A Beautiful Lie

di PrincesMonica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo cinque ***
Capitolo 6: *** Cappitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 16: *** EPILOGO ***
Capitolo 17: *** Capitolo extra 1 ***
Capitolo 18: *** Capitolo Extra 2 ***
Capitolo 19: *** Capitolo Extra 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Titolo: A Beautiful lie

Autrice: Princes_of_the_Univers

Disclaimer: L’autrice non scrive a scopo di lucro. Tutta la storia è assolutamente stata inven= tata da me e dalla mia mente bacata. Purtroppo non posso dire di possedere i dir= itti sul protagonista maschile della storia, altrimenti sarei una donna veramente felice. Ovviamente anche gli altri personaggi non mi appartengono, specie S= pike che è di Joss Whedon, della Mutant Enemy e della Fox…e pure un po’ di Stefania.

Timeline: imprecisata.=

Coppie: non ve lo dico…sennò che gusto c’è?

Rating: Per tutti

Commenti: per qualsiasi insulto, prego… monica_placebo@libero.it=

 

A BEAUTIFUL LIE

 

It's a beautiful lie
It's the perfect denial
Such a beautiful lie to believe in
So beautiful, beautiful it makes me

 

E’ una bella bugia… E’ una perfetta negazione…
Una bugia così bella in cui credere
Così bella, così bella
Che mi realizza

 

30 seconds to mars- A Beautiful Lie

 

 

Capitolo uno

 

Urla, risate, scherzi… norm ali attività di una normale scuola superiore. Il corridoio era pieno di ragazzi scalmanati che speravano con tutto il cuore che la campanella non suonasse mai. Speranza vana, visto che il trillo si espanse ovunque.

Un gruppetto di ragazze avanzava tranquillo verso la classe di biologia del primo anno: chiacchieravano tranquille prese dai soliti discorsi di adolescenti.

“Mi chiedo come si potrebbe invitarlo al ballo.” Fece la prima, una biondina con gli occhiali spessi e le lentiggini.

“Scusate, mi sono persa. Di chi stiamo parlando ora?” Chi aveva fatto la domanda era una bella ragazza mora, con i capelli lunghi e l’espressione maliziosa. Aveva una figura piena di curve che celava con felpe larghe. I grandi occhi castani erano celati da degli occhiali color turchese che la valorizzavano al meglio.

“Ma come Monica, hai anche = il coraggio di chiederlo?” Fece una terza ragazza, anch’essa mora e sensuale. Lei e Monica si somigliavano molto, solo che Stefy, questo era il suo nome, era molto più scura di carnagione e i capelli tendevano al nero più che al rosso. “Ormai Lucy non fa che parlare di lui!”= ;

“Vi prego, ditemi che non è di Lui che si parla… non è possibile che vi piaccia!”  Lucy sbuff&og= rave; e fece il broncio.

“In tutta la scuola tu sei l’unica che trova Leto brutto.” Monica si fece meditabonda.

“Non è che è brutto, non sono cieca, lo vedo benissimo da sola che il tipo è sexy= e molto carino, solo che lo trovo un rompiscatole di prima categoria. Suo fratello è molto più simpatico.”

“Bhe, Shannon ha il suo fascino, ma di certo quello di Jared è maggiore.” Monica scoss= e il capo ed entrò in classe.

Sinceramente non riusciva a capir= e la fissazione di tutte le ragazze per Jared Leto: ok, anche lei alle elementar= i si era presa una cotta per lui, ma ne era passata di acqua sotto i ponti. Fin = da subito lui aveva dimostrato per lei una sorta di disprezzo e si era sempre comportato come un idiota facendo il finto cascamorto. Ormai litigavano ogni volta che si vedevano. Era sicura che solo con lei si comportava in quel mo= do e che prima o poi sarebbe scoppiata. Allora sarebbe stato assai da ridere ved= ere quello che ne sarebbe venuto fuori.

Il professor Patterson distribuì ad ognuno di loro dei vetrini ed un ago.=

“Bene, signori. È gi= unto il momento che impariate a vedere cosa scorre nel vostro sangue. Bucatevi e= poi fate lo striscio come vi ho insegnato nella scorsa lezione.” Un coro = di esclamazioni di disgusto si levò dai ragazzi.

Monica e Stefy, che erano sedute assieme, si guardarono e con rassegnazione si bucarono lievemente un polpas= trello: una piccola goccia cremisi cadde sul vetrino portaoggetti. Monica prese un secondo vetrino e lo fece aderire contro il sangue, che subito si diffuse su tutta la superficie. Poi, con un gesto fluido, lo strisciò per tutta= la lunghezza del vetrino. A lavoro concluso, sistemò sopra un piccolo v= etro di protezione, sottile come un foglio.

Il professore le fece i complimenti e così dicendo le prese il vetrino per metterlo sotto il microscopio. Il mondo div= enne improvvisamente rosso: davanti a lei stava un mare di piccole sfere biconca= ve che si muovevano all’impazzata. Sorrise a quella visione quasi ultraterrena. Prima di cambiare ingrandimento si guardò un po’ attorno. I suoi compagni stavano trovando qualche difficoltà a fare = uno striscio decente. C’era già chi si era bucato più dita = per tirarne fuori un po’ di sangue decente. Nell’angolo lontano c’era un ragazzo tranquillo: Shannon Leto ero già chino sul suo microscopio e stava iniziando a fare i primi disegni per la relazione di scienze. Portava i capelli corti, tagliati a spazzola. La leggera barba incorniciava il volto leggermente allungato. Aveva sempre un’espressi= one piuttosto pacifica, si scatenava soltanto quando suonava la batteria. Si accorse in quel momento che anche lui la stava guardando salutandola con la mano. Monica gli sorrise e ritornò a fissarsi sui globuli rossi.

Molto spesso si chiedeva come fos= se possibile che dagli stessi tipi di geni fossero usciti due fratelli cos&igr= ave; diversi per aspetto e carattere. Shannon era silenzioso, tranquillo e genti= le. Jared rumoroso, scavezzacollo e terribilmente irritante. Non fosse per alcu= ni tratti fisici che erano identici, Monica avrebbe creduto che almeno uno dei= due fosse stato adottato.

Terminò la visione del suo sangue con i dovuti disegni e mise via il quaderno, pronta per precipitarsi= in mensa.

“Ehy, Cross…” L= eto la stava chiamando.

“Dimmi Shannon.”=

“Hai già qualcuno con cui fare la tesina di biologia? Io avrei bisogno di una mano per alzare il = voto il più possibile, non è che ti uniresti a me?”

“Guarda, io di solito lavoro con Stefy, però, se vuoi, possiamo fare una cosa a tre.” Lui si mise a ridere.

“Proposta molto allettante.= Ok, ci sto.”

“Perfetto, ci becchiamo dopo scuola per parlarne meglio. Ora vado a cercare di prendere un posto a tavola.”

I due si salutarono uscendo dall’aula.

 

La mensa era stracolma. Monica e Stefy fecero un sacco di fatica a trovare due piccoli posti vuoti: dovettero sedersi vicino ai nerd della scuola. La cosa non dava loro fastidio, solo c= he non sopportavano di essere troppo vicino agli scherzi dei bulli.=

“Che strazio…non potrebbero lasciarli in pace?” domandò Stefy sbuffando.

“Ringrazia il cielo che noi= non siamo messe in mezzo.” Rispose Monica con filosofia. Il primo giorno,= le due si erano scagliate contro coloro che di solito vessavano i poveri secchioni, rischiando di finire chiuse dentro lo sgabuzzino delle scope per ripicca. Erano state salvate in tempo solo dall’arrivo provvidenziale= di William, il fratello più grande di Monica.

“Solo che non è gius= to: viviamo di immunità diplomatica perché Will ci fa da scudo.”

“Uhmmm…William…= ” miagolò Stefy persa nel suo mondo rosa. Da che si ricordava, da anni l’esplosiva ragazza faceva di tutto per far crollare ai suoi piedi il sexy biondo, ma con scarsi risultati, almeno fino a quel momento.

“Sì, William, o Spike come preferisce farsi chiamare adesso. Ma tu guarda che razza di nome…”

“Spike? Lo trovo affascinante.”

“Stefy, tu troveresti affascinante qualsiasi cosa provenisse da mio fratello. Sei di parte quando= si parla di lui.”

“Sei tu che sei di parte. G= li dai sempre contro.” Monica fece spallucce mangiando uno spicchio di m= ela.

Si guardò attorno, ma non = vide nessuno che la impensieriva. Fino a poche settimane prima andare in mensa e= ra diventato qualcosa di fondamentale e certo non per il cibo. Sempre cercando= di non farsi notare, seguiva quasi come un’ombra i passi di Alex Evans, = sua prima cotta del liceo. Purtroppo per lei si era messo in mezzo Jared prendendola in giro. Alla fine si era ritrovata sotto gli occhi di tutti, m= entre lui urlava quanto gli piacessero i suoi calzini giallo fluorescente, provoc= ando l’ilarità generale…inclusa quella di Alex. Avesse potuto, Monica si sarebbe scavata la fossa con le proprie mani.

Però vedere Alex ridere di= lei senza ritegno, le aveva fatto cambiare decisamente idea sul suo prototipo di uomo. Insomma, lei voleva qualcuno che se la prendesse con i prepotenti e n= on si divertisse alle spalle di chi era sfigato. Ringraziò il cielo quell’ulteriore volta per non essersi mai dichiarata.

“Secondo te ha deciso di chiamarsi Spike per il suo uccello?” la mela le andò quasi di traverso. “Magari un po’ d’acqua ti potrebbe aiutare.R= 21;

“Ma sei scema?”<= /o:p>

“Perché?”=

“Qui non stai parlando di u= no X qualsiasi, qui parli di mio fratello.” Monica aveva la faccia schifat= a e rossa per la vergogna.

“Bhe, che c’entra? Che sia tuo fratello o meno, l’uccello lo ha di sicuro…e se c’è l’ha come un chiodo…cazzo, deve penetrare bene= ad ogni colpo.”

“Iiiik!! Che schifo! Stefy,= ti prego, basta!”

“Uff…tu blocchi la mia creatività!” ribatté Stefy piccata.

“Sfogati come vuoi su questo argomento, ma= non con me davanti. Oh cavoli, ci mancava solo lui a rovinare la situazione.= 221; Fece guardando un punto lontano. Stefy si girò e vide l’argome= nto di discussione… Jared

“Andiamocene.”

“Come vuoi.”

Le due corsero veloce: lasciarono= i vassoi sul tavolo e presero di corsa gli zaini. Uscendo dalle porte, Stefy = si voltò.

“Ok, sarà una testa = di cazzo, però è proprio figo.” Monica mugugnò qual= cosa di incomprensibile in risposta. Tutta la scuola diceva che era figo, ma solo perché non lo conoscevano bene come lei.

“A proposito di gente figa, è un problema se includiamo Shannon nella nostra ricerca di biologia?”domandò Monica.

“Come mai? Di solito non lavoriamo sempre in coppia?”

“Sì, ma ha bisogno di una mano per alzare i suoi voti. Dai, siamo brave noi.”

“Parla per te, genio della provetta! Io nelle materie scientifiche faccio pena.” Rispose Stefy. Erano arrivate davanti all’aula di artistica.

“Vero, ma mi aiuti alla gra= nde in arte.” Entrarono e presero posto al loro banco. =

Da quando erano entrate alle superiori, ormai quasi un anno prima, erano sempre state assieme. L’amicizia era nata subito e praticamente non facevano nulla senza l’altra.

“Comunque per me va bene. Se Patterson è d’accordo, perché no?= 221;

Iniziarono così a cercare = di disegnare un vaso. Stefy era bravissima, con pochi tratti riuscì a f= are un ottimo lavoro, mentre Monica riusciva solo a fare qualcosa che poteva vagamente assomigliare ad un vaso.

“Cross…il disegno non= fa per lei, mi sa.” Le fece il professore con una punta di pietà. Monica si sentì uno schifo.

“Lo so…non c’è bisogno che me lo dica.” Nello studio andava bene, e= ra nella pratica che si perdeva.

Per fortuna per lei, le prime due= ore obbligatorie sarebbero terminate di lì a poco. Avrebbe lasciato Stef= y a dipingere ancora un po’, visto che lei faceva parte del club di arte,= e se ne sarebbe andata nelle cucine nel gruppo di pasticceria. L’idea di Monica era quella di andare a studiare a Los Angeles proprio per diventare = una pasticcera. Nel frattempo si divertiva alle superiori e di sabato mattina andava a lavorare qualche ora nella piccola pasticceria cittadina. Almeno così riusciva a guadagnarsi un po’ di soldi per godersi il fine settimana.

Trovò Shannon davanti al suo armadietto.<= o:p>

“Ehy, Leto! Io e Stefy abbi= amo parlato, quindi abbiamo deciso che si può fare. Sei dentro.” Il ragazzo sorrise, evidentemente sollevato.

“Oh ragazze, mi salvate l’anno di biologia. Come ci dividiamo il lavoro?” Monica si bloccò. Di questo lei e la sua amica non avevano parlato, prese in discussioni più disgustose che includevano William. Decise di improvvisare, al massimo avrebbero potuto cambiare idea nel mentre.

“Di solito Stefy si occupa della parte pratica di laboratorio e io di quella teorica. Tu cosa preferisci?”

“Non lo so…qualcosa di non troppo complicato. Bisogna ricordarsi che alla fine dovremmo fare anche un’esposizione davanti alla classe…”

“Allora facciamo così…” iniziò Monica “… Stefy si occu= pa sempre del laboratorio: vetrini, descrizione materiale e tecniche principal= i. Tu, ti prendi in onere tutta la parte relativa a come è fatto un glo= bulo rosso, dove viene creato, distrutto, come vive etc etc…insomma ci sia= mo capiti.” Fece lei con un gesto svolazzante.

“Sì, ma tu che cosa farai?” lei sorrise.

“Io mi occupo della parte clinica. Malattie, cure. Ovviamente parlerò solo delle principali. Verrà fuori un lavoro spettacolare.” Aveva già gli occhi che brillavano di anticipazione. Shannon non sembrava così entusiasta come lei, ma la lasciò fare.

“Se lo dici tu. Bene, io de= vo andare, provo con la band questo pomeriggio. Tu dove vai ora?”

“Alle cucine. Mrs Deluca mi aspetta.”

“Un giorno mi dovrai far assaggiare quello che prepari…sono curioso.”<= /p>

Monica lo salutò con un ge= sto della mano e corse in classe. Si mise immediatamente a sbattere le uova con= lo zucchero per farle montare bene. Doveva farlo diventare chiaro e spumoso pr= ima di incorporare lentamente la farina. A lavoro terminato, pose il Pan di Spa= gna in una teglia ben unta ed infarinata e la mise in forno insieme a quelle de= lle sue poche compagne. Il corso di pasticceria era composto da solo 6 alunne.<= o:p>

Nel frattempo che la torta cucina= va, prepararono la crema pasticcera con mezzo litro di latte. Raffreddata e rappresa, ci aggiunsero la panna.

Alla fine dell’orario scolastico, avevano tutte in mano una classica torta di compleanno, ricoper= ta di panna bianca e scritta di buon compleanno con la cioccolata.<= /span>

“Monica, bel lavoro, la tor= ta è dritta e la scritta va molto meglio. Dobbiamo lavorare sulle decor= azioni con la panna.” Lei annuì, ma era contenta lo stesso. I suoi li= miti grafici si facevano vedere anche in quel campo, ma non le importava molto: l’importante era che la torta fosse buona. La mise in una scatola di cartone e se la portò a casa: era più che sicura che in famig= lia sarebbe stata più che apprezzata. William era magro come un chiodo, = ma mangiava come un maiale…chiodo??

“Bleah!” Fece Monica ripensandoci: non si era accorta che due grandi occhi grigi la stavano fiss= ando sorridendo beffardi.

 

Come arrivò a casa, lasciò la torta in frigo e prese il telefono:

“Ehy topolona, ho parlato c= on Shannon.” Iniziò Monica cercando di mettersi un paio di pantaloncini corti. Era ancora maggio, ma già faceva un caldo pazzes= co in città e lei lo sopportava poco. Aveva proprio voglia di andare a farsi una vacanza in spiaggia.

“Bene, quindi sarà definitivamente dei nostri.”

“Sì. Ci siamo sparti= ti i compiti. A te resta il solito.”

“Perfetto…ah, senti…”

“Dimmi.”

“William è in casa?” domandò Stefy sorridendo dall’altra parte del telefono.

“No…credo che sia da qualche parte a farsi mordere da un vampiro.”

“Magari mordesse me, altro che.” Monica scosse la testa: la sua amica era fissata.

“Ci vediamo domani a scuola.”

“Come vuoi. Ciao.”

“Ciao.”

Monica guardò fuori dalla finestra: la strada era tranquilla, abitava in una bella zona e a lei piace= va.

Sorrise: in fondo le cose non sta= vano andando tanto male.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ciao e grazie di aver commentato: In effetti essendo una FF Tomino farà la sua apparizione, anche perchè non lo conoscevo ancora.... Ci sono molti errori di livello tecnico, ma quando la scrissi ancora non ero pienamente nel circuito. Adesso che lo sono dovrei rimettere a posto tutta la FF e la voglia manca ^_^ Ah sì, mi ero accorta degli = nella storia...non sono molto pratica di HTML e anche per questo capitolo ci sto mettendo un sacco... Capitolo due
 
C’era una cosa che Monica odiava: arrivare in ritardo. Colpa di suo fratello, ovviamente. Quel giorno l’aveva accompagnata a scuola con la Desoto nera e lei ne era stata contenta. Peccato che non aveva messo in conto che William doveva andare a prendere la sua ragazza che stava dall’altra parte della città. William era un gran bel ragazzo: non era molto alto, ma aveva un fisico longilineo, scattante, con i muscoli guizzanti che si intravedevano sotto le magliette nere, grazie ad anni di allenamenti di karate. Il volto affilato, le labbra piene e sode e gli occhi più blu del creato, lo eleggevano a pieno diritto come un angelo demoniaco. Una tentazione per molte. Frequentava l’ultimo anno al liceo e si stava preparando per andare a studiare a Yale: a vederlo non sembrava, specie quando volteggiava per la città rinchiuso nel suo spolverino di pelle nera, ma era un secchione. Stava da un paio di mesi con una ragazza folle, dark come lui, e che parlava di stelle ogni due secondi: Monica la trovava irritante, Spike la adorava.
“Dru, tesoro, andiamo che siamo in ritardo.” Drusilla Dorcas, capelli lisci e neri come l’ala di un corvo ed enormi occhi violetti che ti scrutavano dentro. Vestiva con abiti che sarebbero andati bene almeno un secolo prima, eppure, stranamente, le donavano. Nessuno la importunava, nessuno osava dirle nulla: tutti avevano paura delle sue profezie, perché praticamente sempre si avveravano.
Drusilla si girò verso il sedile posteriore dell’auto, dove stava un’imbronciata Monica a guardare fuori dal finestrino.
“Incontrerai la tenebra più splendente e renderai felice l’infelice.”
“Dici a me, Dru?”  chiese Monica indicandosi. Odiava essere il soggetto dei suoi vaticini.
“Sì. Tu non lo vuoi, ma sarai tu stessa a decidere per lui ed aiutarlo. La tenebra ti avvolgerà così tanto che non potrai più farne a meno.” Poi si girò e iniziò a parlare con Spike di faccende scolastiche. Monica scosse il capo: le cose che Drusilla le aveva detto non avevano senso.
Entrò di corsa a scuola, mollò i suoi libri nell’armadietto. Aveva ancora un minuto prima che la campana suonasse e che Smith, il prof di storia non la razziasse. Ce la poteva ancora fare. Stefy doveva già averle preso il posto, altrimenti si sarebbe seduta dove capitava. Girò a 90° per prendere un secondo corridoio e non si accorse di andare a sbattere contro una figura ferma.
“Ahi!” tutti i libri le si sparsero per terra e dei fogli presero a svolazzare incontrollati. “Merda! Arriverò tardi.”
“Almeno mi potresti chiedere scusa.” Disse lo scontrato.
“Sì, certo, hai ragione.” Rispose Monica rincorrendo qua e là le sue cose. “Scusami, ma andavo di fretta.”
“Ah sì? Bhe, adesso dovrai trovare il modo di farti perdonare.” Chi la stava fissando aveva gli occhi piantati su di lei, divertito dal modo goffo in cui lei si muoveva. La maglietta le si era alzata dietro la schiena e dai jeans azzurri spuntava il pizzo degli slip che aveva indossato quella mattina. Era poggiato al muro con la schiena, completamente vestito di nero, con un paio di pantaloni a sigaretta, i Doc Martins, la camicia leggermente aderente nera. I capelli erano lunghi fino alle spalle ed erano, ovviamente, neri, con le punte rosso fuoco. Un ciuffo gli cadeva davanti agli occhi grigi enormi, quasi sproporzionati per il suo volto da ragazzino, truccati con dell’eye-liner.
“Che intendi?” Monica si voltò e gemette frustrata: l’unica persona che proprio non aveva voglia di vedere quella mattina. “Cazzo, Leto…” Lui le raccolse il libro e glielo porse. Monica fece per prenderlo, ma lui lo tirò indietro.
“Eh no, piccola, mi hai fatto male e non mi hai chiesto scusa. Pensi di passarla liscia così facilmente?” Monica sbuffò: era tardi e proprio litigare con lui non era la cosa migliore da fare.
“Senti Jared, sono in ritardo. Smith mi ammazza, dammi il libro e ne riparliamo.” Lui con il dito fece segno di no e sorrise deridendola.
“Il libro me lo tengo io per oggi, che ne dici?”
“Dico che sei un cretino.” La campana suonò in lontananza e Monica scosse il capo. Gli lasciò il libro e si fiondò in classe sotto lo sguardo divertito di Jared.
A lui quella ragazza piaceva. Certo, la trovava insopportabile e un po’ troppo piena di sé. Essere la sorella del Grande William the Bloody per lei era solo una fortuna. Nessuno voleva prendersela con lei per non attirare le mire del fratello e quindi viveva in una specie di isola protetta. Ma non da lui: da quando aveva messo piede nel liceo, si divertiva a stuzzicarla, solo per vedere come reagiva.
Mentre camminava verso la sua lezione di algebra, non si accorse che un gruppo di ragazze del suo stesso anno lo fissavano con voracità. Ormai non ci faceva poi molto caso. Le ragazze, in quel momento, gli interessavano poco. Una scopata ogni tanto se la concedeva volentieri, ma di storie serie non ne sentiva la necessità. Aveva ben altro in mente: voleva sfondare nella musica, o almeno riuscire a guadagnare abbastanza per uscire da casa. Lui e Shannon avevano creato un buon gruppo, grazie a Tomo e Matt, quindi l’importante adesso era sfornare qualche canzone propria ed andarsene. In fondo in quel paesino sperduto della California non c’era proprio nulla per un ragazzo con grandi ambizioni come lui.
Si sedette nel suo banco in fondo alla classe e prese a sfogliare il libro che aveva rubato a Monica. C’erano alcune pagine di appunti scritti con una grafia piccola e poco chiara. Notò che Monica usava la penna stilografica, invece di una classica biro. Anche lui la usava quando scriveva le canzoni. Sorrise quando in una pagina trovò dei piccoli schizzi: c’era un bel disegno di un ragazzo che si stava impiccando. Evidentemente quel giorno Smith era stato più palloso del solito.
Ancora due anni ed avrebbe lasciato quel paese: doveva solo aspettare che anche Shannon e Tomo si diplomassero.
“Signor Leto, è tra noi?” La signorina Keller lo stava chiamando e lui sorrise.
“Certo, prof.” Certo, la sua avvenenza gli dava grattacapi: a volte si ritrovava a dover sgusciare da ragazze che si facevano parecchio insistenti, ma poteva essere d’aiuto con certe insegnanti, specie se erano giovani e single.
Finalmente suonò la campanella del pranzo. Jared scappò verso la mensa: doveva trovarsi con suo fratello per discutere di alcune cose di casa. Lo vide sistemare le cose nell’armadietto.
“Shannon! Eccoti qui. Allora, andiamo a pranzo?”
“Scusa Jared, ma oggi mangio con Monica e Stefy. Dobbiamo parlare della nostra tesina.” Jared ci rimase male.
“Studi con quelle due?”
“Certo! Monica è la più brillante della classe e con Stefy non sbaglia una relazione. Se mi aiuta a tirare su il voto, bhe, studio con chiunque, anche con il Papa.” L’altro sbuffò. “Senti, intanto dimmi quello che dovevi dirmi. Oppure vieni a mangiare con noi”
“Ma stai scherzando? Con quella matta di Monica, non ci penso proprio.” Shannon lo guardò.
“Sai, voi due siete più simili di quanto crediate.”
“EH???? Tu sei completamente fuori. Senti, prima di tornare a casa dobbiamo andare a fare un po’ di spesa, sennò stasera non si cena.”
“Ok, ti aspetto fuori.”
Shannon si diresse verso il tavolo dove Monica e Stefy già stavano chiacchierando: non riusciva veramente a capire perché quei due si erano strofinati dalla parte sbagliata. Lui non faceva che stuzzicarla e lei gli rispondeva per le rime. Eppure…lui sapeva che potevano appianarsi tutte le divergenze.
“Ciao e buon appetito.”
 
Jared, in giardino prima delle ore di ginnastica, stava sfogliando il libro di storia di Monica. Guardando le pagine sottolineate e decisamente vissute, aveva capito parecchie cose: intanto che li ci studiavano in due. Probabilmente prima di lei, quel libro era appartenuto a William e per questo su certi margini c’erano scritti inneggiamenti al punk e strane poesie che parlavano di stelle e scintille. Poi Stefy doveva averla aiutata parecchio a personalizzare le pagine: c’erano disegni, caricature di insegnanti e allievi. Trovò anche la sua…in effetti la ragazza era piuttosto brava. Rise quando vide che dietro la sua testa aveva messo la faccia di una qualsiasi ragazza che lo guardava con occhi a cuoricino. Gli fece strano che Monica non lo avesse cancellato.
E poi c’era la sua scrittura: Monica aveva lasciato intere frasi, interi pezzi di diario li dentro. Era interessante leggere dei suoi sogni e delle sue noie. Gli faceva sorridere le ricette che ogni tanto trovava a margine: erano tutte di dolci, probabilmente quelle che poi sperimentava con il club di pasticceria.
Certo che a quelle due non passava proprio nulla durante la lezione di storia. A lui non dispiaceva.
La vide in lontananza a ridere e scherzare con la sua amica del cuore ed altre tipe del suo gruppo e per la prima volta da che ricordava, sentì di non voler sparare cattiverie. Si ritrovò a guardarla sorridendo e pensando che, in fondo, non era per nulla male.
“Ah!” L’urlo fece voltare tutti i presenti nel cortile. In un angolo, Joss, uno dei nerd scolastici, le stava prendendo di santa ragione da Bill, fantomatico campione di football.
“Allora…i nostri soldi?”
“Io…io…non li ho.” Pigolò il più piccolo. Sanguinava già da un labbro ed aveva una paura folle di stare peggio. Una volta gli avevano incrinato una costola.
Jared si alzò, desideroso di aiutare Joss, ma fu superato da una figura più veloce.
“Lascialo andare, stronzo.” Monica si era frapposta fra i due e guardava Bill con furia. A lei i bulli non piacevano per nulla.
“Oh, la Cross… senti lascia stare, non sono affari tuoi.” Monica non si spostò. “Fai la dura, eh? Guarda che qui non c’è tuo fratello a proteggerti.”
“Io non sono mio fratello. Non ho bisogno di lui.” Bill si mise a ridere, mentre Joss guardava la scena con occhi spalancati dal terrore.
Lo schiaffo le arrivò improvviso e la fece barcollare. La folla intorno a loro era silenziosa come una tomba, si sentivano solo le risatine dei compagni di squadra di Bill.
“Puttana.” Le sibilò. Non si accorse che arrivò Jared con piglio deciso.
“Senti, bestione idiota, prenditela con uno che sa difendersi meglio.” Senza dargli tempo di replicare, gli piazzò un pugno sullo stomaco che lo fece piegare in due dal dolore e finì l’opera con un cazzotto in pieno viso.
Monica guardò sorpresa Jared: di solito lui non si metteva mai troppo in mostra con i bulli. Non aveva mai partecipato ai pestaggi, ma neppure si era messo ad evitarli. Per la prima volta lo guardò in maniera leggermente diversa: era mingherlino, molto adatto a correre tra le basi di un campo di baseball, sport che praticava con passione, ma non sembrava così forte da stendere uno come Bill che era il doppio di lui. Evidentemente sotto quella camicia c’erano dei muscoli sconosciuti.
“Come stai?” Domandò Jared al povero Joss che era ancora tremante a terra.
“Uhm…bene, direi.”
“Magari dovresti fare un salto in infermeria, che te ne pare?”
“No…io sto bene, sul serio.” Si alzò barcollante e riprese i libri che Jared gli porgeva e, ancora spaventato, scappò verso il bagno per potersi dare una pulita.
“Pensi che sia finita qui, Leto?” domandò Bill sputacchiando sangue.
“Ne sono certo. Non vorrai mica perdere la tua virilità davanti a tutte queste ragazze per una seconda volta, vero?” lo derise.
“Che sta succedendo qui?” Da una finestra era apparsa una prof.
“Niente di importante.” Fece Jared senza scomporsi. Tornò alla panchina dove era seduto in precedenza e riprese il libro di storia. Monica si teneva ancora la guancia arrossata dalle cinque dita di Bill e non riusciva a staccare gli occhi da Jared: non le aveva chiesto e detto nulla, non l’aveva neppure rimproverata per essersi gettata in quel macello come se nulla fosse. Era evidente che la cosa non gli interessava proprio. Gli passò davanti per tornare da Stefy.
“Tutto ok, Cross?” lei si fermò davanti a lui.
“Sì. E tu?”
“Quell’idiota non sarebbe riuscito a farmi nulla. Mi raccomando, stai attenta la prossima volta. Sei in gamba, ma lui è più forte di te.” Detto questo prese lo zaino nero e si avviò verso la palestra, lasciando Monica a guardarlo intensamente.
“Fisico giusto, forza sconosciuta…” inclinò la testa “Anche il culo è bello.”

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre

 

Erano passati un paio di giorni dalla rissa a scuola e le cose sembravano essere tornate abbastanza normali. Quasi del tutto, perché il povero Jared si era ritrovato con un corteo di ammiratrici ancora più folto. Aver fatto il cavaliere senza macchia e senza paura aveva incrementato le sue azioni. Ormai a scuola non si parlava che di quello, di come lui avesse impedito a Bill di frantumare il povero Joss. Monica era stata dimenticata.

“Non ti dà fastidio che nessuno si ricordi che ti sei presa uno schiaffo da far girare la testa?” Domandò Stefy sgranocchiando una carota senza molta voglia.

“Chi se ne frega. Che quel damerino nero si tenga la sua popolarità.” Anche le cose tra lei e Jared erano tornate come prima. Lui che la prendeva un po’ in giro e lei che gli rispondeva acida. Sembrava che la particolare complicità che si era instaurata durante la lotta, si fosse persa nei meandri della mente di entrambi, come se fosse troppo pericolosa mandarla avanti. Alla fine entrambi volevano continuare in quella maniera, ma non volevano rischiare. In realtà a Monica bruciava l’apparente disinteresse che lui aveva dimostrato il giorno dopo verso di lei. Si era accorta, la sera, di non averlo ringraziato: in fondo aveva ragione, Bill era dannatamente più forte di lei. Avrebbe potuto finire di rendere poltiglia Joss per poi finire con lei. Invece l’arrivo provvidenziale di Jared l’aveva salvata. Quindi voleva ringraziarlo: peccato che lui le era passato davanti prendendola in giro senza neppure lasciarla parlare.

“Non si merita il mio ringraziamento.” Borbottò mangiando senza essersi accorta di aver parlato a voce alta. Stefy la guardò e sorrise maliziosa. Conosceva Monica ed era sicura di sapere quello che pensava la sua amica.

“Ehy, sorellina.”

“Ciao Will.”

“Ciao William!” Esclamò Stefy radiosa e aggiustandosi i capelli.

“Ciao Stefy.” Lui le sorrise diabolico, facendo correre il suo cuore a mille.

“Che vuoi?” domandò Monica stanca del loro pucci pucci.

“Questo pomeriggio so che devi uscire. Riesci a passare al supermercato?”

“E non ci puoi andare tu?” William cercò di fare il seduttore: anche se Monica protestava spesso, sapeva che lei gli voleva bene.

“Ti prego…”

“Uff… va bene, lasciami scritto a casa quello che ti serve!”

“Sei un angelo, sorellina!” poi scoccò il suo classico sorriso sciogli Iceberg verso Stefy. “E tu diventi sempre più carina.”

“Smettila di prendermi in giro. Lo so che non lo pensi davvero.” Rispose lei sorridendo a sua volta. Spike alzò un sopracciglio.

“Ne sei così sicura?” e se ne andò senza aspettare una risposta. Monica scosse la testa piano.

“Secondo te è vero quello che mi ha detto? Sono carina?” chiese Stefy.

“Sì, lo sei. E lui non dice le cose per dire.”

“Allora perché sta con quella vampira di Drusilla?” Monica alzò le spalle e non le rispose. Chi poteva sapere come pensava William?

“Andiamo va…”

 

Monica maledì per l’ennesima volta William: erano le sei di sera e lei era ancora lì che girava come una scema per trovare quel maledetto shampoo che lui doveva assolutamente usare. Quello che aveva preso all’inizio non andava bene…al diavolo!!

Si ritrovò in una zona che frequentava pochissimo: erano quasi tutte case popolari, ma là c’era un piccolo market. Oltretutto si ricordò che lì viveva Shannon: quasi quasi passava da lui per vedere se aveva trovato i libri per la loro tesina. Almeno avrebbe fatto quattro chiacchiere con un ragazzo simpatico.

Non trovò quello che cercava: il commesso l’aveva guardata come se fosse una pazza e forse non aveva tutti torti. Scosse il capo e fece per tornare indietro.

Dopo pochi minuti trovò la casa del suo compagno. Era a due piani, con il giardino piuttosto mal tenuto. Il cancello era rovinato, pieno di ruggine. Le finestre erano coperte da tendine bianche, ma la vernice si scrostava da molti punti. In definitiva non sembrava fosse tenuta molto bene.

Oltretutto dall’interno stavano provenendo delle urla e uno, lo riconosceva, era Jared. L’altro sembrava il padre.

“Ti vesti come uno straccione” diceva il genitore. A Monica non sembrava che Jared si vestisse male, anzi lo trovava piuttosto affascinante.

“Ma cosa vado a pensare? Lui non mi piace, non è affascinante.”

“Se tua madre fosse viva, si vergognerebbe di un figlio come te!”

“Ma mamma non c’è più e tu non puoi pretendere di prendere il suo posto!”

“Bada a come parli. Ma guardati, ti trucchi come una femmina e sembri uno schifoso frocio. Neppure un po’ di barba ti fai.” Monica rimase molto colpita dall’apparente astio delle due voci. Jared sembrava odiare il padre e la stessa cosa provava lui per suo figlio. Le ricordava troppo la situazione con il suo, di padre.

Monica e William, dopo il divorzio dei suoi genitori, erano andati a vivere con la madre, che pochi anni prima si era risposata. Il loro patrigno voleva bene ad entrambi e quindi i due fratelli non avevano subito gravi contraccolpi. Peccato che con il padre il rapporto si era definitivamente deteriorato. Non sopportava le scelte di vita dei figli: l’idea che Monica volesse fare la pasticcera lo faceva andare su tutte le furie. Per non parlare della voglia di William di diventare un professore di letteratura.

“Papà, mi piace truccarmi, mi rende più figo!” urlò di rimando Jared. Monica vedeva da fuori le due ombre sfocate dietro le tende tirate.

“Per i maschi, sicuramente. Sei una fottuta checca Jared, una vergogna. Tu non hai mai fatto niente per rendermi orgoglioso di te.” Quella frase risuonò per tutto il viale. C’erano dei bambini che giocavano lì vicino, ma a quanto pareva erano piuttosto abituati a quel casino. Monica no, invece e quell’ultima frase le aveva fatto sanguinare il cuore. Non se lo meritava, certo, ma aveva provato un sacco di pietà per Jared. Improvvisamente una rabbia si impadronì di lei: in fondo nessuno si meritava di sentire parole del genere.

Andò con passo spedito verso la casa e suonò il campanello. Si mosse un po’ nervosa sul tappetino e pregò che Jared non la prendesse a schiaffi: non ne aveva bisogno di altri.

La porta si aprì: a Monica si strinse il cuore vedendo gli occhi lucidi del ragazzo, che non aveva pianto, ma che di sicuro non aveva apprezzato tutto quello che gli era stato sputato contro. Sulle scale, dietro di lui, stava Shannon e tra loro il padre. Era un uomo non molto alto, ma muscoloso. Era stempiato e rosso in volto, a causa della litigata con il figlio.

“E tu che fai qui?” Monica si riscosse dal suo torpore e sorrise a mille denti.

“Amore!” urlò in direzione di Jared, poi gli si fiondò addosso e lo abbracciò forte sotto lo sguardo sconvolto di Shannon. “Lo so che per il week-end non ci saremmo dovuti vedere, ma avevo troppa voglia di stare con te!” e così dicendo gli si strofinò addosso. Jared era sconvolto e non sapeva proprio cosa dire. Il corpo morbido e sodo di lei premeva deliziosamente su di lui e neanche la minima parte del suo cervello riusciva a comandargli di farla staccare. In fondo gli piaceva averla lì.

“Monica…” Sussurrò.

“Oh, mi scusi…” Fece lei guardando il padre. Era arrossita un po’, quanto riusciva a farlo e si staccò da Jared che la guardava in cerca di una risposta. “Buonasera, io sono Monica.” E gli tese la mano. La stretta era molto vigorosa, la mano, gigante. “Ciao Shannon.”

“Ciao…” Rispose cauto lui.

“Io sono Frank, il padre di Jared e Shannon. Non credevo che mio figlio avesse la ragazza.” Monica si fece imbarazzata.

“È un po’ timido e poi stiamo insieme da poco tempo…anzi, direi pochissimo.” E lo guardò in cerca di sostegno.

“Molto poco…sì.” Lui sorrise e scosse il capo, ma approfittò dell’inaspettato sostegno. “Entra…” Monica si ritrovò nel piccolo atrio sotto lo sguardo indagatore dei tre Leto. “Noi andiamo un attimo in camera, ok?” e così dicendo, la prese per la vita e la accompagnò su per le scale. Fu così che per la prima volta, Monica vide la stanza di Jared.

Era molto piccola, ci stava giusto il letto e la scrivania, ma era piena di cose. In ogni angolo c’erano libri e spartiti musicali. La scrivania era ingombra di libri di scuola aperti: evidentemente il litigio era iniziato mentre stava studiando. Al muro erano appesi poster di gruppi musicali più o meno sconosciuti e sul piccolissimo comodino c’era una sveglia ed una foto di lui con suo fratello e sua madre quando erano bambini. Il letto era sfatto dalla notte prima.

“Carina…confortevole.” Disse lei analizzandola.

“Siediti!” l’ordine era stato perentorio e secco. Monica fece spallucce e si sedette sul letto tranquilla.

“Dimmi tutto.”

“No, semmai sei tu quella a dover spiegare un paio di cose. Che diavolo ti è saltato in mente?”

“Niente…ho pensato fosse giusto.”

“Perché?” Monica lo guardò e si fece seria cercando accuratamente le parole giuste.

“Io stavo venendo qui perché dovevo prendere dei libri da Shannon. Mi sono bloccata perché ho sentito te e tuo padre che…ehm…discutevate, per così dire.” Jared fece una smorfia.

“Litigavamo.”

“Sì, in effetti. Non lo so, non mi è sembrato giusto quello che ti diceva e mi è venuto spontaneo di farlo.”

“Hai provato della pietà per me?” fece lui con amarezza. Monica lo fissò negli occhi e per la prima volta si rese conto di quanto fossero grandi e profondi.

“Un po’ e ho capito che non era la cosa giusta. Non è per pietà che l’ho fatto: io non sopporto chi pretende di usurpare un altro. I bulli mi stanno sulle palle.” Sbottò infine lei. Jared rise piano.

“In effetti mi ricordo bene il tuo schiaffo.”

“Sono stata un po’ imprudente, ma nessuno faceva nulla e Joss se la vedeva veramente male. E Bill è un coglione!” finì a scanso di equivoci.

“Perfettamente d’accordo. Ti ha dato noia poi?” chiese con delicatezza. Anche lui si sedette, ma distante da lei, sulla sedia della scrivania.

“Ha cercato di sfottermi un po’, ma con le parole è meno capace che con le mani.”

Restarono in silenzio per un po’ e Monica notò cose nuove che prima non aveva visto: appoggiata sul letto c’era una chitarra acustica un po’ vissuta e dei vestiti erano appesi su una gruccia vicino alla porta: era decisamente più ordinato di lei.

“Quindi vuoi che mio padre creda che io e te stiamo assieme…”

“Bho. Io volevo solo che voi due smetteste di litigare e soprattutto che lui smettesse di infierire su di te. Adesso sei libero di decidere che cosa dirgli.”

“Che vuoi che gli dica? Gli dirò che stiamo insieme…potrebbe essere una buona scusa per essere lasciato in pace almeno un po’.” Lei annuì e si alzò.

“Credo che adesso è meglio che vada. Tra un po’ a casa mia si cena.”

Scesero lentamente le scale e pure Shannon mise fuori la testa per vedere se riusciva a capirci qualcosa.

“Mi scusi se ho disturbato a quest’ora, non accadrà più.” Disse Monica sorridendo a Frank.

“Oh, non ti preoccupare. Sei sempre la benvenuta qui. Anzi perché domani mattina non vieni a pesca con noi?”

“Cosa??” urlarono contemporaneamente i due fratelli.

“Sì, ci andavamo spesso insieme e io voglio conoscerla meglio. Quale migliore occasione? Sole, pesce buono e divertimento.” Sembrava un uomo completamente diverso da quello che urlava prima. Monica si voltò terrorizzata verso Jared e si maledì per essersi cacciata in quel guaio.

“Mi piacerebbe molto, ma io domani mattina lavoro, quindi dovrete andare senza di me.” Sentì dietro di lei Jared sospirare di sollievo.

“Nessun problema, ci andiamo domenica.”

“Ma…”

“Nessun ma. Ti passiamo a prendere noi.”

“Papà, non pensi che potrebbe sentirsi un po’ in imbarazzo sola con noi tre?” Fece Shannon dalle scale per cercare di aiutarla.

“Uhm… hai ragione. Bhe, invita pure un’amica.” L’uomo batté le mani e se le strofinò con forza e soddisfazione.

“Ma…io…veramente…” Guardò i fratelli, ma sembrava che entrambi non sapessero che pesci pigliare. “A quanto pare ci vediamo domenica, signor Leto.” Jared scosse il capo.

“Andiamo.”

“Dove vai, figliolo?”

“La accompagno per un pezzo di strada.” Chiusero la porta dietro di loro e quando furono usciti dal vialetto, Monica finalmente parlò.

“Ma cazzo!! Vedi, a fare una cosa buona? Vieni subito ripagata con un guaio.” E sbuffò rumorosamente.

“Tranquilla, mio padre quando è a pesca dimentica il mondo. Che palle…domenica da schifo.”  I due camminarono vicini senza parlare. “Io torno indietro. Ora vorrà sapere vita, morte e miracoli di te…inventerò qualcosa e poi domani ti faccio sapere.”

“Va bene.” Rispose depressa Monica. Lei sperava di aiutare un  ragazzo nei guai, non di diventare la ragazza di uno che fino al giorno prima non sopportava.

“Consiglio, portati il costume: al fiume fa caldo.” Lei annuì e se ne andò stanca come se avesse appena corso una maratona.

Jared la guardò allontanarsi sorridendo: forse non tutto il male veniva per nuocere.

 

“Cosa hai fatto tu????” l’urlo di Stefy proveniente dalla cornetta quasi assordò Monica.

“Hai capito benissimo, quindi non farmelo ripetere, ti prego.”

“Tu stai con Jared Leto?”

“No, solo sua padre lo crede. E grazie a questo mi ritrovo a dover andare a pescare con tutta la famiglia. Ma guarda che fortuna, posso portare con me un’amica e io ho scelto te.” Monica incrociò le dita: se le diceva di no era persa.

“Certo che ci vengo. Non voglio perdermi lo spettacolo di voi due che state assieme. Sarà da ridere.” Monica sospirò.

“No, sarà da piangere. Comunque domani vieni a dormire da me, così ci passano a prendere direttamente qui. Ricordati asciugamano e costume. Magari siamo fortunate.”

“Cioè?”

“Domenica non arriverà mai!” Stefy rise.

“La solita catastrofica! Buona serata topina.”

“Ciao topolona.”

Mesta, Monica guardò la cornetta muta.

Era strano: provava per quella specie di gita un duplice sentimento: da una parte sperava che non arrivasse mai. Non era certa che riuscisse a mentire per un giorno intero ad una persona. Insomma, un conto era fingere per dieci minuti di essere innamorata di Jared, un conto era farlo per tante ore filate. Ammetteva, però, che le era andata bene: era un bel tizio.

“Non è difficile trovarlo sexy…” Mormorò guardando il soffitto. Quando si rese conto di cosa aveva appena detto, sgranò gli occhi e aprì la bocca in un enorme “Oh” di terrore… andava proprio bene se già la cosa iniziava in quel modo!

“Sarà un disastro…”

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Capitolo quattro

 

Le serate insieme di Monica e Stefy seguivano quasi sempre un percorso prestabilito: inizialmente le due ragazze andavano a mangiare la pizza alla “Gondola” piccola pizzeria locale gestita da un italiano di Venezia, poi andavano a prendersi un gelato e ritornavano a casa stracolme di schifezze prese al Jet Market da mangiare davanti ad una serie quasi infinita di DVD. E anche quel giorno, le cose erano andate esattamente alla stessa maniera.

E ovviamente, il tutto era inframmezzato da colossali chiacchierate riguardo ai ragazzi. Stefy voleva conoscere ogni segreto per riuscire a conquistare William e Monica si ripeteva mentalmente il mantra per il giorno dopo: “tutto andrà bene, tutto andrà bene.” In realtà non ci credeva molto. Aveva paura che il padre di Jared li scoprisse in breve tempo e allora lei sarebbe stata razziata e lui…bhe, non ci voleva neppure pensare a quello che sarebbe accaduto al ragazzo. Probabilmente Mr Leto lo avrebbe simpaticamente sbattuto fuori di casa. Però credeva anche che non le si sarebbe chiesto di fare molti gesti da coppia: andare in giro per un giorno mano nella mano o tuttalpiù abbracciati non erano cose tremende. Peggio sarebbe stato se suo padre si fosse aspettato dei baci. E no, quello poteva rivelarsi molto pericoloso.

Cercò di immaginarsi la scena, ma sempre, inevitabilmente, la troncava quando lui le si avvicinava con uno strano sguardo di aspettativa. No, non sarebbe mai potuto succedere.

“A che pensi, topina?”chiese Stefy mentre sbocconcellava un Twix.

“A domani…a come potrà essere la mia morte.” Rispose Monica lugubre. Non voleva passare una così bella domenica con i Leto a pescare. Che le importava a lei?

“Dai, vedrai che non sarà così terribile come credi. Potrebbe essere anche molto divertente.”

“Per te che dovrai solo fare da accompagnamento, ma per me? Devo fare la ragazza di Jared.” E sospirò.

“Cara, dovevi pensarci prima di saltargli al collo urlandogli quanto lo ami.” Monica fece una smorfia al ricordo, anche se ricordava bene il profumo del suo collo, qualcosa di oscuro, come l’odore della pioggia che lei amava tanto.

‘Ahi, questo è un altro sintomo di pazzia.’ Si disse tra sé.

“La prossima volta mi faccio i cazzi miei e lo lascio nei problemi.”

Seguirono in silenzio un po’ di “Il mistero di Sleepy Hollow” ridacchiando e sbavando per Johnny Deep, poi ripresero a parlare: avevano visto quel film talmente tante volte che quasi lo conoscevano a memoria.

“Perché tu e lui litigate così spesso?” Domandò Stefy, che non aveva voglia di abbandonare il discorso “Jared”.

“Bho… lui mi odia.” Un’occhiata penetrante dell’amica, fece capire a Monica che non si sarebbe accontentata di quella risposta striminzita. “Ok, forse non mi odia, sarebbe troppo. Ma veramente, non lo so. Alle elementari avevo una cotta per lui e cosa fece? Mi ricoprì di fango durante la ricreazione. Mi hanno preso in giro per settimane! Da quel giorno lui ha continuato a punzecchiarmi per qualsiasi cazzata ed io gli ho sempre risposto acidamente. Quello che mi da sui nervi veramente, è che lo fa solo con me. Con tutte le altre ragazze è tranquillo, addirittura gentile. A te, per esempio, ha sempre trattato bene.”

“Forse questo è il suo modo da maschio per attirare la tua attenzione su di lui.” A Monica andò di traverso il boccone e si mise a tossire con forza “E a quanto pare ha funzionato. Ora lui non ti è indifferente. Certo, avesse usato dei metodi migliori, magari adesso stareste assieme sul serio e tu non passeresti la serata con me a guardare film già visti e mangiare schifezze, ma saresti a scopartelo a morte.”

Monica ebbe una fugace visione di lei e Jared sul letto di lui avvinghiati e nudi, fra le lenzuola spiegazzate: arrossì in maniera furiosa.

“Sei pazza.”borbottò incerta se continuare nella sua fantasia o se tornare a lidi più sicuri…meglio Stefy.

“Lo so.” Un leggero bussare alla porta salvò la situazione. Dalla porta sbucò la testa color platino di William. Stefy sorrise contenta.

“Vi conviene fare meno rumore. Mamma e Nick stanno andando a letto.”

Era completamente vestito, pronto ad uscire: si era messo un chilo di gel per cercare di far star fermi i suoi capelli ribelli. Aveva indossato, sotto lo spolverino di pelle nera, una camicia blu elettrico che si intonava perfettamente ai suoi occhi da predatore.

“Esci?”

“Sì, Dru mi aspetta al Gothic. Serata di ballo…”

“Perché non ci fai compagnia, invece?” la buttò lì Stefy innocentemente. “Ci serve un bel ragazzo per un parere diverso.” Monica la fulminò: l’unica cosa che proprio voleva evitare era che suo fratello sapesse del suo “appuntamento” con Leto…l’avrebbe sfottuta per secoli.

“Mi piacerebbe, micetta, ma ho dato la mia parola ad una signora, non me la posso rimangiare.”rispose lui sorridendo sensuale. Stefy gli si avvicino lentamente.

“E se questa signora ti invitasse per un cinema? Magari domani sera…” Monica la guardò scioccata: non le aveva detto che aveva quell’idea che le vagava in testa. Cioè, sapeva benissimo che Stefy aveva mille idee riguardo suo fratello, ma non quella che includeva un cinema lo stesso giorno della giornata più catastrofica della sua vita. Ok, era giusto che almeno una delle due si divertisse l’indomani.

“Perché no, potrebbe essere carino…” rispose lui accarezzando la guancia della ragazza che ormai aveva raggiunto un sorriso grande come il mondo.  “Ti passo a prendere alle 9 a casa, va bene?”

“Perfetto.”

“Allora ciao.” Ed uscì con la sua classica camminata cadenzata. Monica lo seguì verso l’entrata.

“Ehy, Will…aspetta un secondo.”

“Che c’è? Sono già in ritardo.”

“Che intenzioni hai?” Monica mise la mani sui fianchi in una posizione che a Spike faceva un sacco ridere.

“A che riguardo?” lei fece un gesto con la testa verso l’alto, ad indicargli la stanza da letto. “Andiamo al cinema.”

“Tu sei mio fratello e io ti adoro, ma fai del male a Stefy e ti strappo i coglioni e poi li uso come biglie sulla sabbia, ci siamo intesi?” William perse un po’ del suo sorriso.

“È solo un cinema, Monica.”

“Ma per lei è qualcosa di più e tu lo sai. Non voglio che tu la prenda in giro.”

“Guarda che è anche una mia amica e guarda caso mi sta molto simpatica. Non ci vedo niente di male ad uscire insieme.”

“Ti conviene andare, Drusilla ti starà aspettando. Sei in ritardo.”

Quando tornò nella sua camera, trovò Stefy che stava mollemente distesa sul letto a succhiare un chupa chups.

“Bella la minaccia: la posso usare se mi serve o è protetta da copyright?” Monica si sedette vicino a lei mugugnando.

“Cavoli, si è sentita?”

“Diciamo che non parlavate piano. Stai tranquilla….so badare a me.”

“Io è di lui che mi fido poco.”

 

La mattina dopo il tempo era perfetto. Un sole splendeva sopra le loro teste ed un leggero venticello si agitava. Monica e Stefy erano assonnatissime: avevano fatto le ore piccole a chiacchierare ed ora, all’alba delle nove, erano nel vialetto di casa che aspettavano. Monica aveva optato per una maglietta blu e dei pantaloni neri che le arrivavano al ginocchio. Sandali colorati, cappellino con il frontino e uno zaino monospalla nero. Stefy per differenziarsi, aveva un paio di occhiali scuri per non far vedere troppo lo occhiaie.

“Sei sicura che vengano? No, perché se mi hai fatto svegliare per niente io ti ammazzo, Monica”

“Guarda, suo padre mi sembrava così convinto di andare a pescare, che solo se fosse in ospedale rinuncerebbe a questa domenica.” E represse un fragoroso sbadiglio, mentre una SUV grigia entrava nel vialetto. I Leto erano ufficialmente arrivati.

Scese per primo il padre: aveva dei vecchi blue jeans e una camicia a scacchi: Monica si era sempre immaginato così un pescatore. Le venne da sorridere.

I due fratelli, invece, come loro portavano gli occhiali da sole e avevano un’andatura da condannati a morte. Si capiva da subito che avrebbero voluto essere ovunque, tranne lì.

“Buongiorno ragazze. Avete preso tutto?”

“Buongiorno a lei, Signor Leto. Le presento Stefania, la mia amica.”

“Coraggio, salite in macchina. E voi cercate di essere un po’ amabili.” Disse Frank rivolto ai figli.

“Ciao Monica. Stefy.” Si prese la briga di salutare Shannon. Jared si limitò a prendere gli zaini delle ragazze e caricarli nel bagagliaio. Monica cercò di capire che cosa potesse passare per la mente del ragazzo, ma con scarsi risultati. Con Stefy si sedette dietro in modo da poter appoggiare la testa al finestrino: aveva veramente un sacco di sonno e il viaggiare della macchina non l’aiutava a stare sveglia. Sbirciò verso il “suo ragazzo”, ma lo vide che fissava la strada assorto: forse anche lui aveva sonno.

“Allora, siete pronte a divertirvi?” chiese il padre.

“Non vediamo l’ora.” Rispose Stefy con un tono ben poco convinto.

Arrivarono al fiume prendendo una piccola stradina sterrata. Le buche facevano saltare Monica quasi fino al tettuccio e sperò con tutto il cuore di non farsi male. Intorno a loro si alzavano alti alberi di acacie e cespugli di more. La natura era in pieno splendore: profumi celestiali si alzavano dai fiori ormai prepotentemente sbocciati. Gli uccellini cinguettavano, gli insetti ronzavano e i pesci attendevano. Tutto perfetto, tranne che quattro persone su cinque non gradissero nulla di tutto ciò.

“Sentite che bella giornatina è venuta fuori. Forza figlioli, fuori gli strumenti!” Sembrava veramente esaltato.

“Scusa, tu sicuramente ti sai gestire meglio…” iniziò Monica verso Jared “ma noi che dobbiamo fare?”

“Sai pescare?”

“No.”

“Allora siediti e prenditi il sole. Il pranzo è lontano…quello dovrete farlo voi, mi sa.” Stefy sgranò gli occhi.

“Inutile che ci guardi così, noi siamo negati. Papà sa accendere la griglia, ma per il resto…” Fece Shannon con già la canna da pesca in mano. Rispetto al fratello, sembrava più impaziente di iniziare.

Monica e Stefy si sedettero sul prato con gli asciugamani ed iniziarono lentamente a spogliarsi: era presto, ma già faceva molto caldo. Monica in bikini azzurro, Stefy rosso fuoco.

“Buonanotte Stefy.” Sentì un mugugno da parte dell’amica: evidentemente si stava già appisolando. Lei, invece, decise di guardare un po’ della battuta di pesca: il fiume era calmo, scivolava via dolcemente. L’acqua non sembrava molto alta e i Leto si erano già tolti le scarpe per entrarci. Era come se fosse tutto prestabilito, come se fossero mosse perfezionate con il tempo. Jared aveva indossato dei jeans neri scoloriti ed una maglietta a maniche corte nera inneggiante al punk, mentre Shannon aveva preferito una T-shirt bianca, forse per combattere almeno in parte la calura.

Le lenze erano in acqua e i pescatori muovano i mulinelli con decisione: per quanto potesse non apprezzare quella gita, Jared era ben preso dalla pesca. Evidentemente piaceva anche a lui.

Quando lui si voltò verso di lei, gli sorrise e lo salutò con la manine. Lo vide scuotere la testa per tornare a concentrarsi sull’acqua. Ci restò male: pensava di aver fatto una cosa carina, invece a lui non era piaciuta. Bha, che si fottesse allegramente! Prese un libro dallo zaino e si immerse nella lettura.

Intanto il padre di Jared prese il primo pesce.

“Bene, bene, si mangerà qualcosa, allora.” E poi lanciò uno sguardo verso le ragazze: le vide entrambe mentre dormivano della grossa sotto il sole. “Senti un po’, Jared, ma con Monica è una cosa seria?”

Shannon scoccò un’occhiata interessata al fratello che non perse di vista l’acqua scintillante.

“Non lo so, papà. Stiamo insieme da poco tempo.” Già, meno di un giorno e pure per finta, pensò tra sé. Ma che fare a quel punto? Dire la verità? Ma figuriamoci!!

“Ok, ma non fare cazzate. Mi sembra una brava ragazza. Mi piace.” Anche lui si girò verso Monica e sorrise: aveva il cappellino calato sul viso, con il libro ancora aperto appoggiato sul petto.

“Starò attento…” mormorò più a se stesso che a beneficio del padre.

“Dovresti stare un po’ con lei. Insomma, non le hai quasi rivolto la parola.”

“Papà, vuoi che mangio? Mi prendo il pranzo, poi vedremo.”

“E lo dovrai acchiappare anche per lei, o no?” Fece Shannon con una punta di derisione. Jared sbuffò.

“Infatti. E tu uno per Stefy. Ci tocca sgobbare per due oggi.”

“Però ne vale la pena”. Terminò Shannon guardando le belle ragazze placidamente distese. “O no?”

“Diciamo di sì…” Rispose cauto. Non sapeva veramente se la presenza di Monica lo infastidiva perché da che si ricordava avevano sempre litigato, o proprio perché, invece, gli piaceva passare del tempo con lei. Aveva sempre la voglia di stuzzicarla, ma non poteva dimenticare che lei si stava sobbarcando tutta quella pantomima perché aveva voluto aiutarlo. Lui non l’avrebbe mai fatto per lei, poco ma sicuro. “E poi adesso dorme, non voglio disturbarla.”

Passò una mezz’ora almeno e Monica venne svegliata da un intenso scrollare al braccio.

“Svegliati, cazzo.”

“Ste?”

“No, mia nonna.” Sembrava impaziente. “Svegliati dai.”

“Si può sapere che diavolo succede?” Monica si stropicciò gli occhi ed inforcò meglio gli occhiali. “Sono scappati tutti i pesci?”

“Molto meglio, i pescatori si sono rivelati.” Monica guardò verso il fiume e rimase a bocca aperta, proprio come un pesce. Sia Shannon che Jared si erano tolti la maglietta: evidentemente si era fatto troppo caldo e non avevano resistito. Ma lei si fossilizzò su Jared. Era semplicemente splendido. Il petto era piatto, con un lieve accenno di tartaruga, ma nulla di troppo evidente. Le spalle erano larghe, ma la vita stretta: sembrava un nuotatore. Oltretutto la pelle era leggermente sudata, quindi il corpo luccicava. Ma quello che fece andare in corto i pochi neuroni sani della ragazza, erano i jeans: il modello era a vita bassa e lui sembrava aver fatto di tutto perché fosse vero. Li aveva lasciati talmente giù, che Monica riusciva a vedere le creste delle anche. Oltretutto quei pantaloni gli fasciavano il sedere come una seconda pelle e quello che c’era sotto piaceva molto alla ragazza. I capelli neri gli ricadevano sul volto concentrato.

“Sexy…” sussurrò a fior di labbra.

“Molto più che sexy e anche Jared non è male.” Monica si voltò verso Stefy.

“Ah.” Lei intendeva Shannon, ovviamente. Anche lui aveva un corpo per nulla male, leggermente più muscoloso di quello di Jared, ma armonioso nell’insieme.

“La giornata è diventata improvvisamente interessante.”

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Capitolo 5
*** capitolo cinque ***


Nessuno che commenta? proprio non vi piace...vabbè, ringrazio la mia unica commentatrice fedele ^^

Capitolo cinque

 

“Allora, come va? Si prende?” Fu Stefy ad andare in avan scoperta: Monica era ancora lì che cercava di far ripartire il cervello bloccato dalla visione di Jared a petto nudo. In fondo a lei non interessava nessuno dei due fratelli, quindi andava via sciolta.

“Bhe, diciamo che non moriremo di fame.” Rispose Jared sorridendo.

“Eventualmente c’è la torta di Monica.”

Shannon si voltò con lo sguardo luccicante.

“Ha portato un dolce? Figo!”

“Sì, ho portato una crostata. Semplice, buona e fresca.” Rispose Monica avvicinandosi. Toccò l’acqua con un dito del piede e rabbrividì: aveva la pelle calda dal sole e tutto le sembrava più freddo del normale.

“Sei stata molto gentile, Monica, ma non serviva.” Disse il padre.

“Si figuri, è stato un piacere.”

“Sei fortunato Jared, hai trovato una ragazza veramente brava.” Stefy e Shannon si misero a sghignazzare cercando di non farsi vedere dai due diretti interessati, che, nel frattempo, avevano assunto varie graduazioni di rosso. Si guardarono negli occhi con la medesima espressione: ma come abbiamo fatto a cacciarci in un guaio simile?

“Non è niente di che…è solo una torta.” Bofonchiò Monica torcendosi le mani.

“Le vengono anche molto bene.” Rincarò la dose Stefy che se la stava godendo un mondo. “In fondo, per una che vuole fare la pasticcera, sarebbe un guaio che non sapesse cucinare, le pare signor Leto?” Monica scoccò un’occhiataccia all’amica.

“Vuoi fare la pasticcera? È un lavoro duro.”

La discussione continuò su questi ritmi per un po’, fino a quando un pesce non venne in soccorso dei due malcapitati: sembrava che Shannon avesse preso il mostro del fiume. Era una trota di quasi un chilo e da sola poteva provvedere al fabbisogno di entrambe le ragazze, così Jared chiuse la canna sfregandosi le mani.

“Bene, io il mio pesce l’ho preso. Monica mangia con Stefy, basta pesca, si va a fare il bagno!!” esclamò. Per la prima volta durante tutta la mattinata, Monica lo vide sorridere felice.

“Va bene, ma non stateci molto. Dobbiamo cucinarlo il pesce.” Concesse loro il padre.

“Dove andiamo?” Chiese Monica curiosa. Quando aveva sentito parlare di bagno, le si erano alzate le antennine contente. A lei piaceva molto nuotare.

“Più avanti, risalendo di qualche centinaia di metri il fiume, c’è un piccolo laghetto. Là l’acqua è abbastanza fonda per nuotarci. Da quando veniamo a pescare qui, dopo esserci presi il pranzo, si va a nuotare. A nostro padre non piace, quindi è una specie di rito tutto nostro.” Spiegò Shannon.

“Siamo incluse anche noi, o dobbiamo continuare a boccheggiare dal caldo?” domandò Stefy. In effetti le due ragazze nonostante fossero state praticamente immobili per tutto il tempo, erano ricoperte di sudore.

“Certo che venite con noi. Non siamo così matti da lasciarvi sole con lui.” Sbottò Jared, mentre camminava veloce. Monica gli lanciò un’occhiata incuriosita. “Chissà che gli direste di noi.”

“Già, perché non abbiamo niente di meglio da fare che parlare di te.” Rispose Monica.

“Ok, adesso basta voi due! Non dovreste essere una coppietta innamorata? Allora fatelo, altrimenti papà non ci crederà mai.” Pose fine all’inizio del litigio Shannon.

“Entro la fine della giornata uno dei due non torna a casa.” Sussurrò Stefy al ragazzo. “Io punto su Jared. Monica se diventa una furia è capace di ammazzarlo.” Il ragazzo rise.

Dopo pochi minuti, il sentierino che stavano percorrendo si aprì e la vista divenne mozzafiato: c’era, infatti, un piccolo laghetto dall’acqua blu come il cielo. Alla loro destra scendeva una cascatella di un paio di metri che luccicava al sole. L’erba sembrava ancora più verde e la tentazione di buttarsi era decuplicata.

“Chi arriva per ultimo sarà annegato!” Urlò Jared fiondandosi in acqua come un matto. Shannon lo seguì a ruota. Le due ragazze si guardarono e ridendo presero a correre anche loro, perdendosi così l’entrata dei due. Attorno a loro gli schizzi si levavano alti bagnandoli ovunque, non importava che avessero i jeans.

Monica e Stefy furono più quiete: gli schizzi davano troppo fastidio. L’acqua era gelida e si bloccarono quando gli arrivò alla pancia.

“Ok, io torno indietro.” Fece Stefy già pronta ad uscire. “O forse no?” dall’acqua erano spuntati i corpi dei due Leto ed a vederli bagnati, con i capelli che si incollavano al volto e le goccioline che scivolano sui loro petti, qualcosa si mosse dentro alle ragazze.

“Ammazza…”

“Me li regali per Natale?” chiese Stefy.

“No, hai William.” E così dicendo si buttò senza più esitare. Il contatto con l’acqua fredda la fece rabbrividire più di quanto si aspettasse, ma era rinfrancante. Aprì gli occhi e davanti a lei vide soltanto del verde.

“Brrrr…è gelata!!!” Urlò quando uscì. “Dai Ste, buttati, sennò è peggio!”

Jared la fissò: anche lei in acqua sembrava un’altra. I capelli erano tutti tirati indietro e il seno risaltava in maniera quasi indecente. Perché ce l’aveva con lei? Inn maniera qualsitro e il seno risaltava in maniera qualsifrancante.e.

ncollavano al voltorte di sudore quel momento proprio non lo ricordava.

“E poi adesso la anneghiamo!” Esclamò Shannon correndo verso Stefy. Le gettò addosso una vagonata di acqua. Monica e Jared risero a crepapelle, mentre una infuriata topolona cercava di rincorrere Shannon, che, però, era decisamente più veloce a scappare.

“Se ti prendo vedi!!” Urlò la ragazza, ma con poche bracciate Shannon scappò via. Monica provò ad avvicinarsi a Jared: in effetti gli altri avevano ragione, dovevano far la parte dei fidanzatini perfetti, litigare appena se ne aveva l'occasione non era la cosa migliore.

"Allora...come mai a pesca?" gli domandò. Da vicino era ancora più da mozzare il fiato. Poteva vedergli sulle braccia la leggera peluria chiara e la pelle d'oca.

"A mio padre piace." Rispose laconico lui guardandola. Monica, imitando il fratello, inarcò un sopracciglio. Non faceva, in realtà lo stesso effetto, visto che Will aveva la mania di alzare quello ferito con la bicicletta quando era piccolo, e faceva andare in visibilio tutte le sue fan, ma almeno ci provava. Jared sospirò e finì di spiegare. "Quando noi eravamo piccoli, ci venivamo insieme, anche con mamma quando era viva. Papà ci insegnava a pescare e mamma cucinava per noi. Poi facevamo il bagno, giocavamo...cose di questo genere." la voce si fece bassa, malinconica.

"Scusa, non volevo farti ricordare cose tristi."

"No, anzi, in realtà sono bei ricordi. Solo che papà sperava che per noi fosse ancora la stessa cosa." si fermò per vedere il fratello che tornava a buttare sotto Stefy. "Stanno bene assieme, quei due."

"Già, meglio di noi, mi sa." Lui rise facendo spuntare la lingua e Monca ebbe un fugace pensiero di cosa avrebbe voluto fare a quella lingua. Sconvolta, prima che lui se ne accorgesse, si gettò in acqua, senza accorgersi che lui faceva lo stesso. Prese uno spavento non da poco, quando sentì due mani che la afferravano per la vita e la spostavano di peso.

"Ma sei pazzo? Mi hai fatto prendere un colpo." Si ritrovò praticamente attanagliata. Lui la teneva stretta e Monica poteva sentire il suo petto che le sfiorava la schiena. Sentiva una tensione incredibile. “Che stai facendo?”

“Abbraccio la mia ragazza?” si girò per guardarlo: aveva dipinto un classico sorrisino di scherno. "Sai, non ci avevo mai fatto caso, ma hai la bocca...particolare."

Monica portò la mano alle labbra: per lei era sempre stato un grande problema. Fin da piccola aveva subito parecchi interventi al labbro superiore, che le avevano lasciato in "dono" un sacco di cicatrici una sopra l'altra, con la conclusione che le sembrava di avere un campo minato. Per di più il labbro che tutti avevano ben definito e carnoso, lei lo aveva piatto e senza una demarcazione netta.

Jared rimase di sale al cambiamento d'espressione della ragazza.

"Scusa, non volevo offenderti."

"No, è solo che...solo che... diciamo che il mio labbro non mi piace, ok? Certo che sai proprio entrare nel cuore delle donne."

"Ti ho già chiesto scusa, ok?" si abbassò leggermente verso di lei, tanto che Monica credette che la volesse baciare. Uno strano formicolio le si spanse per lo stomaco. Le appoggiò le labbra sul collo e le lasciò un leggerissimo bacio prima di tornare a nuotare. Monica rimase imbambolata a ripensare a quello che era successo, resistendo all'impulso di gridare per la sensualità di quel gesto.

"Tutto bene?" Stefy la guardava sorridendo.

"Decisamente." guardarono i due Leto mentre giocavano e Monica sperò con tutto il cuore che lui le riservasse, entro la fine della giornata, un gesto simile.

"Sarà meglio se torniamo su. L'acqua e fredda, ci torniamo più tardi."

Si sedettero sul prato, in modo da potersi asciugare.

"Non vi danno fastidio i pantaloni?" domandò Ste. I due si guardarono e sembrò che si fossero resi conto solo in quel momento di essere vestiti. Scoppiarono in una fragorosa risata e presero a toglierseli. Indossavano entrambi dei boxer scuri che gli arrivavano al ginocchio.

"Un altro punto per loro." Pensò Monica.

"Topina?"

"Ehy, dimmi tutto."

"Secondo te, che film mi porterà a vedere William?" domandò Stefy.

"Conoscendolo, quello che piace a te. Ma lascia perdere le storie d'amore, gli interessano poco."

"Andate al cinema, dopo?" fece Shannon.

"Solo io. Ho invitato quel pterodattilo e stasera è tutto per me, in barba a quella vampira di Dru." Replicò determinata Stefy.

"Pterodattilo? Per..."

"Non chiederlo!!!" Urlò Monica, che già sapeva la risposta. Jared, che odiava chi si voleva imporre, le sorrise e furbescamente continuò la frase di suo fratello.

"Perchè pterodattilo?" Stefy sorrise smagliante.

"Perchè è un grande uccello!" Monica si mise la mano davanti agli occhi e scrollò il capo: odiava sentire parlare di suo fratello in quei frangenti. Stefy tranquillamente continuava a parlare di quanto topo fosse Spike, mentre i due fratelli si scambiavano occhiate sconvolte. Bene la schiettezza, ma qui era troppo.

"Ste, topolona del mio cuore, ti ho già chiesto, per favore, di evitare discorsi in cui William e letto siano nella stessa frase."

"Perchè?"

"Perchè è mio fratello e la cosa mi fa...ribrezzo!" Stefy le scoccò un'occhiata maliziosa.

"Allora parlami del tuo ragazzo, adesso che lo hai...bacia bene?" Calò il silenzio. Monica era bordeaux, Shannon si stava trattenendo dalle risate e Jared la guardava incuriosito: era curioso di sentire che le rispondeva.

"Ok, hai vinto, parla di William!" capitolò Monica.

Decisero che era meglio tornare al campo: infatti il signor Leto aveva già montato la griglia per cucinare ed era accesa, in attesa che le donzelle si mettessero a cucinare.

Monica prese in mano la situazione e dopo un po' si levò un buon profumino. Cucinava con attenzione e dedizione, ridacchiando mentre osservava il padre di Jared cantare qualche canzone dei suoi anni.

"Avessi saputo, papà, portavo la chitarra."

"Sarà per la prossima volta, Jad." Il ragazzo prese una lattina di the freddo e la portò a Monica. La abbracciò da dietro e gliela mise a contatto con il braccio.

"Che fai?"

"Il fidanzato perfetto. Se voglio che mio padre creda che stiamo insieme, mi devo sforzare un po'...certo, anche tu dovresti." Monica mise un po' il broncio: in effetti il suo discorso non faceva una piega. "Secondo te, Stefy è ancora che parla di pterodattili o siamo salvi?" Monica rise di gusto: allora sapeva essere carino anche lui.

"Non lo so, quando inizia è difficile fermarla." Prese il the e ne bevette un sorso. Si rilassò un po' e si appoggiò a Jared che rimase piuttosto sorpreso da questo suo cambiamento di atteggiamento. Fece vagare le mani sulle braccia muscolose di Jared per accarezzargliele, mentre gli lasciava un casto bacio sulla clavicola. Jared si lasciò fare, decisamente contento per come andavano le cose.

"Come vedi, ci so fare un po' anche io."

"Sai, in realtà ne ero sicuro."

Si staccarono solo quando il pesce fu pronto. Si odiavano, e lo sapevano, eppure quel contatto li aveva portati in orbita.

 

Ormai era ora di tornare a casa: avevano lasciato Stefy a prepararsi per l'uscita al cinema con Will, poi portarono Monica. Lei era stanca, un po' per non aver dormito molto e un po' per la giornata vissuta: stranamente era andato tutto bene. Avevano passato il pomeriggio a chiacchierare di niente, davanti al padre o anche andando in giro per il fiume da soli. In un momento a Monica era sembrato di stare veramente con il proprio fidanzato. Era una situazione decisamente strana.

Arrivati davanti alla sua porta, salutò Shannon e il signor Leto, mentre Jared le tirava fuori dal bagagliaio il suo zaino.

"Allora è finita..."iniziò Monica. Improvvisamente si sentì male.

"A quanto pare..."

"Ci vediamo domani a scuola."

"Certo."

Monica fece per girarsi, ma Jared la tenne ferme vicino a sè, le posò un dito sul mento e le alzò il volto. Non le disse nulla, ma la baciò: le passò una mano dietro alla testa per accarezzarle i capelli. Monica si sentì spiazzata: era un gesto che non si aspettava. Eppure quel profumo di lui, così potente e così intossicante, la stava facendo volteggiare. Il suo sapore,poi...una favola.

"A domani." Le sussurrò sulle labbra.

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Capitolo 6
*** Cappitolo 6 ***


Ciao a tutti e scusate il ritardo con cui posto, ma ero senza connessione fino a questa mattina.

@StephenKing: Tomo c'è, ma solo come piccola apparizione. Ammetto che mi sono concentrata principalmente sui Leto, ma in futuro chissà che non scriva niente sul nostro croato del cuore? I

Inoltre, mi tocca deluderti su JJ: lui avrà i suoi sentimnti da adolescente come tutti. Lo vedo molto pieno di se e anche un po' stronzetto, ma alla fine un buono. Spero di non averti buttato giù

@laulove90 : grazie per i tuoi continui commenti ^^

Capitolo sei

 

"E a quel punto mi ha anche offerto i pop-corn." Monica stava ascoltando il racconto dettagliato della serata tra Stefy e Spike ad intermittenza. La sera prima il fratello le aveva detto che era andato tutto bene, che voleva dire tutto o niente, a seconda dell'umore del ragazzo.

"Erano buoni, almeno?" La risposta le interessava in maniera molto marginale: aveva ancora il cervello che ripensava al bacio scambiato con Jared. Era stato casto ed innocente, eppure l'aveva sconvolta nell'intimo, come se fosse stato qualcosa di più. Non era riuscita a dirlo a nessuno, neppure a Stefy, anche se la voglia era tanta. Non capiva perché era così titubante a parlarne con l'amica. Ne era intimamente gelosa, era qualcosa che voleva restasse solo suo.

"Secondo te, ho una qualche possibilità con William?"

"Onestamente?" Monica ci pensò, lieta di avere un argomento diverso rispetto a Jared per la mente. "Non lo so. Will ama Dru, per quanto io la trovi una cosa senza senso, e di sicuro non la tradirebbe mai. Ti trova simpatica, non c'è dubbio, una buona amica, forse, ma...chissà, forse se si lasciano."

"Li farò lasciare." disse con sicurezza, senza notare l'occhiata scettica che le lanciava Monica. Stefy era sempre stata una brava ragazza, far lasciare il fratello dalla sua fidanzata storica, era una cosa che non si adattava a lei.

"Non ci riuscirai." Rispose Monica tranquilla. "Si lasceranno solo se avranno dei problemi tra loro, non per qualcuno di esterno. Mi spiace, so che la cosa può sembrarti assurda, ma i due si amano sul serio."

Camminarono verso la scuola in silenzio a rimuginare sulle loro "storie d'amore" strane. In fondo erano amiche e questo significava che riuscivano bene a stare in silenzio, senza dover riempire tutti gli spazi.

Al cancello Monica subì il primo shock: un gruppetto di ragazze, appena la vide, si mise ad urlare e correre verso di lei. Si ritrovò sommersa da gente che quasi non conosceva.

"E' vero??" chiese una ragazza magrissima.

"E' vero, cosa?" domandò Monica che non capiva.

"Stai con Leto? Con il Leto figo?"

"Guarda che anche Shannon merita un casino." Sentì dire da Stefy.

"Io non sto con Jared!" Urlò Monica per cercare di farsi sentire sopra la folla. Quello era un punto fermo di tutta la situazione: loro non stavano insieme.

"Ma se vi siete baciati." Il tempo si fermò in quell'istante: Stefy prese a guardarla con la bocca aperta, dato che Monica non le aveva detto nulla. Monica cercò una risposta da dare, ma riusciva solo a borbottare qualcosa di incomprensibile.

"In realtà...cioè, non è proprio vero."

"Lo è, ti ho vista io." Era stata Jenny a parlare, la ragazza più popolare di tutta la scuola. La sua parola era legge per tutti. Monica masticò un insulto tra i denti per essere stata vista proprio da lei. “Eravate davanti a casa tua, avvinghiati come piovre.”

“Non è vero! Non ci toccavamo neppure.”

“Labbra a parte. Lo facevate davanti a Shannon e suo padre che erano in macchina, quindi direi che la cosa è veramente seria.”

“In realtà non è come credete.” Ma nulla, nessuno la stava ad ascoltare, solo Stefy che la guardava in modo strano.

“Non festeggiare troppo, piccola sfigata, hai avuto un colpo di fortuna. Io voglio Jared e lo otterrò, con qualsiasi mezzo.” Monica voleva dirle che poteva tranquillamente tenerselo, ma qualcosa la bloccò.

“Anche portarlo via alla sua ragazza?” Jenny sorrise cattiva.

“Questo è il minimo che ti puoi aspettare.” Detto questo girò sui tacchi e si avviò verso l’interno.

“Così hai baciato Jared.” Sentì dire da Stefy accanto a sé.

“Tecnicamente è stato lui a baciare me. Di rapina, oltretutto.” Si difese Monica, già stanca della giornata. “Non so bene che gli è preso.” Si mosse verso il suo armadietto e si riscosse dai suoi pensieri quando si accorse che l’amica non la stava seguendo. “Andiamo?”

“E perché non me lo hai detto?” domandò Stefy apparentemente calma.

Monica abbassò lo sguardo colpevole. Sapeva che prima o poi sarebbe uscito il discorso.

“Non lo so?” Sperò che andasse bene come risposta, anche se non lo credeva affatto.

“Cos’è, volevi gongolarti alle mie spalle?” Monica la fissò come se fosse un’aliena.

“Scusa?”                                          

“Certo, adesso hai il ragazzo, sei passata dall’altra parte della barricata.”

“Ste, stai sparando un sacco di cazzate assurde!”  cominciò ad incazzarsi Monica.

“E tu mi stavi ascoltando mentre parlavo del mio patetico incontro con William. Figurati quanto ti interessava, visto che ormai stai con Jared. Bene, vai da lui, ti divertirai di sicuro di più.” Stefy corse via, lasciando Monica sbigottita. Ma perché tutto le stava andando di traverso? Mancava solo che venisse interrogata in tutte le materie e che, ovviamente, prendesse voti orrendi.

Si trascinò verso l’aula di biologia e un’amara sorpresa l’attese: Stefy l’aveva rimpiazzata con un’altra. Per la prima volta non si sarebbero sedute vicine. Il cuore le divenne pesante come un macigno. Fece vagare lo sguardo per i banchi e vide che Shannon era da solo: andò da lui in automatico. Come passava vicino alle ragazze, si accorgeva che più di qualcuna la additava e mormorava. A quanto pare era vero, tutta la scuola sapeva della sua storia con Jared. Che palle!

“Ciao. Posso sedermi qui con te?” Shannon le sorrise.

“Certo che puoi. Anzi, direi che è un miglioramento non da poco, visto che di solito qui si metteva Kaede.” Kaede era un ragazzo di origini giapponesi, che aveva la mania di dormire sempre durante le lezioni. “Molto spesso non riesco a seguire perché il suo russare copre la voce del prof.”

Monica riuscì a fare una leggera smorfia: purtroppo per il ragazzo non era molto in vena di ridere.

“E’ successo qualcosa?” le domandò con tatto.

“Sì…ho litigato con Stefy e la cosa mi fa male.” Non riuscirono a continuare la discussione, perché in quel mentre fece la sua apparizione il prof Patterson. Decisero di rimandare la chiacchierata.

 

La mensa era, come al solito, affollatissima. Con i vassoi in mano, Monica e Shannon cercavano di farsi largo tra i ragazzi, che avevano la terribile mania di bloccarsi davanti a loro per chiedere a Monica se a) è vero che stava con Jared; b) se adesso voleva ripassarsi tutta la famiglia. Lei era esasperata e lanciava insulti a chiunque osasse rivolgerle la parola.

“Certo che sei proprio ricercata.” Le fece Shannon sorpreso.

“Tutta colpa di quel cretino di tuo fratello!” Esclamò lei contrariata. Lei non voleva avere successo tra la gente, voleva mescolarsi alla folla ed essere invisibile

“Che c’entra lui, adesso?”

“Grazie a quel benedetto bacio che mi ha dato fuori casa mia, adesso tutta la scuola crede che stiamo insieme.”

“E’ stato un bacio carino. Molto dolce.” Lo vide che sorrideva: non la stava prendendo in giro.

“Scusa?”

“Bhe, diciamo che Jar non è stato molto…riservato. Io e papà eravamo lì. Però mi è sembrato qualcosa di dolce, specie venendo da lui.”

Monica ci pensò un po’: dolce? Tenero? Con lei? Una strana sensazione di preoccupante felicità le crebbe nello stomaco, ma si bloccò immediatamente quando vide Stefy che mangiava con le loro compagne. Non parlava, non rideva, si limitava a mangiare: si capiva lontano un miglio che era arrabbiata a morte.

“E’ colpa sua se adesso Stefy non mi parla.” Mormorò diretta al vento più che al ragazzo, che spostò lo sguardo sulla topolona. Il suo sorriso si smorzò.

“Mi dispiace. Come mai lei ce l’ha con te?” Monica posò la forchetta di plastica e si pulì la bocca.

"Stefy se l'è presa perché non le ho parlato del bacio. L'ha saputo solo quando è arrivata a scuola. Ma è una cazzata!" sbottò.

"E perchè?"

"Come perchè?" Shannon la guardò serio.

"E' evidente che lei si aspettava un tuo comportamento più...fiduciario. Si sarà sentita tradita, perché la sua migliore amica non le ha detto una cosa così importante come un bacio di Jared Leto." Monica ridacchiò per la prima volta. Shannon aveva un tono così da presa in giro verso suo fratello che non si poteva non ridere. "Sono riuscita a farti ridere, almeno."

"Sei molto dolce, Shannon. Chi ti piglia è fortunata."

"Figuriamoci... senti un po'...perché non hai detto a Stefy del bacio?" Monica arrossì leggermente.

"Onestamente? Non lo so. E' stata una cosa stranissima. Io credo..." Prese un profondo respiro e riprese a parlare. "Io credo che mi sia piaciuto talmente tanto, che volevo conservarlo ancora per un po', tanto la recita sarebbe dovuta finire lì, invece..."

"Bhe, se ti ha baciato vuol dire che gli piaci. Per quanto sia uno che si diverte in giro, non lo farebbe mai con chi non sopporta. Credimi, io lo conosco." Monica alzò lo sguardo al cielo: chissà se quella giornata sarebbe finalmente finita. Invece, almeno dal suo punto di vista, peggiorò. Presi dalla chiacchierata, nessuno dei due si era accorto che nella sala era sceso uno strano silenzio di anticipazione. Dietro di loro, con il vassoio in mano, stava arrivando Jared.

Quando li vide, si fiondò verso di loro sorridendo. Posò il cibo al tavolo, vicino a Monica, e si abbassò per baciarla. Lo schiocco delle sue labbra sulla guancia della ragazza, risuonò per tutta la mensa. Monica lo fissò scioccata.

"Ciao tesoro mio!" Le disse. Shannon alzò un sopracciglio incuriosito: si stava domandando dove era il suo vero fratello. Quella copia così dolciosa era venuta perfino male.

"Vai a quel paese." Fu la leggera risposta di Monica.

"Ciao Shannon."

"Jar...Sei tu, vero?"

"Certo che sono io! Chi credevi che fossi?" Scosse il capo guardandolo male. "Allora, Monica, andiamo a casa assieme dopo?" chiese Jared iniziando a mangiare.

"Perché dovremmo?" intorno a loro tutti erano tornati a parlare, anche più forte di prima, per commentare la scena appena vissuta.

"Perchè stiamo assieme?" Monica prese un profondo respiro per calmarsi: aver visto Jared che così tranquillamente prendeva quella situazione, le aveva fatto ribollire il sangue. Si alzò davanti lo sguardo incuriosito dei due Leto, poi prese per un braccio il più vecchio e se lo trascinò dietro, incurante di tutte le risatine e dei fischi che gli venivano lanciati. Monica sembrava una furia, zittì perfino William, che come un treno si era avvicinato ai due.

"Taci, io e te parliamo dopo." Jared rise a guardare l'espressione imbestialita di Spike. Praticamente correndo, arrivarono fino al terrazzo.

"Ok, spara, a che gioco stai giocando?"

"Io non gioco a nulla. Stiamo insieme sì o no?"

"Ovviamente no!" Esclamò Monica. Jared si passò la lingua sui denti.

"Ti ricordo che hai iniziato tu." Monica sbuffò.

"Era un'altra situazione. Volevo aiutarti e lo sai." Lui annuì continuando a sorridere. Lei si domandò che cosa ci trovasse da ridere.

"Perfetto, allora aiutami ancora!" Calò il silenzio: Monica non capiva. "Adesso ti spiego." prese a camminare verso la transenna e a guardare giù. "Quando sono arrivato stamattina, credevo che tutto fosse tornato normale, tra noi. Niente più bugie, niente più....baci." Fece sensualmente. Nonostante la situazione assurda, Monica sentì chiaramente le gambe diventarle di burro. Si vergognava ad ammetterlo, ma ne avrebbe volentieri voluto ancora uno. "Invece..." Lui continuò ignaro dell'effetto delle sue parole. "...stamattina mi sono ritrovato al centro di mille attenzioni, ma non dalle ragazze. I ragazzi, invece, non fanno che chiedermi di te e delle tue prestazioni. Comunque finalmente me le ero tolte dai piedi, capisci?"

"No!" rispose lapidaria lei. Che gliene poteva interessare a lei delle sue frequentazioni? E poi che poteva dire in giro di lei? Prestazioni??!!?

"Prima, come arrivavo qui, avevo dei gruppetti che non facevano altro che guardarmi e ridacchiare. Alcune di loro mi seguivano fino al bagno. Invece oggi no! Tutte sono convinte che io e te stiamo assieme, quindi la smettono di provarci. E' magnifico!" Finì ridendo. Monica era sbigottita.

"Ma chi se ne frega! A me non interessa."

"Perchè, hai un altro con cui uscire? La storia tra noi sarebbe perfetta. In realtà non proviamo sentimenti uno per l'altra, ci togliamo i rompiscatole dai piedi, che vuoi di più?

"Io lo cerco un ragazzo..." Lui le si avvicinò movendosi sensuale: aveva la lingua tra i denti e la guardava come se volesse mangiarsela.

"Hai me..." E così dicendo, la prese per la vita e le lasciò un bacio sul collo facendo rabbrividire Monica. Quando lui la lasciò, lei capì il senso di quella pantomima: dalla porta si erano appena materializzate delle ragazze che squittirono via quando si resero conto di essere state viste. "E' stato spassoso, hai visto le loro facce?" Monica lo guardò a bocca aperta, aveva il cervello in stand-by e non riusciva a dire una sola parola di senso compiuto. La campanella li fece ritornare con i piedi per terra. Jared la prese per mano e lei si lasciò condurre come una bambola:non sapeva veramente che fare.

"Che lezione hai?" le chiese Jared tranquillo. Non era veramente tranquillo come voleva far credere, sapeva di portare una maschera a beneficio di tutti. Il discorso che aveva fatto a Monica sulla terrazza era, in parte, vero. Veder diminuite le galline che sbavavano per lui, era un sollievo, ma non era solo quello. Le ore passate assieme lo avevano fatto sentire strano. Si era spaventato sentendo di provare quelle sensazione di affetto che mai aveva provato prima e voleva assolutamente studiarlo di più. Poteva farlo solo se 'stava' ancora con lei. In fondo Monica gli piaceva, anche se spesso voleva ammazzarla.

"Cosa? Ah, letteratura." la accompagnò fino all'armadietto e, a beneficio dei loro fans, le baciò la mano e la lasciò da sola, con un turbine di emozioni che lei non riusciva a decifrare.

 

Aveva passato il pomeriggio a ripensare alle parole di Shannon: quello che era successo tra lei e Jared sul terrazzo, era un capitolo da dover esplorare con calma, con qualcuno che non facesse parte della famiglia Leto.

Monica prese in mano il telefono e con velocità digitò il numero a memoria.

"Pronto."

"Ciao Topolona. Sono Monica."

"Che vuoi?" Era chiaramente ancora arrabbiata.

"Facciamo così, io parlo e tu ascolti per un po'." Il silenzio dell'amica la fece ben sperare. "Il bacio è stato stratosferico e terrificante. Sentire Jared su di me è stato strano, inaspettato perché nel nostro 'contratto' i baci non erano inclusi, cioè, io pensavo non lo fossero. E la cosa veramente terrificante, è che mi è piaciuto un sacco. E la sensazione è continuata anche stamattina. Io pensavo che sarebbe terminato con ieri, invece ho voluto continuare a sentire quell'emozione senza rivelarla a nessuno, perché volevo gustarmela totalmente. So che ci sei rimasta male, ma non potevo fare diversamente. E ricorda, non è assolutamente vero che non ti ho ascoltata su William e che sia passata dall'altra parte. Io non sto con Jared, anche se lui continua a dire il contrario."

"Hai terminato?" Monica sospirò: sembrava che il suo discorso fosse caduto nel vuoto.

"Diciamo di sì."

"Allora, adesso ascolti me. William al cinema mi ha preso la mano. Credi che voglia dire qualcosa?" Monica sorrise alla sua immagine allo specchio.

"Forse sì...a me non lo ha mai fatto."

"Per forza, sei sua sorella!" Risero insieme, finalmente la barriera era caduta. “Un'ultima cosa, topina...Com'è baciare Jared?" Monica ci pensò per bene.

"Bello. Lo trovo insopportabile, ma ha le labbra morbide, delicate e soprattutto buone."

"E la lingua?" Ah, la sua Stefy!

"Niente lingua. E' stato casto e puro. Labbra contro labbra."

"Dolce!"

"Abbastanza." No, pensò Monica, non era stato solo dolce, era stato tutto. "Adesso devo solo capire perché nessuno mi crede quando dico che non sto con Jared, ma tutti credono a lui"

"Semplice." Rispose Stefy " Perché sei l'unica ragazza a scuola che non vorrebbe starci assieme. Non sei normale, se dici che non ci stai assieme quando lui dichiara il contrario."

"Ma perché lui lo fa?" Si lagnò Monica.

"Semplice un'altra volta. Perché gli piaci."

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo sette

 

Ormai erano passati dei giorni e la storia fra Monica e Jared era diventata vecchia. C’era ancora chi lanciava occhiate furtive e ridacchiava, ma ormai erano casi rari. E loro facevano di tutto per non dare troppo scandalo.
Nonostante non stessero veramente insieme, Monica aveva dettato al ragazzo alcune regole: ci teneva a mantenere una certa reputazione, quindi lui si doveva astenere da avere storie con altre ragazze. Non che a Jared pesasse poi molto, in effetti. Avrebbe dovuto rinunciare a qualche sessione after concerto, ma ci poteva vivere. Alla fine, che lo ammettessero o meno, erano diventati veramente una coppia.

Questa relazione aveva portato anche altri piccoli cambiamenti: sia Monica che Stefy erano entrate nella ristretta cerchia dei 30 Seconds to Mars, il gruppo di cui facevano parte Jared e Shannon, ed ora passavano quasi tutte le ricreazioni ed i pranzi con i due ragazzi, più Tomo e Matt, chitarra e basso del gruppo. Praticamente erano diventate le loro prime grupies. A loro non dispiacevano: i ragazzi erano molto simpatici, specie Tomo, che ogni tanto si metteva a parlare croato, sua lingua di origine, essendo nato a Sarajevo. Discutevano molto di musica e di canzoni da fare durante i loro concerti e le due ragazze dicevano sempre la loro. Monica aveva notato che Jared era molto diverso dal solito: rideva, parlava di cose veramente serie e la coccolava. Ebbene sì, quando erano insieme ai ragazzi, non la smetteva di sfiorarla, sulle braccia, sul collo. La abbracciava e le parlava nell’orecchio. Tutto questo la spiazzava: praticamente il ragazzo perfetto! E lei non sapeva cosa fare. Dopo due giorni di quella vita, aveva capito che bastava che l’assecondasse. Era riuscita ad essere più spontanea con lui e quindi a rivelarsi meglio per quella che era. Litigavano molto meno ora.

Quella mattina, Jared era davanti allo specchio a farsi la barba. Cresceva troppo in fretta per i suoi gusti.

“Ti muovi? Siamo in ritardo.” Spuntò dalla porta la testa di suo fratello. Guardandolo pensò che Shannon non si faceva minimamente problemi di peli sul viso. Gli piaceva tenerla lunghetta.

“Dieci minuti ed arrivo.” Shannon invece di aspettarlo in salotto, si sedette sulla vasca. “Non ti fidi che mi fai la guardia?”

“No, in realtà volevo parlare con te, lontano dalle orecchie di papà.” Jared gli scoccò un’occhiata mentre passava la lametta sul mento.

“Spara.”

“Mi stavo chiedendo…ma tu e Monica, alla fine, state insieme o no?”

“Certo che no.” Rispose senza esitare Jared.

“Ah no? Cavoli, mi sono sbagliato, allora. È che vi vedo così uniti.” Jared rise.

“Ma sei fuori? Ma se neppure ci baciamo.” Shannon fece una smorfia.

“Guarda che in una coppia non è importante solo il contatto fisico. C’è ben altro in ballo, anche se la gente in generale crede il contrario.”

“E da quando ti intendi di queste cose?”

“Tutti pensano che sia uno scemo, ma guarda che ho un buon cervello. Solo perché mi piace fare il pagliaccio, non vuol dire che non capisca le cose.”

“Ehy, non ti infervorare. Non ho mai detto che sei scemo, solo che mi hai stupito. Non ti facevo un così esperto di rapporti di coppia.” Shannon sorrise.

“Allora siete una coppia…” Insinuò. Jared sbuffò passandosi l’asciugamano sulla faccia. Decise, per quel giorno, di non truccarsi, anche perché non aveva tempo per farlo.

“Non lo so…forse. Di sicuro siamo una coppia non molto convenzionale. Nessuno dei due vorrebbe stare con l’altro, eppure ci stiamo.”

“Io credo che entrambi lo vogliate, ma avete solo paura di ammetterlo. Sei pronto?” Jared guardò il fratello per la prima volta in maniera diversa: Shannon per lui era sempre stato il piccolo, ma capì che, forse, era più maturo di lui su certe cose. Vuoi vedere che avesse ragione?

“Secondo te facciamo male, vero?”

“Secondo me fareste meglio a decidervi: una storia a metà come la vostra non riuscirete a gestirla per troppo tempo.” Uscirono zaini in spalla. “Prendiamo la moto?”

“Ok, ma guido io.” Un anno prima i due fratelli avevano passato l’estate ad aggiustare una vecchia moto che ormai sembrava defunta. Passando più tempo nelle carrozzerie e nei depositi, avevano trovato tutti i pezzi di ricambio giusti. Ora la piccola viaggiava a meraviglia.

“Guarda che al pomeriggio serve a me.” Disse Shannon categorico. Jared non replicò, in fondo non importava, lui al pomeriggio aveva gli allenamenti.

In pochi minuti, sfrecciando per le vie della città, arrivarono davanti alla loro scuola. Il parcheggio era poco lontano dall’entrata vera e propria, ma già i due avevano visto diverse ragazze fermarsi ed additarli: anche se Shannon credeva di essere visto solo come il surrogato del fratello, aveva le sue ammiratrici. E poi Jared: nonostante tutti i suoi buoni propositi, aveva ancora uno sciame di ragazze che gli ronzavano attorno.

Da lontano notarono subito Monica e Stefy che camminavano tranquille. Entrambe portavano dei libri a mano, come se nello zaino non ci stessero tutti. Jared si fermò ad osservare quella che doveva essere la sua ragazza: nonostante in quell’ultimo periodo le cose stavano andando molto meglio, quando lei era con lui, si percepiva sempre un leggero stato di imbarazzo, un filtro sottile, una membrana che lui non riusciva a permeare del tutto. Lei rimaneva un po’ sulle sue, un po’ fredda, inibita da qualcosa, o meglio, da qualcuno, lui. Invece adesso la vedeva tranquilla, sorridente. Scherzava con Stefy che stava facendo una smorfia. Evidentemente doveva aver detto qualcosa che alla procace mora non aveva fatto piacere. Gli venne da sorridere: per lui era bellissima. Alt, il suo cervello aveva formulato la parola sbagliata: Monica e bellissima non potevano stare nella stessa frase, in fondo lui non la sopportava…o no?

“Te la posso fare un’ultima domanda?” fece Shannon.

“Spara.”

“Com’è stato baciarla?” Jared non lo guardò, ma continuò la sua scannerizzazione a Monica.

“Strano. Non volevo farlo, all’inizio, ma poi ero lì ed è diventata la cosa più naturale del mondo. Il suo profumo mi ha avvolto e…”

“Che profumo?”

“Qualcosa di fresco…tipo agrumi o the verde, cavolate simili da ragazze. Ma buono…perfetto. Mi piaceva. E poi aveva le labbra che sapevano di fragola: burro cacao, credo. Sembrava di mangiare del gelato…” E sorrise al ricordo. Shannon scosse il capo e gli pose una mano sulla spalla.

“Sei proprio sicuro che tu e lei non stiate assieme, sì?” e con questo annoso problema, lo lasciò da solo a rimuginare. Anche Jared si incamminò verso l’atrio e lì vi trovò Monica.

“Ciao!”

“Ehi, ciao.” Gli rispose sorridendo. Diversamente dal solito, lo baciò su una guancia, molto vicina alla bocca: era il gesto più intimo che gli avesse lasciato. “Dove vai adesso?”

“Uhm?” Jared si risvegliò dal suo breve black-out “A lezione? Ah, sono ad algebra.”

“Bleah. Bhe, ci vediamo in mensa, allora?” Gli sorrise felice e si avviò con Stefy e Shannon verso l’aula di biologia.

Jared la vide andare via, toccandosi leggermente la guancia con le dita: gli pareva bruciasse.

 

Finalmente per tutti gli studenti, era terminata quella giornata. Ora, chi era iscritto a certi club, iniziava la seconda parte del pomeriggio. Monica si ritrovò in cucina. Stefy uscì leggermente depressa: aveva sperato che l’uscita cinema con William si risolvesse in una bella situazione, invece, proprio quel giorno a pranzo, aveva visto amoreggiare in maniera quasi indecente, William e Drusilla. Non era giusto, si sentiva tradita. Sospirò mesta: tradita per cosa, poi? Will non stava con lei, bensì con Drusilla e lei non ci poteva fare proprio nulla.

Quello che era peggio, era che Monica non era con lei in quel momento: non aveva voluto parlarle della sua depressione davanti ai ragazzi, ma in classe, con il vecchio Snyder, non poteva volare una mosca e adesso la sua amica era rintanata a cucinare dolci. Stefy voleva sfogarsi.

“Porca trota…non è giusto!” Urlò, attirandosi gli sguardi della gente attorno a lei.

“Che cosa non è giusto, Ste?” la voce dolce e profonda di Shannon la fece sussultare: non lo aveva proprio visto.

“Che Monica sia ancora a scuola.” Shannon stava camminando verso il parcheggio e lei pensò di accompagnarlo, tanto non aveva nulla da fare di urgente. Anche i compiti erano diventati radi, dato che si avvicinava la fine dell’anno. Si fermarono davanti alla moto dei Leto: Shannon indossò il suo casco e ne prese un secondo da sotto la sella, per passarlo, poi, alla ragazza che lo guardava stralunata.

“Ti va di fare un giro?”

“Stai scherzando?”

“No, perché? Giuro che non ti mangio.” Stefy fece spallucce e prese il casco. Con una certa difficoltà si sedette dietro al ragazzo, che senza esitare, con un gesto secco, accese il mezzo.

“Tieniti forte, ok?” le disse prima di partire. Qualche dito era puntato verso di loro, ma non se ne curarono, non avevano motivo di farlo.

Shannon guidava veloce e sicuro: all’inizio Stefy si era spaventata per alcune accelerazioni, ma ora, con il passare dei chilometri, si divertiva sempre di più. Lo teneva stretto per la vita, sperando di non dargli troppo fastidio, ma lui non sembrava farci caso. L’aria fresca entrava dallo spiraglio della visiera e Ste si mise ad urlare di felicità: era un buon modo, quello, per sfogarsi.

“È stato fantastico!” Esclamò quando si fermarono. Erano arrivati al fiume, esattamente dove li aveva portati il padre, quella fatidica domenica. Il sole splendeva fra i rami e l’acqua scorreva scintillante. Era un bel posto per passare qualche ora in solitudine.

“Sono contento che le mie doti di guida ti abbiano soddisfatto.” E fece un profondo inchino che fece ridere Stefy.

“E adesso?”

“Adesso ci distendiamo al sole e non facciamo niente!” e così dicendo si tolse la maglia per usarla come cuscino e fece quello che aveva preventivato. Stefy lo osservò obiettiva: era decisamente sexy. In quella benedetta famiglia ci doveva essere un gene che li qualificava belli. Monica avrebbe potuto spiegarle meglio come funzionava. Aveva le braccia muscolose, di sicuro per colpire con forza la batteria. Il petto si alzava ed abbassava aritmicamente…si sedette vicino a lui.

“So che teoricamente dovremmo parlare di nulla, ma come sei con la relazione di biologia?” le chiese lui.

“Bene. Devo solo farla leggere a te e Monica, ma non ce l’ho qui, me la sono dimenticata a casa, stamattina. E tu?”

“Mi manca solo un pezzetto che aggiungerò domani, poi dovrebbe essere perfetta. Spero che al capo vada bene.”

“Coraggio…pensa che tra meno di un mese tutto questo sarà solo un ricordo!” esclamò felice Stefy. Non vedeva l’ora di andarsene via, a Los Angeles, come le aveva promesso sua madre.

“Non vedo l’ora…Senti, a costo di sembrare sfigato… il prossimo sabato noi suoniamo al ‘Tiktak’ e per la prima volta proveremo le nostre canzoni. Ti va di venirci: credo che Jared inviterà Monica e noi abbiamo bisogno di facce amiche per quel debutto.”

“Certo che ci vengo!!!” urlò Ste facendo scappare una famiglia di passeri che stava lì vicino.

“Mi fa piacere vederti su di morale. Prima mi sembravi piuttosto…giù.” Stefy perse mezzo sorriso. Già, William. “Scusa, forse è meglio lasciar perdere.”

“No, tranquillo…è solo una fase passeggera.”

Trascorsero un paio di minuti in silenzio, poi Stefy esplose.

“Sai cosa mi rode? Io sono meglio di quella! Io sono esplosiva, solare…una gran topa, mentre lei è lunatica, schizofrenica e pazza come un cavallo!” Shannon trasecolò: non si era aspettato quell’uscita e si era perso su chi fosse il soggetto.

“Prego?”

“Scusa, sono partita in quarta e non ci hai capito nulla, vero? Parlavo di Drusilla…”

“Ah, la morosa di William Cross…un po’ inquietante, con quegli occhi violetti, la carnagione pallida…sembra una vampira.”

“Esatto, però questo lo attira un sacco.”

“A William?”

“Certo e chi sennò?” Shannon avrebbe voluto dirle che c’era più di qualcuno che trovava Dru piuttosto interessante, ma non credeva che a lei sarebbe importato.

“Così ti piace Spike. È lui lo pterodattilo in questione.” Stefy fece una risatina.

“Vi ho sconvolto con questa uscita, eh?”

“Diciamo che non capita tutti i giorni di intavolare una discussione del genere.. è stato…rivelatorio.” Stefy aggrottò la fronte.

“Cioè?”

“Non pensavo che anche le ragazze parlassero in quella maniera dei ragazzi…credevo fosse una peculiarità nostra.”

“Oh no, io e Monica ne parliamo molto spesso. Bhe, più io, in effetti, ma anche lei quando ci si mette non scherza.”

“Te lo posso dare un consiglio…oggi mi sento in giornata di grazia.”

“Spara, Leto.”

“Non ti fossilizzare troppo su William. Sei una gran donna…”

“Lo so!” Esclamò con sicurezza.

“…e molto modesta, quindi di sicuro ci sarà molta gente che ti apprezza. Solo perché ancora non l’hanno capito, non significa che non ti vogliano, mi sono spiegato?”

“Grazie…sono splendide parole.” Lui sorrise. “E per quei due che facciamo?” ci aveva pensato spesso in quei giorni ed aveva capito che loro due erano gli unici a poter fare qualcosa. In fondo Stefy e Shannon erano gli unici due a sapere la verità sulla presunta storia di Monica e Jared.

“Che intendi?”Stefy sbuffò spazientita.

“Lo sappiamo entrambi che quei due dicono tanto di disprezzarsi a vicenda, eppure, stranamente, sono sempre assieme. Se si odiassero veramente così tanto, avrebbero terminato questa storia già da mò…” Shannon sorrise.

“In effetti, lo credo anche io. Ma noi non possiamo fare molto. Se la devono vedere tra loro.” L’occhiata che gli rivolse la ragazza, gli fece chiaramente capire che lei non era d’accordo.

“Vedila come vuoi…io ci proverò.” Lui gemette: si aspettava casini imminenti.

“Ah, senti un po’, tu che sai tutto di tutti noi…che mi dici di te? Sei innamorato?” Shannon la fissò scioccato per l’uscita di Stefy: sapeva che la ragazza era di una schiettezza fuori dal comune, ma lui non era abituato a parlare di sé, specie con una ragazza.

“Io…”

“Coraggio, non farti pregare!”

“Ok…bhe c’è una ragazza che mi piace.”

“Forte. E ti dichiarerai?”

“Sta già con un altro.” Stefy mise il broncio.

“Cavoli, non è giusto!”

“Fa niente…in fondo nel mare ci sono tanti pesci… Qualcuno abboccherà!”

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Scusate, l'altra volta non avevo ringraziato ç__ç Mi cospargo il sale sulla testa.

@LauLove90: Sempre Grazie cara
@StephenKing: in realtà l'errore è voluto. Cioè, non proprio: l'avevo iniziata che credevo Jared più grande, poi mi sono informata, ma la FF era praticamente finita. Ricominciarla sarebbe stato un disatro. Ne approfitto per chiederti di leggere la one-shot che ho postato. Mi farebbe piacere una tua recensione.

Capitolo 8

 

Il sole batteva forte, anche se stava già iniziando a scendere verso l’orizzonte. Monica era felice che al club non avessero cucinato nulla con la crema, perché altrimenti sarebbe stato un problema enorme. Invece quel giorno, triangolino di sfoglia: ottimi da trasportare, stupendi da mangiare.

Stefy era andata già a casa: aveva detto che doveva assolutamente rivedere alcune parti della tesina, dato che non era sicura di averle scritte come si doveva. Lei non aveva protestato, anche se adesso le faceva strano non essere con la sua amica a farsi un mega gelato parlando di cazzate.

Stava tornando mestamente a casa, quando aveva sentito, in lontananza, il rumore metallico della mazza da baseball che colpiva la pallina ed era stata attirata al campo. Lo aveva visto immediatamente: la divisa bianca e celeste, colori sociali della scuola, non riusciva a nascondere del tutto il suo corpo, anzi, forse in alcuni punti riusciva anche a valorizzarlo. E poi i capelli rosso fuoco spuntavano dal berretto anche se li aveva legati. Jared poteva cercare di nascondersi quanto voleva, ma non ci sarebbe mai riuscito: risplendeva di luce oscura.

Da quanto lei ne sapeva, lui giocava come terza base e batteva per terzo: non male, aveva anche una buona media di corse in base. Evidentemente era piuttosto veloce.

“Leto, quella lassù non è la tua ragazza?” domandò John, lanciatore di riserva. Jared alzò lo sguardo verso le scalinate e la vide mentre si leggeva tranquilla un libro. Aggrottò la fronte: sì, era proprio Monica. Corse veloce verso di lei.

“Che fai qui?” Lei sobbalzò, dato che non si era accorta del suo arrivo, troppo presa da quello che stava leggendo.

“Mi hai fatto prendere un colpo. Comunque ti sto aspettando.” Jared alzò un sopracciglio sorpreso.

“E perché?” Lei fece spallucce.

“Perché ne ho voglia… ok, ti spiego dopo. Vai a finire gli allenamenti e poi fatti una doccia…è meglio.” In realtà, da malata mentale, a Monica l’odore di sudore che permeava le palestre, le piaceva molto. E pure quello di Jared non era fastidioso, ma voleva fare un po’ l’acida, dato che in quei giorni stavano diventando fin troppo zuccherosi fra di loro.

“Sempre gentile.” Se ne andò via veloce, dato che l’allenatore lo aveva già sgridato. Tornò alla sua posizione, guantone pronto ed iniziò l’esercizio di difesa. Monica lo osservò con sguardo critico: non ne capiva molto di baseball, ma aveva una piccola cultura anche di questo sport, e le sembrava che lui non si muovesse poi troppo male. Scattava veloce, aveva delle buone prese e lanciava in maniera piuttosto precisa. Lei pensò che non fosse male come giocatore.

Passò una buona mezz’ora e i ragazzi andarono alle docce completamente esausti. Il campionato stava per terminare e loro avevano ancora qualche partita fondamentale per la buona riuscita dell’annata e quindi stavano dando tutti loro stessi.

“Certo che sei proprio fortunato, Jared.” Il vapore appannava tutti i vetri. Ragazzi nudi giravano per la stanza sperando di trovare una bocchetta libera per lavarsi via tutta la terra rossa del campo. Jared si stava passando un asciugamano tra i capelli, mentre un campanello di ragazzi erano intorno a lui.

“Ah sì, e perché?”

“Ma come perché? Hai una ragazza dolce che ti aspetta fuori allenamento. È una figata.” Jared fece una smorfia.

“Stiamo parlando di Monica…lei non è dolce.”

“Ma vai a cagare. E comunque, dolce o non dolce, ha un balcone dentro il quale io annegherei volentieri.” Si alzarono forti le risate.

“Andateci piano con i commenti.” La voce di Jar era un basso sibilo freddo che ricordava quello di un serpente. Le risate si spensero quasi immediatamente: tutta la scuola sapeva che era un tipo facile ad infiammarsi e che quando succedeva era meglio mettersi al riparo da eventuali risse. In effetti gli aveva dato parecchio fastidio ascoltare quei commenti volgari su Monica. Ok, non era veramente la sua ragazza, ma…gli aveva dato fastidio comunque e si incazzava con se stesso per non riuscire a capire perché. Spesso aveva ascoltato commenti poco riguardosi verso le ragazze e il seno di Monica e Stefy era uno degli argomenti che adoravano, insieme a quanti si facesse Jenny, ma per la prima volta aveva provato del vero fastidio. Si allacciò le scarpe, prese le sue cose ed uscì dallo spogliatoio, sicurissimo che ora sarebbero piovuti mille commenti su loro due assieme. Che avevano poi da commentare? Solo perché fino ad un mese prima non si parlavano neanche e che non passava volta che si insultassero se erano a meno di un metro di distanza, non voleva dire che non potessero avere una storia. O no?

“Possiamo andare?” Monica si era materializzata davanti a lui: indossava una maglietta nera di un vecchio concerto dei Muse, i jeans azzurri e un paio di scarpe nere.

“Certo. Così mi spieghi come mai sei stata qui ad aspettarmi tutto questo tempo.”

Presero a camminare senza fretta verso casa Leto.

“Sai, non avevo voglia di tornare a casa e Stefy è andata via a studiare. Da sola mi annoio.”

“Ma se sei sempre a leggere. Sparale meglio le bugie.” Monica sorrise facendo spuntare la lingua dai denti e Jared ebbe una visione di cosa lui avrebbe fatto a quella lingua (non potevo non metterlo ^_^ ).

“Hai ragione. Da dove inizio? Diciamo che a casa c’è una situazione strana. Mamma e Nick sono un po’ ai ferri corti, anche se so che le cose si sistemeranno di nuovo. L’amore non è bello se non è litigarello…almeno così dicono.” Sospirò profondamente. Non voleva ammetterlo, ma quella situazione le pesava parecchio. “Ma il vero problema è William: da un paio di giorni si aggira per casa come un’anima in pena e la sua pena è opprimente. È come se una cappa di malinconia si aggirasse tutto intorno a noi. Queste cose mi demoralizzano.” Abbassò lo sguardo verso le sue scarpe continuando a pensare, mentre Jared, intenerito, la prese per le spalle, abbracciandola. Monica si stupì: in quell’istante non c’era nessuno che li vedesse eppure quello era un gesto da coppia vera. Ne approfittò e allungò la mano per prenderlo per la vita. Ok, era ufficialmente impazzita: abbracciata strettamente a Jared Leto. Sì, doveva essere pazza, eppure il profumo di lui era così buono, il suo corpo così invitante… argh!!! Non poteva andare avanti in quella maniera, ma non si staccò neppure per un secondo. Anche Jared apprezzava quel contatto: era partito in automatico nel vederla così giù, come mai gli era capitato. Di solito lei si mostrava solare, sorridente, ma pian piano aveva capito che dietro quella facciata si nascondeva qualcosa di molto più profondo. I grandi occhi castani, in quel momento, si erano riempiti di tristezza e a lui non era piaciuto per nulla.

Quasi arrivati a casa di Jared, Monica appoggiò anche la testa sul suo petto e si sentì abbandonata a lui.

“Vuoi salire?” gli domandò lui con voce leggermente roca: quella situazione lo stimolava, era una situazione veramente strana e nuova per uno come lui. Non era abituato alla parte dolce della relazione con una ragazza. E non voleva che quella camminata finisse così presto.

“Perché no?” neanche lei voleva tornare a casa, ma non era solo per quello che continuava a stare con lui. Le piaceva la sua compagnia. Le piaceva scoprirlo giorno per giorno, nonostante spesso discutessero, come da vecchie abitudini.

“Sono tornato!” Urlò appena messo piede nell’atrio.

“Ciao Jar. Non è che sai dove è finito tuo fratello?” il padre era seduto sul divano che si stava guardando una partita di football alla TV via cavo.

“No, papà. Credo che sia a farsi un giro con la moto. O a studiare in biblioteca.”

“Oh ma c’è anche Monica.”  Si alzò in fretta dalla poltrona, rivelando un paio di pantaloncini corti e le gambe pallide. A Monica venne da pensare che il colore chiaro della pelle fosse carattere distintivo dei Leto.

“Buonasera, spero di non disturbare.”

“No, figurati, sei sempre la benvenuta in questa casa. Solo che se Jared mi avesse avvisato prima, magari sistemavo un po’.” Jared sbuffò, prese per mano Monica e iniziò a salire per le scale.

“Siamo in camera mia!”

Monica andò a sedersi direttamente sul letto come la prima volta che era stata lì. Non era cambiato nulla e lei continuò a cercare i piccoli particolari. Notò sul tavolo un piccolo lettore MP3 con le cuffiette, meno libri e qualche rivista musicale. Le piaceva moltissimo quella stanza, pensava che si adattasse perfettamente al suo proprietario.

“Accomodati pure, fai come fosse il tuo letto.” Le disse acido Jared, mentre prendeva la chitarra in mano. Iniziò a strimpellare note a caso.

“Grazie!” disse lei, facendo finta di non cogliere. Lo sentì suonare, mentre si rilassava.

“Se ti chiedo una cosa, prometti di non incazzarti? La mia è curiosità.” Iniziò Jared. Monica lo fissò seria ed annuì.

“Perché la tua bocca non ti piace?” il ragazzo notò immediatamente l’irrigidirsi di lei e i suoi occhi che diventavano due fessure. Decisamente poco disponibile al dialogo: stava già per scusarsi e dirle di lasciar perdere, quando Monca iniziò a rispondere, voce calma.

“Sono stata operata così tante volte che neppure me le ricordo più: naso, labbro, palato, tutto il pacchetto completo. Ho provato tanto dolore e con me anche la mia famiglia. Tanti lunghi viaggi, tante traversie e tutto per farmi sembrare normale.” Si fermò per riassumere meglio i suoi pensieri. “Ma io non sono normale e ogni volta che mi guardo allo specchio me lo ricordo. La cicatrice è così visibile, così…deturpante.” Jared aveva smesso di suonare.

“Secondo me sbagli. Non si nota quasi e di sicuro non deturpa nulla.” Lei fece un gesto, come per scacciare una mosca.

“Oh, avanti, è la prima cosa che uno nota quando mi vede.” Lui si mise a ridere lasciandola di stucco.

“Credimi, hai altri argomenti che si notano prima del tuo labbro, tesoro.” Tesoro? Lui l’aveva chiamata tesoro? In quale bizzarrolandia era capitata?

“Sicuro, guarda!” rispose lei per le rime.

“Ti dico di credermi! Stanno leggermente più in basso e sono due.” E così dicendo abbassò lo sguardo sul suo seno. Monica lo prese in mano guardandoselo.

“Le mie tette?” sembrava incredula.

“Bhe, sono belle grandi.” E rise di nuovo. A Monica sembrava un ragazzo completamente diverso rispetto a quello che era abituata a vedere.

“Lo prenderò come un complimento.”

“Ovvio che devi!”

Monica si alzò ed andò verso le mensole dove erano posizionati i cd del ragazzo, rigorosamente in ordine alfabetico. I titoli erano interessanti, ne fece uscire qualcuno per vederli bene ed annuì.

“Ho passato l’esame?” le domandò

“Sì, non male. Mi piacciono i Placebo e anche i Pearl Jam. Ma molti di loro non li conosco.” Nella mensola sottostante stava, in bella mostra, tutta la collezione dei dischi degli U2 e lei sorrise: in camera sua ce l’aveva identica. “Alla fine una cosa in comune l’abbiamo.” E gli indicò i dischi.

“Bhe, vuol dire che non sei un caso completamente incurabile.” Lei gli fece la linguaccia e tornò a sezionare i dischi. Si fermò quando trovò dei cd con dei titoli sconosciuti e una grossa scritta nera: “DEMO”.

“Sono le vostre prove?”gli chiese, mentre lui canticchiava tranquillo.

“Sì. Diciamo pure che la registrazione è quella che è, ma visti i nostri mezzi non sono male.”

“Posso prenderne una? Mi piacerebbe ascoltarvi.” Jared la guardò sorpreso, ma annuì silenzioso. Che strana ragazza.

“Ma sei sicura? Guarda che non è niente stile Britney o Justin. Siamo più…chitarrosi.”

“Per chi mi hai preso, scusa? Non vedi che maglietta indosso?” e gli fece una breve sfilata davanti.

“Io ti ho avvertito.” E riprese a suonare. Averla in camera era qualcosa di strano, una sensazione decisamente particolare. Le piaceva molto: lei andava in giro per ogni mensola a guardare tutto quello che aveva. Stava in silenzio ed ogni tanto lanciava qualche esclamazione positiva o meno.

Le piaceva guardarla: non aveva una siluette da modella, ma erano proprio le sue curve ad attirarlo verso di lei. E si ritrovò a volerla stupire.

“Ti va di sentire qualcosa?”

“Prego?” si voltò verso di lui.

“Ti va se ti suono in unplugged qualcosa che poi sentirai nel demo?” Monica sorrise.

“Certo che mi va!” Tornò a sedersi sul letto, ma più vicino a lui, in modo da non perdersi una sola espressione del ragazzo.

Lui imbracciò la sua chitarra ed iniziò a suonarla: era una melodia malinconica, triste.

 

Your defences were up high
Your walls built deep inside
Yeah I'm a selfish bastard
But at least I'm not alone
My intentions never change
What I want still stays the same
And I know what I should do
It's time to set myself on fire

 

Monica sentì i brividi partirle dal collo fino a scenderle verso i piedi. La voce di Jared era qualcosa di straordinario. Leggermente roca, musicale, dolce, piena…Insomma, per lei era veramente perfetta.


Was it a dream?
Was it a dream?
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I

 


Your reflection I erased
Like a thousand burned out yesterdays
Believe me when I say goodbye forever
Is for good


Was it a dream?
Was it a dream?
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I
Was it a dream?
Was it a dream?

 

Le parole di solitudine e di fine rapporto echeggiavano nella mente di Monica: lei non voleva che alla fine di tutto rimanesse solo quella canzone a definirli. Per la prima volta sentì che voleva continuarla quella storia. Voleva che la loro relazione continuasse sul serio. Perse un battito quando lo capì a chiare lettere e si ritrovò veramente impaurita riguardo ai suoi sentimenti, ma con una domanda che le martellava in testa: lui voleva la stessa cosa?


Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I
(A photograph of you and I)
Was it a dream?
Was it a dream?

 

Era la prima volta che suonava davanti a qualcuno che non fosse membro della band. All’inizio era preoccupato di fare una brutta figura, ma con l’andare della canzone aveva visto Monica che non le staccava gli occhi di dosso e che sembrava molto interessata alla canzone. Ci pensò dopo che forse la scelta non era delle più adatte: l’aveva scritta dopo che una ragazza, della quale lui pensava di essersi innamorato, l’aveva lasciato. E se lei avesse pensato che fosse dedicata alla loro di relazione? Ma ormai il danno era stato fatto, quindi non poteva troncarla in quella maniera.

Mancava solo una piccola strofa e lui voleva fare in modo che fosse perfetta: suonò con ancora più trasporto. Tirò la voce in modo che fosse ancora più struggente.


Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I
A photograph of you and I
A photograph of you and I

 

(30 Seconds to Mars- Was it a Dream?)

 

Monica era rimasta senza parole: provava una sorta di commozione, ma non voleva certo farglielo capire.

“È bellissima.” Si limitò a dire. In realtà il discorso sarebbe dovuto essere più lungo ed iniziare con un “se canti così ancora una volta, ti salto addosso e poi vedi”, ma a Monica non sembrava la cosa giusta da dire. La performance di Jared le aveva toccato il cuore e anche organi più in basso. Non poteva mentire a se stessa: l’aveva eccitata. L’unica cosa che voleva fare in quel momento era di baciarlo.

“Ti ringrazio. Pensavo di cantarla così sabato.”

“Ti posso assicurare che è molto d’effetto.”e gli sorrise. Alla faccia, era sconvolgente.

“Bene. Tu ci vieni, vero?” Strano, pensò Monica, sembrava quasi timoroso della sua risposta, come se ci tenesse veramente che lei fosse lì con lui.

“Certo, non mancherò.” Monica guardò la sveglia di lui e si accorse dell’ora. “Ora devo andare. Mi aspettano per cena.” Jared annuì e si alzò, accompagnandola alla porta.

“Vuoi un passaggio a casa? Sono sicura che papà non farà una piega a darmi la macchina, visto che è per te. Ho il vago dubbio che sia innamorato di te.” Monica si mise a ridere mandando veramente in corto i pochi neuroni sani del ragazzo: sembrava esplosa in una miriade di luci colorate, sembrava che il sole splendesse di più. Gli pareva che in quel momento lei fosse la gioia in persona.

“Ti ringrazio, ma vado a piedi. Non sono tanto distante.”

“Ok, a domani allora.”

“Certo!” Disse lei e così facendo gli si avvicinò prendendolo per il dietro del collo. Lo portò vicino a se e lo baciò lievissimamente sulle labbra leggermente dischiuse. Jared sentì chiaramente il suo profumo mentre lo mandava in orbita.

Poi, così come si era avvicinata, lei si allontanò verso casa sua.

Il ragazzo salì per le scale quasi in trance, neppure si accorse che suo padre gli stava dicendo qualche cosa. Entrò in camera dove gli pareva di sentire ancora aleggiare il Suo profumo. Si guardò nel piccolo specchio che aveva davanti alla scrivania. Aveva lo sguardo scioccato, le mani che gli tremavano e si ritrovò a parlare con la sua immagine riflessa.

“Eh no, questo no. Il fottuto batticuore no!”Io

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Capitolo 9
*** Capitolo nove ***


@StephenKing: in realtà quello che accadrà di William lo scoprirai tra un paio di capitoli. Su Tomo non so che dirti: ho sempre scritto di personaggi che personalmente mi trasmettono molte emozioni. Tomo mi piace, lo trovo un bravo ragazzo (a volte anche no, veramente), ma una FF...non lo so, dovrei trovare lo spunto giusto per uno come lui e non so se mi sarebbe facile.  Se mai la scrivo, tranquilla che ti avviso!!! Piccola domanda finale: ma tu eri a Parigi al concerto dei Mars, può essere?

Capitolo nove

Ormai il concerto si avvicinava a grandi passi. Mancavano poche ore all’esibizione dei 30 Seconds to Mars al Ticktak. Sia Jared, che Shannon, Tomo e Matt erano completamente in preda alla follia da prima volta. Si agitavano per un nonnulla, si arrabbiavano e, in pratica, stavano diventando isterici. Monica e Jared stavano quasi venendo alle mani, un giorno a scuola, non fosse arrivata Stefy a dividerli. Per la prima volta il ragazzo si era scusato con Monica.

“Stai per uscire?” Monica era in bagno che finiva di truccarsi: quella sera voleva essere bene in tiro per il suo moroso e, soprattutto, intonata. Quindi si era data alla moda All Black, trucco compreso. La linea di eye-liner era marcata, ma aiutava ad ingrandire i suoi già enormi occhi castani. Aveva perfino deciso di dipingersi le unghie di nero e quello che le dava fastidio era che non capiva perché si dava così da fare per Jared.

“Sì, c’è il concerto oggi.” Fissò il fratello dallo specchio e si sconvolse. Era già in pigiama e non erano neppure le nove di sabato sera.

“Ah, il gruppo del tuo fidanzato…vero, tutta la scuola ne parla.”

“Del concerto?”

“No, di te e lui assieme. Che poi, un giorno, mi spiegherai come avete fatto a mettervi assieme, siete così…diversi.”

“È bella la diversità. Invece, parlando di cose strane, che ci fai in pigiama? Non esci?”

“No, stasera resto a casa.” Monica alzò il sopracciglio. “Dru non si sentiva bene.” E sospirò, sedendosi sul bordo della vasca. Fece una smorfia quando si accorse che Monica portava un top molto scollato, memore di quando Jared le aveva detto che era il seno la parte che risaltava di più in lei, ma William non disse nulla. “Sai, in effetti c’è qualcosa che non va.”

“Spara…se posso aiutarti.”

“Dru in questo periodo è piuttosto strana.” Monica lo fissò con indulgenza.

“Spiegami quando quella non è strana!”

“Va bene, allora un po’ più del solito. Molto spesso quando siamo assieme mi ripete che io la voglio lasciare per un’altra. Si mette addirittura a piangere disperata facendo la pazza isterica per strada e quel che è peggio non riesco mai a calmarla del tutto. Si mette a fare le sue previsioni e chi la capisce poi.” Sospirò distrutto: Monica finalmente aveva capito qual’era la pena del fratello e non potè che provare un profondo sentimento di odio per quella vampira dai capelli neri: perché doveva farlo stare così male?

“Vedrai che tutto si sistemerà. Ma tu non dovresti fare la larva solo perché lei non vuole uscire. Cambiati e vieni al TickTak con me.”

“Ti ringrazio, ma passerò la serata con qualche buon autore.” Monica fece spallucce. “Ah, me la saluti Stefy?”

“Potresti spiegarmi tu una cosa? Stefy ti piace come amica o la vorresti per qualcosa di più profondo?”

“Mi pare di avertelo già detto. È un’amica a cui voglio bene e poi è una tua amica e la cosa è pericolosa. Ma di certo è molto carina e simpatica, una vera forza della natura.” (E questo non lo pensa solo lui….)

“Stai attento.” Lo avvertì Monica finendo di mettersi un rossetto scuro, ottimo per il suo abbigliamento. Si spruzzò una goccia di profumo ed uscì di corsa: sarebbe andata direttamente al locale, tanto c’era ancora un po’ di luce.

Camminando ripensò a quei giorni.

Il clima era strano tra loro. Il giorno in cui Jared le aveva suonato in camera era stato visto da entrambi come una svolta. Quel leggero bacio che gli aveva donato era stato un forte simbolo di unione e Monica voleva che fosse proprio così. L’aveva voluto da quando era seduta sul letto, ma la camera le pareva un luogo un po’ troppo pericoloso per una dimostrazione d’affetto di quella portata.

E poi a scuola: di solito la ricreazione ed il pranzo erano qualcosa che le davano noia. Non aveva sempre voglia di stare assieme a lui e alla sua band, nonostante ci stesse bene, perché si divertiva. Ma la presenza di Jared, spesso, la faceva essere tesa e preoccupata a non dire cavolate.
Invece, ora, si era veramente calata nella parte…adorava, soprattutto, quando arrivava e non c’era più posto. Jared la faceva sedere sulle sue gambe, tenendola in braccio, poi l’abbracciava. Spesso facevano solo quello, ma alcune volte entrambi si lasciavano andare a piccole carezze, gesti innocenti, ma dolci, che facevano allargare gli occhi a Stefy e Shannon che ormai si erano persi. Anche tra loro, pensò Monica, stava nascendo qualcosa di bello: erano diventati amici e spesso si ritrovava a vederli insieme mentre chiacchieravano o si scambiavano il pranzo. Si chiese, di sfuggita, se Shan sarebbe riuscito a togliere dalla mente della Ste suo fratello…sarebbe stato un gran bel colpo.

Arrivò al locale che stava iniziando il soundcheck, se così lo si poteva chiamare: sentiva Jared che provava il microfono e Tomo che accordava la chitarra. Sorrise ed entrò.

Il TickTak era uno dei locali più grandi della città: accoglieva quasi sempre gli studenti del liceo, visto che non girava alcool ed era aperto fino a mezzanotte. Dietro al bancone c’era il proprietario che vigilava sulla gente. C’erano dei divanetti rossi appiccicati al muro e dei tavolini alti e rotondi per tutta la sala. In fondo c’era il palco, ora ricoperto di fili e microfoni.

Monica vide che al bancone c’erano Stefy e Shannon che bevevano assieme parlando come buoni amici: lui le aveva appena accarezzato la guancia sorridendo, mentre Ste metteva il broncio.

Lasciò la borsetta su uno dei piccoli divani vicino al palco ed andò da Jared: anche lui era vestito completamente di nero e lei lo trovò ancora migliore del solito. Quella sera aveva deciso di mettersi una camicia nera di seta, leggermente aperta, una giacca sportiva che si sarebbe tolto praticamente subito e dei jeans molto stretti un po’ scoloriti e strappati in più punti. Ai piedi aveva un paio di All Stars nere, al polso dei braccialetti di finta pelle neri e al collo una medaglietta d’argento. Il tutto, ovviamente, completato con un pesante trucco nero.

“Come va?” gli chiese. Jar stava spostando da una parte all’altra un gruppo di cavi e sembrava più pallido del solito.

“Benissimo…sono un po’ nervoso.”

“Coraggio, le vostre canzoni sono belle.” Lui si fermò per guardarla e sorrise vedendola vestita in quel modo.

“Ti sei data al dark?”

“Volevo omaggiarti… non farci l’abitudine.”

“Stai bene così e quel top… farai faville stasera.” Monica sorrise contenta per quel piccolo complimento. Lasciò Jared mentre si sistemava il microfono e zampettò fino da Tomo che stava accordando la sua chitarra.

“Ciao! Bisogno di una mano?” Lui alzò lo sguardo verso di lei e Monica fece un salto all’indietro: si era truccato come se fosse un clown, ma di quelli demoniaci. Aveva la linea del rossetto che gli arrivava da una parte all’altra delle guance e sotto un cerone bianco spesso un dito.

“Sai accordare una chitarra?” le domandò senza accorgersi della reazione che aveva avuto.

“No!”

“Allora non mi serve aiuto. Ma grazie lo stesso.” E ritornò tranquillo al suo lavoro. Monica fece spallucce ed andò da Matt: lui, per lo meno, sembrava più tranquillo dei suoi compagni.

“Ciao! Bisogno di una mano?” lui le sorrise.

“Vorrei fumare, ma dovrei uscire e non ne ho voglia… Comunque ho il basso pronto, quindi non mi serve nulla.”

“Uffa, io volevo fare qualcosa…”

“Mi fai compagnia…mica male la cosa.”

“Ehy, grazie! Sei coccolo.” E continuarono a chiacchierare di cose di scuola sotto lo sguardo vigile di Jared che non perdeva un suo movimento neppure a pagare. Non voleva ammetterlo con se stesso, ma era un po’ geloso e poi quella sera la trovava veramente favolosa: il nero le donava molto, le dava una grazia particolare e poi era truccata benissimo.

“Sai che sei molto carina questa sera? Se non fossi la ragazza di Jar ti farei la corte.” La buttò lì così Matt facendo restare di sale Monica: arrossì furiosamente e balbettò qualcosa di incomprensibile che fece ridere sonoramente il ragazzo.

“Cosa c’è di così divertente?” Jared arrivò da dietro e la abbracciò, come a voler chiarire di chi lei fosse.

“Niente, le ho detto quanto è carina stasera. Tienitela stretta, sennò qualcuno te la ruba.” Monica sentì Jared stringerla un po’ di più a sé e si sentì veramente bene.

“Non ti preoccupare, non mi scappa.”

“È una promessa o una minaccia?” gli domandò Monica con fare malizioso. Lui si chinò verso il suo orecchio e le sussurrò:

“Fai tu, come preferisci.”

In quel momento salì sul palco anche Shannon che sembrava tranquillo, non fosse che continuava a tamburellare le sue bacchette sulla coscia.

“Forse è meglio che vi lasci…troppi maschi per una donzella sola.” Monica scese giù con un salto ed andò a sedersi vicino alla sua migliore amica che stava sul divanetto. Si divertì a vedere i suoi amici che si mettevano in cerchio per fare training autogeno.

“Ciao bella topolona.”  Stefy aveva optato per dei pantaloni che si fermavano al ginocchio, neri, ovviamente e poi una felpa rossa. Anche lei si era truccata ed, in più, si era colorata i capelli di rosso: alcune ciocche risaltavano ancora di più. “Sei proprio figa.”

“Grazie topina, anche tu non sei niente male. Che scollatura!” Monica ridacchiò.

“Volevo farmi un po’ notare. Senti un po’…ma non è che ti ritrovo come cognata?” e fece spuntare la punta della lingua tra i denti.

“Dipende se William si sveglia.”

“Io parlavo di Shannon.” Stefy la fisso con gli occhi sgranati dalla sorpresa.

“E che c’entra lui, adesso? Lo sai che il mio cuore batte solo per il pisellone!” Esclamò risoluta la rossa.

“Sarà, eppure ti vedo in ottimi rapporti con Shan. Mi sarò sbagliata.”

“No, in realtà andiamo molto d’accordo. Tutti lo vedono un po’ come l’ombra di Jared, ma non è così. Shannon in sé è un grande topone. È molto carino, ha un corpo niente male e sa ascoltarti.” Entrambe si misero a fissarlo, mentre si sedeva alla batteria. Praticamente stavano iniziando la loro esibizione “E poi ti sa coccolare alla grande.”

“Scusa?”

“Oh sì, non te l’ho detto. L’altro giorno eravamo in biblioteca a finire la tesina, poi siamo andati a bere una coca e ci siamo messi a parlare delle nostre storie finite male. È stato carino. Poi ci siamo abbracciati e ci siamo fatti il solletichino. Mi piace Shannon, è un tipo ok. Meglio di quel fros del fratello.” E sorrise prendendola in giro.

“Jared non è un fros…oddio, non lo so, non abbiamo fatto nulla, in fondo.” I loro discorsi vennero interrotti da una schitarrata potente di Tomo. Il concerto stava iniziando.

Iniziarono con delle cover molto conosciute, in modo da attirare più gente possibile. Monica notò che c’era parecchia gente della scuola: evidentemente il volantinaggio dei ragazzi aveva dato buoni frutti. Storse il naso quando vide, in lontananza Jenny. Non la voleva lì quella sera, ma evitò di fare scenate. Invece si alzò dal divano e si posizionò davanti al palco a saltare e cantare. Jared rimase sorpreso, tanto che quasi si dimenticò un accordo: non aveva mai visto Monica in quella veste. Sapeva, ovviamente da chiacchiere durante i pranzi, che le piaceva un sacco la musica e che era stata a diversi concerti con il fratello, ma non che fosse così scatenata. Notò che Stefy stava un po’ distante, evidentemente ben sapeva che la foga dell’amica poteva diventare dolorosa per lei.

Monica era senza inibizioni: si ritrovò molto presto completamente sudata e piena di sete, ma non voleva staccarsi da dove era. Quando partì la prima delle loro canzoni inedite, intitolata “Capricorn”, lei si mise ad urlare senza paura e a cantare con Jared ogni singola strofa.

Tutti i componenti del gruppo la fissarono scioccati: come conosceva quella canzone? E poi tutte le altre che vennero dopo? A parte le cover, lei era l’unica che cantava con loro le inedite. Guardarono a turno Jared che evitò qualsiasi gesto per concentrarsi su di lei: bellissima, sexy da morire e calda. Lo eccitava vederla in quella maniera: magari un giorno le avrebbe chiesto di fare uno spettacolo solo per lui.

“Bene, ci fermiamo per dieci minuti, tempo di bere qualcosa. Non scappate.” Disse Jar dopo un’oretta che suonavano. Alcuni applaudirono, altri fecero finta di nulla. Stefy e Monica li ricoprirono di complimenti.

“E chi pensava che foste così bravi!” Fece la prima.

“Grazie, gentilissima!” Ribattè Shannon punto sul vivo.

“È vero. Cioè, ci date dentro alla grande, mi piace, lo spettacolo è carico di energia!! Siete frikissimi!!”

“Frikissimi?” fece Tomo.

“È un modo di dire tipico.” Spiegò Monica. “Vuoi sederti?” domandò a Jared che le sembrava piuttosto stanco.

“Magari.” Il ragazzo si sedette sul divanetto rosso, poi la prese per mano e se la mise sulle ginocchia. Monica parlava tranquilla con gli altri, mentre lui si appoggiava a lei. Aveva il capo sulla sua schiena e riusciva a sentire il battito ritmico del suo cuore. C’era qualcosa di diverso il lei quella sera. Aspirò a pieni polmoni e capì.

“Hai cambiato profumo?” lei si girò sorpresa.

“Sì…”

“Sa di cannella…buono.” Le lasciò un leggero bacio sul collo, sotto i capelli che scendevano liberi e si alzò per andare a suonare. “Adesso inizia la parte tranquilla.”

“Allora resto seduta un po’ con la topolona.” Topolona che nel frattempo non aveva smesso un secondo di abbracciare Shannon e prenderlo in giro per le facce che faceva suonando. Monica scosse il capo alla testardaggine dell'amica.

Jared salì sul palco con Tomo. Quella parte del concerto la affrontavano in due, con la chitarra acustica e basta.

Partì con il botto, almeno per Monica: “Was it a Dream?” e il suo cuore perse una lunga serie di battiti. Magari nessuno, a parte loro due, capivano il nesso, ma loro non nascosero nulla. Jared cantò tutta la canzone senza mai staccare gli occhi da lei e Monica fece il contrario. Tutti i presenti sapevano che quella era una dedica vera e propria.

Alla ragazza stava salendo la gioia nel cuore, qualcosa che non aveva veramente mai provato e ne ebbe spavento.

Quando Jared terminò, lei non riuscì neppure ad applaudire, si limitò a sorridere e basta…ma per poco.

Sul palco si era materializzata Jenny, bellissima nel suo vestitino azzurro corto e i capelli biondi all’aria. Sembravano tutti sorpresi. Lei senza una parola, prese la testa di un confuso Jared e se la attirò verso di sé, baciandolo. Lui aveva gli occhi sgranati a palla e con una certa delicatezza cercò di togliersela di dosso: lui non la voleva, aveva appena suonato la canzone per Monica e lei era lì che li vedeva. Il momento perfetto era stato troncato nella maniera peggiore.

“Che diavolo fai?” le urlò con la voce alta di qualche tono più del normale.

“Prendo quello che dovrebbe essere mio.” Rispose semplicemente la bionda sorridendo soddisfatta.

“Ma vaffanculo!” Esclamò lui adirato: entrambi guardarono Monica. Era scattata in piedi e li guardava impietrita. Jenny si mise a ridere, mentre Jared non sapeva che fare: lei era diventata pallida e si vedeva benissimo, tremava. Fece per scendere dal palco, incurante dei fischi e degli applausi, ma Jenny lo bloccò.

“Continuiamo dopo?”

“Ma vedi di sloggiare. Anzi, non farti proprio rivedere.” La spinse di lato e, cercando di togliersi la chitarra che lo impacciava, gridò verso Monica che si stava allontanando velocemente, senza badare a Stefy che cercava di trattenerla.

“Cazzo!!!” urlò Jared quando fuori dal locale non riuscì più a vederla.

“Mi sa che si è arrabbiata.” Fece filosofico Shannon.

Altro che arrabbiata, Monica era furiosa. Camminava veloce verso casa togliendosi le lacrime che scendevano copiose sulle guance: si diede della scema, che cosa sperava di avere? Una grande e intensa storia d’amore? Ma quando mai! La loro relazione si basava solo ed esclusivamente su una grossa e bella bugia, quindi quella era la maniera migliore per finirla.

“Lo odio!!” Urlò sbattendo la porta della sua camera e se ne fotteva altamente se i suoi genitori l’avrebbero sgridata…che provassero a dirle qualcosa, li avrebbe sbranati. “Jared Leto, ti odio!”

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci ***


@StephenKing: Sì, c'ero anche io a Parigi. Sono la ragazza che ha portato la torta. Non so se hai avuto anche tu modo di mangiarla, perchè io l'ho offerta a mezzo mondo. Sono la stessa a cui qualche fangirl francese ha rubato la bandiera della propria divisione -.- Anyway, l'apparizione di Tomo è stata pensata dopo il concerto di Milano, quello di Giugno, dove lui era truccato proprio in quella maniera. Mi fa piacere che ti sia piaciuta. E sempre a proposito di Tomino nostro, ho messo anche qui la FF Ristorante Milicevic, dove lui, come gli altri, ha un ruolo fondamentale.

Capitolo dieci

 “Merda, merda, merda!” Esclamò Jared sbattendo con violenza la cornetta del telefono.  Shannon lo guardò di sottecchi. Era tutto il giorno che il fratello stava girovagando per casa come un’anima in pena. “Dove Cazzo è finita?” stava cercando Monica da quando si era svegliato, ma di lei nessuna traccia.

“Non risponde?”

“No! Il cell è spento. A casa sua i suoi mi dicono che è uscita praticamente all’alba e io non so dove sbattere la testa.” Sospirò accasciandosi sul divano. Si passò una mano tra i capelli: aveva il volto tirato, preoccupato e decisamente triste. Shannon scosse il capo.

“Forse dovresti aspettare di vederla domani a scuola.”

“Non mi va di sistemare i nostri casini davanti a tutti che ci indicano e ci ridono dietro. È una cosa tra me e Monica”

“Che belle parole… sembri cresciuto.” Jared gli lanciò un’occhiataccia e non rispose.

La sera prima aveva abbandonato il concerto a metà senza interessarsi di quello che i fans o i suoi compagni gli potessero dire. Aveva girato per i vicoli intorno al locale, ma di lei neppure una traccia. Era passato da casa sua, ma le luci erano tutte spente e non gli sembrava il caso di mettersi a suonare il campanello, lo avrebbero come minimo denunciato per disturbo della quiete pubblica.

Ora si ritrovava a vagare come un’anima in pena.

“Jar, non è che puoi startene fermo? Mi stai facendo venire il mal di mare.” Shannon era decisamente stufo. Lasci passare che era scappato via dal locale e i tre superstiti avevano dovuto cavarsela da soli, facendo cantare a Matt, ma era da quella mattina che lui non faceva altro che salire e scendere le scale per telefonare/imprecare/parlare.

“Non smetterai mai di farmela pagare per avervi mollati ieri sera.”

“Certo che no.”

“Ma era una situazione critica…si tratta di Monica.” Jared era veramente disperato per la piega della sua storia.

“Ah sì? La stessa Monica che detesti e non sopporti, con cui fingi di stare assieme per levarti dai piedi le ragazzine urlanti? Cavoli, credevo che di lei non ti importasse poi molto.”

“Ma che ca…” ci pensò un attimo e capì che suo fratello aveva ragione: da quando Monica era diventata così importante per lui? Importante a tal punto da perdere la sua amata domenica di scazzo per cercarla… dal giorno della canzone? Da quando era stata con lei al fiume? Dalle coccole post pranzo? Non lo sapeva con certezza, ma di sicuro non voleva rinunciarci senza farsi capire. “Alzati dal divano e vieni con me, Shan!”

“Si chiede per favore.”

“Non stare a scassare i maroni. Alzati e portami da Stefy. È l’unico posto dove può essersi rintanata.”

Shannon non disse nulla, ma si allacciò le scarpe: con un Jared così determinato, niente lo avrebbe fatto desistere, lo avrebbe trascinato per i capelli, piuttosto.

“Sei un tiranno, lo sai?”

 

“No! No! E ancora no!” Stefy era ferma sulla porta di ingresso di casa sua, con le braccia conserte davanti al petto ed espressione risoluta.

“Ti prego! Fammi parlare con lei, ne ho bisogno.” Jared la stava pregando quasi a mani conserte, con dei piccoli guantini neri senza dita.

“Ammesso e non concesso che fosse qui, non lo farei. È ovvio che non ti vuole tra i piedi.”

“Come sarebbe a dire che non c’è?”

“Sarebbe a dire che non è qui.” Si appoggiò sullo stipite e sorrise nel vedere Shannon che gemeva.

“Vuol dire che mi hai trascinato qui per nulla?” Domandò Shan calcandosi in testa il berretto.

“Come se ti dispiacesse…sappiamo che stare con Stefy ti diverte, quindi piantala.” Il diretto interessato borbottò qualcosa di incomprensibile e Stefy sbuffò.

“Dai, entrate o qui date spettacolo.”

I due si trovarono in un piccolo atrio dove c’era un comodino su cui era poggiato il cordless del telefono e un contenitore per tutte le chiavi, sopra uno specchio. Stefy li guidò fino alla sua stanza: entrati rimasero di sale. Tutte le pareti erano tappezzate di foto di un attore abbastanza conosciuto, di nome James Marsters, terribilmente somigliante a William. Invece, vicino al mega Pc con schermo piatto sulla scrivania, c’erano incollate con nastro adesivo, una serie di foto di lei e Monica assieme che ridevano felici.

Jared si perse nel guardarle: quanto quel sorriso stava influendo su di lui? Deglutì pesantemente, la risposta era fin troppo ovvia.

“Che cosa devo fare?” sussurrò.

“Niente. Devi lasciare che torni lei da te.” Shannon, disinteressato, si sedette sul letto. “Giù i piedi che non voglio il letto sporco.”

“Sì, signora, ai suoi ordini.” E sbuffò.

“Non mi vuole neppure ascoltare. Ho provato a chiamarla, ad andare a casa sua, a mandarle decine di messaggi, ma niente. Mi hanno ripetuto che lei non c’è, che ha preso la bici e chi si è visto sé visto…ma come è possibile.” Distrutto si sedette con la testa fra le mani sulla sedia vicino al pc.

“Le capita. Quando è molto arrabbiata o molto triste…od entrambi, scappa. Si prende una giornata in cui nessuno può trovarla. Il giorno dopo io e lei ci vediamo e mi racconta di quello che ha fatto e pensato.”

“Mi dirai tutto, vero?” Stefy si mise a ridere.

“Credimi, arriverete ad uno scontro, perché non riuscirà a stare calma. Ci è rimasta troppo male.”

“Io non ho fatto nulla. Jenny mi è saltata addosso e non capivo che volesse.”

“Ora è decisamente più chiaro!” Esclamò acido Shannon.

“Uhmmm cos’è tutto questo sarcasmo che sento?” Jared fece un gesto con la mano.

“Shan è incazzato con me perché ieri sera li ho lasciati a metà concerto.” Stefy fece una boccaccia a Shan che aveva iniziato a suonare con le dita sul comodino. La ragazza si sedette tra i due, appoggiandosi a Shannon, che non disse nulla, anzi, la accolse volentieri fra le braccia, come se quel gesto fosse abbastanza familiare. Se Jared fosse stato in sé avrebbe notato tutto questo, ma pensava troppo a Monica per farci caso.

“Poverino, andava a cercare il suo amore perduto…” La buttò lì Ste curiosa di vedere il risultato…che non arrivò. I due amici si guardarono ridacchiando tra loro: ormai erano sicuri, lui era cotto come un pero.

“Ho bisogno che lei sappia che non volevo che succedesse…” mormorò alla sua immagine riflessa allo specchio.

 

Monica camminava come se dovesse andare al patibolo. In effetti la scuola poteva essere vista come una gogna mediatica per quello che era successo. Non ci aveva ancora messo piede, che già alcuni dei suoi compagni l’avevano additata per strada. Figurarsi cosa sarebbe successo là dentro.

Suonò al campanello di casa di Stefy ed attese che lei uscisse: in quel momento aveva bisogno di una persona amica che la capisse e che la ascoltasse.

Quando l’amica uscì, si abbracciarono senza dire una parola: erano il sostegno una dell’altra, non occorrevano parole in quei frangenti.

“Allora, spara tutto.” Esordì Stefy. Monica aveva delle occhiaie così marcate che non se l’era sentita neppure di sgridarla per non essersi fatta sentire per tutta la domenica. Aveva capito che doveva aver passato una giornata da schifo.

“Sono stata in giro in bici…” iniziò laconica Monica, mentre guardava il cielo terso. “Alle sette mi sono alzata, incapace di stare un minuto di più distesa e sono partita. All’inizio volevo andare al fiume, ma quando sono arrivata lì, è stata tragica. Mi è tornata in mente tutta la giornata di pesca passata assieme al fetente. È mostruoso, mi sembra di vederlo ovunque.” Chiuse gli occhi e sospirò. “Lo odio.”

“Addirittura?”

“Forse odio è troppo semplice. È una mescolanza di sentimenti contraddittori, lo ammetto. Vorrei riuscire ad odiarlo, in modo da togliergli le budella ed usarle come calze a rete, ma…”

“Cacchio, ma come ti vengono in mente queste minacce??? Sei un genio del male!” risero assieme, così da stemperare la situazione. “Comunque, dicevi, ma?”

“Ma niente…il suo problema è che ha fatto pure cose carine per me. Certo, baciare Jenny davanti a tutti non la chiamerei cosa carina!” sbottò con furia Monica.

“Bhe, tecnicamente è stata lei a baciare lui.” Monica la fissò.

“Scusa, per chi patteggi tu?” Stefy sorrise.

“Ovviamente per te. Io ti amo e se mi dici che devo insultare Jared, lo faccio. È un cretino, deficiente, stronzo, che si fa baciare dalla prima che capita, mentre la sua ragazza innamorata è lì con gli occhi a cuoricino che lo guarda. È un fros!” Monica rise.

“Ecco, così mi va bene! Ehy, no, aspetta un secondo. Innamorata a chi? Io non lo amo di certo!”

“Ah no? Io pensavo che con quella fuga…” Lasciò la frase in sospeso.

“Che c’entra? Non è per quello che credi tu che sono andata via… Jared… insomma, mi ha preso in giro, mi ha fatto fare la figura della scema.” Tornarono in silenzio. Monica stava, in realtà, cercando una vera scusa per il suo comportamento. Aver visto Jared e Jenny baciarsi era stato qualcosa di assolutamente scioccante. In quel momento aveva sentito il suo cuore far ‘crak’ ed andare in frantumi…ora stava incollando tutti i pezzi sparsi, ma l’idea di rivederlo le faceva ancora un male infernale. Che fosse veramente innamorata come diceva la Ste? No, lei non poteva amare Jared, lei lo odiava, giusto? Lo odiava? No, in effetti aveva smesso da un po’ di trovarlo irritante, certo, ogni tanto aveva l’insana voglia di spaccargli il bel naso con un pugno, ma subito si pentiva dell’idea. Deglutì pesantemente e solo in parte per l’entrata a scuola. La possibilità di essere innamorata di Jared la mandava in confusione.

Solcò il corridoio verso il suo armadietto a testa alta, senza fissare nessuna delle decine di persone che la additavano ridacchiando, oppure che le vomitavano insulti cattivi per la scena di sabato. Vide anche Jenny e si diede della scema: perché non era andata a menarla? Ah certo, perché la violenza non risolveva nulla… però l’avrebbe aiutata a sfogarsi di certo.

Gettò alla rinfusa lo zaino e si prese giusto i libri per la lezione, mentre Stefy si scartava un chupa chups alla fragola: non vedeva l’ora di infilarsi nell’ultimo banco dell’ultima fila, così da evitare gli altri.

“Spero che la situazione migliori in fretta, o rischio veramente di fare una strage con i controfiocchi.”

“Dai Monica, loro non c’entrano?”

“Hai ragione sono solo dei coglioni…” e sbattè la portella dell’armadietto con forza.

Non fecero che pochi passi, quando Stefy esclamò:

“Oh!”

“Che succede?” Stefy fece un piccolo gesto con la mano e Monica si voltò irrigidendosi subito. Stava arrivando da lei, di corsa, Jared, seguito a ruota da Shannon. Le voci intorno a loro crebbero di intensità. Monica serrò la mandibola, tanto che la sentì scricchiolare. Gli diede velocemente le spalle stringendo al petto i libri.

“Monica, aspetta!” Urlò Jared incurante di tutto. La raggiunse in pochi secondi e la prese per la spalla, in modo da farla voltare verso di lui. Nel suo sguardo vi lesse una rabbia enorme. “Tu devi ascoltarmi.”

“Io non devo fare proprio niente!” Sibilò Monica cattiva. Cercò di divincolarsi, ma senza risultati: la presa del ragazzo era troppo forte.

“Io non ho fatto niente di male.”

“Ah no? Bene, allora vai da quella sciaqquetta, stai perdendo tempo con me!”

“Io non la voglio Jenny.”

“Non mi sembrava sabato.” Jared roteò gli occhi esasperato.

“Secondo te quanto ci mettono a menarsi?” Chiese Shannon a Stefy, che li stava fissando come tutti gli studenti che passavano per il corridoio.

“Poco, Monica è bella carica.”

“Anche Jared. Però devo dargli atto che non ha mai picchiato una donna…forse si limiterà a prenderle.”

“Senti, io non volevo baciarla.”

“Ma l’hai fatto, idiota!” I due erano sempre più vicini, si parlavano, ormai, a pochi centimetri uno dalle labbra dell’altra.

Jared non ci vide più e la sbattè contro il muro, facendole anche un po’ male: la teneva salda per le spalle, stringendo solo il necessario perché non sgusciasse via da lui.

“Ti avevo chiesto una cosa sola, di non farmi passare per stupida. Già ero troppo sotto i riflettori di questo buco merdoso perché ero la tua ragazza, ma ora lo sono ancora di più e tutto perché tu hai deciso di fare il galletto in giro con un’ochetta che allarga facile le cosce.”

“Non l’ho voluto io.”

“No, però lo hai accettato.”

“Che dovevo fare? Ucciderla?” Monica finse di pensarci su.

“Sarebbe stata una bellissima idea.” Jared la strinse a sé e lei lo prese per il colletto della camicia. “Una cosa…una cosa sola per il nostro patto. Bene, questa relazione finta è terminata, così sarai libero di andartene con chi vuoi.” Lui non seppe mai se era per colpa della luce o cos’altro, ma negli occhi della ragazza gli parve di vedere delle lacrime pronte ad uscire. Qualcosa nel petto si mosse e capì che lui, quella storia finta, non la voleva perdere per nulla.

“Visto, bastava poco per farli lasciare.” Sussurrò Jenny all’orecchio della sua amica lì vicino. Come tutti stava osservando la scena per godersela al meglio. Certo, Jared era stato molto chiaro su cosa lei avesse dovuto fare, cioè girargli al largo, ma Jenny era troppo sicura di sé e del posto in cui occupava nel mondo, per non credere che a breve il ragazzo sarebbe tornato da lei strisciando.

“Lasciami in pace, Jared, per favore.” Glielo supplicò, anche se il tono era sempre furioso.

Lui non lo fece, anzi, con una furia pari a quella di Monica, l’attirò a sé e a labbra aperte la baciò. Era così furioso per le parole di lei e la sua testardaggine a non volerlo ascoltare, che aveva capito che doveva fare qualcosa di radicale: gli era venuto in mente di darle uno schiaffone, ma poi aveva optato per baciarla, credendo, a ragione, che fosse un gesto particolarmente forte.

Il tempo sembrò fermarsi per tutti, specie per Monica che non si era proprio aspettata un gesto del genere. Sentiva il suo corpo aderire al muro dove lui la stava spingendo in modo da avere più stabilità. All’inizio non sapeva cosa fare, poi, presa dalla foga di Jared, iniziò a rispondere al bacio. Spostò le mani dal colletto della camicia alla testa, facendo in modo che lui si avvicinasse ancora di più ed approfondisse il bacio. Sentì Jared che la abbracciava e la stringeva a sé. Erano talmente vicini che lei si domandò se lui potesse sentire il suo cuore battere all’impazzata.

Era una dolce lotta, dove nessuno prevaleva: Jared adorava succhiare leggermente il labbro di Monica, molto più carnoso e succoso del suo, mentre il sapore del dentifricio con cui lei si era lavata i denti, gli si diffondeva in bocca. Più la baciava e più la voleva.  E la cosa incredibile, almeno per lui, era che sentiva che tutto il suo corpo la stava baciando. Aveva la perfetta sensazione delle sue manine che passavano tra i suoi capelli e poco gli interessava che lo stesse spettinando come lui odiava.

E Monica volava: il sapore di uomo che lui emanava da ogni suo poro era intossicante e la sua bocca, la sua lingua, il suo corpo ne reclamava sempre di più.

“È così che si lasciano, secondo te?” l’amica di Jenny, una rossa con i capelli ricci ed occhiali, sogghignò: pochi sopportavano la bionda e lei lo faceva solo per brillare di luce riflessa, ma vedere che anche lei per una volta non veniva assecondata, non poteva che farle piacere. Dal canto suo Jenny, fissava la coppia con orrore: non credeva possibile che un ragazzo così ricercato come Jared potesse volere così tanto una mezza pazza piena di ideali come Monica. Era un affronto per lei.

La coppietta non si accorse che intorno a loro si era alzata una baraonda di fischi di incoraggiamento e scherno, in realtà la maggior parte di loro era invidiosa.

Stefy era rimasta così sorpresa nel vedere il gesto del ragazzo, che si ritrovava a bocca aperta con il lecca-lecca in bilico precario, pronto a cadere per terra da un secondo all’altro, mentre Shannon era riuscito per due secondi a smettere di muovere le sue bacchette della batteria, che portava sempre con sé.

Quando Jared si staccò, si appoggiò con la fronte su quella di Monica. Entrambi tenevano ancora gli occhi chiusi. Lai si passò la lingua sulle labbra, come per assaporare fino all’ultimo il suo sapore.

“Ci vediamo a ricreazione?” le sussurrò piano.

“Certo.”

“Monica, sei tu la mia ragazza…non dimenticarlo.” E così dicendo aprì gli occhi facendola annegare in quel profondo lago grigio.

“E chi se lo scorda ora…”

Jared corse verso la sua classe, visto che la campanella stava suonando in quel istante, mentre Monica rimase ferma sul muro: le sue gambe si rifiutavano di sostenerla.

“Topina, come va?”

“Eh?” Stefy era davanti a lei che la fissava sorridente.

“Come stai?”

“Splendidamente…io…devo andare un attimo in bagno.” Cominciò a muoversi barcollando: le sembrava di essere ubriaca…Jared stava diventando la sua droga, una sexy, bollente, droga.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici ***


CAPITOLO UNDICI
 
La lezione sembrava non finire mai: Jared controllava l’orologio ogni cinque minuti, in modo da poter scattare verso la classe di Monica per poi andare a pranzo assieme.  Durante la ricreazione non avevano potuto vedersi, dato che la ragazza, insieme a Stefy e Shannon, si era dovuta fermare a parlare con il professor Patterson per la consegna della tesina e l’accordo per la presentazione davanti a tutta la classe.
“Signor Leto, la campanella non suonerà prima, anche se continua a guardare l’ora.” Lo redarguì la professoressa di Letteratura. “E, soprattutto, la sua ragazza di certo non scapperà prima di rivederla.” Alcuni attorno a lui ridacchiarono, ma lui si limitò a lanciare qualche occhiataccia. Era incredibile come ormai sembrava che tutta la scuola sapesse del loro bacio in corridoio, perfino gli insegnanti avevano fatto qualche accenno neanche troppo velato.
Jared tornò a fissare il quadrante, sperando che quella maledetta lancetta andasse più veloce: non riusciva a capire come aveva fatto a restare così calmo dopo essersi staccato da lei. Quelle labbra lo avevano drogato, ne aveva ancora troppa voglia. Il suo respiro accelerato, il suo profumo alla cannella, i suoi capelli morbidi... si ricordava tutto.
Cercò nei recessi della sua memoria delle situazioni analoghe con altre donne, ma non gli veniva in mente nulla. Per nessuna aveva mai provato niente di simile: iniziò a preoccuparsi. Che si fosse veramente innamorato come sosteneva suo fratello? Questa era un’opzione che non aveva mai voluto mettere in campo.
Finalmente la campana suonò e lui schizzò verso il suo armadietto: giusto il tempo di mollare i libri della lezione e corse verso la classe di matematica del primo anno. Eccola lì, intenta a parlare con Stefy e a ridere. Il suo cuore perse un battito nel vederla così e capì di essere fottutamente perso di lei.
“Guarda che ormai non ti serve spiarla.” Come un fantasma si era avvicinato Shannon.
“Mi dirai come fai a comparire in questa maniera. Mi fai paura.”
“Che ci vuoi fare, sono un animale notturno, tipo pantera nera. Un felino....ffffffff” e soffiò, mimando un gatto. Jared scosse il capo.
“Passi veramente troppo tempo con la Ste.”
“Non è vero…anzi, credo che la cosa mi aiuti molto. Mi sento molto più libero quando sono con lei. Tanto qualsiasi cosa faccio lei non si sconvolge. Figurati, le piace quando la suono!”
“Scusa? La suoni?”
“Ah, ah…con le bacchette…la suono.”
“Oddio…”
“Ciao maschioni!” Esclamò la vulcanica Stefy.
“Grazie al cielo siete arrivate…mi salvate da una discussione assurda.” Fece Jared prendendo Monica per le spalle ed attirandola a sé.
“Sì? Tipo?” gli chiese lei. Ancora volteggiava dal bacio. Per tutta la mattina non aveva ascoltato una sola parola di quello che le veniva chiesto, cosa che aveva fatto infuriare più di qualche insegnante. Non che la cosa la preoccupasse sul serio: aveva studiato sodo per tutto l’anno, quindi di certo i suoi voti non sarebbero calati per una mattina di pensieri vaghi. No, non erano neppure vaghi: i suoi pensieri andavano solo verso Jared e mai aveva odiato tanto Patterson per averla trattenuta più del necessario. Lei sentiva la necessità impellente di stare con Jared, di abbracciarlo, di affondare il volto nel suo collo, di vedere quei magnifici capelli rosso fuoco e, perché no, ripetere l’esperienza bacio.
Si chiese quando i suoi sentimenti fossero cambiati così radicalmente. Da quando la sua lingua si era intrufolata nella sua bocca? No, in effetti era qualcosa che partiva da prima. Forse dal primo e leggero bacio dopo la domenica di pesca? O da quando lui aveva suonato per lei? Non le importava, le bastava averlo tutto per sé esattamente come stava succedendo in quel preciso istante. Purtroppo per lei, doveva fare i conti con se stessa e quindi con il fatto che a lei Jared piaceva un sacco e che voleva che quella strana storia continuasse all’infinito.
“Tipo una che si fa bacchettare addosso.” Lei rise: Stefy l’aveva, ovviamente, già aggiornata su quel nuovo livello di amicizia raggiunto con Shannon, quindi non si era stupita poi molto, ma forse il suo Jar non ne aveva mai avuto l’occasione. Poverino, quante cose non sapeva di loro due.
“Tranquillo, è una cosa normalissima.” Lui si abbassò verso di lei e le sussurrò all’orecchio.
“Piace anche a te farti bacchettare?” le sorrise malizioso, ma lei non si perse d’animo e gli rispose a tono.
“Preferisco farmi accordare.” Entrambi risero, facendo girare gli sguardi di qualche curioso.
“Oddio, adesso questi iniziano a tubare. Che diabete.”
“Stefy, ma vai a quel paese.”
I quattro raggiunsero la mensa ormai già strapiena e si misero in fila: c’erano ragazzine che ridacchiavano vedendo Monica e Jared che si tenevano mano nella mano, altre che sospiravano di invidia. In lontananza c’era pure Jenny che decise di non degnarli di uno sguardo: per lei ormai nessuno dei due valeva qualcosa.
“Speriamo ci sia qualcosa di vagamente decente per pranzo.” Sospirò Shannon prendendo il vassoio marrone.
“Ehy, Monica, ma quello non è tuo fratello?” domandò Jared indicando un puntino ossigenato lontano. Sia Monica che Stefy si voltarono e lo videro. Sedeva in fondo alla sala, completamente solo.
“Non c’è Dru…” mormorò Ste con una punta di speranza.
“Magari non è ancora arriv…” la frase le morì in gola: Monica vide l’esile figura pallida che rideva e parlava con un gruppo di ragazzi della squadra di football. Un peso le crebbe nel cuore. “Amore, prendi qualcosa da mangiare anche per me!” disse a Jared lasciandogli i soldi per la sua parte, poi corse via. Lui la guardò con sorpresa: amore?
Monica zigzagò tra i commensali fino ad arrivare a suo fratello: aveva lo sguardo perso nel vuoto e le pareva che avesse anche gli occhi lucidi. Non poteva aver pianto, o sì? Si sedette vicino a lui.
“William?” gli toccò la spalla e lui si girò. Aveva decisamente pianto.
“Che vuoi?”
“Cosa è successo?”
“Secondo te? Non la vedi, la mia principessa?” e fece un gesto con la testa in direzione di Drusilla.
“Vi siete lasciati?” William rise amaramente.
“Diciamo che io ho lasciato lei.” Monica sgranò gli occhi per lo stupore.
“Prego?”
“Incredibile, vero? Spike che lascia la grande Drusilla!” Urlò e qualcuno si girò.
“E abbassa la voce” fece Monica “Spiegami cosa è successo, perché sarà anche vero che tu hai lasciato lei, ma di sicuro quello che sta peggio sei tu.”
“Che cosa vuoi sapere? Che lei non mi ha mai amato o che lei mi tradiva con uno di quei bestioni inutili che rincorrono un pallone ovale?”
Monica portò la mano davanti alla bocca e si voltò per vedere Drusilla. Se avesse potuto l’avrebbe scorticata in quello stesso momento.
“Ti tradiva?”
“Già…sono uno stupido…anzi, sono proprio la puttana dell’amore. Figurati che sto già pensando ad un modo per riconquistarla.”
“Non farlo! Una che ti tradisce non merita il tuo affetto!” Rispose dura lei. Nessuno poteva far sta male suo fratello e passarla liscia…avrebbe meditato vendetta. “Senti, William, parliamoci chiaro. Tu sei un gran rompi palle, velenoso, infido perché sai colpire nei punti che fanno male, ma sei anche un ragazzo dal grande cuore, pronto ad aiutare chi è nei guai. Sei brillante, intelligente e pieno di spirito. Il prossimo anno renderai fieri mamma e papà andando a Yale o Harvard o dovunque preferisci dato che bravo come sei chiunque ti vuole nel proprio campus e quindi non devi farti mettere sotto da una stupida vampira pazza come quella.” E la indicò senza pudore alcuno. “Lei non vale un millesimo di te e tu meriti qualcuno che ti sappia apprezzare fino in fondo e sono sicura che la troverai ben presto.”
William la fissò grato: era raro che Monica palesasse in quella maniera i suoi sentimenti verso di lui e questo non poteva che fargli piacere. Era vero, spesso bisticciavano, ma si volevano bene nel profondo.
“Grazie, sorellina.”
“Perfetto! Senti, vuoi venire a pranzo con noi? C’è di sicuro un posto libero.” Si alzarono insieme.
“Ti ringrazio, ma oltre ad aver già finito di mangiare, non vorrei rovinare l’atmosfera di dolce e pukkoso che c’è tra te e Leto.” Guardò in direzione di Jared che li stava tenendo d’occhio per vedere che faceva Monica “Ormai la cosa è veramente seria.”
Monica non seppe che rispondere e si limitò a stare in silenzio. “Bhe, sono contento per voi, basta che tu stia bene.” Lei sorrise e gli saltò addosso per abbracciarlo, chi se ne fregava se le loro immagini di duri si incrinavano un po’.
“Sei un buon fratello quando vuoi, lo sai?”
“Anche tu. Ci vediamo a casa!” lo lasciò andar via e si diresse sospirando dai suoi amici. Notò che Stefy la guardava con impazienza.
“Ciao ragazzi.” Salutò Matt e Tomo che si erano uniti.
“Che è successo?” fu la prima cosa che chiese la Rossa.
“Dru e William si sono lasciati.” Iniziò con cautela. Pensò di evitare di dire che Dru lo tradiva da settimane, altrimenti Stefy sarebbe corsa da lei con una accetta per affettarla e farla in sala mensa non le pareva la cosa migliore.
“Ah.” La reazione di Stefy sorprese tutti quanti. Diventò improvvisamente pensierosa e per un po’ non parlò immersa nelle sue elucubrazioni.
“Ti ho preso questo.” Fece Jared porgendole un piatto con qualcosa di giallo e marrone all’interno che fece fare una smorfia a Monica.
“E questo sarebbe?”
“Bho, la spacciano per carne, ma io non ne sono così sicuro.” Rispose Tomo. “Sembra più una suola di scarpe.”
“Mi sa che salto il pranzo.” Terminò Monica spostando il piatto.
“Mangia. Starai male se non mangi qualcosa. C’è tutto il pomeriggio da stare in classe.” Fece Jared riponendole davanti di nuovo il piatto.
“Mi fa impressione e poi ho abbastanza riserve per non morire di fame per un giorno che salto il pranzo.”
“Non accetto scuse. Mangia, almeno il purè.”
“Non mi piace il purè.” I loro amici li fissarono e, ad un certo punto, si misero a ridere fragorosamente.
“Che c’è?” domandarono i due in coro.
“Sembrate una coppietta appena sposata.” Fece Matt annegando in un sorso d’acqua. I due arrossirono, ma Jared strinse maggiormente la mano della ragazza, che si accordò alle risate generali.
Il pranzo scivolò tranquillo: siccome Monica aveva notato che Jared tentava di mangiare con la sinistra solo per tenerle la mano, con risultati disastrosi che resero il suo purè ancora più osceno, aveva mollato la presa e gli aveva posato le dita sulla gamba per accarezzargliela piano, così che lui riuscì a mangiare in pace.
“Che scenetta vomitevole…” Monica si voltò: la frase era stata solo sussurrata, ma lei l’aveva sentita bene. Vide Jenny che si avviava verso l’uscita. La puntò e senza indecisione alcuna si alzò.
“Scusa, te lo ricompro dopo.” Fece a Shannon rubandogli la Coca che aveva preso da bere.
Con passo spedito si avvicinò alla ricca bionda. Aveva in mente un bello scherzetto per lei.
“Jenny, scusa.” La chiamò con voce melliflua. Questa si girò e la fissò come se fosse immondizia.
“Che vuoi?”
“Che bel vestito che indossi. Immagino valga molto.”
“Certo più di te. Che cosa vuoi, Cross?”Monica si mordicchiò il labbro pensierosa e poi rispose.
“Volevo dirti che mi dispiace per quello che farò, perché, in effetti, lui non c’entra nulla.” Con un gesto veloce le rovesciò addosso il bicchiere di Coca-cola lasciandole una macchia gigantesca. Il resto della sala si mise a ridere.
“Ma sei deficiente? Sei da internare, questo era un modello unico di Prada, idiota.” Monica perse il sorriso finto che aveva fino a quel momento e le si avvicinò. Jenny arretrò per evitarla, ma si ritrovò addosso al bancone della mensa. Non riuscendo più a scappare, fronteggiò Monica, che le arrivò fino a pochi centimetri dal viso.
“Ricordati una cosa: Jared Leto è il mio ragazzo e sottolineo la parola mio. Non sta con te, non sta con Mary, non sta con Stefy, sta con me. Prova a fare la gatta morta con lui e la prossima volta non sarà solo il vestito ad uscire rovinato da questa scuola. Ci siamo intese?” Jenny la fissò con rabbia, ma non disse nulla. “Non ho sentito..”
“Sì.” Sibilò a denti stretti. Monica si spostò di poco, giusto per farla respirare.
“Bene, sono contenta che ci siamo capite.” E dicendo questo girò i tacchi e tornò al suo tavolo, dove una impazzita Stefy stava battendo le mani a più non posso, imitata poi dal resto dei ragazzi presenti. Sembrava che a più di qualcuno la bella bionda stesse sulle scatole.
“Bella scenetta.” Le disse Jared.
“Che vuoi farci, odio certi tipi di atteggiamento.” Quando lei fu seduta, Jar la avvicinò a sé e la baciò: non era un bacio appassionato come quello del mattino, ma non importava poi molto a nessuno dei due, bastava baciarsi.
“Preferivo il gusto del tuo dentifricio a quello del purè.” Fece lui alla fine guardandola.
“Scusate, non vorrei rompere, ma ho sete.” Fece Shannon guardando Monica.
 
“Andiamo subito al sodo, fratello.” Esordì Shannon appena usciti da scuola. Jared stava fischiettando allegramente e si fermò.
“Dimmi.”
“Quando tu e Monica vi metterete assieme come Dio comanda? Oppure siete già una coppia di fidanzati?”
“Non lo siamo, stai tranquillo.”
“Credo che sia impossibile. Siete ormai uno parte dell’altra.” Jared si fermò per pensare meglio alla risposta e riprese tutto serio.
“Io non voglio rovinare tutto.”
“Ma rovinare cosa?”
“Tutto questo. Mi piace, ma funziona solo perché lei crede che sia una cosa falsa. In realtà dubito che provi qualcosa di veramente importante per me.”
“Ma sei idiota di natura o hai preso la patente per esserlo?” Jared lo fissò con una smorfia.
“Sì, decisamente troppo tempo con Stefy.” Shannon sbuffò rabbuiandosi. “Si può sapere perché la prendi così sul personale?”
“Perché mi dà fastidio! C’è chi ucciderebbe per avere quello che avete voi e voi due ne scappate come dei conigli.” Diede un calcio ad un sasso mandandolo lontano. “Come fai a dire che Monica non prova qualcosa per te? E la scena alla mensa? E il bacio? Neanche Hollywood ne ha mai sceneggiato uno del genere e per poterlo fare bisogna ‘sentire’ l’altra persona. Siete due idioti se continuate così.”
“Ti piace Monica?” i due si fissarono per qualche secondo.
“Mi piaceva. Adesso mi piace Stefy, ma sono senza speranze, lei non fa che pensare a William. Comunque parlavamo di te.”
“Non voglio dirle niente di quello che provo perché ho paura che tutto questo finisca. Ho paura che le cose cambino radicalmente e io non voglio.”
“E se cambiassero in meglio? Ci hai mai pensato?” Jared fissò la schiena del fratello. Da sopra il colletto della maglia poteva vedere una parte del suo tatuaggio.
“No, in effetti.”
“Allora fallo. Sabato sera papà è via per lavoro. Deve trasportare un camion a Seattle. Hai la casa libera: invitala a cena e parlale, magari capite che siete stati dei deficienti e mettete le cose a posto.”
Jared si mise a pensarci su.
 
“Pronto?”
“Ciao Monica, sono la Stef.” Monica passò la cornetta all’altro orecchio, in modo da poter continuare a scrivere sul pc senza troppi intoppi.
“Ehy, che bello! Come è andata arte?”
“Bene, ma non è per questo che ti chiamo.” Monica aggrottò la fronte: non era da lei essere così sbrigativa nelle cose, si facevano certe chiacchierate al telefono che duravano ore.
“Dimmi.”
“Tu e Jared.”
“Io e Jared, cosa?”
“Quando gli dirai che lo ami?” Monica rimase a bocca aperta: con lei non ne aveva ancora parlato, preferendo analizzare meglio i suoi sentimenti.
“Scusa, e tu come te ne esci con una cosa del genere?”
“Senti, topina, io ti conosco meglio di chiunque altro. Pensi che non abbia visto come sei cambiata? È ovvio che ami quel ragazzo, sei completamente fusa per lui. Quando lo vedi ti si illumina lo sguardo, sei più sorridente, sei più tutto, insomma e questo ben prima della scenetta del bacio in corridoio.”
“Io…” Monica non sapeva bene cosa dire alla sua amica. “Ok, hai ragione, mi piace, ma…”
“Ma?”
“Ma non voglio rovinare tutto. Se gli dico che lo amo, mi molla in pochi secondi…in 30 secondi, per restare in tema.”
“Ma sei tutta scema. Non ti sei accorta di quanto lui sia preso da te? Lo dice anche Shannon.”
“Facciamo così, io mi dichiaro quando anche tu ti dichiarerai con lui.”
“Con William? Bhe prima devo aspettare un po’, si è appena lasciato con Dru.” Monica fece cadere l’argomento, anche perché la sua amica era veramente cieca con i propri di sentimenti. Non che lei ci navigasse bene, anzi, si sentiva annegare, ma non ammettere una cosa del genere…in effetti erano decisamente due situazione simili.
“Monica, sei ancora lì?”
“Sì, scusa, stavo pensando ad altro.”
“Sì, a Jared.”
“Non proprio Ste.”
“Allora, quando glielo dici?”
“Mai. Ho deciso che non mi dichiarerò mai ad un ragazzo, ho già provato ed è andata male. Gli dirò che lo amo solo se lui me lo dirà per primo. E sono categorica su questo.” Sentì Stefy che sospirò dall’altra parte della linea.
“Fai come vuoi, ma sappi che per me sbagli.”

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici ***


CAPITOLO DODICI
 
La lezione di algebra era, se Dio voleva, quasi finita. Ma per Jared sembrava non volesse mai finire. Erano un paio di giorni che ci pensava e l’idea di Shannon non gli pareva niente male. Un intero week-end con a disposizione tutta la casa. Monica avrebbe potuto dormire da lui. Alt, quei pensieri potevano risultare decisamente pericolosi, anche perché lei ancora non aveva dato una risposta, visto che l’invito non era ancora partito. Aveva tentato, un paio di volte, ad accennarglielo, ma si era sempre materializzato qualcuno con loro e lui non voleva spiattellare quella cosa così di fronte agli altri. Oppure, molto semplicemente, aveva una paura del diavolo che lei gli dicesse di no, praticamente rifiutandolo senza altre possibilità. Non voleva ammetterlo con se stesso, ma l’idea che Monica non lo volesse, gli faceva torcere le budella.
Ma, finalmente, dopo tanti ragionamenti, era pronto. Aveva trovato il modo giusto per poterla invitare a cena: forza, una cena non era niente di clamoroso e niente di scioccante, giusto?
Riguardò l’orologio: cinque minuti e poi la tortura sarebbe terminata. Continuava a torcere un piccolo nastro rosso che aveva messo intorno al pacco confezionato per lei. La carta blu era per omaggiarla, dato che sapeva che lei adorava quel colore.
La campanella lo fece sussultare: prese il pacco regalo e si mise a correre verso la porta.
“Avvisate il prof che sono fuori.” Voleva approfittare di quel momento perché la lezione di musica, da sempre, era quella più da fancazzisti. Nessuno faceva nulla, si limitavano a fare qualche cenno al signor Trent per fargli capire che erano lì, ma per il resto erano decisamente liberi, quindi che Jared fosse in classe o meno, poco sarebbe importato.
E poi quello era un giorno importante: Patterson aveva corretto tutte le tesine presentate e quella mattina, in aula magna davanti a tutti i professori che non avevano lezione e le classi delle medie inferiori, si teneva la conferenza annuale di biologia. Monica gli aveva fatto una testa come un pallone descrivendogli tutte le malattie del sangue e le loro cure che esistevano, o, almeno, la maggior parte ed era piuttosto intrattabile… era decisamente meglio che le desse il regalo dopo l’esposizione, altrimenti avrebbe rischiato che glielo tirasse in testa ed avrebbe fatto molto male.
Entrò e si ritrovò immerso in una noiosissima discussione sugli acidi gastrici. Che schifo, ricordava benissimo quelle ore interminabili a fissare vetrini e studiare organi. Patterson adorava il corpo umano e quindi, durante il primo anno, faceva a tutti una testa enorme. Rabbrividì al pensiero. Prima di andare a sedersi, lesse la lavagna: prima del turno di Monica doveva passare il sistema digerente e quello polmonare. Sospirò: sapeva che l’attesa sarebbe stata mooooolto lunga.
Si sedette in alto, lontano da sguardi indiscreti cercando di trovare la sua ragazza, che però, era ancora al sicuro dietro la tenda del teatro.
Invece era lei che osservava lui: lo aveva visto sedersi in alto, come a nascondersi da tutti, dove le luci non lo potevano trovare. Impossibile: di lui si notava ogni cosa. Il fisico perfetto, i capelli rosso fuoco che gli accarezzavano il collo e quel volto da angelo che si ritrovava. Senza parlare del grosso pacco regalo che si portava appresso. Monica si domandò cosa fosse, ma senza arrivare ad una risposta soddisfacente.
“Che fai?”
“Uh?” Stefy le si era materializzata davanti. Continuava a spiegazzare tutti i suoi fogli a causa del nervosismo “Stavo guardando chi c’era.” Stefy la imitò e sorrise maliziosa.
“Guardavi Jared, vuoi dire.”
“Ok, mi hai scoperto. Ma che ci vuoi fare, è proprio un bel vedere.”
“Deve essere di famiglia, anche Shannon lo è.”
“È cosa?” il ragazzo era arrivato, apparentemente calmo, ma con la mano che continuava a tenere il tempo sulla coscia.
“Nervoso?”
“Ma figurati, per così poco…” Le due ragazze lo guardarono poco convinte “…ok, ho una paura fottuta, ma se lo dite a qualcuno vi ammazzo. Io odio parlare davanti a troppa gente!”
Si sedettero a terra, in attesa che arrivasse il loro turno. Monica sbadigliò sonoramente: Dio, i suoi compagni erano veramente noiosi. Poi si bloccò: e se anche lei sarebbe stata da Valium? Tutto il suo lavoro sarebbe andato in fumo e proprio davanti a Jared… prese un profondo respiro davanti ad una perplessa Stefy.
“Dieci minuti e tocca a voi.” Annunciò Patterson che stava uscendo per fare delle domande ai loro compagni.
“Merda, di già?
“Oddio, sono troppo nervosa!” Esclamò la Ste, mentre Monica si perdeva per un’ultima volta tra i suoi appunti. Per fortuna non trovò niente che non andasse. “Shannon, bacchettami tutta!”
Monica guardò la sua amica sconvolta: erano queste le richieste da fare davanti a lei, ma il ragazzo non sembrò per nulla turbato della richiesta stravagante e fece uscire dallo zaino le sue bacchette da batteria portafortuna e prese sul serio a suonarla, sulle spalle, sulle braccia, sulle gambe. Doveva essere un tocco leggero, perché Stefy aveva il volto piuttosto rilassato.
“Sul piano delle stranezze, questa le batte tutte.” Mormorò Monica. Si alzarono da terra e Shannon ripose le bacchette: adesso sembrava più carico anche lui. “Che canzone hai suonato?”
“Edge of the Earth… è la mia preferita tra quelle che ha scritto Jared.”
“Ottimo. Bene ragazzi, andiamo là fuori con il sorriso, la calma e la tranquillità. E che lassù qualcuno ci adori.”
Uscirono sul palco: davanti a loro c’era praticamente tutta la scuola media e alcuni dei loro professori pronti  a godersela. Monica individuò Snyder e Smith. Per fortuna c’era anche la DeLuca: una faccia amica ci voleva proprio lì in mezzo. Sentiva le mani che tremavano e la familiare sensazione pre esame che le prendeva sempre allo stomaco. Prese un ultimo, profondo respiro e alzò lo sguardo verso l’alto: voleva imprimersi l’immagine di Jared prima di piombare nel fantastico mondo del sangue. Il ragazzo era spaparanzato sulla sedia, con la testa reclinata all’indietro, tanto che sembrava in coma. Monica sorrise e la cosa l’aiutò per farsi passare un po’ di tensione.
“Bene, ora è il turno delle signorine Cross, Lavadini e del signor Leto. Chi per primo?”
Shannon si mosse: aveva l’andatura di un condannato a morte che si avviava al patibolo. Si posizionò davanti al microfono e, senza guardare niente e nessuno, iniziò la sua esposizione.
In barba alle sue preoccupazioni, la sua parlantina risultò molto fluente e, a parte una piccola indecisione su un lucido, fece una presentazione perfetta. Jared rimase di stucco: suo fratello, davanti a chi non conosceva, di solito non si metteva a parlare e quando lo faceva balbettava frasi incoerenti. Decisamente un gran cambiamento: forse passare tanto tempo con Stefy gli aveva veramente giovato.
Fu il turno di Monica: salì sul palco sorridendo a Shannon che, avendo finito il suo lavoro, era raggiante. Il ragazzo adesso si sentiva veramente il re del mondo.
Monica con calma e determinazione, accese il proiettore per i lucidi ed iniziò: come disse le prime due parole, il black-out iniziale che aveva si dileguò. Sembrava che le cose che aveva scritto facessero veramente parte di lei. Spiegò al meglio il difficile capitolo delle leucemie e delle malattie auto-immuni. Aveva deciso di ampliare solo due argomenti, perché altrimenti solo la sua parte sarebbe durata più di quelle di Shan e Ste messe assieme.
Jared, dal suo trespolo, sorrise: a Monica quello che diceva piaceva. Lo si capiva dallo sguardo vivo, dal leggero sorriso che increspava il lato della bocca, dall’entusiasmo che aveva per parlare. Era meravigliosa. Strinse il pacco regalo: dopo quella visione era ancora più deciso di arrivare fino in fondo.
Finalmente prese la parola Stefy:
“Ok, tocca a me allora.” Esordì, facendo ridacchiare i suoi amici. Stefy espose con molta chiarezza i vari esperimenti che avevano attuato in classe ed alcuni più semplici che venivano fatti nei laboratori di tutta la nazione. Il tempo passò in fretta, anche lei sembrava trasformata: era come se si fosse immedesimata in una perfetta scienziata. Quelle due non smettevano più di sorprenderlo.
“Bene, direi che è stata un’ottima esecuzione. Potete andare a sedervi, a meno che qualcuno non abbia una domanda da fare.” Fece Patterson verso il gruppo insegnanti, ma sembrava che nessuno fosse interessato.
I tre sorrisero e scesero dal palco per andare a sedersi in platea insieme agli altri. Monica arrivò da Jared che si era alzato.
“Vieni fuori con me.” Le sussurrò. Monica fece spallucce e lo seguì incuriosita. “Siete stati grandi.”
“Ma figurati, solo una interrogazione.”
“Guarda che io mi sono quasi strozzato quando ho dovuto farla io.” In effetti Monica non ci aveva mai pensato, ma Jared ci era passato, esattamente come lei l’anno prima.
“Di cosa parlavi?”
“Muscoli. E terminiamo qui.” Jared prese a manipolare il regalo: la carta blu si stava pian piano screpolando.
“Cuoricino, dovevi dirmi qualcosa?” fece Monica che ormai si stava stufando. Di solito Jar era più diretto nelle cose.
“Sì. Ti volevo dare questo.” E le porse il regalo. Monica restò sorpresa.
“Non …cioè, non dovevi.” Mormorò lei imbarazzata. “Perché poi?”
“Tu aprilo e leggi bene. In mensa mi dai una risposta, ok?” Era quasi deciso di andarsene così, ma cambiò idea e le lasciò un leggero bacio sulle labbra.
“Certo che hai tutte le fortune, Monica. Regalo e bacio, chi chiederebbe di più?” domandò una ragazza del secondo anno che passava di lì. Che risponderle? Nulla.
Aprì frenetica il regalo e si ritrovò una grossa scatola bianca di cartone: aprì anche quella e rimase imbambolata a fissare una rosa rossa che era stata legata al suo libro di storia, lo stesso libro che lui le aveva rubato quando si erano scontrati nel corridoio settimane prima. Si era addirittura dimenticata che lo aveva lui. Slegò con le dita che tremavano il fiocco e annusò la rosa liberata. Sapeva che era impossibile, ma le sembrava che profumasse di Lui. Sfiorò i petali con delicatezza e solo in quel momento si accorse che dal libro spuntava un foglio. Lo prese e lesse attentamente il contenuto
 
Ciao.
Questo è un invito ufficiale per uscire assieme, solo noi due, per cena, sabato sera. Lo so, avrei dovuto chiedertelo a voce, ma non sono bravo in queste cose.
Il libro poi…bhe è tuo e mi piacciono un sacco i disegni che ci sono. Mi sono permesso di farne uno anche io. Chiedi a Shannon, mi piace disegnare da quando ero bambino.
Ok, sto uscendo di tema. Spero tu decida di venire fuori con me
Jared
 
p.s. non devi neppure preparare il dolce.
 
Monica rise di gusto e rientrò in auditorium: Stefy la stava fissando incuriosita. Monica le mostrò la rosa imbarazzata e si sedette vicino a loro. Shannon aveva un’espressione di chi la sapeva lunga.
“È vero che tuo fratello disegna?” Chiese Monica.
“Oh sì. Voleva fare la scuola d’arte, ma poi è stato risucchiato dalla musica. Comunque continua a fare schizzi.”
Monica iniziò a sfogliare freneticamente il libro per trovare quello che ci aveva fatto Jared, ma sembrava tutto normale. Fino all’ultima pagina: era rimasta stranamente immacolata nonostante i due proprietari e lui l’aveva riempita con un ritratto che fece venire gli occhi lucidi a Monica: c’era lei di tre quarti, che sorrideva. Gli occhi erano spalancati e quasi sembravano luccicassero dietro gli occhiali. Ma la cosa che la colpì, fu che, nonostante lui non avesse tralasciato nulla di lei, labbro incluso, sembrava bellissima. La sua bocca era dischiusa in un sorriso abbagliante e delizioso.
“Quel ragazzo ti ama, ora ne ho la certezza assoluta.” Sussurrò Stefy guardando il disegno. Monica era talmente sopraffatta dalle emozioni che non disse nulla.
 
La mensa, sala di depravazione culinaria e chiacchiere continue. Jared era seduto con Tomo e Matt in attesa che il resto del gruppo si accodasse. Era nervoso: aveva paura che Monica gli dicesse di no e che tutti i suoi progetti venissero così vanificati. In realtà era proprio quello il motivo per cui non gli aveva fatto l’invito a voce o non era rimasto a vederla mentre scartava il regalo: voleva evitare di leggere sul suo volto l’imbarazzo e il disgusto che la sua idea poteva averle dato.
Si chinò sul tavolo fino a toccarlo con la fronte. Tomo e Matt si guardarono senza capire: più andava avanti il tempo e più il loro amico diventava uno psicolabile.
“Stai bene?” fece cauto Matt.
“Mai stato meglio.” Mugugnò guardando il pavimento. Ma perché ci mettevano tanto quei tre? L’attesa lo stava uccidendo.
“Buon appetito!!” urlò Stefy al settimo cielo.
“Ehy, che energia!”
“Se Dio vuole questa cazzo di tesina è finalmente un ricordo.”
“Non solo, topolona, è un bellissimo ricordo.” Le fece eco Monica, mentre si sedeva vicino a Jared. Lui la fissò in attesa di un segno. Lei gli sorrise e intrecciò le dita con le sue stringendogliele. Un enorme peso si disgregò nel petto del ragazzo che sorrise di rimando.
“Allora è andato tutto bene.”
“Frikissimo!” Esclamò Shannon.
“Ehy, animale, c’è il copyright su quella parola!”
“Vuol dire che poi ti pagherò.”
“Mi bacchetti di nuovo?” tre paia di occhi si voltarono verso di loro che non colsero o che non vollero cogliere. Monica si limitò a mettere in bocca una forchettata di riso: quei due stavano raggiungendo livelli assurdi anche per lei.
“Ehy, come mi devo vestire sabato?” domandò a Jared all’orecchio.
“Come preferisci.” Rispose lui. Aveva in testa un’idea ben precisa e per lui, lei, poteva arrivare vestita anche con un lenzuolo, la cosa gli importava veramente poco.
“Scusate, posso disturbare?”
“William!” esclamò Monica. Lo abbracciò, ancora felice per l’esposizione. “Dovevi esserci: siamo stati bravissimi.”
“Ma cos…ah Patterson! Bravi!” e sorrise ad un rabbuiato Shannon ed una raggiante Stefy. “Mi racconti a casa a cena. Senti Ste, posso parlare un attimo con te?” Alla diretta interessata quasi andò di traverso un sorso d’acqua. “Magari prima che ti strozzi…”
“Ehm…certo.” I due si appartarono, senza rendersi conto che Shan li aveva seguiti con lo sguardo. Al tavolo scese un leggero silenzio: per Jared i sentimenti del fratello erano palesi, sperava solo che non ci stesse troppo male.
Poco dopo Stefy tornò da loro: sembrava piuttosto pensierosa.
“Allora?” Fece Monica
“Nulla, andiamo al ballo assieme.” Monica rimase con la bocca spalancata. Stesso risultato per Jared.
“Scusate, devo andare in biblioteca.” Disse Shannon alzandosi e andandosene senza aspettare una risposta.
“Puoi spiegarti, per favore?”
“Non c’è nulla da spiegare. Io sono senza partner, lui è senza partner. Ci andiamo assieme.”
“Ma…”
“Blocca il manzo. Mi ha detto chiaramente che ci andiamo come amici. Lui è troppo scottato da Dru per pensare a qualcosa di serio.”
Il discorso non faceva una piega, ma Monica non capiva la strana quiete di Stefy. Un mese prima si sarebbe messa a saltare per la mensa urlando come una pazza che William era ormai suo, invece ora mangiava la sua insalata come se nulla fosse.
“Ti aspetto fuori scuola?” domandò Monica a Jared.
“Certo...” si baciarono davanti a tutti, ormai senza nessun problema alcuno. “Monica…” niente, le due parole che potevano cambiargli l’esistenza, si bloccarono in gola. “…sarà meglio che cerco Shannon.” Lei annuì e seguita da Stefy tornarono in auditorium per l’ultima parte del convegno.
Tomo e Matt, rimasti nuovamente soli, portarono i vassoi al bancone.
“Sai, Matt, mi sento sempre più un fantasma con quei quattro. Dobbiamo trovarci la ragazza pure noi.”

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici ***


CAPITOLO TREDICI
 
Jared si passò la mano per l’ennesima volta tra i capelli. Doveva andare a prendere Monica e suo padre ancora non era uscito. Sembrava stesse tentennando per qualcosa: eppure il lavoro non poteva aspettare molto.
Rifece il letto, pulì la mensola dei CD, pizzicò le corde della sua chitarra e fece qualche schizzo. Niente, il tempo correva sempre più lento e suo padre non si smuoveva.
“Senti, ma non dovresti essere già partito?” era sceso in cucina con una scusa qualsiasi solo per potergli parlare.
“Sì, in effetti avrei dovuto.”
“Mica ti è saltato il lavoro, vero?” non poteva fargli questo, gli avrebbe rovinato tutta la serata.
“No, certo che no, solo che… “ sospirò “E va bene, ti devo parlare. Siediti.” Jared ubbidì e si posizionò sul divano. Il padre era davanti a lui e sembrava piuttosto teso.
“Dimmi tutto.” Cercò di incoraggiarlo.
“Jared. Io lo so che non sono stato un padre perfetto. Ho sbagliato in molte mie scelte su te e Shannon. Ho capito di aver fatto molti errori e con il tempo spero di poter rimediare.” Jared lo fissava senza capire una sola parola di quello che voleva dirgli in realtà. “E proprio per questo che ti do questi.” E gli passò delle bustine argentate. Jared le fissò a bocca aperta.
“Papà, sono preservativi…” mormorò quasi imbarazzato.
“Lo so. Non sono stupido, so che Monica verrà qui questa sera, altrimenti non ti saresti messo in ordine la camera. Proprio perché voglio essere un padre moderno non mi metterò a proibirti di fare sesso con lei.”
“Ok, basta, questa situazione è surreale.”
“Figliolo, ho avuto diciassette anni pure io, che credi. So come vanno le cose e so che gli ormoni sono impazziti a questa età. Non hai idea di che facevamo io e tua madre.” Jared chiuse gli occhi sperando che, quando li avesse riaperti, lui non ci fosse più. Purtroppo niente di quello che stava succedendo in soggiorno era un sogno.
“Papà, io e Monica non…insomma, non abbiamo…ma ti pare che devo parlarne con te?”
“Certo, io sono tuo padre. A chi vorresti chiedere?”
I due si fissarono, poi il signor Leto riprese.
“Io ti voglio bene, Jared. So che non te l’ho sempre dimostrato, ma è così. Stanotte, dato che so quello che succederà, usali. Se non bastano… ce ne sono altri nel mio comodino.”
Il ragazzo era rimasto di sale: dove si poteva trovare un altro padre che comprava condom al figlio adolescente? “Bene, ora me ne posso veramente andare. Buona serata e salutami Monica.”
Rimasto solo, Jared si chiese mentalmente perché suo padre tenesse dei preservativi nel comodino…scacciò l’insana idea di lui ed una donna assieme e cominciò a preparare la casa per l’arrivo di Monica.
 
“Stefy, devi aiutarmi, non incasinarmi!” esclamò Monica gettando sul letto l’ennesima camicetta che si stava provando. Ormai era mezz’ora che si cambiava di vestito: non era mai stata così nervosa per un appuntamento, neppure per il primo in assoluto con il suo ex boyfriend. Ci aveva messo un’eternità solo per scegliere il completino intimo da indossare, optando per il colore blu e di pizzo leggero.
“Senti, io ti do i consigli che mi vengono in mente, ma tu li scarti.”
“Scusa, topolona, ma non so perché non mi vedo bene in niente. Gli farò pena.” Si sedette esausta sull’unico angolo di materasso che non era stato colonizzato da del tessuto extra-lenzuola.
“Ma quale pena, quel ragazzo ormai stravede per te.”
Monica scoccò un’occhiata laconica alla rosa che lui le aveva regalato: voleva tanto piacergli e aveva paura che non succedesse.
“Sei sicura?”
“Certo! Scusa, ma te lo devo dire io? Non l’hai capito da sola? La rosa, il ritratto, la cena… più palese di così.”
Stefy le passò un  paio di pantaloni lunghi, neri, da indossare con delle decoltè con tacco leggero. Ora bisognava trovare l’indumento giusto per il sopra.
“Da scartare il bianco…si vedrebbe quello che hai sotto. Ma dato che ti sei messa in blu, devi puntare su quel colore. Ecco, questa potrebbe andare bene.” Stefy aveva trovato una leggera camicia di seta blu notte, che mandava dei riflessi più chiari, quasi argentei. “Con questa lo stendi”
In effetti, Monica dovette ammettere che stava proprio bene. Il nero la allungava e i tacchi aiutavano a raggiungere di un po’ l’altezza di Jared. In più la camicia le dava un’aria più da donna che da ragazzina. Si sorrise allo specchio: andava proprio bene.
Prese la spazzola ed accese il phon.
“Dai qua, te li stiro come si deve.”
“Wow, mi sento viziata, Ste.”
“Bhe, cerchiamo di far funzionare almeno una vita sentimentale, la tua…”
“Anche la tua potrebbe andare bene se solo la smettessi di fossilizzarti su William.”
“Intanto io e lui adiamo al ballo assieme.”
“Come amici.”
“Sì, ma poteva chiamare qualcun’altra, invece ha scelto me, vorrà pur significare qualcosa.” Monica non rispose, onestamente non lo sapeva neppure lei. Aveva provato a domandarlo al diretto interessato, ma lui faceva orecchie da mercante e glissava elegantemente.
“Dici che dovrò anche truccarmi?”
“Ovvio…leggero, però, non ti vogliamo stile maschera di carnevale.”
Quando Stefy terminò il suo lavoro, Monica aveva i capelli lisci come Nelly Furtado in “Say it Right” cosa che a lei piaceva da matti.
Prese il fondotinta e ne passò un leggero strato sul volto. Poi passò all’eye-liner: quello lo sapeva mettere benissimo, perché lo metteva spesso. Le piaceva come la piccola linea sottile riusciva a valorizzare al meglio i suoi occhi. Un tocco di lucidalabbra ed era pronta ad uscire.
“Come sto?” Il pollice alzato di Stefy le fece capire che stava bene.
“Bene, ora scappo via, non vorrei che Jared mi trovasse qui…neppure fosse un bollettino di guerra. Comunque appena torni a casa voglio sapere tutto! A qualsiasi ora, ok?”
“Non mancherò!” Promise Monica.
Accompagnò l’amica alla porta e si fermò dai suoi genitori che stavano cenando in cucina. William, quel giorno, sembrava scomparso. Sperò con tutto il cuore che non fosse a fare pazzie per Dru.
“A che ora passa questo tipo?”
“Papà, si chiama Jared.”
“Non prendertela con lui, è solo geloso della sua piccolina. Non vuole capire che sta crescendo e che quindi è giusto che si faccia bella per un ragazzo…anche se, forse, dovresti abbottonarti meglio la camicia.” Monica si fissò il decoltè e sorrise.
“Oh no, va bene così.” Il campanello suonò e la ragazza fece un salto per la sorpresa: si rese conto di essere nervosa come il giorno della presentazione di Patterson. In fondo era il loro primo vero appuntamento.
Si portò due ciocche di capelli dietro le orecchie ed aprì la porta, rimanendo folgorata. Jared non era mai stato così elegante e sexy. I jeans erano neri, immacolati, ai piedi un paio di Doc Martins nere con i lacci rossi che richiamavano i suoi capelli, lasciati liberi sulle spalle. Ma era la maglia attillata rossa con la giacca sportiva a dargli quel tocco in più. In una mano teneva una lunga rosa rossa, nell’altro un grande mazzo di fiori tutti colorati. A Monica venne l’acquolina in bocca.
“Per te.” E le porse la rosa.
“Grazie. E quelli?”
“Per tua mamma.” E le si avvicinò all’orecchio. “Devo pur ingraziarmi qualcuno e quindi preferisco partire da lei.” Monica sorrise.
“Entra.” Jared la seguì fino in cucina, dove i genitori l’aspettavano al varco. Capì subito che suo padre non l’avrebbe accettato fino a quando non se la fosse sposata e forse neppure dopo, mentre la madre sembrava più indulgente.
“Signori Cross, buonasera. Signora, questi sono per lei.” E le diede i fiori.
“Oh grazie, ma che pensiero gentile.”
“Mamma, papà, lui è Jared. Ora che lo avete visto, noi andiamo.”
“Potete stare qui ancora un po’.” Fece il padre.
“No. Andiamo, ho fame.” E prese il ragazzo per mano, mentre vedeva sua madre che cercava di trattenere il marito: la ringraziò mentalmente.
“Potevamo rimanere.”
“Dio ce ne scampi: poi non ce li saremmo tolti dai piedi mai più. Papà, poi, so già che ti avrebbe fatto il terzo grado. Dove andiamo?” Jared sorrise.
“In un posto speciale ed intimo…” e non disse altro. Monica seguì la radio e si mise a canticchiare, fino a quando non si ritrovarono a casa del ragazzo.
“E tuo padre?”
“È via per lavoro. Shannon è uscito con Tomo e io ho pensato che mangiare qui sarebbe carino…”
“Molto più che carino.”
Entrarono e Monica rimase allibita: in centro al soggiorno c’era un tavolo tondo, su cui erano accese delle candele che risplendevano calde. Jared aveva preparato il tutto con il servizio buono e dalla cucina provenivano dei profumini celestiali. Da qualche parte suonava lo stereo, la sua camera a giudicare dalla lontananza.
“Wow, ma…è incredibile. Sei veramente tu, Jared?”
“Certo. Ora siediti che faccio tutto io questa sera.”
Monica era felice e questo aveva fatto risplendere anche Jared. Si sentì finalmente gasato e contento per quello che le aveva preparato.
“Ma hai cucinato tutto tu?” Chiese Monica davanti ad un piatto fumante di lasagne.
“Ovviamente no, ma esistono i take-away, ringraziando il cielo.”
I due chiacchierarono tranquilli, parlando di tutto e di niente.
“Ma tuo padre che lavoro fa?”
“Il camionista. Di solito si occupa di tratte vicine, ma una volta ogni due, tre mesi, lo mandano lontano. Starà via un paio di giorni, mi pare di aver capito che deve arrivare fino a Seattle.”
“Però, è un gran bel viaggetto.” Monica si guardò attorno e vide una foto dove Jared era insieme a Shannon, molto piccoli. “Senti…come sta Shan?” in quei pochi giorni il batterista non si era quasi visto e a lezione restava muto. Sembrava un uomo diverso dal suo solito essere e Monica temeva di sapere il motivo.
“Insomma…è molto abbacchiato. Si è preso una sbandata con i fiocchi per la Stefy e so che voleva invitarla al ballo.”
“Poverino…quasi quasi metto un po’ di Guttalax nel caffè di William.” Jared la fissò ridacchiando. “Guarda che non scherzo, sono capacissima di farlo.”
“Io devo stare molto attento con te…sei pericolosa.”
“E non hai ancora visto quanto.”
Jared le prese la mano che lei aveva abbandonato sul tavolo e gliela accarezzò: stava veramente bene così, lui e lei da soli, a mangiare e parlare, proprio come una vera coppia. Chissà se anche lei pensava la stessa cosa?
“Pensi che potremmo fare qualcosa per loro?”gli domandò seria.
“Magari potremmo provare a mettere un po’ di sale in zucca a quella psicolabile della tua amica. Quello che prova Shannon è così…ovvio.”
“Purtroppo molto spesso l’ovvio non risulta così chiaro per chi è incluso nella situazione. Stefy…” E sospirò “…Stefy è sempre stata completamente persa per mio fratello. A volte credo che lo abbia quasi idealizzato, nonostante fosse pienamente conscia dei suoi difetti. Ha sperato e pregato così tanto per avere una chance con lui, che adesso che è innamorata di un altro, neppure se ne accorge.”
“È innamorata di Shannon?”
“Forse innamorata è una parola forte, ma di sicuro gli piace. Solo che ha i paraocchi e non lo vuole capire. Purtroppo più di cercare di spiegarglielo, non posso fare niente. Ognuno di noi deve capire i propri sentimenti e lavorarci su da solo e poi esporli alla persona giusta, non trovi?” Lui sorrise.
“Sì, hai perfettamente ragione, ma spesso non è così semplice.”
“Lo so.”
Jared si alzò e iniziò a portare tutti i piatti in cucina, seguito da Monica.
“Che fai? Tu stasera non muovi un dito, sei la mia ospite, ok?” Lei rise e lasciò i bicchieri nel lavello. Si sentiva trattata come una principessa e guardandolo mentre si muoveva sicuro tra soggiorno e cucina, pensò che si era trovata anche un gran bel principe.
“Perché ridi?”
“Lo stavo facendo? Non me ne ero neppure accorta.”
“Bene…allora, mi aspetti qui un secondo?” le chiese nervoso. Doveva passare alla seconda parte della serata: coccole e dichiarazione. Sì, forse avrebbe potuto farcela.
“Ok, io non scappo.” Fece Monica un po’ sorpresa dalla strana richiesta del ragazzo. Lo vide scomparire sulle scale e continuò a guardare le rare foto sul mobiletto. Una, particolarmente, l’attrasse. C’era Jared, a undici, dodici anni, non di più, che guardava in lontananza, con il broncio appena pronunciato e gli occhi immensamente tristi. Le fece molta tenerezza.
“Sali!” sentì urlare dall’alto. Monica seguì il suono che proveniva dallo stereo, fino ad arrivare nella stanza di Jared e rimanere, una volta di più, senza parole. Era totalmente ricoperta di candeline bianche e nere che spandevano una tenue luce arancione. L’impianto Hi-Fi risuonava “Goodbye my lover” di James Blunt. Monica si mise la mano davanti alla bocca e sentì il cuore battere all’impazzata.
Jared le si avvicinò.
“Vuoi ballare un po’?” lei non riuscì neppure a rispondere, si limitò ad annuire ed a seguirlo in mezzo alla stanza. Ballarono stretti, Monica aveva appoggiato la testa sul suo torace e riusciva a sentire perfettamente il cuore che gli batteva, trovandolo un suono perfetto. Jared le accarezzava la schiena e aspirava a piene boccate il suo profumo che lo faceva volteggiare.
“Monica…io devo dirti una cosa.” Le mormorò all’orecchio. Il fiato caldo di Jared le fece partire un leggero brivido dalla base del collo.
“Dimmi.” Lui prese un profondo respiro: aveva provato quel discorso un sacco di volte, anche davanti allo specchio, ma ora che lei era lì, la faccenda era decisamente più complicata.
“Io… io…ok, è un po’ difficile, quindi cerca di seguirmi.” Lei annuì perplessa. “Quando tutto questo è iniziato, io non pensavo di certo di finire in questa maniera, con te tra le mie braccia a ballare una selezione di musica sdolcinata…uhm…detta così non è il massimo.” Si stava perdendo troppo e non andava bene. Aveva notato lo sguardo titubante di Monica e si stava maledicendo. “Insomma, io ho bisogno di te.” Monica si fermò e sgranò gli occhi per la sorpresa: era una dichiarazione quella? La sua prima dichiarazione da parte di un ragazzo? Non ci poteva credere. “Più passa il tempo e più vorrei stare con te, ma veramente e non per una stupida bugia. Una relazione vera, basata sulla reciproca fiducia e sull’affetto che possiamo provare.” Guardare un punto fisso della stanza e non i suoi occhi magnetici era decisamente meglio, si distraeva di meno, ma per dire quell’ultima parte di discorso, doveva fissarla. “Monica, io ti amo.”
Monica si assaporò sulla lingua quelle tre parole magiche, mentre gli U2 cantavano “With or Without you” e continuava a guardargli le labbra, gli occhi, il volto, i capelli, senza trovare una valida risposta: quel momento era troppo perfetto, aveva paura di rovinarlo. “Mi puoi dire qualcosa, per piacere”
L’unica cosa che poteva fare era dimostrarglielo: gli si avvicinò e lo baciò sulle labbra. Leggero, dolce, intenso. Gli passò la mano sulla guancia accarezzandola, per poi veleggiare verso i suoi capelli. Jared si rilassò ed approfondì il bacio prendendole la testa ed attirandola a sé. Le loro lingue si incrociarono proprio quando Bono Vox urlò il suo amore.
Il loro incontro si fece più urgente, più disperato, più bisognoso: Jared la desiderava al limite del possibile. Scese sul collo lasciandole una scia umida di baci, mentre lei gemeva per quell’assalto.
“Ti amo anche io.”

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici ***


CAPITOLO QUATTORDICI
 
Quelle parole rimbombarono nelle orecchie di Jared a cui sembrò che il tempo si fermasse. La guardò e sorrise, riprendendo a baciarla con rinnovata passione. Nessuno dei due capì come o semplicemente se ne importò sul serio, ma uno ad uno i vestiti presero ad ammucchiarsi sul pavimento.
Monica si lasciava sfiorare dalle sue dita affusolate, mentre lui la assaggiava nei punti più recessi del suo corpo. La faceva volteggiare, sentire come una principessa. Il suo cuore non aveva resistito a tutta quella serata e il ti amo era stato detto con vera cognizione di causa: lei sapeva di amarlo alla follia, sapeva che quello che provava prima, l’odio, il disappunto, erano spariti per lasciare qualcosa di più forte e duraturo, ma, soprattutto, di positivo. Voleva urlarlo al mondo, ma, per ora, si accontentava di gemere sotto i movimenti sicuri di Jared.
La penombra creata dalle candele li aiutava a sentirsi uniti: non era la loro prima volta e non sarebbe stata l’ultima, ma di sicuro sarebbe stata indimenticabile. Non c’era vergogna, non c’era titubanza, volevano solo stare assieme e sentirsi nudi nel corpo come nell’anima, uno sull’altra.
Quando entrò in lei, il mondo esplose in una miriade di lucine colorate e i loro baci sapevano ancora più di buono, di amore, di loro. L’apice li trovò quasi impreparati per quanto incredibile fosse il trasporto e il piacere che avevano provato.
Insieme, per sempre.
 
“Vieni al ballo con me, vero?” Domandò Jared. Erano distesi a letto, Monica si era appoggiata con la testa sulla sua clavicola e gli accarezzava piano il torace.
“Ma che razza di domande idiote fai? Certo che ci vengo, sono o no la tua ragazza… reale, no?” lui rise.
“Bhe, in effetti dopo questa sera, siamo ufficialmente fidanzati.”
“No, no, non vedo nessun anello e non ho sentito nessuna richiesta di matrimonio.” Fece lei con voce seria.
“Vorresti sposarti?” Monica rise: nella voce di Jared c’era un certo tono di allarmismo.
“Ma come, non lo facciamo a fine anno…” lo sguardo che lui le scoccò le fece decidere a smettere la sua presa in giro. “Ma dai, sei scemo. Ovvio che non voglio sposarmi… o almeno non lo voglio fare subito. Ho un sacco di progetti da realizzare prima di accasarmi.” Lui chiuse gli occhi per assaporarsi meglio le unghie di Monica che lo accarezzavano facendogli venire i brividi.
“Tipo?”
“Bhe, diventare una pasticcera. Voglio essere così brava da riuscire ad aprire un locale tutto mio, dove la gente potrà venire a fare colazione tutta la notte…questo magari solo nei week-end. Non lo so, questo devo ancora decidere. Comunque sarà un posto dove non dovrò svegliarmi alle 3 come questa mattina, adesso sono stanca morta.” E sbadigliò.
“E io che credevo fosse merito mio!”
“Ha aiutato di certo.” Gli lasciò un leggero bacio alla base del collo. “E tu? Che vuoi fare? Non mi hai mai raccontato dei tuoi sogni.”
“In realtà ne parlo pochissimo, sono un po’ superstizioso, ho sempre paura che a raccontarli troppo forte, poi non si avverino.” Si guardarono negli occhi: Monica gli stava chiedendo silenziosamente di andare avanti. “Ti interessa sul serio?”
“Ovvio!”
“Io voglio portare i 30 Seconds to Mars in giro per il mondo. Voglio che la gente ascolti le mie canzoni e si emozioni, anche perché, onestamente, non c’è altro che so fare sul serio, solo suonare e cantare.”
“E giocare a baseball.” Biascicò Monica ormai preda del sonno. Voleva assolutamente continuare ad ascoltarlo, ma la mattinata di lavoro e la sveglia ben prima dell’alba si stavano facendo sentire ed era dura tenere gli occhi aperti. In più il battito del cuore di Jared stava funzionando come una ninna nanna.
“Insomma, sono bravino, ma di certo non posso pensare di farci molto.” Sospirò accarezzandole i capelli sparsi su di lui. “Mio padre vorrebbe che io andassi al college, ma con quello che costa…dovrei avere una borsa di studio.”
“Uh, uh…”
“Il prossimo anno vedrò che cosa può esserci per me, magari divento il primo della classe e vinco qualcosa per merito.” Rise forte, senza avere, però, una risposta dalla ragazza. “Monica, ehy sei ancora viva?” la guardò e si accorse che lei era ormai profondamente addormentata. Sentiva il suo lieve respiro ritmico sul petto e la sua mano si era del tutto fermata. “Ma tu guardala, io sono qui che parlo e lei dorme…ti interessa proprio quello che dico.” E le sorrise. Alzò il lenzuolo per coprire entrambi e ripensò a quella fantastica sera. Certo, aveva sperato che tra loro finisse a letto, ma non avrebbe mai creduto che le cose sarebbero state così dolci e belle. Mai aveva provato qualcosa di vagamente simile ai sentimenti che ora gli si agitavano nel petto. Eh già, fare l’amore con la persona amata dava al tutto una dimensione migliore.
Le lasciò qualche bacio sulla testa e lentamente si divincolò per uscire dal letto. La coprì per bene, in modo che non prendesse freddo e prese in mano il blocco e la matita. Non era facile disegnarla, perché tutti i capelli erano sparsi un po’ ovunque sul cuscino e non era nella posizione ideale, ma con pochi tratti riuscì a definirla almeno un po’: le labbra leggermente aperte, gli occhi delicatamente chiusi, quell’espressione di beata ignoranza. Sembrava un angioletto.
Sorrise e ripose il lavoro sul tavolo: non aveva sonno per nulla, anche perché vederla così gli aveva di nuovo acceso la voglia di averla tutta per sé, ma non voleva svegliarla, sapeva che per lei il sabato era una giornata pesante e vederla così pacifica gli rinfrancava il cuore.
Scese in cucina: poteva iniziare a riordinare, così quando suo padre sarebbe ritornato non avrebbe trovato cose strane in casa e non lo avrebbe tempestato di domande. Finì di sparecchiare e di riporre il tavolo al centro del soggiorno, poi, facendo attenzione a non fare troppo rumore, prese a lavare i piatti. Si sentiva così leggero e felice che gli venne voglia di canticchiare una canzone decisamente più allegra di quelle a cui era abituato.
 
So she said what's the problem baby
What's the problem I don't know
Well maybe I'm in love (love)
Think about it every time
I think about it
Can't stop thinking 'bout it

 
Accidentaly in love- Counting Crows
 
“Ehi, che allegria!” L’urlo di Shannon lo fece sobbalzare.
“Ssssss, abbassa la voce.” Esclamò Jared facendo volare un po’ di schiuma sul pavimento.
“Perché?” fece Shannon complice.
“Mi svegli Monica se urli.” Il fratello allargò le labbra in un sorriso smagliante.
“È di sopra? Allora le cose sono andate bene.” Jar si fermò un attimo per fissare l’acqua immobile.
“Molto bene.”
“Ottimo, era ora che vi svegliaste!” E gli diede una forte pacca sulla schiena.
“E tu? Quando ti svegli?” Jared decise che per quella sera l’operazione di lavaggio poteva anche bastare. Shannon prese a guardarsi intorno, come a voler glissare la cosa.
“Non so di cosa stai parlando, fratellone.”
“Allora ti rinfresco la memoria…inizia con S e finisce con Tefy… ricordi ora?” Shannon lo fissò senza rispondere. In realtà non sapeva bene cosa dire. “Quando ti dichiarerai? Mi hai scassato i maroni con Monica per settimane, adesso mi sembra sia il tuo turno, o no?”
“Innanzi tutto Monica ti ama, quindi è ovvio che io abbia cercato di facilitarvi le cose.” Diceva enfatizzando il discorso con ampi movimenti della mano.
“Non cambiare argomento, qui si sta parlando di te e di quell’altra pazza.” Shan ridacchiò.
“Magari lo sai pure, ma è troppo spassoso. Ste ti chiama psicolabile… vi dovreste intendere bene.” Jared sbuffò, ma non ci cascò.
“Allora…”
“Allora, allora, allora un cazzo! Cosa pretendi che faccio? Lei è persa dietro a tuo cognato e io non ci posso fare nulla. Se le andassi a dire che mi piace, mi riderebbe in faccia e mi direbbe addio. Meglio che le cose restino così.”
“Cioè, con te musone e lei che si rigira come se fosse persa perché tu non le parli da un paio di giorni. Wow, certo che le cose sono messe proprio bene.” Fece Jared feroce.
“Non parlare di cose che non sai.”
I due si guardarono per un momento in silenzio: sembrava dovessero scoppiare da un attimo all’altro.
“Sai, Shan, non è una questione di sapere e no le cose.” Riprese Jar con calma e tranquillità. Non voleva far scoppiare un macello proprio quella sera. Voleva che quella giornata rimanesse indelebile nella sua mente. “La questione è di vedere le cose. Voi due vi rincorrete, lei persa dietro un idolo e tu senza il fegato di farti avanti. Così la perderai e non per William, ma per qualcuno che avrà più palle di te.”
Shannon abbassò il capo: Jared non poteva capirlo. Lui aveva sempre avuto uno stuolo di ragazze che facevano la fila per uscire, non aveva mai avuto problemi a dichiararsi, mentre lui…bhe, lui non era così.
“Guarda che so benissimo la difficoltà che c’è nell’aprirsi con chi è veramente importante.” E ripensò alla sua disastrosa dichiarazione a Monica. “Ma bisogna tentare.”
“E mi ritroverò a cantare una canzone d’amore mentre lavo i piatti.”
“Non farne parola con nessuno, ok?
“Non la smetterò mai di sfotterti, caro mio.” E ridacchiò, anche se le parole di Jared lo avevano profondamente toccato.
Jared tornò nella sua stanza e trovò Monica esattamente come l’aveva lasciata, sporgeva solo un po’ la spalla dal lenzuolo. Con delicatezza si distese vicino a lei e, guardandola, prese sonno.
 
Un profumo insolito la svegliò: le sembrava strano, perché le sue lenzuola non avevano mai avuto quel profumo idilliaco…qualcosa di simile all’odore della pioggia appena caduta, qualcosa che associava immediatamente a Jared ed a tutti i momenti passati con lui, da quando per la prima volta si era presa la briga di annusarlo.
Uhm… Jared… e sorrise al buio.
Però tutto continuava ad essere strano: il letto, per esempio. Di solito il suo era molto più duro, invece quel mattino sembrava soffice come una nuvola. Per non parlare poi di quel corpo caldo e sodo che le premeva addosso…alt! Corpo?
Monica spalancò gli occhi e si ritrovò davanti un Jared ancora completamente immerso nei sogni. Sorrise nel vederlo così pacifico: sembrava che il suo doppio angelico avesse deciso di uscire fuori in quel momento. Ciò che la allarmò fu vederlo con le spalle nude. Alzò il lenzuola e vide che tutto di lui era nudo. Era proprio vero, quella notte avevano fatto l’amore e si erano ufficialmente messi assieme.
Solo dopo questi primi pensieri rosa e dolciosi, si rese conto che dalla finestra stava filtrando della luce fastidiosa, luce che stava a significare una cosa sola: era mattina! Aveva dormito fuori e non aveva avvisato nessuno!
Saltò fuori dal letto senza preoccuparsi di svegliare mezza casa e si mise a cercare il suo cellulare: mollò qualche parolaccia quando ricordò di aver lasciato la borsetta al pian terreno. Vide che c’era quello di Jared e lo accese. Il display diceva che erano le dieci del mattino. Gemette disperata. Schiacciò un po’ di tasti.
“Pronto?” una voce assonnata l’accolse.
“Stefy, sono io!”
“Monica?”
“No, tua nonna! Certo che sono io.” Disse guardando Jared che si stava svegliando senza capire bene che terremoto stava avvenendo.
“Uhmmm, guarda che tua mamma è preoccupata da matti. Credo che pensi che Jared ti abbia fatta a pezzi e gettata in un fosso.” Monica salutò l’amica e si sedette disperata. Lui le baciò una spalla, ma lei non colse.
“Mia madre mi ammazzerà.”
“Dai, non lo farà, vedrai.”
“Hai ragione, farà di peggio: mi vieterà di uscire con te per il resto dei miei giorni.” Quella prospettiva parve atterrire entrambi.
“Chiamala e spiegati.”
“Mamma?” iniziò Monica appena dall’altra parte della linea ebbero risposto. “Certo che sto bene…mamma, ti vuoi calmare? Sì…sono da Jared…sì, no…no! Ieri sera mi sono addormentata sul divano…non è successo niente.” O quasi, pensò, mentre guardava Jared che girava nudo per la stanza cercando qualcosa da mettersi. Monica si leccò inconsciamente le labbra fissandogli il sedere. Era veramente tutto suo? Non riusciva ancora a crederlo. “Certo che ti ascolto. Mamma, non è successo nulla, veramente. Adesso mi lavo e torno a casa senza che tu chiami la guardia nazionale, ok? Bene, ciao ma…sì, ciao…ciao.”
Sospirò pesantemente mentre lui la fissava divertito.
“Che ti ridi tu?”
“Così non è successo niente questa notte?” Monica arrossì leggermente, mentre si vestiva per rendersi presentabile al mondo.
“Cosa pretendevi, che dicessi a mia madre: sai mamma mi sono addormentata perchè ero stravolta dopo il fantastico sesso che ho fatto con il mio ragazzo? Non sta né in cielo né in terra.” Jared, solo in jeans (e già qui la mia mente si ferma a sbavare N.d.A.), si avvicinò a lei e la abbracciò lasciandole una scia di baci sul collo. “Uhmmm…non devi continuare.” Mormorò Monica.
“A no? E dammi un buon motivo.” La riportò verso il letto insinuando una mano sotto la camicetta appena indossata. Non poteva smettere di toccarla, specie quel suo seno così perfetto.
“Sono sicura che c’è… ma non riesco a pensarci ora.” E così dicendo se lo baciò approfonditamente. In effetti di tornare a casa proprio non ne aveva voglia, soprattutto perché se le sarebbe sentite anche per le future generazioni, quindi meglio approfittare fino a quando poteva.
Come rifiutare un corpo come quello di Jared? Solo una scema, o lei qualche mese prima, poteva farlo.
Certo che ne erano cambiate di cose.


@StephenKing: mi spiace aver deluso la tua sete di scena hard. ma questa FF è di target verde e quindi non mi potevo mettere a scrivere scene troppo forti. Spero, però, che ti sia piaciuta lo stesso.

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici ***


Scusate il ritardo con cui posto, ma sono rimasta quasi una settimana a lottare con la mia connessione -.- comunque eccomi qui con il penultimo capitolo. Sistemiamo ancora un paio di cosette e poi potremo scrivere la parola fine.

CAPITOLO QUINDICI

 
Le luci colorate viaggiavano felici su tutti i muri e sul pavimento, in attesa che le prime coppie decidessero di mettersi a ballare. Alcuni insegnanti erano posizionati dietro il bancone delle bevande a controllare che tutto si svolgesse nel migliore dei modi.
Monica e Jared entrarono mano nella mano, attirando parecchi sguardi, anche perché i due brillavano di luce propria.
Jared, per quella sera, era elegantissimo: come si conveniva ad un ballo, aveva indossato uno smoking che lo rendeva ancora più affascinante, soprattutto perché si era legato i capelli e aveva deciso, per una sera, di rinunciare al trucco pesante e allo smalto nero. Sembrava quasi una persona normale.

E poi c’era Monica: era raro vederla vestire una gonna, quindi si sentiva molto impacciata. Con sua madre, aveva optato per un vestitino che le arrivava al ginocchio, color bordeaux che le esaltava a meraviglia il seno, dato che era molto stretto sul petto. Si era messa una collanina al collo e dei pendenti sottili alle orecchie. Il trucco leggero la rendeva leggermente più adulta del solito e le scarpe con un piccolo tacco, l’aiutavano ad avvicinarsi all’altezza di Jared, anche se ancora mancava un bel pezzo. Al polso, come da tradizione, indossava un bracciale con un fiore, ovviamente una rosa rossa, che le aveva donato Jared.
“Sembriamo veramente fuori posto in questi vestiti.” Gli mormorò all’orecchio, mentre guardava la sala gremita di ragazzi scatenati. C’erano già le prime coppiette che si sbaciucchiavano sperando che nessuno li notasse, mentre in pista il DJ faceva ballare per lo più i single alla ricerca di qualcuno.
“Vuoi ballare?” le domandò Jared un po’ sperso anche lui in quelle situazioni mondane.
“No, tranquillo. Io…diciamo che non sono poi molto brava.” Andarono a prendersi da bere, mentre Snyder li guardava con aria truce. Diede loro le bevande analcoliche e li sfidò a riprenderlo per quella scelta.
“Grazie professore.” Si limitò a dire Monica. Quello era matto, altro che. “Secondo te si allena durate il giorno per avere quella faccia da culo di gallina?”
Lui rise stringendola un po’ a sé quando un gruppo di ragazzi enormi la stava per investire senza accorgersene.
“Quando andrà in pensione, ce lo vedremo che gira nei corridoi della scuola lo stesso ad urlare agli studenti di fare silenzio. Onestamente non credo che abbia una vita propria.”
Decisero di sedersi sulle gradinate della palestra: in realtà a nessuno dei due piaceva molto ballare e non sopportavano la maggior parte dei presenti di quella sera, ma non sapevano perché ci tenessero così tanto ad esserci. Per far parte della massa? A Monica poco importava, era abbracciata dal ragazzo che le piaceva, aveva una colorata bevanda con ombrellino in mano e la musica non era male, che poteva chiedere di più una ragazza quella sera?
In più erano felici perché sembrava che ormai avessero smesso di essere il pettegolezzo preferito dagli studenti: vederli insieme era talmente una cosa di routine che erano diventati quasi noiosi.
Si avvicinò loro Tomo, e sorrise.

“Ciao ragazzi, come va?”
“Bene e tu?”
“Non male…forse ho trovato una ragazza con cui fare coppia durante i lenti.”
“Ottimo!” esclamò Monica
“Sì, finalmente la smetterò di sentirmi escluso.” E se ne andò tutto felice.
“Escluso da cosa?” Jared rise piano.
“Da noi. Lui e Matt sono stufi del gioco delle coppie tra noi e Shannon e Stefy. Sappiamo che non sono molto normali, no?”
In quel momento fecero il loro ingresso la coppia di cui Monica era più curiosa di vedere: suo fratello e la sua migliore amica avevano appena passato lo sbarramento di Snyder e bevevano tranquilli la loro bibita. William sembrava tranquillo nel suo smoking, nonostante non fosse il suo tipico modo di vestire. I capelli erano stati tirati tutti indietro con un sacco di gel, che però non impediva loro di formare una voluttuosa massa leggermente ondulata che sembrava un campo di grano maturo.
Accanto a lui, Stefy, elegante come non mai: aveva optato per un vestitino nero, stretto sul seno che si allargava subito sotto e che aiutava a valorizzare al meglio le sue forme procaci. La gonna arrivava fino al ginocchio e ai piedi calzava un paio di decoltè con il tacco e i lacci alla schiava. Il trucco leggero, ma perfetto, la faceva sembrare molto più donna, grazie anche a dei leggeri ciuffi lasciati liberi sul collo.
“Però, Stefania in gran spolvero.” Mormorò Jared.
“Non che la cosa mi stupisca.” Monica la salutò da lontano e lei le sorrise. In realtà Stefy non si sentiva molto a suo agio e non capiva bene il perché.
William l’osservò serio e si mise a far vagare lo sguardo per la sala: vide lontano Drusilla con un fiammante vestito rosso che rideva attorniata  da alcuni ragazzi che sembravano pendere dalle sue labbra. Fece una smorfia di stizza.

“Allora, Stefy, sei stranamente silenziosa.” Iniziò cercando di ignorare la sua ex ragazza.
“Cosa? Oh sì, scusami, ma mi sembra tutto così strano.”
“Cioè?” lei sembrò imbarazzata.
“Bhe, sai, venire con te è una cosa così…strana, appunto.” Will rise piano.
“Non sono mica un vampiro sai?”
“No? Peccato, potevi mordermi…” Fece maliziosa.
“A volte penso che potremmo stare bene assieme.” L’uscita spiazzò Stefy che lo fissò stupita, in attesa che lui continuasse il suo pensiero. “Sei una ragazza intelligente e piena di vita. Sei spiritosa…una tosta. Peccato che io sia completamente perso per Dru… sono proprio la puttana dell’amore, vero?” Lei non sapeva che rispondergli e si limitò a bere un po’ della sua bevanda. Non riusciva a capire se Will le stava facendo una specie di dichiarazione d’intenti o se le sue erano solo constatazioni.
Guardò in pista, ma non c’era nessuno che le interessasse veramente: notò Tomo che ballava con una bella ragazza dai capelli Rossi, Debby se non ricordava male, poi vide Monica sugli spalti che rideva felice a Jared. Stavano discutendo animatamente di qualcosa, perché il ragazzo, parlando, gesticolava con molta enfasi. Si rese conto di invidiare un po’ la sua amica: voleva anche lei trovare il ragazzo giusto, quella che la faceva vibrare e sembrava che William non volesse esserlo. Si girò verso la band e notò, nell’angolo, una figura ben nota. In realtà si stava nascondendo dietro una specie di paravento, come se il ballo non lo interessasse molto.
Stefy si sentì male: da giorni lei e Shannon quasi non si rivolgevano la parola e non le andava questa situazione, ma lui se l’era presa così tanto che lei andava al ballo con Will. Perché poi, era un mistero, o forse neppure tanto: Monica e Jared le avevano detto, a turno, che forse lei era stata un po’ cieca riguardo a Shan e sapeva che la sua amica da molto le diceva che doveva svegliarsi e capire chi era l’uomo per lei.

Era forse Shannon?
Fissò il ragazzo che sembrava piuttosto impacciato nello smoking indossato per la serata, mentre cercava di eclissarsi il più possibile, riuscendoci, dato che alla fine Stefy non riuscì più vederlo. Senza accorgersi di nulla, mise il broncio.
William aveva seguito tutta la scena e prese una decisione.
“Senti, Ste, posso parlarti seriamente?” la ragazza si riscosse dai suoi pensieri ed annuì.
“Certo, non sembra, ma sono capace di discussioni anche importanti.”
“Perché sei venuta al ballo con me?” Ste sembrava spiazzata.
“Come, perché? Me lo hai chiesto.”
“Sì, è vero, ma se volevi andarci con un altro, potevi rifiutare ed andarci con chi volevi veramente.”
“Ma io volevo venirci con te!” Protestò lei.
“Ah sì? Non sembrerebbe.” L’insinuazione di William fece centro. Stefy capì che non era lui quello con cui voleva essere adesso. Inconsciamente si voltò verso dove aveva visto Shannon.
“Io…non lo so…” William rise dolcemente.
“Allora, facciamo così, topolona… siamo venuti qui insieme perché siamo amici…ottimo, nulla cambierà questo fatto. Ma che ne dici se adesso prendi e vai da chi veramente ti interessa? Quel povero ragazzo tra un po’ morirà di dispiacere se continui a stare qui.”
“Tu sai?”
“Solo un cieco non si accorgerebbe dell’affetto che vi lega. Non buttare via tutto per nulla.” Lei, presa da un’incredibile gioia, lo abbracciò e senza dirgli nulla se ne andò lasciandolo solo. “Ecco, bravo Spike, alla fine sei tu quello che resta solo come un idiota.” Improvvisa, arrivò la voglia di fumare. Andò verso sua sorella.
“Bhe, dove hai lasciato la tua compagna di serata?” domandò lei non vedendo Stefy.
“L’ho lasciata andare. Era così palese che non voleva stare con me.” Monica sorrise al fratello e si sentì, finalmente, felice totalmente.
Nel frattempo Stefy era riuscita a trovare Shannon: si era seduto sulle gradinate dietro la band che suonava, dato che avevano messo delle protezioni perché non si vedesse quello che c’era dietro di loro. La musica era assordante, ma lui non sembrava farci caso. Si stava annoiando a morte: si maledì per aver ascoltato Jared e il suo monologo sul fatto che il ballo fosse un avvenimento di aggregazione e che gli avrebbe fatto bene provare a divertirsi di tanto in tanto. Ma come poteva farlo se chi voleva lui stava flirtando con un altro? Non era giusto… prima Monica che sceglie Jar e poi Stefy che gli sfugge via per un ossigenato pazzo. Sospirò.
“Ehy, perché ti sei rintanato qui?” urlò Stefy per farsi sentire.
Shannon la fissò stupito.
“Tu piuttosto, che sei venuta a fare? Non eri con Cross di là?” cercò di fare l’indifferente, ma con scarsi risultati.
“Ho cambiato idea.” Ste gli si sedette vicino e gli porse un bicchiere di succo. “So che preferiresti una birra, ma siamo ancora minorenni, quindi accontentati di questo.”
“Grazie.”
“Prego. Allora, vieni a ballare?” Dritta al sodo, le piaceva questa tattica.
“Dici a me?”
“C’è qualcun altro qui dietro e non me ne sono accorta? Dai, muovi il culo e vieni, animale.” Lui rise.
“Non è il caso, poi il tuo ragazzo sarebbe geloso.”
“Will non è il mio ragazzo e non lo sarà mai.” Iniziò decisa lei. Sapeva che gli doveva dire ed era meglio se lo faceva in fretta, altrimenti non avrebbe finito il discorso. “Ci ho messo una vita a capirlo. Ero sicura che se lui e Drusilla si fossero lasciati, nulla avrebbe compromesso la mia ascesa, tranne il fatto che, nel frattempo, io ho cambiato i miei sentimenti verso di lui. L’ho sempre visto così perfetto ed irraggiungibile, che quando è diventato più…bhe, raggiungibile, mi sono fatta avanti, senza capire che lo facevo più che altro per una fissazione mia, non solo perché mi poteva piacere.”
“Però…interessante.” Fece Shannon con il morale alto.
“In definitiva…mi piaci Shan.”
Si guardarono intensamente, con le luci che variavano colore passando dal viola al verde. Lui era rimasto così piacevolmente spiazzato da quella strana dichiarazione che si sentiva un bambino alla vigilia di Natale: felice e confuso perché non sapeva da che parte iniziare per scartare i regali.
“Sarebbe il caso di dirmi se io piaccio a te, altrimenti qui finisce tutto… “mormorò Stefy nervosa.
“Se mi piaci? Oh sì!!! Diavolo, tu sei la mia ragazza preferita in assoluto. Adoro bacchettarti e solo Dio sa che ti farei ancora.”  Stefy sorrise e prese ad avvicinarsi lentamente a lui. La luce gialla della pista rifletteva sul muro le loro ombre: pian piano lo spazio tra loro diminuì, fino a quando l’ombra divenne unica. Le labbra si incontrarono dolcemente, facendo sentire l’uno il sapore dell’altra. Entrambi avevano il cuore che martellava come la batteria della band. Shannon le prese il volto fra le mani ed approfondì il bacio, insinuandoci la lingua. Cominciò una battaglia, come se entrambi cercassero il predominio di quella sezione di baci e carezze. Le mani di Stefy vagarono per le braccia muscolose di lui, attirandolo sempre più vicino, mentre lui non perse l’occasione di accarezzarle audacemente le gambe lasciate esposte.
“Sei unica, lo sai?”
“Sì, lo so!” Shan rise.
“E modesta come il solito.”

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Capitolo 16
*** EPILOGO ***


Bene signore e signori, questa FF è terminata. In realtà ci sarebbero ancora tre capitoli definiti Etra perchè descrivono momenti del futuro delle due protagoniste. Se li vorrete leggere basta che me lo diciate e io li inserirò.

Volevo ringraziare tutte coloro che hanno inserito questa FF tra le preferite:


E un enorme grazie a coloro che hanno sempre recensito, quindi StephenKing e laulove90. Grazie mille ragazze^^

EPILOGO

 
Dieci anni dopo
 
L’appartamento era pulito ai limiti dell’eccesso: ovunque non c’era un solo granello di polvere. Faceva eccezione il piccolo tavolino della sala, dove erano appoggiate decine di riviste musicali e culinarie ed un pc portatile aperto che rilasciava la sua luce azzurrina sul divano. Monica era seduta sul divano intenta a guardare la TV. Non era cambiata poi molto, solo i capelli sembravano impazziti: erano stati tirati su in una coda e spuntavano dei ciuffi blu elettrico.
Finito il liceo si era trasferita a Los Angeles per frequentare la scuola di pasticceria: dopo tre anni si era diplomata ed aveva iniziato a lavorare in una rinomata pasticceria. Da qualche mese, finalmente, era riuscita ad aprire la sua attività: piccola, situata davanti alla spiaggia, era il ritrovo di tutti i nottambuli, dato che era aperta soprattutto di sera. Come si era ripromessa anni prima, non voleva più alzarsi alle tre del mattino. Era molto contenta di quello che era riuscita a creare quasi dal nulla: doveva ammettere, però, che era stato anche merito di Jared se ci era riuscita. Grazie alla notorietà dei 30 Seconds to Mars, era riuscito a darle una parte del capitale necessario, diventando, così, socio effettivo.
“Allora, inizia?” dalla cucina era apparsa Stefy: lei si era tagliata i capelli corti e li aveva sempre tinti di rosso. Gestiva la casa che divideva con Monica con assoluta dedizione, anche se la sua lotta contro la polvere era spesso all’ultimo sangue.
Quando avevano terminato la scuola, decisero di prendersi una casa assieme, in modo da dimezzare le spese. Grazie a dei contatti dei genitori di Stefy, avevano trovato un appartamento piccolo, ma grazioso e confortevole. Lo avevano arredato con calma ed ora era diventato il loro nido perfetto.
Stefy lavorava come grafica pubblicitaria in una grossa azienda del centro: era stata contattata dopo che alla scuola di grafica aveva vinto un concorso per la pubblicità di una bevanda sportiva. Grazie a quel premio era diventata, in breve, uno dei nomi giovani dell’arte Losangeliana.
Era estate ed erano in ferie entrambi: avevano sperato che i loro rispettivi ragazzi riuscissero a passare del tempo con loro, ma il Tour promozionale li stava portando a spasso per gli Stati Uniti e li teneva assorbiti giorno e notte, con buona pace delle ragazze.
Monica, guardando Stefy, pensò a loro quattro: erano due coppie così stranamente assortite che solo il cielo sapeva come potevano stare in piedi dopo così tanti anni. Nella loro cittadina era tutt’ora un mistero.
Lei e Jared riuscivano a discutere anche per delle inezie, tipo chi doveva preparare la colazione al mattino, eppure alla fine filavano d’amore e quasi d’accordo. Lei non riusciva veramente a pensare alla sua vita senza di lui, o con qualcun altro al suo fianco. No, solo Jared poteva tollerare i suoi scatti di follia o di rabbia e solo lei poteva trovare interessante i suoi discorsi sulla filosofia della band che gli altri schifavano avendoli già sentiti almeno un miliardo di volte. Sembrava che si potessero completare solo a vicenda.
E la stessa cosa riguardava Stefy e Shannon: quando a scuola si diffuse la notizia che i due facevano coppia fissa, un mormorio non dissimile da quello provocato da Monica e Jared, passò di bocca in bocca. Certo facevano sul serio scintille, ovunque andavano, senza badare a nessun commento acido o consiglio che altre persone volevano dargli a tutti i costi. I più maligni erano convinti che i due si sarebbero mollati molto presto, ma chi li conosceva bene, sapeva che non era un’opzione da tenere in considerazione: erano troppo sulla stessa linea d’onda per non poter stare assieme, due pazzi scatenati fino al midollo.
“Porca miseria, quando si decidono ad iniziare?” Gemette Stefy crollando sul divano vicino all’amica.
“Stai tranquilla, dai. Inizia tra cinque minuti.”
“Ti rendi conto, appariranno in TV!”
“Eh già.”
In effetti quando Jared le aveva telefonato, stentava a crederci perfino lei, ma MTV aveva mandato loro l’invito per partecipare a TRL, direttamente da New York. Sarebbero stati in diretta nazionale, robe da matti. I 30 Seconds to Mars stavano veramente per andare in orbita.
“Cioè, i nostri ragazzi, quelli con cui abbiamo condiviso di tutto, comprese le serate finite ad alcool e le mutande sporche, quei ragazzi stanno per diventare famosi.” Monica la fissò facendo una smorfia.
“Messa così suona decisamente…strano.”
“Perchè?”
“L’accenno alle mutande non mi fa fare salti di gioia.” Stefy si limitò a fare spallucce. A lei interessava poco, voleva solo vedere Shan alla tv ed urlare come una pazza: glielo aveva promesso.
Improvvisamente iniziò la sigla del programma e le due si fecero più attente: dentro ribollivano di eccitazione come due bambine. Sullo schermo apparve la piazza gremita di persone: c’erano un sacco di ragazzi che sventolavano cartelloni, alcuni avevano indossato delle strane maschere bianche, ma tutti erano li per salutare i 30 Seconds. Monica provò uno strano calore nel cuore: tutte quelle persone erano lì perché amavano la loro musica, amavano quello che creavano giorno dopo giorno… certo, magari qualcuno era lì pure perché erano dei gran bei pezzi di uomini.
La conduttrice, una simpatica ragazza di colore stava parlando della classifica e di chi sarebbe arrivato da lì a poco a fare compagnia a tutti loro. Come disse il nome della band, Monica e Stefy fecero degli urletti eccitati. Era proprio vero, di lì a poco li avrebbero visti.
Fino a che ecco apparire Tomo: portava i capelli lunghi e neri, vestito completamente di nero, tranne gli occhiali da sole, grandi e bianchi. Le due ragazze si misero a ridere senza ritegno.
Lo seguiva Matt, sempre serio e compassato.
L’urlo di Stefy echeggiò per tutta la casa e Monica capì senza neppure vederlo, che sullo schermo c’era Shannon. Lui aveva optato per dei pantaloni rossi, una maglietta nera e il cappellino nero. Lanciò dei piccoli bacetti all’indirizzo della telecamera.
“Amore mio, dolce puzzone!!! Ti adoro!!”
“Ciao cognatino!” esclamò Monica ridendo. Tornò seria quando vide Jared: aveva optato per i capelli corti e neri, con un completo bianco che lo valorizzava al mille per mille. Si era truccato gli occhi con la matita nera e sembravano ancora più grandi. Monica notò che era nervoso per il modo frenetico con cui si tormentava le unghie, diligentemente dipinte di nero.  Senza neppure accorgersene, aveva iniziato ad avere l’acquolina in bocca. Pensieri molto perversi le danzavano per il cervello.
Intanto i ragazzi non stavano più nella pelle: avevano interesse solo per suonare, specie Jared, dato che non era molto sicuro di riuscire a portare avanti un’intervista di quel genere, dato che se solo pensava ai milioni di telespettatori che aveva davanti gli veniva panico.
“Allora, benvenuti!” iniziò la ragazza. Cercava di metterli a loro agio e sembrò riuscirci, perché presto i quattro si misero a scherzare e ridere.
“Ehi!! Cosa tocca quella??” Sbraitò Stefy indicando il televisore. Una ragazza aveva portato un pacco regalo a Shannon e lui per ringraziarla le aveva dato un bacio sulla guancia.
“Ste, è solo una fan.”
“Non me ne frega una cippa lippa, lui è mio e guai a chi lo tocca!”
Monica non osò ribattere, anche perché Stefy non ascoltava da quel orecchio. Tornò a fissare lo schermo in attesa del segno. Jared le aveva promesso che le avrebbe palesato il suo affetto in diretta TV: lei era un po’ scettica, dato che conosceva la reticenza del suo ragazzo a parlare di sé, specie con un sacco di gente di fronte.
Intanto la ragazza di colore stava chiedendo se i 30 Seconds avessero dei piccoli gesti particolari. Shannon sorrise diabolico verso la telecamera e Stefy sentì partire un leggero brivido dal collo che terminò alla punta dei piedi. Quello sguardo, per lei, significava una cosa sola: sesso!
“Madonna, quando torna?” mugolò. Monica si mise a ridere quando vide che Shan stava picchiettando la spalla di Jar con le sue bacchette e il suo ragazzo non sembrava gradire poi molto.
“Ti sta bacchettando, lo senti?” le domandò divertita.
“Oh sì, il mio animaletto me l’ha detto. Vorrei che fosse qui per potermi bacchettare con la sua enorme bacchetta!” fece maliziosa.
“Come ti capisco.” Le mancava un sacco Jared, ormai erano già tre mesi che stavano in giro e non erano riusciti a vedersi.
Jared, nel frattempo, stava per scoppiare. Non sopportava di essere il surrogato di qualcuno, anche se Shannon amava quel qualcuno più di chiunque altra persona al mondo.
“Shan!” Sibilò piano sperando che nessuno se ne accorgesse “Smettila con quelle dannate cose. Io non sono Stefania.”
“Lo so benissimo, fratellone, ci mancherebbe altro. Ma lo avevo promesso alla mia Micetta.”
Jared scosse il capo cercando di capire la domanda che le faceva la VJ: per fortuna non si era accorta degli strani discorsi che avevano fatto loro due.
“Bene, lasciamo spazio alla prima canzone che i nostri ospiti hanno deciso di suonare. Se non sbaglio è una versione acustica…ehi, proprio come i grandi.” Si sentirono dei forti applausi dal pubblico mascherato. “Quindi, lasciamoci andare ai 30 Seconds to Mars, con “Was it a Dream?” !”
Monica balzò in piedi: Jared le aveva detto che avrebbe cantato solo “Attack”, il primo singolo del loro secondo album, ma non altre. Evidentemente aveva cambiato la scaletta all’ultimo momento e quella canzone era IL gesto.
Jared cantava tranquillo, completamente immerso nella telecamera: non staccava mai lo sguardo dall’obiettivo e i suoi occhi erano così espressivi che la VJ si gasò per il successo che sicuramente avrebbe avuto quella puntata.
In realtà al ragazzo non importava nulla di tutto ciò, voleva solo cantare al meglio la loro canzone: in fondo era stata la prima cosa che Monica aveva ascoltato, in un lontano pomeriggio a casa sua, seduta sul suo letto, quando ancora nessuno, neppure loro, potevano sapere di essere già irrimediabilmente innamorati. Quella canzone era stata la cosa che li aveva sbloccati e meritava di essere il loro inno.
 
Was it a dream?
Was it a dream?
Is this the only evidence that proves it
A photograph of you and I

 
Anche Monica non staccava lo sguardo dalla TV e non serviva a niente che Stefy la chiamasse, non poteva e basta: la voce, gli occhi, la bocca che si muoveva, tutto di Jared la chiamava, la faceva vibrare. Sentì formarsi nello stomaco una sensazione simile alle farfalline, solo che le sembrava di avere all’interno un intero branco di esseri svolazzanti. Si sentiva veramente di amarlo alla pazzia e sapeva che anche lui amava lei, lo capiva da quello che le stava dicendo con i suoi grandi, magnetici e bellissimi occhi grigi.
“Dio, quanto è topo!”
La magia terminò quando Tomo lasciò l’ultima corda e la nota vibrò fino ad estinguersi. Si alzò un fragoroso applauso da tutto il pubblico, anche quello stipato in strada.
“Piaciuta la dichiarazione?” chiese Stefy.
“Da morire…ma tu lo sapevi?”
“Certo. Shan me lo aveva detto ieri sera al telefono. Jared era completamente preso dalla paura di far questa cosa, anche perché non sapeva se MTV lo lasciava cantare una seconda canzone.”
Tornarono a guardare lo spettacolo. La ragazza era tornata ed immediatamente aveva chiesto la cosa che tutti temevano.
“Bellissima canzone, Jared, ma è dedicata a qualcuno in particolare?” lui lanciò un’occhiata a Shannon che non potè che rispondergli con un’occhiata impotente.
“Bhe, in effetti è stata scritta per una mia ex.”
“Cosa?” Scattò Stefy, ma Monica la tranquillizzò. Jared glielo aveva spiegato.
“E la canti per lei?”
“No, no!” Rispose secco. “È…una dedica.”
“Per una persona speciale?” continuò la ragazza evidentemente divertita dal suo imbarazzo.
“Ehm…sì.” Jared fu salvato solo dalla pubblicità.
Monica si mise a ridere fragorosamente: poteva solo immaginare quanto fosse stato penoso per lui dover dire quelle due piccole parole. Di solito lui era uno che faceva casino, uno che non si faceva problemi per nulla, ma quando iniziavano le domande personali, bhe, cambiava completamente e diventava timidissimo. Monica non perdeva un momento a prenderlo in giro.
Squillò il telefono e Stefy si fiondò a prendere la cornetta.
“Pronto! Ah, il Fros…passami Shan! No…voglio parlare con lui…per favore… dai…” sbuffò, ma riprese il sorriso poco dopo. “Amore!!” Monica decise di lasciare loro un po’ di intimità e se ne andò in cucina a bere un po’ di acqua fredda: doveva raffreddare i suoi bollenti spiriti. Certo, sperava sul serio che i due innamorati la finissero presto, perché la pubblicità non sarebbe durata in eterno e lei voleva assolutamente sentire Jared.
“Monica!!! Vieni che c’è il fros che ti vuole parlare.” Corse verso il telefono.
“Allora, ti è piaciuta?” sentire la sua voce le faceva veramente bene, riuscì a farla calmare. Quanto le mancava? Un sacco e lo voleva accanto a sé a tutti i costi.
“È stato qualcosa di spettacolare. Grazie.”
“Ma quale grazie. Lo sai che lo avrei fatto e poi ci tenevo a farlo.” Monica sorrise. “Ah cazzo, già mi richiamano. Ti telefono più tardi.”
“Ok, ti aspetto.”
“Monica…”
“Sì?”
“Ti Amo.”
“Ti amo anche io.”
 
FINE

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Capitolo 17
*** Capitolo extra 1 ***


Avviso fin da subito che questo primo capitolo extra è molto molto molto hot. E' stato scritto appositamente per la mia amica Stefania. Al di la della sua scena intima, ci sono due scenette che riguardano Monica e di traverso Jared.

Spero vi piaccia comunque.

A Beautiful Lie- capitolo extra
 
“Mamma, io non voglio stare con la Zia Monica, è antipatica!” urlò una bambina di sei anni. Aveva i capelli scuri e lunghi, gli occhi quasi a mandorla e incredibilmente arrabbiati. Il vestitino giallo le stava d’incanto.
“Dai, non dire così. Ti piaceva stare con lei, adoravi truccarla.”
“Ma adesso no.”
Stefy alzò gli occhi al cielo e lasciò alla sua amica la borsa con tutti i ricambi della bambina.
“Monica, sei sicura di volerla tenere qui per questa notte? Io e Shannon potremmo cambiare programma.”
“Certo, come se lo volessi davvero. Non ti preoccupare, ci troveremo benissimo.” E lanciò un’occhiata carica di significato alla bambina che faceva il broncio.
“Samantha, mi dai un bacio?”
“No!”
“Va bene, restatene così.” Stefy lasciò la stanza.
Zia e nipote si guardarono in silenzio soppesandosi come due nemici al fronte.
“Quando arriva lo zio?”
“Tra un po’.” La bimba incrociò le braccia davanti al petto e si sedette sul divano: Monica sospirò e si mise di fianco a lei.
“Samantha, perché ti sto così antipatica?” lei non rispose e Monica non insistette: non aveva un gran feeling con i bambini, ma con Sammy era decisamente troppo. Le faceva la linguaccia, le dava calci appena poteva e non sopportava di averla vicina. Ok, che se la gestisse Jared che era meglio.
Per un po’ Samantha continuò a fissare il muro davanti a sé. Si stava annoiando, ma non voleva dare soddisfazione a sua zia di vederla contenta.
“Posso guardare la TV?” domandò a voce bassa.
“Fai pure.” Rispose Monica dalla cucina. Stava preparando la cena per tutti, mica per colpa di quella peste potevano morire di fame tutti quanti.
Sospirò di sollievo quando sentì girare la chiave nella toppa.
“ZIOOOOOOOOO!” Urlò Samantha correndo a braccia aperte verso l’uomo che sorrideva felice.
“Ehy, la mia nipotina preferita.” La prese in braccio facendola girare per tutta la stanza. Lei se lo sbaciucchiava tutto. Jared la ripose per terra ed andò in cucina. “E qui c’è anche la mia mogliettina preferita.” Monica sorrise.
“Perché, ne hai altre?” Jared fece per pensarci.
“Uhm…che io sappia direi di no!” la prese per la vita e la baciò appassionatamente: nessuno di loro capiva come, dopo quasi quindici anni, provassero la stessa passione del primo giorno. Ah, l’amore.
Monica sentì una fitta lancinante allo stinco: Samantha le aveva mollato un calcio.
“Piccola peste che non sei altro.” Ma Jared ridendo se la riportò in soggiorno, mentre lei faceva la linguaccia alla zia.
Per Monica fu una liberazione quando la misero a letto.
“Guardala, questa è calma solo quando dorme.”
“Ma dai che non è vero. È un amore di bambina.” Monica lo guardò male. “In realtà mi domando perché ce l’abbia tanto con te.” Lei non rispose, anche se una vaga idea l’aveva eccome. “Ah, giusto per sapere, perché stanotte è con noi? Stefy e Shannon vanno da qualche parte?”
“No, sono a casa.”
“E quindi.” Monica gli lanciò un’occhiata carica di sottointesi.
“Cosa…? Ahhhhh ho capito, è la notte del sesso acrobatico per tutta la casa!”
 
E, infatti, così doveva essere. Stefania aveva pulito da cima a fondo tutta la casa, in modo che fosse perfetta. Aveva chiuso a chiave la stanza della bambina, ancora che a quel pazzo animale del marito non venisse la voglia di farlo anche lì. Poi si era fatta un lungo bagno profumato per ammorbidire la pelle, per poi farsi la ceretta e truccarsi come una vera vamp. Per il ritorno di Shan aveva indossato solo una leggera sottoveste color avorio con le spalline molto sottili che le cadevano in continuazione. Per terminare, aveva comprato un paio di scarpe con il tacco vertiginoso che la allungavano di parecchio. Si guardò allo specchio…non era per niente male. Un rapido tocco di rossetto ed era perfetta!
Guardò fuori dalla finestra e poco dopo vide arrivare in lontananza la macchina scura di Shannon. Cominciò ad avere l’acquolina in bocca e tra la gambe già sentiva un piacevole formicolio.
Corse ad appoggiarsi allo schienale del divano, le gambe incrociate: aveva preparato tutto quello alla sua insaputa ed era veramente curiosa di vedere come lui avrebbe reagito.
La maniglia si abbassò e la figura dell’uomo apparve. Gli anni lo avevano decisamente migliorato: sembrava che veleggiasse sulla ventina, piuttosto che sui trenta passati. Era diventato ancora più muscoloso alle braccia, grazie al continuo suonare sulla batteria come un forsennato. Le gambe sode e snelle e la perenne espressione da animale notturno: il tutto gli dava l’aspetto di uno veramente tosto.
“Buongiorno piccolo puzzone mio.”
Shannon si fermò di botto e guardo la moglie: si leccò le labbra quando si accorse dei tacchi alti che lo facevano andare completamente fuori di testa.
“La bimba?” chiese mentre si avvicinava al divano.
“Da Monica.”
“Casa libera, quindi.” La prese per la vita stringendola a sé.
“Tutta per noi.” Gli sussurrò piano all’orecchio. Non finì neppure la frase che Shannon si era già fiondato famelico sulle sue labbra mangiando, di fatto, tutto il rossetto. Stefy si arrese all’assalto, almeno a quel primo. Sentiva la patta dei pantaloni scoppiare, quindi con le sue dolci manine gli aprì la zip e gli tolse le mutande, in modo che il suo membro uscisse prontamente eretto.
“Lo vuoi dolce?” domandò Shannon mentre infilava una mano sotto la gonna a Stefy, rimanendo piacevolmente sorpreso per la mancanza di intimo. “O preferisci qualcosa di più animalesco?” Stefy represse un brivido di piacere e di aspettativa.
“Sii animale.” Senza accorgersi di nulla, si ritrovò Shannon che la portava verso il muro. Stefy circondò il bacino del marito con le gambe, sentendo l’erezione premere furiosa su di lei: no, non sarebbe durato a lungo, ma chi se ne fregava, era talmente bagnata ed eccitata da tutti i pensieri che si era fatta!
Il muro riusciva a sorreggerli perfettamente e lui adorava prenderla in maniera così selvaggia: da quando c’era la piccola l’aveva potuto fare troppe poche volte, dato i rumori forti che facevano insieme, ma quella sera si sarebbe sfogato alla grande.  Prese a baciarle il collo frenetico, per scendere verso il petto: con i denti fece scivolare una delle spalline della sottoveste, per far scoprire la soffice carne del seno.
“Oh sì…mordimi.” Lui non se lo fece ripetere e prese tra le labbra il capezzolo duro come un sassolino. Stefy iniziò immediatamente a mugolare: adorava sentire la sua bocca su di lei, con la barba che le pungeva il petto.
“Voglio mettertelo dentro.”
“Sì, fallo!”
Senza farselo ripetere due volte, prese in mano il suo membro e, con movimenti collaudati da anni di sesso assieme, lo infilò con forza nel canale ben umido di Ste, che si morsicò il labbro per l’intensità della spinta. Dio, quanto adorava sentirlo dentro. Shannon spostò una mano dietro al sedere di Stefy, mentre con l’altra la teneva per la schiena per sorreggerla meglio e così facendo, prese a darle poderose spinte che la fecero urlare di insano piacere. Shan lo faceva uscire e rientrare veloce, sentiva che stava per scoppiare e voleva venire dentro di lei mentre la faceva gemere. Riprese a baciarla sulle labbra che sapevano di fragola e spinse ancora più veloce. Stefy sbatteva di continuo sul muro, sapeva che il giorno dopo le sarebbero venuti dei lividi violacei sul sedere, ma era un bel prezzo da pagare per sentire un orgasmo svilupparsi in lei.
“Amore, sto per venirti dentro.”
“Uhm….” Quelle rivelazioni le erano sempre piaciute e ogni volta ringraziava il cielo che Shannon non fosse avido di parole. Cominciò a mugolare e muoversi per sentirlo meglio, fino a quando Shan non venne con un gemito prolungato: Stefy lo raggiunse sentendo gli schizzi caldi dentro di lei.
Rimasero per qualche secondo fermi, per riprendersi, ansimanti. Stefy sentiva colare tra le cosce i suoi umori e quelli del marito, le gambe leggermente indolenzite per la posizione non troppo comoda. Shannon stava respirando a pieni polmoni il dolce profumo della moglie: lo adorava e ne voleva ancora, però voleva sedersi.
Sempre tenendola in braccio, la portò sul divano.
“Sei unica.” Le disse senza troppi preamboli.
“Lo so!” lui sorrise e finì di spogliarsi: nudo e sudato, la fissava intensamente negli occhi, mentre Stefy si passava la lingua sulle labbra languidamente per invitarlo su di lei.
“Questa notte voglio farti impazzire, gattina.”
“Miaooo, bauuu, Frrrr.” Rispose lei mentre si passava una mano sulla coscia per tirare verso l’alto il lembo della sottoveste. Shan si inginocchiò davanti a lei e senza troppe parole, le spalancò le gambe: perse qualche secondo a rimirare il sesso di Stefy. Gli piaceva da matti quel piccolo bocciolo rosa, completamente inondato di secrezioni e così invitante. Stefy gli accarezzò la testa e lui le baciò l’interno coscia. Si rese conto che lei stava rabbrividendo. Lentamente, ma inesorabilmente, si avvicinò al suo piccolo monticello, baciando anche lì, così che Ste si aprisse ancora di più. Le passò un dito tra l’inforcatura e lei mugolò qualcosa di incomprensibile, mentre lentamente si prendeva i seni tra le mani.
Shannon iniziò un leggero movimento con la lingua, lappando lentamente ogni millimetro di carne morbida. Adorava il gusto di loro due assieme, qualcosa di unico ed inimitabile e non si faceva nessun tipo di problemi a leccarne ogni singola goccia.
Prese tra le labbra il piccolo clitoride ed iniziò a succhiarlo, facendo sussultare Stefy. Lo picchiettò con la lingua ed accarezzò le gambe sensibili. Stefy sentì partirle i brividi da tutte le parti, stava veramente iniziando a non capire più nulla. Shannon prese ad insinuare il dito nella sua apertura, mentre con un sogghigno guardava la moglie che si contorceva dal piacere.
“Gattina, vuoi che smetto?”
“No…oddio, no…ti prego fammi venire.”
“Sei sicura?”
“Sì… Gesù, Giuseppe, Maria, sei fantastico…”
Senza ulteriori indugi, Shannon inserì un secondo ed un terzo dito nel canale facendo inarcare Stefy che urlò dal piacere. Adorava vederla così, sudata, ansimante e quasi nuda mentre veniva grazie a lui: era come ribadire che lei era sua e sua soltanto. Nessuno poteva vederla in quella maniera. Sentì l’erezione pulsare di voglia, ma decise che per quella sessione si sarebbe dedicato solo a lei e basta.
Scese di nuovo con le labbra sulla vagina, in modo da poterle di nuovo succhiare il clitoride che richiedeva attenzioni continue.
Stefy si abbandonò completamente: le mani vagavano sul suo corpo e tra i capelli di Shannon, il piacere era ormai quasi al culmine, e si sentiva svenire.
“Oddio…. Proprio lì…sì…uhmm…”
Venne urlando il nome del marito senza pudore alcuno, con le gambe che si muovevano e i muscoli potenti del proprio sesso che stritolavano le dita di Shan.
Quando quest’ultimo lappò ogni singola goccia proveniente da lei, si rialzò e guardò in faccia la sua donna: il volto arrossato e gli occhi lucidi le davano l’aria quasi da ragazzina pudica. Prese una ciocca di capelli scivolati sul viso e la portò dietro all’orecchio.
“Sai sempre di buono.” Le mormorò dolce. Stefy gli si avvicinò e lo baciò lentamente, assaporandosi ogni sapore che lui aveva in bocca, proprio incluso.
“Animaletto mio, adesso è il mio turno di prendere le redini del gioco, vero?” Shan rise.
“Non sei ancora  stanca?”
“Di te mai, amore. E poi mi sembra che ci sia una parte di te che non vuole riposare per nulla.” E così dicendo passò leggera un’unghia sull’asta già pronta.
“Sei un diavolo di donna.”
Stefy e Shannon si avviarono in camera da letto. La donna si tolse del tutto la sottoveste e rimase solo con i tacchi, dato che sapeva che lui li adorava.
“Questa sera facciamo un gioco.” Iniziò lei. Andò nel cassetto e prese alcuni foulard.
“Ste, che intenzioni hai?”
“Di comandare!” Shannon fece un cenno con il sopracciglio, ma non si ribellò. Stefy prese due fazzoletti e legò entrambe le mani alla testata del letto.
“Uhm…adoro il bondage.” Fece Shan passandosi la lingua sulle labbra. Il terzo fazzoletto finì a bendare gli occhi. Quando finalmente lo reputò pronto, si mise sopra di lui, in modo da poterlo cavalcare. Strofinò la vagina ancora bagnata sul suo pene per farlo gemere, poi, delicata, iniziò a leccare tutto il torace. Le piaceva soprattutto torcere i piccoli capezzoli.
“Micina, se non ti muovi ti violento.”
“E come che sei legato?”
“Non lo so, ma un modo lo trovo di sicuro.” Stefy rise forte e prese a stuzzicargli il membro con le piccole manine. Lentamente si ingrossava e diventava molto più appetitoso. Sentì un brivido sconvolgerle il sesso: un fiotto bollente le scese sulle cosce, anche vedendo il marito che si mordeva il labbro per non urlare. Sapeva che gli piaceva quel trattamento. Come era bello e sexy!
Prese il suo membro pronto e già con la cappella umida e iniziò a calarsi sopra: lentamente entrò in lei e si sentì, come al solito, piena fino all’orlo. Un singulto strozzato le fece capire che anche Shan stava decisamente andando fuori di testa per il piacere. Adorava quando lei stava sopra! Mosse i fianchi per sentirla meglio e Ste, presa di sorpresa, gemette intensamente.
Prese a dondolare lentamente: voleva che il suo piacere crescesse piano, in modo da goderselo al meglio. Un nucleo di lava fusa si stava formando alla base dell’utero e diventava sempre più grande ed incredibile. Il pene di Shannon la colpiva perfettamente nei punti che solo loro conoscevano. L’uomo cercava di strattonare i fazzoletti più forte che poteva, ma i nodi erano veramente stretti: voleva proprio poter stringere i seni della donna, ma non era possibile.
Stefy continuava ad andare su e giù sul corpo muscoloso di Shannon che non riusciva a smettere di muovere le mani.
“Almeno lasciami vederti mentre vieni.” Le pregò. Senza aspettare, gli tolse la benda e la gettò lontano. Si fissarono negli occhi senza parlare fino a quando le spinte di Stefania non furono più lunghe ed intense. I muscoli le si contrassero e sentì Shannon venirle dentro di nuovo. Non potè che seguirlo nell’orgasmo con un lungo gemito soddisfatto. Crollò su di lui lasciandosi baciare la testa.
“Miseria, quanto mi mancava una cosa del genere.” Sussurrò Shan.
“Già. Amo Samantha, ma a volte mi piace tirare fuori gli animali che sono in noi.” Stefy slegò le mani al marito e si tolse le scarpe, poi si accoccolò al fianco di Shannon. In fondo prima del secondo round dovevano riprendere le forze.
“Amore, domani vai tu da tuo fratello a prendere la bimba?”
“Ok, nessun problema.”
I due coniugi presero a coccolarsi dolcemente: quindici anni erano passati e loro si amavano come il primo giorno.
 
Monica stava tranquillamente preparando la colazione: aranciata per Jared, latte per Samantha e caffè per lei. Tutto perfetto. Dal fornetto uscirono le brioches fragranti. Sperò proprio che nessuno avesse da ridere.
Poi sentì dei piccoli passi arrivare fino da lei. Si girò e trovò Samantha, ancora con il pigiama di Winnie the Pooh, le mani sui fianchi e lo sguardo assassino. Monica pensò che doveva stare attenta: quella bambina sarebbe stata ben capace di allearsi alle fan più scatenate di Jared per farla fuori.
“È successo qualcosa, piccola?” chiese cauta.
“Quando io sarò grande sposerò lo zio Jared e tu non ci sarai.” Monica strabuzzò gli occhi. “Lui è mio!”
“Senti un po’, che ne dici di un patto?” iniziò Monica. Sammy incuriosita non disse nulla e Monica le si avvicinò inginocchiandosi davanti a lei, così da vederla negli occhi. “mi pare di capire che entrambe amiamo lo zio Jared. Perché non diventiamo amiche? Altrimenti lo zio non sarà felice se io e te litighiamo di continuo e noi non vogliamo che lo zio sia triste, no?” la bimba la guardava soppesando le parole che aveva sentito. Da dietro la porta, Jared sorrideva intenerito da quello che sua moglie tentava di fare.
“Ci devo pensare.” Fece infine Samantha. Monica sospirò: almeno una mini tregua era stata suggellata.
“Perfetto, intanto che ne dici di una buona colazione?”
Sammy sedette a tavola ed iniziò a bere il suo latte. La zia aveva ragione: se lo zio era triste, non le avrebbe voluto abbastanza bene.  Monica uscì a chiamare Jared, ma venne fermata dall’uomo che la abbracciò e la baciò appassionatamente. Lingue mani lottarono, incuranti che la bambina fosse lì vicino.
“Wow, a cosa devo questo splendido trattamento.”
“Un marito non può baciare la sua splendida moglie?”
“Oh certo che può, anzi, deve!” e lo baciò di nuovo.
“E poi, mi è piaciuto quello che hai detto alla nostra nipotina.” Monica fece spallucce.
“È l’unico modo per avere una tregua. Quella bambina è terrificante: ci rivedo la Ste e pure tuo fratello… un mostro.” Jared rise.
“Senti…” iniziò lui tentennante mentre entravano in cucina. “e se facessimo un figlio nostro?”
Monica e Samantha alzarono la testa, sgranarono gli occhi ed esclamarono:
“COSA?”
 
FINE
 
 

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Capitolo 18
*** Capitolo Extra 2 ***


Torniamo ad un capitolo molto più soft

Capitolo Extra 2: Monica e Jared

 
Per Anna che aveva chiesto un capitolo Extra di A beautiful Lie con Monica, Jared ed un Bambino.
 
La Rivelazione
 
Era stato il dolore atroce il primo campanello d’allarme. Non erano le solite fitte da ciclo, anche se il periodo sarebbe stato quello giusto, forse un po’ in anticipo. No, era qualcosa di peggiore, una sensazione di scivoloso, caldo ed estremamente sbagliato.
“Jared, portami in ospedale.” Era stata una richiesta dettata con una grande tranquillità, anche se dentro aveva una paura fottuta. La percepiva anche nello sguardo del suo uomo che la fissava come se la stesse perdendo. Era più spaventato di quella volta a Detroit, dove un gruppo di ragazze voleva linciarla perché se lo stava baciando: maledette fangirl.
 
E ora era lì, distesa a letto con un broncio maledetto.
Stefy non faceva che ripeterlo: “C’è l’un percento di probabilità che succeda.” Mica poteva essere lei la sfigata di turno, giusto? Eccome!
“Sta bene signora?” eccolo lì, il suo medico. Quello che le aveva dato la notizia shock.
“Mai stata meglio.” Rispose con voce funerea Monica. Non voleva stare lì, lei odiava gli ospedali e odiava, soprattutto, il motivo per cui ci si era ritrovata.
“È stata fortunata, ancora un po’ e avrebbe perso il bambino.”
Incinta.
Una parola, una sentenza. Lei non li voleva i figli. Lei non voleva essere madre, lei non voleva partorire. E credeva che lo stesso valesse per Jared. Non ne avevano mai parlato seriamente, lui sempre in giro per il mondo, preso con la band e perso dietro a sua nipote Samantha. Invece alla notizia che sarebbe diventato padre, quasi esplodeva a piangere di gioia. Monica non se l’era proprio sentita di dirgli che lei, quel bambino, non lo voleva. Aveva così deciso di aspettare…in fondo aveva tempo fino al terzo mese.
Fissò il suo ventre ancora piatto con astio.
“Ci hai fregati tutti, vero?”
 
Terzo mese
 
Jared correva come un matto: ormai odiava stare in sala di incisione troppo tempo e i suoi compagni lo sfottevano come un matto, ma a lui non importava. Voleva soltanto correre da Monica e stare con lei e il bambino. Ok, tecnicamente il bambino era solo un feto che probabilmente, anzi assolutamente, non sapeva di essere al mondo. Ma era il suo feto, suo e di Monica. Si bloccò davanti ad una vetrina e si mise a pensare: onestamente non gli sembrava che Monica sprizzasse di gioia all’idea di avere un figlio e non capiva come mai. Non era il sogno di tutte le donne sul pianeta quello di mettere su famiglia? Non ne avevano mai parlato sul serio, anche perché entrambi erano stati presi dai loro progetti lavorativi. I 30 Seconds to Mars ormai erano una delle realtà musicali stabili e la pasticceria di Monica viaggiava a meraviglia. Stavano insieme, si erano sposati e andavano avanti tranquilli, di figli non c’era mai stato tempo per parlarne. Era arrivato e basta. E lui era raggiante.
Salì le scale facendo gli scalini due a due e quando aprì la porta si bloccò: Monica era seduta sul divano che piangeva a dirotto.
“Monica, che succede? Stai male? Devo portarti dal medico?” Monica lo guardò con occhi lucidi.
“È tutta colpa tua!” Jared restò di sale. “Sì, è colpa tua se mi ritrovo incinta. Potevi sparare a salve quella notte, no? Cazzo!!” Jared la fissò ad occhi aperti, poi la strinse a sé. Non capiva cosa le stesse accadendo, ma doveva starle vicino.
“Amore, si può sapere che ti succede?”
“Cosa mi succede? Guardami bene perché tra un po’ tua moglie sarà una balena e non mi vorrai più. Colpa di questo piccolo parassita!”
“Scusa?”
“Il bambino. Lo sai come funziona qui dentro?” e si indicò la pancia. Jared era decisamente preoccupato: sua moglie stava dando i numeri. “Questo piccolo essere che adesso non è ancora un niente, è collegato a me. Prende tutto da me e il mio corpo lo aiuta! Rema contro, non lo combatte… aiutami Jared.”
“Aiutarti in cosa?”
“Io non voglio essere madre.” Ecco, la verità finalmente svelata. Si aspettava una sonora cazziata, urla da parte di Jar, ma lui le prese le mani e si sedette comodo vicino a lei che tirava rumorosamente su con il naso.
“Mi sembra che sia un po’ tardi per dirlo, no? La pagnotta è in forno.”
“Ma come parli?” lui rise.
“Bhe, parlo così. Senti…” fece di nuovo serio “…questo è il nostro bambino. Andrà tutto bene, no?”
“Tu parli facile. Non sei tu a dovertelo portare in giro o a vomitare tutte le mattine a causa delle nausee. Non sei tu che avrai i piedi gonfi e dovrai morire di dolore per partorire…”
“Ma sarò io quello che a metà della notte andrà a comprarti le fragole, o quello che cambierà i pannolini sporchi e gli darà da mangiare se tu vorrai andare a farti i capelli. Monica, non ti fidi di me?”
Monica lo fissò seria e sospirò.
“Il mio problema non è fare un figlio con te. Il mio problema è fare un figlio e basta. Io…” altro sospiro “…io non sono capace di fare la madre. Io non ho mai avuto istinto materno. Stefy a 16 anni già si vedeva con tre bambini, mentre io mi vedevo a fare torte e basta. Non sono una madre.”
“Nessuno nasce pronto per essere genitore, ma abbiamo ancora sei mesi per renderci conto della portata della cosa. E poi sono sicuro che sarai più che perfetta. Forse con gli altri bambini hai problemi, ma lui o lei sarà tuo e soltanto tuo…oh bhe, anche mio, ma sarà nostro e sarà differente.”
“Sarà un lui.” sussurrò a fior di labbra.
“Come lo sai?”
“Me lo sento.”
Jared sospirò: sembrava che il pericolo fosse passato. Ma vedere la sua Monica in quello stato l’aveva preoccupato.
“Ti va di iniziare a pensare a come lo chiameremo?”
 
Sesto mese
 
Finalmente i medici le avevano dato il permesso di potersi muovere: stare chiusa in casa e non poter camminare più dello stretto necessario era stata un’agonia, ma non farlo poteva significare un problema al bambino. Fece una smorfia davanti allo specchio ripensandoci. Quel minuscolo esserino non era ancora nato e già le stava creando più fastidi che altro. Nonostante tutte le belle parole che sentiva, non riusciva ad amarlo come doveva. Cazzo, pensò mentre si lavava i denti, sono una quasi mamma, è possibile che il pensiero di avere un figlio mi spaventa così?
Fece mente locale: Stefy, quando aveva scoperto di aspettare Sammy, era al culmine della gioia. Neppure al suo matrimonio era stata così raggiante. E di Shannon neppure a parlarne. Stravedeva per quel piccolo mostro. Jared era stato euforico per settimane, lei depressa, anzi, incazzata.
Aveva dovuto lasciare la pasticceria in mano alla sua socia e ormai da settimane non ci metteva piede. Che palle! Colpa di Alex che la costringeva a letto. Ma finalmente avrebbe potuto muoversi. Una passeggiata al parco se la meritava e poi un po’ di shopping, qualche libro, dato che li aveva finiti tutti e si stava ritrovando a leggere quelli pazzoidi di Jar. Diamine, la filosofia non faceva per lei.
Il sole di gennaio la colpì al viso. Adorava quella mescolanza di sensazioni: freddo dell’aria, ma caldo del sole. La faceva sentire viva come non mai. Decise di viziarsi un po’: si comprò un mega gelato a tre palline e poi della cioccolata in barretta da mangiarsi a casa, magari guardando qualche cavolata in TV.
Poi entrò in una profumeria e fece incetta di Sali da bagno e bagnoschiuma profumati: Jared era stato fantastico in quei mesi, si era prodigato per fare la spesa, per pagare le bollette e per cercare di andare in tour meno possibile. Ma quando non c’era lui, a farle compagnia c’era sempre Stefy e pure sua madre saliva spesso a Los Angeles. Insomma, non era mai stata veramente sola. Però ora le mancava la sua indipendenza e voleva riacquistarla facendo spese esclusivamente per se stessa.
Arrivò a casa con le mani ingombre di sacchetti e pacchetti vari.
“Sei pazza?” La bloccò Jared prendendole dalle mani la roba. Sembrava un invasato.
“Si può sapere che hai?”
“Tu devi stare calma e tranquilla. Non portare pesi in giro per la città.”
“Jared, ho fatto solo un po’ di compere, mica mi portavo in spalla una cucina nuova. Hai sentito il medico, mi fa bene andare a camminare. Aria pulita e fresca.”
“Sì, camminare al parco e sederti sulle panchine, non trotterellare in giro per la città.”
“Ufff, che palloso che sei. È andato tutto bene, di che ti lamenti?” Si distese sul divano passandosi inconsciamente la mano sul ventre. Ormai la gravidanza era evidente.
“Vorrei evitare che ai miei due amori succeda qualcosa. È tanto strano?”
“Lo sai che ti amo, vero?”
“Non cercare di blandirmi…”
“Ti ama anche Alex.”
“Non tirare in ballo il bambino, lo sai che non funziona. Se devi fare spese, perché non mi avverti? Così andiamo assieme.” Monica sospirò.
“Jared, parliamoci seriamente. Sei un uomo fantastico e lo sei stato ancora di più in questo periodo problematico per me. Ma ora sto bene e voglio riprendere in mano un po’ della mia vita. Lo capisci?” Jared annuì. “Perfetto. Ora vado a farmi un bel bagno caldo.”
“Stai qui, te lo preparo io.” Monica scelse un libro tra i suoi nuovi acquisti e si avviò verso il bagno: Jared aveva già riempito la vasca per metà e una nuvola di schiuma bianca. Si spogliò con calma sotto lo sguardo affamato del marito.
“Non mi guardare così.”
“Non ci posso fare niente, sei troppo bella.” La abbracciò e la baciò con passione accarezzandole la schiena.
“Vuoi entrare con me?”
Jared sorrise e si spogliò, poi entrarono in acqua insieme. Jar si appoggiò sul bordo della vasca, mentre Monica si mise sopra di lui, con la testa sulla sua spalla. I vapori salivano alti, specie quando Monica giocava pigramente con la schiuma. Un loro piccolo paradiso terrestre. Jared prese a parlare degli ultimi progetti della band: stavano cercando di convincerlo a fare un ulteriore tour in Europa, ma lui era piuttosto scettico perché non voleva lasciarla proprio quando sarebbe nato il bambino. Voleva stargli vicino il più possibile.
Monica ascoltava attentamente e pensava a quanto padre lui fosse e a quanto poco madre riuscisse ad essere lei. La deprimeva, sentiva che c’era qualcosa che non andava. Chiuse gli occhi per assaporarsi al meglio il corpo di Jared: era dimagrito fin troppo in quel periodo e lei aveva avuto paura che fosse qualcosa di più serio di un dimagrimento improvviso. Per fortuna stava mettendo su qualche etto, forse perché mangiava con i ritmi in cui mangiava lei. Forse il bambino avrebbe fatto bene a qualcosa. Nonostante i chili era sodo e scattante ed assolutamente rassicurante. Quando lui le era vicino, nulla poteva accaderle.
O quasi.
Fu una sensazione stranissima: era qualcosa che proveniva da dentro di lei. Alex le aveva appena tirato un calcio. Era stata la prima volta e la cosa era così…curiosa. Fissò il ventre e lo sentì di nuovo. Qualcosa di così intimo e personale. Non sapeva come descriverla, era il modo di Alex di comunicare con lei.
Sentì formarsi nel cuore un grande calore, un sentimento positivo, un affetto, che per quel bambino non aveva mai pensato di provare. Era il suo bimbo, la sua creatura.
“Ehi, ma allora ci sei sul serio.” Mormorò.
Le faceva strano, per la prima volta riusciva a realizzare cosa stava crescendo in lei. Ovviamente lo sapeva da sempre, eppure avere finalmente una prova tangibile e non solo prove fatte di oscure foto e nausee mattutine, la stava facendo sentire più…cazzo, mamma!
“Scusa, ma dici a me?” Si accorse solo in quel momento che Jared era ancora lì. Ovvio che lo fosse.
Monica gli prese la mano e se la poggiò sulla pancia, più o meno dove aveva sentito il piedino del bambino tirarle il calcio.
“Che c’è?”
“Sssss. Aspetta e vedrai.” Senza accorgersene piccole lacrime presero a scenderle felici sulle gote.
“Aspettare cos…” E accadde di nuovo. Fu un colpo piccolo, leggero, giusto quello che serviva a Jared per sentirlo. “Monica…è… è proprio Alex?” lei ridacchiò.
“O Alex o il suo gemello, ma mi pare che la ginecologa mi abbia detto che di figli ne aspettiamo uno solo.” Lo guardò e lesse negli occhi dell’uomo una cosa strana…autocompiacimento? “Quanto orgoglio senti ora?”
“Una valanga. Sto per diventare padre e…questa cosa rende tutto più reale.”
Già, più reale, proprio come aveva pensato lei.
“Jared?” sussurrò.
“Dimmi.”
“Sto per diventare madre.”

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Capitolo 19
*** Capitolo Extra 3 ***


Capitolo extra 3: Buon Compleanno Jared!
 
Jared non aveva mai amato molto il Natale: la trovava una festa ormai trasformata troppo dal suo reale significato. Inoltre il suo compleanno era il giorno dopo e di solito perdeva molto della sua importanza. Insomma, compiere gli anni era qualcosa di unico ogni anno, significava che eri andato avanti ancora, era il giorno della propria celebrazione, invece tutti tendevano a sminuirlo perché c’era il Natale il giorno prima.
Tutti, tranne Monica.
Lei aveva sempre fatto in modo di festeggiare entrambi gli eventi e sempre in maniera che uno non mettesse in ombra l’altro. Cenette intime, regali significativi, simbolismi che solo loro due potevano capire. E lui non poteva che amarla ancora di più.
Inoltre con l’arrivo di Alex era stato impossibile declassare il Natale. Il bambino adorava decorare l’albero tanto quanto amava scartare i regali. Il Natale era la sua festa preferita e Jared avrebbe dovuto conviverci almeno per altri dieci anni almeno.
“Zio Jared, mi passi le patatine?” Jared fissò Samantha: sua nipote era diventata una bambina deliziosa. Crescendo assomigliava sempre di più ai suoi genitori, con gli occhi scuri e profondi di Stefania, ma dalla forma particolare di Shannon. Inoltre i capelli neri scendevano in morbidi boccoli. Jared non si sarebbe stupito se in pochi anni suo fratello avrebbe dovuto iniziare una guerra con i maschietti del quartiere.
“Certo, tesoro.” La bimba gli sorrise.
“Non è giusto, le volevo io le patate!”
“Simon, stai calmo, dopo avrai la tua razione.” Il secondogenito di Shannon era la copia sputata del padre. Un animale vero e proprio, già con la sua mini batteria, i capelli sparati in alto con il gel e terribile teppista a scuola. Quando c’erano i guai, lui era in prima fila, eppure Jared si divertiva un sacco con lui, anche perché rivedeva talmente tanto del Shannon bambino, che si permetteva un viaggio nei ricordi felici.
“Ma mamma, lei ha sempre tutto prima di me…uffa!” protestò ancora Simon.
“Taci Simon, sei una palla.” Fece Sammy ridacchiando.
“Ohi, signorina, chi ti ha insegnato queste parole?” Scattò Stefy. Stava parlando con Monica di lavoro, ma come aveva sentito che i termini diventavano troppo coloriti per le sue intenzioni, aveva immediatamente voltato la testa rosso fuoco in direzione dei suoi figli.
“Zio Tim. Perché, non va bene?” Fece Samantha. La bambina sapeva benissimo che certe cose doveva dirle solo a scuola, ma le era scappato.
Monica ridacchiò e Jared prese a fissarla. Quel giorno si era vestita tutta elegante, con una bellissima gonna rossa che le arrivava fino alle caviglie, un maglioncino di lana bianco e un paio di stivaletti. Gli pareva che quel giorno fosse ancora più raggiante del solito, con gli occhi che scintillavano felici.
“Io quello lo ammazzo. Sta troppo vicino a Sammy, non vorrei che me la contaminasse.” Continuò Shannon dal suo posto di capotavola. Quella mattina si era sbarbato per bene, sembrava quasi una persona seria, anche perchè era stato costretto a vestirsi elegantemente per celebrare il Natale.
“Ma dai, lo sai che Tim è un pezzo di pane.” Fece Jared.
“Mamma, acqua!” la vocetta acuta di Semuel arrivò dal fondo del tavolo.
“Samantha, aiuta tuo fratello.” Fece Stefy. Semuel era l’ultimogenito del clan Leto, aveva tre anni ed era la fotocopia di Stefania, tanto quanto Simon era quella di Shannon. Solo che, a differenza della madre, era molto più calmo e posato. Molto ordinato per la sua età, con una spiccata dote al disegno e all’osservare le dinamiche tra i due fratelli più grandi, specie quelle di Simon.
Era quello che andava maggiormente d’accordo con Alex.
Quella era la sua famiglia. Mancavano solo Tomo e Tim con le rispettive compagne e i figli, ma almeno per quel giorno ognuno stava con i parenti.
Non c’era suo padre, ma lui, aveva deciso di partire per una crociera con la sua nuova donna e aveva lasciato detto che sarebbe andato a trovare i nipoti al suo ritorno, dopo la Befana. Non che Jared tenesse così tanto a passare il giorno di Natale con il padre: per quanto avesse sfondato, per quanto i rapporti si erano molto più che distesi dai tempi dell’adolescenza, non erano due caratteri che riuscivano a stare insieme nella stessa stanza per troppo tempo.
“Papà, posso andare a giocare?” Eccolo Alex, il suo Alex. Per lui era di sicuro il miglior bambino del mondo, ma era decisamente di parte. Monica era sempre felice guardandolo, perché le pareva di avere una copia di Jared in miniatura, invece lui riusciva a vederci solo i tratti di lei, della donna che lui amava alla follia come il primo giorno. Il suo sorriso, il naso dritto e regolare, il volto ovale e dolce. Era come vedere Monica, poco importava che avesse i suoi stessi occhi grigi e le labbra sottili come le sue.
Jared guardò il piatto del figlio e, constatato che era stato spazzolato da cima a fondo, gli diede il permesso di alzarsi.
“Vai, ma non fate troppo chiasso.”
“Evviva!” esultò Simon correndo verso la sua camera. Anche Semuel sgambettò verso la camera del fratello: se c’era Alex, Simon non poteva prenderlo a botte. Samantha, invece, decise di restare a tavola con gli adulti: in fondo aveva 12 anni ormai, era una signorina e come tale doveva comportarsi. Peccato che le chiacchiere dei suoi genitori con gli zii la stavano annoiando a morte.
“Mamma, posso stare a leggere sul divano?” chiese infine annoiata.
“Certo piccola.” La sentirono borbottare qualcosa di simile ad un ‘io non sono piccola’.
Gli adulti risero e ripresero a parlare.
C’era una serenità speciale in quel Natale, qualcosa che Jared non aveva mai provato nei natali precedenti.
“Che ti ha regalato Monica, quest’anno?” chiese Shannon curioso.
“Mi ha preso un libro.”
Shannon e Stefania sgranarono gli occhi.
“Un libro?”
“Sì.” Fece Monica tranquilla, mentre beveva un goccio d’acqua.
“Già, una prima edizione di “Zanna Bianca”. Lo sai quanto mi piacciono i libri antichi.”
“Ok, ma di solito non è lei che ti fa quei regali assurdi, tipo una candela a forma di cuore che vi ricorda il vostro romantico week-end o cose simili?” Fece Stefy.
“Si può cambiare a volte.” Disse Monica sorridendo.
In effetti anche Jared era rimasto sorpreso. Monica, di solito, per Natale le faceva quelli che lei chiamava “regali simbolici”. Come lui, anche lei trovava che ormai il significato vero del Natale si era perso per strada e deprecava il consumismo sfrenato. Preferiva fargli un regalo più grande per il suo compleanno e per Natale qualcosa di piccolo, ma che sapeva gli avrebbe scaldato il cuore.
Invece sembrava che quell’anno avesse cambiato i piani. Se solo ci pensava diventava decisamente impaziente. Voleva che il 26 arrivasse il prima possibile…bhe doveva aspettare solo altre dieci ore.
 
“Allora, che cosa gli regali per il compleanno?” Chiese Stefania, mentre insieme a Monica sistemava la cucina. Avevano lasciato i bambini giocare in camera e i rispettivi mariti a confabulare in salotto
“Una cosa speciale.”
Stefy la guardò fissa negli occhi. Non era mai successo che Monica restasse abbottonata su qualsiasi cosa con lei.
Mai.
“Non me lo vuoi dire?”
“Stavolta no.”
“Ma…perché?” Monica la guardò: sembrava che stesse prendendo la cosa come un affronto personale.
“Perché voglio che lui sia il primo a godersi il suo regalo. Tranquilla che domani mattina tu e Shannon sarete i primi a saperlo, ci scommetto la casa. O forse meglio di no…magari lo diremo ad Alex…” terminò pensierosa, mentre portava in sala da pranzo la torta.
Stefania la fissò pensierosa.
 
Finalmente erano tornati a casa. Monica mise a letto Alex che già per strada aveva dato cenni di cedimento. Era sempre stato un bambino piuttosto calmo, ma quando stava in contatto con Simon per troppo tempo, finiva per essere scatenato quanto lui, anzi, a volte riusciva a superarlo. Stefania era convinto che fosse il gene della psicolabilità ereditato da Jared. Ma a Monica non interessava per nulla.
Amava quel bambino e non solo perché era suo figlio, ma, e soprattutto, perché era il figlio che aveva avuto con Jared. Amava vedere i suoi due uomini giocare insieme, o quando Alex cercare di imitare Jared mentre suonava. Sperava soltanto che, a differenza del padre, non mollasse troppe parolacce. Almeno durante i concerti  si era sempre trattenuto quando c’era lui dietro alle quinte.
Per fortuna di Alex, Monica era riuscita ad essere una madre almeno decente. Lei stessa non credeva di essere poi così brava, nonostante la rassicurassero spesso del contrario. Però non ci poteva far nulla: guardava le altre madri e le sembravano infinitamente migliori di lei. Beh, lei aveva Jared dalla sua, il padre modello per eccellenza. L’unica cosa in cui sapeva di essere la migliore, era il fattore scuola. Alex era bravo e lei adorava seguirlo. Per il resto era andata molto alla cieca.
Diede un ultimo bacio sulla fronte al figlio, gli rimboccò le coperte con Snoopy e spense la piccola lampada a forma di mongolfiera. Il lieve respirare cadenzato di Alex, si spanse nella stanza: era già nel mondo dei sogni.
Ora che aveva messo il bambino a letto, era il tempo di dedicarsi come doveva a suo marito. In fondo compiere gli anni era una cosa che capitava una volta all’anno e almeno quella notte sarebbe stata tutta per loro, o quasi.
Andò al bagno e si cambiò: decise di mettersi la leggera sottoveste blu notte che si era regalata e basta. Sciolse i capelli e li spazzolò con cura, si struccò e finalmente decise che era pronta per Jared. Si guardò allo specchio un’ultima volta e prese un profondo respiro.
Quando entrò nella loro camera, trovò Jared comodamente seduto sul letto con indosso solo i pantaloni del pigiama di seta nera, che a lei piacevano molto. Sorrise, specie quando vide lo sguardo ammaliato del marito.
“Fischia, gli faccio ancora questo effetto, non sono poi tanto male.” Pensò Monica tra se stessa medesima.
“Sei splendida amore.” Le disse, mentre le porgeva una mano per attirarla a sé. Monica si sedette a cavalcioni su di lui e lo baciò dolcemente. Quei momenti di intimità erano molto rari, perché entrambi arrivavano a fine giornata distrutti: tra il lavoro e un figlio che li faceva correre da tutte le parti, riuscire ad essere sempre belli e pimpanti era un’impresa mica da poco.
Quando Monica sentì la mano di Jared risalirle la coscia, si staccò e lo bloccò.
“Altolà, mezzanotte non è ancora arrivata.” Guardarono entrambi la radiosveglia: il led luminoso segnava le 23:55.
“ma…ma…uffa.” Brontolò Jared. Monica sorrise.
“Senti, che ne diresti se io e te facessimo una giornata di puro svago? Prendiamo la macchina e andiamo…diciamo che andiamo fuori Los Angeles. Ci sono delle terme che aspettano solo noi.” Il modo migliore per distrarre il suo uomo, era quello di pianificare giornate di ferie. Tra la musica e il cinema, Jared era spesso pieno di lavoro fino al collo e le uniche cose che chiedeva sempre erano le ferie.
“Sarebbe un’ottima idea, ma a chi lo lasciamo Alex?”
“Potremmo chiedere ai nostri nipoti, quelli grandi. Da una vita vogliono spupazzarselo un po’.”
“Credi che Alice accetterà di stare un’intera giornata con lui?”
“Certo e poi ci sarebbero anche Yvan e Davide, ricordi?”
Alice, Yvan e Davide, in realtà non erano i loro veri nipoti, bensì dei nipoti acquisiti grazie alla pazzia di Stefania. Quando nacque Simon, i coniugi Leto avevano deciso di prendere una baby-sitter che li aiutasse e scelsero Alice. Solo che la ragazza si affezionò talmente tanto a Stefy, che prese a chiamarla Mamy e Shannon, Papy. Tirarono dentro a questa follia anche i due fratelli gemelli di lei e quindi Monica e Jared diventarono gli zii. Tutti fieramente Echelon e quindi degni di cotanta famiglia.
“Lo so, ma non vorrei che si rompessero…” fece Jared ancora pensieroso.
Monica gli si distese sopra e gli sussurrò sulle labbra:
“Amore, pensa a me e te in una vasca di acqua calda, piena di bollicine e solo un misero costume a separarci…” e così dicendo si strusciò leggermente.
“Sei un diavolo tentatore.”
“Lo so.”
“Ok, una giornata io e te soli soletti.” E così dicendo la abbracciò e ribaltò le posizioni a letto: ora lui troneggiava su di lei che gli accarezzava il volto. Fissò la sveglia: 23:58.
“Te l’ho mai detto che ti amo, Monica.”
“Qualche volta, ma è una cosa che apprezzo sempre risentire.” La baciò ancora, stringendola a sé con amore.
00:00
“Auguri di buon compleanno, Jared.” Fece Monica. Jared fissò l’orologio: aveva 36 anni da meno di un minuto. “Permetterai che la torta la mangiamo domani con Alex, vero?”
“Certo, anche perché conoscendolo ci avrà messo le mani dentro, sbaglio?”
“No, ma lo sai che gli piace cucinare con la mamma. Magari tra una decina di anni ci ritroveremo con uno chef in casa.”
“Potrebbe essere utile…me lo porterei in tour.” Jared scese a baciare i seni della moglie, che, però, rotolò via, lasciandolo confuso. Vide che aprì un cassetto e capì che era il momento del suo regalo, quello che contava sul serio.
Monica teneva in mano una busta color avorio senza scritte. Lo stava guardando con qualcosa che poteva ricordargli del pudore e se ne stupì: da quando lei era pudica? Non lo era stata nemmeno agli inizi della loro storia.
“Auguri di nuovo.” Fece piano passandogli la busta. Lui la prese e la guardò: sulla linguetta d’apertura aveva scritto “per Jared”, per il resto era immacolata.
La aprì e trovo all’interno un piccolo cartoncino sempre avorio, in tinta con la busta. La scritta in penna stilografica rossa, diceva soltanto “Auguri, papà.” Jared si sentì piuttosto confuso e guardò Monica. Lei sembrava più nervosa di lui: si stava torcendo le dita e morsicando il labbro.
Tolto il biglietto trovò una strana foto: lo sfondo totalmente nero con delle macchie nebulose grigiastre e bianche.
“Che ci fanno l’ecografie di Alex qui?” chiese: ricordava bene quando aveva visto per la prima volta quelle immagini in una saletta d’ospedale, dopo che Monica era stata male.
“Guarda la data…” disse solo lei. Lui voltò la foto e lesse la data: gli occhi gli si allargarono per lo stupore, prese a balbettare qualcosa di incomprensibile tranne che per lui e fissava alternativamente la foto e la moglie.
“Jared…”
“Questa è di due settimane fa…” sussurrò impercettibilmente.
“Eh già…” Monica si era allarmata. Pensava che lui avesse una reazione migliore alla scoperta di aspettare un altro figlio, non che avesse più paura di lei. Anzi, stranamente, quella volta l’aveva presa molto meglio della precedente: quando il medico l’aveva ragguagliata sulle sue condizioni era riuscita anche a piangere di felicità. E non ne capiva del tutto il motivo.
“Cioè, diventerò padre?”
“Tecnicamente lo sei già, al massimo diventi padre per la seconda volta…sempre che tu lo voglia.” Finì piano.
Jared si voltò di scatto.
“Ovvio che lo voglio! Che domande fai?” Monica rilasciò tutta l’aria che aveva nei polmoni con un sospiro che non si era accorta di trattenere: per un minuscolo secondo aveva veramente temuto che Jared non volesse un secondo figlio.
Jared, dal suo canto, era letteralmente rapito da quella immagine sfocata ed assolutamente incomprensibile, che era il suo bambino. Qualcosa di potente gli era cresciuto nel cuore, un calore che associava immediatamente ad Alex. Un altro piccolo Leto. O magari, ancora meglio, una piccola Leto.
“Tu vuoi un maschio o una femmina?” Chiese a Monica, mentre riponeva la foto nella busta per poi richiuderla nel suo cassetto.
“A me basta che sia sano…anche se…sarei decisamente curiosa. Vorrei vedere se anche tu, come tuo fratello, ti rincoglionisci completamente con una figlia.”
Jared rise forte, ma prese ad immaginare la sua futura bambina.
“Pensa, una piccola Monica.”
“Dio ce ne scampi. Spero che prenda tutto da te, esattamente come Alex.” Jared la baciò dolcemente sulle labbra, facendola distendere sotto di se.
“Io, invece, vorrei che la mia bimba abbia gli stessi occhi magnetici e dolci della sua mamma.” Poi le baciò il collo. “E lo stesso nasino perfettamente dritto…” scese verso i seni baciandoli “… e con un sorriso che sappia di gioia pura come il tuo…” Monica sorrise quando lui si fermò sul suo ventre ancora piatto. Jared lo fissava con venerazione. “E poi potrebbe essere forte e determinata come te. Magari non così testarda, ma bella e fiera.”
“E se, invece, fosse un po’ come te? Con i capelli sottili e lunghi, gli occhi chiari che ammaliano e le labbra sottili perfette da baciare?” Jared fece una smorfia.
“No, non voglio che mia figlia baci qualcuno.”
“Ecco, non sappiamo neppure se sarà maschio o femmina e già ti ingelosisci. Povera figlia mia.”
“Figlia nostra.” E così dicendo, le tolse la vestaglia abbracciandola forte. “È il miglior regalo che abbia mai ricevuto e non solo per il compleanno.”
Fecero l’amore teneramente, dedicandosi completamente l’uno all’altra, cercando di non svegliare il bimbo che dormiva placidamente nell’altra stanza.
Si addormentarono abbracciati, con Jared che teneva una mano sulla pancia di Monica, come a voler sentire il più possibile quel minuscolo esserino, quella dolce fusione delle loro anime.
 
“Auguri papà!!!!”
Monica e Jared furono svegliati da Alex che era appena saltato felice sul letto, per andare ad abbracciare il padre.
Monica si sentiva completamente esausta e guardò l’orologio: in effetti non avevano dormito che poche ore. Notò che anche Jared sembrava piuttosto smarrito.
“Alex tesoro, non è un po’ presto?”
“Ma mamma, oggi papà fa gli anni lo sai!”
“Sì lo so, ma speravamo di dormire un pochino.” Fece lei rimettendosi la vestaglia persa durante la notte.
“Dai va bene lo stesso, campione. Ti va di dormire un po’ tra mamma e papà?” chiese Jared cercando di capire se era vivo o morto.
“Sì!!!!!” urlò il bimbo infilandosi sotto le coperte. “Oh, questo è per te.” E gli diede un foglio di carta, sul quale aveva disegnato loro tre al parco, con i palloncini colorati. Con la sua grafia ancora piuttosto sbilenca aveva scritto “buon compleanno papà Jared”.
“È splendido…” Jared guardò Monica che sbadigliava. “Ti piacerebbe se oltre a te ci fosse un altro bambino?”
“Perché?”
Già, perché?
“Sai, sta per arrivare un fratellino od una sorellina per te.” Alex si illuminò e si voltò verso la madre.
“Mamma, posso avere una sorellina?” lei rise.
“Bhe, non dipende proprio da me, ma vedremo che potremo fare, va bene?”
“Sì che bello, una sorella. Così le insegnerei a disegnare e a scrivere. Magari anche a leggere…se lo saprò fare bene io. E potrò giocare con lei con il fango in spiaggia…”
“Mi fa piacere tutto questo tuo entusiasmo, ma ora dormiamo che ne dici?” fece Jared, mentre Monica era già con gli occhi chiusi.
“Papà…” fece Alex dopo un po’. Il leggero respiro di Monica era lento e cadenzato.
“Uhm…dimmi.”
“Come si chiamerà?”
“Non lo sappiamo ancora. Tu hai qualche idea?”
“Possiamo chiamarla Isabell?”
Jared sorrise al buio ed abbracciò suo figlio: si rese conto che quel momento, lì nel lettone, con Monica che dormiva beata portando in grembo il loro nuovo piccolo miracolo, o parassita, come lo avrebbe definito lei, con Alex che parlottava, era IL vero momento della sua vita, qualcosa che non sarebbe mai tornato, qualcosa di unico ed irripetibile, il miglior compleanno della sua vita.
“Certo.”
 
FINE

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