Torture

di blackings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cruciatus ***
Capitolo 2: *** Di pianoforti e lacrime ***
Capitolo 3: *** Allo scoperto ***
Capitolo 4: *** Frusta ***
Capitolo 5: *** Aiuti inaspettati ***
Capitolo 6: *** Decisioni ***
Capitolo 7: *** Così credette ***
Capitolo 8: *** Fingere di essere ***
Capitolo 9: *** Un'alleanza d'eccezione ***
Capitolo 10: *** Sectumsempra ***
Capitolo 11: *** La quiete dopo la tempesta ***



Capitolo 1
*** Cruciatus ***


Draco sedeva sulla poltrona d’ebano al centro del grande salone dal pavimento alla veneziana della Manor Malfoy. Stringeva nervosamente con le mani sudate i manici della seduta, ascoltando il suono secco dei passi del padre, che misurava la stanza pensosamente. Sapeva che di lì a poco avrebbe ricevuto il più grande dolore della sua vita: non era la prima volta che si trovava in quella situazione, ma sicuramente sarebbe stata la prima volta che suo padre gliela faceva pagare cara. Ripensava ancora alla notte prima, quando in pieno orgasmo stava tra le braccia della sua ragazza, e i suoi capelli profumati lo inebriavano e lo inducevano a non pensare a nulla. Ripensava ancora a quando, quella stessa mattina, gli era giunta una cartolina del padre via il gufo della Manor, e, impossibilitato a sfuggire alla volontà paterna, si era recato a casa, pronto a subirne l’ira. Com’erano diverse le due situazioni, quella della notte prima e quella che stava vivendo allora! Ma non c’era tempo per disperarsi: Lucius Malfoy camminava a falcate larghe per la stanza, i capelli lunghi e lisci sciolti su un mantello nero ricamato da fili d’argento  che usava solo nelle occasioni importanti.
“Crucio!” gridò l’uomo sollevando la bacchetta e indirizzandola nella direzione del figlio, che si contorse sulla poltrona gridando per il dolore. Sapeva che il padre l’avrebbe cruciato fino a fargli sputare sangue e implorare perdono, ma sapeva anche che la regola primaria di un Malfoy era che non bisognava chiedere pietà. Stava seduto sulla poltrona aspettando di essere colpito di nuovo dall’incantesimo, quando il padre gli prese il viso con una mano e con un pugno allo stomaco lo fece rovinare per terra. Draco tossì e sputacchiò un po’ di sangue, restando seduto per terra senza osare alzare gli occhi.
“Perché, Draco?!” gli ringhiò contro il padre colpendolo con un calcio al petto, costringendolo a voltarsi e guardarlo in viso “Perché la Granger?”
“Chi te l’ha detto?” sputò con amarezza Draco ansimando. Il padre lo colpì di nuovo con un calcio “Faccio io le domande qui” gli rispose con cattiveria “Perché quella lurida mezzosangue della Granger?”
“Non è una lurida mezzosangue, papà!” rispose il serpeverde trattenendo a stento le lacrime.
“Non è una lurida mezzosangue?!” gridò Lucius con stizza cruciando di nuovo il figlio, il quale si contorse in uno spasmo di dolore, anche se sapeva che il peggio doveva ancora venire.
“N-no” rispose Draco quando la fitta più forte fu finita.
Lucius lo cruciò ancora e ancora, e, mentre il ragazzo inizialmente tentava di controbattere per non farsi umiliare in tal modo, finì per cedere e abbandonarsi totalmente alla volontà del padre. Dopo due ore di quel supplizio, Lucius Malfoy si avvicinò al figlio prendendogli il mento con una mano e scoprendogli il braccio con l’altra, mostrando il tatuaggio del marchio nero che Draco teneva sempre nascosto sotto la camicia.
“Tu sei stato scelto dal Signore Oscuro, Draco! Pensa cosa farebbe di noi se sapesse del tuo flirt con quella Babbana! Non è degna di stare nella tua stessa scuola, figuriamoci nel tuo stesso letto!”
“Nessuno pensa a quello che voglio io? Nessuno pensa che magari manderei al diavolo tutto, la scuola, la casa, Voldemort?” lo schiaffo gli giunse come una lama sulla pelle. Il padre lo sollevò, lo scaraventò sulla poltrona e continuò a cruciarlo finché non albeggiò. A quel punto scomparve dietro la porta. Draco aspettò per un po’ finché non sentì più i passi del padre, poi uscì dalla stanza e percorse i corridoi della grande casa finché non giunse alla zona letto. Accanto alla sua stanza, sua madre stava in piedi davanti alla porta della stanza da bagno, guardandolo compassionevole e severa allo stesso tempo. Gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla fronte madida di sudore, poi, sentite le urla irate di Lucius, si ritirò nella sua camera da letto. Draco aveva sempre pensato che gli slanci amorevoli della madre le causassero dei guai, ma la verità era che Lucius la amava troppo per farle del male, nonostante la rispettava troppo poco affinché permettesse che si ribellasse alla sua volontà. Draco entrò nella sua camera e si tolse la camicia, osservando al pallore lunare i lividi che i colpi del padre gli avevano causato sul torace e sugli addominali. Sentiva ancora dentro di sé il dolore della maledizione cruciatus a cui era stato sottoposto, ma era un dolore buono, come la quiete dopo la tempesta. Camminava per la stanza a petto nudo, facendo di tutto per non guardare il Marchio Nero che troneggiava sul suo braccio. Quando l’orologio a pendolo del corridoio suonò le cinque di mattina, Draco si abbandonò sul letto: sapeva di non poteri riuscire a dormire, conosceva troppo bene i postumi della maledizione. Ma il non dormire non per forza lo costringeva a non pensare a Hermione: come sarebbe stata preoccupata non avendolo visto tutto il giorno! Prese una pergamena da un cassetto e scrisse con foga: Arrivo nel pomeriggio. Draco. Dopodiché legò la lettera al suo gufo e lo lasciò uscire dalla finestra. Non aveva scritto nulla in più per rassicurarla perché non voleva mentirle: non poteva dire di stare bene dopo una nottata simile.
 

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Capitolo 2
*** Di pianoforti e lacrime ***


Poche ore dopo, Draco venne svegliato in malo modo dal nuovo elfo domestico della famiglia (quello che aveva sostituito Dobby dopo la sua liberazione) che bussava alla sua porta.
“Che c’è?” ringhiò violentemente spalancandone l’anta, prima di stizzirsi alla vista del padre dietro l’imbruttita figura dell’elfo. Si ritrasse, afferrando il primo indumento che gli veniva a tiro e indossandola: non voleva che il padre notasse i lividi che aveva lasciato sul corpo del figlio. Sarebbe stato come ammettere che aveva vinto.
Da che Draco ricordasse, dopo che Lucius lo puniva tutto tornava alla normalità: non si accennava più all’accaduto, e men che meno si tornava a rimuginare sulla punizione. Il passato resta nel passato, gli aveva una volta sentito dire alla madre, ed era certo che valesse anche per lui. Si strinse nella felpa verde che aveva indossato, scostandosi per farlo passare. Il padre entrò, prendendo posto elegantemente allo sgabello del pianoforte che troneggiava al centro della stanza di Draco, strumento che lo stesso Lucius gli aveva regalato quando aveva sei anni per insegnargli a suonare.
“Suona un po’ per me, Draco” gli disse con una gelida affettazione “è da tanto che non facciamo lezione”. Il ragazzo si avvicinò lentamente e con cautela si sedette accanto al padre. Scelse tra gli spartiti di musica babbana (l’unica cosa di babbano che era mai entrata alla Malfoy Manor) e cominciò a suonare un pezzo abbastanza violento. Le sue mani volavano sui tasti, fin quando Lucius non si alzò e, senza che il figlio se ne accorgesse, gli andò alle spalle e lo cruciò. Draco urlò di dolore e staccò le mani dal piano, ma il padre gli ordinò di continuare a suonare. Ripeté l’incantesimo ancora e ancora, mentre la musica era intervallata dal pianto di Draco e dalle sue urla di dolore. Dopo un po’ che andava avanti così, la madre irruppe nella stanza, correndo verso il marito per fermarlo.
“Lucius!” gridò togliendogli la bacchetta dalle mani.
“Va’ via, Narcissa, sono questioni padre figlio”
“Si dà il caso che sia anche mio figlio, pertanto lo vorrei intero, grazie!” la donna si avvicinò a Draco prendendogli la testa tra le mani e appoggiandosela al seno, ma il giovane lo respinse:
“Va’ tutto bene, mamma…” le disse gemendo “avevo sbagliato una nota”
Lucius lo guardò soddisfatto riprendendo la bacchetta dalle mani della moglie, mentre questa si allontanava stizzita e preoccupata. Sapeva che suo marito aveva il potere di far fare a Draco ciò che voleva, anche se questo significava farlo soffrire, ma Draco… Draco era troppo rispettoso e adulava troppo il padre per pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato in quello che gli stava facendo.
“Molto bravo, Draco” gli sussurrò a un orecchio prima di raggiungere a larghe falcate la porta “vestiti, si torna a scuola!” gridò prima di smaterializzarsi in una nuvola nera.
 
***
Due ore dopo, Draco era lavato, vestito e fuori dal cancello di Hogwarts. Suo padre, accanto a lui, scrutava l’orizzonte in cerca di Gazza, che aveva il compito di riaccompagnarlo al dormitorio, ma ciò che vide fu del tutto diverso del vecchio guardiano: Severus Piton procedeva velocemente verso il cancello e, quando fu a pochi metri, lo aprì con un incantesimo. Gli occhi di Draco si riempirono di speranza: considerava Piton più di un padre, sperava solo che non gli fosse toccata l’ennesima sgridata.
“Lucius”
“Severus”
“Congedo finito?”
“Sì, esattamente. Aspettavamo Gazza”
“Lo riaccompagno io al dormitorio, Gazza è in infermeria: quel deficiente di Weasley si diverte ancora con le pasticche vomitose dei gemelli”
“Va bene” rispose Lucius, facendo comparire il baule del figlio. Deposta la bacchetta, gli si avvicinò e, baciandolo su una guancia, gli sussurrò ad un orecchio:
“In gamba, Draco”. Il ragazzo sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene, ma rimase impassibile.
“Sì, papà” rispose, nonostante sapesse benissimo che non era un consiglio ma un ordine.
Lucius e Severus si salutarono con un cenno della mano, dopodiché Piton si smaterializzò nel suo studio insieme a Draco.
“Si può sapere cosa hai combinato?” gli chiese con amarezza facendolo sedere e piegandosi su di lui finché il suo naso chilometrico non gli sfiorò la guancia.
“Non credo che sia interesse degli insegnanti sapere i fatti miei”
“Draco” lo riprese Piton “impara a rispondere alle domande”
Ma Draco non ce la faceva proprio a rispondere. Cosa avrebbe dovuto dire, che si era scopato la Granger? O che si era fatto cruciare fino a contorcersi come una foglia secca? Avrebbe forse dovuto dire a Severus Piton, il Mangiamorte più vicino a Voldemort, che non aveva intenzione di entrare nelle cerchie del Signore Oscuro? No, non gli sembrava il caso:  ma qualcosa doveva pur dire, e così, tra lacrime di rabbia e orgoglio, sussurrò con amarezza:
“La Granger”
“La Granger che, Draco?” chiese Piton fuori di sé, pensando che il ragazzo stesse delirando.
“Sono andato a letto con la Granger”. Severus stette in silenzio. La notizia non lo sorprendeva, aveva sentito moltissime voci di corridoio sulla loro storia, e tutti sapevano che le voci di corridoio a Hogwarts erano vere.
“Come ha reagito tuo padre?”
“Bene, ha superato la cosa…” mentì Draco, tentando di evitare l’ennesima umiliazione.
Severus si voltò e, trafficando tra le boccette sulla sua scrivania, versò da un’ampolla un liquido traslucido in un bicchiere.
“Bevi” disse al ragazzo mettendogli in mano il calice. Draco lo guardò incerto, ma poi ingurgitò il suo contenuto tutto d’un sorso: sapeva benissimo che nel bicchiere c’era del veritaserum, ma pensava che era un bene. Se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe potuto dire senza mentire che aveva parlato sotto incantesimo, e comunque aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, e sapeva che, anche se non sembrasse, Severus era il più indicato per farlo.
“Ieri mattina mi è arrivata una cartolina di mio padre” iniziò Draco con voce tremante “Mi ordinava di chiedere il congedo per un giorno e mezzo. Lo feci, senza sapere cosa aspettarmi. Nessuno aveva visto me e la Granger, a parte Blaise, e sicuramente non è stato lui a dirglielo. Sono corso a casa e, quando sono arrivata alla Manor, verso sera, abbiamo cenato come se nulla fosse. Dopo cena, però, mi ha preso e mi ha trascinato nel salone, dove tutti i mobili erano stati spostati: ogni volta che mi punisce sposta i mobili, credo che voglia più spazio per sentire la mia agonia. Mi sono seduto sulla poltrona di ebano che usa sempre quando mi deve sgridare, ma credo che quella sia stata la più grande sgridata della mia vita” a questo punto Draco cominciò a piangere “La Maledizione Cruciatus. Un bene che l’abbiano inventata, eh? Mi ha cruciato, mi ha picchiato e preso a pugni finché non ho sputato sangue e poi di nuovo, cruciato. E quando finalmente all’alba mi ha lasciato andare, due ore dopo era di nuovo nella mia stanza, pronto per umiliarmi: mi ha messo a suonare al piano, e nel frattempo mi cruciava, e quando è arrivata mia madre per difendermi, l’ho respinta… ho dovuto farlo… mi avrebbe ucciso, Severus! Mi avrebbe ucciso…” Draco non riuscì più a proferire parola. Scoppiò in lacrime affondando la testa fra le mani, i gomiti piegati sulle ginocchia. Il professore si voltò e gli sollevò la testa. In un primo momento Draco si ritrasse: aveva paura dei suoi sguardi accusatori e della sua reazione di fronte a tanta debolezza, ma quando Piton lo abbracciò si sciolse dalla sua ostinazione e si abbandonò al pianto come un bambino. Pochi minuti dopo, qualcuno bussò alla porta e li fece ridestare dalla loro posizione. Si ricomposero e Severus con un colpo di bacchetta aprì la porta. Fuori, sull’uscio, Blaise.
“Buonasera professore, scusi, cerco Dra…” non ebbe il tempo di finire la frase che Malfoy si alzò, mostrandosi all’amico.
“Ciao, Blaise” gli disse accostandosi a lui con eleganza “Grazie, professore, è stato di grande aiuto” si congedò con un’occhiata riconoscente. Piton richiuse la porta lasciando soli i due amici.
“Per la barba di Merlino, Draco! Sei uno straccio!”
“Ti devo dire una cosa, Blaise” gli disse Malfoy tirandolo da parte.
“Che succede?”
“Non qui: non voglio che quelle oche di Millicent e Pansy ci sentano”
I due serpeverde uscirono dalla sala comune e percorsero i corridoi fino ad arrivare alla gufiera, dove Draco raccontò della sua nottata con la Granger, asserendo alla punizione del padre, ma senza scendere troppo nei particolari.
“Cazzo, Draco! Sapevo, beh, che tu e la Granger… ma non sapevo che, insomma…”
“Quindi tu non ne sapevi nulla, eh?”
“No, te lo giuro sulla mia scopa!”
“E allora, chi può essere stato?”
“Non so che dire… dove l’avete, insomma…”
“Nella Stanza delle Necessità” ammise Draco.
“Doooove?” chiese Blaise ridendo “L’hai soddisfatta, la tua necessità, eh?”
“Zitto e rispondimi: sai chi cazzo può essere stato?”
“No, parola mia… l’unica cosa che posso ipotizzare è che qualcuno possa avervi trovato lì senza che voi ve ne siate accorti. Dopotutto, la Stanza delle Necessità è per tutti…”
“Questo restringe il campo solo a, fammi pensare… a quattro Case!” sbottò arrabbiato Draco sedendosi su uno scalino con la testa tra le mani.
“Amico, calmati! Sto solo cercando di aiutarti!” esclamò Blaise accostandolo e dandogli una pacca sulla spalla.
“Lo so, lo so… scusa Blaise… sono solo frustrato, tutto qui”
“Lo credo bene…” un rintocco dell’orologio annunciò che era l’ora di scendere a cena, e i due serpeverde si affrettarono giù per le scale.
“Muoio di fame!” esclamò Blaise.
“Tu muori sempre di fame… qualche volta mi sembri Weasley”
“Sì, ma io sono bellissimo!” scherzò il ragazzo assumendo una voce stridula da ragazza.
“Questo sempre!” lo superò Draco correndo giù per le scale per arrivare alla Sala Grande prima di lui.
 
***
Quando Draco Malfoy entrò nella Sala Grande, l’intera scuola ammutolì. Lo guardarono prendere posto al tavolo dei Serpeverde, poi ricominciarono a parlottare e il tipico brusio della cena si levò dai tavoli delle quattro Case. Draco cercò con lo sguardo Hermione, che però, come da loro patto, parlava con Ginny senza destare il minimo interesse nei suoi confronti.
 
***
“Ehi, il Furetto sembra teso…” asserì Ron addentando una mela.
“Che cosa?” si ridestò Hermione.
“Malfoy, ha una faccia…” aggiunse Dean Thomas dall’altro lato del tavolo.
“Che mi sono perso?” si intromise Harry che, ritardatario come al solito, stava prendendo posto per la cena.
“Malfoy si comporta come se l’avessero cruciato fin dentro le budella” rispose Ron ridendo.
Hermione si alzò di scatto, abbandonando la sala. Dall’altro lato della sala, anche Malfoy fece lo stesso, ma nessuno si accorse di quando, a pochi metri dalla Sala Grande, Hermione cadde tra le braccia di Draco.
“Cos’è successo, Draco?” gli chiese preoccupata.
“Niente, lascia stare” rispose lui poco convincente.
“Di me puoi fidarti” gli disse con voce suadente baciandolo sul collo e poi sulla bocca. Il suo profumo di pasta dentifricia e erba appena tagliata inebriarono Draco, che si abbandonò alle sue labbra.
“Qualcuno sa di noi, Hermione”. La ragazza si ritrasse violentemente, guardandosi intorno spaventata.
“C-chi, Draco?”
“Qualcuno che non si è fatto scrupoli nel riferirlo a mio padre” rispose il ragazzo con amarezza.
“Cosa ti ha fatto? Dimmi cosa ti ha fatto!”
“Hermione, lascia stare, ti prego!”
“No che non lascio stare! Sono la causa dei tuoi problemi e mi chiedi di fare come se nulla fosse? Di lasciare che tuo padre ti torturi? Che ti ha fatto, Draco? Per quanto sei in punizione? Ti ha picchiato?”
Draco la guardò compassionevole: oh, mia piccola Hermione, tu e il tuo cuore smarrito e innocente… pensi che siano queste le torture del mondo? Hai visto ben poco, Hermione, ma sono felice per te…
“Mi ha cruciato, Hermione”
La ragazza non resse il colpo e le ginocchia cedettero, costringendola a terra.
“Draco, devi denunciare questa cosa!”
“E cosa dovrei fare? Ammettere che la mia famiglia è composta da Mangiamorte da generazioni? Mi consegnerei direttamente a Voldemort, ed è una cosa che non posso permettermi di fare”
Stettero un po’ in silenzio, poi Hermione gli prese la mano e se la portò alla bocca, appoggiandoci le labbra umide e  calde.
“Fa male, essere cruciati?” chiese innocentemente.
“Non si può descrivere”
“Per quanto, beh…”
“Una notte. E la mattina dopo”
“Draco, che cosa stiamo facendo?”
“Stiamo infrangendo tutte le regole, Hermione”
 

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Capitolo 3
*** Allo scoperto ***


La lezione di pozioni risultò più lunga del previsto, anche per Draco, il quale, nonostante adorasse Piton, trovò noiose le sue spiegazioni. Il professore parlò per più di un’ora di com’era assolutamente vietato utilizzare la polisucco e, solo dopo un paio di ceffoni a Weasley, cominciò a istruirli sulla sua preparazione. Draco non prestò la minima attenzione, continuando a fissare Hermione intenta nell’impresa di riprodurre la polisucco di Piton… era così bella, i capelli castani sciolti sulle spalle e la sua bocca, rossa e perfetta, a forma di cuore. Quante volte Draco aveva pensato di mutare l’aspetto di Hermione in una Serpeverde, anche solo per una notte! Almeno avrebbero potuto scopare tranquillamente, senza che il padre lo uccidesse! Continuò a fissarla senza dare nell’occhio fin quando Blaise non lo fece destare con una gomitata. Davanti a lui, Piton lo guardava severo e comprensivo.
“Qualche problema, Malfoy?”
“N-no, nessuno, professore”
“Bene. Torna a lavoro”
“S-sì” rispose lui imbarazzato. Dal banco di Pansy e Millicent si levarono delle risatine, che però il professore mise subito a  tacere con uno sguardo glaciale.
Alla fine della lezione, come da programma, nessuno era riuscito a riprodurre la polisucco, e così Piton lasciò come compito una ricerca su tutti gli effetti collaterali della pozione, ordinati in ordine alfabetico e una lista dei maghi che avevano riscontrato delle ritorsioni gravi. Gli studenti, scoraggiati, lasciarono l’aula sbuffando e lamentandosi della mole di lavoro, tutti meno Draco, che non aveva preso parte all’assegnazione dei compiti e, quindi, non sapeva che dire. Si dispersero nei corridoio delle segrete, mentre la maggior parte dei Grifondoro, che non amavano quell’ala del castello, si diresse su per le scale, al chiostro. Tra loro, Hermione, che si incontrò con Ginny a metà strada e continuò con lei. Aveva lasciato Harry e Ron insieme a Dean e Seamus ed era contenta di ritrovarsi sola con l’amica. Salirono le scale, superarono il chiostro ed entrarono dal portone principale, prima di girare a destra e imboccare la scalinata che conduceva al dormitorio. Una volta nella loro camera, si chiusero dentro, e Hermione divenne scura in viso, come stesse per piangere.
“Cosa c’è?” le chiese Ginny, perspicace.
“Draco”
“Draco che?” rispose la Weasley, che era l’unica, insieme a Blaise, a sapere della loro storia.
“Draco è stato punito dal padre”
“Per l’altra notte?”
“Sì, per l’altra notte…”
“Ebbene, parla, che cosa gli ha fatto?”
“Maledizione cruciatus. Tutta la notte?”
“Cooooosa?” esclamò Ginny strascicando la o, sbigottita.
“Hai capito bene, Ginny. Tutta la notte”
“E lui, non vuole fare niente?”
“No. Dice che sarebbe come consegnarsi a Voldemort”
“In effetti è vero… la sua iniziazione è già cominciata?”
“Non lo so, noi… non ne parliamo mai. Mi mette a disagio sapere che mi sono innamorata di un fottuto Mangiamorte” rispose Hermione, le lacrime amare che le scendevano sulle gote. Ginny la prese tra le braccia e le sussurrò rassicurante ad un orecchio, accarezzandole i capelli: “Non è un Mangiamorte, Hermione, e non vuole diventarlo. Ti basta sapere questo”
Hermione si sollevò, ridendo della sua debolezza e asciugandosi le lacrime “C-certo, che cosa dico, che pensieri stupidi! Lui è il mio Draco, e non sarà mai un Mangiamorte” disse più a sé stessa, nonostante sapesse che non potesse garantirlo.
Ginny la guardò compassionevole, poi la fece alzare e la trascinò a pranzo.
Una volta nella Sala Grande presero posto di fronte a Harry e Ron, che erano impegnati in una accesa discussione sul Quidditch con Dean e Seamus.
“Possibile che voi sappiate parlare solo di Quidditch?”
“Miseriaccia, Hermione, vuoi stare zitta una buona volta? Stiamo parlando!”
“Era questo il punto…”
“Zitti un po’, Silente sta per dire qualcosa!” li interruppe Calì Patil notando che il preside si era alzato e si stava avvicinando al leggio in fondo alla sala. Si schiarì la voce e appoggiò le mani al reggilibro.
“Buonasera a tutti, ragazzi. Mi sono stati riferiti un paio di dicerie sull’utilizzo improprio della Stanza delle Necessità. Come tutti sappiamo, è una camera del castello che non può essere distrutta né preclusa a nessuno, perciò vi invito ad essere maturi, soprattutto i più grandi di voi” e detto ciò fece oscillare il suo sguardo tra le tavolate Grifondoro e Serpeverde “e a dare il buon esempio. Chiamerò, dopo cena, un rappresentante per casa nel mio ufficio, per saperne di più.  Per Grifondoro la signorina Hermione Granger, che so sarà corretta e imparziale. Per Tassorosso, il signor Ernie Macmillan, conosciuto per la sua sincerità. Per Corvonero, la signorina Cho Chang, la quale non potrà mentirmi. E infine, per Serpeverde, il signor Draco Malfoy, il più brillante bugiardo della sua casa, ma non per questo il più scorretto” disse Silente sorridendogli a distanza, ma il volto di Draco rimase freddo e impassibile, mentre Pansy e Millicent facevano partire delle risatine sommesse “I quattro rappresentanti mi seguiranno appena la cena sarà terminata, poi saranno rispediti nei loro dormitori. Buona cena, ragazzi”
“Cose da pazzi…” commentò Calì Patil.
“Cosa?” chiese Ron addentando una coscia di pollo.
“Uso improprio della Stanza delle Necessità… la gente non sa più cosa inventarsi!”
“Tu ne sai qualcosa, Hermione?” chiese Harry guardandola con i suoi penetranti occhi verdi.
“No, nulla” rispose la ragazza, tentando di reprimere i gemiti di ansia che le percorrevano la voce.
“Per me, sono stati Nott e Millicent” si intromise Seamus.
“A far che, di grazia?” lo fulminò Ginny.
“Ovvio, a scopare: non è una novità sapere che Millicent è una zoccola sfondata e Nott è un ricco del cazzo…”
“Quanto puoi essere fine, Seamus” rispose Ginny mettendo fine alla discussione. Percepiva il tremore di Hermione accanto a lei, e desiderava solo che si calmasse.
Dopo cena, tutti abbandonarono la Sala Grande, salvo i quattro “prescelti”, che seguirono Silente nel suo studio. Il preside fece entrare per primi Ernie e Cho, lasciando Hermione e Draco soli.
“Ho paura” le confessò il ragazzo che, appoggiato a una colonna, non osava alzare gli occhi da terra.
“Non possono farci niente, Draco: non hanno prove”
“Se ci hanno convocati, qualcuno deve avergliele fornite, qualcuno…”
“… deve avere parlato”
“E non sappiamo chi è”
“Da me non lo sa nessuno, solo Ginny: mi fido ciecamente di lei”
“Idem per Blaise”
“Draco”
“Eh?”
“Anch’io ho paura”
Ernie e Cho uscirono dall’ufficio sorridenti, discorrendo del più e del meno, facendo cenno ai due di entrare. Hermione fece strada, tenendosi a debita distanza da Draco, il quale la seguì a ruota. Entrati nell’ufficio, salutarono Silente e si sedettero sulle poltrone che il preside indicò loro.
“Bene bene” cominciò “signor Malfoy, ha qualcosa da dirmi?”
“No, signore”
“E lei, signorina Granger?”
“No, professore”
“Bene bene, allora parlo io” il preside si alzò e si affacciò alla finestra “mi sono giunte delle voci, delle voci attendibili, su una vostra imboscata nella Stanza delle Necessità”
“Va’ subito al punto, lei” disse con malinconico sarcasmo Draco passandosi una mano tra i capelli sottili.
“Sono uno che tiene molto alla forma, ma più alla sostanza, in effetti, signor Malfoy. Ma mi sembra che adesso quelli rimasti senza nulla da dire siate voi”
“C’è qualcosa da dire, professore? Saremmo condannati lo stesso a diventare gli zimbelli di tutti”
“Oh, no, Hermione, questo no. Io non sono contro di voi, ognuno è libero di fare ciò che vuole con chi vuole, ma, in effetti, si da’ il caso che ci sia gente che non gradisce questo tipo di manifestazioni d’affetto”
“È stato mio padre a dirglielo, vero?” ringhiò Draco furioso.
“No, Draco, la tua famiglia non c’entra niente. Le voci che mi sono giunte, in effetti, provengono dall’interno delle mura di questa scuola”
“Può dirci chi è stato?” chiese Malfoy, la rabbia che gli ribolliva dentro.
“No, mi dispiace”
“Allora non abbiamo più nulla da dirci” Draco scattò in piedi, prese la mano di Hermione e la trascinò fuori dallo studio, senza sapere che se ne sarebbe pentito amaramente.
Appoggiate con un orecchio alla porta, infatti, Millicent e Pansy facevano di tutto per ascoltare la conversazione e, quando Draco aprì la porta con slancio, finirono entrambe per terra, ma non abbastanza disarmate per non notare il modo in cui i due si tenevano per mano.
“Draco, noi…” tentò di giustificarsi Pansy.
“Andate al diavolo” ringhiò il ragazzo trascinando via Hermione. Camminarono senza una meta per lunghissimi corridoi, fin quando non giunsero nel bagno delle ragazze del secondo piano, quello che nessuno visitava mai per paura di Mirtilla Malcontenta, il fantasma che lo infestava, ma che, stranamente, era andato a fare un giro per i corridoi (ne si sentiva la risata stridula in lontananza)
Draco, sconvolto, si sedette contro il lavandino dal quale, al secondo anno, il Golden Trio era entrato nella Camera dei Segreti. Hermione lo accostò, notando i grossi lacrimoni che gli rigavano le guance e gocciolavano sul pavimento di marmo, e lo baciò. Le sue labbra calde ricambiarono il piacere e, in un attimo, i due ragazzi si ritrovarono, solo con l’intimo, ansimanti sulle piastrelle. Draco, sopra di lei, si strusciava dolcemente, restituendole baci sul collo e sui seni poco coperti dal reggiseno, e lei godeva sorridente. Passarono la notte più intima della loro vita, quando vennero interrotti da Mirtilla Malcontenta, che rientrava nella sua dimora inseguita da un gruppo di Grifondoro scapestrati.
“Ragazzacci!” gridava il fantasma con voce stridula, conducendo i giovani all’interno del bagno. Draco ed Hermione, che si erano assopiti, vennero svegliati bruscamente e, di scatto, si sollevarono. Hermione cercò i suoi vestiti nella penombra, indossandoli alla meno peggio, mentre Draco prese i suoi pantaloni e se li infilò senza nemmeno abbottonarli. Riconobbero i Grifondoro: Dennis e Colin Canon, capeggiati da quella serpe di Cormac McLaggen.
“Bene bene” asserì McLaggen “Malfoy, pensavo che non ricadessi nello stesso errore, dopo la punizione del tuo paparino…” disse pieno di sottintesi.
“Tu, lurido porco figlio di puttana!” gridò Draco cominciando a rincorrere il Grifondoro che, brandendo una pergamena già scritta, saliva su alla volta della gufiera.
Lo rincorse per corridoi lunghi e interminabili, scale che si spostavano pericolosamente e dipinti di persone morte che, sbraitavano di fare piano. Lo rincorse, ma McLaggen ebbe la meglio. Quando Draco lo raggiunse alla gufiera, il messaggio era già stato inviato alla Manor. 

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Capitolo 4
*** Frusta ***


Hermione, che era rimasta nel bagno sotto gli occhi indiscreti dei Canon, uscì alla ricerca di Draco. Salì le scale, svoltò in corridoi bui, fin quando i piedi non la condussero alla gufiera. Lì, Draco, il suo Draco, piangeva appoggiato al trespolo dove un paio di civette bianche dormivano. Hermione riconobbe Edvige, che sonnecchiava con un occhio aperto, prima di volare da lei che, notoriamente, aveva qualcosa per lei. La grifona, però, non si ritrovava né biscotti né semini, e quindi la scacciò in malo modo, dirigendosi verso Draco.
“E’ stato McLaggen, Hermione. Sapeva tutto quando ci ha trovato nel bagno, e aveva già il biglietto pronto da spedire a mio padre” Hermione tacque, stringendosi a lui, senza sapere cosa dire.
“E’ la fine, Hermione” decretò Draco con voce rotta dal pianto “Quando quel maledettissimo gufo arriverà alla Manor, verrò convocato e dovrò giustificarmi”
“Dà la colpa a me” sbottò Hermione “digli che ti avevo adulato con l’amortensia”
“Non mi crederebbe mai” farfugliò Draco alzandosi e sollevando anche lei. Si baciarono appassionatamente, ma era un bacio bagnato, le loro lacrime si mischiavano senza che si potesse capire chi piangeva più. Dopo un po’ si separarono, le mani di Hermione sul petto di Draco, e con uno sguardo affranto si allontanarono. Malfoy si diresse giù nelle segrete, la grifona su nella torre.
 
***
 
Draco bisbigliò la parola d’ordine e sgattaiolò nel buio fino alla sua camera. I letti, come in tutte le stanze maschili dei dormitori, erano quattro, occupati dal Silver trio (Zabini, Nott, Malfoy) più Tiger, che però trovava sempre una scusa per dormire sul divano nella sala comune, o comunque lo costringevano. Draco si accasciò senza forze sul letto, sperando che nessuno l’avesse sentito: non avrebbe potuto spiegare cosa stava accadendo alla sua testa in quel momento. Per fortuna, i due dormivano come ghiri, o comunque il loro istinto di sopravvivenza li spingeva a far finta di non aver notato nulla. Meglio, avrebbe avuto tempo per rimuginare e dannarsi in santa pace.
 
***
 
Hermione scivolò silenziosamente per i corridoi e, una volta giunta davanti al dipinto della Signora Grassa, farfugliò la parola d’ordine e corse, togliendosi le scarpe, fino al dormitorio femminile. La camera era solitamente occupata da lei, Ginny, Lavanda e Angelina. Per sua fortuna, le ultime due non si fecero vedere, probabilmente erano ad imboscarsi rispettivamente con Ron e Fred Weasley. Hermione lanciò le scarpe in un angolo della camera e queste, cozzando contro il suo baule, svegliarono Ginny.
“Hermione, meno male!” ero così preoccupata! Com’è andata? Che ha detto Silente?”
“Ci hanno scoperto, Ginny” disse sconfortata la Granger sedendosi ai piedi del suo letto “Silente sa di noi, sa di me e Draco, e qualcosa mi dice che domani lo saprà tutta la scuola”
“Ma che dici, Hermione! Il professor Silente è un uomo discreto, non si metterebbe mai a raccontare i fatti vostri!”
“Se solo dipendesse da Silente, Ginny, se solo fosse così…” sospirò sdraiandosi sul letto. Di risposta allo sguardo interrogativo della rossa, Hermione cominciò a raccontare del colloquio, del bagno, di McLaggen e della lettera. Sorvolò sulle lacrime di Draco, figurarselo piangente le faceva troppo male. Rimasero un po’ in silenzio, la rossa che accarezzava i capelli di Hermione e le asciugava le lacrime con le dita della sua mano bianca. In silenzio, la Granger si addormentò piangendo sommessamente e Ginny le si accostò, coricandosi nel suo stesso letto in caso avrebbe dovuto placare qualche “crisi” notturna.
 
***
 
La Sala Grande brulicava di gente: gli studenti erano sempre gli stessi, ma a Draco sembrò si fossero moltiplicati per assistere alla sua umiliazione. McLaggen, dal tavolo dei Grifondoro, gli sorrise beffardo quando ancora era sulla porta, ma appena entrò l’intera sala ammutolì fissandolo. Zabini gli fece cenno di sedersi accanto a lui, e Draco obbedì passandosi una mano tra i capelli biondi e sospirando. Nott, seduto un paio di posti più a destra con sopra Millicent, lo canzonò:
“Ehi, Dracuccio, quando tuo padre lo verrà a sapere eh? Ahahah!” Draco scattò in piedi brandendo la bacchetta e puntandogliela alla fronte.
“Draco!” gridò Hermione senza riuscire a trattenersi dalla porta dove era appena arrivata. Malfoy la guardò per un secondo, poi schiantò Nott in fondo alla Sala, tra lo stupore generale. Blaise lo fece sedere e accorse a soccorrere Theodore, sperando più che altro per l’incolumità del suo aggressore che non si fosse fatto niente di grave. Ma Nott aveva una costituzione di ferro, e non si era nemmeno ammaccato.
“Vedi di schiantare la Granger la prossima volta che ti farà visita nel tuo letto, Draco…” gli bisbigliò maligno risedendosi a punzecchiare Millicent.
In quel momento, i gufi entrarono dalla cupola, consegnando la posta del mattino. La Gazzetta del Profeta per Blaise, una camicia nuova per Theo, e per lui un semplice messaggio su una carta bianco panna con lo stemma della famiglia Malfoy. Rabbrividì prima ancora di aprirla, e lo stesso fece Hermione, che nel frattempo si era seduta affiancata da Ginny, senza rivolgere il suo sguardo a Harry e Ron che, increduli, la fissavano. Draco fece passare le dita sotto la ceralacca e con un tac aprì la lettera: poteva riconoscere la scrittura del padre quando era arrabbiato, tagliente e vergata velocemente. Gli imponeva di chiedere un congedo di una settimana. Draco rimase allibito, fissando la lettera ancora aperta sotto i suoi occhi. Una settimana? Suo padre aveva intenzione di punirlo per un’intera settimana? La cosa non prometteva nulla di buono. Si alzò di scatto, superando Madama Chips che era accorsa, invano, per soccorrere Nott che stava benissimo, e mentre Silente dichiarava che sarebbero stati tolti dieci punti a Serpeverde per la sua deplorevole condotta, si diresse verso il tavolo dei professori, lo sguardo su Piton. Il professore gli fece cenno di avvicinarsi, e lui, senza farsi sentire dai compagni, gli bisbigliò ad un orecchio che chiedeva una settimana di congedo. Dopo aver ricevuto il suo assenso, ripercorse con eleganza la Sala Grande uscendo dalla porta principale.
Quando Draco scomparse alla sua vista, Hermione si concentrò sul suo porridge, senza osare alzare gli occhi dal piatto. Sentiva gli sguardi accusatori di tutti i Grifondoro su di lei e, come se non bastasse, Ron continuava a farle domande pedantemente.
“Hermione?! Mi puoi dire cosa sta succedendo?” le gridò contro per farsi ascoltare meglio.
Al silenzio della ragazza, si rivolse ad Harry “E’ diventata pazza… è diventata pazza!”
“Vuoi stare un po’ zitto, Ron?” lo riprese Ginny abbracciando le spalle di Hermione con il braccio. La ragazza rimase immobile, ma quando la campana che annunciava la fine della colazione suonò, si alzò di scatto e corse via nella sua stanza.
 
***
Draco arrivò a casa nel pomeriggio. Nessuno era venuto a prenderlo, e così si era teletrasportato con la metropolvere dalla sala comune dei Serpeverde. Scese dal camino ancora frastornato per il viaggio e, reggendo la sua sacca con una mano incerta, vagò un po’ per i corridoi della Manor. Dopo un po’ giunse davanti alla sala da pranzo ma, prima di entrare, estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni. La brandì e, appena avvertì la presenza del padre che, in piedi, lo attendeva battagliero, attaccò per primo.
“Expelliarmus!” gridò tentando di disarmare Lucius Malfoy che però contrattaccò senza lasciargli il tempo di pronunciare l’incantesimo per intero, schiantandolo. Draco atterrò dall’altro lato della sala con un tonfo e, prima che potesse reagire, il padre gli si avvicinò sequestrandogli la bacchetta e assicurandola sotto il mantello.
“Si può sapere che ti prende?” gli ringhiò contro “sarò costretto a legarti, sembri un cucciolo selvatico, un comportamento che non si addice a un Malfoy, Draco”. E così fece. Con un leggero vingardium leviosa fece sollevare da un angolo una fune che si abbatté sul giovane, incatenandolo alla solita poltrona di legno usata per le punizioni. Il ragazzo si dibatté, ma fu inutile: la corda si stringeva dolorosamente su di lui ad ogni minimo movimento, costringendolo ad assumere posizioni scomode e lasciando sulla sua pelle di porcellana dei segni rossi e scuri. Lucius spostò una sedia davanti a lui e sedendosi cominciò con la predica.
“Sei una delusione, Draco. Il peggiore dei Malfoy. Non sei una brava persona, non sei un Mangiamorte, non sei niente, solo un lurido borioso viziato che scopa con la prima babbana in circolazione. Mi hai molto deluso: non hai mai avuto la stoffa del campione, ma non pensavo potessi raggiungere questi limiti. Hai toccato il fondo: spera per te che l’Oscuro non decida di punirti, perché a quel punto saranno guai seri. Sei uno stupido, Draco, e come tale meriti un castigo” il ragazzo socchiuse gli occhi e si volse dall’altro lato, l’incantesimo sarebbe stato doloroso e sarebbe giunto di lì a poco.
“CRUCIO!”
 
***
 
“DRACO!”. Hermione si svegliò di soprassalto. Erano le quattro di notte, e stava distesa, ansimante, sul suo letto nel dormitorio. Ginny, vigile accanto a lei, scattò portandole un bicchiere d’acqua fredda che appena fatto apparire sul suo baule. Lavanda e Angelina si svegliarono e, bruscamente, protestarono, ma un’occhiata furiosa di Ginny le mandò fuori. La rossa rimase a prendersi cura dell’amica che era in preda a un attacco di panico, non riusciva a respirare, boccheggiava e sgranava gli occhi angosciata.
“Hermione, calmati, sono qui!”
“Dov’è Draco?”
“Alla Manor, Hermione. È stato convocato questa mattina”
“Io… devo andare lì, Ginny! Lucius lo ucciderà!”
“Hermione, tranquilla, Malfoy sa badare a se stesso”
“Non capisci, ha bisogno di me!”
“Peggiorerai soltanto le cose, Hermione! Sta’ giù e vedi di dormire”
“Io… s-sì, sì, Ginny” rispose la grifona rimettendo la testa sul cuscino e chiudendo gli occhi.
 
***
 
Draco ansimò straziato stringendo i manici della poltrona. Il cruciatus era durato dieci minuti, tanto che credeva di avere un paio di costole rotte, ma soprattutto qualche emorragia interna. Il padre, anch’egli ansimante per lo sforzo, si allontanò di qualche metro, per poi tornare brandendo una frusta magica, che fece schioccare sul corpo del figlio. Lo colpì ancora e ancora, l’arma che emanava scintille verdi e rosse ogni qualvolta si infrangesse sul corpo martoriato di Draco, lasciando abrasioni e scottature notevoli. Dopo un po’ di quel supplizio, Lucius Malfoy si allontanò, lasciò cadere la frusta e gridò per l’ultima volta:
“CRUCIO!”. Il ragazzo si contorse, per poi svenire.
 
***
 Quando la mattina dopo Hermione aprì gli occhi, Ginny era addormentata con la testa poggiata sul suo letto, inginocchiata. La ragazza si guardò intorno stranita prima di scuoterla riconoscente.
“Come va?” le chiese la Weasley, subito sveglia. Hermione annuì senza dare una risposta e, ancora vestita dal giorno prima, uscì dal dormitorio affacciandosi sulla scala che dava sulla sala comune. Quel giorno sembrava che tutti i Grifondoro si fossero svegliati di buonora per assistere a quel momento, ma la Granger scese, fiera, le scale, nonostante le gambe le tremassero e gli occhi fossero rossi di pianto. Harry Potter le si avvicinò per primo, porgendole il braccio per sostenerla. Hermione gli sorrise riconoscente, fissando Ron che, invece, accanto al caminetto le dava le spalle. Dietro di lei scese Ginny che, scivolando tra le braccia di Fred e George, raccontò brevemente la nottata, attenta che nessuno la udisse.
“Allora, come va, Granger?” esordì Seamus accanto a Ron “la serpe ti ha rifilato un’amortensia o sei rincretinita così tanto da esserti innamorata?”
“Seamus!” lo riprese Dean che, come al solito più gentile, le si accostò apprensivo.
“Lascialo stare, Hermione, è solo invidioso perché vorrebbe farselo lui, Malfoy”
“Spara un’altra cazzata del genere e ti schianto, Dean, parola mia!” replicò Finnegan brandendo la bacchetta.
Hermione e Harry si sedettero sul divano.
“T-tu non dici niente, Ronald?” chiese la ragazza con voce incerta al rosso che le teneva testa.
“Sei solo una lurida sgualdrina di quart’ordine” ribatté il ragazzo che, voltatosi per parlare, si rigirò verso il fuoco.
“RON!” lo riprese Harry “Ma sei impazzito?”
“Miseriaccia, Harry, dimmelo tu, chi è il pazzo, se io o lei, che si fotte Malfoy e pretende pure conforto!”
“Non ti dà il diritto di trattarla così” si intromise Fred parlando più a sé stesso.
“Non ti impicciare, Fred” lo zittì Ron, avvicinandosi a Hermione e sollevandola prendendola per il polso “Dov’è finita l’Hermione Granger che non faceva mai tardi alle lezioni, che era sempre impeccabile, studiava in biblioteca e mi aiutava a scrivere i compiti di pozioni?”
“E’ cresciuta, razza di idiota!” sbottò Hermione liberandosi dalla presa e scattando in piedi “pensavi davvero che ti avrei sbavato dietro per sempre? Non sono più la ragazzina del quarto anno che voleva che la invitassi al Ballo del Ceppo! Sai che ti dico, vai a farti fottere!”
“Perché io? Sei migliore di me anche in questo, Granger…” sputò Ron maligno. Hermione lo incenerì con lo sguardo e poi si catapultò di sopra, chiudendosi a chiave.
“Sei un coglione, Ronald Weasley” lo riprese Ginny seguendo l’amica scortata dai gemelli che guardavano il fratello di sbieco. Anche Harry si unì al gruppo, e a poco a poco la sala comune si svuotò. Rimase solo Ron, a fissare il fuoco per sbollire la rabbia. Sapeva che c’era andato giù pesante, ma non gliene importava: aveva perso anche la sua Hermione.
 
***
 
Alla Manor, Lucius Malfoy misurava la camera da letto a grandi passi, la moglie Narcissa che gli gridava contro.
“E’ soltanto un ragazzo, Lucius! Non puoi cruciarlo per notti intere! Merlino solo sa i danni che riporterà quando lo libererai. E quando tornerà a Hogwarts? Come pensi di nascondere i segni della frusta magica?”
“Non li nasconderò! Deve imparare che chi sbaglia paga. È solo un ragazzino viziato che pensa di poter andare a letto con chi gli pare. Hermione Granger, Cissy, comprendi? È una lurida mezzosangue, anzi, peggio, una nata babbana!”
“Capisco che abbia sbagliato, ma è giovane! Lucius, tu gli hai insegnato ad odiarli, ma se lui non volesse seguire le tue piste?”
“Dovrà seguirle, per Merlino! È stato scelto dal Lord Oscuro in persona! Come pensi che la prenderà Lui quando saprà che tuo figlio fa la scappatina settimanale con una sanguesporco?”
Narcissa tacque. Lucius aveva ragione. Draco non poteva infangare il nome della famiglia per un suo capriccio. Tuttavia, non trovava giusto punirlo a quel modo: dopo una notte di sofferenze, Draco era stato smaterializzato sulla torre nord, senza cibo né acqua, lasciato al freddo e ai topi. Mancava solo che Lucius chiamasse un dissennatore! Ma il peggio doveva ancora venire.
 
***
 
Draco Malfoy stava accovacciato per terra, le ginocchia strette al petto per ripararsi dal freddo, anche sé, con quella temperatura, era vestito comunque troppo leggero per riscaldarsi. Era stato slegato, ma i segni della frusta magica dolevano a tal punto che gli impedivano di muoversi. Scivolò a fatica vicino la finestra, dove una stalattite di ghiaccio faceva gocciolare la sua acqua fredda. Aprì le mani a coppa e ne raccolse un po’, per poi portarsela alle labbra. Era gelida, ma quando gli sfiorò la bocca gli diede comunque sollievo.
Dei passi salivano le scale. Draco si rimise al suo posto, per non far notare che si era mosso. Lucius aprì la porta della cella e lo guardò disgustato: il figlio ancora sosteneva il suo sguardo, l’antico orgoglio Malfoy che gli era stato da sempre inculcato aveva sorto i suoi effetti. Il padre gli si avvicinò, tirandogli un calcio negli stinchi e facendogli abbassare le gambe, così da lasciare il ventre e il petto liberi. La frusta lo aveva colpito soprattutto lì, e segni rossi sanguinavano sulla camicia bianca, dandogli un’aria trasandata. Lucius lo colpì con un pugno allo stomaco, che lo fece piegare in avanti e tossire, causandogli un dolore  atroce al torace: il cruciatus gli aveva sicuramente incrinato qualche costola. Gli occhi gli si riempirono di lacrime, e per la prima volta in quei due giorni si rivolse al padre:
“Padre, vi prego…”
“Un Malfoy non implora! Crucio!” continuò con l’incantesimo fin quando Draco non gridò, a gran voce:
“Mi ha adulato con l’amortensia!” Lucius per un attimo sembrò credergli, poi un ghigno comparve sul suo brutto muso e, avvicinandosi al figlio, gli prese i capelli e tirando la testa all’indietro gli sputò contro: “Sei solo un vigliacco, Draco”. E detto ciò riuscì dalla cella, chiudendolo dentro. Il ragazzo si abbandonò al pianto, prima di sprofondare in un sonno pieno di incubi.
 
***
 
Hermione non uscì dalla sua stanza per tutta la settimana. Nonostante le suppliche di Ginny, che tentava di trascinarla fuori con qualsiasi scusa, gli unici che voleva vedere erano lei, i gemelli e Harry. Pensava ancora a quello che le aveva detto Ron, ma non le importava che non si facesse vivo: tanto meglio, quello stronzo doveva restare solo con se stesso.
Due volte al giorno, prima di pranzo e prima di cena, Harry le portava i compiti assegnati e ritirava quelli da portare alle rispettive lezioni, guardandosi bene però ad avventurarsi nell’aula di artimanzia e di divinazione. Fred e George passavano il loro tempo facendo la spola tra la gufiera e la camera della ragazza, per portare messaggi che, però, non arrivavano mai. Ginny le stava sempre vicino, coccolandola, soddisfando tutte le sue necessità e facendola sfogare. Le giornate trascorrevano più o meno bene, ma quando di notte gli incubi si facevano strada nella sua mente si risvegliava urlante e madida di sudore. Un paio di volte Fred, George e Harry andarono a dormire nella stanza delle ragazze, per dare manforte a Ginny che aveva smesso di dormire da più di sei giorni. Hermione dovette ammettere, riconoscente, che Harry si dimostrò migliore di quanto avrebbe potuto sperare, non un commento, un insulto, solo sguardi pieni di comprensione: immaginava cosa stesse accadendo all’interno del Manor, aveva una concezione degli incantesimi distruttivi più ampia di Hermione, e conosceva la magia nera, l’aveva provata sulla sua pelle, ma non diffondeva i suoi dubbi, era già nervosa così.
 
***
 Draco venne liberato dalla cella solo una settimana dopo: sua madre gli aveva portato qualche tazza di latte durante quei giorni, ma per il resto non aveva mangiato né bevuto nulla. Si congedò dal Manor con un inchino rispettoso al padre e un bacio alla madre, muovendosi a fatica: nessuno l’aveva curato dopo il cruciatus, e le sue ossa ne risentivano, come la sua mente, bramosa di tornare a Hogwarts, che in quel momento rappresentava un’oasi di pace.
 

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Capitolo 5
*** Aiuti inaspettati ***


Quando Draco Malfoy tornò a scuola, di lunedì mattina, indossava un maglione a collo alto con lo stemma di Serpeverde, uno di quelli che portavano i tifosi alle partite di quidditch e che lui aveva sempre odiato perché “nascondevano” il suo corpo, ma che ora era costretto ad indossare per non far notare i segni della frusta magica. Nessuno gli rivolse la parola, tutti si scansavano al suo passaggio, solo Harry Potter, inaspettatamente, gli si avvicinò.
“Possiamo parlare?” gli chiese. Malfoy annuì e lo seguì fuori da una delle porte laterali, giù per il giardino verso la casa di Hagrid. Per un po’ nessuno disse nulla, poi Harry esordì:
“Hermione sta malissimo, Draco”
“Lo immagino, siamo in due a stare male”
“E’ una settimana che non esce dalla sua stanza”
“Che cosa sei venuto a fare, Sfregiato, la predica? So che sta male, ma non ne sono io la causa”
“Lo so…” si difese Harry “…lo so”
“E allora che c’è?”
“Io voglio aiutarti, voglio aiutarvi. So cosa significa non poter stare con la ragazza che ami” e detto ciò il suo pensiero passò da Cho, ancora innamorata di Cedric Diggory, a Ginny, che sbavava dietro Dean Thomas “e in più non mi piace vedere Hermione così” concluse sulla difensiva, in fondo era sempre Malfoy.
“Grazie, Potter” disse Draco tendendogli la mano, che lui strinse sorridente “Cosa posso fare?”
“McLaggen è uno stronzo, ed è ancora innamorato di Hermione, credo che la sua sia gelosia repressa, che prima sfogava su Ron, ora tenta di abbattere su te”
“Hermione non è un oggetto” ribatté Malfoy “e io non la posseggo: se mi dicesse che vuole stare con Cormac, non avrei nulla da ridire, la lascerei andare, seppur a malincuore. Ma è lei che mi ha scelto, e io ho scelto lei: a dispetto di quanto davo a vedere, mi è sempre piaciuta, fin dal primo anno, ma qualcosa nella mia formazione estremista di Mezzosangue mi ha sempre frenato” Malfoy si zittì subito, capendo di aver parlato troppo. Che cazzo gli frullava in testa? Si stava confessando con Potter! Harry Potter! Il suo acerrimo nemico sin dal primo giorno a Hogwarts! Harry carpì il suo tentennamento e non insistette.
“La vuoi vedere?” gli chiese dopo un po’. Draco annuì.
“Aspetta qui” . Harry corse via, catapultandosi nella torre. Una volta giunto alla sala comune, sempre correndo come un pazzo, salì fino alla stanza in cui Hermione e Ginny si stavano cambiando. Spalancò la porta, quando un “HARRY!” di rimprovero da parte della rossa che girava solo in intimo lo chiuse fuori. Qualche minuto dopo, quando la Granger aprì la porta, lo guardò interrogativo.
“Ebbene?” chiese.
“Draco è tornato” rispose Harry “Ti sta aspettando”
Hermione, dopo aver ascoltato le indicazioni di dove si trovava, corse via, ripercorrendo il percorso fatto da Harry, e saltò giù dalla porta laterale. Lì, a pochi metri di distanza, scorse la figura bianca di Draco che, avvolto nei suoi vestiti insoliti, la aspettava. Hermione lo raggiunse correndo e gli buttò le braccia al collo baciandolo con forza. A un gemito di Draco, che nelle sue condizioni non poteva reggere il peso, si staccò e, notando i segni rossi sul collo che non era riuscito a coprire del tutto, lo guardò preoccupata.
“Come stai, Granger?” le chiese accarezzandole una guancia con il dorso della mano. Hermione si ritrasse, chiedendogli:
“Cosa ti ha fatto, Draco?” il ragazzo si scurì in viso, sedendosi sull’erba, la ragazza lo imitò “Sei magrissimo”
“Non potrebbe essere altrimenti” rispose Malfoy “Non mangio da una settimana”
“Che cosa ti ha fatto?” ripeté Hermione  voce più alta.
“Non mi ha risparmiato, ecco cosa ha fatto. Sono stato chiuso per una settimana in una cella sporca e fredda della torre nord. Veniva, mi frustava, mi cruciava. Credo di avere un paio di costole rotte, mia cara. Mi serviranno tutte le tue cure” terminò con un sorriso triste e chiuse gli occhi per un attimo, avvicinandosi ai capelli di Hermione. Il suo profumo lo inebriava, era la cosa più bella e buona che sentiva da una settimana. La ragazza lo fece alzare e, tenendolo per mano, lo condusse da Madama Chips. Senza lasciarlo un attimo, percorsero i corridoi sotto gli occhi indiscreti di tutti. Non gli importava di quello che pensavano gli altri: non avevano forse già infranto tutte le regole?
Quando Madama Chips vide Draco, uno sguardo stupito le apparse in viso: era la prima volta che Malfoy si recava in infermeria per farsi curare, e dunque non poteva essere altrimenti. Lo fece stendere e lo spogliò, prima notando i segni rossi della frusta, poi l’addome che presentava degli strani avvallamenti. Dopo una visita attenta, si sedette accanto alla brandina e annunciò:
“Hai due costole rotte, quattro incrinate e una spalla lussata. Cosa hai fatto, Draco?”
“Una rissa in un pub di Notturn Alley” mentì il ragazzo, fissando Hermione che, fuori di sé, misurava a passi veloci l’infermeria “Tra quanto sarò guarito, Madama?” le chiese dopo, posando gli occhi sulla donna che, accanto a lui, non aveva creduto a una parola.
“Tre giorni per le costole, per la spalla ci vorrà un po’ di più, ma potrai comunque lasciare l’infermeria”
“Grazie” rispose Malfoy riconoscente, tornando a posare gli occhi su Hermione che adesso si era fermata e lo osservava apprensiva. Madama Chips capì che ai due serviva un po’ di privacy e, come un fantasma, scomparve oltre la porta. Quando furono soli, la grifona si sedette sul bordo della barella e, prendedogli le mani, cominciò a ritracciare con le sue dita bianche e fredde i segni della frusta, ripercorrendo l’agonia di quella settimana passata fuori da Hogwarts.
Qualche ora dopo il sole era finalmente calato lasciando un po’ di quiete ai verdi prati vicino al castello, e la cena era prossima. Ginny, che aveva aspettato Hermione per tutto il pomeriggio, scese a cercarla seguita da Harry. Mentre chiacchieravano, Potter la condusse nell’infermeria, immaginando che Draco, sconvolto, fosse andato a farsi curare. Lì trovarono i due che, in un aura magica, si sorridevano malinconici ma consapevoli dei loro limiti. Ginny e Harry si avvicinarono a Hermione e la Weasley, appoggiando le mani alla testiera del letto di Malfoy, gli chiese gentile:
“Come stai, Draco?”
“Meglio, grazie, Ginny” rispose lui riconoscente: in fondo era grazie alla rossa che la sua ragazza era sopravvissuta a quella settimana di agonia.
“Ti serve qualcosa?” continuò Harry.
“Potresti passarmi quella fiala?” disse Malfoy indicando il tavolo da lavoro di Madama Chips. Potter la prese e la diede a Hermione che, dopo averla stappata, la appoggiò sulle labbra di Draco. Dopo un paio di minuti di cortese conversazione (anche se un po’ impacciata) tra i Grifondoro e il Serpeverde, in lontananza si udirono le voci di Zabini e Nott che, spavaldi, ripercorrevano il corridoio in cerca dell’amico. Appena entrarono in infermeria, Blaise corse da Draco preoccupato, mentre Theo, con un ghigno cinico, rimase sulla porta.
“Salazar benedetto, Draco!” esclamò Zabini “Che ti è successo?”
“Lucius si è divertito, Blaise” rispose il ragazzo con un sorriso amaro e forzato.
“Te lo meriti, Draco” esordì Theodore uscendo dalla penombra che fino ad allora l’aveva nascosto “dopotutto, con tutte le ragazze carine che ci sono, una sanguesporco…”
Harry estrasse la bacchetta e gliela puntò contro, mentre Hermione, ferita, si lasciava stringere la mano da Draco per farsi forza.
“Ripetilo, Nott” intimò Harry stringendo la presa sulla bacchetta.
“Andiamo, Potter! La familiarizzazione con i mezzosangue è una cosa da Grifondoro…”
“Stupeficium!” urlò Harry schiantando Nott contro l’armadio della medicine di Madama Chips, facendogliele rovesciare addosso e sollevando una nuvola di fumo che attrasse la McGrannit, di passaggio.
“Potter, ma sei impazzito?” chiese rassettando con un colpo di bacchetta le fiale e rivolgendo uno sguardo interrogativo ai ragazzi: era la prima volta che vedeva il Silver Trio nella stessa stanza con i suoi Grifondoro in un contesto esterno alle lezioni. E anche stesso, dov’era Ronald Weasley, la spalla destra di Harry Potter? La professoressa lanciò un’occhiata alle mani incrociate della Granger e di Malfoy, che arrossirono violentemente prima di allontanarsi.
“Dieci punti verranno tolti a Grifondoro per la sua condotta deplorevole, signor Potter. Granger e Weasley, con me. Potter, Zabini e Nott, a cena: il signor Malfoy deve riposare”. E detto questo li trascinò tutti fuori, isolando il letto di Draco tirando le tendine: il Serpeverde, sfinito, sprofondò in un sonno senza sogni.
 
***
 
Hermione e Ginny seguirono la McGrannit nel suo studio e, appena entrate, rimasero in piedi davanti alla sua scrivania: Minerva, furiosa, trasfigurava un portapenne in un topo, poi in un corvo, in un gufo e di nuovo in un portapenne, la sua bacchetta lanciava scintille così violente che le due pensarono stesse per esplodere.
“Ragazze, non sono qui per farvi la morale, ognuno è libero di farsi piacere chi vuole” e detto ciò guardò Hermione, che abbassò lo sguardo “ma non credete che il quartetto Potter-Malfoy-Zabini-Nott nella stessa stanza sia una miscela a dir poco esplosiva? Meno male che non c’era anche Ronald, avrebbero fatto crollare le pareti! A proposito…” continuò “… dov’è finito tuo fratello, Weasley?” chiese interessata.
“A smaltire la sbornia di se stesso” borbottò Hermione prima di rivolgersi alla McGrannit che la fissava interrogativa “Professoressa, le prometto che non causeremo problemi. Ci dia un po’ di fiducia”
“Lo sapete che di voi mi fido, Granger” rispose Minerva con un sorriso dolce e comprensivo “e adesso fuori, tutte e due, a cena!”

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Capitolo 6
*** Decisioni ***


Hermione era furiosa. Come si permettevano gli insegnanti di infiltrarsi negli affari amorosi degli studenti? Cosa poteva importare alla McGrannit, grifondoro incallita e acerrima rivale dei Serpeverde, se Draco veniva cruciato e tutto il resto? E soprattutto, perché le faceva la predica come una mammina apprensiva ma severa? Mentre la Granger saliva le scale saltando gli scalini a due a due, rischiando per più volte di cadere nei vari spostamenti delle rampe, Ginny le correva dietro per tentare di placare la sua ira: non l’aveva mai vista così arrabbiata, la lucidità sembrava averla abbandonata per lasciare il posto a una grifona furiosa e battagliera. Quando le due amiche giunsero fuori dalla sala comune, Hermione farfugliò la parola d’ordine spingendo la Signora Grassa che si lamentò prima di aprire il passaggio. Davanti al fuoco Harry, Ron, Fred e George aspettavano il rientro delle ragazze. Quando le due si fecero avanti, i gemelli e Harry si alzarono avvicinandosi, ma uno sguardo di Hermione li fermò. La Granger salì come una furia nella sua camera, sbattendo la porta, silenziandola e imperturbandola.
“Cos’è successo, Ginny?” chiese Fred cingendo le spalle della sorellina con il braccio.
“E’ incazzata nera con la McGrannit”
“Questo l’avevamo intuito…” asserì George “…ma si può sapere perché?”
“L’avrà convinta a fare voto di castità!” si intromise Ron alzandosi e voltandosi verso i fratelli.
“Chiudi quel forno, Ron, le tue cretinate non ci interessano”
“Miseriaccia, Harry! È lei quella che ha tradito la sua Casa, mica io! La verità è che siete tutti ciechi, tutti voi, solo perché è sempre stata miss non-infrango-mai-le-regole adesso è come se si possa permettere qualsiasi cosa. Ma vi siete bevuti il cervello?! È MALFOY! E non solo l’ha corrotta con chissà che, ma si permette anche di farla soffrire, è questo che mi dà fastidio!”
Ron si zittì. Aveva parlato troppo, e quelle ultime parole che affermavano quanto gli importasse di Hermione lo avevano scoperto. Raccolse le sue pergamene, si ficcò la bacchetta in tasca e salì nel dormitorio maschile. Un silenzio imbarazzato aleggiò un po’ nella sala comune, fin quando non si udì Hermione che sbloccava la camera. La rossa ritené comunque sicuro per la sua persona non dormire in camera, quella notte. Chiese a Fred e George se poteva dormire nella loro stanza, e loro acconsentirono, sfrattando McLaggen e Paciock, che si accampò nella stanza di Harry, Ron, Dean e Seamus, mentre Cormac, per la sua incolumità, andò a fare visita a Calì Patil. La rossa trasfigurò una t-shirt di Fred in una camicia da notte che indossò e si mise sotto le lenzuola del letto di Neville. Ovviamente, non dormì nessuno. I pigiama party notturni tra i gemelli e la piccola Ginny erano rari, a causa dei rispettivi compagni di stanza, ma quando avevano luogo erano uno spasso, per tutti e tre: Fred e George erano i Weasley che, in assoluto, adoravano di più la sorellina, e avevano fatto un patto, quando lei era nata, di proteggerla per sempre: l’avevano mantenuto per quindici anni, e non avevano intenzione di infrangerlo, mai.
Mentre Ginny rideva e scherzava con Fred e George, Hermione, nella sua stanza, schiantava oggetti da una parte all’altra, mandando in frantumi fiale, specchi, portafoto e strappando libri e pergamene. Lavanda e Angelina si erano dissolte, probabilmente erano da Calì. Mentre la strage di oggetti continuava, Hermione elaborò un pensiero: niente e nessuno avrebbe potuto impedire il suo amore per Draco. Né la gelosia di Ron, né le punizioni di Lucius, né i discorsi casti e puri della McGrannit. Nemmeno Nott, che del Silver Trio era il più stupido e montato, l’avrebbe ostacolata. Sarebbe passata sopra tutto e tutti, si sarebbe fatta scivolare le cose addosso, non avrebbe dato nell’occhio, e per tutti sarebbe rimasta la Hermione Granger che conoscevano. Lei e Draco sarebbero rimasti i più discreti degli amanti, scivolando senza degnarsi d’uno sguardo durante il giorno, per poi sparire dentro stanzini bui la notte e premiare i loro sacrifici. Hermione si ripromesse che avrebbe fatto dimenticare a tutta Hogwarts quello che era successo in quegli ultimi giorni, avrebbe trattato Malfoy come prima, non più di un purosangue borioso e viziato, a chiunque li avrebbe visti avrebbe pensato che le dicerie sul loro conto erano state solo voci di corridoio. La Granger, seguendo il suo flusso di coscienza, sprofondò in un sonno senza sogni, e chiuse la sua mente agli stimoli esterni: aveva bisogno di riposare, da troppo tempo non dormiva una notte tranquilla.
 
***
 
La mattina seguente, Hermione si alzò, si vestì e, prendendo i libri dal baule, si catapultò di sotto. La Sala Comune, ancora un po’ addormentata, pullulava di ragazzetti di primo anno che avevano passato la notte a ripassare pozioni intimoriti dal professor Piton e coppie del settimo che si aggiravano sorridendo maliziosamente. Ginny seguita da Fred e George uscì dalla loro camera, prima di dirigersi dall’amica.
“Stai bene?” le chiese mettendole una mano sulla spalla.
“Mai stata meglio!” rispose Hermione, lasciando di stucco i tre Weasley che sgranarono gli occhi ma non dissero nulla. Le due amiche scesero a colazione discorrendo del più e del meno, e fu solo quando Hermione incrociò lo sguardo di Zabini che si ricordò di Draco. Confidando nella discrezione di Blaise, gli fece scivolare in mano un biglietto di pergamena chiuso da una ceralacca. Sul fronte del foglio troneggiava una scritta elegante: Per Draco.
“Cosa devo fare, Granger?” le chiese a denti stretti senza farsi notare, continuando a camminare appena dietro di lei.
“Dalla a Draco. Leggila e sei morto”. Lo spirito grifone si faceva ancora spazio tra le macerie dell’animo di Hermione, e solo quando il Serpeverde scomparve nel corridoio che conduceva all’infermeria la Granger tirò un sospiro di sollievo. Nella lettera aveva scritto come comportarsi, secondo le regole razionali che si era prefissata la notte precedente.
Ginny e Hermione entrarono nella Sala Grande e scivolarono al tavolo dei Grifondoro, sedendosi accanto ad Angelina e davanti a Fred, che le faceva le moine per farsi passare i compiti di pozioni- e non solo. Harry, Ron e Dean arrivarono poco dopo: dissero che Seamus e Neville erano incorsi in un incidente causato dalle manie piromani del primo e che ora erano in infermeria a farsi curare le scottature. Potter si sedette accanto a Hermione stringendo la sua mano che stava abbandonata sul tavolo e fissandola con un sorriso incoraggiante. Ron, nauseato da tali smancerie, si trovò ben altro da fare, bighellonando per la sala in cerca di Lavanda, che lo accolse tra le sue spire. I Grifondoro chiacchierarono amabilmente fino alla fine della colazione, poi si smistarono nelle varie classi. Harry, Ron, Hermione, Lavanda, Dean e Seamus salirono alla torre di astronomia, Ginny raggiunse i suoi compagni a trasfigurazione mentre Fred e George, prima di ritirarsi alla lezione di pozioni sotto le grida di Piton, fecero qualche scherzo a Gazza con dei petardi. 
Astronomia era una delle poche lezioni che i Grifondoro non condividevano con i Serpeverde, bensì con i Corvonero. Luna Lovegood si sedette accanto a Hermione, giocherellando con un amuleto di giada a forma di rospo che le pendeva dal collo.
“Hai la testa piena di gorgosprizzi, mia cara” le disse con il suo tono di voce liscio e cristallino. La grifona sorrise, prima di concentrarsi sulle mappe del sistema solare che aveva davanti. Altro che gorgosprizzi, Luna.
La lezione fu abbastanza noiosa, come al solito, e gli studenti, al suono della campana, si dileguarono senza nemmeno ascoltare i compiti loro assegnati. Scesero saltando gli scalini a due a due: se fossero arrivati tardi alla lezione della McGrannit sarebbero stati cazzi. Correndo per i corridoi giunsero finalmente nell’aula di trasfigurazione, dove un’arcigna Minerva doveva ancora terminare la lezione con i ragazzi del quinto anno dell’ora precedente, dato che aveva perso buoni trenta minuti a sgridare un insolente Serpeverde. Ginny si girò e salutò con un sorriso Hermione, che ricambiò.
“Potter, Granger, Weasley, che ci fate qui?” chiese la donna furiosa.
“Avremmo lezione, professoressa” rispose Harry.
“Ma se non ci vuole ce ne possiamo pure andare!” colse l’attimo Ron, trascinando l’amico verso la porta.
“Fermo, Weasley, non dire baggianate. Con loro ho finito” e detto ciò scarabocchiò su un foglio una nota di demerito e consegnandola al Serpeverde gli intimò di consegnarla a Piton. I ragazzi del quinto anno si dispersero nel corridoio, mentre il sesto entrava e si sedeva, da una parte i grifoni, dall’altra le serpi. Appena vide Nott, Harry assunse un’espressione dura in viso, che fece nascere un ghigno soddisfatto sul brutto muso di Theo. Ron lo notò, ma non sapendo i fatti conosciuti il giorno prima non disse nulla. Mentre la McGrannit spiegava una difficile trasfigurazione di un oggetto inanimato in un manufatto magico, l’aula si riempì di un denso fumo rosso.
“Che diavolo succede adesso?” sbottò la donna affrettandosi verso la porta e aprendola con un colpo di bacchetta. Fuori, i gemelli Weasley reggevano una cassetta di legno che esalava i vapori rossi.
“Weasley, che state combinando?”
“Niente, professoressa, lo sa che lei è la nostra professoressa preferita” disse ruffiano Fred.
“Volevamo solo sapere se le andava un dolcetto, sono fatti con le nostre mani” aggiunse George.
“Non mi interessano le vostre smancerie, in più vi conosco da sette anni e so benissimo che avrete messo lì dentro uno dei vostri intrugli”
“Ma cosa dice, professoressa?” esclamò fintamente scandalizzato Fred, e poi in coro: “GIURO SOLENNEMENTE DI NON AVERE CATTIVE INTENZIONI!”
Harry ridacchiò  alla formula della Mappa del Malandrino distorta per l’occasione, e i gemelli gli lanciarono un’occhiata ammiccante. Approfittando dell’attimo di confusione, Blaise fece scivolare sul banco di Hermione il biglietto di risposta. Notando che la Granger aveva ricevuto il messaggio (l’irruzione dei gemelli era stata inscenata per permettere a Zabini di consegnarle la risposta indisturbato), Fred e George salutarono con finto dispiacere la McGrannit, la quale, indignata, chiuse la porta e tornò alla sua spiegazione. Hermione aprì la pergamena e allisciandola sul banco lesse:
E’ la cosa migliore. Non per niente sei “la strega più brillante della tua età”. Ti amo. Distruggi il messaggio. Draco”
Hermione sorrise di sottecchi e, quando la lezione finì, dirigendosi con Harry a pranzo, passò davanti all’infermeria e fece l’occhiolino a un Draco che, a petto nudo seduto sul letto si faceva curare le ferite da Madama Chips. Il Serpeverde ricambiò con un sorriso complice, prima di distogliere lo sguardo per non farsi notare.
 
***
 
Tre giorni dopo, quando Draco uscì dall’infermeria, il patto venne rispettato. Gli amici di entrambe le parti rimasero così stupite che fu compito dei due amorosi spiegare il loro piano. A quel punto, fu guerra aperta. I Serpeverde e i Grifondoro, ritenendosi autorizzati a riprendere i conti in sospeso, non persero occasione per punzecchiarsi, anche pesantemente. Solo Harry e Draco, quando si trovarono faccia a faccia ad una partita di Quidditch, evitarono di prendersi a calci e morsi per il bene della ragazza, e smisero di fronteggiarsi, ognuno alla ricerca del boccino per conto proprio. Se durante il giorno Malfoy e la Granger erano anche capaci di insultarsi (lui la chiamava “mezzosangue” e lei “furetto”) la notte era tutta un’altra musica. Hagrid fu costretto ad allontanarsi per un po’, e così il loro luogo d’incontro fu la capanna piena di spifferi e di polvere. Passarono le notti migliori della loro vita. Quando Hagrid tornò, decisero di incontrarsi nella cantina di Mielandia, dove arrivavano grazie alla Mappa del Malandrino di Harry passando per un passaggio segreto buio e pieno di ragnatele. Per un paio di mesi andò avanti così, e l’ultima notte che si videro, la vigilia dell’inizio delle vacanze di Natale, fu la notte decisiva. Hermione perse la verginità, Draco l’aveva già data a una Serpeverde più grande l’anno prima, per consolarsi dall’assenza obbligata della grifona nel suo letto. Quando all’alba fu ora di andare, Hermione gli premette le labbra sulle sue e, baciandolo con foga, gli disse: “Ti amo, Draco Malfoy”
“Anch’io” sussurrò lui accarezzandole i capelli. Arrivati a Hogwarts si separarono. In cuor suo, Hermione sperò che Lucius non fosse venuto a conoscenza di niente e che quindi il Serpeverde, tornando a casa, non avrebbe dovuto subire l’ira paterna.
 
***
 
Quel pomeriggio, le classi vennero smistate e ognuno tornò a casa propria: Hermione era stata invitata dalla signora Weasley, ignara di ciò che era successo, ma aveva declinato con gentilezza l’invito, dicendo che sarebbe stata contenta di avere Ginny una settimana a casa usa. Arthur insistette per farla andare e si offrì di accompagnarla, voleva conoscere le abitudini dei Babbani più da vicino. Così la piccola Weasley passò un paio di giorni dai Granger, che si dimostrarono assolutamente amabili e fecero di tutto per metterla a suo agio in una casa senza magia. Tornando a casa, finalmente, Ginny riuscì a rivelare a suo padre l’utilità di una papera di gomma.
 
***
 
Draco tornò al Manor e, avendo ristabilito con la sua presunta buona condotta il rapporto col padre, passò delle piacevoli vacanze. Alla Vigilia, secondo tradizione, vennero invitate le maggiori casate purosangue al Manor per un grande ballo che si protrasse fino alla mattina del giorno di Natale. Per Capodanno la famiglia Malfoy fu invitata a casa Nott, dove si festeggiò la venuta dell’anno nuovo con un banchetto ricco e pieno di succulente portate. Il giorno dopo, tornando a casa per le otto di sera, i Malfoy si coricarono. Era notte fonda quando Lucius sgattaiolò fuori da suo letto e, aprendo furtivamente la porta della stanza del figlio, puntandogli la bacchetta contro sussurrò: “Imperio”.

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Capitolo 7
*** Così credette ***


Al rientro dalle vacanze di Natale, la farsa inscenata da Hermione continuò, o almeno lei così credette. Il primo giorno si incontrarono nel corridoio, lui con il suo seguito di Serpeverde composto da Blaise, Nott e Tiger, lei accompagnata da Ginny e Harry. “Non potevi restartene a casa tua, sporca mezzosangue? Cos’è che fanno i tuoi genitori, eh? Le fatine dei denti?” Hermione rimase stupita dalla forza di quelle parole, Draco non c’era mai andato giù così pesante, ma almeno constatò con piacere che il soggiorno a casa non gli aveva causato problemi. “E tu, Furetto? I tuoi ti hanno cacciato perché volevano che la smettessi di perdere pelo in giro per casa?” rispose Hermione stando al gioco.
“Ti faccio vedere io chi è il furetto…” mormorò Draco brandendo la bacchetta. Hermione, sconvolta, si immobolizzò, lasciando che Harry e Ginny le facessero  da scudo.
“Draco!” lo riprese Zabini bloccandogli la mano e guardando Hermione come per scusare l’amico, ma la ragazza era immobile, gli occhi fissi in quelli gelidi di Draco che però non accennavano a un soffio di complicità. Il Serpeverde sembrò aver sbollito la rabbia, ripose la bacchetta e, spintonando i grifoni, li superò e si fece strada nel corridoio.
“Hermione…” cominciò Harry.
“…Era programmato?” concluse Ginny.
“N-no, no…” rispose la strega voltandosi e osservando la figura del biondo allontanarsi.
“Che cazzo gli succede allora?” inveì la rossa.
“N-non lo so…”
“Dai, non ci pensare, andiamo in classe” le disse Harry prendendola per il braccio e trascinandola via, un po’ per non farle pensare a quello che aveva detto Draco, un po’ per non dover avere il brutto muso di Malfoy ancora sott’occhio, più che altro per la sua incolumità. Si diressero nell’aula di incantesimi, dove il professor Vitious troneggiava su una pila di libri per arrivare alla cattedra.
“Granger, Potter!” disse “Prendete posto, su, siete già in ritardo!” i ragazzi si affrettarono e, lanciando le loro sacche su una sedia libera estrassero pergamene e piume. Per una volta, la lezione di incantesimi fu silenziosa. Il professore rivolse varie domande a cui nessuno seppe rispondere. L’unica in grado di risolvere i quesiti sarebbe stata Hermione, che però era in trance totale e fissava un punto fisso davanti a sé. Perché Draco si era comportato così? Era successo qualcosa? Sperava che fosse solo un’esagerazione della messa in scena che avevano deciso di inscenare, ma la sua mente le diceva che non era così: nei suoi occhi aveva visto la scintilla che brillava sempre alle partite di Quidditch quando decideva di buttare Harry giù dalla scopa, la stessa scintilla di quando aveva schiantato Nott nella Sala Grande, la stessa scintilla che aveva quando Piton spiegava la preparazione di pozioni assassine. Non aveva dubbi, Draco quel giorno, se non l’avessero fermato, l’avrebbe come minimo schiantata, se non peggio. La sua mente vagava negli occhi di ghiaccio del ragazzo, ma il suo cuore cercava ancora la serpe il cui fiele dolce come il miele l’aveva ammaliata. Una lacrima stava per rigarle il viso, ma ebbe il contegno di fermarla sul bordo dell’occhio. Harry lo notò, ma non ne fece parola: solo alla fine della lezione, uscendo, la prese sotto la sua ala cingendole le spalle con il braccio sinistro, lei come un cucciolo smarrito le appoggiava il viso sul petto. Scesero le scale fino alla Sala Grande, dove si sedettero accanto a Ginny e Dean, che sotto l’occhio vigile dei gemelli si corteggiavano con educate avance. Ron sbuffava ingurgitando la sua gelatina e mandando giù un pezzo di pane con del succo di zucca. Calì Patil lo guardava schifata, ma lui imperterrito non alzava gli occhi dal piatto, per evitare di incontrare quelli di Harry o Hermione, o comunque di tutti i Grifondoro che lo attorniavano. La Granger, che già di per sé non era una buona forchetta, aveva perso completamente l’appetito, e alle insistenti parole di Harry che le dicevano di mangiare qualcosa rispose che avrebbe preso una burrobirra con lo zenzero e dei biscotti quando quel pomeriggio sarebbero andati a Hogsmeade. Ginny gli fece cenno di non insistere, e quando il pranzo terminò Harry ebbe ben cura di non trascinare fuori l’amica fin quando non vide il brutto muso di Draco Malfoy sparire oltre la porta.
***
 
Draco continuò ad insultare Hermione, senza mostrare il minimo segno di complicità. Una settimana dal rientro dalle vacanze, la Granger non ce la faceva più: voleva capire, e cosa più importante voleva risolvere quello che stava succedendo. Si sentiva colpevole di aver messoin testa a Draco un’idea del genere, di avergli dato una chance di continuare a imbrattarla per il suo sangue sporco. Era un misto di rabbia repressa, la sua, di triste malinconia per ciò che era prima e di rimpianto per il futuro. Fu così che, un lunedì, mentre andavano a Hogsmeade, beccò Malfoy solo con Blaise e gli si avvicinò.
“Possiamo parlare?” gli chiese.
“Non ho niente da dirti, Granger” rispose la serpe.
“Avanti, Draco!” esclamò Blaise scandalizzato spingendolo verso Hermione. I due si allontanarono, uscendo dalla strada principale innevata e arrivando allo spiazzo da cui si poteva ammirare la Stamberga Strillante.
“Cosa succede, Draco?”
“Che significa?” chiese Malfoy infastidito.
“Perché ti comporti così? Noi, Draco… noi stiamo insieme..”
Stavamo insieme, carina… credi davvero che io sia così stupido da farmi abbindolare da una mezzosangue come te? Eri un portento a letto, bisogna riconoscerlo, ma era questo l’unico motivo per cui stavo con te. Un po’ di sesso con una mezzosangue può essere benissimo rimpiazzato da una purosangue molto più capace. Quindi sparisci, Granger, ti troverai qualcun altro con cui fare la sgualdrina. Non permetterò mai che mio padre o nessun altro mi punisca per qualcosa che non ho fatto”.
Hermione scappò via. Non voleva che quel purosangue borioso e viziato che lei amava tanto la vedesse piangere. Attraversò come una furia la strada che la divideva dal paesino e, quando fu davanti ai Tre Manici di Scopa entrò senza dar conto alle bamboline che scimmiottavano versi davanti alla porta, cercando con gli occhi Harry e sedendosi accanto a lui, che stava prendendo una burrobirra con Ron. Lì scoppiò in lacrime.
“Vi serve qualcosa ragazzi?” chiese una cameriera avvicinandosi.
“Una burrobirra con zenzero per lei, grazie” rispose Harry.
“No, qua ci vuole qualcosa di più forte” si intromise Ron prendendo dalla tasca degli spiccioli e dandoli alla cameriera che si diresse al bancone e tornò con un bicchierino piccolo e trasparente con dentro un viscoso liquido bianco.
“Bevi” le disse Ron con un sorriso mettendole in mano il bicchiere. Hermione lo ingollò tutto d’un fiato, la vodka che scendeva bruciandole la gola. Lo posò sul tavolo e ne chiese un altro.  Ron pagò di nuovo la cameriera e se ne fece portare altri due, sapendo l’effetto di quella roba. Più beveva, più piangeva e più chiedeva ancora alcool. Harry la guardava compassionevole, Ron ribolliva di rabbia. Come si era permesso Malfoy a far soffrire così la sua Hermione? Mentre guardava la strega più brillante della sua età ridotta in quello stato, rivide in lei gli occhi smarriti della bambinetta del primo anno che, piangente a causa delle sue parole, si ritirava nel bagno delle ragazze e veniva aggredita da un troll. Rivide in lei la fulgida ragazza quattordicenne che entrava al ballo al braccio di Krum, e la rivide mentre si sedeva in lacrime sugli scaloni della scuola dopo avergli gridato contro, per l’ennesima volta, “Ron, hai rovinato tutto!”. Si sentì una merda, perché allora era stato come Malfoy, l’aveva fatta piangere, e non se l’era perdonato. Ma quel furetto… quello stronzo non sembrava comprenderlo, o forse non voleva comprenderlo e, soprattutto, non voleva pentirsi di ciò che aveva fatto. Sedendosi vicino ad Hermione, le cinse le spalle in un abbraccio, e lei si sfogò bagnando di lacrime la sua felpa di Grifondoro. Rimasero in quella posizione per un po’, e ad un tratto videro Blaise Zabini avvicinarsi.
“Non so che gli prende, Hermione” sussurrò mettendole una mano sulla spalla.
“Grazie, Blaise… Sto bene” rispose Hermione sorridendo riconoscente, anche se quelle ultime parole l’avevano trafitta più di mille lame. Le aveva proferite per convincere più se stessa che il serpeverde, e se n’erano accorti tutti, ma nessuno aveva fatto commenti. Il moro si era allontanato dopo aver fissato per un po’ Ron e Hermione che si abbracciavano, e allora aveva capito: il suo migliore amico, quello che tutti credevano il primo della classe, il migliore in tutto, era un emerito stronzo. Se non ci fosse stato lui, probabilmente la Granger avrebbe amato Weasley, e sicuramente sarebbe stata di gran lunga più felice, senza doversi preoccupare del suo sangue o dei suoi gesti. Si allontanò sorridendo triste a Harry, che ricambiò riconoscente, per poi sparire fuori nel gelo. 

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Capitolo 8
*** Fingere di essere ***


“E se diventi farfalla nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali.”
 
Alda Merini
                                                                            
 
Quella notte, Hermione pianse lacrime amare. Rimase nella scala che portava al dormitorio delle ragazze, seduta in una nicchia con le gambe al petto, a guardare la pioggia scendere coposiamente oltre la vetrata. Si sentiva come se le sue lacrime stesse facessero piovere. Si sentiva colpevole di tutta quell’acqua che scendeva sulla terra, come si sentiva colpevole per aver bevuto. “Bere per dimenticare” aveva letto una volta sulla parete dietro il bancone di un pub di quart’ordine di Londra, e inizialmente aveva pensato che l’effetto dell’alcool sulla psiche avrebbe potuto “cancellare” per un po’ i pensieri. Ma non era così. Tutta la vodka che aveva bevuto le era servita solo per rimarcare la sua sofferenza, perché ora stava peggio di prima, lo stomaco in subbuglio e la testa confusa. Le aveva sempre dato fastidio non essere lucida, e ora che continuava a piangere senza riuscire a smettere si sentiva stupida e sola. Evocò il suo patronus, che si materializzò davanti a lei in un’aura azzurra. La piccola lontra la fissava interrogativa, facendo le fusa come per infonderle coraggio. Un rumore la fece sconcentrare, e il patronus si dissolse in una nuvola argentea prima di sparire del tutto. Aspettò in silenzio per un po’, quando si accorse che era solo il rospo di Neville, Oscar, che saliva le scale gracchiando. Si maledì per non avere i nervi saldi e tornò a guardare fuori dalla finestra. Fuori, era tutto come negli ultimi sei anni: il castello, il parco, la casa di Hagrid, persino la pioggia era la stessa, ma ai suoi occhi tutto era diverso. Forse era lei a essere cambiata? Certo, agli occhi di una mezzosangue le cose dovevano necessariamente essere differenti. Chissà come sarebbe stato essere una purosangue: poter girare tranquillamente senza avere gli occhi di tutti addosso, non doversi preoccupare dei guai di ben due mondi… poter amare Draco liberamente. Chissà se c’era un modo per diventare una purosangue. In un altro momento le sarebbe sembrata una cosa innaturale e stupida, ma quando ci pensò le si accese una lampadina che era impossibile ignorare. Scattò in piedi e, facendosi luce con la bacchetta, uscì dalla Sala Comune noncurante dei borbottii scontenti della Signora Grassa. Scese le scale di corsa e si diresse… in biblioteca. Già immaginava le voci di Harry e Ron che la canzonavano e le sfuggì un sorriso malinconico, ma subito dopo era di nuovo concentrata.
“Alhomora” sussurrò alla serratura, che scattò e si aprì, introducendola in una stanza enorme divisa in corridoi da alte librerie colme di volumi polverosi. Superò i primi settori e svoltò direttamente nel reparto proibito. Con un incantesimo d’appello portò una scala e vi salì, spulciando tra i libri di pozioni che non erano autorizzati ad insegnare e i trattati di magia nera. Uno in particolare attirò la sua attenzione: stava a metà tra i volumi di pozioni e i trattati di magia, e infatti apparteneva un po’ a entrambi i campi. Era un volumetto piccolo e nero dalla rilegatura in cuoio. I quattro angoli erano decorati da borchie arruginite e in argento, sulla copertina, spiccava il titolo:
“Fingere di essere - Come cambiare la propria natura”
Hermione lo aprì e sfogliò deliticamente le pagine per paura di strapparle, ma notò con stupore che a differenza degli altri volumi, completamente devastati dalle tarme e abbandonati alla polvere, questo si conservava piuttosto bene per essere un libro che, a quanto riportato sulla prima pagina, era stato stampato circa un secolo prima. La ragazza si sedette a uno dei tavoli della biblioteca e cominciò a leggere.
 
Sono stati moltissimi i maghi mezzosangue o nati babbani che hanno provato a cambiare la propria natura sottoponendosi a salassi per liberarsi del sangue “impuro”, ma dopo la lettura di questo libro capirete che non c’è bisogno di rischiare tanto per diventare dei purosangue. Tutto quello che serve è una grande forza di volontà e soprattutto convinzione, perché una volta iniziato il processo non si può tornare indietro.
 
Hermione deglutì. Il libro la faceva troppo lunga. Era davvero così difficile, così importante la scelta che stava prendendo? Stava davvero per mettersi alla prova così tanto? Ne valeva davvero la pena? Sei una stupida, Hermione, pensò, prima di sussurrare tra sé e sé: “O la va o la spacca”. Riprese la lettura del libro.
 
Esistono due modi per diventare dei purosangue, ma uno non esclude l’altro, pertanto dovranno essere messi in pratica nello stesso periodo, seguendo le indicazioni di seguito riportate. Il “primo metodo” comporta lo svolgimento di un incantesimo sulle bevande tre volte al giorno Queste si tramuteranno in sangue magico incontaminato da impurezze babbane e, una volta averlo bevuto per un mese, si potrà controllare, con una recisione di un capillare, che il sangue sarà più denso di prima ma, soprattutto, traslucido. Il “secondo metodo” è una pozione da bere tre volte al giorno e i cui ingredienti, non difficilissimi da trovare, sono riportati qui sotto. È molto importante il tempo di stasi su una fonte di calore e il tipo del calderone utilizzato, quindi consiglio vivamente di evitare il peltro e il rame e di utilizzare, per avere più successo, il bronzo.
 
Hermione rabbrividì. BERE DEL SANGUE?!? Lei, che non poteva nemmeno vedere una ferita di un ginocchio appena graffiato? Continuava a ripetersi che lo stava facendo solo per Draco, e alla fine si convinse a lasciare la biblioteca, nascondendo il volume sotto il mantello.
 
***
 
La mattina seguente Hermione scese a colazione da sola prima del solito, e, applicando l’incantesimo del libro, trasformò il suo succo di zucca in sangue viscoso e caldo. Lo ingollò tutto d’un fiato e fu lieta di constatare che non aveva poi un sapore tanto sgradevole. Mentre la Sala Grande si andava riempendo, la grifona si sedette e addentò una focaccina, che lasciò subito però quando vide entrare il biondo dalla porta principale seguito da Blaise, preoccupato, e da Nott, visibilmente compiaciuto che l’amico avesse ritrovato il senno. Lasciò stare la sua colazione, ma tentò comunque di non avere un’aria preoccupata quando Ginny le si sedette di fronte e Fred e George uno alla sua destra uno alla sua sinistra.
“Ehi Granger! Hai visto la faccia di Piton stamattina? Qualcuno ha fatto scivolare nel suo succo di zucca un pochino di caramelle tutti gusti più uno… alla caccola!”
“Bel lavoro, Fred! Quello stronzo se lo merita, per domani dobbiamo classificare tutte le piante della flora del Lago Nero, con tanto di campione! Come cazzo le vado a prendere le alghe sul fondo?”
“C’è sempre…” si intromise Neville.
“…l’algabranchia” terminarono gli altri compagni. Da quando Paciock aveva salvato il culo a Harry al quarto anno con l’algabranchia non faceva che parlare di quello.
“Come va oggi, Herm?” le chiese Ginny apprensiva prendendole una mano e rigirandola tra le sue per riscaldarla. Si era sempre stupita di quanto fredde potessero essere le mani dell’amica, ma quel giorno sembrava proprio che avesse dormito al Polo Nord!
“Bene Ginny, grazie”
“Buongiorno a tutti!” salutò Harry sedendosi accanto a Ginny.
“A te Harry, dov’è quel deficiente di mio fratello?” rispose la rossa.
“Ancora di sopra, pare che si sia dato da fare con Lavanda questa notte”
“Che schifo” commentò Hermione a denti stretti.
“Già” concordò Harry. I grifoni rimasero in silenzio per un po’, fin quando Ron, completamente brillo, si avvicinò e si accasciò accanto all’amico.
“Che ti è successo, Ron?” chiese Ginny, notando un dolcissimo profumo di fragole che proveniva dal fratello, aroma che la allettava molto.
“Sei stonato, fratellino” lo canzonarono Fred e George, anche se non poterono fare a meno di notare che Ron emanava un piacevolissimo profumo di caramelle e assi di legno grezze.
“Lavanda… è il mio unico amore… non è bellissima?!” e detto ciò lanciò uno sguardo languido alla bionda che si stava sedendo accanto a lui.
“Per tutte le cavallette! Ha letteralmente fatto il bagno nell’amortensia! Non notate che sentiamo tutti dei profumi che ci attraggono?” sbottò Hermione, e i grifoni, che sotto effetto della pozione si erano avvicinati, si ritrassero imbarazzati. “Che cosa hai fatto, asina giuliva?” si alzò in piedi la Granger piegandosi sul tavolo e afferrando il polso di Lavanda, costringendola a sollevarsi.
“Calmati cara, era solo un modo per, beh… incrementare la passione!”
“Te la faccio vedere io la passione lurida put…” inveì estraendo la bacchetta, ma senza avere il tempo di brandirla e finire la frase che i gemelli l’avevano tirata giù e calmata.
“Che ti prende, Herm?” chiese Ginny stupita. Ma Hermione non poteva darle una risposta, non sapeva nemmeno lei quello che accadeva nella sua testa: in un altro momento non sarebbe stata così impulsiva, si sarebbe arrabbiata, sì, ma solo a scopo accademico, ma si sentiva i nervi a fior di pelle. Che le stava accadendo? Quel comportamento sarebbe stato più da Harry, più da purosangue… e lì le si accese la lampadina. Possibile che fosse l’incantesimo al succo di zucca che la rendeva così? Non vi era ancora abituata, ma doveva prestarci attenzione. Se fosse sbottata così durante le lezioni, sarebbero stati guai. Si alzò borbottando una scusa molto prima che la colazione volgesse al termine. Doveva fare appello alle scorte private di Piton per avere gli ingredienti necessari, e poteva farlo solo mentre lui non vagava per i corridoi. Scese nei sotterranei e, svoltando in un corridoio più buio degli altri, si ritrovò davanti a una porta di ebano con una serratura laccata d’argento. Hermione aprì la porta con un incantesimo e con un lumos si fece luce cercando tra le scorte. Grazie a Merlino, gli scaffali erano strapieni, quindi il professore non si sarebbe accorto se qualcosa mancava. Riempì la sua sacca con tutti gli ingredienti e in fretta e furia uscì chiudendo la porta silenziosamente.
Quando raggiunse il bagno di Mirtilla Malcontenta, il fantasmino uscì dalla vasca dove aleggiavano bolle argentee e con un urlo agghiacciante le si parò davanti.
“Ciao Hermione!” la salutò “E dov’è quel bel fustacchione platinato dell’altra sera? Ci avete dato dentro!”
“Lasciami in pace, Mirtilla. C’è un posto dove possa fare una pozione senza sentire i tuoi deliri?”
“Entra nell’ultimo bagno, non funziona lo scarico, non c’è divertimento lì” e con un singhiozzo ritornò a sollazzarsi nella vasca.
La Granger entrò dalla porticina e appoggiò il calderone sul gabinetto, poi cominciò a uscire gli ingredienti dalla sacca. Triturò un paio di bezoar nel mortaio e schiacciò tre scarafaggi rubicondi spremendo il succo nel calderone. Aggiunse i bezoar e versò l’aconito. Aggiunse tre parti d’acqua e mescolò. Agitò la bacchetta e lasciò fermentare, uscendo dal bagno (la fermentazione era di quarantott’ore, quindi sarebbe tornata due giorni dopo).
 
***
 
Quella sera, nella Sala Comune, Ron, che aveva bevuto un antidoto dall’amortensia, lasciò Lavanda e, quando Hermione entrò dal ritratto della Signora Grassa, le corse incontro e abbracciandola la sollevò.
“Era ora, Weasley” lo schernì la ragazza, non potendo però evitare che alcune lacrime le colmassero gli occhi.
“Come sta il furetto?” chiese Ron, rompendo la magia.
“E chi lo vede…” rispose la strega staccandosi da lui e avanzando verso il divano.
“Non ci pensare, Hermione. Sei o non sei la strega più brillante della tua età?”
“Non c’entra niente, Ron. Questo mio essere saccente non mi ha portato a nulla”
“Pensi davvero che Draco ti tratti così per questo? È un Malfoy, Hermione. E tu, beh, tu sei…” si interruppe imbarazzato, toccare quel tasto dava sempre molto fastidio all’amica.
“…io sono una mezzosangue. Sì, Ron, lo so, non vergognarti a dirlo”. Hermione sembrava sicura, e lei stessa si stupì di questa sicurezza: l’idea che di lì a un mese sarebbe diventata una purosangue la faceva sorridere. Draco sarebbe stato finalmente suo, e nessuno, nemmeno Lucius, avrebbe potuto impedirlo.
“Ma sei comunque la migliore” le disse il rosso sorridendo, prima che quell’aura magica creatasi tra i due venisse interrotta dai gemelli che si sedettero accanto a loro.
“Ah, la guerra è finita Ronnie?”
“Pare di sì, ragazzi” rispose Ron prendendo la mano di Hermione. La Granger si sentiva finalmente a posto. La parte del suo cuore riservata all’amicizia era di nuovo integra.
 
***
 
Hermione finì la pozione e continuò a bere il sangue puro ogni colazione, pranzo e cena. Gli intrugli, però, le facevano passare l’appetito, e in poco tempo la strega diventò più magra e pallida di quanto non fosse già. Non mangiava nulla, beveva soltanto avidamente succo di zucca, latte e miele e, quando andavano a Hogsmeade, calici colmi di burrobirra con zenzero. I grifoni se ne accorsero, ma nessuno ne fece parola: la ragazza si sforzava di mangiare almeno un paio di bocconi a pasto e, fin quando non sarebbe stato certo che agognava all’anoressia, nessuno le avrebbe fatto questioni. Dopotutto, stava passando un momento difficile. Draco non le parlava da settimane, la scuola era sempre più pesante e a causa del suo indebolimento stava perdendo colpi. La McGrannit se ne accorse, e un giorno la convocò nel suo studio. La fece mettere comoda e, offrendole del tè con dei pasticcini, cominciò a parlarle.
“Ho notato, signorina Granger, che ultimamente lei non sembra stare molto bene. La sua media sta calando vertiginosamente, e a quanto pare non solo nella mia materia. Quindi adesso le chiedo… sicura di stare bene?”
“Professoressa, so badare a me stessa, stia tranquilla” le rispose la ragazza riconoscente.
“Spero che ciò che dici sia vero, Hermione. Comunque sono contenta che non mi siano più giunte voci dei tuoi, beh, “incontri ravvicinati” con il signor Malfoy”
Gli occhi della strega si riempirono di lacrime: “Sono contenta anch’io, professoressa” le disse con la voce rotta dal pianto, prima di alzarsi e con una lieve riverenza congedarsi. Corse nel corridoio fin quando la strada non le venne sbarrata da un petto fasciato da un maglione nero con lo stemma verde-argento. Strinse il corpo che ormai considerava amico, e il serpeverde le cinse le spalle e la abbracciò.
“Non chiederlo nemmeno, Blaise” gli disse. Non voleva che per l’ennesima volta le chiedessero se tutto andava bene.  
 
 

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Capitolo 9
*** Un'alleanza d'eccezione ***


Piton entrò nell’aula affollata come una furia, avanzando a grandi passi verso la cattedra e lanciando ordine agli studenti che, stupiti, non gli staccavano gli occhi di dosso.
“Chi di voi luride cavie da laboratorio ha osato farlo?”
I ragazzi lo guardavano con sguardo interrogativo.
“Non fate finta di non saperne niente!” continuò il professore “Qualcuno sta rubando dalle mie scorte, e quel qualcuno è in questa stanza”
I Serpeverde si girarono guardando Potter di sbieco. Da quando al quarto anno Barty Crouch jr. rubava nella scorte di Piton per preparare la polisucco che lo tramutava in Alastor Moody, tutti pensavano che fosse lui a introdursi nel magazzino. Harry non ci fece nemmeno caso, notando con piacevole stupore che il professore non lo stava accusando. Piton assegnò loro una caterva di compiti e li congedò con un semplice “La lezione è finita” prima di sparire nel corridoio.
“Mah, certo che quello diventa sempre più strano” cominciò Ron.
“Andiamo a pranzo?” continuò Harry.
“Andate… vi raggiungo” concluse Hermione sparendo oltre la porta. Doveva rifornirsi di ingredienti per la pozione, li aveva quasi finiti, e non poteva permettersi di cambiare nemmeno per un secondo il processo: non ne conosceva le conseguenze. Come sempre pensò che Piton fosse a pranzo e quindi fuori dai piedi, ma quella volta non fu l’istinto a guidarla, bensì una disperata convinzione che anche quella volta l’avrebbe fatta franca. Una volta svoltata nel corridoio, titubante aprì la porta del magazzino e ci trovò dentro niente di meno che…
 
Il professor Piton la trascinò dentro chiudendo la stanza e imperturbandola, tirandole di mano la lista con tutti gli ingredienti.
“Lo sapevo che eri tu, Granger! Che state combinando tu e i tuoi amichetti, di nuovo la polisucco?” e detto ciò fece scorrere gli occhi sulla lista, a un rapido sguardo cambiò espressione e le disse, quasi preoccupato: “Granger, ma tu, stai facendo la commutatio! Si può sapere a cosa diavolo ti serve?!”. Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime, e ad un tratto a Piton tutto fu chiaro: vide negli occhi castani della giovane quelli color tempesta di Draco, la sera in cui di ritorno dal Manor gli aveva rivelato, sotto veritaserum, della sua tresca con la Granger. Rivide il ragazzo che la trattava male, e lui che egoisticamente pensava che finalmente avesse messo “la testa a posto”. E vedeva Hermione in lacrime al braccio di Potter. Per un attimo, Piton si vergognò del suo figlioccio e della stupida educazione purosangue che tutti loro, fin da bambini, avevano ricevuto. Dopo un attimo di esitazione lasciò la presa sul polso di Hermione, la quale nei suoi occhi vide tutto quello che il professore aveva letto, e ne fu quasi felice.
“Lo faccio per lui, signore” disse tra i singhiozzi “se sarò come lui, forse… è tutto un problema di sangue” Piton era molto contrariato, e conosceva i rischi che la ragazza stava correndo, ma borbottò comunque un “Prendi quello che ti serve e fila via” e la lasciò sola. Il suo animo codardo da Serpeverde non gli avrebbe mai permesso di restare a guardare o di essere testimone di qualcosa di tanto pericoloso. Preferiva essere “complice” piuttosto che dover testimoniare davanti a tutta la scuola per l’operato di una stupida Grifondoro innamorata.
Hermione raccolse gli ingredienti e scappò via. Non voleva restare nei sotterranei un minuto di più: quel posto le metteva i brividi. Salì nel bagno di Mirtilla Malcontenta e, prelevando dal calderone la pozione residua con una fiala, mise di nuovo gli ingredienti e lasciò a fermentare. Guardò l’orologio babbano che teneva al polso e si accorse che era ora di cena, quindi decise di scendere nella Sala Grande. Mentre camminava per i corridoi, un preoccupatissimo Zabini le corse incontro chiamandola.
“Blaise, cosa succede?” le chiese lei allarmata.
“Draco è stato convocato al Manor”. Hermione sbiancò visibilmente, e questo permise al Serpeverde di confermare che nemmeno la ragazza poteva dargli una spiegazione.
“Tu non ne sai nulla?” le chiese.
“Io e Draco non ci parliamo da settimane” balbettò Hermione, che per un attimo era come pietrificata davanti all’irruenza con cui le era giunta la notizia. “Che cosa gli succederà, Blaise?”
“Non lo so, Hermione”
“Devo raggiungerlo”
“Sei impazzita?!?!? Sai cosa gli farebbe Lucius se arrivassi da lui per salvarlo? Lo considererebbe una povera donzelletta indifesa, lo ucciderebbe!”
“Devo andare lo stesso, Blaise. Anche a costo di morire io stessa” e detto questo la ragazza si allontanò sveltendo il passo.
“Vengo con te!” le gridò dietro il moro, raggiungendola. I due, ormai dimentichi della colazione, svoltarono in un paio di corridoi fin quando non giunsero in una deserta aula di babbanologia.
“Avanti, serpe, qual è il piano?” gli chiese la ragazza.
“Partiremo a mezzanotte. Sai usare la metropolvere, vero?”
“Ho avuto delle brutte esperienze in passato, e comunque ci servirebbe un camino, e gli unici non controllati sono negli uffici dei professori. Quelli nelle Sale Comuni vengono sbloccati solo sotto autorizzazione se qualche studente viene convocato. Dobbiamo smaterializzarci”
Blaise deglutì preoccupato e, mettendo da parte per un attimo il suo orgoglio maschile (in fondo era sempre un Serpeverde!), ammise “Io non so smaterializzarmi. Non l’ho mai fatto”
“Io sì,” rispose prontamente Hermione “ma servirà la smaterializzazione congiunta”
“L’hai mai usata prima?”
“No, ma ho letto molto sull’argomento. Ti devi fidare, Blaise. Per Draco” e detto ciò gli porse la mano.
“Per Draco” rispose il moro stringendola.
I due si divisero prendendo due strade diverse, dandosi appuntamento a mezzanotte nella cantina di Mielandia, dato che era impossibile smaterializzarsi dentro Hogwarts. Hermione, nella fretta, salì direttamente ai dormitori, saltando la cena, e dimenticandosi completamente del dover bere la pozione e il succo di zucca tramutato in sangue. Appena fu nella sua stanza prese la sua magica borsetta a perline e ci mise tutto l’occorrente. Poi si cambiò, indossando un paio di pantaloni verde militare con molte tasche e un maglione color prugna che le aveva fatto la signora Weasley per il Natale precedente. Dopo essersi accuratamente coperta con cappello, sciarpa e guanti, e, nonostante mancassero più di cinque ore all’appuntamento, raggiunse con un passaggio segreto la cantina del negozio e si accovacciò su una cassa, in attesa. Poco dopo, la raggiunse Blaise, che, una volta sfuggito alla severa sorveglianza di Piton, non osava più tornare in dormitorio. Si sedette accanto alla ragazza e cominciò a tracciare una mappa del Manor sulla polvere del pavimento, spiegandole il piano.
“Ci smaterializzeremo nella stanza di Draco. Da lì è molto facile raggiungere il salone, centro della casa, ma anche una eventuale via di fuga. Una volta lì, non una parola. Segui me e basta. Conosco casa Malfoy come le mie tasche. Dovremo raggiungere il salone, dove di solito Lucius punisce Draco, o dove comunque la famiglia si riunisce. Lì non dorme mai nessuno: stanno tutti svegli, chi legge, chi fuma o beva, in silenzio nel salone. Se ci va bene, non ci sarà bisogno di intervenire, ma è alquanto improbabile. Prepara la bacchetta, Granger: disarmare Lucius Malfoy è impossibile, a meno che non lo si colga completamente di sorpresa”
 
Nel frattempo…
Sala Comune di Grifondoro
 
“Ragazzi, qualcuno ha visto Hermione?” chiese Ginny girando tra i tavoli e i divani della Sala Comune “Ha saltato la cena”
“Hai provato nella sua stanza?” chiese Ron.
“Certo, brutto somaro, è il primo posto dove ho guardato. Lì non c’è, e non c’è nemmeno la sua bacchetta. Ho trovato solo questo” e detto questo lanciò il libriccino nero che aveva in mano a Harry.
Fingere di essere- Come cambiare la propria natura…” lesse il Grifondoro sfogliando le prime pagine. Ad un tratto, allarmato, chiese: “Dov’è Draco?”
“Al Manor” rispose la ragazza.
“Andiamo subito da Blaise”
“Ci puoi dire che diamine succede, per Merlino?!” chiese Ron furioso e allarmato.
“Se la nostra Hermione ha ancora un minimo di cervello, nulla” asserì Harry “altrimenti possiamo cominciare a preoccuparci seriamente”
 
I Grifondoro corsero fuori dalla Sala Comune, ignorando le urla di Gazza che, dopo averli pizzicati per i corridoi, minacciava di appenderli per i pollici. Scesero come delle furie nei sotterranei e, una volta davanti all’ingresso della Sala Comune dei Serpeverde cominciarono a bussare con foga. Nott, seduto in prossimità del passaggio con Millicent sulle ginocchia, la scansò e, stupito, aprì la porta.
“Che cazz…”
“Dobbiamo parlare con Blaise” gli disse Harry senza permettergli di finire la frase.
“Non è qui” rispose Nott con sufficienza.
“Sai dove potrebbe essere?” chiese Ginny angosciata.
“No, e anche se lo sapessi, perché vi dovrebbe interessare, stracciona?”
Ginny incassò il colpo e rispose quasi supplichevole: “Ti prego, Nott, abbiamo bisogno di lui. Ne vale la sua vita, quella di Hermione…” si interruppe, sapendo che non avrebbe sortito alcun effetto dire alla serpe che una mezzosangue era in pericolo “… e quella di Draco!”
Nott impallidì, collegando ad un tratto i pezzi.
Draco
Il Manor
Lucius
La mezzosangue
Blaise che non si trovava
Hermione in pericolo
“Vengo con voi” disse, prendendo la bacchetta dalla sedia dove era seduto poco prima e chiudendo il passaggio, lasciando una scontenta Millicent a piagnucolare.
I ragazzi corsero a perdifiato, perlustrando tutti i luoghi dove avrebbero potuto trovare gli amici. La biblioteca, il campo da Quidditch, il bagno di Mirtilla, tutto, finché Ginny, sfinita e affranta, non si accasciò contro il muro, scivolando fino a sedersi per terra.
“Basta, è finita, non li troveremo mai”
“Chi te lo dice?” e detto ciò apparvero due Fred e George, brandendo la Mappa del Malandrino.
“Sarai il Prescelto, Potter…” cominciò Fred.
“…Ma non sai ancora sfruttare al meglio le tue risorse” concluse George.
Harry, divertito, prese la Mappa e sussurrò “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”. Si rivelò una pianta di tutto il castello e, appena fuori dalle sue mura, in direzione Hogsmeade, due puntini stavano per dissolversi: Granger e Zabini.
“Mielandia!” esclamò il ragazzo, correndo in direzione del passaggio segreto con al seguito tutto il gruppo.
 
Mielandia
Hermione si stringeva a Blaise per il freddo, l’orologio da polso che aveva preso in mano per controllare meglio l’ora segnava mezzanotte meno dieci. Cominciando il count-down, delle lacrime calde cominciarono a rigarle le guance, gocciolando fin sulla mano di Blaise.
“Ehi” le sussurrò lui amichevolmente “Andrà tutto bene”
La ragazza, stupita per la sua debolezza, annuì e forzando un sorriso, si asciugò le lacrime col dorso della mano.
“Dai, alzati: è ora di andare” le disse il moro tirandola su con sé. La ragazza si posizionò in mezzo alla cantina, il braccio di Blaise sul suo, e, proprio mentre Harry e Ginny entravano nella cantina, si smaterializzò.
“NOOOOOO!” gridò il ragazzo accasciandosi per terra nel tentativo fallito di riuscire a fermarli. Nott, stupito, era impallidito di nuovo, e si guardava intorno boccheggiante. “Chi di voi sa smaterializzarsi, stupidi Grifoni?” chiese improvvisamente furioso.
“Io!” gridò Fred “Anch’io!” concordò George.
“NON SE NE PARLA NEMMENO!” inveì Ginny “NESSUNO SI MUOVERA’ DI QUI, QUANT’E’ VERO CHE MI CHIAMO GINEVRA MOLLY WEASLEY!” e detto ciò, dopo l’accesso di rabbia, si accasciò su una cassa, accanto a lei Harry si stava rialzando da terra.
“E adesso che facciamo?” chiese Ron.
“Aspettiamo” rispose la ragazza.
 
 
 
 
Salve a tutti!
Nonostante mi fossi ripromessa di intervenire per la prima volta al decimo capitolo, non ho resistito assolutamente. Quindi eccomi qui!

Innanzitutto vorrei chiedervi cosa ne pensate della storia, e che aspettative avete per la sua continuazione. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate dello stato attuale di Draco e, soprattutto, di questa pseudo-allenza tra Grifondoro e Serpeverde.
Nott che impallidisce, una Ginny impulsiva, un Harry improvvisamente perspicace, e soprattutto la reazione inaspettata di Piton! Rivelatemi tutto, vi prego recensite anche se la storia non è ancora finita, è la mia prima fanfiction quindi voglio che qualcuno mi dica cosa ne pensi, se faccio troppo schifo meglio finirla qui ahahah!
Alla prossima!
blackings

 
P.S. mi perdonerete se pubblicherò tanti capitoli in una volta e poi per una decina di giorni niente più, ma sono quasi in partenza per il mare e lì, per mia sfortuna, non abbiamo né pc né wi-fi.
 
 
 

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Capitolo 10
*** Sectumsempra ***


Hermione e Blaise atterrarono nella stanza di Draco con un tonfo sordo, barcollando e cadendo seduti per terra. La Granger si maledì per essersi sconcentrata, ma l’irruzione dei suoi amici l’avevano mandata in uno stato confusionale senza via d’uscita. Che stavano facendo lì? Avevano scoperto il suo segreto? Sarebbero andati a denunciarla ai professori? No, non potevano, non l’avrebbero fatto nemmeno per il suo bene. Si tirò su e aiutò Blaise ad alzarsi, guardandolo con aria interrogativa. Il moro si portò l’indice alle labbra per farle segno di fare silenzio e, muovendosi furtivamente si affacciò sul corridoio e, appiattendosi al muro, strisciò fino alle scale. La ragazza imitò i suoi movimenti, stupendosi di come il ragazzo conoscesse persino le zone più in ombra del Manor, i meandri dove nascondersi e le parti in cui bisognava andare di fretta per non essere scoperti. Immaginava lui e Draco piccoli che giocavano a nascondino per i corridoi della magione, e le sfuggì un sorriso.
Scesero le scale cigolanti tentando di fare meno rumore possibile, e quando giunsero a piano terra, affacciandosi sul salone, videro un martoriato Draco che era stato schiantato contro il camino e un furioso Lucius che brandiva la bacchetta contro di lui.
“EXPELLIARMUS!” gridò Blaise introducendosi nella grande stanza. Malfoy senior si girò di scatto stupito, ma non ebbe il tempo di aprir bocca che Hermione si lanciò in direzione di Draco, scivolando accanto a lui. Il suo corpo era coperto di sangue.
“DRACO! DRACO!” gridò la strega sbottonandogli la camicia per esaminare la profondità delle ferite.
“Her-Hermione…” balbettò il ragazzo “p-perd-perdonami, Hermione… ero s-sotto in-incantesimo” ansimò prendendole la mano a fatica.
La ragazza si interruppe, lo sguardo che oscillava tra i due Malfoy.
“COME AVETE POTUTO!” si lanciò contro Lucius, che però aveva recuperato la bacchetta e parava ogni colpo rispondendo.
“SECTUMSEMPRA!” gridò Lucius colpendo la ragazza, che con un grido soffocato si accasciò per terra sanguinante. Blaise accorse, tentando di verificare i danni, ma a differenza di Draco, le cui ferite erano semplici tagli non molto profondi, quelli della ragazza sembravano non smettere di perdere sangue, un sangue più liquido di quello babbano, quasi traslucido.
“Draco, vieni qui!” chiamò il moro, e il suo amico alzandosi a fatica lo raggiunse, barcollando. Hermione era svenuta, ma Draco si chinò lo stesso a baciare quelle labbra che gli avevano dato tanto sollievo in momenti di sconforto, quelle labbra che amava più di se stesso. A quella scena, Lucius schiantò i tre ragazzi contro la parete, legandoli con la stessa corda che aveva usato mesi prima per suo figlio. Draco e Blaise lì per lì si dimenarono, ma quando si resero conto che la corda stringeva sempre di più ci rinunciarono. Hermione, accanto a loro, perdeva sempre più sangue, e rantolava nel sonno parole senza senso. Lucius le si avvicinò e, attento a non sfiorarla, sollevò con un lembo del mantello qualche goccia di sangue, che portò davanti agli occhi. Quello era sangue puro, lo stesso che scorreva nelle sue vene, fatta eccezione per qualche piccola impurità dovuta alla coagulazione che caratterizzava i Babbani. Si avvicinò al figlio e con uno stiletto gli fece un taglio lungo tutto l’avambraccio, stillando un po’ del suo sangue. Confrontando il suo e quello della presunta mezzosangue, il colore era identico, e anche la consistenza. In un moto di rabbia chiuse i tre ragazzi nella Torre nord e sparì in una nuvola nera. Doveva trovare Severus. Doveva trovarlo per capire cosa stava succedendo alla sua famiglia, a suo figlio, alla mezzosangue.
“Blaise, prendi quella vecchia camicia!” ordinò Draco, che nonostante fosse ferito era comunque più lucido dell’amico “Tagliala e fanne delle bende: dobbiamo fermare l’emorragia”
“D-Draco, il suo sangue…” disse il moro indicando le ferite di Hermione.
“Lo so, lo so…” rispose Malfoy, che però non capiva, non sapeva un bel niente. Com’era possibile che la sua Hermione, così forte, non si fosse ancora ripresa dall’incantesimo? Com’era possibile che fosse giunta al Manor? E soprattutto, com’era possibile che il suo sangue fosse così poco, beh… umano?
“Sbrigati, Blaise: dovrai recitare degli incantesimi curativi. Io non posso farlo, non ho la bacchetta”
“Draco, sono una frana in incantesimi, lo sai, se lei, beh, se lei dovesse…”
“Morirà lo stesso se non facciamo nulla!” e detto questo Draco, gli occhi offuscati dalle lacrime, cominciava a spogliare la ragazza, lasciandola solo con il reggiseno, e a fasciarle le ferite alla meno peggio. Blaise prese la bacchetta e con voce tremante recitava gli incantesimi che conosceva, invano: l’emorragia non si fermava. Draco frugò nella borsa a perline della ragazza, sperando che avesse qualcosa, una fiala con una pozione curativa, o qualche incantesimo illuminante, ma niente. Non aveva libri né pergamene, l’unica cosa che gli aprì gli occhi fu una pagina strappata da un libro.
 
Se il processo verrà interrotto anche per un secondo,
il mago o la strega morirà.
 
Draco era sempre più stordito. Di che processo parlava il libro? Perché la sua Hermione doveva morire? I pezzi non volevano andare al loro posto, e il biondo capiva sempre meno. Abbandonò come in trance la ragazza e, dirigendosi alla finestra, gridò fuori, nell’aria gelida della notte:
“SE L’HAI UCCISA, GIURO SULLA MIA STESSA VITA CHE TI TROVERO’ E TI AMMAZZERO’!”
La minaccia non poco velata attrasse il padre che, tornando da Hogwarts accompagnato da un preoccupatissimo Severus, saliva le scale della torre. Draco sentì i passi che salivano e strappò la bacchetta dalle mani di Blaise. Quell’uomo doveva pagare. L’era della sottomissione era finita. La porta si spalancò, ma prima che lui potesse lanciare un incantesimo Piton lo disarmò assicurando la bacchetta del moro sotto il mantello.
“Draco, non fare sciocchezze” gli sussurrò in un orecchio avvicinandolo a sé tenendolo per la spalla. Il ragazzo si calmò. Cosa credeva di fare, uccidere Lucius Malfoy di punto in bianco. Si scostò per fare passare il professore, che si piegò sull’alunna, frugando sotto il mantello estraendone una fiala. Draco gli mostrò il pezzo di pagina del libro, e lui annuì.
“Lo so, Draco. Ti spiegherò tutto più tardi”
Piton appoggiò la fiala alle labbra di Hermione e facendole bere tutto il suo contenuto. Il colorito, che aveva assunto un pallore mortale, tornò a essere roseo, e l’emorragia cessò.
“Bisogna portarla a Hogwarts” disse Severus voltandosi verso Lucius “Bisogna portarli tutti e tre a Hogwarts”. Malfoy senior, indignato, uscì.
“Sai smaterializzarti, Draco?” chiese il professore.
“Sì”
“Prendi Hermione. Blaise verrà con me. Smaterializziamoci nella cantina di Mielandia”
“Ma, quindi, lei…” cominciò Zabini.
“Credete di essere l’unica generazione furba? La Mappa del Malandrino è stata creata ai tempi dei Malandrini, quindi mentre io frequentavo Hogwarts” rispose Piton tagliente, ricordando James Potter e Sirius Black che lo schernivano.
 
Il gruppo giunse da Mielandia, dove ancora il gruppo di Grifondoro e Serpeverde era in attesa. Alla loro apparizione, Ron scattò in piedi e puntò la bacchetta al collo di Malfoy: la vista della sua Hermione sanguinante l’aveva fatto uscire fuori di senno.
“TU, lurido figlio di putt…”
“Quando avremo finito, giuro che le darò il permesso di insultarlo quanto vuole, Weasley, ma adesso avremmo un po’ di fretta: aiutatemi a portare il signor Malfoy e la signorina Granger in infermeria.”
Draco si accorse solo allora di aver perso un sacco di sangue, e, ormai praticamente dissanguato, si accasciò a terra. Nott se lo caricò sulle spalle, mentre Harry e Blaise sollevarono Hermione tentando di farla muovere il meno possibile e entrambi vennero portati da Madama Chips.
 
***
 
La comitiva passò tutta la notte in infermeria. Draco, una volta ripresosi, disse che non si sarebbe fatto medicare fin quando Hermione non fosse stata fuori pericolo. Harry gli mostrò il libro sulla commutatio, che nell’attesa aveva letto interamente, e Malfoy si maledì mille volte per quello che era. Da parte loro i Grifondoro, dopo aver letto la parte finale del volume, si guardarono preoccupati entrando in agitazione. Ginny salì addirittura a chiedere alla Cooman di leggere nel futuro della ragazza, ma la professoressa aveva bevuto un po’ troppo a cena e non fu d’alcun aiuto. La rossa ridiscese nell’infermeria affranta, trovando tutti i suoi amici accampati sui lettini vuoti dell’infermeria. Sembrava un misto tra un campeggio e una veglia funebre, la luce soffusa per non ferire gli occhi dei ricoverati e le esalazioni delle pozioni che salivano a formare una densa nuvola profumata. Ginny si sedette accanto ai gemelli e si abbandonò al pianto. Notandolo, Draco si voltò e, prendendole le mani, le disse:
“Mi dispiace, Ginny”. La ragazza annuì senza nemmeno forzare un sorriso e appoggiò il viso alla spalla di Fred, mentre George le accarezzava il braccio per farle forza. Ron, dal canto suo, non riusciva a stare in quella stanza: si sedette nel chiostro di fronte alla porta dell’infermeria, in attesa non sapeva nemmeno lui di cosa. Un paio di volte Harry andò a controllare se stava bene, ma il Weasley non lo degnava di uno sguardo tanta era la sua tristezza e la sua rabbia.
 
La mattina dopo, avvisati dell’accaduto a colazione, giunsero correndo Silente e la McGrannit. L’infermeria addormentata li accolse con un rantolo assonnato, ma ancora i due ricoverati non erano svegli e si tenevano per mano, le loro braccia penzolanti tra un letto e l’altro.
“Come sta la signorina Granger?” chiese Silente a Piton.
“Sopravviverà, professore. La commutatio ha effetti molto forti, tuttavia lo scrittore di quel libro è un ciarlatano estremista e tragico. State tranquilli, in meno di un mese sarà fuori di qui”
In quel momento, Draco si svegliò e, cercando con lo sguardo Blaise, gli chiese notizie di Hermione.
“Sopravviverà” gli disse l’amico raggiante.
“Adesso posso medicarla, Malfoy?” gli chiese Madama Chips, che ancora non si era abituata alla presenza del mago biondo nell’infermeria.
Harry, dopo aver appreso la notizia, corse fuori da Ron gridando: “Hermione ce la farà! È viva!”. Il rosso scattò in piedi e abbracciò con forza l’amico, prima di correre dentro l’infermeria e, sorridente, stringere la mano a Draco: “In fondo potrei anche abituarmi al fatto che Hermione non sia più solo mia e di Harry” gli disse con amichevole ironia.
“Sicuro di stare bene, Weasley? Credo proprio che quello ricoverato dovresti essere tu!” rispose Malfoy.
“Le persone cambiano” gli disse il rosso voltandosi.
“Grazie” concluse Malfoy parlando alle sue spalle: Ron, senza farsi vedere, sorrise. Aveva fatto fin troppo male a Hermione per non permetterle quella tregua. 

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Capitolo 11
*** La quiete dopo la tempesta ***


Hermione guarì e, per quanto possibile, riuscì a metabolizzare il fatto che si era arrecata del male. La presenza di Draco accanto a lei fu costante: il biondo voleva recuperare il tempo perso e allo stesso tempo farsi perdonare per una cosa che non aveva fatto, ma per la quale si sentiva ugualmente colpevole. Un mese esatto dopo l’incursione a casa Malfoy, come promessa di Madama Chips, Hermione era fuori dall’infermeria, più in forma di prima, e pronta a rimettersi al passo con tutti i corsi nonostante le fosse stato impedito categoricamente di sforzarsi. Passava la maggiorparte del suo tempo libero seduta nel chiostro a prendere il sole con Draco, dato che finalmente sembravano cominciate le belle giornate, e per il resto passeggiava con Ginny, Harry e Ron per il castello o si faceva divertire dai gemelli nella Sala Comune. Era così felice che più di una volta i Grifoni pensarono che lei stesse mentendo e le chiesero se andasse tutto bene, ma lei li deliziava con la sua risata cristallina che sembrava indistruttibile. Ginny sulle prime era sempre cauta nel relazionarsi con l’amica, ma quando capì che il pericolo era ormai passato fu contenta di riaccogliere Hermione nella sua vita. La rossa infatti era perennemente in lotta con i suoi sentimenti contrastanti per Harry e quelli non più tanto sicuri per Dean, e, nonostante inizialmente avesse messo da parte i suoi problemi per essere d’appoggio alla Granger, ora entrambe erano contente di poter ricominciare a parlare di ragazzi come ai vecchi tempi. Le cose erano tornate normali, almeno per allora, ma non c’era tempo di pensare a quello che sarebbe accaduto dopo.
Una settimana dopo la sua dimissione dall’infermeria, Hermione si svegliò di buonora, indossò un maglione pesante di Grifondoro e dei pantaloni di velluto nero e scese le scale di corsa fino alla Sala Comune dei Serpeverde. Draco le aveva detto la parola d’ordine nel caso avesse avuto bisogno di lui, così la ragazza entrò e, notando che la Sala Comune era ancora deserta salì al dormitorio maschile e, silenziosamente, scivolò nel letto di Draco, che si svegliò di soprassalto.
“Ehi, amore” le sussurrò baciandola dopo il primo spavento.
“Avevo voglia di vederti” rispose lei ricambiando il bacio.
“Non potevi scegliere momento migliore: è domenica e abbiamo tutto il giorno libero! Cosa vorresti fare?” la ragazza si tirò su puntellando il gomito e tenendo la testa con la mano e sorridendo gli disse: “Voglio che mi insegni a volare!”
Draco sbiancò, poi rise per non mostrare che era visibilmente spaventato, ma poi tornò serio dato che la grifona non sembrava scherzare.
“Guarisci, bambina: abbiamo tempo”
“Io voglio imparare adesso!” alzò la voce Hermione.
“Shh, che li svegli, e se Nott ti trova qui comincia a bofonchiare! Dico solo che forse dovresti uscire dalla convalescenza”
“Malfoy, sto benissimo!” riprese Hermione, poi, maliziosa, lo guardò “Non dirmi che hai paura?!”
Draco si sentì punto nell’orgoglio e, da Serpeverde che era, accettò la sfida: “Va bene, Granger, fammi vestire e testerò le tue capacità: ma ti avverto, sono un maestro severissimo!”
“Correrò il rischio!” ammiccò la ragazza sdraiandosi sul letto quando il ragazzo si alzò. Draco si spogliò del pigiama e, alla luce dell’alba che filtrava dalla finestra, indossò il maglione di Serpeverde che aveva sulla testiera del letto e un paio di pantaloni, infine infilò delle scarpe di camoscio nero e si pettinò con le dita davanti allo specchio.
“Andiamo, ragazza!” le disse quando ebbe finito prendendola per mano e trascinandola via. Hermione seguì Draco fuori nel campo da Quidditch e il ragazzo appellò dall’armadio delle scope la sua Firebolt, sostituta della Nimbus 2001 dall’anno precedente. Malfoy inforcò la scopa e vi salì, poi fece accomodare la riccia davanti a lui. Quando la ragazza fu ben seduta e salda, Draco diede una leggera spinta con i piedi e si librò in volo, fin su gli anelli del Quidditch e poi via, oltre il castello, sul Lago Nero.
Chiunque si fosse affacciato da una finestra del castello non avrebbe potuto credere ai propri occhi. Insieme, su una scopa, il verde-argento del Serpeverde e il rosso-oro del Grifondoro si mischiavano e si separavano in una danza senza fine. Sfrecciavano in alto e poi scendevano in picchiata sulla superficie scura del Lago, per poi eseguire acrobatiche giravolte e avvitamenti pericolosi ma bellissimi. Draco sussurrava ordini di movimento a Hermione, che eseguiva scientificamente come faceva per tutto. Si spostavano all’unisono a destra o a sinistra, e quando il ragazzo per farla arrabbiare o per dimenticanza eseguiva una manovra pericolosa tipica dei cercatori un gridolino di paura di lei e un calcio negli stinchi lo riportavano in carreggiata. Volarono per un tempo che sembrava infinito, ma quando ritoccarono terra e si accorsero che erano passate solo due ore non erano ancora sazi.
“E’ stato bellissimo!” esclamò Hermione aprendo le braccia e accasciandosi sul letto d’erba fresca sotto una quercia in riva al Lago.
“Tu sei bellissima” rispose Draco abbassandosi su di lei e baciandole le labbra umide.
“Ti amo” sussurrò Hermione al suo orecchio “Con te so di non essere sola”
“Con me non sarai mai sola” disse il ragazzo accarezzandole il viso. La ragazza scattò in piedi e, prendendo un sasso dalla riva del lago, glielo mise in mano continuando a tenerlo.
“Che c’è?” chiese Draco divertito.
“Giuralo”
“Giuralo cosa?”
“Giura che ci sarai sempre. Giuriamo che ci saremo sempre l’uno per l’altro”
“Lo giuro” dissero in coro sorridendo.
“Ok, adesso gettiamo il sasso nel Lago: lì non lo troverà nessuno, e il giuramento sarà eterno”
I due, senza mollare la pietra, si alzarono in piedi e, insieme, la gettarono lontano, nell’acqua scura. Quando il sasso sparì dal loro campo visivo, Draco trascinò Hermione a sé e la baciò appassionatamente. Un vento caldo si levò, investendo i due amanti e sollevando le loro incertezze e i loro dubbi. Era l’alba di qualcosa di nuovo. Nessuno sapeva se sarebbe stato meglio o peggio di quello che era passato, ma speravano ardentemente che, qualunque sarebbe stato il loro destino, non sarebbero stati costretti a separarsi di nuovo. Nessuno volle ammettere questa incertezza, però, e rimasero entrambi sulla riva del Lago, l’una tra le braccia dell’altro, a fissare i cerchi concentrici che il tuffo del sasso nell’acqua aveva provocato.
 
***
 
Quando finalmente scesero a colazione, la Sala Grande era avvolta nel classico torpore della domenica mattina. La domenica era l’unico giorno in cui era permesso agli studenti delle case di scambiarsi e mescolarsi, e così sia Draco sia Hermione si sedettero al tavolo dei Grifondoro, dove già Blaise stava concedendosi delle avance con Ginny e le gemelle Calì e Padma si intrecciavano i capelli.
“Buongiorno truppa” salutò Hermione sedendosi di fronte a Harry e Ron, che ricambiarono. Draco si versò del succo di zucca e lo bevve tutto d’un sorso, per poi provvedere alla colazione della ragazza (da quando si era accorto delle privazioni a cui si era sottoposta non faceva altro che rimpinzarla di cibo), mettendole nel piatto una decina di pancakes inzuppati di sciroppo d’acero e delle uova strapazzate.
“Draco, così mi ucciderai!” esclamò Hermione scherzosa quando il piatto le fu posizionato davanti “Nemmeno Ron riuscirebbe a mangiare tanto!”
“Vuoi scommetterci?” chiese il Weasley riempiendosi il piatto il doppio di quello di Hermione e cominciando a mangiare.
“Tu sei pazzo, Ron” lo riprese Harry ironicamente, concentrandosi sulla sua modica porzione di latte e biscotti.
“Che programmi avete per la giornata, ragazzi?” chiese Blaise voltandosi verso i piccioncini.
“Pensavamo di andare a Hogsmeade. Hermione deve fare dello shopping e io ho bisogno di una seria sbronza da burrobirra” rispose Draco.
“Malfoy, ne abbiamo già parlato” lo riprese la ragazza.
“E va bene, solo una burrobirra con lo zenzero”
“Cominciamo a ragionare”
“Fa niente se veniamo con voi? Devo passare da Mielandia” si intromise Ron, ancora restìo sul lasciare Hermione da sola con “quel Mangiamorte”.
“No, certo Ron, vieni pure” rispose Draco con una punta d’imbarazzo.
“Allora ci si vede lì, eh?” disse Harry alzandosi e trascinando con sé Ron.
“Certo” rispose Hermione guardando i suoi due amici allontanarsi.
 
***
 
“Weasley ancora non si fida a lasciarti sola con me, Granger” le sussurrò Draco una volta che si furono alzati dal tavolo della colazione e stavano camminando nei corridoi.
“E fa bene, Malfoy” rispose la ragazza sbattendolo al muro e baciandolo con passione.
“E questo cos’era?” gli chiese Draco staccandosi da lei e sorridendo le scostò una ciocca di capelli dal viso.
“La dimostrazione che i Grifondoro, anche i più testoni, hanno sempre ragione!” e detto questo gli tirò via la sciarpa di Serpeverde dal collo, cominciando a correre verso il chiostro. Draco stette al gioco e, quando lei si sedette a cavalcioni su uno dei balconi degli archi che davano sul giardinetto interno sventolando la sciarpa verdeargentea come una bandiera, lui la sollevò e di peso se la mise su una spalla come un sacco di patate.
“Mettimi giù, Draco Malfoy! METTIMI GIU’!” gridò la ragazza ridendo e prendendolo a pugni sulla spalla.
“Sento un leggero fruscìo d’aria alle mie spalle” la canzonò adagiandola a terra e mozzandole il fiatto con un bacio. Hermione puntò i suoi occhi dorati nei suoi e, quando si staccarono, sussurrò: “Vogliamo andare?”. Draco annuì e la trascinò verso la porta principale.
 
***
 
“E’ inutile, non troverò nulla che vada bene per la festa del Lumaclub!” gridò Hermione sconfortata sbottonando il terzo vestito e lanciandolo fuori dal camerino su un povero Draco scarmigliato carico di abiti.
“Herm, dai, esci, ti aiuto io a scegliere” le disse afflitto tentando di persuaderla. La ragazza scivolò fuori dal camerino ancora a piedi nudi e senza maglione, il reggiseno di pizzo che si intravedeva sotto la camicetta bianca.
“Vediamo che sei capace di fare, Malfoy”
“Su che genere ci orientiamo, milady?” chiese Draco prendendola sottobraccio e facendole fare il giro dell’atelier.
“Un abito che si possa indossare con un paio di ballerine comode senza sembrare banale”  rispose Hermione poco convinta. Il Serpeverde la lasciò un attimo e si avvicinò a uno stand, spulciando tra gli abiti. Ne riemerse poco dopo mostrandole un vestito col bustino di seta color prugna e una gonna gonfia grazie a parecchi strati di tulle poco più chiari, che la facevano volteggiare in modo quasi etereo.
“Che te ne pare?” le chiese, accostandole l’abito sul corpo “Secondo me ti sta benissimo”
“Vedremo” rispose la Granger ostentando la sua ammirazione. Scomparve nel camerino e ne riemerse poco dopo. Alla sua vista, Draco, che si era accomodato su una poltrona di pelle nera, si raddrizzò stupito e, quando la ragazza fece una giravolta e la gonna si alzò in una nuvola violetta scoprendo le sue gambe bianche e perfette ebbe una fitta di desiderio. Si alzò, la prese tra le braccia e, baciandola, pagò la commessa e la trascinò fuori, l’abito ancora indosso. Scivolarono dentro al castello dal passaggio segreto di Mielandia e si appartarono nella camera del Serpeverde, imperturbata e silenziata. Sarebbe stata una lunga nottata.
 
Buongiorno a tutti!
Ok, chiedo perdono per il ritardo e la noiosità di questo capitolo, ma è una parte di passaggio, mi scuserete, ne vedrete delle belle. Voglio solo dire che sono ancora viva per miracolo (una delle mie lettrici mi stava per uccidere ieri sera). Spero che non abbiate perso l’interesse per la fanfiction, a buon rendere!
blackings

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