Another World

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno Welcome To New York! ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due -The Easy Way For... Crazy Pig- ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre -Nightmares, Tiger in Central Park and Shadows- ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro I'm Crazy For... Shopping! And your First Date ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque Library, Fantasy Book And Goblin ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei Litigious, Swimming in The Pool and Amazing Lad ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette Partly The Truth ***
Capitolo 9: *** Capitoo Otto I'm crazy For My First Date And The Return Of Shadow ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove Nightmers and Dinner with friends ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci Return The Tiger, Nightmer and The True part I ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici The True and start to Another World ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici The Battle Parte I ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredici - The Battle II ***



Capitolo 1
*** Prologue ***





Prologue

Guardava fuori dalla finestra prestando poca attenzione al vecchio che stava parlando. Fuori nevicava, e i fiocchi candidi si posavano sui cumoli delle nevicate precedenti. La sala era riscaldata dal fuoco che scoppiettava nel grande camino che occupava, per quasi tutta la sua lunghezza, la parete ad est.
«Dovete trovare il Catalizzatore, altrimenti il nostro mondo andrà in rovina!» tuonò il vecchio.
La ragazza distolse lo sguardo dalla finestra, posandolo sull'uomo seduto su una poltrona in velluto rosso con un alto schienale.
«Joerydan, Astrakan, avete capito?» domandò l'uomo stringendo con forza il boccale contenente del vino rosso aromatizzato alla cannella.
«Sì, Saggio, abbiamo capito.» disse Joerydan.
«E allora perché il Catalizzatore non è dove dovrebbe stare, ossia qui?» chiese il Saggio.
«Perché noi siamo in due e la Terra è grande.» rispose Astrakan incrociando le braccia al petto. «Sono più di sei milioni di abitanti. Io e mio fratello da soli non possiamo controllarli tutti.» continuò la ragazza.
Il Saggio sospirò e fece un cenno con la mano destra. Un cameriere, rimasto fino a quel momento fermo in piedi in un angolo della sala si avvicinò. Il Saggio indicò il camino e il cameriere corse a buttare un altro pezzo di legno al suo interno.
«Sbaglio o avete circoscritto l'area in cui potrebbe trovarsi?»
Joerydan annuì.
«Si, ma...» esclamò Astrakan.
«Ma un corno!» l'interruppe il Saggio. «Avete due mesi di tempo. Partite domani.»
«Due mesi? Partiamo domani?» esclamò Astrakan alzandosi in piedi. «Ma è impossibile! New York è enorme, ha milioni di abitanti, in due mesi non ci riusciremo!» continuò ignorando lo sguardo minaccioso del Saggio.
«E non mi guardi così! Lei se ne sta qui e non fa nulla, mentre noi due giriamo per la Terra come trottole impazzite! E tutto per una negligenza di un'altra persona!» continuò Astrakan infuriata alzandosi in piedi e fissando il Saggio.
«Astrakan... è il vostro compito. E il mio è quello di controllare che voi lo eseguiate.» replicò il Saggio. «Ed ora ripeti perché dobbiamo trovare il Catalizzatore prima che sia troppo tardi.»
La ragazza sbuffò e si sedette. «Se non troviamo il Catalizzatore entro lo scadere dei venticinque anni, la nostra Regione andrà in rovina, trascinando con sé anche l'altra Regione. Sarà l'apocalisse, l'armageddon.» ripeté meccanicamente.
Il Saggio annuì. «Bene. Ora andate.» disse congedando i due con un gesto della mano destra.
I due fratelli si alzarono in piedi e uscirono dalla grande sala.
«È impazzito.» borbottò Astrakan mentre i due camminavano lungo i corridoi del palazzo.
«Ma ha ragione.» sospirò Joerydan fermandosi davanti ad una delle finestre.
«Lo so.» disse Astrakan. «Lo so.» ripeté guardando anche lei fuori dalla finestra. La neve aveva quasi raggiunto i due metri di altezza e la neve non accennava a smettere di cadere.
Ripresero a camminare in silenzio e in pochi secondi raggiunsero il piano terra. Entrarono in una stanza guardaroba. «Speriamo di trovarlo.» mormorò Astrakan infilandosi la pesante tuta imbottita.
Joerydan rimase in silenzio, mentre si infilava i dopo sci neri; rimase in silenzio mentre sua sorella borbottava a bassa voce. Alzò il viso dal pavimento osservò sua sorella che indossava un cappello di lana, calcandolo per bene sulla fronte.
«Perché mi guardi?» chiese lei voltandosi verso di lui, la voce attutita dalla sciarpa viola che le copriva la bocca.
Joerydan sorrise e piegò la testa di lato. «Sei buffa.» rispose afferrando la pesante giacca e indossandola.
«Sarai belle te.» replicò lei. Infilò le scarpe che aveva usato dentro il palazzo in una zainetto. «Sei pronto?» domandò.
Joerydan si alzò in piedi, indossò il cappello e fece un cenno affermativo alla sorella. Passarono in un'altra stanza, e poi in un'altra ancora. In ogni camera la temperatura si abbassava leggermente, per non creare eccessivi sbalzi di temperatura. Poco dopo erano all'aperto.
Alcuni gatti delle nevi spalavano, quasi senza sosta, la neve lungo le strade. I due fratelli si diressero lentamente fino alla fermata dello speciale bus dalle ruote cingolate.
Dietro di loro una grande cartina era appesa su un sostegno di metallo e indicava le varie zone della regione, Winter. in un piccolo angolo era disegnato il loro piccolo mondo, diviso in due regioni: la loro e Summer, separate da una parte, quella sud, dall'oceano, e dalle altre da alcune catene montuose.
Il bus arrivò, fermandosi davanti ai due ragazzi, le porte si aprirono e loro salirono. L'autista partì lentamente, mentre Joerydan e Astrakan presero posto nel fondo del mezzo.
«Astra, sei pronta a tuffarti nella Grande Mela?» domandò Joerydan.
La ragazza sbuffò e fece una smorfia prima di voltarsi verso il fratello. «Non troppo.» rispose. «E tu?»
«Sì, e ovvio che sono pronto, anzi sono prontissimo!» esclamò Joerydan posando la mano destra sul torace.
Astrakan socchiuse gli occhi, azzurri con delle sfumature azzurro scuro, quasi blu e si voltò verso il fratello, «Non mi sembri troppo convinto.» disse.
Joerydan alzò le spalle e sospirò. «Infatti non lo sono.» mormorò.
Sua sorella sorrise e scosse la testa. pensò che suo fratello era sempre il solito.
Erano gemelli, e avevano compiuto da poco i vent'anni. Entrambi avevano gli occhi azzurri, anche se quelli di Joerydan erano più chiari, attraversati da sfumature di un azzurro più scuro. I capelli di lei erano lunghi e neri, mentre quelli del ragazzo corti e biondi.
In una decina di minuti erano a casa. Il maggiordomo aprì loro la porta. «Bentornati Ambasciatori.» disse facendo una piccola riverenza.
I due ragazzi entrarono, superarono l'ingresso e s'infilarono nella prima stanza a destra che trovarono. Si tolsero gli abiti pesanti per poi andare nel salotto.
«Stiamo già preparando i vostri bagagli. Partirete domani mattina alle sette.» esclamò il maggiordomo.
«Va bene.» disse Joerydan.
Astrakan prese un fascicolo dalla libreria e si sedette sul divano accanto al fratello.
Guardò che il maggiordomo non fosse lì con loro e aprì il fascicolo.
«Se avesse saputo di questo ci avrebbe mandato immediatamente.» osservò Joerydan, mentre Astrakan sistemava sul tavolino accanto a loro quattro foto. Tre ragazzi e una ragazza.
«Tanto il problema è sempre lo stesso.» disse lei osservando le foto. «Trovarli, raccontargli tutta la storia, convincerli a venire qui. E, soprattutto, convincere il Catalizzatore a rimanere.» continuò.
«Eh, già.» sospirò Joerydan. «Abbiamo due mesi di tempo, dobbiamo farcela o sarà la nostra fine.»

Salve! Sì, lo so. Ho altre due long in ballo, ma questa storia gira nella mia testolina da più di una settimana e non mi dava pace. È la prima volta che mi cimento in questo genere.
Le recensioni sono sempre gradite.
Grazie per aver letto il capitolo!
I credit per la foto vanno a me, dato che l'ho scattata io nel Parco delle Groane :)

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno Welcome To New York! ***





Capitolo Uno -Welcome To New York-

Ci avevano messo cinque anni, ma alla fine, forse, erano vicini alla soluzione dei loro problemi.
I gemelli avevano accesso agli archivi della Terra, e per prima cosa avevano cercato tutte le persone nate venticinque anni prima, nel mese di Maggio, per la precisione il 20. Settimana dopo settimana, mese dopo mese, alla fine erano riusciti a capire che il Catalizzatore si trovava a New York; ma, quando avevano trovato i possibili candidati e stavano per trovare i loro indirizzi, così sarebbe stato ancora più facile trovarli, un improvviso black out aveva oscurato gli schermi dei loro computer, e loro erano riusciti solo a stampare le foto, purtroppo il black out aveva danneggiato irreparabilmente le apparecchiature. Così erano rimasti solo con l'indicazione che il Catalizzatore abitava a New York e quattro foto e nient'altro, nemmeno i nomi.
«Dove siamo?» domandò Joerydan guardandosi attorno.
«Direi... a Central Park.» rispose Astrakan, sbuffò e posò sul prato la valigia verde scuro.
Un'anziana signora passò accanto a loro; il cagnolino, un piccolo barboncino bianco, si mosse in direzione dei due gemelli; annusò le scarpe di Astrakan per poi trotterellare dietro la sua padrona.
«L'hotel è vicino?» chiese Joerydan con lo sguardo spaesato. Non era la prima volta che andavano sulla Terra, ma faticava ancora ad abituarsi alla confusione.
Astrakan prese la cartina dalla borsa e la guardò a lungo. «Andiamo di lì.» disse indicando davanti a sé. Afferrò la maniglia della valigia e iniziò a camminare.
«Sei sicura?» domandò il fratelle seguendola.
«No.»
«E allora come sai che dobbiamo andare da quella parte?» il ragazzo incrociò le braccia al petto e guardò la sorella con aria di sfida.
Astrakan sbuffò. «Siamo a New York. Probabilmente c'è un hotel ad ogni angolo!» fece notare.
«Se lo pensi tu...» Joerydan sbuffò e prese la valigia. «Dove vai? Astra, aspettami!»
«Muoviti, sei lento.» esclamò lei voltando il viso.
«Astra, rallenta, stai andando troppo veloce!» disse Joerydan, accelerò il passo, cercando di raggiungere la sorella.
«Sei tu che sei lento.» gli fece notare Astrakan.
Il ragazzo si fermò e si passò una mano sul viso sudato. «Qui fa troppo caldo, non mi sono ancora abituato a questo clima.»
Astrakan sbuffò, si fermò e guardò il laghetto alla sua sinistra. prese la cartina e la osservò a lungo, mentre suo fratello la raggiungeva. «Quello è The Pond,» disse indicando il laghetto, «stiamo andando verso Sud.»
«E in realtà dove dovremmo andare?» chiese Joerydan.
Astra sbuffo, ancora, piegò la cartina e la chiuse nella tasca anteriore del trolley. «In un albergo.» rispose riprendendo a camminare.
«Sei sicura che sia la direzione giusta?» domandò Joerydan.
Astra continuò a camminare e non rispose. Sapeva che lì c'era un albergo, erano a New York, avrebbero trovato tutti gli alberghi che desideravano.

***

Quindici minuti dopo, i due fratelli erano davanti al bancone della reception del primo hotel che avevano incontrato una volta usciti da Central Park. Astrakan non aveva guardato il nome dell'hotel, al momento non lo riteneva importante.
«Salve.» esclamò una ragazza, una giacca rossa era la parte superiore della sua divisa.
«Ehm... salve. Io e mio fratello avremmo bisogno di una stanza.» pronunciò Astrakan.
La ragazza sorrise e digitò qualcosa sulla tastiera del computer. «Abbiamo una camera con due letti a una piazza e mezzo.»
«Va benissimo!» esclamò con foga Astrakan.
«Quanto vi fermate?» domandò la ragazza alzando gli occhi dallo schermo del PC.
I due fratelli si guardarono per qualche istante. «Una decina di giorni.» rispose Astrakan e ignorò lo sguardo perplesso di Joerydan. «Più o meno.» aggiunse e sorrise, guardò la targhetta, bianca con il bordo color oro, e lesse il nome della ragazza: Lena.
Lena sorrise e continuò a scrivere. «Mi servono i vostri documenti.»
«Documenti?» domandò Joerydan.
«Eccoli.» Astra prese due tessere dal portafogli, sospirò e alzò lo sguardo su Lena. «Ecco i nostri documenti.» la voce bassa e roca. Fissò negli occhi Lena, e sentì il sangue scorrere più veloce, mentre attorno a lei tutto scompariva.
«Vanno bene, sono in ordine.» aggiunse, il tono poco più di un sussurro. Lena sfiorò le due tessere e annuì, e velocemente scrisse qualcosa sulla tastiera.
Astrakan si concentrò su Lena, e Joerydan guardò con poco interesse, ormai l'aveva vista fare una cosa del genere centinaia di volte, gli occhi della sorella cambiare colore, diventando quasi viola, mentre riusciva a convincere la ragazza che quelle tessere fedeltà di un supermercato terrestre che avevano visitato qualche tempo prima, fossero le loro patenti.
«La vostra stanza è la numero centouno, al primo piano.» Lena diede una tessera magnetica ad Astrakan, che la prese, sorrise ancora e si avviò verso l'ascensore.
«Hai visto che avevo ragione io?» esclamò Astrakan quando le porte dell'ascensore si chiusero.
Joerydan incrociò le braccia e si appoggiò alla parete.
Astra guardò la tessera magnetica, scoprendo il nome dell'hotel: Maldron.*
Lena aveva detto loro gli orari della colazione e della cena, aggiungendo che il servizio in camera era disponibile fino alle ventitré.
Pochi secondi dopo entrarono nella loro camera, e i due si guardarono attorno; alla destra della porta d'entrata c'era quella del bagno, Joerydan entrò e guardò la vasca da bagno, bianca, come il resto dei sanitari. Asciugamani bianchi erano riposti, in perfetto ordine, sopra uno dei ripiani del mobiletto in legno di mogano.
Astrakan lasciò il trolley accanto all'entrata e si sedette sul letto, quello vicino alla finestra.
«Perché prendi sempre te il letto vicino alla finestra?» si lamentò Joerydan.
Astra si sdraiò, le mani sotto la testa, e sospirò. «Perché sono una ragazza.» rispose.
Joerydan scosse la testa e si sedette sull'altro letto. «Cosa facciamo adesso?»
«Andiamo fuori in perlustrazione.» rispose l'altra mettendosi a sedere.

***

I due fratelli avevano studiato fin da piccoli le lingue più parlate sulla Terra, oltre alla storia del pianeta. «Ho caldo.» si lamentò Joerydan, che non riusciva a stare dietro a sua sorella, che camminava velocemente sul marciapiede della 5th Ave. «Togliti la felpa.» esclamò Astrakan, fermandosi davanti alla vetrina di un negozio di scarpe. «L'ho già fatto.» Joerydan si avvicinò alla sorella e la guardò fissare incantata un paio di sandali neri, tempestati di brillantini e con il tacco alto. «Ti romperesti la gamba su uno di questi cosi.» «Non è vero.» replicò lei. «Bisogna fare solo un po' di pratica.» «Vorrei ricordarti che non abbiamo molti soldi.» sussurrò Joerydan.
Astrakan sorrise, si voltò e s'incamminò verso un uomo fermo davanti ad un bancomat; si fermò a pochi passi da lui, abbastanza vicino a lui affinché i suoi poteri funzionassero, ma non troppo per non essere inquadrata dalla telecamere. e si concentrò su di esso, sentì il potere scorrerle nelle vene, mentre attorno a lei le persone, le macchine e gli edifici diventavano sfuocati, delle semplici macchie di colore.
L'uomo si voltò, guardò Astrakan, contò le banconote che aveva in mano e le consegnò alla ragazza, per poi allontanarsi. Astra sapeva che avrebbe dimenticato tutto nel giro di qualche minuto.
«Problema risolto.» gongolò Astrakan avvicinandosi al fratello.
«Hai intenzione di spenderli tutti per un paio di scarpe?» il tono del fratello era dubbioso.
«No, non adesso.» rispose lei infilando i soldi nella tasca anteriore dei jeans e riprese a camminare. «Magari più tardi.» aggiunse a bassa voce per non farsi sentire dal fratello.
«Io vorrei... un caffè al ginseng.» esclamò Astrakan, chiuse il menu e lo poso sul tavolino. La cameriera sorrise, prese i menu e si allontanò verso il bancone.
«Sei sicura che qui lo troveremo?» esclamò Joerydan, lui aveva ordinato un caffè macchiato.
Astrakan scrollò le spalle e si rilassò contro lo schienale della poltroncina rossa. «Magari uno di loro viene qui spesso a prendere il caffè.»
Joerydan alzò le sopracciglia, appoggiò i gomiti sul tavolino e posò la testa sulle mani e rimase in silenzio a guardare, attraverso la grande vetrata, le persone che camminavano sul marciapiede di fronte al locale.
«Siamo qui solo da poche ore, sarebbe un grosso colpo di fortuna trovarlo oggi.» Astra sfiorò il braccio del fratello e sorrise. «Credo che sia statisticamente improbabile trovarlo entro questa sera.» s'interruppe quando la cameriera portò quello che avevano ordinato. Astrakan porse una banconota da dieci dollari alla ragazza e le disse di tenere il resto.
Joerydan afferrò la sua tazza e ne bevve un sorso. «È delizioso.» mormorò. «Perché da noi non riescono a farlo così buono?»
Sua sorella sorrise e lo guardò. «Non lo so.» rispose.
«È lei!» mormorò Joerydan, afferrò la mano di Astrakan e le fece un cenno con la testa.
Astra guardò la ragazza seduta a un tavolino poco distante e per poco non urlò. Era la ragazza della foto, gli stessi capelli biondi, lunghi e lisci, lo stesso viso ovale. Più la guardava più era sicura che fosse lei.
«Cosa dicevi a proposito?» mormorò Joerydan. «Statisticamente impossibile?»
«Io pensavo... ero convinta...» balbettò, prese la sua tazza e sorseggiò lentamente il suo caffè. Guardò ancora una volta la ragazza che era in compagnia di un'altra giovane, probabilmente un'amica. Astra guardò il ciondolo che la "candidata" portava al collo, una "M" maiuscola, in argento, alta un paio di centimetri.
Astra guardò il fratello, e immediatamente decise cosa dovevano fare: pedinarla.
«Ma non si è ancora stancata?» mormorò Joerydan. Erano dieci minuti che seguivano la ragazza, Maya, così l'aveva chiamata la sua amica.
Maya si fermò davanti ad un palazzo, frugò nella borsa e prese un mazzo di chiavi; dopo pochi secondi era sparita all'interno dell'edificio.
Astrakan si avvicinò alla porta, e guardò i nomi stampati sui campanelli, sperando che oltre ai cognomi ci fossero scritti anche i nomi. Sorrise quando trovò quello che cercava.
«Abita qui.» disse a suo fratello quando lo raggiunse. «Si chiama Maya Bennet.»
«Bene.» esclamò Joerydan incrociando le braccia. «Ed ora?»
Astrakan piegò la testa di lato e sorrise. «Scriviamo il suo indirizzo, e speriamo che sia lei il Catalizzatore, così finiamo presto questa storia e tutto tornerà alla normalità.»
Joerydan fece una smorfia, riprese a camminare e scansò una ragazza con in mano almeno dieci sacchetti, tutti di negozi diversi.
«Dove vai?»
Joerydan si limitò a indicare un fast food dall'altra parte della strada.
«Pensavo che saremmo tornati in albergo.» Astrakan si mosse velocemente per star dietro al fratello.
«Mangiamo qui.» esclamò lui posando le mani sulle spalle di lei. «Per favore!» aggiunse con un'espressione supplichevole dipinta sul viso.
Astrakan sbuffò e scrollò le spalle. «E va bene.» mormorò.
Joerydan sorrise e trotterellò fino alla porta automatica del locale. Astrakan sorrise e seguì il fratello. Un doppio cheeseburger era quello che ci voleva, pensò.

***

Astrakan posò la fronte sul vetro della finestra. Erano quasi le undici di sera, Joerydan stava già dormendo e ogni tanto russava. La ragazza guardò le luci delle strade e delle abitazioni illuminare il paesaggio. Non era così su Winter, se di notte guardava fuori dalla finestra poteva vedere solo poche luci accese.
Astra scosse la testa, non era quello il momento di farsi prendere dalla nostalgia, anche perché non erano neanche ventiquattr'ore che mancavano da casa.
Si staccò dalla finestra ed entrò nel bagno, spense l'acqua, lasciò cadere l'asciugamano che fino a quel momento le avvolgeva il corpo per terra ed entrò
nella vasca da bagno; appoggiò la testa contro il bordo e chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi.
Dopotutto, come primo giorno non era andato poi così male.

Scusate il ritardo, ma ho avuto alcuni casini -.-. E dove sono non ho internet. Per ora.
Comunque i primi quattro capitoli sono pronti, e in tutto dovrebbero essere una decina, al massimo dodici, più l'epilogo.
L'unico problema rimane la mancanza di internet -.-
a Presto!

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Capitolo 3
*** Capitolo Due -The Easy Way For... Crazy Pig- ***





Capitolo Due
The Easy Way... For The Crazy Pig
«Allora, sorellina, cosa hai scoperto?» Joerydan parlò continuando a guardare lo schermo della TV, qualche giorno prima aveva comprato una console e un paio di video games.
«Qualcosina.» rispose Astrakan, si sedette sulla poltroncina e si tolse le scarpe.
«Qualcosina... cosa di preciso?» domandò Joerydan e imprecò sottovoce quando la scritta "Game Over" lampeggiò sullo schermo.
«Qualcosa più di te sicuramente.» replicò lei, afferrò la scatola dei biscotti e ne prese uno alla cannella. «Lavora in un palazzo sulla Trentaquattresima.»
«E?» Joerydan spense la consolle, stanco di perdere, e si voltò verso la sorella.
«E nulla, non sono riuscita ad entrare.» Astra prese in mano un altro biscotto, anche se quello che aveva in mano non era ancora finito e si sedette sul letto del fratello. «Serve un badge o un appuntamento o una cosa simile. All'ingresso c'era un tipo alto e grosso, sembrava enorme.»
«Stai riempiendo di briciole il mio letto!» si lamentò Joerydan alzandosi dal pavimento sul quale era seduto. «E non potevi convincerlo?»
Astra sbuffò e chiuse la scatola, «So dove lavora, o almeno so in che palazzo lavora, per oggi è sufficiente!»
«No che non lo è!» gridò Joerydan. «Non lo è! Siamo qui da una settimana e non abbiamo scoperto praticamente nulla!»
Astra si alzò lentamente, guardò suo fratello e posò i biscotti sul tavolino, «Almeno io non passo il mio tempo a giocare a stupidi videogames!» afferrò la borsetta e uscì dalla stanza, chiudendo con forza la porta dietro di sé.
Si diresse verso le scale, e a ogni gradino imprecava sottovoce contro suo fratello.
Lei stava fuori quasi sempre, mentre Joerydan se ne stava in hotel, a mangiare schifezze e a giocare.
Respirò profondamente una volta uscita dall'hotel. Lentamente si diresse verso Central Park, camminando senza fretta, guardandosi attorno e stupendosi di ogni piccola cosa, anche della più insignificante.
Si fermò davanti ad uno dei laghetti e guardò alcune paperelle ferme sulla riva.
«Stupido fratello!» esclamò.
«I fratelli sono stupidi.»
Astrakan si voltò e spalancò la bocca sorpresa, un urlo fermo in gola. Guardò il ragazzo accanto a lei, le sue labbra carnose, le guance piene e gli occhi azzurri. Era uno dei ragazzi che stavano cercando!
«Stai bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma.» il ragazzo fissò Astra preoccupato.
«Sì... sto bene.» rispose lei. «Assomigli a una persona... una persona che conosco.»
Lui non rispose e guardò il laghetto. «Perché è stupido?» domandò senza guardare Astra.
«Chi?»
«Tuo fratello.» rispose lui voltando appena la testa verso di lei.
«Ah.» Astra sospirò e pensò a cosa rispondere, «Ecco... io... diciamo che lavoro, mentre lui passa tutto il suo tempo in camera a non fare nulla.»
«Capisco.» il ragazzo si fermò e fissò una papera entrare nel laghetto, l'animale infilò la testa sotto il pelo dell'acqua; ad Astra sembrò preoccupato o forse deluso, o tutte e due le cose insieme.
«E tuo fratello? Cosa ha fatto?» domandò lei dopo un minuto di silenzio. Il sole aveva iniziato a tramontare.
Il ragazzo la fissò sorpreso, e Astra sorrise. «Diciamo che non gli piacciono alcuni aspetti della mia vita.»
"E se fosse lui?" pensò lei. " E se non viene capito perché non è di questo mondo?"
«Io devo andare al lavoro.» esclamò lui fissando l'orologio che portava al polso.
«Io sono Astrakan!» si presentò lei, e si morse la lingua, si era accorta di essere stata troppo impulsiva.
«Astrakan? Che nome strano.» commentò lui.
«Gli altri mi chiamano Astra.» disse lei, sentendo le guance andare a fuoco e sperò che lui non se ne accorgesse.
«Io mi chiamo Kevin.» guardò ancora l'orologio. «È stato un piacere conoscerti.» aggiunse, poi si allontanò in fretta.
Astrakan attese qualche secondo poi lo seguì, non perdendolo mai di vista, ma una volta uscita da Central Park Kevin sembrava svanito nel nulla.
Si guardò attorno e camminò per un paio di isolati, muovendosi verso nord.
Si fermò a un incrocio e sbuffò. Non ci voleva, non avrebbe dovuto perdere di vista Kevin. Alzò lo sguardo e sorrise nel vedere il cielo di New York tingersi lentamente di rosso, rosa e arancio; aveva perso di vista il ragazzo, ma sapeva come si chiamava. Era stata lei ha scoprirlo, così come aveva scoperto dove lavorava Maya; era stata lei, non suo fratello. Sentì lo stomaco brontolare e decise di tornare in albergo.

***

«E l'hai perso? Come hai fatto?» sbraitò Joerydan.
Astra incrociò le braccia e fissò il fratello, doveva aspettare che si calmasse.
«Dovevi stargli dietro!» continuò lui. «La colpa è di quelle cose,» continuò e indicò i sandali neri, tacco dodici, della sorella. «non puoi correre con quei trampoli!»
«Ti sei calmato?» domandò Astra. «Primo, io ho scoperto dove lavora Maya. Io ho scoperto come si chiama Kevin.» prese un respiro profondo e si avvicinò a Joerydan. «Sono stata io, non tu.» si voltò ed entrò in bagno, sbattendosi la parta alle spalle.
Appoggiò le mani sul bordo del lavandino e si guardò allo specchio. Era stanca, le facevano male le gambe e l'unica cosa che voleva in quel momento era scendere nella SPA e farsi fare un massaggio.
Mentre apriva l'acqua fredda si domandò cosa diavolo stesse accadendo a suo fratello, non si era mai comportato in quel modo.
Si lavò il viso e lo tamponò delicatamente con un asciugamano, lo gettò nella cesta e uscì dal bagno.
«Ho fame.» esclamò. «Andiamo a mangiare.»
Joerydan abbassò il viso, spense il televisore e seguì la sorella. Ad Astrakan il viaggio in ascensore sembrò eterno. Il non capire quello che stava succedendo a suo fratello, e l'aver perso di vista Kevin la facevano infuriare.
«Scusami.» mormorò il ragazzo mentre entravano nel ristorante dell'hotel.
Lei si avvicinò ad uno dei camerieri e gli disse il numero della loro stanza, poi si avvicinò al primo tavolo libero che trovò.
«Mi hai sentito? Ti ho chiesto scusa.» esclamò Joerydan, nascondendo il viso dietro il menu.
«Ti ho sentito, non sono sorda.» rispose lei, «Vorrei solo capire cosa diavolo ti prende.»
Lui sospirò e chiuse il menu. «Non lo so.» sospirò. «Ogni tanto penso che...»
«Pensi che?»
«Che sia tutto inutile. Che questa ricerca non serva a nulla.»
«Ma sei impazzito?» sibilò Astra sporgendosi sul tavolino verso il fratello. «Abbiamo già trovato due di loro, e sappiamo dove abita e lavora Maya.» mormorò.
Lui abbassò il viso e sospirò iniziando a giocherellare con il bordo della tovaglia. «Lo so, è solo che...» si fermò e guardò la sorella. «Penso che sia inutile.»
Astra rimase in silenzio, anche se l'unica cosa che voleva fare era urlare e lanciare addosso a suo fratello il vasetto usato come centrotavola.
«Neanche tu ti stai impegnando.» continuò, evitando di incrociare lo sguardo sorpreso e infuriato della sorella. «Oggi potevi entrare in quel palazzo e non l'hai fatto. Hai perso di vista l'altro candidato perché indossi delle scarpe con il tacco.» si fermò e fissò Astra. «Non ci credi neppure tu.»
Astra spostò indietro la sedia, il rumore attutito dalla moquette, si alzò e uscì dalla sala.
Joerydan la guardò allontanarsi e si diede dello stupido, non doveva dirle tutte quelle cose, doveva fermarsi prima; sospirò e quando il cameriere gli si avvicinò lo guardò sorpreso. Ordinò un piatto di pasta e una birra e si passò, con un gesto stanco, la mano sul viso. Era stanco, da quando erano arrivati a New York non riusciva a dormire bene, ogni notte si risvegliava in preda all'angoscia, alla paura e con un senso di pesantezza, dopo incubi di cui non ricordava nulla; tutto ciò gli faceva pensare a un brutto segno, che nonostante tutti i loro sforzi, nulla sarebbe tornato a posto.
E non riusciva a parlarne con Astrakan, la vedeva impegnarsi, sapeva che stava facendo tutto il possibile, eppure non riusciva a dirle nulla, non voleva spaventarla.
Era sua sorella.

***

Joerydan guardò ancora una volta l'orologio appeso alla parete. Erano quasi le due del mattino e sua sorella non era ancora rientrata.
Si alzò in piedi, afferrò la felpa che aveva gettato sulla poltronicina e uscì dalla stanza. Era preoccupato, sua sorella non aveva mai fatto così tardi e lui temeva che le fosse successo qualcosa. Si fermò davanti all'ascensore e premette il pulsante di chiamata un paio di volte. Le porte si aprirono.
«Astra!» esclamò, poi il suo sguardo si spostò sul viso dalle guance rosse, i capelli arruffati, «Sei... sei ubriaca?»
Lei ridacchiò e con passi incerti uscì dall'ascensore, si grattò il mento e guardò il fratello. «Ubriaca?» ridacchiò ancora. «Credo di sì.»
Lui gli circondò la vita con le braccia e la condusse lungo il corridoio verso la loro camera.
Una volta dentro, lasciò cadere Astra sul letto e lei si rannicchiò in posizione fetale.
«Sei cattivo.» mormorò. «Ma ti voglio bene.»
«Anch'io ti voglio bene.» mormorò lui, e le tolse la scarpa destra che sistemò vicino all'altra, ai piedi del letto; si spostò e si sedette sul letto, slacciò i bottoni della stretta giacca, le sollevò il busto e gliela tolse. Scostò i capelli che coprivano il viso di Astrakan e andò a prendere la coperta nell'armadio e la posò delicatamente sulla sorella, le baciò la fronte e andò a sdraiarsi nel suo letto, spense la luce e sperò di non avere nessun incubo quella notte.

***

I gemelli erano a Central Park, nel punto in cui pochi giorni prima Astrakan aveva incontrato Kevin, lei sperava che lui andasse lì abitualmente, alla stessa ora, peccato che fossero lì da due giorni e non avessero scoperto nulla.
Astra era appoggiata alla balaustra e fissava le papere che nuotavano pigramente, suo fratello, invece, era davanti a un chiosco di hot-dog e attendeva di essere servito.
«Fatto pace con il fratello?»
Astra sorrise e si voltò. «Sì, Kevin.» Anche lui sorrise. «Adesso è lì.» continuò e indico Joerydan.
In quel momento il ragazzo si voltò, con l'hot-dog in mano e una lattina di bibita nell'altra, fece alcuni passi verso la sorella e si fermò, osservando sorpreso il ragazzo che parlava con sua sorella, sì, era proprio lui, uno dei ragazzi che stavano cercando.
«Muoviti!» urlò Astrakan.
Joerydan ingoiò il boccone che aveva in bocca e si avvicinò ai due, «Ehm... ciao.» mormorò, fissando gli occhi azzurri di Kevin.
L'altro sorrise. «Kevin, piacere.» esclamò tendendo il braccio destro.
Joerydan guardò la mano di Kevin poi sua sorella e infine passò la lattina a quest'ultima; sospirò, cercando di calmare il suo cuore che aveva preso a battere più velocemente, e infine strinse la mano di Kevin. «Joerydan, piacere... » si bloccò, perso nello sguardo di Kevin, «Piacere mio.»
Si sentiva strano, era come se una tempesta stesse giocando nel suo stomaco; ingoiò a vuoto, non si era mai sentito così.
Kevin sorrise, «Joerydan?» domandò, «I vostri genitori vi hanno dato degli strani nomi.» esclamò cercando di soffocare una risata.
«Eh, già.» concordò Astrakan. «Abbiamo nomi...» si fermò e si voltò verso il fratello, aggrottò le sopracciglia nel vedere la faccia, strana, del fratello, «Strani.»
«Joe... puoi... chiamarmi...» balbettò Joerydan. «Puoi chiamarmi Joe.»
Kevin sorrise. «Devo andare, il lavoro mi chiama.» esclamò, e si allontanò di un paio di passi. «Ci vediamo» aggiunse senza voltarsi.
Joerydan lo guardò, una goccia di senape gli sfuggì dalle labbra, sporcandogli il mento. «E comunque,» Kevin si fermò e si voltò, «Joerydan è un bel nome.» sorrise strizzò un occhio in direzione di Joerydan e riprese a camminare.
«Ma che ti prende?» sbottò Astrakan. «Muoviti, dobbiamo seguirlo.»
«Niente...» rispose lui. «Andiamo.»
Non voleva dirlo a nessuno, ma quel ragazzo gli piaceva.

***

Kevin scese in metropolita, ignaro di essere seguito dai gemelli, i due stavano a qualche metro di distanza da lui.
Astrakan e Joerydan seguirono Kevin e dopo qualche minuto entrarono in una carrozza. Kevin era appoggiato ad una parete, gli auricolari bianchi nelle orecchie.
«Ti piace?» mormorò Astrakan.
«Sì!» rispose Joerydan. «Cioè no!» si corresse, mentre Astrakan ridacchiava. «Mi piace chi?» domandò dopo aver preso un respiro profondo.
Astra si limitò ad indicare con un cenno del capo Kevin.
«No.» negò Joerydan.
Astrakan scosse la testa mentre guardava suo fratello che fissava la schiena, o forse altro, di Kevin.
«Sta scendendo.» Astrakan diede una gomitata al fratello, che la fissò quasi sorpreso, e i due si affrettarono a scendere.
«Dove siamo?» domandò Joerydan una volta tornati un superficie.
«Non ne ho idea.» rispose lei seguendo a debita distanza Kevin, dopo pochi metri svoltarono a destra.
«E se ci perdiamo?» pigolò Joerydan.
Astra sbuffò, «Chiediamo a qualcuno.» rispose. «Siamo dei turisti, per questa città.»
Camminarono ancora per alcuni minuti, poi Astra bloccò Joerydan con un braccio.
«Fermo.»
Kevin era entrato in un locale poco distante; dopo quasi un minuto i due raggiunsero la porta del locale.
«The Crazy Pig.» lesse Joerydan. «Nome buffo.» commentò.
«Il locale è ancora chiuso.»
I due si voltarono verso sinistra, trovandosi accanto un uomo alto e muscoloso, con la pelle ambrata e Astra intuì che doveva essere un buttafuori. «Apriamo fra un'ora.» aggiunse l'uomo.
«Oh, grazie per l'informazione.» esclamò allegramente Astra. «Posso?» aggiunse indicando alcuni volantini sistemati accanto alla porta. L'uomo annuì e lei ne prese uno.
«Grazie.» disse, afferrò suo fratello per un polso e lo costrinse a camminare.
«Cosa vuoi fare?» domandò lui.
«Capire che tipo di locale sia, aspettare che apra ed entrarci.» rispose. «Poi lì decideremo come procedere.» rispose e agitò il volantino che teneva in mano.
Joerydan annuì e seguì la sorella.

***

«Un bar gay?» sbuffò Joerydan. «Tu vuoi andare in un bar gay?» domandò sorpreso.
Astra annuì e finì di passare il mascara sulle ciglia dell'occhio sinistro. «Certo, Kevin lavora lì.» esclamò e infilò l'applicatore del mascara nel suo contenitore.
Joerydan sbuffò. «Sì, ma...»
«Ti piace.» sentenziò lei, facendo un giro su se stessa per guardarsi al grande specchio della camera.
Joerydan sospirò. «E tu?», domandò, ignorando la domanda della sorella.
Astrakan alzò le spalle con arie indifferente, «Io?» Joerydan annuì. «Io sarò la sorella che accompagna il fratello timido che per la prima volta entra in un locale gay.» spiegò con semplicità.
«Ma io...» Joerydan sbuffò e si lasciò cadere sul letto.
«Ma tu nulla, non devi farti prendere da stupide paranoie» esclamò lei, in piedi di fronte al fratello. «Ed ora,» continuò allungando una mano verso di lui. «vedi di alzarti e di venire con me.»
Joerydan si limitò ad annuire, sorrise alla sorella e le strinse la mano, poi si alzò. «Andiamo.»

***

«Non puoi fare...» Joerydan si bloccò, fissando la ventina di persone in fila davanti a lui, «Uno dei tuoi giochetti per farci entrare?»
«L'hai detto tu che devo farlo solo in caso di necessità.» replicò Astrakan. «E questa non è una necessità.» aggiunse facendo qualche passo avanti, alcune delle persone in fila erano entrate.
Dopo dieci minuti varcarono la soglia, lasciarono le giacche alle ragazze al guardaroba e ricevettero in cambio una tessera in plastica. Un rosso brillante partiva dalle parte superiore della scheda, sfumando fino al bianco della parte inferiore; il logo del locale, un maiale stilizzato con delle ali e una coda da cavallo, di colore nero, era stampato al centro della tessera
«Andiamo!» urlò Astrakan nell'orecchio di suo fratello. La musica era al massimo del volume; entrarono nella sala di destra, quella dalle pareti blu, e si fermarono ad osservare l'ambiente. Lungo la parete destra si trovava il bancone del bar, su quella opposta erano disposti dei tavolini circondati su tre lati da panche imbottite; al centro, riabbassata di qualche centimetro, c'era la pista da ballo, dove, in mezzo, spiccava un cubo bianco e argentato, alto circa un metro, sopra il quale ballava un ragazzo che indossava solo un paio di pantaloni in pelle.
«Andiamo a bere!» gridò Astrakan, ma il suo sguardo era fisso sul fondoschiena del ragazzo che ballava sul cubo.
«Credo sia gay.» gli fece notare Joerydan.
Astra alzò le spalle, tenendo lo sguardo fisso sul cubista. «E allora?» disse, «Lo sto solo guardando.»
Joerydan si bloccò all'improvviso, un ragazzo lo superò guardandolo male.
«Che hai visto?» domandò Astrakan, poi guardò nella stessa direzione del fratello e sorrise. «Andiamo.» mormorò, afferrò la mano di Joerydan e lo trascinò verso il bancone del bar; dove, lì dietro, con indosso una maglia bianca con il logo del locale stampato all'altezza del cuore, Kevin stava preparando alcuni cocktail.
«Ciao!» urlò una volta davanti a Kevin, e agitò la mano destra nel caso lui non l'avesse sentita.
Kevin sorrise e diede il cocktail alla ragazza che gliela aveva chiesto. «Cosa vi preparo?»
«Una Caipiroska alla mela verde per me,» Astrakan fissò il fratello, che teneva lo sguardo fisso sul pavimento, «per lui... non ne ho idea.»
Kevin sorrise ancora, e iniziò a preparare il cocktail per la ragazza. «Ti va bene il cocktail della casa?» domandò fissando Joerydan, mentre le sue mano si muovevano veloci e precise.
Joerydan alzò lo sguardo dal pavimento e guardò Kevin. «Uh?» Astra gli diede una gomitata  e lui si riscosse. «Va benissimo!» urlò.
Pochi secondi dopo Astrakan prese il bicchiere, sorrise a Kevin e si avvicinò al fratello. «Vado a fare un giro.» gli sussurrò all'orecchio.
«Ma cosa... dove vai?» si voltò ma Astra era già sparita nella folla, la cercò per qualche istante, ma gli risultò impossibile trovarla in mezzo a tutte quelle persone; si voltò sentendosi osservato, e guardò con stupore Kevin che gli porgeva un bicchiere dai bordi alti e pieno di un liquido arancione. Lo prese e abbozzò un sorriso, ma Kevin stava ascoltando altri clienti e non si accorse di nulla.
Deluso, sorseggiò l'alcolico che sapeva di arancia e di qualcos'altro che non riusciva a capire, e si avviò alla ricerca di sua sorella. Camminò lungo il perimetro della pista, cercando di evitare le altre persone, rifiutando inviti a ballare; quando stava quasi per rinunciare, trovò un tavolino libero e velocemente lo occupò. Sperava che sua sorella lo cercasse.
Sospirò e appoggiò il bicchiere sul tavolo rettangolare, svogliatamente girò la cannuccia nel liquido, facendo sbatterei cubetti di ghiaccio fra di loro. Non voleva pensare a Kevin, perché, nonostante ciò che gli diceva sua sorella, lui era convinto che sarebbe andato tutto male. E allora perché preoccuparsi dell'amore, quando in ballo c'era la propria sopravvivenza e quella del proprio popolo?
«Tua sorella ti ha lasciato solo?» gli disse qualcuno all'orecchio. Joerydan rabbrividì, smise di girare la cannuccia e si voltò verso Kevin.
«Ehm... lei è... è andata a fare un giro.» mormorò evitando di guardarlo.
«I vostri genitori come l'hanno presa?» domandò Kevin sedendosi accanto a lui.
«Cosa?» chiese l'altro sorpreso.
Kevin fece un gesto della mano, indicando il locale.
«Io sono solo qui per accompagnare il mio fratellino,» esclamò Astrakan sedendosi accanto a Kevin, obbligandolo così a spostarsi più vicino a Joerydan. «è tanto timido.» continuò.
Joerydan cercò di allontanarsi, non voleva sfiorare Kevin neppure per sbaglio, anche se il suo corpo gli stava urlando di fare il contrario.
«Timido, eh?» domandò Kevin guardando Joerydan, che arrossì e incurvò le spalle, quasi come se volesse nascondersi.
«Già. È un timidone.» Astra sorrise e guardò Kevin. Erano anni che sapeva che suo fratello era gay, ma a parte qualche flirt innocente, Joerydan non aveva mai avuto una vera storia. «Ma è adorabile.»
«È timido e tanto carino quando arrossisce.» gridò Astra per farsi sentire. «Sembra un cucciolo. Un adorabile cucciolo.» Kevin sorrise divertito e guardò Joerydan che incuravava le spalle e voltava il viso verso il muro, imbarazzato. Per un momento gli sembrò che anche le orecchie del più giovane fossero diventate rosse.
«La mia pausa è finita.» disse Kevin.
«Di già?» mormorò Astra alzandosi, «Peccato.»
«Ci vediamo.» esclamò Kevin, e Astra notò che fissava, insistentemente, Joerydan, il quale si limitò a fare un cenno con la mano.
«Sei uno stupido!» sbottò Astra una volta che Kevin si fu allontanato e diede una pacca sulla spalla del fratello.
«Ahi!» si lamentò lui. «Non sono stupido.»
Astra sbuffò e finì di bere il suo cocktail. «Si che lo sei.» replicò. «Potevi chiedergli dove abitasse, il suo cognome,» elencò, «la sua data di nascita, se sia libero...»
«La pianti?» esclamò lui, «Siamo qui per una cosa ben precisa, non per amoreggiare.»
Astrakan si alzò, «Stai diventando acido.» disse e tornò verso la pista.
Joerydan sbuffò fissando il suo bicchiere; si guardò attorno, le persone ballavano, si divertivano, si baciavano... si rese conto di essere l'unico seduto da solo, con l'umore che sarebbe stato più adatto per un funerale e non ad una discoteca.
Cercò con lo sguardo sua sorella o Kevin, ma non vide nessuno dei due, sbuffò e finì di bere il suo cocktail. Dopo qualche minuto si alzò e si allontanò, lasciando il bicchiere vuoto sul tavolino.
Dopo quelle che gli parvero ore, trovò sua sorella all'entrata dei bagni, stava discutendo animatamente con un'altra ragazza.
«Andiamo.» esclamò afferrando il polso della sorella e la trascinò verso l'uscita.
«Ma che ti prende?» domandò lei quando si fermarono davanti al guardaroba.
«Niente.» rispose lui consegnando le tessere.
«Non voglio andare via.» esclamò e con uno strattone si liberò dalla presa del fratello.
Lui le porse la giacca e la condusse in un angolo. «Sono stanco.»
«Guastafeste.» mormorò lei indossando la giacca.
Joerydan la sentì sbuffare mentre uscivano dal locale; erano quasi arrivati all'ingresso della metropolitana quando si voltò, per assicurarsi che sua sorella fosse ancora dietro di lui e non fosse tornata indietro, non la sentiva lamentarsi da quando erano usciti dal locale, ma lei era lì, che camminava dietro di lui, le braccia conserte e un'espressione arrabbiata dipinta sul viso.
Avrebbe voluto raccontare tutto, dei suoi incubi, delle brutte sensazioni che provava ogni volta che si svegliava... ma non ci riusciva.

Salve! Ho agggiornato prima del previsto.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Adoro Joerydan che si prende una cotta in un modo assurdo °.° Lo adoro, è tanto dolce e carino, un adorabile cucciolotto :D
E Kevin e tanto carino, s'intenerisce °.°, altri avrebbero preso in giro il mio Joe.
Astra si è eletta a Cupido personale, come se non avesse altro da fare...
Al prossimo capitolo, Maya e Kevin torneranno, soprattuto Kevin *sghignazza*

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre -Nightmares, Tiger in Central Park and Shadows- ***





Capitolo Tre
Nightmares, Tiger in Central Park and Shadows

Astra si girò sul fianco sinistro, e aprì lentamente gli occhi; la stanza era illuminata solo dalla debole luce azzurrognola che proveniva da una lampadina posta sopra la porta.
Fissò, sorpresa, suo fratello che si lamentava e agitava nel sonno. Scostò la leggera coperta e si mise seduta sul letto.
Joerydan si muoveva nel letto, agitando gambe e braccia in modo frenetico, come se stesse cercando di tenere lontano qualcosa o qualcuno.
Astra lo guardò con le sopracciglia aggrottate, cercando di capire cosa stesse dicendo, ma senza risultato; non era una lingua che lei conosceva. Sospirò e si alzò, lentamente, a piccoli passi, si avvicinò al letto del fratello.
«Joe...» sussurrò. «Joe...» ripeté e gli sfiorò delicatamente la spalla.
«Joerydan!» disse alzando la voce e scuotendolo con maggior forza.
Lui si agitò ancora qualche secondo, poi apri gli occhi e fissò la sorella. «Perché mi hai svegliato?» borbottò.
«Stavi avendo un incubo.» rispose lei e tornò a sedersi sul suo letto. «Ti agitavi molto.» sussurrò.
Joerydan rimase in silenzio, fissando il muro davanti a sé.
«Cosa stavi sognando?» domandò Astra.
Joerydan la guardò confuso, sospirò e rimase qualche secondo in silenzio.
«Allora?» Astra si mise a carponi sul letto.
Joerydan sbuffò e si passò una mano sul volto. «Non ricordo.»
Astrakan scrollò le spalle e si sdraiò. «Vedi di non avere altri incubi.» mormorò.
«Mi hai fatto...» la ragazza s'interruppe per sbadigliare, «spaventare.»
Joerydan rimase in silenzio, si voltò verso la sorella, che si era raggomitolata e si era riaddormentata.
Non era vero che non ricordasse nulla, in realtà ricordava tutto troppo bene. Lui, Astra, Kevin, Maya e gli altri due ragazzi, i due possibili candidati, erano nella Grande Biblioteca presente nel palazzo dove lui e sua sorella vivevano; indossavano abiti pesanti, Astra camminava avanti e indietro, borbottando che non era possibile, che era u errore. Poi dalla bocca del grande camino erano apparse due grandi mani nere che avevano afferrato Astrakan facendola cadere per terra. La sua testa aveva sbattuto contro al pavimento, e le mani l'avevano trascinata nel camino. Joerydan aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola.
Era accaduto tutto così in fretta... e sembrava tutto così reale. Joerydan si rigirò nel letto, spaventato. Era la prima volta che ricordava uno dei suoi incubi e la cosa lo turbava molto. Sospirò e si sedette, guardò la sveglia: erano le due e mezza; prese i jeans che aveva lasciato la sera sul pavimento e l'indossò. Senza far rumore si avvicinò alla poltroncina, prese la maglietta e la mise. Indossò anche le scarpe.
Prese il portafoglio che gli aveva regalato Astra qualche giorno prima e senza far rumore uscì dalla stanza. Percorse il corridoio e arrivò davanti agli ascensori. Si fermò davanti ai distributori automatici, infilò qualche moneta nella fessura e scelse una lattina di birra, che cadde nel cassetto nero con un tonfo e Joerydan sperò che nessuno l'avesse sentito. Prese la lattina e andò a sedersi sulla poltroncina davanti alla vetrata. Strappò la linguetta di metallo con rabbia e bevve un po' di birra.
Non sapeva cosa pensare, non aveva idea di cosa dovesse fare. Non sapeva se i suoi incubi fossero sogni premonitori oppure semplici incubi, l'unica cosa di cui era certo era che avrebbe protetto sua sorella. Sempre.

***

Astra continuava a fissare suo fratello mentre percorrevano la 40° in direzione ovest, avevano deciso di entrare nel palazzo dove lavorava Maya, anzi, Astrakan l'aveva deciso, Joerydan si era limitato ad annuire.
La ragazza sospirò e fissò Joerydan che camminava con lo sguardo fisso sui suoi piedi e le mani infilate nelle tasche di jeans. Dubitava che avesse dormito molto quella notte.
Sospirò, ancora, e si fermò davanti alla sua meta, fermando Joerydan.
«Dobbiamo entrare qui.» esclamò.
Joerydan sbatté le palpebre un paio di volte, come se fosse sorpreso di trovarsi lì. «Ah, va bene.» mormorò.
L'uomo di guardia alla porta fece loro un cenno di saluto, che Astra ricambiò con un sorriso.
«Che diavolo hai?» sbottò Astra fermandosi davanti a un grosso tabellone dove erano segnalati gli uffici presenti nel palazzo.
«Cosa?» domandò Joerydan. «Nulla.» mormorò.
Astrakan incrociò le braccia e fissò il fratello, lui abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di lei.
«Non ho dormito molto.» ammise Joerydan.
Le sopracciglia di Astra si incurvarono, le braccia ritornarono lungo i fianchi. «Ci voleva molto?» domandò e si voltò a guardare il tabellone.
«Allora...» disse dopo qualche secondo di silenzio, «Non ricordi cosa hai sognato?»
«Come facciamo a trovarla?» Joerydan ignorò la domanda della sorella.
Astra scrollò le spalle. «Non ne ho idea»
Joerydan si voltò verso gli ascensori, guardando alcuni uomini vestiti elegantemente che li aspettavano.
«Non mi hai risposto.» gli fece notare lei, avvicinandosi lentamente.
Lui sobbalzò. «Mi hai spaventato.» mormorò, una mano posata sul torace.
Astra scrollò le spalle e i capelli legati in una coda alta le rimbalzarono sulle spalle. Sbuffò e si guardò attorno. «Aspettiamo o andiamo a farci un giro?» Joerydan si spostò andando a sedersi su una delle poltroncine nere presenti nell'atrio. «Aspettiamo.» rispose.
Astra si limitò a sedersi accanto a lui e afferrò una rivista dimenticata da qualcuno su un basso tavolino bianco, accavallò le gambe e s'immerse nella lettura.
«Da quanto siamo qui?» esclamò Astra dopo un po' chiudendo la rivista.
«Dieci minuti.» rispose Joerydan.
Astra sbuffò, annoiata. Prese la rivista e la sfogliò di nuovo, girando le pagine senza realmente vederle. «Ma non va a pranzo?»
«Sono appena le undici.» rispose Joerydan sbadigliando.
Astra rimise a posto la rivista e sbuffò. «Andiamo a prendere un caffè?» domandò e sbadigliò. «C'è un bar qua di fronte.»
Joerydan non rispose, limitandosi ad alzarsi in piedi. «Pensavo che saremmo rimasti qui a cercarla.» Infilò le mani nelle tasche e fissò la sorella. «Siamo qui da più di due settimane e per ora abbiamo scoperto pochissimo.»
Astrakan aprì la sua borsetta in pelle scamosciata e curiosò dentro. «Bhe... se qualcuno avesse accettato di uscire con qualcun'altro... forse a quest'ora avremmo qualcosa di più.» esclamò senza guardare il fratello.
«Andiamo o restiamo qui?» domandò lui voltandosi, per non mostrare le guance rosse per l'imbarazzo. «Credevo che volessi un caffè.»
Astra sorrise, e alzandosi chiuse la borsetta. «Stasera andiamo al locale e gli dici di sì.» esclamò lei superando il fratello.
«Cosa?» Joerydan si mosse e raggiunse la sorella fuori dall'edificio. «Io non gli dico un bel nulla!»
Astra sbuffò, gli occhi azzurri rivolti al cielo. «Tu gli piaci, lui ti piace... qual è il problema?» domandò.
Joerydan si passò una mano fra i capelli, visibilmente a disagio, cercando di guardare ovunque tranne gli occhi indagatori di Astrakan.
«Volete levarvi dai piedi?» sbraitò un ragazzo, in una mano la ventiquattr'ore, nell'altra un cellulare.
Astrakan afferrò suo fratello per il gomito e lo trascinò verso il passaggio pedonale.
«Questa situazione potrebbe portare dei vantaggi.» gli fece notare, «Per tutti noi.»
Il semaforo pedonale diventò verde e loro attraversarono la strada.
«Dai, Joe...» sbuffò, «Perché fai così?» Astra diede una pacca al fratello.
«Perché?» domandò lui. Astra annuì, speranzosa in una risposta. «Perché?» ripeté entrando nella caffetteria. Si sedette nel primo tavolo libero, poco lontano dalla porta d'ingresso.
«Allora?» lo incalzò lei e afferrò il menu.
Joerydan sbuffò, e si sporse sul tavolino, abbassò con la mano destra il menu e guardò sua sorella negli occhi. «Perché... perché non posso.»
Astra sbatté il menu sul tavolo, ignorando le occhiatacce dei presenti. «Sì che puoi. Vai lì da lui e gli dici che hai cambiato idea.» sospirò e guardò il bancone. «Mi sembra abbastanza semplice.»
«Ma se poi... e se lui è...» balbettò Joerydan.
«Se lui è,» Astra abbassò la voce, «il Catalizzatore, non ci sono leggi che vietano una cosa del genere.»
Una cameriera si avvicinò e loro ordinarono due cappuccini e due ciambelle alla cannella.
«Allora stasera gli dici di sì.» esclamò Astra quando la cameriera si fu allontanata.
Joerydan spalancò gli occhi. «Altrimenti lo faccio io.» aggiunse lei con un sorriso furbo.
Joerydan sospirò e si passò una mano sul viso. Sapeva che sua sorella lo avrebbe fatto. «Non parlerai sul serio!»
Astra sorrise e piegò la testa in avanti, fissando il suo sguardo sulla tovaglia bianca e rossa. «Se non vuoi farlo tu...» e fece un sospiro teatrale, «dovrò farlo io.» aggiunse.
Lui rimase in silenzio, sfiorando il bordo della tovaglia.
Astra gli sfiorò una mano, lui alzò il viso e ricambiò il sorriso della sorella. «Non avere paura.» mormorò piano, «Vedrai, andrà tutto bene.»
Joerydan abbozzò un sorriso, più che altro per farla felice, ma non ci credeva sul serio.
«Lo so.» sussurrò.
Astra drizzò la schiena quando la cameriera arrivò con le ordinazioni, afferrò un tovagliolino di carta e prese una delle due ciambelle.
«Da qui riusciamo a vedere l'ingresso.» esclamò e staccò con un morso un pezzo della ciambella. «Quindi... stiamo qui fino a quando non uscirà.» aggiunse con la bocca piena.
Joerydan annuì, con la tazza del cappuccino stretta nella mano destra, sapeva che, anche se Astrakan aveva cambiato argomento, presto sarebbe tornata all'attacco. Voleva che lui accettasse di uscire con Kevin e non avrebbe mollato finché non ci fosse riuscita.

Due cappuccini e quattro ciambelle dopo, finalmente Maya uscì dall'edificio. Astra e Joerydan erano già fuori dalla caffetteria, dall'altra parte della strada, a un paio di metri dall'ingresso del palazzo.
«Muoviti.» esclamò Astrakan, con la mano sinistra stringeva i manici di una borsetta contenente una confezione da sei di ciambelle alla cannella, con la mano libera colpì Joe sulla pancia.
Lui scrollò le spalle ormai abituato all'irruenza della sorella. Seguirono Maya lungo le vie di New York, e quando svoltarono a sinistra, Joerydan alzò lo sguardo. Su un barometro digitale, a caratteri rossi, era segnalata la temperatura di settantuno gradi Fahrenheit. Sbuffò e si asciugò il sudore dalla fronte, non era abituato a quella temperatura.
«Muoviti!» esclamò Astrakan voltando appena la testa. Lui affrettò il passo e la raggiunse.
«Ma dove sta andando per camminare così velocemente?» domandò Astra rivolta più a se stessa che al fratello.
Si fermarono ad un incrocio in attesa che il semaforo pedonale diventasse verde ma prima che si potessero avvicinare a Maya, un gruppo di turisti asiatici si frappose fra di loro.
«La stiamo perdendo!» si lamentò Astra mentre attraversavano la strada, allungando il collo il più possibile.
«Sta andando di là.» Joerydan afferrò la sorella e la trascinò verso destra.
La seguirono fino al successivo incrocio. «Non è possibile!» esclamò Astrakan girando su se stessa, «L'abbiamo persa!» grugnì.
«E adesso?» domandò Joerydan.
Astrakan camminò avanti e indietro, continuando a borbottare che l'avevano persa; Joerydan la guardò poi la prese per le spalle e la fermò. «Calmati.» le disse.
Lei respirò profondamente dal naso e con uno strattone si liberò. «Cosa facciamo?» mormorò; si voltò, dando le spalle al fratello e velocemente si asciugò le lacrime, non voleva che suo fratello la vedesse piangere, era sempre stata la più forte dei due. Respirò profondamente e si mise a camminare, voleva allontanarsi da lì, si sentiva stupida.
«Dove stai andando?» urlò Joerydan e quando capì che non avrebbe ricevuto risposta iniziò a correre. Trovò sua sorella poco distante, con la schiena appoggiata ad un muro di un palazzo, che mangiava nervosamente una delle ciambelle.
«Astra...» mormorò.
Lei lo guardò appena e continuò a mangiare.
Lui sospirò e le si avvicinò.
«L'abbiamo persa.» mormorò lei, pulendosi la bocca dalle briciole con una mano.
Joerydan le prese la scatola e l'abbracciò. «Ce la faremo, vedrai.» le sussurrò prima di baciarle i capelli.
Lei si lasciò coccolare per qualche minuto poi fece un passo indietro, tirò su con il naso e sorrise. «Grazie.» mormorò.
Joerydan sorrise, sollevato. «Non è colpa nostra, in fondo. Se quei turisti non si fossero messi in mezzo...» fece notare. «Stupidi cinesi!» aggiunse incrociando le braccia al petto.
Astra scoppiò a ridere.
«Perché ridi?» domandò lui, il tono un pochino offeso.
Lei scosse la testa e cominciò a camminare.
«Allora?» sbuffò Joerydan.
«Non erano cinesi,» gli fece notare lei, «ma Giapponesi.»
«È la stessa cosa. Si sono messi in mezzo.» ribatté Joerydan.
Lei sorrise e scosse la testa.
«Cosa facciamo?» domandò Joerydan.
«Un giro, poi pranziamo e torniamo a controllare Maya.» rispose Astra con il capo voltato indietro verso il fratello. Svoltò a destra e andò a sbattere contro qualcuno.
«Mi scusi.» mormorò Astra, chinando il capo imbarazzata.
«Ciao Astra.»
«Kevin!» esclamò lei, guardandolo e sorridendo.
Lui ricambiò e guardò Joerydan. «Ciao Joe.» lo salutò.
«Ehm... ciao Kevin.» balbettò lui imbarazzato e si voltò verso il muro, le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Kevin continuò a guardarlo, intenerito dal suo imbarazzo.
«Noi stavamo per andare...» Astra attirò l'attenzione di Kevin alzando un po' il tono della voce e Joerydan sussultò, immaginando cosa stesse per fare, «a pranzo. Ti va di unirti a noi?»
Joerydan, se possibile, avvampò ancora di più e sperò che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi.
«Oh... mi piacerebbe moltissimo.» rispose Kevin. Astra sorrise ancora di più mentre Joerydan si voltò, intercettando lo sguardo di Kevin, fissò i suoi grandi occhi azzurri e gli sembrò che se Kevin lo avesse guardato in quel modo ancora a lungo, sarebbe morto; per una volta, Joerydan fu felice dell'irruenza e invadenza della sorella. «Purtroppo devo andare a pranzo dai miei.»
Astra nascose la delusione e scosse la testa. «Sarà per un'altra volta.»
Joerydan non fece nulla per nascondere la delusione e chinò la testa.
«Domani sera al locale c'è un gruppo che suona, venite?» domandò Kevin.
«Certo!» rispose Astra e si avvicinò al fratello. «Ci farebbe molto piacere!» continuò dando una gomitata al fratello. «Vero?»
«Ce... certo.» balbettò Joerydan.
«Perfetto!» Kevin sorrise. «Allora ci vediamo domani sera, vi faccio mettere in lista. Ciao Astra.» Kevin fece qualche passo verso Joerydan. «Ciao Joe.» esclamò, la voce bassa e roca, «Mi ha fatto piacere vederti.» poi se ne andò.
«Gli piaci!» esclamò Astrakan battendo le mani.
Joerydan la guardò appena, lo sguardo perso nel vuoto. Sospirò, non badando alla sorella che sprizzava gioia da tutti i pori.
«Dopo andiamo a fare shopping.» trillò Astrakan, afferrò Joerydan e lo spinse nella direzione opposta in cui si era diretto Kevin.
«Shopping? Perché?» domandò Joerydan cercando di mantenere l'equilibrio e di non cadere per terra.
«Uff... per domani sera!» spiegò lei. «Perché, così, lui ti chiederà nuovamente di uscire, e tu gli dirai di sì.» continuò incrociando le braccia.
«Gli dirai di sì.» Astra scandì le parole, come se parlasse con un bambino di due anni, non con un ragazzo di venti.
«Io non gli dirò...» Joerydan s'interruppe quando vide l'espressione di Astra. «E va bene.» acconsentì dopo un lungo sospiro.
«Perfetto! Adesso andiamo a mangiare!» esclamò lei.
«Ma hai appena mangiato tre ciambelle!» fece notare Joerydan.
«Ho ancora fame!» squittì Astrakan.
Joerydan scrollò le spalle e seguì la sorella pensando che ci fosse qualcosa nell'ambiente Terrestre che la faceva diventare matta, solo pochi minuti prima stava per piangere, ed ora era felice.

***

Alle tre del pomeriggio erano di nuovo davanti al palazzo dove lavorava Maya. Astra, dopo pranzo, aveva trascinato suo fratello in un negozio, e l'aveva costretto a provarsi diversi paia di pantaloni e svariate magliette.
«Ma era proprio necessario che prendessimo tutta questa roba?» domandò mentre varcavano la soglia della stessa caffetteria in cui erano stati quella mattina. «Sì.» rispose Astra sedendosi davanti alla vetrata.
Joerydan posò i tre sacchetti vicino al tavolino e si sedette davanti alla sorella.
Questa volta Astra ordinò un frappè al cioccolato.
«Una tigre bianca...»
«L'hanno vista a Central Park!»
«Dicono che abbia una macchia a forma di stella sulla fronte!»
I gemelli si guardarono, gli occhi sgranati e la bocca spalancata dalla sorpresa. Quello che stavano dicendo quegli sconosciuti risultava loro molto familiare.
«E ha due strisce rosa sui fianchi!»
«Katulaa.» mormorò Astra mentre la cameriera posava davanti a loro il frappè e il cappuccino.
«Perché è qui?» domandò Joerydan.
«Non ne ho idea.» rispose lei. Assaggiò il frappè e si pulì le labbra con un tovagliolino di carta. «Ma i nostri programmi sono appena cambiati.» bevve ancora un po' di frappè.
«Finiamo quello che abbiamo preso, andiamo a Central Park, sperando che sia ancora lì, e le impediamo di farsi ammazzare.»
«E scopriamo perché è venuta qui.» finì Joerydan.
Astra annuì. «E la cosa mi preoccupa.»

***

La folla di curiosi era in un angolo, mentre la polizia cercava di allontanarli e la forestale girava armata di fucili spara sonniferi.
«Ma dov'è!» esclamò Astra guardandosi attorno. Mentalmente ordinò ai poliziotti e alle guardie forestali di non far male alla tigre, di non torcerle un solo pelo. Sapeva che quell'ordine non sarebbe durato più di qualche minuto, le persone da convincere erano molte e troppo distanti da lei.
Si udì un ruggito lontano e i presenti si guardarono e alcuni voltarono il capo verso il punto da cui era provenuto il ruggito. Astrakan sbuffò e scrollò la testa, posò le mani sulle tempie sentendosi la testa esplodere. L'ultima cosa che voleva era che uno di loro venisse ammazzato a due passi da lei. Sbuffò ancora e imprecò, guardandosi attorno.
Joerydan diede una gomitata alla sorella, e con un cenno del capo le indicò una ragazza che camminava verso di loro.
I gemelli si allontanarono dalla folla, avvicinandosi alla ragazza, che indossava un lungo vestito bianco e un maglioncino di cotone dello stesso colore.
«Ambasciatori.» mormorò lei, chinando leggermente la testa.
«Katulaa.» Astra la guardò arrabbiata. «Cosa diavolo ti è venuto in mente?»
La ragazza ridacchiò, e si scostò i capelli biondi, su cui spiccavano quattro ciocche rosa, dal viso. «Sono venuta a portarvi un messaggio da parte del vecchio baccucco.»
«Andiamo da un'altra parte.» esclamò Astrakan, cercando di non scoppiare a ridere. "Vecchio bacucco" era il modo in cui Katulaa chiamava il Saggio.
«Va bene Ambasciatrice.» mormorò l'altra, chinando il capo in segno di scusa.
«E non chiamarci Ambasciatori.» intervenne Joerydan,
Katulaa annuì, e docilmente seguì gli altri due, in un bar poco fuori da Central Park.
«Allora... cosa voleva farci sapere...» esclamò Astra quando il cameriere se ne fu andato con le loro ordinazioni, «il vecchio bacucco? Cioè il Saggio?»
Katulaa respirò a fondo e sul viso a forma di cuore le si dipinse un'espressione seria. «Ha controllato alcune carte, fatto dei calcoli...»
«E?» la incalzò Joerydan.
Lei scosse la testa. «E i calcoli sono sbagliati.» mormorò lei.
«Sbagliati?» ripeté Astrakan sorpresa quanto il fratello. Mesi e mesi di ricerche... «Non possiamo esserci sbagliati!» sbottò.
Katulaa piegò in avanti le spalle. «Per me non è facile comunicarvelo.»
«Comunicarci cosa?» domandò Joerydan afferrando la mano della sorella, stringendola, cercando di farle mantenere la calma. Quella notizia non ci voleva, non dopo l'aver perso di vista Maya quella mattina.
Katulaa sfiorò il fiore, una margherita in plastica, nel vasetto centrotavola, e sospirò. Alzò lo sguardo e i grandi occhi castani sembrarono ancora più grandi, e fissò i due ragazzi davanti a lei. «La data è sbagliata.» sussurrò.
Astrakan sussultò e strinse la mano del fratello.
«È il dieci Maggio.» mormorò Katulaa, fissando la tovaglia. «Cioè, il Catalizzatore è nato il Venti, ma la cerimonia bisogna farla prima...» Katulaa si fermò, non osando alzare lo sguardo dalla tovaglia.
«Io...» mormorò Astra, accasciandosi contro lo schienale della sedia. «Manca poco più di un mese.»
«Trentaquattro giorni.» commentò Joerydan.
Astra si voltò verso di lui. «Solo?» mormorò.
Lui annuì.
«Grazie per il cappuccino, ma devo andare.» esclamò Katulaa. «Devo aiutare il Saggio a mantenere la calma.» erano rimasti per parecchio tempo in silenzio. «Le cose stanno peggiorando.» sussurrò
Astra annuì. «Ti riaccompagniamo a Central Park, ma devi prometterci che se tornerai qui non...» abbassò la voce e si sporse verso Katulaa, «sarà in forma di tigre.» sussurrò.
Katulaa annuì. «Come volete.» sorrise. «È buonissimo.» mormorò portando alle labbra la tazza del cappuccino.
Astra sospirò, pensierosa. Era convinta di avere molto tempo, invece... invece avevano incontrato due dei candidati, ma ne conoscevano solo uno; dovevano ancora fare amicizia con Maya e trovare gli altri due. E poi la parte più difficile: riunirli, raccontare loro tutta la storia, persuaderli che era la verità e non una stupida fantasia. E, soprattutto, convincerli a seguirli nel loro mondo. E convincere il Catalizzatore a rimanere.
Sospirò ancora, sperando che il Catalizzatore fosse Kevin, era sicura che se fosse stato veramente lui, avrebbe seguito Joerydan ovunque.
Le sembrò troppo facile per essere vero.

***

Una guardia forestale e quattro poliziotti pattugliavano la zona di Central Park in cui era presente il portale.
«Non dovete stare qui.» esclamò il poliziotto più anziano. «È pericoloso.»
Astrakan lo guardò e sorrise, concentrandosi sui Terrestri presenti. «Lo sappiamo.» esclamò. «Siamo studenti di Zootecnica.» mormorò, «Siamo qui per assicuraci che alla tigre non venga fatto alcun male.» la sua voce era poco più di un sussurro.
Le forze dell'ordine la guardavano, incantati, mentre Joerydan fissava un piccione che beccava qualcosa fra l'erba verde e Katulaa si toglieva un pelo, lungo e bianco, dalla punta della lingua.
«Lasciateci passare, sappiamo dove può essersi nascosta.» Astra continuò a sorridere.
I poliziotti si scambiarono un'occhiata. «Va bene.» esclamò il poliziotto che aveva parlato prima.
Astra annuì e fece un cenno agli altri due.
«Di al Saggio che ce la faremo.» esclamò Joerydan.
Katulaa annuì. «Lo farò.» disse. «A presto e state attenti, Ambasciatori.» mormorò, fece un passo indietro e la sua figura, alta e muscolosa, dalla pelle diafana scomparve avvolta in una nebbiolina che sparì subito dopo.

***

I gemelli non parlarono mentre tornavano al loro albergo, che era lo stesso di quando erano arrivati.
Una volta in camera Joerydan chiuse i sacchetti nell'armadio e si lasciò cadere sul letto, mentre Astra si chiudeva nel bagno.
Si domandò se fosse giusto uscire con Kevin, visto che il loro mondo stava andando in rovina.
Pensò che dovevano essere lì, a mantenere la calma, tranquillizzando le altre persone, dicendo che sarebbe andato tutto bene.
No, non sarebbe andato tutto bene. Si mise seduto e guardò la skyline della città dalla vetrata della camera.
Sentì l'acqua scorrere e si avvicinò alla porta del bagno e gli parve di sentire un singhiozzo. Accostò l'orecchio alla porta e rimase in ascolto. Sua sorella stava piangendo. Trattenne a stento l'impulso di entrare, abbracciarla e consolarla, sapendo che tutto ciò l'avrebbe fatta arrabbiare. Scosse la testa e tornò a sedersi sul letto.

***

L'aria era fredda e loro correvano, lungo i corridoi del palazzo del Saggio, scappando da qualcuno che Joerydan non riusciva a riconoscere.
Questa volta anche Katulaa era con loro, e correva molto più veloce di loro, visto che era una tigre.
Joerydan saltò una colonna di marmo distrutta, e sentì in lontananza il boato di un'esplosione. Poi un altro, che gli sembrò più vicino. E ancora, ancora e ancora, finché l'esplosione non fu proprio dietro di loro. Joerydan si sentì sollevare in aria e svenne quando la sua schiena sbatté contro ad una delle travi in legno che decoravano il soffitto del corridoio.
Joerydan si sedette di scatto, la bocca aperta e il respiro affannoso. Si passò una mano sul viso quando si rese conto che quello era soltanto un incubo. Un altro. Respirò a fondo, imponendosi di calmarsi. Posò una mano sul torace e sentì il cuore correre all'impazzata.
Senza far rumore si alzò e andò in bagno, chiudendo la porta dietro di sé. Aprì l'acqua fredda e si sciacquò il viso, evitando di guardarsi allo specchio.
Tornò in camera e guardò sua sorella che dormiva tranquillamente, o almeno così gli sembrava, si chinò e le baciò la fronte. Sedendosi sul suo letto sperò di non avere altri incubi.

Erano parecchi minuti che aveva la sensazione di essere seguita, ma ogni volta che si voltava non vedeva nessuno di sospetto.
Un altro brivido le percorse la spina dorsale e Astrakan si voltò, e rimase sorpresa quando vide una grossa ombra nera, di forma vagamente umana, stagliarsi sulle facciate dei grattacieli della Grande Mela. Rimase ancora più sorpresa quando si accorse di essere l'unica a vederla. Nessun'altro faceva caso a quella grande cosa che si muoveva fluidamente, passando sulle finestre e sui rari balconi come se non esistessero, come se fosse un'unica, grande, superficie liscia.
Astra iniziò a camminare velocemente, sentendo l'ombra sempre più vicina. Svoltò a destra, immettendosi sulla Fifth Ave e iniziò a correre, i capelli le finirono davanti agli occhi ma lei non ci badò, sentendo l'ombra sempre più vicino. Continuò e correre e urlò quando l'ombra calò su di lei.
Astra aprì gli occhi sentendosi mancare l'aria. Respirò a pieni polmoni e si passò una mano sulla fronte, girò la testa a destra e a sinistra e si sentì sollevata scoprendo che nessuna ombra la stava minacciando.
Tornò a sdraiarsi e cercò di calmarsi, sentiva il suo cuore battere all'impazzata. Era solo un incubo, uno stupidissimo incubo, non c'era nulla da temere e di cui avere paura.
Guardò la scatola di ciambelle che aveva lasciato sul tavolo, si alzò e si avvicinò; Astra fissò l'interno della scatola grazie alla luce che proveniva dalla finestra, afferrò una delle ciambelle e si sedette sulla poltroncina.

***

«Non è troppo scollata?» domandò Joerydan fissando sua sorella. Lei non disse nulla, continuando a mettersi il rossetto sulle labbra sottili. «Ti si vede tutto.» continuò.
Aprì la bocca ma la richiuse subito, accorgendosi che sua sorella non aveva ribattuto, e la cosa le sembrò strana, molto strana. Improvvisamente si accorse che sua sorella era stata silenziosa tutto il giorno.
«Non è troppo scollata. Va bene così.»
Joerydan si riscosse quando sua sorella si degnò di rispondergli. «Stai bene?» domandò, «Ti vedo strana.»
Lei scrollò la testa e si guardò allo specchio. «Sto benone.»
Joerydan alzò le sopracciglia con aria dubbiosa ma decise di non insistere, se lo avesse fatto, sua sorella si sarebbe chiusa in se stessa, parlando poco o niente e rispondendo a monosillabi.
«Sei pronta?» domandò, non sapendo cos'altro dire. Lei infilò il rossetto nella pochette nera che aveva un grosso bracciale in argento come manico, si voltò, annuì e prese la giacca. La indossò e si diresse verso la porta.
Joerydan scosse la testa e la seguì, consapevole di quanto fosse inutile farle domande e insistere, sua sorella era sempre stata così. L'unica volta che aveva accettato di farsi consolare fu quando, quasi cinque anni prima, morirono i loro genitori. Per diversi mesi, Astrakan, di notte, era scivolata nel letto del fratello, sentendosi sola. Ma poi basta, ed erano rare le volte in cui la vedeva piangere.
Uscirono. Joerydan si stupì ancora una volta, di quanta gente ci fosse in giro a New York.
Lentamente si diressero verso l'entrata della metropolitana, sulla Cinquantasettesima.

***

L'ombra strisciò sul marciapiede, muovendosi quasi con grazia, evitando le gambe delle persone e le ruote delle biciclette. Era nera, densa e quasi fluida, si spandeva e si ritraeva a seconda di quello che incontrava sul suo cammino. Attraversò la strada, e scese sottoterra strisciando lungo il muro delle scale che conducevano alla stazione metropolitana. Scivolò lungo i corridoi, passò sotto i tornelli e si fermò sulla banchina, poco lontano dalla striscia gialla. Andò avanti e indietro per un paio di volte, ma si fermava sempre sullo stesso punto. Si appiattì, allargandosi completamente e diventando grigio chiaro, quasi trasparente e raggiungendo la larghezza di un paio di metri.
Poi tornò normale, si raggomitolò su se stessa e si allungò verso l'alto, come se fosse un soldato sull'attenti, intento ad ascoltare ordini di un suo superiore. Pochi secondi dopo si distese, e strisciando tornò da dove era venuta.

***

I due gemelli entrarono nel locale dove lavorava Kevin, Joerydan contò le volte in cui era stato lì e rimase quasi sconvolto quando si accorse che quella sera sarebbe stata la settima volta. Arrossì nel pensare di ritrovarsi davanti a Kevin e si diede dello stupido per non aver accettato il suo appuntamento.
Sapeva diverse cose di Kevin: lavorava lì da un paio d'anni, abitava in un palazzo -con piscina!- a nord di Central Park, non andava d'accordo con suo fratello e ci parlava raramente. La sua data di nascita la sapeva di già.
Una parte di lui gli stava gridando di lasciarsi andare, mentre l'altra continuava a ripetergli che era tutto inutile. Dopo aver lasciato le giacche al guardaroba salirono sul soppalco, da dove potevano vedere sia il piccolo palco allestito per l'occasione, sia il pezzo di bancone dove lavorava Kevin.
Si sedettero ad un tavolino libero e rimasero qualche minuto senza parlare, ascoltando il gruppo che suonava della musica rock.
Astra si voltò verso il fratello «Io vado a prendere da bere.» gridò e si allontanò senza aspettare una risposta. Scese lentamente le scale cercando di evitare le altre persone. Vicino ai piedi della scala due ragazze si stavano baciando appassionatamente. Astra le guardò appena, e andò dritta da Kevin.
Il barista le voltava la schiena, mentre prendeva un lime da una ciotola in plastica bianca, quando si voltò, sorrise alla ragazza, che ricambiò. «Il solito?» domandò sporgendosi vero di lei.
Astra annuì e rimase in attesa.
Pochi minuti dopo, Kevin posò sul bancone davanti a lei due bicchieri. «La mia pausa è fra mezz'ora.»
«Perfetto!» urlò Astrakan, «Noi siamo sul soppalco.»
Kevin annuì, e si dedicò ad una ragazza con un seno enorme e lunghi capelli biondi, Astra afferrò i bicchieri e si voltò verso la pista, guardando da che parte ci fosse meno folla, non voleva che qualcuno la urtasse facendole cadere i bicchiere. Sorseggiò la sua Caipiroska, e assaggiò anche quella del fratello.
«Bello, vuoi che ti faccia compagnia?»
Joerydan si voltò trovando seduto accanto a lui un ragazzo sui trent’anni, con la testa pelata e lucida che rifletteva le luci multicolori del locale; il suo braccio sinistro era completamente ricoperto di tatuaggi.
«Ehm... io... no...» balbettò spaventato.
L'altro si avvicinò ancora di più a lui, facendo scricchiolare la pelle della panca. «Su, dai, tesoro, divertiamoci un po'.»
Joerydan si avvicinò al muro, quasi desiderasse di fondersi con esso. «Ehm... no, grazie.»
«Non fare il prezioso con me.» tuonò l'altro posando una mano sulla gamba del più giovane. «Ti farò divertire.»
«Stai dando fastidio a mio fratello!» esclamò Astra. Il gruppo aveva smesso di suonare e si sentivano solo le voci delle persone presenti nella sala. «Quale parte di "no" non hai capito?» continuò e afferrò l'orecchio dell'uomo tatuato, stringendo forte e strattonando lontano dal fratello.
«E tu che vuoi?» esclamò rabbiosamente il tatuato cercando di liberarsi, ma Astra gli bloccò il polso prima che potesse colpirla.
«Ora tu chiedi scusa a mio fratello e te ne vai.» gli sussurrò con la voce bassa e roca, quella che utilizzava quando voleva incantare gli altri.
L'uomo annuì. «Scusa!» strillò, e Astra lo lasciò andare, l'uomo si mosse barcollando e Astra afferrò i bicchieri che aveva posato sul tavolo prima che si rovesciassero. Il tatuato si alzò in piedi e si allontanò velocemente, sbattendo contro alcune persone.
Astrakan lo guardò allontanarsi e sorrise. «Credo di avergli messo paura.» mormorò, rimise i bicchieri sul tavolo e si voltò verso il fratello, che la guardava con gli occhi sbarrati. «Perché mi guardi così?» domandò sedendosi.
Lui le tolse la pochette dal polso, l'apri e prese il piccolo specchietto e glielo porse. Lei lo aprì e guardò il suo riflesso. Trattenne un grido quando vide i suoi occhi: erano completamente bianchi, di un bianco purissimo, quasi accecante, solo due iridi viola intenso, cerchiate di un blu scuro, spiccavano in mezzo a quel candore.
«Oh.» commentò chiudendo di scatto lo specchietto e lo mise nella pochette. Chiuse gli occhi e scrollò la testa. Dopo qualche istante li riaprì e guardò suo fratello. «Ora?» mormorò. Joerydan non l'aveva sentita, le casse pompavano la musica al massimo volume, ma aveva intuito qual era la domanda.
«Normali.» le sussurrò.
Lei annuì e prese il suo bicchiere, iniziando a girare lentamente la cannuccia. Non le era mai successa una cosa del genere prima. «E se lo dice a qualcuno?» pigolò all'orecchio del fratello, stringendogli la manica della camicia con tanta forza che Joerydan temette che gliela avrebbe strappata da un momento all'altro «È ubriaco, nessuno gli crederà.» la consolò.
Lei annuì e sorseggiò il suo drink, pensierosa. Alzò lo sguardo e vide suo fratello che la guardava preoccupato. «Sto bene.» disse e gli accarezzò una guancia. «Fra poco Kevin sarà qui.»
Joe accennò un timido sorriso.
«Credo sia molto felice di vederti.» disse Astra, poi prese in mano il suo bicchiere e lo portò alla bocca, cercando di nascondere un sorriso. Suo fratello era arrossito.
Le piaceva vederlo arrossire e metterlo in imbarazzo, e la cosa la divertita parecchio, da quando avevano conosciuto Kevin si divertiva ancora di più, lanciandogli continue frecciatine. Era convinta che comportandosi in questo modo l'avrebbe fatto uscire dal suo guscio.
Joerydan scoccò un'occhiataccia alla sorella, prese il suo bicchiere e ne bevve qualche sorso.
Dopo circa venti minuti, arrivò Kevin, agitò una mano in segno di saluto. Astra si alzò per fargli posto e si mise davanti al fratello.
«Come stai?» domandò Kevin fissando Joerydan.
Lui lo guardò, abbassò il viso e mormorò che stava bene.
Kevin scosse la testa e l'avvicinò all'orecchio di Joerydan. «Non ho capito.» soffiò.
Joerydan arrossì ancora di più sentendo le labbra di Kevin a pochi millimetri dal suo orecchio.
Ingoiò a vuoto e girò il viso verso Kevin. «Sto bene.» ripeté respirando il profumo di Kevin.
L'altro voltò il viso e Joerydan si trovò le labbra di Kevin a pochi centimetri dalle proprie.
Le labbra di Kevin si allargarono in un sorriso mentre continuava a fissare negli occhi Joerydan.
Astra li guardava dall'altra parte del tavolo, quasi incantata, sperando che si baciassero.
Joerydan spostò il viso, inchiodando lo sguardo al suo bicchiere, non trovando neanche il coraggio di guardare sua sorella.
La musica si fermò nello stesso momento in cui, con un gesto apparentemente casuale, Kevin posò il braccio sullo schienale della panca. Iniziò a sfiorargli il collo con la punta delle dita, facendo provare a Joerydan delle scariche elettriche che partivano dai punti in cui le dita di Kevin lo sfioravano fino alla base della schiena. Da una parte il desiderio che Kevin continuasse ad accarezzarlo, ma poi si ricordò qual era il motivo per cui lui e sua sorella fossero venuti lì, sulla Terra. Si spostò leggermente verso il muro, e anche se c'era ancora molto casino, riuscì a sentire sua sorella sbuffare.
Joerydan si sentì sfiorare una mano e alzò il visò, trovandosi davanti sua sorella, che era quasi sdraiata sul ripiano nero del tavolino. «Vi lascio soli, devo andare al bagno.» gli disse e se ne andò.
«Dove va?» domandò Kevin, il suo braccio era ancora posato sullo schienale.
«In bagno.» gli rispose l'altro.
Kevin annuì, si spostò verso Joerydan e riprese a sfiorargli il collo.

***

Astra entrò nei bagni e si diresse in uno dei cubicoli liberi. Girò la chiave e appese la borsa all'appendino che si trovava inchiodato alla porta. Abbassò la tavoletta del gabinetto e si sedette. Sospirò quando si tolse il sandalo sinistro; posò il piede sul l'altro ginocchio e iniziò a massaggiarlo, la testa appoggiata alla parete dietro di lei. Quei sandali le stavano martoriando i piedi: le facevano male e il cinturino sulla caviglia le avevano lasciato dei segni rossi. Sospirò e chiuse gli occhi.

Astrakan non sentì più nessun rumore e aprì gli occhi, sbatté le palpebre un paio di volte, sorpresa. Una manciata di secondi prima era seduta su un gabinetto di una discoteca di Manhattan, ed ora si trovava seduta per terra, in un luogo che non conosceva, che non aveva mai visto, nemmeno in foto.
Lentamente si alzò, e solo allora si accorse di non indossare più la maglietta che Joerydan aveva trovato troppo scollata e i pantaloncini di jeans blu scuro, ma un abito bianco panna, lungo fino si piedi. Portò una mano alla bocca meravigliata quando capì che quello che indossava era un abito da sposa, con il corpetto, decorato con perline bianche, senza spalline e con la scollatura a cuore.
Astra voltò la testa, e vide un piccolo strascico. Alzò un poco la gonna, i suoi sandali neri avevano lasciato posto a delle scarpe bianche, con il tacco non troppo alto.
Respirò velocemente, la mente che lavorava cercando di capire cosa le fosse successo. Pensò che magari si era addormenta ed era scivolata, sbattendo la testa da qualche parte e che la conseguenza fosse la perdita di sensi. Imprecò, perché se fosse stato vero, sarebbe stato pericoloso: qualcuno l'avrebbe sicuramente trovata e avrebbe chiamato l'ambulanza. Lei non voleva e non poteva andare in ospedale. Da svenuta non poteva di certo convincere i medici a lasciarla uscire, soprattutto quando avrebbero scoperto che il suo sangue era viola, non rosso come quello dei Terrestri.
Si portò le mani sulla testa e le sue dita toccarono qualcosa di strano. Mosse le mani e scoprì di indossare una tiara. Si stropicciò gli occhi sempre più confusa e arrabbiata. Mosse un passo avanti e il suo piede toccò qualcosa. Un bouquet di rose rosse, bianche, gigli e delle foglie verdi di una pianta che Astra non conosceva; si chinò e lo raccolse, lo portò al viso e scoprì che i fiori non avevano nessun odore, né buono né cattivo.
Fece un giro su se stessa e notò delle luci tremolanti -forse erano delle candele- in lontananza. Lentamente avanzò verso di loro.
Sembrava un'unica, grande, immensa stanza. Mentre avanzava verso le luci Astra guardò le pareti, erano bianche, dall'aspetto lucido e liscio. Non vide né porte o finestre. Si avvicinò ad una delle pareti e la sfiorò con l'indice destro: il dito penetrò nella parete come se questa fosse di gomma. Astra ritrasse immediatamente la mano, notando che alcuni residui erano rimasti appiccicati. Riprese a camminare, sollevando leggermente la gonna che le intralciava i movimenti, indecisa se quella di andare verso le luci fosse la decisione corretta.
Finalmente, dopo quelle che le parvero ore arrivò in un sala. Dei tavolini, bassi e quadrati erano sparsi un po' dappertutto, con dei candelabri con le candele accese posati sopra. Vicino ai tavolini si trovavano dei divani, anche quelli bianchi.
Dei gruppetti di persone erano fermi un po' qua e là e stavano parlando a bassa voce. Astra, sempre più sorpresa e sconvolta, si avvicinò ad un uomo che sembrò non accorgersi di lei. Astrakan andò davanti a lui e trattenne a stento un urlo. Quell'uomo non aveva un viso, o meglio, ce l'aveva, ma era come se fosse fatto di cera sciolta. Non aveva occhi, né labbra, al loro posto c'erano solo due buchini e una linea sottile. Il naso era una palla deforme, con due fori dai bordi frastagliati come narici. Astra si spostò verso una donna, ma anche lei aveva il viso di cera sciolta.
Tutti i presenti -una ventina circa- avevano quel viso deforme.
Astrakan respirò velocemente, sentendosi mancare l'aria. Si spostò verso uno dei divanetti, dove un ragazzo piangeva, le spalle scosse dai singhiozzi e le mani a coprire il viso.
«Lo sapevo che non avrei dovuto sposarla!» gridò il ragazzo, ma nessuno degli altri ci fece caso. Astra si avvicinò ancora, se avesse allungato un braccio avrebbe potuto posargli una mano sulla spalla. «L'ho uccisa! È colpa mia! Mia!» gridò ancora.
«L'ho sposata e lei è morta!»
Astra ebbe un fremito. Un funerale. Era ad un funerale. Quello che piangeva era il marito e la persona morta era la moglie. Si sentì male, con la voglia di consolare il giovane dai capelli castani.
Solo allora si accorse della bara bianca, appoggiata su delle colonne di marmo, anche quelle bianche. La parte superiore era aperta. Lentamente Astrakan si avvicinò. Osservò il coperchio finemente decorato, fece il giro, aspettandosi di trovare la ragazza con il viso sciolto come quello delle altre persone. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
Quando li riaprì e guardò all'interno della bara si pentì di averlo fatto. Il cadavere non aveva il viso deforme come quello degli altri, ma il suo. Gli stessi capelli neri, lo stesso viso ovale dai lineamenti delicati, una tiara fra i capelli neri. Astrakan fissò il suo cadavere a lungo, incapace di fare qualsiasi cosa. Lo stesso vestito, lo stesso mazzo di fiori.
«È colpa mia! Io l'ho uccisa!» strillò ancora il ragazzo.
Astra si riscosse. Se stava guardando il suo cadavere, allora quello era il suo funerale, e quello che urlava era suo marito.
Si guardò attorno, sempre più impaurita, spaventata e sconvolta. Dov'era suo fratello? E Katulaa? E tutto il suo popolo?
Gettò a terra il bouquet e si voltò a sinistra e iniziò a correre, alzando il vestito il più possibile.
Sentì dei nitriti e li seguì, sperando che il cavallo non avesse il muso sciolto, sarebbe stato troppo.
Fortunatamente il cavallo era normale e di colore nero. Astra gli girò attorno, controllando. Lo accarezzò sul collo e sfiorò le briglie. Il cavallo era sellato. Montò in groppa, sistemando il vestito in modo che non le desse troppo fastidio e spronò l'animale al galoppo e solo allora si ricordò che lei non sapeva cavalcare, decise di non pensarci, voleva solo allontanarsi da lì, dal suo funerale.
Presto le pareti bianche scomparvero, lasciando il posto ad alberi e arbusti.
«Fermati!» strillò quando vide un dirupo a un centinaio di metri di distanza, urlò ancora e tirò le briglie, ma il cavallo continuò a galoppare. Astra strillò ancora quando il cavallo spiccò un balzò e saltò nel dirupo. Le briglie si sciolsero nelle mani di Astra, e la sella si dissolse sotto di lei. Dai fianchi dell’animale spuntarono delle grandi ali nere che iniziarono a muoversi e i due planarono dolcemente dall'altra parte.
«Sei... tu sei...» mormorò Astra, il cuore in gola, e la paura di sfracellarsi al suolo ancora dentro di lei. «Pegaso.»
IL cavallo mosse le orecchie e nitrì scuotendo la testa. All'improvviso s'impennò sulle zampe posteriori, scalciando con quelle anteriori. Astra cercò di aggrapparsi alla criniera, ma perse la presa e scivolò a terra urlando dal dolore.
«Ma che ti è preso?» domandò fissando il cavallo alato.
La giovane cercò di alzarsi in piedi ma un dolore acuto proveniente dalla caviglia sinistra la convinse a sederi.
«Una caviglia rotta era quello che ci mancava.» brontolò, osservando il cavallo brucare l'erba. «Sono chissà dove, vestita da sposa, è il giorno del mio funerale e sono in compagnia di persone con la faccia sciolta e di un cavallo alato.»
L'animale si voltò verso di lei e iniziò ad avanzare, mentre Astra lo fissava, cercando di capire cosa avesse in mente.
Il cavallo alato la spinse leggermente con il muso.
«Mi stai spingendo.» gli fece notare Astra e quello la spinse, con ancora più forza, verso il dirupo.
Astra cercò di alzarsi ma l'animale spingeva e scalciava, e lei cercò di proteggersi il viso con le mani.
Urlò, quando il terreno sotto di lei cedette e precipitò nel vuoto.

«Sei caduta dentro?» Astra aprì gli occhi, trovandosi nel bagno della discoteca, il piede ancora fra le mani.
Sbatte le palpebre, sorpresa e sollevata. Niente vestito da sposa, niente funerale, niente gente con la faccia strana, niente cavalli alati assassini. Indossò il sandalo, si alzò e tirò l'acqua, senza sapere perché l'avesse fatto. Uscì e si trovò davanti una ragazza di colore, con lunghe treccine nere legate dietro la testa.
Confusa, Astra si lavò le mani e guardò l'orologio, era nuovo, l'aveva preso quella mattina. Solo cinque minuti, era rimasta in quel bagno solo cinque minuti. Eppure le erano sembrate ore...
Uscì dal bagno, sempre più confusa, e vide Kevin venirle incontro. Gli sorrise, e lui le fece un cenno di saluto con la mano e Astra notò un'ombra nel suo sguardo. Andò da suo fratello. «Allora?» domandò, cercando di apparire normale, non come una che aveva appena vissuto un'allucinazione.
Joerydan si voltò verso di lei la guardò e abbassò il viso. «Mi ha chiesto di uscire...»
«E tu gli hai detto di sì, vero?» domandò Astra allungandosi per prendere il suo bicchiere. Joerydan aveva già finito di bere il suo. Astra fissò suo fratello che guardava il tavolo tormentandosi le mani.
«Gli hai detto di no!» esclamò lei.
Lui annuì.
Astra sbuffò arrabbiata. Arrabbiata con suo fratello, con se stessa, perché non capiva quello che le era successo. «Stupido.» mormorò.

Il locale stava per chiudere e Joerydan era entrato nel bagno vicino all'uscita.
Astra notò Kevin che si stava dirigendo verso un porta e si avvicinò a lui. Se suo fratello si ostinava a dire di no, avrebbe preso in mano lei la soluzione. «Kevin!» lo chiamò.
Lui si voltò e le sorrise.
«Ascolta, mio fratello è molto timido ma è anche un idiota. Lui ha...»
«Avuto una brutta storia?» domandò Kevin.
Astrakan lo guardò sorpresa, poi sorrise e fece un cenno affermativo. «Sì, una brutta storia.» non era quello che voleva dire, ma quella era una scusa perfetta. Kevin le fece un cenno con la testa, invitandola a continuare.
«Lui vorrebbe uscire con te, ma ha troppa paura.» continuò Astra e prese un respiro profondo. «Ha mandato me.»
Kevin sorrise.
«Lo so, è infantile.» ridacchiò Astra e si voltò verso il bagno, sperando di non vedere uscire suo fratello. «Ma mi ha chiesto di chiederti se martedì sera vuoi uscire con lui.»
Kevin la guardò sorpresa. «Certo.» rispose passandosi una mano fra i capelli neri. «Con molto piacere.»
Astra sorrise ancora di più, dimenticandosi della sua "avventura" di poco prima. «Perfetto.» esclamò gongolante. «Martedì alle sette al Joy's Restaurant. È davanti al Maldron Hotel.»
«So dov'è.» disse lui. «Devo andare, ora.» Astra lo salutò e tornò dov'era prima, aspettando suo fratello, decisa di dire dell'appuntamento solo all'ultimo.

***

L'ombra sembrò risvegliarsi come per magia. Era avviluppata ad un palo di un cestino dei rifiuti. Si attorcigliò e la parte superiore si tese verso l'alto, poi tornò come prima e strisciò lungo il palo fino a raggiungere il marciapiede. Le persone che stava seguendo la superarono, ignorando la sua presenza e lei li seguì, strisciando, allargandosi e stringendosi in una lenta danza. Entrò con loro in un edificio, strisciando sulla moquette posta davanti alla porta d'ingresse. Oltrepassandola, l'ombra riprese a strisciare sul pavimento. Si mosse più velocemente ed entrò nell'ascensore, appiattendosi contro una delle pareti.
Quando le porte si aprirono uscì, continuando a seguire i due. Si fermò davanti alla porta a doppio battente e si appiatti completamente, strisciando attraverso la sottile apertura. Strisciò sulla moquette del corridoio, fermandosi davanti ad una porta. Dopo qualche secondo vi si arrampicò, percorrendola in lungo e in largo, cercando una fessura, un buco in cui entrare, ma non ne trovò. Si mosse fermandosi dove, in teoria, ci doveva essere la serratura. Si avviluppò su un qualcosa che non capiva cosa fosse. Li ci doveva essere la maniglia, ne era sicura. Trovò una fessura e s'infilò dentro per uscire praticamente subito, quella fessura era un vicolo cieco. Scivolò giù dalla porta, fermandosi sulla moquette. Poi si appallottolò e rotolò in un angolo, fermandosi vicino alla porta a doppio battente.

Salve! Questo capitolo è molto lungo e nello scriverlo ho capito una cosa: di notte si dorme, non ci si alza per scrivere!
E qui entra in scena Katulaa, che porta un po' di scompiglio. Ci credo, una tigre bianca, con delle strisce rosa sui fianchi, non si vede tutti i giorni a Central Park xD
Tornerà, la dolce(?), ingenua(?) Katulaa tornerà.
Il rapporto fra Kevin e Joe si approfondisce sempre di più, sono così carini °.°
E Astra che organizza un appuntamento... suo fratello non si muove, quindi lo fa lei xD
Le ombre, gli incubi, e la strana visione/sogno/quello che è che ha avuto Astra si spiegaranno... non adesso, però. Però io mi chiedo cosa ci abbia messo Kevin in quella caipiroska *ride*
alla prossima, con l'appuntamento fra Kevin e Joe. (Magari c'infilo anche una scena lime... forse)

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro I'm Crazy For... Shopping! And your First Date ***





Capitolo Quattro
I'm Crazy For... Shopping! And your First Date

«Tu hai fatto cosa?» strillò Joerydan fissando sua sorella.
«Hai capito.» rispose lei, strinse la cintura dell'asciugamano bianco e si sedette sul letto. «Tu continuavi a dire di no...» si giustificò, spostando lo sguardo per non vedere Joerydan che la guardava furibondo. Prese una ciambella alla cannella e iniziò a mangiarla lentamente.
«Non dovevi.» replicò Joerydan. «Perché mi hai organizzato un appuntamento con Kevin?»
Astra alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Perché tu non volevi dire di sì.» spiegò scandendo bene le parole, «Lui ti piace, tu piaci a lui...»
Joerydan chiuse gli occhi, si coprì il viso con le mani e scosse la testa. «Ma io... tu.. noi...» borbottò.
Astrakan sbuffò e lasciò cadere la ciambella mezza mangiata sul tavolo, spargendo le briciole. «Ma un corno.» esclamò sbattendo la mano sul tavolo e suo fratello sobbalzò spaventato. «Tu puoi e devi uscire con lui.»
Joe aprì la bocca per parlare ma la richiuse dopo aver guardato Astra. «E va bene.» mormorò e si sedette.
Sul viso di Astrakan si dipinse un'espressione di vittoria. «Perfetto.» disse, accavallò le gambe e riprese la ciambella. «Adesso mi vesto,» disse con la bocca piena e alcune briciole le scivolarono sul mento, «poi tu vai a controllare l'ufficio di Maya.» Si fermò e si pulì con la manica dell'accappatoio. «Io vado in giro a vedere se riesco a trovare gli altri due.»
Joerydan si passò le mani nei capelli poi le posò sulle cosce. «Mi lasci da solo?»
Astra sbuffò irritata. «Non devi fare nulla di che, se la vedi inizi a parlarle con una scusa qualsiasi.» si fermò e si alzò in piedi. «Che so, le dici che ti sei perso, le chiedi qual è il ristorante migliore... una roba del genere.» Joerydan annuì debolmente.
«Tanto lo so che sei timido solo con una certa persona.» Astra era davanti all'armadio e dava le spalle al fratello, non poteva vederlo ma era sicura che fosse arrossito. Sorrise.
«Come vuoi, ma se ci sono problemi ti chiamo.» acconsentì Joe, riferendosi ai cellulari che avevano comprato il giorno prima.
«Certo, va bene.» mormorò Astra mentre si dirigeva in bagno per cambiarsi, i vestiti puliti in mano.

***

Joerydan fissò il distributore automatico indeciso su cosa prendere, patatine o cracker salati?
Passò le monetine da una mano all'altra, e le rimise nella tasca della felpa in cotone leggero che indossava, ormai si era abituato alla temperatura terrestre.
Spostò il peso da un piede all'altro sentendosi sempre più nervoso —mancavano dieci ore— e poi ci sarebbe stata la cena con Kevin.
Afferrò le monetine, le lanciò in aria e le riprese. Le infilò nella fessura e digitò il numero quattro sulla tastiera e le patatine caddero nel cassetto sottostante. Joerydan lo prese e andò a sedersi. Afferrò la rivista d'auto che aveva comprato poco prima e iniziò a sfogliarla, girando le pagine con le dita unte.
Sua sorella gli aveva organizzato un appuntamento con Kevin a sua insaputa, e gliela aveva detto solo poche ore prima. Mosse la gamba nervosamente. Non è che non volesse uscire con Kevin, anzi, lo desiderava moltissimo, ma non sopportava le interferenze di sua sorella.
Chiuse la rivista e posò la testa contro la parete alla sua destra, imponendosi di calmarsi. Se era così nervoso alle dieci del mattino in che stato sarebbe arrivato alle sette di sera? Sospirò. Kevin gli piaceva, ma non era ancora sicuro che uscire con lui fosse la decisione giusta. Avevano un compito, una missione... non era sicuro che quella fosse la decisione giusta.
"Se esci con lui sarà più facile e lui ti seguirà su Winter!"
Joerydan scosse la testa, gli occhi chiusi. Ora, oltre a sua sorella, anche il suo subconscio lo spingeva a uscire con Kevin?

Joerydan aprì gli occhi, si guardò attorno e balzò in piedi, lasciando cadere la rivista e il sacchetto di patatine per terra.
Respirò velocemente mentre girava su se stesso, ma quello che i suoi occhi incrociavano era sempre la stessa cosa: pareti bianche.
Fece un passo avanti e le patatine si sbriciolarono sotto i suoi piedi, arrivò davanti ad una delle pareti e si fermò. Non c'era nessuna via d'uscita e quel bianco era quasi accecante. Anche il pavimento era bianco, lucido e Joerydan vide il suo riflesso che lo fissava con gli occhi sbarrati dalla paura. Non capiva come mai fosse lì, se qualche secondo prima era seduto su una poltroncina nell'atrio del palazzo dove lavorava Maya. Si domandò se fosse svenuto, se qualcuno l'avesse rapito o ucciso. Rabbrividì al solo pensiero e si strinse le braccia attorno al corpo, cercando di confortarsi. Doveva avvertire Astra, prese il cellulare.
"Selezionare operatore di rete"
Joerydan osservò lo schermo, e trattenne a stento l'istinto di lanciare il cellulare contro una della pareti. Avanzò di un paio di passi e alzò il cellulare. Ancora nulla e rimise il cellulare in tasca.
Arrabbiato, chiuse la mano destra a pugno e colpì la parete, la mano penetrò senza difficoltà fino al polso, lasciandogli addosso una sensazione di freddo e gelo, che gli si propagò in tutto il corpo.
Joerydan strizzò gli occhi, la bocca contratta dal dolore e fece un passo indietro. La mano stava uscendo, indietreggiò ancora, fino a liberarsi. Osservò il pugno mentre con l'altra mano si asciugava le lacrime. La mano era coperta da uno strato di brina, la pelle era rossa, le dita blu. Il ragazzo sapeva bene cosa significasse: era in ipotermia, e rischiava di perdere la mano.
Posò la sinistra sull'altra mano e si concentrò, quando il sangue riprese a circolare si lasciò sfuggire un urlo. Faceva male, molto male. Singhiozzò e guardò le mani, di nuovo bianche, senza nessuna traccia di ustione. Avanzò ancora, andando alla cieca, stando ben lontano dalle pareti.
Quasi senza accorgersene arrivò in un'ampia sala, le pareti bianche riflettevano le luci delle candele, rendendo l'ambiente luminoso, ma allo stesso tempo freddo e cupo. Joerydan avanzò verso l'uomo più vicino, deciso a chiedergli qualche informazione su come tornare indietro, a New York, perché ne era certo, quella non era New York. Non la conosceva bene, ma era certo che non esistesse un posto del genere nella Grande Mela.
«Mi scusi...» Joerydan si interruppe, e portò una mano a coprirsi la bocca. L'uomo davanti a lui indossava un completo grigio scuro con una cravatta nera. Sembrava così normale, un qualsiasi uomo vestito elegantemente, solo il suo viso era strano: era come sfuocato e i tratti del viso tondo erano irriconoscibili, come se un pittore li avesse mescolati con un grosso pennello. Joerydan deglutì e si spostò, andando verso un gruppetto di persone fermo in un angolo.
Un ragazzo era accovacciato per terra, le mani sulla testa e piangeva, le spalle scosse dai singhiozzi. Attorno a lui altri tre ragazzi —tutti e tre vestiti elegantemente— e due ragazze.
Uno dei giovani fece un passo avanti una mano stretta a pugno, e Joerydan pensò che volesse colpire quello che stava piangendo. Cercò di muoversi ma i suoi piedi erano come inchiodati al pavimento.
«È colpa tua!» gridò il ragazzo e agitò il pugno, mentre Joe lo fissava con gli occhi spalancati. «Tu ti sei innamorato e l'hai uccisa!» continuò.
Joerydan scosse la testa non capendo il significato di quelle parole.
Quello che aveva appena parlato si avvicinò ancora di più all'altro ragazzo che continuava a singhiozzare.
«Dovevamo sposarci...» la voce s'incrinò, e si passò una mano sul volto. «L'hai uccisa!» strillò e prima che Joerydan ebbe il tempo di fare o pensare qualcosa, il ragazzo colpì l'altro con un calcio alla schiena.
L'altro non reagì, limitandosi a piangere.
Joerydan cercò di muoversi, ma non ci riuscì, le sue gambe non collaborarono. Rifletté per qualche istante, ma non venne a capo di nulla. Gli sembrava tutto così confuso.
Vide il ragazzo —quello che si doveva sposare— spostarsi e Joerydan decise di seguirlo e finalmente i piedi si mossero e fu allora che li vide: fiori. Tanti fiori, dentro i vasi, mazzi posati per terra. Li riconobbe, erano gigli, rose rosse e bianche, ed erano vicino ad una bara bianca, il coperchio era aperto.
"Dentro c'è la ragazza che doveva sposarsi..." pensò. Si avvicinò alla bara ma prima che potesse vedere qualcosa, l'altro spinse von violenza il coperchio, che si chiuse con un rumore che rimbombò in quella strana stanza, e Joerydan istintivamente chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, era di nuovo seduto sulla poltroncina nera, la rivista sulle ginocchia e il sacchetto di patatine in mano. Joerydan si guardò attorno, sbattendo le palpebre. Era confuso da quello che aveva vissuto. Non sapeva cosa fosse. Un sogno? Una visione? Alla fine optò per un sogno. Un sogno strano e bizzarro, ma almeno non era uno dei suoi soliti incubi. E sperò che Maya non fosse uscita mentre lui dormiva.

***

Astra spinse la porta lentamente, il corpo che quasi fremeva dall'eccitazione.
Saks Fifth Avenue!
Il paradiso per chi ama lo shopping. Astra si guardò attorno, fissando ogni singola cosa: dagli espositori ai faretti, dalle scale mobili agli ascensori.
Afferrò una delle mappe presenti in un espositore. Dieci piani. Dieci piani!
La ragazza sorrise, infilò la mappa nella tasca esterna della borsa e si avviò verso gli ascensori.
Un leggero senso di colpa si fece strada dentro di lei, ma lo scacciò. Joerydan stava controllando Maya, e lei doveva andare in giro a cercare gli altri due candidati. Doveva essere in strada, non alla ricerca di qualche nuovo vestito! "Potrei trovarli anche qui." pensò. "Magari anche loro stanno facendo shopping."
Confortata da questo pensiero, varcò la soglia del reparto donna. Gironzolò fra i vari espositori, guardò i vestiti appesi alle relle, indecisa su cosa prendere. Fosse stato per lei avrebbe preso ogni singola cosa che le piacesse. Si fermò vicino a uno scaffale e afferrò una maglietta, gialla con dei cerchi arancioni stampati vicino al bordo inferiore e la fissò, la fronte corrugata.
Le piaceva fare shopping, entrare nei negozi e provare abiti, scarpe e accessori vari, fin da quando aveva quattordici anni, quando sua madre la portò in un grande magazzino di Londra per festeggiare il suo compleanno.
Ripensò a quel giorno con il magone, ora andava da sola a fare shopping, non avrebbe più potuto farlo con la sua mamma.
«Secondo me quei colori non ti stanno bene.»
Astra si voltò e per poco non fece cadere la maglietta. «Dici?» mormorò fissando quello che stringeva. Quello si che era un vero colpo di fortuna!
La ragazza accanto a lei annuì. «Sì, secondo me sì.» disse. Astra pensò che la voce di Maya fosse melodiosa.
«E quali mi starebbero bene?» domandò. «Io sono Astra.» si presentò tendendo la mano.
«Maya.» disse l'altra stringendole la mano. «Questa.» aggiunse e prese una maglietta dalla pila accanto, era lo stesso modello, soltanto che era azzurra e blu.
Astra sorrise, mentre rimuginava. Alla fine le venne in mente un'idea, era sicura che avrebbe funzionato. «Sei una personal shopper?» domandò.
Maya scoppiò a ridere, una mano davanti alla bocca, un braccialetto d'argento al polso. «No, niente del genere.» rispose. «Sono una segretaria. Però mi piace fare shopping e dare consigli.»
«Io sono sempre pronta ad accettare consigli.» Astra sorrise e posò la maglietta gialla.
Maya sorrise, porse ad Astra la maglietta. «E io sono pronta a darli.»

***

Joerydan sbuffò. Era da poco passato mezzogiorno e aveva fame. Prese il cellulare e chiamò Astra.
«Ho fame.» esclamò quando sua sorella gli rispose.
«Oh... ciao Joe.» borbottò Astra.
«Ho fame.» ripeté Joerydan, ancora leggermente scosso per il sogno di prima. «Qui non ho scoperto nulla. Non l'ho vista.»
«Oh...capisco.» Astra ridacchiò e la senti chiedere scusa a qualcuno. «Indovina chi ho incontrato?» cinguettò dopo qualche secondo.
«Ho fame, non voglia di rispondere ad un indovinello.» rispose l'altro e posò la mano libera sullo stomaco che brontolava.
«Quanto sei noioso.» replicò Astra. «Ho una nuova amica!» disse. «Si chiama Maya.»
Joerydan si bloccò. «Tu cosa?» domandò ad alta voce, ricevendo alcune occhiatacce in risposta.
Astra rise ancora. «Già.» disse e prese un respiro profondo. «Ci vediamo fra quindici minuti? Al ristorante cinese dove siamo stati qualche giorno fa?»
Joerydan si passò una mano sul volto, lui era lì dalle nove ad aspettare una persona che era con sua sorella e lei non l'aveva avvertito?
«Dove sei?» domandò.
Astra ridacchiò ancora, e la sentì borbottare qualcosa. «Da Saks.»
«A fare cosa?» chiese, anche se lo capiva benissimo. «No, non rispondermi. stai facendo shopping.»
«Hai indovinato!» trillò lei.
Joerydan sospirò. Sua sorella era in giro, lui era rimasto ad aspettare Maya che era insieme ad Astra. E lei non si era degnata di dirgli qualcosa! «Arrivo.»

«Non lavori?» domandò Joe. Era curioso di sapere perché non fosse andata al lavoro. Guardò sua sorella e capì che lei non gli aveva chiesto nulla.
«Oggi non sono andata al lavoro perché stanno ridipingendo le pareti.» rispose Maya mentre il cameriere posava sul loro tavolo i piatti che avevano ordinato.
«E così sei andata a fare shopping.» Joerydan afferrò il bicchiere di Fanta e scoccò un'occhiata alla sorella, ma lei non ci fece caso, intenta a tagliare il petto di pollo con salsa di limone.
Maya sorrise e tagliò a metà l'involtino primavera. «Mi piace fare shopping.» posò le posate e fissò il ragazzo. «E anche a tua sorella.» aggiunse accennando ai tre sacchetti di roba.
Le labbra di Astra si piegarono in un sorriso e Joerydan si chiese in che modo avesse pagato tutta quella roba, sapeva che non avrebbe mai fatto uno dei suoi "giochetti" con uno dei candidati accanto. Era troppo rischioso, anche se mancavano da molti anni avrebbero comunque potuto percepire un po' della sua energia.
No, Astra avrebbe potuto anche essere una che si fermava davanti alle vetrine di ogni singolo negozio, ma non avrebbe mai commesso un errore così grosso.
«Nervoso per stasera?» domandò Astra.
Joerydan la guardò confuso, sbatté le palpebre e capì a cosa alludesse.
«Perché?» domandò Maya, gli occhi accesi dalla curiosità.
«Ha un appuntamento!» rispose allegramente Astra.
Joerydan arrossì desiderando di sparire nel nulla o che una voragine si aprisse sotto di lui e lo inghiottisse, sedia compresa. Si era dimenticato dell'appuntamento con Kevin ed ora lei glielo ricordava e iniziò a muovere nervosamente la gamba sinistra.
«Direi di sì.» ridacchiò Astra notando il tic del fratello.
Joe alzò gli occhi al cielo. Voleva bene a sua sorella, ma certe volte lo faceva impazzire.

***

Alle due del pomeriggio i gemelli tornarono in albergo.
«Direi che devi riposarti.» esclamò Astra quando l'ascensore partì.
«Perché?» domandò Joerydan.
Lei scrollò le spalle e sorrise. «Come perché?» domandò, gli occhi spalancati e una mano sulla bocca. «Per il dopo cena!»
Joerydan aprì la bocca e arrossì quando capì il significato di quelle parole, «Astra! Io non credo che...cioè... non...» balbettò torcendosi le mani nervosamente.
Astra ridacchiò e gli posò le mani sulle spalle, «Sei adorabile.» disse.
Le porte dell'ascensore si aprirono. «Devi fare quello che vuoi.» pronunciò la ragazza uscendo. «Però, ricorda di pretendere il pres-» Astra si trovò la bocca tappata dalla mano di Joerydan.
«Devi proprio farlo sapere a tutti?» le domandò.
Lei si scansò dal fratello. «Sei adorabile.» ripeté. «E rosso come un pomodoro!» aggiunse cercando la chiave della stanza nella borsetta.
Il ragazzo affondò le mani nei jeans, sapendo che era inutile dire qualsiasi cosa, così si limitò a seguire sua sorella nella loro camera.

«Sembro un'idiota.» esclamò Joe fissandosi allo specchio del bagno.
«Non è vero!» ribatté Astra. Aveva pettinato all'indietro i capelli del ragazzo.
Joe incrociò le braccia al petto e fissò sua sorella attraverso lo specchio. «Sembro un ragazzino.»
Astra posò il phon bianco che dava in dotazione l'hotel e fissò il ragazzo. «Non è vero...» si spostò a sinistra, «però... forse hai ragione.» mormorò.
Joe sorrise e posò le mani sul bordo del lavandino. «Lo dicevo.»
Astra ignorò il tono, quasi vittorioso, del fratello e riprese in mano la spazzola. «Non è colpa mia se i capelli ti crescono in fretta.» ribatté e riprese a pettinare Joerydan.
«Non conciarmi come un cretino!» esclamò lui, afferrò l'asciugamano lo strinse, lo attorcigliò e lo posò.
«Se non ti agiti, forse, non ti concio come un cretino.» Astra sentì su di sé lo sguardo sorpreso e quasi sconvolto del fratello e ridacchiò. «So che vuoi essere perfetto per Kevin.» sussurrò.
Joerydan si portò le mani al viso, scosse la testa e Astra gli urlò di stare fermo.

«Siamo in anticipo.» fece notare Joerydan.
«Cinque minuti.» replicò Astra. Aveva insistito per accompagnare Joe e lo aveva fatto perché temeva che lui fuggisse.
Joe si appoggiò al muro esterno del ristorante e affondò le mani nelle tasche dei jeans neri. Sua sorella aveva insistito tanto per fargli mettere dei pantaloni eleganti, ma alla fine l'aveva spuntata lui e i jeans avevano vinto. Si spostò e si guardò nel vetro della grande vetrina e ammise di stare bene. Il maglioncino bianco faceva risaltare il suo fisico magro. Fissò lo schermo del cellulare: le sette e due minuti. Joe si guardò attorno.
«Sarà solo in ritardo.» gli disse Astra. Lui fece una smorfia, domandandosi se si capisse così tanto che fosse molto nervoso. «Non è il tipo che prima dice di sì e poi di no.»
Joe sospirò cercando di convincersi che sua sorella avesse ragione. Rimase in silenzio, le mani infilate nelle tasche dei jeans, lo sguardo fisso sulle sue scarpe.
«Scusate il ritardo!»
Joe alzò il viso e sorrise a Kevin, le paura che avesse cambiato idea si dissolse.
«Ciao Kevin.» esclamò Astra, «Io vado.» si avvicinò al fratello e gli baciò una guancia. «Se non torni mandami un messaggio.» gli sussurrò facendolo arrossire; agitò una mano e attraversò velocemente la strada.
«Cosa ti ha detto?» domandò Kevin. «Sei arrossito.» aggiunse dolcemente.
Joerydan scosse la testa. «Mi ha... mi ha detto di... » balbettò fissando gli occhi azzurri di Kevin, «di avvertirla se... se faccio tardi.»
Kevin sorrise e gli posò una mano sulla spalla. «Si preoccupa.» esclamò. «Entriamo?»
Joerydan annuì.

«Tu sorella ha un bel caratterino, vero?» domandò Kevin versandosi un bicchiere di vino rosso.
Joe annuì e prese un pezzo di pane. «Già.» disse prendendo la mollica e scartando la scrosta croccante e dorata. «Quando si mette in testa una cosa non c'è verso di farle cambiare idea.»
Kevin prese il calice e fissò Joerydan. Fin dal primo momento aveva capito che quell'idea —quella dell'appuntamento— era stata un'idea di Astrakan, non di Joerydan.
«Capisco quello che vuoi dire.»
Joe alzò il viso sorpreso e sorrise.
«Raccontami qualcosa di te.» chiese l'altro.
Joe rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di ricordare cosa avevano concordato lui e Astra; respirò profondamente. «Non c'è molto da dire.» staccò un altro pezzo di mollica.
«Siamo qui in vacanza. Siamo gemelli e abbiamo ventun anni.» quella era un bugia, ma se non dicevano di avere ventun anni non sarebbero potuti entrare in molti locali, compreso quello in cui lavorava Kevin.
«Da dove venite?» Kevin era curioso, voleva conoscere meglio Joerydan. Voleva sapere tutto di lui.
L'altro aprì la bocca. Ecco, di questo si erano dimenticati di parlare. se per tutto il resto erano riusciti a trovare una scusa plausibile, al loro luogo d'origine non ci avevano mai pensato. «Da molto lontano.» si limitò a dire.
Kevin posò i gomiti sul tavolo, il mento sulle dita intrecciate. «Mi piacerebbe vederlo, questo posto.» sussurrò. Joerydan abbozzò un sorriso, il cuore fece una capriola.
«Sto dicendo sul serio.» Kevin spostò una mano e prese quella del più giovane, la girò con il palmo verso l'alto e iniziò a disegnare cerchi con l'indice. «Mi piaci molto.» sussurrò, gli occhi fissi in quelli di Joe.

***

Le porte dell'ascensore si chiusero dietro di loro. Joerydan si appiattì contro la parete di fronte a lui, fissando la pulsantiera.
«Sei silenzioso.» gli fece notare Kevin.
Joerydan alzò il viso e sorrise nel vedere Kevin che lo stava fissando. Improvvisamente il pensiero di vendicarsi infilando un ragno nel letto di sua sorella scomparve dalla sua mente.
Kevin si avvicinò a lui, sollevò una mano e con il dorso delle dita accarezzò la guancia destra di Joerydan, che spalancò gli occhi dalla sorpresa. Kevin continuò ad accarezzare la guancia di Joerydan, lentamente e con dolcezza, arrivando fino alle labbra del ragazzo. Joe le baciò, stupendosi di se stesso. Kevin tolse la mano, e lo baciò sulla bocca, poi lo abbracciò e l'altro posò la testa sulla sua spalla. Sapeva benissimo cosa sarebbe successo da lì a poco, e si rese conto di volerlo davvero, se non fossero riusciti a trovare il Catalizzatore, se Kevin non fosse stato il Catalizzatore, la sua terra sarebbe andata distrutta, e loro sarebbero morti; il come non lo sapeva e in quel momento non gli interessava. Era lì con Kevin, si sentiva felice.
Sperò che anche Astra provasse un sentimento del genere, che vivesse un momento come quello.

Kevin si mise in ginocchio sul letto, dietro a Joerydan, lentamente iniziò a massaggiargli le spalle. «Sei nervoso.» mormorò al suo orecchio, fece scendere le mani lungo la schiena e le posò sui fianchi del più giovane, stringendo delicatamente e alzando di poco l'orlo del maglioncino bianco; sapeva che era la sua prima volta e che quello il motivo di tanto nervosismo.
Kevin gli baciò l'orecchio, circondandogli la vita. «Non avere paura.» soffiò nell'orecchio di Joerydan. «Rilassati.» continuò e gli lasciò un bacio sotto l'orecchio destro. Sentì i muscoli della schiena rilassarsi e sorrise succhiandogli piano il lobo.
Joerydan chiuse gli occhi, portando le mani su quelle di Kevin, reclinò la testa quando Kevin gli succhiò la pelle pallida e liscia del collo.
Le labbra di Kevin gli lasciarono una scia di baci umidi, dal collo all'orecchio, e il ragazzo riprese a baciargli l'orecchio, soffiando piano e succhiandogli il lobo. Mosse le mani, una salì, fermandosi sul torace, l'altra scese posandosi sull'inguine, stringendo delicatamente. Joerydan sussultò, sentendo una piacevole scarica elettrica percorrergli la schiena.
Kevin sorrise, le labbra appoggiate dietro l'orecchio, Joerydan gli piaceva sul serio. Sapeva poco di lui, anzi quasi nulla, ma aveva qualcosa di esotico che lo faceva impazzire, forse erano i grandi occhi azzurri, o la pelle diafana oppure la sua timidezza. Non lo sapeva, l'unica cosa di cui era sicuro era che con lui si trovava bene.
Lo lasciò andare e Joerydan si lasciò sfuggire un mugugno di delusione. Kevin si spostò appena e con un solo gesto si tolse la felpa e la maglietta a maniche corte, scivolò indietro con il sedere, allungò le braccia e afferrò Joerydan, attirandolo a sé. Si sdraiò sul letto, Joerydan su di lui.
Il ragazzo alzò il viso e incrociò lo sguardo di Kevin, sorrise e lo baciò, l'altro gli posò una mano sulla nuca, attirandolo a sé e approfondendo il bacio.
Joerydan si mosse e quando Kevin infilò la mano libera sotto al maglioncino e alla camicia, sfiorandogli la schiena, emise un gemito. Kevin lo spinse appena, e Joe si sollevò, mettendosi a cavalcioni sul ragazzo, arrossendo quando percepì l'erezione di Kevin. Quest'ultimo sorrise e si mise seduto, lentamente sfilò il maglioncino di Joerydan, lasciandolo cadere sul pavimento e gli baciò il collo, alternando piccoli morsi a baci, leccando la pelle morbida e profumata e succhiandola. Joerydan reclinò la testa all'indietro, gli occhi chiusi e piccoli gemiti che uscivano dalla sua bocca. Kevin finì di slacciare la camicia, che lanciò per terra. Gli accarezzò il torace con i palmi delle mani, gesti concentrici, cerchi che si stringevano sempre di più mano a mano che si avvicinavano ai capezzoli.
Improvvisamente Kevin ribaltò i ruoli, ritrovandosi sdraiato sull'altro, iniziando a slacciargli i jeans. Joerydan rabbrividì, quando due dita si posarono sul suo inguine, coperto solo dalla leggera stoffa di cotone dei boxer neri. Gemette quando la mano di Kevin s'infilò sotto i boxer, e lo accarezzava lentamente mentre la sua bocca e la sua lingua gli torturavano i capezzoli, prima uno poi l'altro.
Aprì gli occhi e sorrise quando il viso di Kevin si avvicinò al suo.
Anche i boxer raggiunsero gli altri indumenti sparsi sul pavimento, insieme al resto dei vestiti di Kevin. Joerydan arrossì, quando vide l'altro nudo, steso accanto a lui, ma non ebbe tempo di pensare perché la mano di Kevin si chiuse sulla sua erezione strappandogli un grido di piacere. Il più piccolo mosse di poco i fianchi, invitando Kevin a continuare. All'improvviso si ritrovò a desiderarlo, a volere che lo baciasse ancora, ancora e ancora. Voleva sentirlo accanto s sé, sul suo corpo. Voleva amarlo e essere amato da lui.

***

L'ombra scivolò dal palo del cestino dei rifiuti e seguì Astrakan dentro l'hotel. Scivolò dentro l'ascensore, fermandosi a pochi centimetri dalle porte. Quando si aprirono uscì, quasi anticipando la ragazza, e sempre stando davanti a lei arrivò davanti alla porta della camera, aspettò che lei l'aprisse ed entrò. Si raggomitolò e rotolò per la stanza, quasi stesse cercando il punto migliore. E lo trovò. Si arrampicò lungo la parete dell'armadio e si sistemò in cima. Da lì poteva controllare ogni cosa. Si allungò, un salsicciotto lungo quasi come l'armadio per poi ritornare a forma di palla. Finalmente ce l'aveva fatta ad entrare, e da lì le cose sarebbero state più facili, e il suo Padrone sarebbe stato fiero di lei.

Salve! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Le scene lime/lemon non sono il mio forte -.-, spero di non aver scritto una schifezza!
Ancora il sogno/visione ma questa volta riguarda Joe xD
Al prossimo capitolo xD

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque Library, Fantasy Book And Goblin ***





Capitolo Cinque
Library, Fantasy Book And Goblin

Astra fissò suo fratello che indossava una maglietta verde scuro, con due strisce bianche all'altezza del petto. Da quando aveva dormito, per la prima volta, con Kevin, era cambiato. Sembrava più sicuro di sé, non arrossiva quasi più ad ogni singola allusione.
In quel momento stava addirittura fischiettando!
Astrakan continuò a guardarlo, seduta sulla poltroncina, e si sentì felice per Joerydan. Incrociò le braccia e accavallò le gambe, mentre un briciolo d'invidia si face strada in lei. Voleva provare anche lei gli stessi sentimenti di Joerydan, anche lei voleva qualcuno d'amare e che la ricambiasse. Si chiese quando sarebbe capitato anche a lei.
«Andiamo?» domandò Joerydan infilandosi il maglioncino blu. Astra sorrise, prese la borsetta e si alzò. Non poteva essere invidiosa di Joerydan, voleva essere felice per lui.

***

Se incontrare Kevin e Maya e conoscerli era stato abbastanza semplice, trovare gli altri due era complicato.
Stavano camminando e non sapevano in che zona fossero, l'unica cosa di cui erano certi era che si stavano dirigendo verso sud.
Astra si fermò davanti ad una vetrina, lo sguardo incantato mentre guardava alcune borse.
«Ne hai già prese tre!» sibilò Joerydan, la prese per le spalle e la condusse via.
«Stavo solo guardando!» protestò lei.
Lui sorrise e la lasciò. «Certo, come no!»
Astra si voltò verso di lui e gli mostrò la lingua. «Cattivo.» esclamò divertita. «A proposito, a che ora sei rientrato?» domandò. «Non ti ho sentito.»
Joerydan scrollò le spalle. «Non lo so. Le tre, tre e mezzo.» leggermente imbarazzato. Si vergognava di parlare della sua vita, in particolare di certi aspetti, con sua sorella.
«Sei rimasto fuori quasi tutte le sere.» gli fece notare lei, si fermò, incrociò le braccia al petto e lo fissò.
Joerydan abbozzò un sorriso. «Sì, scusa.» mormorò.
«Stasera non esci. Rimani con me.» esclamò Astra.
Lui aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito, rendendosi conto che sarebbe stato inutile.
Ripresero a camminare in silenzio.
«Una libreria.» osservò Astra.
«Da quando ti piace leggere?» Joerydan era sorpreso, la fissò guardare la vetrina piena di libri.
«Entriamo.» esclamò Astra con la mano sulla porta.
«Perché?» domandò Joerydan. Quella mattina si erano messi in testa di cercare gli altri due candidati.
«Guarda!» esclamò Astra trattenendo Joe per un braccio.
Lui sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «Cosa?»
Lei allungò un braccio e gli indicò uno dei libri esposti. «Ti ricorda qualcosa?»
Joerydan annuì, non sapendo cos'altro dire; i suoi occhi passavano dal titolo del libro al nome dell'autore al disegno della copertina.
«The story of Another World.» lesse Astrakan.
«Di Joe Ryan.» finì Joe. I due si guardarono, sorpresi. «Secondo te l'ha scritto il nonno?» domandò il ragazzo.
Astra scrollò le spalle. «Non ne ho idea. Però quello è il nostro cognome, e tu ti chiami come lui... anche lui si faceva chiamare Joe.»
«Cosa facciamo?» domandò Joe, lo sguardo ancora fisso sulla copertina: una distesa di neve, un castello, una delle torri era crollata, spargendo macerie attorno alla base, e una scia d'impronte.
«Entriamo, leggiamo la trama e se ci risulta troppo familiare lo prendiamo.» Astra si spostò verso la porta, aspettando che Joe la seguisse.
Entrarono, la libreria era grande e una scala conduceva al secondo piano. Un commesso era voltato di spalle e stava sistemando dei libri su uno scaffale.
«È lì.» Joerydan indicò una pigna di libri sistemata fra due lunghe scaffalature, nella sezione "Best-seller".
Astra prese uno dei libri in cima e lo aprì.
«La vita degli Abitanti di Another World scorre tranquilla, fra persone con poteri magici, figure mitologiche e la natura incontaminata. Ben presto però, le cose cambiano: una Abitante invidioso di tanta prosperità, attira a sé le forze del male e cercherà di dividere Another World in due grandi Regioni, Summer e Winter.» Astra si fermò e guardò il fratello, che non aveva ancora aperto il libro che aveva in mano.
«Riusciranno l'Ambasciatore, il Catalizzatore e il Custode a sistemare le cose? O le cambierà tutto per sempre? » «Eh, sembra una semplice storia.» Joerydan sospirò. «Se non fosse per i nomi.»
Astra corrugò la fronte e controllò il prezzo del libro, lo voleva prendere. «Ma il Custode non era una leggenda?» Joe annuì mentre sfogliava il libro, alla ricerca della foto dello scrittore. «Non c'è!» si lamentò.
Voleva sapere se fosse stato scritto dal nonno. Era vero, c'era una remota possibilità che il libro l'avesse scritto qualcun'altro degli Abitanti, oppure da uno dei Terrestri.
«Dove stai andando?» domandò, notando Astra allontanarsi.
«Alla cassa.» rispose lei. Lui annuì, e la seguì. Il bancone della cassa era in un angolo, vicino a una delle vetrine. «Non sembrerà strano se ne prendiamo due?» mormorò Joe, riferendosi ai libri posati sul bancone.
Astra scrollò le spalle. «No.» rispose.
«Scusatemi.» esclamò il commesso che prima stava sistemando i libri.
Astra e Joe lo fissarono e lei sorrise. «Non si preoccupi.» Prese il portafoglio dalla borsa, contò le banconote e le porse al ragazzo mentre lui passava i libri sul lettore ottico.
«Grazie e arrivederci.» esclamò il commesso, sulla spilla attaccata alla maglietta c'era scritto che si chiamava Adam Ross.
«Arrivederci.» dissero in coro i gemelli. Astra presse il sacchetto e i due uscirono.
Camminarono in silenzio, ed entrarono nella prima caffetteria che e ordinarono due cappuccini.
Astra prese la sua borsa e tirò fuori una cartellina di plastica rossa, spostò velocemente i fogli e prese una foto. Il volto di Adam la fissava, i capelli gli sfioravano le orecchie, e gli occhi verdi risaltavano sulla carnagione pallida.
«L'abbiamo trovato.» mormorò Joe e fissò sua sorella cercare una penna nella borsa e dopo averla trovata scrisse sul retro della foto il nome del commesso della libreria.
«Ce ne manca solo uno.» disse lei e rimise nella borsa tutto quanto, prese il cappuccino e lo portò alle labbra.
«Ormai manca poco.» disse lui.
Astra posò la tazza. Non era sicura se suo fratello si riferisse ai pochi giorni -ventisei-, o al fatto che mancasse solo l'ultimo candidato. «Cosa vuoi fare?»
Joerydan scrollò le spalle «Non lo so.» rispose. «Possiamo farci un giro e vedere se riusciamo a trovare l'altro.»
Astrakan annuì anche se non era sicura che sarebbero riusciti a trovarlo in fretta; in meno di un mese ne avevano già trovati tre, e considerando i rapporti che li legavano con Kevin e Maya -quel pomeriggio sarebbero uscite insieme-, erano già stati molto più che fortunati. Sorseggiò lentamente il cappuccino, soffiandoci sopra ogni tanto per raffreddare il liquido bollente. Tutta quella storia incominciava a non piacergli. Era stato troppo facile trovarli; la prima sera erano andati nello stesso bar in cui era presente anche Maya, lei aveva trovato Kevin a Central Park e ci era andata solo perché aveva litigato con Joe. E ora Adam.
Le sembrò che le loro strade s'incrociassero quasi come per magia con quelle dei candidati, non che la cosa le desse fastidio, ma le sembrava bizzarra. Come quello strano sogno che aveva avuto qualche giorno prima nel locale dove lavorava Kevin, le era sembrato così reale... ma era solo una visione. Forse quella volta la Caipiroska era un po' troppo forte.
«A cosa pensi?»
Astra posò la tazza e sorrise a suo fratello. «A niente d'importante.» rispose.
Anche Joe sorrise. «Penso che mentre tu sarai fuori con Maya io inizierò a leggere il libro.» disse e indiò il sacchetto con i libri.
La ragazza annuì, non sapendo cosa rispondere. Da una parte si sentiva in colpa perché sarebbe andata in giro con Maya, lasciando solo Joe visto che Kevin era impegnato con la famiglia, dall'altra pensava che fosse giusto che lei se ne andasse in giro, perché anche Joe lo faceva da quando aveva conosciuto Kevin. E anche se non lo voleva ammettere, lo stava facendo quasi per ripicca.
«Pranziamo in albergo?» domandò
Joe annuì, e fissò la sorella. «Va bene.» sospirò e prese un tovagliolino bianco di carta. «E con lui come facciamo?» Astra scrollò le spalle. «Non ne ho idea.» rispose. «Potrei, e dico potrei, ritornare lì e farmi consigliare qualche libro.»
Joerydan inarcò un sopracciglio. «Tu?» scoppiò a ridere. Astra incrociò le braccia al petto, offesa.
«A te non piace leggere.» sottolineò Joe e si sporse verso Astra.
Lei sbuffò e mise le mani sul tavolo. «È solo una scusa. Non devo leggerli per forza.»
Joe scosse la testa. «Come vuoi, ma non riempire l'armadio di libri, ci sono già troppe borse.»

***

Era tutto troppo familiare. Joerydan girò un'altra pagina mentre il cameriere riempiva, di nuovo, la tazza bianca di caffè.
"L'Anziano apparve sulla Sfera, non disse nulla al Saggio, ma mostro il volto di una ragazza dai lunghi capelli biondi, gli occhi verdi e le labbra sottili.
Il Saggio annuì e l'immagine della donna svanì insieme a quella dell'Anziano; sapeva che quella donna era incinta del Catalizzatore. Era stata scelta senza una ragione logica o razionale. Era l'Anziano a decidere, seguendo, probabilmente, l'istinto.
Avrebbe informato la donna, se non si sbagliava si chiamava Hannah, quel pomeriggio e l'avrebbe istruita su quello che poteva o non poteva fare. E le avrebbe detto come si sarebbe svolto il parto: sarebbe rimasta insieme a una delle ostetriche in una casa al limitare della città Principale, e sarebbero rimaste sole fino alla nascita del bambino o della bambina. Un medico sarebbe rimasto lì nei dintorni se ci fossero state delle complicanze."

Joe mise il segnalibro, chiuse il volume e lo posò sul tavolino, accanto alla tazza di caffè, quello era troppo. Più andava avanti a leggere, più gli sembrava che quel libro l'avesse scritto il nonno, erano troppe le cose che gli risultavano molto familiari: come era scelto il Catalizzatore, gli Ambasciatori che venivano eletti per discendenza, il Saggio, l'Anziano... erano davvero tante. Avrebbe voluto chiedergli il perché l'avesse scritto, ma non poteva: il nonno era morto da quasi dieci anni.
Sospirò e prese la tazza, domandandosi quando l'avesse scritto il nonno; spesso era in giro, anche sula Terra, ma lui non l'aveva mai visto intento si scrivere una storia. Posò la tazza e riprese in mano il libro.

***

«Devo andare in...» Maya si fermò, abbassò il viso e lo rialzò, «un posto. Vieni?»
Astra scrollò le spalle e gettò il bicchiere vuoto in un cestino. «Certo.»
Maya sorrise. «Bene, andiamo.» le posò una mano sulla spalla e la spinse verso l'ingresso della metropolitana.
«Dove andiamo?» domandò Astra mentre salivano sul convoglio della metro.
Maya sorrise, «È una sorpresa.» esclamò e si affrettò a sedersi.
Astra non indagò oltre e si sedette accanto a lei. «Ma almeno dammi un indizio!»
Maya non disse nulla e si limitò a sorridere.
Astra posò la mano sul braccio di Maya. «Ti prego! Sono curiosa!» esclamò fissando Maya.
Lei rise, la mano davanti alle labbra. «Mmm... no!» disse, guardò la cartina appesa sopra le porte di fronte a lei. «Scendiamo alla prossima.»
Astra annuì, e la guardò. Maya sorrideva, le labbra dischiuse in un sorriso. «Mi sembra che dobbiamo andare in un posto che ti piace molto.» constatò.
Maya non rispose e si alzò per dirigersi verso le porte del convoglio. L'altra la seguì, continuando a domandarsi dove stessere andando.
Uscirono dalla stazione metropolitana, sulla Quattordicesima strada, nel Greenwich Village. Astra riconobbe con facilità la zono in cui erano: ci era stata quella mattina con suo fratello.
Maya passò la borsetta nera da una mano all'altra con nervosismo.
«Sei nervosa?» domandò Astrakan.
«No.» rispose Maya scuotendo la testa, mise la borsa a tracolla e sospirò; si fermò di colpo e Astra rischiò di finirle contro. «Perché... sembro nervosa?» chiese, stringendo la cinghia della borsa con tanta forza da farsi sbiancare le nocche.
«Un pochino.» rispose Astra e sorrise. «Rilassati.» aggiunse e si passò una mano fra i capelli.
Maya respirò profondamente, rilassando le spalle. Astra la guardò curiosa, cercando di capire perché la sua amica fosse così nervosa. Si chiese se il motivo fosse il luogo verso cui erano dirette. Che fosse un ospedale o una clinica privata? Magari Maya doveva fare qualche prelievo o iniezione, forse era così, ma prima Maya le era sembrata felice.
«Dove dobbiamo andare?» domandò Astra seguendo Maya che aveva ripreso a camminare.
«In una libreria.» rispose l'altra.
Astra aprì la bocca sorpresa. Si domandò se fosse la stessa libreria in cui lavorava Adam, scosse la testa, era impossibile che fosse la stessa, c'erano così tante librerie a New York! Sarebbe stata un'altra cosa bizzarra da aggiungere alla lista delle cose bizzarre.
«È qui.» disse Maya.
Astra si fermò, sorpresa. Era proprio la libreria in cui era stata quella mattina. Scosse la testa e guardò Maya che fissava la vetrina, Astra guardò nella stessa direzione per cercare di capire quale dei libri esposti stesse guardando e poi capì: non stava guardando i libri ma qualcuno all'interno.
Maya sospirò, si sposto verso la porta e guardò Astra, poi posò la mano sulla maniglia, respirò profondamente e spinse.
Astra seguì Maya. «Che libro vuoi prendere?» le chiese non sapendo cos'altro dire.
Maya scrollò le spalle. «Non lo so.» rispose. «Magari un libro sui dolci.»
Si fermarono nel reparto fai da te. Astra guardò appena i libri esposti. Maya prese uno dei libri e lo sfogliò pigramente.
«Posso aiutarvi?»
Astra si voltò, trovandosi davanti Adam e sorrise.
«Per il momento no.» rispose Maya, guardando appena il ragazzo.
«Se avete bisogno chiamatemi.» replicò lui. «Ciao Maya.» poi si allontanò, voltandosi a metà del corridoio per guardare le due. Astra sorrise e agitò la mano destra in segno di saluto.
Maya fissò la schiena di Adam sparire dietro l'angolo e tornò a guardare il libro.
«Lo conosci?» domandò Astra. «Sa come ti chiami...»
Maya annuì e prese un altro libro, anche questo di ricette. «Ehm... sì.» rispose. Sfogliò velocemente il ricettario, lo chiuse e guardò Astra. «Siamo andati al liceo insieme.» spiegò scrollando le spalle.
«Ah.» mormorò Astra, prese un libro e lo aprì su una pagina a caso. Tacchino ripieno. Guardò le immagini che corredavano la ricetta passo a passo, lei non sarebbe mai stata capace di fare una cosa del genere, a palazzo avevano due cuochi, se voleva qualcosa di particolare le bastava chiedere. Chiuse il libro e lo rimise a posto.
Adam passò accanto a loro con una pila di libri in mano, lanciò loro un'occhiata distratta.
Astra lo guardò allontanarsi e si voltò verso Maya. «Ti piace?» mormorò.
Maya alzò il viso, le guance rosse sotto il fondotinta chiaro. «Cosa?» esclamò. «No, no!» disse, agitò le mani e i libri le caddero dalle mani.
Astra ridacchiò e si chinò per raccogliere i libri. «Oh, va bene.» disse rialzandosi. Diede i libri a Maya e la guardò sorridendo, fissandola intensamente.
«E va bene.» Maya sospirò. «Mi piace.» abbassò lo sguardo, tenendolo fisso sui libri, li strinse al petto e scosse la testa. «È così evidente?» sussurrò.
Astra scosse la testa e sfiorò il dorso dei libri esposti. «No.» disse. «Non troppo, almeno.» aggiunse a bassa voce.
Maya sospirò, lo sguardo fisso sui libri. «Siamo usciti insieme qualche volta,» alzò il viso e incrociò lo sguardo di Astra, «qualche mese fa.»
Astra posò una mano sulla spalla di Maya. «Usciamo, così se ti vami racconti tutto.»
Maya annuì, «Va bene.» sorrise e si voltò, per dirigersi verso la cassa.
Astra scrollò la testa, a lei sembrava evidente che a Maya piacesse Adam, si mosse velocemente, Maya era già arrivata alla cassa.
Poco minuti dopo uscirono fuori dalla libreria.
«Raccontami tutto.» disse Astra.
Maya scrollò le spalle. «Non c'è molto da dire.» esclamò. «Adam ha aperto la libreria circa sei mesi fa. Io sono venuta, mi ha riconosciuto e mi ha chiesto di uscire per parlare dei vecchi tempi.»
«Capisco.» disse Astra, corrucciò le labbra e pensò a cosa dire. «E cosa non ha funzionato?»
Maya si fermò e fissò Astra. «Non lo so.» rispose con la testa bassa. «Non l'ho mai capito.»
«Vieni, ti offro un cappuccino.» Astra sorrise e posò la mano sulla spalla di Maya.

***

La donna guardò il bambino che stringeva fra le braccia. Un piccolo, futuro Ambasciatore. Cinque piccole dita perfette per ogni mano, cinque dita per ogni piede. Suo figlio era perfetto, con gli occhietti chiusi e il respiro profondo. Era nato da poche ore e lo amava con tutto il cuore. Gli avrebbe insegnato tutto quanto sul suo ruolo di futuro Ambasciatore, perché lei era l'Ambasciatrice attuale. Era così che venivano eletti gli Ambasciatori, per discendenza.
Joerydan smise di leggere. Le coincidenze stavano aumentando. Ormai era sicuro che quel libro l'avesse scritto suo nonno. Sospirò e guardò l'orologio. Era nel ristorante dell'hotel da quasi due ore e aveva letto quasi tre quarti del libro. Si domandò dove fosse Astra. Prima si lamentava che lui passava troppo tempo con Kevin, ed ora lei era in giro con Maya e l'aveva lasciato solo. In ogni caso, Astra sarebbe tornata a momenti, quella sera sarebbero andati a cena insieme, era da qualche giorno che non lo facevano.

***

«Questa si che è una coincidenza!» Joerydan infilzò con la forchetta il pezzetto di pollo che aveva appena tagliato. Sua sorelle gli aveva appena raccontato quello che aveva scoperto nel pomeriggio.
Astra annuì con la bocca piena. Ingoiò e bevve dell'acqua frizzante. «Certo. E lo sai che a Maya piace Adam?»
Joe posò le posate, incrociò le braccia al petto e posò la schiena contro lo schienale della sedia. «E Maya ti ha detto che puoi dirmelo?» domandò. «Immagino che sia una specie di segreto.»
Astra ridacchiò. «Non mi ha detto nulla.» replicò. «Né di dirlo, né di non dirlo.»
«Credo che fosse ovvio che fosse un segreto. » Joe riprese in mano le posate, aveva troppa fame per discutere con sua sorella.
«E non pensare di organizzare un appuntamento anche a loro due.» disse tagliando un altro pezzo di carne.
Astra spinse in fuori le labbra e scoccò un bacio nella direzione di Joe. «E va bene.» disse con un sospiro teatrale.
Ripresero a mangiare in silenzio, con in sottofondo il chiacchiericcio degli altri ospiti dell'hotel.
«Non ti pare tutto...» Astra sospirò, lo sguardo perso nel vuoto, «troppo strano?», si scostò la frangia dal viso. Joe scosse la testa. «In che senso?»
Astra spostò in avanti il piatto, aveva finito di mangiare, e guardò Joe. «Nel senso che...» si fermò e si morsicò il labbro inferiore, «nel senso che è stato tutto troppo facile.» fissò il fratello, in attesa di una risposta.
«No, perché me lo chiedi?» disse lui scuotendo la testa, afferrò un grissino e lo spezzò a metà.
Astra scrollò le spalle. «Niente.» sospirò. «È solo che... non lo so, mi sembra tutto troppo semplice, sta accadendo tutto così facilmente...» si fermò e si fissò le mani, la sinistra giocherellava con il braccialetto che indossava al polso destro.
Joe rimase in attesa.
«E se l'ultimo è un amico di Kevin, Maya o Adam?» Astra alzò la voce e posò lo sguardo sul fratello e si morsicò le labbra.
«Meglio per noi.» rispose Joe. «Non eri tu che volevi finire presto questa storia?» domandò, infilandosi in bocca l'ultimo pezzo di grissino. «Mancano poco più di tre settimane.» le ricordò.
Astra incurvò le spalle. «Lo so.» disse. Alzò il viso e cercò di sorridere, sperò solo che non sembrasse una smorfia. «Solo stupide paranoie.» aggiunse, tenendosi per sé quello che in realtà pensava: aveva il timore che, prima o poi, accadesse qualcosa di terribile. Quell'incubo o visione che aveva avuto quella sera nella discoteca ogni tanto le tornava in mente. Chi era tutta quella gente? E perché aveva il viso rovinato? Chi era suo marito? E, soprattutto, sarebbe morta sul serio?

***

«Avresti dovuto farmi vincere!» si lamentò Astra e strinse ancora più forte l'orsetto di pezza che aveva vinto.
Joerydan sbuffò, «Non fare la bambina.» disse cercando di trattenere una risata, quando sua sorella faceva quell'espressione offesa a lui veniva sempre da ridere. La trovava buffa. Tenne aperta la porta d'ingresso dell'hotel mentre sua sorella varcava la soglia.
«Hai vinto sempre tu.» Astra continuò a lamentarsi mentre spingeva il pulsante per chiamare l'ascensore.
«E quello?» Joe indicò l'orsacchiotto, l'aveva vinto al tiro al bersaglio. «Avrei potuto prendermi qualcosa per me, invece...» lasciò cadere il discorso ed entrò in ascensore.
«Sì, ti ho già ringraziato.» borbottò lei mettendosi accanto al fratello.
«Sei infantile ogni tanto.» replicò lui. «Io non ti ho fatto vincere, ma tu hai costretto quel tizio a darti quei portachiavi.» Joe indicò i pupazzi, uno a forma di gatto l'altro a forma di coniglio, che pendevano dalla borsetta. «È solo un minuscolo dettaglio.» minimizzò lei.
Joe scoppiò a ridere, abbracciò Astra e le baciò la nuca. «Sei adorabile.»

***

Astra si mise seduta sul letto e osservò Joe. Il ragazzo dormiva prono, un braccio piegato sotto la testa, l'altro lasciato morbido lungo il fianco. Lentamente si alzò, s'inginocchiò sul tappeto e allungò una mano sotto il letto e prese la borsa, grande e bianca, che aveva comprato quel pomeriggio. Si alzò prese il portamonete dalla borsa che usava di solito e andò in bagno, dove aveva lasciato i vestiti e l'indossò in fretta. Senza far rumore uscì dalla stanza.
Andò nella saletta dove c'erano gli ascensori e prese una birra e dei biscotti dal distributore automatico e si sedette al tavolino.
Aprì la borsa e prese un quaderno nuovo e iniziò a scrivere tutto quello che non le quadrava, decidendo di partire dall'inizio, dalla scomparsa, o meglio dal rapimento del Catalizzatore.
Quasi venticinque anni prima, Lalilaa -sorella del padre di Katulaa-, era nella casa dove avrebbe partorito il Catalizzatore. Non sapeva di che sesso fosse, perché nessuno lo doveva sapere. Neppure L'Anziano; lui diceva solo chi fosse la "portatrice" del Catalizzatore.
Insieme a lei, c'era anche Angra, l'ostetrica e nella dependance della casa si trovava il dottore, Mikal.
La sala dove Lalilaa avrebbe partorito era stata attrezzata a dovere, il pavimento e le pareti erano state piastrellate, c'era un lettino ostetrico, una bilancia per pesare il bambino, una culla, vestitini, coperte, pannolini e vari strumenti chirurgici.
Purtroppo Angra disubbidì alle regole, portandosi dietro un'altra persona, una donna terrestre.

Astra si fermò, scrollò la mano destra, le iniziava a fare male, non era abituata a scrivere così tanto. Aprì la birra, leccò la schiuma che fuoriuscì, e ne bevve un sorso. Lalilaa partorì e mentre Angra si occupava del bambino ebbe un mancamento. L'ostetrica lasciò il bambino o la bambina sulla culla, così ipotizzarono papà e nonno, e andò da Lalilaa. Fu in quel momento che la Terrestre uccise le altre due donne, usando il bisturi per recidere la carotide del collo di Lalilaa; le forbici, che erano state usate per recidere il cordone ombelicale le conficcò nel collo di Angra.
Anche il dottore fu ucciso con il bisturi. Forse aveva sentito delle urla perché fu ritrovato davanti alla porta della stanza.
La donna e il Catalizzatore scapparono, probabilmente per i boschi, e arrivarono al Portale, dove la donna si cambiò. L'uomo che doveva controllare il Portale non c'era, era sceso in piazza nell'attesa dell'annuncio della nascita del Catalizzatore. La donna e il Catalizzatore andarono sulla Terra, senza che nessuno li fermasse.

Astra mangiò un biscotto, e con un gesto della mano tolse le briciole che erano cadute dalla pagina.
Papà e nonno cercarono informazioni sulla Terrestre, ma nessuno sapeva il suo nome o da dove venisse. Sapevano solo che era alta circa un metro e settanta, con i capelli neri e ricci, gli occhi castani o neri, pelle chiara.
Erano, e sono, poche informazioni. Di lei non si sa nient'altro.
Io e mio fratello abbiamo pensato che la donna abbia corrotto qualcuno sulla Terra per farsi fare un certificato di nascita falso, e siamo altrettanto sicuri che abbia tenuto come data di nascita il dieci maggio millenovecentottantasette.
Così, abbiamo iniziato a cercare negli archivi tutte le persone nate in quella data, di razza caucasica. Abbiamo escluso tutti quelli che sono morti, perché, per una strana ragione a noi ignota, il Catalizzatore muore solo di vecchiaia, nient'altro lo può uccidere. Per lo stesso motivo abbiamo escluso tutti quelli con una qualsiasi disabilità, anche la meno grave.
Alla fine, e non so nemmeno io come ci siamo riusciti, siamo arrivati ai quattro candidati.
Eravamo lì, e abbiamo stampato prima le foto. Il programma che usavamo si era incantato, almeno ne eravamo convinti, e potevamo fare solo quello. Io e Joe pensavamo che dopo aver stampato le foto avremmo chiuso il programma, e che una volta riaperto saremmo ritornati dov'eravamo rimasti. Invece... uno stupido black out ha rovinato tutto. Così noi siamo rimasti solo con quattro foto. Senza nomi.
E questa è la prima cosa strana. Erano apparse solo le foto, potevamo stamparle e solo dopo potevamo avere tutte le altre informazioni, a cominciare dai nomi.
La seconda cosa strana è aver trovato Maya il primo giorno. Perché siamo entrati in quel bar? Istinto o è stato qualcos'altro? E poi Kevin, la terza cosa strana. Non sono andata a quel laghetto per puro caso, ma sentivo il bisogno di andare proprio lì. Perché? Ci sono diversi laghetti a Central Park!
Adam. La quarta. ex compagno di liceo di Maya, suo ex ragazzo o qualunque cosa fosse.

Astra si fermò, aveva scritto quasi tre pagine. Afferrò la birra e la finì in un paio di sorsi.
E il libro. Quinta cosa strana. Joe mi ha detto di cosa parla e sono molte le coincidenze. Sono troppe. Troppe. Se non avessi paura invocherei lo spirito del nonno e gli chiederei: perché?
E sono sicura che la sesta sarà il prossimo Candidato. Sono sicura che sarà un amico o un ex compagno di scuola di Kevin o Adam oppure un vicino di casa di Maya.

Astra chiuse il quaderno e sbadigliò, rimise i fogli con gli appunti e il quaderno nella borsa, gettò la lattina e la confezione vuota di biscotti e tornò in camera.

***

I cunicoli sotterranei erano un vero labirinto. Molte persone si erano perse, in quei vicoli sotterranei, alla ricerca di un'uscita. Astra e Joe correvano, sicuri di sapere esattamente dove stessero andando.
Svoltarono a destra, proseguirono per un centinaio di metri e girarono a sinistra. Le pareti erano di pietra di fiume, grossi blocchi squadrati e levigati. I gemelli svoltarono a destra, in un cunicolo basso e stretto, e furono costretti ad avanzare a carponi, la ragazza davanti, Joe dietro.
«Se ci scoprono ci mettono in punizione!» sbottò Joerydan, alzò una mano e la guardò, la luce della torcia disegnò un cerchio giallo sul suo palmo ricoperto da un sottile strato di polvere bianca.
«Guasta feste.» mormorò Astra e si alzò in piedi. Davanti a lei si trovava una scala di pioli, in metallo, inchiodata alla parete.
«Lo sai che non vogliono che scendiamo nei sotterranei...» Joerydan sbuffò e fissò Astra salire agilmente la scala.
«Se non volevano, perché ci hanno fatto studiare le mappe a memoria?» gli fece notare e si lasciò dondolare.
«Non lo so!» replicò Joe. «Vuoi star ferma?» le domandò muovendosi sotto di lei, con la paura che cadesse.
Astra sbuffò. «Guastafeste.» mormorò e riprese a salire, la borsa a tracolla le rimbalzava sulla schiena.
«Dovremmo essere in classe.» Joerydan seguì sua sorella sulla scala. «Stavamo studiando.»
«E allora torna indietro se per te è tanto importante.» Astra si issò sul pavimento, si sedette a gambe incrociate e sporgendosi guardò suo fratello. «A te piace studiare, a me no.»
Joe sbuffò, e dopo qualche secondo fu accanto ad Astra. «Ci cacceremo nei guai.»
Astra fece una smorfia. «Torna indietro, torna indietro...» cantilenò, poi si alzò e si avvicinò a una porticina, la cui altezza non superava il metro e cinquanta.
Posò la mano sulla maniglia e lentamente l'abbassò. La porta si aprì senza far rumore e lei entrò. Joe scosse la testa e la seguì. Percorsero un breve corridoio e i trovarono in una grande sala, dove al centro spiccava un grande modellino di un trenino. Era molto grande, circa sei metri per quattro, ed era posato su un grande supporto in legno. C'erano diverse stazioni, case, fattorie, montagne, colline e fiumi e un laghetto.
Astra si avvicinò, prese la borsa e la lasciò scivolare ai suoi piedi. Aprì uno sportello sul supporto e scoperchiò una piccola pulsantiera, schiacciò un pulsante verde e abbassò una leva.
Gli edifici s'illuminarono, i treni fischiarono e partirono.
«Se il Saggio ci scopre...» Joe rimase vicino alla porta, le braccia incrociate e lo sguardo sul pavimento.
«Ci sgrida.» finì Astra guardando i trenini che circolavano sui piccoli binari. «Sì, lo so.» alzò il viso e notò che uno dei drappi rossi che ricoprivano le pareti era scivolato per terra, il bastone rotto era rotolato poco lontano. Piegò la testa di lato e fissò la piccola porticina di metallo. Non l'aveva mai vista, era sempre rimasta nascosta dal drappo. Astra lasciò perdere il modellino, si chinò, rialzò la leva e spinse il pulsante rosso. Si avvicinò alla porticina e la osservò. Era alta circa ottanta centimetri, la sfiorò, il metallo era liscio e freddo, lo stipite era decorato con degli intarsi che raffiguravano foglie di vite.
«Cosa stai facendo?» Joerydan si chinò accanto a sua sorella.
«Niente.» rispose lei e afferrò il pomello, lo girò ma la porticina rimase chiusa. «È chiusa.»
«Torniamo in classe..» il tono di Joe era quasi una supplica.
«No!» esclamò Astra, spingendo la porta con forza. «Se vuoi tornaci tu!» spinse ancora. Niente, la porta rimase chiusa.
Astra si alzò in piedi. «Andiamo nelle cucine.», guardò il drappo rosso, di velluto pesante. Si chiese come avesse fatto a cadere, e il bastone che lo sorreggeva a spezzarsi. Fin da quando ricordava, quel drappo era sempre stato appeso.
«Hai già fame?» domandò, non troppo sorpreso, Joerydan.
Astra fece una smorfia e scrollò le spalle. «Un po'.» disse. Tornò al modellino, prese la borsa e chiuse lo sportello. «Chissà dove conduce quella porta.»
Joe alzò le spalle. «Dai, andiamocene.» esclamò spostando il peso da un piede all'altro.
«Sei noioso.» sbuffò lei, «Sbaglio o anche tu detesti Miss Finn e la matematica?»
Joe spalancò la bocca, abbassò il viso e arrossì. «Sì... però...»
«Andiamo a fare uno spuntino.» Astra si avvicinò al fratello e lo prese per mano, trascinandolo verso la porta da cui erano entrati.
«Mi stacchi una mano!» si lamentò Joe. Si fermò e diede uno strattone, liberandosi.
«T lamenti sempre!» disse Astra .
Joe si portò l'indice sulle labbra, e rimase in ascolto, i muscoli tesi «Hai sentito?» mimò con le labbra.
Astra piegò la testa di lato, gli occhi socchiusi. Uno scalpiccio, ecco cos'era quel rumore, come se un gruppo di bambini stesse correndo. Si avvicinò al fratello, quasi impaurita. Non aveva idea da dove arrivasse quel rumore, c'erano solo due entrate: la porta principale e quella da cui erano entrati loro. E la porticina in metallo.
I due si guardarono attorno; qualcuno o qualcosa raschiò, il rumore proveniva dalla porticina di metallo. Joerydan si mise davanti alla sorella, come se volesse proteggerla. Astra si alzò sulla punta dei piede e sbirciò altre la spalla del fratello.
Il pomolo girò, e la porta si aprì con un cigolio sinistro.
«Si è aperta.» mormorò Astra. Il primo essere fece capolino dalla porta, si guardò attorno e avanzò, si voltò e fece un cenno con la mano piccola e magra. Non era alto più di mezzo metro, la pelle era verde scuro, il viso era magro e ricordava una pallone da rugby un po' sgonfio, il naso era schiacciato, la bocca larga e aperta metteva in mostra dei denti piccoli e rovinati. Altri esseri seguirono il primo. Erano tutti uguali, e indossavano quello che sembrava un sacco di iuta, stretto in vita da una sottile striscia di cuoio.
«Cosa sono?» strillò Astra, strinse le spalle del fratello.
«Goblin, siamo goblin!» trillò il primo che era entrato, saltò sul posto e batté la mani.
«Goblin?» ripeté Joe.
I piccoli esseri annuirono. «Certo.» disse lo gnomo e sorrise. La bocca apparve ancora più grande, i denti totalmente marci. Saltellò e batté le mani. «Non dovevate vederci!»
«I goblin non esistono!» mormorò Astra.
I goblin scoppiarono a ridere. Astra abbassò la testa, impaurita da quelle risate che rimbombavano nelle pareti di pietra. «Oh, no.» era sempre lo stesso a parlare. «Esistiamo, esistiamo.» il goblin congiunse le mani e guardò i due ragazzi davanti a loro.
«Cosa?» sussurrò Joe e si voltò, pronto per portare fuori sua sorella.
I goblin li accerchiarono, saltellando per raggiungere le loro mani. Due si avventarono su Astrakan, allontanandola da Joe e spingendola a terra. Il ragazzo cercò di avvicinarsi, ma altri goblin lo circondarono, impedendogli di avanzare anche solo di un passo. Anche se ci provava non riusciva scrollarseli di dosso, per ogni goblin che riusciva ad allontanare, altri due si avventavano su di lui.
Astra strillò, quando uno dei piccoli esseri le morse un polpaccio, Joe urlò quando vide uno dei goblin avventarsi sulla pancia di sua sorella, aprendo con forza la giacca e facendo saltare i bottoni, scostò la felpa e morsicò il ventre della ragazza, che urlò, mentre il sangue tingeva di viola la felpa bianca.
Astra urlò, scalciò e si divincolò, riuscendo a mettersi seduta. Respirò affannosamente, le mani che stringevano con forza il lenzuolo. Si guardò attorno scoprendo, con enorme sollievo, di essere nel suo letto e che nessun goblin la stava mordendo.
«Stai bene?» le domandò Joe, anche lui seduto sul letto.
Astra annuì lentamente. «Ho avuto un incubo.» mormorò, si passò le mani sul volto e respirò profondamente per calmarsi. «Ho sognato che eravamo nella sala dove il Saggio tiene il modellino del treno.» disse voltandosi verso il fratello.
Joe aprì la bocca sorpreso, si alzò e si sedette accanto ad Astra.
«Uno dei drappi era caduto per terra, e c'era una porticina che non avevamo mai visto.» Astra appoggiò la testa sulla spalla del fratello, «Poi la porticina si è aperta e sono entrati dei... dei cosi che...»
«Dei goblin che ci hanno attaccato.» finì Joerydan.
Astra alzò la testa e fissò sorpresa Joe. «Come lo sai?» sussurrò.
«Ho fatto anche io lo stesso incubo.» rispose, si alzò e scostò le coperte.
«Cosa fai?» pigolò Astra.
«Dormo con te.» spiegò lui tornando a sedersi. «Stai tremando, sei terrorizzata.»
Astra si guardò le mani tremanti, se non gliela avesse fatto notare Joe lei non se ne sarebbe accorta. «Grazie.» mormorò posando la testa sul cuscino e lasciando che Joe l'abbracciasse.
Ecco un'altra cosa strana. Non avevano mai avuto lo stesso incubo nello stesso momento. Si domandò se c'entrasse qualcosa la cicatrice che aveva sul polpaccio. Non si ricorda più come se la fosse procurata e nemmeno Joe.
Sbadigliò, e pensò di aggiornare la lista quando Joe non ci fosse stato, perché sicuramente le avrebbe dato della paranoica.

***

«Sei rimasto con lui anche ieri sera!» strillò Astra, le braccia rigide lungo i fianchi e le mani strette a pugno. «Abbiamo una missione da portare avanti!» continuò, mentre il viso diventava sempre più rosso.
Joe sbuffò, prese il profumo che aveva comprato quel pomeriggio e si diede qualche spruzzata sul collo.
«E da quando ti metti tutto questo profumo?» Astra agitò una mano davanti al viso. «Rispondi!» urlò.
Joe sbuffò ancora e si voltò verso Astra. «Quanto la fai lunga.» disse.
Astra gli si avvicinò e gli posò una mano sul petto. «Io la faccio lunga?» sibilò. «Io la faccio lunga?» ripeté.
Joe annuì e posò il profumo.
«Idiota!» urlò lei. «Sbagli o tu ti sei arrabbiato con me la prima volta che ho visto Kevin?» domandò. «Dovremmo cercare l'ultimo candidato.»
Joerydan scrollò le spalle. «Io esco con Kevin.» disse.
Astra fece un passo indietro, lo sguardo basso. «Tu esci con Kevin...» mormorò. Si avvicinò di scatto e diede uno schiaffo a Joe.
Lui si portò una mano alla guancia colpita e fissò Astra. «Sei isterica.» disse. Afferrò la giacca di jeans e uscì senza dire una parola.
Astra guardò la porta chiudersi con un tonfo, girò su se stessa e si gettò sul letto scoppiando a piangere.

***

La fissò attraverso la Sfera. Sola, impaurita, invidiosa. Triste.
Sorrise sotto il cappuccio verde scuro. Era quello che voleva. Allontanarla dal fratello, anche se non era quello il modo che aveva previsto ma gli andava bene ugualmente. L'importante era che i due gemelli fossero separati, perché, se uniti erano una minaccia, presi singolarmente erano quasi poco più che un fastidio. O quasi.
Osservò Astrakan ferma davanti ad passaggio pedonale, la borsa bianca a tracolla, un libro sottobraccio.
Era lei la minaccia più grossa, con il potere di convincere la gente a fare quello che voleva. "Convinzione", l'avevano chiamato gli avi della ragazza.
"Rottura di scatole" la definiva lui.
Joerydan era abbastanza innocuo, con il potere della guarigione.
Era la ragazza la vera minaccia. Se i due avessero capito tutto, collegato tutti i fatti, Astra avrebbe rovesciato su di lui tutto il suo potere. Avrebbe potuto convincerlo a suicidarsi. Convincere le ombre ad attaccarlo.
Rabbrividì al solo pensiero. Prese il calice, lo riempì quasi fino all'orlo di vino rosso e continuò a spiare i movimenti della ragazza.

***

Astra si rigirò nel letto, inquieta. Scostò le coperte e spostò il cuscino per poi rimetterli a posto. Dopo qualche minuto si sedette, allontanò le coperte e si mise seduta, allungò le braccia sopra la testa e sbadigliò.
Lentamente si alzò in piedi, suo fratello era fuori con Kevin e lei non aveva sonno. Guardò il cellulare per l'ennesima volta, erano quasi le quattro e mezza del mattino; raccattò i vestiti sparsi sulla moquette e andò in bagno pensando che uscire fosse meglio che starsene ne letto rigirandosi continuamente. Si cambiò e ritornò nella camera.
«Ma cosa...» mormorò. Avanzò di qualche passo, la maglietta taglia extra large che usava per dormire stretta nella mano destra. Nulla, non c'era più nulla, né i due letti, né il tavolino con le poltroncine. L'ambiente le sembrava un'unica grande stanza, con le pareti in pietra grezza e il pavimento in cemento.
Avanzò, domandandosi come mai ci fosse tutta quella luce, vista la mancanza di finestre o di qualsiasi luce artificiale.
Camminò piano, guardandosi attorno, cercando qualcosa che le risultasse familiare.
La stanza si strinse, diventando grande quanto un corridoio, e svoltò a destra.
Astra non sentiva nessun rumore, ad eccezione dei suoi passi.
«C'è qualcuno?» urlò, e rabbrividì quando udì l'eco della sua voce rimbombare fra quelle mura.
Svoltò a sinistra continuando a stringere la maglietta e si diede della stupida per non aver preso il cellulare con sé; sentì del vociare in lontananza e accelerò il passo, iniziando a correre sempre più veloce, svoltando a caso lungo i corridoi. Arrivò in una grande sala e si bloccò all'improvviso. C'erano tre tavolini in metallo bianco, di quelli che si usano in giardino e almeno una decina di sedie della stessa foggia e colore. Sorrise quando riconobbe Joerydan e Kevin seduti al tavolino più distante dal punto in cui si trovava. «Joe.» esclamò, il sorriso sulle labbra. Sì sentì sollevata.
Si avvicinò ai due e sfiorò la spalla del fratello. «Joe, possiamo parlare?» domandò, non voleva chiedere davanti a Kevin dove si trovassero perché si vergognava.
Joerydan voltò appena la testa, e fissò Astrakan.
«Vieni?» domandò lei e il sorriso scomparve dal suo volto quando vie l'espressione di suo fratello. Era arrabbiato.
Lui sospirò, spostò indietro la sedia che stridette sul pavimento di cemento e fece un cenno a Kevin che si alzò a sua volta; insieme, mano nella mano se ne andarono.
«Joe!» urlò Astra e lasciò cadere la maglietta. «Joe!» ripeté, allungò il passo e sfiorò la schiena del fratello. «Ma che succede?» domandò con un filo di voce. Lui la guardò appena, e con la mano libera la spinse, facendola cadere per terra.
Astra si mise a carponi, respirando rumorosamente, la spalla sinistra le faceva molto male. Si alzò e corse per raggiungere Joe, lo afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi.
«Joe... fratellino... che sta succedendo?» supplicò. Lui la fissò, lo sguardo freddo, gli occhi fissi su di lei. «Dimmi cosa ti prende.» cercò di convincerlo.
Lui diede uno strattone, e posò la mano sulla spalla sinistra della sorella e strinse forte, facendola urlare dal dolore, piegò la gamba destra e le diede un calcio nello stomaco, facendola volare terra.
Astra rotolò sul fianco sinistro, le braccia incrociate sulla pancia. Aprì gli occhi e vide suo fratello allontanarsi insieme a Kevin.
Portò le ginocchia al petto e scoppiò a piangere, non riusciva a capire come mai suo fratello l'avesse trattata in quel modo, non l'aveva mai fatto prima.
Si mise a sedere e si asciugò le lacrime con il dorso della mano. «Sei sola.»
Astra si guardò attorno, cercando di capire di chi fosse quella voce cavernosa.
«Sei sola.» ripeté lo sconosciuto.
Astra si mise in ginocchio e lentamente si alzò. La spalla e lo stomaco le facevano molto male. «Chi sei?» gridò. «Cosa vuoi?»
«Sei sola.»
Astra fece un giro su se stessa, ma non vide nessuno. Fece un passo in avanti sentendosi spingere, barcollò e riuscì a mantenersi in piedi.
Si voltò a destra sentendo un rumore, dei passi attutiti. Poi un ruggito. Astra era sicura, quella era Katulaa. La tigre bianca apparve davanti a lei e ruggì.
«Katulaa.» mormorò Astra. «Torna normale.» le disse.
Il felino avanzò, le grosse zampe alzarono la polvere ad ogni passo, e si fermò a qualche metro dalla ragazza. Alzò il muso, annusò l'aria e ruggì.
Astra sporse una mano verso la tigre. «Kat, sono io.» disse accennando un sorriso.
Katulaa piegò in avanti il corpo e balzò su Astra, facendola cadere. La ragazza rotolò, trovandosi sdraiata sulla pancia, mise le mani vicino al viso, pronta per mettersi seduta, quando un peso al centro della schiena la spinse a terra. Urlò quando si accorse che quel peso erano le zampe anteriori della tigre sulla sua schiena. Il felino si sdraiò su di lei, schiacciandolo. Astra boccheggiò ritrovandosi la zampa destra a pochi centimetri dal naso. Non riusciva a respirare e la polvere le entrava nella bocca, nel naso. Chiuse gli occhi e cercò di urlare, ma il fiato le morì in gola, un dolore lancinante le partì dal fianco destro. Una costola, era sicura che una delle costole si fosse rotta. Sperò che non le perforasse il polmone. Strinse il labbro inferiore fra i denti mentre le lacrime le rotolavano lungo le guance.
Percepì qualcosa che le sfiorava la gamba destra, un tocco leggero, come quello di una Socchiuse gli occhi e si mosse, per quanto il peso della tigre le concedesse.
«Scusa Astra non volevo svegliarti.»
La ragazza aprì completamente gli occhi, e si accorse di potersi muovere; suo fratello era accanto a lei. Si guardò attorno e scoprì di essere nel suo letto.
«Joe...» mormorò. «Ero convinta che saresti rimasto da Kevin.», si girò, sdraiandosi sulla schiena e respirò profondamente.
Lui la guardò, e Astra si accorse solo allora che la lampada sul comodino era accesa.
«È stato Kevin a dirmi che tu avevi ragione.» mormorò Joe.
Astra chiuse la bocca e si passò le mani sul viso.
«Ti stavo coprendo, la coperta era finita per terra.» continuò lui.
«Ah... grazie.» mormorò. Si voltò sul fianco sinistro e chiuse gli occhi. Pensava che lui fosse tornato perché voleva scusarsi, invece era stata un'idea di Kevin. Sentì che stava per piangere. Perdere suo fratello, il suo affetto, tutto ciò che rimaneva della sua famiglia era la cosa d cui aveva più paura.

Salve! Capitolo lungo, certe volte se inizio a scrivere non mi fermo più.
Tornano ancora gli incubi, uno in contemporanea e l'altro di Astra.
Ecco il nuovo personaggio, e anche il cattivo fa la sua comparsa!
Alprossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei Litigious, Swimming in The Pool and Amazing Lad ***





Capitolo Sei
Litigious, Swimming in The Pool and Amazing Lad

«Dai, Astra, non fare così!» mormorò Joerydan.
Sua sorella lo ignorò e continuò a pettinarsi i capelli.
«Sorellina...» Joe si alzò dal suo letto e si sedette su quello di Astra. «Scusami!»
Astra lo guardò appena, poi fissò la spazzola, tolse i capelli che erano rimasti impigliati nei denti e si alzò dal suo letto.
«È una tua idea oppure di Kevin?» domandò acidamente gettando i capelli nel cestino.
Joe sospirò. «Cambierebbe qualcosa?»
Astra si voltò e sbatté la spazzola sul tavolino. «Certo che cambia!» esclamò, «Voglio sapere se è una tua idea oppure di Kevin.» spostò la poltroncina e si sedette scomposta, le gambe sopra il bracciolo destro.
«Allora?» chiese non ricevendo nessuna risposta.
Joe sospirò. «È stato Kevin.» mormorò.
Astra aprì la bocca. «È stato Kevin.» ripeté. «A te non sarebbe mai passato per la testa, vero?»
Joe posò le mani sulle ginocchia e si girò verso la sorella. «Io...» mormorò.
«Certo, a te non sarebbe mai venuto in mente.» esclamò Astra. «Tu vuoi passare il tuo tempo con Kevin! Sono io tua sorella!» disse sedendosi composta.
«Non dire così.» Joe aveva alzato la voce. «Certo che sei mia sorella! E poi la piscina è nel grattacielo dove vive Kevin, non potevo invitarti io se lui non era d'accordo!» Joe si alzò in piedi.
«E allora poteva chiedermelo direttamente lui!» ribatté Astra stringendo con forza i braccioli della poltroncina.
«Cosa?» esclamò Joe, si voltò verso la vetrata e tornò a guardare sua sorella. «Come poteva farlo secondo te? Sono tre giorni che non gli parli!»
Astra scrollò le spalle «E allora? Poteva farlo comunque.»
Joe sbuffò. «Sei incredibile!» S'inginocchiò davanti alla sorella. «Astra... lo sai che ti voglio bene, ma ogni tanto sei insopportabile.» allungò una mano e le sfiorò il viso. «Quindi, vedi di preparare la borsa, che fra cinque minuti andiamo a fare colazione e poi andiamo da lui.»
«Non ho il costume.» ribatté Astra spostando le mani in grembo.
Joe inarcò le sopracciglia. «No? Ma se l'hai preso quando hai saputo che dove vive Kevin c'è una piscina!»
Astra abbozzò un sorriso, posò una mano sulla spalla di Joe e si alzò in piedi.
«Inizia a scendere, io arrivo fra dieci minuti.» esclamò.
Joe sorrise, si alzò e baciò la guancia della sorella. «Se non sei giù fra dieci minuti salgo e ti porto giù a peso.», afferrò la giacca e uscì dalla stanza.
Astra sbuffò e si alzò in piedi. Aprì l'armadio e trasse un sacchetto.
Suo fratello si sbagliava, lei non aveva un bikini. Ne aveva quattro. Li guardò e prese quello azzurro, quello che aveva visto Joe, altrimenti le avrebbe fatto troppe domande.
Prese una borsa dall'armadio, v'infilò il costume, un paio di asciugamani e un paio di flaconcini di docciaschiuma che l'albergo dava in omaggio.
Si guardò un'ultima volta allo specchio e uscì, ma quando stava per chiudere la porta si ricordò del libro. Rientrò in camera e prese il libro dal comodino e uscì di nuovo.
Non voleva ammetterlo nemmeno con suo fratello, ma non vedeva l'ora di andare in piscina. Astra abbassò il libro e guardò Joe e Kevin che giocavano nella piscina. Li osservò mentre si schizzavano l'acqua e cercavano di spingersi sott'acqua reciprocamente. Kevin spinse Joe contro il bordo della piscina e iniziò a baciarlo.
Astra scosse la testa e riprese a leggere il libro che aveva scritto il nonno. La parte che più le interessava era quella che descriveva il Custode.
Da quanto ne sapeva, il Custode era solo una leggenda, non era mai esistito veramente. Alcuni libri dicevano che l'ultimo dei Custodi era vissuto nel dodicesimo secolo, ma Astra era convinta che fosse solo una favola, una leggenda; pensava che se fosse così importate, il Custode doveva esserci sempre, visto che era una sorta di protettore degli Ambasciatori, e ne amplificava i poteri.
Astra respirò profondamente e si guardò attorno sentendosi osservata. Alla sua destra, a qualche metro di distanza, due ragazzi stavano parlando.
Astra aprì la bocca sorpresa quando riconobbe Adam in uno dei due. Dell'altro poteva solo vedere la schiena, le spalle muscolose e la nuca.
Li osservò per qualche istante, poi posò il libro aperto sul lettino e si avvicinò alla piscina.
Infilò un piede nell'acqua rimanendo piacevolmente stupita della sua tiepida temperatura; si sedette sul bordo della piscina e fissò suo fratello.
«Joe.» lo chiamò, ma lui non rispose, era troppo impegnato a baciare Kevin.
«Joe.» provò ancora, alzando la voce.
Joe si voltò verso di lei. «Ti sei alzata, finalmente.» esclamò. «Avevo paura che fossi diventata una cosa sola con la sdraio.»
Astra incrociò le braccia al petto e fece una smorfia. «E io pensavo che voi volevate mangiarvi a vicenda.» esclamò, poi entrò in acqua e si avvicinò a Joe; «Sei troppo impegnato oppure possiamo scambiare due parole» si fermò e lanciò un'occhiata a Kevin «in privato?»
Joerydan guardò Kevin e scrollò le spalle, poi si avvicinò a sua sorella. «Sei acida.» gli disse prima di uscire dalla piscina.
«Grazie.» disse lei seguendolo.
Joe si fermò vicino alle loro sdraio e vi si sedette sopra. «Che c'è?» domandò.
Astra piegò la testa e lo guardò. «Hai visto chi c'è?» chiese e si voltò verso Adam e il suo amico. «Lo riconosci?» aggiunse tornando a guardare Joe.
«Tutti e due»
Astra lo fissò sorpresa. «Cosa?»
Joe piegò il viso verso di lei e lanciò un'ultima occhiata ai due ragazzi. «Uno è Adam, l'altro è l'ultimo candidato.»
Astra li guardò, Adam e lo sconosciuto ero voltati verso di loro, si portò una mano sulla bocca spalancata e fissò Joe. «Non ci credo.» disse.
«Invece è vero.» mormorò Joe. «Tre di loro, nella stessa stanza.» si voltò verso Kevin, che gli sorrideva e faceva dei cenni con le mani, gli sorrise e lo raggiunse in piscina.
Astra lo fissò mentre abbracciava Kevin e lo baciava. Scosse la testa e lo raggiunse.
«Joe.» lo chiamò. Lui voltò appena la testa. «Noi non abbiamo finito di parlare.» esclamò ed entrò in acqua. Dovevano assolutamente scoprire come si chiamasse l'altro candidato e perché lui e Adam erano lì.
«Invece sì.» replicò l'altro, le mani posate sulle spalle di Kevin, i capelli biondi appiccicati sulla nuca.
Astra sbuffò sonoramente. «A me non sembra.»
«Solo cinque minuti.» disse Kevin fissandola divertito per poi tornare a baciare il collo di Joe.
«Taci, tu non sei stato interpellato.» esclamò bruscamente Astra passandosi una mano sul viso per scostarsi i capelli bagnati.
«Astra!» Joerydan la fissò. «Non fare così. Cinque minuti e arrivo.» disse. «Promesso.»
Astra lo guardò e scrollò le spalle, poi usci dalla piscina, si asciugò il viso e le mani e riprese in mano il libro, lo posò e prese la sua borsa; cercò la bottiglietta d'acqua, sbuffò quando non la trovò, era sicura che fosse lì dentro, aveva bevuto anche prima! Arrabbiata si sporse per guardare sotto il lettino e sorrise quando vide la bottiglia. Allungò un braccio e la prese, si voltò sentendosi osservata e vide Adam e l'altro ragazzo che la guardavano. Scrollò le spalle e bevve un po' d'acqua.
Astra fissò il display del cellulare, altro che cinque minuti, erano passati quasi venti minuti! Si alzò e si avvicinò alla piscina e chiamò suo fratello; Joe la guardò appena. Sbuffò e si sedette sul bordo della piscina, i piedi immersi nell'acqua.
«Joe, guardami!» esclamò.
Joe sbuffò e si voltò verso di lei. «Che c'è?» chiese bruscamente.
«Cinque minuti sono passati da un pezzo.» fece notare lei, fissando l'acqua della piscina.
«Rilassati, fatti una nuotata.» ribatté lui.
Astra lo guardò, fissò Kevin dietro di lui e sospirò. «Joe...» mormorò passandosi una mano sul volto, «devo dirti una cosa.» disse e fece un piccolo cenno in direzione dei due ragazzi e fu contenta che Kevin in quel momento non la stesse guardando.
«Cinque minuti.» disse Joe e ridacchiò quando Kevin gli morse il lobo.
«Cinque minuti come prima?» sbottò Astra, «Ne sonno passati venti!»
«Non me ne sono accorto!» ribatté lui colpendo l'acqua con le mani e alzando schizzi d'acqua.
«Esci.» disse Astra con la voce tremolante. «Subito.»
«Cinque minuti.» disse Joe.
Astra arricciò le labbra e guardò suo fratello. «Sei uno stronzo.» strillò, si voltò e uscì dalla piscina.
Si fermò sul bordo e si voltò verso Kevin, che la guardava sorridendo, e si pentì di aver spinto Joe fra le sue braccia. «Non guardarmi così.» gli disse. «Anche tu sei uno stronzo.»
Si voltò e si avvicinò al lettino; furiosamente iniziò a rimettere nella borsa le sue cose.
«Astrakan!» la chiamò Joe, ma lei non si voltò, troppo infuriata con lui. Respirò profondamente, imponendosi di non piangere.
Joe le posò una mano sulla spalle e lei sussultò. «Chiedi scusa.»
Astra si girò verso di lui, drizzando le spalle. «No.» esclamò.
«Astra... per favore.» Joe le posò le mani sulle spalle, «Non fare così.»
Lei si divincolò, prese l'asciugamano e cercò le ciabatte, chinandosi per vedere se erano finite sotto il lettino. «Astra, ascoltami...»
Lei si alzò, le ciabatte azzurre in mano. «No, ascoltami tu.» esclamò. «Sono stufa,» si fermò e fece cadere le ciabatte per terra «mi avevi promesso che avremmo passato del tempo insieme e invece te ne stai attaccato a Kevin!» gridò, «Io sono tua sorella! Io ho solo te!» continuò a gridare mentre le lacrime le scendevano sulle guance, ignorando gli sguardi delle altre persone. Velocemente infilò le ciabatte e si diresse verso gli spogliatoi.
Joe sbuffò e la seguì, fermandola vicino alla porta. «Astra, ascoltami!»
Lei scosse la testa, si divincolò ed entrò nello spogliatoio sbattendo la porta.
Odiava Joe che non aveva più tempo per lei, odiava Kevin perché gli stava portando via Joe, tutto ciò che le rimaneva della sua famiglia, e in quel momento odiava anche Adam e l'ultimo candidato perché l'avevano vista piangere. Aprì l'acqua calda di una doccia e s'infilò sotto il getto bollente.

***

Joe si sedette sul letto e fissò il pavimento; si sentiva in colpa per il litigio con Astra.
«Non preoccuparti per lei.» esclamò Kevin intuendo i suoi pensieri, si sedette accanto a lui e incominciò a massaggiargli le spalle.
«È mia sorella.» mormorò Joe.
Kevin scosse la testa, fece scivolare le mani fino alla vita e baciò il collo di Joe. «Sta bene.» mormorò. «Rilassati.» gli soffiò nell'orecchio.
Joe s'irrigidì e voltò appena la testa. «Tu non la conosci.» esclamò.
«Starà bene.» ripeté Kevin.
Joe scosse la testa e si alzò, «Lei aveva ragione.» sussurrò, «Ha ragione.»
Kevin sbuffò irritato e allungò una mano fino a sfiorare i jeans dell'altro. «Lasciala sfogare.» disse.
Joe lo fissò, poi distolse lo sguardo. «Io le ho promesso che avremmo passato del tempo insieme.» disse e iniziò a camminare per la stanza.
«Lasciala sfogare.» ripeté Kevin e si alzò anche lui, lo abbracciò e lo spinse verso il letto. «Non pensarci.» sussurrò baciandogli il collo.

***

Astra guardò quello che era rimasto del suo caffè ormai freddo e sospirò; si passò una mano sul volto. Si sentiva stanca e delusa.
Alzò il viso e trovò, seduto di fronte a lei, un ragazzo; accennò un sorriso quando riconobbe l'ultimo candidato. «Disturbo?» domandò lui.
Lei scosse la testa, «No.» rispose guardandolo, e tornò a fissare il suo caffè, lo prese e lo finì in un sorso; guardò appena il ragazzo seduto davanti a lei, consapevole che avrebbe dovuto fare i alti di gioia, ora che li avevano trovati tutti e quattro.
«Mi dispiace che tu abbia litigato con tuo fratello.» esclamò lui, afferrando il menu con la mano destra. «Grazie.» mormorò Astra sorpresa, non aspettandosi una cosa del genere. «Ti porto il solito, dolcezza?»
Astra spostò lo sguardo sulla cameriera, una signora di circa cinquant'anni molto formosa, con una massa di ricci biondi che le incorniciava il viso paffuto.
«Certo.» rispose il ragazzo.
«Anche per la tua amica, Steve?» chiese la cameriera.
Steve guardò Astra e sorrise. «Certo.» disse tornando a guardare la cameriera, che scribacchiò qualcosa sul suo block notes e andò verso un altro tavolo.
«Dolcezza?» domandò Astra perplessa. «E che cos'è il solito?»
Steve sorrise e posò le mani sul tavolo, sopra il menu. «Conosco Anne da quando sono in fasce, mi ha sempre chiamato così,» si fermò e fissò Astra, che abbassò lo sguardo imbarazzata, «Astra.»
Astrakan si sentì avvampare nel sentirsi chiamare per nome e fece vagare lo sguardo per il locale, «Come lo sai?» soffiò.
Steve sorrise. «Tu e tu fratello avete urlato, e lui ti chiamava Astra.» rispose. «E presumo che sia il tuo nome.»
Lei annuì e rilassò le spalle. «Steve che cos'è il solito?» domandò, visto che prima non aveva ricevuto nessuna risposta.
Lui sorrise e spostò le mani sulle ginocchia. «Ti piacerà.» rispose, «Almeno lo spero.»
Astra sorrise sentendosi un po' meglio. «Speriamo.» mormorò sfiorando la tovaglietta azzurra.
«Quanti anni hai?» domandò Steve.
Astra lo guardò per un attimo e abbassò il viso, non sapeva il perché, ma si sentiva in imbarazzo. «Venti.» rispose. «Ventuno.» si corresse.
Avevano dovuto mentire sull'età per poter entrare nel locale dove lavorava Kevin.
«Raccontami qualcosa di te.»
Astra alzò il viso incontrando gli occhi castani di Steve e sorrise. «Da dove vuoi che inizi?»

***

Joe uscì dal portone, attraversò la strada e si bloccò davanti alla vetrina della caffetteria. Astrakan era lì, e Joe pensò di entrare dentro e di chiederle scusa. La guardò meglio e vide insieme a qualcuno. Stavano sorseggiando qualcosa da tazze azzurro tenue, davanti a loro un piattino con sopra due dolci, a uno mancava un pezzo.
Astra stava ridendo.
Joe deglutì e continuò a fissare i due. Spostò lo sguardo sul ragazzo e quasi saltò, quando si accorse che era Steve. Lo vide allungare una mano verso Astra, sfiorarle il naso con il dito e ridere, seguito da Astra.
Joe si morsicò il labbro inferiore. Non riusciva a capire sua sorelle. L'aveva lasciata che stava per scoppiare a piangere; e lui aveva litigato con Kevin perché era preoccupato per lei, e invece Astra si stava divertendo! Lui era convinto che l'avrebbe trovata in camera, a piangere.
Sbuffò arrabbiato e s'incamminò verso la metro.

***

«Allora ci vediamo.»
Astra sorrise e infilò il biglietto di visita nella borsa. «Certo.» esclamò guardando Steve. Infilò le mani in tasca e le tirò fuori, si passò una mano nei capelli non sapendo cosa fare. Sperò che lui non si accorgesse di quanto fosse nervosa.
Steve sorrise. «Ciao Astra.»
Anche lei sorrise, infilò di nuovo le mani nelle tasche e scese i gradini della metro.
Parlare con Steve le aveva fatto bene. Per un paio d'ore aveva dimenticato il litigio con Joe. Lui le aveva offerto il cappuccino e il muffin al cioccolato bianco, l'aveva lasciata sfogare e l'aveva ascoltata, senza giudicarla.
Per un attimo sperò che fosse lui il Catalizzatore, così sarebbe potuto rimanere con lei a Winter.
Il convoglio si fermò davanti a lei e attese che le porte si aprissero e i passeggieri scendessero prima di salire e sedersi in uno dei pochi posti liberi.
Aveva scoperto che Steve era figlio unico, che suo padre era morto quando aveva due anni. Steve lavorava in un ufficio e sua madre aveva un negozio di parrucchiera, e Steve le aveva detto di andarci, che avrebbe offerto lui.
Era un bel ragazzo, con gli occhi scuri e i capelli biondo scuro. Astra scosse la testa e s'impose di non pensarci, poi le venne in mente che doveva aggiornare la lista, visto che Steve le aveva detto perché lui e Adam erano lì. Altre strane coincidenze da aggiungere.
Adam viveva nello stesso stabile di Kevin, e Adam era andato al college insieme a Steve ed erano migliori amici. E aveva scoperto che Kevin e Steve erano andati al liceo insieme.
Astra si alzò in piedi, la sua fermata era quasi arrivata. Si domandò per quale motivo tre candidati fossero lì proprio quel giorno. In un modo o nell'altro i candidati erano tutti collegati fra loro. Il treno frenò fino a fermarsi e le porte si aprirono, e Astra uscì, fermandosi sulla banchina. Respirò a fondo, una parte di lei non voleva andare in albergo, perché aveva il timore di trovare Joe, l'altra parte di lei aveva paura di non trovarlo. Ricordava ancora troppo bene l'incubo che aveva avuto qualche giorno prima.
Una persona la urtò, spingendola avanti e Astra iniziò a camminare, seguendo la folla che usciva in superfice.
Doveva ritornare in albergo per forza, non poteva andare da nessun'altra parte.

***


«Ti sei divertita con quello?» Astra sbuffò ed entrò in camera. Joe era seduto sul letto, le gambe incrociate e la testa appoggiata al muro. «Ti sei divertito con Kevin?» domandò e appoggiò la borsa sul suo letto, a pochi centimetri dalle gambe di Joe.
«Ho litigato con lui.»
Astra si voltò e lo guardò, sorpresa. «Perché?» domandò. «Ti sei accorto che è un'insensibile idiota egoista?»
Joe diede un calcio alla borsa che rotolò sul tappeto fra i due letti. «Non è egoista.» disse.
«Perché hai litigato con lui?» domandò lei, raccogliendo la borsa e la rimise sul letto.
«Perché io ero preoccupato per te, e invece tu ti stavi divertendo.» rispose lui acidamente, incrociando le braccia e allungando le gambe sul letto.
«È stato lui a venire da me, io non c'entro nulla.» Astra sbuffò, prese la borsa e la posò sul tavolino.
«Dai, Astra, ti conosco. Non ci credo.» Joerydan sorrideva.
Astra si fermò, l'asciugamano in mano, metà era ancora dentro la borsa. «Ti giuro, non sono stata io!» ribatté. «Io ero lì seduta, lui è arrivato, si è seduto davanti a me e abbiamo iniziato a parlare! Che cosa dovevo fare, cacciarlo?» Astra guardò suo fratello e capì che non le credeva.
«Non ci credo.» Joerydan si alzò e si avvicinò a lei.
«Fai quello che vuoi.» Astra scrollò le spalle e si spostò verso il bagno, l'asciugamano e il bikini stretti al petto.
«Lo sai il perché Adam e Steve erano lì?» domandò voltandosi verso Joe.
«Steve? Si chiama Steve?» chiese lui.
Lei annuì. «Sì, è il suo nome.» rispose. «Allora, lo sai oppure non te ne frega nulla?»
Joe rimase in silenzio.
«Kevin e Steve andavano nello stesso liceo. Steve e Adam sono amici e sono andati nello stesso college. Adam abita due piani sopra Kevin.» snocciolò, fissando Joe e cercò di capire a cosa stesse pensando.
«Maya e Adam sono andati nello stesso liceo e si sono frequentati per un po'. La madre di Steve ha un negozio di parrucchiera e Maya lo frequenta.» continuò.
«E allora?» domandò Joe.
«Come sarebbe "e allora?"» esclamò Astra. «Tutti i candidati sono collegati fra loro, in un modo o nell'altro!» Astra si voltò ed entrò nel bagno, facendo sbattere la porta dietro di lei.
«Si conoscono, e allora? Sarà più facile per noi raccontargli ogni cosa, se si conoscono già fra di loro!» disse Joe entrando nel bagno.
Astra respirò profondamente, mise l'asciugamano e il bikini sul calorifero a parete. «Tu non ci arrivi.» mormorò.
«Non arrivo a cosa?» chiese Joe, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi allo stipite della porta.
Astra si voltò, il labbro inferiore tra i denti; guardò Joe e sospirò. «È molto strano che siano tutti collegati, è strano il fatto che li abbiamo incontrati così in fretta... e oggi i ragazzi erano lì!» disse. «È strano...» scosse la testa «ho paura.»
Joe scrollò le spalle. «Stai diventando paranoica.» le disse. «Io per causa tua ho litigato con Kevin!» aggiunse alzando il tono della voce. «Ero preoccupato per te e tu invece stavi flirtando con quello!»
«Non ti ho chiesto io ti litigare con lui.» replicò Astra, le mani strette a pugno.
«Non cambia le cose il fatto che tu non me l'abbia chiesto!» urlò Joe. «Ti odio!»
Joe uscì dal bagno sbattendo la porta, e Astra la guardò a lungo, prima di accorgersi che suo fratello era uscito dalla camera, oltre che dal bagno.
Fissò la porta chiusa, le parole di Joerydan ancora nelle orecchie. Quel "ti odio" l'aveva colpita allo stomaco, lasciandola senza fiato. Si sedette per terra, sul tappetino color crema davanti al bagno. Respirò affannosamente, lo sguardo sempre fisso sulla porta; portò le mani al viso e si accorse che tremavano.
Le strinse a pugno e le aprì, ma tramavano ancora. Astra si sdraiò sulla schiena, imponendosi di respirare profondamente. Doveva calmarsi.

***

Astra si pulì la mano sudata sui pantaloni della tuta e spinse il pulsante di chiamata dell'ascensore. Sfogarsi nella palestra dell'hotel era stata una buona idea, si sentiva più calma.
Si appoggiò alla parete dell'ascensore, incrociò le braccia al petto e pensò a quanto fosse idiota suo fratello; scosse la testa imponendosi di non pensarci.
Una volta nel bagno della camera, aprì l'acqua della vasca e si spogliò, afferrò il bagnoschiuma e ne versò una dose generosa nell'acqua bollente.
Una volta dentro, appoggiò la testa sul bordo e chiuse gli occhi, rilassandosi.

***

Non sapeva da quanto fosse dentro l'acqua, ma dato che era quasi fredda, Astra decise di uscire. Tolse il tappo e attese che un po' d'acqua se ne fosse andata e prese l'accappatoio appeso vicino alla vasca. Mentre si allacciava la cintura, alzò la testa, le era sembrato di vedere qualcosa di piccolo e nero strisciare sul muro, in alto, quasi vicino al soffitto. Rabbrividì quando pensò che fosse un ragno. Lo osservò meglio, no, non era un ragno.
Si alzò sulle punte dei piedi per guardarlo meglio, ma non riusciva a capire che cosa fosse quella macchia nera che sembrava pulsare.
Si mise in piedi sul bordo della vasca e allungò una mano verso quella cosa, la sfiorò e urlò.

***

Joe si piegò in avanti, la bocca aperta e il respiro affannoso. Gli sembrava che qualcosa gli stesse trapassando il torace; cercò di alzare la testa ma cadde in avanti, sul letto.
«Joe!» urlò Kevin correndo verso di lui, lo prese per le spalle e lo aiutò a sdraiarsi. «Che cos'hai?»
Joe boccheggiò, le mani strette a pugno. «A...Astra...» mormorò.
Kevin lo guardò sorpreso. «Cosa? Astra non è qui.» disse, preoccupato e confuso.
Joe socchiuse gli occhi e respirò profondamente, gli sembrò che la gola bruciasse. «Sta male... Astra... io...» si fermò e prese fiato, «Devo andare da lei.»
Kevin lo guardò stupito, aveva sentito di questa cosa, del legame che c'era fra i gemelli, ma era convinto che riguardasse solo i gemelli identici.
«Chiamala.» esclamò allungandosi verso il telefono.
«Adesso!» urlò Joerydan, «Devo andare da lei ora.» posò le mani sul letto e si mise seduto.
«Oh.» Kevin lo guardò; le guance di Joe erano bagnate dalle lacrime e le sue labbra tremavano. Si sedette accanto a lui e gli strinse le mani. «Andiamo subito.»

***

Joe aprì la porta della camera ed entrò di corsa, «Dov'è?» mormorò guardando Kevin.
«In bagno?» esclamò Kevin.
Joe annuì e si avvicinò alla porta, abbassò la maniglia ed entrò. «Astra!» strillò quando la vide riversa per terra, fra la vasca e il lavandino. S'inginocchiò davanti a lei e la prese fra le braccia.
«Merda, chiamo un'ambulanza!» esclamò Kevin quando vide il viso di Astra.
«Non farlo!» urlò Joe.
Kevin si inginocchiò accanto a lui, una mano posata sulla sua spalla, «Ha la faccia ustionata!»
Joe scosse la testa. «Non può andare in ospedale!» ribatté.
«Deve andarci Joe, e subito!» disse Kevin e si alzò in piedi, frugò nelle tasche e prese il cellulare.
«Ho detto di no!» gridò Joe, il braccio destro teso verso Kevin. La porta si chiuse sbattendo e il cellulare volò via dalle mani di Kevin, cadendo ai suoi piedi.
Joe posò la mano sinistra sul viso di Astra e, sotto lo sguardo sbigottito di Kevin, dalla pelle di Astra scomparve ogni traccia di bruciatura, ritornando rosea e liscia.
«Sei qui!» mormorò Astra, gli occhi socchiusi e un debole sorriso sulle labbra.
Joe l'abbracciò, stringendola forte e le baciò la fronte.
«Astra... Joe...» chiamò Kevin.
I due si voltarono verso di lui.
«Io credo che... voglio...» balbettò Kevin, si chinò e raccolse il cellulare, non era rotto, si era solo staccata la parte che copriva la batteria, «credo che dovrete darmi qualche... spiegazione.»

Salve! Qui leggono in pochi e commentano ancora meno *me tapina* ma io continuo a scrivere perché amo questa storia e amo Joe&Astra.
Questo capitolo è stato molto difficile da scrive. Primo perché sono figlia unica e quindi mi è difficile immaginare cosa provi Astra nel vedere che Joe passa più tempo con Kevin che con lei, in più sono tutti dannattamente complicati, Astra in primis.
Comunque, ecco qui il quarto ed ultimo candidato. Aveva ragione Astra, sul dire che fosse un amico di uno degli altri tre, avrà indovinato anche sul resto?
Intanto Steve ci prova! *sghignazza*
Ringrazio chi legge questa storia, se volete commentare, anche negativamente, fate pure, siete i benvenuti! Io non mangio nessuno!
*Sgrannocchia un femore*
*Lo fissa*
*Lo nasconde sotto il letto*
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette Partly The Truth ***





Capitolo Sette
Partly The Truth

Astra fissò Kevin, spostò lo sguardo su Joe «Perché è qui?» domandò.
Joe aprì la bocca e la richiuse; lanciò una breve occhiata a Kevin e sospirò. «Mi ha accompagnato lui.»
«Ah.» Astra si alzò in piedi, guardò Joe a lungo e quando lui le fece un cenno con la testa lei si voltò verso Kevin. «Dimentica quello che hai visto.» disse, la voce bassa.
«Non posso!» ribatté lui, «Che cazzo è successo?»
«Devi dimenticare, devi farlo.» continuò Astra, la voce sempre più bassa e roca.
«Ma di che stai blaterando?» Kevin indietreggiò, finendo per sbattere con la schiena contro la porta.
Astra si voltò verso suo fratello, guardandolo stupita, domandandosi perché il suo potere con Kevin non funzionasse.
Funzionava con tutti, sia con i Terrestri che con il suo popolo.
«I tuoi occhi.» mormorò Joe.
Astrakan si voltò verso lo specchio, i suoi occhi erano come quella volta al locale, quando aveva allontanato quel ragazzo da Joe. Scosse la testa e chiuse gli occhi.
«Perché non funziona?» si lamentò con Joe, lui si limitò a scrollare le spalle. Neppure lui riusciva a capire come mai il potere di Astra non funzionasse.
«Che cosa non funziona?» domandò, quasi urlando, Kevin. «Volete spiegarmi cosa sta succedendo?» continuò, il cellulare ancora fra le mani.
Astra fissò Joe, indecisa su cosa fare; non era così che aveva immaginato il momento della confessione.
«Calmati, Kevin.» esclamò Joe avvicinandosi al più grande.
Kevin scosse la testa e fece un passo indietro, finendo per sbattere, ancora, contro la porta chiusa. «No... non posso.» mormorò. «Cosa siete? Non siete umani!»
Astra respirò profondamente e si guardò allo specchio, si asciugò la fronte ─i capelli erano ancora bagnati─ e si appoggiò al lavandino. Cosa poteva dire a Kevin per non sconvolgerlo e farlo scappare?
«Kevin calmati. Adesso andiamo di là e ti spieghiamo tutto.» disse.
Joe si avvicinò alla sorella e la spostò, «Cosa ti salta in mente?» le sussurrò all'orecchio, intanto guardava Kevin, non voleva rischiare che scappasse e andasse in giro a raccontare qualcosa.
«Non gli diciamo tutto, solo una parte.» rispose lei.
Joe annuì, anche se ad Astra sembrava poco convinto.
«Andiamo di là.» esclamò Astra scansando Joe e avvicinandosi a Kevin; gli sorrise e lui si spostò, permettendole di aprire la porta.
Si sedettero sui letti, Joe e Astra su uno, Kevin sull'altro.
Astra respirò profondamente e guardò Kevin. «Noi non siamo Terrestri, veniamo da un'altra dimensione, una dimensione parallela.» disse, guardò Kevin per studiarne la reazione.
Nulla, Kevin la guardò come se non avesse capito il senso delle sue parole.
«Hai capito?» chiese Astra. Kevin annuì, ma si capiva benissimo che non aveva capito nulla. Astra accavallò le gambe e sorrise. «Bene.» disse. «Vedi, noi due stiamo cercando una persona importate per il nostro mondo, e questa persona si trova qui, a New York.»
Kevin annuì ancora. «L'avete trovata?» mormorò.
«Non ancora, ma ci siamo vicini.» rispose Joe.
Kevin lo fissò. «È così importante questa persona per voi?» chiese, guardando prima Joe e poi Astra.
Lei annuì, «Sì, è molto importante.» rispose, «Se non lo troviamo il nostro mondo finirà e con lui tutti i suoi abitanti.»
Kevin annuì ancora.

***

Astra scostò le coperte e si sedette sul letto. Joe dormiva già da un pezzo. Anche lei ci aveva provato, con scarso successo. Per questo verso mezzanotte e mezzo era scesa al bar per bersi un super alcolico, con la speranza che la facesse dormire.
Sbadigliò e si sdraiò. Aveva funzionato.

Uno sbuffo di neve le arrivò sul viso e Astra lo scostò con la mano. Aprì gli occhi, li richiuse e li riaprì di nuovo. Era sdraiata sul fianco sinistro, si diede una piccola spinta e si ritrovò supina. Chiuse i pugni e sentì qualcosa di strano fra le dita; portò la mano destra davanti al viso e l'aprì, della neve candida le cadde sul naso e sulle guance e Astra scosse la testa per toglierle. Si mise seduta.
Attorno a lei solo neve, qualche rara roccia e montagne coperte di neve. Astra si alzò in piedi, traballando sulle gambe malferme. Un'unica distesa bianca. Il cielo era terso, pieno di nuvole e un pallido sole tentava, invano, di farsi spazio. La giovane avanzò di un passo, stupendosi di non provare freddo, dato che indossava un lungo abito bianco, simile a quelli che piacevano a Katulaa e un maglioncino celeste.
Avanzò ancora, in cerca di qualcuno o qualcosa. Non era sicura di dove fosse, se sulla Terra o su Winter. Tremò, ma non per il freddo, ma dalla paura. Si sentiva sola, Joerydan le mancava da impazzire, e anche Kevin, Katulaa, Maya -che aveva la sua stessa passione per lo shopping- e anche...
Astra si portò le mani al volto, cercando di ricordarsi il nome di quella persona; le lacrime le riempirono gli occhi. Voleva, desiderava disperatamente ricordarsi chi fosse quella persona, ma non ci riusciva. Diede un calcio a un cumolo di neve. Non riusciva a ricordare se fosse un uomo o una donna. Ma sentì che era importante per lei.
"E se fosse il Catalizzatore?" pensò, capì che in ogni caso quella persona era importante per lei.
«Cazzo!» imprecò e tirò un altro calcio. Si asciugò le lacrime riprendendo il controllo di se stessa. Se voleva capire dove fosse e trovare suo fratello non doveva perdere il controllo. Avanzò ancora, incespicando sui cumoli di neve fresca e le ballerine bianche che calzava non l'aiutavano.
«Steve!» esclamò, ecco chi era la persona di cui si era dimenticata. Però il sorriso le sparì dalle labbra quando si ricordò che c'era anche un'altra persona di cui non si ricordava.
Scosse la testa decisa a pensarci dopo, in quel momento doveva trovare un modo per andarsene da quel posto.
Un debole sorriso le increspò le labbra quando in lontananza vide un'alta roccia, non ricoperta dalla neve; valutò che fosse a circa cinquecento metri di distanza, alla sua destra.
Iniziò a camminare velocemente, il vestito che si muoveva leggero attorno a lei. Camminò, con l'unico obbiettivo di arrivare a quella roccia, arrampicarsi sulla sua cima e vedere se in lontananza riconosceva qualcosa.
Si fermò, il cuore che batteva furiosamente e il fiato corto, le gambe doloranti, come se avesse corso o camminato a lungo. La roccia era ancora lontana, come la prima volta che l'aveva vista. Astra si portò le mani sul volto e respirò profondamente, cercando di capire cosa stesse succedendo. La roccia era così vicina eppure ci stava impiegando parecchio tempo per arrivarci, perché?
Spostò le mani dal volto e scosse la testa, riprese a camminare, ignorando il dolore al petto e alle gambe. Avanzò a lungo -le sembrarono ore- e alla fine arrivò alla roccia.
Il sole era coperto dalle nubi e il cielo si stava scurendo. Astra guardò lo spuntone di roccia, del muschio cresceva qua e là; alzò un braccio e accarezzò la superfice della roccia: era liscia e fresca sotto le sue dita. Astra girò attorno alla roccia trovando un punto perfetto su cui arrampicarsi. Posò il piede destro su una sporgenza a circa venti centimetri dal manto di neve, afferrò con le mani altre sporgenze e si issò, maledicendosi per la sua scarsa agilità. Dopo pochi minuti era in cima, dove la roccia era piatta. Scrutò ogni angolo fin dove la sua vista le permetteva di vedere.
«Case!» strillò quando vide degli edifici e delle luci in lontananza, scivolò lungo il pendio liscio della roccia e rotolò nella neve. Si rialzò e tolse la neve che le era finita sul viso con un gesto di stizza, scosse la gonna dell'abito per far scendere la neve, le mai le tremavano mentre allacciava i bottoni del maglioncino e dovette fermarsi più volte per fermare il tremito delle mani. Poi iniziò a correre, mentre le luci e le case si facevano sempre più vicini e i contorni diventavano sempre più definiti.
Il piede destro sbatté contro qualcosa, forse un piccolo masso, e Astra si portò le braccia in avanti per attutire la caduta, fino a che non si trovò con la faccia nella neve e priva di sensi.

***

Astra si risvegliò e guardò fuori dalla finestra. Il cielo era chiaro.
Scostò le coperte e si mise seduta, il letto di Joe era sfatto, e sentendo il rumore dell'acqua provenire dal bagno intuì che si stesse lavando.
Si alzò in piedi e si sentì dolorante, come se il sogno di quella notte fosse stato reale, come se avesse camminato a lungo.
Ignorò il dolore e il mal di testa e prese dei vestiti puliti dall'armadio, se non si sbrigava sarebbe arrivata tardi all'appuntamento con Maya, dovevano andare nel salone della madre di Steve.
Si erano messe d'accordo la sera prima, poco prima che andassero a cena con Kevin.
«Nel bagno non c'è nulla.» esclamò Joe, indossava dei jeans neri e una camicia azzurra.
Astra annuì ed entrò in bagno. Aveva spiegato a Joe cos'era successo, e nessuno dei due aveva idea di cosa fosse quella cosa che aveva attaccato Astra.
Non sapevano cosa fosse e nemmeno il perché avesse attaccato Astra. In quel momento era solo contenta di aver fatto pace con Joerydan.
La ragazza entrò nel bagno e sospirò, Joe aveva ragione, nel bagno non c'era nulla di anomalo.

***

«Cosa vuoi farti fare?» domandò Maya, mentre lei e Astra svoltavano a destra. Era la pausa pranzo di Maya.
Astra scrollò le spalle. «Non ne ho idea.» rispose. «Credo che mi farò spuntare i capelli e mi farò fare una piega... non lo so, vedrò quando saremo lì.»
Maya sorrise. «Veramente siamo già arrivate!» fece notare indicando il salone di bellezza alla loro destra.
Astra si voltò verso di lei, «Abbiamo fatto in fretta.» commentò.
Maya non disse nulla ed entrò nel negozio; le pareti erano state dipinte di arancione chiaro, e sugli stessi toni erano le sedie e i divanetti. Le due ragazze si sedettero su un divanetto in attesa del loro turno.
Astra pensò a Kevin, alla sua faccia smarrita, ai suoi occhi che chiedevano spiegazioni.
Avrebbe voluto raccontargli tutto quanto ma sapeva che non poteva, che prima Kevin avrebbe dovuto digerire le informazioni che gli avevano dato.
Si passò una mano sul volto temendo il momento in cui avrebbe dovuto raccontare tutto anche agli altri. E mancava pochissimo al momento in cui lei e Joerydan avrebbero dovuto raccontare tutto, era il venticinque Aprile.
Non sapeva ancora cosa avrebbe detto, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo.
Guardò Maya che sfogliava una rivista e cercò di sorridere.
Non sarebbe stato facile dirle la verità.

***

«Stai benissimo!» esclamò Joe quando Astra e Maya lo raggiunsero nel bar di fronte al parrucchiere. «Anche tu, Maya.» Le due ragazze si sedettero al tavolo.
«Grazie.» disse Astra afferrando il menu, lo lesse appena e lo rimise al suo posto, sapeva già cosa prendere.
Joe alzò il viso e fissò i due ragazzi che stavano entrando in quel momento.
«Che c'è? Chi hai visto?» domandò Astra, si voltò e rimase stupita. Sorrise e alzò la mano e salutò Adam e Steve. Si sentì strana quando Steve ricambiò il saluto e si voltò di scatto.
Joe scosse la testa e si sporse verso di lei. «Credo che a qualcuna piaccia qualcuno.» sussurrò.
Astra trattene il fiato e sperò di non essere diventata rossa.
«Ciao Astra.»
Astra voltò lentamente il viso e sorrise a Steve. «Ci-ciao.» balbettò sentendosi stupida.
«Sedetevi pure, è tutto pieno.» esclamò spostandosi sulla panca
. «Non vogliamo disturbare.» disse Adam.
Joe scosse la testa, ignorando le occhiatacce di Astra, «Nessun disturbo.»
I due ragazzi si guardarono, alzarono le spalle e si sedettero, Adam vicino a Joe e Steve vicino ad Astra. Lei si spostò vicino a Maya e guardò suo fratello, immaginando quali torture fargli subire.
"Potrei costringerti a salire sul tavolo e abbassarti i pantaloni." pensò, la cameriera arrivò in quel momento e prese le loro ordinazioni.
«Stai benissimo così.» disse Steve guardando Astra.
Lei aprì la bocca sorpresa, «Eh?» lo guardò e ignorò suo fratello che cercava di trattenere una risata. Lanciò una breve occhiata a Joe e posò di nuovo lo sguardo su Steve, «Dici sul serio?» chiese con un tono di voce che la stupì. Era un tono dolce, troppo per i suoi gusti, le sembrava quasi una nenia.
Steve piegò le labbra in un sorriso e annuì.
Sorrise anche Astra, anche se si sentiva stupida a comportarsi in quel modo; fissò Joe decisa a fargliela pagare, magari quella sera. Un bel serpente di gomma nel letto, e a Joe sarebbe passata la voglia di fare scherzi.

***

Maya e Astra stavano parlando con Adam e intanto Joe chiacchierava con Steve.
«Se invitassi a cena tua sorella ti darebbe fastidio?» domandò ad un certo punto Steve.
Joe sorrise, «No, proprio no.» rispose, «Anzi, sono sicura che se glielo chiedessi le ti risponderà di sì. Ne sarà felicissima.» aggiunse e guardò brevemente sua sorella.
«Hai il suo numero?» domandò Joe.
Steve annuì. «Sì. Più tardi la chiamo.»
Joe sorrise, per la prima volta era lui che combinava un appuntamento per Astra.
Sperò che andasse tutto bene, non solo l'appuntamento di Astra, ma anche la loro missione.

Salve! nuovo capitolo. Sù, lo so che leggete, e che non vedete l'ora di commentare questa storia!
Quindi non siate timidi! Coraggio!

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Capitolo 9
*** Capitoo Otto I'm crazy For My First Date And The Return Of Shadow ***





Capitolo Otto
I'm crazy For My First Date And The Return Of Shadow

Astra aprì l'armadio e frugò fra i vestiti.
«Non puoi essere arrabbiata con me!» esclamò Joe, prese una maglia che Astra aveva gettato per terra, «Anche tu l'hai fatto!»
Astra si voltò lentamente, le braccia conserte. «Ma era diverso.» fece notare. «Tu non volevi dire di sì, e poi lui ti piace.»
Joe si alzò in piedi e si avvicinò alla sorella. «Vuoi dirmi che lui non ti piace?» le chiese, «Per me ti piace, altrimenti non si spiega perché l'altro giorno tu sia diventata rossa appena l'hai visto.»
Astra strinse la gonna che teneva in mano e fissò Joerydan mordendosi il labbro. «Lui non mi piace!» strillò.
Joe sorrise, «A me non sembra.» disse e diede la maglia a sua sorella. « Se non ti piace perché stai scegliendo da un'ora cosa metterti?» domandò piegando le labbra in un sorriso ironico. «Scommetto che vorresti uscire a prendere qualcosa perché sei convinta di non avere nulla da metterti.»
Astra spinse in fuori le labbra e andò verso il letto. «Lui non mi piace!» ripeté sedendosi, accavallò le gambe e fissò Joe. «Ti sbagli. Steve non mi piace.»
Joe scrollò le spalle e la raggiunse. «Se come dici lui non ti piace puoi uscire con lui con la prima cosa che trovi nell'armadio.» le disse, «Non ti servono altri vestiti, ne hai già troppi.»
Astra respirò lentamente e fissò Joe in silenzio, si morse l'interno delle guance ed espirò rumorosamente. «E va bene, hai vinto!» esclamò. «Steve mi piace!» disse, si alzò e andò in bagno.
Joe ridacchiò, si alzò e scosse la testa. «Comunque prima dicevo sul serio, non t servono altri vestiti, ne hai troppi!» esclamò avvicinandosi alla porta.
Sentì Astra borbottare e scoppiò a ridere. «Ti aspetto giù al bar.» disse prima di uscire.
Astra si fissò allo specchio, prese la spazzola e iniziò a pettinarsi.
Aveva ragione Joe. Steve le piaceva, non sapeva cosa indossare per l'appuntamento, voleva uscire a comprare altri vestiti però ne aveva già presi troppi.
Ormai era il ventotto aprile, mancava davvero pochissimo. Dodici giorni.
«Mancano dodici giorni.» mormorò e improvvisamente si rese conto che mancava davvero molto poco. La spazzola le scivolò dalle mani e finì sul pavimento.
Guardò per qualche istante la sua immagine riflessa e si chinò per prendere la spazzola. Avrebbero dovuto sbrigarsi a dire tutta la verità agli altri.
Ne andava della loro vita e di quella del loro popolo.

***

L'ombra rotolò fuori dal suo nascondiglio e oltrepassò la porta un attimo prima che Joe chiudesse.
Strisciò lungo il corridoio per poi seguire i gemelli nell'ascensore, appiattendosi contro la porta.
Era la prima volta che li seguiva, sua sorella era stata fatta fuori dal suo Padrone qualche giorno prima. Non avrebbe dovuto attaccare la ragazza.
Seguì i ragazzi per circa venti minuti, fino a quando non entrarono in un negozio e lei si fermò vicino all'entrata.
Doveva solo seguirli e scoprire i loro piani. Sua sorella non ce l'aveva fatta, ma lei ce l'avrebbe messa tutta per far contento il suo Padrone.

***

Astra si voltò e si guardò attorno. Si sentiva inqueta.
«Cosa c'è?» domandò Joe.
Lei scosse la testa e mise a posto la maglietta che aveva in mano. «Nulla... mi sembrava che qualcuno mi stesse guardando.» rispose.
«Può essere.» esclamò Joe. «Magari è solo una commessa.»
Astra annuì debolmente e si spostò per guardare altri vestiti.
Non era convinta del tutto della spiegazione di Joe. Secondo lei qualcuno la stava guardando da un po' di tempo.
Si girò e vide Joe guardare delle cinture. Lui in quel momento le voltava le spalle, non era lui che la stava fissando. Astra si guardò attorno e vide he gli altri erano impegnati e che nessuno badava a lei.
Sopirò profondamente e afferrò un vestito azzurro, lo prese e andò in camerino per provarlo.
«Prendi quello?» le chiese Joe dopo cinque minuti.
Astra annuì, «Sì, mi piace.» rispose. «Tu prendi qualcosa?»
«No, non sono maniaco dello shopping come te.» rispose Joe.
Astra alzò la mano destra e lo colpì su una spalla. «Non sono maniaca dello shopping!» esclamò irritata, superò suo fratello e si diresse alla cassa, posò con poca grazia il vestito sul bancone della cassa. Vide un espositore di collane e ne prese un paio senza nemmeno guardarle.
«Guarda che esci con lui domani sera, non fra cinque minuti!» le fece notare Joerydan dopo averla raggiunta.
Lei non disse nulla, limitandosi a prendere una banconota da cinquata dollari dal portafoglio.
«Se sei già agitata adesso non oso immaginare come sarai domani sera.» continuò Joe.
Astra si voltò lentamente e lo fissò. «La smetti?» chiese bruscamente.
Joe sorrise e alzò le spalle. «Ti aspetto fuori.» disse. «E comunque sei adorabile!» aggiunse prima di allontanarsi.
Astra scosse la testa. "Non sono in ansia, non sono in ansia." si disse. Fissò la sua mano destra mentre raccoglieva il resto e notò che tremava.
"Sono in ansia." pensò.
Prese il sacchetto che la cassiera le stava porgendo, la salutò e raggiunse Joe sul marciapiede.
«Cosa facciamo?» le domandò lui.
«Andiamo da Adam.» rispose Astra incominciando a camminare verso la fermata della metro.
Joe la fermò afferrandola per un braccio. «Perché?» domandò.
Astra sbuffò. «Perché dobbiamo farcelo amico.» rispose. «Perché ormai manca poco.»
Joe annuì. «Hai ragione.» disse, spostò la mano e camminò al fianco della sorella.
"Magari mi cerco un libro su come smettere di avere l'ansia in dodici ore." pensò lei.

***

La libreria di Adam non era vuota: in una sala una giovane insegnate stava leggendo delle fiabe ad un gruppo di bambini di circa cinque anni.
«Cerchiamo un libro oppure parliamo subito con lui?» domandò Joe.
«Cerchiamo qualcosa.» rispose Astra, «Anzi, cercala tu, sei tu il secchione.»
Joe alzò le spalle, «Come vuoi.»
Astra gli posò una mano sul braccio. «Sai cosa ti dico? Dividiamoci.» disse e si allontanò.
Joe la fissò sorpreso ma non troppo, ormai si era abituato ai cambiamenti d'umore di sua sorella, scollò le spalle e iniziò a girare per le varie corsie, prendendo in mano ogni tanto un libro per leggere la trama.
Intanto Astra era ferma davanti a dei libri, indecisa su cosa prendere. E quale spiegazione dare a suo fratello.
Come avrebbe potuto spiegare il perché stava comprando un libro sull'ansia e uno su come ci si comporta al primo appuntamento?
Sospirò e guardò i libro che aveva in mano.
"Devo calmarmi." si ripeté per l'ennesima volta. Sospirò e rimise il libro al suo posto e incominciò a cercare Joe.
Lo trovò alla cassa che parlava con Adam.
«Trovato qualcosa d'interessante?» le domandò Joe e Astra scosse la testa.
«Nulla.» rispose lei. «E tu?»
Anche Joe scosse la testa.
Astra vide che Adam la stava guardando e cercava di non ridere. «Di cosa stavate parlando?» domandò. «Sembra divertente.»
Sia Joe che Adam la guardarono. «Niente d'interessante...» disse il primo.
Astra fissò prima Adam e poi suo fratello. Spalancò gli occhi e si coprì la bocca con la mano. «Stavi parlando di me!» esclamò, «Cos'è gli stavi dicendo che sono ansiosa per l'appuntamento con Steve?» domandò alzando la voce.
«Io non sono in ansia! Sono tranquillissima!» strillò.
«Veramente... non stavamo parlando di te.» esclamò Joe cercando di non ridere. «Giuro!»
Astra lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. «Cosa? Sul serio?» pigolò, si passò le mani sul volto e corse fuori imbarazzata.
Joe alzò le spalle, salutò Adam e la seguì.
«Sei troppo nervosa, dovresti rilassarti un pochino.» le disse.
Astra tolse le mani da viso e sospirò profondamente. «Ho fatto un figuraccia.» mormorò.
Joe le posò un braccio sulle spalle. «Sì, l'hai fatta. Ma non è nulla di grave. Adam l'avrà già dimenticata.»
Astra lo guardò male. «È il migliore amico di Steve.» fece notare e iniziò a camminare.
«Magari non glielo dice.» replicò Joe.
Astra lo guardo e respirò profondamente. «Speriamo. altrimenti morirei dalla vergogna.» mormorò.
Joe le circondò le spalle con un braccio. «Sono sicuro che anche se Adam dicesse qualcosa Steve non te lo dirà.»
Astra si scostò, «Non è che così mi consoli. Anzi, mi fai andare in paranoia ancora di più.»
Joe si fermò e l'abbracciò. «Non ti preoccupare, andrà tutto bene.» le disse prima di baciarle i capelli. «Andiamo a pranzo?»
Astra si limitò ad annuire.

***

L'ombra continuò a seguirli, stando attenta a non perdere le loro tracce. strisciò lungo la strada, si appiattì e strisciò sul muro seguendoli in un ristorante. Si avviluppò lungo la gamba di un tavolo.
Sapeva esattamente cosa fare.

***

«Quando gli diremo tutta la verità?» domandò Astra. Joe sospirò. «Non so quando, ma so che sarà presto.» rispose e sposò le braccia dal tavolo, la cameriera era arrivata con i piatti che avevano ordinato.
«E come glielo diciamo?» domandò ancora Astra. Voleva essere preparata per quando fosse arrivato quel momento e attualmente non lo era per niente.
«Li portiamo da qualche parte e diciamo tutto.» rispose Joe.
Astrakan alzò il viso e lo fissò. Joe la stava facendo troppo semplice. Dovevano dire la verità, ma lei non sapeva come l'avrebbero presa gli altri, in particolare quando avrebbero rivelato il modo in cui il Catalizzatore era arrivato o arrivata sulla Terra.
Non sarebbe stato facile digerire il fatto che quella che si crede la propria madre in realtà non lo sia, non sarebbe stato facile digerire il fatto che la propria madre avesse ucciso tre persone e rapito un neonato.
«Dobbiamo farlo, magari glielo diciamo l'otto. Così il nove torniamo là e il dieci vediamo di finire tutta questa storia.» disse Joe.

***

L'ombra scese dalla gamba del tavolo. Aveva sentito abbastanza, e il suo Padrone le aveva ordinato di ritornare all'albergo.
Strisciò fuori dal ristorante e non vista dai passanti tornò in albergo.
Le era stato detto di aspettare lì, avrebbe ricevuto altri ordini in seguito.

***

«Voglio che mi raccontate tutto. » esordì Kevin.
Joe e Astra lo guardarono, non si sarebbero mai aspettati di trovarlo davanti al loro albergo.
«Lo so che c'è dell'altro, non sono un cretino.» continuò Kevin.
I gemelli si guardarono in silenzio per qualche secondo. «Come vuoi. Andiamo a fare un giro.» disse Astra.
Camminarono in silenzio fino a Central Park e si sedettero su una panchina un po' isolata.
«Come ti abbiamo già detto non siamo Terrestri...»
«Quello lo so e l'ho capito.» Kevin interruppe Astra. «Voglio sapere altro. Lui ti ha toccato e la tua pelle...» si fermò e si guardò le mani che tremavano, «la tua pelle è guarita. Prima era ustionata dopo no.»
Joe lo guardò non sapendo cosa fare. Improvvisamente gli sembrava così impaurito e fragile.
«Abbiamo dei poteri.» disse. «Io posso guarire me stesso e gli altri semplicemente toccandoli, mentre Astra...» guardò sua sorella.
«Io posso convincere le persone a fare quello che voglio.» finì lei. «e prima che tu me lo chieda: no, non l'ho ai fatto con te. Lo usiamo solo in caso di necessità... tipo l'albergo, o per convincere qualcuno a darci i soldi.»
Kevin la guardò. «Li rapini?»
Lei scosse la testa. «Non proprio. Io li convinco che vogliono darmi i soldi, loro lo fanno, nel giro di cinque minuti hanno dimenticato già tutto.»
Kevin a guardò per un momento poi annuì.
«Spiegatemi perché state cercando quella persona e come pensate di trovarla.»
Joe si grattò la testa. «La stiamo cercando perché è importante. Sono quasi venticinque anni che manca e il nostro mondo sta andando in rovina. Se non la troviamo sarà una catastrofe.»
Si fermò e fissò Kevin, poi sua sorella.
«C'è altro, vero?» chiese Kevin «Questa persona dev'essere venuta qui in un qualche modo...»
Joe e Astra si guardarono, e bastò che i loro occhi s'incrociassero per prendere una decisione.
Avrebbero raccontato a Kevin ogni cosa.

***

«Sembrava sconvolto.» esclamò Astra entrando nella camera.
«Non dev'essere facile per lui digerire tutto quanto.» disse Joe, si tolse la giacca e si sedette sul letto.
Astra si avvicinò alla poltroncina, posò il sacchetto sul tavolino e appoggiò le mani sullo schienale; abbassò il viso e sospirò.
«A cosa pensi?» le chiese Joe.
Lei alzò la testa e lo guardò. «Che non sarà facile dirlo anche agli altri.» spostò la poltroncina e si sedette. «Mi sento male per aver raccontato tutto a Kevin. Non riesco a togliermi dalla testa la sua espressione quando a saputo in che modo il Catalizzatore sia arrivato sulla Terra.»
Joe si alzò e si avvicinò a lei, l'abbracciò. «Andrà tutto bene, vedrai.» le disse.

***

Sbatté il boccale con violenza e del vino rosso cadde su bracciolo della poltrona creando una piccola macchia circolare.
Le cose si stavano mettendo male, malissimo.
Uno di loro sapeva già tutto e per lui significava solamente guai.
Bevve il resto del vino e si sistemò meglio sulla poltrona, continuando a fissare la sfera.
Era convinto di essere in vantaggio, e invece non si era accorto dei piani di quei due. Avere rimandato all'albergo l'ombra non era stata una pessima idea. Se avesse continuato a seguirli avrebbe scoperto quello che si erano detti.
Invece ora li poteva solo vedere, senza sentire nemmeno una parola.
«la smettete di fare casino?» tuonò rivolgendosi ai goblin che giocavano in un angolo. «Portatemi dell'altro vino e mettete a legna sul fuoco!» ordinò.
I piccoli esseri si mossero in direzioni diverse per eseguire gli ordini.

***

Astra si rigirò nel letto, non riusciva a dormire. Una parte di lei pensava ancora a Kevin, a quanto dovesse essere terribile scoprire che ci fosse una possibilità su quattro che la propria madre fosse un'assassina e una rapitrice di bambini.
L'altra parte di lei pensava a quella cosa che l'aveva attaccata.
Ricordava che era nera e viscida.
Pensò che non fosse qualcosa che proveniva dalla Terra, ma era convinta che non potesse provenire da Winter.
Scostò le coperte e si alzò. Una volta in bagno prese il bicchiere e aprì l'acqua fredda, lo riempì e bevve in due sorsi. Si asciugò la bocca con la mano e posò il bicchiere sulla mensolina.
Quando si voltò per uscire qualcosa attrasse la sua attenzione. Si avvicinò piano e la guardò. Era una piccola palla nera. Astra, spaventata, indietreggiò.
Uscì dal bagno decisa a chiamare Joe. Le sembrava che fosse la stessa cosa che l'aveva attaccata.
«Joe... Joe...» lo chiamò scuotendolo. Lui aprì gli occhi, grugnì qualcosa e si girò dall'altra parte.
«Svegliati!» disse Astra alzando la voce. «Credo che quella cosa che mi ha attaccato sia ancora in bagno!»
Joerydan aprì gli occhi. «Sei sicura?» domandò sbadigliando.
«Sì.» rispose Astrakan. «Vieni a vedere.» gli prese la mano e tirò.
Lui si mise seduto e poi la seguì.
«La vedi?» chiese indicando la cosa.
Lui si chinò. «Sì.» rispose, allungò un braccio per toccarla.
«Non farlo!» esclamò lei prendendogli il braccio.
La cosa, -l'ombra- rotolò via, strisciò sul pavimento ed entrò nel condotto dell'aria.
«Cosa facciamo?» pigolò Astra aggrappandosi al fratello.
Lui alzò le spalle. «Non ne ho idea, per il momento credo che la lasceremo lì. Si deve essere spaventata perché è scappata.» rispose. «Torniamo a dormire.»
Astra annuì e lo seguì, si raggomitolò sotto le coperte e chiuse gli occhi.

***

«Mamma dove siamo?» domandò Astrakan. Era piccola, aveva cinque anni.
«In Florida.» rispose la donna, che aveva gli stessi capelli neri della bambina, solo tagliati a caschetto, e i medesimi occhi azzurri.
«Che cos'è quello?» domandò indicando l'immensa distesa azzurra.
«L'oceano.» la donna sorrise. «Anche da noi c'è.»
Astrakan si allontanò dalla donna, e arrivò sulla spiaggia. Si s'inginocchiò sulla sabbia fine e ne prese una manciata, per poi farla scivolare fra le piccole dita. Scoppiò a ridere e lo fece di nuovo. Sua madre le si avvicinò, sorridendo per la felicità della bimba.
«Oh, ma posso entrare anche io?» domandò la bambina vedendo le persone entrare e uscire dall'acqua.
«Non hai il costume.»
Il sorriso di Astra si trasformò in una smorfia, stava per piangere. «Per favore?» domandò, ormai prossima alle lacrime. A casa sua non era mai entrata in acqua, era sempre troppo fredda, quando non era ricoperta da uno spesso strato di ghiaccio.
L'espressione della donna si addolcì. «Solo i piedi.» disse chinandosi per guardare la figlia negli occhi. «Togliti i sandali.»
La bimba non se lo fece ripetere due volte e si slacciò i sandaletti, li lasciò sulla sabbia e corse verso l'acqua, l'onda le lambì i piccoli piedi e lei strillò divertita. guardò l'onda tornare indietro, e fece un altro passo avanti. Scappò quando l'onda le finì sule gambe lasciate nude dai corti calzoncini.
Si voltò e sorrise alla madre che la guardava dalla riva.

***

Astra aprì gli occhi e passò una mano su di essi per asciugarsi le lacrime. Erano anni che non sognava sua madre.
Si girò nel letto, prese il cellulare e guardò l'ora.
«Sono le otto.» mormorò sbadigliando. «Mancano meno di dodici ore!» esclamò balzando a sedere sul letto.
«Cosa?» borbottò Joe svegliandosi, «Ma sei impazzita?» domandò sedendosi.
Astra lo fissò «Fra meno di dodici ore esco con Steve!» rispose.
Joe sbadigliò. «E devi svegliarmi per dirmelo?»
Astra annuì. «Sì.» rispose, prese i vestiti che aveva usato il giorno prima e lo guardò. «Alzati, devi venire con me.»
«Perché?» domandò Joe posando i piedi sul pavimento.
«Come perché?» Astra lo fissò sorpresa, «Devo comprare delle cose per stasera!» disse prima di entrare in bagno, improvvisamente non le importava se ci fosse quella cosa.
Joe sbadigliò ancora e si sdraiò nuovamente.
«Cosa fai? stai ancora dormendo?» Astra tornò di nuovo in camera e finì di allacciare gli ultimi botton della camicia bianca. «Muoviti!» strillò.
Joe la guardò, sbuffò e si alzò.
«Cosa devi fare?» domandò afferrando i vestiti.
Astra sbuffò rumorosamente. «Andare dal parrucchiere, in una profumeria a prenderei dei trucchi, in un negozio di scarpe perché mi servono dei sandali, voglio un braccialetto carino...» elencò.
Joe la fissò senza dire una parola.
«Ti muovi?» lo incitò lei, «Dobbiamo fare colazione, ho fame.»
Joe scosse la testa ed entrò in bagno.
Astra si guardò allo specchio appeso all'interno dell'anta dell'armadio.
Era agitata, molto. Respirò a fondo imponendosi di calmarsi.

***

«Hai finito di comprare roba?» chiese Joe prendendo in mano il sacchetto.
«Sì, direi di sì.» disse Astra guardando i sacchetti. «Torniamo in albergo.»
Joe sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «Ho fame!» si lamentò.
«Ha già mangiato.» gli fece notare Astra.
«Quattro ore fa.» disse lui accelerando il passo per raggiungerla, «Ho voglia di uno spuntino.»
«Mangi in albergo.» disse lei alzando un braccio per fermare un taxi.
Joe sbuffò. «Ma siamo lontanissimi, ci metteremo almeno un'ora ad arrivare.»
Astra aprì la portiere del taxi. «Ci mettiamo venti minuti.» replicò.
«E va bene.» disse lui. «Merito tuo?» disse salendo in auto.
Astra posò i sacchetti in grembo, si voltò verso di lui e sorrise. «Sì.»

***

Astra si sentiva bene mentre camminava al fianco di Steve. Aveva mangiato bene, avevano parlato, avevano riso e lui l'aveva corteggiata tutta sera. L'aveva aiutata a togliersi alla giacca, le aveva scostato la sedia dal tavolo... e tante altre piccole cose che ad Astra avevano fatto molto piacere.
Steve la fermò e le posò le mani sui fianchi, la guardò e la baciò.
Astra rimase sorprese per un'istante, poi lo abbracciò e ricambiò il bacio. Pensò che lui avesse un buon profumo.
Dopo pochi istanti lui si spostò e continuò a guardarla.
Astrakan fissò Steve sorpresa. Non si sarebbe mai aspetta che lui la baciasse.
Non era il suo primo appuntamento, e non era il primo ragazzo che baciava, però sentiva che quel bacio era diverso.
E non sapeva neanche lei in che senso.
Steve le sfiorò i capelli e iniziò a far scorrere una ciocca fra le dita, rigirandola sull'indice, senza mai smettere di guardare Astra.
Neppure lei riusciva a staccare gli occhi da lui, lo sguardo sulle sue labbra.
«Ti va di venire a casa mia?» sussurrò Steve sulle sue labbra.
"Lo voglio?" pensò lei.
«Sì.» rispose e sorrise. Lo voleva davvero. Voleva che lui la baciasse ancora, che la stringesse fra le sue braccia.
Improvvisamente si rese conto di capire i sentimenti di Joe verso Kevin.
Steve fermò un taxi e aprì la portiera.
Quando si sedettero Steve le prese la mano e la strinse.
Astra lo fissò e sorrise.
Non si era mai sentita così, e le piaceva il calore della mano di Steve sulla sua, le piacevano le sue dita che le sfioravano il palmo della mano, le piaceva sentire le sue labbra sul suo collo.
In pochi minuti arrivarono da lui.
Pensò che fosse bello, anzi bellissimo. Astra iniziò a desiderare che Steve fosse il Catalizzatore.
«Tutto bene?» le domandò lui aprendo il portone del palazzo.
«Sì.» disse lei mentre seguiva Steve all'interno del palazzo.
Aveva paura. Paura d'innamorarsi. Paura di lasciare Steve sulla terra se lui non fosse stato il Catalizzatore.
Certo, avrebbe potuto fare la spola fra i due mondi, ma non sarebbe stata la stessa cosa.
«Guarda che non dobbiamo fare nulla che tu non voglia.»
Astra fissò Steve. «Cosa?» domandò, non aveva sentito quello che aveva detto, troppo presa dai suoi pensieri.
Steve sorrise e le porte dell'ascensore si aprirono, fece entrare prima lei e poi la seguì.
«Ti ho detto che non dobbiamo fare nulla che tu non voglia.» ripeté e schiacciò il pulsante del suo piano.b Astra sorrise e annuì. Steve le si avvicinò e le prese la mano destra, le sfiorò il palmo con la punta delle dita e la strinse.
«Non devi essere nervosa.» sussurrò Steve. «Non ho intenzione di mangiarti!»
Astra sorrise ancora mentre sentiva lo stomaco contorcersi. Non si era mai sentita così, nemmeno quando era uscita con il suo primo ragazzo.
Le porte dell'ascensore si aprirono e i due uscirono. Steve presele chiavi dalla tasca e aprì la porta, spostandosi per far entrare Astra.
«Dammi la giacca.» disse Steve mentre appendeva la sua. Astra se la tolse velocemente e gliela porse.
Si guardò attorno. Il salotto era spazioso, i due divani erano bianchi. Alla sua destra poteva intravedere la cucina. Steve la condusse verso il divano e la fece sedere. «Vuoi qualcosa?» le domandò.
Astra scosse la testa. «No grazie.» disse. Posò le mani sulle ginocchia e appoggiò la schiena allo schienale.
Steve le si sedette vicino, posandole una braccio sulle spalle e prendendole una mano.
Si avvicinò con il viso a quello di Astra e le sfiorò l'orecchio con le labbra, per poi scendere lungo la linea della mandibola.
Astra chiuse gli occhi e strinse la mano di Steve, in attesa di quel bacio che non tardò ad arrivare.
Si strinse a lui e lasciò che lui l'accarezzasse, che le baciasse il collo e che le infilasse le mani sotto la gonna dell'abito che aveva comprato il giorno prima.
Voleva solo quello.

Salve nuovo capitolo! Ormai ne mancano poco, tre/ quattro con l'epilogo. Commentate, please ç_ç

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove Nightmers and Dinner with friends ***





Capitolo Nove
Nightmers and Dinner with friends

«Ti sembra l'ora di tornare?»
Astra si bloccò e fissò Joe che la guardava serio, in piedi in mezzo alla stanza con le braccia incrociate al petto.
«Ehm... non hai ricevuto il mio messaggio?» domandò lei posando la borsetta sul mobile.
«Sì, l'ho ricevuto. Ma mi hai scritto che avresti fatto tardi, non che saresti tornata al mattino!» sbottò Joe allargando le braccia.
Astra si tolse la giacca e sospirò. «Avresti dovuto intuirlo.» esclamò sedendosi sul letto
. «Ero preoccupato per te!» disse Joe avvicinandosi alla sorella.
Lei si tolse le scarpe e iniziò a massaggiarsi i piedi. «Oh, eri preoccupato?» domandò fissandosi i piedi, «Anche io mi preoccupavo per te, quando passavi la notte con Kevin.» aggiunse fissando Joe.
Lui aprì la bocca e si toccò il viso. «È diverso!» mormorò. «Tu sei una ragazza!»
«E allora?» domandò Astra, «Non sono l'unica che fa una cosa del genere.»
«È pericoloso andare in giro di notte!» ribatté Joe incrociando di nuovo le braccia.
«Veramente è giorno da un pezzo.» Astra indicò la finestra. «E comunque devo essere gli altri ad avere paura di me, non il contrario.»
Joe la fissò, aveva fino le argomentazioni. «Non puoi e basta. Sei mia sorella!»
Astra si alzò in piedi. «Sei geloso?» domandò con un sorriso, si spostò e fece un paio di passi avanti. «Vado a farmi la doccia, dopo andiamo a fare un giro.» disse prima di entrare nel bagno.
Joe la guardò sentendosi stupido. Si era preoccupato da morire quando lei non era rientrata, e a nulla erano valse le parole di Kevin: "Astra sa badare a se stessa." ma lui era rimasto sveglio quasi fino all'alba aspettando il rientro di Astra.b Era sua sorella e lui voleva proteggerla.

***

I gemelli non avevano fatto nulla di particolare, si erano limitati a gironzolare per le strade della Grande Mela, bere cappuccini e avevano commentato alcune persone vestite, secondo loro, in maniera ridicola.
Poco prima di mezzogiorno arrivarono davanti al ristorante dove si dovevano incontrare con Kevin.
«Entriamo?» domandò Joe togliendo le mani dalle tasche.
Astra alzò le spalle. «Mancano cinque minuti, aspettiamolo qui.» disse, prese il cellulare e lo guardò, fece una smorfia e lo rimise in borsa.
«Non ti ha ancora chiamato?» la prese in giro Joe.
Astra lo guardò male. «Fatti gli affari tuoi.» mugugnò, sperava di ricevere un messaggio o una chiamata da parte di Steve ma lui non si era fatto sentire e lei non sapeva se mandargli un messaggio oppure no, non voleva apparire troppo appiccicosa.
Joe non disse nulla e infilò le mani in tasca. «Magari non ti chiama...»
Astra si voltò verso di lui e lo colpì alla spalla. «Idiota.» mormorò.
«Ahi!» si lamentò Joe, «Mi hai fatto male.»
«Te lo meriti, sei un'idiota!» esclamò lei.
«Perché è un idiota?» domandò Kevin.
I due lo fissarono e Joe gli si avvicinò e lo baciò sulle labbra.
«Perché mi prende in giro, ecco perché.» rispose Astra, «Mi mette ansia.»
«Io ti metto ansia?» domandò Joe, «Guarda che sei tu quella ansiosa.»
«Senti chi parla!» ribatté lei.
«Non ci sto capendo nulla.» disse Kevin, «Volete piantarla per un attimo? Grazie.»
Joe e Astra smisero di guardarsi in cagnesco. «Entriamo?» domandò Joe.
«Emh... veramente stiamo aspettando una persona.» rispose Kevin passandosi una mano fra i capelli.
«Chi?» domandò Astra.
«Adam, quello che abita nel mio palazzo,» rispose Kevin e guardò Astra «l'amico di Steve.»
Lei avvampò e Kevin rise.
«Mi prendente tutti in giro.» pigolò lei dando le spalle ai due. Prese il cellulare e sospirò quando vide lo schermo. «Sta arrivando.» disse Kevin.
Astra si voltò e vide Adam arrivare quasi di corsa, sorrise e iniziò a scrivere un messaggio.

***

Maya era arrivata da qualche minuto, in tempo per mangiare i dolce, una crostata alla marmellata, si era seduta vicino ad Astra e davanti ad Adam.
Ad Astra non sfuggirono gli sguardi complici che si scambiavano lei e Adam.
«Siete così carini insieme!» esclamò Astra fissandoli, Maya arrossì e abbassò lo sguardo mentre Adam guardava da tutte le parti tranne che nella direzione di Maya.
«Astra!» esclamò Joe.
Lei lo fissò e alzò le spalle. «Non ho fatto nulla di male!» mormorò.
Joe scosse la testa, si voltò verso Kevin e gli mormorò qualcosa all'orecchio.
Astra scosse le spalle e mangiò un altro pezzo di crostata.
«Uh, c'è Steve!» disse Kevin indicando una delle finestre.
«Cosa? Dove?» Astra si alzò in piedi e il tovagliolo rosa cadde per terra. «Dov'è? Non lo vedo!» si voltò e guardò Kevin, che aveva una mano davanti alla bocca.
«Tu...» mormorò guardandolo, «Mi hai preso in giro!» sbuffò, raccolse il tovagliolo e tornò a sedersi.
«È stato divertente!» disse Kevin fra una risata e l'altra.
«Già!» concordò Joe.
Astra non disse nulla e tenne la testa bassa fissando il piatto che aveva davanti.
«È stato uno scherzo divertente.» disse Maya, Astra alzò la testa e la guardò. «Anche se idiota.» aggiunse Maya.
Astra le sorrise grata. Per un attimo aveva sperato sul serio che Steve fosse lì, lo voleva rivedere anche se l'aveva salutato poche ore prima.
Steve gli mancava e in mezzo a Joe e Kevin, Maya e Adam si sentiva sola, pensò che almeno era un pranzo, era convinta che se fosse stata una cena sarebbe stata peggio.
Sospirò e finì di mangiare.

***

Astra, Kevin e Joe stavano passeggiando lungo la Quinta Strada. Adam e Maya erano tornati al lavoro e Astra era sicura che Adam avesse invitato Maya a cena; desiderava scoprirne di più ma sapeva che se avesse chiamato Maya in quel momento Joe le avrebbe detto di smetterla di impicciarsi negli affari degli altri.
«Ciao Kevin.»
Astra fissò la coppia davanti a lei e giudicò che dovevano essere entrambi sulla cinquantina. La donna aveva una grande borsa azzurra che attirò immediatamente l'attenzione della ragazza.
«Ciao mamma, ciao papà.» disse Kevin, il tono della sua voce era freddo.
«E loro chi sono?» domandò l'uomo fissando Joe e Astra.
«Amici.» rispose Kevin. «Lui è Joe e lei è Astra.» li presentò.
I gemelli strinsero le mani ai genitori di Kevin e Astra pensò che Kevin non ci andasse molto d'accordo, sapeva che aveva dei problemi con il fratello ma non pensava che ci fossero problemi anche con i genitori.
«Astra? Joe? Che nomi strani.» commentò la donna.
«Sono solo diminutivi, in realtà il mio nome è Joerydan e quello di mia sorella è Astrakan.» disse Joe.
Il padre di Kevin li guardò per una attimo e ad Astra sembrò che volesse quasi capire ogni cosa di loro solo guardandoli.
«Ah.» commentò l'uomo.
«Dobbiamo andare.» esclamò Kevin spingendo in avanti Astra.
I tre si allontanarono.
«Ci stanno ancora guardando.» disse Astra voltandosi appena.
«Non li guardare.» disse Kevin accelerando il passo.
Astra non disse nulla e si limitò a seguire suo fratello e Kevin. Non capiva il motivo per cui Kevin fosse stato così freddo nei confronti dei suoi genitori. lei avrebbe tanto desiderato che fossero ancora lì.
Pochi minuti dopo si fermarono in una caffetteria e si sedettero.
«Io vado in bagno.» disse Astra dopo che la cameriera si fu allontanata dal tavolo con le loro ordinazioni.
Qualche secondo dopo era davanti al lavandino del bagno, posò la borsetta sul ripiano di marmo e si tirò su le maniche della magliette, prese un po' di sapone liquido e posò le mani sotto all rubinetto, la fotocellula si attivò e l'acqua iniziò a scorrere. Un'altra ragazza si mise al lavandino accanto al suo e iniziò a lavarsi le mani.
Chiuse gli occhi e sospirò. Riaprì li occhi e un urlo strozzato le uscì dalla gola. Non era più nel bagno della caffetteria, ma in un altro posto dalle pareti bianche.
Astra fece un passo indietro e inciampò nella sua borsa cadendo a terra sul sedere.
Si mise seduta e prese la borsetta, lentamente si alzò e si guardò attorno. La stanza era tonda, le pareti e il soffitto erano bianchi mentre il pavimento era grigio scuro.
Non c'erano né porte né finestre e Astra si domandò da che parte potesse uscire.
Avanzò verso la parete e sfiorò il muro, camminò lentamente seguendo la circonferenza della stanza.
Non le sembrò di aver sentito qualcosa di diverso sotto alle sue dita. Non c'era qualcosa che le facesse pensare che ci fosse una porta nascosta da qualche parte. Sbuffò e tornò al centro della stanza e si sedette a gambe incrociate, frugò nella borsa, prese il cellulare e fissò il display. Urlò quando vide che non c'era campo.
Ficcò il cellulare in borsa e si alzò.
«Ehi! C'è qualcuno? Mi sentite?» gridò, «Fatemi uscire da questo posto!»
Grugni e si diresse verso la parete e iniziò a prenderla a pugni, Astra smise quando si accorse che il muro si piegava sotto ai suoi colpi come se fosse fatta di gomma.
Si fermò e fece un passo indietro, la bocca aperta dalla sorpresa.
Respirò a fondo e fece un passo indietro, un rumore dietro di lei la fece voltare. Il muro si era diviso in due e si stava aprendo rivelando il buio assoluto.
Sentì dei rumori lontani, come dei colpi su una superfice dura. Astra strinse la borsa al petto come se volesse usarla come uno scudo e indietreggiò.
Il rumore divenne più forte e Astra lo riconobbe: era un cavallo al galoppo. Il cavallo nero entrò nella stanza circolare seguito da decine di Goblin.
Astra strillò e si appiattì contro al muro mentre il cavalo e i piccoli esseri le si avvicinarono sempre di più.
Chiuse gli occhi e la paura la immobilizzò, riusciva a sentire il respiro del cavallo sul suo viso.
"Andatevene." pensò mentre sentiva le mani dei Goblin che la toccavano. "Andate via."
Un forte rumore e un silenzio improvviso le fecero riaprire gli occhi.
Era di nuovo nel bagno, le mani sotto al getto d'acqua. La ragazza accanto a lei si asciugò le mani e uscì.
Astra respirò a fondo, prese la borsetta e uscì dal bagno asciugandosi le mani sui vestiti.
Un'altra visone... si domandò perché le avesse, pensò che forse la causa potesse essere la sua permanenza così prolungata sulla Terra.
Si sedette accanto a Joe decisa a non raccontargli nulla e pochi secondi dopo la cameriera tornò con i loro caffè.
Il cellulare di Astra iniziò a suonare lo prese e fissò lo schermo, sorrise nel vedere il nome di Steve sullo schermo. «È Steve!» trillò alzandosi e uscendo dal locale.
Joe scosse la testa e versò lo zucchero nel caffè. «A mia sorella i ragazzi fanno male.» disse.
«Perché?» domandò Kevin prendendo uno dei biscotti.
«Perché la rendono stupida.» rispose l'altro fissando sua sorella dalla vetrata. Sorrise quando la vide ridere.

***

Astra fissò la costata di manzo nel suo piatto e pensò che se l'avesse mangiata tutta le sarebbe scoppiato lo stomaco. La cameriera posò al centro del tavolo una grande pirofila con dentro delle patatine fritte, Astra le guardò e decise di non mangiarle, secondo lei, nel suo piatto era già pieno di roba e non era sicura che l'avrebbe finita tutta. Prese coltello e forchetta e iniziò a tagliare la costata.
Le sembrava tutto così strano... il giorno prima lei e Joe avevano pranzato con Adam e Kevin, e poi era arrivata Maya, ed ora erano tutti e sei, in un ristorante elegante e stava mangiando una bistecca più grande di lei.
Steve la guardò e sorrise, anche Astra sorrise. «Prova questa.» le disse il ragazzo mettendo davanti a lei una ciotola in porcellana bianca contenente della salsa bianca.
«Non è piccante, vero?» domandò Astra.
«No.» rispose Steve.
Astra intinse il boccone di carne e lo portò alla bocca, lo annusò dubbiosa e lo infilò in bocca; aveva ragione Steve, la salsa non era piccante, aveva un retrogusto vagamente dolciastro.
Guardò gli altri e si sentì felice, le sembrava tutto così perfetto.... Maya e Adam erano seduti vicini e scherzavano rubandosi il cibo dal piatto a vicenda, Kevin e Joerydan si lanciavano sguardi e ogni tanto la mano la mano di Kevin spariva sotto al tavolo e un'espressione imbarazzata compariva sul volto di Joe.
Steve le riempì nuovamente il bicchiere con del vino rosso e le baciò una guancia prima di sfiorarle con le labbra l'orecchio.

***

Il vecchio fissò la sfera e imprecò sottovoce, prese il bicchiere pieno di vino, lo guardò e lo lanciò contro il muro, il bicchiere si ruppe in mille pezzi e il vino macchiò le pareti bianche di rosso.
Guardò di nuovo la sfera e grugnì. Quello che stava vedendo non gli piaceva per nulla.
I gemelli e i quattro Candidati stavano mangiando e sembravano divertirsi molto.
Il vecchio respirò a fondo e strinse con forza i braccioli.
«Quei due rovinano ogni mio singolo piano.» sbuffò.
Era sicuro che quei quattro avrebbero seguito i gemelli. E se fosse successo veramente, i suoi piani sarebbero saltati in aria.
«Dovete fare qualcosa!» gracchiò guardando i Goblin ai suoi piedi. I piccoli esseri lo fissarono impauriti.
«Cosa dobbiamo fare?» domandò uno di loro alzandosi in piedi.
«Qualsiasi cosa, basta che i miei piani vengano rispettati!» urlò il vecchio facendo spaventare i Goblin e spingendoli ad arretrare.
«Perché? Stanno solo mangiando!» esclamò il più piccolo del gruppo.
Il vecchio si alzò, si avvicinò al piccolo Goblin e lo prese per la collottola.
«Scusi! Scusi!» si lamentò l'essere agitandosi e muovendo le braccia in modo isterico.
«Stanno solo mangiando?» ripeté il vecchio indicando con la mano libera la sfera, «Non stanno solo mangiando!» urlò indicando Astra che baciava Steve sulla guancia, «Quei quattro farebbero qualsiasi cosa per i gemelli, e io non voglio.» continuò scollando il Goblin prima di lasciarlo cadere a terra sul pavimento, l'essere si rialzò e corse a nascondersi dietro gli altri.
«Signore?» pigolò uno dei Goblin.
«Che c'è?» domandò bruscamente il vecchio, «E volete pulire quella macchia?» urlò indicando la macchia di vino sul muro e un gruppo di Goblin si affrettò ad andare a prendere il necessario per pulire il muro e il pavimento.
«Se non ricordo male, in uno dei libri della grande biblioteca c'è un incantesimo in cui servono proprio tre terrestri da sacrificare, il Catalizzatore e gli Ambasciatori.» rispose il Goblin di prima, «Sembra un incantesimo molto potente.»
Il vecchio fissò l'essere e annuì lentamente. «Interessante...» mormorò toccandosi la barba bianca, «Vai a prendere quel libro. Subito!»
Il Goblin annuì e schizzò fuori dalla stanza, mentre il vecchio tornò sulla sua poltrona. «E voi,» disse indicando i quattro Goblin rimasti nella stanza, «Portatemi altro vino e mettete della legna sul fuoco.»

***

Il vecchio chiuse il libro e guardò il Goblin davanti a lui. «Avevi ragione, questa sarà veramente la mia occasione...» il suo sguardo vagò per la grande stanza, «Conquisterò questo mondo. Dopo anni di esilio me lo merito.» Il Goblin annuì timidamente. «Certo Signore, lei se lo merita. È l'unico che se lo merita.»
Il vecchio annuì e diede il libro al piccolo essere. «Ora andatevene e iniziate a cercare gli ingredienti elencati e sistemateli nella stanza nel sotterraneo.» fece un gesto con la mano e i Goblin sene andarono, uscendo da una porta nascosta da una pesante tenda di velluto rosso; l'uomo si alzò e spinse un interruttore.
Pochi minuti dopo il maggiordomo arrivò. «Signore.» disse facendo un piccolo inchino.
«Chiama Katulaa e dille di venire qui immediatamente.» ordinò il vecchio.
Il maggiordomo annuì e uscì dalla stanza.
Guardò la sfera e vide i gemelli dormire, erano un po' in vantaggio rispetto a quanto aveva previsto, ma ciò non era un problema per lui, in ogni caso erano spacciati. Loro e il loro stupido popolo, presto quelle terre sarebbero state sue, e le avrebbe trasformate in grandi distese di ghiaccio e ombra. E tutti loro sarebbero stati i suoi schiavi, fedeli fino alla morte. Morte che non sarebbe mai arrivata, avrebbero continuato a servirlo per l'eternità, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo identico al precedete.
Una risata gioiosa si sparse nell'aria: quella prospettiva gli piaceva e pure molto.

Salve nuovo capitolo! questo doveva essere il penultimo capitoto, quello in cui i gemelli raccontano tutta la verità ma... dovrete attendere il decimo capitolo. Poi ci sarà l'undicesimo e alla fine il prologo. Mancano solo tre capitoli *festeggia*
Commentino? Please ç_________ç fate felice un'autrice ç_________ç *occhioni da cucciola*

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci Return The Tiger, Nightmer and The True part I ***





Capitolo Dieci
Return The Tiger, Nightmer and The True part I

***

Astra fissò il laghetto e sospirò, si guardo le mani e le unì, intrecciando le dita.
Respirò a fondo e piegò la testa in avanti.
Ormai era il cinque maggio e loro non avevano ancora detto nulla, solo Kevin sapeva tutto, dovevano solo dirlo agli altri; la ragazza respirò profondamente e cercò di sorridere, era quasi l'ora di pranzo e lei aveva un appuntamento con Steve, sarebbero andati a cena insieme.
Si voltò dando le spalle al laghetto e sperò che il piano funzionasse; lei e Joe, aiutati da Kevin, l'avevano organizzato nei minimi dettagli. Lei avrebbe invitato Steve e Maya, mentre Kevin si sarebbe occupato di Adam.
Sarebbero andati a cena a casa di Kevin, l'idea era quella di ordinare del cibo cinese, e a un certo punto lei e Joe avrebbero detto tutto, sperando che gli altri credessero alla loro storia. Dovevano crederci.
Astra si sfiorò i capelli e cercò con lo sguardo Steve, lo vide che stava arrivando e sorrise; la giovane avanzò di qualche passo e si fermò, spostò la borsetta da una mano all'altra e lo salutò.
«Ciao Astra.» esclamò Steve quando fu a pochi passi da lei.
Astra sorrise e si avvicinò a lui.
«Scusa per il ritardo, è tanto che aspetti?» domandò Steve, le posò le mani sui fianchi e la baciò sulle labbra.
«Sono qui da cinque minuti.» rispose Astra fissandolo e sorridendo. «E poi mi piace stare qui.» continuò a fissarlo sorridendo.
Steve le baciò la fronte. «Piace anche a me questo posto.» disse e le prese la mano. «Andiamo?»
Astra annuì e si avviarono verso uno dei ristoranti presenti a Central Park. Camminarono in silenzio fino all'ingresso del ristorante. «Dove ci sediamo?» domandò Steve.
Astrakan alzò le spalle, per lei un posto valeva l'altro. «È uguale.» rispose. Si sedettero di fuori, sotto il pergolato un'aiuola con delle rose di vari colori lo circondava su due lati; Steve spostò una delle sedie per far sedere Astra, lei sorrise, posò la borsa sulla sedia accanto alla sua e la coprì con la giacca. Steve si sedette di fronte a lei e la cameriera arrivò subito per portare loro i menu.
Astra lesse , indecisa su cosa prendere, le pagine del menù senza saper scegliere.
«Cosa prendi?» domandò Steve.
Astra abbassò il menu e lo guardò. «Non lo so, sembra tutto così buono... non so scegliere.» rispose e posò il menu sul tavolo.
«Ti fidi di me?» domandò Steve, anche lui posò il menu.
Astra annuì, «Sì, certo.» rispose. Si fidava di lui, le venne in mente se Steve si sarebbe fidato di lei quando avrebbe scoperto la verità, se sarebbe stato come Kevin che aveva creduto a tutto e che continuava a uscire con Joe. Continuò a sorridere e sperò che lui non si accorgesse di nulla, che non le chiedesse cosa stesse pensando.
Steve sorrise e alzò il braccio per chiamare la cameriera. Astra continuò a guardarlo e si domandò come avrebbe fatto a dirgli tutta la verità e, soprattutto, come l'avrebbe presa lui. Non voleva perderlo, non voleva pensare che se lui non fosse stato il Catalizzatore lei l'avrebbe visto poco. Era lei che sarebbe andata sulla Terra perché lui, nel caso fosse stato un semplice terrestre, non avrebbe potuto varcare il Portale da solo. Emise un debole sospirò e rilassò le spalle, decisa a non pensarci in quel momento.
Pensò che fosse meglio godersi ogni singolo istante che le rimaneva sulla Terra.

***

Katulaa, in forma di tigre, scavalcò un cumolo di neve e sprofondò con le zampe, emise un ruggito strozzato e riprese a camminare. La casupola del portale non era troppo lontana, ma con tutta quella neve non era facile arrivarci.
Erano tre giorni che nevicava senza sosta, e la neve era sempre più alta. Alcune case in montagna erano state ricoperte totalmente dalla neve, e gli abitanti erano stati costretti a scendere a valle, nell'edificio per gli sfollati. Stava per accadere la stessa cosa con le case in collina e se quella neve non avesse smesso di scendere tutte le case sarebbero state sommerse.
Katulaa arrivò davanti alla casupola e spinse la porta con le zampe. Entrò dentro, lasciò cadere a terra la borsa che stringeva fra le fauci e richiuse la porta spingendola con il muso.
Tornò in forma umana e tremò dal freddo, nella casupola non c'era più nessuno che controllasse la stufa. Anche perché la legna stava finendo e quella poche che c'era era tutta ghiacciata.
La ragazza scrollò la testa le sembrava di avere della neve fra i capelli. Raccolse la borsa e lentamente si avvicinò al Portale.

***

«Adam ha detto sì.» disse Kevin leggendo il cellulare. «Solo che preferirebbe una pizza invece del cinese.»
Joe annuì, «Possiamo sempre cambiare, per me vanno bene tutte e due.» esclamò «L'importate è che abbia detto sì.»
I due erano vicino, uno di fronte all'altro, nella zona sud di Central Park.
«Amba... Joerydan.»
Joe si voltò e si trovò davanti Katulaa, aprì la bocca sorpreso, «Cosa ci fai qui?» domandò.
Kevin fissò la ragazza non sapendo cosa dire o cosa fare, si limitò a rimanere in silenzio. Joe la conosceva e ciò gli sembrava sufficiente.
«Mi ha mandato il vecchio bacucco.» rispose Katulaa.
«Kat!» la sgridò Joe. «Non qui! Chiamo mia sorella, così poi ci racconti.» aggiunse, prese il cellulare e si allontanò di un paio di passi.
Kevin continuò a fissare Katulaa, domandandosi se fosse parente di Joe e Astra. Gli ricordava qualcuno. «Io sono Kevin.» si presentò.
Kat fissò la mano e la strinse, «Ciao! io sono Katulaa.» disse.
«Andiamo alla caffetteria che c'è qui nel parco, Astra sta andando lì.» esclamò Joe.
Kevin si limitò ad annuire, era curioso di sapere chi fosse il vecchio bacucco e perché l'avesse mandata lì.

***

Katulaa fissò Kevin e si chiese quando avrebbe potuto parlare con i gemelli.
per lei lui era un estraneo, e non sapeva cosa gli avessero raccontato Astra e Joe.
«Cosa vuole il vecchio?» domandò Astra prese il bicchiere con il te alla pesca e girò pigramente la cannuccia.
Katulaa la guardò, poi spostò lo sguardo su Kevin e infine fissò di nuovo Astra. «Ehmm... io...» balbettò.
«Puoi parlare, lui sa già tutto.» esclamò Joe, Kevin annuì.
Kat sorrise e si rilassò. «Le cose vanno male, molto male.» disse e abbassò lo sguardo.
«La neve ha sommerso le case in montagna sono state sommerse, e fra poco succederà anche a quelle in collina.» respirò a fondo e fissò i gemelli.
«Il bacucco vuole sapere a che punto siete e cosa volete fare.»
Astra respirò profondamente. «Siamo sulla buona strada, dobbiamo solo parlare con gli altri tre candidati.»
Katulaa annuì e posò la tazza del caffè. «Bene. Perché le cose peggioreranno nei prossimi giorni.» mise le mani sul tavolo e distese le dita, si fissò le unghie e alzò la testa. «Se non smette di nevicare...» sussurrò.
Astra le posò un braccio sulle spalle e l'abbracciò cercando di confortarla anche se aveva paura, la sua terra era in pericolo e lei non era lì.
Joe rimase in silenzio, domandandosi cosa sarebbe successo se avessero fallito. Scosse la testa cercando d'ignorare il pensiero.
Kevin rimase in silenzio e guardò Joe, spostò il braccio e gli strinse la mano.

***

Astra si rigirò nel letto, era inquieta. Continuava a pensare alle parole di Katulaa, a quello che aveva raccontato.
Si domandò quanta neve era caduta da quando era partita, e a quanta ne sarebbe scesa prima che ritornasse.
Sospirò e chiuse gli occhi, voleva dormire.
Sbuffò e spostò le coperte, fissò la stanza in penombra e si coprì gli occhi con il braccio destro.
Un rumore le fece spostare il braccio, si mise a sedere e cercò di capire da dove venisse.
Si alzò in piedi e andò verso il bagno, le sembrava che il rumore venisse da lì.
Accese la luce ed entrò in bagno, e sembrava tutto normale. Si guardò attorno e sperò che quella cosa che l'avesse attaccata non ci fosse.
Si avvicinò al lavandino e strinse le manopole, pensava che il rumore provenisse da lì, che il lavandino gocciolasse.
Si fissò allo specchio, slegò i capelli e rifece a coda. Uscì dal bagno, spense la luce e andò verso il letto.
«Stai bene?» le chiese Joe, la voce impastata dal sonno.
«Sì.» rispose lei sedendosi sul letto, «Avevo sentito un rumore strano ma non è nulla. Magari me lo sono immaginato.» disse sdraiandosi.
Astra si girò sul fianco sinistrò e fissò la sagoma del fratello, dal respiro capiva che si era già riaddormentato. Chiuse gli occhi e sbadigliò, si stava per girare sull'altro fianco quando un rumore le fece aprire gli occhi.
«Cos'è stato?» domandò Joe, anche lui si era svegliato.
«Non ne ho idea.» mormorò Astra.
Il rumore si ripeté, sembrava un tonfo, come se fosse caduto qualcosa sul pavimento.
Joe si alzò e Astra lo seguì.
«Veniva dal bagno.» disse Joe, posò la mano sulla maniglia della porta e respirò a fondo; Astra era dietro di lui, le mani posate sui fianchi, la stoffa dei pantaloni stretta fra le dita.
La porta si aprì senza fare rumore e i due entrarono. La stanza era buia e Astra allungò una mano e accese la luce. Non c'era nulla per terra, nulla che giustificasse il rumore di prima.
«Magari è caduto qualcosa nella stanza accanto...» mormorò Joe, si avvicinò alla vasca e guardò in alto, respirò di sollievo quando non vide quella cosa che aveva attaccato sua sorella. Si voltò e trovò Astra dietro di lui. «Puoi lasciarmi?» le chiese, sorrise e l'abbracciò.
Lei annuì e fece un passo indietro. In quel momento la porta si chiuse di colpo con un rumore che fece sobbalzare i due.
I gemelli si guardarono sorpresi, Joerydan si avvicinò alla porta e provò ad aprila.
Tirò la maniglia ma la porta rimase chiusa.
«Che succede?» pigolò Astra spaventata e fissò Joe cercare di aprire la porta.
Il ragazzo sbuffò, afferrò la maniglia con le mani e tirò con tutta la sua forza. I due persero l'equilibrio e caddero per terra.
«Ti sei fatta male?» domandò Joe alzandosi, porse una mano a sua sorella e l'aiutò.
«Sto bene, sto bene.» rispose lei.
Joe riprovò ad aprire la porta, posò la mano sulla maniglia, fece un respirò profondo e l'abbassò.
La porta si aprì e Joe la spalancò, fissò il muro davanti a sé con sorpresa; dietro di lui Astra s'immobilizzò.
L'armadio posizionato davanti alla porta del bagno non c'era più, le pareti erano di un colore diverso, erano completamente bianche, un colore lucido e accecante.
Joe fissò la sorella e avanzò di un passo, Astra si avvicinò a lui e si aggrappò alla sua maglia.
Uscirono dal bagno lentamente e si ritrovarono in una grande stanza bianca, senza finestre e senza arredamento.
«Che succede? Dove siamo?» pigolò Astra e si strinse al fratello.
Joe l'abbracciò e si guardò attorno, voltò la testa verso la porta del bagno e si accorse che era sparita, al suo posto c'era un muro bianco, non disse nulla per non spaventare Astra. Avanzarono lentamente verso il centro della stanza.
«Dove siamo?» mormorò Astra, anche se quella stanza le ricordava le sue visioni. Non disse nulla e si staccò da suo fratello, si avvicinò a uno dei muri e lo sfiorò: era liscio e duro.
«Come torniamo indietro?» domandò girando su se stessa.
Joe non rispose e rimase in silenzio, le prese la mano e insieme tornarono verso il bagno, videro un lungo corridoio e camminarono lentamente. Non c'era nessun tipo di illuminazione, né naturale né artificiale ma la stanza era comunque illuminata.
«Astra...» mormorò Joe guardando sua sorella, «quando ti sei cambiata? E perché hai messo un abito da sposa?»
Lei lo guardò e pensò che fosse stupido, lei non si era cambiata! Abbassò lo sguardo e aprì la bocca sorpresa quando si accorse che Joe aveva ragione, lei indossava un abito da sposa. Era color panna, con la scolatura a forma di cuore e il corpetto tempestato di perline che riflettevano la luce, si toccò la testa e scoprì di avere una coroncina fra i capelli. Fissò Joe senza dire una parola.
«Tu... tu...» balbettò e fece un passo indietro, respirò profondamente «Indossi uno smoking!» strillò.
Il ragazzo indossava un completo nero, una camicia bianca e una cravatta nera.
«Perché?» domandò lei, il suo vestito le ricordava la sua prima visione: il funerale, un'altra lei in una bara, il cavallo alato che la spingeva nel dirupo... chiuse gli occhi e scosse la testa.
«Che cazzo sta succedendo?» urlò.
Joe passò le mani sulla giacca e allentò il nodo della cravatta, «Non lo so.» rispose cercando di mantenere la calma.
Un vociare lontano fece loro voltare la testa. Era un suono soffocato, lontano. Si guardarono e ripresero a camminare.
Astra pensò che non voleva rivedere le persone con il viso sciolto e neppure vedersi in una bara. E neppure il cavallo con gli istinti omicidi.
Pochi minuti dopo arrivarono in una grande stanza dove al centro si trovava una grossa fontana di pietra, l'acqua però non era in funzione, alcuni tavolini in ferro battuto circondavano la fontana, alcune persone erano sedute attorno ad essi, erano le loro voci quelle che avevano sentito.
I gemelli camminarono fra i tavoli ma sembrava che nessuno si fosse accorto della loro presenza. Astra respirò profondamente e guardò in faccia uno di loro. Trattenne un urlo quando scoprì che il viso non c'era, o meglio, gli occhi, il naso e le labbra erano presenti ma erano nascosti da uno strato di pelle.
Astra indietreggiò e fissò Joe. «Andiamocene, subito!» disse.
Lui annuì. «Sì, ma come facciamo a tornare indietro?» domandò.
Astra scosse la testa, si morse l'unghia del pollice destro e guardò Joe. «Non lo so.» mormorò, non voleva dirgli che aveva già vissuto un'esperienza del genere si era risvegliata solo grazie a una caduta.
Vagarono per la stanza e Astra si sollevata nel vedere che non c'erano né fiori né bare.
Percorsero uno stretto corridoio che andava a stringersi sempre di più, anche il soffitto diventava sempre più basso. «Torniamo indietro.» esclamò Joe, «Non credo che riusciremo ad andare avanti.»
Astra annuì e si voltò, si bloccò quando sentì un nitrito in lontananza.
«Che succede?» domandò Joe.
Le pareti tremarono così come il pavimento. I due rimasero immobili, fissando il punto in cui il corridoio si stringeva sempre di più. I muri si ruppero e un branco di cavalli continuò a correre verso di loro.
Joe afferrò la mano di Astra e iniziò a correre, lei alzò con la mano libera la gonna e pregò di non inciampare.
Corsero lungo il corridoio fino a quando non ritornarono nella grande stanza con la fontana.
Non c'era nessun posto in cui nascondersi dai cavalli che si avvicinavano sempre di più.
Joe continuò a correre senza lasciare la mano di Astra. Arrivarono alla fine di un altro corridoio. Erano in trappola.
«Cosa... facciamo?» ansimò Astra lasciando il vestito e portando la mano sul cuore, o sentiva battere all'impazzata.
«Non ne ho idea.» mormorò Joe, si guardò attorno mordendosi il labbro, cercò una via d'uscita ma non c'era.
Una nuvola di polvere bianca li raggiunse e li fece tossire. I rumori degli zoccoli era sempre più vicino.
I due ragazzi si appiattirono contro il muro e Joe abbracciò la sorella, le baciò la fronte e le sussurrò che le voleva bene.
I cavalli entrarono nel corridoio e, un attimo dopo, il muro dietro i gemelli crollò facendoli cadere a terra.
Astra si alzò in piedi e scoprì di non indossare l'abito da sposa ma solo la maglia che aveva messo per dormire.
«Joe!» esclamò.
Lui si alzò lentamente e si guardò attorno, erano di nuovo nel bagno e la porta era socchiusa. «Stai bene?» Astra annuì. «Sì.»
Joe spalancò la porta con il cuore in gola. L'armadio era di nuovo di fronte a lui. Lentamente tornarono ai loro letti e Astra s'infilò in quello di Joe.
«Cos'è successo?» domandò Joe abbracciando la sorella.
Lei non rispose, non voleva dirgli che aveva già vissuto una cosa del genere. «Non lo so.» mormorò. Si sdraiò sul fianco e chiuse gli occhi, sperò di non vivere più una cosa del genere.

***

Il vecchio fissò la sfera e sorrise. Stava andando tutto secondo i piani. Pensò di aver fatto bene a nascondere quei due piccoli amuleti nelle loro valigie erano loro la causa delle visioni e degli incubi.
Unì le mani e intrecciò le dita.
Sapeva che i gemelli avevano paura, e in quel momento ne avevano ancora di più.
Fece un cenno con la mano e un'ombra si staccò dal muro.
«Sai quello che devi fare.» esclamò il vecchio. L'ombra si mosse e tornò verso il muro e lo oltrepassò come se fosse un fantasma.
Il vecchio sorrise, prese il boccale di vino e ne bevve un sorso.

***

La scatola della pizza e i cartoni del cibo cinese d'asporto erano sul tavolino del soggiorno di Kevin. I ragazzi erano seduti sul divano e sulla poltrona. Astra si era ritrovata seduta sulle gambe di Steve e la cosa le sembrava strana, in particolare perché stavano mangiando. Afferrò un gamberetto con le mani e lo mangiò.
Era tutto così tranquillo... ridevano e scherzavano come vecchi amici e Astra pensò a quando lei e Joe avrebbero detto la verità.
Maya si alzò e domandò a Kevin dove fosse il bagno, lui glielo disse e lei si allontanò. Astra fissò Adam e lo vide guardare Maya. La giovane sorrise e fissò Steve, stava per baciargli una guancia quando Maya urlò.
I ragazzi si alzarono e corsero verso il bagno, Astra fu la prima ad entrare. Si bloccò quando la vide Maya a terra, con le braccia ustionate. La cosa che l'aveva attaccata era lì e le sembrò che volesse attaccare anche lei.
«Joe!» gridò Astra. Il gemello entrò nel bagno seguitò da Kevin. Astra si sedette sul pavimento e prese fra le braccia Maya.
«Che cazzo... Chiamo l'ambulanza!» esclamò Steve prendendo il cellulare dalla tasca.
«No!» strillarono Joe e Astra.
Joe si chinò su Maya e le sfiorò il braccio, sotto gli occhi stupiti di Adam e Steve la sua pelle tornò normale.
«Voi non siete normali!» strillò Adam.
Astra fissò Steve, lui abbassò lo sguardo.
«Cosa siete?» domandò Steve. «Chi siete?»
Joe fissò Maya, era ancora priva di conoscenza, poi guardò la sorella. «Noi... noi non siamo Terrestri.» rispose.
«Veniamo da una dimensione parallela. Siamo qui per cercare una persona.»

Salve!Ho diviso questo capitolo in due parti perché mi stava venendo troppo lungo.
Commentino? Per favore? *sbatte le ciglia*

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici The True and start to Another World ***





Capitolo Undici
The True and start to Another World

Nessuno di loro parlava, si sentiva solo il rumore del traffico. Astra continuò a fissare Steve mentre lui teneva lo sguardo basso.
«Siete alieni?» domandò Adam facendo un passo avanti.
Joe scosse la testa, Maya si stava riprendendo, «Non siamo alieni... siamo persone...» si fermò e si mordicchiò il labbro inferiore, «normali.»
«Normali?» esclamò Steve indietreggiando, «Normali? Hai appena guarito la pelle di Maya... secondo te è normale?» gridò.
Maya aprì gli occhi, «Cos'è successo...» mormorò passandosi una mano sul viso.
«Come ti senti?» le domandò Adam inginocchiandosi accanto a lei.
«Bene...» rispose lei, «Una cosa nera mi ha attaccato, bruciava... non ricordo altro.»
Adam l'aiutò ad alzarsi stringendola delicatamente.
«Allora... cosa volete da noi?» sbottò Steve.
Astra lo guardò, non aveva ancora detto una parola. «Cerchiamo una persona... è importante per noi... molto importante.» mormorò appoggiandosi al mobiletto del lavandino. Fissò le mani e si accorse che tremavano. Guardò il fratello e lui l'abbracciò.
«Dobbiamo parlare.» disse alzando il viso, guardò Adam che stava abbracciato a Maya e sorrise. «È veramente importante.» aggiunse liberandosi dall'abbraccio del fratello e si alzò in piedi.
«Andiamo di là.» disse Kevin.
«Cosa? Lui...» Steve lanciò uno sguardo a Joe, «lui le ha guarito la palle e voi non dite nulla? Siete impazziti tutti quanti?»
Nessuno lo ascoltò e andarono in sala.
«Chi siete?» domandò Adam, «Siete sicuri di non essere alieni?»
Joe sorrise. «Sì, siamo sicuri.»
«Cosa succede? Non capisco...» mormorò Maya appoggiando la testa contro la spalla di Adam, lui arrossì e le circondò le spalle con un braccio.
«Cosa volete?» domandò Steve, era l'unico ad essere in piedi, era dietro il divano su cui stavano Kevin, Adam e Maya, e teneva le braccia incrociate al petto.
Joe e Astra si guardarono e annuirono, la ragazza si schiarì la voce e guardò i ragazzi davanti a lei.
«Noi veniamo da una dimensione parallela. Il nostro mondo è diviso in due parti, la nostra è Winter, l'altra è Summer. Le nostre terre sono sommerse dalla neve in qualsiasi periodo dell'anno, da sempre.» Astra si fermò.
«Io e Joe siamo gli ambasciatori della nostra terra e siamo qui per cercare il Catalizzatore. Se non lo troviamo e non lo riportiamo sul nostro pianeta sarà... una catastrofe.» Si fermò nuovamente e fissò Steve.
«Ah... sembra una buona base per un libro...» mormorò Adam.
«Però non lo è.» disse Joe.
«Perché chi cercate è sulla Terra? Come ci è arrivato?» domandò Maya.
Astra respirò a fondo, era arrivata la parte difficile da spiegare. «Non sappiamo se il Catalizzatore sia un uomo o una donna. Quando è nato, era in una casetta con solo la madre e l'ostetrica, nessun altro doveva entrare, se non il dottore in caso di emergenza, ma l'ostetrica si è portata dietro la sua amica Terrestre.» si fermò, afferrò la bottiglia di birra e la finì in un sorso.
«Questa donna, che non conosciamo, ha ucciso l'ostetrica, la madre e anche il dottore. Poi è fuggita con il neonato qui, a New York. E uno di voi potrebbe essere quel bambino.» si fermò e li osservò. «O bambina.» Astra abbassò il viso e attese i commenti e le domande.
«Aspetta... credo di non aver capito.» esclamò Adam. «Stai dicendo che uno di noi non è di questo pianeta, che è stato rapito appena nato e che sua madre è in realtà un'assassina e una rapitrice?»
Joe annuì. «Detto in poche parole... sì.»
Nessuno parlò, Astra strinse la mano di Joe, alzò il viso e fissò Steve. Lui la guardò brevemente poi abbassò il viso e appoggiò le mani sullo schienale del divano.
«E se la persona che cercate non torna sul vostro pianeta?» domandò Steve. «Cosa succederebbe?»
«Il pianeta verrebbe distrutto e noi moriremmo.» mormorò in risposta Astra.
Steve rimase in silenzio, lo sguardo verso il basso. «Avete tutte e due dei poteri?»
«Li ho solo io.» rispose Joe, mentre Astra lo guardava con la bocca semi aperta. «Io sono il primo che è nato e quindi ho solo io dei poteri, che poi, bhè... è solo quello che avete visto. Posso guarire le ferite.» disse, ignorò lo sguardo perplesso di Kevin e fissò Adam.
«Mi sembra strano... siete gemelli.» replicò Steve.
«Invece è così.» esclamò Joe.
«Potrebbe dirmelo anche Astra.» disse Steve, «È capace di parlare.» aggiunse fissando Astra.
Lei lo guardò, si mordicchiò il labbro e sospirò. «È come dice lui.» mormorò.
Rimasero in silenzio qualche secondo nei quali Astra continuò a guardare Steve, poi Adam tossì.
«Perché siete gemelli? È così solo perché il primo che nasce ha dei poteri?» domandò quest'ultimo.
«Sì, è così.» rispose Joe e sperò che Kevin stesse zitto. Non sapeva neppure lui erché avesse mentito, ma aveva visto il modo in cui Steve guardava Astra e aveva detto così.
«Come fate a spostarvi da lì a qui?» chiese Adam, era molto interessato e credeva a tutto quello che gli era stato raccontato.
«Ci sono due portali sul nostro pianeta, sulla Terra sono molti di più... a New York è a Central Park.» rispose Astra. «Solo chi è del nostro pianeta può passare da una parte all'altra, per gli altri non è possibile se non sono accompagnati.»
«Sembra la storia di quel libro... Another World.» mormorò Adam.
«Pensiamo che l'abbia scritta il nonno, anche se alcune cose sono invetate.» rispose Astra. «Non sappiamo come abbia fatto a pubblicare e non possiamo chiederglielo perché è morto anni fa.»
«Dovete dirci se volete seguirci...» disse Joe.
Maya fissò frastornata Adam. «Quando dovremmo partire?» domandò a bassa voce.
«Il dieci maggio. Quello è il momento in cui ci sarà una specie di...» Joe si fermò e guardò Astra, non sapeva come spiegare e cercò un aiuto nella sorella, «di cerimonia... un rituale. Noi non ne sappiamo molto perché lo farà il Saggio.»
Astra annuì alla spiegazione del fratello.
«Ma è fra tre giorni...» disse Steve, «Anzi, ormai sono due, è mezzanotte e dieci.» disse guardando l'orologio.
Astra aprì la bocca, sapeva che mancava così poco ma, detto da un altro, il tempo le sembrava ancora meno.
«Dovete darci una risposta. Noi saremo vicino al laghetto di the Ponde, vicino alla Cinquantanovesima, giovedì mattina alle sette.» disse Joe. «Non subito... diciamo per mercoledì.»
Ancora silenzio. Joe fissò Adam, Maya e Steve per capire cosa pensassero,voleva capire se credevano a tutto quello che gli era stato raccontato.
«Ma siete sicuri che quello che cercate sia uno di noi?» domandò Steve, «E se vi state sbagliando?»
«Non ci stiamo sbagliando, siamo sicuri. Come sappiamo che uno di voi è il Catalizzatore è una lunga storia, ma siamo sicuri di quello che vi stiamo dicendo.» rispose Joe. «Sono quasi venticinque che ci stiamo lavorando, prima i nostri genitori e poi noi. Non ci sbagliamo.»
«Siete sicuri allora.» esclamò Steve e Joe annuì, Astra se ne stava in silenzio,non riusciva a capire perché suo fratello avesse mentito riguardo ai poteri, e non riusciva a capire perché lei non lo avesse smentito. Si passò una mano sul volto quando si rese conto che Steve sarebbe venuto a saperlo. E che si sarebbe arrabbiato con lei.
Spostò lo sguardo su Kevin e lui le sorrise.
Rimasero ancora in silenzio per qualche minuto e si congedarono.
«Non hai poteri?» domandò Steve ad Astra. «Non sei invidiosa di tuo fratello?»
«Cosa? No no.» rispose lei, «Non sono invidiosa. Perché dovrei esserlo?»
«Sei sicura di non avere poteri? Puoi dirmelo.» disse Steve mentre aspettavano l'ascensore, «Dopo quello che mi avete detto non mi stupirei più di nulla.»
Astra si mordicchiò il labbro inferiore. «Non ho poteri.» mormorò. «Fidati di me.»
Steve la fissò, scosse la testa, si voltò e scese velocemente le scale.
Astra lo guardò scendere sentendosi stupida, scosse la testa e lo seguì.
Astra si fermò a pochi passi da Steve, erano in strada, vicino all'ingresso di un vicolo cieco. Alzò un braccio e lo stese, cambiò idea e lo abbassò.
«Steve...» mormorò e fece un passo avanti.
Lui rimase in silenzio e si voltò.
Astra lo guardò e si morse il labbro, tutte le cose che prima avrebbe voluto dirgli le sembrarono inutili in quel momento.
«Mi credi tanto stupido?» chiese Steve, «Dici che devo fidarmi di te... ma tu non ti fidi di me.»
Astra lo guardò sapendo che aveva ragione, sospirò e lo guardò ma rimase in silenzio.
Steve alzò le spalle e si avvicinò alla giovane. «Non ci credo alla storiella che tu e tuo fratello avete raccontato.» mormorò, i suoi occhi erano lucidi, «Non ci credo al fatto che solo uno di voi abbia poteri mentre l'altro no.»
Astrakan rimase in silenzio non sapendo cosa dire, abbassò lo sguardo e iniziò a mangiucchiarsi le pellicine del pollice destro.
«Perché non ti fidi di me?» mormorò avvicinandosi, le posò una mano sulla spalla e strinse leggermente.
«Perché...ho paura.» disse. «Ho paura della tua reazione.» abbassò il viso e s'impose di non piangere.
«Non ti fidi di me.» mormorò Steve, si girò e si allontanò.
Astra lo guardò, si riscosse e lo seguì. Lo fermò all'ingresso di Central Park, afferrandolo per un braccio.
«È stato Joe a dire che non ho poteri, io non gli ho detto nulla.» disse. «Non è stata una mia idea!»
Steve si voltò verso di lei. «Sei rimasta zitta.» replicò, «Anzi, mi hai risposto di non avere poteri. Mi hai mentito.»
«Non sapevo cosa dire.» mormorò lei, spostò la mano e la infilò in tasca.
«Dimmi cosa sai fare.» mormorò Steve. Le tolse le mani dalle tasche e le strinse. «Fidati di me.»
Lei alzò lo sguardo e lo fissò, accennò un sorriso e annuì. Respirò profondamente e si guardò attorno. Vide un uomo vestito con un completo grigio chiaro camminare velocemente mentre parlava al cellulare.
«Lo vedi quello?» domandò indicando con la testa. Steve annuì.
Astra fissò il passante, «Canta e balla la Macarena.» mormorò, mentre sentiva il sangue scorrerle più velocemente nelle vene, la vista farsi offuscata e i suoni ovattati.
Sotto gli occhi sbigottiti di Steve l'uomo infilò il cellulare in tasca e iniziò a ballare e a cantare a voce alta. Guardò sorpreso Astra. Non sapeva cosa pensare, era sicuro che Astra non fosse d'accordo con quello, e che lui non l'avesse sentita, anche lui aveva fatto fatica, quello di Astra era solo un mormorio.
«I tuoi occhi...» disse.
Astra li chiuse e scosse la testa. Li aprì e lo guardò. «Hai capito cosa so fare?» pigolò stringendo più forte le sue mani.
Steve annuì. «Sì... credo.» rispose. «Fai comportare la gente come un'idiota.» disse e sorrise, anche le labbra di Astra si piegarono in un sorriso.
«Diciamo di sì. Posso far fare alle persone tutto quello che voglio.» esclamò.
Steve la guardò e annuì. «L'avevo capito.» disse. «E avevi paura di dirmelo.»
Astra abbassò il viso sentendosi colpevole. «Io... sì. Avevo... ho paura della tua reazione, che avresti pensato che io... che avessi usato i miei poteri con te, quando invece non è vero, non l'avrei mai fatto. Non l'ho fatto nemmeno con Kevin, Adam e Maya. Dovete seguirci perché lo volete, non perché ti ho costretto.» disse senza alzare la testa. «Io mi fido di te.» esclamò Steve, lasciò andare le mani di Astra e l'abbracciò.
Lei rimase un attimo sorpresa e rigida, poi si rilassò, lo abbracciò e scoppiò a piangere.

***

Astra fissò il piccolo calendario, era il nove maggio e mancavano meno di ventiquattr'ore alla loro partenza. Kevin e Steve avevano già detto che sarebbero andati con loro, mentre Adam e Maya non avevano ancora dato una risposta.
Afferrò la borsa e uscì dalla stanza, doveva incontrarsi a pranzo con Maya e Astra sperava che le desse una risposta positiva.
Decise di scendere le scale invece di prendere l'ascensore. Quando uscì dall'albergo si scontrò con un uomo, mormorò delle scuse e si avviò verso l'ingresso della metropolitana.
Ripenso al giorno precedente, quando Adam e Steve li avevano raggiunti all'albergo e subissati di domande, e lei e Joe avevano impiegato diverso tempo per rispondere alle loro curiosità.
Astra scese dal treno e tornò in superficie, guardò l'orologio e si accorse di essere in anticipo di qualche minuto. Rallentò il passo e iniziò a pensare a cosa dire a Maya er convincerla a seguirla. Svoltò a destra e proseguì per un centinaio di metri, si fermò davanti al ristorante dove aveva appuntamento con Maya.

***

Il vecchio guardò i Goblin che lavorano freneticamente per sistemare tutte le cose che gli servivano per l'incantesimo. Sbuffò, avrebbe voluto anche lui avere dei poteri come i gemelli, ma si accontentava di sapere la magia meglio di loro. Anzi, loro la conoscevano appena.
Sorseggiò il vino e fissò la sfera. I suoi piani stavano funzionando. Vedeva gli Ambasciatori spaventati e confusi dagli incubi e dalle visioni. Non lo dimostravano ma lui lo sapeva che erano spaventati, poteva vedere i loro visi quando andavano a dormire, lui vi vedeva una supplica, quella di non avere più incubi.
«Ingenui.» mormorò con le labbra posate sul bordo del bicchiere e finì il vino.
Fissò Astra  entrare nel ristorante seguita dall'ombra. Aveva dovuto crearne un'altra dopo che la precedente aveva attaccato Maya. Sperò che quell'ombra non combinasse casini, per lui sarebbe stato faticoso crearne un'altra e doveva essere riposato per l'incantesimo che avrebbe fatto il giorno dopo.
«Abbiamo quasi finito.» disse uno dei Goblin, «Ci mancano solo il tappeto e il cuscino, adesso andiamo a vedere se sono asciutti.»
Il vecchio annuì, «Basta che sia tutto pronto per domani mattina. Portatemi del vino e mettete altra legna sul fuoco.»
Il Goblin annuì, alcuni degli esseri uscirono dalla stanza, altri misero sul fuoco e uno riempì il bicchiere con del vino caldo speziato.

***

«Io non so...»mormorò Maya, «Non riesco ancora a credere che esista quello che mi hai raccontato.»
Astra rimase in silenzio, si pulì la bocca con il tovagliolo e sistemò le posate sul piatto.
«Non è che non ci credo... ci sono tante cose inspiegabili... è che non...» Maya sbuffò e abbassò il viso. «Non riesco a spiegarmi.»
Astra sorrise e finì di bere l'acqua nel suo bicchiere. «Non preoccuparti, ho capito quello che intendi.» la rassicurò, anche se in realtà non aveva capito nulla.«Verrai?» domandò.
Maya annuì. «Sì, ormai devo vedere se esiste veramente quello che mi hai detto. Sono curiosa.»
Astra sorrise sentendosi felice. Ormai mancava solo la risposta di Adam, ma era sicura che avrebbe detto di sì. Da quello che aveva capito era un appassionato di eventi soprannaturali. Aveva scoperto che aveva letto il libro del nonno, e che era uno dei suoi preferiti. Sorrise ancora e posò le mani sul grembo.

***

«Ha detto che non vede l'ora di venire.» esclamò allegramente Joerydan. «Ha detto anche che se non fosse lui il Catalizzatore, vorrebbe venire a trovarci ugualmente.»
«Oh, bene.» disse Astra e ridacchiò. «Anche Maya ha detto di sì.»
Joerydan sospirò di sollievo e si appoggiò a una colonna. Erano in metropolitana e stavano tornando in albergo, dovevano iniziare a preparare i bagagli.
«Le tue valigie però domani le porti te.» disse Joe indicando la valigia che Astra aveva appena comprato, era grande il doppio quella che aveva già, ed era rossa.
Astra sbuffò. «Sì... certo. Io ho solo fatto un po' di shopping.» mugugno.
«Un po?» domandò Joe. «Hai riempito l'armadio!» fece notare.
Astra gli mostrò la lingua e ridacchiò. «Tanto lo so che alla fine mi aiuterai.» mormorò avvicinandosi a lui.
Lui scosse la testa divertito. «Vedremo. Sta arrivando il treno.» disse posandole una mano sulla spalle. Astra annuì, afferrò il manico del trolley e si voltò verso il binario.

***

Le valigie erano pronte, erano rimasti fuori solo i pigiami e i vestiti che avrebbero usato il giorno dopo. Anche quella sera sarebbero andati a cena con gli altri.
«No riesco a crederci che domani saremo a casa.» mormorò Astra sedendosi sul letto di Joe.
«Andrà tutto bene, vedrai.» esclamò Joe, finì di allacciarsi gli ultimi bottoni della camicia azzurra e si voltò verso di lei.  «New York mi mancherà.» aggiunse sottovoce.
«Andiamo?» disse dopo qualche secondo di silenzio.
Astra annuì, si alzò e prese la borsa che aveva lasciato sul mobile e seguì Joe fuori dalla camera.

***

Il parco era quasi vuoto,c'erano solo alcune persone che correvano e quelle che portavano a spasso il proprio cane.
Astra, Joe e Kevin, seduti su una panchina, aspettavano gli altri, erano loro ad essere in anticipo, non gli altri a essere in ritardo.
Astra fissò il cellulare, domandandosi come mai non l'avesse lasciato da qualche parte, d'altronde su Winter non le sarebbe servito,visto che non avrebbe funzionato. Sì,avrebbe potuto usare i giochi, la fotocamera e avrebbe potuto ascoltare la musica, ma non avrebbe potuto né telefonare né ricevere chiamate. Sospirò e si piegò in avanti, posando i gomiti sulle ginocchia.
«Stanno arrivando.» disse Joe. Astra alzò lo sguardo e vide Adam e Maya.  Sorrise anche se si sentiva delusa, sperava che ci fosse anche Steve con loro.
Si alzò in piedi e li salutò.
«Manca solo Steve.» notò Adam. «Sarà in ritardo come al solito.»
Astra si sedette di nuovo, fissò il cellulare e sbuffò, provò a chiamare Steve ma rispose la segreteria.
Sbuffò ancora e guardò Joe.
«Arriverà, siamo ancora in tempo.» le disse lui, lei annuì e si appoggiò allo schienale della panchina.
Finalmente, cinque minuti dopo, Steve arrivò.
Astra si alzò e lo abbracciò.
«Scusa il ritardo.»  mormorò lui baciandole i capelli. Lei non disse nulla e sorrise.
«Dobbiamo andare.» esclamò Joe.
Steve si staccò da Astra e prese la valigia più grossa.
«Dobbiamo tenerci per mano?» domandò Adam afferrando il piccolo borsone che aveva lasciato per terra.
«Non è necessario, basta che ci state vicini.» rispose Joe camminando verso il portale.
Steve prese la mano di Astra e la strinse, mentre Maya le stava vicino dall'altra parte.
Avanzarono piano mentre Astra espanse il suo potere attorno a sé, convincendo le persone attorno a loro che non c'era nessuno.
Pochi secondi dopo si ritrovarono nella casupola di Winter.
«Siete arrivati.» esclamò Katulaa alzandosi, era seduta accanto alla stufa. «Vado ad avvertire il vecchi bacucco.» aggiunse, fece un passo in avanti e si trasformò in una tigre.
«Ma lei... è... lei...» balbettò Maya.
«Una tigre bianca.» rispose Astra. «Cambiamoci.» aggiunse sedendosi sulla panca di legno vicino alla stufa. «Fuori fa molto freddo.»

Salve, questo è il penultimo capitolo!
Ringrazio che legge questa storia :)

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodici The Battle Parte I ***





Capitolo Dodici
The Battle parte I

Astra trattene il respiro e schiacciò le sciarpe, ne aveva due, contro il viso. Lo spettacolo davanti ai suoi occhi la lasciò senza fiato. Era tutto bianco, la scala di pietra era coperta dalla neve e le rotaie del tram non si vedevano più. Si guardò attorno e vide che alcune case erano quasi coperte dalla neve, di una si vedeva solo il tetto.
Era un'unica, enorme e accecante distesa bianca.
«Fate attenzione.» disse voltandosi verso gli altri, iniziò a scendere lentamente, facendo attenzione a dove metteva i piedi, non voleva rischiare di cadere e di rotolare a valle. Pensò di essere stupida per aver comprato tutta quella roba, la valigia e la borsa le pesavano, pensò anche che avrebbe potuto lasciare qualcosa nella casupola.
Guardò le impronte lasciate da Katulaa e sperò che fosse già arrivata a palazzo ad avvertire il Saggio.
«Come ci arriviamo a palazzo?» domandò Joe.
«A piedi, non credo che qualcuno verrà a prenderci.» rispose lei. «A meno che il Saggio non decida di mandare qualcuno.»
Joe sbuffò. «Manderà sicuramente qualcuno, rischiamo di...» Joe non terminò la frase e sospirò, non voleva dire che avrebbero rischiato l'assideramento.
«Fa freddo!» si lamentò Maya stringendosi le braccia al corpo, «Si gela.» mormorò.
Astra si girò per guardarla e vide Adam togliersi una delle due sciarpe e avvolgerla attorno alla testa e alle spalle della ragazza, il ragazzo le passò una mano sulla testa coperta dal cappuccio del pesante giaccone e Astra pensò che stesse sorridendo. Per un secondo sperò che nessuno di loro due fosse il Catalizzatore, perché come coppia le piaceva molto, le sembrava che stessero davvero bene insieme.
Fissò Steve e sorrise anche se l'unica parte del suo viso che si vedeva erano gli occhi.
Lui si avvicinò a lei, «Hai freddo?» le domandò, la sua voce era attutita dalla sciarpa.
«No, sono abituata.» rispose lei, in realtà aveva freddo, non era più abituata a quelle temperature.
Dopo un tempo che parve infinito, erano scesi a valle dove li aspettava un gatto delle nevi.
«Benvenuti.» esclamò un uomo, Astra lo riconobbe, era Gerg, uno dei servitori del Saggio.
«Grazie.» mormorò in risposta e salì a bordo aiutata da Steve.
I ragazzi si sedettero mentre l'uomo salì al posto di guida.  Astra abbassò la sciarpa, l'abitacolo era piacevolmente caldo e lei incominciava a riscaldarsi, le loro cose erano state sistemate nel bagagliaio. Astra si tolse una sciarpa e la sistemò sulle gambe, ripiegandola bene.
«Sei contenta di essere tornata a casa?» le domandò Steve, seduto accanto a lei.
Lei sorrise e lo guardò. «Sì.» rispose, spostò una mano e strinse quella di lui. Alzò lo sguardo e vide Maya e Adam vicini, che parlottavano a bassa voce, mentre Joe e Kevin, seduti uno di fronte all'altro, parlavano tranquillamente. Astra guardò il pavimento del veicolo su cui si era formata una pozza, era la neve sciolta. Guardò fuori dal finestrino quel paesaggio così familiare ma allo stesso tempo estraneo, pensò che fosse a causa della neve che aveva ricoperto molte cose, o forse per quel mese a New York. Posò la fronte sul finestrino e chiuse gli occhi.
Dopo una ventina di minuti arrivarono nel palazzo del Saggio, nei sotterranei dove c'era il garage.
Salirono lentamente al piano terra mentre Gerg si occupò dei loro bagagli.
Una volta tolti gli abiti pesanti furono condotti dal maggiordomo in una sala dove nel grande camino era acceso il fuoco. Maya andò lì davanti per scaldarsi.
«E adesso cosa succede?» domandò Adam.
«Il Saggio verrà qui, andremo nella stanza dove c'è la Sfera, la toccherete e se non prenderete la scossa vuol dire che siete il Catalizzatore.» spiegò Astra.
«Scossa? Cosa?» esclamò Adam, «Non ne avevi parlato di questo!»
«Non è una forte scossa, è piccola. La Sfera lo fa per difendersi.» spiegò Astra, «Lo spiegherà meglio il vecchio... il Saggio.» disse dopo aver guardato la faccia perplessa di Adam.
«E quando arriva?» domandò il giovane.
Astra alzò le spalle. «Non lo so.»

***

Il Saggio fissò il libro con l'incantesimo, voleva essere sicuro di saperlo a memoria,non voleva rischiare di fare qualche errore che avrebbe compromesso il tutto.
Chiuse il libro e si alzò, gettò uno sguardo alla sfera e sorrise nel vedere Katulaa.
Lei non avrebbe rovinato il suo piano.
Era stato scoperto pochi minuti prima, ma ora la muta forma non gli avrebbe più causato nessun problema. Non avrebbe mai pensato che Katulaa potesse essere un problema, l'aveva sottovalutata ma da quel momento non sarebbe stata più un problema.
Uscì dalla stanza e camminò lentamente, voleva tenere i ragazzi sulle spine.
Scoppiò a ridere pensando a quello che sarebbe successo da lì a poco.

***

«Avete capito tutto?» domandò il Saggio ai Candidati, aveva spiegato loro quello che sarebbe successo: uno alla volta avrebbero messo le mani sulla Sfera, se avessero sentito una piccola scossa voleva dire che non erano il Catalizzatore, mentre se la Sfera si fosse illuminata voleva dire che chi la stava toccando era la persona giusta. Poi ci sarebbe stata la cerimonia, ma quella il Saggio l'avrebbe spiegata dopo.
I ragazzi annuirono lentamente, lo sguardo fisso sulla grande Sfera presente in biblioteca. Era grande un opale grande poco più di un pallone da calcio, posta sopra una colonna in marmo bianco.
«Chi va per primo?» domandò Astra, era eccitata, ancora qualche minuto e sarebbe finito tutto. Il loro mondo non sarebbe più stato in pericolo.
«La ragazza.» esclamò il Saggio.
Maya aprì la bocca sorpresa, guardò Astra che le sorrideva, fece un respiro profondo e si avvicinò al centro della stanza, dove si trovava la Sfera. Salì lentamente il gradino, fissò la Sfera e pensò che fosse bellissima. Lentamente e con delicatezza posò le mani aperte sulla Sfera e attese.
«Ahi!» esclamò dopo qualche secondo, aveva ricevuto la scossa. Si fissò le mani e tornò vicino ad Adam e Astra.
Il Saggio la osservò impassibile. «Chi vuole essere il prossimo?»
«Vado io.» disse Kevin e andò verso la Sfera sotto lo sguardo attento di Joe, che sperava con tutto il cuore che fosse lui il Catalizzatore, così sarebbe rimasto con lui, guardò sua sorella e Steve e si disse che probabilmente anche Astra sperava la stessa cosa per Steve.
Joe trattenne il fiato quando Kevin posò le mani sulla Sfera e imprecò sotto voce quando il ragazzo tolse le mani di scatto.
Kevin tornò accanto a lui deluso.
«È uno di voi due.» disse il Saggio indicando Steve e Adam e si alzò dalla comoda poltrona, «Chi di voi è il prossimo?» domandò passando accanto alla Sfera, mosse una mano e urtò la colonna che tremò, come anche la Sfera, che scivolò a terra e si ruppe.
Astra urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Senza la Sfera non era possibile capire chi fosse il Catalizzatore, e senza di lui tutto sarebbe andato perso.
Il Saggio guardò i pezzi della Sfera con aria dispiaciuta, e fissò il Cuore della Sfera rotolare sotto un mobile.
«Oh oh.» disse l'anziano. «È tutto finito.» aggiunse guardando i ragazzi.
Ci fu silenzio per qualche minuto, il Saggio si avvicinò a uno scaffale e prese un lungo bastone di legno chiaro, era alto come lui e sulla punta aveva un grosso rubino rosso che rifletteva la luce del fuoco.
«È tutto finito...» ripeté, «Ma non per me!» urlo sbattendo con violenza il bastone a terra. Il pavimento tremò, così come i mobili, alcuni libri caddero per terra.
Sul pavimento apparve una crepa, seguita subito dopo da molte altre.
«Che cosa...» strillò Astra fissando la grassa crepa che oltre ad allargarsi sempre di più si stava avvicinando anche a lei.
Nella stanza calò il buio e Maya urlò. Anche Astra gridò quando sentì la terra mancarle sotto i piedi e, mentre precipitava nel vuoto, sperò che fosse un incubo.

***

Astra tossì e aprì lentamente gli occhi, sbatte le palpebre un paio di volte. Lentamente si mise seduta,spostò un pezzo di legno che le era finito sul piede e lo mosse temendo che ci fosse qualcosa di rotto, fortunatamente il piede e la caviglia erano a posto.
Passò una mano sul viso e cercò di ricordare quello che era successo prima.
Maya e Kevin non erano il Catalizzatore, questo lo ricordava. Poi il Saggio che si era alzato, ricordò la Sfera che cadeva a terra e che si rompeva, quella specie di terremoto, lei che cadeva nel vuoto...
Si alzò in piedi appoggiandosi alla parete vicina. Raccolse la sciarpa  e se la mise sulle spalle come se fosse uno scialle, aveva freddo, guardò attorno a sé cercando di capire dove fosse e ipotizzò di essere finita in uno dei corridoi sotterranei. Ma quale?
«Joe! Steve!» chiamò mentre camminava fra le macerie, gemette di frustrazione quando le rispose il silenzio. «Maya, Adam!» chiamò ancora. Avanzò ancora di qualche metro fra le macerie fino a quando non si sentì tirare per un braccio e strillò.
«Shh! Sono io!» le mormorò Adam.
Astra chiuse gli occhi sollevata. «Mi hai spaventato.» sussurrò e posò una mano sul petto, all'altezza de cuore.
Respirò a fondo e si tranquillizzò.
«Scusa.» disse Adam e abbozzò un sorriso. «Cos'è successo? Perché siamo qui?»
Astra scosse la testa e si sistemò la sciarpa che le era scivolata da una spalla. «Io... non lo so il perché.»
«E gli altri?» chiese ancora Adam, il suo tono era preoccupato.
Astra si limitò a scuotere la testa.
Avanzarono qualche metro, stando attenti al minimo rumore.
«Astra!»
Adam e Astra si voltarono, Steve spuntò da un vicoletto sulla sinistra. Il ragazzo raggiunse Astra e l'abbracciò, stringendola forte, le baciò la fronte. «Dove sono gli altri?» domandò guardando lei e Adam.
«Non lo sappiamo.» rispose Astra, portò una mano alla fronte e scostò i capelli dal viso. Soffiò sulle mani a coppa per riscaldarle, Steve le frese una mano fra le sue e e sorrise.
«Cerchiamo gli altri.» esclamò il ragazzo.
I tre si incamminarono lentamente, cercando di non inciampare nelle macerie.
«Aiuto! Hey!» sentirono urlare, era Kevin.
Astra,  Adam e Steve corsero verso  Kevin, era bloccato sotto una colonna rotta che gli bloccava le gambe, era appoggiato contro il muro con la schiena,il vis sporco dalla polvere.
Quando furono accanto a lui si accorsero che era solo incastrato, la colonna poggiava su un blocco di pietra.
«Alziamolo.» esclamò Steve rivolgendosi ad Adam.
Astra s'inginocchiò accanto a Steve e gli strinse la mano. «Ti fanno male le gambe?»
Kevin scosse la testa. «No, le gambe sono a posto.» rispose cercando di sorridere.
Steve e Adam alzarono con fatica la colonna, era molto pesante, e dopo averla spostata la lasciarono cadere, Astra chiuse istintivamente gli occhi al rumore del marmo che sbatteva contro il pavimento.
Steve  aiutò Kevin ad alzarsi. «Dov'è Joe?» domandò quest'ultimo.
«Non lo so.» rispose Astra, «Manca anche Maya.»
Kevin non disse nulla e si passò una mano sul viso. «Dobbiamo trovarli.» disse superando gli altri tre.
Astra fissò Steve, scrollò le spalle, si sistemò la sciarpa e seguì Kevin,che si muoveva sicuro in quei corridoi poco illuminati come se sapesse dove andare.
«Dove sta andando?» domandò Adam ad Astra.
«Non lo so.» rispose lei, e strinse la mano di Steve, incominciava a sentirsi in ansia per Joe. Non riusciva a capire se fosse in pericolo oppure no, sbuffò frustata e pensò a quella volta che Joe a dodici anni si era slogato una caviglia, lei anche se non era con lui aveva provato il suo stesso dolore.
«Joe! Maya!» strillò Astra, e l'eco della sua voce rimbombò nel corridoi. Scosse la testa quando non ricevette nessuna risposta.
Kevin girò in uno stretto corridoio a sinistra, scavalcò un grosso pezzo di legno, ad Astra sembrò un vecchio portone.
Kevin si fermò improvvisamente, si girò verso gli altri e fece segno di stare in silenzio.
Astra sussultò quando vide il suo viso e Adam si coprì la bocca con la mano per trattenere un urlo.
Gli occhi di Steve erano rossi, e la sclera bianca risaltava nella semi oscurità.
«Non è possibile...» mormorò Astra.
«Cosa?» chiese sottovoce Adam.
Astra lo guardò e non rispose, sapeva benissimo cosa significavano quegli occhi. Kevin era un Custode, ne era sicura.
Kevin indicò un punto poco lontano, e Astra riconobbe il pesante maglione rosso di Maya.
Adam si allontanò da Astra e Steve e corse verso di lei. Spostò un pezzo di legno e le toccò il viso. «Respira!» disse. «Credo che sia svenuta.»
Astra lo raggiunse e Maya aprì gli occhi. «Adam...» sussurrò, il ragazzo l'abbraccio e aiutato da Astra fece alzare in piedi Maya.
«Mi gira la testa.» si lamentò Maya.
«Ragazzi!» li chiamò Steve e indicò Kevin che aveva ripreso a camminare.
Lentamente Adam, Maya,Astra e Kevin lo raggiunsero.
Kevin camminava sicuro e Astra pensò che neppure lei e Joe avrebbero avuto tutta quella sicurezza nel muoversi lungo i corridoi sotterranei.
«Joe...» mormorò pensando al fratello e sentì che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all'altro, Joe non le era mai mancato così tanto ed era preoccupata per lui.
«Non ti preoccupare, lo troveremo.» le disse Steve e la strinse a sé per qualche secondo.
Astra respirò a fondo e annuì. Alcuni piccoli pezzi di intonaco si staccarono dal soffitto e caddero, Astra alzò il viso preoccupata.
«Perché...» mormorò, il pavimento tremò e un boato risuonò nel corridoio. Steve si gettò su Astra e Adam coprì Maya mentre la scossa di terremoto faceva tremare tutto quanto.
Dopo dieci lunghi secondi la scossa cessò.
«State tutti bene?» domandò Steve, gli altri annuirono.
«Dov'è Kevin?» chiese Adam.
I quattro si guardarono, Kevin sembrava scomparso. Un urlo li fece spaventare.
«Joe!» gridò ancora Kevin.
Astra si staccò da Steve, scavalcò un pezzo di calcinaccio e corse nella direzione in cui proveniva la voce.
Steve le urlò di fermarsi, di stare attenta ma lei non lo ascoltò; si fermò quando vide Kevin inginocchiato per terra. Respirò a fondo e si avvicinò a lui, urlò quando rivide Joe riverso per terra, la fronte sanguinante e il braccio destro piegato in modo innaturale.
Kevin guardò appena Astra, e accarezzò il viso di Joe, il sangue sparì e il profondo taglio sopra il sopracciglio destro si chiuse.
Astra riuscì a percepire il calore sprigionato dalle mani di Kevin, era lo stesso che proveniva dalle mani di Joe quando guariva qualcuno.
Il braccio di Joe tornò normale e lui aprì gli occhi.
«Joe!» esclamò felice Astra, ma quando vide l'espressione ostile di Kevin smise di sorridere.
Kevin aiutò Joe ad alzarsi.
«Sto bene.» mormorò Joe mentre Steve, Adam e Maya arrivarono.
«Cosa succede?» domandò Joe fissando Kevin, i suoi occhi erano ancora rossi. «Stai bene?» chiese.
«È un Custode.» mormorò Astra.
Joe la guardò e aprì la bocca sorpresa. «Cosa? Kevin!» esclamò.
«Cosa? Cosa sarebbe?» domandò Steve.
Kevin scosse la testa e i sui occhi tornarono normali. «Cosa è successo?» mormorò.
«Tu sei... tu sei il Custode, colui che protegge l'Ambasciatore...» spiegò Astra, ma prima che potesse aggiungere altro si alzò una grossa nuvola di polvere.
Quando la polvere si diradò apparve il Saggio. «Non potete scappare!» urlò, «Voglio il potere!»
Astra si aggrappò a Steve domandandosi cosa fosse successo al Saggio, al perché fosse impazzito.
Un altro boato sconquassò l'aria, le pareti e il pavimento tremarono per alcuni lunghi secondi. Quando il tremore cessò, Astra aprì gli occhi.
Il Saggio era sparito, e quando alzò gli occhi verso l'alto vide un enorme buco sul soffitto, cercò di capire sotto quale stanza fossero ma ci rinunciò.
«Che succede?» domandò Joe, ancora sorretto da Kevin.
Astra scosse la testa. «Non ne ho idea... è impazzito.» rispose, e vide Maya seduta per terra, che si stringeva le braccia al petto, Adam era inginocchiato dietro di lei e la stava abbracciando.
«Che cos'è?» domandò Steve, «Astra?»
Lei si voltò verso di lui e spalancò gli occhi dalla sorpresa. «Il Cuore della Sfera!» strillò facendo voltare tutti quanti, «Steve, tu sei...»
Lui la fissò sorpreso e inquieto allo stesso tempo. «Sono cosa?» chiese passando la Sfera da una mano all'altra. «Il Catalizzatore.» rispose Joe, «E lui è il Custode.»
Rimasero per qualche secondo in silenzio, mentre Steve osservò la sfera che aveva nella mano sinistra. «Siete sicuri?»
Astra annuì. «Sì, siamo sicuri.» rispose, «Il Cuore della Sfera,» disse indicando l'oggetto, «è pesantissimo, solo il Catalizzatore può sollevarlo e maneggiarlo senza fatica.»
Steve non disse nulla e annuì.
Tremò ancora tutto, Maya e Astra urlano.
«Dobbiamo andarcene!» urlò Kevin indicando il fondo del corridoio, un'onda di luce grigiastra stava arrivando.
«Che cazzo...» esclamò Adam alzandosi in piedi e trascinando con sé Maya.
«Correte!» urlò ancora Kevin, la luce si avvicinava sempre di più. I sei corsero svoltando a caso dei nei vari cunicoli, fino a quando non si ritrovarono in un vicolo cieco.
«Siamo in trappola!» esclamò Adam.
«Lì c'è una scala!» disse Joe indicando una vecchia scala a pioli in metallo inchiodata al muro.
«Vado prima io.» esclamò Kevin, «Poi le ragazze.» disse incominciando a salire.
La scaletta era arrugginita e Astra temette che si potesse staccare da un momento all'altro. Kevin aprì la botola senza fatica, era solo appoggiata e non chiusa con un lucchetto o qualcosa di simile.
«Vai prima tu.» mormorò Maya. Astra annuì, respirò a fondo e si avvicinò alla scala. Strinse il metallo con forza e incominciò a salire,dopo pochi secondi Kevin l'aiutò a uscire dalla botola. Astra si guardò attorno e si meravigliò.
Era a casa, quella era la stanza della musica. Riconobbe il grande pianoforte a coda e il grosso violoncello. Li suonavano i suoi genitori. Fissò il grande camino e ricordò che quando era una bambina si metteva vicino al fuoco insieme a suo fratello e ascoltava i suoi genitori suonare.
Era persa nei ricordi quando Maya e Joe furono al suo fianco.
«Siamo a casa!» esclamò Joe.
Pochi minuti dopo erano tutti in quella stanza.
«Dobbiamo bloccarla.» disse Adam indicando la botola. «Magari non servirà a nulla, però...»
Kevin annuì. «Spostiamo quella.» esclamò indicando una pesante cassettiera in mogano. Adam e Joe lo seguirono verso il mobile mentre Steve si spostò verso una parete.
Improvvisamente, appena le mani di Kevin sfiorarono i fianchi della cassettiera questa si mosse, si sollevò di una decina di centimetri dal pavimento e si posizionò sulla botola.
Astra camminò avanti e indietro per la sala. «Non è possibile... non è possibile...» disse, si fermò e fissò Kevin, «Tu sei il Custode... non è possibile.» gli disse. Ormai ne era certissima, gli occhi rossi, il potere della guarigione, come quello di Joe, la telecinesi...
«Cosa sarei? E perché sarebbe impossibile?» domandò lui, fissò Joe e gli strinse ancora più forte la mano.
«Perché... perché fino ad ora sapevamo che il Custode era una leggenda, non pensavamo che fosse reale.» rispose Astra guardando il pavimento.
«Cosa c'è? Perché non mi guardi?» domandò Kevin, «C'è dell'altro, vero?»
Astra alzò per qualche secondo lo sguardo su di lui poi lo abbassò, si portò la mano destra alla bocca e mordicchiò le pellicine vicino all'unghia del pollice.
«Allora?» la incitò Kevin.
«Tu non sei Terrestre... tu sei di qui.» mormorò Joe.
Tutti si voltarono verso di lui, anche Kevin, che lo fissava come se non avesse capito bene quello che aveva detto. «Io... sono...» balbettò.
«Tu sei il Custode.» disse Astra.
«Come nel libro.» pronunciò Adam.
«Esatto.» esclamò Astra, «E fa anche quello che c'è scritto. O almeno dovrebbe.»
Kevin respirò lentamente, «Quindi cosa sono? Sono stato rapito anche io?»
Astra lo guardò e si sentì dispiaciuta per lui e si trattenne dall'andare da lui e abbracciarlo. «No, non sei stato rapito.» gli disse, evitando di aggiungere un "forse". «Penso che la tua famiglia si sia trasferita sulla Terra subito dopo il rapimento del Cata... di Steve.» continuò la ragazza e si avvicinò a lui.
«Anche tu hai dei poteri, e lo hai dimostrato salvando Joe. E hai appena sposato una pesante cassettiera con la telecinesi. Dovresti, e dico così perché non ne ho la certezza assoluta, averne anche altri.» Astra si fermò e lo guardò. «Tu sei una sorta di... protettore di Joe, quando lui soffre soffri anche tu, se qualcuno gli fa del male... tu... tu faresti di tutto per aiutarlo.»
Kevin rimase in silenzio e fissò Steve appoggiato a una delle pareti. «Io.. ho...» balbettò, «Credo di aver capito.» Astra annuì piano e guardò Steve,se ne stava in silenzio e lei non sapeva cosa fare o cosa dirgli.
«Tu sei uno di noi perché i tuoi poteri sono molto forti.»aggiunse Astra e Kevin si limitò ad annuire.
Astra gli sorrise e si avvicinò al fratello e gli sfiorò la fronte. «Stai meglio?» gli domandò dolcemente.
«Sì.» rispose Joerydan e si mise seduto. «Cosa facciamo?»
Astra si morse il labbro inferiore e sospirò. «Non lo so.» mormorò.
Si spostò verso Steve. «Come ti senti?» gli domandò.
Lui la guardò e scosse la testa. «Non ne ho idea.» rispose. «Lasciami solo.»
Astra annuì anche se si sentiva delusa e si allontanò e passò davanti al camino. «Dobbiamo riuscire a trovare la biblioteca, magari troviamo qualcosa che possa aiutarci.»
Si fermò e guardò gli altri, Adam abbracciava Maya cercando di riscaldarla, Kevin sosteneva Joe e Steve non si era spostato di un millimetro dal suo posto.
Respirò a fondo e fece un passo avanti,urlò quando si sentì afferrare per le caviglie, si sentì trascinare e cadde sbattendo violentemente la testa sul pavimento.
Joe urlò e corse verso la sorella, gridò ancora più forte quando vide due grosse mani nere trascinare sua sorella nella bocca del camino, la testa di Astra fece un rumore sordo quando sbatté contro la base del caminetto.
Dopo pochi secondi Astra sparì.
Steve fissò la scena inorridito, si staccò dal muro e si avvicinò al camino.
«Steve...» mormorò Adam, mentre Kevin cercava di fermare Joe che voleva buttarsi nel camino.
«Steve!» gridò Kevin quando vide il viso dell'altro: gli occhi erano rossi, l'espressione seria e indecifrabile.
Steve afferrò una delle torce appese, fece  un cenno agli altri di seguirlo ed entrò nel camino chinandosi leggermente.
«Anche lui è...» mormorò Adam.
Joe lo guardò e annuì, non sapeva cosa dire. Seguirono Steve all'interno del camino in silenzio.
Joe pensò che fosse un bene che Steve fosse anche un Custode, oltre che il Catalizzatore, ma era anche un male, perché Steve, accecato dalla rabbia, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per proteggere Astra, anche distruggere l'intero universo.
Dal soffitto gocciolava dell'acqua e sul pavimento c'erano diverse pozze. Se possibile, lì faceva ancora più freddo. «Joe...» mormorò Kevin, «Che diavolo ha?»
«È... un Custode, oltre ad essere il Catalizzatore.» rispose l'altro, «Molto potente e molto pericoloso.»
«Anche lui...» sussurrò Kevin, rivolto più a se stesso che a Joe, «Perché è pericoloso?»
«Perché è anche il Catalizzatore, questo lo rende pericoloso.» rispose Adam. «Esatto?» domandò rivolgendosi a Joerydan.
Lui annuì, «Sì, è così. Farebbe di tutto per proteggere mia sorella... anche distruggere tutto quanto.»
Rimasero in silenzio e continuarono a seguire Steve. Kevin si domandò se anche lui si fosse comportato in quel modo, come stava facendo Steve in quel momento. Se anche lui aveva avuto quell'espressione, quegli occhi, quello sguardo di chi farebbe di tutto per la persona che amava.
«Di là.» esclamò Steve. La sua voce era bassa e roca.
Arrivarono in un'altra stanza, uscendo dal camino.
Astra era su un tavolo di pietra bianca, circondata da candele accese e aveva del sangue rappreso sulla fronte.
Joe superò Steve e si avvicinò alla sorella ma prima che potesse sfiorarla Steve lo spinse via facendolo cadere.
«Non voglio farle del male.» esclamò Joe alzandosi, tenne le mani davanti a sé, «Voglio solo vedere se sta bene.»
Steve respirò a fondo e fece cadere la torcia per terra.
«Stalle lontano!» urlò Steve abbracciando Astra.
«Calmati Steve, non vogliamo farle del male.» disse Kevin avvicinandosi a Joe. Adam abbracciò Maya che tremava dalla paura, aveva paura per Astra e per Steve, aveva paura di una sua reazione violenta.
«State lontano!» gridò Steve e un raggio di energia partì dalla sua mano, i ragazzi si abbassarono e il caminetto venne colpito e distrutto.
Astra aprì lentamente gli occhi, la testa le faceva malissimo. «Cosa... dove sono?» mormorò.
Joe la guardò e si morsicò il labbro inferiore. Avrebbe voluto andare da lei ma rimase fermo, aveva paura di un'altra reazione violenta da parte di Steve.
Astra fissò il torace di Steve e spostò lentamente la testa, temeva che se avesse fatto un brusco movimento avrebbe vomitato. Fissò il caminetto distrutto e si domandò cosa fosse successo.
«Stai bene?» le domandò Steve.
Lei alzò il viso verso di lui e rimase sconvolta nel vedere gli occhi rossi di lui. «Steve...» mormorò. Girò di poco la testa e vide Joe. «Joe.» lo chiamò.
Lui si avvicinò lentamente.
«Vai via!» gridò Steve.
Astra lo fissò spaventata. «Steve.» lo chiamò dolcemente e lui si voltò per guardarla. «È Joe, mio fratello. Non vuole farmi del male.» gli spiegò accarezzandogli il viso.
Steve la guardò e rimase in silenzio mentre lei continuava ad accarezzargli il viso, il ragazzo scosse la testa e i suoi occhi tornarono normali. «Cos'è successo?» domandò.
«Tu sei anche il Custode di Astra, oltre a essere il Catalizzatore.» rispose Joe.
Steve lasciò Astra e fece un passo indietro, sconvolto. Si guardò attorno e vide il caminetto distrutto.
«Sono stato io?» domandò. «Che cosa.... io sarei anche il Custode?»
Astra si mise seduta e lo guardò preoccupata. «Che cosa stai dicendo?» chiese a suo fratello.
Joerydan annuì. «Sì... lui è anche un Custode... non è solo il Catalizzatore.»
Steve si allontanò ancora da Astra e finì contro il muro.
«E adesso?» domandò Adam.
«Non lo so.» esclamò Joe avvicinandosi alla sorella, «Non so cosa abbia il Saggio, non so cosa dobbiamo fare adesso... non so nulla!» aggiunse alzando la voce.
«Non so nulla.» mormorò tenendosi la testa con le mani. Kevin lo abbracciò.
«Qualcuno mi spiega cosa diavolo è successo?» domandò Astra.
Adam e Maya le si avvicinarono e le spiegarono brevemente quelle che era accaduto nella mezz'ora precedente. L'aiutarono a scendere dalla tavola e lei si avvicinò a Steve.
«Stammi lontano, ho paura di farti del male.» mormorò lui e si scostò quando Astra cercò di abbracciarlo.
Lei indietreggiò delusa e incrociò le braccia al petto. «Siamo vicini alla mia camera.» esclamò guardando fuori dalla finestra.
«Come lo sai?» domandò Kevin. «A me sembra tutto uguale.»
«La cupola della sala, anche se c'è su un po' di neve la riconosco.» rispose lei indicando fuori dalla finestra.
«Andiamo lì, allora.» esclamò Joe, «Perché qua le cose si stanno mettendo male.» disse indicando la cassettiera che traballava, come se qualcosa la colpissi con forza da sotto.
«Andiamo!» gridò Kevin, «Subito!» urlò mentre la cassettiera veniva scossa da forti colpi.

Salve, ho diviso il capitolo in due parti perché è uscito un po' lungo. Comunque la seconda parte è in lavorazione, spero di pubblicara entro lunedì 3.

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Capitolo 14
*** Capitolo Tredici - The Battle II ***





Capitolo Tredici
The Battle parte II

Pochi minuti dopo arrivarono nella camera di Astrakan. Era grande, con un grande caminetto in marmo bianco, le pareti erano rosa e il grande letto a baldacchino era contro la parete di fronte alla porta. L'armadio a muro aveva le ante bianche. Un altro armadio era sulla parete alla destra della porta e poco più avanti si trovava un'altra porta.
Accanto al caminetto c'era una panca con dentro della legna e il necessario per accendere il fuoco.
Astra si avvicinò a una delle ante, l'aprì e gli altri rimasero sorpresi quando videro un forno a microonde e un piccolo frigorifero.  
«Prendi le coperte!» esclamò la ragazza rivolgendosi a Joe, Astra aprì un mobiletto, prese un sacchetto di plastica e lo riempì con biscotti, barrette energetiche, merendine e patatine in busta. Dal frigorifero, spento dal giorno della sua partenza, prese alcune bottiglie di acqua e bibite. «Aiutami Maya.»  disse passandole alcune delle bottiglie.
«Cosa vuoi fare?» domandò Joe.
Astra si alzò in piedi e si voltò verso di lui. «Ci chiudiamo in bagno, Kevin sposta l'armadio davanti alla porta e quando siamo chiusi lì dentro decidiamo cosa fare.»
Steve era in disparte, mentre Kevin e Joe avevano in mano diverse coperte, Adam aveva sei cuscini in mano. Joe si spostò verso la porta del bagno privato di Astra e l'aprì spingendola con il piede.
Il bagno era lungo e stretto, con piastrelle bianche e rosa, la grande vasca era interrata nel pavimento proprio sotto la finestra e il mobile con il lavandino occupava quasi per intero la parete a sinistra della  porta. La finestra illuminava l'ambiente e un'altra porta conduceva al gabinetto.
Joe sistemò le coperte nella vasca mentre Kevin le lasciò sul tappeto davanti ad essa; Adam fissò i cuscini, scrollò le spalle e li posò su una piccola poltroncina.
Astra e Maya lasciarono il sacchetto e le bottiglie sul mobile del lavandino.
«Cosa facciamo?» domandò Kevin.
«Andate a prendere la legna.» rispose lei, «poi tu sposti l'armadio qua fuori davanti alla porta.»
«E come faccio?» domandò lui mentre Joe e Adam andavano a prendere la legna.
Astra alzò le spalle e controllò la stufa, «Come hai fatto prima, basta che lo desideri.»
Kevin annuì anche se non ne era molto convinto e uscì ad aiutare Adam e Joe.
Pochi minuti più tardi il fuoco nella stufa era acceso. «Provaci.» disse Astra posando una mano sul braccio di Kevin. «Devi solo volerlo.» gli disse. Sperò che i poteri di Kevin funzionassero come i suoi e quelli di Joe. Si voltò e guardò Steve, seduto accanto al lavandino, una delle coperte attorno al corpo.
Kevin annuì e fece un passo avanti verso la porta, alzò le mani e chiuse gli occhi concentrandosi sull'armadio. Lo pensò e lo visualizzò nella sua mente, gli apparve così nitidamente che gli sembrava che potesse toccarlo se solo avesse allungato un braccio. Lo sentì muoversi, traballare,  gli parve che gli oggetti all'interno si muovessero da una parte all'altra. Il mobile si alzò da terra di qualche centimetro e Kevin riuscì a sistemarlo davanti alla porta.
«Ce  l'ho fatta!» esclamò dopo aver aperto gli occhi. «Ci sono riuscito!»
Astrakan sorrise. «Perfetto!» disse. «Chiudi la porta.» si voltò e andò a sedersi accanto a Steve. Gli sfiorò una mano ma lui a ritrasse.
«Che cosa sta accadendo? Perché il vecchio si comporta così?» domandò Adam.
Joe lo guardò e sospirò, non lo sapeva neppure lui.
«Non lo so perché il Saggio si stia comportando così... non so nulla.» rispose stringendo la mano di Kevin, con il braccio libero si abbracciò le ginocchia. «Sono u po' confuso dagli ultimi avvenimenti. Non mi aspettavo che Kevin fosse un Custode... stessa cosa per Steve.» 
Il ragazzo, sentendo il suo nome, alzò il viso e lo guardò.
Noi pensavamo che il Custode fosse solo una leggenda...» disse Astra sistemandosi una coperta attorno alle spalle. «Sono sorpresa, non pensavo che esistessero realmente.»
«Perché pensi che io sia di qui?» domandò Kevin, si alzò e prese una barretta energetica al cioccolato e fragole.
«Perché sei troppo potente.» rispose Astra. «Il Custode è una persona che, a seconda del suo rango, può aumentare i poteri degli Ambasciatori.
Se sono Terrestri, amplificano i poteri degli Ambasciatori.
Se sono Abitanti, amplificano i poteri degli Ambasciatori, e i loro poteri, sopiti, vengono fuori. Se l'Ambasciatore è in pericolo, i loro poteri aumentano  fino a poter distruggere una metropoli intera. Se il Custode è anche il Catalizzatore, il suo dolore e la sua rabbia possono portare alla distruzione di un pianeta.  Si dice che questi esseri siano leggende, l'ultimo si dice che sia vissuto circa quindici secoli fa. » continuò.
«Almeno così dice il nostro libro di storia.» aggiunse Joe. «Noi sappiamo solo questo, non ci hanno insegnato altro.»
Kevin e Steve rimasero in silenzio.
«E adesso?» domandò Maya stringendosi ad Adam, «Cosa facciamo?»
Astra sopirò e guardò Steve, gli sembrò indifeso e sul punto di piangere, pensò che non fosse facile accettare la verità, pensò che scoprire che la propria  madre ha ucciso tre persone, una delle quali la madre biologica, non fosse facile. Astra guardò Kevin. Lui sembrava averla presa bene, ma Kevin e Steve erano due persone diverse, avevano due caratteri diversi.
Avevano due famiglie diverse. Steve era stato cresciuto solo dalla madre, non aveva mai conosciuto suo padre. “E non lo conoscerà mai.” pensò Astra.
«Cosa facciamo?» chiese di nuovo Maya.
Joe guardò Astra e lei scosse la testa. «Non lo sappiamo... non sappiamo cosa fare.» rispose. 
Maya alzò le spalle e posò la testa sulla spalla di Adam.
Astra si sentì impotente, non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire a Steve, lo guardò, non poté vederlo in viso perché aveva la testa posata sulle ginocchia.
Lentamente alzò la mano sinistra e gli sfiorò i capelli. Lui voltò il viso verso di lei.
«Non toccarmi.» mormorò, «Potrei farti del male.»
Astra si sentì stringere il cuore vedendo gli occhi tristi di Steve. 
A Steve tremò il labbro inferiore e si asciugò le lacrime e Astra continuò ad accarezzargli la nuca, sorrise e lo abbracciò. 
«Mi fido di te.» gli sussurrò e gli baciò il viso. «Mi fido di te.»
Steve si rilasso fra le sue braccia e lei gli baciò la nuca. Lo tenne stretto a sé e appoggiò la testa contro la parete.
Guardò gli altri, stavano mangiando e bevendo.
«Me ne passi un paio?» chiese a Kevin indicando alcune gallette di riso ricoperte di cioccolato.
Kevin annuì, gli passò la confezione aperta e una bottiglia di aranciata.
Astra prese la galletta e iniziò a mangiarla, spargendo pezzettini di riso e cioccolato sulla testa di Steve. «Forse è meglio se ti sposti.» disse togliendo le briciole con la mano libera. 
Steve si rimise seduto e prese una galletta, Joe aggiunse dell'altra legna al fuoco.
«Ma non avete i caloriferi?» domandò Adam, aveva le labbra sporche di marmellata alle fragole.
«No.» rispose Astra. «Cioè... abbiamo qualcosa di simile, un sistema che porta calore in ogni stanza ma adesso non è abbastanza.» si pulì le labbra con la mano e prese la bottiglietta d'aranciata e mentre Joe spiegava ad Adam come funzionava il riscaldamento nel loro palazzo lei bevve qualche sorso. 
Chiuse la bottiglia e si avvolse nella coperta, Steve l'abbracciò e coprì entrambi con un'altra coperta.
Astra sbadigliò, era stanca e voleva solo dormire ma sapeva che non poteva farlo,non in quel momento. Chiuse gli occhi e sbadigliò nuovamente. “Solo cinque minuti.” pensò.
«Kat!» esclamò all'improvviso aprendo gli occhi.
«Cosa?» domandò Joe.
«Mi è venuta in mente... chissà dov'è?» disse Astra, «Speriamo che sia a casa... magari se non ci vedono verranno a cercarci...»
«È vero!» esclamò Joe, «La presentazione agli Abitanti dovrebbe essere al tramonto.»
«Allora dovrebbero cercarci da un po'.» disse Adam e indicò la finestra.
Astra si spostò in avanti posando le mani sul pavimento e guardò la finestra. Fuori era buio, si domandò quanto avesse dormito. Non si vedeva nulla, fuori era buio pesto, anche il cielo era coperto, non si vedeva nessuna stella.
«Quindi se ci stanno cercando... ci troveranno presto, vero?» domandò Maya.
«In teoria... sì.» rispose Joe, «In pratica non ne ho idea.» Joe allungò le braccia sopra la testa.
Maya non disse nulla e abbassò la testa, sentendosi inutile; non era il Catalizzatore, non era una Custode, non era forte, era... impaurita e spaventata.
Le bottigliette vibrarono, il lampadario oscillò e tremò tutto. Astra urlò e sbatté la spalla destra contro il pavimento quando Steve si buttò su di lei per coprirla.
La scossa cessò e i ragazzi si alzarono in piedi. 
«Credo che stia ritornando.» disse Steve. «Lo sento.» aggiunse stringendo il Cuore della sfera che aveva infilato nella grande tasca della felpa. Alzò il viso e guardò gli altri. «Dobbiamo andarcene. Subito.»
Astra gli strinse la mano libera e gli fissò il viso preoccupato.
«Devo spostare l'armadio?» disse Steve avvicinandosi alla porta.
«No, usciremo dalla botola.» rispose Joe, «Dobbiamo uscire e chiedere aiuto a Katulaa e ai suoi genitori.»
«E scoprire che gli è preso al saggio.» concluse Astra aprendo la porta scorrevole. Anche in quella minuscola stanza, un metro per un metro, aveva le stesse piastrelle del resto del bagno.
Joe aprì la botola e tirò giù la scaletta di metallo., «Vado prima io.» disse incominciando a salire.
Astra guardò la porta e la vide tremare. «Muoviamoci.» esclamò guardando gli altri, afferrò la copertina e se la sistemò sulle spalle, sapeva che nei cunicoli avrebbe fatto freddo.
Pochi minuti dopo erano tutti nel cunicolo, in fila uno dietro l'altro e camminavano a carponi, il pavimento sotto le loro mani era freddo, gelato. Astra tirò giù le maniche del maglione fino a coprirsi le mani anche se sapeva che non sarebbe servito a molto.
Dopo quasi venti minuti arrivarono in un'ampia sala: la biblioteca.
«Ma... che...» borbottò Astra. La biblioteca era distrutta, le librerie erano riverse a terra, distrutte; il tavolino era rotto a metà, così come le sedie.
«È passato anche di qui.» mormorò Joe guardandosi attorno. «Usciamo, andiamocene subito da qui.» aggiunse avvicinandosi alla porta. 
«È bloccata, cazzo!» grido stringendo la maniglia e tirando con forza.
«Come è bloccata?» domandò Adam.
Joe si voltò verso di lui. «È chiusa, non riesco ad aprirla!» esclamò, si passò una mano sul volto, nervosamente. Voleva uscire da lì al più presto.
Si voltò verso la porta, il braccio disteso. «Vuoi aprirti?» urlò e la porta tremò prima di staccarsi  dai cardini e volare via, rimasero fermi ad osservare la porta cadere a terra.
«Come hai fatto?» domandò Maya nascondendosi dietro a Kevin e Adam.
Joe si voltò verso di loro, la bocca aperta dallo stupore. «Io... non...» balbettò, si voltò per guardare la porta scardinata. «Non ne ho idea.»
«Credo che sia la vicinanza di Kevin, è un Custode, aumenta anche i tuoi poteri.» spiegò Astra. «Almeno credo.»
Rimasero ancora in silenzio, a guardarsi senza dire una parola. Maya sistemò la copertina sulla testa e sulle spalle, cercando di coprirsi il più possibile. 
«Perché siamo ancora qui?» domandò Adam, «In fondo la porta è aperta!» fece notare.
Gli alti annuirono e uscirono dalla biblioteca, Joe e Astra in testa, era la loro casa e la conoscevano meglio di chiunque altro.
Arrivarono al grande ingresso e si bloccarono. Anche quella parte di casa era distrutta: le colonne di marmo bianco erano a terra davanti alla porta e un pezzo di soffitto era crollato bloccando ulteriormente la via d'uscita.
«Non potete scappare!» tuonò il Saggio, non potevano vederlo, sentivano solo la sua voce. Una porta si aprì e i ragazzi rimasero fermi, in attesa.
Un gruppo di Goblin fece il loro ingresso, alcuni urlavano, altri ridevano, altri ancora battevano le mani.
Astra si aggrappò a Steve mentre i ricordi dell'aggressione, di qualche anno prima, subita dai Goblin le tornarono in mente.
«Ciao!» trillò uno dei Goblin battendo le manine, «Adesso ci divertiremo un po'!» si voltò verso gli altri e fece un cenno con la manina,  i Goblin scattarono andando ad aggredire i ragazzi.

***

Astra si mise in ginocchio e tossì, passò una mano sul volto e sulla bocca per togliere la polvere, quando ritrasse le dita si accorse che erano sporche di sangue. Si toccò il viso per cercare di capire da dove venisse, aveva un taglio sopra il sopracciglio sinistro. Boccheggiò e si mise seduta, solo allora si accorse che i suoi vestiti erano cambiati, trasformandosi in un abito da sposa. Le vennero in mente le visioni che aveva avuto. Si alzò in piedi e si appoggiò al muro per non cadere e si guardò attorno,   cercando di calmare il respiro affannoso.
Le pareti erano grigie, e tranne qualche colonna crollata a terra non c'era nient'altro.
Astra passò le mani sulle spalle cercando di scaldarsi, il corpetto del vestito era senza spalline.
Si guardò attorno cercando qualcosa con cui coprirsi, le sarebbe andata bene qualsiasi cosa.
Si staccò dal muro e avanzò lentamente, sollevando leggermente il vestito per non inciampare. Pochi minuti dopo vide una panca di marmo con sopra una mantella bianca con il cappuccio, la prese in mano e la guardò, era di velluto e il bordo del cappuccio era decorato con della pelliccia, anch'essa bianca.
L'annusò e le sembrò che profumasse di lavanda, anche se le importava poco del profumo, sperava solo che la scaldasse. Indossò la mantella e riprese a camminare lentamente, oltre al vestito anche le scarpe le impedivano di camminare con agilità, avevano il tacco alto, almeno una decina di centimetri, considerò Astra, e in più il cinturino le stringeva troppo. Dopo pochi passi sbuffò, si sedette sui resti di una colonna e si tolse le scarpe lasciandole lì, pensando che non le sarebbero servite. Si alzò in piedi e riprese a camminare.
«Joe!» urlò, «Steve! Kevin!» continuò a gridare.
Svoltò a destra, in uno dei corridoi. «Adam! Maya!» strillò cominciando a sentirsi nervosa, aveva paura. Non sapeva dov'era ne dove si trovassero gli altri.
Si strinse la mantella al corpo e continuò a camminare, urlando ogni tanto il nome degli altri.
Arrivò in una grande sala, c'erano delle panche in legno chiaro decorate con dei nastri dii organza e rose bianche. 
Un arco di palloncini bianchi era davanti alle panche, sistemato accanto a un leggio,
Astra si sedette su una delle panche, posò la testa sui palmi delle mani e si domandò cosa stesse accadendo.
«Astra!»
La ragazza si voltò e scattò in piedi quando vide Steve, corse verso di lui e gli si buttò contro, circondandogli il collo con le braccia e scoppiando a piangere.
«Cosa succede?» domandò lui accompagnandola alle panche, l'aiutò a sedersi e si mise accanto a lei, «E perché siamo vestiti così?»
Astra si asciugò le lacrime e solo allora si accorse che Steve indossava un completo elegante di colore grigio scuro.
«Non lo so...» mormorò lei, «Gli altri? Mio fratello?» pigolò stringendogli le mani.
Steve scosse la testa. «Non lo... quando mi sono svegliato ero solo.» disse.
Una porta che nessuno dei due aveva notato si aprì e un gruppo di persone vestite elegantemente entrò, Astra nascose il viso contro la spalla di Steve quando non vide i loro volti, perché non avevano un volto ma solo un ammasso informe di carne e pelle.
Dietro il corteo avanzava lentamente una carrozza bianca trainata da cavalli neri
Steve strinse Astra e la costrinse ad alzarsi, si spostarono lontano dalle panche, avvicinandosi al muro.
Le persone si sedettero, i maschi da una parte e le femmine dall'altra, la carrozza si fermò accanto all'arco di palloncini e quattro uomini presero una bara bianca dalla carrozza e la sistemarono sotto l'arco, su alcuni sostegni bianchi.
«Un funerale?» esclamò Steve impallidendo. «E perché noi siamo vestiti come se dovessimo sposarci?»
Astra scosse la testa, «Non lo so.» pigolò stringendosi di più a lui.
La porta era ancora aperta e Joe, Kevin, Adam e Maya apparvero: Astra si scostò da Steve e corse verso suo fratello abbracciandolo.
«Voi sapete cosa sta succedendo?»  domandò Steve.
«No.» rispose Kevin, «E perché siamo vestiti così?»  
Astra scosse la testa, anche loro erano vestiti elegantemente, i tre ragazzi indossavano lo stesso completo blu scuro, mentre Maya aveva un abito lungo celeste con una mantella come quella di Astra, soltanto che era blu. Adam aveva anche una sciarpa rossa. «Non lo so. Quando mi sono svegliata ero già così.» rispose notando che suo fratello e gli altri non avevano cambiato vestiti.
Il cavalli nitrirono spaventati e s'impennarono sulle zampe posteriori, scalciarono e riuscirono a liberarsi dei finimenti che li legavano alla carrozza, iniziando a correre per la sala, venendo ignorati dalle persone sedute.
I cavalli girarono attorno alle panche e si fermarono a qualche metro dai ragazzi, nitrirono contemporaneamente prima di partire al galoppo verso di loro.
I ragazzi corse lungo il corridoio, più avanzavano più il corridoio diventava stretto, ci stavano due persone affiancate.
Astra urlò quando inciampò nel vestito e il tonfo che fece il suo corpo quando cadde riecheggiò nel corridoi.
Steve si fermò e tornò indietro, afferrò Astra per la vita e la rimise in piedi. «Stai bene?» le chiese, la ragazza annuì e si voltò, i cavalli erano vicino, molto vicino.
Steve la spinse contro il muro facendole scudo con il proprio corpo.
I cavalli passarono accanto a loro sfiorandoli appena e Astra urlò quando li vide avvicinarsi verso suo fratello, Kevin, Adam e Maya.
I cavalli si divisero e oltrepassarono i muri, creando due grossi buchi, erano esattamente uno di fronte all'altro.
Steve spostò Astra dal muro facendola cadere a terra e si mise sopra di lei per proteggerla dai pezzi d'intonaco che cadevano dal soffitto.
«State bene?» domandò Adam a Steve e Astra, i due annuirono e la ragazza si sedette sul pavimento.
«Voglio andarmene da qui, subito!» strillò Maya scoppiando a piangere. Adam le si avvicinò e l'abbracciò sussurrandole qualcosa che la facesse calmare.
«Possiamo uscire da uno dei buchi.» disse Kevin, «Si vede un prato e qualche pianta.»
Astra si alzò in piedi aiutata da Steve. «Sei sicuro?» domandò.
Kevin annuì. «Certo, ci vedo ancora.» rispose.
Si avvicinarono lentamente al buco sulla parete sinistra e guardarono fuori, aveva ragione Kevin, si vedeva un prato e qualche albero in lontananza.
«andiamo.» esclamò Joe.
«Cosa? No!» strillò Maya scostandosi da Adam, si passò le mani fra i capelli e singhiozzò. «Io... voglio tornare a casa! Adesso!»
«Torneremo a casa.» le disse Adam abbracciandola nuovamente.
Kevin fu il primo ad uscire e Astra, aiutata da lui e da Steve, lo seguì. 
Maya scoppiò a piangere quando raggiunse Astra e si sedette per terra, sull'erba, singhiozzando  tenendosi la testa con le mani, continuava a mormorare che voleva tornare a casa.
Joe fu l'ultimo a posare i piedi sul prato.
Attorno a loro c'era solo erba, qualche cespuglio e qualche albero.
«Da che parte andiamo?» chiese Astra, non c'erano strade o sentieri che portassero da qualche parte, non si vedeva neppure il cavallo che era fuggito.
Astra sospirò, non ascoltando i discorsi dei ragazzi che decidevano cosa fare.
Maya aveva la testa posata sul suo grembo e lei iniziò ad accarezzare i capelli.
Era stanca e il vestito cominciava a darle fastidio, era ingombrante con quella gonna vaporosa. Alzò il cappuccio della mantella e si coprì il viso.
«Torniamo indietro, qui non c'è nulla.» esclamò  Joe e  aiutò Maya ad alzarsi.
Astra  sbuffò e si alzò in piedi. Seguì gli altri senza dire una parola.
Qualche minuto dopo erano nella stanza delle panche, non c'era più nessuno. Si accorsero che la bara era ancora lì, aperta.
Lentamente si avvicinarono per guardare chi ci fosse dentro. Astra rimase in disparte, ricordando quando aveva visto il suo cadavere.
Steve fu il primo ad avvicinarsi, fissò il corpo nella bara e si coprì la bocca con la mano per impedirsi di urlare, indietreggiò spaventato e si voltò verso Astra.
«Quella... lì dentro... è...» balbettò, «sei tu.»
Astra non disse nulla e abbassò la testa, il cappuccio le coprì gli occhi. 
«Come può essere... lì se è qui davanti a noi?» domandò Kevin, si avvicinò ad Astra e le posò una mano sulla spalla, lei alzò il viso e tentò di sorridere. «Non è lei, è solo una che gli assomiglia.»
Nessuno parlò, perché nessuno sapeva cosa dire. Astra pensò che fosse tutto un terribile incubo, ma sapeva che non era così. Era, erano, svegli, e quella cosa era reale. E lei non sapeva cosa fare. Guardò suo fratello e si spaventò quando vide la sua faccia sconvolta. Il viso di Joe era terreo, gli occhi spaventati e fissi sulla bara.
Adam abbracciava una Maya sconvolta, tenendole la testa contro il suo petto. Steve era in piedi, lo sguardo perso nel vuoto, Astrakan si domandò se fosse sempre così, se nelle situazioni di ansia, pericolo o quando bisognava prendere decisioni importanti.
Kevin si alzò, si avvicinò alla bara e chiuse il coperchio.
Il rumore parve risvegliare tutti dal proprio torpore. «Andiamocene da qua. Ci sarà un'uscita da qualche parte.» esclamò rabbiosamente, «Non serve a nulla stare qui a contemplare una bara con dentro chissà chi. Me ne voglio andare, andare da quel cretino che ci ha infilato in questa situazione e strozzarlo con quella sua stupida barba.»
Nessuno fiatò, Kevin si  mosse, incamminandosi verso uno dei corridoi. Gli altri lo seguirono senza dire una parola.
Camminarono in silenzio per svariato tempo, girando a caso per i corridoi, fino a quando si trovarono davanti a un grande cancello nero, dalle sbarre spesse, alto più di tre metri. Al di là del cancello, solo una distesa di neve candida e, in lontananza un palazzo.
«Ma è il nostro!» disse Joe, aveva riconosciuto la grande cupola della torre, quella esagonale, al centro del maestoso palazzo.
Astra si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla schiena e abbassò il cappuccio, la pelliccia cominciava a darle fastidio. «E come ci arriviamo?» domandò, «Saranno almeno... due miglia!»
«Posso aprire il cancello.» si offrì Kevin. «Poi cammineremo fino a là.»
«Ci congeleremo.» pigolò Maya stringendosi ad Adam.
«E io non ho le scarpe.» aggiunse Astra, i piedi cominciavano a farle male, non sapeva se fosse perché era senza scarpe da un po' di tempo o se fosse colpa del freddo.
«Sei senza scarpe?» urlò Steve, «Ma sei matta?»
Astra alzò le spalle. «Tanto sulla neve delle scarpe con il tacco alto non servono a nulla, solo a farti cadere.» rispose.
«E adesso?» mormorò Kevin fissando il cancello.
«Puoi spostarci tu.» esclamò Adam rivolgendosi a Kevin, «Se puoi farlo con le cose puoi farlo anche con noi.»
Kevin rimase in silenzio e guardò Joe e Astra in cerca di conferme. «Sì, in teoria è possibile.» disse la ragazza, «Solo che sprecheresti molte energie...»
«Lo aiuto io.» esclamò Steve, «Sono il Catalizzatore e il Custode, ho anche io dei poteri...» continuò, «dovrò pure imparare ad usarli.»
Astra lo fissò in silenzio e annuì. «Sì, potrebbe essere una buona idea.»
Kevin e Steve si spostarono da parte e iniziarono a parlare a bassa voce, Astra avrebbe voluto avvicinarsi e sentire cosa si stessero dicendo ma rimase ferma accanto al cancello.
«Abbiamo deciso,» disse Kevin guardando gli altri, «i primi saranno Astra e Adam, poi Joe e Maya e poi io.»
«E Steve?» domandò Astra preoccupandosi. 
«Quando sarò con voi lo sposterò io, e mi aiuterà  Joe.» rispose Kevin fissando la ragazza. «Non preoccuparti, andrà tutto bene.» sorrise cercando di rassicurarla.
Astra annuì e si spostò dal cancello, Joe l'abbracciò mentre Steve e Kevin si preparavano a far saltare il cancello.
I due, a pochi passi di distanza, le braccia tese, i volti concentrati. Il fascio di energia partì dai loro palmi, scaraventandosi sul cancello che tremò qualche istante prima di volare via e sprofondare sulla neve a diversi metri di distanza.
«Ah... ehm...» Adam si schiarì la voce, «se fate così anche con noi ci distruggerete.» fece notare.
Kevin fissò il cancello e si voltò verso di lui, «Starò attento.»
Steve si avvicinò a un cumulo di neve e sbuffò, «Non credo sia una buona idea.» disse.
«Perché?» domandò Kevin, «Basta che stiamo attenti a dosare la forza.» esclamò come se avesse fatto quelle cose —  spostare cose o persone con la telecinesi —  da sempre.
«Perché se sbagliamo,» Steve indicò la profonda gola fra loro e il palazzo, «loro si spiaccicheranno al suolo.» disse, «E io il fondo del crepaccio non lo vedo.»
Gli altri si avvicinarono a lui e osservarono stupiti la profonda gola.
«Non c'era prima!» esclamò Astra, «Da dove è uscita?»
«Possiamo ancora farlo?» chiese Adam.
Steve sospirò. «Io non me la sento.» disse, «Cadere su un cumulo di neve è una cosa, precipitare nel vuoto un'altra.» si voltò e guardò gli altri. «Dobbiamo trovare un'altra strada per uscire da... questo posto.»
Gli altri annuirono. 
«Ma dove?» domandò Adam, che non smetteva di stringere Maya fra le sue braccia, «Sembra un labirinto, questo posto.»
Astrakan sospirò e si passò le mani sul viso, «Torniamo indietro e passiamo per ogni singolo corridoio, anfratto o buco che troviamo, prima o poi troveremo un'uscita.»
Gli altri rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire. 
«C'è un'uscita, vero?» pigolò Maya, «Voglio andare a casa!» piagnucolò stringendosi ad Adam.
«La troveremo.» disse Steve, prese per mano Astra e iniziò a camminare. Dopo qualche minuti, dopo aver svoltato a caso per i corridoi, arrivarono a una stretta scala che scendeva. I gradini erano di pietra e i bordi erano consumati dal tempo.
Kevin andò in testa al gruppo, «Scendiamo in fila.» disse. Dietro di lui andò Astra, poi Adam, Maya, Joe e infine Steve che chiudeva la fila.
Astra camminò lentamente, tenendosi al muro. I gradini erano vecchi e scivolosi e l'abito da sposa la intralciava nei movimenti anche se lo teneva sollevato.
«Giuro che appena trovo delle forbici ti taglio il vestito.» esclamò Adam dopo che ebbe calpestato l'abito di Astra per la terza volta.
«Mi faresti un favore.» disse lei e si fermò quando le pareti tremarono leggermente.
«Più veloci!» esclamò Kevin iniziando a scendere la seconda rampa di scale. Tremò ancora tutto e le ragazze urlarono, Astra si tirò sul il vestito e iniziò a scendere velocemente, non badando ai gradini rovinati che le graffiavano i piedi, strillò ancora quando la scala fu squassata da una nuova scossa e scivolò in avanti, finendo contro Kevin, riuscì a mormorare un “Scusami” prima che la scala crollasse sotto i loro piedi.

***

Astra aprì la bocca per prendere un respiro profondo quando sentì sulle labbra qualcosa di caldo e morbido, aprì gli occhi e si mise in ginocchio e vide sotto di sé un grande tappeto bianco; ci impiegò qualche secondo per capire che si trovava in una camera. «È la stanza di Clarita!» esclamò mettendosi in piedi. 
Kevin era seduto sul tappeto, la schiena appoggiata al baule che si trovava ai piedi del letto. 
«Cosa fai?» pigolò Joe avvicinandosi a Kevin.
«Mi cambio.» rispose Astra frugando nei cassetti, afferrò dei calzettoni di spugna e dei collant pesanti che gettò sul letto, «Maya, cambiati!» disse.
Maya si alzò lentamente e barcollò fino al letto dove si sedette e infilò le collant e i calzettoni. 
«Dovrebbe andarti bene.» disse Astra passandole un paio di pantaloni pesanti e un paio di maglioni. «Ci sono anche le scarpe.» aggiunse indicando la scarpiera dietro Steve e prese dei vestiti anche per sé.
«Non c'è il buco.»
Astra, Maya, Adam, Joe e Kevin si voltarono verso Steve. «Cosa?» domandò Adam.
Steve annuì e indicò il soffitto. «Siamo precipitati, dovrebbe esserci un buco sul soffitto ma... non c'è.» spiegò.
Gli altri alzarono lo sguardo e si trovarono davanti il soffitto dipinto di azzurro chiaro, ed era tutto intero.
«Non è possibile!» esclamò Adam.
Astra si contorse alla ricerca della cerniera dell'abito, «Aiutami.» disse a Maya. La ragazza si avvicinò e le abbassò la lunga cerniera e le due si voltarono. I ragazzi le stavano guardando. «Vi girate, per favore?» domandò Astrakan. Adam arrossì e si voltò immediatamente borbottando, e gli altri tre lo seguirono.
Maya e Astra si cambiarono, indossando i pantaloni pesanti, magliette di lana a maniche lunghe, camicie di flanella,  maglioni e felpe. Afferrarono stivaletti imbottiti con del pelo e Astra spiegò che l'esterno era impermeabile; non trovarono dei cappotti così indossarono nuovamente le mantelle.
«Dove andiamo, adesso?» domandò Kevin a Joe, «Da che parte usciamo?»
«C'è l'uscita del personale.» disse Astra.
«Perché non lo hai detto prima?» domandò Steve.
Astra scrollò le spalle, «Perché prima eravamo dall'altra parte del palazzo.» rispose. Uscirono dalla stanza e Joe aprì un grosso armadio e passò alcuni cappotti maschili agli altri tre ragazzi, troppo grandi per loro.
«Ma sono di un gigante?» domandò Adam guardando il bordo del cappotto che gli sfiorava il bordo degli stivaletti, oltre a essere lungo era anche troppo largo, afferrò una lunga sciarpa e la annodò in vita come se fosse una cintura.
«Sono di Samuel, lui è un po'... alto.» spiegò Astra.
Joe si mise in testa al gruppo e aprì una porta, scese cinque gradini e si fermò davanti alla solida porta di metallo; fece un respiro profondo e posò la mano sulla maniglia e l'abbassò, tirando contemporaneamente la porta verso di sé, solo che la porta rimase ferma.
«È bloccata.» ringhiò tirando la maniglia con entrambe le mani, Kevin andò da lui e provò ad aiutarlo, senza successo.
«Se usassimo un po' di forza bruta?» domandò Kevin. Joe alzò le spalle e fece un passo indietro, Kevin si concentrò e usò il suo potere per aprire la porta, dopo pochi secondi la porta si scardinò e Joe la prese e la posò contro la parete.
Astra, Maya e Adam strillarono quando videro il muro di neve che minacciava di cadere dal buco lasciato dalla porta aperta e Steve reagì immediatamente e riuscì a rimettere la porta al suo posto.
Kevin si voltò lentamente, il viso bianco dallo spavento. «C'è così tanta neve?» domandò ansimando.
Adam alzò gli occhi al cielo e osservò il soffitto. «C'è una stanza, qua sopra?» chiese e strizzò gli occhi piegando la testa di lato.
«No.» rispose Astra, «Perché?»
Adam fece un sospiro, «Perché, a meno che non ci sia in giro qualcosa che scricchiola, credo che stia crollando il soffitto.» disse.
Immediatamente alzarono tutti lo sguardo e videro, con loro grande orrore, che sul soffitto si stava aprendo un enorme crepa. Kevin e Joe fecero in tempo a saltare sulle scale, Steve e Adam tirarono indietro Astra e Maya un attimo prima che il soffitto e molta neve crollassero a terra con un terribile boato.
«Qui sta per crollare tutto!» gridò Kevin fra un colpo di tosse e un altro.
Steve afferrò la mano di Astra e la trascinò via, oltre la porta, ed entrò in una stanza mezza vuota, c'era solo un grosso armadio. Anche gli altri li seguirono. Steve aprì la finestra e guardò fuori. «Lì sotto cosa c'è?» domandò indicando un tetto piatto un paio di metri sotto di loro.
«Una stanza che non usiamo mai.» rispose Joe, «E là,» indicò con la mano destra un punto alla loro sinistra, «c'è una strada. Sotto la neve ma c'è.»
«Se non fosse così buio potremmo uscire.» disse Steve, «Se usciamo rischiamo di perderci.»
«Non avete delle torce?» domandò Kevin.
Joe e Astra si guardarono, «No, credo di no.» disse lui.
«Anche se ci fossero non saprei dove cercarle.» spiegò Astra.
Steve inspirò lentamente. «Dobbiamo trovare un'altra uscita.» mormorò voltandosi, «E delle torce.»
Gli altri annuirono e Kevin aprì l'armadio alla ricerca di una torcia ma trovò solo polvere, una corda e un vecchio grembiule da cucina tutto macchiato. Uscirono dalla stanza in fila indiana ed entrarono nella successiva, una semplice camera matrimoniale con un grande letto, due comodini, un grosso armadio e una cassettiera con una specchiera, il tutto di legno scuro.
Frugarono nei cassetti e nell'armadio alla ricerca di una torcia ma senza successo. Steve sbuffò e si passò le mani fra i capelli, «Dobbiamo uscire da qui, trovare aiuto, andare dal vecchio e pestarlo a sangue.» disse e si sedette sul letto.
«Quando ero piccola andavo in campeggio... ci avevano insegnato a costruire delle fiaccole.»
Si voltarono verso Maya, sorpresi. «È solo che... non ricordo come si fa.» aggiunse e abbassò la testa, sentendosi colpevole.
«Non importa.» le disse Kevin con un sorriso.
Maya alzò la testa e piegò le labbra in un sorriso.
I ragazzi non urlano quando il pavimento tremò, si limitarono a spingere le ragazze sotto l'architrave della porta, rimasero lì fino a quando la scossa non cessò.
Corsero nella stanza di prima e Steve afferrò la corda, «Usciamo e usiamo questa per non perderci.» nessuno disse nulla e Joe saltò per primo, seguito da Astra e dagli altri. Kevin fu l'ultimo a saltare, dopo aver spostato l'armadio davanti alla porta.
Non si vedeva nulla, era completamente buio e faceva ancora più freddo di quella mattina.
Saltarono giù dal tetto e affondarono nella neve fino alle ginocchia. Steve si mise in testa alla coda e Kevin la chiudeva.
Avanzarono lentamente, tenendosi saldamente alla corda. Astra posò la mano libera sulla spalla di Steve e abbassò il viso, anche se non nevicava più il vento alzava sbuffi di neve.
Dopo qualche minuti Steve si fermò di colpo, aveva toccato qualcosa con la gamba, Astra non si fermò in tempo e andò a sbattere contro la spalla del ragazzo.
«Avverti quando ti fermi!» gli gridò Joe.
«Ho trovato qualcosa.» disse Steve e si chinò, spostò della neve e tastò l'oggetto. «Sembra una piccola fontana.» disse e continuò a tastare, strizzò gli occhi sperando di vedere qualcosa. «Ma è una statua porno?» domandò, «Sto toccando qualcosa di strano...»
Astra ridacchiò, «Credo che sia la fontana con l'elefantino e tu stia toccando la proboscide.» 
Steve arrossì e spostò la mano. «Uhm. Okay.» borbottò, «Sapete dove siamo?» domandò.
«Nel giardino davanti.» rispose Joe, «Almeno credo.»
«Confortante.» borbottò Kevin.
Steve non disse nulla e riprese a camminare, fino a quando il suo piede appoggiò nel vuoto e cadde, Adam riuscì ad afferrare Astra un attimo prima che cadesse anche lei.
«Sto bene.» borbottò Steve, «Sembra una casa.» disse. 
Lentamente gli altri cinque si calarono e lo raggiunsero. Erano dentro la soffitta di una casa, la neve aveva rotto il vetro del lucernario.
Scesero al piano di sotto e trovarono una stufa e una lampada al cherosene con due taniche ancora piene lì vicino. Decisero di fermarsi e accesero la stufa. Joe frugò nella cucina e trovò alcune scatole di carne che, purtroppo, era mezza congelata, così come il succo di frutta. Misero tutto vicino alla stufa e si avvolsero nelle coperte.
«Sai dove siamo?» chiese Adam. «Avrai trovato dei documenti, in  giro.»
«Documenti?» domandò lui, «Noi non abbiamo documenti.» disse, «Abbiamo solo un archivio con le nascite e le morti, ma documenti d'identità veri e proprio no.»
«E come avete fatto a prenotare l'albergo?» chiese Maya.
Joe fissò Astra e lei, dopo un momento, sorrise. «Io... noi non vi abbiamo detto tutta le verità.» disse, «Anche io ho dei poteri, riesco a convincere la gente a fare quello che voglio.» spiegò.
«Oh.» commentò Maya. «Ma i soldi? Ti ho vista pagare, quando siamo andate a fare shopping!»
Astra sospirò. «Mi faccio dare i soldi da quelli che li hanno appena prelevati.» disse, «Dopo cinque minuti si sono dimenticati di tutto.»
«Lo scopriranno dall'estratto conto!» esclamò Adam, allungò un braccio e strinse a sé Maya.
Astra ridacchiò. «Non è un problema mio.»
«Sicuramente si staranno chiedendo dove sono finiti quei soldi.» esclamò Adam, «Avranno preso d'assalto le stazioni di polizia!»
Astra fece una smorfia. «Non ho preso i soldi a così tanta gente, eh.» replicò, «Solo sono a una quindicina, al massimo venti.»
Rimasero in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri: Steve voleva delle spiegazioni da sua madre, Adam pensava che quella situazione era abbastanza assurda, Maya era terrorizzata e voleva tornare a casa, anche se non era pentita di essere lì, Kevin voleva solo trovare il Saggio e riempire di calci il suo culo ossuto, Joe si domandava se Kevin sarebbe rimasto con lui e Astra voleva disperatamente che Steve le dicesse “ti amo.”
Dopo un po' Joe aprì le scatolette di carne, recuperò dalla cucina delle fette biscottate e dei piatti di ceramica, aspettarono che si riscaldassero un attimo poi mangiarono lentamente.
«Mi chiedo dove siano finiti tutti quanti.» esclamò Astra, «Insomma, ormai è notte, dovrebbero cercarci!»
«Già.» sospirò Joe, «Dovrebbe essere tutto illuminato a festa e invece...» lasciò cadere la frase e posò la fronte sulle ginocchia piegate.
Spensero la lampada per risparmiare cherosene, si sistemarono uno vicino all'altro e decisero di dormire almeno un paio d'ore; Astra si rannicchiò contro Steve e posò la testa sul suo torace, lui le baciò la testa e la coprì anche con la sua coperta. «Andrà tutto bene, te lo prometto.» le sussurrò prima di posare la testa su quella di lei. 

***

Si svegliarono poche ore dopo, a causa di un rumore di vetri infranti. Kevin accese la lampada e videro una delle finestre distrutta; si alzarono in piedi, Kevin raccolse la torcia e uscirono dal lucernario. 
«Quella è l'entrata, vero?» chiese indicando un portone mezzo distrutto a circa cinquecento metri di distanza.
«È il palazzo del Saggio!» disse Joe.
«Andiamo da lui. Ho voglia di spaccargli tutte le ossa.» esclamò Steve. «Una per una.»
Avanzarono lentamente, con la paura di mettere i piedi nel posto sbagliato; dopo quello che sembrò loro un'eternità, arrivarono davanti al portone. L'anta di destra era squarciata e pendeva dai cardini con un cigolio inquietante. Scavalcarono le macerie ed entrarono nell'atrio. Una colonna decorativa era crollata a terra, così come il corrimano della grande scala curva.
«Dove si trova?» chiese Kevin.
«Nel suo studio, probabilmente.» rispose Astra, «È al pian di sopra.» disse. 
Salirono le scale e si bloccarono quando videro il gruppo di Goblin davanti a loro, fecero un passo indietro, spaventati, ma gli esserini non badarono a loro, erano troppo presi a piangere sui corpicini orrendamente squartati di tre loro simili.
«Cos'è successo?» domandò Astra facendo un passo avanti. I Goblin non le risposero e lei agguantò il più alto e lo sollevò. «Cos'è successo?» ripeté guardandolo, «Dimmelo.» la sua voce si era abbassata e gli altri riuscirono a sentire il potere, come se fosse una coperta calda. Il Goblin squittì e scalciò ma Astra non mollò la presa. «Allora?»
Il Goblin si agitò ancora qualche secondo poi respirò a fondo, «Lui li ha uccisi!» strillò.
«Il Saggio?» chiese lei, «Dimmelo!» 
L'esserino annuì con vigore, «Sì, sì, è stato lui!» rispose.
«Cosa gli prende al vecchio? Rispondi!» domandò Astra e lo posò sopra un mobile.
Il Goblin si lasciò sfuggire un singhiozzo e tirò su con il naso. «È matto!» rispose, «Lo è diventato da qualche mese, vuole più potere, è arrabbiato con voi gemelli perché avete dei poteri e lui no, allora...»
Astra respirò a fondo, «Allora cosa?» disse, «Dimmi tutto quello che sai!»
«Ha trovato un incantesimo, gli servono gli Ambasciatori, il Custode e tre terrestri.» rispose elencando con le piccole dita tozze; Astra si voltò verso gli altri e inarcò le sopracciglia, lì, di terrestri ce n'erano solo due. «Vuole che il suo potere aumenti, vole essere l'unico padrone di questo mondo.» squittì l'esserino e cercò di saltare giù dal mobile ma Astra lo trattenne.
«Dimmi tutto quello che sai.» disse. 
Il Goblin la fissò terrorizzato ma smise di agitarsi. «Giù nella sala dei sotterranei sotto alla sua camera.» iniziò, «È lì che lui ha... che noi abbiamo preparato tutto.» disse e strizzò gli occhi. «L'incantesimo deve farlo entro l'alba.» squittì.
«Mancano quindici minuti alle quattro.» disse Joe, «L'alba è alle sei e mezzo circa, abbiamo poco più di due ore e mezzo.»
Astra annuì, «Nella stanza sotterranea sotto alla sua camera?» chiese guardando il Goblin.
L'esserino annuì. «Sì!» squittì, spaventato. «È tutto lì, gli servite solo voi.»
Astra annuì ancora, «Bene.» disse, «Hai visto Katulaa?»
Il Goblin scosse con frenesia la testa. «No!» strillò e riprese a divincolarsi. 
Astra lo posò per terra e quello fuggì accanto agli altri. «Nascondetevi.» disse l'Ambasciatrice, «E se mi hai mentito... m'incazzo ancora di più.» aggiunse, sospirò e si girò per guardare gli altri.
«Da che parte?» chiese Kevin.
«Di là.» disse Joe indicando una porta alle spalle dei Goblin. 
Il gruppo aggirò i Goblin ed entrarono in un breve corridoio che terminava con una scala che scendeva nei sotterranei; scesero lentamente, aggrappandosi al corrimano e, dopo un minuto la scala terminò.
«Fa freddo.» commentò Adam.
«Siamo quattro metri sotto terra.» spiegò Astra mentre svoltava a sinistra.
«Sei sicura che sia la direzione esatta?» chiese Adam e Astra annuì.
Dopo una decina di metri il corridoio si allargava, rivelando quattro corridoi che si incrociavano; il gruppo svoltò a destra e proseguì rallentando, a causa delle macerie sul pavimento. 
«Non è che crolla tutto?» pigolò Maya.
Astra respirò a fondo. «Spero di no.» rispose e scavalcò un pezzo d'intonaco, si bloccò e, con uno strillo, si avvicinò a una vecchia colonna caduta a terra, la spostò e sfiorò il corpo riverso sotto di essa; Joe la
raggiunse e l'aiutò a spostare la colonna. Astra inspirò lentamente, e sfiorò il viso della ragazza. «Kat...» mormorò mentre Joe le stringeva una mano. Il corpo della muta-forma era pieno di graffi e lividi, un taglio le squarciava il costato, un altro taglio aveva reciso la pelle delicata del collo.
«Io lo ammazzo.» disse asciugandosi gli occhi, «Lo ammazzo quel lurido vecchio.» ripeté e si alzò in piedi aiutata da suo fratello. «Lo uccido con le mie mani.» disse e si tolse il mantello e lo posò con delicatezza sul corpo della ragazza.
«Andiamo.» esclamò dopo qualche secondo di silenzio.
Camminarono in silenzio e Steve raggiunse Astra e le strinse la mano sinistra senza dire una parola. 
«È lì.» sussurrò Joe e alzò il braccio destro, indicando una porta alta quasi due metri.
«Sa che siamo qui.» sospirò Adam.
«Sì.» rispose Astra anche se quella di Adam non era una domanda ma un'affermazione, «Andiamo ad ucciderlo.»
Steve le strinse la mano e Joe la fissò preoccupato, poi pensò che Kat era una loro cara amica e che non era giusto che fosse morta. All'improvviso gli dispiacque anche per i Goblin uccise, visto che sembrava che loro e il Saggio fossero in combutta.
«Adam... se le cose si mettono male prendi Maya e scappa.» esclamò Kevin, «Tornate a New York, andate dai miei genitori e dite ogni cosa.»
Il libraio si limitò ad annuire in risposta. 
«Nel garage accanto al palazzo c'è il gatto delle nevi.» gli disse Joe, «O almeno, dovrebbe esserci.» 
Adam annuì di nuovo e strinse più forte la mano di Maya.
Astra fece un respiro profondo e aprì la porta, il Saggio era lì, piegato sopra un libro. «Io ti ammazzo.» esclamò lei, «Anzi, no.» disse, «Sarai tu a ucciderti.» si corresse e piegò la testa di lato. «Ucciditi!» gridò scaricando il suo potere sul vecchio che la fissò con un sorriso di scherno.
«Oh, siete qui.» gongolò il Saggio, «Gli Ambasciatori, il Catalizzatore e tre Terrestri... perfetto!»
Astra fissò Steve e fece un sorrisetto, «Io non ne sarei così sicuro.» disse, «Forse è il caso che rivedi il tuo stupido incantesimo!»
«Che intendi, ragazzina?»
Kevin avanzò di un passo, «Che qui non ci sono tre Terrestri.» esclamò, la schiena dritta e il mento verso l'alto; alzò la mano sinistra e il grosso libro si chiuse di scatto sulla mano del Saggio che urlò dal dolore. «Forse ce ne sono due, o forse ce n'è uno solo...» rise.
«Piccoli bastardi!» esclamò il Saggio togliendo la mano dolorante dal libro, «Ve ne pentirete!» tuono e allungò la mano sana verso il suo bastone a Steve lo precedette e usando i suoi poteri scompigliò il piccolo tavolino su cui erano posati i vari oggetti dell'incantesimo e scagliò il bastone contro il muro, la forza dell'impatto lo fece spezzare in due.
Il vecchio urlò e si girò verso il gruppetto, «Me la pagherete, piccoli idioti.» esclamò e stese il braccio, «Anche senza il mio bastone so fare qualche magia!» disse e scagliò una grossa bolla infuocata verso i sei che si abbassarono all'istante, il muro dietro di loro esplose, mandando schegge di intonaco e mattoni ovunque.
Astra approfittò della polvere che impediva la visuale e corse contro il Saggio, spingendolo per terra. Iniziò a colpirlo con pugni e schiaffi mentre la polvere si depositava sul pavimento.
Il Saggio riuscì a reagire e si scrollò di dosso Astra, mandandola di lato e facendola rotolare un paio di volte; Steve fu subito al suo fianco e l'aiutò a rialzarsi e la spinse fra le braccia di Joe. «Siete in trappola, lo sapete?» chiese il vecchio asciugandosi il sangue che gli colava dal naso, «Vi ucciderò e il potere sarà mio!» gridò.
I ragazzi fuggirono quando il pavimento tremò e le pareti vibrarono con un rumore che sembrava una minaccia di crollo imminente. Joe andò in testa alla fila e fece strada agli altri e arrivarono in una piccola stanza, gli unici mobili erano un armadio, un tavolo e un divanetto. I ragazzi li spostarono davanti alla porta anche se sapevano che non sarebbe servito a nulla.
«Io lo ammazzo!» gridò Astra, «Ha ucciso Kat!» gridò, «Io lo riduco a una polpettina inutile!»
Steve le si avvicinò e l'abbracciò senza dirle nulla.
«Si sta muovendo!» strillò Maya indicando una parete dove una piccola porticina — era alta poco più di mezzo metro — si stava aprendo. Kevin la spostò, sollevandola e mettendola fra le braccia di Adam.
Un attimo dopo, un paio di Goblin fecero capolino. «Non abbiate paura.» dissero in coro, «Sappiamo come sconfiggerlo.»
Gli altri si guardarono, a eccezione di Maya che continuò a tenere premuta la faccia contro la spalla di Adam. «Va bene.» esclamò Steve.
Entrarono nella porticina e scoprirono che solo quella era piccola, il tunnel era alto più di due metri. «Cosa sapete?» domandò Kevin.
«Il vecchio ha un paio di punti deboli, che sono l'avarizia, la presunzione di essere il migliore e la megalomania.» rispose il più alto dei Goblin, «Oltre a essere fuori di testa.»
«E come possiamo ammazzarlo?» domandò Astra.
«Con la sua stessa arma.» rispose l'esserino, «Ma prima dovete sapere alcune cose.»


«Tanti anni fa l'anziano decise di prendere possesso del corpo del Saggio perché era stanco di essere solo... come dire... ah, sì, ecco: era stanco di non avere un corpo fisico ma di essere puramente spirito. Così ha preso possesso del vecchio, ma lui se ne è accorto e ha cercato di combatterlo e per un po' ci è riuscito, solo che negli ultimi anni l'Anziano si è fatto più forte e ha preso possesso dell'anima del Saggio.» disse il Goblin e prese un respiro profondo.
«È... è posseduto?» domandò Adam.
«Sì.» rispose il Goblin, «Solo che non è come sulla Terra dove chiami un'esorcista...» si fermò e guardò i ragazzi che lo stavano fissando quasi sconvolti, «Bhe... che c'è? Anche noi abbiamo la TV e abbiamo visto l'Esorcista!» sbuffò e incrociò le braccia ossute. «Comunque... sì, a quello non servono esorcisti o psichiatri.» aggiunse, «Bisogna... ucciderlo.»
Gli altri annuirono lentamente — dopotutto era quello che volevano tutti loro.
«Ma c'è una cosa ancora più strana... alcuni vecchi libri dei secoli scorsi dicono che il nostro mondo non è mai stato diviso in due mondi: secondo loro è successo qualcosa.» continuò l'esserino, «Sempre secondo loro il nostro pianeta era simile alla Terra: freddo vicino alle zone dei poli e più caldo all'equatore.»
«Il Saggio posseduto li ha divisi?» chiese Joe, «Vuol dire che dall'altra parte non c'è una zona dove c'è sempre il sole, fa sempre caldo e si può fare il bagno senza rischiare l'assideramento?»
Il Goblin alzò le spalle. «Secondo loro... sì.»
«Quindi era solo un bugia?» domandò Joe, «Summer non esiste?»
Il Goblin annuì «Sì.» rispose. «L'Anziano ha preso possesso della mente del Saggio e forse lo ha convinto a raccontare tutte quelle storie sulle due regioni... solo perché sperava di avere un tornaconto.» disse, «Negli anni gli ha instillato l'odio nei vostri confronti perché voi avevate il potere e loro no... di certo non si aspettava che la storia dei Custodi fosse vera.»
«O che due terrestri fossero così coraggiosi.» aggiunse l'altro.
«È stato lui a uccidere mamma e papà?» pigolò Astra e le labbra le tremarono quando il Goblin annuì.
«Io gli spezzo le gambe.» esclamò Joe, «E ora,» afferrò uno dei due Goblin, «dicci cosa dobbiamo fare.»
L'esserino annuì spaventato mentre l'altro corse dietro una bassa libreria e afferrò un libro nascosto fra il mobile e il muro. «Qui c'è scritto tutto!» disse allungando il libricino — aveva la copertina sottile e non più di una cinquantina di pagina — a Kevin.
Il ragazzo lo sfogliò, «Dice che dobbiamo...» si fermò e lesse. 
«Cosa c'è scritto?» chiese Steve.
«Che dobbiamo ingannarlo, portandolo al pozzo sotteraneo.» lesse Kevin, «Pozzo sotteraneo?»
«Non so dove sia.» disse Astra e si staccò da Joe che la stava abbracciando.
«È sotto questa stanza.» rispose il Goblin più alto.
«Poi cosa dobbiamo fare?» chiese Steve.
«Farlo cadere dentro.» rispose Kevin, «E sigillare il pozzo buttando delle erbe...»
«Le abbiamo tutte qui.» s'intromise il Goblin che aveva risposto prima.
«E sigillarlo con la sua lastra.» finì Kevin.
«Quando le cose sembrano così semplici in realtà sono difficilissime.» sospirò Adam.
«Facciamolo.» esclamò Steve.
«Cosa?» fece Adam.
«Voi due preparate tutto quello che serve, poi portateci al pozzo, lasciamo lì le robe, troviamo il bastardo, ci facciamo seguire e lo prendiamo a calci fino a quando non ci cade dentro.»

***

Kevin si acquattò contro il muro e fece segno agli altri di rimanere in silenzio. Il Saggio camminava nervosamente avanti e indietro. Il ragazzo respirò a fondo e si sporse oltre l'angolo del muro, attese qualche secondo poi fece rotolare una biglia, fra i piedi del Saggio, che non la vide e cadde per terra.
«Voi!» gridò l'uomo, «Piccoli bastardi!» si alzò in piedi e si avvicinò al gruppo, che scappò verso il pozzo sotteraneo.
Corsero lungo i corridoi e proseguirono scendendo una scala con i gradini di pietra e arrivando alla sale del pozzo — che era per la maggior parte interrato e molto profondo.
Astra e Maya raggiunsero i due Goblin e si accorsero che altri esserini erano nascosti dentro un mobiletto e Astra pensò che volessero vendicarsi dell'omicidio dei loro amici.
Adam raggiunse le due e si parò davanti a loro come gli aveva chiesto Steve — anche se non ce ne sarebbe stato bisogno e lo avrebbe fatto ugualmente.
Joe, Steve e Kevin erano davanti al pozzo, in modo da impedirne la visione a chi fosse entrato nella stanza. Il Saggio entrò avanzando lentamente. «VI ucciderò!» gridò l'uomo scagliandosi contro i tre giovani che si separarono e Kevin andò alle spalle del Saggio e lo spinse verso la bocca del pozzo e Joe e Steve lo aiutarono.
Il saggio cadde dentro il pozzo con un urlo animalesco, i Goblin buttarono erbe — aromatiche e fiori secchi —  nel pozzo mentre Astra, Maya e Adam iniziarono a spostare la lastra di copertura del pozzo, aiutata dagli altri Goblin e dai ragazzi.
«È fatta!» esultò Kevin girandosi verso gli altri.
«Oh.» squittì uno dei Goblin.
Kevin si girò e Steve gli diede uno spintone, buttandolo a terra un attimo prima che la copertura del pozzo si distruggesse.
«Sono ancora qui.» disse il Saggio uscendo dal pozzo, «E sono molto, ma molto, incazzato.» gridò.
I Goblin fuggirono spaventi e Astra si attaccò al braccio di Steve che deglutì sentendosi impotente; fece scudo alla ragazza con il proprio corpo.
Adam strinse Maya e Joe e Kevin si misero davanti a loro per proteggerli.
Il Saggio respirò rumorosamente, e strinse il suo bastone. «Vi ucciderò, uno a uno.» disse.
Steve indietreggiò insieme ad Astra e sentì qualcosa di duro e tondo premergli sulla gamba, infilò la mano in tasca e strinse il cuore della sfera. Non sapeva come usarlo o a cosa dovesse servire ma pregò silenziosamente che fosse d'aiuto. Con lentezza la tirò fuori e la mostrò al Saggio.
«Tanto non sai usarla.» lo prese in giro.
Steve sorrise, «Questo lo dici tu.» disse e, preso dall'istinto, scagliò la sfera contro il Saggio, colpendolo alla testa e facendolo cadere a terra svenuto. Raccolse la sfera e guardò gli altri. «Andiamocene.» ordinò.
Kevin raccolse il bastone.
«Spezzalo.» suggerì Adam mentre camminavano per i corridoi stretti e bassi.
«Perché?»
«Perché nei film il bastone è fonte di potere...» rispose alzando le spalle, «Che ne so... rompilo, al limite non lo userà per colpirci!»
Kevin e gli altri girarono a destra, arrivarono alle scale e mentre gli altri salivano, lui spezzò il bastone.
«No!» 
Urlo del Saggio fece tremare le pareti e le ragazze urlarono spaventate, mentre lingue di fuoco si alzavano dal pavimento. 
«Andiamo!» gridò Joe, «Muovetevi!»
I ragazzi fuggirono mentre dietro di loro tutto andava a fuoco. Uscirono dai sotterranei e si ritrovarono nelle cucine dove li attendevano le ombre che scapparono appena videro il fumo causato dalle fiamme.
Joe aprì l'ennesima porta e strillò quando si trovò davanti al Saggio.
«Siete in trappola.» esclamò il vecchio e colpì la lunga barba bruciacchiata in più punti.
Kevin lo fissò, decidendo cosa fare — dietro di loro il fuoco, davanti il Saggio e desiderò avere un pistola e sparare in mezzo alla fronte del Saggio.
«Voglio sapere chi è stato ad avere quella bella idea di rompere il mio bastone.» chiese il Saggio.
Adam e Kevin rimasero in silenzio e quest'ultimo si giurò che non avrebbe mai fatto il nome dell'amico, nemmeno sotto tortura.
«Allora?» esclamò il Saggio poi alzò le spalle, «Non importa, tanto vi ucciderò tutti quan-» si fermò e urlò quando l'acqua del sistema antincendio partì, spegnendo le fiamme in una manciata di minuti.
Astra si strinse contro la schiena di Steve mentre l'acqua gelata le bagnava i vestiti e si chiese cosa potesse fare per distruggere quell'uomo che le aveva rovinato la vita.
«Hai ucciso tu i nostri genitori?» domandò Joe.
Il Saggio fece un ghigno mentre l'acqua si spegneva, «Oh, sì.» rispose, «Si stavano avvicinando troppo alla verità, stavano per scoprire che sono stato io a far sparire il Catalizzatore.»
«E allora perché hai ordinato di cercarci?» chiese Steve.
Il Saggio alzò le spalle e si asciugò il viso, «Perché ti volevo morto, ecco perché.» rispose, «E adesso vi ucciderò e sarò il padrone di questo pianeta.»
«Non credo proprio.»
Il Saggio fece appena in tempo a voltarsi quando un pezzo di legno lo trafisse all'altezza del cuore. Guardò verso il basso e vide che era stato trafitto da un pezzo del suo bastone, alzò il viso e si accasciò a terra.
«James!» esclamò Kevin, «Cosa cazzo ci fai qui?»
«Ti salvo le chiappe, fratellino.» rispose l'altro spingendo il pezzo di legno nel corpo del Saggio.
Kevin lo osservò perplesso, «Ehm... come sei arrivato?»
«Dal portale.» rispose James e si accorse di essere osservato. «Steve. Adam.» disse. «E ora, invece di stare lì come belle statuine perché non mi aiutate a buttare questo stronzo nel pozzo?»
Steve fu il primo a farsi avanti e prese i piedi del Saggio mentre James lo afferrò sotto alle ascelle. «Sto stronzo pesa.» commentò il primo.
Kevin seguì i due insiemi agli altri, ancora sorpreso che suo fratello fosse lì.
«A proposito... chi è il genio che ha avuto l'idea di rompere il bastone? Perché è stata una cosa veramente geniale.»
«Sono stato io.» ammise Adam.
«Grande!» disse James.
Dopo quello che gli sembrarono ore e dopo un cambio — James e Steve furono sostituiti da Kevin e Joe — arrivarono al pozzo.
«E lui chi è?» domandò uno dei Goblin e si nascose dietro un'anta mezza bruciata.
«Mio fratello.» rispose Kevin poi guardò Joe e buttarono il vecchio nel pozzo.
«Speriamo che sia l'ultima volta.» commentò Steve. «Se risorge un'altra volta gli do un calcio nel culo.»
«Credo che dovrete bruciarlo.» squittì il Goblin facendo spuntare gli occhi dal pezzo di legno.
«Il piccoletto potrebbe avere ragione.» disse James, «Ehi, fratellino,» si voltò verso Kevin, «Che ne dici di fare un po' di luce?»
Kevin aprì la bocca ma la richiuse subito, «Non credo di saperlo fare.»
«Sì che ne sei capace.» gli disse Joe, «Basta che lo vuoi.»
Kevin sospirò e si guardò le mani, non sapendo come fare. Sapeva spostare gli oggetti ma creare delle fiamme dal nulla gli sembrava una cosa impossibile.
«Ho del cherosene e una scatola di fiammiferi.» squittì il Goblin. «Oh, bhe, quello ha ucciso mia cugina... lo voglio morto.» disse quando si accorse di essere guardato.
«Forse è meglio.» commentò Steve, «Portali qui.» ordinò e il Goblin annuì e scomparì alla ricerca del materiale. «Ormai è l'alba.» commentò guardando un buco sul soffitto da cui proveniva la luce dell'alba.
La bocca del pozzo tremolò e Astra si rifugiò dietro Steve, «Ecco qui.» disse il Goblin trascinando una tanica di cherosene, annaspò per la fatica e prese una scatola di fiammiferi dalla tasca dell'abito. Kevin svuotò la tanica nel pozzo che tremò ancora e gettò il contenitore nel pozzo, prese la scatola dei fiammiferi, ne tirò fuori un paio e, tenendoli insieme, li sfregò sulla striscia abrasiva. Le capocchie sfrigolarono e si accesero. Kevin li lasciò andare e il cherosene prese fuoco immediatamente mentre il tremore si espanse dal pozzo al pavimento. «Andiamo.» disse.
Avevano da poco superato la soglia — il Goblin si era nascosto in una piccola galleria creata nel muro — quando qualcosa esplose nel pozzo. «Sono ancora qui.»
I sette si girarono e videro con orrore il Saggio che usciva dal pozzo. «Siete bravi, sul serio.» disse il vecchio, «Non vi siete fatti spaventare dagli incubi o dalle ombre... e siete stati così furbi da capire che bisognava rompere il mio bastone... ma non sapete ancora tutto.»
Maya strillò e si strinse ad Adam che deglutì a vuoto, James fissò il Saggio e fece un passo indietro. «Al mio tre.» disse.
«Al mio tre cosa?» squittì Astra.
Jason deglutì invece di rispondere. «Uno... due...» disse, «Tre!» gridò e iniziò a correre, travolgendo il Saggio e facendolo cadere. Steve strinse la mano di Astra e la trascinò mentre Joe e Kevin spingevano Adam e Maya a correre. 
Il gruppo tornò nella cucina e la oltrepassò, finendo in quella che era la sala da pranzo mentre tutto attorno a loro tremava. 
«Dobbiamo uscire, sta per crollare tutto!» gridò Steve e urlò quando James si fermò di colpo davanti a uno squarcio sul pavimento che andava da una parte all'altra della stanza. Steve guardò verso il basso, vedendo un gallerie mezza diroccata sotto ai suoi piedi.
«Cosa facciamo?» chiese James. «Quando sono passato di qui non c'era!»
«Di qui.» esclamò Joe e andò verso un'altra stanza, «Usciremo dall'uscita del personale.»
I sette arrivarono in un'altra camera dove si fermarono a prendere fiato; Maya e Astra si sedettero sul pavimento, esauste.
«Ommiodio siamo in un film horror dove il cattivo non muore mai anche se gli spari direttamente in mezzo alla fronte! Ci torturerà e ci ucciderà! Moriremo tutti! Sono troppo giovane per morire, non sono ancora andato a Las Vegas!» strillò Adam. 
Maya si alzò, si avvicinò a lui e lo colpì con uno schiaffo.
«Ahi!» si lamentò il libraio, «Mi hai fatto male! Perché l'hai fatto?» domandò massaggiandosi la guancia dolorante.
«Perché sei isterico.» rispose lei, «Qui d'isterica basto e avanzo io!»
Adam annuì piano, ancora sotto shock mentre Jason ridacchiava.
«Cosa facciamo?» chiese Steve e guardò Joe e Astra — in fondo quel posto era casa loro.
«Non lo so.» rispose Astra e sospirò, «Non ne ho idea.»
«Nemmeno io.» fece eco Joe.
«I piccoletti?» chiede Jason.
«Chi?» domandò Kevin.
«I Goblin.» rispose il fratello. «Li ho visti che entrano nei muri, probabilmente ci sono centinaia di cunicoli...»
«Ma saranno troppo piccoli per noi.» fece notare Kevin, «Sono alti mezzo metro...»
«E quindi?» fece Adam. «Cosa si fa?»
Gli altri si guardarono, «Prima dobbiamo uccidere quello stronzo, poi usciamo da questo posto.»
«La neve!» strillò Maya.
«C'è sempre stata la neve qui, Maya. Non è una novità se nevica.» disse Astra, trovò un elastico in una delle tasche e si legò i capelli.
«No, intendevo dire che la neve si sta sciogliendo.» spiegò Maya.
Gli la raggiunsero alla finestra — a quello che ne rimaneva: solo il telaio e qualche pezzo di vetro — e videro la neve che si scioglieva velocemente, gocciolando sul pavimento, mentre il sole incominciava a sorgere lentamente.
«Oh, merda.» commentò Joe. «Si allagherà tutto!»
«Muoviamoci.» ordinò Jason.
«Non adesso.» 
Il Saggio era di nuovo lì, con la barba e i capelli bruciati, la veste rotta e bruciata, la pelle ustionata in più punti. 
Astra emise uno strillò e si strinse a Joe. Steve fece un respiro profondo e avanzò, arrivando a un paio di passi dal Saggio. «Tu hai ucciso la donna che mi ha messo al mondo, hai ucciso una ragazza che non ti aveva fatto nulla di male, hai costretto una famiglia a fuggire dalla sua terra e hai ucciso chi ti ha servito.» disse, «Ora ti ucciderò io.» esclamò e stese le braccia, i palmi delle mani rivolti verso l'altro. Chiuse gli occhi e li riaprì, rivelando le iridi rosse: dalle sue mani partì un raggio arancione, che colpì il Saggio, facendo volare contro il muro.
Quello si alzò traballante ed emise un ringhio, guardò Steve e dalla sua mano partì un raggio verde che colpì Astra, facendola cadere a terra con un grido.
Steve la fissò cadere e si girò verso il Saggio. «Io ti ammazzo.» ringhiò, si avvicinò all'uomo velocemente e lo strinse al collo con la mano destra, sollevandolo da terra. Dietro di lui Joe e gli altri si occupavano di Astra, controllando che stesse bene.
Steve infilò la mano sinistra in tasca e strinse il Cuore della sfera e lo sentì bruciare. Sentì il calore invaderlo come lava, salendo lungo il braccio, passando per il torace e proseguendo fino alla mano destra. Il Saggio urlò dal dolore e si dimenò, mentre la gola gli bruciava. In pochi secondi prese fuoco — ma Steve non fu toccato —  e fu ridotto in un mucchietto di cenere.
Steve si voltò verso gli altri, si pulì la mano sfregandola sul cappotto e corse da Astra, sospirò dal sollievo quando vide che a parte un paio di lividi e un bernoccolo sulla tempia non aveva nulla. L'abbracciò e la baciò.
«Presto! Presto!» strillò il Goblin — lo stesso di prima — «Qui crolla tutto! Seguitemi!» disse ed entrò dentro un buco nel muro, gli altri lo seguirono senza fare storie. Steve prese in braccio Astra.
«Posso camminare!» protestò lei ma il ragazzo non l'ascoltò. 
«È morto?» chiese Joe.
«Bhe... è un mucchietto di cenere, non credo che si sopravvissuto.» gli fece notare Kevin.
Ci fu un boato e le pareti del cunicolo tremarono. «Mettimi giù!» strillò Astra e Steve ubbidì. I ragazzi seguirono i Goblin — ce n'erano altri dentro il cunicolo e pochi minuti dopo, erano fuori, sul piazzale del palazzo.
«Ce l'abbiamo fatta!» gridò Joe e si bloccò quando ci fu un boato, i ragazzi si voltarono e videro il palazzo tremare pericolosamente. Ci fu un altro boato più rumoroso di prima  e Steve buttò a terra Astra e la coprì con il proprio corpo. Jason tirò giù Maya e Adam mentre Kevin e Joe si gettarono accanto a Steve e Astra. I Goblin fuggirono con strilli e urletti di paura.
Rimasero a terra per qualche minuto, poi si alzarono lentamente e guardarono le macerie.
«Sarà un lavoraccio ricostruirlo.» notò Jason.
«Cavolo, sono completamente bagnata! Ho il culo freddo.» si lamentò Astra e Steve la strinse, baciandole la nuca e sorridendo.
«Kevin! Kevin! Jason!»
«Figlioli!»
Kevin e Jason si voltarono e videro i loro genitori correre verso di loro e andarono ad abbracciarli.
«Questa gente è qui per noi?» pigolò Maya notando la folla di curiosi.
«Eh, sì.» squittì uno dei Goblin. «La neve si scioglie!» osservò sorpreso.
«Come facevate a sapere che ero qui?» domandò Kevin.
«Abbiamo capito chi erano Joe e Astra.» spiegò il padre, «Abbiamo sentito che eravamo in qualche modo legati e poi Joerydan non è un nome Terrestre, per cui...» alzò le spalle.
«Poi sapevamo che i nuovi Ambasciatori sarebbero stati due gemelli.» disse la madre, «Abbiamo fatto due più due.» sorrise e abbracciò ancora il figlio, ignorando i vestiti sporchi e bagnati.
I due si avvicinarono ai gemelli e fecero un piccolo inchino.
«Non è nece-necessario.» balbettò Astra e le guance diventarono rosse dall'imbarazzo.
«Perché avete mandato Jason?» chiese Kevin.
«Oh, Adam. Ciao.» esclamò suo padre e il libraio si limitò ad agitare la mano, troppo stanco per fare qualsiasi altra cosa.
«Perché sapevamo il motivo per cui erano a New York.» la donna rispose al figlio, «Certo, tu non sei il Catalizzatore ma sapevo che non avresti detto di no.» sorrise e strinse la mano del figlio, «Ho spiegato tutto a Jason, gli ho dato le planimetrie dei palazzi e gli ho detto di venire qui.»
La folla applaudì mentre il sole, grande, giallo e luminoso, illuminava tutto.
«Siamo degli eroi, gente.» disse Adam. «Che figata.»
«Potremmo raccontarla ai nostri nipotini.» sorrise Maya.
Adam la fissò sorpreso e sorrise quando la ragazza arrossì, le circondò la vita con le braccia e la baciò.
La folla continuò ad esultare, battendo le mani e gridando la loro felicità mentre Steve, Astra, Joe, Kevin, Adam, Maya e Kevin li guardavano felici che fosse finalmente finito tutto.

***

«Abbiamo aiutato noi vostro nonno a pubblicare quel libro.» disse John — in realtà si chiamava Johntir — «Non ho mai usato i soldi ricavati dalla vendita, quindi se li volete sono vostri.»
I ragazzi e i genitori di James — il suo nome vero era Jameston — e Kevin, — in realtà sarebbe stato Kevrin — erano in una casa disabitata, avevano abiti puliti e asciutti e stavano facendo un'abbondante colazione; anche i Goblin stavano mangiando della zuppa calda.
«Ah.» commentò Astra e guardò John. 
«Appena ve ne siete andati, quella volta che ci siamo incontrati, abbiamo parlato e abbiamo capito chi eravate.» disse Marianne, la madre dei fratelli, «Conoscevamo personalmente i vostri genitori e dopo un paio di giorni ci è venuto in mente quella volta che ci avevano detto quali nomi avrebbero dato ai loro figli.»
«Perché non ci avete mai detto nulla?» chiese Kevin, «Soprattutto dopo che ve li ho presentati.»
«Perché avevamo paura.» sospirò John. «Sapevamo che non eri il Catalizzatore, però sapevamo che ci saresti andato ugualmente, anche sapendo che non eri tu.»
«Però sono un Custode.» disse Kevin e fissò la fetta biscottata che aveva in mano.
John lo guardò, «Sul serio?» chiese e Kevin annuì, «Di Joe, immagino.» commentò e sorrise ai due e l'Ambasciatore arrossì. «Credevo fosse una leggenda, anche vostro nonno lo credeva.»
«Lo pensavamo anche noi.» commentò Astra.
«Voi sapevate che mia madre mi aveva rapito?» chiese Steve.
Marianne scosse la testa. «No.» disse, «Non ne avevamo idea, ti abbiamo conosciuto che eri qui da un bel po', quindi non avevi nulla che richiamasse questo posto.»
Steve si limitò ad annuire e Astra gli prese la mano e la strinse. Poco prima aveva dovuto dire ai genitori di Katulaa che la loro figlia era morta e aveva dovuto dire a Steve che lei era sua cugina. Lui aveva promesso di recuperare il corpo per darle la giusta sepoltura. Anche i Goblin si era offerti di aiutare.
Fuori la neve continuava a sciogliersi e da un momento all'altro avrebbe allagato tutto. Steve, spinto dai genitori di Kevin, aveva creato un muro alto poco più di un metro lungo la spiaggia e gli argini dei fiumi, per impedire un probabile straripamento. Aveva aggiustato le cisterne rotte e gli Abitanti ci buttavano la neve. Tutti stavano dando la mano per sistemare i danni.
«Così, quando ci avevi detto che andavi via un paio di giorni con Joe abbiamo capito che saresti venuto qui.» riprese a parlare John, «Così abbiamo recuperato le planimetrie dei palazzi, abbiamo raccontato tutto a James e gli abbiamo detto di venire qui.»
«Grazie.» disse Kevin e sorrise.

«Sembra una città fantasma.» commentò Adam due ore dopo, quando arrivarono — grazie al gatto delle nevi — in quella che tutti avevano creduto essere Summer.
Astra fissò il paesaggio, la neve era solo sulle montagne, il resto del paesaggio era fatto di prati, zone brulle e spiagge dalle sabbia fine.
«C'è abbastanza spazio per tutti.» disse Joe, «Una casa grande per ogni famiglia, con un bel giardino.»
«Sarà un lavoraccio.» disse Adam.
«Wow, che onde!» esclamò Jason. «Peccato che non abbia qui la mia tavola, altrimenti sarei già a fare surf!»
«Ma non sei stanco?» gli chiese Maya. «Io sono distrutta, dormirei per due giorni!»
«Ho ancora un po' di adrenalina.» rispose James.
«Dobbiamo tornare indietro.» disse Joe, «Dobbiamo presentare Steve al popolo.»
Tornarono sul gatto delle nevi e raggiunsero quello che era il palazzo del saggio un'ora e mezza dopo e scoprirono che qualcuno aveva montato un piccolo palco.
Un Goblin si avvicinò ad Astra e le tirò il giaccone, «Tieni.» disse passandogli un piccolo libretto.
«Che cos'è?» chiese lei.
«Quello che bisogna dire quando si presenta il Catalizzatore.» rispose l'esserino.
«Grazie.» disse lei prendendolo e sorrise guardandolo raggiungere i suoi simili. «Sei pronto?» domandò a Steve e gli prese la mano.
«Sì.» disse lui. «Sono pronto.» aggiunse guardando la folla che era lì per lui.

***

Un anno e mezzo dopo.
«Sei pronta?» esclamò Steve e alzò gli occhi al cielo quando un paio di Goblin gli corsero davanti. «Avete una casa tutta vostra!» li sgridò.
«Sono quasi pronta.» esclamò Astra mentre Steve entrava nella loro stanza, la ragazza indossò un bracciale d'argento e si sedette sul letto. «Mi mancano le scarpe.» disse e sorrise al marito.  
Steve ridacchiò e si inginocchiò, «Vuoi che ti aiuti?»
Lei annuì, «Sì,» rispose e sorrise, «Io e il bambino vogliamo che tu ci aiuti.» disse accarezzandosi il ventre prominente. «E ricordati di prendere le scarpe di ricambio, ora di sera avrò i piedi gonfi.»
Steve le allacciò i sandali e si alzò. «Andiamo? Joe e Kevin ci aspettano.»
«Tanto la sposa arriva sempre in ritardo.» commentò lei mentre si alzava. Steve ridacchiò e le prese la mano.
Scesero al piano di sotto dove incontrarono Joe e Kevin, erano diretti sulla Terra, a New York.

Steve e Astra si erano sposati sette mesi prima, poco prima che il loro palazzo venisse ricostruito — anche i Goblin avevano dato una mano.
Alla fine aveva avuto ragione il Goblin: non esisteva nessuna Summer e, una volta morto il Saggio — con lui era morto anche l'Anziano — la neve si era sciolta, rivelando prati verdi e fioriti. Gli abitanti, con l'aiuto della magia di Steve erano riusciti a ricostruire le loro case in pochi mesi.
Anche Joe e Steve vivevano lì, in un'altra ala del palazzo. Jason aveva una sua stanza e aveva anche un piccolo ripostiglio dove teneva tutto quello che gli serviva per fare surf. Kevin aveva capito perché i suoi non gli avessero mai detto nulla. Tutte le cose avevano preso la giusta piega.
«Quanto manca? Ho la nausea.» borbottò Astra posando la fronte contro il finestrino del fuori strada. 
«Due minuti.» rispose Joe, «Anche meno.»
Kevin fermò l'auto e i quattro scesero, entrarono nella casupola e oltrepassarono il portale, apparendo a Central Park.
«Jason ci aspetta sulla Quinta.» disse Kevin.
Dieci minuti dopo lo raggiunsero e salirono in auto con lui. «Non riesco a credere che il piccolo Adam si sposi!» commentò Jason.

«Sei uno splendore!» trillò Astra e abbracciò Maya vestita con un abito da sposa color rosa cipria.
«Grazie!» esclamò Maya e ridacchiò nervosamente. «Come va?» chiese indicando la pancia.
«Bene.» rispose Astra e posò le mani sul ventre, «A parte un po' di nausea quando sono in auto, i piedi gonfi e il bisogno di andare in bagno ogni due minuti.»
Maya ridacchiò, «Oh, bene.» disse, «Ancora quattro mesi e poi sarà finito.»
Astra alzò gli occhi al cielo, «Sì, poi inizierò a non dormire la notte.» commentò.
«Fai alzare Steve.» replicò Maya e Astra ridacchiò. «Ha parlato con sua madre?»
Astra sospirò e si sedette sul divanetto. «Oggi no.» rispose, «Sono tre mesi che non la sente.»
Alla fine Steve aveva affrontato la madre, dicendole che sapeva tutto e che  non la odiava. Sua madre aveva strillato e pianto quando lui era ritornato da Astra, per vivere con lei, nella sua terra. Aveva minacciato di suicidarsi ma lui non le aveva prestato ascolto e quando la donna aveva offeso Astra lui aveva deciso di non parlarle più, limitandosi a un saluto ogni tanto.

Astra strinse il mazzolino di fiori e fece un respiro profondo mentre percorreva lo spazio fra le due file di panche, sorrise nel vedere la bambina — nipotina di Adam — che gettava petali di rose sulla passerella rossa e il suo fratellino che porta il cuscino con le fedi, facendo passetti piccoli piccoli. Astra arrivò davanti ad Adam e gli sorrise mentre si sistemava al suo posto e si girò verso Maya, raggiante al braccio di suo padre.
Guardò Steve, in piedi accanto ad Adam e gli sorrise, felice.


Scusate il grande — enorme e stratosferico — ritardo, ma ho avuto un blocco pauroso su questa storia. Finalmente, dopo due anni, ho concluso questa storia che spero sia piaciuta a qualcuno.
Grazie a chiunque l'abbia letta, commentata o messa in qualche lista!

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