Si dice - In Vino Veritas di gaccia (/viewuser.php?uid=122907)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la nuova vita ***
Capitolo 2: *** un incontro polveroso ***
Capitolo 3: *** un vero ricatto ***
Capitolo 4: *** il maniaco palpatore ***
Capitolo 5: *** un pranzo tranquillo ***
Capitolo 6: *** marcare il territorio ***
Capitolo 7: *** preparativi del ballo ***
Capitolo 8: *** un tango infuocato ***
Capitolo 9: *** una notte insonne ***
Capitolo 10: *** il mio passato ***
Capitolo 11: *** penombra in cantina ***
Capitolo 12: *** tre numero perfetto ***
Capitolo 13: *** il segno zodiacale ***
Capitolo 14: *** la verità uccide ***
Capitolo 15: *** un nuovo capitolo ***
Capitolo 1 *** la nuova vita ***
Primo pezzo
di nuova fiction sul vino, che non bevo
e praticamente non conosco, quindi sarà una bella sfida.
Il vino
comunque sarà un protagonista silenzioso:
la parola l’avranno i protagonisti che si affronteranno per
una sfida di alta
finanza e non solo.
In questa
storia non ci saranno pensieri e fatti
raccontati in prima persona, infatti sarà tutto raccontato
da me (cioè in terza
persona) che come una pessima pettegola, racconterò tutti i
pensieri, i sentimenti
e i più infimi segreti dei nostri
eterni beniamini .
Come
è giusto dichiaro che i personaggi sono di
proprietà della signora Stephenie
Meyer, mentre i fatti sono miei, e non è un racconto scritto
con fini di lucro.
Vi lascio il
primo capitolo e ci sentiamo in fondo
con il mio angolino e…
Buona lettura
---ooOoo---
Ricordava
ancora, con vero fastidio ed imbarazzo, la sua prima riunione del
consiglio di
amministrazione delle industrie Explosion di Boston.
Isabella
Marie Swan, ereditiera, ventiquattrenne, che non sapeva nulla di alta
finanza
se non quello che aveva studiato all’università e
al master, che doveva cavarsela
con una dozzina di caimani che sicuramente le avrebbero fatto il
contropelo.
Non poteva
certo mandare degli accidenti in paradiso, dove i suoi amati genitori
erano
sicuramente andati dopo l’incidente al jet privato che li
aveva spazzati via
dalla terra e dalla vita dell’adorata figlia. Ma accidenti!
Suo padre avrebbe
dovuto prepararla meglio e non farle frequentare qualsiasi tipo di
festa.
“Ti
devi
divertire Isabella! Sei ancora giovane!”.
Una cosa
però Isabella l’aveva imparata: circondarsi di
persone fidate e capaci, e
nessuno rispecchiava di più questo stereotipo che il suo
amico di infanzia
Emmett McCharty, il figlio della domestica che l’aveva
allevata, e che era
diventato un valente e temibile avvocato.
Quel giorno
aveva anche assunto un assistente personale, dopo aver vagliato
numerosi
curriculum era arrivato al suo: Jacob Black, ottima
università, ottimi voti,
ottimo master in finanza ed amministrazione, ottimo primo impiego come
assistente del vicedirettore di una catena di agenzie di viaggio.
Insomma
ottimo, anche nell’aspetto.
Appena
entrata nell’arena, accompagnata da Jacob ed Emmett, le erano
caduti i fogli
con le presentazioni dell’ultimo bilancio e le proiezioni
trimestrali. Nessuno
dei presenti si era minimamente mosso e lei, aiutata solo da Jacob,
aveva
iniziato a raccogliere tutto il materiale.
Avevano
messo tutto sulla enorme tavola per le riunioni, e Isabella,
schiarendosi la
voce, aveva iniziato a parlare. Nessuno però sembrava
ascoltarla.
Jacob,
intenerito dalla scena, aveva preso i documenti e con voce stentorea
aveva
iniziato a presentare tutto il materiale, che era davvero ottimo sotto
ogni
aspetto. Isabella passava i fogli che Jacob illustrava al consiglio. Le
poche
obiezioni vennero messe a tacere direttamente da Jacob o da Emmett e
solo in un
caso fu necessario l’intervento di Isabella.
“Ma
lei chi
è?” chiese infine un attempato consigliere.
“Il
nuovo
amministratore delegato, Jacob Black!” rispose Isabella
ancora prima che
qualcuno potesse intervenire.
Scoppiò
un
putiferio ma Emmett zittì tutti con una semplice
constatazione “Isabella ha la
maggioranza azionaria e può nominare chi vuole!”
Una cosa
però nessuno aveva intuito: il piano sibillino che la mente
di Isabella aveva
partorito nello stesso istante in cui si era resa conto che Jacob aveva
il
carisma adatto per essere il front man dell’azienda di
famiglia. Era riuscito a
incantare il consiglio di amministrazione senza alcuno sforzo e,
finché lei
stessa non avesse avuto la stessa capacità, per il bene
dell’impresa, avrebbe
lavorato dietro le quinte.
Quando
tornarono nell’ufficio dell’amministratore delegato
Jacob, si sedette
direttamente alla poltrona presidenziale con un sorriso smagliante.
“Ehm,
ehm!”
iniziò Isabella “Jacob … “.
“Chiamami
pure Jake” disse accondiscendente come ad avere a che fare
con una adolescente
timida ed insicura.
Isabella
incrociò le braccia sotto il seno e socchiuse gli occhi con
fare bellicoso,
mentre Emmett iniziava a sogghignare pregustando la tempesta in arrivo.
“Jake!
Togliti immediatamente dalla MIA scrivania!” Isabella aveva
usato un tono basso
e calmo ma talmente freddo da congelare un cerino acceso.
“Ma
… Tu
hai detto … Io sono l’amministratore delegato
… mi hai nominato tu”.
“Di
fronte
al mondo tu sarai l’amministratore delegato, rilascerai
interviste, farai
sorrisi smaglianti eccetera. Qui dentro, ed in realtà, tu
sarai il mio
assistente personale, lavorerai al mio fianco mentre IO
dirigerò attivamente le
Mie industrie … ” la ragazza iniziò a
rilasciare un sorrisetto soddisfatto al lento
sbiancamento facciale di Jake.
“Oh,
Jake …
tra i tuoi compiti ci sarà anche il portarmi il
caffè! Se questo patto,
definiamolo pure segreto, non ti soddisfa, quella è la
porta: te ne puoi andare
in questo istante” suo padre sarebbe stato orgoglioso di lei,
esattamente come
lo era Emmett in questo momento che la guardava ammirato.
Dopo un
paio di minuti in cui tutti i presenti stavano facendo girare le
proprie
rotelline celebrali, Jacob Blake proruppe in una sonora risata che
finì in una
specie di latrato.
“Troppo
bello per essere vero! Ok signorina Swan. Mi sta bene. Ovviamente il
mio
stipendio dovrà essere adeguato a questo nuovo status. E non
dovranno esserci
interferenze sulla mia vita privata” cominciò ad
elencare condizioni.
“Chiamami
Isabella oppure Bella, come ti pare. Lo stipendio sarà
adeguato, non faraonico,
e riguardo alla tua vita privata, basta che non ti prostituisci, poi
puoi fare
quel che vuoi. È la tua vita pubblica che mi interessa.
Dovrai mantenerla
immacolata come una camicia appena uscita dalla lavanderia,
Intesi?” Isabella
stava ordinando.
“Emmett,
pensa a un contratto che rispecchi gli accordi e un sistema
perché quando si
firmino i contratti risulti anche la mia firma, altrimenti non
sarebbero
validi. Questo contratto dovrà essere mantenuto segreto, in
caso di violazione,
tu Jake ti ritroverai senza lavoro e con una bella causa legale sul
collo.
Tutto chiaro ragazzi?”.
La nuova
vita di Isabella era iniziata.
A 4000
chilometri
di distanza invece …
Il caldo
vicino a Sonoma era insopportabile in quel momento.
Neanche nel
fresco studio di Carlisle Cullen, nella casa centenaria di famiglia, si
riusciva a stare senza che fastidiose goccioline scivolassero sulla
schiena. E
questo irritava ancora di più rispetto alla discussione, di
per sé già accesa.
“Tu
vuoi
che mi occupi dell’azienda giusto?” chiese ancora
Edward a suo padre.
“Edward!
Sai benissimo che con le condizioni del mio cuore non posso fare
altrimenti che
chiedertelo!” rispose sommesso il capofamiglia appoggiandosi
allo schienale
della poltrona di pelle antica.
“Già
da un
anno ho messo la mia laurea in un cassetto con i miei sogni per questa
azienda
e adesso tu mi dici che devo rinunciarci per sempre!”
sbatté il palmo della
mano sulla scrivania imponente.
“Non
ho
nessun altro a cui rivolgermi!” alzò la voce
Carlisle
“Certo!
Non
sia mai disturbare sua maestà Alice la principessina di
papà! Tanto c’è sempre
lo scemo del villaggio che risolve i problemi!”
“Non
essere
ingiusto Edward!” intervenne sua madre Esme, mentre con una
mano cercava di
calmare il marito prima che gli venisse un nuovo attacco.
“Ok!
Accetto! Per la famiglia! Ma avrò il controllo finanziario
totale, visto che il
caro zio Marcus prima di tirare le cuoia ha sperperato tutti nostri
fondi!”
anche lo zio da morto gli metteva i bastoni tra le ruote della sua vita.
“Tu
papà
potrai consigliare sulla produzione del vino, ma nulla di
più. Queste sono le
mie condizioni. In caso contrario uscirò da questa casa
senza rimpianti e non
tornerò più”.
Carlisle
sembrò pensarci mentre Alice rimaneva seduta sul divano con
il capo chino e le
mani sul grembo. Non voleva intervenire, avrebbe fatto arrabbiare
ancora di più
Edward.
Lei era
ancora giovane, andava al college e non sapeva della situazione
finanziaria
dell’azienda.
“Ok!
Accetto
le tue condizioni!” sospirò Carlisle: lasciava il
comando della vigna a suo
figlio dopo oltre trenta anni di lotte, dopo averla ereditata da suo
nonno. Ora
era stanco e malato.
“Qui
fuori
ci sono Jasper Hale, un mio amico del liceo, esperto agronomo, ci
sarà utile
nell’azienda, e Rosalie Hale sua sorella avvocato. Li ho
assunti. Domani
andremo in banca per l’ipoteca sulle terre, perché
abbiamo bisogno di fondi”
disse Edward con tono autoritario. Sapeva che si era appena assunto una
grossa
responsabilità ma la sua famiglia era tutto per lui, e
doveva salvare il
patrimonio di quattro generazioni di Cullen.
“Potremmo
ipotecare anche la casa” propose Esme
“No!
La
casa e la dependance sono intestate a te per proteggerle e se anche
andremo
falliti quelle non si devono toccare, o me ne vado, come ho detto
prima!” non
poteva permetterlo quelle erano la sua casa, dove era nato e per nulla
al mondo
avrebbe permesso a chiunque di portargliele via.
Esme
sospirò ma annuì.
Edward si
voltò per andare verso la porta, poi ci ripensò e
tornò al divano dove sua
sorella ancora non alzava la faccia.
“Vieni
con
me Alice” disse dolcemente tendendo la mano. Non era mai
stato cattivo o geloso
di sua sorella, ma non aveva mai sopportato la diversità di
trattamento che gli
aveva sempre riservato suo padre: lui figlio maschio destinato alla
tenuta per
dovere di nascita, lei figlia femmina coccolata e vezzeggiata come un
fiorellino, destinata ad essere amorevole moglie e madre ma guai a
sporcarsi le
mani. Criteri giurassici!
Nessuno dei
due fratelli era così: Edward, introverso appassionato di
elettronica, felice
di restare dietro una scrivania mal sopportava il periodo della
vendemmia,
Alice spensierata iperattiva, adorava la campagna, amava i colori,
aveva una
fantasia sfrenata e non tollerava restare chiusa in quattro mura. Che
scherzi
crudeli fa il destino.
I fratelli
uscirono dallo studio e si diressero verso la veranda dove i fratelli
Hale
aspettavano.
“Allora?
Come è andata?” chiese Rosalie impaziente.
“Sono
il
capo! E voi mi dovete il giusto rispetto come miei
sottoposti” rispose Edward
sorridendo
“Scordatelo
Ed. Ti mettevo KO a scuola, fuori da scuola, e con le ragazze. Non
sarò mai
sottoposto a te!” rispose fiero Jasper
“Collaboratori
allora?” propose Alice.
“Collaboratori!”
confermarono Edward e Jasper stringendosi la mano mentre Rosalie
sorrideva
felice con Alice.
“Domani
andremo in banca per l’ipoteca. E che il Signore ce la mandi
buona!” sospirò
il nuovo capo.
La nuova
vita di Edward era iniziata.
---ooOoo---
Angolino mio:
Sono tutta
presa dall’altra fic. Sakura, quindi non
ho molto tempo per questa. Chiedo quindi la vostra opinione su questo
sfogo che
mi è uscito di getto (e dopo qualche altra parola si
è esaurito) Mi ci devo
impegnare? O lascio
perdere chiudendo il
tutto nel prossimo capitolo? (mai lasciare le fic. senza la parola FINE
mi fa
arrabbiare)
Attendo
vostre notizie … Numerose …
baciotti
|
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Capitolo 2 *** un incontro polveroso ***
Grazie per
aver apprezzato il primo pezzo di questa
fic.
Premetto
subito che non so quanto sarà lunga, non
so dove mi porterà, ho un abbozzo di trama che
può variare in qualsiasi momento
in base al mio umore.
E, mazzata
finale, non sarò costante nel postare,
perché come ho già premesso sto seguendo
l’altra Fic: “Sakura – Fiore di
ciliegio” e viste le diverse trame (questa moderna,
l’altra racconto storico
ambientato in oriente) è difficile cambiare a comando ed
entrare nel racconto
da sviluppare.
Detto questo
comunque non disperate e fidatevi se
vi dico che non lascerò la storia misteriosamente sospesa:
prima o poi arriverà
la parola fine.
Ora vi lascio
al secondo capitolo…
Buona lettura!
---ooOoo---
Quattro
anni dopo.
In questi
quattro anni Jake era stato era stato perfetto. Un perfetto
amministratore
delegato che presenziava agli eventi ufficiali, accompagnato da donne
bellissime e di classe, perfetto nei panni di assistente agevolando
notevolmente il lavoro di Isabella e collaborando attivamente agli
affari del
gruppo.
Perfetto
come amico, con il quale bere una birra davanti al televisore, quando
il sabato
sera il ragazzo di turno dava buca alla principessa di Boston.
La cosa era
rara comunque, gli unici uomini che facevano la fila davanti alla porta
dell’appartamento di Isabella, erano i fattorini delle pizze
o del cibo cinese,
qualche volta messicano.
In quei
quattro anni, Isabella era cresciuta in sicurezza, competenza e
bellezza.
Anche Jake
lo aveva notato e come ogni buon giovane con la testa sul collo e gli
attributi
giusti in mezzo alle gambe, ci aveva provato, neppure tanto velatamente.
Isabella
aveva risposto non un secco “No! Grazie! Non mischio lavoro e
vita privata!” in
un modo talmente lapidario che Jacob aveva rinunciato e si era rivolto
verso
prede più facili.
Questo non
aveva intaccato il rapporto di amicizia, tanto che Jake, Bella ed
Emmett erano
diventati inseparabili, nel lavoro come nelle uscite del tempo libero
(appuntamenti galanti permettendo).
In quegli
stessi anni, Isabella era riuscita a raggiungere un profilo personale
talmente
basso da non comparire più da parecchio tempo su nessuna
rivista di gossip e,
non essendo importante agli occhi del mondo della finanza, neanche
nominata nei
quotidiani finanziari, dove invece compariva spesso Jacob e le
Explosion
Industries.
Gli affari
del gruppo andavano a gonfie vele e gli azionisti, con Isabella in
testa, erano
felicissimi dei guadagni spartiti negli ultimi tempi.
Attualmente,
appena scesi dal jet privato della società, Emmett si era
messo alla guida
della jeep noleggiata e si stavano dirigendo verso una tenuta vinicola
vicino a
Sonoma.
Jake,
seduto davanti, giocava con la radio, mentre dietro Isabella studiava
le carte
della banca, dalla quale intendeva rilevare l’ipoteca della
azienda Cullen.
“Perché
continui a metterti quei tailleur ammazza erezione? Sei più
sexy con una tuta
da ginnastica!” commentò Emmett con uno sguardo
allo specchietto retrovisore.
Isabella
sbuffò “Em, non devo sedurre nessuno oggi. E poi
cos’è tutta questa curiosità
sulla mia vita sessuale?”.
“Scommetto
che è da un sacco di tempo che non scopi”
replicò Jacob continuando “Lo sai che
io sono sempre disponibile per togliere le ragnatele e fare le pulizie
di
pasqua”.
“Ahahah!
E
questa era una risata sarcastica! Non è passato
così tanto tempo! E poi io con
te non lo farei mai. Piuttosto mi scopo Emmett” rispose
Isabella ridendo.
“Scordatelo!
L’unica volta che ci siamo baciati ho dovuto fare i
gargarismi con la
candeggina! Che schifo!”.
“Bacia
così
male?” chiese Jacob con fare malizioso.
“No,
anzi.
Solo che è stato come baciare mia sorella, come se fosse un
incesto. Dio che
cosa squallida!” rispose ridendo Emmett.
“In
ogni
caso Em, sei fuori dalla mia portata. Sai che se mi metto con te perdo
il mio
patrimonio. I soldi sono più forti del mio amore nei tuoi
confronti” disse
Isabella con una mano sul cuore e sbattendo le ciglia a dietro agli
occhiali
spessi e totalmente inutili che metteva quando doveva apparire come
l’efficiente segretaria del capo.
“E
questa
era tutta la fiducia che aveva tuo padre nei miei confronti! Quando ho
letto il
testamento sono rimasto basito” scosse la testa divertito
Jacob
invece era sempre più sorpreso.
“Pensa
io
che invece sognavo già sfrenate notti di sesso selvaggio tra
le tue braccia” lo
stuzzicò Isabella.
“Em,
lei ti
dice queste cose e tu non reagisci? Ma sei scemo?”
latrò Jake “Ma davvero suo
padre ha scritto nel testamento che la diseredava se stava con
te?”.
Emmett si
limitò ad annuire mentre Isabella rideva alla
perplessità di Jacob.
All’improvviso
il motore iniziò a tossire e la jeep a poco a poco di
fermò in mezzo alla
strada polverosa immersa tra le vigne e sotto il sole cocente. Intorno
non si
scorgeva neanche un albero sotto cui ripararsi dalla calura.
“Em,
che
succede?” chiese Isabella agitata.
Emmett, dopo
aver sommessamente bestemmiato, scese dalla macchina e si
avvicinò al cofano
fumante. “Non ne ho la minima idea” rispose serio.
“Jake,
tu
che ne sai di motori?” chiese Emmett ad alta voce.
Jacob scese
dalla jeep dopo essersi infilato gli occhiali scuri e aver slacciato i
primi
due bottoni della camicia, “Che bisogna mettere la benzina
per andare avanti e
ogni tanto portarla dal meccanico. Ho un calendario apposta per queste
scadenze” rispose con un sorriso allargando le braccia.
“Sei
davvero di grande aiuto. Mi chiedo come faremmo senza di te”
rimarcò sarcastica
Isabella.
“Tesoro
so
che mi ami, ma facendo tutti questi complimenti mi fai
arrossire” rispose Jacob
con lo stesso tono, aggiungendo “Non ricordo che nelle
centinaia di pagine del
mio contratto di lavoro ci fosse scritto: esperto di motori”.
Tutti e tre
erano scesi e cercavano di capire qualche cosa guardando ciò
che il cofano
nascondeva gelosamente.
Il sole
faceva sudare, e, mentre i ragazzi avevano iniziato con togliere
giacche ed
arrotolare maniche di camicia, Isabella si ostinava a tenere la giacca
sciancrata e si era slacciata solo il bottone del colletto. In compenso
la sua
crocchia severa stava sfuggendo ciocca a ciocca alle forcine che
sembravano
sciogliersi e gli occhiali di vetro scivolavano dal naso.
Erano tutti
e tre un ben misero spettacolo, soprattutto pensando cosa e chi
rappresentavano.
All’improvviso
furono attirati dal rumore di un veicolo, che pareva diretto dalla loro
parte.
Un nuvolone
di polvere sollevata, segnalò che un’altra
macchina stava dirigendosi verso di
loro.
Con un
sospiro di sollievo, Isabella si sistemò in mezzo alla
strada in modo che non
fosse possibile evitarla senza fermarsi.
“Se
alzi la
gonna abbiamo più possibilità”
urlò Jacob.
“Togliti
di
li se non vuoi finire spiattellata!” gridò Emmett
con buon senso.
Isabella
non ascoltò nessuno dei due, stava diventando più
testarda di un mulo. Si
limitò a scostarsi leggermente non appena la macchina ebbe
effettuato l’ultima
curva prima di raggiungerli.
Era una
jeep verde brillante. “Tutte jeep da queste parti?”
chiese sottovoce Jake
regalando una leggera gomitata al fianco di Emmett.
La macchina
si fermò e tre portiere si aprirono, lasciando uscire i
propri passeggeri.
Dal lato
guidatore uscì un ragazzo alto quanto Jacob e con un
notevole fisico, lasciato
in mostra dalla canottiera che lo fasciava come una seconda pelle. Dal
cappellino da baseball sfuggivano lunghi riccioli biondi mentre la tesa
nascondeva gli occhi, ma il sorriso sardonico che aleggiava sulle
labbra, faceva
supporre che i tre non erano i primi a ritrovarsi in panne su quella
strada
polverosa.
Dal lato
navigatore era smontato un ragazzo dal fisico simile al primo, forse
leggermente meno muscoloso se fosse stato possibile giudicare
attraverso la
camicia a maniche corte che il giovane aveva lasciato negligentemente
sbottonata sopra la canotta bianca. Anche lui portava un cappello di
paglia a
tesa larga che proteggeva parte del viso dal sole e dagli sguardi.
Dal retro
era spuntata il passeggero più stupefacente dei tre: una
magnifica bionda dai
capelli lunghi, con due gambe chilometriche e perfette, coperte da un
misero
short in jeans, e una camicetta a quadri rossa annodata sotto il seno.
Una
modella vestita stile Hazzard. Isabella guardò i suoi
compagni con la coda
dell’occhio ed ebbe un moto di stizza. Sembravano tutti e due
calamitati sulla
sventola.
“Rose,
prova a dare un’occhiata o non riusciremo a tornare a casa
questa sera” disse
sghignazzando l’autista della jeep verde.
Rose rise
divertita e con una camminata tremendamente aggraziata e sensuale, cosa
che
mandò in estasi Emmett e Jacob ed irritò
profondamente Isabella, si chinò sul
cofano aperto del motore dell’altro automezzo.
“Ed,
portami dell’acqua per il radiatore, vediamo se questo bimbo
si è fatto la bua”
disse la ragazza dopo aver ispezionato il motore con piglio sicuro.
Il ragazzo
con la camicia prese una tanica sul cassone della jeep e lo porse alla
meccanica bionda.
Isabella
ebbe modo di squadrare meglio i due ragazzi, decisamente affascinanti,
meglio
il ragazzo con la camicia sbottonata rispetto all’altro,
comunque due bei pezzi
con i quali avrebbe passato volentieri qualche sabato sera, e non solo.
Probabilmente
lo stesso pensiero lo stava facendo Emmett a giudicare da come fissava
il
fondoschiena pieno e rotondo di Rose.
Isabella
decise di correre ai ripari “Grazie per esservi fermati, non
ci capiamo nulla
di auto”.
“Non
si
preoccupi, capita spesso da queste parti” rispose Ed
gentilmente.
“Soprattutto
con le macchine del noleggio dell’aeroporto”
sottolineò il ragazzo biondo.
“Dove
eravate diretti?” chiese Rose emergendo dal cofano della jeep.
“All’azienda
vinicola Cullen, sapete dov’è?” chiese
Jacob.
Ed stringe
i pugni e la mascella fissando molto intensamente la strada polverosa.
“Certo,
se
volete potete venire con noi, vi daremo volentieri un passaggio, tanto
questa
bimba ha il radiatore bucato e bisogna chiamare il carro
attrezzi” rispose Rose
con un sorriso tirato.
“Credo
che
sarebbe meglio iniziare con le presentazioni, io sono Jasper, lui
è Edward e
lei è mia sorella Rosalie” disse il biondo
indicando i suoi accompagnatori a
turno.
“Certo,
io
sono Emmett, lei è Isabella e questo ragazzone è
Jacob” rispose sorridendo
apertamente Emmett battendo la mano sulla spalla di Jake più
volte.
Fatte le
presentazioni i ragazzi risalirono tutti sulla jeep verde, facendo
accomodare
Emmett e Jake sul cassone ed Isabella sul sedile vicino a Rosalie.
Subito dopo
con uno scossone, la macchina iniziò a dirigersi verso la
dimora dei Cullen.
---ooOoo---
Angolino mio:
si sono
incontrati e come i bambini dell’asilo
tutti si sono ben guardati di riferire il cognome, segreto di
pulcinella visto
che il prossimo capitolo si giunge alla tenuta Cullen.
Da quel
momento sono interessata anche io a vedere
come si svilupperanno le cose perché non ho scritto una
parola: a volte quando
scrivo i personaggi decidono di loro iniziativa dialoghi ed azioni,
senza che
io possa fare nulla per impedirlo, quindi se ci sarà una
scena di sesso oppure
un paio di ceffoni…
Non prendetevela
con me, hanno fatto tutto loro.
Al prossimo
episodio
Baciotti
|
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Capitolo 3 *** un vero ricatto ***
Ecco,
questo
capitolo è esattamente la trasposizione scritta di quello
che dicevo alla fine
del capitolo scorso: avevo intenzione di descrivere la giornata di Eddy
per
arrivare a casa con gli altri e vedere li quello che succedeva,
invece… Eddy ha
fatto di testa sua e io non ho potuto far altro che seguirlo nelle sue
farneticazioni mettendo nero su bianco quello che lui voleva.
Perciò
mettetevi
comodi, leggete e se avete delle rimostranze da fare ditele
direttamente a lui
(io non centro niente).
Buona
lettura!
---ooOoo---
Quando
si era svegliato, la mattina presto come
al solito, Edward aveva sentito il classico prurito alla nuca di quando
arrivavano i guai.
Ed
in effetti non aveva avuto torto. Aveva fatto
un giro alla vigna nel settore 12, dove fortunatamente aveva trovato
tutto a
posto, nonostante i timori di Jasper e tranquillo era tornato a casa
per la
colazione. Qui Rosalie alle nove, gli aveva portato i cornetti con il
solito
caffè nero e la notizia che l’aveva chiamato il
direttore della banca, a causa
dell’ipoteca sulle terre. Il caffè era andato di
traverso.
Avevano
avuto due anni di vendemmia scadente con
uva buona per qualità e scarsa per quantità. Il
vino prodotto era stato
eccellente, come al solito, ma essendo poco e non potendo alzare i
prezzi più
di tanto, non erano riusciti a far fronte a tutti i debiti ed alcune
rate
dell’ipoteca erano “saltate”.
In
più la necessità di acquistare tre generatori
per l’aria calda da usare contro le gelate notturne, avevano
prosciugato tutti
i fondi faticosamente messi da parte negli anni precedenti. Erano al
verde e se
la banca chiudeva i rubinetti sarebbero falliti.
Dovevano
fare qualcosa. Forse era arrivato il
momento di sporcarsi un po’ le mani e mandare a fare in culo
i bei principi
morali che Esme gli aveva inculcato con tanto amore.
Come
amava ripetere il suo mentore
all’università: la conoscenza è potere.
E lui aveva la conoscenza che poteva
portargli il potere.
Non
avrebbe peggiorato la sua pedina penale, che
per ora era immacolata.
Non
voleva arrivare al ricatto per soldi, gli
bastava una dilazione e per quello che sapeva (sul modo in cui
l’aveva saputo
era meglio sorvolare) il direttore sarebbe stato ben felice di
concedergliela.
Jasper
e Rosalie avevano capito che era ora di
andare a parlamentare con la banca a Sonoma e lo aspettavano
tranquillamente
sulla jeep verde, mentre Edward raccoglieva dallo studio di Carlisle,
la
cartellina con i documenti dell’ipoteca per poi recarsi nella
sua stanza dove
aveva raccolto l’altro materiale.
“Ciao
Ed, stai andando via?” chiese serena
Alice, mentre il fratello chiudeva a chiave la camera-studio. Edward
era sempre
stato estremamente geloso di quella stanza che aveva adibito a suo
studio e da
quando aveva compiuto quindici anni nessuno aveva il permesso di
entrare,
neanche per le pulizie alle quali provvedeva lui personalmente.
Era
la sua unica fissazione e per questo sua
sorella lo perdonava comunque.
“Sto
andando in banca Alice. Vuoi un passaggio
in ufficio?” chiese Ed gentilmente.
“Grazie
ma prendo la mia auto, devo anche andare
da alcuni clienti e ho bisogno di un mezzo” rispose. Da
quando l’anno prima
aveva finito l’università, Alice era stata subito
assunta in un grande studio
di grafica pubblicitaria di Sonoma, cosa utile anche per
l’azienda Cullen.
“Ragazzi,
sono pronto, andiamo” ordinò Edward
salendo sulla jeep guidata da Jasper.
“Credi
che dovremo cambiarci?” domandò il
ragazzo indicando la sua canottiera.
“No,
noi siamo gente che lavora e non dobbiamo
vergognarci di questo” rispose Edward ridendo, come se chi
lavora in banca in
realtà non facesse nulla.
Jasper
si posizionò meglio il suo amato berretto
da baseball e avviò il motore, direzione Sonoma.
La
banca era situata nella strada principale
della città e occupava tutto il palazzo di sette piani in
finto stile
neoclassico. Come pretenzioso era l’edificio, così
pretenzioso era il direttore
della banca che fece attendere i ragazzi per almeno un’ora
nella saletta prima
di riceverli. Se Edward era abbastanza sicuro sul modo di comportarsi,
sia Jasper
che Rosalie, avevano mal sopportato l’attesa ed erano stati
travolti da un
crescente nervosismo.
Finalmente
il direttore fece entrare i tre
ragazzi nel suo ufficio posto all’ultimo piano davanti a una
enorme finestra
che offriva una splendida vista sui tetti della città e, in
lontananza, sulla
vallata circostante.
Rosalie
si sedette sulla poltroncina di fronte
alla scrivania senza neanche attendere l’invito, mentre
Edward si accomodava
nell’altra.
“Edward
Cullen, che piacere” sorrise mellifluo
il direttore Beckett.
“Beckett”
salutò Ed con un cenno di capo “Siamo
venuti per l’ipoteca” ricordò.
“Edward,
ragazzo, ti ho chiamato questa mattina,
ma solo per avvisarti dell’interessamento di una grande
azienda ad accollarsi
la tua ipoteca. Tu sai la politica della banca in questi frangenti, poi
con la
congiuntura attuale…”.
Edward
strinse le labbra al fine di non
lasciarsi andare a conati di vomito contro del merdoso burocrate.
Rosalie,
guardava truce il direttore mentre
Jasper, non essendo avvezzo in questo genere di cose, cercava la
sicurezza con
lo sguardo rivolto ai suoi compagni.
“Ragazzi,
vi prego uscite” chiese Ed dopo aver
fatto un profondo respiro.
“Edward,
non mi sembra il caso…“ provò a
controbattere Rosalie.
“Vi
prego, non voglio mettervi nei guai. Da qui
in avanti la conversazione deve essere privata” rispose
sussurrando guardando
fisso il direttore che cominciava ad agitarsi sulla poltrona.
Non
appena le porte si chiusero alle spalle di
Jasper, Edward tornò a rilasciare un profondo respiro
rivolgendo la sua
attenzione al direttore.
“Non
è possibile darci una proroga? In questi
anni abbiamo sempre pagato, tranne le ultime due
rate…“ cercò di mediare.
“Che
corrispondono a un anno di mutuo. Edward,
sai che con le crisi che ci sono oggi non possiamo permetterci di
andare
scoperti” rispose Beckett.
“Ma
noi siamo sempre stati puntuali, sa anche
lei che abbiamo avuto delle difficoltà ma in questo modo ci
manda gambe
all’aria” puntualizzò Ed, sempre
più agitato.
“Te
lo concedo, ma non posso fare diversamente.
Gli ordini vengono dalla sede centrale ed io in questi termini, non ho
margini
di manovra, anche volessi” rispose il direttore abbandonando
la sua aria
accondiscendente.
Edward
sospirò ancora, era il momento di
sporcarsi e lo avrebbe fatto sino in fondo.
Lanciò
sulla scrivania del direttore, la busta
gialla che aveva recuperato dalla sua stanza privata, mentre Beckett lo
guardava con aria interrogativa.
“La
apra e mi dica di nuovo che non può fare
nulla” ordinò il ragazzo.
“Cullen
ti ho appena det …” aveva aperto la
busta ed era sbiancato “CHE SIGNIFICA?” si mise ad
urlare.
La
segretaria aprì la porta due secondi dopo “Ha
bisogno di qualcosa direttore?” chiese cortesemente mentre
guardava con aria
interrogativa.
“Niente
Claire, tutto a posto” rispose il direttore.
“Che
significa questo?” chiese con più calma.
“Non
credo che questa domanda debba essere fatta
a me. Lei sa perfettamente cosa significa e di che cosa si
tratta” rispose
Edward con un piccolo sorriso di soddisfazione.
“Vuoi
ricattarmi?” chiese Beckett senza mezzi
termini ritirando i fogli nella busta come se fossero serpenti.
“Non
sono un delinquente e lei lo sa bene.
Voglio solo una dilazione. Non le chiedo l’estinzione del mio
debito, ne che
paghi lei al mio posto” rispose Ed tornando serio.
“Ok
mettiamo le carte in tavola Cullen. So che
con queste carte puoi mandarmi in galera per molto tempo e la cosa non
mi rende
felice neanche un po’ ma, sulle tue vigne hanno messo gli
occhi in tanti e una
impresa in particolare, ho avuto pressioni per mandare la
documentazione della
tua ipoteca ed era di questo che volevo parlarti oggi”.
“Chi
sono?” chiese Edward
“Le
industrie Explosion di Boston. Jacob Black è
uno squalo negli affari, riesce a scovare le carcasse da spolpare come
un
segugio e, mi spiace dirlo, ma oggi la carcassa sei tu” disse
Beckett indicando
il ragazzo di fronte a lui.
“Non
si può far nulla?” chiese con un filo di
speranza.
“Non
te lo lascerebbero fare. Mi dispiace”
rispose il direttore continuando con agitazione “Cosa hai
intenzione di fare
con quella?” indicando la busta gialla.
“Per
ora niente. Mi renda le cose più facili e
mi dimenticherò di questa” rispose Edward
sorridendo mentre usciva.
“Come
ci sei riuscito?” la curiosità divorava
Beckett adesso.
“Nello
stesso modo in cui scoprirò qualche cosa
sulle industrie Explosion” rispose il ragazzo prima di aprire
la porta ed uscire.
“Come
è andata?” chiese Rosalie.
“Niente,
non chiuderanno gli altri rubinetti, ma
l’ipoteca sta per essere rilevata da un gruppo di
Boston” rispose atono Edward
“Che
facciamo adesso?” chiese Jasper.
“Qualcosa
mi verrà in mente” sospirò
“Ora
torniamo a casa che ho voglia di mangiare la torta che hai preparato,
Rose”
sorrise Ed strizzando l’occhio alla ragazza che si accomodava
sul sedile della
jeep.
Ritornarono
a casa cercando di essere allegri,
senza fare alcun riferimento agli affari.
Verso
metà strada videro una jeep nera ferma sul
ciglio della strada polverosa, con tre persone attorno.
“Rose,
ci siamo, un’altra macchina in panne”
sghignazzò Jasper. “Prova a legarti la camicia
sotto il seno e sciogli i
capelli, vediamo che effetto fai?” propose.
Rosalie
si mise a ridere ma fece come aveva
detto il biondo. “Jasper, vorrei ricordarti che sei mio
fratello, non il mio
pappa” rispose mentre scioglieva i capelli che aveva legati
con una coda alta.
“Dai
Rose, ti difendiamo noi” ribadì Edward
ridendo.
“Voglio
solo vedere le loro facce quando scendi
dalla macchina e vai a dare un’occhiata al motore. A volte la
scena è
impagabile” rise Jasper.
“Ti
ricordi quello con la volvo, quante
borsettate ha preso da sua moglie perché aveva dato
un’occhiata al sedere della
nostra Rose?” rise Ed.
“Ok
ok, però il pezzo di manzo in mostra sono
sempre io” sbuffò la ragazza.
“Se
ci fossero delle ragazze in difficoltà stai tranquilla
che sfoggerei la mia conoscenza motoristica e non solo” disse
convinto Jasper.
“Occhio
a non farti sentire da Alice o ti
castra” sottolineò Rosalie.
“Ma
noi siamo amici vero?” occhioni modalità
cucciolo rivolto a Edward.
“Finché
non la fai soffrire. Amici per la pelle”
confermò Ed.
“Allora
posso stare tranquillo, abbaio ma
mordicchio solo il collo del mio folletto” rise Jasper.
“Ti
prego! Io voglio credere che mia sorella sia
ancora vergine, anche dopo che avrà dei figli”.
Arrivarono
alla jeep nera e fermarono la
macchina scendendo ed iniziando la loro scena.
In
effetti, due su tre erano ragazzi che
rimasero imbalsamati di fronte alla prorompente bellezza di Rose.
L’altra
sembrava una giovane zitella inacidita,
con i capelli raccolti in una crocchia mezza disfatta e un paio di
enormi
occhiali di corno nero. Il corpo però, sembrava niente male,
seppure nascosto
da un castigatissimo tailleur, almeno questo era quello che pensava
Edward
mentre la squadrava nascosto dalla tesa del suo cappello.
Sorrise
al moto di stizza che la ragazza ebbe
verso i suoi compagni che erano completamente persi dietro il
fondoschiena di
Rose mentre prendeva la tanica di acqua.
“Dove
eravate diretti?”.
“All’azienda
vinicola Cullen, sapete dov’è?”
erano loro? Erano già arrivati? Non aveva molto tempo per
disporre la difesa,
ma in un modo o nell’altro sarebbe riuscito a salvare la sua
terra, concluse
pensando Edward, non appena sentì la direzione che quei tre
avevano.
Quando
si presentarono ebbe la conferma dei suoi
sospetti: era Jacob Black con il suo staff, ma chissà
perché ebbe la sensazione
che tra i tre, proprio Jake fosse il più innocuo.
---ooOoo---
Ecco
la stessa
giornata vista seguendo Edward.
E’
vero che quando
i personaggi ti spingono a scrivere determinati episodi non puoi far
altro che
assecondarli, anche perché, in caso contrario, non verrebbe
fuori nemmeno mezzo
capitolo in maniera decente.
Credo
che questo
fatto qualcuno la chiami ispirazione, io mi sento più un
burattino in mano ai
miei burattini (è complicato lo so ma anche io ho le mie
tare mentali).
Tornando
al nostro
eroe, il fatto che lui riesca a sapere cose così pericolose
da far andare in
galera il direttore della banca è parte integrante della
storia, uno dei punti
cardine.
Adesso
finalmente
arriveremo a casa Cullen, dove si inizierà a fare una
conoscenza più
approfondita dei nostri protagonisti.
Le
scintille alla
prossima puntata, che verrà postata? … Boh,
quando l’avrò scritta (cioè quando
sarò ancora preda burattina dei miei burattini) comunque mi
do la scadenza di
sabato della prossima settimana, Ok?
Adesso
vi prego, vi
preeeeeeeego (stile pecora) fatemi sentire la vostra voce con le
recensioni
(anche negative purché senza insulti, tanto me li do
già da sola normalmente).
baciotti
|
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Capitolo 4 *** il maniaco palpatore ***
Oggi
ho deciso di
eleggerla giornata di postaggio generale: infatti dopo aver postato la
mia fic.
vinicola posterò anche quella storica “Sakura
– Fiore di ciliegio”, siamo in
vacanza (almeno voi spero) non posso lasciarvi senza nulla da fare.
Tornando
alla
nostra storia … Ufffffffff, (sospiro) non so. Credo che
questo capitolo vada
bene però sono lo stesso poco convinta,
l’ispirazione sembrava essersi andata a
fare un giro e probabilmente si sente. Inizialmente volevo fare altro,
poi ho
scoperto che questa giornata dovrà essere presa a piccoli
pezzi sino alla sera
perché è importante in vari aspetti della trama.
ci
sentiamo in
fondo con un mio commento più chiaro.
---ooOoo---
La
jeep continuava a sbalzare sulla strada
sconnessa. Sia Emmett che Jacob rimpiangevano un comodo sedile di
qualsiasi
cosa che non fosse il cassone centinato dove erano costretti adesso.
“Quando
torniamo a Boston mi farò fare un’ora di
massaggi alle chiappe a spese di Bella” grugnì
Jacob all’ennesimo scossone.
“Io
mi farei massaggiare un’ora da quella
sventola bionda, anzi, mi accontenterei anche di venti
minuti” rise Emmett in
risposta.
“Speriamo
non duri a lungo questo inferno perché
potrei diventare maleducato con i nostri salvatori quando
scendiamo”.
“Cerca
di tenere a freno la lingua e di
connettere il cervello Jake! Non credo che Bella ti perdonerebbe la
cafonaggine
gratuita” puntualizzò Em, tirando una gomitata al
compagno.
Intanto
nella macchina, i ragazzi cercavano di
fare conversazione con Isabella.
“Allora,
come mai siete venuti da queste parti?”
chiese allegra Rosalie.
“Stiamo
facendo un giro delle aziende vinicole
della zona, credo che il capo abbia in mente qualcosa”
rispose Isabella
ammiccando sulla frase misteriosa.
Edward
continuava a pensare ad un piano per
rallentare un’eventuale acquisizione ed era quasi estraniato
dagli altri.
Jasper lo sbirciava incuriosito.
“Sembra
qualche cosa di grosso o pericoloso.
Siete dei gangster?” rise Rose.
“I
mitra li abbiamo lasciati a Boston. No, credo
che Jacob abbia in mente di ampliare i contatti con nuovi fornitori per
le
nostre catene di negozi” rispose Bella cercando poi di
cambiare argomento “Tu
fai sempre così?” chiese a Rose indicandola con il
palmo della mano alzato.
Rose
e Jasper risero forte, scuotendo Ed dai
suoi pensieri.
“No,
solo quando ci sono dei viaggiatori in
panne. Ci piace scherzare, sai non ci sono molti divertimenti da queste
parti.
Scusaci per come ci siamo comportati” rispose Jasper al posto
della sorella.
“Non
ti scusare, credo che tu abbia dato una
scossa ai miei due accompagnatori, soprattutto a Em” rispose
ridendo Isabella.
“Chi?
Quello grande e grosso?” chiese
interessata Rose.
“A
me sembrano tutti e due grandi e grossi,
comunque si, quello più grosso” rispose Bella e
Rosalie curvò le labbra in un
piccolo sorriso soddisfatto.
Finalmente
giunsero alla grande casa dei Cullen,
una costruzione in pietra che ricordava un piccolo castello in
miniatura a tre
piani con una grande pianta di edera mischiata con una di gelsomino che
copriva
parte dell’entrata, accuratamente potata alle finestre.
Si
poteva trovare una magione simile in qualche
parte della campagna inglese e sembrava quasi stonare se si pensava di
essere
in una moderna California.
Isabella
guardava interessata la casa,
consapevole che, se anche l’interno fosse stato
all’altezza, se ne sarebbe
irrimediabilmente innamorata, spingendola ancora di più
nella decisione di
acquisire quella azienda.
“Eccoci
a casa!” disse allegro Jasper scendendo
dall’auto “Noi abitiamo qui”.
“Credo
che abbiate bisogno di una rinfrescata e
di un cambio d’abito. Dove sono i vostri bagagli?”
chiese cortese Rosalie
guardando l’aspetto sudato e spiegazzato dei tre ospiti che,
nel frattempo,
erano scesi dalla jeep.
“Abbiamo
già tutto depositato in albergo”
rispose Emmett.
“Credo
che si chiami Lodge Inn” rispose Jacob
“E’ stato prenotato dalla mia segretaria”
indicando Isabella con un gesto della
mano. “Assistente” sibilò la ragazza
piccata.
“Wow!
Lusso sfrenato a Sonoma allora!” esclamò
ammirato Jasper, sapendo che una semplice stanza costava quasi 3000
dollari a
notte.
I
ragazzi si incamminarono verso la casa
padronale.
All’improvviso
Isabella si ricordò di aver
dimenticato la valigetta nella jeep e tornò indietro di
corsa, mantenendosi in
precario equilibrio sui tacchi.
Edward
si voltò incuriosito dal repentino
cambiamento di rotta e senza neanche pensarci, decise di seguire la
ragazza,
mentre gli altri entravano nella casa colonica.
Isabella
aprì la portiera e si allungò sul
sedile portando una gamba sulla soglia dell’abitacolo.
In
quel modo mise molta pressione alle cuciture
della gonna stretta del tailleur che portava, e queste decisero di
separarsi
partendo dalla rotondità del sedere
“Scracccccc” sentì distintamente la
gonna
rompersi sul retro.
“Maledizione!”
imprecò Isabella mentre metteva
le mani sul suo fondoschiena cercando di quantificare il danno
“Quasi 1000
dollari di vestito ed è cucito con lo sputo!”.
“Hai
bisogno di una mano?” chiese con tono
divertito Edward mentre si avvicinava alle sue spalle.
Isabella
si girò su se stessa, voltando il suo
sedere verso la macchina. Sperava che Ed non avesse visto nulla, ma a
giudicare
dal sorriso malizioso che stazionava sul suo viso era, appunto, una
speranza
vana.
Edward
decise di stuzzicare anche l’ospite
femminile (o forse soddisfare una sua piccola curiosità) e
si allungò per
prendere la valigetta di Isabella coricandosi letteralmente sulla
ragazza.
Sentiva
i seni di lei premuti sul suo torace e
si ritrovò a pensare come sarebbe stato baciare quelle
labbra rosee ed
invitanti.
Prima
di passare il limite della decenza si alzò
e fece scivolare una mano sulla nuova apertura della gonna strizzando
una
natica della ragazza mentre sussurrava all’orecchio
“Hai un sedere da urlo” e
ridendo si allontanò prima che Isabella riprendesse le
facoltà mentali e lo
picchiasse per il suo ardire.
Isabella
si era sentita ipnotizzata dalla
vicinanza di Edward e, cosa rara, era arrossita notevolmente quando lui
si era
coricato su di lei per prendere la ventiquattrore. Sentire i suoi
muscoli e
l’ampiezza del torace, nonostante i vestiti che dividevano i
corpi, aveva fatto
rinascere i pensieri impuri che l’avevano colpita nel momento
in cui aveva
posato gli occhi su di lui.
Quando
si era rialzato e aveva palpato il suo
fondoschiena era riemersa la
Bella combattiva e il ragazzo doveva solo
ringraziare la sua
agilità per aver evitato il piccolo pugno che si stava
fiondando sulla sua
spalla.
Isabella
si tolse la giacca rimanendo in
camicetta e si legò le maniche in vita, in modo che
l’indumento le coprisse lo
strappo. Prese la valigetta che Edward le tendeva a distanza di
sicurezza e
impettita ed arrabbiata si diresse verso la villa che aveva fagocitato
i suoi
compagni.
Avevano
osato lasciarla sola in balia di quel
maniaco palpatore, e per questo decise di fargliela pagare cara. Come?
Era un
dettaglio irrilevante attualmente, aveva tutto il tempo del mondo per
studiare
qualche cosa, come del resto l’avrebbe pagata anche Lui.
“Rosalie,
credo che Isabella abbia bisogno del
tuo aiuto” rise Edward mentre entravano nella villa padronale.
Rose
stava servendo della limonata ai ragazzi,
si alzò e avanzò verso Bella che impacciata
cercava di tenere a bada la gonna
che ormai sembrava una bandiera al vento.
“Non
avresti qualche cosa da prestarmi? Mi si è
rotta la gonna” bisbigliò la ragazza quando
l’altra fu a portata di orecchio.
“Certo,
vieni con me” e condusse Bella al piano
superiore, alla sua camera.
Aprì
la porta massiccia ed entrò in una camera
confortevole con gli arredi blu e azzurri in contrasto con le pareti
bianche di
calce. Si diresse al suo armadio che copriva l’intera parete
ed estrasse un
prendisole dai toni verdeazzurro pastello.
“Questo
dovrebbe andarti bene. Quella è la porta
del bagno che condivido con Alice, la sorella di Edward. Adesso lei
è fuori per
lavoro quindi vai a rinfrescarti e fai con comodo, noi ti aspettiamo di
sotto”
disse Rose, dopo averle consegnato anche un reggiseno e mutandine di
semplice
cotone bianco che aveva recuperato dalla camera accanto.
“Tu ed
Alice dovreste avere le stesse misure” commentò
facendo un leggero segno al
petto di Bella.
Armata
dei suoi cambi, Isabella si diresse verso
la doccia e dopo essersi lavata ed asciugata si mise i vestiti prestati
lasciando i capelli sciolti e gli occhiali finti nella borsetta.
Il
prendisole con le spalline sottili e la gonna
scampanata che partiva con alcune pieghe sotto il seno, per finire
sopra il
ginocchio, dava un senso di estate e freschezza veramente unici e Bella
approvò
la semplicità del capo che si adattava splendidamente al suo
corpo.
Tornando
nel salone al piano di sotto, la
ragazza non poté evitare di osservare i corridoi e gli
arredi della casa. Era
davvero bellissima e aveva irrimediabilmente rapito il cuore della
principessa
di Boston. Sarebbe diventata sua, un posto dove rifugiarsi per qualche
giorno
di assoluto relax. Al solo pensiero sospirava pensando: Divino!
Certo,
doveva sbarazzarsi degli attuali
abitanti, ma sarebbe stato un problema di poco conto, vista
l’ipoteca che il
gruppo era quasi sul punto di rilevare, acquisendo così
tutte le proprietà dei
Cullen.
Stava
ancora fantasticando sulla magione, che
non si era neanche accorta di aver sceso la scala che portava al
salone, sino a
quando non si trovò Jake vicino che le prendeva la mano
sorridente per portarla
al cospetto dei signori Cullen.
“Bella,
vieni. Voglio presentarti Esme e
Carlisle Cullen, i proprietari di questa deliziosa tenuta”
disse mentre le
indicava una signora di mezza età e un uomo costretto sulla
sedia a rotelle.
[Ci
mancavano gli invalidi] pensò Bella mentre
ricambiava la stretta di mano dei nuovi arrivati.
“Vedo
che ha già conosciuto mio figlio Edward e
i nostri collaboratori” disse Esme indicando orgogliosa suo
figlio.
“Ci
hanno aiutato durante il tragitto. Eravamo
rimasti fermi per la strada per un guasto alla macchina”
spiegò Isabella,
sicura che comunque questa storia fosse già stata raccontata.
“Fermatevi
a pranzo, così dopo potremo farvi
visitare la tenuta e parlare di affari, avete detto di voler ampliare i
vostri
fornitori per i vostri negozi” propose allegro Carlisle,
mentre si faceva
spingere verso la sala da pranzo da una servizievole Esme.
Jacob
e soprattutto Emmett, acconsentirono in
maniera calorosa mentre Edward, si scusò dicendo di non
poter presenziare al
pranzo in quanto occupato altrove.
“Figliolo,
abbiamo ospiti e Alice non verrà a
pranzo oggi, almeno tu dovresti restare” obbiettò
la madre mentre Ed era già
con un piede sulla scala.
“Davvero
mamma, non posso. Ci vediamo oggi
pomeriggio, promesso. Ora devo proprio andare” e
salì i gradini a due per volta.
Evidentemente
i fratelli Hale erano abituati a
queste fughe, visto che non diedero a vedere alcun imbarazzo o
curiosità per
questo fatto,
almeno agli occhi degli
ospiti.
Cosa
che invece incuriosì Emmett e soprattutto
Isabella.
Sospirando
Bella si accomodò a tavola accanto a
Jake ed Esme, mentre Emmett si era direzionato subito verso la sedia
accanto a
Rosalie, sicuramente intenzionato ad approfondire la conoscenza.
Quello
sarebbe stato un pranzo interessante,
sentenziò mentalmente Isabella, ma sarebbe stato meglio con
la presenza del
maniaco palpatore.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Prima
di
commentare, voglio ringraziare chi mi recensisce con così
tanta simpatia:
LadyRhoswen, Ary94, Corny83, Paperacullen, Fffabi e Vanderbit, (grazie), grazie anche a chi mi ha inserito
nelle storie preferite, seguite, ricordate e semplicemente per chi ha
letto.
Detto
questo
cercherò di essere più chiara nei miei pensieri
riguardo al capitolo appena
postato: questa giornata si sta dimostrando più interessante
del previsto,
tutto quello che succederà nei prossimi giorni
sarà conseguenza delle decisioni
e delle strategie prese oggi, sia da parte di Bella, sia da parte di
Edward.
Infatti
potete già
constatare che, se prima Isabella voleva valutare la tenuta dei Cullen
adesso
la vuole, anche passando sopra alle persone che vi abitano. Diciamo uno
squalotto assassino.
Nel
prossimo
episodio sentiremo cosa viene fuori durante il pranzo e nel tour
pomeridiano
della tenuta Cullen e soprattutto, quali decisioni prenderà
Edward nella sua
strategia di difesa.
Questa
volta sono
più fiduciosa nella sicurezza di postare il prossimo
capitolo entro una
settimana, visto che l’ho già iniziato…
ma non finito.
Visto
che posto il
capitolo appena pronto, se volete suggerire qualche cosa siete libere
di farlo,
potrei anche sviluppare ed inserire le vostre idee.
Recensite
numerosi.
baciotti
|
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Capitolo 5 *** un pranzo tranquillo ***
Oggi
giornata di
postaggio generale.
Troppo
ottimismo e
fiducia nella mia ispirazione: credevo di poter postare sabato, invece
ho
finito domenica sera questo capitolo. Quindi niente, continuate ad
avere
fiducia e aspettatemi.
Vi
lascio a un
nuovo capitolo dove troveremo altri indizi (e so che tra voi
c’è qualcuno di
paragnosta che ha già intuito tutto quanto).
Buona
lettura.
---ooOoo---
Edward
fece un giro largo e, senza farsi
sentire, ritornò all’interno della villa.
Passò furtivamente in cucina per
racimolare un paio di panini e una coca e si diresse, tramite le scale
di
servizio, verso la sua adorata stanza.
Aprì
e chiuse la porta silenziosamente e
finalmente tirò un lungo sospiro di sollievo.
Solo
lì riusciva a pensare liberamente ed essere
se stesso. Nessun peso, nessuna costrizione, solo lui e i suoi pensieri
che
diventavano realtà. In quella stanza si sentiva come il re
Mida, ogni cosa che
toccava diventava oro sotto le sue dita.
Rise
a questo paragone azzardato e si focalizzò
sul suo ultimo pensiero: Jacob Black e le Explosion industries. E
perché no?
Anche Isabella.
Ripensò
al “suo culetto da urlo” della mattina e
sorrise ripensando a quando si era accorto di averla imbarazzata. Si,
anche lui
poteva far effetto su una donna, come Rose o Jazz. Certo, lo sapeva di
essere
un ragazzo affascinante, ma mettere alla prova il suo sex appeal per
vedere se
era sempre in grado di vincere, come al college, era comunque una sfida.
Si
impose attenzione rivolta al problema principale,
aveva al massimo tre ore prima di essere nuovamente precettato per il
giro
nella tenuta e per allora doveva essere pronto.
Iniziò
subito a lavorare.
Al
piano di sotto il pranzo procedeva
tranquillamente con la conversazione sostenuta da Esme, Isabella e
Rosalie. Gli
uomini, in un modo o nell’altro, erano assenti e poco
partecipi.
Carlisle
macinava sull’assenza del figlio al
quale aveva affidato l’azienda e si chiedeva come mai non
fosse presente per
cercare di vendere i prodotti a questi nuovi possibili clienti.
Jasper
si chiedeva cosa facesse Edward in quel
momento, avendo intuito che stava per accadere qualche cosa di grosso.
Non era
proprio così ingenuo come il suo capo poteva pensare.
Jacob
non riusciva a capire tutto questo
entusiasmo che Isabella stava palesando per la tenuta dei Cullen, visto
che
stava crescendo esponenzialmente man mano che la conversazione
procedeva. Le
mire della principessa erano cambiate e lui si chiedeva se non
centrasse anche
un tizio con i capelli rossi. Geloso? Di sicuro. Non avrebbe mai ceduto
sulle
sue mire su Bella senza combattere.
Emmett
era totalmente ed irrimediabilmente
distratto dal profumo che sprigionava il corpo seduto alla sua destra.
Quella
bionda sarebbe stata la sua dannazione se non se ne fosse allontanato
subito,
il fatto è che non gli interessava proprio allontanarsi,
preferiva approfondire
la conoscenza, in ogni modo possibile.
“Isabella,
quali sono le catene di negozi delle
quali vi occupate?” chiese curiosa Esme. Pur essendo
parzialmente integrata
negli affari della famiglia, aveva pur sempre imparato qualche cosa
ascoltando
i suoi uomini.
“Principalmente
discount o negozi con prodotti
di nicchia, la grande distribuzione di marche comuni non ci
interessa” rispose
la ragazza professionale.
Alla
parola discount Jasper si irrigidì uscendo
dai suoi pensieri. “Discount?” chiese.
“O
negozi con prodotti di nicchia, non voglio
denigrare nessuno ma specifichiamo che non sempre nei discount viene
venduta
dell’immondizia”.
“Consentimi
di dissentire: riguardo al vino è
immondizia” rispose Jazz piccato.
“Forse
vogliamo alzare il livello di qualità,
non ci condannare prima di averci ascoltato” intervenne fermo
Jake.
Jasper
alzò le mani in segno di resa ma rimase
con il cipiglio scuro di chi non si fida del cane che ha accucciato ai
propri
piedi, sempre timoroso di una azzannata traditrice.
“Ragazzi,
che ne dite di fare
onore alla torta che ha preparato questa
deliziosa donnina?” chiese sorridente Emmett mentre indicava
Rosalie che stava
entrando nella sala con la sua crostata di pesche.
Anche
in questo caso, il ragazzo fu quello che
più fece onore alle prodezze culinarie di Rose che sorrise
felice nel vedere il
suo lavoro così apprezzato.
“Quanto
tempo avete intenzione di fermarvi in
zona?” chiese Rose, dopo aver servito l’ultima
fetta di torta a un insaziabile
Emmett.
“Una
settimana, poi dovrò tornare a Boston”
rispose tranquillamente Jacob.
“No
capo! Eravamo d’accordo per due settimane,
una specie di vacanza” puntualizzò Isabella
fissando Jake come a cercare di
ricordargli qualcosa.
“Cos…?
Oh è vero, credevo di avere una riunione
con il consiglio di amministrazione per la questione della fabbrica di
scatolame ma evidentemente la mia efficientissima assistente
l’aveva già
spostata” rispose piccato stringendo le labbra.
A
questo punto Emmett decise di intervenire per
stemperare gli animi. Da alcuni mesi a questa parte era sempre
più spesso costretto
a fare da paciere tra i due amici.
Isabella
tendeva a fare sempre più di testa sua,
senza informare Jacob e mettendolo in difficoltà.
E’ vero che lei era il vero
capo, ma era pur vero che era stata proprio lei a volere quella
situazione e
non poteva ogni volta rigirare la frittata come le veniva bene.
Su
questo Jake e Em, si ritrovavano sempre più
spesso d’accordo, facendo sentire Isabella una vera stupida.
“Su
Jake, anche tu hai diritto a un po’ di
vacanza, gireremo per la valle e nei dintorni. Ci divertiremo
sicuramente,
vedrai” e strizzò l’occhio a Rose che
rise divertita mentre toglieva i piatti
dal tavolo.
“Questa
casa è bellissima” mormorò Isabella per
far capire a Jake le sue intenzioni.
“Oh,
grazie. Era dei miei nonni. L’ha costruita
nonno, pietra per pietra. Ora è di Esme, è stato
il mio dono di nozze quando ci
siamo sposati” disse orgoglioso Carlisle continuando.
“Se
vi fermerete per altre due settimane, avrete
l’opportunità di assistere alla vendemmia.
Inizieremo lunedì prossimo, tra
quattro giorni” annunciò gioviale.
“Sarebbe
fantastico” gioì Isabella, così avrebbe
avuto la possibilità di studiare meglio la zona.
“Proprio
fantastico” borbottò Jacob.
Finalmente
si alzarono da tavola ed uscirono nel
giardino sul retro della casa, dove si ergeva un delizioso gazebo in
ferro
battuto.
Jacob
si posizionò accanto a Isabella mentre si
avvicinavano alla costruzione, e ponendogli un braccio attorno alla
vita la
attirò accanto a se e fingendo un’aria complice le
ringhiò nell’orecchio
“Tesoro spiegami entro tre secondi o ti faccio fare la figura
più avvilente
degli ultimi dieci anni. Il consiglio di amministrazione ti
sembrerà una
passeggiata” e le scoccò un bacio sulla guancia.
Lei,
con uno splendente sorriso falso come una
banconota da trenta dollari, rispose “Voglio la villa.
E’ stupenda”.
“Se
avessi letto attentamente le carte che ti
avevo preparato, avresti visto che l’ipoteca è
solo sull’azienda e le terre, non
sulla casa”.
Per
un attimo Isabella vacillò, poi si riprese e
continuando a sorridere annuì “Lo sapevo, appunto
per questo voglio provare a
rimanere qui, potrei trovare il modo per ottenere quello che
voglio”.
“Una
sfida? Non credi che sia un poco arrogante
da parte tua, giocare con la vita delle persone?” Jacob la
fissava con
rimprovero e lei si sentì come una scolaretta beccata a fare
una marachella.
Era una donna adulta, per diana! Doveva smetterla di sentirsi inferiore
a
qualcuno, perché non lo era.
“Isabella,
Jacob, venite qui, il caffè è pronto”
chiamò Esme, mentre posizionava il
servizio da caffè sul tavolino.
I
ragazzi si avvicinarono e si sedettero insieme
agli altri.
Le
chiacchiere continuarono allegre tra i
ragazzi, Jasper non riusciva ad essere di molta compagnia, ma
complessivamente
il pomeriggio stava procedendo bene.
“Dimmi
Isabella” iniziò Rosalie ammiccando “Tu
e
Jacob state insieme?”.
Il
silenzio imbarazzato si solidificò e tutti
fissarono i due ragazzi.
“Il
lavoro per conquistare il suo cuore è lungo
e pieno di ostacoli, ma mi sto impegnando” rispose Jacob
stringendo una mano a
Isabella.
“Siete
una splendida coppia” confermò Esme.
“Mamma,
ti ha detto che sta cercando di
conquistarla non che è la sua ragazza” alla voce
di Edward tutti si voltarono
nella sua direzione mentre lui avanzava tranquillamente coprendo la
poca
distanza che ancora lo separava dal gazebo e dagli altri.
Si
sedette e prese una tazzina in cui versò il
caffè rimasto. Un sorriso malizioso sfuggiva
dall’angolo delle labbra e i suoi
occhi luccicavano ad un’idea misteriosa.
Jasper
aveva già visto quell’espressione, quando
Edward aveva trovato brillanti quanto inaspettate soluzioni ad alcuni
problemi
e sembrava che anche questa volta qualcosa di positivo stava per
arrivare.
Isabella
era arrossita alle frasi di Rosalie ed
Esme ed ancora di più alla frase di Jacob. Lui era un caro
amico oltre al suo
assistente, ma sapeva che ad un suo cenno si sarebbe trasformato nel
più fedele
ed appassionato dei fidanzati. Solo che lei non lo voleva.
Ora
sentirsi anche difendere, senza averlo
richiesto, da quel… maniaco, si sentì in dovere
di intervenire
“E’
vero, non è il mio fidanzato ufficiale, ma
questo non vuol dire che non gli voglia bene. Magari voglio solo farmi
corteggiare, tu cosa ne sai?” chiesi con aria di sfida.
Jacob
guardava meravigliato Isabella e seccato
Edward, avendo la netta sensazione che non si parlasse di lui.
“Infatti
non lo so. Ho solo puntualizzato quello
che lui ha detto e che mia madre pareva aver frainteso”
rispose Ed facendo
spallucce.
Emmett
decise di cambiare argomento ancora una
volta, o prepararsi il terreno per altre conversazioni più
interessanti per
lui. “Rose, hai bisogno di una mano?” visto che la
ragazza aveva iniziato a
sparecchiare.
Era
un ospite e non sarebbe stato cortese farsi
aiutare, ma oggi tutti stavano facendo delle pessime figure, quindi
anche
Rosalie decise di assecondare quest’aria di vacanza del
galateo. “Certo Emmett,
seguimi.” E si fece accompagnare in cucina.
In
giardino, visto l’arrivo di Edward, Carlisle
chiese a sua moglie di riaccompagnarlo in casa dicendo che aveva
bisogno di
riposarsi.
Edward,
come se fosse appena arrivato, prese la
parola “Allora, che ne dite di fare una visita guidata nelle
terre e nelle
cantine dell’azienda Cullen? Oggi pomeriggio sono a vostra
completa
disposizione. Poi questa sera andremo tutti alla festa per la vendemmia
della
tenuta vicino al Westerbeke Ranch. Ci divertiremo vedrete!
Andiamo?” tese una
mano a Isabella mentre le regalava uno dei sorrisi splendenti per i
quali era
famoso.
Isabella
fissò dubbiosa la mano, poi guardò il
suo possessore e alle spalle di lui la villa di famiglia e gli sorrise
afferrandola.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Edward
ha trovato
quello che cercava. Isabella ha chiarito quello che vuole. Jacob
comincia ad
avere dei dubbi. Credo che qui dentro i più tranquilli siano
Rosalie ed Emmett.
Prossimo
capitolo
con il giro della tenuta, poi serata danzante…
Aspetto
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baciotti
|
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Capitolo 6 *** marcare il territorio ***
Visto
che domani sarà una giornata
piuttosto impegnativa (per non dire infernale) ho deciso di anticipare
la posta
del capitolo a oggi.
Si
tratta di un capitolo di passaggio,
(frase stupida per dire che non succede niente di eclatante se non un
rafforzarsi delle decisioni intraprese).
Ora
vi lascio al capitolo. Buona Lettura.
---ooOoo---
Visto
che Emmett e Rosalie erano spariti in cucina per sistemare i piatti del
pranzo
appena trascorso, Jasper
propose di
andare a chiamarli per andare a fare il giro della tenuta.
Isabella
era in piedi tra Edward e Jacob e non sapeva da che parte guardare.
Sentiva di
essere diventata una calamita per le situazioni imbarazzanti, anche
senza
volerlo ci si trovava in mezzo.
D’un
tratto si trovò stringere la vita dal braccio possessivo di
Jake, che guardava
il paesaggio con finta noncuranza.
Edward
ridacchiò “Stai marcando il territorio?”.
“Non
credo ce ne sia bisogno, soprattutto con te in giro” rispose
tranquillo Jacob.
“Se
ne sei sicuro tu, chi sono io per convincerti del contrario?”
rispose alzando
le mani Ed, ma la sua faccia rispecchiava tutto il divertimento e lo
scherno
che intendeva mettere in quelle parole. Sembrava una dichiarazione di
guerra.
“Guardate
che io sono qui. Jacob, ti prego toglimi le mani di dosso e tu, evita
di mettermele”
intervenne Bella puntando il dito alternativamente a uno e poi
all’altro.
“Come
mettermele?” Jake strabuzzò gli occhi.
“La
tua quasi ragazza porta della
biancheria molto sexy ed ha un culetto da urlo. Ma questo lo saprai
già”
rispose Edward enfatizzando il quasi.
“Adesso
basta! Se dovete comportarvi come dei bambini posso chiedere a Jasper
di
accompagnarmi e voi potete tranquillamente sfogarvi a braccio di ferro
o
qualsiasi altra cosa che il vostro egocentrico maschilismo possa
inventare.
Jacob ricordami per Natale di regalarvi una clava dovrebbe fare
benissimo
pandant con la vostra mentalità preistorica” e con
piglio agitato si avviò
vicino alla jeep per il famoso giro della tenuta.
Jake
la seguì poco dopo borbottando alcuni improperi inviati
più all’aria che non a
una persona specifica, poi quando fu a portata di orecchio di Bella
soffiò
“Puntualizzo che se c’è un uomo che si
fa sempre mettere i piedi in testa da
una donna sono io e tu lo sai benissimo visto che sei quella
donna” e su questo
la ragazza non poté fare a meno di ridere abbracciando il
suo amico.
Ecco
che arrivarono anche Jasper Emmett e Rosalie, tutti eccitati per il
giro tra le
vigne della tenuta. Edward riuscì a direzionare i passeggeri
facendo sedere
Isabella accanto a se a navigatore mentre Jazz si metteva alla guida e
gli
altri tre sedevano sui sedili posteriori.
Isabella
si sentiva stranamente eccitata per questo giro, poteva vedere con i
propri
occhi la prossima acquisizione delle industrie Explosion il che non
capitava
spesso, visto che normalmente erano solo approfonditi controlli
contabili.
Edward
e Jasper cominciarono a descrivere i vari appezzamenti e i settori
delle vigne,
l’età, la tradizione e la prossima vendemmia che
avevano organizzato per il
prossimo lunedì.
Emmett
offrì subito il suo aiuto, giustificando la
necessità del movimento fisico in
alternativa alla palestra.
“Scusami
Em, ma quale palestra?” chiese ridendo Jake
“Quella
a cui mi sono iscritto quasi tre anni fa e lo sapresti se non fossi sempre a sbavare
dietro a qualche gonna
di Boston” rispose piccato il ragazzo.
“Emmett,
sarebbe meglio che dicessi la verità, ti sei iscritto in
palestra e poi hai
smesso dopo tre mesi” rise anche Isabella.
“Perché
voi due mi fate lavorare troppo e non riesco ad uscire
dall’ufficio prima delle
otto di sera! Non mi ricordo neanche quando sono uscito
l’ultima volta per
divertirmi” povero Em, si sentiva preso di mira.
Ancora
di più adesso che tutti ridevano delle battute di cui era
bersaglio, compresa
Rosalie e forse era quello che gli faceva più male.
“Adesso
non dire che non esci più con una donna da anni
perché alla tua novella
verginità nessuno ci crede” rimbeccò
Jacob.
“Jake,
smettila! Mi stai dipingendo come un maniaco e qui l’unico
maniaco sei tu!”
accusò Emmett.
“Non
direi che qui è l’unico maniaco, direi che
è in buona compagnia” intervenne
saccente Isabella, guardando Edward con un cipiglio carico di
sottintesi.
Il
ragazzo si mise a ridere “Non mi perdonerai mai? Io ti ho
detto che ho anche
apprezzato” e la sua aria era talmente buffa che finalmente
anche Bella si fece
una sana risata sull’episodio.
Ormai
erano arrivati in cima a una collina, quasi al confine della
proprietà.
Jasper
accostò vicino ad un albero secolare e fece scendere i
passeggeri per ammirare
il panorama.
Edward
si posizionò alle spalle di Isabella e le cinse la vita
attirandola a se mentre
le diceva all’orecchio “Da questo punto si
può vedere praticamente tutta la
tenuta, le vigne e la casa” indicando con l’altro
braccio “Alcune volte al
mattino è un posto magico, la nebbia copre tutto, e spuntano
solo gli alberi
alti e il tetto, sembra tutto coperto da una coperta lattiginosa, una
di queste
mattine ti ci porto, così ti faccio vedere”
concluse con un sorriso.
Isabella
si sentiva… Bene, abbracciata in quel modo, appoggiata a
quel petto si sentiva
tranquilla, come se fosse una cosa naturale, come se dovesse essere
così e
basta.
L’imbarazzo
non faceva parte del momento, sino a quando nel suo campo visivo
comparve Jacob.
“Isabella
vieni a sederti sotto l’albero così ci rilassiamo
un attimo” le disse
prendendole la mano che solo allora, si era accorta di aver posato su
quella di
Edward che le cingeva la vita.
Arrossì
e seguì docilmente Jake “Oggi sei piena di
sorprese, cosa sta succedendo
Bella?”. Odiava quando Jacob le parlava con
quell’aria da santa inquisizione,
ma ora aveva ragione, cosa stava succedendo?
“Mi
sono solo rilassata un attimo Jake. A volte è piacevole,
dovresti farlo anche
tu”.
Poteva
essere una scusa ma non lo era. Era solo piacevolmente rilassante farsi
portare
dal momento e
flirtare con un ragazzo,
oggettivamente pure bello.
Si
conoscevano da poche ore, mica doveva andarci a letto o promettergli
amore
eterno, che diamine. Forse davvero Jacob stava marcando il territorio.
Si
voltò verso gli altri. Jasper ed Edward stavano confabulando
ed
alternativamente indicavano i vari settori della vigna, mentre Emmett e
Rosalie, seduti accanto a lei, continuavano a chiacchierare, con le
teste
vicine, come se fosse una conversazione privata. Ogni tanto una risata
argentea
da parte della ragazza interrompeva il flusso silenzioso dei suoi
pensieri.
Guardò
Emmett più attentamente. Lo conosceva da quando era piccola,
era il suo
fratellone, se non di sangue, lo era per l’affetto che si
portavano a vicenda.
E ora era come vederlo la prima volta: allegro, rilassato e soprattutto
complice con la bionda.
Ci
stava provando nel modo più spudorato possibile, si
voltò verso Jasper. Non
sembrava interessato, stava ascoltando Ed e non seguiva
null’altro. Rosalie era
assolutamente presa da Emmett, come il topolino con il pifferaio. Ecco
avrebbe
potuto chiamarlo pifferaio d’ora innanzi.
“Allora
mi dici che cosa stai pensando? Quando non capisco so che mi metto nei
guai per
colpa tua e sono un pochino stufo di sudare sette camicie per salvarmi
le
chiappe! Avanti sputa!” disse Jacob serio.
“Abbi
pazienza Jake, ma non è nel mio stile scatarrare in giro
come un giocatore di
baseball” rispose Bella sorridendo innocente.
Trucco
che non funzionò visto il cipiglio scuro con cui Jake la
guardò, come a
scavarle dentro.
“Ok
ok. Mi piace la villa. Vorrei un posto tranquillo per delle settimane
di relax
e questo mi sembra perfetto. Lontano dai rumori e dalla frenesia
cittadina ma
vicino al mondo con meno di un’ora per l’aeroporto.
Tutto qui. Edward è carino
ma non ho intenzione di mischiare lavoro e piacere. Sai come sono
fatta”
rispose Bella alzando le spalle.
“Sicura
che non mi devo aspettare altro dalla principessa di Boston?”
richiese Jacob
“Sicura.
La principessa porterà avanti gli affari, vedrà
di ottenere il premio, se
potrà. Altrimenti tornerà a casa comunque felice
di far aumentare i dividendi
delle azioni”.
Alzò
la mano destra come a giurare sulla Bibbia.
Rimasero
sotto l’albero ancora qualche minuto prima di riprendere la
via delle cantine.
Qui
si trovarono immersi nell’umidità
dell’aria satura di vapori alcolici. Botti di
legno di media grandezza stazionavano ordinate sugli assi.
Videro
anche la parte relativa alla spremitura che da lunedì
avrebbe iniziato a
lavorare a pieno ritmo.
Jasper
in quel frangente era ispirato: spiegava con piglio sicuro e con
indiscusso
amore, tutte le fasi della produzione, rispondendo in maniera
competente alle
domande di Isabella e Jacob.
La
principessa invece cominciava ad essere un po’ seccata dal
modo di fare di
Emmett.
Non
partecipava, era assente, tutto preso dalla biondona. Urgeva trovare un
rimedio: distrarsi per rimorchiare ok, ma perdere una giornata intera
di lavoro
non faceva parte del vocabolario del capo. Almeno per quella parte
Jacob era
ineccepibile.
Vicino
al suo fianco, con continui quanto fortuiti e presunti innocenti
sfioramenti,
si trovava sempre Edward, attento alle sue necessità,
sollecito nel
soddisfarle, ammiccante nel porsi a lei.
Se
all’inizio poteva essere simpatico, dopo qualche ora, questo
modo di fare
iniziava ad infastidire la principessa.
Perché
continuava a starle così appiccicato? Non sembrava il tipo.
Voleva divertirsi?
Anche lei, ma sicuramente come possessore dello scettro del comando.
“E
con questo abbiamo finito il tour!” annunciò
Jasper orgoglioso.
“Come
intendete espandervi adesso?” buttò lì
Bella. Se intendevano fare qualche cosa
o giocare in riserva per salvare il salvabile. Occorreva avere la
conoscenza
delle prossime mosse. Non era un gran che a scacchi, ma se la cavava
abbastanza
bene con le persone e relative intenzioni.
“Prima
dobbiamo vedere come va questa vendemmia. Se tutto va come sembra,
cioè
un’annata fantastica in tutti i sensi, riusciremo a
provvedere ad alcune
esigenze impellenti dell’azienda, poi penseremo
all’espansione” rispose Edward
fissando seriamente i profondi occhi marroni di Isabella. [non
riuscirai a
portami via ciò che è mio, culetto
d’oro] pensava il ragazzo stringendo le
labbra in una linea dura.
“Ragazzi,
dobbiamo tornare all’albergo. Questa sera ci aspetta una
serata danzante!”
annunciò Isabella per niente turbata
dall’espressione di Edward. [bimbo, non mi
fai mica paura. Sei tu che dovresti averne, di me].
Emmett
li guardava con una nuova consapevolezza: aveva appena visto una
dichiarazione
di guerra.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Isabella
ed Edward sono pronti per
affilare le armi. Lei vuole la terra e la villa e lui vuole difendere
le sue
proprietà.
Vedremo
come si svilupperà la serata
all’insegna delle danze (magari ci scappa un ballo tra i due).
Ci
sentiamo tra sette giorni.
Grazie
a chi mi segue, legge e recensisce.
Siete stupendi e lo sapete io vi voglio bene. (adesso mi commuovo).
Baciotti
|
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Capitolo 7 *** preparativi del ballo ***
Avevo
preventivato
una serata danzante in questo capitolo, ma sono stata presa dai miei
ragazzi e
sono diventata il loro burattino: avevano altre cose da dire e io ho
dovuto
adeguarmi.
Però
vi assicuro
che il ballo ci sarà il prossimo capitolo e lo so
perché lo sto scrivendo
(nessuno quindi lo può sapere meglio di me).
Adesso
ringrazio
tutti quelli che hanno fatto sentire la loro voce lo scorso capitolo:
record
con 8 recensioni (me felice) e altre persone che hanno messo nei
preferiti,
ricordati e seguiti Grazie Grazie Grazie. E grazie a tutti i lettori
silenziosi.
Ora
vi lascio al
capitolo sette.
Questa
è
sostanzialmente una storia romantica, ma come tutte le storie
è un incastro di
pezzi come un puzzle o un insieme di indizi come un giallo, vedete un
po’ voi
come la vivete. Ora mi rivolgo ai miei Sherlock.
Buona
lettura.
---ooOoo---
“Ragazzi,
dobbiamo tornare all’albergo. Questa
sera ci aspetta una serata danzante!” annunciò
Isabella.
Tutti
annuirono entusiasti ed iniziarono a
mettersi d’accordo per ritrovarsi pronti per la festa. Si
erano allontanati
parecchio dalla villa ed erano più vicini a Sonoma.
Tornarono
quindi a scaricare i tre bostoniani
all’albergo prima di viaggiare verso la tenuta.
Isabella
prese la tessera magnetica dalla
reception e salutando con la mano i suoi compagni di viaggio si
avviò verso la
suite che avevano prenotato.
Questa
sera doveva farsi bella. Edward sembrava
avere un debole per lei e questo poteva andare a suo vantaggio. Se
fosse
riuscita ad entrare più in confidenza con il ragazzo,
sarebbe riuscita a
trovare quello spiraglio che le serviva per mettere le sue deliziose
manine da
cinquecento dollari di manicure, direttamente sulla casa atavica dei
Cullen.
La
doccia fu quanto aveva bisogno per schiarirsi
le idee e rilassarsi. Il morbido accappatoio l’avvolse appena
uscita dal box e
lei si posizionò davanti allo specchio appannato.
Passò una mano sulla
superficie per vedere meglio la sua immagine riflessa e mentre le gocce
scivolavano sul vetro, lei pensava.
La
terra, il vino, le cantine, la
produzione, la villa, Edward, Jacob, la
villa, le terre, la vigna, Edward, le cantine, le industrie Explosion,
Edward,
il vino, la villa, Edward, la villa, Edward, Edward, Edward.
Si
riscosse quando sentì bussare alla porta con
impazienza, ed arrossì rendendosi conto di aver pensato un
po’ troppo alla sua
prossima vittima.
[Mai
mischiare il piacere con il dovere! Il
bimbo deve essere il mezzo per arrivare alla villa, non il fine] si
ricordò
mentalmente mentre andava ad aprire la porta della sua stanza.
Emmett,
seguito da Jacob entrarono come delle
furie e lei si strinse meglio l’accappatoio al corpo nudo e
continuò a
frizionare i capelli con l’asciugamano che aveva appena preso.
“Cosa
succede ragazzi?” chiese vagamente
curiosa, il suo pensiero su altri fronti.
“Il
nostro ufficio ha telefonato per avvertirci
che c’è un virus nel nostro sistema informatico
alle Explosion” esclamò Emmett
visibilmente agitato.
“Ho
già detto a Emmett che nessuno di noi ha le
capacità di risolvere la questione e di lasciare fare ai
nostri tecnici e
magari contattare qualche esperto esterno” replicò
Jacob accigliato.
“Ti
ho già detto che i file potrebbero risultare
corrotti, potrebbe saltare il bilancio, la contabilità, i
contratti. Hai idea
delle implicazioni?” chiese Emmett. Adesso non era
più l’amico giocherellone,
era l’avvocato McCharty, il mastino delle Explosion
Industries.
“So
cosa comporta. Ma abbiamo gli archivi
esterni e anche i cartacei più importanti. Sono guai grossi
ma non impossibili”
rispose Jake.
“Solo
la morte non si risolve. Lo so! Ma io
adesso mi preoccupo per il resto. Possibile che tu non veda il
problema? Sembra
che sei arrivato solo ieri in ufficio. Se perdiamo dei dati siamo
FOTTUTI”
vedere Emmett così agitato, stava scuotendo anche Isabella
che aveva ascoltato
impassibile i due uomini che si beccavano.
Decise
di intervenire “Avete finito?” li guardò
come una maestra d’asilo guarda due bambini che bisticciano
per avere ragione.
“Adesso
vediamo se ho capito bene. Abbiamo un
virus nel sistema?” chiese.
“Esatto”
risposero in coro gli altri due.
“Sappiamo
quali sono i danni?” .
“Per
ora no” rispose Emmett.
“Cosa
stiamo facendo?”.
“Monitoriamo
la situazione mentre i tecnici
stanno cercando di eliminare il problema” rispose Jacob.
“Allora
Em. Siamo a ore di distanza dalla sede e
non siamo neanche tecnici. Non sapremmo cosa fare neanche di persona,
quindi
Jake ha ragione” e Jacob guardò Emmett raggiante.
“Approvo
la proposta di chiamare anche dei
tecnici esterni per farci aiutare” e ancora Jacob sorrise.
“Però
è comunque una situazione grave, quindi
qualcuno deve rimanere attaccato al telefono a prendere delle decisioni
per
l’azienda, quindi questa sera Jacob resterai tranquillo in
camera con il tuo
cellulare vicino. Se il problema dovesse risultare ancora
più grosso del
previsto allora chiamaci e torneremo a darti man forte” ed
Emmett rise regalando
un paio di pacche sulle spalle al povero Jake che iniziava a mettere il
broncio
per essere costretto a rimanere in albergo al posto di andare a
divertirsi.
Gentilmente
la principessa spinse fuori dalla
camera i due ragazzi e si mise ad aprire la sua valigia passando in
rassegna i
pochi abiti che aveva portato.
Doveva
essere una serata molto alla buona ed
informale, quasi paesana e tutti i vestiti che aveva portato erano
troppo
eleganti e pretenziosi. Jeans e maglietta neanche a parlarne, se voleva
fare
colpo sul bimbo doveva impegnarsi di più.
Prese
la sua carta di credito gold e scese nella
hall dell’albergo in accappatoio, con quello che pagavano per
le camere poteva
anche permettersi questo lusso.
Gli
impiegati del hotel ed alcuni ospiti la
guardarono tutti con un misto di stupore e disapprovazione ma lei si
diresse
senza indugio alla boutique che si trovava al piano terra.
Entrò
e subito la commessa si precipitò a
servirla.
“Un
abito per questa sera. E’ una festa
campestre” ordinò telegrafica.
La
commessa sorrise e cominciò a tirare fuori
tutta una serie di gonne, pantaloni, camicette, fino a riempire il
bancone
lasciando pressoché vuoti gli scaffali e le grucce.
Isabella
passò in rassegna come un generale
passa davanti ai soldati. Analizzò e scartò
subito tutto, sino ad arrivare a
una timidissima camicetta bianca. Intarsi ricamati, corta in vita e con
un
elastico che permetteva di tirare giù le spalline scoprendo
le spalle. A questo
punto una gonna ampia e larga era d’obbligo. Ne
trovò una arancione, sfumata
sul fondo, di tessuto quasi fluttuante. Si immaginò
volteggiare con quella
gonna che seguiva i suoi movimenti, gonfiandosi e poi lisciandosi con
l’aria e
i suoi passi. Ipnotica. E lei sapeva come muoversi per ottenere quel
risultato.
Ringraziò mentalmente sua madre per tutti gli anni di danza
ai quali l’aveva
obbligata e pagò.
Ritornata
in camera terminò di prepararsi.
Intimo,
gonna, camicetta, sandali con tacco non
eccessivo per muoversi meglio sulla pista, capelli sciolti e
naturalmente
ondulati, trucco leggero, bigiotteria varia ed eccola che scendeva ad
aspettare
Emmett. O forse era lui che la stava aspettando? Si chiese guardando
l’orologio
al suo polso: ore 20,53 (appuntamento ore 20,30).
Invece
alla tenuta Cullen …
I
tre ragazzi erano tornati alla villa Cullen.
Mentre Edward cercava di analizzare ogni reazione, ogni gesto, ogni
sguardo di
Isabella per capire come comportarsi con la ragazza, Rosalie non stava
zitta un
attimo e Jasper era rassegnato a farle da uditore, visto che il suo
amico aveva
la testa altrove.
“Emmett
è semplicemente fantastico. Hai visto
come rideva quando siamo…” Aveva gli occhi che
brillavano e agitava le mani
come fosse un mulino a vento.
All’improvviso
il cervello di Jasper suonò come
un campanello di allarme.
“Ti
piace Emmett?” chiese senza tanti giri di
parole a sua sorella.
“Sei
una lince come attenzione fratello” rispose
stancamente Edward. Anche distratto aveva capito cosa c’era
dietro tutto
l’entusiasmo di Rosalie.
La
ragazza arrossì “Beh si, è carino e
simpatico…”
lasciò in sospeso la frase, non era il caso di aggiungere
altro.
Adesso
doveva prepararsi per essere pronta per
questa sera. Chissà come se la cavava a ballare quel ragazzo
di Boston?
“Finalmente
siete arrivati!” la piccola Alice
saltò giù dal muretto che circondava le scale di
ingresso del portone
principale della villa. “Stavo perdendo le speranze! Forza,
dai che dobbiamo
prepararci. Zia Carmen ci aspetta per avere una mano i tavoli del
buffet” e
prese Jasper per una mano trascinandolo in casa.
Edward
e Rose risero mentre Jazz si voltava
verso di loro mimando la parola AIUTO.
Edward
guardò la ragazza. Prima di essere sua
dipendente, era sua amica, e si sentì in dovere di dirle due
parole. “Ti prego.
Stai attenta con quel ragazzo. È uno di città,
potrebbe solo divertirti e non
voglio che tu ci rimanga male”.
Lei
sorrise dolcemente e gli prese una mano.
“Non solo gli uomini fanno soffrire, e Isabella non mi sembra
così arrendevole”
e gli strizzò l’occhio prima di correre in casa
per prepararsi.
Vero,
pensò Edward riferendosi ad Isabella.
Quella ragazza poteva essere definita in tanti modi ma arrendevole non
era uno
di questi.
Lui
comunque non aveva alcuna intenzione di
scottarsi, circuire Bella era il suo piano. Riuscire a scovare il punto
debole
per poter salvare la sua azienda. Questo doveva fare. Aveva promesso di
occuparsene e se per questo doveva fare la figura dell’idiota
innamorato per
arrivare al suo fine, l’avrebbe fatto. E se ci fosse cascato?
Non importava,
quello che contava era la tenuta.
Poteva
anche andargli peggio, in fin dei conti
la ragazza era carina, simpatica e con del carattere.
“Culetto d’oro” sorrise
mentre apriva il getto dell’acqua della doccia, primo passo
per prepararsi alla
serata.
Non
era il caso di metterci tanto a prepararsi.
Sapeva che bastava poco per far risaltare il suo fisico, plasmato da
anni di
lavoro nelle vigne. Mise un paio di jeans scuri e una camicia azzurro
chiaro
per fare contrasto con l’abbronzatura. Maniche arrotolate e
primi bottoni della
camicia aperti per far respirare e lasciare intravvedere il dovuto, ed
era
pronto.
Mise
le scarpe di cuoio per poter ballare in
modo decente. Non erano le sue calzature preferite, ma non poteva
muoversi come
voleva con le scarpe da ginnastica. Avrebbe sopportato le frecciatine
di Irina
sul suo essere vecchio stile, anche se poi ci rideva anche lui.
Scese
le scale e passò dal salone per salutare
sua madre. Era ingiusto che Carlisle non le permettesse di andare a
divertirsi
nemmeno a casa della sua migliore amica. Esme, Carmen e
Renée erano
praticamente sorelle siamesi, sino a quando lui non si era messo a fare
il
despota e aveva rinchiuso la moglie a casa. Aveva bisogno di sua moglie
vicino,
diceva Carlisle. Aveva bisogno di una serva tuttofare, pensava Edward
con
disprezzo verso suo padre.
Carezzò
la guancia della madre e le diede un bacio
sulla fronte.
“Salutami
tutti caro. E mi raccomando…” .
“Darò
un bacio per te a Carmen e le dirò che lo
mandi con tutto il tuo amore” terminò la frase al
posto di lei. Il ragazzo
rivolse un cenno distratto con la mano all’altro genitore e
uscì dalla villa.
Vicino
alla jeep era parcheggiata anche la
macchina di Alice. E i ragazzi aspettavano solo lui.
“Coraggio
Ed! Sei peggio di una donna!” lo
rimproverò Rosalie. Incredibilmente lei era già
pronta, slanciata nei jeans
chiari e coperta da un top coloratissimo e una maglietta appoggiata
sulle
spalle.
All’improvviso
Edward si mise a ridere indicando
la maglietta di Jasper ed Alice. Le ragazze gli fecero eco mentre Jazz,
sbuffava infastidito.
“Edward
piantala! Non ne avevo idea! E’ una
delle trovate di quella pazza di tua sorella!”
cercò di giustificarsi il
ragazzo.
“Ehi!”
protestò Alice, cercando di trattenere le
risate “Sarò pazza ma ti piace quando
ti…”.
“Fermi
tutti! Queste cose non le voglio
sentire!” intimò Edward mentre iniziava a salire
in macchina e cercava di
fermare l’eccesso di riso.
Certo
che Alice e Jasper erano proprio carini
nei loro jeans e magliette bianche. Niente di particolare visti di
dietro,
peccato che, mentre sul davanti la maglietta di Jazz spiccava la
scritta in
rosso e nero [ I love California ] con tanto di disegnino stilizzato
dello
stato, un paio di arance e grappoli d’uva, nella maglietta di
Alice, con gli
stessi disegni, ci fosse scritto [ I love who love California ]. Erano
davvero
una bella coppia ed Alice ci teneva a farlo sapere in giro.
Probabilmente
un annuncio ad esclusivo uso e
consumo di Jessica, la sua collega, che aveva una cotta per il biondo e
probabilmente questa sera sarebbe stata alla festa.
Edward
e Rosalie partirono con la jeep alla
volta di Sonoma, per dare un passaggio ai tre bostoniani, mentre Jasper
ed
Alice, si diressero direttamente verso la festa.
Questa
si sarebbe tenuta nell’azienda di Carmen
ed Eleazar, amici carissimi da così tanto tempo che per
tutti loro erano gli
zii. La coppia aveva avuto due figlie, Reneesme in procinto di
laurearsi (il
nome in onore delle migliori amiche della madre) e la piccola peste
Irina, una
ragazzina di sedici anni, con la sfrontatezza e la voglia di divertirsi
come
un’adulta pur non essendolo ancora.
Arrivarono
all’albergo con cinque minuti di
ritardo sull’orario concordato.
Davanti
all’entrata non si vedeva ancora
nessuno, perciò decisero di entrare ad aspettare i ragazzi
al bar.
Appena
entrati videro Emmett che si avvicinava a
loro con un sorriso smagliante. Un pantalone sportivo e una camicia
erano il
suo abbigliamento, essenziale e vagamente cittadino. Meno di
così non era
possibile per l’avvocato bostoniano, almeno a vedere il
misero bagaglio che si
era portato. Si appuntò mentalmente di procurarsi qualche
altro cambio d’abito
per non ritrovarsi in boxer tra qualche giorno.
“Ciao
Edward” salutò stringendo la mano
“Rosalie
sei semplicemente meravigliosa” e le diede un leggero bacio
sulla guancia.
Forse aveva osato troppo? Non importava, era bellissima e doveva
dimostrarglielo
in ogni modo possibile.
La
ragazza arrossì “Non dire sciocchezze, sono
solo jeans” si schernì.
“Diglielo
a loro, su di te non fanno lo stesso
effetto” rispose Emmett.
“Ok
ragazzi, dopo questa ho bisogno di bere o
rischio il diabete” esclamò ghignando Edward
mentre gli altri due abbassavano
gli occhi imbarazzati.
“Dove
sono Jacob e Isabella?” chiese Rose. Bene
così avrei evitato domande inopportune, pensò
Edward.
“Jake
non viene, abbiamo un problema di virus
informatico a Boston e lui deve monitorare tramite telefono”
rispose spiccio
Emmett.
Edward
aggrottò la fronte come se fosse stupito
e preoccupato della notizia.
“Oh
sai Em. Edward sa tutto di…” stava dicendo Rosalie
ma Ed la interruppe “ … Alcoolici, soprattutto
quando si deve aspettare una
donna. Andiamo a bere qualcosa” e invitò i suoi
amici.
Un’occhiata
a Rosalie bastò per far mimare delle
scuse alla ragazza. Alcune cose non dovevano essere dette, punto e
basta.
Passarono
altri quindici minuti ed erano quasi
le nove quando finalmente la principessa fece la sua entrata al bar
dell’hotel.
“Stavo
quasi per mandare la cavalleria” commentò
Emmett guardando Bella sedersi con loro.
“Scusate
il ritardo, ho avuto alcuni imprevisti.
Vogliamo andare?” chiese.
Si
alzarono tutti e cominciarono ad avviarsi
verso la jeep “Sei bellissima questa sera”
sussurrò Edward vicino all’orecchio
di Isabella, prima di abbracciarla per la vita e condurla alla
macchina. Il
pollice e l’indice si soffermarono sulla pelle di lei,
lasciata scoperta tra la
gonna e la camicetta. Era morbida e vellutata. Cavoli, davvero poteva
andargli
peggio.
Salirono
tutti sull’auto e Edward mise in moto e
si infilò nel traffico della sera con direzione Westerbeke
Ranch visto che
l’azienda di zio Eleazar era lì vicino.
Isabella
si chinò come ad accendere la radio e
posando una mano sulla coscia di Edward sussurrò
“Anche tu sei bellissimo
questa sera”, poi sintonizzò su una stazione di
musica country e si rimise
composta.
Dietro
la coppia non aveva visto nulla, troppo
occupata a guardarsi negli occhi.
Non
è così raro che un fulmine colpisca una
persona, più difficile che due fulmini colpiscano due
persone che si trovavano
così vicine. A volte capita e a loro era capitato.
Arrivarono
alla festa dopo circa quaranta minuti
di strada, percorsi in silenzio o con qualche bisbiglio appena
percettibile. Si
sarebbero sentiti anche i grilli se non fosse stato per il motore della
jeep.
i
lampioncini colorati erano accesi, le tavole
erano imbandite, l’orchestra stava suonando allegra e tutto
era pronto per una
serata all’insegna del divertimento, e non solo.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Spero
che il
capitolo vi sia piaciuto, ci siamo mossi, qualcuno mi aveva chiesto di
Alice:
eccola qui. Siamo pronti per la serata. I due hanno affilato le unghie
e ormai
è chiaro che sono pronti ad immolarsi per la causa (posso
capire Edward, ma
Bella? Boh).
Speriamo
che il
caldo non dia alla testa, tanto ci stanno pensando già
Emmett e Rosalie. Spero
che il lavoro dei miei Sherlock non sia stato difficile, anzi, credo di
avervi
fatto le cose troppo semplici. Agatha Christie vieni a me! (mi sento
come He
man).
Con
questo capitolo
vi lascio. Mi segno sull’agenda il nostro prossimo
appuntamento per continuare
questa storia: il 13 settembre 2011.
Ci
sarete? Mi
auguro di sì.
Per
ora vi auguro
buone vacanze.
E
a tutti i miei
più cari
baciotti
perdonatemi la pubblicità delle mie storie
Sakura – Fiore di ciliegio conclusa
AAA Affittasi moglie in corso
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Capitolo 8 *** un tango infuocato ***
Ragazze
e ragazzi, sono tornata anche
qui!
E’
una giornata infame questa: ho
postato AAA Affittasi moglie, Sakura e adesso questa.
Questa
storia sta prendendo una piega
imprevista, e sento che sarà sempre più
complicata, per la gioia dei miei
Sherlock.
Non
voglio togliervi altro tempo prima
della lettura, se non ringraziare che mi conforta con le recensioni o
con le
preferenze, o anche solo con gli accessi, segno che si legge e spero
che si
apprezzi questa storia.
Vi
lascio al capitolo e Buona Lettura.
---ooOoo---
I
lampioncini colorati erano accesi, le tavole erano imbandite,
l’orchestra stava
suonando allegra e tutto era pronto per una serata
all’insegna del
divertimento, e non solo.
Appena
parcheggiato, arrivarono di corsa ad accogliere i nuovi arrivati, una
signora
con gonnellone a fiori e camiciola arricciata a sbuffo, che faceva
ballonzolare
la sua ragguardevole mole, e una ragazzina bionda con le treccine e una
minigonna dalla cortezza imbarazzante.
“Oh
Edward caro, Rosalie tesoro, siete arrivati finalmente. Lo dicevo a
Eleazar che
non mi avreste fatto questo affronto. Ero già pronta a
mandare Nessie a
prendervi a casa se ritardavate ancora!” nel frattempo la
signora aveva
trascinato giù dalla jeep la povera Rose e cercava di
soffocarla in un caloroso
abbraccio tentacolare. La ragazza cominciava a diventare porpora dalla
mancanza
di ossigeno ed Edward ebbe pietà.
“Zia
Carmen, ti prego lasciala respirare o te la troverai stecchita tra le
braccia
per tanto amore” scatenando le risate della giovane che aveva
seguito la famosa
zia.
“Allora
scricciolo come va? Sei proprio cresciuta! Non credi che questa gonna
sia un
po’ corta per te? Dovrò difenderti da orde di
ragazzini impazziti!” Edward
continuò a scherzare tirando leggermente una treccina bionda
della ragazzina.
Poi
fece le presentazioni “Ragazzi, vi presento la zia Carmen,
che è la padrona di
casa, e la piccola Irina, sua figlia. Zia, Irina, questi sono Isabella
ed
Emmett” si scambiarono un sorriso e la mano per le
presentazioni ma
l’esuberante donnona, non poteva accontentarsi di una stretta
se pur calda e
salda. Tirò il braccio e strinse Isabella nella stessa morsa
d’acciaio che
prima aveva sperimentato Rosalie.
“Chiamatemi
zia, in questa valle sono la zia di tutti e tutti sono i miei
nipoti” baciò le
guance di Edward, Isabella ed Emmett e li condusse verso il cuore della
festa.
“Edward
caro, tua madre?” chiese con uno sguardo preoccupato.
“Al
solito. Ma ti manda i suoi saluti e dice che sei sempre nel suo
cuore” rispose
il ragazzo.
“E
lei è nel mio” ribatté Carmen.
Erano
arrivati vicino ai tavoli dove si potevano vedere sia Alice che Jasper,
muoversi veloci per disporre le pietanze, togliere i piatti vuoti e
riempirne
altri.
L’orchestra
iniziò a suonare musiche caraibiche e Irina si
attaccò al braccio di Edward.
“Ti
prego Ed! Ti prego, ti prego, ti prego!” voleva ballare e il
ragazzo sospirò
avanzando lentamente come ad andare sul patibolo “Mi tocca!
Ragazzi, se
sopravvivo ci vediamo dopo!” rivolto agli altri e rassegnato
seguì la ragazzina.
“Seh
come no? E noi a quella faccia ci crediamo pure”
commentò ridendo Rosalie.
“In
che senso?” chiese Isabella seguendo Edward che iniziava a
muoversi sulla pista
con la sua piccola dama.
“E’
uno dei migliori ballerini della valle, nei balli latini è
insuperabile. E
Irina ne va letteralmente pazza, tanto che studia danza solo per poter
ballare
con lui” rispose la bionda.
“Quindi
sta circuendo delle minorenni!” puntualizzò Emmett
ridendo.
“Direi
che è lui ad essere circuito se non sta attento”
ribatté Rosalie. La risata era
contagiosa, ma la mente di Isabella fremeva nel vedere il ragazzo
ballare con
quella ragazzina. Quanti anni poteva avere? Quindici? Sedici? Andiamo
principessa! Come fai ad essere gelosa di una bambina! Gelosa? Non
scherziamo!
Questo è un intoppo al piano e devo rimediare, tutto
lì!
L’abilità
di Edward era indiscutibile ed Isabella non riusciva a staccare gli
occhi di
dosso dalla coppia. Sarebbe riuscita ad essere all’altezza?
Beh, sempre meglio
di Jacob che aveva la brutta abitudine di pestarle i piedi. Il fatto
che fosse
bravo in pista, poteva essere un vantaggio per andare avanti nel piano
di
avvicinamento, ma doveva liberarsi della bambina.
Dal
canto suo Edward aveva notato che Bella lo stava fissando. Bravo lo era
e lo
sapeva. Bello? Piacevole senza dubbio ma quasi non credeva al successo
che
stava riscuotendo da parte di Culetto d’oro. Sarebbe stato un
bel passo avanti
per saggiare i progetti e scoprire le eventuali falle nel piano
dell’acquisizione delle industrie Explosion. Ancora un
po’ e le avrebbe chiesto
di ballare, con buona pace della esuberante Irina.
Dopo
alcune giravolte e un paio di passi impegnativi, l’orchestra
finì il brano e
fece una pausa. Con un passo volutamente strascicato e un viso
visibilmente
soddisfatto, Edward tornò dai suoi amici, scortato dalla
piccola esuberante
Irina.
“Scricciolo,
mi hai massacrato” accusò il ragazzo.
“Figurati!
Non sei capace di dire certe cose! Tanto non ti crede nessuno! Oh! Ecco
che è
arrivato Paul. Ciao ragazzi” e si girò verso il
nuovo arrivato
“Attenta
scricciolo, non voglio doverti venire a cercare in posti troppo
bui” urlò
dietro Edward, facendo arrossire Paul e reagire Irina con un poco
elegante
gesto con la mano.
“Fai
da fratello maggiore. Uhm, lato tenero” sussurrò
Isabella quando fu a portata
di orecchio.
“La
conosco da quando è nata” fece spallucce
“Cosa ci vuoi fare, sono un
sentimentale” e, sottolineando la parola sentimentale,
appoggiò la mano sulla
schiena di Bella per accompagnarla ai tavoli.
Rosalie
scoccò uno sguardo incuriosito a Emmett come a chiedere
spiegazioni su quello
che vedeva ed il ragazzo rispose con un cipiglio stupito e
un’alzata di spalle
impotente.
Trovarono
un tavolino libero non lontano dalla pista da ballo e si sedettero
tutti tranne
Edward. Era troppo agitato ed iperattivo mentalmente per potersi sedere
in quel
momento. Aveva assoluta necessità di muoversi e, con la
scusa della sete, si
incaricò dei beveraggi dei compagni seduti.
Tornò
poco dopo con un vassoio colmo di bicchieri e un paio di bottiglie.
“Emmett,
assaggia questo rosato, è della nostra valle” e
offrì una generosa dose di vino
al bostoniano. “Gradisci anche tu Bella?” chiese
gentilmente mentre versava un
goccio anche a Rosalie e a se stesso
Pur
essendo praticamente astemia, non poteva certo restare a guardare gli
altri e
un pochino di vino non l’avrebbe certo uccisa. “Un
pochino grazie” confermò
Isabella.
Edward
sorrise tra se e versò una generosa dose nel bicchiere della
ragazza.
Non
aveva intenzione di farla ubriacare, ma farle abbassare la guardia era
auspicabile per il suo piano. Doveva farla diventare allegra e sarebbe
stata
come creta nelle sue mani.
Purtroppo
non aveva fatto i conti con il cervello della principessa. Isabella
strinse gli
occhi in uno sguardo di rimprovero quando vide il vino versato nel suo
bicchiere e dopo averlo guardato e annusato come il più
esperto dei sommelier,
ne bevve un goccio e posò il resto sul
tavolo, annuendo soddisfatta per il sapore
“Davvero buono, nulla da
dire. E’ tuo?” chiese curiosa.
“Ci
sono anche le nostre uve, si. È un prodotto della cantina di
zio Eleazar”
rispose Edward guardando con un misto di ammirazione la ragazza.
“E’
un insieme di uve della vallata. Per questo vino è stato
creato un consorzio
con sette tenute” rispose più competente Jasper
che aveva raggiunto il tavolo
con un vassoio di stuzzichini.
“Scusatemi
ma io mi nascondo qui. Se tua sorella mi vede ancora mi fa fare altre
due ore
in piedi ed io ho i calli che stanno urlando
pietà” puntualizzò il biondo
accasciandosi
su una sedia.
“Infatti
le urla si sentivano sin qui. Stavamo pensando di mandarti
un’ambulanza”
rispose ironica Rosalie.
“Più
che altro una camicia di forza per Alice. A parte il fatto che credo
riuscirebbe a sfuggire anche a quella. In serate come questa
è davvero
incontenibile” povero Jasper, era quasi sofferente.
“Centra
anche Jessica in tutta questa agitazione?” chiese sorniona
Rose
“Puoi
giurarci. Non so quante volte ho parlato chiaro con tutte e due, ma non
lo
capiscono. A volte mi sento come una bambola in mezzo a due bambine
capricciose” sospirò il biondo.
A
questo punto Edward tentò di spiegare la situazione ai
ragazzi stranieri
“Jasper è il ragazzo di mia sorella, ma una
collega di Alice, che si chiama
Jessica, ha messo gli occhi sul questo adone e non perde occasione per
saltargli addosso. Nonostante che lui abbia già chiarito con
Jessica, continua
a scatenarsi l’inferno tra quelle due”.
“Ed
io mi ci trovo in mezzo” terminò Jazz con un
grosso sospiro.
“Carissimo,
sei desiderato da due donne! È il sogno di tutti gli uomini,
che vuoi di più?”
chiese ridendo Emmett, mentre si guadagnava uno sguardo di rimprovero
da Rose .
Ops.
“La
pace nel mondo? Mi basterebbe la pace tra quelle due e
l’allontanamento coatto
di Jessica diciamo dalla California, tanto per stare
tranquilli”rispose pronto
Jazz mentre si sentiva Alice che stava cominciando ad alzare la voce
contro
qualcuno.
“Vado
prima di trovare qualcuna completamente calva” e si
alzò rassegnato.
“Scusatemi
vado anche io, nonostante tutto credo che mio fratello abbia bisogno di
una
mano” e Rosalie seguì il biondo.
“Ed
io vado a vedere un interessante incontro di wrestling tra donne dal
vivo.
Eccitante. Grazie, Bella, per la vacanza” e anche Emmett
seguì i due ragazzi.
“Siamo
rimasti solo noi, ti vuoi sedere o scappi anche tu?” chiese
Isabella all’ultimo
rimasto.
“No,
io rimango a farti compagnia. Nonostante tutto, non sei così
terribile” rispose
accomodandosi e facendo un sorrisino sarcastico.
“Il
mostro chiuso dentro di me, adesso sta dormendo, tranquillo”
bisbigliò
maliziosa la principessa.
Iniziarono
a parlare della prossima vendemmia della tenuta. Edward sperava in uno
splendido raccolto visto il clima che negli ultimi due mesi era stato
più che
perfetto.
I
grappoli d’uva brillavano al sole con un colore meraviglioso
e sicuramente
anche il vino ne avrebbe giovato.
Isabella
rimase ad ascoltarlo affascinata. La passione e soprattutto,
l’affetto che
traspariva dalle parole del ragazzo la facevano sentire quasi in colpa
per la
situazione che era venuta a crearsi. Ecco la sua pecca! A volte si
lasciava
trascinare dai sentimenti invece di ordire trame e seguire piani
finalizzati
esclusivamente al profitto.
Doveva
assolutamente tornare al piano originario. Lui era seducente, si
sarebbe
lasciato sedurre? C’era solo un modo per saperlo: provarci.
L’orchestra
iniziò un nuovo pezzo, un sensualissimo tango argentino.
Come
richiamati da una magia, i due ragazzi si guardarono quasi ansiosi ed
Edward
porse una mano verso Isabella: “Vuoi ballare?” lei
annuì solamente e si diresse
verso la pista con la mano ancora allacciata a quella di lui.
Arrivati,
Ed la strattonò verso di lui, facendole fare una piroetta
sino a sbattere
contro il suo petto, le prese l’altra mano mentre la prima
scivolava sulla sua
schiena.
Iniziarono
a muoversi seguendo le struggenti note che si diffondevano
nell’aria.
Isabella
si scoprì essere perfettamente in grado di seguire i
complicati passi che
Edward le faceva compiere. Giravolte, passi alternati, si
ritrovò parecchie
volte spalmata sul corpo di questo portentoso ballerino.
Era
davvero bravo, ma quello che stavano danzando era molto più
che un tango. Era
un corteggiamento, era… sesso, pensava Isabella mentre
veniva rialzata da un
perfetto casqué, con una gamba sollevata
all’altezza della coscia di Edward.
La
musica era quasi finita, i passi e le movenze molto rallentate, le
carezze del
ragazzo sulla sua schiena estremamente sensuali.
Un
ultimo casqué in posa plastica, venne accompagnato da un
leggero sfioramento di
labbra e una tensione palpabile, si accese tra i due che rimasero a
fissarsi
immobili ed interdetti.
“Scusami
ma devo tornare in albergo” sussurrò Bella,
scappando letteralmente dalla pista
da ballo e lasciando solo un Edward estremamente stupito di
ciò che era
accaduto.
Non
cercò neanche di fermarla, non pensò che forse
toccava proprio a lui
accompagnarla all’hotel. Semplicemente andò verso
il buffet per prendere
qualche cosa da bere.
“Cos’era
quello, Edward?” chiese stupita Alice.
“Cosa?
Ho solo ballato con Isabella” rispose il fratello con fare
noncurante, non che
pensasse esattamente le stesse cose.
“Solo
ballato? Avevate scritto sopra la testa la parola sesso come
un’insegna al
neon!” gli fece notare Jasper.
“Il
tango si balla così e se voi non lo sapete, andate ad
informarvi” rispose
piccato allontanandosi.
Avevano
ragione però, aveva ballato in un modo che neanche lui
sapeva come o a cosa
fosse dovuto. Si era sentito trascinato, elettrizzato e anche eccitato
di avere
tra le mani quella ragazza, “Culetto
d’Oro”.
Nel
frattempo Isabella aveva incontrato zia Carmen e la sua figlia maggiore
Reneesme, detta Nessie.
“Cosa
succede cara? Non ti senti bene?” la donna era preoccupata a
vedere il pallore
comparso sul viso della principessa, nonostante avesse appena finito di
ballare.
Cosa
doveva rispondere? Non era il caso di mostrare il suo turbamento per un
semplice tango con un ragazzo praticamente sconosciuto, meglio optare
per una
mezza verità: “Effettivamente non mi sento molto
bene. Ho assoluta necessità di
tornare in albergo ma non voglio disturbare gli altri, soprattutto
Emmett che
credo si stia divertendo molto”.
“Se
ti riferisci a quel ragazzo bruno grande, grosso e cittadino, credo di
averlo
visto tallonare da vicino la nostra Rose. A una corte del genere, non
siamo
molto abituati da queste parti!” intervenne Nessie sorridendo
e indicando con
il dito dove si trovavano gli altri due.
“Appunto,
credo che Em mi ucciderebbe se gli impedissi di passare anche solo un
minuto
con Rosalie” ammise Bella.
“Se
vuoi ti accompagno io, tanto devo andare a prendere alcune cose in
città e
probabilmente mi fermerò nel mio appartamento per dormire.
Non sono molto da
festa, nonostante che questa sia organizzata dalla mia
famiglia” si offrì
Reneesme, riempiendo di gioia e orgoglio sua madre.
“Benissimo,
quindi non ci sono problemi. Avviserò io gli altri e mi
farò aiutare al posto
tuo figliola. Tu Isabella, vedi di riposarti e rimetterti a posto, ti
aspetto a
pranzo uno di questi giorni” e stritolò nuovamente
Bella, nel saluto che le era
così congeniale: attentato alla vita.
I
successivi quaranta minuti trascorsero tranquillamente sulla jeep di
Nessie.
Era
una ragazza delicata e adorabile, con i suoi capelli lunghi, neri e
ricci, e
gli occhi scurissimi, alle spalle poteva sembrare messicana, se non
fosse stata
per la pelle diafana che spiccava come un faro.
Non
avevano molti interessi in comune, Isabella era un pochino
più sofisticata, ma
ciò non impediva di una tranquilla, amichevole e in alcune
occasioni anche
complice conversazione. Il tempo volò, molto più
velocemente che all’andata.
Arrivate
all’albergo, Isabella invitò il suo autista per un
ultimo drink, visto che le
aveva fatto perdere buona parte della festa campestre.
Nessie
accettò entusiasta, le piaceva quella ragazza, nonostante le
loro differenze, o
forse proprio per quelle.
Appena
entrate nel bar dell’hotel, trovarono un Jacob semi sdraiato
su un divanetto,
intento a bere un martini con un cellulare posato sul tavolino.
“Ligio
al dovere Jake?” lo canzonò Isabella.
“Evidentemente
ho estratto la pagliuzza più corta, Bella”
risposte senza alzare lo sguardo dal
cellulare.
“Nessie!
Nessie, cara!” a quel richiamo tutti i presenti si voltarono
verso una signora
sulla cinquantina, snella e mediamente alta, dai capelli rossicci, che
si bracciava
dall’altra parte del bar e che ora si stava avvicinando.
“Renée!”
rispose Reneesme abbracciando la nuova arrivata e da persona educata
iniziò le
presentazioni.
“Renée,
una delle migliori amiche di mia madre, ti presento Isabella, viene da
Boston”.
La
donna fissò attentamente la principessa e chiese:
“Isabella Marie Swan?”.
Alla
sorpresa di Bella rispose un luminoso sorriso della nuova arrivata.
“Come
fa a conoscermi?” chiese Isabella.
“Semplice,
ti ho partorita io!”.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto.
Colpo
di scena! Arriva Renèe e si scopre… qualche cosa
che sarà meglio chiarita nel
prossimo capitolo.
Sempre
più complicato! Triplo salto mortale con avvitamento
carpiato (esiste? Boh).
Credo
che varierò il genere nella copertina, mettendo
qualcos’altro, tipo… drammatico
o giallo, perché questa non sarà
l’unica novità.
Posterò
il prossimo capitolo non prima di una settimana, devo finirlo e cercare
di
destreggiarmi tra le varie storie (se qualcuno volesse impiantarmi un
altro
paio di braccia ne sarei molto grata)
E
a tutti i miei più cari
baciotti
Anche qui, spaziamo con la pubblicità personale: cliccando sui titoli colorati, potrete viaggiare tra le mie storie postate in questa sezione, buona lettura.
[Sakura – Fiore di ciliegio] conclusa, racconto storico, romantico, avventura, la storia di Bella dalla natia Irlanda a partire dal 1884 portata dal destino, in giro per mezzo mondo.
[Ciao Edwardina] conclusa, racconto comico, una scommessa costringe Edward a frequentare il liceo per due mesi vestito da donna.
[AAA Affittasi moglie] in corso, racconto commedia romantica, cosa può costringere un uomo giovane, sano ed attraente ad affittare una moglie?
[Boy e girl – scambio d’identità] conclusa, racconto comico romantico, scambio di corpi, un Edward nel corpo di Bella alle prese con i problemi femminili e Bella viceversa, alle prese con i problemi maschili e un obbiettivo .
[Acqua che cade] conclusa, mini fic. racconto misterioso, fantasy, Bella adora la particolare pioggia di Forks, che sembra mandata apposta per lei.
[Prima di essere un pensiero] one shot commedia fantasy, cosa potevano essere i nostri eroi, prima di essere concepiti? Questa potrebbe essere la risposta.
[Un colpo sul retro] one shot commedia, una giornata particolare, dove quattro ragazze senza pensieri vogliono solo divertirsi.
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Capitolo 9 *** una notte insonne ***
Cari
lettori, consapevole delle mie
manchevolezze nel postare i capitoli delle mie storie con una scadenza
consona,
mi cospargo il capo di cenere e mi scuso.
Non
ho intenzione di interrompere
questa storia, anche perché la piega che ha preso nella mia
testa, mi manda
letteralmente in delirio (cioè mi piace).
Purtroppo
non sarò costante, diciamo
che vi chiedo un mese, prima di mandare le pantegane a rintracciarmi
nelle
segrete dove filo le mie trame…
E
adesso, Buona Lettura.
---ooOoo---
“Semplice, ti ho
partorita io!”
Jacob
e Isabella sbiancarono all’istante e la ragazza, barcollando,
si lasciò cadere
sul divanetto accanto al ragazzo.
“Come
partorita? Io neanche la conosco! Mia madre era Elisabeth e mio padre
Charlie
Swan! Chi è lei?” l’agitazione era
palpabile e si sentiva ancora di più mentre
aspettava una risposta, stringendo la mano che Jake le aveva teso.
“Isabella,
prima dimmi come stanno i tuoi genitori. Sono anni che non ci
sentiamo… mi
sembra almeno sei” chiese cortese Renée sedendosi
a sua volta.
“Sono
morti, cinque anni fa per un disastro aereo. Dubito che lei non lo
sappia,
signora. Era su tutti i giornali” rispose piccata Isabella.
“Io
non ne sapevo nulla, scusami” rispose mortificata la donna.
“Renée
fa la fotografa, è sempre in giro per il mondo, a volte in
posti dove non è
possibile raggiungerla. Non è cinque o sei anni fa che sei
andata in quel
villaggio africano per sei mesi?” intervenne Nessie,
chiedendo poi conferma
delle sue supposizioni.
“Esattamente
Nessie, ero in Chad e poi sono passata in altri stati africani per
diversi
mesi, probabilmente è per questo che non ho saputo nulla, mi
dispiace molto.”
“Come
conosceva i miei genitori?” chiese dura Isabella, era troppo
abituata alle
fregature e non si fidava mai di queste eclatanti rivelazioni,
normalmente
venivano sempre fuori accompagnate da richieste economiche
più o meno
scandalose.
“Eravamo
compagni di corso all’università.
I tuoi
genitori erano già sposati. Io ero molto amica di tua madre.
Un giorno,
Elisabeth, venne da me disperata: aveva perso il secondo bambino e il
ginecologo le aveva comunicato che non avrebbe mai potuto portare a
termine una
gravidanza. L’unica soluzione era l’utero in
affitto.
Io mi ero stancata della vita
accademica, anche
perché volevo girare il mondo e fotografare era la cosa che
amavo di più. Così
unimmo l’utile al dilettevole: io mi feci impiantare un ovulo
di tua madre,
fecondato da tuo padre e Charlie mi sovvenzionò i primi due
anni di lavoro.
I
tuoi genitori non hanno mai voluto che ti incontrassi, per paura che
potessi
vantare dei diritti su di te. Abbiamo anche litigato per questo, ma mi
hanno
sempre dato tue notizie, sino appunto a qualche anno fa. Credimi, io
non mi
sono mai ritenuta tua madre, piuttosto ti voglio bene come una
zia.” Renée
raccontò la sua storia nel silenzio più assoluto.
“Credo
che per oggi di zie ne abbia conosciute abbastanza”
ironizzò Isabella,
riferendosi anche a Carmen e spezzando la tensione che si era creata,
con una
risata liberatoria.
“Renée,
Reneesme, vi presento il ragazzo che mi ha prestato la mano da
stritolare:
Jacob, un collega di lavoro. Jake, questa è Reneesme, una
ragazza che ho
conosciuto alla festa. E’ la figlia dei proprietari ed
è molto amica dei
Cullen.” Il ragazzo salutò con un sorriso e una
stretta cordiale sia la donna,
sia, in modo leggermente più interessato, la ragazza che
arrossì.
“Credo
che si sia fatto tardi” proruppe Nessie alzandosi
“Ed io dovrei ancora andare a
casa”
“Ti
posso accompagnare se vuoi.” Si offrì Jake. Il
cacciatore bostoniano era di
nuovo in circolazione. Altro territorio, prede numerose e interessanti.
“Non
è necessario Jacob. Abito qui vicino, proprio a due passi.
Renée, hai bisogno
di un letto? Sai che puoi disporre di me come meglio credi.”
Disse Nessie
rivolta alla donna che invece continuava a guardare Isabella.
“No.
Grazie cara, ho già preso una camera in questo albergo. Poi,
penso che Isabella
vorrà farmi altre domande domani. Vero?” e
aspettò la risposta.
“Certamente
Renée. Adesso è molto tardi e non possiamo, ma
domani sarai mia ospite per
tutto il giorno.” Minacciò sorridente la
principessa di Boston.
Tutti
si salutarono e si allontanarono verso le proprie camere o abitazioni,
lasciando il povero Jacob in compagnia del suo martini e del cellulare,
a
guardare la porta di ingresso dell’hotel che si era chiusa
alle spalle della
moretta che aveva appena conosciuto.
Ragazza
interessante
pensò il giovane.
Quella
notte il sonno tardò ad arrivare per tutti.
Isabella
continuava a rigirarsi nel letto, avrebbe voluto chiedere tante cose a
Renèe, e
nello stesso tempo non sapeva da dove iniziare. Sentire che i suoi
genitori
erano stati così disperati da chiedere un aiuto
così importante a una amica...
sentiva che era importante sapere e capire cosa aveva spinto i suoi
genitori
verso questa scelta.
La
amavano, l'avevano sempre amata. L'avevano protetta, curata e viziata
allo
stremo.
Si
ricordava quando era piccolina, i capricci perché voleva la
bambola più bella, che
puntualmente arrivava al primo bel voto di scuola. In fin dei conti suo
padre
voleva comunque una contropartita per un regalo, fosse stato un bel
voto, un
bel gesto, un bel comportamento. Sua madre era più
malleabile o raggirabile,
come si lamentava sempre il suo papà. Elisabeth era
completamente in balia di
sua figlia, e lei, lo sapeva.
Fondamentale
era non approfittarsene, e lei voleva troppo bene alla sua famiglia per
farlo.
Bella
cercò di cambiare indirizzo ai suoi pensieri, avrebbe
parlato con l'amica di
sua madre, senza pensare prima alle domande, ma lasciandosi andare al
momento
dell'incontro.
Era
stata una giornata davvero strana ed intensa quella. Da segnare sul
calendario.
Era
arrivata in quell'assolato angolo di California, con l'intento di
rilevare
l'azienda vinicola della famiglia Cullen.
In
base ai documenti, sembrava un buon affare. L'azienda era famosa per la
buona
qualità del vino che avrebbe fatto buona mostra di
sé sugli scaffali della sua
catena di discount. Incredibilmente, avevano incontrato subito i Cullen. Che scherzo del destino,
loro in difficoltà
per la strada e salvati da loro che li avevano invitati nella tenuta.
Si
era innamorata a prima vista di quella villa, così solida...
le sembrava una
casa perfetta per i suoi week end di fuga dal caos bostoniano. Certo,
poteva
accontentarsi di una villetta nelle campagne vicino alla sua
città, ma in
quell'angolo di mondo, si sentiva davvero tranquilla.
E
aveva conosciuto Edward Cullen. Un ragazzo davvero affascinante.
Ripensò al suo
approccio, quando si era trovata in difficoltà con il
tailleur. Si era
arrabbiata al momento, ma ripensandoci adesso, le veniva da sorridere
alle mani
intraprendenti del maniaco.
La
serata era stata indubbiamente interessante, soprattutto riguardo la
festa e...
quel ballo. Dannazione quel tango era stato... incredibile. Si era
sentita
euforica, eccitata, ammaliata da lui. Era scappata, da quel ragazzo e
da quelle
sensazioni che non riusciva ad identificare. Voleva sedurre Edward per
arrivare
alla villa. Capricciosa ed egoista? Forse sì ma quella sera
si era sentita
vittima del suo stesso piano.
A
giocare con il fuoco a volte ci si brucia, e decisamente quel tango era
stato
davvero infuocato e lei si era ustionata.
Quel
bacio accennato, quello sfregamento di labbra... meglio dormire.
Continuò
a rigirarsi nel letto, prendendo a pugni il cuscino, troppo spesso per
essere
solo una sistemazione delle piume.
Nello
stesso albergo, un Emmett letteralmente in estasi al solo pensiero di
rivedere
la bionda, il giorno dopo, stentava a dormire, così come
Jacob, che continuava
a parlare con Boston a intervalli regolari e a pensare alla moretta nel
resto
del tempo.
Una
notte decisamente impegnativa per i tre ragazzi.
Ma
non solo per loro.
A
chilometri dall'albergo... all'alba...
una
singolare conversazione:
Cosmo:
Piacere di incontrarti Gem.
Gem:
Cosmo, è un onore.
Cosmo:
Avrei preferito un'altra sfida con te.
Gem:
niente di personale, lo sai.
Cosmo:
E' personale. Era un mio obiettivo, non dovevi metterti in
mezzo.
Gem:
Chiedo scusa ma anche per me è personale.
Cosmo:
Non crederai che un simbolo mi blocchi.
Gem:
Mi meraviglierei del contrario.
Cosmo:
Allora posso continuare l'attacco?
Gem:
Preferirei di no. Perderemmo tempo entrambi, ti pare?
Cosmo:
Credi di essere meglio di me?
Gem:
Assolutamente no. Ma neanche io sono da sottovalutare, non ti
sembra che te lo abbia dimostrato?
Cosmo:
Senz'altro, ma ho ancora diversi assi nella manica.
Gem:
E' una minaccia?
Cosmo:
Io non minaccio mai, faccio semplici constatazioni.
Gem:
Allora constatiamo che per ora siamo pari.
Cosmo:
Alla prossima. Che vinca il migliore.
Gem:
Alla prossima Cosmo. Non dormire sugli allori, io non lo
faccio mai.
Cosmo:
Me ne ricorderò, pivello.
Gem:
Te l'ho già detto, non sottovalutarmi.
Cosmo:
Mai. Tranquillo.
e
lo schermo divenne nero…
Il sole fece capolino sui
filari di viti,
facendo brillare le foglie e i grappoli d'uva che promettevano un
prezioso e
succulento raccolto.
Edward
uscì dalla sua camera stiracchiandosi, aveva dormito poco
quella notte.
Continuava a pensare alla sera prima, cos'era successo
perché Bella scappasse
in quella maniera? Si era sentita attratta come era capitato a lui? Era
stato
davvero incredibile, ma forse tutto era dovuto all'atmosfera e al suo
piano.
Già
il piano per sapere quello che voleva fare la ragazza. Erano loro gli
inviati
delle Explosion Industries, quelli che volevano la sua azienda.
Non
avrebbe ceduto senza lottare, ci aveva messo sudore, sangue e sogni in
quella
terra e non aveva intenzione di buttare nel cesso cinque anni della sua
vita,
anche se non pienamente soddisfacenti.
Doveva
capire i piani di Bella. E per questo stava giocando con il fuoco, se
ne
rendeva conto anche lui. Dopo quel ballo non poteva negare l'attrazione
che
provava per quella ragazza. Chissà come gli sarebbe apparsa
oggi.
Meglio
razionalizzare e cercare di centrare l'obiettivo, non poteva fallire
per una
scopata, anche se super soddisfacente, come sarebbe senz'altro stata.
Sospirò
sentendosi nuovamente teso, occorreva pensare ad altro e magari farsi
una bella
doccia ristoratrice per affrontare la giornata, l'indomani sarebbe
iniziata la
vendemmia e dovevano prepararsi.
All'albergo,
Isabella cercava di emergere dallo stato catatonico nel quale era
scivolata
dopo la notte insonne appena passata. Doveva assolutamente alzarsi e
parlare
nuovamente con Renée, doveva chiarire quanto era successo
alla sua nascita e
conoscere meglio i suoi genitori. Perché mai non le avevano
detto nulla su
questa faccenda? Non era una cosa di cui vergognarsi, dimostrava solo
tutto
l'amore e la disperazione con la quale avevano voluto una figlia.
Una
doccia lunghissima fu qualcosa di necessario per connettere quel minimo
da poter
affrontare una nuova intensa giornata al pari della precedente.
Quella specie di vacanza in
California si stava
dimostrando più complessa e stancante del previsto.
Dopo
un'ora, a metà mattinata, la ragazza si trovò al
bar per la colazione, in
compagnia del suo avvocato Emmett e del suo assistente Jacob. Visi
stanchi ed
occhiaie sembravano rendere i tre quasi fratelli di sangue, tanto erano
simili
i segni sui loro visi.
“Jake,
come è andata a Boston?” chiese Emmett, ordinando
un caffè molto forte.
“Questa
mattina mi hanno chiamato dicendomi che l'emergenza era rientrata. Sono
stati
recuperati tutti i dati e i sistemi sono stati messi in sicurezza. Ci
sono solo
alcuni file criptati che non riescono ad eliminare, ma non sono
problematici
per la l'affidabilità del sistema. Hanno provveduto ad
isolarli e adesso sono
tutti molto ottimisti” rispose il ragazzo tra gli sbadigli.
“Perfetto!
Almeno questa parte della mia vita è a posto!”
disse ironica Bella.
“Stai
ancora pensando alla signora di ieri sera?” chiese Jake.
“Pensi
che potrei dimenticarmela così presto? In fin dei conti sono
stata dentro di
lei per nove mesi, conterà qualche cosa, suppongo”
rispose acida Isabella.
“Di
cosa state parlando?” intervenne Emmett, ancora
all’oscuro della situazione.
A
quel punto, a Isabella venne in mente che probabilmente la madre di
Emmett
sapeva di quella faccenda e forse anche lui. Assottigliando lo sguardo
sull'amico partì all'attacco per
un
accurato interrogatorio
“Lo
sapevi che io sono nata da un utero in affitto?”
sganciò immediatamente la
bomba, ben sapendo che anche da una piccola smorfia, sarebbe stata in
grado di
capire se lui lo sapeva oppure no. Infatti la risposta
iniziò con un sospiro
rassegnato.
“Di
cosa stai parlando, Bella?” chiese con noncuranza.
“Del
fatto che tua madre mi ha sempre detto di aver assistito alla mia
nascita,
peccato che la donna che mi ha partorito non fosse Elisabeth
Swan” rispose
piccata la ragazza.
“Ma
certo che sei figlia di Elisabeth, chi ti ha messo in testa queste
cose?”
chiese Emmett.
A
questo punto era inutile continuare con garbo, bisognava raccontare
tutto e
vedere quali sarebbero state le giustificazioni.
“Renée,
un'amica di mia madre, che ho incontrato ieri sera quando sono tornata
in
albergo. Mi ha raccontato di quando mia madre non poteva portare a
termine una
gravidanza e che si era offerta per farsi impiantare degli ovuli con
inseminazione artificiale, e in questo modo sono nata io. Ora,
come mio amico, voglio solo sapere se questa notizia è
corretta. Dimmi solo
questo e non mentirmi se mi vuoi bene” implorò.
Un
nuovo sospiro riempì l'aria, mentre Jacob ascoltava attento
lo scambio di
battute tra i due ragazzi, sollevato intimamente per non essere al
centro della
diatriba.
“D'accordo.
È la verità, quella donna ha portato avanti la
gravidanza perché tua madre non
riusciva ad avere figli. Ma tu sei comunque una Swan al 100 per 100,
sei figlia
di Elisabeth e Charlie Swan, non devi avere dubbi in questo
senso” dichiarò
Emmett.
“Non
ho dubbi, sono solo sconvolta che tu non me lo abbia detto prima, e che
i miei
genitori non mi abbiano mai confessato questa cosa, come se fosse un
delitto,
mi fa soffrire. Dovevano fidarsi di me e del mio giudizio”
rispose Bella. Non
che fosse arrabbiata, piuttosto delusa dalla situazione.
In
quel momento fece il suo apparire la donna in questione:
Renèe.
“Buongiorno
Isabella, buongiorno ragazzi” e si sedette accanto ai
bostoniani.
“Emmett,
ti presento la donna che mi ha partorito, Renèe”
li presentò Bella.
“Ciao,
Emmett. Quanto sei cresciuto tesoro. Eri uno scricciolo adorabile. Sai,
Isabella, mi stava sempre attorno e continuava a carezzare la mia
pancia.
Diceva che dentro c'era la sua sorellina e non vedeva l'ora di giocare
insieme
a te” raccontò la donna con un sorriso nel
ricordare quelle vecchie scene.
Anche
il ragazzo sorrise: “Ciao, Renèe. È
tantissimo che non ti vedo. A guardarti
adesso, però, sembri più piccola di una
volta” disse facendo ridere la donna
che rispose “Impertinente”.
La
conversazione proseguì su fronti più tranquilli,
sino a quando la donna
interruppe:”Devo andare alla tenuta dei Cullen, sono stata
invitata dalla mia
amica per pranzo. Vuoi venire anche tu, Isabella? Ovviamente con i tuoi
amici,
so che siete stati lì ieri, e vi conosce già
tutti, dobbiamo solo aspettare qualche
minuto Reneesme. Dovrebbe arrivare tra poco, poi potremmo
andare” propose.
Tutti
e tre accettarono entusiasti la proposta, Bella poteva continuare a
parlare con
quella donna dei suoi genitori, Emmett si illuminò alla
prospettiva di
rincontrare la dolce Rosalie e Jacob era notevolmente interessato dalla
giovane
moretta della sera prima.
“Ed
io non sono invitato?” una voce maschile, fece voltare i
quattro verso la sua
fonte. Un uomo di cinquant'anni con jeans e camicia avaiana,
leggermente
stempiato, si atteggiava a divo con un sorriso strafottente, mentre
aspettava
una risposta da qualcuno.
“Siamo
in un paese libero, Phil, ma di sicuro non sarò io ad
invitarti da qualche
parte” rispose Renée senza curarsi di nascondere
l'acredine verso il nuovo
arrivato.
---ooOoo---
Angolino
mio:
mentre
il capitolo scorso si è
interrotto con una new entry alla Beautiful (oddio che orrore) qui sono
entrata
nello sviluppo che questa variazione aveva preso nella mia testa. La
storia
diventa un pochino più complessa.
Sicuramente
i miei Sherlock,
inizieranno a fare tutte le congetture possibili, e Corny mi
batterà 4 a
zero come al solito... ma spero che ammettiate che questa volta mi sono
impegnata per sviluppare questa storia in modo imprevisto.
Anche qui, spaziamo con la pubblicità personale: cliccando sui titoli colorati, potrete viaggiare tra le mie storie postate in questa sezione, buona lettura.
[Sakura – Fiore di ciliegio] conclusa, racconto storico, romantico, avventura, la storia di Bella dalla natia Irlanda a partire dal 1884 portata dal destino, in giro per mezzo mondo.
[Ciao Edwardina] conclusa, racconto comico, una scommessa costringe Edward a frequentare il liceo per due mesi vestito da donna. Aggiornamenti lunghi.
[AAA Affittasi moglie] in corso, racconto commedia romantica, cosa può costringere un uomo giovane, sano ed attraente ad affittare una moglie? Aggiornamenti lunghi.
[Boy e girl – scambio d’identità] conclusa, racconto comico romantico, scambio di corpi, un Edward nel corpo di Bella alle prese con i problemi femminili e Bella viceversa, alle prese con i problemi maschili e un obbiettivo .
[Acqua che cade] conclusa, mini fic. racconto misterioso, fantasy, Bella adora la particolare pioggia di Forks, che sembra mandata apposta per lei.
[Prima di essere un pensiero] one shot commedia fantasy, cosa potevano essere i nostri eroi, prima di essere concepiti? Questa potrebbe essere la risposta.
[Un colpo sul retro] one shot commedia, una giornata particolare, dove quattro ragazze senza pensieri vogliono solo divertirsi.
[Smettere di fumare] one shot commedia, un incontro e una battuta comica.
Riguardo a questa storia (Si dice In Vino Veritas), Ciao Edwardina e AAA Affittasi moglie, ho inserito anche l’appunto aggiornamenti lunghi, cioè anche di 4/6 settimane tra un capitolo e l’altro. Ribadisco che quando avrò finito Sakura, provvederò a portare avanti una di queste storie, con l’impegno che meritano, fino a terminarle tutte.
Grazie per l’attenzione
Alla prossima
Baciotti e Buona Festa
Grazia
|
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Capitolo 10 *** il mio passato ***
Buongiorno
a tutti!
Sono
tornata con la storia che avevo
iniziato a scrivere, un po’ perché ispirata da
reminiscenze infantili e un po’
come esercizio stilistico in quanto, se notate, è
completamente diversa da come
sono solita scrivere (e devo dire anche molto faticosa).
Visto
che ho privilegiato altre storie
e questa è tanto che non la aggiorno, vi lascio con un
riassunto per capire sin
dove siamo arrivati.
I
capitoli non sono molto lunghi
(ultimamente ero abituata a ben altre pagine) ma questa è la
misura che ho
scelto e quindi accontentatevi (posso assicurare che 5 pagine qui mi
danno lo
stesso lavoro di 9 pagine di Isabellino, anzi di più).
E
adesso… BUONA
LETTURA.
---ooOoo---
“Renée,
sei sempre più indisponente” rispose ridendo
l’uomo, mentre si avvicinava al
gruppo.
“Ciao
a tutti…” la voce squillante e allegra di
Reneesme, appena entrata nella hall
dell’albergo, si spense in un flebile sussurro, non appena il
suo sguardo si
posò sul nuovo arrivato.
“Reneesme!
Tesoro! Come sta la mia figlioccia preferita?” chiese
l’uomo abbracciando la
ragazza inerme.
“Bene…
grazie zio Phil” era chiaramente un attimo di grande
imbarazzo per tutti,
tranne che per quest’uomo che sorrideva prepotente e
soddisfatto.
“Direi,
visto che ci siamo tutti, possiamo anche andare. Ci porti tu,
Reneesme?” chiese
decisa Renée, senza degnare di ulteriore considerazione
l’altro arrivato.
“Certo,
ma c’è posto solo per
cinque…” rispose lasciando in sospeso la frase.
“E
io? Come ci arrivo dai Cullen?” ovviamente Phil aveva subito
capito che lui era
il sovrannumero.
“Per
quanto mi riguarda, anche a piedi”. Renée era
già uscita dalla porta, seguita
diligentemente e in silenzio da tutti gli altri ragazzi.
Il
tragitto verso la tenuta Cullen fu abbastanza silenzioso, nonostante i
tentativi di conversazione tra Emmett e Jacob.
Chi
era mai quell’uomo antipatico e presuntuoso?
E perché Renée lo odiava tanto?
Faceva parte del passato della donna,
visto che Reneesme lo chiamava zio.
“Isabella,
non far caso a quell’uomo. È il mio ex marito e
non si può dire che ci siamo
lasciati in buoni rapporti” disse all’improvviso la
donna rivolgendosi alla
ragazza ammutolita sul sedile posteriore.
“Renée,
non devi darmi spiegazioni se non te la senti. Solo che sembrava lo
odiassi
proprio tanto” rispose facendo spallucce.
“Non
sai quanto urlavano quando stava aspettando te! Charlie ha ottenuto una
ingiunzione per tenerlo alla larga da Renée e farle
terminare la gravidanza
tranquilla” si intromise Emmett.
Evidentemente
quell’uomo era già presente nella vita della
principessa ancora prima della sua
nascita e l’odio tra lui e Renée aveva la stessa
età.
Come
era possibile serbare rancore per tanto tempo? Anche lei era una
persona che
tendeva a non dimenticare, ma non ricorda di aver odiato qualcuno per
più di…
tre anni.
Il
suo ex, per l’esattezza, Paul. Quel ragazzo che dopo averla
deflorata, se ne
era vantato per tutto il liceo. Oh, l’aveva pagata cara, ma
con la vendetta era
scemata anche l’acredine ed ora, se lo incontrava, non aveva
alcuna emozione.
Perché
la gente non faceva come lei? Le malattie al fegato sarebbero calate in
maniera
esponenziale.
Finalmente,
il tetto spiovente della dimora dei Cullen, fece capolino tra le fronde
degli
alberi. Di primo mattino era uno spettacolo eccezionale. Sembrava una
casa
delle favole. La voleva. E quando scese dall’automobile era
più determinata che
mai.
“Renée!”
gridò gioiosa la signora Cullen, uscita per accogliere i
visitatori.
Le
due donne si affrettarono ad abbracciarsi e una lacrima
scappò dagli occhi di
Esme.
“Mi
sei mancata tantissimo. Quanto tempo ci hai messo per arrivare sin qui!
Sono
due anni che non ti vedo!” protestò ancora,
asciugandosi il viso con un gesto
nervoso della mano.
“Esme…
è sempre bellissimo vederti. Sei un pochino sciupata, amica
mia!” disse la
nuova arrivata con una leggera pacca alla spalla.
Reneesme
si avvicinò alle donne per baciare la padrona di casa
“Ciao, zia Esme”
ricevendo in cambio un caloroso abbraccio “Mia cara, tutti
bene a casa?” e
avutone conferma invitò tutti ad entrare.
In
quel momento, la principessa si chiese come mai in quella valle erano
tutti
zii. Il fatto di apostrofarsi così le faceva immaginare una
grande ampia
famiglia. Cosa che le era mancata negli ultimi anni.
“Vedo
che vi siete conosciuti. Ieri i miei ragazzi hanno incontrato Isabella
e questi
baldi giovanotti in panne per la strada” disse Esme alle sue
ospiti,
accogliendo anche i bostoniani.
“Non
mi avevate detto che conoscevate i Cullen” accusò
bonariamente Renée
rivolgendosi ai tre ragazzi.
Un
timido sorriso di scuse illuminò il volto di Isabella, per
poi arrossire nel
momento che vide uscire ad accoglierli anche Edward.
Ai
raggi del mattino, quel ragazzo era davvero uno spettacolo. Si accorse
in quel
momento che avrebbe tentato di sedurlo anche se si fossero incontrati a
Boston
e questo era semplicemente un incentivo in più per
raggiungere il suo scopo.
“Attenta,
capo, stai sbavando” bisbigliò Jake al suo
orecchio, ghignando.
“Ciao
Zia!” esclamò Edward, felice di incontrare la
nuova venuta che strinse in un
affettuoso abbraccio.
“Cielo,
ragazzo! Sei sempre più bello! Hai già fatto
stragi di cuori o qualche figliola
si è salvata per gli altri? Spero che non avrai fatto lo
sciocco con Reneesme!”
scherzò Renée.
Era
una domanda interessante per Isabella. Era un casanova? Un ragazzo con
le
tacche sulla testiera del letto? Doveva preoccuparsi? Probabilmente era
lui che
avrebbe dovuto preoccuparsi per avere a che fare con lei.
Un
basso e quasi impercettibile ringhio la scosse dalle sue elucubrazioni
e si
voltò con sguardo interrogativo ma accanto a lei c'era solo
Jacob con uno
sguardo annoiato che guardava il paesaggio.
“Figurati,
le ragazze sono ancora vive e libere e la mia Reneesme... senza offesa
ma...
sarebbe come farsi mia sorella, non potrei mai!” rispose
rivolgendosi
direttamente alla moretta che scoppiò in una allegra risata
e diede un buffetto
al ragazzo che iniziava a ridere.
Esme
si fece da parte e incitò ad entrare in casa.
“Esme!
Esme!” una voce con tono prepotente ruppe l'atmosfera
ovattata della magione.
La
signora Cullen si affrettò verso l'origine del richiamo
mentre Edward sbuffava
contrariato.
Pochi
istanti dopo si riunirono tutti nella grande sala della casa.
“Carlisle,
sempre il solito egoista. Non ti sei ancora stancato di pretendere il
sangue
degli altri?” la voce ironica di Renée accolse
l'uomo seduto sulla sedia a
rotelle spinta dalla dolce Esme.
“Ancora
non capisco perché Esme si ostini a farti entrare in casa
mia, spero che la tua
permanenza sia terminata”.
Questo
gentile scambio di commenti imbarazzò parecchio i tre
completamente estranei
alle dinamiche personali degli altri presenti.
“Sono
venuta per la vendemmia. Visto che tu non sarai di aiuto, qualcuno deve
pur
sostituirti e io sono sempre stata meglio di te a raccogliere i
grappoli”
rinfacciò la fotografa, facendo storcere la bocca a Carlisle
che diede un gesto
secco alla ruota e si allontanò del gruppo sfuggendo anche
alle mani della
moglie.
“Renée,
basta. Ti prego” mormorò la donna alla sua amica.
“Renée,
bene arrivata” esclamò la voce allegra di Rosalie
entrando nel salone, seguita
da Alice e Jasper ancora abbracciati come sera precedente.
La
bionda rivolse subito un sorriso luminoso di ben venuto anche a Emmett,
riempiendo di sole la giornata del ragazzo.
Per
Isabella, che osservava curiosa e sorniona il suo amico,
c’era in quello
sguardo e in quel sorriso, più sentimento di quanto si
potesse immaginare. Lei
lo conosceva bene e poteva giurare che l’avvocato era stato
effettivamente
colpito da quella strana malattia che si chiama colpo di fulmine e che
si
manifesta con il sintomo dell’amore.
Occhi
lucidi, sorriso aperto e felice e probabile tachicardia a rischio di
infarto
facevano da contorno a una scena dove chiunque si rendeva conto di
essere di
troppo.
“Ciao,
Emmett” un soffio delicato e un sospiro nel nome.
“Ciao,
Rosalie” una dolcezza infinita nel pronunciare ogni lettera.
“Ciao,
piccioncini” un fratello impiccione che non riusciva a stare
zitto. Ecco come
Jasper interruppe la bolla di pace perfetta tra i due e si
guadagnò un pugno
sulla spalla da Alice, uno sguardo di rimprovero da Isabella e una
risata da
Edward.
“Dai,
andiamo alle cantine, così ci organizziamo per
domani” propose Edward facendo
terminare il teatrino.
Uscirono
nuovamente tutti sullo spiazzo davanti alla tenuta, giusto in tempo per
vedere
la jeep rossa, inchiodare davanti al portone e far scendere
l’uomo dalla
camicia avaiana.
Esme
e Renée si fecero avanti minacciose.
“Ciao,
sorellina. Contenta di vedermi?” chiese Phil, baciando sulla
guancia la signora
Cullen.
“Decisamente
poco” rispose seria la donna. Era strano sentire la dolce
Esme con un tono di
voce così duro.
Renée
sbuffò infastidita e accelerò il passo prendendo
sotto braccio Isabella e
trascinandola a viva forza verso le cantine.
“Scusami
se ti ho requisita, ma la vista di quell’uomo mi fa
ribrezzo” spiegò brevemente.
“Non
era tuo marito?” chiese la ragazza perplessa.
“Appunto,
era. Abbiamo divorziato poco dopo la tua nascita e sai
perché? Per il fatto
che, secondo lui, non avevo chiesto abbastanza soldi a tuo padre.
Disgustoso,
vero?” chiuse la frase con quella che sembrava una domanda
retorica, per poi
ricominciare.
“L’ho
conosciuto frequentando Esme. Lui è suo fratello ed era
più grande, forte e con
più capelli. Mi sembrava bellissimo ed era molto dolce e
simpatico con me.
Me
ne sono innamorata quasi subito e poco dopo eravamo insieme.
Sai
come succede? Liceo poi college… quando tua madre si
trovò in difficoltà non fu
un problema aiutarla. Phil e io ci eravamo sposati a Las Vegas proprio
quell’anno e non navigavamo in buone acque, soprattutto per
il fatto che io
volevo comunque studiare e lui era sempre preso dai suoi congegni
elettronici.
A volte dimenticava la spesa e studiava un nuovo processore.
Fatto
sta che quando sei nata e tuo padre mi ha sovvenzionato i primi due
anni di
attività, ho chiesto il divorzio. Da allora non fa che
rinfacciarmi che avrei
potuto ottenere di più.
Fortuna
che lo incontro pochissime volte” finì il suo
sfogo.
Isabella
era perplessa. Come poteva un uomo simpatico diventare in poco tempo un
mastino
all’inseguimento dei soldi? A discapito di una bambina poi.
Provò
un moto di riconoscenza per quella nuova madre putativa che le aveva
concesso
un’occasione per nascere chiedendo relativamente poco e non
interferendo mai
nel rapporto con i suoi genitori, nonostante potesse farlo.
“Renée,
raccontami ancora di mia madre” chiese la principessa di
Boston, accomodandosi
su una panca poco lontano dall’entrata delle cantine.
“Eravamo
amiche, anche se lei era più riservata e molto
più signora rispetto a
me. Ci conoscemmo al college come ti ho già
raccontato. Io ero vivace, sempre pronta a divertirmi. I miei genitori
mi
avevano spedito sulla East Coast per allontanarmi da Phil e invogliarmi
allo
studio senza distrazioni. Peccato che io mi fossi dedicata molto alle
feste del
campus e il mio ragazzo ha cominciato a dare segni di nervosismo e
gelosia”
rispose la donna sorridendo al ricordo.
“E’
così che il tuo ex marito ha conosciuto mio padre?
È venuto al campus?”.
“Voleva
tenermi d’occhio ed io ero ben felice. Lontano dagli occhi
oppressivi dei
genitori, poi…” e diede un’occhiata
complice alla ragazza che sorrise.
“Sì.
Ho capito cosa intendi” e se fosse stata ancora una ragazzina
pudica sarebbe
arrossita in modo virginale. Poiché, invece, non era proprio
digiuna in
materia, si limitò ad abbassare il capo sperando in un
cambio di argomento.
Non
aveva mai voluto pensare in quel senso ai suoi genitori, figuriamoci
altre
persone.
“Riuscimmo
a passare un anno indenni. I miei genitori si fidavano di Elisabeth,
visto che
lei era già sposata con un ottimo partito, e speravano che
anche io assorbissi
qualcosa del suo carattere docile. Peccato che tua madre mi coprisse
sempre
nelle telefonate dei miei.
Magari
io ero a folleggiare con Phil e lei rispondeva al telefono dicendo che
stavo
dormendo.
Non
che lei fosse favorevole al rapporto con il mio uomo, anzi, lo
detestava. Però
aveva intuito che se si fosse messa contro in modo palese, non
l’avrei
ascoltata. Quindi mi sosteneva nella speranza che mettessi
giudizio”. Gli occhi
della donna erano rivolti verso il cielo, come se leggesse sulle nuvole
quello
che stava dicendo, invece di ricordare.
I
suoi occhi erano velati di commozione o rimpianto, difficile a dirsi,
soprattutto per Isabella che ascoltava affamata di notizie su quei
tempi dove
lei non era ancora presente nelle loro vite.
“Quando
decideste di aiutare i miei genitori” chiese Isabella.
“Era
già un anno che frequentavo il college e che Phil era con
me. Quando non
riuscimmo più a tenere segreta la nostra relazione, fuggimmo
a Las Vegas e ci
sposammo. Dopo un paio di mesi tua madre si precipitò nella
mia stanza a dirmi
che aveva perso il bambino che aspettava.
Tuo
padre era distrutto, proprio come tua madre, soprattutto quando seppero
che non
sarebbero riusciti ad avere figli.
Nel
frattempo, io ero sempre più inquieta e avevo scoperto il
fascino
dell'immagine. Desideravo diventare fotografa, cosa che era poco
compatibile
con il mio essere moglie” sospirò prima di
proseguire.
“Nel
giro di sei, forse otto mesi, venne fuori la proposta del ginecologo
dell'utero
in affitto e la mia offerta come volontaria. Volevo bene a Elisabeth e
poi
dovevo sdebitarmi per il suo aiuto con i miei genitori.
Lei
all'inizio non voleva coinvolgermi perché aveva paura che si
rovinasse la
nostra amicizia. Fu tuo padre a convincerla che ero meglio io che una
sconosciuta.
Quando
Phil venne a sapere del nostro accordo non si oppose ma mi
spronò a chiedere
soldi ai tuoi genitori. Una montagna di soldi. Io non volevo nulla e
solo dopo
la tua nascita tuo padre mi impose di accettare il suo aiuto per
iniziare la mia
carriera di fotografa”.
“Credo
di possedere alcune tue fotografie incorniciate nella villa dei miei
genitori”
confidò Isabella, ricordando alcune immagini che l'avevano
sempre colpita per
la loro intensità.
Aveva
sempre creduto che fossero foto di autore, ora sapeva che non era solo
quello.
“Sì”
ridacchiò Renée “Voleva aiutarmi anche
dopo i primi anni difficili, sapevo che
ogni tanto qualcuno comperava i miei lavori, mi ha permesso di andare
avanti
sino ad arrivare una discreta clientela e accantonare i problemi
economici”.
“E'
a quel punto che è hai divorziato da Phil?” chiese
Isabella.
“Tuo
padre aveva già avuto una ottenuto un ordine restrittivo
contro mio marito,
visto che non mi lasciava passare tranquilla la gravidanza e con quel
documento
è stato facile ottenere la separazione e poi il divorzio. Ci
abbiamo provato
dopo qualche mese ma ormai avevo aperto gli occhi su chi fosse
quell'uomo, non
è andata bene e abbiamo divorziato”
concluse
Renée.
Isabella
lasciò scorrere lo sguardo verso gli ulivi che delimitavano
la corte. L’eco di
quello che Renée aveva raccontato era ancora
nell’aria.
Davvero
i suoi genitori l’avevano amata tantissimo. Sperava solo con
tutto io cuore di
essere stata degna di tanto affetto e non averli delusi.
Cercò
di cambiare argomento verso toni più leggeri se pur curiosi.
“Anche
Esme e Carmen conoscevano i miei genitori?” chiese
ricordandosi di non aver
approfondito questo aspetto.
“No…
cioè, ci si conosceva ma loro due non frequentavano
Elisabeth, erano rimaste
qui. Esme aveva già sposato Carlisle perché era
rimasta incinta di Edward e
Carmen… beh, lei voleva conoscere più ragazzi
possibili perché diceva che
bisognava scegliere con cognizione di causa” concluse ridendo
e facendo ridere
anche Bella.
Se
la immaginava quella donnona a fare la femmes fatale!
In
quel momento sentirono lo scalpiccio di passi che si avvicinavano,
mentre una
camicia avajana spuntava da dietro l’angolo del muro delle
cantine.
“Ecco
dove erano finite la mia ex moglie e mia figlia”
esclamò Phil
con voce allegra.
“Non
dire sciocchezze! Lei non è tua figlia!” rispose
piccata Renée alzandosi per
fronteggiare l’uomo.
“Oh
sì che lo è! E posso dimostrarlo” il
tono trionfante dell’uomo spaventò le
donne e anche gli altri ragazzi che nel frattempo li avevano raggiunti.
“Ma
che diavolo stai dicendo?”.
---ooOoo---
Angolino
mio:
sono
tornata! Non mi pare vero.
Dunque,
questo è un capitolo di
approfondimento sui rapporti tra Renée e i genitori di
Isabella. Fa la sua
entrata anche Phil che ben presto dimostrerà chi
è veramente.
Non
c’è nulla di romantico, la storia
sta prendendo una piega un pochino più gialla.
Riguardo
al modo di scrivere, abbiate
pazienza ma questa è storia è la più
faticosa per me.
Sono
abituata a scrivere in modo
riflessivo, sempre in prima persona e non a raccontare
dall’esterno usando la
terza. In più le ultime tre storie lunghe che ho postato
erano in tempo
presente, ritornare a scrivere al passato remoto e imperfetto
è decisamente
dura.
Spero
che questo capitolo sia servito a
rodarmi, in modo da poter andare più spedita nei prossimi.
Adesso
aspetto i vostri pensieri…
E
magari anche i vostri suggerimenti!
Ringrazio
per l’attenzione
Alla
prossima
Baciotti
|
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Capitolo 11 *** penombra in cantina ***
Ciao a tutti.
Sono in
ritardo di almeno tre giorni ma alla fine
ci sono riuscita a postare il capitolo nuovo.
È
leggermente più lungo perché dovevo assolutamente
inserire un punto che svilupperò nel prossimo capitolo.
La storia
procede con i nostri due eroi che tra
notizie bomba ed attrazione fatale, fanno come un elastico.
Spero che
questo capitolo vi piaccia. Io ne sono
abbastanza soddisfatta. Può essere inteso come un passaggio
ma, chi mi legge sa
che io questa definizione la tollero poco perché ogni
capitolo ha una sua
ragione di esistere ed aggiunge sempre qualche cosa alla trama
Ed ora
auguro… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
“Ecco
dove erano finite la mia ex
moglie e mia figlia” esclamò
Phil con
voce allegra.
“Non
dire sciocchezze! Lei non è tua
figlia!” rispose piccata Renée alzandosi per
fronteggiare l’uomo.
“Oh
sì che lo è! E posso
dimostrarlo” il tono trionfante dell’uomo
spaventò le donne e anche gli altri
ragazzi che nel frattempo li avevano raggiunti.
“Ma
che diavolo stai dicendo?”.
Isabella
sbiancò. Non poteva esserci un’altra scioccante
notizia come quella della sera
prima! Renée era la donna che aveva consentito al feto degli
Swan di crescere e
formarsi nel bambino tanto desiderato dai suoi genitori. Loro
l’avevano
cresciuta con tanto amore e loro erano i suoi genitori: Charlie e
Elisabeth
Swan. Punto.
Altre
opzioni non erano concepibili.
“Lo
dico
perché è così. I girini di Swan
facevano fatica e abbiamo fatto questo scambio.
Perché credi che non mi potessi avvicinare? Sei una stupida,
Renée, come ho
potuto pensare di fidarmi di te?” inveì Phil
alzando la voce sempre di più.
Ormai
boccheggiavano tutti.
Emmett fu
quello che riprese subito il controllo di sé e si pose a
fianco di Isabella.
“Prima
di
dire una cosa del genere ci vogliono prove schiaccianti e in ogni caso
lei non
può accampare nessun diritto su Bella. Lei è
maggiorenne ed autonoma.
Adesso,
gentilmente se ne vada. Non ci metterei molto ad ottenere una ordinanza
del
tribunale contro di lei e men che meno mi servirebbero troppe scuse per
spedirla in prigione” il tono usato era calmo e
professionale, non si sarebbe
immaginata la sua furia se non fosse stato per la vena sul suo collo
che
pulsava nervosa.
“Zio
Phil,
vattene subito” sibilò Edward affiancando Isabella
dall’altro lato.
Sembrava
quasi che volessero farle scudo con i loro corpi contro le maldicenze
di
quell’uomo.
“Tranquilli,
ragazzi” disse la principessa con una calma quasi innaturale
“Quello che dice
quest’uomo non mi scalfisce minimamente. Una pulce
è più fastidiosa… Edward, ti
spiace mostrarmi le cantine? Sono proprio curiosa di vedere come si fa
il vino”
cinguettò ancorandosi al braccio del ragazzo e trascinandolo
verso la porta del
magazzino.
Isabella ed
Edward si lasciarono la compagnia alle spalle ed entrarono nella
cantina.
Nel momento
in cui il buio sostituì la luce del sole, la principessa di
Boston, rilasciò un
sospiro sconfortato.
Ci mancava
anche questa! Non era abbastanza avere a che fare con Renée
e scoprire che era
stata partorita da un’altra donna, ora doveva anche
combattere con questa nuova
verità di non essere la figlia legittima di Charlie Swan.
No. Non
poteva neanche pensarlo e non avrebbe fatto un test di
paternità per scoprirlo.
Piuttosto preferiva vivere nel limbo e crearsi una realtà
tutta sua.
Non era una
che si arrendeva ma a volte il non sapere era decisamente
più auspicabile.
“Vieni,
voglio mostrarti le botti che usiamo per invecchiare” disse
Edward, prendendola
per mano e precedendola verso un’altra porta in fondo alla
stanza. Da qui si
procedeva scendendo delle ripide scale sino a trovarsi in una specie di
cantina
costruita sotto terra con sassi e mattoni e una serie impressionanti di
enormi
botti in legno scuro, impilate ordinatamente su un lato per tutto il
corridoio.
Il ragazzo
si avvicinò a una panca appoggiata alla parete opposta e
invitò Isabella a
sedersi accanto a lui.
“Mio
zio è
sempre stato un bugiardo e uno che gioca con la legge. Potremmo
definirlo un
piccolo delinquente, se vuoi.
Mia madre
non sopporta la sua parentela con lui e lo ha già cacciato
di casa diverse
volte. Inoltre, dopo che ha trattato male Renée e le ha
fatto perdere il
bambino, non credo che lo ospiterebbe neanche se fosse un
senzatetto” raccontò.
La ragazza
si voltò di scatto perplessa: “Renée ha
perso un bambino?”.
“Credo
che
sia stato dopo la tua nascita. Mia madre mi raccontava che
Renée e Phil erano
qui e lei aveva appena annunciato di aspettare un bambino.
Io ricordo
vagamente delle grida, avevo circa tre o quattro anni.
Comunque
pare che lui litigasse sempre per dei soldi che non arrivavano e alla
fine, in
un ennesimo alterco, spinse la zia giù dalle
scale” terminò il racconto.
“Per
questo
lei lo odia” mormorò Isabella e Edward
annuì serio.
“Credi
che
abbia detto la verità sulla mia nascita?” fu come
chiedere se, con quei numeri,
avrebbe sicuramente vinto alla lotteria nazionale. Conoscendo Phil era
un’incognita.
“Conoscendolo
un poco, penso che se ha fatto una dichiarazione del genere abbia delle
prove
in mano” Isabella rabbrividì “Ma penso
anche che potrebbe averle falsificate o
manomesse. Te l’ho detto, non è una brava persona,
potrebbe aver fatto
qualsiasi cosa se crede di poter mettere le mani sui dei soldi e tu,
Isabella
Swan, ne hai parecchi” concluse il ragazzo.
Dei soldi e tu
ne hai parecchi…
sapeva chi era. Edward Cullen
aveva scoperto che Isabella Swan non era solo una assistente.
Conveniva
accantonare questo argomento e la ragazza diresse la chiacchierata
verso
argomenti più cauti.
“Se
avesse
ragione lui, io e te saremmo cugini. Saresti condannato alle fiamme
eterne
dell'inferno per avermi baciata ieri sera” ammiccò.
“Perché,
quello lo chiameresti bacio? Ma a cosa sei abituata a Boston? Sesso
virtuale?
Non voglio vantarmi ma sono capace a fare molto meglio di
così, credimi” si
giustificò e, insieme, scoppiarono in una argentea risata.
“Io
intendevo che non ci devono essere questi contatti tra
cugini” spiegò Isabella
dopo essersi calmata dalle risate.
“Così
mi
gioco un grande amore per una probabile grossa palla che si
è inventato mio
zio? Se ti
può tranquillizzare, però, sono sicuro di aver
letto da qualche parte che il
sesso tra cugini non è incesto” rispose Edward,
tentando di demolire tutte le
obiezioni della 'cugina'.
Non doveva
mollare l'osso adesso. La ragazza era più vulnerabile e
poteva essere facile
farla cadere nella sua rete. Poi era bella. Inutile negarlo, e aveva un
caratterino che lo intrigava come nessuna. Per quale scrupolo doveva
rinunciare
a un simile bocconcino?
Non voleva
farle del male, semplicemente carpirle i suoi programmi sul tentativo
di
acquisizione della tenuta in modo da difenderla meglio.
Non le
avrebbe spezzato il cuore, decise in quel momento, con quello che stava
passando non se lo meritava.
'Un grande
amore?' il pensiero di Bella era rimasto incantato su quella frase.
Aveva
vagamente sentito qualche cosa su permesso tra cugini, ma nulla oltre a
quelle
tre parole, riusciva a entrare nella sua corteccia celebrale.
'Un grande
amore' Edward voleva diventare il suo grande amore?
Si
fermò a
pensare a quando aveva pensato a un rapporto con l'altro sesso
definendolo 'un
grande amore'. Quando si era sentita perdutamente innamorata.
La risposta
era decisamente deprimente: mai.
Aveva avuto
i suoi fidanzati, i suoi amori, i suoi flirt ma nessuno di questi si
poteva
definire un grande amore.
Mise a
fuoco il viso di Edward quando lui posò una mano sul suo
braccio e aggrottò la
fronte interrogativo.
Fu un
brivido che la portò al presente, e sorridendo maliziosa
replicò.
“Bene,
allora fammi vedere quanto sei bravo, cuginetto”.
Era il suo
piano abbindolarlo per poi soffiargli la villa. Solo per quello.
Isabella
continuava a ripeterselo, mentre la sua fastidiosa coscienza le
rispondeva
“Basta crederci”.
Edward
sorrise divertito mentre un lampo di desiderio gli attraversava lo
sguardo.
Non disse
nulla ma si avvicinò al viso di Isabella e una mano prese a
carezzare la
guancia della ragazza, facendo in modo che anche il suo viso si
avvicinasse.
Nella
cantina non si sentiva alcun rumore che potesse distrarre i ragazzi.
Edward
posò
delicatamente le sue labbra su quelle rosate della principessa di
Boston ed
iniziò a lasciare leggeri bacetti e sfregamenti.
Una tortura
deliziosa, che costringeva a trattenersi mentre si agognava molto di
più. Quando
anche Isabella rabbrividì per l'attesa, la strinse tra le
braccia ed approfondì
il bacio con forza e passione.
Un mugolio
di soddisfazione nacque dalla gola della ragazza e ancora una volta,
Edward
approfittò affondando nella sua bocca e gustandone il
sapore.
Si sentiva
quasi tremare e fremere, così come sentiva la donna tra le
sue braccia.
Quello non
era un bacio perfetto. Era di più. Era donarsi. Era amore e
ambedue lo
sentivano.
“Edward,
siete qui dentro?” la voce di Jasper fece staccare Edward
quasi spaventato e di
scatto alzarsi dirigendosi verso le botti.
Il cuore
batteva furioso e le gambe quasi tremavano. Appoggiò la mano
sulla botte più
vicina, più per sostenersi che per altro.
“Oh,
eccovi
dove eravate nascosti” cinguettò Alice entrando
nella cantina come un tornado.
Edward si
voltò verso sua sorella sorridendo rassicurante e, sperando
che la sua voce
fosse almeno del tono normale “Stavo facendo un po' di
lezione vinicola a
Isabella”.
La voce era
roca e ma Alice non dimostrò di aver intuito qualcosa.
“Beh,
allora vi lascio tranquilli. Tanto Rosalie e Jasper hanno tutto sotto
controllo” disse uscendo e agitando la mano in segno di
saluto.
Solo in
quel momento il ragazzo azzardò un'occhiata a Isabella. Era
rimasta silenziosa
e non sapeva quale fosse stata la reazione a quel bacio che l'aveva
tanto
scosso.
Isabella
aveva le guance rosse. Si sentiva accaldata e imbarazzata.
Non avrebbe
mai creduto che un semplice bacio potesse essere tanto totalizzante.
Aveva
annullato i suoi sensi, tanto da sentire un leggero formicolio sui
polpastrelli
in quel momento. Le sue labbra percepivano ancora la forma e la
consistenza di
quelle di Edward e lei si portò le dita di una mano su di
esse per capire se
erano ancora lì.
Che
pensiero sciocco le era sorto.
L'altra
mano sostava ancora sul suo cuore che, mano a mano, rallentava la sua
corsa
furiosa.
Cosa le
aveva fatto quel ragazzo? Lei era Isabella, la ricca ragazza viziata di
Boston.
Aveva
ragazzi quanti ne voleva, eppure non aveva mai provato quelle
sensazioni. Era
come trovarsi travolta da una burrasca in pieno oceano e Edward era il
mare.
Decisamente
non era rassicurante. Se voleva avere il controllo non doveva lasciarsi
andare
in questo modo con il californiano.
Provò
a
giocare, ancora.
“Complimenti.
Però credo che tra cugini, cose del genere proprio non si
facciano” sorrise
maliziosa guardandolo. Anche lui appariva agitato.
“Se
vuoi
posso cercare di indagare su quello che ha mio zio. Così
possiamo toglierci il
dubbio e dare vita al nostro grande amore” ribadì
con una punta di ironia.
Meglio
metterla sul ridere che ammettere il proprio turbamento.
“Davvero
riusciresti a capire cosa ha in mente tuo zio?” chiese
Isabella accorata.
“Ho i
miei
mezzi. Lascia fare a me. Dimmi solo dove sei nata, se lo sai”
ribadì Edward.
“Credo
di
essere nata a Denver, almeno questo è quello che mi hanno
sempre detto i miei
genitori, ma forse è meglio chiedere a
Renée” rispose la ragazza.
Edward
annuì e si chinò nuovamente su Isabella per un
veloce bacio sulla guancia.
Di quel
gesto repentino rimasero sorpresi tutti e due. Lui perché
non credeva di voler
ancora sentire vicino quella ragazza e Isabella trattenendo il fiato
per
l'agitazione che le era venuta non appena si era avvicinato.
Dopo la
penombra della cantina, il sole che li accolse li accecò.
Jasper,
Alice e Rosalie avevano preparato i tini che dovevano contenere i primi
grappoli e le numerose cassette per la raccolta erano ordinatamente
impilate ai
lati del portone.
Sicuramente
anche Reneesme, Jacob ed Emmett erano stati messi all’opera,
visto che ormai
sembrava tutto pronto per il giorno dopo, quando
sarebbero arrivati i manovali per l’inizio
ufficiale della vendemmia della tenuta Cullen.
“Ragazzi,
Esme mi ha raccomandato di non farvi fare tardi per il
pranzo” urlò Renée non
appena vide i giovani uscire nella corte.
Isabella si
voltò sorpresa. Non si aspettava di essersi rintanata con
Edward per ben due
ore ed ora era praticamente mezzogiorno e non aveva ancora mosso un
dito. Come
ogni principessa che si rispetti.
Sbuffò
contrariata.
“Che
c’è?”
il ragazzo le era rimasto vicino, trattenendo la sua mano
dall’afferrare quella
di Isabella.
“Volevo
aiutare anche io a preparare per domani. Ma adesso sembra che hanno
già fatto
tutto loro” protestò indicando i ragazzi che
stavano bevendo una bevanda fresca
e si asciugavano il sudore.
Alice si
avvicinò saltellando “Pensa che Emmett e Jacob
hanno fatto la gara per vedere
chi riusciva a portare fuori più cassette. Praticamente
hanno fatto tutto loro.
Edward te la sei cavata quest’anno! Spero che domani ti darai
più da fare
oppure dovremo licenziarti” lo prese in giro.
“E su
chi
dovevano fare colpo?” chese pettegola Bella.
“Ah!
Allora
avevo visto giusto! Credo che Rosalie sia stata tutta attenta a Emmett.
Strano
invece vedere Reneesme lievemente lusingata per questa dimostrazione di
muscoli. Non credevo che il tuo capo potesse essere così
prestante” affermò la
piccola Cullen.
Jacob aveva
puntato la moretta. Non poteva esserci altra spiegazione per questo
lavoro
altruistico, fatto dopo una notte in bianco. Non era da Jake,
comportarsi così.
Doveva dire
qualche cosa ai suoi amici? Meglio di no. Aveva già troppi
problemi a gestire
il rosso che beveva una coca accanto a lei.
Il pranzo
passò allegramente. Nessuno fece riferimento alla visita di
Phil, né alla bomba
sganciata sulla presunta paternità.
Ad
alleggerire gli animi contribuì anche Carlisle che, con la
scusa di una leggera
indisposizione, non partecipò.
Esme si
preoccupò di suo marito e una volta sistemato, si
accomodò a tavola.
Visto che
Renée e la padrona di casa avevano provveduto a preparare il
pranzo e i ragazzi
a fare i lavori pesanti, le ragazze decisero di servire in tavola, in
modo di
aiutarsi e fare in fretta, godendosi poi il cibo delizioso.
“Ehi,
Jasper,
non ti sembra di provare un anticipo del matrimonio, con Alice che ti
serve il
pranzo come una buona mogliettina?” lo prese in giro Emmett.
“E’
inutile
che parli tu, altrimenti dovrei farti notare che stai facendo la stessa
figura
con mia sorella” rispose subito il biondo, scatenando le risa
di Jacob.
“Jake,
taci” sibilò Emmett diretto all’altro
bostoniano lanciando una significativa
occhiata a Reneesme che stava servendo le patate proprio al ragazzo.
Edward
cercò gli occhi di Isabella mentre tutte le ragazze
arrossivano, e cercò di
comunicargli mentalmente di non dire nulla o ci sarebbero andati di
mezzo anche
loro due.
“Che
bello!
Tutti i giovani accoppiati! Anche Edward con Isabella! E tu…
Jacob, giusto? Che
intenzioni hai con la mia figlioccia? Devi trattarla bene
perché è una ragazza
che vale oro più del suo peso!” pigolò
Renée contribuendo all’innalzamento
della temperatura da parte di tutti i ragazzi presenti.
Gli unici
che erano relativamente tranquilli perché già da
tempo alla luce del sole, erano
Alice e Jasper che se la ridevano di gusto. Per una volta non erano al
centro
dei pettegolezzi di casa… era quasi una novità.
Subito dopo
pranzo faceva troppo caldo per tornare al lavoro con i preparativi ed
Esme
propose di fare un sonnellino per godersi la frescura della casa prima
di
ricominciare.
Tutti si
distribuirono nelle varie stanze approfittando di sdraie, divani e
letti delle
stanze degli ospiti. Quella villa era davvero grande.
A Sonoma,
il video di un PC illuminato:
Gem:
Cosmo, smettila di provarci.
Cosmo: e
tu smettila di contrastarmi. Pivello.
Gem: non
sono un pivello e te l’ho già dimostrato.
Cosmo:
Mi sottovaluti e questo è un grave errore.
Gem: E
tu sottovaluti me, direi che siamo pari.
Cosmo:
Ti ho detto che questa faccenda è una cosa personale.
Perché ti intrometti?.
Gem: A
me non interessa nulla di questa società ma non ho bisogno
di distrazioni in
questo momento e tu, con i tuoi attacchi, mi stai distraendo dal mio
piano
originale.
Cosmo:
Chiedo scusa ma non posso sapere quale effetto domino viene fuori dalle
mie
azioni. È come se mi accusassi di un terremoto in Australia
perché in Germania
una farfalla ha sbattuto le ali.
Gem:
Evita le cazzate e togliti dalle palle. Tu non sei una farfalla!
Cosmo:
Ma neanche un terremoto, o almeno non per te in modo diretto. Quindi
bambino,
cosa vuoi?
Gem: Una
tregua di tre giorni. Se non termino il mio piano, ti
aiuterò nel tuo
sbattimento di ali.
Cosmo:
Non lavoro in coppia… ma tu sei un soggetto interessante. Ci
sto. Ti aspetto
tra tre giorni… e, Gem, non provare ad entrare nei miei
file. Lo capirei e per
te sarebbe la fine.
Gem: Non
mi permetterei mai nonnetto.
Cosmo:
Ehi! Non sono vecchio!.
Gem: Tu
mi chiami bambino!.
Cosmo:
Ti aspetto tra tre giorni..
Gem: Sei
sicuro che fallirò?.
Cosmo:
Tre giorni, pivello poi sbatterò le mie ali..
Gem: A
presto.
Ancora una
volta lo schermo divenne nero…
Alla tenuta dei
Cullen, circa un’ora dopo che tutti si erano ritirati
per la siesta, Jacob uscì di corsa dal salotto che
l’aveva visto riposare con
Emmett, e seguito dall’avvocato, piombarono nella camera
degli ospiti dove era
addormentata Isabella.
“Bella,
svegliati! Abbiamo di nuovo il problema al sistema informatico
a Boston!”
---ooOoo---
Angolino mio:
ragazzi!
Arrivare alla
fine del capitolo è stato quasi un parto!
Ci sono
arrivata, però e
adesso posso postare.
Dunque,
abbiamo di nuovo
Gem e Cosmo che discutono e forse abbiamo capito di cosa.
Abbiamo
Isabella e
Edward che si sono dati un bel bacio.
Abbiamo Phil
che piazza
questa bomba di notizia sulla paternità.
Sullo sfondo
abbiamo
pure sistemato lo svolazzante Jacob con la più seria
Reneesme e il
professionale Emmett con la passionale Rosalie.
Dai, sta
procedendo.
Prossimo
capitolo con un
po’ di lavoro e nuovo colloquio privato tra Isabella ed
Edward… e poi la
vendemmia!
Chi di voi ha
provato?
Qualche aneddoto carino da raccontare? Suggeritemi un
bell’episodio da
inserire! A vostra disposizione.
Vi ringrazio
per
l’attenzione
Alla prossima
Baciotti
|
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Capitolo 12 *** tre numero perfetto ***
Ciao a tutti,
sono
puntuale? Mi sembra
di sì.
Eccoci a una
settimana
con un nuovo capitolo.
So come deve
andare la
storia (a grandi linee) il problema è che a volte delle
notizie o delle scene
mi portano via e mi ritrovo a non riuscire a fare tutto quello che
volevo.
Pazienza,
questo
capitolo è importante per una cosa sola: si amplia la nota
inquietante che fa
presagire qualcosa di ben più grosso di quanto si sia
intuito sinora.
Detto questo
ringrazio
chi ha recensito i capitoli precedenti e chi ha inserito questa storia
tra le
seguite, ricordate, preferite e chi solamente legge e spero apprezzi.
Bando alle
ciance, vi
lascio e auguro… BUONA LETTURA.
---ooOoo---
“Bella,
svegliati! Abbiamo di nuovo il problema al sistema informatico a
Boston!”.
Era un qualcosa
di incredibile. Nel momento che la principessa si rilassava,
ecco che spuntava una nuova crisi da qualche parte per farla nuovamente
irritare. Sia mai che potesse passare una giornata serena.
“Cosa
hanno detto? Cosa sta succedendo?” chiese la ragazza
concitata.
“E’
come se ci fosse un cartone animato in sovraimpressione su tutti i
video degli uffici della compagnia” spiegò Jake,
gettandosi stanco sul divano,
accanto alla ragazza.
Lei
aggrottò la fronte non capendo a cosa si riferiva.
“Spiegale
bene la situazione Jacob!” ordinò Emmett sbuffando.
“C’è
un’immagine che viene ripetuta all’infinito, come
un disco
interrotto. Ci sono uno scudo e una lancia che cozzano tra loro in
continuazione” spiegò il finto amministratore
delegato.
Isabella era
sempre più perplessa.
“Ma i
sistemi funzionano?” chiese.
“E’
questa la cosa strana” intervenne Emmett “tutti i
comandi, i
programmi e i sistemi funzionano normalmente. Il problema è
che puoi solo
ridurre l’immagine di questi due che combattono, per
lavorare, altrimenti non
riesci a vedere nulla sullo schermo.
Sembra quasi
uno scherzo di Halloween”.
“Com’è
questo disegno?”. Isabella diventava sempre più
curiosa e se la
situazione non fosse stata così seria, anche divertita.
“C’è
uno scudo stile Re Artù con al centro un simbolo come il due
romano e una lancia di quelle tipo preistoriche, dove sulla punta
c’è disegnato
un pianeta saturno con i suoi anelli.
Questa lancia
continua a cozzare contro lo scudo, così” rispose
Jacob
accompagnandosi con le mani per mimare l’azione
“Almeno questo è quello che mi
hanno spiegato”.
“Sono
stanca di questi attacchi. Cosa dicono gli esperti?”.
Isabella
cominciò a perdere la pazienza. Possibile che fossero
così vulnerabili? Una
società che vantava un patrimonio di milioni di dollari, con
investimenti in
quasi ogni campo industriale e non, e non riuscivano a proteggere un
dannato
computer? Inconcepibile.
Suo padre
avrebbe già fatto fuoco e fiamme in questo contesto e lei si
sentì coperta da questo nuovo ruolo ed iniziò a
dare ordini.
“Attaccati
di nuovo al telefono, Jacob, e se questa sera il problema
non sarà rientrato, sarai tu a volare a Boston con il jet,
entro domani
mattina. Voglio nome e cognome e scheda di ogni persona che abbiamo
assunto
come esperto e voglio il capo della divisione informatica entro
un’ora al mio
telefono oppure le sue dimissioni.
Andate anche a
scovare il responsabile di ogni corso di informatica in
ogni università degli Stati Uniti e portatemi i nomi dei
più intelligenti e
promettenti geni dei computer. Voglio i migliori”. Isabella
terminò il suo
elenco con uno sguardo duro che non ammetteva repliche e i due ragazzi
annuirono solamente.
“La
mia assistente si farà aiutare dalle segretarie del piano.
Entro
dopo domani avrai la tua lista. Probabilmente lì dentro ci
sarà anche l’hacker
che vuole fotterci” rispose Emmett prima di uscire per
telefonare a sua volta.
“Bella”
provò a parlare cauto il ragazzo rimasto nella stanza
“Sai
benissimo che non eravamo preparati a questo genere di cose. A volte
violano
anche i sistemi del pentagono, credi che sia così difficile
entrare nei
nostri?”.
“Se a
te va bene arrendersi non è un mio problema. Puoi sempre
licenziarti. Io devo difendere quello che mio padre ha costruito e per
Dio ci
riuscirò. Il fatto che violino pentagono o congresso o nasa
non è un mio
problema. NON DEVONO VIOLARE I NOSTRI SISTEMI. Abbiamo i fondi per
pagare i
migliori per difenderci e lo faremo”.
Ormai era quasi
una furia. Il sonnellino pomeridiano era sfumato con i
suoi benefici e le ultime rivelazioni sulla sua vita privata avevano
fatto
scattare i nervi della ragazza.
In quel momento
squillò il cellulare di Jacob e lui rispose
immediatamente.
“Ho
capito... benissimo... okay, grazie”. Il dialogo fu
frammentario e
sconclusionato ma Isabella intuì che il problema fosse
misteriosamente
rientrato. Era snervante, non poteva rimanere nel bilico con l'ansia di
un
nuovo attacco.
“Fammi
indovinare, tutto normale. Non ci sono più problemi tranne
qualche file criptato che è stato messo in quarantena, ma i
sistemi funzionano
tutti e non ci sono state perdite di dati” azzardò
la ragazza e Jake annuì ad
ogni affermazione, controllando con la coda dell'occhio di non aver
inserito il
viva voce per sbaglio.
“In
effetti è proprio così... cosa hai intenzione di
fare?” rilanciò
Jacob guardando curioso la ragazza. Toccava a lei decidere ed era ora
di agire.
“Esattamente
quello che ho già detto. Voglio avere una panoramica
completa sui nostri sistemi e quanto facciamo per proteggerci. Mi
serviranno
anche le schede che ti ho chiesto, Emmett. Preferisco giocare
d'anticipo, tanto
capiterà ancora e voglio essere un pochino più
preparata di adesso” rispose
Isabella.
“Sei
cresciuta, Bella. Charlie sarebbe stato orgoglioso di te”
mormorò
Emmett, abbracciando con affetto la sua storica amica.
Quando, poco
dopo, Reneesme bussò alla porta di Isabella, i tre ragazzi
stavano tranquillamente parlando del tempo. Erano amici ma nessuno di
loro era
pronto a chiacchierare su qualche cosa di più personale che
stava velocemente
cambiando in questi giorni passati in una lontana valle californiana.
Jacob accolse
la moretta con una occhiata vorace e un sorriso
splendente.
“Isabella...
oh! Ci siete anche voi... scusate se vi ho disturbato”.
“Entra,
Reneesme. Non ti preoccupare, ci eravamo riuniti per dividerci
i compiti durante la vendemmia. Ho paura di non sapermela cavare in
questo
caso” rispose la bostoniana.
“Non
preoccuparti per domani. Neanche loro saranno tanto
efficienti”.
La moretta non fu molto gentile con i ragazzi, ma fece ridere Isabella,
facendole dimenticare i problemi della sua azienda.
In un'altra
stanza della villa Cullen, Edward faceva scoperte
interessanti su suo zio Phil.
Soddisfatto,
lanciò la stampa dei file ed uscì chiudendo la
porta alle
sue spalle.
Chissà
quanto valeva per Isabella il foglio che aveva tra le mani. Un
bacio come quello scambiato in cantina non sarebbe stato affatto male.
“Ci
troviamo in cortile? Renée ci sta aspettando con
Esme” annunciò Reneesme
uscendo dalla camera di Isabella.
“Aspetta!
Vengo con te” disse Jacob, scattando con un gesto degno di un
centometrista
alle olimpiadi e facendo ridere sia Emmett che il suo capo in gonnella.
“Dici
che
ce lo siamo perso?” chiese l'avvocato non appena la porta si
chiuse.
“Più
o meno
nello stesso modo in cui abbiamo perso te con Rosalie”
ribatté Isabella.
“No.
Io
sono più perso di lui. Rose è stupenda e... no,
niente”. Emmett si bloccò
stringendo le spalle e a Isabella sembrò più
piccolo e indifeso che mai. Lui?
L'avvocato rampante di Boston, il suo amico, colui che l'aveva sempre
protetta
ed aiutata sembrava davvero indifeso contro quei sentimenti.
Probabilmente
neanche lui sapeva cosa stava provando ma di sicuro era qualche cosa di
forte.
“Forza,
scendi e raggiungi gli altri. Io aspetto la telefonata di Boston poi
arrivo”.
In questo modo, Isabella, pose fine al dialogo e tolse l'amico dal
palese
imbarazzo nel quale si era calato volontariamente.
Ci volle
quasi un'ora prima che Isabella terminasse i suoi colloqui con Boston,
stava
quasi pentendosi di essere volata dall'altra parte del paese.
Sembrava
che tutto il suo impero si stesse sgretolando solo perché
non era presente a
controllare. Che sciocchezze, si ripeteva ogni volta che le veniva in
mente
questo pensiero.
Doveva
anche potersi riposare ogni tanto e questa doveva essere una breve
vacanza
travestita da investimento.
In
più aveva
scoperto una cosa sconvolgente che riguardava la sua vita e non aveva
intenzione di far finta di nulla e rivolgere la sua attenzione solo al
lavoro.
Suo padre lo diceva sempre che occorreva dosare le forze per poter
vivere
davvero e lei aveva cercato di ubbidire.
Pertanto,
sospirò abbastanza soddisfatta dei progressi che stavano
facendo i suoi
collaboratori a Boston. I tre tecnici assunti come consulenti cercavano
di
arginare il problema ed avevano messo in sicurezza diversi dati
fondamentali.
Jane, la
segretaria di Emmett, aveva iniziato la sua ricerca certosina per le
università, aiutata dalle altre sette impiegate che
componevano l'ufficio
legale ed amministrativo delle Industrie Explosion.
Quando
raggiunse gli altri nella corte della tenuta, erano stati raggiunti
anche da
Carlisle che guardava torvo gli ospiti.
“Signorina
Swan, pensavo che foste tornata in albergo”
commentò appena la ragazza li
raggiunse.
“Oh,
no.
Isabella non ha ancora finito di raccontare la sua vita ed io sono
molto
curiosa di sapere cosa ha fatto in questi anni”
replicò Renée senza che
qualcun'altro potesse tacciare il padrone di casa di maleducazione.
Isabella
sorrise allo scambio con Renée e si avvicinò a
lei per chiacchierare ancora.
Aveva scoperto diverse cose e le sembrava di doverne sapere altrettante.
“Isabella,
puoi venire con me? Vorrei farti vedere le vigne
laggiù” la intercettò Edward,
indicando l'inizio delle piante, vicino al viale di querce.
La frase
doveva essere il più naturale possibile per non attirare
attenzione, cosa che
puntualmente accadde, visti i risolini di Alice e Rosalie e le occhiate
maliziose di Jacob e Emmett.
La
principessa di Boston, sbuffò irritata ma, visto il
fascicolo di fogli che
Edward teneva in mano, ricacciò indietro la frase sarcastica
che le era salita
alle labbra e semplicemente annuì seguendo il ragazzo.
“Sei
riuscita a riposare?” chiese Edward, cercando di non
affrontare subito il
discorso più pressante.
“Non
molto,
Em e Jake mi hanno disturbata come se fossero dei bambini piccoli in
fase di
dispetti. Comunque non sono stanca, ho evitato il sole più
forte, quindi...”
lasciò in sospeso la frase lasciando intendere che si era
goduta la siesta in
ogni caso.
Meglio non
divulgare i problemi della sede centrale.
“E
tu? Hai
trovato qualcosa di interessante?”.
Stavano
passeggiando tranquilli, verso il primo filare della vigna, riparato
dietro le
querce che fiancheggiavano il sentiero offrendo una bella ombra alla
calura del
pomeriggio inoltrato.
Edward
guardò Isabella negli occhi e fece un sorrisino soddisfatto.
Lui trovava sempre
qualcosa. Lo sapevano bene le persone che negli anni lo avevano
sottovalutato e
adesso anche la proprietaria delle Industrie Explosion di Boston, stava
facendo
lo stesso errore.
“Diciamo
che scoprire dove sei nata è un bel mistero”
rispose il ragazzo facendo
aumentare la curiosità della ragazza.
“In
che
senso, scusa?” mormorò Isabella.
Il rosso
aveva iniziato di nuovo a passeggiare verso le vigne, agitando
lentamente i
fogli che aveva in mano.
“Insomma!
Parla chiaro, Edward!” ordinò infine.
Non era
sicuramente una buona giornata per urtarle i nervi già
scossi di suo.
“Okay,
scusa” rispose il ragazzo, appoggiandosi a un masso accanto a
un tronco “Adesso
ti faccio vedere quello che ho trovato” e mise sotto il naso
di Isabella tre
fogli pressoché identici.
Erano
certificati di nascita. In tutti era citato il suo nome per intero:
Isabella
Marie ma il resto
era diverso.
“Cosa
sono
esattamente?” chiese la ragazza confusa.
“I
tuoi
certificati di nascita. Questo è di Denver, come avevi
detto... ecco, vedi qui?
Padre Charlie Swan e madre Elisabeth Swan” le
mostrò il primo foglio.
Una bambina
di tre chili e trecentoventi grammi nasceva il 13 settembre 1984 alle
04:15.
Isabella
accarezzò il foglio in bianco e nero, i nomi dei suoi
genitori e sorrise mesta,
poi focalizzò l'attenzione sul secondo foglio.
“Qui
invece
dice che sei nata a Boston, sempre il 13 settembre 1984 alle ore
quattro e
quindici del mattino, eri tre chili e trecentoventi grammi. Quello che
cambia è
il nome di tuo padre. Qui risulta Phil Drew padre e Elisabeth Swan
madre.
Considerando
che Elisabeth non ti ha partorito, direi che questo certificato sembra
inventato di sana pianta” spiegò Edward indicando
i vari nomi.
Perplessa
per la varietà delle notizie che leggeva, puntò
l'attenzione sul terzo
documento.
Isabella
Marie, nata il 13 settembre 1984 alle ore quattro e quindici del
mattino, tre
chili e trecentoventi grammi di peso, figlia di Renée e Phil
Drew. La bambina
aveva visto la luce a Savannah.
Possibile
che fosse nata in tre posti diversi? Nello stesso momento?
Era lei?
Guardò
Edward quasi spaventata ma lui le restituì uno sguardo
limpido e rassicurante.
“Isabella,
non c'è nulla di cui preoccuparsi” disse
azzardando una leggera carezza sul
braccio.
“Qui
dice
che sono nata in tre posti diversi alla stessa ora dello stesso giorno
da
genitori diversi! Mi sto preoccupando! Perché questi
documenti non sono usciti
prima?”.
“Isabella,
questi documenti sono dei falsi! È impossibile che tu sia
nata in tre ospedali
diversi” rispose Edward come se le cose che diceva fossero
ovvie.
“Edward,
dove li hai trovati?” chiese riconsegnando i fogli al ragazzo.
“Mi
sono
collegato a una banca dati che conosco e da lì sono risalito
ai certificati”
rispose facendo spallucce come se fosse nulla.
“Credi
che
sia stato Phil a falsificarli? E poi, perché
tre?”. Isabella era sempre
perplessa.
“Penso
che
lo zio volesse fare una prova prima di emettere l'originale. Purtroppo
per lui,
gli altri due sono rimasti nelle maglie del sistema”.
“Sei
bravo”
commentò Isabella guardando Edward con occhi nuovi.
Quel
ragazzo nascondeva qualcosa. Non era solo un bel viso sopra un bel
corpo...
c'era qualche cosa di più e questo la stimolava molto
più che la conquista
della villa Cullen.
In quel
momento, Isabella capì di aver variato il suo obbiettivo.
Edward era
decisamente più desiderabile.
“Questo
cosa ti fa venire in mente?” chiese infine la ragazza.
Doveva
chiarire e capire cosa significava tutta questa costruzione di
documenti.
“Non
so,
farsi passare per tuo padre non ha molto senso. In fin dei conti sei
ampiamente
maggiorenne e nessuno potrebbe pretendere parte del tuo
patrimonio” allargò le
braccia in risposta.
“Esatto,
è
tutto vincolato e a mio nome” confermò Isabella.
Calò
un
silenzio pesante tra i due, finché Edward intervenne con un
commento che fece
scorrere un brivido di paura lungo la schiena.
“Se
ti
capitasse qualcosa?”.
“Su
questo
devo parlare con Emmett. Ho fatto testamento ma diversi anni fa,
onestamente
non ricordo i termini attuali...” Isabella non
riuscì a finire la frase che un
singhiozzo strozzato proruppe dalla sua gola.
Adesso
aveva paura.
Sapeva che
poteva essere un bersaglio, visto il suo patrimonio personale, eppure
negli
ultimi anni aveva tenuto un profilo basso e non si sentiva minacciata
ad angolo
di strada. Che succedeva lì, in California?
Sembrava
incredibile quanto fosse stravolto il suo mondo in questo momento.
Stava
tremando quando sentì due braccia muscolose avvolgerla
delicatamente e il suo
viso appoggiarsi a un petto tonico. Edward l'aveva abbracciata e lei si
sentì
al sicuro in quel momento, come se nessuno potesse toccarla.
“Schhh...
va tutto bene. Non ti succederà nulla, non lo
permetterò. Credimi, Isabella”
mormorò Edward carezzandole la schiena.
Isabella
ispirò a fondo il profumo del ragazzo prima di sollevare il
viso e staccarsi da
lui.
Era una
Swan, era combattiva e non aveva paura di un uomo impazzito che
vaneggiava di
patrie potestà.
Sorrise a
Edward “Grazie. Adesso torniamo indietro, prima che gli altri
si preoccupino” e
voltandosi, ricominciò a camminare verso la villa sotto lo
sguardo perplesso ed
ammirato del giovane.
Quella
ragazza era davvero una forza. Dopo un attimo di paura si era ripresa
alla
grande ed ora camminava impettita e ondeggiante nei jeans di marca che
le
avvolgevano il sedere alto e sodo.
Edward
sospirò sorridendo. Anche in quel momento Isabella non
perdeva il suo fascino
pericoloso. Sì, era decisamente una donna pericolosa per
lui, una ragazza
affascinante che avrebbe potuto anche irretirlo come nessuna era mai
riuscita a
fare.
---ooOoo---
Angolino mio:
prima di
tutto, grazie a Marco per il suo
suggerimento-desiderio di far uscire le palle a questa Isabella. In
effetti
doveva scatenarsi un pochino visto i rischi che corre la sua azienda e
sebbene
sia a Sonoma per una acquisizione, la tenuta dei Cullen non
è più importante
delle Industrie Explosion.
La seconda
parte di questo capitolo riguarda una
visione più ampia della questione. Non
c’è Phil ma aleggia il suo fantasma e fa
paura.
Un appunto:
Bella ha intuito che Edward nasconde
più di quello che mostra e lui si sente attratto da lei.
Forse le priorità
cambieranno.
Non mi resta
che salutarvi, ringraziarvi per
l’attenzione e
Alla prossima
|
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Capitolo 13 *** il segno zodiacale ***
Buongiorno
a tutti!
Incredibile
ma vero, torno su queste pagine.
Un
altro capitolo di questa storia che avevo abbandonato più di
un anno fa,
ma come ho sempre detto, mi faccio un impegno di terminarla e, nel
frattempo,
continuo a rimaneggiare gli eventi.
Approssimativamente
ho in mente quello che succederà nei prossimi capitoli,
ma adesso, onde evitarvi un lungo giro nei pezzi già
pubblicati, vi lascio un
piccolo riassunto per riportarci nelle atmosfere calde e assolate della
California.
Dove eravamo
arrivati:
Isabella è
una
potente e ricca ragazza di Boston. In seguito della morte dei genitori,
eredita
l’azienda di famiglia: le industrie explosion. Purtroppo
è giovane e non ha il
carisma per dirigerle, assume quindi un assistente personale Jacob, che
di
fronte al mondo sarà l’amministratore delegato,
mentre in realtà sarà lei a
dirigere la baracca.
Edward Cullen
è un
ragazzo al quale viene affidata la tenuta vinicola di famiglia, in
quanto suo
padre Carlisle, è malato e non è fisicamente in
grado di sostenere l’impegno.
Dopo quattro anni,
la tenuta dei Cullen ha problemi economici e pare che le industrie
explosion
siano interessate a rilevare l’ipoteca.
Quando Isabella
decide, con Emmett e Jacob, di andare in California a visitare di
persona la
tenuta Cullen, per un caso, incontrano Edward, Jasper e Rosalie. I tre
invitano
i bostoniani alla tenuta, ospitandoli per il pranzo. Bella, vista la
villa, se
ne innamora e decide di fare di tutto per averla. Nella stesso tempo,
Edward,
inizia ad interessarsi alla ragazza, come se lei fosse la chiave per
salvare la
sua azienda.
Con un continuo
tira e molla, i due passano la giornata e la serata insieme, quando,
dopo un
infuocato tango, la ragazza fugge, spaventata dalle sensazioni provate.
Nel
frattempo Emmett e Rosalie, sembrano trovarsi affiatati.
Isabella torna
all’albergo, dove aveva lasciato la festa campestre,
accompagnata da Reneesme.
Al bar dell’Hotel, incontrano Jacob, lasciato a gestire una
crisi informatica
con la sede di Boston, e Renèe, una donna che asserisce di
conoscere Isabella,
in quanto l’ha partorita.
Isabella
così
scopre di essere nata da un utero in affitto e si ripromette di fare
altre
domande a Renée.
Il problema
informatico alla sede sembra rientrato anche se non si sa ancora chi lo
abbia
causato.
Quando il gruppo
dei tre bostoniani, Renée e Reneesme sono in procinto di
recarsi dai Cullen, il
mattino dopo, arriva anche Phil, l’ex marito di
Renée.
Edward e Bella si
scambiano un bacio nella cantina dell’azienda vinicola e
ambedue capiscono che
la loro attrazione va oltre i loro piani di acquisizione.
Phil dichiara di
essere il padre biologico di Bella e che lei è figlia sua e
di Renée e non
degli Swan. Edward decide di aiutare Isabella a scoprire cosa ha in
mente lo
zio.
Vengono trovati
tre certificati di nascita di Bella con nomi diversi dei genitori, e
sorgono
dei dubbi sull’incidente dove hanno perso la vita i coniugi
Swan.
Isabella e gli
altri decidono di recarsi alla tenuta dei Cullen per contribuire alla
vendemmia…
E
adesso, Buona Lettura!
---ooOoo---
Quella sera
Isabella non faticò ad addormentarsi, nonostante i pensieri,
le rivelazioni e
gli incubi che sicuramente sarebbero sopraggiunti non appena avesse
chiuso gli
occhi.
Era stata
una giornata stancante, con una marea di notizie da assimilare e altre
da
affrontare.
Quella
specie di vacanza era stata un vero fallimento. Si era ritrovata con
una nuova
madre, un falso nuovo padre, in pratica una nuova vita.
Anche la
persona più forte di questa terra si sarebbe sentita persa
davanti a tutte
queste cose. Lei non era diversa dagli altri.
Il cielo
scuro venne squarciato da un fulmine rosso, talmente vivo e pulsante da
sembrare doloroso anche agli occhi. Si sentiva come se avesse corso per
cinquanta miglia. Era accaldata e stanca e voleva solo una doccia
rinfrescante
e un letto. Eppure, neanche la pioggia che cominciava a cadere sempre
più
fitta, sembrava darle sollievo.
Era
circondata da vigne e non riusciva a trovare una casa. Le sembrava di
essere in
un deserto, nonostante non fosse così arido lì
intorno.
Ancora un
lampo squarciò il cielo con la sua fosca luce rossa.
Ormai non
sentiva più le gambe a forza di correre. Guardando i piedi
si trovò le dita
sanguinanti e niente scarpe. Voleva fermarsi, era esausta.
All’improvviso
sentì una mano afferrarle il braccio e costringerla a
voltarsi.
“Sei
mia
figlia, tutto quello che è tuo è mio”.
Una voce autoritaria e cattiva anticipò
un viso scarno e pallido, circondato da radi capelli e qualche filo di
barba.
Non era
Phil, l’avrebbe riconosciuto… sembrava
più… suo padre, Charlie.
Lui era
morto, non poteva essere qui.
“Papà”
mormorò.
“Tu
sei mia
figlia! Tutto quello che è tuo è mio, anche il
tuo sangue! Tu sei mia figlia!”
riusciva a vedere in trasparenza le piante alle spalle della figura che
le
artigliava ancora il braccio. Questa divenne sempre più
evanescente sino a
sparire, ma alcune dita stringevano ancora la sua carne.
Quando
abbassò gli occhi vide dei viticci che si infilavano nei
suoi muscoli e
sembravano succhiare il suo stesso sangue.
Si
guardò
attorno, pronta a chiedere aiuto a qualcuno ma quei rami diventavano
sempre più
caldi e lei ancora più debole.
“Isabella,
non ti succederà niente di brutto. Lasciati andare con me,
vedrai che sarai al
sicuro”.
“Edward”
riconobbe la voce e si voltò.
Era davanti
a lei e stava succhiando il sangue che usciva dalle sue braccia. Non
riusciva a
muoversi, voleva fuggire ma non poteva, le sue gambe erano fisse al
terreno.
Guardò
in
basso e vide un tronco, lei coperta di foglie… era diventata
una vite.
Guardò
spaventata Edward che le sorrideva tranquillo e lanciò un
urlò.
“Bella…
Bella!” la voce di Emmett era vicina anche se non riusciva a
vederlo.
“Dio,
Bella, svegliati!”. Una mano la scuoteva forte e finalmente
Isabella aprì gli
occhi rimanendo accecata dalla luce del mattino.
“Santo
cielo! Stavi facendo un incubo? Urlavi. Mi hai messo una paura
addosso…”
borbottò il suo amico, sospirando sollevato prima di
accasciarsi su un angolo
del letto.
“Come
hai
fatto ad entrare?” biascicò la ragazza tirando
indietro i capelli.
La faccia
imbarazzata di Emmett fece capire a Bella che la spiegazione non
sarebbe stata
delle migliori.
“Ho
scassinato la porta. Fai mettere la riparazione sul mio conto. Stavo
venendo a
chiamarti per la colazione, ma quando ti ho sentita urlare mi sono
spaventato.
Tu non urli
mai! Così ho dato una spallata”. Si
massaggiò il bicipite come se fosse
indolenzito e sorrise per scusarsi.
Beh, almeno
era stato affettuoso, la principessa non avrebbe dovuto arrabbiarsi ed
in
effetti, decise di accantonare l’episodio e di affrontare la
deliziosa
colazione che l’albergo preparava ogni mattina.
“Forza,
lasciami preparare per questa giornata di lavoro e scendo a farti
compagnia”
disse allegra scalciando le lenzuola.
“Vuoi
davvero andare a vendemmiare?”. Emmett era davvero stupito.
Lavoro manuale per
la principessina? Inconcepibile.
“Certo”
rispose convinta dal bagno. Appunto.
Nel giro di
un'ora i tre bostoniani erano nuovamente alla tenuta Cullen.
Quando il
suv entrò nella corte, sembrava fossero arrivati in una
realtà alternativa: vi
erano auto e una miriade di persone che non si riusciva a credere.
“Ciao,
Isabella, bene arrivata!” urlò Renée,
accogliendo i nuovi arrivati con un gran
sorriso.
“Renée!
Quanta gente!” esclamò stupita la ragazza.
“Sì,
sono
arrivati quasi tutti, anche Eleazar e Carmen che stanno aiutando Esme e
Rosalie
in cucina…” e qui venne interrotta da un
entusiasta Emmett che si propose per
l’aiuto.
“E
uno ce
lo siamo giocato” annunciò Jacob ridendo.
“Guarda!
Credo che lì ci sia Reneesme che ti sta
aspettando” disse complice Isabella e
Jake, come un pesce preso all’amo, si diresse verso la
moretta senza rivolgere
altre attenzioni al suo capo.
“Sonoma
fa
bene all’amore a quanto pare. Abbiamo già accasato
due baldi giovanotti con le
ragazze migliori sulla piazza” esclamò
Renée guardando allontanarsi i giovani,
poi si rivolse a Isabella “Tu, invece? Con Edward, come
va?”.
Tra tante
domande imbarazzanti, questa fatta in modo così diretto fu
la peggiore che si
potesse fare.
Bella
iniziò ad arrossire e balbettare sconclusionata, scatenando
le risate della
donna.
“Oh,
ragazza! Non pensavo che fossimo già a questo
punto!”.
‘Quale
punto?’ Pensò la principessa mentre cercava di
riprendere possesso delle sue
funzioni vitali.
“Ciao,
Isabella, ben arrivata” disse Edward affiancando le due donne.
Mentre la
ragazza ritornava ad arrossire, Renée ricominciava a ridere.
“Mi
sono
perso qualche cosa?” chiese perplesso il ragazzo e Isabella
ne approfittò per
spingerlo lontano dalla donna negando vigorosamente.
“Allora,
capo, da che parte devo iniziare? Quali saranno i miei
compiti?” chiese la
bostoniana con tono entusiasta.
“Mi
accompagnerai a raccogliere i grappoli... lavoro manuale modello
base” sorrise
alzando le spalle.
Ormai i
lavoranti erano pronti all'inizio dei filari pieni di grappoli maturi.
Il sole
si stava alzando prepotente sulle loro teste e tutti erano protetti da
cappellacci in paglia o bandane colorate. Isabella e Edward si
trovarono ai
lati di una fila di viti guardandosi negli occhi, pronti a raccogliere
i
grappoli brillanti al sole.
Un lungo
fischio, seguito da un urlo di giubilo, dette inizio alla vendemmia e
le mani
sapienti e volenterose cominciarono a staccare i frutti dalla pianta.
Le piccole
roncole recidevano decise e le cassette, man mano riempite, avanzavano
spinte
dai piedi dei lavoranti.
Un lavoro
antico eppure sempre attuale.
“Così
va
bene?”. Il lavoro non era facile e quella lama
pericolosamente vicina alle dita
la faceva tremare. Come faceva Edward ad essere così sicuro?
Era molto più
avanti di lei e ogni tanto si fermava aiutandola sul suo lato. Era
ovvio, lui
ci era cresciuto a vendemmiare, per lei invece era solo un passatempo
del
momento, ma, data la sua natura lievemente competitiva, non riusciva
comunque a
perdonarsi questa palese debolezza.
“Va
benissimo, Isabella. Non ti preoccupare di fare in fretta, ti aiuto
io” rassicurò
il ragazzo, spostando un ricciolo dalla fronte di lei.
Un gesto
naturale ed intimo che fece sorridere Renée, intenta a
lavorare lì vicino.
Tutto
questo era assurdo! Aveva ricevuto delle notizie terribili in quei due
giorni
e, nonostante tutto, quello che la faceva arrossire era una lieve
carezza dalla
mano di un ragazzo che neanche conosceva.
“Meglio
che
andate avanti o mi dovrete seguire con le cassette”. Jasper,
che seguiva con il
trattorino, li incitò a proseguire prima di sorpassarli.
Erano una delle ultime
coppie e sicuramente sarebbero rimasti indietro pesantemente se non
fosse stato
per Alice che si era piazzata più avanti.
“Hai
più
pensato a quanto abbiamo scoperto ieri?”. Edward
approfittò della calma
relativa per chiedere un parere su quello che gli aveva quasi tolto il
sonno la
notte precedente.
Suo zio
Phil aveva in mente qualche cosa, altrimenti non avrebbe avuto senso
impelagarsi in documenti falsi e annunci plateali. Sperava solo che non
volesse
fare del male a quella ragazza che stava davanti a lui. Isabella non si
meritava un trattamento simile.
Poteva
essere una viziata signorina di città e una imprenditrice
che voleva prendere
possesso della sua tenuta, ma non per questo la odiava al punto di
farle del
male.
Anzi, a ben
pensarci, non la odiava per niente.
“No,
ho
cercato di dormire e ho avuto una nottata piena di incubi. Non so cosa
pensare.
Tu hai scoperto qualcos’altro?”. Un altro grappolo
cadde nella cesta.
“Mi
sono
dilettato a guardare le notizie della morte dei tuoi
genitori… sono abbastanza
misteriose, a dire il vero” replicò Edward.
Un brivido
percorse la schiena della ragazza che iniziò a sudare freddo.
“Misteriose?”.
Isabella sapeva che era stato un incidente aereo, dovuto alle avverse
condizioni meteorologiche, non per altro.
“Non
c’era
un piano di volo e i contatti con i controlli, sporadici. Se mi
trovassi in
prossimità di nuvole nere continuerei a parlare in modo
ininterrotto, invece il
pilota ha ridotto al minimo le comunicazioni. L’ho trovato
strano”.
“Hanno
detto che vi erano dei disturbi e non si riusciva a
comunicare” ribatté
Isabella.
“In
Missouri? Lì è piatto come una tavola da surf,
come poteva essere difficile
comunicare?”.
L’esclamazione
di Edward lasciò la ragazza con la bocca aperta. Questo
pensiero apriva a
scenari davvero drammatici.
“Isabella,
vieni con me” ordinò Edward lasciando il coltello
nella cesta ormai piena.
“Ma…
il
lavoro?”.
“Ormai
Alice ha preso il nostro posto ed io ti devo mostrare alcune cose.
Andiamo”. Il
ragazzo passò sotto i viticci e prese per mano la
principessa di Boston per
trascinarla verso la villa dei Cullen.
La frescura
che li accolse nell’atrio fu più che ben venuta,
anzi, sembrava quasi di essere
entrati in una cella frigorifera.
Edward le
indicò le scale, incitandola a salire e la precedette lungo
al corridoio sino
alla porta di una camera che aprì senza esitazione.
All’interno
la luce del sole filtrava attraverso le tende leggere assieme
all’aria calda
che la finestra aperta consentiva di entrare.
“La
tua
camera?” chiese Bella.
“Esatto,
Sherlock” risposte Edward dirigendosi verso la scrivania dove
spiccava l’unico
plico di fogli del ripiano per altro pulito.
“Devo
preoccuparmi?” ridacchiò la ragazza indicando il
letto con il mento.
Evidentemente
Cullen era piuttosto distratto, visto che strabuzzò gli
occhi senza capire a
cosa lei si riferisse. Poi l’illuminazione lo fece scoppiare
nella risata più
allegra.
“Tranquilla,
la tua virtù è salva per ora. Certo…
se tu volessi approfittare di questo popò
di fisico mi dichiaro a tua completa disposizione per pratiche
ortodosse e non”
puntualizzò facendole l’occhiolino.
“Posso
capire le pratiche ortodosse… è il 'non' che mi
preoccupa” rispose sorridendo
la ragazza.
“Allora?
Vuoi dirmi di cosa si tratta?” insistette subito dopo.
“Volevo
ragionare con te su questo” e prese i fogli distribuendoli
sul letto in modo di
avere la più ampia visuale di tutti i dati.
Si vedeva
che non lo faceva con intenzione, ma Isabella si sentiva agitata. Era
assurdo,
lo sapeva, ma trovarsi lì nella sua camera era soffocante.
I tabulati
erano davanti a loro, in ordine cronologico. I tre certificati di
nascita su un
lato e gli spostamenti approssimativi di Phil nel periodo
dell'incidente dei
coniugi Swan, sull'altro lato.
“Hai
cercato anche tuo zio?” chiese lei stupita. Edward
sollevò le spalle con
noncuranza.
“Volevo
confrontare i movimenti di Phil con i tuoi genitori... Hai capito
qualche cosa
con Emmett per il tuo testamento?”.
“Ha
chiesto
una copia all'ufficio legale a Boston” rispose la ragazza,
“Anche se credo di
aver indicato come beneficiari i miei parenti, all'epoca avevo ancora i
miei
genitori...” mormorò assorta.
“Maledizione...”.
Isabella sbarrò gli occhi spaventata
all’esclamazione del ragazzo.
“Cosa
c’è?”
chiese.
“Immagina
se, al posto di indicare il nome avessi solo indicato il termine
genitori? Cosa
farebbe Phil se ti capitasse qualcosa?”
“Diventerebbe
padrone di tutte le Industrie Explosion” esalò.
“Milionario”
confermò Edward.
“Non
può
essere! Emmett non può essere stato così
superficiale”.
“Per
questo
che esistono quei certificati. Cosa potrebbe succedere se tutta la base
del
testamento saltasse?”.
I due
ragazzi si guardarono e lei sentì un brivido gelido
scorrerle lungo la schiena.
Era davvero in pericolo? Che fine aveva fatto la sua vacanza?
“Dobbiamo
essere sicuri che non si avvicini a te, sino a quando non saremo sicuri
di
quello che vuole fare” esclamò Edward
irrigidendosi.
“Credi
che
sia anche responsabile dell’incidente dei miei?”.
Sarebbe stato terribile se
Phil fosse stato responsabile di quella tragedia.
“Onestamente
non lo so” rispose sottovoce il ragazzo “Sai che
non mi è particolarmente
simpatico ma non credo che ne sia responsabile. Vedi qui? Era in Europa
in quel
periodo e lui non è tipo da avere complici, soprattutto
persone che aspettano
anni per avere il bottino. Non ho prove in questo senso ma il mio sesto
senso
mi dice che non ha avuto niente a che fare con
quell’incidente. Questo non
significa che non potrebbe partecipare a qualche cosa adesso, visto
l’impegno
che ci ha messo per prepararsi il terreno” così
dicendo indicò un appunto sul
certificato che indicava i genitori di Isabella. Era una data di otto
anni
prima. All’epoca gli Swan erano ancora vivi e Phil aveva
già divorziato da
Renèe. Sembrava davvero un piano maturato nel tempo.
Isabella
sbuffò affranta e si passò una mano sulla fronte,
volgendo lo sguardo alle
pareti della stanza. Era tutto confuso nella sua testa,
c’erano tanti punti su
cui soffermarsi e pensare. Non riusciva a digerire tutte quelle
informazioni.
I suoi genitori
erano stati uccisi? Era stato davvero un incidente? Phil era suo padre
oppure
no?
Non poteva
credere a una cosa simile! Suo padre era Charlie Swan! E sua madre
Elisabeth!
Ne era certa.
Cercò
di
non soffermarsi sul ragazzo seduto al suo fianco.
L’attrazione che provava per
lui era ormai chiara anche alla sua mente refrattaria. Non voleva ma ne
era
ammaliata. La voglia di baciarlo e farsi stringere da lui era pure
superiore al
desiderio di fare chiarezza in tutto quel mistero. Dannazione!
Improvvisamente
si accorse di essersi fissata su un poster che raffigurava la volta
celeste con
le costellazioni e un simbolo come due i maiuscole davanti.
Soprapensiero
chiese: “Cos’è?” indicando
l’immagine.
“Il
segno
dei gemelli. Sono nato a giugno” rispose Edward tranquillo.
Qualcosa si
insinuò nella mente di Isabella. Quel simbolo le era
famigliare. Ci si era
imbattuta ultimamente… o almeno i suoi sistemi informatici
ci si erano
imbattuti.
Guardò
ancora sul letto.
Tutti quei
fogli.
“Sei
tu che
hai cercato di violare i nostri sistemi informatici!”
esclamò fissando Edward.
---ooOoo---
Angolino mio:
sono tornata!
Come
già detto, continuo a rimaneggiare questa
storia. Non riesco ad appassionarmi come con le altre. Forse il tipo di
scrittura, la perdita di motivazioni, non so.
Sono stata un
po’ lontana da efp e adesso spero di
tornare a pieno ritmo, se non altro per terminare le storie che ho in
sospeso
(tra cui la vecchissima e mia amata AAA Affittasi moglie).
Spero che ci
siate ancora per leggere cosa
succederà a questi due testoni…
Per ora, alla
prossima settimana
baciotti
|
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Capitolo 14 *** la verità uccide ***
Ciao a tutti!
Incredibile
ma vero! Non potete credere ai vostri
occhi ma è proprio così! Altro capitolo postato
con il contagocce.
Questa volta
l’ispirazione ci ha messo poco più di
un mese, ma è tornata per farmi nuovamente variare questa
storia.
Ormai non
cambierò più. Questo capitolo è
già
abbastanza impegnativo di suo, senza che metta altre cose a vorticare
in mezzo
al pantano.
Pertanto,
bando alla ciance e lascio che a parlare
siano i fatti descritti nel capitolo.
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
“Sei tu che hai
cercato di violare i nostri
sistemi informatici!” esclamò fissando Edward.
Il silenzio
avvolse e annullò l’eco di questa affermazione. Si
udivano solo i respiri di
Isabella che guardava il volto stupito di Edward.
Non
c’erano
possibilità di errore: nessuna risposta uguale ammissione di
colpa. Era lui
l’hacker che li stava tormentando da giorni.
“Come
ho
potuto essere così stupida! Sapevi chi ero io, cosa
rappresentavo… hai cercato
di circuirmi da quando siamo arrivati! Ti sei introdotto nei nostri
sistemi per
ottenere informazioni… per rovinarmi!” le accuse
venivano lanciate con un tono
di voce sempre più stridulo, finché, finalmente,
il rosso si mosse per bloccare
quello che pareva essere uno schiaffo da far atterrare sulla sua
guancia.
“Maledizione,
Bella!” sbottò agguantando tutti e due i polsi e
sporgendosi su di lei,
facendola coricare sul letto, tra i fogli stampati. “Non
avresti dovuto saperlo
in questo modo, ma sappi… ti giuro che io non ho fatto
niente contro di te,
anzi, ti ho difeso da Cosmopolitan che voleva introdurre un virus nei
tuoi
sistemi” sospirò. “Devi
credermi”.
Isabella lo
ascoltò fissandolo con rabbia, verso lui e se stessa.
“Come
potrei crederti? Che prove hai per convincermi a pensare che non volevi
danneggiarmi?” chiese ancora urlando.
“Ho
solo
cercato informazioni su di voi quando vi ho incontrati. Sapevo che
doveva
arrivare qualcuno che si era interessato alla nostra ipoteca. Me lo
aveva
appena confidato il direttore della banca. Ho solo fatto due
più due. Devi
credermi, volevo solo difendere la tenuta ma non ho fatto niente per
danneggiarti”.
La fissava
serio. Occhi negli occhi, cercando di comunicarle le parole anche con
il corpo,
sdraiato su di lei che si strattonava, provando a liberarsi dal suo
peso.
“Non
è
vero!” sibilò stravolta dall’ira.
Non
riusciva a connettere. L’umiliazione del tradimento e la
rabbia per essersi
fidata le stavano stritolando l’anima.
Non si
accorgeva neanche di essere completamente bloccata sotto il corpo di
Edward,
voleva solo picchiarlo, graffiargli la faccia e tirare calci fino a
farlo
diventare… niente.
Le ci
vollero alcuni minuti prima di riprendere fiato e connettere le sue
funzioni,
captando finalmente quello che stava accadendo: Edward la stava
baciando e lei
era completamente immobile. Anzi, stava partecipando al bacio
sporgendosi
contro di lui.
Spalancò
gli occhi inorridita e il ragazzo alzò il viso e la
fissò serio. “Ti sei
calmata? Posso parlare adesso?” sussurrò, timoroso
di interrompere la quiete e
far scatenare di nuovo la ragazza sotto di lui.
Già
era
difficile resisterle quando erano in verticale, adesso che se la
trovava
cedevole e morbida sotto di lui, era un inferno. Il suo letto non
avrebbe più
avuto lo stesso significato.
Isabella
deglutì prima di assentire con un furioso ordine.
“Spiegati”.
“Isabella…
posso lasciarti? Voglio che tu mi ascolti senza interrompere e senza
tentare di
picchiarmi” continuò il ragazzo, azzardando
lentamente a lasciarle i polsi e
tornare a sedersi dall’altra parte del materasso.
La
principessa di Boston sospirò e annuì, stringendo
le labbra in una linea rigida
e incrociando le braccia a difesa del suo cuore che batteva fortissimo.
“Hai
ragione, sono entrato nei tuoi sistemi informatici. Devo dire che mi
aspettavo
di fare un po’ più di fatica, invece è
stato fin troppo semplice. Quasi un
insulto per quanto mi riguarda” borbottò Edward
tentando un timido sorriso
sghembo e passandosi una mano tra i capelli ramati.
Il fatto di
vederlo così compiaciuto di sé stesso fece
nuovamente saltare la mosca al naso
a Bella. “Scusa se non ci siamo premuniti prima contro dei
delinquenti della
tua risma ma questo non era mai stato necessario”
sbottò sarcastica.
“Mi
meraviglia… comunque non è questo il punto. Mi
sono introdotto nei tuoi sistemi
per cercare notizie su come impedire alla Explosion di rilevare la
nostra
ipoteca e mettere le mani sulla mia tenuta. Ci sto sputando il sangue
da una
vita e da quattro anni ho definitivamente rinunciato ai miei sogni e
alle mie
aspirazioni per questo mucchio di piante e terra. Non voglio che il mio
sudore
vada perduto se posso impedirlo.
Ti giuro
che ho fatto solo questo. Ho scoperto che il vero padrone sei tu e non
quel
Jacob. Sei stata in gamba a distogliere l’attenzione da te.
Credo sia stato
necessario per il fatto che sei una giovane e bellissima
donna…” si interruppe facendo
un ampio sorriso per mitigare l’imbarazzo che stava provando
ad aver detto
quelle ultime parole.
Perché
era
questo che pensava di Isabella: era davvero bellissima. Forse non la
più bella
che lui avesse mai visto. C’erano state ragazze
stratosferiche che sembravano
corpi celesti portati dagli angeli e depositati sulla terra per il
gaudio dei
comuni mortali, ma lei era diversa. Era bella ed era vera, concreta,
arguta e…
bellissima. Almeno per lui.
“Come
fai a
fare tutto questo? Non c’è neanche un computer in
questa stanza e non mi sembra
di aver visto chissà cosa nello studio di tuo
padre” obiettò Bella lanciando
uno sguardo alle carte sparse ancora sulle lenzuola stropicciate.
Edward si
alzò e le tese una mano. “Vieni, ti mostro il mio
regno” la invitò indicando la
porta di uscita della camera.
A pochi
passi da loro, sul corridoio comune, si apriva un’altra
camera, piena di
apparecchiature elettroniche sparse sulle due scrivanie e una libreria
piena di
CD e fascicoli che copriva una intera parete.
“Questo
è
il mio studio. È qui che tengo i miei computer e tutti i
miei tesori”.
Sulla
parete accanto alla porta erano appesi la laurea in informatica e
alcuni corsi
frequentati da Edward con il massimo profitto. Era davvero un piccolo
genio
della tastiera.
“Adesso
spiegami cosa è quel fumetto che hai lasciato nei miei
sistemi e come faccio
per farlo togliere” ordinò Bella, accomodandosi
sul piccolo divano posizionato
sotto le attestazioni di studio.
Edward
ridacchiò e indicò uno schermo “Quello
dici? Non posso. Io e Cosmo stiamo
ancora lottando. Io sto proteggendo i tuoi sistemi con il mio
scudo… vedi? Il
mio simbolo l’hai riconosciuto!”
“Allora
dì
al tuo amico di smetterla! Altrimenti vi farò arrestare
tutti e due!” sbraitò
Isabella alzandosi come una furia. Il fatto che lui fosse divertito la
faceva
irritare ancora di più. Il suo scherzetto era costato
migliaia di dollari e ore
di lavoro per i suoi dipendenti e non si sarebbe risolto con delle
sentite
scuse. Voleva la testa del responsabile e avrebbe avuto anche la
bellissima
testa del ragazzo che le stava davanti. Al diavolo la sua attrazione
per lui.
La sua azienda era più importante di una semplice
infatuazione per dei
pettorali definiti, dei bicipiti
muscolosi e un sorriso da urlo.
“Mi
piacerebbe davvero. Odio dovermi impegnare in queste lotte. Non si
dimostra
niente a nessuno e si rischia solo di essere scoperti e messi in
galera”
rispose.
“Ti
è mai
successo?” chiese allora curiosa Isabella.
“Ci
sono
andato vicino un paio di volte, quando ho cercato di entrare nei
sistemi del
governatore della California e di una banca… ma ho intuito
subito il problema e
sono riuscito a sparire”.
“Come
mai
il simbolo dei Gemelli?”.
Dopo
l’iniziale
sfuriata, Isabella si era accorta che non poteva risolvere nulla in
quel modo e
che lui stava solo cercando di aiutarla contro questo fantomatico
Cosmopolitan.
La curiosità di scoprire ancora di più su questo
nuovo mondo, dove Edward era
ancora più affascinante con l’aria del ragazzo
pericoloso, le fece cambiare
indirizzo di domande.
“Tutti
noi
abbiamo un nick. Io non sapevo quale usare e mi è venuto in
mente quello. Gemini.
Ti piace?” chiese infine sorridendo in modo disarmante.
“Sei
poi
riuscito ad entrare in quei sistemi?”.
Il sorriso
del ragazzo si allargò ulteriormente. C’era
riuscito e con meno fatica del
previsto.
Isabella si
accasciò nuovamente sul divanetto. “Edward, cosa
devo fare con te?”. Era una
domanda retorica che manifestava tutto il suo disagio per la situazione.
Lui fece
spallucce. “Dipende da cosa vuoi. Adesso stavamo cercando di
capire che mosse
aveva intenzione di fare mio zio. Non c’è nulla
che tu possa fare per la mia
attività di ‘infiltrato’ e, prima che tu
me lo chieda, non posso impedire a
Cosmo di rompere le scatole, perché non so neanche chi sia.
Non ci conosciamo
tutti nell’ambiente e, come comprenderai bene, la segretezza
è fondamentale. Con
lui ho fatto un patto: una tregua di tre giorni, di cui uno
è già passato. Poi lui
passerà all’attacco e ti conviene contattare
qualche buon ingegnere informatico
se vuoi sopravvivere. Io da qui potrò fare ben
poco” rispose Edward, sedendosi
accanto alla ragazza e passandole un braccio sulle spalle.
“Non
c’è
niente da temere da me. Come ti ho detto, volevo solo trovare delle
informazioni per proteggere la mia tenuta, ma non farei mai del male a
te e non
danneggerei volontariamente la tua azienda. Rispetto il tuo lavoro in
questo
campo, come spero che tu rispetta il mio”. La sua voce era
bassa, roca e
carezzevole all’orecchio e Bella sospirò
sconfitta.
Gli credeva.
Credeva a tutto quello che le aveva detto e questo non aveva nulla a
che fare
con l’irrequietezza che la sua vicinanza le causava in quel
momento.
“Va
bene”
cedette “Cerchiamo di capire cosa vuole tuo zio, poi verrai
con me a Boston e
sistemerai il problema dei sistemi informatici”.
“Mi
vuoi
ricattare? Guarda che non ho intenzione di finire in prigione per
quello”
indicò lo schermo che continuava a danzare sotto i loro
occhi “E tu non puoi
dimostrare niente. Come ti ho detto, sono bravo a far scomparire le mie
tracce”.
“Stupido.
Ti
sto offrendo un lavoro. Limitato a questo problema o a tempo
indeterminato,
questo lo deciderai tu. Carta bianca e tutto il settore a tua
disposizione. Budget
illimitato, stipendio adeguato” sciorinò la
presidente delle Industrie
Explosion, nuovamente nel suo ruolo di leader.
Edward
boccheggiò un attimo e il suo sguardo si illuminò
come quello di un bambino
davanti al giocattolo tanto desiderato, poi tornò serio.
“Non posso andarmene,
almeno sino a quando la tenuta sarà al sicuro e
potrò lasciare il comando a
Jasper” sospirò.
“Pensaci
intanto” sussurrò Bella appoggiando poi la testa
sulla spalla del ragazzo.
In pochi
istanti si sentì avvolgere dalle braccia di Edward, mentre
le sue labbra veniva
coperte da quelle di lui per un bacio famelico. “Ci
penserò” bisbigliò un
attimo, staccandosi dal suo viso per poi rituffarsi su quella bocca
rosea e
morbida che lo stava eccitando di nuovo.
La mente di
Isabella sembrava vuota, non sentiva nulla al di fuori delle labbra e
delle
mani di Edward. Le sensazioni di calore che le stavano scatenando la
lasciavano
senza fiato e quando sentì le dita infilarsi al di sotto del
topo che
indossava, per poi risalire lente verso il seno, si sentì
bollente di
anticipazione sul piacere che avrebbe provato da lì a poco.
Perché
ormai
lo sapeva, stare con Edward sarebbe stato fantastico ed indimenticabile.
Erano ancora
ansimanti, quando le labbra di lui si spostarono sul suo collo
e… il trillo
proveniente dal computer, squillò interrompendoli spaventati.
“Che
succede?” strillò Bella, più spaventata
per l’intensità di quello che stava
provando, piuttosto che per l’interruzione brusca.
“Non
ne ho
idea” rispose Edward correndo al computer e cominciando a
schiacciare tasti ad
una velocità impressionante.
Isabella si
avvicinò incuriosita e lui iniziò a parlare.
“Sembra che Cosmo abbia fatto un
nuovo tentativo. Però ci deve essere qualcuno in gamba nei
tuoi uffici perché
non ci sono stati problemi questa volta”. Si
rialzò soddisfatto e si sorrisero.
Forse potevano
lasciare stare il freddo mondo informatico e dedicarsi a quello
più caldo che
stavano esplorando poco prima.
Ma restava
sempre il problema di Phil.
“Cosa
credi
che dovremo fare adesso con tuo zio?” chiese Isabella.
“Cercherò
ancora qualche cosa… adesso scendiamo, prima che vengano a
cercarci. Se rimango
ancora con te, rischio di non riuscire a tenere le mani ferme e non
è il
momento” ammise imbarazzato Edward.
“A me
non
dispiacerebbe” rispose Bella sospirando
“Però hai ragione. Non è il
momento… ma
presto” promise poi in un sussurro complice.
Uscirono
sorridendo
e con le mani intrecciate, scesero la grande scala per giungere al
piano terra,
dove sentirono delle voci concitate provenienti dallo studio di
Carlisle.
Il padre di
Edward non poteva presenziare alla vendemmia, visto lo stato nel quale
versava
la sua salute.
Si
guardarono stupiti quando riconobbero la voce di Phil. Che ci faceva
alla
tenuta?
“Carlisle!
Non
hai fatto niente da quattro anni a questa parte! Non ti darò
nemmeno una fetta
della torta. Il bottino sarà solo mio! Sono io che mi sono
fatto il culo… ho
costruito le prove, ho lavorato nell’ombra… e tu
cosa hai fatto? Sei stato qui
a trastullarti sulla sedia a rotelle a farti scorrazzare dal quella
stupida di
mia sorella”
“Io
non ho
fatto niente? E chi ha provveduto a incidere il tubo del carburante
dell’aereo
dove volavano gli Swan? Tu per caso? Se non sbaglio eri in galera in
quel
periodo… a Parigi se non ricordo male”.
Edward e
Isabella si guardarono ancora sconvolti, trattenendo il fiato per
quanto
avevano sentito.
“E tu
hai
pensato bene di farti avere un attacco di cuore. Comodo essere
costretto su una
sedia a rotelle. Nessuno ti ha collegato
all’incidente… nessuno si è accorto
del meccanico che passava nell’hangar. E nessuno
può rintracciarti ed
incolparti di qualche cosa. È stato un incidente. Adesso
dimentica tutto e
lasciami incassare il denaro che potrò spremere dalla mia
‘figlioletta’
ritrovata”. Si sentiva il tono malefico della voce di Phil e
Bella si strinse
le braccia per il freddo che le entrava in petto nel sentire questa
cattiveria.
“Io
ti ho
spianato la strada e ti aiuterò ad eliminare la piccola
Swan. Tu mi darai il
cinquanta per cento dell’eredità e non dovremo
più incontrarci per il resto
della vita” ribatté Carlisle.
“Non
ci
penso nemmeno. Io sarò quello sotto i riflettori, sospettato
di tutto. Dovrò studiare
attentamente un piano e tu sei totalmente inaffidabile”
sibilò Phil, per poi
scoppiare a ridere “Ritira quel ferro, non ti serve a nulla e
ci perderesti
solo tu”.
Edward
fremeva accanto a Bella. Suo padre e suo zio erano dei delinquenti,
degli
assassini. Gli veniva la nausea.
“Cosa
hai
intenzione di fare con la ragazza?”
“Ho
già
manomesso la centralina elettronica della jeep di Renée.
Tutti quelli che sono
sopra quell’auto moriranno prima di arrivare a Sonoma e
sembrerà un vero
incidente. Niente sangue, niente sporco. Ne uscirò pulito
come un neonato e
piangerò la mia carissima ex moglie e la mia figlioletta
appena ritrovata. Credo
che creperà anche quel antipatico di avvocato se sono
fortunato, così non ci
saranno più ostacoli”.
Appena
l’eco
di quelle parole si spensero nell’aria, Isabella
scattò in piedi e corse verso
lo studio spalancando la porta socchiusa.
“Maledetti!” urlò avvicinandosi
velocemente verso Carlisle.
Edward,
dopo un attimo di sorpresa, scattò a sua volta, cercando di
trattenere la
ragazza che invece era già entrata nella stanza. E appena
varcò la porta non
poté far altro che urlare il suo nome mentre vedeva suo
padre sparare contro
Bella.
Isabella si
sentì colpire al petto. Un dolore atroce e un urlo furono le
uniche cose che
percepì prima di cadere in un pozzo buio senza fine.
---ooOoo---
Angolino mio:
Carissimi,
eccoci alla fine del capitolo.
Colpo di
scena? Spero di avervi sorpreso ancora una
volta.
Questa storia
doveva essere solo una romantica e un
esercizio stilistico e si è trasformata in una work in
progress e una sfida con
me stessa.
Vi faccio un
ultimo annuncio: il prossimo capitolo
sarà… l’epilogo.
Da non
crederci vero?
Però
sapete che io sono fissata con il 5 e i suoi
multipli e questa storia è arrivata al suo capolinea (per
stanchezza,
ispirazione e bandiera bianca).
Pertanto
trovo che non convenga trascinarla ma
lasciare un buon epilogo corposo dove tutti i nodi vengano al pettine.
In fin dei
conti ho annodato parecchio qui dentro…
non trovate?
Fatemi sapere
quel che ne pensate.
Grazie per
l’attenzione.
Alla prossima
puntata.
baciotti
|
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Capitolo 15 *** un nuovo capitolo ***
Ciao a tutti!
Lo so, sembra
incredibile ma sono qui per
concludere questa storia. Mi sono gettata quando ancora avevo
l’ispirazione e
adesso vi lascio all’ultimissimo capitolo di questa vecchia
storia.
Spero che
soddisfi tutte le vostre domande.
Ringrazio
tutti quelli che hanno recensito,
inserito la storia nelle preferite, ricordate e seguite e chi ha
semplicemente
letto. Spero vi siate divertiti.
Adesso vi
lascio al capitolo conclusivo.
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
“Ciao,
Bella! Sei pronta per partire? Rose non sta più nella
pelle” esclamò Emmett. Il
suo vocione riempiva tutto lo ufficio grazie al viva voce, ma non era
come
averlo lì davanti.
“Devo
finire di infilare gli ultimi vestiti in valigia e volo lì.
Jacob è già
arrivato?” chiese Bella alzandosi dalla poltrona ed
avvicinandosi alla
finestra.
Il suo
sguardo accarezzò il panorama grigio di Boston e la sua mano
corse distratta a
sfiorare la cicatrice che deturpava la sua pelle, sotto la camicetta.
Erano
passati quasi cinque mesi da quando era esploso il colpo di pistola
nella
assolata California.
Carlisle
non aveva mirato al cuore, per fortuna o per inesperienza. Il
proiettile le
aveva attraversato i tessuti molli al di sotto della clavicola e si era
incastrato nella scapola.
L’intervento
era stato lungo e la riabilitazione del braccio ancora di
più, ma ora tutto era
andato per il meglio e lei era di nuovo a capo delle industrie
Explosion di
Boston.
La risata
di Emmett la riscosse dai pensieri e le strappò un sorriso
indulgente.
“Puoi
dirlo
forte. È piombato qui come una furia, sbraitando su Riley
come un ossesso. Il
poveretto era terrorizzato e sarebbe fuggito a gambe levate se Irina
non lo
avesse difeso. Ha giurato che non risponderà mai
più a un telefono se non il
suo personale”.
Anche
Isabella scoppiò a ridere “Dovevi vederlo quando
ha telefonato a Reneesme per
prendere accordi sulla nostra partenza. Quando ha risposto quel ragazzo
al
cellulare ha cominciato a urlare ‘Chi cazzo sei?’
‘Se tocchi la mia donna sei
morto’ e cose simili da epoca giurassica. Inoltre non me lo
ha detto nessuno
che si erano messi insieme”.
“Infatti
non lo sono, ma credo che dopo questa piazzata, sarà
difficile per Jake non
esporsi e far finta di niente” rispose Emmett ridacchiando.
“E
Reneesme, cosa ne pensa?” chiese ancora Bella, mentre
cominciava a infilare
alcuni documenti nella sua valigetta.
“Felice
e
solare come al solito. Lei è riservata, ma secondo la mia
Rosy, è cotta persa
per il nostro Jake… e noi due sappiamo che anche lui ormai
è perso” confermò
Emmett.
“Spero
che,
almeno loro non mi facciano lo scherzo di fuggire a Las Vegas dopo
appena due
settimane! Mi devi ancora un rinfresco di nozze! Secondo me Rosalie
dovrebbe
mandarti in bianco sino a quando non la sposi davanti a tutti noi.
Elvis
dovrebbe essere vietato!” gli ricordò Bella.
Emmett e
Rosalie erano scappati a Las Vegas per sposarsi, non appena Bella era
stata
dichiarata fuori pericolo e nel bel mezzo delle indagini della polizia
per il
tentato omicidio della signorina Swan.
La notizia
aveva lasciato tutti stupefatti, ma loro si erano giustificati dicendo
che non
avrebbero voluto aspettare e, visto il momento difficile, non volevano
far
pesare l’organizzazione di un matrimonio e della loro
felicità in quel momento
difficile.
“Dimmi
quando
ha scoperto che Riley è il ragazzo di Irina” lo
incoraggiò Bella ricominciando
a ridere.
“Difficile
a dire chi era più rosso, se Jake o Riley o zia
Carmen… ci pensi? Quel donnone
come suocera? Io mi ritengo fortunato” disse Emmett
terminando in una risata
sguaiata.
“Non
dire
così. Carmen è stupenda. Secondo me è
peggio avere Irina come cognata. Quella
ragazzina è una mina impazzita” gli fece il verso
Bella.
Le risate
scemarono e la ragazza terminò di sistemare la scrivania,
pronta per volare
dall’altra parte degli Stati Uniti.
“Emmett…
hai più sentito Edward” chiese infine Bella con un
filo di voce.
La prima
risposta fu un lungo profondo sospiro. “Mi dispiace, Bels. Da
quando i federali
lo hanno portato via non abbiamo più saputo nulla. Ogni
tanto chiama Esme per
dire che sta bene, ma sono proprio solo due parole che interrompe
subito. Non
sappiamo se gli stanno facendo qualcosa”.
Anche
Emmett era preoccupato. Aveva cercato di indagare con i suoi contatti
ma si era
arenato davanti all’omertà dell’Fbi e
dopo vari tentativi si era dovuto
arrendere.
Edward era
finito nei guai non appena era subentrata la polizia per le indagini.
Nel
momento in cui avevano aperto la porta del suo studio, era intervenuta
l’Fbi e
lo aveva prelevato per interrogarlo sulle sue attività in
rete.
Da quel
momento la famiglia non aveva più avuto notizie e quando
Bella si era ripresa
dall’operazione aveva solo potuto ascoltare quanto era
capitato durante la sua
degenza in ospedale.
In quel
periodo aveva sognato spesso il ragazzo. Per la prima volta in vita sua
voleva
provare seriamente a stare con una persona, perché nel
profondo, sapeva che
sarebbe stata una storia d’amore indimenticabile.
Non
importava se Carlisle, che aveva ucciso i suoi genitori, era suo padre.
Lei
amava Edward per quello che era e si era svegliata con la
necessità impellente
di confessarglielo. La vita era troppo breve per farsi sfuggire anche
solo un
attimo di felicità.
Purtroppo
lui non c’era e non ci sarebbe stato chissà per
quanto ancora. Forse mai più.
“Però
sarà
sicuramente al processo. Deve testimoniare contro Phil e Carlisle per
quello
che ha sentito sull’incidente dei tuoi genitori. Credo che
potremo incontrarlo
lì. Esme ne è sicurissima e io mi
fiderei” cercò di consolarla Emmett.
Caro amico.
Sapeva capire il suo stato d’animo anche da un sospiro.
Nessuno sarebbe stato
un fratello maggiore migliore di lui.
“Okay,
grande fratello orso, passo da casa a prendere la valigia e ci vediamo
tra
qualche ora all’aeroporto. So che il jet è pronto
in pista, quindi ci metterò
davvero poco. A dopo Emmett, e salutami Rosalie”.
Così dicendo Bella chiuse la
telefonata e si avviò all’uscita.
Il traffico
era caotico a quell’ora del primo pomeriggio e Max, il
vecchio autista di
famiglia, faceva del suo meglio per far avanzare velocemente
l’automobile tra i
veicoli.
Bella
guardava distrattamente le vetrine, senza vedere nulla in
realtà. La sua mente
era lontana miglia, in una valle assolata, piena di viti rigogliose, in
compagnia di un ragazzo che le mostrava come staccare i grappoli dalle
piante.
Un lampo
rosso attirò la sua attenzione e per un attimo le
sembrò che fosse Edward, ma
la persona in questione era già scomparsa tra la folla sul
marciapiede o forse
non era mai esistita.
Il viaggio
a Sonoma fu tranquillo e senza intoppi. Isabella riuscì
anche a fare un
sonnellino e a sognare ancora il tango che aveva ballato con Edward
alla festa.
“Devo
smetterla e togliermelo dalla testa o impazzirò”
borbottò la ragazza non appena
sveglia.
Poco dopo
scese dal jet e si diresse verso Renée che la stava
aspettando a bordo pista.
“Tesoro!
Quanto tempo! Sei in forma perfetta, ti sei ripresa bene dalla
operazione. Hai
ancora difficoltà con il braccio?”. La donna
iniziò subito a sommergerla di
tenere domande. Si erano tenute in contatto da quando si erano
conosciute in
quella terribile vacanza e Isabella sentiva del vero affetto per quella
imprevedibile fotografa. Capiva anche come lei e sua madre fossero
state tanto
legate ai tempi della sua nascita.
“Credo
che
la nostra Reneesme abbia trovato un innamorato” disse
sogghignando Renée non
appena salirono sulla nuova jeep. “Proprio in questo momento
è chiuso nello
studio con Eleazar ad ascoltare la predica del padre sui doveri,
obblighi e
pregi che deve avere il suo futuro genero. Se questa sera non compare
un anello
di fidanzamento, credo che dovrai riportare le spoglie di Jake a Boston
per la
cremazione, perché non rimarrà molto da
seppellire” terminò facendo scoppiare
Bella in una allegra risata.
“E
dire che
non avevo mai creduto che Jacob fosse un tipo da matrimonio”
commentò alfine.
“Basta
trovare la persona giusta. Come Rosalie ed Emmett. Sono davvero
innamorati quei
due. Una dolcezza che dà alla testa solo a
guardarli”.
Ancora una
volta percorsero la strada polverosa che le avrebbe portate alla tenuta
dei
Cullen, dove avrebbero pernottato per le ultime udienze del processo.
Isabella si
trovò ancora una volta a ripercorrere quei giorni di cinque
mesi prima.
L’incontro
con Edward, la gonna rotta, lui addosso, lui che la baciava, le
parlava, la
consolava, la stringeva, ballava con lei… le rapiva il
cuore.
Doveva
assolutamente smetterla, o non sarebbe più riuscita ad
andare avanti con la sua
vita.
Aveva delle
responsabilità. Non poteva fermarsi e sospirare per un uomo
che non sapeva se
avrebbe mai rivisto. Era inaccettabile.
Finalmente
arrivarono a destinazione e vennero subito accolti da una sorridente
Esme,
decisamente più in forma rispetto alla figura apatica di
qualche mese prima.
“Isabella,
tesoro! Ben arrivata!” la accolse festosa.
Poco dopo
arrivò Emmett a prendere il bagaglio, mentre Rosalie la
accompagnava alla sua
camera.
“Sono
felice che sia venuta e soprattutto che ti sia ripresa dal ferimento.
Emmett
era terribilmente preoccupato” disse sorridendo la bionda,
mentre il marito grugniva
alle loro spalle, come a ribadire il suo essere maschio.
“Devo
dirti
un segreto… saresti la prima a saperlo. Emmett voleva essere
lui ma…”.
“Rosalie!”
protestò il ragazzo ma non riuscì a dire altro
che la bionda saltellò battendo
le mani e annunciando “Sono incinta!”.
Un urlo di
giubilo da parte della bostoniana accompagnò le parole e
precedette un gran
numero di abbracci, lacrime e risate che si propagarono per tutta la
villa.
Quella
sera, nel salone da pranzo, si festeggiò il prossimo arrivo
del nuovo McCharty
e il fidanzamento di Jacob e Reneesme che, nel frattempo, erano
arrivati con
sorella e genitori.
Sembravano
davvero una grande felice famiglia.
“Ehi,
Isabella”. Jasper attirò la sua attenzione.
“Se poi vuoi vedere i registri
contabili. Sembra che la vendemmia sia andata bene, nonostante tutto e
con i
nuovi macchinari…”.
“Lascia
stare, Jasper. Mi fido di te e di Esme, come di me stessa. Poi se hai
bisogno
di qualche cosa, qui hai Emmett. Adesso sono in vacanza, non il
rappresentante
delle industrie Explosion” rispose Bella sorridendo e
lasciando il ragazzo alle
sapienti e tenere mani della sua Alice.
Alla fine
le industrie Explosion avevano rilevato l’ipoteca della
tenuta, ma l’avevano
convertita in un apporto di capitale diventando soci di minoranza dei
Cullen,
mantenendo l’indipendenza e gli standard della produzione
vinicola, aiutando a
commercializzare i prodotti in tutti gli Stati Uniti. E questo affare
stava
portando interessanti profitti.
Qualche
giorno dopo si svolse l’udienza in tribunale per il processo
contro Phil e
Carlisle. Anche questa volta Esme non si presentò in
tribunale. Non voleva che
la sua presenza sembrasse di appoggio al fratello che aveva rinnegato o
al
marito da cui aveva chiesto immediatamente il divorzio.
Subito dopo
la testimonianza di Bella, venne chiamato Edward Cullen alla sbarra.
Tutti si
voltarono verso la porta che si aprì immediatamente, facendo
comparire un uomo
elegante in completo di lino color sabbia e camicia bianca.
Non
guardava nessuno mentre si avvicinava al banco dei testimoni.
Passò accanto ad
Alice che venne trattenuta da Jasper, per evitare di correre ad
abbracciarlo e
mai una volta distolse lo sguardo dal giudice.
Dopo la
formula di rito sul giuramento si accomodò alla sbarra e
rispose alle domande dell’avvocato
dell’accusa con voce chiara e stentorea, senza indecisione.
Isabella lo
fissava con occhi spalancati, cercando di attirare la sua attenzione.
Anche
solo uno sguardo le sarebbe bastato, per capire se c’era
qualche cosa in cui
sperare oppure no.
Quando
anche l’avvocato della difesa finì le sue domande
ed Edward fu congedato,
tutti, da Isabella a Jasper ad Emmett a Eleazar, trattennero il fiato
osservando il ragazzo che passò accanto a loro senza neanche
dare segno di
riconoscerli. Sembrava che fosse un'altra persona, se non che, a un
passo dalla
porta, si girò e fece un piccolo sorriso ad Alice prima di
uscire direttamente
dall'aula.
Né
Alice né
Bella furono in grado di aspettare oltre e scattarono verso l'uscita
dove era
appena passato il ragazzo. Appena arrivarono nel corridoio, trovarono
Edward
abbracciato ad Esme che gli si aggrappava con le lacrime agli occhi.
“Mamma,
dai
non fare così. Sto bene, vedi? Davvero, va tutto
bene” mormorava il rosso
carezzandole la schiena.
“Edward”
pigolò Alice correndogli incontro ed allacciandogli le
braccia al collo.
“Pulce.
Non
piangere anche tu, altrimenti affogo” borbottò
stringendo anche lei.
Era un
quadretto commovente. Anche Bella, se pur in disparte, si sentiva
emozionata
nel guardare l'affetto dei Cullen. Erano mesi che Alice ed Esme non
vedevano il
ragazzo e non le sembrava corretto distogliere l'attenzione da questa
riunione
di famiglia.
“Edward,
dobbiamo andare. Neal ci sta aspettando” disse allora un uomo
in giacca e
cravatta che era accanto a loro.
“Mamma,
Alice, vi presento Peter Burke dell'Fbi, il mio referente... adesso
devo
proprio andare. Mi faccio sentire presto” salutò
con un bacio sulla fronte sia
la madre che la sorella e si allontanò dopo aver dato uno
sguardo carico di
rimpianti a Isabella che era ancora ferma a guardarlo.
“Edward
è
un bravo ragazzo e davvero in gamba. State tranquille, ci occupiamo di
lui con
molta attenzione e vi posso assicurare che non corre alcun rischio.
Buona
giornata” salutò Peter prima di seguire Cullen
verso l'uscita.
In pochi
istanti i due uomini scomparvero lasciando le tre donne attonite a
stringersi
tra loro per consolarsi della mancanza del ragazzo.
Edward non
tornò e Isabella, trascorsi quindici giorni con i suoi
amici, tornò a Boston in
compagnia di Jacob, lasciando Emmett al nuovo ufficio legale a Sonoma.
Il processo
si era concluso con la condanna dei colpevoli all'ergastolo e, con la
scomparsa
di Edward, nulla tratteneva ancora Isabella nella assolata California.
La
tristezza che l'aveva riempita, non passò a Boston,
nonostante il trascorrere
lento dei mesi successivi.
Jake
trascorreva il suo tempo tra l'est e l'ovest degli Stati Uniti,
utilizzando il
jet privato delle industrie con il consenso di Bella e la gioia di
Reneesme che
poteva vedere il suo fidanzato quasi ogni settimana.
Ormai era
settembre e tra pochi giorni avrebbe preso il jet per andare alla
tenuta dei
Cullen per partecipare alla vendemmia. Era già passato un
anno da quei giorni e
il suo cuore non aveva fatto neanche un passo avanti. Era ancora
lì ad
aspettare un Edward che pareva scomparso dalla faccia della terra.
Isabella
aveva appena finito di chiudere la valigia, quando il campanello della
porta
suonò. Probabilmente era Jacob che si era stufato di
aspettarla in macchina.
“Arrivo,
arrivo, Jake. Uffa che fretta che…”. Bella non
riuscì a finire la frase. Le parole
le morirono in gola quando, al posto del suo assistente, si
trovò sulla porta
Edward.
Il ragazzo
la trascinò all’interno
dell’appartamento e richiuse l’uscio alle sue
spalle.
“Bella,
non
mi mandare via, ti prego. Mi dispiace. Non ho potuto contattarti prima.
Quelli dell’Fbi
mi hanno reclutato per tutta la durata della mia pena, ma adesso sono
libero. So
che non mi dovresti amarmi, visto quello che ti ha fatto mio padre, ma
dammi
una possibilità. Vedrai che non te ne pentirai”.
Era un appello accorato di un
cuore innamorato che le fece salire le lacrime agli occhi.
Doveva mandarlo
via? Doveva rischiare? Considerando come era stata la sua vita
nell’ultimo
anno, c’era solo una risposta.
“Certo
che
non ti mando via! Io ti amo!” rispose Isabella con voce tanto
alta da sembrare
un urlo liberatorio.
“Dio
ti
ringrazio! Perché anche io ti amo e non sarei sopravvissuto
senza di te” disse
Edward prima di immergersi in un dolce, passionale, lunghissimo bacio.
Il jet
privato partì con Jacob a bordo. Gli altri sarebbero
arrivati con un altro
volo, ora c’erano cose più importanti a cui
dedicarsi…
Fine.
---ooOoo---
Angolino mio:
prima nota.
Peter Burke e Neal sono ovviamente i
protagonisti di White Collar, telefilm sulle indagini di frodi e furti
dei
colletti bianchi di New York. Mi sono immaginata che l’FBI
avesse preso l’hacker
come collaboratore e in questa divisione sarebbe stato più
realistico.
Sembra di
aver ricordato tutto, almeno credo. La tenuta
è salva, tutte le coppie sono a posto, Isabella e Edward
insieme…
Sì.
Ho finito.
Questa storia
è stata lunga e dura da portare a
termine. Soprattutto sono tre anni! Mai dire mai. Ho tenuto fede alla
promessa
di concludere le storie.
Pat, pat, mi
faccio i complimenti da sola.
Ora
affronterò un’altra delle mie sospese. Non so
ancora quale ma voi tenetemi d’occhio.
Grazie per
l’attenzione
Alla prossima
Baciotti.
Grazia
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