occhi di lei è visibile, appare e riappare
sotto le
palpebre.
- Si guardano per un po'. Hans
allunga una mano per stringere quella di Elsa. Al tatto, sente che
indossa qualcosa simile a una pelliccia. Infine, le trova le mani
ghiacciate.
- Le bacia entrambe sulle
nocche.
- Elsa si china su di lui,
posa il viso contro il suo collo, e Hans l'abbraccia, la stringe in
silenzio. Rimangono immobili, sentendosi respirare piano.
- Dopo un lungo tempo, Elsa
gli bacia impercettibilmente il collo, poco più che un
contatto
delle labbra sulla sua pelle. Traccia il profilo degli zigomi, della
mascella; si ferma contro il mento.
- Hans la sente puntellarsi
contro le sue spalle e guardarlo in viso. Gli posa un bacio sulle
labbra.
- Ed è in quel momento che
una fitta, come una pugnalata, gli trapassa il cuore, lì
dove Elsa
ha poggiato la mano.
- Urla, la spinge via perché
è un dolore, un dolore un dolore un dolore come sentirsi
spaccare il
cuore-
- Elsa è di nuovo su di lui,
gli stringe la testa al petto carezzandogli i capelli; gli sussurra
piano all'orecchio, e il freddo spegne in lunghi spasmi il dolore,
come un assideramento.
- “Calmo. Non fa più
male... Senti? Non fa più male. Non fa male.”
- Continua a tenerlo tra le
braccia anche quando tutto è finito. La guancia di Hans
è gelida
premuta sul suo seno.
- Elsa lo scosta; Hans la
guarda di rimando, freddo quando le accarezza le braccia -la
pelliccia è scivolata a terra.
- Lo bacia di nuovo sulle
labbra.
- “Vestiti”, gli dice
mentre si alza dal letto. “E' ora di andare.”
- *
- Non ci fu mai più una
tempesta come quella notte.
- Alla mattina, le strade
parevano allagate: fu un bel daffare vangare tutta quella neve!
- I candelotti alle grondaie
gocciolarono per settimane, prima di sciogliersi.
- La Strega delle nevi era
scomparsa e non se ne seppe più nulla.
- *
- *
- *
- Uno scoppiettio allegro
risale il promontorio; il sidecar caracolla un po' ondeggiante fino
alla spiaggia di Nordkinn.
- A un centinaio di metri dal
mare, il guidatore scende; si libera del casco e degli occhiali, che
getta nel posto del passeggero. Sotto, un secondo paio di tondi
occhiali neri sfolgorano nella luce grigia. Inspira a pieni polmoni
mentre si incammina verso la città di ghiaccio, arroccata
lungo la
scogliera.
- “Ah! Proprio un gran bel
lavoro, signorina, devo ammetterlo: un gran bel
lavoro!”,
grida per sovrastare lo sciabordio dell'acqua, in direzione della
donna che gli si sta facendo incontro.
- “Vedo che hai seguito il
mio consiglio!”
- Lo Straniero si ferma
accanto ad Elsa, abbracciando con lo sguardo le torri a picco sul
mare. Nulla in lui è cambiato da tanti anni fa: ha lo stesso
completo nero di allora.
- “Orizzonte d'acciaio. Le
si addice.”
- Elsa non sembra
particolarmente sorpresa di vederlo.
- “L'hai migliorata, dalla
prima volta: adesso è una vera città, non un
semplice castello.”
- “E' soddisfatto?”
- “Devo proprio dire di sì,
mia cara signorina. Pardon, signora. Vedo che
è in
compagnia”, si corregge vedendo Hans seduto sulle rocce della
spiaggia.
- Lo Straniero ammira per
lungo tempo la Città. Il mare si infrange in riflussi lenti.
- “Permetti se...?”, le
fa, accennando alla borsa che tiene in mano.
- Senza aspettare una
risposta, estrae un treppiedi sul quale poggia una macchina che pare
una fisarmonica.
- Sparisce svelto con la testa
dietro la tendina nera che pende dalla macchina; lo scoppio come di
un piccolo petardo, e un cartoncino scivola fuori da una fessura a
lato della scatola.
- Lo Straniero sventola il
foglietto per poi guardarlo compiaciuto.
- “Immaginazione allo stato
solido. Il dritto del rovescio di un sogno.
Straordinario...”, dice
come a sé stesso. Prosegue, alzando la voce: “Pare
che la mia
ricerca sia conclusa. Questa diventerà la regina della mia
collezione.”
- Dalla borsa compare un
libro; Elsa gli vede riporre il cartoncino accanto ad altri. Lui
richiude il libro di scatto, facendolo sparire nuovamente nella
borsa.
- Entrambi tornano a guardare
la Città.
- “Non mi chiedi chi sono?”
- Le lenti dello Straniero non
hanno più riflessi mentre la fissano. Il vento si sta
alzando.
- “No. Non mi interessa
più”, risponde Elsa, e fissa Hans lanciare
ciottoli nelle onde
della battigia.
- Lo straniero si schiarisce
la gola e comincia a recitare, con un tono declamatorio: “Così
Ella siede assisa sul suo trono di ghiaccio, perfetta immagine del
dolore nella dimora della solitudine! Hanno scritto storie
su di
te, lo sapevi?”
- Elsa non lo guarda più.
- “Ma non sei curiosa
nemmeno un po'? Gli altri erano molto interessati a sapere chi io
fissi.”
- Lei non risponde una parola.
- “Beh, fa niente.”
- Lo Straniero raccoglie tutte
le sue cose; si è messo la borsa sotto il braccio.
- “Ti dispiace se faccio un
giro dentro?”
- Elsa si volta a guardarlo;
il vento le sferza i capelli sul viso.
- “Dammi la macchina della
musica; e il disco. Poi potrai visitarla quanto ti pare.”
- “Mi sembra giusto”,
dice, per nulla sorpreso della richiesta.
- “La troverai là
dentro.”
- La lascia incamminandosi
verso la Città.
- Nel posto del passeggere
Elsa trova il grammofono e la fodera del disco; ritorna verso la
spiaggia.
- Siede accanto ad Hans,
poggiando l'apparecchio sui ciottoli affianco a sé.
- L'orizzonte è davvero
d'acciaio: lontano, una sottile linea scura incerniera il cielo e il
mare del medesimo colore.
- Elsa poggia adagio la testa
sulla spalla di Hans.
- Il
sole calerà su di loro.
- “Le
pareti del castello erano formate dalla neve che cadeva, le finestre
e le porte dai venti che soffiavano; c'erano più di cento
saloni,
secondo la forma che prendeva la neve caduta; il più grande
si
allungava per molte miglia, tutti erano illuminati dall'aurora
boreale ed erano grandi, vuoti, gelati, luminosi. L'allegria non
arrivava mai […], tutto era vuoto, enorme e gelato nelle
sale della
Regina delle Nevi.
Il
piccolo Kay era viola per il freddo, anzi quasi nero, ma non se ne
accorgeva, perché lei con un bacio gli aveva tolto il
brivido del
freddo, e il suo cuore era come un grumo di ghiaccio.”
- [La
Regina delle Nevi, Andersen, 1844]
- ***
- Come
sempre, mi scuso se la trama risulta molto oscura. Scrivo qui alcune
note che possano aiutare, per chi è
interessato, a fare un po' di
luce (ormai richiede più note questa fiction di un'edizione
scolastica della Divina Commedia, :'] ). Si tratta comunque
unicamente di indicazioni: se avete interpretato in maniera diversa i
fatti, molto meglio!
- Come
ho scritto nell'intestazione, sono presenti riferimenti al racconto
originale di Andersen. Alla fine della fiera sono risultati molti di
più e molto più importanti di quel che avessi
inizialmente pensato.
- La
Regina di Andersen è una misteriosa dama\strega delle nevi,
che
rapisce bambini per condurli nel suo immenso palazzo. Io ho voluto
raccontare come Elsa avrebbe potuto diventare quella Regina.
- Lo
Straniero misterioso può ricordare il Demone dello specchio
descritto all'inizio del racconto di Andersen: ha a che fare in un
qualche modo con i poteri di Elsa, ma non sono sicura se glieli abbia
effettivamente conferiti. In ogni caso ha voluto sfruttare le paure e
le abilità di Elsa per dare vita all'immagine tangibile di
una
fantasia.
- La
Città delle Stelle (come pure il castello di ghiaccio visto
nel
film, che ne è una miniatura) è l'allegoria di
tutta una persona;
la città è Elsa e viceversa, e assieme
condividono gli attributi
della solitudine e del dolore. Non è presente nel racconto
originale
di Andersen.
- Se
c'è qualcos'altro a cui siete interessati (o volete
insultare
l'Autrice per la sua mancanza di chiarezza), sono a disposizione. Se
le domande fossero interessanti, potrei rispondere con uno spin off;
non è una minaccia né una promessa né
pubblicità occulta a
lasciare recensioni, semplicemente ho notato che qualcuno ha fatto
domande e mi sembra un modo carino per rispondere.
- E
ora, le dolenti note
dell'autrice, totalmente a random:
- 1.
Non mi convince per nulla. Lo stile ficcyna è riemerso a
tradimento come una bolla, maledetto! Direi che tra l'ermetismo del
contenuto e la sciatteria dello stile mi sono data la famigerata zappa
sul piede, lol. Ahimè, si fa quel che si può.
- 2. Non volevo rendere Hans
così “innamorato”: inizialmente lo
volevo solo il bastardo che è nel film, unicamente
interessato a Elsa come amante. Poi... non so, sarà che il
tono della storia è virato tanto sul tragico, ma non ho
potuto rispettare le intenzioni iniziali. Ammetto che mi sarebbe
piaciuto vederli felici, ma... c'est la vie!
- 3. Se guardo retrospettivamente
le frasi e i pensieri di Elsa nei precedenti capitoli, quasi tutti
celano forti pulsioni di morte (paroloni piovono dal cielo come
polpette). Il disagio di trovarsi nel qui e ora e il desiderio di un
altrove lontano, la stessa scelta di Hans come amante (colui che l'ha
quasi uccisa), tutto gira attorno al desiderio di morire. L'intero
dialogo con Hans può essere tradotto come una richiesta di
ucciderla. Per chi se lo chiedesse: NON mi identifico in Elsa, come i
tragediografi non si identificavano con i loro personaggi. Giusto per
non vedermi venire a prendere con la camicia di forza :')
- 4. Capo Nordkinn esiste
davvero, ed è davvero la punta nord d'Europa.
- 5. Ho scritto le ultime due
scene ascoltando il Preludio di Tristano e Isotta di Wagner. Non
aggiunge né toglie nulla, ma la musica è molto
bella, nel caso interessasse: https://www.youtube.com/watch?v=J-qoaioG2UA
- 6. Lascio qui il link di una
traduzione della “Regina delle Nevi” di Andersen: http://www.andersenstories.com/it/andersen_fiabe/la_regina_della_neve
- Ringrazio
chi è giunto fino alla fine! Un saluto,
- Revan
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