Si dice - In Vino Veritas

di gaccia
(/viewuser.php?uid=122907)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la nuova vita ***
Capitolo 2: *** un incontro polveroso ***
Capitolo 3: *** un vero ricatto ***
Capitolo 4: *** il maniaco palpatore ***
Capitolo 5: *** un pranzo tranquillo ***
Capitolo 6: *** marcare il territorio ***
Capitolo 7: *** preparativi del ballo ***
Capitolo 8: *** un tango infuocato ***
Capitolo 9: *** una notte insonne ***
Capitolo 10: *** il mio passato ***
Capitolo 11: *** penombra in cantina ***
Capitolo 12: *** tre numero perfetto ***
Capitolo 13: *** il segno zodiacale ***
Capitolo 14: *** la verità uccide ***
Capitolo 15: *** un nuovo capitolo ***



Capitolo 1
*** la nuova vita ***


Primo pezzo di nuova fiction sul vino, che non bevo e praticamente non conosco, quindi sarà una bella sfida.

Il vino comunque sarà un protagonista silenzioso: la parola l’avranno i protagonisti che si affronteranno per una sfida di alta finanza e non solo.

 

In questa storia non ci saranno pensieri e fatti raccontati in prima persona, infatti sarà tutto raccontato da me (cioè in terza persona) che come una pessima pettegola, racconterò tutti i pensieri, i  sentimenti e i più infimi segreti dei nostri eterni beniamini .

 

Come è giusto dichiaro che i personaggi sono di proprietà della signora Stephenie Meyer, mentre i fatti sono miei, e non è un racconto scritto con fini di lucro.

Vi lascio il primo capitolo e ci sentiamo in fondo con il mio angolino e…

Buona lettura

---ooOoo---

 

Ricordava ancora, con vero fastidio ed imbarazzo, la sua prima riunione del consiglio di amministrazione delle industrie Explosion di Boston.

Isabella Marie Swan, ereditiera, ventiquattrenne, che non sapeva nulla di alta finanza se non quello che aveva studiato all’università e al master, che doveva cavarsela con una dozzina di caimani che sicuramente le avrebbero fatto il contropelo.

 

Non poteva certo mandare degli accidenti in paradiso, dove i suoi amati genitori erano sicuramente andati dopo l’incidente al jet privato che li aveva spazzati via dalla terra e dalla vita dell’adorata figlia. Ma accidenti! Suo padre avrebbe dovuto prepararla meglio e non farle frequentare qualsiasi tipo di festa.

“Ti devi divertire Isabella! Sei ancora giovane!”.

 

Una cosa però Isabella l’aveva imparata: circondarsi di persone fidate e capaci, e nessuno rispecchiava di più questo stereotipo che il suo amico di infanzia Emmett McCharty, il figlio della domestica che l’aveva allevata, e che era diventato un valente e temibile avvocato.

Quel giorno aveva anche assunto un assistente personale, dopo aver vagliato numerosi curriculum era arrivato al suo: Jacob Black, ottima università, ottimi voti, ottimo master in finanza ed amministrazione, ottimo primo impiego come assistente del vicedirettore di una catena di agenzie di viaggio. Insomma ottimo, anche nell’aspetto.

 

Appena entrata nell’arena, accompagnata da Jacob ed Emmett, le erano caduti i fogli con le presentazioni dell’ultimo bilancio e le proiezioni trimestrali. Nessuno dei presenti si era minimamente mosso e lei, aiutata solo da Jacob, aveva iniziato a raccogliere tutto il materiale.

Avevano messo tutto sulla enorme tavola per le riunioni, e Isabella, schiarendosi la voce, aveva iniziato a parlare. Nessuno però sembrava ascoltarla.

Jacob, intenerito dalla scena, aveva preso i documenti e con voce stentorea aveva iniziato a presentare tutto il materiale, che era davvero ottimo sotto ogni aspetto. Isabella passava i fogli che Jacob illustrava al consiglio. Le poche obiezioni vennero messe a tacere direttamente da Jacob o da Emmett e solo in un caso fu necessario l’intervento di Isabella.

 

“Ma lei chi è?” chiese infine un attempato consigliere.

“Il nuovo amministratore delegato, Jacob Black!” rispose Isabella ancora prima che qualcuno potesse intervenire.

Scoppiò un putiferio ma Emmett zittì tutti con una semplice constatazione “Isabella ha la maggioranza azionaria e può nominare chi vuole!”

 

Una cosa però nessuno aveva intuito: il piano sibillino che la mente di Isabella aveva partorito nello stesso istante in cui si era resa conto che Jacob aveva il carisma adatto per essere il front man dell’azienda di famiglia. Era riuscito a incantare il consiglio di amministrazione senza alcuno sforzo e, finché lei stessa non avesse avuto la stessa capacità, per il bene dell’impresa, avrebbe lavorato dietro le quinte.

 

Quando tornarono nell’ufficio dell’amministratore delegato Jacob, si sedette direttamente alla poltrona presidenziale con un sorriso smagliante.

“Ehm, ehm!” iniziò Isabella “Jacob … “.

“Chiamami pure Jake” disse accondiscendente come ad avere a che fare con una adolescente timida ed insicura.

Isabella incrociò le braccia sotto il seno e socchiuse gli occhi con fare bellicoso, mentre Emmett iniziava a sogghignare pregustando la tempesta in arrivo.

“Jake! Togliti immediatamente dalla MIA scrivania!” Isabella aveva usato un tono basso e calmo ma talmente freddo da congelare un cerino acceso.

“Ma … Tu hai detto … Io sono l’amministratore delegato … mi hai nominato tu”.

“Di fronte al mondo tu sarai l’amministratore delegato, rilascerai interviste, farai sorrisi smaglianti eccetera. Qui dentro, ed in realtà, tu sarai il mio assistente personale, lavorerai al mio fianco mentre IO dirigerò attivamente le Mie industrie … ” la ragazza iniziò a rilasciare un sorrisetto soddisfatto al lento sbiancamento facciale di Jake.

“Oh, Jake … tra i tuoi compiti ci sarà anche il portarmi il caffè! Se questo patto, definiamolo pure segreto, non ti soddisfa, quella è la porta: te ne puoi andare in questo istante” suo padre sarebbe stato orgoglioso di lei, esattamente come lo era Emmett in questo momento che la guardava ammirato.

 

Dopo un paio di minuti in cui tutti i presenti stavano facendo girare le proprie rotelline celebrali, Jacob Blake proruppe in una sonora risata che finì in una specie di latrato.

“Troppo bello per essere vero! Ok signorina Swan. Mi sta bene. Ovviamente il mio stipendio dovrà essere adeguato a questo nuovo status. E non dovranno esserci interferenze sulla mia vita privata” cominciò ad elencare condizioni.

“Chiamami Isabella oppure Bella, come ti pare. Lo stipendio sarà adeguato, non faraonico, e riguardo alla tua vita privata, basta che non ti prostituisci, poi puoi fare quel che vuoi. È la tua vita pubblica che mi interessa. Dovrai mantenerla immacolata come una camicia appena uscita dalla lavanderia, Intesi?” Isabella stava ordinando.

“Emmett, pensa a un contratto che rispecchi gli accordi e un sistema perché quando si firmino i contratti risulti anche la mia firma, altrimenti non sarebbero validi. Questo contratto dovrà essere mantenuto segreto, in caso di violazione, tu Jake ti ritroverai senza lavoro e con una bella causa legale sul collo. Tutto chiaro ragazzi?”.

La nuova vita di Isabella era iniziata.

 

A 4000 chilometri di distanza invece …

 

Il caldo vicino a Sonoma era insopportabile in quel momento.

Neanche nel fresco studio di Carlisle Cullen, nella casa centenaria di famiglia, si riusciva a stare senza che fastidiose goccioline scivolassero sulla schiena. E questo irritava ancora di più rispetto alla discussione, di per sé già accesa.

 

“Tu vuoi che mi occupi dell’azienda giusto?” chiese ancora Edward a suo padre.

“Edward! Sai benissimo che con le condizioni del mio cuore non posso fare altrimenti che chiedertelo!” rispose sommesso il capofamiglia appoggiandosi allo schienale della poltrona di pelle antica.

“Già da un anno ho messo la mia laurea in un cassetto con i miei sogni per questa azienda e adesso tu mi dici che devo rinunciarci per sempre!” sbatté il palmo della mano sulla scrivania imponente.

“Non ho nessun altro a cui rivolgermi!” alzò la voce Carlisle

“Certo! Non sia mai disturbare sua maestà Alice la principessina di papà! Tanto c’è sempre lo scemo del villaggio che risolve i problemi!”

“Non essere ingiusto Edward!” intervenne sua madre Esme, mentre con una mano cercava di calmare il marito prima che gli venisse un nuovo attacco.

 

“Ok! Accetto! Per la famiglia! Ma avrò il controllo finanziario totale, visto che il caro zio Marcus prima di tirare le cuoia ha sperperato tutti nostri fondi!” anche lo zio da morto gli metteva i bastoni tra le ruote della sua vita.

“Tu papà potrai consigliare sulla produzione del vino, ma nulla di più. Queste sono le mie condizioni. In caso contrario uscirò da questa casa senza rimpianti e non tornerò più”.

Carlisle sembrò pensarci mentre Alice rimaneva seduta sul divano con il capo chino e le mani sul grembo. Non voleva intervenire, avrebbe fatto arrabbiare ancora di più Edward.

Lei era ancora giovane, andava al college e non sapeva della situazione finanziaria dell’azienda.

“Ok! Accetto le tue condizioni!” sospirò Carlisle: lasciava il comando della vigna a suo figlio dopo oltre trenta anni di lotte, dopo averla ereditata da suo nonno. Ora era stanco e malato.

“Qui fuori ci sono Jasper Hale, un mio amico del liceo, esperto agronomo, ci sarà utile nell’azienda, e Rosalie Hale sua sorella avvocato. Li ho assunti. Domani andremo in banca per l’ipoteca sulle terre, perché abbiamo bisogno di fondi” disse Edward con tono autoritario. Sapeva che si era appena assunto una grossa responsabilità ma la sua famiglia era tutto per lui, e doveva salvare il patrimonio di quattro generazioni di Cullen.

“Potremmo ipotecare anche la casa” propose Esme

“No! La casa e la dependance sono intestate a te per proteggerle e se anche andremo falliti quelle non si devono toccare, o me ne vado, come ho detto prima!” non poteva permetterlo quelle erano la sua casa, dove era nato e per nulla al mondo avrebbe permesso a chiunque di portargliele via.

Esme sospirò ma annuì.

Edward si voltò per andare verso la porta, poi ci ripensò e tornò al divano dove sua sorella ancora non alzava la faccia.

“Vieni con me Alice” disse dolcemente tendendo la mano. Non era mai stato cattivo o geloso di sua sorella, ma non aveva mai sopportato la diversità di trattamento che gli aveva sempre riservato suo padre: lui figlio maschio destinato alla tenuta per dovere di nascita, lei figlia femmina coccolata e vezzeggiata come un fiorellino, destinata ad essere amorevole moglie e madre ma guai a sporcarsi le mani. Criteri giurassici!

 

Nessuno dei due fratelli era così: Edward, introverso appassionato di elettronica, felice di restare dietro una scrivania mal sopportava il periodo della vendemmia, Alice spensierata iperattiva, adorava la campagna, amava i colori, aveva una fantasia sfrenata e non tollerava restare chiusa in quattro mura. Che scherzi crudeli fa il destino.

 

I fratelli uscirono dallo studio e si diressero verso la veranda dove i fratelli Hale aspettavano.

“Allora? Come è andata?” chiese Rosalie impaziente.

“Sono il capo! E voi mi dovete il giusto rispetto come miei sottoposti” rispose Edward sorridendo

“Scordatelo Ed. Ti mettevo KO a scuola, fuori da scuola, e con le ragazze. Non sarò mai sottoposto a te!” rispose fiero Jasper

“Collaboratori allora?” propose Alice.

“Collaboratori!” confermarono Edward e Jasper stringendosi la mano mentre Rosalie sorrideva felice con Alice.

“Domani andremo in banca per l’ipoteca. E che il Signore ce la mandi buona!” sospirò il  nuovo capo.

La nuova vita di Edward era iniziata.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

Sono tutta presa dall’altra fic. Sakura, quindi non ho molto tempo per questa. Chiedo quindi la vostra opinione su questo sfogo che mi è uscito di getto (e dopo qualche altra parola si è esaurito) Mi ci devo impegnare?  O lascio perdere chiudendo il tutto nel prossimo capitolo? (mai lasciare le fic. senza la parola FINE mi fa arrabbiare)

Attendo vostre notizie … Numerose …

baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** un incontro polveroso ***


 

 

Grazie per aver apprezzato il primo pezzo di questa fic.

Premetto subito che non so quanto sarà lunga, non so dove mi porterà, ho un abbozzo di trama che può variare in qualsiasi momento in base al mio umore.

E, mazzata finale, non sarò costante nel postare, perché come ho già premesso sto seguendo l’altra Fic: “Sakura – Fiore di ciliegio” e viste le diverse trame (questa moderna, l’altra racconto storico ambientato in oriente) è difficile cambiare a comando ed entrare nel racconto da sviluppare.

Detto questo comunque non disperate e fidatevi se vi dico che non lascerò la storia misteriosamente sospesa: prima o poi arriverà la parola fine.

Ora vi lascio al secondo capitolo…

Buona lettura!

 

---ooOoo---

 

Quattro anni dopo.

 

In questi quattro anni Jake era stato era stato perfetto. Un perfetto amministratore delegato che presenziava agli eventi ufficiali, accompagnato da donne bellissime e di classe, perfetto nei panni di assistente agevolando notevolmente il lavoro di Isabella e collaborando attivamente agli affari del gruppo.

Perfetto come amico, con il quale bere una birra davanti al televisore, quando il sabato sera il ragazzo di turno dava buca alla principessa di Boston.

La cosa era rara comunque, gli unici uomini che facevano la fila davanti alla porta dell’appartamento di Isabella, erano i fattorini delle pizze o del cibo cinese, qualche volta messicano.

 

In quei quattro anni, Isabella era cresciuta in sicurezza, competenza e bellezza.

Anche Jake lo aveva notato e come ogni buon giovane con la testa sul collo e gli attributi giusti in mezzo alle gambe, ci aveva provato, neppure tanto velatamente.

Isabella aveva risposto non un secco “No! Grazie! Non mischio lavoro e vita privata!” in un modo talmente lapidario che Jacob aveva rinunciato e si era rivolto verso prede più facili.

 

Questo non aveva intaccato il rapporto di amicizia, tanto che Jake, Bella ed Emmett erano diventati inseparabili, nel lavoro come nelle uscite del tempo libero (appuntamenti galanti permettendo).

In quegli stessi anni, Isabella era riuscita a raggiungere un profilo personale talmente basso da non comparire più da parecchio tempo su nessuna rivista di gossip e, non essendo importante agli occhi del mondo della finanza, neanche nominata nei quotidiani finanziari, dove invece compariva spesso Jacob e le Explosion Industries.

Gli affari del gruppo andavano a gonfie vele e gli azionisti, con Isabella in testa, erano felicissimi dei guadagni spartiti negli ultimi tempi.

 

Attualmente, appena scesi dal jet privato della società, Emmett si era messo alla guida della jeep noleggiata e si stavano dirigendo verso una tenuta vinicola vicino a Sonoma.

Jake, seduto davanti, giocava con la radio, mentre dietro Isabella studiava le carte della banca, dalla quale intendeva rilevare l’ipoteca della azienda Cullen.

 

“Perché continui a metterti quei tailleur ammazza erezione? Sei più sexy con una tuta da ginnastica!” commentò Emmett con uno sguardo allo specchietto retrovisore.

Isabella sbuffò “Em, non devo sedurre nessuno oggi. E poi cos’è tutta questa curiosità sulla mia vita sessuale?”.

“Scommetto che è da un sacco di tempo che non scopi” replicò Jacob continuando “Lo sai che io sono sempre disponibile per togliere le ragnatele e fare le pulizie di pasqua”.

“Ahahah! E questa era una risata sarcastica! Non è passato così tanto tempo! E poi io con te non lo farei mai. Piuttosto mi scopo Emmett” rispose Isabella ridendo.

“Scordatelo! L’unica volta che ci siamo baciati ho dovuto fare i gargarismi con la candeggina! Che schifo!”.

“Bacia così male?” chiese Jacob con fare malizioso.

“No, anzi. Solo che è stato come baciare mia sorella, come se fosse un incesto. Dio che cosa squallida!” rispose ridendo Emmett.

“In ogni caso Em, sei fuori dalla mia portata. Sai che se mi metto con te perdo il mio patrimonio. I soldi sono più forti del mio amore nei tuoi confronti” disse Isabella con una mano sul cuore e sbattendo le ciglia a dietro agli occhiali spessi e totalmente inutili che metteva quando doveva apparire come l’efficiente segretaria del capo.

“E questa era tutta la fiducia che aveva tuo padre nei miei confronti! Quando ho letto il testamento sono rimasto basito” scosse la testa divertito

Jacob invece era sempre più sorpreso.

“Pensa io che invece sognavo già sfrenate notti di sesso selvaggio tra le tue braccia” lo stuzzicò Isabella.

“Em, lei ti dice queste cose e tu non reagisci? Ma sei scemo?” latrò Jake “Ma davvero suo padre ha scritto nel testamento che la diseredava se stava con te?”.

Emmett si limitò ad annuire mentre Isabella rideva alla perplessità di Jacob.

 

All’improvviso il motore iniziò a tossire e la jeep a poco a poco di fermò in mezzo alla strada polverosa immersa tra le vigne e sotto il sole cocente. Intorno non si scorgeva neanche un albero sotto cui ripararsi dalla calura.

“Em, che succede?” chiese Isabella agitata.

Emmett, dopo aver sommessamente bestemmiato, scese dalla macchina e si avvicinò al cofano fumante. “Non ne ho la minima idea” rispose serio.

“Jake, tu che ne sai di motori?” chiese Emmett ad alta voce.

Jacob scese dalla jeep dopo essersi infilato gli occhiali scuri e aver slacciato i primi due bottoni della camicia, “Che bisogna mettere la benzina per andare avanti e ogni tanto portarla dal meccanico. Ho un calendario apposta per queste scadenze” rispose con un sorriso allargando le braccia.

“Sei davvero di grande aiuto. Mi chiedo come faremmo senza di te” rimarcò sarcastica Isabella.

“Tesoro so che mi ami, ma facendo tutti questi complimenti mi fai arrossire” rispose Jacob con lo stesso tono, aggiungendo “Non ricordo che nelle centinaia di pagine del mio contratto di lavoro ci fosse scritto: esperto di motori”.

 

Tutti e tre erano scesi e cercavano di capire qualche cosa guardando ciò che il cofano nascondeva gelosamente.

Il sole faceva sudare, e, mentre i ragazzi avevano iniziato con togliere giacche ed arrotolare maniche di camicia, Isabella si ostinava a tenere la giacca sciancrata e si era slacciata solo il bottone del colletto. In compenso la sua crocchia severa stava sfuggendo ciocca a ciocca alle forcine che sembravano sciogliersi e gli occhiali di vetro scivolavano dal naso.

Erano tutti e tre un ben misero spettacolo, soprattutto pensando cosa e chi rappresentavano.

 

All’improvviso furono attirati dal rumore di un veicolo, che pareva diretto dalla loro parte.

Un nuvolone di polvere sollevata, segnalò che un’altra macchina stava dirigendosi verso di loro.

Con un sospiro di sollievo, Isabella si sistemò in mezzo alla strada in modo che non fosse possibile evitarla senza fermarsi.

“Se alzi la gonna abbiamo più possibilità” urlò Jacob.

“Togliti di li se non vuoi finire spiattellata!” gridò Emmett con buon senso.

Isabella non ascoltò nessuno dei due, stava diventando più testarda di un mulo. Si limitò a scostarsi leggermente non appena la macchina ebbe effettuato l’ultima curva prima di raggiungerli.

 

Era una jeep verde brillante. “Tutte jeep da queste parti?” chiese sottovoce Jake regalando una leggera gomitata al fianco di Emmett.

La macchina si fermò e tre portiere si aprirono, lasciando uscire i propri passeggeri.

Dal lato guidatore uscì un ragazzo alto quanto Jacob e con un notevole fisico, lasciato in mostra dalla canottiera che lo fasciava come una seconda pelle. Dal cappellino da baseball sfuggivano lunghi riccioli biondi mentre la tesa nascondeva gli occhi, ma il sorriso sardonico che aleggiava sulle labbra, faceva supporre che i tre non erano i primi a ritrovarsi in panne su quella strada polverosa.

Dal lato navigatore era smontato un ragazzo dal fisico simile al primo, forse leggermente meno muscoloso se fosse stato possibile giudicare attraverso la camicia a maniche corte che il giovane aveva lasciato negligentemente sbottonata sopra la canotta bianca. Anche lui portava un cappello di paglia a tesa larga che proteggeva parte del viso dal sole e dagli sguardi.

Dal retro era spuntata il passeggero più stupefacente dei tre: una magnifica bionda dai capelli lunghi, con due gambe chilometriche e perfette, coperte da un misero short in jeans, e una camicetta a quadri rossa annodata sotto il seno. Una modella vestita stile Hazzard. Isabella guardò i suoi compagni con la coda dell’occhio ed ebbe un moto di stizza. Sembravano tutti e due calamitati sulla sventola.

 

“Rose, prova a dare un’occhiata o non riusciremo a tornare a casa questa sera” disse sghignazzando l’autista della jeep verde.

Rose rise divertita e con una camminata tremendamente aggraziata e sensuale, cosa che mandò in estasi Emmett e Jacob ed irritò profondamente Isabella, si chinò sul cofano aperto del motore dell’altro automezzo.

“Ed, portami dell’acqua per il radiatore, vediamo se questo bimbo si è fatto la bua” disse la ragazza dopo aver ispezionato il motore con piglio sicuro.

Il ragazzo con la camicia prese una tanica sul cassone della jeep e lo porse alla meccanica bionda.

Isabella ebbe modo di squadrare meglio i due ragazzi, decisamente affascinanti, meglio il ragazzo con la camicia sbottonata rispetto all’altro, comunque due bei pezzi con i quali avrebbe passato volentieri qualche sabato sera, e non solo.

 

Probabilmente lo stesso pensiero lo stava facendo Emmett a giudicare da come fissava il fondoschiena pieno e rotondo di Rose.

Isabella decise di correre ai ripari “Grazie per esservi fermati, non ci capiamo nulla di auto”.

“Non si preoccupi, capita spesso da queste parti” rispose Ed gentilmente.

“Soprattutto con le macchine del noleggio dell’aeroporto” sottolineò il ragazzo biondo.

 

“Dove eravate diretti?” chiese Rose emergendo dal cofano della jeep.

“All’azienda vinicola Cullen, sapete dov’è?” chiese Jacob.

Ed stringe i pugni e la mascella fissando molto intensamente la strada polverosa.

“Certo, se volete potete venire con noi, vi daremo volentieri un passaggio, tanto questa bimba ha il radiatore bucato e bisogna chiamare il carro attrezzi” rispose Rose con un sorriso tirato.

“Credo che sarebbe meglio iniziare con le presentazioni, io sono Jasper, lui è Edward e lei è mia sorella Rosalie” disse il biondo indicando i suoi accompagnatori a turno.

“Certo, io sono Emmett, lei è Isabella e questo ragazzone è Jacob” rispose sorridendo apertamente Emmett battendo la mano sulla spalla di Jake più volte.

Fatte le presentazioni i ragazzi risalirono tutti sulla jeep verde, facendo accomodare Emmett e Jake sul cassone ed Isabella sul sedile vicino a Rosalie.

Subito dopo con uno scossone, la macchina iniziò a dirigersi verso la dimora dei Cullen.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

si sono incontrati e come i bambini dell’asilo tutti si sono ben guardati di riferire il cognome, segreto di pulcinella visto che il prossimo capitolo si giunge alla tenuta Cullen.

Da quel momento sono interessata anche io a vedere come si svilupperanno le cose perché non ho scritto una parola: a volte quando scrivo i personaggi decidono di loro iniziativa dialoghi ed azioni, senza che io possa fare nulla per impedirlo, quindi se ci sarà una scena di sesso oppure un paio di ceffoni… Non prendetevela con me, hanno fatto tutto loro.

Al prossimo episodio

Baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** un vero ricatto ***


Ecco, questo capitolo è esattamente la trasposizione scritta di quello che dicevo alla fine del capitolo scorso: avevo intenzione di descrivere la giornata di Eddy per arrivare a casa con gli altri e vedere li quello che succedeva, invece… Eddy ha fatto di testa sua e io non ho potuto far altro che seguirlo nelle sue farneticazioni mettendo nero su bianco quello che lui voleva.

Perciò mettetevi comodi, leggete e se avete delle rimostranze da fare ditele direttamente a lui (io non centro niente).

Buona lettura!

 

---ooOoo---

 

Quando si era svegliato, la mattina presto come al solito, Edward aveva sentito il classico prurito alla nuca di quando arrivavano i guai.

Ed in effetti non aveva avuto torto. Aveva fatto un giro alla vigna nel settore 12, dove fortunatamente aveva trovato tutto a posto, nonostante i timori di Jasper e tranquillo era tornato a casa per la colazione. Qui Rosalie alle nove, gli aveva portato i cornetti con il solito caffè nero e la notizia che l’aveva chiamato il direttore della banca, a causa dell’ipoteca sulle terre. Il caffè era andato di traverso.

 

Avevano avuto due anni di vendemmia scadente con uva buona per qualità e scarsa per quantità. Il vino prodotto era stato eccellente, come al solito, ma essendo poco e non potendo alzare i prezzi più di tanto, non erano riusciti a far fronte a tutti i debiti ed alcune rate dell’ipoteca erano “saltate”.

In più la necessità di acquistare tre generatori per l’aria calda da usare contro le gelate notturne, avevano prosciugato tutti i fondi faticosamente messi da parte negli anni precedenti. Erano al verde e se la banca chiudeva i rubinetti sarebbero falliti.

 

Dovevano fare qualcosa. Forse era arrivato il momento di sporcarsi un po’ le mani e mandare a fare in culo i bei principi morali che Esme gli aveva inculcato con tanto amore.

Come amava ripetere il suo mentore all’università: la conoscenza è potere. E lui aveva la conoscenza che poteva portargli il potere.

Non avrebbe peggiorato la sua pedina penale, che per ora era immacolata.

Non voleva arrivare al ricatto per soldi, gli bastava una dilazione e per quello che sapeva (sul modo in cui l’aveva saputo era meglio sorvolare) il direttore sarebbe stato ben felice di concedergliela.

 

Jasper e Rosalie avevano capito che era ora di andare a parlamentare con la banca a Sonoma e lo aspettavano tranquillamente sulla jeep verde, mentre Edward raccoglieva dallo studio di Carlisle, la cartellina con i documenti dell’ipoteca per poi recarsi nella sua stanza dove aveva raccolto l’altro materiale.

 

“Ciao Ed, stai andando via?” chiese serena Alice, mentre il fratello chiudeva a chiave la camera-studio. Edward era sempre stato estremamente geloso di quella stanza che aveva adibito a suo studio e da quando aveva compiuto quindici anni nessuno aveva il permesso di entrare, neanche per le pulizie alle quali provvedeva lui personalmente.

Era la sua unica fissazione e per questo sua sorella lo perdonava comunque.

“Sto andando in banca Alice. Vuoi un passaggio in ufficio?” chiese Ed gentilmente.

“Grazie ma prendo la mia auto, devo anche andare da alcuni clienti e ho bisogno di un mezzo” rispose. Da quando l’anno prima aveva finito l’università, Alice era stata subito assunta in un grande studio di grafica pubblicitaria di Sonoma, cosa utile anche per l’azienda Cullen.

 

“Ragazzi, sono pronto, andiamo” ordinò Edward salendo sulla jeep guidata da Jasper.

“Credi che dovremo cambiarci?” domandò il ragazzo indicando la sua canottiera.

“No, noi siamo gente che lavora e non dobbiamo vergognarci di questo” rispose Edward ridendo, come se chi lavora in banca in realtà non facesse nulla.

Jasper si posizionò meglio il suo amato berretto da baseball e avviò il motore, direzione Sonoma.

 

La banca era situata nella strada principale della città e occupava tutto il palazzo di sette piani in finto stile neoclassico. Come pretenzioso era l’edificio, così pretenzioso era il direttore della banca che fece attendere i ragazzi per almeno un’ora nella saletta prima di riceverli. Se Edward era abbastanza sicuro sul modo di comportarsi, sia Jasper che Rosalie, avevano mal sopportato l’attesa ed erano stati travolti da un crescente nervosismo.

 

Finalmente il direttore fece entrare i tre ragazzi nel suo ufficio posto all’ultimo piano davanti a una enorme finestra che offriva una splendida vista sui tetti della città e, in lontananza, sulla vallata circostante.

Rosalie si sedette sulla poltroncina di fronte alla scrivania senza neanche attendere l’invito, mentre Edward si accomodava nell’altra.

“Edward Cullen, che piacere” sorrise mellifluo il direttore Beckett.

“Beckett” salutò Ed con un cenno di capo “Siamo venuti per l’ipoteca” ricordò.

“Edward, ragazzo, ti ho chiamato questa mattina, ma solo per avvisarti dell’interessamento di una grande azienda ad accollarsi la tua ipoteca. Tu sai la politica della banca in questi frangenti, poi con la congiuntura attuale…”.

Edward strinse le labbra al fine di non lasciarsi andare a conati di vomito contro del merdoso burocrate.

Rosalie, guardava truce il direttore mentre Jasper, non essendo avvezzo in questo genere di cose, cercava la sicurezza con lo sguardo rivolto ai suoi compagni.

 

“Ragazzi, vi prego uscite” chiese Ed dopo aver fatto un profondo respiro.

“Edward, non mi sembra il caso…“ provò a controbattere Rosalie.

“Vi prego, non voglio mettervi nei guai. Da qui in avanti la conversazione deve essere privata” rispose sussurrando guardando fisso il direttore che cominciava ad agitarsi sulla poltrona.

 

Non appena le porte si chiusero alle spalle di Jasper, Edward tornò a rilasciare un profondo respiro rivolgendo la sua attenzione al direttore.

“Non è possibile darci una proroga? In questi anni abbiamo sempre pagato, tranne le ultime due rate…“ cercò di mediare.

“Che corrispondono a un anno di mutuo. Edward, sai che con le crisi che ci sono oggi non possiamo permetterci di andare scoperti” rispose Beckett.

“Ma noi siamo sempre stati puntuali, sa anche lei che abbiamo avuto delle difficoltà ma in questo modo ci manda gambe all’aria” puntualizzò Ed, sempre più agitato.

“Te lo concedo, ma non posso fare diversamente. Gli ordini vengono dalla sede centrale ed io in questi termini, non ho margini di manovra, anche volessi” rispose il direttore abbandonando la sua aria accondiscendente.

Edward sospirò ancora, era il momento di sporcarsi e lo avrebbe fatto sino in fondo.

 

Lanciò sulla scrivania del direttore, la busta gialla che aveva recuperato dalla sua stanza privata, mentre Beckett lo guardava con aria interrogativa.

“La apra e mi dica di nuovo che non può fare nulla” ordinò il ragazzo.

“Cullen ti ho appena det …” aveva aperto la busta ed era sbiancato “CHE SIGNIFICA?” si mise ad urlare.

 

La segretaria aprì la porta due secondi dopo “Ha bisogno di qualcosa direttore?” chiese cortesemente mentre guardava con aria interrogativa.

“Niente Claire, tutto a posto” rispose il direttore.

 

“Che significa questo?” chiese con più calma.

“Non credo che questa domanda debba essere fatta a me. Lei sa perfettamente cosa significa e di che cosa si tratta” rispose Edward con un piccolo sorriso di soddisfazione.

“Vuoi ricattarmi?” chiese Beckett senza mezzi termini ritirando i fogli nella busta come se fossero serpenti.

 

“Non sono un delinquente e lei lo sa bene. Voglio solo una dilazione. Non le chiedo l’estinzione del mio debito, ne che paghi lei al mio posto” rispose Ed tornando serio.

“Ok mettiamo le carte in tavola Cullen. So che con queste carte puoi mandarmi in galera per molto tempo e la cosa non mi rende felice neanche un po’ ma, sulle tue vigne hanno messo gli occhi in tanti e una impresa in particolare, ho avuto pressioni per mandare la documentazione della tua ipoteca ed era di questo che volevo parlarti oggi”.

“Chi sono?” chiese Edward

“Le industrie Explosion di Boston. Jacob Black è uno squalo negli affari, riesce a scovare le carcasse da spolpare come un segugio e, mi spiace dirlo, ma oggi la carcassa sei tu” disse Beckett indicando il ragazzo di fronte a lui.

“Non si può far nulla?” chiese con un filo di speranza.

“Non te lo lascerebbero fare. Mi dispiace” rispose il direttore continuando con agitazione “Cosa hai intenzione di fare con quella?” indicando la busta gialla.

“Per ora niente. Mi renda le cose più facili e mi dimenticherò di questa” rispose Edward sorridendo mentre usciva.

“Come ci sei riuscito?” la curiosità divorava Beckett adesso.

“Nello stesso modo in cui scoprirò qualche cosa sulle industrie Explosion” rispose il ragazzo prima di aprire la porta ed uscire.

 

“Come è andata?” chiese Rosalie.

“Niente, non chiuderanno gli altri rubinetti, ma l’ipoteca sta per essere rilevata da un gruppo di Boston” rispose atono Edward

“Che facciamo adesso?” chiese Jasper.

“Qualcosa mi verrà in mente” sospirò “Ora torniamo a casa che ho voglia di mangiare la torta che hai preparato, Rose” sorrise Ed strizzando l’occhio alla ragazza che si accomodava sul sedile della jeep.

 

Ritornarono a casa cercando di essere allegri, senza fare alcun riferimento agli affari.

Verso metà strada videro una jeep nera ferma sul ciglio della strada polverosa, con tre persone attorno.

“Rose, ci siamo, un’altra macchina in panne” sghignazzò Jasper. “Prova a legarti la camicia sotto il seno e sciogli i capelli, vediamo che effetto fai?” propose.

Rosalie si mise a ridere ma fece come aveva detto il biondo. “Jasper, vorrei ricordarti che sei mio fratello, non il mio pappa” rispose mentre scioglieva i capelli che aveva legati con una coda alta.

“Dai Rose, ti difendiamo noi” ribadì Edward ridendo.

“Voglio solo vedere le loro facce quando scendi dalla macchina e vai a dare un’occhiata al motore. A volte la scena è impagabile” rise Jasper.

“Ti ricordi quello con la volvo, quante borsettate ha preso da sua moglie perché aveva dato un’occhiata al sedere della nostra Rose?” rise Ed.

“Ok ok, però il pezzo di manzo in mostra sono sempre io” sbuffò la ragazza.

“Se ci fossero delle ragazze in difficoltà stai tranquilla che sfoggerei la mia conoscenza motoristica e non solo” disse convinto Jasper.

“Occhio a non farti sentire da Alice o ti castra” sottolineò Rosalie.

“Ma noi siamo amici vero?” occhioni modalità cucciolo rivolto a Edward.

“Finché non la fai soffrire. Amici per la pelle” confermò Ed.

“Allora posso stare tranquillo, abbaio ma mordicchio solo il collo del mio folletto” rise Jasper.

“Ti prego! Io voglio credere che mia sorella sia ancora vergine, anche dopo che avrà dei figli”.

Arrivarono alla jeep nera e fermarono la macchina scendendo ed iniziando la loro scena.

 

In effetti, due su tre erano ragazzi che rimasero imbalsamati di fronte alla prorompente bellezza di Rose.

L’altra sembrava una giovane zitella inacidita, con i capelli raccolti in una crocchia mezza disfatta e un paio di enormi occhiali di corno nero. Il corpo però, sembrava niente male, seppure nascosto da un castigatissimo tailleur, almeno questo era quello che pensava Edward mentre la squadrava nascosto dalla tesa del suo cappello.

 

Sorrise al moto di stizza che la ragazza ebbe verso i suoi compagni che erano completamente persi dietro il fondoschiena di Rose mentre prendeva la tanica di acqua.

“Dove eravate diretti?”.

“All’azienda vinicola Cullen, sapete dov’è?” erano loro? Erano già arrivati? Non aveva molto tempo per disporre la difesa, ma in un modo o nell’altro sarebbe riuscito a salvare la sua terra, concluse pensando Edward, non appena sentì la direzione che quei tre avevano.

Quando si presentarono ebbe la conferma dei suoi sospetti: era Jacob Black con il suo staff, ma chissà perché ebbe la sensazione che tra i tre, proprio Jake fosse il più innocuo.

 

---ooOoo---

 

Ecco la stessa giornata vista seguendo Edward.

E’ vero che quando i personaggi ti spingono a scrivere determinati episodi non puoi far altro che assecondarli, anche perché, in caso contrario, non verrebbe fuori nemmeno mezzo capitolo in maniera decente.

Credo che questo fatto qualcuno la chiami ispirazione, io mi sento più un burattino in mano ai miei burattini (è complicato lo so ma anche io ho le mie tare mentali).

Tornando al nostro eroe, il fatto che lui riesca a sapere cose così pericolose da far andare in galera il direttore della banca è parte integrante della storia, uno dei punti cardine.

Adesso finalmente arriveremo a casa Cullen, dove si inizierà a fare una conoscenza più approfondita dei nostri protagonisti.

Le scintille alla prossima puntata, che verrà postata? … Boh, quando l’avrò scritta (cioè quando sarò ancora preda burattina dei miei burattini) comunque mi do la scadenza di sabato della prossima settimana, Ok?

Adesso vi prego, vi preeeeeeeego (stile pecora) fatemi sentire la vostra voce con le recensioni (anche negative purché senza insulti, tanto me li do già da sola normalmente).

baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** il maniaco palpatore ***


Oggi ho deciso di eleggerla giornata di postaggio generale: infatti dopo aver postato la mia fic. vinicola posterò anche quella storica “Sakura – Fiore di ciliegio”, siamo in vacanza (almeno voi spero) non posso lasciarvi senza nulla da fare.

 

Tornando alla nostra storia … Ufffffffff, (sospiro) non so. Credo che questo capitolo vada bene però sono lo stesso poco convinta, l’ispirazione sembrava essersi andata a fare un giro e probabilmente si sente. Inizialmente volevo fare altro, poi ho scoperto che questa giornata dovrà essere presa a piccoli pezzi sino alla sera perché è importante in vari aspetti della trama.

ci sentiamo in fondo con un mio commento più chiaro.

 

---ooOoo---

 

La jeep continuava a sbalzare sulla strada sconnessa. Sia Emmett che Jacob rimpiangevano un comodo sedile di qualsiasi cosa che non fosse il cassone centinato dove erano costretti adesso.

“Quando torniamo a Boston mi farò fare un’ora di massaggi alle chiappe a spese di Bella” grugnì Jacob all’ennesimo scossone.

“Io mi farei massaggiare un’ora da quella sventola bionda, anzi, mi accontenterei anche di venti minuti” rise Emmett in risposta.

“Speriamo non duri a lungo questo inferno perché potrei diventare maleducato con i nostri salvatori quando scendiamo”.

“Cerca di tenere a freno la lingua e di connettere il cervello Jake! Non credo che Bella ti perdonerebbe la cafonaggine gratuita” puntualizzò Em, tirando una gomitata al compagno.

 

Intanto nella macchina, i ragazzi cercavano di fare conversazione con Isabella.

“Allora, come mai siete venuti da queste parti?” chiese allegra Rosalie.

“Stiamo facendo un giro delle aziende vinicole della zona, credo che il capo abbia in mente qualcosa” rispose Isabella ammiccando sulla frase misteriosa.

Edward continuava a pensare ad un piano per rallentare un’eventuale acquisizione ed era quasi estraniato dagli altri. Jasper lo sbirciava incuriosito.

“Sembra qualche cosa di grosso o pericoloso. Siete dei gangster?” rise Rose.

“I mitra li abbiamo lasciati a Boston. No, credo che Jacob abbia in mente di ampliare i contatti con nuovi fornitori per le nostre catene di negozi” rispose Bella cercando poi di cambiare argomento “Tu fai sempre così?” chiese a Rose indicandola con il palmo della mano alzato.

Rose e Jasper risero forte, scuotendo Ed dai suoi pensieri.

“No, solo quando ci sono dei viaggiatori in panne. Ci piace scherzare, sai non ci sono molti divertimenti da queste parti. Scusaci per come ci siamo comportati” rispose Jasper al posto della sorella.

“Non ti scusare, credo che tu abbia dato una scossa ai miei due accompagnatori, soprattutto a Em” rispose ridendo Isabella.

“Chi? Quello grande e grosso?” chiese interessata Rose.

“A me sembrano tutti e due grandi e grossi, comunque si, quello più grosso” rispose Bella e Rosalie curvò le labbra in un piccolo sorriso soddisfatto.

 

Finalmente giunsero alla grande casa dei Cullen, una costruzione in pietra che ricordava un piccolo castello in miniatura a tre piani con una grande pianta di edera mischiata con una di gelsomino che copriva parte dell’entrata, accuratamente potata alle finestre.

Si poteva trovare una magione simile in qualche parte della campagna inglese e sembrava quasi stonare se si pensava di essere in una moderna California.

 

Isabella guardava interessata la casa, consapevole che, se anche l’interno fosse stato all’altezza, se ne sarebbe irrimediabilmente innamorata, spingendola ancora di più nella decisione di acquisire quella azienda.

 

“Eccoci a casa!” disse allegro Jasper scendendo dall’auto “Noi abitiamo qui”.

“Credo che abbiate bisogno di una rinfrescata e di un cambio d’abito. Dove sono i vostri bagagli?” chiese cortese Rosalie guardando l’aspetto sudato e spiegazzato dei tre ospiti che, nel frattempo, erano scesi dalla jeep.

“Abbiamo già tutto depositato in albergo” rispose Emmett.

“Credo che si chiami Lodge Inn” rispose Jacob “E’ stato prenotato dalla mia segretaria” indicando Isabella con un gesto della mano. “Assistente” sibilò la ragazza piccata.

“Wow! Lusso sfrenato a Sonoma allora!” esclamò ammirato Jasper, sapendo che una semplice stanza costava quasi 3000 dollari a notte.

I ragazzi si incamminarono verso la casa padronale.

 

All’improvviso Isabella si ricordò di aver dimenticato la valigetta nella jeep e tornò indietro di corsa, mantenendosi in precario equilibrio sui tacchi.

Edward si voltò incuriosito dal repentino cambiamento di rotta e senza neanche pensarci, decise di seguire la ragazza, mentre gli altri entravano nella casa colonica.

Isabella aprì la portiera e si allungò sul sedile portando una gamba sulla soglia dell’abitacolo.

In quel modo mise molta pressione alle cuciture della gonna stretta del tailleur che portava, e queste decisero di separarsi partendo dalla rotondità del sedere “Scracccccc” sentì distintamente la gonna rompersi sul retro.

“Maledizione!” imprecò Isabella mentre metteva le mani sul suo fondoschiena cercando di quantificare il danno “Quasi 1000 dollari di vestito ed è cucito con lo sputo!”.

“Hai bisogno di una mano?” chiese con tono divertito Edward mentre si avvicinava alle sue spalle.

Isabella si girò su se stessa, voltando il suo sedere verso la macchina. Sperava che Ed non avesse visto nulla, ma a giudicare dal sorriso malizioso che stazionava sul suo viso era, appunto, una speranza vana.

Edward decise di stuzzicare anche l’ospite femminile (o forse soddisfare una sua piccola curiosità) e si allungò per prendere la valigetta di Isabella coricandosi letteralmente sulla ragazza.

Sentiva i seni di lei premuti sul suo torace e si ritrovò a pensare come sarebbe stato baciare quelle labbra rosee ed invitanti.

Prima di passare il limite della decenza si alzò e fece scivolare una mano sulla nuova apertura della gonna strizzando una natica della ragazza mentre sussurrava all’orecchio “Hai un sedere da urlo” e ridendo si allontanò prima che Isabella riprendesse le facoltà mentali e lo picchiasse per il suo ardire.

 

Isabella si era sentita ipnotizzata dalla vicinanza di Edward e, cosa rara, era arrossita notevolmente quando lui si era coricato su di lei per prendere la ventiquattrore. Sentire i suoi muscoli e l’ampiezza del torace, nonostante i vestiti che dividevano i corpi, aveva fatto rinascere i pensieri impuri che l’avevano colpita nel momento in cui aveva posato gli occhi su di lui.

Quando si era rialzato e aveva palpato il suo fondoschiena era riemersa la Bella combattiva e il ragazzo doveva solo ringraziare la sua agilità per aver evitato il piccolo pugno che si stava fiondando sulla sua spalla.

 

Isabella si tolse la giacca rimanendo in camicetta e si legò le maniche in vita, in modo che l’indumento le coprisse lo strappo. Prese la valigetta che Edward le tendeva a distanza di sicurezza e impettita ed arrabbiata si diresse verso la villa che aveva fagocitato i suoi compagni.

Avevano osato lasciarla sola in balia di quel maniaco palpatore, e per questo decise di fargliela pagare cara. Come? Era un dettaglio irrilevante attualmente, aveva tutto il tempo del mondo per studiare qualche cosa, come del resto l’avrebbe pagata anche Lui.

 

“Rosalie, credo che Isabella abbia bisogno del tuo aiuto” rise Edward mentre entravano nella villa padronale.

Rose stava servendo della limonata ai ragazzi, si alzò e avanzò verso Bella che impacciata cercava di tenere a bada la gonna che ormai sembrava una bandiera al vento.

“Non avresti qualche cosa da prestarmi? Mi si è rotta la gonna” bisbigliò la ragazza quando l’altra fu a portata di orecchio.

“Certo, vieni con me” e condusse Bella al piano superiore, alla sua camera.

 

Aprì la porta massiccia ed entrò in una camera confortevole con gli arredi blu e azzurri in contrasto con le pareti bianche di calce. Si diresse al suo armadio che copriva l’intera parete ed estrasse un prendisole dai toni verdeazzurro pastello.

“Questo dovrebbe andarti bene. Quella è la porta del bagno che condivido con Alice, la sorella di Edward. Adesso lei è fuori per lavoro quindi vai a rinfrescarti e fai con comodo, noi ti aspettiamo di sotto” disse Rose, dopo averle consegnato anche un reggiseno e mutandine di semplice cotone bianco che aveva recuperato dalla camera accanto. “Tu ed Alice dovreste avere le stesse misure” commentò facendo un leggero segno al petto di Bella.

Armata dei suoi cambi, Isabella si diresse verso la doccia e dopo essersi lavata ed asciugata si mise i vestiti prestati lasciando i capelli sciolti e gli occhiali finti nella borsetta.

Il prendisole con le spalline sottili e la gonna scampanata che partiva con alcune pieghe sotto il seno, per finire sopra il ginocchio, dava un senso di estate e freschezza veramente unici e Bella approvò la semplicità del capo che si adattava splendidamente al suo corpo.

 

Tornando nel salone al piano di sotto, la ragazza non poté evitare di osservare i corridoi e gli arredi della casa. Era davvero bellissima e aveva irrimediabilmente rapito il cuore della principessa di Boston. Sarebbe diventata sua, un posto dove rifugiarsi per qualche giorno di assoluto relax. Al solo pensiero sospirava pensando: Divino!

Certo, doveva sbarazzarsi degli attuali abitanti, ma sarebbe stato un problema di poco conto, vista l’ipoteca che il gruppo era quasi sul punto di rilevare, acquisendo così tutte le proprietà dei Cullen.

 

Stava ancora fantasticando sulla magione, che non si era neanche accorta di aver sceso la scala che portava al salone, sino a quando non si trovò Jake vicino che le prendeva la mano sorridente per portarla al cospetto dei signori Cullen.

“Bella, vieni. Voglio presentarti Esme e Carlisle Cullen, i proprietari di questa deliziosa tenuta” disse mentre le indicava una signora di mezza età e un uomo costretto sulla sedia a rotelle.

[Ci mancavano gli invalidi] pensò Bella mentre ricambiava la stretta di mano dei nuovi arrivati.

“Vedo che ha già conosciuto mio figlio Edward e i nostri collaboratori” disse Esme indicando orgogliosa suo figlio.

“Ci hanno aiutato durante il tragitto. Eravamo rimasti fermi per la strada per un guasto alla macchina” spiegò Isabella, sicura che comunque questa storia fosse già stata raccontata.

 

“Fermatevi a pranzo, così dopo potremo farvi visitare la tenuta e parlare di affari, avete detto di voler ampliare i vostri fornitori per i vostri negozi” propose allegro Carlisle, mentre si faceva spingere verso la sala da pranzo da una servizievole Esme.

Jacob e soprattutto Emmett, acconsentirono in maniera calorosa mentre Edward, si scusò dicendo di non poter presenziare al pranzo in quanto occupato altrove.

“Figliolo, abbiamo ospiti e Alice non verrà a pranzo oggi, almeno tu dovresti restare” obbiettò la madre mentre Ed era già con un piede sulla scala.

“Davvero mamma, non posso. Ci vediamo oggi pomeriggio, promesso. Ora devo proprio andare” e salì i gradini a due per volta.

 

Evidentemente i fratelli Hale erano abituati a queste fughe, visto che non diedero a vedere alcun imbarazzo o curiosità per questo  fatto, almeno agli occhi degli ospiti.

Cosa che invece incuriosì Emmett e soprattutto Isabella.

Sospirando Bella si accomodò a tavola accanto a Jake ed Esme, mentre Emmett si era direzionato subito verso la sedia accanto a Rosalie, sicuramente intenzionato ad approfondire la conoscenza.

Quello sarebbe stato un pranzo interessante, sentenziò mentalmente Isabella, ma sarebbe stato meglio con la presenza del maniaco palpatore.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Prima di commentare, voglio ringraziare chi mi recensisce con così tanta simpatia: LadyRhoswen, Ary94, Corny83, Paperacullen, Fffabi e Vanderbit, (grazie), grazie anche a chi mi ha inserito nelle storie preferite, seguite, ricordate e semplicemente per chi ha letto.

 

Detto questo cercherò di essere più chiara nei miei pensieri riguardo al capitolo appena postato: questa giornata si sta dimostrando più interessante del previsto, tutto quello che succederà nei prossimi giorni sarà conseguenza delle decisioni e delle strategie prese oggi, sia da parte di Bella, sia da parte di Edward.

Infatti potete già constatare che, se prima Isabella voleva valutare la tenuta dei Cullen adesso la vuole, anche passando sopra alle persone che vi abitano. Diciamo uno squalotto assassino.

Nel prossimo episodio sentiremo cosa viene fuori durante il pranzo e nel tour pomeridiano della tenuta Cullen e soprattutto, quali decisioni prenderà Edward nella sua strategia di difesa.

 

Questa volta sono più fiduciosa nella sicurezza di postare il prossimo capitolo entro una settimana, visto che l’ho già iniziato… ma non finito.

Visto che posto il capitolo appena pronto, se volete suggerire qualche cosa siete libere di farlo, potrei anche sviluppare ed inserire le vostre idee.

Recensite numerosi.

baciotti

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** un pranzo tranquillo ***


Oggi giornata di postaggio generale.

Troppo ottimismo e fiducia nella mia ispirazione: credevo di poter postare sabato, invece ho finito domenica sera questo capitolo. Quindi niente, continuate ad avere fiducia e aspettatemi.

Vi lascio a un nuovo capitolo dove troveremo altri indizi (e so che tra voi c’è qualcuno di paragnosta che ha già intuito tutto quanto).

Buona lettura.

 

---ooOoo---

 

Edward fece un giro largo e, senza farsi sentire, ritornò all’interno della villa. Passò furtivamente in cucina per racimolare un paio di panini e una coca e si diresse, tramite le scale di servizio, verso la sua adorata stanza.

Aprì e chiuse la porta silenziosamente e finalmente tirò un lungo sospiro di sollievo.

Solo lì riusciva a pensare liberamente ed essere se stesso. Nessun peso, nessuna costrizione, solo lui e i suoi pensieri che diventavano realtà. In quella stanza si sentiva come il re Mida, ogni cosa che toccava diventava oro sotto le sue dita.

Rise a questo paragone azzardato e si focalizzò sul suo ultimo pensiero: Jacob Black e le Explosion industries. E perché no? Anche Isabella.

Ripensò al “suo culetto da urlo” della mattina e sorrise ripensando a quando si era accorto di averla imbarazzata. Si, anche lui poteva far effetto su una donna, come Rose o Jazz. Certo, lo sapeva di essere un ragazzo affascinante, ma mettere alla prova il suo sex appeal per vedere se era sempre in grado di vincere, come al college, era comunque una sfida.

Si impose attenzione rivolta al problema principale, aveva al massimo tre ore prima di essere nuovamente precettato per il giro nella tenuta e per allora doveva essere pronto.

Iniziò subito a lavorare.

 

Al piano di sotto il pranzo procedeva tranquillamente con la conversazione sostenuta da Esme, Isabella e Rosalie. Gli uomini, in un modo o nell’altro, erano assenti e poco partecipi.

Carlisle macinava sull’assenza del figlio al quale aveva affidato l’azienda e si chiedeva come mai non fosse presente per cercare di vendere i prodotti a questi nuovi possibili clienti.

Jasper si chiedeva cosa facesse Edward in quel momento, avendo intuito che stava per accadere qualche cosa di grosso. Non era proprio così ingenuo come il suo capo poteva pensare.

Jacob non riusciva a capire tutto questo entusiasmo che Isabella stava palesando per la tenuta dei Cullen, visto che stava crescendo esponenzialmente man mano che la conversazione procedeva. Le mire della principessa erano cambiate e lui si chiedeva se non centrasse anche un tizio con i capelli rossi. Geloso? Di sicuro. Non avrebbe mai ceduto sulle sue mire su Bella senza combattere.

Emmett era totalmente ed irrimediabilmente distratto dal profumo che sprigionava il corpo seduto alla sua destra. Quella bionda sarebbe stata la sua dannazione se non se ne fosse allontanato subito, il fatto è che non gli interessava proprio allontanarsi, preferiva approfondire la conoscenza, in ogni modo possibile.

 

“Isabella, quali sono le catene di negozi delle quali vi occupate?” chiese curiosa Esme. Pur essendo parzialmente integrata negli affari della famiglia, aveva pur sempre imparato qualche cosa ascoltando i suoi uomini.

“Principalmente discount o negozi con prodotti di nicchia, la grande distribuzione di marche comuni non ci interessa” rispose la ragazza professionale.

Alla parola discount Jasper si irrigidì uscendo dai suoi pensieri. “Discount?” chiese.

“O negozi con prodotti di nicchia, non voglio denigrare nessuno ma specifichiamo che non sempre nei discount viene venduta dell’immondizia”.

“Consentimi di dissentire: riguardo al vino è immondizia” rispose Jazz piccato.

“Forse vogliamo alzare il livello di qualità, non ci condannare prima di averci ascoltato” intervenne fermo Jake.

Jasper alzò le mani in segno di resa ma rimase con il cipiglio scuro di chi non si fida del cane che ha accucciato ai propri piedi, sempre timoroso di una azzannata traditrice.

“Ragazzi, che ne dite di  fare onore alla torta che ha preparato questa deliziosa donnina?” chiese sorridente Emmett mentre indicava Rosalie che stava entrando nella sala con la sua crostata di pesche.

Anche in questo caso, il ragazzo fu quello che più fece onore alle prodezze culinarie di Rose che sorrise felice nel vedere il suo lavoro così apprezzato.

 

“Quanto tempo avete intenzione di fermarvi in zona?” chiese Rose, dopo aver servito l’ultima fetta di torta a un insaziabile Emmett.

“Una settimana, poi dovrò tornare a Boston” rispose tranquillamente Jacob.

“No capo! Eravamo d’accordo per due settimane, una specie di vacanza” puntualizzò Isabella fissando Jake come a cercare di ricordargli qualcosa.

“Cos…? Oh è vero, credevo di avere una riunione con il consiglio di amministrazione per la questione della fabbrica di scatolame ma evidentemente la mia efficientissima assistente l’aveva già spostata” rispose piccato stringendo le labbra.

A questo punto Emmett decise di intervenire per stemperare gli animi. Da alcuni mesi a questa parte era sempre più spesso costretto a fare da paciere tra i due amici.

Isabella tendeva a fare sempre più di testa sua, senza informare Jacob e mettendolo in difficoltà. E’ vero che lei era il vero capo, ma era pur vero che era stata proprio lei a volere quella situazione e non poteva ogni volta rigirare la frittata come le veniva bene.

Su questo Jake e Em, si ritrovavano sempre più spesso d’accordo, facendo sentire Isabella una vera stupida.

“Su Jake, anche tu hai diritto a un po’ di vacanza, gireremo per la valle e nei dintorni. Ci divertiremo sicuramente, vedrai” e strizzò l’occhio a Rose che rise divertita mentre toglieva i piatti dal tavolo.

 

“Questa casa è bellissima” mormorò Isabella per far capire a Jake le sue intenzioni.

“Oh, grazie. Era dei miei nonni. L’ha costruita nonno, pietra per pietra. Ora è di Esme, è stato il mio dono di nozze quando ci siamo sposati” disse orgoglioso Carlisle continuando.

 

“Se vi fermerete per altre due settimane, avrete l’opportunità di assistere alla vendemmia. Inizieremo lunedì prossimo, tra quattro giorni” annunciò gioviale.

“Sarebbe fantastico” gioì Isabella, così avrebbe avuto la possibilità di studiare meglio la zona.

“Proprio fantastico” borbottò Jacob.

Finalmente si alzarono da tavola ed uscirono nel giardino sul retro della casa, dove si ergeva un delizioso gazebo in ferro battuto.

Jacob si posizionò accanto a Isabella mentre si avvicinavano alla costruzione, e ponendogli un braccio attorno alla vita la attirò accanto a se e fingendo un’aria complice le ringhiò nell’orecchio “Tesoro spiegami entro tre secondi o ti faccio fare la figura più avvilente degli ultimi dieci anni. Il consiglio di amministrazione ti sembrerà una passeggiata” e le scoccò un bacio sulla guancia.

Lei, con uno splendente sorriso falso come una banconota da trenta dollari, rispose “Voglio la villa. E’ stupenda”.

“Se avessi letto attentamente le carte che ti avevo preparato, avresti visto che l’ipoteca è solo sull’azienda e le terre, non sulla casa”.

Per un attimo Isabella vacillò, poi si riprese e continuando a sorridere annuì “Lo sapevo, appunto per questo voglio provare a rimanere qui, potrei trovare il modo per ottenere quello che voglio”.

“Una sfida? Non credi che sia un poco arrogante da parte tua, giocare con la vita delle persone?” Jacob la fissava con rimprovero e lei si sentì come una scolaretta beccata a fare una marachella. Era una donna adulta, per diana! Doveva smetterla di sentirsi inferiore a qualcuno, perché non lo era.

 

 “Isabella, Jacob, venite qui, il caffè è pronto” chiamò Esme, mentre posizionava il servizio da caffè sul tavolino.

I ragazzi si avvicinarono e si sedettero insieme agli altri.

Le chiacchiere continuarono allegre tra i ragazzi, Jasper non riusciva ad essere di molta compagnia, ma complessivamente il pomeriggio stava procedendo bene.

“Dimmi Isabella” iniziò Rosalie ammiccando “Tu e Jacob state insieme?”.

Il silenzio imbarazzato si solidificò e tutti fissarono i due ragazzi.

“Il lavoro per conquistare il suo cuore è lungo e pieno di ostacoli, ma mi sto impegnando” rispose Jacob stringendo una mano a Isabella.

“Siete una splendida coppia” confermò Esme.

“Mamma, ti ha detto che sta cercando di conquistarla non che è la sua ragazza” alla voce di Edward tutti si voltarono nella sua direzione mentre lui avanzava tranquillamente coprendo la poca distanza che ancora lo separava dal gazebo e dagli altri.

 

Si sedette e prese una tazzina in cui versò il caffè rimasto. Un sorriso malizioso sfuggiva dall’angolo delle labbra e i suoi occhi luccicavano ad un’idea misteriosa.

Jasper aveva già visto quell’espressione, quando Edward aveva trovato brillanti quanto inaspettate soluzioni ad alcuni problemi e sembrava che anche questa volta qualcosa di positivo stava per arrivare.

Isabella era arrossita alle frasi di Rosalie ed Esme ed ancora di più alla frase di Jacob. Lui era un caro amico oltre al suo assistente, ma sapeva che ad un suo cenno si sarebbe trasformato nel più fedele ed appassionato dei fidanzati. Solo che lei non lo voleva.

Ora sentirsi anche difendere, senza averlo richiesto, da quel… maniaco, si sentì in dovere di intervenire

“E’ vero, non è il mio fidanzato ufficiale, ma questo non vuol dire che non gli voglia bene. Magari voglio solo farmi corteggiare, tu cosa ne sai?” chiesi con aria di sfida.

Jacob guardava meravigliato Isabella e seccato Edward, avendo la netta sensazione che non si parlasse di lui.

“Infatti non lo so. Ho solo puntualizzato quello che lui ha detto e che mia madre pareva aver frainteso” rispose Ed facendo spallucce.

 

Emmett decise di cambiare argomento ancora una volta, o prepararsi il terreno per altre conversazioni più interessanti per lui. “Rose, hai bisogno di una mano?” visto che la ragazza aveva iniziato a sparecchiare.

Era un ospite e non sarebbe stato cortese farsi aiutare, ma oggi tutti stavano facendo delle pessime figure, quindi anche Rosalie decise di assecondare quest’aria di vacanza del galateo. “Certo Emmett, seguimi.” E si fece accompagnare in cucina.

 

In giardino, visto l’arrivo di Edward, Carlisle chiese a sua moglie di riaccompagnarlo in casa dicendo che aveva bisogno di riposarsi.

Edward, come se fosse appena arrivato, prese la parola “Allora, che ne dite di fare una visita guidata nelle terre e nelle cantine dell’azienda Cullen? Oggi pomeriggio sono a vostra completa disposizione. Poi questa sera andremo tutti alla festa per la vendemmia della tenuta vicino al Westerbeke Ranch. Ci divertiremo vedrete! Andiamo?” tese una mano a Isabella mentre le regalava uno dei sorrisi splendenti per i quali era famoso.

Isabella fissò dubbiosa la mano, poi guardò il suo possessore e alle spalle di lui la villa di famiglia e gli sorrise afferrandola.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Edward ha trovato quello che cercava. Isabella ha chiarito quello che vuole. Jacob comincia ad avere dei dubbi. Credo che qui dentro i più tranquilli siano Rosalie ed Emmett.

Prossimo capitolo con il giro della tenuta, poi serata danzante…

Aspetto commenti

baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** marcare il territorio ***


Visto che domani sarà una giornata piuttosto impegnativa (per non dire infernale) ho deciso di anticipare la posta del capitolo a oggi.

Si tratta di un capitolo di passaggio, (frase stupida per dire che non succede niente di eclatante se non un rafforzarsi delle decisioni intraprese).

Ora vi lascio al capitolo. Buona Lettura.

 

---ooOoo---

 

Visto che Emmett e Rosalie erano spariti in cucina per sistemare i piatti del pranzo appena trascorso,  Jasper propose di andare a chiamarli per andare a fare il giro della tenuta.

Isabella era in piedi tra Edward e Jacob e non sapeva da che parte guardare. Sentiva di essere diventata una calamita per le situazioni imbarazzanti, anche senza volerlo ci si trovava in mezzo.

 

D’un tratto si trovò stringere la vita dal braccio possessivo di Jake, che guardava il paesaggio con finta noncuranza.

Edward ridacchiò “Stai marcando il territorio?”.

“Non credo ce ne sia bisogno, soprattutto con te in giro” rispose tranquillo Jacob.

“Se ne sei sicuro tu, chi sono io per convincerti del contrario?” rispose alzando le mani Ed, ma la sua faccia rispecchiava tutto il divertimento e lo scherno che intendeva mettere in quelle parole. Sembrava una dichiarazione di guerra.

“Guardate che io sono qui. Jacob, ti prego toglimi le mani di dosso e tu, evita di mettermele” intervenne Bella puntando il dito alternativamente a uno e poi all’altro.

“Come mettermele?” Jake strabuzzò gli occhi.

“La tua quasi ragazza porta della biancheria molto sexy ed ha un culetto da urlo. Ma questo lo saprai già” rispose Edward enfatizzando il quasi.

“Adesso basta! Se dovete comportarvi come dei bambini posso chiedere a Jasper di accompagnarmi e voi potete tranquillamente sfogarvi a braccio di ferro o qualsiasi altra cosa che il vostro egocentrico maschilismo possa inventare. Jacob ricordami per Natale di regalarvi una clava dovrebbe fare benissimo pandant con la vostra mentalità preistorica” e con piglio agitato si avviò vicino alla jeep per il famoso giro della tenuta.

Jake la seguì poco dopo borbottando alcuni improperi inviati più all’aria che non a una persona specifica, poi quando fu a portata di orecchio di Bella soffiò “Puntualizzo che se c’è un uomo che si fa sempre mettere i piedi in testa da una donna sono io e tu lo sai benissimo visto che sei quella donna” e su questo la ragazza non poté fare a meno di ridere abbracciando il suo amico.

 

Ecco che arrivarono anche Jasper Emmett e Rosalie, tutti eccitati per il giro tra le vigne della tenuta. Edward riuscì a direzionare i passeggeri facendo sedere Isabella accanto a se a navigatore mentre Jazz si metteva alla guida e gli altri tre sedevano sui sedili posteriori.

Isabella si sentiva stranamente eccitata per questo giro, poteva vedere con i propri occhi la prossima acquisizione delle industrie Explosion il che non capitava spesso, visto che normalmente erano solo approfonditi controlli contabili.

Edward e Jasper cominciarono a descrivere i vari appezzamenti e i settori delle vigne, l’età, la tradizione e la prossima vendemmia che avevano organizzato per il prossimo lunedì.

Emmett offrì subito il suo aiuto, giustificando la necessità del movimento fisico in alternativa alla palestra.

“Scusami Em, ma quale palestra?” chiese ridendo Jake

“Quella a cui mi sono iscritto quasi tre anni fa e lo sapresti se non  fossi sempre a sbavare dietro a qualche gonna di Boston” rispose piccato il ragazzo.

“Emmett, sarebbe meglio che dicessi la verità, ti sei iscritto in palestra e poi hai smesso dopo tre mesi” rise anche Isabella.

“Perché voi due mi fate lavorare troppo e non riesco ad uscire dall’ufficio prima delle otto di sera! Non mi ricordo neanche quando sono uscito l’ultima volta per divertirmi” povero Em, si sentiva preso di mira.

Ancora di più adesso che tutti ridevano delle battute di cui era bersaglio, compresa Rosalie e forse era quello che gli faceva più male.

“Adesso non dire che non esci più con una donna da anni perché alla tua novella verginità nessuno ci crede” rimbeccò Jacob.

“Jake, smettila! Mi stai dipingendo come un maniaco e qui l’unico maniaco sei tu!” accusò Emmett.

“Non direi che qui è l’unico maniaco, direi che è in buona compagnia” intervenne saccente Isabella, guardando Edward con un cipiglio carico di sottintesi.

Il ragazzo si mise a ridere “Non mi perdonerai mai? Io ti ho detto che ho anche apprezzato” e la sua aria era talmente buffa che finalmente anche Bella si fece una sana risata sull’episodio.

 

Ormai erano arrivati in cima a una collina, quasi al confine della proprietà.

Jasper accostò vicino ad un albero secolare e fece scendere i passeggeri per ammirare il panorama.

Edward si posizionò alle spalle di Isabella e le cinse la vita attirandola a se mentre le diceva all’orecchio “Da questo punto si può vedere praticamente tutta la tenuta, le vigne e la casa” indicando con l’altro braccio “Alcune volte al mattino è un posto magico, la nebbia copre tutto, e spuntano solo gli alberi alti e il tetto, sembra tutto coperto da una coperta lattiginosa, una di queste mattine ti ci porto, così ti faccio vedere” concluse con un sorriso.

Isabella si sentiva… Bene, abbracciata in quel modo, appoggiata a quel petto si sentiva tranquilla, come se fosse una cosa naturale, come se dovesse essere così e basta.

L’imbarazzo non faceva parte del momento, sino a quando nel suo campo visivo comparve Jacob.

“Isabella vieni a sederti sotto l’albero così ci rilassiamo un attimo” le disse prendendole la mano che solo allora, si era accorta di aver posato su quella di Edward che le cingeva la vita.

Arrossì e seguì docilmente Jake “Oggi sei piena di sorprese, cosa sta succedendo Bella?”. Odiava quando Jacob le parlava con quell’aria da santa inquisizione, ma ora aveva ragione, cosa stava succedendo?

“Mi sono solo rilassata un attimo Jake. A volte è piacevole, dovresti farlo anche tu”.

Poteva essere una scusa ma non lo era. Era solo piacevolmente rilassante farsi portare dal  momento e flirtare con un ragazzo, oggettivamente pure bello.

Si conoscevano da poche ore, mica doveva andarci a letto o promettergli amore eterno, che diamine. Forse davvero Jacob stava marcando il territorio.

 

Si voltò verso gli altri. Jasper ed Edward stavano confabulando ed alternativamente indicavano i vari settori della vigna, mentre Emmett e Rosalie, seduti accanto a lei, continuavano a chiacchierare, con le teste vicine, come se fosse una conversazione privata. Ogni tanto una risata argentea da parte della ragazza interrompeva il flusso silenzioso dei suoi pensieri.

Guardò Emmett più attentamente. Lo conosceva da quando era piccola, era il suo fratellone, se non di sangue, lo era per l’affetto che si portavano a vicenda. E ora era come vederlo la prima volta: allegro, rilassato e soprattutto complice con la bionda.

Ci stava provando nel modo più spudorato possibile, si voltò verso Jasper. Non sembrava interessato, stava ascoltando Ed e non seguiva null’altro. Rosalie era assolutamente presa da Emmett, come il topolino con il pifferaio. Ecco avrebbe potuto chiamarlo pifferaio d’ora innanzi.

 

“Allora mi dici che cosa stai pensando? Quando non capisco so che mi metto nei guai per colpa tua e sono un pochino stufo di sudare sette camicie per salvarmi le chiappe! Avanti sputa!” disse Jacob serio.

“Abbi pazienza Jake, ma non è nel mio stile scatarrare in giro come un giocatore di baseball” rispose Bella sorridendo innocente.

Trucco che non funzionò visto il cipiglio scuro con cui Jake la guardò, come a scavarle dentro.

“Ok ok. Mi piace la villa. Vorrei un posto tranquillo per delle settimane di relax e questo mi sembra perfetto. Lontano dai rumori e dalla frenesia cittadina ma vicino al mondo con meno di un’ora per l’aeroporto. Tutto qui. Edward è carino ma non ho intenzione di mischiare lavoro e piacere. Sai come sono fatta” rispose Bella alzando le spalle.

“Sicura che non mi devo aspettare altro dalla principessa di Boston?” richiese Jacob

“Sicura. La principessa porterà avanti gli affari, vedrà di ottenere il premio, se potrà. Altrimenti tornerà a casa comunque felice di far aumentare i dividendi delle azioni”.

Alzò la mano destra come a giurare sulla Bibbia.

 

Rimasero sotto l’albero ancora qualche minuto prima di riprendere la via delle cantine.

Qui si trovarono immersi nell’umidità dell’aria satura di vapori alcolici. Botti di legno di media grandezza stazionavano ordinate sugli assi.

Videro anche la parte relativa alla spremitura che da lunedì avrebbe iniziato a lavorare a pieno ritmo.

Jasper in quel frangente era ispirato: spiegava con piglio sicuro e con indiscusso amore, tutte le fasi della produzione, rispondendo in maniera competente alle domande di Isabella e Jacob.

La principessa invece cominciava ad essere un po’ seccata dal modo di fare di Emmett.

Non partecipava, era assente, tutto preso dalla biondona. Urgeva trovare un rimedio: distrarsi per rimorchiare ok, ma perdere una giornata intera di lavoro non faceva parte del vocabolario del capo. Almeno per quella parte Jacob era ineccepibile.

Vicino al suo fianco, con continui quanto fortuiti e presunti innocenti sfioramenti, si trovava sempre Edward, attento alle sue necessità, sollecito nel soddisfarle, ammiccante nel porsi a lei.

Se all’inizio poteva essere simpatico, dopo qualche ora, questo modo di fare iniziava ad infastidire la principessa.

Perché continuava a starle così appiccicato? Non sembrava il tipo. Voleva divertirsi? Anche lei, ma sicuramente come possessore dello scettro del comando.

 

“E con questo abbiamo finito il tour!” annunciò Jasper orgoglioso.

“Come intendete espandervi adesso?” buttò lì Bella. Se intendevano fare qualche cosa o giocare in riserva per salvare il salvabile. Occorreva avere la conoscenza delle prossime mosse. Non era un gran che a scacchi, ma se la cavava abbastanza bene con le persone e relative intenzioni.

“Prima dobbiamo vedere come va questa vendemmia. Se tutto va come sembra, cioè un’annata fantastica in tutti i sensi, riusciremo a provvedere ad alcune esigenze impellenti dell’azienda, poi penseremo all’espansione” rispose Edward fissando seriamente i profondi occhi marroni di Isabella. [non riuscirai a portami via ciò che è mio, culetto d’oro] pensava il ragazzo stringendo le labbra in una linea dura.

 

“Ragazzi, dobbiamo tornare all’albergo. Questa sera ci aspetta una serata danzante!” annunciò Isabella per niente turbata dall’espressione di Edward. [bimbo, non mi fai mica paura. Sei tu che dovresti averne, di me].

Emmett li guardava con una nuova consapevolezza: aveva appena visto una dichiarazione di guerra.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Isabella ed Edward sono pronti per affilare le armi. Lei vuole la terra e la villa e lui vuole difendere le sue proprietà.

Vedremo come si svilupperà la serata all’insegna delle danze (magari ci scappa un ballo tra i due).

Ci sentiamo tra sette giorni.

Grazie a chi mi segue, legge e recensisce. Siete stupendi e lo sapete io vi voglio bene. (adesso mi commuovo).

Baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** preparativi del ballo ***


Avevo preventivato una serata danzante in questo capitolo, ma sono stata presa dai miei ragazzi e sono diventata il loro burattino: avevano altre cose da dire e io ho dovuto adeguarmi.

Però vi assicuro che il ballo ci sarà il prossimo capitolo e lo so perché lo sto scrivendo (nessuno quindi lo può sapere meglio di me).

Adesso ringrazio tutti quelli che hanno fatto sentire la loro voce lo scorso capitolo: record con 8 recensioni (me felice) e altre persone che hanno messo nei preferiti, ricordati e seguiti Grazie Grazie Grazie. E grazie a tutti i lettori silenziosi.

Ora vi lascio al capitolo sette.

Questa è sostanzialmente una storia romantica, ma come tutte le storie è un incastro di pezzi come un puzzle o un insieme di indizi come un giallo, vedete un po’ voi come la vivete. Ora mi rivolgo ai miei Sherlock.

Buona lettura.

 

---ooOoo---

 

“Ragazzi, dobbiamo tornare all’albergo. Questa sera ci aspetta una serata danzante!” annunciò Isabella.

Tutti annuirono entusiasti ed iniziarono a mettersi d’accordo per ritrovarsi pronti per la festa. Si erano allontanati parecchio dalla villa ed erano più vicini a Sonoma.

Tornarono quindi a scaricare i tre bostoniani all’albergo prima di viaggiare verso la tenuta.

 

Isabella prese la tessera magnetica dalla reception e salutando con la mano i suoi compagni di viaggio si avviò verso la suite che avevano prenotato.

Questa sera doveva farsi bella. Edward sembrava avere un debole per lei e questo poteva andare a suo vantaggio. Se fosse riuscita ad entrare più in confidenza con il ragazzo, sarebbe riuscita a trovare quello spiraglio che le serviva per mettere le sue deliziose manine da cinquecento dollari di manicure, direttamente sulla casa atavica dei Cullen.

 

La doccia fu quanto aveva bisogno per schiarirsi le idee e rilassarsi. Il morbido accappatoio l’avvolse appena uscita dal box e lei si posizionò davanti allo specchio appannato. Passò una mano sulla superficie per vedere meglio la sua immagine riflessa e mentre le gocce scivolavano sul vetro, lei pensava.

La terra, il vino, le cantine,  la produzione, la villa, Edward, Jacob, la villa, le terre, la vigna, Edward, le cantine, le industrie Explosion, Edward, il vino, la villa, Edward, la villa, Edward, Edward, Edward.

Si riscosse quando sentì bussare alla porta con impazienza, ed arrossì rendendosi conto di aver pensato un po’ troppo alla sua prossima vittima.

[Mai mischiare il piacere con il dovere! Il bimbo deve essere il mezzo per arrivare alla villa, non il fine] si ricordò mentalmente mentre andava ad aprire la porta della sua stanza.

 

Emmett, seguito da Jacob entrarono come delle furie e lei si strinse meglio l’accappatoio al corpo nudo e continuò a frizionare i capelli con l’asciugamano che aveva appena preso.

“Cosa succede ragazzi?” chiese vagamente curiosa, il suo pensiero su altri fronti.

“Il nostro ufficio ha telefonato per avvertirci che c’è un virus nel nostro sistema informatico alle Explosion” esclamò Emmett visibilmente agitato.

“Ho già detto a Emmett che nessuno di noi ha le capacità di risolvere la questione e di lasciare fare ai nostri tecnici e magari contattare qualche esperto esterno” replicò Jacob accigliato.

“Ti ho già detto che i file potrebbero risultare corrotti, potrebbe saltare il bilancio, la contabilità, i contratti. Hai idea delle implicazioni?” chiese Emmett. Adesso non era più l’amico giocherellone, era l’avvocato McCharty, il mastino delle Explosion Industries.

“So cosa comporta. Ma abbiamo gli archivi esterni e anche i cartacei più importanti. Sono guai grossi ma non impossibili” rispose Jake.

“Solo la morte non si risolve. Lo so! Ma io adesso mi preoccupo per il resto. Possibile che tu non veda il problema? Sembra che sei arrivato solo ieri in ufficio. Se perdiamo dei dati siamo FOTTUTI” vedere Emmett così agitato, stava scuotendo anche Isabella che aveva ascoltato impassibile i due uomini che si beccavano.

Decise di intervenire “Avete finito?” li guardò come una maestra d’asilo guarda due bambini che bisticciano per avere ragione.

“Adesso vediamo se ho capito bene. Abbiamo un virus nel sistema?” chiese.

“Esatto” risposero in coro gli altri due.

“Sappiamo quali sono i danni?” .

“Per ora no” rispose Emmett.

“Cosa stiamo facendo?”.

“Monitoriamo la situazione mentre i tecnici stanno cercando di eliminare il problema” rispose Jacob.

“Allora Em. Siamo a ore di distanza dalla sede e non siamo neanche tecnici. Non sapremmo cosa fare neanche di persona, quindi Jake ha ragione” e Jacob guardò Emmett raggiante.

“Approvo la proposta di chiamare anche dei tecnici esterni per farci aiutare” e ancora Jacob sorrise.

“Però è comunque una situazione grave, quindi qualcuno deve rimanere attaccato al telefono a prendere delle decisioni per l’azienda, quindi questa sera Jacob resterai tranquillo in camera con il tuo cellulare vicino. Se il problema dovesse risultare ancora più grosso del previsto allora chiamaci e torneremo a darti man forte” ed Emmett rise regalando un paio di pacche sulle spalle al povero Jake che iniziava a mettere il broncio per essere costretto a rimanere in albergo al posto di andare a divertirsi.

Gentilmente la principessa spinse fuori dalla camera i due ragazzi e si mise ad aprire la sua valigia passando in rassegna i pochi abiti che aveva portato.

 

Doveva essere una serata molto alla buona ed informale, quasi paesana e tutti i vestiti che aveva portato erano troppo eleganti e pretenziosi. Jeans e maglietta neanche a parlarne, se voleva fare colpo sul bimbo doveva impegnarsi di più.

Prese la sua carta di credito gold e scese nella hall dell’albergo in accappatoio, con quello che pagavano per le camere poteva anche permettersi questo lusso.

Gli impiegati del hotel ed alcuni ospiti la guardarono tutti con un misto di stupore e disapprovazione ma lei si diresse senza indugio alla boutique che si trovava al piano terra.

Entrò e subito la commessa si precipitò a servirla.

“Un abito per questa sera. E’ una festa campestre” ordinò telegrafica.

La commessa sorrise e cominciò a tirare fuori tutta una serie di gonne, pantaloni, camicette, fino a riempire il bancone lasciando pressoché vuoti gli scaffali e le grucce.

Isabella passò in rassegna come un generale passa davanti ai soldati. Analizzò e scartò subito tutto, sino ad arrivare a una timidissima camicetta bianca. Intarsi ricamati, corta in vita e con un elastico che permetteva di tirare giù le spalline scoprendo le spalle. A questo punto una gonna ampia e larga era d’obbligo. Ne trovò una arancione, sfumata sul fondo, di tessuto quasi fluttuante. Si immaginò volteggiare con quella gonna che seguiva i suoi movimenti, gonfiandosi e poi lisciandosi con l’aria e i suoi passi. Ipnotica. E lei sapeva come muoversi per ottenere quel risultato. Ringraziò mentalmente sua madre per tutti gli anni di danza ai quali l’aveva obbligata e pagò.

 

Ritornata in camera terminò di prepararsi.

Intimo, gonna, camicetta, sandali con tacco non eccessivo per muoversi meglio sulla pista, capelli sciolti e naturalmente ondulati, trucco leggero, bigiotteria varia ed eccola che scendeva ad aspettare Emmett. O forse era lui che la stava aspettando? Si chiese guardando l’orologio al suo polso: ore 20,53 (appuntamento ore 20,30).

 

Invece alla tenuta Cullen …

 

I tre ragazzi erano tornati alla villa Cullen. Mentre Edward cercava di analizzare ogni reazione, ogni gesto, ogni sguardo di Isabella per capire come comportarsi con la ragazza, Rosalie non stava zitta un attimo e Jasper era rassegnato a farle da uditore, visto che il suo amico aveva la testa altrove.

“Emmett è semplicemente fantastico. Hai visto come rideva quando siamo…” Aveva gli occhi che brillavano e agitava le mani come fosse un mulino a vento.

All’improvviso il cervello di Jasper suonò come un campanello di allarme.

“Ti piace Emmett?” chiese senza tanti giri di parole a sua sorella.

“Sei una lince come attenzione fratello” rispose stancamente Edward. Anche distratto aveva capito cosa c’era dietro tutto l’entusiasmo di Rosalie.

La ragazza arrossì “Beh si, è carino e simpatico…” lasciò in sospeso la frase, non era il caso di aggiungere altro.

Adesso doveva prepararsi per essere pronta per questa sera. Chissà come se la cavava a ballare quel ragazzo di Boston?

 

“Finalmente siete arrivati!” la piccola Alice saltò giù dal muretto che circondava le scale di ingresso del portone principale della villa. “Stavo perdendo le speranze! Forza, dai che dobbiamo prepararci. Zia Carmen ci aspetta per avere una mano i tavoli del buffet” e prese Jasper per una mano trascinandolo in casa.

Edward e Rose risero mentre Jazz si voltava verso di loro mimando la parola AIUTO.

Edward guardò la ragazza. Prima di essere sua dipendente, era sua amica, e si sentì in dovere di dirle due parole. “Ti prego. Stai attenta con quel ragazzo. È uno di città, potrebbe solo divertirti e non voglio che tu ci rimanga male”.

Lei sorrise dolcemente e gli prese una mano. “Non solo gli uomini fanno soffrire, e Isabella non mi sembra così arrendevole” e gli strizzò l’occhio prima di correre in casa per prepararsi.

 

Vero, pensò Edward riferendosi ad Isabella. Quella ragazza poteva essere definita in tanti modi ma arrendevole non era uno di questi.

Lui comunque non aveva alcuna intenzione di scottarsi, circuire Bella era il suo piano. Riuscire a scovare il punto debole per poter salvare la sua azienda. Questo doveva fare. Aveva promesso di occuparsene e se per questo doveva fare la figura dell’idiota innamorato per arrivare al suo fine, l’avrebbe fatto. E se ci fosse cascato? Non importava, quello che contava era la tenuta.

Poteva anche andargli peggio, in fin dei conti la ragazza era carina, simpatica e con del carattere. “Culetto d’oro” sorrise mentre apriva il getto dell’acqua della doccia, primo passo per prepararsi alla serata.

 

Non era il caso di metterci tanto a prepararsi. Sapeva che bastava poco per far risaltare il suo fisico, plasmato da anni di lavoro nelle vigne. Mise un paio di jeans scuri e una camicia azzurro chiaro per fare contrasto con l’abbronzatura. Maniche arrotolate e primi bottoni della camicia aperti per far respirare e lasciare intravvedere il dovuto, ed era pronto.

Mise le scarpe di cuoio per poter ballare in modo decente. Non erano le sue calzature preferite, ma non poteva muoversi come voleva con le scarpe da ginnastica. Avrebbe sopportato le frecciatine di Irina sul suo essere vecchio stile, anche se poi ci rideva anche lui.

 

Scese le scale e passò dal salone per salutare sua madre. Era ingiusto che Carlisle non le permettesse di andare a divertirsi nemmeno a casa della sua migliore amica. Esme, Carmen e Renée erano praticamente sorelle siamesi, sino a quando lui non si era messo a fare il despota e aveva rinchiuso la moglie a casa. Aveva bisogno di sua moglie vicino, diceva Carlisle. Aveva bisogno di una serva tuttofare, pensava Edward con disprezzo verso suo padre.

Carezzò la guancia della madre e le diede un bacio sulla fronte.

“Salutami tutti caro. E mi raccomando…” .

“Darò un bacio per te a Carmen e le dirò che lo mandi con tutto il tuo amore” terminò la frase al posto di lei. Il ragazzo rivolse un cenno distratto con la mano all’altro genitore e uscì dalla villa.

 

Vicino alla jeep era parcheggiata anche la macchina di Alice. E i ragazzi aspettavano solo lui.

“Coraggio Ed! Sei peggio di una donna!” lo rimproverò Rosalie. Incredibilmente lei era già pronta, slanciata nei jeans chiari e coperta da un top coloratissimo e una maglietta appoggiata sulle spalle.

All’improvviso Edward si mise a ridere indicando la maglietta di Jasper ed Alice. Le ragazze gli fecero eco mentre Jazz, sbuffava infastidito.

“Edward piantala! Non ne avevo idea! E’ una delle trovate di quella pazza di tua sorella!” cercò di giustificarsi il ragazzo.

“Ehi!” protestò Alice, cercando di trattenere le risate “Sarò pazza ma ti piace quando ti…”.

“Fermi tutti! Queste cose non le voglio sentire!” intimò Edward mentre iniziava a salire in macchina e cercava di fermare l’eccesso di riso.

Certo che Alice e Jasper erano proprio carini nei loro jeans e magliette bianche. Niente di particolare visti di dietro, peccato che, mentre sul davanti la maglietta di Jazz spiccava la scritta in rosso e nero [ I love California ] con tanto di disegnino stilizzato dello stato, un paio di arance e grappoli d’uva, nella maglietta di Alice, con gli stessi disegni, ci fosse scritto [ I love who love California ]. Erano davvero una bella coppia ed Alice ci teneva a farlo sapere in giro.

Probabilmente un annuncio ad esclusivo uso e consumo di Jessica, la sua collega, che aveva una cotta per il biondo e probabilmente questa sera sarebbe stata alla festa.

 

Edward e Rosalie partirono con la jeep alla volta di Sonoma, per dare un passaggio ai tre bostoniani, mentre Jasper ed Alice, si diressero direttamente verso la festa.

Questa si sarebbe tenuta nell’azienda di Carmen ed Eleazar, amici carissimi da così tanto tempo che per tutti loro erano gli zii. La coppia aveva avuto due figlie, Reneesme in procinto di laurearsi (il nome in onore delle migliori amiche della madre) e la piccola peste Irina, una ragazzina di sedici anni, con la sfrontatezza e la voglia di divertirsi come un’adulta pur non essendolo ancora.

 

Arrivarono all’albergo con cinque minuti di ritardo sull’orario concordato.

Davanti all’entrata non si vedeva ancora nessuno, perciò decisero di entrare ad aspettare i ragazzi al bar.

Appena entrati videro Emmett che si avvicinava a loro con un sorriso smagliante. Un pantalone sportivo e una camicia erano il suo abbigliamento, essenziale e vagamente cittadino. Meno di così non era possibile per l’avvocato bostoniano, almeno a vedere il misero bagaglio che si era portato. Si appuntò mentalmente di procurarsi qualche altro cambio d’abito per non ritrovarsi in boxer tra qualche giorno.

“Ciao Edward” salutò stringendo la mano “Rosalie sei semplicemente meravigliosa” e le diede un leggero bacio sulla guancia. Forse aveva osato troppo? Non importava, era bellissima e doveva dimostrarglielo in ogni modo possibile.

La ragazza arrossì “Non dire sciocchezze, sono solo jeans” si schernì.

“Diglielo a loro, su di te non fanno lo stesso effetto” rispose Emmett.

“Ok ragazzi, dopo questa ho bisogno di bere o rischio il diabete” esclamò ghignando Edward mentre gli altri due abbassavano gli occhi imbarazzati.

“Dove sono Jacob e Isabella?” chiese Rose. Bene così avrei evitato domande inopportune, pensò Edward.

“Jake non viene, abbiamo un problema di virus informatico a Boston e lui deve monitorare tramite telefono” rispose spiccio Emmett.

Edward aggrottò la fronte come se fosse stupito e preoccupato della notizia.

“Oh sai Em. Edward sa tutto di…” stava dicendo Rosalie ma Ed la interruppe “ … Alcoolici, soprattutto quando si deve aspettare una donna. Andiamo a bere qualcosa” e invitò i suoi amici.

Un’occhiata a Rosalie bastò per far mimare delle scuse alla ragazza. Alcune cose non dovevano essere dette, punto e basta.

 

Passarono altri quindici minuti ed erano quasi le nove quando finalmente la principessa fece la sua entrata al bar dell’hotel.

“Stavo quasi per mandare la cavalleria” commentò Emmett guardando Bella sedersi con loro.

“Scusate il ritardo, ho avuto alcuni imprevisti. Vogliamo andare?” chiese.

Si alzarono tutti e cominciarono ad avviarsi verso la jeep “Sei bellissima questa sera” sussurrò Edward vicino all’orecchio di Isabella, prima di abbracciarla per la vita e condurla alla macchina. Il pollice e l’indice si soffermarono sulla pelle di lei, lasciata scoperta tra la gonna e la camicetta. Era morbida e vellutata. Cavoli, davvero poteva andargli peggio.

 

Salirono tutti sull’auto e Edward mise in moto e si infilò nel traffico della sera con direzione Westerbeke Ranch visto che l’azienda di zio Eleazar era lì vicino.

Isabella si chinò come ad accendere la radio e posando una mano sulla coscia di Edward sussurrò “Anche tu sei bellissimo questa sera”, poi sintonizzò su una stazione di musica country e si rimise composta.

Dietro la coppia non aveva visto nulla, troppo occupata a guardarsi negli occhi.

Non è così raro che un fulmine colpisca una persona, più difficile che due fulmini colpiscano due persone che si trovavano così vicine. A volte capita e a loro era capitato.

 

Arrivarono alla festa dopo circa quaranta minuti di strada, percorsi in silenzio o con qualche bisbiglio appena percettibile. Si sarebbero sentiti anche i grilli se non fosse stato per il motore della jeep.

i lampioncini colorati erano accesi, le tavole erano imbandite, l’orchestra stava suonando allegra e tutto era pronto per una serata all’insegna del divertimento, e non solo.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci siamo mossi, qualcuno mi aveva chiesto di Alice: eccola qui. Siamo pronti per la serata. I due hanno affilato le unghie e ormai è chiaro che sono pronti ad immolarsi per la causa (posso capire Edward, ma Bella? Boh).

Speriamo che il caldo non dia alla testa, tanto ci stanno pensando già Emmett e Rosalie. Spero che il lavoro dei miei Sherlock non sia stato difficile, anzi, credo di avervi fatto le cose troppo semplici. Agatha Christie vieni a me! (mi sento come He man).

 

Con questo capitolo vi lascio. Mi segno sull’agenda il nostro prossimo appuntamento per continuare questa storia: il 13 settembre 2011.

Ci sarete? Mi auguro di sì.

Per ora vi auguro buone vacanze.

E a tutti i miei più cari

baciotti

 

 

perdonatemi la pubblicità delle mie storie

Sakura – Fiore di ciliegio conclusa

AAA Affittasi moglie in corso

_______________________________________________________________________

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** un tango infuocato ***


Ragazze e ragazzi, sono tornata anche qui!

E’ una giornata infame questa: ho postato AAA Affittasi moglie, Sakura e adesso questa.

Questa storia sta prendendo una piega imprevista, e sento che sarà sempre più complicata, per la gioia dei miei Sherlock.

Non voglio togliervi altro tempo prima della lettura, se non ringraziare che mi conforta con le recensioni o con le preferenze, o anche solo con gli accessi, segno che si legge e spero che si apprezzi questa storia.

Vi lascio al capitolo e Buona Lettura.

 

---ooOoo---

 

I lampioncini colorati erano accesi, le tavole erano imbandite, l’orchestra stava suonando allegra e tutto era pronto per una serata all’insegna del divertimento, e non solo.

 

Appena parcheggiato, arrivarono di corsa ad accogliere i nuovi arrivati, una signora con gonnellone a fiori e camiciola arricciata a sbuffo, che faceva ballonzolare la sua ragguardevole mole, e una ragazzina bionda con le treccine e una minigonna dalla cortezza  imbarazzante.

“Oh Edward caro, Rosalie tesoro, siete arrivati finalmente. Lo dicevo a Eleazar che non mi avreste fatto questo affronto. Ero già pronta a mandare Nessie a prendervi a casa se ritardavate ancora!” nel frattempo la signora aveva trascinato giù dalla jeep la povera Rose e cercava di soffocarla in un caloroso abbraccio tentacolare. La ragazza cominciava a diventare porpora dalla mancanza di ossigeno ed Edward ebbe pietà.

“Zia Carmen, ti prego lasciala respirare o te la troverai stecchita tra le braccia per tanto amore” scatenando le risate della giovane che aveva seguito la famosa zia.

“Allora scricciolo come va? Sei proprio cresciuta! Non credi che questa gonna sia un po’ corta per te? Dovrò difenderti da orde di ragazzini impazziti!” Edward continuò a scherzare tirando leggermente una treccina bionda della ragazzina.

Poi fece le presentazioni “Ragazzi, vi presento la zia Carmen, che è la padrona di casa, e la piccola Irina, sua figlia. Zia, Irina, questi sono Isabella ed Emmett” si scambiarono un sorriso e la mano per le presentazioni ma l’esuberante donnona, non poteva accontentarsi di una stretta se pur calda e salda. Tirò il braccio e strinse Isabella nella stessa morsa d’acciaio che prima aveva sperimentato Rosalie.

“Chiamatemi zia, in questa valle sono la zia di tutti e tutti sono i miei nipoti” baciò le guance di Edward, Isabella ed Emmett e li condusse verso il cuore della festa.

“Edward caro, tua madre?” chiese con uno sguardo preoccupato.

“Al solito. Ma ti manda i suoi saluti e dice che sei sempre nel suo cuore” rispose il ragazzo.

“E lei è nel mio” ribatté Carmen.

Erano arrivati vicino ai tavoli dove si potevano vedere sia Alice che Jasper, muoversi veloci per disporre le pietanze, togliere i piatti vuoti e riempirne altri.

L’orchestra iniziò a suonare musiche caraibiche e Irina si attaccò al braccio di Edward.

“Ti prego Ed! Ti prego, ti prego, ti prego!” voleva ballare e il ragazzo sospirò avanzando lentamente come ad andare sul patibolo “Mi tocca! Ragazzi, se sopravvivo ci vediamo dopo!” rivolto agli altri e rassegnato seguì la ragazzina.

“Seh come no? E noi a quella faccia ci crediamo pure” commentò ridendo Rosalie.

“In che senso?” chiese Isabella seguendo Edward che iniziava a muoversi sulla pista con la sua piccola dama.

“E’ uno dei migliori ballerini della valle, nei balli latini è insuperabile. E Irina ne va letteralmente pazza, tanto che studia danza solo per poter ballare con lui” rispose la bionda.

“Quindi sta circuendo delle minorenni!” puntualizzò Emmett ridendo.

“Direi che è lui ad essere circuito se non sta attento” ribatté Rosalie. La risata era contagiosa, ma la mente di Isabella fremeva nel vedere il ragazzo ballare con quella ragazzina. Quanti anni poteva avere? Quindici? Sedici? Andiamo principessa! Come fai ad essere gelosa di una bambina! Gelosa? Non scherziamo! Questo è un intoppo al piano e devo rimediare, tutto lì!

L’abilità di Edward era indiscutibile ed Isabella non riusciva a staccare gli occhi di dosso dalla coppia. Sarebbe riuscita ad essere all’altezza? Beh, sempre meglio di Jacob che aveva la brutta abitudine di pestarle i piedi. Il fatto che fosse bravo in pista, poteva essere un vantaggio per andare avanti nel piano di avvicinamento, ma doveva liberarsi della bambina.

Dal canto suo Edward aveva notato che Bella lo stava fissando. Bravo lo era e lo sapeva. Bello? Piacevole senza dubbio ma quasi non credeva al successo che stava riscuotendo da parte di Culetto d’oro. Sarebbe stato un bel passo avanti per saggiare i progetti e scoprire le eventuali falle nel piano dell’acquisizione delle industrie Explosion. Ancora un po’ e le avrebbe chiesto di ballare, con buona pace della esuberante Irina.

 

Dopo alcune giravolte e un paio di passi impegnativi, l’orchestra finì il brano e fece una pausa. Con un passo volutamente strascicato e un viso visibilmente soddisfatto, Edward tornò dai suoi amici, scortato dalla piccola esuberante Irina.

“Scricciolo, mi hai massacrato” accusò il ragazzo.

“Figurati! Non sei capace di dire certe cose! Tanto non ti crede nessuno! Oh! Ecco che è arrivato Paul. Ciao ragazzi” e si girò verso il nuovo arrivato

“Attenta scricciolo, non voglio doverti venire a cercare in posti troppo bui” urlò dietro Edward, facendo arrossire Paul e reagire Irina con un poco elegante gesto con la mano.

 

“Fai da fratello maggiore. Uhm, lato tenero” sussurrò Isabella quando fu a portata di orecchio.

“La conosco da quando è nata” fece spallucce “Cosa ci vuoi fare, sono un sentimentale” e, sottolineando la parola sentimentale, appoggiò la mano sulla schiena di Bella per accompagnarla ai tavoli.

Rosalie scoccò uno sguardo incuriosito a Emmett come a chiedere spiegazioni su quello che vedeva ed il ragazzo rispose con un cipiglio stupito e un’alzata di spalle impotente.

Trovarono un tavolino libero non lontano dalla pista da ballo e si sedettero tutti tranne Edward. Era troppo agitato ed iperattivo mentalmente per potersi sedere in quel momento. Aveva assoluta necessità di muoversi e, con la scusa della sete, si incaricò dei beveraggi dei compagni seduti.

Tornò poco dopo con un vassoio colmo di bicchieri e un paio di bottiglie.

“Emmett, assaggia questo rosato, è della nostra valle” e offrì una generosa dose di vino al bostoniano. “Gradisci anche tu Bella?” chiese gentilmente mentre versava un goccio anche a Rosalie e a se stesso

Pur essendo praticamente astemia, non poteva certo restare a guardare gli altri e un pochino di vino non l’avrebbe certo uccisa. “Un pochino grazie” confermò Isabella.

Edward sorrise tra se e versò una generosa dose nel bicchiere della ragazza.

Non aveva intenzione di farla ubriacare, ma farle abbassare la guardia era auspicabile per il suo piano. Doveva farla diventare allegra e sarebbe stata come creta nelle sue mani.

Purtroppo non aveva fatto i conti con il cervello della principessa. Isabella strinse gli occhi in uno sguardo di rimprovero quando vide il vino versato nel suo bicchiere e dopo averlo guardato e annusato come il più esperto dei sommelier, ne bevve un goccio e posò il resto sul  tavolo, annuendo soddisfatta per il sapore “Davvero buono, nulla da dire. E’ tuo?” chiese curiosa.

“Ci sono anche le nostre uve, si. È un prodotto della cantina di zio Eleazar” rispose Edward guardando con un misto di ammirazione la ragazza.

“E’ un insieme di uve della vallata. Per questo vino è stato creato un consorzio con sette tenute” rispose più competente Jasper che aveva raggiunto il tavolo con un vassoio di stuzzichini.

“Scusatemi ma io mi nascondo qui. Se tua sorella mi vede ancora mi fa fare altre due ore in piedi ed io ho i calli che stanno urlando pietà” puntualizzò il biondo accasciandosi su una sedia.

“Infatti le urla si sentivano sin qui. Stavamo pensando di mandarti un’ambulanza” rispose ironica Rosalie.

“Più che altro una camicia di forza per Alice. A parte il fatto che credo riuscirebbe a sfuggire anche a quella. In serate come questa è davvero incontenibile” povero Jasper, era quasi sofferente.

“Centra anche Jessica in tutta questa agitazione?” chiese sorniona Rose

“Puoi giurarci. Non so quante volte ho parlato chiaro con tutte e due, ma non lo capiscono. A volte mi sento come una bambola in mezzo a due bambine capricciose” sospirò il biondo.

A questo punto Edward tentò di spiegare la situazione ai ragazzi stranieri “Jasper è il ragazzo di mia sorella, ma una collega di Alice, che si chiama Jessica, ha messo gli occhi sul questo adone e non perde occasione per saltargli addosso. Nonostante che lui abbia già chiarito con Jessica, continua a scatenarsi l’inferno tra quelle due”.

“Ed io mi ci trovo in mezzo” terminò Jazz con un grosso sospiro.

“Carissimo, sei desiderato da due donne! È il sogno di tutti gli uomini, che vuoi di più?” chiese ridendo Emmett, mentre si guadagnava uno sguardo di rimprovero da Rose . Ops.

“La pace nel mondo? Mi basterebbe la pace tra quelle due e l’allontanamento coatto di Jessica diciamo dalla California, tanto per stare tranquilli”rispose pronto Jazz mentre si sentiva Alice che stava cominciando ad alzare la voce contro qualcuno.

“Vado prima di trovare qualcuna completamente calva” e si alzò rassegnato.

“Scusatemi vado anche io, nonostante tutto credo che mio fratello abbia bisogno di una mano” e Rosalie seguì il biondo.

“Ed io vado a vedere un interessante incontro di wrestling tra donne dal vivo. Eccitante. Grazie, Bella, per la vacanza” e anche Emmett seguì i due ragazzi.

 

“Siamo rimasti solo noi, ti vuoi sedere o scappi anche tu?” chiese Isabella all’ultimo rimasto.

“No, io rimango a farti compagnia. Nonostante tutto, non sei così terribile” rispose accomodandosi e facendo un sorrisino sarcastico.

“Il mostro chiuso dentro di me, adesso sta dormendo, tranquillo” bisbigliò maliziosa la principessa.

Iniziarono a parlare della prossima vendemmia della tenuta. Edward sperava in uno splendido raccolto visto il clima che negli ultimi due mesi era stato più che perfetto.

I grappoli d’uva brillavano al sole con un colore meraviglioso e sicuramente anche il vino ne avrebbe giovato.

Isabella rimase ad ascoltarlo affascinata. La passione e soprattutto, l’affetto che traspariva dalle parole del ragazzo la facevano sentire quasi in colpa per la situazione che era venuta a crearsi. Ecco la sua pecca! A volte si lasciava trascinare dai sentimenti invece di ordire trame e seguire piani finalizzati esclusivamente al profitto.

Doveva assolutamente tornare al piano originario. Lui era seducente, si sarebbe lasciato sedurre? C’era solo un modo per saperlo: provarci.

 

L’orchestra iniziò un nuovo pezzo, un sensualissimo tango argentino.

Come richiamati da una magia, i due ragazzi si guardarono quasi ansiosi ed Edward porse una mano verso Isabella: “Vuoi ballare?” lei annuì solamente e si diresse verso la pista con la mano ancora allacciata a quella di lui.

Arrivati, Ed la strattonò verso di lui, facendole fare una piroetta sino a sbattere contro il suo petto, le prese l’altra mano mentre la prima scivolava sulla sua schiena.

Iniziarono a muoversi seguendo le struggenti note che si diffondevano nell’aria.

Isabella si scoprì essere perfettamente in grado di seguire i complicati passi che Edward le faceva compiere. Giravolte, passi alternati, si ritrovò parecchie volte spalmata sul corpo di questo portentoso ballerino.

Era davvero bravo, ma quello che stavano danzando era molto più che un tango. Era un corteggiamento, era… sesso, pensava Isabella mentre veniva rialzata da un perfetto casqué, con una gamba sollevata all’altezza della coscia di Edward.

La musica era quasi finita, i passi e le movenze molto rallentate, le carezze del ragazzo sulla sua schiena estremamente sensuali.

Un ultimo casqué in posa plastica, venne accompagnato da un leggero sfioramento di labbra e una tensione palpabile, si accese tra i due che rimasero a fissarsi immobili ed interdetti.

 

“Scusami ma devo tornare in albergo” sussurrò Bella, scappando letteralmente dalla pista da ballo e lasciando solo un Edward estremamente stupito di ciò che era accaduto.

Non cercò neanche di fermarla, non pensò che forse toccava proprio a lui accompagnarla all’hotel. Semplicemente andò verso il buffet per prendere qualche cosa da bere.

 

“Cos’era quello, Edward?” chiese stupita Alice.

“Cosa? Ho solo ballato con Isabella” rispose il fratello con fare noncurante, non che pensasse esattamente le stesse cose.

“Solo ballato? Avevate scritto sopra la testa la parola sesso come un’insegna al neon!” gli fece notare Jasper.

“Il tango si balla così e se voi non lo sapete, andate ad informarvi” rispose piccato allontanandosi.

Avevano ragione però, aveva ballato in un modo che neanche lui sapeva come o a cosa fosse dovuto. Si era sentito trascinato, elettrizzato e anche eccitato di avere tra le mani quella ragazza, “Culetto d’Oro”.

 

Nel frattempo Isabella aveva incontrato zia Carmen e la sua figlia maggiore Reneesme, detta Nessie.

“Cosa succede cara? Non ti senti bene?” la donna era preoccupata a vedere il pallore comparso sul viso della principessa, nonostante avesse appena finito di ballare.

Cosa doveva rispondere? Non era il caso di mostrare il suo turbamento per un semplice tango con un ragazzo praticamente sconosciuto, meglio optare per una mezza verità: “Effettivamente non mi sento molto bene. Ho assoluta necessità di tornare in albergo ma non voglio disturbare gli altri, soprattutto Emmett che credo si stia divertendo molto”.

“Se ti riferisci a quel ragazzo bruno grande, grosso e cittadino, credo di averlo visto tallonare da vicino la nostra Rose. A una corte del genere, non siamo molto abituati da queste parti!” intervenne Nessie sorridendo e indicando con il dito dove si trovavano gli altri due.

“Appunto, credo che Em mi ucciderebbe se gli impedissi di passare anche solo un minuto con Rosalie” ammise Bella.

“Se vuoi ti accompagno io, tanto devo andare a prendere alcune cose in città e probabilmente mi fermerò nel mio appartamento per dormire. Non sono molto da festa, nonostante che questa sia organizzata dalla mia famiglia” si offrì Reneesme, riempiendo di gioia e orgoglio sua madre.

“Benissimo, quindi non ci sono problemi. Avviserò io gli altri e mi farò aiutare al posto tuo figliola. Tu Isabella, vedi di riposarti e rimetterti a posto, ti aspetto a pranzo uno di questi giorni” e stritolò nuovamente Bella, nel saluto che le era così congeniale: attentato alla vita.

 

I successivi quaranta minuti trascorsero tranquillamente sulla jeep di Nessie.

Era una ragazza delicata e adorabile, con i suoi capelli lunghi, neri e ricci, e gli occhi scurissimi, alle spalle poteva sembrare messicana, se non fosse stata per la pelle diafana che spiccava come un faro.

Non avevano molti interessi in comune, Isabella era un pochino più sofisticata, ma ciò non impediva di una tranquilla, amichevole e in alcune occasioni anche complice conversazione. Il tempo volò, molto più velocemente che all’andata.

Arrivate all’albergo, Isabella invitò il suo autista per un ultimo drink, visto che le aveva fatto perdere buona parte della festa campestre.

Nessie accettò entusiasta, le piaceva quella ragazza, nonostante le loro differenze, o forse proprio per quelle.

Appena entrate nel bar dell’hotel, trovarono un Jacob semi sdraiato su un divanetto, intento a bere un martini con un cellulare posato sul tavolino.

“Ligio al dovere Jake?” lo canzonò Isabella.

“Evidentemente ho estratto la pagliuzza più corta, Bella” risposte senza alzare lo sguardo dal cellulare.

 

“Nessie! Nessie, cara!” a quel richiamo tutti i presenti si voltarono verso una signora sulla cinquantina, snella e mediamente alta, dai capelli rossicci, che si bracciava dall’altra parte del bar e che ora si stava avvicinando.

“Renée!” rispose Reneesme abbracciando la nuova arrivata e da persona educata iniziò le presentazioni.

“Renée, una delle migliori amiche di mia madre, ti presento Isabella, viene da Boston”.

La donna fissò attentamente la principessa e chiese: “Isabella Marie Swan?”.

Alla sorpresa di Bella rispose un luminoso sorriso della nuova arrivata.

“Come fa a conoscermi?” chiese Isabella.

“Semplice, ti ho partorita io!”.

 

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Colpo di scena! Arriva Renèe e si scopre… qualche cosa che sarà meglio chiarita nel prossimo capitolo.

Sempre più complicato! Triplo salto mortale con avvitamento carpiato (esiste? Boh).

Credo che varierò il genere nella copertina, mettendo qualcos’altro, tipo… drammatico o giallo, perché questa non sarà l’unica novità.

Posterò il prossimo capitolo non prima di una settimana, devo finirlo e cercare di destreggiarmi tra le varie storie (se qualcuno volesse impiantarmi un altro paio di braccia ne sarei molto grata)

 

E a tutti i miei più cari

baciotti

 

 

 

Anche qui, spaziamo con la pubblicità personale: cliccando sui titoli colorati, potrete viaggiare tra le mie storie postate in questa sezione, buona lettura.

[Sakura – Fiore di ciliegio]  conclusa,  racconto storico, romantico, avventura, la storia di Bella dalla natia Irlanda a partire dal 1884 portata dal destino, in giro per mezzo mondo.

[Ciao Edwardina]  conclusa, racconto comico, una scommessa costringe Edward a frequentare il liceo per due mesi vestito da donna.

[AAA Affittasi moglie]  in corso,  racconto commedia romantica, cosa può costringere un uomo giovane, sano ed attraente ad affittare una moglie?

[Boy e girl – scambio d’identità] conclusa,  racconto comico romantico, scambio di corpi, un Edward nel corpo di Bella alle prese con i problemi femminili e Bella viceversa, alle prese con i problemi maschili e un obbiettivo .

[Acqua che cade] conclusa,  mini fic. racconto misterioso, fantasy, Bella adora la particolare pioggia di Forks, che sembra mandata apposta per lei.

[Prima di essere un pensiero]  one shot  commedia fantasy, cosa potevano essere i nostri eroi, prima di essere concepiti? Questa potrebbe essere la risposta.

[Un colpo sul retro] one shot  commedia, una giornata particolare, dove quattro ragazze senza pensieri vogliono solo divertirsi.

_______________________________________________________________________

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** una notte insonne ***


Cari lettori, consapevole delle mie manchevolezze nel postare i capitoli delle mie storie con una scadenza consona, mi cospargo il capo di cenere e mi scuso.

Non ho intenzione di interrompere questa storia, anche perché la piega che ha preso nella mia testa, mi manda letteralmente in delirio (cioè mi piace).

Purtroppo non sarò costante, diciamo che vi chiedo un mese, prima di mandare le pantegane a rintracciarmi nelle segrete dove filo le mie trame…

 

E adesso, Buona Lettura.

 

---ooOoo---

 

 “Semplice, ti ho partorita io!”

 

Jacob e Isabella sbiancarono all’istante e la ragazza, barcollando, si lasciò cadere sul divanetto accanto al ragazzo.

“Come partorita? Io neanche la conosco! Mia madre era Elisabeth e mio padre Charlie Swan! Chi è lei?” l’agitazione era palpabile e si sentiva ancora di più mentre aspettava una risposta, stringendo la mano che Jake le aveva teso.

 

“Isabella, prima dimmi come stanno i tuoi genitori. Sono anni che non ci sentiamo… mi sembra almeno sei” chiese cortese Renée sedendosi a sua volta.

“Sono morti, cinque anni fa per un disastro aereo. Dubito che lei non lo sappia, signora. Era su tutti i giornali” rispose piccata Isabella.

“Io non ne sapevo nulla, scusami” rispose mortificata la donna.

“Renée fa la fotografa, è sempre in giro per il mondo, a volte in posti dove non è possibile raggiungerla. Non è cinque o sei anni fa che sei andata in quel villaggio africano per sei mesi?” intervenne Nessie, chiedendo poi conferma delle sue supposizioni.

“Esattamente Nessie, ero in Chad e poi sono passata in altri stati africani per diversi mesi, probabilmente è per questo che non ho saputo nulla, mi dispiace molto.”

 

“Come conosceva i miei genitori?” chiese dura Isabella, era troppo abituata alle fregature e non si fidava mai di queste eclatanti rivelazioni, normalmente venivano sempre fuori accompagnate da richieste economiche più o meno scandalose.

“Eravamo compagni di corso all’università.  I tuoi genitori erano già sposati. Io ero molto amica di tua madre. Un giorno, Elisabeth, venne da me disperata: aveva perso il secondo bambino e il ginecologo le aveva comunicato che non avrebbe mai potuto portare a termine una gravidanza. L’unica soluzione era l’utero in affitto.

Io  mi ero stancata della vita accademica, anche perché volevo girare il mondo e fotografare era la cosa che amavo di più. Così unimmo l’utile al dilettevole: io mi feci impiantare un ovulo di tua madre, fecondato da tuo padre e Charlie mi sovvenzionò i primi due anni di lavoro.

I tuoi genitori non hanno mai voluto che ti incontrassi, per paura che potessi vantare dei diritti su di te. Abbiamo anche litigato per questo, ma mi hanno sempre dato tue notizie, sino appunto a qualche anno fa. Credimi, io non mi sono mai ritenuta tua madre, piuttosto ti voglio bene come una zia.” Renée raccontò la sua storia nel silenzio più assoluto.

“Credo che per oggi di zie ne abbia conosciute abbastanza” ironizzò Isabella, riferendosi anche a Carmen e spezzando la tensione che si era creata, con una risata liberatoria.

 

“Renée, Reneesme, vi presento il ragazzo che mi ha prestato la mano da stritolare: Jacob, un collega di lavoro. Jake, questa è Reneesme, una ragazza che ho conosciuto alla festa. E’ la figlia dei proprietari ed è molto amica dei Cullen.” Il ragazzo salutò con un sorriso e una stretta cordiale sia la donna, sia, in modo leggermente più interessato, la ragazza che arrossì.

“Credo che si sia fatto tardi” proruppe Nessie alzandosi “Ed io dovrei ancora andare a casa”

“Ti posso accompagnare se vuoi.” Si offrì Jake. Il cacciatore bostoniano era di nuovo in circolazione. Altro territorio, prede numerose e interessanti.

“Non è necessario Jacob. Abito qui vicino, proprio a due passi. Renée, hai bisogno di un letto? Sai che puoi disporre di me come meglio credi.” Disse Nessie rivolta alla donna che invece continuava a guardare Isabella.

“No. Grazie cara, ho già preso una camera in questo albergo. Poi, penso che Isabella vorrà farmi altre domande domani. Vero?” e aspettò la risposta.

“Certamente Renée. Adesso è molto tardi e non possiamo, ma domani sarai mia ospite per tutto il giorno.” Minacciò sorridente la principessa di Boston.

Tutti si salutarono e si allontanarono verso le proprie camere o abitazioni, lasciando il povero Jacob in compagnia del suo martini e del cellulare, a guardare la porta di ingresso dell’hotel che si era chiusa alle spalle della moretta che aveva appena conosciuto.

Ragazza interessante pensò il giovane.

 

Quella notte il sonno tardò ad arrivare per tutti.

Isabella continuava a rigirarsi nel letto, avrebbe voluto chiedere tante cose a Renèe, e nello stesso tempo non sapeva da dove iniziare. Sentire che i suoi genitori erano stati così disperati da chiedere un aiuto così importante a una amica... sentiva che era importante sapere e capire cosa aveva spinto i suoi genitori verso questa scelta.

La amavano, l'avevano sempre amata. L'avevano protetta, curata e viziata allo stremo.

Si ricordava quando era piccolina, i capricci perché voleva la bambola più bella, che puntualmente arrivava al primo bel voto di scuola. In fin dei conti suo padre voleva comunque una contropartita per un regalo, fosse stato un bel voto, un bel gesto, un bel comportamento. Sua madre era più malleabile o raggirabile, come si lamentava sempre il suo papà. Elisabeth era completamente in balia di sua figlia, e lei, lo sapeva.

Fondamentale era non approfittarsene, e lei voleva troppo bene alla sua famiglia per farlo.

 

Bella cercò di cambiare indirizzo ai suoi pensieri, avrebbe parlato con l'amica di sua madre, senza pensare prima alle domande, ma lasciandosi andare al momento dell'incontro.

Era stata una giornata davvero strana ed intensa quella. Da segnare sul calendario.

Era arrivata in quell'assolato angolo di California, con l'intento di rilevare l'azienda vinicola della famiglia Cullen.

In base ai documenti, sembrava un buon affare. L'azienda era famosa per la buona qualità del vino che avrebbe fatto buona mostra di sé sugli scaffali della sua catena di discount. Incredibilmente, avevano incontrato subito i Cullen.  Che scherzo del destino, loro in difficoltà per la strada e salvati da loro che li avevano invitati nella tenuta.

Si era innamorata a prima vista di quella villa, così solida... le sembrava una casa perfetta per i suoi week end di fuga dal caos bostoniano. Certo, poteva accontentarsi di una villetta nelle campagne vicino alla sua città, ma in quell'angolo di mondo, si sentiva davvero tranquilla.

E aveva conosciuto Edward Cullen. Un ragazzo davvero affascinante. Ripensò al suo approccio, quando si era trovata in difficoltà con il tailleur. Si era arrabbiata al momento, ma ripensandoci adesso, le veniva da sorridere alle mani intraprendenti del maniaco.

 

La serata era stata indubbiamente interessante, soprattutto riguardo la festa e... quel ballo. Dannazione quel tango era stato... incredibile. Si era sentita euforica, eccitata, ammaliata da lui. Era scappata, da quel ragazzo e da quelle sensazioni che non riusciva ad identificare. Voleva sedurre Edward per arrivare alla villa. Capricciosa ed egoista? Forse sì ma quella sera si era sentita vittima del suo stesso piano.

A giocare con il fuoco a volte ci si brucia, e decisamente quel tango era stato davvero infuocato e lei si era ustionata.

Quel bacio accennato, quello sfregamento di labbra... meglio dormire.

 

Continuò a rigirarsi nel letto, prendendo a pugni il cuscino, troppo spesso per essere solo una sistemazione delle piume.

Nello stesso albergo, un Emmett letteralmente in estasi al solo pensiero di rivedere la bionda, il giorno dopo, stentava a dormire, così come Jacob, che continuava a parlare con Boston a intervalli regolari e a pensare alla moretta nel resto del tempo.

Una notte decisamente impegnativa per i tre ragazzi.

Ma non solo per loro.

 

A chilometri dall'albergo... all'alba...

una singolare conversazione:

Cosmo: Piacere di incontrarti Gem.

Gem: Cosmo, è un onore.

Cosmo: Avrei preferito un'altra sfida con te.

Gem: niente di personale, lo sai.

Cosmo: E' personale. Era un mio obiettivo, non dovevi metterti in mezzo.

Gem: Chiedo scusa ma anche per me è personale.

Cosmo: Non crederai che un simbolo mi blocchi.

Gem: Mi meraviglierei del contrario.

Cosmo: Allora posso continuare l'attacco?

Gem: Preferirei di no. Perderemmo tempo entrambi, ti pare?

Cosmo: Credi di essere meglio di me?

Gem: Assolutamente no. Ma neanche io sono da sottovalutare, non ti sembra che te lo abbia dimostrato?

Cosmo: Senz'altro, ma ho ancora diversi assi nella manica.

Gem: E' una minaccia?

Cosmo: Io non minaccio mai, faccio semplici constatazioni.

Gem: Allora constatiamo che per ora siamo pari.

Cosmo: Alla prossima. Che vinca il migliore.

Gem: Alla prossima Cosmo. Non dormire sugli allori, io non lo faccio mai.

Cosmo: Me ne ricorderò, pivello.

Gem: Te l'ho già detto, non sottovalutarmi.

Cosmo: Mai. Tranquillo.

e lo schermo divenne nero…

 

 Il sole fece capolino sui filari di viti, facendo brillare le foglie e i grappoli d'uva che promettevano un prezioso e succulento raccolto.

Edward uscì dalla sua camera stiracchiandosi, aveva dormito poco quella notte. Continuava a pensare alla sera prima, cos'era successo perché Bella scappasse in quella maniera? Si era sentita attratta come era capitato a lui? Era stato davvero incredibile, ma forse tutto era dovuto all'atmosfera e al suo piano.

Già il piano per sapere quello che voleva fare la ragazza. Erano loro gli inviati delle Explosion Industries, quelli che volevano la sua azienda.

 

Non avrebbe ceduto senza lottare, ci aveva messo sudore, sangue e sogni in quella terra e non aveva intenzione di buttare nel cesso cinque anni della sua vita, anche se non pienamente soddisfacenti.

Doveva capire i piani di Bella. E per questo stava giocando con il fuoco, se ne rendeva conto anche lui. Dopo quel ballo non poteva negare l'attrazione che provava per quella ragazza. Chissà come gli sarebbe apparsa oggi.

Meglio razionalizzare e cercare di centrare l'obiettivo, non poteva fallire per una scopata, anche se super soddisfacente, come sarebbe senz'altro stata.

Sospirò sentendosi nuovamente teso, occorreva pensare ad altro e magari farsi una bella doccia ristoratrice per affrontare la giornata, l'indomani sarebbe iniziata la vendemmia e dovevano prepararsi.

 

All'albergo, Isabella cercava di emergere dallo stato catatonico nel quale era scivolata dopo la notte insonne appena passata. Doveva assolutamente alzarsi e parlare nuovamente con Renée, doveva chiarire quanto era successo alla sua nascita e conoscere meglio i suoi genitori. Perché mai non le avevano detto nulla su questa faccenda? Non era una cosa di cui vergognarsi, dimostrava solo tutto l'amore e la disperazione con la quale avevano voluto una figlia.

Una doccia lunghissima fu qualcosa di necessario per connettere quel minimo da poter affrontare una nuova intensa giornata al pari della precedente.

Quella  specie di vacanza in California si stava dimostrando più complessa e stancante del previsto.

 

Dopo un'ora, a metà mattinata, la ragazza si trovò al bar per la colazione, in compagnia del suo avvocato Emmett e del suo assistente Jacob. Visi stanchi ed occhiaie sembravano rendere i tre quasi fratelli di sangue, tanto erano simili i segni sui loro visi.

“Jake, come è andata a Boston?” chiese Emmett, ordinando un caffè molto forte.

“Questa mattina mi hanno chiamato dicendomi che l'emergenza era rientrata. Sono stati recuperati tutti i dati e i sistemi sono stati messi in sicurezza. Ci sono solo alcuni file criptati che non riescono ad eliminare, ma non sono problematici per la l'affidabilità del sistema. Hanno provveduto ad isolarli e adesso sono tutti molto ottimisti” rispose il ragazzo tra gli sbadigli.

“Perfetto! Almeno questa parte della mia vita è a posto!” disse ironica Bella.

“Stai ancora pensando alla signora di ieri sera?” chiese Jake.

“Pensi che potrei dimenticarmela così presto? In fin dei conti sono stata dentro di lei per nove mesi, conterà qualche cosa, suppongo” rispose acida Isabella.

“Di cosa state parlando?” intervenne Emmett, ancora all’oscuro della situazione.

 

A quel punto, a Isabella venne in mente che probabilmente la madre di Emmett sapeva di quella faccenda e forse anche lui. Assottigliando lo sguardo sull'amico partì all'attacco per  un accurato interrogatorio

“Lo sapevi che io sono nata da un utero in affitto?” sganciò immediatamente la bomba, ben sapendo che anche da una piccola smorfia, sarebbe stata in grado di capire se lui lo sapeva oppure no. Infatti la risposta iniziò con un sospiro rassegnato.

“Di cosa stai parlando, Bella?” chiese con noncuranza.

“Del fatto che tua madre mi ha sempre detto di aver assistito alla mia nascita, peccato che la donna che mi ha partorito non fosse Elisabeth Swan” rispose piccata la ragazza.

“Ma certo che sei figlia di Elisabeth, chi ti ha messo in testa queste cose?” chiese Emmett.

A questo punto era inutile continuare con garbo, bisognava raccontare tutto e vedere quali sarebbero state le giustificazioni.

“Renée, un'amica di mia madre, che ho incontrato ieri sera quando sono tornata in albergo. Mi ha raccontato di quando mia madre non poteva portare a termine una gravidanza e che si era offerta per farsi impiantare degli ovuli con inseminazione artificiale, e in questo modo sono nata io. Ora, come mio amico, voglio solo sapere se questa notizia è corretta. Dimmi solo questo e non mentirmi se mi vuoi bene” implorò.

Un nuovo sospiro riempì l'aria, mentre Jacob ascoltava attento lo scambio di battute tra i due ragazzi, sollevato intimamente per non essere al centro della diatriba.

“D'accordo. È la verità, quella donna ha portato avanti la gravidanza perché tua madre non riusciva ad avere figli. Ma tu sei comunque una Swan al 100 per 100, sei figlia di Elisabeth e Charlie Swan, non devi avere dubbi in questo senso” dichiarò Emmett.

 

“Non ho dubbi, sono solo sconvolta che tu non me lo abbia detto prima, e che i miei genitori non mi abbiano mai confessato questa cosa, come se fosse un delitto, mi fa soffrire. Dovevano fidarsi di me e del mio giudizio” rispose Bella. Non che fosse arrabbiata, piuttosto delusa dalla situazione.

In quel momento fece il suo apparire la donna in questione: Renèe.

“Buongiorno Isabella, buongiorno ragazzi” e si sedette accanto ai bostoniani.

“Emmett, ti presento la donna che mi ha partorito, Renèe” li presentò Bella.

“Ciao, Emmett. Quanto sei cresciuto tesoro. Eri uno scricciolo adorabile. Sai, Isabella, mi stava sempre attorno e continuava a carezzare la mia pancia. Diceva che dentro c'era la sua sorellina e non vedeva l'ora di giocare insieme a te” raccontò la donna con un sorriso nel ricordare quelle vecchie scene.

Anche il ragazzo sorrise: “Ciao, Renèe. È tantissimo che non ti vedo. A guardarti adesso, però, sembri più piccola di una volta” disse facendo ridere la donna che rispose “Impertinente”.

 

La conversazione proseguì su fronti più tranquilli, sino a quando la donna interruppe:”Devo andare alla tenuta dei Cullen, sono stata invitata dalla mia amica per pranzo. Vuoi venire anche tu, Isabella? Ovviamente con i tuoi amici, so che siete stati lì ieri, e vi conosce già tutti, dobbiamo solo aspettare qualche minuto Reneesme. Dovrebbe arrivare tra poco, poi potremmo andare” propose.

Tutti e tre accettarono entusiasti la proposta, Bella poteva continuare a parlare con quella donna dei suoi genitori, Emmett si illuminò alla prospettiva di rincontrare la dolce Rosalie e Jacob era notevolmente interessato dalla giovane moretta della sera prima.

 

“Ed io non sono invitato?” una voce maschile, fece voltare i quattro verso la sua fonte. Un uomo di cinquant'anni con jeans e camicia avaiana, leggermente stempiato, si atteggiava a divo con un sorriso strafottente, mentre aspettava una risposta da qualcuno.

“Siamo in un paese libero, Phil, ma di sicuro non sarò io ad invitarti da qualche parte” rispose Renée senza curarsi di nascondere l'acredine verso il nuovo arrivato.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

mentre il capitolo scorso si è interrotto con una new entry alla Beautiful (oddio che orrore) qui sono entrata nello sviluppo che questa variazione aveva preso nella mia testa. La storia diventa un pochino più complessa.

Sicuramente i miei Sherlock, inizieranno a fare tutte le congetture possibili, e Corny mi batterà 4 a zero come al solito... ma spero che ammettiate che questa volta mi sono impegnata per sviluppare questa storia in modo imprevisto.

 

 

 

Anche qui, spaziamo con la pubblicità personale: cliccando sui titoli colorati, potrete viaggiare tra le mie storie postate in questa sezione, buona lettura.

[Sakura – Fiore di ciliegio]  conclusa,  racconto storico, romantico, avventura, la storia di Bella dalla natia Irlanda a partire dal 1884 portata dal destino, in giro per mezzo mondo.

[Ciao Edwardina]  conclusa, racconto comico, una scommessa costringe Edward a frequentare il liceo per due mesi vestito da donna. Aggiornamenti lunghi.

[AAA Affittasi moglie]  in corso,  racconto commedia romantica, cosa può costringere un uomo giovane, sano ed attraente ad affittare una moglie? Aggiornamenti lunghi.

[Boy e girl – scambio d’identità] conclusa,  racconto comico romantico, scambio di corpi, un Edward nel corpo di Bella alle prese con i problemi femminili e Bella viceversa, alle prese con i problemi maschili e un obbiettivo .

[Acqua che cade] conclusa,  mini fic. racconto misterioso, fantasy, Bella adora la particolare pioggia di Forks, che sembra mandata apposta per lei.

[Prima di essere un pensiero]  one shot  commedia fantasy, cosa potevano essere i nostri eroi, prima di essere concepiti? Questa potrebbe essere la risposta.

[Un colpo sul retro] one shot  commedia, una giornata particolare, dove quattro ragazze senza pensieri vogliono solo divertirsi.

[Smettere di fumare] one shot commedia, un incontro e una battuta comica.

Riguardo a questa storia (Si dice In Vino Veritas), Ciao Edwardina e AAA Affittasi moglie, ho inserito anche l’appunto aggiornamenti lunghi, cioè anche di 4/6 settimane tra un capitolo e l’altro. Ribadisco che quando avrò finito Sakura, provvederò a portare avanti una di queste storie, con l’impegno che meritano, fino a terminarle tutte.

 

Grazie per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti e Buona Festa

Grazia

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** il mio passato ***


Buongiorno a tutti!

Sono tornata con la storia che avevo iniziato a scrivere, un po’ perché ispirata da reminiscenze infantili e un po’ come esercizio stilistico in quanto, se notate, è completamente diversa da come sono solita scrivere (e devo dire anche molto faticosa).

 

Visto che ho privilegiato altre storie e questa è tanto che non la aggiorno, vi lascio con un riassunto per capire sin dove siamo arrivati.

I capitoli non sono molto lunghi (ultimamente ero abituata a ben altre pagine) ma questa è la misura che ho scelto e quindi accontentatevi (posso assicurare che 5 pagine qui mi danno lo stesso lavoro di 9 pagine di Isabellino, anzi di più).

 

E adesso… BUONA LETTURA.

 

---ooOoo---

 

“Renée, sei sempre più indisponente” rispose ridendo l’uomo, mentre si avvicinava al gruppo.

“Ciao a tutti…” la voce squillante e allegra di Reneesme, appena entrata nella hall dell’albergo, si spense in un flebile sussurro, non appena il suo sguardo si posò sul nuovo arrivato.

“Reneesme! Tesoro! Come sta la mia figlioccia preferita?” chiese l’uomo abbracciando la ragazza inerme.

“Bene… grazie zio Phil” era chiaramente un attimo di grande imbarazzo per tutti, tranne che per quest’uomo che sorrideva prepotente e soddisfatto.

“Direi, visto che ci siamo tutti, possiamo anche andare. Ci porti tu, Reneesme?” chiese decisa Renée, senza degnare di ulteriore considerazione l’altro arrivato.

“Certo, ma c’è posto solo per cinque…” rispose lasciando in sospeso la frase.

“E io? Come ci arrivo dai Cullen?” ovviamente Phil aveva subito capito che lui era il sovrannumero.

“Per quanto mi riguarda, anche a piedi”. Renée era già uscita dalla porta, seguita diligentemente e in silenzio da tutti gli altri ragazzi.

 

Il tragitto verso la tenuta Cullen fu abbastanza silenzioso, nonostante i tentativi di conversazione tra Emmett e Jacob.

Chi era mai quell’uomo antipatico e presuntuoso?  E perché Renée lo odiava tanto? Faceva parte del passato della donna, visto che Reneesme lo chiamava zio.

“Isabella, non far caso a quell’uomo. È il mio ex marito e non si può dire che ci siamo lasciati in buoni rapporti” disse all’improvviso la donna rivolgendosi alla ragazza ammutolita sul sedile posteriore.

“Renée, non devi darmi spiegazioni se non te la senti. Solo che sembrava lo odiassi proprio tanto” rispose facendo spallucce.

“Non sai quanto urlavano quando stava aspettando te! Charlie ha ottenuto una ingiunzione per tenerlo alla larga da Renée e farle terminare la gravidanza tranquilla” si intromise Emmett.

Evidentemente quell’uomo era già presente nella vita della principessa ancora prima della sua nascita e l’odio tra lui e Renée aveva la stessa età.

Come era possibile serbare rancore per tanto tempo? Anche lei era una persona che tendeva a non dimenticare, ma non ricorda di aver odiato qualcuno per più di… tre anni.

Il suo ex, per l’esattezza, Paul. Quel ragazzo che dopo averla deflorata, se ne era vantato per tutto il liceo. Oh, l’aveva pagata cara, ma con la vendetta era scemata anche l’acredine ed ora, se lo incontrava, non aveva alcuna emozione.

Perché la gente non faceva come lei? Le malattie al fegato sarebbero calate in maniera esponenziale.

 

Finalmente, il tetto spiovente della dimora dei Cullen, fece capolino tra le fronde degli alberi. Di primo mattino era uno spettacolo eccezionale. Sembrava una casa delle favole. La voleva. E quando scese dall’automobile era più determinata che mai.

“Renée!” gridò gioiosa la signora Cullen, uscita per accogliere i visitatori.

Le due donne si affrettarono ad abbracciarsi e una lacrima scappò dagli occhi di Esme.

“Mi sei mancata tantissimo. Quanto tempo ci hai messo per arrivare sin qui! Sono due anni che non ti vedo!” protestò ancora, asciugandosi il viso con un gesto nervoso della mano.

“Esme… è sempre bellissimo vederti. Sei un pochino sciupata, amica mia!” disse la nuova arrivata con una leggera pacca alla spalla.

Reneesme si avvicinò alle donne per baciare la padrona di casa “Ciao, zia Esme” ricevendo in cambio un caloroso abbraccio “Mia cara, tutti bene a casa?” e avutone conferma invitò tutti ad entrare.

In quel momento, la principessa si chiese come mai in quella valle erano tutti zii. Il fatto di apostrofarsi così le faceva immaginare una grande ampia famiglia. Cosa che le era mancata negli ultimi anni.

 

“Vedo che vi siete conosciuti. Ieri i miei ragazzi hanno incontrato Isabella e questi baldi giovanotti in panne per la strada” disse Esme alle sue ospiti, accogliendo anche i bostoniani.

“Non mi avevate detto che conoscevate i Cullen” accusò bonariamente Renée rivolgendosi ai tre ragazzi.

Un timido sorriso di scuse illuminò il volto di Isabella, per poi arrossire nel momento che vide uscire ad accoglierli anche Edward.

Ai raggi del mattino, quel ragazzo era davvero uno spettacolo. Si accorse in quel momento che avrebbe tentato di sedurlo anche se si fossero incontrati a Boston e questo era semplicemente un incentivo in più per raggiungere il suo scopo.

“Attenta, capo, stai sbavando” bisbigliò Jake al suo orecchio, ghignando.

 

“Ciao Zia!” esclamò Edward, felice di incontrare la nuova venuta che strinse in un affettuoso abbraccio.

“Cielo, ragazzo! Sei sempre più bello! Hai già fatto stragi di cuori o qualche figliola si è salvata per gli altri? Spero che non avrai fatto lo sciocco con Reneesme!” scherzò Renée.

Era una domanda interessante per Isabella. Era un casanova? Un ragazzo con le tacche sulla testiera del letto? Doveva preoccuparsi? Probabilmente era lui che avrebbe dovuto preoccuparsi per avere a che fare con lei.

Un basso e quasi impercettibile ringhio la scosse dalle sue elucubrazioni e si voltò con sguardo interrogativo ma accanto a lei c'era solo Jacob con uno sguardo annoiato che guardava il paesaggio.

“Figurati, le ragazze sono ancora vive e libere e la mia Reneesme... senza offesa ma... sarebbe come farsi mia sorella, non potrei mai!” rispose rivolgendosi direttamente alla moretta che scoppiò in una allegra risata e diede un buffetto al ragazzo che iniziava a ridere.

 

Esme si fece da parte e incitò ad entrare in casa.

“Esme! Esme!” una voce con tono prepotente ruppe l'atmosfera ovattata della magione.

La signora Cullen si affrettò verso l'origine del richiamo mentre Edward sbuffava contrariato.

Pochi istanti dopo si riunirono tutti nella grande sala della casa.

“Carlisle, sempre il solito egoista. Non ti sei ancora stancato di pretendere il sangue degli altri?” la voce ironica di Renée accolse l'uomo seduto sulla sedia a rotelle spinta dalla dolce Esme.

“Ancora non capisco perché Esme si ostini a farti entrare in casa mia, spero che la tua permanenza sia terminata”.

Questo gentile scambio di commenti imbarazzò parecchio i tre completamente estranei alle dinamiche personali degli altri presenti.

“Sono venuta per la vendemmia. Visto che tu non sarai di aiuto, qualcuno deve pur sostituirti e io sono sempre stata meglio di te a raccogliere i grappoli” rinfacciò la fotografa, facendo storcere la bocca a Carlisle che diede un gesto secco alla ruota e si allontanò del gruppo sfuggendo anche alle mani della moglie.

“Renée, basta. Ti prego” mormorò la donna alla sua amica.

 

“Renée, bene arrivata” esclamò la voce allegra di Rosalie entrando nel salone, seguita da Alice e Jasper ancora abbracciati come sera precedente.

La bionda rivolse subito un sorriso luminoso di ben venuto anche a Emmett, riempiendo di sole la giornata del ragazzo.

Per Isabella, che osservava curiosa e sorniona il suo amico, c’era in quello sguardo e in quel sorriso, più sentimento di quanto si potesse immaginare. Lei lo conosceva bene e poteva giurare che l’avvocato era stato effettivamente colpito da quella strana malattia che si chiama colpo di fulmine e che si manifesta con il sintomo dell’amore.

Occhi lucidi, sorriso aperto e felice e probabile tachicardia a rischio di infarto facevano da contorno a una scena dove chiunque si rendeva conto di essere di troppo.

“Ciao, Emmett” un soffio delicato e un sospiro nel nome.

“Ciao, Rosalie” una dolcezza infinita nel pronunciare ogni lettera.

“Ciao, piccioncini” un fratello impiccione che non riusciva a stare zitto. Ecco come Jasper interruppe la bolla di pace perfetta tra i due e si guadagnò un pugno sulla spalla da Alice, uno sguardo di rimprovero da Isabella e una risata da Edward.

 

“Dai, andiamo alle cantine, così ci organizziamo per domani” propose Edward facendo terminare il teatrino.

Uscirono nuovamente tutti sullo spiazzo davanti alla tenuta, giusto in tempo per vedere la jeep rossa, inchiodare davanti al portone e far scendere l’uomo dalla camicia avaiana.

Esme e Renée si fecero avanti minacciose.

“Ciao, sorellina. Contenta di vedermi?” chiese Phil, baciando sulla guancia la signora Cullen.

“Decisamente poco” rispose seria la donna. Era strano sentire la dolce Esme con un tono di voce così duro.

Renée sbuffò infastidita e accelerò il passo prendendo sotto braccio Isabella e trascinandola a viva forza verso le cantine.

 

“Scusami se ti ho requisita, ma la vista di quell’uomo mi fa ribrezzo” spiegò brevemente.

“Non era tuo marito?” chiese la ragazza perplessa.

“Appunto, era. Abbiamo divorziato poco dopo la tua nascita e sai perché? Per il fatto che, secondo lui, non avevo chiesto abbastanza soldi a tuo padre. Disgustoso, vero?” chiuse la frase con quella che sembrava una domanda retorica, per poi ricominciare.

“L’ho conosciuto frequentando Esme. Lui è suo fratello ed era più grande, forte e con più capelli. Mi sembrava bellissimo ed era molto dolce e simpatico con me.

Me ne sono innamorata quasi subito e poco dopo eravamo insieme.

Sai come succede? Liceo poi college… quando tua madre si trovò in difficoltà non fu un problema aiutarla. Phil e io ci eravamo sposati a Las Vegas proprio quell’anno e non navigavamo in buone acque, soprattutto per il fatto che io volevo comunque studiare e lui era sempre preso dai suoi congegni elettronici. A volte dimenticava la spesa e studiava un nuovo processore.

Fatto sta che quando sei nata e tuo padre mi ha sovvenzionato i primi due anni di attività, ho chiesto il divorzio. Da allora non fa che rinfacciarmi che avrei potuto ottenere di più.

Fortuna che lo incontro pochissime volte” finì il suo sfogo.

Isabella era perplessa. Come poteva un uomo simpatico diventare in poco tempo un mastino all’inseguimento dei soldi? A discapito di una bambina poi.

Provò un moto di riconoscenza per quella nuova madre putativa che le aveva concesso un’occasione per nascere chiedendo relativamente poco e non interferendo mai nel rapporto con i suoi genitori, nonostante potesse farlo.

 

“Renée, raccontami ancora di mia madre” chiese la principessa di Boston, accomodandosi su una panca poco lontano dall’entrata delle cantine.

“Eravamo amiche, anche se lei era più riservata e molto più signora rispetto a me. Ci conoscemmo al college come ti ho già raccontato. Io ero vivace, sempre pronta a divertirmi. I miei genitori mi avevano spedito sulla East Coast per allontanarmi da Phil e invogliarmi allo studio senza distrazioni. Peccato che io mi fossi dedicata molto alle feste del campus e il mio ragazzo ha cominciato a dare segni di nervosismo e gelosia” rispose la donna sorridendo al ricordo.

“E’ così che il tuo ex marito ha conosciuto mio padre? È venuto al campus?”.

“Voleva tenermi d’occhio ed io ero ben felice. Lontano dagli occhi oppressivi dei genitori, poi…” e diede un’occhiata complice alla ragazza che sorrise.

“Sì. Ho capito cosa intendi” e se fosse stata ancora una ragazzina pudica sarebbe arrossita in modo virginale. Poiché, invece, non era proprio digiuna in materia, si limitò ad abbassare il capo sperando in un cambio di argomento.

Non aveva mai voluto pensare in quel senso ai suoi genitori, figuriamoci altre persone.

 

“Riuscimmo a passare un anno indenni. I miei genitori si fidavano di Elisabeth, visto che lei era già sposata con un ottimo partito, e speravano che anche io assorbissi qualcosa del suo carattere docile. Peccato che tua madre mi coprisse sempre nelle telefonate dei miei.

Magari io ero a folleggiare con Phil e lei rispondeva al telefono dicendo che stavo dormendo.

Non che lei fosse favorevole al rapporto con il mio uomo, anzi, lo detestava. Però aveva intuito che se si fosse messa contro in modo palese, non l’avrei ascoltata. Quindi mi sosteneva nella speranza che mettessi giudizio”. Gli occhi della donna erano rivolti verso il cielo, come se leggesse sulle nuvole quello che stava dicendo, invece di ricordare.

I suoi occhi erano velati di commozione o rimpianto, difficile a dirsi, soprattutto per Isabella che ascoltava affamata di notizie su quei tempi dove lei non era ancora presente nelle loro vite.

 

“Quando decideste di aiutare i miei genitori” chiese Isabella.

“Era già un anno che frequentavo il college e che Phil era con me. Quando non riuscimmo più a tenere segreta la nostra relazione, fuggimmo a Las Vegas e ci sposammo. Dopo un paio di mesi tua madre si precipitò nella mia stanza a dirmi che aveva perso il bambino che aspettava.

Tuo padre era distrutto, proprio come tua madre, soprattutto quando seppero che non sarebbero riusciti ad avere figli.

Nel frattempo, io ero sempre più inquieta e avevo scoperto il fascino dell'immagine. Desideravo diventare fotografa, cosa che era poco compatibile con il mio essere moglie” sospirò prima di proseguire.

 

“Nel giro di sei, forse otto mesi, venne fuori la proposta del ginecologo dell'utero in affitto e la mia offerta come volontaria. Volevo bene a Elisabeth e poi dovevo sdebitarmi per il suo aiuto con i miei genitori.

Lei all'inizio non voleva coinvolgermi perché aveva paura che si rovinasse la nostra amicizia. Fu tuo padre a convincerla che ero meglio io che una sconosciuta.

Quando Phil venne a sapere del nostro accordo non si oppose ma mi spronò a chiedere soldi ai tuoi genitori. Una montagna di soldi. Io non volevo nulla e solo dopo la tua nascita tuo padre mi impose di accettare il suo aiuto per iniziare la mia carriera di fotografa”.

“Credo di possedere alcune tue fotografie incorniciate nella villa dei miei genitori” confidò Isabella, ricordando alcune immagini che l'avevano sempre colpita per la loro intensità.

Aveva sempre creduto che fossero foto di autore, ora sapeva che non era solo quello.

“Sì” ridacchiò Renée “Voleva aiutarmi anche dopo i primi anni difficili, sapevo che ogni tanto qualcuno comperava i miei lavori, mi ha permesso di andare avanti sino ad arrivare una discreta clientela e accantonare i problemi economici”.

 

“E' a quel punto che è hai divorziato da Phil?” chiese Isabella.

“Tuo padre aveva già avuto una ottenuto un ordine restrittivo contro mio marito, visto che non mi lasciava passare tranquilla la gravidanza e con quel documento è stato facile ottenere la separazione e poi il divorzio. Ci abbiamo provato dopo qualche mese ma ormai avevo aperto gli occhi su chi fosse quell'uomo, non è andata bene e abbiamo divorziato”

concluse Renée.

Isabella lasciò scorrere lo sguardo verso gli ulivi che delimitavano la corte. L’eco di quello che Renée aveva raccontato era ancora nell’aria.

Davvero i suoi genitori l’avevano amata tantissimo. Sperava solo con tutto io cuore di essere stata degna di tanto affetto e non averli delusi.

Cercò di cambiare argomento verso toni più leggeri se pur curiosi.

 

“Anche Esme e Carmen conoscevano i miei genitori?” chiese ricordandosi di non aver approfondito questo aspetto.

“No… cioè, ci si conosceva ma loro due non frequentavano Elisabeth, erano rimaste qui. Esme aveva già sposato Carlisle perché era rimasta incinta di Edward e Carmen… beh, lei voleva conoscere più ragazzi possibili perché diceva che bisognava scegliere con cognizione di causa” concluse ridendo e facendo ridere anche Bella.

Se la immaginava quella donnona a fare la femmes fatale!

 

In quel momento sentirono lo scalpiccio di passi che si avvicinavano, mentre una camicia avajana spuntava da dietro l’angolo del muro delle cantine.

“Ecco dove erano finite la mia ex moglie e mia figlia” esclamò  Phil con voce allegra.

“Non dire sciocchezze! Lei non è tua figlia!” rispose piccata Renée alzandosi per fronteggiare l’uomo.

“Oh sì che lo è! E posso dimostrarlo” il tono trionfante dell’uomo spaventò le donne e anche gli altri ragazzi che nel frattempo li avevano raggiunti.

“Ma che diavolo stai dicendo?”.

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

sono tornata! Non mi pare vero.

Dunque, questo è un capitolo di approfondimento sui rapporti tra Renée e i genitori di Isabella. Fa la sua entrata anche Phil che ben presto dimostrerà chi è veramente.

Non c’è nulla di romantico, la storia sta prendendo una piega un pochino più gialla.

 

Riguardo al modo di scrivere, abbiate pazienza ma questa è storia è la più faticosa per me.

Sono abituata a scrivere in modo riflessivo, sempre in prima persona e non a raccontare dall’esterno usando la terza. In più le ultime tre storie lunghe che ho postato erano in tempo presente, ritornare a scrivere al passato remoto e imperfetto è decisamente dura.

 

Spero che questo capitolo sia servito a rodarmi, in modo da poter andare più spedita nei prossimi.

Adesso aspetto i vostri pensieri…

E magari anche i vostri suggerimenti!

 

Ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** penombra in cantina ***


 

Ciao a tutti.

Sono in ritardo di almeno tre giorni ma alla fine ci sono riuscita a postare il capitolo nuovo.

È leggermente più lungo perché dovevo assolutamente inserire un punto che svilupperò nel prossimo capitolo.

La storia procede con i nostri due eroi che tra notizie bomba ed attrazione fatale, fanno come un elastico.

Spero che questo capitolo vi piaccia. Io ne sono abbastanza soddisfatta. Può essere inteso come un passaggio ma, chi mi legge sa che io questa definizione la tollero poco perché ogni capitolo ha una sua ragione di esistere ed aggiunge sempre qualche cosa alla trama

Ed ora auguro… BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

“Ecco dove erano finite la mia ex moglie e mia figlia” esclamò  Phil con voce allegra.

“Non dire sciocchezze! Lei non è tua figlia!” rispose piccata Renée alzandosi per fronteggiare l’uomo.

“Oh sì che lo è! E posso dimostrarlo” il tono trionfante dell’uomo spaventò le donne e anche gli altri ragazzi che nel frattempo li avevano raggiunti.

“Ma che diavolo stai dicendo?”.

 

Isabella sbiancò. Non poteva esserci un’altra scioccante notizia come quella della sera prima! Renée era la donna che aveva consentito al feto degli Swan di crescere e formarsi nel bambino tanto desiderato dai suoi genitori. Loro l’avevano cresciuta con tanto amore e loro erano i suoi genitori: Charlie e Elisabeth Swan. Punto.

Altre opzioni non erano concepibili.

 

“Lo dico perché è così. I girini di Swan facevano fatica e abbiamo fatto questo scambio. Perché credi che non mi potessi avvicinare? Sei una stupida, Renée, come ho potuto pensare di fidarmi di te?” inveì Phil alzando la voce sempre di più.

Ormai boccheggiavano tutti.

 

Emmett fu quello che riprese subito il controllo di sé e si pose a fianco di Isabella.

“Prima di dire una cosa del genere ci vogliono prove schiaccianti e in ogni caso lei non può accampare nessun diritto su Bella. Lei è maggiorenne ed autonoma.

Adesso, gentilmente se ne vada. Non ci metterei molto ad ottenere una ordinanza del tribunale contro di lei e men che meno mi servirebbero troppe scuse per spedirla in prigione” il tono usato era calmo e professionale, non si sarebbe immaginata la sua furia se non fosse stato per la vena sul suo collo che pulsava nervosa.

“Zio Phil, vattene subito” sibilò Edward affiancando Isabella dall’altro lato.

Sembrava quasi che volessero farle scudo con i loro corpi contro le maldicenze di quell’uomo.

 

“Tranquilli, ragazzi” disse la principessa con una calma quasi innaturale “Quello che dice quest’uomo non mi scalfisce minimamente. Una pulce è più fastidiosa… Edward, ti spiace mostrarmi le cantine? Sono proprio curiosa di vedere come si fa il vino” cinguettò ancorandosi al braccio del ragazzo e trascinandolo verso la porta del magazzino.

 

Isabella ed Edward si lasciarono la compagnia alle spalle ed entrarono nella cantina.

Nel momento in cui il buio sostituì la luce del sole, la principessa di Boston, rilasciò un sospiro sconfortato.

Ci mancava anche questa! Non era abbastanza avere a che fare con Renée e scoprire che era stata partorita da un’altra donna, ora doveva anche combattere con questa nuova verità di non essere la figlia legittima di Charlie Swan.

No. Non poteva neanche pensarlo e non avrebbe fatto un test di paternità per scoprirlo. Piuttosto preferiva vivere nel limbo e crearsi una realtà tutta sua.

Non era una che si arrendeva ma a volte il non sapere era decisamente più auspicabile.

 

“Vieni, voglio mostrarti le botti che usiamo per invecchiare” disse Edward, prendendola per mano e precedendola verso un’altra porta in fondo alla stanza. Da qui si procedeva scendendo delle ripide scale sino a trovarsi in una specie di cantina costruita sotto terra con sassi e mattoni e una serie impressionanti di enormi botti in legno scuro, impilate ordinatamente su un lato per tutto il corridoio.

Il ragazzo si avvicinò a una panca appoggiata alla parete opposta e invitò Isabella a sedersi accanto a lui.

 

“Mio zio è sempre stato un bugiardo e uno che gioca con la legge. Potremmo definirlo un piccolo delinquente, se vuoi.

Mia madre non sopporta la sua parentela con lui e lo ha già cacciato di casa diverse volte. Inoltre, dopo che ha trattato male Renée e le ha fatto perdere il bambino, non credo che lo ospiterebbe neanche se fosse un senzatetto” raccontò.

La ragazza si voltò di scatto perplessa: “Renée ha perso un bambino?”.

“Credo che sia stato dopo la tua nascita. Mia madre mi raccontava che Renée e Phil erano qui e lei aveva appena annunciato di aspettare un bambino.

Io ricordo vagamente delle grida, avevo circa tre o quattro anni.

Comunque pare che lui litigasse sempre per dei soldi che non arrivavano e alla fine, in un ennesimo alterco, spinse la zia giù dalle scale” terminò il racconto.

“Per questo lei lo odia” mormorò Isabella e Edward annuì serio.

“Credi che abbia detto la verità sulla mia nascita?” fu come chiedere se, con quei numeri, avrebbe sicuramente vinto alla lotteria nazionale. Conoscendo Phil era un’incognita.

“Conoscendolo un poco, penso che se ha fatto una dichiarazione del genere abbia delle prove in mano” Isabella rabbrividì “Ma penso anche che potrebbe averle falsificate o manomesse. Te l’ho detto, non è una brava persona, potrebbe aver fatto qualsiasi cosa se crede di poter mettere le mani sui dei soldi e tu, Isabella Swan, ne hai parecchi” concluse il ragazzo.

 

Dei soldi e tu ne hai parecchi… sapeva chi era. Edward Cullen aveva scoperto che Isabella Swan non era solo una assistente.

Conveniva accantonare questo argomento e la ragazza diresse la chiacchierata verso argomenti più cauti.

“Se avesse ragione lui, io e te saremmo cugini. Saresti condannato alle fiamme eterne dell'inferno per avermi baciata ieri sera” ammiccò.

“Perché, quello lo chiameresti bacio? Ma a cosa sei abituata a Boston? Sesso virtuale? Non voglio vantarmi ma sono capace a fare molto meglio di così, credimi” si giustificò e, insieme, scoppiarono in una argentea risata.

“Io intendevo che non ci devono essere questi contatti tra cugini” spiegò Isabella dopo essersi calmata dalle risate.

“Così mi gioco un grande amore per una probabile grossa palla che si è inventato mio

zio? Se ti può tranquillizzare, però, sono sicuro di aver letto da qualche parte che il sesso tra cugini non è incesto” rispose Edward, tentando di demolire tutte le obiezioni della 'cugina'.

 

Non doveva mollare l'osso adesso. La ragazza era più vulnerabile e poteva essere facile farla cadere nella sua rete. Poi era bella. Inutile negarlo, e aveva un caratterino che lo intrigava come nessuna. Per quale scrupolo doveva rinunciare a un simile bocconcino?

Non voleva farle del male, semplicemente carpirle i suoi programmi sul tentativo di acquisizione della tenuta in modo da difenderla meglio.

Non le avrebbe spezzato il cuore, decise in quel momento, con quello che stava passando non se lo meritava.

 

'Un grande amore?' il pensiero di Bella era rimasto incantato su quella frase. Aveva vagamente sentito qualche cosa su permesso tra cugini, ma nulla oltre a quelle tre parole, riusciva a entrare nella sua corteccia celebrale.

'Un grande amore' Edward voleva diventare il suo grande amore?

Si fermò a pensare a quando aveva pensato a un rapporto con l'altro sesso definendolo 'un grande amore'. Quando si era sentita perdutamente innamorata.

La risposta era decisamente deprimente: mai.

Aveva avuto i suoi fidanzati, i suoi amori, i suoi flirt ma nessuno di questi si poteva definire un grande amore.

 

Mise a fuoco il viso di Edward quando lui posò una mano sul suo braccio e aggrottò la fronte interrogativo.

Fu un brivido che la portò al presente, e sorridendo maliziosa replicò.

“Bene, allora fammi vedere quanto sei bravo, cuginetto”.

Era il suo piano abbindolarlo per poi soffiargli la villa. Solo per quello.

Isabella continuava a ripeterselo, mentre la sua fastidiosa coscienza le rispondeva “Basta crederci”.

 

Edward sorrise divertito mentre un lampo di desiderio gli attraversava lo sguardo.

Non disse nulla ma si avvicinò al viso di Isabella e una mano prese a carezzare la guancia della ragazza, facendo in modo che anche il suo viso si avvicinasse.

Nella cantina non si sentiva alcun rumore che potesse distrarre i ragazzi.

Edward posò delicatamente le sue labbra su quelle rosate della principessa di Boston ed iniziò a lasciare leggeri bacetti e sfregamenti.

Una tortura deliziosa, che costringeva a trattenersi mentre si agognava molto di più. Quando anche Isabella rabbrividì per l'attesa, la strinse tra le braccia ed approfondì il bacio con forza e passione.

Un mugolio di soddisfazione nacque dalla gola della ragazza e ancora una volta, Edward approfittò affondando nella sua bocca e gustandone il sapore.

Si sentiva quasi tremare e fremere, così come sentiva la donna tra le sue braccia.

Quello non era un bacio perfetto. Era di più. Era donarsi. Era amore e ambedue lo sentivano.

 

“Edward, siete qui dentro?” la voce di Jasper fece staccare Edward quasi spaventato e di scatto alzarsi dirigendosi verso le botti.

Il cuore batteva furioso e le gambe quasi tremavano. Appoggiò la mano sulla botte più vicina, più per sostenersi che per altro.

“Oh, eccovi dove eravate nascosti” cinguettò Alice entrando nella cantina come un tornado.

Edward si voltò verso sua sorella sorridendo rassicurante e, sperando che la sua voce fosse almeno del tono normale “Stavo facendo un po' di lezione vinicola a Isabella”.

La voce era roca e ma Alice non dimostrò di aver intuito qualcosa.

“Beh, allora vi lascio tranquilli. Tanto Rosalie e Jasper hanno tutto sotto controllo” disse uscendo e agitando la mano in segno di saluto.

 

Solo in quel momento il ragazzo azzardò un'occhiata a Isabella. Era rimasta silenziosa e non sapeva quale fosse stata la reazione a quel bacio che l'aveva tanto scosso.

 

Isabella aveva le guance rosse. Si sentiva accaldata e imbarazzata.

Non avrebbe mai creduto che un semplice bacio potesse essere tanto totalizzante. Aveva annullato i suoi sensi, tanto da sentire un leggero formicolio sui polpastrelli in quel momento. Le sue labbra percepivano ancora la forma e la consistenza di quelle di Edward e lei si portò le dita di una mano su di esse per capire se erano ancora lì.

Che pensiero sciocco le era sorto.

L'altra mano sostava ancora sul suo cuore che, mano a mano, rallentava la sua corsa furiosa.

Cosa le aveva fatto quel ragazzo? Lei era Isabella, la ricca ragazza viziata di Boston.

Aveva ragazzi quanti ne voleva, eppure non aveva mai provato quelle sensazioni. Era come trovarsi travolta da una burrasca in pieno oceano e Edward era il mare.

Decisamente non era rassicurante. Se voleva avere il controllo non doveva lasciarsi andare in questo modo con il californiano.

Provò a giocare, ancora.

 

“Complimenti. Però credo che tra cugini, cose del genere proprio non si facciano” sorrise maliziosa guardandolo. Anche lui appariva agitato.

“Se vuoi posso cercare di indagare su quello che ha mio zio. Così possiamo toglierci il dubbio e dare vita al nostro grande amore” ribadì con una punta di ironia.

Meglio metterla sul ridere che ammettere il proprio turbamento.

“Davvero riusciresti a capire cosa ha in mente tuo zio?” chiese Isabella accorata.

“Ho i miei mezzi. Lascia fare a me. Dimmi solo dove sei nata, se lo sai” ribadì Edward.

“Credo di essere nata a Denver, almeno questo è quello che mi hanno sempre detto i miei genitori, ma forse è meglio chiedere a Renée” rispose la ragazza.

Edward annuì e si chinò nuovamente su Isabella per un veloce bacio sulla guancia.

Di quel gesto repentino rimasero sorpresi tutti e due. Lui perché non credeva di voler ancora sentire vicino quella ragazza e Isabella trattenendo il fiato per l'agitazione che le era venuta non appena si era avvicinato.

 

Dopo la penombra della cantina, il sole che li accolse li accecò.

Jasper, Alice e Rosalie avevano preparato i tini che dovevano contenere i primi grappoli e le numerose cassette per la raccolta erano ordinatamente impilate ai lati del portone.

Sicuramente anche Reneesme, Jacob ed Emmett erano stati messi all’opera, visto che ormai sembrava tutto pronto per il giorno dopo, quando  sarebbero arrivati i manovali per l’inizio ufficiale della vendemmia della tenuta Cullen.

 

“Ragazzi, Esme mi ha raccomandato di non farvi fare tardi per il pranzo” urlò Renée non appena vide i giovani uscire nella corte.

Isabella si voltò sorpresa. Non si aspettava di essersi rintanata con Edward per ben due ore ed ora era praticamente mezzogiorno e non aveva ancora mosso un dito. Come ogni principessa che si rispetti.

Sbuffò contrariata.

“Che c’è?” il ragazzo le era rimasto vicino, trattenendo la sua mano dall’afferrare quella di Isabella.

“Volevo aiutare anche io a preparare per domani. Ma adesso sembra che hanno già fatto tutto loro” protestò indicando i ragazzi che stavano bevendo una bevanda fresca e si asciugavano il sudore.

 

Alice si avvicinò saltellando “Pensa che Emmett e Jacob hanno fatto la gara per vedere chi riusciva a portare fuori più cassette. Praticamente hanno fatto tutto loro. Edward te la sei cavata quest’anno! Spero che domani ti darai più da fare oppure dovremo licenziarti” lo prese in giro.

“E su chi dovevano fare colpo?” chese pettegola Bella.

“Ah! Allora avevo visto giusto! Credo che Rosalie sia stata tutta attenta a Emmett. Strano invece vedere Reneesme lievemente lusingata per questa dimostrazione di muscoli. Non credevo che il tuo capo potesse essere così prestante” affermò la piccola Cullen.

Jacob aveva puntato la moretta. Non poteva esserci altra spiegazione per questo lavoro altruistico, fatto dopo una notte in bianco. Non era da Jake, comportarsi così.

Doveva dire qualche cosa ai suoi amici? Meglio di no. Aveva già troppi problemi a gestire il rosso che beveva una coca accanto a lei.

 

Il pranzo passò allegramente. Nessuno fece riferimento alla visita di Phil, né alla bomba sganciata sulla presunta paternità.

Ad alleggerire gli animi contribuì anche Carlisle che, con la scusa di una leggera indisposizione, non partecipò.

Esme si preoccupò di suo marito e una volta sistemato, si accomodò a tavola.

Visto che Renée e la padrona di casa avevano provveduto a preparare il pranzo e i ragazzi a fare i lavori pesanti, le ragazze decisero di servire in tavola, in modo di aiutarsi e fare in fretta, godendosi poi il cibo delizioso.

 

“Ehi, Jasper, non ti sembra di provare un anticipo del matrimonio, con Alice che ti serve il pranzo come una buona mogliettina?” lo prese in giro Emmett.

“E’ inutile che parli tu, altrimenti dovrei farti notare che stai facendo la stessa figura con mia sorella” rispose subito il biondo, scatenando le risa di Jacob.

“Jake, taci” sibilò Emmett diretto all’altro bostoniano lanciando una significativa occhiata a Reneesme che stava servendo le patate proprio al ragazzo.

Edward cercò gli occhi di Isabella mentre tutte le ragazze arrossivano, e cercò di comunicargli mentalmente di non dire nulla o ci sarebbero andati di mezzo anche loro due.

 

“Che bello! Tutti i giovani accoppiati! Anche Edward con Isabella! E tu… Jacob, giusto? Che intenzioni hai con la mia figlioccia? Devi trattarla bene perché è una ragazza che vale oro più del suo peso!” pigolò Renée contribuendo all’innalzamento della temperatura da parte di tutti i ragazzi presenti.

Gli unici che erano relativamente tranquilli perché già da tempo alla luce del sole, erano Alice e Jasper che se la ridevano di gusto. Per una volta non erano al centro dei pettegolezzi di casa… era quasi una novità.

 

Subito dopo pranzo faceva troppo caldo per tornare al lavoro con i preparativi ed Esme propose di fare un sonnellino per godersi la frescura della casa prima di ricominciare.

Tutti si distribuirono nelle varie stanze approfittando di sdraie, divani e letti delle stanze degli ospiti. Quella villa era davvero grande.

 

A Sonoma, il video di un PC illuminato:

Gem: Cosmo, smettila di provarci.

Cosmo: e tu smettila di contrastarmi. Pivello.

Gem: non sono un pivello e te l’ho già dimostrato.

Cosmo: Mi sottovaluti e questo è un grave errore.

Gem: E tu sottovaluti me, direi che siamo pari.

Cosmo: Ti ho detto che questa faccenda è una cosa personale. Perché ti intrometti?.

Gem: A me non interessa nulla di questa società ma non ho bisogno di distrazioni in questo momento e tu, con i tuoi attacchi, mi stai distraendo dal mio piano originale.

Cosmo: Chiedo scusa ma non posso sapere quale effetto domino viene fuori dalle mie azioni. È come se mi accusassi di un terremoto in Australia perché in Germania una farfalla ha sbattuto le ali.

Gem: Evita le cazzate e togliti dalle palle. Tu non sei una farfalla!

Cosmo: Ma neanche un terremoto, o almeno non per te in modo diretto. Quindi bambino, cosa vuoi?

Gem: Una tregua di tre giorni. Se non termino il mio piano, ti aiuterò nel tuo sbattimento di ali.

Cosmo: Non lavoro in coppia… ma tu sei un soggetto interessante. Ci sto. Ti aspetto tra tre giorni… e, Gem, non provare ad entrare nei miei file. Lo capirei e per te sarebbe la fine.

Gem: Non mi permetterei mai nonnetto.

Cosmo: Ehi! Non sono vecchio!.

Gem: Tu mi chiami bambino!.

Cosmo: Ti aspetto tra tre giorni..

Gem: Sei sicuro che fallirò?.

Cosmo: Tre giorni, pivello poi sbatterò le mie ali..

Gem: A presto.

Ancora una volta lo schermo divenne nero…

 

Alla tenuta dei Cullen, circa un’ora dopo che tutti si erano ritirati per la siesta, Jacob uscì di corsa dal salotto che l’aveva visto riposare con Emmett, e seguito dall’avvocato, piombarono nella camera degli ospiti dove era addormentata Isabella.

“Bella, svegliati! Abbiamo di nuovo il problema al sistema informatico a Boston!”

 

---ooOoo---

 

Angolino mio:

ragazzi! Arrivare alla fine del capitolo è stato quasi un parto!

Ci sono arrivata, però e adesso posso postare.

Dunque, abbiamo di nuovo Gem e Cosmo che discutono e forse abbiamo capito di cosa.

Abbiamo Isabella e Edward che si sono dati un bel bacio.

Abbiamo Phil che piazza questa bomba di notizia sulla paternità.

Sullo sfondo abbiamo pure sistemato lo svolazzante Jacob con la più seria Reneesme e il professionale Emmett con la passionale Rosalie.

Dai, sta procedendo.

Prossimo capitolo con un po’ di lavoro e nuovo colloquio privato tra Isabella ed Edward… e poi la vendemmia!

Chi di voi ha provato? Qualche aneddoto carino da raccontare? Suggeritemi un bell’episodio da inserire! A vostra disposizione.

Vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** tre numero perfetto ***


 

Ciao a tutti,

sono puntuale? Mi sembra di sì.

Eccoci a una settimana con un nuovo capitolo.

So come deve andare la storia (a grandi linee) il problema è che a volte delle notizie o delle scene mi portano via e mi ritrovo a non riuscire a fare tutto quello che volevo.

Pazienza, questo capitolo è importante per una cosa sola: si amplia la nota inquietante che fa presagire qualcosa di ben più grosso di quanto si sia intuito sinora.

Detto questo ringrazio chi ha recensito i capitoli precedenti e chi ha inserito questa storia tra le seguite, ricordate, preferite e chi solamente legge e spero apprezzi.

Bando alle ciance, vi lascio e auguro… BUONA LETTURA.

 

---ooOoo---

 

“Bella, svegliati! Abbiamo di nuovo il problema al sistema informatico a Boston!”.

 

Era un qualcosa di incredibile. Nel momento che la principessa si rilassava, ecco che spuntava una nuova crisi da qualche parte per farla nuovamente irritare. Sia mai che potesse passare una giornata serena.

“Cosa hanno detto? Cosa sta succedendo?” chiese la ragazza concitata.

“E’ come se ci fosse un cartone animato in sovraimpressione su tutti i video degli uffici della compagnia” spiegò Jake, gettandosi stanco sul divano, accanto alla ragazza.

Lei aggrottò la fronte non capendo a cosa si riferiva.

“Spiegale bene la situazione Jacob!” ordinò Emmett sbuffando.

“C’è un’immagine che viene ripetuta all’infinito, come un disco interrotto. Ci sono uno scudo e una lancia che cozzano tra loro in continuazione” spiegò il finto amministratore delegato.

 

Isabella era sempre più perplessa.

“Ma i sistemi funzionano?” chiese.

“E’ questa la cosa strana” intervenne Emmett “tutti i comandi, i programmi e i sistemi funzionano normalmente. Il problema è che puoi solo ridurre l’immagine di questi due che combattono, per lavorare, altrimenti non riesci a vedere nulla sullo schermo.

Sembra quasi uno scherzo di Halloween”.

“Com’è questo disegno?”. Isabella diventava sempre più curiosa e se la situazione non fosse stata così seria, anche divertita.

“C’è uno scudo stile Re Artù con al centro un simbolo come il due romano e una lancia di quelle tipo preistoriche, dove sulla punta c’è disegnato un pianeta saturno con i suoi anelli.

Questa lancia continua a cozzare contro lo scudo, così” rispose Jacob accompagnandosi con le mani per mimare l’azione “Almeno questo è quello che mi hanno spiegato”.

 

“Sono stanca di questi attacchi. Cosa dicono gli esperti?”. Isabella cominciò a perdere la pazienza. Possibile che fossero così vulnerabili? Una società che vantava un patrimonio di milioni di dollari, con investimenti in quasi ogni campo industriale e non, e non riuscivano a proteggere un dannato computer? Inconcepibile.

Suo padre avrebbe già fatto fuoco e fiamme in questo contesto e lei si sentì coperta da questo nuovo ruolo ed iniziò a dare ordini.

“Attaccati di nuovo al telefono, Jacob, e se questa sera il problema non sarà rientrato, sarai tu a volare a Boston con il jet, entro domani mattina. Voglio nome e cognome e scheda di ogni persona che abbiamo assunto come esperto e voglio il capo della divisione informatica entro un’ora al mio telefono oppure le sue dimissioni.

Andate anche a scovare il responsabile di ogni corso di informatica in ogni università degli Stati Uniti e portatemi i nomi dei più intelligenti e promettenti geni dei computer. Voglio i migliori”. Isabella terminò il suo elenco con uno sguardo duro che non ammetteva repliche e i due ragazzi annuirono solamente.

 

“La mia assistente si farà aiutare dalle segretarie del piano. Entro dopo domani avrai la tua lista. Probabilmente lì dentro ci sarà anche l’hacker che vuole fotterci” rispose Emmett prima di uscire per telefonare a sua volta.

“Bella” provò a parlare cauto il ragazzo rimasto nella stanza “Sai benissimo che non eravamo preparati a questo genere di cose. A volte violano anche i sistemi del pentagono, credi che sia così difficile entrare nei nostri?”.

“Se a te va bene arrendersi non è un mio problema. Puoi sempre licenziarti. Io devo difendere quello che mio padre ha costruito e per Dio ci riuscirò. Il fatto che violino pentagono o congresso o nasa non è un mio problema. NON DEVONO VIOLARE I NOSTRI SISTEMI. Abbiamo i fondi per pagare i migliori per difenderci e lo faremo”.

Ormai era quasi una furia. Il sonnellino pomeridiano era sfumato con i suoi benefici e le ultime rivelazioni sulla sua vita privata avevano fatto scattare i nervi della ragazza.

 

In quel momento squillò il cellulare di Jacob e lui rispose immediatamente.

“Ho capito... benissimo... okay, grazie”. Il dialogo fu frammentario e sconclusionato ma Isabella intuì che il problema fosse misteriosamente rientrato. Era snervante, non poteva rimanere nel bilico con l'ansia di un nuovo attacco.

“Fammi indovinare, tutto normale. Non ci sono più problemi tranne qualche file criptato che è stato messo in quarantena, ma i sistemi funzionano tutti e non ci sono state perdite di dati” azzardò la ragazza e Jake annuì ad ogni affermazione, controllando con la coda dell'occhio di non aver inserito il viva voce per sbaglio.

“In effetti è proprio così... cosa hai intenzione di fare?” rilanciò Jacob guardando curioso la ragazza. Toccava a lei decidere ed era ora di agire.

 

“Esattamente quello che ho già detto. Voglio avere una panoramica completa sui nostri sistemi e quanto facciamo per proteggerci. Mi serviranno anche le schede che ti ho chiesto, Emmett. Preferisco giocare d'anticipo, tanto capiterà ancora e voglio essere un pochino più preparata di adesso” rispose Isabella.

“Sei cresciuta, Bella. Charlie sarebbe stato orgoglioso di te” mormorò Emmett, abbracciando con affetto la sua storica amica.

 

Quando, poco dopo, Reneesme bussò alla porta di Isabella, i tre ragazzi stavano tranquillamente parlando del tempo. Erano amici ma nessuno di loro era pronto a chiacchierare su qualche cosa di più personale che stava velocemente cambiando in questi giorni passati in una lontana valle californiana.

Jacob accolse la moretta con una occhiata vorace e un sorriso splendente.

“Isabella... oh! Ci siete anche voi... scusate se vi ho disturbato”.

“Entra, Reneesme. Non ti preoccupare, ci eravamo riuniti per dividerci i compiti durante la vendemmia. Ho paura di non sapermela cavare in questo caso” rispose la bostoniana.

“Non preoccuparti per domani. Neanche loro saranno tanto efficienti”. La moretta non fu molto gentile con i ragazzi, ma fece ridere Isabella, facendole dimenticare i problemi della sua azienda.

 

In un'altra stanza della villa Cullen, Edward faceva scoperte interessanti su suo zio Phil.

Soddisfatto, lanciò la stampa dei file ed uscì chiudendo la porta alle sue spalle.

Chissà quanto valeva per Isabella il foglio che aveva tra le mani. Un bacio come quello scambiato in cantina non sarebbe stato affatto male.

 

“Ci troviamo in cortile? Renée ci sta aspettando con Esme” annunciò Reneesme uscendo dalla camera di Isabella.

“Aspetta! Vengo con te” disse Jacob, scattando con un gesto degno di un centometrista alle olimpiadi e facendo ridere sia Emmett che il suo capo in gonnella.

“Dici che ce lo siamo perso?” chiese l'avvocato non appena la porta si chiuse.

“Più o meno nello stesso modo in cui abbiamo perso te con Rosalie” ribatté Isabella.

“No. Io sono più perso di lui. Rose è stupenda e... no, niente”. Emmett si bloccò stringendo le spalle e a Isabella sembrò più piccolo e indifeso che mai. Lui? L'avvocato rampante di Boston, il suo amico, colui che l'aveva sempre protetta ed aiutata sembrava davvero indifeso contro quei sentimenti. Probabilmente neanche lui sapeva cosa stava provando ma di sicuro era qualche cosa di forte.

“Forza, scendi e raggiungi gli altri. Io aspetto la telefonata di Boston poi arrivo”. In questo modo, Isabella, pose fine al dialogo e tolse l'amico dal palese imbarazzo nel quale si era calato volontariamente.

 

Ci volle quasi un'ora prima che Isabella terminasse i suoi colloqui con Boston, stava quasi pentendosi di essere volata dall'altra parte del paese.

Sembrava che tutto il suo impero si stesse sgretolando solo perché non era presente a controllare. Che sciocchezze, si ripeteva ogni volta che le veniva in mente questo pensiero.

Doveva anche potersi riposare ogni tanto e questa doveva essere una breve vacanza travestita da investimento.

In più aveva scoperto una cosa sconvolgente che riguardava la sua vita e non aveva intenzione di far finta di nulla e rivolgere la sua attenzione solo al lavoro. Suo padre lo diceva sempre che occorreva dosare le forze per poter vivere davvero e lei aveva cercato di ubbidire.

Pertanto, sospirò abbastanza soddisfatta dei progressi che stavano facendo i suoi collaboratori a Boston. I tre tecnici assunti come consulenti cercavano di arginare il problema ed avevano messo in sicurezza diversi dati fondamentali.

Jane, la segretaria di Emmett, aveva iniziato la sua ricerca certosina per le università, aiutata dalle altre sette impiegate che componevano l'ufficio legale ed amministrativo delle Industrie Explosion.

 

Quando raggiunse gli altri nella corte della tenuta, erano stati raggiunti anche da Carlisle che guardava torvo gli ospiti.

“Signorina Swan, pensavo che foste tornata in albergo” commentò appena la ragazza li raggiunse.

“Oh, no. Isabella non ha ancora finito di raccontare la sua vita ed io sono molto curiosa di sapere cosa ha fatto in questi anni” replicò Renée senza che qualcun'altro potesse tacciare il padrone di casa di maleducazione.

Isabella sorrise allo scambio con Renée e si avvicinò a lei per chiacchierare ancora. Aveva scoperto diverse cose e le sembrava di doverne sapere altrettante.

 

“Isabella, puoi venire con me? Vorrei farti vedere le vigne laggiù” la intercettò Edward, indicando l'inizio delle piante, vicino al viale di querce.

La frase doveva essere il più naturale possibile per non attirare attenzione, cosa che puntualmente accadde, visti i risolini di Alice e Rosalie e le occhiate maliziose di Jacob e Emmett.

La principessa di Boston, sbuffò irritata ma, visto il fascicolo di fogli che Edward teneva in mano, ricacciò indietro la frase sarcastica che le era salita alle labbra e semplicemente annuì seguendo il ragazzo.

 

“Sei riuscita a riposare?” chiese Edward, cercando di non affrontare subito il discorso più pressante.

“Non molto, Em e Jake mi hanno disturbata come se fossero dei bambini piccoli in fase di dispetti. Comunque non sono stanca, ho evitato il sole più forte, quindi...” lasciò in sospeso la frase lasciando intendere che si era goduta la siesta in ogni caso.

Meglio non divulgare i problemi della sede centrale.

“E tu? Hai trovato qualcosa di interessante?”.

Stavano passeggiando tranquilli, verso il primo filare della vigna, riparato dietro le querce che fiancheggiavano il sentiero offrendo una bella ombra alla calura del pomeriggio inoltrato.

 

Edward guardò Isabella negli occhi e fece un sorrisino soddisfatto. Lui trovava sempre qualcosa. Lo sapevano bene le persone che negli anni lo avevano sottovalutato e adesso anche la proprietaria delle Industrie Explosion di Boston, stava facendo lo stesso errore.

“Diciamo che scoprire dove sei nata è un bel mistero” rispose il ragazzo facendo aumentare la curiosità della ragazza.

“In che senso, scusa?” mormorò Isabella.

Il rosso aveva iniziato di nuovo a passeggiare verso le vigne, agitando lentamente i fogli che aveva in mano.

“Insomma! Parla chiaro, Edward!” ordinò infine.

Non era sicuramente una buona giornata per urtarle i nervi già scossi di suo.

 

“Okay, scusa” rispose il ragazzo, appoggiandosi a un masso accanto a un tronco “Adesso ti faccio vedere quello che ho trovato” e mise sotto il naso di Isabella tre fogli pressoché identici.

Erano certificati di nascita. In tutti era citato il suo nome per intero: Isabella Marie  ma il resto era diverso.

“Cosa sono esattamente?” chiese la ragazza confusa.

“I tuoi certificati di nascita. Questo è di Denver, come avevi detto... ecco, vedi qui? Padre Charlie Swan e madre Elisabeth Swan” le mostrò il primo foglio.

Una bambina di tre chili e trecentoventi grammi nasceva il 13 settembre 1984 alle 04:15.

Isabella accarezzò il foglio in bianco e nero, i nomi dei suoi genitori e sorrise mesta, poi focalizzò l'attenzione sul secondo foglio.

 

“Qui invece dice che sei nata a Boston, sempre il 13 settembre 1984 alle ore quattro e quindici del mattino, eri tre chili e trecentoventi grammi. Quello che cambia è il nome di tuo padre. Qui risulta Phil Drew padre e Elisabeth Swan madre.

Considerando che Elisabeth non ti ha partorito, direi che questo certificato sembra inventato di sana pianta” spiegò Edward indicando i vari nomi.

Perplessa per la varietà delle notizie che leggeva, puntò l'attenzione sul terzo documento.

 

Isabella Marie, nata il 13 settembre 1984 alle ore quattro e quindici del mattino, tre chili e trecentoventi grammi di peso, figlia di Renée e Phil Drew. La bambina aveva visto la luce a Savannah.

Possibile che fosse nata in tre posti diversi? Nello stesso momento?

Era lei?

Guardò Edward quasi spaventata ma lui le restituì uno sguardo limpido e rassicurante.

“Isabella, non c'è nulla di cui preoccuparsi” disse azzardando una leggera carezza sul braccio.

“Qui dice che sono nata in tre posti diversi alla stessa ora dello stesso giorno da genitori diversi! Mi sto preoccupando! Perché questi documenti non sono usciti prima?”.

“Isabella, questi documenti sono dei falsi! È impossibile che tu sia nata in tre ospedali diversi” rispose Edward come se le cose che diceva fossero ovvie.

 

“Edward, dove li hai trovati?” chiese riconsegnando i fogli al ragazzo.

“Mi sono collegato a una banca dati che conosco e da lì sono risalito ai certificati” rispose facendo spallucce come se fosse nulla.

“Credi che sia stato Phil a falsificarli? E poi, perché tre?”. Isabella era sempre perplessa.

“Penso che lo zio volesse fare una prova prima di emettere l'originale. Purtroppo per lui, gli altri due sono rimasti nelle maglie del sistema”.

“Sei bravo” commentò Isabella guardando Edward con occhi nuovi.

Quel ragazzo nascondeva qualcosa. Non era solo un bel viso sopra un bel corpo... c'era qualche cosa di più e questo la stimolava molto più che la conquista della villa Cullen.

 

In quel momento, Isabella capì di aver variato il suo obbiettivo.

Edward era decisamente più desiderabile.

 

“Questo cosa ti fa venire in mente?” chiese infine la ragazza.

Doveva chiarire e capire cosa significava tutta questa costruzione di documenti.

“Non so, farsi passare per tuo padre non ha molto senso. In fin dei conti sei ampiamente maggiorenne e nessuno potrebbe pretendere parte del tuo patrimonio” allargò le braccia in risposta.

“Esatto, è tutto vincolato e a mio nome” confermò Isabella.

Calò un silenzio pesante tra i due, finché Edward intervenne con un commento che fece scorrere un brivido di paura lungo la schiena.

“Se ti capitasse qualcosa?”.

 

“Su questo devo parlare con Emmett. Ho fatto testamento ma diversi anni fa, onestamente non ricordo i termini attuali...” Isabella non riuscì a finire la frase che un singhiozzo strozzato proruppe dalla sua gola.

Adesso aveva paura.

Sapeva che poteva essere un bersaglio, visto il suo patrimonio personale, eppure negli ultimi anni aveva tenuto un profilo basso e non si sentiva minacciata ad angolo di strada. Che succedeva lì, in California?

Sembrava incredibile quanto fosse stravolto il suo mondo in questo momento.

 

Stava tremando quando sentì due braccia muscolose avvolgerla delicatamente e il suo viso appoggiarsi a un petto tonico. Edward l'aveva abbracciata e lei si sentì al sicuro in quel momento, come se nessuno potesse toccarla.

“Schhh... va tutto bene. Non ti succederà nulla, non lo permetterò. Credimi, Isabella” mormorò Edward carezzandole la schiena.

 

Isabella ispirò a fondo il profumo del ragazzo prima di sollevare il viso e staccarsi da lui.

Era una Swan, era combattiva e non aveva paura di un uomo impazzito che vaneggiava di patrie potestà.

Sorrise a Edward “Grazie. Adesso torniamo indietro, prima che gli altri si preoccupino” e voltandosi, ricominciò a camminare verso la villa sotto lo sguardo perplesso ed ammirato del giovane.

Quella ragazza era davvero una forza. Dopo un attimo di paura si era ripresa alla grande ed ora camminava impettita e ondeggiante nei jeans di marca che le avvolgevano il sedere alto e sodo.

Edward sospirò sorridendo. Anche in quel momento Isabella non perdeva il suo fascino pericoloso. Sì, era decisamente una donna pericolosa per lui, una ragazza affascinante che avrebbe potuto anche irretirlo come nessuna era mai riuscita a fare.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

prima di tutto, grazie a Marco per il suo suggerimento-desiderio di far uscire le palle a questa Isabella. In effetti doveva scatenarsi un pochino visto i rischi che corre la sua azienda e sebbene sia a Sonoma per una acquisizione, la tenuta dei Cullen non è più importante delle Industrie Explosion.

La seconda parte di questo capitolo riguarda una visione più ampia della questione. Non c’è Phil ma aleggia il suo fantasma e fa paura.

Un appunto: Bella ha intuito che Edward nasconde più di quello che mostra e lui si sente attratto da lei. Forse le priorità cambieranno.

 

Non mi resta che salutarvi, ringraziarvi per l’attenzione e

Alla prossima

Baciotti

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** il segno zodiacale ***


Buongiorno a tutti!

Incredibile ma vero, torno su queste pagine.

Un altro capitolo di questa storia che avevo abbandonato più di un anno fa, ma come ho sempre detto, mi faccio un impegno di terminarla e, nel frattempo, continuo a rimaneggiare gli eventi.

Approssimativamente ho in mente quello che succederà nei prossimi capitoli, ma adesso, onde evitarvi un lungo giro nei pezzi già pubblicati, vi lascio un piccolo riassunto per riportarci nelle atmosfere calde e assolate della California.

 

 

Dove eravamo arrivati:

Isabella è una potente e ricca ragazza di Boston. In seguito della morte dei genitori, eredita l’azienda di famiglia: le industrie explosion. Purtroppo è giovane e non ha il carisma per dirigerle, assume quindi un assistente personale Jacob, che di fronte al mondo sarà l’amministratore delegato, mentre in realtà sarà lei a dirigere la baracca.

 

Edward Cullen è un ragazzo al quale viene affidata la tenuta vinicola di famiglia, in quanto suo padre Carlisle, è malato e non è fisicamente in grado di sostenere l’impegno.

 

Dopo quattro anni, la tenuta dei Cullen ha problemi economici e pare che le industrie explosion siano interessate a rilevare l’ipoteca.

 

Quando Isabella decide, con Emmett e Jacob, di andare in California a visitare di persona la tenuta Cullen, per un caso, incontrano Edward, Jasper e Rosalie. I tre invitano i bostoniani alla tenuta, ospitandoli per il pranzo. Bella, vista la villa, se ne innamora e decide di fare di tutto per averla. Nella stesso tempo, Edward, inizia ad interessarsi alla ragazza, come se lei fosse la chiave per salvare la sua azienda.

 

Con un continuo tira e molla, i due passano la giornata e la serata insieme, quando, dopo un infuocato tango, la ragazza fugge, spaventata dalle sensazioni provate. Nel frattempo Emmett e Rosalie, sembrano trovarsi affiatati.

 

Isabella torna all’albergo, dove aveva lasciato la festa campestre, accompagnata da Reneesme. Al bar dell’Hotel, incontrano Jacob, lasciato a gestire una crisi informatica con la sede di Boston, e Renèe, una donna che asserisce di conoscere Isabella, in quanto l’ha partorita.

 

Isabella così scopre di essere nata da un utero in affitto e si ripromette di fare altre domande a Renée.

Il problema informatico alla sede sembra rientrato anche se non si sa ancora chi lo abbia causato.

Quando il gruppo dei tre bostoniani, Renée e Reneesme sono in procinto di recarsi dai Cullen, il mattino dopo, arriva anche Phil, l’ex marito di Renée.

 

Edward e Bella si scambiano un bacio nella cantina dell’azienda vinicola e ambedue capiscono che la loro attrazione va oltre i loro piani di acquisizione.

 

Phil dichiara di essere il padre biologico di Bella e che lei è figlia sua e di Renée e non degli Swan. Edward decide di aiutare Isabella a scoprire cosa ha in mente lo zio.

Vengono trovati tre certificati di nascita di Bella con nomi diversi dei genitori, e sorgono dei dubbi sull’incidente dove hanno perso la vita i coniugi Swan.

 

Isabella e gli altri decidono di recarsi alla tenuta dei Cullen per contribuire alla vendemmia…

 

E adesso, Buona Lettura!

 

---ooOoo---

 

Quella sera Isabella non faticò ad addormentarsi, nonostante i pensieri, le rivelazioni e gli incubi che sicuramente sarebbero sopraggiunti non appena avesse chiuso gli occhi.

Era stata una giornata stancante, con una marea di notizie da assimilare e altre da affrontare.

Quella specie di vacanza era stata un vero fallimento. Si era ritrovata con una nuova madre, un falso nuovo padre, in pratica una nuova vita.

Anche la persona più forte di questa terra si sarebbe sentita persa davanti a tutte queste cose. Lei non era diversa dagli altri.

 

Il cielo scuro venne squarciato da un fulmine rosso, talmente vivo e pulsante da sembrare doloroso anche agli occhi. Si sentiva come se avesse corso per cinquanta miglia. Era accaldata e stanca e voleva solo una doccia rinfrescante e un letto. Eppure, neanche la pioggia che cominciava a cadere sempre più fitta, sembrava darle sollievo.

Era circondata da vigne e non riusciva a trovare una casa. Le sembrava di essere in un deserto, nonostante non fosse così arido lì intorno.

Ancora un lampo squarciò il cielo con la sua fosca luce rossa.

Ormai non sentiva più le gambe a forza di correre. Guardando i piedi si trovò le dita sanguinanti e niente scarpe. Voleva fermarsi, era esausta.

All’improvviso sentì una mano afferrarle il braccio e costringerla a voltarsi.

“Sei mia figlia, tutto quello che è tuo è mio”. Una voce autoritaria e cattiva anticipò un viso scarno e pallido, circondato da radi capelli e qualche filo di barba.

Non era Phil, l’avrebbe riconosciuto… sembrava più… suo padre, Charlie.

Lui era morto, non poteva essere qui.

“Papà” mormorò.

“Tu sei mia figlia! Tutto quello che è tuo è mio, anche il tuo sangue! Tu sei mia figlia!” riusciva a vedere in trasparenza le piante alle spalle della figura che le artigliava ancora il braccio. Questa divenne sempre più evanescente sino a sparire, ma alcune dita stringevano ancora la sua carne.

Quando abbassò gli occhi vide dei viticci che si infilavano nei suoi muscoli e sembravano succhiare il suo stesso sangue.

Si guardò attorno, pronta a chiedere aiuto a qualcuno ma quei rami diventavano sempre più caldi e lei ancora più debole.

“Isabella, non ti succederà niente di brutto. Lasciati andare con me, vedrai che sarai al sicuro”.

“Edward” riconobbe la voce e si voltò.

Era davanti a lei e stava succhiando il sangue che usciva dalle sue braccia. Non riusciva a muoversi, voleva fuggire ma non poteva, le sue gambe erano fisse al terreno.

Guardò in basso e vide un tronco, lei coperta di foglie… era diventata una vite.

Guardò spaventata Edward che le sorrideva tranquillo e lanciò un urlò.

 

“Bella… Bella!” la voce di Emmett era vicina anche se non riusciva a vederlo.

“Dio, Bella, svegliati!”. Una mano la scuoteva forte e finalmente Isabella aprì gli occhi rimanendo accecata dalla luce del mattino.

“Santo cielo! Stavi facendo un incubo? Urlavi. Mi hai messo una paura addosso…” borbottò il suo amico, sospirando sollevato prima di accasciarsi su un angolo del letto.

“Come hai fatto ad entrare?” biascicò la ragazza tirando indietro i capelli.

La faccia imbarazzata di Emmett fece capire a Bella che la spiegazione non sarebbe stata delle migliori.

“Ho scassinato la porta. Fai mettere la riparazione sul mio conto. Stavo venendo a chiamarti per la colazione, ma quando ti ho sentita urlare mi sono spaventato.

Tu non urli mai! Così ho dato una spallata”. Si massaggiò il bicipite come se fosse indolenzito e sorrise per scusarsi.

Beh, almeno era stato affettuoso, la principessa non avrebbe dovuto arrabbiarsi ed in effetti, decise di accantonare l’episodio e di affrontare la deliziosa colazione che l’albergo preparava ogni mattina.

“Forza, lasciami preparare per questa giornata di lavoro e scendo a farti compagnia” disse allegra scalciando le lenzuola.

“Vuoi davvero andare a vendemmiare?”. Emmett era davvero stupito. Lavoro manuale per la principessina? Inconcepibile.

“Certo” rispose convinta dal bagno. Appunto.

 

Nel giro di un'ora i tre bostoniani erano nuovamente alla tenuta Cullen.

Quando il suv entrò nella corte, sembrava fossero arrivati in una realtà alternativa: vi erano auto e una miriade di persone che non si riusciva a credere.

“Ciao, Isabella, bene arrivata!” urlò Renée, accogliendo i nuovi arrivati con un gran sorriso.

“Renée! Quanta gente!” esclamò stupita la ragazza.

 

“Sì, sono arrivati quasi tutti, anche Eleazar e Carmen che stanno aiutando Esme e Rosalie in cucina…” e qui venne interrotta da un entusiasta Emmett che si propose per l’aiuto.

“E uno ce lo siamo giocato” annunciò Jacob ridendo.

“Guarda! Credo che lì ci sia Reneesme che ti sta aspettando” disse complice Isabella e Jake, come un pesce preso all’amo, si diresse verso la moretta senza rivolgere altre attenzioni al suo capo.

“Sonoma fa bene all’amore a quanto pare. Abbiamo già accasato due baldi giovanotti con le ragazze migliori sulla piazza” esclamò Renée guardando allontanarsi i giovani, poi si rivolse a Isabella “Tu, invece? Con Edward, come va?”.

Tra tante domande imbarazzanti, questa fatta in modo così diretto fu la peggiore che si potesse fare.

Bella iniziò ad arrossire e balbettare sconclusionata, scatenando le risate della donna.

“Oh, ragazza! Non pensavo che fossimo già a questo punto!”.

‘Quale punto?’ Pensò la principessa mentre cercava di riprendere possesso delle sue funzioni vitali.

 

“Ciao, Isabella, ben arrivata” disse Edward affiancando le due donne.

Mentre la ragazza ritornava ad arrossire, Renée ricominciava a ridere.

“Mi sono perso qualche cosa?” chiese perplesso il ragazzo e Isabella ne approfittò per spingerlo lontano dalla donna negando vigorosamente.

 

“Allora, capo, da che parte devo iniziare? Quali saranno i miei compiti?” chiese la bostoniana con tono entusiasta.

“Mi accompagnerai a raccogliere i grappoli... lavoro manuale modello base” sorrise alzando le spalle.

Ormai i lavoranti erano pronti all'inizio dei filari pieni di grappoli maturi. Il sole si stava alzando prepotente sulle loro teste e tutti erano protetti da cappellacci in paglia o bandane colorate. Isabella e Edward si trovarono ai lati di una fila di viti guardandosi negli occhi, pronti a raccogliere i grappoli brillanti al sole.

Un lungo fischio, seguito da un urlo di giubilo, dette inizio alla vendemmia e le mani sapienti e volenterose cominciarono a staccare i frutti dalla pianta.

Le piccole roncole recidevano decise e le cassette, man mano riempite, avanzavano spinte dai piedi dei lavoranti.

Un lavoro antico eppure sempre attuale.

 

“Così va bene?”. Il lavoro non era facile e quella lama pericolosamente vicina alle dita la faceva tremare. Come faceva Edward ad essere così sicuro? Era molto più avanti di lei e ogni tanto si fermava aiutandola sul suo lato. Era ovvio, lui ci era cresciuto a vendemmiare, per lei invece era solo un passatempo del momento, ma, data la sua natura lievemente competitiva, non riusciva comunque a perdonarsi questa palese debolezza.

“Va benissimo, Isabella. Non ti preoccupare di fare in fretta, ti aiuto io” rassicurò il ragazzo, spostando un ricciolo dalla fronte di lei.

Un gesto naturale ed intimo che fece sorridere Renée, intenta a lavorare lì vicino.

 

Tutto questo era assurdo! Aveva ricevuto delle notizie terribili in quei due giorni e, nonostante tutto, quello che la faceva arrossire era una lieve carezza dalla mano di un ragazzo che neanche conosceva.

“Meglio che andate avanti o mi dovrete seguire con le cassette”. Jasper, che seguiva con il trattorino, li incitò a proseguire prima di sorpassarli. Erano una delle ultime coppie e sicuramente sarebbero rimasti indietro pesantemente se non fosse stato per Alice che si era piazzata più avanti.

 

“Hai più pensato a quanto abbiamo scoperto ieri?”. Edward approfittò della calma relativa per chiedere un parere su quello che gli aveva quasi tolto il sonno la notte precedente.

Suo zio Phil aveva in mente qualche cosa, altrimenti non avrebbe avuto senso impelagarsi in documenti falsi e annunci plateali. Sperava solo che non volesse fare del male a quella ragazza che stava davanti a lui. Isabella non si meritava un trattamento simile.

Poteva essere una viziata signorina di città e una imprenditrice che voleva prendere possesso della sua tenuta, ma non per questo la odiava al punto di farle del male.

Anzi, a ben pensarci, non la odiava per niente.

“No, ho cercato di dormire e ho avuto una nottata piena di incubi. Non so cosa pensare. Tu hai scoperto qualcos’altro?”. Un altro grappolo cadde nella cesta.

“Mi sono dilettato a guardare le notizie della morte dei tuoi genitori… sono abbastanza misteriose, a dire il vero” replicò Edward.

Un brivido percorse la schiena della ragazza che iniziò a sudare freddo.

“Misteriose?”. Isabella sapeva che era stato un incidente aereo, dovuto alle avverse condizioni meteorologiche, non per altro.

“Non c’era un piano di volo e i contatti con i controlli, sporadici. Se mi trovassi in prossimità di nuvole nere continuerei a parlare in modo ininterrotto, invece il pilota ha ridotto al minimo le comunicazioni. L’ho trovato strano”.

“Hanno detto che vi erano dei disturbi e non si riusciva a comunicare” ribatté Isabella.

“In Missouri? Lì è piatto come una tavola da surf, come poteva essere difficile comunicare?”.

L’esclamazione di Edward lasciò la ragazza con la bocca aperta. Questo pensiero apriva a scenari davvero drammatici.

“Isabella, vieni con me” ordinò Edward lasciando il coltello nella cesta ormai piena.

“Ma… il lavoro?”.

“Ormai Alice ha preso il nostro posto ed io ti devo mostrare alcune cose. Andiamo”. Il ragazzo passò sotto i viticci e prese per mano la principessa di Boston per trascinarla verso la villa dei Cullen.

 

La frescura che li accolse nell’atrio fu più che ben venuta, anzi, sembrava quasi di essere entrati in una cella frigorifera.

Edward le indicò le scale, incitandola a salire e la precedette lungo al corridoio sino alla porta di una camera che aprì senza esitazione.

All’interno la luce del sole filtrava attraverso le tende leggere assieme all’aria calda che la finestra aperta consentiva di entrare.

“La tua camera?” chiese Bella.

“Esatto, Sherlock” risposte Edward dirigendosi verso la scrivania dove spiccava l’unico plico di fogli del ripiano per altro pulito.

“Devo preoccuparmi?” ridacchiò la ragazza indicando il letto con il mento.

Evidentemente Cullen era piuttosto distratto, visto che strabuzzò gli occhi senza capire a cosa lei si riferisse. Poi l’illuminazione lo fece scoppiare nella risata più allegra.

“Tranquilla, la tua virtù è salva per ora. Certo… se tu volessi approfittare di questo popò di fisico mi dichiaro a tua completa disposizione per pratiche ortodosse e non” puntualizzò facendole l’occhiolino.

“Posso capire le pratiche ortodosse… è il 'non' che mi preoccupa” rispose sorridendo la ragazza.

 

“Allora? Vuoi dirmi di cosa si tratta?” insistette subito dopo.

“Volevo ragionare con te su questo” e prese i fogli distribuendoli sul letto in modo di avere la più ampia visuale di tutti i dati.

Si vedeva che non lo faceva con intenzione, ma Isabella si sentiva agitata. Era assurdo, lo sapeva, ma trovarsi lì nella sua camera era soffocante.

I tabulati erano davanti a loro, in ordine cronologico. I tre certificati di nascita su un lato e gli spostamenti approssimativi di Phil nel periodo dell'incidente dei coniugi Swan, sull'altro lato.

“Hai cercato anche tuo zio?” chiese lei stupita. Edward sollevò le spalle con noncuranza.

“Volevo confrontare i movimenti di Phil con i tuoi genitori... Hai capito qualche cosa con Emmett per il tuo testamento?”.

“Ha chiesto una copia all'ufficio legale a Boston” rispose la ragazza, “Anche se credo di aver indicato come beneficiari i miei parenti, all'epoca avevo ancora i miei genitori...” mormorò assorta.

“Maledizione...”. Isabella sbarrò gli occhi spaventata all’esclamazione del ragazzo.

“Cosa c’è?” chiese.

“Immagina se, al posto di indicare il nome avessi solo indicato il termine genitori? Cosa farebbe Phil se ti capitasse qualcosa?”

“Diventerebbe padrone di tutte le Industrie Explosion” esalò.

“Milionario” confermò Edward.

“Non può essere! Emmett non può essere stato così superficiale”.

“Per questo che esistono quei certificati. Cosa potrebbe succedere se tutta la base del testamento saltasse?”.

I due ragazzi si guardarono e lei sentì un brivido gelido scorrerle lungo la schiena. Era davvero in pericolo? Che fine aveva fatto la sua vacanza?

 

“Dobbiamo essere sicuri che non si avvicini a te, sino a quando non saremo sicuri di quello che vuole fare” esclamò Edward irrigidendosi.

“Credi che sia anche responsabile dell’incidente dei miei?”. Sarebbe stato terribile se Phil fosse stato responsabile di quella tragedia.

“Onestamente non lo so” rispose sottovoce il ragazzo “Sai che non mi è particolarmente simpatico ma non credo che ne sia responsabile. Vedi qui? Era in Europa in quel periodo e lui non è tipo da avere complici, soprattutto persone che aspettano anni per avere il bottino. Non ho prove in questo senso ma il mio sesto senso mi dice che non ha avuto niente a che fare con quell’incidente. Questo non significa che non potrebbe partecipare a qualche cosa adesso, visto l’impegno che ci ha messo per prepararsi il terreno” così dicendo indicò un appunto sul certificato che indicava i genitori di Isabella. Era una data di otto anni prima. All’epoca gli Swan erano ancora vivi e Phil aveva già divorziato da Renèe. Sembrava davvero un piano maturato nel tempo.

 

Isabella sbuffò affranta e si passò una mano sulla fronte, volgendo lo sguardo alle pareti della stanza. Era tutto confuso nella sua testa, c’erano tanti punti su cui soffermarsi e pensare. Non riusciva a digerire tutte quelle informazioni.

I suoi genitori erano stati uccisi? Era stato davvero un incidente? Phil era suo padre oppure no?

Non poteva credere a una cosa simile! Suo padre era Charlie Swan! E sua madre Elisabeth! Ne era certa.

 

Cercò di non soffermarsi sul ragazzo seduto al suo fianco. L’attrazione che provava per lui era ormai chiara anche alla sua mente refrattaria. Non voleva ma ne era ammaliata. La voglia di baciarlo e farsi stringere da lui era pure superiore al desiderio di fare chiarezza in tutto quel mistero. Dannazione!

Improvvisamente si accorse di essersi fissata su un poster che raffigurava la volta celeste con le costellazioni e un simbolo come due i maiuscole davanti.

Soprapensiero chiese: “Cos’è?” indicando l’immagine.

“Il segno dei gemelli. Sono nato a giugno” rispose Edward tranquillo.

 

Qualcosa si insinuò nella mente di Isabella. Quel simbolo le era famigliare. Ci si era imbattuta ultimamente… o almeno i suoi sistemi informatici ci si erano imbattuti.

Guardò ancora sul letto.

Tutti quei fogli.

“Sei tu che hai cercato di violare i nostri sistemi informatici!” esclamò fissando Edward.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

sono tornata!

Come già detto, continuo a rimaneggiare questa storia. Non riesco ad appassionarmi come con le altre. Forse il tipo di scrittura, la perdita di motivazioni, non so.

Sono stata un po’ lontana da efp e adesso spero di tornare a pieno ritmo, se non altro per terminare le storie che ho in sospeso (tra cui la vecchissima e mia amata AAA Affittasi moglie).

Spero che ci siate ancora per leggere cosa succederà a questi due testoni…

 

Per ora, alla prossima settimana

baciotti

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** la verità uccide ***


Ciao a tutti!

Incredibile ma vero! Non potete credere ai vostri occhi ma è proprio così! Altro capitolo postato con il contagocce.

Questa volta l’ispirazione ci ha messo poco più di un mese, ma è tornata per farmi nuovamente variare questa storia.

Ormai non cambierò più. Questo capitolo è già abbastanza impegnativo di suo, senza che metta altre cose a vorticare in mezzo al pantano.

 

Pertanto, bando alla ciance e lascio che a parlare siano i fatti descritti nel capitolo.

BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

 “Sei tu che hai cercato di violare i nostri sistemi informatici!” esclamò fissando Edward.

 

Il silenzio avvolse e annullò l’eco di questa affermazione. Si udivano solo i respiri di Isabella che guardava il volto stupito di Edward.

Non c’erano possibilità di errore: nessuna risposta uguale ammissione di colpa. Era lui l’hacker che li stava tormentando da giorni.

“Come ho potuto essere così stupida! Sapevi chi ero io, cosa rappresentavo… hai cercato di circuirmi da quando siamo arrivati! Ti sei introdotto nei nostri sistemi per ottenere informazioni… per rovinarmi!” le accuse venivano lanciate con un tono di voce sempre più stridulo, finché, finalmente, il rosso si mosse per bloccare quello che pareva essere uno schiaffo da far atterrare sulla sua guancia.

 

“Maledizione, Bella!” sbottò agguantando tutti e due i polsi e sporgendosi su di lei, facendola coricare sul letto, tra i fogli stampati. “Non avresti dovuto saperlo in questo modo, ma sappi… ti giuro che io non ho fatto niente contro di te, anzi, ti ho difeso da Cosmopolitan che voleva introdurre un virus nei tuoi sistemi” sospirò. “Devi credermi”.

 

Isabella lo ascoltò fissandolo con rabbia, verso lui e se stessa.

“Come potrei crederti? Che prove hai per convincermi a pensare che non volevi danneggiarmi?” chiese ancora urlando.

“Ho solo cercato informazioni su di voi quando vi ho incontrati. Sapevo che doveva arrivare qualcuno che si era interessato alla nostra ipoteca. Me lo aveva appena confidato il direttore della banca. Ho solo fatto due più due. Devi credermi, volevo solo difendere la tenuta ma non ho fatto niente per danneggiarti”.

La fissava serio. Occhi negli occhi, cercando di comunicarle le parole anche con il corpo, sdraiato su di lei che si strattonava, provando a liberarsi dal suo peso.

“Non è vero!” sibilò stravolta dall’ira.

 

Non riusciva a connettere. L’umiliazione del tradimento e la rabbia per essersi fidata le stavano stritolando l’anima.

Non si accorgeva neanche di essere completamente bloccata sotto il corpo di Edward, voleva solo picchiarlo, graffiargli la faccia e tirare calci fino a farlo diventare… niente.

Le ci vollero alcuni minuti prima di riprendere fiato e connettere le sue funzioni, captando finalmente quello che stava accadendo: Edward la stava baciando e lei era completamente immobile. Anzi, stava partecipando al bacio sporgendosi contro di lui.

Spalancò gli occhi inorridita e il ragazzo alzò il viso e la fissò serio. “Ti sei calmata? Posso parlare adesso?” sussurrò, timoroso di interrompere la quiete e far scatenare di nuovo la ragazza sotto di lui.

Già era difficile resisterle quando erano in verticale, adesso che se la trovava cedevole e morbida sotto di lui, era un inferno. Il suo letto non avrebbe più avuto lo stesso significato.

Isabella deglutì prima di assentire con un furioso ordine. “Spiegati”.

“Isabella… posso lasciarti? Voglio che tu mi ascolti senza interrompere e senza tentare di picchiarmi” continuò il ragazzo, azzardando lentamente a lasciarle i polsi e tornare a sedersi dall’altra parte del materasso.

La principessa di Boston sospirò e annuì, stringendo le labbra in una linea rigida e incrociando le braccia a difesa del suo cuore che batteva fortissimo.

 

“Hai ragione, sono entrato nei tuoi sistemi informatici. Devo dire che mi aspettavo di fare un po’ più di fatica, invece è stato fin troppo semplice. Quasi un insulto per quanto mi riguarda” borbottò Edward tentando un timido sorriso sghembo e passandosi una mano tra i capelli ramati.

Il fatto di vederlo così compiaciuto di sé stesso fece nuovamente saltare la mosca al naso a Bella. “Scusa se non ci siamo premuniti prima contro dei delinquenti della tua risma ma questo non era mai stato necessario” sbottò sarcastica.

“Mi meraviglia… comunque non è questo il punto. Mi sono introdotto nei tuoi sistemi per cercare notizie su come impedire alla Explosion di rilevare la nostra ipoteca e mettere le mani sulla mia tenuta. Ci sto sputando il sangue da una vita e da quattro anni ho definitivamente rinunciato ai miei sogni e alle mie aspirazioni per questo mucchio di piante e terra. Non voglio che il mio sudore vada perduto se posso impedirlo.

Ti giuro che ho fatto solo questo. Ho scoperto che il vero padrone sei tu e non quel Jacob. Sei stata in gamba a distogliere l’attenzione da te. Credo sia stato necessario per il fatto che sei una giovane e bellissima donna…” si interruppe facendo un ampio sorriso per mitigare l’imbarazzo che stava provando ad aver detto quelle ultime parole.

Perché era questo che pensava di Isabella: era davvero bellissima. Forse non la più bella che lui avesse mai visto. C’erano state ragazze stratosferiche che sembravano corpi celesti portati dagli angeli e depositati sulla terra per il gaudio dei comuni mortali, ma lei era diversa. Era bella ed era vera, concreta, arguta e… bellissima. Almeno per lui.

 

“Come fai a fare tutto questo? Non c’è neanche un computer in questa stanza e non mi sembra di aver visto chissà cosa nello studio di tuo padre” obiettò Bella lanciando uno sguardo alle carte sparse ancora sulle lenzuola stropicciate.

Edward si alzò e le tese una mano. “Vieni, ti mostro il mio regno” la invitò indicando la porta di uscita della camera.

A pochi passi da loro, sul corridoio comune, si apriva un’altra camera, piena di apparecchiature elettroniche sparse sulle due scrivanie e una libreria piena di CD e fascicoli che copriva una intera parete.

“Questo è il mio studio. È qui che tengo i miei computer e tutti i miei tesori”.

Sulla parete accanto alla porta erano appesi la laurea in informatica e alcuni corsi frequentati da Edward con il massimo profitto. Era davvero un piccolo genio della tastiera.

 

“Adesso spiegami cosa è quel fumetto che hai lasciato nei miei sistemi e come faccio per farlo togliere” ordinò Bella, accomodandosi sul piccolo divano posizionato sotto le attestazioni di studio.

Edward ridacchiò e indicò uno schermo “Quello dici? Non posso. Io e Cosmo stiamo ancora lottando. Io sto proteggendo i tuoi sistemi con il mio scudo… vedi? Il mio simbolo l’hai riconosciuto!”

“Allora dì al tuo amico di smetterla! Altrimenti vi farò arrestare tutti e due!” sbraitò Isabella alzandosi come una furia. Il fatto che lui fosse divertito la faceva irritare ancora di più. Il suo scherzetto era costato migliaia di dollari e ore di lavoro per i suoi dipendenti e non si sarebbe risolto con delle sentite scuse. Voleva la testa del responsabile e avrebbe avuto anche la bellissima testa del ragazzo che le stava davanti. Al diavolo la sua attrazione per lui. La sua azienda era più importante di una semplice infatuazione per  dei pettorali definiti, dei bicipiti muscolosi e un sorriso da urlo.

 

“Mi piacerebbe davvero. Odio dovermi impegnare in queste lotte. Non si dimostra niente a nessuno e si rischia solo di essere scoperti e messi in galera” rispose.

“Ti è mai successo?” chiese allora curiosa Isabella.

“Ci sono andato vicino un paio di volte, quando ho cercato di entrare nei sistemi del governatore della California e di una banca… ma ho intuito subito il problema e sono riuscito a sparire”.

“Come mai il simbolo dei Gemelli?”.

Dopo l’iniziale sfuriata, Isabella si era accorta che non poteva risolvere nulla in quel modo e che lui stava solo cercando di aiutarla contro questo fantomatico Cosmopolitan. La curiosità di scoprire ancora di più su questo nuovo mondo, dove Edward era ancora più affascinante con l’aria del ragazzo pericoloso, le fece cambiare indirizzo di domande.

“Tutti noi abbiamo un nick. Io non sapevo quale usare e mi è venuto in mente quello. Gemini. Ti piace?” chiese infine sorridendo in modo disarmante.

“Sei poi riuscito ad entrare in quei sistemi?”.

Il sorriso del ragazzo si allargò ulteriormente. C’era riuscito e con meno fatica del previsto.

 

Isabella si accasciò nuovamente sul divanetto. “Edward, cosa devo fare con te?”. Era una domanda retorica che manifestava tutto il suo disagio per la situazione.

Lui fece spallucce. “Dipende da cosa vuoi. Adesso stavamo cercando di capire che mosse aveva intenzione di fare mio zio. Non c’è nulla che tu possa fare per la mia attività di ‘infiltrato’ e, prima che tu me lo chieda, non posso impedire a Cosmo di rompere le scatole, perché non so neanche chi sia. Non ci conosciamo tutti nell’ambiente e, come comprenderai bene, la segretezza è fondamentale. Con lui ho fatto un patto: una tregua di tre giorni, di cui uno è già passato. Poi lui passerà all’attacco e ti conviene contattare qualche buon ingegnere informatico se vuoi sopravvivere. Io da qui potrò fare ben poco” rispose Edward, sedendosi accanto alla ragazza e passandole un braccio sulle spalle.

“Non c’è niente da temere da me. Come ti ho detto, volevo solo trovare delle informazioni per proteggere la mia tenuta, ma non farei mai del male a te e non danneggerei volontariamente la tua azienda. Rispetto il tuo lavoro in questo campo, come spero che tu rispetta il mio”. La sua voce era bassa, roca e carezzevole all’orecchio e Bella sospirò sconfitta.

 

Gli credeva. Credeva a tutto quello che le aveva detto e questo non aveva nulla a che fare con l’irrequietezza che la sua vicinanza le causava in quel momento.

“Va bene” cedette “Cerchiamo di capire cosa vuole tuo zio, poi verrai con me a Boston e sistemerai il problema dei sistemi informatici”.

“Mi vuoi ricattare? Guarda che non ho intenzione di finire in prigione per quello” indicò lo schermo che continuava a danzare sotto i loro occhi “E tu non puoi dimostrare niente. Come ti ho detto, sono bravo a far scomparire le mie tracce”.

“Stupido. Ti sto offrendo un lavoro. Limitato a questo problema o a tempo indeterminato, questo lo deciderai tu. Carta bianca e tutto il settore a tua disposizione. Budget illimitato, stipendio adeguato” sciorinò la presidente delle Industrie Explosion, nuovamente nel suo ruolo di leader.

Edward boccheggiò un attimo e il suo sguardo si illuminò come quello di un bambino davanti al giocattolo tanto desiderato, poi tornò serio. “Non posso andarmene, almeno sino a quando la tenuta sarà al sicuro e potrò lasciare il comando a Jasper” sospirò.

“Pensaci intanto” sussurrò Bella appoggiando poi la testa sulla spalla del ragazzo.

 

In pochi istanti si sentì avvolgere dalle braccia di Edward, mentre le sue labbra veniva coperte da quelle di lui per un bacio famelico. “Ci penserò” bisbigliò un attimo, staccandosi dal suo viso per poi rituffarsi su quella bocca rosea e morbida che lo stava eccitando di nuovo.

La mente di Isabella sembrava vuota, non sentiva nulla al di fuori delle labbra e delle mani di Edward. Le sensazioni di calore che le stavano scatenando la lasciavano senza fiato e quando sentì le dita infilarsi al di sotto del topo che indossava, per poi risalire lente verso il seno, si sentì bollente di anticipazione sul piacere che avrebbe provato da lì a poco.

Perché ormai lo sapeva, stare con Edward sarebbe stato fantastico ed indimenticabile.

 

Erano ancora ansimanti, quando le labbra di lui si spostarono sul suo collo e… il trillo proveniente dal computer, squillò interrompendoli spaventati.

 

“Che succede?” strillò Bella, più spaventata per l’intensità di quello che stava provando, piuttosto che per l’interruzione brusca.

“Non ne ho idea” rispose Edward correndo al computer e cominciando a schiacciare tasti ad una velocità impressionante.

Isabella si avvicinò incuriosita e lui iniziò a parlare. “Sembra che Cosmo abbia fatto un nuovo tentativo. Però ci deve essere qualcuno in gamba nei tuoi uffici perché non ci sono stati problemi questa volta”. Si rialzò soddisfatto e si sorrisero.

Forse potevano lasciare stare il freddo mondo informatico e dedicarsi a quello più caldo che stavano esplorando poco prima.

 

Ma restava sempre il problema di Phil.

“Cosa credi che dovremo fare adesso con tuo zio?” chiese Isabella.

“Cercherò ancora qualche cosa… adesso scendiamo, prima che vengano a cercarci. Se rimango ancora con te, rischio di non riuscire a tenere le mani ferme e non è il momento” ammise imbarazzato Edward.

“A me non dispiacerebbe” rispose Bella sospirando “Però hai ragione. Non è il momento… ma presto” promise poi in un sussurro complice.

Uscirono sorridendo e con le mani intrecciate, scesero la grande scala per giungere al piano terra, dove sentirono delle voci concitate provenienti dallo studio di Carlisle.

Il padre di Edward non poteva presenziare alla vendemmia, visto lo stato nel quale versava la sua salute.

Si guardarono stupiti quando riconobbero la voce di Phil. Che ci faceva alla tenuta?

 

“Carlisle! Non hai fatto niente da quattro anni a questa parte! Non ti darò nemmeno una fetta della torta. Il bottino sarà solo mio! Sono io che mi sono fatto il culo… ho costruito le prove, ho lavorato nell’ombra… e tu cosa hai fatto? Sei stato qui a trastullarti sulla sedia a rotelle a farti scorrazzare dal quella stupida di mia sorella”

“Io non ho fatto niente? E chi ha provveduto a incidere il tubo del carburante dell’aereo dove volavano gli Swan? Tu per caso? Se non sbaglio eri in galera in quel periodo… a Parigi se non ricordo male”.

 

Edward e Isabella si guardarono ancora sconvolti, trattenendo il fiato per quanto avevano sentito.

 

“E tu hai pensato bene di farti avere un attacco di cuore. Comodo essere costretto su una sedia a rotelle. Nessuno ti ha collegato all’incidente… nessuno si è accorto del meccanico che passava nell’hangar. E nessuno può rintracciarti ed incolparti di qualche cosa. È stato un incidente. Adesso dimentica tutto e lasciami incassare il denaro che potrò spremere dalla mia ‘figlioletta’ ritrovata”. Si sentiva il tono malefico della voce di Phil e Bella si strinse le braccia per il freddo che le entrava in petto nel sentire questa cattiveria.

“Io ti ho spianato la strada e ti aiuterò ad eliminare la piccola Swan. Tu mi darai il cinquanta per cento dell’eredità e non dovremo più incontrarci per il resto della vita” ribatté Carlisle.

“Non ci penso nemmeno. Io sarò quello sotto i riflettori, sospettato di tutto. Dovrò studiare attentamente un piano e tu sei totalmente inaffidabile” sibilò Phil, per poi scoppiare a ridere “Ritira quel ferro, non ti serve a nulla e ci perderesti solo tu”.

 

Edward fremeva accanto a Bella. Suo padre e suo zio erano dei delinquenti, degli assassini. Gli veniva la nausea.

 

“Cosa hai intenzione di fare con la ragazza?”

“Ho già manomesso la centralina elettronica della jeep di Renée. Tutti quelli che sono sopra quell’auto moriranno prima di arrivare a Sonoma e sembrerà un vero incidente. Niente sangue, niente sporco. Ne uscirò pulito come un neonato e piangerò la mia carissima ex moglie e la mia figlioletta appena ritrovata. Credo che creperà anche quel antipatico di avvocato se sono fortunato, così non ci saranno più ostacoli”.

 

Appena l’eco di quelle parole si spensero nell’aria, Isabella scattò in piedi e corse verso lo studio spalancando la porta socchiusa. “Maledetti!” urlò avvicinandosi velocemente verso Carlisle.

Edward, dopo un attimo di sorpresa, scattò a sua volta, cercando di trattenere la ragazza che invece era già entrata nella stanza. E appena varcò la porta non poté far altro che urlare il suo nome mentre vedeva suo padre sparare contro Bella.

 

Isabella si sentì colpire al petto. Un dolore atroce e un urlo furono le uniche cose che percepì prima di cadere in un pozzo buio senza fine.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

Carissimi, eccoci alla fine del capitolo.

Colpo di scena? Spero di avervi sorpreso ancora una volta.

Questa storia doveva essere solo una romantica e un esercizio stilistico e si è trasformata in una work in progress e una sfida con me stessa.

 

Vi faccio un ultimo annuncio: il prossimo capitolo sarà… l’epilogo.

Da non crederci vero?

Però sapete che io sono fissata con il 5 e i suoi multipli e questa storia è arrivata al suo capolinea (per stanchezza, ispirazione e bandiera bianca).

Pertanto trovo che non convenga trascinarla ma lasciare un buon epilogo corposo dove tutti i nodi vengano al pettine.

In fin dei conti ho annodato parecchio qui dentro… non trovate?

 

Fatemi sapere quel che ne pensate.

Grazie per l’attenzione.

Alla prossima puntata.

baciotti

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** un nuovo capitolo ***


 

Ciao a tutti!

Lo so, sembra incredibile ma sono qui per concludere questa storia. Mi sono gettata quando ancora avevo l’ispirazione e adesso vi lascio all’ultimissimo capitolo di questa vecchia storia.

Spero che soddisfi tutte le vostre domande.

 

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, inserito la storia nelle preferite, ricordate e seguite e chi ha semplicemente letto. Spero vi siate divertiti.

Adesso vi lascio al capitolo conclusivo.

BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

“Ciao, Bella! Sei pronta per partire? Rose non sta più nella pelle” esclamò Emmett. Il suo vocione riempiva tutto lo ufficio grazie al viva voce, ma non era come averlo lì davanti.

“Devo finire di infilare gli ultimi vestiti in valigia e volo lì. Jacob è già arrivato?” chiese Bella alzandosi dalla poltrona ed avvicinandosi alla finestra.

Il suo sguardo accarezzò il panorama grigio di Boston e la sua mano corse distratta a sfiorare la cicatrice che deturpava la sua pelle, sotto la camicetta.

Erano passati quasi cinque mesi da quando era esploso il colpo di pistola nella assolata California.

Carlisle non aveva mirato al cuore, per fortuna o per inesperienza. Il proiettile le aveva attraversato i tessuti molli al di sotto della clavicola e si era incastrato nella scapola.

L’intervento era stato lungo e la riabilitazione del braccio ancora di più, ma ora tutto era andato per il meglio e lei era di nuovo a capo delle industrie Explosion di Boston.

 

La risata di Emmett la riscosse dai pensieri e le strappò un sorriso indulgente.

“Puoi dirlo forte. È piombato qui come una furia, sbraitando su Riley come un ossesso. Il poveretto era terrorizzato e sarebbe fuggito a gambe levate se Irina non lo avesse difeso. Ha giurato che non risponderà mai più a un telefono se non il suo personale”.

Anche Isabella scoppiò a ridere “Dovevi vederlo quando ha telefonato a Reneesme per prendere accordi sulla nostra partenza. Quando ha risposto quel ragazzo al cellulare ha cominciato a urlare ‘Chi cazzo sei?’ ‘Se tocchi la mia donna sei morto’ e cose simili da epoca giurassica. Inoltre non me lo ha detto nessuno che si erano messi insieme”.

“Infatti non lo sono, ma credo che dopo questa piazzata, sarà difficile per Jake non esporsi e far finta di niente” rispose Emmett ridacchiando.

“E Reneesme, cosa ne pensa?” chiese ancora Bella, mentre cominciava a infilare alcuni documenti nella sua valigetta.

“Felice e solare come al solito. Lei è riservata, ma secondo la mia Rosy, è cotta persa per il nostro Jake… e noi due sappiamo che anche lui ormai è perso” confermò Emmett.

“Spero che, almeno loro non mi facciano lo scherzo di fuggire a Las Vegas dopo appena due settimane! Mi devi ancora un rinfresco di nozze! Secondo me Rosalie dovrebbe mandarti in bianco sino a quando non la sposi davanti a tutti noi. Elvis dovrebbe essere vietato!” gli ricordò Bella.

 

Emmett e Rosalie erano scappati a Las Vegas per sposarsi, non appena Bella era stata dichiarata fuori pericolo e nel bel mezzo delle indagini della polizia per il tentato omicidio della signorina Swan.

La notizia aveva lasciato tutti stupefatti, ma loro si erano giustificati dicendo che non avrebbero voluto aspettare e, visto il momento difficile, non volevano far pesare l’organizzazione di un matrimonio e della loro felicità in quel momento difficile.

 

“Dimmi quando ha scoperto che Riley è il ragazzo di Irina” lo incoraggiò Bella ricominciando a ridere.

“Difficile a dire chi era più rosso, se Jake o Riley o zia Carmen… ci pensi? Quel donnone come suocera? Io mi ritengo fortunato” disse Emmett terminando in una risata sguaiata.

“Non dire così. Carmen è stupenda. Secondo me è peggio avere Irina come cognata. Quella ragazzina è una mina impazzita” gli fece il verso Bella.

 

Le risate scemarono e la ragazza terminò di sistemare la scrivania, pronta per volare dall’altra parte degli Stati Uniti.

“Emmett… hai più sentito Edward” chiese infine Bella con un filo di voce.

La prima risposta fu un lungo profondo sospiro. “Mi dispiace, Bels. Da quando i federali lo hanno portato via non abbiamo più saputo nulla. Ogni tanto chiama Esme per dire che sta bene, ma sono proprio solo due parole che interrompe subito. Non sappiamo se gli stanno facendo qualcosa”.

Anche Emmett era preoccupato. Aveva cercato di indagare con i suoi contatti ma si era arenato davanti all’omertà dell’Fbi e dopo vari tentativi si era dovuto arrendere.

 

Edward era finito nei guai non appena era subentrata la polizia per le indagini. Nel momento in cui avevano aperto la porta del suo studio, era intervenuta l’Fbi e lo aveva prelevato per interrogarlo sulle sue attività in rete.

Da quel momento la famiglia non aveva più avuto notizie e quando Bella si era ripresa dall’operazione aveva solo potuto ascoltare quanto era capitato durante la sua degenza in ospedale.

In quel periodo aveva sognato spesso il ragazzo. Per la prima volta in vita sua voleva provare seriamente a stare con una persona, perché nel profondo, sapeva che sarebbe stata una storia d’amore indimenticabile.

Non importava se Carlisle, che aveva ucciso i suoi genitori, era suo padre. Lei amava Edward per quello che era e si era svegliata con la necessità impellente di confessarglielo. La vita era troppo breve per farsi sfuggire anche solo un attimo di felicità.

Purtroppo lui non c’era e non ci sarebbe stato chissà per quanto ancora. Forse mai più.

 

“Però sarà sicuramente al processo. Deve testimoniare contro Phil e Carlisle per quello che ha sentito sull’incidente dei tuoi genitori. Credo che potremo incontrarlo lì. Esme ne è sicurissima e io mi fiderei” cercò di consolarla Emmett.

Caro amico. Sapeva capire il suo stato d’animo anche da un sospiro. Nessuno sarebbe stato un fratello maggiore migliore di lui.

“Okay, grande fratello orso, passo da casa a prendere la valigia e ci vediamo tra qualche ora all’aeroporto. So che il jet è pronto in pista, quindi ci metterò davvero poco. A dopo Emmett, e salutami Rosalie”. Così dicendo Bella chiuse la telefonata e si avviò all’uscita.

 

Il traffico era caotico a quell’ora del primo pomeriggio e Max, il vecchio autista di famiglia, faceva del suo meglio per far avanzare velocemente l’automobile tra i veicoli.

Bella guardava distrattamente le vetrine, senza vedere nulla in realtà. La sua mente era lontana miglia, in una valle assolata, piena di viti rigogliose, in compagnia di un ragazzo che le mostrava come staccare i grappoli dalle piante.

Un lampo rosso attirò la sua attenzione e per un attimo le sembrò che fosse Edward, ma la persona in questione era già scomparsa tra la folla sul marciapiede o forse non era mai esistita.

 

Il viaggio a Sonoma fu tranquillo e senza intoppi. Isabella riuscì anche a fare un sonnellino e a sognare ancora il tango che aveva ballato con Edward alla festa.

“Devo smetterla e togliermelo dalla testa o impazzirò” borbottò la ragazza non appena sveglia.

Poco dopo scese dal jet e si diresse verso Renée che la stava aspettando a bordo pista.

“Tesoro! Quanto tempo! Sei in forma perfetta, ti sei ripresa bene dalla operazione. Hai ancora difficoltà con il braccio?”. La donna iniziò subito a sommergerla di tenere domande. Si erano tenute in contatto da quando si erano conosciute in quella terribile vacanza e Isabella sentiva del vero affetto per quella imprevedibile fotografa. Capiva anche come lei e sua madre fossero state tanto legate ai tempi della sua nascita.

 

“Credo che la nostra Reneesme abbia trovato un innamorato” disse sogghignando Renée non appena salirono sulla nuova jeep. “Proprio in questo momento è chiuso nello studio con Eleazar ad ascoltare la predica del padre sui doveri, obblighi e pregi che deve avere il suo futuro genero. Se questa sera non compare un anello di fidanzamento, credo che dovrai riportare le spoglie di Jake a Boston per la cremazione, perché non rimarrà molto da seppellire” terminò facendo scoppiare Bella in una allegra risata.

“E dire che non avevo mai creduto che Jacob fosse un tipo da matrimonio” commentò alfine.

“Basta trovare la persona giusta. Come Rosalie ed Emmett. Sono davvero innamorati quei due. Una dolcezza che dà alla testa solo a guardarli”.

 

Ancora una volta percorsero la strada polverosa che le avrebbe portate alla tenuta dei Cullen, dove avrebbero pernottato per le ultime udienze del processo.

Isabella si trovò ancora una volta a ripercorrere quei giorni di cinque mesi prima.

L’incontro con Edward, la gonna rotta, lui addosso, lui che la baciava, le parlava, la consolava, la stringeva, ballava con lei… le rapiva il cuore.

Doveva assolutamente smetterla, o non sarebbe più riuscita ad andare avanti con la sua vita.

Aveva delle responsabilità. Non poteva fermarsi e sospirare per un uomo che non sapeva se avrebbe mai rivisto. Era inaccettabile.

 

Finalmente arrivarono a destinazione e vennero subito accolti da una sorridente Esme, decisamente più in forma rispetto alla figura apatica di qualche mese prima.

“Isabella, tesoro! Ben arrivata!” la accolse festosa.

Poco dopo arrivò Emmett a prendere il bagaglio, mentre Rosalie la accompagnava alla sua camera.

“Sono felice che sia venuta e soprattutto che ti sia ripresa dal ferimento. Emmett era terribilmente preoccupato” disse sorridendo la bionda, mentre il marito grugniva alle loro spalle, come a ribadire il suo essere maschio.

“Devo dirti un segreto… saresti la prima a saperlo. Emmett voleva essere lui ma…”.

“Rosalie!” protestò il ragazzo ma non riuscì a dire altro che la bionda saltellò battendo le mani e annunciando “Sono incinta!”.

Un urlo di giubilo da parte della bostoniana accompagnò le parole e precedette un gran numero di abbracci, lacrime e risate che si propagarono per tutta la villa.

 

Quella sera, nel salone da pranzo, si festeggiò il prossimo arrivo del nuovo McCharty e il fidanzamento di Jacob e Reneesme che, nel frattempo, erano arrivati con sorella e genitori.

Sembravano davvero una grande felice famiglia.

 

“Ehi, Isabella”. Jasper attirò la sua attenzione. “Se poi vuoi vedere i registri contabili. Sembra che la vendemmia sia andata bene, nonostante tutto e con i nuovi macchinari…”.

“Lascia stare, Jasper. Mi fido di te e di Esme, come di me stessa. Poi se hai bisogno di qualche cosa, qui hai Emmett. Adesso sono in vacanza, non il rappresentante delle industrie Explosion” rispose Bella sorridendo e lasciando il ragazzo alle sapienti e tenere mani della sua Alice.

Alla fine le industrie Explosion avevano rilevato l’ipoteca della tenuta, ma l’avevano convertita in un apporto di capitale diventando soci di minoranza dei Cullen, mantenendo l’indipendenza e gli standard della produzione vinicola, aiutando a commercializzare i prodotti in tutti gli Stati Uniti. E questo affare stava portando interessanti profitti.

 

Qualche giorno dopo si svolse l’udienza in tribunale per il processo contro Phil e Carlisle. Anche questa volta Esme non si presentò in tribunale. Non voleva che la sua presenza sembrasse di appoggio al fratello che aveva rinnegato o al marito da cui aveva chiesto immediatamente il divorzio.

Subito dopo la testimonianza di Bella, venne chiamato Edward Cullen alla sbarra.

Tutti si voltarono verso la porta che si aprì immediatamente, facendo comparire un uomo elegante in completo di lino color sabbia e camicia bianca.

Non guardava nessuno mentre si avvicinava al banco dei testimoni. Passò accanto ad Alice che venne trattenuta da Jasper, per evitare di correre ad abbracciarlo e mai una volta distolse lo sguardo dal giudice.

Dopo la formula di rito sul giuramento si accomodò alla sbarra e rispose alle domande dell’avvocato dell’accusa con voce chiara e stentorea, senza indecisione.

Isabella lo fissava con occhi spalancati, cercando di attirare la sua attenzione. Anche solo uno sguardo le sarebbe bastato, per capire se c’era qualche cosa in cui sperare oppure no.

Quando anche l’avvocato della difesa finì le sue domande ed Edward fu congedato, tutti, da Isabella a Jasper ad Emmett a Eleazar, trattennero il fiato osservando il ragazzo che passò accanto a loro senza neanche dare segno di riconoscerli. Sembrava che fosse un'altra persona, se non che, a un passo dalla porta, si girò e fece un piccolo sorriso ad Alice prima di uscire direttamente dall'aula.

 

Né Alice né Bella furono in grado di aspettare oltre e scattarono verso l'uscita dove era appena passato il ragazzo. Appena arrivarono nel corridoio, trovarono Edward abbracciato ad Esme che gli si aggrappava con le lacrime agli occhi.

“Mamma, dai non fare così. Sto bene, vedi? Davvero, va tutto bene” mormorava il rosso carezzandole la schiena.

“Edward” pigolò Alice correndogli incontro ed allacciandogli le braccia al collo.

“Pulce. Non piangere anche tu, altrimenti affogo” borbottò stringendo anche lei.

Era un quadretto commovente. Anche Bella, se pur in disparte, si sentiva emozionata nel guardare l'affetto dei Cullen. Erano mesi che Alice ed Esme non vedevano il ragazzo e non le sembrava corretto distogliere l'attenzione da questa riunione di famiglia.

“Edward, dobbiamo andare. Neal ci sta aspettando” disse allora un uomo in giacca e cravatta che era accanto a loro.

“Mamma, Alice, vi presento Peter Burke dell'Fbi, il mio referente... adesso devo proprio andare. Mi faccio sentire presto” salutò con un bacio sulla fronte sia la madre che la sorella e si allontanò dopo aver dato uno sguardo carico di rimpianti a Isabella che era ancora ferma a guardarlo.

“Edward è un bravo ragazzo e davvero in gamba. State tranquille, ci occupiamo di lui con molta attenzione e vi posso assicurare che non corre alcun rischio. Buona giornata” salutò Peter prima di seguire Cullen verso l'uscita.

 

In pochi istanti i due uomini scomparvero lasciando le tre donne attonite a stringersi tra loro per consolarsi della mancanza del ragazzo.

Edward non tornò e Isabella, trascorsi quindici giorni con i suoi amici, tornò a Boston in compagnia di Jacob, lasciando Emmett al nuovo ufficio legale a Sonoma.

Il processo si era concluso con la condanna dei colpevoli all'ergastolo e, con la scomparsa di Edward, nulla tratteneva ancora Isabella nella assolata California.

 

La tristezza che l'aveva riempita, non passò a Boston, nonostante il trascorrere lento dei mesi successivi.

Jake trascorreva il suo tempo tra l'est e l'ovest degli Stati Uniti, utilizzando il jet privato delle industrie con il consenso di Bella e la gioia di Reneesme che poteva vedere il suo fidanzato quasi ogni settimana.

 

Ormai era settembre e tra pochi giorni avrebbe preso il jet per andare alla tenuta dei Cullen per partecipare alla vendemmia. Era già passato un anno da quei giorni e il suo cuore non aveva fatto neanche un passo avanti. Era ancora lì ad aspettare un Edward che pareva scomparso dalla faccia della terra.

 

Isabella aveva appena finito di chiudere la valigia, quando il campanello della porta suonò. Probabilmente era Jacob che si era stufato di aspettarla in macchina.

“Arrivo, arrivo, Jake. Uffa che fretta che…”. Bella non riuscì a finire la frase. Le parole le morirono in gola quando, al posto del suo assistente, si trovò sulla porta Edward.

Il ragazzo la trascinò all’interno dell’appartamento e richiuse l’uscio alle sue spalle.

“Bella, non mi mandare via, ti prego. Mi dispiace. Non ho potuto contattarti prima. Quelli dell’Fbi mi hanno reclutato per tutta la durata della mia pena, ma adesso sono libero. So che non mi dovresti amarmi, visto quello che ti ha fatto mio padre, ma dammi una possibilità. Vedrai che non te ne pentirai”. Era un appello accorato di un cuore innamorato che le fece salire le lacrime agli occhi.

Doveva mandarlo via? Doveva rischiare? Considerando come era stata la sua vita nell’ultimo anno, c’era solo una risposta.

“Certo che non ti mando via! Io ti amo!” rispose Isabella con voce tanto alta da sembrare un urlo liberatorio.

“Dio ti ringrazio! Perché anche io ti amo e non sarei sopravvissuto senza di te” disse Edward prima di immergersi in un dolce, passionale, lunghissimo bacio.

 

Il jet privato partì con Jacob a bordo. Gli altri sarebbero arrivati con un altro volo, ora c’erano cose più importanti a cui dedicarsi…

 

Fine.

 

 

---ooOoo---

Angolino mio:

prima nota. Peter Burke e Neal sono ovviamente i protagonisti di White Collar, telefilm sulle indagini di frodi e furti dei colletti bianchi di New York. Mi sono immaginata che l’FBI avesse preso l’hacker come collaboratore e in questa divisione sarebbe stato più realistico.

 

Sembra di aver ricordato tutto, almeno credo. La tenuta è salva, tutte le coppie sono a posto, Isabella e Edward insieme…

 

Sì. Ho finito.

Questa storia è stata lunga e dura da portare a termine. Soprattutto sono tre anni! Mai dire mai. Ho tenuto fede alla promessa di concludere le storie.

Pat, pat, mi faccio i complimenti da sola.

 

Ora affronterò un’altra delle mie sospese. Non so ancora quale ma voi tenetemi d’occhio.

 

Grazie per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti.

Grazia

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=751342