Miley: THE MOVEMENT

di I Will Be a SMILER
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio d'un grande Sogno ***
Capitolo 2: *** Non è tutto rose e fiori.. ***
Capitolo 3: *** O U M: Operazione Umilia Miley ***
Capitolo 4: *** E la Disney Chiamò ***



Capitolo 1
*** L'inizio d'un grande Sogno ***


Sapete quando succedono quelle cose che non vi sareste mai aspettati che accadessero?

Ecco. Qualche anno fa,mi capitò proprio una di quelle cose.

Spero abbiate voglia di ascoltarmi,perciò mettetevi comodi e rimanete in mia compagnia per un po'.

Allora avevo solo 12 anni e frequentavo la prima media. Io e i miei genitori vivevano in una grande casa a Los Angeles ma siamo originari del Tennessee. Ci trasferimmo a Los Angeles a causa della carriera da cantante di mio padre. Purtroppo a causa dei tour lui era sempre fuori casa e quindi non aveva molto tempo a disposizione per dedicarsi alla famiglia. Ah si,che sbadata non vi ho detto chi è il mio papà! Lui è Billy Ray Cyrus,cantante country di successo. Io Amo mio padre. Lui è un grand'uomo,il mio grande uomo. Da piccola,mi soprannominava sempre 'Bocciolo'! Diceva che ero il suo piccolo Bocciolo! Ora ditemi,come non amare un padre cosi? Ha fatto tanto per me e non smetterò mai di ringraziarlo. Grazie a lui ho conosciuto un mondo del tutto nuovo in confronto al mio. Mi ha insegnato tante cose. Mi ha insegnato ad essere sempre gentile con gli altri,ad andare sempre avanti nonostante le difficoltà che avrei potuto incontrare durante il mio percorso,mi ha insegnato ad Amare.

L'altro grande uomo della mia vita,era il mio nonnino! Per meglio dire,lui era il mio migliore amico,il mio confidente,il mio Eroe! Lui fu l'unico uomo a cui apparteneva la chiave del mio cuore,l'unico uomo che non smetterò mai di Amare.

Alla mia famiglia devo moltissimo. Loro mi hanno sostenuto e continuano a sostenermi in questa meravigliosa avventura che sto vivendo.

Tutto cominciò quando lasciammo il Tennessee e ci trasferimmo a Los Angeles. Io ancora non lo sapevo ma di li a poco la mia vita sarebbe cambiata. I primi tempi a Los Angeles furono piuttosto duri e dunque,ciò che riempiva le mie giornate erano i pomeriggi trascorsi con la mia famiglia,la squadra delle cheerleader e il tempo passato a ricordare la vita vissuta in fattoria poco prima.

Le mie giornate nella nuova città risultavano piuttosto noiose a causa del mio mancato adattamento a quell'ambiente. Non capita tutti i giorni di trasferirmi da un piccolo paese di campagna ad una grande città no?

Ovviamente,avendo lasciato la mia vecchia scuola nel Tennessee,dovetti trasferirmi in una nuova scuola. E principalmente i miei problemi cominciarono da li. Ho subito capito di non essere molto simpatica agli occhi delle ragazzine di città; Infatti,mi sentii presa di mira.

Sapevo che i primi giorni di scuola erano quelli in cui si instaurano nuovi equilibri,si conoscono gli insegnanti,ci si fanno nuovi amici e si valuta se i vestiti comprati per presentarsi a scuola sono accettabili o del tutto fuori luogo. In poche parole,il periodo d'inizio anno è la fase in cui i tipi cool si mettono con i tipi cool,i secchioni con i secchioni e tutti gli altri che si trovano a metà tra i due gruppi,giungono alla conclusione che la cosa migliore da fare è cercare di sopravvivere nel migliore dei modi. Anche se sapevo che sarebbe stata abbastanza dura,non potevo perdere quella fase o rischiavo di diventare un'emarginata,anzi,una sfigata!

Non mi aspettavo che una volta tornata a scuola mi sarebbe bastato presentarmi per essere accettata.

La fattoria del Tennessee dove vivevamo era piuttosto isolata e non c'erano vicini di casa giovani con cui potessi fare amicizia. Perciò sono cresciuta giocando con i miei fratelli e le mie sorelle. Ma mi sentivo a mio agio anche uscendo con i miei genitori o con i loro amici.

Sono sempre stata una bambina fin troppo piena di energia e ciò,non mi era molto d'aiuto: per me era impossibile stare ferma e seduta a concentrarmi ore e ore di fila,cosi non sapevano bene come dovevano trattarmi. Non volevo assolutamente mancare di rispetto, ma proprio non riuscivo a star ferma. Mi ricordo che il primo giorno di scuola,la maestra mi aveva minacciato di mettermi in punizione se solo avessi detto ancora una parola. Allora mi girai verso un mio compagno e gli sussurrai.”Ancora una parola!” Apriti cielo! Finii dritta in punizione. Per aver sussurrato,il primo giorno di scuola. Fortunatamente la maestra non capii bene cosa avevo detto,altrimenti chissà cosa avrebbe fatto! A scuola volevo far vedere a tutti quanti chi ero,volevo affermare la mia personalità e non me ne vergognavo affatto: avevo davvero tante cose da dire.

Di solito la maggior parte degli studenti ha paura di non essere accettata dagli altri,io invece mi preoccupavo quando non riuscivo ad emergere: volevo sentirmi unica,eccentrica,diversa. Accadde che per un periodo di due settimane mi assentai alle lezioni a causa di un malore. Quando feci ritorno a scuola,i miei compagni sembravo felici di rivedermi e pensai che la mia vita fosse tornata alla normalità. Mi ero preoccupata per niente: tutto è bene quel che finisce bene,mi dissi.

E invece,giorno dopo giorno,capii che mi sbagliavo. Io e una delle mie migliori amiche,avevamo iniziato ad avvicinarci ad un gruppo di ragazze della nostra classe. Non sapevo ben dire cosa ci piaceva di loro o di quel gruppo e ad essere sincera,non saprei dirlo nemmeno adesso. Sapevamo solo che,per qualche strano motivo,quello era il gruppo di cui volevamo entrare a far parte. Il primo segnale che qualcosa non andava,era quasi impercettibile. Eravamo tutte in piedi di fronte ai nostri armadietti,dopo una lezione di Matematica. Io feci una battuta,e la leader del gruppo (io e la mia amica la soprannominammo RP ovvero Ragazza Perfida) fece una smorfia alzando gli occhi al cielo. Tutto li,un gesto durato un secondo. Ma in prima media anche il dettaglio più insignificante significa qualcosa. E io come reagii? In nessun modo,ovviamente. Se avessi reagito dicendo esplicitamente qualcosa del tipo:” che vorresti dire con quella faccia?” RP avrebbe risposto con indifferenza:” quale faccia? Non capisco!” e mi avrebbe umiliata davanti a tutti,cosa che odio più di ogni altra. Perciò feci finta di nulla e cercai di dimenticarmene. Nonostante io fossi indifferente,nuovi segnali continuavano ad arrivare. Qualche giorno dopo quell'episodio,in mensa,quando appoggiai il vassoio mi sembrò di sentire qualcuno che brontolava. Che strano. La settimana successiva mi presentai a scuola con un giacchetto di jeans nuovo ed esclamai:” mi piace come sono vestita oggi!” Una delle ragazze del gruppo disse con un tocco di ironia:”Ah,veramente?” Poi mi lanciò uno sguardo che mi lasciò a dir posso secca. Adesso so che non ero paranoica,ma semplicemente un'esclusa. Come mai le mie “ Amiche” se la prendevano con me?

Non ne avevo proprio idea. Vita sociale da prima media: Benvenuta All'Inferno.

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Capitolo 2
*** Non è tutto rose e fiori.. ***


Avete presente come ci si sente quando in un'afosa giornata d'estate,si trova sollievo solo in una piscina d'acqua fresca e tonificante? Ecco,è proprio la sensazione che provai rientrando a casa dopo una giornata particolarmente pesante a scuola e vidi mio padre venire verso di me,tutto contento.

Ultimamente le mie giornate a scuola non erano andate per niente bene. Continuavo ad essere presa di mira dalle mie compagne che coglievano qualsiasi occasione per prendermi in giro e mettermi in ridicolo davanti a tutti. Proprio per questo motivo mi risultò ancora più complicato abituarmi alla nuova scuola. Non avevo molti amici e per giunta le mie compagne mi isolavano. Davvero Bello Eh?! Proprio per questo,speravo anche che mio padre avesse qualcosa di bello da dirmi.

Voi non ci crederete ma,fu proprio come immaginavo! Mio padre aveva sicuramente qualcosa da dirmi ma non andò dritto al sodo. Mi fece prima rodere un po' dalla curiosità.

Io mi ero appena seduta sul divano,molto stanca a causa della giornata a scuola. Allora lui si sedette al mio fianco e mi disse.”Ciao Bocciolo! Credo di avere una notizia che ti renderà molto felice!”. A quelle parole rimasi un po' stupita. Si,immaginai che dovesse dirmi qualcosa ma proprio non riuscivo a capire dove volesse arrivare.

Cosi,lasciai che continuasse il suo discorso. “Ricordi quando ti parlai di quella nuova serie televisiva intitolata “Hannah Montana” che la Disney voleva produrre?” “Si papà,mi ricordo bene. Me ne parlasti qualche settimana fa.” “Bene! Ecco la notizia: proprio la casa Disney,sta cercando una ragazza che interpreti il ruolo della migliore amica della protagonista. Da domani verranno aperti tutti i provini per i vari personaggi e io,ho avuto la brillante idea d'accompagnarti a sostenere il provino!” “Davvero papà? Sarebbe incredibile apparire in televisione!” “Allora Bocciolo. Che dici,ti va di tentare?” “Certo papà! Sarebbe un sogno!”.

Quella sera,ero cosi eccitata che non riuscivo a stare ferma. Ricordo addirittura che saltando da una parte all'altra, ruppi uno dei vasi preferiti della mamma che andò proprio su tutte le furie quando lo scoprì. Ero felice! forse era arrivata davvero la mia occasione,avevo la possibilità di emergere e mostrarmi al mondo. Però non volevo illudermi. Infondo,io sono sempre stata una ragazzina di campagna,vissuta in una piccola fattoria sin dai primi anni di vita e non avevo mai provato una cosa del genere. Chi mi assicurava che tutto sarebbe andato bene?.

Cosi,decisi di andare a dormire e di non mettermi a pensare a tutto ciò.

Il giorno dopo,andai a scuola più energica e più felice del solito. Come ogni giorno,non mancavano i commenti delle mie compagne sul mio abbigliamento o sui miei capelli. Ma quella mattina niente e nessuno mi avrebbe rovinato la giornata. Mi svegliai quella mattina con il sorriso e di certo non sarebbero state delle odiose ragazzine a rendermi triste. Le lezioni a scuola,diversamente dal solito,passarono velocemente. Tornata a casa,mangiai e subito mi cambia,pronta a dirigermi nel luogo dove si sarebbero svolti i provini per Hannah Montana.

Arrivata li,trovai una fila di persone che partivano dall'interno dell'edificio fino ad arrivare all'esterno di esso. Era interminabile quella coda! E cosi,prima che arrivasse il mio turno,dovetti aspettare circa 4 ore. Sembrava che il tempo non passasse mai. Ero molto annoiata perchè non sapevo cosa fare per ingannare l'attesa. Quel giorno mi accompagnò la mia mamma,che io chiamo “Mamma Tish”. Ad un certo punto,cominciai a guardarmi intorno,a guardare le miriadi di ragazzine li presenti per il mio stesso motivo. Tutta quella gente era li per tentare di realizzare i propri sogni.

Oltre ad esserci tane ragazze,c'erano anche tanti ragazzini;evidentemente si sarebbero svolti dei provini anche per un ruolo maschile. Nella mia mente circolavano mille pensieri e mille interrogativi. Pensavo a cosa mi avrebbero chiesto o a cosa mi avrebbero fatto fare una volta arrivata li dentro,pensavo a mille cose.

Il tempo passava e io ricordo perfino d'essermi addormentata sulle gambe della mamma perchè ero davvero stanca a forza di pensare. Finalmente arrivò il mio turno. Una donna uscì da una stanza e cominciò a chiamare:” Chi è Miley Cyrus?” “Sono io!” esclamai felice! E la donna aggiunse:” Forza tesoro! Tocca a te adesso! Pronta?” Ero emozionatissima,mi alzai dalla sedia di scatto e quando stavo per entrare nella stanza dove si sarebbe tenuto il mio provino,mi accorsi che tutti coloro che stavano dietro di me nella fila,mi guardavano come a dire :”non vedo l'ora che arrivi il mio turno!”. Dalle facce della gente riuscii a percepire la loro ansia e lo loro emozione. Esattamente quello che stavo provando io.

Non sapevo quello che sarebbe successo li dentro o cosa sarebbe cambiato non appena uscita da quella stanza ma,una cosa la sapevo: Ero Pronta!

Varcai la porta seguita da mamma Tish e una volta trovatami dentro la stanza,un gruppo composto da uomini e donne,mi accolse con un caloroso Benvenuto e con un super sorriso. Evidentemente lo facevano con tutti coloro che entravano li dentro,per cercare di mettere tutti a proprio agio e non farli spaventare. Mi guardai intorno ancora una volta e notai che quella stanza era enorme, più che stanza,posso definirla anche uno studio perchè a farci caso era proprio montato come un set.

Ad un certo punto,un uomo alto e moro mi richiamò,distogliendomi dai miei pensieri. “Ciao Miley! Piacere,io sono l'organizzatore dei provini!” “Salve!” Risposi. “Allora Miley! Parlami di te. Quanti anni hai? E perchè sei qui?” “Allora! Ho 12 anni e sono qui perchè il mio sogno è quello di apparire in televisione! Amo cantare e recitare,sono la mia passione! Volevo prendere parte ai provini per il ruolo di Lilly,non potevo perdere quest'occasione!” “Bene Miley! Noi qui ti vediamo più che convinta e determinata! Cosi abbiamo deciso che non hai bisogno di nessun'altra presentazione. Te la senti di provare ad interpretare una delle tante scene della puntata?” “Si!” risposi io determinata e sicura di me. Cosi,mi passarono un copione e i chiesero di leggere una parte.

Mi trattennero su quel set per più di un'ora e alla fine mi dissero che se loro fossero stati interessati a me,nel giro di pochi giorni avrei ricevuto una telefonata dalla Disney. Portai con me il copione e pensai di leggere durante il tragitto verso casa.

Ero cosi stanca che in macchina invece di leggere il copione,mi addormentai. Infondo,ho atteso per più di 4 ore e avevo bisogno di riposo. Arrivata a casa era ormai buoi inoltrato. Mio padre,molto ansioso anche lui mi fece mille domande. Mi chiese cosa mi avevano fatto fare,come avevo reagito e tante altre cose che adesso non sto qui a dirvi.

Io dissi lui che domani gli avrei raccontato tutto. Cosi andai in camera a dormire perchè l'indomani a scuola mi attendeva una lunga giornata.

La giornata a scuola,si svolse come al solito. Gli insulti delle compagne e i rimproveri delle maestre perchè non riuscivo a stare ne zitta ne ferma. Dopo il giorno precedente,notai che ormai gli insulti delle compagne non mi buttavano giù più di tanto,decisi infatti di essere indifferente. Penso che questo le abbia un po' lasciate sconvolte ma,pazienza.

Tornata a casa,vidi nuovamente mio padre che mi attendeva con un super sorriso stampato in faccia.

Non mi lasciò nemmeno entrate e mi disse che aveva chiamato la Disney. Margot,una talent scout che si era interessata a me,ci fece sapere che la Disney le aveva chiesto di inviarle i provini di tutte le ragazze fra gli undici e i sedici anni a cui faceva da agente. Volevano che registrassi un video in cui recitavo una scena completa di Lilly,la migliore amica di una ragazza di nome Chloe Stewart che sarebbe stata la protagonista di Hannah Montana,nuova serie televisiva.

Io ero felice d'aver ricevuto questa telefonata e cosi io e papà,ci siamo al lavoro nel realizzare il video. Appena finimmo di realizzarlo,decidemmo di mandarlo la sera stessa.

Sin dalla prima lettura del copione,io e i miei genitori capimmo subito che il personaggio di Chloe Stewart era il ruolo che avevo sempre sognato. La ragazza aveva un alter ego segreto di nome Hannah Montana,una rockstar,e l'attrice protagonista avrebbe anche cantato le sue canzoni. Cantare e recitare erano le mie più grandi aspirazioni: se fossi riuscita ad aggiudicarmi quella parte non avrei dovuto rinunciare a nessuna delle due. Anche mio padre sembrava pensarla allo stesso modo, e da quando aveva letto il copione non faceva altro che ripetere:” Questo ruolo è fatto apposta su misura per Miley. Miley sarebbe perfetta per questa parte”. A me comunque sarebbe andata benissimo anche la parte di Lilly. Anzi,pur di recitare,mi sarebbe anche andato benissimo anche il ruolo della pianta grassa parlante di Chloe Stewart!

Finalmente arrivò la domenica,il che significava che non dovevo andare a scuola,che non avrei ricevuto insulti e che mi sarei potuta dedicare completamente a studiare la parte di Lilly,nel caso mi avessero chiamato per altri provini. Nemmeno avessi parlato! Quello stesso pomeriggio arrivò un'altra chiamata della Disney che ci chiedeva di registrare un'altra cassetta,ma questa volta.....recitando la parte di Hannah. Io ero fuori di me dalla gioia: dico sul serio,credo che le mie grida abbiano spaventato i poveri cavalli he giravano tranquilli per i campi.

Il personaggio di Hannah doveva avere quindici anni,e io ne avevo soltanto dodici,anzi nemmeno.

In realtà ne avevo undici,e l'età avrebbe potuto essere un problema. Ma in fondo,mi consolavo,sapevano quanti anni avevo e nonostante ciò mi avevano chiesto di il video,quindi probabilmente si trattava di un dettaglio di poco conto. Invece mi sbagliavo. Il giorno dopo aver inviato la cassetta ricevemmo un'e-mail in cui si diceva che ero troppo giovane e troppo bassa per la parte di Hannah. Che delusione! Ero completamente a terra. Anzi,no,molto più giù! Mio padre disse:” La Disney si è sbagliata di grosso. Il mio intuito mi dice che Hannah Montana sei tu”, ma a me del suo intuito ormai non interessava più molto.

Su,Miley,mi dissi...è tempo di tornare nell'incubo: la prima media.

 

 

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Capitolo 3
*** O U M: Operazione Umilia Miley ***


3 CAPITOLO

O U M: Operazione Umilia Miley!

 

 

 

D'accordo,forse questo vi sembrerà strano,ma dovete sapere che passo un sacco di tempo a pensare alle mie mani. Sono nata mancina,come mio padre,però lui è assolutamente convinto che io non lo sia veramente. Credo che il suo scetticismo sia dovuto al fatto che i mancini debbano “imparare il mondo al contrario”. Inoltre so che più di una volta ha dovuto faticare prima di trovare una chitarra per mancini...

Qualunque fossero le sue ragioni,si da quando iniziai a scrivere,mio padre mi spinse ad usare la destra,e alla fine l'ha avuta vinta. In tutte le altre attività sono mancina,ma scrivo con la destra ,perciò se la mia calligrafia non vi piace...........prendetevela con mio padre.

Tanto per torturare ancora di più la mia natura mancina,dopo aver sfogliato un libro che parlava di calligrafia decisi che avrei imparato a scrivere in cinese. Con la destra. In aereo. Ero a bordo di un volo charter che da Los Angeles andava a New York per fare una prova costumi per i provini di Hannah Montana: ci furono delle turbolenze,rovesciai l'inchiostro almeno un paio di volte e riuscii a imbrattare non solo su me stessa,ma anche la carta,il sedile e,quando cercai di rimediare ai danni che avevo causato,persino il bagno. Mia madre mi urlava di smetterla di pasticciare,ma quel nuovo passatempo mi coinvolgeva troppo. La parola “calligrafia” deriva dal greco e significa “ bella grafia”,ma credetemi,gente: se i greci avessero visto cosa stavo combinando avrebbero scelto un'altra parola. Nonostante le difficoltà,non avevo nessuna intenzione di arrendermi. Ripetevo i caratteri che significano “amore”,”fortuna”,”vita”,”sapienza” infinite volte ,prima in modo incerto,come una bambina che impara a scrivere,poi più velocemente e con risultati migliori. Per fortuna quell'aereo non era attrezzato per scrivere messaggi pubblicitari in cielo,altrimenti avrei probabilmente cercato di convincere il pilota a formare l'ideogramma corrispondente a “rock forever”. Ci sarà pure un carattere cinese per dirlo. No?

C'è gente convinta che la calligrafia di una persona possa svelarne ogni segreto:lettere inclinate,occhielli e punti fermi scarabocchiati su una lista di cose da fare o su un bigliettino scambiato in classe direbbero tutto del tuo carattere! È un'ipotesi interessante,ma credo che l'unica cosa che la gente potrebbe pensare vedendo il modo in cui scrivo è che dovrei farlo con l'altra mano. Come ho già detto,infatti,faccio quasi tutto il resto (pettinarmi,aprire le porte,tenere la forchetta o le redini dei cavalli) con la sinistra. Infondo poi,destra o sinistra,su una cosa mio padre aveva ragione: penso davvero che a volte il mondo vada alla rovescia,anche quando mi sforzo di fare andare tutto per il verso giusto.

Sono sempre stata iperprotettiva nei confronti delle mie mani,forse perchè sono sempre stata estremamente consapevole della loro presenza. Lo so,lo so: è stano. Il fatto è che per me le mani sono davvero fondamentali;è da loro che arriva la mia energia,ed è a loro che devo tutto quello che faccio.

La destra è la mano dell'arte: la uso per suonare la chitarra e per scrivere. La sinistra è per l'affetto: mi serve per pettinare i capelli alla mia sorellina,stringere la mano dei miei amici,fare le coccole a Sophie,il mio cucciolo,prima di addormentarci e ,di tanto in tanto....per dare uno scappellotto in testa a mio fratello Braison quando mi prende in giro. Lo so non dovrei.....ma quando esagera,esagera!

Lascio che le mie mani si muovano libere sui tasti del pianoforte alla ricerca delle note giuste. E sono sempre loro a guidare i miei pensieri quando scrivo nel mio diario o sfoglio la Bibbia per trovare risposte alle mie domande. Quando tamburello le dita su un ripiano,può nascere il ritmo di una nuova canzone. Le mani mi aiutano a trovare una via d'uscita nei momenti difficili.

Voglio che tutto quello che faccio sia frutto dell'arte e dell'affetto. Chi sono,quello che dico,qualsiasi tipo di speranza e di gioia che magari posso regalare agli altri: tutto deriva dalle mie mani.

Adesso sono in una fase in cui posso dimostrare quello che sono! In una fase in cui non mostro solamente la ragazza che potrebbe apparire in televisione ma la semplice ragazza nata a Nashville in una famiglia numerosa,che ama Marilyn Monroe,odia la verdura e ha sempre avuto delle idee strane riguardo alle sue mani. Non c'è niente di male ad essere giovani! I giovani sono pieni di energia! Abbiamo molto da dire. Non mi è mai capitato di essere a corto di pensieri,idee,opinioni. Mi rendo conto che la mia vita è appena iniziata ma sto compiendo un viaggio incredibile a una velocità supersonica. È per questo che ho deciso di piantare una bandierina a questo punto del mio cammino; un segnale per ricordare questo giro di boa prima che la sua immagine sbiadisca mentre io procedo per la mia via.

C'è stato un periodo in cui avevo due pesciolini rossi che adoravo. Si chiamavano Lyric e Melody,testo e musica. A volte,invece di comporre una canzone,me ne stavo seduta a fissarli mentre nuotavano in cerchio nella loro boccia. Fuori,in mezzo ai campi,i nostri cavalli erano liberi di correre,ma io preferivo guardare quei due pesciolini che nuotavano nel loro mondo di vetro. Erano cosi belli! Potevo mettere le mani attorno alla boccia e sapere che dentro c'era qualcosa di meraviglioso: la vita in un barattolo.

Era un miracolo,ma anche una trappola,perchè Lyric e Melody in realtà erano imprigionati,destinati a percorrere di continuo sempre la stessa traiettoria circolare. I loro mondi non avevano la possibilità di crescere; quei pesciolini non potevano vivere le avventure di Nemo né scoprire chi erano veramente. Mentre mi ispiravo al loro modo di vivere per scrivere una canzone,mi dissi:”Miley esci con la mente da quella boccia,allarga i tuoi orizzonti!”

Non volevo essere come quei pesci,obbligata a vedere solo il mondo che mi stava di fronte,costretta a nuotare in cerchio.

Però quando avevo undici anni e frequentavo la prima media,era difficile immaginare un mondo che non fosse quello in cui ero intrappolata.

In realtà non mi sentivo sempre cosi,e alla fine riuscii a evadere: tutte le storie hanno un inizio,uno sviluppo e una fine,e anche la mia non fa eccezione. Ma avevo solo 11 anni,per me tutto era ancora agli inizi.

Ma tornando alla scuola,esiste un manuale su come torturare le ragazzine di 11 anni? Se la risposta è no,allora quelle ragazze che iniziai a frequentare a scuola potrebbero scriverne uno ( ma cosa sto dicendo? È una pessima idea)! Ogni giorni di quell'anno scolastico aggiungevano un tassello al mosaico dell'Operazione Umilia Miley: mi inviavano bigliettini cattivi,mi rubavano i libri per farmi arrivare in ritardo alle lezioni,prendevano in giro i miei vestiti e i miei capelli. Poi dissero a Rachel,la ragazza che si era avvicinata a loro nello stesso periodo in cui ci avevo provato io,che se a pranzo si fosse seduta accanto a me avrebbero iniziato a prendersela anche con lei. Il risultato fu che in mensa mi ritrovai seduta da sola,giorno dopo giorno, a guardare gli studenti dark e chiedermi come sarei stata coi capelli neri e le catene. Non troppo bene,decisi da quel momento.

La lista delle angherie si allungava col tempo: Rachel smise di rivolgermi la parola. Poi,quando decisi di provare a entrare nelle cheerleader,le mie cosiddette “amiche” dissero al direttore della scuola che avrei barato perchè già conoscevo i passi del provino.

Ovviamente si trattava di una bugia grossa come una casa,ma lui ci cascò e cosi non venni ammessa alle selezioni. Per non parlare di quando una delle ragazze finse di essere carina con me per qualche giorno. Non lo dimenticherò mai! Mi disse che voleva che quella “guerra” finisse, e mi convinse a dire esattamente quello che pensavo riguardo alle “nostre amiche”: io confessai di non capire perchè non mi accettavano e dissi che trovavo il loro comportamento scorretto.

Cosa fece quella,secondo voi? Corse dalle sue alleate a dire che ero una snob! Aveva fatto la commedia! A pensarci ora,credo che forse era lei che avrebbe dovuto fare l'attrice,non io.

So che sembra la classica storia da film adolescenziale in cui una povera studentessa viene perseguitata da compagne spietate,ma era proprio cosi! Ero consapevole della fame nel mondo e delle epidemie,e sapevo che i miei problemi erano relativamente trascurabili,ma erano comunque i miei. E mi sentivo come se il mondo intero passasse sulle mie spalle.

Perciò se volete sapere se in quel periodo la scuola mi piaceva,la risposta è un secco NO!

Per fortuna fuori dalla scuola vivevo in un mondo totalmente diverso. A quei tempi recitare occupava solo una piccola parte della mia vita. Partecipavo a competizioni per cheerleader da quando avevo sei anni e per molto tempo fu quella l'attività che per me significava davvero tutto.

Fu mia madre a propormela; vivevamo in una grande fattoria,ed era stupendo,ma non c'erano vicini di casa e,quindi,nemmeno bambini con cui giocare.

Per me non era un grosso problema: mi divertivo con gli animali e mi piaceva un mondo passare il tempo insieme al mio super fratellone Trace (che io chiamo Trazz),la mia incredibile sorella maggiore Brandi,il mio fratellino Braison (detto Brazz) e,quando arrivò anche lei,la piccola Noah. Mia madre però desiderava che avessi altri amici oltre a cavalli,galline,fratelli e sorelle. Non in quest'ordine però! Anzi si,a dire il vero! E cosi,visto che a mia mamma,quando era bambina,piaceva molto fare la cheerleader,mi chiese di provare a considerare questa disciplina.

Quando arrivò il mio primo giorno di allenamento,ero tutt'altro che entusiasta. Supplicavo:”Per favore,mamma! Non ci voglio andare! Che male c'è ad avere amici cavalli,galline,fratelli e sorelle?”

Loro non mi deluderanno mai,pensavo,e non mi prenderanno mai in giro. D'accordo,puzzano un po' (scusa Brazz),ma non importa,non sono cosi superficiale da farne un problema...

Può sembrare strano,visto il tipo di vita che faccio oggi,ma devo confessare che avere attorno gente nuova è una situazione che mi procura una certa ansia e la sola idea di entrare in una stanza piena di sconosciuti non mi fa dormire. Comunque,anche mio padre non era d'accordo con la faccenda delle cheerleader: viaggiava cosi tanto che quando aveva la possibilità di passare un po' di tempo a casa voleva che noi ragazzi fossimo li con lui.

Mia madre,tuttavia,non gettò la spugna,e cosi andai all'allenamento. E dato che le mamme il più delle volte hanno ragione,mi innamorai all'istante di quello sport.

Fare la cheerleader era molto,molto impegnativo. Andavo in palestra tutti i giorni: ci allenavamo,facevamo acrobazie,ripetevamo coreografie di due minuti e mezzo per centinaia di volte. Strinsi amicizia con tutte le ragazze della squadra,in particolare con una ragazza di nome Lesley,e mia madre fece lo stesso con le altre madri. Andavamo insieme alle gare,dormivamo nei motel,nuotavamo,oziavamo,ci facevamo pettinare e truccare dalle mamme e affrontavamo esibizioni incredibilmente intense e cariche d'energia. Ero troppo coinvolta da quel mondo. A volte persino troppo...

Un giorno,prima di una gara a Gatlinburg,nel Tennessee,mi sentii veramente male: non riuscivo a smettere di vomitare. Avete presente uno di quei simpatici virus grazie ai quali il vostro stomaco non sopporta nemmeno un sorso d'acqua? Ecco,fu terribile. Quanto mai sarebbe potuta durare quella situazione? Ero certa che mi sarei ripresa in tempo per la gara,cosi convinsi mia madre a portarmi a Gatlinburg,trascorrendo le quattro ore e mezzo di viaggio a dormire sdraiata sui sedili posteriori con accanto un cestino della spazzatura. Dormivo,vomitavo,dormivo di nuovo. Quando arrivammo in albergo non mi sentivo per niente bene,ma ero comunque determinata a esibirmi. La mia allenatrice non voleva saperne e cercò di dissuadermi,ma non mi arresi: ero convinta che,se mi fossi impegnata davvero,ce l'avrei potuta fare.

Mezz'ora prima dello spettacolo mi trascinai fuori dal letto,feci una doccia e la mamma mi portò alla gara. Riuscii a completare l'esibizione,poi scesi dal palco e vomitai in un cestino dell'immondizia. Ma ce l'avevo fatta,e per me era l'unica cosa che contava.

Quando salivo in macchina,dopo ogni gara,che avessimo vinto o perso,mia madre diceva sempre.” Ecco il tuo trofeo!” e mi consegnava una coppa splendente con il mio nome sopra. Con il passare degli anni la mia camera si è riempita di quei premi,consegnati dalla più grande fan che io potessi avere. Forse non me li sarò meritati proprio tutti,ma quello di Gatlinburg....sapevo di essermelo davvero sudato!

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Capitolo 4
*** E la Disney Chiamò ***


La vita da cheerleaader era il mio porto sicuro. Li sapevo di poter contare su amiche fidate che per me sarebbero saltate sul fuoco. O che almeno mi avrebbero ripresa dopo un salto in aria,eventualità molto più probabile di un salto tra le fiamme. A scuola,invece,le cose andavano sempre peggio perchè quella rete di protezione non c'era.

Ancora non ho capito come il club Anti-Miley fosse riuscito ad impossessarsi di una delle chiavi del custode,ma sta di fatto che un giorno,mentre andavo a lezione di scienze,mi spinsero nel bagno e mi chiusero dentro. Ero in trappola: mi misi a picchiare sulla porta cosi forte che i pugni mi facevano male,ma nessuno veniva a liberarmi. Poi mi resi conto che a quell'ora tutti erano già in aula,quindi probabilmente nessuno sarebbe venuto in bagno per almeno quaranta minuti,cosi mi sedetti sul pavimento e aspettai. Passo quella che mi sembrò un'ora in attesa che qualcuno venisse a liberarmi,e intanto riflettevo sul perchè la mia vita si fosse incasinata fino a quel punto. Osservavo le porte,le file di specchi,le finestre inespugnabili e pensavo ai miei pesci che nuotavano in tondo nella loro boccia. Come avevo fatto a ridurmi cosi? L'avevo voluto io? Me lo meritavo? Sarebbe finita,prima o poi? Conoscevo a memoria le capitali di tutti e cinque gli USA. Sapevo fare il salto mortale all'indietro sul marciapiede. Ma non capivo perchè stesse accadendo tutto ciò: non avevo amici,mi sentivo sola e avvilita. L'unico lato positivo della situazione era che,se avevo bisogno del bagno,ero nel posto giusto....

Poi accadde qualcosa che nemmeno mi aspettavo. Era come se qualcuno volesse risarcirmi per quello che stavo passando a scuola: poco dopo l'episodio del bagno,ricevetti un'altra telefonata a sorpresa dalla Disney,che mi chiedeva di andare a Los Angeles per partecipare al provino di Hannah Montana! Nel bel mezzo dell'anno scolastico,tombola! Sarei stata assente da scuola e avrei potuto sottrarmi alla tortura numero 101! Poi però mi ricordai di avere anche importanti appuntamenti con le cheerleader: perdere anche solo un allenamento era grave,perchè una coreografia si basa sul presupposto che tutti quelli che ne fanno parte si presentino e collaborino. Dopotutto,una piramide non è una piramide se non c'è la ragazza in cima,ed è ancora peggio se ne manca una alla base!

,ci affrettammo per arrivare puntuali al provino e,aperta con il cuore gonfio di entusiasmo la porta che ci separava dalla sala d'aspetto.....ci trovammo di fronte ad altre cinquanta aspiranti Hannah Montana. Io e mia madre ci guardammo negli occhi: avevamo pensato che io fossi una delle finaliste,ma evidentemente ci eravamo sbagliate. Cosi cominciammo a scherzare sul fatto che c'erano abbastanza Hannah da poterne assegnare una ad ogni stato,non solo al Montana (Hannah Indiana,Hannah Connecticut,Hannah Italia e cosi via). Ok,ok,forse non sarà una super battuta,ma in qualche modo dovevamo pur ammazzare il tempo,in quella sala d'aspetto...

Quella sala sembrava quella dell'ambulatorio di un medico parecchio indaffarato. C'erano vecchie riviste,strani odori,una grande tensione,e tutte stavamo per essere sottoposte ad un esame.

Alcune delle madri che accompagnavano le figlie si erano messe troppo profumo,e la cosa mi fece venire mal di testa all'istante. L'unica nota positiva era che almeno non avremmo dovuto essere vaccinate,anche se ero quasi certa che non ottenere la parte avrebbe fatto comunque male e,anzi,il dolore sarebbe durato più a lungo di un'iniezione.

Mentre aspettavamo,e aspettavamo, e aspettavamo,mi accorsi che qualche ragazza e qualche mamma ci squadrava dalla testa ai piedi. Mia madre,grazie al cielo,non era ai stata quel “tipo” di persona: lei era capace di ignorare gli sguardi,io invece no. In quella stanza la tensione era palpabile: non si riusciva a fare a meno di pensare chi fosse la più carina,o la più preparata,o quella con più talento. Cercavo di sbirciare le altre senza farmi notare ma,non riconobbi nessun viso noto. Non che me lo aspettassi: avevo già fatto altri provini ma non avevo girato tutta la città.

La maggior parte delle candidate era più grande e più alta di me. Molte erano davvero bellissime: chi aveva capelli neri e lucenti,o lunghi e biondi,chi denti bianchi e perfetti. Osservavo il modo in cui si erano vestite,come si erano truccate e pettinate e,a giudicare dall'aspetto,ero abbastanza sicura che la maggior parte di loro si sarebbe potuta aggiudicare la parte senza troppa fatica.

Per di più,pensavo a chissà quale bagaglio di esperienze avevano già collezionato,e mi sentivo davvero fuori categoria. I provini sono stati di gran lunga i momenti più angoscianti e stressanti che io abbia mai vissuto; ogni volta era come sottoporsi a un test. A me piaceva esibirmi,avevo sempre molta grinta,ma spesso ci tenevo cosi tanto a ottenere una parte che mi lasciavo prendere dall'ansia. Quel giorno,però,la cheerleader ch'era in me prese in mano la situazione.

La mia allenatrice,Chastity,era una tipa veramente forte. A volte,a Nashville,capitava che la gente mi riservasse un trattamento diverso dagli altri perchè ero la figlia del cantante Billy Ray Cyrus: mio padre era “qualcuno”,e cosi con me avevano un occhio di riguardo.

Chastity non apparteneva a questa categoria: se sbagliavo qualcosa,mi faceva correre attorno alla palestra come tutte le altre,e anzi,se possibile,con me era ancora più severa. Per esempio,nella acrobazie avevo paura quando venivo lanciata in aria, ma lei mi fece lavorare da sola con l'allenatore che si occupava dei salti e mi costrinse a esercitarmi finchè il mio salto mortale all'indietro non divenne perfetto.

Rimbalzai sulla testa cosi tante volte che mi sembrava di aver girato su me stessa per ore. A Castity non interessava quanto tempo ci avrei messo per imparare: ero molto determinata,quindi sarebbe andata avanti cosi finchè non avessi gettato la spugna. Diceva sempre che “non ci riesco” è una frase da eliminare dal vocabolario e m'insegno che quando volevo qualcosa dovevo lavorare sodo per guadagnarmela. Ora,la cosa che desideravo di più era aggiudicarmi la parte di Hannah,e allora chi lo diceva che quelle ragazze patinate di Los Angeles erano meglio di me? Quando finalmente chiamarono il mio nome,mi sentivo pronta.

Nella sala audizioni mi ritrovai in piedi,gonna e t-shirt marca Abercrombie,di fronte a una giuria di dieci persone. Ai provini vuoi che si ricordino di te,quindi cercai di apparire particolarmente estroversa. Non fu poi cosi difficile,e per una volta nella mia vita essere una chiacchierona mi fu di rande aiuto. Dovevo solo cercare di essere me stessa e non cadere preda del nervosismo. Gli esaminatori mi chiesero di leggere un copione,poi di cantare. Scelsi un pezzo di “Mamma Mia” e,come in quasi tutti i provini,fecero commenti del tipo:”Potresti rifarlo con un po' più di vivacità?” Oppure:”Rileggilo come se fossi davvero tanto arrabbiata con tuo fratello”. La cosa divertente è che ero agitatissima e non avevo idea di chi fossero gli esaminatori: per me erano solo degli sconosciuti che mi trasmettevano ansia. Ora invece sono persone con cui lavoro a stretto contatto ogni giorno.

Quando uscii da quella stanza non avevo idea di come fosse andata e,anche se era finita,non riuscivo a rilassarmi. A dire il vero era “quasi” finita,visto che la parte più stressante di quella tortura psicologica che sono le audizioni è il fatto di non poter andare via fino a quando non te lo dicono loro. E cosi te ne stai ad aspettare in sala d'attesa mentre guardi altre ragazze che vengono richiamate dentro,domandandoti se richiameranno anche te per leggere qualcosa di diverso o per cantare ancora. E non sai mai perchè ti vogliono rivedere. Oppure perchè non vogliono rivederti ma ti chiedono di restare. Gli piaci? Ti adorano? Qualcuno di loro non ti sopporta? I tuoi capelli non li convincono' O forse la tua altezza? Non lasciano mai trasparire il minimo indizio.

Insomma,io diedi il meglio,ma quando tornammo a Nashville non avevamo ancora avuto nessun riscontro. Poi,un paio di settimane più tardi,ricevetti un'altra telefonata:”Sei una delle finaliste!” mi annunciarono. Ok,ora si cominciava a fare sul serio,e forse dopo tutto mi stavo guadagnando il biglietto per uscire dalla prima media. Ancora una volta supplicai di essere esonerata dagli allenamenti con le cheerleader,collezionando cosi due assenze: ancora una e Chastity mi avrebbe espulsa dalla squadra. E cosi volai di nuovo a Los Angeles,ripassai tutta agitata le battute con mia madre,ci affrettammo nuovamente per arrivare puntuali,con il cuore che mi batteva all'impazzata aprii la porta della sala d'aspetto e...mi trovai di fronte ad altre trenta aspiranti Hannah Montana. La scena vi sembra familiare?

Cominciavo a sentirmi come una di quelle palline attaccate alla racchetta con un filo: ogni volta che mi colpiva e mi allontanava,mi ritirava di nuovo a sé per colpirmi di nuovo. Beh,in effetti la cosa non era cosi violenta. Ma io avevo solo undici anni! Era come stare sulle montagne russe. E nei volti di quelle trenta ragazze,vedevo la triste realtà: non avevo fatto un grosso passo avanti. Di sicuro sarei ritornata alla prima media. 

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