Il sole, la serpe e il leone.

di Pyxis_Minor
(/viewuser.php?uid=691268)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo di settembre. ***
Capitolo 2: *** La terza profezia. ***
Capitolo 3: *** La vera vittoria. ***
Capitolo 4: *** Punizione. ***
Capitolo 5: *** Panico. ***
Capitolo 6: *** Come i gatti. ***
Capitolo 7: *** Doppio fondo. ***
Capitolo 8: *** Fiamme. ***
Capitolo 9: *** Dolce come un budino. ***
Capitolo 10: *** Assaggi. ***
Capitolo 11: *** Incredibilmente Serpeverde. ***
Capitolo 12: *** Lettere. ***
Capitolo 13: *** Fango. ***
Capitolo 14: *** Ardemonio. ***
Capitolo 15: *** Epilogo. ***
Capitolo 16: *** Epilogo Secondo. - The end. ***



Capitolo 1
*** Il primo di settembre. ***


Sentivo mia madre chiamare il mio nome dalla cucina, il rumore sordo di qualcosa che sbatteva contro la parete della mia stanza, urla indistinte provenire dalla camera di mio fratello, il leggero cinguettare degli uccelli e un debole vociare provenire dal giardino, ma soltanto quando Scorreggia mi morse un orecchio aprii gli occhi alzandomi a sedere di scatto, lanciando un debole grido di dolore. – ma quanto sei idiota? – dissi al gatto, scacciandolo dal letto con un calcio. Mi alzai sbadigliando.
La porta era chiusa, come diavolo aveva fatto quella bestiaccia ad entrare?
Presi il gatto per il collo e uscii dalla mia camera dirigendomi decisa verso quella di mio fratello.
Spalancai la porta con violenza urlando – Al, quante altre volte devo dirti di tenere la TUA bestia lontano dalla MIA camera? –
Albus Severus Potter, secondogenito del famigerato Harry Potter - nonché sua fotocopia umana - era seduto sul baule ai piedi del letto e giocava lanciando una pluffa contro il muro e riacchiappandola al volo – sicuramente consapevole del fatto che fino a pochi secondi prima c’ero io a dormire dall’altra parte della parete -Gli lanciai il gatto ai piedi, e lo guardai dritto negli occhi, cercando di assumere un’espressione quanto più minacciosa possibile. Purtroppo Albus non era il tipo che si faceva intimorire facilmente, ed io avevo sul viso ancora il segno del cuscino, quindi non riuscii ad ottenere l’effetto sperato.
Al scrollò le spalle – scusa, non c’e l’ho messo io – disse, lanciandomi la pluffa. La presi al volo e gliela rilanciai così velocemente che anche i suoi ottimi riflessi non riuscirono ad intercettarla in tempo, così lo colpì dritto in testa. – ahi! – esclamò – Dovresti dare un’occhiata alle regole del Quiddich, è il bolide che serve a colpire gli avversari, non la pluffa. – tentò di assumere un tono di rimprovero, ma le sue labbra si piegarono in un leggero sorriso. Risi – se non mi sbaglio, l’unico Potter ad essere una vera frana a Quiddich sei tu, non io. Credi davvero che abbia bisogno di ripassare le regole? –
In realtà Albus era un fenomeno sulla scopa, tanto che l’ex capitano della squadra di Grifondoro, dopo averlo visto volare, lo aveva praticamente supplicato di partecipare ai provini. Albus aveva rifiutato quell’anno, e tutti gli anni successivi. Semplicemente, il Quiddich non gli interessava. Se proprio devo essere sincera, non credo di aver mai visto mio fratello provare interesse per qualcosa – Se escludiamo Alice Paciock, ovviamente - .
- Credo che mamma ti stia chiamando – mi disse. Effettivamente mia madre stava urlando il mio nome dalla cucina da una buona mezz’ora, ma avevo deciso di ignorarla perché al momento, ricordare ad Al che odiavo il suo stupido gatto era più importante che fare colazione.
- Tu non scendi? – gli chiesi
- Per sentire ancora James parlare di come facilmente i Grifondoro vinceranno la coppa di Quiddich quest’anno, visto che finalmente è diventato capitano?
- In effetti… - scrollai le spalle – tieni Scorreggia lontano da me
- Non chiamarlo così, Lily!
- E perché? Scorreggiare è l’unica cosa che gli riesce veramente bene, credo che sia un nome più che appropriato.
Non riuscii a decifrare l’espressione che si disegnò sul viso di mio fratello. Divertimento? No, assomigliava più alla Rassegnazione.
Chiusi la porta della sua camera alle mie spalle, e scesi le scale per andare in cucina.
- Ben svegliata, principessa – mi salutò mia madre quando mi vide, sottolineando particolarmente l’appellativo per essere sicura che non mi sfuggisse l’ironia. Mi gettò due toast nel piatto.
- Siamo già in un ritardo bestiale, muoviti a mangiare. Perché sei ancora in pigiama? – continuò
- perché mi sono alzata due minuti fa – risposi semplicemente. Presi uno dei due toast e iniziai a mangiare con calma. Mamma si lasciò cadere sulla sedia di fronte la mia, si passò le mani sul viso, poi tra i capelli,e rimase infine a guardarmi, continuando a sorreggersi il capo con le mani, con l’aria di chi non dorme da una settimana.
– è tutto okay? – le chiesi.
Mi sorrise, cercando di dissimulare la stanchezza, ma le due occhiaie violacee che le si erano disegnate sotto gli occhi tradivano il suo stato d’animo. Nonostante ciò, mi sembrò comunque bellissima.
- James ha scagliato una fattura contro Rose, e il viso le si è riempito di foruncoli rossi. Rose si è infuriata e gli ha scagliato un calderone in pieno viso, e lui per vendetta le ha fatto crescere la barba. Si è chiusa in bagno e si rifiuta di uscire, ma non può ancora usare la magia, quindi non potrà fare un granché. Tuo padre sta tentando di farla ragionare. – Si passò di nuovo le mani tra i capelli rossi e con rassegnazione aggiunse – Quando si deciderà a crescere?
Scrollai le spalle, cercando di non mostrarmi troppo divertita. In quel momento James entrò in cucina.
James Sirius Potter, primogenito del famigerato Harry Potter, era probabilmente il ragazzo più popolare di tutta Hogwarts. E sinceramente, non ne ho mai capito il motivo, visto che i suoi unici talenti sono volare sulla scopa e pomiciare con qualsiasi studentessa abbia raggiunto l’età della pubertà, indiscriminatamente dal colore della pelle, dal quoziente intellettivo, dalla casa di appartenenza e dalla taglia del reggiseno. Non fraintendetemi, nonostante sia un gran rompiscatole adoro mio fratello. È sempre stato pronto a prendere le mie parti, ho perso il conto delle volte in cui si è fatto mettere in punizione per coprire qualche mia cavolata, ed è sempre stato lì, ogni volta che ne ho avuto bisogno. Mi ha protetta da molte teste di zucca che frequentano la mia scuola, mi ha consolata quando ne ho avuto bisogno, è stato un perfetto complice ogni volta che ho voluto infrangere le regole per rompere la monotonia della vita scolastica.
Ma penso comunque che sia un po’ scemo.
Dai Potter aveva ereditato soltanto i capelli neri, perennemente in disordine, il disprezzo per le regole e l’intramontabile faccia tosta. Aveva ormai superato mio padre in altezza, e la sua figura slanciata ricordava più quella di mio zio Ron. Aveva dei lineamenti delicati, labbra carnose e due grandi occhi nocciola. Anche se un po’ scemo, mio fratello era decisamente bello.
- Se riesci vai a dare un’occhiata al nuovo look di Rose, è decisamente migliorata. Voglio dire, almeno con la barba non le si vede la faccia. – mi disse, rubandomi il secondo toast dal piatto.
Mia madre lo guardò in cagnesco, e mi parve tanto minacciosa che mi chiesi come riuscisse James a rimanere lì seduto senza tremare come una foglia. – James, abbi almeno la decenza di andare a chiederle scusa. Ormai sei un uomo, e dovresti iniziare a comportarti come tale. Ho tollerato le tue stronzate per diciassette anni, non credi che sia arrivato il momento di smetterla? – il suo tono era calmo, ma il suo sguardo era fermo e non ammetteva repliche. Ginny era il tipo di donna che non amava essere contrariata.
Sul viso di James si disegnò un’espressione da cane bastonato che avrebbe intenerito anche il cuore di un troll di pietra. Un altro suo talento, forse, era quello di riuscire a farsi perdonare qualsiasi cosa.
- Okay, vado a chiederle scusa. Ma questa volta se lo meritava davvero.
Non ne avevo dubbi. Per me Rose Weasley, Miss perfezione, signorina so-tutto-io e diventerò-Primo-Ministro meritava i brufoli, la barba e anche qualcosina in più.
Mia madre parve convinta, così mi alzai con lui e uscimmo insieme dalla cucina. – ho modificato la sua spilla da Prefetto – mi disse, quando ormai eravamo al sicuro dai rimproveri di mia madre. Se la sfilò dalla tasca e me la porse. L’incisione ora recitava Perfetta Cretina. – ci penso io a mettergliela nel baule, tu vai a fingerti dispiaciuto – gli dissi.
Sorrise, e mi diede una sonora pacca sulla spalla.
Mi feci scivolare la spilla nella tasca del pigiama e salii in camera mia. Il baule era pronto, Ace era nella gabbia e avevo fatto la manutenzione alla scopa la sera prima. Mi sfilai il pigiama, posando la spilla sul comodino ed entrai nella doccia. Uno dei tanti privilegi di essere l’unica figlia femmina, nonché la più piccola e cocca di papà, era quello di avere un bagno privato in camera dove nessuna prima donna poteva rinchiudersi in preda ad una crisi isterica.
Mi lasciai coccolare un po’ dal bagnoschiuma alla lavanda e iris, ma quando sentii bussare alla porta insistentemente, capii che era arrivato il momento di andare. Forse non era il caso di perdere l’Espresso, anche quell’anno.
– Arrivo! – urlai, ed uscii dal bagno. Mi asciugai il corpo velocemente, indossai i vestiti babbani che erano rimasti sulla sedia, mi infilai la spilla da Perfetta Cretina in tasca ed aprii la porta.
- sei pronta? Dobbiamo andare, è tardissimo. – gli occhi verdi di papà mi scrutavano attraverso gli occhiali rotondi.
Da un paio d’anni a questa parte aveva deciso di farsi crescere la barba, perché, testuali parole, mi dà l’aria cattiva, di uno che deve essere rispettato.
Dubito che qualcosa potesse conferire a mio padre un’aria cattiva, ma assecondare le convinzioni degli uomini è uno dei compiti più difficili di noi donne, diceva mia madre. Mi posò delicatamente la bacchetta sulla testa, e in pochi secondi i miei capelli si asciugarono. Poi la puntò verso il baule e la gabbia di Ace, che si sollevarono in aria. Mi spostai dall’uscio per non essere investita, e i due oggetti furono scaraventati fuori, poi giù per le scale e atterrarono producendo un rumore sordo che fu seguito da un urlo di dolore.
– Ops, credo fosse Rose
Non riuscii a trattenere una risata, e anche sul volto di mio padre si aprì un grande sorriso.
– se non è già sceso possiamo dare la colpa a James – gli dissi.
Mi accarezzò i capelli, ancora sorridendo e mi spinse delicatamente invitandomi a scendere.
– Accio! – disse, e la mia scopa si sollevò dal pavimento fiondandosi tra le sue dita. – è meglio se questa la porto giù a mano – Scendemmo insieme le scale, e trovammo nell’atrio la famiglia Potter al completo, con rispettivi animali e bauli e con l’eccezionale presenza di Rose Weasley, che aveva avuto la brillante idea di passare l’ultima settimana di vacanze da noi, mentre i suoi genitori e suo fratello erano in Francia da Bill e Fleur, “per aiutare Albus a finire i compiti”.
Il pensiero che Al non avesse assolutamente bisogno del suo aiuto non aveva insospettito nessuno, ma io sapevo che la verità era che voleva semplicemente passare del tempo con l’unico membro della famiglia in grado di sopportarla, Albus Il Martire, appunto.
Ace, nella sua gabbia, aveva l’aria contrariata quanto quella di Rose, che tentava di coprire dei segni rossi sul viso con un foulard lilla.
Miss Perfezione non era più così perfetta.
Al contrario di ciò che pensavano tutti, la mia ostilità nei confronti di mia cugina non era affatto dovuta all’invidia, perché vi assicuro che non avevo assolutamente nulla da invidiarle. Ma la sua gentilezza forzata, il suo falso buonismo e l’ostentata modestia con i quali tentava di nascondere il modo in cui fosse piena di sé, la sua arroganza, e la sua puzza sotto al naso, risvegliavano un gatto impazzito che viveva da sempre nel mio stomaco, che iniziava a graffiare e mordere facendo nascere in me rimproverabili istinti omicidi.
Madre caricò i bauli in macchina con la magia, mentre Padre sigillava la porta di casa con un incantesimo. Noi quattro ci stipammo nel sedile posteriore dell’auto babbana di papà, che era stata incantata con l’aiuto di nonno Arthur. In realtà sarebbe illegale, ma il più grande privilegio di aver salvato il mondo magico è che posso fare tutto quello che mi pare. Sì, questa è un’altra perla partorita dal mio saggio papà.
Feci attenzione a sedermi quanto più lontano possibile da Rose, quindi mi ritrovai praticamente schiacciata tra James e il finestrino, con la gabbia di Ace (che era ancora molto arrabbiato per il trattamento che mio padre gli aveva riservato) sulle ginocchia.
– Pa', non potresti allargare un po’ qua dietro? Stiamo strettissimi.
Harry, seduto al posto del guidatore, spinse un pulsante posto sul volante (che dovrebbe essere il clacson o qualcosa del genere) e i posti da tre si allargarono a sei. Tutto questo, ovviamente, in modo che non fosse assolutamente visibile all’esterno.
Tutti e quattro tirammo dei respiri di sollievo.
Faceva particolarmente caldo per essere il primo settembre, il cielo era limpidissimo, senza neanche una nuvola a regalarci un po’ d’ombra. Il vento entrava violentemente dai finestrini aperti, scompigliando i capelli di tutti, con grande disappunto di Rose che tentava in ogni modo salvarli dagli schiaffi del vento.
Prima ancora di iniziare la scuola, Miss Perfezione aveva inventato una pozione capace di trasformare il nido d’aquila che aveva in testa in morbidi e setosi riccioli castani.
– Questa bambina è un genio, davvero Hermione penso che neanche tu saresti stata in grado di fare una cosa del genere – aveva detto zio Ron. 
- Non dire sciocchezze, devo ricordarti che Hermione ha preparato una Pozione Polisucco quando aveva solo dodici anni? – aveva ribattuto papà.
Hermione comunque non se l’era presa, perché era troppo intenta a coccolare il suo piccolo genio, che aveva ereditato il suo grande cervello.
– ti dispiace se la uso anche io, cara? – aveva chiesto.
- Potrei iniziare a venderla in negozio!
- Ma papà è un negozio di scherzi -
- Questo tuo cervellino ci farà fare un sacco di soldi! Perché non provi ad inventare qualcosa che… che ne so, faccia andare a fuoco i capelli?
- Non essere sciocco, Ronald. Rose utilizzerà le sue doti per fare cose più utili di creare pozioni per il tuo negozio.

A me non interessava affatto come Rose avrebbe utilizzato le sue doti in futuro, ma ero molto dispiaciuta per quei piccoli aquilotti che si erano ritrovati improvvisamente senza casa.
Probabilmente ispirato dal sole cocente, dal cielo limpido e dal vento, James iniziò ad intonare “Auguri di buon Natale, Auguri di Buon Natale” sostituendo a strofe alterne l’ultima parola con “Anale”.
E mentre Rose gli urlava di smetterla, Albus lo colpì in testa con un libro di pozioni che aveva preso chissà dove. Mamma, senza neanche girarsi, puntò la bacchetta contro James mormorando qualcosa. James tentò di protestare, ma la lingua gli si era incollata al palato facendolo cadere in un forzato mutismo. Nessuno riuscì a trattenere le risate, e alla fine persino James sorrise senza emettere un suono. Quando si rese conto che sua madre non aveva intenzione di liberarlo dall’incantesimo iniziò a tirarle insistentemente una ciocca di capelli, ma Ginny lo ignorò, decisa a godersi il silenzio per tutto il resto del viaggio.
Parcheggiammo vicino la stazione di King’s Cross e, dopo aver scaricato i bauli e averli infilati nei carrelli, ci avviammo al binario.
Come ogni primo settembre brulicava di gente, babbana e non.
- Ho visto mia madre – disse Rose, agitando un braccio per farsi vedere. Hermione rispose al saluto e ci dirigemmo tutti in quella direzione. - Com’è andata in Francia? – chiese Rose, abbracciando sua madre, prima di fare una smorfia a suo fratello.
- Oh ci siamo divertiti, i figli di Bill sono adorabili è un peccato che li vediate così poco.
Dopo che Victorie, la loro primogenita, aveva conseguito i M.A.G.O. ad Hogwarts, avevano deciso di trasferirsi in Francia e far terminare lì gli studi agli altri due pargoli.
In realtà era stata Fleur a decidere, e il resto della famiglia non aveva potuto fare altro che rassegnarsi. Con Fleur le cose andavano così. Erano stati tutti molto dispiaciuti di doversi separare, nonna aveva organizzato una festa di addio, convocando l’intera famiglia, ed era scoppiata in lacrime a metà serata, trascinando con sé anche Hermione e Fleur.
Mia madre, invece, mi era sembrata abbastanza contenta di liberarsi di Flebo, anche se ovviamente aveva tentato di non darlo troppo a vedere.
Anche per me non era una tragedia: i parenti non scarseggiano affatto nella mia famiglia, quando pensi di conoscerli tutti, scopri di avere un cugino figlio del fratello della madre della sorella di una zia di secondo grado che era stata la migliore amica di un parente di tuo nonno, e quindi ti ritrovi a dover fare i conti con un altro ramo del tuo albero genealogico. Nel mio caso ci vorrebbe quanto meno l’intera Foresta Proibita per appendere un parente su ogni ramo.
Molti di loro ce li appenderei letteralmente, con una corda intendo.
E poi la Francia non è così lontana, almeno credo.
- Papà ? – chiese ancora Rose
- Doveva necessariamente andare in negozio, credo siano un po’ a corto di personale. Ma ti manda un bacio fortissimo e ha detto che verrà a trovarti nel primo settimana ad Hogsmade
- Non ce n’è nessun bisogno – rispose Rose seccata.
Intanto Hugo mi aveva stretto in un forte abbraccio, schiacciandomi la guancia contro il mio petto. Mi sembrò cresciuto ancora in quell’ultima settimana, sarei stata pronta a giurare che quando ci eravamo salutati la mia testa arrivasse almeno all’altezza delle sue spalle. Hugo era decisamente il mio cugino preferito, ed il mio migliore amico. Era più maturo di James e Albus messi insieme, era gentile e disponibile con tutti, persino con quell’oca di sua sorella che lo trattava come venivano trattati gli elfi domestici prima della Seconda Guerra Magica. Aveva un però un piccolo problema di nervi, che gli impediva di rendere al massimo a scuola, così come nella vita.
Mi ero ormai abituata ai suoi scatti d’ira improvvisi e apparentemente immotivati, e quando iniziava a urlarmi contro mi limitavo a guardarlo con l’espressione “da calmati e poi ne riparliamo”. Così lui si calmava.
- Come mai così silenzioso? – chiese Hermione, guardando James con una strana espressione dipinta sul volto.
James guardò mia madre storcendo leggermente la bocca.
– Oh, scusa Jamie! Me ne sono dimenticata. – e sciolse l’incantesimo che costringeva il ragazzo al mutismo.
– Grazie al cielo, credevo che sarei impazzito.
- Almeno non hai fatto impazzire noi – ribatté mio padre,che però guardava mia madre. Aveva la parola ammirazione scritta negli occhi.
– Allora, direi che è arrivato il momento di andare se non vogliamo di nuovo supplicare la McGranitt di farvi arrivare a scuola via camino. L’ultima volta ero convinto che vi avrebbe sul serio espulsi tutti. - continuò.
Così, uno alla volta, con i rispettivi carrelli, bauli, gufi e gatti corremmo contro il muro che divideva il binario 9 dal 10, per raggiungere il binario 9 e 34 dal quale sarebbe partito l’Espresso per Hogwarts.
Il binario 9 e 34 era, se possibile, ancora più affollato dell’intera stazione. Il caos regnava.
Bambini troppo piccoli per iniziare la scuola supplicavano i genitori di farli partire, padri e madri facevano le ultime raccomandazione agli studenti, prima stringerli in lunghi abbracci.
Sentii una vocina stridula chiamare il mio nome, e mi voltai.
Una ragazzina dal viso rotondo e paffuto, capelli neri tagliati cortissimi e due occhi azzurri incredibilmente grandi correva nella mia direzione agitando una mano in aria. Mi si gettò letteralmente al collo, stringendomi in un abbraccio proprio come prima aveva fatto Hugo, ma questa volta la mia guancia si spiaccicò esattamente sulla sua.
Alice Paciock era la ragazza più maldestra che avessi mai conosciuto. Era capace di far esplodere calderoni solo toccandoli, di cadere lunga distesa da seduta, disarmare l’avversario sbagliato al club dei duellanti, e far impazzire l’intero corpo docenti, compreso suo padre, il nostro professore di erbologia.
- come sono andate le vacanze? – mi chiese, ma non ascoltò il mio tentativo di risposta, perché corse ad abbracciare prima James e poi Al,il cui viso s’infiammò mentre cercava di balbettare un saluto. Alice sembrò non farci caso, e stampò un bacio sulla guancia anche ai miei genitori, ad Hermione e ad Hugo, ignorando completamente Rose.
- dov’è Hanna? – le chiese mia madre
- oh, sta rimproverando Frank da qualche parte, ha rubato la bacchetta di papà e l’ha sostituita con una dei tiri vispi Weasley, quindi ora è ad Hogwarts con una bacchetta che si trasformerà in un pollo non appena tenterà di usarla.
James rise sonoramente, baciò mia madre su una guancia e diede una pacca sulla spalla a mio padre. – raggiungo Fred, è già sul treno -
-  James, mi raccomando – disse mia madre, con tono severo
- Tenta di ottenere almeno un M.A.G.O. – continuò papà. – ci accontenteremo -
- andiamo anche noi – dissi ai miei, impaziente di partire.
Mamma mi stritolò per qualche minuto, e papà mi accarezzò i capelli – ogni tanto ricordati di avere a casa un papà che ti aspetta, e scrivigli qualche lettera, okay? Ti ho regalato Ace per questo.
- Certo pa’ – risposi, baciandogli la guancia e pungendomi sulla barba - Dovresti raderti, sembri un mendicante –
- Modera i toni, signorina – avrebbe dovuto suonare come un rimprovero, ma mio padre sorrideva, guardandomi come se fossi la cosa più bella che avesse mai visto. Mi guardava come guardava mia madre. Il pensiero mi fece sorridere.
Salii sul treno trascinando il baule, seguita da Alice e da Al, che provò maldestramente ad aiutare l’amica a portare su il baule, senza che lei si accorgesse di nulla. Alla fine gli cadde sui piedi.
- Oh, scusa Al. Cerchiamo uno scompartimento insieme?
- Io e Rose dobbiamo andare nello scompartimento dei Prefetti
- Ah, già lo avevo dimenticato… oh, ciao Rose – aggiunse alla fine, come se si fosse accorta ora della presenza della ragazza.
Mia cugina le regalò uno sguardo sprezzante. Al ci salutò con un segno della mano, e si diressero insieme verso il loro scompartimento.
- ma sono tutti già occupati - Hugo era comparso improvvisamente alle mie spalle, e si guardava intorno spaesato. L’idea di dover affrontare il viaggio con degli estranei lo terrorizzava: era incredibilmente timido.
- Ci penso io – dissi, aprendo la porta di uno scompartimento occupato da due ragazzine del primo anno e cacciando la bacchetta
– ehi, questo è il mio scompartimento. Sloggiate se non volete che vi trasfiguri in due galline – loro mi guardarono terrorizzate, indecise se fuggire via o mandarmi al diavolo - Ora – aggiunsi, con il tono che non ammetteva repliche che avevo imparato ad usare grazie a mia madre. Le due ragazzine si alzarono di scatto, presero i loro bauli e si fiondarono nel corridoio.
- Prego – dissi, invitando i due ad entrare
- I tuoi metodi non mi piacciono – mi rimproverò Hugo, mentre mi aiutava a posare il baule. Alice invece sembrava parecchio divertita.
- Preferivi fare il viaggio con Fred e James?
Hugo non rispose. Posai la gabbia di Ace sul sedile e presi posto di fronte ai due. Udimmo il familiare fischio del treno, e guardai fuori. Feci un ultimo cenno a mio padre, che era l’unico a guardare ancora nella mia direzione. Mi chiesi se aveva visto il modo in cui avevo scacciato quelle due ragazzine dallo scompartimento, e un po’ me ne vergognai. Lui mi rispose con un sorriso, e mi mandò un bacio con la mano.
Il treno partì, e presto tutti scomparvero dalla mia visuale, lasciando il posto a prati sconfinati.
Stavo per iniziare il mio quarto anno ad Hogwarts.




                                                                                            ….



Il viaggio procedette tranquillo, tra scacchi magici e qualche partita a spara schiocco.
Alice ci aveva deliziato con i racconti dei tre mesi che aveva passato con i suoi in giro per l’Italia.
Frank, suo fratello maggiore, si era preso una cotta per una babbana italiana e aveva tentato di convincere suo padre a non tornare in Inghilterra, ovviamente con esito negativo. Alla fine si era fatto regalare un collare, che viene usato dai babbani per comunicare, per poter rimanere in contatto con lei, ma non era riuscito capire come funzionava e quindi ora aveva il cuore spezzato.
Aveva tentato di vendicarsi con suo padre in ogni modo, e come ultima cosa aveva sostituito le bacchette.
Ma poi come diavolo fate voi babbani a comunicare con dei collari?
Era da poco passata l’ora di pranzo quando la porta del nostro scompartimento fu aperta da un ragazzo alto e magro, con dei biondissimi capelli lisci che gli ricadevano sulle spalle, e due grandi occhi del colore del ghiaccio.
- cosa ti è successo al naso, Malfoy? – chiesi.
Il ragazzo aveva una specie di semicerchio d’argento che gli usciva da una narice
- È un piercing
- Un che?
- Un piercing, ho fatto un buco sul mio naso e ci ho messo un piercing – rispose, muovendo quel cerchietto con l’indice
- Perché ti sei bucato il naso?
- Lo fanno i babbani, non è fico?
Non capivo in che modo farsi un buco sul naso potesse essere considerato fico, ma mi limitai a scrollare le spalle perché so per esperienza diretta (grazie a James) che i ragazzi un po’ idioti vanno sempre assecondati.
- ho fatto anche un tatuaggio, vuoi vederlo? – disse, ma senza aspettare la risposta si calò i pantaloni e si girò, mostrandomi le chiappe: su quella sinistra c’era disegnato un boccino d’oro.
Alice urlò coprendosi gli occhi con le mani, e Hugo si voltò dall’altra parte con un’espressione di vero disgusto sul viso.
Io scoppiai a ridere – è molto bello Malfoy, ma ti prego alzati i pantaloni, non vorrei vomitare il pranzo
- la maggior parte delle ragazze di Hogwarts pagherebbe per guardarmi le chiappe, e tu lo hai appena fatto gratis. Dovresti considerarti molto fortunata, Potter
- sono lusingata, ma perché lo hai fatto?
- Per far arrabbiare mio padre, principalmente. Più faccio cose che mi avvicinano ai babbani più lui diventa livido. Sono prossimo allo sfratto! - Lo avevo immaginato, ma perché il boccino? Tu sei un cacciatore!
- Sono un cacciatore solo perché James ha avuto la fortuna di nascere prima di me, e quindi di entrare prima in squadra. Ma è il suo ultimo anno ad Hogwarst, e mi gioco la mia Fiertbolt 300 che sarò il prossimo capitano dei Grifondoro. L’anno prossimo sarò un cercatore. – rispose, gonfiando il petto.
Scorpius Malfoy, sedicente seducente sedicenne, era l’unico figlio di Draco Malfoy, ex Mangiamorte – a quanto pare - pentito, ma tutt’ora fissato con tutte quelle cavolate del sangue puro e della superiorità dei maghi sui babbani.
Scorpius era il suo incubo: aveva esplicitamente chiesto al cappello di non essere smistato in Serpeverde, e così era finito in Grifondoro. Aveva alle spalle una lunga lista di ex fidanzate babbane o mezzosangue, e una passione per il mondo babbano che lo faceva andare in bestia. Per di più, era il migliore amico di Albus Potter, il figlio del suo peggior nemico ai tempi della scuola.
- sei venuto qui solo per mostrarmi le chiappe?
- Veramente cercavo Al
- È nello scompartimento dei Prefetti
- Mi aveva detto che mi avrebbe raggiunto dopo pranzo – disse, con un leggero tono di delusione nella voce.
- Posso sedermi qua? Divido lo scompartimento con due ragazzine del primo anno che mi hanno supplicato di poter entrare, visto che non c’erano altri posti. Erano quasi in lacrime, e mi stanno bombardando di domande da stamattina. Gli ho raccontato che per essere smistati bisogna combattere contro dei draghi, spero di non averle traumatizzate troppo.
Hugo e Alice non ne furono molto felici. Scorpius in genere tendeva ad attirare tutta l’attenzione su di sé, e questo li innervosiva parecchio. Ma non me la sentii di dirgli di no, soprattutto visto che, anche se lui non lo sapeva, ero quasi sicura di avergliele spedite io quelle due ragazzine nello scompartimento.
Scorpius si gettò su sedile di fronte al mio, spaparanzandosi comodamente con le braccia e le gambe larghe, e la testa appoggiata allo schienale. Parlammo del più e del meno per una buona mezz’ora, e alla fine anche Hugo e Alice decisero di partecipare alla discussione, incoraggiati dall’inconsueta mansuetudine di Scorpius.
Fummo interrotti da delle urla provenire dal corridoio.
Cacciai la testa fuori dalla porta dello scompartimento, e pochi secondo dopo fui seguita da Scorpius che fece spuntare la sua al di sopra della mia.
Rose stava imprecando contro James, mentre Albus tentava di calmarla e Fred era piegato in due dalle risate.
Una lucetta si illuminò nel mio cervello. Maledizione, la spilla.
Avevo dimenticato di fargliela scivolare nel baule.
Rose cacciò la bacchetta e la puntò contro mio fratello – se non mi ridai immediatamente la mia spilla, giuro che ti stacco quella maledetta testa dal collo e la infilo dritta nel letamaio della guferia.
- Rose! – gridai , uscendo anch’io nel corridoio. – James non c’entra niente. -
Mia cugina mi scoccò uno sguardo infuriato, e puntò la bacchetta nella mia direzione. - Allora credo che sarà la tua testa a finire nel letamaio, Lily cara
Le lanciai la spilla che la colpì dritta sulla fronte. Si abbassò per raccoglierla, apparentemente soddisfatta di averla riavuta indietro, nonostante la violenza con cui l’avevo restituita, ma non appena lesse ciò che recitava mi puntò di nuovo la bacchetta contro - stronza! – urlò.
Non feci in tempo a prendere la mia bacchetta, dei lampi rosa fuoriuscirono dalla sua e mi colpirono in pieno viso. Credetti che la faccia mi andasse a fuoco, e probabilmente sarei caduta distesa a terra se Scorpius non mi avesse afferrato.
Successe in un attimo, scintille violacee e gialle spuntarono dalle bacchette di Hugo e Alice, la fattura di mio cugino colpì Rose in petto, ma quella di Alice le rimbalzò contro grazie ad Al che tentava di proteggere Rose, e che fu poco dopo schiantato da James.
Molte teste curiose spuntarono da diversi scompartimenti. Qualcuno urlò.
- Cosa diavolo sta succedendo? –
Alex Thomas, il Caposcuola Corvonero, era uscito dal suo scompartimento e aveva trovato Albus, Rose e Alice distesi sul pavimento, Scorpius che mi sosteneva ancora tra le braccia e James aveva ancora la bacchetta alzata.
- Potter! Perché diavolo ci siete sempre voi in mezzo quando succedono dei guai?
James scrollò le spalle. Fred tentava di trattenere le risate, e aveva il viso deformato da una smorfia.
Non sapevo cosa stesse succedendo alla mia faccia, ma era come se stesse andando a fuoco.
Alex mi puntò la bacchetta al viso e fu come immergere la faccia in una vasca d’acqua ghiacciata.
Mi sentii subito meglio. Al si era rialzato in piedi, e aveva aiutato Rose a fare lo stesso, facendo sparire i piccoli tentacoli che le erano spuntati sul collo.
Anche Alice si era rialzata, aiutata da Hugo che guardava sua sorella in cagnesco.
- Non toglierò punti alle vostre case perché, tecnicamente, il semestre non è ancora iniziato. Ma fate solo un’altra cavolata e giuro che vado dritto dalla MacGranitt e vi faccio espellere tutti. – disse, e puntando la bacchetta contro Fred – anche a te Weasley, è inutile che ridi -
- grazie per avermi spento la faccia, Alex – gli dissi, tornando nel mio scompartimento. Lui mi sorrise, e mi voltò le spalle.
Era proprio un bel tipo.
Alice e Hugo tornarono dentro con me, mentre Scorpius raggiunse Rose e Al.
- dammi Rose, te la metto a posto io – lo sentii dire alla ragazza, prima di chiudermi la porta alle spalle.
- la detesto – sbottai, lasciandomi cadere sul sedile.
- L’hai provocata – rispose Hugo
- Se lo merita
- Non ti aveva fatto nulla! Cosa aveva quella spilla?
- La spilla da Perfetta Cretina?
- Oh
- Tu e James non fate altro che torturarla. – intervenne Alice – è naturale che si sia stufata -
Decisi di non ribattere. Sapevo che Rose non piaceva neanche ad Alice, e persino suo fratello la tollerava poco, ma quello che aveva detto era vero. Non le ho mai reso la vita facile.
Per distogliere il discorso dall’argomento Rose, chiesi ad Hugo di uscire per togliermi i vestiti babbani ed indossare la divisa della scuola. Alice si cambiò con me, e poi ci demmo il cambio. Mentre aspettavo nel corridoio che mio cugino finisse di spogliarsi, l’occhio mi cadde nello scompartimento di Al.
Rose era appoggiata alla spalla di Scorpius e piangeva, mentre mio fratello le accarezzava un ginocchio.
Quella stupida oca piagnucolosa, pensai. 
Ma lo stomaco mi si strinse in una morsa.
Pochi minuti dopo il treno si fermò. Eravamo ad Hogwarts.
- QUELLI DEL PRIMO ANNO DA QUESTA PARTE – urlò una voce familiare. Feci un segno di saluto ad Hagrid, l’anziano guardacaccia, che mi rispose con un largo sorriso.
- dovresti chiederle scusa – Al mi era spuntato alle spalle all’improvviso.
Diedi un’occhiata dietro di me, e vidi Rose ancora appoggiata alla spalla di Scorpius, gli occhi rossi e gonfi.
- Lo farò dopo.
Al mi rimproverò con lo sguardo. Fu come se qualcosa mi avesse pugnalato allo stomaco. Incassai il colpo e feci finta di niente.
Salimmo su una delle carrozze e, quando fummo tutti seduti, questa partì nonostante non ci fosse nulla a trainarla.
Pochi minuti dopo, il castello si mostrò ai nostri occhi, imponente, maestoso, eppure così accogliente.
Entrammo nella Sala Grande, dove i quattro lunghi tavoli, uno per ogni Casa, erano stati riccamente apparecchiati.
Centinaia di candele volteggiavano a mezz’aria, e il soffitto mostrava un sereno cielo notturno, ricoperto di stelle luminose.
Al mi salutò con un cenno, e si avviò con Hugo e Alice al tavolo dei Grifondoro.
Li guardai allontanarsi, e vidi James e Fred raggiungerli poco dopo, seguiti da Scorpius che aveva salutato Rose con un bacio sulla fonte. Mia cugina andò a sedersi al tavolo dei Corvonero.
Sospirai. Ero rimasta sola, di nuovo.
Sì, perché io sono Lily Luna Potter, ultima figlia del famigerato Harry Potter, grandissima cocca di papà, migliore pozionista di tutta Hogwarts (o almeno, così dice il professor Lumacorno) , un’ottima giocatrice di Quidditch.
E sono una Serpeverde.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La terza profezia. ***


Mi dissero che il Cappello aveva impiegato ben sei minuti per smistarmi, ma io non me ne resi conto.
Ero ad Hogwarts da meno di un quarto d’ora e stavo già litigando con qualcuno.
Appena mi cadde sulla testa, mi disse che sarei stata benissimo in Serpeverde.
Gli risposi che no, assolutamente no, non ci volevo andare.
Mi disse che mi avrebbe portato alla grandezza; che c’era del potenziale in me.
Gli risposi ancora che no, sono Lily Potter e tutti si aspettano che sia una Grifondoro.
E che lui avrebbe dovuto smistarmi in Grifondoro, stupido cappello.
Mi rispose che ero impertinente e maleducata, e che Serpeverde era la casa adatta a me.
Gli dissi che era vecchio e consumato, e che Grifondoro era la casa adatta a me.
Mi disse che sarebbe stato lui a decidere e non io, ma che effettivamente ero testarda quanto un Grifondoro.
Gli dissi sì, è quello che sono. Ora smistami.
Mi chiese se volessi essere come loro.
Come chi?
Come tutti i Potter.
Io sono una Potter.
Ma sei diversa.
Cercai di non pensare, ma il Cappello sapeva quello che provavo.
Sì, sono diversa.
Vuoi essere una Grifondoro?
Sì. No. Non lo so.
Vuoi essere una Potter, o essere Lily Potter?
Non seppi cosa pensare.
Capisci la differenza?
Sì, la capivo benissimo.
Se la capisci, significa che Serpeverde è la casa che fa per te. Vuoi essere una Grifondoro?
Non lo so.
Vuoi essere come tutti loro? No. Sei diversa.
Lo so.
- SERPEVERDE!

Ricordo che nella Sala Grande regnò il silenzio per qualche infinito secondo.
Poi qualcuno al tavolo dei Serpeverde applaudì.
Prima uno, poi tre.
E piano, piano applaudirono tutti.
Mi diressi al loro tavolo, un Prefetto mi diede una pacca su una spalla. Mi sedetti.
Avevo scelto. Avevo scelto Serpeverde.
La prima persona a cui pensai fu mio padre. Temevo di averlo deluso.
Poi pensai a James, e mi chiesi se sarei stata pronta a subire le sue prese in giro per il resto della vita.
Infine pensai ad Alice e Hugo, che erano stati entrambi smistati in Grifondoro, ed ebbi paura che avrebbero smesso di essere miei amici.
Ma i miei timori si rivelarono infondati.
Il giorno dopo mamma e papà mi mandarono un gufo, dicendomi che erano orgogliosi di me.
James non mi prese in giro, forse perché era troppo impegnato a pavoneggiarsi per la scuola.
Alice mi disse che ero un’idiota, che eravamo amiche da sempre, che io ero comunque Lily indipendentemente dal colore della mia divisa.Hugo fu d’accordo con lei.
Tuttavia, essere Lily Potter ed essere una Serpeverde non fu facile, almeno all’inizio.
La metà dei miei compagni di casa aveva almeno un parente che marciva ad Azkaban per colpa di mio padre. Grazie a mio padre.
Alcuni di loro erano comunque cresciuti tra tutte quelle cavolate del sangue puro e dalla superiorità dei maghi sui babbani. Papà dice che certe convinzioni sono dure a morire.
I primi due anni furono un vero inferno.
Dovetti sopportare insulti, prese in giro e scherzi di cattivo gusto da parte dei miei compagni di casa più idioti.
James si era autoproclamato mio protettore, ma non poteva essere onnipresente.
Ho perso il conto delle punizioni che ho preso per rispondere ai loro sfottò.
L’unico veramente felice del fatto che fossi nella sua casa era Lumacorno, l’anziano professore di pozioni.
- sei degna di portare il suo nome, piccola Lily. Il nome di tua nonna. Desideravo tanto averla nella mia casa, era veramente una strega brillante. Oh, ma la vita ti sorprende sempre. Volevo una Lily Potter nella mia casa, e l’ho avuta dopo così tanti anni! Aveva un talento naturale per la mia materia, Lily. E tu lo hai ereditato! Devi essere fiera di te stessa.
Quando scoprii che Lumacorno era stato il professore di mia nonna ne rimasi sconvolta.
- ma non vi mandano mai in pensione in questa scuola?
Lumacorno rise. Ero la sua preferita in assoluto.
 Le cose cambiarono dopo il secondo anno, quando mandai in infermeria due Serpeverde dal cervello di gallina, con un paio di ossa rotte e il naso sanguinante.
Avevano tentato di farmi mangiare del fango, e li avevo bombardati di fatture.
Fui messa in punizione per mesi, ma ne valse la pena.
Nessuno osò più prendermi in giro dopo di allora, ed io e i miei compagni di casa giungemmo al tacito accordo di “io ignoro voi, voi ignorate me, e nessuno si farà male”.
Anche il Quiddich mi ha aiutato.
Fu James a convincermi a partecipare alle selezioni per il cercatore nella squadra dei Serpeverde. Io non volevo provarci, credevo non ci fossero possibilità di far entrare una Potter in squadra.
Ma alla fine mi convinsi e provai e il capitano fu così entusiasta nel vedermi volare che non fece provare più nessuno dopo di me.
- Sei in squadra Potter, la coppa sarà nostra!
Effettivamente la coppa fu nostra, ma  il merito fu più di mio fratello James, in realtà, che si fece mettere in punizione il giorno prima della finale,Serpeverde-Grifondoro, e fu sostituito da un ragazzino mingherlino che non riusciva a tenersi bene in equilibrio sulla scopa.
Presi il boccino in sette minuti.
Fu la prima volta in cui mi sentii veramente accettata in quella casa di serpi velenose.

                                                                                                                           ….

Quella mattina la sala grande era più chiassosa del solito.O almeno così mi pareva.
Ero assonnata, affamata e incazzata.
Leggevo l’orario delle lezioni e avevo voglia di strozzare la preside.
Le uniche ore che avevo in comune con i Grifondoro erano Pozioni e Difesa Contro le Arti Oscure, e ciò significava che, almeno per quel semestre, io Alice e Hugo ci saremmo visti pochissimo.
Per di più quel giorno mi aspettavano due ore di Divinazione con quella svitata della Cooman.
Mi chiesi in che modo avrebbe predetto la mia morte quell’anno. La odiavo.
Finii il mio toast e svuotai il bicchiere dal succo di zucca.
- Ehi Lily! – mi voltai lentamente, non avevo molta voglia di avere contatti con persone a quell’ora del mattino.
Andrew McDonald aveva un sorriso che univa le sue due orecchie a sventola.
- ciao – risposi, senza troppo entusiasmo
- sono il nuovo capitano della squadra! – disse, e per un momento temetti che si mettesse a saltellare
- complimenti
- sarai dei nostri anche quest’anno, vero?
Annuii.
Sì, ma ora vattene ti prego.
- voglio iniziare subito gli allenamenti, almeno una volta a settimana. Sono determinato a vincere anche quest’anno!
E vinceremo anche quest’anno, ma ora sparisci prima che ti rovesci del succo di zucca addosso. Non ho voglia di parlare con te. Non ho voglia di parlare con nessuno. Voglio tornare a dormire. Non voglio andare a lezione di divinazione. Odio quella stupida vecchia.
- farò del mio meglio, te lo prometto.
A quanto pare fu soddisfatto, perché tornò a sedersi vicino a due ragazze dall’altro lato del tavolo.
Diedi uno sguardo alla ragazza seduta vicino a me.
Brianne era l’unica ragazza della mia classe con cui andavo d’accordo. Era molto silenziosa, e questo era il motivo principale per cui mi piaceva tanto. Potevamo passare insieme ore nella Sala Comune senza scambiarci una parola, e senza che il silenzio diventasse pesante o imbarazzante.
Era una Serpeverde nata babbana, e aveva sopportato più o meno quello che avevo dovuto sopportare anch’io i primi anni di scuola.
Lei diceva che il cappello aveva dimostrato uno strano senso dell’umorismo nel smistarci entrambe in quella casa, e io non potevo non essere d’accordo. Lily Potter, una serpeverde. Suonava veramente come una barzelletta.
- Dobbiamo arrivare fino in cima alla torre per la lezione con la Cooman, è meglio se ci sbrighiamo - mi disse. Annuii, feci un segno di saluto al tavolo dei Grifondoro e la seguii fuori dalla Sala Grande.
Arrivammo in quell’aula bizzarra prima di tutti, così occupammo un tavolo il più possibile lontano da quella pazza scatenata, sperando di poterci nascondere dalle sue predizioni tanto tragiche quanto inventate.
Che materia cretina. Appoggiai la testa al tavolo e aspettai. Brianne intanto sfogliava svogliata un libro di pozioni.
Il resto della classe ci raggiunse poco dopo.
Qualcuno ci rivolse un’occhiata di disgusto, ma la maggior parte di loro, come d’accordo, fece finta di non vederci.
Un mucchio di pezze di molteplici colori entrò in classe e si chiuse la porta alle spalle. La Cooman era una strega molto anziana, un insieme di ossa e pelle raggrinzita e crespi capelli bianchissimi. Il suo viso era molto magro e solcato da profonde rughe, e portava degli occhiali con delle lenti così spesse da ingrandire innaturalmente i suoi occhi nocciola.
- Buongiorno, miei cari – esordì, con una voce sottile e leggermente asmatica. – sono contenta di rivedervi tutti in salute, o quasi – aggiunse poi, guardando dalla mia parte.
Dei mazzi di carte si materializzarono su ogni tavolo e la Cooman iniziò a spiegare come mescolare il mazzo nel modo giusto, l’ordine in cui andavano lette le carte, i diversi significati che ognuna di loro poteva assumere a seconda della posizione all’interno del mazzo, e ci disse che e non avevamo la Vista non ci avremmo comunque capito niente.
Iniziai a fissare una mosca che pareva essere molto attratta dai capelli unticci di una corvonero seduta in prima fila.
Corvonero.
Alex Thomas.
Ha delle spalle molto larghe. Molto belle.
Ha degli occhi azzurri molto grandi.

Mi sembrò quasi di vedere le fossette che gli si disegnavano sulle guance quando sorrideva.
Forse ho una cotta per lui.
È sempre così gentile con me.
È molto gentile con tutti.

Ero talmente immersa nei miei pensieri che sentii a malapena la gomitata di Brianne colpirmi il fianco.
Mi riscossi, e vidi la Comman osservarmi attentamente con quegli enormi occhi attraverso le lenti spesse.
- Emm…? –
- Potter, allora? Cosa dicono le carte della sua amica?
- Oh… certo – Presi il mio mazzo di carte e tentai di ricordarmi come la Cooman aveva detto che andava mescolato.
Una volta verso l’interno. Due verso l’esterno. Una… guardai Brianne in cerca d’aiuto, ma lei scosse le spalle.
Evidentemente era stata attenta quanto me.
Oh fanculo, tanto è uguale.
Continuai a mescolare il mazzo a caso, sotto lo sguardo indagatorio della Cooman.
Quando ne ebbi abbastanza di avere gli occhi di tutta la classe puntati addosso, decisi di girare la prima carta.
La Grande Sacerdotessa.
- Allora, la prima carta indica il passato e, emm… a te è uscita la Grande Sacerdotessa, che indica la Saggezza quindi… - tentavo di sbirciare il più possibile dal manuale, ma con gli occhioni della Cooman puntati addosso risultava veramente difficile - … alcuni episodi del tuo passato saranno illuminanti su quanto stai per affrontare – poi, vedendo che la Cooman non era soddisfatta aggiunsi – ...che è sicuramente qualcosa di molto pericoloso –
Brienne riuscì a camuffare la risata con un colpo di tosse, ma qualcuno tra i Serpeverde rise sonoramente.
Pescai la seconda carta dal centro del mazzo. - la Giustizia. Beh, non è difficile capire cosa rappresenti. Giustizia sarà fatta nel tuo presente ...quindi se hai ucciso qualcuno recentemente stai attenta, potrebbero portarti in prigione –
La Cooman ancora non si espresse, e ignorò le risatine che ancora scuotevano alcuni Serpeverde.
Presi l’ultima carta dal mazzo. - Il Giudizio. Penso che riguardi ancora il processo… non hai davvero ucciso qualcuno, vero? – le chiesi.
Brienne scosse la testa sorridendo.
- Cara, non mi aspettavo che riuscissi sul serio a capire il profondo significato delle carte. L’ho capito dalla prima volta che ti ho visto che in te è totalmente assente il Dono –
Scossi le spalle. – me ne farò una ragione, professoressa – le risposi.
La Cooman mi ignorò, probabilmente neanche mi aveva sentita. Negli ultimi anni aveva un po’ perso l’udito.
Oltre che la vista, la testa eccetera eccetera.
Si rivolse a Brianne, che mescolò completamente a caso il mazzo di carte, quanto più velocemente possibile sperando che la Cooman non facesse caso ai suoi movimenti.
Pescò la prima carta, quella relativa al passato.
- il Sole. Sono abbastanza sicura che significhi felicità, ma ovviamente non può essere il tuo caso… forse… ustioni? Magari qualcosa che hai fatto in passato ti porterà a bruciarti. Ovviamente in maniera fisica, cerca di stare lontana dai camini. –
Senza aspettare il commento della Cooman pescò la seconda carta.
– la Serpe… em, boh? Veleno? Sì, forse sarai avvelenata a breve. Attenta a quello che mangi –
Alle risate dei Serpeverde questa volta si aggiunsero anche quelle dei Corvonero.
La Cooman rimase impassibile.
Terza carta. – il Leone. Non infastidirlo e tanta di non farti sbranare. Anche se non capisco come può un leone sbranare nel futuro qualcuno che è stato avvelenato nel presente, che in quel caso sarà diventato passato. –
Scoppiai a ridere. Questo era il motivo per cui adoravo Brianne.
Guardai la Cooman, apsettando che dicesse anche a Bri che non c’aveva l’Occhio, o La Vista o il Dono, o quello che vi pare, ma la Cooman non disse niente.
Era immobile.
Poi, con un movimento lento e quasi impercettibile posò le mani sul tavolo rotondo.
- professoressa? Si sente bene?
La classe sembrava pietrificata.
Nulla si muoveva, a parte la mosca ancora attratta ai capelli della Corvonero.
Poi, all’improvviso, la Cooman parlò.
La sua voce però era diversa, come una sorta di stridio metallico.
- Una grande Luce è madre di una grande Ombra
Ombra madre del dolore
E da lei rinascerà di nuovo
La Morte
E la Serpe Figlia di chi ha generato la luce
Figlia di chi ha generato dolore
Se non accarezzerà il Leone
Quando Luce e Ombra saranno insieme
Allora morirà.

La Cooman tossì, si accasciò ancora di più al tavolo.
- emm… professoressa? Ma che sta dicendo?
Gli occhioni della mia insegnante ripresero a scrutarmi – cosa c’è, cara?
- lei ha detto… non ho ben capito cosa voleva dire, ecco –
La classe era ancora immobile.
- oh, la tua amica è priva della Vista, proprio come te… per la prossima volta porterete tre pagine di pergamena sulla storia dell’antica arte dei Tarocchi. Arrivederci – disse.
Per un secondo nessuno si mosse.
Guardavano tutti me.
Poi il silenzio fu rotto da qualcuno che si alzava dalla sedia, e così fecero tutti gli altri, prendendo le proprie cose e alzandosi in fretta.
Nessuno si dimenticò di lansciarmi uno sguardo allucinato prima di uscire dall’aula.
 Quella sta fuori.
Bri non disse niente e la ringraziai mentalmente. Non avevo bisogno di qualcun altro che mi guardasse a occhi sgranati.
- Sbrighiamoci, abbiamo due ore di Difesa Contro le Arti Oscure, e non voglio perdermi neanche un minuto di lezione – le dissi.

Difesa Contro le Arti Oscure era, senza alcun dubbio, la mia materia preferita.
A questo si aggiungeva anche il fatto che l’insegnante di ruolo fosse un gran bel pezzo di uomo, e che avremmo seguito la lezione con i Grifondoro, per cui il mio umore migliorò decisamente appena uscimmo dall’aula di Divinazione.
Io e Brianne fummo di nuovo le prime ad arrivare in aula, e questa volta occupammo i posti in prima fila, tenendo quelli dietro di noi per Alice e Hugo.
I due entrarono pochi minuti dopo seguiti da un’atra decina di studenti, che presero posto nel chiacchiericcio generale.
- com’è andata Divinazione? Morirai anche quest’anno?
- ovviamente – risposi annoiata. Ma non feci menzione del modo particolarmente em.. diverso, con cui la professoressa aveva annunciato la mia morte quest’anno.
Non essere idiota Lily, se quella è in grado di prevedere il futuro tu sei capace di volare senza scopa.
Ma in realtà non ne ero poi così convinta.
Brienne rise – io sto per essere arrestata
- Voi che avete fatto?
- Cura delle Creature Magiche.
- Sai cos’è un Alastyn? – mi chiese Alice.
Io scossi la testa. Per la verità avrei preferito non conoscere gran parte delle creature che Hagrid ci faceva studiare (e molte volte, anche accudire e coccolare).
- Cavalli Mutaforma. Per ora ce ne ha solo parlato, ma sta provando a procurarsene uno.
In quel momento il professor Morse entrò in classe. Indossava una lunga veste nera ed un mantello viola.
Era molto alto, aveva due grandi spalle robuste e potevo ben immaginare la forma degli addominali scolpiti che si nascondevano sotto la veste.
I capelli corvini erano tagliati molto corti e portava un pizzetto molto ben curato.
Era decisamente il mio professore preferito.
Si sedette sulla cattedra e puntò la bacchetta verso l’intera classe e Una ventina di pergamene sfrecciarono fuori dalle borse e si andarono a depositare ordinatamente sulla cattedra.
- Spero che abbiate fatto decentemente i compiti che ho assegnato per le vacanze – disse semplicemente - Ora, prima di cominciare volevo farvi sapere che ho aperto di nuovo le iscrizioni per il Club dei Duellanti. Chiunque fosse interessato dovrà compilare questo modulo… – e mentre parlava una ventina di fogli di pergamena che prima erano ordinati in una fila sulla cattedra, si andarono a posare uno di fronte ad ogni studente. -… e dovrà andare a mettere una firma nella bacheca affissa nel mio studio –
Sorrisi, vedendo che stava guardando nella mia direzione.
L’anno precedente ero arrivata al secondo posto nella competizione finale e, considerato che il tizio che mi aveva battuto frequentava il settimo anno, ritenevo che fosse decisamente un buon risultato.
Ma quell’anno puntavo al primo posto. Assolutamente.
Facemmo una lezione di ripasso su alcuni argomenti che avevamo trattato l’anno precedente, poi il professore ci lasciò esercitare con gli Schiantesimi.
Feci guadagnare 10 punti a Serpeverde scagliando Hugo dall’altra parte dell’aula, e riuscendo contemporaneamente ad ammorbidire la parete per evitare che si facesse male.
Quando la lezione finì avevo un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Stavo uscendo dall’aula seguita da Alice, Hugo e Brianne quando sentii qualcuno chiamare il mio nome.
- Potter! - mi voltai.
Scorpius Malfoy stava correndo nella mia direzione. - Malfoy – lo salutai con aria annoiata.
- Ehi, come va la faccia? –
- Bene grazie, oh… e grazie per avermi tenuta ieri nel…
- Non c’è problema… senti devo scappare a lezione, ma la MacGranitt mi ha detto di darti questo e di dirti di andare subito nel suo ufficio. Ha già avvertito Hagrid che non andrai alla sua lezione – mi lasciò tra le mani una pergamena più volte ripiegata e scappò via con un cenno della mano.
- Che hai combinato? – mi chiese Hugo, guardandomi apprensivo
- Niente!
- Sicura?
- Sì, a meno che non abbia saputo di ieri sul treno… - mi si strinse lo stomaco. Miss Perfezione era andata a spifferare tutto alla preside?
- Beh, consolati. Qualsiasi punizione non può essere peggio dei Cavalli Mutaforma – mi disse Alice, accarezzandomi la spalla.
Li salutai e mi avviai verso l’ufficio della preside, aprendo la pergamena. Cioccoladeroni bianchi.
Non ero mai stata nell’ufficio della preside prima di allora, e avevo solo una vaga idea di dove fosse. Così mi persi.
Alla fine, per fortuna, incontrai Alex in un corridoio e si offerse molto gentilmente di accompagnarmi. Il mio stomaco fece una capriola all’indietro.
- non hai lezione?
- Non preoccuparti, ho due ore libere che, teoricamente, servirebbero per studiare per i M.A.G.O, ma è ancora il primo giorno, ci penserò più in là – rispose sorridendomi
- cosa hai combinato stavolta? – mi chiese dopo qualche secondo
- che io sappia niente – risposi – spero che non sia per ieri –
- non credo, in quel caso avrebbe mandato a chiamare anche Albus e tutti gli altri, immagino
Il mio stomaco si rilassò.
- eccoci arrivati – ci fermammo davanti a due Gargoyle di pietra
– ci vediamo, Lily – disse, allontanandosi con un sorriso.
- Grazie mille! –
- È stato un piacere!
- Cioccocalderoni bianchi – dissi ai Gargoyle di pietra, e quelli si spostarono per farmi passare.
Salii una lunga scalinata rotonda e bussai alla porta, ma non ebbi nessuna risposta.
- professoressa? – provai a chiamare – professoressa MacGranitt?
Ma ancora una volta, nessuno rispose.
Alla fine mi feci coraggio ed aprii la porta.
L’ufficio era rotondo, e una grande libreria colma di libri rivestiva quasi tutte le pareti, fatta eccezione per quella dietro la scrivania, che era ricoperta di ritratti degli ex –presidi di Hogwarts.
Qualcuno di loro sonnecchiava, altri mi guardavano incuriositi.
- cosa vuole, signorina? – mi chiese uno di loro
- è stata la preside a chiamarmi
- beh, la preside qui non c’è
- Davvero? Credevo che si stesse nascondendo! – il mio buon umore era scemato all’improvviso, e l’idea di Alex Thomas che mi sorrideva e della mancata lezione sui cavalli mutaforma non riuscivano a consolarmi. Ci mancava solo che anche dei quadri mi facessero la ramanzina.
L’uomo del ritratto s’indignò parecchio per la mia risposta e iniziò un acceso monologo sulla maleducazione di questa generazione.
Un paio di ex presidi lo appoggiarono, mentre altri presero le mie difese e in un niente iniziarono a litigare tra loro.
Mi sedetti e mi passai le mani sul viso. Ero indecisa se restare e aspettare l’arrivo della preside o darmela a gambe, facendo finta di non aver ricevuto nessun messaggio da Malfoy.
Diedi un’ultima occhiata ai ritratti e riconobbi Silente, che non partecipava alla discussione ma mi guardava in silenzio attraverso gli occhiali a mezzaluna. Mio padre mi aveva parlato molto di lui, mi aveva raccontato la sua storia fatta di luce e tenebre, mi aveva detto come fosse stato per lui un punto di riferimento in vita, di come lo aveva odiato per averlo abbandonato, di come lo avesse perdonato.
Mio padre era fiero di essere l’uomo di Silente, sempre e comunque.
Al suo fianco riconobbi Piton.
La sua storia papà non me l’aveva raccontata. Sapevo quello che sapevano tutti, che aveva ucciso Silente perché lui stesso glielo aveva chiesto, che aveva finto di essere un fedele servo di Lord Voldermort, ma che in segreto aveva sostenuto la causa dell’Ordine e così aveva portato mio padre alla vittoria.
Papà non ne parlava spesso, come invece faceva con Silente, ma doveva stimarlo allo stesso modo visto che mio fratello Albus portava anche il suo nome.
- il suo viso mi è familiare signorina, è già stata qui per caso? – fu proprio il ritratto di Silente a parlare, e improvvisamente tutti gli altri tacquero.
- no, signore – risposi, tentando di mostrarmi più rispettosa di quanto non fossi stata precedentemente.
Anche se era solo un ritratto, metteva comunque una certa soggezione.
- Qual è il suo nome? – mi chiese ancora, squadrandomi attraverso gli occhiali a mezzaluna
- Lily Potter, signore –
A quelle parole un brusio si diffuse tra i ritratti e, (non ne sono proprio sicura, perché non credo che i ritratti, insomma… respirino, ma mi sembrò che molti di loro avessero provato a trattenere il respiro. )
- Potter!
- Non sarà mica…?
- Sua figlia, sì, deve essere la figlia di Harry Potter!
- Eppure… - Silente parlò di nuovo, zittendo nuovamente tutti gli altri presidi -… il tuo viso non mi ricorda certo quello di tuo padre, poiché non gli somigli affatto –
Per fortuna.
Ebbi però il buon senso di non dare voce ai miei pensieri.
- dicono che somigli di più a mia madre, signore – quella conversazione stava seriamente iniziando a stancarmi.
Quattordici anni. Erano quattordici anni che mi sentivo ripetere continuamente “cielo, è identica a sua madre. Le mancano solo le lentiggini!”
Ed erano quattordici anni che ringraziavo di non averle, quelle maledette lentiggini Weasley.
Ma era vero e più crescevo e più me ne rendevo conto.
I capelli rossi erano leggermente più scuri, ma la forma del viso, i grandi occhi nocciola, il naso piccolo e dritto, il corpo sottile…somigliavo incredibilmente a mia madre.
In quel momento la MacGranitt entrò nello studio, seguita ( e il mio cuore mancò un battito quando lo vidi) da mio padre.
Tra i ritratti scoppiò il caos.
- è lui!
- È Harry Potter!
- Oh cielo, il Prescelto
- Ma è davvero lui?
- Sì, sì, è Harry Potter!
- Silenzio – la MacGranitt non aveva alzato la voce, ma quella parola rimbombò nella stanza e raggiunse ogni singolo ritratto, che ubbidì.
Vidi mio padre fare un segno di saluto a Silente, che ricambiò con un sorriso, poi si rivolse a me. Aveva qualcosa di strano negli occhi. Preoccupazione?
- allora? Cos’è questa storia della profezia?
Sgranai gli occhi. Era venuto qui per quello?
- ho sentito … - intervenne la MacGranitt - … che la professoressa Cooman ha pronunciato una profezia, questa mattina. È vero, signorina Potter?
- Come… ?
- La mia classe oggi era sconvolta, e pare comunque che la notizia abbia già fatto il giro della scuola
- Fantastico – commentai
- È in grado di ripeterla?
- Eh? -
 - La profezia
- Emm…- qualcosa sulla luce e sulle tenebre e… sulla mia morte.
Mio padre spalancò gli occhi e una ruga gli si disegnò sulla fronte. Non riusciva a togliermi gli occhi di dosso, non lo avevo mai visto così.
Sembrava terrorizzato.
- Papà, non devi preoccuparti! Lo sai com’è la Cooman, insomma… è fissata. –
- La professoressa Cooman, Lily - sorrisi, pensando a come suonasse strano quel rimprovero in quella strana situazione - ma questa volta è stata… diversa? - continuò papà.
- In che senso?
- Era consapevole di quello che stava dicendo?
- Emm…
- Come immaginavo
- Non puoi saperlo, magari si sta solo divertendo a prendermi in giro
- Cosa?
- Credo che abbia uno strano senso dell’umorismo -
Mio padre sorrise, ma era un sorriso strano. Stanco.
- sei in grado di ripeterla? – chiese la MacGranitt, che fino a quel momento era rimasta in silenzio ad osservarci.
Rimasi a fissare il pavimento per un secondo.
Poi fu come se la voce metallica della Cooman mi suggerisse le parole esatte all’orecchio.
- Una grande Luce è madre di una grande Ombra
Ombra madre del dolore
E da lei rinascerà di nuovo
La Morte
E la Serpe Figlia di chi ha generato la luce
Figlia di chi ha generato dolore
Se non accarezzerà il Leone
Quando Luce e Ombra saranno insieme
Allora morirà
. – Guardai mio padre, sembrava che avesse smesso di respirare e fissava la Macgranitt con i grandi occhi verdi spalancati.
Una seconda ruga gli era apparsa sulla fronte.
- è senza dubbio una profezia – disse poi.
Si passò una mano sul viso, e poi tra i capelli.
Non riuscivo a capire cosa gli prendesse. - papà… - la mia voce si era fatta sottile, e quasi non la riconobbi – non dovresti prendere troppo sul serio le profezie della Cooman – Mio padre scoppiò a ridere. Una risata triste, distaccata e ironica.
- le profezie della professoressa Cooman mi hanno causato più guai di quanto immagini – mi disse. – Lily, credo che dovresti tornare a casa con me.
- COSA? – balzai in piedi così velocemente che rovesciai la sedia su cui ero seduta.
- Non posso… -
- NO! – stavo urlando.
Ma perché stavo urlando poi? Ero appena arrivata, e no, non avevo intenzione di andarmene.
- Lily! – la voce di mio padre si era fatta leggermente più alta, il suo tono era fermo - Ora non te ne rendi conto, ma sei in pericolo. Non è una punizione, è per proteggerti
- No – incrociai le braccia sotto il petto e lo guardai negli occhi, tentado di mostrarmi quanto più ferma possibile – a casa non ci torno.
Mio padre si passò stancamente una mano tra i capelli.
Non lo sapeva fare. Non sapeva contraddirmi.
Mi aveva viziata, coccolata e aveva sempre assecondato ogni mio desiderio.
Mia madre lo rimproverava spesso per questo, diceva che era colpa sua se ero così testarda.
- Lily, non posso… non posso permettere che ti accada qualcosa.
Avrei voluto che si arrabbiasse, che urlasse, che si facesse odiare.
Avrei voluto avere una buona scusa per essere così arrabbiata con lui, avrei voluto avere una scusa per urlargli contro che era ingiusto, un padre orribile, che non sarei mai tornata a casa con lui.
Ma non me ne diede neanche una
- So badare a me stessa – dissi semplicemente. 
Sorrise, e ancora una volta il suo sorriso mi sembrò così triste.
- sul serio, come fai a sapere che sono più al sicuro a casa che qui? Insomma, tu devi andare a lavoro, non puoi mica portarti me dietro. Rimarrò da sola e chiunque potrà farmi del male. Qui è pieno di maghi, e poi io so difendermi!
- Lily, ti prego … -
- se vuoi portarmi a casa dovrai trascinarmici di peso. E ti renderò la vita un inferno. – lo minacciai.
Lui sapeva benissimo che ne ero capace.
Si rivolse alla MacGranitt, che aveva continuato ad osservare la scena in silenzio.
- lei crede che sia possibile che… - ma non riuscì a finire la frase
- che Voldemort sia tornato? – concluse la MacGranitt. Mio padre annuì.
- No, Potter. Sono sicura che neanche lui è in grado di fare ritorno dal regno dei morti.
Mio padre sembrò rilassarsi all’improvviso
- Tuttavia Voldemort non rappresenta tutto il male che c’è al mondo. Uccidere lui, non ha ucciso l’Oscurità, di cui pare parlare questa profezia
. - Mangiamorte?
- Forse … possiamo solo fare ipotesi, signor Potter
- Cosa pensa che dovrei fare…? 
- Signor Potter, credo che sua figlia sia parimenti in pericolo sia qui che in casa propria. –
La Macgranitt stava usando un tono di voce strano, quasi affettuoso. Mi fece uno strano effetto sentirla parlare così a mio padre.
Harry si alzò in piedi.
– Faccia chiudere tutti i passaggi segreti, per favore. E se lei è d’accordo, manderò una squadra di Auror a sorvegliare mia figlia
- vuoi farmi pedinare?
- Voglio proteggerti!
- E significa farmi pedinare?
- Sarà fatto, signor Potter – rispose la macGranitt, ignorandomi completamente.
- Non puoi farlo!
- Posso fare tutto quello che voglio, Lily. Se non vuoi venire a casa con me, provvederò a rendere questo luogo più sicuro.
- Hogwarts è sicura!
- Lo so Lily, non ho mai avuto problemi qui – il suo tono ironico mi sorprese. Decisi di non ribattere.
Se avere degli Auror tra i piedi significava che potevo rimanere a scuola, allora mi stava bene.
- Okay – ripresi il mio usuale tono apatico.
- Lily, ora torna a lezione. Vorrei parlare con la professoressa MacGranitt e con il professor Silente da solo –
- Fantastico, si tratta della mia imminente morte, e non posso neanche sentire cosa avete intenzione di dire al riguardo. Mi sembra giusto
- È che sei…
- … troppo piccola, lo so.
Mio padre sospirò. – Lily… cerca di capire…
- Capisco benissimo papà, e infatti me ne sto andando. Spero di non rivederti fino a Natale… arrivederci professoressa MacGranitt– dissi, uscendo dall’ufficio sbattendo la porta.

Odio la Cooman. La odio. Odio lei, il suo stupido Occhio, le sue stupide profezie.
Non ci credo, non credo ad una sola parola di quello che ha detto.

Ma una morsa di paura mi strinse lo stomaco.
Stavo per morire?
Ripetevo le parole della Cooman nella mia testa. Ma non ci trovavo nessun senso.
La Serpe figlia di chi ha generato la Luce potevo essere io, okay.
Ma figlia di chi ha generato dolore? Che dolore poteva mai aver causato mio padre? Insomma, la storia insegna che lui era il buono e Voldemort il cattivo. Voldemort ha causato dolore, non lui. E il Leone? Devo accarezzare un leone per non morire? Magari potrebbero portarmi allo zoo.
E poi dice, quando Luce e Ombra saranno insieme allora Morirà.
Non significa niente,
mi dissi ancora.
Allora morirà.
Il mio stomaco si strinse ancora di più.
Cazzate, non morirà nessuno.
La Cooman si droga.
È l’unica spiegazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La vera vittoria. ***


Sorprendentemente, sopravvissi al mese di settembre senza troppa fatica.
Più difficile fu per me girare per la scuola ignorando le occhiate e i bisbigli che seguivano instancabilmente il mio passaggio. Qualche volta fui anche tentata di iniziare a camminare con le braccia ritte in avanti e lo sguardo vitreo, come avevo visto fare ai morti viventi dei film babbani che guardava mio nonno, così, giusto per terrorizzare un po’ di gente.
Se devo essere completamente sincera non mancarono gli attentati alla mia vita.
Gli allenamenti di Quidditch e gli incontri del Club dei Duellanti mi toglievano molto tempo, così per riuscire a stare dietro alla crescente mole di compiti che man mano si accumulava, ero costretta a rimanere sveglia fino a notte fonda, in Sala Comune, per evitare di superare James nel numero di insufficienze. Ormai mi ero convinta che la mia morte sarebbe stata provocata dalla mancanza di sonno, o da un esaurimento nervoso da studio.
Una volta, poi, durante un allenamento di Quidditch, un Bolide mi colpì in piena testa facendomi cadere dalla scopa e facendomi fratturare dolorosamente la spalla destra.
Tutta la squadra era convinta che fossi morta, così ci misero un po’ a soccorrermi perché troppo terrorizzati.
Stupidi deficienti, dovreste avere più paura di una me viva, anche se mal ridotta, che di una me morta. Vi fatturo tutti. Tutti. Sono in squadra con degli idioti. Fui molto sorpresa di trovare tra i visitatori, in infermeria, Alex e un’enorme scatola di cioccorane.
Aveva l’aria molto preoccupata e, nonostante la spalla dolorante e la furia omicida che attendeva di essere saziata con la distruzione di uno dei Battitori Serpeverde, riuscì a strapparmi un sorriso che durò quasi tutta la giornata.
Anche James, Albus e Scorpius vennero a farmi visita, ma l’unico che sembrava essere preoccupato era Al. Il mio dolce Al.
James non faceva altro che prendermi in giro, perché – è una mossa molto astuta, Lily, farsi mettere K.O. prima della partita Serpeverde-Grifondoro, se non sarai in condizioni di giocare non dovrai subire una grossa umiliazione- 
- James, riuscirei a soffiarti il boccino da sotto il naso anche senza braccia. Cerca di fare poco lo sbruffone, che poi sarà più difficile per te accettare la sconfitta -
James si abbandonò ad una sonora risata – Lily Potter, il giorno in cui mi soffierai il boccino da sotto il naso, il sole sorgerà a mezzanotte, la settimana conterà quattro mercoledì, ed io prenderò una sufficienza in Trasfigurazione.
Se le ossa del mio braccio destro avessero funzionato a dovere gli avrei spiaccicato un cazzotto su quella faccia arrogante, ma purtroppo Madama Spring mi aveva immobilizzato con un incantesimo per impedirmi di fare sforzi eccessivi, così rimasi in silenzio a tramare la mia vendetta.
Prima di andare via, Scorpius si chinò su di me e portò le sue labbra così vicino al mio orecchio che sentii il suo respiro accarezzarmi le tempie – Non so se prenderà mai una sufficienza in Trasfigurazione, ma sono sicuro che riusciresti a tenergli testa anche senza ossa, con gli occhi bendati e con una scopa mal funzionante –
Il mio ego si gonfiò a tal punto che credetti di esplodere, e dovetti fare uno sforzo non indifferente per non arrossire.
Passai un solo giorno in infermeria, Madama Spring mi rimise a posto in pochissimo, e il giorno dopo il mio braccio era più forte di prima.
Appuntai mentalmente “schiaffeggiare James” nella lista di cose da fare.

                                                                                                             ….

La tranquillità con cui passò quel mese, comunque, non fece abbassare la guardia a mio padre.
Gli Auror tentavano di essere discreti, sorvegliavano la scuola silenziosamente e non mi rivolsero la parola neanche una volta.
Tuttavia avvertivo la loro presenza, i loro occhi costantemente puntati su di me, il loro spiare ogni mio movimento.
Mamma e papà mi mandavano un gufo almeno due volte a settimana.
Alla fine mi stufai a tal punto che, alla loro ultima lettera, risposi con un frettoloso:
Cari mamma e papà,
non sono ancora morta, e nulla lascia presagire che questo avvenga in tempi brevi,
nel caso in cui dovesse accadere farò in modo che ne siate informati per primi.
Un grande abbraccio, la vostra vivissima Lily.



                                                                                                       ...


La prima domenica di ottobre arrivò grigia e piovosa.
Il vento batteva violentemente sui vetri delle finestre, e una fitta nebbia circondava l’intero castello. Condizioni assolutamente sfavorevoli per volare.
A colazione, Andrew MacDonald fece sedere l’intera squadra intorno a lui, ed iniziò un lungo, lunghissimo e noioso monologo di cui ascoltai giusto un paio di parole, tra le quali “piove” , ma davvero? Che occhio! “ volare controvento” o forse no? “concludere in fretta”.
In confronto le lezioni di Storia della Magia sembravano la cosa più interessante di questo mondo.
Finii di consumare la mia colazione con calma, annuendo ogni tanto per far capire a MacDonald che stavo ascoltando, e di tanto in tanto lanciavo qualche occhiata al tavolo dei Grifondoro.
James, proprio come Andrew, aveva l’intera squadra di Quidditch intorno a sé, insieme a due o tre ochette che lo guardavano rapite.
Il suo discorso sembrava essere molto più appassionante di quello di MacDonald, gesticolava con entusiasmo, più di una volta provocò intense risate tra il gruppo, e tutti sembravano allegri e motivati, a dispetto delle condizioni climatiche.
Io sentivo l’eccitazione crescere dentro di me. Sentivo già il boccino stretto tra le mie dita, il rumore delle sue alette svolazzanti, il calore dei corpi dei miei compagni di squadra che mi abbracciavano.
Vedevo la faccia di James da cane bastonato, lo vedevo alzare le spalle rassegnato. Hai vinto tu.
Ti strapperò quel ghigno arrogante dalla faccia. Vedremo chi riderà con il boccino tra le dita.
MacDonald ci disse di sbrigarci, così mi alzai dal tavolo dei Serpeverde e uscii dalla Sala Grande.
Alice e Hugo mi raggiunsero correndo – ehi Lily, non ti dispiace vero, se teniamo per i Grifondoro? –
Sorrisi, mi facevano la stessa domanda ogni volta - nessun problema – dissi, scuotendo le spalle
. - buona fortuna, comunque. Dimostra a tutti chi sei!
Era esattamente quello che intendevo fare. Dimostrare a tutti chi era Lily Potter.
 - Allora Lily, sei pronta a perdere? – James comparve dietro ad Alice improvvisamente, e il suo brillante e radioso sorriso mi fece venire voglia di tirargli una capocciata in bocca. Teneva per mano una Tassorosso del quinto anno, con dei lunghissimi riccioli biondi e due grandissimi occhi verdi. Era molto carina, e desiderai tirare una testata in bocca anche a lei.
- Non perderò, James. – risposi semplicemente – vado a cambiarmi, tu sei ancora in tempo per arrenderti.
- Arrendermi? E perché dovrei? Vincere sarà facile come mandare giù un po’ di succo di zucca.
- Lo vedremo.
- Lo vedremo – ripetè lui.
Seguii le due cacciatrici della mia squadra negli spogliatoi femminili, coprendo tutte e tre con un incantesimo, per evitare che la pioggia ci infracidisse prima ancora di salire sulla scopa.
Loro ringraziarono senza troppo entusiasmo. Non gli piacevo poi molto, mi tolleravano solo perché sapevo volare. Belle ingrate.
Ci cambiammo velocemente e uscimmo in fretta dallo spogliatoio perché MacDonald aveva preso ad urlare – che diavolo state facendo? Vi arricciate le ciglia? Muovetevi femminucce!!
Appuntai mentalmente “schiaffeggia MacDonald” nella lista di cose da fare dopo la partita. Ora avevamo decisamente bisogno di un capitano.
Parlò per altri dieci minuti delle tattiche di gioco e tentò di motivarci quanto più possibile.
Diedi un’occhiata agli spalti. Tassorosso e Corvonero tenevano per i Grifondoro, mentre dalla nostra parte c’erano solo i nostri compagni di casa ( e nemmeno tutti).
Il mio cuore mancò un battito quando vidi Alex agitare uno striscione verde-argento.
Fa il tifo per me. Probabilmente è l’unico Corvonero là in mezzo.
Comunque, nulla poteva motivarmi come la faccia da schiaffi di mio fratello, così quando l’arbitrò fischiò, salii in volo con una destrezza che sembrava incredibile, vista la pioggia violenta che mi schiaffeggiava il viso e la schiena.
Iniziai a volare a zig e zag tra i giocatori di entrambe le squadre, scrutando il campo con attenzione e tentando contemporaneamente di sentire la cronaca. Lo scrosciare della pioggia però, mi ostacolava la vista e l’udito.
- Malfoy sterza sulla destra, schiva il bolide di Weasley, continua a tenere la pluffa, si avvicina alla porta e… ma Smith riesce a pararla, ora sono i Serpeverde ad avere la pluffa, MacDonald la passa a Zabini, Zabini a Danton… Danton si avvicina alla porta e… DIECI A ZERO PER I SERPEVERDE! – Esultai mentalmente, ma non potevo permettermi nessuna distrazione.
MacDonald mi avrebbe ucciso.
Continuai a volare intorno al campo alla ricerca del boccino, tenendo d’occhio i movimenti di James.
Se lui l’avesse visto per primo avrei fatto di tutto per raggiungerlo.
Intanto Malfoy aveva segnato venti punti, portando i Grifondoro in vantaggio.
MacDonald urlava ordini a destra e a manca, ma non riuscivo a capire una parola di quello che diceva.
Ormai ero completamente zuppa e congelata.
Vedere il boccino non era affatto semplice, considerato che a stento riuscivo a distinguere i Bolidi. Ne evitai uno per un pelo, lo sentii graffiarmi l’orecchio. Maledizione, devo fare più attenzione.
I Serpeverde sembravano essersi rimessi in pari, quando Malfoy sengò altri trenta punti, uno dopo l’altro.
MacDonald era furioso.
Poi lo vidi.
Il boccino d’oro volteggiava a sei o sette metri sotto di me.
Non esitai e scesi in picchiata. - Pare che Potter femmina abbia visto il boccino! Forse per i Serpeverde non è ancora finita! Ma Potter maschio non è molto distante, sta per raggiungere sua sorella! –
Il cronista fece qualche battuta sul fatto che tutti questi Potter in una sola partita creavano non poca confusione, ma ormai non lo ascoltavo più.
Il vento mi schiaffeggiava forte il viso.
Allora, James, chi è che sta per afferrare il boccino?
Mancavano solo cinque metri, e James era un bel po’ indietro.
Pensai al sorriso che gli si era dipinto sul viso quando il gufo della scuola gli aveva mandato la spilla da capitano.
Quattro metri.
Mi hai rotto le palle per tutte l’estate, ti meriti una lezione.
Era il suo primo ed ultimo anno da capitano.
Tre metri.
Non te la darò vinta!
L’ultima occasione per vincere la Coppa, per poter dire di aver portato la squadra alla vittoria.
Due metri. Il boccino era ancora lì, si era spostato di pochissimo.
Sei una perdente, Lily. Non hai speranze di battermi.
Infatti, James, chi è che è più vicino a raggiungere il tesoro?

L’entusiasmo con cui a colazione incoraggiava la squadra.
Un metro. James mi aveva quasi raggiunto, sentivo il manico della sua scopa graffiare contro la mia.
La gioia nei suoi occhi quando cavalca la sua scopa.
Il suono della sua risata.
Tutto l’impegno che mette nell’unica cosa che veramente ama fare.
Il boccino era a venti centimetri da me. Tesi il braccio, la mano aperta, pronta ad afferrarlo.
Ti odio, James.
Frenai.
Misi fine alla picchiata.
Mancava si e no mezzo metro al suolo, James mi superò e afferrò il boccino, poi risalì, il braccio destro teso in alto.
Pura gioia dipinta sul volto bagnato dalla pioggia.
Fece due giri intorno al campo per farsi ammirare prima di atterrare.
Una volta giunto al suolo fu travolto da un’enorme quantità di braccia che lo stringevano.
Tutti,: giocatori, cronista, arbitro e spettatori. Tutti urlvano il suo nome.
Qualcuno improvvisò addirittura un motivetto.
James fu sollevato in aria da quella stessa marea di braccia urlanti.
Persino la MacGranitt sembrava aver abbandonato il suo usuale contegno per esultare.
Tremila anni e non sentirli, pensai.
Osservavo la scena in disparte, con una strana sensazione allo stomaco.
Non ero delusa. Non ero arrabbiata. Non ero pentita.
Ma non ero neanche felice.
Qualcuno mi spinse violentemente la spalla
- sei contenta? – un MacDonald bagnato ed incazzato mi guardava dall’alto verso il basso, con un’espressione di puro odio negli occhi
- lo hai fatto apposta!
- Cosa?
- Li hai fatti vincere! Il boccino era tuo, perché diavolo hai frenato? -
Tremai. Con quella pioggia, non pensavo che se ne sarebbe accorto.
- il braccio…
- cosa?
- La spalla, mi sono fatta male solo la settimana scorsa e pensavo che fosse a posto, ma all’improvviso mi ha fatto male, così ho frenato. Mi dispiace tantissimo, ma ho avuto paura …è stato un attimo… 
- Oh…
- Ti prometto che non succederà più.
- Andrò a parlare con Madama Spring, mi deve delle spiegazioni!
Mi si strinse un po’ lo stomaco. Avevo paura di quello che Andrew avrebbe potuto dire o fare a quella povera e innocente donna.
- senti Lily, sei probabilmente la cercatrice migliore tra i Serpeverde… ma la squadra non ti vuole. Non funziona… non si fidano di te, pensano che … insomma, che tu sia dalla parte dei Grifondoro.
- COSA?!
- Mi dispiace Lily, ma sei fuori. Il gioco di squadra è fond…
- NON PUOI FARLO! È solo la prima partita! Non succederà più, lo giuro!
- Mi dispiace… -
Gli regalai uno sguardo di puro disprezzo e gli voltai le spalle. Sembrava veramente dispiaciuto di dovermi cacciare, ma evidentemente il resto della squadra non aspettava altro.
Lily, sei una vera idiota.
Continuai ad insultare me stessa per tutto il tragitto verso lo spogliatoio.
Entrai, presi le mie cose e uscii velocemente.
Non mi sarei spogliata là. Non avrei passato un solo altro secondo in compagnia di quelle oche imbranate.
Stupidi Serpeverde. Odiosi Serpeverde. Vi odio tutti, ogni singola testa. Nessuna eccezione.
Stavo fuggendo.
La pioggia continuava a cadere testardamente, ma ormai ero zuppa quindi non mi importava affatto.
Entrai nel castello ancora deserto, lasciandomi quelle insopportabili grida di gioia alle spalle. Sentivo ancora il nome di James echeggiare chiaramente. Quando fui al riparo dal vento e dal freddo, mi resi conto di non avere nessuna voglia di andare in Sala Comune.
Serpeverde. Odiosi Serpeverde ovunque.
Vagai un po’ per il castello, senza avere idea di dove andare per sfuggire a quell’orribile sensazione che mi attanagliava lo stomaco.
Mi sentivo umiliata.
Odiavo sentirmi così.
Avevo perso, e non solo quella stupida partita. 
Anni. Erano anni che lottavo per mostrarmi all’altezza.
Per uscire da quella dannata ombra creata da mio padre, Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto, il Prescelto, l’Eroe del Mondo Magico.
Dall’ombra di mia madre, Ginny Weasley, la migliore cacciatrice che le Holyhead Harpies abbiano mai avuto.
Dall’ombra di Albus Potter, Mr ho il massimo dei voti in tutte le materie, sono il Potter più intelligente di tutti, sono un Prefetto, il preferito dagli insegnanti, lo studente più brillante del mio anno.
E dall’ombra di James Potter, Mr Popolarità, miglior cercatore del pianeta, il Fascino fatto persona.
E bruciava sapere che ci ero quasi riuscita ad uscire da quel tunnel.
Ero quasi riuscita a dimostrare a tutti che io sono Lily Potter.
Non una qualsiasi, non la cocca di papà, non una dolce bimba dai capelli rossi.
 Lily Potter.
Valgo quanto loro.
Valgo più di loro.
E mi ci ero ributtata da sola, in quel maledetto tunnel.
Ero arrivata alla fine, ed ero tornata indietro.
E perché poi? Per James. Perché amavo maledettamente mio fratello.
E lo odiavo.
E lo amavo.
Non mi accorsi nemmeno di essermi seduta a terra in un corridoio.
I capelli bagnati mi si erano appiccicati al viso.
Qualcosa graffiava e mordeva il mio stomaco. Una vocina nel mio cervello mi diceva di mettermi a urlare. Di fare del male a qualcuno.
- Lily! – Fantastico, qualcuno da picchiare.
Alzai gli occhi e mi trovai di fronte il viso pallido e gocciolante di Scorpius Malfoy.
- ehi… - risposi con un filo di voce. Non ho voglia di vederti. Non ho voglia di parlarti. Sparisci.
- È tutto okay? – si sedette al mio fianco. Aveva i lunghi capelli biondi raccolti in una coda completamente bagnati, così come la sua divisa, la sua faccia e tutto il resto.
- Non dovresti andare a festeggiare? –  Vattene, Malfoy.
- Gli altri sono ancora fuori a bagnarsi come degli idioti e ad urlare il nome di James come se fosse una divinità, o qualcosa del genere. Quando si decideranno a rientrare allora festeggeremo.
Non risposi. Non voglio parlarti Malfoy, va via.
Restammo in silenzio per svariati secondi, silenzio che fu ancora una volta interrotto dal biondo.
- perché lo hai fatto?
- Fatto cosa?
- Hai frenato.
- Ho avuto paura di schiantarmi. –
Mi pentii subito della risposta. Avevo mentito a MacDonald, e avevo mentito a Malfoy, ma avevo usato due menzogne diverse.
- Lily, ti guardo volare da che avevi solo nove anni. E mai hai avuto paura di schiantarti.
- C’è sempre una prima volta – tentai di assumere un tono quanto più apatico possibile, ma la verità è che la rabbia mi stava incendiando tutto il corpo.
- Lo hai fatto a posta, vero?
Non risposi, ma il mio silenzio suonò come un’inequivocabile .
- hai fatto una cosa molto bella.
Lo guardai sconvolta. Molto bella? MOLTO BELLA? Ora dovrò sopportare le prese in giro di James per il resto della vita, e per di più sono fuori dalla squadra. Nonostante mi sia fatta in quattro per riuscire a conciliare gli allenamenti con lo studio e tutto il resto. E tu mi dici che ho fatto una cosa molto bella? Voglio andare a buttarmi giù dalla torre di astronomia.
- è l’ultima possibilità … - sussurrai. Ma che sto dicendo? Non avevo nessuna intenzione di pronunciare queste parole. Mi sto rincretinendo. A furia di stare tra imbecilli sto diventando imbecille anche io.
- L’ultima possibilità?
- Per James… di vincere come capitano.
- È per questo che lo hai fatto?
Anuii. Si,ma ora smettila di interrogarmi.
- MacDonald mi ha cacciato dalla squadra …- ma perché lo sto dicendo a lui? – lui… la squadra non mi vuole. Pensano che appoggi i Grifondoro… -
- MacDonald è il più grande imbecille che esista su questa terra – il tono con cui pronunciò queste parole mi spiazzò.
Era puro disprezzo.
- Lo so, ma lui è il capitano…
- Non lo avrei mai detto – sembrava non aver sentito neanche vagamente il mio tentativo di risposta.
- Cosa?
- Che dietro tutta questa acidità ci fosse un cuore così grande.
Eh? Sta parlando di me? - ora ti do un grande cazzotto, Malfoy!
Lui rise e mi penetrò con i suoi occhi azzurri. Improvvisamente mi sentii completamente nuda. Il suo viso era vicino al mio.
Troppo vicino al mio.
Sentivo l’odore dei suoi capelli bagnati e un altro aroma, altrettanto pungente. Cannella. Possibile?
Rimase a fissarmi per qualche secondo, poi improvvisamente si riscosse. Come se per tutto quel tempo fosse rimasto intrappolato in un’altra dimensione. Si allontanò da me e si alzò di scatto.
In quel momento vidi passare una marea urlante di colore rosso oro, e capii che era arrivato il momento di scomparire silenziosamente da quel corridoio. Vidi mio fratello tenere tra le braccia due ragazze. Era raggiante.
Sorrideva, mostrando trentadue denti dritti e bianchi.
La felicità dipinta negli occhi.
Alla fine ho vinto io.
Sì, alla fine era proprio questo che volevo.
Vedere il suo sorriso.

Guardai la schiena di Scorpius seguire i Grifondoro.
Nessuno si accorse di me. Meglio così. 
Sparii silenziosamente. 
Incredibilmente, ero felice. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Punizione. ***


Io, Alice e Hugo eravamo seduti per terra in un’aula vuota.
Hugo aveva abbandonato Al, Scoprius e sua sorella per seguirmi, quando aveva mi aveva visto scappare via da Alex.
Avevo fatto loro un breve riassunto dell’appuntamento, ma quello che veramente mi premeva raccontare era del bacio.
Di quella sensazione di panico e di terrore, dei battiti del cuore accelerati a mille, della sensazione di star cadendo nel vuoto.
Del bruciore che mi provocava il suo tocco.
- secondo me ti sei fatta prendere un po’ troppo dall’emozione – aveva detto Alice, ignorando Hugo che aveva chiesto preoccupato se baciare qualcuno facesse quest’effetto a tutti.
- Forse sì… ma non so. È stato così… strano.
- magari col tempo ci farai l’abitudine –
Col tempo? Avevo la sensazione che sarei morta d’infarto se avessi provato a baciarlo ancora.
- non credo che avrò modo di abituar mici
- perché? Andavate così d’accordo prima che ti baciasse… sareste perfetti insieme secondo me! Dovresti riprovarci.
Fu come se l’ansia tornasse di nuovo a far visita al mio stomaco.
- Alice, non posso stare con qualcuno che rischia di farmi venire un attacco di panico ogni volta che mi bacia. E non posso neanche stare con qualcuno senza permettergli di baciarmi.
- quindi vuoi mollarlo?
Una morsa strinse di nuovo il mio stomaco. Ne avrei avuto il coraggio? Era stato così gentile.
- credo che Albus ne sarà contento – commentò Hugo, dopo qualche minuto di silenzio
- Cosa? Che c’entra Albus?
- Beh, non era molto contento che tu uscissi con Alex …
Una lampadina si accese nella mia mente.
- è per questo che sembrava così arrabbiato oggi?
- Non sembrava, era parecchio arrabbiato. Lui e Scorpius hanno litigato con Rose.
- Perché ?
- beh, tutto è partito quando Rose ha fatto una battutaccia sul fatto che Alex ti avesse invitato a uscire. Ha detto qualcosa tipo “ poverino, deve avere dei seri problemi mentali per chiedere un appuntamento a quella stronza” , e Al si è infuriato e ha detto che non doveva permettersi di parlare così di te…- sorrisi, ed ebbi la sensazione che tutto il mio corpo fosse avvolto da una morbida coperta vellutata, ma un po’ troppo stretta e claustrofobica. Il pensiero che Al avesse litigato con la sua migliore amica per me, mi rallegrava e mi rattristava allo stesso tempo. - ...hanno discusso per un po’, quando è intervenuto Scorpius che ha detto che secondo lui saremmo dovuti andare a controllare…
- Controllare cosa?
- Te… insomma… lui era preoccupato, pensava che Alex avrebbe potuto farti del male… e poi lo sai, dopo quella storia della profezia sono tutti super apprensivi nei tuoi confronti.
- COSA? Scorpius voleva pedinarmi il giorno del mio appuntamento? E perché diavolo pensava che Alex potesse farmi del male?
Ero incredula e anche parecchio arrabbiata. Una pesante sensazione di fastidio si accoccolò nel mio stomaco, decisa a non andare via fin quando non avesse avuto soddisfazione. Soddisfazione che sarebbe stata ottenuta solo dopo aver schiaffeggiato Scorpius, intimandogli di farsi gli affari propri.
- perché… la madre di Alex è stata una Mangiamorte. – Hugo abbassò gli occhi, come se non riuscisse a sostenere il mio sguardo.
M’immobilizzai. Il mio cervello stava metabolizzando quell’informazione. Alex figlio di una Mangiamorte?
- stai scherzando?
- no … neanche io lo sapevo, ma Scorpius sì… credo per via di suo padre…
Sapevo che Draco Malfoy era stato un Mangiamorte ma che, dopo la guerra, aveva sostenuto di essere stato costretto dai suoi genitori ad entrare a far parte di quel mondo. Allora aveva solo diciassette anni, così al processo era stato assolto.
I seguaci di Voldemort erano rimasti in contatto dopo la caduta di quultimo? Era per questo che Scorpius sapeva che la madre di Alex era una Mangiamorte? Ma le domande che più bruciavano nella mia mente, e che ero terrorizzata dall’idea di formulare ad alta voce erano altre due. Questo c’entra qualcosa con la profezia della Cooman? E con quella tremenda sensazione che ho provato quando Alex mi ha baciata? Scacciai quei pensieri dalla mia testa, e decisi di sostituire la paura con la rabbia. - Questo non significa niente! Anche il padre di Scorpius era un Mangiamorte, e non mi sembra che voi andiate a pedinare ogni ragazza che esce con lui! Non ne avevate il diritto! – urlai. Concentrarmi su questa banalità mi aiutava ad ignorare il panico che aveva di nuovo preso possesso del mio stomaco.
- Non ti abbiamo pedinata!
- Ah, no? E che ci facevate ai Tre Manici di Scopa, allora?
- Se mi fai finire di parlare… - Hugo aveva tirato un respiro profondo, probabilmente per controllare la sua reazione e non rispondere alle mie urla con altre urla. - … quando Albus l’ha scoperto è stato d’accordo con Scorpius, ma ovviamente Rose non era affatto contenta di dover passare la sua giornata a spiare il tuo appuntamento, e ha cercato di convincere Al che non correvi nessun pericolo. Ma Albus e Scorpius non sembravano intenzionati a rischiare, e così hanno ripreso a litigare. Così, mentre loro discutevano, tu sei scomparsa e non avevamo idea di dove fossi andata. Hanno continuato a litigare per un’ora in giro per Hogsmade, e alla fine siamo entrati per caso ai Tre Manici di Scopa, e vi abbiamo visto -
- e quindi avete preso un tavolo di fronte al mio.
- Lily, ti giuro che non avevo intenzione di infastidirti…
- Okay, okay… poi?
- Poi quando hanno visto che tornavi al castello e che lui si avviava in direzione opposta Scorpius ha cambiato umore completamente, e anche Al si è rilassato parecchio. Io sono tornato qui per te, e loro hanno continuato il loro giro. Fine della storia.
Seguirono diversi minuti di silenzio, in cui cercai di mettere in ordine tutte quelle informazioni.
Scoprire che Alex Thomas era il figlio di una Mangiamorte era stato uno shock, ma dovevo permettere che questo facesse totalmente cambiare la mia opinione su di lui? Mi aveva detto che suo padre era un babbano. Una Mangiamorte non avrebbe mai sposato un babbano, almeno che non fosse sinceramente pentita. O almeno credo.
Che cosa diavolo sta succedendo?
- Non lo trovi strano? – chiese Alice dopo un po’. Uno strano sorriso le si era dipinto sul viso.
- Cosa?
- Che Scorpius si sia preoccupato così tanto per te…
Tra tutte le cose che mi erano sembrate strane in quella maledetta situazione, il comportamento di Scorpius era esattamente l’ultima cosa che avrebbe potuto destare il mio interesse.
- che cosa vuoi dire?
- Niente… solo che è strano… - Alice continuava a sorridere, fissandomi con l’aria di una che la sa lunga, ma che preferisce lasciarti crogiolare nell’ignoranza.
- Senti non mi interessa sapere perché a Scorpius interessa la mia salvezza, ma vorrei capire se il ragazzo che ho baciato oggi sta tentando di uccidermi. Alice sospirò.
- secondo me faresti bene a stargli lontano, io non credo che sia un caso… - Hugo stava fissando il muro dietro di me, come se potesse trovarci scritto da qualche parte la risposta a tutte quelle domande che affollavano la mia mente e , lo sapevo bene, anche la sua.
- non credi che sia un caso?
- Non può essere una coincidenza il fatto che quando ti ha baciata hai avuto la sensazione di essere in pericolo, e che sua madre sia una Mangiamorte, e che solo il mese scorso la professoressa Cooman abbia pronunciato una profezia sulla tua morte.
Non erano coincidenze? Oppure sì?
- sentite, sto morendo di fame. Perché non andiamo a pranzo? Tanto comunque parlarne non porterà a niente – disse Alice, alzandosi dal pavimento.
- Mi sembra una buona idea – acconsentì Hugo - Lily, prometti di mollare quel tipo, non lo so se vuole ucciderti, o cos’altro, ma direi che non vale la pena rischiare.
Ero decisamente d’accordo con Hugo, ma questo non mi consolava affatto.
Al di là di quei pochi secondi di panico, e del fatto che era il figlio di una seguace di Lord Voldemort, Alex mi piaceva.
Caposcuola, ottimi voti, comportamento impeccabile. Educato, rispettoso, gentile. Forse un po’ troppo.
E se fingesse? Dev’essere sul serio un bravissimo attore.
Perché non mi ha detto che sua madre era una Mangiamorte quando mi ha parlato della sua famiglia? Non essere sciocca Lily, chi lo avrebbe fatto? Sicuramente non ne va fiero, non è certo un bel biglietto da visita ad un primo appuntamento. Magari col tempo… ma non abbiamo tempo.
Non riuscivo a dimenticare quella maledetta sensazione…
- vengo con voi
- Cosa? In Sala Grande?
- Sì, non ho voglia di mangiare con gli elfi oggi…
La verità era che avevo un incredibile bisogno della loro presenza. Non avevo voglia di lasciarli.
Da sola, probabilmente, sarei stata divorata dalla paura.
Mi vergognai di me stessa. Sembrava sbagliato.
La figlia di Harry Potter non dovrebbe avere paura.
La figlia di Harry Potter dovrebbe essere più coraggiosa.
La figlia di Harry Potter dovrebbe somigliare di più a Harry Potter.
Non avevo ereditato neanche un briciolo del coraggio dei miei genitori?
È per questo? È per questo che sono una Serpeverde?
Perché sono una codarda?
Gli occhi iniziarono a bruciarmi, e mi accorsi che si erano riempiti di lacrime. Li strofinai velocemente per asciugarli, sperando che Hugo e Alice non si accorgessero di niente.
Ci incamminammo insieme verso la Sala Grande, ma nessuno parlò un granché.
Quando entrammo Alice fece per salutarmi, ma io la bloccai. - mangio con voi
- con noi?
- Non mi siederò mai più tra i Serpeverde. – era un comportamento infantile e anche abbastanza stupido, ne ero perfettamente consapevole. Ma il tavolo degli insegnanti era vuoto, probabilmente erano tutti ad Hogsmade, e nessuno avrebbe potuto fermarmi.
Sperai comunque di non dare troppo nell’occhio, e mi sedetti seminascosta dietro il corpo robusto di Hugo.
Alice si mise di fronte a me, e iniziammo a mangiare senza dire una parola.
Pochi minuti dopo entrò in Sala Grande anche Scorpius, che si incamminò nella nostra direzione. Quando mi vide arricciò gli angoli della bocca, in una specie di sorriso che però aveva più l’aspetto di un ghigno.
- e tu cosa ci fai qui? – mi chiese, prendendo posto al mio fianco.
- Mangio – risposi semplicemente.
La voglia di schiaffeggiarlo per aver deciso di pedinarmi non si era placata, e provai un moto di vergogna, poiché la parte razionale di me sapeva che lo aveva fatto a fin di bene, e che addirittura avrei dovuto essergli grata, mentre la bambina capricciosa e viziata che era stata cresciuta da papà Harry faceva rumorosamente i capricci nella mia testa. Non avresti dovuto farlo.
- Hai diseredato le serpi? – insistette lui
- Non farmene pentire - rimase un po’ spaesato dal tono acido della mia risposta, ma scosse le spalle rassegnato, e iniziò a mangiare con noi.
- Dov’è Al? – gli chiese Alice, dopo aver ingoiato un boccone di patate smisurato.
- In biblioteca con Rose – rispose Scorpius. Improvvisamente si immobilizzò, boccando a mezz’aria la forchetta che stava per portare alla bocca, e guardò Alice strizzando gli occhi. – come mai ti interessa? – Alice arrossì vistosamente, e tornò a rivolgere la sua attenzione alla patate.
– era giusto per sapere –  Scorpius continuò a fissarla in quel modo, con gli occhi semichiusi e gli angoli della bocca arricciati.
Era così buffo che scoppiai a ridere.
- perché ridi? – mi chiese
- niente… - risposi imbarazzata, e anch’io decisi di rivolgere tutta la mia attenzione al piatto.
Non mi sentivo così rilassata da mesi. Mi sembrava impossibile essere lì, a tavola con Alice e Hugo. Pranzare con loro, immersa in quel rosso oro, che mi era così estraneo, eppure così familiare.
Ero al tavolo sbagliato, eppure sentivo di essere, probabilmente per la prima volta da quando avevo iniziato la scuola, nel posto giusto.
Nessuno badava a me, nessuno mi tirava addosso del cibo, nessuno m’insultava, nessuno mi augurava di morire al più presto.
È così che dovrebbe essere. Non avevo voglia di scappare. Non avevo voglia di diventare invisibile.
La Sala Grande non mi era mai sembrata così bella.

Finimmo di mangiare con calma, e con altrettanta ci alzammo e uscimmo insieme dalla Sala Grande, seguiti da Scorpius.
- Lily, io torno in Sala Comune. Se riesco a finire i compiti entro stasera, domani lo passo interamente a dormire. Ho un sonno… - mi disse Alice, quando fummo fuori dalla porta.
- Vengo con te – continuò Hugo – ci vediamo, Lily! – mi diede un bacio sulla fronte, chinandosi un pochino. Possibile che sia cresciuto ancora? Mi chiesi. Mi voltai e quasi sussultai, trovandomi di fronte al volto pallido di Scorpius. Mi ero quasi dimenticata di lui.
- tu non vai? –
- non ne ho voglia – disse, sbuffando. – ha smesso di piovere – aggiunse poi, guardando fuori una finestra. – hey, ho un’idea! Ti va di fare un giro sulla scopa? Non dovrebbe esserci nessuno al campo da Quidditch
- Come…? Un giro sulla scopa?
- Beh, sì… visto che non puoi più giocare, pensavo che ti avrebbe fatto piacere. Io comunque vado, ho proprio voglia di volare.
L’idea mi faceva impazzire. Volare mi mancava da morire.
- ma… non sarà… insomma, ci è concesso?
- Cosa vuoi che me ne importi? I professori sono ad Hogsmaide, e probabilmente anche tutti i Prefetti. E non credo che Albus mi metterebbe in punizione…sempre che esca dalla biblioteca in tempo.
- Ci sto!
- Davvero?
- Prendo la scopa, ci vediamo fuori tra… dieci minuti?
- Ti aspetto. – rispose lui, sorridendo.
Non sapevo di essere in grado di correre tanto veloce, eppure raggiunsi il mio dormitorio, presi la scopa e uscii dal castello in meno di cinque minuti. Scorpius era stato anche più veloce di me, probabilmente vista la sua profonda conoscenza di ogni angolo del castello, compresi tutti i passaggi segreti che gli facevano risparmiare un sacco di strada e fatica.
Mi aspettava sorridendo, con la scopa nella mano sinistra e l’altra chiusa a pungo. - guarda un po’ che ho sgraffignato ? – disse, aprendo la mano destra. Un boccino fuggì velocemente dalla sua presa, svolazzando verso l’alto, ma lui lo riprese al volo pochi secondi dopo.
- Come minimo ci espellono – dissi superandolo e dirigendomi velocemente verso il campo da Quidditch.
Nel momento in cui lo dissi, mi resi conto che non me ne importava niente.
Non stavo più nella pelle.
Raggiungemmo il campo, ed era effettivamente deserto.
Ci alzammo in volo quasi contemporaneamente, e lui liberò il boccino d’oro, che iniziò a scorazzare libero.
Inizialmente lo ignorai, e volai un prima a zig zag, poi verso l’alto, scesi in picchiata e risalii, circumnavigai il campo con la mia scopa.
Probabilmente non mi ero resa conto di quanto mi mancasse volare prima di riprendere in mano la scopa.
Il vento mi scompigliava i capelli, mi accarezzava il viso, penetrava nei miei vestiti gelandomi le ossa.
Eppure non avevo freddo.
Il mio cuore era leggero, come non mai. Non mi ero sentita coì felice neanche durante le partite di Quidditch.
L’odore dell’erba tagliata e del legno del mio manico di scopa mi inebriava la mente. Odore di libertà.
Mi fermai per guardarmi intorno. Scorpius volava poco lontano da me, e anche con i suoi capelli il vento non si era mostrato clemente.
Ciocche così chiare da sembrare bianche gli schiaffeggiavano il viso pallido.
Aveva un’espressione concentrata e dominava la scopa con una maestria incredibile. Si muoveva elegantemente nel vento, con grazia.
Il suo modo di volare era quasi ipnotico.
All’improvviso mi scossi, e mi ricordai del boccino.
- Allora Malfoy, vediamo chi lo prende per primo? – urlai, sperando che la mia voce non fosse trasportata via dal vento.
- Non hai speranze, Potter!
- Lo credi sul serio? 
- Scommettiamo? – chise lui, accostando la sua scopa alla mia.
Quel ghigno beffardo gli si era di nuovo dipinto sul viso.
- Cinque galeoni? – chiesi, sorridendo a mia volta.
- Se lo prendi prima tu, ti do cinque galeoni.
- E se lo prendi prima tu?
I suoi occhi si fissarono nei miei, impertinenti, quasi con violenza.
- un bacio.
- eh? – ebbi la sensazione di cadere dalla scopa.
Forse non avevo sentito bene, il vento era troppo forte.
- sei sorda? Ho detto che voglio un bacio… - poi si bloccò, come se stesse riflettendo su qualcosa - … ti lascerò anche decidere dove – aggiunse, facendomi l’occhiolino. Ci misi un po’ a capire la malizia che si celava in quella seconda affermazione, ma non ebbi il tempo di ribattere perché lui era già schizzato via, alla ricerca del boccino.
Questa volta vinco io.
Iniziai a volare velocemente, alla ricerca del boccino e dei cinque galeoni che mi avrebbe fruttato. Feci il giro del campo un paio di volte, e alla fine lo vidi. Svolazzava una decina di metri sopra di me e non esitai.
Puntai la scopa verso l’alto e accelerai.
Probabilmente non avevo mai volato così velocemente.
Scorpius dovette accorgersene, perché sfrecciò anche lui nella mia direzione. Ma questa volta non m’importava, e accelerai ancora.
Le mie dita si strinsero attorno al boccino, come non facevano da tempo.
Il cuore mi batteva a mille per l’adrenalina. Scesi in picchiata, e atterrai violentemente sul prato.
Mi rotolai sull’erba, felice.
Scorpius atterrò poco dopo di me, e mi gettò la scopa al fianco.
- non montarti la testa, Potter, sei stata solo fortunata!
- Voglio i miei cinque galeoni entro stasera, Malfoy. – gli dissi, agitando il pugno destro, in cui ancora stringevo il boccino, verso il suo viso.
Malfoy si accovacciò al mio fianco. – avrò il mio bacio entro stasera, Potter.
Aveva avvicinato le sue labbra all’orecchio, e ancora una volta, sentii il suo respiro accarezzarmi il lobo.
Mi tirai su a sedere, spingendolo via. - hai perso, rassegnati. I patti sono patti.
- E secondo i patti avrai i tuoi cinque galeoni. Ma non rinuncerò a quel bacio. – disse. Sentii il mio stomaco contorcersi, ma soppressi quella sensazione. Pensai ad Alex, e al panico che mi aveva invaso, e decisi che quei due mini baci erano decisamente abbastanza per quel giorno.
Poi, conoscevo Scorpius da anni, sapevo che era solito a fare il cascamorto con qualsiasi ragazzina fosse abbastanza scema da credere alle sue dolci lusinghe e ai suoi modi di fare da fighetto.
Non sono una stupida ragazzina Scorpius, non mi farò ammaliare dai tuoi occhioni azzurri e dal tuo bel sorrisetto.
- vedremo – gli risposi, sorridendo a mia volta. Mi alzai, e gli porsi una mano per aiutarlo. - comunque grazie – dissi poi, quasi in un sussurro.
- Di cosa? – chiese lui, vagamente sorpreso.
- Di questo, di avermi portata qui. Ne avevo veramente bisogno.
Lui capì, e mi sorrise. - Vengo a volare qui ogni volta che il castello inizia a sembrarmi troppo piccolo. Lo so che è assurdo, ma a volte capita… per ora non sono mai stato beccato. Se vuoi la prossima volta chiamo anche te, è stato divertente.
- già – è stato davvero divertente. Un accenno di tristezza mi stuzzicò un po' lo stomaco. Quando il castello inizia a sembrarmi troppo piccolo... Se io ero una Potter tra i Serpeverde, lui era un Malfoy tra i Grifondoro.
Non doveva essere stato facile neanche per lui. 
Ci avviammo insieme fuori dal campo, e mi chiesi all’improvviso quanto tempo fosse passato.
Ero stata così bene che non me ne ero resa conto.
Era quasi buio, dovevano essere passate almeno due ore. Possibile?
Eravamo quasi al castello, quando sentii una voce chiamare il mio nome sprezzante.
- hey Potter! Che fai, ti alleni con i Grifondoro ora? Ti hanno presa in squadra? – mi voltai di scatto.
Era Andrew MacDonald, accompagnato da Zabini. oh, fantastico.
- Sì, MacDonald, loro sanno riconoscere una brava cercatrice.
MacDonald e Zabini scoppiarono a ridere alle mie parole.
Mi sentii ferita. MacDonald non mi era mai piaciuto particolarmente, ma in fondo mi aveva sempre rispettata. Non era tra le serpi che più di divertivano a prendermi in giro, e gliene ero sempre stata grata.
Il suo comportamento mi sorprese.
- E pensare che quando ti ho cacciato ne ero quasi dispiaciuto. Avrei dovuto immaginarlo, hai frenato per far contento il tuo ragazzo? – chiese sprezzante, indicando Scorpius. Feci per ribattere, ma Zabini mi anticipò – il suo ragazzo? Marlene oggi mi ha detto che stava pomiciando con Thomas ai Tre Manici di Scopa.
- è vero, Potter? Quindi oltre ad essere una grandissima stronza sei anche una putt… -
ma non fece in tempo a finire la frase, perché fu schiantato lontano da Scorpius, che aveva estratto la bacchetta ad una velocità sorprendente, e cadde a terra con un sonoro tonfo.
- modera i termini, MacDonald!
Intanto anche io avevo estratto la mia bacchetta, e prontamente disarmai Zabini che aveva estratto la sua.
Scintille argentate furono scgaliate fuori dalla bacchetta di Macdonald, ma Scorpius le schivò prontamente. Puntò la sua bacchetta contro un albero, situato poco dietro il serpeverde ancora disteso per terra, i cui rami iniziarono a crescere vistosamente.
Afferrarono i piedi di Macdonald e di Zabini, e in poco tempo li immobilizzarono. Poi iniziarono un lento – ma non troppo – processo di decrescita, e alla fine i due serpeverde si trovarono appesi a testa in giù, infagottati come salami tra i rami di quel grosso albero.
- forte! – esclamai.
I due iniziarono ad urlare, ed altri piccoli rametti gli si conficcarono in bocca, con tanto di foglie, costringendoli al silenzio.
Scorpius agitò un’ultima volta la sua bacchetta, in un incantesimo non verbale, e la parola “idiota” si disegnò con inchiostro nero sulla fronte dei due. Scoppiai a ridere, e nel farlo appoggiai la testa alla spalla di Malfoy. Anche lui sorrideva.
Ma l’incanto durò poco.
- COSA DIAVOLO VI SALTA IN MENTE!?
Ci voltammo di Scatto.
Il professor Morse e due uomini che non avevo mai visto prima erano comparsi alle nostre spalle.
- Potter! Malfoy! Siete forse impazziti?! Liberateli subito! Il tono del professore era fermo, ma un tremolio nella sua voce denunciò un’evidente dose di rabbia celata.
Malfoy non se lo fece ripetere due volte e i rami dell’albero si allargarono lentamente, facendo precipitare al suolo i due ragazzi.
- Non so se ne siete stati informati, ma volare nel campo da Quidditch senza un apposito permesso è vietato. – disse Morse, indicando le scope che ancora stringevamo tra le mani - Venti punti in meno alle rispettive case per il volo fuori programma. E per questo… - disse poi, indicando i due Serpeverde - una settimana di punizione a entrambi. Alle cinque nel mio ufficio, ogni mercoledì, a partire da questa settimana fino alle vacanze di Natale –
- Sì, professore – dissi, abbassando lo sguardo.
Ero mortificata. Era il mio professore preferito, ed ero convinta di piacergli molto. Almeno prima di quell’incidente.
Non sapevo ora che idea si fosse fatto di me.
- Lily … - aggiunse poi. Notai con piacere che il suo tono si era addolcito. – non voglio assolutamente che tu metta di nuovo piede fuori dal castello senza permesso, sono stato chiaro? Tuo padre era furioso, gli auror ti avevano perso di vista. Oltre a infrangere le regole, hai corso anche un grave pericolo.
- Mi dispiace professore, non accadrà più. –
Mio padre? Era al castello? E ne era anche già stato informato? Avevo completamente dimenticato di essere continuamente tenuta d’occhio dagli auror. Lo stomaco mi si strinse. Erano ad Hogsmade oggi? Avevano visto tutto? Mio padre sapeva che avevo pomiciato col Caposcuola Corvonero e che poi ero fuggita via? L’idea mi infastidiva non poco.
- E anche tu Malfoy, sei più grande, si ci aspetta da te una maggiore maturità. Non avresti dovuto esporla ad un tale rischio.
- Non correvamo nessun rischio, professore, prima che arrivassero quei due. – rispose Scorpius sulla difensiva.
Il professor Morse sembrò ricordarsi all’improvviso dei due serpeverde, che erano ancora distesi doloranti sull’erba.
– oh, già… accompagnateli in infermeria – disse riivolgendosi ai due uomini, che ora immaginavo essere due auror al servizio di mio padre.
- e voi due tornate dentro -
Non dovette ripeterlo, tornammo al castello senza dirci una parola.
- scusa… - gli dissi una volta dentro.
- Scusa?
- Beh, ti sei beccato una punizione per difendere me, non sarebbe accaduto se non fossi stata presente. Lui mi guardava scioccato.
– Lily, ti ho chiesto io di venire! E poi erano secoli che sognavo di appendere quei due mongoloidi a testa in giù, e finalmente ne ho avuta l’occasione! – rispose lui, sorridendomi.
- beh, allora in questo caso... grazie per aver preso le mie difese - dissi, e senza pensarci un secondo di più (perché sapevo che altrimenti avrei cambiato idea) mi avvicinai a lui e gli baciai la guancia. 
Lo sentii irrigidirsi per un attimo sotto il tocco delle mie labbra, ma quela specie di ghigno beffardo gli si ridipinse sul viso.
- te lo avevoo detto! 
- cosa? 
- che avrei avuto quel bacio entro stasera. 
Non seppi cosa ribattere, così lo salutai e mi avviai vero il mio dormitorio. Le gambe mi facevano male per essere stata così a lungo sulla scopa, e anche la mia schiena era non poco dolorante.
Avevo un’incredibile voglia di dormire, e per un momento sentii la rabbia invadermi per quella maledetta punizione.
Era ingiusta. Io non avevo fatto niente, e Scorpius aveva fatto quello che aveva fatto perché quei due imbecilli se lo meritavano.
Ma all’improvviso risentii sulla pelle il tocco del vento, e nello stomaco l’adrenalina del volo, e la rabbia per la punizione cessò, e mi dimenticai completamente anche di quella strana mattinata, e di quel bacio particolare, e dell’idiozia di MacDonald e Zabini.
L’unica cosa che avevo in mente in quel momento, erano i capelli chiari di Scorpius che gli si affollavano davanti al viso, e una vaga sensazione di libertà e di felicità, che probabilmente avrei associato per sempre a quel pomeriggio.





Chiodino: Siamo praticamente a metà storia, e volevo ringraziare tutti voi che la state leggendo, e quei pochi che hanno anche voluto recensirla. 
Scrivo da sempre, ma non ho mai pubblicato, e il rapporto con i lettori mi mette ansia. Quindi vi ricordo che mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate, e anche le critiche sono ben accette, visto che mi interessa molto migliorare. 
Vi chiedo scusa, perché non riesco ad aggiornare con regolarità, ma oltre ad avere una connessione che risale all'età della pietra, ho anche un paio di esami da preparare, e questo mi toglie molto tempo che - vi assicuro - preferirei passare a scrivere. 
Pubblicherò il prossimo capitolo entro giovedì. (spero) 
Un abbraccio! 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Panico. ***


La pioggia continuò a cadere più o meno incessantemente per tutto il mese di ottobre, quasi volesse assecondare il mio umore.
Forse era solo una mia paranoia, ma mi sentivo perseguitata dagli sguardi di disprezzo di quasi tutti i miei compagni di casa.
In Sala Comune me ne stavo in un angolo, in disparte, contenta di essere ignorata.
Ogni tanto Brienne veniva a donarmi la sua silenziosa compagnia, sedendosi al mio fianco, ma erano rari i momenti in cui alzava lo sguardo dal suo libro.
Il Quidditch mi mancava terribilmente, ma mi consolai dicendomi che quella maledetta squadra meritava una sconfitta umiliante contro i Tassorosso, e che ora avevo molto più tempo libero a disposizione. In effetti dormivo molto di più e anche i miei voti migliorarono incredibilmente.
La cosa che sopportavo meno erano i pasti. Seduta a quella maledetta tavolata era difficile evitare le persone, visto che inevitabilmente avrei avuto qualcuno alla mia destra, qualcun altro alla mia sinistra e qualcun altro ancora di fronte a me.
Quando mi ignoravano mi stava bene. Mangiavo velocemente, senza guardare nessuno, per poi alzarmi e scappare letteralmente via da quell’opprimente folla verde oro. Più spesso, però, ero costretta a sopportare battutacce e frecciatine, e più di una persona espresse ad alta voce il desiderio di veder avverata al più presto la profezia sulla mia morte.
Imparai a fingere di essere sorda, poiché era l’unico modo per riuscire a non compiere una strage proprio sotto il naso di tutto il corpo insegnanti.
Quando la situazione iniziò a apparirmi insopportabile, iniziai a saltare i pasti.
A volte la cena, altre il pranzo, più spesso la colazione.
Mi piaceva godermi il silenzio del dormitorio solitario, quando tutti gli altri erano immersi nel chiasso della Sala Grande.
Persi molto peso e la cosa non sfuggì ad Al, che iniziò letteralmente ad assillarmi per convincermi a mangiare.
Alla fine riuscimmo a trovare un compromesso: mi accompagnò nelle cucine, dove gli elfi domestici si rivelarono molto ben disposti a farmi mangiare qualsiasi cosa desiderassi, e in qualsiasi quantità.
Al incaricò un elfa di nome Kitty di controllare che mangiassi regolarmente tre volte al giorno, e di avvertirlo nel caso in cui avessi saltato qualche pasto. Cosa di cui non avrebbe assolutamente dovuto preoccuparsi, perché tutti quegli elfi domestici erano una compagnia decisamente più piacevole di tutti i Serpeverde, e mi piaceva da morire mangiare con loro.
Avevo più amici giù nelle cucine che in tutto il resto della scuola.
In Sala Grande non mi faci praticamente più vedere.



Era un mercoledì di fine ottobre e, dopo aver consumato un abbondante pranzo in compagnia dei miei nuovi migliori amici, mi diressi in biblioteca per finire il mio tema di Trasfigurazione. Ero intenzionata ad occupare il mio solito angolo solitario, seminascosto dal mondo, ma quando entrai vidi Albus e Rose seduti ad un tavolo, chini ognuno sulla propria pergamena.
Provai a non farmi vedere, perché non avevo alcuna voglia di avere contatti di nessun genere con mia cugina, ma Al sembrò intercettare la mia presenza, perché alzò gli occhi dai suo compiti e li puntò dritti nei miei.
Mi sorrise e mi invitò con un gesto a sedermi vicino a loro.
Rassegnata, lo feci.
Rose non diede segno di avermi visto, e continuò a mettere inchiostro su carta velocemente, fermandosi in rari momenti, solo per controllare qualcosa sui tre grossi tomi che aveva davanti.
Io presi il libro di cui avevo bisogno per approfondire quel poco che bastava a prendere un voto in più alla sufficienza, e iniziai a dedicarmi a quel maledetto tema, sperando di riuscire a finire prima degli allenamenti del Club.
Ero lì da neanche mezz’ora, quando una mano mi scosse delicatamente la spalla.
- Hey, Lily – mi voltai. Alex era dietro di me, e teneva un enorme librone tra le braccia.
- Ciao – risposi, ricambiando il sorriso
- Posso sedermi qua? – disse, indicando il posto vicino al mio. Anuii, e sentii il mio viso andare a fuoco. Ti prego Lily, non arrossire adesso.
Rose alzò gli occhi dalla pergamena per un secondo, fece un segno di saluto ad Alex e riprese il suo tema.
Ebbi l’impressione che stesse riassumendo interamente quei tre enormi volumi che aveva davanti.
Al iniziò a guardare Alex con una strana espressione, ma il Corvonero non sembrò farci troppo caso, e si immerse nella lettura del suo libro.
Provai a ritrovare la concentrazione per finire il mio tema, ma pochi minuti dopo Alex m’interruppe di nuovo.
- Lily, mi stavo chiedendo … -
Lo guardai in attesa. Lui aveva preso a mordersi il labbro inferiore insistentemente.
- cosa?
- … è Trasfigurazione?
Rimasi a fissarlo perplessa per qualche secondo, prima di capire che si stava riferendo al mio tema.
– oh… sì.
- vuoi che ci dia un’occhiata?
- Oh… uao, sì mi farebbe piacere. Magari quando ho finito.
Lanciai uno sguardo a Al, che continuava a guardare Alex incuriosito.
Ripresi a scrivere, ma dopo due righe fui costretta di nuovo a fermarmi, perché Alex aveva iniziato a battere insistentemente la sua piuma sul tavolo.
- Alex…
- Sì?
- Ti dispiace…? – chiesi, indicando la sua piuma
- sì… sì, scusami. – rispose lui, evidentemente imbarazzato.
Lo sentii prendere un respiro profondo.
- vuoi venire ad Hogsmade?
- Eh?
- Con me…
- Ora?
- No, no… ad Halloween, la gita…
- Alex?
- Vuoi venire ad Hogsmade con me sabato? – riformulò lui, in maniera più comprensibile.
Aveva conquistato anche l’attenzione di Rose, che aveva finalmente alzato la testa dalla sua pergamena per fissarlo. E fissarmi.
- oh… mi stai chiedendo un appuntamento? –
- no! Cioè, sì… ma solo… se non vuoi … -
- va bene –
- mh?
- Sì, Alex. Possiamo andare insieme ad Hogsmade sabato.
Le sue spalle, che fino a quel momento erano rimaste tese e rigide, si rilassarono. Notai che le sue guance avevano assunto un’adorabile colorazione rossa. - volete stare zitti voi due? – sbottò all’improvviso Rose, parecchio infastidita.
- cosa c’è Miss, ti brucia perché nessuno ti ha mai invitata ad uscire ? Rose emise un latrato, simile ad una risata.
– nel caso non te ne sia accorta, siamo in una biblioteca e sto cercando di studiare. Andate a scambiarvi le vostre smancerie fuori di qui.
Non potei rivolgerle la rispostaccia che avevo sulla punta della lingua perché Albus mi zittì con uno sguardo a dir poco eloquente, e perché non volevo scatenare di nuovo una rissa di fronte ad Alex, che aveva un’indole più che tranquilla. Così tornai al mio tema di Trasfigurazione, con un grande sorriso dipinto sulle labbra e una piacevole sensazione allo stomaco.
Ho un appuntamento. Ho un appuntamento con Alex Thomas.
Non ci credo. Sto sognando.
Non vedo l’ora di dirlo ad Alice.



Appena uscita dalla biblioteca mi misi alla ricerca di Alice.
La trovai che quasi correva per un corridoio con un’espressione di pura rabbia dipinta sul volto.
Non l’avevo mai vista così. Alice era sempre di buon umore.
- Che è successo ? – le chiesi, dimenticandomi persino perché la stessi cercando.
- Io- odio-mio-padre – disse, sottolineando esageratamente ogni singola parola.
- Perché ?
- Per diversi motivi …
- Oggi perché lo odi?
- Niente Hogsmade, mi ha messa in punizione. Diavolo, come se avessi dato fuoco alla serra di proposito, lo sa che…
- Cosa?
- … è stato un incidente. E la responsabilità…
- Hai dato fuoco alla serra?
- Un incidente.
- Si è..?
- Non si è fatto male nessuno – mi anticipò lei – certo, a parte tutte le piante. Ma chissenefrega di quelle maledette piante!
- Quindi non potrai visitare Hogsmade sabato?
- Non potrò visitare Hogsmade per tutto il resto dell’anno scolastico. Io lo odio –
- Sono sicura che troveremo un modo …
- No! Perché tuo padre ha fatto chiudere tutti i passaggi segreti per evitare di farti morire! Quindi niente Hogsmade.
- Alice, mi dispiace…
- Non è colpa tua… però diavolo, quando tuo padre è il tuo professore le cose diventano molto più complicate. Abbiamo litigato di brutto, perché io mi sono ribellata… cioè, probabilmente fosse stato qualche altro professore non avrei ribattuto, ma lui è mio padre, non posso soltanto fare finta che non lo sia. Ed è stato ingiusto.
Non le dissi che vietarle di andare ad Hogsmade era, secondo me, una punizione fin troppo lieve per una che aveva appena dato fuoco alla serra. Non volevo che si arrabbiasse anche con me.
- Andiamo a cena?
- Io mangio in cucina e poi scappo all’incontro con il Club –
- Ah già, dimenticavo che tu non mangi con noi comuni mortali!
- Lo sai perché…
- Sì, sì. Lo so. Scusami, sono arrabbiatissima. Posso mangiare con te nelle cucine? Non ho voglia di rivedere mio padre, stasera.
- Certo! Andiamo, devo raccontarti una cosa.
Parlai ad Alice di Alex di fronte ad un enorme piatto di spaghetti al sugo.
Non si ingelosì affatto, anzi sembrò dimenticare completamente la sua rabbia e la sua punizione, e reagì con più entusiasmo di quanto non ne avessi dimostrato io.
Mise in rassegna il mio intero guardaroba e giunse alla conclusione che non c’era nulla di decente, perché - ti vesti come un maschiaccio - e mi promise che mi avrebbe prestato qualcosa di più femminile. Fu inutile ribattere.
Mi insegnò a fare quell’incantesimo per arricciare le ciglia e insistette per venire a pettinarmi i capelli.
Io la lasciai fare, contenta di essere riuscita a farle tornare il buon umore. Quando finimmo di mangiare mi stampò un sonoro bacio sulla guancia e mi disse che sarebbe andata a scusarsi con suo padre prima di tornare in sala comune.
Io mi incamminai per andare al Club.
Pensavo ad Alex. Ero contenta che mi avesse invitato ad uscire, ma non riuscivo a sentire neanche un briciolo di quell’eccitazione che aveva invaso Alice. Ero incredibilmente tranquilla e rilassata, come se dovessi semplicemente andare a fare una passeggiata con Hugo, o con Al.
Forse sono apatica, pensai.
Poi mi venne in mente l’espressione di disappunto che si era disegnata sulla faccia di Rose quando avevo accettato di uscire con lui, e improvvisamente capii di essere la persona più felice del mondo.
Avevo un appuntamento con Alex Thomas.




I giorni che separarono il mercoledì dal sabato quella settimana mi sembrarono infiniti. Ma alla fine arrivò, grigio e piovoso come tutto il resto di ottobre, il giorno del mio appuntamento con il Caposcuola Corvonero.
Alice mantenne la promessa. La feci introdurre di soppiatto nel mio dormitorio e la lasciai giocare con i miei capelli. Dopo una buona mezz’ora di spazzolate, mi sembravano esattamente identici a prima. Rossi, lunghi e lisci.
Le dissi comunque che erano bellissimi, visto che non volevo offenderla.
Mi arricciò le ciglia e tentò di costringermi ad indossare un vestitino bianco con una fantasia a fiori viola, che riuscii ad evitare facendole notare che sarei morta congelata prima di riuscire a mettere piede fuori dal castello.
Alla fine mi concesse di imbacuccarmi come meglio credevo, tanto - se ti ha chiesto di uscire nonostante tu prenda i vestiti dall’armadio di James devi piacergli proprio tanto – Un piccolo brivido corse lungo la mia schiena, al pensiero di poter “piacere proprio tanto ad un ragazzo. A quel ragazzo”

Arrivai puntuale all’appuntamento, ma lui era già lì, fuori la sala Grande, appoggiato con la schiena al muro, braccia incrociate.
Chiacchierava con la ragazza dai capelli biondi che avevo visto più volte tra le braccia di James.
- hey Lily! – mi salutò, regalandomi uno di quei sorrisi che pensavo lo rendessero ancora più carino.
- Ciao, Alex – risposi.
La ragazza con i capelli biondi si voltò. – ciao Lily! –
- Em… ciao… -
- Sono Bea – disse, porgendomi la mano – tuo fratello non ti ha parlato di me? Sono la sua ragazza –
- Oh.. sì, certo… piacere di conoscerti – dissi, stringendo la mano che mi stava offrendo.
Effettivamente era un bel po’ ti tempo che la vedevo con James intorno, ma non avevo mai pensato al fatto che potesse essere la sua ragazza.
James non apparteneva a nessuno, e nessuno apparteneva a lui.
- hai idea di dove sia? È già un quarto d’ora che lo aspetto –
- boh, sarà con Fred da qualche parte …
Bea non sembrava veramente interessata alla mia risposta, perché subito dopo mi chiese ancora: - quindi ti ha parlato di me? Insomma, ti ha detto qualcosa? è quasi un mese che usciamo insieme, credo che sia una cosa seria… tu cosa pensi?
- emm… veramente io e mio fratello non parliamo molto di queste cose…
- sai se si vede con qualcun’altra? Ultimamente è un po’ strano…
Nel profondo del mio cuore, ma nemmeno troppo in fondo, sperai che James piantasse presto in asso quella spina nel fianco, visto che mi era già antipatica dopo meno di due minuti di conversazione.
- … alla fine lo so che è un bravo ragazzo, ma piace così tanto. Insomma, è normale, è proprio bello ….
Okay, ochetta. Ho smesso di ascoltarti. Lo so che mio fratello è bello, ma è anche una gran testa di zucca, quindi stai attenta a quel tuo fragile cuoricino, perché sono sicura che sta già giocando con le mutandine di qualcun'altra.
-… è affascinante, talentuoso…
Emm, scusa? Io avrei il mio appuntamento da far iniziare, se non ti dispiace.
- … brillante, divertente …-
- Conosco mio fratello, ma grazie per la descrizione. Alex, andiamo?
- Oh, si – rispose lui – ci vediamo Bea
- Ciao – salutai anch’io per pura cortesia, cercando di farle capire quanto fossi felice di liberarmi di lei e allontanandomi in fretta.
Lei rimase per un po’ ferma a fissarci, con la bocca ancora semiaperta.
Quando fummo abbastanza lontani da lei, Alex si mise a ridere.
- cosa c’è?
- Niente, stavo pensando a Bea. L’hai zittita in maniera formidabile. Erano venti minuti che mi stava parlando della sua relazione con James, e ogni mio tentativo di cambiare discorso si è rivelato inutile. Non ce la facevo più –
Un lampo di gioia attraversò il mio stomaco nel sapere che condivideva con me l’antipatia per quella ragazza. Oh, abbiamo qualcosa in comune, pensai, e quella vocina con cui in genere formulavo i miei pensieri assunse un tono talmente mieloso che quasi mi venne la nausea.
- tuo fratello fa strage di cuori! –
- sì, James è fatto così… ma non credo che ami qualcuno al di là di se stesso –
- non avrà ancora incontrato la persona giusta
- Non credo che gli interessi poi molto
Di James? Stiamo veramente parlando di James? Pregai che cambiasse discorso, ma quando lo fece desiderai tornare a parlare di mio fratello.
- ho sentito che non sei più in squadra…
- no, MacDonald mi ha cacciata
- come mai? Ti ho visto volare, sei bravissima
- grazie – ma non ne voglio parlare – è che pensa che io abbia volontariamente lasciato prendere il boccino a James – ecco, parliamo ancora di James
- e lo hai fatto?
- Certo che no, è che non stavo tanto bene… sai, il braccio…
- Oh certo… vedrai che ti implorerà di tornare quando capirà che non c’è nessuno alla tua altezza.
Mi riempii di orgoglio a sentirglielo dire. Pensa che sia bravissima. Che non c’è nessuno alla mia altezza.
Il mio stomaco fece un’altra capovolta.
- ti va una burrobirra? – chiese. Eravamo appena arrivati di fronte ai Tre Manici di Scopa
- sicuro –
Entrammo. Il locale era affollato come sempre, e per Halloween era stato intensamente decorato.
Zucche, scheletri e ragnatele finte riempivano l’ambiente.
Lui Ordinò cordialmente due burrobbirre al bancone.
- otto falci – disse il commesso, porgendogli le bevande
- faccio io – disse, vedendo che stavo cercando i soldi nella borsa. Pagò, prese le bibite e mi fece segno di seguirlo.
- grazie – gli dissi. Ero un po’ in imbarazzo.
Lui mi rispose con un sorriso, e posò le burro birre sul tavolo, facendomi segno di accomodarmi.
Si sedette al mio fianco, anche se avrei preferito averlo di fronte.
Non volevo farmi venire il torcicollo per guardarlo.
Notai che due ragazze Corvonero dell’ultimo anno ci stavano fissando, e una sussurrò qualcosa nell’orecchio dell’altra, che scoppiò a ridere.
Gli rivolsi un’occhiata omicida e loro si allontanarono.
Alex sembrò non aver notato nulla.
Mi sorprese scoprire come fosse facile parlare con lui. Era molto dolce, particolarmente educato e aveva anche uno spiccato senso dell’umorismo. Più di una volta rischiai di strozzarmi con la burro birra per ridere ad una delle sue battute. Parlammo un po’ di tutto, Quidditch, scuola, professori. Scoprimmo di avere quasi gli stessi gusti in fatto di musica,e la cosa mi sorprese non poco. Mi disse che suo padre era babbano, e che quindi conosceva molto bene quel mondo. Mi promise di farmi ascoltare alcune delle sue canzoni babbane preferite, disse che mi sarebbero piaciute.
Era passata circa un’ora, quando entrarono nel locale anche Albus, Scorpius Rose ed Hugo. Mi sentii un po’ in colpa nei confronti di mio cugino, che non sembrava particolarmente contento di dover passare del tempo con sua sorella.
Li salutai con un cenno della mano, e loro risposero con poco entusiasmo. Miss Perfezione mi ignorò del tutto.
- credi che vada tutto bene? Hanno delle facce … - constatò Alex.
Non risposi, ma non potei che trovarmi d’accordo.
Rose aveva il naso storto in una strana smorfia, quasi fosse indignata per qualcosa. Hugo sembrava spazientito, o forse rassegnato. Albus era evidentemente arrabbiato, e Scorpius non sembrava da meno.
- forse hanno litigato…
- forse … - li guardai sedersi ad un tavolo poco distante dal nostro.
Rose e Hugo mi diedero le spalle, mentre Al e Scorpius erano proprio di fronte a noi.
Lo stomaco mi si strinse in una morsa. Non mi piaceva vederli così.
Praticamente non si stavano scambiando neanche una parola. Notai che, mentre Al fissava la sua burrobirra, Scorpius fissava me.
Non è colpa mia, vero? Non sto facendo nulla di sbagliato. Cercai di chiedergli spiegazioni con lo sguardo, ma lui non comprese.
Continuò a fissarmi, con un’espressione indecifrabile sul volto.
Che cosa vuoi? Mi girai per guardare Alex, e notai che mi stava guardando.
- va tutto bene?
- Certo – risposi, simulando indifferenza – mi stavo solo chiedendo cosa fosse successo…
Stavo per chiedergli di andare da qualche altra parte, perché proprio non ce la facevo a rimanere lì e guardare quei quattro infelici seduti a quel tavolo, ma Alex senza nessun preavviso, si sporse verso di me e mi baciò.
Non appena le nostre labbra si toccarono, un’incredibile sensazione di ansia invase tutto il mio corpo.
Avevo ancora la remota certezza di essere seduta, ma sentivo di star cadendo nel vuoto, in un abisso oscuro.
Il cuore iniziò a martellarmi forte nel petto, ma non era una sensazione piacevole.
Il mio stomaco si contorceva, non provavo altro se non… terrore.
Non avevo mai baciato nessuno prima d’ora, ma ero sicura che quello che sentivo non era giusto. Non era normale.
Ansia, terrore, paura.
Diavolo Lily, ti sta solo baciando.
Cercai di non far trapelare niente di ciò che provavo con Alex, ma lui dovette accorgersene perché si staccò quasi subito.
La sensazione al mio stomaco si placò, tutto tornò normale.
- è tutto okay? Scusa forse non dovevo…
- va tutto bene – mentii. Cosa mi è preso? Di cosa avevo paura?
Involontariamente, lanciai un altro sguardo al tavolo di Al.
Mi rilassai, vedendo che Hugo e Albus stavano ridendo, prendendo in giro Scorpius che aveva rovesciato la sua burrobirra sul pavimento, mentre Rose lo stava rimproverando a voce molto alta – come fai ad essere così imbranato!
- senti, forse dovrei tornare… - dissi
- scusa, non volevo baciarti… è che… cioè, volevo… ma forse …-
- oh, non è per quello Alex, va tutto bene – cercai di rassicurarlo, ma in realtà neanche io sapevo perché. In realtà sentivo di dover rassicurare solo me stessa. Non è per quello. Perché ho avuto paura?
- … è che ho un mucchio di compiti da finire – mentii – mi piacerebbe restare ancora qui con te, ma devo proprio andare… se vuoi restare però… -
- Posso accompagnarti … -
- Non ce n’è bisogno… -
- Okay, ma ti accompagno almeno qui fuori –
- D’accordo – acconsentii.
Ci alzammo insieme e uscimmo dal locale.
- posso… - sussurrò lui con un filo di voce.
- Cosa?
- Vorrei baciarti di nuovo… -
- Oh… certo… - risposi.
Non avrei saputo spiegargli un rifiuto, ma non morivo dalla voglia di rivivere quel momento.
E infatti accadde di nuovo. Questa volta, però, fu peggio.
Posò le sue mani sulla mia schiena con delicatezza, ma sentii la pelle bruciare anche sotto il pesante mantello.
Mi attrasse a se con dolcezza, ma sentii il suo tocco carico di violenza.
Chiusi gli occhi, e lo circondai con le mie braccia.
Devo far finta di niente. Quest’affermazione suonò quasi come una domanda nella mia testa.
Posò le sue labbra sulle mie, e di nuovo fu il panico.
Le gambe mi tremavano, il cuore accelerò i battiti. Soppressi l’istinto di scappare.
Mi sentii di nuovo scivolare nel vuoto.
Avevo paura.
Ero terrorizzata.
Ma perché?
Mi allontanai da lui con uno scatto.
- scusa, ma devo proprio andare – dissi, e lo lasciai lì, con le labbra ancora dischiuse.
Cedetti all’istinto di scappare e scappai.
La sensazione di panico, questa volta, non mi abbandonò fin quando non ebbi rimesso piede nel castello.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Come i gatti. ***


Il mercoledì successivo era iniziato veramente bene.
Avevo consumato una colazione abbondante nelle cucine, in compagnia dei miei fidati elfi.
Erano delle creature adorabili, gentili e servizievoli, nonostante grazie al C.R.E.P.A, portato avanti da zia Hermione, non fossero più tenuti in schiavitù. Era riuscita a far in modo che avessero un contratto regolare, con stipendio e ferie pagate, giorni di malattia, e un’altra valanga di privilegi che solo vent’anni fa sarebbero parsi assurdi non solo ai maghi, ma agli elfi stessi.
Alcuni, soprattutto gli elfi più anziani, si rifiutavano ancora di indossare vestiti e di far uso di quei privilegi, comportandosi effettivamente come se fossero ancora schiavi a tutti gli effetti.
Ma gli elfi più giovani erano un vero spasso.
Indossavano maglioni troppo grandi per loro e incredibilmente colorati. Non avevano idea di cosa significasse coordinare i colori, e così cappelli gialli erano indossati con paraorecchie viola, calzini rossi e maglioncini verdi.
Non conoscevano bene neanche la differenza tra vestiti e pigiami, e non erano pochi quelli che andavano in giro indossando camicie da notte bianche con fantasie a fiori, anche (e soprattutto) tra gli elfi maschi.
La mia preferita era Kitty. Era una vera pettegola, e mi raccontava storie divertentissime e stranissime su ogni alunno della scuola.
Sul tale che collezionava teste di lucertole morte, su un ragazzo Tassorosso che aveva il baule pieno di vestiti da donna, su una ragazzina che qualche anno fa, avendo avuto il suo primo ciclo mestruale, si era spaventata così tanto da aver dato fuoco alle lenzuola per poi correre in lacrime in infermeria.
Adoravo passare il mio tempo con lei.
Adoravo passare il mio tempo con tutti loro.
Più di una volta, per ringraziarli, avevo portato loro dei regali.
 Imbarazzanti calzini a strisce, maglioni in cui ormai non riuscivo più ad entrare, i cappelli che più di una volta mia madre aveva provato a cucire all’uncinetto, prima di capire che quella non era decisamente la sua strada.
Loro mi ringraziavano con entusiasmo, quasi sull’orlo delle lacrime. Mi stringevano tra quelle loro magre braccine con forza incredibile, ed io sorridevo felice.
I maghi avrebbero davvero tanto da imparare dagli elfi domestici.
Dopo aver consumato la mia colazione, ringraziato e salutato i miei amici, mi ero diretta all’aula di pozioni, dove ero stata nuovamente lodata di fronte all’intera classe per le mie doti di pozionista, ereditate da mio padre, che a sua volta le aveva ereditate da sua madre Lily, come ci teneva sempre a ricordare il professor Lumacorno.
In realtà papà aveva più volte riso di quest’affermazione, e ogni volta ripeteva “in realtà è tutto merito di Piton, è stato davvero un grande insegnante di pozioni quando ha smesso di insegnare quella materia”. Papà dice spesso cose incomprensibili, quindi non gli ho mai chiesto cosa volesse effettivamente dire, anche perché una parte di me sapeva che comunque non avrei avuto risposta. Fatto sta che è vero: mio padre è un pessimo pozionista.
La lezione di incantesimi non poteva andare meglio, avevo padroneggiato da subito gli incantesimi di appello fruttando altri venti punti a Serpeverde.
Brienne mi aveva presa in giro, dicendo che sono talmente pigra che pur di non dovermi muovere per prendere qualcosa, avevo imparato da subito a far arrivare gli oggetti da me.
Sì, quel mercoledì era iniziato proprio bene, ma io sono una Potter, e col tempo ho imparato che ai Potter le cose non possono andare bene a lungo.
Appena uscita dall’aula di incantesimi, fui raggiunta da un’infuriata professoressa Bellamy, l’insegnante di Trasfigurazione.
-Potter! – mi immobilizzai sul colpo.
-Professoressa…
-Chi diavolo ti credi di essere?
Che ho fatto ora?
-la signorina Potter è troppo importante per mangiare con i comuni mortali? Mi è stato riferito che non fa uso della Sala Grande, e che preferisce consumare i suoi pasti nelle cucine. Per lei, di grazia, è troppo umiliante mescolarsi alla plebe?
-Chi ve l’ha detto?
-Questo non è importante Potter. Non m’interessa chi è suo padre e che cosa ha fatto. Le regole della scuola sono uguali per tutti, anche per la figlia del Prescelto. Venti punti in meno a Serpeverde per la sua condotta, e se non la vedrò a cena, stasera, la metterò in punizione per il resto del suo soggiorno ad Hogwarts.
Sentii la rabbia crescermi dentro.
-non mangerò in Sala Grande, professoressa – era stupido ribattere, era stupido ribellarsi. Lei era un’insegnante, ed io un’alunna. Anche se figlia del Prescelto.
-Crede di essere così importante da poter ignorare le regole? Signorina Potter, chi è che comanda qui? Lei, o io?
-Lei, professoressa.
-Bene, controllerò ogni giorno, ad ogni pasto, che lei sia presente in Sala Grande. Se non sarà così ne risponderà direttamente a me. Spero di essere stata chiara. – disse, e senza darmi il tempo di ribattere, si allontanò con passo deciso.
Ti odio, stronza.
Credo che mi lascerò morire di fame.
 
Tuttavia, ero troppo affezionata al cibo e a me stessa per poter mettere in atto quell’ultimo proposito, così a pranzo mi recai in Sala Grande.
Mi sedetti al tavolo dei Serpeverde, al fianco di Brienne. Ero pronta a schiantare chiunque avesse provato a rivolgermi la parola.
Chissenefrega, punizione per punizione.
Mangiai velocemente, senza dire una parola, guardando  con malinconia il tavolo dei Grifondoro, dove Al era piegato in due dalle risate per qualcosa che stava raccontando James.
Dopo pranzo scappai in biblioteca, perché dovevo necessariamente finire i compiti prima di andare da Morse per il secondo giorno di punizione.
Poco dopo Alice e Hugo mi raggiunsero, e raccontai loro della sfuriata della professoressa Bellamy.
-Assurdo, ma a lei che cosa gliene frega dove mangi?
-Ma poi chi è stato a dirglielo? 
-Può essere stato chiunque. –
Ci avevo pensato a lungo, ed era effettivamente vero. Solo Al, Alice e Hugo e Brienne sapevano con certezza che, da due mesi a questa parte, mangiavo nelle cucine, ma ormai tutti i Serpeverde avevano avuto modo di notare che mai mi presentavo in Sala Grande.
E non sono molti i posti nel castello dove qualcuno può nutrirsi.
- odio i Serpeverde. – ringhiai tra i denti, e continuai a dedicarmi al mio libro di Difesa Contro le Arti Oscure.
Avevo ormai quasi finito il capitolo, quando sentii una mano posarsi delicatamente sulla mia spalla.
Mi voltai, e vidi i grandi occhi di verdi di Al fissarmi attraverso le lenti degli occhiali.
-è vero? La professoressa Bellamy ti ha vietato di mangiare nelle cucine?
Ma come…? Possibile che in questa scuola nulla passi sotto silenzio?
-sì …
-Lily, se vuoi posso provare a parlarle.
-Cosa?
-Insomma, magari se le spieghiamo la situazione… potrebbe capire…
-No Al, lascia stare.
-Sei sicura?
-Vuoi prendere la prima punizione della tua vita perché faccio i capricci e non voglio mangiare con le serpi? La Bellamy è stata chiara, nessun privilegio per nessuno. Neanche per la figlia del Prescelto.
Al si sedette accanto a me, e cacciò dalla borsa una valanga di libri, posandoli sul tavolo.
-possiamo provare a farti mangiare con noi magari, se non vuoi stare con loro…
-cosa? Al tavolo dei Grifondoro?
-Esatto.
-E questo non sarebbe un privilegio? La sento già la voce della Bellamy, “le regole sono regole…”
-Credo che sia una regola parecchio stupida quella che ti impedisce di mangiare con la tua famiglia. – sbottò Albus.
Ne rimasi piacevolmente sorpresa. Albus era probabilmente l’unico Potter a rispettare con serietà le regole della scuola, e sentirlo giudicare “stupida” una di queste regole era davvero… strano.
-andrò a parlare con la preside – mi disse, scompigliandomi i capelli – e se non mi da retta, te lo faremo fare lo stesso… insomma, possono prelevarti con la forza una volta dal tavolo dei Grifondoro e costringerti a sedere a quello dei Serpeverde, ma non possono fare la stessa scenetta ogni volta.
-Potrebbero espellermi.
-Per una cavolata del genere? Papà non lo permetterebbe mai, e la McGranitt gli vuole bene.
Sorrisi all’idea. Poter mangiare ogni giorno con Al, con James.. con Alice e Hugo. Sarebbe stato meraviglioso.
Ma era sbagliato.
Sono stata smistata in Serpeverde. Sono una Serpeverde, non posso far finta che non sia così.
I miei compagni di casa erano degli idioti, ma ricordavo quello che la McGranitt aveva detto il mio primo giorno di scuola: “ la vostra casa diventerà un po’ come la vostra seconda famiglia…” . E così, nella mia mente, le parole della McGranitt si sovrapposero a quelle di Al “…è una regola stupida quella che ti impedisce di mangiare con la tua famiglia
Qui ad Hogwarts, sono quelle maledette Serpi la mia famiglia.
Il mio posto è tra loro.
-non importa Al, davvero – dissi, pur sapendo che me ne sarei pentita.
-Lily, non c’è nessun pro…
-Li ho sopportati fino ad ora, non vedo perché non dovrei sopportarli ancora. È stato infantile da parte mia scappare, e non ho più intensione di farlo. Affronterò quegli imbecilli a testa alta, devono solo provarci a darmi ancora fastidio.
Albus sorrise – beh, ormai dovrebbero aver capito che non è saggio contrariarti.
Mi baciò la tempia e si immerse nuovamente nella lettura del suo libro, e io sentii il buon umore tornare a farmi visita.
 
Erano ormai quasi le cinque, così lasciai Al, Alice e Hugo in biblioteca, e mi diressi verso l’ufficio del professor Morse.
In un corridoio mi imbattei di nuovo nell’uomo che aveva sussurrato qualcosa nell’orecchio del professore la settimana prima.
Era ancora completamente vestito di nero, ed era forse per questo che il suo viso sembrava così pallido.
 Dopo avermi lanciato una strana occhiata, mi superò con passo deciso, facendo svolazzare dietro di se il mantello nero, che sfiorava il pavimento di pietra.
Raggiunsi l’ufficio e bussai alla porta. La familiare voce del professor Morse mi invitò ad entrare, e così feci. Questa volta Scorpius era arrivato prima di me, e aveva già iniziato a riordinare la libreria.
Questa volta ci saremmo dovuti dedicare alla lettera “c”.
- ciao Lily, lascia la tua bacchetta sulla scrivania. Sai cosa fare – disse Morse, senza alzare lo sguardo dal grosso tomo che stava leggendo.
Così feci, iniziando ad ordinare nuove pile di libri in base alla materia di cui trattavano, e al cognome dell’autore.
In quelle ore passate con Scorpius, imparai a conoscerlo come non avevo mai fatto.
Nonostante avesse passato più volte, in quegli anni, le vacanze insieme a noi, e nonostante fossero ormai quattro anni che frequentavamo la stessa scuola, non avevamo mai passato veramente del tempo insieme.
Lui era quasi sempre in compagnia di Rose, e questo era il principale motivo per cui preferivo evitarlo.
Per questo non avevo mai notato che aveva l’abitudine di mordicchiarsi il labbro inferiore quando si concentrava su qualcosa, di grattarsi con due dita la tempia destra quando c’era qualcosa che non lo convinceva.
Ebbi anche modo di notare che i suoi occhi cambiavano colore insieme al cielo.
Nelle giornate limpide erano azzurri, anche se molto chiari, ma durante le giornate più nuvolose diventavano grigi e freddi.
Lo osservavo, tra un tomo polveroso e l’altro, e ogni minuto scoprivo qualcosa di nuovo su di lui.
Pensavo che era un po’ come il doppio fondo di quella libreria.
 Avevo pensato di aver visto e spolverato ogni libro che vi era dentro, e all’improvviso mi ero resa conto che quello che avevo visto fin ora non era altro che una minuscola parte della verità.
Solo che, quando mi ero resa conto dell’immensità di quella libreria, la tigre nel mio stomaco mi aveva graffiata con violenza e avevo sentito la rabbia invadermi, insieme ad una spiacevole sensazione di sconforto.
Invece, ogni volta che scoprivo qualcosa di nuovo su di lui, anche la più piccola sciocchezza, sentivo gli artigli di quella stessa tigre sfiorarmi, in una sorta di carezza.
Morse non ci aveva vietato di fare conversazione, e così avevamo parlato a lungo, mentre riponevamo quei maledetti libri.
Parlavamo a voce bassa, per non essere ascoltati, nonostante Morse non sembrava affatto interessato alle nostre chiacchiere. Più volte però, avevo sorpreso il professore a guardarci con uno strano sorriso dipinto sul volto.
Lui era divertente, e aveva sempre una lunga lista di battutaccie da cacciare fuori quando quella punizione iniziava a diventare troppo noiosa.
Io ero scostante, come al solito, ma non riuscivo proprio a non ridere quando commentava qualcosa in modo stupido, e lui sorrideva soddisfatto.
-mi ricordi un gatto – disse lui ad un certo punto, mentre riponevo un paio di tomi su uno degli scaffali più alti. Lui era a terra e reggeva la scala.
Abbassai lo sguardo, e vidi la faccia di Scorpius fissarmi dal basso verso l’alto.
-un gatto? Perché?
-Per un sacco di cose: il modo in cui ti muovi, silenzioso ed elegante, il modo in cui guardi le altre persone, che è arrogante ed altezzoso, e anche per il modo in cui ti comporti in generale.
Mi sentii abbastanza offesa dal fatto che lui avesse giudicato “arrogante ed altezzoso” il modo in cui guardavo le persone, ma decisi di non ribattere. Non aveva utilizzato il suo solito tono provocatorio, ma un tono calmo, quasi gentile.
-ti assicuro che non vado in giro ad ammazzare topi – ribattei in maniera apatica.
Pensai a Scorreggia e alle sue occupazioni abituali, ovvero dormire, mangiare e giocare con i lacci delle scarpe di Albus.
Ero abbastanza sicura di non comportarmi come un gatto.
Scorpius rise alle mie parole, poi continuò la sua opera di paragone – non in quel senso, idiota …- di nuovo la tigre nella mia pancia ruggì, ma mi costrinsi a non scendere dalla sedia per schiaffeggiarlo, altrimenti il professor Morse, che era ancora seduto alla sua scrivania,  avrebbe sicuramente prolungato la mia punizione.
-e in che senso, allora? – risposi, prendendo il libro che Scorpius mi stava passando e riponendolo sullo scaffale.
-Non dai tanta confidenza a nessuno, né agli estranei, né a chi conosci bene. Mordi e graffi chiunque ti infastidisca, ti piace startene per conto tuo, e risulti antipatica a molti…
-… grazie!
-Però riesci comunque a farti volere bene da quelli che ti tengono in casa, o che ti conoscono da una vita. E permetti solo a loro di avvicinarsi a te, eventualmente di carezzarti, e sai ripagarli con altrettanto affetto. E non negarlo, ti ho visto fare le fusa ad Al!
-Io non faccio le fusa! – risposi infastidita, e casualmente (ma non troppo) feci cadere il grosso volume di Trasfigurazione che tenevo tra le mani sulla testa del Grifondoro.
-AHIA!
-Scusa, non l’ho fatto apposta…
-Potter, fai più attenzione se non vuoi volare via come ha fatto quel libro, ma fuori dalla finestra. Fai un’altra cosa del genere e ti lancio di sotto, personalmente. – Morse aveva alzato gli occhi dal suo tomo, e ora mi fissava in maniera molto minacciosa.
-Professore, sono sicura che ad Hogwarts non sia consentito utilizzare l’omicidio come punizione…
-Può darsi, ma di questo mi preoccuperò più tardi – rispose Morse, tornando alla lettura del suo libro.
Io e Scorpius continuammo a litigare per un po’ sul fatto che io somigliassi o meno ad un gatto, alla fine iniziai un lungo elenco di specie animali che avrebbero potuto ricordarmi il biondo, tra le quali figuravano i maiali, i tacchini, gli struzzi e i babbuini.
Mi divertii un mondo e il risultato fu che quelle due ore di punizione erano diventate quasi una sorta di passatempo, anche abbastanza piacevole.
E come ogni passatempo piacevole passarono in fretta.
Uscire dall’ufficio del professor Morse fu come tornare bruscamente alla realtà: era ora di cena, la Sala Grande mi attendeva.
Io e Scorpius prendemmo insieme il solito corridoio, e come al solito lui si fermò di fronte al muro di pietra.
-vieni di qui, faremo molto prima – disse, prendendomi per mano.
Al contatto con la sua pelle rabbrividii, ma feci attenzione a non darlo a vedere. Lui accarezzò con dolcezza una pietra un po’ più chiara di quelle in cui era incastrata, e una porta si aprì silenziosamente.
Mi trascinò dentro, senza lasciarmi la mano, e quando la porta si richiuse alle nostre spalle gli fui grata di non averlo fatto.
Era tutto completamente buio.
-lumos – ordinò lui, e dalla punta della sua bacchetta scaturì una flebile luce che illuminò uno stretto passaggio, le cui pareti erano della stessa pietra grigia del corridoio che avevamo appena passato.
-Io e Albus lo abbiamo scoperto l’anno scorso, ce n’è voluto a convincerlo a venire con me ad esplorare un po’ il castello, ma alla fine ce l’ho fatta – disse, con una punta di orgoglio nella voce –  io e James lo abbiamo aggiunto alla Mappa, evidentemente era sfuggito anche ai Malandrini –
James aveva rubato la Mappa del Malandrino dall’ufficio di mio padre, durante le vacanze di Natale del suo primo anno ad Hogwarts. Quando lui l’aveva scoperto aveva tentato di farsela restituire, ma poi aveva detto che sarebbe stato ipocrita, da parte sua, non dargliela, poiché lui stesso l’aveva usata spesso quando era qui a scuola. Così gliel’aveva regalata.
James aveva passato i sette anni di istruzione ad ampliarla, inserendo quei pochi passaggi segreti che non erano stati disegnati dai Malandrini.
Pochissimi minuti dopo sbucammo in un altro corridoio, svoltammo a destra e ci trovammo di fronte all’ingresso della Sala Grande.
-eccoci arrivati – disse lui, accompagnando le sue parole con un teatrale gesto della mano.
Mi resi conto, imbarazzata, che l’altra mano era ancora stretta nella mia, e così gliela lasciai.
-ciao Scorpius, buon appetito. – dissi, andandomi a sedere al tavolo dei Serpeverde.
Non vidi Brienne, così presi posto molto in fondo, quasi alla fine del tavolo, sperando che la plebaglia non arrivasse a sedersi fin lì.
Ovviamente le mie speranze furono presto infrante, perché pochi minuti dopo MacDonald e Zabini si sedettero proprio di fronte a me.
-guarda un po’ chi si vede in Sala Grande, cos’è questa novità Potter?
Il dubbio che fossero stati proprio loro a dire alla professoressa Bellamy che non mangiavo insieme agli altri mi investì come un’automobile babbana in corsa, ma lo soppressi. Decisi che ignorarli era la cosa migliore da fare.
-è davvero un peccato, mi disgusta un po’ dover mangiare con una tale feccia proprio di fronte a me.
Okay, non li ignorerò.
-cambia posto Zabini, sei tu che sei venuto a sederti qui. Dì la verità, sentivi la mia mancanza? – risposi ironica.
-Come si sente la mancanza di una mazza chiodata infilata nel culo.
-Infilarti una mazza chiodata nel culo è esattamente quello che farò se non mi lasci in pace.
-Attenta Potter, potrei ricambiare il favore –
MacDonald rise, gustandosi la scena.
-se dopo sarai ancora in grado di muoverti…
Zabini, non sapendo più cosa rispondere, spinse con una mano il mio bicchiere, rovesciandomi addosso il succo di zucca. 
- opss.. – Zabini assunse una finta e malriuscita espressione dispiaciuta.
Mi alzai di scatto, tentando di salvare quello che ancora si poteva salvare della mia divisa.
Inspirai profondamente.
Non schiantarli Lily, non di fronte ai professori. Non ne vale la pena.
Presi la bacchetta e asciugai il tavolo e l’uniforme, e feci per andarmi a sedere da qualche altra parte.
-va tutto bene? – Alex era dietro di me, e fissava con astio i due Serpeverde.
-Thomas! Guarda che eroe, accorso a salvare la sua donna… non lo sai che intanto pomicia anche con Malfoy? Non sei geloso, sgorbio?
-Piantala Zabini, e chiedile scusa – ordinò lui.
-Neanche morto, Thomas –
-Alex, lascia stare… non importa – provai a dire, e tentai di spingerlo via.
-No Lily, non lascerò stare fin quando Zabini non ti avrà chiesto scusa. – Alex guardava ancora il serpeverde con uno sguardo talmente duro che mi fece rabbrividire.
-Scusa Potter, non volevo gettare il tuo succo di zucca nella spazzatura …- rispose ancora Zabini, con il suo solito tono di sfida.
-Zabini! – Alex aveva preso la sua bacchetta e l’aveva puntata contro il ragazzo, continuando a guardarlo con quello sguardo.
A quanto pare dovette spaventare anche Zabini, perché cambiò completamente espressione, e con un tono molto più dolce disse – mi dispiace Lily, non succederà più –
Ma non guardava me, aveva gli occhi puntati sulla bacchetta di Alex.
Il corvonero l’abbassò, soddisfatto. – Zabini, provaci di nuovo e giuro che te ne pentirai – disse, con un tono minaccioso quanto il suo sguardo.
Zabini e MacDonald tacquero. Lui raddrizzò il bicchiere che era ancora rovesciato sul tavolo, e mi versò dell’altro succo di zucca.
-grazie – gli dissi, e gli sorrisi debolmente.
Mi dispiace, pensai.
-dovere – disse lui scuotendo le spalle, e indicando la sua spilla da Caposcuola.
Mi risedetti e continuai a mangiare. I due serpeverde mi ignorarono per tutto il resto del tempo.
Quando  ebbi finito di mangiare, mi sentivo incredibilmente stanca.
Era stata una giornata lunga, e la consapevolezza che non sarei riuscita a finire in tempo i compiti di trasfigurazione m’invase.
Dovevo necessariamente andare a letto.
Mi alzai, presi la mia borsa e uscii dalla Sala Grande lentamente.
Sbadigliai, e gli occhi mi si riempirono di lacrime.
Le mie gambe erano deboli, le palpebre pesanti.
Le mie gambe erano troppo deboli, le mia palpebre troppo pesanti.
La vista mi si era annebbiata. 
Continuai a camminare, ma dopo un po’ mi resi conto di essermi persa.
Dove diavolo sono?
Non riconoscevo quel corridoio, e mi sembrava di non aver mai visto prima i quadri appesi alle pareti.
Una donna grassa, con dei lunghi riccioli neri mi osservava da una cornice dorata.
-va tutto bene, piccola?
-Io… - provai a rispondere, ma le mie corde vocali non obbedirono.
Le gambe mi si erano fatte incredibilmente molli.
La testa aveva preso a girarmi vertiginosamente.
Tutto il mio corpo mi sembrava pesante, troppo pesante.
Le gambe mi cedettero e caddi a terra.
Mi guardai intorno per cercare aiuto, ma il corridoio era deserto.
Non sentivo dolore, ma il mio corpo ormai non mi ubbidiva più.
Provai ad alzarmi, ma le mia braccia e le mie gambe erano troppo deboli.
Resta cosciente. Resta cosciente.
Ma non riuscivo più a tenere gli occhi aperti.
Sentii qualcuno dire il mio nome, poteva essere un urlo o un sussurro, non faceva differenza alla mie orecchie.
Sentivo il calore di un altro corpo contro il mio.
Delle braccia mi sollevarono.
Dopo ci fu solo il buio.
 
 




Chiodino (di nuovo) : Visto che me l’ha chiesto più di una persona, rispondo qui, perché sono sicura che è un dubbio che è venuto a tanti: Alex Thomas non è il figlio di Dean Thomas.
Quando ho scritto il primo capitolo doveva esserlo, ma ad essere sincera, quando ho scritto il primo capitolo la storia doveva avere una trama completamente diversa, che non mi soddisfaceva a pieno e che quindi, continuando a scrivere, ho cambiato.  
Il personaggio di Alex comunque mi serviva, ma avendo già pubblicato il primo capitolo non ho potuto cambiargli il cognome, e così è un Thomas.
Non credo sia un grande problema, immagino sia un cognome abbastanza comune tra i babbani inglesi, e lui è il figlio di un babbano e di una ex-Mangiamorte.
Ne approfitto di nuovo per ringraziare tutti quelli che hanno recensito per tutti i complimenti, siete veramente troppo gentili!
Ringrazio tanto anche quelli che l’hanno seguita, quelli che l’hanno aggiunta tra le preferite e quelli che hanno ricordato, e anche quelli che si limitano a leggerla anche solo con un minimo di interesse.  
Vi prego, non trucidatemi per il finale di questo capitolo, lo so che sono stata cattiva, ma abbiate pietà.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Doppio fondo. ***


I giorni successivi li passai letteralmente a scappare da Alex.
Se lo intravedevo da lontano mi nascondevo, se provava a parlarmi lo evitavo con le scuse più assurde e fantasiose, ripresi a non farmi vedere in Sala Grande e a mangiare nelle cucine.
Non avevo il coraggio di mollarlo, così speravo che si sarebbe presto rassegnato.
Mi aveva addirittura inviato una lettera con uno dei gufi della scuola, chiedendomi spiegazioni, ma io proprio non sapevo cosa avrei potuto dirgli.
Ciao Alex, scusa se ti evito, ma credo che tu voglia uccidermi.
No, direi che non funziona.
Erano ormai quasi le cinque di mercoledì pomeriggio, quindi uscii dalla Sala Comune per recarmi nell’ufficio del professor Morse, per scontare la mia punizione con Scorpius Malfoy.
La mia mente era ancora affollata da mille pensieri, e ogni mio tentativo di metterli a tacere si era rivelato completamente fallimentare.
Bussai alla porta di legno scuro, e sentii la voce del mio professore di Difesa Contro le Arti Oscure invitarmi educatamente ad entrare, così lo feci.
-oh ciao Lily, siediti. Scorpius non è ancora arrivato.
Presi posto su una sedia, di fronte la scrivania del professore.
Lui era completamente assorto nella correzione di alcuni compiti, così decisi di non disturbarlo e attesi in silenzio. Fu lui a parlare per primo, e mi fece i complimenti per il mio tema sui vampiri.
-sei davvero portata per la mia materia, è un peccato che tu sia così indisciplinata – disse, e io non seppi se sentirmi offesa oppure orgogliosa.
Scorpius bussò alla porta pochi minuti dopo, ed entrò scusandosi per il ritardo e si sedette al mio fianco.
-ho pensato a lungo a cosa farvi fare, e poi ho avuto un’illuminazione. È da secoli che voglio ordinare questa libreria… - disse, indicando con un gesto la libreria posta alla sua destra. Era in legno, e occupava metà parete, estendendosi però in altezza, fino a toccare il soffitto.  - …ma non sono ancora riuscito a trovare il tempo, così ho deciso che lo farete voi per me. Ovviamente, senza usare la magia.
Ah, quindi in pratica avevi bisogno di qualcuno che ti mettesse in ordine i libri, e hai deciso di metterci in punizione. Questo è un vero e proprio abuso di potere, potresti farlo da solo in cinque minuti.
- Voglio un lavoro minuzioso, devono essere classificati per categoria, e divisi in ordine alfabetico, per autore o per titolo non m’importa, fate voi. Sono volumi molto antichi, quindi trattateli con garbo. Un solo graffio su uno solo di loro, e vi assicuro che vi faccio espellere –
Oh, fantastico.
-potete usare questa… - continuò, e con un leggero sventolio di bacchetta fece apparire una scala di legno vicino agli scaffali – per arrivare ai ripiani più alti. Consegnatemi le bacchette.
Io e Scorpius posammo le nostre bacchette sulla scrivania con aria rassegnata.
-oh, e attenzione al doppio fondo. – concluse Morse con un mezzo sorriso sul volto.
Scorpius spalancò gli occhi. – no…
-cosa? Doppio fondo?
-Mettetevi al lavoro, vi dirò io quando sarà abbastanza.
-Da dove cominciamo? – mi chiese Malfoy, guardando con aria abbattuta la libreria.
-Sai Malfoy, in genere l’alfabeto inizia dalla lettera “a”
-Come sei simpatica, Potter.
Guardai anche io la libreria. – iniziamo a cercare tutti i libri il cui autore ha un cognome che cominci per “a” e a metterli da parte.
-Okay… - disse lui scuotendo le spalle.
Andammo avanti così per una mezz’oretta, poi qualcuno bussò alla porta.
Un uomo alto, completamente senza capelli e vestito interamente di nero sussurrò qualcosa al professor Morse, che si rivolse a noi.
-non muovetevi di qui, e continuate a lavorare, tornerò il prima possibile. – disse, ma una volta uscito riaffacciò il viso attraverso l’uscio e aggiunse – se mi disubbidirete, lo saprò – indicando un quadro appeso alla parete, in cui l’uomo ritratto (con due grossi baffoni neri e due minuscoli occhi scuri ) ci fissava in silenzio, con aria decisamente minacciosa.
-Sai Potter, pensavo che fossi più furba – disse lui, quando fu sicuro che il professor Morse non potesse sentirci.
-Che vuoi dire, Malfoy? – risposi, continuando a tirare fuori libri dagli scaffali di legno e posandoli delicatamente per terra, in attesa di riposizionarli.
-Beh, io avrei scelto meglio il dove dare quel bacio…
Sbuffai. Non ero decisamente dell’umore adatto per rispondere alle sue frecciatine.
-Ti sarebbe piaciuto, vero?
-Posso assicurarti che sarebbe piaciuto anche a te. – aveva gli angoli delle labbra leggermente sollevati, in quella specie di sorriso che ormai mi ero abituata a vedergli comparire sul volto –ti sarebbe piaciuto sicuramente più del bacio di quel Thomas. –
Mi irrigidii. – come…?
-sei scappata via. Ti assicuro che nessuna ragazza è mai… -
-fatti gli affari tuoi – ringhiai.
Sono in punizione, sto cercando di trovare il modo di mollare il ragazzo che mi piace, pare che io sia incredibilmente vicina alla mia morte e non ho nessuna intenzione di stare qui a farmi prendere in giro anche da te, idiota.
La sua espressione cambiò totalmente, il ghignò sparì dalla sua faccia, e assunse un’espressione quasi preoccupata. – scusa, stavo solo scherzando…
Scusa? Mi sta chiedendo scusa?
-è che non mi va di parlare di Alex.
-ma… - cominciò lui, ma poi si bloccò. Prese un altro libro da uno scaffale e lo andò a posizionare nella pila dei libri di pozioni. - … perché il professore di Difesa Contro le Arti Oscure ha così tanti libri di pozioni? – chiese, guardando quanto fosse alta la pila dei libri di Pozioni i cui autori avevano un cognome la cui iniziale fosse la lettera “a”
-vuoi davvero che ti risponda, Malfoy?
-No, era una domanda stupida. – lui
Il silenzio che seguì fu opprimente, quasi soffocante.
-lui ti piace? – quella domanda, nella mia mente, suonò come un vetro che va in frantumi. La pronunciò tutto d’un fiato, facendola uscire fuori con violenza, come se dovesse liberarsi di qualcosa di soffocante, come l’acqua che brucia i polmoni.
-non lo so – risposi, perché rispondere sì sarebbe stata una bugia, così come lo sarebbe stata rispondere no.
Non potevo ignorare il fatto che il mio stomaco facesse le capriole ogni volta che lo vedevo da lontano, e spesso, in quei giorni, mi ero sorpresa a ricordare le sue labbra sulle mie, e a desiderarle.
Il terrore era sparito dai miei ricordi. Sapevo di averlo provato, ma ora, quattro giorni dopo, mi sembrava tutto incredibilmente assurdo.
Una sensazione. Paura. Ero scappata via perché avevo avuto paura. Che stronzata, mi aveva solo baciata.
Ma non ero proprio sicura che Alex mi piacesse.
C’erano momenti in cui mi dimenticavo completamente di lui, non solo di quello che era successo tra noi, ma in qualche modo anche della sua stessa esistenza.
Era come se andasse a nascondersi in quella parte di cervello dove conservavo le cose poco importanti, come i rimproveri dei miei genitori, le informazioni di Storia della Magia, alcuni sproloqui di James e dove ho messo la mia piuma.
Poi lo incontravo improvvisamente in un corridoio, e allora lo shock mi faceva tornare bruscamente alla realtà.
Scorpius sembrò soddisfatto della risposta, perché non fece altre domande.
Continuammo a lavorare in silenzio per un’altra mezz’ora. Spesso sentii il suo sguardo accarezzarmi il corpo, e dei brividi percorrevano la mia schiena lì dove i suoi occhi chiari si posavano.
Era molto imbarazzante, e pregai che fosse solo una mia impressione.
Venti minuti dopo avevamo praticamente finito di riordinare la libreria, ma del professor Morse non c’era ancora nessuna traccia.
-credi che potremmo andare ?
-andare ?
-beh abbiamo finito… ma il professore… - Scorpius scoppiò a ridere.
-Non abbiamo finito un bel niente.
-…eh?
-Non hai sentito? C’è il doppio fondo?
-emm.. io… non so cosa sia.
Malfoy mi guardò sorpreso per un po’, poi sospirò.
-apriti – ordinò alla libreria, e questa lo fece.
Si aprì, andando ad occupare tutta la parete, e poi quella affianco… e la terza …e la quarta.
Tutte e quattro le pareti erano completamente ricoperte da scaffali, colmi e ricolmi di libri.
-non credo che finiremo oggi. Ma almeno la “a” per ora è tutta in ordine.
-ho voglia di piangere – confessai, sperando che non fraintendesse e che cogliesse il tono ironico delle mie parole.
In realtà avevo più voglia di andare da MacDonald e Zabini e tirare un grosso destro sul naso prima dell’uno e poi dell’altro.
-anch’io – rispose lui -… sono allergico alla polvere –
Effettivamente, il suo naso era diventato completamente rosso e i suoi occhi erano incredibilmente lucidi.
Avevo evitato di guardarlo, fino a quel momento. È adorabile, mi sorpresi a pensare.
Lo trovai di nuovo incredibilmente buffo e non riuscii a trattenere un sorriso.
Mi portai istintivamente la mano alla tasca, e trovandola vuota mi ricordai che Morse aveva la mia bacchetta. 
-posso… ?- chiesi, avvicinando la mano al suo viso.
Lui spalancò un po’ gli occhi, ma non si mosse. Rimase in attesa.
La mano iniziò a tremarmi leggermente, gli sfiorai la guancia con l’indice e sussurrai
 –Adversus pulverem – scintille dorate uscirono dalle mie dite, e gli accarezzarono il viso.
Lentamente il suo naso riprese una colorazione normale.
Inspirò profondamente. – uao! Ma…
-magia senza bacchetta – spiegai orgogliosa. È molto difficile da gestire, in genere è involontaria. Ma erano anni che mi ci esercitavo, quindi riuscivo a controllare alcuni incantesimi più sciocchi, come quello contro l’allergia alla polvere.
Scorpius mi guardava ammirato – Lily! È fantastico! Ma come hai imparato? Oh, e grazie e.. avevo quasi dimenticato cosa significasse respirare.
Gli sorrisi – ho imparato da sola – risposi vaga, e tornai ad occuparmi dei libri. - Direi di continuare con la lettera “b” –
E così facemmo. Ormai ero stanchissima, e iniziai a chiedermi se il professor Morse non si fosse dimenticato di noi.
Ma che ore sono? Sono passate due ore?
-posso farti una domanda? – Scorpius interruppe di nuovo il silenzio, mentre tentava di far star dritta un enorme pila di libri sulla Trasfigurazione.
Annuii, pregando tra me e me che non fosse nulla di imbarazzante.
-come l’ha presa tuo padre quando sei stata smistata in Serpeverde?
Rimasi basita, non mi sarei mai aspettata una domanda del genere.
La mia mente ritornò per un momento a quella sera di quattro anni fa.
Sei diversa.
Lo so.
-SERPEVERDE!
-ha detto che in fondo lo aveva sempre saputo – ricordai.
-Che saresti stata una Serpeverde?
-Che sono destinata alla grandezza.
Lui continuava a guardarmi, e per qualche ragione sentii il bisogno di voltarmi.
Mi stava studiando.
-il mio ha tentato di convincere la McGranitt a farmi rindossare il cappello – parlò all’improvviso dopo diversi secondi di silenzio, e lui stesso ne sembrò sorpreso. La sua voce mi sembrò debole, quasi un sussurro. Il suo tono era incredibilmente malinconico.
Mi girai, e notai che stava fissando la libreria senza in realtà vederla davvero.
Stava ricordando.
– e la McGranitt te lo fece fare?
-ovviamente no. Papà era arrabbiatissimo, venne a scuola e iniziò ad insultare il Cappello, ad urlare contro di me e contro la preside, dopodiché iniziò un lungo sproloquio sulle antiche origini della famiglia Malfoy, sai, tutti Serpeverde… 
Rimasi in silenzio, aspettando che continuasse.
I suoi occhi erano diventati incredibilmente tristi e (ma forse era solo una mia impressione) avevano assunto una sfumatura più chiara.
- … lo sapevo a memoria quel monologo, lo avevo ascoltato almeno un milione di volte.
Sapevo di dover essere fiero di portare il mio cognome, che avrei dovuto portare avanti l’onore della nostra famiglia e un sacco di altre stronzate…  alla fine mia madre riuscì a calmarlo,  gli disse che avrei onorato la nostra famiglia anche appartenendo alla Casa dei Grifondoro.
Da allora non l’ho mai più visto arrabbiato… si limita a disprezzarmi in silenzio.
Non sapevo cosa dire, così rimasi in silenzio a guardarlo.
Mi sembrava di avere d’avanti una persona completamente diversa.
 Nei miei ricordi c’era uno Scorpius sorridente e pieno di vita, con lo sguardo forte e un atteggiamento fiero. C’era uno Scorpius con la battuta sempre pronta, e gli angoli della bocca arricciati.
C’era uno Scorpius che commentava qualcosa in maniera completamente stupida, facendo ridere tutti.
C’era uno Scorpius che si rovesciava addosso la burrobirra ai Tre Manici di Scopa.
Mentre di fronte a me c’era un ragazzino di sedici anni, seduto su una pila di libri impolverati, con le spalle curve e gli occhi fissi sul pavimento.
Una mano invisibile mi spinse verso di lui.
Mi avvicinai a lui con passo deciso, ma quando i miei piedi sfiorarono i suoi mi bloccai.
Cosa sto facendo?
Lui mi guardò, e con quei suoi occhi chiari mi chiese, senza pronunciare una parola, cosa diavolo stessi facendo.
Ormai sei qui Lily, non puoi tornare indietro, farai la figura dell’idiota.
Lo abbracciai.
Circondai il suo collo con le mie braccia, e premetti delicatamente il mio corpo su di lui.
Lo sentii di nuovo irrigidirsi, ma solo per pochi secondi.
Piano piano, la tensione abbandonò il suo corpo e si abbandonò all’abbraccio.
Circondò la mia schiena con le sue braccia, e avvicinando ancora di più il mio corpo al suo.
Era ancora seduto sulla pila di libri, per cui la sua testa era praticamente incastrata nell’incavo del mio collo.
Il suo respiro mi faceva il solletico.
Poi mosse il capo. I suoi capelli mi accarezzarono la guancia.
Una mano abbandonò la mia schiena, e si posizionò delicatamente sulla mia nuca.
I battiti del mio cuore accelerarono.
O sono i battiti del suo cuore?
Girò la faccia, e appoggiò le sue labbra sulla mia guancia, stringendo i miei capelli tra le dita.
rimase immobile per qualche secondo, poi inspirò profondamente, con il viso ancora poggiato sulla mia guancia.
-miele …– sussurrò  - …e lavanda. – le sue labbra si mossero proprio contro la mia guancia, solleticandola.
-Co…?
-Che cosa diavolo state facendo voi due?
Mi allontanai da lui con uno scatto. Il professo Morse era rientrato nel suo ufficio.
-Sappiate, che la punizione non finirà fin quando l’intera libreria non sarà giudicata da me perfetta. E se vi sorprendo di nuovo a… -  si fermò qualche secondo, come a voler cercare il termine appropriato -… perdere tempo in questo modo, vi farò ricominciare d’accapo –
Ero fin troppo imbarazzata per rispondere, così rimasi in silenzio.
Mi costrinsi però a non abbassare lo sguardo, e sostenni quello del mio professore.
Non stavamo facendo nulla di male.
-comunque per oggi potete andare, credo di avervi torturato abbastanza – disse, e nonostante il rimprovero, ci congedò con un sorriso restituendoci le bacchette.
Uscimmo dall’ufficio del professore e imboccammo lo stesso corridoio.
Il mio cuore era impazzito, completamente fuori controllo.
- però, non me lo aspettavo… - disse lui, e con sollievo notai che il suo tono era tornato allegro e allegro e provocatorio.
- cosa, Malfoy? – risposi infastidita.
- hai un buon odore – spiegò lui – insomma, non credevo che anche i Serpeverde avessero le docce … -
Gli tirai uno schiaffo in piena faccia e , nonostante il rumore sordo che emise, a dimostrazione del fatto che ci avevo messo abbastanza forza, lui non si lamentò.
Anzi, scoppiò a ridere massaggiandosi la guancia.
-ehi, vacci piano tigre, stavo scherzando!
-non è divertente, Malfoy!
Non smetteva di sorridere e mi guardava di nuovo con quell’aria di sfida negli occhi.
Lo avrei volentieri schiaffeggiato di nuovo.
-io vado di là – disse, indicando il muro di pietra alla sua destra.
-Okay, ci vediamo – lo salutai, e continuai a camminare diritto.
Qualche secondo dopo, senza neanche rendermene conto, senza che avessi volontariamente ordinato al mio cervello di farlo, mi voltai.
Lui era scomparso.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Fiamme. ***


Il caldo fu la prima cosa che percepii.
Sentivo il sudore opprimermi la pelle.
Faceva caldo, ma perché fa così caldo?
Poi sentii la puzza. Bruciato.
Poi la luce.
Le mie palpebre erano serrate, non riuscivo ad aprire gli occhi, ma la luce era così forte che riuscivo a percepirla lo stesso.
Dove sono?
Poi sentii il rumore. Come lo scoppiettare del fuoco nel camino, ma molto più forte.
Sto bruciando.
Con uno sforzo disumano, riuscii ad aprire gli occhi.
Ero in piedi.
Questa cosa non ha senso.
Intorno a me non c’era nient’altro che fuoco.
Riuscivo a distinguere la fisionomia di una stanza.
C’era un letto, bruciava anch’esso.
Affianco al letto uno specchio.
Mi incamminai in quella direzione, attraverso il fuoco.
Non brucia.
Raggiunsi lo specchio, un po’ annerito dalla cenere.
Quello che vidi mi terrorizzò.
Non  restituiva la mia immagine, ma quello di un corpo molto più piccolo.
Un bambino.
Completamente nero.
Bruciato.
Urlai.
Aprii gli occhi.
Ero distesa su un letto.
La stanza era completamente buia.
In piedi, di fronte a me c’era un uomo.
Non riuscivo a distinguere i tratti del suo viso, data l’oscurità, ma mi sembrava di averlo già visto.
Le mia palpebre si fecero di nuovo pesanti.
Chiusi gli occhi.
Ero di nuovo in quella stanza, ma non ero più sola.
Scorpius mi stringeva tra le sua braccia.
Le fiamme ci circondavano.
Il viso di Scorpius era incredibilmente vicino al mio.
Intorno a noi, cenere e fiamme.
Goccioline di sudore scivolavano lentamente sul volto di Scorpius.
Mi baciò.
Chiusi gli occhi.
Le sue labbra erano morbide.
Mi accarezzava il viso con le dite.
Mi stringeva a sé ancora più forte.
Troppo forte.
Mi stava facendo male.
Aprii gli occhi.
Alex.
Era in piedi, di fronte a me dove fino ad un secondo prima c’era stato Scorpius.
Ghignava.
Perché sei scappata, Lily?
Io…
Perché sei scappata via in quel modo?
Alex…
Non muovevo le labbra, ma sentivo la sua voce nella mia testa.
Avada Kedavra!
Un lampo di luce verde.
Urlai.
 
 
 
 
Ci misi un po’ a capire che le urla che sentivo erano le mie.
Mi ero svegliata di scatto, e mi ero ritrovata seduta su un letto dell’infermeria.
Sentivo il viso appiccicato di sudore.
Mi passai una mano sulla fronte. Era gelida.
-Lily? Tutto bene?
Mio padre aveva spalancato la porta dell’infermeria e si era precipitato dentro.
Aveva due grosse occhiaie violacee sotto gli occhi, i capelli più in disordine del solito, i vestiti sgualciti e la barba più lunga dell’ultima volta che lo avevo visto.
-che… cosa ci faccio qui?
Si chinò su di me e mi baciò la fronte, poi mi accarezzò i capelli sudati.
-pare che qualcuno abbia messo una pozione soporifera nel tuo succo di zucca. – disse, mettendosi a sedere sul mio letto.
-Cosa? Una pozione soporifera?
-Sì, ma non molto potente a quanto pare… pensavamo che ci avresti messo più tempo per svegliarti, invece sono passate solo dodici ore.
Solo dodici ore?
-hai passato la notte qui?
-Sì, anche tua madre. È tornata a casa giusto una mezz’oretta fa…
-Chi…? Che cosa è successo?
-Al e Scorpius ti hanno trovata svenuta in un corridoio, e ti hanno portata qui. Hanno pensato che fosse veleno, ma poi si sono accorti che russavi rumorosamente. – disse, senza nascondere un enorme sorriso.
Arrossii violentemente.
Ho russato davanti a Scorpius.
Cacciai quel pensiero per concentrarmi su i fatti.
-sapete chi è stato?
-È quello che vorremmo scoprire.
-Pensi che…
-…qualcuno abbia tentato di ucciderti come ha annunciato la profezia?
Annuii.
-non lo so – rispose mio padre. – se qualcuno avrebbe voluto ucciderti e avesse avuto la possibilità di versarti qualcosa nel calice, credo che avrebbe usato il veleno… ma non possiamo escludere niente. – mio padre aveva usato un tono professionale e distaccato, e la cosa quasi mi ferì.
Sta facendo il padre o sta facendo l’auror?
-Probabilmente è qualche idiota serpeverde che ha provato a farmi uno scherzo – riflettei ad alta voce.
-Potrebbe essere… ricordi chi era seduto vicino a te ieri a cena?
Me lo ricordo benissimo.
-Andrew McDonald e Claude Zabini – dissi. Poi mi venne in mente di Alex.
-… mi stavano prendendo in giro, e si è avvicinato un Corvonero, Alex Thomas, per difendermi.
-Credi che potrebbe essere stato lui?
Avrei mai potuto raccontare a mio padre di aver baciato Alex Thomas, e di essere fuggita via da lui in preda al panico senza nessun motivo apparente?
-Non lo so.
-Stiamo indagando su tutti, comunque. Gli auror stanno perquisendo i dormitori, quella pozione è scomparsa dall’ufficio di Lumacorno, e ce n’era un bel paiolo pieno… credo che lo troveremo a breve. –questa volta il suo tono era addolcito, e a parlare non era più l’auror, ma il mio papà.
Mi strinse forte tra le braccia. – stai tranquilla, non permetterò a nessuno di farti del male. – sussurrò al mio orecchio.
Nessun posto mi era parso così sicuro come le sue braccia.
Mi accoccolai con il viso sulla sua spalla. Non lo facevo da anni, e non mi ero mai accorta di quanto mi fosse mancato.
-lo so papà, non ho paura. – risposi, ed ero sincera.
Insomma, un assassino che tenta di ucciderti con un sonnifero, o non è un assassino, o è un assassino molto stupido.
-vado ad avvertire la mamma che ti sei svegliata, hai bisogno di qualcosa?
-di una doccia, a dir la verità. Dici che posso alzarmi?
-credo che Madama Spring voglia prima darti un’occhiata, la chiamo subito – disse, baciandomi la fronte – oggi pomeriggio vengo a trovarti con la mamma.
-Sto bene pà, non ce n’è bisogno – risposi, in maniera un po’ più aggressiva di quanto avrei voluto.
In realtà mi sentivo in colpa.
Avevo costretto i miei ad una nottata in bianco per… per nulla.
E questa storia della profezia mi faceva veramente andare in bestia.
Mio padre ne aveva passate troppe e mi dispiaceva e al tempo stesso mi irritava il fatto che, dopo tanti anni, era costretto a rivivere nel terrore… per colpa mia.
Non è colpa mia.
“Mi irritava”, ma che dico? Mi faceva completamente incazzare.
Papà, non permetterò a nessuno di farti ancora del male.
Avrei voluto dirlo ad alta voce, ma non trovai il coraggio.
Scusa papà, se non sono coraggiosa come te.
-forse tu non ne hai bisogno, ma noi sì. – rispose lui, lasciandomi senza parole.
Senza aggiungere altro, uscì.
 
 
Madama Spring controllò velocemente le mie reazioni vitali, e una volta appurato che non c’era nulla che non andava in me, mi lasciò andare.
Il castello era deserto, erano tutti a lezione.
Io avevo avuto il permesso di assentarmi per riposare.
Ho il permesso di riposare per aver dormito dodici ore, è una ragionamento che non fa una piega.
Tornai nel dormitorio e mi coccolai con una lunghissima doccia, cercando di lavare via quella spiacevole sensazione allo stomaco che mi aveva provocato quell’incubo, oltre che il sudore freddo che copriva tutto il mio corpo.
Era solo in incubo.
Ma non riuscivo a convincermene.
Avevo sentito l’odore.
Sentivo il rumore delle fiamme.
Non mi bruciavano, ma erano incredibilmente reali.
Non mi hanno bruciato perché ero già bruciata.
Pensai al bambino carbonizzato che avevo visto nello specchio.
No, quella non ero io.
Pensai a Scorpius.
Mi ha baciata.
Sentii la tigre nella mia pancia fare le fusa.
Chissà se le sue labbra sono davvero così morbide…
Chiusi di scatto la doccia.
Ma come mi è venuto in mente?
Avvolsi il mio corpo in un asciugamano bianco e uscii.
Mi distesi sul letto, ancora completamente bagnata.
Non avevo voglia di fare niente. Mi sentivo incredibilmente stanca.
Eppure ho dormito un bel po’.
Chiusi gli occhi.
Il mio cervello era annebbiato, dormire così a lungo mi aveva un po’ rimbecillita.
Stavo quasi per ricadere tra le  braccia di Morfeo, quando sentii la porta del dormitorio spalancarsi.
Mi alzai a sedere di scatto, e sentii una vampata di calore partire dalla punta delle dita dei piedi ed espandersi fino ai capelli.
Albus e Scorpius erano appena entrati nel dormitorio.
Ed io ero praticamente nuda.
-MA BUSSARE NO?!
-Scusa…!
Albus si era girato di scatto, dandomi le spalle.
Scorpius invece, era arrossito violentemente, ma continuava ad avere gli occhi puntati su di me e la bocca semiaperta.
Mi strinsi l’asciugamano con le mani per evitare che cadesse. Sarebbe stato veramente imbarazzante.
Scorpius si riscosse e chiuse la bocca. Gli angoli gli si arricciarono nel suo solito mezzo sorriso.
-  bel vestito, Potter!
-FUORI! – urlai di nuovo, e loro due non se lo fecero ripetere due volte.
Mi asciugai il corpo velocemente e indossai la prima cosa che trovai nel baule e uscii.
Loro due erano seduti su uno dei divani verde argento della Sala Comune. Mi fece uno strano effetto vederli lì.
-come siete entrati?
-Scorpius ha ehm… convinto un ragazzo del primo anno a farci entrare con lui – disse Albus, indicando un ragazzo pallido e mingherlino che si stava massaggiando freneticamente una chiappa, guardando Scorpius con l’odio negli occhi.
-Perché fai quella faccia? Sono solo foruncoli! – gli disse il biondo – e poi, non dovresti essere a lezione, marmocchio? – continuò ancora, con un tono particolarmente arrogante.
Il ragazzino sembrava sull’orlo delle lacrime, e praticamente scappò via, rifugiandosi nel suo dormitorio.
-Non approvo i suoi metodi – continuò Albus – ma devo ammettere che funzionano –
Scorpius e Albus erano come fratelli, eppure non avevo mai visto una coppia di amici più strana.
L’uno energico, divertente, esuberante, anche parecchio arrogante e a volte anche abbastanza irritante. L’altro dolce, gentile, affabile e modesto, tranquillo, rispettoso delle regole e anche parecchio noioso.
Eppure era raro vedere l’uno senza l’altro. Si erano sempre sostenuti a vicenda, e pareva che insieme si divertissero molto.
Non che mio fratello non fosse divertente, anzi, spesso cacciava fuori un umorismo stravagante facendo crepare tutti dalle risate, ma per di più manteneva il suo atteggiamento composito e maturo e raramente si lasciava andare, sempre assorto com’era nei suoi impegni e nei suoi doveri da Prefetto\Perfetto uomo di famiglia.
Zio Ron lo prendeva in giro a volte, paragonandolo a zio Percy, che è talmente noioso e logorroico che riuscirebbe ad irritare persino un pesce rosso.
Ma a me non sembrava somigliasse a Percy. Se non fosse stato fisicamente così uguale a mio padre, avrei sospettato uno scambio di bambini al San Mungo.
Mi sedetti accanto a loro, e rimasi un po’ ad osservare le profondità del lago nero.
-è carino qui – disse Scorpius ad un certo punto – c’è una bella vista –
Non capii se fosse ironico o meno, ma decisi di non darci troppo peso.
-come mai siete venuti?
-Oh, volevamo vedere come stavi e dirti che abbiamo scoperto delle cose interessanti… - iniziò Albus.
-ovvero ?
-ovvero che quando dormi sembri un maiale che grugnisce –continuò Scorpius, e Albus gli diede uno schiaffo dietro la nuca così forte, che mi sorpresi quando vidi la testa di Scorpius ancora salda sul suo collo.
-AHIA!
-Te lo meriti – sentenziai, e rivolsi ad Albus uno sguardo di gratitudine. – allora?
-Allora, gli auror hanno perquisito i dormitori e hanno trovato il famoso paiolo scomparso nel dormitorio dei serpeverde del sesto anno.
-Che sorpresa…
-Zabini ha confessato, a quanto pare volevano vendicarsi per essere stati appesi ad un albero a testa in giù, e per la scritta “idiota” sulla fronte. Pare che il piano fosse quello di addormentarti per renderti innocua, scriverti qualcosa di offensivo in faccia e farti trovare appesa a testa in giù in un corridoio.
-Non si può dire che non abbiano senso dell’umorismo… - commentai, ma mi resi conto subito che qualcosa non quadrava.
E subito capii che anche Albus non era convinto di quella storia.
-Tu non gli credi, vero?
Albus sorrise e continuò  - MacDonald ha negato tutto, non aveva idea di come ci fosse finito quel paiolo lì, e pare che non fosse a conoscenza dello scherzo architettato da Zabini…
-… ma gli auror pensano che abbia solo paura della punizione… - continuai.
-Esattamente – confermò Al. – ha capito cos’è che non quadra?
Annuii – che non sono stata io –
Era stato Scorpius ad incantare l’albero e a far comparire la scritta offensiva sulla loro fronte. Perché vendicarsi in quel modo su di me, e non su di lui?
-  e questo lo sai tu, lo sa Scorpius e lo sa MacDonald… ed io, visto che me lo avete detto voi, ma nessun altro nella scuola, visto che la punizione l’avete presa entrambi, e che le voci che girano su ciò che è accaduto, come al solito, sono molto diverse l’una dall’altra, e tutte molto fantasiose.
- lo sa anche Zabini… - dissi, riflettendo ad alta voce.
- pare che lo abbia dimenticato. La sua versione dei fatti è parecchio… confusa al riguardo. Io penso…
- … che qualcuno gli abbia modificato la memoria?
-  …ma che non sia riuscito a fare lo stesso anche a MacDonald.
-  scommetto che presto confesserà anche MacDonald.
-  è esattamente quello che credo anch’io…
Ma se non sono stati loro…?
-  Alex… si è avvicinato a me per difendermi… potrebbe aver avuto il tempo di versare qualcosa nel mio succo di zucca senza che me ne accorgessi –
Ma mentre pronunciavo quelle parole, mi resi conto che non era possibile.
Prima di andare via Alex aveva messo a posto il bicchiere che i due serpeverde avevano rovesciato, e in quel momento era vuoto. E mi aveva versato del succo di zucca dalla brocca, e nell’altra mano aveva ancora la bacchetta, lo ricordavo bene. A meno che la pozione non fosse stata già nella brocca, non ne avrebbe avuto l’occasione. Ma nessun altro si era addormentato improvvisamente, quindi…
Quel pensiero mi rilassò. Non può essere stato lui. 
Ma allora chi?
-sapete qualcosa sulle indagini di papà? – chiesi, per distogliere i miei pensieri da Alex e per trovare un altro capro espiatorio.
-Solo quello che abbiamo origliato ieri mentre tu ronfavi – intervenne Scorpius.
Un altro accenno al mio russare e giuro che ti schianto.
Trattenni il respiro per non cedere all’impulso di schiaffeggiarlo ancora – …e?
-beh, non molto, in realtà, perché poi papà ci ha scoperti… - continuò Al – li avevamo seguiti nell’ufficio della preside con il mantello dell’invisibilità, ma starci in due non è più facile come prima… –
-… e Albus è parecchio imbranato.
-Ho urtato papà che ci ha fatto una lunga predica prima di cacciarci fuori –
-E cosa ha detto?
-Beh, lo sai,...che origliare è maleducazione, che in ogni caso non è affar nostro, che è normale che io sia in pensiero per te, ma che lui è perfettamente in grado di proteggerti e che il mio intervento non è assolutamente necessario –
-Al… cosa ha detto prima che ti cacciasse!
-Giusto, giusto… beh, in realtà pare che siano ad un punto morto anche loro. Pare che non ci sia assolutamente nulla che faccia pensare a movimenti di Mangiamorte o qualcosa di simile. A quanto pare esistono ancora dei gruppi di nostalgici tra le famiglie purosangue più antiche, ma non sono attivi, pare che si limitino a ricordare i bei tempi andati. Però pare che abbiano scoperto l’esistenza di una piccola setta molto dedita alle Arti Oscure all’interno della scuola, non sembrano una vera e propria minaccia, ma li stanno tenendo d’occhio. In pratica sono ragazzini che sognano di diventare i Mangiamorte della nuova era, ma sono pochi, cinque mi pare, parecchio piccoli e anche parecchio stupidi, da quello che ho capito. Sono stati beccati mentre tentavano di creare una bambola voodoo con le sembianze di papà.
-COSA?!
-Ovviamente non ne sono stati in grado, costruire una bambola voodoo è molto più difficile di quanto immagini, diciamo che non è proprio come lavorare a maglia.
-Chi sono?
-Non ne ho idea – disse Al scrollando le spalle – è tutto quello che siamo riusciti a sentire, il resto lo sai -
Rimanemmo tutti e tre in silenzio in quell’enorme sala deserta, ognuno immerso nei suoi pensieri.
Alla fine fui io a rompere il silenzio. Dissi ad Al che pensavo non potesse essere stato Alex a versare la pozione nel mio succo, e lui in risposta annuì storcendo la bocca.
-modificare la memoria in quel modo, così a fondo, è un’operazione difficile… Alex è un mago dotato, ma non credo che ne sarebbe in grado … -
Mi rilassai ulteriormente.
Alex è innocente.
Ma anche Zabini e MacDonald lo erano.
Qualcuno ha modificato loro la memoria.
Chi?
Albus disse che doveva tornare a lezione e Scorpius sbuffò.
Decisi che non mi andava di rimanere in Sala Comune, e così li seguii fuori.
Li accompagnai fino all’aula di Trasfigurazione, e feci per salutarli ma Scorpius mi precedette - Al, puoi coprirmi? Non ho voglia di venire a lezione…
-Scorpius, è la terza lezione di Trasfigurazione che salti!
-Lo so, lo so! Verrò alla prossima, te lo giuro. Puoi coprirmi?
-M’inventerò qualcosa – disse Al scuotendo le spalle. Poi mi salutò con un bacio ed entrò in aula.
Guardai Scorpius, e vidi che mi stava guardando.
-che fai ora?
-Beh, non saprei…
-Vieni con me?
-Dove?
Lui sorrise, ma non rispose.
-Vieni e basta
Avevo ancora voglia di schiaffeggiarlo per la battuta sul maiale, ma d’altra parte non avevo assolutamente nulla da fare, così decidi di seguirlo.
La scuola era ancora deserta, fatta eccezione per qualche fantasma che ogni tanto spuntava da un muro per infilarsi in quello di fronte, e per i quadri alle pareti che chiacchieravano sommessamente.
Seguivo Scorpius attraverso un corridoio, quando all’improvviso il mio cuore mancò un battito.
Alex Thomas era appoggiato ad una parete, completamente assorto nella lettura di un libro.
Avevo intenzione di sorpassarlo, sperando che non mi vedesse, ma poi mi ricordai che non poteva in nessun modo essere stato lui a versare quella pozione nel mio bicchiere, e che mi ero comportata in maniera assolutamente ingiusta con lui.
Così presi coraggio e mi fermai.
-ciao Alex – lui alzò la testa dal suo libro e mi guardò sorpreso.
-Lily!
-Strano posto per leggere, Thomas – commentò Scorpius, e io gli diedi un piccolo calcio su uno stinco.
-Sono arrivato in ritardo – spiegò Alex, indicando l’aula di fronte a lui – e il professore non mi ha fatto entrare, sto aspettando che finisca la lezione per scusarmi –
Mi presi un momento per ammirare la sua buona educazione, perché se fossi stata io al suo posto, probabilmente avrei mandato al diavolo il professore e avrei passato l’ora a fare qualcosa di molto più divertente che leggere in piedi appoggiata ad un muro.
-tidevodellescuse – dissi poi, tutto d’un fiato.
-Cosa?
-Ho detto… - presi un respiro profondo – che ti devo delle scuse –
Lui mi guardò, e capii che aspettava delle spiegazioni.
-io… mi sono spaventata perché… non so… -
Okay, sembro un idiota balbuziente. Così non va.
-Tu mi piaci – il mio tono questa volta era fermo e deciso, e mi complimentai mentalmente con me stessa - … ma non so esattamente cosa voglio da te. Non volevo ferirti, e per questo non ho avuto il coraggio di dirtelo prima, così ho iniziato ad evitarti. Mi rendo conto di essermi comportata come un’idiota, e quindi ti chiedo scusa –
Non sapevo cosa aspettarmi. Una parte di me era ancora convinta che fosse un omicida, e probabilmente si aspettava che iniziasse ad urlare come un pazzo, brandendo un coltello per provare a colpirmi.
Un’altra parte di me aveva ancora una cotta per lui, ed immaginò lui che mi dichiarava il suo eterno amore, tenendo tra le mani un enorme mazzo di tulipani.
Ma perché il tulipani poi?
Invece, tra le sua mani continuava a tenere il suo libro, e non provò né ad uccidermi, né peggio, a baciarmi.
Si limitò a guardarmi, con i suoi grandi occhi azzurri, scrutandomi. Studiandomi. All’improvviso fece esattamente l’ultima cosa che mi sarei aspettata.
Sorrise.
Le fossette gli si erano disegnate agli angoli della bocca.
-non preoccuparti – disse – capisco benissimo –
-grazie – pronunciai quest’ultima parola con un filo di voce.
-Lily, andiamo? – intervenne Scorpius. Notai che il suo viso aveva assunto una colorazione rosea, e il suo tono sembrava parecchio spazientito.
-Lily, vorrei che tu dimenticassi quello che è successo – continuò Alex, prima che io potessi rispondere al Grifondoro.
-Come?
-Tu mi piaci, Lily – disse lui, guardandomi dritto negli occhi. La determinazione che c’era nel suo sguardo mi fece quasi indietreggiare. – tu mi piaci …- ripetè – e non voglio che il tuo atteggiamento nei miei confronti cambi perché… beh, perché sono stato troppo affrettato. – fece una piccola pausa, nella quale sembrò misurare bene le parole da usare.
-Insomma, vorrei che io e te riuscissimo ad essere amici come prima… io… me lo farò bastare. –
Me lo farò bastare.
Quelle parole iniziarono a rimbombarmi nella mente come tuoni.
Anuii. Non sapevo cosa fare.
-comunque – continuò ancora Alex – non rinuncerò a te. Io… ti aspetterò. – concluse lui.
E allora nella mia mente scoppiò il caos.
Volevo rispondere qualcosa, ma Scorpius mi afferrò il polso e mi trascinò via.
-Scusa Alex, ma dobbiamo andare. - disse
Scorpius mi condusse lontano da quel corridoio, la presa sul mio polso era troppo forte, e mi stava facendo davvero male.
-Scorpius, lasciami! – cercai di liberarmi dalla sua stretta. – ho detto lasciami!
Lui lo fece all’improvviso, e quasi persi l’equilibrio.
-ma che ti è preso?
Aveva le guance arrossate, e mi guardava con astio.
Sembrava arrabbiato.
-va tutto bene?
-No – ringhiò lui, ma dopo un po’ smise di guardarmi con odio e iniziò a fissare il pavimento.
Lentamente, le sue guance iniziarono a schiarirsi e tornarono pallide.
Assunse quell’espressione malinconica che gli avevo visto solo un’altra volta, durante il primo giorno di punizione insieme.
-scusa – disse solo, con un filo di voce.
La mia mano agì da sola, senza che io potessi fermarla.
Si sollevò e si posizionò delicatamente sulla sua guancia.
Lo accarezzai.
Mi piacque quel contatto, e improvvisamente mi resi conto di avere il bisogno di esplorare meglio il suo viso.
Prima che potessi rendermene conto, stavo percorrendo con due dita il profilo del suo mento.
 Poi le feci scivolare giù, ad accarezzare il collo. Seguirono il percorso tracciato da una piccola vena leggermente sporgente.
Si staccarono dalla sua pelle, ma ancora bisognose vi ritornarono subito, per accarezzare i suoi zigomi.
Le orecchie.
Poi di nuovo il collo.
Il suo lineamenti erano spigolosi.
La linea della mascella era ben pronunciata, e questo gli conferiva un atteggiamento fiero.
Sul naso vi era una piccola gobbetta, che non appariva però, come un difetto.
Era perfetta lì, su quel suo volto così… bello.
Tornai bruscamente alla realtà, e mi resi conto di quello che stavo facendo.
Lui mi stava fissando.
-smettila – disse, allontanando la mia mano con uno schiaffo
-smettila di comportarti così – ringhio. I suoi occhi mi fecero quasi paura.
-Così come?
-Stai rendendo tutto più difficile, Lily –  così dicendo, senza darmi il tempo di ribattere, mi diede le spalle e se ne andò.
Sto rendendo tutto più difficile?
Ma è pazzo?
Forse è solo stupido.
Ma che ho fatto?
Che razza di maleducato, prima mi trascina via e poi mi pianta in asso in un corridoio senza darmi spiegazioni.
Ma dove voleva portami?
Le sue labbra sono davvero così morbide?
No, questo non c’èntra.
Che imbecille, non lo sopporto.
È stupido come una gallina decapitata.
Antipatico. Irritante.
Bello. Divertente.
Arrogante.
Avrei voluto baciarlo.
Ma come mi è venuto in mente?
Merita solo schiaffi.
Imbecille.
 
Ero così immersa nei miei pensieri, che smisi prestare attenzione a dove stavo andando.
E così finii dritta dritta distesa per terra, dopo essere andata a sbattere in qualcosa di nero.
Guardai in alto, e vidi una donna molto bella, anche se un po’ avanti con gli anni.
Aveva un’aria vagamente familiare.
Indossava un pesante vestito nero, molto attillato, che le metteva in evidenza le forme.
Aveva dei riccioli neri molto morbidi che le ricadevano sulle spalle, e dei grandi occhi azzurri.
Le labbra molto carnose erano dipinte di rosso, e questo risaltava molto la sua carnagione pallida.
-stai bene, Lily?
Come conosce il mio nome?
-come… sì…
-fai più attenzione a dove metti i piedi – disse, porgendomi una mano ed aiutandomi a mettermi in piedi.
-Come conosci il mio nome?
Mi sorrise, ma non rispose.
S’incamminò nella direzione opposta alla mia, ondeggiando dolcemente i fianchi.
Era molto bella.
La conosco, l’ho già vista.
E lei conosce me, conosce il mio nome.
Dove diavolo l’ho già vista?
Boh, forse una collega di papà.
 
Tornai nel dormitorio, non avendo nulla di meglio da fare, e scoprii con piacere che mia nonna mi aveva mandato una quantità di biscotti tale da sfamare un esercito di giganti.
La mia mente era ancora affollata di voci che si sovrapponevano, litigavano, ragionavano, si interrompevano.
Scorpius.
Alex.
Pozione soporifera.
Zabini e MacDonald.
Memoria modificata.
Scorpius.
Alex.
Stai rendendo tutto più difficile.
Scorpius.
Le sue labbra.
Scorpius.
Fu allora che presi la prima decisione matura di tutta la mia vita.
Ora mangio i biscotti, e poi dopo penserò al resto

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Dolce come un budino. ***


Era passata una settimana da quando qualcuno aveva messo una pozione soporifera nel mio succo di zucca.
Proprio come io e Al avevamo previsto, MacDonald aveva confessato poco dopo, a dimostrazione del fatto che qualcuno era riuscito a modificare anche la sua memoria.
Ma la risposta alla domanda “chi?” ancora non ce l’avevamo.
Durante quella settimana erano successi una serie di eventi che avevano a che fare con l’accaduto solo indirettamente, ma che contribuirono ad ingarbugliare ancora di più i miei pensieri.
Gli auror che giravano per la scuola si erano moltiplicati, li vedevo sempre di più spesso aggirarsi per i corridoi, o aspettarmi fuori dall’aula, o osservarmi mentre mangiavo.
E questo mi faceva impazzire, perché era praticamente come avere il fiato dei miei genitori perennemente sul collo.
Le visite di mio padre alla preside si facevano sempre più frequenti, tanto che alcune serpi avevano iniziato a mormorare qualcosa su una relazione amorosa tra i due.
In realtà, in base a quello che io e Albus eravamo riusciti ad origliare grazie alle orecchie oblunghe e al mantello dell’invisibilità, alle conversazioni partecipavano attivamente anche il ritratto del professor Silente, mia madre, un paio di auror che spesso avevo visto al fianco di mio padre, ma di cui ostinatamente mi rifiutavo di imparare il nome, e qualche volta anche zio Ron e zia Hermione.
Le nostre operazioni di spionaggio però non avevano portato assolutamente a niente.
Se loro non avevano in mano nulla, non c’era nulla che potevamo scoprire.
Intanto, tutte le persone che conoscevo sembravano essere completamente impazzite:
Scorpius aveva praticamente smesso di rivolgermi la parola, limitandosi a lanciarmi qualche occhiata malinconica ogni tanto.
In Sala Grande, spesso mi ero scoperta ad osservarlo, e distoglievo lo sguardo arrossendo ogni volta che si voltava a guardarmi, e i suoi occhi chiari incontravano i miei.
Avevo chiesto spiegazioni ad Al, e lui mi aveva guardato con una strana espressione, a metà tra il pietoso e il malinconico, e mi aveva chiesto – ma sul serio non lo hai capito?
Io gli avevo risposto che no, e che se lo avessi capito non avrei dovuto chiederlo, e lui aveva scrollato le spalle e si era allontanato mormorando un – assurdo, sei tale e quale a James –
Mentre Scorpius mi regalava occhiatacce e silenzi, invece, il mio tentativo di riappacificazione con Alex era sembrato un gran successo.
Non passavamo molto tempo insieme, vista la differenza di orari, lezioni, dormitori e tutto il resto, ma spesso avevamo fatto delle lunghe passeggiate tra le mura del castello (perché fuori faceva veramente troppo freddo) ed io avevo riscoperto il piacere della sua compagnia.
Ma anche con Alex le cose iniziarono a ridiventare presto strane, quando lo incontrai con un grosso livido viola sotto lo zigomo ed evidenti tagli sulle mani.
Gli avevo chiesto cosa gli fosse successo e lui aveva blaterato qualche scusa su un bolide impazzito ed un gatto violento, o su un bolide violento ed un gatto impazzito, non ricordo bene. Aveva tentato di sorridere e di essere gentile come al solito, ma quando gli dissi che non credevo alla scusa del gatto\bolide si era parecchio infastidito, per non dire infuriato, e se n’era andato via intimandomi di farmi gli affari miei.
Poi mi aveva chiesto scusa, ovviamente, ma la storia continuava a non convincermi, e lui continuava ad ignorare le mie domande.
Ma quella che sembrava aver perso il senno più di tutti era Rose.
Un paio di giorni dopo il mio risveglio mi aveva raggiunto in un corridoio, completamente rossa in viso e con gli occhi rivolti al pavimento e aveva detto – Lily, volevo dirti che… se fosse stato veleno, insomma… mi …. mi sarebbe dispiaciuto molto -  e poi era corsa via senza darmi il tempo di rispondere.
Io l’avevo interpretato come una richiesta di armistizio, e per quella settimana feci in modo che James non le desse il tormento.
Era passata una settimana dal giorno in cui mi ero risvegliata in infermeria, ma ogni notte continuavo a sognare quella maledetta stanza in fiamme, e ogni giorno mi risvegliavo urlando e con la fronte appiccicaticcia di sudore gelido.
E quella mattina non fu diverso.
Mi svegliai di soprassalto e diedi un’occhiata alle mie compagne di dormitorio. L’unica già sveglia era Brianne, che se ne stava stesa sul letto leggendo un grosso librone sulle antiche rune. Mi chiesi se avesse dormito.
-un altro incubo? – chiese, senza alzare gli occhi dal suo libro.
-Sempre lo stesso, in realtà –
-Quando i sogni sono ricorrenti in genere sono ossessioni– mi disse, ancora senza guardarmi.
- Ossessioni ?
-Potrebbe essere una tua paura latente, un ricordo traumatico che hai rimosso, o un desiderio che non riesci ad accettare.
Mi presi un secondo per riflettere.
Decisamente non avevo paura del fuoco e altrettanto decisamente non avevo un ricordo traumatico legato ad una stanza che va in fiamme. Certo, avrei potuto averlo rimosso, come aveva detto Brianne, ma ne avrei portato i segni.
Le cicatrici da ustione sono quelle più difficili da eliminare.
E poi sono abbastanza sicura che se avessi rischiato di andare a fuoco nel passato, mio padre avrebbe iniziato dopo un po’ a raccontarlo in giro come aneddoto.
Come quella volta che Albus rischiò di annegare.
Era estate, ed eravamo in vacanza sulla barca di zio George.
Albus, come al solito imbranato, scivolò e cadde in acqua, non prima di aver sbattuto la testa ed essere svenuto. Il primo a lanciarsi in acqua fu James che, non si è mai capito come, nel tentativo di salvarlo perse il suo costume da bagno.
Papà li aveva tirati tutti e due fuori dall’acqua e riportati sulla barca, ed erano seguiti vari minuti di panico perché Al non riprendeva conoscenza.
Quando alla fine si risvegliò, scampata la tragedia, tutti avevano iniziato a ridere della sua caduta strampalata e del fatto che  James stesse andando in giro con tutti i suoi attributi di fuori. Il suo sedere è anche stato immortalato in una fotografia dallo zio George, e questo aneddoto viene raccontato all’incirca ogni Natale tra le risate generali.
Ma non ci sono aneddoti che riguardano me ed il fuoco quindi no, non poteva essere un ricordo traumatico.
Un desiderio? Decisamente non desideravo diventare una bistecca ben cotta, quindi no. Il desiderio era escluso.
-a volte – continuò Brianne, che aveva chiuso il suo libro e che finalmente aveva iniziato a guardarmi – capita che le ossessioni di qualcun altro entrino nei nostri sogni –
-cosa? Davvero?
-Sì, tra i maghi succede frequentemente, ma ho sentito che ci sono stati casi anche tra babbani che avevano un forte legame, soprattutto gemelli –
Non sapevo cosa pensare. Sono ossessionata dalle ossessioni di qualcun altro?
Mi veniva il mal di testa solo a formulare quel pensiero.
Decisi che comunque non sarei riuscita a trovare una soluzione a quella domanda rimanendo in pigiama e seduta sul mio letto, così mi lavai velocemente e indossai la divisa, per poi scendere a fare colazione.
Tuttavia, quella colazione non riuscii mai a farla perché, nel tragitto ebbi la fortuna di imbattermi in un gruppetto di quattro viscide serpi del settimo anno,           che avevano accerchiato Clementine Frost, una ragazzina cicciottella di Corvonero, con intenzioni non troppo amichevoli.
Uno di loro, Marcus Derv,  simile ad un armadio per stazza e ad un babbuino per intelligenza, l’ aveva immobilizzata con le spalle al muro e gli stava puntando la bacchetta alla gola, mentre con l’altra mano stringeva le stringeva il colletto della camicia.
Gli altri due erano appoggiati al muro di fronte, con le braccia incrociate al petto ed un enorme ghigno dipinto sul volto.
L’ultima serpe, invece,  era una ragazza dai lunghi capelli neri di cui fino a quel momento avevo totalmente ignorato l’esistenza, e se ne stava appoggiata allo stesso muro su cui era immobilizzata Clementine, probabilmente per godersi la scena da vicino.
-Marcus,che cosa stai facendo? –chiesi calma, ma con tono fermi. Conoscevo bene tutti i bulletti di Serpeverde, essendo stata io stessa nelle loro mire per molto tempo, e Marcus era uno di quelli che mi aveva tormentato più a lungo.
Ma erano passati i tempi in cui riusciva ad incutermi timore, e così, quando alzò lo sguardo su di me ghignando, non battei ciglio.
-­sto addestrando questa grassa balena, a quanto pare nessuno le ha insegnato le buone maniere…
-Non sta a te educarla, Derv. Lasciala in pace. -
-E perché dovrei, Potter?
-perché altrimenti spedisco te, i tuoi amichetti e la tua fidanzata a fare il bagno con la priova gigante – dissi, prendendo la mia bacchetta.
Derv e i due ragazzi scoppiarono a ridere, mentre la ragazza si limitava a guardarmi dal basso verso l’altro, con un ghigno dipinto sul volto.
Con la coda dell’occhio vidi i due serpeverde prendere le loro bacchette, ma Derv li fermò con un gesto della mano.
Continuò a tenere immobilizzata Clementine con una mano, ma ora teneva la bacchetta puntata contro di me.
-Questa troia – disse, indicando con un cenno del capo la Corvonero – ha osato mancarmi di rispetto. E non permetto a nessuna schifosa obesa sanguesporco di urtarmi la spalla senza chiedermi scusa …-
-Le stai puntando una bacchetta alla gola perché ti ha urtato la spalla?
-mi ha sporcato!
scoppiai a ridere, sarcastica.
-Va via Lily, non ce l’ho con te. E anche lei potrà andare , quando mi avrà chiesto scusa. E se non lo farà, dovrà vedersela con noi.
-Quattro contro uno, Derv, davvero molto coraggioso.
-Se rimani, saremo quattro contro due. Sempre che la sanguesporco sia in grado di scagliare una sola fattura. Allora Lily, a te la scelta…
-Stupeficium!
Schiantai Derv con così tanta potenza che atterrò dall’altro lato del corridoio, svenuto.
Gli altri tre serpeverde mi puntarono contemporaneamente le bacchette contro.
Schivai la fattura di uno mentre disarmavo l’altro, mi accovacciai per schivare lo schiantesimo della ragazza,  che andò a colpire uno dei suoi amici, schiantai a mia volta  la serpeverde che sbattè la testa contro il muro dietro di lei.
Un’orcovolante mi sfiorò l’orecchio, mi voltai prontamente e schiantai anche quell’ultimo Serpeverde.
Mi accovacciai per prendere fiato.
-uao … -  sentii dire ad una voce dietro di me. Mi voltai, la bacchetta pronta a colpire.
Scorpius Malfoy era in piedi, in mezzo al corridoio, con la bocca semiaperta e gli occhi spalancati.
Per un secondo mi ricordò un pesce palla.
-Da quanto tempo sei lì?
-Sono arrivato quando hai schiantato quello grosso – disse, indicando Marcus.
-Grazie per l’aiuto!
-Non mi sembrava ne avessi bisogno – disse, indicando i quattro serpeverde svenuti a terra.
Mi voltai e vidi Clementine seduta per terra, con la schiena appoggiata alla parete. Aveva l’affanno, nonostante non avesse fatto praticamente nulla. Pensai che forse era dovuto alla stretta di Derv.
Le guance pallide le si erano colorate di rosso, e aveva un brutto graffio sopra il sopracciglio.
Mi avvicinai e mi accovacciai di fronte a lei.
-è tutto okay? Vuoi che ti accompagni in infermeria?
Lei mi guardò spalancando gli occhi, come se avessi potuto schiantare anche lei da un momento all’altro.
Mi resi conto con una morsa allo stomaco che era sicuramente per via del colore della mia divisa
-io… - balbettò.
Scorpius si accovacciò al mio fianco – la vuoi una cioccorana? – disse, porgendogliene una.
Lei sembrava ancora un po’ scossa, ma vedendo Scorpius si rilassò. Accettò la cioccorana, mentre una lacrima solitaria le solcava una guancia.
Scorpius gliel’asciugò con una carezza. – ehi, non fare così… non ne vale la pena. Derv è un idiota, ha avuto quello che si meritava.
Grazie a me.
Lei annuì. Scorpius le tese una mano e l’aiutò ad alzarsi.
Non era particolarmente grassa, ma non raggiungeva il metro e cinquanta d’altezza, e questo la rendeva parecchio tarchiata. Vicino al corpo snello e slanciato Scorpius sembrava quasi una bambina.
-allora, me lo fai un sorriso? – le chiese ancora Scorpius. La dolcezza del suo tono rivolto a quella ragazza, a un’altra ragazza, fece ringhiare ferocemente la tigre nella mia pancia.
Aveva una voce bellissima, un tono calmo, delicato, sottile.
Che sciocchezze, non sono gelosa.
Lei sorrise timidamente, e lo ringraziò sotto voce.
Poi balbettò qualcosa su l’essere in ritardo, prese la borsa che era rimasta per terra e scappò via.
-non c’è di che! – urlai alla sua schiena grassoccia che si allontanava.
Ingrata e maleducata. Avrei dovuto farmi gli affari miei.
-non prendertela, non è colpa sua –
-no, infatti è colpa mia. – ribattei ironica.
-Sì, lo è.
-Cosa?
-Tu terrorizzi le persone!
-Io terr… ma sei scemo? L’ho appena aiutata, ho schiantato questi imbecilli per lei!
-Lo so, e penso che tu sia stata straordinaria…
Sentii la rispostaccia morirmi in gola. Penso che tu sia stata straordinaria.
-… ma non puoi negarlo, a volte fai davvero paura.
Ma è serio? Paura, io?
-sai, il tono aggressivo, lo sguardo arrogante… quattro serpeverde svenuti ai tuoi piedi. Ed eri da sola! Davvero, nemmeno Albus saprebbe fare una cosa del genere.
È la seconda volta che definisci arrogante il mio sguardo. Alla terza ti schianto.
Però il mio petto si riempì di orgoglio. Nemmeno Albus saprebbe fare una cosa del genere.
- … è per questo che le persone non se ne accorgono.
-  non ci accorgono di cosa? 
- che sei dolce quanto un budino.
Gli schiaffeggiai con forza la guancia. Budino a chi?
       - AHIA!
-era dolce questo, Malfoy?
Lui si massaggiò la guancia, ma sorrise.
-più di quanto tu possa immaginare….
-Devo andare a lezione – dissi, perché il tono con cui aveva pronunciato quest’ultima frase mi aveva fatto ingrifare la tigre.
Ormai era tardi per la colazione.
Maledetti serpeverde, maledetti corvonero.
Volevo solo andare a fare colazione.
-e di questi cosa vuoi farne? – disse la voce di Scorpius, ormai alle mie spalle.
-Lasciali là – gli dissi, continuando a camminare.
 
 
 
E così iniziò l’ennesima noiosa giornata scolastica.
Lumacorno mi coccolò con i suoi elogi, Morse con i suoi complimenti celati, Hagrid mi fece ridere con i suoi assurdi animali, e Bellamy mi fece infuriare con il suo solito tono da prima donna, e con la sua mania di togliermi punti solo per il gusto di maltrattarmi.
Tutto nella norma, insomma.
I quattro serpeverde non denunciarono l’accaduto. Probabilmente per loro era troppo umiliante confessare di essere stati messi K.O. da una quattordicenne sola, così evitai una punizione.
Almeno questo.
Anche il pomeriggio passò tranquillamente, in punizione con Scorpius e Morse.
A Malfoy sembrava essere tornato il buon umore, e quasi sembrò volersi rifare del tempo perduto ad ignorarmi, perché non stette zitto un attimo.
Dovetti più volte sopprimere l’istinto di schiantarlo di fronte al professore, a volte riusciva ad essere davvero insopportabile.
Il mio cuore mancò un paio di battiti quando, di punto in bianco mi chiese – lo sai perché mi piaci, Lily?
Eh? Ti piaccio? Ma che stai dicendo?
Decisi di non mostrargli il mio turbamento, e risposi con un altezzoso – perché, Malfoy?
-perché hai il mio stesso senso di relativismo morale.
Relativismo morale? Oh no, è impazzito di nuovo!
-… credo sia l’unica cosa che io ho ereditato dai Malfoy, e il motivo per cui tu sei stata smistata in Serpeverde.
-Malfoy, non ti seguo.
-Beh – continuò lui, abbassando la voce per non farsi udire da Morse, che intanto era applicato nella lettura del suo libro di Babbanologia - diciamo che non è esattamente giusto schiantare quattro ragazzi e lasciarli svenuti a terra.
-mi stai facendo la predica?
-Assolutamente no, lo avrei fatto anch’io.
-E allora?
-Allora, per quanto sia sbagliato l’azione in sé, nel contesto a te è sembrata giusta. Ma nel momento stesso in cui l’hai fatto, loro sono diventati delle vittime, e tu la cattiva della situazione. Ma a te non te ne importa nulla, giusto?
-Giusto.
In realtà non mi ero minimamente posta il problema, se fosse giusto o sbagliato non mi importava. Volevo aiutare quella ragazza, perché sapevo benissimo cosa significasse essere umiliati, minacciati e presi in giro. E avrei tante volte voluto avere qualcuno dalla mia parte, che schiantasse arroganti e presuntuosi ragazzini viziati.
Non mi piaceva pensare a loro come delle vittime.
-è questo che mi piace di te Lily, sei al di sopra di tutto…
Che sciocchezza, l’unica cosa a cui stavo sopra era la scala di legno che mi aiutava a raggiungere i ripiani più alti. E avevo anche l’impressione che sarei caduta di lì a breve.
-al di sopra di che?
Lui scosse le spalle. – al di sopra delle regole, al di sopra della morale. Tu sei straordinaria e nemmeno te ne rendi conto… anche se te ne vai in giro tutta impettita, quella è più una maschera che un reale stato d’animo.
Sta delirando.
Eppure non mi ero mai sentita così scoperta. 
-so di essere straordinaria Malfoy, ma grazie per il complimento.
Lui mi sorrise triste, quasi rassegnato.
-posso persino prevedere le tue risposte.
-Davvero?
-Lo sapevo, sapevo che avresti risposto così! Quando qualcuno ti si avvicina troppo, tu parti subito all’attacco… ma io non ho intenzione di farti alcun male, Lily. Vorrei che tu riuscissi a capirlo.
-Anche se tu lo volessi Malfoy, io non te lo permetterei.
-Lo so – rispose solo, poi rimanemmo in silenzio per il resto della punizione.
Anche se il mio cervello era in preda al delirio.
Mi tremavano le gambe.
Cosa avrà voluto dire?
Morse ci congedò, e raggiungemmo insieme la Sala Grande attraverso il solito passaggio segreto.
Mi salutò con un mezzo sorriso, prima di raggiungere Al al tavolo dei Grifondoro.
Io presi posto al fianco di Brienne, come al solito.
Avevo iniziato da poco a mangiare le mie salsicce, quando iniziai a sentirmi… strana.
Devo prendere del succo di zucca.
-vuoi delle patate? – mi chiese Brienne, sentii la sua voce come un eco lontano.
Prendi le patate.
-sì, grazie Bree – dissi, presi le patate. Dovevo prendere le patate.
Devo mangiarle, sì. Devo mangiarle.
-ti senti bene? Mi sembri strana…
No.
Sì, devo dirle che sto bene.
-sì, sto bene –
Vidi Bree lanciarmi una strana occhiata, ma poi scosse le spalle e continuò a dedicarsi al suo pasto.
Devo finire di mangiare, con calma.
Certo, è ovvio.
Così feci, non potevo fare altrimenti.
Devo tornare nel dormitorio.
Eseguii anche quel comando dettato dalla mia mente. Oppure forse no.
Io Brienne tornammo insieme nella Sala Comune dei Serpeverde.
-ho alcuni compiti da finire – mi disse Bree
Anche io.
Ma devo andare a letto.
-sono molto stanca, credo che andrò a letto.
Vidi Brienne annuire. Era lontana. Molto lontana da me.
Devo indossare il pigiama.
Indossai una canotta bianca e un paio di pantaloncini verdi.
Devo stendermi.
Mi distesi sul letto.
Devo addormentarmi.
Stano. Feci esattamente così.
Mi addormentai di colpo.
 
 
 
 
Svegliarmi. Devo svegliarmi.
Aprii gli occhi.
Il dormitorio era buio. Lontano da me, sentivo un leggero russare.
Devo alzarmi.
Mi alzai, e mi incamminai fuori.
Dovevo farlo, non sapevo il perché.
Non mi importava il perché.
Dovevo farlo.
Uscii dal dormitorio dei Serpeverde, e poi dalla Sala Comune.
Mi ritrovai nel buio castello deserto.
Era notte fonda.
Silenzio.
Il russare dei ritratti.
Camminavo.
Sapevo che quella era la direzione giusta, ma non avevo idea di dove stessi andando.
I corridoi, tutti uguali.
Devo uscire fuori dal castello.
Stavo scendendo delle scale.
Devo uscire fuori dal castello.
Seduto selle scale c’era qualcuno.
Devo ignorarlo.
Passai oltre.
-Lily?
Devo ignorarlo, non deve fermarmi. Io devo uscire dal castello.
-Lily! - 
No, perché mi stai bloccando il braccio. Io devo uscire… devo uscire dal castello.
Non mi voltai.
Un corpo piombò di fronte a me.
Mi bloccava il passaggio.
Devo superarlo.
-Lily, stai bene?
Lo conosco. È Scorpius.
Ma io devo uscire dal castello, lui non deve fermarmi.
-spostati, Malfoy.
-Lily, che…. Lily?
-Spostati, devo uscire.
-Perché?
-Devo uscire.
-No, tu non devi farlo… Lily… sei sotto maledizione imperius?
Eh?
-no Scorpius, io devo uscire dal castello.
Non puoi impedirmelo.
Devo ucciderlo.
Presi la mia bacchetta, l’appoggiai sul suo petto.
Lui non si mosse. Non prese la sua bacchetta, non cercò di farmi abbassare la mia.
Mi teneva solo le mani sulle braccia nude.
Devo ucciderlo.
Ma io non voglio.
Avada Kedavra.
NO! Non voglio… non voglio ucciderlo. Perché dovrei?
-Lily, devi ascoltarmi… devi combatterla.
-Devo uscire. Devo ucciderti.
Scorpius mi guardò negli occhi.
-no Lily, non devi farlo.
Avada Kedavra!
-combattila, puoi farlo.
Uccidilo.
-NO!
Qualcuno stava urlando.
-NO! NO! NON VOGLIO UCCIDERLO! –
Sono io, sono io che sto urlando.
Gettai la bacchetta lontano da me, come se fosse diventata improvvisamente incandescente.
Mi gettai tra le braccia di Scorpius, e mi scappò un singhiozzo.
-stavo per ucciderti…
Scorpius mi strinse forte tra le sue braccia. Avevo il viso appiccicato al suo petto.
-va tutto bene Lily, sono qui. Va tutto bene… - mi accarezzò i capelli.
All’improvviso mi resi conto di star tremando.
Forse era per la paura, forse per il freddo.
-dove sono?
-Al sicuro. Ora sei al sicuro.
-Portami via di qui…
-Andiamo, vieni con me.
Mi prese per mano, e mi lasciai trascinare ubbidiente.
Il mio cervello era spento.
Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo.
Arrivammo di fronte al ritratto della Signora Grassa, Scorpius disse qualcosa ma non ascoltai.
La Signora Grassa si lamentò, Scorpius rispose. Voci confuse, non capivo nulla.
Il ritratto si aprì.
Entrammo.
Scorpius non aveva ancora lasciato la mia mano.
Se l’avesse fatto, io sarei morta.
Mi condusse per delle scale, ero completamente in sua balìa.
Un leggero russare.
Mi sedetti su qualcosa di comodo.
Un letto.
Scorpius mi spinse leggermente.
Affondai la testa nel cuscino. Era così comodo, così morbido.
Mi girai su un fianco.
Scorpius si distese dietro di me. Il suo corpo aderì perfettamente al mio.
Mi strinse forte tra le sue braccia.
Odorava di buono.
Coprì entrambi con una pesante coperta, e mi sistemò meglio il cucino sotto la guancia.
Finalmente non avevo più freddo.
-ora dormiamo, okay? Va tutto bene, sei al sicuro adesso.
-Scorpius…
-Dimmi.
-Non lasciarmi.
-Mai.
Mi baciò la nuca.
Chiusi gli occhi.
Scorpius ha davvero un buon odore.
Lentamente, mi addormentai. 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Assaggi. ***


Sono cretina. Sono completamente cretina.
-Ma come diavolo hai fatto a dimenticartene?! –
Brianne stava agitando convulsivamente il braccio con cui teneva la forchetta, spargendo pomodori tra i capelli degli sfortunati vicini, che in cambio le rivolgevano occhiate assassine. Lei li ignorava, e mi guardava con gli occhi azzurri spalancati e le sopracciglia sollevate.
-Beh, non è che tu ti sia preoccupata di ricordarmelo!
-Questo perché mi hai lasciato fuori, mentre facevi il tuo teatrino per scagionare quell’oca di tua cugina.
-Suvvia Bri, non è la fine del mondo! Gli manderò un gufo domattina.
-Ricapitoliamo: una profezia annuncia la tua morte, qualcuno mette una pozione soporifera nel tuo succo di zucca, ti scagliano contro la maledizione imperius per attirarti fuori dal cestello, tutto fa pensare che ci sia qualcuno che tenta di ucciderti, intanto un tuo amico viene pestato da una donna che conosce te, ma che tu non conosci, e tu ti dimentichi di dirlo a tuo padre?
-Evidentemente.
-E giri da ieri sera senza bacchetta.
-Sì .
-Sei diventata scema?
-Forse sì.
-Forse sicuramente sì, signorina Potter. Non usare un gufo, troppo lento e poco sicuro. Usa la metropolvere.
-D’accordo.
-Stasera.
-Va bene, posso finire di mangiare ora?
Lei annuì, e guardò sbalordita la forchetta vuota.
-ma non c’erano dei pomodori qui?
Sorrisi, scuotendo il capo. Involontariamente indirizzai il mio sguardo al tavolo dei Grifondoro, ed i miei occhi si posarono sulle spalle larghe di Malfoy.
Stava dicendo qualcosa all’orecchio di Albus, mentre Fred e James facevano levitare i broccoletti dal suo piatto. Questi svolazzarono pochi centimetri sopra la sua testa per qualche secondo, prima di cadergli tra i capelli. Lo vidi pulirsi con un tovagliolo, che poi lanciò violentemente sul naso di Fred, tra le risate generali.
Davvero molto maturi.
-Tu hai una cotta per Malfoy. –
La salsiccia mi si bloccò in gola, e quasi mi strozzai.
Brianne dovette darmi diverse violente pacche sulla schiena, prima di riuscire a liberarmi le vie respiratorie.
-Certo che no, come ti viene in mente? – le chiesi, cercando di assumere un tono distaccato, quando ebbi ripreso il controllo del mio respiro.
Mi asciugai le lacrime con un tovagliolo e la guardai.
Aveva l’angolo destro della bocca leggermente sollevato, e i suoi occhi chiari puntati nei miei.
-La mia non era una domanda, tu hai una cotta per Malfoy.
-Ti ho detto di no.
-Ed io ti dico di sì.
-No, poi abbassa la voce.
-Non c’è niente di male, dopotutto è carino.
Carino? Merlino, è bellissimo.
-Non ci ho fatto caso –
Nonostante il mio tono fosse effettivamente distaccato, dovetti posare la forchetta per evitare che Brianne notasse il terremoto che stava scuotendo i miei muscoli in quel momento.
-Dì quello che vuoi, ma secondo me ti piace.
Misi fine alla conversazione con un’alzata di spalle, per riprendere a dedicarmi con interesse alla schiena di Scorpius.
Non ho una cotta per lui.
Anche se non ci sarebbe nulla di male.
Sì, ma non ho una cotta per lui! Insomma, è Malfoy. Lo conosco da ancora prima di iniziare la scuola.
È il migliore amico di Al, quindi è un po’ come un fratello acquisito.
Un po’ come Teddy.
Ma ha un sorriso così bello.
-Sei ancora in questo mondo, Lily?
-Sì, Bri.
-Allora, ti basta mangiare Malfoy con gli occhi per addolcire le tue papille gustative, o vuoi assaggiare un po’ di questo budino?
-Oh, sì grazie.
Brianne alzò gli occhi al cielo. –Merlino, sei proprio cotta!
Decisi di non iniziare discussioni inutili e le chiesi se voleva tornare in Sala Comune, visto che avevamo ancora parecchi compiti arretrati da finire.
Gli attentati alla mia vita erano anche attentati alla mia media. Non che me ne importasse più di tanto, ma non mi andava di farmi mettere ancora in punizione.
Così ci alzammo dal tavolo prima di tutti e ci avviammo verso la grande porta.
Quando Malfoy vide che stavo per uscire dalla Sala Grande, mi fece segno di aspettarlo e mi raggiunse frettolosamente.
-‘sera ragazze, sono la vostra scorta per stasera! – disse con un sorriso, allargando le braccia.
-Scorta?
-Vi accompagno al dormitorio. – spiegò, con il tono di uno che sta dicendo che l’acqua è bagnata.
-Non ce n’è bisogno, Malfoy. – risposi superandolo.
Brianne mi diede un calcio su uno stinco.
-Ma ci fa comunque molto piacere, Scorpius. –  gli disse, rivolgendogli un grande sorriso.
Poi mi guardò con aria così minacciosa che non riuscii a fare altro se non annuire.
Così, con Scorpius e Brianne al fianco, mi incamminai verso la Sala Comune dei Serpeverde.
Il Grifondoro non stette zitto un secondo.
Ma dove cavolo li trova tutti questi argomenti di conversazione?
Anche se devo ammettere che è divertente.
-Vampiri sanguinolenti -  pronunciò Brianne quando fummo arrivati di fronte al muro di pietra che portava alla Sala Comune.
-Lily, aspetta un attimo… devo darti una cosa – disse Scorpius, afferrandomi la mano che stavo usando per salutarlo con un cenno frettoloso.
Stavo per chiedere a Bri di fermarsi, ma lei balbetto un frettoloso –civediamodentro – e fece chiudere il muro alle sue spalle prima che potessi battere ciglio.
Così rimasi in attesa.
Malfoy si portò una mano dietro la schiena, e dalla tasca posteriore dei pantaloni della divisa, estrasse una bacchetta. La mia bacchetta.
-come…?
-Quando hai tentato di uccidermi – spiegò – l’hai gettata via, vicino all’ingresso. E lì per lì, vedendoti sconvolta… insomma, non mi è neanche venuto in mente di raccoglierla…scusa. Però quando stamattina mi hai detto di non sapere dove fosse me ne sono ricordato, così sono andato a controllare.
-Grazie…
-Aspetta, non ho finito…
Oh Salazar, ma quanto parla questo?
-… ovviamente non l’ho trovata, così sono andato a chiedere al custode se l’avesse presa lui, e ho avuto una risposta affermativa…
-… e lui ti ha dato la bacchetta.
-No, ho dovuto rubarla dal suo ufficio, perché ha iniziato a blaterare che doveva verificare la veridicità delle mie parole, che bisognava controllare chi fosse il vero proprietario e blablabla blablabla…-
-Okay Malfoy, posso riavere la mia bacchetta ora? – gli chiesi un po’ spazientita.
Dovevo finire i compiti, e lui era lì a trattenermi con questa specie di racconto avventuroso e completamente inutile.
- …Rubargliela non è stato affatto facile… - continuò lui, ignorandomi completamente.
Oh, Merlino fallo smettere.
-… non avevo il mantello dell’invisibilità, e il custode non voleva saperne di uscire da quel maledetto studio, così ho riempito un’armatura di caccabombe in un corridoio lì vicino, quando ha sentito l’esplosione ovviamente è uscito di corsa, ed è stato allora che mi sono infilato velocemente nel tuo studio, e recuperato la tua bacchetta.
-Non so che dire Malfoy, sei un vero eroe.
-Sai perché ti sto raccontando questa storia? – disse, agitando ancora la mia bacchetta nella sua mano, senza però mostrare l’intenzione di volermela restituire.
-No Malfoy, perché?
-Perché voglio che tu capisca quanto sia stato difficile per me riprendere la tua bacchetta. Ho rischiato una punizione bella grossa. – disse, gonfiando leggermente il petto.  
Ma hai dieci anni?
-Posso riavere la mia bacchetta, ora? – il mio tono spazientito era diventato decisamente irato.
 Malfoy rimise la mia bacchetta nella tasca posteriore dei suoi pantaloni neri.
-Non ti farò mai più un favore, Lily. Non vengo mai ricompensato adeguatamente. – disse, avvicinandosi a me.
Rimasi in silenzio. Una ricompensa? Vuoi dei soldi?
Afferrò le mie spalle con le mani e mi spinse verso il muro. Percepii il freddo della pietra sulla schiena anche attraverso i diversi strati che componevano il mio vestiario.
Appoggiò la sua fronte alla mia, chinandosi leggermente per compensare la differenza di altezza.
Arrivavo a mala pena al suo collo.
-emm… ti…
-cosa? –  chiese.
Era così vicino che il suo respiro mi carezzava il naso.
Il mio cuore iniziò a battere a mille.
-Hai assaggiato il dolce? – 
Non so il perché lo chiesi.
Il mio cervello era ormai completamente fuori uso.
Le uniche cosa di cui avevo coscienza in quel momento erano le mani di Scorpius sulle mie spalle, la sua fronte appoggiata alla mia, il cuore che mi martellava il petto, e il sapore del budino sulla lingua.
- insomma… era… era buono… - balbettai.
Lui piegò leggermente la testa verso destra e arricciò le sopracciglia.
-ho assaggiato il budino… - rispose calmo – ho assaggiato anche i pomodori, i broccoletti, la carne e le salsicce…–
Avvicinò ancora di più il suo corpo al mio, aumentando la pressione che mi spingeva verso il muro.
-ma solo quando avrò assaggiato te… - continuò con un sussurro, allontanando la sua fronte dalla mia e avvicinando le sue labbra al mio orecchio.  – … potrò dirmi finalmente soddisfatto. –
Il suo respiro mi solleticò il lobo.
Le mie gambe erano ufficialmente diventate di pasta frolla.
Se mi bacia, mi viene un infarto.
Ma non mi baciò. Posò le mani sul muro dietro di me, e con una leggera spinta si allontanò.
-Cosa…?
-Vampiri sangionolenti – disse, mentre mi metteva tra le dita la bacchetta.
Il muro dietro di me si aprì, e per poco non caddi all’indietro.
Quando ebbi ripreso il controllo del mio corpo e delle mie funzioni cerebrali, finalmente riuscii a guardarlo negli occhi.
-Grazie Scorpius, buonanotte – gli dissi, tentando di raccattare quello che era rimasto della mia dignità.
-Sei in debito con me Potter, non dimenticarlo – disse Malfoy, puntandomi contro l’indice e indietreggiando leggermente. Poi si voltò e si allontanò in silenzio.
Così entrai in Sala Comune, con il viso in fiamme e le gambe che ancora tremavano.
Vidi Brianne seduta su uno dei divani verdi, assorta nella lettura di un enorme libro, e la raggiunsi.
Mi sedetti al suo fianco, e lei posò il suo sguardo su di me.
-è tutto okay?
-Credo di avere una cotta per Scorpius Malfoy. – sussurrai.
 
 
 
 
 
 
 
Brianne aspettò che mi calmassi.
Io rimasi qualche minuto immobile al suo fianco, mentre dentro di me si stava combattendo una vera e propria guerra civile.
Tra poco esplodo.
Quando finalmente ritrovai la capacità di mettere in fila le parole e conferire loro un senso, e il controllo su tutti i muscoli del mio corpo, feci un respiro profondo e le raccontai cos’era appena successo.
Lei mi ascoltò con attenzione, senza interrompermi nemmeno una volta.
Quando ebbi finito, si morse il labbro inferiore fissando il fuoco del camino, come faceva ogni volta che rifletteva su qualcosa.
Poi, dopo diversi minuti, scoppiò a ridere.
-cosa c’è di tanto divertente? – le chiesi spazientita. Avevo voglia di schiaffeggiarla.
-“hai assaggiato il dolce?” ma sei completamente scema?
Ti uccido. Giuro che ti uccido.
-vuoi dirmi cosa ne pensi invece di prendermi in giro?! – ringhiai.
Prima che ti dia fuoco ai capelli.
-beh, mi sembra ovvio…
Sentii il gelo paralizzarmi dall’ interno. È ovvio, se avesse voluto baciarmi lo avrebbe fatto. Evidentemente non vuole.
-sta aspettando una qualche reazione da parte tua…
-già, se non… cosa? Che reazione?
Brianne sospirò. – tu gli piaci.
-non credo proprio…
-è evidente, Lily. Tu sei troppo impegnata ad arrabbiarti con il mondo per rendertene conto, ma pensaci: lui ha tentato di fartelo capire in ogni modo, e tu sei sempre rimasta congelata nella tua impassibilità. Lui cerca di venirti incontro, mentre tu scappi. Forse aspetta solo che tu faccia un passo nella sua direzione.
Un passo nella sua direzione? Sarebbe facile se i miei piedi non si animassero di vita propria ogni volta che c’è lui nei dintorni.
-e come dovrei fare?
-Bhe, facendogli capire che lui ti piace!
Perché deve essere così difficile?
-che ne dici se finiamo il tema di Trasfigurazione e poi mettiamo su un piano?
-Un piano?
-Sì, per farglielo capire. Devo organizzare tutto, non mi piacciono le improvvisate.
Brianne mi guardò perplessa, poi scosse le spalle e mi passò dei rotoli di pergamena bianchi.
-Potter! – ringhiò una voce alle spalle.
-Che vuoi? – chiesi in maniera molto antipatica, portando istintivamente la mano alla bacchetta. Un Serpeverde dai capelli color paglia e denti storti ed appuntiti si era piazzato tra me e le pergamene, e mi fissava dall’alto verso il basso.
-C’è un tizio qua fuori che chiede di te. – disse, con aria annoiata, prima di allontanarsi.
Guardai Brianne e lei guardò me. – magari ci ha ripensato – disse con un sorriso.
 Le mie gambe divennero di una sostanza gelatinosa, e desiderai poter sprofondare nel divano.
Non sono pronta. Non ho un piano. Rovinerò tutto.
-muoviti, prima che se ne vada! – mi incitò Bri, schiaffeggiandomi una spalla.
Così mi alzai, ed uscii di nuovo dalla Sala Comune.
Trattenni il respiro, mentre il muro di pietra si richiudeva alle mie spalle.
Guardai il ragazzo, appoggiato al muro di fronte a me, ed il mio stomaco fece una capriola all’indietro, prima di rilassarsi completamente.
-Alex!
Lui mi sorrise. I segni di violenza erano completamente spariti dal suo viso. Per un secondo mi chiesi se non mi fossi immaginata tutto.
-ciao Lily, come stai? – mi chiese, senza smettere di sorridere.
-Io… tu come stai!? Oggi… insomma, va tutto bene?
-Sì, sì… è di questo che volevo parlarti. È tutto il giorno che provo a fermarti, ma non sei mai da sola. – rispose, abbandonando il sorriso per assumere un’espressione più seria.
-Già – risposi. Iniziai a mordermi convulsivamente il labbro inferiore, e dopo poco sentii il sapore del sangue sulla lingua.
-Innanzi tutto, volevo chiederti scusa per il modo in cui sono scappato via. Ero parecchio nervoso, non mi andava di parlare con nessuno. Sono stato veramente sgarbato. – disse.
-È stata quella donna, vero!? La conosci? Sai chi è?
Lui emise una specie di verso, a metà tra un lamento ed una risata. – sì, la conosco. Ma non è stata lei…
-Chi altri, allora? Era in quell’aula, io l’ho vista!
-lo so… so che l’hai vista. È mia madre.
Cosa? Il mio cervello iniziò a lavorare iperattivamente per elaborare quell’informazione.
Sua madre. La Mangiamorte.
-ti va se ci sediamo? – mi chiese lui, indicando le scale. Io annuii.
Ci sedemmo in cima alla rampa. Lui appoggiò i gomiti sulle cosce, e si massaggiò il naso con le dita prima di iniziare a raccontare.
-mia madre viene da una famiglia di Mangiamorte. – iniziò, e potei quasi percepire nel mio stomaco la fatica che faceva nell’ammetterlo.ù
 – I suoi genitori sono morti ad Azkaban, come sua sorella. Lei e suo fratello, invece, hanno patteggiato. Mio zio ha avuto una pena minima, ed è stato liberato l’anno scorso. Lei ha evitato la prigione, perché nell’ultima battaglia ha combattuto al fianco dell’Ordine.
-D’avvero? – la domanda mi uscì spontanea, e me ne pentii subito. Non volevo che si offendesse nel constatare la mia sorpresa.
Ma lui non sembrò infastidito, ed annuì. – Aveva preso coscienza dei suoi errori già da tempo. Non aveva fatto altro che essere fedele alla sua famiglia, in realtà. Ma alla fine, tutto quel dolore, tutta quella crudeltà… non riusciva più a sopportarlo. Così ha tradito il Signore Oscuro, e combattuto contro i Mangiamorte. Ci sono molti testimoni che lo hanno confermato al processo. –
Gli sorrisi, e sentii il sollievo invadermi tutto il corpo.
Allora è vero, è pentita. Ha combattuto per l’Ordine.
Però le domande a cui non c’era risposta erano ancora troppe.
-Dopo la guerra lei ha cercato la felicità, ha sposato un babbano… mio padre, e sono nato io. Ha rinnegato completamente i vecchi valori da purosangue con i quali era stata cresciuta… ma mio zio non è dello stesso avviso.
-Come…?
-Da quando è stato liberato non fa che perseguitarla… perseguitarci. La chiama traditrice, vigliacca, bugiarda. È diventato violento più di una volta. È stato lui a ridurmi in quel modo.
La McGranitt conosce la situazione, e mi da spesso il permesso di andarla a trovare per… insomma, controllare che stia bene. E ha dato spesso anche a lei il permesso di venire qui, a volte sente il bisogno di allontanarsi da casa. Quando mi hai incontrato oggi, ero appena stato a casa. L’ho portata con me per allontanarla da quel bastardo… ecco, ora sai tutto. –
Era una spiegazione, più di quanto mi sarei aspettata da lui.
Fui invasa da una tristezza incredibile. Sentivo il bisogno di fare qualcosa per lui, ma non avrei saputo da dove cominciare.
Allora lo abbracciai, mentre la scala iniziava a muoversi.
-Alex, mi dispiace – dissi. – se posso fare qualcosa per te io…
-Sei molto gentile Lily, ma non c’è nulla che tu possa fare. Mia madre è riuscita ad avere un’ordinanza restrittiva, che dovrebbe impedirgi di avvicinarsi a noi. Credo che non ci darà più fastidio per un po’ – disse, accarezzandomi i capelli. – ad ogni modo, grazie – mi disse.
-Di cosa?
-Di aver ascoltato e di aver capito. – disse sorridendo. Avevo voglia di abbracciarlo di nuovo. Mi dispiaceva così tanto per lui. Ma non mi abbandonai all’istinto.
Ora sapevo esattamente ciò che volevo da lui, e ciò che lui voleva da me.
Non potevo fornirgli false speranze, non ora che Scorpius…
-è meglio che io vada – disse, salutandomi con un cenno della mano.
-Buonanotte, Alex – risposi, sorridendo.
Rimasi ancora un po’ seduta su quelle scale, ad osservarmi i piedi, pensando un po’ tutto e un po’ a niente.
Quando alla fine rientrai in sala comune, l’unica cosa di cui ero certa era che avrei accantonato il mio tema di Trasfigurazione.
Era stata una giornata così lunga, che non avevo nessuna voglia di prolungarla ancora.
Lo farò domattina. Mi metta pure in punizione, quella stronza. È l’ultimo dei miei problemi, al momento.
 
 
 
 
 
 
Chiodino:
Vi chiedo scusa se pensate che questo capitolo sia un po’ troppo breve. Questa sarebbe dovuta essere la conclusione del capitolo precedente, che però mi sembrava veramente troppo lungo, così l’ho diviso in due parti.
Spero che vi piaccia comunque, fatemi sapere!
Un abbraccio fortissimo! :) 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Incredibilmente Serpeverde. ***


Aprii gli occhi.
Rimasi disorientata nel vedere che le tende che circondavano il baldacchino non erano verdi, ma rosse, e ci misi un po’ a capire di chi fosse quel braccio che mi cingeva la vita.
Poi ricordai.
Mi voltai piano, e mi ritrovai con il viso di Scorpius a pochi centimetri dal mio.
Dormiva ancora, e avvertii il suo respiro pesante sulla pelle.
Forse avrei dovuto sentirmi in imbarazzo, ma l’unica cosa che avvertivo in quel momento era la quiete.
Ormai era evidente, qualcuno stava tentando di farmi fuori. Mi aveva scagliato contro la maledizione imperius, aveva tentato di attirarmi fuori dal castello, aveva provato a farmi uccidere Scorpius…
Eppure non avevo paura.
Pensai che paradossalmente, per la prima volta dopo una settimana, non avevo avuto incubi.
Perché sono con Scorpius.
Scacciai subito quel pensiero, quasi con vergogna.
Gli scossi leggermente la spalla, provando a svegliarlo.
Dovevo uscire di lì prima che si svegliassero tutti gli altri Grifondoro.
Sarebbe stato difficile spiegare a tutti perché avevo dormito nello stesso letto con Malfoy.
-Scorpius… - sussurrai – svegliati…
Lui grugnì qualcosa, e io gli scossi la spalla con più forza.
Aprì gli occhi, e per un momento mi sembrò sorpreso di vedermi. – co…?
Poi si riscosse e mi sorrise – come ti senti? – mi chiese, e mi accarezzò una guancia.
Rabbrividii al contatto, e lui dovette accorgersene perché ritrasse la mano di scatto.
-scusa…
-sto bene, ma ho bisogno di parlare con mio padre.
Lui annuì, mettendosi a sedere.
In quel momento Albus spalancò le tende del baldacchino con uno scatto.
-Scorpius, sve… -  ma quando mi vide si bloccò.
-cosa diavolo ci fa lei qui? – ringhiò, guardando Scorpius in cagnesco.
Ma non gli diede il tempo di rispondere, perché lo colpì, dritto sul naso, con un pungo talmente forte che Malfoy ricadde disteso sul letto. Rotolò su un fianco tenendosi il naso sanguinante tra le mani.
-Albus, no! – urlai.
Mio fratello si portò l’indice alla bocca, intimandomi di fare silenzio, e si voltò.
Tornò pochi secondi dopo con il mantello dell’invisibilità, e me lo buttò addosso.
-mettilo, e va via – mi disse, rivolgendomi un duro sguardo di rimprovero.
-Fammi almeno spiegare … - quasi lo supplicai. Non mi aveva mai guardato in quel modo.
Scorpius intanto si era rialzato, ma aveva il viso, le mani ed il pigiama completamente coperti di sangue.
-Al, sul serio… hai fraindeso duddo – disse, con tono calmo. Non sembrava uno che era appena stato preso a pugni dal suo migliore amico.
Entrambi parlavano a voce bassa, per non svegliare gli altri grifondoro ancora addormentati nei loro letti.
-vuoi che ti dia il resto, Malfoy?
-Da quando mi chiami Malfoy?
-Che cosa ci fa mia sorella nel tuo letto? – Sembrava veramente fuori di sé.
-andiabo fuori, te lo sbiego – provò a dire Scorpius, alzandosi dal letto. Il suo naso era messo veramente male.
Al seguiva tutti i suoi movimenti con uno sguardo assassino che avrebbe fatto impallidire un fantasma.
Io mi coprii con il mantello e li seguii fuori dal dormitorio. La Sala Comune era ancora deserta.
-allora? – chiese Al, incrociando le braccia al petto.
Decisi che era meglio lasciar raccontare l’accaduto a Scorpius, i miei ricordi erano confusi e ingarbugliati.
E Scorpius lo fece, nonostante facesse evidentemente fatica a respirare.
Quando ebbe finito, l’espressione di Al era completamente mutata.
Da irata era diventata visibilmente preoccupata, una ruga gli si era disegnata tra le sopracciglia, aveva gli occhi spalancati e la bocca semichiusa.
-perché non mi avete svegliato subito?
-Beh, io non ero proprio lucida… - tentai di giustificarmi.
- io… non ci ho pensato, scusa… - Scorpius sembrava alquanto in imbarazzo.
-dobbiamo subito dirlo a papà – disse, - vado a prendere la metropolvere. –
E così dicendo corse in dormitorio, lasciandomi sola con Scorpius.
In quel momento, l’imbarazzo della consapevolezza di aver dormito con lui m’invase tutto insieme.
Sentii il viso andarmi in fiamme, e fui veramente grata di indossare il mantello.
-dammi la bacchetta – dissi a Scorpius, per provare a distrarmi e non pensare. Il silenzio era opprimente. Lui guardò un punto posto un po’ sopra la mia testa. Non deve essere facile parlare con qualcuno che non riesci a vedere.
-perché ?
-posso aggiustarti il naso, non so dove sia la mia.
-Oh… - Scorpius mi porse la sua bacchetta, e io dovetti piegarmi un po’ in avanti per prenderla.
L’agitai vicino al suo viso, e con un sonoro crack il suo naso tornò normale.
Lui inspirò profondamente – beh, ci sono ragazze che il respiro lo tolgono, e altre che te lo restituiscono… – disse poi, riferendosi evidentemente al giorno in cui gli avevo liberato le vie respiratorie, intasate per via dell’allergia alla polvere.
Io non seppi che rispondere, così rimasi in silenzio.
Albus tornò in quel momento, con della metro polvere stretta nel pungo.
La gettò nel camino, urlando il nostro indirizzo, poi ci infilò la testa dentro.
Passarono pochi secondi, quando mio padre apparve nel camino, circondato da una fiammata verde.
-Lily?
Scorpius indicò il vuoto al suo fianco, e mio padre capì.
Cacciai la testa fuori dal mantello. – ciao pà…
-come stai?
-Bene.
-che ti è successo alla faccia?  - chiese, guardando Scorpius. Il suo naso era tornato alla normalità, ma aveva ancora il muso coperto di sangue.
-Emm..
-Niente – intervenne Al – solo un piccolo incidente domestico.
-Un piccolo incidente domestico? – mio padre guadò perplesso mio fratello, ma decise di non indagare oltre. – è vero quello che mi ha detto Al? qualcuno ti ha scagliato contro la maledizione imperius?
Io annuii.
Mio padre rimase impassibile. – Venite con me – disse, e tutti e tre lo seguimmo fuori dal ritratto.
Papà prese la sua bacchetta e puntandola verso il vuoto gridò – Expecto Patronum – e ne scaturì un enorme cervo argenteo, che imboccò un corridoio galoppando elegantemente.
Papà ci guidò nella direzione opposta.
Dopo pochi minuti arrivammo all’ormai familiare ingresso che portava all’ufficio della preside. Era molto presto, il castello era deserto.
Forse la McGranitt dormiva ancora, forse non avrebbe gradito essere disturbata a quest’ora.
Papà non sembrava importarsene, e ci precedette sulle scale a chiocciola. Educatamente bussò, e una voce familiare lo invitò ed entrare.
Così entrammo.
Ma la McGranitt era seduta alla sua scrivania, immersa nella lettura di alcune pergamene. – Harry!
-Minerva, mi dispiace disturbarti a quest’ora… - iniziò mio padre.
La professoressa fece comparire quattro sedie sventolando la sua bacchetta, e ci invitò a sederci.
-Che succede?
-Qualcuno ha scagliato la maledizione Imperius su Lily, ieri sera. Ho mandato un Patronus a Morse, sta venendo qui.
La McGranitt spalancò un po’ i suoi grandi occhi, circondati da profonde rughe, e guardò la mia testa che spuntava dal mantello.
-Quando?
Bella domanda.
-Emm.. io… credo… a cena.
-A cena?
-Sì, è stato allora che ho iniziato… - non riuscivo a dare coerenza alle mie parole. Era tutto così strano, tutto così confuso.
-Potter, togliti quel maledetto mantello, parlare con la tua testa mi destabilizza.
Con vergogna, lo feci, mostrando la mia canottiera bianca e i pantaloncini corti.
Almeno non sono l’unica ad essere in pigiama, pensai guardando Albus e Scorpius.
-cosa è successo?
-Io… dovevo uscire… -
Cavolo Lily, smettila di balbettare.
-…dovevo uscire dal castello.
-E com’è che non lo hai fatto?
-Scorpius…
-L’ho vista che vagava vicino all’ingresso e l’ho fermata. Ho capito che qualcosa non andava, poi ha provato ad uccidermi…– intervenne il biondo.
Arrosii al ricordo.
-…ma è riuscita a combatterla.
-E perché non avete avvertito subito gli Auror?
-Perché… - Scorpius abbassò lo sguardo imbarazzato.
-E cosa ci facevi a notte fonda in giro per i castello, Malfoy?
Rimasi sconvolta. Voleva davvero punire Scorpius? Mi aveva salvato la vita!
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
-Avanti! – disse la McGranitt.
Il professor Morse fece la sua apparizione, nelle sue vesti attillate e con il suo mantello viola.
Aveva i capelli in disordine e l’espressione assonnata.
Era seguito dall’uomo calvo, ancora completamente vestito di nero, che avevo visto più volte in compagnia di Morse.
-troppo presto o troppo tardi per il pigiama party? – chiese il professore, guardando me e i due ragazzi.
Arrossii.
Mio padre si alzò per stringere la mano ai due uomini. Altre due sedie comparvero al nostro fianco, Morse si sedette, ma l’uomo calvo rimase in piedi.
Raccontai la storia per l’ennesima volta, risposi alle loro domande, anche se con difficoltà.
Albus ebbe il buon cuore di mentire, e disse a papà che avevo dormito nel suo letto.
Era decisamente meglio che papà non sapesse che la sua piccola Lily aveva condiviso il letto con un Malfoy.
-Chi era di pattuglia nell’ingresso ieri notte? – chiese papà, guardando l’uomo calvo.
-Smith – rispose lui.
-E perché non ha notato niente?
-Pare che sia scomparso –
-Beh, quando riappare licenzialo – il tono di papà era fermo e autoritario. Era davvero strano sentire mio padre dare degli ordini a qualcuno.
L’uomo calvo doveva essere un Auror.
-Sequestrate tutte le bacchette, di alunni e professori. Voglio sapere chi ha scagliato questa maledizione su mia figlia entro stasera.
-L’Auror annuì, e uscì dall’ufficio senza salutare.
-Credi che sia stato qualcuno all’interno del castello? – chiese Albus, evidentemente preoccupato
-Credo di sì, sarebbe stato difficile per un estraneo entrare qui di notte.
-Però… - intervenni io – volevano farmi uscire. È evidente che chiunque stia tentando di uccidermi si trova fuori.
Mio padre mi guardò, un barlume di sorpresa gli attraversò gli occhi verdi.
-Credo che sia stato il piano fin dall’inizio –
-Il piano?
-Insomma, anche quando mi hanno messo la pozione nel succo… probabilmente qualcuno dentro al castello voleva trascinarmi fuori mentre dormivo.
-Non credi alla storia dello scherzo?
Scossi il capo.
-Io e Lily crediamo che qualcuno abbia modificato la memoria a MacDonald e Zabini per farli confessare – intervenne Albus.
-Chi…?
-Non ne abbiamo idea – dissi, scuotendo le spalle.
-Sei sicura di non voler tornare a casa, Lily?
-Sì, pa’ – dissi spazientita. Tornare a casa mi faceva paura quasi quanto restare a scuola. Ma non avrei dato a nessuno la soddisfazione di vedermi scappare.
-Modificare la memoria è un’operazione complessa. – commentò la McGranitt – non credo che nessun alunno all’interno della scuola ne sarebbe capace.
-Non possiamo escludere niente – disse papà.
-Deve essere sicuramente più di una persona – intervenne Scorpius, e Albus annuì.
-Sì, ha senso. Qualcuno dall’esterno che vuole farmi fuori e qualcuno all’interno che sta tentando di mandarmi da lui.
-Io credo… - disse Albus – che per capire chi è, dovremmo prima capire perché.
-Giusto, il movente.
-Vendetta? – chiese Scorpius. – magari qualche mangiamorte vuole vendicarsi…
-Magari non vogliono uccidermi, forse vogliono solo rapirmi per chiedere un riscatto...
-Ma la profezia…
-La profezia non dice che c’è qualcuno che vuole uccidermi, quest’anno. Magari in futuro, magari intanto c’è soltanto qualcuno con un disperato bisogno di denaro che ha ben pensato di rapire la figlia del prescelto e chiedergli dei soldi. Forse ti avrebbero mandato un mio dito o un mio orecchio come prova, e un biglietto con su scritto “ mandaci un milione di galeoni, o riceverai il resto di tua figlia in comode rate” –
Avevo intenzione di smorzare un po’ la tensione, ma la mia battuta non ebbe l’effetto sperato. Tutti gli occhi in quell’ufficio (ritratti compresi) si fissarono su di me.
-Stavo solo scherzando…
-Hai davvero un pessimo senso dell’umorismo, Lily – commentò mio padre.
-Sarà anche pessimo, ma almeno ce l’ho. Tu sei una tale noia…
Il mio commento ebbe almeno l’effetto di farlo sorridere.
Si passò le mani nei capelli, spettinandoli ancora di più, poi mi rivolse un mezzo sorriso.
-Hai paura?
-Papà, ci vuole molto più che un paio di psicopatici per spaventarmi. – risposi spavalda, per rassicurare lui e me stessa. In realtà non ne ero così sicura.
-Comunque, non spetta a voi fare supposizioni, le indagini lasciatele fare a me. Al, potresti cercare di lasciare Lily sola il meno possibile?
-Non la lascerò un secondo.
- Ora  andate a vestirvi e a seguire le lezioni – ci disse. Albus scattò in piedi, evidentemente contento di lasciare quello studio.
Stavamo per uscire quando mio padre chiamò Scorpius.
Sorpresa mi voltai a guardarli.
-Sì, signor Potter? – chiese il Grifondoro, educatamente.
-Ho sentito che hai litigato con tuo padre … - disse.
Malfoy annuì.
-Posso chiederti perché ?
-Per Natale, ha organizzato una vacanza in Olanda con la famiglia Zabini.
 – l’Olanda è molto bella…
-Io li odio quelli. – il disprezzo nella voce di Malfoy sembrò quasi prendere una forma concreta.
-Papà?
-Dimmi, Al.
-Pensavo… insomma, volevo chiederti, se per te va bene,  Scorpius potrebbe passarle con noi… le vacanze di Natale.
- Per me non c’è nessun problema – rispose mio padre, sorridendo.
-Ma… - iniziò Scorpius, non troppo convinto.
-Parlerò io con tuo padre. – rispose il Prescelto, come se avesse letto nei pensieri del biondo.
-Si infurierà!
-A te importa? – gli chiese mio padre, con gli angoli della bocca arricciati.
-Per niente – rispose Malfoy, con un ghigno.
-Beh, neanche a me. – disse il prescelto, arricciando l’angolo destro della bocca, e ci fece segno di uscire.
Scorpius allargò ancora di più il suo sorriso, e ci precedette fuori dall’ufficio.
-Ci divertiremo, Al! – disse.
Albus sembrava aver dimenticato completamente la rabbia che aveva provato verso Scorpius, dopo avermi trovata nel suo letto, e ne fui veramente contenta.
Insistettero per accompagnarmi fuori la Sala Comune dei Serpeverde, ma non parlammo dell’accaduto.
Io avevo un miliardo di domande che mi frullavano per la testa, ma non riuscivo a dar loro una forma concreta.
È tutto così maledettamente strano.
Intanto, tra gli studenti si era seminato il panico.
Nessuno sapeva perché gli Auror stessero sequestrando le bacchette di tutti, ma molto presto l’accaduto fu collegato a me, e al fatto che stessi camminando in pigiama per i corridoi della scuola, scortata da mio fratello e dal suo migliore amico.
Quando entrai nel dormitorio, Brienne mi assalì, letteralmente.
-Che cosa è successo? – mi chiese, stringendomi forte tra le braccia.
Quando mi liberò, e riuscii di nuovo a respirare, le spiegai tutto.
-Dio, ma perché sono così stupida?! – imprecò, schiaffeggiandosi la fronte con una mano – Avrei dovuto capirlo, te l’hanno scagliata a cena, vero? Oh, se becco chi è stato giuro che lo crucio! Mi dispiace così tanto, Lily, avrei dovuto accorgermene, ieri sera eri così strana…
-Non è colpa tua, Bri…
-Sono stata un’idiota, ti giuro, non permetterò che accada di nuovo. Da oggi in poi, non andrai neanche al bagno senza che ci sia io.
Sorrisi, era bello sapere che c’erano così tante persone che si preoccupavano per me.
Così tante, appunto.
In quel momento anche Alice e Hugo fecero la loro apparizione nel dormitorio Serpeverde.
Alice mi si gettò addosso, e quasi non caddi sotto il peso del suo corpo.
-gli Auror stanno sequestrando le bacchette di tutti, si dice che stiano cercando qualcuno che ti ha scagliato un Imperius? È vero? Che è successo?
-Alice, calmati! – la rimproverò Hugo – Falla respirare.
-Ma come siete entrati voi? – chiese Brienne
-Quando gli Auror sono venuti da noi per prendere le bacchette Alice ha iniziato a tartassarli di domande, loro ovviamente non hanno risposto. Lei si è rifiutata di dargli la bacchetta, e ne ha schiantato uno. Stavano per arrestarla. – spiegò Hugo.
Risi, e mi sentii dispiaciuta di non aver assistito alla scena.
-Comunque, ci hanno trascinato da tuo padre che le ha spiegato tutto, e ha detto a Lumacorno di farci entrare.
Brienne era piegata in due dalle risate, evidentemente si stava immaginando la scena.
-Comunque sto bene, pericolo scampato.
Iniziò un’altra buona mezz’ora di ipotesi e congetture, una più improbabile dell’altra.
Alla fine mi vestii per andare a lezione.
Gli occhi di tutti erano puntati su di me.
Gli studenti bisbigliavano tra di loro, fermandosi improvvisamente quando mi vedevano passare, fissandomi con una strana espressione negli occhi.
In tutto questo, io non avevo idea di dove fosse la mia bacchetta.
Le lezioni, quel giorno, furono noiosissime. Non potevamo fare pratica, e quindi ci limitammo a leggere capitoli su capitoli dai manuali.
Io avevo così sonno che più di una volta rischiai di addormentarmi sul banco, se Brianne non mi avesse prontamente svegliato con delle dolorose gomitate.
Come mi aveva promesso, non mi lasciò un secondo.
Si spostava con me, veniva al bagno con me, lanciava sguardi assassini a chiunque tentasse di avvicinarmi per farmi delle domande.
Ero ufficialmente l’argomento di conversazione preferito, quel giorno.
La mattinata sembrava non passare mai, ma quando arrivò l’ora di pranzo, sperai che il tempo si fosse fermato.
Almeno a lezione, con la presenza degli insegnanti, non potevo essere assalita dagli alunni.
In Sala Grande non c’era nulla che potesse salvarmi.
Non avevo mai parlato con così tanti Serpeverde in vita mia. O almeno, erano loro che parlavano con me, perché io mi limitavo ad annuire o scuotere il capo mentre loro mi bombardavano di domande.
-ma allora è vero che qualcuno sta tentando di ucciderti?
-E perché  fuori dal castello, non potrebbe ucciderti qui?
-Magari nel sonno.
-Hai idea di chi potrebbe essere?
-Forse un vampiro.
Un vampiro?
-Secondo me è la Bellamy, quella ti odia.
-Magari qualche evaso da Azkaban.
Nessuno è evaso da Azkaban, ultimamente, imbecille.
-Non deve essere qualcuno di molte potente, altrimenti saresti già morta.
-Certo, avrebbe potuto chiederci aiuto. Io sarei felice di dargli una mano.
Oh, grazie Zabini, sei sempre un amore.
-Ora basta, lasciatela in pace! – sbottò Brianne. Mi prese per un polso e mi trascinò via, ignorando completamente il fatto che stringevo ancora tra le mani la forchetta con un pezzo di salsiccia. Lo misi in bocca, mi sbarazzai della posata, e uscii dalla Sala Grande ancora masticando.
-Stupidi pettegoli, è incredibile! – Brianne quel giorno sembrava particolarmente loquace.
Ci stavamo dirigendo verso la biblioteca, sperando che almeno lì non saremmo state disturbate, quando vidi Alex uscire da un’aula.
-Che cosa ti è successo? – gli chiesi, vedendo le condizioni della sua faccia.
Aveva il naso rotto, il labbro spaccato e un occhio nero incredibile.
-Nulla – rispose lui, e cercò di allontanarsi il prima possibile.
Feci per seguirlo, ma poi mi bloccai. Pensai che chiunque l’avesse conciato in quel modo forse era ancora nell’aula, ed ero intenzionata a dirgliene quattro.
Così aprii la porta.
C’era una donna all’interno, seduta su una sedia. Si voltò a guardarmi non appena sentì la porta aprirsi.
Aveva il volto bagnato di lacrime, e gli occhi gonfi.
Ricordai di averla già incontrata una volta, qui a scuola.
Arricciò un angolo della bocca – Ciao Lily, non dovresti essere a pranzo?
-Chi sei? – le chiesi. Lei rise.
Si alzò, e si diresse verso il camino.
-Mi piacerebbe restare qui a parlare con te, ma vado un po’ di fretta.
Tirò fuori della metro polvere dalla tasca.
-Ferma! – urlai. Era stata lei a ridurre Alex in quel modo? E come conosceva il mio nome Volevo delle spiegazioni.?
-Non avvicinarti Lily, potresti… bruciarti.
E così dicendo sparì in una fiammata verde.
- Lily, andiamo via. – disse Brianne, trascinandomi per un braccio.
La lasciai fare.
Chi diavolo era quella donna?
-La conosci? – mi chiese Bri.
- Io… no, ma a quanto pare lei conosce me.
- Devi andare subito a dirlo ad un Auror! Insomma, un’estranea nella scuola… assurdo! Ma poi non li controllano i camini? Non ci dovrebbero essere degli incantesimi di sicurezza, o qualcosa del genere?
- Bri, non ne ho idea, ma non mi piace il modo in cui mi ha parlato.
- Punto primo, andiamo a cercare un Auror. Cavolo, ultimamente sono ovunque, e quando c’è bisogno di loro non si trovano mai! Devi dire a tuo padre di fare più attenzione alle persone che assume.
 Bri mi stava trascinando con in giro per un braccio, e ormai non facevo più caso a dove stavo andando. In realtà non l’ascoltavo poi molto, continuavo a pensare a quella donna.
E ad Alex.
Perché era uscito in quelle condizioni da quell’aula?
Che cosa aveva a che fare lui con quella donna?
Qualcuno dall’esterno che vuole farmi fuori e qualcuno all’interno che sta tentando di mandarmi da lui.
No, non Alex. Mi fido di lui.
Sul serio?
Non può essere stato lui a mettere la pozione nel mio succo di zucca.
     I miei pensieri furono interrotti quando fui investita da Scorpius Malfoy.
- Lily, ma dove diavolo eri? Ti ho cercato ovunque!
- Che succede?
- Hanno trovato la bacchetta che ha lanciato la maledizione!
- E di chi era?
Scorpius sospirò, abbassando lo sguardo.
- Rose Weasley. – fu un sussurro, ma nella mia testa suonò come un tuono.
Sentii il mondo cadermi addosso.
Rose Weasley non era esattamente il membro più amorevole della mia famiglia, ma era comunque mia cugina.
Ci eravamo torturate, maltrattate, prese in giro, qualche volta ci eravamo anche prese a botte, ma non mi era mai venuto in mente di ammazzarla, ed ero abbastanza sicura che anche lei non avesse motivo di desiderare la mia morte.
Forse è per quest’estate, quando le ho svuotato la lettiera di Scorreggia in testa.
Okay, essere vendicativi, ma mi sembra una reazione esagerata.
-Lily, mi stai ascoltando?! – Scorpius aveva gli occhi leggermente spalancati, e mi teneva una mano sulla spalla.
-… cosa?
-Tuo padre non crede che sia stata lei, ovviamente. Chiunque avrebbe potuto prenderle di nascosto la bacchetta, e scagliarti l’imperius. Ma alcuni Auror non sono d’accordo, Albus dice che a loro basta avere un colpevole, e ora ne hanno uno.
-Quindi ?
-Quindi Rose rischia di essere espulsa o peggio, arrestata.
-Assurdo! Papà non può fare niente?! Lui è il capo!
-Sta facendo il possibile. Sono molto preoccupato per lei.
Annuii. Rose e Scorpius erano ottimi amici.
-Quindi anche tu non credi che sia stata lei? – mi chiese Brianne.
-Certo che no, Rose è arrogante, antipatica, insopportabile e logorroica, ma non è un’assassina – risposi. E mentre lo dicevo mi vergognai per averne dubitato.
E perché forse dubitavo ancora, un pochino.
-C’è qualcosa che possiamo fare? – chiese ancora Brianne, questa volta guardando Scorpius.
Lui scosse il capo rassegnato, ma lo vidi sorridere.
-Riesci sempre a sorprendermi Lily, ero convinto che avresti condannato Rose ad Azkaban seduta stante.
È una specie di complimento?
- è mia cugina – dissi, come a volermi giustificare. Ma giustificarmi di cosa, poi?
Poi, improvvisamente, come un lampo che squarcia il cielo durante un temporale, un’idea mi attraversò la mente.
-Chi è che vuole far arrestare Rose?
-Il tipo calvo che sta sempre con Morse, è il capo di un dipartimento che collabora con quello di tuo padre, o qualcosa del genere. Non è affatto felice di quest’incarico, da quello che ho capito lo considera una perdita di tempo. Infatti, l’ho sentito dire qualcosa come “ ho studiato per diventare un Auror, non un babysitter”. Morse ha minacciato di disintegrarlo.
-Ma tutto questo…?
-Orecchie oblunghe, il mantello ce lo hai ancora tu.
-Dove sono adesso?
-Immagino che stiano ancora litigando nell’ufficio della preside. Sono venuto a cercarti quando ho capito che non sarebbero arrivati al dunque in breve tempo, pensavo che volessi saperlo.
-Al è ancora lì?
-Sì.
-Ho un piano.
-Un piano?
-Venite con me!
Li portai nel dormitorio per recuperare il mantello, e intanto mi congratulai con me stessa per il mio incredibile cervello.
Per di più, se fossi riuscita a salvare il morbido culetto di mia cugina, sarebbe stata in debito con me. Un debito bello grosso.
E l’idea mi faceva impazzire.
Ormai non me ne fregava assolutamente nulla delle occhiate e dei sussurri che seguivano il mio cammino. Li ignorai, continuando a camminare velocemente. Scorpius e Brianne alle mie spalle.
-Lily, vuoi dirmi che cosa diavolo stai facendo?
-Scorpius, sai la parola d’ordine? – gli chiesi, fermandomi davanti ai due gargoyle.
-zuccherini  di troll–
Ma che cosa diavolo si fuma la McGranitt prima di scegliere le parole d’ordine?
I gargoyle si spostarono per farci passare.
- Scorpius, mi serve un diversivo. Entra prima tu, io ti seguirò con il mantello. Puoi riuscire a non farti buttare fuori per… diciamo, un quarto d’ora?
- posso provarci. Non vuoi ancora spiegarmi perché?
Ignorai la sua domanda. Adoro l’effetto sorpresa.
-Brianne, tu resta qui. Credi di riuscire a catturare un insetto?
-Che tipo di insetto?
-Quello che vuoi, una mosca, un ragno…
-D’accordo.
-Allora andiamo – Salimmo le scale a chiocciola, e trovammo Albus accovacciato fuori l’ufficio della preside, attento ad ascoltare ancora la discussione.
-Come procedono le cose? – gli chiese Scorpius con un sussurro.
-Esattamente come mezz’ora fa. Non sono arrivati a nulla.
-Lo immaginavo – commentò Scorpius.
-Al, va via. Io e Scorpius dobbiamo fare una cosa.
Lui mi guardò interrogativamente, ma quando si rese conto che non avrebbe avuto risposte da me fissò i suoi occhi in quelli di Scorpius. Il biondo fece una strana smorfia con la bocca, così Albus rassegnato discese le scale a chiocciola.
-Vai… ah, una cosa importante. Lascia la porta aperta. – gli dissi, indossando il mantello.
Lui bussò annuì ed entrò senza bussare. Lo seguii dietro.
-Buonasera! – esordì, in maniera molto teatrale. – sono Scorpius Malfoy, un amico di Rose.
-Scorpius, cosa ci fai qui? – chiese mio padre.
-Signor Potter! È un piacere vederla, la trovo in ottima forma!
Mi avvicinai di soppiatto all’Auror senza capelli,e lentamente, molto lentamente, gli sfilai la bacchetta dalla tasca.
-Scorpius, sei ubriaco?
-No, sono lucidissimo. Volevo solo vedere come stava Rose, è una vita che non ci vediamo… Professoressa McGranitt, ha per caso fatto qualcosa ai capelli?
-Malfoy, esci immediatamente da quest’ufficio.
-No, aspetti… aspetti, vengo al punto. Vi prego di ascoltarmi.
Uscii velocemente dalla porta rimasta aperta, e scesi velocemente le scale.
Quando tornai vicino ai gargoyle, mi sfilai il mantello. Brianne teneva un piccolo ragno tra le dita.
-ecco il tuo insetto.
-Engorgio! – dissi, sfiorando il ragno con la punta della bacchetta rubata.
Il ragno raggiunse le dimensioni di un’ananas.
-Che schifo! Ti sembra il momento di scherzare?
Presi un profondo respiro. Non ero sicura di esserne in grado.
Non lo avevo mai fatto. Ma dovevo provarci.
Dovevo riuscirci.
-imperio!
Mi concentrai, ed ordinai al ragno di camminare a sinistra.
Il ragno lo fece.
Gli ordinai di rotolare su un fianco.
Dopo pochi secondi di esitazione, il ragno lo fece.
È fatta.
- Lily, ma che diavolo…?
Rimisi il mantello e risalii le scale a chiocciola.
-…è per questo che l’Inghilterra non vincerà mai la coppa del mondo, quelli non sono giocatori, sembrano più delle marmotte su delle scope.
-Delle marmotte? Stai scherzando?  Williams è il miglior cercatore in circolazione!
Rinfilai la bacchetta nella tasca dell’Auror. Non si accorse di nulla. Sorrisi soddisfatta.
-Il migliore? E Jhonson e Perry dove li mettiamo? Loro sono i migliori in assoluto!
-Signor Potter, se lei e il signor Malfoy avete finito di discutere di Quidditch, potremmo riprendere a discutere sul caso della signorina Weasley?
-Certo professoressa McGranitt…. Sul serio pensi che Jhonson voli meglio di Williams?
Williams è dieci volte più veloce e più abile.
-io credo che Williams si salvi, ma gli altri giocatori dell’Inghilterra non sono delle grandi presenze… è colpa dell’allenatore, ricordo ancora i tempi di Fay, lui si che sapeva riconoscere i veri talenti sulla scopa! – intervenne Morse
-Adoravo Fay, peccato per l’incidente…
Uomini.
-Papà! – dissi, togliendo il mantello dell’invisibilità.
La conversazione si bloccò di colpo, gli occhi di tutti puntati su di me.
Zio Ron, zia Hermione, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, mio padre, il professor Morse, l’Auror con la pelata (ma ce l’avrà un nome questo? ), la professoressa McGranitt, e tutti, ma proprio tutti, i ritratti dei presidi che ormai risiedevano nell’aldilà.
-Lily, che cosa diavolo stai facendo? – mio padre sembrava parecchio innervosito.
-Papà, avete controllato tutte le bacchette?
-Non dovresti essere qui, e nemmeno tu Scorpius. Andate via.
-Puoi rispondere alla mia domanda? – insistei, incrociando le braccia sotto il petto.
-Sì, tutte le bacchette.
-Anche quelle degli Auror?
-Cosa?
-Ho chiesto se hai controllato anche le bacchette degli Auror.
-Sì, ho sentito… Lily, mi fido dei miei uomini…
-Anche di quelli che insistono per far espellere una sedicenne innocente?
-Cosa?
-Hai controllato anche la sua bacchetta? – chiesi, indicando l’auror vestito di nero.
-Non ne capisco il motivo.
-Io credo che dovresti farlo.
-Perché?
-Solo per scrupolo. – dissi, cercando di assumere un’espressione innocente.
-D’accordo, Price, ti dispiace?
Oh, allora ce l’ha un nome il pelatone.
Lui aveva un’espressione indecifrabile sul volto.
-se questo serve a far uscire di qui la tua stupida figlioletta viziata… - disse, consegnando la sua bacchetta a papà.
Mio padre la prese, e la colpì con la propria. Immediatamente, la bacchetta dell’auror si circondò di uno strano alone verde.
-Ma cosa dia…?
-È positivo.
-Cosa?
-Hai scagliato un imperio ultimamente, Price?
-Certo che no, Potter!
-Pare che la tua bacchetta lo abbia fatto, però…
-Io… - Price sembrava ancora più pallido. Una vena iniziò a pulsargli sulla tempia spoglia.
-Questo dimostra… - intervenni – che potrebbe essere stato Price a provare ad attirarmi fuori dal castello. Oppure, che è incredibilmente semplice rubare la bacchetta ad un innocente, pronunciare una maledizione senza perdono e restituirgliela senza che se ne accorga.
-Quindi sei stata tu, piccola…
-Non ho detto questo.
-Sì che lo hai fatto!
-L’ho fatto? – chiesi retoricamente a papà, con un sorrisino soddisfatto che non riuscivo a trattenere.
-Non mi sembra – rispose mio padre.
-Papà, secondo me dovresti arrestarli entrambi, o liberarli. Non credo che sarebbe giusto scegliere.
-Sono d’accordo Lily, direi che il caso è chiuso. Entrambi innocenti, sei d’accordo Price?
L’uomo storse la bocca, in un’espressione molto contrariata.
-Sì – disse, con un filo di voce.
-Beh, direi che allora possiamo andare, finalmente. – commento la preside.
-Arrivederci a tutti allora – disse Morse, prima di uscire mi posò una mano sulla spalla.
-Incredibilmente serpeverde, Potter. – mi sussurrò all’orecchio.
Sorrisi soddisfatta. Quello era decisamente un complimento.
-Arrivederci, Price – disse mio padre, invitandolo ad uscire. Dal tono capii che non gli era particolarmente simpatico.
Quando fu uscito e si fu chiuso la porta alle spalle, mio padre si rivolse a me.
Infuriato.
-Lily, sei completamente diventata matta? È illegale usare le maledizioni senza perdono!
-È illegale usarle sugli essere umani, papà. E non ho fatto fare a quel ragno nulla di pericoloso. – vidi con la coda dell’occhio zio Ron fare una strana smorfia.
-Promettimi che non farai mai più una cosa del genere!
-Volevo solo..
-Promettimelo Lily, non devi mai più usare una di quelle maledizioni.
Una di quelle maledizioni? Mio padre era davvero convinto che avrei potuto mai cruciare qualcuno o qualcosa?
-Te lo prometto.
-Sei stata bravissima, comunque. – disse abbracciandomi.
-Ehy, Lily…
Guardai oltre le spalla di papà, e vidi che mia cugina si era alzata dalla sedia.
-Rose.
-Emm… grazie per…
-Non ho fatto niente, Rose. – dissi, frettolosamente.
Fece un passo verso di me.
Oh no. No, ti prego no. Dimmi che non hai intenzione di abbracciarmi.
Fece un altro passo verso di me.
È stato un piacere, davvero. Mi sono divertita. Ma ti prego, ti prego, ti prego, non abbracciarmi.
Fece altri due passi verso di me.
Io ti detesto, ma perché ti ho aiutata? Sarebbe stato un bel modo di sbarazzarmi di te. No, no, ti prego, non abbracciarmi.
Mi abbracciò.
Rimasi rigida tra le sue braccia, senza risponderle.
Okay, mi sei riconoscente. Ma questo è davvero troppo.
Lei si ritrasse velocemente, rossa in viso.
Per fortuna.
Vidi che zia Hermione mi stava sorridendo, e zio Ron mi fece l’occhiolino.
-Emm… io… dovrei andare – balbettai.
-Dovreste andare tutti – disse mio padre, spingendoci fuori.
-E dici a tuo fratello che le orecchio oblunghe, si vedono.
Sorrisi. – Glielo dirò.
Quando la porta fu chiusa alle nostre spalle, Scorpius mi abbracciò.
Non fu un vero e proprio abbraccio, più che altro mi stritolò le costole, e quasi caddi per le scale.
-è stato geniale!
-Lo so – risposi, sorridendo soddisfatta. Ora ero davvero di buon umore. – ma ti prego, lasciami. Mi stai facendo male. –
-Scusa….
Raggiungemmo Albus e Brianne fuori, e Scorpius gli raccontò tutto con molto entusiasmo, gesticolando con le mani.
-certo che tu sei assurdo, ti chiedo di distrarli e tu ti metti a parlare di Quidditch!
-Sono uomini! Nulla li distrae più del Quidditch!
Rose scosse il capo, mostrando disapprovazione. Io sorrisi.
Oh cavolo, ho appena fatto una buona azione. Più o meno.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Lettere. ***


Il vento gelido di dicembre colpiva violentemente il finestrino del treno, mentre minuscoli fiocchi di neve si agitavano in maniera disordinata tra le sue braccia.
L’unica cosa che riuscivo a scorgere guardando fuori erano infinite distese bianche, talvolta interrotte da una piccola spruzzatina di minuscole case rosse, che sparivano velocemente alla vista.
Alice dormiva appoggiata alla mia spalla, ed i suoi capelli neri mi solleticavano leggermente il collo.
Di fronte a me, Hugo era immerso nella lettura di un libro.
Di tanto in tanto alzava gli occhi dalle pagine per grattarsi con due dita il naso lentigginoso, prima di riprendere la lettura.
Sbadigliai.
Durante le ultime due settimane avevo atteso veramente con ansia che arrivassero le vacanze di Natale. I professori ci avevano sommerso di lavoro, ed ero stata costretta a passare intere giornate sui libri per riuscire a stare al passo, tanto che ormai i miei vestiti si erano impregnati dell’odore di inchiostro misto a polvere e pergamena che caratterizzava la  biblioteca.
Tuttavia, ora che finalmente mi trovavo sulla via del ritorno, mi resi conto di non essere affatto felice di tornare a casa.
Semplicemente, non avevo voglia di affrontare l’esercito di parenti che avrei dovuto vedere il giorno di Natale, e di essere sommersa ancora una volta dal chiasso e dal caos.
È solo una cena, Lily. Il resto sarà vacanza.
Sbadigliai di nuovo.
-Hai intenzione di leggere per tutto il resto del viaggio?! – chiesi acidamente ad Hugo, che alzò i suoi occhi nocciola dalle pagine ingiallite solo per fare un cenno affermativo con la testa, per poi nascondere di nuovo il suo viso dietro la copertina di cuoio.
Sbuffai.
Alice alzò la testa dalla mia spalla e si grattò la testa con una mano.
Borbottò qualcosa completamente privo di significato, e cadde lunga distesa sul sedile, iniziando a russare leggermente.
-Vado a cercare Al – dissi ad Hugo alzandomi. La noia iniziava soffocarmi.
-Okay – disse lui, senza guardarmi.
Uscii e mi incamminai per il corridoio, guardando attraverso i vetri degli scompartimenti.
Intravidi James che pomiciava con la bionda, mentre Fred giocava a scacchi magici con Frank Paciock, Zabini e MacDonald che giocavano a carte nello scompartimento affianco, e Alex che chiacchierava con due Corvonero del suo anno in quello dopo ancora.
Lo salutai sorridendo, e proseguii.
Trovai Al dopo un paio di scompartimenti, che sonnecchiava con la testa appoggiata al finestrino.
I capelli arruffati gli nascondevano parte del viso, e gli occhiali gli si erano storti sul naso.
Entrai cercando di non far rumore, ma lui si svegliò comunque.
Si strofinò gli occhi, prima di raddrizzarsi gli occhiali, poi mi sorrise.
- Ehilà – disse, facendomi segno di sedermi al suo fianco. – Che fai? – mi chiese.
-Mi annoio – risposi, sedendomi. Appoggiai la testa al suo petto e lui iniziò a grattarmi delicatamente dietro l’orecchio.
Di fronte a noi, anche Rose e Scorpius dormivano.
Lei sembrava un angelo, con le gambe accavallate, la schiena dritta, il viso rilassato e la fronte appoggiata al finestrino. I riccioli castani, con accesi riflessi ramati, le cadevano morbidi sulle spalle fermandosi esattamente al di sotto del seno.
Al suo fianco, invece, Scorpius non aveva assolutamente nulla di angelico.
Aveva la schiena quasi completamente appoggiata al sedile, la guancia sinistra spiaccicata allo schienale, la bocca semiaperta, i capelli arruffati e braccia e gambe divaricate.
Osservai il suo petto alzarsi ed abbassarsi lentamente, e mi lasciai cullare un po’ anche dal suono del suo respiro.
A furia di essere circondata da persone addormentate, avevo iniziato a sentire le mie palpebre farsi pesanti.
- Io e Rose dovremmo andare a fare l’ennesimo giro del treno – disse Al alzandosi, e stiracchiandosi la schiena. – Perché non svegli Scorpius? Potreste farvi una partita a scacchi. –
Poi scosse leggermente Rose per una spalla, e lei aprì gli occhi immediatamente.
- è ora della ronda? – chiese, e Albus annuì.
Quando mi vide storse il naso, rivolgendomi un frettoloso segno di saluto.
Si alzò, si sistemò la divisa ed i capelli, guardando il suo riflesso nel finestrino.
-Andiamo – disse infine, rivolgendosi ad Al.
-Ci vediamo al massimo tra quindici minuti – mi disse, e seguì Rose fuori dallo scompartimento.
Rimasi per qualche secondo a guardare Scorpius dormire, battendo ripetitivamente un piede sul pavimento, sperando che il rumore lo svegliasse.
Lui emise una specie di lamento, e mosse leggermente la faccia, ma niente.
In quei giorni, tra noi, non c’ erano stati miglioramenti.
Avevo provato a mostrarmi più gentile nei suoi confronti, come mi aveva suggerito Brianne, ma ogni volta che lo facevo lui iniziava a prendermi in giro, così io ripartivo all’attacco.
Spinsi lo zaino di Al giù dal sedile, e quello cadde a terra con un tonfo.
Scorpius non si mosse.
Alzai gli occhi al cielo. Magari se avessi dei fuochi d’artificio…
Mi alzai con uno scatto e mi avvicinai a lui.
Colpii la sua pancia con entrambe le mani, con tutta la forza che avevo.
-HAIA! – urlò, rotolando su un fianco e cadendo dal sedile. – Merlino, Lily! Sei una bestia!
-Te lo sei meritato - sorrisi, tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Lui l’afferrò, ma invece di provare a rimettersi in piedi, mi tirò verso di sé, facendomi cadere sul suo corpo.
-Malfoy! – urlai
Mi prese la testa tra le mani e mi morse con forza una guancia.
-HAIA! – ringhiai, assestandogli una gomitata nello stomaco.
In risposta lui mi pizzicò la pancia, così forte che gli occhi mi si riempirono di lacrime.
Con la vista offuscata, iniziai a schiaffeggiargli la faccia ripetutamente, mentre lui tentava di ripararsi con le mani.
-Mi arrendo, mi arrendo! Hai vinto! – disse, cercando di tenermi le mani ferme.
-Imbecille! – urlai, ma mi fermai a guardarlo. Aveva il suo solito sorriso beffardo sul volto.
Mi afferrò i polsi e mi spinse per terra, la mia testa sbatté contro il pavimento con un tonfo sordo.
La stretta sui miei polsi era salda, e mi bloccò le gambe facendo pressione con le sue ginocchia, immobilizzandomi a terra.
I capelli biondi gli ricadevano a ciuffi disordinati sul volto.
Continuava a sorridere.
- E ora che fai, tigre?
Provai a divincolarmi, ma era davvero troppo forte per me.
-Lasciami – sibilai tra le labbra.
-No – rispose fermo, guardandomi dritto negli occhi.
Dopo un po’ scoppiò a ridere. – Dovresti vedere la tua espressione in questo momento, pare che tu stia per Avadakadavrizzarmi con gli occhi.
Avadakadavrizzarmi? L’ha inventata lui, vero?
-Attento, potrei riuscirci.
-Attenta, potresti pentirtene.
-Lasciami, Malfoy – ringhiai ancora, e provai di nuovo a divincolarmi. Riuscivo a muovermi pochissimo.
-Solo se prometti di non vendicarti di quello che sto per fare.
-E cosa stai per fare?
-Lo saprai quando lo farò.
Quando mi liberi ti schianto.
-Prima o poi dovrai alzarti, Malfoy.
-Io sto comodo, tu?
-Non troppo, in realtà –
-Lo immaginavo…allora, lo prometti?
-D’accordo – risposi rassegnata.
Quando mi liberi ti schianto.
Avvicinò il suo viso al mio, lentamente.
Il suoi capelli mi sfioravano le guance, il suo piercing accarezzò il mio naso.
Un solo millimetro separava le nostre labbra.
Oh Salazar, sto per baciare Scorpius Malfoy.       
Appoggiò le sue labbra alle mie, e le dischiuse leggermente.
In quel momento, se avesse lasciato la presa che mi teneva inchiodata al pavimento, sarei rimasta comunque paralizzata.
Dischiusi le labbra anch’io, aspettando quel bacio.
Che non arrivò.  
Scorpius mi morse il labbro inferiore con forza.
Emisi una specie di grido strozzato, che suonò più supplichevole di quanto  avrei voluto.
Avevo già iniziato a sentire il sapore del sangue sulla lingua, quando lui si allontanò.
-Te lo meriti – mi sussurrò.
-Ora lasciami – sibilai tra i denti.
Lui sorrise. – Hai promesso di non vendicarti, ricordi?
Annuii.
Mi lasciò i polsi e rotolò su un fianco.
Non appena la mia mano destra fu libera estrassi la bacchetta e gliela puntai contro.
-Stupeficium!
Lo schiantai lontano, e lui sbatté la schiena contro la finestra.
-Ops, ho mentito. – gli dissi. Anche se lui non poté sentirmi.
Uscii e chiusi la porta di quello scompartimento alle mie spalle.
 
 
 
 
                                                                    ***
 
 
La sera della Vigilia di Natale, la Tana era in delirio.
Un enorme tavolo di legno era stato posizionato nel salotto, temporaneamente ingrandito da un incantesimo per l’occasione.
Accanto al camino acceso, un albero di Natale un po’ consumato, era stato riccamente decorato nel pomeriggio, da tutti i cugini Weasley, con il prezioso aiuto della minoranza Potter.
Io avevo contribuito lanciando palle colorate contro la testa di Rose, che provava ad ignorarmi indispettita mentre James e Fred la prendevano in giro.
Alla fine mia madre mi aveva spedito in cucina a tagliare cetrioli insieme a nonna Molly, che continuava a chiedermi come mai fossi così magra.
Ma il chiasso de pomeriggio non era nulla in confronto al caos che si scatenò all’ora di cena.
Mentre gli uomini discutevano animatamente, ed a voce particolarmente alta (di argomenti che oscillavano tra politica, Quidditch e il lavoro al Ministero di zio Percy), mia madre chiacchierava con Hermione, mentre Fleur si lamentava con chiunque fosse disposto ad ascoltarla di quanto fosse stancante il suo nuovo lavoro in Francia.
Nonno Arthur, invece, seduto a capotavola, raccontava aneddoti sulla vita dei babbani a Molly e Lucy, che fingevano educatamente di ascoltarlo.
James e Fred intrattenevano Rose e Roxanne con barzellette oscene, e loro rispondevano con espressioni disgustate e rimproverando la loro mancanza di garbo.
Voci, urla, risate e rumore di stoviglie si sovrapponevano tra di loro, mi penetravano nelle orecchie e mi opprimevano la mente.
Iniziò a farmi male la testa solo al secondo antipasto.
Al mio fianco, Teddy Lupin guardava Victorie, seduta dall’altro lato del tavolo, con l’espressione di un cane randagio che è appena stato bastonato senza motivo da un passante.
-Avete litigato? – gli chiesi con un sussurro, pur sapendo che in quella confusione Vick non avrebbe sicuramente potuto sentire.
Lui annuì, facendo ondeggiare sulla sua fronte ciocche disordinate di capelli verdi.
-Come mai? – chiesi. Mi dispiaceva vederlo così, ma un po’ mi sentivo sollevata nel sapere che non ero l’unica a quel tavolo incapace di divertirsi.
-Perché è cocciuta come un asino – rispose lui, con una punta di stizza nella voce.
-Anche tu – commentai, rubandogli un pomodoro dal piatto. Lui abbozzò un mezzo sorriso, e mi guardò negli occhi.
-E tu e Malfoy? –  chiese, e quella domanda mi colpì con la violenza di uno schiaffo.
La forchetta mi scappò di mano, e lo guardai spalancando gli occhi.
-Non c’è nessun me e Malfoy. – risposi, abbassando lo sguardo sul piatto.
-Ed è per questo che ti guarda come se fossi la cosa più gustosa a questo tavolo? –
Vidi con la coda dell’occhio il suo sorriso allargarsi, e i suoi capelli assumere una sfumatura più chiara.
-Lui non mi guarda – risposi, senza avere il coraggio di voltarmi nella sua direzione, né in quella di Scorpius per verificare le sue parole.
Da quella volta in treno non gli avevo più rivolto la parola.
Ero arrabbiatissima.
Mi sentivo umiliata e presa in giro, ed ogni volta che i miei occhi si posavano su di lui, mi veniva voglia di prenderlo a schiaffi.
Come diavolo avevo fatto a credere che volesse baciarmi? Mi sentivo un’idiota.
Lui tentava di attirare la mia attenzione in tutti i modi, con battute, frecciatine e giochi di parole.
Io mi limitavo a far finta di essere sorda, ceca e scema.
Ogni tanto gli avevo urlato addosso qualche insulto, accompagnato da qualche minaccia, ma a parte questo mi ero chiusa in un lungo silenzio di protesta.
Erano passati solo due giorni, ma a me sembrava un’eternità.
Facevo un’incredibile fatica a non ammettere a me stessa che, in fondo, purtroppo, lui mi mancava.
Teddy mi accarezzò i capelli, come se avesse letto uno per uno, tutti i pensieri che mi affollavano la mente.
-è abbastanza intelligente per essere un Malfoy – mi sussurrò all’orecchio – non credo sia tanto idiota da lasciarti scappare.
-Dovrà supplicarmi – risposi.
Non lo pensavo davvero, ma ad una parte di me piaceva l’idea di uno Scorpius che implorava il mio perdono.
Ripensai a quella volta in treno.
Le sue labbra erano veramente morbide.
Ed i suoi denti veramente taglienti.
Mi tornò la voglia di schiaffeggiarlo, così accantonai quel pensiero.
-E tu supplicherai Victorie ?
-Certo – rispose lui, senza pensarci – ma prima devo fingere di avere ancora un po’ di orgoglio maschile, se faccio troppo il pappamolla poi mi prende in giro.
Sorrisi, e gli baciai una guancia.
Lui mi fece l’occhiolino, poi rivolse la sua attenzione a zio Charlie che aveva iniziato a parlare di draghi con mio padre. Teddy si unì a loro, interessato all’argomento, mentre io facevo scivolare il mio sguardo su Malfoy.
Mi stava guardando.
Quando i nostri occhi s’incontrarono, lui abbozzò un sorriso. Io mi voltai dall’altra parte.
Disse qualcosa ad Hugo, e lui scoppiò a ridere.
Con la coda dell’occhio lo vidi alzarsi e venire verso di me.
- Ti va una partita a scacchi mentre aspettiamo che arrivi l’altra portata?
-No.
-Sparaschiocco?
-No.
-Vuoi fare qualcosa di diverso dal fissare il tavolo per tutta la serata?
-No.
-D’accordo. Noi andiamo a divertirci, tu fa come vuoi.
Si alzò, e si allontanò, seguito da Hugo e Albus.
James iniziò a lanciarmi noccioline in faccia.
-Smettila. – gli dissi, con il tono più minaccioso che fosse mai uscito dalle mie labbra.
Lui mi guardò sconvolto, ma annuì.
Lanciò una nocciolina tra i capelli di Rose, che iniziò a lamentarsi.
Chiusi gli occhi, e sperai che finisse in fretta.
 
 
 
 
                                              ***
 
 
 
Ero sommersa da un paio di calde coperte e da un morbido piumone, quando sentii bussare alla porta.
Mi girai dall’altro lato fingendo di dormire. Chiunque fosse, e qualsiasi cosa volesse, avrebbe potuto aspettare l’indomani.
Sentii di nuovo bussare, e ancora una volta non risposi, ma l’indesiderato e testardo visitatore non si arrese, e spalancò la porta.
-Lily – sentii sussurrare – sono James.
Mi voltai lentamente e lo guardai. – cosa c’è, Jamie? –
-vieni in camera mia – disse, avvicinandosi al letto. Afferrò le mie coperte e mi scoprì il corpo.
-Jamie, fa freddo!
-Metti una vestaglia.
-Perché ?
-Party Hard in camera mia. Quest’anno festeggio il Natale a modo mio.
-No grazie – risposi, tornando a rivolgere la mia attenzione al muro.
-Non si rifiuta un invito di James Potter – disse lui, afferrandomi un braccio e attirandomi a sé .Mi cinse la vita con le braccia e iniziò a trascinarmi fuori con la forza.
-James, lasciami. – sussurrai. Anche se in quel momento avevo molta voglia di strozzare mio fratello, non volevo che mio padre o mia madre si svegliassero e lo punissero. Di nuovo.
-Vieni in camera mia?
-Okay – risposi rassegnata, così lui mi liberò dalla sua stretta. – ma solo dieci minuti.
Uscii dalla mia stanza, e chiusi la porta alle mie spalle, molto attenta a non far rumore.
Tuttavia, nella silenziosa oscurità della casa, lo scricchiolio delle travi di legno del pavimento risuonava forte e sinistro. Pregai che i miei non si svegliassero.
In camera di James trovai Scorpius seduto a gambe incrociate sul letto di mio fratello, con la schiena appoggiata al muro ed i capelli incredibilmente in disordine.
Albus era seduto sul pavimento, vicino al letto. Aveva l’aria annoiata ed assonnata, e capii che non ero l’unica a non avere nessuna voglia di essere lì.
-Sarebbe questo il tuo Party Hard, James? Io, te, Albus e Malfoy?
- È un modo per stare insieme, e fare cose divertenti. Puoi anche smettere di sussurrare, ho insonorizzato la stanza.
Per un secondo fui tentata di sedermi sul letto, ma la presenza di Malfoy mi dissuase. Così mi accovacciai sul pavimento accanto ad Al.
James sollevò una trave del pavimento, e ne cacciò fuori due bottiglie di vetro, contenenti un liquido trasparente, ed una specie di pacchetto fatto di stoffa color grigio sporco.
-Hai mai provato il Wisky incendiario, Lily? – mi chiese Malfoy, allungando una mano per prendere la bottiglia che gli stava passando James.
Feci finta di non averlo sentito, e mi rivolsi di nuovo a mio fratello – Quello cos’è? – chiesi, indicando il pacchetto.
-Un regalo di Teddy – rispose lui vago. - In realtà mi ha procurato tutto lui, è un tipo che sa come divertirsi.
Stappò l’altra bottiglia e me la porse.
-James, ha quattordici anni! – ringhiò Al, strappandogli la bottiglia di mano.
-Merlino Al, solo un sorso. – disse Jemie, schiaffeggiando la mano del fratello. Riprese la bottiglia e me la passò.
L’odore di alcool era così forte che quasi mi fece girare la testa, ma presi coraggio e avvicinai le labbra alla bottiglia. Inghiottii un sorso minuscolo, ma sentii immediatamente la gola bruciare, e un sapore sgradevole che si diffondeva rapidamente in tutta la bocca.
Allontanai da me la bottiglia, con un’espressione disgustata. Sentivo tutti i muscoli facciali contratti, e la bocca andare letteralmente a fuoco.
-Che schifo! – soffocai un conato di vomito.
Sentii Malfoy ridere alle mie spalle, e anche sul viso di James si era aperto un sorriso beffardo.
-Brucia, eh?
-Come diavolo fa a piacervi questa roba? – chiesi, vedendo James che ne prendeva un sorso non indifferente, prima di passare la bottiglia ad Albus.
-Io direi di fare un gioco – disse Malfoy.
-Io direi che me ne torno a dormire – dissi annoiata, e feci per alzarmi. Sentii due braccia circondarmi il collo, e costringermi a rimanere seduta.
-Tu non vai da nessuna parte – mi sussurrò Scorpius all’orecchio, mentre i suoi capelli mi sfioravano la spalla.
Feci di nuovo finta di non sentirlo, e guardai Al supplicando aiuto. Lui scrollò le spalle, come a dire “ non posso farci niente”  , e prese un altro sorso di Wisky incendiario.
-Okay, proviamo questi – disse James, srotolando il pacchetto grigio sporco, e scoprendo due sigari lunghi più o meno quanto la mano di un uomo adulto.  – Sono fatti con tabacco elfico e non mi ricordo che aroma, Teddy dice che sono buonissimi – spiegò. Se ne portò uno alle labbra e lo accese con la bacchetta.
Ne prese una lunga boccata, poi gettò la testa all’indietro e fece scivolare lentamente il fumo grigiastro dalle labbra, disegnando morbide spirali in aria.
Allora passò il sigaro ad Albus. – Non aspirare – gli disse, e il Potter più giovane annuì.
Non appena tirò un po’ di fumo, però, Al iniziò a tossire schiaffeggiandosi il petto con una mano.
Arricciò le sopracciglia e deglutì rumorosamente, poi passò velocemente il sigaro a Malfoy, come se avesse iniziato a bruciargli tra le dita.
-Disgustoso – mi disse.
-È buonissimo! – commentò invece Scorpius alle mie spalle. – Vuoi provare, Lily?
-Se volessi farmi venire la tosse andrei a gettarmi nella neve. – risposi acida, ma poi mi resi conto che sarebbe stato meglio ignorarlo. – James, ho sonno. Voi continuate pure a fare quello che vi pare, ma io non mi sto divertendo.
Lui mi guardò mordendosi il labbro inferiore, ed annuì. – Buonanotte, allora. Ma ti perderai tutto il divertimento, la festa non è ancora iniziata – disse lui.
-Sopravviverò – mi alzai, e questa volta Scorpius non mi fermò.
Tornai in camera mia, e mi resi conto di non avere assolutamente voglia di dormire.
Il sonno era scomparso del tutto.
Per di più sentivo ancora quell’orribile sapore bruciare sulla lingua, e l’odore di fumo che mi impregnava il pigiama.
Mi spogliai, e mi gettai sotto la doccia.
L’acqua calda iniziò a scivolarmi sul viso e sul corpo.
Aumentai il getto, che mi colpì con violenza. Faceva quasi male, ma preferivo così.
Speravo che il rumore mi impedisse di sentire i miei pensieri, ma non fu così.
Scorpius.
Sono un’idiota, non c’è nessuna ragione per essere arrabbiata con lui.
È stato uno scherzo.
Mi ha ferita.
Mi manca.
Era solo uno scherzo.
Mi odio.
Lo odio.
Mi manca.
Mi strofinai le spalle ed il seno con il bagnoschiuma alla lavanda, poi iniziai a massaggiarmi il ventre.
Dovrebbe chiedermi scusa.
Forse sono io che dovrei chiedere scusa a lui, d’altra parte non sono stata esattamente gentile.
Mi ha ferita.
La verità, era che il fatto che lui fosse riuscito a ferirmi così facilmente mi spaventava.
Lo avevo sperato così tanto.
Avevo creduto che finalmente mi avrebbe baciata.
Il graffio sul labbro si era rimarginato in fretta, ma ero così arrabbiata.
Arrabbiata con me stessa per averci creduto.
Arrabbiata così tanto per aver fatto la figura dell’idiota.
Non gli avrei mai più dato una tale soddisfazione.
Massaggiai i capelli bagnati tenendo lo shampoo tra le dita. Schiuma bianca e profumata iniziò a  formarsi tra i miei capelli. Mi grattai dietro le orecchie, poi sciacquai le mani ed il viso per impedire al sapone di finirmi negli occhi.
Anche se sarebbe stata un’ottima scusa per cedere alle lacrime.
Quando le mie mani iniziarono a spugnarsi, ed il mio corpo fu completamente libero dal sapone, chiusi l’acqua.
Avvolsi il mio corpo in un asciugamano e tornai in camera.
Quando aprii la porta del bagno, mi immobilizzai.
Malfoy era seduto sul mio letto, le guance ed il naso leggermente arrossati.
-Finalmente sei uscita, credevo che mi sarei addormentato.
-Vattene – dissi, stringendomi l’asciugamano al corpo.
Lui scosse il capo. – Ho detto a James e Albus che dovevo andare in bagno. Circa un quarto d’ora fa. Crederanno che io abbia un terribile attacco di diarrea.
Che schifo.
-Malfoy! Esci-Di-Qui – ringhiai, sottolineando con tono sprezzante ogni parola.
Lui si alzò e si avvicinò a me. – Sei incredibilmente maleducata – disse, e mi colpì la fronte con l’indice.
-Che cosa vuoi?
-Non è evidente?
-A quanto pare no.
-Forse mi sono sbagliato su di te, credevo che tu fossi intelligente.
Fu come se mi avesse schiaffeggiato. Se prima avevo voglia di schiantarlo, ora avevo solo voglia di piangere.
Sentii di non avere il coraggio di cacciarlo ancora, così smisi di guardarlo, e iniziai a fissare il pavimento.
Lui mi passò una mano tra i capelli bagnati, ma poi si bloccò.
-Come mi fai arrabbiare tu non ci riesce nessuno – disse. Continuavo a non guardarlo, e desideravo tantissimo che se ne andasse.
-Non mi sembri arrabbiato. – gli risposi con un filo di voce. Non era mia intenzione, ma le mie corde vocali non erano esattamente collaborative.
-Lo sono, invece. Ed è tutta colpa tua.
Alzai lo sguardo su di lui, senza pensarci. – mia?
Lui annuì. – Perché ti comporti così ? – Il suo sguardo era fisso su di me, e se anche non avessi avuto indosso solo l’asciugamano, probabilmente mi sarei sentita ugualmente nuda.
-Così come, Malfoy?
-Non mi rivolgi la parola, e se lo fai è per mandarmi al diavolo. Vorrei farti presente, che quello che è rimasto svenuto a terra in uno scompartimento sono io, non tu.
-Te lo sei meritato.
-Perché ti ho fatto arrabbiare tanto?
-Io…
-Avresti voluto che ti baciassi?
Un Nottetempo guidato da un ubriaco iniziò a sfrecciare nel mio stomaco, ed investì i miei organi interni. Non si fermò neanche per soccorrerli.
-… certo che NO! Come ti viene in mente?!
-Stavo per farlo… -
Due macchine da corsa iniziarono a gareggiare nel mio intestino, gli pneumatici graffiavano contro le parenti interne del mio corpo.
-… ne sono stato tentato. È un po’ ti tempo, in realtà, che sono tentato di farlo. Non puoi neanche immaginare quanto è difficile resistere, Lily. –
Una terza macchina da corsa iniziò a sfrecciare contromano nella direzione delle altre due. L’impatto fu violento. Esplosero in un boato, furono inghiottite dalle fiamme.
-Mi costringevo a non pensarti, con scarsissimi risultati ovviamente. Mi sembrava sbagliato. Un po’ perché sei la sorella di Al, un po’ perché sei finita in quella fogna di Serpeverde, un po’ perché mi sembri ancora tanto piccola. Avevi nove anni quando ci siamo conosciuti, ricordi?
Non riuscii neanche ad annuire, ma lui proseguì comunque. – Alla fine ho capito che tutto ciò non aveva alcun senso. Perché se c’eri tu nella stessa stanza, non riuscivo a non guardarti. Ogni volta che dicevo qualcosa di divertente, mi voltavo sempre verso di te, per vedere se ero riuscito a farti ridere. Ero persino incredibilmente contento della punizione di Morse, perché mi permetteva di passare del tempo con te. Le ultime due settimane sono persino venuto a studiare in biblioteca per guardarti.
L’immagine di Scorpius seduto al fianco di Rose e Albus mi passò velocemente di fronte agli occhi. “ – la fine del mondo è vicina, Lily –“ aveva commentato Alice notandolo.
-…Però avevo paura. È strano, perché non sono mai stato timido con le ragazze. Ogni volta che ne ho avuto l’occasione, sono scappato via. Ero terrorizzato dall’idea che tu avresti potuto rifiutarmi. E l’aver paura mi faceva ancora più paura. Lo so, è strano.
Una tempesta scuoteva ora le mie budella.
-Però a quanto pare è stato meglio così. Sono riuscito ad evitare un bel po’ di imbarazzo tra noi.
Cosa?
-Che vuoi dire?
-Beh, l’hai detto tu. Non avresti voluto. Insomma, non posso dire che ti capisco… perché se io fossi in te mi bacerei, voglio dire… credo di essere abbastanza carino… –
Il suo tono era diventato improvvisamente scherzoso, e la cosa se possibile, mi rese ancora più confusa.
 – …e tu sei straordinaria! Hai un’intelligenza fuori dal comune, quando vuoi riesci anche ad essere divertente, sei coraggiosa e incredibilmente forte… e anche bella da mozzare il fiato. Anche se hai dei pessimi gusti in fatto di uomini. – concluse, baciandomi una guancia.
-Buonanotte, Lily. Ci vediamo domani. 
Si voltò e si diresse verso la porta.
L’aprì
.– Ah, ci tenevo a farti sapere che, se tu la smettessi di ignorarmi, mi renderesti veramente felice. –
Uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Sentii il pavimento scomparire sotto i miei piedi, e precipitai in un buco nero.
 
 
 
                                                                  ***
 
 
Qualcosa picchiava insistentemente sul vetro della mia camera. Le mie palpebre erano serrate, e dovetti fare uno sforzo incredibile per riuscire ad aprirle. Sollevai leggermente la schiena, appoggiandomi sui gomiti, e mi sorpresi di essermi addormentata.
Quando Scorpius aveva lasciato la mia stanza, avrei voluto rincorrerlo.
Ma i miei piedi erano rimasti fermi.
Io ero rimasta immobile per diversi minuti, o forse ore.
Quando mi fui ripresa, avevo indossato il mio pigiama e mi ero distesa sul letto, convinta di essere stata condannata a risentire le parole di Scorpius rimbombare nella mia testa per il resto della notte.
Sentii di nuovo qualcosa picchiare sul vetro della finestra, così mi alzai dal letto.
Il cielo aveva iniziato a rischiarire leggermente, ma il sole non era ancora sorto. Doveva essere molto presto.
Fuori dalla mia finestra, con un’espressione abbastanza innervosita, c’era un gufo grasso e grigio, che continuava a battere il becco contro il vetro. L’aprii, ed immediatamente lui planò sulla scrivania.
Mi chiesi chi diavolo poteva mandarmi un gufo a quell’ora del mattino.
Sfilai la pergamena dalla sua zampina, e quello, senza aspettare una risposta, senza neanche richiedere un compenso in cambio, spalancò le ali e volò via, sparendo presto nella nebbia all’orizzonte. Strano, pensai.
Accesi una candela per avere un po’ di luce in più, e srotolai la pergamena.
Dal suo interno cadde un piccolo rettangolino di carta.
Lo raccolsi, e lo girai.
Era una fotografia della mia famiglia.
Mio padre abbracciava mia madre, sorridendo, mentre teneva una mano sulla spalla di James, che faceva una linguaccia.
Affianco a lui, Albus mi abbracciava stretto. Io sorridevo annoiata, agitando una mano senza troppo entusiasmo.
Non era una fotografia recente, James avrebbe potuto avere al massimo quattordici anni.
Non ricordavo neanche quando fosse stata scattata.
Iniziai a leggere la lettera.
 
Buongiorno, mia dolce Lily.
Immagino che riceverai questo gufo il giorno di Natale, quindi ne approfitto per farti i miei più sentiti auguri.
Goditi a pieno questo giorno, piccolo giglio, perché potrebbe essere l’ultimo Natale che passerai con la tua famiglia.
Ti scrivo questa lettera per aprirti gli occhi, ed invitarti a riflettere.
Ti ho osservata molto, in questi anni, dolce e impertinente bambina dai capelli rossi.
So quanto li ami, so che faresti di tutto per proteggerli.
E so anche che non ne sei in grado, non se a minacciarli sono io.
Non vorrei sembrarti arrogante, ma sono abbastanza sicura di essere molto più abile di te con la Magia Oscura.
Non ho intenzione di far del male a loro, non mi interessa.
Io voglio te.
Solo te.
Sei così bella, somigli tanto a tua madre.
Sì, ho conosciuto tua madre.
Sono passati tanti anni ormai.
Eppure so che hai ereditato il buon cuore del tuo papà, il nostro grande eroe.
Ed è proprio al tuo buon cuore che voglio fare appello: cerca di non rendere le cose più difficili, non costringermi a far del male a loro.
Se non fosse stato per quella maledetta della Cooman, il tuo papà non si sarebbe spaventato così tanto.
E forse, senza tutti gli Auror in giro per la scuola, sarei anche già riuscita a prenderti.
Mi dispiace così tanto.
Ma sai, sono una persona paziente.
Sono passati molti anni, ma non ho mai dimenticato.
Tuo padre si è impegnato molto nel proteggerti, ha fatto davvero un buon lavoro.
Sarebbe carino, da parte tua, ricambiare il favore.
Ti chiederò di essere collaborativa.
Se lo farai, ti giuro che non sarà fatto loro alcun male.
Se ti rifiuterai, o se racconterai a qualcuno di aver ricevuto questa lettera (e fidati, lo saprò), il primo che si farà male sarà il dolce papà Harry.
Dopo penserò anche agli altri.
Ancora tantissimi auguri di buon Natale, piccolo giglio.
Rifletti bene sulle mie parole, so che prenderai la decisione giusta.
Spero a presto.
 
p.s. Ho incantato la pergamena, prenderà fuoco non appena avrai finito di leggerla.
 
 
La pergamena tra le mie mani iniziò a bruciare, e spaventata la lasciai cadere per terra.
Le fiamme divamparono, si fecero sempre più alte.
Poi scomparvero.
Sul legno del parquet si era disegnata un’enorme macchia nera.
Della pergamena era rimasta solo cenere, e un forte odore di bruciato.
Collaborare? Vuole che collabori a farmi ammazzare?
Avevo letto la pergamena velocemente, e ne fui pentita.
Avrei dovuto analizzarla meglio. Avrei dovuto capirla meglio.
E adesso che faccio? Che diavolo faccio?
Volevo dirlo a mio padre. Volevo andarlo a svegliare subito, immediatamente, e raccontargli tutto.
Non posso.
Non posso permettere che gli facciano del male.
Aprii la finestra, e rimasi per un po’ a guardare l’enorme distesa bianca che si parava di fronte a me.
Il cielo era diventato di un azzurro più pallido, e le nuvole avevano assunto una tenue sfumatura arancione.
Faceva incredibilmente freddo, ma quella puzza di bruciato mi stava soffocando.
Non lo dirò a papà. Non posso. Almeno non per ora.
Che cosa diavolo significa che vuole me?
Perché conosce mia madre?
Cosa vuole da me?!
Era irreale. Fino a quel momento non avevo mai creduto realmente che la mia morte fosse vicina.
Ora il dubbio cresceva in me.
Mi stavano chiedendo di aiutarmi a farmi ammazzare.
Per salvare la mia famiglia.
Sacrificarmi.
Fui distratta da qualcosa che si mosse nel mio giardino.
Abbassai lo sguardo, e vidi la testa bionda di Scorpius.
Era seduto sui gradini ghiacciati dell’ingresso, e fiocchi di neve gli danzavano dolcemente attorno. Alcuni cadevano su di lui, ammassandosi sulle sue spalle.
Indossava solo il pigiama.
Ma è scemo?
Improvvisamente sentii il bisogno fisico di essere con lui.
Avevo paura, e lui aveva su di me lo strano effetto di calmarmi.
Indossai la vestaglia, e presi la coperta ed un cuscino dal mio letto.
Scesi in fretta le scale, ed aprii la porta dell’ingresso.
Il gelo di dicembre mi colpì come uno schiaffo, ma lo ignorai ed uscii.
Lui era ancora lì, i gomiti poggiati sulle ginocchia, la fronte appoggiata ai palmi delle mani.
-Alza il sederino – gli dissi. Lui sussultò, e si voltò a guardarmi.
-E tu che ci fai qui?
-Sono venuta a scongelarti – dissi, poggiandogli la coperta sulle spalle. – vuoi alzarlo il sederino? –
Lui si alzò, ed io poggiai il cuscino dove un secondo prima era seduto.
-Dovrebbe tenerti un po’ più caldo – gli dissi, sedendomi al suo fianco, e coprendo anche il mio corpo con la coperta.
-Grazie – disse lui.
Lo guardai negli occhi. Azzurro pallido, proprio come il cielo.
Non mi sarei sorpresa se ci avessi visto delle pagliuzze arancioni dentro.
Sembrava sorpreso di vedermi, ma non scontento.
Ne fui sollevata.
La mia spalla sfiorò la sua, e improvvisamente tornai a sentirmi calma.
Serntii la mente svuotarsi, lentamente.
-Cosa stai facendo, esattamente?
-Non riuscivo a dormire – disse lui, scuotendo le spalle. Continuai a guardarlo, e quando lui capì che aspettavo ulteriori spiegazioni continuò. – Un po’ è per colpa tua. – confessò. – Un po’ è per mio padre. Mi ha mandato gli auguri di Natale, una lettera molto dolce. Dice di essere contento di non avermi tra i piedi, il suo viaggio in Olanda sarebbe stato un disastro se fossi andato con loro. Spera che mi stia divertendo con i Potter, e mi chiede se riesco a sopportare la puzza. Inoltre esprime il suo dispiacere nel non avere un figlio come quello di Zabini, lui sì che è un onore per la famiglia. – spiegò sarcastico. Sorrideva, ma quasi riuscii a percepire il sapore amaro delle sue parole sulla punta della mia lingua.
-Io sono contenta che tu non sia come Zabini – commentai. Non sapevo cos’altro avrei potuto  dire.
Lui scoppiò a ridere, mostrando i suoi bei denti. – Anche io. – disse.
Rimanemmo qualche minuti in silenzio, a fissare la neve cadere.
Faceva veramente freddo, e le mie gambe iniziarono a tremare. Dovetti fare uno sforzo incredibile per non battere i denti.
Scorpius mi abbracciò.
-Non hai freddo? – gli chiesi. Lui scosse il capo.
Ora o mai più.  
Presi coraggio. Con uno sforzo immane riuscii ad alzare il capo e ad affrontare i suoi occhi.
-Scorpius…
-Mh?
-Io… ti ho detto una bugia. – mi costrinsi a dire. Lui sollevò un sopracciglio.
-Una bugia?
-Sì… - un altro respiro profondo, la tigre che graffiava nella mia pancia, le corde vocali che si rifiutavano di collaborare. – Avrei voluto davvero che tu mi baciassi.
L’ho detto. Non ci credo che l’ho detto.
Lui sorrise, guardandomi negli occhi.
Azzurro pallido.
-Lo so – rispose, posando le labbra sulla mia fronte. – Volevo solo sentirtelo dire.
Mi prese il viso tra le mani, e la coperta scivolò per metà dalle sue spalle.
Posò con dolcezza le sue labbra sulle mie, lentamente.
Poi le dischiuse, accarezzando la mia lingua con la sua.
Ormai, il mio cervello era completamente fuori uso.
Erano già passati diversi minuti, quando Malfoy si allontanò da me con uno scatto.
–Sai, quando ho scoperto che avevi un buon profumo…- disse, tenendo ancora il mio viso tra le sue mani. - … ho iniziato a chiedermi se tu avessi anche un buon sapore. –
Si morse il labbro inferiore, senza smettere di guardami negli occhi. Era incredibilmente sexy.
-Devo dire che non ha deluso le mie aspettative: sai di menta – concluse, ancora sorridendo.
-Si chiama dentifricio, Malfoy. Non so se ne hai mai sentito parlare! –
Lui scoppiò a ridere, e si chinò di nuovo su di me, per baciarmi ancora.
 
 
 
 
 
 
Chiodino:
Allora, volevo chiedervi scusa per avervi fatto aspettare così tanto per questo capitolo.
Mi dispiace, vi assicuro che non è stata colpa mia.
Poi, volevo dirvi che anche per il prossimo dovrete aspettare un pochino pochino, perché domani parto (anch’io, finalmente) e non avrò la possibilità di scrivere.
Penso comunque che riuscirò a leggere e rispondere ad eventuali recensioni.
Spero veramente che anche questo capitolo vi sia piaciuto, quindi fatemi sapere!
Starò via solo una settimana, quindi… boh, niente.
Alla settimana prossima. Un abbraccio! J

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Fango. ***


Scorpius Malfoy era il mio ragazzo, ed io ancora non riuscivo a capacitarmene.
La notizia era divampata come fuoco da uno scompartimento all’altro, ed aveva raggiunto , sottoforma di bisbigli e sussurri, le orecchie di ogni studente di Hogwarts.
I loro livelli di simpatia non erano migliorati con il trascorrere del tempo, le battute più quotate erano state “che filtro d'amore hai usato, Potter? deve essere molto potente se riesce a baciarti senza vomitare” e  “Malfoy, mi hanno detto che quella è la tua ragazza... ed io che pensavo che avessi adottato una scimmia domestica”, e per concludere  “che fegato, Malfoy! quante altre cose disgustose riesci a fare, oltre a pomiciare con quel mostro ?”.
Lui mi diceva di ignorarli, ma alla fine era sempre il primo a perdere la pazienza. Ne avevamo schiantati un bel po’ solo il primo giorno.
Tuttavia, quelle lingue velenose non riuscirono a scalfire l’immensa felicità che provavo nel passare del tempo con Scorpius.
Era come se avessi scoperto la felicità per la prima volta.
A smorzare l’ entusiasmo per questa nuova svolta che aveva preso la mia vita, contribuirono sostanzialmente tre fattori: il fattore Alex, che non aveva preso bene la mia relazione con il Grifondoro, e che aveva iniziato ad ignorarmi o, in alternativa, a lanciarmi occhiate sprezzanti. Il fattore incubi, che erano diventati decisamente più frequenti dopo che una psicopatica con manie omicide mi aveva mandato dei particolari auguri di Natale, ed infine, ma non meno importante, lo stesso fattore psicopatica.
Non ricordavo affatto bene il contenuto della lettera, ma il succo era ”collabora e fatti ammazzare, o ammazzerò la tua famiglia ”.
 Avevo mantenuto il segreto con tutti, e persino Al, che aveva notato la mia nuova tendenza a chiudermi in lunghi e riflessivi silenzi , aveva collegato l'inquietudine del mio animo all'amore.
Da allora, però, il mittente della lettera non aveva più dato segni di vita, ed io avevo quasi iniziato a sperare che, magari, avesse cambiato idea, e che non avesse più tanta voglia di farmi fuori.
Così mi costringevo a non pensarci, e a concentrarmi solo sul mio nuovo ragazzo.
Perché Scorpius Malfoy era il mio ragazzo, ed io ancora non riuscivo a capacitarmene.
 
 
 
Quella mattina, il tavolo dei Grifondoro era più chiassoso del solito.
 Forse, l'espressione "chiassoso" non rende esattamente l'idea.
Quella mattina, il tavolo dei Grifondoro era completamente nel caos.
Le voci che si sovrapponevano tra di loro erano più alte del solito, i gruppi di pettegole ai lati erano più saldi e più compatti, e una ammucchiata di ragazzi si era formata al centro del tavolo, per assistere ad una scena che doveva essere incredibilmente interessante.
A giudicare dai colori delle loro divise, non erano solo i grifoni ad esser stati rapiti da questi nuovi ( e per allora a me ignoti ) avvenimenti.
 Non avevo particolarmente voglia di indagare, ero decisamente più interessata al bacon nel mio piatto, ma non potei fare a meno di ascoltare una Serpeverde al mio fianco che spettegolava con un'amica, e quando sentii le parole " Potter, Malfoy, litigano ", anche la mia attenzione fu catturata. Abbandonai a malincuore la colazione, e attraversai la Sala Grande, per raggiungere il tavolo dei miei fratelli.
- Scusate, mi fareste passare ? - chiesi, con tono non troppo gentile, lanciando di lato due ragazzini del primo anno, e regalando gomitate a destra e a manca, per ritagliarmi uno spazio tra la folla.
- Fammi passare, imbecille!
Quando riuscii a raggiungere il tavolo, trovai James che teneva uno Scorpius più pallido del solito, per il colletto della camicia, mentre urlava qualcosa tipo - Se scopro che lo hai preso tu, giuro che ficco la tua testa ossigenata nel cesso di Mirtilla Malcontenta.-
Mentre Albus , che tentava di fargli mettere giù l'amico, continuava a ripetere - È colpa tua! se non fossi così incredibilmente disordinato e distratto non lo avresti perso!
 - Io non l'ho perso, so dove l'ho messo, qualcuno lo ha preso! – ribattè James.
- Beh, non io... e nemmeno Scorpius!
 - Che succede? - chiesi, incredibilmente calma, ma nessuno si accorse si me.
- Non essere ridicolo, James! - sbottò Albus, mentre Malfoy boccheggiava per riuscire a respirare.
 - E lascialo andare!
- Tu non rispetti mai i tuoi turni... - continuò James, con aria infantile.
- Che succede ? - chiesi ancora, alzando un po' la voce. Ma anche stavolta, nessuno si degnò di rispondermi.
 - E questo cosa diavolo c'entra?!
 - POSSO SAPERE COSA STA SUCCEDENDO, MERLINO?! - urlai.
James, per la sorpresa, lasciò andare Malfoy, che mi lanciò un'occhiata riconoscente.
- James ha perso il mantello. - rispose Albus, con aria annoiata.
- Non l'ho perso, qualcuno l'ha rubato. E mi gioco la scopa che sono stati questi due!
 - Non siamo stati noi! - tuonarono in coro Albus e Scorpius.
Alzai gli occhi al cielo, mentre loro riprendevano la discussione animatamente.
Nulla di grave, per fortuna, pensai.
Mi allontanai annoiata dalla folla, pregustando il bacon che avevo abbandonato nel piatto.
Il fatto che James avesse perso il mantello dell'invisibilità, non mi preoccupava più di tanto.
 Mio fratello era incredibilmente disordinato, era capace di perdere qualsiasi cosa.
Ma tutto riappariva sempre magicamente, in qualche posto assurdo in cui lui l'aveva lasciato. Scorpius mi raggiunse di corsa, sempre sgomitando un po' per liberarsi degli ultimi curiosi. Mi afferrò la mano e mi diede un bacio sulla guancia. - Ci tenevo a farti sapere che, anche se non fossi intervenuta tu, sarei comunque riuscito a liberarmi della presa di James. Esitavo perché avevo paura di fargli male...sai che io sono molto più forte di lui - disse, mostrandomi il bicipite.
Aveva un tono così infantile e un'espressione cosi innocente che mi venne voglia di carezzarlo.
-Lo so, Malfoy. Te la stavi cavando benissimo, comunque - risposi ironicamente, continuando a camminare.
 Avevo fretta di tornare alla mia colazione.
- Devo dirti un'altra cosa. - disse, prendendomi la vita e avvicinandomi a sé.
- Dimmi, velocemente…–
- Devi garantirmi la tua massima attenzione, perché è molto importante... - continuò, con l'indice alzato. Era una cosa che faceva spesso.
- Sono attenta, ma sbrigati -. Risposi, con fare annoiato.
-I miei capelli non sono ossigenati- sentenziò.
Sorrisi, mentre mi sfiorava le labbra con un bacio.
 
 
 
Le lezioni di quel cadavere ambulante della professoressa Cooman erano sicuramente in cima alla lista delle cose che odiavo di Hogwarts, insieme ai Grifondoro, Pix, i Serpeverde, i Grifondoro, Zabini e MacDonald , i Serpeverde, i Grifondoro e Pix.
Il forte odore di incenso penetrava dritto nel cervello, attraverso le narici, annebbiando la mente e conciliando il sonno, cullato tra l'altro dal monotono suono di voce rauco della veggente.
Per di più , candele profumate, disperse per la stanza, emettevano una fioca luce che coccolava i sensi e rilassava il corpo. Sentivo che a breve sarei sprofondata in un sonno profondo e senza sogni. La professoressa Cooman aveva disposto su ognuno dei tavolini rotondi, una bacinella ripiena di un liquido denso e melmoso, di un colore a metà tra il verde e il marrone.
Venti teste di studenti le fissavano disgustate.
- Tutti voi, ragazzi, avete delle domande che torturano le vostre giovani menti. - Stava spiegando la voce roca dell'anziana insegnante. -Mi ama, o è ancora innamorato di lei ? - disse, avvicinandosi ad una Corvonero dai riccioli biondi, che arrossì e abbassò lo sguardo. - I miei genitori capiranno ? - continuò , avvicinandosi ad un ragazzino dai lineamenti particolarmente delicati, e dai modi incredibilmente aggraziati .
- La Cooman è veramente pazza o fa solo finta ? - sentenziò una voce maschile alle mie spalle.
 La professoressa non sentì, o almeno ignorò il commento , perché continuò imperterrita con la sua spiegazione. - ... come abbiamo già avuto modo di capire, l'arte della Divinazione è strettamente legata alla magia del tempo. La risposta alle vostre domande, che non è altro che il volto concreto che assume la Speranza, ha radici nel passato, e saldi tronchi nel presente. I germogli non sono altro che frutto del tempo trascorso....
- Ho smesso di capirla... - commentò Brianne al mio fianco, con un sussurro.
- Sta delirando come al solito - risposi.
- …Tenete ben impressa nella mente la domanda che volete porre, e immergete il volto nella bacinella di fronte a voi. Se vi sarete concentrati abbastanza,riuscirete a trovare le risposte che cercate.
- Magari potrei chiedere quand’è che la mandano in pensione. - suggerii.
La Cooman dovette sentirmi, perché commentò immediatamente - Potter, vedo che sei impaziente di iniziare! bene, bene ... vada pure per prima, cara.
Fantastico.
 Guardai il liquido viscido e melmoso nella bacinella, ed ebbi improvvisamente voglia di vomitare. - Il tuo viso rimarrà intatto - spiegò la Cooman, come si mi avesse letto nel pensiero . - Non si sporcherà affatto.
Ne fui rassicurata. Contai fino a tre, inspirai profondamente con la bocca, e con un coraggio che non credevo di avere, immersi il mio viso in quella bacinella. Non so cosa mi aspettavo , magari che fosse come immergermi in un lago particolarmente melmoso, o semplicemente come mettere la testa sott' acqua. Invece, percepii la sensazione del vento che mi accarezzava il viso. Irrazionalmente, aprii gli occhi. Non avrei dovuto farlo, avevo la testa in una fottuta bacinella piena di un liquido disgustoso. Ma lo feci, e quello che vidi mi spiazzò.
Ero in una locanda. O meglio, quello che vedevo era un locale. Vedevo tre pareti, ricoperte di carta da parati logora e consumata. I tavoli impolverati, le sedie malridotte. Dietro al bancone, un uomo anziano puliva dei bicchieri con uno straccio sudicio. Ringraziai mentalmente di non dover ordinare nulla in quel posto. Cercai di voltarmi, ma non ci riuscii. Ero immobile, visuale fissa. Come se fossi incollata alla quarta parete. Come se fossi io stessa la parete. Dalla porta, seguita da un debole strimpellio di un campanello, entrò una ragazza che teneva per mano una bambina molto piccola, che si teneva dritta sulle proprie gambe con un equilibrio alquanto precario. La bambina piangeva rumorosamente, e da alcuni sussulti che smuovevano le esili spalle della ragazza, immaginai che stesse piangendo anche lei. Indossava una veste ed un mantello nero, con il cappuccio tirato a nascondere i capelli e parte del viso. Della mia postazione non riuscivo a distinguerne i tratti, ma il barista doveva averla riconosciuta, perche sbottò immediatamente - Va via, siamo chiusi –
 - Non sono qui per bere, Aberforth - rispose lei quasi in un sussurro, con la vice distorta dal pianto. Prese in braccio la bambina, e la cullò un paio di volte nel tentativo di calmarla. Il cappuccio scivolò sulle spalle, mostrandomi riccioli scuri, ed un profilo familiare. - Lui ci ha richiamati tutti... dobbiamo combattere... mi ucciderà se non combatto ...
- Cosa vuoi da me ?
- Prendi Annabel... tienila con te. Ti prego, non può rimanere sola e non posso portarla in battaglia io... non potrei proteggerla...
- Non farò da balia a tua figlia, Irene.
- Per favore... - il tono della ragazza era disperato. - Solo per poche ore. - Fu allora che la riconobbi. Gli occhi azzurri arrossati dal pianto, erano gli stessi occhi di Alex. Era sua madre. Un altro scampanellio interruppe la discussione. Un'altra ragazza si era precipitata all'interno del locale. Indossava abiti vecchi, un po' troppo grandi per lei. Aveva un corpo sottile e slanciato, e dei lunghi capelli rossi che le ricadevano sulle spalle. Sul volto pieno di lentiggini, si era disegnata un'espressione a metà tra l'incuriosito e lo spaventato . Il mio cuore mancò un battito. In quel locale era appena entrata mia madre. Mia madre a sedici anni. - Va via, non ora - le disse il barista, indicando la donna mora con un cenno del capo. Mia madre annuì, ed usci dalla locanda. Poi fu come se le pareti diventassero liquide, e il locale, Abeforth e Irene furono inghiottiti da un vortice di acqua stagnata.
La scena cambiò.
Non ero più nella locanda, ma ad Hogwarts. Esattamente come prima ero incorporea. Come se fossi una delle pareti del corridoio che riuscivo a scorgere. In lontananza udivo grida, e urla, maledizioni scagliate con rabbia, rumori di oggetti che andavano in frantumi. Con le spalle appoggiate al muro, una figura minuta e completamente vestita di nero singhiozzava tenendo tra le braccia una bambina, Annabel. Fu grazie a lei che riconobbi Irene, perché ora il suo volto era coperto da una maschera argentea . La maschera dei Mangiamorte . - Ho sentito quello che hai detto ad Abeforth - la voce proveniva dall'estremità del corridoio, e non riuscivo a vedere a chi appartenesse , ma la riconobbi comunque. La donna si immobilizzò, mentre Ginny Weasley le si avvicinava. Si accovacciò al suo fianco, e le sfilò la maschera. Qualcuno in lontananza urlò. - Qui è pericoloso per lei, lasciala a me. Conosco un posto sicuro.
Irene le si gettò tra le braccia, continuando a singhiozzare. - Grazie.... grazie.... - Mia madre prese quel piccolo fagotto tra le braccia, e si alzò. - Combatterò per voi - disse Irene, asciugandosi le lacrime e cercando di nascondere il tremolio della sua voce. Gettò la maschera per terra. Ginny sorrise, e si allontanò, tenendo stretta tra le braccia la bambina.
La scena divenne improvvisamente liquida, e fu portata via da un'onda. Quando si ricostruì , mi trovavo nella stanza più strana che avessi mai visto. Era zeppa di roba stipata ovunque, oggetti di ogni genere erano gettati lì, in maniera disordinata, e parevano essere ormai dimenticati da secoli. Vidi Annabel accucciata in un baule di legno, seminascosta da una pesante coperta di lana. Per un secondo mi sembrò di vedere Albus aggirarsi tra quegli oggetti, ma poi mi resi conto che era mio padre. Dietro di lui, Ron ed Hermione. Stavano discutendo con tre ragazzi, uno pallido e mingherlino, gli altri due grossi come armadi. Quello che successe dopo fu incredibilmente veloce, uno dei due armadi evocò l'amortensia e un drago di fuoco divampò dalla sua bacchetta. Vidi mio padre , Ron ed Hermione fuggire via su delle scope, salvare il ragazzo biondo, e uno dei due dinosauri. Quello che aveva evocato il fuoco, e la bambina erano rimasti dentro . Le fiamme divorarono la stanza.
E la scena cambiò ancora. Irene aveva la schiena poggiata ad una parete di legno, le sue dita stringevano convulsivamente i suoi riccioli disordinati. Le sue urla erano strazianti, il volto trasfigurato dal dolore. La stanza fu nuovamente inghiottita dalla verdognola acqua stagnata, e la parete di legno lasciò il posto ad un’enorme distesa fiorita. Questa volta, però, non ero parte dell'arredamento. Era come se fossi nell'aria, come se fossi lo Zefiro che smuoveva quel prato. Viole, rose e margherite, gigli, papaveri e mimose, e innumerevoli altri fiori che non conoscevo, si intrecciavano tra di loro, e si estendevano per kilometri e kilometri, impedivano la vista anche di un solo filo d'erba. Doveva essere un incantesimo, perché non riuscivo ad immaginare un posto al mondo, dove tutta questa varietà floreale potesse convivere con così tanta prosperità . Non percepivo odori, ma immaginari che il profumo dovesse essere inebriante. Da questo turbine di colori, sorgeva timida una minuscola tomba bianca, fatta interamente di marmo. L'iscrizione dorata recitava semplicemente "Annabel 1995 - 1998." Non c'era un cognome, nè una fotografia, e immaginai che non ci fosse neanche un corpo. Fui invasa dalla tristezza.
In piedi, di fronte a quella minuscola tomba, Irene teneva per mano un bambino, dai disordinati riccioli scuri. - Noi la vendicheremo, Alexander. Promettimelo. - fu il sussurro che uscì dalle labbra di Irene. - Te lo prometto, mamma. - rispose il bambino, guardando la tomba di quella sorellina che non aveva mai conosciuto e probabilmente senza capire realmente cosa avesse appena promesso. - La vendicheremo insieme.
Mi parve che i fiori diventassero liquidi, e che un enorme vortice si aprisse in quell'oceano, per inghiottire quello scenario.
Le scene successive si susseguirono velocemente. Vidi Alex amato e torturato dalla sua stessa madre, lo vidi subire ingiustizie e violenze, lo vidi sfiorare la follia, perdere la cognizione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Ciò che vedevo iniziò a farsi sempre più sbiadito, le immagini iniziarono a sembrarmi sfumate e lontane. Avevo smesso di respirare. Quando i polmoni iniziarono a bruciarmi, mi ricordai di avere la faccia immersa nel fango, e lentamente tornai ad essere consapevole di avere un corpo. Quando tirai fuori la faccia da quella bacinella, e mi ritrovai di fronte a venti facce curiose, la consapevolezza di ciò che avevo appena visto mi incatenò alla sedia per qualche secondo.
La voce rauca della Cooman mi chiese - Allora, cara ragazza? Hai avuto le risposte che cercavi ? –
Fu come essere colpita da una secchiata di acqua gelida. Lentamente, annuii. Avevo persino dimenticato di concentrarmi sulle domande, ma ossessionavano la mia mente così tanto, e da così tanto tempo, che le risposte si erano mostrate a me. Ed io che pensavo che Divinazione fosse una materia cretina. Mi passai le mani sul viso, e mi accorsi di avere le guance bagnate. Inizialmente pensai a quella disgustosa sostanza melmosa, ma poi mi resi conto che erano lacrime.
-Professoressa...io... ehm... dovrei andare in bagno - balbettai. Non riconobbi la mia voce, sembrava venire da un luogo lontano, e non uscire dalle mie stesse labbra.
La professoressa Cooman mi guardò con una strana espressione - Va tutto bene, cara? - chiese. Percepivo anche lo sguardo preoccupato di Brianne al mio fianco. Non risposi, e mi alzai velocemente dalla sedia . Dovevo assolutamente dirlo a mio padre. Immediatamente. Il mio stomaco era in preda ad un tornado di emozioni contrastanti. Non ne avevo il controllo. Avevo perso il controllo anche sul mio stesso corpo. Le mie gambe avevano iniziato a correre come dotate di vita propria. Il castello era deserto, poiché tutti gli studenti erano a lezione. Ne fui felice, perchè se qualcuno mi avesse visto, avrebbe sicuramente pensato che ero diventata matta. E forse non avrebbe avuto tutti i torti. Quasi caddi per le scale, e rischiai di inciampare un paio di volte nei miei stessi piedi, mentre praticamente volavo tra i corridoi della scuola. Girai a destra e per poco non andai a sbattere contro il muro. Un secondo prima dell'impatto misi le mani davanti, e mi fermai per prendere fiato. - Lily va tutto bene? - mi chiese una voce alle mie spalle. Sobbalzai, e mi voltai lentamente. Il mio cuore fece un salto, ero terrorizzata dalla idea che fosse....
- Scorpius! Mi hai fatto prendere un colpo!
- Che succede ?
- Ho bisogno di un camino... Alex... devo parlare con mio padre, la Cooman, l'ho visto nella pozzanghera, perché mia madre.... quella bambina.... vuole uccidermi! - balbettai, con il fiato ancora grosso.
- Una bambina vuole ucciderti ? Lily, non ho capito niente. - rispose lui calmo, ma con evidente preoccupazione negli occhi. Mi prese il volto tra le mani, costringendomi a guardarlo. -Ora frena, e spiegami tutto con calma. - disse lui, il suo tono dolce ebbe l'effetto di tranquillizzarmi all'istante.
- È una storia lunga... ma ho bisogno di parlare con mio padre, subito! È la madre di Alex che sta provando ad uccidermi, e Alex la sta aiutando. - risposi. avevo provato a sembrare calma, ma decisamente non ero riuscita nell'intento.
- Ne sei sicura ? - chiese lui. Annuii . - Vieni con me - disse, prendendomi la mano. Io presi in respiro profondo, e mi incamminai al suo fianco. Non facemmo neanche due passi, però. Scorpis cadde a terra, disteso sulla pancia. Era svenuto. Avevo voglia di urlare, ma non ci riuscii. Fui tentata di accovacciarmi al suo fianco, ma il mio buon senso prese il sopravvento. Afferrai la bacchetta e mi voltai, ma il corridoio era ancora deserto. Con la bacchetta ancora puntata verso il nulla, mi guardai intorno, ma non vidi nessuno. Sentivo il cuore martellarmi nel petto. Presi un respiro profondo. - Stupeficium - urlò una voce dal nulla. Fu come se fossi stata schiaffeggiata dalla mano di un gigante. Fui scaraventata lontano, poi sentii la dura pietra colpirmi la schiena. Infine un dolore lancinante alla nuca.
Poi più nulla.
 
 
Chiodino: Lo so, lo so che avevo promesso che avrei aggiornato la settimana scorsa.
Purtroppo sono stata rapita dai miei genitori, e portata in montagna. Ma non temete, sono riuscita a scappare una settimana prima del tempo!
Comunque, visto che ero in esilio e priva di computer, ho scritto questo capitolo sul tablet di mia sorella. L’autocorrect si divertiva a prendermi in giro, era convinto che Scorpius si chiamasse Scolpito, che la Cooman fosse Colma (di cosa, poi?) , che Ginny fosse Gianna, e che lo Stupeficium fosse Stupito, ed una valanga di altre cose che neanche mi ricordo.
Sono abbastanza sicura di aver corretto tutto, e se qualcosa mi è sfuggito date la colpa alla mia beta, che fa solo finta di correggermi i capitoli. (t.v.b.).
Comunque, non vi ringrazierò mai abbastanza per tutto il sostegno e l’incoraggiamento che mi state dando, sul serio. Quindi grazie ancora.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto!
Un abbraccio fortissimo! 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Ardemonio. ***


Ripresi conoscenza lentamente.
Ero distesa su una superficie dura e scomoda, e le tempie mi bruciavano dolorosamente.
Provai a muovermi, ma mi resi conto di avere le mani legate dietro alla schiena.
Aprii gli occhi, e quello che vidi fu un soffitto degradato, ammuffito e zeppo di ragnatele.
L’aria era pesante, ed odorava di vecchio.
Mi guardai velocemente intorno. Ero distesa su un pavimento, e avevo poche possibilità di movimento. La maggior parte del mio corpo era indolenzito, mentre il resto era dolorante.
Vidi un letto a baldacchino consumato dal tempo e dalle termiti.
Rotolai su un fianco, e mi ritrovai d’avanti le spalle larghe di Scorpius.
Anche lui aveva le mani legate dietro la schiena, con delle corde abbastanza consumate.
Sempre rotolando mi avvicinai a lui, e provai a scuoterlo con il mio corpo.
Lui non si mosse.
Quando però vidi la sua schiena, alzarsi ed abbassarsi, anche se molto lentamente, mi rilassai un pochino.
-Scorpius – sussurrai. Ma lui non si svegliò.
In quel momento sentii il rumore di passi che si avvicinavano, accompagnati dallo stridente scricchiolio del pavimento di legno.
Siamo fottuti.
La figura slanciata di Alex Thomas entrò nella stanza, attraverso una porta malridotta.
-Come stai? – mi chiese. Dovetti fare uno sforzo immane per ingoiare tutti gli insulti che desideravo riservargli, ma non potei fare a meno di guardarlo con odio.
Non risposi, e lui si accovacciò al mio fianco.
-Senti Lily… mi… mi dispiace per tutto questo…
-Ti dispiace? Ti dispiace? – ringhiai. Non potevo credere a quello che le mie orecchie stavano sentendo.
Gli dispiace. A questo povero piccolo bastardo dispiace di avermi schiantanta, e portata in una specie di baracca in degrado per farmi fuori. Gli dispiace.
Lui ignorò il mio tono aggressivo, ed annuì.
-Io credo… credo che sia giusto. Deve essere giusto. Le ho detto che non volevo più farlo, ma lei si è arrabbiata molto… ora sta venendo qui, vuole sistemarti personalmente… - Blaterava lui.
Aveva una strana espressione negli occhi, e se non mi fossi sentita così spaventata, arrabbiata e tradita, probabilmente avrei veramente pensato che si sentisse dispiaciuto.
-Lei… ti ha obbligato?
Lui annuì. – Lo fa per amore. Annabel deve essere vendicata. Io sono venuto al mondo per amarla ed aiutarla. – recitò, come se si trattasse di un copione che ormai aveva imparato a memoria. Quasi mi si strinse lo stomaco.
Lo avevo visto, in quella maledetta pozzanghera. Avevo visto sua madre torturarlo quando era solo un bambino.
-Alex… è pazza. Ti prego, devi farci uscire di qui.
-Non posso – sussurrò. I suoi occhi azzurri si coprirono di un sottile velo di lacrime.
-Quando ha saputo della profezia, ha perso definitivamente il controllo… - iniziò a spiegare, senza che glielo avessi chiesto. Nel tono della sua voce, percepivo il bisogno di confessione che lo attanagliava. - … Era diventato quasi impossibile, per lei, girare per la scuola. Erano anni che lo faceva, in incognito, sai… per spiarti. –
Spalancai gli occhi a quell’affermazione.
-Avrebbe potuto ammazzarmi in ogni momento! Perché non lo ha fatto…?
-Vuole che tu muoia come Annabel. Non vuole che i tuoi genitori possano piangere sul tuo corpo. Dovevamo trovare il luogo adatto.
Rabbrividii.
L’idea dei miei genitori mi strinse lo stomaco in una morsa.
Feci fatica persino a deglutire.
Era buffo, perché ormai ero certa che la mia morte fosse vicina, e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare erano mia madre, mio padre, James e Albus.
Non avrei mai voluto che soffrissero a causa mia.
E poi, un piccolo pensiero scomodo si affacciò nei meandri della mia mente.
Forse avrei dovuto amarli di più.
Dovetti fare uno sforzo immane per non scoppiare a piangere.
La consapevolezza del corpo di Scorpius steso accanto al mio mi colpì come una pugnalata al cuore.
- Alex… Scorpius. Ti prego, portalo via. Io resterò qui, te lo prometto… le lascerò fare tutto quello che vuole… ma lui non c’entra nulla, per favore, per favore… - lo stavo supplicando.
Mi vergognai del tono piagnucoloso della mia voce, ma l’idea che Scorpius dovesse morire a causa mia mi faceva impazzire.
Non riuscii più a trattenere le lacrime, e due gocce salate mi solcarono le guance.
Alex scosse il capo. – Deve essere lei a decidere, Lily. Io… io non posso. Lui sa tutto, non so se vorrà lascialo libero.
Chiusi gli occhi per impedire ad altre lacrime di cadere.
Non volevo apparire spaventata o impaurita, ma decisamente non stavo riuscendo nell’intento.
-Quando… quando mi hai invitato ad uscire…?
-Sì, dovevo portarti da lei. Quando mi sono presentato a mani vuote, si è infuriata.
-E la pozione nel mio succo di zucca? Non puoi averla messa tu!
Lui annuì. - Quando mi sono avvicinato per riprenderti, ho puntato la bacchetta contro Zabini, ricordi? Gli ho scagliato la maledizione Imperius, e gli ho fatto scivolare la pozione soporifera in tasca, andando via. È stato lui a metterla nel tuo bicchiere. Poi ho fatto entrare mia madre di nascosto, attraverso il camino di quell’aula… sai, è riuscita ad eliminare gli incantesimi difensivi che ci sono in quella stanza. Per questo riesce ad entrare ed uscire dal castello tranquillamente. Ha modificato loro la memoria, e li ha fatti confessare.
-Cosa? E… la storia di tuo zio? – chiesi, ricordandomi di quando avevo visto Alex uscire da quell’aula, e quella donna sparire nel camino. Alex era veramente mal ridotto.
-Mia madre è figlia unica. Quando mi hai visto… mi ha detto di mentirti, e ho inventato quella storia.
-Non posso crederci… - sussurrai, distogliendo lo sguardo da Alex. Non lo sopportavo.
Non sopportavo di essermi fidata di lui.
-La maledizione imperius… immagino che sia stato sempre tu… -
Annuì ancora una volta. – Rose era seduta a fianco a me, al tavolo dei Corvonero. Le ho sfilato la bacchetta dalla tasca, e ti ho scagliato contro la maledizione. è stato facile, nessuno se n’è accorto.
La punta di orgoglio nella sua voce mi fece venire voglia di schiaffeggiarlo.
Per sfortuna, avevo le mani legate.
Lo scricchiolio delle travi del pavimento interruppe la nostra conversazione.
Irene fece la sua apparizione, in un lungo ed elegante abito di velluto nero.
I riccioli scuri le ricadevano ordinatamente sulle spalle, le labbra erano colorate di un rosso scuro, simile al colore del sangue.
Ombra Madre del Dolore
E da lei rinascerà di nuovo
La Morte
Ora, potevo vedere chiaramente l’ombra della follia attraversare i suoi occhi chiari.
-Piccolo giglio, sono molto delusa da te – disse, avvicinandosi. Guardò il corpo di Scorpius, storcendo il naso, poi tornò a rivolgere la sua attenzione a me.
Accarezzò i capelli del figlio, e si accovacciò al suo fianco.
Poi, mi afferrò le spalle e, con una delicatezza che mi sorprese non poco, mi aiutò a mettermi seduta.
-Alex mi ha detto che hai scoperto tutto prima del tempo, stavi quasi per mandare a rotoli tutto il lavoro che ho fatto in questi anni. – Disse, accarezzandomi i capelli. Sorrise, mostrando dei denti bianchi e bellissimi, e mi si gelò il sangue nelle vene.
Nonostante fossi a dir poco terrorizzata, non potei fare a meno di ammirare la sua bellezza.
Delle sottili rughe le circondavano gli occhi e la bocca, ma non guastavano l’armonia del suo viso.
-Capisco che tu fossi spaventata, e per questo ti perdono, piccola – continuò, baciandomi la fronte.
Ero pietrificata.
-Speravo che saresti venuta da me spontaneamente, ormai avevo perso le speranze di poterti condurre qui con la forza. Odio fare le cose di fretta, non vengono mai bene come vorrei. – Aveva un tono dolce, quasi materno, e la cosa mi terrorizzava.
Avrei voluto urlare, o parlarle, o anche solo supplicarla, o piangere, ma non ci riuscivo.
Rimasi lì, immobile, a guardarla con il terrore negli occhi.
Lei sembrò compiacersene.
-Sai perché lo sto facendo?
Lentamente, quasi impercettibilmente, annuii. – Annabel… - sussurrai.
-Tua madre è un’assassina. – il suo tono era diventato improvvisamente irato, e mi fece trasalire.
Figlia di chi ha generato dolore.
Ma presto, la rabbia prese il posto della sorpresa, e non riuscii a trattenermi
-è stato un incidente! – urlai – lei non poteva saperlo!
-Credi che questo cambi le cose? Lei non ha mai capito… la sua vita è perfetta, la sua famiglia è perfetta, la sua dolce e piccola bambina… - e mentre lo diceva, mi accarezzò nuovamente una guancia – è perfetta – ed ora, il disprezzo nella sua voce era palese. Mi schiaffeggiò con forza, e dalla sorpresa, urlai.
-… Suo marito, è perfetto.
Figlia di chi ha generato la luce.
-... Voglio che viva quello che ho vissuto anch’io, voglio che soffra come ho sofferto io. È quello che merita un’assassina. Finalmente, giustizia sarà fatta.
-Hai una strana concezione della giustizia – ringhiai. Non avrei mai creduto che la mia faccia tosta potesse arrivare a tanto, ma ormai non mi importava più.
Era finita, lo sentivo. Ormai non mi importava di farla arrabbiare.
L’unica cosa che veramente desideravo, era far uscire Scorpius da lì, indenne.
-Lui non c’entra niente in questa storia – dissi, indicando il Grifondoro con un cenno del capo. – Portalo via –
Irene scoppiò a ridere. – Oh, no cara. Non lo farò.
-Pensavo che tu volessi me, e soltanto me – continuai, citando le sue stesse parole.
Scosse il capo, facendo ondeggiare i suoi riccioli scuri.
Intanto, Alex si era alzato, ed era andato ad appoggiarsi alla parete di fronte.
La sua espressione era incredibilmente sofferente, e se non mi avesse appena consegnato nelle mani della mia assassina, probabilmente avrei provato pena per lui.
-Madre… - provò a dire, ma Irene lo zittì con un gesto della mano.
-Ti avevo detto che non avrei fatto del male a chi ami, se tu fossi venuta da me. Ma non lo hai fatto, Alexander ha fatto una faticaccia per riuscire a portare qui entrambi, e a non farsi scoprire. Mi dispiace tanto. – disse lei, con un tono lamentoso che la fece somigliare ad una bambina capricciosa.
-Dove ? – chiesi. Forse parlavo ancora per ritardare, se pur di qualche minuto, il momento della mia morte, o forse veramente pensavo che qualsiasi informazione sarebbe stata utile a farmi uscire di là. Anche se una parte di me sapeva che era solo una vana speranza.
-Cosa, mio giglio?
-Dove ci ha portato?
-Oh, siamo nella Stamberga Strillante. Ho pensato che nessuno si sarebbe dispiaciuto, se avessi distrutto questa vecchia baracca.
Come sei compassionevole.
-Beh, direi che è arrivato il momento di dirci addio, piccola Lily. È stato un piacere parlare con te, ma sai… hai dormito quasi tutto il pomeriggio, e scommetto che tuo padre ha già disturbato tutto il Ministero per venire a cercarti. Non vorrei che ti trovasse prima… beh, prima che tu sia ben abbrustolita.
Oh, hai anche un gran senso dell’umorismo.
Si alzò, e si avvicinò ad Alex. Estrasse la bacchetta dalla cinta del lungo abito e la puntò verso una delle quattro pareti di legno. – Ardemonium! – urlò, e la parete prese immediatamente fuoco.
-Si diffonderà in un attimo – aggiunse Irene sorridendo, prima di prendere Alex per un braccio e smaterializzarsi con un sonoro Plop.
Cazzo.
Chiusi gli occhi, e mi concentrai con tutte le mie forze sulle corde che mi tenevano le braccia.
Dovevo portare Scorpius fuori da lì.
Sentii la presa sui miei polsi farsi sempre più sottile, fino a quando non scomparve del tutto.
Ottimo.
Avevo finalmente le mani libere, e mi alzai di scatto.
La seconda parte, ed il letto a baldacchino, avevano definitivamente preso fuoco.
La puzza era incredibile, e il fumo mi annebbiava notevolmente la vista.
-Scorpius! Scorpius! – urlai, scuotendolo violentemente. Dobbiamo andarcene di qui, svegliati.
Non ricordavo quale diavolo fosse la formula per placare l’Ardemonio, e questo mi innervosiva parecchio.
Eppure, ero sicura di averla letta, da qualche parte.
Liberai anche i polsi di Scorpius, e continuai a scuoterlo fin quando non aprì gli occhi.
-Lily, ma dove…? – balbettò confuso.
-Non c’è tempo, devi alzarti! Dobbiamo andarcene di qui!
Scorpius non se lo fece ripetere due volte, e si alzò di scatto. Lo vidi traballare un pochino, ma si riprese quasi subito.
Coprì il mio corpo con il suo mantello, e mi strinse a sé con il braccio destro.
Con la mano sinistra mi coprì la bocca ed il naso. – Non respirare – mi sussurrò all’orecchio.
La terza parete, e buona parte del pavimento aveva ormai preso fuoco.
Corremmo in direzione dell’unica porta che ancora non bruciava, e l’attraversammo.
Una trave di legno cadde proprio dietro di noi, con un sonoro tonfo.
-Per un pelo – commentai.
-Dobbiamo andare su.
-Hai idea di come uscire da qui?
-No, ma se scendiamo rischiamo di farci crollare il pavimento addosso. – rispose lui,  guardando con determinazione quelle scale consumate.
Le salimmo di corsa, nonostante mancassero un paio di gradini, e qualcun altro quasi cedette sotto il nostro peso. Arrivammo al piano superiore, precedendo solo di pochi secondi le fiamme, che, quasi dotate di vita propria, avevano iniziato ad inseguirci.
Scorpius si allontanò da me, ed iniziò a battere violentemente i pugni contro una finestra sbarrata.
Quella Stamberga era veramente curiosa. Non sembravano esserci vie d’uscita.
Tutte le finestre erano murate, o fissate con travi di legno consumate, che però pareva impossibile rompere. Antichi incantesimi, probabilmente, impedivano a qualsiasi cosa ci fosse dentro, di uscire.
-Expecto Patronum – urlò Scorpius, e dalla sua bacchetta uscirono dei sottili fili argentei.
-Che stai facendo?
-Provo a chiedere aiuto – rispose lui, agitato.
-Expecto Patronum! – urlò di nuovo, ma ancora una volta, l’unica cosa che riuscì a produrre furono sottili file argentati, che invano provarono ad assumere una qualche forma.
-Devi concentrarti su un ricordo felice – gli dissi, cacciai anche io la bacchetta, ma prima che potessi pronunciare la formula, Scorpius eliminò la distanza che si era formata tra noi, e mi baciò.
Una piccola parte di me ebbe l’istinto di spingerlo via, e di urlargli che quello non era il momento adatto, e che la situazione non richiedeva esattamente queste smancerie.
Ma rimasi inerme sotto il tocco delle sue labbra, mentre anche stanza in cui ci trovavamo, iniziava a bruciare.
Allontanò di pochi centimetri le sue labbra dalle mie, e mi sorrise guardandomi negli occhi.
-Expecto Patronum! – pronunciò di nuovo, questa volta senza urlare, ma con un tono fermo e deciso.
E dalla sua bacchetta fuoriuscì un enorme leone argentato, dal portamento fiero ed elegante.
Il Patronus iniziò a correre, ed attraversò la parete in fiamme della Stamberga.
-Non ci conviene aspettare qui – disse Scorpius prendendomi per mano. – Dobbiamo salire ancora.
Riuscimmo ancora una volta ad evitare le fiamme per un pelo. Trovammo un’altra rampa di scale, e le percorremmo di corsa.
Avevo l’affanno, causato un po’ da quel continuo correre, ed un po’ dai fumi provocati da quel fuoco maledetto.
La vista annebbiata un po’ dalle lacrime, e un po’ da quel fumo nero che si era disperso ovunque in quella casa.
Sapevo che era ormai questione di secondi perché le fiamme raggiungessero anche quel piano.
E la cosa che mi spaventava, e che non c’erano altre rampe di scale che potessero portarci ancora più su.
Il pavimento sotto i nostri piedi era incredibilmente caldo e, viste le sue già precarie condizioni, temevo che potesse cedere da un momento all’altro, trasformandoci in spiedini abbrustoliti.
-Credi che arriverà qualcuno? – chiesi a Scorpius, stringendogli la mano.
Lui aveva una strana espressione negli occhi, a metà tra il rassegnato ed il triste. Appoggiò le labbra alla mia fronte, avvicinandomi a sé e stringendomi forte tra le braccia.
-Non lo so… - sussurrò semplicemente, ed io mi trovai d’accordo.
Dovevamo trovare un modo per uscire da lì.
Posai le mie labbra sulle sue per qualche secondo, prima di allontanarmi da lui.
Mi fiondai su l’unica finestra che c’era in quella stanza, mentre percepivo le fiamme avvicinarsi all’uscio della porta.
Iniziai a colpirla a pugni chiusi, graffiandomi le mani. Dopo qualche secondo smisi anche di sentire dolore. I pugni mi si erano indolenziti a tal punto, che non percepivo nulla, se non un piccolo formicolio.
Le fiamme entrarono nella stanza, e divorarono le pareti ad una velocità incredibile, ed iniziarono presto a corrodere anche il pavimento.
Era strano, ma sembravano arrabbiate. Come se non fossero riuscite a soddisfare a pieno la loro fame, e avessero iniziato a cercarci con stizza.
Scorpius mi afferrò un polso saldamente.
-Non serve a niente. – mi disse, guardandomi con fermezza.
Volevo urlargli che non serviva a nulla neanche rimanere fermi, ed aspettare di essere abbrustoliti.
Volevo dirgli che avrebbe dovuto provare a trovare un modo per salvarci, invece di guardarmi, con quella faccia mortificata.
Ma non feci nulla di tutto ciò. Abbassai lo sguardo, e osservai le fiamme avvicinarsi a me.
I capelli mi si erano appiccicati al viso per il sudore, e ogni mio respiro era accompagnato da un bruciore lancinante al petto.
Sentivo goccioline di sudore scorrermi giù per la schiena.
Immaginai che anche il mio viso fosse coperto di macchie di fuliggine, come quelle che ora ricoprivano il volto pallido di Scorpius.
Avevo veramente voglia di piangere.
Il fuoco aveva iniziato a divorare il soffitto, una trave di legno iniziò a sgretolarsi sotto la sua morsa, e per poco non cadde in testa al biondo.
Mi fiondai su di lui, prontamente, e lo spostai di lato, facendo cadere entrambi su una minuscola briciola di pavimento, che ancora non era stata divorata dalle fiamme.
Plop.
Una terza figura si era materializzata nella stanza.
Non riuscivo a credere ai miei occhi.
-Alex? Che diavolo…?
-Non ce la facevo a lasciarti qui… Lily, mi dispiace… davvero – aveva le guance rosse, e un sottile velo di lacrime ricopriva le sue iridi azzurrine.
-Vuoi…? Sei venuto per aiutarci? – chiesi speranzosa.
-Mia madre… mi ucciderà… ma non ... non ce la facevo a lasciarti qui. Dobbiamo muoverci - disse, afferrandomi un braccio.
Chiuse gli occhi, ma quando mi resi conto che non aveva afferrato anche Scorpius, mi ritirai con uno scatto.
-Scorpius…
-Non ho ancora passato l’esame per la smaterializzazione – spiegò – so farlo da solo, ma non ho mai provato la smaterializzazione congiunta. Posso provarci con una persona, ma non con due… è troppo rischioso.
-Prendi lui – risposi prontamente. Non avevo nessuna intenzione di andarmene lasciando Scorpius a bruciare.
-No . – ribattè il biondo, altrettanto prontamente, e con altrettanta fermezza nel tono di voce.
Alex spostava lo sguardo dall’uno all’altro, cercando di capire cosa fare.
Non potevamo aspettare un secondo di più.
-Scorpius… - sussurrai, avvicinandomi a lui e carezzandogli una guancia. - … perdonami.
-Co…?
-Pietrificus totalus – pronunciai, decisa. Immediatamente, il corpo di Scorpius si pietrificò. Quasi cadde all’indietro, ma Alex lo afferrò.
-Sei sicura? – mi chiese, guardandomi negli occhi.
No, non ne sono sicura. Non ho idea di quello che sto facendo.
Ma l’idea di lasciarlo qui è inaccettabile per me.
-Sì – risposi decisa. Una decisione che non mi apparteneva affatto.
-Proverò a tornare a riprenderti. -strinse il corpo di Scorpius tra le braccia, e strizzò di nuovo gli occhi per concentrarsi.
-Alex, aspetta… - le parole furono pronunciate autonomamente dalla mia voce. Forse la mia parte vigliacca stava per avere la meglio, forse quelle poche briciole di Grifondoro che erano in me erano state carbonizzate, come tutto il resto.
O forse no. – Restituisci il mantello dell’invisibilità a James, per favore. – dissi.
Lui mi guardò serio, ed annuì.
-Perdonami – disse, prima di smaterializzarsi con un Plop.
Ecco, è la fine. Ero arrivata alla fine della mia breve, e non troppo entusiasmante, vita.
Avevo i capelli bruciacchiati, ma mi sentivo incredibilmente serena.
Scorpius era salvo, almeno nessuna parte di lui era rimasta in quella stanza, come avevo temuto, visto l’inesperienza di Alex nella smaterializzazione.
Forse mi sarei addirittura commossa per il gesto di Alex, ma in quel momento non aveva senso.
Stavo per morire.
Nessuna emozione da vivi, poteva avere senso.
Mi sedetti a gambe incrociate sul pavimento di legno. Ancora non bruciava, ma mancava poco.
Un’altra trave cadde dal soffitto, e le mie palpebre iniziarono a farsi pesanti.
Sapevo, che presto avrei perso conoscenza.
E che sarei stata divorata dalle fiamme.
Un leone argenteo attraversò le fiamme, e si avvicinò a me.
Un leone? È il patronus di Scorpius?
Dovevo avere le allucinazioni. Forse i fumi dell’incendio mi stavano giocando strani scherzi.
Il leone si avvicinò a me, lentamente, con andamento elegante.
Fermò il suo muso a pochi centimetri dal mio.
Pensai a Scorpius, e alle sue labbra sulle mie.
E accarezzai quel suo Patronus, che era venuto a farmi compagnia. Assurdo.
Se non accarezzerà il Leone
Almeno, una piccola parte di Scorpius era ancora con me.
Il Patronus iniziò a scomporsi.
Perse la forma del re delle foreste, ed la strana sostanza argentea di cui era formato, a metà tra il liquido e l’aeriforme,  iniziò ad arrampicarsi su per il braccio con cui lo avevo toccato. E piano, piano, solleticandomi la pelle, ricoprì tutto il mio corpo.
Forse è così che si muore, pensai.
È un modo buffo e assurdo di morire.
Poi, mi resi conto che qualcosa non andava.
Le fiamme avevano iniziato a corrodere anche la parte di pavimento su cui ero seduta, ma non mi bruciavano.
Mi alzai, e attraversai la stanza. Le fiamme divoravano tutto, il povero e scarso arredamento della stanza, le pareti, il soffitto ed il pavimento.
Ma non riuscivano a sfiorarmi.
Il Patronus di Scorpius mi stava proteggendo dall’Ardemonio.
Il che sembrava essere una buona notizia.
Ora il problema era riuscire ad uscire da là.
Il mio corpo reagì prima che il mio cervello potesse comprendere a pieno quella situazione.
Iniziai a correre, e attraversai l’uscio della porta, proprio mentre gli assi di sostegno cedevano.
Le scale erano quasi completamente distrutte, e dovetti saltellare parecchio per riuscire a raggiungere il secondo piano.
Dovevo riuscire a trovare una via d’uscita.
Potevo provare con la smaterializzazione, ma a quel punto si trattava di decidere se morire bruciata, o lasciando un pezzo di me nella Stamberga, facendone apparire un altro ad Hogsmaide.
Evitai l’ennesima trave (e forse anche un po’ di pavimento) che stava per precipitarmi in testa, ed arrivai al pianerottolo, per scoprire che la rampa di scale successiva era completamente scomparsa.
Sentii tutte le mie speranze spegnersi, e il che mi face scoppiare a ridere, quando mi resi conto che erano l’unica cosa spenta in quella casa.
Mi sentii un po’ stupida, ma d’altra parte, non me ne importava nulla.
Nessuno lo avrebbe saputo comunque.
Mi dissi che tanto valeva tentare. Guardai quello stretto buco che mi avrebbe condotto al piano inferiore, e le carcasse di quelle che fino a pochi minuti fa erano state delle scale, circa due metri sotto di me.
Mi gettai.
Precipitai rapidamente, e l’atterraggio fu particolarmente doloroso.
Non so esattamente quali ossa ci siano all’altezza del sedere, ma fui certa di essermele spappolate tutte.
Mi rialzai a fatica, e attraversai ancora una volta l’ennesimo corridoio in fiamme.
Se non fosse stato per quell’ex patronus\ sostanza argentea che mi proteggeva, a quel punto sarei stata sicuramente ben cotta.
Spinta dalla forza della disperazione, riuscii ad arrivare al piano terra, o almeno, a quello che ne restava.
Deve pur esserci una maledetta porta in questa Stamberga.
La porta non la trovai, ma attraversai una sorta di arco rettangolare, che mi portò in un tunnel stretto, e abbastanza basso.
Le fiamme non vi arrivavano. Si fermavano sull’uscio di quell’arco, e non osavano oltrepassarlo.
Non pensavo che nella vita mi sarei mai trovata ad essere grata della mia bassa statura, ma in quell’occasione ne fui felice.
Almeno, non sbattevo in continuazione la testa contro il soffitto di quel tunnel.
Mi ero lasciata le fiamme alle spalle da almeno dieci minuti, quando riuscii ad intravedere una fioca luce alla fine del tunnel. E non è una metafora di vita.
Accelerai, ricominciai a correre, con rinnovate energie che non credevo di possedere, e varcai la soglia di quel passaggio.
Fu allora che sentii qualcosa di duro colpirmi la testa. Caddi a pancia in giù.
Riuscii ad attenuare la caduta con le mani, ma ero abbastanza sicura di essermi spappolata buona parte del cervello.
Alzai lo sguardo, e capii.
Ero sotto il Platano Picchiatore.
I grossi rami di quella cosa che le persone si ostinavano a chiamare albero, ma che in realtà era più simile ad un gigante con molte braccia e manie omicide, iniziarono a tagliare l’aria con violenza, provando probabilmente a completare il lavoro che aveva già iniziato con quello che rimaneva della mia materia grigia.
Con un fortissimo dolore alla nuca, oltre che ai fianchi, e notevoli difficoltà respiratorie, riuscii a tirarmi su velocemente, e ad evitare lo schiaffo di uno di quei rami saltando in alto.
Iniziai a correre, e sterzai a sinistra, evitando il colpo di un altro ramo.
Lo vidi battere forte sul terreno, leggermente alla mia destra, e lasciare lì un profondo fosso.
Decisa a non essere spiaccicata al suolo, continuai la mia corsa fino ad allontanarmi abbastanza da quei rami assassini.
Ed oltre.
Non mi fermai fin quando non vidi l’imponente figura del castello apparire ai miei occhi.
Solo allora, l’adrenalina mi abbandonò, e mi lasciai cadere al suolo.
L’erba era umida e soffice, affondai il viso nel terreno, lasciando che il profumo del prato bagnato mi riempisse i polmoni.
Mi voltai, distendendomi sulla schiena.
Il sole era tramontato, ed il cielo dietro il castello era già scuro, mostrando le prime timide stelle.
I deboli raggi del sole, però, riuscivano ancora a schiarire la parte del cielo che ricopriva il lago, conferendogli uno sfumato colore azzurro, misto ad un tenue arancione.
Quando Luce ed Ombra saranno insieme.
Ero riuscita a salvare Scorpius, e Scorpius aveva salvato me.
E la profezia non si era avverata.
O forse sì?
- Lily! – gridò una voce alle mie spalle.
Non avevo le forze per voltarmi, non avevo le forze per reagire.
Fui letteralmente travolta da un corpo snello, e da una massa di capelli indomabili.
Albus mi accarezzò il viso, e le sue dita si macchiarono di fuliggine.
Mi strinse in un forte e lungo abbraccio, baciandomi le tempie.
- Lo sapevo che eri viva. – disse, tenendomi forte tra le sue braccia.
 
 
 
Chiodino: Questo era l’ultimo capitolo effettivo.
La storia è finita, e quasi mi commuovo. * asciuga una lacrimuccia*
Spero veramente che vi sia piaciuto, e che non abbiate voglia di scannarmi. (vi prego, pietà)
Però, visto che mi sono divertita tanto tanto a scrivere,e che ci sono ancora un paio di cosette da spiegare (che fine ha fatto Irene? E Alex e Scorpius? Che cosa stava facendo Harry mentre sua figlia veniva messa sulla brace? e cosa stava facendo esattamente Albus là? )  ho deciso che non seguirà un solo epilogo, bensì due.
Quindi abbiamo ancora un po’ di tempo prima di salutarci.
Vi ringrazio ancora tantissimo per tutti i bellissimi commenti che lasciate ai miei capitoli, e probabilmente non vi ho ancora ringraziato abbastanza.
Un abbraccio fortissimo, e ancora grazie. <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Epilogo. ***


Ero convinta che dopo essere riuscita a scappare da una Stamberga Strillante in fiamme, e quindi a sopravvivere al tentato omicidio di una psicopatica e del suo altrettanto deviato complice, l’universo avrebbe iniziato a rispettarmi un po’ di più e che, magari, la sfiga cosmica che mi perseguitava da quando avevo messo piede in questo mondo avrebbe deciso di smetterla di darmi il tormento.
Come ogni singola speranza ottimistica che solo aveva osato sfiorarmi la mente, si era sgretolata al suolo nel momento in cui un’altra pazza psicopatica mi aveva rinchiuso insieme a lei in quella specie di stanzino delle scope.
Ero appena uscita dall’infermeria, dopo due giorni di reclusione forzata, nonostante mi sentissi incredibilmente bene per una che era appena stata cotta a puntino. Avevo pregato Madama Spring di dimettermi, ma i miei genitori avevano insistito.
Mia madre aveva avuto una sorta di crisi isterica quando mi ero categoricamente rifiutata di farmi spostare al San Mungo.
 Okay, avevo i capelli bruciacchiati e non poche ustioni in diverse parti del corpo, ma tutti gli arti al posto giusto e nulla, assolutamente nulla, che suggeriva fosse una buona idea quella di portarmi all’ospedale.
Madama Spring aveva assicurato di essere perfettamente in grado di curarmi, e che non sarebbero nemmeno rimaste cicatrici troppo evidenti.
Quindi ero rimasta in infermeria, costretta al letto, mentre processioni di parenti venivano a farmi visita, abbracciandomi, baciandomi, stritolandomi, coccolandomi e abbuffandomi di dolciumi.
La consolazione era stata avere Scorpius nel letto a fianco.
Ammetto con vergogna di essere sgattaiolata sotto le sue coperte durante la notte, poiché l’evento traumatico aveva alimentato i miei incubi, e che la sua vicinanza aveva l’effetto di tranquillizzarmi non poco.
Per fortuna, avevo sempre avuto il buon senso di tornare sotto le mie lenzuola prima dell’alba, in modo tale da non essere vista da nessuno, e di non fornire a mio padre una motivazione per gettare dalla torre di astronomia l’ultimo erede dei Malfoy.
Ma sto divagando. Dicevo, non so esattamente da dove quella donna fosse spuntata.
Il corridoio era deserto, e stavo provando a raggiungere con calma la Sala Comune dei Serpeverde per farmi una doccia come si deve, e tentare di rimediare a quel disastro che erano ora i miei capelli
e, dal bel mezzo del nulla, era spuntata quel mucchietto di ossa scheletriche dai capelli platinati raccolti in un’acconciatura a dir poco eccentrica, che mi aveva presa per un braccio e trascinato in quello sgabuzzino.
Le pareti erano ricoperte da mensole stracolme di oggetti assurdi.
Al centro della stanza, larga un metro e lunga circa cinquanta centimetri, vi era un minuscolo tavolino di legno, al fianco al quale erano state poste due sedie, l’una grande e in mogano, l’altra piccolina e colorata di rosa.
-Accomodati, cara – aveva detto la donna, spingendomi a sedere sulla sedia più piccola, e prendendo posto di fronte a me.
Mi fermai un attimo ad osservarla. Avrebbe potuto avere trenta come cinquant’anni, un paio di occhiali con una montatura orribile coprivano gli occhi pesantemente truccati.
Le labbra scarlatte erano innaturalmente gonfie, ed il labbro superiore quasi toccava la punta del naso pallido.
Era parecchio brutta.
-Mi sta rapendo? – le avevo chiesto, giusto per capire se era necessario schiantarla o meno.
Lei era scoppiata in una sonora e stridente risata, e si era passata una lunga unghia smaltata sul labbro inferiore. – Certo che no, cara! Non ci siamo mai incontrate, ma sono una cara amica di tuo padre. Mi chiamo Rita Skeeter, e scrivo per la Gazzetta del Profeta. Mi chiedevo se avessi voglia di rispondere a qualche domanda…
Non ero esattamente dell’umore adatto, ma avevo l’impressione di non avere granché scelta, e per di più quella donna riusciva a mettermi parecchio in soggezione, quindi risposi qualcosa come – ghu ga ba – guardandola con un sopracciglio bruciacchiato ed alzato.
Incoraggiata dalla mia risposta affermativa, cacciò dalla borsetta piena di paillettes dorate, un block notes e una piuma, la quale iniziò imbrattare con inchiostro nero le pagine del blocchetto, nonostante io non avessi ancora aperto bocca.
La quattordicenne Lily Luna Potter, ha gentilmente concesso di rilasciarmi un’intervista esclusiva su quanto accaduto due giorni fa nella Stamberga Strillante, la casa più infestata di Spiriti della Gran Bretagna.
-Gentilmente concesso? – sbottai – ma se mi hai trascinato qui con la forza!
-Oh suvvia cara, non essere così pignola. Mi chiedevo, potresti descrivere le sensazioni che hai provato, nel trovarti in balìa della tua assassina?
-Emm… ero spaventata …credo.
Le sue piccole mani iniziano a tremare alla mia domanda, e la piccola eroina le stringe a pugno, così forte da far sbiancare le nocche. Tenta di dissimulare il suo turbamento, ma al mio occhio attento non sfugge il velo di lacrime che ora ricopre i suoi teneri occhi castani.
-Le mie mani non stanno tremando – borbottai, ancora sbirciando tra i suoi appunti.
-Non badare alla penna, cara. È vero che con te nella Stamberga vi era anche Scorpius Malfoy? Cosa puoi dirci a riguardo?
Iniziavo ad essere veramente stanca dell’invadenza di quella donna, e mi stavo anche chiedendo perché mai mi facesse quelle domande, se la risposta l’avrebbe comunque inventata.  
-È vero, ero con Scorpius – chiesi scocciata.
-È il tuo ragazzo?
Spalancai la bocca e non risposi.
-I lettori sono curiosi di conoscere i dettagli della vostra storia d’amore! Come vi siete conosciuti?
-beh, andiamo a scuola insieme…
-Oh, e tuo padre approva la sua relazione con il figlio di un ex Mangiamorte?
      Aveva spostato il block notes in maniera tale che non potessi leggere, ma avevo passato abbastanza tempo con quella donna da poter immaginare la soap opera che stava scaturendo da quei fiumi di inchiostro.
Di come il nostro amore avesse superato le avversità delle nostre famiglie, di come avessimo iniziato a vederci in segreto e… non riuscivo ad immaginare altro senza avere i conati di vomito.
-Credi che sia giusta la decisione del Ministero, di non imprigionare Alexander Thomas, figlio dell’ex Mangiamorte Irene Thomas, ad Azkaban e di ricoverarlo invece al San Mungo, nel reparto Malattie Mentali?
Ringraziai mentalmente i quattro fondatori, Merlino e la buon anima di Albus Silente, quando la porta dietro di me si spalancò, e mio padre entrò in quello stanzino con in volto l’espressione più minacciosa che egli avesse mai assunto.
-Mi sembrava di averti detto, Rita, che Lily non è interessata a rilasciare interviste.
-Oh, perdonami Harry, temo di aver frainteso…
-Lily, vieni con me. – sbottò mio padre, spingendomi fuori dalla stanzetta, rivolgendo un’ occhiata assassina alla giornalista.
-Aspetta Harry! – tuonò la Skeeter, uscendo di corsa dallo sgabuzzino.
Entrambi ci voltammo, e fummo immediatamente accecati da una fortissima luce bianca.
-Grazie mille per aver concesso questa foto alla Gazzetta del Profeta, Signor Potter.
 
 
 
 
Il giorno dopo, la foto di me e mio padre intenti a coprirci gli occhi con un braccio, accecati dal flash della macchina fotografica, era comparsa spiaccicata in prima pagina della Gazzetta del Profeta, a fianco all’articolo della Skeeter, che era stata in grado di romanzare a tal punto i fatti che persino io che ne ero stata partecipe, ero riuscita ad appassionarmi alla storia di quella piccola eroina, che con me aveva davvero poco a che fare.
Dovevo ammetterlo, era davvero una bella storia.
 
 
Quando ero fuggita via dall’aula di divinazione, Brianne aveva iniziato a preoccuparsi e non vedendomi alla lezione di Morse,  aveva raccontato tutto al professore, che era andato a dirlo alla preside, che aveva chiamato mio padre che, dimentico di ogni riservatezza, aveva fatto alzare le chiappe a tutto il Ministero della Magia e a tutto il Dipartimento Auror, e aveva iniziato a perquisire il castello, Hogsmade e dintorni da cima a fondo.
Ovviamente la notizia della scomparsa di Lily Potter e Scorpius Malfoy aveva fatto il giro della scuola alla velocità della luce e, mentre la maggior parte delle persone aveva iniziato a fare congetture su una possibile fuga romantica, Alice, Hugo, Albus, James, Rose e Brianne avevano iniziato a fare ricerche per conto proprio, ignorando completamente il fatto che fosse stato loro proibito dai “grandi”.
Avevano trovato il suo fascicolo all’interno degli archivi della scuola, e mentre si preparavano a scappare dalla scuola per raggiungere casa sua su una scopa, erano stati beccati da mia madre, che aveva letto il fascicolo, aveva fatto due più due e indirizzato le ricerche su Irene.
Nel suo appartamento non avevano trovato nulla, se non un babbano terrorizzato.
Avevano passato un’intera giornata a cercarmi, e ormai quasi tutti avevano perso le speranze di potermi trovare ancora viva, quando Alex Thomas si era materializzato ad Hogsmade con un ragazzo pietrificato tra le braccia.
Avevano portato Scorpius nell’infermeria della scuola, e Alex aveva raccontato tutto, spinto dai sensi di colpa. Una squadra Auror, capeggiata da mio padre si stava preparando entrare all’interno della Stamberga, quando Albus, che era andato a consolare Hagrid che non riusciva a smettere di piangere, mi aveva vista uscire dal Platano Picchiatore, stanca e bruciacchiata.
Aveva avvertita mio padre, che era accorso con una schiera di Auror e curatori al seguito, e mi aveva fatto portare in infermeria.
Mia madre, invece, si era smaterializzata senza dar retta a nessuno.
Nessuno sa come facesse a sapere dove si trovava la donna, ma un’ora dopo era tornata con Irene legata come un salame, che si dibatteva come un animale che sta per essere portato al macello.
Non ero stata presente al duello, ma ho spesso visto mia madre arrabbiata e vi assicuro che nessuno di voi vorrebbe essere nei panni di Irene.
Dopo mi aveva abbracciata e coccolata per un bel po’ di tempo.
-Sei stata molto coraggiosa – aveva detto – ma prova a farlo di nuovo, e giuro che trovo il modo di riportarti in vita solo per darti quattro sberle. – Era stata chiara.
Ed io sapevo benissimo che avrebbe mantenuto la promessa.
Comunque da parte mia, ero abbastanza sicura di averne abbastanza di atti eroici per il resto della vita.
 
Il giorno dopo mi ero svegliata con mio padre seduto sul mio letto, che mi accarezzava i capelli dolcemente.
-‘Giorno – gli aveva sussurrato, mentre mi sforzavo per tenere gli occhi aperti.
-Come ti senti?
-Bruciacchiata, ma soddisfatta – avevo risposto. Lui mi aveva sorriso, e mi aveva baciato sulla fronte.
-Pa’…?
-Cosa ?
-Perché il patronus di Scorpius è tornato? Io… non sapevo che… potesse farlo.
Avevo raccontato la storia almeno un centinaio di volte, a mio padre, a mia madre, all’infermiera, agli auror, ai miei amici, poi di nuovo agli auror, poi ai professori.
Ci avevo pensato e ripensato, e non ero giunta a nessuna spiegazione.
I Patronus servono contro i Dissennatori, o per mandare messaggi.
Ma non avevo mai sentito di Patronus che tornano indietro per proteggerti dall’Ardemonio.
-Essere amati tanto profondamente ci protegge, Lily – aveva risposto mio padre, con un mezzo sorriso –  alla fine noi possiamo solo illuderci di controllare la magia, ma nella maggior parte dei casi, la magia fa quello che le pare. Credo che Scorpius abbia desiderato così ardentemente salvarti, che il suo Patronus lo ha percepito. Per questo quel leone è tornato per proteggerti. Perché Scorpius si stava disperando di non poterlo fare.
Sorrisi. Essere amati ci protegge.
Mi voltai a guardare la testa bionda di Scorpius. Dormiva ancora profondamente.
Non mi aveva ancora del tutto perdonato per averlo pietrificato, ma ero sicura che prima o poi gli sarebbe passata.
 
 
 
 
                                                            ***
 
 
…Sei mesi dopo…
 
 
 Il giardino di casa mia ospitava ora tre tavoli, decorati con tovaglie di carta colorate e colmi di roba da mangiare.
Uno striscione era stato appeso tra le colonne della veranda, e originariamente recitava “HAPPY BIRTHDAY HARRY” , ma qualcuno (e tutti sospettavano di James) lo aveva modificato in “HARRY BIRDAY HAPPY”
Zio Ron e zio George, avevano portato dal loro negozio di scherzi dei palloncini autoesplosivi, che decidevano autonomamente di diventare fuochi d’artificio, e che una volta esplosi si ricomponevano da soli.
Era stata montata anche una piccola piscinetta, dove in quel momento James, Scorpius, Fred e Frank Paciock sguizzavano allegri.
Io li guardavo sorridendo, mentre facevo finta di ascoltare mia cugina Molly che elogiava le qualità del suo nuovo ragazzo.
Scorpius mi sembrava più bello che mai.
La sue pelle, in genere pallida, aveva assunto una delicata sfumatura dorata grazie alla lunga esposizione al sole, e questo contrastava in maniera adorabile con i suoi occhi chiari.
Frank lo afferrò per le spalle, lo sollevò e lo rigettò in acqua, mentre Fred provava a rubare a James il costume da bagno.
Erano chiassosi, ridenti e felici.
Scorpius riemerse dall’acqua, e si strofinò gli occhi con le mani, poi si passò le dita tra i capelli.
Si voltò nella mia direzione e si accorse che lo stavo guardando.
Ormai non mi imbarazzava più, così accentuai il mio sorriso.
Con un balzo atletico uscì dalla piscina, e si diresse nella mia direzione.
Centinaia  di goccioline gli accarezzavano il torace magro.
-Vieni a fare il bagno? – chiese, prima di stamparmi un bacio sulle labbra, bagnandomi la faccia.
Io scossi il capo. Il sole aveva fatto comparire delle piccole lentiggini sul suo naso.
-Vado a vedere se a mia madre serve una mano in cucina – dissi, posandogli le mani sul petto per spingerlo via.
Averlo intorno con tutti quei parenti mi metteva molto in imbarazzo. A lui, invece, non sembrava importare.
Salii in fretta le scale della veranda ed entrai in casa.
-Non è che non voglio che esca con Malfoy… è che penso che avrebbero potuto aspettare altri… dieci o quindici anni! – sentii dire a mio padre, da fuori la porta della cucina.
Entrai facendo finta di niente, e mi sedetti al grande tavolo di legno.
- Serve una mano? – chiesi.
Mio padre si voltò imbarazzato, e mi sorrise.
- Potresti friggere le patate, tesoro? – chiese mia madre. – Vado a portare fuori gli altri antipasti.
Annuii, e mi avvicinai ai fornelli.
-Dovresti andare, è la tua festa e si stanno divertendo tutti tranne te.
-Ti assicuro che mi diverto molto di più qui, che fuori con Percy che mi assilla per quei maledetti tappeti volanti.
-Ma tu non lavori al Ministero! Che cosa diavolo potresti farci?
-Mettere una buona parola qua, parlare con il Ministro della Magia di là. Sinceramente non so come faccia Hermione a non decapitarlo.
Le patate erano già tagliate, e l’olio già bolliva nella padella.
Non era un’operazione troppo complicata, ma iniziò a tremarmi la mano.
Mia madre non riusciva a spiegarsi come una che riesce a preparare pozioni complicatissime, non è neanche in grado di riscaldare un hamburger.
Ed effettivamente, me lo chiedevo anch’io.
Immersi il primo mestolo di patate nell’olio bollente, e quello in tutta risposta, mi schizzò in faccia una decina di proiettili liquidi bollenti.
Provai a proteggermi con un braccio, con scarsissimi risultati.
Sentii una mano afferrarmi la spalla e trascinarmi indietro.
Sbattei la schiena su qualcosa di duro. Alzai lo sguardo e vidi gli occhi pallidi di Scorpius osservarmi apprensivi.
- Stai bene?
Annuii, conscia del fatto che mio padre stata osservando la scena seduto al tavolo della cucina, tagliando cetrioli.
- Onde evitare morti accidentali, quando ci sposiamo non ti farò mai avvicinare ai fornelli. – disse, iniziando a friggere le altre patate. -… cosa che ovviamente non accadrà prima che tu abbia compiuto quarantacinque anni – aggiunse, quando vide che mio padre gli aveva rivolto un’occhiata assassina.
-  Lily, perché non vai a dire ad Albus di scendere? Che cosa diavolo sta facendo ancora in camera?
- Probabilmente ha già iniziato a studiare per i M.A.G.O – brontolai, ma mi allontanai in fretta dalla cucina, contenta di poter sfuggire all’imbarazzante situazione creata da fidanzato-più-papà-nella-stessa-cucina.
Salii le scale, e aprii la porta senza bussare.
Quello che Albus teneva tra le mani, però, non era un grosso tomo di Artimanzia, ma il viso di Alice Paciock.
Lei aveva la schiena poggiata alla parete, le loro facce erano incredibilmente vicine.
E le lingue rispettivamente infilate nella bocca dell’altro.
- Emm.. Al…
Lui si allontanò di poco dal viso si Alice, e si voltò a guardarmi.
- Mh?
Mh? Albus? Sei tu?
- Papà mi ha detto di chiamarti… stiamo per mangiare – balbettai.
- Digli che scendo tra dieci minuti. – rispose secco, e si chinò di nuovo per baciare Alice, che aveva sul volto disegnato un sorriso a trentadue denti.
Tornai al piano di sotto con la bocca ancora spalancata, e un’espressione ebete sul volto.
Mio fratello Albus che pomiciava con Alice in camera sua, e che mi diceva di andare via senza imbarazzo.
Il mio ragazzo che friggeva tranquillamente patate nella mia cucina.
Il mondo avrebbe potuto iniziare a girare al contrario, ma io sarei comunque stata felice.
 
 
 
Chiodino:
Ecco il primo epilogo.
L’ho tipo scritto, cancellato, riscritto e ricancellato almeno un centinaio di volte, perché non mi convinceva. (E continua a non convincermi, in realtà).
Però era necessario per spiegare alcune cose.
A proposito, credo di aver fornito una spiegazione per tutto, ma se qualcosa non vi è chiaro, o avete domande a cui non ho risposto, non esitate a chiedere.
L’epilogo numero 2 sarà molto breve, e quindi credo che sarà pubblicato prima della settimana prossima, salvo imprevisti.
Un abbraccio J
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Epilogo Secondo. - The end. ***


                                                         ... sedici anni dopo…
 
 
 
 
 
      - Auriga?
-No.
-Okay… okay… che ne dici di Bootes?
-Orribile.
-Columba?
-Disgustoso.
-Ho trovato, ho trovato! Musca!
-Musca?
-È un bel nome!
-Ma sei scemo? – sbuffai.
Eravamo seduti a quel maledetto tavolo da più di mezz’ora, nel tentativo di accordarci sul nome della creaturina che portavo in grembo, senza essere ancora riusciti a trovare una soluzione che soddisfacesse entrambi.
-Okay, Musca è bocciato. Che ne dici di Puppis?
-Puppis? – risposi scettica.
-Sì.
-P-u-p-p-i-s?
-Esatto.
-Vuoi davvero chiamare tua figlia Puppis?
Lui si morse il labbro inferiore con aria mortificata. – Mi sembrava carino – rispose, in tono lamentoso.
-Sembra il nome di una pornostar scozzese.
-Non è scozzese, è latino!
-Scorpius, non è questo il punto!
Quella discussione era completamente inutile.
Stavo discutendo con colui il quale  aveva insistito per chiamare il suo primogenito Pisces.
Sì, avete capito bene. Pisces. Come la costellazione dei pesci.
Per fortuna ero riuscita ad oppormi.
-MAMMAAAAAA!
Alzai gli occhi al cielo. Ma non si era addormentato?
-Cosa c’è amore? – chiesi, con una nota isterica nel tono di voce.
-MAMMAAAAAAAAA! –  Joel entrò in cucina correndo, con grossi lacrimoni salati che gli solcavano le guance, ed iniziò a tirarmi la manica del maglione.
-Leo è un vampiro! –  affermò convinto. Scossi la testa con rassegnazione. Ancora?
-Joel, Leo non è un vampiro. Ne abbiamo già parlato.
-Mamma ma lui dice di sì, e io l’ho bisto mi fa la faccia brutta!
-Lo dice perché si diverte a spaventarti, Joel. E smettila di urlare che svegli tutti…
-Mamma!! Non bolio dommire con lui, mi mancia!
-Joel, tuo fratello non ha nessuna intenzione di mangiarti, te lo assicuro. – sbuffai.
Non avendo avuto le soddisfazioni che cercava, si allontanò da me e si avvicinò a suo padre, che si stava godendo la scena con un sorriso di scherno dipinto sul viso.
-PAPIIIIIIIIIII Leo è un mostro, mi macia!
Scorpius lo prese in braccio, e gli stampò un bacio sugli indomabili capelli rossi.
-Amore, Leo non vuole veramente mangiarti. Forse solo assaggiarti un pochino, per vedere che sapore hai…
-SCORPIUS! Così lo terrorizzi! –
Di fatti, Joel scoppiò a piangere rumorosamente, mentre il mio quasi-ex-marito rideva di gusto.
-Dai qua. – dissi, alzandomi lentamente, perché il tre chili di neonata che portavo in grembo non mi permettevano di muovermi troppo velocemente.
Strinsi Joel tra le braccia, e lo cullai un pochino. – è tardi, l’ora della nanna è passata da un pezzo. E se continui a fare tutto questo chiasso, sveglierai anche Spike e Danis. E tu non vuoi che la mamma passi la notte a cercare di far addormentare quelle due bestiole travestite da neonati, vero?
Lui mi guardò con quei suoi occhioni grigi e umidi, scosse la testa e disse solo – MOSTRO!
-shhh, non urlare – dissi, trasportandolo in camera.
-LEO, SCENDI DA QUELLA MALEDETTA SCOPA! – urlai, quando il più grande dei miei figli mi sfrecciò davanti sulla  scopa giocattolo, andando poi a sbattere contro il cesto dei peluche e rovesciandoli tutti al suolo.
Sterzò in maniera poco armoniosa, ed accelerò nella mia direzione, ma cadde dalla scopa, atterrando sul letto del fratello, mentre quella continuava a sfrecciare in direzione opposta, andando poi a frantumare la finestra.
-LEO!
-Che succede? – chiese Scorpius, apparendo in quel momento sull’uscio.
-Succede che sto per mandare tuo figlio al canile.
-Oh, non credo che lo accetterebbero. – rispose lui, andando a raccogliere il pargolo che intanto stava agonizzando sul letto, fingendo chissà quale frattura multipla dovuta alla caduta.
Ciliegina sulla torta, i gemelli iniziarono a singhiozzare nella stanza a fianco.
-Fantastico – esclamai sarcastica. – vado ad acquietare il resto della prole – dissi, facendo scendere Joel. – MAMMA VOGLIO ANDALE SULLA COPA!
-NO! – urlò Leo in risposta, liberandosi dalla presa di Scorpius e scendendo dal letto con un balzo. – è MIA! – e afferrò il giocattolo prima che il fratello riuscisse a raggiungerla.
-Leo, non essere egoista – disse Scorpius, provando a strappargli il giocattolo dalle mani. Leo, in tutta risposta, gli diede un calcio sugli stinchi.
-È tardi per giocare, andate a letto. – provò ad ordinare il padre, ma senza riuscire in realtà ad ottenere un tono abbastanza autoritario.
-Scorpius, aggiusta quella maledetta finestra. – dissi, uscendo dalla stanza e lasciando il biondo in quel manicomio.
Entrai in camera dei gemelli, e li trovai entrambi aggrappati alle sbarre della culla, a sbraitare come se fossero posseduti dal demonio.
Presi Spike tra le braccia e iniziai a cullarlo. – Mi dispiace Danis, ma posso cullare solo un figlio alla volta. – sussurrai, guardando il rosso che aveva smesso di piangere, e che ora mi fissava con gli stessi occhioni grigi del fratello, asciugandosi il naso con una manina.
- Ga ga – emise un gridolino acuto e mi sorrise.
Mi chinai per baciargli la fronte, quando sentii un dolore lancinante al ventre.
Mi piegai, tenendo una mano sulla pancia e strizzai gli occhi.
Non può essere.
Misi Spike nella culla del fratello, e mi passai una mano tra le gambe, e tutti i miei timori divennero certezze.
Merlino, perché ora?
-SCORPIUS! – urlai, mentre Spike e Dannis riprendevano a piangere.
-SCORPIUS VIENI SUBITO QUI!
-Lily? – Il biondò piombò in camera, con un Joel ancora urlante tra le braccia.
-Mi si sono rotte le acque – lo informai, cercando di non far trapelare il panico dalla mia voce.
-COSA?! Ma manca ancora un mese! – disse lui, sgranando gli occhi.
-Mai sentito parlare di parti prematuri? – sbottai, anche se non era esattamente il momento adatto per fare dell’ironia.
-Okay, okay. Niente panico – disse lui,  facendo scendere Joel, che era ammutolito all’improvviso, pur non capendo esattamente cosa stesse accadendo.
-Che facciamo, che facciamo?! – Scorpius iniziò a spostare il peso del corpo da un piede all’altro, evidentemente nel panico.
Sospirai. Come al solito dovevo fare tutto io.
Un’altra contrazione mi costrinse a piegarmi su me stessa, ed afferrai le sbarre della culla con forza.
-Non abbiamo ancora deciso il nome!
-SCORPIUS QUESTO è L’ULTIMO DEI NOSTRI PROBLEMI – urlai. In quel momento entrò Leo, con la sua scopa giocattolo in mano.
-Mamma? – chiese preoccupato – stai bene?
Provai a sorridere, ma quello che ne venì fuori fu solo una cosa simile ad una smorfia di dolore.
-Sì amore, la sorellina è impaziente di venire a fare danni con voi. – spiegai. – Scorpius, porta i bambini a mio padre, io vado al San Mungo con la metropolvere. Raggiungimi dopo.
-Sei sicura che ce la fai da sola?
-Sì, non preoccuparti – mentii.
Mi diressi velocemente in salotto, afferrai un pugno di metropolvere, e scomparvi in una fiammata verde.
 
 
 
 
 
 
                                                                ***
 
 
Il sole filtrava attraverso le tende bianche della camera d’ospedale, illuminando fiocamente la stanza.
Ero distesa su almeno una ventina di cuscini, ma la schiena mi faceva ugualmente male.
Non riuscivo a credere che, con venti cuscini, non ce ne fosse neanche uno comodo.
L’infermiera aprì la porta, spingendo d’avanti a sé una piccola culla rettangolare. Quando mi vide mi sorrise raggiante. Era una ragazza, non poteva avere più di vent’anni.
I capelli corvini erano raccolti ordinatamente in una coda di cavallo, lasciando completamente scoperto il viso dai lineamenti dolci e delicati.
- Come sta? – le chiesi.
Lei prese il fagotto bianco tra le mani, e me lo posò in grembo. – Scoppia di salute. – disse, ancora sorridendo.
Presi coraggio e la guardai.
Me ne innamorai all’istante.
Incredibilmente, gli occhioni scuri erano già spalancati, e mi guardavano con un misto di innocenza e curiosità che mi fece venire voglia di riempirla di baci.
Muoveva le dita minuscole continuamente, come a voler afferrare qualcosa.
La piccola testolina era ricoperta di sottili capelli biondi.
-Ciao piccola – sussurrai, cullandola.
In quel momento, Scorpius entrò nella stanza, con un sorriso che andava da un’orecchio all’altro.
-Si può? – chiese all’infermiera. La ragazza annuì. – Vi lascio soli, mamma e papà. – disse, uscendo dalla camera.
Scorpius si sedette sul letto, accarezzò prima la sua testolina e poi la mia.
-Come si ci sente a non essere più l’unica donna di Scorpius Malfoy? – chiese.
Sorrisi, e mi sporsi in avanti per baciarlo . – Mi sento incredibilmente sollevata. – risposi.
-È bionda! – esclamò trionfale, prendendo il fagotto sulle braccia, e stampandole un delicato bacio sulla fronte.
Lei iniziò a piangere. – Sei tale e quale a tua madre, sempre a lamentarti.
Repressi l’istinto di schiaffeggiarlo sulla nuca, solo per paura di fare male anche alla piccola.
-Dove sono le altre bestiole? – chiesi, guardando Scorpius che era ancora tutto intento ad adorare la bimba.
-Qui fuori con i tuoi – rispose, senza staccarle gli occhi di dosso. La strinse ancora di più a sé, poi mi guardò, e un lampo attraversò i suoi occhi chiari.
Si alzò, e posò delicatamente la bambina nella culla, poi tornò a sedersi al mio fianco.
-Stavo pensando… – disse, baciandomi il collo. –… che la piccola si sentirà sola, in una casa con così tanti uomini… - e mi morse un orecchio. – dovremmo farle una sorellina…
Questa volta lo schiaffo partì rapido, e lo allontanai da me per poi fissarlo negli occhi con sguardo minaccioso.
-Scorpius! Io non volevo figli, tu ne volevi tre e per qualche strano scherzo del destino siamo arrivati a cinque. Direi che è decisamente il caso di fermarci.
-Ma … - Provò a protestare.
-Niente ma, non so se mi sento più una mucca o un coniglio – risposi acida. – Anche io sono cresciuta in una casa piena di uomini, e ti assicuro che non mi sono mai sentita sola.
-Okay, come vuoi, mia signora. – disse, strizzandomi l’occhio, con un’espressione che mi fece capire che in realtà non si era affatto arreso.
-Comunque… – disse alzandosi, e riprendendo tra le braccia la bambina, e posandomela di nuovo in grembo. – …siamo alla resa dei conti, non possiamo più rimandare. – sentenziò.
-Puppis non ti piace per niente?
-Scorpius…
-Alla fine Musca non è così male, secondo me.
-Mi rifiuto, è disgustoso.
-Quindi?
-Scorpius… - sussurrai di nuovo. Sentii il bisogno di mordicchiarmi il labbro inferiore.
-Dimmi.
-Mi… mi piacerebbe chiamarla Annabel. – dissi, senza smettere di guardarlo negli occhi.
Lui per qualche secondo non disse niente, e si limitò a fissarmi.
Forse non avrei dovuto proporlo, pensai.
Ma alla fine lui mi sorrise, e mi sfiorò le labbra con le sue.
-Allora benvenuta, piccola Annabel Malfoy. – disse, accarezzando una guanciotta morbida con l’indice. Lei glielo afferrò con una manina rossa.
Una lacrima gli comparve all’angolo dell’occhio sinistro.
Lui non fece nulla per fermarla.
 
                                          
                                                       .THE END.
 
 
 
Chiodino finale: * asciuga le lacrime con un fazzoletto bianco*
Oh Dio, non so che dire.
Ho una paura matta di pubblicare questo epilogo, e di cliccare su “completa”.
Non sono pronta ad abbandonare i miei bambini.
 
Ho riscritto e cancellato questo secondo epilogo almeno duecento volte, e alla fine avevo anche pensato di non pubblicarlo più, perché mi sembrava troppo… sinceramente non lo so.
Però alla fine, la mia beta\sorella ha insistito perché lo facessi, quindi se non vi piace prendetevela con lei.
Ora, innanzitutto, volevo ringraziare la sopracitata sorella, per avermi sopportato tutti questi mesi con i miei “ hai letto il capitolo? Che faccio, lo pubblico? Ma sei sicura che la storia ti piace? Perché mi dici bugie, è orribile! Non lo dici solo perché mi vuoi bene, vero? Vero? Vero? VERO?!
Allora se ti piace perché non hai ancora letto il capitolo!!”
No, davvero. Mi rendo conto di essere stata veramente assillante, insopportabile e logorroica.
Quindi, grazie per la tua pazienza, per i tuoi preziosi consigli e soprattutto, per non avermi ancora sbattuta fuori di casa.
Inoltre, ci tenevo a dirvi che se siamo arrivati a questo punto, più che merito mio è merito vostro.
Mi avete supportata e incoraggiata con le vostre bellissime recensioni, con i vostri messaggi pieni di complimenti e congetture, e se non fosse stato per voi avrei abbandonato questa storia prima del secondo capitolo.
Infatti, questa non è solo la prima storia che pubblico, ma anche la prima che sono riuscita a finire. E tutto questo solo grazie a voi.
Davvero, siete stati\e stupendi\e e gentilissimi\e, e non vi ringrazierò mai abbastanza.
Mi avete reso una persona veramente felice.
Giuro che ho finito di sproloquiare, perché questo chiodino è praticamente più lungo del capitolo… anche se credo di non avervi ancora ringraziato abbastanza.
 Vi abbraccio fortissimo!
Con amore, Pyxis.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2662986