Anno Beta-072

di _Rainy_
(/viewuser.php?uid=509979)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 01. Ghiaccio ***
Capitolo 3: *** 02. Vivi ***
Capitolo 4: *** 03. Caccia ***
Capitolo 5: *** 04. Sopravvivenza ***
Capitolo 6: *** 05. Lacrime ***
Capitolo 7: *** 06. Possibilità ***
Capitolo 8: *** 07. Aria ***
Capitolo 9: *** 08. Preghiere ***
Capitolo 10: *** 09. Assedio ***
Capitolo 11: *** 10. Contratto ***
Capitolo 12: *** 11. Entroterra ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Anno Beta-072

Prologo

Il silenzio era suo amico.

Sin da quando era bambina amava silenzio, perché la aiutava a concentrarsi e a svuotare la mente.
Il silenzio era suo amico sin dalla sua infanzia, quando ancora rubava delle piccole dosi di cibo per permettere alla sua famiglia di sopravvivere.

Il compito di quella sera non era niente di particolarmente difficile: introdursi nella casa di un ricco, rubare un oggetto prezioso, uccidere il padrone di casa e andarsene senza che nessuno si fosse accorto di nulla.
Un compito normale e non tra i suoi preferiti, sicario alla vecchia maniera che preferiva decisamente uccidere.

Nell’epoca in cui viveva era quasi bizzarro che molti ricconi si affidassero a lei per uccidere qualche rivale o sottrarre da ville protette oggetti preziosi.
Era l’anno Beta-072, l’anno nel quale, secondo le stime scientifiche, l’umanità aveva fatto i maggiori passi avanti nel campo della tecnologia, della scienza o della biologia degli ultimi 130 anni. Grande novità di quell’anno era stata l’entrata in funzione dei cyborg, robot umanoidi dotati, per la prima volta nella storia dell’uomo, di una coscienza vera e propria. Il mondo scientifico aveva inaugurato così una rivoluzione tecnologica, creando esseri molto vicini alla perfezione e soggetti solamente alle tre grandi leggi della robotica.
Eppure molti si affidavano ancora ai vecchi metodi per uccidere e lei era il sicario più famoso del Distretto Est.

Furtivamente si arrampicò sulle mura del castello, progettate dai migliori scienziati perché resistessero anche alle armi più all’avanguardia. Arrivò rapidamente alla sommità di una torre di vedetta e uccise rapidamente entrambe le guardie che li si trovavano, in un turbinio di coltelli piccoli e affilati e mantelli neri, dalla stoffa grezza.

Cadde agilmente in piedi dopo che, con una delicata piroetta, ebbe tagliato la gola anche a una guardia che stava accorrendo in aiuto dei compagni, lanciando un coltello che si conficcò perfettamente nella sua gola, recidendo l’arteria pulsante sul collo e uccidendolo in pochi istanti. A terra una pozza di sangue scuro si allargava, insinuandosi tra le scanalature della pietra.

Si guardo intorno soddisfatta, un ghigno brillò nell’oscurità: un lavoretto facile facile!
Il panorama dalla torre era mozzafiato: la luna brillava alta nel cielo, illuminando la zona industriale e la zona economica della grande metropoli, tutta un luccichio di grattacieli sfavillanti e led colorati. Nonostante tutto, però, esistevano ancora dimore ispirate a classici del passato, proprio come quel castello medievale.

Rapidamente stese una corda e si calò nel giardino del palazzo, che nella chiara luce lunare risplendeva in mille tonalità di azzurro, verde scuro e grigio.

Corse, forse con troppa audacia, attraverso il giardino e socchiuse il grande portone d’ingresso, fermandosi un attimo per nascondersi nell’ombra del portico, mentre una guardia si guardava intorno passeggiando tra una torre di controllo e un’altra.

Tirò su il cappuccio del mantello scuro, che le arrivava fino ai piedi e la nascondeva nell’oscurità, e entrò nel castello buio del ricco mecenate.

Mise un piede dentro il castello e subito un allarme risuonò nell’aria, fendendo il silenzio della notte.

- Ma cosa… ?! – Sibilò, perplessa, guardandosi intorno agitata e pronta a fuggire.

Non fece in tempo a muoversi, però, che tre guardie le furono addosso.
Si difese come poté, volteggiando e scattando a destra e a sinistra per evitare gli attacchi. Ferì tutte e tre le guardie in modo grave, allo stomaco o al cuore, e si accasciarono a terra, respirando affannosamente.
L’aria tornò silenziosa e il sicario si avvicinò alle guardie per dar loro il colpo di grazia e innalzare una preghiera a Shivran; la lente bionica la informò delle funzioni vitali delle guardie stese a terra.

Apparve distintamente sullo schermo della lente verde, ma fu troppo tardi: divenne rossa e comparve un grande simbolo di pericolo; una guardia alzò un braccio quando era vicina e le lanciò sul volto una polvere biancastra.
L’occhio coperto dalla lente si salvò, ma l’altro no e venne subito accecata. Vedendoci con un occhio solo optò per una fuga precipitosa, ma la polvere stava facendo effetto anche nel resto dell’organismo, non essendo riuscita a evitare di respirarla.

Si sentì mancare e cadde a terra, mentre lo sguardo si annebbiava e i contorni degli oggetti si sfumavano, diventando sempre più indistinti.

<< Dannazione! >>

Una figura, ai margini del suo campo visivo, gracchiò con voce stridula:
- Ma guarda un po’: Lyn, l’Angelo della Morte… Che delusione…

Riconobbe quella voce come appartenente al proprietario della casa, Rilah.

Lentamente, tutto divenne nero…

 

 

- ANGOLO AUTRICE -
Buongiorno :3
Siamo pronti per l’inizio della scuola (che io ho già iniziato ç.ç)? Spero di si :) Io vi do il bentornato in questo sito dopo le vacanze così, con questa nuova storia c:
In realtà non ho scritto nessuna originale per ora e questa ficcy doveva appartenere ad un altro fandom, ma ho preferito scriverne una originale “>.<
Quindi in realtà sono nuova di questa seizone… Yuppi.
C’è poco da dire su questo Prologo molto descrittivo e con pochi avvenimenti importanti… Funge solo da introduzione :3
Grazie per la lettura, stay tuned per i prossimi capitoli c:
_Rainy_

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 01. Ghiaccio ***


Anno Beta-072


01.
 Ghiaccio


- Signore, è venuto il momento.
- Si, Ber-7. Fai strada.

Rilah si alzò dalla scrivania alla quale era elegantemente seduto per seguire la serva, guardandosi un’ultima volta al grande specchio che ornava la parete vicino a lui.

La liscia parete di bio-vetro gli restituì l’immagine di un uomo sui trentacinque anni, alto e di bell’aspetto, con una liscia carnagione olivastra. Aveva due incredibili occhi viola frutto di una costosa mutazione genetica, indossava dei vestiti dal pomposo stile ottocentesco e pesanti anelli dorati.
Sospirò: amava il suo aspetto e aveva un debole per l’aria retrò dei castelli, dei panciotti e del broccato. Tutto doveva essere a tema nella sua magnifica dimora: servitori, cameriere e persino le occasionali amanti che vi sostavano qualche giorno.

La serva aspettò impaziente vicino a lui, scrutandolo con i suoi occhi bionici.
Il suo aspetto era stato definito a tavolino da Rilah stesso, che desiderava una serva alta e formosa, con lisci capelli sintetici azzurrini e una pelle metallica lucida, pronta a soddisfare qualsiasi suo bisogno. Rilah aveva espressamente richiesto, oltretutto, un cyborg con un carattere docile e arrendevole e in pochi giorni gli era stato recapitato Ber-7.

- Andiamo, Berry. – La cyborg, nonostante gli dovesse obbedienza, odiava quel soprannome e fremeva di irritazione ogni volta che Rilah la chiamava così.

Gettò un ultimo guardo alla stanza, arredata in un superbo stile retrò, e spalancò il portone, reggendolo durante il passaggio del signore.
Attraversarono il palazzo e le sue numerose sale a tema, fino all’uscita sull’ampio terrazzo al terzo piano, dove una modernissima navicella spaziale aspettava il suo padrone con il motore acceso, che diffondeva un leggero ronzio nell’aria circostante.

Un cyborg con un’assurda parrucca settecentesca francese gracchiò:
- Signore, saremo pronti alla partenza tra qualche secondo. Stiamo finendo di fare rifornimento.

Rilah annuì e osservò distrattamente il motore della navicella, collocato sotto la cabina di pilotaggio, che si illuminava di azzurro mentre assorbiva l’anidride carbonica presente nell’atmosfera.
Era un autentico prodigio della tecnologia e Rilah si era assicurato di averne l’ultimo modello. Il liscio metallo scuro di cui era fatta e gli inserti azzurri che le permettevano di ricaricarsi durante il volo non solo la rendevano funzionale e moderna, ma anche un vero gioiellino dal design accattivante.

Salì a bordo e si accomodò, rilassato, godendosi il panorama.
La sua villa sorgeva parecchio in alto e poteva godere delle punte dei luccicanti grattacieli che spuntavano dalla cappa di smog che da anni paralizzava la vita ai piani bassi degli edifici.
Una rigida scala gerarchica regolava la distribuzione della popolazione in quei mostri di almeno 2000m di altezza, e poi c’erano quelli come lui: favolosamente ricchi da permettersi una villa esclusiva fuori città.
Rise al pensiero dell’immensa fortuna accumulata negli anni e si preparò al decollo.

Il jet si alzò in volo silenziosamente, mentre il cyborg che lo guidava si collegava ai comandi del velivolo e impartiva soluzioni all’intelligenza artificiale della navicella.
In pochi secondi si lasciarono alle spalle il caos della città per sorvolare le zone desertiche di Forgensberg, ampie lande rocciose desolate quasi perennemente coperte di neve o sferzate dalla pioggia e dal vento. Una violenta pioggia, che poi si trasformò in grandine, si abbatté sulla navicella, che proseguì imperterrita il suo percorso, attraversando in qualche secondo i 5.000km che mancavano alla loro destinazione.

I propulsori della navicella rallentarono gradualmente fino all’atterraggio sulla cima di un monte.
Bre-7 porse una giacca a Rilah, che si guardò intorno con un ghigno: il paesaggio che gli si presentava dagli ampi finestrini del jet privato era mozzafiato; una catena montuosa coperta di candida neve bianca nel bel mezzo di una tormenta. L’ululare del vento si udiva anche dall’interno del velivolo e sembrava l’urlo straziante di qualche creatura.

Quando scesero dalla navetta Rilah notò la cava dentro alla quale sarebbero dovuti entrare e le centinaia di pellegrini accampati davanti alla grotta, al gelo. Con disgusto vide anche qualche cadavere congelato, ormai diventato duro per il freddo.

Ber-7 si fece strada attraverso la folla di accampati avvolti come potevano nelle coperte, che al suo passaggio la guardava con un mito di circospezione e ammirazione. Erano tutti poveracci che probabilmente avevano affrontato un lungo viaggio per giungere fino lì.

Rilah non li degnò neanche di uno sguardo, consapevole che essi provavano per lui un misto di gelosia, odio e ammirazione e che lo stavano seguendo con gli occhi. Un bambino provò ad avvicinarsi, ma la madre lo fermò subito, sussurrandogli parole severe all’orecchio. Il silenzio era irreale, a parte i persistenti ululati del vento.

Ber-7 e Rilah entrarono scorati dalle guardie nella grotta, dove i poveracci si erano disposti in una disordinata fila, che si addentrava nelle profondità della caverna. Molti avevano acceso un fuoco, provando a riscaldarsi.
Nessuno osò opporsi, anche se Rilah stava effettivamente superando tutti. Ber-7 lo guidò fino alla zona più profonda del labirinto, protetta da un pesante portone di pietra davanti al quale erano accampati i primi pellegrini.

- Siamo arrivati, signore. – Disse Ber-7 e aprì la porta con decisione.

La grotta riluceva di luce candida. Stalattiti, stalagmiti e colonne si alternavano in un panorama suggestivo, creando giochi di luce e sporgenze dalle strane forme e la temperatura era mite e piacevole. Un torrente attraversava la caverna e lo scroscio dell’acqua non cessava mai. Ma Rilah non era certo lì per ammirare il paesaggio.

Su un trono di ghiaccio sedeva una donna bellissima. Aveva la pelle chiara, lisci capelli biondi lunghi fino ai piedi, occhi completamente azzurri e orecchie a punta. Indossava un succinto vestito rosso lungo fino ai piedi con intarsi metallici.

- Rilah, tesoro! – Sussurrò la creatura con una voce acuta e ammaliante.
- Come andiamo Schitah? – Sorrise l’uomo, falsamente amabile.
- Ci sono stati tempi migliori su questo mondo… Di cosa hai bisogno? – Si fece improvvisamente seria Schitah.
- Lo sai. Non devi creare la Pozione. – Affermò improvvisamente severo Rilah.
- Quale pozione? – Chiese ingenuamente la creatura.
- Lo sai. La pozione per far resuscitare Thora. Lei non deve rinascere.

La creatura si alzò e camminò fino a Rilah ondeggiando i fianchi, poi gli posò una candida mano su una guancia:
- Non ti crucciare Rilah. Io non posso fare nulla. Le guardie reali sono già venute a chiedermi una cosa del genere, ma non è possibile. Le uniche creature che possono resuscitare Thora sono gli Shiriani che abitano sulle montagne di ghiaccio. O forse farei meglio a dire “abitavano” visto che sono estinti! – Poi proruppe in una risata stridula e seducente.

Rilah, visibilmente sollevato, le accarezzò una guancia con un pollice, mentre Ber-7 si girava dall’altra parte, disgustata da un gesto che non comprendeva.

- Sono felice di sentirlo Schitah. – Sorrise Rilah. – Però ho bisogno di sapere che sei assolutamente sicura di quello che dici, Oracolo.

Gli occhi di Schitah divennero più scuri e delle venature azzurre cominciarono a disegnarsi rapide intorno ai suoi occhi, fino a creare complicati disegni sull’intero volto della creatura. Quando parlò una moltitudine di voci si sovrapponevano alla sua, rendendo molto difficile capire cosa stessero recitando in coro:
- Rilah, figlio di Asup, lo confermo. Per resuscitare Thora serve il potere di uno Shiriano e non esistono più Shiriani sulla terra dalle tre guerre di sterminio condotte contro di loro negli anni Alfa-2799, Alfa-2820 e Alfa-2834.

Le linee blu sparirono e Schitah si accasciò a terra. Lo sguardo di Rilah tornò freddo e indifferente e fece cenno a Ber-7 di andarsene.
- Verrai pagata alla solita maniera. – Sibilò Rilah prima di uscire e andarsene.

-

Quando furono di nuovo sulla navicella Rilah chiese senza indugio a Ber-7:
- Ehi stronzetta, aggiornami sugli Shiriani al giorno d’oggi.

Ber-7 emise qualche ticchettio e avviò la modalità ricerca. In pochi secondi si mise a recitare:
- Gli Shiriani, chiamati così dallo scienziato Albert Shirian nell’anno Alfa-009, sono una specie aliena proveniente da una dimensione o da un pianeta ignoti che entrarono in contatto con la terra nel 2993dC, secondo la numerazione degli anni applicata in quel tempo. Atterrarono il 21 Dicembre nella città di New York e si dichiararono pacifici fin da subito. Sono creature alte circa due metri, con la pelle azzurra o verde e con caratteristici occhi privi di iride o pupilla, completamente bianchi. Si vestono con tuniche di stoffa grezza fatte con materiali sconosciuti e possiedono una capacità cerebrale maggiore del 405,78% di quella umana. Le loro conoscenze tecniche, filosofiche, militari, scientifiche o umanistiche sono immense e molti pensano che il sapere degli Shiriani racchiuda la risposta a tutte le grandi domande di questo universo. Le loro origini sono misteriose, così come il loro obiettivo. Nell’anno 3001, ossia anno Alfa-001, l’umanità venne decimata da un morbo di origini misteriose che venne fatto risalire agli Shiriani, dato che non si riuscì a capire alcunché sulla malattia. Tutt’oggi quel morbo rimane sconosciuto e incurabile ed è stato chiamato MorboSX. Gli Shiriani vennero cacciati dal nostro pianeta a causa dell’accusa mai dimostrata di aver portato la morte nel nostro mondo e vennero condotte tre guerre contro di essi, che alla fine se ne andarono sul nostro pianeta o si rifugiarono sulle montagne di ghiaccio, dove vennero definitivamente sterminati il 2 Novembre dell’anno alfa-2890. Al giorno d’oggi non è più stata rilevata alcuna attività Shiriana sul nostro pianeta, nonostante molti governi usufruiscano ancora dei loro insegnamenti.

Poi Ber-7 tacque, in attesa di nuove istruzioni.

Rilah ghignò:
- Molto bene, allora Schitah diceva la verità. Direi che possiamo tornare a casa. Ho una prigioniera da interrogare…

 


- ANGOLO DELL’AUTRICE –
Benvenuti al secondo capitolo di questa entusiasmante (?) storia c:
Anche questo fungeva un po’ da Prologo, quindi non ho niente da dire, perché non c’è ancora niente di particolare su cui soffermarsi “>.<
In ogni caso grazie per essere arrivati fino qui :3,
_Rainy_
BLOG:
http://raggywords.blogspot.it/
PAGINA FACEBOOK:
https://www.facebook.com/pages/Rainy_/615961398491860?ref=bookmarks

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 02. Vivi ***


Anno Beta 0-72


02. Vivi



Il freddo era pungente.

Lyn si svegliò con un grande dolore che le pervadeva le membra e che non riusciva a capire da quale parte specifica del suo corpo provenisse: era come se ogni singolo organo o tessuto soffrisse e tutto quel dolore si manifestava in un malessere totale, che non le lasciava pace.
Non era un dolore particolarmente forte, ma era costante e ogni singolo movimento le costava una fatica immensa.

Analizzò rapidamente la situazione: era accasciata a terra in una cella che sembrava essere uscita direttamente dal medioevo, fatta di pietra e cosparsa di paglia qua e là, segno che inevitabilmente era prigioniera di Rilah, l’unico nobile con una così forte passione per le cose dallo stile retrò. Aveva i polsi circondati da degli spessi braccialetti meccanici con svariate luci colorate sui bordi e un piccolo display con le sue funzioni vitali che si aggiornavano secondo dopo secondo. Aveva libertà di movimento totale e dietro di lei uno scuro pannello di vetro artificiale indicava che era una sala adibita agli interrogatori.

- Ben svegliata, Lyn Fillbuster. – Gracchiò una voce meccanica apatica proveniente da un amplificatore posto in un angolo e protetto da un piccolo campo di forza azzurrino.

Lyn non disse nulla, rimase sdraiata nell’esatta posizione in cui si era risvegliata, senza muovere un muscolo.

- Signorina Fillbuster, se non si alza sarò costretta a sottoporla a una scarica elettrica punitiva. Non mi costringa.
- Fai pure. – Tossì un paio di volte per riacquistare il suo tono di voce normale, ma poi Lyn tornò a parlare con la sua solita voce decisa e sprezzante per l’occasione.
- Signorina, forse non ha compreso che viste le sue condizioni attuali sarebbe un dolore atroce per lei.
-Signor robot, o forse devo chiamarti “ferraglia”? – Si interruppe un attimo per ridacchiare, poi riprese. – Quanto ti pagano per fare il tuo lavoro?
- Non ho uno stipendio. – Rispose Ber-7, impassibile.
- Esatto, quindi cosa ci guadagni a fare del male a un povero innocente?
- Quelli della sua specie, signorina, avrebbero dovuto essere sterminati nel momento esatto in cui sono stati creati. Mi creda quando le dico che le faccio un favore a non denunciarla e a sottoporla solo a una scarica elettrica.

Lyn trasalì. Ber-7 sapeva troppo.

La scarica elettrica partì dai polsi e la pervase completamente, scuotendola violentemente dalla testa ai piedi come se fosse in preda a delle convulsioni.
Ber-7 guardava la scena da dietro il vetro artificiale che non permetteva a Lyn di vederla e si pentiva di aver dovuto infliggere a quella creatura innocente un simile trattamento, ma gli ordini erano ordini.

- Va bene, va bene… - Balbettò Lyn quando le convulsioni finirono e si accasciò nuovamente a terra, cadendo come un foglio di carta scosso dal vento. Poi, urlando di dolore a ogni movimento, si alzò molto lentamente e si appoggiò al vetro, scrutando l’oscurità davanti a sé.

- Molto bene, il Padrone sarà da lei tra qualche istante.
- Padrone… Non ti vergogni a chiamarlo così Ferraglia? Se solo non fossi così ottusa potresti ucciderlo, scappare e vivere la tua vita come meglio credi, ma voi siete così retrogradi e stupidi…
- Signorina, io sono devota al mio Padrone perché è a lui che devo la mia creazione! – Sussurrò Ber-7, poco convinta.
- Non capisci che lui ti sfrutta?! – Lyn si appoggiò al vetro con entrambe le mani e sfoderò il suo migliore sguardo sincero e convincente. – Oggi puoi farti del bene: uccidilo e scappa. Vai a vivere la tua vita, robot! – Concluse il suo piccolo discorso alzando tono di voce e battendo un leggero pugno sul vetro ignorando le scariche di dolore che i bracciali le mandavano.

Ber-7 pensò a quello che Lyn stava dicendo: torto non aveva e in effetti Rilah non faceva altro che sfruttarla, ma lei era sempre un robot e nel suo cervello bionico il livello di fedeltà era al 90%, motivo per cui non avrebbe potuto disubbidire a Rilah a meno che non compromettesse la salute di un altro essere umano.

- Basta così, Berry. Vattene e lasciami solo con la mia gentile ospite. – Quella voce tagliente e affabile al tempo stesso venne riconosciuta all’istante da Lyn: Rilah era finalmente arrivato.

Ber-7 non attese oltre e dopo aver rivolto a Lyn un rapido “Arrivederci, signorina” se ne andò. Rilah ghignò da un lato dello schermo e osservò i delicati lineamenti di Lyn, ancora appoggiata al vetro:
- Sei estremamente bella, lo sai? – Poi accarezzò il suo riflesso nel vetro e sussurrò, ghignando: - Potresti trattenerti a palazzo per qualche giorno…

Lyn fece una smorfia di disgusto e sputò per terra senza esitare:
- Piuttosto la morte!
- Uff… - Sbuffò Rilah. – Che peccato. Così tanta bellezza sprecata in un così poco onorevole compito…
- La morte è l’incarico più nobile a cui ci si possa votare.
- Questo è quello che pensi tu, in effetti, ma ancora più nobile è il potere. L’arte di imporsi non è un dono di tutti, mentre chiunque può imparare ad uccidere. – Poi fece un gesto annoiato con la mano e chiese animatamente: - Dunque, Lyn, chi ti ha mandato?

Lyn guardò oltre il vetro interdetta, senza vedere nulla, poi scoppiò a ridere forzatamente:
- Cosa?! Speri davvero che te lo dica, sudicio animale? – E sputò nuovamente a terra.
- Oh, Lyn, mia cara Lyn… - Sogghignò Rilah. – Potrei farti così tante cose e spezzare in così tanti modi la tua vita e quella delle persone che ami… Perché non vuoi risparmiarti altro dolore? Basterebbe un nome, un semplicissimo nome. Te lo chiedo di nuovo: chi ti ha mandato?

Lyn sussultò quando il vetro si accese divenendo un antiquato schermo a cristalli liquidi che proiettava l’immagine di un uomo che si contorceva appeso per il collo ad una corda, con i piedi a malapena poggiati su un tavolo.
- Cosa significa? Non lo conosco… - Sussurrò Lyn.
- No, appunto. Ma sacrificheresti la vita di un innocente e la tua libertà per un misero nome? Pensaci Lyn, ti do 30 secondi.

Lyn osservò con orrore il tavolo che lentamente si abbassava sotto i piedi dell’uomo e lui che, scaduti i 30 secondi, rimaneva appeso per il collo contorcendosi e dibattendosi, per poi far ricadere sia mani sia piedi lungo i fianchi, inermi.

<< Ho appena ucciso un innocente. >> La consapevolezza le giunse dopo, mentre tutti i suoni le arrivavano ovattati; il cervello occupato dallo sguardo terrorizzato del prigioniero ormai morto.
Non era la prima volta che qualcuno moriva per lei, ma ogni volta era come la prima: triste e capace di farla sentire profondamente in colpa.

- Molto bene. – Rilah sembrava seccato. – Chi ti ha mandato, Lyn? Lui non è che il primo di centinaia di prigionieri rinchiusi nelle mie segrete. Vuoi davvero che vengano uccisi dal primo all’ultimo? Facciamo così: hai la notte per riflettere sui tuoi peccati. Domani avrai esattamente 100 secondi per dirmi il nome dell’uomo che ti ha mandato e ad ogni secondo un uomo verrà ucciso. Capito? – Lyn non si mosse, divenuta bianca dal terrore. – Bene. A domani mia cara. – Poi Rilah ridacchiò, andandosene.

Lyn crollò a terra mentre i braccialetti le mandavano leggere scariche elettriche su per i polsi e scoppiò in un pianto disperato.

Era una spietata assassina, ma non avrebbe mai ucciso degli innocenti e odiava i sacrifici. Non avrebbe permesso che quegli uomini si sacrificassero per lei.

-

L’indomani Ber-7 entrò nella cella di Lyn timorosa di trovarla sveglia e pronta a fuggire, ma l’assassina era ancora addormentata.

- Si svegli. – Le intimò, ma Lyn non si mosse.

La cyborg allora si avvicinò alla ragazza e si allungò per scuoterle un braccio.
Non appena l’ebbe sfiorata Lyn si tirò su di scatto, perfettamente sveglia come era già da ore, e assalì il robot, saltandole addosso e tirandole pugni ovunque. Ber-7 non si lasciò prendere alla sprovvista e con le sue braccia bioniche si scrollò di dosso il corpo della ragazza lanciandola dall’altra parte della stanza. Lyn si schiantò violentemente contro la parete opposta della cella e urlò di dolore.

- Signorina, la aspettano. – Poi Ber-7 riprese ad avanzare e ignorando le proteste di Lyn e il suo dibattersi violentemente, la prese per le spalle e la trascinò attraverso la porta, fino nel giardino centrale del castello dove una grande folla si era già radunata.

Lyn notò che erano quasi tutti robot a parte qualche guardia armata umana vestita in grigie uniformi corredate di armi e munizioni e Rilah, che troneggiava da un trono molto pacchiano in oro e metallo.
- Cominci il processo! – Disse Rilah con voce forte e chiara.

<< Processo?! Ha avuto il coraggio di chiamarlo processo?! >> Pensò subito Lyn, la cui mente stava lavorando instancabile per trovare una via d’uscita da quell’orribile situazione.

Il giardino non era grandissimo e Lyn sapeva che normalmente era decorato di piante di ogni genere, ma all’occasione esse venivano inghiottite dal terreno per essere sostituite da una superficie in terra battuta spesso teatro di scontri per il divertimento degli abitanti del palazzo.
Quel giorno 100 uomini erano allineati in ginocchio, un cappuccio nero sulla testa, di fronte all’imperatore, con mani e piedi legati da spessi bracciali metallici.
Una guardia alta e magra, ma con muscoli ben definiti, profondi occhi scuri e lisci capelli neri che spuntavano ribelli da un elmetto mimetico era di fronte al primo della fila.

Alle parole di Rilah i prigionieri emisero un verso di disperazione tutti in coro, ma nessuno si mosse.
Rilah osservò la scena soddisfatto e ghignò:
- Allora, Lyn, che ne dici di rispondere? – L’interpellata lanciò uno sguardo alla guardia, che la stava fissando a sua volta. Il suo sguardo era freddo e vuoto e colpì profondamente la ragazza. – Hai 100 secondi a partire da ora.

Lyn osservò la guardia caricare la pistola e sparare alla nuca del primo prigioniero, poi il secondo, il terzo… Non era capace di dire una parola; riusciva solo a rimanere inerme mentre il suo dolore e la sua colpa di ingrandivano.

Il cervello bionico di Ber-7 stava lentamente capendo quell’atto terribile, ma non riusciva a spiegarselo. Era un robot molto avanzato e con un enorme quoziente intellettivo, eppure la ragione di quel gesto, di tanta sofferenza le sfuggiva, nonostante fosse programmata per essere fedele, intransigente e senza troppi scrupoli. Dopotutto, però, il suo cervello non era totalmente inerme e stava lentamente concependo la gravità di quelle esecuzioni.

Ber-7 si fissò il poso destro dove era incastonato il bottone che attivava o disattivava i generatori elettrici che alimentavano tutto quanto si trovasse dentro la villa, compresi sistemi di sicurezza e bracciali elettronici di contenimento. Era un sistema praticamente invalicabile, a meno che non venisse disattivato volontariamente.

Erano già morte quindici persone e Lyn stava letteralmente sudando freddo.
Ber-7 disprezzava profondamente quella creatura: continuava a sperare che sputasse quel dannato nome e salvasse quante più vite possibili, ma a quanto pare non era abbastanza. A ogni secondo che passava il disprezzo del cyborg si inaspriva e si convinceva sempre più di dover fare qualcosa per risparmiare tutte quelle vite.

- Basta! – Sussurrò Ber-7 e schiacciò con decisione il pulsante che si trovava sul suo polso.
Tutti i circuiti elettrici emisero un ronzio e improvvisamente il palazzo piombò nel silenzio più totale: i cyborg si guardarono intorno, smarriti, mentre Lyn realizzava che qualcuno le aveva dato l’occasione perfetta per fuggire.

Lanciò uno sguardo a Ber-7, riconoscente, ma il cyborg ricambiò con uno sguardo di disprezzo puro.
Lyn si mise a correre mentre il caos esplodeva intorno a lei e non si fermò fino a quando non fu a ridosso delle mura del castello.

Si voltò solo un secondo e vide che la guardia che aveva giustiziato i prigionieri, secondo dopo secondo, era a pochi metri da lei, e la fissava.

Si scambiarono un lungo sguardo.
Lyn lo osservò, notando il piercing su una guancia, i tatuaggi che sbucavano dal collo della maglietta e il fisico atletico, mentre lui vide i tratti ben definiti della ragazza, i suoi vestiti logori e stracciati e il suo sguardo determinato.
Alla fine, dopo interminabili secondi di immobilità, lui parlò nell’auricolare fissato nel suo orecchio e Lyn pensò fosse arrivata la sua fine:
- A tutte le unità, la prigioniera si è probabilmente diretta verso l’uscita secondaria dai sotterranei. Sospendere le ricerche vicino alle mura, ripeto: sospendere le ricerche vicino alle mura. Passo e chiudo.

La ragazza non riusciva a crederci. Rivolse uno sguardo pieno di riconoscenza alla guardia che le sorrise, mimando con le labbra la parola “Vivi.”, poi si voltò e scappò per riconquistare la sua libertà.

Scavalcò le mura agilmente e rubò un aeromoto a una guardia, tramortendola senza esitazione. Diede gas al motore e si librò in volo diretta a casa.

Ben presto il panorama cambiò: le verdi e dolci colline dove Rilah aveva preso dimora  vennero sostituite da grattacieli di oltre 500 piani dei quali non si vedeva la base e monumenti issati su cavi d’acciaio a centinaia di metri dal suolo.

Il loro pianeta era radicalmente cambiato: quando il livello di smog era diventato troppo alto per garantire la sopravvivenza della specie umana senza gravi malattie respiratorie, il Congresso delle nazioni più sviluppate del mondo aveva preferito svilupparsi verso l’alto e così si erano ottenuti quei suggestivi scenari. Centinaia e centinaia di grattacieli si ergevano da una spessa coltre di nebbia impenetrabile, al di sotto della quale la terra non offriva più alcun nutrimento.
Si raccontava che sotto la nebbia ci fossero i resti della civiltà che era esistita prima dell’evoluzione verso l’alto.
Grandi ponti d’acciaio collegavano i continenti l’uno all’altro ed era possibile raggiungere qualsiasi destinazione in pochi minuti.

La natura, però, non era rimasta inerme e aveva risposto allo spostamento dell’uomo mettendo nuove radici e sviluppandosi anch’essa verso l’alto e così si era creato un pianeta nuovo di zecca, con intere aree costituite solo da grattacieli o prati artificiali, e zone interamente disabitate e selvagge, dove la natura era rifiorita più rigogliosa di prima.

Lyn volò sulle idrostrade infrangendo qualche limite di velocità e arrivò a casa, al 348° piano di un piccolo grattacielo nel centro della città.
L’appartamento non era granchè e tutti i suoi vicini facevano parte della medesima, povera, classe sociale, ma a lei non serviva molto di più: gli bastava un posto dove dormire e che fosse abbastanza centrale.

Quando entrò accese le luci e la sua personale Intelligenza Artificiale le diede il benvenuto, gracchiando un “Ciao Lyn, fatto tardi eh!” con una vocetta metallica e una percentuale di sarcasmo pari al 90%. Lyn sorrise e alzò gli occhi al cielo come risposta e si buttò sul letto:

- Salve e addio, MIA*.


*MIA= semplicemente come viene chiamata l’Intelligenza Artificiale di Lyn. Perché? Semplice: si aggiunge una “M” alla sigla di Intelligenza Artificiale per creare un nome proprio c: . Dettagli idioti e inutili? Dettagli idioti e inutili.

 

 

- ANGOLO AUTRICE BLA BLA BLA -
Salve a tutti, questo è il nuovo chappy c:
Spero vi sia piaciuto e vi prometto che dal prossimo le cose diventeranno più movimentate, perché capisco che per ora non sia particolarmente interessante… Ma entreremo nel vivo della vicenda, non vi worrate tesorini :3
Un grazie giganorme a Smely_and_Gwoww per recensione e inserimento della storia in seguite/ricordate, grazie davvero ^-^
Un baciottone a tutti comunque però, eheh *-*
_Rainy_
PS: Per altre storielline tenere e carine (?) su A Tutto Reality (ma sto lavorando anche ad una ficcy su Fairy Tail) consultate la mia pagina, ve ne sarei enormemente grata *>*

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 03. Caccia ***


Anno Beta-072


03. Caccia

 

Lyn aprì gli occhi con calma, riconoscendo con sollievo il soffitto del suo adorato appartamento.
Si alzò e si mise dei vestiti puliti, poi ingollò qualche pastiglia nutriente per nutrirsi e, infine, schiacciò l’interruttore vicino al letto per risvegliare la vera anima del suo appartamento: MIA.

Il pulsante da bianco divenne giallino e tutte le luci si accesero contemporaneamente. La caffettiera si attivò da sola e lo schermo a muro si illuminò segnalando le nuove comunicazioni arrivate in sua assenza. Uno sbadiglio preannunciò l’accensione di MIA, uno schermo circolare con un grande pulsante azzurro nel mezzo che fluttuava a mezz’aria seguendo la padrona di casa. MIA, con la sua vocetta simpatica, aggiornò Lyn sugli ultimi avvenimenti:
- Allora mia cara, in tua assenza il governo ha approvato un provvedimento sulle distribuzioni di terre ai meno abbienti, è stata inaugurata una nuova biblioteca e hai ricevuto ben 4 messaggi dalla stessa persona, sconosciuta. Non ci sono stati tentativi di scasso e dal monitoraggio delle tue funzioni vitali deduco che la tua missione non abbia avuto successo. – Lyn abbassò gli occhi mentre beveva il suo caffè fumante. – Nonostante tutto ho provveduto a iniettarti delle sostanze curative mentre dormivi e in pochi giorni riacquisterai completamente le tue capacità motorie. Ora, Lyn, cos’è successo? – Concluse MIA in tono grave, mentre si avvicinava ronzando alla padrona di casa.

- Ho fatto un errore stupido, ma al tempo stesso ho scoperto qualcosa. – MIA emise un ronzio di fremente attesa. – Quando ero prigioniera due persone diverse, un cyborg e un soldato, mi hanno aiutato a fuggire, il che mi fa pensare che l’autorità di Rilah stia lentamente diminuendo anche sui robot. Cosa mi sai dire a proposito?

La luce azzurra che doveva simboleggiare l’ “occhio” di MIA si rabbuiò:
- Il solito… Mentre non c’eri ci sono stati altri attacchi e altre battaglie tra cyborg e umani finite nel sangue. Le nostre razze non riescono più a convivere ormai, perché i cyborg vengono creati sempre meno subordinati agli uomini e quindi desiderosi di libertà. Stanno creando degli esseri umani fatti di metallo, insomma.

Lyn annuì, poi ridacchiò:
- Non smettiamo mai di commettere errori… Comunque non è un problema che ci riguarda al momento, a meno che tu non voglia licenziarti da mia personale Intelligenza Artificiale. – E poi sorrise in direzione di MIA.
- No padrona, poi chi le programmerebbe la caffettiera all’ora di pranzo?! Nessuno! – Poi si illuminò e cominciò a roteare lentamente. – A proposito di pranzo, sarà meglio che mangi qualcosa! Il take-away coreano passerà tra 15 minuti quindi sei caldamente invitata a renderti presentabile, anche perché hai dei capelli orribili in questo momento…

Lyn ridacchiò e corse a darsi una sistemata, dopodichè tirò su le serrande della grande porta-finestra opaca da un lato che sostituiva una parete e ammirò per qualche secondo il panorama del sole artificiale che splendeva nel cielo.

L’alba era sorta da un pezzo e i grattacieli risplendevano nella calda luce del sole creato dall’uomo quando quello naturale aveva cominciato a perdere potenza per cause ignote. La luce si rifletteva sui molteplici vetri di cui erano composti gli alti palazzi e creava dei riflessi accecanti che saettavano nell’aria.
Il traffico era intenso e centinaia di piccole navicelle volavano in aria trasportando merci, persone e robot. Un’ambulanza sfrecciò sulla corsia di emergenza disperdendo del vapore biancastro dal tubo di scappamento.

La struttura sociale della città era molto semplice: più si era in basso più si era poveri.
Generalmente i grattacieli avevano una struttura a scacchiera, definita da tante diverse finestrelle quadrate alle quali corrispondevano altrettanti posti letto in quel grattacielo. In mezzo alle finestrelle c’erano delle lastre di pietra in corrispondenza delle scale o dello spazio occupato da un appartamento.
Più si era in basso e più le finestre erano piccole e ravvicinate e gli appartamenti piccoli e che spesso dovevano ospitare più persone di quante ce ne sarebbero dovute stare. Per chi era in mezzo c’erano degli appartamenti molto semplici fatti a scatola, ma decisamente più grandi e con a volte più di una finestra. Infine gli appartamenti dei ricchi, in cima ai grattacieli: grandi spazi anche di più piani lussuosi e ipertecnologici. Nonostante quella disponibilità di spazi in cima agli edifici, chi poteva permettersi di comprare una casa fuori città lo faceva, per avere più tranquillità e spazio da dedicare a se stessi.

Lyn vide una navicella più grande, rossa e bianca, avvicinarsi e riconobbe la postazione mobile del Korean Restaurant. Era larga circa 3 metri ed era costituita da un banchetto sopra al quale erano disposti tutti gli ingredienti e la postazione di cottura, davanti alla quale stava il proprietario che non face altro che urlare ordini in coreano al suo cyborg personale.
Il telefono collegato al volante della navicella continuava a squillare e il cyborg si affrettava a rispondere, memorizzando ordinazioni e indirizzi. Poi li comunicava al padrone che rapidissimo tirava fuori i piatti e metteva a cuocere il pesce o la carne richiesti.

Quando la navicella passò davanti a casa di Lyn si fermò e il proprietario le sorrise:
- Ciao Lyn! – Esclamò con uno spiccato accento orientale. – Il solito?

Lyn annuì sorridendo e fece per dargli i soldi, ma lui sorrise di nuovo e scosse la testa:
- Non mi faccio pagare dalla persona che ci ha liberato di tanti odiosi potenti! Lunga vita a te, Lyn! – Rispose a bassa voce, attento che nessuno lo sentisse.

Lyn chinò la testa come ringraziamento, prese il cartoccio che conteneva la sua ordinazione e osservò la navicella andarsene.

- Smettila di osservarlo e sentiti in colpa per essere così scroccona. Ora dedicati al lavoro, forza. – La voce di MIA la riscosse dai suoi pensieri e Lyn annuì, sedendosi davanti al computer.

MIA si illuminò di più e andò a incastrarsi perfettamente in uno spazio sul monitor disegnato apposta per lei, facendone così un tutt’uno con il computer.
- Posta. – Disse la ragazza con voce chiara e scrutò la lista di mail che aveva.

Non c’era nulla di particolarmente eclatante tranne una mail del suo mandante, che le imponeva di concludere la missione iniziata a casa di Rilah e della quale aveva appreso con rammarico il fallimento.
La ragazza strinse i denti: avrebbe dovuto essere più attenta e ora ne pagava le conseguenze; era certa che il suo cliente le avrebbe inflitto una punizione per quella missione finita male.

Sentì bussare alla porta e quasi trasalì.
- MIA, sullo schermo.

L’Intelligenza Artificiale emise un lieve ronzio e sul monitor del computer comparve la videata della telecamera di sicurezza. Davanti alla porta di casa sua c’era una navicella con due uomini in nero dei quali non si riusciva a vedere il volto attraverso la telecamera. Ad un tratto uno dei due battè un pugno sulla porta, intimandola di aprire.

- Ti sconsiglio di fare quello che dice. – Sussurrò MIA.
- Devo farlo. Sono sicuramente uomini del capo. Non attivare nessun sistema d’allarme. Qualsiasi cosa succeda. – Rispose la ragazza e si diresse verso la porta. Una volta arrivata davanti a essa  premette con decisione il pulsante di apertura e attese.

Quando riuscì a scorgere i due uomini loro ghignarono:
- Salve Angelo della Morte. Siamo due dipendenti del tuo attuale datore di lavoro, facci entrare.

Qualcosa nel tono dei due spaventò Lyn, consapevole della violenza di cui erano capaci gli uomini delle persone per le quali lavorava.
- Prego, entrate… - Disse debolmente e si spostò per farli entrare, gettando una rapida occhiata alle sue spalle e valutando le possibilità di fuga e difesa che aveva: nessuna. Non aveva armi in casa.

I due entrarono e rimasero avvolti nel loro impermeabile nero con il bavero alzato, le loro fattezze nascoste un paio di occhiali da sole scuri e un capello calato fino alle sopracciglia:
- Allora, Angelo… - C’era una grande nota di disprezzo in quella voce. – Com’è andata la missione? – Uno dei due ridacchiò.
- Ho fallito. – Rispose senza tanti preamboli Lyn.
- Ah! – Quello che parlò si finse sorpreso. – E come mai?
- Ho fatto un errore tattico e sono caduta in trappola.
- E ti avranno interrogato, giusto? – Quello che non aveva parlato si avvicinò di un passo.
- Si. – Annuì Lyn, a testa bassa.
- Cos’hai rivelato? – Chiese uno dei due, ringhiando, mentre l’altro si avvicinava ancora di un passo.
- Nulla. – Rispose Lyn, incerta.
- Ah davvero? E perché questa mattina ci sono state delle strane visite nella villa del nostro capo? Alcuni uomini di Rilah dicevano che il loro padrone aveva dei conti da regolare con il nostro… Ne sai niente? – Chiese minaccioso.
- No.
- Io penso di si… - E scambiatosi un cenno d’assenso con il collega si lanciò sulla ragazza.

Lyn provò a difendersi, ma erano due avversari addestrati e più grossi di lei; per questo non ci misero molto a sopraffarla e in breve Lyn finì a terra, piena di lividi e piccoli tagli sanguinanti.

- Giusto per ricordare che potrai anche essere un’assassina provetta, ma rimarrai sempre una debole. – E detto ciò i due uomini presero un coltello a testa e a turno la attaccarono un’ultima volta prima di andarsene: uno dei due le incise un profondo taglio sulla guancia, l’altro le lanciò addosso il coltello che penetrò dolorosamente la carne della sua spalla.

Dopodichè ghignarono malignamente e se ne andarono silenziosamente come erano arrivati.

MIA si attivò immediatamente e, trasportata la sua padrona sul letto tramite un raggio di levitazione, cominciò a iniettarle delle sostanze specifiche nella soffice pelle lattea del gomito. Lentamente le ferite di Lyn si rimarginarono e ben presto non ne rimase che qualche goccia di sangue sui vestiti.
La ragazza aprì gli occhi e ringraziò MIA per le cure. L’Intelligenza Artificiale rispose, attivandosi dopo un breve momento di silenzio:
- Le sue capacità fisiche sono state ripristinate all’80%, per il recupero totale delle facoltà corporee bisognerà aspettare qualche ora. I due uomini erano probabilmente del tuo datore di lavoro, mandati qui con lo specifico scopo di torturarti. I coltelli che ti hanno lanciato sono due pugnali dell’anno Alfa-887, prodotti dalle industrie della Morton&Co fatti di acciaio e con componenti del diamante all’interno. In commercio ne sono stati venduti soprattutto ai grandi signorotti mafiosi dei nostri giorni. Segue una lista dei maggiori compratori…
- Lascia perdere. – La interruppe Lyn. – Non serve sapere chi fossero. Se scopriamo le loro identità e li eliminiamo, ne arriveranno altri e sarebbe inutile… L’unica cosa che possiamo fare è non farci trovare impreparate come questa volta.

MIA era perplessa, ma gli ordini erano ordini.
- Padrona, hanno lasciato qualcosa sulla porta… - Sussurrò MIA.

Lyn sussultò e corse alla porta. La aprì e ebbe un attimo di vertigine vedendo che sotto di lei il grattacielo proseguiva per metri e metri prima di essere immerso nella nebbia, scomparendo alla vista.
Pinzato tra la porta-finestra che rientrava di circa 20cm rispetto al muro e il liscio materiale di cui le pareti erano composte si trovava un biglietto di carta dall’aspetto antico.
Lyn lo afferrò, tremante e lesse le parole vergate con un inchiostro in disuso da anni: “Hai fallito. Loro sono solo i primi.”
La grafia era quella, inconfondibile, del suo capo che aveva firmato il contratto con cui era stata ingaggiata. Il significato non era poi così misterioso: aveva fallito la sua missione e il suo capo non glielo aveva perdonato, decretando così la sua morte.
Probabilmente aveva previsto che sarebbe sopravvissuta all’attacco dei due scagnozzi, anche perché la loro missione non era ucciderla, ma Lyn sapeva che presto sarebbe arrivato qualche soldato con lo specifico incarico di porre fine alla sua vita.

Stava per chiudere la porta quando una navicella azzurrina si fermò elegantemente davanti al suo appartamento. Sopra di essa c’era il suo vicino di casa e fedele amico cyborg Sin-3, uno dei pochi ad essere stato liberato dal suo padrone e al quale, di conseguenza, erano stati tolti i vincoli di obbedienza impiantati nel suo cervello, trasformandolo in una creatura pensante vera e propria.

- Ehi, Lyn! – Le sorrise.
- Ciao Ferraglia! – Replicò scherzosamente lei. – Serve dell’olio?
- No… - Rise lui, ma poi si rabbuiò. – Senti Lyn, stamattina dei loschi figuri ti hanno cercato…

Lyn, in quel momento, comprese che la sua fine era già stata stabilita e la sua morte decretata.

 

- ANGOLO AUTRICE -
Buongiorno signorini e signorine c: Quanti di voi sono già in vacanza? Io per fortuna si e ovviamente cos’è successo? Raffreddore: la mia solita sfiga.
Come ho già detto nell’ultimo aggiornamento della mia ficcy su Harry Potter, dopo Natale la mia attività riprenderà a pieno regine, perché avrò un computer nuovo condiviso con mio padre e potrò dire addio alla vecchia baracca (ma fedelissima <3) con cui scrivo ora c:
Quindi scusate per i pochi aggiornamenti pre-natalizi.
Vi auguro buon Natale, buon anno nuove, buone feste, buon tutto ecc. ecc. :3
Ciau!
_Rainy_
AGGIORNAMENTI NATALIZI DEL BLOG (nuova struttura, nuova grafica e nuovo post c:):
http://raggywords.blogspot.it
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 04. Sopravvivenza ***


Anno Beta-072

04. Sopravvivenza


- Cosa?! Chi? – Chiese confusa Lyn, pur temendo di conoscere la risposta.

Sin-3 deglutì rumorosamente e abbassò lo sguardo, rispondendo:
- Erano uomini di quel ricco signorotto che vive fuori città, Rilah. Sono passati esattamente 147 giorni e 23 ore dall’ultima volta in cui ho visto quelle uniformi e inequivocabilmente erano suoi uomini. Tutti alti, tutti massicci e vestiti di rosso e oro nel classico stile di Rilah. Hanno chiesto dove fossi…
- E tu?! – Chiese Lyn con eccessiva foga.
- Lyn… Sei scossa. E’ successo qualcosa? – Indagò il cyborg, scrutandola dall’alto in basso.
- Niente di importante Sin-3, ti vieto di analizzarmi. – Finse di ridacchiare lei.
- Okay… - Lui scrollò le spalle e riprese. – Non gli ho detto dove fossi, perché non lo sapevo e mi hanno fatto uno scan mentale perché non si fidavano…

Lyn rabbrividì, perché conosceva quanto gli scan mentali fossero dolori: davano l’impressione che qualcosa di malvagio e estraneo stesse scavando a fondo dentro la tua testa e il dolore era lancinante e persistente anche dopo diversi giorni. Sussurrò un “Mi dispiace” poco convinto, perché stava già pensando ad altro.

Sicuramente Rilah la stava cercando per sbatterla nuovamente nelle sue segrete e interrogarla nuovamente cercando di scoprire per chi lavorasse, ma lei non poteva permettersi che qualche altra persona morisse per colpa sua: non poteva farsi catturare e non poteva rivolgersi alla polizia, un po’ perché essa non tutelava mai le persone di classi sociali più basse e un po’ perché sarebbe stato come confessare il suo mestiere non proprio onesto a più persone di quante già non lo sapessero.
D’altro canto, però, c’erano gli uomini del suo datore di lavoro che la stavano cercando e Lyn sapeva che di li a qualche ora ne sarebbero arrivati altri.
Sospirò e guardò intensamente Sin-3:
- Me ne devo andare.
- Cosa?! – Il cyborg sgranò gli occhi e assunse una posizione di difesa alzando le braccia e piegando lievemente le gambe, come se avesse ricevuto uno schiaffo.
- Tu sai che lavoro faccio e puoi facilmente immaginare cosa volessero quegli uomini che hai visto… - Abbassò la testa.
- Si, ma andarsene mi sembra eccessivo. Cosa farai?! Hai il 10% di possibilità di sopravvivere. – Esclamò Sin-3 con foga.
- Mi basterà. Sono convinta della mia decisione. Troverò un posto dove andare e cambierò nome. Questa è la fine della Lyn che conosci. – Concluse a testa bassa. – Domani partirò, ho deciso.
- Spero che tu sappia cosa stai facendo… - Abbassò la voce Sin-3, sconfortato.
- Addio Sin-3, sei stato un vicino di casa meraviglioso. – Sorrise Lyn.

Sin-3 la abbracciò velocemente e fece per andarsene, poi si voltò e sussurrò:
- Non lascerò traccia di questa conversazione nella mia memoria: è il mio regalo d’addio. – Poi se ne andò definitivamente, mentre Lyn si appoggiava allo stipite della sua porta-finestra, sorridendo amaramente.

Quando Sin-3 scomparve dalla sua vista rientrò di corsa in casa e cominciò ad ammucchiare i suoi pochi averi in una borsa di tela scura: qualche vestito, una foto sgualcita, tante chiavette contenenti informazioni più o meno riservate e il suo abito “da lavoro”, ossia una tuta di spessa stoffa nera aderente ed elastica.
Si voltò verso MIA e le sorrise, l’Intelligenza Artificiale disse subito, mentre una lucina rossa lampeggiava furiosamente:
- Stai facendo un errore! Non hai un posto dove andare e non puoi abbandonare così casa tua!
- Poche storie! – Rispose Lyn, decisa, e premendo un pulsante giallo posto sotto alla struttura di MIA innestò una serie di meccanismi che rumorosamente fecero spegnere l’Intelligenza Artificiale prima di far aprire un cassettino dalla sommità di essa; scomparto che conteneva un chip dorato.

Lyn sorrise e afferrò il chip mettendolo dentro una speciale chiavetta adattata per l’occasione che riportava il nome “MIA” e subito la squillante vocetta della sua Intelligenza Artificiale personale interruppe il silenzio che aveva seguito il suo trasferimento su una piattaforma mobile:
- Che orribile sensazione! Non posso muovermi liberamente! Sono totalmente inerme… - Disse sconsolata.
- Hai ancora il pieno controllo di questa casa, anche se da postazione mobile. Ora disattivati e riposa, domani all’alba partiamo.

Lyn passò il resto della giornata a escogitare un piano per far si che la sua assenza non destasse sospetti e alla fine concluse che simulare un trasferimento sarebbe stata la cosa migliore.
Sulla sua scheda informativa, erede della carta d’identità, caricata sul sito ufficiale del governo specificò che era “in cerca di una nuova casa”, il che implicava frequenti visite a nuovi appartamenti e assenze prolungate. Non specificò altro, in modo che fosse difficile rintracciarla.

<< Se mi volessero scovare, troverebbero i modi per farlo… >> Pensò, poi scacciò via quel fastidioso pensiero pensando che avrebbe disattivato la tracciabilità sia dei chip inseriti nel suo corpo sia di quelli dei quali MIA era costituita, limitando notevolmente le sue abilità, ma almeno isolandosi maggiormente dall’esterno.
Poi avrebbe limitato l’emissione di impulsi elettromagnetici che potessero essere riconosciuti dai satelliti e avrebbe cercato di usare meno tecnologia possibile, in modo da poter tenere i numerosi apparecchi di cui era fornita spenti e incapaci di essere rintracciati.

Dormì poco e male e appena il primo raggio di sole fece capolino da dietro il grattacielo di fronte scattò in piedi.
- E’ ora MIA… - Al richiamo l’Intelligenza Artificiale portatile si accese.
- Si. Hai una destinazione? – Chiese MIA, pratica.
- No, comincerò con l’andare alla stazione intercontinentale con la metropolitana e poi da li vedremo. Puoi disattivarti per il momento, così limitiamo la nostra tracciabilità.
- Si, Lyn. – E le molteplici lucine che si erano accese sulla struttura di MIA si spensero.

Indossò una giacca a vento scura e si calò il cappuccio sulla fronte, nascondendo le sue fattezze e i corti capelli colorati. Indossava degli abiti comodi di colore beige e dei pesanti anfibi con dei chip sulla suola e un sistema di sostegno del passo.

Uscì di casa in fretta e in sella alla sua piccola aeromoto rubata volò fino alla più vicina stazione della metropolitana. La parcheggiò per strada, addossandola tra due moto più grandi e si infilò in fretta nei tunnel per andare a prendere la sua linea.
Le varie linee presenti dove viveva erano ben 47 e collegavano ogni parte della città, rendendo molto facile spostarsi. Determinate stazioni, poi, avevano oltre che la funzione di normali fermate della metropolitana anche quella di interscambio per gli aeroporti, treni internazionali e intercontinentali.

Salì sull’ultimo vagone del treno e si sedette nel primo posto che trovò. Il vagone era di medie dimensioni, quasi del tutto beige, grigio e bianco, con lucide porte di vetro e dei piccoli schermi sulle pareti che indicavano il percorso e la velocità del treno oltre a qualche altra informazione, ad esempio le condizioni meteo o le news dal mondo.

Doveva fare 8 fermate e poi cambiare linea. Il viaggio proseguì tranquillo e sulla metropolitana non c’era anima viva, fatta eccezione per qualche lavoratore che tornava a casa dopo il turno di notte.

Alla quinta fermata, però, le porte si spalancarono e una figura vestita di nero entrò sul suo stesso vagone, il volto celato dal bavero della giacca e un pesante cappello calcato sulla testa. Lyn si sentì immediatamente inquieta.

L’uomo si sedette esattamente vicino a lei, nonostante lo spazio disponibile nel vagone fosse ampio.
- Buongiorno, Angelo. – Disse semplicemente l’uomo, fissando la parete davanti a sé.

Lyn si sentì mancare e non rispose. L’uomo proseguì:
- Dimmi, dunque, cosa stai facendo? Una gita fuori porta? Mi pare che la casa di Rilah sia dall’altra parte. – Il tono era gelido, nessuna emozione traspariva da quella voce.
- Non sto andando da Rilah. – Tremò Lyn.
- Ah no? – Chiese l’uomo, falsamente sorpreso. – Forse dovresti: hai una missione da finire. – E le appoggiò una mano su un ginocchio.

Quel contatto mise immediatamente a disagio Lyn, che desiderò liberarsi di quella stretta all’istante:
- Questo posto è sorvegliato. – Biascicò, sudando freddo.
- Lo so, mia cara, ma non sono qui per farti del male. Stiamo solo parlando. – Rispose lui, tranquillo.
- Togli quella mano dalla mia gamba. Ora. – Disse la ragazza con più convinzione.
- Uff, lasciamo da parte queste quisquilie, okay? – Tolse la mano dal ginocchio della ragazza con un gesto infastidito. – Dicevo: finisci la missione. O la prossima volta che vedrai uno di noi non sarà altrettanto piacevole, come del resto hai già potuto verificare di persona.

L’uomo non aggiunse altro, si alzò e scese dal vagone non appena le porte si aprirono, lasciando Lyn alle prese con una decisione difficile.

-

MIA si riaccese con una serie incessante di “bip” e si mise immediatamente ad analizzare l’ambiente circostante, teorizzando di trovarsi chissà dove.

Ben presto si accorse di due cose: 1) era tornata nella sua postazione fissa e quindi 2) erano di nuovo nell’appartamento di Lyn.

- Ehm… Lyn? – Chiese, sottovoce.

La ragazza era stesa sul letto, a pancia in su e fissava il soffitto.

- Che succede? – Chiese accorata MIA.
- Scannerizzami. – Rispose Lyn, senza un’ombra di emozione nella sua voce.

MIA sentì una sensazione d’allarme pervaderla: non era normale che Lyn si rifiutasse di spiegarle a parole qualcosa, ma le dicesse semplicemente di sondarle la memoria per scoprire cosa fosse successo.
Seppur un po’ titubante, MIA eseguì quello che la padrona le aveva chiesto e ancor prima che avesse finito di esaminare i sulla metropolitana stava già manifestando la sua indignazione:
- Quegli sporchi esseri… Il tuo datore di lavoro è un essere spregevole! – Disse MIA con decisione.
- Lo so... Così come so che non ho scelta, MIA. – Sussurrò Lyn, coprendosi gli occhi con un braccio.
- Si che ce l’hai: dovevi andartene davvero.
- Mi avrebbero trovato. Se invece sistemo questa faccenda finendo la missione saremo di nuovo libere, capisci?

MIA non rispose: capiva fin troppo bene, così come era sicura di aver intuito cosa volesse fare la sua padrona.
I suoi sospetti vennero confermati quando la vide alzarsi e correre ad infilarsi il vestito da lavoro:
- Ti prego, pensaci bene. Sai cosa rischi a tornare laggiù. Non hai solo i seguaci del tuo attuale capo alle calcagna.
- Lo so, MIA. Lo sto facendo per me stessa. – Disse con decisione la ragazza e in pochi, semplici e sicuri gesti finì di prepararsi e di armarsi, avviandosi verso la porta di casa.
- Va bene. Mi fido di te, però fammi una promessa. – Disse MIA e Lyn si fermò. – Ritorna.
- Ci proverò, ma nel caso non lo facessi… Disattiva la tua parte emozionale. – Rispose Lyn, tristemente e uscì di casa senza ascoltare la risposta della fedele amica.

-

Era di nuovo lì: quella casa, quell’antico maniero e quel teatro dell’orrore significavano molto per Lyn, che conosceva ogni singola stanza di quell’abitazione.

<< Concentrati: non permettere a nessuno di farti fallire, stavolta. >>

Con le solite agili mosse fu dentro la villa e si diresse a colpo sicuro verso la stanza che conteneva quello che cercava: la camera di Rilah. Stavolta non avrebbe fallito.

Si mosse con il doppio dell’attenzione, uccidendo chi di dovuto e stordendo chi invece non era necessario uccidere. Evitò accuratamente la sala che la volta precedente l’aveva tradita e in breve fu dentro il palazzo.

Strisciò tra le ombre come suo solito, scivolando da un angolo buio all’altro, più silenziosamente di un serpente. Quando avvistò la camera di Rilah indossò gli speciali occhiali che si era costruita lei stessa e vide immediatamente che era protetta da due metri cubi di raggi infrarossi ad altissima sensibilità e che due guardie erano in piedi di fronte ad essa.

Il palazzo, di per sé, era un’autentica villa medievale e Lyn si perdeva spesso nella contemplazione degli arazzi o degli affreschi, ma poi ritornava in se e si ricordava che ognuna di quelle cose, perfino i tappeti, poteva nascondere una trappola mortale.

Con due lanci precisi conficcò due pugnali nel cuore delle due guardie, lanci troppo veloci perché se ne accorgessero o potessero fare alcunché e osservò i loro corpi cadere a terra come fogli di carta. Si avvicinò di soppiatto e prese le loro tessere di controllo, inserendole nell’apposita apertura sul pannello di controllo posto vicino alla porta: i sistemi di difesa si disattivarono.
Nascose in fretta i cadaveri delle guardie, socchiuse la porta e lanciò una piccola granata soporifera dal gas invisibile all’occhio, in modo che se anche Rilah avesse avuto il sonno leggero, cosa di cui dubitava, non si sarebbe svegliato.
Calcolò che al massimo aveva dieci minuti prima che qualche guardia passasse a vedere come stava andando la situazione: sarebbero bastati.

Si avvicinò al letto e senza pietà infilò il pugnale nel petto di Rilah, che spalancò gli occhi prima di morire, nonostante fosse incosciente a causa della granata.

<< Peccato: mi sarebbe piaciuto vederlo morire con il terrore negli occhi. >> Pensò Lyn, ma la sicurezza non era mai troppa, concetto che aveva imparato a sue spese.

Si guardò intorno: la stanza era arredata in pomposo stile barocco che mal concordava con il resto della dimora, ma evidentemente era stata una specifica richiesta del padrone. Le pareti erano coperte di arazzi e affreschi celebrativi, i mobili erano tutti arzigogolati, dalle forme più stravaganti e decorati nei modi più disparati: elementi naturali, motivi voluttuosi e colori sgargianti. Nell’insieme costituivano un autentico pugno negli occhi, per Lyn.
Addossate ad una parete decine di teche ospitavano dei preziosi manufatti antichi e moderni con altrettante schede esplicative. Vide subito la mappa che le interessava e che era richiesta dal suo capo.

Si avvicinò e disattivò in fretta i sistemi d’allarme da un pannello posto sul piedistallo che sorreggeva la teca. Sollevò il vetro, tremante, e  afferrò la mappa riponendola in una tasca interna della sua tuta per poi correre fuori.

Non fece in tempo a uscire dalla stanza che le radioline auricolari delle guardie cominciarono a ronzare e una voce meccanica rimbombò nel corridoio:
<< Ax a John e Walter, come stanno andando le cose? Qui una noia mortale, come al solito. Passo. >> Poi una pausa. Lyn trasalì: era la stessa voce dei suoi ricordi.

Era lui.
Lo stesso uomo che le aveva detto quella parolina così insignificante eppure così importante: “Vivi.”

Il ricordo riaffiorò rapidamente, ma Lyn lo ricacciò indietro e tirò un pugno alla radiolina, spaccandola.
Doveva andarsene, e in fretta.

Si mise a correre più silenziosamente che poté nel corridoio, ma ben presto sentì qualcuno correrle dietro gridando nelle radioline. Girò bruscamente un angolo e si ritrovò premuta contro la parete, una mano estranea sulla bocca e un braccio muscoloso che le stringeva la vita.

Quando le guardie furono passate Lyn assestò un calcio al suo salvatore e balzò dall’altra parte del corridoio, girandosi a fronteggiarlo. Quando egli uscì dall’ombra, Lyn sussultò: era lui.

- Non di nuovo, signorina. – Ghignò lui con la sua voce bassa e ammaliante, disattivando l’auricolare.

Lyn tacque. Lui continuò a sorridere, lo sguardo determinato:
- Cosa stai cercando?

La ragazza tacque ancora. << Non dirgli assolutamente niente, e vattene per la miseria! >> Pensò, agitata.

- Be’, se non vuoi parlare sappi che qualsiasi cosa tu abbia fatto non posso ignorarla due volte, quindi devo arrestarti. – Detto ciò si mosse come un fulmine e prima che Lyn potesse reagire si ritrovò schiacciata contro la parete, le braccia unite sopra la sua testa e tenute ferme da un suo braccio:
- Così va meglio. Ora, se permetti, chiamerò le guardie e ti farò arrestare. Perdonami, ma ti ho dato una possibilità di vivere e l’hai sprecata: io devo comunque fedeltà al mio padrone. Cosa sei venuta a fare? – Una mano si insinuò nelle tasche della tuta, afferrando la mappa e tirandola fuori. – Oh, cos’abbiamo qui?

Sorrise, triste e si portò la radiolina alla bocca, riaccendendola.

Lyn ne approfittò e sferrò alla guardia un poderoso calcio nella pancia che lo piegò in due dal dolore. Poi, senza esitare oltre, corse via più in fretta che poté, sentendo il grido d’allarme che lui stava lanciando al resto della guardia del palazzo.

Sgusciò via appena in tempo e le parve quasi di sentire i gemiti strazianti di una delle amanti di Rilah, probabilmente accorsa per ottenere favori o dargli “sollievo”. Si immaginò quando dovesse essere terribile scoprire che la persona che si amava o, come era probabile stesse accadendo, quella dalla quale dipendeva la propria vita era morta. Rabbrividì al solo pensiero.

Balzò in sella all’aeromoto che aveva di nuovo usato per arrivare fin lì e si diresse a casa propria sfrecciando nell’aria pungente sotto un meraviglioso cielo stellato.

Entrò nel suo appartamento come una furia e MIA espresse tutta la sua gioia nel vederla; gioia che venne ben presto stroncata dall’espressione torva di Lyn:
- Cos’è successo?
- Devo andare da Sin-3. Ho bisogno di lui. Abbiamo già lavorato insieme, in passato: forse mi aiuterà di nuovo… Ascensore, MIA.
- Si, padrona… - Acconsentì l’Intelligenza Artificiale, perplessa.

In mezzo alla stanza si disegnò un cerchio che ben presto iniziò a salire verso l’alto rivelando un cubiculo bianco abbastanza sporco, chiuso da due porte dello stesso colore delle pareti dell’appartamento.
Quando Lyn si avvicinò le pareti si aprirono e Lyn vi entrò senza indugiare, digitando sulla pulsantiera infissa su una porta il numero dell’appartamento di Sin-3. La pulsantiera emise un bip e confermò che era possibile visitare quell’appartamento, perché il suo proprietario non aveva dato particolari disposizioni al computer centrale.

Le porte si richiusero davanti a Lyn e in pochi secondi l’ascensore salì a folle velocità di quei piani che la separavano dall’appartamento dell’amico.

Uscì velocemente e bussò senza esitare, non curandosi dell’ora tarda. Ci vollero vari tentativi perché Lyn sentisse dei passi nell’appartamento e quando Sin-3 aprì la porta, in vestaglia e con i capelli tutti scarmigliati, non sembrava affatto contento di vederla.

Sbadigliò rumorosamente, come se volesse farla sentire in colpa e la guardò, scettico:
- Dio, Lyn, cosa vuoi?!
- Dobbiamo parlare, subito.

Forse fu il tono secco, o forse lo sguardo determinato, ma Sin-3 si riscosse all’istante e la fece entrare, chiudendo poi accuratamente la porta alle sue spalle.

 


- CIAMBELLANGOLO -
Ja, non è una ficcy molto emozionante per ora, ma sono tutti preamboli e questo è il capitolo che chiude questa introduzione alla storia durata ben 4 capitoli (sorry ç.ç).
Dal prossimo la vicenda si innesterà nel filone narrativo principale {(?) termini eruditi a cavolo}
Spero che questo capitolo vi piaccia :3
Shiau,
_Rainy_
BLOG: http://raggywords.blogspot.it (una visitina ci renderebbe estremamente felici c: )

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 05. Lacrime ***


Anno Beta-072

05. Lacrime

 

- Illustrami sinteticamente la situazione. – Sorrise Sin-3 amaramente, mentre versava del liquore in due lucidi bicchieri di vetro.

Il suo appartamento era del tutto identico a quello di Lyn, ma un pelo più personalizzato con quadri alle pareti, mobili di legno scuro e diverse fotografie in scintillanti cornici.

Il liquore si riversava pigramente nel bicchiere fino a colmarlo per metà e Lyn lo tracannò, decisa, sospirando.

- Non era mia intenzione arrivare a questo, ma sono costretta. Sin-3, noi abbiamo già…
- Va bene. – La interruppe lui, senza guardarla.
- Cosa? – Lyn era stata colta alla sprovvista.
- Lavorerò di nuovo con te e andremo alla villa di Rilah per l’ultima volta, ma… - Lyn trasalì, fissando il profilo dell’amico. - … Questa sarà l’ultima volta che ti faccio un favore. L’ultima.

Lyn annuì e il cyborg alzò lo sguardo, scrutandola negli occhi, serissimo.

- Per chi lavori?
- Non so il suo nome.
- Cosa dobbiamo fare di preciso?
- Recuperare una mappa che ora è in mano delle guardie del palazzo.
- Dunque deduco che la morte di Rilah non fosse totalmente indipendente da te…
- No… - Lyn abbassò lo sguardo, poi tornò a fissarlo, determinata. – Ho bisogno di un aiuto fidato e tu sei l’unica persona al momento che può darmelo.
- Ti aiuterò, ho detto. Preparati, tra venti minuti partiamo e… Un’ultima cosa. – Scrutò Lyn e sorrise al suo sguardo interrogativo. -… Io non sono esattamente una “persona”.

-

Sin-3 era un cyborg che, avendo lavorato alle dipendenze di qualche ricco signorotto anni addietro, aveva implementate nella sua memoria approfondite conoscenze tecniche e perciò era stato in grado di modificare da sé un aeromoto per consentirle di andare più veloce dei limiti imposti dalla legge. Proprio grazie a quell’aeromoto, nera lucida e con delle venature azzurro elettrico, Lyn e Sin-3 erano riusciti ad arrivare all’abitazione di Rilah in pochissimo tempo e vi regnava il caos.

Il piccolo “scherzetto” di Lyn era stato poco gradito e ora la villa era un putiferio di giornalisti da ogni canale tv del mondo con annessi cameraman (perché quando moriva un ricco del calibro di Rilah, con contatti in tutto il mondo, la notizia andava propagata su scala mondiale), da rappresentanti delle città vicine e persino qualche presidente, ma ovviamente il numero di militari e poliziotti sovrastava tutti gli altri. C’erano auto che andavano e venivano, aeromoto che filavano veloci di qua e di la e tanto chiasso tra chi strillava ordini a destra e a manca e chi cercava, invece, di eseguirli.

- Brutte notizie, vedo. – Sussurrò Sin-3, fermandosi a mezz’aria con la sua aeromoto.
- Già… Probabilmente la mappa è stata messa sotto stretta sorveglianza, ma dubito che sia dentro la villa, che sicuramente dovrà essere sottoposta a molteplici perquisizioni, per cui suggerirei di andare a vedere…
- Negli alloggi delle guardie, si. – Completò la frase Sin-3 e si allontanò rapidamente.

Gli alloggi erano subito dietro la villa, a poca distanza e preceduti dal grande hangar dove stavano i mezzi di trasporto e le armi in dotazione. I due edifici erano in grezzo cemento grigio con poche finestre squadrate e i locali erano di forme semplici e lineari.
Nessun fronzolo, nessuna decorazione e nessuna nota di colore.
Era scarsamente sorvegliati, perché tutte le guardie erano impegnate nell’edificio principale del complesso, ma qualche guardia che sonnecchiava seduta su delle sedie sgangherate ancora c’era.
L’ambiente era più silenzioso rispetto alla grande villa medievale dove Rilah era stato ucciso e Sin-3 parcheggiò la sua aeromoto poco lontano dall’ingresso, addossata a un muro.

I due balzarono agilmente giù e Lyn si avviò decisa verso l’entrata, sguainando una corta spada dalla lama lucente e dall’elsa dorata.

Le guardie caddero a terra poco dopo, schizzando sangue dall’arteria recisa con un unico movimento sicuro.
Sin-3 e Lyn non si fermarono neanche ad osservare i loro ultimi istanti di vita, entrando decisi nell’edificio.

Se da fuori era estremamente spartano e scarno di dettagli, dentro tutta quella durezza dell’architettura si rispecchiava perfettamente in cortili circondati di fili elettrificati, casupole tutte identiche di un tristissimo colore grigio e in torrette di guardia avvolte da una robusta corda spinata e probabilmente cosparsa di sostanze tossiche.
Sin-3 fece un ampio gesto della mano a Lyn, accucciandosi nell’ombra e indicando una porta più rifinita delle altre, in spessa pietra.

Nessuno era presente nell’edificio, tutti dediti al contenimento dei giornalisti, qualche centinaia di metri più lontano.

Lyn annuì e scattò in direzione di quella porta, fermandosi lì vicino e estraendo brevemente una pistola a onde elettriche. La porta era aperta e lei la socchiuse con delicatezza, insinuando la canna della pistola nell’apertura creatasi tra lo stipite e la pietra.

Lentamente si sporse per osservare nel mirino dell’arma la situazione all’interno della stanza e immediatamente vide la mappa, appoggiata sgraziatamente su un letto sfatto. La stanza era scarna e spoglia, più simile ad una cella che a un posto per il risposo, ma pochi dettagli alle pareti (una medaglia, una foto, un nastro colorato…) facevano intendere che in realtà l’ospite di quelle quattro mura era come minimo un ufficiale, un maggiore o comunque una persona con un minimo di rilievo.
Sul lenzuolo si potevano intravedere le pieghe di un corpo che era stato lì disteso fino a poco tempo prima.
C’era qualcosa di strano nell’aria, però, e Lyn lo avvertiva chiaramente.

Sin-3 le si avvicinò circospetto e sospirando le lanciò uno sguardo di avvertimento e intesa. Lei annuì e il cyborg si lanciò dentro la stanza, brandendo un’altra pistola a onde elettriche.
Lyn entrò a dargli manforte e sussultò quando si trovò davanti non solo la guardia che a lei era tanto familiare, ma anche Ber-7 che la squadrava con due occhi bionici carichi di disprezzo e perplessità: Lui le aveva testo un agguato e lei c’era cascata come una bambina.

- Bentornata, eh! – Sghignazzò la guardia, puntando una pistola contro Lyn.

Sin-3 assunse uno sguardo terrorizzato, ma si voltò verso di lei per lanciarle un comune segnale: << Possiamo farcela. >>

- Oh, scordatelo cyborg! Adesso la qui presente Ber-7 sarà così gentile da metterti le manette e io mi occuperò della nostra incantevole ospite, okay? – Ghignò nuovamente la guardia facendo un segno alla cyborg, che in un battito di ciglia immobilizzò Sin-3 e lo ammanettò senza dargli tempo di reagire.

- Lasciaci andare. – Sussurrò Lyn, implorante.
- Che differenza ti fa?! – Sibilò Ber-7 girandosi improvvisamente verso la ragazza. – Eh? Essere uccisa da noi o dal tuo capo non è molto diverso, stolta. Anzi, forse noi saremmo più gentili.
- U-Ucciderci? – Sin-3 sgranò i grandi occhi meccanici.
- Lei di sicuro. – Sussurrò a denti stretti Ber-7, facendo un cenno verso Lyn. – Per il momento, però, le prigioni già note alla tua amica vi aspettano.

-

Si, era di nuovo nelle celle.

Quella dove erano stati messi era in tutto e per tutto uguale a quella che già conosceva: stile medievale, fatta di pietre grezze e con filamenti di paglia sparsi qua e la.

Non riusciva a crederci: era stata messa nel sacco due volte dalla stessa persona! Dunque chi era quella guardia così scaltra da aver intuito la sua presenza? Che le fosse sfuggita una telecamera di sicurezza?
Improbabile.
Probabilmente aveva fatto troppo rumore o la guardia se lo aspettava.

Non aveva dormito da quando era stata malamente abbandonata in quella cella insieme all’amico fidato. Sussultò quando si accorse che era seduto in un angolo, appoggiato alla parete e che la squadrava.

- Mi dispiace… - Sussurrò Lyn.
- Non devi. – La voce era apatica. – Sapevo a cosa andavo incontro.
- Sul serio, ferraglia. Mi dispiace. Rischiavo la vita e ho coinvolto egoisticamente anche la tua.
- Te lo ripeto ancora: non dispiacerti. – Poi abbozzò un sorriso. – Sarei morto comunque prima o poi.

Lyn stava per voltarsi verso Sin-3 per sorridergli a sua volta, quando la fredda voce metallica di Ber-7 la distolse dai suoi pensieri:
- Si, saresti morto comunque, ma non immagini quanto presto ciò diventerà realtà grazie alla tua fiducia in questo essere. – Sibilò, tagliente.

Lyn abbassò lo sguardo, imbarazzata.

- Piantala. – Scosse la testa Sin-3, socchiudendo gli occhi e appoggiando la testa alla parete. – Non la conosci e non sai perché io le abbia dato retta.
- Per delle futili emozioni: è ovvio. – Sbuffò Ber-7 dall’interfono.
- Ribadisco che non sai ass…
- Lascia stare, Sin-3. – Sussurrò Lyn, improvvisamente. – Non ne vale la pena.

Sin-3 tacque e Ber-7 ridacchiò:
- Cos’è, hai paura di affrontare un discorso sensato senza il sostegno della tua amichetta?
- Stai decisamente abusando della temporanea libertà di espressione che ti è concessa a causa della morte del tuo padrone. – Ribatté Sin-3, la voce ridotta a un sibilo tagliente.
- Forse si, forse no. Non spetta a te giudicare.
- Ber-7, quanto ancora pensi di resistere? – Chiese improvvisamente Sin-3.

Il cyborg si era trascinato fino a sotto l’interfono e guardava attraverso l’obiettivo della telecamera posta in un angolo.

- Cosa intendi? – Chiese Ber-7, disorientata.
- Lo sai: quanto tempo pensi di resister qui dentro? Continuamente sfruttata e sminuita… Non ho bei ricordi del periodo in cui facevo da servo, ma tu sei messa decisamente peggio. – Disse Sin-3, conciliante.
- Tu non sai nulla di me. – Rispose Ber-7, ma la voce era già meno convinta e rotta dall’incertezza.

Lyn taceva, consapevole di dove volesse andare a parare Sin-3 e intenzionata a lasciarlo fare senza metterlo in difficoltà.

Persuasione.

- Oh, so molto invece. La nostra condizione è simile e se cercano di annullare la tua coscienza anche solo la metà di quanto tentavano con la mia, be’… Ti capisco eccome, e mi dispiace.

L’interfono esitò e Sin-3 colse la palla al balzo.

- In fondo sapevo che sarebbe finita così: la mia vita finisce dove è iniziata. Prigioniero. Non sono mai stato altro. Ho iniziato a vivere qui, poi sono stato liberato, è vero, ma era una gioia temporanea tant’è che sono di nuovo in una cella di carnefici. Non ti biasimo, però: ti capisco, anzi. Anche io avrei fatto lo stesso. Anche io mi sarei goduto i pochi momenti di libertà concessici da un evento tragico quanto inaspettato e avrei sfogato la mia rabbia su dei prigionieri occasionali. Comprendo.

Era quasi fatta, Lyn poteva avvertire l’esitazione di Ber-7 anche attraverso l’interfono.

- Io… - Iniziò Ber-7, ma poi scoppiò improvvisamente a piangere.

L’interfono tacque; Lyn e Sin-3 si misero in attesa.

I singhiozzi non si fermavano, diventando sempre più intensi e Sin-3 sorrise brevemente, congratulandosi con se stesso.

Ber-7 biasciò delle parole sconnesse e Lyn colse solamente “comprendi” in quel turbine di emozioni che il cyborg stava provando.

Poi l’interfono emise un fischio acuto e fastidioso e una nuova voce arrivò alle orecchie dei due prigionieri insieme alla frantumazione di tutte le loro speranze.

- E cosi abbiamo cercato di dissuadere la nostra sentinella dal suo compito, eh? Complimenti però, cyborg. Ce l’avevi quasi fatta. – Ghignò l’inconfondibile voce della guardia che Lyn conosceva tanto bene. Poi improvvisamente il tono cambiò, divenendo autoritario e freddo come il ghiaccio. – Ora alzati, cyborg.

Sin-3 esitò, fissando la telecamera e l’interfono tuonò:
- Alzati, ho detto!

Il cyborg si drizzò in fretta e si spolverò brevemente i pantaloni impolverati.

- Ora esci dalla cella, svelto. – E quando ebbe finito si sentì il click di un pulsante e una porta di metallo con decine di bulloni si materializzò su un lato della cella.

Sin-3 si avviò verso di essa a passi lenti, ma decisi, senza sapere cosa aspettarsi.
Lyn, purtroppo, aveva il sospetto che non gli potesse essere perdonato un tale tentativo di persuasione, né a lui né tantomeno a Ber-7 che si era dimostrata esageratamente sentimentale. Lei se la sarebbe cavata con una riduzione della libertà di pensiero o di iniziativa, ma lui? Sarebbe stato costretto a tornare un servo o forse gli sarebbe accaduto di peggio?

La ragazza osservò l’amico arrivare davanti alla porta e spalancarla lentamente. Trattenne involontariamente il fiato mentre i cardini cigolavano e Sin-3 si preparava ad uscire.

Non fece in tempo a fare un passo fuori dalla cella, però.
Un rumore sordo precedette il dramma: il corpo bionico di Sin-3 si accasciò lentamente a terra mentre veniva scosso da convulsioni e deboli scintille elettriche. Quando cadde violentemente a terra un pezzo del delicato rivestimento di pelle artificiale che ricopriva la sua nuca si staccò e volò lontano, volteggiando delicatamente fino a posarsi a terra, immobile.
Lyn urlò involontariamente e copiose lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Corse vicino all’amico, ma era troppo tardi: la pallottola aveva centrato con precisione il cranio del cyborg, causando un corto circuito nel suo cervello meccanico e uccidendolo all’istante. La guardia sapeva decisamente dove colpire.

- No, ti prego… Sin-3…  - Sussurrò Lyn tra le lacrime, in ginocchio e scuotendo il corpo del cyborg.

- Dovresti sapere che ormai non c’è più niente da fare. – Disse freddamente la guardia alle sue spalle, squadrandola dall’alto in basso con disprezzo.
- T-Tu… - Sibilò Lyn, girandosi leggermente in modo da scorgere la figura della guardia, ma non lasciando il cadavere dell’amico. – Tutte quelle belle parole sulla vita, e ora?!
- Hai avuto la tua occasione. – Non si scompose lui.
- Taci! – Urlò Lyn. – Tu sei solo uno stupido rampollo di un potente e non hai minimamente idea di chi hai ucciso! Non sai chi fosse, se avesse una famiglia, le sue aspirazioni… Non sai niente! Eppure l’hai ucciso! Chi ti dava il diritto di farlo?!
- Io so chi era quella sottospecie di ammasso di bulloni: un criminale. Esattamente come te. – Concluse freddamente la guardia, alzando la pistola e puntando la testa della ragazza. – Ber-7, vattene.

Il cyborg lanciò un’occhiata dispiaciuta al cadavere di Sin-3, ma eseguì quanto le era stato ordinato.

Lyn chiuse gli occhi, preparandosi al colpo che avrebbe messo fine alla sua vita.
D’improvviso le balzarono in mente alcuni ricordi mentre sentiva la guardia caricare nuovamente la pistola con un nuovo, mortale colpo.

La situazione tra ricchi umani e cyborg era sempre stata precaria per oscuri motivi, soprattutto da quando era stata approvata la legge che permetteva di inserire una coscienza nei loro cervelli bionici.
C’era stata una riappacificazione solamente quando gli Shiriani, che ormai tutti credevano estinti, erano arrivati sulla terra, anche se    i cyborg a quel tempo non erano ancora così avanzati.
Erano poi nate delle creature perfette, nate dall’unione di umani e cyborg e gli Shiriani avevano condiviso le loro conoscenze per rendere tali nascite possibili. Quelle nuove creature avrebbero potuto rappresentare l’unione di due razze diverse e l’inizio di un nuovo mondo, ma ovviamente la stupidità umana, impaurita dall’ignoto, aveva attribuito agli Shiriani gravi colpe dando origine alle persecuzioni sia della loro razza sia delle nuove creature mezzosangue, ormai irrimediabilmente estinte.
Lyn, però, aveva avuto l’onore di conoscere uno Shiriano tempo addietro, che l’aveva messa in guardia sulla stupidità umana e di come lei avrebbe potuto morire a causa di essa.

In quel momento Lyn rievocò l’immagine del suo dialogo con lo Shiriano che le aveva parlato e la sua uccisione, avvenuta proprio davanti ai suoi occhi nel luogo in cui viveva.

Sussurrò:
- Lo Shiriano aveva ragione… - Poi attese.

Il colpo tanto temuto, però, non arrivò.
Lyn si concesse di aprire gli occhi dopo qualche secondo e vide, con grande stupore, la guardia pochi passi davanti a lei, che la guardava sbalordita. La ragazza lo squadrò a sua volta, rigida e incerta.

Prima che Lyn potesse dire qualcosa, lui si avvicinò e si inginocchiò accanto a lei, fronteggiandola dall’altro lato del cadavere ormai freddo di Sin-3:
- Hai conosciuto uno Shiriano?

 

- CIAMBELLANGOLO -
Eccoci alla fine di questa noiosa sequenza dentro-fuori casa di Rilah, siete contenti? *yeee colletivo*
{Come dite? Avevo promesso che lo scorso sarebbe stato l’ultimo? Ehm...}
Mi auguro che non mi abbiate già abbandonato per la noia c:
Siete un po’ curiosi di conoscere l’aspetto del nostro gagliardo (la guardia insomma lol) ? Sarete presto accontentati, nel caso.
Nel frattempo vi ringrazio per la lettura se siete arrivati fin qui :3
Baciottoni ciambellosi,
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it
HARRYPOTTER: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2625484
LA MIA PAGINA EFP, PER QUALSIASI ALTRA FICCY (soprattutto A Tutto Reality): http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=509979
PAGINA FACEBOOK DI _RAINY_: https://www.facebook.com/pages/Rainy_/615961398491860?ref=bookmarks

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 06. Possibilità ***


Anno Beta-072


06.
Possibilità



Lyn tacque. Lacrime secche le pizzicavano le guance.

La disperazione aveva ormai lasciato il posto ad una ceca rabbia e fronteggiava la guardia con sfrontatezza, fissandola dritta negli occhi senza dire nulla.

Lui sbuffò e armò la pistola:
- Te lo ripeto: hai conosciuto uno Shiriano?
- Se mi uccidi non lo saprai mai. – Ghignò Lyn.

La guardia ridacchiò e posò la pistola, sedendosi a terra:
- Okay, furbetta, ti illustro la situazione. Io mi chiamo Ax e so… Alcune cose sugli Shiriani. Come ben saprai viviamo in tempi di guerre segrete e attacchi nell’ombra tra umani e cyborg e i mezzosangue si sono quasi del tutto estinti, no?
- Chissà per colpa di chi… - Sibilò amaramente Lyn, senza staccargli gli occhi di dosso.

La concentrazione della ragazza era massima: nessun particolare sfuggiva al suo cervello che lavorava insaziabilmente elaborando informazioni.

Ogni angolo della stanza veniva registrato dalla sua memoria e la figura di Ax non aveva più segreti per lei: alto e muscoloso, con il piercing sulla guancia e i tatuaggi sbucanti dalla maglietta che si ricordava, lineamenti regolari e ben disegnati, occhi nerissimi e una zazzera di capelli scuri che godeva di vita propria, a giudicare dal loro disordine. L’espressione era strafottente e il sorriso sghembo, ironico. Lyn si aspettava una lingua pungente, la battuta pronta e un carattere sicuro di sé.

- Non scapperai di qui senza il mio permesso, lo sai, vero? In questo momento sei sottoposta al mio volere e la tua vita dipende, guarda un po’, da me. Quindi ti conviene rispondermi.
- Altrimenti? – Lyn piegò la testa di lato e offrì alla guardia il suo miglior sorriso di sfida.
- Altrimenti potresti rimanere qui a marcire per giorni. Non potrei dirti di come abbia trovato un modo per fermare, eventualmente, questa guerra inutile e non sapresti neanche dove dorme l’ultimo Shiriano,  ma ovviam…

Lyn però aveva smesso di ascoltarlo.

L’ultimo Shiriano? Qualcuno di loro era ancora vivo?

I ricordi relativi allo Shiriano conosciuto da Lyn balzarono fuori dalla sua memoria sotto forma di velocissimi impulsi elettrici e il più doloroso tra essi, il loro addio, tra quelli.
Si sentì improvvisamente il cuore pesante.

- Uno Shiriano è ancora vivo? – Chiese, esitante.
- Si. – Fu la secca risposta.
- Perché dovrei crederti?
- Dove hai incontrato lo Shiriano che conoscevi? – Chiese improvvisamente Ax.

Lyn strabuzzò gli occhi, mentre i ricordi divenivano sempre più dolorosi da rielaborare.

- Nella zona della Torre.

Duncan spalancò gli occhi a sua volta, sudando freddo e avvertendo un improvviso brivido di paura.
- Non ti chiederò come diavolo tu abbia fatto ad arrivare lì, dato che è una zona proibita da anni, ma…
- Non lo era a quel tempo.
- … Non è possibile che tu sia viva da allora! – Rise secco Ax, ignorando l’obiezione che stava per fare Lyn. – In effetti è credenza comune che l’ultimo Shiriano si trovi lì. Mi servi, dunque.
- E’ credenza comune? Tutto ciò che hai è una misera credenza comune? – Sbuffare divertita toccò a Lyn.

Ax assunse un’aria offesa molto buffa, che fece scappare una risatina alla ragazza:
- Io ero una guardia prediletta di Rilah. – Lyn fece una smorfia di disgusto. – Quindi le sue informazioni sono anche mie e ti assicuro che erano abbastanza sicure.
- Cosa sai, dunque? – Chiese Lyn, ancora scettica.
- So che uno Shiriano è vivo e che molto probabilmente anche un Mezzosangue lo è. – Lyn scoppiò brevemente a ridere, non credendoci. Ax sorrise. – Puoi anche non crederci, Angelo, ma io credo che sia vero. Uno Shiriano e un Mezzosangue potrebbero fermare la guerra semplicemente con la loro presenza e con il loro immenso potere. Tutti si piegherebbero al loro potere e alle loro conoscenze e noi sappiamo che vengono in pace. Non possono che fare bene al mondo, no?
Lyn annuì, perplessa.
- Quali nobili intenzioni… Non mi convinci neanche un po’, sappilo. Perché vuoi andare dallo Shiriano e portare la pace in questo mondo crudele?
- Hai detto bene: crudele. – Rispose lui, leggermente imbarazzato, ma deciso. – Non merita anch’esso una seconda possibilità?

La ragazza lo squadrò, poco convinta.

- E in ogni caso, anche se non volessi seguirmi, sei mia prigioniera, quindi sei obbligata a farlo.
- E se non volessi? – Ghignò Lyn con aria di sfida.
- Be’… Diciamo che se lo farai ti lascerò libera davvero e potrai rifarti una nuova vita dovunque vorrai, okay?
- No. – Rispose Lyn, decisa. – Io sono un’assassina su commissione ed è quello che sempre sarò. Quello che voglio nel caso decida di accompagnarti e soddisfi i tuoi desideri è semplicemente protezione. – La ragazza lo fissò negli occhi con il suo migliore sguardo persuasivo.

Ax soppesò la richiesta per qualche secondo, fissano il terreno con i suoi vigili occhi, poi alzò la testa e sorrise di nuovo, ogni traccia del freddo assassino di poco prima svanita:
- Affare fatto. – E le tese la mano, lo sguardo luminoso.

Lyn la strinse titubante, incerta se fidarsi di quel ragazzo così volubile o rimanere riservata e sospettosa, perché in fondo le aveva salvato la vita, si, ma aveva anche ucciso senza pietà Sin-3.

Ax le rivolse uno sguardo serio per un instante e sussurrò:
- Mi dispiace per il tuo amico.

Lyn sorrise brevemente, poi chiese:
- Cosa si fa, ora?
- Partiamo alla volta della Torre. Alzati, su. – E la prese per le spalle facendola alzare, tastando la pelle dura sotto i vestiti.

Senza dire una parola uscirono silenziosamente dalla prigione e andarono verso l’hangar delle aereomoto. Ax ne prese subito una delle più veloci e lussuose e fece accomodare Lyn sul retro con una piccola riverenza:
- Mia signora, la vostra cavalcatura! – Ridacchiò.
- Grazie. – Sorrise Lyn.

Ax prese posto davanti a lei e la invitò ad appoggiarsi a lui. Lyn gli circondò la vita con le mani non senza un po’ di esitazione e perplessità.

- Fra l’altro non mi avete detto come vi chiamate, mia signora? – Chiese scherzosamente Ax.
- Eh?
- Qual è il tuo vero nome? – Insistette più serio lui.
- Lyn. – Rispose lei non senza esitazione, ma alla fine decise di fidarsi: tanto dire il proprio nome non era poi una grande rivelazione.
- Piacere, Lyn. – Sorrise di nuovo.
- Piacere mio. – Sorrise di rimando lei.

Viaggiarono verso sud, verso le terre desertiche, per qualche ora, nel più completo silenzio e man mano che si avvicinavano alla zona della Torre i controlli di sicurezza aumentavano.

- Dunque, tu hai incontrato lo Shiriano nella zona della Torre o nella Torre?
- Nella Torre. – Rispose sospirando la ragazza.
- Ah… Questo è un problema. La Torre ora è protetta da diversi plotoni militari e penso ci voglia una speciale autorizzazione per entrare. Dopo che gli ultimi Shiriani se ne sono andati dal nostro mondo a causa delle persecuzioni la Torre è stata sigillata e nessuno c’è più entrato da allora… Forse sono stati messi dei meccanismi di difesa.
- Probabile… - Rispose Lyn, serissima. – Se non erro l’autorizzazione e i codici d’accesso dovrebbero essere memorizzati al Computer Centrale.
- Umm… - Annuì pensoso Ax. – Esattamente come lo sai?
- Trucchi del mestiere. – Rispose svelta Lyn, evasiva.

Ax parve convinto, ma Lyn poteva indovinare le domande che si stava ponendo. In ogni caso, però, non era sua intenzione seguirlo davvero in quel viaggio suicida: l’avrebbe senza dubbio abbandonato alla prima occasione, magari dopo aver incontrato lo Shiriano, perché, non poteva negarlo, lo desiderava da tanto, troppo, tempo…

- Allora ci dirigeremo al Computer Centrale e cercheremo di ottenere questa autorizzazione e i codici relativi.

Ax spinse al massimo il motore dell’aereomoto e invertì bruscamente direzione, dirigendosi verso l’imponente edificio bianco che si trovava alla confluenza delle quattro maggiori strade del loro mondo: il Computer Centrale, l’intelligenza artificiale più avanzata di tutte che teneva letteralmente le redini della loro società. Tutto ciò che aveva una minima parte elettrica o era anch’esso un’Intelligenza Artificiale aveva i suoi dati madre custoditi nel Computer Centrale, un intreccio imponente di cavi e lucine sviluppato su un centinaio di piani e tenuto sotto controllo giorno e notte, per evitare che venisse infettato da virus dei ribelli.

Lyn si strinse istintivamente ad Ax, mentre qualcosa nella sua testa pulsava.

In pochi minuti furono ai piedi di quell’imponente struttura di vetro e liscia pietra bianca, circondata da giardini floridissimi e fontane che creavano spettacolari giochi d’acqua. Era una struttura sorvegliata da centinaia di guardie, disposte tutt’intorno all’edificio e su ogni piano.

Ax si diresse dritto verso una di esse e prima che Lyn potesse fermarlo la stava chiamando:
- Salve. Vorrei vedere il maggiore Hook. – E prima che la guardia potesse spiegargli come ciò fosse impossibile ad un civile aveva già estratto il distintivo.
La guardia si era scusata, imbarazzata, e li aveva indirizzati ad una porta secondaria, collegata direttamente ad un ascensore.

- Stupita? – Chiese lui con un ghigno non appena le porte si chiusero dietro di loro.
- Affatto, uomo dalle mille risorse. – Rispose lei, ironica.

La saluta fu breve e concisa, ma quando le porte si aprirono Lyn non si trovò davanti al corridoio tirato a lucido che si aspettava, bensì immersa in un laboratorio caotico dove scienziati e tecnici correvano di qua e di la osservando e spostando decine e decine di cavi.
I cavi.
Una massa enorme di cavi neri con lucine bianche, rosse e verdi troneggiava al centro della stanza e Lyn notò che era un unico fascio che partiva dal piano terra della costruzione e saliva fino all’ultimo: un’immensa torre elettrica dentro una torre solida.

Uno scienziato con un camice bianco e degli occhialetti tondi fu il primo a notarli e a urlargli qualcosa di non molto carino, ma Ax mostrò anche a lui il distintivo ed egli ammutolì, indicandogli un piccolo computer libero collegato alla massa di cavi scura che pareva muoversi autonomamente davanti ai loro occhi.

Lyn notò che attaccato alla massa di cavi c’era un pannello chiaro che recitava “Computer Centrale – 89° Piano”.
- Siamo all’89° piano?!
- Ebbene si. Questo è il database militare del Computer Centrale. Sono spesso venuto qui durante le missioni per il mio capo… Be’, ex capo. – Le scoccò un’occhiata gelida. – Per questo ho un pass particolare e nessuno protesta.

Ah, pass. Non distintivo come Lyn pensava.

Ax si sedette elegantemente al pc e digitò “Torre”. Il monitor gli fornì immediatamente una lunghissima serie di link e documenti riservati collegati. Al fondo della pagina c’era un codice alfanumerico di 20 caratteri evidenziato in giallo e rosso.

- E’ quello? – Chiese Lyn, scettica.
- Ovvio. – Rispose lui convinto. Lo osservò per alcuni stanti, poi si alzò e ringraziando gli scienziati se ne andò.

- Non l’hai copiato?
- Non si può portare nulla al di fuori del Computer Centrale senza un’autorizzazione che non abbiamo e negli ascensori ci sono degli scan corporei che permettono di evidenziare ogni minima variazione che è stata fatta al nostro corpo durante la nostra permanenza, quindi anche scriversi sul braccio “Ti voglio bene, mamma” verrebbe rilevato. Chiaro? – Spiegò lui allegramente.
- Si. – Rispose seria Lyn, entrando in ascensore con molta meno tranquillità di prima. – Ora si torna alla Torre, dico bene?

Ax annuì e si diresse dritto all’aereomoto facendo accomodare Lyn dietro di lui.

La ragazza era perplessa dalla disinvoltura con cui il ragazzo aveva ottenuto quelle informazioni e si chiese quale genere di missioni Rilah gli affidasse tali da richiedere di recarsi al Computer Centrale.

- Rotta verso la Torre, di nuovo!

Il viaggio trascorse nel più completo silenzio e entrambi i ragazzi si chiesero perché mai avessero deciso di imbarcarsi in una missione simile con un completo estraneo, un nemico e sicuramente un assassino. Perché lo avevano fatto? Ognuno aveva le sue motivazioni personali e entrambi contemplarono l’ipotesi di doversi affrontare, perché l’altro li avrebbe sicuramente traditi, prima o poi. O no?

Man mano che si avvicinavano alla Torre il paesaggio cambiava e diventava desertico.

La Torre era una costruzione di pietra chiara e perfettamente levigata, disposta a formare una struttura sferica con una solida base di pietra scura e lucida. La vetta della Torre, secondo le osservazioni aeree, era coperta da una lastra di pietra spessa qualche decina di metri e impenetrabile dai raggi X dei satelliti. Nessun, quindi, sapeva cosa ci fosse lì dentro a parte quello che vi era stato introdotto dagli umani e che comunque non si sapeva come si fosse preservato.

Intorno alla torre si estendeva una distesa di terra brulla e arida per un chilometro e mezzo, poi una doppia fila di mura d’acciaio alte una decina di metri sembravano custodire la costruzione.

Le Torri erano state costruite da umani e Shiriani, ultimo baluardo dell’unione che si era creata e simbolo della società che avrebbe potuto svilupparsi se l’umanità non fosse stata così spaventata dall’ignoto.

Intorno alle mura cominciavano gli avamposti dell’esercito, i pattugliamenti e i campi base militari.

- Non sarà facile entrare… O hai una magica autorizzazione anche per quello? – Chiese ironica Lyn.
- Molto divertente. – Sorrise Ax. – Purtroppo, però, penso che ci vorrà un’idea geniale per riuscirci…

 


- CIAMBELLANGOLO -
*si fa strada nella sezione Fantascienza*
Ehm… Salve (?). Sono nuova di qui nel senso che questa piccola storia era prima in un’altra sezione (Fantasy, appunto)… Benvenuta a me, quindi c:
In questo capitolo finalmente la grande avventura prende le mosse e vi dico solo che questo chappy è importante per far venire dei dubbi eheh Su cosa? Lo scoprirete solo leggendo :3
Alla prossima miei cari,
_Rainy_
PS: Vi lascio un po’ di link :3
BLOG: http://raggywords.blogspot.it
HARRYPOTTER:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2625484
LA MIA PAGINA EFP, PER QUALSIASI ALTRA FICCY (soprattutto A Tutto Reality): http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=509979
PAGINA FACEBOOK DI _RAINY_: https://www.facebook.com/pages/Rainy_/615961398491860?ref=bookmarks

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 07. Aria ***


Anno Beta-072

07. Aria

 

Lyn squadrava la Torre da dietro una piccola altura di terra e sabbia cercando di escogitare un sistema per entrarvi, ma l’accesso dall’esterno era impenetrabile.

Dall’esterno.

Sapeva per esperienza che sicuramente c’era un secondo ingresso naturale e meno protetto del primo, l’unica difficoltà stava nel trovarlo.

Ax camminava avanti e indietro in ampi cerchi e si massaggiava il collo, riflettendo:
- Oh, al diavolo! – Imprecò al cielo. – Non penso che sia possibile entrare aggirando l’esercito e le mura d’acciaio e se anche creassimo un diversivo non ce la faremmo mai. L’unica possibilità è usare le grotte.
- Le grotte? – Esattamente come sospettava Lyn: un secondo ingresso.
- Qua sotto... – Indicò brevemente il suolo. - … Si estende un ampio complesso di grotte rocciose completamente prive di acqua o forme di vita. L’aria è praticamente tossica, perché vi sono disciolti gas derivati dall’erosione delle pietre circostanti, ma non sono delle grotte particolarmente lunghe e penso che potremmo farcela se ci sbrighiamo un po’. – Sorrise.
- Come lo sai? – Indagò Lyn scettica.
- Quando ero nell’esercito non ero esattamente un soldato semplice. – Sbuffò lui, strafottente. – Certe cose, se si è a certi ranghi, si sanno. – Ghignò.
- Ti darò tutta la colpa della nostra morte, in caso contrario. – Sbuffò Lyn alzando gli occhi al cielo. – Ma, genio, non mi hai ancora detto da dove si entra…
- Tutti gli ingressi sono sorvegliati, in realtà, ma dubito che ci siano così tanti soldati come intorno alle mura… E’ l’ipotesi migliore e la grotta più vicina e a qualche centinaio di metri da qui, dietro al campo base.
- Dietro al campo base? Come ci arriviamo? – Lyn aggrottò le sopracciglia, perplessa.
- Di notte, ovvio. – Il ghigno di Ax lampeggiò alla luce del sole cocente. – Basterà aggirare il campo base e per i soldati di guardia all’ingresso, be’… Sei o non sei un sicario?

Lyn ridacchiò, orgogliosa di se stessa e si preoccupò di nascondere l’aeromoto sotto a un cumulo di sabbia e rocce, in modo che fosse eventualmente pronta per una fuga precipitosa.

Avevano viaggiato tutto il giorno per trovare quel rifugio sufficientemente sicuro e non si poteva dire che fosse nel pieno delle forze, ma aveva affrontato compiti più difficili in condizioni peggiori.

Lentamente estrasse le sue armi dalla cintola e le osservò, sentendo tutta la forza che esse emanavano e i ricordi che le facevano affiorare.

C’erano i suoi coltelli da lancio elettrificabili all’occorrenza, le sue Shuriken a forma di stella con tracciatore biometrico (avanguardia dell’apparato militare segreto giapponese), le sue due corte spade di metallo nero e la sua amata Katana, sua prima arma in assoluto, una pura e semplice lama d’acciaio, ma di sicuro il mezzo più letale che aveva per uccidere. Le era stata regalata tempo addietro dal suo maestro ed era la cosa più preziosa e cara che possedeva.

- Usi quelle anticaglie, sul serio?! – Sghignazzò Ax mettendo in bella mostra le sue numerose pistole elettriche, a laser e a raggi immobilizzanti.
- Critica meno, mio caro. Vedremo cosa sarai in grado di fare con quelle ridicole pistole. Sai vero che intorno alla Torre…
- Si, lo so! – La interruppe Ax, leggermente pungolato nell’orgoglio. – Tutti gli apparecchi elettrici non funzionano, ma ciò non esclude le più antiche pistole metalliche e meccaniche. – Ghignò, estraendo dalla cintola altre armi e un enorme spadone di metallo scuro da un fodero di materiale ultra leggero.

Lyn sbuffò, divertita e lucidò le sue armi con perizia.

Aveva anche lei, ovviamente, delle armi a lunga distanza come delle pistole, che non prevedessero un combattimento corpo a corpo, ma era perfettamente addestrata a sopravvivere, in qualsiasi caso. Di lei si diceva che “se l’Angelo ti si avvicina a una distanza inferiore a qualche metro per te è finita.”, espressione un po’ altisonante che però contribuiva a creare un’atmosfera di terrore e mistero intorno a lei.

Quando scese l’oscurità i soldati si diedero il cambio e le sentinelle iniziarono il loro turno.

Ax fece un breve segno a Lyn, sussurrandole:
- A proposito, mi dispiace per il tuo amico. – Poi senza attendere risposta saltò agilmente oltre il loro rifugio e si mise silenziosamente a correre da una duna all’altra, passando inosservato.

La ragazza fissò il profilo del ragazzo che si allontanava, senza parole da quell’improvvisa confessione. Perché le aveva detto una cosa simile?

Sorrise al buio, sentendo il cuore che si scaldava leggermente: allora non era davvero un mostro come voleva far credere.

Saltò agilmente oltre la duna e seguì i movimenti del ragazzo. Gli arrivò di fianco in pochi secondi e gli fece segno di precederla. Lui sorrise come risposta e corse silenziosamente verso l’ultimo nascondiglio prima dell’ingresso della grotta.

L’entrata era sostanzialmente l’improvvisa interruzione della sabbia che lasciava il posto esclusivamente a rocce scure. Aveva l’aspetto di una voragine che si apriva nel terreno, scendendo gradualmente e diventano via via più ripida. La luce sembrava risucchiata da quel buco e il buio celava qualunque cosa ci fosse.
L’ingresso era protetto da una grata arrugginita, evidentemente mai lucidata o rifinita, e una dozzina di guardie era lì davanti, chi steso sulle brandine ammassate in un angolo a riposare, chi seduto a un tavolaccio pieghevole a giocare a  carte e chi a chiacchierare, camminando avanti e indietro. Le persone addormentate, però, superavano numericamente quelle sveglie.

Ax rivolse un’occhiata a Lyn per sondare la situazione: poteva farcela?

Lei annuì, ghignando e gli lanciò un’occhiata di rimando, palesemente alla “Con chi credi di avere a che fare, eh?”.

Silenziosamente estrasse le due corte spade da due foderi agganciati alle sue spalle, sulla schiena e attese.

Regolò il suo respiro e studiò la situazione: gli uomini stesi sulle brande erano quasi tutti addormentati e sarebbero stati gli ultimi a morire, non essendo particolarmente pericolosi; quelli che giocavano a carte erano concentrati nel gioco e ci avrebbero messo qualche secondo prima di reagire, quindi il suo primo obiettivo sarebbero stati i due in piedi, chiaramente le sentinelle attualmente in turno.

Contò rapidamente qualche secondo e scattò.

Corse silenziosamente verso le due in piedi e recise di netto il collo di uno, per poi pugnalare il secondo al cuore.

Quelli che stavano giocando a carte scattarono subito in piedi urlando e Lyn ebbe il tempo di pensare che in effetti erano molto allenati prima che il suo corpo reagisse per lei, scagliando una Shuriken al collo del primo, recidendogli la giugulare, e poi balzando verso il secondo, tagliandogli una mano per far cadere a terra la pistola appena estratta e infine per affondare la lama direttamente nella tempia.

Qualcuno degli uomini addormentati si era svegliato, ma i loro tempi di reazione erano lenti e in pochi secondi Lyn aveva affondato le lame nei loro petti.

Ax arrivò dopo qualche secondo, ammirato.

Aveva seguito ogni movimento della ragazza ed era sinceramente colpito dalla sua tecnica e precisione.

- Complimenti. – Sussurrò, sorridendo. – Peccato che tu non sia al servizio dell’esercito, faresti carriera meravigliosamente.
- Non è pane per i miei denti. – Rispose seccamente Lyn, guardandosi intorno con aria sospettosa e indicando brevemente la cavità. – Sbrighiamoci.

Il ragazzo annuì e si immerse nell’oscurità, seguito da Lyn con ancora le spade sguainate e che gocciolavano il sangue degli uomini che aveva appena, freddamente, ucciso.

- Sembra proprio che non ci sia nulla, qui dentro. – Disse sorridendo Ax, accendendo uno dei ceppi di legno infissi nel muro.
- Non so quanto durerà la nostra copertura: quelle guardie hanno urlato e magari qualcuno le ha sentite. – Sussurrò Lyn, avanzando cautamente.

L’interno della grotta era completamente di pietre grigie incastrate le une sulle altre a regola d’arte ad eccezione del suolo, di terra battuta. Nessuno stelo d’erba, nessun filo di paglia e nessun rumore. Lyn rinfoderò le spade dopo averle brevemente passate sulla roccia per rimuovere un po’ di sangue umano.

Non le piaceva uccidere se non c’era una valida ragione per farlo, ma non aveva avuto scelta e non poteva permettersi di tradire Ax, non ora. Magari in seguito, quando lui si fosse fidato maggiormente…

- Andiamo. – Sorrise Ax e si avviò nella galleria a passo deciso, affiancato dalla ragazza. – Questa galleria non dovrebbe essere particolarmente lunga. Penso sbuchi a circa un chilometro dall’entrata della Torre.

Camminarono affiancati per qualche decina di metri, nel più completo silenzio.

Ax si faceva luce con una batteria elettrica azzurrina che rischiarava le pareti di roccia, ma ben presto quella debole luce cominciò a sfarfallare sempre più intensamente fino a spegnersi completamente, lasciando i due ragazzi immersi nel buio. Lyn accese rapidamente i ceppi di legno addossati alle pareti e si guardò intorno, guardinga: nulla era cambiato, ma evidentemente avevano raggiunto la massima distanza dalla Torre consentita per l’uso degli apparecchi elettrici.

Lyn avanzò più silenziosamente di prima, facendo attenzione a ogni rumore che i suoi movimenti producevano. Non era sicura, in effetti, che lo Shiriano fosse dentro la Torre, perché quando lei l’aveva incontrato egli riceveva i mortali al di fuori di essa, però era un ottimo punto dal quale abbandonare Ax al suo destino, magari dopo aver attirato l’attenzione delle guardie, e fuggire.

Non sarebbe stato neanche troppo difficile: poteva sentire i goffi e rumorosi movimenti della guardia dietro di sé e aveva perfettamente capito che la grazia non era il suo forte, al contrario invece della forza fisica. Era l’esatto opposto della ragazza, da sempre abituata a contare più sull’agilità e la velocità che sugli attacchi pesanti.

Ax tossì violentemente e Lyn lo squadrò preoccupata:
- Tutto a posto?
- Si. – Annuì lui con aria greve – E’ l’aria contaminata di queste grotte. Prima usciamo meglio è.

Si rimisero in marcia più in fretta di prima e Lyn notò che, al contrario di Ax, lei non sentiva assolutamente niente: camminare in quelle grotte era persino piacevole perché l’aria era più fresca rispetto alla torrida afa che predominava all’esterno.

Un altro colpo di tosse, più violento del primo. Ax si portò una mano alla bocca e quando la ritirò era rossa.

- Ma tu…
- Andiamo! Prima saremo fuori… - Si interruppe per tossire. - … Prima tutto questo finirà.

Lyn sospirò e lo prese sottobraccio per aiutarlo ad avanzare, ma lui rifiutò il suo aiuto.

Il ragazzo sentiva i polmoni bruciare terribilmente. Sapeva perfettamente che se la polvere tossica delle rocce fosse riuscita a erodergli i bronchi o a perforargli i polmoni per lui sarebbe stata la fine, così come era successo a molti altri temerari ora ridotti a cumuli di ossa o teschi spasi qua e la per il pavimento della grotta.

Se prima c’era un’atmosfera tranquilla ora stava diventando grottesca, ma non poteva permettersi di mollare: non avevano neanche cominciato a cercare lo Shiriano o il Mezzosangue e lui già stava per morire?! No, non sarebbe morto quel giorno.

Questi e altri pensieri affollavano la mente della guardia, che strinse i pugni e avanzò ancora, faticosamente, una mano alla bocca. Fu costretto a fermarsi quando venne scosso da un violento attacco di tosse e si sentì l’aria mancare e la testa girare.

Le sensazioni gli arrivavano ovattate e sembrava come immerso in un denso liquido accogliente, che lo attirava verso il fondo.

- Ax! Ax! Stai bene?! – Chiese subito Lyn, che non l’aveva perso di vista neanche un secondo.

Il ragazzo non rispose e lei portò il suo braccio sulle proprie spalle e incitandolo con piccoli sussurri riprese a camminare, nel buio più completo, guidata solo da una flebile luce che si intravedeva al fondo del tunnel.

- Avanti, Ax! Non puoi mollare ora… Guarda, lì c’è l’uscita… - Sussurrò.

I suoi piedi, però, erano di tutt’altra morale e non volevano saperne di andare alla massima velocità, forse perché sapevano perfettamente che se il ragazzo fosse morto lì, Lyn sarebbe stata di nuovo libera. L’orgoglio della ragazza, però, puntualizzava che era una questione di lealtà e onore: avevano fatto un patto e ora lei doveva rispettarlo.

Man mano che si avvicinavano all’uscita che effettivamente si scorgeva al fondo della grotta buia, Ax si riprendeva e i colpi di tosse divennero sempre più radi e meno forti.

A una decina di metri dall’uscita Lyn udì un sibilo.

Si fermò improvvisamente e depose con mal grazia Ax a terra.

- Cosa c’è? – Chiese lui debolmente.
- Ho sentito qualcosa. – Rispose in fretta lei, serissima.

Sguainò in fretta la katana e si guardò intorno, scrutando l’oscurità con occhi vigili, senza però vedere nulla.

Il buio era così denso che sembrava di poterlo tagliare, nonostante l’uscita non fosse così lontana e la luce della luna desertica filtrasse dall’imboccatura della grotta.

Con un ultimo rapido sguardo la ragazza ripose l’arma nel fodero e non appena le sue dita lasciarono l’impugnatura della spada una creatura si avventò su di lei.

Lyn agì d’impulso e si riparò con il braccio, avvertendo subito un dolore lancinante.

Con orrore si squadrò l’avambraccio e vide chiaramente, nonostante il buio, che un orripilante essere simile a uno scorpione, ma lungo due braccia e alto altrettanto, vi aveva infilato il proprio pungiglione e ora lo ritirava, facendolo schioccare e agitandolo con un sibilo acuto.

Dove era stata punta la pelle era stata strappata e un’ampia porzione sanguinolenta della sua carne era visibile. La ferita dai bordi slabbrati che pendevano, molli, ai lati del braccio, sanguinava copiosamente e al di sotto dello strato di muscoli artificiali si intravedeva il suo esoscheletro, nerastro e con venature blu continuamente scosse da impulsi elettrici. I chip che componevano il suo braccio lampeggiavano, rossi, segno che era stato inflitto un danno a un arto.

Sospirò lanciando un’occhiata ad Ax, che la fissava il suo braccio in silenzio, e estrasse fulminea la katana, mentre il suo chip cerebrale annunciava con una vocetta metallica che il processo di ricostruzione dei tessuti stava per iniziare.

In pochi decisi movimenti decapitò lo scorpione gigante, che cadde a terra, inerte, mentre la coda ancora tremolava.

Il silenzio calò nuovamente tra di loro.

Il braccio di Lyn lentamente si ricostruì davanti agli occhi di Ax, che vide la ferita rimarginarsi e il tessuto epidermico ricrescere spontaneamente.

Processo di guarigione completato. Le funzioni vitali sono di nuovo al 100%” Annunciò senza emozione la voce nel cervello robotico di Lyn.

La ragazza dava le spalle ad Ax e aveva gli occhi chiusi, timorosa della sua reazione. Sentì il ragazzo, che nel frattempo si era ripreso a sufficienza, alzarsi e sussurrare:
- Tu sei un cyborg.
- Ascolta, io… - Iniziò lei, ma quando si girò ammutolì, vedendo lo sguardo furente di lui, i pugni frementi stretti lungo i fianchi.
- Tu sei un cyborg! Un cazzo di robot! – Ringhiò. – Ecco perchè non soffri minimamente l'aria tossica di questa grotta! Ecco come hai fatto ad incontrare lo Shiriano! Sei un cyborg e quindi vivi più a lungo di qualsiasi essere umano! Per chi lavori, eh? – Sibilò.

Lyn lo guardò, smarrita, indietreggiando.

- Non fingere di non capire! – Sbraitò. – So perfettamente quali sono le tue intenzioni: o lavori per qualcuno e vuoi screditarmi denunciando a tutti le mie aspirazioni rivoluzionarie o sei un ribelle particolarmente bravo ad uccidere e vuoi andare dallo Shiriano per i tuoi sporchi motivi personali!

Ax si sentiva tradito e deluso da se stesso, perché non era riuscito a capire che quel cyborg gli stesse nascondendo la sua vera natura e perché, ovviamente, ormai era convinto che gliel’avesse nascosta per scopi tutt’altro che nobili.

- Cosa stai dicendo?! – Lo guardò incredula Lyn. – Non è vero!
- Il nostro patto finisce qui! Ti ammazzo!

Il ragazzo sguainò subito il pesante spadone che portava legato dietro la schiena e si avventò contro la ragazza, che schivò senza difficoltà l’attacco impulsivo e scoordinato e estrasse nuovamente la katana.

- Non ti conviene batterti con me ora. – Disse semplicemente lei. – Ascoltami, invece.
- Fuori discussione! – E si avventò nuovamente contro la ragazza.

Lei si limitò ad evitare i suoi attacchi e volteggiarono insieme in quella danza mortale mentre Lyn tentava di spiegare le sue ragioni:
- Io non sono un cyborg normale. Sono un esperimento condotto dagli Shiriani e dagli umani e successivamente liberato perché riuscito. Ho una coscienza come voi, percepisco il dolore, la felicità, l’amore esattamente come voi. – Calcò le ultime parole, schivando un affondo del ragazzo. – Non lavoro per nessuno. L’unica cosa che mi differenzia dagli umani è la struttura corporea: ho percezioni migliori e la possibilità di rigenerarmi oltre al fatto che, come hai detto, la mia vita è più lunga di quella umana. Non ho intenzione di tradirti o l’avrei già fatto. – Concluse, infilando la punta della lama tra l’impugnatura della spada di Ax e la sua mano e facendo volare lontano l’arma del ragazzo.

Ansimante, Lyn depose anche la sua arma e fissò Ax in silenzio, in attesa della sua reazione.

Lui la fronteggiò con sguardo fiero, ricambiando il suo sguardo con decisione e dopo alcuni interminabili secondi si avvicinò lentamente, il volto privo di espressione.

- Provamelo. – Disse, deciso.

Lyn alzò gli occhi al cielo e si arrotolò una manica, mostrando il logo del Governo e degli Shiriani, intrecciati in un simbolo di pace.

Ax non proferì parola e riprese ad avvicinarsi.
Giunto a una decina di centimetri dal volto di lei prese un respiro profondo e le sferrò uno schiaffo potente.

Lyn se lo aspettava e chiuse gli occhi prima che la mano di lui picchiasse con violenza la sua guancia. Non si oppose né reagì, però, perché sapeva che i cyborg non erano ben visti e riconosceva che la sua stessa esistenza era difficile da accettare, soprattutto perché il rispetto tra umani e robot era pericolosamente in bilico a causa della guerra civile silenziosa in corso.

- Ricordati… - Sibilò Ax a pochi centimetri dal suo volto, afferrandole con violenza un polso e infilandolo in un piccolo anello d’acciaio. - … Che tu sei mia prigioniera, ora e sempre, fino a nuovo ordine, chiaro?
- Si. – Rispose semplicemente Lyn, il volto impassibile.

L’anello che aveva al polso era un tracciatore di posizione a batteria, impossibile da disabilitare se non con un codice conosciuto solo da chi lo imponeva.

- E ora in marcia. – Ordinò Ax, ogni traccia dello strafottente ragazzo che Lyn aveva conosciuto per qualche ora scomparsa. – Ci accamperemo immediatamente fuori dalla grotta per dormire un po’ e alle prime luci dell’alba partiremo per la Torre. Io faccio il primo turno di guardia. – Concluse seccamente.

Uscirono all’aria aperta e la calda aria del deserto sferzò il volto di Lyn, scompigliandole una ciocca di capelli. La luna rischiarava il cielo con la sua brillante luce, ma l’atmosfera era silenziosa. In lontananza si scorgevano i campi base militari dell’esercito, impegnati nelle ronde notturne.

- Dormi, finché puoi. – Le ordinò Ax con disprezzo, indicando un giaciglio che aveva preparato in pochi secondi stendendo un materasso portatile da campo sulla nuda sabbia. Per un attimo la vecchia luce strafottente rianimò gli occhi del ragazzo: - E non osare lamentarti per la suite che ti ho preparato! – Ma fu solo un attimo e gli occhi di Ax tornarono bui immediatamente dopo.

Senza replicare Lyn si stese sul giaciglio riponendo le armi a fianco a sé e chiuse gli occhi, addormentando immediatamente, pensando a quanto ci avrebbe messo Ax a tornare quello di prima.

 

 

- CIAMBELLANGOLO -
Eeee andiamo avanti :3
Grandi rivelazioni su Lyn in questo capitolo (neanche tanto..). Spero vi sia piaciuto e mi scuso per gli eventuali (si spera) errori, ma sto pubblicando leggermente di fretta eheh,
un saluto,
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 08. Preghiere ***


Anno Beta-072

08. Preghiere

 

Stava pregando.

Era una cosa che non faceva mai, perché la sua metà cyborg sapeva che la Religione era solamente un’illusione umana, ma la sua metà umanoide pensava che credere in qualcosa di superiore fosse confortante. 

Stava pregando, perciò.

Quando Ax l’aveva svegliata per il suo turno di guardia quasi non ci credeva: il ragazzo aveva un’aria distrutta, segno che aveva sorvegliato l’area circostante per molte più ore di quelle stabilite e questo significava solo una cosa, ossia che non si fidava di lei. Alla fine, costretto dalla stanchezza, l’aveva svegliata solo per legarle l’anello di una catena di titanio al polso per poi chiudere con uno schiocco l’altra estremità del filo al proprio braccio, fissandola sprezzante.

Lei non aveva emesso un suono e il più distante possibile, catena permettendo, da lui che si era addormentato immediatamente.

Le ore passavano lente e intorno a lei l’aria era immobile.

Erano sbucati a qualche centinaio di metri dalle mura d’acciaio e si erano subito nascosti dietro un ammasso di rocce; solo pochi chilometri li separavano dalla Torre.

Pregava invocando gli dei umani di qualsiasi religione le venisse in mente e chiedendo benedizioni per la loro missione e per Ax, che potesse dominare la rabbia e l’odio per quello che era – ripensando a quegli occhi carichi di disprezzo sentiva ancora delle leggere fitte di dolore – focalizzandosi sulla missione. 
Canticchiava le melodie che conosceva a mezza voce, mentre folate di vento più freddo le davano attimi di sollievo per poi subito svanire, sostituite dall’afa e dall’aria torrida.

Ad un tratto una lucina arancione lampeggiò ai margini del suo campo visivo e una scritta balzò improvvisamente di fronte ai suoi occhi, proiettata sul suo display oculare:

“Chiamata in entrata da Utente XC094D”

Rispose, esitante, sapendo che poche persone avevano connessioni così potenti da riuscire ad agganciarsi alla scarsa elettricità che transitava per quella zona.

Fece un rapido gesto con la mano in aria e una finestra si aprì davanti a sé, come proiettata a mezz’aria rivelando un uomo di colore sui cinquant’anni con un occhio bionico che risplendeva di luce rossastra ruotando su se stesso. Indossava una tunica viola con due bande bianche a righe dorate che gli cingevano le spalle, quasi come una veste sacra.

- Salve Lyn-7.

Lyn sussultò: sentirsi chiamare con il suo vecchio nome da cyborg faceva sempre uno strano, spiacevole effetto.

- Salve Maestro. – Perché era proprio uno dei Maestri dell’Organizzazione per la Tutela dei Cyborg quello con cui stava parlando.

L’Organizzazione era un organo semiclandestino non riconosciuto dal governo, ma che di fatto si appoggiava ad esso per determinate operazioni, che si occupava di proteggere i cyborg dai frequenti attacchi di robot e umani, che ovviamente volevano disfarsi della loro razza impura. Quando si verificava un attacco l’OTC interveniva con risarcimenti e vendette armante, il che la rendeva un’organizzazione militare estremamente potente e pericolosa.

- Desidero sapere la tua posizione, grazie. – Sorrise amabilmente il Maestro.
- L-La mia posizione? Per quale motivo? – Indagò perplessa Lyn.
- Controlli di routine. Non riceviamo il segnale del tuo cervello bionico da qualche tempo e rileviamo un segnale molto debole a meno di cento chilometri di distanza dalla Torre, che come saprai sicuramente ha un potente campo magnetico intorno a sé che rende inutilizzabili quasi tutti gli apparecchi elettrici. Confermi?
- Confermo. – Annuì Lyn semplicemente, rimanendo impassibile e sussurrando.

Lo schermò glitchò. Il segnale era profondamente disturbato.

- Ci sono delle interferenze piuttosto consistenti… - Osservò il Maestro. – A quale distanza ti trovi dalla Torre?
- Sotto i cinquanta chilometri. – Sussurrò Lyn a testa bassa, provando una bruciante vergogna.
- Ah si? – Lo sguardo del Maestro si fece attento. – Come mai?
- Devo visitare alcuni soldati degli accampamenti qua vicini per consegnare loro dei messaggi clandestini. – Inventò Lyn sul momento, pregando di essere credibile.
- Sei da sola? 
- No. Ax, guarda del palazzo di Rilah. 
- Lyn! – La guardia sussultò. – Devi fare molta attenzione, perché lui…

Il cyborg non fece in tempo a sentire perché avrebbe dovuto fare attenzione ad Ax, perché la comunicazione saltò definitivamente e la triste scritta “Comunicazione interrotta. Recupero…” occupò lo schermo divenuto improvvisamente grigio scuro.

Un senso di inquietudine scese su Lyn: cosa stava per dirle?

Poco importava, perché il suo turno di guardia era ormai finito ed era sicura che Ax si sarebbe arrabbiato se non l’avesse svegliato immediatamente.

-

Ax non amava i turni di guardia, anzi.

Li riteneva noiosi e inutili e non gli piaceva dover stare fermo ore e ore a fissare il buio, dato che non succedeva mai nulla di interessante.

Anche quando era al servizio di Rilah odiava dover fare i turni da sentinella, perché rimaneva solo con i suoi pensieri e non amava l’inattività.

Quella notte tutti i suoi pensieri gravitavano verso di lei. Verso quella cosa.

Quella sottospecie di cyborg che gli aveva nascosto la sua vera, ignobile, natura.

C’era tante motivazioni per odiare i cyborg – il solo pensare a quegli scheletri metallici ricoperti di uno strato di pelle e tessuti sintetici e umanoidi gli faceva ribrezzo – e in quel tempo più che mai si andavano rafforzando: erano dei reietti, degli esclusi dalla società, bollati come Mezzosangue e inadatti a qualsiasi tipo di lavoro. Troppo forti per i classici lavori umani, troppo deboli per i lavori adatti ai robot. Erano degli esclusi che venivano assoldati per i compiti peggiori quali omicidi, furti o spionaggio e Lyn era l’esempio vivente che nemmeno lei era riuscita a sfuggire a quel destino.

La cyborg gli aveva detto di essere un esperimento segreto per creare delle macchine perfette con le migliori qualità dei robot e degli umani, ma evidentemente era successo qualcosa che l’aveva distolta da questo alto obiettivo – pensò con amarezza. Magari era stata scartata perché inadatta o forse era scappata e aveva firmato la sua condanna a una vita di fughe e nascondigli sempre diversi.

In ogni caso lui disprezzava i cyborg: non ci si poteva fidare di quelle creature con una coscienza ridicolosamente umana e quel corpo di metallo che tristemente gli ricordava da dove erano venuti. Aborti artificiali.

Scosse la testa con vigore, gli occhi animati del più sincero disprezzo.

Ad un tratto sentì un fruscio alla sua destra, proveniente da dietro una duna.

Si voltò di scatto in quella direzione, estraendo all’istante la pistola elettrica e scrutando il buio.

Mosse qualche passo esitante in quella direzione deglutendo per l’ansia. Un secondo fruscio serpeggiò nell’aria.

Alzò la pistola con sguardo deciso, mettendosi in una posizione stabile con i piedi ben piantati a terra.

Mise un colpo in canna con un leggero schiocco, ma non fece in tempo a posare la mano sul grilletto che uno scorpione ancora più grande di quello che avevano già avuto il piacere di incontrare sgusciò fuori dalla sabbia e si avventò su di lui, gettandosi addosso al corpo del ragazzo con tutto il suo peso.

Ax ruzzolò a terra e rotolò insieme al corpo del grosso rettile, scivolando a destra e a sinistra per evitare le fauci affilate e il pungiglione velenoso che si agitava e sembrava godesse di vita propria. Il ragazzo gli sparò con un urlo un caricatore intero dritto in mezzo ai denti, ma lo scorpione incassò i colpi e indietreggiò solo di mezzo metro.

Il ragazzo si alzò in fretta e si avventò su di lui estraendo una piccola spada affilatissima e tentando di strappare un arto dal corpo nerastro della creatura.

Saltò e scansò colpi mortali, ma non riuscì ad avvicinarsi e ben presto si stancò, mentre lo scorpione sembrava non perdere mai le energie.  Proprio quando stava per saltare sulla schiena dello scorpione con la spada levata a mezz’aria quello con un movimento fulmineo estrasse una seconda coda dalla sabbia e la scagliò contro la guardia, facendolo cadere a terra e grugnendo di vittoria.

Ax mugolò di dolore quando batté la testa contro la sabbia e sentì la pelle del suo braccio lacerarsi. Lo scorpione era una visione terribile: due code che serpeggiavano in aria silenziose, fauci dalle quali colava bava biancastra e un corpo nero indistinguibile nella notte. La creatura si avvicinava lentamente e Ax si preparò al colpo mortale osservando uno dei due pungiglioni che si alzava, pronto a ucciderlo.

Chiuse gli occhi sentendo lo spostamento d’aria che preannunciava l’arrivo del colpo mortale, ma fu costretto a riaprirlo quando sentì un violento sciocco seguito da un ringhio feroce della bestia.

Lyn stava in piedi a pochi passi da lui, con la spada stretta tra le due mani che aveva inesorabilmente bloccato la corsa del pungiglione dello scorpione, il quale era evidente non se lo aspettasse e per questo non aveva ancora reagito. Non ci mise molto a sollevare anche l’altro, ma combattere con Lyn era un’altra storia: lei aveva spesso avuto a che fare con creature come quelle nel corso dei suoi anni di addestramento e riuscì a salire sulla schiena della creatura senza subire troppi danni ad eccezione di qualche graffio. Quando si issò sulla testa dello scorpione puntò la spada al cielo e con un ghigno e un gesto fulmineo la ruotò improvvisamente verso il basso per poi conficcarla in profondità dentro il corpo della creatura, che fu come se avesse perso energia, perché si immobilizzò subito e si accasciò a terra in pochi secondi.

Lyn scivolò giù dalla creatura e estrasse con un gesto teatrale le sue spade dalla testa della bestia che avevano bucato da parte a parte.

Ax osservò la schiena e il profilo di Lyn, che aveva accuratamente evitato di guardarlo, ma si stava riavviando verso il suo giaciglio silenziosamente com’era venuta.

Ax si alzò di scatto e la seguì per poi afferrare le manette che la ragazza era riuscita a fondere con una scarica elettrica emessa dal suo polso meccanico e sibilare:
- Fatti legare, cyborg.

Lyn si voltò di scatto e lo fissò, furente: quello era il ringraziamento per averlo salvato?! Lei avrebbe potuto continuare a dormire e uccidere lo scorpione solo dopo la morte di Ax e così sarebbe stata di nuovo libera, ma non l’aveva fatto: un po’ perché non avrebbe smesso di essere ricercata e anzi, sarebbe stata collegata al cadavere di Ax, e un po’ perché non era il tipo da sacrificare una vita innocente senza un valido motivo.

- Questo è il ringraziamento per averti salvato la vita?! – Sibilò di rimando Lyn, fissando Ax negli occhi.
- Non parlarmi così! Nessuno ha richiesto il tuo intervento! – Alzò la voce Ax.
- Ah no? Quindi avrei dovuto lasciarti morire? – Lyn era furibonda.
- Non sarei morto. Se volevi metterti in mostra potevi aspettare un’altra occasione. – La provocò volutamente.
- Cosa?! – La voce di Lyn era ridotta ad un sussurro, gli occhi mandavano lampi. – Che tu sia maledetto. Il nostro accordo finisce qui.

Ax spalancò gli occhi di rabbia e perplessità e si avvicinò in fretta a Lyn alzando la mano per mollarle un altro schiaffo, ma la ragazza se lo aspettava e non era ancora stata ammanettata, quindi spinse violentemente Ax a terra e lo bloccò con il suo peso:
- Eh no, mio caro. Stavolta no. – Lyn ghignò brevemente. – Si, sono un cyborg e forse sarò anche un membro della feccia della società, ma ti ho salvato la vita e mi devi un favore. Si può sapere cosa ti ho fatto per farmi odiare così tanto?! Non dirmi che sei uno di quegli stupidi dagli insulti pregiudizi razzisti… - Lo squadrò e vedendo che non accennava a rispondere si spostò, permettendogli di alzarsi e tirandosi in piedi a sua volta. – Ascoltami bene, ti accompagnerò dallo Shiriano perché desidero vederlo, ma non ho più alcun interesse a continuare la missione con uno stupido ottuso che attribuisce a noi cyborg colpe che non ci appartengono e…
- Colpe che non vi appartengono?! – Ax sbottò. – Voi avete la colpa di tutto!
- Ma cosa stai dicendo?! – Urlò Lyn.
- Mio padre è morto per colpa vostra, attaccato da un plotone di cyborg! – Sputò fuori Ax senza riuscire a contenersi.
- Oh… - La rabbia di Lyn sbollì istantaneamente. - … Non lo sapevo…
- Ovvio: voi non sapete mai nulla delle vostre colpe. – Sibilò Ax.
- Neanche voi delle vostre. – Replicò Lyn, nuovamente irritata. – Non potete dire che le rivolte dei cyborg siano nate spontaneamente, perché erano perseguitati…
- “Erano”? Tu dov’eri? – La provocò di nuovo Ax.
- Quindi è questo il problema? Quello che sono? Perché non sono un umano né un robot, ma sono un cyborg particolare? Perché non sono niente? Si da il caso che questo “Niente” ti abbia appena salvato la vita! – Sibilò Lyn. – Non ti facevo così stupido. – Si ammanettò da sola e si stese sul pagliericcio, girando le spalle ad Ax e meditando la propria fuga.

-

Aveva deciso di fuggire nel cuore della notte, niente le importava più.

Lo salvava e quello era il ringraziamento?! Benissimo: se ne sarebbe andata senza attendere oltre.

Le conseguenze erano gravi e lo sapeva, ma dopotutto aveva vissuto da fuggitiva tutta la vita e continuare non sarebbe stato più difficile di quanto già non fosse, giusto?

La catena che aveva al polso era della migliore qualità, ma Ax chiaramente non era preparato a dover imprigionare un cyborg e le scariche elettriche che lei poteva convogliare da ogni parte del suo corpo erano sufficientemente intense da poter surriscaldare e ammorbidire il metallo.

Ghignò quando l’anello della catena si staccò dal suo polso e cadde lentamente fino a terra, producendo un piccolo sibilo. Ax si mosse leggermente, profondamente addormentato e Lyn poteva giurare che ci avrebbe messo poco a svegliarsi, visto il suo addestramento militare.

Senza attendere oltre si incamminò velocemente verso l’uscita della grotta, ma una mano sudaticcia le afferrò la caviglia. Lei trasalì e guardò in basso, scorgendo la mano di Ax stretta intorno alla sua pelle mentre il ragazzo era ancora sdraiato sul suo giaciglio e la guardava:
- Dove credi di andare? – Chiese, senza traccia di disprezzo o scherno nella voce.
- Via di qua. – Sospirò mentre ammetteva quello che aveva intenzione di fare: le bugie le avrebbe riservate ad altre occasioni.
- Vuoi davvero vivere da fuggitiva tutta la vita? 
- Lo sono già. – Lyn abbassò la testa, provando a divincolarsi. – Non hai bisogno di me, quindi lasciami andare.
- Hai promesso che mi avresti accompagnato dallo Shiriano. – La voce di Ax era calma e tranquilla e lo sguardo sveglio, ma privo di quel disgusto che lo aveva animato fino alla fine del loro precedente dialogo. 
- Be’, non lo farò. – Lyn provò a sottrarsi con più forza alla presa del ragazzo, ma egli scosse lentamente la testa. La ragazza sospirò. – Non costringermi a tramortirti. 
- Non costringermi a inchiodarti al suolo. – Ghignò Ax, gli occhi carichi di quella strafottenza che li aveva sempre animati, ma solo per un attimo. – Siediti. Per favore.

Lyn sussultò all’udire quella preghiera e al sentire quello sguardo implorante su di sé e si sedette senza esitazione, per poi osservarlo in silenzio.

- Lyn, ascoltami… - La cyborg trasalì, ma lo sguardo di Ax era tremendamente serio. - … Perdonami.  Sono stato uno stupido. Non voglio che tu te ne vada, perché ho bisogno di te per completare la mia missione.
- Hai bisogno di me per trovare Thora? – Lyn spalancò gli occhi, incapace di trattenersi. Ax la fissò a lungo e la ragazza scosse la testa. – Avanti, lo sappiamo entrambi che potresti farcela da solo: ti servo per qualche altro motivo… - Poi ghignò. - … Comunque non importa, le scuse sono sufficienti a patto che tu non mi ammanetti mai più!
- Lyn, ascoltami. – Ax era sempre serio, così Lyn tacque. – Hai ragione: ho un secondo fine. Come ti ho detto mio padre venne ucciso da un cyborg perché si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato… Mio padre era il direttore della fabbrica di armamenti distrutta qualche anno fa e sicuramente te lo ricordi: fu un disastro e più di cento persone persero la vita. Mio padre non avrebbe dovuto essere lì in quel momento e invece era andato per controllare uno speciale carico da spedire in Asia… 
- Mi dispiace. – Sussurrò Lyn.
- Ho bisogno di te perché tu conosci lo Shiriano, ma ora che so che sei un cyborg mi sei ancora più essenziale: tu puoi connetterti con la memoria di quella creatura e scoprire dove si trova ora. – Ax fissò Lyn con una luce decisa negli occhi, una luce inquietante e confortante al tempo stesso. Una luce indissolubile. – Io devo ucciderlo. Non posso permettere che muoia nell’imminente guerra tra robot, umani e cyborg. Devo ucciderlo. 
- Perché covi così vendetta? – Chiese Lyn incapace di trattenersi.

L’Ax che aveva davanti, l’umano che le stava seduto di fronte, costituiva una situazione nuova per lei, che mai si era confidata con un essere umano prima d’allora. Il suo istinto umano agì per lei e appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo che si era seduto sul suo pagliericcio. Ax trasalì e abbozzò un sorriso immediatamente dopo:
- Dopo aver ucciso mio padre ha devastato il nostro villaggio e se sono entrato alle dipende di Rilah è solo perché mia madre era stata condotta alla pazzia dopo la tragedia e non era più in grado di mantenerci… Io devo ucciderlo. Ti ho raccontato tutto questo perché voglio che tu ti fidi di me: mi dispiace sinceramente per come ti ho trattato, ma quando ho scoperto che eri un cyborg e che mi avevi mentito il ricordo di quel periodo è tornato prorompente nella mia mente. Perdonami.

Lyn sorrise e annuì mentre Ax ricambiava il gesto e sigillavano la loro promessa di fiducia con un reciproco sguardo d’intesa.

- E comunque la prossima volta che sei in pericolo non ti aspettare che ti salvi! – Rise Lyn.
- Non ce ne sarà mai bisogno come non ce n’era questa volta: mi stavo per salvare da solo! – Ridacchiò Ax. – Qual è la tua storia, Angelo?

Lyn trasalì. Già, qual era la sua storia? Si ricordava ben poco del suo passato, ma ogni volta che provava a ricucire gli sprazzi di memoria che le arrivavano dal suo subconscio lancinanti fitte di dolore le sconquassavano la testa.

Ax dovette accorgersi del suo sguardo sofferente, perché spalancò gli occhi e si affrettò ad aggiungere:
- Non importa.

Lyn abbozzò un sorriso:
- Ora che si fa?
- Direi che possiamo incamminarci, visto che siamo tutti e due allegri e pimpanti! – Ridacchiò Ax. – Non sei ansiosa di incontrare lo Shiriano?
- Ci puoi giurare. – Sorrise Lyn di rimando e cominciò a prepararsi.

 

 - CIAMBELLANGOLO -
Aggiornamento velocissimo :3
Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo!
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it recentemente aggiunta una recensione di un libro fantascientifico *-*

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 09. Assedio ***


Anno Beta-072

09. Assedio

 

Poche ore di marcia ed erano arrivati ai piedi della Torre. Vista dal basso la costruzione era ancora più imponente, con quelle lastre di pietra levigata che svettavano verso il cielo e la basa tozza e scura.

- Bene, madamigella, come facciamo ad entrare? – Chiese perplesso Ax stando con la schiena addossata alla fredda pietra della Torre, mimetizzandosi con essa.
- Be’, quando ci sono andata l’ultima volta non era chiusa… - Sussurrò Lyn, sapendo quale sarebbe stata la reazione di Ax.
- E’ stato più di cinquanta anni fa… - Ax strinse gli occhi, squadrandola. – Quanti anni hai?
- Io… Non lo so con certezza. – Ammise Lyn.
- Ah… - L’antico disprezzo tornò per un attimo negli occhi del ragazzo, che però si riprese subito e le sorrise. - … Non importa. Dobbiamo trovare un modo per entrare qua dentro…

Lyn venne sopraffatta dai ricordi dell’ultima volta in cui era stata lì: una fila di persone vestite a festa che si accingeva ad entrare in quel luogo sacro, quei pass colorati in mano con i link alle pagine di spiegazione sulla fondazione della Torre e sulla società degli Shiriani, le guardie che sorridevano a tutti i cyborg presenti e li guardavano invitandoli pacatamente ad avanzare…

- Credo che dipenda da dei pass. – Dichiarò Lyn guardando Ax. – L’ultima volta che siamo venuti qui in visita avevamo dei pass che ci hanno permesso di entrare.
- Come ne troviamo due? – Chiese subito Ax, pratico.

Lyn assunse un’aria pensosa e aprì la finestra di ricerca browser sul suo schermo oculare. Mosse rapidamente le dita in aria e digitò qualche semplice parola chiave.

Ax la osservava, rapito da quei movimenti sicuri, ma apparentemente sconclusionati e folli e dalla sfumatura azzurrina che avevano assunto i suoi occhi indovinò cosa stesse facendo e attese in silenzio.

Quando Lyn fece ricadere le braccia ai lati del corpo, il ragazzo chiese:
- Allora?
- Ci sono ancora versioni del pass online, ne ho appena scaricata una sul mio database e possiamo provare a vedere se funziona.

Ax annuì e sorrise a Lyn osservandola mentre si avvicinava alla Torre per poi alzare una mano. La pelle del suo dito indice si ritirò rivelando un guscio di cavi elettrici nerastri percorsi da lampi di luce verde, rossa e azzurrina e un lettore di impronte digitali e dati sulla punta del polpastrello. La ragazza, lentamente, appoggiò il dito alla parete della Torre.

La costruzione reagì istantaneamente e la superficie della Torre reagì come se fosse stata d’acqua e Lyn vi avesse appena immerso il dito: propagandosi in onde concentriche che diventavano sempre più lievi.

Ax spalancò la bocca in un’espressione di autentico stupore e ghignò spontaneamente.

Lyn si girò a guardarlo e gli fece cenno di avanzare, sorridendo, per poi immergere il braccio nella superficie liquida scaturita dal suo dito. Immediatamente una sensazione di freddo pervase il suo braccio, ma durò qualche secondo appena, poi sentì un leggero soffio d’aria sulla sua mano, dall’altra parte.

- A quanto pare il pass funziona ancora! – Esclamò felice.

Ax sorrise a sua volta e immerse anch’egli il braccio nella parete, per poi passare dall’altra parte. Lyn lo seguì pochi secondi dopo, guardandosi intorno un’ultima volta.

Attraversare la parete fu come fare una doccia gelata che però non lascia nessuna traccia d’umidità sui vestiti o sui capelli, perché i due ragazzi erano perfettamente asciutti, ma infreddoliti.

L’interno era completamente di vetro opaco, con pannelli che si rincorrevano da una parte all’altra creando disegni caleidoscopici o riflessi inquietanti. Il soffitto era piuttosto basso e c’erano delle scale a chiocciola che salivano dal centro della Torre fino al soffitto, a quanto sembrava dal piano terra nel quale si trovavano i due. Per il resto era completamente vuota.

- Non era così. – Dichiarò Lyn, preoccupata.
- E’ normale che sia cambiata: tu cosa faresti se sapessi che là fuori c’è qualcuno che vuole ucciderti? Io mi difenderei meglio che posso e ho l’impressione che queste scale non portino a dei prati fioriti con margherite e mughetti a pois… - Dichiarò sarcastico Ax.
- Molto spiritoso. – Alzò gli occhi al cielo Lyn. – Andiamo?

Mosse un piede sul pavimento di pietra e sospirò: l’ultima volta che era entrata nella Torre era un’unica struttura di pietra levigata e vetro trasparente dal soffitto così alto che a malapena si scorgeva e al centro della sala circolare spoglia di qualsiasi arredamento, stava lo Shiriano, che riceveva a turno i pellegrini in visita, scambiava qualche parola con ciascuno di loro e poi o pronunciava ad alta voce preghiere in una lingua sconosciuta o, più raramente, consegnava qualche oggetto misterioso. Lei aveva ricevuto una piccola collana fatta di pietre perfettamente ovali di diverse tonalità di grigio che a quanto diceva lo Shiriano serviva ad infondere coraggio, a portare fortuna e a meglio incanalare l’energia sprigionata dal suo corpo bionico.

Ax la seguì sguainando le pistole, pronto a tutto.

Salirono la stretta scala immacolata, di liscia e lucida pietra al pari delle pareti, e arrivarono dopo una ventina di gradini ad una sala identica a quella da cui erano partiti, con le pareti di vetro opaco dalla leggerissima sfumatura violetta. Al centro della sala un gigantesco drone stava adagiato elegantemente sul pavimento, addormentato. Era formato da un gigantesco bulbo di un materiale plastico, opaco e pastoso al tatto che racchiudeva una miriade di lucine rossastre che si illuminavano debolmente a intermittenza. Il bulbo, inoltre, sembrava gonfiarsi e sgonfiarsi, come se stesse respirando. Intorno al corpo si spandeva, quasi come la corolla di un fiore, una miriade di tentacoli metallici striati da luci rosse spente.

- Okay, che si fa? – Sussurrò Ax indicando con un secco gesto della testa il drone.
- Non lo so… Guarda! – Sussurrò Lyn indicando le scale intorno al quale il drone era avviluppato. – Non possiamo aggirarlo!
- Questo l’avevo visto anche io… Quindi che si fa? – Ax corrugò le sopracciglia. – Io lo distraggo e poi scappiamo più veloci che possiamo?
- Silenzio. – Disse una voce profonda.

Lyn e Ax trasalirono e si scambiarono una veloce occhiata prima di voltarsi lentamente verso il drone, che ovviamente si era svegliato e ora aleggiava aggraziatamente sopra di loro. I tentacoli si erano accesi e mandavano bagliori lucenti e sul bulbo biancastro erano spuntati due occhi bionici privi di espressione.
- Chi siete voi? – Chiese il drone con voce profonda.
- Io mi chiamo Ax… - Rispose il ragazzo dopo un attimo di esitazione. - … Sono venuto per consultare lo Shiriano, dimora qui?
- Chi sei tu? – Il drone si rivolse a Lyn con una fluida rotazione della testa.
- Io sono Lyn, cyborg.
- Si, mi ricordo di te. Sei già venuta in questa Torre. – Dichiarò il drone con tranquillità. – Cosa cerchi qui?
- Anch’io sono venuta per consultare lo Shiriano. – Rispose con un sussurro Lyn.
- Perché?
- Ehm… - Rispose Ax. - … Dobbiamo sapere dove possiamo trovare alcune persone e riteniamo possa saperlo.
- Leggo un secondo fine meno nobile nella tua voce, giovane ragazzo. Non mentirmi. – La voce del drone si fece improvvisamente severa. – Anche se lo Shiriano abitasse ancora qui non posso permettervi di proseguire. La vendetta non è accettata in questa dimora.
- Aspetta, non vive più qui?! – Chiese incredulo il ragazzo.
- Forse si, forse no. – Il drone si riadagiò aggraziatamente a terra e con voce severa dichiarò. – Andatevene, le vostre motivazioni non sono nobili.
- Non puoi mandarci via! Facci almeno parlare con lo Shiriano! – Gridò deciso Ax.

Il drone, però, non rispose e rimase chiuso nel suo silenzio mentre Lyn e Ax si squadravano.

- Cosa facciamo? – Chiese Lyn ad Ax.
- Non abbiamo il permesso di passare, ma… - Ghignò. - … Non vuol dire che io lo rispetti. Deve ancora nascere il drone in grado di fermare il sottoscritto!

Con un ghigno sfoderò pistole, ne tenne una nella mano destra e una nella sinistra e cominciò ad avanzare. Lyn osservò il suo corpo tonico in tensione, le sue mani strette sul calcio delle pistole nere, le gambe leggermente divaricate mentre avanzava, un passetto dopo l’altro.  Quel ragazzo aveva una personalità tutta sua e persino in una situazione come quella riusciva a sembrare sicuro di sé.

- Non fare un altro passo. – Il drone si riattivò in pochi istanti, sollevandosi dal suolo ad altissima velocità e parandosi di fronte ad Ax.
- Ah si? E chi me lo impedirà? Tu, forse? – Ghignò strafottente Ax.
- Non fare un altro passo. – Ripeté il drone. – O sarò costretto ad ucciderti. – Concluse impassibile.
- Aspettavo che lo dicessi… - Ghignò Ax con fare esibizionista e si mise a correre verso la porta.

Il drone aveva tempi di reazione più rapidi di quelli dei due ragazzi e in pochi secondi afferrò Ax con due dei suoi tentacoli e lo scaraventò dall’altra parte della stanza. Il ragazzo sbatté violentemente contro la parete e mugolò di dolore mentre si accasciava a terra.

Lyn si precipitò in suo soccorso e il drone si bloccò:
- Spostati, Lyn-7. – Disse con la sua calma voce robotica.

La ragazza guardò prima il drone poi Ax, che aveva gli occhi aperti e le sorrideva. Il ragazzo mimò con le labbra la parola “Vai!” e ghignò, un lampo di furbizia negli occhi. Lyn capì e sguainò le sue due amate spade dai foderi agganciati sulla schiena.
Si voltò e sorrise amabilmente al drone prima di stringere la presa sulle else delle spade e lanciarsi contro di lui. Schivò tutti i colpi e affondò più volte le spade nei tentacoli del drone, ma sembravano impossibili da scalfire.

Il drone riuscì a farle perdere l’equilibrio e a farla cadere, ma in un attimo schivò l’attacco di un tentacolo e si rialzò per preparare nuovi e più decisi affondi. Saltò e schivò, mentre Ax si rialzava.

Combatterono insieme, in perfetta sincronia, parando e affondando, fino a quando si ritrovarono a fianco, sudati e ansimanti, mentre il drone era a pochi metri da loro e li fronteggiava.

- Così non funziona… Dobbiamo elaborare una strategia! – Dichiarò Ax.
- Però! Non ci sarei mai arrivata da sola. – Ironizzò Lyn mentre schiavava un tentacolo e si girava verso Ax nello stesso momento in cui lui sparava qualche colpo ad un altro prolungamento del drone per voltarsi verso la ragazza. Ora erano faccia a faccia, le armi sguainate.

- Ti sembra il momento di fare dell’ironia?! – Ghignò Ax, evidentemente divertito. – Abbiamo giocato abbastanza, ora è il momento di mettere fine a tutto questo, non ti pare?
- Sono d’accordo. Quando ti dico di saltare, salta, okay? – Ghignò Lyn e si voltò per andare ad affrontare il drone, nello stesso momento in cui Ax sgranava gli occhi e biascicava un poco convinto “Aspetta, cosa…?”.

Lyn volteggiò intorno ai tentacoli senza mai farsi colpire e stringendone uno tra le sue due spade, per poi tagliarlo. Il drone emise un gemito metallico e un fastidioso ronzio di ingranaggi e tornò all’attacco più ferocemente di prima, ma ormai l’intelligenza da cyborg di Lyn aveva elaborato lo schema di combattimento del robot: qualche affondo di qui, un altro di li, colpo di tentacolo da dietro e così via. C’era però una falla nel sistema, ovviamente: dopo il quarto violento affondo c’era qualche secondo di immobilità in cui il drone indietreggiava brevemente per ritrovare l’equilibrio e quella era la loro occasione.

Aspettò il momento buono e afferrò Ax per il braccio, stringendolo nella sua morsa con la sua inumana forza da cyborg.

- Salta! E vedi di non sprecare questa occasione! – Urlò e Ax saltò.

Proprio mentre stava per arrivare un nuovo affondo del drone Ax saltò e Lyn usò la sua forza per dargli la spinta necessaria a fare un volo di qualche metro, facendolo volare all’altezza del drone. Il drone reagì come Lyn aveva previsto all’attacco, ossia puntando tutti i tuoi tentacoli verso Ax per cercare di colpirlo mentre era in volo, ma la prontezza del ragazzo agì per lui.
Afferrò un tentacolo che lo graffiò in diversi punti delle gambe, del torace e delle mani e si issò rapidamente sfruttando le insenature delle luci come appigli, per spostarsi mentre gli altri tentacoli del drone provavano ad arpionarlo. Risalì il tentacolo penzolando nell’aria, aiutandosi esclusivamente con la forza delle gambe e delle braccia. Giunse al globo biancastro e affondò le sue mani nel rivestimento pastoso e morbido del drone, per poi puntare la canna della pistola dritta in mezzo agli occhi e sparare tutti i colpi che aveva in canna.

Il drone cadde a terra con un tonfo sgraziato e Ax estrasse brevemente il coltello e squarciò la membrana biancastra per poi scollegare i cavi del motore del drone, per evitare che si autoriparasse e tornasse all’attacco. Poi tirò un sospiro di sollievo e si voltò verso Lyn:
- E allora? – Chiese con un ghigno strafottente dipinto sulla faccia. – Niente male, no?
- Direi di no. – Lyn si rimirò il braccio con cui l’aveva lanciato. – Queste vecchie braccia sanno ancora il fatto loro!
- Ehi, parlavo di me e della mia smisurata bravura! – Ghignò lui.
- Andiamo, “smisurata bravura”. – Lyn alzò gli occhi al cielo e gli tirò uno scherzoso pugno sulla spalla, dirigendosi verso le scale.

Dando le spalle ad Ax sentì uno strano rossore sulle guance, una strana sensazione come d’imbarazzo e calore pervaderla.

Salirono le lunghissime scale che si inerpicavano verso l’alto in fretta, a piccoli e leggerissimi passi. Erano entrambi agitati, perché sapevano, sentivano, che non sarebbe stata l’ultima difficoltà.

Il piano superiore era in tutto e per tutto identico a quello sottostante, ma le pareti avevano una leggera sfumatura blu anziché viola e al centro sonnecchiava un gigantesco ragno metallico, con otto zampe di liscio acciaio nero striato da venature blu elettrico e il corpo perfettamente sferico anch’esso nero e blu.

Ax alzò gli occhi al cielo:
- Quanti ce ne saranno prima della cima?
- Non saprei, ma non possiamo affrontarli tutti… - Sussurrò Lyn. - … Richiederebbe troppo tempo e soprattutto rischieremmo di morire ad ogni piano, senza contare che potrebbero essere centinaia… Che facciamo?
- Non lo so. – Ammise Ax e si guardò intorno.

Mosse qualche passo verso il ragno che subito si attivò e squadrò i nuovi arrivati:
- Chi siete voi? – Chiese con lo stesso tono autoritario del drone precedente, stiracchiandosi meccanicamente sulle sue zampe.
- Ax, soldato venuto per consultare lo Shiriano.
- Lyn, cyborg venuta per consultare lo Shiriano. – Ripeté meccanicamente Lyn, stringendo le mani sull’elsa di una delle sue spade.
- Deduco che abbiate sconfitto il drone del piano di sotto… Sbaglio o vi ha detto che lo Shiriano non abita più qui? – Chiese il drone con voce apatica, ma scegliendo parole quasi “umane”.
- Si, ce l’ha detto. – Annuì Ax.
- Dunque perché siete ancora qui?
- Non gli crediamo e nel caso fosse davvero andato via almeno potremmo trovare tracce del suo passaggio in questa Torre, magari per rintracciarlo…
- Cosa vi spinge a cercare il mio Creatore?
- Dobbiamo consultarlo per sapere dove si trova una persona. – Rispose Lyn, poi aggiunse in fretta. – Quanti droni ci sono prima della cima?
- Che lingua rapida, Lyn-7. – Commentò brevemente il drone. – Io sono l’ultimo. Avete mandato in corto circuito il drone al piano di sotto, immagino… Giusto?

Ax lanciò un’occhiata di avvertimento a Lyn, ma la cyborg aveva già aperto bocca:
- Si.

Calò un fastidioso silenzio e il ragno meccanico emise qualche ronzio di ingranaggi e si adagiò nuovamente a Terra:
- Ditemi, cosa vi spinge a fare questo viaggio insieme e chi state cercando?
- In realtà… - Ax lanciò un’occhiata fulminea a Lyn, poi abbassò lo sguardo e proseguì. - … In realtà l’ho costretta a venire con me come mia prigioniera. – Il ragno non ebbe la minima reazione: attendeva. – Io sto cercando un Mezzosangue, l’ultimo.
- Missione ardua, direi. Molti ci hanno provato, ma quasi nessuno ce l’ha fatta… Ma non è solo questo, dico bene?
- No… - Ax rispose con un sussurro, a testa bassa. – In effetti io… Be’, vorrei vendicarmi di una persona e spero che lo Shiriano mi dica dove si trova o che Lyn… - Indicò la cyborg. - … Si connetta alla sua smisurata conoscenza per capire dove sia ora…
- Vendetta, dunque. – Il ragno annuì e alzò leggermente la testa verso il cielo mentre i suoi occhi diventavano azzurri.

Lyn intuì immediatamente cosa stava facendo: stava comunicando con qualcuno o qualcosa o stava facendo una ricerca in rete, e dubitava fosse la seconda. Lanciò un’occhiata ad Ax, che era rimasto a testa bassa e si fissava i piedi, chiaramente imbarazzato.
Attesero qualche secondo che parvero a entrambi ore intere, poi gli occhi piccoli e neri del ragno tornarono del loro colore originario e fissò i due ragazzi per qualche istante:
- Mi dispiace, non sono autorizzato a farvi passare. – E si alzò in fretta, dirigendosi a grandi passi verso di loro.
- C-Come? – Biascicò Lyn indietreggiando insieme al ragazzo.
- Mi è stato ordinato di non farvi accedere al piano di sopra, dovrò uccidervi ora perché non raccontiate quello che avete visto. Questo luogo deve rimanere isolato. – Lo sguardo del ragno era apatico, la voce atona.
- No… - Sussurrò Lyn, implorante, ma un’occhiata ad Ax bastò a farla tornare in sé: il ragazzo era deciso a passare a tutti i costi e aveva già sfoderato le pistole.

In fretta la cyborg balzò di lato avventandosi su una delle gambe del ragno mentre Ax sparava proiettili dritti sul volto della creatura.

Le zampe del ragno, però, erano di puro metallo estremamente resistente e ben presto Lyn si rese conto che i suoi colpi non avevano effetto. Ax si avventò contro il ragno, che lo afferrò tra due delle sue zampe e lo scaraventò contro la parete. La creatura era decisamente più forte del drone al piano di sotto.

Lyn corse in soccorso di Ax, ma il ragno riuscì ad afferrarla e a imprigionarle il braccio tra due tenaglie, stringendo sempre più forte. La cyborg sentì gli occhi inumidirsi e il cervello impazzire mentre sul suo visore comparivano segnali rossi intermittenti con grandi messaggi di pericolo; il dolore, infine, si diffondeva lento, quasi come un mantra, nel suo corpo a partire dal braccio da cui iniziava a sgorgare dell’autentico sangue artificiale. Alla fine svenne, incapace di restare cosciente mentre la parte sinistra del suo corpo lentamente si spegneva.

Infine, il suo braccio cedette e si staccò dal suo alloggiamento nell’articolazione della spalla della ragazza, che – momentaneamente tornata in sé – urlò e si morse il labbro mentre il dolore esplodeva nella sua testa.

Ax strinse i denti e la spinse via venendo scaraventato nuovamente contro la parete. Decise che la loro unica possibilità era fuggire e così provò a fare: si caricò Lyn in spalla mentre correva verso le scale, un po’ trascinandola e un po’ sollevandola da terra, imprecando contro ogni Dio che conosceva.

Il ragno lo afferrò per la gamba e lo fece ruzzolare a terra, mentre Lyn veniva scossa dagli spasmi e riprendeva improvvisamente conoscenza. Stringendo i denti la cyborg si alzò, corse a prendere la spada che le era caduta a terra e assestò un colpo con tutta la restante forza che aveva alla zampa del ragno che stringeva la gamba di Ax. La creatura lasciò la presa per l’impatto e Ax si tirò in piedi in fretta nonostante il lancinante dolore alla gamba, per poi afferrare Lyn per la vita e trascinarla con sé su per le scale, mentre il ragno ruggiva e si dimenava, infilando le sue zampe nello stretto corridoio, troppo piccolo per un essere di tali dimensioni.

Si accasciarono entrambi, ansimanti, sui gradini mentre il ragno ancora tentava di raggiungerli con le punte delle zampe affilate. Lyn svenne nuovamente e Ax continuò a sospirare pesantemente sdraiato per metà sulle sue gambe. Dopo pochi secondi, però, realizzò che ben presto il ragno avrebbe trovato un altro modo di tirarli fuori di lì e ucciderli, quindi dovevano approfittare del momento e spostarsi.

Scosse Lyn per svegliarla e lei rispose debolmente aprendo un occhio e biascicando parole confuse. Ax squadrò la sua profonda ferita e l’incavo della spalla da cui pendevano dei cavi elettrici inerti e che era colorato del rosso del suo sangue, realizzando che sarebbe morta entro breve. Se la caricò in spalla e incurante del dolore salì le scale, gradino dopo gradino.

Il pensiero che avrebbe perso la sua compagna di viaggio ancora prima di iniziare la loro vera avventura gli lasciava l’amaro in bocca, ma forse non era solo quello, forse c’era anche un dispiacere più umano, più profondo e sincero…

La sala che lo aspettava era diversa dalle altre: con il soffitto altissimo, interamente fatta di pietra scura, grigia, che creava disegni geometrici e corridoi in mezzo al vuoto. Non era arredata e delle grandi finestre invisibili dall’esterno la illuminavano da fuori. Lungo le pareti dei grandi pilastri di granito sorreggevano una cupola spigolosa sul soffitto, fatta di pietra scura che sembrava estremamente antica.

Spalancò la bocca di sincero stupore.

- Uh, siete ridotti male… Però vi avevo detto che non poteva accedere a questo piano… - Sussurrò una voce sibilante alle sue spalle, gioviale e profonda, vecchia e giovane insieme.

Poi sentì qualcosa abbattersi violentemente sulla sua nuca e tutto divenne nero.

 

- CIAMBELLANGOLO -
Ehilà, quanto tempo… Eccoci qui con un nuovo capitolo :3
Nel prossimo conosceremo lo Shiriano? Chi lo sa…
Lasciatemi una recensione, se vi va c:
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 10. Contratto ***


Anno Beta-072

10. Contratto

 

La creatura che si parava di fronte ad Ax era imponente: alta due metri e simile a un gorilla per la postura, con gli arti meccanici sproporzionati – le braccia era più lunghe delle gambe, tozze e corte - ricoperti di una pellicola ruvida e trasparente dalla vaga sfumatura azzurrina sotto alla quale si vedevano i numerosi ingranaggi grigi e lucenti che lo componevano. La testa era allungata, con grandi occhi interamente neri ai lati del volto, una cresta di peli irti e neri che correva sulla schiena e una bocca piena di denti d’acciaio affilati con una lunga lingua nera che si agitava al suo interno. Degli spessi cavi correvano dalla testa alla schiena.

Ax, che aveva ripreso conoscenza rapidamente, era rimasto immobile al suo posto mentre vedeva il corpo di Lyn cadere a terra, svenuta per il dolore al braccio, e lo Shiriano si era voltato nella sua direzione dopo aver scrutato la cyborg per qualche secondo e averla voltata lentamente a faccia in giù con le sue mani meccaniche dalla forma vagamente umanoide, ma con lunghi artigli.

- Cosa le vuoi fare?! – Chiese subito Ax, agitato.
- Oh, assolutamente nulla. – La voce della creatura era melodiosa, ammaliante e profonda. Parlava direttamente all’anima. – La riporterò fuori dalla Torre e lì la lascerò… Con te.
- Me?
- Si. – Annuì la creatura scrutandolo con i suoi occhi interamente neri e parlando gentilmente e con calma, come se stesse spiegando delle cose semplicissime ad un bambino. – Gli umani non sono i benvenuti qui.
- Ma… - Provò Ax, passando in posizione d’attacco: allargando le gambe per darsi maggiore stabilità e impugnano le sue pistole.
- Niente “ma”. Sia chiaro: non vi farò andare via in queste condizione e la tua amica qui riavrà il suo braccio, ma… Dovete andarvene.
- Chi sei tu? – Chiese sospettoso Ax.
- Poco importa. Quello che conta, ora, è aiutare la tua amica, ma prima di tutto devi addormentarti anche tu, per così dire… - E si lanciò contro la guardia.

Correva proprio come un gigantesco gorilla, aiutandosi con le braccia. Ogni passo della creatura sembrava scuotere l’edificio da cima a fondo.

Ax sospirò brevemente prima di schivare gli attacchi della creatura. Era un essere diverso da qualsiasi avesse mai visto, infinitamente più forte e dotato di un’intelligenza militare fuori dal comune.

- Cosa sei tu? – Chiese Ax correndo lontano dalla creatura, sapendo di non avere speranze di batterla.
- Io? – La creatura si fermò un attimo, evidentemente sorpresa, poi spiegò pazientemente. – Io sono uno Shiriano. O almeno quello che ne rimaneva.
- C-Cosa? – Ax era rimasto stupito: lui era lo Shiriano? Quella creatura?! Molte volte erano stati proiettati in televisione e mai gli era parso di vederne uno anche solo somigliante all’essere che aveva di fronte.
- Sorpreso? Be’, diciamo che noi Shiriani possediamo diverse forme corporee e possono cambiare indipendentemente da noi a seconda delle nostre emozioni o desideri più reconditi. Quella che tu hai davanti agli occhi, però, è la mia forma base, neutra da qualsiasi emozione, momentaneamente cancellate per lasciare spazio alla tecnica militare.
- Perché “quello che ne rimaneva”? – Indagò Ax.
- Te l’ho detto: la mia forma base non prova emozioni ed è così da tanto tempo ormai. – Lo Shiriano si immobilizzò e sembrò distratto, come se stesse fissando l’infinito e non Ax. Il suo sguardo vagò sul ragazzo senza fermarsi ed egli ebbe la conferma che non stava fissando lui, ma che era perso nei suoi ricordi. – Troppe cose orribili hanno visto questi occhi, troppo dolore ha provato il mio vecchio cuore e pian piano la mia forma base ha sostituito le altre che ormai non uso da tantissimo tempo… Gli umani, stolti e ignoranti, hanno sterminato il mio popolo e… - Improvvisamente si riscosse e fissò Ax tristemente. – Mi dispiace, ma devo chiederti di farti tramortire per poi farti scortare fuori da qui.
- No. – Ax era deciso a non mollare: un’ultima occhiata a Lyn, stesa per terra e grondante di sangue, e passò all’attacco avendo bene in mente le parole dello Shiriano, che l’avevano definitivamente convinto a non mollare proprio in quel momento.

Schivò gli attacchi della creatura, saltò e parò e atterrò sulla schiena dello Shiriano che, colto alla sprovvista, ondeggiò pericolosamente cercando di disarcionarlo. Dalla schiena della creatura spuntarono degli aghi affilatissimi che lacerarono la carne di Ax e lo fecero cadere mentre urlava di dolore. Il ragazzo urlò per le ferite, per la rabbia e con quell’urlo animalesco si inginocchiò, non potendo alzarsi per il troppo dolore alle gambe, e sparò con precisione ai cavi sulla schiena dello Shiriano, svuotandogli il caricatore addosso.

Aveva mirato non ai cavi in sé, che immaginava fossero resistenti ai colpi di pistola, ma alle giunture tra il corpo e i fili elettrici, che dopo un intero caricatore di proiettili cedettero e saltarono.

Lo Shiriano inarcò immediatamente la schiena verso il cielo per poi cadere a terra rovinosamente mentre i suoi occhi da neri diventavano azzurri.

- Parte Autonoma disattivata. – Recitò una vocetta metallica che veniva indubbiamente dallo Shiriano, ma che non ricordava affatto quella con cui si era espresso fino ad allora.
- Ehm… - Ax indugiò, ansimante. Sapeva che gli Shiriani avevano questa particolarità: la loro parte autonoma poteva essere disattivata trasformandoli in esseri sottoposti alla volontà di qualcun altro. – Io mi chiamo Ax e sto cercando Thora, la Mezzosangue. Il suo ritorno potrebbe fermare la guerra, senza dubbio. Inoltre speravo potessi indicarmi dove si trova oggi una persona che non vedo da troppo tempo… - Concluse amaramente.
- Porre una domanda. – Incitò la voce metallica.
- Prima guariscici, per favore. – Chiese gentilmente Ax.
- Richiesta accordata. – Tranquillamente lo Shiriano prese per un braccio sia Ax sia Lyn e dalle sue mani si irradiò una luce azzurra che percorse i loro corpi soffermandosi sulle ferite.

Un calore riscaldò dall’interno i due ragazzi e Lyn si risvegliò dal suo coma, socchiudendo gli occhi e trasalendo immediatamente per la vicinanza dello Shiriano, cercando subito di liberarsi.

- No, Lyn. – Ax si sentiva lontano dal suo corpo, come se fluttuasse mentre lo Shiriano leniva le sue ferite. – Va tutto bene. Ora è dipendente da me.
- Hai disattivato la sua parte autonoma?! – Articolò con fatica Lyn, la bocca impastata.
- Si. Ho intenzione di riattivarla più tardi, ma prima dobbiamo farci dare le risposte necessarie.
- Ax. – Lo ammonì Lyn fissandolo negli occhi. – Non avresti dovuto farlo. Gli Shiriani sono creature sensibili e anche se ora non è autonomo non vuol dire che ci aiuterà. Non ha il controllo dei suoi movimenti, ma della propria mente si e potrebbe comunque darci delle informazioni errate. Devi liberarlo.

Lo Shiriano li lasciò andare con mal grazia  e si concentrò su Lyn facendo materializzare nel vuoto il suo braccio staccato e reinserendoglielo nell’articolazione della spalla senza battere ciglio, mentre la cyborg lo guardava, incredula.

- Ax… - Lei si voltò a fissarlo, gli occhi lucidi. - … Grazie.
- Ehm… Figurati… - Sussurrò lui, impacciato, poi si rivolse alla creatura. – Sei libero o torna autonomo o… Ehm… Non sei più sotto il mio controllo o roba del genere: hai capito insomma!

Lo Shiriano si riscosse in pochi secondi, i suoi occhi tornarono neri e ruggì di fastidio:
- Voi due, piccole canaglie! Vi ho detto che non siete i benvenuti e…
- Per favore. – Sussurrò Lyn implorandolo.
- Umm… - Lo Shiriano si concentrò sulla cyborg. – Ci siamo già incontrati io e te, dico bene?
- S-Si. Molti anni fa. – Ammise Lyn a testa bassa.
- Mi ricordo di te. – Lo Shiriano sorrise brevemente, poi tornò a concentrarsi su Ax. – Un combattimento breve, ma intenso, ragazzo mio. Hai detto che vuoi trovare Thora e un’altra persona, dico bene? Facciamo così: io ti darò le informazioni che cerchi, ma in cambio ho bisogno di qualcosa… Accetti?

Ax scambiò una veloce occhiata con Lyn, che annuì, sapendo quanto gli Shiriani adorassero stipulare dei patti o sottoscrivere dei contratti, e quindi fece segno che si, accettava.

Lo Shiriano si leccò brevemente le labbra e ghignò:
- Molto bene. Chi stai cercando? Il cyborg che uccise tuo padre? La causa di tutti i tuoi guai?

Ax trasalì. Sapeva che la conoscenza degli Shiriani era sconfinata, ma non immaginava fino a quel punto:
- Si. – Sussurrò.
- Come immaginavo… Dunque, mi spiace deluderti, ma è già rinchiuso in un carcere di massima sicurezza e verrà condannato a morte tra qualche mese per crimini di guerra, genocidio ecc. Dubito che avrai occasione di vendicarti di lui.

Ax crollò a terra.

L’obiettivo di tutti quegli anni, la ricerca ossessiva di informazioni e la determinazione a trovare quell’odiosa creatura erano stati vani. Tutto era stato inutile. La sua paura di trovarlo già morto o destinato a essere ucciso si era avverata e ogni sua speranza di vendicare la sua famiglia si era svanita. A meno che non riuscisse ad ucciderlo prima che venisse giustiziato.

- Che carcere?
- St. Hill. Sui Monti del Nord. – Rispose lo Shiriano, totalmente indifferente al turbine di emozioni che stava attraversando il giovane.

Lyn corse vicino ad Ax, si inginocchiò accanto a lui e gli mise un braccio intorno alle spalle:
- Ax, cosa vuoi fare? Penserai mica di andare fino là? Pensa a che priorità abbiamo, ti prego..
- Tu non capisci! – Rispose, frustrato, Ax. – Sono anni che io aspetto di scoprire dove si trova quel maledetto e ora scopro di avere una sola occasione per ucciderlo prima che qualcun altro mi tolga questo diritto! Non capisci… - Sussultò, tremando.
- Ti prego, devi lasciarlo andare… Abbiamo qualcosa di più importante di cui occuparci.
- Lo capisco. – Annuì Ax. – Ma non mi compete più. Non riuscirò ad ucciderlo, è ovvio ormai, quindi la mia vita non ha più senso.
- Si! Devi trovare Torah, non ricordi? – Lo implorò Lyn.
- No. Tu la troverai. – Sussurrò Ax. – Sei libera. Vai e vivi la tua vita. – Dichiarò infine.
- Abbiamo fatto un patto e non è così che lo infrangerai! – Ribattè rabbiosamente Lyn a voce più alta, scrollandolo per le spalle e afferrandolo per il colletto fino a fissarlo a pochi centimetri dalla sua faccia. – Hai capito?! Dobbiamo portare a termine questo compito insieme e solo allora io sarò libera. C’è il tuo onore in ballo. Come vuoi essere ricordato?! Come il capitano delle guardie che dopo aver versato qualche lacrimuccia perché non può soddisfare i suoi istinti omicidi libera la sua prigioniera e affoga la sua disperazione nell’alcol fino alla morte?! Eh?!

Lyn non sapeva perché stava dicendo tutto ciò: in fondo sarebbe stata liberata e avrebbe potuto dimenticare tutto quanto era successo, ma sentiva che era la cosa giusta da fare e forse, inconsciamente, non poteva permettersi di lasciar sprofondare quel ragazzo, il suo compagno di viaggio e oramai quasi amico.

Lo Shiriano scoppiò a ridere fragorosamente interrompendo la scena:
- Molto commovente. Avete altre domande?

Lyn squadrò Ax con due occhi di giacchio e sibilò:
- Io non ho altre domande, Ax?

Attimi di silenzio pervasero la stanza fino a quando il ragazzo alzò la testa di scatto e fissò lo Shiriano negli occhi:
- Dove si trova Thora? – Poi si rivolse a Lyn. – Hai ragione. Non posso mancare alla mia promessa perché ho giurato che il nostro accordo non sarebbe stato infranto da niente se non dall’adempimento dei nostri obiettivi e non è per colpa di quel miserabile che lo infrangerò. No, quel cyborg bastardo non riuscirà, di nuovo, a distruggere quello in cui credo e al momento credo in Thora.

Lyn esultò interiormente e un sorriso ebete le si dipinse in faccia.

- Bene bene… - Lo Shiriano ridacchiò. – Io non so dove si trovi Thora, ma so dove potrete scoprirlo: nella Quinta Zona, al Database della Vita.

Lyn e Ax sussultarono perché sapevano entrambi perfettamente cosa fosse la Quinta Zona: il loro mondo era stato sconvolto dalle guerre nucleari e per ciò la morfologia del terreno era cambiata. Il nuovo governo aveva diviso la Terra in quattro pricipali aree a seconda del clima che li si trovava e poi erano stati ridisegnati i confini degli stati e create nuove città e comunità. Le quattro zone, i moderni Continenti, erano congiunte in un’area neutrale, governata dalle più alte cariche politiche, sociali e religiose del mondo e protetta da un esercito internazionale; l’accesso a quell’area era strettamente vietato ai civili perché conteneva informazioni delicate sul genere umano e il Database della Vita, in cui erano schedati tutti gli esseri umani, le macchine e le creature animali esistenti sulla terra, nessuno escluso. Recentemente, però, l’area era stata presa d’assalto dai cyborg ribelli che ne avevano fatto la loro roccaforte, pur mantenendo il funzione il Database.

Logicamente le informazioni su Thora non potevano che essere lì.

- Non fate quelle facce! – Ridacchiò perfidamente lo Shiriano.

Lyn non si spiegava questo comportamento: quando era andata a trovarlo si ricordava una creatura bonacciona e gentile, chiacchierona e paziente che si divertiva a scherzare con gli umani e a condividere le sue immense conoscenze.

L’essere che aveva davanti aveva qualcosa di diverso, di strano e di malvagio.

- Veniamo a noi, però, dunque… Cosa potrei chiedervi in cambio di queste preziosissime informazioni e ovviamente della vostra incolumità? Umm… Ah! – Un lampo di perfidia gli illuminò il volto.

Fece qualche passo verso i due ragazzi e fissò Lyn in volto:
- Mia cara, sei un cyborg molto interessante e penso tu lo sappia, dico bene? Quindi in cambio di queste informazioni così delicate, be’… - Si girò improvvisamente verso Ax sorridendo, falsamente amabile. - … Mi sembra onesto chiedere qualcosa di pari valore, quindi il mio prezzo per le informazioni che vi ho dato è… La cyborg, qui, Lyn-7.

 

 

- CIAMBELLANGOLO -
Yep, sono tornata :3
Ecco qui un nuovo capitolo in cui finalmente conosciamo il tanto sospirato Shiriano, che però ha qualcosa di strano, nevvero? *faccina ammiccante*
Niente, spero vi piaccia :3
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 11. Entroterra ***


Anno Beta-072

11. Entroterra

 

Il silenzio che si era creato dopo che lo Shiriano aveva finito di parlare sembrava si potesse tagliare con un coltello.

- Ah ah! Bella battuta… - Ribattè Ax infrangendo il fastidioso silenzio che si era creato, ma senza alcuna ombra di risa sulle sue labbra. - … Seriamente, cosa vuoi?
- Hai capito perfettamente.
- E tu dovresti aver capito che è fuori discussione. – Sorrise amaramente Ax. – Chiedici qualcos’altro.
- Queste sono le mie condizioni, umano.

Lyn scosse la testa e guardò Ax, poi si lanciò in avanti ignorando il dolore che si propagava dalla sua spalla e saltò addosso allo Shiriano, che non si fece cogliere di sorpresa e tentò immediatamente di farla cadere arpionandola con le sue forti braccia. Lyn non si fece acciuffare e si aggrappò ai cavi che gli correvano sulla schiena per arrivare fino alla testa della creatura e mettersi a cavalcioni sul suo collo.

Ax corse più vicino alla creatura senza sapere cosa aspettarsi dalla cyborg.

Lyn sospirò profondamente e premette la sua fronte su quella della creatura sussurrando una cantilena in una lingua che Ax non conosceva. La cyborg sentì un gradevole calore irradiarsi dalla sua fronte e penetrare a fondo nello Shiriano fino a raggiungerne i circuiti. Gli occhi della creatura diventarono limpidi, di una chiara luce azzurra e Lyn si fece cadere a terra, esausta, mentre Ax accorreva al suo fianco.

- Cos’era quello?!

La cyborg non rispose, chiudendo gli occhi per la stanchezza.

Ax scosse Lyn per le spalle e la ragazza si riprese debolmente per indicare con insistenza lo Shiriano. La creatura era scossa da violenti spasmi e infine si accasciò a terra, per poi risvegliarsi con un brusco scatto e avvicinarsi ai due, sussurrando con una nuova voce gioviale e vivace:
- Immaginavo ne fossi capace, OA3887.
- Prego? – Chiese Ax, scettico.
- E’ il mio codice nel database della Vita. – Sussurrò Lyn sorridendo.
- Ehm… Solo io mi sono perso qualcosa? – Si guardò intorno Ax scettico, scrutando prima lo Shiriano con diffidenza e poi Lyn con preoccupazione.
- Vi devo delle scuse. – Iniziò lo Shiriano, affabile. – Quell’irresponsabile che vi ha attaccato è la mia forma difensiva, rimasta attiva per tutti questi anni. Quella che avete di fronte ora è la mia vera persona. – Ax sollevò le sopracciglia a sentire “persona” e rimase interdetto dalla tranquillità con cui lo Shiriano si spiegava.
- Quindi mi stai dicendo che sei stato per anni manipolato da una tua entità parallela fredda e assassina?
- Si. – Ridacchiò allegramente lo Shiriano rialzandosi. – La tua cara amica cyborg ha compiuto una cosa che è stata introdotta nei cyborg di ultima generazione e cioè la condivisione del proprio sistema nervoso con altre macchine. Questo è esattamente quello che ha fatto, con la piccola differenza che collegandosi al mio ha riattivato la mia parte… Servizievole, ecco.
- Tutto chiaro. – Annuì Ax stancamente senza voler indagare oltre sulla complessità del funzionamento di Lyn. La scrutò di sottecchi e vide che stava sorridendo, ancora stesa per terra, ma con gli occhi aperti.
- Permettetemi di presentarmi: mi chiamo Z-03 e sono uno degli Ultimi.
- Ultimi… Shiriani? – Chiese Ax.

Z-03 annuì e si avvicinò a Lyn. Ax si parò immediatamente davanti a lui sbarrandogli la strada, ma la cyborg gli mise un braccio rassicurante sulla gamba:
- E’ tutto a posto, Ax. Ora è con noi.
- “Con noi”? – Chiese lui, incredulo.
- Si, non ho più alcun interesse a farvi del male. Dove volete che vi porti? Alla Quinta Zona, dico bene?
- Si, dobbiamo trovare informazioni su Thora.
- Bene, dunque il vostro mondo è così composto…

Fece un gesto con la mano e una cartina tridimensionale semitrasparente comparve al centro della stanza mostrando la struttura del loro mondo. Era strutturato in quattro ampie isole circondate dall’oceano e unite al centro da una zona più piccola, di forma semicircolare, separata dalle altre da un profondo burrone oscuro e composta da una costruzione a cupola nera. Le quattro aree che da lì si diramavano erano contrassegnate con quattro diversi colori: bianco, verde, rosso e giallo.

- Il vostro mondo, come già saprete, è così strutturato: quattro aree diverse con climi diversi, come vedete qui, e la Quinta Zona, separata dalle altre aree dal Buio. Dobbiamo elaborare un piano e decidere dove passare per raggiungere il Buio, dopodiché dobbiamo superarlo e penetrare all’interno del database, cercare le informazioni che vi servono e andarcene. Logicamente la Quinta Zona è l’area più protetta della terra e come se non bastasse ora è anche una roccaforte dei ribelli.
- Facile insomma… - Sussurrò Ax, preoccupato. – Da che area passeremo per arrivarci?
- Dipende: ogni zona ha le sue difficoltà. I Ghiacci hanno ossigeno rarefatto e clima rigido, la Foresta è la zona più ampia e popolata, ma è coperta di pericolose foreste con animali selvaggi e accampamenti dei ribelli disseminati qua e là, il Deserto è ovviamente difficile da attraversare e scarseggia d’acqua, infine l’Entroterra è l’area dove si trova la maggior concentrazione di ribelli fra tutte ed è un’area abbastanza popolata e prevalentemente sopraelevata, nel senso che tutto quello che cresce lì non cresce a terra, perché il terreno è paludoso e fangoso.

Lyn si era alzata in piedi e si era messa a girare con impazienza intorno alla proiezione virtuale del loro mondo:
- Ogni area ha i suoi rischi e i suoi punti favorevoli. I Ghiacci, ad esempio, sono pressoché spopolati…
- … Ma difficili da attraversare così come il Deserto. – Continuò Ax. – Ecco, il Deserto penso sia quella che dobbiamo evitare a tutti i costi: è priva di alcun tipo di risorsa e noi non abbiamo tempo di procurarcele.
- Vi sconsiglio la Foresta, perché dopotutto siete ricercati ed è particolarmente insidiosa. La scelta tra i Ghiacci e l’Entroterra è vostra.

-

- Ricordami perché abbiamo scelto questa zona del cavolo… – Ansimò Lyn mentre scalavano un fungo gigante.
- Quando avremo l’imbarazzo della scelta per il cibo mi ringrazierai, vorrei vederti a pane e ghiacci per tutta la durata del viaggio. – Ridacchiò Ax. – E ancora non sappiamo come supereremo il Buio: almeno qui potremo studiare un piano senza rischiare di morire assiderati ogni tre ore.
- Il Buio non è un grosso problema. – Disse con voce allegra lo Shiriano scalando il fungo con velocità doppia rispetto ai due ragazzi e senza neanche accorgersi dello sforzo, a quanto pareva.
- Forse per te, ma ti ricordo che noi non siamo creature soprannaturali con poteri psichici e straordinaria forza fisica. – Sbuffò Ax piantando un coltello nello spesso gambo oleoso e tirandosi su facendo leva sulle gambe.
- Questo è vero. – Rise Z-03 di gusto. – “Creature soprannaturali con poteri psichici e straordinaria forza fisica”… Sai che mi sei simpatico, ragazzo?
- Io invece mi sto chiedendo perché non abbiamo lasciato te e il tuo umorismo fuori luogo in quella dannata Torre.
- Be’, non sareste mai usciti da lì vivi e inoltre vi servo per la Quinta…
- Si, taglia corto. Era ironico. – Ghignò Ax che era rimasto molto stupito di come lo Shiriano “servizievole” assomigliasse ad un essere umano a tutti gli effetti per comportamento e parlantina.
- Ragazzi, ci siamo. – Sussurrò Lyn che era ormai arrivata alla fine della scalata, dove il gambo si univa al cappello del fungo. – Quanto è alto quest’affare?!
- 103 metri e 47 centimetri dal suolo. – Rispose prontamente lo Shiriano dondolandosi a testa in giù sulle corte gambe e raggiungendo Lyn. Sembrava un bambino in un negozio di caramelle.
- Ti prego, smettila di dondolarti: mi dai la nausea. Da quanto tempo non uscivi da quella Torre?! No, aspetta, non dirmelo. – Sbuffò nuovamente Ax issandosi al fianco di Lyn. – Dobbiamo bucare il cappello di questo dannato fungo e issarci sulla sua superficie.
- Non possiamo: non sappiamo se ci sia qualcuno qui sopra e…
- Popolazione sulla superficie del fungo: 0,1%. Organismi viventi presenti: 2, batteri. Spessore del capello del fungo: 5,7 metri. – Sentenziò Z-03 senza smettere di dondolarsi. – Ragazzi, dovreste sfruttare di più le mie qualità: in fondo sono qui per aiutarvi.
- Già, che fortuna… - Alzò gli occhi al cielo Ax.

Lyn ridacchiò e afferrò una spada per poi infilzarla con violenza nel capello del fungo. Il cappello aveva una consistenza molliccia nello strato inferiore, quindi non oppose alcuna resistenza alla spada di Lyn, che riuscì a tagliarne una sezione più o meno circolare.

- E adesso, genio? Il tuo taglio sarà spesso un metro massimo. Come facciamo a salire di sopra?! – La squadrò Ax, infastidito.
- Z-03, ti dispiacerebbe… - Lyn indicò con un gesto della testa il buco da lei creato.
- Ma certamente. – Sorrise di gioia Z-03.

Mentre lo Shiriano si infilava nel buco e reggendosi con le sue forti braccia scavava nel fungo Ax guardò giù: tutto quello che riusciva a vedere era il gambo del fungo gigante che si snodava per metri e metri fino al suolo, lontanissimo, verdastro e marroncino. Non sapeva esattamente come, ma lo Shiriano li aveva materializzati in aria e loro erano precipitati vicino al gambo del fungo per diverse decine di metri prima di riuscire a reagire e a afferrare il gambo per poi iniziare a scalarlo. Quello Shiriano aveva qualcosa di particolare: era si gentile, così come si ricordava Lyn, però era anche stranamente vivace e spericolato, qualità che non aveva mai sentito in nessun’altro Shiriano.

- Lyn, sbaglio o questo qui ha qualcosa di strano? – Le sussurrò all’orecchio Ax.

Lyn rabbrividì al sentire le labbra del ragazzo sfiorarle la pelle nuda e tutti i sensori sottopelle impazzirono per qualche breve attimo:
- Si, decisamente. Penso sia molto giovane, anche perché altrimenti non si spiegherebbe tutta questa gioia di vivere, come se non avesse mai visitato il nostro mondo per intero… Lo Shiriano con cui avevo parlato io era lui, ma… Era diverso: più calmo, più tranquillo…
- Ehi, ho finito! – Esclamò vivacemente Z-03 sporgendosi dal cappello del fungo, lontano dai due ragazzi.
- Ottima idea, comunque, quella di far fare a lui. – Continuò a sussurrare Ax indugiando forse un secondo di troppo vicino all’orecchio di Lyn. Il ragazzo, poi, si spostò e si infilò nel buco scavato dallo Shiriano sbucando sulla superficie del fungo.

Lo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi gli fece spalancare la bocca di stupore: decine e decine di funghi giganti come quello si innalzavano da una leggera nebbia che prima non aveva notato e spandevano nel vuoto i loro larghi cappelli. Erano tutti rossastri con dei punti bianchi e la loro superficie era solida e molto resistente. In lontananza si scorgevano degli altri vegetali verdastri alti quanto i funghi, forse piante rampicanti, ma erano troppo lontani per riuscire a indentificarli. Il cielo era terso e azzurro.

- Nessuna copertura. – Sentenziò Lyn non appena fu salita sul fungo. – Che nemici ci saranno in questa area, a parte i ribelli?
- Forse insetti e altri animali che si nutrono di funghi e roba simile. – Scrollò le spalle Ax. – Non sono mai stato al di fuori della zona della Foresta se non per la Torre, quindi non ne ho idea.
- Neanche io ho viaggiato molto, figurati che non so neanche dove sono stata costruita di preciso... Penso nella Quinta Zona, ma altro non so… - Ammise Lyn tristemente e Ax si voltò a osservarla studiandone il profilo e senza sapere cosa dire.

Lyn sospirò e si voltò per dirigersi dallo Shiriano che stava già studiando il terreno:
- Dobbiamo procedere verso nord-ovest passando di fungo in fungo. So che non è una strada molto sicura, ma è la migliore ipotesi che abbiamo. La maggior parte degli accampamenti dei ribelli si trova al suolo, quindi dovremmo procedere ragionevolmente tranquilli. Ci vorranno tre giorni di marcia per arrivare nei pressi del Buio.

Lyn annuì e ripeté le parole dello Shiriano ad Ax che scrollò le spalle e si mise in marcia seguito dagli altri due.

Saltarono di fungo in fungo per tutto il giorno e Ax si sorprese di come calasse in fretta la notte e di quanto fosse buio lì, lontano da qualsiasi fonte di illuminazione artificiale.

- Neanche io ero mai uscita dalla zona della Foresta, comunque. – Gli disse Lyn avvicinandosi a lui, mentre camminavano a passo spedito seguendo lo Shiriano a pochi metri da loro.
- Avrei giurato che avessi visto il mondo per il tuo… Ehm… “Lavoro.” – Rispose Ax sorpreso da quella improvvisa confessione.
- Nient’affatto.
- Davvero non siete mai usciti dalla Foresta? – Si intromise Z-03. – Io, invece, ho viaggiato parecchio per il vostro mondo, ma in effetti non c’è molto da vedere… Oh, guardate, la vostra cena.
- Grazie per il parere non richiesto e… Cosa? – Ghignò Ax, poi intravide qualcosa muoversi sulla superficie del fungo a grande velocità e squadrò lo Shiriano con perplessità.
-  Quello è un millepiedi gigante. Penso dovreste catturarlo se volete mangiare qualcosa, anche perché dubito che riuscirete a catturarne un altro prima che sorga di nuovo il sole e…

Ax non sentì la fine della frase e scattò in avanti sguainando la pistola, seguito immediatamente da Lyn. Era facile seguire il millepiedi, anche se in penombra, perché era più lungo di qualsiasi altro insetto avessero mai visto e aveva due teste, una a ciascuna estremità del suo corpo.

- Lascia fare. – Ghignò Ax e continuò a correre fino ad arrivare a fianco al millepiedi che lanciò un verso acuto e scartò di lato verso il cappello del fungo, per poi iniziare a calarsi lungo il gambo.

- Non lasciare che scenda! – Gridò lo Shiriano da dietro di lui. – O non mangerete proprio nulla!

Ax prese la mira e fece fuoco: il proiettile si conficcò con precisione nella testa posteriore della creatura, che si accascio a terra incapace di muoversi. Ax si avvicinò e estrasse rapidamente un piccolo coltello per concludere il lavoro. Nonostante l’insetto lo ripugnasse lo afferrò per la testa priva di vita e accoltellò l’altra senza esitazione, facendo schizzare il sangue scuro. Poi si voltò e tornò da Lyn e Z-03 con aria trionfante.

Lyn lo guardò con ammirazione e gli regalò un sorriso che gli scaldò il cuore, poi fece rapidamente a fette l’animale e chiese allo Shiriano di abbrustolirlo per loro.

 

- CIAMBELLANGOLO -
Bentornati con questo capitolo così puramente narrativo e privo di eventi importanti (quanta autostima per il mio lavoro) *-*
Niente di che da dire, spero che vi piaccia e che vi faccia sorridere nel caso coglieste gli evidenti riferimenti a un cartone che adoravo quando ero piccola eheh
Grazie mille per la lettura,
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2822907