Narnia's Memories

di ranyare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I loved you first. ***
Capitolo 2: *** I know you'll never leave me alone. ***
Capitolo 3: *** At the end of a closing day. ***



Capitolo 1
*** I loved you first. ***


Memories in 4 parti ragazze

I loved you first

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Era un bellissimo giorno di Sole, proprio come tanti di quelli che si sono susseguiti negli anni sulle piane lussureggianti e perfette – tanto da sembrare dipinte – di Narnia.

I raggi dorati accarezzavano l’erba grassa, folta e piacente allo sguardo, scossa lievemente dal vento che spirava delicato fra quegli agili giunchi verdeggianti; i giovani centauri si rincorrevano coi grifoni, risalendo le colline con la sola forza delle loro non ancora possenti zampe equine, i capelli sparsi nell’aria frizzante ed i sorrisi di un popolo sereno scritti sul volto.

Sorrisi anch’io, nella luce forte e limpida dell’estate narniana; erano già passati cinque anni da quando io ed i miei fratelli ci eravamo ritrovati in quel mondo ricoperto da una finissima ed eterna neve candida… cinque anni da quando ero stato insignito di un titolo che in un primo momento mi aveva spaventato, un titolo pesante come la responsabilità che gravava, onerosa, sulle mie spalle: Gran Re Peter il Magnifico, Supremo Regnante di Narnia, Imperatore delle Isole Solitarie, Signore di Cair Paravel, Cavaliere del Nobile Ordine del Leone.

L’incubo più ricorrente, a dirla tutta, era la trafila sul mio nome che i ciambellani annunciavano ogni volta che dovevo presenziare a qualche evento mondano.

Lasciai che il vento dispettoso e fresco, accarezzasse i miei capelli biondi e li scompigliasse, socchiudendo le palpebre e abbandonandomi per qualche istante alla cristallina perfezione del Regno… del mio Regno.

Susan e Lucy erano in viaggio, in visita presso un Reame poco distante da Narnia; Edmund si era unito a loro dopo una battuta di caccia sui sui monti di Ettins risultata decisamente fruttuosa, raggiungendole presso la Reggia di Lord Kasey, uno dei miei più fidati luogotenenti.

Ed io?

Io ero rimasto a Cair Paravel, con la squisita compagnia di Tumnus e del suo flauto a rallegrare il silenzio del palazzo, in attesa di una delegazione proveniente dal poco lontano Regno delle Naiadi, guidato da tempo immemore dalla splendida e saggia Sovrana Mairead, una delle compagnie più dolci e piacevoli che esistessero fra i sottoposti del Re di Narnia.

Mairead era una figura allo stesso tempo delicata e maestosa: l’avevo vista combattere in prima fila, durante la Grande Guerra, armata di un’arma che rispecchiava esattamente il suo carattere ed il suo aspetto, tanto ingannevole quanto splendido: lo scettro della Sovrana, così innocuo all'apparenza, era mutato in un oggetto letale ed aggraziato, concedendole la forza e l’abilità di trionfare su ciascuno degli stolti che avevano osato pensare di poterla sopraffare.

Al suo fianco, probabilmente, ci sarebbe stato Nihar, il giovane ragazzo nato circa un secolo prima, figlio del compagno di Mairead deceduto durante la battaglia contro la Strega Bianca; il giovane assomigliava alla madre anche nelle movenze, nella straordinaria capacità di mutare il proprio aspetto in quello umano con una dimestichezza inusuale per le naiadi, nella pacatezza e nell’eleganza dei gesti e del carattere.

Sorrisi, quando anche attraverso le palpebre chiuse distinsi il lieve riverbero della trasparente pelle delle naiadi rilucere nel Sole del mattino inoltrato, aprendo gli occhi e distinguendo le bionde chiome della Sovrana e del figlio in groppa a due elegantissimi cavalli palomini, in testa al corteo che invece cavalcava delle magnifiche bestie dal manto biondo cenere, snelle e aggraziate come tutti i cavalli di Narnia.

Distinsi anche una giovane fanciulla, poco meno di una ragazzina: cavalcava poco lontano da Nihar, rivolgendogli ogni tanto un timido sorriso che splendeva nell’acqua che componeva il suo volto sottile e delicato ed avrei scommesso che, se fosse stata in carne ed ossa e non nella sua forma d’acqua, sarebbe arrossita.

Sorrisi, dinanzi alla dolcezza lontana di quella bambina e, contemporaneamente, mi preparai ad accogliere la delegazione che avanzava al piccolo trotto lungo le colline che circondavano la scogliera su cui sorgeva Cair Paravel, sistemandomi la tunica celeste che indossavo e riportando fra i miei capelli il peso di quella corona di cui, ormai, non avrei saputo più fare a meno.

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-Peter!- la voce melodiosa di una bellissima dama bionda mi riscosse dai miei pensieri, strappandomi un sospiro lieve e compiaciuto: la presenza di Adhara presso Cair Paravel era spesso fonte di estremo piacere per il sottoscritto, data la squisita bellezza del suo volto e l'intelligenza affilata e non comune che, abilmente, Adhara celava dietro le sue fattezze quasi angeliche.

Diressi il mio sguardo verso il cavallo che galoppava nei giardini di Cair Paravel, beandomi della figura della cavallerizza bionda che sorrideva in mia direzione, salutandomi con un elegante cenno delle mani curate. Adhara era una lady di una remota landa ad ovest di Narnia, stimata dagli elfi e dalla misteriosa razza delle pleiadi come una creatura dotata di profonda saggezza e d'inflessibile correttezza; mi era stato caldamente consigliato di invitarla a trascorrere quanto più tempo possibile a Cair Paravel, perché la sua fama di diplomatica era conosciuta e stimata in tutti i regni.

Una volta tanto, il mio titolo mi aveva concesso qualcosa di utile e di piacevole.

Adhara era meravigliosa, dai capelli di un luminoso biondo cenere e dagli occhi celesti come il cielo di Narnia; il suo corpo esile e sottile mi ricordava i giunchi che danzavano nelle vicinanze dei fiumi, il sapore delle sue soffici labbra era quello delle succose more che coglievano le mie sorelle durante le gite presso i laghi ed i fiumi della regione e la sua pelle era delicata come la più pregiata delle sete.

Mi voltai, salutandola con un cenno ed un sorriso, trovando nel suo sguardo la tacita promessa di un incontro, più tardi, quando la notte sarebbe calata a celare le scappatelle del Re.

Mairead si era ritirata nelle stanze a lei riservate, mentre la sua corte aveva raggiunto le onde che s’infrangevano in candida spuma sulle scogliere del palazzo e Nihar, spigliato e curioso come tutti i ragazzini, aveva chiesto ai miei centauri di mostrargli le arti di divinazione che utilizzavano per svelare le nebbie del futuro.

Avevo approfittato di quel momento per ritirarmi anch’io, rifugiandomi nel giardino fiorito che tanto amavo frequentare nei momenti di calma; fra le camelie, le rose, i boccioli ed i virgulti in procinto di nascere riuscivo a ritrovare quella calma che spesso veniva a mancare durante le riunioni di stato, quando mi ritrovavo costretto ad assistere a spettacolari esempi della meschinità dei governanti... delle razze più disparate, oltretutto, a riprova che non soltanto gli umani potevano essere tacciati di cattiveria e meschinità.

Disteso sull’erba poco lontano dalla fontana, scolpita dai mastri nani sulle forme prominenti e sensuali proprie delle ninfe acquatiche, mi abbandonai al tepore del Sole pomeridiano e lasciai che non soltanto il mio corpo si distendesse ma, soprattutto, anche i miei pensieri; per questo non mi accorsi – non subito – della presenza di una piccola figura emersa timidamente dalle acque trasparenti della costruzione ornamentale, due occhioni della stessa turbinosa sostanza che mi guardavano spaventati, impauriti.

-Sua… Sua Maestà, mi dispiace disturbarla, io…- aprii gli occhi, sorpreso, quando una voce delicata e terribilmente dolce risuonò nelle immediate vicinanze, sorprendendomi. Mi alzai subito, sorpreso ed allarmato dalla vicinanza che avevo permesso allo sconosciuto di ottenere – un errore terribile e fatale, per un Re –, tornando a respirare soltanto quando distinsi gli spumosi capelli di una naiade nelle acque altrimenti immote della fontana.

Sospirai, sollevato, rivolgendo un’espressione amichevole alla piccola ninfa nascosta nei flutti, avvicinandomi di qualche passo al bordo in pietra dell’ornamento.

-Non hai disturbato.- mormorai, sorridendo quando la bimba si ritirò appena, intimorita, nascondendo il visino fra le mani minuscole.

Era una creatura delicata, innocente e a dir poco bellissima: i lunghi capelli di spuma erano ondulati intorno al visetto, le guance erano soffici e paffute, gli occhi immensi e contornati da una folta schiera di ciglia semitrasparenti.

Se fosse stata in forma umana – per quanto fosse difficile, anche per le naiadi più grandi, completare e mantenere quella trasformazione  l’avrei immaginata con lunghi capelli di un bel biondo dorato, la pelle chiara e le guance rosse d’imbarazzo, con una veste candida ed una coroncina di fiori a contornarle la fronte.

Trasmetteva quell’innocenza tipica di ogni bambino, e la curiosità e la timidezza brillavano in quei due pozzi turbinanti e particolari che erano gli occhi di ogni naiade, tenera e minuta ed altrettanto… carina.

Nonostante fosse un aggettivo che di norma non utilizzavo spesso, non trovai un'altra definizione possibile per quella creaturina: era la cosa più carina che avessi mai visto, tanto da far sfigurare i fiori più belli del giardino in cui ci trovavamo.

-Come mai non sei giù, al mare?- le chiesi, inginocchiandomi accanto a lei e rivolgendole un amichevole gesto per invitarla ad avvicinarsi.

Diffidente, si accostò a me di qualche centimetro, rimanendo però nella calda e sicura culla dello specchio d'acqua.

-Io… volevo vedere il giardino, e poi sono troppo piccola, non…- balbettò, strappandomi un altro sorriso intenerito; quella bambina era la creatura più dolce e tenera che fosse mai capitata a Cair Paravel da molto tempo… mi ricordava mia sorella Lucy, per molti versi negli occhi, soprattutto, c’era quella stessa luce particolare, limpida e pura come l’acqua, che avevo sempre distinto negli occhi della mia sorellina.

La vidi prendere fiato, chiudere appena gli occhioni e stringere i pugnetti, armandosi di un contegno invidiabile e dolcissimo: sembrava una piccola regina, in quel momento, una creatura tanto minuscola che celava un incredibile galateo.

-Mi dispiace avervi disturbato, Maestà.- terminò, la voce altisonante che tremava, gli occhi che si fissavano coraggiosamente nei miei, sforzandosi di mantenere l’atteggiamento altezzoso di ogni dama che si rispetti.

Per un istante, rimasi senza parole davanti a quello sfoggio di giovanile orgoglio; ma, l’attimo più tardi, senza riuscire a trattenermi, scoppiai a ridere.

Aveva del coraggio, quella bimba…

-Non hai assolutamente disturbato, piccina.- la rassicurai, sorridendo, con voce calma e tranquilla. -Posso solo apprezzare la compagnia di una principessina tanto bella quanto educata.- aggiunsi, vedendola sgranare gli occhioni e nascondersi repentinamente dietro le manine in preda ad un terribile e repentino imbarazzo.

Ridacchiai, tendendole una mano, divertito ed intenerito al tempo stesso.

-Che ne dici? Posso mostrarti io il giardino, piccola?- le chiesi, incoraggiante, aspettando che posasse la manina sulla mia. Mi soppesò fra le dita dischiuse, ancora imbarazzatissima: sembrava studiarmi con uno sguardo indecifrabile, molto più adulto di quello che ci si aspetterebbe da una ragazzina, testardo e determinato come ne ho incontrati pochi nella mia intera esistenza. Era una reatura che simboleggiava l'intensità e la bellezza della magia di Narnia, una magia troppo forte ed impetuosa per essere costretta a rimanere in silenzio  bellissima ed elegante quanto irrefrenabile ed inarrestabile.

E poi, le dita trasparenti attraversate dai raggi dorati del Sole, la piccola ninfa di cui non conoscevo il nome allungò la manina verso la mia, posandola sul mio palmo con delicatezza.

La chiusi nella mia con un sorriso, sentendola sorprendentemente calda e concreta  ed ebbi improvvisamente la visione di un sorriso immenso, bellissimo ed accecante, apertosi repentinamente sul volto della bambina – e, soprattutto, nei suoi occhi.

Fu solo un lampo, un fotogramma fugace ed effimero, eppure fui sicuro di distinguere quegli occhi assumere una forte tonalità dorata, gioiosa e splendente come una piccola stella nel cielo limpido.

Si lasciò trarre fuori dalla fontana e l'istante scomparve così com'era apparso, tanto da darmi l'impressione di averlo soltanto immaginato; ma quel sorriso, quella serenità, rimasero nel mio petto a riscaldarmi il cuore, rendendo ancora più bello il fiorente giardino di Cair Paravel.

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My Space:

Buongiorno!

Cos'è questa? Questa è una raccolta di alcuni capitoli, teoricamente quattro (con me non si sa mai xD), basata sull'infanzia delle protagoniste di Narnia's Rebirth - e seguiti -. Questo primo capitolo, basato sul PoV del mio caaaaaaro Peter Pevensie (carissimo, certo), è incentrato sull'infanzia, durante i tempi d'oro, di Shaylee. Aysell non è presente né lo sono i genitori delle due ninfe. La spiegazione è semplice: non si sono uniti a Mairead per la visita a Cair Paravel per rimanere a casa con la bambina più piccola.

Abbiamo anche uno scorcio velocissimo di un personaggio di cui sentiremo parlare più avanti: Adhara. Come avete visto, il nostro Re Supremo non è sempre stato il represso rompiballe che abbiamo imparato a conoscere... e molto altro, ma non vi dico qualcosa in più sennò spoilero abbastanza!

Ebbene, che aggiungere? Spero che vi sia piaciuta! E' una shot molto semplice, che vuole mostrare il lato più spensierato della vita di Shaylee, prima che lei fosse costretta a crescere troppo in fretta e durante la pace più duratura che Narnia, fino al regno di Caspian, abbia mai conosciuto.

Hope you like it!

B.

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Capitolo 2
*** I know you'll never leave me alone. ***


Memories in 4 parti ragazze

I know you'll never leave me alone

 .

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-Non è stato il mio primo bacio, quindi non montarti la testa.-

Il dolce orgoglio di una ragazzina dai capelli rossi, dalle guance accese e dallo sguardo terribilmente fiero: ecco qualcosa che penso non dimenticherò mai, nemmeno dovessi vivere cent’anni.

-Certamente, perché tu hai un’intensa vita sociale di cui io non sono a conoscenza.- ridacchiai, scostando i ciuffi ribelli dalla mia fronte, soppesandola con uno sguardo di sottecchi che la fece arrossire ancor di più – era bella, Siryn, era bella nella sua acerba innocenza e nel suo sapore frizzante, vivo.

Aveva due anni in meno di me e di suo fratello: dodici anni compressi in una lunga chioma di capelli rossi ed in due occhi del colore del cielo, col volto tondo ancora di bambina ma due labbra carnose invece già da donna, che mi facevano venir voglia di possedere il potere di mandare avanti il tempo pur di vedere come sarebbe diventato quel corpo acerbo una volta cresciuto.

Alla sua età, suo padre e sua madre erano convinti che avrebbe dovuto cominciare a comportarsi come una brava signorina: avrebbe dovuto mantenersi sempre composta e mansueta per far sì che un qualche buon partito s’interessasse a lei e chiedesse la sua mano – incastrandola in un matrimonio che, per lei, sarebbe stata soltanto una gabbia.

A me, invece, piaceva così: con un paio di calzoni rubati dai vestiti diventati piccoli a suo fratello e una casacca sdrucita, i capelli raccolti e le ginocchia scorticate dalle cortecce degli alberi.

Selvaggia.

Se ne stava lì, a braccia conserte, appoggiata ad un immenso ontano con la treccia posata sulla spalla e i piedi che si sfregavano l’un l’altro, segno del suo evidente imbarazzo.

-Ho solo perso una scommessa, Gwaine. Non credere di essere chissà cosa.- replicò, troppo orgogliosa per rinunciare e ammettere che quel bacio l’aveva scossa più di quanto desse a vedere.

Ridacchiai ancora, prendendo quella mano ancora stretta a pugno e tirando Siryn contro di me mentre un lieve vento scuoteva le fronde degli alberi che, maestosi, s’innalzavano intorno a noi, racchiudendoci in una radura di poco discosta dal villaggio dove vivevano le nostre famiglia.

Conoscevo quella ragazza dalla sua nascita, sin da quando Aaron aveva urlato – correndo per tutto il villaggio, entusiasta – di aver ricevuto, finalmente, la sorellina che tanto aveva pregato per avere al suo fianco; lo avevo considerato strambo sino a quando Siryn non aveva cominciato a parlare, conquistandosi all’istante il mio affetto e la mia amicizia.

Penso non scorderò mai il suo aspetto di neonata, quello sparuto pennacchio di lanugine rossastra sulla pelle glabra della testa, la pelle soffice come panna montata, gli occhioni blu ed enormi – occhi che non sono mai cambiati, occhi che ricordo ancora nitidamente come se fossero dinanzi a me in questo preciso istante.

Crescendo, diventò alla svelta la compagnia indispensabile delle mie giornate, il colore e la musica che riempivano quelle ore altrimenti vuote, l’allegria e l’irruenza di un fuoco che riscaldava la mia pelle altrimenti gelida.

Siryn è stata il mio primo bacio, ed il mio primo – ed unico – amore.

Tentò di ribellarsi alla mia stretta quando me la caricai senza troppi problemi sulla spalla, sentendola strillare come un’aquila tutti gli improperi che conosceva la sua giovane ma scaltra mente.

-Mettimi subito giù, Gwaine! Sottospecie d’imbecille effeminato, lasciami andare subito! Ti avverto, mi metto a strillare!- si agitò, riempiendo di pugni poco efficaci la mia schiena e sgambettando come una matta; decisi di accontentarla e la lasciai pesantemente cadere a terra, facendola atterrare direttamente sul fondoschiena.

-Ahia!- sbottò, guardandomi male attraverso la cortina di capelli rossi, tutti arruffati, che erano sfuggiti dalla treccia ed ora velavano quello sguardo intenso ed arrabbiato che tanto adoravo.

-“Effeminato” a chi?- replicai, piccato; e, in meno di un istante, mi fiondai addosso a lei e la bloccai per terra, impedendole di tirarmi un calcio dove gli uomini sono del tutto vulnerabili.

-A te, razza di buzzurro che non sei altro!- ringhiò, divincolandosi e tirandomi un cazzotto in piena faccia, colpendomi – non molto gentilmente – sul mento.

-Piccola vipera!- esclamai, più sorpreso che arrabbiato, tentando di bloccarle il polso prima che mi picchiasse ancora; finimmo a rotolare nel sottobosco, tentando di liberarci a vicenda l’uno dell’altra, le foglie secche che si mischiavano ai capelli rossi di Siryn.

-Carogna!-

-Insolente!-

-Stupido idio__-

Esisteva solo un modo per zittirla; un modo che si rivelò oltremodo efficace, visti i risultati.

Bloccandola sotto di me, agganciando le sue gambe con le mie e stringendole i polsi in entrambe le mani, premetti di slancio le labbra sulle sue, strappando in un brusco respiro gli insulti che ancora avrebbe voluto affibbiarmi, assaporando appieno la morbidezza delle sue labbra soffici.

S’irrigidì all’istante, allibita dal gesto, senza reagire  sorpresa, paura, curiosità, attrazione… sentii passare miriadi di sensazioni nella sua carne illibata, sulla pelle candida che avvertii surriscaldarsi all’istante, la magia che pulsava forte e indomabile nel suo sangue. 

Il fuoco che languiva dentro di lei mi chiamava, alto e bollente come lava, attirando a sé quell’energia uguale e contraria che invece irruppe dentro di me, soffocando i miei pensieri in un turbinio di emozioni troppo complicate – o troppo semplici – per essere chiarificate.

Ghiaccio e fuoco si sfiorarono quando le labbra di Siryn si schiusero e permisero ai nostri respiri di mischiarsi, alle lingue timide ed inesperte d'incontrarsi e conoscersi a vicenda in un tocco che – lo sapevamo entrambi – non avrebbe dovuto esistere, che ci avevano proibito, che ci avrebbe messo nei guai.

Lasciai andare i suoi polsi, immergendo invece le dita in quel mare scarlatto e scompigliato  sapeva di foresta, Siryn, di Sole e della corteccia degli alberi che tanto amava scalare.

Le mani calde di Siryn toccarono sulle mie palpebre, delineando la forma dei miei occhi per poi scendere a costeggiare i tratti affilati del mio viso.

La sua lingua impertinente saggiò la mia, delicata come un petalo di rosa sul pelo dell’acqua di uno stagno; inspirai a fondo, inebriandomi del suo odore conosciuto e familiare, prolungando quel bacio sino a che entrambi non necessitammo di respirare, di vivere, di recuperare noi stessi e la magia lasciata a briglia sciolta da entrambi.

Siryn aveva combinato tanti guai, appiccando incendi quando avrebbe dovuto trattenersi; io stesso avevo faticato, nel corso degli anni, per imparare a controllare le mie energie... ma in quell'istante, vicini com'eravamo, l'incanto di ciò che realmente eravamo pulsava fra di noi, ammantandoci in un bozzolo caldo ed intenso che recludeva qualunque cosa al di fuori di quell'abbraccio.

Quando la guardai, vidi il fuoco ardere nelle sue iridi blu e sapevo, sapevo benissimo, che nei miei occhi color nocciola invece brillava il ghiaccio, quella magia che ci divideva e ci accomunava come nessun altro avrebbe mai potuto capire.

Amavo quella ragazzina; e, penso, l’amerò per sempre.

-Questo… questo rimarrà un segreto.- sussurrò, la voce ridotta ad un refolo di vento, la pelle che scottava al contatto col freddo della mia.

Le accarezzai una guancia, sorridendo appena, cedendo all’infantile desiderio di stringerla a me; rotolai sull’erba tirandola contro il mio petto, abbracciandola con la dolcezza dei bambini, con l’innocenza di creature ancora prive di qualsivoglia malizia, immergendo il viso nei suoi capelli spettinati.

-Ti proteggerò, se lo scopriranno. Non lascerò che ti facciano del male.- mormorai, sentendola appallottolarsi contro il mio petto – non mi avrebbe sorpreso sentirla miagolare, come un cucciolo di gatto.

Se esiste qualcosa che non dimenticherò mai, quella cosa è quel pomeriggio d’estate passato nel bosco dietro il villaggio, abbracciato alla mia Siryn, lontano dal mondo che avrebbe condannato entrambi per qualcosa di cui non eravamo assolutamente responsabili: la nostra magia.

Solo dopo molto tempo, quando il cielo ebbe assunto le tinte scarlatte del tramonto, sentii la voce di Siryn mormorare due semplici parole, dense di un affetto sincero e profondo che rimarrà sempre nel mio cuore.

-Lo so.-

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My Space:

….okay, lo so, magari vi ho un po' sconvolti. Gwaine è un personaggio che verrà fuori fra poco, e che a me piace taaaanto tanto *_*

Non credete che Siria non abbia mai avuto altre storie: ha avuto uomini, storie, avventure, ma non ha mai avuto un rapporto tanto intenso come quello che ha con il principe di Telmar. Questo però non vuol dire che non abbia amato, prima di Caspian.

In questa shot appare la sua magia, la magia di Gwaine, il diverso rapporto che ha Siria con se stessa e con la sua stessa diversità. È una ragazzina acerba ma conscia di se stessa, che si accetta così com'è e che vede il mondo per come può senbrare ad una bambina spensierata: bellissimo ed emozionante.

È Siryn.

Hope you like it!

B.

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Per chi fosse curioso qua sotto può trovare Gwaine, preso direttamente in prestito dalla serie TV “Merlin” xD(sì, Ben è stato clonato. U_U)

http://4.bp.blogspot.com/_YDsBSyVGdmk/TPjoYkQTMzI/AAAAAAAAAcY/uQ3ylA9Wt80/s1600/tumblr_l96qxaJ1ue1qbukmro1_500.png.jpeg

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Capitolo 3
*** At the end of a closing day. ***


Memories in 4 parti ragazze

At the end of a closing day

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I passi risuonavano, ovattati, nel silenzio magico che avvolgeva le ampie stanze del castello.

I calzari producevano soltanto una lieve, ritmica pulsazione sui tappeti soffici e sontuosi, rimbombando come il battito di un immenso cuore invisibile in quei corridoi vuoti, silenziosi, mentre la polvere vorticava nei caldi raggi del Sole che fendevano le finestre.

Siria si rese conto di aver trattenuto il fiato, sconvolta com’era dalla bellezza stupefacente di quelle stanze che nessuno aveva mai usato da quando la madre di Caspian aveva perso la vita per una terribile malattia: al contrario del resto del palazzo, cupo e spoglio, i locali dedicati alla regina,  che Prunaprismia non aveva mai occupato in rispetto della cognata defunta e del bambino solitario rimasto orfano di madre, erano stati arredati con un amore per l’eleganza e la raffinatezza tali da darle l’impressione di trovarsi in un luogo completamente diverso rispetto all’austera dimora dei regnanti di Telmar.

I suoi grandi occhi blu, illuminati dagli sprazzi dorati che entravano dalle alte finestre ad ogiva, studiavano avidamente ogni particolare, accarezzando con lo sguardo tutto ciò che la circondava: broccati e tappeti di tonalità di celeste tanto belle che aveva sempre pensato di poter scorgere solo nel cielo estivo, mobili intagliati con tanta maestria che avrebbero potuto causare persino in Talia un moto d’apprezzamento per quella bellezza estratta dai suoi amati alberi, vetrate dipinte con una maestria che qualunque artista narniano avrebbe faticato ad eguagliare in grazia e minuziosità… era tutto bellissimo – più di quanto Siria aveva mai anche soltanto osato sognare.

Aveva sempre amato i castelli, fin da bambina.

Era cresciuta in un villaggio sporco, povero ed umile proprio come la gente che lo abitava; la bellezza di una reggia – degli appartamenti della regina che lei sarebbe diventata – era sempre stata un sogno ad occhi aperti per la piccola strega con le trecce rosse, dipinti dalla voce melodiosa di sua madre che le cantava fiabe di cavalieri e principesse mentre le pettinava i lunghi capelli.

Essere lì, esserci davvero e non soltanto per rubare, per agguantare un brandello di quello splendore lontano per poi fuggire nelle sue foreste buie ed accoglienti, le trasmetteva una sensazione d’incredulità tale da farle dubitare di essere sveglia davvero.

La guerra era finita, e lei, finalmente, avrebbe avuto la sua pace.

Lentamente, intimorita dal silenzio opalescente che ammantava quei luoghi, avanzò ancora di qualche passo e superò il salotto ed alcuni corridoi, respirando a fondo per riempirsi del denso e confortante profumo del legno, delle stoffe pregiate che coprivano le pareti, della pace che traspirava da ogni singolo angolo.

Incantata, lasciò scorrere gli occhi sui dipinti, sui soffitti a cassettoni, su ogni singola pennellata lasciata dagli artisti che avevano trasformato quelle volte in capolavori di maestria – tutto sembrava essere un’immensa opera d’arte, creata per il puro gusto di stupire, d’incantare, di stordire con la sua stupefacente bellezza.

Il cuore batteva lento, tranquillo, nel petto della giovane strega dai capelli rossi; poteva quasi avvertirne le pulsazioni, che acceleravano quando il suo sguardo si posava su un dettaglio particolarmente bello, sui dipinti vividi e reali, sulle colonne e sui capitelli intagliati nel legno.

Sentiva già di amarlo, quel posto.

Con delicatezza, col terrore di rovinare qualcosa, lasciò scorrere le dita candide sullo schienale di una sedia, sul legno di un tavolo, sul porpora intenso dei cuscini; sfiorò, ammaliata, un candeliere di cristallo, gioendo intimamente al dolce tintinnio che si propagò nella stanza della musica in cui ora si trovava, a quel tocco.

Era tutto così…splendido.

Era un posto così grande, così armonioso… per troppi anni lei non aveva visto altro che foreste: le amava, le considerava la sua vera casa e l’unico posto in cui si era sentita se stessa per la prima volta nella sua vita… ma sentiva che avrebbe potuto perdersi, in quel castello, fra quelle pareti istoriate dai dipinti e su quei soffici tappeti importati da chissà dove – in quell’intenso profumo di legno, di tempere, di stoffe, che pareva irretire ogni suo singolo senso.

L’incanto sembrò volersi intensificare quando, proseguendo nel suo percorso, entrò nella stanza che seppe per certo sarebbe diventata la sua preferita.

Libri.

Libri, libri, ancora libri, rinchiusi dietro trasparenti teche di cristallo, in ordinate scaffalature di noce, divisi per argomento e per autore in alte colonne istoriate.

Avvertì il cuore palpitare quando, con dita tremanti, lasciò che un tomo dalla copertina color perla scivolasse fra le sue mani, schiudendolo con un gesto che tradiva tutta la sua emozione; e la sorpresa si accentuò, mescolandosi alla gioia pura e cristallina che provava ogni volta che sfiorava un libro, quando sotto il suo sguardo si dipanarono rune e miniature, scritte e dipinte con una precisione quasi maniacale in una pregiata pergamena giallastra.

Nel piccolo rifugio nella foresta, dove lei ed i suoi compagni avevano sempre riposto ciò che sarebbe stato scomodo portarsi dietro durante i loro vagabondaggi, Siria aveva custodito gelosamente tutti quei tomi che era riuscita a rubare o a comprare nel corso degli anni; adorava leggere, era stato Aaron a insegnarle quando era soltanto una bambina… ed ora, dinanzi a quello spettacolo, scorgendo le spigolose eppure armoniche lettere della lingua telmarina scorrere sotto i suoi occhi, non poté non sentire il cuore quasi scoppiarle di gioia.

Soltanto dopo un istante, però, la curiosità di vedere il resto delle sale ebbe il sopravvento. Posò con delicatezza il libro su un tavolino finemente lavorato, dedicando una lunga occhiata amorevole alla soffice poltrona lì accanto; sarebbe tornata, e presto, per continuare quella lettura sull’alchimia che già aveva catturato il suo interesse.

Dopotutto, le streghe erano sempre state assetate di conoscenza, no?

Cautamente, col terrore di infrangere qualcosa, avanzò lungo quei corridoi tanto affascinanti fino a giungere ad una soglia ad arco. Era molto bella, ornata di fregi, di dipinti e d’intonacature delicate ed armoniose; distinse le vicende della storia di Telmar dipinta sugli stipiti, quella storia che tante volte aveva sentito narrare dai vecchi del suo villaggio. Sorrise, trasognata, intuendo che oltre quella soglia qualcosa la stava aspettando – e sentì il respiro mozzarsi quando, mosso qualche timido passo  su quel pavimento di legno che stranamente non scricchiolava, entrò con cautela nella sala successiva, la sala delle udienze.

L’enorme stanza accolse il suo sguardo stupefatto, allibito – esisteva davvero un posto chiuso così grande!?

Le pareti erano cariche di fregi e di dipinti perché, Siria lo sapeva, una regina doveva far sfoggio della propria ricchezza come prova della forza della famiglia da cui proveniva. Enormi ritratti troneggiavano in ogni sezione, divisa da colonne addossate alle mura e riccamente intagliate. Con un sussulto, dalle parti dello stomaco, riconobbe Caspian nel ritratto accanto alla finestra che dava sullo splendido giardino interno, che i giardinieri del castello avevano cominciato a sistemare dopo la vittoria dei narniani.

Si avvicinò, rapita, irrimediabilmente attratta da quel ritratto; persino lo splendido paesaggio fuori, la meraviglia di quelle stanze che sarebbero diventate sue, non potevano eguagliare il palpito innamorato che s’impossessò del suo cuore nel vedere quel dipinto.

Era stato sicuramente realizzato anni prima, se ne accorse immediatamente perché i capelli del principe che era stato erano più corti ed il viso più spigoloso, malsano, come quello di qualcuno che deve ancora crescere un bel po’; le spalle erano più minute ed il torace più snello – non poteva avere più di quattordici anni, in quel quadro. Sorrise, intenerita, riconoscendo nell’adolescente acerbo impresso sulla tela i tratti dell’uomo che lei aveva imparato a conoscere e ad amare ogni giorno un poco di più, allungando le dita per sfiorare con dolcezza il profilo del volto che era diventato quello del suo Re.

Sarebbe stata in grado di rimanergli accanto, di diventare la consorte di un Re?

Chinò un poco il capo, allontanandosi a malincuore dal ritratto ed avvicinandosi alla grande portafinestra; armeggiò con le maniglie per un istante e poi la spalancò di botto, sorridendo quando il Sole pomeridiano invase lei e la sala che la circondava, accogliendola in un bagno di calore quando uscì sul terrazzo e si affacciò alla balaustra di pietra per abbracciare con lo sguardo l’intera cittadella e, più in là, le vaste piane di Narnia e lo scorrere imperioso del Grande Fiume, le sue foreste che occhieggiavano da sud ed il cielo azzurro, immenso, bello da toglierle il fiato.

Sorrise, emozionata, appoggiandosi al parapetto di spalle e lasciando ciondolare indietro la testa per godersi i mille profumi della città, della natura, del castello.

Non sarebbe stata una passeggiata imparare a vivere a corte, comprese, lanciando un’occhiata divertita allo stuolo di ancelle e servitrici che aveva seminato pochi minuti prima, in giardino, per rifugiarsi negli appartamenti che sarebbero ben presto diventati suoi: Caspian aveva deciso che venissero destinati a lei e Siria sapeva che lo aveva fatto perché erano il luogo più sereno ed accogliente dell’intero castello, l’unico che le avrebbe permesso di ritagliarsi un rifugio in cui poter, lentamente, cominciare a sentirsi a casa.

Sorrise di nuovo, rincuorata da quel pensiero, alzando lo sguardo verso quel limpido cielo di fine agosto.

Era una donna selvatica – lo era sempre stata – e testarda, poco incline all’etichetta e alle regole imposte… ma era anche l’erede di una strega che, per quanto malvagia, era nata principessa nel proprio mondo – ed era, soprattutto, una delle Figlie di Aslan, Paladina di un potere che in pochi sarebbero stati in grado di controllare.

, decise, arrampicandosi sul cornicione e poi sul tetto spiovente per sedersi e lasciar ciondolare le gambe nel vuoto come una bambina, ridacchiando fra sé al pensiero di quanto avrebbero strillato le ancelle nel vederla inerpicarsi fra le pietre come uno scoiattolo; sarebbe stato divertente imparare ad amare quella sua nuova casa.

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My Space:

"Aggiornerà spesso quest'estate", diceva.

"Sarà un'estate in piena scrittura", diceva.

"Avremo un sacco da leggere", pensavate.

...BEH, PENSAVATE MALE.

Sarei da prendere a sberle, lo so anche io, ma l'ispirazione fa un po' quello che vuole e, da simpatica stronza qual'è, ha deciso di prendere e andare in vacanza! Mi dispiace un sacco, so di aver lasciato indietro un sacco di cose (comprese cose che ho appena iniziato, oltretutto) ma, come sempre, la mia promessa di completare il tutto verrà mantenuta. Potrei giusto tardare un po' con la pubblicazione di Redial, però arriverà! Alla fin fine ho sempre finito tutto, no? NO?!

Scherzi a parte.

Questa piccola one-shot è una sorta di missing moment relativo alle varie ellissi temporali presenti negli ultimi capitoli di Narnia's Rebirth; soprattutto, però, questa è la prima di quattro one-shots legate a questo periodo transitorio nella vita delle Figlie di Aslan. Seguiranno, anche se non so bene quando (ho un'idea per quella di Mirime, mentre Aysell e Talia sono un po' più vaghe nella mia testolina), anche quelle delle altre ragazze. Spero. Credo. Non lo so! 
L'immagine è creazione di DreamWanderer, non mia, lei è molto più brava di me con la grafica (e se ci cliccate sopra, se sono stata capace di sistemare tutto, dovreste riuscire ad aprirla e a vederla meglio) U_U
Ce n'è anche un'altra, in cantiere per Memories, che invece è più definita. Devo solo scriverla, sì. Devo solo scriverla tutta. Mamma, aiuto @_@

Fatemi sapere che cosa ne pensate di questa shot! Mi piacerebbe sentire qualche voce dai lettori, susu!

Luv ya lots,

B.

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