Six strings to be alive

di Shikayuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pleasure to meet you... ***
Capitolo 2: *** Please! ***
Capitolo 3: *** Pressing. ***
Capitolo 4: *** I've become so tired. ***
Capitolo 5: *** Crawling in my skin ***
Capitolo 6: *** I'm not an harlot. ***
Capitolo 7: *** It's caving in around me, what I thought was solid ground... ***
Capitolo 8: *** Maybe it's an end, maybe a new beginning ***
Capitolo 9: *** Is this a family? 'cause if yes, I'm finally home. ***
Capitolo 10: *** Confessions on the tourbus. ***
Capitolo 11: *** Roxy! ***
Capitolo 12: *** The wedding. ***
Capitolo 13: *** Little talks. ***



Capitolo 1
*** Pleasure to meet you... ***


Capitolo in revisione!


Pleasure to meet you...




*ROXY’S POV*
-Roxy… Roxy!-
Sentivo una voce che mi chiamava, ma non capivo da quale parte di quel labirinto infernale provenisse. Continuavo a correre in tondo ma tornavo sempre al centro di quel dedalo infinito che sembrava volermi intrappolare. Urla e rumori infernali mi risuonavano tutto intorno, e quella voce sembrava essere l’unica cosa che potessi salvarmi.
Qualcosa di nero e viscido mi sfiorò il braccio e urlai.
-Roxy… Roxanne, svegliati ti prego!-
La voce era tornata, più forte di prima, e sembrava volermi trascinare fuori da quella massa nera che mi stava avvolgendo.
Mi sentivo trascinare lentamente verso l’alto, molto, troppo lentamente, ma almeno quella marmaglia scura adesso mi teneva incatenata a sé solo per le caviglie, anche se la presa si era fatta più salda.
Gridai ancora, un grido d’aiuto e la voce cominciò a chiamarmi ancora più forte.
-Roxy tesoro su, mi stai facendo prendere un colpo!-
Venivo strattonata su e giù, in una lotta senza fine e non ne potevo più, piangevo e imploravo, ma la situazione non cambiava.
Finalmente delle note risuonarono nell’aria, una melodia conosciuta, e un paio di occhi di un marrone caldo entrarono nel mio spazio visivo. Non so perché ma seppi che ero salva.
-Oh mio dio, era un incubo!- fu la prima cosa che riuscii a dire appena fuggita da quell’incubo infernale, prima di scoppiare a piangere per aggiungere le gocce salate che mi colavano dagli occhi a quelle del sudore che mi imperlava tutto il corpo.
I singhiozzi mi scuotevano la schiena ma fortunatamente venni subito abbracciata dalla mia coinquilina.
-Roxy tesoro, non riuscivo a svegliarti e tu gridavi spaventata mentre ti dibattevi, mi stava prendendo un colpo! Per fortuna ti sei svegliata!-
-Ali, era un incubo bruttissimo, mi aveva presa, mi teneva stretta, non voleva lasciarmi.- singhiozzai in preda ad una crisi isterica bella potente.
-Oh Roxy, tu e i tuoi incubi! Devi stare più serena, te l’ho detto no?-
Continuò a cullarmi mormorandomi paroline di conforto finché i singhiozzi si acquietarono e il mio respiro tornò quasi regolare.
-Su tesoro, adesso fatti una doccia e vestiti mentre io preparo la colazione, tra un’ora devi essere a scuola!- -No, non lasciarmi!-
La afferrai ancora più forte e la tenni stretta, sentendo il panico tornare in me. Lei si districò dolcemente dalla mia presa assassina e recuperò la mia chitarra dal suo supporto nell’angolo della camera, porgendomela.
-Ecco tesoro, la solita cura non fa mai male!-
Mi rassegnai all’evidenza e mi concessi di strimpellare una canzone, l’unica cosa che mi faceva tornare nei binari in quei casi.
Finalmente mi calmai del tutto e così mi diressi in bagno, mi feci una doccia veloce e mi vestii con accuratezza: avevo lezione con i bambini quel giorno, non potevo presentarmi con troppa pelle nuda.
Optai per i pantaloni di pelle, gli anfibi e una camicetta bianca morbida con un bustino petrolio, legai i miei lunghi capelli neri in una coda laterale e mi guardai allo specchio: sobria e particolare allo stesso tempo, poteva andare.
Andai in cucina e trovai la colazione già pronta, la solita colazione dopo incubo, ovvero pancakes con marmellata di fragole e panna e un cappuccino con tanta schiuma. Abbracciai stretta Alice per ringraziarla silenziosamente come sempre del suo supporto, poi spazzolai la colazione e corsi al lavoro, non prima però di aver recuperato la mia splendida Schecter, proprio identica a quella di LUI.
Fortunatamente non c’era molto traffico e riuscii ad arrivare a scuola giusto in tempo, prendendo posto sulla sedia da insegnante giusto appena prima che la campanella suonasse.
Insegnavo in un conservatorio di alto livello, da lì uscivano solo grandi musicisti e io mi sentivo onorata, a soli venticinque anni a potervi lavorare come insegnante.
-Buongiorno ragazzi!- dissi sorridendo alla mia classe.
-Buongiorno signorina Mason!- risposero in coro i miei cinque alunni.
-Nono ragazzi, come ho detto che dovete chiamarmi?- era già una settimana che gli facevo lezione, ma ancora erano intimoriti dalla mia figura, in fondo avevo sostituito quella iena della signora Smith… non potevo stupirmi più di tanto del loro terrore verso la figura dell’insegnante.
-Roxy!-
-Bravissimi! Adesso però iniziamo la lezione, dobbiamo finire quelle tecniche di arpeggio che stavamo vedendo l’altra volta…-
L’orario di lezione passò in fretta e in men che non si dica mi ritrovai già alla pausa pranzo e ciò voleva dire due ore di auditorium tutto per me.
Recuperai la mia amata chitarra (per fare lezione utilizzavo un’acustica in dotazione dalla scuola) e sfrecciai verso l’auditorium sgranocchiando al volo un panino. Quando arrivai attaccai la chitarra e subito venni sommersa dalla magia.

*BRIAN’S POV*
Era tutta la mattina che i ragazzi mi trascinavano in giro a caccia di un degno chitarrista in grado di sostituire Zacky, che nel pieno della crisi dei trent’anni aveva deciso di prendersi questo tour sabbatico per dedicarsi solo ed esclusivamente alla sua linea di moda e alla sua vita privata.
Quando me lo aveva detto ero rimasto sconcertato e vedevo la fine degli Avenged Sevenfold, come avrei fatto a suonare senza di lui?
Prima la morte di Jimmy, poi l’abbandono di Zacky proprio adesso che il cd era bello e pronto per essere rilasciato… vedevo un futuro nero all’orizzonte.
-Bri, hey Bri!-
-Uhm… si, cosa?- Matt mi aveva bruscamente riportato alla realtà con il suo vocione.
-Niente, dicevo solo che forse il migliore che abbiamo visto fino ad adesso era il terzo, quello con il ragno tatuato sul collo… Christian se non sbaglio…-
-Uhm si, hai ragione, non era male…-
In realtà mi avevano fatto tutti schifo, erano tutti chitarristi mediocri e si sentiva che avevano imparato i pezzi solo per poter passare il provino e avere finalmente la chance di diventare famosi. Avevo bisogno di avere accanto qualcuno che suonasse con il cuore, altrimenti non sapevo dove mettere le mani.
Adesso eravamo in macchina, diretti verso il conservatorio nel quale avevo studiato da piccolo perché giravano voci che li ci fosse uno dei migliori chitarristi di tutta la scena musicale della California.
Non nutrivo molte speranze, ma andare a vedere non costava nulla e poi mi faceva sempre piacere rivisitare i luoghi in cui ero cresciuto musicalmente.
-Bri, ho fame, dici che sua signoria ci permetterà di mangiare prima che troviamo un nuovo chitarrista o dovremmo digiunare a vita?-
E così anche il piccolo Johnny era abbattuto e senza speranze. La situazione si faceva critica, dato che lui era quello che tirava sempre avanti con il sorriso.
-Tranquillo JC, sicuramente potremmo mangiare al conservatorio… sarà come tornare ai tempi della scuola!-
-Speriamo bene!-
Diedi un’occhiata ad Arin che sembrava ancora più abbattuto di me, trascinato in giro senza motivo apparente e tutto depresso in un angolo della macchina e poi tornai ad osservare lo scorrere delle strade fuori.
Finalmente dopo una mezz’ora interminabile arrivammo al conservatorio su Hollywood Boulevard, LA.
Controllai l’orologio e segnava mezzogiorno e mezza, quindi dedussi che era ora della pausa pranzo, e se le cose non erano cambiate a quell’ora erano tutti in mensa e l’auditorium era libero.
Schizzai giù dall’auto non appena parcheggiò, recuperai la mia amata chitarra dal bagagliaio (la portavo sempre dietro) e corsi verso l’auditorium, gridando a degli alquanto sconcertati Avenged Sevenfold, che non ci stavano capendo nulla:-Ci vediamo alle due fuori dalla mensa!-
Quando frequentavo aspettavo l’ora di pranzo per poter sgattaiolare indisturbato nell’auditorium e suonare fino alla fine della pausa, muovendomi sul palco come fossi una rockstar… beh, i miei sogni si erano avverati.
Appena arrivato alla porta sentii le note di una canzone a me molto familiare, così decisi di aggirare l’auditorium ed entrare dal retro, per non farmi scoprire e poter osservare indisturbato quel musicista che dal suono perfetto sembrava quasi… me.
Arrivai nel backstage del palco e mi affacciai da una delle tende laterali e vidi una ragazza saltare sul palco suonando una chitarra identica alla mia con una maestria inaudita, sembrava le avesse scritte lei quelle canzoni. Ogni tanto si avvicinava al microfono e cantava qualche strofa con una voce femminile ma allo stesso tempo bella aggressiva.
Presto arrivò il momento dell’assolo e io feci un sorrisetto: sicuramente avrebbe fallito.
Invece mi stupì, non sbagliò nulla dell’assolo, anzi, le sue dita si muovevano con una precisione assurda, mentre i suoi occhi restavano chiusi e il suo corpo si muoveva preso dal ritmo.
-Sometimes I don’t know why we’d rather live the die, we look up towards the sky for answers to our live, we may get some solutions but more just pass us by, don’t want your absolution ‘cause I can’t make it right!-
Oltre a suonare come se la chitarra fosse un suo organo vitale, la ragazza sapeva anche cantare meglio del nostro adorato Shadows, un vero portento.
Decisi di metterla alla prova, così attaccai la chitarra senza farmi notare (comunque non mi avrebbe notato tanto era presa) e mi misi in attesa della canzone successiva.
Finì Bat Country, fece un piccolo assolo improvvisato, forse mentre sceglieva la canzone e attaccò con The Beast And The Harlot.
Subito la ripresi, restando nascosto dietro il sipario, osservandola da un piccolo spiraglio: non si scompose più di tanto e continuò a suonare come se nulla fosse successo.
Subito pensai che non si fosse accorta di nulla, ma a fine canzone un sorriso le si dipinse sul volto pallido e i suoi occhi vagarono proprio nella mia direzione.
-Se c’è un sevenfoldist nascosto lì dietro è pregato di presentarsi!-
-Facciamo prima un’altra canzone e poi esco, ok?- proposi. Mi piaceva quel gioco, perché finirlo troppo presto?
-Uhm… ok, scegli tu suonatore misterioso!- rise dolcemente continuando a far vagare lo sguardo curioso.
-Qualsiasi cosa?-
-Hai carta bianca!-
-Perfetto!-
Coraggiosa la ragazza a sfidarmi.
Decisi di andarci giù pesante e optai per una canzone del secondo album, Eternal Rest.
La distrassi giocando un po’ con la chitarra, ma era un osso duro e riuscì a venirmi dietro, allora senza alcun preavviso attaccai la canzone passando al ritornello senza tante cerimonie. Non fece una piega.
Continuai a farle dei tranelli e lei continuava a resistere e a tenermi testa, così, dopo dieci minuti di bastardate decisi di arrendermi e chiusi con un piccolo assolo. Lei mi seguì a ruota e tutto tacque.
-Bene, ti sei divertito abbastanza, adesso vieni fuori Mr Chitarrista Folle?-
Mi arresi e uscii allo scoperto, fronteggiando un paio di occhi verde smeraldo incastonati in un volto delicato dalla pelle pallida e le labbra sanguigne e piene.
Il suo sorriso si spense:-Oh mio dio, ma tu sei…-
-Vuoi diventare turnista della nostra band?- non le diedi il tempo di chiacchiere inutili, avevo deciso, e quando Synyster Gates decide nessuno puo’ discutere.



*Mary's sproloquio time*

Ebbene si, questa scassa cavolo adesso se ne spunta anche con una long nel vero senso della parola! *si sente il coretto di gente esasperata* Lo so che rompo, ma questa ff se ne stava a fare la muffa nel mio pc circa da maggio, implorando di essere ripresa e pubblicata, così, eccomi qui e vi chiedo umilmente perdono!XD
As always sto sproloquiando no sense, quindi in attesa di commenti (positivi o negativi che siano), mi impegnerò a tapparmi la bocca, sperando di trovare qualcosa di intelligente da dire!XD

Un bacio e alla prossima (I hope!),
Mary

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Capitolo 2
*** Please! ***


Capitolo in revisione!


Please!




*ROXY’S POV*
Se quello che stavo vivendo non era un sogno allora ero morta ed ero stata assunta nel paradiso dei chitarristi, perché davanti a me c’era un angelo con le sembianze di Mr Brian Elwin Haner Jr, ovvero la sua grandissima maestà Synyster Gates, con tanto di bandana, capello e chitarra, che mi stava chiedendo senza tante cerimonie di diventare la sua nuova spalla.
Si, ero sicuramente morta.
-Hey, tutto apposto? Non hai una bella cera…- l’angelo mi guardava preoccupato. Perché poi, se in fondo ero già morta?
Chissà come era successo… conoscendomi avevo attraversato la strada con il rosso troppo concentrata a riprodurre mentalmente una canzone… oppure mi ero strozzata con i pancake a colazione… Trovato! Mi ero sicuramente strozzata con le cuffiette dell’mp3 mentre dormivo, mamma me lo diceva sempre…
-Vuoi dell’acqua? Vuoi sederti? Ti fa male qualcosa?-
Sembrava sempre più preoccupato e io non riuscivo a smettere di boccheggiare come un pesce fuori dall’acqua.
-Ok, ti porto in infermeria… nella speranza che non l’hanno spostata nel frattempo!-
Mi si avvicinò e tentò di levarmi la chitarra. Ero paralizzata, ma riuscii a sussurrare comunque un:-No, Phobos no…- flebile e lui me la lasciò, limitandosi semplicemente a staccarla dall’amplificatore e dopodiché senza nessuno sforzo mi prese in braccio e si avviò verso l’uscita dell’auditorium, poi verso l’infermeria.
Durante il percorso mi fissava preoccupato mormorandomi frasi tipo ‘non mi morire’ oppure ‘secondo me stai infartando’, mentre io mi limitavo a fissarlo con gli occhi sgranati e la bocca spalancata sempre stretta alla mia adorata Phobos.
Aveva un profumo così buono: sapeva di sigarette, sicuro Marlboro, e di un qualcosa di indefinibile, un profumo fresco che mi stava dando alla testa più del stare tra quelle braccia e quelle mani magiche.
Stavo così bene adagiata contro quel corpo solido e caldo, ma sfortunatamente arrivammo in infermeria e appena entrati mi depositò su un lettino, chiamando l’infermiera. Fece per staccarsi, per poter spiegare i miei ‘sintomi’, ma lo tenevo stretto per il suo leggero giubbino di pelle, senza rendermene conto avevo lasciato la chitarra e lo avevo arpionato stile polipo.
-Beh, ecco vede signorina, stava bene, ma all’improvviso ha avuto questa specie di crisi ed ora è muta e fissa e… boh, mi sono spaventato e l’ho portata qui!- stava spiegando mentre tentava di staccarmi delicatamente o almeno levarsi il giubbetto.
-Roxy, cosa hai combinato questa volta?- mi chiese Mrs Marple prendendomi i battiti del polso e parlando con quella sua voce dolce tipica delle infermiere in sovrappeso di mezza età.
Non risposi, sempre rapita dall’angelo, che una volta liberatosi dalla mia presa assassina si era seduto sull’altro lettino, fissandomi preoccupato.
Se stavo in paradiso perché non mi rimaneva accanto e mi portava saltellando tra castelli di amplificatori e montagne delle migliori chitarre sempre lucide, accordate e pronte ad essere suonate?
Qualcosa non quadrava.
-Ok, abbiamo una specie di shock qui… beh, con un bel ragazzo come lei ci credo che la nostra piccola Roxy sia andata in tilt!- disse Mrs Marple ammiccando all’angelo, ora a metà tra l’imbarazzato e il preoccupato. –So io come farla riprendere!- e così dicendo si diresse verso un armadietto estraendone una siringa con un ago lungo e sottile e una fialetta di una qualche medicina.
-È così grave signorina?- chiese il ragazzo guardando l’ago che luccicava alla luce delle lampade al neon.
-Oh si, è davvero grave!- cinguettò l’infermiera facendogli un occhiolino che il mio cervello captò ma non elaborò.
Ero in crash e il mio sistema non sembrava volersi ravviare in modo decente e ad una velocità accettabile. Solo quando l’ago si avvicinò pericolosamente al mio braccio, luccicando minaccioso, il mio cervello si ravviò e schizzai giù dal lettino rifugiandomi in braccio all’angelo alla velocità della luce, tanto che lui emise un urletto spaventato.
Mrs Marple rise e poggiò la siringa:-Roxy, possibile che ogni volta che ti estranei devo ricorrere a questo trucchetto per farti tornare tra noi comuni mortali!-
-La prego, la siringa no… tutto, ma la siringa no!- adesso si che avevo un bell’attacco di panico in corso.
-Hey calma, non vuole fartela davvero- la voce era rassicurante e calda vicino al mio orecchio.
-Angelo portami via per favore! In paradiso non esistono le siringhe, vero?-
Lui rise sguaiatamente:-Mi hanno chiamato in tutti i modi in questi trentadue anni, ma angelo proprio no!- Forse il mio cervello aveva ripreso il pieno ritmo, perché finalmente mi accorsi della figura ridicola che stavo facendo, aggrappata come una stupida al collo del mio modello musicale in persona. Mi staccai da lui e mi misi in piedi, desiderando con tutte le forze di scomparire in qualche modo… mi andava bene anche la classica e vecchia inghiottita da parte del pavimento: ero disperata.
Brian continuava a ridere e se continuava di questo passo sarebbe rotolato giù dal lettino. Ogni sua risata era un tono di rosso in più che si aggiungeva alla mia vergogna, rendendomi una degna rivale di un semaforo di stop a causa della mia naturale pallidezza.
Persino Mrs Marple ridacchiava divertita, avendo finalmente capito tutta quella folle storia.
-Ok, va bene, continua pure a prendermi per il culo allegramente!- sbottai recuperando un po’ della mia grinta. Mi voltai, recuperai Phobos abbandonata sul lettino e poi schizzai verso la porta dell’infermeria per dileguarmi in qualche angolo del giardino, dove avrei implorato la terra affinché mi inghiottisse per non risputarmi mai più.
Ero quasi alla porta, l’unica cosa che mi separava ancora dalla libertà, quando una mano mi afferrò bloccandomi.
-Hey aspetta!- si vedeva che cercava di trattenere quelle risate sguaiate di poco prima –Non stavo scherzando, ti voglio davvero come spalla per il prossimo tour…-
-Non ti sei già divertito abbastanza a prendermi in giro?- ero inviperita –E Zacky dove lo lasci?-
Tasto dolente.
Le risa si spensero del tutto e un ombra passo su quel volto, felice fino a pochi secondi prima. Diventò serio e indossando come una maschera assunse quell’aria che aveva di solito davanti le telecamere: l’aria da strafigo strafottente.
-Vengeance si è preso un anno sabbatico, se così si puo’ dire, quindi ho bisogno di una nuova spalla, anche abbastanza brava e competente dato che il tour parte tra due mesi scarsi.-
Glaciale e conciso, chissà cosa si agitava sotto quella maschera.
Restammo lì a fissarci, lui impassibile e io pure, anche se in realtà dentro di me continuavano a susseguirsi parole in una sequenza assurda ‘io-Avenged Sevenfold-chitarra-tour-Synyster gates-io-spalla-tour-IO’.
Ci fissammo per qualche altro secondo, finché la porta dell’infermeria si aprì facendoci sussultare e interrompendo quel gioco di sguardi.
-Hey Brian, ti abbiamo trovato finalmente! È mezz’ora buona che ti andiamo cercando in questo labirinto di scuola… ma perché sei in infermeria?-

*BRIAN’S POV*
Il vocione di Matt lo aveva preceduto dentro l’infermeria e dopo neanche due secondi eccolo apparire in tutta la sua massa, seguito a ruota da un affannato Johnny e un incuriosito Arin.
-Hey ragazzi, tranquilli!- risposi soppesando bene le parole –Ero venuto ad accompagnare il nostro futuro chitarrista, che quando ha appreso la notizia non si è sentito molto bene!-
Avevo sganciato la bomba: adoravo dare notizie così.
I ragazzi mi fissarono senza capire, poi vidi un lampo di comprensione passare sul volto di Matt che subito iniziò a guardarsi intorno, facendo vagare velocemente lo sguardo sulla ragazza accanto a me, non degnandola di troppa attenzione.
-Amico, io non vedo nessun chitarrista a parte te, che già sei il nostro chitarrista, quindi vorresti darci una spiegazione per favore?- Era sempre stato duro di comprendorio, ma con la sua voce potevo perdonargli tutto.
-Ce l’hai proprio davanti amico, è accanto a me!-
Mi soppesò di nuovo con lo sguardo e poi guardò di fianco a me, notando finalmente la chitarra in mano alla ragazza.
-Brian, ma questa è una ragazza!- Capitan Matt Ovvio era di nuovo tra noi.
Johnny ed Arin si limitarono a valutarla con lo sguardo e a stare zitti.
-E quindi? È eccezionale, certo, non è al mio livello, ma ci si puo’ lavorare…-
-Who… fermi tutti qui! Primo: ancora non ti ho detto di si. Secondo: problemi con il fatto che io abbia un paio di tette caro M. Shadows?- la ragazza aveva uno sguardo infuocato e sembrava sovrastare Matt, nonostante fosse di almeno venti centimetri più bassa.
-Io… io, ehm…- quell’armadio di ragazzo era rimasto senza parole dall’aggressività della ragazza e indietreggiava tenendo le mani alzate come a volersi difendere da quello scricciolo.
-Allora, problemi con le mie tette?- lei gli si fece ancora più vicina, senza distogliere lo sguardo.
Ero stupefatto, mi piaceva quella ragazza, doveva diventare assolutamente la mia spalla: avremmo fatto meraviglie… e poi la presenza scenica non le mancava proprio a dirla tutta.
Matt deglutiva sempre minacciato da quella ragazza dall’apparenza insignificante:-No, io non ho nessun problema con le tue tette, anzi, sembrano carine!-
Se c’era un guaio in vista, Matthew Charles Sanders, sapeva come ficcarcisi a piedi fitti.
Percepii il ringhio della ragazza e mi interposi tra i due, bloccando la sua mano repentina giusto pochi centimetri prima che si andasse a stampare su una delle adorabile fossette di Matt.
-Verme maschilista.- Disse solo questo, guardandolo brutto un’ultima volta, per poi aggirarlo e incamminarsi per il corridoio a passo di marcia.
-Matt, sei un’idiota.- Dissi solo questo ad un ancora traumatizzato Matt prima di uscire velocemente anch’io dall’infermeria per seguirla: non potevo lasciarmela sfuggire.
-Roxy, hey ti prego, aspetta!- Ebbene si, in caso di bisogno disperato persino Synyster Gates si abbassa ad implorare… una ragazza per di più!
-Ti prego, pensaci bene, è un’occasione d’oro e hai un talento da vendere, ti si potrebbero aprire moltissime strade!- Ero riuscito a raggiungerla e le camminavo a fianco, tenendo il suo passo sostenuto e parlandole nonostante lei mi ignorasse.
-Ti scongiuro, fai almeno il provino, mi basta quello… ti prego!-
A quelle parole si fermò. –Mi stai implorando Gates?-
Era stata glaciale e mi stavo chiedendo dove fosse finita la fan adorante di appena una mezz’ora prima.
-Si, ti sto implorando, lo ammetto.- Sospirai arrendendomi per una buona volta –Mi piace il tuo stile, mi piace come suoni e mi piace la tua presenza scenica, spaccheresti di sicuro… e poi sarebbe una bella novità avere una ragazza nella crew, i fan impazzirebbero…-
Sembrava stesse soppesando l’idea, con gli occhi persi e le sopracciglia leggermente corrugate. Un furbo sorriso veloce increspò le sue labbra e con una voce calma e calcolata disse:-Va bene, farò il provino, ma solo per dare una lezione a quell’armadio stupido di Shadows, che tra l’altro ha perso tutta la mia stima!-
Avrei potuto mettermi a saltellare in giro per il corridoio come una checca isterica ma mi contenni. Forse lei però riuscì a leggere la mia felicità in qualche modo perché mi freddò subito:-Non farti illusioni Gates, non è detto che accetti l’offerta!-
Una punta di delusione si insinuò in me e mentalmente maledissi quello scemo di Matt, che dopo anni ancora non aveva imparato a contare fino a dieci prima di parlare… sempre se sapesse contare fino a dieci. -Va bene, allora ti faremo il provino…. Per te va bene adesso?- Nella mia testa riuscivo a pensare solo ‘Dì di si, dì di si, ti prego, dì di si’
Ci pensò un attimo:-Uhm… si perché no, adesso sono anche incazzata dovrei dare il meglio di me e poi ho ancora mezz’ora buca prima di dover tornare in classe…-
-Fai lezione con il professor Scott? Io lo adoravo quando frequentavo!-
-No, io insegno ai bambini del primo e secondo anno.-
-Uao… scusami, quanti anni hai?-
-Venticinque, perché?- Stava tornando sulla difensiva, si sentiva minacciata ancora, quindi mi affrettai a riparare.
-Niente, sono ammirato… allora ci vediamo tra cinque minuti all’auditorium, giusto il tempo di recuperare i ragazzi e venire!-
-Perfetto, io vado a prepararmi…-
-A tra un po’!- Le sorrisi caloroso, ma lei non rispose, si voltò e se ne andò verso l’auditorium. Acida.
Tornai in infermeria e recuperai i ragazzi che parlottavano concitati, guidandoli fino all’auditorium. Trascorsi tutto il tragitto rimbrottando Matt e riempiendolo di minacce: se mi faceva sfumare questa chitarrista, gli Avenged Sevenfold avrebbero dovuto cercarne due poi.
Acconsentì a tacere e mi seguì remissivo, forse finalmente conscio della gravità della situazione e della mancanza di tempo.
Non appena entrammo fummo accolti da un urlo modulato e poi partirono le note di Scream.
Si era tolta la camicia che portava e adesso indossava solo il bustino, che le lasciava parte della schiena, le spalle e le braccia scoperte, rivelando una fenice che le si arrampicava su tutto il braccio sinistro.
Non mi ero sbagliato, oltre alla stoffa quella ragazza possedeva carattere.
Oltre a suonare cantava pure e riusciva a fare certi screamo che lasciarono Matt letteralmente a bocca aperta e l’unica cosa che riuscì a dire fu:-Uao.-
-Visto, che ti avevo detto?- Ero soddisfatto di aver scoperto quel diamante da sgrezzare.
Finì Scream e fece cenno alla band di salire sul palco.
-Perché non proviamo tutti insieme, almeno vi fate un’idea…- suggerì –Gli strumenti potete trovarli dietro le quinte, mentre la batteria invece è già montata, certo, non è il top, ma dovrebbe andar bene…-
-Certo, perché no… ottima idea!- asserii facendo cenno agli altri di seguirmi.
Recuperai la mia chitarra mentre gli altri si fornivano degli strumenti della scuola e si sistemavano alle loro postazioni.
-Allora, facciamo… God Hates Us, va bene?- suggerii.
-Perfetto, a me va bene tutto…- asserì senza troppo entusiasmo.
-Facciamo così… fai tu la prima chitarra, va bene?-
-Ok…- scrollò le spalle… scazzata. Era proprio l’impressione che dava.
Stavamo partendo con il piede sbagliato.
Ci sistemammo e lei diede l’attacco lento, finché non le si unì Arin e partì la magia. Era perfetta e presto gli altri se ne convinsero definitivamente. Era piccolina, ma dominava il palco come se fosse nata per quello. Suonava con il sorriso e sembrava essere lei stessa la musica. Ero affascinato, era quasi meglio di… me.
Guardai gli altri e dalle loro facce capii che avevamo preso una decisione, adesso spettava a lei l’ultima parola.



*Mary's sproloquio time*

Eccomi qui con il secondo capitolo!^^ è un capitolo leggero e spero di avervi strappato almeno una risata!XD
AnyWay, voglio ringraziare Necromance_theatre per aver recensito e inserito la storia tre le preferite, Longview per aver recensito e ValeDeLonge per averla inserita tra le ricordate, siete tutte stupende, sappiatelo!<3
Spero di avervi incuriosito ancora di più verso questa storia e boh, oggi fortunatamente sproloquio poco!XD

Un bacio e alla prossima,
Mary

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Capitolo 3
*** Pressing. ***


Capitolo in revisione!


Pressing.




*ROXY’S POV*
Gli ultimi accordi di chitarra stavano sfumando e mi sentivo gli occhi di quei quattro addosso.
Generalmente sarei stata già sepolta se mi fossi ritrovata a suonare su un palco con gli Avenged Sevenfold, ma dopo averli conosciuti un po’ della mia stima se ne era andata via, come una foglia d’autunno. Quello che mi aveva deluso era Matt, avevo sempre pensato facesse la parte del tontolone per piacere e invece lo era davvero.
Suonai l’ultima nota ad occhi chiusi e capo reclinato, poi mi fermai, prendendo un respiro profondo prima di affrontarli.
-Donna, devi perdonarmi e diventare parte della nostra famiglia, non possiamo andare avanti senza di te!-
-Donna?- guardai truce quel bestione idiota con tanto di sopracciglio alzato, sapevo di avere il potere -Questa donna qui ha un nome che gradirebbe venisse usato, non sono un oggetto!-
Con la coda dell’occhio vidi Synyster darsi una manata in fronte guardando esasperato Matt e soffocai un sorrisetto, dovevo mantenere la parte della stronza e dargli una bella lezione.
-Io… io è meglio se non parlo… ragazzi pensateci voi!- il ragazzone abbassò lo sguardo imbarazzato ed andò a nascondersi dietro a… Johnny, sovrastandolo con tutta la sua stazza.
-Hey Roxy, sei stata davvero stupenda, i miei complimenti! Comunque sono Arin, piacere!- disse il batterista con un sorriso caloroso tendendomi la mano.
Già mi stava simpatico e poi eravamo anche coetanei.
-Piacere, Roxy e grazie per i complimenti!- mi concessi di sorridergli stringendogli la mano, per far capire agli altri beceri che con le buone maniere si arriva da tutte le parti –Sei un mito, sai?-
La fangirl degli Avenged che era in me da quando avevo tredici anni premeva per uscire e dovetti lottare per tenerla al proprio posto.
-Grazie, ma anche tu, ripeto, non è che ci vai liscia! Fai quasi concorrenza a…- si fermò, stava per dire Syn e scatenare un inferno, ma si era fermato in tempo, per riprendere poi imbarazzato –beh… ad un chitarrista professionista!-
Gli feci l’occhiolino senza farmi notare:-Grazie!-
Mi sorrise di nuovo e poi si fece da parte per permettere a Johnny di presentarsi.
Cavolo, era veramente un uomo, solo un po’ più piccolo come diceva Papa Gates: era leggermente più basso di me, che pure ero sul metro e sessantacinque scarso.
-Gran talento, davvero!- mi sorrise caloroso stritolandomi in un abbraccio che mi lasciò interdetta, non mi aspettavo tutta quell’espansività da lui –Io sono Johnny e spero che sarò il tuo futuro bassista!- mi lasciò e mi fece l’occhiolino.
-Il piacere è tutto mio, credimi Johnny Christ, unico salvatore degli Avenged!-
Scoppiò a ridere di gusto e mi diede una pacca sulla spalla:-Simpatica, grintosa e talentuosa, ha più palle lei che tutti noi messi insieme!-
Fosse stato solo per Johnny ed Arin avrei detto subito di si, ma c’erano il maschilista e la diva da affrontare prima di prendere una decisione.
-Roxy…- quella voce mi uccideva –Per favore, pensaci bene, per te è un’occasione d’oro per farti un nome e a noi servi come l’aria!-
Mr Synyster Gates aveva messo da parte la sua aria da padrone del mondo e si stava abbassando a implorare me, un’umile ragazzina con l’unico pregio di saper suonare la chitarra.
Il mondo stava finendo, ne ero sicura.
-Non lo so, il lavoro qui alla scuola è molto gratificante e ben retribuito, è perfetto per una ragazza della mia età…-
-Ma con noi gireresti il mondo, faresti una marea di nuove esperienze e i soldi sicuramente sono un’inezia dato che a quanto pare conosci la nostra fama… potresti persino firmare un contratto con la Schecter come abbiamo fatto io e…- pausa –noi.-
Gli bruciava proprio dello pseudo tradimento di Vengeance allora, non riusciva neanche a pronunciare il suo nome.
-E se poi non sfondo?- domanda pertinente –Una volta finito il tour, o meglio, una volta che Zachary James Baker, al secolo Zacky Vengeance o ZackyV- calcai bene i nomi in una specie di frecciata crudele –si sarà stufato di stare con le mani in mano e deciderà di tornare a fare il chitarrista prodigo, io cosa farò?-
Silenzio.
Avevo centrato appieno il nocciolo della questione, infatti adesso si stavano guardando tra di loro, forse sperando che all’improvviso si attivasse una qualche telepatia tra membri di band per poter comunicare.
Il primo a riprendersi fu Gates, ovviamente:-Beh, potremmo stipulare un contratto in modo che dopo potresti restare come membro della crew, con le varie spese pagate e una paga comunque buona per una ragazza della tua età… potresti farci da spalla…-
Era pensieroso, anche troppo, e non riuscivo a capire cosa stesse macchinando e a quanto pare neanche gli altri lo stavano capendo dato che lo guardavano con degli enormi punti interrogativi stampati in faccia.
-Uhm… si, ecco, stavo dicendo che non ti lasceremo allo sbaraglio, è una promessa e puoi fidarti.-
Mi guardò intensamente con quegli enormi occhi nocciola, rimpiccioliti leggermente dal trucco pesante e io stavo per sciogliermi e dirgli di si, che avrei fatto tutto quello che lui voleva.
Non so come ebbi l’enorme forza volontà di distogliere lo sguardo e ritrovai la lucidità. Ripresi il mio tono acido:-E per il tour bus?Io non ci vivo con voi selvaggi!-
-Hey, piano con le offese! Con le signore sappiamo contenerci, e poi ci saranno anche Valary e Michelle in viaggio con noi ogni tanto, non sarai sempre tutta sola.- Aveva parlato Matt dicendo una cosa sensata.
Lo incenerii con lo sguardo e lui si ritirò nel suo angolino, pensando di aver fatto precipitare di nuovo la situazione… era vero, l’aveva fatta precipitare, ma a suo favore.
Ero con le spalle al muro, non riuscivo più a trovare appigli per continuare a rifiutarmi.
Comunque, una parte di me, quella fan girl e sognatrice, ovvero la mia parte preponderante, mi urlava già dalla prima proposta di Syn di prendere solo Phobos e seguirli senza neanche pensarci.
Ma quella minuscola parte di me razionale si opponeva.
Avevo sempre desiderato poter soddisfare la mia passione per la musica così, ma con il passare degli anni mi ero innamorata della stabilità di un lavoro e una casa fissi e i miei desideri di viaggiare per il mondo e troncare quelle radici che ormai da un quarto di secolo mi tenevano legata a quel quartiere (si, abitavo semplicemente nel palazzo di fianco a quello dei miei), di quella città si erano affievoliti. Da ragazzina gotica con il sogno dell’estero ero diventata un’adulta calma e posata a cui piaceva semplicemente vestirsi eccentrica.
Solo in quel momento mi resi conto di che persona triste e vuota ero diventata.
Li guardai uno per uno apparendo calma e calcolatrice, in realtà avevo un uragano dentro.
Syn mi fissava speranzoso, Johnny e Arin con calore, Matt mi squadrava ancora a metà tra traumatizzato e scettico.
-Io… io,ehm… non posso.-
Mi voltai e scappai via, lasciandoli lì senza una risposta.
L’ultima cosa che vidi fu l’espressione ferita di Syn, e mi fece male.

*BRIAN’S POV*
Uno schiaffo in faccia mi avrebbe fatto meno male.
Raccolsi le mie cose e me ne andai, senza neanche salutare i ragazzi o degnarli minimamente di attenzione. Loro non c’entravano nulla, ma ero arrabbiato come non mai e conoscendomi, preferivo evitare discussioni inutili che avrebbero portato altro malumore alla band.
Quando iniziai quest’avventura avevo sempre pensato che gli Avenged Sevenfold sarebbero finiti prima o poi, ma non così, disgregati da lutti e malumori nel pieno dei nostri anni d’oro.
Presi un taxi e tornai a casa. Michelle era stesa a bordo piscina a prendere il sole, bellissima come sempre, la classica bellezza americana. La salutai di corsa e cercai di imboccare le scale per rifugiarmi nel mio mini studio di registrazione, per sfogare lo stress suonando, ma non potei evitare la sua marea di domande.
-Hey ciao amore, sei rientrato!-
-Si tesoro, scusa, vado di fretta…-
Cercai di farle capire la mia urgenza di isolarmi dal mondo, ma come al solito non capiva, lei non mi capiva mai, ammenoché facessi qualcosa di suo gusto. Vivevo in una gabbia.
-Beh, come è andata, avete trovato un nuovo chitarrista?- lo chiedeva così, con leggerezza, neanche stesse parlando della sua nuova tinta. Non capiva.
-No, nulla di fatto… scusami, adesso mi rintano nello studio…- cercai di fuggire di nuovo, ma non ci riuscii.
-Amore, ma stasera dovevamo uscire, ricordi?- non mi stava semplicemente ricordando dell’uscita, il suo tono era gelido: era un ordine.
Sapevo che quand’era così era meglio non contraddirla, mi sarei potuto ritrovare contro una specie di moderna medusa abbronzata. Le sorrisi dolcemente e le diedi un bacio.
-Solo un paio d’ore amore e poi esco, ti prometto che per le sette al massimo sarò già sotto la doccia, così per le otto usciamo!-
Sorrise vittoriosa con un sorriso da gatta:-Va bene amore, a dopo e divertiti.-
In trappola, mi sentivo in trappola.
Suonare mi aiutava sempre a ragionare, così potei ripercorrere tutta la giornata trascorsa.
La sua maestria, la sua presenza scenica, il suo carattere… doveva essere mia.
Pensavo ad una soluzione suonando a caso melodie che mi venivano in mente, finché non suonai qualcosa che mi fece riaffiorare un ricordo del passato, di quando ero ancora uno studente di jazz e il metal era solo una musica che mi piaceva ascoltare.
Era stato un lampo, non ero riuscito neanche a focalizzarlo, ma mi aveva scosso profondamente. Provai a risuonare la melodia, ma non riuscivo a riprenderla, ero proprio fuso.
Ricominciai a suonare e rimuginare sulla questione Roxy, l’avevo denominata così, quando un lampo di genio mi attraverso la mente: pressing.

La mattina dopo mi svegliai di buon ora e mi recai alla scuola di musica sull’Hollywood Boulevard e appena ne varcai la soglia mi sembrava di non esserne mai uscito il giorno prima.
Andai di filato in segreteria, che fortunatamente non avevano spostato da quando la frequentavo io, e chiesi gli orari della professoressa… Roxy, non sapevo come altro chiamarla, adducendo la scusa che ne avevo sentito parlare e che avevo un figlio da iscrivere.
Un figlio… Michelle non li voleva neanche per sbaglio mentre io ogni volta che vedevo Matt con il piccolo River sorridente in braccio avevo una stretta al cuore.
Scacciai quel pensiero e mi dedicai alla ricerca dell’aula, fortunatamente ero giusto in tempo per la sua prima lezione. Raggiunsi l’aula e mi posizionai in fondo, riparato in un angolo cercando di non dare nell’occhio. Mancavano cinque minuti alla campana e cominciarono ad arrivare i bambini, ma di lei nemmeno l’ombra. Ero terrorizzato dal fatto che quel giorno forse non sarebbe venuta.
Volevo rivederla, volevo parlarle e vedere di nuovo quella fiamma arderle negli occhi.
Squillò la campana, distogliendomi da quei pensieri funesti ed entrò lei tutta trafelata, con una cartellina in mano e la sua Phobos in spalla. Salutò la classe, preparò il materiale, si ricompose e poi iniziò la lezione.
Non mi aveva notato e non sapevo se essere felice o triste.
La osservai trattare gli alunni con calma e pazienza, rispiegare le cose fino all’esaurimento e cercare di seguire ogni singolo studente, senza eccezioni o preferenze e sempre con un sorriso radioso ad incresparle le labbra.
I capelli neri erano legati in una treccia che le ricadeva di lato su una spalla ed era vestita in un modo che mi ricordava tantissimo il cantante dei My Chemical Romance, con i quali avevamo fatto una collaborazione tempo addietro: portava una camicia nera con una cravatta nera e rossa, jeans neri strappati con tanto di catena e cinture di borchie e converse nere basse, sembrava un adolescente nel pieno della sua età di ribellione.
Ridacchiai a quel pensiero, sfortunatamente proprio in un momento di silenzio e così venni scoperto.
-Bene bene bene signor Haner, vuole venire in cattedra a spiegarci come mai disturba la lezione?- il suo sguardo, dietro al sorriso di facciata, era duro e mi metteva in soggezione, per non parlare delle dieci piccole paia di occhi che mi guardavano curiosi cercando di capire chi fossi.
In silenzio mi alzai e la raggiunsi in cattedra.
Non facemmo in tempo a scambiarci una parola che un bimbo che non poteva avere più di otto anni alzò la mano concitato:-Maestra, maestra!-
-Si Alex?- gli rispose lei dolce.
-Ma questo non è quel signore che ci dice che è il miglior chitarrista del mondo?Quello di quella band famosa che si trucca come una donna!- la vocetta del bimbo rendeva il tutto ancora più comico.
-Alex!- lo riprese Roxy arrossendo più di un semaforo, mentre io tentavo di trattenere le lacrime da risata.
-Tranquilla, non mi sono offeso, è vero che sono il miglior chitarrista del mondo!- ormai ridevo sguaiato anch’io –Riguardo al trucco… beh, fasi che si passano!- e lanciai un’occhiata eloquente ai suoi vestiti.
Lei si ricompose in fretta:-Cosa ci fai qui?-
-È vietato assistere alle lezioni?Mi avevano detto di no…- chiesi innocente.
-Beh è vietato assistere, non partecipare!- mi sorrise, ma solo per un attimo –Bambini, oggi lezione speciale! Il signore qui è Synyster Gates, chitarrista della band metal internazionale Avenged Sevenfold, e oggi sarà con noi per insegnarci qualche facile trucchetto!-
Mi aveva incastrato, sapeva come giocare la ragazza.
-Siete contenti cuccioli?-
Un coro affermativo ed eccitato si levò dai bambini e così non potei far altro che attrezzarmi con una chitarra, tanta buona pazienza ed iniziare ad insegnare loro qualcosa.
Mi divertii moltissimo e fosse stato per me non sarebbero finite mai quelle ore con quei bambini così talentuosi. Mi rivedevo molto in loro, un tempo ero anch’io un bambino con tanto talento e voglia di fare. Suonò la campana e la lezione finì, così gli allievi raccolsero le loro cose e si diressero alla lezione successiva, ma non prima di avermi salutato ed aver ricevuto un autografo… chissà, magari uno di loro sarebbe diventato il futuro Synyster Gates.
Mentre mettevo a posto la chitarra che avevo preso sentii una presenza dietro di me. Era Roxy, che per tutta la lezione era stata a dir poco amabile, ma solo perché c’erano i bambini.
-Bene, a noi due… sputa il rospo!- Amavo la sua aggressività.
-Cosa vuoi sapere?- sfoderai il mio miglior tono innocente.
-La verità Gates, non ho tempo da perdere- il suo tono era duro, così come i suoi occhi, che però lasciavano trapelare una lieve curiosità.
-Vuoi la verità?Bene, ora ti accontento.- Pausa strategica –si chiama pressing e non ti libererai di me fino a che non accetterai di essere la mia nuova spalla.
Ebbi la soddisfazione di vedere i suoi occhi sgranarsi per la sorpresa.



*Mary's sproloquio time*

Ed eccoci qui al terzo capitolo! Beh, che dire, Roxy è una vero Donna, proprio con la D maiuscola, perché tiene quei quattro in scacco e boh, la ragazza ha carattere... anche se ovviamente ha i suoi demoni da affrontare e chissà se accetterà... stay tuned!;)
Per quanto riguarda Brian, come potete notare ho introdotto Michelle e già so che molti di voi stanno pensando 'Ma tu guarda questa, l'ha fatta stronza, così si lasciano e Brian e Roxy si mettono insieme!'... se lo avete pensato, non posso far altro che dirvi gente di poca fede!XD Date tempo al tempo e capirete tutte le mie macchinazioni, è una promessa!;)
As always voglio ringraziare le splendide persone che mi seguono e quelle che recensiscono, siete stupende e vi adoro, ma forse ve l'ho già detto... non me ne frega niente e io vi amo e ve lo ripeterò fino alla noia!<3
Adesso vado a scribacchiare qualcosaltro!<3

Un bacio e alla prossima,
Mary

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Capitolo 4
*** I've become so tired. ***


Capitolo in revisione!


I've become so tired.




*BRIAN’S POV*
Era una settimana ormai che la tampinavo tutti i giorni a lezione, aiutandola anche con i ragazzi, ma il suo atteggiamento verso di me non migliorava, anzi, mi sembrava peggiorasse ogni secondo di più. Davanti ai bambini era sempre dolce ed amichevole ma appena la lezione finiva e rimanevamo solo noi due in classe indossava una maschera dura e mi trattava con freddezza, scappando quasi sempre il più in fetta possibile. Provavo a braccarla più stretta, ma era impossibile dato che si muoveva per la scuola con una sicurezza assoluta, rintanandosi in qualche cantuccio segreto dell’enorme edificio o del giardino.
Ero frustrato da morire e maltrattavo chiunque mi capitasse a tiro, primi fra tutti i ragazzi, che intanto continuavano la disperata ricerca di un chitarrista almeno decente. Io avevo abbandonato la ricerca: avevo trovato quello che volevo e non avevo intenzione di farmelo scappare per niente al mondo.
Un’altra cosa che contribuiva a rendermi ancora più frustrato era la mia adorabile mogliettina, che con l’arrivo del bel tempo, dopo settimane di un tempo pazzo e alquanto strano, aveva ricominciato a stressarmi trascinandomi a feste in giro per tutta Orange Country e a volte anche a Los Angeles, per lo meno quando non ne organizzava in casa nostra. Odiavo essere tenuto come un trofeo da mostrare, ma purtroppo mi ero accorto troppo tardi di essere principalmente solo questo per la strepitosa e perfetta Michelle DiBenedetto.
Mi sentivo una fottutissima bomba pronta ad esplodere e a volte mi stupivo del mio autocontrollo, soprattutto quando rispondevo in tono mieloso a Michelle e a tutta la sacra famiglia degli Avenged Sevenfold, per non parlare poi di quando invece di sbraitare con i ragazzi perché continuavano a cercare invece di aiutarmi ad aggiudicarmi Roxy, li incoraggiavo a cercare.
Sfogavo tutta l’ansia suonando fino ad ore improbabili nel mio piccolo studio domestico rimuginando su un nuovo metodo di sfinimento utile per convincere quella ragazza testarda… avevo bisogno di una strategia vincente, ma a quanto pare il mio cervello era in stand-by.
Un altro fattore che contribuiva alla mia distrazione era quella melodia che ogni tanto mi capitava di strimpellare sovrappensiero e puntualmente mi riportava alla mente un lampo sfocato di un qualcosa passato, a volte si distingueva qualche colore, come un blu,un verde e un marrone, ma subito la melodia mi sfuggiva e perdevo sia il ricordo sia la capacità di suonarla di nuovo … chissà cosa diamine voleva dire!
Smisi di suonare e mi misi le mani nei capelli disperato, riemergendo da quell’enorme flash-back della settimana appena passata, poi feci cadere la testa in avanti e sospirai rassegnato: non avevo più idee.
-Amore è pronta la cena!-
Michelle mi stava chiamando, quindi sfortunatamente la domestica si era sbrigata a cucinare, forse per potersene andare leggermente prima del solito e ciò voleva dire dover passare ancora più tempo con mia moglie a parlare del più e del meno (soprattutto argomenti che la riguardavano) e a far finta di amarla ancora. Perché non poteva essere di più come sua sorella, che nonostante fosse comunque frivola, sapeva che in determinate occasioni doveva fare la persona calma e posata? Ormai non riuscivo neanche più a ricordare i motivi che mi avevano spinto a sposarla…
-Amore, mi stai ascoltando?-
-Come? Scusami tesoro, ero un pochino in sovrappensiero…-
-Ancora a scervellarti per il nuovo chitarrista?-
Lessi sul suo volto che aveva capito il mio cambiamento da frustrato a incazzato.
-Già… deve assolutamente farmi da spalla, ma per un qualche assurdo capriccio non vuole entrare a far parte della band… eppure a quanto pare ci ascolta da sempre, sa tutte le canzoni ed è un grandissimo fan…-
-Forse il ragazzo si vergogna, no? Non è da tutti debuttare con gli Avenged Sevenfold…-
-Lo so, ma è una persona molto testarda e determinata sui suoi obiettivi…-
-Sai, questa persona mi ricorda qualcuno nella sua testardaggine e determinazione…-
-Chi?- in realtà non le prestavo molta attenzione.
-Beh, un bell’uomo con degli zigomi da urlo e bellissimo… lo conosci?- e così dicendo mi baciò e mi si sedette a cavalcioni sulle ginocchia.
-Uhm… forse…- quando faceva così mi faceva ricordare la ragazza semplice e appassionata della quale mi ero innamorato.
Mi baciò dolcemente e poi ridacchiò sulla mia bocca:-Sono convinta che domani sarà il giorno buono e ti dirà di si… nessun ragazzo venticinquenne sano di mente continuerebbe a rifiutare le insistenze di Synyster Gates e degli Avenged Sevenfold!-
Avrei dovuto dirle che in realtà quel ragazzo aveva un bel paio di tette e degli occhi che mi spedivano direttamente all’inferno o in paradiso in base al sentimento con cui mi guardavano?
Forse avrei dovuto farlo, ma ero troppo focalizzato nell’avere quel talento fine e innato tra le mie mani per curarmi di quelle che sembravano inezie.

*ROXY’S POV*
Era una settimana ormai che mi ritrovavo Synyster a gironzolarmi sempre intorno da appena mettevo piede in istituto e stavo per uscirne pazza, quel suo continuo insistere mi mandava in crisi. La Roxy seria e posata mi urlava di non accettare, mentre la Roxy ribelle mi imponeva di accettare... la lotta interna che si stava scatenando dentro di me mi lacerava e mi stancava, per non parlare poi degli incubi che stavano aumentando di intensità. Ormai ogni mattina mi svegliavo urlante e piangente, dopo che il solito buio mi ingoiava e i soliti occhi con la solita melodia mi salvavano. Non ce la facevo più e ormai passavo ogni giorno mezz’ora buona davanti lo specchio cercando di coprire il più possibile i grandi solchi violacei che mi ornavano gli occhi, spiccando sulla mia pelle più pallida del solito a causa della mancanza di sonno.
La frustrazione della mia indecisione si univano allo stress della stanchezza e ormai mi sentivo una bomba ad orologeria pronta ad esplodere alla minima sollecitazione. L’unica cosa che alleviava un pochino la mia pena erano le lezioni con i ragazzi, se solo non ci fosse sempre stata l’ingombrante presenza di Gates ad aleggiarmi intorno.
Con quei pensieri tetri ad aleggiarmi in testa mi preparai leggermente contro voglia e mi apprestai ad uscire, sistemandomi la mia adorata Phobos in spalla.
-Ali, io esco!- urlai per avvertire la mia premurosa coinquilina.
-Aspetta Roxy!- rumori sinistri provenirono dalla sua stanza e dopo pochi attimi ne uscì inciampando in qualcosa di non meglio identificato caduto a terra.
-Hey Ali, calma, che succede?-
-Niente, volevo solo ricordarti di pensarci bene prima di rifiutare per l’ennesima volta la proposta degli Avenged, lo dico per il tuo bene e lo sai.- provai a ribattere alle sue parole ma mi fermò alzando un dito –Sai che muori dalla voglia di dire di sì, quindi non lasciarti frenare da qualche idea stupida e principalmente da codarda, cosa che non sei per niente! Hai sempre affrontato la vita a muso duro, allora perché adesso stai cedendo? Perché ti rifugi in scuse che non si tengono in piedi da sole? Roxy, tu sei una combattente e sei sempre stata quella che mi ribadiva che la vita è una sola e va vissuta ogni volta che se ne ha l’occasione, quindi per una volta sono io che ti dico vai li fuori, accetta quella proposta e combatti… vivi.-
Finì il discorso riprendendo fiato, lasciandomi basita a guardarla.
-Ali io… io…- non sapevo cosa dirle, così di slanciò l’abbraccia stretta e poi mi voltai scappando via, mentre una lacrima calda mi scivolava sulla guancia.
Percorsi tutta la strada che mi separava dal conservatorio immersa nei miei pensieri, torturandomi per l’ennesima volta sul da farsi, cercando di capire cosa volevo dalla mia vita e dal mio futuro. Quasi non mi accorsi che ero arrivata in classe se non fosse stato per i ragazzi che mi salutarono tutti in coro:-Buongiorno signorina Roxy!-
Mi riscossi e con voce stanca gli risposi:-Buongiorno ragazzi!-
Loro notarono che qualcosa non andava, ma come degli adulti fecero finta di niente, prendendo posto e preparandosi alla lezione in silenzio. Gliene fui davvero grata.
Stavamo per iniziare, quando la porta si spalancò di colpo ed un trafelato Brian si precipitò dentro con la sua chitarra in spalla:-Scusi il ritardo signorina Mason, sperò di non aver interrotto la lezione!-
Ero troppo stanca quel giorno per ribattergli a tono, così flebilmente lo scusai e gli dissi di prendere posto per aiutarmi con la lezione, spiegandogli quello che avremmo affrontato quel giorno. Ormai era diventata una routine per me averlo come assistente e dovevo ammettere che in fondo la cosa non mi dispiaceva. Era sempre insistente con le sue proposte, ma vederlo a lavoro con i bambini mi stava facendo scoprire lati di lui che ignoravo e che forse, per la mia sanità mentale, sarebbe stato meglio continuare ad ignorare.
Dopo tre quarti d’ora di lezione cominciai a non sentirmi molto bene, così mi sedetti, lasciando a Brian lo sporco lavoro di controllare le posizioni dei ragazzi, mentre abbandonavo la mia testa sulla cattedra, provando sollievo nel sentire la fredda superficie dura e rigida a contatto con la mia pelle in fiamme.
-Signorina, non si sente bene?- Alex si era accorto che ero praticamente crollata in catalessi sulla cattedra, così preoccupato si era avvicinato a controllare.
-No, tutto apposto cucciolo, sono solo un po’ stanca…- tentai di rassicurarlo, ma la voce mi uscì in un sussurro.
-Synyster! La signorina Roxy non si sente bene!- urlò poi allarmato a Brian, che stava facendo vedere a una delle due bambine, MaryAnne, come sistemare meglio la mano per far uscire un suono migliore.
-Roxy!- la sua voce mi arrivò preoccupata e ovattata alle orecchie, mentre pian piano mi sentivo trascinare giù –Roxy, rispondi!-
Avrei voluto rispondergli, ma non riuscivo a trovare le mie labbra in tutta quell’oscurità che mi stava avvolgendo.
-Tranquilla, adesso chiamo qualcuno per stare con i bimbi e poi ti porto in infermeria!-
Volevo rispondergli, ma tutto quello che mi uscì fu un mormorio senza senso e alquanto flebile. Stavo perdendo il controllo del mio corpo, ma riuscii distintamente a sentire le sue forti braccia sollevarmi delicatamente e poi il calore del suo corpo avvolgermi, mentre camminava spedito verso l’infermeria.
-Roxy, mi senti? Sei ancora qui con me?- mi chiedeva tentando di capire cosa avessi.
Volevo fargli un cenno, dirgli qualcosa, ma l’unica cosa che riuscii a fare fu stringere un pochino le mani alla sua maglia e fare un altro mormorio inconsulto.
-Dio, ma perché stai così, cosa ti è successo?- sentivo che era davvero preoccupato, ma il mio corpo non voleva collaborare per quanto mi sforzassi.
Arrivammo in infermeria e lo capii perché non sentii più il suo calore su di me, ma solo la freddezza e la scomodità del lettino.
-Mrs Marple, aiuto, Roxy è tipo svenuta all’improvviso!- la sua voce esprimeva ansia.
-Roxy, tesoro, cos’hai?- anche l’infermiera era preoccupata e subito iniziò a tastarmi e a controllarmi, potevo sentire il suo tocco delicato sulla pelle.
Come prima non riuscii a rispondere e a reagire, così mi limitai a mugolare flebilmente.
-Guarda come sei pallida e che occhiaie… sei anche dimagrita! Tesoro, come hai fatto a ridurti così?-
-Si riprenderà?- era la voce di Brian che chiedeva di me.
-Un po’ di riposo le farà bene… e anche una bella dose di zuccheri quando si sveglierà!-
-Ok, vado a recuperare qualcosa in cucina…- sentii il rumore di una sedia che si spostava e dei passi pesanti.
-Si, fai bene, tanto comunque dovevi uscire, devo visitarla meglio…-
Furono interrotti dal mio bracciò che scattò per afferrare il giubbetto di Synyster e fermarlo.
-Brian?- sforzandomi ero riuscita a trovare la voce.
-Si Roxy? Vuoi qualcosa? Ti serve qualcosa?- si sentiva un po’ di speranza per quella mia ripresa.
-… accetto.-



*Mary's sproloquio time*

Eccomi qui, in ritardo bestiale ma con un nuovo capitolo!!!
Spero vi sia piaciuto e boh, abbiamo avuto una visione di Brian sempre più sconfitto a causa dell'indecisione di Roxy, che però alla fine ha accettato... sarà stato un momento di debolezza? Chissà se avrà ripensamenti... *pseudo-spoiler in atto u.u*
AnyWay, volevo chiedervi una cosa: avete capito un pochino di più il rapporto Brian/Michelle? Vi siete fatti ipotesi? Se è così mi piacerebbe saperlo per vedere se qualcuno di voi ci ha preso!;)
Beh, oggi sono a corto di parole, così la chiudo qui, ringraziando come sempre le splendide persone che continuano a farmi sentire la loro presenza... VIA AMO!<3
Un bacio e alla prossima,
Mary *che è stranamente a corto di parole c.c*

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Capitolo 5
*** Crawling in my skin ***


Capitolo in revisione!


Crawling in my skin




*ROXY’S POV*
Ebbene si, avevo pronunciato quel fatidico ‘Accetto’ e adesso mi ritrovavo sballottata da ormai una settimana per parrucchieri, stilisti e quantaltro per curare la mia immagine. Ero stata appoggiata dai miei genitori e la mia coinquilina non faceva che ripetermi quanto fosse stata brava a convincermi. ‘No regrets ‘ (per citare Alice) e in fondo adoravo essere coccolata in quel modo, anche se tentavo di mantenere un’aria abbastanza distaccata per far capire ai ragazzi (in realtà solo a Brian e a Matt) che si, avevo accettato, ma che comunque dovevano rispettarmi e considerarmi come loro pari, nonostante per loro fossi il sesso debole.
Avevano deciso di non rendere pubblico il momentaneo abbandono del secondo chitarrista così tutti i concerti erano stati rimandati a dopo l’uscita dell’album, che sarebbe uscito con i photoset con Zacky. Io sarei stata presentata a sorpresa al primo concerto, cercando così di evitare critiche inutili o tensioni tra i fan prima dell’uscita ufficiale e fu così mi ero ritrovata lì, in una noiosissima sala riunioni della casa discografica, mentre tutti si scervellavano sul modo migliore per presentarmi e rendermi simpatica ai fan, concentrati a confabulare tra loro mentre me ne stavo comodamente accocolata su una poltrona. Dopo un’ora di discussione ininterrotta priva di esiti, avevo però deciso di uscire dal mio silenzio per porre fine a quel disastroso scontro di cervelli senza capo ne coda e avevo esordito dicendo:-E se aprissimo il concerto con Girl I Know e spuntassi io mentre Matt dice ‘Let me tell you about a girl I know’? In fondo live non l’avete mai fatta quella canzone e ai fan non va giù la cosa, parlo per esperienza…-
Ci fu un attimo di silenzio, tutti mi fissarono con espressione vuota, poi iniziarono a parlare tutti insieme: chi la trovava un’idea geniale, chi pessima, Matt si asteneva per paura di poter dire cose di cui poi avrebbe potuto pentirsi… o per le quali Brian lo avrebbe ucciso.
-Ma sei proprio sicura di voler salire su quella canzone? Insomma, non è che parli di una ragazza proprio raccomandabile…- Arin, seduto vicino a me nella noia più totale dato che preferiva non prendere parte alle riunioni non sentendosene ancora in diritto, stava tentando di capire discretamente le mie ragioni, mentre gli altri adesso discutevano se fosse o meno una buona idea.
-È un segreto, ma a te lo dirò!- gli risposi furba a bassa voce, avvicinandomi al suo orecchio –Ho sempre desiderato fare una cosa del genere dalla prima volta che ho ascoltato quella canzone!- gli feci l’occhiolino e aspettai la sua reazione.
-Tu sei completamente pazza…- mi guardava serio, ma subito si aprì in un sorriso –e mi piace da morire! Io e te andremo molto d’accordo!-
-Batti il cinque compagno di sventura!- gli risposi sorridendo a mia volta e alzando la mano che subito lui schiaffeggiò facendo risuonare uno schiocco secco per la stanza.
-Roxy!- Brian mi stava fissando con aria di rimprovero, forse ritenendo che la forza usata dal batterista era stata eccessiva –Arin, sei pregato di trattare bene le mani della mia spalla, altrimenti dovrai imparare a suonare la chitarra in un giorno, siamo intesi?-
-Sissignorcapitano!- rispose lui e poi scoppiammo a ridere come due idioti, mentre tutto il resto della band più lo staff presente alla riunione ci guardava come se fossimo pazzi.
Brian fu l’unico ad ignorarci, tirando fuori il cellulare per controllare l’orario per poi alzarsi e richiamarmi all’ordine.
-Roxy, è ora, dobbiamo andare in sala prove!- disse risoluto lanciandomi un’occhiataccia.
A volte era esagerato, ma riuscivo a capire tutta la pressione che aveva addosso dovendosi occupare da solo di tutta la parte che riguardava le chitarre, che sicuramente non era una cosa da poco, così gli perdonavo la sua spropositata teatralità.
Feci una smorfia simpatica ad Arin per salutarlo, cercando di non farmi notare dal mio capo (perché a quanto pareva era solo Mr Gates ad occuparsi di tutte le mie questioni), e poi lo seguii per il dedalo di corridoi che ci portò dalla sala riunioni dello studio di registrazione alla sala prove vera e propria.
-Allora Roxy, oggi decidi tu su cosa vuoi lavorare, io non ho niente da insegnarti, dobbiamo solo provare insieme per regolarci con gli spazi sul palco e per la sincronia… da quel che ho potuto osservare fino ad adesso tu sai perfettamente tutte le prime chitarre, ma con la ritmica come te la cavi?- chiese alla fine.
-Uhm… tra un pochino lo vedrai!- lo lasciai sulle spine, ma lui non si scompose più di tanto, si limitò a continuare a farmi strada in silenzio e in sovrappensiero.
-Avete poi deciso come presentarmi?- chiesi curiosa cercando di rompere il silenzio creatosi tra di noi e interrotto solo dal rumore attutito dei nostri passi sulla moquette, ma lui mi ignorò completamente rispondendomi tutt’altra cosa.
-Ah si, avevo scordato di dirti che ti aspetta una sorpresa!- un sorrisetto incurvò le sue labbra sottili, incantandomi per un attimo –Promettimi di non svenire per l’emozione come tuo solito però!- e mi strizzò l’occhiolino. Mi aveva incuriosito da morire catturando completamente la mia attenzione e non potei far altro che precipitarmi alla porta per irrompere nella sala prove, accompagnata dalle risate di Gates.
Dopo essere entrata come una furia mi fermai a guardarmi intorno e la vidi. La mia nuova chitarra.
-Roxy, ti presento la nuovissima Schecter Roxy’s special, fatta apposta per te in tre modelli unici!- spiegò Synyster avvicinandosi con un aria soddisfatta mentre io sentivo la mascella staccarsi per lo stupore.
-Brian, è uno scherzo?-
-No, ricordi? Te lo avevo promesso che saresti stata trattata alla pari di noi… di me.- Il riferimento, subito corretto, a Vengeance non mi era sfuggito.
-Ma è troppo perfetta per essere mia!- dissi osservando la vernice nera lucida e i pick up argentati e splendenti. Sul manico faceva bella figura un deathbat come nel resto degli strumenti a corde della band, e la scritta in gotico ROX, mentre sul corpo spiccava un disegno aereografato di uno scheletro con le mie sembianze che sorrideva cattivo e provocante suonando una chitarra sopra a un cumulo di lapidi e teschi, con tanto di capelli lunghi sciolti, bustino e pantaloni di pelle stracciati e decadenti. Sulla paletta c’era l’autografo che avevo concordato come mio con i tipi delle relazioni con i fan, dei quali non ricordavo ancora il nome, giusto un paio di giorni prima.
-Beh, che aspetti? Provala!- Brian si era già munito di chitarra e si stava preparando a suonare, mentre mi spronava ad imbracciare il mio nuovo strumento.
-Sicuro che posso?- ero ancora incredula.
-Beh, c’è scritto il tuo nome sopra!-
Non me lo feci ripetere due volte e allungai una mano tremante afferrandola, facendomi poi passare velocemente la cinghia sulla spalla per lasciarla penzolare e saggiarne il peso. Era perfetta e anche il manico era perfettamente equilibrato, ci arrivavo senza sforzo pur tenendo la chitarra molto scesa.
Brian si accorse di quello che stavo facendo e sorridendomi anticipò le risposte alle domande che mi frullavano in testa:-Dato che avevi un mio modello prima, mi sono ispirato proprio a quello, modificandone giusto un poco la forma e rendendola un pochino più piccola e maneggevole… e soprattutto leggera, così puoi fare scena senza fare troppa fatica!- pensò un attimo –Ah si, le specifiche sono identiche alla mia e oltre che in nero ne hai un modello viola elettrico e uno rosso cupo… ho scelto bene?-
Non sapevo come ringraziarlo, le parole mi erano morte in gola al solo ascoltare tutte le premure che aveva avuto nei miei confronti: non me lo sarei aspettato da un tipo che sembrava così distaccato.
Forse dovevo solo imparare a conoscerlo… forse.
Non sapendo cosa dire, feci l’unica cosa che sapevo fare e che di sicuro gli avrebbe trasmesso tutte le mie emozioni: iniziai a suonare con tutta l’anima.

*Brian’s POV*
Le prove erano andate assolutamente da urlo e anche se non mi aveva ringraziato con parole vere e proprie, avevo capito quello che voleva dirmi da come suonava la sua nuova chitarra, con passione, mettendoci tutta sé stessa.
Come previsto se la cavava sia come prima che come seconda chitarra e riguardo alla sintonia tra di noi era perfetta, neanche fossero stati anni che suonavamo insieme… come me e Zacky.
Avevo cercato di renderlo argomento taboo, ma non riuscivo a non pensarlo, in fondo era stato la mia spalla, e non solo sul palco, per la bellezza di dodici anni. Mi sentivo perso senza la sua allegra presenza vicino, senza quella voce dolce sempre pronta a consolarmi. Dopo la morte di Jimmy avevo permesso solo a lui di tirarmi su di morale e ci era riuscito, quindi avevo preso il suo abbandono, seppur temporaneo a detta sua, come una sorta di tradimento, un pugnalamento alle spalle. Ma come lui si era dimostrato comprensivo verso di me nel mio periodo buio io lo ero stato con lui, così avevo fatto finta di capire le sue ragioni e di appoggiarlo nelle sue scelte, anche se dentro di me avevo sentivo aprirsi una ferita sanguinante che non accennava a guarire. Avevo dovuto fare buon viso a cattivo gioco, ma la cosa mi logorava.
Per fortuna era arrivata Roxy a portare una ventata di novità nella mia vita, a salvarmi da quella gabbia sempre uguale e ripetitiva. Con lei avevo dovuto riniziare tutto da capo, anche se non avevo proprio nulla da plasmare data la sua bravura e tecnica, potevo almeno sfogarmi creando la sua immagine pubblica e creando per lei una presenza scenica ancora più definita di quella che già possedeva naturalmente. Per me avevo creato Synyster Gates, per lei avrei creato un qualcosa che avrebbe convinto i fans ad amarla, a non dimenticarla tanto facilmente, ma soprattutto ad accettarla al posto di Zacky. Momentaneamente, speravo. Innanzitutto dovevo curare la sua immagine, così dopo le prove la portai in giro per qualche negozio e poi da un ennesimo parrucchiere per avere una consulenza sui suoi capello. Ormai era una routine di tutti i giorni e con noi veniva anche la consulente di immagine assegnataci dalla casa discografica.
Passai praticamente tutta la prima parte del pomeriggio sballottato da un camerino ad un altro per dare o meno la mia approvazione ai vari stili proposti ed eravamo tipo nel centesimo negozio quando notai segni di stanchezza in Roxy, che ormai aveva lo sguardo spento mentre veniva spogliata e rivestita come una barbie a grandezza naturale.
-Ok, questo mi sembra un po’ troppo estremo…- disse poco convinta, uscendo dal’ennesimo camerino con addosso solo un top (o meglio un reggiseno), un paio di shorts e delle Dr Martens tutti completamente di pelle nera. Era praticamente nuda e la sua pelle pallida risplendeva sotto le luci al neon, in contrasto con i capelli corvini come la pece.
-Allora, che ne pensate?- chiese, guardandomi implorante. Capii subito cosa voleva.
-Uhm… no, non mi piace, decisamente troppa pelle scoperta… e poi ti senti comoda?-
-Onestamente? No.- attimo di pausa e poi riprese un po’ titubante –Ho paura che appena mi agito un po’ troppo sul palco mi schizzi tutto fuori… e poi io pensavo qualcosa alla Lyn-Z, oppure alla Cristina Scabbia… questo stile è un po’ troppo succinto per i miei gusti!-
Io rimasi in silenzio a pensare, mentre la consulente iniziò a fare il suo lavoro.
-Beh, credo tu abbia ragione, questo stile stride un po’ con i tuoi lineamenti e con l’immagine di te che vogliamo dare.- concordò –Però c’è un problema… i due stili che hai nominato rimandano troppo a Zacky, ma noi dobbiamo creare Roxy, capito? Qualcosa che sia unicamente tuo e ti renda distinguibile!-
-Capito…- sembrava voler aggiungere qualcosa, ma esitava, così intervenni.
-Cos’è che non ti convince?-
-Beh, ecco… ieri mi avevate detto se volevo farmi qualche nuovo tatuaggio oppure piercing, sempre per delineare la mia nuova figura e io ci avevo pensato e volevo farmi gli snake bites, ma credo che a questo punto sia una richiesta non accettabile, vero?-
Quella domanda mi stroncò. Voleva farsi gli snakee bites, proprio come lui, che strano gioco del destino.
-Beh… che ne pensi Elienne?- chiesi alla consulente, che prendeva appunti su un taccuino, sul quale faceva anche schizzi di completi o indumenti che erano piaciuti alla ragazza e che potevano andare bene.
-Io credo che non sarebbe molto saggio, dato che i piercings erano un tratto distintivo di Zacky… però è anche vero che erano un paio d’anni che non li metteva più…- ci stava pensando un attimo –secondo me si puo’ fare però, perché no?- acconsentì alla fine.
Vidi Roxy aprirsi in un enorme sorriso e correre ad abbracciarla e ringraziarla.
-Okok, non ti esaltare troppo però!- rispose Elienne divertita, frenando i bollenti spiriti della ragazza –E adesso fila a cambiarti, che dobbiamo passare in un altro negozio e poi dal parrucchiere per ideare un nuovo look!-
-Sissignora!- rispose precipitandosi poi in camerino, ma all’ultimo ci ripensò –Elienne, posso chiederti un favore?-
-Certo, dimmi pure!-
-Avevo visto un vestito elegante prima, mentre cercavamo, e mi chiedevo se potessi provarlo, mi era piaciuto molto e tra un paio di mesi si sposa un mio cugino e…-
-Ok, ho capito, credo di sapere qual è! Vado a prenderlo e ti porto anche scarpe e accessori abbinati!- rispose sospirando la paziente donna per poi avviarsi con un sorriso.
Roxy sembrava davvero felice e tornò in camerino per spogliarsi, in attesa che arrivasse il suo vestito, lasciandomi solo e in silenzio seduto su quel morbido pouf.
Pensavo a tutto quello che mi stava succedendo intorno, pensavo a Roxy e a Zacky, pensavo alla mia vita che veniva continuamente sballottata e della quale non stavo capendo più nulla, mi sentivo quasi estraniato da essa… non ero neanche riuscito a fare più di tanto quel pomeriggio, mi limitavo soltanto a fare piccoli commenti spesso insignificanti. Poi era uscita la questione snake bites e mi aveva dato un’altra cosa su cui ragionare, qualcosaltro su cui sbattere la testa, perché aveva scelto proprio quello tra tutto ciò che poteva venirle in mente?
Mentre ero immerso nei miei pensieri non mi ero neanche reso conto che Elienne era tornata e che Roxy era già pronta ad uscire dal camerino e quando lo fece, mi riportò bruscamente alla realtà.
Era magnifica con quell’abito verde smeraldo in stile impero, corto sul davanti e che si allungava dietro in una coda, lasciandole scoperte le gambe da poco sopra le ginocchia in giù. I piedi erano fasciati da dei sandali altissimi intrecciati, che le risaltavano la caviglia sottile.
-Beh, che ve ne pare?- chiese titubante e imbarazzata.
-Sei perfetta!- le dissi poco prima che la mia attenzione venne catturata dalla sua caviglia sinistra, finemente tatuata –Hey, bel tatuaggio! Non lo avevo notato fino ad adesso!-
-Ti piace?- disse avvicinandosi a me e alzando la gamba per farmelo vedere meglio.
Il disegno della copertina del singolo di Afterlife faceva bella mostra di sé sul lato della caviglia, sovrastando una catena che l’avvolgeva completamente e che veniva spezzata da delle parole.

Unbreak me
Unchain me
I need another chance to live

Riuscii a pensare solo una cosa: Jimmy.
Un’altra crepa si formò dentro di me, un’altra insicurezza che aggiungeva a quelle che già mi turbinavano dentro. Quella ragazza stava stravolgendo il mio mondo dalle fondamenta.



*Mary's sproloquio time*

No, non sproloquio che devo correre al lavoro!u.u Scusate il ritardo, scusate eventuali errori, mi sto praticamente precipitando per voi!XD Ci sentiamo meglio nelle recensioni e questo spazio verrà cambiato questa sera per renderlo decente! Scusate!>.<
Un bacio e alla prossima (I hope!),
Mary

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Capitolo 6
*** I'm not an harlot. ***


Capitolo in revisione!


I'm not an harlot.




*ROXY’S POV*
Ormai erano due settimane che la mia routine era sempre la stessa: sveglia; sala prove; giri per negozi; parrucchieri; estetisti e chi più ne ha più ne metta; di nuovo prove e infine casa, dove crollavo sfinita in men che non si dica.
Era dura dover perfezionare la bellezza di cinque album e in più impararne uno nuovo che non avevo mai ascoltato prima d’ora, ne tantomeno suonato… fortunatamente Brian si stava dimostrando molto paziente e la mia tecnica non era male, quindi più che estenuanti le prove si stavano rivelando divertenti. Certo, non avevo ancora molto fiato per saltellare a destra e a sinistra tutto il tempo e allo stesso tempo cantare i cori, ma quello mi sarebbe venuto man mano quindi non era un problema.
Ripensandoci quelle due settimane mi sembravano irreali, come se quel tempo fosse trascorso senza che io me ne accorgessi, quasi come se vi fossi scivolata attraverso… come se mi trovassi in un sogno. Ormai ogni sera andavo a letto convinta che l’indomani mi sarei svegliata dopo uno dei soliti incubi e mi sarei dovuta preparare per andare a fare lezione ai bimbi, ma per fortuna non era così: andavo a letto e mi risvegliavo con qualche chiamata isterica di qualcuno, che mi intimava di muovere il sedere ad andare in studio per fare questo o quello e gli incubi erano spariti del tutto. Era tutto così irreale.
-Roxy, sei pronta?- Brian mi fissava, agitandomi una mano davanti alla faccia per riportarmi alla realtà. Ormai si era abituato al fatto che ogni tanto mi estraniavo rinchiudendomi in qualche ragionamento che era dato sapere solo a me, così si limitava a riportarmi sulla terra senza fare domande. Mi capiva.
-Come scusa?-
-Su quale pianeta ti sei rintanata questa volta?- ridacchiò leggero.
-Secondo mia madre vengo da Marte, è plausibile come idea?- chiesi sorridendogli innocente.
-Ma le donne non venivano da Venere e gli uomini da Marte?-
-Non mi sono mai piaciuti gli stereotipi!- risposi, sbuffando offesa per finta.
-Non lo avevo notato madame!-
-Che parlare raffinato Gates!-
-Che lingua tagliente Mason!-
Scoppiammo a ridere in contemporanea delle nostre stupide battute, ma fummo interrotti da un esagitato Jason Berry.
-Brian, ti avevo mandato a recuperare Roxy per farvi muovere il culo, non per mettervi a ciarlare insieme!- -Scusaci, adesso arriviamo!-
-No, la truccatrice è già arrivata e gli altri sono pronti, muovetevi!- ci intimò iniziando a spingerci verso i camerini.
Quel giorno avremmo dovuto fare le foto per il nuovo photoshoot, che includeva anche me ovviamente… non riuscivo a capire perché mi usassero così tanto quando in teoria ero solo una misera turnista provvisoria, ma mi andava bene: finché potevo suonare avrei fatto qualsiasi cosa… nei limiti della decenza, ovviamente.
Appena entrai nel camerino venni seduta un po’ di malagrazia su uno sgabello e subito venni assaltata da parrucchiere e truccatrice. Rimasi per una mezz’ora buona nelle loro mani per poi essere sballottata in una cabina, dove mi furono passati dei vestiti.
-Dieci minuti per essere pronta!- mi urlò velocemente qualcuno e poi rimasi sola. Ero leggermente frastornata dato che non ero abituata a tutta quella gente intorno e a tutta quella frenesia, così iniziai a spogliarmi quasi in uno stato di trance, stando però attenta a non rovinare trucco e capelli, acconciati in una strana treccia.
Finii di rivestirmi con il completo che mi avevano dato e mi osservai allo specchio: tacchi borchiati vertiginosi, leggins in pelle tagliati di lato e uniti da degli anelli, bustino nero e argentato che mi strizzava da morire, trucco pesante. Non mi sentivo a mio agio.
Non riuscii a protestare per quel look che mi faceva sembrare una donna matura invece che l’allegra venticinquenne che ero perché venni prelevata e trascinata di corsa verso il set delle foto.
Sorprendentemente la mia ancora di salvezza fu Matt: prima ancora di arrivare sul set si sentivano delle urla isteriche, che si rivelarono appartenere alla stilista, la quale era andata in crisi perché i ragazzi in mia attesa si erano avventati sul buffet e, da ragazzini di tre anni quali erano realmente, avevano iniziato a spintonarsi, finché Matt non si era rovesciato addosso la caraffa di succo d’arancia che aveva in mano. Neanche a dirlo, adesso si stava beccando una bella ramanzina prima di essere trascinato di nuovo nei camerini.
Questo ritardo però, insieme al trambusto creaotosi, mi dava spazio di azione, così sgattaiolai via senza che nessuno si accorgesse di me e di corsa, o per lo meno il più velocemente possibile dati i tacchi assassini, tornai nei camerini dove iniziai a frugare nella rella con il mio nome scritto sopra alla ricerca di qualcosa di decente per cambiarmi. Purtroppo non trovai nulla di passabile, se non un bel paio di stivali Dr Martens neri, che non esitai ad indossare al posto dei tacchi, per poi continuare la mia ricerca nelle relle dei ragazzi, fino a quando in quella di Arin trovai una camicia e una maglia che facevano al caso mio. Le osservai per bene, ponderai e poi scelsi, munendomi di forbici e dando una sistemata alla prescelta in modo che mi si adattasse almeno un po’. Cambiai il bustino con la camicia modificata e mi osservai allo specchio, apprezzando il risultato niente male e scusandomi mentalmente con Arin, sperando non fosse una delle sue preferite.
Non avevo nulla contro i bustini, anzi li adoravo, ma mi avevano conciata un po’ da sgualdrina e sicuramente non era l’idea che volevo dare ai fan. Non volevo essere usata come ragazza immagine solo per farmi accettare, volevo essere accolta come membro della band per la mia bravura. Avevo un carattere e una volontà e volevo farmi valere, e poi come dire di no a una camicia a quadri da maschio tagliata? Già immaginavo le facce dei ragazzi quando mi avrebbero vista arrivare e risi scuotendo la testa per poi tornare seria, dare una sistemata al trucco alleggerendolo, e infine tornare di nuovo verso il set. Si sentivano di nuovo urla isteriche: Matt era tornato lindo e pinto, ma mancavo io all’appello.
-Eccomi, sono qui!- annunciai entrando sul set.
-Roxy, ma dove eri finita?- mi urlò addosso la responsabile del set, per poi notare come ero vestita –E come diamine ti sei conciata? Dove sono i vestiti che ti avevo dato?-
Era furiosa, ma non mi lasciai intimidire.
-Semplicemente non mi piacevano, non voglio sembrare una puttana, voglio conquistare per la mia bravura!- replicai calma e pacata, sentendomi lo sguardo di chiunque nella stanza addosso.
Calò il silenzio e io feci finta di controllarmi la manicure inesistente aspettando che qualcuno parlasse. Fortunatamente Arin venne in mio soccorso.
-Roxy… ma quella è la mia camicia per caso?-
-Cosa? Questa? Naaaaah- non ero stata per nulla convincente.
-Va bene, passi per questa volta, ma sappi che mi devi una camicia nuova… o una cena, decidi tu!- e mi strizzò l’occhio.
-Uhm… ci devo pensare…- -Piccioncini, è ora di ciarlare di meno e lavorare di più!- ci interruppe acida la responsabile del set, che aveva continuato a scrutarmi torva, facendo scoppiare tutti a ridere, tranne me ed Arin che arrossimmo. Mormorammo tutti un assenso e poi remissivi ci mettemmo in posa, facendo quello che ci veniva detto.
Finiti gli scatti di gruppo ci diedero un attimo di pausa durante il quale ci portarono gli strumenti.
-Ottima pensata Roxy! E poi questa maglia ti sta benissimo!- mi disse Matt allegro sfondandomi una spalla con una pacca.
-Grazie Matt, ma impara a dosare la forza!- gli risposi massaggiandomi la spalla dolorante.
-Scusa, non volevo!- era dispiaciuto, così lo tranquillizzai sorridendogli e dicendogli che era tutto apposto. Chiacchierammo un altro paio di minuti, poi l’assistente del fotografo venne a chiamarci dicendo che erano richiesti i due chitarristi, così mi alzai e mi affiancai a Brian, che aveva la sua chitarra già imbracciata mentre io l’avevo appesa sulla schiena.
-Sai, ti ho visto prima che scappassi a cambiarti…- iniziò a parlarmi lui senza neanche degnarmi di uno sguardo mentre raggiungevamo il set e aspettavamo istruzioni –Eri bellissima, è vero, ma non eri la vera Roxy e non voglio che la casa discografica ti usi come specchietto per le allodole, quindi sei stata bravissima. Mi aspetto grandi cose da te e pretendo che ti mantieni così, genuina e spontanea, capito?-
Mi aveva fatto un vero e proprio discorso, al quale non sapevo cosa rispondere.
Fortunatamente venni salvata dalla stridula voce della responsabile, che iniziò praticamente ad urlarci una catasta di istruzioni.

*BRIAN’S POV*
Avevo visto Roxy arrivare e poi sgattaiolare via, leggermente insicura su quegli assurdi tacchi da sgualdrina che le avevano dato, ma non la fermai, curioso di sapere cosa avrebbe combinato. Non rimasi deluso e dopo un po’ la vidi tornare vestita con il suo stile e un trucco leggerissimo. Quella era la Roxy che avevo scelto. Soddisfatto non dissi nulla e osservai la sua schermaglia con la responsabile del set, che dovette incassare il colpo inflittole con una pacatezza esasperante e tacere. Adoravo sempre più quella ragazza e se avesse continuato di quel passo, il mio piano sarebbe andato a buon fine. Nessuno sapeva dell’esistenza del mio piano, tranne me e qualcuno della casa discografica, e così doveva essere, almeno non si sarebbero creati scandali o scompigli vari, totalmente inutili tra l’atro, ma è risaputo che quando si è famosi anche un capello fuori posto diventa una questione di stato.
Ero immerso nei miei pensieri mentre facevamo le foto, c’ero così tanto abituato che ormai mi estraniavo completamente, ma ovviamente Roxy non poteva saperlo.
-Dai Brian, fai un sorriso!- mi sussurrò tra uno scatto veloce ed un altro.
La guardai un attimo spaesato tornando alla realtà, ma poi capii e provai a sorridere, a tirare su gli angoli della bocca come mai ero riuscito a fare nei servizi fotografici. In genere dovevamo essere seri, la musica che facevamo lo richiedeva, così con il passare degli anni avevo imparato a tirare fuori solo la mia faccia impassibile e a non sorridere più quando avevo una macchinetta fotografica puntata direttamente addosso. Solo i fan riuscivano a strapparmi ancora qualche sorriso, ma erano sorrisi leggeri, che raramente si espandevano al di là delle labbra. Da quando Jimmy non c’era più poi la situazione era peggiorata ulteriormente, il matrimonio con Michelle mi aveva risollevato un poco finché non era precipitato e quei pochi sprazzi di felicità che mi si leggevano addosso in realtà erano dettati solo dall’esigenza di apparire normale.
-Questo è tutto quello che sai fare, Brian?- disse Roxy canzonatoria dato che il massimo che mi era uscito era una pseudo smorfia sofferente –Credo che non hai capito bene, ma tranquillo, ci penso io!-
Iniziò a fare una marea di facce buffe nella mia direzione, una più assurda dell’altra, e io non potei fare a meno di ridere di gusto, aspettando il fatidico richiamo del fotografo, che però non arrivò. Sentivo un peso sciogliersi dentro di me e vedere quella ragazza così spumeggiante e piena di vita saltellare in giro mettendosi in pose assurde mi fece venire voglia di tornare a vivere di nuovo, così iniziai a seguirla nei movimenti e ci mettemmo nelle pose più strane, facendo le espressioni più assurde che ci vennero in mente fino a che il fotografo soddisfatto ci fermò.
-Ok ragazzi, siete stati perfetti! Abbiamo una marea di scatti seri e di scatti ridicoli, adesso passiamo a qualcosa di un po’ più particolare…- e così dicendo fece cenno a due assistenti, che trascinarono un enorme poltrona in stile rococò al centro del set. Era davvero bella, in velluto nero e rosso e con l’intelaiatura di legno lavorato argentata, e sapevo esattamente a cosa serviva.
-Ok ragazzi, credo non vi fosse stato detto che avremmo dovuto fare un servizio fotografico anche per Guitar World e per qualche altra rivista, vero?-
Io ovviamente lo sapevo, ma feci finta di nulla. Il piano era ufficialmente iniziato.
-Uhm… no, non mi sembra, vero Rox?-
-No, neanche a me era stato detto nulla, anche perché sei tu il mio corrispondente e se non lo sapevi tu è ovvio che non lo sapevo neanche io!- e scoppiò a ridere di gusto a mio discapito.
Mi diedi mentalmente dell’idiota per essere totalmente incapace di mentire e cercai di sviare il discorso, cambiando argomento:-Bene, cosa dobbiamo fare allora?-
-Avete la poltrona e potete fare quello che volete! Una ventina di scatti individuali a testa e venti in coppia… chi inizia?- ci spiegò il fotografo.
-Io!- si fece avanti Roxy entusiasta, iniziando a prendere posto sulla poltrona con la chitarra. Gli assistenti sistemarono le luci, la truccatrice le diede una risistemata e fecero gli scatti. Le sue foto erano stupende e le pose che assumeva sembravano così naturali… neanche fosse stata famosa per tutta la sua vita! Le sue foto vennero date tutte per buone al primo scatto, così nel giro di dieci minuti mi ritrovai seduto io sulla poltrona. Altri dieci minuti e passammo alle foto insieme, ma non sapevamo come sistemarci in uno spazio così ristretto e castigato e il risultato fu l’esasperazione del fotografo che tentava di farci capire come sistemarci: io seduto in poltrona con Rox dietro di me e le chitarre bene in vista; Roxy seduta di traverso e io appollaiato su un bracciolo e così via. La mia preferita però fu quella con Roxy messa a testa in giù sulla poltrona, con la testa che penzolava dalla seduta e le gambe allungate sullo schienale e io seduto a terra con la schiena appoggiata ad un bracciolo, un ginocchio piegato e la mia chitarra appoggiata tra me e la testa di Roxy, mentre la sua le poggiava in piedi sulla pancia. Non so perché mi fossi innamorato di quella foto, ma ne chiesi una copia. Forse erano le nostre espressioni così serie, forse erano le nostre teste quasi alla stessa altezza che risaltavano la differenza tra i nostri occhi… non saprei dirlo.
Finalmente finimmo definitivamente il servizio e fummo congedati dal fotografo, che chiamò gli altri sul set per le loro foto.
Esausto crollai su una sedia vicino al buffet e afferrai una ciambella al cioccolato addentandola con gusto sospirando felice. Ormai tutto il lavoro era fatto, ancora una settimana e saremmo partiti per il tour, quindi potevo rilassarmi e pensare solo alle prove con Roxy, che erano più un piacere che un dovere. Nonostante tutta la situazione per un attimo mi sentii libero e felice seduto lì con la mia ciambella al cioccolato, così chiusi gli occhi e reclinai la testa rilassandomi del tutto.
-Uao, Synyster Fuckin’ Gates che ride di sua spontanea volontà… non avrei mai pensato di poter vedere un simile spettacolo in vita mia!-
Spalancai gli occhi di colpo, trovandomi Roxy davanti che mi sorrideva tranquilla allungandomi una bottiglia di birra ghiacciata.
-Ho fatto una scappata velocissima al bar qui di fianco, con questo caldo ci sta tutta, non trovi? Certo, non è Heineken, ma penso che si possa soprassedere per un volta!- agitò la bottiglia intrisa di goccioline d’acqua, invitandomi a prenderla e io non me lo feci ripetere due volte, allungandomi e afferrandola.
-Grazie, ci voleva proprio!- le dissi grato dopo aver preso una lunga sorsata.
-Beh, ce la siamo proprio meritata…- disse pacata dopo essersi seduta di fianco a me ed aver tirato una sorsata a sua volta.
A quel punto cadde il silenzio, ma non uno di quei silenzi imbarazzanti, ma un silenzio tranquillo, quello che in genere c’è tra persone che si conoscono da lunga data. Amavo quei tipi di pausa, ma quel giorno non mi stava bene, volevo parlarle e magari conoscerla un po’ di più, soprattutto adesso che aveva gettato, almeno in apparenza, la sua maschera da dura.
-Allora Roxy, non abbiamo avuto molto tempo per parlare fino ad adesso, quindi ti va se chiacchieriamo un po’?-
-Certo che no! Cosa vuoi sapere?- chiese mantenendo gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro in relax. Teneva la birra con una mano appoggiata su una coscia e le gambe divaricate, era seduta proprio come un ragazzo e non potei fare a meno di sorridere. Sarebbe stato interessante osservare quella ragazza imprevedibile gironzolare in giro durante il tour.
-Non so, qualcosa di te…-
-Non c’è molto da dire, ho venticinque anni, sono nata il 21 marzo, suono la chitarra da quando avevo otto anni, amo la musica, leggere, cucinare e tante troppe cose… ho sempre vissuto ad Hollywood e boh, questa è la storia della mia interessante vita!-
Scoppiai a ridere per il tono che aveva usato.
-Secondo me ci sono cose molto più interessanti che non hai raccontato perché a te sembrano insignificanti!-
-Potresti aver ragione, ma se è così non so distinguerle dalle altre e quindi non saprei che altro dirti, non trovi?-
-Sei furba…-
-Non per niente vengo da Marte, il dio della guerra e quindi delle strategie, ricordalo sempre!-
Risi di nuovo e stavo per ribattere quando fummo interrotti da una voce.
-Figlio mio!- l’inconfondibile voce di mio padre mi fece scorrere un brivido lungo la schiena: ogni volta che compariva succedeva sempre un qualcosa di assolutamente ridicolo a qualcuno, come quando Johnny inciampò ‘casualmente’ in una buca creatasi dalla rimozione di una mattonella nell’ingresso, andando ad incastrare la testa dritto nel portaombrelli. Ovviamente l’esatta disposizione di mattonella mancante e portaombrelli non era stata per niente casuale e sotto c’era lo zampino di Haner Sr, che erano ormai anni che si divertiva a fare scherzi alle spalle dei miei poveri ed ignari compagni band.
-Pà, siamo qui!- gli feci cenno senza spostarmi di un millimetro per poi iniziare a sbracciarmi per attirare la sua attenzione, dato che aveva imboccato tutto convinto la via dei camerini.
-Allora, come stanno andando compiti e vacanze?- chiese amabilmente raggiungendoci.
-Sai com’è, non vado più a scuola dalla bellezza di tredici anni vecchio!-
-Per me resterai sempre il mio bambino, lo sai!- rispose imitando in falsetto la voce di Suzy, la mia adorata matrigna.
-Vecchio, sei pessimo!- gli risposi ridendo e dandogli una pacca sulla spalla.
Rise anche lui, per poi voltarsi verso il buffet e notare Roxy seduta di fianco a me.
-Ma al di là delle cazzate, lascia che ti presenti Roxy, lei è la nostra nuova chitarrista!- dissi con entusiasmo presentandola.
-È un piacere conoscerla Signor Haner!- le sorrise lei tendendogli una mano, dopo che era stata in silenzio ad osservare il nostro siparietto con un sorrisetto stampato sulle labbra.
-E così tu saresti il tanto famoso chitarrista acclamato da mio figlio e dai ragazzi! Chissà perché avevo capito fossi un lui e non una lei…- gli strinse la mano con una strana espressione che non riuscii a decifrare, squadrandola da capo a piedi.
-Beh, sarò anche una ragazza, ma sono perfettamente in grado di gestire questi quattro combina guai senza problemi, signore!-
La risposta piacque a mio padre, che si aprì finalmente in un sorriso.
-Questo lo vedremo mia cara, anche se credo che la tua unica preoccupazione debba essere la testa calda che ti è seduta vicino…- rispose enigmatico.
Non riuscii a capire cosa avesse voluto dire, ma non ci pensai più di tanto dato che fui catturato dalla conversazione assolutamente senza senso e in pieno stile Haner, che avevano iniziato ad intrattenere i due, come se si conoscessero da una vita.



*Mary's sproloquio time*

*coff-coff* Ebbene si, eccomi qui, di ritorno con un nuovo capitolo e fottutamente in ritardo!>.< Chiedo umilmente perdono (anche per non aver ancora risposto alle vostre splendide recensioni c.c) ma tra studio e lavoro non riesco più a trovare attimi di respiro e il massimo che riesco a fare è pubblicare cose corte e anche di fretta!c.c
AnyWay, eccoci qui con questo nuovo capitolo che a me personalmente non piace molto, ma sentivo la necessità di questo capitolo di passaggio e quindi eccolo qui, nella speranza non vi disgusti troppo!u.u
Comunque, questo capitolo mi ha inquietato alquanto perché dapo averlo scritto sono usciti i photoshoot dei ragazzi e corrispondevano a quello che ho scritto e ho trovato la cosa inquietante assai! Cioè, sono uscite le foto del photoshoot di Zacky e Brian che inizia serio e poi finisce a risate per Guitar World e adesso ne è uscito uno di loro con delle poltrone rococò in velluto e boh, non lo trovate inquietante?u.u
Okok, la chiudo qui con il mio sproloquio e beh, spero abbiate voglia di lasciarmi le vostre impressioni e come sempre un grazie speciale a quelle adorabili personcine che recensiscono, preferiscono, seguono e ricordano: siete il mio motore e io vi amo!<3
Un bacio e alla prossima (I hope!),
Mary

p.s. avevo scritto anche una OS che pubblicherò presto in cui descrivevo una bambina con le ali da deathbat e nel video di Hail to the king c'è!!! *ok, basta la smetto u.u*

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Capitolo 7
*** It's caving in around me, what I thought was solid ground... ***


It's caving in around me, what I thought was solid ground...




*ROXY’S POV*
Erano passati cinque giorni dal servizio fotografico e dopo due giorni sarebbe partito il tanto atteso tour. Il cd era uscito, riscuotendo consensi e parecchie recensioni positive dai principali critici musicali. Certo, c’era chi era rimasto deluso e si lamentava, ma in fondo i ragazzi avevano attuato un’enorme ennesima evoluzione musicale e a mio parere spaccavano come sempre. Al primo ascolto ero scettica anch’io, ma poi ascoltandolo di nuovo, e soprattutto suonandolo, mi ero innamorata follemente di ogni singola nota di ogni singola canzone e, da fan qual ero prima di tutto, mi ritenevo pienamente soddisfatta.
Adesso l’ultimo scoglio da affrontare, almeno per me, era il primo concerto e quindi il mio debutto ufficiale con conseguente annuncio dell’abbandono di Zacky. Avevo una fottutissima paura addosso e conoscendo come si comportavano generalmente i fan immaginavo i peggiori scenari apocalittici infarciti di fischi e offese varie. Avevo ancora davanti agli occhi i vari flames scoppiati dopo l’entrata di Arin nella band e l’ansia ormai era diventata la mia peggiore amica e mi aleggiava sempre intorno, anche se cercavo di non darlo a vedere per mantenere la facciata da dura che avevo costruito con i miei compagni di band.
Sospirando diedi un ultimo sguardo alle valigie accatastate in un angolo della stanza in attesa di essere ritirate per venire poi caricate sul tourbus l’indomani, e poi mi misi davanti allo specchio, osservandomi e sistemando il laccetto del costume che sporgeva dal top che portavo.
Di lì a poco sarebbe passato Arin a prendermi per accompagnarmi al tradizionale party pre-tour, organizzato da Matt e moglie in una spiaggetta privata, al quale era invitato ogni singolo membro della crew, con rispettive famiglie a seguito, e ciò voleva dire conoscere finalmente tutto il resto dell’enorme famiglia Avenged Sevenfold. Non ero stata ancora presentata ufficialmente a tutti dato che avevo passato l’ultimo mese rintanata in studio oppure trascinata in giro da Brian e dalla mia consulente d’immagine, quindi ero consapevole che avrei passato tutta la giornata tra una marea di facce sconosciute intente a squadrarmi per capire se fossi o meno in grado di assolvere al gravoso compito che mi era stato affidato. No, non mi sentivo per niente ansiosa ed ero pronta ad affrontare tutti con il sorriso. Sbagliato. Avevo una fottutissima paura di sbagliare qualche cosa e quindi essere considerata una totale incapace.
Sospirai di nuovo sconsolata continuando ad osservarmi allo specchio, quando suonò il campanello e la voce di Alice si sparse chiara per l’appartamento informandomi che il mio accompagnatore era arrivato. Era passato a prendermi lui perché era l’unico che abitasse a Los Angeles e non ad Huntington Beach e che conoscesse la strada per la nostra meta. Gliene fui immensamente grata quando si offrì di accompagnarmi dopo un’ora che Matt e Johnny provavano a spiegarmi la strada, con l’unico risultato di incasinarmi ancora di più le idee… che disastro quei due!
Tirai un respiro profondo per calmarmi, detti un’ultima occhiata al mio riflesso nello specchio e recuperai la borsa da mare che rischiava di scoppiare e la mia malandata acustica, che Brian mi aveva chiesto di portare perché aveva in mente qualcosa di carino per il falò della sera. Salutai quella traditrice di Alice che non si sa per quale motivo mi aveva dato buca adducendo una qualche evanescente scusa e poi uscii finalmente di casa, trovando Arin ad aspettarmi appoggiato alla sua auto. Mi venne incontro e prese in consegna chitarra e borsa, aprendomi la portiera.
-Hey, ciao Rox!- mi sorrise.
-Ciao!- risposi entusiasta, facendo cozzare leggermente il mio pugno contro quello chiuso che mi porgeva lui.
-Pronta per conoscere tutto il resto di questa folle famiglia?- chiese dopo aver sistemato le mie cose sul sedile posteriore ed essersi accomodato al suo posto.
-Uhm, diciamo di si…- senza rendermene conto feci trasparire un po’ della mia ansia.
-Tranquilla dai, scommetto che andrai subito d’accordo con le ragazze!-
-Per le ragazze intendi le DiBenedetto e Lacey?-
-Si, vedrai che ti faranno sentire a casa!-
-Ok, allora mi fido…-
-Tranquilla, se vuoi ti farò compagnia tutto il giorno, in fondo so come ti senti, fino a pochi giorni fa ero io il nuovo arrivato!-
Gli sorrisi grata per quella promessa e mi rilassai un poco, concedendomi di accomodarmi sul sedile. Da dietro le lenti scure dei miei Rayban osservai meglio Arin. Indossava dei pantaloncini da surfista neri e una semplice t-shirt grigia, i riccioli bruni gli ricadevano scomposti incorniciandogli il volto scuro e spigoloso mentre guidava concentrato, ma con un espressione serena.
Tra noi era sceso il silenzio, ma non era male, mi sentivo a mio agio, così guardai fuori dal finestrino, abbassandolo un poco per sentire la calda e umida aria di agosto giocare con i miei capelli liberi. Un arpeggio di chitarra iniziò a spandersi apparentemente calmo nell’abitacolo e riconoscendolo mi voltai sorridente verso Arin.
-Ti piacciono i Pantera?-
-Non sono la mia band preferita ma li ascolto volentieri… amo particolarmente questo cd! Sai, me lo ha regalato Brian dopo che gli avevo detto quanto mi facesse impazzire!-
-Davvero?-
-Si, non è così stronzo come sembra, la sua è solo una facciata!-
-Tranquillo, lo so…- eccome se lo sapevo, forse nessuno poteva saperlo più di me.
Comunque finimmo il discorso quando This love entrò nel vivo ed iniziammo entrambi a cantarla a squarciagola, lui battendo il tempo con le mani sul volante e io facendo air guitar.
Passammo tutto il resto del viaggio cazzeggiando e cantando come se non ci fosse un domani e rimasi quasi delusa quando dopo tre quarti d’ora causa traffico arrivammo a destinazione.
-Signorina, siamo arrivati!- annunciò Arin parcheggiando e spegnendo lo stereo.
Una leggera ansia tornò ad assalirmi e insicura uscii dall’auto recuperando la borsa, dato che la chitarra l’aveva presa in consegna Arin, il quale si era già avviato verso il decorato ingresso della spiaggia. Mi affrettai a seguirlo e ad affiancarlo e cercai di stamparmi un sorriso abbastanza convincente in faccia.
Poco prima di entrare si fermò, prendendomi per mano bloccandomi.
-Sicura che va tutto apposto?-
-Certo, in fondo cosa vogliono farmi… mica mi mangiano!-
Rise della mia battuta.
-Comunque stai benissimo vestita così!- disse alludendo ai miei shorts neri, con sopra una canottiera dei Misfits e delle infradito con tanti simpatici teschietti sopra.
-Grazie, anche tu stai benissimo così!- dissi arrossendo un poco per il complimento ricevuto.
Mi sorrise di risposta e poi mi guidò dentro, dove venimmo accolti dall’imponente vocione di Matt.
-Arin, Roxy, finalmente siete arrivati! Pensavo vi foste persi e stavo per chiamare la polizia!- disse allegro sfondandoci le spalle con delle possenti pacche.
-Matt, ricordi il discorso della forza?- gli dissi boccheggiando.
-Oddio, scusa Roxy, hai ragione! Promettimi di non dirlo a Brian, ti prego!- sembrava terrorizzato e io ed il batterista non potemmo fare a meno di scoppiare a ridere.
-Dirmi cosa, cognato?- Brian era spuntato dal nulla, a torso nudo come la maggior parte degli uomini presenti, guardandoci torvo.
-Niente di rilevante, capo!- gli risposi allegra.
-Uhm, farò finta di crederti, ma Matt…- disse minaccioso –sappi che ti osservo, ed osservo anche voi due!- Lo guardammo interdetti per un attimo, poi scoppiò a ridere delle nostre espressioni scioccate.
-Dio, ragazzi, se aveste potuto vedere le vostre facce!- ci mancava poco che iniziasse a contorcersi a terra dalle risate. Capendo lo scherzo iniziammo a ridere anche noi, attirando lo sguardo della maggior parte della gente che si aggirava tranquilla intorno a noi con drink o cibarie varie in mano.
Venimmo interrotti da delle voci femminili che a un primo ascolto potevano sembrare identiche, ma che in realtà variavano per delle leggere sfumature.
-Matt, se continui a ridere così forte sveglierai persino gli abitanti della luna!- disse una ragazza bionda dai lineamenti delicati e la carnagione dorata.
-Scusaci Val, ma Syn è in vena di cazzate oggi!- rispose lui smettendo di ridere e passandole un braccio intorno ad un fianco sottile, baciandola velocemente.
-Si, infatti oggi Bri è di ottimo umore, vero amore?- disse l’altra ragazza, castana, affiancandosi invece a Brian.
-Puoi ben dirlo tesoro!- non mi sfuggì la forzatura con la quale l’aveva chiamata ‘tesoro’, ma nessun altro parve accorgersene, così credetti di essermela inventata.
-Approposito!- continuò Gates dopo aver abbracciato e scoccato un bacio a sua moglie –Ho finalmente l’onore di presentarvi la tanto acclamata Roxy, la nostra nuova chitarrista!-
E fu così che mi ritrovai squadrata da due paia di occhi identici, che sembravano volermi frugare fin dentro l’anima. Involontariamente mi strinsi ad Arin, che senza farsi notare mi diede una pacca d’incoraggiamento.
-Piacere, sono Roxy!- cercai di sorridere, alzando una mano in segno di saluto.
Valary si aprì subito in un sorriso e venne a stringermi la mano, mentre Michelle rimase un pochino in disparte con una faccia glaciale.
-Il piacere è tutto mio, mia cara, ho sentito molto parlare di te!- le disse Val cordiale –Spero ti trovi a tuo agio con questi quattro spostati… io ormai sono muta e rassegnata!-
-Non mi lamento!- risposi sorridendole grata per la confidenza che mi stava dimostrando.
Stava per dire altro, quando la voce di Michelle la interruppe.
-Chitarrista è? Brian, chissà perché avevo capito fosse un lui e non una lei…-
Calò un silenzio di tomba.

*BRIAN’S POV*
Dopo aver udito il tono di Michelle iniziai a stare sull’attenti, cercando di non perdere ne lei ne Roxy di vista per tutto il giorno e cercando anche di evitare un loro contatto ravvicinato.
Sapevo cosa quel tono volesse dire: era gelosa, ma non avrebbe fatto gesti eclatanti in pubblico. Sapevo anche che quella sera, a casa da soli, sarebbe successo il finimondo.
Passai il resto della giornata in tensione e furono poche le cose che mi strapparono un sorriso, come vedere il piccolo River giocare nell’acqua bassa con Roxy ed Arin, oppure Johnny venire seppellito di sabbia mentre sonnecchiava beato sotto un ombrellone, ma quei piccoli sprazzi di ilarità non sciolsero l’ansia che mi sentivo crescere addosso man mano che la festa si avviava al termine.
Vedevo Michelle aggirarsi come sempre leggiadra tra le persone, fermandosi a chiacchierare amichevole con chiunque, ma vedevo in lei anche una leggera rigidità, che solo chi la conosceva bene sapeva come interpretare: era infuriata.
Alle due di notte la festa si era esaurita e dopo aver salutato le poche persone rimaste, tra cui tutti i membri della band con rispettive famiglie, mi affiancai a Michelle e raggiungemmo la macchina, per poi salirvi e percorrere la strada che ci separava da casa in completo silenzio. Non appena ci eravamo allontanati da tutti, il suo sorriso affabile si era trasformato in una maschera impassibile. Sentivo il gelo provenire dal corpo di mia moglie e rabbrividii, mentre il silenzio pesante mi sembrava assordante.
Arrivati a casa scesi e recuperai la mia chitarra e la borsa da mare, per poi dirigermi verso casa ed aprire la porta. Michelle continuava ad ignorarmi e la cosa iniziava a farmi impazzire, ma non appena la raggiunsi in cucina, dove lei stava bevendo un bicchiere d’acqua, mi freddò.
-Devi dirmi qualcosa?-
-No, cosa dovrei dirti?- risposi sommesso e cauto: quando era arrabbiata era meglio tenere un basso profilo.
-È molto carina… e giovane. È brava quanto bella?-
-Parli di Roxy?- non mi rispose –Se parli di lei, sappi che è un vero portento alla chitarra, e questa è l’unica cosa che mi interessa.-
-Ne sei sicuro?-
-Puoi starne certa.-
-Sai, ho visto come la guardavi… e anche come non la perdevi mai di vista.-
-Ma che dici, Mich?-
-Non prendermi per idiota, Brian!- stava esplodendo –Ho visto il sorrisetto ebete mentre la osservavi giocare con River! E ho visto anche che mentre suonavate intorno al falò la fissavi, e potrei riconoscere quel tipo di sguardo tra miliardi, è quello che mi ha fatto cadere ai tuoi fottutissimi piedi!-
-Amore, ti giuro che hai immaginato tutto!- ero in panico –Ti assicuro che per me è solo una che lavora con me, e sai benissimo che preferirei centomila volte riavere Zacky al mio fianco!-
Avevo addirittura nominato Zacky, ero davvero disperato…
-Io… io non so se posso crederti Brian!- i suoi occhi iniziarono a luccicare e la sua voce si spezzò –Già devo vivere ogni singolo, fottuto giorno nell’ansia che tu possa tradirmi con una qualche groupie compiacente, ma adesso ce l’hai direttamente a portata di mano e ho anche la certezza che da parte tua non ti è indifferente!-
-Michelle, posso assicurarti che da quando stiamo insieme io non ti ho mai tradita e non mi è neanche mai passato per l’anticamera del cervello, nonostante tutte le ragazze che mi si concedevano, puoi credermi!- ero davvero sincero, dal momento in cui avevo capito di provare qualcosa per lei, avevo anche rinunciato alla mia fama da puttaniere incallito –E sicuramente non ho intenzione di iniziare a tradirti adesso, perché io ti amo!-
Amavo Michelle, l’amavo davvero, anche se ultimamente stavo avendo seri dubbi, ma questo non potevo dirglielo, quindi avevo optato per la via del codardo.
-Non lo so, Brian.- le lacrime iniziarono a scenderle sulle guance –Questa volta non so se crederti… non posso essere ipocrita, ultimamente non siamo più la coppia di un tempo e questo lo sai benissimo anche tu!-
-No, Mich, non fare così…-
-No, Brian!- mi interruppe risoluta, mentre la sua voce tornava ferma –Ho bisogno di tempo, tempo per riflettere sul nostro matrimonio.-
Non le risposi: non sapevo cosa dirle dato che aveva centrato appieno il nocciolo del problema.
-Domani mattina presto parto e vado dai miei, tornerò dopo che sarai partito… forse è meglio che tu questa sera dorma nella camera degli ospiti.-
-Mich…- provai a riaprire il discorso in qualche modo, ma lo sguardo disperato che mi lanciò mi spense le parole in gola.
-Siamo confusi entrambi e quindi è meglio così, fidati.- mi si avvicinò e mi diede un lieve bacio sulla guancia –Buon viaggio Bri e sfondali tutti come sempre Synyster Gates.-
-Lo farò Mich.-
Mi sentivo morire e la confusione che avevo dentro non fece che aumentare, mentre la vedevo salire le scale con la sua grazia ed eleganza innate, ma con le spalle cadenti e la testa bassa. Non sapevo cosa fare e quindi non feci nulla, sgattaiolando nel mio studio non appena sentii la porta della nostra stanza sbattere. Suonai per tutta la notte ma i miei pensieri, invece di riordinarsi, divennero ancora più selvatici.

L’indomani mattina mi svegliai con la testa appoggiata sul mixer del mio studio e la chitarra mezza scivolata sulle ginocchia. La schiena mi doleva e così anche la testa, ma appena i ricordi della sera precedente si fecero vivi nella mia mente un ulteriore sensazione di malessere iniziò ad aleggiarmi dentro, peggiorando la situazione. Uscii da quella stanza insonorizzata e il silenzio tombale della casa mi colpì dritto allo stomaco, peggio di un pugno.
Aveva detto che se ne sarebbe andata e sapevo che lo avrebbe fatto, in fondo la testardaggine era uno dei difetti che amavo di più in lei, anche se dentro di me avevo un barlume di speranza di trovarla ad attendermi in cucina, con un sorriso mesto e un caldo ‘caffè della pace’, come amava chiamarlo lei.
-Mich?- chiamai nel corridoio silenzioso.
Ovviamente non ricevetti risposta, così mi diressi in cucina trascinandomi in perfetto stile zombie e sedendomi sull’isola, per poi abbandonare la testa tra le mani e chiudere gli occhi. Non so quanto tempo rimasi così: secondi, minuti oppure anni interi, so solo che fui riscosso dal cellulare che mi vibrava in tasca e che afferrai con poca voglia, rispondendo solo dopo aver letto attentamente il nome di chi mi stava chiamando.
-Pronto?-
-Brian!- la voce di Roxy era frizzante e piena di allegria.
-Hey Rox…- diciamo che l’entusiasmo che ci misi era pari a quello di un bradipo morto.
-Ti sei appena svegliato vero?- ridacchiò lei alla cornetta e potevo quasi vederla illuminarsi di un sorriso da bambina –Oppure ti ho svegliato io? Se è così scusami! Solo che sono quasi le undici ed avevamo appuntamento per le dieci e mezza e non ti vedevo di arrivare e mi sono preoccupata! Tu non sei mai in ritardo, anzi, in genere sei sempre in anticipo e mi stressi e…-
-Calma, calma, calma!- cercai di fermare quel fiume in piena –Che appuntamento avevamo noi?-
Andai in panico e corsi a recuperare l’agenda per controllare.

Ore 11:00 Piercer Roxy


Mi tirai una manata sulla fronte, imprecando mentalmente per la mia idiozia.
-Oddio, avevamo appuntamento dal piercer! Scusami, ma adesso non faccio in tempo ad arrivare fin lì a Los Angeles, ti scoccia andare da sola?-
-Oh, tranquillo, non fa nulla!- disse lei tranquillamente –In fondo ti avevo già detto che per me non era un problema andare sola, ma tu avevi tanto insistito!-
-Scusami davvero, mi era completamente passato di mente, io…-
-Brian, davvero, tranquillo!- mi interruppe con tono dolce –Sono grande, grossa e vaccinata, e tutti i tatuaggi che ho, sono andata a farli da sola, quindi tranquillo, ok?-
-Okay, ma avevo insistito così tanto…-
-Ripeto: tranquillo! Se proprio non vuoi che vada da sola, chiamo Arin, ti senti più tranquillo papà?- e scoppiò a ridere della sua stessa battuta.
-Okay, va bene, vai da sola e scusami di nuovo, non so cosa mi sia preso!-
-Sai Brian: un po’ di stanchezza e qualche imperfezione ogni tanto sono concesse anche a te, non puoi essere Synyster Gates anche nella vita reale!- mi disse seria.
-Hai ragione, grazie.-
-Grazie di cosa?-
-Lo so io per cosa…-
-Ma Brian…-
-Ora devo andare Roxy... mi raccomando domattina puntuale all’LAX e ricordati che alle quattro oggi pomeriggio passano i Berry a ritirare i bagagli e gli strumenti che hai a casa!- la interruppi.
-Okay, ma…-
-A domani!- e troncai la conversazione.
Mi venne in mente solo l’attacco di una canzone dei Five Finger Death Punch, la band che ci avrebbe aperto i concerti durante il tour:

It’s caving in around me
What I thought was solid ground




*Schecter's corner*

C'è chi ha il blocco dello scrittore e chi ha il blocco dello scrittore selettivo, io ho avuto il blocco dello scrittore selettivo per questa storia. Non potete capire quanti pomeriggi ho passato davanti alla pagina word scritta per metà senza riuscire ad andare avanti... è stata una cosa estremamente avvilente dato che in realtà la storia è perfettamente ben formata e scritta nella mia testa!
Comunque, questo non mi giustifica, quindi chiedo pubblicamente scusa a tutti i recensori, a chiunque abbia preferito, seguito o ricordato e a tutti quelli che seguivano la storia silenziosamente, non ho scusanti di sorta.
Spero che questo capitolo scritto di getto e pubblicato subito (per paura di bloccarmi di nuovo) vi sia piaciuto e che vi abbia svelato forse qualcosina in più, in caso le vostre opinioni, congetture e consigli sono sempre ben accetti e se proprio non volete recensire potete mandarmi un MP e contattarmi su Twitter @SchecterOnMars! Inoltre, volevo avvertirvi che sono diventata una studentessa fuori sede nel frattempo ed ho una connessione oscena, quindi abbiate pazienza per gli aggiornamenti e mi scuso in anticipo per i futuri ritardi c.c

A presto,
Schecter

N.B. ho spostato l'uscita dell'album a prima dell'inizio dell'Hail To The King Tour, che in realtà è iniziato il giorno dopo del rilascio ufficiale del singolo (15 luglio) solo perché altrimenti mi si sballavano tutti i tempi e la storia perdeva di senso... ah si, ovviamente ho anche sballato completamente le date, dato che ho fatto iniziare il tour in agosto invece che a luglio, ma come sopra dovevo rientrarci in un qualche modo con i tempi!

P.S. La canzone dalla quale prende il titolo il capitolo, e che è inserita a fine testo è questa qui Coming down - Five Finger Death Punch , il video è molto forte, ma ve la consiglio... in questo periodo semplicemente l'adoro.

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Capitolo 8
*** Maybe it's an end, maybe a new beginning ***


Maybe it's an end, maybe a new beginning




*ROXY’S POV*
Fissai per un attimo il cellulare che tenevo stretto in mano non sapendo cosa pensare. Non riuscivo neanche a capire se fossi preoccupata o dispiaciuta, non lo so, so solo che sentivo che Brian non stava bene e se stava così sicuramente era successo qualcosa di serio. Meditai qualche altro secondo, ma il cellulare mi annunciava a caratteri cubitali che mancava meno di un quarto d’ora all’appuntamento con il piercer, così mi riscossi e, senza pensarci su troppo, chiamai Arin.
-Ehy Rox, buongiorno!- dal suo tono potevo quasi immaginarmelo sorridente, con uno dei suoi soliti sorrisi radiosi e sinceri. Sorrisi a mia volta, anche se lui non poteva vedermi.
-Hey Ar, scusa se ti disturbo, sei impegnato?-
-No, non disturbi affatto, dimmi tutto!-
Sorrisi.

-Mason? Puo’ accomodarsi nello studio!-
La voce del piercer riscosse me ed Arin da una discussione su quale cd degli Avenged fosse il migliore, così sorridendoci per porre fine alla nostra stupida discussione (io sostenevo Waking the fallen, lui Avenged Sevenfold) ci alzammo dalle poltroncine di velluto nero e seguimmo il piercer. Mi accomodai un po’ ansiosa sulla poltrona di pelle nera e Arin si sedette su una sedia girevole accanto a me.
-Allora signorina, vedo che ha appuntamento per degli snake bites…-
-Si, ma ho cambiato idea, vorrei fare piuttosto un nostril e se possibile un tatuaggio minuscolo…-
-Per il piercing non c’è problema, per il tatuaggio devo vedere se il collega ha un buco, controllo subito!- e detto questo uscì dallo studio per andare a consultare il collega nello studio di fronte.
Sentii lo sguardo di Arin addosso.
-Come mai questo cambio di programma?- chiese curioso.
-Uhm… mi sono sempre piaciuti gli snake bites, ma effettivamente dopo sarei troppo una Zacky al femminile… già sono mora e con gli occhi verdi, piccolina e vesto simile a lui…-
-Già, non hai tutti i torti…-
-Appunto!-
-E cosa vorresti tatuarti?-
-Sorpresa!- gli risposi facendogli l’occhiolino.
-Sei cattiva!- mise su un broncio finto.
-Si, lo so che sono una bestia!- gli feci la linguaccia.
-Ah, ma non preoccuparti, mi vendicherò!- rispose lui facendomi un occhiolino che non prometteva niente di buono.
Sbiancai, non essendomi ricordata che avremmo praticamente passato tutti i giorni insieme e che quindi avrebbe potuto vendicarsi in qualsiasi momento del giorno o della notte: ero fregata.
-Dai su, tra un po’ lo vedi, no?- cercai di addolcirlo facendogli gli occhioni dolci.
-Signorina Mason, non mi convincerà così facilmente!- rise lui.
Stavo per ribattergli, ma il piercer ci interruppe, tornando nello studio.
-Allora signorina, purtroppo al momento non c’è spazio, ma oggi pomeriggio c’è solo un ragazzo, quindi se puo’ ripassare per le quattro puo’ fare tutti i tatuaggi che vuole!-
-Perfetto, allora ripasserò per quell’ora, così nel frattempo posso anche cambiare idea e sceglierne uno più grande!-
-Allora la segno?-
-Arin, ti va di tenermi compagnia tutto il giorno o sei impegnato?-
-No, sono libero come l’aria, i miei bagagli sono già stati ritirati!-
-Perfetto, allora mi segni!-
-Okay, vado e torno subito, così la buco!-
Appena fu uscito dallo studio mi voltai verso Arin.
-Ti prego, stringimi la mano e non lasciarla fino a quando non avrà finito!-
Mi rispose sorridendo e stringendo la mia mano piccola nella sua grande e calda.

-Ti sta davvero bene, sai?-
-Dici?- gli chiesi titubante mentre incrociavo gli occhi per cercare di vedermi il naso.
-Certo che si, il tuo naso ha una forma particolare e trovo che il nostril lo risalti!-
-Arin, mi fai troppi complimenti!- gli risposi arrossendo. Stava per rispondermi ma arrivò la cameriera a prendere le ordinazioni, interrompendoci e tenendoci occupati per qualche minuto.
Avevamo passato il resto della mattinata a zonzo, girovagando per dei vicoletti caratteristici di LA pieni di negozi di nicchia molto particolari, con il risultato che io mi ero caricata di buste di vestiti, scarpe e accessori vintage e gotici, ma Arin non era stato da meno e dietro mio consiglio aveva acquistato un nuovo paio di Ray-ban vintage e qualche nuova maglietta.
Accaldati ma felici avevamo deciso di fermarci per pranzo in una tavola calda stile anni cinquanta, con tanto di cameriere sui pattini vestite da pin-up, e ci eravamo scontrati in quel momento di imbarazzo, salvati in corner dalla sorridente cameriera che affabile prese le nostre ordinazioni.
-Allora, dicevamo…- iniziò Arin dopo che la ragazza se ne fu andata.
-Che cosa facciamo fino alle quattro?- chiesi io facendo un po’ la finta tonta.
-Potremmo… ehm…- non sembrava essersi sconvolto troppo del mio cambio di argomento, effettuato con una nonchalance assurda.
-Negozio di musica?- chiedemmo in sincrono l’uno all’altra, per poi scoppiare a ridere mentre la cameriera tornava con le nostre ordinazioni.
-Okay, vada per il negozio di musica, avrei proprio bisogno di un nuovo spallaccio per la chitarra, il mio ha deciso di spirare giusto l’altro giorno!- sorrisi prendendo un rinfrescante sorso di coca.
-E io vorrei vedere un paio di bacchette nuove…-
-Ma non ne hai già a bizzeffe, soprattutto con gli sponsor?-
-Baby, dovresti sapere che per un batterista le bacchette non sono mai abbastanza!- mi rispose serio, facendomi scoppiare a ridere.
-Okay, okay, potresti aver ragione…-
-Hey, io ho sempre ragione!-
Quella frase mi gelò, facendomi tornare in mente Brian e la sua voce abbattuta. Meditai in silenzio per qualche secondo, poi decisi di mettere a parte dei miei pensieri anche Arin, che si era accorto del mio repentino cambio di umore e mi stava fissando in attesa: aveva già capito come funzionavo e la cosa mi stupiva non poco.
-Sai, sono preoccupata per Brian…-
-Onestamente? Lo sono anch’io.- asserì lui, stupendomi –Non lo conosco da molto e soprattutto non lo conosco bene come gli altri, ma da quando Zacky ci ha lasciato il suo umore è peggiorato sempre di più e si è chiuso… ormai lo vedo vivo solo quando lavora con te, ed è per questo che ha speso tanto tempo ed energie a creare Roxy, la sostituta forse momentanea, forse fissa, della sua spalla storica.-
Lo fissavo in silenzio, meditando sulle sue parole, ma dato che non rispondevo lui riprese il discorso.
-Come ben sai, prima di essere il loro batterista ero un loro grandissimo fan, soprattutto di Jimmy, e li seguivo in ogni singola cosa e vedevo sempre Brian e Jimmy così affiatati e felici di vivere la vita insieme, tanto che non si curavano di nulla e nessuno e affrontavano sempre ogni cosa con il sorriso. Io li ho sempre visti così e questo mi è stato confermato dagli altri della band, quando sono entrato a farne parte. Vedevo Brian depresso, che suonava per inerzia, senza metterci passione, che sorrideva, ma di sorrisi che non arrivavano mai agli occhi. Iniziai a fare domande e tutti mi rispondevano la stessa cosa: siamo tutti amici qui, ma l’amicizia tra Brian e Jimmy era diversa, loro erano più che semplici amici, erano anime gemelle e come tali erano inseparabili, ma il destino è bastardo e li ha separati, lasciandone uno mutilato nello spirito.
Allora ho capito che Brian cercava di annullarsi per non provare dolore.- fece una pausa per bere e tirare un poco il fiato –Passò il tempo e aiutato dai ragazzi, dai fan e da Michelle pian piano si è ripreso, aveva ricominciato a sorridere timidamente, a fare battute e non piangere più mentre suonava So far away, ma adesso anche Zacky lo ha lasciato, senza troppe spiegazioni, e qualcosaltro in lui si è rotto…-
-Credo si sia sentito tradito…- lo interruppi –Quando cadi dopo aver perso una persona a te cara ti aggrappi con tutte le forze a quello che pensi possa essere il suo sostituto, ma se anche quello ti ‘tradisce’ in un qualche senso, perdi la fiducia nella vita stessa, ed inizi a vivere i tuoi giorni in totale apatia, sperando solo che passino il più velocemente possibile.-
-Parli come se avessi provato tutto ciò anche tu…- mi disse lui sommesso.
-Forse…- risposi evasiva e lui fu delicato e decise di non insistere.
-Comunque credo che questa mattina possa aver avuto una ricaduta, dato che domani partiremo per il tour e della formazione originale non restano che tre anime spezzate.-
-Già… meglio lasciarlo riposare allora, non voglio disturbarlo in quest’ultimo giorno di relax prima che inizi la follia.- dissi sovrappensiero, forse tralasciando trasparire troppa ansia.
-Hey Rox, ascoltami: non posso dirti di non preoccuparti, perché ci sono passato anch’io e so cosa ti sta passando adesso per la mente, ma posso dirti che è una cosa che passa in fretta e fatto il primo concerto, man mano diventerai una drogata e ne vorrai sempre più!-
-Grazie Arin, se non ci fossi tu impazzirei! Gli altri non mi capiscono: ormai hanno dimenticato cosa vuol dire esibirsi per la prima volta davanti a centinai di persone!- gli sorrisi grata.
-Prego Rox e non essere in ansia per Brian, vedrai che domani sarà tornato il solito Gates di sempre, sbruffone e prepotente, pronto a comandarci a bacchetta!- al che fece un’imitazione comica della faccia da despota di Brian e io scoppiai a ridere rumorosamente.
-Grazie.- gli dissi semplicemente di nuovo.
-Prego.- rispose lui guardandomi sincero –E adesso via al negozio di musica e poi dal tatuatore!-
Esultai e raggiante lo seguii verso l’uscita, recuperando tutti i pacchetti.
L’ansia per Brian però era sempre presente e mi martellava in testa senza tregua.

*BRIAN’S POV*
Rimasi a fissare il cellulare poggiato sul tavolo di fronte a me, sperando forse in una richiamata di Roxy o in una chiamata di Michelle, ma i numeri sul display continuavano a cambiare, avvertendomi che il tempo stava scorrendo via senza che niente si risolvesse.
Dopo un’ora di contemplazione del cellulare decisi finalmente di alzarmi da lì e mi diressi al piano superiore per dirigermi in bagno.
Passando davanti alla porta della camera da letto non potei far altro che provare una fitta al cuore: negli ultimi tempi, precisamente dal matrimonio, le cose tra me e Michelle erano cambiate, tanto che ero stato portato a dubitare dei miei sentimenti per lei, ma adesso non ero più sicuro di nulla. Non riuscivo a capire se l’amavo ancora oppure no, non lo capivo e la cosa mi frustrava. Da quando gli avevo messo quel fottutissimo anello al dito lei era cambiata, era diventa il perfetto prototipo di moglie americana perfetta: organizzava feste alle quali invitava tutte le persone più in che a loro volta la invitavano ai loro party esclusivi, ai quali il sottoscritto veniva puntualmente trascinato, aveva insistito per riarredare casa, prendere una domestica e cambiare tutti i nostri guardaroba e inoltre passava il suo tempo a curarsi: parrucchiere, estetista, palestra…
Non la riconoscevo più e sicuramente non era più la ragazza metallara, con i capelli sempre tinti in modi improponibili, le cinture borchiate, il trucco pesante e le maglie a rete, la ragazza sempre allegra e pronta ad ubriacarsi con il sottoscritto per poi addormentarsi abbracciati in spiaggia ed essere svegliati dai primi raggi del sole con un post-sbornia epico, la ragazza che viveva alla giornata seguendomi in quei tour all’arrembaggio, quando ancora gli Avenged Sevenfold erano un’incertezza, piuttosto che una certezza.
Era cambiata e forse questo mi aveva spinto verso Roxy. Lei era così spumeggiante, intelligente, una che sapeva tenermi testa anche se dava l’impressione di eseguire ogni mio ordine. Aveva carattere e poi non si curava di chi fossi o non fossi, per lei ero Brian e voleva rapportarsi a lui come tale, Synyster Gates per lei era solo un qualcuno da sfoggiare sul palco, e questa cosa mi rendeva felice. Finalmente c’era di nuovo qualcuno che si curava di Brian, accantonando il mio alter ego per dare spazio al mio vero io.
Riflettendo su questo la mia confusione aumentò, così mi sbrigai a farmi la doccia, vestirmi e a recuperare la mia amata e vecchia acustica malandata, compagna di molti falò in spiaggia e serate felici, per poi uscire e dirigermi nel mio posto speciale.
Camminai per una mezzora buona e finalmente raggiunsi quel minuscolo lembo di sabbia incastrato tra due lingue di rocce che nessuno frequentava, essendo troppo piccolo ed isolato, ma che io amavo appunto per questo. Scendendo dalle rocce con attenzione, finalmente raggiunsi la calda sabbia e lasciando la chitarra in un angolo riparato mi spogliai, restando in costume, per poi gettarmi in acqua. Nuotai per una mezzora, sgombrando la mente per poi uscire e, ancora grondante d’acqua, recuperare la chitarra ed iniziare a suonare.
Suonavo melodie a caso, fino a quando sovrappensiero, le mie mani suonarono quella melodia che ogni tanto mi faceva visita, presentandosi e poi sparendo dalla mia mente in un lampo. Di nuovo ebbi quegli scorci di colore che non sapevo spiegarmi.
Frustrato sbattei la chitarra sulla sabbia accanto a me e mi rannicchiai su me stesso, cercando di soffocare i pensieri che continuavano ad affollarmisi in testa senza tregua. Il sole mi scaldava fin dentro le ossa, il rumore delle onde mi cullava e presto mi appisolai, ottenendo finalmente la meritata pace che desideravo.

Era finalmente arrivato il giorno della partenza e l’indomani sera ci saremmo esibiti ad Oshkosh, Wisconsin, per la data di apertura del tour promozionale. Le valigie erano state ritirate la sera prima dai Berry, che per fortuna avevano la copia delle chiavi di casa, dato che io ero rientrato solo a notte inoltrata, quindi dovevo solo recuperare il bagaglio a mano ed ero pronto.
Mi ero svegliato presto dopo una notte tutto sommato tranquilla, tranne che per un incubo confuso che comprendeva una marea di fan imbestialiti, ma al quale non diedi troppo peso. Recuperai lo zaino, controllando che tutti i documenti fossero al loro posto, ed incamminandomi a piedi mi diressi da Matt, dove sarebbe passato a prenderci il pulmino per andare all’aeroporto a Los Angeles.
Erano le sette e mezza di mattina e l’aria era frizzante, farmi a piedi quel breve tratto di strada non mi dispiacque per nulla e mi godetti a pieno l’aria fresca sul volto.
Arrivato a casa Sanders notai che ero il primo arrivato, così suonai alla porta, che si aprì rivelando quel piccolo tornado di River, ancora con il pigiamino ad orsacchiotti addosso, che mi si attaccò alle ginocchia abbracciandomi. -Tio Bee!- urlò con una vocetta acuta. Era bello attivo per essersi svegliato da poco.
-Hey ometto, vieni da zio Brian!- gli sorrisi prendendolo in braccio per poi andare in cucina.
-Buongiorno Famiglia Sanders!- dissi allegro dando un bacio sulla guancia a Val e un cazzotto amichevole sulla spalla a Matt.
-Buongiorno Bri!- mi rispose Val allegra, ma vidi nei suoi occhi una scintilla: sapeva tutto.
Matt invece non sembrava sapere nulla, così decisi di fare finta di nulla.
-Hey Haner, di buon umore?- chiese Matt offrendomi del caffè ancora mezzo addormentato.
-Non senti l’adrenalina addosso?- risposi sedendomi al tavolo mentre facevo solletico a River, che rideva come un pazzo contorcendosi e cercando di sfuggire alle mie dita birichine.
-Più o meno…-
-Hey, cos’è quest’ansia Matt?- Matt preoccupato era un evento più unico che raro.
-Roxy…-
-Capito, ma vedrai che spaccherà, ne sono sicuro.- cercai di rassicurarlo infondendogli sicurezza. Certo che l’eccitazione da concerto stava funzionando tipo una droga per me, mi sentivo su di giri e positivo: avevo anche accantonato tutti i miei problemi per il momento.
-Okay, se lo dici tu mi fido.-
-Devi fidarti!- gli sorrisi per poi tornare a concentrarmi su River, che richiedeva la mia attenzione. Quel bimbo semplicemente mi adorava.
-E tu ometto, quando verrai a vederci?-
-Opomani tio Bee!- disse con la sua vocetta, battendo le manine felice.
-Ah, ma allora zio Bri ti farà sentire come è bravo a suonare la chitarra!-
-Acch’io chitaa!-
-Certo, e ti insegnerò anche a suonarla!- il bimbo iniziò ad urlare felice.
-Brian, non iniziare a traviare mio figlio!- mi ammonì Matt ridendo.
-Geloso che non preferisca il microfono, Shadz?-
-Nahhh, sono sicuro che il mio piccolo saprà fare entrambe le cose, al contrario di qualcun altro che sembra una donnaccia da strada quando canta!- e dettò questo iniziò a ridere.
-Ah si?- chiesi sollevando un sopracciglio, e quando Synyster Gates solleva il sopracciglio, sono cazzi per tutti. –River, vai dalla mamma, lo zio deve fare tante coccole a papà!-
Il bimbo non se lo fece ripetere e scese dalle mie gambe, rifugiandosi tra le braccia di Valary, che ci guardava scuotendo la testa sconsolata, mentre continuava a preparare la colazione.
-Ora mi sentirai Charles!-
Iniziammo ad azzuffarci per gioco, facendo scoppiare River in gridolini felici, ma fummo presto interrotti dal campanello.
-Dovrebbero essere arrivati gli altri… bambini su, basta giocare!- ci riprese Val in tono dolce ma fermo, ponendo fine alle nostre lotte, per poi seguire River, che entusiasta era corso alla porta.
-Tio Ohnny, Tii Beey, Tio Ody!- urlò abbracciando ogni nuovo arrivato.
-Ciao cucciolo!- lo salutarono questi per poi salutare il resto dei presenti e sedersi al tavolo di casa Sanders. -Avete il tempo per un caffè?- chiese Valary iniziando ad imbandire la tavola con dolci e biscotti vari, spremute e altre leccornie.
-Abbiamo sempre tempo per una colazione preparata da Valary DiBenedetto!- rispondemmo tutti quanti in coro per poi scoppiare a ridere.
-E allora che colazione sia!- disse Val per poi iniziare a distribuire caffè.
Finalmente stava per riniziare tutto quanto, finalmente stavo per riavere una scappatoia a tutti i miei problemi. Cosa sarebbe potuto andare storto?



*Schecter's corner*

Ragazzi, credo che dovreste sperare che io mi ammali più spesso dato la produttività che ho quando sono moribonda a letto, scossa da tosse e imprecazioni!XD
Questo capitolo è nato all'una di notte ed ho finito di scriverlo alle 4 di questa mattina, di getto, senza rifletterci troppo e ho deciso di pubblicarlo così com'era! È da un lato di passaggio, dall'altro spiega qualcosina in più, però mi piaceva e credo fosse utile, boh, giudicate voi!XD
Avrei anche un avviso di servizio, ovvero inizialmente avevo deciso che la storia sarebbe stata massimo 15 capitoli, invece adesso ho deciso di lasciarla andare come va, quindi non so quando si concluderà finché non metterò il punto finale!^^
Ok, detto questo, spero vi sia piaciuta e come al solito ringrazio chiunque abbia recensito, preferito, seguito o ricordato e in particolare ringrazio la splendida Longview, che è sempre presente dall'inizio <3

A presto,
Schecter

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Capitolo 9
*** Is this a family? 'cause if yes, I'm finally home. ***


Is this a family? 'cause if yes, I'm finally home




*ROXY’S POV*
Mancava meno di una mezzora al nostro ingresso sul palco e la musica della band che ci faceva da apertura mi scuoteva, battendo frenetica come il mio cuore.
Avevo provato ad assistere al loro concerto da un angolino del palco, sia perché mi piacevano, sia perché cercavo di distrarmi, ma ero troppo in panico e dopo pochi minuti mi ero rintanata di nuovo nel backstage. Avevo afferrato Phobos, che nonostante i nuovi modelli mi portavo comunque dietro, e avevo iniziato a strimpellare a caso, ma la cosa non mi stava aiutando, quindi avevo provato a rifarmi il trucco, ma dopo aver visto la mia mano tremante non avevo osato neanche prendere la matita dalla trousse. A quel punto mi ero avvicinata al mini-buffet che avevo trovato nel mio camerino (me ne avevano assegnato uno separato dai ragazzi, ovviamente), con l’idea di spizzicare qualche cosa, ma lo stomaco totalmente bloccato me lo impedì e la sola vista del cibo mi fece salire la nausea.
Ero rimasta tranquilla fino ad allora e non capivo come mai stessi entrando in crisi proprio poco prima di salire sul palco: non ero stata così neanche il giorno dell’esame finale in conservatorio.
Sbuffai ravviandomi i capelli davanti allo specchio a tutta persona illuminato da una miriade di luci e mi diedi uno sguardo veloce. Alla fine avevo trovato un buon compromesso con la mia stylist e mi piaceva come ero vestita: provocante ma abbastanza sobria allo stesso tempo.
Sistemai la corta camicia a quadri rossi annodata sul davanti che mi lasciava l’ombelico scoperto e poi spolverai gli skinny neri da inesistenti granelli di polvere. Non soddisfatta passai in rassegna anche gli anfibi e la bandana che portavo legata ad un polso, mentre meditavo se legarmi i capelli o no.
Non ero mai stata così attenta al mio aspetto, ma quella sera ogni minima sfumatura era fondamentale.
La mattina avevamo avuto delle interviste e a quanto pare nessuno sapeva del fatto che Zacky si fosse preso una lunga vacanza e che era stato sostituito dalla sottoscritta. Rimasi stupita della cosa e giunsi alla conclusione che tutta la questione fosse stata sbrigata in gran segreto e che i servizi fatti la settimana precedente dovevano essere stati una specie di anteprima o qualcosa di comunque molto esclusivo, anche perché la loro uscita era prevista per il giorno seguente.
I giornalisti ovviamente mi avevano subito vista come un boccone prelibato per scrivere qualche scoop ed avevano tentato di farmi cedere in qualche modo, ma non so come ero stata impeccabile e avevo tenuto su una faccia da schiaffi che non avevo mai avuto in tutta la mia vita. Fecevo foto, sorrisi, rispondevo affabile senza dire ne troppo ne troppo poco e poi venivo salvata da Matt, che in qualità di frontman doveva sorbirsi la maggior parte del carico delle interviste. Quando dopo quattro lunghissime ore ci lasciarono finalmente liberi per il pranzo e poi per prepararci al concerto, potei vedere chiaramente le facce dei ragazzi rilassarsi e aprirsi in sorrisi sinceri, mentre si complimentavano con me per come avevo gestito tutta questa situazione decisamente nuova per me. Li ringraziai sorridendogli calma e in fondo era davvero quello che sentivo: una profonda sensazione di calma. In quel momento riuscivo solo a pensare che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ma non avevo previsto la crisi di panico che mi stava venendo poco prima di salire sul palco.
La sensazione di malessere era iniziata non appena avevamo finito il soundcheck ed avevamo lasciato il palco per permettere di preparare la scena per la band di apertura.
E se non fossi stata abbastanza?
Sentivo la presenza di Zacky aleggiarmi addosso ed ero convinta di non essere degna di prendere il suo posto. Sarei stata sommersa di fischi sicuramente, era una cosa risaputa, ma fino ad allora non me ne ero curata minimamente, rinchiudendo la questione ‘sostituta momentanea’ in un angolino della mia testa.
Mi avevano accolto come una della famiglia ed io mi sentivo come se fossi sempre appartenuta a quella band, ma adesso mi stavo rendendo conto che non era così, che Zacky avrebbe potuto stufarsi in ogni singolo istante di fare il pensionato in anticipo e sarebbe potuto tornare, sbattendomi allegramente fuori da quel sogno per la sicura gioia dei fan e di tutta la band, ributtandomi nella mia vecchia vita, che un tempo mi sembrava spettacolare, ma che adesso aveva preso un’informe sfumatura di monotonia.
Certo, Brian mi aveva assicurato che non mi avrebbero abbandonata nel nulla, ma potevo fidarmi di una rock star? Di una persona che si guadagnava da vivere indossando una maschera? Non potevo saperlo e colta dall’ansia, in quel camerino con il mio nome scritto sulla porta, non potevo far altro che darmi della stupida per non aver riflettuto abbastanza affondo su tutte le conseguenze.
Brian… no, dovevo fidarmi di lui, in fondo era tutto merito suo se ero diventata quella ragazza forte che affrontava la vita sempre con il sorriso sulle labbra, certo, finché lui non si era intromesso nella mia routine, dando una scossa alle fondamenta solide che mi aveva aiutata a costruire.
La storia tra me e Brian era un enorme controversia, ma ripensandoci non potevo far altro che sorridere.
Chissà se lui…
Il mio flusso di pensieri fu interrotto da un lieve ticchettio sulla porta, che mi distrasse riportandomi alla realtà. Guardai la porta un po’ spaesata e sentii di nuovo quel lieve ticchettio, come un rullo di tamburi.
Curiosa mi alzai e tirando un profondo respiro mi alzai per andare a vedere cos’era quel rumore. Aprii la porta e mi ritrovai un Arin tutto sorridente, con le bacchette a mezz’aria. Che stupida, come avevo fatto a non ricollegare quel suono alle bacchette da batteria?
-Hey!- lo salutai sorridente, cercando di passare per disinvolta.
-Hey, non vieni a conoscere i Five finger?- disse lui, sorridendo ancora di più.
Erano già scesi dal palco? Sentii il mio sorriso incrinarsi.
-Certo, li ascolto da una vita, è ovvio che voglio conoscerli!- era vero, non ero riuscita ad incrociarli prima che salissero sul palco, così uscii dal camerino e suguii Arin per quel labirinto di corridoi, fino ad arrivare all’area buffet allestita subito dietro il palco.
Trovai i ragazzi intenti a parlare amabilmente con i Five finger, tutti muniti di bicchieri di birra e asciugamani per tamponare il sudore che li ricopriva. Anch’io sarei scesa madida di sudore dal palco, tra le luci forti e il movimento, ma cercai di non pensarci più di tanto.
-Hey ragazzi, guardate chi sono riuscito a tirare fuori dal camerino?- disse Arin raggiungendoli.
-Rox! Pensavamo ci fossi morta lì dentro, ma non volevamo disturbarti, sappiamo quanto ci mettono le donne a prepararsi!- disse ridendo Matt, venendomi incontro e dandomi una pacca leggerissima sulla spalla.
E così avevano mandato Arin appositamente a stanarmi… avevano capito tutto sul mio stato d’ansia, ma volevano essere delicati. Gliene fui grata, ma comunque non abbandonai la mia maschera.
-Matt, ti ricordi il discorsetto che facemmo il giorno in cui ci siamo conosciuti riguardo a uomini e donne?-
Il mio tono era stato abbastanza minaccioso ed ebbi la soddisfazione di vedere quel gigante tonto di Matt sbiancare.
Una risata ci interruppe.
-E così questa è la nuova chitarrista? Sarà anche una ragazza, ma vi tiene per le palle, diavolo!-
Mi voltai arrossendo violentemente, trovandomi uno dei miei cantanti preferiti in assoluto davanti in carne ed ossa.
‘Ti prego Roxy, tutto ma non la tua classica scenata da fangirl!’ mi urlai mentalmente, ancora memore della figuraccia fatta con Brian al nostro primo incontro.
-Piacere ragazza, io sono Ivan!- disse lui porgendomi la mano.
-Oh, io so chi sei!- dissi forse con un po’ troppo entusiasmo, stringendogli la mano, per poi arrossire di nuovo imbarazzata –Io comunque sono Roxy…- riuscii a balbettare alla fine.
-Beh, è un piacere Roxy! Lascia che ti presenti il resto della band!- aveva galantemente soprasseduto alla mia figuraccia –Zoltan, Jason, Chris e Jeremy!- li indicò uno per uno e io mi presentai ad ognuno stringendogli la mano e arrossendo ogni volta e soprattutto trattenendo un tremito mentre stringevo le mani di Jason e Jeremy.
Okay, ammetto che li seguivo sui social network e Jason e Jeremy mi facevano morire troppo con le cose che postavano, e ancora non mi sembrava vero di trovarmeli davanti in carne ed ossa.
Chiacchierammo una decina di minuti e finalmente mi sciolsi, ma poi sentii la manona di Matt scompigliarmi i capelli dall’alto dei suoi venti centimetri di altezza in più.
-Hey Rox, mi dispiace interromperti, ma tra dieci minuti andiamo in scena, devi andare a prepararti!-
Il panico mi aveva un attimo abbandonata, ma tornò prepotente ad impossessarsi di me a quelle parole.
-O-okay Matt- balbettai per poi congedarmi e fiondarmi dal lato del palco dove erano depositati tutti gli strumenti e i tecnici stavano pronti ad imbragarci nei vari microfoni.
Velocemente passai in rassegna il piccolo esercito di Roxy’s special che mi ero ritrovata, quasi una per canzone e qualcuna di riserva, i collegamenti della pedaliera e anche dei plettri di riserva in più da distribuirmi nelle tasche dei jeans, dato che avevo paura di perderne più del dovuto presa dal panico.
Mi feci mettere il microfono e lo provai, poi afferrai la chitarra che avrei dovuto utilizzare per l’apertura, anche se la prima canzone l’avrei suonata da dietro le quinte.
Ebbene si, avevamo deciso che avremmo suonato Sheperd of fire, la canzone che sarebbe stata di apertura per il tour, con me rintanata dietro le quinte e poi sarei uscita sulle note di Girl I know, che sarebbe stata la seconda canzone, palesandomi al pubblico, che nel frattempo avrebbe avuto tutto il tempo di interrogarsi sull’assenza di Zacky.
Mi affiancai a Brian, Johnny e Arin, che erano già pronti e aspettavano tranquillamente di entrare in scena, mentre Matt finiva di essere riempito di auricolari.
Li osservai stare mollemente appoggiati ad una colonna del palco e chiacchierare sereni, invidiandoli per la loro pacatezza. Beh, in fondo di sicuro non era il loro primo concerto. Tirai un sospiro e cercai di rilassarmi anch’io iniziando a pizzicare le corde della chitarra, ripassando l’intro di Sheperd.
Finalmente ci affiancò anche Matt, che iniziò a parlare con il suo vocione nasale.
-Bene ragazzi… e ragazze,- si affrettò ad aggiungere –oggi saliremo su quel palco e spaccheremo come sempre, gli Avenged Sevenfold sono sempre qui, nonostante tutto e grazie ai nuovi e nuovissimi acquisti…- occhiolino ad Arin e me –saranno qui ancora a lungo, quindi stasera saliamo su quel palco e facciamo vedere che gli Avenged Sevenfold sono tornati e spaccano i culi come e più di prima!- detto questo scoppiò in un urlo bestiale seguito da tutti e al quale d’istinto mi unii anch’io. Ci abbracciammo e io mi sentii finalmente meglio stretta da quei quattro imbecilli che avevo imparato a considerare la mia famiglia in quei due mesi.
I ragazzi si prepararono a salire, mentre dall’arena si sollevava un grido ritmico, che mi scosse nell’anima, caricandomi come non mai. Un tempo ero stata io stessa lì in mezzo a gridare così, con una canottiera strappata, i capelli scompigliati e il cuore pieno di gioia.
-SEVENFOLD…SEVENFOLD…SEVENFOLD…-
La paura era stata completamente sostituita dall’eccitazione.
Brian mi si affiancò un attimo, per la prima volta durante quegli ultimi due giorni, mentre le luci scesero di botto lasciandoci nell’oscurità, rischiarata lievemente soltanto dalle lucette che indicavano la strada per salire sul palco.
-Io credo in te e so che spaccherai tutto, non farti condizionare dal pensiero di Zack.-
Sussurrato questo si voltò e correndo lievemente salì sul palco, attaccando Sheperd of fire e dare il via alle danze.

*BRIAN’S POV*
Quando ero piccolo i miei mi avevano portato in uno zoo dove avevo visto una pantera chiusa in una gabbia. Quell’animale maestoso se ne stava dietro quelle sbarre, guardando il mondo con i suoi occhi gialli e disperati, camminando nervosamente avanti e indietro e ringhiando leggermente, con il sole che le faceva risplendere il mantello nero e uno stuolo di persone a fissarla curiose.
Non avevo fatto altro che associare Roxy a quell’immagine per tutto il giorno, mentre non visto, l’avevo osservata fronteggiare i giornalisti e aggirarsi per il backstage per poi rinchiudersi nel suo camerino.
La gente curiosa erano i giornalisti, che erano solo una seccatura secondaria, mentre i pensieri negativi che faceva erano le sue sbarre, ed erano quelli il vero problema e l’ostacolo da abbattere, ma quella sera ce l’avrebbe fatta, almeno in parte.
Ero già salito sul palco e suonavo Sheperd of fire, mentre sentivo benissimo la sua chitarra sostenermi alla perfezione. Arrischiai ad avvicinarmi all’ingresso del palco e la vidi, concentrata ma finalmente più rilassata suonare e muoversi quasi come se stesse sul palco anche lei, e onestamente non vedevo l’ora di vedercela sopra.
Il pubblico ci aveva accolto con un boato fragoroso dopo l’assenza di due anni e si stavano godendo la canzone, proprio come stavamo facendo noi. Eravamo tutti eccitati, come se fosse il nostro primo concerto e Matt stava dando tutto se stesso, anche se si sentiva che era fuori allenamento, ma non importava a nessuno.
L’importante era che eravamo di nuovo su un palco, davanti ad un pubblico a fare quello che amavamo fare di più nella vita: emozionare con la nostra musica.
Arrivò il momento dell’assolo e mi misi sulla pedana centrale, mentre un occhio di bue mi si puntava addosso e i ragazzi si facevano da parte per lasciarmi la scena. Certo, mi fece strano fare l’assolo completamente da solo, senza nessuno al mio fianco, ma dovevo resistere solo per quella canzone, poi avrei avuto Roxy.
Pensare a Zack era sempre una sofferenza, ma dovevo farci l’abitudine e attendere: forse sarebbe tornato, altrimenti me ne sarei dovuto fare una ragione.
La canzone si avviò al termine e Matt si mise sulla pedana centrale per chiacchierare con il pubblico.
-Allora Oshkosh, ci sei questa sera?- un boato gli rispose –NON HO SENTITO BENE!- ringhiò il cantante per far ruggire la folla ancora di più.
-Allora, come avrete notato, questa sera siamo tornati, ma non c’è Zacky con noi…-
Era arrivato il momento.
Lanciai un’occhiata veloce a Roxy, che potevo vedere solo in parte nella penombra del backstage e che quindi non riuscii a vedere bene in faccia. Avevo l’ansia io per lei, ad essere onesti.
-Comunque non preoccupatevi, il vostro chitarrista sta bene, ma non sarà con noi per un po’…-
Fu interrotto da un boato di voci shockate, che protestarono a gran voce chiedendo Zacky. Adesso ero seriamente in ansia per Roxy e non avrei voluto trovarmi nei suoi panni per nulla al mondo.
Guardai di sfuggita Matt e gli altri della band e potei leggere sui loro volti le mie stesse emozioni. Arin in particolare era sbiancato a quella reazione, in fondo lui ci era già passato, forse anche peggio di Roxy, dato che Jimmy fu un vero colpo per i fan… e non solo.
Scossi la testa e lanciai un’altra occhiata a Roxy, che si era spostata leggermente e che quindi adesso potevo vedere. Aveva cambiato chitarra ed aveva uno sguardo risoluto, anche se non me la dava molto a bere: sapevo che era terrorizzata da tutta quella situazione e dalla reazione che avrebbero avuto i fan nei suoi confronti.
Matt cercò di zittire la folla e ci riuscì grazie alla sua voce potente e al microfono prontamente alzato dai tecnici del suono.
-Dicevamo: Zacky non sarà con noi per un po’, ma in compenso abbiamo una sorpresa per voi, quindi fateci vedere quanto ci volete bene e quanto siete felici che siamo tornati da voi!- un boato più o meno convinto si levò dal pubblico e Matt cantò a cappella con la sua voce graffiante, dando l’attacco per Girl I Know.
-Let me tell you about a girl I know that comes alive when she take her six strings…- indicò con la mano verso Roxy e lei saltò fuori, in tutto il suo splendore, iniziando a suonare la canzone.
Le andai subito dietro e la folla iniziò di nuovo ad emozionarsi per la musica accantonando momentaneamente la questione Zacky.
Roxy fu impeccabile e al momento dell’assolo si mise di fianco a me, creando la magia. Dovevo dire che non eravamo male come coppia e il pubblico non poté far altro che tirare giù l’arena. Avranno pure voluto Zacky, ma ciò non toglie che accolsero abbastanza calorosamente Roxy.
Procedemmo a suonare per poi passare a Critical acclaim, dopo la quale Matt fece una pausa, sia per riposare poco la voce che per presentare ufficialmente Roxy.
-Ragazzi, vi presento Roxy, colei che sostituirà Zacky fino a data da destinarsi!-
Un boato poco convinto e qualche fischio si levarono mentre lei si portava sulla pedana centrale inchinandosi e suonando un assolo improvvisato per saluto, ma fece finta di niente finì il suo pezzo. Sorrise sincera a tutti e poi scese dalla pedana, tornando alla sua postazione prendendo un sorso di birra dalla bottiglia posizionata sul suo amplificatore. Il suo autocontrollo era ammirevole: io al suo posto avrei spaccato tutto. I fischi erano una mancanza di rispetto che non tolleravo.
-Zack purtroppo si è ritirato momentaneamente per motivi personali, ma non preoccupatevi niente di grave!-
Altri fischi si levarono dal pubblico, che sembrava sempre meno convinto della situazione ora che aveva avuto tempo di assimilare per bene le parole di Matt.
Mi avvicinai a Roxy con la scusa di controllare la pedaliera che avevo da quel lato e una volta che le fui vicino le sussurrai:-Non ascoltarli, sono solo una massa di idioti.-
-Tranquillo Syn, non mi scalfiscono neanche un po’.-
La sua voce era dura, ma capii la sua rabbia dal fatto che mi aveva chiamato per soprannome: non lo faceva mai.
-Ripeto: credo in te. Spaccali come solo tu sai fare, il prossimo assolo è tuo!-
Ebbi la soddisfazione di vedere i suoi occhi sgranarsi, ma solo per un attimo, perché poi ritornò risoluta e ferma.
-Gli faccio il culo, stai tranquillo!- un sorriso sghembo e strafottente le incurvò le labbra e mi rividi in lei. Anche io reagivo sempre così alle difficoltà: sembravo buttarmi giù, ma poi mi aggrappavo alle possibilità che avevo, pronto a combattere con tutto me stesso.
Le feci l’occhiolino e tornai al mio posto, mentre Matt finiva di imbonire la folla irrequieta. Non si capiva molto dal vociare, ma una cosa era sicura: non gli andava bene che Zack non c’era.
Arreso, Matt decise di dare il via alla canzone seguente, almeno si sarebbero acquietati tutti quanti, troppo distratti dalla musica.
-HE WHO MAKES A BEAST OF HIMSELF…-
-GETS RID OF THE PAIN OF BEING A MAN!- rispose il pubblico entusiasta.
Iniziammo a suonare e non potei fare a meno di notare la rigidità che aveva avvolto Roxy, decisamente prima era più rilassata. Comunque si mosse per il palco e si stampò un sorrisone sul volto, cercando di accattivarsi il pubblico.
Arrivò uno dei coretti e mi si affiancò, mettendosi sulle punte per arrivare al mio microfono.
-All alone…- cantammo insieme e mi sentii felice.
Me ne sbattevo dei fan mestruati, me ne sbattevo di Michelle che ancora non si era fatta sentire e me ne sbattevo della mia vita che stava andando a rotoli, ero su un fottutissimo palco e quella era l’unica cosa che contava. Gli Avenged Sevenfold erano ancora vivi nonostante i duri colpi che dovevano continuare ad affrontare e io mi trovavo lì sopra quella sera grazie a quella provvidenziale ragazza, che aveva deciso di lasciare il suo futuro sicuro per quell’avventura senza capo ne coda con una massa di squilibrati ed io gliene sarei stato grato a vita.
Arrivò il momento dell’assolo e mi feci da parte, tra lo stupore generale, lasciandole la scena e lei non se lo fece ripetere due volte. Saltò sulla pedana in un turbinio di capelli neri, mentre la luce faceva scintillare il piercing che portava al naso e risplendere la sua chitarra nera lucida. I suoi occhi invece rilucevano di luce propria, intrisi di determinazione e voglia di far vedere il proprio valore.
Le avevo lasciato uno degli assoli più amati e difficili, ma non ero in ansia, sapevo che ce l’avrebbe fatta tranquillamente e infatti fu così.
Le sue mani smaltate di nero correvano sulla tastiera della chitarra senza incertezze, mentre lei si muoveva a tempo di musica con gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro. Quando fu il momento la affiancai e ci mettemmo schiena contro schiena, mentre la sostenevo suonando la parte ritmica. Poggiò la testa sulla mia spalla e lo stesso feci io. C’eravamo solo io e lei in quel preciso istante in tutto il mondo, o per lo meno per me potevano essere spariti tutti quanti, dal primo all’ultimo.
Ci staccammo a fine assolo e ognuno tornò a suonare la propria parte, mentre Matt riprendeva la scena con la sua voce potente.
Vidi Arin e Roxy scambiarsi uno sguardo d’intesa e sorridersi raggianti, mentre Johnny si precipitò a congratularsi con la ragazza. Il pubblico era decisamente andato e cantava con Matt, quasi sovrastandolo con il proprio fragore.
Portammo avanti il concerto e finalmente arrivammo alla fine senza quasi accorgercene.
Le note di Unholy confessions scivolarono man mano nel silenzio, mentre il pubblico iniziava ad urlare conscio della fine della serata.
Matt salì sulla pedana centrale e diede un ultimo penetrante urlo, che io accompagnai con la chitarra, seguito da Roxy e Johnny, mentre Arin sbatteva con forza la batteria, quasi volesse sfondarla.
Eccola, l’ultima nota e io mi tolsi la chitarra sollevandola al cielo, quasi come se poi volessi sbatterla a terra, mentre Johnny si tolse il basso, sbattendolo a terra, ma con delicatezza senza romperlo.
Era finita, ma Matt aveva ancora un’ultima cosa da dire.
-SIGNORI E SIGNORE… ROXY!-
Anche la ragazza si tolse la chitarra e la sollevò al cielo, ringraziando con un sorriso.
Un boato si levò dalla folla e questa volta non ci furono fischi per fortuna.
Scendemmo dal palco e lancia la chitarra ad uno dei Berry, che la prese al volo sbiancando, dato che aveva rischiato di prenderla in piena faccia, per poi riporla sospirando sollevato.
Mi voltai e appena vidi Roxy entrare sorridente le corsi incontro e l’abbracciai sollevandola, incurante della chitarra che le feci cadere di mano.
-Sei stata fenomenale! Sapevo che non mi avresti deluso!-
I ragazzi mi fissarono stupiti sapendo quanto odiassi le dimostrazioni d’affetto da quando Jimmy ci aveva lasciato, ma non me ne curai, troppo perso nel sorriso immenso di Roxy che sostituì la sua iniziale espressione sorpresa.
Magari il giorno dopo sui social network ne sarebbero girate di voci e cattiverie, ma a me non importava: Roxy era stata fantastica, non aveva deluso le mie aspettative e forse era la prima cosa veramente buona che facevo in tutta la mia vita, quindi fanculo tutti, al momento ero l’uomo più felice sulla faccia della terra. -Grazie Brian!- rispose lei per poi abbracciarmi a sua volta.
Finalmente tutti gli altri si ripresero dallo shock e si unirono all'abbraccio, rendendolo un enorme abbraccio di gruppo che però aveva il sapore di casa.
Finalmente, dopo mesi, avevo ritrovato un luogo dove sentirmi a mio agio ed essere felice: le braccia della mia vera famiglia.



*Schecter's corner*

Okay, in ritardo come al solito, anche se questa volta non di mesi!:'D
Comunque ecco qui il nuovo capitolo, scritto domenica mentre *rullo di tamburi* stavo male! Spero solo che adesso non inizierete a sperare che mi ammali per riuscire a scrivere qualcosa!XD
Scleri a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che sia come ve lo eravate aspettate, a me è uscito così e anche se lo avevo immaginato diverso, sono soddisfattissima di come si sia scritto!^^ Roxy ha molte insicurezze, anche se tenta di nasconderle... però non la da a bere ai nostri cari scemotti tatuati!;) Ho inserito anche un indizio (non vi dico sul passato o sul presente e neanche su chi), chissà se lo avete colto! *risata disagiata*
Inoltre, in questo spazio vorrei scusarmi immensamente con le persone che gentilmente mi hanno recensito per non avergli risposto, ma sono stata oberata di impegni ed io ho bisogno di tempo e tranquillità per elaborare risposte, ma vi prometto che in settimana rispondo a tutti!^^
Come sempre ringrazio le splendide persone che preferiscono, seguono, ricordano e recensiscono e anche quelle mute che seguono in silenzio!^^
Grazie <3

A presto,
Schecter

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Capitolo 10
*** Confessions on the tourbus. ***


Confessions on the tourbus.




*ROXY’S POV*
La mattina dopo mi svegliai nella mia camera d’hotel con un mal di testa lancinante ma un sorriso enorme stampato sul viso.
Il concerto alla fine era andato benissimo e Brian mi aveva lasciato l’assolo di Bat country, che avevo suonato alla grande, forse conquistando qualche fan. Sapevo che sarebbero iniziate a girare cattiverie e indiscrezioni su di me sui social network, ma non me ne fregava nulla: Brian e i ragazzi erano orgogliosi di me e tanto mi bastava per essere sicura di quello che stavo facendo e per accantonare tutti i miei dubbi e pensieri negativi, almeno per il momento, e poi potevano dire tutto quello che volevano, io sapevo la verità e sapevo di essere in pace con la mia coscienza, in fondo non avevo rubato il posto a nessuno.
Dopo il concerto eravamo andati a festeggiare con tutti i membri della crew e, nonostante mi fossi mantenuta leggera per i miei standard, avevo alzato abbastanza il gomito e questo era il motivo del mal di testa: come si faceva a trattenersi con gli Avenged Sevenfold come compagnia alcolica? E poi in fondo il mal di testa mi sarebbe venuto anche con una birra sola, piccola pecca che mi trascinavo dietro dal mio primo sorso di birra. Ero sempre stata una ragazza che sapeva come divertirsi, ma ero anche seria e sapevo quando non era il caso eccedere troppo, quindi mi bastò un’oretta, un’abbondante colazione rigorosamente in camera (sempre siano lodati i vantaggi dei cinque stelle), con conseguente doccia calda e via, ero di nuovo la Roxy attiva di sempre.
Vennero a bussare alla porta e aprendo mi trovai davanti un Jason Berry sorridente, che mi informava che il tourbus era arrivato e che quindi era ora di scendere. Gli sorrisi e recuperai il trolley che avevo già diligentemente preparato per poi seguirlo lungo i corridoi ricoperti di moquette blu dell’hotel. Controllai l’orario e vidi che erano le dieci spaccate e al massimo per le sei del pomeriggio saremmo arrivati a Mt Pleasant, luogo del nostro secondo concerto: nonostante tutto non eravamo troppo in ritardo.
I ragazzi mi stavano aspettando nella hall e mi salutarono tutti con dei sorrisi smaglianti. Sui loro volti non si notava per niente traccia della nottata precedente di eccessi, mentre io sicuramente sembravo uno zombie a loro confronto, e subito pensai che a forza di fare serata con loro avrei senz’altro iniziato a reggere anch’io, rabbrividendo al solo pensiero: la cosa andava arginata sul nascere.
Scuotendo la testa scacciai quel pensiero funesto e risposi ai loro sorrisi con calore, per poi affiancarmi ad Arin, che ormai era ufficialmente il mio compagno di avventure e sventure in quella folle famiglia, che in fondo ci considerava un po’ come i cuccioli del branco. A noi non importava come ci trattavano finché potevamo realizzare il nostro sogno, e poi sapevamo quanto valevamo e lo sapevano anche gli altri, ma ovviamente la differenza di età un pochino si sentiva.
-Hey Rox, non sei eccitata?- mi chiese il batterista sorridendo come un bambino il giorno di Natale.
Misi la mia maschera.
-Per cosa Rin?- avevo iniziato a chiamarlo così perché mi piaceva di più di Ar come abbreviazione, era decisamente più dolce.
-Il tourbus!- era davvero troppo felice.
Sorrisi al suo entusiasmo e pensai che per lui però non era una situazione nuova, dato che già si era fatto un tour con i ragazzi, ma in fondo i maschi si eccitano quando si parla di motori e similari… bah!
-Bloccata su un bus con quel tonto di Matt e quella diva di Brian? Non chiedevo altro dalla vita, guarda!- risposi scuotendo la testa, ma continuando a sorridere.
-A chi avresti dato della diva, cara signorina?-
Beccata.
-Ehm…- tenni il gioco fingendomi terrorizzata, in fondo stava sorridendo anche lui –Diva? Io non ho sentito pronunciare tale parola da anima viva!-
-Ah si?- il sorrisino sul suo volto aveva assunto una sfumatura pericolosa adesso –La vendetta è un piatto che va servito freddo, ed è anche uno dei miei piatti preferiti…- sorrise sghembo di nuovo –e come hai appena ricordato, sei bloccata in un tourbus con questa diva vendicativa!- mi fece l’occhiolino e se ne andò, atteggiandosi proprio come una diva.
Scoppiai a ridere insieme ad Arin a quella vista e poi mi avviai anch’io verso l’esterno dell’hotel e quindi il tourbus, pensando però che in fondo Brian era serio e che quindi oltre ad Arin, che aveva chiamato vendetta per non avergli svelato in anticipo il soggetto del mio tatuaggio, mi sarei dovuta preoccupare anche di lui. Nella mia testa si affollarono immagini di secchiate di acqua gelida mentre dormivo, dentifricio/panna/schifezze varie sul cuscino e quindi tra i capelli e altre orribili immagini degne del peggior dormitorio. Ero fregata e speravo solo avessero pietà di una povera ragazza, ma dubitavo fosse così, in fondo avevo sempre tentato di pormi come loro pari e l’unico che ancora non afferrava il concetto era, manco a dirlo, quel tontolone di Matt, al quale però avevo imparato a volergli bene.
Il tatuaggio… era assolutamente spettacolare, ma avevo imposto ad Arin il silenzio stampa ed aspettavo solo una giornata di mare, piscina o similari per mostrarlo agli altri, sperando gli piacesse, in fondo era una dedica a loro. Sorrisi a quel pensiero e mi portai inconsciamente una mano alla schiena, sfiorandola come per carezzare il tatuaggio attraverso i vestiti.
-Tutto bene Rox?- Arin si era accorto che mi stavo toccando la schiena –Ti da fastidio? Se vuoi ti aiuto a spalmarci la crema, in fondo è freschissimo…-
Si preoccupava sempre per me e non potevo non essergli grata di questo.
-Nono, tranquillo, era solo un gesto involontario… comunque se dopo vuoi aiutarmi mi faresti solo un enorme favore!- appena pronunciai quelle parole però non potei fare a meno di arrossire, pensando che avrebbe dovuto toccarmi mentre ero praticamente mezza nuda e mi pentii di quell’invito. Certo, mi aveva visto nello studio di tattoo stesa sul lettino e prima ancora mi aveva visto in costume, ma adesso era un po’ diverso… o per lo meno lo era nella mia testa.
Si accorse del mio imbarazzo e arrossì a sua volta.
-Oddio Rox, non pensare a male, volevo solo rendermi utile! So che sulla schiena è difficile da curare… non volevo assolutamente essere invadente!-
Era nel panico più totale, così gli sorrisi e lo rassicurai.
-Tranquillo Rin, so che lo hai fatto senza malizia, e penso che accetterò il tuo aiuto! Non saprei proprio come spalmarmi bene la crema da sola, adesso che ci penso non c’è più Alice ad aiutarmi!-
Gli spuntò un sorrisone sul volto e si rilassò visibilmente, anche se il rossore restò sulle sue guance. Gli sorrisi di nuovo per rassicurarlo, mentre Matt inziò a chiamarci a gran voce.
-Hey voi due! Stiamo aspettando solo voi, muovete quei culi prima che vi lasciamo qui!-
-Sempre la solita finezza, vero Shadows?- mi voltai e gli feci la linguaccia, per poi notare il tourbus, al quale non avevo fatto minimamente caso, e rimanere sbalordita.
Era una cosa enorme, nero metallizzato con delle ali argentate sulle fiancate e due file di finestrini oscurati, che risplendevano al sole di mezzogiorno. All’improvviso provai un’irrefrenabile voglia di saltarci sopra ed esplorarlo tutto quanto da cima a fondo, ma avrei avuto lunghissime ore per farlo. Mi voltai di nuovo verso Arin e facendogli una linguaccia scherzosa iniziai a correre verso il bus saltandoci sopra e iniziando a guardarmi intorno, facendo scoppiare tutti quanti a ridere.
-Quanto entusiasmo Rox!- mi disse Johnny continuando a ridacchiare.
-È enorme!- dissi eccitata iniziando a percorrerlo.
Il primo piano era una specie di sala con divanetti, poltrone e uno schermo gigante che usciva da dietro una fila di divanetti e poi c’era un angolo cottura, che corsi subito ad esaminare, e una porta che conduceva ad un bagno con tanto di doccia. Non riuscivo a capire come potesse esserci tutto quello spazio su un autobus, ma lo amavo. I colori erano chiari e le finiture erano di legno scuro, mi ci sentivo a casa. Dopo aver esplorato il primo piano andai a quello superiore e vi trovai le cuccette e un altro minibagno. C’erano quattro cuccette e poi una porta. Noi eravamo cinque, dove dormiva il quinto? Stavo giusto chiedendomi quello che fece capolino Brian dalle scale e forse capendo la mia perplessità, si affrettò a chiarire il mio dubbio inespresso.
-Per la sigorina c’è la cuccetta separata dietro a quella porta, almeno ha la sua privacy!- sorrise divertito. Lo guardai un attimo e poi mi diressi verso la porta aprendola e trovandoci la mia cuccetta e un altro mini bagno. Avevo voglia di abbracciarli tutti quanti, uno per uno!
-Uao, ma è stupendo, grazie!- abbracciai Brian, che sorrideva sornione, e poi mi precipitai al piano inferiore saltellando in giro per abbracciare tutti.
-Piaciuta la sorpresa?- chiese Matt mentre lo stritolavo.
-Certo! Grazie per averci pensato!-
-Lo sappiamo che siamo difficili da gestire e che hai bisogno della tua privacy, anche perché avere a che fare con quattro uomini, per una ragazza da sola non deve essere facile, ma tranquilla, a rotazione ci saranno le ragazze con noi e poi non siamo sempre sul bus, spesso ci fermiamo negli hotel… è più una tradizione che altro!- prese fiato dopo il monologo –Valary ci raggiunge con River stasera e resta due giorni… ehy Bri, quando viene Mich?-
Vidi Brian, che era appena risceso dal piano superiore, impallidire e una smorfia di dolore gli si dipinse sul volto. Nessun’altro però stava guardando direttamente verso di lui, così me ne accorsi solo io.
-Ehm…- temporeggiò e lo vedevo affannarsi a cercare una risposta –Non credo che verrà a breve, sai era stata presa per dei servizi fotografici, quindi sarebbe stata impegnata per un po’!-
-Ah Syn, tua moglie è proprio un gioiellino!- disse Matt con aria sognante.
-Matt, ti ricordo che sei sposato con la sorella gemella, con la quale hai anche un figlio!- mi intromisi io per distrarlo da Brian, tirandogli un orecchio con fare da mamma in modalità rimprovero.
-Okayokay, chiedo umilmente scusa per la mia pessima uscita!-
-Meglio!- soddisfatta lo lasciai andare –Johnny, invece quando viene Lacey?- cercavo di nuovo di sviare il discorso da Brian.
-Uhm… ancora non sapeva quando poteva prendersi le ferie, ma appena ci riavvicineremo alla California, sarà dei nostri!- disse lui dispiaciuto ma speranzoso allo stesso tempo.
-E tu Arin?- ero davvero curiosa di ciò.
-Beh, io sono libero come il vento, quindi non aspetto nessuno!-
Incamerai la notizia avidamente.
-Perfetto, allora saremo noi cinque per un bel po’ di tempo… vedete di rigare dritto e possibilmente di girare quanto più vestiti qui dentro!- dissi con una mano su un fianco e agitando un dito a mezz’aria.
-Sissignorcapitano!- risposero tutti in coro scattando sull’attenti per poi scoppiare a ridere come degli idioti.
-Perfetto, così vi voglio! E adesso inauguriamo la cucina!- dissi dirigendomi verso l’angolo cottura.
-Tu sai cucinare?- Matt era sbalordito.
-Certo che si, perché?-
-Ragazzi, niente più fastfood, da oggi si mangia cibo vero qui sopra!- esultò lui, seguito subito dopo dagli altri.
-Aspettate, voi vorreste dirmi che non avete mai mangiato cibo decente durante i tour?- chiesi stupita.
-Solo quando c’erano le ragazze… quando eravamo soli si andava di fastfood o ristorante…- si sentivano a disagio sotto il mio sguardo.
-Bene, ora si capiscono tante cose…- dissi pensierosa, ripensando che effettivamente i ragazzi tendevano a lievitare e dimagrire con i tour.
-In che senso?- avevo quattro paia di occhi che mi fissavano attendendo una risposta che non potevo dargli, senza offenderli leggermente.
-Niente, semplicemente da oggi, su questo tourbus, si seguirà una dieta corretta e bilanciata!- esultai battendo le mani e cambiando con nonchalance discorso –E adesso vediamo cosa abbiamo in dispensa e nel frigo!-
Cioccolata, patatine, arachidi, marshmellows, biscotti, birre, gelato, alcolici… decisamente non era cibo adatto o corretto.
-Jason?- dissi avvicinandomi a lui che al momento era alla guida, mentre il resto della crew ci seguiva su un altro bus leggermente più piccolo.
-Hey Rox, dimmi tutto!-
-Fermati al primo supermercato che incontri, ti prego!-

*BRIAN’S POV*
-Non me la racconti giusta, sai?-
Roxy mi aveva colto sul fatto mentre guardavo disperato il cellulare, probabilmente con l’aria da cucciolo ferito, in attesa di una chiamata, un messaggio o anche solo uno squillo da parte di Michelle: il suo silenzio e quindi il suo non voler chiarire la cosa mi stava logorando.
-Dai, dimmi cosa ti preoccupa!- il suo tono era dolce e si sentiva che non voleva mettermi pressione: mi stava dicendo che se mi andava di parlare lei ci sarebbe stata.
Mi guardai attorno non vedendo nessuno in giro e pensai che forse si erano ritirati tutti quanti a riposare prima del concerto, troppo pieni per fare altro dopo l’abbondante e sanissimo pranzo italiano cucinato da Roxy.
Sospirai.
-Potrei aver combinato un disastro…- tirai fuori un po’ titubante e lei se ne accorse.
-Se non ti va di parlarne, men che meno con una pseudo sconosciuta, ti capisco!- mi sorrise di nuovo calorosamente e fece per alzarsi dal divanetto, ma inconsciamente scattai ad afferrarla per un polso, bloccandola. Forse lesse il muto appello nei miei occhi, così si accomodò di nuovo di fianco a me, incrociando le gambe lasciate nude dai corti shorts e sistemandosi la canotta stracciata dei Pantera.
-Dai, racconta tutto a mamma Roxy!- disse per poi tacere, aspettando che prendessi la parola di mia spontanea volontà.
Respirai a fondo ed iniziai il mio racconto, partendo dalla morte di Jim, passando per il matrimonio in naufragio con Mich e finendo con il dolore datomi dall’abbandono di Zacky, il colpo finale alla mia psiche già precaria. Mentre raccontavo sentivo delle crepe aprirsi nel mio cuore, o forse semplicemente riaprirsi dopo che le avevo chiuse alla bell’e meglio, e sentii gli occhi farsi lucidi, ma resistetti alla tentazione di piangere: Synyster Gates non piange mai, soprattutto non davanti ad una ragazza.
Roxy stette ad ascoltarmi in silenzio, meditando sulle mie parole, e quando tacqui, restò muta per qualche altro minuto, assorta nei suoi pensieri.
-Sai Brian…- ogni volta che mi chiamava per nome era un colpo al cuore –credo che stai affrontando la situazione da un punto di vista completamente errato.-
Mi osservò, puntandomi addosso i suoi stupefacenti occhi verdi, così simili a quelli di Matt da far inquietudine.
-Tu ti senti vittima della tua vita e vedi le scelte che hai fatto come una cosa che ti è stata imposta dall’esterno, ma non è così!- proseguì vedendo che non avevo posto domande alla sua precedente affermazione –Sei tu l’artefice della tua vita e quindi le scelte le fai tu, avendo totale controllo su di esse, quindi anche se ti sembra che in realtà la vita ti abbia dato dei colpi bassi, ti sbagli! Devi reagire, pensando che se prendi in mano le redini, puoi sempre volgere la situazione a tuo favore e riuscire in qualsiasi cosa fai!- fece un attimo di pausa, ma non sembrava aver finito, così attesi che iniziasse.
-Sai, io sono una vostra fan da quando…- esitò un attimo e non capii il perché –da quando avevo dodici anni, e vi ho sempre seguiti nella buona e nelle cattiva sorte, e ricordo ancora quando a 14 anni scappai per venirvi a vedere facendo prendere un infarto ai miei…- non conoscevo questo suo lato ribelle –Comunque, ricordo anche la morte di Jimmy…- le passò un lampo di dolore negli occhi –eravate distrutti, tu soprattutto, ma avete reagito e vi siete ripresi, e contro ogni aspettativa anche tu eri tornato a sorridere, soprattutto dopo il matrimonio e non capisco cosa sia andato storto in un paio d’anni, così di botto: tu e Michelle eravate così perfetti e felici al matrimonio! E poi per Zack non devi preoccuparti: la crisi dei trent’anni gli passerà e tornerà da voi, fidati quando ti dico che senza musica non può campare quello lì!-
Sapevo che parlare di Zacky feriva anche lei, dato che dalla sua decisione di tornare o meno, si sarebbe deciso anche il suo futuro, ma ciò nonostante lei era lì, pronta a tirarmi su e a darmi una scossa. Gliene fui immensamente grato e finalmente mi aprii in un timido sorriso.
-Grazie Rox, avevo proprio bisogno di sfogarmi!-
-È stato un piacere e sono sempre a disposizione quando ti serve!- mi sorrise di rimando ma poi si rabbuiò pensierosa –Solo, mi chiedo perché non ne hai parlato con i ragazzi….-
Aveva usato un tono incerto, arrossendo subito dopo: sicuramente pensava di aver osato troppo.
-Sinceramente?-
Annuì con vigore.
-Beh, perché non voglio assillarli con i miei problemi quando già devono fronteggiare i proprio demoni, anche se a primo sguardo non sembra che anche loro sono impegnati in una lotta contro loro stessi… e poi Valary sa di me e Mich, ma non ha detto nulla, quindi sicuramente Mich non vuole si sappia del nostro litigio… mi sono confidato con te perché davvero, non ce la facevo più!- anche se non le avevo raccontato proprio il motivo scatenante del litigio tra me e quella che forse stava diventando la mia ex-moglie.
-Beh, effettivamente è ovvio che i ragazzi stiano soffrendo per questa situazione… che sciocca sono stata a non pensarci prima!- disse dandosi una manata in fronte –Comunque, sappi che finché ci sarò, sono a disposizione di chiunque voglia farsi una chiacchierata: a volte una voce, diciamo, esterna può essere più utile di una che si conosce da una vita, no?- detto ciò mi sorrise di nuovo e non potei fare a meno di rispondergli anch’io aprendomi in un enorme sorriso.
-Grazie.-
Bastava quella parola per esprimere le centomila altre che non sapevo come dire.
-Bene, adesso finisco di sistemare la cucina, che abbiamo lasciato un disastro!- disse dandomi una pacca su un ginocchio, per poi alzarsi e dirigersi nell’angolo cottura, letteralmente invaso da piatti e quant’altro, canticchiando allegra una canzone dei My Chemical Romance: ancora non si era arresa al loro scioglimento ed era convinta che era tutta una trovata pubblicitaria di pessimo gusto. Pensai che avrei dovuto presentargli i ragazzi, almeno si sarebbe arresa all’evidenza come aveva fatto Arin… anche se forse con il carattere che si ritrovava avrebbe potuto picchiare il povero Gerard, chissà.
La osservai affaccendarsi, non osando offrirmi di aiutarla dopo aver visto come aveva redarguito Johnny, colpevole solo di essersi offerto di aiutarla a cucinare. A quanto pare era molto gelosa della cucina e dei suoi utensili.
Mentre la osservavo mi persi letteralmente nei miei pensieri, iniziando a riflettere sulla conversazione appena avvenuta e analizzandone ogni singola sfumatura. Non mi erano sfuggite le espressioni di Roxy mentre parlava e non mi erano sfuggiti il dolore per la morte di Jimmy, che mi sembravano più quelli di una conoscente che di una semplice fan, e l’incertezza che aveva avuto parlando del ritorno di Zacky nella band: si capiva che aveva paura che Zacky tornasse da un momento ad un altro e che quindi lei si sarebbe ritrovata nel bel mezzo del nulla. Sapevo che non si fidava di me, ma io le avevo assicurato un futuro e stavo lavorando duramente, all’oscuro di tutti, per mantenere la mia promessa: non l’avrei abbandonata così dopo tutto quello che stava facendo per noi e forse anche perché mi ricordava me in un certo senso, forse una versione più seria e posata, ma comunque mi rivedevo molto in lei.
Assorto in quelle riflessioni non mi ero accorto che aveva finito di sistemare i rimasugli del pranzo e che era tornata a sedersi accanto a me, stringendo la sua acustica in una mano.
-Non vai a riposare? Tra un’oretta arriviamo al palazzetto e abbiamo solo mezz’ora per il soundcheck…-
-Nah, riposerò quando sarò morta!- rispose ridendo –E poi neanche tu stai riposando, quindi!-
-Touché!- mi arresi all’evidenza –Cosa proporresti di fare allora per ingannare il tempo?-
-Non è ovvio?- disse indicando l’acustica –Suonare!-
-Dai su, facciamo che io suono e tu canti, okay?- dissi rubandole la chitarra, che però mi venne strappata prepotentemente dalle mani dalla sua proprietaria.
-Non sono d’accordo! Facciamo che vinci la tua pigrizia e alzi il tuo sedere per recuperare una TUA chitarra e tu suoni, io suono e io canto, okay?-
-Come sei prepotente!- le dissi facendole una linguaccia.
-Hey, nessuno, e ripeto nessuno, neanche il grande Synyster Gates, può toccare la mia amata Calliope!- disse gonfiando il petto e stringendo al petto l’acustica con fare possessivo.
-Calliope?- chiesi disorientato.
-È la mia bimba!- disse indicando l’acustica nera targata Schecter, un po’ malandata e ricoperta di adesivi e scritte, tra le quali ne riconobbi molte marcate Avenged Sevenfold –È stato il mio primo gioiello e ne sono gelosissima!-
Sorrisi pensando che anch’io ero così possessivo verso le mie chitarre preferite e allora senza ribattere mi alzai e mi affrettai a recuperare una chitarra dall’armadietto apposito di fianco al divanetto: avevamo sempre un paio di chitarre a disposizione per i momenti creativi che ci colpivano durante le lunghe ore di ozio sul tourbus.
-Che suoniamo capo?-
-Girl I know!- rispose entusiasta mentre finiva di accordare la chitarra –Ho adorato come Matt l’abbia modificata per me, è stata una bellissima sorpresa!-
In realtà l’idea era stata mia, ma non volevo rovinarle la gioia e poi era meglio farle credere che Matt aveva idee geniali ogni tanto, dato che lei, dopo il loro primo disastroso incontro, non aveva più molta fiducia nelle capacità del cantante. Matt era un vero genio incompreso, dato che la sua bravura musicale veniva oscurata dal suo carattere tranquillo e i suoi modi da bambinone troppo cresciuto: i suoi modi sul palco erano veramente tutti una montatura.
-E Girl I know sia, allora!- dissi, iniziando a suonarla per essere poi seguito a ruota.
Roxy iniziò a cantare, con la sua fantastica voce un po’ roca e graffiante, e non potei far altro che gongolare felice: il mio piano sarebbe stato un enorme successo.



*Schecter's corner*

Okay, inizio subito con lo scusarmi per il mio immenso ritardo, soprattutto con le persone che hanno dedicato il loro tempo a recensire, chiedo venia c.c
Detto ciò, voglio anche scusarmi con gli eventuali Killjoys per alcuni riferimenti 'dolorosi' della storia (vi capisco, io ancora non voglio crederci c.c) e poi vorrei precisare una cosa Zacky non è stato brutalmente cacciato a calci nel sedere: è momentaneamente solo una presenza, ma vi assicuro che c'è e anzi è la colonna portante, quindi per favore, non accusatemi di averlo tagliato fuori c.c
Okay, non ho detto praticamente nulla e già mi sembra di aver sproloquiato troppo, quindi vi lascio questo capitolo circa di passaggio, che a me non convince molto ed attendo vostri giudizi u.u
Come sempre grazie a chi recensisce, preferisce, segue e ricorda e anche a chi legge in silenzio!<3

A presto,
Schecter

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Capitolo 11
*** Roxy! ***


Roxy!




*ROXY’S POV*
-Ocsy!- sentii una vocina squillante chiamarmi e subito dopo qualcosa mi strinse forte poco sopra le ginocchia.
Sorrisi subito come un’ebete e poi mi piegai, prendendo in braccio quella piccola forza della natura che era la copia sputata del padre, tranne che per i capelli biondissimi.
-River, ma sei già arrivato!-
-Da oco!- urlò lui battendo le mani felice –Ocsy giochiamo!-
In spiaggia il bimbo si era affezionato tantissimo a me dato che avevo giocato con lui tutto il tempo e non mi aveva mollato un attimo, neanche durante il falò, restandomi seduto accanto a guardarmi affascinato mentre suonavo canzoni da spiaggia insieme a Brian.
-Mi dispiace cucciolo, adesso devo lavorare, ma ti prometto che dopo il concerto giochiamo, va bene?-
-Itarra?- chiese speranzoso.
-Certo che si! Ti prometto che dopo te la faccio suonare, va bene ometto?-
Mi scrutò serio per un attimo, sondandomi con i suoi occhioni verdi, per poi aprirsi in un sorrisone.
-River?- mi sembrava la voce di Valary, e pensai che lo stava cercando dopo che il bimbo si era allontanato da solo, così lo rimisi giù e lui corse dalla madre urlando felice. La mia intuizione era giusta però.
-Mamma! Ocsy mi da itarra opo!
-Cucciolo, ecco dov’eri! La mamma ti aveva detto di non venire qui dietro che è pieno di roba pericolosa e soprattutto di non allontanarti da solo!- lo riprese lei, visibilmente preoccupata, ignorando la gioia del piccolo.
-Ma mamma, Ocsy e itarra…- rispose lui, visibilmente dispiaciuto della reazione della madre, con gli occhioni lucidi. Valary si impietosì a quella vista e a quel tono sconsolato e mi lanciò uno sguardo, ma io mi strinsi nelle spalle, non sapendo cosa fare o dire.
-Scusa cucciolo, la mamma si è spaventata tantissimo non trovandoti più in giro e qui è pericoloso per un bimbo piccolo… vieni a dare un bacio alla mamma per fare pace?-
River esitò un attimo, ma poi si precipitò tra le braccia di Val, stringendola forte con le sue manine paffute. Sorrisi vedendo quella scena, ma poi notai che la donna mi stava fissando mentre abbracciava il figlio, così le sorrisi direttamente con calore.
-Ciao Valary, come è andato il viaggio?- le chiesi cordiale avvicinandomi.
-Ciao Roxy!- mi salutò a sua volta cordiale, ma notai circospezione nel suo sguardo –Il viaggio è andato a meraviglia e fortunatamente questo piccolo ometto ha dormito tutto il tempo, è stato bravissimo!- sorrise dolce e scompigliò i capelli al bimbo, che sorrise divertito. Osservandola non potei fare a meno di notare la sua bellezza: non era truccata ed era sfatta per il viaggio, ma comunque manteneva una bellezza particolare. Avevo sempre invidiato le gemelle DiBenedetto per essere sempre perfette in ogni situazione.
-Sono felice che siete arrivati in tempo per il concerto: Matt mi stava raccontando del ritardo del volo ed era molto dispiaciuto al pensiero!-
-Fortunatamente abbiamo tardato solo un paio d’ore, niente di grave…-
-Hey cucciolo, sei pronto a vedere papà e gli zii sul palco?- chiesi poi a River, dato che Valary non sembrava voler continuare la conversazione e non capivo il perché di quella freddezza: in spiaggia era stata così cordiale ed amichevole… forse era stanca per il viaggio e forse io stavo diventando paranoica.
Scossi la testa allontanando il pensiero, per poi avvicinarmi al bimbo e dargli una carezza sulla testolina bionda.
-Ocsy, itarra!- saltò lui eccitato, suscitando una risata in me e Valary.
-Va bene cucciolo, ti prometto di nuovo che dopo il concerto sarò tutta tua!-
Lo presi in braccio ed iniziai a fargli il solletico, facendolo scoppiare in risatine e gridolini acuti. Vidi l’espressione di Valary addolcirsi a quella vista e stava per dire qualcosa, ma fu interrotta.
-Roxy, ma dove diamine sei finita?-
Brian mi stava chiamando a gran voce, con un tono leggermente isterico, così mi strinsi nelle spalle per scusarmi con Val e mi affrettai a rispondergli, per evitare una crisi isterica in piena regola.
-Sono nella rimessa strumenti, ho avuto un piccolo contrattempo!- dissi poi facendo zittire River e facendolo nascondere dietro ad un amplificatore, per poi fare un occhiolino a Val che intuì il mio piano e di rimando mi strizzò a sua volta l’occhio, complice –Puoi venire per favore?-
Cercai di infondere più panico possibile nella mia voce così da far precipitare Brian, che arrivò un attimo dopo trafelato e preoccupato, per poi essere assaltato da un River felice, che gli strinse le gambe proprio come aveva fatto con me.
-Io Briii!- urlò il bambino felice e il voltò di Brian si rilassò visibilmente, passando da agitato a sorpreso a felice in una frazione di secondo.
-Cucciolo di zio!- urlò con una vocetta dolce che non gli avevo mai sentito, tirando su il bambino e stringendolo tra le sue forti braccia tatuate, facendolo scoppiare a ridere.
-Io, Ocsy fa suonare itarra dopo!- urlò felice il bimbo, comunicando la notizia allo zio.
-Ma come Roxy? Non lo sai che il miglior chitarrista del mondo è lo zio?- chiese lui fingendosi offeso.
-Hey Gates, scendi dal piedistallo!- gli risposi scoppiandogli a ridere in faccia.
-Porta rispetto signorina, almeno per diritto di anzianità!-
-Giusto, dimenticavo che rispetto a me sei un vecchiaccio!- gli risposi dedicandogli una linguaccia e facendo scoppiare a ridere Valary.
-Vecchiaccio?- sbiancò letteralmente lui –A chi hai osato dare del vecchiaccio?-
-Cosa? Io non ho detto proprio nulla…- feci finta di niente e fischiettai allegramente.
-Ah, è così?- disse minaccioso, per poi confabulare con il piccolo River, che gli era rimasto ben piantato in braccio. Non prometteva nulla di buono.
-Brian, non rendere il piccolo complice delle tue malefatte!- Valary finalmente intervenì e gli si avvicinò, recuperando River dalle braccia dello zio.
-Val, non ti avevo proprio vista, scusami!- disse Brian sorpreso e io mi chiesi come cavolo aveva fatto a non notarla dato che era stata lì tutto il tempo.
-Certo, come avresti potuto?- rispose lei enigmatica e con uno strano sorriso sul volto.
Subito percepii tensione nell’aria che non sapevo spiegarmi, finché non ebbi l’illuminazione che forse c’entrava la storia tra Brian e Michelle, anche se non capivo bene come riferito alla situazione.
I due continuavano a fissarsi e non sapevo come uscire da quella situazione, quando qualcuno venne in mio soccorso.
-Rox, sei qui dietro?- chiamò Arin poco prima di sbucare nella rimessa.
-Si, sono qui!- mi affrettai a rispondere interrompendo il breve silenzio che era calato.
-Eccoti trovata!- sorrise felice per poi accorgersi degli altri –Ciao Valary, ce l’avete fatta ad arrivare in tempo! E ciao anche a te cucciolo!- disse dando una carezza sulla testolina bionda del piccolo.
-In!!!- urlò quest’ultimo facendogli cenno di volergli andare in braccio, per essere accontentato subito.
-Volevi qualcosa Rin?- gli chiesi, lanciandogli una muta richiesta di aiuto, che speravo captasse.
-Certo, volevo chiederti se ti andava di fare il soundcheck insieme, almeno recuperiamo tempo e possiamo uscire un attimo: c’è un negozio di batterie che ho sempre voluto visitare proprio dietro l’angolo e mi serve qualcuno che mi riporti indietro in tempo per il concerto!- disse lui facendo giocare il bambino con le bacchette e sorridendo allegro.
-Certo, perché no?- risposi cogliendo al volo l’opportunità e recuperando la mia chitarra –Val, Brian, scusate, devo andare! Cucciolo, ci vediamo dopo il concerto, va bene?-
-Ciao Ocsy!!!- rispose quello felice.
-Ragazzi, aspettate, mi unisco al soundcheck, così ho un po’ di tempo libero prima del concerto!- disse Brian.
Alla fine eravamo giunti a destinazione prima del previsto e avevamo scoperto che era tutto pronto e che quindi avevamo la bellezza di un paio d’ore per il soundcheck, così tutti se la stavano prendendo comoda, e Brian in particolare aveva detto che voleva farlo per ultimo, non avevo capito per quale motivo in particolare, quindi mi parve strano che volesse farlo insieme a noi, che eravamo sostanzialmente i primi.
Il mio cervello sembrava particolarmente attivo e mi suggerì che forse c’entrava con il fatto che Brian non volesse restare solo con Valary per un motivo più che valido: ancora non si sentiva pronto ad affrontare sua cognata. Decisi di rendermi complice e gli sorrisi.
-Solo se ti sbrighi a muovere le tue vecchie ossa per recuperare la tua chitarra!-
Mi sorrise grato e prese il suo strumento.
Ci congedammo tutti e tre da Valary e dal piccolo e poi ci dirigemmo verso il palco in assoluto silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri.

*VALARY’S POV*
Finalmente li avevo visti insieme e finalmente avevo capito qualcosa di più.
Assistetti al concerto da una delle fosse del palco, con River in braccio che acclamava a gran voce i suoi ‘zii’, il padre e Roxy, che dovevo ammettere essere eccezionale con una chitarra in mano.
Mentre le note si susseguivano potenti, avevo avuto tempo per pensare ed analizzare la situazione ed ero stata molto critica, in fondo si trattava di mia sorella e non volevo che soffrisse.
Appena mi aveva esposto i suoi dubbi per qualche strano motivo le avevo creduto, nonostante conoscessi Brian come le mie tasche e mi fidavo del giudizio di Matt, che riteneva Roxy una ragazza seria e professionale, ma adesso, vedendoli così avevo capito tutto quanto.
Avevo letto la confusione negli occhi di Brian e potevo quasi sentire il tumulto dei suoi pensieri provare a soffocarlo.
Ricordo ancora quando Jimmy ce lo presentò, dopo che erano diventati amici durante una rissa alla quale parteciparono entrambi…

Scrutavo curiosa il nuovo arrivato da dietro a Matt, che a sedici anni era già un armadio umano e anche un ragazzo molto geloso e poco fiducioso, tanto da pararmisi davanti per non permettere a quello sconosciuto di guardarmi troppo. Non sapevamo nulla di lui, dato che viveva in un altro quartiere e frequentava un’altra scuola, ma era raccomandato da Jimmy, e tutti ci fidavamo del suo giudizio.
Se ne stava li, accanto a Jimmy, intento a presentargli tutti e sproloquiare su non so cosa di musica. Aveva il sottile labbro inferiore spaccato, un livido sullo spigoloso zigomo sinistro, una maglia dei Pantera sdrucita e un sorriso strafottente, che però non nascondeva bene la sua timidezza.
Mossa da non so quale forza, ignorando le proteste di Matt, mi avvicinai a lui e porgendogli la mano mi presentai.
-Io sono Valary, la ragazza di questo scimmione qui,- dissi indicando lo scimmione in questione (che borbottò un qualcosa di molto simile ad un –Che ti spaccherà la faccia al primo passo falso.-) –piacere di conoscerti.-
Parve stupito dal mio comportamento e intimorito dalla stazza di Matt, ma mi strinse comunque la mano.
-Brian, piacere…- cercò di sembrare sicuro di sé, raddrizzò le spalle e gonfiò il petto.
-Bene Brian, che ne dici se ti disinfetto il labbro?- ridacchiai per poi trascinarlo sul divano.

Da quel giorno diventammo amici e stranamente Matt non disse nulla, anche se i primi giorni rodeva di gelosia, prima di capire che tra me e Brian stava solo nascendo una sana amicizia.
Pian piano il ragazzino che si atteggiava a strafottente si rivelò per quello che era, ovvero solo un ragazzo con un incredibile dono in cerca di un gruppo al quale appartenere. Ogni volta che suonava rimanevo affascinata dalle sue lunghe dita che si muovevano agili sulla chitarra e pensavo che ce l’avrebbe fatta a diventare qualcuno. Passavamo pomeriggi interi nel garage di Matt a suonare e a bere, anche se lui in realtà non faceva parte degli Avenged Sevenfold, ma aveva una band insieme a Jimmy e ad altri loro amici. Quei pomeriggi non li dimenticherò mai, così come non dimenticherò mai il giorno in cui lui e Michelle si conobbero.

Mich studiava in una scuola diversa ed aveva orari assurdi, per questo non faceva mai in tempo a venire alle prove, anche perché la sua scuola si trovava a Los Angeles e ci voleva un’oretta di bus per raggiungerla. Un giorno però non stava molto bene, così riuscimmo a convincere nostra madre a tenerla a casa e non ci mise nulla a sgattaiolare dalla finestra per venire con me a sentire le prove. Destino volle che quel giorno c’era anche Brian, chiamato a sostituire il chitarrista solito che era malato.
Arrivammo che lui non c’era ancora, così decidemmo di fargli uno scherzo: lui non aveva mai visto Michelle, anche se sapeva che avevo una sorella gemella, quindi perché non provare a fargli credere che Mich fosse me? In quel periodo avevamo anche i capelli più o meno uguali in quanto a lunghezza e tinti di scuro, anche se io li avevo neri e lei castani scuro. All’inizio mia sorella si rifiutò, era una persona molto timida anche lei, poi però accettò, così io mi nascosi e mi godetti la scena.
Brian entrò, salutò tutti e poi andò ad abbracciare Mich, che si fingeva me.
-Hey nanetta, ieri non sei venuta a sentire le prove dei Pinkly, non ti vergogni?- poi però guardò bene Michelle e arrossì di botto, facendo scoppiare tutti a ridere, me compresa, che uscii fuori dal mio nascondiglio –Tu non sei Val!-
-No, io sono la gemella cattiva, Michelle!- rispose mia sorella con tono sicuro e non potei fare a meno di pensare che lei non aveva mai avuto tutto questo coraggio, men che meno con i ragazzi: qualcuno era stato colpito al primo sguardo!
-Scusami, non volevo abbracciarti, cioè, no, non che non mi sia piaciuto, ma… oddio ma che sto dicendo???- balbettò Brian andando nel pallone e facendoci ridere ancora più forte.
-Tranquillo, non è successo niente… come ti chiami?-
-Che idiota, non mi sono nemmeno presentato!- disse dandosi uno schiaffo in fronte –Brian… io sono Brian!-
-Beh, è stato un piacere Brian!-


La storia tra quei due fu un calvario ed entrambi sbagliarono nel corso degli anni, tradendosi a vicenda in inutili vendette e facendo scenate di gelosia, ma io credevo in quella storia e quando finalmente misero entrambi la testa a posto, ci fu un sospiro di sollievo generale.
Poi però successe di Jimmy e Brian cadde in depressione. Ci fu un momento in cui pensai che tutto il mondo che conoscevo fino ad allora sarebbe crollato inesorabilmente, ma contro ogni aspettativa ognuno riuscì a reagire, trovando una valvola di sfogo e di aiuto.
Per me e Matt fu la mia gravidanza, per Zacky fu la musica, per Johnny fu Lacey e per Brian, contro ogni aspettativa, fu Michelle.
Tutti pensavamo che sarebbero scoppiati definitivamente e che l’ultimo paio d’anni fossero stati la calma prima della tempesta, invece no, il loro rapporto si rafforzò e Brian trasse da lei la forza necessaria per riprendersi e quando si presentò sotto la finestra di Michelle con una chitarra acustica al collo e una scatolina azzurra in tasca, tutti fummo felici: con Brian, il mondo aveva ripreso a girare.
Il matrimonio fu stupendo e i primi mesi idilliaci ed entrambi sembravano vivere su una nuvoletta, ma pian piano Michelle si montò la testa e cambiò.
Discutevo spesso con lei di questa cosa, ma non sembrava rendersene conto e dovetti assistere di nuovo ad un declino della loro coppia, lento ed inesorabile e questa volta nulla sembrava sistemare la cosa, che peggiorò con l’abbandono di Zacky.
Brian era il mio migliore amico e ormai avevo imparato a conoscere cosa gli passasse per la testa e lo vedevo tornato a sedici anni: un ragazzino che non sa a cosa appartiene e per il quale la vita è un enorme dubbio.
Avevo provato a parlarci svariate volte, ma non avevo fatto i conti con una cosa che quando avevamo sedici anni non esisteva: Synyster Gates.
Appena provavi a toccare un argomento scomodo si barricava dietro quella maschera e delle volte arrivava a ferirti pur di non farsi aiutare. Non sapevo più che pesci prendere e dalle nostre chiacchierate uscivo sempre sconfitta, anche se però non perdevo la voglia di aiutarlo: la determinazione è stata la qualità che mi ha permesso di tenermi stretto Matt per anni, nonostante il giro di groupies e arriviste che lo attorniava da quando gli Avenged Sevenfold erano diventati qualcuno.
Continuava a respingere il mio aiuto, rifugiandosi nella ricerca di questo chitarrista miracoloso, mentre Mich continuava a comportarsi come sempre senza sforzarsi di capirlo e cercare di aiutarlo.
Capivo Brian, capivo Mich, ma non avevo mai capito quei due: erano così egoisti e pensavano solo a loro stessi e il loro rapporto era un immenso mistero per me, anche perché, alla fine, anche se si perdevano si ritrovavano sempre, tornando l’uno dall’altra.
Dovevo intervenire, e anche al più presto, quei due non potevano finire così.

*BRIAN’S POV*
Vigliacco, ero stato un vigliacco, e continuavo a ripetermelo mentre suonavo, tanto che ormai non sentivo più nulla, se non quella parola rimbombarmi incessantemente in testa.
Ero terrorizzato di rimanere da solo con Valary, lei mi conosceva troppo, ero un libro aperto sotto ai suoi occhi nocciola, così dolci, ma anche così duri all’occorrenza. Era la mia migliore amica, e la consideravo tale nonostante negli ultimi periodi ci eravamo un po’ allontanati a causa di tutti i problemi che si erano susseguiti e poi adesso lei era madre, non aveva tempo di correre dietro ai miei problemi… o per lo meno questa era la storiella che continuavo a ripetermi per giustificare tutte le mie fughe insensate ogni volta che incrociavo i suoi occhi.
Synyster Gates odiava sentirsi giudicato.
Avrei dovuto affrontarla prima o poi, ma farlo avrebbe significato mettermi a nudo completamente, più di quanto avevo fatto con Roxy in quell’attimo di debolezza, del quale però non riuscivo a pentirmi, dato che dopo quella chiacchierata mi sentivo più sereno.
Quella ragazza aveva uno strano effetto su di me ed il solo averla vicino mi tranquillizzava, come se la sua presenza spazzasse via tutti i demoni che mi perseguitavano. Non sapevo il perché, era così e basta.
C’era qualcosa in lei che non riuscivo a decifrare. Forse erano i suoi occhi, che assumevano diecimila sfumature diverse nell’arco di un secondo, sempre però con una base di tristezza, o forse era la sua espressione, che lei cercava sempre di mantenere altera, forse per tenerci distanti, ma che alla fine cedeva sempre, lasciando trasparire le sue emozioni, almeno per un attimo, prima di tornare la solita espressione. Forse quel qualcosa stava anche nella sua postura, eretta e fiera, che tradiva però la sua timidezza dalle spalle, che tendeva ad incurvare, come se si volesse raggomitolare a riccio per proteggersi da qualcosa.
Era così diversa da Michelle.
Quel pensiero mi colpì veloce e per un attimo le mie mani indugiarono sulla chitarra, ma solo per un secondo, tanto che non andai fuori tempo e nessuno, tranne Roxy che subito si era voltata a fissarmi curiosa, si accorse di quel piccolissimo errore, di quel piccolo istante privo di note. Le feci cenno che era tutto a posto e subito mi sorrise, strizzandomi l’occhio e tornando a suonare tranquilla, mettendosi spalla a spalla con Johnny.
La osservai e tornai a pensare che era davvero l’opposto di Michelle.
Mentre Michelle era un fuoco dinamico che ti bruciava in un attimo, lei era piuttosto una brezza primaverile, che poteva sembrare fredda all’inizio, ma pian piano si rivelava calda e carica di profumi che prospettavano una fantastica estate. Michelle era prevedibile, e sapevi sempre quando avrebbe avuto uno dei suoi attimi vulcanici, mentre lei no, lei era tutta da scoprire e quando ti aspettavi che facesse qualcosa, in realtà faceva tutt’altro, stupendoti.
Michelle era qualcosa di conosciuto, lei qualcosa di estremamente esotico e da scoprire.
Con gli anni avevo sviluppato la capacità di muovermi per il palco e suonare nonostante fossi completamente immerso nei miei pensieri e mai, mai mi ero bloccato. Come sempre però, c’è una prima volta, e la consapevolezza di voler scoprire cosa Roxy nascondesse mi aveva schockato, bloccandomi senza che me ne rendessi conto, per lo meno non finché mette venne a darmi di gomito cercando di risvegliarmi dal trans che mi aveva colpito. Questa volta i fans se ne erano sicuramente accorti, così al primo momento utile mi avvicinai al microfono scusandomi e adducendo la scusa che non mi sentissi particolarmente bene, per poi tornare a suonare come se niente fosse, cercando di non pensare.
Non capivo più cosa mi stesse succedendo.



*Schecter's corner*

Come sempre inizio il mio spazietto autrice scusandomi con voi per il ritardo nell'aggiornare e nel rispondere alle recensioni, siete tutti fantastici e non vi meritate una ritardataria come me, ma sono molto impegnata e anzi, già è tanto che non ha abbandonato brutalmente anche questa long come ho fatto con le altre. Ve lo dovevo di continuarla e quindi eccomi qui u.u
Bene, fatte le scuse, passo a commentare il capitolo. Premetto con il dire che non mi convince affatto, ma sono dieci giorni che lo rivedo e non sono riuscita a modificarlo, quindi mi dispiace presentarvi una schifezza tale, ma dovrete accontentarvi c.c L'inserimento del POV di Valary è dovuto ad una richiesta fattami secoli or sono e vi avverto che d'ora in poi ogni tanto verrà inserito il POV di qualche personaggio secondario, che poi alla fine tanto secondario non è, dato che dovrebbe aiutare a far luce un po' di più sulla storia.
Qui troviamo un Brian ancora più confuso, una Valary che ha capito tutto più dei personaggi stessi e una Roxy che tenta di vivere la sua avventura, ritrovandosi però intrappolata in uno strano gioco che percepisce ma non capisce fino in fondo!
Beh, spero che tutto ciò vi sia piaciuto nonostante tutto e spero anche che il prossimo cap giunga un po' più presto di questo, nonostante l'inquietante calendario esami che mi si prospetta per il mese di maggio T^T
Come sempre ringrazio ognuna di quelle splendide persone che recensiscono, preferiscono, seguono o ricordano e sappiate che senza di voi non saprei dove sbattere la testa ♥

A presto,
Schecter

P.S. cosa ve ne pare di uno spin-off nel quale compaiano i My chemical romance e Roxy? Fatemi sapere! (è solo un'idea è!)

P.P.S. il titolo del capitolo è dovuto al fatto che tutti cercano Roxy... so che è idiota, ma non avevo idee T^T

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Capitolo 12
*** The wedding. ***


The wedding.




*ROXY’S POV*
I giorni passarono in fretta e ormai, dell’eccitazione iniziale non era rimasto più nulla. Ero sempre stata una ragazza con uno spirito d’adattamento incredibile, infatti mi ero già abituata ai miei nuovi ritmi e di questo ne erano stupiti tutti: non riuscivano a capacitarsi di come, in quei pochi mesi, ero passata da insegnante di musica a rock star senza battere ciglio e scompormi più di tanto.
La vita sul tour bus era tranquilla e se evitavo Valary tutto filava a meraviglia, anche se dal giorno della strana situazione nel back stage evitavo anche di rimanere da sola con Brian. Non sapevo neanche il perché, ma il mio sesto senso mi diceva che era giusto così.
Sedevo spesso con la mia fedele acustica in grembo sulla poltroncina vicino al vetro più grande del tourbus e strimpellavo sovrappensiero mentre vedevo chilometri e chilometri di paesaggi sfilarmi davanti agli occhi, incuranti del nostro passaggio. In quei momenti solo Arin si azzardava a distrarmi, sedendosi accanto a me, iniziando a battere spesso e volentieri con le bacchette su tutte le superfici libere che gli capitavano a tiro, cercando di tenere il ritmo che le mie mani dettavano inconsapevoli. Finivamo sempre per suonare qualche nuova melodia e in quei momenti tutto il tourbus si fermava, con il fiato sospeso, ad ascoltare la musica che nasceva semplicemente dalle emozioni del momento. Ogni tanto Matt appuntava qualcosa su degli spartiti e poi ce lo faceva rivedere, aggiungendoci qui e lì qualche spunto per il testo. In quei momenti, l’unico che faceva finta di ignorarci era Brian, anche se ogni tanto, con la coda dell’occhio, lo vedevo fissarci con una strana espressione in viso che non riuscivo a decifrare.
Brian.
Ogni volta che pensavo a lui sentimenti contrastanti si affollavano nel mio cuore. Passavo dall’ammirazione, alla rabbia per il fatto che non lo capivo a fondo, alla preoccupazione perché lo vedevo spegnersi sempre più e all’amarezza, perché non sapevo come aiutarlo. Infine c’era un po’ di tristezza, dovuta al fatto che non era più l’uomo che conoscevo io.
Sospirai poggiando la chitarra di fianco a me. Arin quel pomeriggio aveva preferito restare steso sul divano in disparte ad ascoltarmi, con gli occhi chiusi e la brezza che entrava dal finestrino leggermente aperto del bus a scompigliargli i capelli. Sembrava così rilassato, che pensai si fosse addormentato, così mi alzai e mi diressi in cucina per prendere qualcosa di fresco bare, cercando di fare il meno rumore possibile.
-Come mai ti sei fermata?-
Sobbalzai sentendo la voce del ragazzo dietro di me, mi aveva spaventata.
-Scemo, mi ha spaventata!- gli tirai una pacca che voleva sembrare di rimprovero su un braccio, che lui cerco di parare ridendo sonoramente, per poi sorridergli a mia volta –Avevo sete e fa decisamente troppo caldo in questo angolo di mondo per i miei gusti!-
Stavamo attraversando l’Arizona, direzione Las Vegas, dopo esserci esibiti ad Oklahoma City. Dato che dopo Las Vegas avremmo avuto alcuni giorni di pausa, per poi esibirci a Los Angeles e riprendere il tour, avevamo deciso di andare comunque in bus e fare un salto al Grand Canyon, tipo mini gita scolastica. Colti dall’entusiasmo avevamo anche fatto il pieno di schifezze, film da vedere e altre cretinate simili per rendere il tutto più simile a un’allegra scampagnata.
-Non essere esagerata, secondo me sei solo un po’ stanca dato che non riposi mai!- rispose lui, prendendo a sua volta qualcosa di fresco da bere.
-Uhm… forse hai ragione, ma non amo molto riposarmi: avrò tempo di farlo quando sarò qualche metro sotto terra!-
-Oggi il tuo ottimismo è paragonabile a quello di Gates… fuggi finché sei in tempo!- disse lui, inorridendo per finta, facendomi scoppiare in una sonora risata.
-Prima o poi la finirete di complottare alle mie spalle voi due?-
Beccati in pieno da Brian, che a quanto pare era resuscitato dal suo riposino pomeridiano ed aveva avuto a sua volta voglia di un qualcosa di fresco da bere.
Aveva usato un tono allegro e ci sorrideva, così scoppiammo a ridere anche noi, per poi sederci tutti insieme sui divanetti e iniziare a chiacchierare allegramente, con le nostre birre ghiacciate ben salde. Cercavo di evitare Brian, ma solo quando eravamo soli, altrimenti adoravo passare del tempo con lui.
Mentre eravamo persi in un’accesa discussione su alcune delle nuove band che avevamo incrociato in giro per il tour, fummo interrotti dal mio telefono, che prese a squillare diffondendo le acute note iniziali di Afterlife per tutto l’abitacolo. Mi affrettai a rispondere, senza neanche vedere chi fosse, mentre Brian scuoteva come sempre la testa alla suoneria del mio cellulare e Arin che rideva della scenetta: rimanevo sempre e comunque una delle loro fan più accanite dopotutto.
-Pronto?-
-Roxy, tesoro come va?-
La voce tranquilla e allegra di mia madre mi arrivò leggermente disturbata dall’altoparlante, ma nonostante tutto mi aprii in un sorriso enorme come se lei avesse potuto vedermi.
-Tutto bene, Ma’ e voi? Che si dice ad LA?- mia nonna materna era di origini italiane, ed aveva tirato su mia madre all’italiana, così usavo chiamarla Ma’, diminutivo di mamma.
-Tutto bene tesoro, sicuramente qui non è niente di emozionante rispetto alla vita che conduci adesso!-
-Ma che dici Ma’! Alla fine qui non è niente di così speciale, è il mio lavoro.-
Sapevo che i ragazzi mi stavano ascoltando, in fondo sperare in un po’ di privacy in un tourbus era pura utopia, così li osservavo con la coda dell’occhio, facendo finta di guardare fuori dal finestrino.
Sentii mia madre sospirare.
-Tesoro, ti scioglierai mai? Sei sempre troppo seria, è ora che inizi a prendere la vita con un po’ più di leggerezza…-
-Lo so Ma’, ma sai anche come sono fatta…- non volevo dire troppo davanti a loro e mia madre, forse attraverso i suoi superpoteri da genitore, capì.
-Non puoi parlare, vero tesoro?-
-Vero…-
-Beh, allora lasciamo perdere questi discorsi e parliamo di cose più piacevoli!- disse allegra e potei quasi immaginarla, seduta sulla poltroncina accanto al telefono, con i disordinati ricci neri striati di grigio, la matita per disegnare dietro l’orecchio e un sorriso da eterna ragazzina stampato in faccia.
Mia madre dimostrava molto meno di suoi cinquant’anni, era sempre stata una ragazzina sia dentro che fuori, e più che una madre la consideravo la mia migliore amica, o la sorella maggiore che non avevo. Era un’artista, proprio come me, solo che la sua arte si trasmetteva attraverso le immagini e non attraverso le note. Avevo sempre invidiato il suo talento nel disegnare, dipingere e affini, così come lei sospirava ogni volta che mi vedeva suonare, avrebbe sempre voluto imparare a suonare qualche strumento, ma non si sentiva molto portata.
-Certo, di cosa vuoi parlare?-
-Ricordi vero, che settimana prossima si sposa tuo cugino?-
Oddio, lo avevo totalmente, completamente dimenticato. Scattai nel panico più totale e afferrai il calendario che tenevamo appeso sul frigo, dove erano segnate tutte le date e tutte le pause, iniziando febbrilmente a scorrerlo con lo sguardo. Ero in ansia, ma poi i miei occhi lessero proprio quello che mi serviva e tirai un sospiro di sollievo: il matrimonio cadeva proprio in un paio di giorni di pausa in cui ero a LA.
-Ma’, ho appena passato un paio di minuti di panico, ma calendario alla mano posso assicurarti che ci sarò!- -Bene! Julianne ci sarebbe rimasta malissimo se non saresti potuta venire, visto tutto l’impegno che hai messo nell’aiutarla ad organizzare il matrimonio.-
-Dai Ma’, non me lo sarei perso per nulla al mondo! Sarei venuta a tutti i costi pur di vederla incedere per la navata, mentre Travis avrebbe avuto la faccia da triglia! Con quelle foto potrò ricattarlo a vita!- risi al solo pensiero e mia madre si unì a me.
Io e Travis, mio cugino, eravamo gli ultimi arrivati in famiglia e passavamo tutti i pranzi e le feste a fare un’arte, schiamazzando e litigando per finta. Ricordo ancora quando eravamo piccoli e mia zia, madre di Travis e sorella di mio padre, ci divideva afferrandoci per le orecchie e urlandoci contro isterica, ricordandoci che none eravamo dei selvaggi. Bei tempi.
-Bene, per il vestito e tutto mi sembra che sei apposto no?-
-Sisi, tutto apposto… credo anche che Elianne sia disponibile ad acconciarmi e truccarmi, dovesse gironzolare qualche paparazzo…- rabbrividii al solo pensiero. Me l’ero sempre cavata bene con i paparazzi, ma comunque mi mettevano ansia con la loro sola presenza. Avevo anche smesso di comprare le riviste che prendevo di solito pur di non vedermi spuntare tra qualche articolo.
-Verrai accompagnata?-
La domanda a bruciapelo di mia madre mi riscosse dai miei pensieri.
-Accompagnata?- ripetei senza capire.
-Massì, dai, accompagnata da un ragazzo!-
-Accompagnata da un ragazzo?- ripetei di nuovo, pensando che in quel momento avevo di sicuro un’espressione assurda.
-Certo che da un ragazzo, amenochè hai cambiato tendenze negli ultimi mesi, mi risulta che stavi uscendo con un bel ragazzo prima di entrare nei Sevenfold!- disse con fare cospiratorio.
Avvampai. Mi ero completamente dimenticata di Daniel, in fondo ci ero uscita solo un paio di volte e conoscendolo meglio, alla fine non era tutto questo granché, certo, era bellissimo tanto che faceva il modello, ma nella vita conta di più quello che si è dentro, piuttosto del proprio aspetto esteriore, almeno secondo me.
-Ah si, Daniel…-
Vidi Brian ed Arin irrigidirsi all’improvviso e farsi più attenti alla conversazione.
-Daniel, ecco come si chiama quel bel biondino!- disse mia madre finalmente illuminata.
-Beh, ecco, non lo sento da un po’…-
-Che peccato cara, speravo quasi di vederti al braccio di qualche bel cavaliere…-
Mamma non avrebbe mai insistito così tanto, così capii che tra le righe stava cercando di suggerirmi qualcosa. Se lo diceva così vagamente significava che c’era papà in ascolto che non doveva capire nulla, così ci pensai un attimo e subito mi fu tutto più chiaro. Mamma in realtà voleva solo proteggermi da mia zia, che aveva la strana sindrome del Dottor Stranamore, ovvero tentava di accoppiare chiunque le capitasse sotto tiro ed io, perennemente single, ero il suo bersaglio preferito. Avevo collezionato miliardi di figuracce quando in estate la andavo a trovare e a casa c’era sempre qualche buon ipotetico partito capitato lì per “puro caso” e smanioso di fare la mia conoscenza. Ero fregata.
-Mamma, trovami una soluzione!- lasciai trapelare tutta la mia disperazione in quelle poche parole, e poi quando la chiamavo mamma era davvero grave.
-Non lo so tesoro, non ho idee!- fece lei sconsolata, conscia che avevo capito tutto.
Passammo qualche secondo in silenzio, poi a mia madre venne l’illuminazione divina.
-E se portassi qualche tuo compagno di band?-
-Ma’, sei geniale!- mi entusiasmai subito, ma così come era venuto l’entusiasmo si spense.
Matt sposato con figli, Johnny felicemente sposato, Brian pseudo-sposato e pseudo-libero ma da evitare e… Arin!
-Ma’, ti richiamo, ti faccio sapere!-
-Certo tesoro, io intanto prego per te! Un bacio!- e riattaccò.
Presi qualche secondo per organizzarmi il discorso e poi mi voltai, stampandomi in faccia il sorriso più ruffiano che riuscii a trovare.
I ragazzi mi guardavano terrorizzati, sapevano che quando facevo così volevo qualcosa, in genere trascinarli in qualche museo o negozio di libri, ma questa volta avrebbero potuto immaginarlo neanche lontanamente. -Arin, ho bisogno di te!- dissi disperata gettandomi al suo collo.
-Hey, che succede?- era leggermente preoccupato adesso che avevo cambiato atteggiamento e potevo sentire anche lo sguardo di Brian sulla mia schiena.
-Ecco, vedi…- gli spiegai tutta la situazione, cercando di trattenere il panico che sentivo crescermi dentro -… quindi se tu potessi accompagnarmi, mi salveresti dalle grinfie malefiche di mia zia, che sicuramente avrà invitato qualche antico parente o amico di famiglia che guarda caso è in cerca di moglie.-
Conclusi sconsolata e con lo sguardo basso, aspettando la sua risposta.
Inaspettatamente Brian e Arin iniziarono entrambi a ridere sguaiati, per poi iniziare a prendermi in giro senza ritegno. Ci rimasi male e offesa mi alzai, raccogliendo la chitarra e dirigendomi a passo di marcia verso la mia cuccetta, evitando Matt e Johnny, che svegliati dal fracasso che avevano fatto quei due nel deridermi adesso ascoltavano la mia triste storia da Brian, che continuava a sghignazzare come un idiota.
Furente stavo per mettere la mano sulla maniglia della porticina che portava al ‘piano superiore’, quando mi sentii afferrare la mano. Mi voltai inviperita, ma mi trovai davanti Arin che mi guardava serio ma con un sorriso felice sulle labbra.
-Certo che ti accompagno, scema!-
A quelle parole mi sentii davvero felice e gli saltai addosso abbracciandolo. Lui ricambiò l’abbraccio stringendomi forte e lì, contro il suo petto, potevo sentire il suo cuore che batteva, di un ritmo tutto suo. Nella mia testa non eravamo più sul tourbus, ma su un palco, lui alla batteria dietro di me e io alla chitarra, solo noi due, ad andare a ritmo senza sbagliare una nota.

*ARIN’S POV*
Il concerto di Los Angeles di due giorni prima era stato uno spettacolo, ma l’ansia di suonare nella propria città non era nulla in confronto all’ansia che provavo per quel giorno.
Avevo accettato di accompagnare Roxy al matrimonio, e lo avevo fatto solo per vederla felice, non pensando a tutte le implicazioni che ciò avrebbe portato come conoscere tutta la famiglia al completo di Roxy, stare tutto il giorno sotto ai riflettori ed essere bombardato di domande da chiunque. Mi sentivo già stressato.
Aggiustai la cravatta sottile nera e sistemai la camicia per poi indossare il gilet. Niente giacca, preferivo così. Diedi una sistemata ai capelli per poi dare un ultimo sguardo al mio riflesso nello specchio. Mi aprii in un sorriso cercando di rilassarmi e senza continuare a pensarci troppo recuperai le chiavi della macchina e mi diressi a casa di Roxy. Per l’occasione, invece della solita macchina che usavo per gli spostamenti di tutti i giorni, avevo deciso di tirare fuori la mia Camaro nera. Era la prima cosa che mi ero comprato con i primi soldi guadagnati con gli Avenged, il sogno di una vita che si realizzava.
Arrivai da Roxy in perfetto orario e citofonai. Mi rispose Alice, che prontamente mi aprì per poi accogliermi in casa, erano secoli che non la vedevo.
-Arin, quanto tempo! Come va?- chiese felice facendomi accomodare.
-Hey Ali, ti trovo in splendida forma! Tutto bene grazie, non ci lamentiamo… a te come va invece?-
-Mah, la solita, di sicuro non giro il mondo con una band di folli, no?-
Scoppiammo entrambi a ridere, ma fummo interrotti dalla voce di Roxy.
-Arin, scusami, ma ci vorranno ancora un paio di minuti!-
Sorrisi sentendo il suo tono dispiaciuto e mi affrettai a tranquillizzarla.
-Tranquilla Rox, siamo in perfetto orario, quindi fai con comodo!-
-Perfetto!-
Dal tono che aveva usato potevo quasi immaginarla rilassarsi e magari aprirsi in un sorriso, avevo imparato a conoscerla così bene in quei pochi mesi, che ero stupito da me stesso.
Ripresi la conversazione con Alice e parlammo del più e del meno, finché la ragazza, che da dove era seduta riusciva a vedere il corridoio alle mie spalle che portava alle camere, tacque fissando un punto dietro di me. Incuriosito mi voltai anch’io e rimasi di stucco.
Davanti a me avevo Roxy, ma non era la ragazza che conoscevo io. Io conoscevo una Roxy un po’ eccentrica, vestita sempre particolare ma comunque sobria, che attirava l’attenzione solo al secondo sguardo, mentre questa qui era una bomba. Non era una bella definizione, ma con il cervello in tilt non riuscivo a ragionare decentemente.
La ragazza che mi sorrideva dalla porta della sua camera poteva tranquillamente essere una modella da copertina, con i capelli neri raccolti in un’acconciatura morbida ad incorniciarle il viso dagli zigomi definiti e risaltarle gli occhi truccati da gatta. Il vestito da sirena le stava un incanto, sposandosi a meraviglia con la sua carnagione chiara e stando in tinta con gli occhi, mentre i sandali argentati e brillanti la slanciavano, regalandole dieci centimetri in più.
Ero senza fiato e non riuscivo a trovare le parole. Dopo quel momento di silenzio Roxy iniziò a sorridere imbarazzata, mentre io cominciavo a pensare che forse la mia faccia da triglia lessa non mi stava aiutando affatto.
Cercai di riprendere il controllo dei miei muscoli facciali e facendo ancora di più la figura dell’idiota mi lascia scappare un: -Sei bellissima.-
Sorrise imbarazzata, per poi alzare lo sguardo, arrossire un poco e ringraziarmi.
Mi riscossi dallo stato di trance e mi affrettai a recuperare il suo bouquet dal divano. Ero andato a ritirarlo io perché tanto il fioraio era di strada e lei tra estetiste, trucco e parrucco non aveva avuto tempo.
Lo prese ringraziandomi e si mise in posa, mentre Alice le scattava una foto ricordo.
Vederla lì mi fece pensare che la sposa aveva sbagliato a chiederle di farle da damigella: sarebbe stata sicuramente oscurata dalla bellezza di Roxy.
Alice ci costrinse a farci anche qualche foto insieme, stile mamma-nella-sera-del-ballo-scolastico, e poi ci lasciò finalmente andare. Ci sorridemmo ancora imbarazzati e poi finalmente ci avviammo.
Roxy rimase incantata dalla mia macchina e vi si accomodò dentro con gli occhi che le brillavano dall’emozione, mentre io le chiudevo la portiera. Fortunatamente l’imbarazzo scivolò via pian piano e iniziammo a parlare di nuovo come nostro solito, senza imbarazzi o cose di sorta. Mi fece delle domande sulla macchina, svelandomi che anche lei aveva sempre avuto un debole per questo tipo di macchine, per poi abbassare la voce e sussurrare un qualcosa velocemente.
-Stai benissimo così.-
Non feci neanche a tempo ad udire quelle parole che lei era già diventata rossa come un pomodoro ed aveva preso a torturare il bouquet che teneva in grembo.
-Se continui così resterai con in mano solo un gambo di rosa!- le dissi dolcemente –E grazie, ma al tuo fianco sparirò sicuramente…-
Avevo parlato sinceramente e lei arrossì ancora di più, distogliendo lo sguardo per poi puntarlo ovunque ma non verso di me.
Finalmente arrivammo a destinazione e dopo aver parcheggiato, l’aiutai a scendere, prendendola poi sotto braccio per aiutarla a camminare meglio con quei tacchi assassini sul vialetto di ciottoli della chiesa.
Arrivati all’ingresso dovemmo separarci, perché lei doveva aspettare la sposa per poi portarle il velo, ma prima di dividerci ci guardammo un attimo e proprio in quel momento un flash ci accecò. Mi guardai intorno spaesato e lo stesso fece Roxy, ma tirammo un sospiro di sollievo quando ci accorgemmo che a scattare la foto era stato il fotografo del matrimonio.
-Scusate ragazzi, ma meritavate proprio una bella foto, un amore giovane e bello come il vostro andava immortalato!- ci disse quello ammiccando.
Subito io e Roxy arrossimmo, iniziando a balbettare insieme.
-No, ha frainteso…-
-No, noi non siamo…-
Quello ci guardò un attimo senza capire, poi fece spallucce e se ne andò, andando ad importunare qualcun altro, in attesa dell’arrivo della sposa.
-Beh, almeno mia zia crederà che siamo davvero fidanzati e mi lascerà perdere, no?- sorrise Roxy cercando di alleggerire l’atmosfera.
-Già, almeno ti lascerà in pace!- sdrammatizzai anch’io, ma qualcosa non andava dentro al mio petto.
-Allora adesso ci salutiamo, ci vediamo dopo…- disse staccandosi da me.
-Si, a dopo…- riluttante la lasciai andare e mi incamminai all’interno della chiesa antica e semibuia, cercando il mio posto a sedere, non prima però di averle lanciato un ultimo sguardo.
Era fuori, nella luce, incorniciata dal portone scuro della chiesa abbellito da fiori, una visione e tale fu anche quando la vidi entrare dietro alla sposa, con un enorme sorriso sul volto, sinceramente felice per i futuri sposi.
Assistetti alla cerimonia ma non riuscii a toglierle gli occhi di dosso.
L’avevo notata già dalla prima volta che l’avevo vista, per quel corridoio della scuola, mentre infuriata inveiva contro Matt. L’avevo presa in simpatia mentre leggermente affannata dopo la sua performance dava del filo da torcere al grande Synyster Gates e poi mi era piaciuta sempre di più, man mano che passavo del tempo con lei ed imparavo a vedere e riconoscere tutte le sue mille sfaccettature.
Avevo sempre pensato di provare ammirazione e simpatia nei suoi confronti, in fondo eravamo le new entry in quella grande famiglia stabile da anni e come in un tacito accordo avevamo deciso di farci forza a vicenda, sostenendoci tra di noi per cercare di non affondare in quel caos che erano gli Avenged Sevenfold. In quella chiesa però, capii che forse c’era dell’altro.
Conoscevo bene il battito del mio cuore e l’avevo sempre trovato un battito regolare, come in una canzone jazz, ma ultimamente, quando lei mi stava accanto e mi sorrideva complice o semplicemente mi guardava, il mio cuore partiva e mi sembrava di nuovo di essere sul palco a suonare quelle folli canzoni scritte dal genio di Jimmy. Il ritmo diventava talmente tanto veloce e frenetico che mi chiedevo come nessun altro all’infuori di me riuscisse a sentirlo.
Quando l’avevo sentita parlare al telefono con la madre (si, stavo origliando spudoratamente) avevo capito subito la situazione, ma ero straconvinto che lo avrebbe chiesto a Brian, così mi ero stupito non poco quando invece era venuta da me, ad implorarmi con gli occhi lucidi e quindi ancora più belli e teneri. Avevo visto l’occhiataccia che mi aveva lanciato il chitarrista quando avevo accettato e lei mi si era buttata tra le braccia felice. Tra le mie braccia e non tra le sue.
Sapevo di scherzare con il fuoco mettendomi contro Brian, ma Roxy riusciva a riaccendere in me emozioni che credevo morte e sepolte da quando avevo trovato la mia ormai ex fidanzata storica a letto con il mio migliore amico, e Brian non avrebbe vinto, non questa volta.
-Arin, ci sei?-
La funzione era finita e Roxy era venuta a recuperarmi trovandomi immerso nei miei pensieri. Mi affrettai a sorriderle e prendendola sotto braccio uscimmo dalla chiesa, posizionandoci davanti alla porta con i sacchettini di riso in mano in attesa che uscissero gli sposi per bersagliarli.
Di fianco a me Roxy mi sorrise, strizzando appena gli occhi verdi sotto i fastidiosi raggi del sole ed io non potei non pensare di nuovo a quanto fosse perfetta.

-E così tu saresti il batterista della band nella quale suona Roxy, giusto?- mi chiese la zia di Roxy squadrandomi da capo a piedi neanche fossi una bestia in vendita ad una fiera.
-Si signora, suono nella band da un paio d’anni ormai…-
-Quindi sei bravo?- chiese quella insistente.
-Zia, lascialo perdere e fagli godere il pranzo!- Roxy, sull’orlo della disperazione, redarguì la zia.
-Ma cara, non sto chiedendo nulla di male, e poi dovrebbe essere abituato a queste domande, no?-
-Abituatissimo signora, non si preoccupi.- risposi cortese, cercando di ignorare quell’ essere che mi si era accollato.
Da dietro la sua schiena Roxy mi guardò dispiaciuta e mimò un ‘mi dispiace’ silenzioso. Le sorrisi di rimando per farle capire che andava tutto bene e tornai a concentrarmi sul fastidioso essere, meglio conosciuto come zia rompiballe della povera Roxy.
Fortunatamente fummo salvati dagli sposi che, facendo il giro dei tavoli per accertarsi che andasse tutto per il meglio, approdarono finalmente anche al nostro.
La sposa era davvero carina, anche se era un po’ alternativa con i capelli rasati da un lato e il tatuaggio sul polso, mentre lo sposo urlava ribellione da tutti i pori con gli orecchini e i tatuaggi che gli ricoprivano le braccia, lasciate scoperte dalla camicia con le maniche arrotolate una volta finita la funzione. Insieme facevano proprio una bella coppia.
Si fermarono a chiacchierare con noi, presentandosi e facendomi qualche domanda non troppo invadente, fino a quando lo sposo si complimentò con me per la nostra musica, chiedendomi da fare da portavoce con il resto della band. Gli sorrisi grato e gli feci di nuovo le congratulazioni.
Gli sposi stavano per andare verso un altro tavolo, quando l’ ‘amabile’ madre dello sposo torno a romperci le scatole.
-Perché non suonate qualcosa? In fondo gli strumenti ci sono!- disse indicando il fondo vuoto dell’enorme sala da pranzo, dove stavano allestendo la pista da ballo e la zona per la band.
Scambiai uno sguardo veloce con Roxy, che mi sembrava alquanto infastidita, così senza farmi notare le appoggiai una mano sulla schiena, facendole capire che aveva tutto il mio appoggio. Si voltò di nuovo verso di me sorridendomi.
-Allora, che ne pensi?-
-Dai, per un fan come tuo cugino e per la sua splendida moglie si potrebbe pure fare, no?-
Sorrise felice del mio assenso, così mi prese per mano e mi trascinò sulla piattaforma della band.
-Se proprio dobbiamo, facciamo una grande spettacolo, no?- disse, iniziando ad armeggiare con la chitarra, prestatagli dal chitarrista della band ingaggiata per il matrimonio, e sistemandosi l’asta del microfono.
-Beh, se sono capace di suonare al Rock Am Ring, figurati se mi spavento di suonare davanti a duecento persone… facciamo ballare anche le vecchiette Rox!-
-Ci sto!-
Sistemammo tutto quello che ci serviva, declinammo l’offerta del bassista e del chitarrista della band di farci da spalle, e iniziammo la magia.
-Hey voi, lasciate le forchette e venite sotto al palco, il delirio vi aspetta!- urlò Roxy nel microfono –Guest star della serata il mitico Arin Iljeay, batterista degli Avenged Svenfold!-
Mi introdusse e io salutai producendomi in un minuscolo assolo di batteria. Tutti ci guardavano curiosi e pieni di attesa. Roxy stava per iniziare senza presentarsi, così presi io la parola.
-E sempre dagli Avenged Sevenfold, Roxy, la chitarra più veloce del mondo!- urlai, per poi usare un tono cospiratorio –Ma non ditelo a Gates, sennò poi chi se lo sente!-
Roxy che prima mi guardava confusa adesso si aprì in un sorriso e facendo uno screamo da paura, diede il via definitivo.
-ARE YOU READY TO ROCK’&’ROLL TONIGHT?-



*Schecter's corner*

E così, in un attimo di respiro dagli esami (in realtà pseudo-attimo di respiro) e a -5 dal concerto di Roma dei ragazzi... HERE I AM AGAIN!!!
Mi era mancato Efp dato che ho avuto il tempo solo di rapide comparsate e mi eravate mancate voi irriducibili, sempre pronte qui per me, sapete?♥
Bene, detto questo, passiamo alla discussione sul capitolo!^^ Niente POV di Brian questa volta, perché ho voluto inserire *rullo di tamburi* il fatidico punto di vista di Arin! *lo so che lo stavate aspettando con ansia, non negate u.u* Ho giustamente ritirato fuori la questione del matrimonio, accennata nell'ormai quinto capitolo! Beh, chissà a cosa porterà questo episodio? Continuate a pazientare e sopportare i miei tempi da Testudo graeca (è il nome specifico di una tartaruga di terra, abbiate pietà sono reduce dall'esame di zoologia XD) e lo scoprirete, anche perché *coff-coff* devo dire che la trama mi sta sfuggendo di mano e il corso della storia potrebbe cambiare molto, quindi STAY TUNED!
Okay, come al sempre spendo due doverose righe per voi che ci siete sempre che siete il mio ossigeno e anche per ringraziare tutti glia altri timidoni che ci sono, ma si vedono solo ;) Vi voglio bene!♥

A presto,
Schecter

P.S. non so se avete notato, ma sto cercando di fare capitoli più lunghi, fatemi sapere se l'idea vi piace o meno, e fatemi sapere anche se vi piace l'impaginazione e tutto il resto!XD

P.P.S. sto iniziando ad elaborare la OS con i MyChem, grazie per i voti ♥

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Capitolo 13
*** Little talks. ***


Little talks.




*BRIAN'S POV*
Anche se avevo tentato di non darlo a vedere, ci ero rimasto malissimo quando Roxy aveva chiesto ad Arin e non a me di accompagnarla al matrimonio, e soprattutto non mi era sfuggita l'occhiata trionfante che il batterista mi aveva lanciato mentre stringeva la ragazza tra le braccia.
La stringeva lui e non io.
L'idea di quei due da soli, a fingersi un'allegra coppia, in una giornata intrisa di cuoricini e schifezze simili, non mi andava giù per niente, e sicuramente i ragazzi non mi stavano aiutando a non pensarci.
-Briiiiian!-
-Che vuoi gnomo?- risposi acido.
Lui e Matt si erano autoinvitati a casa per una giornata tra soli uomini, dato che ero l'unico senza moglie e che da quando c'era Roxy in giro non avevamo più potuto fare una serata mutande, birra, schifezze e videogiochi. Inutile dire che io avrei preferito passare la giornata da solo, rintanato nella sala della musica con qualche bottiglia di birra e di Jack a farmi compagnia e i miei pensieri a martoriarmi il cervello.
Alla fine avevo detto tutto ai ragazzi, incoraggiato da Roxy e messo con le spalle al muro con le continue domande che mi facevano riguardo a Michelle.
Michelle… quando ci pensavo, sicuramente più di quanto avessi voluto, perdevo un battito e mi mancava il respiro, sentimento che non sapevo assolutamente interpretare, soprattutto a fronte dei sentimenti che stavo scoprendo di provare verso Roxy. Che disastro.
-Guarda, i ragazzi ci hanno mandato qualche foto e video dal matrimonio! A quanto pare gli sposi sono fan della band e quindi i ragazzi hanno improvvisato un concertino per loro!- disse Johnny, mettendomi il cellulare sotto il naso tutto eccitato. No, non mi aiutavano affatto.
-Fantastico...- commentai atono, mentre le foto mi scorrevano sotto gli occhi.
Roxy era davvero stupenda e anche se l'avevo già vista con quel vestito addosso, non l'avevo mai vista acconciata e truccata per bene. Era perfetta, tanto che la sposa di fianco a lei spariva, nonostante fosse lo stesso una ragazza bella e particolare.
Arin poi, era radioso di fianco a lei, e nessuno avrebbe potuto negare che i due formavano una coppia perfetta. Che rabbia.
-Guarda il video, sono stati stupendi!-
Sbuffai e mi arresi mio malgrado a quell'altra sferzante ventata di invidia per non essere al posto del batterista.
Il video partì, mostrando una Roxy armata di chitarra intenta a cantare le folli parole di A little piece of heaven, mentre Arin la sosteneva con la batteria e cantando i coretti. Nonostante erano solo due su cinque, eseguirono la canzone in un fantastico riarrangiamento, con solo batteria e chitarra, e quando arrivò il momento della strofa del matrimonio, invitarono gli sposi sul palchetto per fargli ripetere le promesse. Stupendo.
-Roxy è proprio sprecata come chitarrista ritmica e basta... potrebbe tranquillamente essere la nuova Lzzy Hale, solo decisamente molto più brava alla chitarra.-
Il commento serio di Matt mi riportò alla realtà e sbattendo gli occhi mi voltai a guardarlo interrogativo, mentre Johnny non si accorgeva di nulla, troppo intento a guardare e commentare i video dei ragazzi mentre si dirigeva in bagno.
-Come scusa?-
-Pensavi che non venissi a saperlo vero?-
-Ma di che stai parlando Matt? Non ti seguo.-
-Del fatto che stai preparando un debutto solista per Roxy nel caso che Zacky decida di rifarsi vivo dalla sua crisi mistica, prima o poi.-
Sbiancai. Come diavolo aveva fatto a saperlo?
-Dimmi che non stai meditando anche tu di abbandonarci all'improvviso per seguire quella ragazza, Brian. Non potrei reggerlo, non dopo la perdita di Jimmy e l'abbandono di Zacky.-
Il dolore negli occhi di Matt era tangibile e mi sentii un cane per non avergli parlato subito dei miei progetti futuri in caso di rientro di Zacky. Mi ero sempre confidato con Matt da quando Jimmy non c'era più, ci eravamo tirati su a vicenda, in fondo eravamo stati i più colpiti dalla sua more, eppure quella volta non mi ero fidato, forse sapendo che gli avrei dato un immenso dispiacere.
-Non lascerò la band per seguirla. Sto preparando un b-project, ma come produttore, non come musicista.- ammisi guardandolo dritto negli occhi -Quello che mi fa battere il cuore sono gli Avenged Sevenfold e se dovessero finire, morirei con loro.-
-Che ti sta succedendo Brian? Non ti riconosco più, sei lunatico, hai lasciato Michelle e la cosa non sembra turbarti tanto perché ti sei fatto incantare da una ragazzina incasinata forse peggio di noi, organizzi progetti senza metterci a parte delle tue idee e soprattutto non ti confidi più con me. Dove sei finito Brian? Sei ancora lì dentro?-
Mi guardava triste, cercando di carpire ogni più minima reazione da parte mia, che non sapevo cosa ribattere e me ne stavo in silenzio, senza neanche il coraggio di guardarlo in faccia. Fortunatamente venni salvato da Johnny, che tornò dal bagno sorridente, annunciando che i ragazzi gli avevano inviato un nuovo video dal matrimonio, nel quale la band spalla si cimentava in una penosa cover di una qualche band famosa.
-Hey ragazzi, ma cosa è successo mentre ero in bagno?- chiese preoccupato, notando finalmente le facce scure di me e Matt.
-Niente, niente!- mi affrettai a sorridere, dissimulando il tutto -Solo una discussione accesa su chi sia il migliore a letto tra me e Matt!-
Cercai di alleggerire la tensione e per fortuna Johnny finse di bersela, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare anche lui.
-Brian, è inutile che continui ad insistere, è risaputo che il migliore a letto sono io!-
-Ma zitto nano!- dissi ridendo e anche Matt si unì alla risata.
L'atmosfera si era alleggerita e finalmente la serata riprese a scorrere leggera tra fiumi di alcool e cazzate tra amici.

*MICHELLE’S POV*
Era il giorno prima che i ragazzi partissero di nuovo per iniziare il tour in Europa, e con la complicità di Valary ero riuscita ad organizzare un incontro con Roxy. Avevo bisogno di sapere.
Da quando avevo discusso con Brian non ci eravamo più sentiti e il nostro unico contatto era stato qualche giorno prima: gli avevo mandato un messaggio per avvisarlo che sarei stata ospite da Valary e Matt finché non sarebbe ripartito e lui mi aveva risposto che andava bene. Stop. Non mi aveva scritto neanche per avere notizie su Pinkly, dalla quale lui di solito si separava a fatica, e ciò non mi faceva ben sperare in un eventuale recupero del nostro rapporto.
Avevo capito che ero stata precipitosa, che lo stress del momento mi aveva fatto comportare da stupida e avventata e che forse Brian meritava un'altra possibilità. Inoltre in quei mesi da sola avevo riflettuto molto ed avevo capito che anch'io avevo giocato un ruolo non indifferente nella nostra inevitabile crisi. Mi ero accorta di essere diventata una tanto temuta moglie trofeo ed ero inorridita da me stessa. Fortunatamente avevo capito il mio sbaglio e facevo ancora in tempo a cambiare e a tornare la ragazza spontanea di una volta, ero salvabile, forse al contrario del mio matrimonio.
Avevo deciso di parlare con Roxy per capire e magari per carpire qualcosa della vita di Brian in quel tempo separati, in fondo lei ci viveva ogni giorno insieme.
Valary mi aveva detto di averli osservati e di aver notato un interesse solo da parte di Brian, mentre Roxy era amichevole con lui e manteneva le necessarie distanze, anche perché catturata da Arin, e io mi fidavo del giudizio di mia sorella, era molto brava a capire le persone lei, pertanto non ero ostile nei confronti della ragazza. Volevo solo capire.
Erano le quattro e la caffetteria iniziava a riempirsi di persone, soprattutto studenti appena usciti dalle scuole, ma il tavolo nell'angolo che avevo preso era abbastanza tranquillo, così mi distrassi a guardare fuori senza essere disturbata, per lo meno fino a quando una voce femminile e delicata richiamò la mia attenzione. Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con Roxy, che mi sorrideva amichevole, anche se però i suoi occhi mi scrutavano curiosi ed indagatori. Come biasimarla dopo il nostro primo e disastroso incontro? Sono proprio dovuta sembrare una grandissima stronza patentata ai suoi occhi.
-Ciao, scusami se ti ho fatto attendere!- disse leggermente affannata -Posso sedermi?-
-Ma certo che puoi!- dissi indicandole la sedia e osservandola lasciarcisi cadere come se fosse esausta -Come mai di corsa, se posso chiedere?-
-Diciamo che delle volte sono un po' troppo sulle nuvole e il rischio spazia dal cadere inciampando su qualcosa a perdere qualsiasi mezzo pubblico nel raggio di chilometri!- mi sorrise di nuovo e non potei non trovare quel sorriso contagioso.
-Uao, sei una piccola catastrofe allora!- risi a mia volta e non potei fare a meno di notare che mi sentivo a mio agio con quella strana ragazza vestita come un adolescente nel pieno della ribellione -Non hai la macchina?-
Negò con la testa.
-No non ho la macchina al momento purtroppo, fino ad adesso il mio mondo si limitava al quartiere, quindi non mi serviva e adesso c'è Arin che mi porta ovunque, ma oggi non volevo disturbarlo, è riposo anche per lui!-
Nel parlare di Arin la sua voce si fece più dolce e anche i suoi occhi brillarono un po', così capii che ancora una volta mia sorella aveva visto lungo e alla ragazza mio marito non interessava neanche un poco. Povero illuso se credeva di avere qualche chance con lei.
-Mi sembra di capire che tu e Arin avete legato molto, o sbaglio?- chiesi scavando più a fondo.
-Si, anche perché essendo i più piccoli del gruppo non possiamo fare altro se non squadra contro i veterani, non pensi?- rispose candidamente. Era proprio una ragazza semplice e senza malizia, e non potei fare a meno di provare simpatia per lei.
Scoppiai a ridere asserendo e in quel momento arrivò la cameriera a prendere le nostre ordinazioni.
-Un chocolate chai tea latte e un muffin al cioccolato per me, grazie!- disse Roxy senza pensarci troppo su.
La guardai inorridita ad occhi sgranati per quell'accostamento ipercalorico, per poi ordinare a mia volta.
-Per me invece un thè verde...- ecco, lo stavo facendo di nuovo, stavo cadendo nel classico stereotipo di donna alla moda che si nutre di aria pur di mantenere la linea -Oh, al diavolo… anzi, prendo un frappuccino al cioccolato e un brownie, per favore.-
Appena la cameriera se ne andò, riprendemmo a chiacchierare come se ci conoscessimo da una vita.
-Adesso devi spiegarmi dove diavolo metti tutta la roba che mangi, dato che hai appena fatto un’ordinazione da paura e sei decisamente magra!- le chiesi davvero stupita.
Scoppiò a ridere di gusto –In genere non mangio così tanto, ma da quando sono entrata a far parte di questa pazza famiglia ho sempre fame, tra il nervosismo e i miliardi di cose da fare che mi prosciugano le energie, per non parlare dei concerti che mi provano proprio a livello fisico. E poi ammettiamolo, è impossibile non ingrassare dietro a quei quattro… ad essere oneste, sono stupita anch’io del fatto che invece di ingrassare, sono anche dimagrita qualche chilo… mi mancano però quei chiletti in più, adesso sono troppo magra!-
-Davvero?- quella ragazza mi stupiva sempre di più.
-Beh, la mia idea di bellezza femminile è un po’ la pin-up anni ’50… erano magre, ma non anoressiche come le modelle che si vedono oggi in giro! Una donna senza forme e fatta solo di ossa secondo me non ha senso!-
Era una ragazza dai sani principi e convinta delle sue idee e non potei che ammirarla di nuovo.
-Ecco vedi?- continuò a parlare indicandosi il volto –Mi si sono scavate le guance, quando in realtà le ho sempre belle tonde. Inoltre ho dovuto ricomprare qualche vestito, anche se per fortuna posso tenere i vestiti che mi passano per i concerti, qualcosina è riadattabile per tutti i giorni.-
Appena finì di parlare arrivarono le nostre ordinazioni e vidi i suoi occhi illuminarsi, proprio come quelli di una bambina davanti ad una torta.
Mi pentii immediatamente di tutti i pensieri cattivi che avevo fatto su di lei all’inizio, senza conoscerla. Era una ragazza semplice, ancora un po’ bambina, e non si poteva fare a meno di amarla, soprattutto quando ti guardava con quegli enormi e sinceri occhi verdi.
Forse un pochino la invidiavo per la sua spontaneità e forse riuscii a capire cosa stava passando per la testa a mio marito. Come biasimarlo in fondo? Si era ritrovato con una vuota moglie trofeo in un periodo difficile della sua vita e all’improvviso era spuntata fuori dal nulla quella ragazza, semplice e piena di vita, dallo spontaneo sorriso contagioso, che in qualche modo lo capiva, al contrario della persona che aveva al fianco e che era troppo impegnata a rimirarsi nello specchio per preoccuparsi della gente intorno a se.
Se tutto andava a rotoli era solo colpa mia e ne avevo avuto finalmente la conferma.
-Sai Michelle, io ho sempre invidiato te e Valary.-
L’affermazione seria di Roxy mi colpì come un fulmine a ciel sereno e così alzai gli occhi dal frappuccino che stavo rimestando per osservarla stupita.
-Come scusa?-
-Hai capito bene, vi ho sempre invidiate, ma non un’invidia cattiva nella quale vi auguravo le peggio cose, un’invidia sana, nella quale vi prendevo come modello.-
Glielo leggevo negli occhi che non stava mentendo.
-Vi ho ammirato perché voi li avete sempre seguiti dall’inizio e gli siete rimaste fedeli, anche quando loro erano in tour lontani e tentati da tante groupies. Li avete visti nascere come band e ne avete seguito lo sviluppo, forse rendendoli gli uomini che sono adesso, supportandoli sempre con il vostro amore. Ne ho sentite di fan velenose sputare sentenze su tradimenti, fidanzamenti di convenienza e altre cazzate simili, ma poi vedevo le foto, quelle foto in cui vi guardate con gli occhi innamorati, vi vedevo ai bordi del palco nei concerti in cui faticosamente conquistavo la transenna, e capivo che quello che dicevano quelle vipere erano solo cattiverie sputate per gelosia. Seguo i ragazzi da quando si sono formati e voi eravate sempre lì, anche quando erano solo un progetto che si pensava si sarebbe distrutto ancor prima di partire, una band sulla quale nessuno voleva scommettere. Nessuno tranne te e Val, che ci avete creduto talmente tanto da investirci i vostri stessi soldi. Quindi un po’ il merito è anche vostro.-
-Ma tu quanti anni avevi, scusami?- era l’unica idiozia che mi era passata per la testa da chiedere.
-La prima volta che li ho visti in concerto? Avevo dodici anni la prima volta che sono scappata per andarli a vedere e fu una vera follia.- rise con lo sguardo un po’ perso, forse rivivendo il momento –Avevo convinto Travis, mio cugino di soli cinque anni più grande di me, ad accompagnarmi a vedere quella band di cui avevo sentito parlare tanto bene in conservatorio e lui non se lo fece ripetere due volte, ne aveva sentito parlare anche lui da dei compagni di scuola di Huntington beach. Chiesi il permesso ai miei che ovviamente mi dissero di no, visto che neanche mio cugino era maggiorenne, ma non mi persi d’animo, così scappai. Mi ero tinta i capelli di un improbabile rosso e mi ero truccata e vestita in un modo assurdo, non me lo scorderò mai! Fu un concerto epico e sono così orgogliosa di poter dire di essere stata al mitico concerto del Chain reaction.-
-E i tuoi cosa fecero quando lo scoprirono?- chiesi curiosa.
-Assolutamente niente! Non mi dissero nulla, capendo che anch’io avevo ripreso il loro stesso spirito ribelle e dal quel giorno preferirono darmi il permesso per andare a vederli, piuttosto che costringermi a scappare scendendo dal ciliegio che avevamo nel giardino della nostra vecchia casa. Sai, i miei si sono conosciuti quando avevano sedici anni ad un concerto dei Black sabbath, figurati se io potevo venire tanto diversa da loro!- rise per quell’affermazione, contagiando anche me con il suo sorriso spontaneo.
-Già, sarebbe stato strano il contrario, no?-
Rispose annuendo alla mia domanda e poi mi guardò per un momento.
-Chissà chi era il ragazzo dal quale hai sentito del concerto dei ragazzi…- chiesi sovrappensiero, pensando che magari era qualcuno che presumibilmente conoscevo, ma non mi veniva proprio in mente chi dei nostri amici dell’epoca frequentasse il conservatorio di Los Angeles.
Roxy sembrò per un attimo a disagio e si agitò un pochino sulla sedia, prima di sorridere nervosa e rispondermi vaga.
-Beh, a dir la verità non ricordo, sono passati così tanti anni! E poi ad essere oneste ho la memoria di un criceto… forse anche peggio!-
Risi di nuovo con lei, ma non mi era sfuggita la sua incertezza nella voce, mi stava nascondendo qualcosa.
-A che età sei entrata al conservatorio?-
-Ho iniziato a seguire dei corsi pomeridiani tre volte a settimana durante le elementari, quando avevo nove anni e suonavo la chitarra da quattro, poi mi sono proprio iscritta ai corsi alla scuola media, quindi ad undici anni. Ovviamente ci ho fatto anche le superiori e la specializzazione. Poi mi avevano offerto una cattedra, ma ho avuto un periodo di ribellione e ho rifiutato per andare a lavorare in un bar letterario con annessa pasticceria, finché quest’anno avevo messo la testa a posto e ho deciso di accettare la cattedra che il rettore del conservatorio continuava ad offrirmi. Stavo iniziando con il corso estivo, ma poi una band di svitati mi ha ingaggiata ed eccomi qui!- finì di raccontare con un alzata di spalle e prese una sorsata dal suo bicchiere, guardandomi poi placida.
Presi anch’io un sorso di frappuccino e una cucchiaiata di brownie e rimuginai su quello che mi aveva detto. Praticamente era vissuta solo in funzione della sua chitarra, proprio come Brian.
-Tu invece Michelle? Raccontami qualcosa di te!- chiese curiosa.
-Ecco io…- ci pensai un po’ su –Non ho mai saputo cosa volessi fare da grande. Avevo ottimi voti a scuola e ho frequentato delle ottime superiori e anche l’università qui a Los Angeles, ma mi sentivo sempre fuori posto con i miei capelli tinti strani e l’abbigliamento decisamente più adatto ad un concerto, non riuscivo ad adattarmi alla rigidità della scuola privata e della facoltà di Economia. Finita l’università volevo un lavoro che mi permettesse di stare nel mondo dello spettacolo come Brian, anche perché finché ero stata all’università e lui era impegnato con la musica non ci eravamo visti quasi mai, infatti diventammo ufficialmente una coppia fissa dopo che mi laureai. Diventai modella, ma ottenni solo il risultato di essere ancora più lontana da Brian e tornammo punto a capo nel nostro rapporto, così dopo un paio d’anni lasciai e diventai curatrice della Syn clothing, nata da una stupida scommessa con Zacky. Avevo trovato finalmente un equilibrio e poi successe di Jimmy e poi beh, penso che il resto ti è noto.-
-Quindi, esattamente, tu e Brian come siete arrivati a questo punto?-
Lei sapeva.
La guardai con gli occhi sgranati per un attimo, per poi abbassare lo sguardo, dandomi della stupida. Ovvio che sapeva, ormai lo sapevano tutti. Non avrei pianto a tale consapevolezza, non rientrava nel mio carattere orgoglioso. Non avevo pianto neanche quando avevo lasciato Brian e non avrei pianto adesso, in un posto pubblico davanti a tutti.
-No, aspetta, non fraintendermi, non voglio farmi gli affari vostri, voglio solo aiutarvi. E poi non sarebbe male vedere un sorriso sincero sia su di te che su Brian, sai?-
Era davvero sincera, glielo leggevo negli occhi, ma non riuscivo ad aprirmi, così mi limitavo a tacere.
-Hai anche ragione, infondo sono una sconosciuta per te, ma tranquilla non mi offendo se non te la senti di aprirti con me!- mi sorrise di nuovo, cercando di rassicurarmi.
-È solo…- sussurrai interrompendola mentre richiamava la cameriera per avere il conto –è solo che non lo so neanche io come siamo arrivati a questo punto.-
Si risistemò sulla sedia e non disse nulla, pronta ad ascoltare la mia storia.
-Semplicemente, con il matrimonio, all’improvviso tutto è cominciato a declinare nella routine. Non mi serviva più di stupire Brian, ormai era mio, e poi venivamo invitati sempre a più feste e mi sono ritrovata risucchiata in quel mondo che vedevo solo nei giornali di gossip e pian piano mi sono trasformata in quella che non sarei mai voluta essere in vita mia: una stupida moglie trofeo, totalmente vuota e stupida abbastanza da pensare solo a moda e altre cazzate simili. Non mi sono neanche accorta che Brian mi stava scivolando tra le dita, perso nel suo dolore che in realtà si era solo assopito momentaneamente e dopo un anno di tregua era tornato a tormentarlo. E io non sono stata in grado di capirlo… che moglie inutile.-
-Io non credo tu sia stata una moglie inutile Michelle.-
La guardai scettica inarcando un sopracciglio.
-Piuttosto credo che nella tua stessa condizione anch’io ci sarei cascata. Una solidità economica, la fama e la bella vita sono bestie tentatrici per chiunque! Anzi, tu ti sei accorta dei tuoi errori e sei ancora in tempo per rimediare, ma c’è gente che non se ne accorge mai e continua a vivere quella vita finché non ne viene completamente consumato e svuotato del proprio essere.-
Forse aveva ragione.
-È solo che adesso non so come fare a riprendermelo, ormai lo sento così distante… è tutto finito e la colpa è solo mia.-
-No Michelle, non è vero, la colpa non è solo tua, è anche colpa sua. Invece di lasciarti andare così avrebbe dovuto lottare, invece non lo ha fatto, passando per vittima, ma non è così-
Roxy era decisamente più intuitiva di quanto mi aspettassi e forse aveva captato anche i sentimenti di mio marito per lei, ma non ne parlava per ferirmi.
-E come posso fare allora?- chiesi, cercando un consiglio.
-Dagli ancora un po’ di tempo, vedrai che passato il suo momento di crisi tornerà tutto a posto, tu nel frattempo impegnati a tornare te stessa… non lo so, trova un lavoro, qualcosa che ti piace davvero, e magari rinuncia a qualche festa!-
Mi sorrise dolcemente, mentre le sue parole si facevano pian piano strada dentro di me.
-Un lavoro?-
-Beh, hai detto che quando curavi la Syn clothing eri felice, allora perché non fare qualcosa nel campo della moda? Potresti seguire un corso e magari creare una linea tutta tua, la possibilità economica e l’ambiente giusto non ti mancano!-
Era davvero un’idea geniale e onestamente io non ci sarei mai arrivata a pensare una soluzione tale.
-Hai ragione, sei un piccolo genio tu!-
-Grazie, lo so! Per sdebitarti mi passerai vestiti gratis a vita, giusto?-
-Certo che si!-
Scoppiammo a ridere entrambe, mentre il peso sul mio cuore si scioglieva, lasciandomi decisamente più speranzosa verso il mio futuro. Inoltre, avevo decisamente trovato una nuova amica.

*ROXY’S POV*
La chiacchierata con Michelle era stata decisamente più facile di quanto mi fossi aspettata, e quando ci salutammo fuori al caffè, ebbi l’assoluta certezza che avevo una nuova amica. Magari adesso le cose sarebbero andate meglio anche con Valary, chissà.
Comunque si erano fatte le cinque del pomeriggio e dovevo sbrigarmi a correre a casa per cambiarmi e per andare al falò sulla spiaggia organizzato dai ragazzi, era una sorta di tradizione prima di partire per i tour e l’indomani saremmo partiti per il tour europeo. Ero un mix tra l’agitato e l’eccitato, dato che era la prima volta in vita mia che lasciavo l’America, ma allo stesso tempo sapevo che i fan europei erano molto più esigenti di quelli Americani e, vedendo qualche blog per puro caso, avevo scoperto che non avevano preso molto bene l’abbandono di Zacky. Avrei dovuto aspettarmi di tutto.
Arin sarebbe passato a prendermi per le sei, almeno avevo tutto il tempo di prepararmi.
Misi degli shorts di jeans e presi quelli lunghi di ricambio, il bikini con i teschi, una canotta dei Sevenfold (ne avevo l’armadio pieno) e una felpa della Vengeance. Mi guardai allo specchio e ripensandoci la felpa non era un’ottima idea, così la levai e la tirai sul letto, sostituendola con una felpa dei MyChem.
Osservai la felpa scomposta e abbandonata sul letto e la raccolsi, stringendola tra le mani e chiedendomi cosa aveva spinto Zacky a mollare tutto. Mi era sempre piaciuto e avevo visto lui e Brian come la coppia di chitarristi perfetti, il mancino e il destro. Certo, la gente sputava continuamente veleno su di lui, paragonandolo a Brian, obiettivamente tecnicamente migliore, ma in realtà era un ottimo chitarrista e sembrava non dare peso alle critiche più di tanto. Forse però era stata una somma di cose: la morte di Jimmy, il divorzio, magari altri problemi di cui non ero a conoscenza… comunque non capivo il perché.
Aveva abbandonato i suoi migliori amici così, nel bel mezzo del rilascio del nuovo album, senza più di tante spiegazioni… chissà cosa gli passava per la testa.
Il campanello mi riscosse dai miei pensieri e tirando di nuovo la felpa sul letto, mi affrettai ad andare ad aprire. Senza rendermene conto si erano fatte le sei ed Arin, puntuale come sempre, era arrivato.
-Hey Rox, sei pronta?- chiese entrando in casa e raggiungendomi in camera, ormai era di casa.
-Certo! Recupero la borsa e lego i capelli e andiamo!- risposi da dentro la cabina armadio, mentre cercavo la borsa da mare. Quando uscii lo trovai seduto sul letto con la felpa della Vengeance tra le mani e lo sguardo triste e un po’ perso.
-Arin…-
-Sai, li seguo dall’epoca di Waking the fallen e li ho sempre ammirati. Jimmy poi era il mio esempio da seguire nella vita, non avevo mai visto un batterista così talentuoso ed istintivo. Quando è morto mi è crollato il mondo addosso, anche perché avevo avuto la fortuna di conoscerlo, aveva assistito ad uno dei concerti della mia vecchia band ed era venuto a complimentarsi, dicendomi di continuare così.- fece una pausa –Quando seppi dell’audizione andai a farla senza sperarci troppo, era impossibile che mi avrebbero preso. Poi però mi sedetti dietro quella batteria, e quando mi presentai vidi gli occhi dei ragazzi illuminarsi e cominciarono a parlottare tra di loro, indicandomi, ancor prima che prendessi le bacchette in mano. Jimmy aveva parlato di me a loro, ma non potevo saperlo. Feci Beast and the harlot e Bat country, poi mi chiesero qualche pezzo loro e li eseguii tutti. Quando finii ci fu un attimo di silenzio, poi Matt urlò al ragazzo che chiamava ad entrare nella saletta per sostenere l’audizione che avevano finito e che avevano il nuovo batterista. Non credevo alle mie orecchie e per un attimo non capii neanche cosa volesse dire, poi però mi si strinsero tutti quanti intorno per congratularsi e scoppiai a piangere come un bambino e Zacky è stato quello che mi ha aiutato di più ad ambientarmi in quella nuova vita. Quando ha lasciato tutto, anche se in un certo senso me lo sentivo dato che lo vedevo sempre più spento sul palco, è stato un duro colpo per me, soprattutto vedere gli altri di nuovo abbattuti e tristi, quando forse si stavano davvero riprendendo da Jimmy.-
Lo avevo ascoltato in silenzio, senza interromperlo, perché era la prima volta che si apriva così tanto, quindi lo lascia fare, senza mettergli pressioni.
-Sai Arin, ci stavo pensando poco prima che arrivassi.- cercai le parole adatte –Credo che Zacky, si sia trovato all’improvviso ad affrontare tutta la pressione di questi tre anni e non ce l’abbia fatta. Magari all’inizio riusciva a non dargli peso, ma si arriva ad un punto in cui il peso diventa troppo opprimente da sopportare, e si sceglie sempre la strada che sembra più facile pur di sfuggirgli, lo so, ci sono passata anch’io.-
Mi guardò senza dire nulla, forse aspettando che continuassi, e lo ringraziai per non aver fatto domande.
-Sono sicura che quando avrà sistemato il suo tumulto interiore tornerà, e gli Avenged Sevenfold torneranno di nuovo quelli di prima!-
Quelle parole mi facevano male, perché il progetto futuro non includeva me, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto dire addio a quel sogno.
-Grazie Roxy, grazie davvero per tutto!-
Si alzò e mi abbracciò di scatto, e io non potei far altro che ricambiare, perdendomi nel calore di quell’abbraccio forte e sicuro. Forse gli abbracci di Arin erano quello che mi sarebbe mancato di più quando Roxy non sarebbe più stato un nome dei Sevenfold.
-Allora, che dici, andiamo? Credo che stiamo facendo un po’ tardi…- disse Arin e riluttante dovetti lasciarlo andare.
-Certo, andiamo…-
Recuperai la borsa e ci avviammo, ma quando stavo per salire in macchina Arin mi fermò e mi diede un bacio sulla guancia.
-Grazie di esistere Roxy.- mi sussurrò, prima di lasciarmi per andarsi a sedere al posto di guida.
Con il cuore a mille mi sistemai sul sedile, non sapendo cosa dire o fare e il viaggio passò nel silenzio più totale, ma non fu fastidioso, perché entrambi eravamo persi nei nostri pensieri e forse anche lui, come me, si stava chiedendo cosa passasse nella mente dell’altro.


*Schecter's corner*

E dopo tre vergognosi mesi di silenzio, eccomi qui che finalmente aggiorno!XD Scusate come sempre il ritardo, ma tra lo studio e il lavoro non ho avuto neanche il tempo di pensare a cosa scrivere c.c Ieri sera mi sono praticamente costretta a finire la bozza iniziale e finalmente ecco a voi il capitolo 13! Sono perdonata?
AnyWay, questo capitolo mi piace particolarmente, ed ho inserito il POV di Michelle, e qualche chiarimento in più sulla storia! Credo che arrivati a questi punto si risolverà tutto nel giro di 5 capitoli massimo, che spero di riuscire a scrivere più velocemente con il rinizio delle lezioni all'università! Nel frattempo sto lavorando alla famosa spin-off con i MyChem, ad un'altra ff corta (5 capitoli massimo) e ad un'altra challenge, spero di riuscire a fare tutto u.u
Va bene, adesso vi lascio, se magari vi va di lasciarmi un commentino, e se volete potete anche contattarmi su Twitter a @RadiantEclipse7.
Prima di salutarvi definitivamente però, vorrei ringraziare tutte le persone che seguono, preferiscono, ricordano e recensiscono, in particolare le ultime quattro ad avermi recensito che sono Chillergirl, JudeNera, la mia splendida Longview e la new entry kirarmstrong, e scusatemi se non vi rispondo direttamente alle recensioni, ma con la connessione del telefono già è tanto se riesco a pubblicare... ah, la vita da fuorisede!XD Grazie di tutto, davvero! ♥

A presto,
Schecter

P.S. rileggendo la storia ho notato strafalcioni assurdi nella trama, quindi man mano che riuscirò a sistemarla (se ci riuscirò) vi avvertirò, se magari vorrete rileggere i capitoli sistemati e con dei buchi, scusate per l'inconveniente >.<

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