Tear It Down

di fire_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cuori Impuri ***
Capitolo 2: *** Kimiya ***
Capitolo 3: *** Mezzosangue ***
Capitolo 4: *** Kimiya contro Farrin ***
Capitolo 5: *** Falce di Luce ***



Capitolo 1
*** Cuori Impuri ***


Capitolo Uno
Cuori Impuri
 
Sotto le mura della città di Tarri, dal lato esterno, una giovane donna di poco più di vent'anni stava avanzando sulla sabbia a passo lento; fra le mani aveva un cestino pieno fino all'orlo, ma individuarne il contenuto era impossibile a causa di un fazzoletto a quadri bianchi e rossi che vi aveva posato sopra. La donna aveva i capelli raccolti in un due trecce che le ballavano dietro la schiena a ogni suo movimento. Le sue labbra si aprivano e si muovevano, come se stesse cantando. Continuava a camminare verso casa, ignara di ciò che aveva alle calcagna.
Appollaiata sulla cima delle mura di pietra, alte forse più di dieci metri, baciata dai caldissimi raggi del sole, c'era una figura ammantata da capo a piedi. Del suo volto, soltanto i suoi occhi scuri facevano capolino sopra una benda che le copriva il mento, fin sopra il naso. Alle sue spalle, le guardie incaricate di mantenere l'ordine erano stese a terra, alcune in posizione supina altre prona. Nessuno di loro aveva perso nemmeno una singola goccia di sangue. Avevano il respiro pesante, sembrava dormissero come bambini, con le spade dalla lama ricurva ancora dentro la fodera. Prima ancora che riuscissero a estrarle, qualcosa li aveva colpiti.
Farrin aveva gli occhi incollati sulla giovane donna, più grande di lei forse di due o tre anni, spostando spesso lo sguardo poco più indietro, verso una massa d'ombra scura che sgambettava appresso alla sua vittima. Per lei era impossibile non notare quella creatura a quattro zampe, con una pelle nera e lucida, in mezzo al giallo sporco della sabbia, ma la giovane donna non avrebbe potuto vederla nemmeno se avesse guardato dritto nella sua direzione.
Farrin portò una mano ai coltelli che aveva nascosto in gran numero sotto un mantello. Ne afferrò l'elsa, sentendola fredda contro la pelle calda. Restò immobile in quella posizione, senza estrarli né accennare a voler fare qualcosa.
Quel Cuore Impuro era l'ultimo che le rimaneva. Ne aveva sconfitti almeno una decina tutta da sola, dato che i suoi compagni di squadra avevano deciso di mandare solo lei, così che loro potessero preoccuparsi di tutti gli altri nel centro della città. Quelli fuggiti, in pratica i più codardi, erano toccati tutti quanti a lei.
Si passò una lingua fra le labbra, sentendo il sapore della stoffa della benda, oltre che delle sue labbra e il salato del proprio sudore. Continuò a fissare la creatura, che ormai era a pochi passi dalla sua preda, la quale all'improvviso si voltò con aria impaurita, come se avesse percepito qualcosa. Era impossibile per lei scorgere anche solo la sagoma del Cuore Impuro, tuttavia Farrin supponeva fosse possibile che provasse la sensazione di essere seguita, se si trattava di una persona particolarmente sensibile.
Non appena si ritrovò di fronte il volto della donna, la creatura aprì le sue immense fauci, grandi forse la metà delle sue dimensioni totali, e scattò in avanti per addentarla. In quel preciso istante, Farrin agì. Lanciò uno dei coltelli, trafiggendo in mezzo agli occhi il Cuore Impuro durante il suo agile balzo verso la sua preda; la creatura rotolò sul terreno, sollevando un'ondata di sabbia che accecò la giovane donna. Questa prese a tossire, continuando a fissare di fronte a sé con aria sconvolta. Doveva aver visto il pugnale, ma non capiva cosa stesse succedendo.
A Farrin comunque importava poco. Il suo compito l'aveva svolto. Con quel Cuore Impuro, aveva sconfitto tutti e undici quelli che erano fuggiti durante la battaglia. Si passò una mano fra i capelli corvini, agitandone una ciocca e lasciando che le si aprissero in un ventaglio dietro la nuca. Quindi si voltò, pronta a tornare dai suoi compagni.
Tuttavia, dovette fermarsi quando udì un verso stridulo, seguito da almeno un'altra decina di voci simili. Tornò a guardare il deserto fuori dalla città, dove un enorme ammasso di corpi neri, tutti così vicini da sembrarne uno solo, stava zampettando a tutta velocità verso Tarri. Era un vero e proprio piccolo esercito di Cuori Impuri.
Farrin non trattenne una smorfia disgustata. Odiava quelle creaturine, provava ribrezzo nel pensare alle loro enormi mascelle che si aprivano per poi scattare verso la preda e staccargli un pezzo di carne. Il pensiero del sangue della vittima che colava fra i loro denti aguzzi la fece rabbrividire. Un'orda intera di quelle creature non avrebbe potuto sistemarla da sola, sebbene non le piacesse ammetterlo. Sarebbe dovuta andare a chiamare aiuto, ma pensò che i suoi compagni dovessero essere nella sua stessa situazione all'interno della città. Inoltre, nel tempo che avrebbe perso per raggiungere gli altri e tornare, i Cuori Impuri avrebbero fatto in tempo a penetrare all'interno.
Questo significa che avrebbe dovuto cavarsela da sola. Sperò soltanto di riuscire a non sporcarsi con il loro sangue nero e viscido.
Afferrò altri due pugnali e, mentre li estraeva, spiccò un balzo per poi ricadere giù dalle mura, sulla sabbia calda, davanti allo sguardo ancora sconvolto della giovane donna, con una leggiadria degna di un felino. Sentì il rumore della ragazza dietro di lei crollare a terra con un tonfo, probabilmente svenuta a causa di quella sua improvvisa apparizione, ma non si voltò a controllare se stesse bene. Il suo compito era quello di salvare ogni singolo cittadino dalle grinfie dei Cuori Impuri e l'aveva fatto, perciò se quella tipa fosse morta per qualsiasi altro motivo, la faccenda non la riguardava.
Le creature ormai erano vicine. Troppo, per i suoi gusti.
Da dove si trovava, Farrin scagliò i due pugnali che aveva in mano, trafiggendone due in mezzo agli occhi con una precisione incredibile. Vide il loro sangue zampillare per aria, prima di ricadere sul terreno, ma cercò di non farci troppo caso. Quindi, dopo aver preso i suoi ultimi due pugnali, con un sospiro di rassegnazione, iniziò a correre a gran velocità con un passo incredibilmente silenzioso verso le creature.
Odiava i combattimenti corpo a corpo, ma ormai aveva terminato i pugnali da lanciare, perciò aveva poca scelta. Mentre ancora era a metà strada, però, un urlo quasi animalesco la indusse a bloccarsi di botto.
Alzò lo sguardo al cielo: una donna dai capelli tagliati piuttosto corti, di un rosso acceso, dotata di due grandi ali dalle membrane quasi trasparenti, si era sollevata in alto, oscurando il sole con la propria figura, snella e slanciata. Era lei a urlare, con la sua voce bassa e roca, come se si stesse divertendo un mondo.
Farrin digrignò i denti. «Bestie,» mormorò fra sé e sé. «Cosa ci fanno qui?»
La ragazza alata gonfiò il petto per lanciare un ultimo grido al cielo, così forte che perfino i Cuori Impuri, di solito apatici verso ogni cosa, alzarono le teste per controllare cosa stesse succedendo. Dall'alto videro una creatura dalle ali bianche, con la testa e il corpo di un leone e un serpente sibilante come coda, che scese giù su di loro in picchiata, sbucato da chissà dove. Ne addentò alcuni con le sue zanne, schiacciando i loro corpi viscidi e neri fra le mascelle muscolose.
A quella vista, Farrin non trattenne una smorfia di profondo disgusto. Detestava vedere quelle bestie all'opera, uccidevano in modo violento, spargendo litri di sangue che si potevano benissimo evitare.
I suoi occhi incontrarono lo sguardo della ragazza alata, ancora librata in aria. Farrin riuscì a percepire, nonostante la distanza, la scarica d'odio che l'altra le lanciò con il proprio sguardo. Per un attimo temette anche che volesse scendere per attaccarla, ma tirò un sospiro di sollievo nel vedere che quella invece raggiunse la sua creatura per darle man forte contro i Cuori Impuri.
Farrin allora decise di sfruttare l'occasione. Visto che avevano deciso di chiamare anche i Domatori per liberarsi di tutti questi impiastri neri, anche se la questione la faceva tremare per la rabbia, almeno avrebbe potuto usarli per raggiungere i suoi compagni senza il rischio che i Cuori Impuri nel frattempo entrassero in città. Sempre ammesso che potesse fidarsi delle capacità di quegli esseri tanto brutali.
Purtroppo, aveva ben poca scelta se voleva portare a termine la missione con successo, perciò girò i tacchi senza perdere tempo a pensarci ancora.




Angolo Autrice:
Salve a tutti!
Allora, prima di tutto, ringrazio chiunque sia arrivato fin qui.
Questo qui è soltanto il primo capitolo, nemmeno troppo lungo, di questa storia che mi è venuta in mente qualche tempo fa. E' una specie di esperimento, ho voluto pubblicarla per scoprire se vale la pena continuarla oppure no (fino a ora ho scritto tre capitoli xD).
Il titolo, siccome io odio trovare titoli, l'ho preso da una canzone, questa qui in particolare: http://www.youtube.com/watch?v=lKN2Hotc6JI&index=11&list=PLaGFZY6GM01WmI1sViC2PtRryzFaKtrLM
Potrebbe procedere un po' a rilento, se decido di continuarla, quindi mi scuso in anticipo. Cercherò di non esagerare comunque, prometto! :P
Bene, detto questo, direi che ho finito.
Grazie ancora per aver letto!
Alla prossima! ^^

 

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Capitolo 2
*** Kimiya ***


Capitolo Due
Kimiya
 
Una giovane ragazza se ne stava comodamente seduta su una sedia, con una mano posata sul bracciolo, mentre con l'altra carezzava il pelo grigio e lungo di un gatto. L'animale miagolava, ogni tanto dava segno di apprezzamento per le coccole della padrona esibendosi in delle fusa in modo un po' pigro, poi si accoccolava sulle sue gambe e si rimetteva a dormire. La sua padrona, però, non gli faceva nemmeno caso; il suo sguardo, infatti, era perso nel vuoto di fronte a sé, e sebbene sembrasse che fissasse con estremo interesse un tavolino di legno pieno di polvere, in realtà non lo vedeva nemmeno.
«La bambina cammina cammina, poi per terra va. Una farfalla incontrerà, e le sue alì strapperà,» ripeteva a bassa voce, come una specie di filastrocca eterna.
A un certo punto, la porta a doppio battente che le stava di fronte si spalancò di botto; entrambe le ante sbatterono con forza contro il muro giallino, provocando un forte tonfo. Sulla soglia comparve una ragazza dotata di ali, dai capelli rossi, che se ne stava con le braccia ancora spalancate, i muscoli tesi. I suoi occhi gialli erano furiosi, emettevano scintille di rabbia.
Non appena la vide, il gatto si alzò sulle zampe e rizzò il pelo, soffiando in direzione della nuova arrivata. La sua padrona provò a calmarlo con qualche carezza, ma fu tutto inutile, poiché quello raggiunse l'alata con un balzo per aggrapparsi alla sua faccia con i suoi artigli affilati.
«Poncio, fermati!», gli intimò allora la sua padrona, con voce ferma.
Il gatto lasciò andare la povera disgraziata che era capitata sotto la sua furia, la quale gli sferrò un calcio, che tuttavia lui riuscì a evitare. Poncio quindi saltò di nuovo sulle gambe della sua padrona e lì si accomodò, come se non fosse successo niente.
«Tieni quel fottutissimo gatto lontano da me!», le gridò l'alata, puntandole un dito contro. Con l'altra mano andò a tastarsi il viso, sfiorandosi con le dita i piccoli graffi che Poncio le aveva causato e che ora brillavano scarlatti sotto la luce fioca delle candele.
Kimiya, la padrona del gatto, si scrollò nelle spalle, come se la cosa le importasse ben poco. Ricominciò a carezzare il suo animaletto, con un sorrisetto divertito. «Bentornata, Kobra,» disse, invece di rispondere alla sua provocazione.
Quella le rispose con un grugnito e andò ad aprire la finestra posta alla destra della sedia dove sostava Kimiya; la luce del sole penetrò all'interno, squarciando l'oscurità come la lama di un'accetta squarcia della carne fresca. La padrona di Poncio dovette chiudere i suoi occhi viola per qualche attimo, acciecata da quella luce improvvisa. Quando cominciò ad abituarsi, lanciò un'occhiata seccata in direzione dell'alata.
«Lo sai che non mi piace la luce del sole...», iniziò a protestare, ma Kobra la zittì con un gesto secco della mano. Kimiya allora si portò un dito sotto il mento, con aria crucciata e pensierosa. «Di' un po', è successo qualcosa di particolare per caso?»
«Quei figli di puttana hanno chiamato gli Striscianti. Avevano detto che non l'avrebbero fatto, invece...»
«Ombre.»
«Cosa?!», chiese di riflesso Kobra, con una faccia confusa, probabilmente non aveva davvero capito la parola con cui l'altra aveva interrotta.
Kimiya girò il collo per poterla guardare. «Si chiamano Ombre.»
«Che di differenza fa?»
«La parola Striscianti fa pensare più a dei serpenti. Cos'hai contro i serpenti? Sono carini.» Afferrò la testa morbida di Poncio per costringerlo a guardarla negli occhi.
Kobra si accasciò su una sedia dietro la scrivania, posta alle spalle di Kimiya. Alzò le braccia con fare teatrale. «Ma hai capito la gravità della situazione almeno?!», sbottò a gran voce.
Kimiya annuì in modo distratto, sebbene in realtà non fosse affatto vero. Non era la prima volta che capitava, che si ritrovassero a svolgere delle missioni affiancati dai loro acerrimi nemici, le Ombre, e comunque non vedeva quale fosse il problema. Non la stavano mica obbligando a sposarsi qualcuno di quei tipi, dovevano solo combattere per la stessa causa.
«Kobra, ti senti per tutto il palazzo, tesoro,» disse Rashid, con il suo solito tono acido, entrando nella stanza, mentre con una mano si scuoteva i capelli bianchi tagliati corti. Soltanto due ciuffi erano molto più lunghi degli altri, e gli ricadevano sulla spalla sinistra, acconciati in due adorabili treccine.
Kobra gli rispose con un verso furioso, fu abbastanza per zittirlo.
«Bentornato anche a te, signorina Acidità,» lo salutò Kimiya con un sorriso divertito. Signorina Acidità era sempre stato il modo in cui aveva chiamato Rashid, fin dal primo momento in cui si erano incontrati. Lui di solito si infastidiva, ma a lei non importava.
«Kobra ti ha raccontato delle Ombre?»
Kimiya si morse l'interno della guancia. «Sì, e allora?»
La ragazza alata a quel punto sputò fuori alcune parole che sarebbe meglio non ripetere mai, ma a cui i suoi compagni erano più che abituati. «Quella faccia da cazzo se n'è pure scappata non appena mi ha vista! Ma ti rendi conto, osano pure definirsi i nostri rivali!» A questo punto si susseguì un'altra sfilza di parolacce senza molto senso.
Kimiya aveva già smesso di ascoltarla da un pezzo, ma una parte in particolare di tutto quel suo borbottare aveva destato la sua attenzione. I suoi occhi come due ametiste si spostarono su Rashid, che nel frattempo aveva preso a giocherellare con una delle proprie treccioline con fare distratto. Lo osservò per un attimo, si accorse soltanto allora della giacca blu aperta e che gli arrivava appena a metà schiena, per lasciare che si intravedessero i suoi muscoli scolpiti. Se non avesse indossato niente sarebbe stata la stessa cosa. Cominciava davvero a esagerare, ma la ragazza evitò di farglielo notare: al momento era un'altra la questione che riteneva ben più interessante. «Sta dicendo che è scappata? Credevo che fossero tipi orgogliosi.»
«A quanto pare no, dolcezza,» le rispose Rashid, lasciando andare la sua ciocca di capelli per appoggiarsi contro il muro con una spalla. Kimiya avrebbe anche potuto trovarlo un tipo piuttosto attraente, se non fosse stato per le sue movenze eccessivamente femminili. Quelle le avevano sempre dato sui nervi. «Aveva i capelli e gli occhi scuri...», cominciò a descrivere il ragazzo.
«Questo lo so! Quegli stupidi sono tutti uguali! Aveva qualche segno in faccia?»
«No,» fu Kobra a risponderle. «Almeno credo. Si vedevano solo i capelli e gli occhi.»
Kimiya riprese a carezzare Poncio, che la ringraziò con delle fusa. «Che ne sapete che era davvero un'Ombra allora?», domandò, un po' delusa. Si aspettava qualche racconto più interessante. Le Ombre l'avevano sempre affascinata, erano così diversi da loro Domatori che l'attraevano, anche se non poteva ripeterlo spesso, altrimenti perfino i suoi amici, se così si potevano chiamare, l'avrebbero definita una traditrice.
«Vedeva quei cazzo di mostriciattoli neri,» disse Kobra. «Stava andando all'assalto da sola come una povera pazza contro un intero esercito.»
«Ah, a proposito, che fine ha fatto quell'inutile di Yashar?»
Rashid si scrollò nelle spalle. «Non ne ho idea. Forse è morto.»
Kimiya assunse un broncio che doveva sembrare arrabbiato. Yashar era un ragazzo completamente inutile la maggior parte delle volte, e spesso lei stessa era la prima a ribadire la questione, però le piaceva. Aveva l'aria del ragazzo forte e sicuro di sé, anche se poi magari non lo era nemmeno un po', ma Kimiya se lo faceva bastare. Non le sarebbe dispiaciuto divertirsi un po' con lui, prima che morisse durante una delle missioni più difficili perché le sue abilità in un luogo del genere non erano di alcun aiuto.
Dopo qualche secondo, comunque, il suo broncio si trasformò in un sorriso. «Ah, be', se è morto forse ci daranno qualche altro compagno di squadra più decente.»
«Magari una ragazza,» bofonchiò Kobra con aria sognante. Quando pensava alle ragazze sembrava dimenticarsi perfino del suo odio spasmodico per le Ombre.
«O magari un bel ragazzone,» disse invece Rashid.
Kimiya emise un sospiro rassegnato. Quei due erano dei casi disperati. Davvero, non erano capaci di pensare a nient'altro. «Mi ci manca solo che formate una qualche coppietta all'interno del gurppo,» disse. Si alzò in piedi, con la coda da gatto che si muoveva pigra, prendendo il povero Poncio come se fosse un sacco di patate. L'animale, tuttavia, non si oppose, non si sarebbe mai ribellato alla sua padrona, nemmeno se questa provasse a torturarlo. Le era fedele. «Vorrà dire che andrò a cercarlo. Forse si è solo perso.» Andò verso Rashid per mettergli in mano la palla di pelo che reggeva. «Ti affido Poncio.»
Non appena si ritrovò in braccio al ragazzo, il gatto si mise a soffiare. «Ma perché proprio io? Non lo vedi che non gli piaccio?»
«Gli piaci comunque più di Kobra,» le rispose Kimiya con una scrollata di spalle. A quel punto gli rivolse una strizzata d'occhio. «Voi restate pure qui a giocare a fare gli stereotipi, io vado a cercare quell'inutile.»
Con queste parole, lasciò la stanza.



Angolo autrice:
Salve a tutti!
Dato che in tanti (due persone) mi hanno chiesto di continuarla, io mi sono gasata e mi sono rimessa a scrivere questa storia. Quindi ho pubblicato il secondo capitolo.
Allora, premetto che non so se questi due troveranno mai qualcuno con cui formare una coppia, però io ho messo comunque sia l'avviso dello Slash, sia del Femslash per la loro presenza e perché potrebbe essere che trovano qualcuno, non lo so ancora, così nel caso io vi ho avvisato. :P

Mi scuso da parte di Kobra, che è rozza più di uno scaricatore di porto, non posso farci proprio niente purtroppo. Gli altri personaggi comunque hanno un vocabolario migliore xD
Ho fatto un monologo lunghissimo, quindi è meglio se la smetto. Ringrazio chiunque abbia deciso di leggere questi due capitoli e spero vi siano piaciuti.
Alla prossima! ^^

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Capitolo 3
*** Mezzosangue ***


Capitolo Tre
Mezzosangue

 
In quella giornata di sole cocente, per nulla diversa dalle altre, Kimiya se ne girava indisturbata fra i cittadini di Tarri. Non che ce ne fossero molti a quell'ora del pomeriggio, giusto alcune ragazze che si recavano al centro della città, con dei vasi enormi fra le mani, per riempirli con l'acqua della piccola oasi. Sparsi sulla sabbia c'erano ancora delle macchie di sangue, che Kimiya dedusse dovessero risalire alla battaglia contro i Cuori Impuri alla quale avevano partecipato anche i suoi compagni.
Nessuno dei pochi passanti sembrava far caso a quella ragazzina dall'aspetto fragile, con i lunghi capelli biondi spettinati dal vento caldo, dotata di una flessuosa coda di gatto dal pelo grigiastro. Né Kimiya faceva particolare caso alle persone che la circondavano, d'altronde, sebbene a volte guardasse in ogni dove, alla ricerca di Yashar, di cui tuttavia non trovò alcuna traccia.
La Domatrice sbuffò da un lato della bocca, sollevando in aria un ciuffo di capelli che le era finito davanti all'occhio. Non riusciva a capire dove potesse essersi cacciato quel povero impiastro, ormai aveva già girato più di mezza città senza trovarlo. Si ritrovò a credere che fosse morto per davvero, ma le sembrò comunque parecchio bizzarro non ritrovare il suo cadavere, dopotutto i Cuori Impuri non si cibavano certo di Domatori. Almeno non che lei sapesse, ma era pur vero che quelle piccole creaturine si stavano pian piano evolvendo nel corso degli ultimi anni. Chissà, magari erano arrivati a farsi piacere anche la carne dei Domatori e delle Ombre.
Aveva preso a valutare l'opzione di tornare indietro a mani vuote e sperare che il nuovo membro che avrebbero mandato al posto di Yashar fosse un tipo interessante, quando con la coda del suo occhio ametista notò un movimento sotto il tendone bianco di una bancarella vuota, alla sua sinistra. Si voltò a guardare in quella direzione, e riuscì a scorgere, anche se solo per un istante, il viso di un uomo sulla quarantina, marchiato con dei simboli neri che si intrecciavano più volte fra loro. Sulla testa, poi, gli spuntavano due lunghe corna di cervo.
Il tipo non si accorse nemmeno dello sguardo di Kimiya, e si coprì in fretta e furia fino agli occhi con una benda bianca. A quel punto, si incamminò a passo svelto verso sud, senza preoccuparsi di evitare quelle poche persone che incontrava sulla via, spintonandole in modo brusco con la spalla. Non degnava nessuno di uno sguardo, pareva troppo concentrato su chissà cosa.
Kimiya aveva smesso di avanzare per osservare quel losco figuro. Non riuscì a trattenere una risatella divertita. «Un Mezzosangue,» mormorò fra sé e sé, quasi estasiata di averne incontrato uno. Forse, si disse, Yashar l'aveva fatta una cosa buona nella sua vita, o forse nella sua morte, non le era dato saperlo visto e considerato che non l'aveva ancora ritrovato né vivo né morto. Almeno, le aveva permesso di incontrare un Mezzosangue.
Si passò una lingua fra i denti, dai canini fin troppo appuntiti, poi si portò due dita alle labbra e fischiò. Alcune persone si voltarono a guardarla, ma non appena si accorsero della sua coda distolsero gli occhi.
Dopo pochi istanti, il terreno iniziò a tremare sotto i piedi di tutti. A pochi passi di distanza da Kimiya, sbucò una testa grande forse il doppio di quella della ragazza, dotata di due piccole antenne e una bocca invisibile sotto lo spesso strato di peluria grigia. Non aveva occhi, eppure era chiaramente girato in direzione della sua padrona, come se fosse davvero in grado di vederla.
Kimiya si inginocchiò per potergli parlare più da vicino. «C'è un Mezzosangue qui, Jafa. Che ne dici di seguirlo e scoprire che combina?»
La creatura le rispose con un verso strozzato. Quindi, sparì di nuovo sotto terra, lasciando una buca grossa come la sua testa lì dove era stato poco prima. Kimiya allora si rialzò in piedi, chiedendosi cosa avrebbe potuto fare, una volta catturato il Mezzosangue. Avrebbe potuto affrontarlo direttamente per vedere di cos'era capace, sperando che decidesse di utilizzare i suoi poteri da Ombra, oppure prenderlo alla sprovvista e catturarlo per poi torturarlo un pochino, prima di ucciderlo.
Alla fine, decise che ci avrebbe pensato una volta ritrovatasi davanti al diretto interessato; così, con un sorriso allegro e gli occhi illuminati al pensiero di poter finalmente dare libero sfogo alla sua vena sadica, seguì il suo piccolo amico nascosto sotto terra e il Mezzosangue, prima che quest'ultimo sparisse oltre una casa mezza diroccata.
Svoltarono in diversi vicoli bui, in quegli anfratti in cui nemmeno gli accecanti raggi del sole osavano addentrarsi. Kimiya non dovette far altro che restare a parecchi metri di distanza dal Mezzosangue per non farsi notare, dato che quello non sembrava prestasse molta attenzione a ciò che aveva intorno. Pensò che, forse, non gli importasse di essere seguito, oppure invece si era accorto della sua pedinatrice e le stava tendendo una trappola. Qualsiasi fosse il motivo, la Domatrice non se ne preoccupò: aveva già affrontato diversi Mezzosangue prima di allora, ma mai nessuno era stato in grado di donarle il divertimento di una vera battaglia, degna di questo nome. Qualcuno era scappato, o meglio, ci aveva provato, dopo aver visto una sola delle creature di cui la ragazza disponeva, mentre altri, i più coraggiosi, avevano resistito ben poco.
A dire la verità, erano veramente pochissime le volte in cui un nemico, di qualsiasi tipo, fosse riuscito a darle del filo da torcere. Ormai non poteva che sperare nelle Ombre, infatti, famose per la loro incredibile abilità nel combattimento.
Una volta usciti dall'ennesimo vicolo, Kimiya fu abbastanza stupita di ritrovarsi nel bel mezzo del deserto, fuori da Tarri. Non si era nemmeno accorta di aver oltrepassato le mura. Si voltò per guardare indietro per assicurarsi di non essere impazzita, e notò che le mura invece c'erano eccome, solo che lei e il Mezzosangue ci erano passati attraverso. Interessante, aveva appena scoperto un passaggio segreto, peccato che aveva già completamente dimenticato la strada percorsa per arrivare fin lì.
Quanto tornò a guardare in avanti per controllare la posizione del Mezzosangue, aggrottò la fronte nel ritrovarsi completamente sola nel bel mezzo del deserto. Le dune di sabbia procedevano per chilometri e chilometri, inesorabili, di fronte a lei, e in quel mare giallo era impossibile che quel tipo fosse riuscito a sparire dalla sua vista in così poco tempo. Dopo un iniziale sbigottimento, la sua espressione iniziò a rilassarsi piano piano, mentre le labbra si distendevano in un sorriso sadico.
«Jafa, vieni fuori,» ordinò. La creatura sbucò dalla sabbia a pochi centimetri dai suoi piedi, agitando le antenne in direzione della sua padrona, come per attirare la sua attenzione. Kimiya si abbassò su di lui. «Dov'è andato?», gli chiese.
Sotto, le rimbombò una voce nella testa.
Era andato sottoterra. Kimiya annuì e carezzò la testa pelosa del suo amico per ringraziarlo del buon lavoro. Doveva averla notata e aveva deciso di provare a seminarla, peccato per lui che a pedinarlo era una Domatrice della terra. Non esisteva posto sotterraneo dove potesse sfuggirle.
«Portami da lui.»

 
~~~

Seduto nel buio, con la schiena poggiata contro il muro, con le braccia sollevate a cui erano attaccate delle catene che si reggevano a una sbarra di ferro posta poco sopra la testa del poveretto, c'era una figura muscolosa, immobile. Il suo busto si alzava e abbassava con un ritmo irregolare e veloce, i suoi denti spesso si stringevano con forza e il suo intero corpo si sollevava, come in preda a un atroce dolore al quale non riusciva a resistere.
Davanti a lui c'erano altre due figure, in piedi, che lo fissavano nel buio. Uno di loro era un uomo, gigantesco e imponente, che superava di molto i due metri. Fissava il prigioniero con uno sguardo glaciale, che tuttavia egli non era in grado di vedere in quel buio. Accanto all'uomo c'era un altro ragazzo, leggermente più basso e con un fisico, sebbene muscoloso, molto più slanciato.
Non appena entrò, entrambi si voltarono a guardare Farrin fare il suo ingresso. La ragazza rispose ai loro sguardi con un cenno del capo, quindi afferrò l'orlo della benda con cui si copriva il volto e la tirò giù. Il ragazzo, Shayan, le strizzò l'occhio, mentre l'uomo, Jahangir, tornò a concentrarsi sul prigioniero. Quest'ultimo aveva preso a deglutire in preda all'ansia e al dolore.
Farrin si avvicinò ai suoi compagni di squadra, lentamente. «Che succede?», chiese.
Jahangir incrociò le braccia sull'ampio petto. «L'abbiamo trovato privo di sensi poco fuori dalle mura,» spiegò.
Farrin allora degnò il loro ospite di qualche sguardo in più. Le sue braccia, che all'inizio le erano sembrate normali, in realtà erano dotate di squame azzurre e le sue mani avevano soltanto quattro dita, tutte dotate di unghie talmente lunghe e affilate da sembrare delle lame. Inoltre, notò con orrore che disseminati lungo tutto il corpo aveva numerosi graffi, da cui colava ancora del sangue fresco e scarlatto. La sola vista di quel liquido scuro le fece salire un conato di vomito, che tuttavia riuscì a mandare giù deglutendo due volte di fila.
Indietreggiò di qualche passo, quasi involontariamente. Se anche una sola goccia di quel sangue le avesse macchiato i vestiti, sapeva già che avrebbe dato di matto, perciò era meglio per tutti se gli stava il più lontano possibile.
«Cosa ci faceva una Bestia lì?», grugnì Jahangir, inginocchiandosi per portare il volto vicino a quello del prigioniero. Questi, probabilmente, poté soltanto sentire il suo odore e il tocco del suo respiro sulla pelle, ma al massimo sarebbe stato in grado di vedere soltanto la sagoma scura del grosso uomo che aveva di fronte.
«C'erano anche loro a combattere,» spiegò a quel punto Farrin. Ancora non aveva avuto modo di spiegare cosa avesse visto durante la missione. Purtroppo, mentre stava tornando dai suoi compagni, aveva dovuto fermarsi per salvare un gruppetto di umani accerchiati da almeno una ventina di Cuori Impuri. Li aveva dovuti uccidere tutti quanti con il combattimento corpo a corpo, stando ben attenta a non sporcarsi con il loro sangue, e quando aveva finalmente terminato anche i suoi compagni avevano completato la missione, ormai.
Shayan le rivolse un'occhiata sconcertata. Anche al buio, il suo tatuaggio nero a forma di spirale sulla guancia sembrava quasi splendere, agli occhi di Farrin. «Cosa?!», sbottò, visibilmente sconvolto.
Jahangir colpì la guancia del prigioniero con un pugno ben assestato. Quello sputò un grumo di sangue per terra, e Farrin indietreggiò ancora. «Cosa ci facevate lì? Chi vi ha mandati?», gli urlò contro il grosso omone.
Il Domatore puntò gli occhi, di un verde acceso, sulla figura di Jahangir, mentre sulle sue labbra sporche di sangue si dipingeva un sorriso beffardo. «Perché dovrei dirvelo?»
Jahangir gli assestò un altro pugno, questa volta sulla mascella. «Non sei nella posizione più adatta per fare lo sbruffone, sporca feccia! Rispondi, se non vuoi che ti fracassi la testa!»
«Puoi farmi tutto quello che ti pare, ma non ho intenzione di parlare.»
Farrin vide i muscoli del suo caposquadra gonfiarsi e irrigidirsi e il suo corpo tremare quasi dalla rabbia. Se avesse potuto, avrebbe voluto calmarlo, per impedire che disseminasse il sangue della Bestia sui muri e su tutto il pavimento, ma quando si infuriava, sapeva bene che la cosa migliore da fare era lasciarlo sfogarsi a modo suo. Altrimenti, sarebbe potuto diventare molto pericoloso, e lei era consapevole di non poter competere con la sua forza.
Per alcuni istanti, sia lei che Shayan rimasero immobili, con gli occhi fissi sulla schiena del loro capo, in attesa di scoprire come avesse intenzione di ridurre il prigioniero. Invece, dopo quella che parve un'eternità, Jahangir si rialzò in piedi con un sospiro, i pugni stretti lungo i fianchi.
«Devi essere una mezza tacca se i tuoi compagni ti hanno lasciato indietro,» disse invece.
Farrin si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Per fortuna, almeno per una volta, il suo capo sembrava aver deciso di controllarsi. Francamente odiava i suoi scatti d'ira, che purtroppo erano molto più frequenti di quanto qualsiasi membro della squadra potesse desiderare.
«Verranno a prendermi,» rispose il Domatore fra i denti. A giudicare dal suo tono, però, quella sembrava più una specie di frase detta a se stesso per convincersi che fosse così, piuttosto che una minaccia verso quei tre.
Jahangir a questo punto scoppiò a ridere, una risata fragorosa, e il suo vocione rimbombò sulle pareti. «No che non verranno, e tu lo sai bene, feccia. Ti hanno lasciato indietro perché sei un debole. Probabilmente ora la tua squadra sta sperando che mandino qualcuno più qualificato per rimpiazzarti. Seppure dovessero scoprire che sei prigioniero da noi, non rischieranno certo la pelle per venirti a prendere, ti pare?»
Il Domatore abbassò la testa, un'espressione a metà fra la rabbia e la tristezza per la consapevolezza che l'Ombra davanti a lui aveva ragione. Rimase in silenzio, nonostante tutto sembrava intenzionato a non tradire per alcuna ragione i suoi compagni. Dopo alcuni secondi, però, mormorò qualcosa. «Kim verrà a prendermi...» Un sussurro quasi impercettibile, che Farrin riuscì a captare appena.
Jahangir lo colpì con un calcio sul mento. «Chi?», sbottò, ora di nuovo arrabbiato.
Prima che il prigioniero potesse rispondergli, però, una ragazza entrò di corsa; sia il caposquadra che le altre due Ombre si voltarono a vedere la figura alta e slanciata di Nahal nel buio.
«Capo, è importante!», disse. Nonostante avesse corso, non aveva né una goccia di sudore né l'aria di essersi affaticata.
«Cosa c'è?», grugnì lui.
«Roxana ha avvistato un Mezzosangue in città.»
Farrin, così come i compagni, spalancò gli occhi per la sorpresa. Era davvero raro che i Mezzosangue uscissero allo scoperto, infatti trovarne uno era davvero un'impresa difficile.
Jahangir rivolse un cenno a Farrin. «Va' con loro. Io e Shayan rimaniamo qui a cercare di far parlare questo stronzo.»
Farrin si portò una mano sul cuore, in una posizione rigida. «Sì, signore!» Dopo queste parole, seguì Nahal verso la luce del sole.


Angolo Autrice:
Ecco il terzo capitolo!
Se devo essere sincera, non sono del tutto convinta di averlo scritto in modo decente, non so perché... però non riesco a capire il motivo di questa sensazione, dato che se non lo rileggo un mese dopo non capisco mai cos'è che non va, quindi prego i miei lettori di avvisarmi di qualsiasi cosa non vada, così potrò correggerla.
Ok, detto questo... Dunque, adesso sono comparsi anche i Mezzosangue. Per sapere chi sono e cosa vogliono e tutto il resto, be', mi dispiace ma dovrete aspettare i prossimi capitoli. Ah, a proposito, il prossimo sarà lunghissimo, una cosa come sette pagine, che anche se non sembra un granché detto così, poi quando lo metto su efp mi rendo conto che è lungo! xD
Come al solito in questo angolo parlo a sproposito -.-"
Bene, vi saluto e mi dileguo, ché è meglio! xD

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Capitolo 4
*** Kimiya contro Farrin ***


Capitolo Quattro
Kimiya contro Farrin

 
Il Mezzosangue si era tolto la benda dal volto e si aggirava con un passo lento in un passaggio sotterraneo, fra due pareti di mattoni grezzi, con una mano che sfiorava quella alla sua destra. L'intero luogo era illuminato soltanto da poche torce appese ai muri a intervalli più o meno regolari. Il pavimento era piastrellato, anche se in molti punti presentava delle crepe, mentre in altri, fra una piastrella e l'altra, sbucavano alcuni granelli di sabbia, così come a volte alcuni ne cadevano dal soffitto.
L'unico uomo che vi si trovava non si accorse di essere pedinato fino a quando la terra sotto ai suoi piedi non iniziò a tremare; subito dopo udì anche un forte rumore alle proprie spalle. Si voltò di scatto, ritrovandosi così davanti la figura di una ragazzina bionda con una coda da gatto, in piedi accanto a una buca nel terreno, da cui sbucava la testolina di una creatura dotata di antenne.
Kimiya rivolse prima di tutto un largo sorriso al Mezzosangue, che la fissava con gli occhi scuri spalancati; quindi iniziò a guardarsi intorno, alzando la testa anche per controllare il soffitto, con le labbra dischiuse. «Certo che ne conosci di passaggi segreti tu, eh?», disse dopo un po', senza tuttavia degnarlo più di un solo sguardo.
Il Mezzosangue digrignò i denti, il pugno serrato poggiato con forza contro la parete, i muscoli tesi. «Chi diavolo sei tu?», sibilò. La sua voce era roca e fastidiosa alle orecchie della Domatrice.
«Oh, non mi dai nemmeno il benvenuto? Guarda che non si trattano così gli ospiti, sai? Vero, Jafa?», disse la ragazza, e con ciò scambiò uno sguardo d'intesa col suo piccolo amico scava-fosse, che, anche se non possedeva occhi, si girò nella sua direzione. Quindi tornò finalmente a concentrarsi sull'uomo che aveva di fronte, con la testa inclinata da un lato e il suo solito sorrisetto sadico, quasi inquietante, forse, in quella situazione.
Il Mezzosangue contrasse la mascella per la frustrazione. «Cosa vuoi?», chiese, indietreggiando di uno o forse due passi, i muscoli delle braccia si erano gonfiati e tesi.
Kimiya allargò ancor di più il sorriso, portandosi entrambe le mani dietro la schiena per intrecciare le dita. La sua coda da gatto si agitava con fare pigro, disegnando dei piccoli archi nell'aria. La Domatrice aveva inclinato la testa da un lato. «Che c'è? Ti stai chiedendo come hai fatto a non accorgerti che ti stavo seguendo?», lo prese in giro.
Il Mezzosangue digrignò i denti. Non le rispose, continuò a marciare all'indietro ancora un po', sperando forse che la ragazza non se ne accorgesse; Kimiya invece stava tenendo d'occhio ogni suo singolo movimento, ma per impedire che lui se ne accorgesse ricominciò a guardarsi intorno con aria incuriosita.
«Allora?», sbottò lei dopo un po', spazientita. Perfino il suo sorriso sembrava essere scomparso dal suo volto, dall'aspetto tanto dolce e innocente, adesso un suo sopracciglio era abbassato, e i suoi occhi fissavano la figura dell'uomo di fronte a lei, in attesa che si decidesse a fare o dire qualcosa. Onestamente, da come si comportava, non le sembrò affatto né un tipo intelligente né capace di combattere: stava impiegando troppo tempo per fare la sua mossa, ma allo stesso tempo non stava cercando di distrarla mentre aspettava il momento giusto per attaccare. Era proprio vero, allora, che i Mezzosangue, nonostante dovessero avere ereditato i poteri di entrambe le razze, erano delle mezze tacche. Chissà, forse il problema era padroneggiare entrambi i poteri, troppo complessi per una sola persona, o forse semplicemente non si impegnavano abbastanza.
Kimiya ormai aveva cominciato a dare per scontato che un combattimento decente contro quel tizio fosse fuori discussione, non le avrebbe mai mostrato le capacità di un'Ombra e seppure l'avesse fatto, probabilmente non avrebbero comunque avuto molto a che fare con quelle della razza rivale dei Domatori, sarebbe stata soltanto una brutta e rozza copia. Perciò pensò di legarlo contro il muro e torturarlo un po' per risollevarsi il morale, almeno forse sentire le sue urla di dolore avrebbe potuto distrarla dalla curiosità di conoscere i veri poteri delle Ombre.
Il Mezzosangue deglutì, poi aprì la bocca, pronto a far uscire chissà quale verso per richiamare una creatura. A quel punto Kimiya perse la pazienza e in un istante gli fu addosso. Divorò i due metri buoni che li separavano con un salto, girando su se stessa tre volte, fino ad atterrare con l'agilità degna di un felino alle sue spalle. A quel punto, prima che lui potesse dire o fare qualsiasi cosa, sollevò una gamba e gli assestò un calcio a gancio sulla tempia, facendolo crollare sul pavimento. Kimiya lo osservò con uno sguardo glaciale, tutta la sua sadica allegria sembrava essersi volatilizzata.
Il Mezzosangue la guardò dal basso, con un rivolo di sangue che gli scorreva sull'occhio, costringendolo a tenerlo chiuso.
«Ora ti insegno un segreto, sporco bastardo,» gli disse Kimiya, senza spostare gli occhi da quello aperto di lui. «Una mezza tacca come te non può sperare di andare lontano contro di me usando delle tecniche che conosco fin troppo bene. Avresti potuto prendermi di sorpresa facendo qualcosa che fanno di solito le Ombre. Ma nessun Mezzosangue al mondo potrà mai sconfiggermi con le tecniche dei Domatori.»
Lui aprì la bocca per risponderle, e Kimiya dovette trattenersi dalla voglia di tirargli un altro calcio sulla mascella. Decise di ascoltare cos'aveva da dire, forse si era finalmente deciso a fare sul serio. Quando sentì la sua risatella, però, si pentì di non averlo ancora ridotto in pezzi. Quel suono le fece venire la pelle d'oca, i pugni le si strinsero con forza contro la sua stessa volontà, il corpo che tremava quasi per la voglia incontrollata di distruggerlo, in quel preciso istante, prima che potesse prenderla in giro.
«Credi davvero che mi spaventi una mocciosa come te?»
Kimiya aveva già sollevato una gamba, pronta a fracassargli la mandibola, ma un rumore improvviso di passi in corsa la fermò con l'arto sollevato in aria. Si voltò per vedere un altro Mezzosangue, con le corna da cervo e dei simboli sul volto, identico in tutto e per tutto a quello che era a terra davanti a lei. Quello le corse incontro, all'ultimo momento spiccò un balzo con cui la raggiunse e roteando su se stesso sferrò un calcio mirando alla tempia della ragazza.
La Domatrice però si abbassò non appena comprese le sue intenzioni. Sentì l'aria smuoversi sopra la testa al passaggio dell'uomo. Quindi, poggiando una mano a terra e facendo perno su quella, sollevò il busto e sferrò un calcio in pieno stomaco al nuovo arrivato, mozzandogli il respiro e scaraventandolo contro il muro.
Prima che la sua schiena potesse urtare contro la parete, però, l'uomo riuscì a piantare bene i piedi sul terreno, talmente tanto da distruggere le mattonelle, fermando così il suo volo.
Kimiya questa volta si concesse un nuovo sorriso: forse si era sbagliata, questo qui non era del tutto una mezza tacca come il primo, magari aveva anche qualche asso nella manica che avrebbe potuto darle del filo da torcere. Così pensò, e la cosa le provocò una scarica di adrenalina in corpo che la pregò di cominciare a fare sul serio, di schiacciare quel bastardo che credeva di essere abbastanza forte da poter rivaleggiare con lei, ma accadde qualcosa di imprevisto prima che potesse dar ascolto al proprio istinto.
Nelle ombre oscure dietro la schiena del Mezzosangue, lì dove la luce delle torce non riuscivano ad arrivare, all'improvviso l'aria sembrò incresparsi, come se fosse un foglio di carta mezzo accartocciato. Pochissimi istanti dopo, l'effetto svanì, ma lì dove era avvenuto comparve una ragazza dai lunghi capelli corvini, che piantò il piede con forza nella schiena dell'uomo, con una precisione degna di un combattente professionista. Il Mezzosangue, con i piedi ancora ben piantati a terra, cadde con la faccia contro il pavimento, sputando un grumo di sangue, alla cui vista la ragazza dietro di lui fece una smorfia.
Kimiya invece sbottò a ridere. Aveva appena assistito all'incredibile entrata in scena di un'Ombra, proprio quando meno se l'era aspettato. Aveva cominciato a credere che quello dopotutto fosse davvero il suo giorno fortunato.
Guardò negli occhi scuri dell'Ombra, l'unica caratteristica del suo volto a non essere coperta e per alcuni secondi il tempo sembrò quasi essersi fermato. Poi, quando la Domatrice pensò di parlare, una voce femminile proveniente dalla sua destra la precedette.
«Farrin!» Un'altra Ombra entrò nel suo campo visivo. Sarebbe stata praticamente identica alla prima, agli occhi di Kimiya, se non fosse stato per i capelli, raccolti in un tuppo sulla nuca. Era arrivata correndo, eppure non sembrava affaticata, né aveva una sola goccia di sudore che le bagnava la fronte.
Si accorse subito sia del fatto che i Mezzosangue fossero due, sebbene identici, sia della presenza di Kimiya, che la salutò con un largo sorriso e un cenno della mano.
«Ehilà! Addirittura due Ombre in una volta sola! Sono davvero fortunata,» disse la Domatrice.
«Cosa ci fa una Bestia qui?», sibilò la seconda arrivata. I suoi muscoli, prima rilassati, si erano tesi non appena i suoi occhi si erano posati sulla figura della bionda dalla coda di gatto, la sua mano aveva lentamente raggiunto l'impugnatura della lunga falce che portava legata dietro la schiena.
Kimiya congiunse le mani dietro la schiena, reggendosi in piedi con l'aiuto di un solo piede ora, il sinistro, mentre il destro era leggermente sollevato da terra, il busto inclinato in avanti, in una posizione più adatta a una bambina che a una ragazza cresciuta come lei. «Bestia? Come siete scortesi. Sono una Domatrice, e sono troppo carina per essere chiamata Bestia. Comunque, se preferite, potete chiamarmi per nome: sono Kimiya Scuotiterra, della squadra Scuotiterra.» Il suo sorriso si allargò ancor di più alla vista dell'espressione di panico che si formò sul volto della seconda arrivata. Aveva sicuramente capito cosa significavano le sue parole.
La squadra da cui proveniva Kimiya prendeva il suo soprannome, il che significava che lei era il membro più forte in assoluto fra i quattro assegnati. Anche se non si fosse trattato di una delle squadre migliori, la sua forza di sicuro era indiscutibile, e avrebbe potuto rivaleggiare senza problemi con quella di un'Ombra ben addestrata.
Kimiya era talmente esaltata dalla presenza di quelle due che aveva completamente dimenticato i due Mezzosangue gemelli, che nel frattempo si erano rialzati e si erano ricongiunti. Sfruttarono l'occasione per fuggire, ma la Domatrice non se n'era nemmeno accorta, ormai aveva occhi solo per le due Ombre.
«Stanno scappando!», urlò la seconda Ombra.
Quella che invece rispondeva al nome di Farrin non disse niente, ma si mosse subito in direzione dei due Mezzosangue.
Kimiya la raggiunse con un salto, bloccandole la strada. Non le importava più niente di quei due gemelli, adesso aveva finalmente la possibilità di vedere una vera Ombra all'opera, non poteva lasciarsi sfuggire quell'occasione. «Mi dispiace, ma non ho intenzione di lasciarti passare. Prima dovrai batterti con me.»
«Stai scherzando? Vuoi lasciar scappare quei due Mezzosangue?», sbottò la seconda arrivata.
Farrin invece non batté ciglio. «Nahal, seguili. Se vuole combattere, me la vedrò io con lei.»
Kimiya non poté fare a meno di allargare il suo sorriso ai limiti del possibile. Le piaceva quella tipa, aveva un modo di fare apatico che normalmente le avrebbe dato sui nervi, ma sembrava fosse anche capace di valutare la situazione e prendere una decisione sul da farsi in fretta, una qualità degna di un capo delle Ombre. Per un attimo infatti pensò di essere stata talmente fortunata da incontrare addirittura un caposquadra, o magari un vice.
Nahal sparì in un istante, ricomparendo pochi istanti dopo dall'oscurità alle spalle di Kimiya, che si girò un attimo per guardarla correre dai due Mezzosangue. Subito dopo tornò a concentrarsi sulla sua avversaria.
«Non preoccuparti, ci andrò piano, è solo un combattimento amichevole,» disse, inclinando la testa da un lato. «Però prima che ne dici di presentarti? Io l'ho fatto.»
L'Ombra sembrò esitare, ma dopo un po', indietreggiando per portarsi un po' più lontana dalla Domatrice, rispose. «Mi chiamo Farrin, sono il vicecapo della squadra Ba'.»
La squadra Ba', dopo l'Alif, era la più forte fra tutte le squadre di Ombre, e quella che Kimiya aveva davanti era il suo vicecapo, il che significava che stava per scontrarsi con una delle dieci Ombre più potenti di Tarri. Ancora una volta, si stupì della fortuna sfacciata che aveva quel giorno.
Mostrò i suoi denti bianchi e dai canini appuntiti all'Ombra, in un sorriso; portò indietro il piede destro, sfiorando soltanto il terreno con la pianta della scarpa, e fletté il ginocchio sinistro. In un istante, scattò in avanti, raggiunse l'avversaria con un balzo, quindi poggiò una mano a terra, sollevando l'intero busto, e colpì l'Ombra allo stomaco con un calcio.
Farrin incassò il colpo, emise soltanto un lieve gemito, da cui Kimiya capì che non doveva averle causato molto dolore. Quindi l'Ombra scomparve dal punto in cui si trovava. La Domatrice si rimise in piedi in un istante, ma impiegò comunque troppo; riuscì a scansarsi di poco quando sentì il sibilo di un pugnale saettare verso di lei, proveniente dalle sue spalle. La lama le aprì uno squarcio sulla spalla, da cui iniziò a colare un rivolo di sangue. Alla sua vista, Kimiya quasi scoppiò a ridere: quell'incontro era appena cominciato e già la sua avversaria le stava dando del filo da torcere. Era da una vita che non si sentiva più così viva.
Senza curarsi della ferita, si voltò a guardare Farrin, in piedi nell'ombra, con in mano due nuovi pugnali pronti per essere lanciati. La sua espressione impassibile, però, aveva lasciato il posto a una smorfia di disgusto, mentre i suoi occhi scuri sembravano cercare di evitare di sostare più di quanto necessario sul sangue che colava dalla spalla della Domatrice.
Kimiya si umettò le labbra, ancora sorridente. «Che hai, ti fa schifo il sangue?»
Farrin comunque non le rispose. Sparì di nuovo alla sua vista, perciò la bionda iniziò a girare su se stessa per cercare di capire dove sarebbe riapparsa. Scontrarsi con qualcuno di cui non conosceva affatto i poteri le faceva crescere un'adrenalina in corpo che ormai aveva soltanto potuto sognare. I Cuori Impuri, infatti, erano tutt'altro che avversari temibili, soltanto se presi in gran numero potevano rappresentare una minaccia, ma in ogni caso spesso le loro mosse erano noiose e ripetitive.
Quello scontro, al contrario, sarebbe stato tutt'altro che noioso, ne era sicura.
Con la coda dell'occhio, notò l'aria incresparsi alla sua sinistra. Se aveva compreso almeno in parte come funzionava quell'abilità incredibile di cui disponeva quell'Ombra, quello doveva essere il punto esatto in cui sarebbe riapparsa. Invece di voltarsi a guardarla comparire dal nulla, però, rimase dov'era, in attesa che le lanciasse un nuovo pugnale. Questa volta, infatti, quando arrivò se lo stava aspettando. Si limitò ad abbassarsi, sentendo il sibilo che produsse nel passarle sopra la testa. Quando si rialzò, si voltò soltanto un attimo per vedere l'arma affondata nel muro dietro di lei, ma tornò subito a concentrarsi sull'Ombra, dedicandole un nuovo sorriso.
«Ti ho impressionata?», le chiese.
Farrin ancora una volta non le rispose, forse per non darle soddisfazioni, o magari soltanto perché era una tipa di poche parole. Qualsiasi fosse la motivazione, restò in silenzio dove si trovava, con le mani che andavano a cercare qualcosa sotto il suo mantello. Si mosse lentamente, però, come se nel frattempo volesse studiare l'avversaria; Kimiya allora decise di darle una dimostrazione delle proprie abilità.
Dopotutto, non la chiamavano Scuotiterra solo perché la parola aveva un bel suono.
Pestò il terreno con un piede, così forte da far quasi tremare quelle due mura che le circondavano. Il pugnale di Farrin iniziò a volare non appena la Domatrice aveva sollevato il piede, ma non ci fu alcun bisogno per lei di spostarsi. La sua creatura fu talmente veloce ad accorrere che sbucò dal terreno, distruggendo in mille pezzi le mattonelle e provocando una pioggia di sabbia, proprio di fronte alla sua padrona. Il pugnale colpì il suo gigantesco muso dotato di corno, ma non riuscì a scalfire la sua pelle d'acciaio e crollò al suolo con un tintinnio.
Ritrovandosi di fronte quella creatura grande forse tre o quattro volte la padrona, con la pelle d'acciaio che sembrava assorbire l'oscurità attorno a loro, un grosso corno sul muso e le quattro zampe tozze che pestavano il terreno, Farrin per un attimo sembrò immobilizzarsi. Un grosso rinoceronte d'acciaio che sbuca da sottoterra non doveva essere proprio all'ordine del giorno per lei, e Kimiya per un attimo pensò di averla impressionata davvero questa volta.
Ma dovette ricredersi subito, perché Farrin, afferrando un nuovo pugnale da sotto il mantello, iniziò a correre verso il nuovo avversario, con i capelli e il mantello che le ondeggiavano alle spalle. All'ultimo secondo, quando la creatura fece per colpirla al petto con una delle sue tozze zampe, l'Ombra spiccò un agile balzo, roteando su se stessa. I suoi piedi arrivarono a sfiorare il soffitto, mentre i suoi capelli si agitavano all'ingiù e il suo volto si imporporava un poco a causa della circolazione. Lanciò un pugnale a mezz'aria in direzione di Kimiya, che riuscì a scartare di lato all'ultimo secondo, poi Farrin atterrò dietro la Domatrice e la sua creatura. Non diede all'avversaria il tempo di riprendersi che scagliò il pugnale che stringeva nella mano sinistra, con la stessa precisione della destra.
Kimiya sollevò una mano e lo afferrò al volo, a pochissimi centimetri dal viso. L'elsa era più calda di quanto si fosse aspettata, pensò che quello stesso pugnale l'avesse tenuto fra le dita più a lungo degli altri.
«Alìn, vai sottoterra,» ordinò quindi al rinoceronte d'acciaio. Quello si lanciò nella fossa da cui era sbucato, sparendo alla vista. «È da una vita che non combatto con qualcuno così degno,» disse poi Kimiya, con il solito sorriso.
Farrin, come al solito, non batté ciglio.
«Lo sai, mi piaci. Anche se un magari ti avrei preferita un po' più loquace, ma mi accontento.»
Mentre Kimiya perdeva tempo a chiacchierare, Farrin era di nuovo scomparsa, pronta a riapparire chissà dove e chissà quando per colpirla con i suoi pugnali. Per quanto potesse essere ripetitiva, la Domatrice doveva ammettere di non essere comunque in grado di contrastarla, non ancora almeno. Ma presto avrebbe trovato la strategia giusta, si sentiva vicinissima alla soluzione.
L'aria alla sua destra iniziò a incresparsi. Senza perdere tempo a riflettere, Kimiya cambiò la presa sul pugnale che aveva afferrato al volo e lo lanciò in quella direzione, ma proprio quando fendette il punto in cui aveva creduto sarebbe riapparsa l'Ombra, invece di incontrare la carne di Farrin come aveva sperato, andò a scontrarsi col muro e cadde al suolo. L'Ombra riapparve invece a mezz'aria, proprio sulla sua testa, e ricadde con il pugnale stretto con entrambe le mani; Kimiya si spostò indietro con un balzo, facendola scontrare solo con il terreno.
Quel momento, in cui Farrin era ancora in ginocchio, a cambiare la presa sul proprio pugnale, era il momento migliore per attaccare, tuttavia Kimiya non si mosse, si limitò a sorridere. Fu Alìn a colpire per lei. Con il corno che adesso aveva iniziato a girare su se stesso a una velocità incredibile, in senso antiorario, sbucò da sotto il terreno su cui era poggiata Farrin, la quale però riuscì a spostarsi prima ancora che la creatura spuntasse, probabilmente il tremore della terra doveva averla avvisata del suo arrivo. Subito dopo, Alìn sparì di nuovo sottoterra.
Kimiya non avrebbe saputo dire da quanto tempo di preciso stessero lottando, ma di sicuro sapeva una cosa: era da anni che nessuno riusciva a durare così a lungo contro di lei, se si escludevano tutte le volte in cui Kobra e Rashid l'avevano sfidata per diventare i nuovi capi della squadra, e sebbene ogni volta avessero perso, a volte gli incontri erano durati parecchie ore. In particolare, Kobra sapeva come darle del filo da torcere, continuava a mandare delle bestie volanti che quelle di Kimiya, ancorate a terra, non avrebbero mai potuto raggiungere. Alla fine aveva dovuto sconfiggere personalmente Kobra, ma in ogni caso non era stata un'impresa facile, dato che anche lei era in grado di volare. Era una fortuna che Kimiya, nonostante tutto, avesse una grande agilità anche nei salti.
«Devo ucciderti per fartene avere abbastanza?», chiese a un certo punto Farrin, con un tono quasi seccato.
Fu a quel punto che Kimiya capì che, fino ad allora, quella ragazza non aveva fatto altro che giocare per accontentarla. Quello non era stato nemmeno un vero scontro, fin dall'inizio. Il sorriso sempre presente sul viso fintamente angelico della Domatrice si allargò ancora di più per un istante, per poi finalmente sparire.
«No, hai ragione, doveva essere solo un combattimento amichevole,» ammise. Cominciò a credere di aver fatto degli errori di calcolo, quelle Ombre erano troppo forti per lei, se voleva avere una qualche possibilità di vittoria contro una come Farrin, prima doveva imparare di più sui loro poteri. Se all'ultimo secondo lei avesse deciso di utilizzare un'abilità di cui Kimiya non era a conoscenza, avrebbe avuto la vittoria servita su un piatto d'argento.
Per il momento, decise che si sarebbe accontentata.
Pestò di nuovo il piede a terra, facendo tremare i muri.
Come vuoi, le disse una voce nella testa, che l'Ombra non poté sentire, e seppe che Alìn se ne sarebbe stato buono.
«Per ora finiamola qua. Dovremmo inseguire quei Mezzosangue, no?», aggiunse subito dopo.
Farrin sembrò rilassarsi un poco, ma non rinfoderò il pugnale. Senza dire niente, si voltò e sparì nel nulla, probabilmente sarebbe riapparsa nel giro di qualche secondo accanto alla sua compagna. Kimiya si chiese perché non l'avesse fatto da subito, avrebbe potuto benissimo evitarla se avesse voluto, invece aveva combattuto nonostante tutto. Che anche lei fosse curiosa?
Qualunque fosse la risposta, al momento non aveva il tempo di preoccuparsene. Avrebbe dovuto aiutare quelle due contro i Mezzosangue, per quanto fosse sicura che non ne avessero bisogno, ma non avrebbe mai lasciato a loro tutto il divertimento.
«Alìn, andiamo!»


Angolo Autrice:
Ecco a voi il quarto capitolo! :D
Ancora non si sa niente dei Mezzosangue, Kimiya si è distratta, sta cominciando a diventare davvero ossessionata dalle Ombre...
Be', è un po' lunghetto, ma spero che vi sia piaciuto!
Grazie e alla prossima! ^^

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Capitolo 5
*** Falce di Luce ***


Capitolo Cinque
Falce di Luce

 
Erano molti i gradini che Nahal doveva ancora salire per arrivare dai due Mezzosangue, ma continuava a correre il più veloce possibile, sfrecciando fra le mura che la circondavano, con la falce ancora riposta dietro la schiena. L'oscurità che avvolgeva il passaggio segreto cominciava a diradarsi a ogni gradino un po' di più, una luce ancora flebile cominciava a farsi strada fra le ombre.
I Mezzosangue avevano provato a sfuggirle nel mondo delle ombre, teletrasportandosi da un posto oscuro all'altro, ma presto si erano però resi conto di quanto Nahal fosse veloce, molto più di loro, in quanto Ombra pura, perciò avevano preferito provare a fuggire correndo a piedi. In questo modo, purtroppo, avevano il grande vantaggio di conoscere il passaggio segreto molto meglio della loro inseguitrice, perciò, mentre lei si era ritrovata imprigionata in qualche trappola per alcuni secondi, loro erano riusciti a guadagnare un vantaggio.
Accanto a sé, all'improvviso Nahal sentì la presenza calma di Farrin, per questo si voltò alla propria destra, senza decellerare nemmeno per un istante. Il suo vicecapo apparve accanto a lei, rasente al muro, in un punto in cui ancora l'oscurità era padrona assoluta e quel po' di luce che penetrava da chissà dove più avanti non riusciva ancora a raggiungere. Nel preciso istante in cui fece la sua comparsa, Farrin stava già correndo per star dietro alla compagna, la quale le rivolse un breve sorriso.
«Allora, com'è andata?», chiese Nahal. Le sue gambe si muovevano talmente veloci che sembrava quasi che i suoi piedi non toccassero nemmeno terra, prima di sollevarsi di nuovo.
Con la coda dell'occhio, Farrin le rivolse una veloce occhiata. «Ci è andata piano,» rispose soltanto. Nahal avrebbe voluto cercare di dedurre qualcosa di più dalla sua espressione, ma il suo volto era calmo come sempre, i muscoli rilassati nonostante lo sforzo fisico che stava compiendo, ma riuscì a notare una goccia di sudore scorrerle giù lungo la fronte. Il calore, quel giorno, come tutti del resto, era insopportabile, ma in quel luogo buio Nahal era sicura che, come lei, Farrin non lo trovasse poi tanto atroce. Perciò, a farla sudare doveva essere stato il combattimento contro quella Domatrice, cosa che per un attimo la preoccupò sul serio: in rari casi aveva visto Farrin impegnarsi sul serio in un combattimento, dopotutto era una delle dieci Ombre più potenti di Tarri. Questo voleva dire che la sua avversaria doveva essere molto più forte di quanto potesse sembrare.
«Quanto sono lontani ancora i Mezzosangue?», cambiò subito argomento Farrin.
Nahal a quel punto decise di distrarsi e non pensarci, dicendosi che, tanto, per il momento sarebbero state al sicuro da quella strana Domatrice, che a quanto sembrava aveva soltanto voluto assaggiare i loro poteri. Le era sembrato parecchio bizzarro che un Domatore fosse interessato alle Ombre, di solito ne parlavano con disprezzo, li chiamavano Striscianti quasi sputando quella parola con tutto il disgusto di cui erano capaci. Quella ragazza, invece, aveva un'aria insolita, le aveva chiamate con il loro nome e si era scontrata con loro modo in leale.
Scrollò le spalle per rispondere alla domanda di Farrin. «Non ne ho idea, purtroppo li ho persi da un po',» disse.
«Be', rallegrati. Sono lì.»
Nahal stava guardando il profilo di Farrin quando il vicecapo pronunciò quelle parole; subito tornò a concentrarsi sulla strada avanti a sé, sollevò il capo per poter scorgere al meglio una figura alta e muscolosa, con due enormi corna da cervo che gli spuntavano ai lati della nuca. Se ne stava immobile, entrambe le braccia distese lungo i fianchi, gli occhi puntati sulle due Ombre che adesso avevano arrestato la loro corsa per osservarlo in silenzio. Per qualche istante, Nahal nutrì il timore che potesse aver intenzione di richiamare a sé qualche bestia gigantesca e potesse sfruttare il caos che ne sarebbe seguito per scappare.
Cercò la figura di Farrin accanto a sé, vederla calma come al solito la tranquillizzò, quindi tornò a concentrarsi sul Mezzosangue che avevano di fronte.
Dal punto in cui si trovava, lo vide spalancare la bocca, dalla quale uscì un urlo bestiale e selvaggio, ma il grido dovette interrompersi a metà, quando i muri che li circondavano e i gradini sotto i loro piedi iniziarono a tremare così forte da fargli perdere l'equilibrio. Il Mezzosangue dovette appoggiarsi con l'avambraccio al muro per evitare di cadere a terra e ruzzolare fino ai piedi delle due Ombre di sotto.
Nahal e Farrin invece non ebbero alcun problema nel mantenere l'equilibrio, e si limitarono a restare immobili per osservare la scena di fronte ai loro occhi.
Il terreno, proprio nel punto in cui si trovava il Mezzosangue, iniziò a creparsi, i gradini si separarono fra loro, la terra si squarciò. L'uomo fletté le gambe e spiccò un balzo proprio nel momento in cui il terreno si aprì in due, lasciandone uscire la figura gigantesca di una bestia dalla forma vagamente simile a quella di un rinoceronte, ma dalla pelle d'acciaio, sul cui dorso era seduta la ragazza bionda dotata di coda che si era presentata col nome di Kimiya Scuotiterra. Il corno della creatura girava in senso antiorario a una velocità inaudita, riducendo in mille pezzi qualsiasi cosa si trovasse per strada, ma il Mezzosangue riuscì a superarlo con il suo balzo inaudito, anche se per un attimo, lui e la creatura si ritrovarono a guardarsi negli occhi.
L'uomo atterrò alle spalle di Nahal e Farrin, le quali si voltarono per osservarlo fuggire via a gambe levate.
«Ah, ma ve lo lasciate sfuggire così?», disse Kimiya, gli occhi viola rivolti alle due Ombre. Quando Nahal si girò nella sua direzione per guardarla dal basso, notò che, annidati fra i suoi capelli color paglia c'erano dei pezzi di terra e che delle macchie scure avevano sporcato i suoi vestiti. Anche sul viso presentava alcune chiazze di terra, ma dal fatto che non se ne curasse, Nahal dedusse che ci fosse abituata.
Nahal per un attimo pensò di risponderle, fece un passo avanti, ma il braccio teso di Farrin le intimò di fermarsi, così inghiottì i suoi ringraziamenti per l'aiuto e rimase in silenzio. Non avrebbe dovuto pensarlo, Ombre e Domatori, sebbene avessero momentaneamente messo da parte i loro rancori, non erano ancora riusciti a superare l'odio che provavano gli uni per gli altri. Per questo non avrebbe dovuto essere contenta dell'aiuto che quella strana tipa stava dando loro.
Dopo pochi istante di silenzio, Kimiya parve comprendere l'antifona e con un sospiro batté un colpo di tacco contro la pelle dura della sua creatura. «Come volete, lasciate perdere. Preoccupatevi di quell'altro almeno, con quello stronzo ho un conto in sospeso.» Quando ebbe terminato di parlare, la sua creatura sorpassò le due Ombre con un piccolo salto, facendo tremare l'intero passaggio segreto quando riatterrò. Quindi, si mise a correre con le sue zampe tozze, molto più velocemente di quanto Nahal avrebbe mai creduto potesse essere capace.
Farrin fissò la loro figura scomparire dalla loro vista e soltanto allora si voltò in direzione di Nahal. «Seguila, non sono sicura dovremmo fidarci,» disse con la sua solita voce atona.
«Ma...», provò a protestare Nahal.
«Non fare niente. È abbastanza potente da fermare quel Mezzosangue da sola, e non credo ti attaccherà, ma assicurati che lo trovi e non si metta a giocarci. Dovete eliminarlo.»
Per Nahal, la figura di Kimiya era ancora un enorme punto interrogativo. Aveva capito che di certo non si trattava di un Domatore come tanti, aveva qualcosa di particolare, ma non tanto per la potenza delle creature che era in grado di richiamare a sé, né per la sua stessa forza: era il suo comportamento a lasciarla sconcertata, il suo conversare con le Ombre come se non avesse niente contro di loro, come se appartenessero alla stessa razza. Non comprendeva bene il sadismo che Farrin sembrava aver notato in lei, ma in un certo senso credeva che fossero simili. Neanche lei aveva mai odiato i Domatori come gli altri, non ne aveva mai visto il motivo.
«Buona fortuna con l'altro,» disse dopo un po'.
Farrin annuì in risposta, quindi sparì dalla sua vista, spostandosi nel mondo delle ombre.
Nahal si voltò nella direzione in cui Kimiya e la sua creatura erano scomparse. Era trascorsa soltanto una manciata di secondi, al massimo un minuto, tuttavia pensò che, alla velocità con cui si muovevano, dovessero essere già piuttosto lontani. Per sua fortuna si era addentrata nell'oscurità, cosa che avrebbe permesso a Nahal di raggiungerla in pochi istanti: lasciò che il proprio corpo diventasse un tutt'uno con l'oscurità che la circondava. 
In meno di un secondo si ritrovò nel mondo delle ombre.
Era un immenso corridoio avvolto nel buio più totale, che sembrava avanzare all'infinito in entrambe le direzioni, avanti e dietro di lei. In alto, tuttavia, presentava una specie di soffitto fatto di immagini, e alzando lo sguardo in alto Nahal poteva vedere il mondo esterno muoversi a una velocità molto minore rispetto al normale. C'erano le immagini del passaggio segreto, ogni singolo angolo che il sole e le luci delle torce non riuscivano a illuminare, ma di tutto ciò che si trovava nella luce non c'era neanche traccia.
Nahal iniziò la sua corsa, osservando sopra di sé i gradini crepati a causa del passaggio della creatura a forma di rinoceronte che, con il suo peso, aveva quasi distrutto ogni cosa. Impiegò pochi secondi prima di trovare la figura della creatura e di Kimiya sul suo dorso, la quale guardava di fronte a sé con un lieve accenno di un sorriso sadico, gli occhi splendevano di una luce propria, un bagliore che, per qualche motivo che neanche lei fu in grado di comprendere, fece rabbrividire l'Ombra che la stava guardando.
Nahal scosse la testa per scacciare ogni altro pensiero, il suo compito adesso era assicurarsi che Kimiya svolgesse al meglio il proprio compito, in quanto Domatore, che per una volta era in comune con quello delle Ombre: eliminare il Mezzosangue.
In realtà, Nahal stessa non ne comprendeva il motivo, sapeva che i Mezzosangue erano il frutto dell'unione proibita tra un Domatore e un'Ombra, che erano pericolosi in quanto disponevano dei poteri di entrambe le razze, ma che tuttavia fino ad allora non erano mai riusciti a sfruttare al meglio il potenziale di nessuna delle due. Sia Ombre che Domatori avevano l'obbligo, morale e non, di eliminarli a vista, ma Nahal non aveva ancora capito se le due razze avessero paura dei Mezzosangue e del momento in cui avrebbero imparato a utilizzare entrambi i poteri, oppure se ci fosse qualcos'altro sotto.
Ai membri delle squadre riferivano soltanto una misera scusa, che non si reggeva molto in piedi, ovvero che i Mezzosangue non sarebbero dovuti esistere perché l'amore fra un'Ombra e un Domatore era una cosa proibita e immorale. Nahal però non ci aveva mai creduto, era convinta che fossero ben altri i motivi per cui entrambe le razze avevano il compito di sterminarli tutti.
Spiccò un salto, la sua testa si scontrò con l'immagine del soffitto del mondo delle ombre, causando quella che all'esterno sarebbe dovuta sembrare come un'increspatura, facendo la sua apparizione proprio di fianco alla creatura simile a un rinoceronte e a Kimiya, la quale le rivolse una veloce occhiata. Le sue labbra si curvarono in un sorriso.
«Fammi indovinare, l'altra ti ha inviato qui a controllarmi,» disse, tornando a guardare di fronte.
Nahal correva al fianco della sua creatura che, sebbene fosse molto più veloce di quanto potesse sembrare a una prima occhiata, non sarebbe mai riuscita a superare il livello di un'Ombra, soprattutto non al suo. «Devo solo assicurarmi che tu non perda d'occhio il tuo obiettivo principale.»
«Ma tu guarda, adesso perfino le Ombre mi dicono cosa devo e non devo fare.» Kimiya sbuffò in modo fin troppo rumoroso, teatrale quasi. «Se Kobra lo viene a sapere mi ammazza. Cioè, ci prova.» Stette zitta per un istante, poi si voltò di nuovo in direzione dell'altra ragazza, il sopracciglio abbassato, senza più nemmeno l'ombra del sorriso di poco prima. «Com'è che ti chiami, tu? Non mi piace parlare con gente di cui non conosco il nome.»
Sebbene la sua domanda la sorprese, cercò di non darlo a troppo a vedere, evitando appositamente il suo sguardo e aspettando finché la Domatrice non decise di tornare a concentrarsi sulla strada che stava percorrendo. Soltanto allora, l'Ombra le rispose. «Sono Nahal Falce di Luce, Ramo Destro della squadra Ba',» spiegò.
«Come mai questo soprannome? Falce di Luce... mi suona strano per un'Ombra.»
«Più che altro mi chiamano così perché sono molto veloce.»
Kimiya non aggiunse altro. Da lì in avanti, le due ragazze appartenenti a razze diverse continuarono ad avanzare senza più degnarsi attenzioni l'un l'altra, come sarebbe dovuto essere fin dal principio. Eppure, fu soltanto allora che finalmente avevano preso a comportarsi come avrebbero dovuto, senza darsi molta confidenza, che Nahal iniziò a provare un certo disagio.
All'improvviso, entrambe si arrestarono.
Nel buio, davanti a loro, c'era la figura immobile del Mezzosangue, che le fissava nella stessa identica posizione di poco prima, quando aveva provato ad attaccare le due Ombre sulle scale, tuttavia questa volta Nahal notò qualcosa di diverso in lui, i suoi occhi le sembrarono stranamente spenti.
«Avete un qualche potere per creare delle illusioni o cose simili, voi Ombre?», chiese Kimiya, in un tono serio, che Nahal trovò parecchio strano in bocca a lei, sebbene la conoscesse da pochi minuti non le era sembrata una che si preoccupa della situazione, ma più una di quelle persone che, sicure di sé, si buttano a capofitto nella rissa, convinte che niente e nessuno potrebbe mai fermarle. Eppure in quel momento era ferma, esaminava la figura immobile con estrema cautela, come se si aspettasse una qualche trappola da un momento all'altro.
«No, niente del genere,» rispose, mentre la sua mano destra si allungava fino ad afferrare l'impugnatura della falce alla propria schiena. Quindi raggiunse il Mezzosangue ad almeno tre metri di distanza in un istante, di corsa, sfoderando l'arma mentre ancora era a metà strada, più veloce di un fulmine. La lama della falce fendette di fronte a sé con furia, con bramosia di sangue, e affondò nella carne del Mezzosangue.
O almeno, così Nahal credette in un primo momento.
Quando ebbe trapassato la figura da parte a parte, tuttavia, abbassò la falce, ritrovandosi di fronte, anziché il corpo diviso in due del suo nemico, soltanto il nulla. L'avversario si era volatilizzato e lei non se ne era nemmeno accorta.
«Ci ha fregate,» le disse Kimiya, alle sue spalle.
Nahal si girò nella sua direzione, ma non disse niente, si limitò a osservarla con un sopracciglio sollevato in un'espressione interrogativa, in attesa che l'altra si spiegasse meglio.
«Quello era un falso. Mi sorprende che tu non l'abbia notato, ma non aveva un'ombra.»
«Cosa?» In effetti sarebbe stato piuttosto strano che una qualsiasi Ombra non avesse notato una cosa del genere, ma nel caso di Nahal non si trattava di niente di bizzarro, visto e considerato il suo modo di fare così impulsivo che spesso la portava ad agire molto prima di riflettere. Aveva notato però nei suoi occhi qualcosa di diverso, soltanto che non aveva degnato la cosa di importanza, aveva creduto che il Mezzosangue fosse soltanto pronto ad accettare il proprio fato, dopotutto come avrebbe mai potuto sperare di vincere contro un'Ombra e una Domatrice insieme? «Ma una cosa del genere è impossibile,» aggiunse poi.
Kimiya si strinse nelle spalle. «Evidentemente no. Forse sono più in gamba di quanto vogliono farci credere.» I suoi occhi erano puntati in un punto casuale del soffitto, da cui alcuni granelli di sabbia continuavano a cadere all'interno. «Comunque ormai penso che li abbiamo persi. Me ne vado. Se li becco di nuovo gliela farò pagare, spero che tu e Farrin facciate lo stesso.»
Nahal la osservò sparire sottoterra assieme alla sua creatura, chiedendosi se avrebbe mai più rincontrato quella Domatrice tanto strana, che addirittura le chiamava per nome. Quando ogni traccia di lei fu scomparsa, a parte il buco per terra che aveva causato la sua creatura, Nahal si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato, pensando che forse, per quanto la cosa potesse farla infuriare, quei Mezzosangue davvero le avevano prese in giro e se n'erano andati ormai da tempo. Per un attimo si chiese se fosse il caso di tornare da Farrin o di proseguire la strada che stava percorrendo fino all'uscita, da cui lei e Farrin erano entrate, per raggiungere Roxana. Alla fine, scelse la seconda opzione, dopotutto il vicecapo se la sarebbe cavata anche senza di lei, mentre, se si fosse ritrovata contro entrambi i Mezzosangue, forse Roxana si sarebbe trovata in difficoltà.
Impiegò pochi minuti per raggiungere le scale immerse in una luce solare accecante. Li riconobbe subito, e li percorse in fretta per ritrovarsi finalmente in quella distesa di sabbia che aveva imparato a conoscere e ad amare con il tempo, sebbene in quanto Ombra non amasse i luoghi illuminati, ormai quel deserto assolato era la sua casa, da sempre.
All'inizio i suoi occhi non riuscirono a vedere altro che bianco a causa della luce, ma quando pian piano si abituarono, poté guardarsi attorno alla ricerca di Roxana.
La sua compagna però sembrava essere scomparsa.
«Roxana?», la chiamò Nahal a gran voce, quindi attese alcuni istanti, ma non le giunse alcuna risposta.
Non poté fare a meno di pensare al peggio, che i due Mezzosangue l'avessero presa alla sprovvista dalle spalle mentre era di guardia e l'avessero catturata, o forse addirittura ammazzata, ma con un sospiro cercò di scacciare quei pensieri. Il suo istinto le ruggiva chiaro nel petto, doveva andare a cercarla, subito, senza esitazioni, e squarciare in due il petto di chiunque avesse osato torcerle un solo capello, ma in qualche modo riuscì a reprimerlo. Per quanto la tentazione potesse essere forte, quella di sicuro non era la soluzione giusta, avrebbe potuto finire in una trappola, e allora sarebbero state in due quelle in pericolo.
Prima di tutto, doveva avvertire Farrin. Avrebbe lasciato che fosse il vicecapo della squadra, con la sua calma e il suo freddo distacco, a prendere una decisione. Nel frattempo, poteva soltanto pregare che Roxana stesse bene.



Angolo Autrice:
Eccomi con un nuovo capitolo! :D
Avrei dovuto inserirlo questa mattina, ma dato che il mio pc ha cominciato a fare i capricci, da quando non si connette a quando non si accende proprio, purtroppo devo prendere in prestito quello di mia sorella e... vabbé, la smetto, non credo interessi davvero a qualcuno! xD
No, davvero, tornando seri... che dire? L'ho corretto di sera, quindi potrei non averlo corretto, ma solo peggiorato xD Spero di no, ma io a quest'ora non ci affilo molto, quindi... è meglio se adesso vi lascio, va'...
Alla prossima! ^^

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