voci del passato

di storie a caso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** i fantasmi di una mente ***



Capitolo 1
*** prologo ***


~~Su quella montagna vive un uomo. Ormai da tempo, solo, in balia dei suoi ricordi e di sé stesso.
Un tempo viveva qui in paese con sua moglie, entrambi scappati da un'altra città. Sua madre non approvava l'amore dei due giovani. La sua era una famiglia ricca e potente, per questo non poteva accettare che lui ronzasse attorno a quella semplice contadinotta. Sempre la solita questione.- Tuo figlio ha un nome, una reputazione! Cosa direbbero gli altri sapendo che uno del suo rango stesse insieme ad una ragazza di infima categoria? Che figura ci farà fare? Che disgrazia che ci è capitata!- ripeteva sempre sua madre, con uno sguardo intriso di rabbia e odio.
Finché suo padre era in vita, la madre si limitava a gettare occhiate sprezzanti, poi si allontanava per tornare a fare gli stessi discorsi con le sue amiche.
In quel periodo di relativa tranquillità i due si sposarono . Non furono molti i presenti fra gli invitati del marito: solo i genitori e qualche zio venuto solo per una predica in favore del buon nome della famiglia.
Il padre stava sempre peggio. Era gravemente malato. Ogni giorno soffriva sempre di più, ed era stanco, stanco della sua stessa vita. Decise di non mangiare più e, nel giro di qualche giorno, morì.
La colpa di quella morte, come potrete ben immaginare, venne data al “colpo di testa” del figlio. La madre e i fratelli iniziarono a fare di tutto perché venisse mangiato dai sensi di colpa.

-sei un fallito!-, -hai ucciso nostro padre-, -tu non sei più mio figlio!-, -tieni lontana quella sgualdrina e cambia nome! Mi vergogno di essere tua madre!-
 
E così fece. Si trasferì in questo posto sperduto ai piedi della montagna, con sua moglie. Lei era sterile e ne soffriva molto. Lui non glielo faceva pesare e faceva di tutto affinché lei stesse bene.
Un giorno si ammalò anche lei. Era molto grave e, dopo appena un mese, lasciò questo mondo.
 Jack, questo era il suo nome, non uscì di casa per una settimana. Poi, di nascosto, in una sola notte, si trasferì in una baita, e vive lì. Da questa notte sono 15 anni.

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Capitolo 2
*** i fantasmi di una mente ***


~~È Ormai molto tardi, in paese la gente ha finito da un pezzo di cenare. 

Da una parte, per le strade, non c'è anima viva. Solo il freddo di una notte di novembre, il vento che ulula e, ogni tanto, la sagoma di un gatto, che, veloce e silenzioso, attraversa velocemente le stradine sterrate.

Dall'altra le famigliole sono tranquille, al calore dei loro focolai. Gli uomini, stanchi dopo una giornata di duro lavoro; i bambini, al sicuro fra le braccia di Morfeo cullati dalle dolci ninnananne di antichi carillon; le donne, sistemata la cucina, si apprestano ad alleviare i dolori dei mariti. Insomma, la calma regna sovrana dovunque. Dovunque, tranne che in quella piccola baita, in cui, per un'anima perseguitata dai ricordi, questo è un giorno particolare.

Il vento gelido tormenta gli alberi, scuotendo sempre con più forza. Un cielo nuvoloso da tempo incombe sulla montagna. In lontananza si sentono i primi tuoni.
Lui è lì, chiuso nella sua casa, malandata, buia, triste. Ormai un carcere. Da 15 anni.
Il suo corpo, trascurato, era deformato dal tempo e dallo stile di vita che conduce. Sporco, eccessivamente magro e quasi ceco, se ne stava seduto alla scrivania, sommerso dalla polvere. A terra solo rifiuti e i suoi stessi escrementi. Nella casa ristagna un fetore alleviato soltanto dall'odore di cera delle candele. Tiene qualcosa fra le mani. I suoi singhiozzi rompono il monotono rumore degli spifferi e degli scricchiolii delle instabili assi di legno. Solo il suo viso, illuminato dalla luce fioca di una candela. Gli occhi, verdi, un tempo inquieti e curiosi, ormai erano morti, consumati da dentro. Era come se ogni giorno che passasse, gocce della sua anima venissero drenate da quella terribile bolla tetra di morte e rimpianto. Le lacrime punteggiano una fotografia, stretta avidamente fra le mani di Jack. Quell'abitazione non è il carcere del corpo, ma della sua mente attanagliata dai sensi di colpa.

- Cloe...tesoro mio...- sussurra... ormai da 15 anni.
 
le ombre dei rami scossi dal vento, ingigantite dalle ombre, si riflettono sul muro della stanza passando dai vetri. Sembrano vive. Sembrano parlare...

-Tu! Hai ucciso nostro padre!-, -Sei la vergogna della tua famiglia! Hai ucciso il buon nome!-

-Cloe, 15 anni...- sussurra tra le lacrime.

-Assassino!-, -Ti odio! Lo hai ucciso!-

-No, … vi prego, basta- con un filo di voce, piangendo.

-Sei morto per me!- -Non sei degno! Sei solo un fallito!-

-NO! SMETTETELA!SAPETE CHE SBAGLIATE, SAPETE CHE...-Un fulmine aveva colpito un albero vicino, il temporale era arrivato.. Uno spiffero gelido lo colpì sul collo. Di scatto, terrorizzato, si girò verso l'altra parete.
 Dinnanzi a lui si stagliava una figura imponente.

-mamma...-

-hanno ragione, sei la nostra vergogna, sentiti in colpa, tu non vali niente- rimbombò nella stanza, la sua voce, petulante, sgradevole, appesantita dal tempo.

-hai..-
 un nodo alla gola gli impedì di proseguire.
Un altro fulmine scandì questo attimo di silenzio.

-hai ragione, mamma, sono un assassino.-

-Meriti di morire-

singhiozzando sempre più forte scuote il capo, -No... non riesco...non posso-

-non puoi? Perché? Te lo dico io il perché, tu sei debole-

-No, ho fatto una promessa...-

-A quella che ti ha provocato tutta questa sofferenza! Me la ricordo ma...come si chiamava? Forse
con la C? Non ricordo...-

-Cloe...-

-Ahh sì,  proprio lei mi ricordo vagamente-

-io..l'amavo...era tutto per me...-

-cosa ti è rimasto di lei adesso, dopo 15 anni? Era anche sterile-
-io l'amavo, avrei dato tutto per lei-

-hai sacrificato la tua famiglia, hai venduto l'anima di tuo padre-

silenzio, solo il silenzio, dopo quella gelida frase.

-15 anni... 15 anni...- per qualche minuto non fece che farfugliare questo, sotto lo sguardo severo della madre

-dopo quello che ha fatto, si è meritata di morire!-

-no..- disse con un filo di voce

-sì invece, quella strega ti ha portato via da noi, ti ha portato sulla via del diavolo! Ma Dio l'ha punita!-

-no, stai zitta-

-ha avuto ciò che si meritava!

-NO! NON È VERO!!-, come il cielo, tuonò
Urlando in preda all'ira, le gettò addosso la candela ancora accesa.
La baita iniziò a prendere fuoco, le ombre divennero in breve più grosse, forti, imponenti. Con gli nocchi sbarrati, in preda al panico, le vedeva avvicinarsi, colme di rabbia, pronte a vendicarsi. Era paralizzato, in breve venne accerchiato. Gli occhi della madre sembravano vuoti, perse l'equilibrio, cadde all'indietro.

-cosa hai fatto? Assassino!-

Gli doleva la testa, non capiva più nulla, era stanco, il calore lo stava ormai sciogliendo, raccolse tutte le sue forze, chiuse gli occhi, in preda al panico si scagliò contro la finestra, cadde dentro una pozzanghera, scivolò due volte prima di rimettesi in piedi, si era fatto male al ginocchio ma, nonostante ciò, corse senza voltarsi...
Voleva urlare, gli scoppiava la testa, pensava solo che avrebbe fatto qualunque cosa per scacciare i fantasmi che lo tormentavano. La pioggia batteva forte sulla sua pelle che, così debole, così fragile,  pian piano iniziò a disfarsi sotto quei ticchettii. Gli alberi sembravano urlare nelle sue orecchie le parole della madre.

-ASSASSINO! HAI VENDUTO L'ANIMA DI TUO PADRE-

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