fact, not fiction di Sariel (/viewuser.php?uid=20530)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Was it a dream? ***
Capitolo 3: *** The day after. ***
Capitolo 4: *** Portland, again. ***
Capitolo 5: *** Brave Cinderella ***
Capitolo 6: *** Ops, there's a man in my bed ***
Capitolo 7: *** Decisions ***
Capitolo 8: *** Being Edward Cullen would be useful. ***
Capitolo 9: *** You love me, don't you? ***
Capitolo 10: *** What I was looking for. ***
Capitolo 11: *** Lovers ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Rating:
Verde/Giallo.
Tipologia: Fiction
a più capitoli.
Avvertimenti: Real
Person Fiction.
Genere: Generale,
Romantico.
Disclaimer: Questa
storia è frutto della mia fantasia.
Non
conosco i due personaggi e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*)
rispettivamente i suoi personaggi in The Messengers, Into the Wild e
Twilight.
Ovviamente non appartengono a me, ma a chi ne detiene il copyright.
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il seguito di one
night in
Portland. Grazie davvero a chi ha commentato.
La long-fic
avrà il POV di Kristen, ma non è
detto che cambi.
Il
film è stato girato per la maggior parte
nell’Oregon,
proprio
sotto lo stato di Washington, precisamente nella zona di Portland.
Perciò la fiction è
ambientata lì.
fact,
not fiction.
LA MIA VITA DIPENDE SUL
LAVORO CHE, IN
POCHE PAROLE, CONSISTE NEL FINGERE.
FINGERE
DI ESSERE UNA
PERSONA DIVERSA OGNI VOLTA[…], IN ME AVREBBERO VISTO
JESS,
TRACY,
BELLA. MA NON KRISTEN.
La
differenza tra realtà e finzione, a volte, non viene
considerata. Non viene notata.
In
realtà
la differenza è abissale. Una differenza tale, per una come
me, è fondamentale.
La
mia
vita dipende su un lavoro che, in poche parole, consiste nel fingere.
Fingere
di
essere una persona diversa ogni volta, rischiando quasi di perdere la
propria
personalità, il proprio Io.
E questo
accade quando il personaggio diventa me e non il contrario.
Ho
sempre
pensato che non avrei potuto relazionarmi con i miei coetanei, per
paura che
alcuni di loro non mi considerassero la persona che sono.
In
me
avrebbero visto Jess, Tracy, Bella(*). Ma non
Kristen.
Ogni
tipo
di legame sembrava forzato e poi spariva, come se fosse stato un
illusione, un
miraggio.
Era
tanto
pretendere di avere almeno una storia normale?
Ormai
ero
rassegnata al fatto che la scelta di diventare attrice avesse
condizionato per
sempre la mia vita privata.
Ma
una
notte a Portland cambiò tutto.
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Capitolo 2 *** Was it a dream? ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits: (*)
Breakaway, di Kelly Clarkson.
Note dell'Autore: okay, ci siamo. Ecco qua il primo capitolo del
seguito di one
night in
Portland. Grazie davvero a chi ha commentato il
prologo e l’altra
fiction.
1.
Was it a dream?
- FACT, NOT FICTION -
×××
Era
come
fluttuare. Mi sentivo leggera e per un istante pensai di galleggiare
nell’aria.
Alcune immagini mi
passarono davanti
agli occhi.
Le
luci
di una città, le strade piene di gente, un’insegna
luminosa di un ristorante.
Una
dolce
sensazione di calore mi pervase, il tepore che mi circondava era a dir
poco
paradisiaco.
Il
sogno
- non poteva essere reale, ne ero certa - venne accompagnata da alcune
parole
lontane, che mi echeggiavano in mente dalla sera prima e da un paio di
occhi
azzurri che mi guardavano divertiti.
-
E’ ora di tornare, Cinderella.-
La
sua voce mi arrivò
distintamente, come se lui fosse lì, accanto a me.
Spalancai
gli occhi di colpo e mi trovai nella totale oscurità. Mi
puntellai
sui gomiti
e mi
misi a sedere, mugugnando. La coperta scivolò e un brivido
mi corse sulla schiena. La ripresi, coprendomi fino al petto.
Allungai
il braccio verso la lampada di
vetro verde accanto al letto e tirai la cordicella per accenderla.
Il
suo lieve bagliore verdastro riempì
il vano della roulotte.
Mi
guardai intorno intontita, certa di
trovare qualcuno vicino a me, ma era solo un sogno. Fissai imbronciata
il mio
riflesso dello specchio appeso all’armadio ai piedi del letto
e aggrottai le
sopracciglia. I capelli sembravano indomabili, erano simili ad un
cespuglio.
Tentai di appiattirli con le mani, conscia che non appena mi sarei
alzata avrei
dovuto pettinarli parecchio per farli tornare al loro posto.
Il
mio sguardo cadde poi sul led
luminoso della radiosveglia. Le tre e
mezza. Sospirai e ricaddi nel letto, non prima di aver spento
la lampada.
Chiusi
gli occhi, coprendoli poi con le
mani, per tentare di riaddormentarmi.
Al
contrario di quanto volessi, mi
sentii improvvisamente sveglia, lo stordimento iniziale dovuto al
brusco
risveglio sparì del tutto.
Restai
immobile per qualche momento,
prima di togliermi le mani dal volto e di rannicchiarmi sotto le
coperte,
tirate su fino all’altezza degli occhi.
Rimasi
ad ascoltare il lieve ticchettio
del mio orologio da polso, che avevo lasciato sul tavolo accanto al
letto. Sbuffai
piano e mi girai dall’altra parte, fissando la parete a cui
il letto era
appoggiato.
Maledii
in silenzio la scelta. Ora non
c’era nulla che potesse distrarmi.
Il
sogno, il ricordo, era ancora
vivido nella mia mente e mi metteva in
imbarazzo, e sapevo benissimo il motivo.
Ero
rimasta in silenzio. Non avevo
proferito parola per tutto il viaggio di
ritorno ed ero stata tutto il tempo con lo sguardo fisso fuori dal
parabrezza
della macchina, dritto di fronte a me, concentrandomi sulla strada.
Forse era
lo stupore, forse era la sorpresa. Ma non parlai.
Fu
solo quando arrivammo alle roulotte
che risposi piano al suo buona notte,
senza riuscire a guardarlo negli occhi.
Ascoltai
i suoi passi mentre si
allontanava, diretto verso la sua roulotte e non accennai a muovermi
fino a
quando non sentii la porticina chiudersi.
Andai
subito a letto, rossa dalla
vergogna, tentando di non pensarci. Forse l’avevo offeso.
Forse
avevo rovinato tutto.
Nonostante
quei pensieri mi ritrovai a
sorridere, quasi stupidamente e come una ragazzina alla prima cotta,
ripensando
alla serata precedente passata a Portland.
Mi
inumidii le labbra con la punta
della lingua, riuscendo quasi a sentire ancora il sapore pungente della
salsa
di soia.
Chiusi
gli occhi, lasciando che il
ricordo continuasse ad aleggiare nella mia mente e sperando davvero che
lui non si fosse offeso.
In
un attimo, senza che me ne
accorgessi, mi assopii e mi addormentai profondamente, ancora
accompagnata
dalle immagini della sera precedente.
×××
Quando
mi risvegliai mi sembrò di
essermi addormentata solo da qualche minuto.
Non
mi resi subito conto di cosa fosse
stato a svegliarmi. Non era lo stesso sogno che mi aveva svegliato
durante la
notte, ma il suono acuto della radiosveglia, unito alla canzone che era
partita
non appena si era accesa.
Mugugnai
mentre mi voltavo per scendere
dal letto. Mi stiracchiai, sbadigliando. Allungai il braccio per
spegnere il
suono continuo della sveglia, ma lasciai continuare la canzone.
Mi
lavai la faccia e tentai di sistemarmi
i capelli, sbuffando. Mi sentii improvvisamente agitata, al pensiero di
dover
uscire da lì a poco.
Mi
vestii piano, come tentando di perdere
tempo, solo per poi rendermi conto del mio comportamento stupido.
Cercai di
distrarmi, cominciando a canticchiare la canzone, che nel frattempo era
cambiata.
-
I'll spread
my wings and I'll
learn how to fly.-
intonai, mentre sistemavo
il letto, - I'll do what
it takes til' I touch the sky.-
continuai, prima di buttare via il contenitore del ristorante
cinese, che avevo lasciato sul tavolo e che conteneva ancora gli avanzi
della
sera prima.
-
And
I'll
make a wish, take a chance, make a change.-
proseguii, prima di spegnere la radio e indossare la giacca.
-
And
breakaway.(*)- Aprii la porta della roulotte, ma mi bloccai
sulle scale,
così come la sera precedente, non appena il mio sguardo si
soffermò sulla
figura di fronte a me.
Lo
osservai, senza capire se era
davvero offeso per il mio comportamento dopo il - pronunciare
mentalmente
quella parola, che avevo accuratamente evitato di pensare, mi
provocò un tuffo
al cuore - bacio.
-
Rob.-
riuscii solamente a dire, con voce spezzata, senza riuscire a
nascondere il mio
nervosismo.
In
risposta mi sorrise e si avvicinò,
con due tazze fumanti di caffè. Me ne porse
una e la afferrai,
ringraziandolo.
-
E’ appena fatto.- mi disse, senza smettere di
sorridere.
Portai
la tazza alle labbra e bevvi un sorso. Il
caffè era bollente.
Tossicchiai
piano, mentre lui cominciava a ridere.
- Te
l’ho detto che era appena fatto.- riuscì a
dire, tra una risata e l’altra.
Lo
guardai di traverso per poi sorridere a mia
volta, non appena mi resi conto che in fondo, fortunatamente, non se
l’era
presa.
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Capitolo 3 *** The day after. ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
(*) Breakaway, di
Kelly Clarkson.
Note
dell'Autore: okay, ci siamo.
Ecco qua il secondo capitolo del seguito di one
night in
Portland. Grazie davvero a chi ha commentato il
primo capitolo e
l’altra fiction.
E scusate per
il ritardo ma la scuola mi sta
tormentando.
Ah, le scene
sono puramente inventate. Non
quella di questo capitolo, dato che è
presa dal trailer.
Dopo aver
visto il film mi baserò su quello per
le altre scene. Sperando che la storia arrivi fino a novembre.
2.
The day after
- FACT, NOT FICTION -
×××
Sorseggiai
piano il mio caffè mentre
entravamo nel bosco, per ripetere le riprese del giorno prima. Ormai
era quasi
freddo e stava perdendo il suo gusto.
Robert
cammino alla mia destra fino a che
non arrivammo nel punto in cui gli alberi, che fino a qualche metro
prima erano
talmente fitti da impedire quasi di vedere oltre, cominciavano a
diradarsi.
- Senti,
Kris.- iniziò Robert, fermandosi e
voltandosi verso di me. - Riguardo ieri sera…-
Lasciò
in sospeso la frase e mi continuò a guardarmi
senza scomporsi. Mi schiarii la voce.
-
Oh.- sussurrai, abbassando lo sguardo. -
Già….ieri
sera.- dissi, con voce roca.
Abbozzai
un sorriso, mentre rialzavo il viso per
guardarlo.
-
Bè, sai.- sentii le guance arrossarsi leggermente.
- Mi metti un po’ in imbarazzo.-
- In
imbarazzo?- chiese, stupito, lanciandomi uno
sguardo incuriosito.
Annuii
piano e mi morsi un labbro. - Tu sei….ehm,
come dire...- cominciai, evitando di balbettare. - Spontaneo.-
riuscii a dire.
Rob
mi lanciò un’altra occhiata incuriosita. - Che
vuoi dire?- domandò, aggrottando le sopracciglia.
-
Bè, come parli. Così diretto, senza imbarazzo.- gli dissi, alzando un
sopracciglio.
- Non
mi sembra ci sia nulla di cui essere
imbarazzati.- replicò, facendo spallucce.
- Se
lo dici tu.- ridacchiai e feci per incamminarmi
di nuovo.
-
Cos’è che ti mette in imbarazzo, di preciso?
Scossi
la testa e non mi fermai. Sentii che cominciò
a muoversi anche lui e in meno di un attimo mi raggiunse.
- Niente,
Rob, niente.- mormorai,
sorseggiando
quel che rimaneva del caffè.
Feci
una smorfia non appena percepii il sapore
dell’espresso ormai gelato.
Sentii
la sua mano appoggiarsi sulla mia spalla e mi
voltai verso di lui.
-
Bene, allora esci di nuovo con me?
Restai
in silenzio per un attimo, fissandolo
stupita. Avrei risposto volentieri ad un’offerta del genere
ma le parole
sembravano essere sparite in quel momento.
Aprii
la bocca per rispondere - o almeno, per provarci
- ma Robert mi anticipò.
- Lo
prendo per un sì.- disse velocemente, con un
sorriso.
In
quell’attimo di silenzio la voce di Catherine che
ci chiamava giunse a noi.
Rob
si abbassò e mi posò un bacio sulla guancia,
prima di incamminarsi verso il set e lasciarmi ancora immobile nel
bosco.
×××
Con
la fronte appoggiata alla sua potevo sentire il
suo respiro caldo sul mio viso. Chiusi gli occhi e inspirai il suo
profumo.
Inclinò
la testa di lato e si avvicinò, fino a
sfiorare le mie labbra.
Concentrati, mi
ordinai, hai davanti Edward Cullen.
Il
contatto delle sue labbra sulle mie si fece più
netto.
Edward
Cullen, non Robert, pensai
ancora, mentre lui si avvicinava di più.
Dischiusi
le labbra ma sussultai e mi allontanai da
lui di qualche centimetro.
-
E…stop!- urlò Catherine, prima di avvicinarsi a
noi.
Il
set era cambiato. Ora eravamo in quella che
sarebbe stata la camera di Bella.
-
C’è qualcosa che non va, Kris?- mi chiese,
preoccupata.
- No,
niente Cath.- mi schiarii la voce. - Va tutto
bene.- le assicurai, con un sorriso.
-
Bene, allora la rifacciamo.- si allontanò e
riprese posto sulla sua sedia da regista.
Scrollai
le spalle e lanciai un’occhiata a Rob.
- Scusami.-
sussurrai, seriamente dispiaciuta. Mi rivolse un sorriso in risposta e
riprendemmo a girare.
Non
mi allontanai, stranamente, e non capii come mai. Riuscii a
non muovermi, a
rispondere al bacio fino a quando Cath non fermò ancora la
scena, questa volta
per dire che andava bene, ma che era meglio girarla un’altra
volta.
Era
già tardi e riuscimmo a girare solo un’altra
volta, prima di tornare alle roulotte.
Scesa
dal pullmino che ci aveva riportato lì,
raggiunsi Robert che stava già rientrando nella propria
roulotte.
-
Rob!- lo chiamai, correndo verso di lui.
Si
fermò e si voltò a guardarmi.
Ripresi
fiato. - Va bene.- dissi semplicemente,
rivolgendogli un sorriso.
- Va
bene cosa?-
chiese divertito, anche se sapeva benissimo a cosa mi riferivo.
Alzai
un sopracciglio e sbuffai in protesta, anche
se sotto sotto non mi dava così fastidio.
- Va
bene.- ripetei. - Uscirò ancora con te.-
aggiunsi, senza smettere di sorridere.
Le
sue labbra si distesero in un sorriso.
-
Bene, Cinderella.-
esclamò, felice. Sussultai non appena sentii il nome Cinderella. - Ti passo a prendere tra
un’oretta. Ti lascio il tempo
per prepararti.- disse, facendomi l’occhialino.
-
Perfetto.- replicai, con un cenno d’assenso. - Bè,
allora a dopo.
Iniziai
ad allontanarmi ma sentii ciò che disse
subito dopo, sebbene non l’avesse urlato.
-
Domani è giornata libera. Quindi stasera niente
carrozze che si trasformano in zucca.- le ultime parole scomparirono
non appena
chiuse la porta della roulotte e io non potei fare a meno di sorridere.
|
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Capitolo 4 *** Portland, again. ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
(*) Stop and
Stare-One Republic
(**)With
me-Sum 41
Note
dell'Autore: okay, ci siamo.
Ecco qua il terzoo capitolo del seguito di one
night in
Portland. Grazie davvero a chi ha commentato. Non
pensavo che questa e l’altra fiction potessero avere un
simile
successo **
Scusate
ancora per il ritardo ma la scuola
mi sta tenendo molto impegnata.
Ho
notato che iniziare la fiction o mettere nei capitoli una scena
partendo dalla registrazione di una scena(scusate la ripetizione) del
film è
piaciuto quindi continuerò a farlo =) Lo metterò
come, diciamo, un “marchio di
fabbrica” x°D
Ps
le ore di storia sono molto produttive, dico sul serio. La maggior
parte di questo capitolo è stata scritta in
quell’ora x°D Aggiornerò presto, lo
prometto. Aggresive!Kris è in
arrivo *w*
3.
Portland,
again.
-
FACT, NOT FICTION -
×××
Restai
ferma, lasciando scorrere l’acqua piano,
rilassando ogni singola parte del mio corpo. Avevo sempre amato la
sensazione
che l’acqua provoca quando tocca la pelle. Sarei rimasta per
ore sotto la
doccia, se mi fosse stato possibile.
Girai
piano la manopola della doccia, facendo
diventare l’acqua tiepida. Mi sciacquai lentamente i capelli,
massaggiandomi
piano la testa.
Chiusi
l’acqua e uscii dal piccolo vano della
doccia. Mi avvolsi nel mio morbido asciugamano che avevo preparato
fuori e
uscii dal bagno - se così si poteva chiamare il buco adibito
a bagno delle
roulotte.
Mi
diressi nella mini-camera da letto ma mi bloccai,
non appena sentii qualcuno pronunciare il mio nome.
- Kris.
Un
bisbiglio. Realizzai solo dopo che si trattava di
quello ma mi procurò comunque un tuffo al cuore. Emisi un
gridolino,
spaventata, stringendo forte e reggendo d’istinto
l’asciugamano.
Mi
guardai attorno, ma ero sola.
- Kris.
Il
bisbiglio era diventato più forte. Solo in quel
momento compresi che la voce proveniva da fuori. Mi avvicinai alla
finestra
della roulotte, sempre reggendo l’asciugamano in modo che mi
coprisse bene, e lo vidi.
-
Rob?- chiese, stupita.
Aprii
leggermente la finestra e mi trovai Robert di
fronte.
- Non
sei ancora pronta?- domandò, aggrottando le
sopracciglia.
- Un
secondo e andiamo.- replicai.
Si
alzò in punta di piedi e io mi spostai
leggermente all’indietro.
-
Prevedo un’alternativa migliore.- replicò
malizioso, alzando un sopracciglio.
-
Cretino.- mormorai, chiudendo la finestra.
-
Hey.- protestò, ma mi allontanai, non prima di
aver tirato la tendina.
-
Dammi dieci minuti e sono pronta!- gli urlai in
rimando, correndo verso l’armadio.
- Sì, dieci
minuti, come no.- lo sentii lamentarsi e ridacchiai.
Mi
fiondai verso il comodino e presi il primo
completo intimo che trovai - nero, con i bordi rossi - e me lo infilai
velocemente,
gettando l’asciugamano sul letto. Presi anche un paio di
calze nere lunghe di
nylon pesanti e le infilai.
Aprii
l’armadio e presi una gonna nera e un
maglioncino di cotone rosso con collo a V, il mio preferito. Tentai di
infilarmi il maglione e la gonna contemporaneamente e mi accorsi di
quanto
quella scelta, per fare in fretta, fosse stupida solo quando il braccio
mi
rimase incastrato nella manica.
Sbuffai
e mi sistemai. Corsi in bagno per cercare di
sistemarmi i capelli, che cadevano flosci e bagnati sulle mie spalle.
Li
raccolsi con un elastico in uno chignon e sistemai il tutto con delle
forcine.
Mi
truccai velocemente con un po’ di fard e una
traccia di matita. Optai per un ombretto dorato, che mi faceva esaltare
gli
occhi.
Infilai
un paio di stivali neri, con l’esterno
simile a velluto, solo dopo aver messo il lucidalabbra. Afferrai di
corsa la
giacca e presi il cellulare mentre uscivo.
Chiusi
la porta della roulotte e scesi le scale,
infilandomi il giaccone.
-
…and time’s
up.- mi accolse la voce di Robert, ancora immobile di fronte
alla roulotte.
-
Uh?- chiesi, raccogliendo una ciocca ribelle che
mi era ricaduta sul viso e portandola dietro all’orecchio.
Guardò
annoiato l’orologio e alzò gli occhi, posando
lo sguardo su di me.
-
Wow. 10 minuti.- disse, fingendosi stupito. - Sei
un portento.
Alzai
gli occhi al cielo e lo afferrai per un
braccio, trascinandolo vero la macchina.
-
Allora, dove andiamo?- mi chiese, ridendo.
Mi
bloccai e mi girai per fissarlo.
-
Dovresti dirmelo tu.- replicai, alzando un
sopracciglio.
Fece
spallucce. - Ok.
Si
avvicinò alla portiera del passeggero e la aprì.
Sgranai gli occhi.
- Tu
mi hai chiesto di uscire e non sai dove vuoi
portarmi?- domandai, tra il divertito e lo stupito.
-
Bè….no.-
Roteai
gli occhi e salii in macchina, seguita subito
da lui. Misi in moto e accesi la macchina.
-
Fammi sapere quando hai deciso.
- Ma
certo.- replicò, a bassa voce, mentre allungava
il braccio per cambiare stazione radio.
La
musica si diffuse nell’abitacolo.
Time
to make one last appeal… for the life I lead
Stop
and stare
I
think I’m moving but I go nowhere
Yeah
I know that everyone gets scared
But
I’ve become what I can’t be, oh
Stop
and stare
(*)
Mugugnai
e gli mandai un’occhiata eloquente,
affinchè cambiasse canzone. Cambiò
stazione radio e sorrisi, riconoscendo la canzone.
Cause
it's true
I
am nothing without you
Through
it all
I've
made my mistakes
I'll
stumble and fall
But
I mean these words(**)
- Uh,
sì. Lascia questa!- esclamai.
Cominciai
a canticchiarla, senza rendermi conto che potevo
sembrare ridicola. Mi voltai e notai lo sguardo perplesso di Robert. Si
schiarì
la voce.
-
Scusa se te lo dico così, ma…bè sei molto più brava come attrice
che come
cantante.
Scoppiai
a ridere. Tornai a concentrarmi sulla
strada, mentre entravamo a Portland.
-
Allora, dove andiamo?
-
Cinema.
Svoltai
a destra e parcheggiai di fronte al Cinema 21
Theatre. Scendemmo dalla
macchina ed entrammo. Robert si avvicinò al cassiere e
comprò due biglietti. Il
tipo alla cassa lo guardò per qualche momento e, sebbene
avesse tentato di
camuffarsi con un cappellino da baseball, sembrò
riconoscerlo.
Entrammo
in sala - che era semi deserta - e ci
sedemmo nei posti centrali dell’ultima fila.
- Kris.-
sussurrò Rob, mentre sistemavo la giacca sul sedile davanti
a me. Mi sporsi
verso di lui e sobbalzai non appena me lo trovai di fronte, a pochi
centimetri
di distanza.
-
Vuoi i popcorn?- domandò, tranquillo.
-
Ehm…no.- risposi, con voce improvvisamente roca.
Continuai
a fissarlo, spostando lo sguardo dai suoi
occhi alla sua bocca e viceversa. Non appena se ne accorse e mi
inchiodò con lo
sguardo, sentii le guance avvamparmi.
Feci
per allontanarmi, ma lui fu più veloce di me e
si avvicinò di scatto.
Trattenni
il respiro non appena le nostre labbra si
sfiorarono. Chiusi per un secondo gli occhi, poi li aprii per perdermi
nei
suoi.
Potevo
sentire il suo respiro caldo colpirmi sul
viso e fondersi con il mio.
-
Possiamo rimanere così tutta la sera, ma non penso
sia produttivo.- bisbigliò, sorridendo.
Deglutii
a fatica prima di provare a rispondere. Non
appena aprii la bocca, le luci della sala si spensero, facendoci cadere
nel
buoi totale.
Mi
allontanai di qualche centimetro, tentando di
concentrarmi sullo schermo che si stava accendendo.
- Scusa.-
fu l’unica cosa che riuscii a sussurrare.
|
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Capitolo 5 *** Brave Cinderella ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E
blablabla.
Credits:
//
Note
dell'Autore: okay, ci siamo.
Ecco qua il quarto capitolo del seguito di one
night in
Portland. Grazie davvero a chi ha commentato!
Scusate
ancora per il ritardo ma la scuola
mi sta tenendo molto impegnata, soprattutto nelle ultime due settimane.
Come
promesso, ecco a voi Aggressive!Kris.
Premetto
che ho finito questo capitolo oggi a scuola, in un
momento in cui ero particolarmente incazzata. Che dire, mi ha calmato.
Grazie
al cielo.
Buona
lettura!
4.
Brave Cinderella.
- FACT, NOT FICTION -
×××
Tenni
lo sguardo fisso sulle immagini che scorrevano
sullo schermo di fronte a me, senza però vederle veramente.
Non osai lanciare
occhiate alla mia destra e rimasi immobile, senza muovere un muscolo.
-
Vado un attimo in bagno.- mi sussurrò Rob,
sporgendosi leggermente verso di me.
Gli
rivolsi un cenno, senza girarmi, facendogli
capire che avevo sentito. Mi voltai solo quando era già di
schiena e lo
osservai andarsene, seguendolo con lo sguardo fino a che non
sparì in fondo
alla sala.
Sbuffai
e mi coprii il volto con le mani. Mugugnai piano,
facendo voltare le persone davanti a me, che mi fissarono incuriosite,
per poi
tornate a guardare il film.
Ripensai
a quello che era successo pochi minuti
prima.
Stupida!, mi
gridai nella mente, maledicendomi. Ma qual’era il mio
problema? Cosa diavolo non andava
in me? Cavolo,
nessuno mi aveva mai messo così in imbarazzo.
Sbuffai
di nuovo, forse troppo forte dato che due
teste davanti a me si girarono e mi sibilarono un leggero shh.
Dovevo
assolutamente rimediare a quella situazione. Mi
alzai di scatto e mi avviai decisa verso il fondo della sala, lasciando
la
giacca - con tutto dentro: cellulare, soldi e chiavi della macchina -
ancora al
mio posto.
Scostai
la tenda pesante che non lasciava entrare la
luce del corridoio nella sala del cinema e mi diressi verso i bagni.
Mi
fermai di fronte alle due porte e mi fermai di
fronte a quella con l’omino azzurro semi-sbiadito, che
portava al bagno degli
uomini. Rimasi immobile, aspettando che uscisse.
Robert
si bloccò di colpo, non appena mi vide lì
fuori.
-
Kris?- chiese, con tono preoccupato.
Mi
avvicinai velocemente a lui e lo trascinai
dentro, controllando poi che non ci fosse nessuno all’interno
del bagno
maschile.
-
Kris, ma che diav-
Non
gli lasciai il tempo di parlare. Non
volevo che parlasse. Lo sentii
prendere fiato poco prima che le mie labbra incontrassero le sue. Mi
alzai in
punta di piedi e mi aggrappai con una mano al suo maglione di cotone
per
mantenere l’equilibrio.
Feci
muovere le mie labbra sulle sue piano,
dolcemente, ma optai per qualcosa di diverso. Cominciai a muoverle con
più
decisione, stringendomi sempre di più al suo corpo.
Sentii
le sue mani salire piano sulla mia schiena,
solleticandomi piano attraverso il maglioncino leggero. Un suono,
simile ad una
risata, mi uscì dalle labbra socchiuse e Robert ne
approfittò per cogliermi di
sorpresa e far entrare la sua lingua nella mia bocca.
Mugugnai
in protesta. Ero io quella che
doveva darsi da fare.
Mi
baciò dolcemente, continuando a far scorrere le
sue mani dietro di me, per tutta la lunghezza della schiena.
Gli
infilai la mano libera tra i suoi capelli
spettinati, nel tentativo di avvicinarlo ancora di più a me.
Lui fece lo
stesso, portando una mano dietro alla mia testa. Si aggrappò
ai miei capelli
legati, ancora umidi.
La
struttura di forcine e mollette che li teneva
insieme cedette, lasciando cadere i capelli in ciocche scomposte
insieme alla
miriade di decori che li teneva su.
-
Scusa.- sussurrò, tra un bacio e l’altro.
- Non
importa.- bisbigliai in risposta, continuando
a baciarlo.
Con
un braccio mi circondò la vita e mi alzò
leggermente
per stringermi di più a lui.
Sorrisi
e gli morsi piano il labbro inferiore,
facendo mugugnare Robert. Un rumore improvviso, simile ad un tonfo
sordo, ci
fece sussultare e io mi allontanai di scatto da lui.
Lo
guardai preoccupata. Non osai immaginare cosa
avrebbe potuto pensare qualcuno che fosse entrato in quel momento per
caso e ci
avesse visto così, spettinati ed affannati.
Di
certo non era una scenetta usuale per un bagno di
un cinema.
- Cos’è stato?-
mormorai, con la voce spezzata per il fiato corto.
Robert
fece spallucce e mi lanciò un’occhiata
perplessa. Guardai fuori dalla porta e scoppiai a ridere, non appena
capii che
era stata la chiusura (alquanto violenta) della porta del bagno delle
donne a
farci spaventare.
Comprendendo
che forse quello non era il miglior
posto per stare da soli, mi avvicinai a Rob e
gli posai un bacio sulle labbra, leggermente gonfie ed arrossate, e
uscii, non
prima di aver raccolto da terra tutto ciò che era caduto
dalla mia testa.
- Wow.- lo
sentii sussurrare stupito, mentre la porta del bagno si chiudeva dietro
di me.
E
mentre tornavo in sala, non potei fare a meno di
distendere le labbra in un sorriso.
Ormai
il film era quasi a metà, ma non mi importava.
Mi sedetti tranquillamente al mio posto, aspettando che uscisse dal
bagno.
L’imbarazzo
che mi aveva colto prima era sparito. Una
parte di me era ancora alquanto sorpresa e confusa per quella
situazione, ma
veniva zittita dall’altra parte di me, che sussultava ogni
volta che Rob mi
appariva di fronte e che in quel momento stava festeggiando con
champagne e
caviale per quello che era appena successo.
Sospirai
piano, ancora sorridente e una risatina mi
uscì dalla gola, non appena intravidi Rob entrare nella sala
e tornare a
sedersi accanto a me.
|
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Capitolo 6 *** Ops, there's a man in my bed ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
//
Note
dell'Autore: okay, ci siamo.
Ecco qua il quinto capitolo del seguito di one
night in
Portland. Grazie davvero a chi ha commentato. E grazie alle 39 persone che hanno messo la storia tra i preferiti *___________* Je v'aime <3!
Scusate per
il titolo, è una cavolata x°D
Buona
lettura!
ps non betata. Se ci sono errori ditemelo che sistemo =) Grazie!
5.
Ops, there’s a man in my bed.
- FACT, NOT FICTION -
×××
Non
volevo svegliarmi. Restai accoccolata sotto la
coperta, mentre il suo dolce tepore mi avvolgeva. Quando la sveglia
suonò mi
voltai di malavoglia e allungai fuori un braccio da sotto e lenzuola.
Il freddo
pungente del mattino mi colpì, facendomi venire la pelle
d’oca.
Tenni
gli occhi chiusi e agitai la mano nell’aria
fino a che non tastai qualcosa.
Qualcosa
che non era la sveglia. Decisamente
non lo era.
Il
fatto che continuasse a suonare me ne diede la
certezza. Aprii di scatto gli occhi e lentamente misi a fuoco
ciò che avevo
davanti.
Una
chiazza scura che poco a poco divenne più
nitida, facendomi capire cosa- o meglio, chi-
avevo di fronte.
Mi
misi seduta, aiutandomi con una spinta del
braccio e lo osservai, senza staccare la mano da quello che poi vidi
essere il
suo maglione.
Robert
era lì. A letto. Nel mio
letto. Osservai il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente,
la bocca socchiusa e l’espressione beata che aveva sul volto.
- Rob.-
sussurrai, muovendo piano la mano sulla sua pancia.
Mi
abbassai verso il suo viso.
- Rob.-
bisbigliai ancora, a pochi centimetri dal suo orecchio.
Sgranai
gli occhi. Non si svegliava. Mi rialzai
piano e scivolai in fondo al letto, finendo di fronte allo specchio ai
suoi
piedi.
Oh mio Dio, pensai
non appena vidi il mio riflesso. I capelli erano peggio della mattina
precedente. Si erano gonfiati ed erano diventati mossi. Cercai di
sistemarli
inutilmente con le mani. La situazione sulla mia faccia non era
migliore. Il
poco trucco che avevo messo il giorno prima era sbavato, lasciando
macchie nere
intorno agli occhi.
Indossavo
ancora i vestiti della sera prima,
stropicciati e spiegazzati. Lanciai un’ultima occhiata a
Robert, che stava
ancora dormendo beato nel mio
letto.
Scossi
piano la testa, sospirando. Ci eravamo
addormentati vestiti - e sottolineai il vestiti
nella mia mente- nel mio letto. Bene. Il problema era uno solo. Come
diavolo ci
eravamo arrivati?
I
miei ricordi si fermavano al rientro il sala, dopo
il mio- ehm - attacco alle sue labbra. Trattenni una risata mentre
il ricordo riaffiorava.
E
dopo? Buio. Eppure non avevamo bevuto, ne ero
certa. Aggrottai le sopracciglia. Mi ero addormentata? Impossibile.
Un
bofonchio sommesso alle mie spalle interruppe il
mio soliloquio mentale e mi fece capire che Rob si era svegliato. Si
mise a
sedere, facendo ballare piano il letto.
Mi
voltai verso di lui e lo vidi socchiudere gli
occhi per mettere a fuoco la stanza.
-
Buongiorno.- disse, rivolgendomi un cenno, con
voce impastata dal sonno.
-
Hey.-
Si
guardò intorno e si passò una mano fra i capelli
- meravigliosamente - scompigliati.
-
E’ la tua roulotte.- costatò, lanciandomi
un’occhiata incuriosita.
Non
risposi e tornai a voltarmi verso lo specchio,
cercando ancora una volta di sistemare come meglio potevo i capelli.
Tutto
inutile.
Lasciai
cadere le braccia, sconfitta. Sospirai
piano.
- Che
è successo ieri sera?- chiesi, alzandomi dal
letto.
Sembrò
pensarci un attimo.
- Mi
hai baciato.- rispose lui piano, alzando un
sopracciglio.
-
Sì, lo so.- replicai con voce improvvisamente roca.
- E
anche bene.- aggiunse, con un sorriso malizioso.
Ignorai
l’improvviso calore alle guance.
-
Intendevo dopo.- specificai.
-
Ah.- si limitò a dire. - Siamo tornati qui.-
aggiunse semplicemente.
- Hai
guidato tu?- chiesi, cercando di ricordare.
-
Sì. Tu sembravi ko. Ti sei addormentata in
macchina. E ti ho portato in braccio fino al letto.-
- E
ci sei rimasto, vedo.- dissi, sorridendo.
Ricambiò
il sorriso e mi squadrò, soffermandosi sul
mio volto. Scoppiò a ridere senza ritegno.
-
Sembri un panda.- disse, fra una risata e l’altra.
Sbuffai
e andai in bagno per sistemarmi. Mi lavai
velocemente la faccia e affondai il volto nell’asciugamano,
strofinando piano.
Rifiutai di mettere mano ai capelli, avrei aspettato il pomeriggio,
dopotutto
quello era un giorno libero.
Feci
per uscire dal bagno, ma trovai Rob sullo
stipite della porta, pronto ad aspettarmi. Era appoggiato al lato della
porta,
a braccia conserte, e mi fissava con un sorrisino stampato in faccia.
- Ho
notato che hai affinità con i bagni.- mormorò,
a voce bassa. - E che hai anche un lato nascosto.- aggiunse, con una
risatina.
Lo
fulminai, ma mi avvicinai a lui. Mi alzai
leggermente in punta di piedi, quasi fino a sfiorare la sua pelle.
-
Smettila di essere ironico.- lo intimai, con
scarsi risultati, dato che mi scoppiò a ridere in faccia.
Tornai
sui miei passi ma con un braccio Robert mi
afferrò per la vita, facendomi finire- letteralmente-
addosso a lui. Prima che potessi parlare, le sue labbra furono sulle
mie.
Risposi
con passione al bacio e socchiusi le labbra,
per permettergli un contatto più profondo. Assaporai fino in
fondo quel bacio,
ma all’improvviso, il rumore sordo di alcuni colpi alla porta
ci fece
sussultare.
Mi
trascinai fino alla porticina, mentre Robert
rimaneva fermo davanti al bagno, e la aprì, trovandomi di
fronte la faccia di
Nikki - stranamente con parrucca,
lenti a contatto e trucco a posto, il che mi diede la stessa strana
sensazione
che provavo quando ero con lei in versione Rosalie
sul set - che mi guardava sconvolta. Mi squadrò, guardando
incuriosita
l’ammasso informe che avevo al posto dei capelli. Ne ero
certa, il mio aspetto
era ancora orribile. Ma almeno non per lui.
-
Kris!- esclamò, agitando le braccia. - Dove eri
fini-
Si
bloccò e i suoi occhi si sgranarono, non appena
Rob apparve al mio fianco. Tossicchiai piano, facendo finta di niente.
-
Dove diavolo eravate
finiti?- concluse, senza smettere di far andare il suo sguardo da me a
Rob e
viceversa.
-
Qui.- risposi, soffocando una risatina. - Perché?-
-
Siete in ritardo!- diede un’occhiata all’orologio.
- Siamo in ritardo.-
- Per
cosa?- chiese Rob, con voce ancora assonnata.
-
Catherine ha cambiato i programmi.- spiegò,
agitata. - Tra oggi e domani finiremo le ultime scene.-
-
Cosa?- sbottai, incredula. - Ma oggi era giorno
libero!-
- Lo
so.- replicò, scuotendo la testa. - Ma cosa
pensi? Che mi piaccia andare in giro vestita da Rosalie come se nulla
fosse?-
Robert
ridacchiò e lo fulminai.
- Vi
aspettiamo al pulmino. A dopo!- corse via,
sicuramente ad avvisare che ci aveva trovati.
Sbuffai.
Le riprese stavano per terminare. E io ero
davvero da sistemare. Guardai Rob e il mio sguardo cadde sui suoi
capelli.
Forse anche lui aveva bisogno di una sistematina.
-
Bè, comincio ad andare.- disse, voltandosi verso
di me.
Scese
i gradini della roulotte e si girò per
guardarmi. Si sporse verso di me, afferrandomi poi per la vita.
- A
dopo.- sussurrò, sfiorandomi piano.
Mi
posò un bacio leggero sulle labbra e se ne andò.
Lo fissai finché non lo vidi sparire nella sua roulotte.
Sospirai.
Ora che le cose stavano andando bene,
rischiavano di finire.
|
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Capitolo 7 *** Decisions ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
//
Note
dell'Autore: Ecco qua il
sesto[caspita, mica pensavo che la
fiction sarebbe arrivata fino a questo punto °°]
capitolo del seguito di one
night in
Portland.
Questo
capitolo è un po’….così.
Non mi convince molto. Ma volevo
far passare velocemente alcuni mesi, per attualizzare la fiction con
gli ultimi
eventi legati a Twilight. Ah, il fratello di Kris si chiama Cameron.
Tanto per
la cronaca. =)
Ci siamo
spostati a Los Angeles *w* E
qualcuno è venuto a per Kris. u.u
Vi consiglio
di leggere anche ;;ménage
à
trois, anche se ai fini di questa storia non
è importantissimo. Grazie
a chi lo farà, a chi ha commentato e a chi ha messo la
storia nei preferiti[che
sono lievitati a 46]!
6.
Decisions.
-
FACT, NOT FICTION -
×××
Il
rientro a casa fu traumatico. Dopo quasi quattro
mesi passati lontano da tutto e tutti, dopo aver visto le stesse facce,
ormai
considerate amiche, per giorni e giorni, ritornare alla vita normale mi
sembrò
molto strano.
Mi
tenevo ancora in contatto con Nikki, con la quale
avevo instaurato una profonda amicizia, soprattutto dopo la vicenda
della
roulotte, con Catherine ovviamente, ma anche con il resto del cast. Di
lì a
poco sarebbero iniziati gli eventi pubblici, le interviste, le
cerimonie di
premiazione dove il film sarebbe stato premiato. Per non parlare delle
premiere.
Per i
primi giorni di libertà - anche se le
richieste per nuovi ruoli mi assillavano già - decisi di
rimanere a casa,
chiusa nella mia stanza. Passai ore ed ore a fissare il soffitto,
seduta sul
mio letto. Non volevo vedere nessuno, tanto meno lui.
E non Robert. Lui,
Michael. Quello che avrei dovuto considerare il mio fidanzato.
Teoricamente lo
era, ma non riuscivo più a considerarlo tale.
Una
volta tornata a casa mi resi conto di quanto
quei quattro mesi avessero cambiato le cose. Di quanto quel lasso di
tempo
avesse cambiato me.
Nonostante
mi fosse venuto a trovare più volte sul
set, soprattutto verso l’inizio e la fine delle riprese, non
ero riuscita a
pensare a lui, quella notte a Portland. Non ero riuscita a sentirmi in
colpa,
ogni volta che le labbra di Robert toccavano le mie.
Sospirai
piano, affondando la testa nel cuscino. Un
colpo alla porta mi ridestò. Mugugnai in risposta, senza
alzare lo sguardo.
La
porta si aprì con un cigolio e la voce di mio
fratello entrò nella stanza.
-
Kris.- mi chiamò e sentii i suoi passi avvicinarsi
al letto.
Alzai
la testa, guardandolo.
- Che
c’è, Cam?- domandai, a bassa voce.
-
Ehm. C’è Michael al telefono.-
Mi
porse il telefono e lo presi.
-
Grazie.- sussurrai, mettendomi seduta. Lo guardai
uscire dalla stanza, prima di parlare.
-
Mike?- iniziai, mentre cominciavo a diventare
nervosa.
- Hey
Kris.- la voce entusiasta di Michael mi colpì,
forte come uno schiaffo. - Quando sei tornata?-
-
Qualche giorno fa.- risposi, tentando di non far
tremare la voce. - Pensavo di avertelo detto.-
Lo
sentii ridacchiare. - Sì, ma volevo comunque
sentirti.-
Ci fu
un attimo di silenzio.
-
Possiamo vederci?- chiese poi Michael, speranzoso.
Sospirai,
non sapendo che rispondere. Se ci fossimo
visti subito, gli avrei detto tutto, senza pensare bene a come dirlo. E
mi
sarei sentita in colpa, anche se sapevo benissimo chi
volevo.
Provai
a trovare le parole, ma qualcosa mi
distrasse. Il cellulare posato sul comodino vibrò,
annunciandomi l’arrivo di un
nuovo messaggio.
Lo
afferrai, quasi gettandomi verso il mobiletto, non
appena riconobbi il numero.
Faresti da
guida ad un povero inglese sperduto?
Ti aspetto
davanti allo Starbucks di Sunset Blvd.
R.
-
Ehm, Mike.- dissi, ricordandomi di essere ancora
al telefono. - Oggi non posso. Vorrei riposarmi un po’, sono
distrutta.-
-
Ok.- replicò, senza nascondere la delusione. -
Allora ci sent-
- Ti
chiamo io.- lo anticipai, scoccandogli un bacio
volante e chiudendo la chiamata. - Scusa.-
sussurrai poi, al telefono ormai muto.
Dammi
cinque minuti. Digitai
velocemente sul cellulare, alzandomi dal
letto e gettando alle mie spalle il telefono. Schiacciai il tasto send e corsi all’armadio, non
prima di
aver appoggiato il cellulare sulla scrivania di fronte al letto.
Infilai
in fretta un paio di jeans e una maglietta
scura con collo a V. Presi un paio di All Star e uscii di corsa dalla
camera,
con la borsa e il cellulare in mano.
- Io
esco.- urlai a Cam, seduto di fronte al
televisore in salotto. Aprii la porta e la richiusi subito alle mie
spalle.
Corsi al garage e misi in moto la macchina.
Guidai
con calma, anche se in realtà l’agitazione
stava prendendo il sopravvento. Parcheggiai a due traverse dalla Sunset
Blvd,
ringraziando il cielo di aver trovato il posteggio.
Mi
incamminai verso lo Starbucks, quasi correndo,
per poi rallentare poco prima di svoltare l’angolo e
cominciare a camminare nel
modo più naturale possibile.
E lo
vidi lì, sotto l’insegna del bar. Sentii
invadermi dal panico, non sapevo più che dire.
Prova
con un ciao, tanto per iniziare, pensai.
Mi
avvicinai a grandi passi, raggiungendolo subito.
-
Ciao.- lo salutai, con voce improvvisamente roca.
Mi
sorrise e ricambiò il saluto.
-
Entriamo?- propose, indicando la porta dello
Starbucks.
-
Certo.- accettai con un sorriso.
Entrammo
e prendemmo posto ad un tavolino nascosto,
in un angolo del locale. Mi guardai intorno.
- Sei
preoccupata?- mi domandò, con un ghigno.
- No.
Affatto. Perché dovrei esserlo?- replicai
subito.
Fece
spallucce. - Qualcuno potrebbe vederci.-
E quel
qualcuno non sono i paparazzi, aggiunsi
nella mia mente. Non
l’aveva detto, ma di sicuro l’aveva pensato. Lo
dedussi dall’espressione del
suo viso.
Una
cameriera si avvicinò a noi e prese le
ordinazioni. Incrociai le braccia e mi appoggiai sul tavolino, senza
saper cosa
dire. O come iniziare un discorso almeno.
-
Allora.- provai ad iniziare. Robert alzò lo
sguardo verso di me, facendomi dimenticare per un momento cosa volevo e
stavo
per dire. - Come va?- aggiunsi, tutta d’un fiato.
-
Bene.- rispose, aggrottando le sopracciglia.
Ci fu
un altro momento di silenzio, interrotto dalla
cameriera che ci portava i nostri caffè. La ringraziai e mi
concentrai sul
caffè, sullo zucchero e su una qualsiasi altra cosa che
poteva catturare la mia
attenzione in quel momento.
Avevo
preso la mia decisione, ma avevo paura. Paura
che qualcosa in lui, da quando le riprese erano terminate, fosse
cambiato. Per
causa mia.
- Ho
preso una decisione.- gli dissi, sorseggiando
piano il mio caffè.
- E
sarebbe?- chiese, cercando di suonare
indifferente. Una nota preoccupata nella sua voce lo tradì.
Sospirai.
- Ci
ho pensato molto.- cominciai, del tutto
sincera. - E vorrei continuare ad uscire con te.-
Rimase
in silenzio, come se stesse valutando
attentamente le mie parole.
- E
il tuo ragazzo?- la sua voce era leggermente
alta per l’emozione. Si schiarì piano la gola. -
Cosa ne pensa Michael di tutto
questo?- domandò, suonando leggermente ironico.
A
volte era proprio insopportabile. Ma questa volta
era mia la colpa, non potevo incolparlo.
Scossi
la testa.
- Non
lo sa ancora. Non mi va di dirglielo per
telefono.- sorseggiai ancora il mio caffè. - Michael
è come un amico. Molto
intimo, ma rimane pur sempre un amico. Non riesco a considerarlo il mio
fidanzato.-
Non dopo
quello che è successo in questi quattro mesi, pensai, ma
evitai di
dirglielo.
-
Vorrei che lo avessi capito prima.- replicò Robert
a bassa voce, con un’espressione strana sul viso che mi
gelò il sangue.
-
Sai.- iniziò, guardandomi negli occhi. - Non mi è
mai successa una cosa del genere prima d’ora.-
- Una
cosa di che tipo?-
Si
sporse in avanti sul tavolino. Lo imitai.
-
Voler così tanto una persona.- sussurrò. Un
improvviso calore mi colpì le guance. Abbassai gli occhi, in
imbarazzo. Pensavo
di aver superato da un pezzo quel problema.
Le
sue dita furono sul mio mento e mi alzarono piano
il viso. Mi persi per un momento nei suoi occhi. Si sporse ancora di
più per
potermi baciare.
Fu un
bacio lento e delicato, come quello che mi
aveva dato a Portland e che mi mancava. Si allontanò di
qualche centimetro da
me.
-
Allora, mi fai o no da guida?- chiese, sorridendo.
Ridacchiai,
prima che le sue labbra catturassero le mie
in un altro bacio.
|
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Capitolo 8 *** Being Edward Cullen would be useful. ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
//
Note
dell'Autore: Ecco qua il
settimo capitolo del seguito di one
night in
Portland.
Siamo ancora
a Los Angeles, periodo della
premiere *w* Quindi poche settimane fa.
Ehm, niente
di esplicito. Non in questa
fiction almeno. Se scriverò qualcosa a rating rosso su
questi due- che a mio
parere farebbero scintille a letto - lo farò in una one-shot.
Ah, qui vale
la stessa cosa del capitolo
precedente. Non mi convince, non c’è niente da
fare. Ultimamente sono molto
critica riguardo a quello che scrivo .___.mancano due o tre capitoli,
poi
l’epilogo è già pronto. Ma nulla mi
vieta di scrivere un seguito, no?
Ultimissima
cosa. La fiction sta giungendo
al termine.
Come sempre
buona lettura.
Ps capitolo
non betato, scusate i possibili
errori.
7.
Being
Edward Cullen would be useful.
- FACT, NOT FICTION -
×××
Le
settimane che seguirono il nostro incontro furono
piene di impegni. Interviste, servizi fotografici, partecipazione a
programmi
televisivi. La cosa che mi faceva più piacere era che,
essendo i protagonisti
del film, eravamo spesso- anzi, spessissimo-
insieme.
Alla
fine ero riuscita a dire a Michael che tra noi
non poteva esserci più nulla. Non senza alcun rimorso,
ovviamente. E’ sempre
stato così e sempre sarà: ogni volta che devo
dare una notizia brutta a
qualcuno, mi sento in colpa.
Lui
sembrò capire e per qualche giorno mi lasciò
quell’impressione, ma dopo qualche tempo cominciò
a seguirmi ovunque e io non riuscii
ad
impedirglielo.
- Non
siamo più insieme, ma non abbiamo smesso di
essere amici, no?- continuava a ripetermi, ogni volta che gli chiedevo
qualche
spiegazione.
E a
quello non potevo controbattere, dato che erano
le parole che avevo usato quando avevo rotto con lui. Ogni volta mi
ritrovavo a
sospirare e ad accettare la sua presenza, sapendo però che a
Robert non andava
giù.
Si
era dimostrato…geloso. O
almeno così sembrava a me. Una volta provai a
chiederglielo, per curiosità. Si era limitato a rispondermi
ad una battuta alla Pattinson e a
cambiare argomento
con nonchalance, parlando del tempo
e
di altro di poco conto.
E
quelle piccole cose mi procuravano un piacere
immenso.
Con
il passare del tempo gli impegni divennero
sempre più numerosi e cominciarono a riguardarci
separatamente. Se io avevo un
servizio fotografico, lui aveva un’intervista con qualche
giornale. E
viceversa.
Era
difficile anche vedersi perché potevamo trovarci
in paesi lontani chilometri. Riuscivamo solo a scambiarci sms con il
telefono.
Non
riuscivo ancora a vederci come una coppia e non
ne capivo appieno il motivo. Era tutto così strano,
nonostante l’imbarazzo iniziale fosse svanito del tutto ora
che mi ero resa
conto di quanto ci tenessi a lui.
Quando
arrivò novembre, quasi non me ne accorsi. La
breve visita a Roma, per la presentazione del film, segnò
l’inizio delle
premiere. E lì saremmo stati insieme.
La
sera prima della premiere a Los Angeles ero
sgattaiolata fuori di casa e l’avevo raggiunto in albergo,
per fargli una
sorpresa. Mi ci volle un bel po’ per decidermi ad andare.
Inutile
dire che lui ne fu più che felice. E che non
dormimmo molto quella notte.
Quando
mi svegliai la mattina successiva, mentre i
primi raggi di sole filtravano attraverso le tende della stanza, ero
leggermente frastornata.
Rob
stava ancora dormendo. Mi tirai su aiutandomi
con un braccio, mi voltai verso di lui e alzai un po’ la
testa, appoggiandola
il mento sul palmo della mano.
Osservai
l’espressione beata che aveva sul viso e
non riuscii a non sorridere. Si svegliò poco dopo e mi
saluto con un flebile Hey, seguito
da uno sbadiglio.
Mi
lasciai cadere indietro, affondando la testa nel
cuscino, sempre girata verso di lui.
Si
portò una mano sugli occhi, infastidito dalla
luce, anche se flebile, del mattino.
- Che
sonno.- mormorò piano, con la voce impastata
dal sonno.
-
Sai, una caratteristica di Ed non ti farebbe
male.- bisbigliai piano, cercando di non scoppiare a ridere.
Spostò
la mano dagli occhi e mi guardò.
- E
sarebbe?- chiese. Impossibile non notare la nota
divertita nella sua voce.
Sorrisi
al pensiero di quello che stavo per dire. -
Bè, non stancarsi mai sarebbe alquanto utile.-
gli feci notare, alzando un sopracciglio. - E’ un bel
vantaggio.-
-
Sai.- replicò lui, leggermente - e falsamente - preoccupato.
- A volte mi fai paura.-
Soffocai
una risatina.
- Mi sei
mancato, tutto qui.- sussurrai, stringendomi a lui e affondando la
testa nel
suo petto. - Abbiamo perso un sacco di tempo.-
In
tutta risposta ridacchiò, avvicinandomi a sé con
un braccio. Sospirò piano.
- Non
sono sicura che tu voglia che io abbia quel
lato di Cullen.- bisbigliò, con una punta ironica nella voce.
Non
potevo saperlo poiché non lo vedevo in faccia,
ma ero certa che sulle sue labbra ci fosse stampato un ghigno.
Aggrottai
le sopracciglia.
- E
perché mai?- replicai, senza capire. - Guarda
che non dicevo sul serio.-
Ignorandomi,
con un gesto repentino, spostò il
braccio che teneva sulla mia schiena e mi afferrò per un
braccio, mentre
l’altra mano faceva lo stesso. Sgranai gli occhi, presa in
contropiede. Un
gemito di sorpresa mi salì dalla gola.
Si
tirò su a sedere e mi trascinò con sé.
Ero
praticamente a cavalcioni su di lui.
Mi
coprii d’istinto, mentre le guance andavano in
fiamme. Lui si limitò a sghignazzare.
Posò
le sue labbra nell’incavo del mio collo, per
poi lasciare una scia di baci fino alla mascella. Mi
mordicchiò piano proprio
vicino al mento. Sbuffai in protesta, provocandogli un’altra
risatina.
-
Dovrei andare.- sussurrai, mordendomi un labbro.
- Hai
appena detto che abbiamo perso un po’ di tempo.-
rispose a bassa voce, facendomi tornare con la schiena appoggiata al
letto. Le mie
mani si intrecciarono fra i suoi capelli.
Le
sue labbra si appoggiarono di nuovo al mio collo,
provocandomi un brivido lungo la schiena.
Chiusi
per un momento gli occhi, tentando di non cedere
e dargliela vinta.
- So
quello che ho detto.- riuscii a dire, con
difficoltà. - Ma non posso presentarmi così alla
premiere, o sbaglio?
Rob
alzò la testa per fissarmi. Inarcò un
sopracciglio e parlò.
- Non
sarebbe male.- disse divertito.
Alzai
gli occhi al cielo e mi misi seduta.
-
Avanti, c’è ancora tempo.- si lamentò,
aggrottando
la fronte.
Stinsi
le labbra, ricambiando il suo sguardo. Infine
sospirai, dopotutto aveva ragione.
-Ok.
Resto ancora un po’.- mormorai, con un sorriso.
Riuscii
a intravedere il ghigno stampato sulle sue
labbra, non appena si avvicinò velocemente a me, facendomi
ricadere sul
materasso, e mi baciò.
|
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Capitolo 9 *** You love me, don't you? ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
//
Note
dell'Autore: Ecco qua
l’ottavo capitolo del seguito di one
night in
Portland.
Sono sempre
più sorpresa dal numero di
preferiti su EFP, arrivato a 65!.
Capitolo
scritto nell’ora di latino, con la
mia compagna di banco che continuava a cercare di sbirciare -___-
Quindi non so
come sia venuto x°D
Anyway,
hope you like it_
Come sempre
buona lettura.
Ps capitolo
non betato, scusate i possibili
errori.
Ps2 vorrei
consigliarvi di leggere questa
raccolta, a cui tengo molto. You
set my soul
alight. Grazie a chi leggerà e
commenterà.
8.
You
love me, don’t you?
- FACT, NOT FICTION -
×××
Il
dolore lancinante ai piedi stava diventando
insopportabile. Tentai di camminare nel modo più normale
possibile, ma tutto
quello che ottenni fu barcollare per un tratto del tappeto rosso.
Evitai di
fermarmi per firmare qualche autografo, avrei dovuto ricominciare tutto
da
capo.
Sbuffai
piano, senza farmi vedere e mi avvicinai al
resto del cast.
Robert
mi lanciò un’occhiata preoccupata.
- Ahia.-
mormorai, rivolta verso di lui.
Si
avvicinò e fece scivolare il suo braccio dietro
la mia schiena, sostenendomi.
- Che
succede?- bisbigliò al mio orecchio, rivolto
però con un sorriso ai fotografi davanti a noi.
Mi
tirai dietro l’orecchio una ciocca che era
sfuggita e mi voltai anch’io, sforzando ti stendere le labbra
in un sorriso.
- Mi
fanno male i piedi.- replicai dopo, sempre a
bassa voce.
Ci
spostammo piano, fermandoci qua e là per gli
autografi e per le foto, anche se ad ogni movimento una fitta mi
colpiva i
piedi.
Non
riuscii a non guardarlo. Continuavo a lanciargli
occhiate veloci, senza che se ne accorgesse. Era a dir poco perfetto in
quel
vestito nero. I capelli scompigliati - come al solito - non stonava con
l’abito
elegante, anzi, miglioravano l’aspetto complessivo.
Si
passò una mano tra i capelli, prima di firmare
l’ennesimo
autografo. Ridacchiai.
Mi
trovai accanto a lui più spesso di quanto mi
aspettassi, per lo più per le foto e ogni volta, ogni contatto era accompagnato da un
improvviso batticuore.
Era
la stessa sensazione di Portland, ma io pensavo
di aver superato quella fase da mesi.
E
vederlo accanto alle centinaia di fan accalcate
alle transenne, che tentavano di toccare allungando le braccia per
trascinarlo
a sé in modo alquanto inquietante, come delle assatanate, mi
rendeva ansiosa. Continuavano
a toccarlo.
E in
quel momento provai una sensazione nuova, che
fino a quel momento era stata sepolta chissà dove. Lo
sentivo mio. Una mia
proprietà, che nessuno doveva toccare o desiderare.
Fino
a quel momento nulla di simile mi aveva
scombussolato.
Era
mio, solamente mio.
Aggrottai
la fronte e distolsi lo sguardo,
tornandomene al centro del tappeto rosso, accanto a Nikki. Ci
avvicinammo
progressivamente all’ingresso del Village
Theatre.
Fu
difficile non notare lo sguardo preoccupato che
Nikki mi lanciò e tentai di rilassare
l’espressione sul mio viso.
I
flash erano talmente tanti che quando entrammo nel
cinema mi pareva di vedere piccoli puntini luminosi ovunque. Appena
entrati dissi
a Nikki che dovevo andare in bagno per un momento e lei mi
seguì. Entrammo nel
bagno femminile, appena fuori dalla sala e mi issai accanto al
lavandino,
aiutandomi con le braccia, mentre Nikki si serviva della toilette.
Tolsi le
scarpe e le lasciai cadere a terra. Piegai la testa
all’indietro, chiudendo gli
occhi, e assaporai la sensazione di fresco sui piedi, facendoli
oscillare piano
avanti e indietro.
Nikki
uscì dal bagno e mi raggiunse al lavandino. Non
appena mi vide scoppiò a ridere. Alzai
una
palpebra e le lanciai uno sguardo divertito.
- Mh,
lo so.-
dissi, mordendomi un labbro. - Sono ridicola.-
-
Sembri distrutta.- constatò, con un sorriso
stampato sulle labbra.
Annuii
lentamente, piegando la testa in avanti. Allungò
una mano verso il rubinetto e girò il pomello
dell’acqua calda, che uscì con
uno schizzo improvviso.
Sobbalzai
piano, ma l’acqua non mi aveva raggiunto. Nikki
si sciacquò le mani, senza smettere di fissarmi.
- Che
c’è?- le domandai, inarcando un sopracciglio.
- Se
ci fosse qualcosa che non va me lo diresti,
vero?- chiese, preoccupata.
-
Certo.- risposi in automatico, scendendo dalla
base di finto marmo del lavandino.
Il
contatto con il pavimento freddo mi procurò un
brivido, che mi percorse la schiena.
Si
asciugò lentamente le mani senza aggiungere
altro. Continuai a guardarla, in attesa.
- Sei
diversa, Kris.- disse infine. - Sicura che non
sia successo niente?-
Non
seppi rispondere immediatamente. Ma soprattutto
non sapevo cosa rispondere. Mi
schiarii
la voce.
- Non
è successo niente.- riuscii a dire, con un
sorriso. O una smorfia, a giudicare da quello che uscì. -
Bè, niente di
brutto.- aggiunsi.
Mi
abbassai e mi infilai le scarpe. Andava un po’ meglio.
Quando mi rialzai Nikki era immobile davanti a me, il suo sguardo
ancora su di
me.
Scosse
piano la testa.
-
Prima, di là.- iniziò, con la voce leggermente
più
alta del normale. - Avevi un’espressione strana.-
- Oh. Quello.-
replicai, capendo a cosa si stesse riferendo. - Non era niente.-
continuai,
facendo spallucce.
Alzò
un sopracciglio e sospirai piano. Impossibile mentire
con lei.
-
Bè, niente di brutto.- ripetei e poi mi resi conto
che forse, se mi fossi confidata con lei, mi sarei tolta un peso.
Dopotutto era
mia amica.
-
Nikki, hai mai tenuto ad una persona più di ogni
altra cosa al mondo?-
Sembrò
pensarci un attimo e quando rispose il suo
tono era comprensivo.
-
Sì.-
Abbassai
lo sguardo, mordendomi un labbro.
- Si
tratta di Robert?- chiese all’improvviso.
Sgranai
gli occhi e li rialzai. Annuii, sospirando.
- Se
ci tieni a lui penso che tu debba dirglielo.- mi
consigliò. - Dopotutto vi frequentate da parecchio.-
Alzai
un sopracciglio. Da parecchio, da
molto più di quello che pensava lei, che ci aveva
trovati nella stessa roulotte poco prima della fine delle riprese.
Ma io
non ero sicura. Non ero sicura che quello
fosse - solo la parola mi sembrava strana - amore.
Il fatto che tenessi a Robert era inattaccabile, ma come facevo ad
essere
sicura che fosse amore? Mi ero dimostrata gelosa - sì,
perché era proprio gelosia
- solo poco prima e avevo pensato che lui fosse solo mio.
Ma ciò non mi dava la certezza che cercavo.
E se
anche ne fossi stata sicura al cento per cento,
come potevo sapere se anche per lui era la stessa cosa?
-
Andiamo in sala.- annunciai infine, dirigendomi a
grandi passi verso l’uscita del bagno.
Forse
parlarne non era stato il massimo, le mie idee
erano più confuse di prima.
Presi
posto accanto a Robert, che aveva lasciato un
sedile libero per me. Alla mia destra si sedette Nikki. Lanciai
un’occhiata a
Catherine, in fondo alla fila, accanto a Peter, e la salutai piano con
la mano.
Sorrisi
a Robert, che si sporse leggermente verso di
me. Senza pensarci mi avvicinai a lui, spinta da una volontà
irrazionale.
- Ti amo.-
gli sussurrai all’orecchio, proprio mentre il buio scendeva
nella sala. Trattenni
il fiato per un istante. Tutti i problemi che mi ero fatta poco prima
sembravano spariti, lasciando spazio alla paura.
Paura della sua risposta.
Si
voltò di scatto verso di me e notai i suoi occhi
spalancati. Rimase immobile, fissandomi con la bocca leggermente
socchiusa.
Gli
sorrisi e mi concentrai sullo schermo, sul quale
scorrevano le prime immagini del film.
Avevo
fatto quello che Nikki mi aveva consigliato,
cancellando ogni esitazione.
Lo
amavo, ma lui provava lo stesso per me?
|
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Capitolo 10 *** What I was looking for. ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
(*)esiste davvero e
si trova al 3-7
Stamford Street.
Non so dirvi se si affacci sul London Eye, perché non sono
mai stata a Londra,
però è vicino.
Note
dell'Autore: Ecco qua il nono,
nonché penultimo, capitolo del
seguito di one
night in Portland. L’epilogo della
storia, come ho già detto, è già
stato scritto. Questo capitolo è leggermente più
lungo degli altri ;)
Scritto
relativamente in poco tempo,
considerando che prima aggiornavo più lentamente.
Come sempre
buona lettura,
Sara;;
Ps capitolo
non betato, scusate i possibili
errori.
Ps2 //spazio
pubblicità// vorrei consigliarvi di leggere questa
shot, a cui tengo molto.
sunburn_he
can’t look away. Grazie a chi
leggerà e commenterà.
Ps3 piccolo
riferimento temporale. La
notizia del sequel è arrivata il 22 novembre, quindi la
domenica di cui parlo è
il 29, ovvero domenica scorsa.
9.
What
I was looking for.
- FACT, NOT FICION -
×××
Non
ottenni le parole che volevo sentir uscire dalle
sue labbra per un po’. Non ero sicura di come
l’aveva presa ed ero certa che
avevo sbagliato. Non avrei dovuto dirglielo così.
Ma
l’istinto aveva avuto la meglio e io non potevo
farci più nulla.
Dopo
la premiere di Los Angeles ero rimasta con lui.
Anche il giorno dopo e quello dopo ancora, ma niente.
Si
comportava normalmente, come se non avessi mai
pronunciato quel ti amo. Non
riuscivo
a capirlo. Nella mia mente era impressa la sua espressione, subito dopo
quelle
due semplici parole. Gli occhi spalancati dallo stupore e le sue labbra
leggermente dischiuse.
Eppure
ora sembrava che la cosa non lo toccasse più
di tanto. Volevo sapere il perché del suo silenzio, del suo
comportamento
indifferente, ma prima che trovassi il coraggio per affrontarlo, lui
dovette
partire e tornare a Londra.
Lo
accompagnai all’aeroporto e lo salutai, una parte
di me sperava che dicesse qualcosa - qualsiasi cosa pur di liberarmi
dal
tormento - ma non accadde.
Si
limitò a baciarmi e a sussurrarmi un dolce a
presto, prima di prendere il suo
aereo.
Nel
frattempo il film stava andando alla grande. La
sua uscita aveva fatto terminare l’attesa di milioni di fan
che, dimostrandosi
fedeli al cento per cento, ci diedero
l’opportunità di pensare anche a New
Moon, il sequel.
La
notizia arrivò inaspettata, ma di certo non
sgradita. Quando il mio agente mi chiamò, dicendomi che la Summit
aveva deciso di
continuare con la saga, quasi saltellai di gioia per la casa, con
Cameron che
mi guardava sconcertato.
Lo
abbracciai e gli scoccai un bacio sulla guancia,
prima di correre in camera mia. Chiusi la porta alle mie spalle e mi
lasciai
scivolare sul pavimento, senza smettere di ridere.
Saremmo
tornati a Portland, quello era certo. E forse
saremmo andati a girare alcune
scene in Italia, per la gioia di Catherine.
Il
telefono vibrò tra le mie mani. Il mio cuore ebbe
un sussulto, non appena riconobbi il numero.
Schiacciai
la cornetta verde e risposi.
-
Pronto?- chiesi, incerta.
- Kris.-
la sua voce, così familiare, era gracchiante. Guardai
l’ora e ridacchiai. Erano
le sette di sera perciò da lui erano le…tre
di notte? Ma che diavolo ci faceva sveglio a
quell’ora?
Poteva
uscire quanto voleva, non c’erano problemi.
Anzi, in realtà ce n’erano eccome, ma non volevo
sembrare iperprotettiva.
Potevamo considerarci una coppia?
- Che
ci fai sveglio a quest’ora?- domandai,
mordendomi un labbro.
Mugugnò,
assonnato. Per un momento ci fu il silenzio
e pensai si fosse addormentato.
- Ho
ricevuto una chiamata interessante.- disse
infine.
- Ah.
Anch’io.- risposi. - E che ne dici?- aggiunsi.
-
Dico che è grandioso.- replicò, con una risata.
Restammo
in silenzio. Chiusi gli occhi, ascoltando
il suo respiro regolare e desiderando per un attimo di essere
lì con lui.
-
Senti Kris.-
- Mh?-
- Che
ne dici di fare un salto qui prima della
premiere?- propose, con la voce improvvisamente squillante.
Spalancai
gli occhi di colpo. Deglutii a fatica,
prima di rispondere.
-
Dico che è grandioso.- dissi, citandolo, quasi in
un sussurro. - Posso partire domenica prossima.-
-
Allora ti aspetto.-
Cercai
di parlare ma non mi uscì alcun suono. Mi
schiarii la gola.
-
Ok.-
- Ok.-
replicò, con una risata.
Agganciai
e chiusi gli occhi, sorridendo. In quel
momento capii che in fondo non m’importava. Non
m’importava sapere tutto ciò
che gli passava nella mente e quello che provava. Tutto ciò
che aveva valore
era la sua presenza, stare con lui.
Non
capirlo appieno potevo sopportarlo, no?
Con
la mente decisamente più leggera e svuotata da
quei pensieri partii per Londra. La settimana sembrò non
passare mai e quando
la domenica arrivò, quasi non mi sembrava vero.
Non
ricordai molto del viaggio, dormii per tutto il
volo, senza però sentirmi riposata. Fu una hostess a
svegliarmi, poco prima
dell’atterraggio a Heathrow.
Volevo
andare nel minuscolo bagno dell’aereo, per
sistemarmi un po’, ma stavamo già atterrando e
dovetti allacciarmi le cinture,
dovendo così restare al sedile.
Mi
accontentai dello specchietto che avevo in borsa.
Quando
vidi il mio riflesso mi venne un colpo. I
capelli erano totalmente in disordine, la leggera linea di matita sugli
occhi
quasi colata. Presi un fazzoletto e cercai di sistemare la situazione,
inutilmente.
Sbuffai
e ricaccia tutto in borsa, con un moto di
stizza.
- Dannazione.-
mormorai a denti stretti.
Quando
l’aereo finalmente toccò terra e si
fermò,
fui la prima a scendere. Approfittando dell’attesa per le
valigie corsi in
bagno, sistemandomi almeno i capelli. Non potevo fare niente per le
profonde
occhiaie che mi si erano formate sotto agli occhi, nonostante la lunga
dormita.
Più
agitata di prima tornai al nastro delle valigie,
ringraziando il cielo che si fosse messo in moto, e presi la mia.
Proprio
fuori dalla sala attesa bagagli trovai
Robert, appoggiato ad una colonna. Mi avvicinai sorridendo. Mi
salutò con un
bacio sulla guancia e allungò una mano per prendermi la
valigia.
Quando
rifiutai me la strappò dalla mano, scuotendo
la testa e dicendo qualcosa del tipo ‘sempre
la solita testarda’, che mi strappò un
sorriso.
Uscimmo
dall’aeroporto e ci incamminammo verso il
parcheggio. Robert si avvicinò ad una macchina grigia
metallizzata, anonima,
che non dava nell’occhio. Sistemò la valigia nel
bagagliaio e si avvicinò alla
portiera di sinistra.
-
Prego, Cinderella.-
Mi
aprì la portiera e salii in macchina, seguita
subito dopo da lui. Non ero abituata a vederlo al posto di guida.
Arricciai
il naso.
- Non
mi abituerò mai a vedere il volante al
contrario.- commentai, osservando l’interno della macchina.
Ridacchiò.
- E quello che dicono tutti.- sussurrò,
mettendo in moto l’auto.
Rimasi
a fissarlo per tutto il viaggio,
relativamente breve, studiando la sua espressione concentrata.
Imprecò
sottovoce due volte, fulminando con lo sguardo degli incapaci davanti a
lui.
Ridacchiai e si voltò, aggrottando le sopracciglia.
- Che
c’è di divertente?- chiese.
-
Niente, niente.- risposi, girandomi per guardare
il panorama fuori dal finestrino.
Restammo
in silenzio, fino a che la macchina non si
fermò davanti ad un palazzo, con la facciata in mattoni
rossi, finemente
decorato e con una scritta dorata che urlava “The
Mad Hatter Hotel”.(*)
- Un
albergo?- chiesi, alzando un sopracciglio.
Si
limitò ad annuire.
- Ma
perché non stiamo a…- iniziai, ma mi zittii
subito.
A casa
tua, volevo
aggiungere. Ma forse non era il caso.
-
L’albergo va bene.- dichiarai decisa, scendendo
dalla macchina. Robert fece lo stesso, raggiungendo il bagagliaio per
prendere
le mie cose.
Entrammo
all’interno dell’hotel. La hall era ben
arredata, semplice ma d’effetto. C’erano molti
ornamenti dorati, che
richiamavano parti della facciata.
Robert
si avvicinò alla reception e parlo con il concierge,
chiedendoli le chiavi di una
stanza, la numero ventitré. Sorrisi notando che gli era
tornato l’accento
inglese. Ovvio, lontano dal set non doveva sforzarsi per farlo sparire.
Sprofondai
in una poltrona, sbuffando. La stanchezza
cominciava a farsi sentire, nonostante la dormita durante il volo.
Abbassai un
attimo le palpebre, ma le riaprii di scatto. Robert ritornò
accanto a me e mi
prese sottobraccio, trascinandomi verso l’ascensore.
Schiacciò
il pulsante dorato con la scritta 3 e
l’ascensore partì con un leggero sobbalzo.
Non
disse una parola fino a che non ci trovammo di
fronte alla camera ventitré, il numero - come ogni cosa in
quell’albergo- dorato,
scritto elegantemente.
- Spero ti
piaccia.- sussurrò mentre varcavo la soglia.
La
stanza era divina. Lasciai cadere la borsa vicino
alla porta e cominciai a guardarmi intorno. Il letto matrimoniale, con
la
testiera attaccata alla parete, era decorato finemente e sembrava
antico. La
testiera era attaccata ad un drappo rosa pallido che saliva arrivava
fino al
soffitto.
I
mobili erano semplici, ma non stonavano affatto.
Mi
avvicinai, quasi fremendo, alla finestra e mi si
mozzò il fiato. La vista era spettacolare.
Davanti
a me c’era il London Eye,
che emergeva dai tetti delle case che lo separavano
dall’albergo. Più in là si poteva
vedere il Big
Ben e le due cime del London Bridge.
Il suono delle possenti campane arrivò distintamente, quasi
come se fossi stata
a due passi dal campanile.
Sentii
i passi di Robert avvicinarsi.
- E’
fantastico.- bisbigliai, meravigliata.
Mi
appoggiai al davanzale e lo guardai. Avvicinò il
suo viso al mio per baciarmi. Ma mi risultò difficile
rispondere a quel bacio
perché, improvvisamente, tutti i pensieri che mi avevano
tormentata nelle due
settimane precedenti erano tornati, più violenti di prima.
Ma era il fatto che
avessi pensato che non m’importasse nulla che mi fece stare
peggio. Volevo
stare con lui, mi bastava la sua presenza, ma in quel momento capii che
non era
vero.
Avevo
mentito a me stessa. Dovevo sapere.
- Che
c’è?- domandò preoccupato, notando
l’espressione sul mio viso.
-
Niente.- mormorai, ma la mia voce si spezzò.
Sforzai un sorriso e scossi piano la testa, prima di guardare fuori
dalla
finestra. Gli occhi cominciarono a pizzicare e mi sentii una stupida.
Robert
allungò una mano verso di me, accarezzandomi
la schiena, fino a raggiungere il collo.
-
Vuoi una risposta.-
Non
era una domanda, ma annuii comunque. Non mi
accorsi subito della lacrima che mi sfuggì, scendendo lungo
la mia guancia. La
asciugai con rabbia.
- Non
sei obbligato.- provai a dire, ma la voce si
spezzò di nuovo. E invece
sì, devo
saperlo, pensai con più rabbia di quanto volessi.
Sentii
Robert sospirare.
Prese
il mio viso tra le sue mani e mi baciò di
nuovo, muovendo le sue labbra sulle mie con più decisione.
Mi mordicchiò
dolcemente il labbro inferiore e le dischiusi, permettendogli di
approfondire
il bacio. Si allontanò di pochi centimetri, per potermi
guardare dritta negli
occhi.
Sorrise,
scoprendo i denti bianchi e perfetti.
- Ti amo, Kris.-
Solamente un sussurro, che mi fece gonfiare il cuore. Per un attimo
temetti che
potesse esplodere.
E le
sue labbra furono di nuovo sulle mie.
|
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Capitolo 11 *** Lovers ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
(*)I’ll be your
lover too di Van Morrison, cantata nel 2007
da Rob. Se volete sentirla,
eccola qua.
Note
dell'Autore: Ed eccoci qua con
l’ultimo capitolo del
seguito di one
night in Portland. Dopo di questo ci
sarà solo l’epilogo, che non
considero un vero e proprio capitolo.
Capitolo
più corto degli altri, ma nel
complesso mi piace. Mi piace davvero.
Come sempre
buona lettura,
Sara;;
Ps capitolo
non betato, scusate i possibili
errori.
Ps2 //spazio
pubblicità// vorrei consigliarvi di nuovo questa
shot, a cui tengo molto. sunburn_he
can’t look away. Grazie a chi
leggerà e commenterà.
Ps3 piccola
anticipazione. Il titolo di
questo capitolo sarà lo stesso del primo capitolo del
seguito di questa storia.
Chi segue la fiction sul forum sa già alcune cose, che su
EFP non ho detto e
non dirò. Sorry.
Ps4 e giuro
che è l’ultimo. La definizione amanti
mi è venuta ascoltando quella
canzone, che trovo perfetta per loro due *-* spero che qualcuno sia
d’accordo
con me <3
10.
Lovers.
-
FACT, NOT FICION -
×××
Quando
mi svegliai, la mattina successiva, non capii
subito da dove provenisse quel senso di benessere che mi aveva cullato
durante
il sonno.
Per
poco non sobbalzai quando aprii gli occhi,
trovandomi di fronte Robert. Mi ci volle qualche istante per capire che
mi
trovavo a Londra e non a Los Angeles.
Allungai
una mano verso terra e tirai su la sua
maglietta, finita lì la sera precedente. Ridacchiai. Me la
infilai e mi alzai
dal letto, sospirando piano, mentre lui continuava a dormire.
Gli
posai un bacio sulla fronte e mi diressi verso
il bagno, stringendomi nella sua maglietta e inspirandone il profumo.
Mi
gettai nella doccia, sotto l’acqua calda, e il
getto mi rilassò. Persi la cognizione del tempo e rimasi
nella doccia per quasi
un’ora.
Uscii,
sgocciolando acqua da tutte le parti, e mi
avvolsi in uno dei due asciugamani bianchi e morbidi
dell’albergo.
Sfregai
bene i capelli e sbuffai, mentre attaccavo il
phon, sperando di sistemarli i capelli. Dopo il viaggio del giorno
prima erano
un disastro.
Li
agitai con la mano mentre l’aria calda li colpiva
e non mi accorsi subito della sua
voce. Pensavo stesse ancora dormendo.
Allontanai
il phon da me e ascoltai attentamente.
Stava cantando.
-
I'll be your man, I'll understand, I'll do my best.-
Spensi
il phon, rimasi a sentire la
voce che proveniva dall’altra stanza, insieme ad un leggero
strimpellio di
chitarra.
- To take good care of you, You'll be my queen.-
La
sua voce calda e profonda era bellissima.
Non l’avevo mai sentito cantare davanti a me, a dire il vero
non voleva mai
farlo.
Aprii
piano la porta del bagno e
guardai nella stanza.
Era
seduto su una sedia di fronte alla
finestra, con un piede appoggiato all’intarsiatura ai piedi
del letto.
- I'll be your king.-
Uscii
in silenzio dal bagno, camminando
lentamente. La moquette sul pavimento ovattava il rumore dei miei
passi, grazie
al cielo.
- And I'll be your lover too(*).-
Si
voltò leggermente verso di me la sua
voce si spense, non appena mi vide uscire dal bagno.
-
No, ti prego.- lo supplicai. -
Continua.-
Mi
sedetti a terra, avvolgendomi
nell’accappatoio. Mi guardò esitante, ma alla fine
decise di accontentarmi.
Chiusi
gli occhi, non appena cominciò di
nuovo a suonare.
- Derry
down green, Color of my dream…A dream that's daily com-
si bloccò
e spalancai gli occhi.
Abbassò
lo sguardo verso di me.
-
Scusa ma proprio non ci riesco.-
Sospirai,
delusa.
-
Era molto bella.- commentai.
-
Dici?- chiese, interessato.
Annuii
decisa.
-
Come si intitola?
- I’ll be your
lover too.- rispose, appoggiando la chitarra al tavolino
accanto alla
sedia. - E’ di Van Morrison.- aggiunse.
-
Sarò anche il tuo amante?- chiesi, aggrottando la
fronte.
Fece
cenno di sì con la testa.
- Mi
piace davvero.-
Sorrise
in risposta, abbassando poi lo sguardo.
-
Kris, senti.- iniziò, ma la sua voce si
affievolì.
Si schiarì la gola e alzò gli occhi verso di me,
inchiodandomi.
-
Cosa siamo noi?- mi chiese, alzando un
sopracciglio.
Non
risposi e mi limitai a guardarlo. Bella
domanda, pensai tra me e me. Mi
era difficile pensare a noi - la
parola suonava bene già di per sé - come una coppia, o come fidanzati.
- Una
coppia?- propose, scendendo dalla sedia e
mettendosi di fronte a me a gambe incrociate sul pavimento.
Arricciai
il naso e feci segno di no con la testa.
- No,
il termine coppia non mi piace.- dissi,
mordendomi un labbro. - E non mi è mai piaciuto.- aggiunsi.
Abbassai
lo sguardo sulle mie mani e iniziai a
giocare con un lembo dell’accappatoio. Robert
restò in silenzio, in attesa che
aggiungessi qualcosa. Mi morsi un labbro, ma non c’erano
definizioni adatte a
noi due. Tutto quello che era successo in quattro mesi di lavorazione
ci aveva
portato a stare insieme, senza che le difficoltà mancassero
ovviamente, e ora -
facendo un calcolo rapido - potevamo considerarci insieme
da…quasi nove mesi. Impressionante.
Tornai a
fissarlo.
-
Voglio qualcosa di più profondo.- dichiarai,
decisa.
- Una
coppia non ha un legame abbastanza profondo
per te?- domandò, con una risata.
- Non
è per quello.- cercai di spiegarmi. Feci
spallucce e scossi la testa.
Inclinai
lievemente la testa di lato e lo fissai
dritto negli occhi.
- Tu
come ci definiresti?-
-
Mh.- Sembrò pensarci su un attimo. - Amanti?-
propose.
Annuii
piano. Sì, quella definizione mi piaceva
proprio.
- Amanti.-
concordai, con un sorriso, mentre si sporgeva verso di me.
Ridacchiai
non appena le sue mani scesero sulla
cintura dell’accappatoio. La mia risata si spense non appena
le sue labbra
furono sulle mie, bramose come non mai.
Infilai
una mano fra i suoi capelli spettinati e lo
avvicinai a me, approfondendo il bacio.
La
sua mano si insinuò sotto il tessuto morbido e
raggiunse la mia schiena. Iniziò ad accarezzarmi piano, con
gesti circolari,
provocandomi un brivido.
Sorrisi
istintivamente e provai ad avvicinarmi a
lui, ma tutto quello che ottenni fu perdere l’equilibrio e
cadere sul
pavimento, trascinando Robert con me.
- Ops.-
mormorai piano, non appena le sue labbra si staccarono dalle mie.
La
risata calda di Rob si diffuse per la stanza.
- Amanti.-
sussurrò, accarezzandomi piano la guancia.
Sì,
amanti. Le sue labbra furono di nuovo sulle mie
e cominciarono a muoversi con dolcezza.
E in
quel momento non sperai altro che quell’istante
durasse per sempre.
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Capitolo 12 *** Epilogo ***
Disclaimer:
Questa storia
è frutto della mia fantasia.
Non conosco i due personaggi
e, ovviamente, non appartengono a me. E blablabla.
Credits:
(*) rispettivamente
i suoi personaggi in The Messengers, Into the Wild e Twilight.
Ovviamente non
appartengono a me, ma a chi ne detiene il copyright.
Note
dell'Autore: Non ci credo.
E’ giunto il momento di mettere la
parola fine a questa fiction. *tristezza*
Wow, non
riesco a credere di essere riuscita
a portarla a termine. Io…bè, devo ringraziarvi.
A fine
epilogo troverete tutto.
Ah, le prime
righe dell’epilogo sono quelle
del prologo. Nient’altro da dire se non…buona
lettura.
Sara;;
fact,
not fiction.
IO
E ROB. ALTRO CHE
BELLA ED EDWARD.
QUESTA
E' LA
REALTA', NON LA FINZIONE.
La
differenza tra realtà e finzione, a volte, non
viene considerata. Non viene notata.
In
realtà la differenza è abissale. Una differenza
tale, per una come me, è fondamentale.
La
mia vita dipende su un lavoro che, in poche
parole, consiste nel fingere.
Fingere
di essere una persona diversa ogni volta,
rischiando quasi di perdere la propria personalità, il
proprio Io. E questo accade quando
il
personaggio diventa me e non il contrario.
Ho
sempre pensato che non avrei potuto relazionarmi
con i miei coetanei, per paura che alcuni di loro non mi considerassero
la
persona che sono.
In me
avrebbero visto Jess, Tracy, Bella(*). Ma non
Kristen.
Dopo
quella notte a Portland, devo ammettere che la mia vita è
cambiata. In quattro
mesi di riprese non solo mi sono divertita e ho conosciuto persone
fantastiche,
che rivedrò presto.
Posso
dire di aver veramente conosciuto lui,
che sa apprezzarmi per quella che sono.
Che
ha
fatto di tutto per avermi, facendomi capire a modo suo quanto fossi
importante
per lui.
Che
mi
ama. A prescindere da chi sarò nel mio prossimo film. A
prescindere dalla
maschera che indosso.
Non
avrei
mai creduto in una cosa del genere. Sono sempre attenta con le persone,
terrorizzata dal fatto che potessero scappare via da un momento
all’altro,
rendendosi conto che sono diversa da come mi immaginano.
Con
lui è
stato differente. E’ riuscito a cambiarmi, a darmi
più coraggio. Mi ha anche
permesso di entrare nella sua vita, di conoscere veramente lui e i suoi
lati,
anche quelli più nascosti, che non ha mai mostrato a nessuno.
E ora
mi
sembra di vivere in un sogno. Un sogno creato appositamente per lui e
per me.
Per noi. Insieme. Io e Rob.
Altro
che
Edward e Bella. Questa è la realtà, non la
finzione.
Fin
Ringraziamenti.
Siore e siori
è finita la fiction. Ammetto
che mi viene il magone a pensarci.
Ma ne
scriverò altre, tanto per tormentarvi
un po’ u.u
A parte gli
scherzi sento il dovere di
ringraziare alcune persone.
;; kucchi e
anfimissi. La prima per
avermi richiesto la shot che si è poi trasformata in questa
long, la seconda per avermi aiutato per la shot all’inizio,
quando ero nel buio
più totale per la caratterizzazione dei personaggi.
;; le mie
robstenine adorate, che avete
seguito la fiction sia su EFP che sul forum, che con i vostri
commenti mi avete convinto a continuarla, anche quando pensavo che
fosse uno
schifo totale.
Grazie mille
ragazze. Vi adoro, davvero <3 Un
ringraziamento
particolare alla Nadi, che mi segue
da un botto di tempo e che è sempre un tesoro.
;;zia
Steph semplicemente
per il fatto che è la mia fonte d’ispirazione.
Senza di
lei non avrei mai potuto scrivere quelle fiction che ritengo essere le
migliori, come Memories o You set my soul alight. Amo quella
donna <3 Ah,
se la potessi
ringraziare di persona. *-*
;;Rob and
Kris perché,
senza di loro, non ci sarebbe nessuna storia, o sbaglio? <3
Sì, sembra
inutile ringraziarli, tenendo conto che non leggeranno mai queste
parole, ma è
il pensiero che conta, no?
;; tutte le
persone che hanno commentato questa
fiction, chi dall’inizio e chi no. Grazie sul serio.
;; chi ha
inserito la fiction tra i suoi
preferiti di EFP, facendomi provare una gioia immensa. {e
siamo a 74!}
;;me sì,
succederà solo questa volta. Sono orgogliosa delle fiction
Robsten che ho
scritto. Molto più di tutte le altre. Perciò
grazie la mio cervellino, che ogni
tanto si dà da fare x°D
Ho
tralasciato qualcuno, lo so. E mi dispiace. Grazie anche a voi <3
Thanks;;
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