Raccolta di storie di vari personaggi che mi sono inventato

di Uptrand
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Corvo ***
Capitolo 2: *** Il Guerriero ***
Capitolo 3: *** Il mago ***
Capitolo 4: *** Lo scienziato ***
Capitolo 5: *** L'assassina ***
Capitolo 6: *** 2157 Guerra del primo contatto ***
Capitolo 7: *** Il criminale ***
Capitolo 8: *** La direttrice ***
Capitolo 9: *** La stilista ***



Capitolo 1
*** Il Corvo ***


Steve Williams Shepard era ancora seccato di essersi subito ore di volo per giungere sulla Terra, a  Minsk per accompagnare la sua ragazza, Ilary Monreau, pilota della Normandy SR3 e figlia di Jeff e Ida Monreau, i piloti della Normandy SR2 e vecchi amici di famiglia, al corso di qualificazione dei piloti dell'Alleanza.
Lui aveva inizialmente rifiutato e la sera Ilary si era presentata vestita di solo una sua camicia aperta, qualsiasi sua riserva era crollata all'istante.
Per questo stava camminando all'interno del centro addestramento piloti, preceduto da Ilary che allegramente salutava gli altri colleghi che riempivano la sala.
«Sono contenta che mi hai accompagnata Steve, da sola non sarei stata così rilassata. » disse lei.
Lui stava per dire che non ci credeva, quando due mani sbucarono alle spalle di Ilary abbracciandola e facendole sobbalzare vistosamente il seno abbondante.
Lei lanciò un urlo, si dimenò liberandosi dalla presa e allontanandosi dal misterioso aggressore  stringendosi con le mani il petto a protezione. Quando si voltò per inveire, gli insulti le morirono in gola  « Corvo! Che ti prenda un accidenti, non dovresti fare queste cose in una sala piena di gente.» commentò Ilary scontrosa.
« Ilary, bello rivederti. Sembra ti siano cresciute ancora dai tempo del corso.» - disse una giovane donna, adocchiandole il seno - « È il tuo ragazzo? » Chiese indicando Steve.
« Si, è lui. » rispose Ilary, mettendosi al suo fianco.
Steve aveva assistito alla scena divertito e si stava ancora chiedendo chi fosse quella persona.
« Ti presento Alexandra Redgrave, la seconda del mio corso e mia rivale.» spiegò Ilary.
« Piacere » disse Steve porgendo una mano e aggiungendo « Corvo? »
Lei la strinse « Si, è per via di questa. » rispose la ragazza indicando una splendida spilla che portava sotto la spalla sinistra e raffigurante un corvo con le ali spiegate nel volo. « Puoi chiamarmi anche semplificante Alex.» Disse lei cordialmente
Guardandola meglio Steve vide una ragazza di circa 1.60 sui 50 chili con una corporatura simile a Ilary, tranne che per il seno che risultava normale. Aveva gli occhi scuri e i capelli neri, a bob. Un viso minuto e il naso a punta.
- Corvo gli s’addice, anche senza spilla. – pensò Steve.
Divertita Alexandra cominciò a dire « Ecco il famoso Steve. Sai che Ilary parlava sempre…Och! » Ilary le aveva pestato il piede, ma le scuse che le rivolse furono sincere perché nella fretta aveva usato più forza del dovuto.
Il volto di “Corvo” si fece però serio e disse all’amica « Anche Radeboh Solwep è qui. »
« Oh! L’immaginavo. » disse Ilary contraendo il viso una smorfia.
« Problemi? » chiese Steve
« No, uno del corso con cui non vado d’accordo. » spiegò Ilary.
Un campanello suonò a richiamare l’attenzione e venne annunciato il nome dei prossimi piloti attesi.
« Pare che tocchi a me.» affermò Alexandra, diede un abbraccio a Ilary e quando salutò Steve invece di stringergli la mano, allungò la sua al cavallo dei pantaloni di lui e diede una strizzata.
Steve sobbalzò, mentre sentiva il viso arrossargli e troppo sorpreso per dire qualcosa.
« Pare che abbiamo un ragazzo in gamba. » mormorò “Corvo”, quasi fosse una sentenza dopodiché si allontanò allegramente.
Lui stava ancora cercando di riprendersi, mentre Ilary disse con tono furente « Togliti quell'espressione dalla faccia!» Il fatto che non potesse incolpare Steve e che non riuscisse a essere veramente arrabbiata con Alex, conosceva da tempo i modi di fare dell’amica, serviva soltanto a farla sentire ancora più nervosa non avendo un bersaglio su cui sfogarsi.
« Perché indossa stivali chiodati da fanteria?» Chiese lui notando quel particolare all’ultimo, mentre Alexandra si allontanava e solo grazie al rumore dei tacchetti sul pavimento.
« Dice che così sembra più alta.» rispose Ilary.
Alla fine del test i migliori classificati furono:
 
Ilary Monreau 1000 pt
Radeboh Solwep 992 pt
Alexandra Redgrave 990 pt
 
« Pare che quel tizio ci sappia fare. » commentò Steve guardando la classifica.
A suo fianco Ilary si mosse a disagio « Lui è sola tecnica, in un simulatore è facile in un combattimento vero no. Io e “Corvo” voliamo anche d’istinto riuscendo a anticipare le mosse degli avversari, lui ha tecnica, ma non l’ho mai visto anticipare una mossa. »
Poi Steve si sentì tirare per una manica e vide Ilary che faceva segno di voler andarsene, lui la seguì in silenzio fino alla tavola calda dell’edificio. Sapeva quando la sua ragazza si sentiva a disagio, anche se non ne conosceva il motivo.
Ilary era seduta a un tavolino mentre Steve era andato a ordinare, quando qualcuno si avvicinò dicendo « Ciao Ilary, quanto tempo. »
Lei sentì il suo sangue ghiacciarsi.


*****

Steve era in coda e vide qualcuno al tavolo con Ilary, gli pareva fosse quel Radequalcosa.
« Dovresti andare da lei. Non lasciarla sola con lui. » Disse qualcuno al suo fianco.
« Corvo »- salutò lui - « Hmm...Problemi? Se Ilary è in difficoltà deve solo dirmelo.»
Alex scosse la testa « Non lo farà...si vergogna,quindi da amica lo farò io. Radeboh è molto carino e le ragazze del corso stravedevano per lui, oche. Ilary però non lo considerava innamorata com'era del suo Steve che non si accorgeva della sua bella, un'idiota.»
Lui storse la bocca a quell'affermazione fin troppo veritiera.
Corvo continuò il racconto « Alle fine Radeboh la convinse a uscire una volta, al termine dell'appuntamento Ilary si rifiutò di aprire le gambe per lui, il tizio incapace di resistere a quest'incredibile offesa la colpì al volto con un pugno. Lei coprì il segno meglio che poté e non disse niente a nessuno, tranne che a me avendo bisogno di confidarsi.»
Le mani di Steve si chiusero a pugno.

*****

La testa di Radeboh sbatté violentemente sul tavolo crollando a terra dolorante, il naso era rotto e perdeva sangue. Dietro e sopra di lui incombeva Steve.
Radeboh però non era solo e almeno otto persone stavano arrivando per aiutarlo. Quello in testa ricevette un improvviso calcio in faccia, finendo dolorante a terra con lo stampo di una suola da scarpone di fanteria in viso.
Chi l’aveva colpito abbassò la gamba sollevata, facendo qualche passo in avanti. Era “Corvo”. Gli scarponi che indossava ticchettavano sul pavimento in modo minaccioso.
« È una questione privata, non interferiamo. » dichiarò Alexandra.
Se otto persone non avevano problemi a aiutare Radeboh contro un tizio sconosciuto, li avevano però se di mezzo c’era “Corvo”. Decisero che il loro compagno non valeva il rischio e si allontanarono.

*****

Steve non aveva smesso di colpire Radeboh dopo che l'aveva colto di sorpresa e buttato a terra. Ilary, pietrificata, non osava fiatare.
Lui lo afferrò per il collo della divisa tirandolo a se « Steve Williams Shepard...fanteria...figlio di quel Shepard...ascoltami bene...pensa bene a cosa dirai quando arriverà la sicurezza, anch'io avrei una storiella su di te da raccontare e ho tre s.p.e.t.t.r.i. in famiglia pronti a far cadere ogni accusa. In più se raccontassi a mia sorella Olivia, s.p.e.t.t.r.o. del Consiglio e amica di Ilary, cosa hai fatto alla mia ragazza guadagneresti un bel buco in testa.»
Le sue parole e il nome pronunciato fecero effetto su Radeboh, giudicò Steve dal modo in cui allargò l'occhio non pesto.
In quel momento arrivò un sergente della sicurezza « Cosa succede?» chiese col solito tono di tutti i sergenti, ideale per farsi sentire da chiunque.
« Niente Sergente.» rispose Steve indicando i propri gradi di primo tenente e gli lanciò il suo ID perché lo controllasse  « Sergente se non vuole una giornata complicata le consiglio di prendere per buono che il signor Radeboh è scivolato sbattendo contro il tavolo e che io stavo aiutandolo ad alzarsi, d'altronde lui confermerà quello che ho detto e non ha intenzione di fare nessuna denuncia. »
Radeboh confermò ogni parola di Steve.
Il sergente aveva nel mentre controllato ID, soppesò un attimo la faccenda e decise di accettare la versione. La vita era troppo complicata perché un sergente potesse fare rapporto contro un superiore  con quel cognome.
Invece disse « Signore, adesso lo lascerà in modo che possa andare in infermeria.»
Steve ubbidì.
 
Qualche minuto dopo Steve, Ilary e “Corvo” erano fuori dall'edificio, l'aria era diventata irrespirabile per loro tre all'interno.
Lui si sentiva ancora nervoso per l'adrenalina in corpo, ma non era arrabbiato, quella gli passava sempre in fretta. « Ilary, perché non me ne hai mai parlato? »
« Mi vergognavo, anche tu hai cose di cui non vuoi parlare.» commentò lei.
Lui si morse la lingua, sapeva che aveva ragione. Balbettava a volte, se qualcuno cercava di sollevare l'argomento lui...« Ok. » rispose.
« Che dolci che siete. » affermò “Corvo” divertita.
« Quel calcio che hai dato, non mi sembrava da dilettante.» Chiese Steve
« Alex è una campionessa di Taekwondo.» spiegò Ilary.
« Un passatempo. Ma credevo che gli Shepard giocassero pulito? Non mi pare sportivo colpire uno a terra. » dichiarò sorridendo Alexandra.
« Di quello si occupa mia sorella, io mi limito a  “rimuovere” i problemi nel modo più pratico e veloce. » sentenziò Steve.
Il factotum di Alexandra si illuminò e disse « Il dovere chiama. » salutò Ilary in un abbraccio un po' troppo affettuoso per lei dicendole « Chiamami bellezza e Steve bada a lei.»
Si strinsero la mano e un momento dopo “Corvo” gli aveva afferrato il braccio e tirandolo verso di se « Se un giorno vorrai sapere se “l’hangar” che ho tra le gambe è comodo come quello di Ilary chiamami. » disse Alexandra e se ne andò lanciando un ultimo occhiolino all'amica, rossa in viso.
Loro rimasero a fissarla, lui sbigottito e lei furiosa, fino a quando non sparì voltando un angolo.
« Steve, grazie di tutto. » disse Ilary e aggiunse « Se raggiungiamo subito la navetta potrei ricordarti qual è il solo “hangar” in cui puoi entrare. »
Steve, non ebbe mai così fretta di arrivare a destinazione.

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Capitolo 2
*** Il Guerriero ***


La figura rimase un attimo sospesa in aria...solo per precipitare al suolo in un sonoro tonfo tra le risate generali. Sradark Prezk riuscì ad alzarsi mettendosi a carponi, vomitando gran parte del ryncol ingerito nell'ultima ora, mentre un altro krogan prendeva il suo posto sul divoratore meccanico che lui aveva provato a cavalcare e a domare.
In piedi e barcollante si diresse al bancone del locale “Il divoratore folle” in cui lui e la sua compagnia, “I Mercenari”, stavano festeggiando il completamento del loro corso per diventare guerrieri. Non erano più reclute.
Facendosi largo tra commilitoni ubriachi quanto lui, raggiunse finalmente il bancone del bar trovandosi davanti un annoiato barista krogan che dava l'idea di avere visto fin troppe feste uguali a quella.
Stava  bevendo la sua ordinazione quando una voce richiamò la sua attenzione.
«...anche alcune religioni umane, esprimono lo stesso concetto.»
Lui si voltò incuriosito non dalle parole, bensì dal timbro di voce che aveva udito.
Solo allora si accorse che nel posto acconto a lui era seduto un essere umano, intento a parlare con una femmina Krogan con indosso i parimenti da sciamano. Sradark si chiese quanto doveva essere ubriaco per non averla notato.
Per qualche motivo, dopo la fine della guerra dei razziatori, umani e krogan andavano straordinariamente d'accordo e l'Alleanza era uno dei partner commerciarli più importanti per Tuchanka. – Il fatto che Shepard fosse un umano ha aiutato.-- Pensò
L’ospite alieno aveva capelli scuri e gli occhi dello stesso colore e fu sicuro che si trattasse di una femmina. La prima volta che aveva visto un umano non sarebbe riuscito a stabilirlo, ma ora sapeva che le loro femmine non avevano peli nella parte inferiore del viso e avevano un petto più voluminoso, fu guardando quest'ultimo che fu certo di avere ragione. Notò anche che l'umana indossava una corazza militare con i colori e il simbolo dell'Alleanza. –  Una delle loro guerriere
L'umana in tanto stava proseguendo nella sua discussione con la femmina krogan che spiegò
« Come i vostri cimiteri, anche le nostre Buche sono luoghi sacri e crediamo che dopo morti ci attenda il Vuoto. Il luogo dove tutti ci riuniremo. »
« Bevete con me, offro io! » Borbottò Sradark, interrompendo la loro discussione.
« Grazie, ma siamo a posto. » Rispose l'umana sollevando un bicchiere mezzo vuoto in mano
Anche la krogan ringraziò con un cenno della testa e ritornarono alla loro discussione.
Lui decise di insistere picchiettando con un dito la spalla dell'umana e dicendo « Dai bevete con me.»
« Ehi! Ti spiace. » Ribatté la femmina aliena.
Sradark non si diede per vinto, un guerriero krogan non la fa mai, e ripetè « Dai bevete con me.»
Stavolta l'umana si voltò del tutto verso di lui, vedendola bene in faccia poteva anche dire che non era più giovanissima, ma non dava neanche traccia di essere vecchia.
« Stai dando fastidio. »
« Beviamo insieme, siamo tutti guerrieri! » Gridò gioiosamente.
« Guerrieri? » Borbottò in tono incerto l'umana « So riconoscere delle reclute quando le vedo.»
« Non siamo reclute, non più. Ora siamo guerrieri! » Disse orgogliosamente Sradark.
« Davvero? » Continuò l'umana con il solito tono dubbioso, ma sembrava divertita « E di quali imprese ti puoi vantare? Di quanto è grande lo stronzo che fai quando vai alla latrina? »
Sradark allungò la mano, per ripetere il gesto di prima sulla spalla ma il troppo ryncol che aveva in corpo gli annebbiò la vista. Mancò il bersaglio e fini per appoggiare l'intera mano sul petto dell'umana, propria sopra a uno dei rigonfiamenti dell'armatura.
Ricordava che li le femmine umane avevano le loro mammelle – Seni, mi pare le chiamino – e che toccarle senza permesso era segno di maleducazione. Questo almeno era quello che gli avevano spiegato nel corso sul rapporto con le altre specie.
Tolse subito la mano, stava cercando di mettere insieme una frase decente da dire ma i suoi ultimi ricordi furono la sguardo arrabbiato dell'umana, dietro di lei la femmina krogan aveva la stessa espressione, e il suo pugno sulla sua faccia.
Il mattino dopo Sradark stava maledicendo il proprio fattore di guarigione, incapace di curarlo dagli effetti della sbornia da ryncol e dai lividi superficiali che l'umana gli aveva causato.
Soprattutto malediva l'adunata improvvisa a cui era stata chiamata la sua compagnia.
Tra lo stupore generale Urdnot Grunt fece il suo ingresso, era il primo s.p.e.t.t.r.o. krogan e braccio destro di Urdnot Wrex in molti vedevano in lui la guida del futuro. Aveva esperienza, era uno degli eroi della Normandy SR2 e aveva combattuto con John Shepard, il primo e unico umano krogan onorario.
Senza preamboli Grunt disse « Siete krogan, vi sentite invincibili ma oggi imparerete la differenza tra credere di sapere combattere e saperlo fare.» Quindi cedette la parola a una figura alle sue spalle.
Sradark trasalì nel vedere la sciamana krogan di ieri sera.
« Per chi non mi conosce sono Urdnot Okasa, figlia di Urdnot Grunt..» Il giovane guerriero ripensando a ieri sera sperò di non essere notato, tra la moltitudine di krogan attorno a lui.
« In modo di favorire la pace e il rispetto tra umani e krogan, mi sono fata portatrice di una proposta accolta da entrambe le parti che prevede che per due settimane vi allenerete con alcuni ufficiali umani. Dovrete ubbidire a loro come se fossero krogan. Mentre ufficiali krogan saranno mandati sulla Terra, per insegnare ai loro uomini come combattiamo noi e insieme a loro anche coloro che si distingueranno in queste due settimane, in modo che possano migliorare loro stessi. »
Ci fu qualche borbottio destato dalla curiosità della cosa ma nulla di più.
Un umano a quel punto prese il suo posto, aveva una corazza militare azzurra e il casco ne celava il volto. Aralakh, il potente sole di Tuchanka, era troppo forte per le loro morbide pelli per permettere un'esposizione  superiore a un paio di ore. Alcuni umani in seconda fila scattarono sull'attenti quando prese la parola, segno che doveva essere il loro capo.
L’ufficiale si tolse il casco presentandosi « Sono Ashley Williams, maggiore dei marine dell'Alleanza.»
Sradark aveva cessato di dare ascolto a cosa diceva, troppo incredulo. Ashely Williams era la femmina di John Shepard, colei che aveva avuto l'onore di dare dei figli al più grande guerriero esistente e lui ieri sera...aveva... si guardò la mano colpevole... avrebbe voluto sparire.
La prima prova a cui Ashley sottopose  “I Mercenari” fu testarne le abilità nel corpo a corpo, su un ring di sabbia. Vinceva chi faceva ritirare l'avversario o lo buttava fuori.
Sbruffoni come tutte le reclute appena promosse si fecero avanti. Un esile umano non poteva battere un guerriero krogan, in media più alti di due metri e pesanti centocinquanta chili.
Sradark ebbe modo d’imparare il significato delle parole di Grunt, i suoi compagni  credevano di sapere combattere ma l'umana sapeva farlo. Muovendosi velocemente, dando colpi rapidi, sfruttando perfino il fatto di essere più leggera sulla sabbia, evitava gli attacchi con tecniche totalmente differenti da quelle conosciute dai krogan. Un paio di suoi compagni erano già stati battuti, poi con sua sorpresa lei indicò lui.
Lui si fece avanti, portandosi  a una delle estremità del ring e sentendo il suo sangue krogan scaldarsi all'idea di combattere, mentre la sua avversaria si posizionava dall'altro lato di fronte a lui.
Quando l'incontro ebbe inizio, lui non si mosse. I suoi commilitoni avevano caricato subito ed avevano perso, lui volle provare a fare l'incontrario più che altro perché non aveva idee migliori.
Ashley parve un attimo sorpresa e sorrise, dicendo « Abbiamo qualcuno con un cervello. » Niente indicava che l'avesse riconosciuto. Di questo fu felice.
Con sua sorpresa fu l'umana a caricare, lui allargò le braccia per prenderla e stritolarla ma all'ultimo lei si abbassò.
Sradark cadde a carponi dopo essere stato colpito alle ginocchia, era stato solo un misero calcio di un'umana e neanche gli aveva fatto male.
Tentò di rialzarsi ma lei lo prese in una mossa di sottomissione, il krogan aveva la forza per spaccarle la spina dorsale eppure non riusciva a muoversi. Braccio e gamba destra erano bloccati in una posizione innaturale che non gli permetteva di usarla.
Come tutti dovette dichiarare la resa.
Nelle due settimane successive “I Mercenari” si dimostrarono ansiosi di mostrare le proprie abilità e fecero del loro meglio per attrarre l'attenzione di qualche ufficiale terrestre ed essere inclusi nel gruppo selezionato che sarebbe dovuto andate sulla Terra.

L'ultimo giorno, un inaspettato trasporto krogan fece la sua comparsa assieme ad alcuni mezzi di scorta. Urdnot Wrex, il capo clan del consiglio krogan e signore della guerra di Tuchanka, calcò pesantemente il suolo, appena scese del veicolo e apparentemente arrabbiato si diresse verso Grunt, Okasa e Ashley che aspettavano in piedi, mentre una discreta folla si stava radunando.
Wrex ignorò i saluti che gli venivano porti, spinse via Grunt piazzandosi di fronte ad Ashely.
« Noi due abbiamo un conto in sospeso da Virmine...è ora di regolarlo. » Ringhiò Wrex.
« Fatti sotto, bestione. » Rispose Ashely con tono sicuro, e presero posto nel ring di sabbia.
Appena pronti Wrex non caricò, usando i suoi poteri biotici colpì la sabbia alzando un polverone che lo nascondeva alla vista. Ashely non perse tempo e fece l'unica cosa possibile per sorprendere l'avversario, si tuffo nella nuvola di sabbia sparendo dalla vista.
Se lei non poteva vedere Wrex, lui non avrebbe visto Ashley.
 
Sradark Prezk e tutti gli altri non vedevano cosa stava accadendo, ma sentivano chiaramente i colpi e le imprecazioni. Quando la nuvola di sabbia si diradò li videro entrambi ansimanti a terra.
« La vittoria è mia! » Esclamò Wrex
« No! Ma guardati hai messo su tanto di quel peso che ti sta soffocando, mentre sei a terra. » Commentò lei.
« Sono muscoli! » Obiettò lui.
« Ti piacerebbe. »
Si rialzarono continuando a stuzzicarsi a vicenda.
« Voi due avete finito di giocare? Quando la smetterete con questa storia di Virmine? E tu Wrex dovresti presiedere il consiglio dei clan, non essere qui. » Li sgridò Okasa.
« Uff, mi sembra di sentire parlare Bakara.» - mormorò il capo dei clan - « È tutto sistemato e non potevo sprecare quest'occasione di sistemare un vecchio debito.»
La spiegazione non parve convincere la figlia di Grunt « A quanti incontri siete arrivati? »
« Non tanti, sessantaquattro pareggi. » Rispose Ashley esitante.
Okasa alzò le mani al cielo e se ne andò ringhiando come un varren a cui cercavano di fregare la ciotola del cibo.
 
Quel giorno vennero resi noti i nomi di coloro che sarebbero andati sulla Terra, con suo stupore Sradark scoprì di essere tra questi.
Ma una sorpresa maggiore la ebbe, quando allontanandosi dall'elenco dei nomi esposti per poco non andò a sbattere contro Ashley che giungeva da un'altra direzione.
« Scusi, signore. » Si affrettò a dire.
Lei rispose con un cenno della mano e passò oltre.
Sradark si sentì in dovere di dire qualcosa « La ringrazio per non avermi escluso, nonostante l'incidente al bar.» Temeva di far male a citare quell'episodio ma il suo onore gli imponeva di scusarsi con qualcuno che si era rilevata un formidabile guerriero.
Ashley parve pensarci un attimo su « Eri tu?...Non ci pensare, eri ubriaco e so che è stato un incidente...vero?»
« Sissignore, certamente!» Disse mettendoci tutto se stesso.
« Bene e adesso vai e quando sarai sulla Terra cerca di tenere le mani a posto, é un consiglio da amica.»
« Certamente.» Rispose Sradark Prezk e se ne andò veloce e contento. – Terra, sto arrivando.

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Capitolo 3
*** Il mago ***


Olivia Williams Shepard era seduta in ottima posizione rispetto al palco allestito nel Presidium, di fianco a lei c'era Arturus Vakarian, figlio di Garrus Vakarian e Tali Zora vas Normandy.
Era una sorpresa che lui aveva voluto farle, non era un giorno speciale o altro e proprio per questo a lei piacque ancora di più.
Arturus come tutti i turian, anche se lui era per metà quarian, aveva la pelle del collo sensibile. In più, proprio per il fatto di essere un incrocio fra razze differenti, le sue placche cutanee erano più elastiche del normali. Una linea blu gli passava sopra all’occhio sinistro, tatuaggio tipico del suo popolo. Per un turian esserne privo era un onta, infatti li perdeva se si macchiava di qualche crimine e l’espressione “Volto nudo”, era per loro un insulto.
Il termine era anche usato in modo informale per riferirsi ai politici.
Olivia appoggiò la testa sulla spalla di lui che adorava quando lo faceva, perché poteva strofinare il viso tra i bellissimi capelli rosso fuoco della sua ragazza umana.
Da quella posizione lei cominciò a fargli dei gratini sotto il mento e nel basso collo. Un gesto intimo delle femmine turian che esprimeva molta soddisfazione verso il proprio partner, che lei cercava di imitare per rispettare la cultura del suo ragazzo.
Non lo dissero, ma entrambi pensarono che l’appuntamento era iniziato davvero bene.
Le luci si spensero e in una folgore di luce il mago fece la sua apparizione sul palco: un uomo sui trent’anni, bianco, un aspetto nella media, una barba con pizzetto molto scura, ma molto ben curata gli incorniciava il viso. Ciglia occhi e capelli anch’essi scuri.
Indossava un classico ed elegante vestito nero, ovviamente non mancavano mantellina e cilindro.
Era circondato da una decina di piccoli robot aiutanti che non gli arrivavano alle ginocchia.
« Divus Laurentium Dominus Imperator è qui per voi! Il migliore in qualsiasi cosa e in qualsiasi campo, lo spettacolo che oggi vedrete giustificherà la vostra vita! »
Senza perdere tempo, incominciò a strattonare e deformare il proprio corpo, braccia e collo gli si allungarono e gli occhi uscirono letteralmente delle orbite. Ribalzarono perfino sul pacimento. Era come vedere un personaggio per bambini dal vivo.
Intorno a lui i piccoli robot si muovevano, a volte a caso altre volte accompagnandolo nelle scenette. In tutto questo il mago non smise mai un secondo di parlare.
Poi d' un tratto si piazzò al centro del palco, starnutì in maniera esagerata e il suo corpo si stacco in diversi pezzi. Testa, braccia, gambe e busto ognuno separato dall'altro e fluttuante a mezz'aria, ma anche cosi il mago continuava il suo monologo che aveva come oggetto se stesso e l'incapacità dei suoi aiutanti.
La testa, priva del corpo, fluttuò verso Olivia. Lei era a bocca spalancata per lo stupore; perché se anche era un trucco la testa sembrava perfettamente reale.
« Signorina salga sul palco, sarà un aiutante senz'altro più utile e adorabile di questi inutili catorci.» Le propose il mago.
« No, assolutamente no.» Rispose lei divertita e un po’imbarazzata, ancora colpita dalla sorpresa.
« No! A me! Divus Laurentium Dominus Imperator, non sia mai!»
Una mano del mago arrivò fluttuando e toccò con l'indice la fronte di Olivia. Avvolta all'istante da una luce bluastra incominciò a volteggiare in aria in direzione del palco, lanciando non poche esclamazioni.
Queste erano dovute maggiormente al fatto che per l'occasione aveva indossato un abito con gonna, pensando fosse una buona occasione per mettere sfoggiare un po' di femminilità, cosa che non capitava spesso alle donne in servizio militare.
Gonna che ora cercava di tenere chiusa con le mani e le gambe serrate, mentre volava in aria sopra al pubblico.
Sul palco prima che potesse dire qualcosa, il mago le diede da tenere in mano un enorme cilindro.
« Ora signorina, potrei avere un suo bacio per far funzionare la prossima magia.»
Lei scosse la testa a indicare un no, era troppo divertita e imbarazzata allo stesso tempo per parlare. Si sentiva accaldata in faccia, di sicuro doveva essere rossa in viso. Sperò che nessuno le facesse delle foto, tra i capelli di un rosso accesso e il rossore del vivo doveva stare malissimo.
« Allora facciamo cosi. » Annunciò il mago, infilò la mano nel cilindro ed estrasse otto riproduzioni proprie, perfette nell'aspetto e nelle dimensioni solo che quattro avevano la pelle bluastra e le rimanenti rosse e diedero inizio a una guerra magica. Mentre il vero mago assegnava punti come se fosse una partita. La vittoria andò alla squadra rossa. Come ogni numero precedente il pubblico ricompensò il mago con una pioggia di applausi.
Infilando una seconda volta la mano estrasse quello che ad Olivia parve un piccolo rettile, lui lo lanciò e cominciò a volare in aria con le sue ali . A volare e a crescere a vista d'occhio.
Presto nel cielo del Presidium un drago,  delle dimensioni di una corazzata si librò sul pubblico con ali da pipistrello tanto grandi da nascondere la torre del Consiglio alla vista e ruggì, un suono che sembrava annunciare la file del mondo.
Olivia notò che quel bellissimo trucco aveva però un difetto, nonostante quelle enormi ali che sbattevano l'aria era perfettamente calma.
Alla fine il drago si rimpicciolì e con un tuffo ritorno nel cilindro, solo allora lei poté ritornare al suo posto tra gli applausi del pubblico. Ammettendo che dopo tutto si era divertita.
Come ultimo numero, con uno stupore ancora maggiore, il mago rese invisibile la Cittadella ai presenti. Olivia non sapeva come, ma sotto la sua sedia e tutto attorno a lei vedeva solo lo spazio, poteva vedere le navi che attraccavano e lasciavano la Cittadella e quelle ormeggiate ai moli. Tra queste riconobbe la sagoma della sua nave, la Normandy SR3.
Con quel trucco il mago annunciò la fine dello spettacolo, mentre il pubblico si alzava in piedi in delirio per applaudirlo.
*****
Il mago gridò per il dolore quando sbatte la nuca contro la parete della propria nave spaziale dove viveva.
« Siamo gente civile, non potremmo parlare con calma. » Disse rivolgendosi ai due turian che lo bloccavano e minacciavano. Erano riusciti a introdursi nella maniera più semplice: avevano suonato, lui aveva aperto dopo che si erano presentati come dei fans.
Quel subdolo stratagemma che lo colpiva nell’orgoglio aveva funzionato.
« Il capo non vuole parlare, vuole sapere per conto di chi hai ficcato il naso nei suoi affari. » Spiegò intimidatorio uno dei due.
« Che succede qui? » Domando una voce alle loro spalle.
« Signorina le consiglio di andarsene, non è posto adatta a una donna. Anche se forse potrei sbagliarmi.» Disse il mago riconoscendo e osservando Olivia. Questa volta con indosso un'armatura militare e notando come portamento e atteggiamento fossero molto diversi rispetto a prima.
« Vattene umana! » Le intimò uno dei turian.
Lei camminò lentamente verso di loro « Olivia Williams Shepard, s.p.e.t.t.r.o. del Consiglio. Ora mi domando, vi pagano abbastanza per vederla con me? Andatevene ora e potrete farlo sulle vostre gambe. » Lo disse con fredda e sicura determinazione.
I due turian si guardarono fra loro e uscirono. « Arturus com'è la situazione? » Chiese lei nel comunicatore.
« Gli agenti del C-sec li hanno arrestati appena usciti.» Fu la risposta.
« Ora mago chi sei e perché hai cercato di accedere ai dati del mio ID e di molti altri? » Chiese lei con tono severo.
Il mago stava ancora cercando di riprendersi dallo spavento « Io...ecco...s.p.e.t.t.r.o. hai detto?....Shepard...parente di quel Shepard?»
« Si. » Rispose lei accomodandosi su una sedia.
Il mago si esibì in un gesto teatrale allargando le braccia e inchinandosi verso di lei «  Divus Laurentium Dominus Imperator! Il più grande di tutti in tutto e nel tempo libero agente della sezione reati finanziari nello spazio della Cittadella. Attualmente in missione. Il mio capo, Gianna Parasini, confermerà ogni parola. »
« Parasini? La conosco, meglio se non menti.»
« Mentire? Io?! » Assunse un’aria offesa.
Olivia si mise in comunicazione « Pare che la tua storia sia confermata.» Il suo viso si addolcì, erano dalla stessa parte.
« Posso sapere come ha fatto a capitare qui al momento giusto? » Domandò Lui.
« Un ID di uno s.p.e.t.t.r.o. non si può copiare come altri, quando durate lo spettacolo ci hai provato e scattato un allarme. Ora dimmi, chi erano quelli? » Chiese per curiosità.
Con aria assolutamente tronfia disse « I due turian? Pesci piccoli, inviati da qualcuno a cui non piaceva cosa aveva scoperto.» La cosa venne ulteriormente sottolineata da un accurato gesto con una mano, a indicare come per lui simili situazioni fossero niente.
Olivia aggrottò la fronte ricordando come il mago fosse sembrato piuttosto impaurito da quei due quando lei era entrata.
Lui scattò in avanti esibendosi in un elegante bacia mano « Potrei festeggiare la salvezza della mia persona invitandola a cena? » Propose alla donna.
« Il mio ragazzo è la persona con cui ho parlato prima al comunicatore, imbraccia il fucile di precisione che in questo momento sta illuminando la sua fronte con un puntino rosso attraverso un finestrino della nave. Consiglio inoltre di levare quella mano dalla mia coscia. » Commentò lei esibendo un sorriso tagliente.
Il mago saltò all'indietro e assumendo una posizione gli dava un’aria forse imponente ma di certo comica, annunciò come fosse davanti a una gran folla « Riconosco la sconfitta e batto in ritirata. » Vi fu un'improvvisa nuvola di fumo e il mago svanì nel nulla.
« Olivia cos'è successo? » Chiese Arturus al comunicatore.
« Niente, il mago è voluto uscire di scena nel più classico dei modi. »
« Dobbiamo trovarlo? » Domandò lui.
« No, non ho intenzione di trascorrere le prossime ore di questo giorno di riposo a seguirlo. Continuiamo il nostro appuntamento? »
« Ti aspetto all’astro-auto, ho il cambio di vestiti per te. Mi piaceva quella gonna che avevi scelto, soprattutto mentre svolazzavi in aria. Ho delle foto di quando eri sul palco, le sto postando agli amici.» Disse Arturus ridendo.
Olivia corse fuori, quella era un'emergenza peggiore di molte altre. Non avrebbe permesso a quelle foto di essere diffuse.

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Capitolo 4
*** Lo scienziato ***


Il drell che correva a perdifiato rispondeva al nome di Drentel Peok, scienziato con un QI eccezionale, aveva onorato il “Contratto” mettendo a disposizione degli hanar la sua incredibile intelligenza.
Nativi di Kahje, un pianeta quasi completamente ricoperto da oceani e costantemente coperto di nubi, erano una specie acquatica somigliante alle meduse terrestri e una delle poche specie non bipedi della Cittadella
Anche se gli hanar avevano salvato i drell dall'estinzione Drentel non li aveva mai apprezzati, per usare un eufemismo, aveva accettato il “Contratto” perché così avrebbe avuto a disposizione mezzi migliori.
Il Contratto era come quelli del suo popolo onoravano la riconoscenza verso gli hanar affrontando quei compiti che essi trovavano difficili come il combattimento. Qualunque drell poteva rifiutarsi di servire, ma poiché la richiesta era considerata un grande onore pochi la declinavano.
Riconosceva che il suo popolo era in debito con i suoi salvatori, ma era contrario che li aiutassero se il prezzo era l'impossibilità di ricostituire una società drell autonoma.
Provenienti da un pianeta desertico, avevano un aspetto rettiliforme e sopravvivevano su Kahje vivendo dentro a città cupola dal clima controllato. Proprio per la grande diversità tra l’ambiente dei due pianeti, la principale causa di morte tra i drell era una malattia dovuta all’eccessiva umidità.
Alcuni hanar consideravano i membri del suo popolo come cittadini di seconda classe, molte delle loro vecchie tradizioni stavano cominciando a svanire, preferendo credere agli illuminati hanar o convertendosi alle filosofie asari.
I suoi simili che come lui accettavano il contratto erano divisi in due categorie: gli specialisti di guerra, giovani drell addestrati come spie, sabotatori e assassini; gli scienziati, come lui, quelli di cui coltivare e usare l'intelligenza.
Passato il periodo necessario a soddisfare il Contratto, i drell potevano scegliere se rimanere o no al servizio del hanar presso cui si erano addestrati.
Quei pochi che avevano lasciato il servizio degli hanar tendevano a diventare degli avventurieri, anche se alcuni servivano nell’organizzazione per la sicurezza multi-specie Agenzia N7.
Fondata da John Shepard, era una compagnia semiprivata di cui anche il Consiglio e i suoi agenti s.pe.t.t.r.o. usavano i servizi per la fiducia che avevano in essa.
Drentel era dell’opinione che se i drell avessero smesso di onorare del tutto il “Contratto” – Sicuramente non ci guarderebbero più benevolmente, ma solo come gente che occupa il loro pianeta. Perché noi abbiamo perso il nostro pianeta, se solo potessimo riaverlo ---pensò. Quella era sempre stata la sua visione delle cose, per quanto minoritaria.
 
Ma quello che la sua mente brillante era impegnata a fare in quel preciso istante era maledire ogni cosa, anche la sua maledetta curiosità ma più di tutto il rumore che i suoi piedi facevano battendo sul pavimento di metallo mentre correva all'interno del razziatore, immerso nelle profondità degli oceani di Kahje.
Mesi prima era circolata la voce dell’avvistamento di un razziatore che si muoveva sul fondo dell'oceano. Sapeva che qualcuno era stato mandato a controllare, ma il risultato era nullo.
Secondo quanto riportato, il razziatore in questione era una nave da guerra. Quella variante era alta centosessanta metri e possedeva quattro gambe, permettendo loro di combattere nello spazio e a terra.
Ben presto la notizia divenne solo una leggenda, ma lui continuava a pensarci. Non si sapeva ancora come il crucibolo avesse disattivato i razziatori e la loro tecnologia rimaneva sempre più avanzata di quella attuale.
Trovarne uno attivo e possibilmente non pericoloso, significa dare a lui la possibilità di risolvere alcuni quesiti che gli scienziati si ponevano e forse scoprire modo per recuperare Rakhana, il pianeta natale drell.
Perché non avrebbe dovuto riuscirci? Aveva superato qualsiasi problema gli fosse capitato e la gente aveva preso a chiamarlo il “Folle” per le soluzioni, ma sempre esatte, trovate. Questa volta non sarebbe stato più difficile, ma semplicemente adatto alla sua persona.
Prese una nave adatta ai viaggi subacquei, vi caricò sopra quello che riteneva di aver bisogno e partì, non prima di aver scritto una lettera a Koylat Krios il suo parente più prossimo, per fargli sapere dove andava. Trovava utile che qualcuno ne fosse informato in caso di pericolo e il messaggio sarebbe arrivato a destinazione tramite rete extranet, solo dopo la sua partenza.
 
Seguì un percorso che aveva ideato un mese prima, basandosi sulla rete di sensori sismici situati in gran parte del pianeta non tanto per i terremoti, ma per segnalare eventuali crolli delle rovine Prothean. Troppo diffuse per essere tutte attentamente sorvegliate.
Studiando il tracciato dei sensori, trovò una traccia che veniva segnalata come semplice rumore di fondo. Decise di seguirla.
 
Era il quarto giorno e stava esplorando la fossa di Suut quando i suoi strumenti rilevarono qualcosa, anche se era quello che cercava fu sconvolto nel vedere la sagoma scura del razziatore eretta sul fondale marino.
Se non fosse stato per le luci della sua nave non lo avrebbe mai avvistato, neanche passandogli accanto, tanto il nero della sua corazza si confondevano con il buio eterno di quelle acque.
Il razziatore mosse una gamba in avanti.
Non poté fare a meno di chiedersi se quell'essere sapesse della sua presenza o no, ma più di ogni altra cosa notò come la grande luce frontale del razziatore, quasi un occhio rosso e che sapeva essere il loro cannone principale, fosse spenta.
Era sola un’altra cosa a cui trovare una risposta, fu il suo pensiero. A quel punto non perse tempo, trovò un entrata, agganciò la navetta è vi entrò.
Passò un'ora a vagare all'interno del razziatore, desideroso di trovare quello che poteva definirsi la sua mente, portando con se un segnalatore che gli avrebbe permesso di ritrovare la strada ma segnando anche sulle pareti la direzione che prendeva. Non gli piaceva l'idea di affidarsi, a un solo metodo.
Più andava in profondità di quel mostro più sentiva l'atmosfera farsi pesanti, sentiva strani suoni che poco avevano di metallico ma fortunatamente non dentro alla sua testa, si era procurato il necessario per resistere all'indottrinamento, a volte gli parve che delle ombre si muovessero sulle pareti.
E poi, il mondo sembrò improvvisamente trattenere il respiro e fu come se l'oscurità fuoriuscisse dalle pareti diventando quasi solida. Smise di avvertire odori, sensazioni e sapori. Per quello che riusciva a capire lui  aveva smesso di esistere.
-- Sono morto? -- Si domandò.
Un grido lacerante gli risuonò nella mente e dopo una parola – Catalizzatore – non aveva idea di cosa fosse a cui seguì una sensazione di rabbia impossibile da descrivere, un odio vecchio di millenni urlato da migliaia di gole che dicevano la stessa parola --- Inusannon,  Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon Inusannon ---
Il dispositivo anti-indottrinamento che portava si azionò, senti l'oscurità mollare la presa come una persona che lascia un oggetto diventato improvvisamente incandescente.
Lui corse via, dubitando che il dispositivo sarebbe servito una seconda volta, anche se non era seguito da qualcosa di fisico era sicuro che quella oscurità fosse appena dietro di lui.
E adesso si trovava a correre a perdifiato, mentre la sua brillante intelligenza era impegnata in quel preciso istante era maledire ogni cosa, anche la sua maledetta curiosità ma più di tutto il rumore che i suoi piedi facevano battendo sul pavimento di metallo mentre correva all'interno del razziatore, immerso nelle profondità degli oceani di Kahje.
Anche se non era il momento,  non riuscì a evitare di concentrarsi su quello che aveva appreso. Catalizzatore, non sapeva cosa fosse ma l'oscurità provava un odio enorme verso di esso.
Inusannon era un nome che conosceva bene, erano stati per i Prothean quello che loro erano stati per le civiltà del suo ciclo ed entrambi erano caduti mietuti dai Razziatori.
La sua mente formulò ipotesi, sapeva che i razziatori non si limitavano a distruggere le civiltà più evolute, ma venivano assorbite creando nuovi razziatori. Era possibile che quel razziatore fosse stato ottenuto usando i Inusannon? Era possibile che in qualche modo la loro volontà fosse sopravvissuta? Era l'odio a far muovere quel razziatore?
Cadde a terra distratto dai suoi pensieri, era finita ne era sicuro. Senti il dispositivo anti-indottrimento entrare in funzione ma questa volta l'oscurità non mollò la presa, ancora una volta aveva avuto ragione e per la prima volta ne fu scontento.
Poi vide una porta aprirsi e alcune figure umanoidi entrare e urlare ma i suoi sensi non riuscirono a distinguerle o a capire cosa dicessero, ma ben distinti furono i lampi delle armi da fuoco.
Non sapeva se sarebbero servite, lui aveva con se una piccola arma ma non l'aveva estratta valutandola inutile.
Le figure umanoide lanciarono delle granate e vide con la cosa dell'occhio una luce bluastra tipica degli attacchi biotici. Si chiese se quelli almeno potevano essere di qualche efficace.
L'ultima cosa che vide fu un drell dall'aspetto famigliare che lo sollevava.
 *****
Quando si riprese scoprì di essere in un letto, un drell seduto davanti a lui e intento gli chiese come stava
«  Koylat? Dove?...Cosa fai qui? Dovunque sia qui. .» Chiese Drentel, chiaramente confuso
« Siamo nel palazzo dell'illuminato. » Ripose Koylat, riferendosi a dove risedeva il dio degli Hanar, l'ultimo Prothean vivente, Javik.
Non odiava Javik anche se era oggetto della devozione degli hanar, erano stati loro a credere i prothean degli dei, nessuno glielo aveva imposto.
Se non vedevano da soli la stupidità delle loro idee, di certo non sarebbe stato lui a dirglielo, anzi il fatto che Javik sfruttasse la loro devozione per vivere a spese loro, glielo faceva stare quasi simpatico.
« Lavorando nella sicurezza per conto degli Hanar sulla Cittadella e a volte perfino qui a palazzo ho ricevuto il tuo messaggio prima di quanto tu credessi e ho chiesto dei favori a degli amici. Siamo riusciti a raggiungerti appena in tempo. » Precisò Koylat
« Si è vero ho visto...te... eri tu il drell che mi sollevava, ma c'erano anche altre persone. »
« Olivia Williams Shepard e la sua squadra. »
« Shepard? Vuoi dire... » Domandò sorpreso
« La figlia e primogenita del capitano John Shepard, l'eroe della galassia e l'acquisto più recente tra i ranghi degli s.p.e.t.t.r.i. del Consiglio. »
« È incredibile che sia stato salvato da uno Shepard, ma niente di strano che tu li conosca. » disse, poi come ricordandosi di una cosa importante « Il Razziatore? L'avete catturato? »
« No, dopo i primi colpi e crollato semplicemente al suolo rimanendo immobile. Adesso sembra del tutto fuori uso. »
Il volto di  Drentel, fu quello della delusione.
« Primitivo dovresti essere grato di aver avuto salva la vita, per quello che hai fatto. » Tuonò una voce severa e autoritaria che fu prontamente interrotta da una più dolce. A parlare per primo era stato Javik in persona, l'altra era Liara T'Soni.
L'asari lo salutò cordialmente e descrisse cosa era successo. La Normandy SR3 con a bordo anche la loro figlia Asiria era arrivata su Kahje insieme a Koylat, chiedendo alla coppia il necessario per trovare e raggiungere Drentel.
Davanti al pericolo di un razziatore attivo, si erano uniti anche loro due oltre a qualche centinaio di soldati hanar della guardia Illuminata, normalmente a protezione del palazzo. Gli hanar nei loro mezzi da combattimento, erano soldati migliori di chiunque in acqua.
Giunti sul posto, una squadra d'assalto comandata da Olivia era entrata nel razziatore per trovarlo, a cui Javik e Liara si erano uniti assolutamente decisi che la loro unica figlia non sarebbe entrata in un razziatore attivo senza di loro né tanto meno i figli dei loro amici, per quanto fossero preparati.
Appena la squadra d’assalta era rientrata sana e salva, il piccolo esercito aveva fatto fuoco e il razziatore era crollato all'istante senza accennare a una risposta di difesa.
Terminato il resoconto toccò a Drental a raccontare cosa era successo al suo interno e non gli sfuggi che alla parola Catalizzatore, gli occhi dell'asari per un attimo si allargarono mostrandosi stupiti, avrebbe voluto chiedere cosa sapeva ma preferì tacere.
Quando invece parlò degli Inusannon e della sua teoria, la tristezza sul volto di Liara fu evidente e disse « Speriamo solo che ora possano riposare in pace, per la Dea. »
« In ogni caso presto lo potranno fare, se è rimasto davvero qualcosa di vivo dentro a quella macchina. Il razziatore è stato agganciato a dalle navi ed è in viaggio verso il sole di questo sistema, presto non ne resterà niente. »
Drentel fece per protestare, ma si ricordò con chi stava parlando e tacque.
Il prothean gli si avvicinò « Primitivo, si pronto per la tua punizione! » Lui fu sicuro che non scherzasse, sapeva che l'umorismo non era una delle qualità del dio degli hanar.
 *****
Vicino al sole di Kahje, quella che sarebbe sembrata una piccola macchia scura a qualcuno che osservava da distante si avvicinò alla stella e scomparve sulla sua superficie.

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Capitolo 5
*** L'assassina ***


Sentoria Gracius era uno scrupoloso ufficiale dei servizi segreti turian, un agente cabal che da tempo si occupava solo dell’organizzazione delle missioni. Il servizio sul campo era adatto a gente più giovane.
Aveva una mezzaluna rossa attraversata perpendicolarmente da due linee rosse dipinta in volto, un tatuaggio tipico del suo popolo. Per un turian esserne privo era un'onta, infatti li perdeva se si macchiava di qualche crimine e l’espressione “Volto nudo”, era per loro un insulto.
Il termine era anche usato in modo informale per riferirsi ai politici.
Stava ripassando tutto quello che sapeva sulla missione che da li a due ore sarebbe iniziata ufficialmente con lo sbarco, in segreto, di una forza di quindici agenti cabal.
Volendo avrebbe ancora potuto fermare tutto, per questo voleva essere sicura di non aver sbagliato niente.
Il bersaglio era Dasha Weaver, lo scopo la sua eliminazione. La sua posizione era presso Caninea, il gigantesco impianto industriale costruito nel più grande massiccio roccioso del pianeta Noveria.
Esternamente il posto era come una fortezza, la sicurezza serrata.
L’umana aveva attirato l’attenzione su di se fondando la Noveria Corps, società nata dalla fusione di tutte le singole compagnie che per qualche motivo avevano interessi sul posto e presieduta da lei. Da informazioni molto riservate, neanche lei aveva potuto verificarne la veridicità, sembrava che la Weaver avesse sfruttato la recente crisi galattica per ottenere dai Consiglieri il perdono per i crimini commessi per se stessa ed altri, assieme all’obbligo che approvassero a scatola chiusa degli accordi commerciali che lei aveva stretto in segreto e nel più totale anonimato.
Questo le permise di violare impunita le regole sulle fusioni industriali e il monopolio.
Risolta la minaccia aveva fondato la Noveria Corps, un gigante economico che il Consiglio aveva difficoltà a gestire. Una parola di quella donna e interi sistemi sarebbero potuti andare in recessione e miliardi di crediti perduti.
Inoltre non potevano agire apertamente contro di lei, senza evitare di trovarsi nell'imbarazzante situazione di spiegare il motivo per cui avevano firmato quegli accordi e di aver ceduto alle richieste di una criminale.
A complicare la situazione vi era la posizione giuridica di Noveria. Il pianeta godeva del diritto di extra-territorialità, non veniva considerato soggetto alle leggi della Cittadella.
Motivo per cui le grandi industrie svolgevano su di esso gli esperimenti più pericolosi e proibiti a cui il Consiglio avrebbe sempre potuto dirsi estraneo. Il tutto avveniva nel massimo riserbo, anche se con questa scappatoia nessuna legge veniva violata, l’opinione pubblica non avrebbe accolto bene qualche scandalo.
Nessuno si aspettava che quelle industrie sarebbero diventate un'unica entità che usava il diritto di extra-territorialità a suo vantaggio.
Qualcuno di molto in alto nella Gerarchia turian, aveva deciso di mettere fine alla cosa.
Gli ostacoli maggiori al completamento della missione erano diversi ma niente di particolare.
Una nota a parte la meritava il vice della Noveria Corps: Isabella Noveria. Stranamente l’umana non aveva un cognome reale, come da consuetudine in questi casi la burocrazia aveva risolto utilizzando il nome del pianeta dove la persona aveva la residenza.
Era segnalata come estremamente pericolosa, i suoi dati riportavano che era una biotica ed era indottrinata a combattere come phantom.
Dopo la guerra contro i Razziatori, in età estremamente giovane Isabella era sta imprigionata per anni da Neo-Cerberus. Un gruppo di sostenitori dell’organizzazione terroristica pro-umani che voleva rifondarla. Durante la sua prigionia subì l’indottrinamento.
Quello pareva essere la causa dell’alterazione dello stato mentale in cui la donna sembrava trovarsi.
Sentoria aveva affrontato dei phantom durante la guerra, erano pericolosi ma niente che un agente cabal non potesse affrontare.
Annuì convinta della sua decisone di proseguire la missione, le probabilità che tutto andasse bene erano ottime.
*****
Noveria era un pianeta inospitale, spesso mortale che dava il benvenuto a chi si posava sulla sua superficie con violente bufere di neve. La notte era ancora peggio, con il freddo che si rivelava un nemico più pericoloso di qualsiasi altro.
Le gambe sprofondavano nella neve ma la figura si muoveva agile nella notte.
Arrivò fino a ridosso di un muro e li sparì nel nulla, solo le impronte lasciate testimoniavano che era esistita.
Riapparve dall'altra parte della parete, all'interno dei locali della Noveria Corps. La figura avvicinò le mani alla bocca e ci alitò sopra, nonostante le protezioni termiche della sua armatura il freddo si era fatto sentire e i turian vi erano particolarmente sensibili.
Come si aspettava il corridoio era nel buio più totale, era un percorso di servizio usato solo occasionalmente, per questo aveva scelto quel punto per entrare nel complesso usando lo spostamento di fase o teletrasporto tipico dei biotici. Attivò i sensori visivi, poteva vedere meglio al buio ma aveva una visuale molto limitata ai lati.
Fece per muoversi quando tre spari risuonarono nell'oscurità, i suoi scudi furono colpiti e crollarono ma lei non subì danno. Si mosse mettendosi spalle al muro.
Nel corridoio non c'erano ripari e lei non vedeva il nemico nonostante i sensori.
« Libusia Jndaril, cabal della gerarchia Turian, non ti muovere e forse ne uscirai viva. » Gridò una voce.
Lei sussultò a sentire pronunciare il proprio nome. Le squadra cabal, come quella che era giunta su Noveria e di cui faceva parte, erano composte da quindici elementi agivano nel massimo segreto e i nomi dei loro membri come i loro compiti non venivano mai divulgati. Perfino i loro tatuaggi facciali venivano rimossi per renderne più difficile l’identificazione, in missioni clandestine come quella se qualcosa fosse andato male. Al loro ritorno sarebbero stati nuovamente tatuati.
« Chi sei? » Chiese rivolgendosi all'oscurità, non vedendo nessuno.
« Naomi Takara, vice capo della sicurezza della Noveria Corps. » Fu la risposta.
Ora Libusia capiva, aveva letto i dossier della squadra di Dasha. Naomi era un ex N7 dell'Alleanza ed era addestrata come Ombra. Significava che come lei sapeva muoversi non vista e a celarsi in bella vista,  sicuramente era protetta da un sistema di occultamento. Ora sapeva cosa cercare.
« Sei sola. Dovresti poter contare su un autentico esercito? » Domandò la turian, sperando di guadagnare tempo. I suoi scudi si stavano ricaricando.
Sulla  carta la Noveria Corps aveva duemila uomini, Divisione N, che lavoravano garantendo la sicurezza dei suoi impianti e dei trasporti. Nella realtà aveva duemila soldati organizzati come un esercito moderno, molto ben armati e pronti a tutto. Lavorando per la più grande compagnia d’armi, l’armamento era l’ultimo dei loro problemi.
« Ti attendono alle estremità di questo corridoio. Quei ragazzi non vanno bene per lavori di finezza. Ho l'ordine di trattenerti, loro ti ucciderebbero e basta. » Spiegò Naomi, nascosta nel buio.
La turian scattò avanti in salto biotico, mentre artigli avvelenati uscivano dai suoi guanti. Aveva trovato una traccia termica della sua avversaria.
La spada dell'Ombra saettò nell'aria e lei vide appena un bagliore, mentre la spada si metteva di traverso bloccando gli artigli della sua mano sinistra.
Naomi riuscì per un pelo ad evitare di essere colpita al volto dagli artigli sull'altra mano, facendo scattare la testa all'indietro.
Improvvisamente le luci si accesero illuminando per intero l'aria, i sensori visivi si disattivarono automaticamente evitando che Libusia ne fosse accecata.
 
Lei vide quello che si aspettava, un’umana in un’armatura militare somigliante a quella classica di un'Ombra dell'Alleanza.
« Ci possiamo dare una mossa, se voi ragazze avete finito le presentazioni?» Chiese una voce alle sue spalle. La turian sussultò nel sentirla perché ignorava che ci fosse qualcun altro tranne lei e l'umana.
Voltandosi fu subito certa dell'identità dello sconosciuto, Tenus Etiam, drell rinnegato e assassino al soldo di Dasha. Portava stretto in una mano un sacco nero.
Con un nemico per lato, la turian incominciò a cercare una via di fuga.
« Non muoverti. » Dissero all'unisono i suoi nemici.
« Come facevate a sapere di questa missione? » Volle sapere Libusia e aggiunse « Cosa vuol dire che devi solo trattenermi? Cosa ha in mente il vostro capo? »
Tenus le tirò il sacco che teneva. Lei lo prese al volo.
« Questo è per te, un regolo da parte di Dasha che devi portare ai tuoi capi. » Disse il drell ammiccando un sorriso.
Libusia guardò nel sacco. Sentoria Gracius, il suo superiore che aveva allestito la squadra e ideato la missione per eliminare Dasha Weaver, la stava fissando da dentro quel sacchetto o almeno lo faceva la sua testa. L'ultima volta che l'aveva vista era al sicuro in una base militare turian.
Invece la sua testa è qui a davanti a me – Pensò la turian.
« Ora posso riferirti il messaggio di Dasha “ La gerarchia ha deciso di uccidermi per danneggiare i volus che dalla fine della guerra controllano gran parte dell'economia di Palaven. La prossima volta non tratterò il colpo, come ho fatto”. » Disse Naomi riportando il messaggio.
Libusia si lasciò scortare verso l'uscita, resistere sarebbe stata solo inutile. Come le aveva detto diverse squadre in assetto da combattimento la stavano aspettando fuori da quel corridoio, lei si concesse il lusso di un sorriso.
Se erano concentrati su di lei, forse il resto della sua squadra...
« No. » Dichiarò a un tratto Naomi alle sue spalle, lei non si voltò e continuò a camminare sapendo di essere sotto tiro e che ogni suo gesto avventato le sarebbe potuto costare caro.
« Sappiamo del resto della tua squadra, ma di messaggero ne basta solo uno. » Spiegò Naomi
« Sulla loro strada c'è Isabella. » Aggiunse Tenus.
Libusia ci pensò un attimo. Isabella era il vice presidente della Noveria Corps, un ruolo che ricopriva solo teoricamente, e un'assassina biotica estremamente potente.
Però dubitava che da sola avrebbe fermato un’intera squadra di Cabal.
« Se vi affidate a una persona sola, potresti pentirvene. L'intangibile non può essere toccato. » Rispose citando l'antico motto delle Cabal, ma non ebbe risposta.
Davanti alla navetta una guardia li attendeva con un altro sacco in mano. Quando furono vicini glielo porse dicendo « Per la prigioniera. » Andandosene subito dopo.
Questa volta il sacco era molto più grande e pesante. Non voleva aprirlo visto l'esperienza appena avuta, ma lo fece lo stesso.
Dal suo interno molte facce la stavano guardando e non aveva bisogno di contare queste altre teste per saperne il numero. Erano quattordici, erano i suoi compagni di squadra.
« Isabella deve essersi divertita. » Commentò Tenus, Naomi si limitò a un cenno d'assenso.
Senza dire niente, Libusia chiuse velocemente il sacco e sali sulla navetta senza più scambiare parole con i suoi nemici. Si mise ai comandi e partì.
Mentre saliva di quota, si chiese se per Dasha Weaver, presidente e amministratore delegato della Noveria Corps, uccidere un alto ufficiale turian su Palaven e eliminare un'intera squadra Cabal rimandandone indietro solo un componente come messaggero e sfida alla Gerarchia Turian, lei non dubitava che lo fosse, voleva dire trattenere il colpo. Cosa avrebbe fatto se quel colpo non l'avesse trattenuto?
Quella domanda rimase senza risposta mentre impostava la rotta per Palaven. Avrebbe avuto ore per riflettere e onorare gli spiriti dei compagni caduti.

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Capitolo 6
*** 2157 Guerra del primo contatto ***


Il soldato guardò attraverso la feritoia del bunker dove lui e la squadra, una trentina di individui, avevano trovato riparo. Alle sue spalle riecheggiarono dei passi famigliari.
« Avvistato qualcosa Hannah? » Chiese il sottotenente Steven Hackett che era subentrato al comando, dopo che il tenente Isolda Hershey era stata colpita durante la ritirata verso la colonia di Shanxi nell'ultimo bombardamento orbitale. Se era rimasto qualcosa del suo corpo, doveva essere disperso nel raggio di decine di metri e in parti molto piccole.
« Niente, signore. » Rispose il sottotenente Hannah Shepard, un viso rettangolare in cui erano incastonati due bellissimi occhi verdi e una chioma rosso fuoco a taglio militare, contenta di vedere l'amico al comando. Quando era andata all'accademia militare, Hackett la frequentava già ed era il suo capo sezione, in virtù di questa sua anzianità aveva assunto il comando anche se Hannah aveva lo stesso grado. Come soldato pensava di averci guadagnato più che perso dalla morte del tenente Hershey, riteneva Steven un comandante migliore del suo predecessore anche se non poteva dirlo apertamente. Lui era originario di Buenos Aires, un viso asciutto e duro di chi era cresciuto in fretta vivendo nei quartieri più poveri e degradati della città.
« Credi che gli aiuti arriveranno presto? I rifornimenti stanno scarseggiando e non ci rimane molto terreno da cedere. » Domandò Hannah
Steven si guardò indietro, per essere sicuro che nessuno udisse per sbaglio « Sono sicuro che sai qual è la situazione, ma per rispondere alla tua domanda “Non lo so.”. Sicuramente l'Alleanza sa cosa sta succedendo, è però impossibile dire cosa faranno ora che l'umanità ha scoperto di non essere sola. »
L'umanità aveva incontrato un'altra civiltà nel modo più doloroso. Nel 2157, una flotta aliena era apparsa sopra la colonia di Shanxi bombardandola, subito dopo erano scese le prime truppe da sbarco. Da un paio di prigionieri, fatti all'inizio del conflitto, avevano saputo che i loro aggressori si facevano chiamare turian. 
Solitamente alti più di un metro e ottanta, con due lunghe dita proporzionalmente spesse e un pollice opponibile su ogni mano, artigli all'estremità di ogni dito, e una serie di mandibole intorno alle loro bocche.
Il tratto più caratteristico dei turian era il loro carapace metallico, fortunatamente per gli umani, lo spesso strato di pelle aveva la stessa resistenza ai proiettili e ai colpi energetici di quella umana. 
« Il generale Williams ha una soluzione spero? » Chiese lei.
« Il generale è solo un uomo, è un buon comandante in capo, ha il mio rispetto e sta facendo tutto il possibile per resistere ma non abbiamo navi. Senza non possiamo rompere l'assedio dei turian. »
Hannah imprecò, sapeva bene che Steven stava dicendo il vero. Il tempo giocava dalla parte del nemico, che doveva solo aspettare che gli umani si arrendessero per mancanza di cibo o di munizioni o entrambe le cose. Se la situazione non si fosse capovolta in fretta, la sconfitta era l'unica possibilità. Ambedue se ne rendevano pienamente conto.
Finirono a terra quando i primi colpi d'artiglieria esplosero intorno alla loro posizione, parte dell'ultima linea di difesa prima della colonia.
« Arrivano! » Gridò un soldato. Usando il bombardamento come copertura, i soldati turian avanzavano sulla loro postazione.
« Fuoco!  Non sprecate colpi! » Urlò Steven nel comunicatore una volta rialzatosi e fece fuoco dalla feritoia più vicina, imitato da Hannah.
« Steven ..è inutile. » Gli disse gridando per superare il rumore degli spari e indicò i sensori di movimento, anche quello che vedeva dalla feritoia era una prova sufficiente. Il nemico era semplicemente troppo numeroso da fermare.
« Ritirata ! » Ordinò Steven imprecando a denti stretti « Hannah prendi dieci uomini e cerca di rallentarli, se ci ritiriamo tutti insieme potrebbero raggiungere il perimetro della colonia senza di darci il tempo di rinforzare la posizione. » Disse odiandosi nel dare un ordine sensato che metteva a rischio l'amica.

Steven fu lasciato per ore nel più totale isolamento in una cella senza finestre, senza un letto e con una sola sedia o pensava fosse tale. Una lampadina diffondeva una luce piatta e dura, non udiva nessun rumore dall'esterno.
La porta della cella si aprì e la figura che apparve non era umana. Il turian aveva occhi che gli ricordavano quelli di un falco, senza peli e una pelle a scaglie. Gli si avvicinò.
« Seguimi. » Ordinò in perfetto portoghese degno delle strade di Buenos Aires, Steven sapeva che il nemico usava dei traduttori ma ne rimase lo stesso colpito anche se cercò di nasconderlo.
Lui ubbidì, fuori dalla cella altri due turian lo aspettavano e lo ammanettarono. Fu condotto per un breve corridoio, fatto entrare in una stanza e messo a sedere.
In piedi, davanti a lui, un turian aveva l'aria di aspettare « Lei è un ufficiale. » Dichiarò l'alieno
« Steven Hackett, Alleanza dei sistemi uniti...»
« Silenzio, ho già sentito queste cose da altri. Lei è un ufficiale, può darsi che conosca o no qualcosa di importante per la gerarchia turian. Io farò le domande e le risponderà, è chiaro ? »
« No! »
« Mi dica, la testardaggine è tipica della sua razza? » Disse il turian che si voltò verso una parete, parte di essa scomparve lasciando intravedere la stanza accanto.
Steven sgrano gli occhi incredulo, Hannah era in ginocchio con indosso solo la sua uniforme, due alieni la costringevano in quella posizione tirandole e torcendole le braccia all'indietro, un terzo individuo era fermo davanti a lei.
« Non ci può vedere o sentire ma noi si. » Specificò il suo carceriere. Il turian che non era costretto a trattenere Hannah le si avvicinò, aprì con forza la mano dell'umana e le afferrò un dito. Steven tentò un movimento, ma venne ributtato dalle guardie sulla sedia. Udì un "crac" e vide Hannah mordersi il labbro per non urlare.
« Voi umani siete troppo morbidi. » Commentò il carceriere e rivolgendosi ad Hackett « So che questa femmina è un ufficiale sotto il suo comando. Ora i miei uomini la pesteranno, mentre io e lei parliamo, fino a quando non sarò soddisfatto delle sue riposte o non crederò che dica il vero. »
« Maledetto, vigliacco assassino! Barbaro bastardo figlio di una carogna. » Esplose Hackett
« Non ho problemi se vuoi perdere tempo umano, non so se lo stesso vale per la femmina. »
Steven riportò la propria attenzione su Hannah, con rabbia vide il turian incominciare a colpire al volto.
« Dipende da te, quanto lei dovrà soffrire. » Insistette il suo carceriere.
Steven strinse i denti dalla rabbia, non sapeva niente di importante, si chiese quanto tempo ci sarebbe voluto perché gli credesse, ma sopratutto per quanto Hannah avrebbe resistito.

Tre giorni dopo furono fatti salire su un mezzo blindato e mandati via. Non sapeva dove li stessero portando assieme ad altri prigionieri, era preoccupato per Hannah. Era stata picchiata e non aveva avuto nessuna cura medica, era cosciente ma stava male ed era probabile che le ferite si infettassero. Lui non si era mai sentito cosi angosciato, durante il trasporto la strinse a se. Il viaggio era accidentato e lei sarebbe caduta se lui non l'avesse aiutata.
Dopo qualche ora il mezzo si fermò e vennero fatti scendere.
La prima cosa che colpì i nuovi arrivati fu l'odore di sudiciume che infestava l'aria e di cui ben presto capirono l'origine. Un campo di prigionia.
Questo conteneva rifugi improvvisati e fatiscenti dove un centinaio di umani cercavano di sopravvivere, mentre attorno a loro i turian facevano la guardia. L'unico contatto con l'esterno era quando veniva consegnato il cibo, come Steven capì fin da subito era anche l'unico servizio del campo. Anche per quelli basilari come le latrine, gli umani erano lasciati a se ed erano liberi di scavarne con le mani o fare i loro bisogni dove volevano come animali, nessuno si sarebbe lamentato o sarebbe venuto a pulire.
La cosa che preoccupò di più Steven, tranne Hannah, fu che gradi e gerarchia sembravano non fare più presa tra quegli uomini. Lui era cresciuto tra i quartieri poveri di Buenos Aires, sapeva di cosa erano capaci i suoi simili quando venivano trattati come animali.
Depose Hannah in un posto che almeno aveva un tetto e si allontanò portandosi in uno spiazzo aperto.
« Chi è il più forte qui dentro? » Gridò con quanto fiato aveva in corpo, tutti lo guardarono ma nessuno rispose. Ripetè nuovamente la domanda.
Un uomo si fece avanti « Io, Buster. » Rispose l'uomo.
Steven lo soppesò un attimo. Era chiaramente un individuo brutale, più forte che intelligente.
Cogliendolo di sorpresa Steven mandò Slim a terra con un pugno, con la punta dello stivale lo colpì all'addome. Quando l'uomo provò a estrarre quello che sembrava un pugnale arrangiato, lui gli mise un piede sopra il polso, dopo di che gli sferrò un altro calcio dritto in bocca.
« Se io e la mia amica avremmo un qualsiasi problema, sarai tu a risponderne che c'entri o meno.» Disse a Slim dolorante a terra. Si diresse da Hannah, sicuro di aver mostrato a tutto il campo chi era. Sperava di evitare problemi inutili con gli altri prigionieri e magari ottenere degli alleati.

Steven era preoccupato. Le ferite di Hannah si erano infettate, aveva la febbre ma non aveva modo di procurarsi delle medicine. Era riuscito a ottenere del medigel da un prigioniero e razionandolo erano andati avanti con quello, ma era finito e non aveva modo di ottenerne dell'altro.
Passava con l'amica quasi tutto il suo tempo e la vedeva diventare sempre più magra e smunta, anche se i suoi incredibili occhi verdi rimanevano vivaci. Ma era sempre più il tempo che passava dormendo, sempre più debole a ogni giorno che passava.

Era notte e Steven stava tornando al rifugio che condivideva con Hannah, quando una luce improvvisa illuminò la notte e la terrà tremò. Il suo sguardo indugiò su altro, aveva scorto del movimento nel rifugio.
Si mise a correre e quando fu abbastanza vicino da capire, il suo cervello si rifiutò di accettarlo.
Hannah era priva di pantaloni che giacevano a terra, le mutante erano calate all'altezza delle caviglie. Sopra di lei, un uomo con i pantaloni abbassati stava guardando le luci in cielo. Lui e Steven incrociarono gli sguardi.
Lo stupratore giaceva con il collo spezzato sul terreno del campo, Steven chino su Hannah cercava di rivestirla.
Si sentiva agitato e le mani gli tremavano visibilmente, cercò di riprendersi ma non gli sembrava funzionasse. Non aveva mai avuto paura in una battaglia, ma quello che era appena successo l'aveva scosso più di qualsiasi altra cosa, anche se in passato aveva avuto un attimo di intimità con l'amica rivestirla gli metteva soggezione. Quando le rimise le mutande, per un attimo il suo sguardo indugiò sul sesso della donna e sentì la gola seccarsi. Hannah era sempre stata una bellissima donna.
Infine riuscì a rivestirla completamente mentre lui provava solo ripugnanza per se stesso, per come aveva reagito il suo corpo vedendo l'amica nuda, cercò di giustificarsi dicendo che era solo una reazione biologica, non fu d'aiuto a farlo sentire meglio.
Un'esplosione fece crollare la recinzione del campo. Steven corse verso l'apertura con Hannah in braccio, con quello che era successo si era dimenticato di cosa accadeva intorno a lui, vide una figura arrivare in direzione opposta: un umano.
Il soldato dell'Alleanza gli stava facendo cenno muoversi, lui era anche sicuro che stesse urlando, ma il rumore degli spari copriva ogni altro suono. Non distante un mako apriva il fuoco.

« Fate attenzione. » Disse Steven agli infermieri della Ssv Dakota mentre portavano via Hannah diretti all'infermeria.
« Fortunato bastardo. » Gli gridò qualcuno dietro di lui, voltandosi vide David Anderson, era giunto insieme ad Hannah all'accademia ed era stato il migliore del suo corso N7, assieme i tre erano stati inseparabili. « Sapevo che non potevi essere morto, ho avuto un infarto quando ho letto il tuo nome nella lista di chi abbiamo tirato fuori da quel campo. E Hannah ? Ho visto il suo nome. » Chiese David, la preoccupazione nella sua voce era evidente.
Steven narrò all'amico della loro priogionia e facendosi forza cosa era accaduto ad Hannah poco prima dell'attacco, pensava che gli avrebbe fatto bene sentire qualcuno che gli desse la colpa di cosa era successo oltre che se stesso.
« Che ne è stato di quel criminale? » Domandò David
« L'ho ucciso. » Rispose Steven, senza che la voce tradisse la minima emozione.
« Dannazione, mi hai privato del piacere di farlo. » - si sentì dire come risposta e subito dopo - « Hai fatto l'impossibile, lei è viva e si rimetterà. Se c'è una persona che può farlo è Hannah e avere un figlio da cui tornare è una grande spinta.»
Questo fece ricordare a Steven che lei aveva un figlio, un bambino di tre anni di nome John Shepard, che aveva affidato ai genitori sulla Terra e di cui non parlava mai quando era in missione e neanche dentro al campo. Una volta gli aveva chiesto il perché e lei aveva risposto che non voleva ricordarlo, perché quando lo faceva abbassava la guardia, rendendo più probabile che lei non potesse tornare mai più da lui.
Steven pensava che probabilmente David sapeva di cosa parlava, essendo anche l'amico sposato da non molto tempo e avendo già un figlio.
Questo gli rammentò che il piccolo John aveva una madre ma non un padre, la cosa più probabile era che Hannah tenesse il silenzio perché si trattava di un militare cosa che avrebbe messo entrambi in guai seri. Finché era un segreto l'Alleanza non avrebbe obiettato, non potevano proibire a una donna di avere figli e il presunto padre non avrebbe dovuto temere per la sua carriera, oltre a non avere problemi a mentire sul fatto di non avere figli, era facile essere convincenti quando realmente non si sapeva di aver colpa. La sua sicurezza che Hannah non si fosse mai rivolta all'altro genitore, derivava dal fatto che poteva essere lui ad aver vinto alla “lotteria”.
*****
Era successo solo una volta e non per caso, sapevano entrambi cosa stavano facendo. Hannah aveva attirato sempre gli sguardi su di se, ma pochi erano coloro che reggevano il confronto con una personalità cosi forte. Quello era uno di motivi per cui lui e David avevano stretto amicizia tra loro e con lei, erano entrambi tre leader nati.
Ma il rapporto con David non era mai andato oltre l'amicizia, di questo era sicuro ma per quello che lo riguardava una sera lei si era concessa.
« Stiamo facendo una cosa stupida » Disse lui, mentre entravano in una camera d'albergo
« Lo so... ma non puoi negare una certa attrazione tra noi, meglio risolvere la questione prima che ci rechi problemi. » Obiettó Lei.
Steven ancora ricordava il momento culminante, mentre aveva il viso immerso tra i capelli di Hannah e vedeva solo quel magnifico rosso. Non si era mai sentito cosi vicino al paradiso come in quell'istante, poi udi la voce di Hannah nell'orecchio anche se non poteva vederle il viso abbracciati com'erano l'uno all'altra.
« Qualsiasi cosa sia accaduta questa sera non ne parleremo mai più...promettimelo? Abbiamo entrami i nostri sogni e la vita nell'Alleanza non consente di avere storie romantiche, anche se David è convinto del contrario.»
« Hannah..»
« Promettilo? »
« Lo prometto. »
Cosi lui aveva fatto, tranne quando la gravidanza di Hannah non poteva più essere nascosta e lei aveva risposto alla sua domanda se era incinta, come se gli avesse appena confermato di aver preso un raffreddore. Avevano preso delle precauzioni, ma qualcosa poteva non aver funzionato.
Quando gli chiese se era lui il padre, fu la prima volta che la vide arrabbiata
« Non ti deve interessare Steven...ricorda cosa hai promesso....puoi essere un amico ma solo questo. » Disse mentre quei suoi occhi verdi lo fissavano, dando l'impressione di essere due lastre di ghiaccio e i capelli fiamme vive tanto era la determinazione che avvertiva.
Lui non disse niente, la sua resa era chiara. Lei proseguì per la sua strada.
I loro rapporti rimasero tesi per un po', ma si rasserenarono col tempo.
Hannah non fece mai niente per nascondere il figlio che mostrò agli amici, Steven ogni volta che lo guardava cercava di cogliere qualche somiglianza ma senza mai riuscirci.
*****
Quando Steven si recò in infermeria qualche giorno dopo, la nave era diretta verso la Terra e la colonia di Shanxi si era arresa. I rinforzi erano arrivati troppo tardi per essere veramente d'aiuto, ma era sicuro che l'Alleanza avrebbe reagito Si chiese cosa ne fosse stato dei cuoi commilitoni sul pianeta e del generale Williams.
Cosa gli rimane? – Pensò, perdere una colonia era qualcosa che non poteva essere dimenticato.– La sua carriera è finita, non importa quanto fossero giuste le sue scelte. – La sua idea era che il generale avesse veramente fatto l'impossibile, ma quando la sconfitta era netta aveva ordinato di evacuare ripiegando su Arturus, salvando cosi chi tra gli umani era ancora in vita. – L'Alleanza scaricherà volentieri la colpa su qualcuno, se non ha niente che può far passare come vittoria alla gente. –
Si fermò davanti una porta ed entrò quando udì la risposta. Hannah sorridente lo guardava sdraiata dal letto dell'infermeria.
« Vedo che ti stai riprendendo. » Disse lui.
« Si e penso di doverlo a te...anche di non essere stata violentata. » Hannah disse l'ultima frase muovendosi a disagio.
« Come fai a saperlo? » Chiese allibito lui. Ne aveva parlato con i medici perché voleva che controllassero, era impossibile dire quali malattie quel criminale poteva aver contratto nel campo e lui non sapeva se era arrivato in tempo per impedire all'uomo di fare quello che voleva.
« In questi casi ti mandano un supporto psicologico, uno psichiatra mi ha spiegato che il test ha confermato che non c'é stata violenza. Siccome nel mio caso non è successo niente, non c'era molto che potesse sconvolgermi, tranne il fatto che qualcuno possa avermi vista nuda. Ho fatto una chiacchierata di un’ora col medico che mi ha ritenuta idonea a riprendere servizio, appena sarò abbastanza in forze da stare in piedi. »
Lui stava per dire qualcosa, ma qualcuno entrò e perse il momento.
« Hannah bello vederti finalmente sveglia, sono corso appena ho saputo ma anche perché ho novità interessanti. » Spiegò David che si era precipitato nella stanza.
I due lo guardavano con trepidazione. Lui attese giusto qualche secondo più del necessario per parlare, non tutti i giorni si portavano notizie come quella.

« La seconda flotta agli ordini dell'Ammiraglio Kastanie Drescher muoverà presto per riconquistare Shanxi e accettano volontari. » Annunciò David sorridendo sull'ultima parte, la sua intenzione di offrirsi tale era evidente. Non meno lo era quella di Steven e Hannah
« Ci riprenderemo Shanxi!» esclamò David.
Hannah annuì con sobria soddisfazione, Steven picchiò un pugno sul palmo della mano.
Aveva un debito con un turian che doveva saldare.

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Capitolo 7
*** Il criminale ***


Dalla fine della guerra contro i razziatori, Suen il pianeta natale dei rachni era nuovamente sede di questa razza di insetti intelligenti dopo che la regina rachni salvata dal comandate John Shepard aveva aiutato nella costruzione del Crucibolo.
Ottenero anche dal Consiglio la promessa che solo un numero limitato di navi, autorizzate, sarebbero potute atterrare su Suen.
Coloro che scendevano su questo pianeta erano parte di equipe scientifiche, desiderose di apprendere di più su questa specie ritenuta per secoli estinta.
Per questo motivo la mostra organizzata dalla dottoressa asari Voorau Shila, una raccolta attenta di tutto il materiale catalogato, esposta nei corridoi della nave da crociera super lusso Telite, era una esposizione itinerante e la nave era al momento attraccata alla Cittadella, e aperta al pubblico era così importante.
Abbastanza perché il capitano Shepard della flotta dell'Alleanza e sua moglie, il maggiore Ashley dei marines dell'Alleanza vi partecipassero, seppur in abiti civili. Fu una delle poche volte che la coppia non trovò questo genere di incarichi noioso.
John avendo avuto un ruolo della rinascita dei rachni come specie, era curioso di vedere cosa avessero scoperto gli scienziati e quali conseguenze avessero avuto le sue scelte.
La mostra si era rivelata un vero successo.
« Tieni. » Disse John porgendo ad Ashley un drink, preso su un vassoio da un cameriere di passaggio.
« Grazie. Devo ammettere che è stato più interessante di quello che pensavo. » Ammise lei riferendosi alla mostra.
Una ragazzina, correndo, passò in mezzo alla coppia urtandola, seguita da altre due.
« Ehi! Non si corre.» Gridò lei alla prima, una ragazza sui dodici o tredici anni. Aveva occhi di un azzurro molto chiaro e una bionda capigliatura, indossava un elegante vestito adatto alla sua età e portava a tracollo un astuccio di legno, una cui estremità era destinata ad aprirsi e su di esso era inciso un nome Alexya. La ragazza era allegra e l'improvvisa sgridata la fece fermare di colpo, quelle che la seguivano non ci riuscirono. Finirono tutte a terra, in un sonoro tonfo.
Quando si furono rimesse in piedi, tutte e tre vicine mostrarono non solo di avere la stessa età e lo stesso vestito ugualmente elegante, ma anche occhi tendenti al celeste e capelli biondi e un astuccio in legno dello stesso tipo, ma con altri nomi incisi: Diana e Trish.
Ashley rimase un attimo confusa dall'incredibile somiglianza che le tre sorelle avevano tra loro, anche se non aveva prove, i loro aspetti erano troppo simili perché non lo fossero.
La ragazza con il nome Alexya inciso sull'astuccio, li fissò intensamente al punto che i due si stavano sentendo a disagio, quando i suoi occhi improvvisamente si spalancarono e puntandogli contro un dito disse « Genitori di Steve!»
« Beh...si...abbiamo un figlio di nome Steve.» Dichiarò Shepard, mentre le altre due ragazze, dopo un attimo di sbigottimento, applaudivano Alexya per averli riconosciuti.
« Ma che succede? » Chiese lui, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
Fu la moglie a farsi avanti e a chiedere « Studiate all'accademia Grissom? Conoscete Steve? »
« SI! » Rispose Alexya.
La bambina con il nome Trish sull'astuccio, annuì vigorosamente.
« Gioca sempre con noi. » Aggiunse l'altra con il nome Diana.
Ashley stava per fare altre domande, quando qualcuno chiamò i nomi incisi sugli astucci e che dovevano essere quelli delle ragazze. Quando la coppia si voltò, fu sorpresa da quello che vide.
Davanti a loro, in un elegante abito bianco, stava una donna dai capelli neri e al suo fianco una bionda in abito rosso, ancora più bella, con occhi e capelli dello stesso colore delle tre ragazze.
« Capitano John Shepard, spero che la mostra sia di suo gusto. » Disse Dasha Weaver, la donna in abito bianco, ex-criminale e amministratrice e presidente della Noveria Corps.
Al suo fianco, in abito rosso, Isabella rimaneva silenziosa come sempre, mentre le tre ragazze presero a gesticolare e a spiegare chi avevano incontrato. Lei alzò un mano e parvero calmarsi, a tracollo portava lo stesso astuccio di legno solo più lungo.
Fu guardandole che Ashley ebbe un intuizione « Sono i cloni di Isabella! Ecco perché conoscono Steve e le assomigliano. »
« Sono veramente loro? » Chiese Shepard.
« Esatto! » Rispose Dasha. Le parole dette prima dalla ragazze acquistavano ora tutt’altro significato. Steve, da quando era stato rimosso dalla Normandy SR3 aveva servito sulla Grissom con l'incarico ufficiale di capo della sicurezza, ma in verità per tenere d'occhio Isabella e le ragazze per impedire che uccidessero qualcuno solo per voglia di farlo.
Lui nelle sue lettere aveva riferito che Isabella lo attaccava all'improvviso almeno un paio di volte alle settimana per sfogarsi e altre volte erano i cloni ad attaccarlo, ma aveva detto di riuscire lo stesso a gestire la situazione.
Ma più tempo Isabella stava lontana da Dasha più si innervosiva con il rischio di perdere il controllo e più lei era nervosa più lo erano i suoi cloni, così almeno una volta al mese lasciavano l'accademia per andare da Dasha cosa che dava a Steve dei giorni di meritato riposo.
« Isabella porta le ragazze al buffet della sala, mentre scambio due parole. » Chiese la Weaver. Lei fece quanto chiesto e nel farlo lancio un'occhiata a Shepard, sapeva chi era e si chiedeva quanto si sarebbe divertita uccidendolo. Un sorriso gli comparve in volto.
« No! » Disse forte e decisa Dasha, aveva capito al volo i pensieri di Isabella. Lei sbuffo rumorosamente e si avviò al buffet.
« Penso che questa sia la prima volta che ci incontriamo senza che ci siano di mezzo i suoi figli o una crisi. » Commentò Dasha.
« Lo penso anch'io. » e loro tre si misero a parlare, mentre Alexya, Trish e Diana si dedicavano ai dolci del buffet e Isabella cercava di mantenerle calme. Erano phantom, il rumore non le si addiceva.
Ci fu un certo silenzio imbarazzante, a causa di vicende passate con i figli della coppia. Visto che si erano incontrati la Weaver decise di fare un tentativo di conversazione, non aveva niente da perdere.
Ashley non sapeva bene cosa pensare di Dasha, tranne il fatto che non l'avrebbe mai perdonata di aver quasi ucciso suo figlio Steve e lei, per questo non si sentiva molto a suo agio. Lo stesso valeva per il marito, ma data la situazione dovevano comportarsi in maniera civile.
In fondo, non era la prima volta che parlavano con qualcuno che in precedenza avevano cercato di uccidere e viceversa. Il significato di “incontrare la concorrenza” era leggermente diverso nel loro lavoro da soldati rispetto al suo significato abituale in ambiente civile.
Doveva però ammettere la Weaver che sapeva come portare avanti una discussione, venne così a sapere che la Noveria Corps aveva finanziato parte della mostra e lei era li con Isabella per vedere cosa aveva ottenuto.
Spari risuonarono nella sala, mentre una quindicina di individui facevano irruzione armati. Spararono in aria, urlarono a tutti di stare fermi, non avevano scudi o armature, i loro abiti trasandati e le armi vecchie di almeno una generazione. Ma quello che preoccupò veramente Shepard, Ashley e Dasha era che si trattava di dilettanti, dei professionisti avrebbero fatto quello per cui erano venuti e basta, con dei dilettanti poteva finire tutto male fin da subito.
Isabella al buffet si comportava come se niente fosse, non essendoci nessuno che le paresse la pena di uccidere e non essendo Dasha in pericolo. I cloni vicino a lei si comportarono allo stesso modo.
« Ci prenderemo solo quello per cui siamo venuti gente, state calmi e ce ne andiamo subito.» Gridò l'individuo che pareva il capo di quella banda improvvisata. None era molto alto, aveva una faccia rotonda e un naso aquilino che pareva essersi rotto diverse volte in passato.
« Jacopo, come portiamo fuori questo carapace di rachni? Pesa. » Disse uno dei suoi uomini.
Lui lo colpì al volto « Ti ho detto niente nomi idiota, fatti aiutare da qualcuno in più a sollevarlo o trova qualcosa per farlo. SBRIGATI! »
Dasha era stata una criminale e davanti a tanta inettitudine le scappò « Stupidi incapaci.»
Il capo dei criminali, a grandi passi, andò da lei
« Stronza, la vedi questa? » Disse mettendo in bella mostra la sua arma « Io la impugno, quindi IO decido chi parla e se rimane in vita. » Poi guardando meglio Dasha aggiunse « O forse dovrei usare questo e magari propri qui davanti a tutti, scommetto che la cosa ti ecciterebbe. » Disse mettendosi una mano sul cavallo dei pantaloni.
Lei lottò per non ridere, provocare degli incapaci era pericoloso.
Lui però aveva la sensazione di aver già visto quella donna e la coppia dietro di lei, la festa era piena di gente ricca e famosa.
« Perché volete quella cosa? » Si sentì chiedere Jacopo dall'uomo.
« Non hai idea di cosa è disposta a pagare certa gente, per soddisfare la propria voglia di collezionismo. » Gli rispose.
« Non molto, se hanno assunto voi e messo te a capo Jacopo Spinetti » Fu la risposta di Dasha
 Adesso lui era visibilmente preoccupato, non capiva come quella donna facesse a conoscerlo.
« Adesso... mi dici... chi cazzo sei e come mi conosci! » Urlò l'uomo. 
Alexya decise proprio quel momento per avvicinarsi, teneva in mano una fetta di melone e la stava mangiando con gusto.
« Vattene mocciosa! » Gli gridò Jacopo e le tirò una sberla. Lei evitò senza problemi la mano dell'uomo, ma il melone fini a terra.
Alexya, piagnucolando, abbracciò Dasha che la consolò accarezzandole la testa.
« Non so cosa sarà, ma sono certo che ti farà male. » Disse profetica la Weaver.
« Di che cazz.. » Una ginocchiata colpì in faccia Jacopo sul lato sinistro, mandandolo a sbattere contro un tavolo li vicino.
Isabella non aveva ancora toccato il pavimento, mentre atterrava dopo la ginocchiata data che senti Dasha dirle « Vi potete divertire. » Sul suo volto un sorriso di soddisfazione, mentre scattava avanti lasciando indietro un paio di scarpe eleganti, ma poco adatte alla situazione. La lama della spada brillò, una volta estratta dalla custodia di legno che portava a tracolla.
Alexya, accanto a Dasha era sparita.
Il fatto di vedere il loro capo a terra e di essere attaccati da una pupa da cartellone pubblicitario, sorprese a tal punto i maldestri banditi che prima che potessero tentare una reazione John e Ash aprirono il fuoco contro di loro, per esperienza non si muovevano mai disarmati, Dasha a loro fianco fece lo stesso estraendo una pistola da sotto il vestito.
Tre di loro erano già morti, quando Isabella aprì a metà il cranio del quarto, il quinto fu ucciso da Alexya, una lunga ferita nel ventre e l'uomo crollo cercando di tenersi dentro le viscere, il sesto da Diana che gli trapassò l'occhio con la spada la cui punta emerse dalla nuca, il settimo da Trish che lo colpì da dietro, trafiggendogli la gola.
Diana e Trish non potevano aver udito Dasha, ma era bastato vedere Isabella e Alexya con le spade estratte perché capissero. Tutte e quattro potevano essere senza scudi e armature, ma la loro agilità e i poteri biotici le rendevano letali.
I restanti banditi gettarono le armi, gli era stato promesso un colpo facile non quello.
Jacopo nel frattempo si stava riprendendo, allungò la mano per prendere la sua arma caduta non distante, quando vide la ragazzina di prima davanti a lui « Il mio melone. » Gli disse con aria imbronciata.
Lui non capì, ma sgranò gli occhi quando Alexya gli calò la spada sul viso.
 
Quando le squadre del C-sec arrivarono era stato tutto risolto e il merito fu attribuito ai coniugi Shepard, in particolare il fatto che non ci fossero state vittime innocenti. Usando le proprie prerogative di s.p.e.t.t.r.o. fecero in modo che Dasha, Isabella e i suoi cloni non fossero menzionati, il Consiglio voleva mantenere il silenzio su di loro essendo dotate del raro eezo19.
Ma prima che andassero via Ashley volle chiedere a Dasha « Come conosci il nome del loro capo? E perché Isabella non è intervenuta subito vedendoti in pericolo?»
« Avevo sentito della sua fuga rocambolesca, quasi comica, da un carcere al notiziario dato tempo fa e per qualche motivo mi è rimasto in mente insieme al ricordo della suo foto trasmessa allora, riguardo ad essere in pericolo, non penso abbia ritenuto che lo fossi con un tale idiota. Quando però ha fatto piangere Alexya, ha perso la pazienza. »
Detto questo si separarono.
*****
Steve stava facendo colazione nella mensa della Grissom, sedute con lui c'erano Isabella, Alexya, Diana e Trish intente a fare altrettanto, quando possibile preferiva non perderle mai di vista .
Era tornate da qualche giorno e apparivano tutte decisamente calme, aiutate in questo dal fatto che avevano anche ucciso nella loro ultima uscita.
Steve aveva ricevuto un resoconto della vicenda e in parte la considerò una buona notizia, significava che Isabella avrebbe avuto meno voglia di uccidere qualcuno sulla stazione per divertimento.
A un tratto Diana gli tirò il braccio, indicando nel contempo il notiziario che andava in onda. La notizia che veniva trasmesso parlava della fuga del criminale Jacopo Spinetti dalle prigione della Cittadella.
Quando venne mostrata una foto dell'uomo, Steve gli vide un orribile cicatrice in faccia a forma di mezzaluna. « Melone. » Disse Alexya decisamente compiaciuta, seduta al tavolo con lui, mentre guardavano la foto in televisione.

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Capitolo 8
*** La direttrice ***


Nota dell’autore: Questa storia è un tentativo a parte di approfondire un personaggio di mia creazione: Valentina Quenny.
 
In cielo, il sole stava tramontando tingendolo di rosso e dando all'interno dell'ufficio della Direttrice dell'accademia Hackett per ufficiali dell'Alleanza una strana tonalità rossastra, conferendo alla persone che dava le spalle alla finestra e a quello spettacolo un'aurea particolare, ulteriormente accentuata dai capelli rosso fuoco della donna. Si aveva l'impressione che fosse quella donna l'origine di quel colore.
« Tenente Alex Redgrave, sa che è proibito amoreggiare in questa accademia? » Chiese Valentina Quenny, direttrice della Hackett mentre era di spalle alla finestra. Era una donna dotata di una severa bellezza, vedeva il mondo con freddo realismo, aveva occhi castani penetranti e un'espressione severa ma astuta. Ma il tratto più distintivo di lei erano i capelli di color rosso fuoco, conosceva solo altre due donne che li avevano della stessa tonalità: Hannah Shepard e Olivia W. Shepard.
« Sissignora, ma ci dovrebbe provare ogni tanto anche lei...potrebbe scoprire che è piacevole. » Rispose Alexandra Redgrave. Una ragazza di circa 1.60 sui 50 chili con una corporatura tonica e decisamente allenata data dall’essere un pilota dell’Alleanza e esperta di è una campionessa di Taekwondo. Aveva occhi scuri e capelli neri, a bob. Un viso minuto e il naso a punta.
Un sopracciglio della direttrice vibrò impercettibile a quella risposta, sia per il contenuto che per la palese mancanza di rispetto del regolamento.
Quando la cadetta lasciò l'ufficio, sperò che le prossime due settimane a pulire i condotti di scarico delle navette le sarebbero servite da lezione. Riconosceva che si trattava di un buon elemento, a volte un indisciplinato, ma aveva talento e qualità per questo ci era andata leggero.
Ma la risposta l'aveva messa di cattivo umore. Aprì un cassetto della scrivania e ne trasse una bottiglia di whisky e un bicchiere, versandosene due dita e bevendolo liscio mentre faceva ruotare la sedia ammirando il sole che tramontava.
Lei si abbandonò sulla sedia e ai ricordi...
 
Si trovava sulla colonia di Petmund. Lei e un centinaio di soldati erano stati chiamati a combattere un gruppo di indipendentisti, che aveva imbracciato le armi.
Ma le cose non stavano andando bene, non erano più numerosi di loro ma sembravano essere sempre dove serviva e l'Alleanza non avanzava.
Franchi tiratori dalla finestre la costringevano quasi a strisciare ventre al suolo, ma la sua maggior preoccupazione era essere rimasta tagliata fuori.
Era sola e doveva trovare un modo per ricongiungersi con i propri commilitoni. Dal suo nascondiglio vide un uomo armato, non un soldato dell'Alleanza, entrare in un edifico non distante.
Si umetto le labbra all'idea di andare a dare un'occhiata, ma sapeva che il buon senso imponeva di tornare indietro.
Seguì l'uomo nell'edifico.
Alcune voci la guidarono verso i nemici, tre in tutto più un quarto seduto davanti a qualche pannello.
Fece un profondo respiro e uscì alla scoperto urlando « Alleanza, gettate le armi e...» Sparò prima di finire la frase.
Non si era aspettata che potesse finire diversamente, i nemici presero le armi quando ancora lei parlava ma il regolamento in certe situazioni esigeva di identificarsi prima di sparare.
« Salve Valentina, sempre fedele al regolamento vedo. » Disse il quarto uomo, l'unico che non aveva tentato reazioni e ad essere ancora in vita.
Lei sgranò gli occhi nel riconoscere in quella persona Joan Wolfrey un tempo suo compagno di squadra, commilitone e anche innamorato, fino a quando lui non aveva lasciato l'Alleanza parlando di cause migliori da seguire. Avevano la stessa età, era biondo, alto e aveva i tipici tratti nordici.
« Joan, cosa fai qui? » Chiese lei allibita.
« Dovresti saperlo Valentina, sei sempre stata intelligente e veloce a capire. »
Lui era originario di Petmund, fino a quel momento non ci aveva pensato.
« Sei con i ribelli? » Domandò lei, ma non aveva bisogno di conferme.
« No. Combatto con i patrioti, per liberare il nostro mondo da un padrone lontano. »
« Cosa? Sei pazzo...ora basta...allontanati da lì e spegni quel pannello. »
« Non posso, mi spiace. Con questo intercettiamo tutte le vostre comunicazioni, sai che sono sempre stato bravo in elettronica. »
« Allontanati! » Ordinò lei prendendo con accuratezza la mira, il tono non lasciava spazio a fraintendimenti.
Lui si buttò dalla sedia, afferrando al volo una pistola nascosta sotto il terminale e fece fuoco.
L'Alleanza riuscì ad avere la meglio sui ribelli in poco tempo e una squadra  recuperò Valentina svenuta e con una brutta ferita alla spalla, quando entrò nell'edifico per ispezionarlo. Recuperarono anche i corpi di quattro nemici morti.
*****
Seduta in infermeria dava le spalle alla porta, accanto a lei sul letto una medaglia per quello che aveva fatto. La sua prima medaglia, ma non le sembrava ci fosse niente di glorioso nell'averla ottenuta.
La porta si aprì  e qualcuno entrò nella stanza.
« Sottotenente Valentina Quenny? » Chiese la voce femminile.
« Sissignore » Rispose lei senza voltarsi, per una volta il regolamento non le sembrava importante.
« Sarebbe educazione voltarsi, sottotenente » Si sentì dire.
Lei si voltò e scattò sull'attenti, non si era aspettata di trovarsi davanti a se l'ammiraglio Hannah Shepard.
« Ho letto il suo fascicolo sottotenente, ho bisogno di soldati come lei. Si presenti alla mia nave tra un’ora, i documenti sono già stati tutti firmati. »
Detto questo l'ammiraglio se ne andò, lasciando Valentina stupefatta e con qualche domanda sul perché loro due avessero lo stesso colore di capelli.
 
All'improvviso si sentì scuotere e si svegliò, era sulla sedia del suo ufficio in mano aveva ancora il bicchiere con whisky, accanto a lei la sua attendete si massaggiava il polso.
« Mi scusi signore, ma è tardi e non usciva dall'ufficio così sono venuta a controllare. »
Lei guardò l'ora e dovette ammettere che lo era veramente. Appoggiò i gomiti sulla scrivania e si massaggiò le tempie, aveva mal di desta.
« Cosa ha fatto al polso? » Chiese Valentina notando che lo stringeva.
« Niente, doveva esserci parecchia energia statica nell'aria, perché quando l'ho toccata ho preso una scossa che mi ha fatto male. » Disse fornendo una spiegazione.
« Energia statica...già…sicuro... bene e ora di andare a riposare. »  Uscì dalla stanza seguita dalla sua attendente. Allargò due dita di una mano, tra di esse passò una minuscola scarica elettrica. Una minuscola saetta. Si tranquillizzò, tutto era nella norma.
Sentiva davvero il bisogno di un letto comodo.

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Capitolo 9
*** La stilista ***


Marina stava guardando fuori della finestra del suo ufficio, mentre annoiata poggiava i gomiti sul banco di lavoro dove erano presenti gli schizzi di disegni dei futuri abiti.
Era una stilista e ultima promessa nel mondo della moda ad essere arrivata sulla Cittadella, era riuscita ad aprire prima uno studio e dopo un negozio situato sotto di esso.
Ma aveva anche ventisette anni, era ancora giovane e sentiva dentro di sé la voglia di divertirsi e magari fare qualche stupidaggine. Aveva una folta capigliatura riccia di colore castano, gli occhi del medesimo colore, che in quel momento tormentava con una mano per farsi venire l’ispirazione.
Mentre guardava la gente che passeggiava tranquilla per la strada dal piano superiore, cercando di farsi venire qualche nuova idea, un uomo curvo su se stesso che sembrava camminare a fatica si fermò davanti al suo negozio.
Non corrispondeva al genere di clientela che lei serviva. Aveva la barba non troppo curata, una divisa da militare con dei gradi, non sapeva cosa indicassero, un capellino in testa che ne celava il viso dal naso in su dalla sua posizione e su di esso la scritta SR2.
Uno dei tanti gadget dedicati alla famosa nave Normandy SR2.
Le sarebbe piaciuto salirci a bordo, sperava che le avrebbe suggerito quelle idee che la noia sembrava averle tolto.
L'uomo dopo aver osservato per qualche minuto le vetrine entrò.
Lei non ne fu proprio entusiasta, quel momento era stato il più interessante della giornata.
Passarono meno di dieci minuti, quando fu chiamata da una sua dipendente che lavorava al negozio di sotto.
« Qual è il problema? » Chiese una volta scesa.
« Quel signore vuole un vestito che non facciamo più e non ne abbiamo neanche in magazzino, ma non vuole sentire ragioni. Parla di vita o di morte. »
Marina osservò il cliente insistente e riconobbe l'uomo di prima, il capellino non lasciava dubbi. Riteneva la giornata ormai persa, forse avrebbe fatto almeno qualcosa di utile.
« Ci penso io. » Disse rivolta alla dipendente.
« Salve signore, come le è stato detto il modello che ha richiesto è fuori produzione, ma se lo desidera posso aiutarla a sceglierne un altro per la sua donna se conosce le misure.» Spiegò al cliente.
Adesso che lo vedeva da vicino si accorse che doveva aver superato la sessantina, ciuffi bianchi spuntavano in mezzo alla barba marrone, aveva occhi vivaci dello stesso colore e delle rughe attorno ad essi.
« Lei non capisce! Deve essere lo stesso modello, altrimenti sono un uomo morto. » Annunciò lui in tono catastrofico.
« Mi spiace, ma a meno che l'ideatore di quell'abito non ne faccia uno apposta per lei non ci sono alternative. » Disse lei, sapeva perfettamente di cosa stava parlando.
« Bene, mi faccia parlare con questa persona. » Rispose risoluto il cliente.
Lei era sorpresa, solitamente quella scusa sistemava tutto e la gente se ne andava o acquistava un altro abito.
« Mi scusi, ma cosa le fa pensare che questa persona la accontenterebbe una volta sentita la sua storia? »
« Lo vede questo? » - Domandò l'uomo indicando il capellino - « Sono il pilota della Normandy SR2, Jeff “Joker” Moreau, sono famoso e sono sicuro che una celebrità come il sottoscritto troverà il modo di convincere il sarto. »
« Stilista, non sarta e parliamo di una donna. » Precisò lei infastidita, odiava quando le persone  non capivano la differenza tra questi due ruoli. « Mi pare solo un gadget come tanti altri. » Commentò lei riferendosi al capellino, mentre sul viso era palese che non le credesse.
« Dannazione! Sapevo che ne avevano fatti troppi di questi affari, ma deve credermi questo che ho in testa e il primo e originale, lo indosso da anni. »
Su quello non aveva dubbi, i segni del tempo erano evidenti su quell’indumento. Decisa a mettere quell'uomo alle spalle al muro davanti alla sua menzogna propose « Mi convinca  che lei è chi dice di essere e le prometto quel vestito.» Proclamò convinta che lui scherzasse.
« Cosa? È lei la sarta...stilista...stilista di quest'abito. Ah,ah sono a cavallo, mi segua e le fornirò le prove che vuole. »
Lei ci pensò un attimo, l'uomo non sembrava pericoloso alla fine acconsentì.
Durante il tragitto verso i moli, Joker aveva deciso di mostrarle di persona la Normandy, lei chiese perché fosse così importante quel modello di vestito.
« Perché sono un uomo morto, se mia moglie scopre che non ho più quel vestito!»
« Cosa è accaduto a quello che già possedeva? »
« Beh...ok... mia moglie mi aveva chiesto di ritiralo in lavanderia...»
Lei annuì per far intendere che lo ascoltava.
« Ci ero andato con un amico, James Vega perché sulla via volevamo fermaci a un bar, cosa che abbiamo fatto...purtroppo...solo una birra pensavamo. »
Lei ascoltava con attenzione
« Nel bar, non so come, un tizio comincia a prendersela con Vega e il mio amico reagisce, la cosa ben presto degenera in una rissa generale anche in strada. »
« E lei dov'era? »
« Ben nascosto cercando di non farmi colpire, ho seri problemi alle ossa o crede cammini così perché mi piace? »
« Oh! » Si diede della stupida per non averci pensato da sola.
« Dicevo...la rissa degenera anche in strada, quando una palla di fuoco si alza da quella che era l'astro-auto che avevo preso a noleggio. »
« Cosa ? Mi sta dicendo che il vestito è bruciato! »
« All’incirca. So che quando l'auto è bruciata, mi sono messo a urlare ma non per l'auto o il vestito, ma per come avrei fatto a spiegare a mia moglie quello che era successo. Mi aveva raccomandato espressamente di fare dalla lavanderia a casa, nessuna fermata in mezzo....tornando al vestito.... Stavo osservando la scena esterrefatto, da dentro il locale, quando vidi la mantellina bianca del vestito sulla testa di un turian ubriaco e nudo sfrecciare in mezzo alla strada...so che dopo l'hanno usata come una bandiera quando sono arrivati gli agenti del C-sec a mettere a posto le cose.»
« Sua moglie non ha mai saputo niente di questa storia? » Domandò lei incredula.
« No, negli ultimi due anni. »
« Due anni? » Chiese stupita Marina.
« Non penserà che sia successo oggi. Quando sono rientrato a casa mi ha solo chiesto di metterlo via, dicendomi che l'avrebbe controllato dopo. Io mi ero presentato con una scatola vuota, ma uguale a quella che conteneva l'abito nella speranza di guadagnare tempo, così l'ho messo dove non l'avrebbe mai trovato e facendo in modo che se ne dimenticasse. »
« E ora? »
« Ora se ne è ricordata e vuole che glielo tiri fuori. »
« Non so se lei mi ha detto il vero, ma almeno questa storia è divertente. E il suo amico? »
« Mi ha promesso che non avrebbe fiatato.»
« È quella la Normandy? » Chiese Marina, quando ormai erano quasi arrivati e si distinguevano le forme delle navi e il nome sulle loro corazze.
« Più o meno, quella è la Normandy SR3 ed è pilotata da mia figlia. La SR2 è due moli oltre. »
Il suo stupore fu assoluto, quando la porta della nave si aprì riconoscendo il pilota e mentre si accingeva ad salire sulla nave pensò che quello era un buon giorno, mentre nuove idee le giravano in testa.

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