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Disclaimer: L’autrice non
scrive a scopo di lucro. Tutta la storia è assolutamente stata inven=
tata
da me e dalla mia mente bacata. Purtroppo non posso dire di possedere i dir=
itti
sul protagonista maschile della storia, altrimenti sarei una donna veramente
felice. Ovviamente anche gli altri personaggi non mi appartengono, specie S=
pike
che è di Joss Whedon, della Mutant Enemy e della Fox…e pure un
po’ di Stefania.
It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me
E’ una bella bugia…
E’ una perfetta negazione…
Una bugia così bella in cui credere
Così bella, così bella
Che mi realizza
30 seconds to mars- A Beautiful Lie
Capitolo uno
Urla, risate, scherzi… norm
ali
attività di una normale scuola superiore. Il corridoio era pieno di
ragazzi scalmanati che speravano con tutto il cuore che la campanella non
suonasse mai. Speranza vana, visto che il trillo si espanse ovunque.=
o:p>
Un gruppetto di ragazze avanzava
tranquillo verso la classe di biologia del primo anno: chiacchieravano
tranquille prese dai soliti discorsi di adolescenti.
“Mi chiedo come si potrebbe
invitarlo al ballo.” Fece la prima, una biondina con gli occhiali spessi
e le lentiggini.
“Scusate, mi sono persa. Di chi
stiamo parlando ora?” Chi aveva fatto la domanda era una bella ragazza
mora, con i capelli lunghi e l’espressione maliziosa. Aveva una figura
piena di curve che celava con felpe larghe. I grandi occhi castani erano celati
da degli occhiali color turchese che la valorizzavano al meglio.
“Ma come Monica, hai anche =
il
coraggio di chiederlo?” Fece una terza ragazza, anch’essa mora e
sensuale. Lei e Monica si somigliavano molto, solo che Stefy, questo era il suo
nome, era molto più scura di carnagione e i capelli tendevano al nero
più che al rosso. “Ormai Lucy non fa che parlare di lui!”=
;
“Vi prego, ditemi che non
è di Lui che si parla… non è possibile che vi
piaccia!”Lucy sbuff&og=
rave;
e fece il broncio.
“In tutta la scuola tu sei
l’unica che trova Leto brutto.” Monica si fece meditabonda.
“Non è che è
brutto, non sono cieca, lo vedo benissimo da sola che il tipo è sexy=
e
molto carino, solo che lo trovo un rompiscatole di prima categoria. Suo
fratello è molto più simpatico.”
“Bhe, Shannon ha il suo
fascino, ma di certo quello di Jared è maggiore.” Monica scoss=
e il
capo ed entrò in classe.
Sinceramente non riusciva a capir=
e la
fissazione di tutte le ragazze per Jared Leto: ok, anche lei alle elementar=
i si
era presa una cotta per lui, ma ne era passata di acqua sotto i ponti. Fin =
da
subito lui aveva dimostrato per lei una sorta di disprezzo e si era sempre
comportato come un idiota facendo il finto cascamorto. Ormai litigavano ogni
volta che si vedevano. Era sicura che solo con lei si comportava in quel mo=
do e
che prima o poi sarebbe scoppiata. Allora sarebbe stato assai da ridere ved=
ere
quello che ne sarebbe venuto fuori.
Il professor Patterson
distribuì ad ognuno di loro dei vetrini ed un ago.=
“Bene, signori. È gi=
unto
il momento che impariate a vedere cosa scorre nel vostro sangue. Bucatevi e=
poi
fate lo striscio come vi ho insegnato nella scorsa lezione.” Un coro =
di
esclamazioni di disgusto si levò dai ragazzi.
Monica e Stefy, che erano sedute
assieme, si guardarono e con rassegnazione si bucarono lievemente un polpas=
trello:
una piccola goccia cremisi cadde sul vetrino portaoggetti. Monica prese un
secondo vetrino e lo fece aderire contro il sangue, che subito si diffuse su
tutta la superficie. Poi, con un gesto fluido, lo strisciò per tutta=
la
lunghezza del vetrino. A lavoro concluso, sistemò sopra un piccolo v=
etro
di protezione, sottile come un foglio.
Il professore le fece i complimenti e così
dicendo le prese il vetrino per metterlo sotto il microscopio. Il mondo div=
enne
improvvisamente rosso: davanti a lei stava un mare di piccole sfere biconca=
ve
che si muovevano all’impazzata. Sorrise a quella visione quasi
ultraterrena. Prima di cambiare ingrandimento si guardò un po’
attorno. I suoi compagni stavano trovando qualche difficoltà a fare =
uno
striscio decente. C’era già chi si era bucato più dita =
per
tirarne fuori un po’ di sangue decente. Nell’angolo lontano
c’era un ragazzo tranquillo: Shannon Leto ero già chino sul suo
microscopio e stava iniziando a fare i primi disegni per la relazione di
scienze. Portava i capelli corti, tagliati a spazzola. La leggera barba
incorniciava il volto leggermente allungato. Aveva sempre un’espressi=
one
piuttosto pacifica, si scatenava soltanto quando suonava la batteria. Si
accorse in quel momento che anche lui la stava guardando salutandola con la
mano. Monica gli sorrise e ritornò a fissarsi sui globuli rossi.
Molto spesso si chiedeva come fos=
se
possibile che dagli stessi tipi di geni fossero usciti due fratelli cos&igr=
ave;
diversi per aspetto e carattere. Shannon era silenzioso, tranquillo e genti=
le.
Jared rumoroso, scavezzacollo e terribilmente irritante. Non fosse per alcu=
ni
tratti fisici che erano identici, Monica avrebbe creduto che almeno uno dei=
due
fosse stato adottato.
Terminò la visione del suo
sangue con i dovuti disegni e mise via il quaderno, pronta per precipitarsi=
in
mensa.
“Ehy, Cross…” L=
eto
la stava chiamando.
“Dimmi Shannon.”=
“Hai già qualcuno con
cui fare la tesina di biologia? Io avrei bisogno di una mano per alzare il =
voto
il più possibile, non è che ti uniresti a me?”
“Guarda, io di solito lavoro
con Stefy, però, se vuoi, possiamo fare una cosa a tre.” Lui si
mise a ridere.
“Proposta molto allettante.=
Ok,
ci sto.”
“Perfetto, ci becchiamo dopo
scuola per parlarne meglio. Ora vado a cercare di prendere un posto a
tavola.”
I due si salutarono uscendo
dall’aula.
La mensa era stracolma. Monica e
Stefy fecero un sacco di fatica a trovare due piccoli posti vuoti: dovettero
sedersi vicino ai nerd della scuola. La cosa non dava loro fastidio, solo c=
he
non sopportavano di essere troppo vicino agli scherzi dei bulli.=
“Che strazio…non
potrebbero lasciarli in pace?” domandò Stefy sbuffando.=
o:p>
“Ringrazia il cielo che noi=
non
siamo messe in mezzo.” Rispose Monica con filosofia. Il primo giorno,=
le
due si erano scagliate contro coloro che di solito vessavano i poveri
secchioni, rischiando di finire chiuse dentro lo sgabuzzino delle scope per
ripicca. Erano state salvate in tempo solo dall’arrivo provvidenziale=
di
William, il fratello più grande di Monica.
“Solo che non è gius=
to:
viviamo di immunità diplomatica perché Will ci fa da
scudo.”
“Uhmmm…William…=
”
miagolò Stefy persa nel suo mondo rosa. Da che si ricordava, da anni
l’esplosiva ragazza faceva di tutto per far crollare ai suoi piedi il
sexy biondo, ma con scarsi risultati, almeno fino a quel momento.
“Sì, William, o Spike
come preferisce farsi chiamare adesso. Ma tu guarda che razza di
nome…”
“Spike? Lo trovo
affascinante.”
“Stefy, tu troveresti
affascinante qualsiasi cosa provenisse da mio fratello. Sei di parte quando=
si
parla di lui.”
“Sei tu che sei di parte. G=
li
dai sempre contro.” Monica fece spallucce mangiando uno spicchio di m=
ela.
Si guardò attorno, ma non =
vide
nessuno che la impensieriva. Fino a poche settimane prima andare in mensa e=
ra
diventato qualcosa di fondamentale e certo non per il cibo. Sempre cercando=
di
non farsi notare, seguiva quasi come un’ombra i passi di Alex Evans, =
sua
prima cotta del liceo. Purtroppo per lei si era messo in mezzo Jared
prendendola in giro. Alla fine si era ritrovata sotto gli occhi di tutti, m=
entre
lui urlava quanto gli piacessero i suoi calzini giallo fluorescente, provoc=
ando
l’ilarità generale…inclusa quella di Alex. Avesse potuto,
Monica si sarebbe scavata la fossa con le proprie mani.=
p>
Però vedere Alex ridere di=
lei
senza ritegno, le aveva fatto cambiare decisamente idea sul suo prototipo di
uomo. Insomma, lei voleva qualcuno che se la prendesse con i prepotenti e n=
on
si divertisse alle spalle di chi era sfigato. Ringraziò il cielo
quell’ulteriore volta per non essersi mai dichiarata.
“Secondo te ha deciso di
chiamarsi Spike per il suo uccello?” la mela le andò quasi di
traverso. “Magari un po’ d’acqua ti potrebbe aiutare.R=
21;
“Ma sei scema?”<=
/o:p>
“Perché?”=
“Qui non stai parlando di u=
no X
qualsiasi, qui parli di mio fratello.” Monica aveva la faccia schifat=
a e
rossa per la vergogna.
“Bhe, che c’entra? Che
sia tuo fratello o meno, l’uccello lo ha di sicuro…e se
c’è l’ha come un chiodo…cazzo, deve penetrare bene=
ad
ogni colpo.”
“Iiiik!! Che schifo! Stefy,=
ti
prego, basta!”
“Uff…tu blocchi la mia
creatività!” ribatté Stefy piccata.=
p>
“Sfogati come vuoi su questo argomento, ma=
non
con me davanti. Oh cavoli, ci mancava solo lui a rovinare la situazione.=
221;
Fece guardando un punto lontano. Stefy si girò e vide l’argome=
nto
di discussione… Jared
“Andiamocene.”=
o:p>
“Come vuoi.”
Le due corsero veloce: lasciarono=
i
vassoi sul tavolo e presero di corsa gli zaini. Uscendo dalle porte, Stefy =
si
voltò.
“Ok, sarà una testa =
di
cazzo, però è proprio figo.” Monica mugugnò qual=
cosa
di incomprensibile in risposta. Tutta la scuola diceva che era figo, ma solo
perché non lo conoscevano bene come lei.
“A proposito di gente figa,
è un problema se includiamo Shannon nella nostra ricerca di
biologia?”domandò Monica.
“Come mai? Di solito non
lavoriamo sempre in coppia?”
“Sì, ma ha bisogno di
una mano per alzare i suoi voti. Dai, siamo brave noi.”
“Parla per te, genio della
provetta! Io nelle materie scientifiche faccio pena.” Rispose Stefy.
Erano arrivate davanti all’aula di artistica.
“Vero, ma mi aiuti alla gra=
nde
in arte.” Entrarono e presero posto al loro banco. =
Da quando erano entrate alle
superiori, ormai quasi un anno prima, erano sempre state assieme.
L’amicizia era nata subito e praticamente non facevano nulla senza
l’altra.
“Comunque
per me va bene. Se Patterson è d’accordo, perché no?=
221;
Iniziarono così a cercare =
di
disegnare un vaso. Stefy era bravissima, con pochi tratti riuscì a f=
are
un ottimo lavoro, mentre Monica riusciva solo a fare qualcosa che poteva
vagamente assomigliare ad un vaso.
“Cross…il disegno non=
fa
per lei, mi sa.” Le fece il professore con una punta di pietà.
Monica si sentì uno schifo.
“Lo so…non
c’è bisogno che me lo dica.” Nello studio andava bene, e=
ra
nella pratica che si perdeva.
Per fortuna per lei, le prime due=
ore
obbligatorie sarebbero terminate di lì a poco. Avrebbe lasciato Stef=
y a
dipingere ancora un po’, visto che lei faceva parte del club di arte,=
e
se ne sarebbe andata nelle cucine nel gruppo di pasticceria. L’idea di
Monica era quella di andare a studiare a Los Angeles proprio per diventare =
una
pasticcera. Nel frattempo si divertiva alle superiori e di sabato mattina
andava a lavorare qualche ora nella piccola pasticceria cittadina. Almeno
così riusciva a guadagnarsi un po’ di soldi per godersi il fine
settimana.
Trovò Shannon davanti al suo armadietto.<=
o:p>
“Ehy, Leto! Io e Stefy abbi=
amo
parlato, quindi abbiamo deciso che si può fare. Sei dentro.” Il
ragazzo sorrise, evidentemente sollevato.
“Oh ragazze, mi salvate
l’anno di biologia. Come ci dividiamo il lavoro?” Monica si
bloccò. Di questo lei e la sua amica non avevano parlato, prese in
discussioni più disgustose che includevano William. Decise di
improvvisare, al massimo avrebbero potuto cambiare idea nel mentre.
“Di solito Stefy si occupa
della parte pratica di laboratorio e io di quella teorica. Tu cosa
preferisci?”
“Non lo so…qualcosa di
non troppo complicato. Bisogna ricordarsi che alla fine dovremmo fare anche
un’esposizione davanti alla classe…”
“Allora facciamo
così…” iniziò Monica “… Stefy si occu=
pa
sempre del laboratorio: vetrini, descrizione materiale e tecniche principal=
i.
Tu, ti prendi in onere tutta la parte relativa a come è fatto un glo=
bulo
rosso, dove viene creato, distrutto, come vive etc etc…insomma ci sia=
mo
capiti.” Fece lei con un gesto svolazzante.
“Sì, ma tu che cosa
farai?” lei sorrise.
“Io mi occupo della parte
clinica. Malattie, cure. Ovviamente parlerò solo delle principali.
Verrà fuori un lavoro spettacolare.” Aveva già gli occhi
che brillavano di anticipazione. Shannon non sembrava così entusiasta
come lei, ma la lasciò fare.
“Se lo dici tu. Bene, io de=
vo
andare, provo con la band questo pomeriggio. Tu dove vai ora?”=
o:p>
“Alle cucine. Mrs Deluca mi
aspetta.”
“Un giorno mi dovrai far
assaggiare quello che prepari…sono curioso.”<=
/p>
Monica lo salutò con un ge=
sto
della mano e corse in classe. Si mise immediatamente a sbattere le uova con=
lo
zucchero per farle montare bene. Doveva farlo diventare chiaro e spumoso pr=
ima
di incorporare lentamente la farina. A lavoro terminato, pose il Pan di Spa=
gna
in una teglia ben unta ed infarinata e la mise in forno insieme a quelle de=
lle
sue poche compagne. Il corso di pasticceria era composto da solo 6 alunne.<=
o:p>
Nel frattempo che la torta cucina=
va,
prepararono la crema pasticcera con mezzo litro di latte. Raffreddata e
rappresa, ci aggiunsero la panna.
Alla fine dell’orario
scolastico, avevano tutte in mano una classica torta di compleanno, ricoper=
ta
di panna bianca e scritta di buon compleanno con la cioccolata.<=
/span>
“Monica, bel lavoro, la tor=
ta
è dritta e la scritta va molto meglio. Dobbiamo lavorare sulle decor=
azioni
con la panna.” Lei annuì, ma era contenta lo stesso. I suoi li=
miti
grafici si facevano vedere anche in quel campo, ma non le importava molto:
l’importante era che la torta fosse buona. La mise in una scatola di
cartone e se la portò a casa: era più che sicura che in famig=
lia
sarebbe stata più che apprezzata. William era magro come un chiodo, =
ma
mangiava come un maiale…chiodo??
“Bleah!” Fece Monica
ripensandoci: non si era accorta che due grandi occhi grigi la stavano fiss=
ando
sorridendo beffardi.
Come arrivò a casa,
lasciò la torta in frigo e prese il telefono:
“Ehy topolona, ho parlato c=
on
Shannon.” Iniziò Monica cercando di mettersi un paio di
pantaloncini corti. Era ancora maggio, ma già faceva un caldo pazzes=
co
in città e lei lo sopportava poco. Aveva proprio voglia di andare a
farsi una vacanza in spiaggia.
“Bene, quindi sarà
definitivamente dei nostri.”
“Sì. Ci siamo sparti=
ti i
compiti. A te resta il solito.”
“Perfetto…ah,
senti…”
“Dimmi.”=
span>
“William è in
casa?” domandò Stefy sorridendo dall’altra parte del
telefono.
“No…credo che sia da
qualche parte a farsi mordere da un vampiro.”
“Magari mordesse me, altro
che.” Monica scosse la testa: la sua amica era fissata.
“Ci vediamo domani a
scuola.”
“Come vuoi. Ciao.”
“Ciao.”
Monica guardò fuori dalla
finestra: la strada era tranquilla, abitava in una bella zona e a lei piace=
va.
Sorrise: in fondo le cose non sta=
vano
andando tanto male.
Ciao e grazie di aver commentato: In effetti essendo una FF Tomino farà la sua apparizione, anche perchè non lo conoscevo ancora.... Ci sono molti errori di livello tecnico, ma quando la scrissi ancora non ero pienamente nel circuito. Adesso che lo sono dovrei rimettere a posto tutta la FF e la voglia manca ^_^
Ah sì, mi ero accorta degli = nella storia...non sono molto pratica di HTML e anche per questo capitolo ci sto mettendo un sacco...
Capitolo
due C’era
una cosa che Monica odiava:
arrivare in ritardo. Colpa di suo fratello, ovviamente. Quel giorno
l’aveva
accompagnata a scuola con la Desoto nera e lei ne era stata contenta.
Peccato
che non aveva messo in conto che William doveva andare a prendere la
sua
ragazza che stava dall’altra parte della città.
William era un gran bel
ragazzo: non era molto alto, ma aveva un fisico longilineo, scattante,
con i
muscoli guizzanti che si intravedevano sotto le magliette nere, grazie
ad anni
di allenamenti di karate. Il volto affilato, le labbra piene e sode e
gli occhi
più blu del creato, lo eleggevano a pieno diritto come un
angelo demoniaco. Una
tentazione per molte. Frequentava l’ultimo anno al liceo e si
stava preparando
per andare a studiare a Yale: a vederlo non sembrava, specie quando
volteggiava
per la città rinchiuso nel suo spolverino di pelle nera, ma
era un secchione.
Stava da un paio di mesi con una ragazza folle, dark come lui, e che
parlava di
stelle ogni due secondi: Monica la trovava irritante, Spike la adorava. “Dru,
tesoro, andiamo che siamo in
ritardo.” Drusilla Dorcas, capelli lisci e neri come
l’ala di un corvo ed
enormi occhi violetti che ti scrutavano dentro. Vestiva con abiti che
sarebbero
andati bene almeno un secolo prima, eppure, stranamente, le donavano.
Nessuno
la importunava, nessuno osava dirle nulla: tutti avevano paura delle
sue
profezie, perché praticamente sempre si avveravano. Drusilla si
girò verso il sedile
posteriore dell’auto, dove stava un’imbronciata
Monica a guardare fuori dal
finestrino. “Incontrerai
la tenebra più
splendente e renderai felice l’infelice.” “Dici
a me, Dru?”chiese
Monica indicandosi. Odiava essere il
soggetto dei suoi vaticini. “Sì.
Tu non lo vuoi, ma sarai tu
stessa a decidere per lui ed aiutarlo. La tenebra ti
avvolgerà così tanto che
non potrai più farne a meno.” Poi si
girò e iniziò a parlare con Spike di
faccende scolastiche. Monica scosse il capo: le cose che Drusilla le
aveva
detto non avevano senso. Entrò
di corsa a scuola, mollò i suoi
libri nell’armadietto. Aveva ancora un minuto prima che la
campana suonasse e
che Smith, il prof di storia non la razziasse. Ce la poteva ancora
fare. Stefy
doveva già averle preso il posto, altrimenti si sarebbe
seduta dove capitava.
Girò a 90° per prendere un secondo corridoio e non
si accorse di andare a
sbattere contro una figura ferma. “Ahi!”
tutti i libri le si sparsero
per terra e dei fogli presero a svolazzare incontrollati.
“Merda! Arriverò
tardi.” “Almeno
mi potresti chiedere scusa.”
Disse lo scontrato. “Sì,
certo, hai ragione.” Rispose Monica rincorrendo
qua e là le sue cose. “Scusami, ma andavo di
fretta.” “Ah
sì? Bhe, adesso dovrai trovare il
modo di farti perdonare.” Chi la stava fissando aveva gli
occhi piantati su di
lei, divertito dal modo goffo in cui lei si muoveva. La maglietta le si
era
alzata dietro la schiena e dai jeans azzurri spuntava il pizzo degli
slip che
aveva indossato quella mattina. Era poggiato al muro con la schiena,
completamente vestito di nero, con un paio di pantaloni a sigaretta, i
Doc
Martins, la camicia leggermente aderente nera. I capelli erano lunghi
fino alle
spalle ed erano, ovviamente, neri, con le punte rosso fuoco. Un ciuffo
gli
cadeva davanti agli occhi grigi enormi, quasi sproporzionati per il suo
volto
da ragazzino, truccati con dell’eye-liner. “Che
intendi?” Monica si voltò e
gemette frustrata: l’unica persona che proprio non aveva
voglia di vedere
quella mattina. “Cazzo, Leto…” Lui le
raccolse il libro e glielo porse. Monica
fece per prenderlo, ma lui lo tirò indietro. “Eh
no, piccola, mi hai fatto male e
non mi hai chiesto scusa. Pensi di passarla liscia così
facilmente?” Monica
sbuffò: era tardi e proprio litigare con lui non era la cosa
migliore da fare. “Senti
Jared, sono in ritardo. Smith
mi ammazza, dammi il libro e ne riparliamo.” Lui con il dito
fece segno di no e
sorrise deridendola. “Il
libro me lo tengo io per oggi,
che ne dici?” “Dico
che sei un cretino.” La campana
suonò in lontananza e Monica scosse il capo. Gli
lasciò il libro e si fiondò in
classe sotto lo sguardo divertito di Jared. A lui quella
ragazza piaceva. Certo,
la trovava insopportabile e un po’ troppo piena di
sé. Essere la sorella del
Grande William the Bloody per lei era solo una fortuna. Nessuno voleva
prendersela con lei per non attirare le mire del fratello e quindi
viveva in
una specie di isola protetta. Ma non da lui: da quando aveva messo
piede nel
liceo, si divertiva a stuzzicarla, solo per vedere come reagiva. Mentre
camminava verso la sua lezione
di algebra, non si accorse che un gruppo di ragazze del suo stesso anno
lo
fissavano con voracità. Ormai non ci faceva poi molto caso.
Le ragazze, in quel
momento, gli interessavano poco. Una scopata ogni tanto se la concedeva
volentieri, ma di storie serie non ne sentiva la necessità.
Aveva ben altro in
mente: voleva sfondare nella musica, o almeno riuscire a guadagnare
abbastanza
per uscire da casa. Lui e Shannon avevano creato un buon gruppo, grazie
a Tomo
e Matt, quindi l’importante adesso era sfornare qualche
canzone propria ed
andarsene. In fondo in quel paesino sperduto della California non
c’era proprio
nulla per un ragazzo con grandi ambizioni come lui. Si sedette nel
suo banco in fondo
alla classe e prese a sfogliare il libro che aveva rubato a Monica.
C’erano
alcune pagine di appunti scritti con una grafia piccola e poco chiara.
Notò che
Monica usava la penna stilografica, invece di una classica biro. Anche
lui la
usava quando scriveva le canzoni. Sorrise quando in una pagina
trovò dei
piccoli schizzi: c’era un bel disegno di un ragazzo che si
stava impiccando.
Evidentemente quel giorno Smith era stato più palloso del
solito. Ancora due
anni ed avrebbe lasciato
quel paese: doveva solo aspettare che anche Shannon e Tomo si
diplomassero. “Signor
Leto, è tra noi?” La
signorina Keller lo stava chiamando e lui sorrise. “Certo,
prof.” Certo, la sua
avvenenza gli dava grattacapi: a volte si ritrovava a dover sgusciare
da
ragazze che si facevano parecchio insistenti, ma poteva essere
d’aiuto con
certe insegnanti, specie se erano giovani e single. Finalmente
suonò la campanella del
pranzo. Jared scappò verso la mensa: doveva trovarsi con suo
fratello per
discutere di alcune cose di casa. Lo vide sistemare le cose
nell’armadietto. “Shannon!
Eccoti qui. Allora, andiamo
a pranzo?” “Scusa
Jared, ma oggi mangio con
Monica e Stefy. Dobbiamo parlare della nostra tesina.” Jared
ci rimase male. “Studi
con quelle due?” “Certo!
Monica è la più brillante
della classe e con Stefy non sbaglia una relazione. Se mi aiuta a
tirare su il
voto, bhe, studio con chiunque, anche con il Papa.”
L’altro sbuffò. “Senti,
intanto dimmi quello che dovevi dirmi. Oppure vieni a mangiare con
noi” “Ma
stai scherzando? Con quella matta
di Monica, non ci penso proprio.” Shannon lo
guardò. “Sai,
voi due siete più simili di
quanto crediate.” “EH????
Tu sei completamente fuori.
Senti, prima di tornare a casa dobbiamo andare a fare un po’
di spesa, sennò
stasera non si cena.” “Ok,
ti aspetto fuori.” Shannon si
diresse verso il tavolo
dove Monica e Stefy già stavano chiacchierando: non riusciva
veramente a capire
perché quei due si erano strofinati dalla parte sbagliata.
Lui non faceva che
stuzzicarla e lei gli rispondeva per le rime. Eppure…lui
sapeva che potevano
appianarsi tutte le divergenze. “Ciao
e buon appetito.” Jared, in
giardino prima delle ore di
ginnastica, stava sfogliando il libro di storia di Monica. Guardando le
pagine
sottolineate e decisamente vissute, aveva capito parecchie cose:
intanto che li
ci studiavano in due. Probabilmente prima di lei, quel libro era
appartenuto a
William e per questo su certi margini c’erano scritti
inneggiamenti al punk e
strane poesie che parlavano di stelle e scintille. Poi Stefy doveva
averla
aiutata parecchio a personalizzare le pagine: c’erano
disegni, caricature di
insegnanti e allievi. Trovò anche la sua…in
effetti la ragazza era piuttosto
brava. Rise quando vide che dietro la sua testa aveva messo la faccia
di una
qualsiasi ragazza che lo guardava con occhi a cuoricino. Gli fece
strano che
Monica non lo avesse cancellato. E poi
c’era la sua scrittura: Monica
aveva lasciato intere frasi, interi pezzi di diario li dentro. Era
interessante
leggere dei suoi sogni e delle sue noie. Gli faceva sorridere le
ricette che
ogni tanto trovava a margine: erano tutte di dolci, probabilmente
quelle che poi
sperimentava con il club di pasticceria. Certo che a
quelle due non passava
proprio nulla durante la lezione di storia. A lui non dispiaceva. La vide in
lontananza a ridere e
scherzare con la sua amica del cuore ed altre tipe del suo gruppo e per
la prima
volta da che ricordava, sentì di non voler sparare
cattiverie. Si ritrovò a
guardarla sorridendo e pensando che, in fondo, non era per nulla male. “Ah!”
L’urlo fece voltare tutti i
presenti nel cortile. In un angolo, Joss, uno dei nerd scolastici, le
stava
prendendo di santa ragione da Bill, fantomatico campione di football. “Allora…i
nostri soldi?” “Io…io…non
li ho.” Pigolò il più
piccolo. Sanguinava già da un labbro ed aveva una paura
folle di stare peggio.
Una volta gli avevano incrinato una costola. Jared si
alzò, desideroso di aiutare
Joss, ma fu superato da una figura più veloce. “Lascialo
andare, stronzo.” Monica si
era frapposta fra i due e guardava Bill con furia. A lei i bulli non
piacevano
per nulla. “Oh,
la Cross… senti lascia stare,
non sono affari tuoi.” Monica non si spostò.
“Fai la dura, eh? Guarda che qui
non c’è tuo fratello a proteggerti.” “Io
non sono mio fratello. Non ho
bisogno di lui.” Bill si mise a ridere, mentre Joss guardava
la scena con occhi
spalancati dal terrore. Lo schiaffo le
arrivò improvviso e la
fece barcollare. La folla intorno a loro era silenziosa come una tomba,
si
sentivano solo le risatine dei compagni di squadra di Bill. “Puttana.”
Le sibilò. Non si accorse
che arrivò Jared con piglio deciso. “Senti,
bestione idiota, prenditela
con uno che sa difendersi meglio.” Senza dargli tempo di
replicare, gli piazzò
un pugno sullo stomaco che lo fece piegare in due dal dolore e
finì l’opera con
un cazzotto in pieno viso. Monica
guardò sorpresa Jared: di
solito lui non si metteva mai troppo in mostra con i bulli. Non aveva
mai
partecipato ai pestaggi, ma neppure si era messo ad evitarli. Per la
prima
volta lo guardò in maniera leggermente diversa: era
mingherlino, molto adatto a
correre tra le basi di un campo di baseball, sport che praticava con
passione,
ma non sembrava così forte da stendere uno come Bill che era
il doppio di lui.
Evidentemente sotto quella camicia c’erano dei muscoli
sconosciuti. “Come
stai?” Domandò Jared al povero
Joss che era ancora tremante a terra. “Uhm…bene,
direi.” “Magari
dovresti fare un salto in
infermeria, che te ne pare?” “No…io
sto bene, sul serio.” Si alzò
barcollante e riprese i libri che Jared gli porgeva e, ancora
spaventato,
scappò verso il bagno per potersi dare una pulita. “Pensi
che sia finita qui, Leto?”
domandò Bill sputacchiando sangue. “Ne
sono certo. Non vorrai mica
perdere la tua virilità davanti a tutte queste ragazze per
una seconda volta,
vero?” lo derise. “Che
sta succedendo qui?” Da una
finestra era apparsa una prof. “Niente
di importante.” Fece Jared
senza scomporsi. Tornò alla panchina dove era seduto in
precedenza e riprese il
libro di storia. Monica si teneva ancora la guancia arrossata dalle
cinque dita
di Bill e non riusciva a staccare gli occhi da Jared: non le aveva
chiesto e
detto nulla, non l’aveva neppure rimproverata per essersi
gettata in quel
macello come se nulla fosse. Era evidente che la cosa non gli
interessava
proprio. Gli passò davanti per tornare da Stefy. “Tutto
ok, Cross?” lei si fermò
davanti a lui. “Sì.
E tu?” “Quell’idiota
non sarebbe riuscito a
farmi nulla. Mi raccomando, stai attenta la prossima volta. Sei in
gamba, ma
lui è più forte di te.” Detto questo
prese lo zaino nero e si avviò verso la
palestra, lasciando Monica a guardarlo intensamente. “Fisico
giusto, forza sconosciuta…”
inclinò la testa “Anche il culo è
bello.”
Erano passati un paio
di giorni dalla
rissa a scuola e le cose sembravano essere tornate abbastanza normali.
Quasi
del tutto, perché il povero Jared si era ritrovato con un
corteo di ammiratrici
ancora più folto. Aver fatto il cavaliere senza macchia e
senza paura aveva incrementato
le sue azioni. Ormai a scuola non si parlava che di quello, di come lui
avesse
impedito a Bill di frantumare il povero Joss. Monica era stata
dimenticata.
“Non ti
dà fastidio che nessuno si
ricordi che ti sei presa uno schiaffo da far girare la
testa?” Domandò Stefy
sgranocchiando una carota senza molta voglia.
“Chi se ne
frega. Che quel damerino
nero si tenga la sua popolarità.” Anche le cose
tra lei e Jared erano tornate
come prima. Lui che la prendeva un po’ in giro e lei che gli
rispondeva acida.
Sembrava che la particolare complicità che si era instaurata
durante la lotta,
si fosse persa nei meandri della mente di entrambi, come se fosse
troppo
pericolosa mandarla avanti. Alla fine entrambi volevano continuare in
quella
maniera, ma non volevano rischiare. In realtà a Monica
bruciava l’apparente
disinteresse che lui aveva dimostrato il giorno dopo verso di lei. Si
era
accorta, la sera, di non averlo ringraziato: in fondo aveva ragione,
Bill era
dannatamente più forte di lei. Avrebbe potuto finire di
rendere poltiglia Joss
per poi finire con lei. Invece l’arrivo provvidenziale di
Jared l’aveva
salvata. Quindi voleva ringraziarlo: peccato che lui le era passato
davanti
prendendola in giro senza neppure lasciarla parlare.
“Non si
merita il mio ringraziamento.”
Borbottò mangiando senza essersi accorta di aver parlato a
voce alta. Stefy la
guardò e sorrise maliziosa. Conosceva Monica ed era sicura
di sapere quello che
pensava la sua amica.
“Ehy,
sorellina.”
“Ciao
Will.”
“Ciao
William!” Esclamò
Stefy radiosa
e aggiustandosi i capelli.
“Ciao
Stefy.” Lui le sorrise
diabolico, facendo correre il suo cuore a mille.
“Che
vuoi?” domandò Monica stanca del
loro pucci pucci.
“Questo
pomeriggio so che devi
uscire. Riesci a passare al supermercato?”
“E non ci
puoi andare tu?” William
cercò di fare il seduttore: anche se Monica protestava
spesso, sapeva che lei
gli voleva bene.
“Ti
prego…”
“Uff…
va bene, lasciami scritto a
casa quello che ti serve!”
“Sei un
angelo, sorellina!” poi
scoccò il suo classico sorriso sciogli Iceberg verso Stefy.
“E tu diventi
sempre più carina.”
“Smettila di
prendermi in giro. Lo so
che non lo pensi davvero.” Rispose lei sorridendo a sua
volta. Spike alzò un
sopracciglio.
“Ne sei
così sicura?” e se ne andò
senza aspettare una risposta. Monica scosse la testa piano.
“Secondo te
è vero quello che mi ha
detto? Sono carina?” chiese Stefy.
“Sì,
lo sei. E lui non dice le cose
per dire.”
“Allora
perché sta con quella vampira
di Drusilla?” Monica alzò le spalle e non le
rispose. Chi poteva sapere come
pensava William?
“Andiamo
va…”
Monica
maledì per l’ennesima volta
William: erano le sei di sera e lei era ancora lì che girava
come una scema per
trovare quel maledetto shampoo che lui doveva assolutamente usare.
Quello che
aveva preso all’inizio non andava bene…al diavolo!!
Si ritrovò
in una zona che
frequentava pochissimo: erano quasi tutte case popolari, ma
là c’era un piccolo
market. Oltretutto si ricordò che lì viveva
Shannon: quasi quasi passava da lui
per vedere se aveva trovato i libri per la loro tesina. Almeno avrebbe
fatto
quattro chiacchiere con un ragazzo simpatico.
Non trovò
quello che cercava: il
commesso l’aveva guardata come se fosse una pazza e forse non
aveva tutti
torti. Scosse il capo e fece per tornare indietro.
Dopo pochi minuti
trovò la casa del
suo compagno. Era a due piani, con il giardino piuttosto mal tenuto. Il
cancello era rovinato, pieno di ruggine. Le finestre erano coperte da
tendine
bianche, ma la vernice si scrostava da molti punti. In definitiva non
sembrava
fosse tenuta molto bene.
Oltretutto
dall’interno stavano
provenendo delle urla e uno, lo riconosceva, era Jared.
L’altro sembrava il
padre.
“Ti vesti
come uno straccione” diceva
il genitore. A Monica non sembrava che Jared si vestisse male, anzi lo
trovava
piuttosto affascinante.
“Ma cosa vado
a pensare? Lui non mi
piace, non è affascinante.”
“Se tua madre
fosse viva, si
vergognerebbe di un figlio come te!”
“Ma mamma non
c’è più e tu non puoi
pretendere di prendere il suo posto!”
“Bada a come
parli. Ma guardati, ti
trucchi come una femmina e sembri uno schifoso frocio. Neppure un
po’ di barba
ti fai.” Monica rimase molto colpita dall’apparente
astio delle due voci. Jared
sembrava odiare il padre e la stessa cosa provava lui per suo figlio.
Le
ricordava troppo la situazione con il suo, di padre.
Monica e William, dopo
il divorzio
dei suoi genitori, erano andati a vivere con la madre, che pochi anni
prima si
era risposata. Il loro patrigno voleva bene ad entrambi e quindi i due
fratelli
non avevano subito gravi contraccolpi. Peccato che con il padre il
rapporto si
era definitivamente deteriorato. Non sopportava le scelte di vita dei
figli:
l’idea che Monica volesse fare la pasticcera lo faceva andare
su tutte le
furie. Per non parlare della voglia di William di diventare un
professore di
letteratura.
“Papà,
mi piace truccarmi, mi rende
più figo!” urlò di rimando Jared.
Monica vedeva da fuori le due ombre sfocate
dietro le tende tirate.
“Per i
maschi, sicuramente. Sei una
fottuta checca Jared, una vergogna. Tu non hai mai fatto niente per
rendermi
orgoglioso di te.” Quella frase risuonò per tutto
il viale. C’erano dei bambini
che giocavano lì vicino, ma a quanto pareva erano piuttosto
abituati a quel
casino. Monica no, invece e quell’ultima frase le aveva fatto
sanguinare il
cuore. Non se lo meritava, certo, ma aveva provato un sacco di
pietà per Jared.
Improvvisamente una rabbia si impadronì di lei: in fondo
nessuno si meritava di
sentire parole del genere.
Andò con
passo spedito verso la casa
e suonò il campanello. Si mosse un po’ nervosa sul
tappetino e pregò che Jared
non la prendesse a schiaffi: non ne aveva bisogno di altri.
La porta si
aprì: a Monica si strinse
il cuore vedendo gli occhi lucidi del ragazzo, che non aveva pianto, ma
che di
sicuro non aveva apprezzato tutto quello che gli era stato sputato
contro.
Sulle scale, dietro di lui, stava Shannon e tra loro il padre. Era un
uomo non
molto alto, ma muscoloso. Era stempiato e rosso in volto, a causa della
litigata con il figlio.
“E tu che fai
qui?” Monica si riscosse
dal suo torpore e sorrise a mille denti.
“Amore!”
urlò in direzione di Jared,
poi gli si fiondò addosso e lo abbracciò forte
sotto lo sguardo sconvolto di
Shannon. “Lo so che per il week-end non ci saremmo dovuti
vedere, ma avevo
troppa voglia di stare con te!” e così dicendo gli
si strofinò addosso. Jared
era sconvolto e non sapeva proprio cosa dire. Il corpo morbido e sodo
di lei
premeva deliziosamente su di lui e neanche la minima parte del suo
cervello
riusciva a comandargli di farla staccare. In fondo gli piaceva averla
lì.
“Monica…”
Sussurrò.
“Oh, mi
scusi…” Fece lei guardando il
padre. Era arrossita un po’, quanto riusciva a farlo e si
staccò da Jared che
la guardava in cerca di una risposta. “Buonasera, io sono
Monica.” E gli tese
la mano. La stretta era molto vigorosa, la mano, gigante.
“Ciao Shannon.”
“Ciao…”
Rispose cauto lui.
“Io sono
Frank, il padre di Jared e
Shannon. Non credevo che mio figlio avesse la ragazza.”
Monica si fece
imbarazzata.
“È
un po’ timido e poi stiamo insieme
da poco tempo…anzi, direi pochissimo.” E lo
guardò in cerca di sostegno.
“Molto
poco…sì.” Lui sorrise e scosse
il capo, ma approfittò dell’inaspettato sostegno.
“Entra…” Monica si ritrovò
nel piccolo atrio sotto lo sguardo indagatore dei tre Leto.
“Noi andiamo un attimo
in camera, ok?” e così dicendo, la prese per la
vita e la accompagnò su per le
scale. Fu così che per la prima volta, Monica vide la stanza
di Jared.
Era molto piccola, ci
stava giusto il
letto e la scrivania, ma era piena di cose. In ogni angolo
c’erano libri e
spartiti musicali. La scrivania era ingombra di libri di scuola aperti:
evidentemente il litigio era iniziato mentre stava studiando. Al muro
erano
appesi poster di gruppi musicali più o meno sconosciuti e
sul piccolissimo
comodino c’era una sveglia ed una foto di lui con suo
fratello e sua madre
quando erano bambini. Il letto era sfatto dalla notte prima.
“Carina…confortevole.”
Disse lei
analizzandola.
“Siediti!”
l’ordine era stato
perentorio e secco. Monica fece spallucce e si sedette sul letto
tranquilla.
“Dimmi
tutto.”
“No, semmai
sei tu quella a dover
spiegare un paio di cose. Che diavolo ti è saltato in
mente?”
“Niente…ho
pensato fosse giusto.”
“Perché?”
Monica lo guardò e si fece
seria cercando accuratamente le parole giuste.
“Io stavo
venendo qui perché dovevo
prendere dei libri da Shannon. Mi sono bloccata perché ho
sentito te e tuo
padre che…ehm…discutevate, per così
dire.” Jared fece una smorfia.
“Litigavamo.”
“Sì,
in effetti. Non lo so, non mi è
sembrato giusto quello che ti diceva e mi è venuto spontaneo
di farlo.”
“Hai provato
della pietà per me?”
fece lui con amarezza. Monica lo fissò negli occhi e per la
prima volta si rese
conto di quanto fossero grandi e profondi.
“Un
po’ e ho capito che non era la
cosa giusta. Non è per pietà che l’ho
fatto: io non sopporto chi pretende di
usurpare un altro. I bulli mi stanno sulle palle.”
Sbottò infine lei. Jared
rise piano.
“In effetti
mi ricordo bene il tuo
schiaffo.”
“Sono stata
un po’ imprudente, ma
nessuno faceva nulla e Joss se la vedeva veramente male. E Bill
è un coglione!”
finì a scanso di equivoci.
“Perfettamente
d’accordo. Ti ha dato
noia poi?” chiese con delicatezza. Anche lui si sedette, ma
distante da lei,
sulla sedia della scrivania.
“Ha cercato
di sfottermi un po’, ma
con le parole è meno capace che con le mani.”
Restarono in silenzio
per un po’ e
Monica notò cose nuove che prima non aveva visto: appoggiata
sul letto c’era
una chitarra acustica un po’ vissuta e dei vestiti erano
appesi su una gruccia
vicino alla porta: era decisamente più ordinato di lei.
“Quindi vuoi
che mio padre creda che
io e te stiamo assieme…”
“Bho. Io
volevo solo che voi due
smetteste di litigare e soprattutto che lui smettesse di infierire su
di te.
Adesso sei libero di decidere che cosa dirgli.”
“Che vuoi che
gli dica? Gli dirò che
stiamo insieme…potrebbe essere una buona scusa per essere
lasciato in pace
almeno un po’.” Lei annuì e si
alzò.
“Credo che
adesso è meglio che vada.
Tra un po’ a casa mia si cena.”
Scesero lentamente le
scale e pure
Shannon mise fuori la testa per vedere se riusciva a capirci qualcosa.
“Mi scusi se
ho disturbato a
quest’ora, non accadrà più.”
Disse Monica sorridendo a Frank.
“Oh, non ti
preoccupare. Sei sempre
la benvenuta qui. Anzi perché domani mattina non vieni a
pesca con noi?”
“Cosa??”
urlarono contemporaneamente
i due fratelli.
“Sì,
ci andavamo spesso insieme e io
voglio conoscerla meglio. Quale migliore occasione? Sole, pesce buono e
divertimento.” Sembrava un uomo completamente diverso da
quello che urlava
prima. Monica si voltò terrorizzata verso Jared e si
maledì per essersi
cacciata in quel guaio.
“Mi
piacerebbe molto, ma io domani
mattina lavoro, quindi dovrete andare senza di me.”
Sentì dietro di lei Jared
sospirare di sollievo.
“Nessun
problema, ci andiamo
domenica.”
“Ma…”
“Nessun ma.
Ti passiamo a prendere
noi.”
“Papà,
non pensi che potrebbe
sentirsi un po’ in imbarazzo sola con noi tre?”
Fece Shannon dalle scale per
cercare di aiutarla.
“Uhm…
hai ragione. Bhe, invita pure
un’amica.” L’uomo batté le
mani e se le strofinò con forza e soddisfazione.
“Ma…io…veramente…”
Guardò i fratelli,
ma sembrava che entrambi non sapessero che pesci pigliare. “A
quanto pare ci
vediamo domenica, signor Leto.” Jared scosse il capo.
“Andiamo.”
“Dove vai,
figliolo?”
“La
accompagno per un pezzo di
strada.” Chiusero la porta dietro di loro e quando furono
usciti dal vialetto,
Monica finalmente parlò.
“Ma cazzo!!
Vedi, a fare una cosa
buona? Vieni subito ripagata con un guaio.” E
sbuffò rumorosamente.
“Tranquilla,
mio padre quando è a
pesca dimentica il mondo. Che palle…domenica da
schifo.”I
due camminarono vicini senza parlare. “Io
torno indietro. Ora vorrà sapere vita, morte e miracoli di
te…inventerò
qualcosa e poi domani ti faccio sapere.”
“Va
bene.” Rispose depressa Monica.
Lei sperava di aiutare unragazzo
nei
guai, non di diventare la ragazza di uno che fino al giorno prima non
sopportava.
“Consiglio,
portati il costume: al
fiume fa caldo.” Lei annuì e se ne andò
stanca come se avesse appena corso una
maratona.
Jared la
guardò allontanarsi
sorridendo: forse non tutto il male veniva per nuocere.
“Cosa hai
fatto tu????” l’urlo di
Stefy proveniente dalla cornetta quasi assordò Monica.
“Hai capito
benissimo, quindi non
farmelo ripetere, ti prego.”
“Tu stai con
Jared Leto?”
“No, solo sua
padre lo crede. E
grazie a questo mi ritrovo a dover andare a pescare con tutta la
famiglia. Ma
guarda che fortuna, posso portare con me un’amica e io ho
scelto te.” Monica
incrociò le dita: se le diceva di no era persa.
“Certo che ci
vengo. Non voglio perdermi
lo spettacolo di voi due che state assieme. Sarà da
ridere.” Monica sospirò.
“No,
sarà da piangere. Comunque
domani vieni a dormire da me, così ci passano a prendere
direttamente qui.
Ricordati asciugamano e costume. Magari siamo fortunate.”
“Cioè?”
“Domenica non
arriverà mai!” Stefy
rise.
“La solita
catastrofica! Buona serata
topina.”
“Ciao
topolona.”
Mesta, Monica
guardò la cornetta
muta.
Era strano: provava per
quella specie
di gita un duplice sentimento: da una parte sperava che non arrivasse
mai. Non
era certa che riuscisse a mentire per un giorno intero ad una persona.
Insomma,
un conto era fingere per dieci minuti di essere innamorata di Jared, un
conto
era farlo per tante ore filate. Ammetteva, però, che le era
andata bene: era un
bel tizio.
“Non
è difficile trovarlo sexy…”
Mormorò guardando il soffitto. Quando si rese conto di cosa
aveva appena detto,
sgranò gli occhi e aprì la bocca in un enorme
“Oh” di terrore… andava proprio
bene se già la cosa iniziava in quel modo!
Le serate insieme di
Monica e Stefy
seguivano quasi sempre un percorso prestabilito: inizialmente le due
ragazze
andavano a mangiare la pizza alla “Gondola” piccola
pizzeria locale gestita da
un italiano di Venezia, poi andavano a prendersi un gelato e
ritornavano a casa
stracolme di schifezze prese al Jet Market da mangiare davanti ad una
serie
quasi infinita di DVD. E anche quel giorno, le cose erano andate
esattamente
alla stessa maniera.
E ovviamente, il tutto
era
inframmezzato da colossali chiacchierate riguardo ai ragazzi. Stefy
voleva
conoscere ogni segreto per riuscire a conquistare William e Monica si
ripeteva
mentalmente il mantra per il giorno dopo: “tutto
andrà bene, tutto andrà bene.”
In realtà non ci credeva molto. Aveva paura che il padre di
Jared li scoprisse
in breve tempo e allora lei sarebbe stata razziata e
lui…bhe, non ci voleva
neppure pensare a quello che sarebbe accaduto al ragazzo. Probabilmente
Mr Leto
lo avrebbe simpaticamente sbattuto fuori di casa. Però
credeva anche che non le
si sarebbe chiesto di fare molti gesti da coppia: andare in giro per un
giorno
mano nella mano o tuttalpiù abbracciati non erano cose
tremende. Peggio sarebbe
stato se suo padre si fosse aspettato dei baci. E no, quello poteva
rivelarsi molto
pericoloso.
Cercò di
immaginarsi la scena, ma
sempre, inevitabilmente, la troncava quando lui le si avvicinava con
uno strano
sguardo di aspettativa. No, non sarebbe mai potuto succedere.
“A che pensi,
topina?”chiese Stefy
mentre sbocconcellava un Twix.
“A
domani…a come potrà essere la mia
morte.” Rispose Monica lugubre. Non voleva passare una
così bella domenica con
i Leto a pescare. Che le importava a lei?
“Dai, vedrai
che non sarà così
terribile come credi. Potrebbe essere anche molto divertente.”
“Per te che
dovrai solo fare da
accompagnamento, ma per me? Devo fare la ragazza di Jared.” E
sospirò.
“Cara, dovevi
pensarci prima di
saltargli al collo urlandogli quanto lo ami.” Monica fece una
smorfia al
ricordo, anche se ricordava bene il profumo del suo collo, qualcosa di
oscuro,
come l’odore della pioggia che lei amava tanto.
‘Ahi, questo
è un altro sintomo di
pazzia.’ Si disse tra sé.
“La prossima
volta mi faccio i cazzi
miei e lo lascio nei problemi.”
Seguirono in silenzio
un po’ di “Il
mistero di Sleepy Hollow” ridacchiando e sbavando per Johnny
Deep, poi
ripresero a parlare: avevano visto quel film talmente tante volte che
quasi lo
conoscevano a memoria.
“Perché
tu e lui litigate così
spesso?” Domandò Stefy, che non aveva voglia di
abbandonare il discorso
“Jared”.
“Bho…
lui mi odia.” Un’occhiata
penetrante dell’amica, fece capire a Monica che non si
sarebbe accontentata di
quella risposta striminzita. “Ok, forse non mi odia, sarebbe
troppo. Ma
veramente, non lo so. Alle elementari avevo una cotta per lui e cosa
fece? Mi
ricoprì di fango durante la ricreazione. Mi hanno preso in
giro per settimane!
Da quel giorno lui ha continuato a punzecchiarmi per qualsiasi cazzata
ed io
gli ho sempre risposto acidamente. Quello che mi da sui nervi
veramente, è che
lo fa solo con me. Con tutte le altre ragazze è tranquillo,
addirittura
gentile. A te, per esempio, ha sempre trattato bene.”
“Forse questo
è il suo modo da
maschio per attirare la tua attenzione su di lui.” A Monica
andò di traverso il
boccone e si mise a tossire con forza “E a quanto pare ha
funzionato. Ora lui
non ti è indifferente. Certo, avesse usato dei metodi
migliori, magari adesso
stareste assieme sul serio e tu non passeresti la serata con me a
guardare film
già visti e mangiare schifezze, ma saresti a scopartelo a
morte.”
Monica ebbe una fugace
visione di lei
e Jared sul letto di lui avvinghiati e nudi, fra le lenzuola
spiegazzate:
arrossì in maniera furiosa.
“Sei
pazza.”borbottò incerta se
continuare nella sua fantasia o se tornare a lidi più
sicuri…meglio Stefy.
“Lo
so.” Un leggero bussare alla
porta salvò la situazione. Dalla porta sbucò la
testa color platino di William.
Stefy sorrise contenta.
“Vi conviene
fare meno rumore. Mamma
e Nick stanno andando a letto.”
Era completamente
vestito, pronto ad
uscire: si era messo un chilo di gel per cercare di far star fermi i
suoi
capelli ribelli. Aveva indossato, sotto lo spolverino di pelle nera,
una
camicia blu elettrico che si intonava perfettamente ai suoi occhi da
predatore.
“Esci?”
“Sì,
Dru mi aspetta al Gothic. Serata
di ballo…”
“Perché
non ci fai compagnia,
invece?” la buttò lì Stefy
innocentemente. “Ci serve un bel ragazzo per un
parere diverso.” Monica la fulminò:
l’unica cosa che proprio voleva evitare era
che suo fratello sapesse del suo “appuntamento” con
Leto…l’avrebbe sfottuta per
secoli.
“Mi
piacerebbe, micetta, ma ho dato
la mia parola ad una signora, non me la posso
rimangiare.”rispose lui
sorridendo sensuale. Stefy gli si avvicino lentamente.
“E se questa
signora ti invitasse per
un cinema? Magari domani sera…” Monica la
guardò scioccata: non le aveva detto
che aveva quell’idea che le vagava in testa. Cioè,
sapeva benissimo che Stefy
aveva mille idee riguardo suo fratello, ma non quella che includeva un
cinema
lo stesso giorno della giornata più catastrofica della sua
vita. Ok, era giusto
che almeno una delle due si divertisse l’indomani.
“Perché
no, potrebbe essere carino…”
rispose lui accarezzando la guancia della ragazza che ormai aveva
raggiunto un
sorriso grande come il mondo.“Ti
passo
a prendere alle 9 a casa, va bene?”
“Perfetto.”
“Allora
ciao.” Ed uscì con la sua
classica camminata cadenzata. Monica lo seguì verso
l’entrata.
“Ehy,
Will…aspetta un secondo.”
“Che
c’è? Sono già in ritardo.”
“Che
intenzioni hai?” Monica mise la
mani sui fianchi in una posizione che a Spike faceva un sacco ridere.
“A che
riguardo?” lei fece un gesto
con la testa verso l’alto, ad indicargli la stanza da letto.
“Andiamo al
cinema.”
“Tu sei mio
fratello e io ti adoro,
ma fai del male a Stefy e ti strappo i coglioni e poi li uso come
biglie sulla
sabbia, ci siamo intesi?” William perse un po’ del
suo sorriso.
“È
solo un cinema, Monica.”
“Ma per lei
è qualcosa di più e tu lo
sai. Non voglio che tu la prenda in giro.”
“Guarda che
è anche una mia amica e
guarda caso mi sta molto simpatica. Non ci vedo niente di male ad
uscire
insieme.”
“Ti conviene
andare, Drusilla ti
starà aspettando. Sei in ritardo.”
Quando tornò
nella sua camera, trovò
Stefy che stava mollemente distesa sul letto a succhiare un chupa chups.
“Bella la
minaccia: la posso usare se
mi serve o è protetta da copyright?” Monica si
sedette vicino a lei mugugnando.
“Cavoli, si
è sentita?”
“Diciamo che
non parlavate piano.
Stai tranquilla….so badare a me.”
“Io
è di lui che mi fido poco.”
La mattina dopo il
tempo era
perfetto. Un sole splendeva sopra le loro teste ed un leggero
venticello si
agitava. Monica e Stefy erano assonnatissime: avevano fatto le ore
piccole a
chiacchierare ed ora, all’alba delle nove, erano nel vialetto
di casa che aspettavano.
Monica aveva optato per una maglietta blu e dei pantaloni neri che le
arrivavano al ginocchio. Sandali colorati, cappellino con il frontino e
uno
zaino monospalla nero. Stefy per differenziarsi, aveva un paio di
occhiali
scuri per non far vedere troppo lo occhiaie.
“Sei sicura
che vengano? No, perché
se mi hai fatto svegliare per niente io ti ammazzo, Monica”
“Guarda, suo
padre mi sembrava così
convinto di andare a pescare, che solo se fosse in ospedale
rinuncerebbe a
questa domenica.” E represse un fragoroso sbadiglio, mentre
una SUV grigia
entrava nel vialetto. I Leto erano ufficialmente arrivati.
Scese per primo il
padre: aveva dei
vecchi blue jeans e una camicia a scacchi: Monica si era sempre
immaginato così
un pescatore. Le venne da sorridere.
I due fratelli, invece,
come loro
portavano gli occhiali da sole e avevano un’andatura da
condannati a morte. Si
capiva da subito che avrebbero voluto essere ovunque, tranne
lì.
“Buongiorno
ragazze. Avete preso
tutto?”
“Buongiorno a
lei, Signor Leto. Le presento
Stefania, la mia amica.”
“Coraggio,
salite in macchina. E voi
cercate di essere un po’ amabili.” Disse Frank
rivolto ai figli.
“Ciao Monica.
Stefy.” Si prese la
briga di salutare Shannon. Jared si limitò a prendere gli
zaini delle ragazze e
caricarli nel bagagliaio. Monica cercò di capire che cosa
potesse passare per
la mente del ragazzo, ma con scarsi risultati. Con Stefy si sedette
dietro in
modo da poter appoggiare la testa al finestrino: aveva veramente un
sacco di
sonno e il viaggiare della macchina non l’aiutava a stare
sveglia. Sbirciò
verso il “suo ragazzo”, ma lo vide che fissava la
strada assorto: forse anche
lui aveva sonno.
“Allora,
siete pronte a divertirvi?”
chiese il padre.
“Non vediamo
l’ora.” Rispose Stefy
con un tono ben poco convinto.
Arrivarono al fiume
prendendo una
piccola stradina sterrata. Le buche facevano saltare Monica quasi fino
al
tettuccio e sperò con tutto il cuore di non farsi male.
Intorno a loro si
alzavano alti alberi di acacie e cespugli di more. La natura era in
pieno
splendore: profumi celestiali si alzavano dai fiori ormai
prepotentemente
sbocciati. Gli uccellini cinguettavano, gli insetti ronzavano e i pesci
attendevano. Tutto perfetto, tranne che quattro persone su cinque non
gradissero nulla di tutto ciò.
“Sentite che
bella giornatina è
venuta fuori. Forza figlioli, fuori gli strumenti!” Sembrava
veramente
esaltato.
“Scusa, tu
sicuramente ti sai gestire
meglio…” iniziò Monica verso Jared
“ma noi che dobbiamo fare?”
“Sai
pescare?”
“No.”
“Allora
siediti e prenditi il sole.
Il pranzo è lontano…quello dovrete farlo voi, mi
sa.” Stefy sgranò gli occhi.
“Inutile che
ci guardi così, noi
siamo negati. Papà sa accendere la griglia, ma per il
resto…” Fece Shannon con
già la canna da pesca in mano. Rispetto al fratello,
sembrava più impaziente di
iniziare.
Monica e Stefy si
sedettero sul prato
con gli asciugamani ed iniziarono lentamente a spogliarsi: era presto,
ma già
faceva molto caldo. Monica in bikini azzurro, Stefy rosso fuoco.
“Buonanotte
Stefy.” Sentì un mugugno
da parte dell’amica: evidentemente si stava già
appisolando. Lei, invece,
decise di guardare un po’ della battuta di pesca: il fiume
era calmo, scivolava
via dolcemente. L’acqua non sembrava molto alta e i Leto si
erano già tolti le
scarpe per entrarci. Era come se fosse tutto prestabilito, come se
fossero
mosse perfezionate con il tempo. Jared aveva indossato dei jeans neri
scoloriti
ed una maglietta a maniche corte nera inneggiante al punk, mentre
Shannon aveva
preferito una T-shirt bianca, forse per combattere almeno in parte la
calura.
Le lenze erano in acqua
e i pescatori
muovano i mulinelli con decisione: per quanto potesse non apprezzare
quella
gita, Jared era ben preso dalla pesca. Evidentemente piaceva anche a
lui.
Quando lui si
voltò verso di lei, gli
sorrise e lo salutò con la manine. Lo vide scuotere la testa
per tornare a
concentrarsi sull’acqua. Ci restò male: pensava di
aver fatto una cosa carina,
invece a lui non era piaciuta. Bha, che si fottesse allegramente! Prese
un
libro dallo zaino e si immerse nella lettura.
Intanto il padre di
Jared prese il
primo pesce.
“Bene, bene,
si mangerà qualcosa,
allora.” E poi lanciò uno sguardo verso le
ragazze: le vide entrambe mentre
dormivano della grossa sotto il sole. “Senti un
po’, Jared, ma con Monica è una
cosa seria?”
Shannon
scoccò un’occhiata
interessata al fratello che non perse di vista l’acqua
scintillante.
“Non lo so,
papà. Stiamo insieme da
poco tempo.” Già, meno di un giorno e pure per
finta, pensò tra sé. Ma che fare
a quel punto? Dire la verità? Ma figuriamoci!!
“Ok, ma non
fare cazzate. Mi sembra
una brava ragazza. Mi piace.” Anche lui si girò
verso Monica e sorrise: aveva
il cappellino calato sul viso, con il libro ancora aperto appoggiato
sul petto.
“Starò
attento…” mormorò più a se
stesso che a beneficio del padre.
“Dovresti
stare un po’ con lei.
Insomma, non le hai quasi rivolto la parola.”
“Papà,
vuoi che mangio? Mi prendo il
pranzo, poi vedremo.”
“E lo dovrai
acchiappare anche per
lei, o no?” Fece Shannon con una punta di derisione. Jared
sbuffò.
“Infatti. E
tu uno per Stefy. Ci
tocca sgobbare per due oggi.”
“Però
ne vale la pena”. Terminò
Shannon guardando le belle ragazze placidamente distese. “O
no?”
“Diciamo di
sì…” Rispose cauto. Non
sapeva veramente se la presenza di Monica lo infastidiva
perché da che si
ricordava avevano sempre litigato, o proprio perché, invece,
gli piaceva
passare del tempo con lei. Aveva sempre la voglia di stuzzicarla, ma
non poteva
dimenticare che lei si stava sobbarcando tutta quella pantomima
perché aveva voluto
aiutarlo. Lui non l’avrebbe mai fatto per lei, poco ma
sicuro. “E poi adesso
dorme, non voglio disturbarla.”
Passò una
mezz’ora almeno e Monica
venne svegliata da un intenso scrollare al braccio.
“Svegliati,
cazzo.”
“Ste?”
“No, mia
nonna.” Sembrava impaziente.
“Svegliati dai.”
“Si
può sapere che diavolo succede?”
Monica si stropicciò gli occhi ed inforcò meglio
gli occhiali. “Sono scappati
tutti i pesci?”
“Molto
meglio, i pescatori si sono
rivelati.” Monica guardò verso il fiume e rimase a
bocca aperta, proprio come
un pesce. Sia Shannon che Jared si erano tolti la maglietta:
evidentemente si
era fatto troppo caldo e non avevano resistito. Ma lei si
fossilizzò su Jared.
Era semplicemente splendido. Il petto era piatto, con un lieve accenno
di
tartaruga, ma nulla di troppo evidente. Le spalle erano larghe, ma la
vita
stretta: sembrava un nuotatore. Oltretutto la pelle era leggermente
sudata,
quindi il corpo luccicava. Ma quello che fece andare in corto i pochi
neuroni
sani della ragazza, erano i jeans: il modello era a vita bassa e lui
sembrava
aver fatto di tutto perché fosse vero. Li aveva lasciati
talmente giù, che
Monica riusciva a vedere le creste delle anche. Oltretutto quei
pantaloni gli
fasciavano il sedere come una seconda pelle e quello che
c’era sotto piaceva
molto alla ragazza. I capelli neri gli ricadevano sul volto concentrato.
“Sexy…”
sussurrò a fior di labbra.
“Molto
più che sexy e anche Jared non
è male.” Monica si voltò verso Stefy.
“Ah.”
Lei intendeva Shannon,
ovviamente. Anche lui aveva un corpo per nulla male, leggermente
più muscoloso
di quello di Jared, ma armonioso nell’insieme.
“La giornata
è diventata
improvvisamente interessante.”
Nessuno che commenta?
proprio non vi piace...vabbè, ringrazio la mia unica
commentatrice fedele ^^
Capitolo cinque
“Allora, come
va? Si prende?” Fu
Stefy ad andare in avan scoperta: Monica era ancora lì che
cercava di far
ripartire il cervello bloccato dalla visione di Jared a petto nudo. In
fondo a
lei non interessava nessuno dei due fratelli, quindi andava via sciolta.
“Bhe, diciamo
che non moriremo di
fame.” Rispose Jared sorridendo.
“Eventualmente
c’è la torta di
Monica.”
Shannon si
voltò con lo sguardo
luccicante.
“Ha portato
un dolce? Figo!”
“Sì,
ho portato una crostata.
Semplice, buona e fresca.” Rispose Monica avvicinandosi.
Toccò l’acqua con un
dito del piede e rabbrividì: aveva la pelle calda dal sole e
tutto le sembrava
più freddo del normale.
“Sei stata
molto gentile, Monica, ma
non serviva.” Disse il padre.
“Si figuri,
è stato un piacere.”
“Sei
fortunato Jared, hai trovato una
ragazza veramente brava.” Stefy e Shannon si misero a
sghignazzare cercando di
non farsi vedere dai due diretti interessati, che, nel frattempo,
avevano
assunto varie graduazioni di rosso. Si guardarono negli occhi con la
medesima
espressione: ma come abbiamo fatto a cacciarci in un guaio simile?
“Non
è niente di che…è solo una
torta.” Bofonchiò Monica torcendosi le mani.
“Le vengono
anche molto bene.”
Rincarò la dose Stefy che se la stava godendo un mondo.
“In fondo, per una che
vuole fare la pasticcera, sarebbe un guaio che non sapesse cucinare, le
pare
signor Leto?” Monica scoccò
un’occhiataccia all’amica.
“Vuoi fare la
pasticcera? È un lavoro
duro.”
La discussione
continuò su questi
ritmi per un po’, fino a quando un pesce non venne in
soccorso dei due
malcapitati: sembrava che Shannon avesse preso il mostro del fiume. Era
una
trota di quasi un chilo e da sola poteva provvedere al fabbisogno di
entrambe
le ragazze, così Jared chiuse la canna sfregandosi le mani.
“Bene, io il
mio pesce l’ho preso.
Monica mangia con Stefy, basta pesca, si va a fare il
bagno!!” esclamò. Per la
prima volta durante tutta la mattinata, Monica lo vide sorridere felice.
“Va bene, ma
non stateci molto.
Dobbiamo cucinarlo il pesce.” Concesse loro il padre.
“Dove
andiamo?” Chiese Monica
curiosa. Quando aveva sentito parlare di bagno, le si erano alzate le
antennine
contente. A lei piaceva molto nuotare.
“Più
avanti, risalendo di qualche
centinaia di metri il fiume, c’è un piccolo
laghetto. Là l’acqua è abbastanza
fonda per nuotarci. Da quando veniamo a pescare qui, dopo esserci presi
il
pranzo, si va a nuotare. A nostro padre non piace, quindi è
una specie di rito
tutto nostro.” Spiegò Shannon.
“Siamo
incluse anche noi, o dobbiamo
continuare a boccheggiare dal caldo?” domandò
Stefy. In effetti le due ragazze
nonostante fossero state praticamente immobili per tutto il tempo,
erano
ricoperte di sudore.
“Certo che
venite con noi. Non siamo
così matti da lasciarvi sole con lui.”
Sbottò Jared, mentre camminava veloce.
Monica gli lanciò un’occhiata incuriosita.
“Chissà che gli direste di noi.”
“Già,
perché non abbiamo niente di
meglio da fare che parlare di te.” Rispose Monica.
“Ok, adesso
basta voi due! Non
dovreste essere una coppietta innamorata? Allora fatelo, altrimenti
papà non ci
crederà mai.” Pose fine all’inizio del
litigio Shannon.
“Entro la
fine della giornata uno dei
due non torna a casa.” Sussurrò Stefy al ragazzo.
“Io punto su Jared. Monica se
diventa una furia è capace di ammazzarlo.” Il
ragazzo rise.
Dopo pochi minuti, il
sentierino che
stavano percorrendo si aprì e la vista divenne mozzafiato:
c’era, infatti, un
piccolo laghetto dall’acqua blu come il cielo. Alla loro
destra scendeva una
cascatella di un paio di metri che luccicava al sole. L’erba
sembrava ancora
più verde e la tentazione di buttarsi era decuplicata.
“Chi arriva
per ultimo sarà
annegato!” Urlò Jared fiondandosi in acqua come un
matto. Shannon lo seguì a
ruota. Le due ragazze si guardarono e ridendo presero a correre anche
loro,
perdendosi così l’entrata dei due. Attorno a loro
gli schizzi si levavano alti
bagnandoli ovunque, non importava che avessero i jeans.
Monica e Stefy furono
più quiete: gli
schizzi davano troppo fastidio. L’acqua era gelida e si
bloccarono quando gli
arrivò alla pancia.
“Ok, io torno
indietro.” Fece Stefy
già pronta ad uscire. “O forse no?”
dall’acqua erano spuntati i corpi dei due
Leto ed a vederli bagnati, con i capelli che si incollavano al volto e
le
goccioline che scivolano sui loro petti, qualcosa si mosse dentro alle
ragazze.
“Ammazza…”
“Me li regali
per Natale?” chiese
Stefy.
“No, hai
William.” E così dicendo si
buttò senza più esitare. Il contatto con
l’acqua fredda la fece rabbrividire
più di quanto si aspettasse, ma era rinfrancante.
Aprì gli occhi e davanti a
lei vide soltanto del verde.
“Brrrr…è
gelata!!!” Urlò quando uscì.
“Dai Ste, buttati, sennò è
peggio!”
Jared la
fissò: anche lei in acqua
sembrava un’altra. I capelli erano tutti tirati indietro e il
seno risaltava in
maniera quasi indecente. Perché ce l’aveva con
lei? Inn maniera qualsitro e
il seno risaltava in maniera
qualsifrancante.e.
ncollavano
al voltorte di sudore quel momento proprio
non lo
ricordava.
“E poi adesso
la anneghiamo!” Esclamò
Shannon correndo verso Stefy. Le gettò addosso una vagonata
di acqua. Monica e
Jared risero a crepapelle, mentre una infuriata topolona cercava di
rincorrere
Shannon, che, però, era decisamente più veloce a
scappare.
“Se ti prendo
vedi!!” Urlò la
ragazza, ma con poche bracciate Shannon scappò via. Monica
provò ad avvicinarsi
a Jared: in effetti gli altri avevano ragione, dovevano far la parte
dei
fidanzatini perfetti, litigare appena se ne aveva l'occasione non era
la cosa
migliore.
"Allora...come mai a
pesca?" gli domandò. Da vicino era ancora più da
mozzare il fiato. Poteva
vedergli sulle braccia la leggera peluria chiara e la pelle d'oca.
"A mio padre piace."
Rispose laconico lui guardandola. Monica, imitando il fratello,
inarcò un
sopracciglio. Non faceva, in realtà lo stesso effetto, visto
che Will aveva la
mania di alzare quello ferito con la bicicletta quando era piccolo, e
faceva
andare in visibilio tutte le sue fan, ma almeno ci provava. Jared
sospirò e
finì di spiegare. "Quando noi eravamo piccoli, ci venivamo
insieme, anche
con mamma quando era viva. Papà ci insegnava a pescare e
mamma cucinava per
noi. Poi facevamo il bagno, giocavamo...cose di questo genere." la voce
si
fece bassa, malinconica.
"Scusa, non volevo
farti
ricordare cose tristi."
"No, anzi, in
realtà sono bei
ricordi. Solo che papà sperava che per noi fosse ancora la
stessa cosa."
si fermò per vedere il fratello che tornava a buttare sotto
Stefy. "Stanno
bene assieme, quei due."
"Già, meglio
di noi, mi
sa." Lui rise facendo spuntare la lingua e Monca ebbe un fugace
pensiero
di cosa avrebbe voluto fare a quella lingua. Sconvolta, prima che lui
se ne
accorgesse, si gettò in acqua, senza accorgersi che lui
faceva lo stesso. Prese
uno spavento non da poco, quando sentì due mani che la
afferravano per la vita
e la spostavano di peso.
"Ma sei pazzo? Mi hai
fatto
prendere un colpo." Si ritrovò praticamente attanagliata.
Lui la teneva
stretta e Monica poteva sentire il suo petto che le sfiorava la
schiena.
Sentiva una tensione incredibile. “Che stai
facendo?”
“Abbraccio la
mia ragazza?” si girò
per guardarlo: aveva dipinto un classico sorrisino di scherno. "Sai,
non
ci avevo mai fatto caso, ma hai la bocca...particolare."
Monica portò
la mano alle labbra: per
lei era sempre stato un grande problema. Fin da piccola aveva subito
parecchi interventi
al labbro superiore, che le avevano lasciato in "dono" un sacco di
cicatrici una sopra l'altra, con la conclusione che le sembrava di
avere un
campo minato. Per di più il labbro che tutti avevano ben
definito e carnoso,
lei lo aveva piatto e senza una demarcazione netta.
Jared rimase di sale al
cambiamento
d'espressione della ragazza.
"Scusa, non volevo
offenderti."
"No, è solo
che...solo che...
diciamo che il mio labbro non mi piace, ok? Certo che sai proprio
entrare nel
cuore delle donne."
"Ti ho già
chiesto scusa,
ok?" si abbassò leggermente verso di lei, tanto che Monica
credette che la
volesse baciare. Uno strano formicolio le si spanse per lo stomaco. Le
appoggiò
le labbra sul collo e le lasciò un leggerissimo bacio prima
di tornare a nuotare.
Monica rimase imbambolata a ripensare a quello che era successo,
resistendo
all'impulso di gridare per la sensualità di quel gesto.
"Tutto bene?" Stefy la
guardava sorridendo.
"Decisamente."
guardarono i
due Leto mentre giocavano e Monica sperò con tutto il cuore
che lui le
riservasse, entro la fine della giornata, un gesto simile.
"Sarà meglio
se torniamo su.
L'acqua e fredda, ci torniamo più tardi."
Si sedettero sul prato,
in modo da
potersi asciugare.
"Non vi danno fastidio
i
pantaloni?" domandò Ste. I due si guardarono e
sembrò che si fossero resi
conto solo in quel momento di essere vestiti. Scoppiarono in una
fragorosa
risata e presero a toglierseli. Indossavano entrambi dei boxer scuri
che gli
arrivavano al ginocchio.
"Un altro punto per
loro." Pensò
Monica.
"Topina?"
"Ehy, dimmi tutto."
"Secondo te, che film
mi porterà
a vedere William?" domandò Stefy.
"Conoscendolo, quello
che piace
a te. Ma lascia perdere le storie d'amore, gli interessano poco."
"Andate al cinema,
dopo?"
fece Shannon.
"Solo io. Ho invitato
quel
pterodattilo e stasera è tutto per me, in barba a quella
vampira di Dru."
Replicò determinata Stefy.
"Pterodattilo? Per..."
"Non chiederlo!!!"
Urlò
Monica, che già sapeva la risposta. Jared, che odiava chi si
voleva imporre, le
sorrise e furbescamente continuò la frase di suo fratello.
"Perchè
pterodattilo?"
Stefy sorrise smagliante.
"Perchè
è un grande
uccello!" Monica si mise la mano davanti agli occhi e
scrollò il capo:
odiava sentire parlare di suo fratello in quei frangenti. Stefy
tranquillamente
continuava a parlare di quanto topo fosse Spike, mentre i due fratelli
si
scambiavano occhiate sconvolte. Bene la schiettezza, ma qui era troppo.
"Ste, topolona del mio
cuore, ti
ho già chiesto, per favore, di evitare discorsi in cui
William e letto siano
nella stessa frase."
"Perchè?"
"Perchè
è mio fratello e la cosa
mi fa...ribrezzo!" Stefy le scoccò un'occhiata maliziosa.
"Allora parlami del tuo
ragazzo,
adesso che lo hai...bacia bene?" Calò il silenzio. Monica
era bordeaux,
Shannon si stava trattenendo dalle risate e Jared la guardava
incuriosito: era
curioso di sentire che le rispondeva.
"Ok, hai vinto, parla
di
William!" capitolò Monica.
Decisero che era meglio
tornare al
campo: infatti il signor Leto aveva già montato la griglia
per cucinare ed era
accesa, in attesa che le donzelle si mettessero a cucinare.
Monica prese in mano la
situazione e
dopo un po' si levò un buon profumino. Cucinava con
attenzione e dedizione,
ridacchiando mentre osservava il padre di Jared cantare qualche canzone
dei
suoi anni.
"Avessi saputo,
papà, portavo la
chitarra."
"Sarà per la
prossima volta,
Jad." Il ragazzo prese una lattina di the freddo e la portò
a Monica. La
abbracciò da dietro e gliela mise a contatto con il braccio.
"Che fai?"
"Il fidanzato perfetto.
Se
voglio che mio padre creda che stiamo insieme, mi devo sforzare un
po'...certo,
anche tu dovresti." Monica mise un po' il broncio: in effetti il suo
discorso non faceva una piega. "Secondo te, Stefy è ancora
che parla di
pterodattili o siamo salvi?" Monica rise di gusto: allora sapeva essere
carino anche lui.
"Non lo so, quando
inizia è
difficile fermarla." Prese il the e ne bevette un sorso. Si
rilassò un po'
e si appoggiò a Jared che rimase piuttosto sorpreso da
questo suo cambiamento
di atteggiamento. Fece vagare le mani sulle braccia muscolose di Jared
per
accarezzargliele, mentre gli lasciava un casto bacio sulla clavicola.
Jared si
lasciò fare, decisamente contento per come andavano le cose.
"Come vedi, ci so fare
un po'
anche io."
"Sai, in
realtà ne ero
sicuro."
Si staccarono solo
quando il pesce fu
pronto. Si odiavano, e lo sapevano, eppure quel contatto li aveva
portati in
orbita.
Ormai era ora di
tornare a casa:
avevano lasciato Stefy a prepararsi per l'uscita al cinema con Will,
poi portarono
Monica. Lei era stanca, un po' per non aver dormito molto e un po' per
la
giornata vissuta: stranamente era andato tutto bene. Avevano passato il
pomeriggio a chiacchierare di niente, davanti al padre o anche andando
in giro
per il fiume da soli. In un momento a Monica era sembrato di stare
veramente
con il proprio fidanzato. Era una situazione decisamente strana.
Arrivati davanti alla
sua porta,
salutò Shannon e il signor Leto, mentre Jared le tirava
fuori dal bagagliaio il
suo zaino.
"Allora è
finita..."iniziò
Monica. Improvvisamente si sentì male.
"A quanto pare..."
"Ci vediamo domani a
scuola."
"Certo."
Monica fece per
girarsi, ma Jared la
tenne ferme vicino a sè, le posò un dito sul
mento e le alzò il volto. Non le
disse nulla, ma la baciò: le passò una mano
dietro alla testa per accarezzarle
i capelli. Monica si sentì spiazzata: era un gesto che non
si aspettava. Eppure
quel profumo di lui, così potente e così
intossicante, la stava facendo
volteggiare. Il suo sapore,poi...una favola.
Ciao
a tutti e scusate il ritardo con cui posto, ma ero senza connessione
fino a questa mattina.
@StephenKing:
Tomo c'è, ma solo come piccola apparizione. Ammetto che mi
sono concentrata principalmente sui Leto, ma in futuro
chissà che non scriva niente sul nostro croato del cuore? I
Inoltre,
mi tocca deluderti su JJ: lui avrà i suoi sentimnti da
adolescente come tutti. Lo vedo molto pieno di se e anche un po'
stronzetto, ma alla fine un buono. Spero di non averti buttato
giù
@laulove90
: grazie per i tuoi continui commenti ^^
Capitolo
sei
"E
a quel punto mi ha anche
offerto i pop-corn." Monica stava ascoltando il racconto dettagliato
della
serata tra Stefy e Spike ad intermittenza. La sera prima il fratello le
aveva
detto che era andato tutto bene, che voleva dire tutto o niente, a
seconda
dell'umore del ragazzo.
"Erano
buoni, almeno?" La
risposta le interessava in maniera molto marginale: aveva ancora il
cervello
che ripensava al bacio scambiato con Jared. Era stato casto ed
innocente,
eppure l'aveva sconvolta nell'intimo, come se fosse stato qualcosa di
più. Non
era riuscita a dirlo a nessuno, neppure a Stefy, anche se la voglia era
tanta.
Non capiva perché era così titubante a parlarne
con l'amica. Ne era intimamente
gelosa, era qualcosa che voleva restasse solo suo.
"Secondo
te, ho una qualche
possibilità con William?"
"Onestamente?"
Monica ci
pensò, lieta di avere un argomento diverso rispetto a Jared
per la mente.
"Non lo so. Will ama Dru, per quanto io la trovi una cosa senza senso,
e
di sicuro non la tradirebbe mai. Ti trova simpatica, non c'è
dubbio, una buona
amica, forse, ma...chissà, forse se si lasciano."
"Li
farò lasciare." disse
con sicurezza, senza notare l'occhiata scettica che le lanciava Monica.
Stefy
era sempre stata una brava ragazza, far lasciare il fratello dalla sua
fidanzata storica, era una cosa che non si adattava a lei.
"Non
ci riuscirai." Rispose
Monica tranquilla. "Si lasceranno solo se avranno dei problemi tra
loro,
non per qualcuno di esterno. Mi spiace, so che la cosa può
sembrarti assurda,
ma i due si amano sul serio."
Camminarono
verso la scuola in
silenzio a rimuginare sulle loro "storie d'amore" strane. In fondo
erano amiche e questo significava che riuscivano bene a stare in
silenzio,
senza dover riempire tutti gli spazi.
Al
cancello Monica subì il primo
shock: un gruppetto di ragazze, appena la vide, si mise ad urlare e
correre
verso di lei. Si ritrovò sommersa da gente che quasi non
conosceva.
"E'
vero??" chiese una
ragazza magrissima.
"E'
vero, cosa?" domandò
Monica che non capiva.
"Stai
con Leto? Con il Leto
figo?"
"Guarda
che anche Shannon merita
un casino." Sentì dire da Stefy.
"Io
non sto con Jared!"
Urlò Monica per cercare di farsi sentire sopra la folla.
Quello era un punto
fermo di tutta la situazione: loro non stavano insieme.
"Ma
se vi siete baciati."
Il tempo si fermò in quell'istante: Stefy prese a guardarla
con la bocca
aperta, dato che Monica non le aveva detto nulla. Monica
cercò una risposta da
dare, ma riusciva solo a borbottare qualcosa di incomprensibile.
"In
realtà...cioè, non è proprio
vero."
"Lo
è, ti ho vista io." Era
stata Jenny a parlare, la ragazza più popolare di tutta la
scuola. La sua
parola era legge per tutti. Monica masticò un insulto tra i
denti per essere
stata vista proprio da lei. “Eravate davanti a casa tua,
avvinghiati come
piovre.”
“Non
è vero! Non ci toccavamo
neppure.”
“Labbra
a parte. Lo facevate davanti
a Shannon e suo padre che erano in macchina, quindi direi che la cosa
è
veramente seria.”
“In
realtà non è come credete.” Ma
nulla, nessuno la stava ad ascoltare, solo Stefy che la guardava in
modo
strano.
“Non
festeggiare troppo, piccola
sfigata, hai avuto un colpo di fortuna. Io voglio Jared e lo
otterrò, con
qualsiasi mezzo.” Monica voleva dirle che poteva
tranquillamente tenerselo, ma
qualcosa la bloccò.
“Anche
portarlo via alla sua
ragazza?” Jenny sorrise cattiva.
“Questo
è il minimo che ti puoi
aspettare.” Detto questo girò sui tacchi e si
avviò verso l’interno.
“Così
hai baciato Jared.” Sentì dire
da Stefy accanto a sé.
“Tecnicamente
è stato lui a baciare
me. Di rapina, oltretutto.” Si difese Monica, già
stanca della giornata. “Non
so bene che gli è preso.” Si mosse verso il suo
armadietto e si riscosse dai
suoi pensieri quando si accorse che l’amica non la stava
seguendo. “Andiamo?”
“E
perché non me lo hai detto?”
domandò Stefy apparentemente calma.
Monica
abbassò lo sguardo colpevole.
Sapeva che prima o poi sarebbe uscito il discorso.
“Non
lo so?” Sperò che andasse bene
come risposta, anche se non lo credeva affatto.
“Cos’è,
volevi gongolarti alle mie
spalle?” Monica la fissò come se fosse
un’aliena.
“Scusa?”
“Certo,
adesso hai il ragazzo, sei
passata dall’altra parte della barricata.”
“Ste,
stai sparando un sacco di
cazzate assurde!”cominciò
ad incazzarsi
Monica.
“E
tu mi stavi ascoltando mentre parlavo
del mio patetico incontro con William. Figurati quanto ti interessava,
visto
che ormai stai con Jared. Bene, vai da lui, ti divertirai di sicuro di
più.”
Stefy corse via, lasciando Monica sbigottita. Ma perché
tutto le stava andando
di traverso? Mancava solo che venisse interrogata in tutte le materie e
che,
ovviamente, prendesse voti orrendi.
Si
trascinò verso l’aula di biologia
e un’amara sorpresa l’attese: Stefy
l’aveva rimpiazzata con un’altra. Per la
prima volta non si sarebbero sedute vicine. Il cuore le divenne pesante
come un
macigno. Fece vagare lo sguardo per i banchi e vide che Shannon era da
solo:
andò da lui in automatico. Come passava vicino alle ragazze,
si accorgeva che
più di qualcuna la additava e mormorava. A quanto pare era
vero, tutta la
scuola sapeva della sua storia con Jared. Che palle!
“Ciao.
Posso sedermi qui con te?”
Shannon le sorrise.
“Certo
che puoi. Anzi, direi che è un
miglioramento non da poco, visto che di solito qui si metteva
Kaede.” Kaede era
un ragazzo di origini giapponesi, che aveva la mania di dormire sempre
durante
le lezioni. “Molto spesso non riesco a seguire
perché il suo russare copre la
voce del prof.”
Monica
riuscì a fare una leggera
smorfia: purtroppo per il ragazzo non era molto in vena di ridere.
“E’
successo qualcosa?” le domandò
con tatto.
“Sì…ho
litigato con Stefy e la cosa
mi fa male.” Non riuscirono a continuare la discussione,
perché in quel mentre
fece la sua apparizione il prof Patterson. Decisero di rimandare la
chiacchierata.
La
mensa era, come al solito,
affollatissima. Con i vassoi in mano, Monica e Shannon cercavano di
farsi largo
tra i ragazzi, che avevano la terribile mania di bloccarsi davanti a
loro per
chiedere a Monica se a) è vero che stava con Jared; b) se
adesso voleva
ripassarsi tutta la famiglia. Lei era esasperata e lanciava insulti a
chiunque
osasse rivolgerle la parola.
“Certo
che sei proprio ricercata.” Le
fece Shannon sorpreso.
“Tutta
colpa di quel cretino di tuo
fratello!” Esclamò lei contrariata. Lei non voleva
avere successo tra la gente,
voleva mescolarsi alla folla ed essere invisibile
“Che
c’entra lui, adesso?”
“Grazie
a quel benedetto bacio che mi
ha dato fuori casa mia, adesso tutta la scuola crede che stiamo
insieme.”
“E’
stato un bacio carino. Molto
dolce.” Lo vide che sorrideva: non la stava prendendo in giro.
“Scusa?”
“Bhe,
diciamo che Jar non è stato
molto…riservato. Io e papà eravamo lì.
Però mi è sembrato qualcosa di dolce,
specie venendo da lui.”
Monica
ci pensò un po’: dolce?
Tenero? Con lei? Una strana sensazione di preoccupante
felicità le crebbe nello
stomaco, ma si bloccò immediatamente quando vide Stefy che
mangiava con le loro
compagne. Non parlava, non rideva, si limitava a mangiare: si capiva
lontano un
miglio che era arrabbiata a morte.
“E’
colpa sua se adesso Stefy non mi
parla.” Mormorò diretta al vento più
che al ragazzo, che spostò lo sguardo
sulla topolona. Il suo sorriso si smorzò.
“Mi
dispiace. Come mai lei ce l’ha
con te?” Monica posò la forchetta di plastica e si
pulì la bocca.
"Stefy
se l'è presa perché non
le ho parlato del bacio. L'ha saputo solo quando è arrivata
a scuola. Ma è una
cazzata!" sbottò.
"E
perchè?"
"Come
perchè?" Shannon la
guardò serio.
"E'
evidente che lei si
aspettava un tuo comportamento più...fiduciario. Si
sarà sentita tradita,
perché la sua migliore amica non le ha detto una cosa
così importante come un
bacio di Jared Leto." Monica ridacchiò per la prima volta.
Shannon aveva
un tono così da presa in giro verso suo fratello che non si
poteva non ridere.
"Sono riuscita a farti ridere, almeno."
"Sei
molto dolce, Shannon. Chi
ti piglia è fortunata."
"Figuriamoci...
senti un
po'...perché non hai detto a Stefy del bacio?" Monica
arrossì leggermente.
"Onestamente?
Non lo so. E'
stata una cosa stranissima. Io credo..." Prese un profondo respiro e
riprese a parlare. "Io credo che mi sia piaciuto talmente tanto, che
volevo conservarlo ancora per un po', tanto la recita sarebbe dovuta
finire lì,
invece..."
"Bhe,
se ti ha baciato vuol dire
che gli piaci. Per quanto sia uno che si diverte in giro, non lo
farebbe mai
con chi non sopporta. Credimi, io lo conosco." Monica alzò
lo sguardo al
cielo: chissà se quella giornata sarebbe finalmente finita.
Invece, almeno dal
suo punto di vista, peggiorò. Presi dalla chiacchierata,
nessuno dei due si era
accorto che nella sala era sceso uno strano silenzio di anticipazione.
Dietro
di loro, con il vassoio in mano, stava arrivando Jared.
Quando
li vide, si fiondò verso di
loro sorridendo. Posò il cibo al tavolo, vicino a Monica, e
si abbassò per baciarla.
Lo schiocco delle sue labbra sulla guancia della ragazza,
risuonò per tutta la
mensa. Monica lo fissò scioccata.
"Ciao
tesoro mio!" Le
disse. Shannon alzò un sopracciglio incuriosito: si stava
domandando dove era
il suo vero fratello. Quella copia così dolciosa era venuta
perfino male.
"Vai
a quel paese." Fu la
leggera risposta di Monica.
"Ciao
Shannon."
"Jar...Sei
tu, vero?"
"Certo
che sono io! Chi credevi
che fossi?" Scosse il capo guardandolo male. "Allora, Monica, andiamo
a casa assieme dopo?" chiese Jared iniziando a mangiare.
"Perché
dovremmo?" intorno
a loro tutti erano tornati a parlare, anche più forte di
prima, per commentare
la scena appena vissuta.
"Perchè
stiamo assieme?"
Monica prese un profondo respiro per calmarsi: aver visto Jared che
così
tranquillamente prendeva quella situazione, le aveva fatto ribollire il
sangue.
Si alzò davanti lo sguardo incuriosito dei due Leto, poi
prese per un braccio
il più vecchio e se lo trascinò dietro, incurante
di tutte le risatine e dei
fischi che gli venivano lanciati. Monica sembrava una furia,
zittì perfino
William, che come un treno si era avvicinato ai due.
"Taci,
io e te parliamo
dopo." Jared rise a guardare l'espressione imbestialita di Spike.
Praticamente correndo, arrivarono fino al terrazzo.
"Ok,
spara, a che gioco stai
giocando?"
"Io
non gioco a nulla. Stiamo
insieme sì o no?"
"Ovviamente
no!" Esclamò
Monica. Jared si passò la lingua sui denti.
"Ti
ricordo che hai iniziato
tu." Monica sbuffò.
"Era
un'altra situazione. Volevo
aiutarti e lo sai." Lui annuì continuando a sorridere. Lei
si domandò che
cosa ci trovasse da ridere.
"Perfetto,
allora aiutami
ancora!" Calò il silenzio: Monica non capiva. "Adesso ti
spiego." prese a camminare verso la transenna e a guardare
giù.
"Quando sono arrivato stamattina, credevo che tutto fosse tornato
normale,
tra noi. Niente più bugie, niente più....baci."
Fece sensualmente.
Nonostante la situazione assurda, Monica sentì chiaramente
le gambe diventarle
di burro. Si vergognava ad ammetterlo, ma ne avrebbe volentieri voluto
ancora
uno. "Invece..." Lui continuò ignaro dell'effetto delle sue
parole.
"...stamattina mi sono ritrovato al centro di mille attenzioni, ma non
dalle ragazze. I ragazzi, invece, non fanno che chiedermi di te e delle
tue
prestazioni. Comunque finalmente me le ero tolte dai piedi, capisci?"
"No!"
rispose lapidaria
lei. Che gliene poteva interessare a lei delle sue frequentazioni? E
poi che
poteva dire in giro di lei? Prestazioni??!!?
"Prima,
come arrivavo qui, avevo
dei gruppetti che non facevano altro che guardarmi e ridacchiare.
Alcune di
loro mi seguivano fino al bagno. Invece oggi no! Tutte sono convinte
che io e
te stiamo assieme, quindi la smettono di provarci. E' magnifico!"
Finì
ridendo. Monica era sbigottita.
"Ma
chi se ne frega! A me non interessa."
"Perchè,
hai un altro con cui
uscire? La storia tra noi sarebbe perfetta. In realtà non
proviamo sentimenti
uno per l'altra, ci togliamo i rompiscatole dai piedi, che vuoi di
più?
"Io
lo cerco un ragazzo..."
Lui le si avvicinò movendosi sensuale: aveva la lingua tra i
denti e la
guardava come se volesse mangiarsela.
"Hai
me..." E così dicendo,
la prese per la vita e le lasciò un bacio sul collo facendo
rabbrividire
Monica. Quando lui la lasciò, lei capì il senso
di quella pantomima: dalla
porta si erano appena materializzate delle ragazze che squittirono via
quando
si resero conto di essere state viste. "E' stato spassoso, hai visto le
loro facce?" Monica lo guardò a bocca aperta, aveva il
cervello in
stand-by e non riusciva a dire una sola parola di senso compiuto. La
campanella
li fece ritornare con i piedi per terra. Jared la prese per mano e lei
si
lasciò condurre come una bambola:non sapeva veramente che
fare.
"Che
lezione hai?" le
chiese Jared tranquillo. Non era veramente tranquillo come voleva far
credere,
sapeva di portare una maschera a beneficio di tutti. Il discorso che
aveva
fatto a Monica sulla terrazza era, in parte, vero. Veder diminuite le
galline
che sbavavano per lui, era un sollievo, ma non era solo quello. Le ore
passate
assieme lo avevano fatto sentire strano. Si era spaventato sentendo di
provare
quelle sensazione di affetto che mai aveva provato prima e voleva
assolutamente
studiarlo di più. Poteva farlo solo se 'stava' ancora con
lei. In fondo Monica
gli piaceva, anche se spesso voleva ammazzarla.
"Cosa?
Ah, letteratura." la
accompagnò fino all'armadietto e, a beneficio dei loro fans,
le baciò la mano e
la lasciò da sola, con un turbine di emozioni che lei non
riusciva a decifrare.
Aveva
passato il pomeriggio a
ripensare alle parole di Shannon: quello che era successo tra lei e
Jared sul
terrazzo, era un capitolo da dover esplorare con calma, con qualcuno
che non
facesse parte della famiglia Leto.
Monica
prese in mano il telefono e
con velocità digitò il numero a memoria.
"Pronto."
"Ciao
Topolona. Sono
Monica."
"Che
vuoi?" Era chiaramente
ancora arrabbiata.
"Facciamo
così, io parlo e tu
ascolti per un po'." Il silenzio dell'amica la fece ben sperare. "Il
bacio è stato stratosferico e terrificante. Sentire Jared su
di me è stato
strano, inaspettato perché nel nostro 'contratto' i baci non
erano inclusi,
cioè, io pensavo non lo fossero. E la cosa veramente
terrificante, è che mi è
piaciuto un sacco. E la sensazione è continuata anche
stamattina. Io pensavo
che sarebbe terminato con ieri, invece ho voluto continuare a sentire
quell'emozione senza rivelarla a nessuno, perché volevo
gustarmela totalmente.
So che ci sei rimasta male, ma non potevo fare diversamente. E ricorda,
non è
assolutamente vero che non ti ho ascoltata su William e che sia passata
dall'altra parte. Io non sto con Jared, anche se lui continua a dire il
contrario."
"Hai
terminato?" Monica
sospirò: sembrava che il suo discorso fosse caduto nel
vuoto.
"Diciamo
di sì."
"Allora,
adesso ascolti me.
William al cinema mi ha preso la mano. Credi che voglia dire qualcosa?"
Monica sorrise alla sua immagine allo specchio.
"Forse
sì...a me non lo ha mai
fatto."
"Per
forza, sei sua
sorella!" Risero insieme, finalmente la barriera era caduta.
“Un'ultima
cosa, topina...Com'è baciare Jared?" Monica ci
pensò per bene.
"Bello.
Lo trovo insopportabile,
ma ha le labbra morbide, delicate e soprattutto buone."
"E
la lingua?" Ah, la sua
Stefy!
"Niente
lingua. E' stato casto e
puro. Labbra contro labbra."
"Dolce!"
"Abbastanza."
No, pensò
Monica, non era stato solo dolce, era stato tutto. "Adesso devo solo
capire perché nessuno mi crede quando dico che non sto con
Jared, ma tutti
credono a lui"
"Semplice."
Rispose Stefy
" Perché sei l'unica ragazza a scuola che non vorrebbe
starci assieme. Non
sei normale, se dici che non ci stai assieme quando lui dichiara il
contrario."
Ormai erano passati dei giorni
e la
storia fra Monica e Jared era diventata vecchia. C’era ancora
chi lanciava
occhiate furtive e ridacchiava, ma ormai erano casi rari. E loro
facevano di
tutto per non dare troppo scandalo.
Nonostante non stessero veramente insieme, Monica aveva dettato al
ragazzo
alcune regole: ci teneva a mantenere una certa reputazione, quindi lui
si
doveva astenere da avere storie con altre ragazze. Non che a Jared
pesasse poi
molto, in effetti. Avrebbe dovuto rinunciare a qualche sessione after
concerto,
ma ci poteva vivere. Alla fine, che lo ammettessero o meno, erano
diventati
veramente una coppia.
Questa relazione aveva portato
anche
altri piccoli cambiamenti: sia Monica che Stefy erano entrate nella
ristretta
cerchia dei 30 Seconds to Mars, il gruppo di cui facevano parte Jared e
Shannon, ed ora passavano quasi tutte le ricreazioni ed i pranzi con i
due
ragazzi, più Tomo e Matt, chitarra e basso del gruppo.
Praticamente erano
diventate le loro prime grupies. A loro non dispiacevano: i ragazzi
erano molto
simpatici, specie Tomo, che ogni tanto si metteva a parlare croato, sua
lingua
di origine, essendo nato a Sarajevo. Discutevano molto di musica e di
canzoni
da fare durante i loro concerti e le due ragazze dicevano sempre la
loro.
Monica aveva notato che Jared era molto diverso dal solito: rideva,
parlava di
cose veramente serie e la coccolava. Ebbene sì, quando erano
insieme ai
ragazzi, non la smetteva di sfiorarla, sulle braccia, sul collo. La
abbracciava
e le parlava nell’orecchio. Tutto questo la spiazzava:
praticamente il ragazzo
perfetto! E lei non sapeva cosa fare. Dopo due giorni di quella vita,
aveva
capito che bastava che l’assecondasse. Era riuscita ad essere
più spontanea con
lui e quindi a rivelarsi meglio per quella che era. Litigavano molto
meno ora.
Quella mattina, Jared era
davanti
allo specchio a farsi la barba. Cresceva troppo in fretta per i suoi
gusti.
“Ti muovi? Siamo in
ritardo.” Spuntò
dalla porta la testa di suo fratello. Guardandolo pensò che
Shannon non si
faceva minimamente problemi di peli sul viso. Gli piaceva tenerla
lunghetta.
“Dieci minuti ed
arrivo.” Shannon
invece di aspettarlo in salotto, si sedette sulla vasca. “Non
ti fidi che mi
fai la guardia?”
“No, in
realtà volevo parlare con te,
lontano dalle orecchie di papà.” Jared gli
scoccò un’occhiata mentre passava la
lametta sul mento.
“Spara.”
“Mi stavo
chiedendo…ma tu e Monica,
alla fine, state insieme o no?”
“Certo che
no.” Rispose senza esitare
Jared.
“Ah no? Cavoli, mi
sono sbagliato,
allora. È che vi vedo così uniti.”
Jared rise.
“Ma sei fuori? Ma se
neppure ci
baciamo.” Shannon fece una smorfia.
“Guarda che in una
coppia non è
importante solo il contatto fisico. C’è ben altro
in ballo, anche se la gente
in generale crede il contrario.”
“E da quando ti
intendi di queste
cose?”
“Tutti pensano che
sia uno scemo, ma
guarda che ho un buon cervello. Solo perché mi piace fare il
pagliaccio, non
vuol dire che non capisca le cose.”
“Ehy, non ti
infervorare. Non ho mai
detto che sei scemo, solo che mi hai stupito. Non ti facevo un
così esperto di
rapporti di coppia.” Shannon sorrise.
“Allora siete una
coppia…” Insinuò.
Jared sbuffò passandosi l’asciugamano sulla
faccia. Decise, per quel giorno, di
non truccarsi, anche perché non aveva tempo per farlo.
“Non
lo so…forse. Di sicuro siamo una coppia non
molto convenzionale. Nessuno dei due vorrebbe stare con
l’altro, eppure ci
stiamo.”
“Io credo che
entrambi lo vogliate,
ma avete solo paura di ammetterlo. Sei pronto?” Jared
guardò il fratello per la
prima volta in maniera diversa: Shannon per lui era sempre stato il
piccolo, ma
capì che, forse, era più maturo di lui su certe
cose. Vuoi vedere che avesse
ragione?
“Secondo te facciamo
male, vero?”
“Secondo me fareste
meglio a
decidervi: una storia a metà come la vostra non riuscirete a
gestirla per
troppo tempo.” Uscirono zaini in spalla. “Prendiamo
la moto?”
“Ok, ma guido
io.” Un anno prima i
due fratelli avevano passato l’estate ad aggiustare una
vecchia moto che ormai
sembrava defunta. Passando più tempo nelle carrozzerie e nei
depositi, avevano
trovato tutti i pezzi di ricambio giusti. Ora la piccola viaggiava a
meraviglia.
“Guarda che al
pomeriggio serve a
me.” Disse Shannon categorico. Jared non replicò,
in fondo non importava, lui
al pomeriggio aveva gli allenamenti.
In pochi minuti, sfrecciando
per le
vie della città, arrivarono davanti alla loro scuola. Il
parcheggio era poco
lontano dall’entrata vera e propria, ma già i due
avevano visto diverse ragazze
fermarsi ed additarli: anche se Shannon credeva di essere visto solo
come il
surrogato del fratello, aveva le sue ammiratrici. E poi Jared:
nonostante tutti
i suoi buoni propositi, aveva ancora uno sciame di ragazze che gli
ronzavano
attorno.
Da lontano notarono subito
Monica e
Stefy che camminavano tranquille. Entrambe portavano dei libri a mano,
come se
nello zaino non ci stessero tutti. Jared si fermò ad
osservare quella che
doveva essere la sua ragazza: nonostante in quell’ultimo
periodo le cose
stavano andando molto meglio, quando lei era con lui, si percepiva
sempre un
leggero stato di imbarazzo, un filtro sottile, una membrana che lui non
riusciva a permeare del tutto. Lei rimaneva un po’ sulle sue,
un po’ fredda,
inibita da qualcosa, o meglio, da qualcuno, lui. Invece adesso la
vedeva tranquilla,
sorridente. Scherzava con Stefy che stava facendo una smorfia.
Evidentemente
doveva aver detto qualcosa che alla procace mora non aveva fatto
piacere. Gli
venne da sorridere: per lui era bellissima. Alt, il suo cervello aveva
formulato la parola sbagliata: Monica e bellissima non potevano stare
nella
stessa frase, in fondo lui non la sopportava…o no?
“Te la posso fare
un’ultima domanda?”
fece Shannon.
“Spara.”
“Com’è
stato baciarla?” Jared non lo
guardò, ma continuò la sua scannerizzazione a
Monica.
“Strano. Non volevo
farlo,
all’inizio, ma poi ero lì ed è
diventata la cosa più naturale del mondo. Il suo
profumo mi ha avvolto e…”
“Che
profumo?”
“Qualcosa di
fresco…tipo agrumi o the
verde, cavolate simili da ragazze. Ma buono…perfetto. Mi
piaceva. E poi aveva
le labbra che sapevano di fragola: burro cacao, credo. Sembrava di
mangiare del
gelato…” E sorrise al ricordo. Shannon scosse il
capo e gli pose una mano sulla
spalla.
“Sei proprio sicuro
che tu e lei non
stiate assieme, sì?” e con questo annoso problema,
lo lasciò da solo a
rimuginare. Anche Jared si incamminò verso l’atrio
e lì vi trovò Monica.
“Ciao!”
“Ehi,
ciao.” Gli rispose sorridendo.
Diversamente dal solito, lo baciò su una guancia, molto
vicina alla bocca: era
il gesto più intimo che gli avesse lasciato. “Dove
vai adesso?”
“Uhm?”
Jared si risvegliò dal suo
breve black-out “A lezione? Ah, sono ad algebra.”
“Bleah. Bhe, ci
vediamo in mensa,
allora?” Gli sorrise felice e si avviò con Stefy e
Shannon verso l’aula di
biologia.
Jared la vide andare via,
toccandosi
leggermente la guancia con le dita: gli pareva bruciasse.
Finalmente per tutti gli
studenti,
era terminata quella giornata. Ora, chi era iscritto a certi club,
iniziava la
seconda parte del pomeriggio. Monica si ritrovò in cucina.
Stefy uscì
leggermente depressa: aveva sperato che l’uscita cinema con
William si
risolvesse in una bella situazione, invece, proprio quel giorno a
pranzo, aveva
visto amoreggiare in maniera quasi indecente, William e Drusilla. Non
era
giusto, si sentiva tradita. Sospirò mesta: tradita per cosa,
poi? Will non
stava con lei, bensì con Drusilla e lei non ci poteva fare
proprio nulla.
Quello che era peggio, era che
Monica
non era con lei in quel momento: non aveva voluto parlarle della sua
depressione davanti ai ragazzi, ma in classe, con il vecchio Snyder,
non poteva
volare una mosca e adesso la sua amica era rintanata a cucinare dolci.
Stefy
voleva sfogarsi.
“Porca
trota…non è giusto!” Urlò,
attirandosi gli sguardi della gente attorno a lei.
“Che cosa non
è giusto, Ste?” la voce
dolce e profonda di Shannon la fece sussultare: non lo aveva proprio
visto.
“Che Monica sia
ancora a scuola.”
Shannon stava camminando verso il parcheggio e lei pensò di
accompagnarlo,
tanto non aveva nulla da fare di urgente. Anche i compiti erano
diventati radi,
dato che si avvicinava la fine dell’anno. Si fermarono
davanti alla moto dei
Leto: Shannon indossò il suo casco e ne prese un secondo da
sotto la sella, per
passarlo, poi, alla ragazza che lo guardava stralunata.
“Ti va di fare un
giro?”
“Stai
scherzando?”
“No,
perché? Giuro che non ti
mangio.” Stefy fece spallucce e prese il casco. Con una certa
difficoltà si
sedette dietro al ragazzo, che senza esitare, con un gesto secco,
accese il
mezzo.
“Tieniti forte,
ok?” le disse prima
di partire. Qualche dito era puntato verso di loro, ma non se ne
curarono, non
avevano motivo di farlo.
Shannon guidava veloce e
sicuro:
all’inizio Stefy si era spaventata per alcune accelerazioni,
ma ora, con il
passare dei chilometri, si divertiva sempre di più. Lo
teneva stretto per la
vita, sperando di non dargli troppo fastidio, ma lui non sembrava farci
caso.
L’aria fresca entrava dallo spiraglio della visiera e Ste si
mise ad urlare di
felicità: era un buon modo, quello, per sfogarsi.
“È stato
fantastico!” Esclamò quando
si fermarono. Erano arrivati al fiume, esattamente dove li aveva
portati il
padre, quella fatidica domenica. Il sole splendeva fra i rami e
l’acqua
scorreva scintillante. Era un bel posto per passare qualche ora in
solitudine.
“Sono contento che le
mie doti di
guida ti abbiano soddisfatto.” E fece un profondo inchino che
fece ridere
Stefy.
“E adesso?”
“Adesso ci
distendiamo al sole e non
facciamo niente!” e così dicendo si tolse la
maglia per usarla come cuscino e
fece quello che aveva preventivato. Stefy lo osservò
obiettiva: era decisamente
sexy. In quella benedetta famiglia ci doveva essere un gene che li
qualificava
belli. Monica avrebbe potuto spiegarle meglio come funzionava. Aveva le
braccia
muscolose, di sicuro per colpire con forza la batteria. Il petto si
alzava ed
abbassava aritmicamente…si sedette vicino a lui.
“So che teoricamente
dovremmo parlare
di nulla, ma come sei con la relazione di biologia?” le
chiese lui.
“Bene. Devo solo
farla leggere a te e
Monica, ma non ce l’ho qui, me la sono dimenticata a casa,
stamattina. E tu?”
“Mi manca solo un
pezzetto che
aggiungerò domani, poi dovrebbe essere perfetta. Spero che
al capo vada bene.”
“Coraggio…pensa
che tra meno di un
mese tutto questo sarà solo un ricordo!”
esclamò felice Stefy. Non vedeva l’ora
di andarsene via, a Los Angeles, come le aveva promesso sua madre.
“Non vedo
l’ora…Senti, a costo di
sembrare sfigato… il prossimo sabato noi suoniamo al
‘Tiktak’ e per la prima
volta proveremo le nostre canzoni. Ti va di venirci: credo che Jared
inviterà
Monica e noi abbiamo bisogno di facce amiche per quel
debutto.”
“Certo
che ci vengo!!!” urlò Ste facendo scappare
una famiglia di passeri che stava lì vicino.
“Mi fa piacere
vederti su di morale.
Prima mi sembravi piuttosto…giù.” Stefy
perse mezzo sorriso. Già, William.
“Scusa, forse è meglio lasciar perdere.”
“No,
tranquillo…è solo una fase
passeggera.”
Trascorsero un paio di minuti
in
silenzio, poi Stefy esplose.
“Sai cosa mi rode? Io
sono meglio di
quella! Io sono esplosiva, solare…una gran topa, mentre lei
è lunatica,
schizofrenica e pazza come un cavallo!” Shannon
trasecolò: non si era aspettato
quell’uscita e si era perso su chi fosse il soggetto.
“Prego?”
“Scusa, sono partita
in quarta e non
ci hai capito nulla, vero? Parlavo di Drusilla…”
“Ah, la morosa di
William Cross…un
po’ inquietante, con quegli occhi violetti, la carnagione
pallida…sembra una
vampira.”
“Esatto,
però questo lo attira un
sacco.”
“A William?”
“Certo e chi
sennò?” Shannon avrebbe
voluto dirle che c’era più di qualcuno che trovava
Dru piuttosto interessante,
ma non credeva che a lei sarebbe importato.
“Così ti
piace Spike. È lui lo
pterodattilo in questione.” Stefy fece una risatina.
“Vi ho sconvolto con
questa uscita,
eh?”
“Diciamo che non
capita tutti i
giorni di intavolare una discussione del genere.. è
stato…rivelatorio.” Stefy
aggrottò la fronte.
“Cioè?”
“Non pensavo che
anche le ragazze
parlassero in quella maniera dei ragazzi…credevo fosse una
peculiarità nostra.”
“Oh no, io e Monica
ne parliamo molto
spesso. Bhe, più io, in effetti, ma anche lei quando ci si
mette non scherza.”
“Te lo posso dare un
consiglio…oggi
mi sento in giornata di grazia.”
“Spara,
Leto.”
“Non ti fossilizzare
troppo su
William. Sei una gran donna…”
“Lo so!”
Esclamò con sicurezza.
“…e molto
modesta, quindi di sicuro
ci sarà molta gente che ti apprezza. Solo perché
ancora non l’hanno capito, non
significa che non ti vogliano, mi sono spiegato?”
“Grazie…sono
splendide parole.” Lui
sorrise. “E per quei due che facciamo?” ci aveva
pensato spesso in quei giorni
ed aveva capito che loro due erano gli unici a poter fare qualcosa. In
fondo
Stefy e Shannon erano gli unici due a sapere la verità sulla
presunta storia di
Monica e Jared.
“Che
intendi?”Stefy sbuffò
spazientita.
“Lo sappiamo entrambi
che quei due
dicono tanto di disprezzarsi a vicenda, eppure, stranamente, sono
sempre
assieme. Se si odiassero veramente così tanto, avrebbero
terminato questa
storia già da mò…” Shannon
sorrise.
“In effetti, lo credo
anche io. Ma
noi non possiamo fare molto. Se la devono vedere tra loro.”
L’occhiata che gli
rivolse la ragazza, gli fece chiaramente capire che lei non era
d’accordo.
“Vedila come
vuoi…io ci proverò.” Lui
gemette: si aspettava casini imminenti.
“Ah, senti un
po’, tu che sai tutto
di tutti noi…che mi dici di te? Sei innamorato?”
Shannon la fissò scioccato per
l’uscita di Stefy: sapeva che la ragazza era di una
schiettezza fuori dal
comune, ma lui non era abituato a parlare di sé, specie con
una ragazza.
“Io…”
“Coraggio, non farti
pregare!”
“Ok…bhe
c’è una ragazza che mi
piace.”
“Forte. E ti
dichiarerai?”
“Sta già
con un altro.” Stefy mise il
broncio.
“Cavoli, non
è giusto!”
“Fa
niente…in fondo nel mare ci sono
tanti pesci… Qualcuno abboccherà!”
Scusate, l'altra volta non
avevo ringraziato ç__ç Mi cospargo il sale sulla
testa.
@LauLove90: Sempre Grazie cara
@StephenKing: in realtà l'errore è voluto.
Cioè, non proprio: l'avevo iniziata che credevo Jared
più grande, poi mi sono informata, ma la FF era praticamente
finita. Ricominciarla sarebbe stato un disatro. Ne approfitto per
chiederti di leggere la one-shot che ho postato. Mi farebbe piacere una
tua recensione.
Capitolo 8
Il sole batteva forte, anche se
stava
già iniziando a scendere verso l’orizzonte. Monica
era felice che al club non
avessero cucinato nulla con la crema, perché altrimenti
sarebbe stato un
problema enorme. Invece quel giorno, triangolino di sfoglia: ottimi da
trasportare, stupendi da mangiare.
Stefy era andata già
a casa: aveva
detto che doveva assolutamente rivedere alcune parti della tesina, dato
che non
era sicura di averle scritte come si doveva. Lei non aveva protestato,
anche se
adesso le faceva strano non essere con la sua amica a farsi un mega
gelato
parlando di cazzate.
Stava tornando mestamente a
casa,
quando aveva sentito, in lontananza, il rumore metallico della mazza da
baseball che colpiva la pallina ed era stata attirata al campo. Lo
aveva visto
immediatamente: la divisa bianca e celeste, colori sociali della
scuola, non
riusciva a nascondere del tutto il suo corpo, anzi, forse in alcuni
punti
riusciva anche a valorizzarlo. E poi i capelli rosso fuoco spuntavano
dal
berretto anche se li aveva legati. Jared poteva cercare di nascondersi
quanto
voleva, ma non ci sarebbe mai riuscito: risplendeva di luce oscura.
Da quanto lei ne sapeva, lui
giocava
come terza base e batteva per terzo: non male, aveva anche una buona
media di
corse in base. Evidentemente era piuttosto veloce.
“Leto, quella
lassù non è la tua
ragazza?” domandò John, lanciatore di riserva.
Jared alzò lo sguardo verso le
scalinate e la vide mentre si leggeva tranquilla un libro.
Aggrottò la fronte:
sì, era proprio Monica. Corse veloce verso di lei.
“Che fai
qui?” Lei sobbalzò, dato che
non si era accorta del suo arrivo, troppo presa da quello che stava
leggendo.
“Mi hai fatto
prendere un colpo.
Comunque ti sto aspettando.” Jared alzò un
sopracciglio sorpreso.
“E
perché?” Lei fece spallucce.
“Perché ne
ho voglia… ok, ti spiego
dopo. Vai a finire gli allenamenti e poi fatti una
doccia…è meglio.” In realtà,
da malata mentale, a Monica l’odore di sudore che permeava le
palestre, le
piaceva molto. E pure quello di Jared non era fastidioso, ma voleva
fare un po’
l’acida, dato che in quei giorni stavano diventando fin
troppo zuccherosi fra
di loro.
“Sempre
gentile.” Se ne andò via
veloce, dato che l’allenatore lo aveva già
sgridato. Tornò alla sua posizione,
guantone pronto ed iniziò l’esercizio di difesa.
Monica lo osservò con sguardo
critico: non ne capiva molto di baseball, ma aveva una piccola cultura
anche di
questo sport, e le sembrava che lui non si muovesse poi troppo male.
Scattava
veloce, aveva delle buone prese e lanciava in maniera piuttosto
precisa. Lei
pensò che non fosse male come giocatore.
Passò una buona
mezz’ora e i ragazzi
andarono alle docce completamente esausti. Il campionato stava per
terminare e
loro avevano ancora qualche partita fondamentale per la buona riuscita
dell’annata e quindi stavano dando tutti loro stessi.
“Certo che sei
proprio fortunato,
Jared.” Il vapore appannava tutti i vetri. Ragazzi nudi
giravano per la stanza
sperando di trovare una bocchetta libera per lavarsi via tutta la terra
rossa
del campo. Jared si stava passando un asciugamano tra i capelli, mentre
un
campanello di ragazzi erano intorno a lui.
“Ah sì, e
perché?”
“Ma come
perché? Hai una ragazza
dolce che ti aspetta fuori allenamento. È una
figata.” Jared fece una smorfia.
“Stiamo parlando di
Monica…lei non è
dolce.”
“Ma vai a cagare. E
comunque, dolce o
non dolce, ha un balcone dentro il quale io annegherei
volentieri.” Si alzarono
forti le risate.
“Andateci piano con i
commenti.” La
voce di Jar era un basso sibilo freddo che ricordava quello di un
serpente. Le
risate si spensero quasi immediatamente: tutta la scuola sapeva che era
un tipo
facile ad infiammarsi e che quando succedeva era meglio mettersi al
riparo da
eventuali risse. In effetti gli aveva dato parecchio fastidio ascoltare
quei
commenti volgari su Monica. Ok, non era veramente la sua ragazza,
ma…gli aveva
dato fastidio comunque e si incazzava con se stesso per non riuscire a
capire
perché. Spesso aveva ascoltato commenti poco riguardosi
verso le ragazze e il
seno di Monica e Stefy era uno degli argomenti che adoravano, insieme a
quanti
si facesse Jenny, ma per la prima volta aveva provato del vero
fastidio. Si
allacciò le scarpe, prese le sue cose ed uscì
dallo spogliatoio, sicurissimo
che ora sarebbero piovuti mille commenti su loro due assieme. Che
avevano poi
da commentare? Solo perché fino ad un mese prima non si
parlavano neanche e che
non passava volta che si insultassero se erano a meno di un metro di
distanza,
non voleva dire che non potessero avere una storia. O no?
“Possiamo
andare?” Monica si era
materializzata davanti a lui: indossava una maglietta nera di un
vecchio
concerto dei Muse, i jeans azzurri e un paio di scarpe nere.
“Certo.
Così mi spieghi come mai sei
stata qui ad aspettarmi tutto questo tempo.”
Presero a camminare senza
fretta
verso casa Leto.
“Sai, non avevo
voglia di tornare a
casa e Stefy è andata via a studiare. Da sola mi
annoio.”
“Ma se sei sempre a
leggere. Sparale
meglio le bugie.” Monica sorrise facendo spuntare la lingua
dai denti e Jared
ebbe una visione di cosa lui avrebbe fatto a quella lingua (non potevo
non
metterlo ^_^ ).
“Hai ragione. Da dove
inizio? Diciamo
che a casa c’è una situazione strana. Mamma e Nick
sono un po’ ai ferri corti,
anche se so che le cose si sistemeranno di nuovo. L’amore non
è bello se non è
litigarello…almeno così dicono.”
Sospirò profondamente. Non voleva ammetterlo,
ma quella situazione le pesava parecchio. “Ma il vero
problema è William: da un
paio di giorni si aggira per casa come un’anima in pena e la
sua pena è
opprimente. È come se una cappa di malinconia si aggirasse
tutto intorno a noi.
Queste cose mi demoralizzano.” Abbassò lo sguardo
verso le sue scarpe
continuando a pensare, mentre Jared, intenerito, la prese per le
spalle,
abbracciandola. Monica si stupì: in quell’istante
non c’era nessuno che li
vedesse eppure quello era un gesto da coppia vera. Ne
approfittò e allungò la
mano per prenderlo per la vita. Ok, era ufficialmente impazzita:
abbracciata
strettamente a Jared Leto. Sì, doveva essere pazza, eppure
il profumo di lui
era così buono, il suo corpo così
invitante… argh!!! Non poteva andare avanti
in quella maniera, ma non si staccò neppure per un secondo.
Anche Jared
apprezzava quel contatto: era partito in automatico nel vederla
così giù, come
mai gli era capitato. Di solito lei si mostrava solare, sorridente, ma
pian
piano aveva capito che dietro quella facciata si nascondeva qualcosa di
molto
più profondo. I grandi occhi castani, in quel momento, si
erano riempiti di
tristezza e a lui non era piaciuto per nulla.
Quasi arrivati a casa di Jared,
Monica appoggiò anche la testa sul suo petto e si
sentì abbandonata a lui.
“Vuoi
salire?” gli domandò lui con
voce leggermente roca: quella situazione lo stimolava, era una
situazione
veramente strana e nuova per uno come lui. Non era abituato alla parte
dolce
della relazione con una ragazza. E non voleva che quella camminata
finisse così
presto.
“Perché
no?” neanche lei voleva
tornare a casa, ma non era solo per quello che continuava a stare con
lui. Le
piaceva la sua compagnia. Le piaceva scoprirlo giorno per giorno,
nonostante
spesso discutessero, come da vecchie abitudini.
“Ciao Jar. Non
è che sai dove è
finito tuo fratello?” il padre era seduto sul divano che si
stava guardando una
partita di football alla TV via cavo.
“No, papà.
Credo che sia a farsi un
giro con la moto. O a studiare in biblioteca.”
“Oh ma
c’è anche Monica.”Si alzò in fretta dalla poltrona, rivelando
un paio di pantaloncini corti e le gambe pallide. A Monica venne da
pensare che
il colore chiaro della pelle fosse carattere distintivo dei Leto.
“Buonasera, spero di
non disturbare.”
“No, figurati, sei
sempre la
benvenuta in questa casa. Solo che se Jared mi avesse avvisato prima,
magari
sistemavo un po’.” Jared sbuffò, prese
per mano Monica e iniziò a salire per le
scale.
“Siamo in camera
mia!”
Monica andò a
sedersi direttamente
sul letto come la prima volta che era stata lì. Non era
cambiato nulla e lei
continuò a cercare i piccoli particolari. Notò
sul tavolo un piccolo lettore
MP3 con le cuffiette, meno libri e qualche rivista musicale. Le piaceva
moltissimo quella stanza, pensava che si adattasse perfettamente al suo
proprietario.
“Accomodati pure, fai
come fosse il
tuo letto.” Le disse acido Jared, mentre prendeva la chitarra
in mano. Iniziò a
strimpellare note a caso.
“Grazie!”
disse lei, facendo finta di
non cogliere. Lo sentì suonare, mentre si rilassava.
“Se ti chiedo una
cosa, prometti di
non incazzarti? La mia è curiosità.”
Iniziò Jared. Monica lo fissò seria ed
annuì.
“Perché la
tua bocca non ti piace?”
il ragazzo notò immediatamente l’irrigidirsi di
lei e i suoi occhi che
diventavano due fessure. Decisamente poco disponibile al dialogo: stava
già per
scusarsi e dirle di lasciar perdere, quando Monca iniziò a
rispondere, voce
calma.
“Sono stata operata
così tante volte
che neppure me le ricordo più: naso, labbro, palato, tutto
il pacchetto
completo. Ho provato tanto dolore e con me anche la mia famiglia. Tanti
lunghi
viaggi, tante traversie e tutto per farmi sembrare normale.”
Si fermò per
riassumere meglio i suoi pensieri. “Ma io non sono normale e
ogni volta che mi
guardo allo specchio me lo ricordo. La cicatrice è
così visibile,
così…deturpante.” Jared aveva smesso di
suonare.
“Secondo me sbagli.
Non si nota quasi
e di sicuro non deturpa nulla.” Lei fece un gesto, come per
scacciare una
mosca.
“Oh, avanti,
è la prima cosa che uno
nota quando mi vede.” Lui si mise a ridere lasciandola di
stucco.
“Credimi, hai altri
argomenti che si notano
prima del tuo labbro, tesoro.” Tesoro? Lui l’aveva
chiamata tesoro? In quale
bizzarrolandia era capitata?
“Sicuro,
guarda!” rispose lei per le
rime.
“Ti dico di credermi!
Stanno
leggermente più in basso e sono due.” E
così dicendo abbassò lo sguardo sul suo
seno. Monica lo prese in mano guardandoselo.
“Le mie
tette?” sembrava incredula.
“Bhe, sono belle
grandi.” E rise di
nuovo. A Monica sembrava un ragazzo completamente diverso rispetto a
quello che
era abituata a vedere.
“Lo
prenderò come un complimento.”
“Ovvio che
devi!”
Monica si
alzò ed andò verso le mensole dove erano
posizionati i cd del ragazzo, rigorosamente in ordine alfabetico. I
titoli
erano interessanti, ne fece uscire qualcuno per vederli bene ed
annuì.
“Ho passato
l’esame?” le domandò
“Sì, non
male. Mi piacciono i Placebo
e anche i Pearl Jam. Ma molti di loro non li conosco.” Nella
mensola
sottostante stava, in bella mostra, tutta la collezione dei dischi
degli U2 e
lei sorrise: in camera sua ce l’aveva identica.
“Alla fine una cosa in comune
l’abbiamo.” E gli indicò i dischi.
“Bhe, vuol dire che
non sei un caso
completamente incurabile.” Lei gli fece la linguaccia e
tornò a sezionare i
dischi. Si fermò quando trovò dei cd con dei
titoli sconosciuti e una grossa
scritta nera: “DEMO”.
“Sono le vostre
prove?”gli chiese,
mentre lui canticchiava tranquillo.
“Sì.
Diciamo pure che la
registrazione è quella che è, ma visti i nostri
mezzi non sono male.”
“Posso prenderne una?
Mi piacerebbe
ascoltarvi.” Jared la guardò sorpreso, ma
annuì silenzioso. Che strana ragazza.
“Ma sei sicura?
Guarda che non è
niente stile Britney o Justin. Siamo
più…chitarrosi.”
“Per chi mi hai
preso, scusa? Non
vedi che maglietta indosso?” e gli fece una breve sfilata
davanti.
“Io ti ho
avvertito.” E riprese a
suonare. Averla in camera era qualcosa di strano, una sensazione
decisamente
particolare. Le piaceva molto: lei andava in giro per ogni mensola a
guardare
tutto quello che aveva. Stava in silenzio ed ogni tanto lanciava
qualche
esclamazione positiva o meno.
Le piaceva guardarla: non aveva
una
siluette da modella, ma erano proprio le sue curve ad attirarlo verso
di lei. E
si ritrovò a volerla stupire.
“Ti va di sentire
qualcosa?”
“Prego?” si
voltò verso di lui.
“Ti va se ti suono in
unplugged
qualcosa che poi sentirai nel demo?” Monica sorrise.
“Certo che mi
va!” Tornò a sedersi
sul letto, ma più vicino a lui, in modo da non perdersi una
sola espressione
del ragazzo.
Lui imbracciò la sua
chitarra ed
iniziò a suonarla: era una melodia malinconica, triste.
Your defences were
up high
Your walls built deep inside
Yeah I'm a selfish bastard
But at least I'm not alone
My intentions never change
What I want still stays the same
And I know what I should do
It's time to set myself on fire
Monica sentì i
brividi partirle dal
collo fino a scenderle verso i piedi. La voce di Jared era qualcosa di
straordinario. Leggermente roca, musicale, dolce,
piena…Insomma, per lei era
veramente perfetta.
Was it a dream?
Was it a dream?
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I
Your reflection I erased
Like a thousand burned out yesterdays
Believe me when I say goodbye forever
Is for good
Was it a dream?
Was it a dream?
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I
Was it a dream? Was it a dream?
Le parole di solitudine e di
fine
rapporto echeggiavano nella mente di Monica: lei non voleva che alla
fine di
tutto rimanesse solo quella canzone a definirli. Per la prima volta
sentì che
voleva continuarla quella storia. Voleva che la loro relazione
continuasse sul
serio. Perse un battito quando lo capì a chiare lettere e si
ritrovò veramente
impaurita riguardo ai suoi sentimenti, ma con una domanda che le
martellava in
testa: lui voleva la stessa cosa?
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I
(A photograph of you and I)
Was it a dream? Was it a dream?
Era la prima volta che suonava
davanti a qualcuno che non fosse membro della band.
All’inizio era preoccupato
di fare una brutta figura, ma con l’andare della canzone
aveva visto Monica che
non le staccava gli occhi di dosso e che sembrava molto interessata
alla
canzone. Ci pensò dopo che forse la scelta non era delle
più adatte: l’aveva
scritta dopo che una ragazza, della quale lui pensava di essersi
innamorato,
l’aveva lasciato. E se lei avesse pensato che fosse dedicata
alla loro di
relazione? Ma ormai il danno era stato fatto, quindi non poteva
troncarla in
quella maniera.
Mancava solo una piccola strofa
e lui
voleva fare in modo che fosse perfetta: suonò con ancora
più trasporto. Tirò la
voce in modo che fosse ancora più struggente.
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I
A photograph of you and I
A photograph of you and I
(30 Seconds to Mars- Was it a
Dream?)
Monica era rimasta senza
parole:
provava una sorta di commozione, ma non voleva certo farglielo capire.
“È
bellissima.” Si limitò a dire. In
realtà il discorso sarebbe dovuto essere più
lungo ed iniziare con un “se canti
così ancora una volta, ti salto addosso e poi
vedi”, ma a Monica non sembrava
la cosa giusta da dire. La performance di Jared le aveva toccato il
cuore e
anche organi più in basso. Non poteva mentire a se stessa:
l’aveva eccitata.
L’unica cosa che voleva fare in quel momento era di baciarlo.
“Ti ringrazio.
Pensavo di cantarla
così sabato.”
“Ti posso assicurare
che è molto
d’effetto.”e gli sorrise. Alla faccia, era
sconvolgente.
“Bene. Tu ci vieni,
vero?” Strano,
pensò Monica, sembrava quasi timoroso della sua risposta,
come se ci tenesse
veramente che lei fosse lì con lui.
“Certo, non
mancherò.” Monica guardò
la sveglia di lui e si accorse dell’ora. “Ora devo
andare. Mi aspettano per
cena.” Jared annuì e si alzò,
accompagnandola alla porta.
“Vuoi un passaggio a
casa? Sono
sicura che papà non farà una piega a darmi la
macchina, visto che è per te. Ho
il vago dubbio che sia innamorato di te.” Monica si mise a
ridere mandando
veramente in corto i pochi neuroni sani del ragazzo: sembrava esplosa
in una
miriade di luci colorate, sembrava che il sole splendesse di
più. Gli pareva
che in quel momento lei fosse la gioia in persona.
“Ti ringrazio, ma
vado a piedi. Non
sono tanto distante.”
“Ok, a domani
allora.”
“Certo!”
Disse lei e così facendo gli
si avvicinò prendendolo per il dietro del collo. Lo
portò vicino a se e lo
baciò lievissimamente sulle labbra leggermente dischiuse.
Jared sentì
chiaramente il suo profumo mentre lo mandava in orbita.
Poi, così come si
era avvicinata, lei
si allontanò verso casa sua.
Il ragazzo salì per
le scale quasi in
trance, neppure si accorse che suo padre gli stava dicendo qualche
cosa. Entrò
in camera dove gli pareva di sentire ancora aleggiare il Suo profumo.
Si
guardò nel piccolo specchio che aveva davanti alla
scrivania. Aveva lo sguardo
scioccato, le mani che gli tremavano e si ritrovò a parlare
con la sua immagine
riflessa.
@StephenKing:
in realtà quello che accadrà di William lo
scoprirai tra un paio di capitoli. Su Tomo non so che dirti: ho sempre
scritto di personaggi che personalmente mi trasmettono molte emozioni.
Tomo mi piace, lo trovo un bravo ragazzo (a volte anche no, veramente),
ma una FF...non lo so, dovrei trovare lo spunto giusto per uno come lui
e non so se mi sarebbe facile. Se mai la scrivo, tranquilla
che ti avviso!!! Piccola domanda finale: ma tu eri a Parigi al concerto
dei Mars, può essere?
Capitolo
nove
Ormai
il concerto si avvicinava a
grandi passi. Mancavano poche ore all’esibizione dei 30
Seconds to Mars al
Ticktak. Sia Jared, che Shannon, Tomo e Matt erano completamente in
preda alla
follia da prima volta. Si agitavano per un nonnulla, si arrabbiavano e,
in
pratica, stavano diventando isterici. Monica e Jared stavano quasi
venendo alle
mani, un giorno a scuola, non fosse arrivata Stefy a dividerli. Per la
prima
volta il ragazzo si era scusato con Monica.
“Stai
per uscire?” Monica era in bagno
che finiva di truccarsi: quella sera voleva essere bene in tiro per il
suo
moroso e, soprattutto, intonata. Quindi si era data alla moda All
Black, trucco
compreso. La linea di eye-liner era marcata, ma aiutava ad ingrandire i
suoi
già enormi occhi castani. Aveva perfino deciso di dipingersi
le unghie di nero
e quello che le dava fastidio era che non capiva perché si
dava così da fare
per Jared.
“Sì,
c’è il concerto oggi.” Fissò
il
fratello dallo specchio e si sconvolse. Era già in pigiama e
non erano neppure
le nove di sabato sera.
“Ah,
il gruppo del tuo
fidanzato…vero, tutta la scuola ne parla.”
“Del
concerto?”
“No,
di te e lui assieme. Che poi, un
giorno, mi spiegherai come avete fatto a mettervi assieme, siete
così…diversi.”
“È
bella la diversità. Invece,
parlando di cose strane, che ci fai in pigiama? Non esci?”
“No,
stasera resto a casa.” Monica
alzò il sopracciglio. “Dru non si sentiva
bene.” E sospirò, sedendosi sul bordo
della vasca. Fece una smorfia quando si accorse che Monica portava un
top molto
scollato, memore di quando Jared le aveva detto che era il seno la
parte che
risaltava di più in lei, ma William non disse nulla.
“Sai, in effetti c’è
qualcosa che non va.”
“Spara…se
posso aiutarti.”
“Dru
in questo periodo è piuttosto
strana.” Monica lo fissò con indulgenza.
“Spiegami
quando quella non è
strana!”
“Va
bene, allora un po’ più del
solito. Molto spesso quando siamo assieme mi ripete che io la voglio
lasciare
per un’altra. Si mette addirittura a piangere disperata
facendo la pazza isterica
per strada e quel che è peggio non riesco mai a calmarla del
tutto. Si mette a
fare le sue previsioni e chi la capisce poi.”
Sospirò distrutto: Monica
finalmente aveva capito qual’era la pena del fratello e non
potè che provare un
profondo sentimento di odio per quella vampira dai capelli neri:
perché doveva
farlo stare così male?
“Vedrai
che tutto si sistemerà. Ma tu
non dovresti fare la larva solo perché lei non vuole uscire.
Cambiati e vieni
al TickTak con me.”
“Ti
ringrazio, ma passerò la serata
con qualche buon autore.” Monica fece spallucce.
“Ah, me la saluti Stefy?”
“Potresti
spiegarmi tu una cosa?
Stefy ti piace come amica o la vorresti per qualcosa di più
profondo?”
“Mi
pare di avertelo già detto. È
un’amica a cui voglio bene e poi è una tua amica e
la cosa è pericolosa. Ma di
certo è molto carina e simpatica, una vera forza della
natura.” (E questo non
lo pensa solo lui….)
“Stai
attento.” Lo avvertì Monica
finendo di mettersi un rossetto scuro, ottimo per il suo abbigliamento.
Si
spruzzò una goccia di profumo ed uscì di corsa:
sarebbe andata direttamente al
locale, tanto c’era ancora un po’ di luce.
Camminando
ripensò a quei giorni.
Il
clima era strano tra loro. Il
giorno in cui Jared le aveva suonato in camera era stato visto da
entrambi come
una svolta. Quel leggero bacio che gli aveva donato era stato un forte
simbolo
di unione e Monica voleva che fosse proprio così.
L’aveva voluto da quando era
seduta sul letto, ma la camera le pareva un luogo un po’
troppo pericoloso per
una dimostrazione d’affetto di quella portata.
E
poi a scuola: di solito la
ricreazione ed il pranzo erano qualcosa che le davano noia. Non aveva
sempre
voglia di stare assieme a lui e alla sua band, nonostante ci stesse
bene,
perché si divertiva. Ma la presenza di Jared, spesso, la
faceva essere tesa e
preoccupata a non dire cavolate.
Invece, ora, si era veramente calata nella parte…adorava,
soprattutto, quando
arrivava e non c’era più posto. Jared la faceva
sedere sulle sue gambe,
tenendola in braccio, poi l’abbracciava. Spesso facevano solo
quello, ma alcune
volte entrambi si lasciavano andare a piccole carezze, gesti innocenti,
ma
dolci, che facevano allargare gli occhi a Stefy e Shannon che ormai si
erano
persi. Anche tra loro, pensò Monica, stava nascendo qualcosa
di bello: erano
diventati amici e spesso si ritrovava a vederli insieme mentre
chiacchieravano
o si scambiavano il pranzo. Si chiese, di sfuggita, se Shan sarebbe
riuscito a
togliere dalla mente della Ste suo fratello…sarebbe stato un
gran bel colpo.
Arrivò
al locale che stava iniziando
il soundcheck, se così lo si poteva chiamare: sentiva Jared
che provava il
microfono e Tomo che accordava la chitarra. Sorrise ed entrò.
Il
TickTak era uno dei locali più
grandi della città: accoglieva quasi sempre gli studenti del
liceo, visto che
non girava alcool ed era aperto fino a mezzanotte. Dietro al bancone
c’era il
proprietario che vigilava sulla gente. C’erano dei divanetti
rossi appiccicati
al muro e dei tavolini alti e rotondi per tutta la sala. In fondo
c’era il palco,
ora ricoperto di fili e microfoni.
Monica
vide che al bancone c’erano
Stefy e Shannon che bevevano assieme parlando come buoni amici: lui le
aveva
appena accarezzato la guancia sorridendo, mentre Ste metteva il broncio.
Lasciò
la borsetta su uno dei piccoli
divani vicino al palco ed andò da Jared: anche lui era
vestito completamente di
nero e lei lo trovò ancora migliore del solito. Quella sera
aveva deciso di
mettersi una camicia nera di seta, leggermente aperta, una giacca
sportiva che
si sarebbe tolto praticamente subito e dei jeans molto stretti un
po’ scoloriti
e strappati in più punti. Ai piedi aveva un paio di All
Stars nere, al polso
dei braccialetti di finta pelle neri e al collo una medaglietta
d’argento. Il
tutto, ovviamente, completato con un pesante trucco nero.
“Come
va?” gli chiese. Jar stava
spostando da una parte all’altra un gruppo di cavi e sembrava
più pallido del
solito.
“Benissimo…sono
un po’ nervoso.”
“Coraggio,
le vostre canzoni sono
belle.” Lui si fermò per guardarla e sorrise
vedendola vestita in quel modo.
“Ti
sei data al dark?”
“Volevo
omaggiarti… non farci
l’abitudine.”
“Stai
bene così e quel top… farai
faville stasera.” Monica sorrise contenta per quel piccolo
complimento. Lasciò
Jared mentre si sistemava il microfono e zampettò fino da
Tomo che stava
accordando la sua chitarra.
“Ciao!
Bisogno di una mano?” Lui alzò
lo sguardo verso di lei e Monica fece un salto all’indietro:
si era truccato
come se fosse un clown, ma di quelli demoniaci. Aveva la linea del
rossetto che
gli arrivava da una parte all’altra delle guance e sotto un
cerone bianco
spesso un dito.
“Sai
accordare una chitarra?” le
domandò senza accorgersi della reazione che aveva avuto.
“No!”
“Allora
non mi serve aiuto. Ma grazie
lo stesso.” E ritornò tranquillo al suo lavoro.
Monica fece spallucce ed andò
da Matt: lui, per lo meno, sembrava più tranquillo dei suoi
compagni.
“Ciao!
Bisogno di una mano?” lui le
sorrise.
“Vorrei
fumare, ma dovrei uscire e
non ne ho voglia… Comunque ho il basso pronto, quindi non mi
serve nulla.”
“Uffa,
io volevo fare qualcosa…”
“Mi
fai compagnia…mica male la cosa.”
“Ehy,
grazie! Sei coccolo.” E
continuarono a chiacchierare di cose di scuola sotto lo sguardo vigile
di Jared
che non perdeva un suo movimento neppure a pagare. Non voleva
ammetterlo con se
stesso, ma era un po’ geloso e poi quella sera la trovava
veramente favolosa:
il nero le donava molto, le dava una grazia particolare e poi era
truccata
benissimo.
“Sai
che sei molto carina questa
sera? Se non fossi la ragazza di Jar ti farei la corte.” La
buttò lì così Matt
facendo restare di sale Monica: arrossì furiosamente e
balbettò qualcosa di
incomprensibile che fece ridere sonoramente il ragazzo.
“Cosa
c’è di così divertente?”
Jared
arrivò da dietro e la abbracciò, come a voler
chiarire di chi lei fosse.
“Niente,
le ho detto quanto è carina
stasera. Tienitela stretta, sennò qualcuno te la
ruba.” Monica sentì Jared
stringerla un po’ di più a sé e si
sentì veramente bene.
“Non
ti preoccupare, non mi scappa.”
“È
una promessa o una minaccia?” gli
domandò Monica con fare malizioso. Lui si chinò
verso il suo orecchio e le
sussurrò:
“Fai
tu, come preferisci.”
In
quel momento salì sul palco anche
Shannon che sembrava tranquillo, non fosse che continuava a
tamburellare le sue
bacchette sulla coscia.
“Forse
è meglio che vi lasci…troppi
maschi per una donzella sola.” Monica scese giù
con un salto ed andò a sedersi
vicino alla sua migliore amica che stava sul divanetto. Si
divertì a vedere i
suoi amici che si mettevano in cerchio per fare training autogeno.
“Ciao
bella topolona.”Stefy
aveva optato per dei pantaloni che si
fermavano al ginocchio, neri, ovviamente e poi una felpa rossa. Anche
lei si
era truccata ed, in più, si era colorata i capelli di rosso:
alcune ciocche
risaltavano ancora di più. “Sei proprio
figa.”
“Grazie
topina, anche tu non sei
niente male. Che scollatura!” Monica ridacchiò.
“Volevo
farmi un po’ notare. Senti un
po’…ma non è che ti ritrovo come
cognata?” e fece spuntare la punta della
lingua tra i denti.
“Dipende
se William si sveglia.”
“Io
parlavo di Shannon.” Stefy la
fisso con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
“E
che c’entra lui, adesso? Lo sai
che il mio cuore batte solo per il pisellone!”
Esclamò risoluta la rossa.
“Sarà,
eppure ti vedo in ottimi
rapporti con Shan. Mi sarò sbagliata.”
“No,
in realtà andiamo molto
d’accordo. Tutti lo vedono un po’ come
l’ombra di Jared, ma non è così.
Shannon
in sé è un grande topone. È molto
carino, ha un corpo niente male e sa
ascoltarti.” Entrambe si misero a fissarlo, mentre si sedeva
alla batteria.
Praticamente stavano iniziando la loro esibizione “E poi ti
sa coccolare alla
grande.”
“Scusa?”
“Oh
sì, non te l’ho detto. L’altro
giorno eravamo in biblioteca a finire la tesina, poi siamo andati a
bere una
coca e ci siamo messi a parlare delle nostre storie finite male.
È stato
carino. Poi ci siamo abbracciati e ci siamo fatti il solletichino. Mi
piace
Shannon, è un tipo ok. Meglio di quel fros del
fratello.” E sorrise prendendola
in giro.
“Jared
non è un fros…oddio, non lo
so, non abbiamo fatto nulla, in fondo.” I loro discorsi
vennero interrotti da
una schitarrata potente di Tomo. Il concerto stava iniziando.
Iniziarono
con delle cover molto
conosciute, in modo da attirare più gente possibile. Monica
notò che c’era
parecchia gente della scuola: evidentemente il volantinaggio dei
ragazzi aveva
dato buoni frutti. Storse il naso quando vide, in lontananza Jenny. Non
la
voleva lì quella sera, ma evitò di fare scenate.
Invece si alzò dal divano e si
posizionò davanti al palco a saltare e cantare. Jared rimase
sorpreso, tanto
che quasi si dimenticò un accordo: non aveva mai visto
Monica in quella veste.
Sapeva, ovviamente da chiacchiere durante i pranzi, che le piaceva un
sacco la
musica e che era stata a diversi concerti con il fratello, ma non che
fosse
così scatenata. Notò che Stefy stava un
po’ distante, evidentemente ben sapeva
che la foga dell’amica poteva diventare dolorosa per lei.
Monica
era senza inibizioni: si
ritrovò molto presto completamente sudata e piena di sete,
ma non voleva staccarsi
da dove era. Quando partì la prima delle loro canzoni
inedite, intitolata
“Capricorn”, lei si mise ad urlare senza paura e a
cantare con Jared ogni
singola strofa.
Tutti
i componenti del gruppo la
fissarono scioccati: come conosceva quella canzone? E poi tutte le
altre che
vennero dopo? A parte le cover, lei era l’unica che cantava
con loro le
inedite. Guardarono a turno Jared che evitò qualsiasi gesto
per concentrarsi su
di lei: bellissima, sexy da morire e calda. Lo eccitava vederla in
quella maniera:
magari un giorno le avrebbe chiesto di fare uno spettacolo solo per lui.
“Bene,
ci fermiamo per dieci minuti,
tempo di bere qualcosa. Non scappate.” Disse Jar dopo
un’oretta che suonavano.
Alcuni applaudirono, altri fecero finta di nulla. Stefy e Monica li
ricoprirono
di complimenti.
“E
chi pensava che foste così bravi!”
Fece la prima.
“Grazie,
gentilissima!” Ribattè
Shannon punto sul vivo.
“È
vero. Cioè, ci date dentro alla
grande, mi piace, lo spettacolo è carico di energia!! Siete
frikissimi!!”
“Frikissimi?”
fece Tomo.
“È
un modo di dire tipico.” Spiegò
Monica. “Vuoi sederti?” domandò a Jared
che le sembrava piuttosto stanco.
“Magari.”
Il ragazzo si sedette sul
divanetto rosso, poi la prese per mano e se la mise sulle ginocchia.
Monica
parlava tranquilla con gli altri, mentre lui si appoggiava a lei. Aveva
il capo
sulla sua schiena e riusciva a sentire il battito ritmico del suo
cuore. C’era
qualcosa di diverso il lei quella sera. Aspirò a pieni
polmoni e capì.
“Hai
cambiato profumo?” lei si girò
sorpresa.
“Sì…”
“Sa
di cannella…buono.” Le lasciò un
leggero bacio sul collo, sotto i capelli che scendevano liberi e si
alzò per
andare a suonare. “Adesso inizia la parte
tranquilla.”
“Allora
resto seduta un po’ con la
topolona.” Topolona che nel frattempo non aveva smesso un
secondo di
abbracciare Shannon e prenderlo in giro per le facce che faceva
suonando.
Monica scosse il capo alla testardaggine dell'amica.
Jared
salì sul palco con Tomo. Quella
parte del concerto la affrontavano in due, con la chitarra acustica e
basta.
Partì
con il botto, almeno per
Monica: “Was it a Dream?” e il suo cuore perse una
lunga serie di battiti.
Magari nessuno, a parte loro due, capivano il nesso, ma loro non
nascosero
nulla. Jared cantò tutta la canzone senza mai staccare gli
occhi da lei e
Monica fece il contrario. Tutti i presenti sapevano che quella era una
dedica
vera e propria.
Alla
ragazza stava salendo la gioia
nel cuore, qualcosa che non aveva veramente mai provato e ne ebbe
spavento.
Quando
Jared terminò, lei non riuscì
neppure ad applaudire, si limitò a sorridere e
basta…ma per poco.
Sul
palco si era materializzata
Jenny, bellissima nel suo vestitino azzurro corto e i capelli biondi
all’aria.
Sembravano tutti sorpresi. Lei senza una parola, prese la testa di un
confuso
Jared e se la attirò verso di sé, baciandolo. Lui
aveva gli occhi sgranati a
palla e con una certa delicatezza cercò di togliersela di
dosso: lui non la
voleva, aveva appena suonato la canzone per Monica e lei era
lì che li vedeva.
Il momento perfetto era stato troncato nella maniera peggiore.
“Che
diavolo fai?” le urlò con la
voce alta di qualche tono più del normale.
“Prendo
quello che dovrebbe essere
mio.” Rispose semplicemente la bionda sorridendo soddisfatta.
“Ma
vaffanculo!” Esclamò lui adirato:
entrambi guardarono Monica. Era scattata in piedi e li guardava
impietrita.
Jenny si mise a ridere, mentre Jared non sapeva che fare: lei era
diventata
pallida e si vedeva benissimo, tremava. Fece per scendere dal palco,
incurante
dei fischi e degli applausi, ma Jenny lo bloccò.
“Continuiamo
dopo?”
“Ma
vedi di sloggiare. Anzi, non
farti proprio rivedere.” La spinse di lato e, cercando di
togliersi la chitarra
che lo impacciava, gridò verso Monica che si stava
allontanando velocemente,
senza badare a Stefy che cercava di trattenerla.
“Cazzo!!!”
urlò Jared quando fuori
dal locale non riuscì più a vederla.
“Mi
sa che si è arrabbiata.” Fece
filosofico Shannon.
Altro
che arrabbiata, Monica era
furiosa. Camminava veloce verso casa togliendosi le lacrime che
scendevano copiose
sulle guance: si diede della scema, che cosa sperava di avere? Una
grande e
intensa storia d’amore? Ma quando mai! La loro relazione si
basava solo ed
esclusivamente su una grossa e bella bugia, quindi quella era la
maniera
migliore per finirla.
“Lo
odio!!” Urlò sbattendo la porta
della sua camera e se ne fotteva altamente se i suoi genitori
l’avrebbero
sgridata…che provassero a dirle qualcosa, li avrebbe
sbranati. “Jared Leto, ti
odio!”
@StephenKing: Sì,
c'ero anche io a Parigi. Sono la ragazza che ha portato la torta. Non
so se hai avuto anche tu modo di mangiarla, perchè io l'ho
offerta a mezzo mondo. Sono la stessa a cui qualche fangirl francese ha
rubato la bandiera della propria divisione -.- Anyway, l'apparizione di
Tomo è stata pensata dopo il concerto di Milano, quello di
Giugno, dove lui era truccato proprio in quella maniera. Mi fa piacere
che ti sia piaciuta. E sempre a proposito di Tomino nostro, ho messo
anche qui la FF Ristorante Milicevic, dove lui, come gli altri, ha un
ruolo fondamentale.
Capitolo dieci
“Merda,
merda, merda!” Esclamò Jared
sbattendo con violenza la cornetta del telefono.Shannon lo guardò di sottecchi. Era tutto il
giorno che il fratello stava girovagando per casa come
un’anima in pena. “Dove
Cazzo è finita?” stava cercando Monica da quando
si era svegliato, ma di lei
nessuna traccia.
“Non
risponde?”
“No! Il cell
è spento. A casa sua i
suoi mi dicono che è uscita praticamente all’alba
e io non so dove sbattere la
testa.” Sospirò accasciandosi sul divano. Si
passò una mano tra i capelli:
aveva il volto tirato, preoccupato e decisamente triste. Shannon scosse
il
capo.
“Forse dovresti
aspettare di vederla
domani a scuola.”
“Non mi va di
sistemare i nostri
casini davanti a tutti che ci indicano e ci ridono dietro. È
una cosa tra me e
Monica”
“Che belle
parole… sembri cresciuto.”
Jared gli lanciò un’occhiataccia e non rispose.
La sera prima aveva abbandonato
il
concerto a metà senza interessarsi di quello che i fans o i
suoi compagni gli
potessero dire. Aveva girato per i vicoli intorno al locale, ma di lei
neppure
una traccia. Era passato da casa sua, ma le luci erano tutte spente e
non gli
sembrava il caso di mettersi a suonare il campanello, lo avrebbero come
minimo
denunciato per disturbo della quiete pubblica.
Ora si ritrovava a vagare come
un’anima in pena.
“Jar, non
è che puoi startene fermo?
Mi stai facendo venire il mal di mare.” Shannon era
decisamente stufo. Lasci
passare che era scappato via dal locale e i tre superstiti avevano
dovuto
cavarsela da soli, facendo cantare a Matt, ma era da quella mattina che
lui non
faceva altro che salire e scendere le scale per
telefonare/imprecare/parlare.
“Non smetterai mai di
farmela pagare
per avervi mollati ieri sera.”
“Certo che
no.”
“Ma era una
situazione critica…si
tratta di Monica.” Jared era veramente disperato per la piega
della sua storia.
“Ah sì? La
stessa Monica che detesti
e non sopporti, con cui fingi di stare assieme per levarti dai piedi le
ragazzine urlanti? Cavoli, credevo che di lei non ti importasse poi
molto.”
“Ma che
ca…” ci pensò un attimo e
capì che suo fratello aveva ragione: da quando Monica era
diventata così
importante per lui? Importante a tal punto da perdere la sua amata
domenica di
scazzo per cercarla… dal giorno della canzone? Da quando era
stata con lei al
fiume? Dalle coccole post pranzo? Non lo sapeva con certezza, ma di
sicuro non
voleva rinunciarci senza farsi capire. “Alzati dal divano e
vieni con me,
Shan!”
“Si chiede per
favore.”
“Non stare a scassare
i maroni.
Alzati e portami da Stefy. È l’unico posto dove
può essersi rintanata.”
Shannon non disse nulla, ma si
allacciò le scarpe: con un Jared così
determinato, niente lo avrebbe fatto
desistere, lo avrebbe trascinato per i capelli, piuttosto.
“Sei un tiranno, lo
sai?”
“No! No! E ancora
no!” Stefy era
ferma sulla porta di ingresso di casa sua, con le braccia conserte
davanti al
petto ed espressione risoluta.
“Ti prego! Fammi
parlare con lei, ne
ho bisogno.” Jared la stava pregando quasi a mani conserte,
con dei piccoli
guantini neri senza dita.
“Ammesso e non
concesso che fosse
qui, non lo farei. È ovvio che non ti vuole tra i
piedi.”
“Come sarebbe a dire
che non c’è?”
“Sarebbe a dire che
non è qui.” Si
appoggiò sullo stipite e sorrise nel vedere Shannon che
gemeva.
“Vuol dire che mi hai
trascinato qui
per nulla?” Domandò Shan calcandosi in testa il
berretto.
“Come se ti
dispiacesse…sappiamo che
stare con Stefy ti diverte, quindi piantala.” Il diretto
interessato borbottò
qualcosa di incomprensibile e Stefy sbuffò.
“Dai, entrate o qui
date spettacolo.”
I due si trovarono in un
piccolo
atrio dove c’era un comodino su cui era poggiato il cordless
del telefono e un
contenitore per tutte le chiavi, sopra uno specchio. Stefy li
guidò fino alla
sua stanza: entrati rimasero di sale. Tutte le pareti erano tappezzate
di foto
di un attore abbastanza conosciuto, di nome James Marsters,
terribilmente
somigliante a William. Invece, vicino al mega Pc con schermo piatto
sulla
scrivania, c’erano incollate con nastro adesivo, una serie di
foto di lei e
Monica assieme che ridevano felici.
Jared si perse nel guardarle:
quanto
quel sorriso stava influendo su di lui? Deglutì
pesantemente, la risposta era
fin troppo ovvia.
“Che cosa devo
fare?” sussurrò.
“Niente. Devi
lasciare che torni lei
da te.” Shannon, disinteressato, si sedette sul letto.
“Giù i piedi che non
voglio il letto sporco.”
“Sì,
signora, ai suoi ordini.” E
sbuffò.
“Non mi vuole neppure
ascoltare. Ho
provato a chiamarla, ad andare a casa sua, a mandarle decine di
messaggi, ma
niente. Mi hanno ripetuto che lei non c’è, che ha
preso la bici e chi si è
visto sé visto…ma come è
possibile.” Distrutto si sedette con la testa fra le
mani sulla sedia vicino al pc.
“Le capita. Quando
è molto arrabbiata
o molto triste…od entrambi, scappa. Si prende una giornata
in cui nessuno può
trovarla. Il giorno dopo io e lei ci vediamo e mi racconta di quello
che ha
fatto e pensato.”
“Mi dirai tutto,
vero?” Stefy si mise
a ridere.
“Credimi, arriverete
ad uno scontro,
perché non riuscirà a stare calma. Ci
è rimasta troppo male.”
“Io non ho fatto
nulla. Jenny mi è
saltata addosso e non capivo che volesse.”
“Ora è
decisamente più chiaro!”
Esclamò acido Shannon.
“Uhmmm
cos’è tutto questo sarcasmo
che sento?” Jared fece un gesto con la mano.
“Shan è
incazzato con me perché ieri
sera li ho lasciati a metà concerto.” Stefy fece
una boccaccia a Shan che aveva
iniziato a suonare con le dita sul comodino. La ragazza si sedette tra
i due,
appoggiandosi a Shannon, che non disse nulla, anzi, la accolse
volentieri fra
le braccia, come se quel gesto fosse abbastanza familiare. Se Jared
fosse stato
in sé avrebbe notato tutto questo, ma pensava troppo a
Monica per farci caso.
“Poverino, andava a
cercare il suo
amore perduto…” La buttò lì
Ste curiosa di vedere il risultato…che non
arrivò.
I due amici si guardarono ridacchiando tra loro: ormai erano sicuri,
lui era
cotto come un pero.
“Ho bisogno che lei
sappia che non
volevo che succedesse…” mormorò alla
sua immagine riflessa allo specchio.
Monica camminava come se
dovesse
andare al patibolo. In effetti la scuola poteva essere vista come una
gogna
mediatica per quello che era successo. Non ci aveva ancora messo piede,
che già
alcuni dei suoi compagni l’avevano additata per strada.
Figurarsi cosa sarebbe
successo là dentro.
Suonò al campanello
di casa di Stefy
ed attese che lei uscisse: in quel momento aveva bisogno di una persona
amica
che la capisse e che la ascoltasse.
Quando l’amica
uscì, si abbracciarono
senza dire una parola: erano il sostegno una dell’altra, non
occorrevano parole
in quei frangenti.
“Allora, spara
tutto.” Esordì Stefy.
Monica aveva delle occhiaie così marcate che non se
l’era sentita neppure di
sgridarla per non essersi fatta sentire per tutta la domenica. Aveva
capito che
doveva aver passato una giornata da schifo.
“Sono
stata in giro in bici…” iniziò laconica
Monica, mentre guardava il cielo terso. “Alle sette mi sono
alzata, incapace di
stare un minuto di più distesa e sono partita.
All’inizio volevo andare al
fiume, ma quando sono arrivata lì, è stata
tragica. Mi è tornata in mente tutta
la giornata di pesca passata assieme al fetente. È
mostruoso, mi sembra di
vederlo ovunque.” Chiuse gli occhi e sospirò.
“Lo odio.”
“Addirittura?”
“Forse odio
è troppo semplice. È una
mescolanza di sentimenti contraddittori, lo ammetto. Vorrei riuscire ad
odiarlo, in modo da togliergli le budella ed usarle come calze a rete,
ma…”
“Cacchio, ma come ti
vengono in mente
queste minacce??? Sei un genio del male!” risero assieme,
così da stemperare la
situazione. “Comunque, dicevi, ma?”
“Ma
niente…il suo problema è che ha
fatto pure cose carine per me. Certo, baciare Jenny davanti a tutti non
la
chiamerei cosa carina!” sbottò con furia Monica.
“Bhe, tecnicamente
è stata lei a
baciare lui.” Monica la fissò.
“Scusa, per chi
patteggi tu?” Stefy
sorrise.
“Ovviamente per te.
Io ti amo e se mi
dici che devo insultare Jared, lo faccio. È un cretino,
deficiente, stronzo,
che si fa baciare dalla prima che capita, mentre la sua ragazza
innamorata è lì
con gli occhi a cuoricino che lo guarda. È un
fros!” Monica rise.
“Ecco,
così mi va bene! Ehy, no,
aspetta un secondo. Innamorata a chi? Io non lo amo di certo!”
“Ah no? Io pensavo
che con quella
fuga…” Lasciò la frase in sospeso.
“Che
c’entra? Non è per quello che
credi tu che sono andata via… Jared… insomma, mi
ha preso in giro, mi ha fatto
fare la figura della scema.” Tornarono in silenzio. Monica
stava, in realtà,
cercando una vera scusa per il suo comportamento. Aver visto Jared e
Jenny
baciarsi era stato qualcosa di assolutamente scioccante. In quel
momento aveva sentito
il suo cuore far ‘crak’ ed andare in
frantumi…ora stava incollando tutti i
pezzi sparsi, ma l’idea di rivederlo le faceva ancora un male
infernale. Che
fosse veramente innamorata come diceva la Ste? No, lei non poteva amare
Jared,
lei lo odiava, giusto? Lo odiava? No, in effetti aveva smesso da un
po’ di
trovarlo irritante, certo, ogni tanto aveva l’insana voglia
di spaccargli il
bel naso con un pugno, ma subito si pentiva dell’idea.
Deglutì pesantemente e
solo in parte per l’entrata a scuola. La
possibilità di essere innamorata di
Jared la mandava in confusione.
Solcò il corridoio
verso il suo
armadietto a testa alta, senza fissare nessuna delle decine di persone
che la
additavano ridacchiando, oppure che le vomitavano insulti cattivi per
la scena
di sabato. Vide anche Jenny e si diede della scema: perché
non era andata a
menarla? Ah certo, perché la violenza non risolveva
nulla… però l’avrebbe
aiutata a sfogarsi di certo.
Gettò alla rinfusa
lo zaino e si
prese giusto i libri per la lezione, mentre Stefy si scartava un chupa
chups
alla fragola: non vedeva l’ora di infilarsi
nell’ultimo banco dell’ultima fila,
così da evitare gli altri.
“Spero che la
situazione migliori in
fretta, o rischio veramente di fare una strage con i
controfiocchi.”
“Dai Monica, loro non
c’entrano?”
“Hai ragione sono
solo dei coglioni…”
e sbattè la portella dell’armadietto con forza.
Non fecero che pochi passi,
quando
Stefy esclamò:
“Oh!”
“Che
succede?” Stefy fece un piccolo
gesto con la mano e Monica si voltò irrigidendosi subito.
Stava arrivando da
lei, di corsa, Jared, seguito a ruota da Shannon. Le voci intorno a
loro
crebbero di intensità. Monica serrò la mandibola,
tanto che la sentì
scricchiolare. Gli diede velocemente le spalle stringendo al petto i
libri.
“Monica,
aspetta!” Urlò Jared
incurante di tutto. La raggiunse in pochi secondi e la prese per la
spalla, in
modo da farla voltare verso di lui. Nel suo sguardo vi lesse una rabbia
enorme.
“Tu devi ascoltarmi.”
“Io non devo fare
proprio niente!”
Sibilò Monica cattiva. Cercò di divincolarsi, ma
senza risultati: la presa del
ragazzo era troppo forte.
“Io non ho fatto
niente di male.”
“Ah no? Bene, allora
vai da quella
sciaqquetta, stai perdendo tempo con me!”
“Io non la voglio
Jenny.”
“Non mi sembrava
sabato.” Jared roteò
gli occhi esasperato.
“Secondo te quanto ci
mettono a
menarsi?” Chiese Shannon a Stefy, che li stava fissando come
tutti gli studenti
che passavano per il corridoio.
“Poco, Monica
è bella carica.”
“Anche Jared.
Però devo dargli atto
che non ha mai picchiato una donna…forse si
limiterà a prenderle.”
“Senti, io non volevo
baciarla.”
“Ma l’hai
fatto, idiota!” I due erano
sempre più vicini, si parlavano, ormai, a pochi centimetri
uno dalle labbra
dell’altra.
Jared non ci vide
più e la sbattè
contro il muro, facendole anche un po’ male: la teneva salda
per le spalle,
stringendo solo il necessario perché non sgusciasse via da
lui.
“Ti avevo chiesto una
cosa sola, di
non farmi passare per stupida. Già ero troppo sotto i
riflettori di questo buco
merdoso perché ero la tua ragazza, ma ora lo sono ancora di
più e tutto perché
tu hai deciso di fare il galletto in giro con un’ochetta che
allarga facile le
cosce.”
“Non l’ho
voluto io.”
“No, però
lo hai accettato.”
“Che dovevo fare?
Ucciderla?” Monica
finse di pensarci su.
“Sarebbe stata una
bellissima idea.”
Jared la strinse a sé e lei lo prese per il colletto della
camicia. “Una
cosa…una cosa sola per il nostro patto. Bene, questa
relazione finta è
terminata, così sarai libero di andartene con chi
vuoi.” Lui non seppe mai se
era per colpa della luce o cos’altro, ma negli occhi della
ragazza gli parve di
vedere delle lacrime pronte ad uscire. Qualcosa nel petto si mosse e
capì che
lui, quella storia finta, non la voleva perdere per nulla.
“Visto, bastava poco
per farli lasciare.”
Sussurrò Jenny all’orecchio della sua amica
lì vicino. Come tutti stava
osservando la scena per godersela al meglio. Certo, Jared era stato
molto
chiaro su cosa lei avesse dovuto fare, cioè girargli al
largo, ma Jenny era
troppo sicura di sé e del posto in cui occupava nel mondo,
per non credere che
a breve il ragazzo sarebbe tornato da lei strisciando.
“Lasciami in pace,
Jared, per
favore.” Glielo supplicò, anche se il tono era
sempre furioso.
Lui non lo fece, anzi, con una
furia
pari a quella di Monica, l’attirò a sé
e a labbra aperte la baciò. Era così
furioso per le parole di lei e la sua testardaggine a non volerlo
ascoltare,
che aveva capito che doveva fare qualcosa di radicale: gli era venuto
in mente
di darle uno schiaffone, ma poi aveva optato per baciarla, credendo, a
ragione,
che fosse un gesto particolarmente forte.
Il tempo sembrò
fermarsi per tutti,
specie per Monica che non si era proprio aspettata un gesto del genere.
Sentiva
il suo corpo aderire al muro dove lui la stava spingendo in modo da
avere più
stabilità. All’inizio non sapeva cosa fare, poi,
presa dalla foga di Jared,
iniziò a rispondere al bacio. Spostò le mani dal
colletto della camicia alla
testa, facendo in modo che lui si avvicinasse ancora di più
ed approfondisse il
bacio. Sentì Jared che la abbracciava e la stringeva a
sé. Erano talmente
vicini che lei si domandò se lui potesse sentire il suo
cuore battere
all’impazzata.
Era una dolce lotta, dove
nessuno
prevaleva: Jared adorava succhiare leggermente il labbro di Monica,
molto più
carnoso e succoso del suo, mentre il sapore del dentifricio con cui lei
si era
lavata i denti, gli si diffondeva in bocca. Più la baciava e
più la
voleva.E la cosa
incredibile, almeno
per lui, era che sentiva che tutto il suo corpo la stava baciando.
Aveva la
perfetta sensazione delle sue manine che passavano tra i suoi capelli e
poco
gli interessava che lo stesse spettinando come lui odiava.
E Monica volava: il sapore di
uomo
che lui emanava da ogni suo poro era intossicante e la sua bocca, la
sua
lingua, il suo corpo ne reclamava sempre di più.
“È
così che si lasciano, secondo te?”
l’amica di Jenny, una rossa con i capelli ricci ed occhiali,
sogghignò: pochi
sopportavano la bionda e lei lo faceva solo per brillare di luce
riflessa, ma
vedere che anche lei per una volta non veniva assecondata, non poteva
che farle
piacere. Dal canto suo Jenny, fissava la coppia con orrore: non credeva
possibile che un ragazzo così ricercato come Jared potesse
volere così tanto
una mezza pazza piena di ideali come Monica. Era un affronto per lei.
La coppietta non si accorse che
intorno a loro si era alzata una baraonda di fischi di incoraggiamento
e
scherno, in realtà la maggior parte di loro era invidiosa.
Stefy era rimasta
così sorpresa nel
vedere il gesto del ragazzo, che si ritrovava a bocca aperta con il
lecca-lecca
in bilico precario, pronto a cadere per terra da un secondo
all’altro, mentre
Shannon era riuscito per due secondi a smettere di muovere le sue
bacchette
della batteria, che portava sempre con sé.
Quando Jared si
staccò, si appoggiò
con la fronte su quella di Monica. Entrambi tenevano ancora gli occhi
chiusi.
Lai si passò la lingua sulle labbra, come per assaporare
fino all’ultimo il suo
sapore.
“Ci vediamo a
ricreazione?” le
sussurrò piano.
“Certo.”
“Monica, sei tu la
mia ragazza…non
dimenticarlo.” E così dicendo aprì gli
occhi facendola annegare in quel
profondo lago grigio.
“E chi se lo scorda
ora…”
Jared corse verso la sua
classe,
visto che la campanella stava suonando in quel istante, mentre Monica
rimase
ferma sul muro: le sue gambe si rifiutavano di sostenerla.
“Topina, come
va?”
“Eh?” Stefy
era davanti a lei che la
fissava sorridente.
“Come stai?”
“Splendidamente…io…devo
andare un
attimo in bagno.” Cominciò a muoversi barcollando:
le sembrava di essere
ubriaca…Jared stava diventando la sua droga, una sexy,
bollente, droga.
CAPITOLO UNDICI
La lezione sembrava non finire mai:
Jared controllava l’orologio ogni cinque minuti, in modo da
poter scattare
verso la classe di Monica per poi andare a pranzo assieme.Durante la ricreazione non
avevano potuto vedersi,
dato che la ragazza, insieme a Stefy e Shannon, si era dovuta fermare a
parlare
con il professor Patterson per la consegna della tesina e
l’accordo per la
presentazione davanti a tutta la classe.
“Signor Leto, la campanella non
suonerà prima, anche se continua a guardare
l’ora.” Lo redarguì la
professoressa di Letteratura. “E, soprattutto, la sua ragazza
di certo non
scapperà prima di rivederla.” Alcuni attorno a lui
ridacchiarono, ma lui si
limitò a lanciare qualche occhiataccia. Era incredibile come
ormai sembrava che
tutta la scuola sapesse del loro bacio in corridoio, perfino gli
insegnanti
avevano fatto qualche accenno neanche troppo velato.
Jared tornò a fissare il quadrante,
sperando che quella maledetta lancetta andasse più veloce:
non riusciva a
capire come aveva fatto a restare così calmo dopo essersi
staccato da lei.
Quelle labbra lo avevano drogato, ne aveva ancora troppa voglia. Il suo
respiro
accelerato, il suo profumo alla cannella, i suoi capelli morbidi... si
ricordava tutto.
Cercò nei recessi della sua memoria
delle situazioni analoghe con altre donne, ma non gli veniva in mente
nulla.
Per nessuna aveva mai provato niente di simile: iniziò a
preoccuparsi. Che si
fosse veramente innamorato come sosteneva suo fratello? Questa era
un’opzione
che non aveva mai voluto mettere in campo.
Finalmente la campana suonò e lui
schizzò verso il suo armadietto: giusto il tempo di mollare
i libri della
lezione e corse verso la classe di matematica del primo anno. Eccola
lì,
intenta a parlare con Stefy e a ridere. Il suo cuore perse un battito
nel
vederla così e capì di essere fottutamente perso
di lei.
“Guarda che ormai non ti serve
spiarla.” Come un fantasma si era avvicinato Shannon.
“Mi dirai come fai a comparire in
questa maniera. Mi fai paura.”
“Che ci vuoi fare, sono un animale
notturno, tipo pantera nera. Un felino....ffffffff” e
soffiò, mimando un gatto.
Jared scosse il capo.
“Passi veramente troppo tempo con la
Ste.”
“Non è vero…anzi, credo
che la cosa
mi aiuti molto. Mi sento molto più libero quando sono con
lei. Tanto qualsiasi
cosa faccio lei non si sconvolge. Figurati, le piace quando la
suono!”
“Scusa? La suoni?”
“Ah, ah…con le
bacchette…la suono.”
“Oddio…”
“Ciao maschioni!” Esclamò
la
vulcanica Stefy.
“Grazie al cielo siete arrivate…mi
salvate da una discussione assurda.” Fece Jared prendendo
Monica per le spalle
ed attirandola a sé.
“Sì? Tipo?” gli chiese
lei. Ancora
volteggiava dal bacio. Per tutta la mattina non aveva ascoltato una
sola parola
di quello che le veniva chiesto, cosa che aveva fatto infuriare
più di qualche
insegnante. Non che la cosa la preoccupasse sul serio: aveva studiato
sodo per
tutto l’anno, quindi di certo i suoi voti non sarebbero
calati per una mattina
di pensieri vaghi. No, non erano neppure vaghi: i suoi pensieri
andavano solo
verso Jared e mai aveva odiato tanto Patterson per averla trattenuta
più del
necessario. Lei sentiva la necessità impellente di stare con
Jared, di
abbracciarlo, di affondare il volto nel suo collo, di vedere quei
magnifici
capelli rosso fuoco e, perché no, ripetere
l’esperienza bacio.
Si chiese quando i suoi sentimenti
fossero cambiati così radicalmente. Da quando la sua lingua
si era intrufolata
nella sua bocca? No, in effetti era qualcosa che partiva da prima.
Forse dal
primo e leggero bacio dopo la domenica di pesca? O da quando lui aveva
suonato
per lei? Non le importava, le bastava averlo tutto per sé
esattamente come
stava succedendo in quel preciso istante. Purtroppo per lei, doveva
fare i
conti con se stessa e quindi con il fatto che a lei Jared piaceva un
sacco e
che voleva che quella strana storia continuasse all’infinito. “Tipo
una che si fa bacchettare addosso.” Lei rise:
Stefy l’aveva, ovviamente, già aggiornata su quel
nuovo livello di amicizia
raggiunto con Shannon, quindi non si era stupita poi molto, ma forse il
suo Jar
non ne aveva mai avuto l’occasione. Poverino, quante cose non
sapeva di loro
due.
“Tranquillo, è una cosa
normalissima.” Lui si abbassò verso di lei e le
sussurrò all’orecchio.
“Piace anche a te farti bacchettare?”
le sorrise malizioso, ma lei non si perse d’animo e gli
rispose a tono.
“Preferisco farmi accordare.”
Entrambi risero, facendo girare gli sguardi di qualche curioso.
“Oddio, adesso questi iniziano a
tubare. Che diabete.”
“Stefy, ma vai a quel paese.”
I quattro raggiunsero la mensa ormai
già strapiena e si misero in fila: c’erano
ragazzine che ridacchiavano vedendo
Monica e Jared che si tenevano mano nella mano, altre che sospiravano
di
invidia. In lontananza c’era pure Jenny che decise di non
degnarli di uno
sguardo: per lei ormai nessuno dei due valeva qualcosa.
“Speriamo ci sia qualcosa di
vagamente decente per pranzo.” Sospirò Shannon
prendendo il vassoio marrone.
“Ehy, Monica, ma quello non è tuo
fratello?” domandò Jared indicando un puntino
ossigenato lontano. Sia Monica
che Stefy si voltarono e lo videro. Sedeva in fondo alla sala,
completamente
solo.
“Non c’è
Dru…” mormorò Ste con una
punta di speranza.
“Magari non è ancora
arriv…” la frase
le morì in gola: Monica vide l’esile figura
pallida che rideva e parlava con un
gruppo di ragazzi della squadra di football. Un peso le crebbe nel
cuore.
“Amore, prendi qualcosa da mangiare anche per me!”
disse a Jared lasciandogli i
soldi per la sua parte, poi corse via. Lui la guardò con
sorpresa: amore?
Monica zigzagò tra i commensali fino
ad arrivare a suo fratello: aveva lo sguardo perso nel vuoto e le
pareva che
avesse anche gli occhi lucidi. Non poteva aver pianto, o sì?
Si sedette vicino
a lui.
“William?” gli toccò la
spalla e lui
si girò. Aveva decisamente pianto.
“Che vuoi?”
“Cosa è successo?”
“Secondo te? Non la vedi, la mia
principessa?” e fece un gesto con la testa in direzione di
Drusilla.
“Vi siete lasciati?” William rise
amaramente.
“Diciamo che io ho lasciato lei.”
Monica sgranò gli occhi per lo stupore.
“Prego?”
“Incredibile, vero? Spike che lascia
la grande Drusilla!” Urlò e qualcuno si
girò.
“E abbassa la voce” fece Monica
“Spiegami cosa è successo, perché
sarà anche vero che tu hai lasciato lei, ma
di sicuro quello che sta peggio sei tu.”
“Che cosa vuoi sapere? Che lei non mi
ha mai amato o che lei mi tradiva con uno di quei bestioni inutili che
rincorrono un pallone ovale?”
Monica portò la mano davanti alla
bocca e si voltò per vedere Drusilla. Se avesse potuto
l’avrebbe scorticata in
quello stesso momento.
“Ti tradiva?”
“Già…sono uno
stupido…anzi, sono
proprio la puttana dell’amore. Figurati che sto
già pensando ad un modo per
riconquistarla.”
“Non farlo! Una che ti tradisce non
merita il tuo affetto!” Rispose dura lei. Nessuno poteva far
sta male suo
fratello e passarla liscia…avrebbe meditato vendetta.
“Senti, William,
parliamoci chiaro. Tu sei un gran rompi palle, velenoso, infido
perché sai
colpire nei punti che fanno male, ma sei anche un ragazzo dal grande
cuore,
pronto ad aiutare chi è nei guai. Sei brillante,
intelligente e pieno di
spirito. Il prossimo anno renderai fieri mamma e papà
andando a Yale o Harvard
o dovunque preferisci dato che bravo come sei chiunque ti vuole nel
proprio
campus e quindi non devi farti mettere sotto da una stupida vampira
pazza come
quella.” E la indicò senza pudore alcuno.
“Lei non vale un millesimo di te e tu
meriti qualcuno che ti sappia apprezzare fino in fondo e sono sicura
che la
troverai ben presto.”
William la fissò grato: era raro che Monica palesasse in
quella maniera i suoi
sentimenti verso di lui e questo non poteva che fargli piacere. Era
vero,
spesso bisticciavano, ma si volevano bene nel profondo.
“Grazie, sorellina.”
“Perfetto! Senti, vuoi venire a
pranzo con noi? C’è di sicuro un posto
libero.” Si alzarono insieme.
“Ti ringrazio, ma oltre ad aver già
finito di mangiare, non vorrei rovinare l’atmosfera di dolce
e pukkoso che c’è
tra te e Leto.” Guardò in direzione di Jared che
li stava tenendo d’occhio per
vedere che faceva Monica “Ormai la cosa è
veramente seria.”
Monica non seppe che rispondere e si
limitò a stare in silenzio. “Bhe, sono contento
per voi, basta che tu stia
bene.” Lei sorrise e gli saltò addosso per
abbracciarlo, chi se ne fregava se
le loro immagini di duri si incrinavano un po’.
“Sei un buon fratello quando vuoi, lo
sai?”
“Anche tu. Ci vediamo a casa!” lo
lasciò andar via e si diresse sospirando dai suoi amici.
Notò che Stefy la
guardava con impazienza.
“Ciao ragazzi.” Salutò
Matt e Tomo
che si erano uniti.
“Che è successo?” fu la
prima cosa
che chiese la Rossa.
“Dru e William si sono lasciati.”
Iniziò con cautela. Pensò di evitare di dire che
Dru lo tradiva da settimane,
altrimenti Stefy sarebbe corsa da lei con una accetta per affettarla e
farla in
sala mensa non le pareva la cosa migliore.
“Ah.” La reazione di Stefy sorprese
tutti quanti. Diventò improvvisamente pensierosa e per un
po’ non parlò immersa
nelle sue elucubrazioni.
“Ti ho preso questo.” Fece Jared
porgendole un piatto con qualcosa di giallo e marrone
all’interno che fece fare
una smorfia a Monica.
“E questo sarebbe?”
“Bho, la spacciano per carne, ma io
non ne sono così sicuro.” Rispose Tomo.
“Sembra più una suola di scarpe.”
“Mi sa che salto il pranzo.”
Terminò
Monica spostando il piatto.
“Mangia. Starai male se non mangi
qualcosa. C’è tutto il pomeriggio da stare in
classe.” Fece Jared riponendole
davanti di nuovo il piatto.
“Mi fa impressione e poi ho
abbastanza riserve per non morire di fame per un giorno che salto il
pranzo.”
“Non accetto scuse. Mangia, almeno il
purè.”
“Non mi piace il purè.” I
loro amici
li fissarono e, ad un certo punto, si misero a ridere fragorosamente.
“Che c’è?”
domandarono i due in coro.
“Sembrate una coppietta appena
sposata.” Fece Matt annegando in un sorso d’acqua.
I due arrossirono, ma Jared
strinse maggiormente la mano della ragazza, che si accordò
alle risate
generali.
Il pranzo scivolò tranquillo: siccome
Monica aveva notato che Jared tentava di mangiare con la sinistra solo
per
tenerle la mano, con risultati disastrosi che resero il suo
purè ancora più
osceno, aveva mollato la presa e gli aveva posato le dita sulla gamba
per
accarezzargliela piano, così che lui riuscì a
mangiare in pace.
“Che scenetta vomitevole…”
Monica si
voltò: la frase era stata solo sussurrata, ma lei
l’aveva sentita bene. Vide
Jenny che si avviava verso l’uscita. La puntò e
senza indecisione alcuna si
alzò.
“Scusa, te lo ricompro dopo.” Fece a
Shannon rubandogli la Coca che aveva preso da bere.
Con passo spedito si avvicinò alla
ricca bionda. Aveva in mente un bello scherzetto per lei.
“Jenny, scusa.” La chiamò
con voce
melliflua. Questa si girò e la fissò come se
fosse immondizia.
“Che vuoi?”
“Che bel vestito che indossi.
Immagino valga molto.”
“Certo più di te. Che cosa vuoi,
Cross?”Monica si mordicchiò il labbro pensierosa e
poi rispose.
“Volevo dirti che mi dispiace per
quello che farò, perché, in effetti, lui non
c’entra nulla.” Con un gesto
veloce le rovesciò addosso il bicchiere di Coca-cola
lasciandole una macchia
gigantesca. Il resto della sala si mise a ridere.
“Ma sei deficiente? Sei da internare,
questo era un modello unico di Prada, idiota.” Monica perse
il sorriso finto
che aveva fino a quel momento e le si avvicinò. Jenny
arretrò per evitarla, ma
si ritrovò addosso al bancone della mensa. Non riuscendo
più a scappare,
fronteggiò Monica, che le arrivò fino a pochi
centimetri dal viso.
“Ricordati una cosa: Jared Leto è il
mio ragazzo e sottolineo la parola mio. Non sta con te, non sta con
Mary, non
sta con Stefy, sta con me. Prova a fare la gatta morta con lui e la
prossima
volta non sarà solo il vestito ad uscire rovinato da questa
scuola. Ci siamo
intese?” Jenny la fissò con rabbia, ma non disse
nulla. “Non ho sentito..”
“Sì.” Sibilò a
denti stretti. Monica
si spostò di poco, giusto per farla respirare.
“Bene, sono contenta che ci siamo
capite.” E dicendo questo girò i tacchi e
tornò al suo tavolo, dove una
impazzita Stefy stava battendo le mani a più non posso,
imitata poi dal resto
dei ragazzi presenti. Sembrava che a più di qualcuno la
bella bionda stesse
sulle scatole.
“Bella scenetta.” Le disse Jared.
“Che vuoi farci, odio certi tipi di
atteggiamento.” Quando lei fu seduta, Jar la
avvicinò a sé e la baciò: non era
un bacio appassionato come quello del mattino, ma non importava poi
molto a
nessuno dei due, bastava baciarsi.
“Preferivo il gusto del tuo
dentifricio a quello del purè.” Fece lui alla fine
guardandola.
“Scusate, non vorrei rompere, ma ho
sete.” Fece Shannon guardando Monica.
“Andiamo subito al sodo, fratello.”
Esordì Shannon appena usciti da scuola. Jared stava
fischiettando allegramente
e si fermò.
“Dimmi.”
“Quando tu e Monica vi metterete
assieme come Dio comanda? Oppure siete già una coppia di
fidanzati?”
“Non lo siamo, stai tranquillo.”
“Credo che sia impossibile. Siete
ormai uno parte dell’altra.” Jared si
fermò per pensare meglio alla risposta e
riprese tutto serio.
“Io non voglio rovinare tutto.”
“Ma rovinare cosa?”
“Tutto questo. Mi piace, ma funziona
solo perché lei crede che sia una cosa falsa. In
realtà dubito che provi
qualcosa di veramente importante per me.”
“Ma sei idiota di natura o hai preso
la patente per esserlo?” Jared lo fissò con una
smorfia.
“Sì, decisamente troppo tempo con
Stefy.” Shannon sbuffò rabbuiandosi. “Si
può sapere perché la prendi così sul
personale?”
“Perché mi dà fastidio!
C’è chi
ucciderebbe per avere quello che avete voi e voi due ne scappate come
dei
conigli.” Diede un calcio ad un sasso mandandolo lontano.
“Come fai a dire che
Monica non prova qualcosa per te? E la scena alla mensa? E il bacio?
Neanche
Hollywood ne ha mai sceneggiato uno del genere e per poterlo fare
bisogna
‘sentire’ l’altra persona. Siete due
idioti se continuate così.”
“Ti piace Monica?” i due si fissarono
per qualche secondo.
“Mi piaceva. Adesso mi piace Stefy,
ma sono senza speranze, lei non fa che pensare a William. Comunque
parlavamo di
te.”
“Non voglio dirle niente di quello
che provo perché ho paura che tutto questo finisca. Ho paura
che le cose
cambino radicalmente e io non voglio.”
“E se cambiassero in meglio? Ci hai
mai pensato?” Jared fissò la schiena del fratello.
Da sopra il colletto della
maglia poteva vedere una parte del suo tatuaggio.
“No, in effetti.”
“Allora fallo. Sabato sera papà
è via
per lavoro. Deve trasportare un camion a Seattle. Hai la casa libera:
invitala
a cena e parlale, magari capite che siete stati dei deficienti e
mettete le
cose a posto.”
Jared si mise a pensarci su.
“Pronto?”
“Ciao Monica, sono la Stef.” Monica
passò la cornetta all’altro orecchio, in modo da
poter continuare a scrivere
sul pc senza troppi intoppi.
“Ehy, che bello! Come è andata
arte?”
“Bene, ma non è per questo che ti
chiamo.” Monica aggrottò la fronte: non era da lei
essere così sbrigativa nelle
cose, si facevano certe chiacchierate al telefono che duravano ore.
“Dimmi.”
“Tu e Jared.”
“Io e Jared, cosa?”
“Quando gli dirai che lo ami?” Monica
rimase a bocca aperta: con lei non ne aveva ancora parlato, preferendo
analizzare meglio i suoi sentimenti.
“Scusa, e tu come te ne esci con una
cosa del genere?”
“Senti, topina, io ti conosco meglio
di chiunque altro. Pensi che non abbia visto come sei cambiata?
È ovvio che ami
quel ragazzo, sei completamente fusa per lui. Quando lo vedi ti si
illumina lo
sguardo, sei più sorridente, sei più tutto,
insomma e questo ben prima della
scenetta del bacio in corridoio.”
“Io…” Monica non sapeva
bene cosa
dire alla sua amica. “Ok, hai ragione, mi piace,
ma…”
“Ma?”
“Ma non voglio rovinare tutto. Se gli
dico che lo amo, mi molla in pochi secondi…in 30 secondi,
per restare in tema.”
“Ma sei tutta scema. Non ti sei
accorta di quanto lui sia preso da te? Lo dice anche Shannon.”
“Facciamo così, io mi dichiaro
quando
anche tu ti dichiarerai con lui.” “Con
William? Bhe prima devo aspettare un po’, si è
appena lasciato con Dru.” Monica fece cadere
l’argomento, anche perché la sua
amica era veramente cieca con i propri di sentimenti. Non che lei ci
navigasse
bene, anzi, si sentiva annegare, ma non ammettere una cosa del
genere…in
effetti erano decisamente due situazione simili.
“Monica, sei ancora lì?”
“Sì, scusa, stavo pensando ad
altro.”
“Sì, a Jared.”
“Non proprio Ste.”
“Allora, quando glielo dici?”
“Mai. Ho deciso che non mi
dichiarerò
mai ad un ragazzo, ho già provato ed è andata
male. Gli dirò che lo amo solo se
lui me lo dirà per primo. E sono categorica su
questo.” Sentì Stefy che sospirò
dall’altra parte della linea.
“Fai come vuoi, ma sappi che per me
sbagli.”
CAPITOLO
DODICI La
lezione di algebra era, se Dio
voleva, quasi finita. Ma per Jared sembrava non volesse mai finire.
Erano un
paio di giorni che ci pensava e l’idea di Shannon non gli
pareva niente male.
Un intero week-end con a disposizione tutta la casa. Monica avrebbe
potuto
dormire da lui. Alt, quei pensieri potevano risultare decisamente
pericolosi,
anche perché lei ancora non aveva dato una risposta, visto
che l’invito non era
ancora partito. Aveva tentato, un paio di volte, ad accennarglielo, ma
si era
sempre materializzato qualcuno con loro e lui non voleva spiattellare
quella
cosa così di fronte agli altri. Oppure, molto semplicemente,
aveva una paura
del diavolo che lei gli dicesse di no, praticamente rifiutandolo senza
altre
possibilità. Non voleva ammetterlo con se stesso, ma
l’idea che Monica non lo
volesse, gli faceva torcere le budella. Ma,
finalmente, dopo tanti
ragionamenti, era pronto. Aveva trovato il modo giusto per poterla
invitare a
cena: forza, una cena non era niente di clamoroso e niente di
scioccante,
giusto? Riguardò
l’orologio: cinque minuti e
poi la tortura sarebbe terminata. Continuava a torcere un piccolo
nastro rosso
che aveva messo intorno al pacco confezionato per lei. La carta blu era
per
omaggiarla, dato che sapeva che lei adorava quel colore. La
campanella lo fece sussultare:
prese il pacco regalo e si mise a correre verso la porta. “Avvisate
il prof che sono fuori.” Voleva
approfittare di quel momento perché la lezione di musica, da
sempre, era quella
più da fancazzisti. Nessuno faceva nulla, si limitavano a
fare qualche cenno al
signor Trent per fargli capire che erano lì, ma per il resto
erano decisamente
liberi, quindi che Jared fosse in classe o meno, poco sarebbe importato. E
poi quello era un giorno
importante: Patterson aveva corretto tutte le tesine presentate e
quella
mattina, in aula magna davanti a tutti i professori che non avevano
lezione e
le classi delle medie inferiori, si teneva la conferenza annuale di
biologia.
Monica gli aveva fatto una testa come un pallone descrivendogli tutte
le
malattie del sangue e le loro cure che esistevano, o, almeno, la
maggior parte
ed era piuttosto intrattabile… era decisamente meglio che le
desse il regalo
dopo l’esposizione, altrimenti avrebbe rischiato che glielo
tirasse in testa ed
avrebbe fatto molto male. Entrò
e si ritrovò immerso in una
noiosissima discussione sugli acidi gastrici. Che schifo, ricordava
benissimo
quelle ore interminabili a fissare vetrini e studiare organi. Patterson
adorava
il corpo umano e quindi, durante il primo anno, faceva a tutti una
testa
enorme. Rabbrividì al pensiero. Prima di andare a sedersi,
lesse la lavagna:
prima del turno di Monica doveva passare il sistema digerente e quello
polmonare. Sospirò: sapeva che l’attesa sarebbe
stata mooooolto lunga. Si
sedette in alto, lontano da
sguardi indiscreti cercando di trovare la sua ragazza, che
però, era ancora al
sicuro dietro la tenda del teatro. Invece
era lei che osservava lui: lo aveva visto
sedersi in alto, come a nascondersi da tutti, dove le luci non lo
potevano
trovare. Impossibile: di lui si notava ogni cosa. Il fisico perfetto, i
capelli
rosso fuoco che gli accarezzavano il collo e quel volto da angelo che
si
ritrovava. Senza parlare del grosso pacco regalo che si portava
appresso. Monica
si domandò cosa fosse, ma senza arrivare ad una risposta
soddisfacente. “Che
fai?” “Uh?”
Stefy le si era materializzata
davanti. Continuava a spiegazzare tutti i suoi fogli a causa del
nervosismo
“Stavo guardando chi c’era.” Stefy la
imitò e sorrise maliziosa. “Guardavi
Jared, vuoi dire.” “Ok,
mi hai scoperto. Ma che ci vuoi
fare, è proprio un bel vedere.” “Deve
essere di famiglia, anche
Shannon lo è.” “È
cosa?” il ragazzo era arrivato,
apparentemente calmo, ma con la mano che continuava a tenere il tempo
sulla
coscia. “Nervoso?” “Ma
figurati, per così poco…” Le due
ragazze lo guardarono poco convinte “…ok, ho una
paura fottuta, ma se lo dite a
qualcuno vi ammazzo. Io odio parlare davanti a troppa gente!” Si
sedettero a terra, in attesa che
arrivasse il loro turno. Monica sbadigliò sonoramente: Dio,
i suoi compagni
erano veramente noiosi. Poi si bloccò: e se anche lei
sarebbe stata da Valium?
Tutto il suo lavoro sarebbe andato in fumo e proprio davanti a
Jared… prese un
profondo respiro davanti ad una perplessa Stefy. “Dieci
minuti e tocca a voi.”
Annunciò Patterson che stava uscendo per fare delle domande
ai loro compagni. “Merda,
di già? “Oddio,
sono troppo nervosa!” Esclamò
la Ste, mentre Monica si perdeva per un’ultima volta tra i
suoi appunti. Per
fortuna non trovò niente che non andasse.
“Shannon, bacchettami tutta!” Monica
guardò la sua amica sconvolta:
erano queste le richieste da fare davanti a lei, ma il ragazzo non
sembrò per
nulla turbato della richiesta stravagante e fece uscire dallo zaino le
sue
bacchette da batteria portafortuna e prese sul serio a suonarla, sulle
spalle,
sulle braccia, sulle gambe. Doveva essere un tocco leggero,
perché Stefy aveva
il volto piuttosto rilassato. “Sul
piano delle stranezze, questa le
batte tutte.” Mormorò Monica. Si alzarono da terra
e Shannon ripose le
bacchette: adesso sembrava più carico anche lui.
“Che canzone hai suonato?” “Edge
of the Earth… è la mia
preferita tra quelle che ha scritto Jared.” “Ottimo.
Bene ragazzi, andiamo là
fuori con il sorriso, la calma e la tranquillità. E che
lassù qualcuno ci
adori.” Uscirono
sul palco: davanti a loro
c’era praticamente tutta la scuola media e alcuni dei loro
professori
prontia godersela.
Monica individuò
Snyder e Smith. Per fortuna c’era anche la DeLuca: una faccia
amica ci voleva
proprio lì in mezzo. Sentiva le mani che tremavano e la
familiare sensazione
pre esame che le prendeva sempre allo stomaco. Prese un ultimo,
profondo
respiro e alzò lo sguardo verso l’alto: voleva
imprimersi l’immagine di Jared
prima di piombare nel fantastico mondo del sangue. Il ragazzo era
spaparanzato
sulla sedia, con la testa reclinata all’indietro, tanto che
sembrava in coma.
Monica sorrise e la cosa l’aiutò per farsi passare
un po’ di tensione. “Bene,
ora è il turno delle signorine
Cross, Lavadini e del signor Leto. Chi per primo?” Shannon
si mosse: aveva l’andatura di
un condannato a morte che si avviava al patibolo. Si
posizionò davanti al
microfono e, senza guardare niente e nessuno, iniziò la sua
esposizione. In
barba alle sue preoccupazioni, la
sua parlantina risultò molto fluente e, a parte una piccola
indecisione su un
lucido, fece una presentazione perfetta. Jared rimase di stucco: suo
fratello,
davanti a chi non conosceva, di solito non si metteva a parlare e
quando lo
faceva balbettava frasi incoerenti. Decisamente un gran cambiamento:
forse
passare tanto tempo con Stefy gli aveva veramente giovato. Fu
il turno di Monica: salì sul palco
sorridendo a Shannon che, avendo finito il suo lavoro, era raggiante.
Il
ragazzo adesso si sentiva veramente il re del mondo. Monica
con calma e determinazione,
accese il proiettore per i lucidi ed iniziò: come disse le
prime due parole, il
black-out iniziale che aveva si dileguò. Sembrava che le
cose che aveva scritto
facessero veramente parte di lei. Spiegò al meglio il
difficile capitolo delle
leucemie e delle malattie auto-immuni. Aveva deciso di ampliare solo
due
argomenti, perché altrimenti solo la sua parte sarebbe
durata più di quelle di
Shan e Ste messe assieme. Jared,
dal suo trespolo, sorrise: a
Monica quello che diceva piaceva. Lo si capiva dallo sguardo vivo, dal
leggero
sorriso che increspava il lato della bocca, dall’entusiasmo
che aveva per
parlare. Era meravigliosa. Strinse il pacco regalo: dopo quella visione
era
ancora più deciso di arrivare fino in fondo. Finalmente
prese la parola Stefy: “Ok,
tocca a me allora.” Esordì,
facendo ridacchiare i suoi amici. Stefy espose con molta chiarezza i
vari
esperimenti che avevano attuato in classe ed alcuni più
semplici che venivano
fatti nei laboratori di tutta la nazione. Il tempo passò in
fretta, anche lei
sembrava trasformata: era come se si fosse immedesimata in una perfetta
scienziata. Quelle due non smettevano più di sorprenderlo. “Bene,
direi che è stata un’ottima
esecuzione. Potete andare a sedervi, a meno che qualcuno non abbia una
domanda
da fare.” Fece Patterson verso il gruppo insegnanti, ma
sembrava che nessuno
fosse interessato. I
tre sorrisero e scesero dal palco
per andare a sedersi in platea insieme agli altri. Monica
arrivò da Jared che
si era alzato. “Vieni
fuori con me.” Le sussurrò.
Monica fece spallucce e lo seguì incuriosita.
“Siete stati grandi.” “Ma
figurati, solo una
interrogazione.” “Guarda
che io mi sono quasi
strozzato quando ho dovuto farla io.” In effetti Monica non
ci aveva mai
pensato, ma Jared ci era passato, esattamente come lei l’anno
prima. “Di
cosa parlavi?” “Muscoli.
E terminiamo qui.” Jared
prese a manipolare il regalo: la carta blu si stava pian piano
screpolando. “Cuoricino,
dovevi dirmi qualcosa?”
fece Monica che ormai si stava stufando. Di solito Jar era
più diretto nelle
cose. “Sì.
Ti volevo dare questo.” E le
porse il regalo. Monica restò sorpresa. “Non
…cioè, non dovevi.” Mormorò
lei
imbarazzata. “Perché poi?” “Tu
aprilo e leggi bene. In mensa mi
dai una risposta, ok?” Era quasi deciso di andarsene
così, ma cambiò idea e le
lasciò un leggero bacio sulle labbra. “Certo
che hai tutte le fortune,
Monica. Regalo e bacio, chi chiederebbe di più?”
domandò una ragazza del
secondo anno che passava di lì. Che risponderle? Nulla. Aprì
frenetica il regalo e si ritrovò
una grossa scatola bianca di cartone: aprì anche quella e
rimase imbambolata a
fissare una rosa rossa che era stata legata al suo libro di storia, lo
stesso
libro che lui le aveva rubato quando si erano scontrati nel corridoio
settimane
prima. Si era addirittura dimenticata che lo aveva lui.
Slegò con le dita che
tremavano il fiocco e annusò la rosa liberata. Sapeva che
era impossibile, ma
le sembrava che profumasse di Lui. Sfiorò i petali con
delicatezza e solo in
quel momento si accorse che dal libro spuntava un foglio. Lo prese e
lesse
attentamente il contenuto Ciao. Questo
è un invito ufficiale per
uscire assieme, solo noi due, per cena, sabato sera. Lo so, avrei
dovuto
chiedertelo a voce, ma non sono bravo in queste cose. Il
libro poi…bhe è tuo e mi piacciono
un sacco i disegni che ci sono. Mi sono permesso di farne uno anche io.
Chiedi
a Shannon, mi piace disegnare da quando ero bambino. Ok,
sto uscendo di tema. Spero tu
decida di venire fuori con me Jared p.s.
non devi neppure preparare il
dolce. Monica
rise di gusto e rientrò in
auditorium: Stefy la stava fissando incuriosita. Monica le
mostrò la rosa
imbarazzata e si sedette vicino a loro. Shannon aveva
un’espressione di chi la
sapeva lunga. “È
vero che tuo fratello disegna?”
Chiese Monica. “Oh
sì. Voleva fare la scuola d’arte,
ma poi è stato risucchiato dalla musica. Comunque continua a
fare schizzi.” Monica
iniziò a sfogliare
freneticamente il libro per trovare quello che ci aveva fatto Jared, ma
sembrava tutto normale. Fino all’ultima pagina: era rimasta
stranamente
immacolata nonostante i due proprietari e lui l’aveva
riempita con un ritratto
che fece venire gli occhi lucidi a Monica: c’era lei di tre
quarti, che
sorrideva. Gli occhi erano spalancati e quasi sembravano luccicassero
dietro
gli occhiali. Ma la cosa che la colpì, fu che, nonostante
lui non avesse
tralasciato nulla di lei, labbro incluso, sembrava bellissima. La sua
bocca era
dischiusa in un sorriso abbagliante e delizioso. “Quel
ragazzo ti ama, ora ne ho la
certezza assoluta.” Sussurrò Stefy guardando il
disegno. Monica era talmente
sopraffatta dalle emozioni che non disse nulla. La
mensa, sala di depravazione
culinaria e chiacchiere continue. Jared era seduto con Tomo e Matt in
attesa
che il resto del gruppo si accodasse. Era nervoso: aveva paura che
Monica gli
dicesse di no e che tutti i suoi progetti venissero così
vanificati. In realtà
era proprio quello il motivo per cui non gli aveva fatto
l’invito a voce o non
era rimasto a vederla mentre scartava il regalo: voleva evitare di
leggere sul
suo volto l’imbarazzo e il disgusto che la sua idea poteva
averle dato. Si
chinò sul tavolo fino a toccarlo
con la fronte. Tomo e Matt si guardarono senza capire: più
andava avanti il
tempo e più il loro amico diventava uno psicolabile. “Stai
bene?” fece cauto Matt. “Mai
stato meglio.” Mugugnò guardando
il pavimento. Ma perché ci mettevano tanto quei tre?
L’attesa lo stava
uccidendo. “Buon
appetito!!” urlò Stefy al
settimo cielo. “Ehy,
che energia!” “Se
Dio vuole questa cazzo di tesina
è finalmente un ricordo.” “Non
solo, topolona, è un bellissimo
ricordo.” Le fece eco Monica, mentre si sedeva vicino a
Jared. Lui la fissò in
attesa di un segno. Lei gli sorrise e intrecciò le dita con
le sue
stringendogliele. Un enorme peso si disgregò nel petto del
ragazzo che sorrise
di rimando. “Allora
è andato tutto bene.” “Frikissimo!”
Esclamò Shannon. “Ehy,
animale, c’è il copyright su
quella parola!” “Vuol
dire che poi ti pagherò.” “Mi
bacchetti di nuovo?” tre paia di
occhi si voltarono verso di loro che non colsero o che non vollero
cogliere.
Monica si limitò a mettere in bocca una forchettata di riso:
quei due stavano
raggiungendo livelli assurdi anche per lei. “Ehy,
come mi devo vestire sabato?”
domandò a Jared all’orecchio. “Come
preferisci.” Rispose lui. Aveva
in testa un’idea ben precisa e per lui, lei, poteva arrivare
vestita anche con
un lenzuolo, la cosa gli importava veramente poco. “Scusate,
posso disturbare?” “William!”
esclamò Monica. Lo
abbracciò, ancora felice per l’esposizione.
“Dovevi esserci: siamo stati
bravissimi.” “Ma
cos…ah Patterson! Bravi!” e
sorrise ad un rabbuiato Shannon ed una raggiante Stefy. “Mi
racconti a casa a
cena. Senti Ste, posso parlare un attimo con te?” Alla
diretta interessata
quasi andò di traverso un sorso d’acqua.
“Magari prima che ti strozzi…” “Ehm…certo.”
I due si appartarono,
senza rendersi conto che Shan li aveva seguiti con lo sguardo. Al
tavolo scese
un leggero silenzio: per Jared i sentimenti del fratello erano palesi,
sperava
solo che non ci stesse troppo male. Poco
dopo Stefy tornò da loro:
sembrava piuttosto pensierosa. “Allora?”
Fece Monica “Nulla,
andiamo al ballo assieme.”
Monica rimase con la bocca spalancata. Stesso risultato per Jared. “Scusate,
devo andare in biblioteca.”
Disse Shannon alzandosi e andandosene senza aspettare una risposta. “Puoi
spiegarti, per favore?” “Non
c’è nulla da spiegare. Io sono
senza partner, lui è senza partner. Ci andiamo
assieme.” “Ma…” “Blocca
il manzo. Mi ha detto
chiaramente che ci andiamo come amici. Lui è troppo scottato
da Dru per pensare
a qualcosa di serio.” Il
discorso non faceva una piega, ma
Monica non capiva la strana quiete di Stefy. Un mese prima si sarebbe
messa a
saltare per la mensa urlando come una pazza che William era ormai suo,
invece
ora mangiava la sua insalata come se nulla fosse. “Ti
aspetto fuori scuola?” domandò
Monica a Jared. “Certo...”
si baciarono davanti a
tutti, ormai senza nessun problema alcuno.
“Monica…” niente, le due parole che
potevano
cambiargli l’esistenza, si bloccarono in gola.
“…sarà meglio che cerco
Shannon.” Lei annuì e seguita da Stefy tornarono
in auditorium per l’ultima
parte del convegno. Tomo
e Matt, rimasti nuovamente soli,
portarono i vassoi al bancone. “Sai,
Matt, mi sento sempre più un
fantasma con quei quattro. Dobbiamo trovarci la ragazza pure
noi.”
CAPITOLO TREDICI
Jared si passò la mano per l’ennesima
volta tra i capelli. Doveva andare a prendere Monica e suo padre ancora
non era
uscito. Sembrava stesse tentennando per qualcosa: eppure il lavoro non
poteva
aspettare molto.
Rifece il letto, pulì la mensola dei
CD, pizzicò le corde della sua chitarra e fece qualche
schizzo. Niente, il
tempo correva sempre più lento e suo padre non si smuoveva.
“Senti, ma non dovresti essere già
partito?” era sceso in cucina con una scusa qualsiasi solo
per potergli parlare.
“Sì, in effetti avrei dovuto.”
“Mica ti è saltato il lavoro, vero?”
non poteva fargli questo, gli avrebbe rovinato tutta la serata.
“No, certo che no, solo che… “
sospirò “E va bene, ti devo parlare.
Siediti.” Jared ubbidì e si posizionò
sul
divano. Il padre era davanti a lui e sembrava piuttosto teso.
“Dimmi tutto.” Cercò di
incoraggiarlo.
“Jared. Io lo so che non sono stato
un padre perfetto. Ho sbagliato in molte mie scelte su te e Shannon. Ho
capito
di aver fatto molti errori e con il tempo spero di poter
rimediare.” Jared lo
fissava senza capire una sola parola di quello che voleva dirgli in
realtà. “E
proprio per questo che ti do questi.” E gli passò
delle bustine argentate.
Jared le fissò a bocca aperta.
“Papà, sono preservativi…”
mormorò
quasi imbarazzato.
“Lo so. Non sono stupido, so che
Monica verrà qui questa sera, altrimenti non ti saresti
messo in ordine la
camera. Proprio perché voglio essere un padre moderno non mi
metterò a
proibirti di fare sesso con lei.”
“Ok, basta, questa situazione è
surreale.”
“Figliolo, ho avuto diciassette anni
pure io, che credi. So come vanno le cose e so che gli ormoni sono
impazziti a
questa età. Non hai idea di che facevamo io e tua
madre.” Jared chiuse gli
occhi sperando che, quando li avesse riaperti, lui non ci fosse
più. Purtroppo
niente di quello che stava succedendo in soggiorno era un sogno.
“Papà, io e Monica non…insomma, non
abbiamo…ma ti pare che devo parlarne con te?”
“Certo, io sono tuo padre. A chi
vorresti chiedere?”
I due si fissarono, poi il signor
Leto riprese.
“Io ti voglio bene, Jared. So che non
te l’ho sempre dimostrato, ma è così.
Stanotte, dato che so quello che
succederà, usali. Se non bastano… ce ne sono
altri nel mio comodino.”
Il ragazzo era rimasto di sale: dove
si poteva trovare un altro padre che comprava condom al figlio
adolescente?
“Bene, ora me ne posso veramente andare. Buona serata e
salutami Monica.”
Rimasto solo, Jared si chiese
mentalmente perché suo padre tenesse dei preservativi nel
comodino…scacciò
l’insana idea di lui ed una donna assieme e
cominciò a preparare la casa per
l’arrivo di Monica.
“Stefy, devi aiutarmi, non
incasinarmi!” esclamò Monica gettando sul letto
l’ennesima camicetta che si
stava provando. Ormai era mezz’ora che si cambiava di
vestito: non era mai stata
così nervosa per un appuntamento, neppure per il primo in
assoluto con il suo
ex boyfriend. Ci aveva messo un’eternità solo per
scegliere il completino
intimo da indossare, optando per il colore blu e di pizzo leggero.
“Senti, io ti do i consigli che mi
vengono in mente, ma tu li scarti.”
“Scusa, topolona, ma non so perché
non mi vedo bene in niente. Gli farò pena.” Si
sedette esausta sull’unico
angolo di materasso che non era stato colonizzato da del tessuto
extra-lenzuola.
“Ma quale pena, quel ragazzo ormai
stravede per te.” Monica
scoccò un’occhiata laconica alla rosa che lui
le aveva regalato: voleva tanto piacergli e aveva paura che non
succedesse.
“Sei sicura?”
“Certo! Scusa, ma te lo devo dire io?
Non l’hai capito da sola? La rosa, il ritratto, la
cena… più palese di così.”
Stefy le passò unpaio
di pantaloni lunghi, neri, da indossare
con delle decoltè con tacco leggero. Ora bisognava trovare
l’indumento giusto
per il sopra.
“Da scartare il bianco…si vedrebbe
quello che hai sotto. Ma dato che ti sei messa in blu, devi puntare su
quel
colore. Ecco, questa potrebbe andare bene.” Stefy aveva
trovato una leggera
camicia di seta blu notte, che mandava dei riflessi più
chiari, quasi argentei.
“Con questa lo stendi”
In effetti, Monica dovette ammettere
che stava proprio bene. Il nero la allungava e i tacchi aiutavano a
raggiungere
di un po’ l’altezza di Jared. In più la
camicia le dava un’aria più da donna
che da ragazzina. Si sorrise allo specchio: andava proprio bene.
Prese la spazzola ed accese il phon.
“Dai qua, te li stiro come si deve.”
“Wow, mi sento viziata, Ste.”
“Bhe, cerchiamo di far funzionare
almeno una vita sentimentale, la tua…”
“Anche la tua potrebbe andare bene se
solo la smettessi di fossilizzarti su William.”
“Intanto io e lui adiamo al ballo
assieme.”
“Come amici.”
“Sì, ma poteva chiamare
qualcun’altra, invece ha scelto me, vorrà pur
significare qualcosa.” Monica non
rispose, onestamente non lo sapeva neppure lei. Aveva provato a
domandarlo al
diretto interessato, ma lui faceva orecchie da mercante e glissava
elegantemente.
“Dici che dovrò anche truccarmi?”
“Ovvio…leggero, però, non ti vogliamo
stile maschera di carnevale.”
Quando Stefy terminò il suo lavoro,
Monica aveva i capelli lisci come Nelly Furtado in “Say it
Right” cosa che a
lei piaceva da matti.
Prese il fondotinta e ne passò un
leggero strato sul volto. Poi passò all’eye-liner:
quello lo sapeva mettere
benissimo, perché lo metteva spesso. Le piaceva come la
piccola linea sottile
riusciva a valorizzare al meglio i suoi occhi. Un tocco di lucidalabbra
ed era
pronta ad uscire.
“Come sto?” Il pollice alzato di
Stefy le fece capire che stava bene.
“Bene, ora scappo via, non vorrei che
Jared mi trovasse qui…neppure fosse un bollettino di guerra.
Comunque appena
torni a casa voglio sapere tutto! A qualsiasi ora, ok?”
“Non mancherò!” Promise Monica.
Accompagnò l’amica alla porta e si
fermò dai suoi genitori che stavano cenando in cucina.
William, quel giorno,
sembrava scomparso. Sperò con tutto il cuore che non fosse a
fare pazzie per
Dru.
“A che ora passa questo tipo?”
“Papà, si chiama Jared.”
“Non prendertela con lui, è solo
geloso della sua piccolina. Non vuole capire che sta crescendo e che
quindi è
giusto che si faccia bella per un ragazzo…anche se, forse,
dovresti
abbottonarti meglio la camicia.” Monica si fissò
il decoltè e sorrise.
“Oh no, va bene così.” Il campanello
suonò e la ragazza fece un salto per la sorpresa: si rese
conto di essere
nervosa come il giorno della presentazione di Patterson. In fondo era
il loro
primo vero appuntamento.
Si portò due ciocche di capelli
dietro le orecchie ed aprì la porta, rimanendo folgorata.
Jared non era mai
stato così elegante e sexy. I jeans erano neri, immacolati,
ai piedi un paio di
Doc Martins nere con i lacci rossi che richiamavano i suoi capelli,
lasciati
liberi sulle spalle. Ma era la maglia attillata rossa con la giacca
sportiva a
dargli quel tocco in più. In una mano teneva una lunga rosa
rossa, nell’altro
un grande mazzo di fiori tutti colorati. A Monica venne
l’acquolina in bocca.
“Per te.” E le porse la rosa.
“Grazie. E quelli?”
“Per tua mamma.” E le si avvicinò
all’orecchio. “Devo pur ingraziarmi qualcuno e
quindi preferisco partire da
lei.” Monica sorrise.
“Entra.” Jared la seguì fino in
cucina, dove i genitori l’aspettavano al varco.
Capì subito che suo padre non
l’avrebbe accettato fino a quando non se la fosse sposata e
forse neppure dopo,
mentre la madre sembrava più indulgente.
“Signori Cross, buonasera. Signora,
questi sono per lei.” E le diede i fiori.
“Oh grazie, ma che pensiero gentile.”
“Mamma, papà, lui è Jared. Ora che lo
avete visto, noi andiamo.”
“Potete stare qui ancora un po’.”
Fece il padre.
“No. Andiamo, ho fame.” E prese il
ragazzo per mano, mentre vedeva sua madre che cercava di trattenere il
marito:
la ringraziò mentalmente.
“Potevamo rimanere.”
“Dio ce ne scampi: poi non ce li
saremmo tolti dai piedi mai più. Papà, poi, so
già che ti avrebbe fatto il
terzo grado. Dove andiamo?” Jared sorrise.
“In un posto speciale ed intimo…” e
non disse altro. Monica seguì la radio e si mise a
canticchiare, fino a quando
non si ritrovarono a casa del ragazzo.
“E tuo padre?”
“È via per lavoro. Shannon è uscito
con Tomo e io ho pensato che mangiare qui sarebbe
carino…”
“Molto più che carino.”
Entrarono e Monica rimase allibita:
in centro al soggiorno c’era un tavolo tondo, su cui erano
accese delle candele
che risplendevano calde. Jared aveva preparato il tutto con il servizio
buono e
dalla cucina provenivano dei profumini celestiali. Da qualche parte
suonava lo
stereo, la sua camera a giudicare dalla lontananza.
“Wow, ma…è incredibile. Sei veramente
tu, Jared?”
“Certo. Ora siediti che faccio tutto
io questa sera.”
Monica era felice e questo aveva fatto risplendere anche Jared. Si
sentì
finalmente gasato e contento per quello che le aveva preparato.
“Ma hai cucinato tutto tu?” Chiese
Monica davanti ad un piatto fumante di lasagne.
“Ovviamente no, ma esistono i
take-away, ringraziando il cielo.”
I due chiacchierarono tranquilli,
parlando di tutto e di niente.
“Ma tuo padre che lavoro fa?”
“Il camionista. Di solito si occupa
di tratte vicine, ma una volta ogni due, tre mesi, lo mandano lontano.
Starà
via un paio di giorni, mi pare di aver capito che deve arrivare fino a
Seattle.”
“Però, è un gran bel
viaggetto.”
Monica si guardò attorno e vide una foto dove Jared era
insieme a Shannon,
molto piccoli. “Senti…come sta Shan?” in
quei pochi giorni il batterista non si
era quasi visto e a lezione restava muto. Sembrava un uomo diverso dal
suo
solito essere e Monica temeva di sapere il motivo.
“Insomma…è molto abbacchiato. Si
è
preso una sbandata con i fiocchi per la Stefy e so che voleva invitarla
al
ballo.”
“Poverino…quasi quasi metto un po’ di
Guttalax nel caffè di William.” Jared la
fissò ridacchiando. “Guarda che non
scherzo, sono capacissima di farlo.”
“Io devo stare molto attento con
te…sei pericolosa.”
“E non hai ancora visto quanto.”
Jared le prese la mano che lei aveva
abbandonato sul tavolo e gliela accarezzò: stava veramente
bene così, lui e lei
da soli, a mangiare e parlare, proprio come una vera coppia.
Chissà se anche
lei pensava la stessa cosa?
“Pensi che potremmo fare qualcosa per
loro?”gli domandò seria.
“Magari potremmo provare a mettere un
po’ di sale in zucca a quella psicolabile della tua amica.
Quello che prova
Shannon è così…ovvio.”
“Purtroppo molto spesso l’ovvio non
risulta così chiaro per chi è incluso nella
situazione. Stefy…” E sospirò
“…Stefy è sempre stata completamente
persa per mio fratello. A volte credo che
lo abbia quasi idealizzato, nonostante fosse pienamente conscia dei
suoi
difetti. Ha sperato e pregato così tanto per avere una
chance con lui, che
adesso che è innamorata di un altro, neppure se ne
accorge.”
“È innamorata di Shannon?”
“Forse innamorata è una parola forte,
ma di sicuro gli piace. Solo che ha i paraocchi e non lo vuole capire.
Purtroppo più di cercare di spiegarglielo, non posso fare
niente. Ognuno di noi
deve capire i propri sentimenti e lavorarci su da solo e poi esporli
alla
persona giusta, non trovi?” Lui sorrise.
“Sì, hai perfettamente ragione, ma
spesso non è così semplice.”
“Lo so.”
Jared si alzò e iniziò a portare
tutti i piatti in cucina, seguito da Monica.
“Che fai? Tu stasera non muovi un
dito, sei la mia ospite, ok?” Lei rise e lasciò i
bicchieri nel lavello. Si
sentiva trattata come una principessa e guardandolo mentre si muoveva
sicuro
tra soggiorno e cucina, pensò che si era trovata anche un
gran bel principe.
“Perché ridi?”
“Lo stavo facendo? Non me ne ero
neppure accorta.”
“Bene…allora, mi aspetti qui un
secondo?” le chiese nervoso. Doveva passare alla seconda
parte della serata:
coccole e dichiarazione. Sì, forse avrebbe potuto farcela.
“Ok, io non scappo.” Fece Monica un
po’ sorpresa dalla strana richiesta del ragazzo. Lo vide
scomparire sulle scale
e continuò a guardare le rare foto sul mobiletto. Una,
particolarmente,
l’attrasse. C’era Jared, a undici, dodici anni, non
di più, che guardava in
lontananza, con il broncio appena pronunciato e gli occhi immensamente
tristi.
Le fece molta tenerezza.
“Sali!” sentì urlare
dall’alto.
Monica seguì il suono che proveniva dallo stereo, fino ad
arrivare nella stanza
di Jared e rimanere, una volta di più, senza parole. Era
totalmente ricoperta
di candeline bianche e nere che spandevano una tenue luce arancione.
L’impianto
Hi-Fi risuonava “Goodbye my lover” di James Blunt.
Monica si mise la mano
davanti alla bocca e sentì il cuore battere
all’impazzata.
Jared le si avvicinò. “Vuoi
ballare un po’?” lei non riuscì neppure
a
rispondere, si limitò ad annuire ed a seguirlo in mezzo alla
stanza. Ballarono
stretti, Monica aveva appoggiato la testa sul suo torace e riusciva a
sentire
perfettamente il cuore che gli batteva, trovandolo un suono perfetto.
Jared le
accarezzava la schiena e aspirava a piene boccate il suo profumo che lo
faceva
volteggiare.
“Monica…io devo dirti una cosa.” Le
mormorò all’orecchio. Il fiato caldo di Jared le
fece partire un leggero
brivido dalla base del collo.
“Dimmi.” Lui prese un profondo
respiro: aveva provato quel discorso un sacco di volte, anche davanti
allo specchio,
ma ora che lei era lì, la faccenda era decisamente
più complicata.
“Io… io…ok, è un
po’ difficile,
quindi cerca di seguirmi.” Lei annuì perplessa.
“Quando tutto questo è
iniziato, io non pensavo di certo di finire in questa maniera, con te
tra le
mie braccia a ballare una selezione di musica
sdolcinata…uhm…detta così non
è
il massimo.” Si stava perdendo troppo e non andava bene.
Aveva notato lo
sguardo titubante di Monica e si stava maledicendo. “Insomma,
io ho bisogno di
te.” Monica si fermò e sgranò gli occhi
per la sorpresa: era una dichiarazione
quella? La sua prima dichiarazione da parte di un ragazzo? Non ci
poteva
credere. “Più passa il tempo e più
vorrei stare con te, ma veramente e non per
una stupida bugia. Una relazione vera, basata sulla reciproca fiducia e
sull’affetto che possiamo provare.” Guardare un
punto fisso della stanza e non
i suoi occhi magnetici era decisamente meglio, si distraeva di meno, ma
per
dire quell’ultima parte di discorso, doveva fissarla.
“Monica, io ti amo.”
Monica si assaporò sulla lingua
quelle tre parole magiche, mentre gli U2 cantavano “With or
Without you” e
continuava a guardargli le labbra, gli occhi, il volto, i capelli,
senza
trovare una valida risposta: quel momento era troppo perfetto, aveva
paura di
rovinarlo. “Mi puoi dire qualcosa, per piacere”
L’unica cosa che poteva fare era
dimostrarglielo: gli si avvicinò e lo baciò sulle
labbra. Leggero, dolce,
intenso. Gli passò la mano sulla guancia accarezzandola, per
poi veleggiare
verso i suoi capelli. Jared si rilassò ed
approfondì il bacio prendendole la
testa ed attirandola a sé. Le loro lingue si incrociarono
proprio quando Bono
Vox urlò il suo amore.
Il loro incontro si fece più urgente,
più disperato, più bisognoso: Jared la desiderava
al limite del possibile.
Scese sul collo lasciandole una scia umida di baci, mentre lei gemeva
per
quell’assalto.
“Ti amo anche io.”
CAPITOLO
QUATTORDICI Quelle
parole rimbombarono nelle
orecchie di Jared a cui sembrò che il tempo si fermasse. La
guardò e sorrise,
riprendendo a baciarla con rinnovata passione. Nessuno dei due
capì come o
semplicemente se ne importò sul serio, ma uno ad uno i
vestiti presero ad
ammucchiarsi sul pavimento. Monica
si lasciava sfiorare dalle sue
dita affusolate, mentre lui la assaggiava nei punti più
recessi del suo corpo.
La faceva volteggiare, sentire come una principessa. Il suo cuore non
aveva
resistito a tutta quella serata e il ti amo era stato detto con vera
cognizione
di causa: lei sapeva di amarlo alla follia, sapeva che quello che
provava
prima, l’odio, il disappunto, erano spariti per lasciare
qualcosa di più forte
e duraturo, ma, soprattutto, di positivo. Voleva urlarlo al mondo, ma,
per ora,
si accontentava di gemere sotto i movimenti sicuri di Jared. La
penombra creata dalle candele li
aiutava a sentirsi uniti: non era la loro prima volta e non sarebbe
stata
l’ultima, ma di sicuro sarebbe stata indimenticabile. Non
c’era vergogna, non
c’era titubanza, volevano solo stare assieme e sentirsi nudi
nel corpo come
nell’anima, uno sull’altra. Quando
entrò in lei, il mondo esplose in una miriade
di lucine colorate e i loro baci sapevano ancora più di
buono, di amore, di
loro. L’apice li trovò quasi impreparati per
quanto incredibile fosse il
trasporto e il piacere che avevano provato. Insieme,
per sempre. “Vieni
al ballo con me, vero?”
Domandò Jared. Erano distesi a letto, Monica si era
appoggiata con la testa
sulla sua clavicola e gli accarezzava piano il torace. “Ma
che razza di domande idiote fai?
Certo che ci vengo, sono o no la tua ragazza… reale,
no?” lui rise. “Bhe,
in effetti dopo questa sera,
siamo ufficialmente fidanzati.” “No,
no, non vedo nessun anello e non
ho sentito nessuna richiesta di matrimonio.” Fece lei con
voce seria. “Vorresti
sposarti?” Monica rise:
nella voce di Jared c’era un certo tono di allarmismo. “Ma
come, non lo facciamo a fine
anno…” lo sguardo che lui le scoccò le
fece decidere a smettere la sua presa in
giro. “Ma dai, sei scemo. Ovvio che non voglio
sposarmi… o almeno non lo voglio
fare subito. Ho un sacco di progetti da realizzare prima di
accasarmi.” Lui
chiuse gli occhi per assaporarsi meglio le unghie di Monica che lo
accarezzavano
facendogli venire i brividi. “Tipo?” “Bhe,
diventare una pasticcera.
Voglio essere così brava da riuscire ad aprire un locale
tutto mio, dove la
gente potrà venire a fare colazione tutta la
notte…questo magari solo nei
week-end. Non lo so, questo devo ancora decidere. Comunque
sarà un posto dove
non dovrò svegliarmi alle 3 come questa mattina, adesso sono
stanca morta.” E
sbadigliò. “E
io che credevo fosse merito mio!” “Ha
aiutato di certo.” Gli lasciò un
leggero bacio alla base del collo. “E tu? Che vuoi fare? Non
mi hai mai
raccontato dei tuoi sogni.” “In
realtà ne parlo pochissimo, sono
un po’ superstizioso, ho sempre paura che a raccontarli
troppo forte, poi non
si avverino.” Si guardarono negli occhi: Monica gli stava
chiedendo silenziosamente
di andare avanti. “Ti interessa sul serio?” “Ovvio!” “Io
voglio portare i 30 Seconds to
Mars in giro per il mondo. Voglio che la gente ascolti le mie canzoni e
si
emozioni, anche perché, onestamente, non
c’è altro che so fare sul serio, solo
suonare e cantare.” “E
giocare a baseball.” Biascicò
Monica ormai preda del sonno. Voleva assolutamente continuare ad
ascoltarlo, ma
la mattinata di lavoro e la sveglia ben prima dell’alba si
stavano facendo
sentire ed era dura tenere gli occhi aperti. In più il
battito del cuore di
Jared stava funzionando come una ninna nanna. “Insomma,
sono bravino, ma di certo
non posso pensare di farci molto.” Sospirò
accarezzandole i capelli sparsi su
di lui. “Mio padre vorrebbe che io andassi al college, ma con
quello che costa…dovrei
avere una borsa di studio.” “Uh,
uh…” “Il
prossimo anno vedrò che cosa può
esserci per me, magari divento il primo della classe e vinco qualcosa
per
merito.” Rise forte, senza avere, però, una
risposta dalla ragazza. “Monica,
ehy sei ancora viva?” la guardò e si accorse che
lei era ormai profondamente
addormentata. Sentiva il suo lieve respiro ritmico sul petto e la sua
mano si
era del tutto fermata. “Ma tu guardala, io sono qui che parlo
e lei dorme…ti
interessa proprio quello che dico.” E le sorrise.
Alzò il lenzuolo per coprire
entrambi e ripensò a quella fantastica sera. Certo, aveva
sperato che tra loro
finisse a letto, ma non avrebbe mai creduto che le cose sarebbero state
così
dolci e belle. Mai aveva provato qualcosa di vagamente simile ai
sentimenti che
ora gli si agitavano nel petto. Eh già, fare
l’amore con la persona amata dava
al tutto una dimensione migliore. Le
lasciò qualche bacio sulla testa e
lentamente si divincolò per uscire dal letto. La
coprì per bene, in modo che
non prendesse freddo e prese in mano il blocco e la matita. Non era
facile
disegnarla, perché tutti i capelli erano sparsi un
po’ ovunque sul cuscino e
non era nella posizione ideale, ma con pochi tratti riuscì a
definirla almeno
un po’: le labbra leggermente aperte, gli occhi delicatamente
chiusi,
quell’espressione di beata ignoranza. Sembrava un angioletto. Sorrise
e ripose il lavoro sul
tavolo: non aveva sonno per nulla, anche perché vederla
così gli aveva di nuovo
acceso la voglia di averla tutta per sé, ma non voleva
svegliarla, sapeva che
per lei il sabato era una giornata pesante e vederla così
pacifica gli
rinfrancava il cuore. Scese
in cucina: poteva iniziare a
riordinare, così quando suo padre sarebbe ritornato non
avrebbe trovato cose
strane in casa e non lo avrebbe tempestato di domande. Finì
di sparecchiare e
di riporre il tavolo al centro del soggiorno, poi, facendo attenzione a
non
fare troppo rumore, prese a lavare i piatti. Si sentiva così
leggero e felice
che gli venne voglia di canticchiare una canzone decisamente
più allegra di
quelle a cui era abituato. So
she said what's the problem baby
What's the problem I don't know
Well maybe I'm in love (love)
Think about it every time
I think about it
Can't stop thinking 'bout it Accidentaly
in love- Counting Crows “Ehi,
che allegria!” L’urlo di
Shannon lo fece sobbalzare. “Ssssss,
abbassa la voce.” Esclamò
Jared facendo volare un po’ di schiuma sul pavimento. “Perché?”
fece Shannon complice. “Mi
svegli Monica se urli.” Il
fratello allargò le labbra in un sorriso smagliante. “È
di sopra? Allora le cose sono
andate bene.” Jar si fermò un attimo per fissare
l’acqua immobile. “Molto
bene.” “Ottimo,
era ora che vi svegliaste!”
E gli diede una forte pacca sulla schiena. “E
tu? Quando ti svegli?” Jared
decise che per quella sera l’operazione di lavaggio poteva
anche bastare.
Shannon prese a guardarsi intorno, come a voler glissare la cosa. “Non
so di cosa stai parlando,
fratellone.” “Allora
ti rinfresco la
memoria…inizia con S e finisce con Tefy… ricordi
ora?” Shannon lo fissò senza
rispondere. In realtà non sapeva bene cosa dire.
“Quando ti dichiarerai? Mi hai
scassato i maroni con Monica per settimane, adesso mi sembra sia il tuo
turno,
o no?” “Innanzi
tutto Monica ti ama, quindi
è ovvio che io abbia cercato di facilitarvi le
cose.” Diceva enfatizzando il
discorso con ampi movimenti della mano. “Non
cambiare argomento, qui si sta
parlando di te e di quell’altra pazza.” Shan
ridacchiò. “Magari
lo sai pure, ma è troppo
spassoso. Ste ti chiama psicolabile… vi dovreste intendere
bene.” Jared sbuffò,
ma non ci cascò. “Allora…” “Allora,
allora, allora un cazzo!
Cosa pretendi che faccio? Lei è persa dietro a tuo cognato e
io non ci posso
fare nulla. Se le andassi a dire che mi piace, mi riderebbe in faccia e
mi
direbbe addio. Meglio che le cose restino così.” “Cioè,
con te musone e lei che si
rigira come se fosse persa perché tu non le parli da un paio
di giorni. Wow,
certo che le cose sono messe proprio bene.” Fece Jared feroce. “Non
parlare di cose che non sai.” I
due si guardarono per un momento in
silenzio: sembrava dovessero scoppiare da un attimo all’altro. “Sai,
Shan, non è una questione di
sapere e no le cose.” Riprese Jar con calma e
tranquillità. Non voleva far
scoppiare un macello proprio quella sera. Voleva che quella giornata
rimanesse
indelebile nella sua mente. “La questione è di
vedere le cose. Voi due vi
rincorrete, lei persa dietro un idolo e tu senza il fegato di farti
avanti.
Così la perderai e non per William, ma per qualcuno che
avrà più palle di te.” Shannon
abbassò il capo: Jared non
poteva capirlo. Lui aveva sempre avuto uno stuolo di ragazze che
facevano la
fila per uscire, non aveva mai avuto problemi a dichiararsi, mentre
lui…bhe,
lui non era così. “Guarda
che so benissimo la
difficoltà che c’è
nell’aprirsi con chi è veramente
importante.” E ripensò alla
sua disastrosa dichiarazione a Monica. “Ma bisogna
tentare.” “E
mi ritroverò a cantare una canzone
d’amore mentre lavo i piatti.” “Non
farne parola con nessuno, ok? “Non
la smetterò mai di sfotterti,
caro mio.” E ridacchiò, anche se le parole di
Jared lo avevano profondamente
toccato. Jared
tornò nella sua stanza e trovò
Monica esattamente come l’aveva lasciata, sporgeva solo un
po’ la spalla dal
lenzuolo. Con delicatezza si distese vicino a lei e, guardandola, prese
sonno. Un
profumo insolito la svegliò: le
sembrava strano, perché le sue lenzuola non avevano mai
avuto quel profumo
idilliaco…qualcosa di simile all’odore della
pioggia appena caduta, qualcosa
che associava immediatamente a Jared ed a tutti i momenti passati con
lui, da
quando per la prima volta si era presa la briga di annusarlo. Uhm…
Jared… e sorrise al buio. Però
tutto continuava ad essere
strano: il letto, per esempio. Di solito il suo era molto
più duro, invece quel
mattino sembrava soffice come una nuvola. Per non parlare poi di quel
corpo
caldo e sodo che le premeva addosso…alt! Corpo? Monica
spalancò gli occhi e si
ritrovò davanti un Jared ancora completamente immerso nei
sogni. Sorrise nel
vederlo così pacifico: sembrava che il suo doppio angelico
avesse deciso di
uscire fuori in quel momento. Ciò che la allarmò
fu vederlo con le spalle nude.
Alzò il lenzuola e vide che tutto di lui era nudo. Era
proprio vero, quella
notte avevano fatto l’amore e si erano ufficialmente messi
assieme. Solo
dopo questi primi pensieri rosa
e dolciosi, si rese conto che dalla finestra stava filtrando della luce
fastidiosa, luce che stava a significare una cosa sola: era mattina!
Aveva
dormito fuori e non aveva avvisato nessuno! Saltò
fuori dal letto senza preoccuparsi di
svegliare mezza casa e si mise a cercare il suo cellulare:
mollò qualche
parolaccia quando ricordò di aver lasciato la borsetta al
pian terreno. Vide
che c’era quello di Jared e lo accese. Il display diceva che
erano le dieci del
mattino. Gemette disperata. Schiacciò un po’ di
tasti. “Pronto?”
una voce assonnata
l’accolse. “Stefy,
sono io!” “Monica?” “No,
tua nonna! Certo che sono io.”
Disse guardando Jared che si stava svegliando senza capire bene che
terremoto
stava avvenendo. “Uhmmm,
guarda che tua mamma è
preoccupata da matti. Credo che pensi che Jared ti abbia fatta a pezzi
e
gettata in un fosso.” Monica salutò
l’amica e si sedette disperata. Lui le
baciò una spalla, ma lei non colse. “Mia
madre mi ammazzerà.” “Dai,
non lo farà, vedrai.” “Hai
ragione, farà di peggio: mi
vieterà di uscire con te per il resto dei miei
giorni.” Quella prospettiva
parve atterrire entrambi. “Chiamala
e spiegati.” “Mamma?”
iniziò Monica appena
dall’altra parte della linea ebbero risposto.
“Certo che sto bene…mamma, ti
vuoi calmare? Sì…sono da
Jared…sì, no…no! Ieri sera mi sono
addormentata sul
divano…non è successo niente.” O quasi,
pensò, mentre guardava Jared che girava
nudo per la stanza cercando qualcosa da mettersi. Monica si
leccò
inconsciamente le labbra fissandogli il sedere. Era veramente tutto
suo? Non
riusciva ancora a crederlo. “Certo che ti ascolto. Mamma, non
è successo nulla,
veramente. Adesso mi lavo e torno a casa senza che tu chiami la guardia
nazionale, ok? Bene, ciao ma…sì,
ciao…ciao.” Sospirò
pesantemente mentre lui la
fissava divertito. “Che
ti ridi tu?” “Così
non è successo niente questa
notte?” Monica arrossì leggermente, mentre si
vestiva per rendersi presentabile
al mondo. “Cosa
pretendevi, che dicessi a mia
madre: sai mamma mi sono addormentata perchè ero stravolta
dopo il fantastico
sesso che ho fatto con il mio ragazzo? Non sta né in cielo
né in terra.” Jared,
solo in jeans (e già qui la mia mente si ferma a sbavare
N.d.A.), si avvicinò a
lei e la abbracciò lasciandole una scia di baci sul collo.
“Uhmmm…non devi
continuare.” Mormorò Monica. “A
no? E dammi un buon motivo.” La
riportò verso il letto insinuando una mano sotto la
camicetta appena indossata.
Non poteva smettere di toccarla, specie quel suo seno così
perfetto. “Sono
sicura che c’è… ma non riesco a
pensarci ora.” E così dicendo se lo
baciò approfonditamente. In effetti di
tornare a casa proprio non ne aveva voglia, soprattutto
perché se le sarebbe
sentite anche per le future generazioni, quindi meglio approfittare
fino a
quando poteva. Come
rifiutare un corpo come quello
di Jared? Solo una scema, o lei qualche mese prima, poteva farlo. Certo
che ne erano cambiate di cose.
@StephenKing:
mi spiace aver deluso la tua sete di scena hard. ma questa FF
è di target verde e quindi non mi potevo mettere a scrivere
scene troppo forti. Spero, però, che ti sia piaciuta lo
stesso.
Scusate
il ritardo con cui posto, ma sono rimasta quasi una settimana a lottare
con la mia connessione -.- comunque eccomi qui con il penultimo
capitolo. Sistemiamo ancora un paio di cosette e poi potremo scrivere
la parola fine.
CAPITOLO QUINDICI Le
luci colorate viaggiavano felici
su tutti i muri e sul pavimento, in attesa che le prime coppie
decidessero di
mettersi a ballare. Alcuni insegnanti erano posizionati dietro il
bancone delle
bevande a controllare che tutto si svolgesse nel migliore dei modi. Monica
e Jared entrarono mano nella
mano, attirando parecchi sguardi, anche perché i due
brillavano di luce propria.
Jared, per quella sera, era elegantissimo: come si conveniva ad un
ballo, aveva
indossato uno smoking che lo rendeva ancora più
affascinante, soprattutto
perché si era legato i capelli e aveva deciso, per una sera,
di rinunciare al
trucco pesante e allo smalto nero. Sembrava quasi una persona normale. E
poi c’era Monica: era raro vederla
vestire una gonna, quindi si sentiva molto impacciata. Con sua madre,
aveva
optato per un vestitino che le arrivava al ginocchio, color bordeaux
che le
esaltava a meraviglia il seno, dato che era molto stretto sul petto. Si
era
messa una collanina al collo e dei pendenti sottili alle orecchie. Il
trucco
leggero la rendeva leggermente più adulta del solito e le
scarpe con un piccolo
tacco, l’aiutavano ad avvicinarsi all’altezza di
Jared, anche se ancora mancava
un bel pezzo. Al polso, come da tradizione, indossava un bracciale con
un
fiore, ovviamente una rosa rossa, che le aveva donato Jared. “Sembriamo
veramente fuori posto in
questi vestiti.” Gli mormorò
all’orecchio, mentre guardava la sala gremita di
ragazzi scatenati. C’erano già le prime coppiette
che si sbaciucchiavano
sperando che nessuno li notasse, mentre in pista il DJ faceva ballare
per lo
più i single alla ricerca di qualcuno. “Vuoi
ballare?” le domandò Jared un
po’ sperso anche lui in quelle situazioni mondane. “No,
tranquillo. Io…diciamo che non
sono poi molto brava.” Andarono a prendersi da bere, mentre
Snyder li guardava
con aria truce. Diede loro le bevande analcoliche e li sfidò
a riprenderlo per
quella scelta. “Grazie
professore.” Si limitò a dire
Monica. Quello era matto, altro che. “Secondo te si allena
durate il giorno per
avere quella faccia da culo di gallina?” Lui
rise stringendola un po’ a sé
quando un gruppo di ragazzi enormi la stava per investire senza
accorgersene. “Quando
andrà in pensione, ce lo
vedremo che gira nei corridoi della scuola lo stesso ad urlare agli
studenti di
fare silenzio. Onestamente non credo che abbia una vita
propria.” Decisero
di sedersi sulle gradinate
della palestra: in realtà a nessuno dei due piaceva molto
ballare e non
sopportavano la maggior parte dei presenti di quella sera, ma non
sapevano
perché ci tenessero così tanto ad esserci. Per
far parte della massa? A Monica
poco importava, era abbracciata dal ragazzo che le piaceva, aveva una
colorata
bevanda con ombrellino in mano e la musica non era male, che poteva
chiedere di
più una ragazza quella sera? In
più erano felici perché sembrava
che ormai avessero smesso di essere il pettegolezzo preferito dagli
studenti: vederli
insieme era talmente una cosa di routine che erano diventati quasi
noiosi.
Si avvicinò loro Tomo, e sorrise. “Ciao
ragazzi, come va?” “Bene
e tu?” “Non
male…forse ho trovato una
ragazza con cui fare coppia durante i lenti.” “Ottimo!”
esclamò Monica “Sì,
finalmente la smetterò di
sentirmi escluso.” E se ne andò tutto felice. “Escluso
da cosa?” Jared rise piano. “Da
noi. Lui e Matt sono stufi del
gioco delle coppie tra noi e Shannon e Stefy. Sappiamo che non sono
molto
normali, no?” In
quel momento fecero il loro
ingresso la coppia di cui Monica era più curiosa di vedere:
suo fratello e la
sua migliore amica avevano appena passato lo sbarramento di Snyder e
bevevano
tranquilli la loro bibita. William sembrava tranquillo nel suo smoking,
nonostante non fosse il suo tipico modo di vestire. I capelli erano
stati
tirati tutti indietro con un sacco di gel, che però non
impediva loro di
formare una voluttuosa massa leggermente ondulata che sembrava un campo
di
grano maturo. Accanto
a lui, Stefy, elegante come
non mai: aveva optato per un vestitino nero, stretto sul seno che si
allargava
subito sotto e che aiutava a valorizzare al meglio le sue forme
procaci. La
gonna arrivava fino al ginocchio e ai piedi calzava un paio di
decoltè con il
tacco e i lacci alla schiava. Il trucco leggero, ma perfetto, la faceva
sembrare molto più donna, grazie anche a dei leggeri ciuffi
lasciati liberi sul
collo. “Però,
Stefania in gran spolvero.”
Mormorò Jared. “Non
che la cosa mi stupisca.” Monica
la salutò da lontano e lei le sorrise. In realtà
Stefy non si sentiva molto a
suo agio e non capiva bene il perché.
William l’osservò serio e si mise a far vagare lo
sguardo per la sala: vide
lontano Drusilla con un fiammante vestito rosso che rideva attorniatada alcuni ragazzi che
sembravano pendere
dalle sue labbra. Fece una smorfia di stizza. “Allora,
Stefy, sei stranamente
silenziosa.” Iniziò cercando di ignorare la sua ex
ragazza. “Cosa?
Oh sì, scusami, ma mi sembra
tutto così strano.” “Cioè?”
lei sembrò imbarazzata. “Bhe,
sai, venire con te è una cosa
così…strana, appunto.” Will rise piano. “Non
sono mica un vampiro sai?” “No?
Peccato, potevi mordermi…” Fece
maliziosa. “A
volte penso che potremmo stare
bene assieme.” L’uscita spiazzò Stefy
che lo fissò stupita, in attesa che lui
continuasse il suo pensiero. “Sei una ragazza intelligente e
piena di vita. Sei
spiritosa…una tosta. Peccato che io sia completamente perso
per Dru… sono
proprio la puttana dell’amore, vero?” Lei non
sapeva che rispondergli e si
limitò a bere un po’ della sua bevanda. Non
riusciva a capire se Will le stava
facendo una specie di dichiarazione d’intenti o se le sue
erano solo
constatazioni. Guardò
in pista, ma non c’era nessuno
che le interessasse veramente: notò Tomo che ballava con una
bella ragazza dai capelli
Rossi, Debby se non ricordava male, poi vide Monica sugli spalti che
rideva
felice a Jared. Stavano discutendo animatamente di qualcosa,
perché il ragazzo,
parlando, gesticolava con molta enfasi. Si rese conto di invidiare un
po’ la
sua amica: voleva anche lei trovare il ragazzo giusto, quella che la
faceva
vibrare e sembrava che William non volesse esserlo. Si girò
verso la band e
notò, nell’angolo, una figura ben nota. In
realtà si stava nascondendo dietro
una specie di paravento, come se il ballo non lo interessasse molto.
Stefy si sentì male: da giorni lei e Shannon quasi non si
rivolgevano la parola
e non le andava questa situazione, ma lui se l’era presa
così tanto che lei
andava al ballo con Will. Perché poi, era un mistero, o
forse neppure tanto:
Monica e Jared le avevano detto, a turno, che forse lei era stata un
po’ cieca
riguardo a Shan e sapeva che la sua amica da molto le diceva che doveva
svegliarsi e capire chi era l’uomo per lei. Era
forse Shannon? Fissò
il ragazzo che sembrava piuttosto
impacciato nello smoking indossato per la serata, mentre cercava di
eclissarsi
il più possibile, riuscendoci, dato che alla fine Stefy non
riuscì più vederlo.
Senza accorgersi di nulla, mise il broncio. William
aveva seguito tutta la scena
e prese una decisione. “Senti,
Ste, posso parlarti
seriamente?” la ragazza si riscosse dai suoi pensieri ed
annuì. “Certo,
non sembra, ma sono capace di
discussioni anche importanti.” “Perché
sei venuta al ballo con me?”
Ste sembrava spiazzata. “Come,
perché? Me lo hai chiesto.” “Sì,
è vero, ma se volevi andarci con
un altro, potevi rifiutare ed andarci con chi volevi
veramente.” “Ma
io volevo venirci con te!”
Protestò lei. “Ah
sì? Non sembrerebbe.”
L’insinuazione di William fece centro. Stefy capì
che non era lui quello con
cui voleva essere adesso. Inconsciamente si voltò verso dove
aveva visto
Shannon. “Io…non
lo so…” William rise
dolcemente. “Allora,
facciamo così, topolona…
siamo venuti qui insieme perché siamo
amici…ottimo, nulla cambierà questo
fatto. Ma che ne dici se adesso prendi e vai da chi veramente ti
interessa?
Quel povero ragazzo tra un po’ morirà di
dispiacere se continui a stare qui.” “Tu
sai?” “Solo
un cieco non si accorgerebbe
dell’affetto che vi lega. Non buttare via tutto per
nulla.” Lei, presa da un’incredibile
gioia, lo abbracciò e senza dirgli nulla se ne
andò lasciandolo solo. “Ecco,
bravo Spike, alla fine sei tu quello che resta solo come un
idiota.”
Improvvisa, arrivò la voglia di fumare. Andò
verso sua sorella. “Bhe,
dove hai lasciato la tua compagna
di serata?” domandò lei non vedendo Stefy. “L’ho
lasciata andare. Era così
palese che non voleva stare con me.” Monica sorrise al
fratello e si sentì,
finalmente, felice totalmente. Nel
frattempo Stefy era riuscita a
trovare Shannon: si era seduto sulle gradinate dietro la band che
suonava, dato
che avevano messo delle protezioni perché non si vedesse
quello che c’era
dietro di loro. La musica era assordante, ma lui non sembrava farci
caso. Si
stava annoiando a morte: si maledì per aver ascoltato Jared
e il suo monologo
sul fatto che il ballo fosse un avvenimento di aggregazione e che gli
avrebbe
fatto bene provare a divertirsi di tanto in tanto. Ma come poteva farlo
se chi
voleva lui stava flirtando con un altro? Non era giusto…
prima Monica che sceglie
Jar e poi Stefy che gli sfugge via per un ossigenato pazzo.
Sospirò. “Ehy,
perché ti sei rintanato qui?”
urlò Stefy per farsi sentire. Shannon
la fissò stupito. “Tu
piuttosto, che sei venuta a fare?
Non eri con Cross di là?” cercò di fare
l’indifferente, ma con scarsi
risultati. “Ho
cambiato idea.” Ste gli si
sedette vicino e gli porse un bicchiere di succo. “So che
preferiresti una
birra, ma siamo ancora minorenni, quindi accontentati di
questo.” “Grazie.” “Prego.
Allora, vieni a ballare?”
Dritta al sodo, le piaceva questa tattica. “Dici
a me?” “C’è
qualcun altro qui dietro e non
me ne sono accorta? Dai, muovi il culo e vieni, animale.” Lui
rise. “Non
è il caso, poi il tuo ragazzo
sarebbe geloso.” “Will
non è il mio ragazzo e non lo
sarà mai.” Iniziò decisa lei. Sapeva
che gli doveva dire ed era meglio se lo
faceva in fretta, altrimenti non avrebbe finito il discorso.
“Ci ho messo una
vita a capirlo. Ero sicura che se lui e Drusilla si fossero lasciati,
nulla
avrebbe compromesso la mia ascesa, tranne il fatto che, nel frattempo,
io ho
cambiato i miei sentimenti verso di lui. L’ho sempre visto
così perfetto ed
irraggiungibile, che quando è diventato
più…bhe, raggiungibile, mi sono fatta
avanti, senza capire che lo facevo più che altro per una
fissazione mia, non
solo perché mi poteva piacere.” “Però…interessante.”
Fece Shannon con
il morale alto. “In
definitiva…mi piaci Shan.” Si
guardarono intensamente, con le
luci che variavano colore passando dal viola al verde. Lui era rimasto
così
piacevolmente spiazzato da quella strana dichiarazione che si sentiva
un
bambino alla vigilia di Natale: felice e confuso perché non
sapeva da che parte
iniziare per scartare i regali. “Sarebbe
il caso di dirmi se io
piaccio a te, altrimenti qui finisce tutto…
“mormorò Stefy nervosa. “Se
mi piaci? Oh sì!!! Diavolo, tu
sei la mia ragazza preferita in assoluto. Adoro bacchettarti e solo Dio
sa che
ti farei ancora.”Stefy
sorrise e prese
ad avvicinarsi lentamente a lui. La luce gialla della pista rifletteva
sul muro
le loro ombre: pian piano lo spazio tra loro diminuì, fino a
quando l’ombra
divenne unica. Le labbra si incontrarono dolcemente, facendo sentire
l’uno il
sapore dell’altra. Entrambi avevano il cuore che martellava
come la batteria
della band. Shannon le prese il volto fra le mani ed
approfondì il bacio,
insinuandoci la lingua. Cominciò una battaglia, come se
entrambi cercassero il
predominio di quella sezione di baci e carezze. Le mani di Stefy
vagarono per
le braccia muscolose di lui, attirandolo sempre più vicino,
mentre lui non
perse l’occasione di accarezzarle audacemente le gambe
lasciate esposte. “Sei
unica, lo sai?” “Sì,
lo so!” Shan rise. “E
modesta come il solito.”
Bene
signore e signori, questa FF è terminata. In
realtà ci sarebbero ancora tre capitoli definiti Etra
perchè descrivono momenti del futuro delle due protagoniste.
Se li vorrete leggere basta che me lo diciate e io li
inserirò.
Volevo ringraziare tutte coloro che hanno inserito questa FF tra le
preferite:
E un enorme grazie a coloro che hanno sempre recensito,
quindi StephenKing e laulove90. Grazie mille ragazze^^
EPILOGO Dieci
anni dopo L’appartamento
era pulito ai limiti dell’eccesso:
ovunque non c’era un solo granello di polvere. Faceva
eccezione il piccolo
tavolino della sala, dove erano appoggiate decine di riviste musicali e
culinarie ed un pc portatile aperto che rilasciava la sua luce
azzurrina sul
divano. Monica era seduta sul divano intenta a guardare la TV. Non era
cambiata
poi molto, solo i capelli sembravano impazziti: erano stati tirati su
in una
coda e spuntavano dei ciuffi blu elettrico. Finito
il liceo si era trasferita a Los Angeles per
frequentare la scuola di pasticceria: dopo tre anni si era diplomata ed
aveva
iniziato a lavorare in una rinomata pasticceria. Da qualche mese,
finalmente,
era riuscita ad aprire la sua attività: piccola, situata
davanti alla spiaggia,
era il ritrovo di tutti i nottambuli, dato che era aperta soprattutto
di sera.
Come si era ripromessa anni prima, non voleva più alzarsi
alle tre del mattino.
Era molto contenta di quello che era riuscita a creare quasi dal nulla:
doveva
ammettere, però, che era stato anche merito di Jared se ci
era riuscita. Grazie
alla notorietà dei 30 Seconds to Mars, era riuscito a darle
una parte del
capitale necessario, diventando, così, socio effettivo. “Allora,
inizia?” dalla cucina era apparsa Stefy:
lei si era tagliata i capelli corti e li aveva sempre tinti di rosso.
Gestiva
la casa che divideva con Monica con assoluta dedizione, anche se la sua
lotta
contro la polvere era spesso all’ultimo sangue. Quando
avevano terminato la scuola, decisero di
prendersi una casa assieme, in modo da dimezzare le spese. Grazie a dei
contatti dei genitori di Stefy, avevano trovato un appartamento
piccolo, ma
grazioso e confortevole. Lo avevano arredato con calma ed ora era
diventato il
loro nido perfetto. Stefy
lavorava come grafica pubblicitaria in una
grossa azienda del centro: era stata contattata dopo che alla scuola di
grafica
aveva vinto un concorso per la pubblicità di una bevanda
sportiva. Grazie a
quel premio era diventata, in breve, uno dei nomi giovani
dell’arte
Losangeliana. Era
estate ed erano in ferie entrambi: avevano
sperato che i loro rispettivi ragazzi riuscissero a passare del tempo
con loro,
ma il Tour promozionale li stava portando a spasso per gli Stati Uniti
e li
teneva assorbiti giorno e notte, con buona pace delle ragazze. Monica,
guardando Stefy, pensò a loro quattro: erano
due coppie così stranamente assortite che solo il cielo
sapeva come potevano
stare in piedi dopo così tanti anni. Nella loro cittadina
era tutt’ora un
mistero. Lei
e Jared riuscivano a discutere anche per delle
inezie, tipo chi doveva preparare la colazione al mattino, eppure alla
fine
filavano d’amore e quasi d’accordo. Lei non
riusciva veramente a pensare alla
sua vita senza di lui, o con qualcun altro al suo fianco. No, solo
Jared poteva
tollerare i suoi scatti di follia o di rabbia e solo lei poteva trovare
interessante i suoi discorsi sulla filosofia della band che gli altri
schifavano avendoli già sentiti almeno un miliardo di volte.
Sembrava che si
potessero completare solo a vicenda. E la
stessa cosa riguardava Stefy e Shannon: quando
a scuola si diffuse la notizia che i due facevano coppia fissa, un
mormorio non
dissimile da quello provocato da Monica e Jared, passò di
bocca in bocca. Certo
facevano sul serio scintille, ovunque andavano, senza badare a nessun
commento
acido o consiglio che altre persone volevano dargli a tutti i costi. I
più
maligni erano convinti che i due si sarebbero mollati molto presto, ma
chi li
conosceva bene, sapeva che non era un’opzione da tenere in
considerazione:
erano troppo sulla stessa linea d’onda per non poter stare
assieme, due pazzi
scatenati fino al midollo. “Porca
miseria, quando si decidono ad iniziare?”
Gemette Stefy crollando sul divano vicino all’amica. “Stai
tranquilla, dai. Inizia tra cinque minuti.” “Ti
rendi conto, appariranno in TV!” “Eh
già.” In
effetti quando Jared le aveva telefonato,
stentava a crederci perfino lei, ma MTV aveva mandato loro
l’invito per
partecipare a TRL, direttamente da New York. Sarebbero stati in diretta
nazionale, robe da matti. I 30 Seconds to Mars stavano veramente per
andare in
orbita. “Cioè,
i nostri ragazzi, quelli con cui abbiamo
condiviso di tutto, comprese le serate finite ad alcool e le mutande
sporche,
quei ragazzi stanno per diventare famosi.” Monica la
fissò facendo una smorfia. “Messa
così suona decisamente…strano.” “Perchè?” “L’accenno
alle mutande non mi fa fare salti di
gioia.” Stefy si limitò a fare spallucce. A lei
interessava poco, voleva solo
vedere Shan alla tv ed urlare come una pazza: glielo aveva promesso. Improvvisamente
iniziò la sigla del programma e le
due si fecero più attente: dentro ribollivano di eccitazione
come due bambine.
Sullo schermo apparve la piazza gremita di persone: c’erano
un sacco di ragazzi
che sventolavano cartelloni, alcuni avevano indossato delle strane
maschere
bianche, ma tutti erano li per salutare i 30 Seconds. Monica
provò uno strano
calore nel cuore: tutte quelle persone erano lì
perché amavano la loro musica,
amavano quello che creavano giorno dopo giorno… certo,
magari qualcuno era lì
pure perché erano dei gran bei pezzi di uomini. La
conduttrice, una simpatica ragazza di colore
stava parlando della classifica e di chi sarebbe arrivato da
lì a poco a fare
compagnia a tutti loro. Come disse il nome della band, Monica e Stefy
fecero
degli urletti eccitati. Era proprio vero, di lì a poco li
avrebbero visti. Fino
a che ecco apparire Tomo: portava i capelli
lunghi e neri, vestito completamente di nero, tranne gli occhiali da
sole,
grandi e bianchi. Le due ragazze si misero a ridere senza ritegno. Lo
seguiva Matt, sempre serio e compassato. L’urlo
di Stefy echeggiò per tutta la casa e Monica
capì senza neppure vederlo, che sullo schermo
c’era Shannon. Lui aveva optato
per dei pantaloni rossi, una maglietta nera e il cappellino nero.
Lanciò dei
piccoli bacetti all’indirizzo della telecamera. “Amore
mio, dolce puzzone!!! Ti adoro!!” “Ciao
cognatino!” esclamò Monica ridendo.
Tornò
seria quando vide Jared: aveva optato per i capelli corti e neri, con
un
completo bianco che lo valorizzava al mille per mille. Si era truccato
gli
occhi con la matita nera e sembravano ancora più grandi.
Monica notò che era
nervoso per il modo frenetico con cui si tormentava le unghie,
diligentemente
dipinte di nero.Senza
neppure
accorgersene, aveva iniziato ad avere l’acquolina in bocca.
Pensieri molto
perversi le danzavano per il cervello. Intanto
i ragazzi non stavano più nella pelle:
avevano interesse solo per suonare, specie Jared, dato che non era
molto sicuro
di riuscire a portare avanti un’intervista di quel genere,
dato che se solo
pensava ai milioni di telespettatori che aveva davanti gli veniva
panico. “Allora,
benvenuti!” iniziò la ragazza. Cercava di
metterli a loro agio e sembrò riuscirci, perché
presto i quattro si misero a
scherzare e ridere. “Ehi!!
Cosa tocca quella??” Sbraitò Stefy indicando
il televisore. Una ragazza aveva portato un pacco regalo a Shannon e
lui per
ringraziarla le aveva dato un bacio sulla guancia. “Ste,
è solo una fan.” “Non
me ne frega una cippa lippa, lui è mio e guai a
chi lo tocca!” Monica
non osò ribattere, anche perché Stefy non
ascoltava da quel orecchio. Tornò a fissare lo schermo in
attesa del segno.
Jared le aveva promesso che le avrebbe palesato il suo affetto in
diretta TV:
lei era un po’ scettica, dato che conosceva la reticenza del
suo ragazzo a
parlare di sé, specie con un sacco di gente di fronte. Intanto
la ragazza di colore stava chiedendo se i 30
Seconds avessero dei piccoli gesti particolari. Shannon sorrise
diabolico verso
la telecamera e Stefy sentì partire un leggero brivido dal
collo che terminò
alla punta dei piedi. Quello sguardo, per lei, significava una cosa
sola:
sesso! “Madonna,
quando torna?” mugolò. Monica si mise a
ridere quando vide che Shan stava picchiettando la spalla di Jar con le
sue
bacchette e il suo ragazzo non sembrava gradire poi molto. “Ti
sta bacchettando, lo senti?” le domandò
divertita. “Oh
sì, il mio animaletto me l’ha detto. Vorrei che
fosse qui per potermi bacchettare con la sua enorme
bacchetta!” fece maliziosa. “Come
ti capisco.” Le mancava un sacco Jared, ormai
erano già tre mesi che stavano in giro e non erano riusciti
a vedersi. Jared,
nel frattempo, stava per scoppiare. Non
sopportava di essere il surrogato di qualcuno, anche se Shannon amava
quel
qualcuno più di chiunque altra persona al mondo. “Shan!”
Sibilò piano sperando che nessuno se ne
accorgesse “Smettila con quelle dannate cose. Io non sono
Stefania.” “Lo
so benissimo, fratellone, ci mancherebbe altro.
Ma lo avevo promesso alla mia Micetta.” Jared
scosse il capo cercando di capire la domanda
che le faceva la VJ: per fortuna non si era accorta degli strani
discorsi che
avevano fatto loro due. “Bene,
lasciamo spazio alla prima canzone che i
nostri ospiti hanno deciso di suonare. Se non sbaglio è una
versione
acustica…ehi, proprio come i grandi.” Si sentirono
dei forti applausi dal
pubblico mascherato. “Quindi, lasciamoci andare ai 30 Seconds
to Mars, con “Was
it a Dream?” !” Monica
balzò in piedi: Jared le aveva detto che avrebbe
cantato solo “Attack”, il primo singolo del loro
secondo album, ma non altre.
Evidentemente aveva cambiato la scaletta all’ultimo momento e
quella canzone
era IL gesto. Jared
cantava tranquillo, completamente immerso
nella telecamera: non staccava mai lo sguardo dall’obiettivo
e i suoi occhi
erano così espressivi che la VJ si gasò per il
successo che sicuramente avrebbe
avuto quella puntata. In
realtà al ragazzo non importava nulla di tutto
ciò, voleva solo cantare al meglio la loro canzone: in fondo
era stata la prima
cosa che Monica aveva ascoltato, in un lontano pomeriggio a casa sua,
seduta
sul suo letto, quando ancora nessuno, neppure loro, potevano sapere di
essere
già irrimediabilmente innamorati. Quella canzone era stata
la cosa che li aveva
sbloccati e meritava di essere il loro inno. Was it a dream?
Was it a dream?
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I Anche
Monica non staccava lo sguardo dalla TV e non
serviva a niente che Stefy la chiamasse, non poteva e basta: la voce,
gli
occhi, la bocca che si muoveva, tutto di Jared la chiamava, la faceva
vibrare.
Sentì formarsi nello stomaco una sensazione simile alle
farfalline, solo che le
sembrava di avere all’interno un intero branco di esseri
svolazzanti. Si
sentiva veramente di amarlo alla pazzia e sapeva che anche lui amava
lei, lo
capiva da quello che le stava dicendo con i suoi grandi, magnetici e
bellissimi
occhi grigi. “Dio,
quanto è topo!” La
magia terminò quando Tomo lasciò
l’ultima corda e
la nota vibrò fino ad estinguersi. Si alzò un
fragoroso applauso da tutto il
pubblico, anche quello stipato in strada. “Piaciuta
la dichiarazione?” chiese Stefy. “Da
morire…ma tu lo sapevi?” “Certo.
Shan me lo aveva detto ieri sera al
telefono. Jared era completamente preso dalla paura di far questa cosa,
anche
perché non sapeva se MTV lo lasciava cantare una seconda
canzone.” Tornarono
a guardare lo spettacolo. La ragazza era
tornata ed immediatamente aveva chiesto la cosa che tutti temevano. “Bellissima
canzone, Jared, ma è dedicata a qualcuno
in particolare?” lui lanciò un’occhiata
a Shannon che non potè che rispondergli
con un’occhiata impotente. “Bhe,
in effetti è stata scritta per una mia ex.” “Cosa?”
Scattò Stefy, ma Monica la tranquillizzò.
Jared glielo aveva spiegato. “E
la canti per lei?” “No,
no!” Rispose secco. “È…una
dedica.” “Per
una persona speciale?” continuò la ragazza
evidentemente divertita dal suo imbarazzo. “Ehm…sì.”
Jared fu salvato solo dalla pubblicità. Monica
si mise a ridere fragorosamente: poteva solo
immaginare quanto fosse stato penoso per lui dover dire quelle due
piccole
parole. Di solito lui era uno che faceva casino, uno che non si faceva
problemi
per nulla, ma quando iniziavano le domande personali, bhe, cambiava
completamente e diventava timidissimo. Monica non perdeva un momento a
prenderlo in giro. Squillò
il telefono e Stefy si fiondò a prendere la
cornetta. “Pronto!
Ah, il Fros…passami Shan! No…voglio parlare
con lui…per favore… dai…”
sbuffò, ma riprese il sorriso poco dopo.
“Amore!!”
Monica decise di lasciare loro un po’ di intimità
e se ne andò in cucina a bere
un po’ di acqua fredda: doveva raffreddare i suoi bollenti
spiriti. Certo,
sperava sul serio che i due innamorati la finissero presto,
perché la
pubblicità non sarebbe durata in eterno e lei voleva
assolutamente sentire
Jared. “Monica!!!
Vieni che c’è il fros che ti vuole
parlare.” Corse verso il telefono. “Allora,
ti è piaciuta?” sentire la sua voce le
faceva veramente bene, riuscì a farla calmare. Quanto le
mancava? Un sacco e lo
voleva accanto a sé a tutti i costi. “È
stato qualcosa di spettacolare. Grazie.” “Ma
quale grazie. Lo sai che lo avrei fatto e poi ci
tenevo a farlo.” Monica sorrise. “Ah cazzo,
già mi richiamano. Ti telefono più
tardi.” “Ok,
ti aspetto.” “Monica…” “Sì?” “Ti
Amo.” “Ti
amo anche io.” FINE
Avviso fin da subito che questo primo capitolo extra
è molto molto molto hot. E' stato scritto appositamente per
la mia amica Stefania. Al di la della sua scena intima, ci sono due
scenette che riguardano Monica e di traverso Jared.
Spero vi piaccia comunque.
A
Beautiful Lie- capitolo extra “Mamma, io non
voglio stare con la Zia Monica, è
antipatica!” urlò una bambina di sei anni. Aveva i
capelli scuri e lunghi, gli occhi quasi a mandorla e incredibilmente
arrabbiati. Il vestitino giallo le stava d’incanto. “Dai, non dire così.
Ti piaceva stare con lei, adoravi truccarla.” “Ma adesso no.” Stefy alzò gli occhi
al cielo e lasciò alla sua amica la borsa con tutti i
ricambi della bambina. “Monica, sei sicura
di volerla tenere qui per questa notte? Io e Shannon potremmo cambiare
programma.” “Certo, come se lo
volessi davvero. Non ti preoccupare, ci troveremo benissimo.”
E lanciò
un’occhiata carica di significato alla bambina che faceva il
broncio. “Samantha, mi dai un
bacio?” “No!” “Va bene, restatene
così.” Stefy lasciò la stanza. Zia e nipote si
guardarono in silenzio soppesandosi come due nemici al fronte. “Quando arriva lo
zio?” “Tra un po’.”
La
bimba incrociò le braccia davanti al petto e si sedette sul
divano: Monica
sospirò e si mise di fianco a lei. “Samantha, perché ti
sto così antipatica?” lei non rispose e Monica non
insistette: non aveva un
gran feeling con i bambini, ma con Sammy era decisamente troppo. Le
faceva la
linguaccia, le dava calci appena poteva e non sopportava di averla
vicina. Ok,
che se la gestisse Jared che era meglio. Per un po’ Samantha
continuò a fissare il muro davanti a sé. Si stava
annoiando, ma non voleva dare
soddisfazione a sua zia di vederla contenta. “Posso guardare la TV?”
domandò a voce bassa. “Fai pure.” Rispose
Monica dalla cucina. Stava preparando la cena per tutti, mica per colpa
di
quella peste potevano morire di fame tutti quanti. Sospirò di sollievo
quando sentì girare la chiave nella toppa. “ZIOOOOOOOOO!”
Urlò
Samantha correndo a braccia aperte verso l’uomo che sorrideva
felice. “Ehy, la mia
nipotina preferita.” La prese in braccio facendola girare per
tutta la stanza.
Lei se lo sbaciucchiava tutto. Jared la ripose per terra ed
andò in cucina. “E
qui c’è anche la mia mogliettina
preferita.” Monica sorrise. “Perché, ne hai
altre?” Jared fece per pensarci. “Uhm…che io sappia
direi di no!” la prese per la vita e la baciò
appassionatamente: nessuno di
loro capiva come, dopo quasi quindici anni, provassero la stessa
passione del
primo giorno. Ah, l’amore. Monica sentì una fitta
lancinante allo stinco: Samantha le aveva mollato un calcio. “Piccola peste che
non sei altro.” Ma Jared ridendo se la riportò in
soggiorno, mentre lei faceva
la linguaccia alla zia. Per Monica fu una
liberazione quando la misero a letto. “Guardala, questa è
calma solo quando dorme.” “Ma dai che non è
vero. È un amore di bambina.” Monica lo
guardò male. “In realtà mi domando
perché ce l’abbia tanto con te.” Lei non
rispose, anche se una vaga idea
l’aveva eccome. “Ah, giusto per sapere,
perché stanotte è con noi? Stefy e
Shannon vanno da qualche parte?” “No, sono a casa.” “E quindi.” Monica
gli lanciò un’occhiata carica di sottointesi. “Cosa…? Ahhhhh ho
capito, è la notte del sesso acrobatico per tutta la
casa!” E, infatti, così
doveva essere. Stefania aveva pulito da cima a fondo tutta la casa, in
modo che
fosse perfetta. Aveva chiuso a chiave la stanza della bambina, ancora
che a
quel pazzo animale del marito non venisse la voglia di farlo anche
lì. Poi si
era fatta un lungo bagno profumato per ammorbidire la pelle, per poi
farsi la
ceretta e truccarsi come una vera vamp. Per il ritorno di Shan aveva
indossato
solo una leggera sottoveste color avorio con le spalline molto sottili
che le
cadevano in continuazione. Per terminare, aveva comprato un paio di
scarpe con
il tacco vertiginoso che la allungavano di parecchio. Si
guardò allo
specchio…non era per niente male. Un rapido tocco di
rossetto ed era perfetta! Guardò fuori dalla
finestra e poco dopo vide arrivare in lontananza la macchina scura di
Shannon. Cominciò
ad avere l’acquolina in bocca e tra la gambe già
sentiva un piacevole
formicolio. Corse ad appoggiarsi
allo schienale del divano, le gambe incrociate: aveva preparato tutto
quello
alla sua insaputa ed era veramente curiosa di vedere come lui avrebbe
reagito. La maniglia si
abbassò e la figura dell’uomo apparve. Gli anni lo
avevano decisamente
migliorato: sembrava che veleggiasse sulla ventina, piuttosto che sui
trenta
passati. Era diventato ancora più muscoloso alle braccia,
grazie al continuo suonare
sulla batteria come un forsennato. Le gambe sode e snelle e la perenne
espressione da animale notturno: il tutto gli dava l’aspetto
di uno veramente
tosto. “Buongiorno piccolo
puzzone mio.” Shannon si fermò di
botto e guardo la moglie: si leccò le labbra quando si
accorse dei tacchi alti
che lo facevano andare completamente fuori di testa. “La bimba?” chiese
mentre si avvicinava al divano. “Da Monica.” “Casa libera,
quindi.” La prese per la vita stringendola a sé. “Tutta per noi.” Gli
sussurrò piano all’orecchio. Non finì
neppure la frase che Shannon si era già
fiondato famelico sulle sue labbra mangiando, di fatto, tutto il
rossetto.
Stefy si arrese all’assalto, almeno a quel primo. Sentiva la
patta dei
pantaloni scoppiare, quindi con le sue dolci manine gli aprì
la zip e gli tolse
le mutande, in modo che il suo membro uscisse prontamente eretto. “Lo vuoi dolce?”
domandò Shannon mentre infilava una mano sotto la gonna a
Stefy, rimanendo
piacevolmente sorpreso per la mancanza di intimo. “O
preferisci qualcosa di più
animalesco?” Stefy represse un brivido di piacere e di
aspettativa. “Sii animale.” Senza
accorgersi di nulla, si ritrovò Shannon che la portava verso
il muro. Stefy
circondò il bacino del marito con le gambe, sentendo
l’erezione premere furiosa
su di lei: no, non sarebbe durato a lungo, ma chi se ne fregava, era
talmente
bagnata ed eccitata da tutti i pensieri che si era fatta! Il muro riusciva a
sorreggerli perfettamente e lui adorava prenderla in maniera
così selvaggia: da
quando c’era la piccola l’aveva potuto fare troppe
poche volte, dato i rumori
forti che facevano insieme, ma quella sera si sarebbe sfogato alla
grande.Prese a
baciarle il collo frenetico, per
scendere verso il petto: con i denti fece scivolare una delle spalline
della sottoveste,
per far scoprire la soffice carne del seno. “Oh
sì…mordimi.” Lui
non se lo fece ripetere e prese tra le labbra il capezzolo duro come un
sassolino. Stefy iniziò immediatamente a mugolare: adorava
sentire la sua bocca
su di lei, con la barba che le pungeva il petto. “Voglio mettertelo
dentro.” “Sì, fallo!” Senza farselo
ripetere due volte, prese in mano il suo membro e, con movimenti
collaudati da
anni di sesso assieme, lo infilò con forza nel canale ben
umido di Ste, che si
morsicò il labbro per l’intensità della
spinta. Dio, quanto adorava sentirlo
dentro. Shannon spostò una mano dietro al sedere di Stefy,
mentre con l’altra
la teneva per la schiena per sorreggerla meglio e così
facendo, prese a darle
poderose spinte che la fecero urlare di insano piacere. Shan lo faceva
uscire e
rientrare veloce, sentiva che stava per scoppiare e voleva venire
dentro di lei
mentre la faceva gemere. Riprese a baciarla sulle labbra che sapevano
di
fragola e spinse ancora più veloce. Stefy sbatteva di
continuo sul muro, sapeva
che il giorno dopo le sarebbero venuti dei lividi violacei sul sedere,
ma era
un bel prezzo da pagare per sentire un orgasmo svilupparsi in lei. “Amore, sto per
venirti dentro.” “Uhm….”
Quelle
rivelazioni le erano sempre piaciute e ogni volta ringraziava il cielo
che
Shannon non fosse avido di parole. Cominciò a mugolare e
muoversi per sentirlo
meglio, fino a quando Shan non venne con un gemito prolungato: Stefy lo
raggiunse sentendo gli schizzi caldi dentro di lei. Rimasero per qualche
secondo fermi, per riprendersi, ansimanti. Stefy sentiva colare tra le
cosce i
suoi umori e quelli del marito, le gambe leggermente indolenzite per la
posizione non troppo comoda. Shannon stava respirando a pieni polmoni
il dolce
profumo della moglie: lo adorava e ne voleva ancora, però
voleva sedersi. Sempre tenendola in
braccio, la portò sul divano. “Sei unica.” Le
disse senza troppi preamboli. “Lo so!” lui sorrise
e finì di spogliarsi: nudo e sudato, la fissava intensamente
negli occhi,
mentre Stefy si passava la lingua sulle labbra languidamente per
invitarlo su
di lei. “Questa notte voglio
farti impazzire, gattina.” “Miaooo, bauuu,
Frrrr.” Rispose lei mentre si passava una mano sulla coscia
per tirare verso
l’alto il lembo della sottoveste. Shan si
inginocchiò davanti a lei e senza
troppe parole, le spalancò le gambe: perse qualche secondo a
rimirare il sesso
di Stefy. Gli piaceva da matti quel piccolo bocciolo rosa,
completamente
inondato di secrezioni e così invitante. Stefy gli
accarezzò la testa e lui le
baciò l’interno coscia. Si rese conto che lei
stava rabbrividendo. Lentamente,
ma inesorabilmente, si avvicinò al suo piccolo monticello,
baciando anche lì,
così che Ste si aprisse ancora di più. Le
passò un dito tra l’inforcatura e lei
mugolò qualcosa di incomprensibile, mentre lentamente si
prendeva i seni tra le
mani. Shannon iniziò un
leggero movimento con la lingua, lappando lentamente ogni millimetro di
carne
morbida. Adorava il gusto di loro due assieme, qualcosa di unico ed
inimitabile
e non si faceva nessun tipo di problemi a leccarne ogni singola goccia. Prese tra le labbra
il piccolo clitoride ed iniziò a succhiarlo, facendo
sussultare Stefy. Lo
picchiettò con la lingua ed accarezzò le gambe
sensibili. Stefy sentì partirle
i brividi da tutte le parti, stava veramente iniziando a non capire
più nulla.
Shannon prese ad insinuare il dito nella sua apertura, mentre con un
sogghigno
guardava la moglie che si contorceva dal piacere. “Gattina, vuoi che
smetto?” “No…oddio,
no…ti
prego fammi venire.” “Sei sicura?” “Sì…
Gesù, Giuseppe,
Maria, sei fantastico…” Senza ulteriori
indugi, Shannon inserì un secondo ed un terzo dito nel
canale facendo inarcare
Stefy che urlò dal piacere. Adorava vederla così,
sudata, ansimante e quasi
nuda mentre veniva grazie a lui: era come ribadire che lei era sua e
sua
soltanto. Nessuno poteva vederla in quella maniera. Sentì
l’erezione pulsare di
voglia, ma decise che per quella sessione si sarebbe dedicato solo a
lei e
basta. Scese di nuovo con
le labbra sulla vagina, in modo da poterle di nuovo succhiare il
clitoride che
richiedeva attenzioni continue. Stefy si abbandonò
completamente: le mani vagavano sul suo corpo e tra i capelli di
Shannon, il
piacere era ormai quasi al culmine, e si sentiva svenire. “Oddio…. Proprio
lì…sì…uhmm…” Venne urlando il
nome del marito senza pudore alcuno, con le gambe che si muovevano e i
muscoli
potenti del proprio sesso che stritolavano le dita di Shan. Quando quest’ultimo
lappò ogni singola goccia proveniente da lei, si
rialzò e guardò in faccia la
sua donna: il volto arrossato e gli occhi lucidi le davano
l’aria quasi da
ragazzina pudica. Prese una ciocca di capelli scivolati sul viso e la
portò
dietro all’orecchio. “Sai sempre di
buono.” Le mormorò dolce. Stefy gli si
avvicinò e lo baciò lentamente,
assaporandosi ogni sapore che lui aveva in bocca, proprio incluso. “Animaletto mio,
adesso è il mio turno di prendere le redini del gioco,
vero?” Shan rise. “Non sei ancorastanca?” “Di te mai, amore. E
poi mi sembra che ci sia una parte di te che non vuole riposare per
nulla.” E
così dicendo passò leggera un’unghia
sull’asta già pronta. “Sei un diavolo di
donna.” Stefy e Shannon si
avviarono in camera da letto. La donna si tolse del tutto la sottoveste
e
rimase solo con i tacchi, dato che sapeva che lui li adorava. “Questa sera
facciamo un gioco.” Iniziò lei. Andò
nel cassetto e prese alcuni foulard. “Ste, che intenzioni
hai?” “Di comandare!”
Shannon fece un cenno con il sopracciglio, ma non si
ribellò. Stefy prese due
fazzoletti e legò entrambe le mani alla testata del letto. “Uhm…adoro il
bondage.” Fece Shan passandosi la lingua sulle labbra. Il
terzo fazzoletto finì
a bendare gli occhi. Quando finalmente lo reputò pronto, si
mise sopra di lui,
in modo da poterlo cavalcare. Strofinò la vagina ancora
bagnata sul suo pene
per farlo gemere, poi, delicata, iniziò a leccare tutto il
torace. Le piaceva
soprattutto torcere i piccoli capezzoli. “Micina, se non ti
muovi ti violento.” “E come che sei
legato?” “Non lo so, ma un
modo lo trovo di sicuro.” Stefy rise forte e prese a
stuzzicargli il membro con
le piccole manine. Lentamente si ingrossava e diventava molto
più appetitoso.
Sentì un brivido sconvolgerle il sesso: un fiotto bollente
le scese sulle
cosce, anche vedendo il marito che si mordeva il labbro per non urlare.
Sapeva
che gli piaceva quel trattamento. Come era bello e sexy! Prese il suo membro
pronto e già con la cappella umida e iniziò a
calarsi sopra: lentamente entrò
in lei e si sentì, come al solito, piena fino
all’orlo. Un singulto strozzato
le fece capire che anche Shan stava decisamente andando fuori di testa
per il
piacere. Adorava quando lei stava sopra! Mosse i fianchi per sentirla
meglio e
Ste, presa di sorpresa, gemette intensamente. Prese a dondolare
lentamente: voleva che il suo piacere crescesse piano, in modo da
goderselo al
meglio. Un nucleo di lava fusa si stava formando alla base
dell’utero e
diventava sempre più grande ed incredibile. Il pene di
Shannon la colpiva
perfettamente nei punti che solo loro conoscevano. L’uomo
cercava di
strattonare i fazzoletti più forte che poteva, ma i nodi
erano veramente
stretti: voleva proprio poter stringere i seni della donna, ma non era
possibile. Stefy continuava ad
andare su e giù sul corpo muscoloso di Shannon che non
riusciva a smettere di
muovere le mani. “Almeno lasciami
vederti mentre vieni.” Le pregò. Senza aspettare,
gli tolse la benda e la gettò
lontano. Si fissarono negli occhi senza parlare fino a quando le spinte
di
Stefania non furono più lunghe ed intense. I muscoli le si
contrassero e sentì
Shannon venirle dentro di nuovo. Non potè che seguirlo
nell’orgasmo con un
lungo gemito soddisfatto. Crollò su di lui lasciandosi
baciare la testa. “Miseria, quanto mi
mancava una cosa del genere.” Sussurrò Shan. “Già. Amo Samantha,
ma a volte mi piace tirare fuori gli animali che sono in
noi.” Stefy slegò le
mani al marito e si tolse le scarpe, poi si accoccolò al
fianco di Shannon. In
fondo prima del secondo round dovevano riprendere le forze. “Amore, domani vai
tu da tuo fratello a prendere la bimba?” “Ok, nessun
problema.” I due coniugi
presero a coccolarsi dolcemente: quindici anni erano passati e loro si
amavano
come il primo giorno. Monica stava
tranquillamente preparando la colazione: aranciata per Jared, latte per
Samantha e caffè per lei. Tutto perfetto. Dal fornetto
uscirono le brioches
fragranti. Sperò proprio che nessuno avesse da ridere. Poi sentì dei
piccoli passi arrivare fino da lei. Si girò e
trovò Samantha, ancora con il
pigiama di Winnie the Pooh, le mani sui fianchi e lo sguardo assassino.
Monica
pensò che doveva stare attenta: quella bambina sarebbe stata
ben capace di
allearsi alle fan più scatenate di Jared per farla fuori. “È successo
qualcosa, piccola?” chiese cauta. “Quando io sarò
grande sposerò lo zio Jared e tu non ci sarai.”
Monica strabuzzò gli occhi.
“Lui è mio!” “Senti un po’, che
ne dici di un patto?” iniziò Monica. Sammy
incuriosita non disse nulla e Monica
le si avvicinò inginocchiandosi davanti a lei,
così da vederla negli occhi. “mi
pare di capire che entrambe amiamo lo zio Jared. Perché non
diventiamo amiche?
Altrimenti lo zio non sarà felice se io e te litighiamo di
continuo e noi non
vogliamo che lo zio sia triste, no?” la bimba la guardava
soppesando le parole
che aveva sentito. Da dietro la porta, Jared sorrideva intenerito da
quello che
sua moglie tentava di fare. “Ci devo pensare.”
Fece infine Samantha. Monica sospirò: almeno una mini tregua
era stata
suggellata. “Perfetto, intanto
che ne dici di una buona colazione?” Sammy sedette a
tavola ed iniziò a bere il suo latte. La zia aveva ragione:
se lo zio era
triste, non le avrebbe voluto abbastanza bene.Monica uscì a chiamare Jared, ma venne fermata
dall’uomo che la
abbracciò e la baciò appassionatamente. Lingue
mani lottarono, incuranti che la
bambina fosse lì vicino. “Wow, a cosa devo
questo splendido trattamento.” “Un marito non può
baciare la sua splendida moglie?” “Oh certo che può,
anzi, deve!” e lo baciò di nuovo. “E poi, mi è
piaciuto quello che hai detto alla nostra nipotina.” Monica
fece spallucce. “È l’unico
modo per
avere una tregua. Quella bambina è terrificante: ci rivedo la Ste
e pure tuo fratello… un
mostro.” Jared rise. “Senti…”
iniziò lui
tentennante mentre entravano in cucina. “e se facessimo un
figlio nostro?” Monica e Samantha
alzarono la testa, sgranarono gli occhi ed esclamarono: “COSA?” FINE
Capitolo Extra 2: Monica e Jared
Per Anna che aveva chiesto un
capitolo Extra di A beautiful Lie con Monica, Jared ed un Bambino. La Rivelazione
Era stato il dolore atroce il primo
campanello d’allarme. Non erano le solite fitte da ciclo,
anche se il periodo
sarebbe stato quello giusto, forse un po’ in anticipo. No,
era qualcosa di
peggiore, una sensazione di scivoloso, caldo ed estremamente sbagliato.
“Jared, portami in ospedale.” Era
stata una richiesta dettata con una grande tranquillità,
anche se dentro aveva
una paura fottuta. La percepiva anche nello sguardo del suo uomo che la
fissava
come se la stesse perdendo. Era più spaventato di quella
volta a Detroit, dove
un gruppo di ragazze voleva linciarla perché se lo stava
baciando: maledette
fangirl.
E ora era lì, distesa a letto con
un broncio maledetto.
Stefy non faceva che ripeterlo:
“C’è l’un percento di
probabilità che succeda.” Mica poteva essere lei
la
sfigata di turno, giusto? Eccome!
“Sta bene signora?” eccolo
lì, il
suo medico. Quello che le aveva dato la notizia shock.
“Mai stata meglio.” Rispose con
voce funerea Monica. Non voleva stare lì, lei odiava gli
ospedali e odiava,
soprattutto, il motivo per cui ci si era ritrovata.
“È stata fortunata, ancora un
po’ e
avrebbe perso il bambino.”
Incinta.
Una parola, una sentenza. Lei non
li voleva i figli. Lei non voleva essere madre, lei non voleva
partorire. E
credeva che lo stesso valesse per Jared. Non ne avevano mai parlato
seriamente,
lui sempre in giro per il mondo, preso con la band e perso dietro a sua
nipote
Samantha. Invece alla notizia che sarebbe diventato padre, quasi
esplodeva a
piangere di gioia. Monica non se l’era proprio sentita di
dirgli che lei, quel
bambino, non lo voleva. Aveva così deciso di
aspettare…in fondo aveva tempo fino
al terzo mese.
Fissò il suo ventre ancora piatto
con astio.
“Ci hai fregati tutti, vero?”
Terzo mese
Jared correva come un matto: ormai
odiava stare in sala di incisione troppo tempo e i suoi compagni lo
sfottevano
come un matto, ma a lui non importava. Voleva soltanto correre da
Monica e
stare con lei e il bambino. Ok, tecnicamente il bambino era solo un
feto che
probabilmente, anzi assolutamente, non sapeva di essere al mondo. Ma
era il suo
feto, suo e di Monica. Si bloccò davanti ad una vetrina e si
mise a pensare:
onestamente non gli sembrava che Monica sprizzasse di gioia
all’idea di avere
un figlio e non capiva come mai. Non era il sogno di tutte le donne sul
pianeta
quello di mettere su famiglia? Non ne avevano mai parlato sul serio,
anche perché
entrambi erano stati presi dai loro progetti lavorativi. I 30 Seconds
to Mars
ormai erano una delle realtà musicali stabili e la
pasticceria di Monica
viaggiava a meraviglia. Stavano insieme, si erano sposati e andavano
avanti
tranquilli, di figli non c’era mai stato tempo per parlarne.
Era arrivato e
basta. E lui era raggiante.
Salì le scale facendo gli scalini
due a due e quando aprì la porta si bloccò:
Monica era seduta sul divano che
piangeva a dirotto.
“Monica, che succede? Stai male?
Devo portarti dal medico?” Monica lo guardò con
occhi lucidi.
“È tutta colpa tua!” Jared
restò di
sale. “Sì, è colpa tua se mi ritrovo
incinta. Potevi sparare a salve quella
notte, no? Cazzo!!” Jared la fissò ad occhi
aperti, poi la strinse a sé. Non
capiva cosa le stesse accadendo, ma doveva starle vicino.
“Amore, si può sapere che ti
succede?”
“Cosa mi succede? Guardami bene
perché tra un po’ tua moglie sarà una
balena e non mi vorrai più. Colpa di
questo piccolo parassita!”
“Scusa?”
“Il bambino. Lo sai come funziona qui
dentro?” e si indicò la pancia. Jared era
decisamente preoccupato: sua moglie
stava dando i numeri. “Questo piccolo essere che adesso non
è ancora un niente,
è collegato a me. Prende tutto da me e il mio corpo lo
aiuta! Rema contro, non
lo combatte… aiutami Jared.”
“Aiutarti in cosa?”
“Io non voglio essere madre.” Ecco,
la verità finalmente svelata. Si aspettava una sonora
cazziata, urla da parte
di Jar, ma lui le prese le mani e si sedette comodo vicino a lei che
tirava
rumorosamente su con il naso.
“Mi sembra che sia un po’ tardi per
dirlo, no? La pagnotta è in forno.”
“Ma come parli?” lui rise.
“Bhe, parlo così.
Senti…” fece di
nuovo serio “…questo è il nostro
bambino. Andrà tutto bene, no?”
“Tu parli facile. Non sei tu a
dovertelo portare in giro o a vomitare tutte le mattine a causa delle
nausee.
Non sei tu che avrai i piedi gonfi e dovrai morire di dolore per
partorire…”
“Ma sarò io quello che a
metà della
notte andrà a comprarti le fragole, o quello che
cambierà i pannolini sporchi e
gli darà da mangiare se tu vorrai andare a farti i capelli.
Monica, non ti fidi
di me?”
Monica lo fissò seria e sospirò.
“Il mio problema non è fare un
figlio con te. Il mio problema è fare un figlio e basta.
Io…” altro sospiro
“…io non sono capace di fare la madre. Io non ho
mai avuto istinto materno.
Stefy a 16 anni già si vedeva con tre bambini, mentre io mi
vedevo a fare torte
e basta. Non sono una madre.”
“Nessuno nasce pronto per essere
genitore, ma abbiamo ancora sei mesi per renderci conto della portata
della cosa.
E poi sono sicuro che sarai più che perfetta. Forse con gli
altri bambini hai
problemi, ma lui o lei sarà tuo e soltanto tuo…oh
bhe, anche mio, ma sarà
nostro e sarà differente.”
“Sarà un lui.”
sussurrò a fior di
labbra.
“Come lo sai?”
“Me lo sento.”
Jared sospirò: sembrava che il
pericolo fosse passato. Ma vedere la sua Monica in quello stato
l’aveva
preoccupato.
“Ti va di iniziare a pensare a come
lo chiameremo?”
Sesto mese
Finalmente i medici le avevano dato
il permesso di potersi muovere: stare chiusa in casa e non poter
camminare più
dello stretto necessario era stata un’agonia, ma non farlo
poteva significare
un problema al bambino. Fece una smorfia davanti allo specchio
ripensandoci.
Quel minuscolo esserino non era ancora nato e già le stava
creando più fastidi
che altro. Nonostante tutte le belle parole che sentiva, non riusciva
ad amarlo
come doveva. Cazzo, pensò mentre si lavava i denti, sono una
quasi mamma, è
possibile che il pensiero di avere un figlio mi spaventa
così?
Fece mente locale: Stefy, quando
aveva scoperto di aspettare Sammy, era al culmine della gioia. Neppure
al suo
matrimonio era stata così raggiante. E di Shannon neppure a
parlarne.
Stravedeva per quel piccolo mostro. Jared era stato euforico per
settimane, lei
depressa, anzi, incazzata.
Aveva dovuto lasciare la
pasticceria in mano alla sua socia e ormai da settimane non ci metteva
piede.
Che palle! Colpa di Alex che la costringeva a letto. Ma finalmente
avrebbe
potuto muoversi. Una passeggiata al parco se la meritava e poi un
po’ di
shopping, qualche libro, dato che li aveva finiti tutti e si stava
ritrovando a
leggere quelli pazzoidi di Jar. Diamine, la filosofia non faceva per
lei.
Il sole di gennaio la colpì al
viso. Adorava quella mescolanza di sensazioni: freddo
dell’aria, ma caldo del
sole. La faceva sentire viva come non mai. Decise di viziarsi un
po’: si comprò
un mega gelato a tre palline e poi della cioccolata in barretta da
mangiarsi a
casa, magari guardando qualche cavolata in TV.
Poi entrò in una profumeria e fece incetta
di Sali da bagno e bagnoschiuma profumati: Jared era stato fantastico
in quei
mesi, si era prodigato per fare la spesa, per pagare le bollette e per
cercare
di andare in tour meno possibile. Ma quando non c’era lui, a
farle compagnia
c’era sempre Stefy e pure sua madre saliva spesso a Los
Angeles. Insomma, non
era mai stata veramente sola. Però ora le mancava la sua
indipendenza e voleva
riacquistarla facendo spese esclusivamente per se stessa.
Arrivò a casa con le mani ingombre
di sacchetti e pacchetti vari.
“Sei pazza?” La bloccò Jared
prendendole dalle mani la roba. Sembrava un invasato.
“Si può sapere che hai?”
“Tu devi stare calma e tranquilla.
Non portare pesi in giro per la città.”
“Jared, ho fatto solo un po’ di
compere, mica mi portavo in spalla una cucina nuova. Hai sentito il
medico, mi
fa bene andare a camminare. Aria pulita e fresca.”
“Sì, camminare al parco e sederti
sulle panchine, non trotterellare in giro per la
città.”
“Ufff, che palloso che sei. È
andato tutto bene, di che ti lamenti?” Si distese sul divano
passandosi
inconsciamente la mano sul ventre. Ormai la gravidanza era evidente.
“Vorrei evitare che ai miei due
amori succeda qualcosa. È tanto strano?”
“Lo sai che ti amo, vero?”
“Non cercare di blandirmi…”
“Ti ama anche Alex.”
“Non tirare in ballo il bambino, lo
sai che non funziona. Se devi fare spese, perché non mi
avverti? Così andiamo
assieme.” Monica sospirò.
“Jared, parliamoci seriamente. Sei
un uomo fantastico e lo sei stato ancora di più in questo
periodo problematico
per me. Ma ora sto bene e voglio riprendere in mano un po’
della mia vita. Lo
capisci?” Jared annuì. “Perfetto. Ora
vado a farmi un bel bagno caldo.”
“Stai qui, te lo preparo io.”
Monica scelse un libro tra i suoi nuovi acquisti e si avviò
verso il bagno: Jared
aveva già riempito la vasca per metà e una nuvola
di schiuma bianca. Si spogliò
con calma sotto lo sguardo affamato del marito.
“Non mi guardare così.”
“Non ci posso fare niente, sei
troppo bella.” La abbracciò e la baciò
con passione accarezzandole la schiena.
“Vuoi entrare con me?”
Jared sorrise e si spogliò, poi
entrarono in acqua insieme. Jar si appoggiò sul bordo della
vasca, mentre
Monica si mise sopra di lui, con la testa sulla sua spalla. I vapori
salivano
alti, specie quando Monica giocava pigramente con la schiuma. Un loro
piccolo
paradiso terrestre. Jared prese a parlare degli ultimi progetti della
band:
stavano cercando di convincerlo a fare un ulteriore tour in Europa, ma
lui era
piuttosto scettico perché non voleva lasciarla proprio
quando sarebbe nato il
bambino. Voleva stargli vicino il più possibile.
Monica ascoltava attentamente e
pensava a quanto padre lui fosse e a quanto poco madre riuscisse ad
essere lei.
La deprimeva, sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Chiuse gli occhi per
assaporarsi al meglio il corpo di Jared: era dimagrito fin troppo in
quel
periodo e lei aveva avuto paura che fosse qualcosa di più
serio di un
dimagrimento improvviso. Per fortuna stava mettendo su qualche etto,
forse
perché mangiava con i ritmi in cui mangiava lei. Forse il
bambino avrebbe fatto
bene a qualcosa. Nonostante i chili era sodo e scattante ed
assolutamente
rassicurante. Quando lui le era vicino, nulla poteva accaderle.
O quasi.
Fu una sensazione stranissima: era
qualcosa che proveniva da dentro di lei. Alex le aveva appena tirato un
calcio.
Era stata la prima volta e la cosa era
così…curiosa. Fissò il ventre e lo
sentì
di nuovo. Qualcosa di così intimo e personale. Non sapeva
come descriverla, era
il modo di Alex di comunicare con lei.
Sentì formarsi nel cuore un grande
calore, un sentimento positivo, un affetto, che per quel bambino non
aveva mai
pensato di provare. Era il suo bimbo, la sua creatura.
“Ehi, ma allora ci sei sul serio.”
Mormorò.
Le faceva strano, per la prima
volta riusciva a realizzare cosa stava crescendo in lei. Ovviamente lo
sapeva
da sempre, eppure avere finalmente una prova tangibile e non solo prove
fatte
di oscure foto e nausee mattutine, la stava facendo sentire
più…cazzo, mamma!
“Scusa, ma dici a me?” Si accorse
solo in quel momento che Jared era ancora lì. Ovvio che lo
fosse.
Monica gli prese la mano e se la
poggiò sulla pancia, più o meno dove aveva
sentito il piedino del bambino
tirarle il calcio.
“Che c’è?”
“Sssss. Aspetta e vedrai.” Senza
accorgersene piccole lacrime presero a scenderle felici sulle gote.
“Aspettare cos…” E accadde di
nuovo. Fu un colpo piccolo, leggero, giusto quello che serviva a Jared
per
sentirlo. “Monica…è…
è proprio Alex?” lei ridacchiò.
“O Alex o il suo gemello, ma mi
pare che la ginecologa mi abbia detto che di figli ne aspettiamo uno
solo.” Lo
guardò e lesse negli occhi dell’uomo una cosa
strana…autocompiacimento? “Quanto
orgoglio senti ora?”
“Una valanga. Sto per diventare
padre e…questa cosa rende tutto più
reale.”
Già, più reale, proprio come aveva
pensato lei.
“Jared?” sussurrò.
“Dimmi.”
“Sto per diventare madre.”
Capitolo
extra 3: Buon Compleanno Jared!
Jared
non aveva mai amato molto il Natale: la trovava una
festa ormai trasformata troppo dal suo reale significato. Inoltre il
suo
compleanno era il giorno dopo e di solito perdeva molto della sua
importanza.
Insomma, compiere gli anni era qualcosa di unico ogni anno, significava
che eri
andato avanti ancora, era il giorno della propria celebrazione, invece
tutti
tendevano a sminuirlo perché c’era il Natale il
giorno prima.
Tutti,
tranne Monica. Lei
aveva sempre fatto in modo di festeggiare entrambi gli
eventi e sempre in maniera che uno non mettesse in ombra
l’altro. Cenette
intime, regali significativi, simbolismi che solo loro due potevano
capire. E
lui non poteva che amarla ancora di più.
Inoltre
con l’arrivo di Alex era stato impossibile
declassare il Natale. Il bambino adorava decorare l’albero
tanto quanto amava
scartare i regali. Il Natale era la sua festa preferita e Jared avrebbe
dovuto
conviverci almeno per altri dieci anni almeno.
“Zio
Jared, mi passi le patatine?” Jared fissò
Samantha: sua
nipote era diventata una bambina deliziosa. Crescendo assomigliava
sempre di
più ai suoi genitori, con gli occhi scuri e profondi di
Stefania, ma dalla
forma particolare di Shannon. Inoltre i capelli neri scendevano in
morbidi
boccoli. Jared non si sarebbe stupito se in pochi anni suo fratello
avrebbe
dovuto iniziare una guerra con i maschietti del quartiere.
“Certo,
tesoro.” La bimba gli sorrise.
“Non
è giusto, le volevo io le patate!” “Simon,
stai calmo, dopo avrai la tua razione.” Il
secondogenito di Shannon era la copia sputata del padre. Un animale
vero e
proprio, già con la sua mini batteria, i capelli sparati in
alto con il gel e
terribile teppista a scuola. Quando c’erano i guai, lui era
in prima fila,
eppure Jared si divertiva un sacco con lui, anche perché
rivedeva talmente
tanto del Shannon bambino, che si permetteva un viaggio nei ricordi
felici.
“Ma
mamma, lei ha sempre tutto prima di me…uffa!”
protestò
ancora Simon.
“Taci
Simon, sei una palla.” Fece Sammy ridacchiando.
“Ohi,
signorina, chi ti ha insegnato queste parole?”
Scattò
Stefy. Stava parlando con Monica di lavoro, ma come aveva sentito che i
termini
diventavano troppo coloriti per le sue intenzioni, aveva immediatamente
voltato
la testa rosso fuoco in direzione dei suoi figli.
“Zio
Tim. Perché, non va bene?” Fece Samantha. La
bambina
sapeva benissimo che certe cose doveva dirle solo a scuola, ma le era
scappato.
Monica
ridacchiò e Jared prese a fissarla. Quel giorno si
era vestita tutta elegante, con una bellissima gonna rossa che le
arrivava fino
alle caviglie, un maglioncino di lana bianco e un paio di stivaletti.
Gli
pareva che quel giorno fosse ancora più raggiante del
solito, con gli occhi che
scintillavano felici. “Io
quello lo ammazzo. Sta troppo vicino a Sammy, non vorrei
che me la contaminasse.” Continuò Shannon dal suo
posto di capotavola. Quella
mattina si era sbarbato per bene, sembrava quasi una persona seria,
anche
perchè era stato costretto a vestirsi elegantemente per
celebrare il Natale.
“Ma
dai, lo sai che Tim è un pezzo di pane.” Fece
Jared.
“Mamma,
acqua!” la vocetta acuta di Semuel arrivò dal
fondo
del tavolo. “Samantha,
aiuta tuo fratello.” Fece Stefy. Semuel era
l’ultimogenito del clan Leto, aveva tre anni ed era la
fotocopia di Stefania,
tanto quanto Simon era quella di Shannon. Solo che, a differenza della
madre,
era molto più calmo e posato. Molto ordinato per la sua
età, con una spiccata
dote al disegno e all’osservare le dinamiche tra i due
fratelli più grandi,
specie quelle di Simon. Era
quello che andava maggiormente d’accordo con Alex.
Quella
era la sua famiglia. Mancavano solo Tomo e Tim con le
rispettive compagne e i figli, ma almeno per quel giorno ognuno stava
con i
parenti. Non
c’era suo padre, ma lui, aveva deciso di partire per una
crociera con la sua nuova donna e aveva lasciato detto che sarebbe
andato a
trovare i nipoti al suo ritorno, dopo la Befana.
Non che Jared
tenesse così tanto a passare il giorno di
Natale con il padre: per quanto avesse sfondato, per quanto i rapporti
si erano
molto più che distesi dai tempi dell’adolescenza,
non erano due caratteri che
riuscivano a stare insieme nella stessa stanza per troppo tempo.
“Papà,
posso andare a giocare?” Eccolo Alex, il suo Alex.
Per lui era di sicuro il miglior bambino del mondo, ma era decisamente
di
parte. Monica era sempre felice guardandolo, perché le
pareva di avere una
copia di Jared in miniatura, invece lui riusciva a vederci solo i
tratti di
lei, della donna che lui amava alla follia come il primo giorno. Il suo
sorriso, il naso dritto e regolare, il volto ovale e dolce. Era come
vedere
Monica, poco importava che avesse i suoi stessi occhi grigi e le labbra
sottili
come le sue.
Jared
guardò il piatto del figlio e, constatato che era
stato spazzolato da cima a fondo, gli diede il permesso di alzarsi.
“Vai,
ma non fate troppo chiasso.”
“Evviva!”
esultò Simon correndo verso la sua camera. Anche
Semuel sgambettò verso la camera del fratello: se
c’era Alex, Simon non poteva
prenderlo a botte. Samantha, invece, decise di restare a tavola con gli
adulti:
in fondo aveva 12 anni ormai, era una signorina e come tale doveva
comportarsi.
Peccato che le chiacchiere dei suoi genitori con gli zii la stavano
annoiando a
morte.
“Mamma,
posso stare a leggere sul divano?” chiese infine
annoiata.
“Certo
piccola.” La sentirono borbottare qualcosa di simile
ad un ‘io non sono piccola’. Gli
adulti risero e ripresero a parlare.
C’era
una serenità speciale in quel Natale, qualcosa che
Jared non aveva mai provato nei natali precedenti.
“Che
ti ha regalato Monica, quest’anno?” chiese Shannon
curioso.
“Mi
ha preso un libro.”
Shannon
e Stefania sgranarono gli occhi.
“Un
libro?”
“Sì.”
Fece Monica tranquilla, mentre beveva un goccio
d’acqua.
“Già,
una prima edizione di “Zanna Bianca”. Lo sai quanto
mi
piacciono i libri antichi.”
“Ok,
ma di solito non è lei che ti fa quei regali assurdi,
tipo una candela a forma di cuore che vi ricorda il vostro romantico
week-end o
cose simili?” Fece Stefy.
“Si
può cambiare a volte.” Disse Monica sorridendo.
In
effetti anche Jared era rimasto sorpreso. Monica, di
solito, per Natale le faceva quelli che lei chiamava “regali
simbolici”. Come
lui, anche lei trovava che ormai il significato vero del Natale si era
perso
per strada e deprecava il consumismo sfrenato. Preferiva fargli un
regalo più
grande per il suo compleanno e per Natale qualcosa di piccolo, ma che
sapeva
gli avrebbe scaldato il cuore.
Invece
sembrava che quell’anno avesse cambiato i piani. Se
solo ci pensava diventava decisamente impaziente. Voleva che il 26
arrivasse il
prima possibile…bhe doveva aspettare solo altre dieci ore. “Allora,
che cosa gli regali per il compleanno?” Chiese
Stefania, mentre insieme a Monica sistemava la cucina. Avevano lasciato
i
bambini giocare in camera e i rispettivi mariti a confabulare in salotto
“Una
cosa speciale.” Stefy
la guardò fissa negli occhi. Non era mai successo che
Monica restasse abbottonata su qualsiasi cosa con lei. Mai.
“Non
me lo vuoi dire?”
“Stavolta
no.”
“Ma…perché?”
Monica la guardò: sembrava che stesse prendendo
la cosa come un affronto personale.
“Perché
voglio che lui sia il primo a godersi il suo regalo.
Tranquilla che domani mattina tu e Shannon sarete i primi a saperlo, ci
scommetto la casa. O forse meglio di no…magari lo diremo ad
Alex…” terminò
pensierosa, mentre portava in sala da pranzo la torta.
Stefania
la fissò pensierosa.
Finalmente
erano tornati a casa. Monica mise a letto Alex
che già per strada aveva dato cenni di cedimento. Era sempre
stato un bambino
piuttosto calmo, ma quando stava in contatto con Simon per troppo
tempo, finiva
per essere scatenato quanto lui, anzi, a volte riusciva a superarlo.
Stefania
era convinto che fosse il gene della psicolabilità ereditato
da Jared. Ma a
Monica non interessava per nulla.
Amava
quel bambino e non solo perché era suo figlio, ma, e
soprattutto, perché era il figlio che aveva avuto con Jared.
Amava vedere i
suoi due uomini giocare insieme, o quando Alex cercare di imitare Jared
mentre
suonava. Sperava soltanto che, a differenza del padre, non mollasse
troppe
parolacce. Almeno durante i concerti si
era sempre trattenuto quando c’era lui dietro alle quinte.
Per
fortuna di Alex, Monica era riuscita ad essere una madre
almeno decente. Lei stessa non credeva di essere poi così
brava, nonostante la
rassicurassero spesso del contrario. Però non ci poteva far
nulla: guardava le
altre madri e le sembravano infinitamente migliori di lei. Beh, lei
aveva Jared
dalla sua, il padre modello per eccellenza. L’unica cosa in
cui sapeva di
essere la migliore, era il fattore scuola. Alex era bravo e lei adorava
seguirlo. Per il resto era andata molto alla cieca. Diede
un ultimo bacio sulla fronte al figlio, gli rimboccò
le coperte con Snoopy e spense la piccola lampada a forma di
mongolfiera. Il
lieve respirare cadenzato di Alex, si spanse nella stanza: era
già nel mondo
dei sogni.
Ora
che aveva messo il bambino a letto, era il tempo di
dedicarsi come doveva a suo marito. In fondo compiere gli anni era una
cosa che
capitava una volta all’anno e almeno quella notte sarebbe
stata tutta per loro,
o quasi.
Andò
al bagno e si cambiò: decise di mettersi la leggera
sottoveste blu notte che si era regalata e basta. Sciolse i capelli e
li
spazzolò con cura, si struccò e finalmente decise
che era pronta per Jared. Si
guardò allo specchio un’ultima volta e prese un
profondo respiro. Quando
entrò nella loro camera, trovò Jared comodamente
seduto sul letto con indosso solo i pantaloni del pigiama di seta nera,
che a
lei piacevano molto. Sorrise, specie quando vide lo sguardo ammaliato
del
marito.
“Fischia,
gli faccio ancora questo effetto, non sono poi
tanto male.” Pensò Monica tra se stessa medesima.
“Sei
splendida amore.” Le disse, mentre le porgeva una mano
per attirarla a sé. Monica si sedette a cavalcioni su di lui
e lo baciò
dolcemente. Quei momenti di intimità erano molto rari,
perché entrambi
arrivavano a fine giornata distrutti: tra il lavoro e un figlio che li
faceva
correre da tutte le parti, riuscire ad essere sempre belli e pimpanti
era
un’impresa mica da poco. Quando
Monica sentì la mano di Jared risalirle la coscia, si
staccò e lo bloccò.
“Altolà,
mezzanotte non è ancora arrivata.” Guardarono
entrambi la radiosveglia: il led luminoso segnava le 23:55.
“ma…ma…uffa.”
Brontolò Jared. Monica sorrise.
“Senti,
che ne diresti se io e te facessimo una giornata di
puro svago? Prendiamo la macchina e andiamo…diciamo che
andiamo fuori Los
Angeles. Ci sono delle terme che aspettano solo noi.” Il modo
migliore per
distrarre il suo uomo, era quello di pianificare giornate di ferie. Tra
la
musica e il cinema, Jared era spesso pieno di lavoro fino al collo e le
uniche
cose che chiedeva sempre erano le ferie.
“Sarebbe
un’ottima idea, ma a chi lo lasciamo Alex?”
“Potremmo
chiedere ai nostri nipoti, quelli grandi. Da una
vita vogliono spupazzarselo un po’.”
“Credi
che Alice accetterà di stare un’intera giornata
con
lui?”
“Certo
e poi ci sarebbero anche Yvan e Davide, ricordi?”
Alice,
Yvan e Davide, in realtà non erano i loro veri
nipoti, bensì dei nipoti acquisiti grazie alla pazzia di
Stefania. Quando
nacque Simon, i coniugi Leto avevano deciso di prendere una baby-sitter
che li
aiutasse e scelsero Alice. Solo che la ragazza si affezionò
talmente tanto a
Stefy, che prese a chiamarla Mamy e Shannon, Papy. Tirarono dentro a
questa
follia anche i due fratelli gemelli di lei e quindi Monica e Jared
diventarono
gli zii. Tutti fieramente Echelon e quindi degni di cotanta famiglia.
“Lo
so, ma non vorrei che si rompessero…” fece Jared
ancora
pensieroso.
Monica
gli si distese sopra e gli sussurrò sulle labbra:
“Amore,
pensa a me e te in una vasca di acqua calda, piena
di bollicine e solo un misero costume a
separarci…” e così dicendo si
strusciò
leggermente.
“Sei
un diavolo tentatore.”
“Lo
so.”
“Ok,
una giornata io e te soli soletti.” E così dicendo
la
abbracciò e ribaltò le posizioni a letto: ora lui
troneggiava su di lei che gli
accarezzava il volto. Fissò la sveglia: 23:58.
“Te
l’ho mai detto che ti amo, Monica.”
“Qualche
volta, ma è una cosa che apprezzo sempre
risentire.” La baciò ancora, stringendola a
sé con amore.
00:00
“Auguri
di buon compleanno, Jared.” Fece Monica. Jared
fissò
l’orologio: aveva 36 anni da meno di un minuto.
“Permetterai che la torta la
mangiamo domani con Alex, vero?”
“Certo,
anche perché conoscendolo ci avrà messo le mani
dentro, sbaglio?”
“No,
ma lo sai che gli piace cucinare con la mamma. Magari
tra una decina di anni ci ritroveremo con uno chef in casa.”
“Potrebbe
essere utile…me lo porterei in tour.” Jared scese
a baciare i seni della moglie, che, però, rotolò
via, lasciandolo confuso. Vide
che aprì un cassetto e capì che era il momento
del suo regalo, quello che
contava sul serio.
Monica
teneva in mano una busta color avorio senza scritte.
Lo stava guardando con qualcosa che poteva ricordargli del pudore e se
ne stupì:
da quando lei era pudica? Non lo era stata nemmeno agli inizi della
loro
storia.
“Auguri
di nuovo.” Fece piano passandogli la busta. Lui la
prese e la guardò: sulla linguetta d’apertura
aveva scritto “per Jared”, per il
resto era immacolata.
La
aprì e trovo all’interno un piccolo cartoncino
sempre
avorio, in tinta con la busta. La scritta in penna stilografica rossa,
diceva
soltanto “Auguri, papà.” Jared si
sentì piuttosto confuso e guardò Monica. Lei
sembrava più nervosa di lui: si stava torcendo le dita e
morsicando il labbro. Tolto
il biglietto trovò una strana foto: lo sfondo
totalmente nero con delle macchie nebulose grigiastre e bianche. “Che
ci fanno l’ecografie di Alex qui?” chiese:
ricordava
bene quando aveva visto per la prima volta quelle immagini in una
saletta
d’ospedale, dopo che Monica era stata male.
“Guarda
la data…” disse solo lei. Lui voltò la
foto e lesse
la data: gli occhi gli si allargarono per lo stupore, prese a
balbettare
qualcosa di incomprensibile tranne che per lui e fissava
alternativamente la
foto e la moglie.
“Jared…”
“Questa
è di due settimane fa…”
sussurrò impercettibilmente.
“Eh
già…” Monica si era allarmata. Pensava
che lui avesse
una reazione migliore alla scoperta di aspettare un altro figlio, non
che
avesse più paura di lei. Anzi, stranamente, quella volta
l’aveva presa molto
meglio della precedente: quando il medico l’aveva
ragguagliata sulle sue
condizioni era riuscita anche a piangere di felicità. E non
ne capiva del tutto
il motivo.
“Cioè,
diventerò padre?”
“Tecnicamente
lo sei già, al massimo diventi padre per la
seconda volta…sempre che tu lo voglia.”
Finì piano. Jared
si voltò di scatto.
“Ovvio
che lo voglio! Che domande fai?” Monica rilasciò
tutta l’aria che aveva nei polmoni con un sospiro che non si
era accorta di
trattenere: per un minuscolo secondo aveva veramente temuto che Jared
non
volesse un secondo figlio.
Jared,
dal suo canto, era letteralmente rapito da quella
immagine sfocata ed assolutamente incomprensibile, che era il suo
bambino.
Qualcosa di potente gli era cresciuto nel cuore, un calore che
associava
immediatamente ad Alex. Un altro piccolo Leto. O magari, ancora meglio,
una
piccola Leto. “Tu
vuoi un maschio o una femmina?” Chiese a Monica, mentre
riponeva la foto nella busta per poi richiuderla nel suo cassetto.
“A
me basta che sia sano…anche se…sarei decisamente
curiosa.
Vorrei vedere se anche tu, come tuo fratello, ti rincoglionisci
completamente
con una figlia.”
Jared
rise forte, ma prese ad immaginare la sua futura
bambina.
“Pensa,
una piccola Monica.” “Dio
ce ne scampi. Spero che prenda tutto da te, esattamente
come Alex.” Jared la baciò dolcemente sulle
labbra, facendola distendere sotto
di se.
“Io,
invece, vorrei che la mia bimba abbia gli stessi occhi
magnetici e dolci della sua mamma.” Poi le baciò
il collo. “E lo stesso nasino
perfettamente dritto…” scese verso i seni
baciandoli “… e con un sorriso che
sappia di gioia pura come il tuo…” Monica sorrise
quando lui si fermò sul suo
ventre ancora piatto. Jared lo fissava con venerazione. “E
poi potrebbe essere
forte e determinata come te. Magari non così testarda, ma
bella e fiera.”
“E
se, invece, fosse un po’ come te? Con i capelli sottili e
lunghi, gli occhi chiari che ammaliano e le labbra sottili perfette da
baciare?” Jared fece una smorfia.
“No,
non voglio che mia figlia baci qualcuno.”
“Ecco,
non sappiamo neppure se sarà maschio o femmina e
già
ti ingelosisci. Povera figlia mia.”
“Figlia
nostra.” E così dicendo, le tolse la vestaglia
abbracciandola forte. “È il miglior regalo che
abbia mai ricevuto e non solo
per il compleanno.”
Fecero
l’amore teneramente, dedicandosi completamente
l’uno
all’altra, cercando di non svegliare il bimbo che dormiva
placidamente
nell’altra stanza.
Si
addormentarono abbracciati, con Jared che teneva una mano
sulla pancia di Monica, come a voler sentire il più
possibile quel minuscolo esserino,
quella dolce fusione delle loro anime.
“Auguri
papà!!!!” Monica
e Jared furono svegliati da Alex che era appena
saltato felice sul letto, per andare ad abbracciare il padre.
Monica
si sentiva completamente esausta e guardò
l’orologio:
in effetti non avevano dormito che poche ore. Notò che anche
Jared sembrava
piuttosto smarrito.
“Alex
tesoro, non è un po’ presto?”
“Ma
mamma, oggi papà fa gli anni lo sai!”
“Sì
lo so, ma speravamo di dormire un pochino.” Fece lei
rimettendosi la vestaglia persa durante la notte.
“Dai
va bene lo stesso, campione. Ti va di dormire un po’
tra mamma e papà?” chiese Jared cercando di capire
se era vivo o morto.
“Sì!!!!!”
urlò il bimbo infilandosi sotto le coperte. “Oh,
questo è per te.” E gli diede un foglio di carta,
sul quale aveva disegnato
loro tre al parco, con i palloncini colorati. Con la sua grafia ancora
piuttosto sbilenca aveva scritto “buon compleanno
papà Jared”.
“È
splendido…” Jared guardò Monica che
sbadigliava. “Ti
piacerebbe se oltre a te ci fosse un altro bambino?”
“Perché?”
Già,
perché? “Sai,
sta per arrivare un fratellino od una sorellina per
te.” Alex si illuminò e si voltò verso
la madre.
“Mamma,
posso avere una sorellina?” lei rise.
“Bhe,
non dipende proprio da me, ma vedremo che potremo fare,
va bene?”
“Sì
che bello, una sorella. Così le insegnerei a disegnare e
a scrivere. Magari anche a leggere…se lo saprò
fare bene io. E potrò giocare
con lei con il fango in spiaggia…”
“Mi
fa piacere tutto questo tuo entusiasmo, ma ora dormiamo
che ne dici?” fece Jared, mentre Monica era già
con gli occhi chiusi.
“Papà…”
fece Alex dopo un po’. Il leggero respiro di Monica
era lento e cadenzato.
“Uhm…dimmi.”
“Come
si chiamerà?”
“Non
lo sappiamo ancora. Tu hai qualche idea?” “Possiamo
chiamarla Isabell?”
Jared
sorrise al buio ed abbracciò suo figlio: si rese conto
che quel momento, lì nel lettone, con Monica che dormiva
beata portando in
grembo il loro nuovo piccolo miracolo, o parassita, come lo avrebbe
definito
lei, con Alex che parlottava, era IL vero momento della sua vita,
qualcosa che
non sarebbe mai tornato, qualcosa di unico ed irripetibile, il miglior
compleanno della sua vita.
“Certo.”
FINE