Cara catastrofe..

di Lucida Follia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Good morning, good morning ***
Capitolo 2: *** Casual conversation. ***
Capitolo 3: *** Spiacevoli sorprese ***



Capitolo 1
*** Good morning, good morning ***


“DEFICIENTE!”
 
  L’imprecazione risuonò per tutta casa, come un tuono che presagisce un’imminente tempesta.
   Era stato il primo suono udibile in casa Gould.
  Il buongiorno si vede dal mattino, dicono. E la giornata era appena iniziata..
 
“CHE DIAVOLO HAI COMBINATO STAVOLTA?”
 
  Frann fece tempestosamente irruzione in cucina, dove si trovavano le sue due figlie di fronte a dei pezzi di coccio a terra, i quali spiegavano il rumore che aveva fatto alterare immediatamente la donna. Non aveva avuto neanche bisogno di chiedere, sapeva già chi era stato.
 
“MA È MAI POSSIBILE CHE NON NE COMBINI UNA GIUSTA?!”
“Ma non è colpa mia.. – protestò debolmente Shatzy, la figlia maggiore – Nadia stava..”
“Non mettere in mezzo tua sorella! È inutile che cerchi di darle la colpa, sappiamo benissimo chi è che da’ problemi qua dentro!”
 
  Shatzy, sconfitta, abbassò la testa.
 
“E NON STARE LÌ IMPALATA, CRETINA CHE NON SEI ALTRO! TOGLI QUEI COCCI DA TERRA! Nadia? Tu vestiti, noi due andiamo a fare colazione al bar”
 
  Detto questo Frann uscì dalla cucina e, dopo aver rivolto un sorrisino trionfante alla sorella, Nadia la seguì. Avvilita, Shatzy prese la scopa e raccolse i frantumi dal pavimento.
 
“Non credere di aver finito! Per terra è un casino, devi passare anche lo straccio” Aggiunse Frann, ripassando davanti la cucina.
“Ma farò tardi a scuola!”
“E chissene frega! Buona a nulla come sei, non concluderesti niente comunque”
 
  Nadia e la madre percorsero il corridoio.
 
“Ah – concluse Frann – ovviamente mi aspetto che ricompri ciò che hai rotto”
 
  Shatzy guardò l’ora e sospirò: le 7 e 30. Fortunatamente la scuola non era molto lontana da lì e a piedi impiegava solo venti minuti. Le vacanze estive erano finite da una settimana soltanto, ma la prof. d’inglese aveva già in programma d’interrogarla. Come se non bastasse, Shatzy in quei giorni non aveva avuto un briciolo di tempo per studiare fra il pulire casa, fare la spesa e portare sua sorella a casa di un’amica, alle giostre e ovunque lei volesse. Mrs Luiss non l’avrebbe sicuramente risparmiata dall' interrogazione e quella sarebbe stata la prima della serie d’insufficienze che avrebbero caratterizzato quell’anno.
 
  Quella mattina, come sempre, Shatzy stava mettendo in tavola le tazze per la colazione quando Nadia le aveva dato appositamente uno spintone. Era quello il suo modo di divertirsi: vedere sua madre inveire contro di lei, la tanto odiata sorella. Odiata poi perché? Perché le aveva salvato la vita? Shatzy scosse la testa, era inutile ripensarci adesso.
  Passò rapidamente lo straccio e notò un altro pezzo di coccio sotto il tavolo. Si chinò, allungò una mano per raccoglierlo ma, nel farlo, si procurò un taglio all’indice sinistro non indifferente. Gemette dal dolore e avvolse dei tovaglioli intorno alla ferita.
  Lanciò un’occhiata al pavimento: era chiazzato di sangue.. fu costretta a ripulire, poi si fiondò di corsa in camera, s’infilò la sua t-shirt preferita quella larghissima e nera,dei jeans grigi strappati e le converse scure.
  Erano le 7 e 45, il che voleva dire che non sarebbe arrivata in tempo. Non aveva nemmeno potuto ripassare (o più correttamente studiare) per l’interrogazione che la aspettava fra un quarto d’ora.
  Era proprio vero: il buongiorno...
 




  “... si vede dal mattino Elliot e se vuoi avere una buona giornata ti conviene sbrigarti. Sono le sette in punto, il che vuol dire che se scendi dal letto entro tre minuti, te ne restano ventisette per fare colazione, prepararti e infine arrivare a scuola con almeno quindici minuti in anticipo. Ecco, solo parlando è volato via un minuto intero”
 
  Elliot sbuffò. Sua madre, Janet, era sempre così per tutto. In casa White ognuno doveva rispettare i suoi orari mentali. L’orologio era il migliore amico di sua madre, insieme a un’altra decina di paranoie. E chissà perché, sua figlia era un concentrato di ansia. 
 
“Dai mamma, altri cinque minuti per favore..”
“Altri cinque minuti? Stiamo scherzando?! È già tanto se te ne resta uno e mezzo! Manchi solo tu, Scott si è già alzato!”
 
  Dire che Scott si fosse alzato era un po’ un controsenso. Suo fratello gemello infatti, era costretto alla sedia a rotelle da ormai cinque anni.
  Aveva solo dieci anni il giorno dell’incidente, in cui era presente teoricamente solo Elliot. I suoi genitori ovviamente non perdevano occasione di incolparla dell’accaduto, come se fosse stata colpa sua. E tutto questo solo perché non erano a conoscenza della verità, che Elliot era costretta a non raccontare... Ma era inutile pensare a queste cose, soprattutto appena sveglia. Controvoglia e con molta difficoltà scese dal letto. Lei aveva una camera tutta sua mentre Scott la condivideva con Michael, nato un anno dopo di loro. Il cosiddetto “figlio venuto bene”.
 
“Bene, adesso vai in cucina. Hai tredici minuti per fare colazione e altri tredici per lavarti e vestirti”
 
  Sua madre era così asfissiante, non ci si abituava mai..
 
  A tavola erano già seduti i suoi fratelli, e Michael sembrava uno zombie a dir poco. Con Janet che lo accompagnava a scuola in macchina, visto che era sulla strada del lavoro, poteva comodamente alzarsi mezz’ora più tardi del solito. Michael aveva preso lo scientifico, mentre Elliot aveva ripiegato su scienze umane, per questo prendeva l’autobus e svegliarsi a quell’ora era inevitabile. Per non parlare del fatto che Scott avrebbe potuto dormire anche fino alle nove, visto che Molly, l’insegnante privata che si occupava di fargli lezione in casa, arrivava sempre per le dieci. Ma sua madre aveva dei programmi in mente, che doveva rispettare a tutti i costi.
  Questo al contrario di Ed, il padre, che si disinteressava di tutto e di tutti e l’anaffettività era sempre all’ordine del giorno.   In quel momento infatti, era intento a guardare un qualsiasi programma in tv e non aveva la minima idea di cosa stesse accadendo attorno a lui.
  Elliot provò un senso di nausea nel vedere tutti quegli alimenti zuccherati e grassi per la colazione. Si era messa in testa di dimagrire a tutti i costi, e mangiare quella roba non l’avrebbe aiutata di certo.
 
“Mamma, io preferisco non fare colazione, mi fa malissimo lo stomaco”
“Non puoi digiunare, comporterebbe un calo dell’attenzione durante le lezioni. Preparati una camomilla e mangia anche qualche fetta biscottata” Elliot andò a riempire il bollitore con dell’acqua. “Michael hai finito di fare colazione?”
“Sì mamma” Biascicò lui.
“Vatti a vestire allora, dobbiamo partire fra soli dodici minuti”
 
Michael si alzò stancamente e ritornò lavato e vestito quando Elliot aveva appena versato l’acqua bollente nella tazza, immergendo la bustina per farle acquisire un colore camomilla.
“Bene, possiamo andare. Scott? Ricorda che Molly arriva alle dieci meno un quarto e che oggi farete lezione di scienze e matematica. Ellie, mi raccomando, tu mangia qualcosa e cerca di stare alla fermata dell’autobus per le sette e trenta. Ed – disse stampandogli un veloce bacio sulla guancia – io sarò a casa per le diciotto, se pranzi qui sono rimasti gli avanzi di pollo alle mandorle di ieri sera. Buona giornata a tutti!”
“Buona giornata mamma..” Risposero Scott ed Elliot, automaticamente.
Ed le rivolse solo un cenno con la testa.
 
  Non appena Michael e Janet furono usciti, Elliot versò la camomilla nel lavandino, cosa che da tempo faceva abitualmente, anche quando fingeva di bere il latte. Scott scosse la testa a mo’ di rimprovero.
 
“Dovresti mangiare, Ellie..” Le ripeteva tutte le mattine.
“Oh Scott, non posso mi dispiace..”
 
 Questa era la loro tipica conversazione mattutina.
Elliot si fece una doccia di cinque minuti, poi indossò i soliti leggins neri e la felpa verde fosforescente che secondo lei riusciva a coprire le sue imperfezioni. Salutò Scott scompigliandogli i capelli poi scambiò un freddo “Ciao” con suo padre e uscì.
  Era arrivata alla fermata alle sette e trenta precise. Sua madre ne sarebbe stata contenta.

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Capitolo 2
*** Casual conversation. ***


 

 Shatzy arrivò trafelata in classe, scoprendo con felicità che Mrs Luiss non era ancora entrata, e si sedette accanto a Sophie, la sua migliore amica. Sophie Ursula Margaret Deter (che per ovvie ragioni si faceva chiamare semplicemente Sophie) a vederla poteva sembrare una tipa poco affidabile: capelli rossi perennemente scompigliati, piercing in ogni dove, vestiti strappati e borchiati.. Ma Shatzy, nonostante la conoscesse da soli tre anni, era l’unica a sapere di come Sophie in realtà fosse una ragazza intelligente, simpatica, forse un po’ pazzerella ma capace di fare un discorso serio quando ce n’era bisogno.
 
“Ciao Sophie”
“Shatzy! Va tutto bene? Sembri un po’ stanca..”
“Sì, in effetti.. in questi giorni non ho fatto che accompagnare Nadia da una parte all’altra, per non parlare di come mi tratta mia madre” Sophie era l’unica a sapere dei problemi familiari di Shatzy e, soprattutto, a conoscere tutta la triste storia di suo padre e..
“Shatzy, mi stai ascoltando?”
“Eh? Sì scusa, che hai detto?”
“Ti ho chiesto cos’hai fatto al dito”
“ Oh, stavo raccogliendo un frammento di coccio per terra e mi sono tagliata..”
“Bene!” Esclamò Sophie.
“Bene?”
“Certo. La Luiss non doveva interrogarti stamattina? Puoi sempre sviare usando la scusa di doverti far medicare il dito perché a casa non hai avuto tempo..”
“Oh, Sophie, sei un genio!” Esclamò, abbracciandola e sperando che avesse funzionato...
 
  Elliot era sicura al novantanove percento che fra la lista delle persone da interrogare della professoressa Tyson si trovava sicuramente il suo nome. Per questo motivo se l’era filata in bagno inscenando dolori di stomaco e la cosa era riuscita perfettamente. Si trovava lì da soli due minuti quando una ragazza entrò nel bagno. Era magrolina, i capelli lunghi e neri  con degli invidiabili riflessi blu e, sovrastati dalla frangetta, dei grandi occhi color cobalto. La ragazza non notò subito la presenza di Ellie. Si appoggiò al lavandino, sospirò e tolse dal dito indice il tovagliolo in cui era avvolto. Guardando la sua figura allo specchiò si accorse di Elliot, si girò e si diresse verso di lei.
 
“Ehi, scusa ma.. secondo te, quanto te tempo posso permettermi di restare fuori dall’aula con un dito ferito?” Elliot aggrottò un attimo le sopracciglia, ma capì subito cosa intendeva la ragazza.
“Fuggi da un’interrogazione?”
“Già..”
“Beh, ti sono concessi almeno dieci minuti, anche di più se calcoli il dover cercare la bidella per cerotti e acqua ossigenata. Puoi sempre dire che ne era sprovvista, il ché non sarebbe una novità”
Shatzy sorrise.
“Sì, hai ragione.. Comunque io sono Shatzy Gould, piacere”
“Elliot White ed ho un terribile mal di stomaco”
“Anche tu rischiavi un’interrogazione?”
“Esatto, di scienze. Avevo studiato, sì, ma un’interrogazione proprio non mi va di affrontarla..”
“E la vecchia scusa del maldipancia funziona sempre”
“Per fortuna sembra di sì. In questo momento dovrei essere fuori a bermi una camomilla in teoria.. – le disse facendole l’occhiolino con aria complice -  A proposito, ti va un caffè?”
  Non aveva ancora risposto che già Elliot l’aveva trascinata fuori dal bagno, diretta alle macchinette.
“Uhm, volentieri ma non ho soldi al momento..”
“E quindi? Mi sembra ovvio che te lo avrei offerto comunque!”
“Ma no, non preoccuparti.. – disse Shatzy un po’ in imbarazzo. Insomma, si conoscevano da nemmeno dieci minuti e questa ragazza era già così gentile con lei.. – Al cambio dell’ora te li restituisco”
“Trenta centesimi? Vuoi scherzare?” Replicò Elliot ridendo.
“Beh, io..”
“Ma smettila e dimmi quanto zucchero vuoi, piuttosto..”
 
  Le due si bevvero il caffè, scoprendo che entrambe lo prendevano con il massimo dello zucchero (e non era nemmeno abbastanza dolce così). Poi Shatzy ringraziò e tornò in classe, felice di constatare che quell’antipatico di Larry Tower era stato interrogato al posto suo. L’ora passò piacevolmente tra una parola e l’altra scambiata con Sophie, e al suono della campanella si diressero tutti in palestra.
  Tra Shatzy e la professoressa Narrow ormai era sempre la stessa storia all’inizio dell’ora. In tre anni di liceo Shatzy non aveva mai fatto una lezione di educazione fisica e la Narrow ascoltava ogni volta una scusa diversa, rassegnata a non vederla mai attiva durante la sua ora.
 
“Gould?” Chiamò durante l’appello che faceva per verificare quanti facessero ginnastica, anche se in quel caso conosceva già la risposta.
“Non la faccio oggi prof, ho un forte mal di stomaco..” Rispose Shatzy utilizzando la stessa scusa della ragazza conosciuta poco prima.
 
  Finito l’appello Shatzy si diresse negli spogliatoi armata di penna e taccuino. Era già immersa nella scrittura quando sentì una voce chiedere: “Ehi, scusa ma.. secondo te, quanto tempo posso permettermi di restare fuori dalla palestra con un ginocchio sbucciato?”
 Shatzy alzò lo sguardo e vide la ragazza di prima, sorridente. Elliot fisicamente era diversa da Shatzy. Innanzitutto era più alta almeno di cinque centimetri, aveva i capelli neri un po’ mossi che le arrivavano alle spalle e gli occhi verde scuro coperti da un paio di enormi occhiali neri. E, in più, in quel momento aveva anche un ginocchio sbucciato.
“Caspita, come te lo sei fatto?”
“Stavamo correndo, ho inciampato ed eccomi qui”
“Oh, quindi non stai fuggendo?”
“Beh, no, educazione fisica la faccio volentieri. Tu a quanto pare non si direbbe”
“Mai fatta – disse Shatzy – e se ti interessa ho anche mal di stomaco”
 “Ehi, non puoi mica appropriarti delle mie scuse!” rispose Elliot, scherzando.
“Che professoressa hai tu?”
“Professore. Ho il signor Eichmann, un po’ scorbutico ma in fondo non è male, soprattutto quando si dimentica di avere una classe..”
“Quindi sei più piccola di me!” Esclamò Shatzy.
“Sì, sono al secondo anno”
“Wow, non si direbbe”
“È perché sono alta” Spiegò Elliot.
“Già”
“Tu invece sembri più piccola”
“È per via della frangetta” Spiegò Shatzy di rimando.
“Già..”
Le due ragazze sorrisero.
“Hai da fare dopo scuola?” Chiese Elliot dopo un momento di silenzio.
“No, devo solo.. comprare delle cose al supermercato”
“Ti posso accompagnare io se vuoi”
“Perché no” Rispose Shatzy.
“Bene allora ci vediamo all’uscita!”
  Detto questo Elliot si sciacquò il ginocchio e tornò in palestra, mentre Shatzy si immerse nuovamente nel mondo della scrittura. Non riusciva proprio a capire come una persona potesse essere così gentile con lei.
  L’unica in tutta la sua vita era stata Sophie, mentre sua madre, suo padre, sua sorella.. beh, nemmeno a parlarne. Eppure c’era stata una ragazza, una volta. Erano più che due amiche, erano sorelle, una persona soltanto.. Poi accadde l’inaspettato, proprio in un periodo in cui a Shatzy stava succedendo una cosa terribile dopo l’altra per colpa di suo padre e… e di lei, la bellissima Ashley, era rimasto solo il ricordo di una chioma bionda e profondi occhi azzurri, solo il lontano suono di una risata, del calore di un suo abbraccio.. Adesso non le era rimasto più nulla. Per questo aveva un po’ di timore nel dare troppa confidenza ad Elliot, non si sarebbe mai perdonata se fosse accaduta una cosa anche lontanamente simile. Doveva stare attenta, anzi. In quello stesso istante Shatzy Gould giurò solennemente che avrebbe preso le distanze da Elliot White prima che fosse stato troppo tardi.
  Ma Shatzy non aveva idea che allontanarsi da Elliot sarebbe stato più difficile di quanto pensasse..

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Capitolo 3
*** Spiacevoli sorprese ***


  Le altre tre ore della giornata scolastica trascorsero tranquillamente e al suono della campanella Shatzy si fiondò fuori dalla classe in un secondo. Appena uscita dal cancello, sentì una voce dietro di lei.
 
“Ehi Shatz, aspetta!”
Shatzy si voltò: era Elliot.
“Oh, Ellie, ciao”
“Dovevo accompagnarti al supermercato, ricordi?”
“Sì scusami hai ragione.. me n’ero completamente dimenticata”
Non era vero, non se l’era affatto scordata, voleva solo evitarla il più possibile.
“Tranquilla – rispose Elliot sorridendo – andiamo?”
 
  Le due si incamminarono fino al supermercato, non molto lontano dalla scuola, proprio sotto casa di Shatzy. Una volta dentro la ragazza prese le prime due tazze per la colazione che c’erano e si diresse alla cassa.
 
“Come mai dovevi comprare delle tazze?” Chiese Elliot mentre aspettavano in fila.
“Uhm, purtroppo stamattina mi sono scontrata con mia sorella e sono cadute”
“Ah, capisco”
“Tu hai fratelli?”
“Sì, ne ho due: Scott, il mio fratello gemello e Michael che ha solo un anno meno di me”
“Ah, e vanno nella nostra stessa scuola?”
“No. Michael ha optato per lo scientifico mentre Scott.. – esitò un attimo- ..Scott purtroppo è costretto alla sedia a rotelle da cinque anni e prende lezioni private in casa”
“Oh, mi dispiace”
“Tranquilla”
 
  La cassiera passò le tazze sotto la macchinetta.
 
“Fanno sei dollari, vuole una busta?”
“Sì, grazie”
 
  Shatzy prese il portafoglio e si accorse che le erano rimasti solo cinque dollari. Sua madre le dava una misera paghetta da dieci dollari al mese, e non poteva assolutamente chiederle di più. Elliot, che aveva notato il disagio dell’amica, prese il suo portafoglio e aggiunse un dollaro in cassa.
 
“No, Elliot, non preoccuparti, ripasso domani!”
“Shatzy, è solo un dollaro..” Ribatté lei.
“Mi stai offrendo troppe cose oggi, appena posso ti restituisco tutto, promesso” Disse Shatzy una volta uscite dal negozio.
“Senti Shatz, stiamo parlando di un dollaro e trenta te ne rendi conto? Sembra che ti ho appena sborsato un prestito da un milione!”
Shatzy sorrise.
“Grazie tante Elliot. Io ora vado, ci vediamo domani va bene?”
“Certo, a domani!”
 
  Shatzy fu a casa in meno di cinque minuti e notò piacevolmente che non c’era nessuno. Sua madre spesso faceva così: decideva di pranzare fuori o andarsene da qualche parte senza avvertire e portava Nadia con sé. L’ unica volta che le aveva lasciato un bigliettino era stata quando erano andate in vacanza insieme in qualche paesino di montagna. Fu la settimana più tranquilla e liberatoria che Shatzy avesse mai passato.
  Ripose le tazze al loro posto e si preparò un toast veloce.
 
‘Elliot.. – pensò – perché sei così gentile con me?’
 
  Elliot arrivò a casa e riuscì a convincere i suoi che aveva già mangiato con un’amica, così da evitare il pranzo. Una volta in camera sua si buttò sul letto con paio di cuffie nell’orecchio.
 
‘Certo che Shatzy è proprio carina - pensò – ma è una buona amica, soltanto una buona amica nient’altro che una buona amica’
 
  Fino a qualche mese fa, Elliot si frequentava con Dean, un ragazzo davvero fantastico. Poi però aveva capito che il sesso maschile non faceva per lei e la loro relazione era conclusa. Certo, Elliot non escludeva del tutto la possibilità di potersi innamorare di un ragazzo, ma di fronte ad un uomo ed una donna, sarebbe stato più probabile che avesse scelto la donna. Fin’ora non aveva mai avuto una ragazza vera e propria e non voleva di certo provarci con Shatzy, che era sicuramente etero. Di questo fatto ne erano al corrente solo pochi amici e Scott. Del suo gemello si fidava, era forse l’unico in famiglia che potesse capirla davvero. Si chiese se lo avrebbe mai confidato ai suoi, e come l’avrebbero potuta prendere. Magari si sarebbero mostrati un po’ sorpresi all’inizio, ma subito dopo avrebbero avuto un atteggiamento tollerante, comprensivo e non ci sarebbe stata nessuna differenza se la loro figlia fosse stata..
 
“Omosessuale? Omosessuale!?”  l’urlo di suo padre la fece sobbalzare, si sfilò le cuffiette e si alzò di scatto dal letto.
“Edward, per favore, calmati..”
“Calmarmi! Dici sul serio? Ma ti rendi conto della situazione?!”
“Senti Ed – sentì dire sua madre un po’ intimorita – non c’è niente di male nell’avere un figlio un po’.. diverso ecco”
“Niente di male! Niente di male, dice lei! Ora ti mostro il nostro bel  quadretto familiare: abbiamo una figlia assassina, una figlio invalido e.. e.. e per finire un finocchio! Ecco cos’è, uno schifoso frocetto! Uno spera che almeno l’ultimo figlio sia nato bene, e invece no! Abbiamo cresciuto nient’altro che un finocchio!!”
“Edward, prima di tutto non è colpa di Scott se non può muoversi. Michael ha soltanto gusti diversi e poi.. e poi Elliot non è un’assassina”
“Certo! – sbraitò suo padre, fuori di sé – Ci è mancato poco che lo fosse! Ma per fortuna Scott è stato privato solo dell’uso delle gambe. Bell’affare davvero!”
“Edward..”
“Edward un cavolo! Questa è una famiglia di merda!”
 
  E detto questo sbatté la porta di casa e se ne andò. Elliot sentì sua madre chiudersi in camera pochi minuti dopo e ne approfittò per uscire dalla sua stanza. Andò davanti la porta della camera dei suoi fratelli e bussò.
 
“C-chi è?” domandò Michael spaventato.
“Sono io, Mike” sussurrò Elliot.
“O-ok.. puoi entrare..”
 
  Elliot entrò nella stanza e trovò Michael in lacrime con Scott che gli cingeva le spalle con un braccio.
 
“Mike.. cos’è successo?” Chiese Elliot.
“Non hai sentito?” Chiese ironicamente.
“Un po’, ma voglio ascoltarlo da te, non da un pazzo sbraitante”
Michael esitò.
“Io.. io lo so che ho solo quattordici anni ma ormai ho capito che le ragazze mi vanno bene solo come amiche. Nella mia classe c’è un ragazzo, si chiama Luke. È davvero carino e.. e lui mi piace. E io piaccio a lui. E voglio starci insieme non ci vedo niente di male, giudicami quanto ti pare!” E detto questo ricominciò a singhiozzare.
“Oh, Mike – tentò di rassicurarlo Elliot - non ci vedo niente di male nemmeno io, e nemmeno Scott e persino mamma. Lo sai che papà è soltanto uno a cui non importa niente di quello che succede qua dentro, è capace solo a sputare veleno contro tutti. Hai sentito quello che ha detto di me e Scott?”
“Sì ma.. – replicò Michael – ma fa male lo stesso”
 
Elliot e Scott si lanciarono un’occhiata.
 
“Senti Mike, che ne dici di andarti a sciacquare il viso? Io e Scott ti aspettiamo qui”
“Va bene” Rispose lui, e uscì dalla stanza.
“Quando pensi di dirglielo?” Domandò Scott una volta sicuro che Michael si fosse allontanato.
“Cosa?”
“Che tu sei nella sua stessa situazione”
Elliot sospirò.
“Io non sono proprio nella sua stessa situazione, sono ancora in dubbio – Scott alzò sarcasticamente un sopracciglio – e poi anche se fosse non potrei dirglielo”
“Perché no?”
“Perché potrebbe usarmi come esempio! Potrebbe dire ‘Ehi papà, non sono poi così diverso, anche Elliot è nella mia situazione!’, e questo sarebbe un bel problema”
“Ma perché?!” Insistette Scott.
“Perché tu ti ritroveresti figlio unico in meno di un secondo, te ne rendi conto?”
“Sì – rispose Scott con un sorriso triste – purtroppo sì..”
 
 
  Il giorno dopo Shatzy a ricreazione si sedette sul muretto più nascosto del cortile. Non ci andava mai nessuno, ed erano mesi ormai che nemmeno lei si rifugiava lì.
 
“Shatz?” Sentì qualcuno esclamare.
“Elliot?! Ma che ci fai anche tu qui? Come mi hai trovata?”
“Non ti ho trovata – rispose Elliot ridendo – ero venuta qui solo per riflettere un po’..”
“Credevo di essere l’unica a conoscere questo posto a scuola”
“Beh, invece siamo in due. Sarà il nostro segreto, d’accordo?”
“D’accordo” Rispose Shatzy sorridendo.
“Come stai? Sei dovuta fuggire da altre interrogazioni?”
“Per ora no, fortunatamente, ma la prof di inglese è sempre in agguato”
“Dai, se vuoi ti passo qualche scusa”
“Mi sarebbe utile, ormai credo di averle utilizzate quasi tutte”
Elliot notò che Shatzy teneva in mano una cartolina che raffigurava un luogo a lei conosciuto. Dove l’aveva già visto?
“Da dove viene quella cartolina?” Le chiese.
“Oh – rispose Shatzy – da Crew Town”
“Crew Town! – esclamò Elliot – ci ho abitato fino a cinque anni fa”
“Veramente? E come mai sei venuta qui in America?”
“Ce ne siamo andati.. – Elliot sospirò - ..ce ne siamo andati poco dopo l’incidente che ha costretto Scott alla sedia a rotelle”
“Ah, mi dispiace..” Rispose Shatzy.
“No, non preoccuparti, non potevi saperlo. Come mai ricevi cartoline da lì?”
Lo sguardo di Shatzy si illuminò.
“Oh, sai, li ci vive il mio ragazzo.. Ci siamo conosciuti quando abbiamo fatto lo scambio epistolare America – Inghilterra. Lui è venuto qui, ci siamo conosciuti e.. beh adesso stiamo insieme. È più grande di me, frequenta l’università”
Elliot tentò di scacciare la sensazione di leggera delusione che le era comparsa quando Shatz le aveva detto di avere già un ragazzo.
“Ma come fate a mantenere un rapporto a distanza?”
“Ci sentiamo via lettere, telefono.. e poi dovrà venire fra poco tempo perché ha vinto una borsa di studio, e il suo secondo anno di università lo può trascorrere all’estero.. e lui ovviamente ha scelto Denver!”
 “Beh, menomale! Almeno non sarete così distanti. Comunque non mi hai ancora detto come si chiama” Fece notare Ellie.
“Ah, già. Si chiama Thomas Crane ed è.. è davvero un bel ragazzo!”
  Shatzy aveva iniziato a elencare tutti gli aspetti positivi del suo ragazzo, ma ormai Elliot non la ascoltava più, si era immobilizzata.
 
 Non poteva essere lui.
 Thomas Crane era un nome così comune, e chissà quanti ce n’erano in una città come Crew Town..
  È vero, quel Thomas –il ragazzo dei suoi incubi – adesso avrebbe dovuto avere l’età giusta per frequentare l’università. Ma cosa le assicurava che fosse proprio lui?  Si diede della stupida.
  No, non poteva essere lui.
 
“.. e poi è anche romantico, gentile.. – stava continuando Shatzy - Mia madre ovviamente non sa di lui, non sarebbe d’accordo con la differenza di età anche se si tratta solo di tre anni”
“Non.. non avresti una sua foto?”
Chiese Elliot fingendosi interessata, quando in realtà voleva soltanto chiarire i suo dubbi, sperava, infondati.
 
“Sì certo – disse Shatzy, scorrendo le immagini sul suo cellulare finché non trovò quella che trovava – Eccolo qui. È carino, vero?”
 
  Elliot fissò la foto completamente paralizzata e con una forte sensazione di nausea improvvisa.
  Guardava senza parole quel volto inconfondibile dietro lo schermo: gli stessi capelli biondo cenere, occhi azzurri, un angelo in apparenza..
 
  “Verrà qui a Denver solo fra due settimane. Potemmo uscire insieme, così avrai l’occasione di conoscerlo!”
 
  Ma Elliot già lo conosceva, ed anche fin troppo bene.
  Thomas Crane sarebbe stato lì fra sole due settimane. E suo padre avrebbe potuto incontrarlo da un momento all’altro.
  L’incubo sarebbe ricominciato. Ellie lo sapeva.

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