Narnia's Memories di ranyare (/viewuser.php?uid=39783)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I loved you first. ***
Capitolo 2: *** I know you'll never leave me alone. ***
Capitolo 3: *** At the end of a closing day. ***
Capitolo 1 *** I loved you first. ***
Memories in 4 parti ragazze
≈
I
loved you first ≈
.
.
.
Era
un bellissimo giorno di Sole, proprio come tanti di quelli che si sono
susseguiti negli anni sulle piane lussureggianti e perfette –
tanto da sembrare dipinte – di Narnia.
I
raggi dorati accarezzavano l’erba grassa, folta e piacente
allo
sguardo, scossa lievemente dal vento che spirava delicato fra quegli
agili giunchi verdeggianti; i giovani centauri si rincorrevano coi
grifoni, risalendo le colline con la sola forza delle loro non ancora
possenti zampe equine, i capelli sparsi nell’aria frizzante
ed
i sorrisi di un popolo sereno scritti sul volto.
Sorrisi
anch’io, nella luce forte e limpida dell’estate
narniana;
erano già passati cinque anni da quando io ed i miei
fratelli
ci eravamo ritrovati in quel mondo ricoperto da una finissima ed
eterna neve candida… cinque anni da quando ero stato
insignito di un titolo che in un primo momento mi aveva spaventato,
un titolo pesante come la responsabilità che gravava,
onerosa,
sulle mie spalle: Gran Re Peter il Magnifico, Supremo Regnante di
Narnia, Imperatore delle Isole Solitarie, Signore di Cair Paravel,
Cavaliere del Nobile Ordine del Leone.
L’incubo
più ricorrente, a dirla tutta, era la trafila sul mio nome
che
i ciambellani annunciavano ogni volta che dovevo presenziare a qualche
evento mondano.
Lasciai
che il vento dispettoso e fresco, accarezzasse i miei capelli biondi e
li scompigliasse, socchiudendo le palpebre e
abbandonandomi per qualche istante alla cristallina perfezione del
Regno… del mio Regno.
Susan
e Lucy erano in viaggio, in visita presso un Reame poco distante da
Narnia; Edmund si era unito a loro dopo una battuta di caccia sui sui
monti di Ettins risultata decisamente fruttuosa, raggiungendole
presso la Reggia di Lord Kasey, uno dei miei più fidati
luogotenenti.
Ed
io?
Io
ero rimasto a Cair Paravel, con la squisita compagnia di Tumnus e del
suo flauto a
rallegrare il silenzio del palazzo, in attesa di
una delegazione proveniente dal poco lontano Regno delle Naiadi,
guidato da tempo immemore dalla splendida e saggia Sovrana Mairead, una
delle
compagnie più dolci e piacevoli che esistessero fra i
sottoposti del Re di Narnia.
Mairead
era una figura allo stesso tempo delicata e maestosa: l’avevo
vista combattere in prima fila, durante la Grande Guerra, armata di
un’arma che rispecchiava esattamente il suo carattere ed il
suo
aspetto, tanto ingannevole quanto splendido: lo scettro della Sovrana,
così innocuo all'apparenza, era mutato in un oggetto letale
ed aggraziato,
concedendole la forza e l’abilità di trionfare su
ciascuno degli stolti che avevano osato pensare di poterla sopraffare.
Al
suo fianco, probabilmente, ci sarebbe stato Nihar, il giovane ragazzo
nato circa un
secolo prima, figlio del compagno di Mairead deceduto durante la
battaglia contro la Strega Bianca; il giovane
assomigliava alla madre anche nelle movenze, nella straordinaria
capacità di mutare il proprio aspetto in quello umano con
una dimestichezza inusuale per le naiadi, nella
pacatezza e nell’eleganza dei gesti e del carattere.
Sorrisi,
quando anche attraverso le palpebre chiuse distinsi il lieve
riverbero della trasparente pelle delle naiadi rilucere nel Sole del
mattino inoltrato, aprendo gli occhi e distinguendo le bionde chiome
della Sovrana e del figlio in groppa a due elegantissimi cavalli
palomini, in testa al corteo che invece cavalcava delle
magnifiche
bestie dal manto biondo cenere, snelle e aggraziate come tutti i
cavalli di Narnia.
Distinsi
anche una giovane fanciulla, poco meno di una ragazzina: cavalcava
poco lontano da Nihar, rivolgendogli ogni tanto un timido
sorriso che splendeva nell’acqua che componeva il suo volto
sottile e delicato ed avrei scommesso che, se fosse stata in carne
ed ossa e non nella sua forma d’acqua, sarebbe arrossita.
Sorrisi,
dinanzi alla dolcezza lontana di quella bambina e,
contemporaneamente, mi preparai ad accogliere la delegazione che
avanzava
al piccolo trotto lungo le colline che circondavano la scogliera su
cui sorgeva Cair Paravel, sistemandomi la tunica celeste che
indossavo e riportando fra i miei capelli il peso di quella corona di
cui, ormai, non avrei saputo più fare a meno.
.
.
.
-Peter!-
la voce melodiosa di una bellissima dama bionda mi riscosse dai miei
pensieri, strappandomi un sospiro lieve e compiaciuto: la presenza di
Adhara presso Cair Paravel era spesso fonte di estremo piacere
per il sottoscritto, data la squisita bellezza del suo volto e
l'intelligenza affilata e non comune che, abilmente, Adhara celava
dietro le sue fattezze quasi angeliche.
Diressi
il mio sguardo verso il cavallo che galoppava nei giardini di Cair
Paravel, beandomi della figura della cavallerizza bionda che sorrideva
in mia direzione,
salutandomi con un elegante cenno delle mani curate. Adhara era una
lady di una remota landa ad ovest di Narnia, stimata dagli elfi e dalla
misteriosa razza delle pleiadi come una creatura dotata di profonda
saggezza e d'inflessibile correttezza; mi era stato caldamente
consigliato di invitarla a trascorrere quanto più tempo
possibile a Cair Paravel, perché la sua fama di diplomatica
era conosciuta e stimata in tutti i regni.
Una
volta tanto, il mio titolo mi aveva concesso qualcosa di utile e di
piacevole.
Adhara
era meravigliosa, dai capelli di un luminoso biondo cenere e dagli
occhi celesti come
il cielo di Narnia; il suo corpo esile e sottile mi ricordava i
giunchi che danzavano nelle vicinanze dei fiumi, il sapore delle sue
soffici labbra era quello delle succose more che coglievano
le mie sorelle durante le gite presso i laghi ed i fiumi della
regione e la sua pelle era delicata come la più pregiata
delle sete.
Mi
voltai, salutandola con un cenno ed un sorriso, trovando nel suo
sguardo la tacita promessa di un incontro, più tardi, quando
la notte sarebbe
calata a celare le scappatelle del Re.
Mairead
si era ritirata nelle stanze a lei riservate, mentre la sua corte
aveva raggiunto le onde che s’infrangevano in candida spuma
sulle scogliere del palazzo e Nihar, spigliato e curioso come tutti i
ragazzini, aveva chiesto ai miei centauri di mostrargli le arti di
divinazione che utilizzavano per svelare le nebbie del futuro.
Avevo
approfittato di quel momento per ritirarmi anch’io,
rifugiandomi nel giardino fiorito che tanto amavo frequentare nei
momenti di calma; fra le camelie, le rose, i boccioli ed i virgulti
in procinto di nascere riuscivo a ritrovare quella calma che spesso
veniva a mancare durante le riunioni di stato, quando mi ritrovavo
costretto ad assistere a spettacolari esempi della
meschinità
dei governanti... delle razze più disparate, oltretutto, a
riprova che non soltanto gli umani potevano essere tacciati di
cattiveria e meschinità.
Disteso
sull’erba poco lontano dalla fontana, scolpita dai mastri
nani
sulle forme prominenti e sensuali proprie delle ninfe acquatiche, mi
abbandonai
al tepore del Sole pomeridiano e lasciai che non soltanto il mio
corpo si distendesse ma, soprattutto, anche i miei pensieri; per questo
non
mi accorsi – non subito – della presenza di una
piccola
figura emersa timidamente dalle acque trasparenti della costruzione
ornamentale, due occhioni della stessa turbinosa sostanza che mi
guardavano spaventati, impauriti.
-Sua…
Sua Maestà, mi dispiace disturbarla, io…- aprii
gli
occhi, sorpreso, quando una voce delicata e terribilmente dolce
risuonò nelle immediate vicinanze, sorprendendomi. Mi alzai
subito, sorpreso ed allarmato dalla vicinanza che avevo permesso allo
sconosciuto di ottenere – un errore terribile e fatale, per
un
Re –, tornando a respirare soltanto quando distinsi gli
spumosi
capelli di una naiade nelle acque altrimenti immote della fontana.
Sospirai,
sollevato, rivolgendo un’espressione amichevole alla piccola
ninfa nascosta nei flutti, avvicinandomi di qualche passo al bordo in
pietra dell’ornamento.
-Non
hai disturbato.- mormorai, sorridendo quando la bimba si
ritirò
appena, intimorita, nascondendo il visino fra le mani minuscole.
Era una creatura
delicata, innocente e a dir poco bellissima: i lunghi capelli di spuma
erano ondulati intorno al visetto, le guance erano soffici e paffute,
gli occhi
immensi e contornati da una folta schiera di ciglia semitrasparenti.
Se
fosse stata in forma umana –
per quanto fosse difficile, anche per le naiadi più grandi,
completare e mantenere quella trasformazione –
l’avrei immaginata con lunghi
capelli di un bel biondo dorato, la pelle chiara e le guance rosse
d’imbarazzo, con una veste candida ed una coroncina di fiori
a contornarle la fronte.
Trasmetteva
quell’innocenza tipica di ogni bambino, e la
curiosità e
la timidezza brillavano in quei due pozzi turbinanti e
particolari che erano gli occhi di ogni naiade, tenera e minuta ed
altrettanto… carina.
Nonostante
fosse un aggettivo che di norma non utilizzavo spesso, non trovai
un'altra definizione possibile per quella creaturina: era la cosa
più
carina che avessi mai visto, tanto da far sfigurare i fiori
più
belli del giardino in cui ci trovavamo.
-Come
mai non sei giù, al mare?- le chiesi, inginocchiandomi
accanto
a lei e rivolgendole un amichevole gesto per invitarla ad avvicinarsi.
Diffidente,
si accostò a me di qualche centimetro, rimanendo
però
nella calda e sicura culla dello specchio d'acqua.
-Io…
volevo vedere il giardino, e poi sono troppo piccola, non…-
balbettò, strappandomi un altro sorriso intenerito; quella
bambina era la creatura più dolce e tenera che fosse mai
capitata a Cair Paravel da molto tempo… mi ricordava mia
sorella Lucy, per molti versi –
negli occhi, soprattutto,
c’era
quella stessa luce particolare, limpida e pura come l’acqua,
che avevo sempre distinto negli occhi della mia sorellina.
La
vidi prendere fiato, chiudere appena gli occhioni e stringere i
pugnetti, armandosi di un contegno invidiabile e dolcissimo: sembrava
una piccola regina, in quel momento, una creatura tanto minuscola che
celava un incredibile galateo.
-Mi
dispiace avervi disturbato, Maestà.- terminò, la
voce
altisonante che tremava, gli occhi che si fissavano coraggiosamente
nei miei, sforzandosi di mantenere l’atteggiamento altezzoso
di
ogni dama che si rispetti.
Per
un istante, rimasi senza parole davanti a quello sfoggio di giovanile
orgoglio; ma, l’attimo più tardi, senza riuscire a
trattenermi, scoppiai a ridere.
Aveva
del coraggio, quella bimba…
-Non
hai assolutamente disturbato, piccina.- la rassicurai, sorridendo, con
voce calma
e tranquilla. -Posso solo apprezzare la compagnia
di una principessina tanto bella quanto educata.- aggiunsi,
vedendola sgranare gli occhioni e nascondersi repentinamente dietro
le manine in preda ad un terribile e repentino imbarazzo.
Ridacchiai,
tendendole una mano, divertito ed intenerito al tempo stesso.
-Che
ne dici? Posso mostrarti io il giardino, piccola?- le chiesi,
incoraggiante, aspettando che posasse la manina sulla mia. Mi
soppesò fra le dita dischiuse, ancora imbarazzatissima:
sembrava studiarmi con uno sguardo indecifrabile, molto più
adulto di quello che ci si aspetterebbe da una ragazzina, testardo e
determinato come ne ho incontrati pochi nella mia intera esistenza. Era
una reatura che simboleggiava l'intensità e la bellezza
della magia di Narnia, una magia troppo forte ed
impetuosa per essere costretta a rimanere in silenzio –
bellissima ed elegante quanto
irrefrenabile ed inarrestabile.
E
poi, le dita trasparenti attraversate dai raggi dorati del Sole, la
piccola ninfa di cui non conoscevo il nome allungò la manina
verso la mia, posandola sul mio palmo con delicatezza.
La
chiusi nella mia con un sorriso, sentendola sorprendentemente calda e
concreta – ed ebbi improvvisamente la visione di
un sorriso immenso, bellissimo ed accecante, apertosi repentinamente
sul volto della bambina – e, soprattutto, nei suoi occhi.
Fu
solo un lampo, un fotogramma fugace ed effimero, eppure fui sicuro di
distinguere quegli
occhi assumere una forte tonalità dorata, gioiosa e
splendente come una piccola
stella nel cielo limpido.
Si
lasciò trarre fuori dalla fontana e l'istante scomparve
così com'era apparso, tanto da darmi l'impressione di averlo
soltanto immaginato; ma quel sorriso, quella serenità,
rimasero
nel mio petto a riscaldarmi il cuore, rendendo ancora più
bello il fiorente giardino di Cair Paravel.
.
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.
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My Space:
Buongiorno!
Cos'è
questa? Questa è una raccolta di alcuni capitoli,
teoricamente
quattro (con me non si sa mai xD), basata sull'infanzia delle
protagoniste di Narnia's Rebirth - e seguiti -. Questo primo
capitolo, basato sul PoV del mio caaaaaaro
Peter
Pevensie (carissimo, certo), è incentrato sull'infanzia,
durante i
tempi d'oro, di Shaylee. Aysell non è presente né
lo sono i genitori
delle due ninfe. La spiegazione è semplice: non si sono
uniti a Mairead
per la visita a Cair Paravel per rimanere a casa con la bambina
più
piccola.
Abbiamo
anche uno scorcio velocissimo di un personaggio di cui sentiremo
parlare più avanti: Adhara. Come avete visto, il nostro Re
Supremo non
è sempre stato il represso rompiballe che abbiamo imparato a
conoscere... e
molto altro, ma non vi dico qualcosa in più sennò
spoilero abbastanza!
Ebbene,
che aggiungere? Spero che vi sia piaciuta! E' una shot molto
semplice, che vuole mostrare il lato più spensierato della
vita di Shaylee, prima che lei fosse costretta a crescere troppo in
fretta e durante la pace più duratura che Narnia, fino al
regno di
Caspian, abbia mai conosciuto.
Hope
you like it!
B.
|
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Capitolo 2 *** I know you'll never leave me alone. ***
Memories in 4 parti ragazze
≈
I
know you'll never leave me alone ≈
.
.
.
-Non è stato il mio primo bacio, quindi
non montarti la testa.-
Il
dolce orgoglio di una ragazzina dai capelli rossi, dalle guance accese
e dallo sguardo terribilmente fiero: ecco qualcosa che penso non
dimenticherò mai, nemmeno dovessi vivere cent’anni.
-Certamente,
perché tu hai un’intensa vita sociale di cui io
non sono a
conoscenza.- ridacchiai, scostando i ciuffi ribelli dalla mia fronte,
soppesandola con uno sguardo di sottecchi che la fece arrossire ancor
di più – era bella, Siryn, era bella nella sua
acerba
innocenza e nel suo sapore frizzante, vivo.
Aveva
due anni in meno di me e di suo fratello: dodici anni compressi in una
lunga chioma di capelli rossi ed in due occhi del colore del cielo, col
volto tondo ancora di bambina ma due labbra carnose invece
già
da donna, che mi facevano venir voglia di possedere il potere di
mandare avanti il tempo pur di vedere come sarebbe diventato quel corpo
acerbo una volta cresciuto.
Alla
sua età, suo padre e sua madre erano convinti che avrebbe
dovuto
cominciare a comportarsi come una brava signorina: avrebbe dovuto
mantenersi sempre composta e mansueta per far sì che un
qualche
buon partito s’interessasse a lei e chiedesse la sua mano
–
incastrandola in un matrimonio che, per lei, sarebbe stata soltanto una
gabbia.
A
me, invece, piaceva così: con un paio di calzoni rubati dai
vestiti diventati piccoli a suo fratello e una casacca sdrucita, i
capelli raccolti e le ginocchia scorticate dalle cortecce degli alberi.
Selvaggia.
Se
ne stava lì, a braccia conserte, appoggiata ad un immenso
ontano
con la treccia posata sulla spalla e i piedi che si sfregavano
l’un l’altro, segno del suo evidente imbarazzo.
-Ho
solo perso una scommessa, Gwaine. Non credere di essere
chissà
cosa.- replicò, troppo orgogliosa per rinunciare e ammettere
che
quel bacio l’aveva scossa più di quanto desse a
vedere.
Ridacchiai
ancora, prendendo quella mano ancora stretta a pugno e tirando Siryn
contro di me mentre un lieve vento scuoteva le fronde degli alberi che,
maestosi, s’innalzavano intorno a noi, racchiudendoci in una
radura di poco discosta dal villaggio dove vivevano le nostre famiglia.
Conoscevo
quella ragazza dalla sua nascita, sin da quando Aaron aveva urlato
– correndo per tutto il villaggio, entusiasta – di
aver
ricevuto, finalmente, la sorellina che tanto aveva pregato per avere al
suo fianco; lo avevo considerato strambo sino a quando Siryn non aveva
cominciato a parlare, conquistandosi all’istante il mio
affetto e
la mia amicizia.
Penso
non scorderò mai il suo aspetto di neonata, quello sparuto
pennacchio di lanugine rossastra sulla pelle glabra della testa, la
pelle soffice come panna montata, gli occhioni blu ed enormi – occhi che non sono mai
cambiati, occhi che ricordo ancora nitidamente come se fossero dinanzi
a me in questo preciso istante.
Crescendo,
diventò alla svelta la compagnia indispensabile delle mie
giornate, il colore e la musica che riempivano quelle ore altrimenti
vuote, l’allegria e l’irruenza di un fuoco che
riscaldava
la mia pelle altrimenti gelida.
Siryn è stata il mio primo bacio, ed il
mio primo – ed
unico – amore.
Tentò
di ribellarsi alla mia stretta quando me la caricai senza troppi
problemi sulla spalla, sentendola strillare come un’aquila
tutti
gli improperi che conosceva la sua giovane ma scaltra mente.
-Mettimi
subito giù, Gwaine! Sottospecie d’imbecille
effeminato,
lasciami andare subito! Ti avverto, mi metto a strillare!- si
agitò, riempiendo di pugni poco efficaci la mia schiena e
sgambettando come una matta; decisi di accontentarla e la lasciai
pesantemente cadere a terra, facendola atterrare direttamente sul
fondoschiena.
-Ahia!-
sbottò, guardandomi male attraverso la cortina di capelli
rossi,
tutti arruffati, che erano sfuggiti dalla treccia ed
ora velavano
quello sguardo intenso ed arrabbiato che tanto adoravo.
-“Effeminato”
a chi?- replicai, piccato; e, in meno di un istante, mi fiondai addosso
a lei e la bloccai per terra, impedendole di tirarmi un calcio dove gli
uomini sono del tutto vulnerabili.
-A
te, razza di buzzurro che non sei altro!- ringhiò,
divincolandosi e tirandomi un cazzotto in piena faccia, colpendomi
– non molto gentilmente – sul mento.
-Piccola
vipera!- esclamai, più sorpreso che arrabbiato, tentando di
bloccarle il polso prima che mi picchiasse ancora; finimmo a rotolare
nel sottobosco, tentando di liberarci a vicenda l’uno
dell’altra, le foglie secche che si mischiavano ai capelli
rossi
di Siryn.
-Carogna!-
-Insolente!-
-Stupido idio__-
Esisteva solo un modo per zittirla; un modo che si
rivelò oltremodo efficace, visti i risultati.
Bloccandola
sotto di me, agganciando le sue gambe con le mie e stringendole i polsi
in entrambe le mani, premetti di slancio le labbra sulle sue,
strappando in un brusco respiro gli insulti che ancora avrebbe voluto
affibbiarmi, assaporando appieno la morbidezza delle sue labbra soffici.
S’irrigidì
all’istante, allibita dal gesto, senza reagire – sorpresa, paura,
curiosità, attrazione…
sentii passare miriadi di sensazioni nella sua carne illibata, sulla
pelle candida che avvertii surriscaldarsi all’istante, la
magia
che pulsava forte e indomabile nel suo sangue.
Il
fuoco che languiva dentro di lei mi chiamava, alto e bollente come
lava, attirando a sé quell’energia uguale e
contraria che
invece irruppe dentro di me, soffocando i miei pensieri in un turbinio
di emozioni troppo complicate – o troppo semplici –
per
essere chiarificate.
Ghiaccio
e fuoco si sfiorarono quando le labbra di Siryn si schiusero e
permisero ai nostri respiri di mischiarsi, alle lingue timide ed
inesperte d'incontrarsi e conoscersi a vicenda in un tocco che
–
lo sapevamo entrambi – non avrebbe dovuto esistere, che ci
avevano proibito, che ci avrebbe messo nei guai.
Lasciai andare i suoi polsi, immergendo invece le
dita in quel mare scarlatto e scompigliato – sapeva di
foresta, Siryn, di Sole e della corteccia degli alberi che tanto amava
scalare.
Le
mani calde di Siryn toccarono sulle mie palpebre, delineando la forma
dei miei occhi per poi scendere a costeggiare i tratti affilati del mio
viso.
La
sua lingua impertinente saggiò la mia, delicata come un
petalo
di rosa sul pelo dell’acqua di uno stagno; inspirai a fondo,
inebriandomi del suo odore conosciuto e familiare, prolungando quel
bacio sino a che entrambi non necessitammo di respirare, di vivere, di
recuperare noi stessi e la magia lasciata a briglia sciolta da entrambi.
Siryn
aveva combinato tanti guai, appiccando incendi quando avrebbe dovuto
trattenersi; io stesso avevo faticato, nel corso degli anni, per
imparare a controllare le mie energie... ma in quell'istante, vicini
com'eravamo, l'incanto di ciò che realmente eravamo pulsava
fra
di noi, ammantandoci in un bozzolo caldo ed intenso che recludeva
qualunque cosa al di fuori di quell'abbraccio.
Quando la guardai, vidi il fuoco ardere nelle sue
iridi blu – e
sapevo, sapevo benissimo, che nei miei occhi color nocciola invece
brillava il ghiaccio, quella magia che ci divideva e ci accomunava come
nessun altro avrebbe mai potuto capire.
Amavo quella ragazzina; e, penso,
l’amerò per sempre.
-Questo…
questo rimarrà un segreto.- sussurrò, la voce
ridotta ad
un refolo di vento, la pelle che scottava al contatto col freddo della
mia.
Le
accarezzai una guancia, sorridendo appena, cedendo
all’infantile
desiderio di stringerla a me; rotolai sull’erba tirandola
contro
il mio petto, abbracciandola con la dolcezza dei bambini, con
l’innocenza di creature ancora prive di qualsivoglia malizia,
immergendo il viso nei suoi capelli spettinati.
-Ti
proteggerò, se lo scopriranno. Non lascerò che ti
facciano del male.- mormorai, sentendola appallottolarsi contro il mio
petto – non mi avrebbe sorpreso sentirla miagolare, come un
cucciolo di gatto.
Se
esiste qualcosa che non dimenticherò mai, quella cosa
è
quel pomeriggio d’estate passato nel bosco dietro il
villaggio,
abbracciato alla mia Siryn, lontano dal mondo che avrebbe condannato
entrambi per qualcosa di cui non eravamo assolutamente responsabili: la
nostra magia.
Solo
dopo molto tempo, quando il cielo ebbe assunto le tinte scarlatte del
tramonto, sentii la voce di Siryn mormorare due semplici parole, dense
di un affetto sincero e profondo che rimarrà sempre nel mio
cuore.
-Lo so.-
.
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.
.
.
.
.
.
.
.
My Space:
….okay,
lo so, magari vi ho un po' sconvolti. Gwaine è un
personaggio che verrà fuori fra poco, e che a me piace
taaaanto tanto *_*
Non
credete che Siria non abbia mai avuto altre storie: ha avuto uomini,
storie, avventure, ma non ha mai avuto un rapporto tanto intenso come
quello che ha con il principe di Telmar. Questo però non
vuol
dire che non abbia amato, prima di Caspian.
In
questa shot appare la sua magia, la magia di Gwaine, il diverso
rapporto che ha Siria con se stessa e con la sua stessa
diversità. È una ragazzina acerba ma conscia di
se
stessa, che si accetta così com'è e che vede il
mondo per
come può senbrare ad una bambina spensierata: bellissimo ed
emozionante.
È
Siryn.
Hope
you like it!
B.
.
.
Per
chi fosse curioso qua sotto può trovare Gwaine, preso
direttamente in prestito dalla serie TV “Merlin”
xD(sì, Ben è stato clonato. U_U)
http://4.bp.blogspot.com/_YDsBSyVGdmk/TPjoYkQTMzI/AAAAAAAAAcY/uQ3ylA9Wt80/s1600/tumblr_l96qxaJ1ue1qbukmro1_500.png.jpeg
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Capitolo 3 *** At the end of a closing day. ***
Memories in 4 parti ragazze
≈
At
the end of a closing day ≈
.
.
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I passi risuonavano,
ovattati, nel
silenzio magico che avvolgeva le ampie stanze del castello.
I calzari producevano
soltanto una
lieve, ritmica pulsazione sui tappeti soffici e sontuosi, rimbombando
come il
battito di un immenso cuore invisibile in quei corridoi vuoti,
silenziosi, mentre
la polvere vorticava nei caldi raggi del Sole che fendevano le finestre.
Siria si rese conto
di aver trattenuto
il fiato, sconvolta com’era dalla bellezza stupefacente di
quelle stanze che
nessuno aveva mai usato da quando la madre di Caspian aveva perso la
vita per
una terribile malattia: al contrario del resto del palazzo, cupo e
spoglio, i
locali dedicati alla regina, che
Prunaprismia non aveva mai occupato in rispetto della cognata defunta e
del
bambino solitario rimasto orfano di madre, erano stati arredati con un
amore
per l’eleganza e la raffinatezza tali da darle
l’impressione di trovarsi in un
luogo completamente diverso rispetto all’austera dimora dei
regnanti di Telmar.
I suoi grandi occhi
blu, illuminati
dagli sprazzi dorati che entravano dalle alte finestre ad ogiva,
studiavano
avidamente ogni particolare, accarezzando con lo sguardo tutto
ciò che la
circondava: broccati e tappeti di tonalità di celeste tanto
belle che aveva
sempre pensato di poter scorgere solo nel cielo estivo, mobili
intagliati con
tanta maestria che avrebbero potuto causare persino in Talia un moto
d’apprezzamento per quella bellezza estratta dai suoi amati
alberi, vetrate
dipinte con una maestria che qualunque artista narniano avrebbe
faticato ad
eguagliare in grazia e minuziosità… era tutto
bellissimo – più di quanto Siria
aveva mai anche soltanto osato sognare.
Aveva
sempre amato i castelli, fin da bambina.
Era cresciuta in un
villaggio sporco,
povero ed umile proprio come la gente che lo abitava; la bellezza di
una reggia
– degli appartamenti della regina
che lei
sarebbe diventata – era sempre stata un sogno ad
occhi aperti per la
piccola strega con le trecce rosse, dipinti dalla voce melodiosa di sua
madre
che le cantava fiabe di cavalieri e principesse mentre le pettinava i
lunghi
capelli.
Essere lì,
esserci davvero e non soltanto per
rubare, per agguantare un brandello di
quello splendore lontano per poi fuggire nelle sue foreste buie ed
accoglienti,
le trasmetteva una sensazione d’incredulità tale
da farle dubitare di essere
sveglia davvero.
La
guerra era finita, e lei, finalmente, avrebbe avuto la sua pace.
Lentamente,
intimorita dal silenzio
opalescente che ammantava quei luoghi, avanzò ancora di
qualche passo e superò
il salotto ed alcuni corridoi, respirando a fondo per riempirsi del
denso e
confortante profumo del legno, delle stoffe pregiate che coprivano le
pareti,
della pace che traspirava da ogni singolo angolo.
Incantata,
lasciò scorrere gli occhi sui
dipinti, sui soffitti a cassettoni, su ogni singola pennellata lasciata
dagli
artisti che avevano trasformato quelle volte in capolavori di maestria
– tutto
sembrava essere un’immensa opera d’arte, creata per
il puro gusto di stupire,
d’incantare, di stordire con la sua stupefacente bellezza.
Il cuore batteva
lento, tranquillo, nel petto
della giovane strega dai capelli rossi; poteva quasi avvertirne le
pulsazioni,
che acceleravano quando il suo sguardo si posava su un dettaglio
particolarmente
bello, sui dipinti vividi e reali, sulle colonne e sui capitelli
intagliati nel
legno.
Sentiva
già di amarlo, quel posto.
Con delicatezza, col
terrore di rovinare
qualcosa, lasciò scorrere le dita candide sullo schienale di
una sedia, sul legno
di un tavolo, sul porpora intenso dei cuscini; sfiorò,
ammaliata, un candeliere
di cristallo, gioendo intimamente al dolce tintinnio che si
propagò nella
stanza della musica in cui ora si trovava, a quel tocco.
Era
tutto così…splendido.
Era un posto
così grande, così armonioso…
per troppi anni lei non aveva visto altro che foreste: le amava, le
considerava
la sua vera casa e l’unico posto in cui si era sentita se
stessa per la prima
volta nella sua vita… ma sentiva che avrebbe potuto
perdersi, in quel castello,
fra quelle pareti istoriate dai dipinti e su quei soffici tappeti
importati da
chissà dove – in quell’intenso profumo
di legno, di tempere, di stoffe, che
pareva irretire ogni suo singolo senso.
L’incanto
sembrò volersi intensificare
quando, proseguendo nel suo percorso, entrò nella stanza che
seppe per certo
sarebbe diventata la sua preferita.
Libri.
Libri, libri, ancora
libri, rinchiusi
dietro trasparenti teche di cristallo, in ordinate scaffalature di
noce, divisi
per argomento e per autore in alte colonne istoriate.
Avvertì il
cuore palpitare quando, con
dita tremanti, lasciò che un tomo dalla copertina color
perla scivolasse fra le
sue mani, schiudendolo con un gesto che tradiva tutta la sua emozione;
e la
sorpresa si accentuò, mescolandosi alla gioia pura e
cristallina che provava
ogni volta che sfiorava un libro, quando sotto il suo sguardo si
dipanarono
rune e miniature, scritte e dipinte con una precisione quasi maniacale
in una
pregiata pergamena giallastra.
Nel piccolo rifugio
nella foresta, dove
lei ed i suoi compagni avevano sempre riposto ciò che
sarebbe stato scomodo
portarsi dietro durante i loro vagabondaggi, Siria aveva custodito
gelosamente
tutti quei tomi che era riuscita a rubare o a comprare nel corso degli
anni;
adorava leggere, era stato Aaron a insegnarle quando era soltanto una
bambina…
ed ora, dinanzi a quello spettacolo, scorgendo le spigolose eppure
armoniche
lettere della lingua telmarina scorrere sotto i suoi occhi, non
poté non
sentire il cuore quasi scoppiarle di gioia.
Soltanto dopo un
istante, però, la
curiosità di vedere il resto delle sale ebbe il sopravvento.
Posò con
delicatezza il libro su un tavolino finemente lavorato, dedicando una
lunga
occhiata amorevole alla soffice poltrona lì accanto; sarebbe
tornata, e presto,
per continuare quella lettura sull’alchimia che
già aveva catturato il suo
interesse.
Dopotutto,
le streghe erano sempre state assetate di conoscenza, no?
Cautamente, col
terrore di infrangere
qualcosa, avanzò lungo quei corridoi tanto affascinanti fino
a giungere ad una
soglia ad arco. Era molto bella, ornata di fregi, di dipinti e
d’intonacature
delicate ed armoniose; distinse le vicende della storia di Telmar
dipinta sugli
stipiti, quella storia che tante volte aveva sentito narrare dai vecchi
del suo
villaggio. Sorrise, trasognata, intuendo che oltre quella soglia
qualcosa la
stava aspettando – e sentì il respiro mozzarsi
quando, mosso qualche timido
passo su quel
pavimento di legno che
stranamente non scricchiolava, entrò con cautela nella sala
successiva, la sala
delle udienze.
L’enorme
stanza accolse il suo sguardo
stupefatto, allibito – esisteva
davvero
un posto chiuso così grande!?
Le pareti erano
cariche di fregi e di
dipinti perché, Siria lo sapeva, una regina doveva far
sfoggio della propria
ricchezza come prova della forza della famiglia da cui proveniva.
Enormi
ritratti troneggiavano in ogni sezione, divisa da colonne addossate
alle mura e
riccamente intagliate. Con un sussulto, dalle parti dello stomaco,
riconobbe
Caspian nel ritratto accanto alla finestra che dava sullo splendido
giardino
interno, che i giardinieri del castello avevano cominciato a sistemare
dopo la
vittoria dei narniani.
Si
avvicinò, rapita, irrimediabilmente
attratta da quel ritratto; persino lo splendido paesaggio fuori, la
meraviglia di
quelle stanze che sarebbero diventate sue, non potevano eguagliare il
palpito
innamorato che s’impossessò del suo cuore nel
vedere quel dipinto.
Era stato sicuramente
realizzato anni
prima, se ne accorse immediatamente perché i capelli del
principe che era stato
erano più corti ed il viso più spigoloso,
malsano, come quello di qualcuno che
deve ancora crescere un bel po’; le spalle erano
più minute ed il torace più
snello – non poteva avere più di quattordici anni,
in quel quadro. Sorrise, intenerita,
riconoscendo nell’adolescente acerbo impresso sulla tela i
tratti dell’uomo che
lei aveva imparato a conoscere e ad amare ogni giorno un poco di
più,
allungando le dita per sfiorare con dolcezza il profilo del volto che
era
diventato quello del suo Re.
Sarebbe
stata in grado di rimanergli accanto, di diventare la consorte di un Re?
Chinò un
poco il capo, allontanandosi a
malincuore dal ritratto ed avvicinandosi alla grande portafinestra;
armeggiò
con le maniglie per un istante e poi la spalancò di botto,
sorridendo quando il
Sole pomeridiano invase lei e la sala che la circondava, accogliendola
in un
bagno di calore quando uscì sul terrazzo e si
affacciò alla balaustra di pietra
per abbracciare con lo sguardo l’intera cittadella e,
più in là, le vaste piane
di Narnia e lo scorrere imperioso del Grande Fiume, le sue foreste che
occhieggiavano
da sud ed il cielo azzurro, immenso, bello da toglierle il fiato.
Sorrise, emozionata,
appoggiandosi al
parapetto di spalle e lasciando ciondolare indietro la testa per
godersi i
mille profumi della città, della natura, del castello.
Non sarebbe stata una
passeggiata imparare
a vivere a corte, comprese, lanciando un’occhiata divertita
allo stuolo di
ancelle e servitrici che aveva seminato pochi minuti prima, in
giardino, per
rifugiarsi negli appartamenti che sarebbero ben presto diventati suoi:
Caspian
aveva deciso che venissero destinati a lei e Siria sapeva che lo aveva
fatto
perché erano il luogo più sereno ed accogliente
dell’intero castello, l’unico
che le avrebbe permesso di ritagliarsi un rifugio in cui poter,
lentamente,
cominciare a sentirsi a casa.
Sorrise di nuovo,
rincuorata da quel
pensiero, alzando lo sguardo verso quel limpido cielo di fine agosto.
Era una donna
selvatica – lo era sempre
stata – e testarda, poco incline all’etichetta e
alle regole imposte… ma era
anche l’erede di una strega che, per quanto malvagia, era
nata principessa nel
proprio mondo – ed era, soprattutto, una delle Figlie di
Aslan, Paladina di un
potere che in pochi sarebbero stati in grado di controllare.
Sì,
decise, arrampicandosi sul cornicione e poi sul tetto spiovente per
sedersi e
lasciar ciondolare le gambe nel vuoto come una bambina, ridacchiando
fra sé al
pensiero di quanto avrebbero strillato le ancelle nel vederla
inerpicarsi fra
le pietre come uno scoiattolo; sarebbe
stato divertente imparare ad amare quella sua nuova casa.
.
.
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.
My Space:
"Aggiornerà
spesso quest'estate", diceva.
"Sarà
un'estate in piena scrittura", diceva.
"Avremo un
sacco da leggere", pensavate.
...BEH,
PENSAVATE MALE.
Sarei da
prendere a sberle, lo so anche io, ma l'ispirazione fa un po' quello
che vuole e, da simpatica stronza qual'è, ha deciso di
prendere e andare in vacanza! Mi dispiace un sacco, so di aver lasciato
indietro un sacco di cose (comprese cose che ho appena iniziato,
oltretutto) ma, come sempre, la mia promessa di completare il tutto
verrà mantenuta. Potrei giusto tardare un po' con la
pubblicazione di Redial, però arriverà! Alla fin
fine ho sempre finito tutto, no? NO?!
Scherzi a
parte.
Questa
piccola one-shot è una sorta di missing moment
relativo alle varie ellissi temporali presenti negli ultimi capitoli di
Narnia's Rebirth; soprattutto, però, questa è la
prima di quattro one-shots legate a questo periodo transitorio nella
vita delle Figlie di Aslan. Seguiranno, anche se non so bene quando (ho
un'idea per quella di Mirime, mentre Aysell e Talia sono un po'
più vaghe nella mia testolina), anche quelle delle altre
ragazze. Spero. Credo. Non lo so!
L'immagine è creazione di DreamWanderer, non mia, lei
è molto più brava di me con la grafica (e se ci
cliccate sopra, se sono stata capace di sistemare tutto, dovreste
riuscire ad aprirla e a vederla meglio) U_U
Ce n'è anche un'altra, in cantiere per Memories, che invece
è più definita. Devo solo scriverla,
sì. Devo solo scriverla tutta. Mamma, aiuto @_@
Fatemi
sapere che cosa ne pensate di questa shot! Mi piacerebbe sentire
qualche voce dai lettori, susu!
Luv ya
lots,
B.
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