Terra dal lucente splendore

di Alex96_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


La giovane donna non riusciva ad accettare la desolazione che i suoi occhi incontravano. Quella che un tempo era stata una terra florida dalla vegetazione rigogliosa e verde, ora era una landa desolata e spoglia. Morta. Gli abitanti del Popolo Fatato erano fuggiti o deceduti, così come le streghe sue sorelle. Ed era tutta colpa sua.
Persino il fuoco che aveva sempre animato i suoi capelli ora sembrava sbiadito e fiacco di fronte all’orrido spettacolo del Nuovo Mondo. Stessa sorte era toccata al suo incarnato dall’aspetto secco e smorto. Ma il suo apparire non rientrava più nella gamma dei suoi interessi, non quando questioni di vita o di morte erano in gioco.
Con un lungo mantello a pesarle sulle spalle si era inoltrata sino a quello che lei definiva “territorio di confine”; ove un tempo di confini non ce n’erano stati, adesso una barriera invalicabile le impediva di raggiungere l’unica fonte di potere a lei accessibile. Questo però non la privava della possibilità di recarsi di fronte all’imponente quercia secolare, luogo sacro  e sorgente di saggezza e conoscenza. Si era lasciata cadere al suolo e aveva affondato i palmi nella terra ancora fresca e viva di fronte a lei, lieta di sentir vibrare nel terreno una fievole traccia di energia. Un sospiro sereno le aveva curvato le labbra e lei si era ritrovata a portare lo sguardo al cielo, le parole finalmente libere di uscire dalla sua bocca.
“O Dea, Madre Suprema, Signora della notte, davanti a te c’è il guscio vuoto di quella che un tempo era una tra le tue più devote servitrici, ora ridotta a una semplice umana priva di magia. Non ho diritto di invocare il tuo aiuto, dovresti punirmi anche solo per permettermi di pronunciare il tuo nome, ma in me scorre ancora il sangue delle Sibley, e io, Rhiannon, sono tua diretta discendente. La mia richiesta è una sola: lasciami parlare con la mia Signora Madre. Permetti allo spirito di Eileanoir Sibley di raggiungermi e conferisci potere alla sua voce in modo che possa parlarmi. Te ne prego.”
Un fruscio di vento le aveva calato il cappuccio dalla testa scoprendole il capo che aveva imparato a tenere nascosto il più possibile – non era prudente rivelare il suo volto negli ultimi tempi.
Oh, bambina mia.
Non poteva vederla, ma la sua mente aveva proiettato una perfetta immagine della donna che l’aveva cresciuta e riusciva a figurarsela come se fosse lì in piedi davanti a lei con i suoi capelli lunghi e rossi, gli occhi verdi sempre sorridenti, le sue labbra piccole e a cuore, il portamento regale e dignitoso.
“Madre.”
Un’ulteriore sferzata di vento l’aveva fatta sorridere, le sembrava quasi di percepire quelle dita affusolate così familiari sfiorarle il viso in un’amorevole carezza.
Rhian, la mia dolce bambina. Sei addolorata figlia mia e non so se posso lenire le tue sofferenze.
La sua voce era diventata meno incerta e si era caricata di una gravosità che sapeva avrebbe allertato maggiormente quella che un tempo era stata la sua genitrice.
“Dovete Madre. Questa terra sta morendo ed è mio compito portarla al suo originale splendore ma ho bisogno che voi mi diciate quello che devo fare.”
Poteva percepire il suono cristallino della risata di sua madre e questo la fece arrabbiare come mai prima.
“Non potete ridere di me Madre! Voi non siete qui, non sapete cosa vuol dire vedere il mondo che amavate scomparire giorno dopo giorno, essere traditi dalla persona che amavate di più in tutto il mondo, essere private della vostra magia!”
La magia non ti ha abbandonata Rhiannon o non saresti in grado di invocare la Dea a tuo piacimento. Le tue restrizioni sono legate al praticare incantesimi, nulla ti vieta di entrare in contatto con la vera essenza della tua magia.
“Ma la vera essenza della mia magia è legata alla stessa persona che me ne ha privata. Dite solo sciocchezze Madre e non siete di nessun aiuto!”
Una sferzata del vento più gelido che avesse mai sentito l’aveva fatta rotolare di qualche metro nel terreno polveroso e lei si era ritrovata a tossire mentre la voce austera della madre rimbombava nella sua mente.
Ora basta! Vuoi trovare soluzioni ai tuoi problemi Rhiannon? Torna alle origini. Scava nei ricordi e tieni a mente i valori che ti ho sempre insegnato. Riporta il lucente splendore nella terra della Grande Regina. Buona fortuna figlia mia, e che la Dea sia con te.
Così come la leggera brezza l’aveva avvolta, era scomparsa lasciando dietro di sé confusione e quesiti irrisolti. Ancora intorpidita si era risollevata in piedi e aveva ripreso il suo cammino verso la città incurante della polvere che si era depositata sul suo mantello e dell’intrico di foglie, polvere e sporcizia annodato dei suoi capelli. Aveva gettato un’ultima occhiata alla Grande Quercia, con sé la sensazione pressante di vedere le risposte attraverso una coltre di nubi.

 
***

“Sei riuscita a trovare una soluzione?”
La voce di Callum non aveva la sua caratteristica inflessione dolce e speranzosa, ma appariva carica di un’agitazione e una frenesia così completamente non caratteristiche per la sua persona. Da quando lo aveva conosciuto un piovoso giorno di tanti anni prima – era entrata bagnata fradicia nella taverna gestita da suoi genitori – le era apparso così solare e pieno d’energia positiva. Ma quello era prima che il mondo che conoscevano iniziasse a morire.
“No. Dov’è Saoirse?”
Non le era stato necessario voltarsi per avvertire l’odore naturale agli estratti di erbe dell’amica inebriarle i sensi, poi era comparsa nella panca di fronte a quella in cui lei e Callum sedevano nella taverna desolata.
“Proprio qui. Cos’ha detto tua madre?”
La mano di Callum era scattata sulla sua e una scarica d’adrenalina le aveva percorso il corpo come accadeva ogni qualvolta che lui la sfiorava.
“Hai parlato con tua madre? Come?”
Un mite sorriso le aveva incurvato le labbra e si era concessa di far arrivare il divertimento anche agli occhi, incerta se avrebbe potuto permettersi un altro momento così spensierato nel futuro prossimo.
“Sei un pessimo apprendista mago Callum. Non ti ho insegnato come comunicare con gli spiriti?”
Una ruga si era formata nel mezzo della fronte di colui che per un lungo periodo aveva ritenuto sarebbe stato il ragazzo con il quale avrebbe trascorso la sua vecchiaia insieme.
Ma questo era prima.
“Sì, Rhian. Mi hai insegnato l’invocazione e so che devi essere sulla terra consacrata dov’è sepolto il corpo della persona con la quale cerchi di entrare in contatto. So che più il vostro legame è stato forte, più è possibile che la Dea ti conceda di parlarle, ma come hai fatto a raggiungere tua madre? Non hai più poteri.”
Il sorriso giocoso si era spento in un frangente e aveva portato una maggiore distanza tra loro raddrizzando le spalle nel tentativo di spiegare un concetto basico a quello che probabilmente era il peggior apprendista nella storia della magia.
“Sono stata una servitrice della Dea per anni Call e sono una strega. Ero una strega”
La voce si era ridotta a un sussurro mentre costringeva se stessa a pronunciare quelle parole dolorose ma necessarie. Callum l’aveva guardata con un’aria dispiaciuta e aveva avuto la decenza di abbassare lo sguardo, al contrario di Saoirse che la fissava con quel suo sguardo sveglio e attento.
“Come hai oltrepassato le barriere difensive imposte da Gwendolyn? Lei e Eirwen le hanno messe intorno a tutti i luoghi sacri, soprattutto intorno alla Grande Quercia.”
Se c’era una qualità che aveva sempre apprezzato di Saoirse da quando la conosceva – oltre al suo coraggio che l’aveva portata ad essere una delle ultime fate nella ribellione – era il suo fine intuito legato a un’intelligenza già di suo rilevante.
“Non ho avuto bisogno di arrivare a toccare la Quercia, mia madre è stata sepolta ai suoi piedi e le barriere non raggiungono tutto il per perimetro del terreno al quale il suo spirito è legato.”
Un sorriso pregno d’orgoglio era spuntato sul volto di Callum che le aveva dato una leggera spallata e ne aveva approfittato per avvicinarsi nuovamente. Ora i loro corpi si sfioravano e lei era in grado di percepire il calore che lui emanava anche attraverso gli strati di vestiti.
“Bella pensata Rhian!”
Aveva avvertito le labbra incurvarsi senza il suo volere, ormai ogni parte di sé sembrava essere sottomessa a Callum e ai suoi modi ammalianti. Anche Saoirse doveva averlo notato perché aveva alzato gli occhi al cielo e l’aveva aggiornata sugli ultimi avvistamenti del Popolo Fatato: i giganti erano tutti emigrati a sud, così come la fauna della foresta composta dalle ninfe dei boschi, gli gnomi, i folletti e, ovviamente, le fate. Ne erano rimaste circa cinque o sei, amiche fedeli a Saoirse che non l’avrebbero mai abbandonata né tantomeno si sarebbero schierate dalla parte di Eirwen, una mezzosangue malvagia che era una delle principali cause della rovina della loro terra.
“Dicci qual è il piano. Tua madre ti avrà sicuramente aiutata a trovare un modo per sconfiggere Gwen.”
Era stata strappata dai suoi pensieri da quella domanda insidiosa per la quale non aveva una risposta. Ormai erano passati mesi da quando il male aveva prevalso nel loro reame e lei non sapeva come ristabilire l’ordine. Era consapevole del suo dovere essendo una delle ultime serve della Dea rimaste ancora in vita, ma senza i suoi poteri non aveva alcun modo per essere d’aiuto. Era senza speranze.
“Le parole di mia madre sono state molto criptiche, com’era suo solito. Torna alle origini. Scava nei ricordi e tieni a mente i valori che ti ho sempre insegnato. Riporta il lucente splendore nella terra della Grande Regina. E prima che tu me lo chieda no Call, non so cosa significa.”
Il ragazzo l’aveva studiata a lungo e se si concentrava poteva quasi udire lo stridio degli ingranaggi del suo cervello che lavorava a ritmo instancabile alla ricerca della chiave per decifrare le parole di quella che un tempo era stata una delle più grandi streghe mai esistite nella loro epoca.
“La risposta è nel tuo passato Rhian, è abbastanza chiaro. In fondo tu e Gwen avete condiviso un legame piuttosto insolito, ci deve essere qualcosa che vi lega ancora e potrebbe aiutarti a trovare l’arma per sconfiggerla.”
Erano bastate le parole del suo migliore amico per far sprofondare la sua mente in un una dimensione distante anni luce dalla taverna e da loro tre e dai problemi attuali del reame. Le uniche persone presenti erano lei e Gwendolyn.

 
***

Riusciva a vederle bambine mentre si rincorrevano nel grande prato davanti alla sua casa, riusciva a sentire le loro grida elettrizzate quando una delle due riusciva ad afferrare l’altra, poteva vedere chiaramente il prato verde scintillante per la rugiada, i fiori profumati e colorati sparsi in un ordine apparentemente casuale, le piante curative vicino alla casa dall’aspetto rustico ma accogliente dalla quale Eileanoir le guardava con attenzione. Era una proiezione così vivida nella sua mente da avere l’impressione che se avesse sporto solo un po’ la mano sarebbe riuscita davvero a prendere Gwen. Eppure lei non ci riusciva mai.


Ed eccole di nuovo: più grandi ma sempre ingenue e spensierate. Gwen era alle sue spalle e le stava intrecciando i capelli in un’acconciatura particolare che lei non avrebbe mai avuto la pazienza di realizzare. Sul suo volto aveva quell’espressione seria e concentrata che faceva sembrare la sua un’impresa degna di un eroe e la faceva sorridere ogni volta. Con le labbra ancora incurvate non poteva fare a meno di ammirarla attraverso il grande specchio della toletta dov’era seduta: con i capelli lunghi e rossi lasciati sciolti in morbide onde era davvero splendida.
Gwendolyn possedeva una di quelle bellezze fuori dal comune che non potevi evitare di notare; era sempre stata più alta e slanciata di lei, aveva gli occhi profondi di un verde smeraldo dall’intensità rara. I suoi lineamenti erano delicati e la pelle di seta, con una spruzzata di lentiggini sul volto a donarle un’innocenza che non le apparteneva propriamente visto il profondo acume che la caratterizzava. Ciò che però quel giorno l’aveva ammaliata di più della figura di Gwen era l’amuleto dalle intarsiature in oro che sembrava incastonato nel suo petto. Come se ci fosse sempre stato e le appartenesse. Gwen doveva averla notata perché le aveva sorriso in quel suo modo materno e gentile e le aveva lisciato i capelli con una mano, portando l’altra a sfiorare il pendente.
“Sai che lo indosserò soltanto per un periodo e poi tornerà a te. In questo talismano è racchiuso il potere della nostra magia, legato dal nostro sangue mischiato insieme. A meno che una di noi due decida di appropriarsene andando contro il volere della Dea, il suo potere ci permetterà di sfruttare al massimo la potenza della nostra magia e la potenzierà. E anche se dovesse succedere, ricordati che quello che ci unisce in primo luogo è altro: il sangue.”

 
***

Quelle erano le parole impresse nella sua mente e marchiate a fuoco nei recessi della sua memoria. E improvvisamente le era tutto infinitamente chiaro. Cristallino come l’acqua del ruscello vicino al quale era cresciuta.
“So cosa dobbiamo fare. Ho trovato la chiave per sconfiggere Gwen. So come sconfiggere la mia sorella gemella.”
Il tono usato era greve e si sentiva pervadere da brividi in tutto il corpo mentre il piano che non avrebbe mai pensato di sviluppare prendeva forma nella sua mente. Sapeva di aver catturato la massima attenzione dei suoi amici perché entrambi si erano voltati verso di lei appena aveva pronunciato quelle parole e Callum aveva perfino posato un mano sul suo avambraccio, probabilmente più sorpreso nell’averla sentita chiamare Gwen sua sorella che nella sua abilità di aver trovato una soluzione.
“Dicci qual è il piano Rhian. Faremo tutto ciò che possiamo per aiutarti.”
Lei aveva annuito lentamente e si era portata una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di farsi coraggio: sapeva che la sua idea era tutto fuorché perfetta, ma il sesto senso che non l’aveva abbandonata le suggeriva che avrebbe avuto successo.
“Va bene. Avrò bisogno del sangue di una serva della Terra e il tuo è quello che ci si avvicina maggiormente Call. Praticheremo un rituale e io prenderò possesso del talismano.”
“Cos’ha di speciale? Ho visto te e Gwen indossarlo per anni ma non mi avete mai spiegato la sua funzione, a me è sempre sembrato un semplice amuleto porta fortuna.”
Callum come sua abitudine l’aveva interrotta prima che lei avesse la possibilità di spiegarsi, ma ormai c’era talmente abituata da non stupirsi più; così aveva semplicemente continuato a parlare come se non fosse mai stata interrotta.
“Nella nostra famiglia è sempre stato tramandato questo talismano con incise le rune Eihwaz e Dagaz, simboli di difesa personale contro gli attacchi dal mondo esterno, di vittoria della luce sulle tenebre e fonte di coraggio e riuscita. Al compimento dei nostri quindici anni nostra madre ha eseguito il rituale per risvegliare il suo potere e legarlo a me e Gwen. Quando però lei ha deciso di cedere al fascino del male, ha cancellato la runa Dagaz permettendo al talismano di assumere la magia nera che stava praticando. Quel talismano però è ancora legato a me e posso ancora tornarne in possesso.”
Saoirse aveva soffocato una risata e l’aveva guardata con aria diffidente. Tale incertezza era evidente anche sul volto di Callum, ma il ragazzo era meno esplicito nella sua manifestazione di emozioni.
“E tu ritieni di essere in grado di avvicinarti a tua sorella anche con la presenza costante di Eirwen e di tutte le creature mostruose al loro servizio. Non sarà un’impresa facile, Rhian.”
Ne era perfettamente consapevole, ma non avevano alternative. Quella era la loro unica occasione di riuscita.
“Qui entrate in gioco voi, Saoirse.”

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


“Rhian, aspetta!”
Lei era pronta ad andarsene. Con il mantello a gravarle pesante addosso era pronta ad uscire dalla taverna e a lasciarsi alle spalle quel luogo che tanto aveva significato per lei, soprattutto da quando sua madre era venuta a mancare quattro anni prima. Lì aveva trascorso innumerevoli pomeriggi in compagnia dei pochi amici fidati che aveva, aveva pianto fino allo sfinimento, aveva riso davanti a un boccale di birra, ma soprattutto quello era il posto dove aveva avuto il suo primo incontro con Callum. Il ragazzo era stato una presenza fissa nella sua vita da quando aveva all’incirca tredici anni ed era entrata nell’accogliente taverna in un giorno di temporale. Lui era stato gentile e le aveva portato un tè caldo per farla smettere di tremare, l’aveva accompagnata vicino al fuoco e le aveva posato una coperta pesante sulle spalle. Le era piaciuto dal primo momento ed erano diventati sibito amici. Guardando intorno ora nella taverna poteva scorgerlo a spazzare il pavimento, servire birra, giocare a carte con lei e ogni tanto con Gwen e piangere i suoi genitori quando un virus violento ne aveva causato la morte. Ricordava ancora il giorno in cui si era accasciato in lacrime sull’ingresso della sua casa e l’aveva pregata di riportarli in vita. Ma lei non poteva ed era rimasta impotente a guardarlo soffrire. La magia poteva fare azioni grandiose e i suoi poteri erano molti, ma c’erano barriere che la magia non superava mai e due di queste erano la vita e la morte. Ricordava come se fosse successo pochi istanti prima quando Callum le aveva chiesto di insegnarle l’arte della magia, aveva bisogno di un nuovo scopo oltre alla taverna e lei che avrebbe fatto tutto pur di renderlo felice, aveva acconsentito.
Ed ora eccolo qui il suo amico più caro e l’unica persona che le era rimasta al mondo sulla quale potesse fare completamente affidamento a bloccarle un braccio e trattenerla in quel posto che significava così tanto per entrambi.
Poteva scorgere il tormento e l’insicurezza distorcere il suo volto: sembrava combattuto sul dirle qualcosa ma lei sapeva bene che doveva semplicemente lasciargli il suo tempo. Quando sarebbe stato pronto, le avrebbe spiegato la ragione del suo turbamento.
“So che questo piano è la nostra unica possibilità di riuscita, ma è decisamente pericoloso. Sei sicura di voler mettere la tua vita a rischio?”
Lei aveva piegato la testa da un lato, pensierosa. Non aveva nessuna certezza sulla riuscita del piano, solo un forte sentore che sarebbe andato bene. Ma di una cosa era sicura: non poteva restare immobile a guardare il mondo che conosceva morire e soprattutto non poteva lasciare che Gwendolyn e Eirwen ottenessero la supremazia senza neanche una battaglia.
“Devo farlo Call, non ho scelta.”
Era frustrato, le bastava guardarlo per poterlo affermare e sapeva che temeva per la sorte che lei – o Saoirse – avrebbe potuto fare. Callum era troppo altruista per pensare a quello che sarebbe potuto capitare a lui, dopotutto quel piano che lei aveva ideato sarebbe potuto funzionare solo con la sua collaborazione, che lei aveva avuto senza neanche dover formulare una domanda esplicita perché Callum era fatto così. Se poteva essere d’aiuto a qualcuno in un modo qualunque, lui avrebbe fatto del suo meglio. Era semplicemente la sua essenza a spingerlo ad agire in quel modo e lei lo amava proprio per questo.
Prima che potesse anche solo rendersi conto del pensiero che era appena nato nella sua mente, tutto il suo campo visivo era stato invaso da nient’altro che Callum. I suoi occhi non riuscivano a focalizzarsi su altro che non fossero capelli ricci e scuri, sopracciglia spesse, zigomi alti, mascella pronunciata, naso dritto, bocca piena e profondi pozzi d’un azzurro cristallino. Se quei lineamenti fossero appartenuti a un’altra persona tutto ciò che lei avrebbe visto era un indice di bellezza, ma quello era il volto del suo Callum. Familiarità, dolcezza, anni trascorsi insieme e l’ombra dell’adolescente che era stato. Questo risaltava ai suoi occhi e nient’altro.
L’ombra di una carezza era stata posata sul suo zigomo e lei si era ritrovata a scrutare improvvisamente ansiosa l’amico d’infanzia che era più vicino a lei di quanto fosse mai stato in tanti anni che lo conosceva.
“Non posso permettermi di perderti Rhian. Devi giurarmi che prima della sicurezza del regno, per una buona volta metterai la tua. Tu devi vivere. Promettimelo.”
Non poteva mentirgli spudoratamente, così si era limitata a voltare il viso di lato e ad annuire, il groppo in gola le inibiva le capacità verbali. Callum però non si era accontentato e le aveva posato un dito calloso sotto il mento, facendola voltare fino a incrociare i loro sguardi.
“Guardami negli occhi Rhiannon e giurami che cercherai di fare il possibile per restare in vita, se non per te stessa, fallo per me.”
Vederlo supplicarla di non arrendersi, di continuare a combattere e di restargli vicina, le aveva portato le lacrime agli occhi e lei si era ritrovata ad abbracciarlo con slancio. Le mani allacciate saldamente intorno al suo collo, il volto nell’incavo della sua spalla, si sentiva quasi al sicuro e sentiva aumentare sempre di più la speranza che tutto sarebbe andato per il verso giusto.
“Te lo giuro Call. Farò del mio meglio: è una promessa.”
L’aveva sentito esalare un sospiro di sollievo e ne aveva sorriso mentre scioglieva l’abbraccio, era bello sapere che al mondo c’era ancora qualcuno che si preoccupava per lei. Stava quasi per punzecchiarlo per la sua preoccupazione, ma quando si era ritrovata con i palmi aperti sul suo petto e due braccia forti a cingerle i fianchi non aveva potuto fare a meno di arrossire per l’imbarazzo.
Era stato il turno di Callum per sorridere e lei aveva scosso la testa. Era un’adolescente, era completamente normale per lei imbarazzarsi così tanto per la vicinanza con un ragazzo. Specialmente quando suddetto ragazzo l’aveva nuovamente distolta dai suoi pensieri per scostarle una ciocca di capelli e riaccompagnarla dolcemente al suo posto. Era inesperta in materia amorosa, ma non era un’idiota. Sapeva che il suo migliore amico stava per baciarla e gli era andata incontro, accarezzando le sue labbra con dolcezza.
Non sapeva di aver desiderato di baciare Callum finché non era capitato e ora non riusciva a pensare a un futuro dove le loro bocche non potevano incontrarsi. La pressione delle sue labbra era gentile, ma conosceva abbastanza il suo carattere impetuoso da poter dire che si stava trattenendo. Così aveva fatto scorrere le mani fino a incrociarle dietro al suo collo e l’aveva incoraggiato a farsi più audace, invito che Callum aveva colto con entusiasmo scatenando dentro di lei sensazioni che mai avrebbe pensato di poter provare.
Essere baciata da lui sembrava così naturale e semplice, così giusto e lei non poteva credere che il pensiero non l’avesse mai sfiorata in precedenza, era stata davvero un’illusa a credere che il suo compagno per la vita sarebbe potuto essere qualcuno di diverso dalla persona che la conosceva meglio di quanto lei conoscesse se stessa. Era stato Callum a porre fine al bacio per primo e il sorriso che aveva dipinto sul volto era un chiaro segnale di quanto fosse realmente felice in quello che era solo un frammento impresso nelle loro anime.
“Adesso non puoi decisamente morire Rhian, non puoi farmi una cosa del genere dopo che sono riuscito finalmente a baciarti.”
Lei era scoppiata in una risata fragorosa e spensierata e non ricordava davvero un momento in cui aveva riso così tanto. La faceva sentire bene, il suo spirito ne traeva beneficio ed era davvero tutto quello di cui aveva bisogno. La sua risata mischiata a quella di Callum.

 
***

Era giunto il momento. Aveva aspettato un tempo che era sembrato infinito, eppure adesso si trovava alla resa dei conti. Finalmente avrebbe affrontato sua sorella e una delle due avrebbe prevalso decretando le sorti del loro regno, la magia sarebbe tornata al bene o avrebbe ceduto all’allure del male per sempre.
Si trovava al limitare della radura e di fronte a sé aveva solo la Grande Quercia alla quale era legato lo spirito di sua madre insieme a quello dei druidi. Sapeva cosa doveva fare così, dopo aver lasciato la mano di Callum, aveva oltrepassato la barriera invisibile entrando nel mondo delle tenebre. L’aspetto non era diverso dal suo mondo: desolazione, abbandono, declino totale. Lei era separata dai suoi amici – Callum, Saoirse, le fate sue amiche, le poche ninfe che erano rimaste e alcuni folletti dei boschi – da poche decine di metri, eppure aveva l’impressione di essere entrata in un’altra dimensione. Non erano trascorsi neanche cinque minuti quando aveva sentito la prima folata di vento – una delle magie che sapeva eseguire meglio, seguita subito dopo da uno sbattere d’ali. Le aveva riconosciute ancor prima di voltarsi, ma aveva deciso di fronteggiarle ugualmente. Sua sorella gemella con la sua chioma fulva e ribelle e i grandi occhi verde giada così simili ai suoi insieme a Eirwen, l’incantevole fata dagli occhi gialli e i capelli d’un nero corvino.
“Bene bene, guarda un po’ chi ha deciso di arrendersi finalmente! Stavo aspettando la tua resa da tempo Rhiannon.”
Sapevano entrambe che lei non era venuta lì per arrendersi, l’odore di battaglia era nell’aria aspro e pungente.
“Non mi arrenderò mai Gwen ma voglio darti un’ultima speranza. Torna alla ragione, torna alla luce e a venerare la Dea e non verrai punita per i tuoi crimini. Non farò del male ad Eirwen, te lo prometto.”
Una risata stridula e sinistra si era levata nella radura e lei si era ritrovata improvvisamente faccia a faccia con la diabolica creatura della notte che le aveva portato via sua sorella. A volte odiava seriamente la velocità delle fate, il loro modo di scattare di fronte alla preda, perché era quello che si sentiva lei con quegli inquietanti occhi gialli sprofondati nei suoi. Una debole e inutile preda.
“O grande Rhiannon, sei ingenua se ritieni davvero che ti siano rimaste sufficienti briciole di potere per potermi ledere in alcun modo. Tu non puoi minacciarmi, non puoi farmi del male. Non sei forte abbastanza. Ora sei soltanto una ridicola umana con una ridicola combriccola di patetici amici che pensano di poter sconfiggere la nostra armata. Poveri illusi.”
“Ora basta Eirwen. Nonostante la mia indulgenza, è abbastanza chiaro che mia sorella non vuole arrendersi. Perciò fatti sotto Rhian, se pensi di potermi sconfiggere.”
Era tutto quello che aveva aspettato e al tempo stesso tutto ciò che temeva. Il piano si sarebbe potuto rivelare un fallimento completo anche con un solo imprevisto e lei non poteva permettersi di perdere la battaglia o avrebbe condannato tutto coloro a cui voleva bene a morte sicura. Aveva fatto un respiro profondo e ruotando su se stessa aveva posato una mano sulla Grande Quercia, mormorando tra se e se un incantesimo celtico che aveva imparato anni prima. Era riuscita appena in tempo a terminare la litania quando una raffica di vento – il controllo sugli elementi era il punto forte di ogni fata, persino di quelle con sangue di strega come Eirwen – l’aveva sbalzata a una decina di metri facendola rovinare in terra. Non si era concessa tempo per incassare il colpo né per far riposare i propri muscoli e si era rimessa in piedi come avrebbe fatto ogni buon guerriero. Il sorriso di beffe di Eirwen aveva accompagnato il suo movimento e sapeva che la mezzosangue lo considerava una dimostrazione inutile di forza, ma lei l’aveva ignorata. Il piano doveva procedere. Uno sguardo a Saoirse e la sua amica, seguita dalle sue fate, si era alzata in volo solo per trascinare con sé la perfida parente in un duello a colpi di magia. Era perfettamente consapevole che anche in inferiorità numerica Eirwen era molto più potente di tutte quelle fate messe assieme, ma se tutto fosse andato secondo i suoi piani, Saoirse e il suo diversivo non avrebbero dovuto continuare a combattere per molto.
Gwendolyn la studiava con attenzione: era sempre stata la più arguta tra le due, quindi non aveva contato neanche per un secondo sulla possibilità di usare l’effetto sorpresa su di lei, ma era comunque certa che la gemella non sospettasse minimamente delle sue intenzioni. Infondo non aveva ancora ordinato alla sua armata di agire e tutti i mostri erano fermi al limitare della foresta in attesa di un suo comando. Bene, era proprio su questo che contava: aveva bisogno che sul campo della foresta ci fossero solo lei, Callum e Gwen come tante volte in passato.
“Così è questo il tuo piano geniale Rhiannon? Riportarmi ai ricordi i cari bei vecchi tempi in cui io ero il terzo incomodo tra te e l’apprendista mago? Non funzionerà mai. Io sto con Eirwen, è lei ora la mia famiglia.”
Aveva inclinato la testa da un lato e si era mossa di qualche passo, incerta per la prima volta se con la riuscita del suo piano sarebbe stata in grado di riportare in vita la vera essenza di sua sorella.
Ma non aveva tempo per i ripensamenti, Callum si era già inginocchiato al suolo – lì dove lo spirito di sua madre era legato – e stava iniziando la sua preghiera. Gwendolyn però non l’aveva lasciato continuare e con un incantesimo l’aveva privato dell’uso della parola e in un unico movimento l’aveva attirato a sé immobilizzandogli le gambe e impedendogli così la fuga.
“Davvero? È tutto qui quello che hai in mente? Chiamare la nostra Signora Madre?”
Lei non si era lasciata provocare da Gwen e questa insoddisfatta aveva preso a girare intorno a Callum con un ghigno malefico in volto che non preannunciava nulla di buono.
“Sai Rhian mi hai proprio indispettita questa tua decisione, seppur ridicola, di batterti con me. Ho deciso che per punirti maledirò l’uomo che ti ama e impedirò al suo cuore di provare sentimenti per te. Conserverà i suoi ricordi di te ma non sarà mai più in grado di amarti. Come ti sembra sorellina?”
Un brivido di gelo le aveva accarezzato la schiena e lei aveva dovuto invocare tutto il coraggio che possedeva per non smetterla immediatamente con il suo folle piano e arrendersi a Gwen, ma era così vicina alla fine che non poteva lasciarsi abbattere. Neanche se era spaventata a morte.
“Io non sarò mai un ricordo. Non per lui Gwen. Adesso Callum!”
Il ragazzo aveva sporto la mano e aveva afferrato l’amuleto di sua sorella con tutta la forza che aveva in corpo e a lei era rimasto il compito di invocare l’essenza del talismano. Appena aveva pronunciato le parole il mondo intorno a loro aveva iniziato a tremare: il rumore della battaglia tra le fate era stato attutito, l’armata al limitare della foresta congelata e loro si erano ritrovati divisi dagli altri da una gabbia invisibile. Rhiannon temeva quasi che l’incantesimo non avesse funzionato quando la terra consacrata della Grande Quercia aveva iniziato a vibrare e davanti a loro si erano iniziati a delineare i contorni dello spirito di quello che era senza alcun ombra di dubbio un maestoso, enorme e possente dragone. Gwen era rimasta a bocca aperta: alternava lo sguardo da lei a Callum e poi allo spirito come se non riuscisse a raccapezzarsi su quello che stava succedendo.
Hai smarrito la tua strada, figlia mia. È ora che tu torni a stare con la tua vera famiglia.
Un’espressione di terrore aveva incupito i suoi lineamenti quando si era resa conto di chi era davanti a lei e aveva indietreggiato spaventata.
“M-Madre? Siete davvero voi?”
Sì, Gwendolyn dal lucente splendore. Sei sotto un’influenza negativa bambina e hai lasciato che il tuo animo venisse corrotto ma ora devi tornare in te. Tu e tua sorella dovete riunirvi, è questo il vostro destino.
“Non posso Madre. Voi non… voi non volete capire ma io e Eirwen siamo una famiglia. Lei mi ama e io amo lei e sarà sempre così, non posso stare dalla parte del bene con lei, non lo accetterà mai.”
Bambina sei stata ingannata, quella mezzosangue fata e strega ti ha manipolata dal momento che ti ha conosciuta. Se non ti fidi di tua madre chiedile direttamente di giurarti sulla Dea e su Madre Natura se è vera la profezia secondo la quale tu e lei eravate destinate ad incontrarvi per dar vita a una nuova era. Fallo figlia mia e ascolta il tuo cuore, so che prenderai la giusta decisione.
Lo spirito poi aveva spiccato il volo e si era dissolto nell’aria spezzando anche gli incantesimi che aveva creato. Gwen si era immediatamente voltata verso Eirwen che, un coltello premuto contro la gola, era tenuta sotto tiro da Saoirse e le sue amiche. Aveva marciato nella sua direzione e non aveva fatto nulla per liberarla, ma l’aveva solo guardata con sguardo sprezzante.
“Dimmi che quelle di mia madre erano bugie Eirwen. Giurami il contrario.”
La mezzosangue aveva boccheggiato per qualche secondo ma alla fine si era limitata ad abbassare la testa, sconfitta.
“Non posso Gwen. Non posso spergiurare.”
Rhiannon aveva visto sua sorella infiammarsi dall’odio e dalla rabbia afferrare il coltello di Saoirse con una mano mentre con l’altra sollevava il mento a Eirwen per poterla guardare negli occhi.
“Marcisci all’inferno.”
Un grido soffocato le era scappato dalle labbra. La sua Gwen aveva appena pugnalato una persona al cuore mostrando incredibile sangue freddo. Quando sua sorella aveva sentito il suo lamento si era voltata di scatto e aveva buttato a terra il coltello e si era avvicinata a lei sfilandosi il talismano dal collo.
“Non me lo merito Rhian. Per tutto quello che ho fatto, per tutto il dolore che ho causato e per aver quasi distrutto il nostro regno. È tuo e ti appartiene.”
Era commossa, non pensava che avrebbe di nuovo avuto sua sorella al suo fianco, ma nel momento in cui aveva toccato il medaglione una scossa elettrica aveva attraversato lei e Gwen sbalzandole indietro. Subito Callum e Saoirse le avevano aiutate a rialzarsi e, quando aveva posato lo sguardo a terra in cerca di una possibile causa, aveva trovato due medaglioni esattamente uguali e un sorriso le aveva illuminato il volto.
“Sono nostri Gwen. È questo il nostro destino: «riportare il lucente splendore nella terra della Grande Regina». La nostra Terra sorella.”
Gwendolyn le aveva sorriso – ed era così bello vedere un’emozione diversa dall’odio, la rabbia o la cattiveria attraversare i suoi lineamenti – e l’aveva abbracciata. Con le braccia avvolte attorno al suo corpo, le sembrava di poter finalmente respirare dopo mesi. Una risata l’aveva scossa e presto aveva sentito ridere anche sua sorella. Era finita. Erano di nuovo insieme e tutto sarebbe andato bene.

 
***

Due figure incappucciate si tenevano mano nella mano ai piedi della Grande Quercia. Di loro era possibile scorgere solo i lineamenti delicati, i capelli di un rosso acceso e i due medaglioni gemelli al centro dei loro petti. Insieme a loro vi era un giovane dai capelli scuri con un braccio attorno ai fianchi di una delle due donne incappucciate; dall’altro lato una ragazza minuta con le orecchie a punta con la mano intrecciata a quella dell’altra donna. Intorno a loro tutto era rigoglioso e splendente. Il cielo era di un azzurro intenso e si poteva scorgere chiaramente un dragone dall’aspetto regale librarsi tra le nuvole.




Note Autrice:

Salve a tutti! E' la prima volta che mi addentro nel fandom del Fantasy e l'ho fatto per un contest e ne sono felicissima perché mi sono divertita molto a scrivere questa storia! 
Non so davvero cosa dire, spero solo che questa mia mini long di due capitoli vi sia piaciuta e che abbiate voglia di farmi sapere cosa ne pensate :3
A presto, Alex.

Potete trovarmi sulla mia pagina facebook o andare sul mio profilo utente per saperne di più sulle altre storie che ho scritto.

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