Reignite

di vermissen_stern
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** partenogenesi ***
Capitolo 3: *** cavalli pazzi ***
Capitolo 4: *** derattizzazione ***
Capitolo 5: *** scimmie misteriose ***
Capitolo 6: *** hippodrilli malefici ***
Capitolo 7: *** ultimate baddass ***
Capitolo 8: *** cena con sorpresa ***
Capitolo 9: *** cetrioli ( decisamente ) velenosi ***
Capitolo 10: *** nuovo mondo ***
Capitolo 11: *** KO~HO~ ***
Capitolo 12: *** run boy, run! ***
Capitolo 13: *** make it bun dem ***
Capitolo 14: *** la masquerade ***
Capitolo 15: *** un mare di sospetti! ***
Capitolo 16: *** la verità fa male ***
Capitolo 17: *** passato prossimo, futuro, attuale ***
Capitolo 18: *** la tranquillità è un optional ***
Capitolo 19: *** apparenze ***
Capitolo 20: *** briciole di pane ***
Capitolo 21: *** capitolo extra ( imboscati ovunque! ) ***
Capitolo 22: *** il tuo nome sulle mie labbra ***
Capitolo 23: *** notte ( non molto ) brava ***
Capitolo 24: *** il mito della strega ***
Capitolo 25: *** festival of blood part.1 ***
Capitolo 26: *** festival of blood part.2 ***
Capitolo 27: *** festival of blood part.3 ***
Capitolo 28: *** inquisition! ***
Capitolo 29: *** lo spettacolo deve continuare! ***
Capitolo 30: *** creepy show ***
Capitolo 31: *** la caduta dei giganti ***
Capitolo 32: *** Epilogo: calano le ombre... ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Ci sono molte regole all'interno della Scuola di Ercole. Se sommate però, si possono riassumere in:

Avere un comportamento educato all'interno della struttura. Rispettare l'avversario dentro e fuori il ring, indipendentemente dal carattere che ha. Ed essere sobri, senza mostrare eccessi evidenti che possano essere presi come debolezze dai futuri avversari.

Questo valeva sia per gli allievi che per il personale di servizio, oltre che per gli istruttori stessi.

Dagli inservienti ai paramedici erano tutti tenuti a seguire dei rigidi protocolli e indossare divise specifiche in base ai compiti loro assegnati. Ma francamente parlando alle volte il personale era discutibile... stando all'opinione di alcuni. Come ad esempio a Robin Mask.

Il responsabile di molte delle regole presenti nella scuola era, per forza di cose, Vance McMadd. Suo fondatore egregio ormai da decadi, aveva uno spiccato senso per la tirchieria quando si trattava di risparmiare il più possibile, in netta discordanza con la sua volontà di fare soldi con il wrestling ovviamente. La scelta dei dipendenti infatti si basava su contratti piuttosto “scarni” e il cibo nella mensa comune non era esattamente fresco. Almeno quello fornito ai giovani lottatori.

Per Robin Mask sinceramente parlando si poteva fare di più. Non dovevano allenare la nuova generazione di eroi capace di distruggere la d.m.p? Allora gli allenamenti andavano intensificati, il cibo in scatola sostituito da qualcosa di più proteico e ai ragazzi andava tolto ogni tipo di divertimento ludico concentrandoli sulla competizione e gli allenamenti stancanti.

Altrimenti si sarebbero verificati altri imbarazzanti incidenti come quello accaduto a quell'imbranato di Kid Muscle, figlio del re dei kinniku ma decisamente troppo simile al padre quando si trattava di stupidità.

Uhmm... beh, i casi sono due... – massaggiandosi con una mano il mento grassoccio, Vance MacMadd osservò attentamente la lastra appesa allo schermo dell'infermeria prima di dare il suo impietoso giudizio – o è stato per davvero un incidente come sostiene il ragazzo, oppure il deretano di Kid Muscle ha appena avuto una idea geniale rispetto al suo cervello * –

La videosorveglianza ha confermato le parole del ragazzo, MacMadd – Robin Mask incrociò le braccia in petto osservando pure lui le immagini di una lampadina da 100 watt perfettamente intatta all'interno del bacino del giovane – una “bravata” tra ragazzi che poteva essere evitata se il mio piano per intensificare gli allenamenti fosse stato approvato –

l'elmo di ferro ben calato in testa, simile a quello di un guerriero medioevale, rendeva la voce dell'ex campione ancor più cupa e fredda del solito quando si trattava di fare un ammonimento, ma l'anziano fondatore dell'accademia non si scompose più di tanto. Ne lo fece la dottoressa alle loro spalle, intenta a togliere alcune schegge di vetro dal sedere di un Kid Muscle steso a pancia in giù sul lettino e intento a lamentarsi più del dovuto.

Così da aumentare inutilmente il mio lavoro?! Sono qui per curare, è vero, ma non per mettere un certificato di non idoneità in una fabbrica di infortuni... mister Mask –

la dottoressa in questione, miss Alya Kalinina, parlò con tono piatto senza prestare attenzione ai due uomini ma bensì concentrata a sfilare via le schegge di vetro dalle natiche di un paziente piagnucolone.

Fa malemalemalemale!!! voglio la mammaaa!! Prometto di non farlo più lo giurooooh!!–

Robin Mask si voltò a guardarla piuttosto irritato per ciò che aveva detto, non capendo se la dottoressa fosse seria oppure in vena di provocazioni. Francamente non sapeva in che graduatoria inserirla... da un lato la stimava perchè a venticinque anni ed essere già laureata significava averci messo gran impegno, ma dall'altro era una persona senza peli sulla lingua e le cose te le diceva in faccia anche se in modo perfettamente educato.

E poi, altra cosa che aveva fatto decisamente notare a Vance MacMadd, era praticamente l'unica figura femminile presente nella scuola. Eccezion fatta della cugina che le dava una mano e a detta di molti era un soggetto inquietante, trovava abbastanza immorale che una donna, per giunta una donna di quel pianeta lì, andasse a mescolarsi con individui resi insofferenti dagli allenamenti e dal testosterone a mille.

È anche grazie a questi infortuni – e qui si riferiva alle bravate ridicole di alcuni suoi allievi – che lei riesce a lavorare, dottoressa. E se ci fossero più ore di studio e allenamenti forse la sua presenza sarebbe meno richiesta... –

a quel punto la donna si fermò, lanciando uno sguardo solo apparentemente neutrale nei confronti dell'allenatore che a malapena si era voltato per guardarla, e persino Kid Muscle notò della tensione nell'aria tanto da fermare il proprio piagnisteo e la paura di avere ancora una lampadina incastrata magicamente nel deretano. Aveva combinato un bel casino nell'aver voluto esplorare i vecchi magazzini polverosi della scuola assieme alla sua combriccola di amici, andando ad arrampicarsi sopra una pila di casse per vedere se era vera la leggenda dei reggiseni femminili delle ex allieve contenuti li dentro, e poi finire per schiantarsi su di una cassa contenente vecchie lampadine usate.

Ora gli occhi azzurri della dottoressa Kalinina parevano ancor più freddi e spaventosi, e a Kid era sempre piaciuta quella sua aria da angelo guerriero ( il “suo” angelo guerriero come amava pavoneggiarsi con lei e i suoi stessi amici ) ma adesso faceva davvero paura! Tutte così inquietanti le donne del pianeta Amazon?!

Beh, mister Mask... potrei sempre lasciare la struttura, lo stipendio da stagista che percepisco, lasciare i presenti con fratture multiple e costole incrinate ma comunque più sereni senza la mia ingombrante presenza... – e nella sua voce si poteva notare una velata polemica su un po' tutto – e lasciare tutto in mano a mia cugina Alana –

in quel preciso istante, appena nominata, la donna inquietante dagli occhi strabici, i capelli biondi raccolti in una bassa coda e il fisico giunonico, apparve fuori dalla porta munita di un paio di tenaglie poco rassicuranti.

Al giovedì mi occupo di togliere i denti – fece schioccare paurosamente le tenaglie nonostante l'espressione da calamaro che aveva, senza aggiungere altro.

Hiii!! – strillò il giovane kinniku visibilmente terrorizzato – Nononono! Qualunque cosa mi dentini NO!! Mammina dove seiiiih??! –

ADESSO BASTA! –sbottò improvvisamente Vance MacMadd infastidito da Kid Muscle e dagli altri due litiganti – Kid! Vedi di darci un taglio o questa è la volta buona che ti espello dalla scuola! E credimi, non vedrei l'ora se non fosse che poi l'intero pianeta Kinniku subirebbe una grave umiliazione! –

incredibile ma vero questo bastò a zittire il giovane figlio del re che, benchè non vedesse l'ora di andarsene da quella scuola orrenda, l'idea dell'umiliazione a livello mondiale portarono in lui visioni future decisamente orrende. Niente videogame, riviste porno, mamma e papà delusi, niente tv satellitare e... niente riso con manzo!

E in quanto a lei dottoressa, e a te Robin Mask, vedete di darci un taglio! È vero, miss Kalinina... siete stata assunta con uno stipendio da stagista perchè, in quanto neo laureata, avreste bisogno di un periodo di formazione... ma direi che qui la formazione non vi manchi! – la donna abbassò lievemente il capo in segno di scuse, e l'anziano kinniku si rivolse ora al lottatore umano – il budget che abbiamo attualmente non ci consente grandi sprechi e di conseguenza spetta a voi allenatori insegnare ai ragazzi il rispetto necessario da usare in certe situazioni! –

Robin Mask si lasciò andare ad un basso ringhio appena udibile, tuttavia per una volta tanto il MacMadd non aveva detto una stupidaggine anche se le sue parole piene di morale erano piuttosto ipocrite visto e considerato che il suo risparmio era dovuto anche alla rinomata tirchieria.

Bene, allora in tal caso suggerisco di iniziare con l'estrazione della lampadina –

a spezzare quel momentaneo silenzio ci pensò la stessa Alya, che a passi veloci tornò nei pressi del suo paziente decisa a mettersi dei guanti di lattice per effettuare l'operazione. E solo a quel punto i presenti si ricordarono della delicatezza della situazione, con Kid Muscle che non tardò a strillare cercando addirittura di scappare via da un trattamento quasi sicuramente poco delicato.

Calmati, andrà tutto bene – la dottoressa gli sorrise lievemente, abbandonando l'aria glaciale di prima – dovrò solo svitarla, tu rilassati e pensa a qualcosa di piacevole –

e ci sarebbe pure riuscita a calmare quel sacco di patate ambulante se non fosse che le sue parole allarmarono anche le altre due persone presenti nell'infermeria e decisamente Robin Mask non se la sentì di stare a guardare. Velocemente prese per un polso la dottoressa, poco prima che iniettasse dell'anestetico nella natica di un Kid Muscle non del tutto convinto, costringendola a voltarsi e a guardarlo negli occhi fiammeggianti e decisamente pericolosi.

Dico... ma si rende conto di quello che dice?! –

Che intende dire? – la donna aveva ancora in mano la siringa, dalla quale uscì qualche goccia di anestetico – forse non dovrei tranquillizzare i miei pazienti prima di una operazione? Dovrei forse dire a Kid Muscle che quella lampadina dentro al suo corpo rischia di spezzarsi da un momento all'altro?! Non è ciò che mi hanno insegnato alla facoltà di medicina –

le sue parole, nuovamente dettate con una normalità sconcertante, portarono nuovamente il kinniku a urlare di terrore cercando di fuggire via strisciando come un bruco con le chiappe al vento. Fu ripreso da Alana, che con forza sorprendente lo ricacciò nel lettino legandolo con del nastro da pacchi.

E nel mentre che ciò accadeva nessuno dava retta alla scena... la discussione sulla moralità dell'operazione era più importante.

Vuole davvero mettere le mani sul suo paziente così? Dicendogli testuali parole?! Non c'è che dire allora, faccio bene a pensare che voi Deva siate troppo ambigue per certi mestieri! –

le parole le giunsero come un macigno nello stomaco, sebbene non lo dette a vedere si ritrovò comunque a deglutire. Ambigue... per molti quelle della sua razza, Deva del pianeta Amazon, erano donne ambigue. A suo dire era una cosa piuttosto sconcertante, dato che erano donne normalissime come qualunque terrestre a livello genetico, ma comunque sbagliate a fare certe cose secondo il parere di molti. A parlare ad esempio, a comunicare, a lavorare, persino nell'accoppiamento erano considerate inopportune.

E Alya stando sulla terra ne aveva sentite tante, ma sperava che almeno dove si trovasse adesso certi commenti le venissero risparmiati!

M-ma come si permette...?! – a parlare era stato l'anziano MacMadd abbastanza basito dalla situazione e dalla piega che stava prendendo il discorso – Smettetela di dire... sciocchezze... tutti e due! –

con reticenza Robin Mask le lasciò andare il polso, e la dottoressa si ritrovò per un momento a sospirare per il sollievo. Non le piacevano quelle situazioni così tese, offese a parte logicamente.

Signor MacMadd, secondo lei... le mie mani sono idonee all'operazione?! –

Uh...? – l'anziano non capì a cosa si riferisse ma guardò comunque la mani della giovane – direi che sono le mani di una ventenne e aggiungerei pure con un'ottima manicure. Ma comunque si, direi che possano andare bene –

Ottimo! Sentito, mister Mask? Se al direttore va bene che io faccia l'operazione non ho bisogno di sentire altro –

un chiaro invito a tenere la bocca chiusa o quantomeno a pensare prima di parlare, che a Robin Mask andò giù di malavoglia. Era un uomo di altri tempi lui, certe cose decisamente non poteva, e voleva, accettare come se niente fosse! Sarà anche stata una donna competente in ambito medico, non poteva negarlo, ma non ci si poteva fidare della sua razza così... ambigua.

E sia dunque, ma badi bene dottoressa... le consiglio di moderare le parole fintanto che sarà in questa scuola! –

e suppongo che questo sia detto a fin di bene, giusto? –

ancora una volta c'era della sottile polemica nella voce neutrale della dottoressa Alya, tuttavia quella nuova tensione stava iniziando a stare decisamente stretta, in tutti i sensi possibili, a Kid Muscle e alla lampadina che si stava facendo sempre più incandescente a causa di alcuni bisogni fisiologici di natura gassosa. Aveva sbagliato, aveva commesso una bravata che gli sarebbe costata settimane di punizione e di esercizi aumentati fino allo stremo... ma bisognava davvero litigare adesso?! In quel preciso momento?!!

Io... vi prego smettetelaaah!! Sto per esplodere QUI!! –

dovette urlare e frignare più del dovuto per attirare l'attenzione di quegli adulti irresponsabili più intenti a battibeccare tra loro che a pensare alla sua giovane salute. Razza di irresponsabili... ora sarebbero soffocati assieme a lui in una palla di gas nocivo e incontrollabile.

Razza di idioti! Invece di operare quello sciagurato avete perso inutilmente tempo prezioso e ora sta per saltare tutto in aria! –

il vecchio MacMadd guardò visibilmente preoccupato la figura di Kid Muscle che, a causa della lampadina alimentata dai gas interni, si stava illuminando sempre di più come un reattore a particelle. Poteva essere illogico ma la natura dei kinniku li piazzava come Chojiin naturali e pertanto anche i loro gas intestinali erano armi di potenza inimmaginabile.

Tutti via di qui! ORA! –

senza perdere tempo Robin Mask seppellì momentaneamente la polemica e prendendo sottobraccio una reticente dottoressa si avviò correndo verso il corridoio dell'infermeria seguito a breve da un Vance decisamente più veloce del solito sulle gambe grassocce e poco allenate.

La situazione era assurda, allucinate si poteva aggiungere, perchè stava morendo giovane e bello a seguito di un banalissimo incidente e lo stava facendo in modo stupido. Avrebbe abbandonato quel mondo meraviglioso così... in un eterno bagliore che avrebbe trasformato l'intero pianeta Ercole in un sole alimentato a gas metano umano e addio per sempre ad ogni piacevole aspetto della vita terrena.

È dunque giunta la mia fine?” Pensò il giovane con una certa tristezza “morirò senza prima aver baciato una ragazza?! Senza aver assaggiato per l'ultima volta il riso con manzo?! Se è così allora...”

tuttavia non ebbe il tempo di completare il suo monologo interiore perchè, nonostante l'immensa luce e il rumore simile a quello di un terremoto che prendeva l'intera stanza, il giovane kinniku avvertì comunque qualcosa violarlo nell'intimità facendolo pure in un modo così violento e repentino che lo portarono a sgranare gli occhi e a urlare un grido acuto oltre ogni dire.

Alcune vetrate addirittura andarono in frantumi al suono di quel “Ihh!” mostruoso, e il suono infernale venne sentito anche al di fuori della zona medica, cessando solo quando l'immensa massa che aveva violato Kid Muscle non se ne uscì fuori fuori in modo talmente violento e veloce che per il giovane paziente fu uno shock sufficientemente grande da portarlo a perdere del tutto i sensi.

Incredibile ma vero, a scongiurare la distruzione della scuola ci aveva pensato la cugina della dottoressa Alya Kalinina, e lo aveva fatto in un modo decisamente discutibile. Come del resto erano discutibili tutti i suoi metodi.

Notando che le acque si erano calmate, Robin Mask fece timidamente capolino in infermeria seguito dagli altri due compagni che guardarono sospettosi la scena. Alana aveva un unico guanto nero, apparentemente di pelle o simile, che le arrivava fino all'ascella destra e teneva in mano una lampadina perfettamente accesa benchè non fosse collegata a nessun impianto elettrico.

Dunque... è finita? È andato tutto liscio?! – l'insegnante era visibilmente sospettoso e comunque non se la sentiva di entrare dentro per controllare di persona.

I gas intestinali di Kid Muscle gli stavano pizzicando il naso anche se era sulla soglia della porta, come diavolo facesse quella femmina aliena a stare li dentro era per lui un mistero.

Tutto a posto effendi, il mondo è salvo grazie al fisting

e senza aggiungere una parola alzò la lampadina in alto, che parve brillare di pura vittoria nonostante le parole poco rassicuranti della “salvatrice” del giorno.





Questa roba doveva essere solo una oneshot ma suppongo che farò una sorta di “raccolta”. è... Dio, non so come definire questo aborto ma volevo staccarmi un po' dalle mie storie ultra tragiche e scrivere qualcosa di più leggero senza troppe pretese. Non penso che avrà una vera e propria continuità narrativa ma saranno diversi “spaccati” di vita e... spero di avervi in qualche modo incuriosito!

* la battuta di Vance è tratta dal telefilm Scrubs ovviamente!

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Capitolo 2
*** partenogenesi ***


Gli studenti erano tenuti a controlli medici fissi. E ciò accadeva in quest'ordine:

Prima dell'iscrizione nella scuola di Ercole; visite mensili durante l'intero anno scolastico; controlli di idoneità quando si trattava di disputare un incontro d'esame importante; o addirittura gli incontri di fine anno. Inoltre, neppure gli stessi insegnanti erano esclusi da controlli medici periodici benchè questo andasse a cozzare con l'orgoglio di molti di loro.

Alcuni insegnanti, consci della loro età non propriamente “fresca”, si lasciavano visitare senza obiezione alcuna e le visite non erano mai di tipo invasivo se non in casi specifici. Poi c'erano quelli irriducibili, convinti di essere ancora nel pieno delle forze e se parlavi loro delle più elementari visite da fare ad una certa età, ecco che si arruffavano come galli combattenti.

Senta dottoressa... io non ho bisogno di tutti questi prelievi! Sto benissimo! –

Concordo. Abbiamo fatto questi test il mese scorso, direi che possiamo risparmiarceli –

Buffaloman e Robin Mask erano due individui che la portavano a sospirare lievemente per cercare di mantenere la calma ogni qual volta doveva avere a che fare con loro o con allievi troppo scalmanati. Stavolta però la mattinata era già iniziata in modo pesante per Alya, e sbuffando si sistemò i capelli biondo rame in un fermaglio e prese ad osservare le cartelle cliniche dei due ancora una volta.

Qui dice che avete saltato gli esami del mese scorso e ho controllato anche presso i vostri medici privati sulla terra per averne conferma... Scoppiate di salute o il vostro “machismo” vi vieta di preoccuparvi della vostra persona? Spiegatemelo, perchè sul mio pianeta non esiste un simile concetto –

Giusto, Alya Nikolaevna Kalinina e sua cugina Alana erano originarie di Amazon. E su quel dannato pianeta fino a 400 anni fa non c'era mai stata traccia di un individuo maschile degno di nota, se non in qualche animale primitivo di poco conto. Il fatto di parlare con una deva era fonte, per molti individui, di un imbarazzante disagio difficile da abbandonare sebbene fossero geneticamente compatibili con qualsiasi essere umano o kinniku esistente nell'universo.

Se vuole un parere personale è solo una questione di orgoglio! Giusto Robin Mask?! –

Giusto... ma trovo ridicolo che anche lei dottoressa, per quanto riguarda la sua razza, non ci sia un fattore simile. Mi vuol far credere che su Amazon non esiste l'orgoglio? –

più che una domanda quella dell'inglese sembrava essere quasi una accusa alimentata da molti pregiudizi. Entrambi gli insegnanti erano due colossi in confronto alla sua minuta figura di un metro e sessantacinque, e non erano esattamente due individui dall'aria calmissima al momento, ma francamente parlando non le riusciva di stare in silenzio. Non era nella sua natura.

L'orgoglio esiste sia tra le guerriere di livello Chojiin, che nelle donne comuni come lo sono io. Si basa principalmente nel fare il proprio lavoro, indipendentemente da quale esso sia, sempre a testa alta ma certamente avendo un occhio di riguardo per la salute. Ma sulla Terra devo ammettere che molte cose si riducono a termini... di tipo riproduttivo. Suppongo però faccia parte della natura umana

Mi sono perso qualcosa... – Buffaloman si grattò la barba incolta guardando confuso la dottoressa e adocchiando il collega che sembrava sul punto di volersene andar via – da quello che ho studiato non mi sembra ci siano chissà quali differenze genetiche tra le nostre razze –

la differenza c'è amico mio, perchè le deva non necessitano di liquido seminale per rimanere incinte –

Aah... certo... certo, ora mi è tutto chiaro –

ora il lottatore colossale era passato dal massaggiarsi il meno a passarsi una mano tra i capelli, cercando di non far vedere che non aveva capito molto di quanto Robin Mask avesse detto. Perchè era una cosa completamente anormale, francamente parlando.

Il signor Mask non ha detto una cosa errata... noi deva ci riproduciamo per partenogenesi. Durante l'accoppiamento adattiamo il nostro sistema nervoso a quello del nostro partner, indipendentemente dal sesso o dalla razza a cui appartiene, e ci basta raccogliere solo una parte minima del suo codice genetico... il resto ce lo mettiamo noi – Alya fece spallucce dopo aver dato la sua spiegazione. Non le sembrava di aver detto chissà quale oscenità – per intenderci, come suggerisce il mio nome mio padre è di origine terrestre come lo siete voi, signori. Mentre per mia cugina Alana... –

Mio padre era un calamaro mutante –

la suddetta donna apparve all'improvviso sulla porta dell'infermeria prima di scomparire in un battito di ciglia, ed entrambi gli allenatori erano sicuri che sulle spalle avesse un sacco per cadaveri piuttosto pieno. Ma era decisamente il caso di non farsi domande.

Eww... non mi dirà che è vero?! –

il disgusto in Buffaloman era bastanza evidente e per fortuna che Robin Mask indossava un elmo di metallo! La giovane dottoressa tuttavia si limitò ad inclinare la testa di lato e a non commentare subito.

A dir la verità cambia sempre versione... e io che credevo di aver trovato quella giusta. Comunque, signori – togliendosi gli occhiali dal camice bianco se li sistemò sul setto nasale tornando alle cose serie – potreste ora farmi il piacere di fare queste analisi si o no? Ho già avuto una mattinata piuttosto impegnativa nel cercare di convincere un paziente a fare una colonscopia... prometto che il vostro orgoglio maschile non ne risentirà –

Alya era una donna educata, ma sapeva farsi rispettare in quanto medico. Inoltre, iniziare una nuova polemica con quell'aliena significava dover affrontare altri discorsi imbarazzanti e nessuno dei due ex lottatori aveva voglia di affrontarli.

Fecero ciò che venne loro chiesto e fu sorprendente che in fin dei conti si trattò di una cosa tutt'altro che fastidiosa o lunga. Forse era il caso di lasciare respirare un po' la Kalinina visto e considerato che star dietro ad un centinaio di ragazzi e anziani lagnosi non era esattamente il massimo, tuttavia per Robin Mask restava sempre quella lieve inquietudine di avere a che fare con delle creature... “sbagliate”. Vance MacMadd faceva prima a prendere dei medici kinniku uomini e sinceramente parlando avrebbe anche potuto controllare meglio il curriculum di quella ragazza prima di assumerla, senza basarsi unicamente sul fattore “ma con lei spendo poco” sebbene risultasse aver avuto ottimi voti.

Suo nonno, Robin Grande, glielo ripeteva spesso di guardarsi dai nemici sul ring così come dalle streghe dello spazio, come le chiamava lui, perchè se non fosse stato attento gli avrebbero rubato il cuore mentre dormiva. Diamine, quando glielo diceva poi non riusciva a dormire per tutta la notte e si ritrovava con l'andare a piangere di nascosto da sua sorella minore.

Ora sia lui che Buffaloman attraversavano in silenzio il corridoio diretti verso la sezione di allenamento per esaminare alcuni studenti impegnati a superare un esame sulle mosse difensive e di contrattacco, ma era logico che quel silenzio non sarebbe durato a lungo. Il sorrisetto sarcastico di Buffaloman stava iniziando ad irritare il chojiin inglese, ben sapendo che non portava nulla di buono.

– Uhm... però! Questa storia ti fa riflettere –

– Piantala –

– Voglio dire, non si può negare che a livello evolutivo abbiano una carta in più... –

Falla finita! –

Beh, dai! Quando sarò ormai vecchio decrepito penso proprio che andrò a farmi ricoverare in una casa di riposo su Amazon! –

La-vuoi-piantare?!

Robin Mask si ridusse a sibilare quelle parole cercando di mantenere la calma anche quando fu evidente che Buffaloman lo stesse punzecchiando con puro gusto, concedendosi pure una stentorea risata, andandogli a colpire “amichevolmente” con un pugno la spalla destra.

E andiamo! Fatti una risata, vecchio segaiolo! –

ma decisamente al lottatore non riusciva di riderci su, per quanto la grezza battuta del collega fosse nata anche per questo.


- - - - - - - - - - - -


Come va, Kid? Stai bene? –

Terry Kenyon, uno tra gli allievi più promettenti dell'accademia nonché anche lui figlio di una vecchia leggenda del wrestling, andò a sedersi sulla panca in cui pure Kid Muscle aveva trovato riposo cercando di capire come se la stesse passando il compagno di corso.

Il figlio del re Suguru Muscle sembrava piuttosto scuro in volto ma non poteva essere certo se era per le mille flessioni appena fatte oppure per “l'incidente” che gli era successo giusto un paio di giorni fa. Era stato dimesso dall'infermeria giusto quella mattinata, e ne lui ne gli altri avevano avuto sue notizie fino ad adesso.

Sto bene Terry, non devi preoccuparti. Ho imparato la lezione, e adesso so cosa devo fare –

ancora serio in volto si alzò dalla panca scrutando senza reale interesse gli altri studenti che si allenavano nella palestra. Terry lo guardò incuriosito, sperando che magari l'incidente con la lampadina non lo avesse sconvolto così tanto, anche se pure lui doveva ammettere che era stata una cosa abbastanza terribile.

Ebbene io... – e qui Kid chiuse gli occhi, come in concentrazione – ...penso proprio che chiederò alla dottoressa di sposarmi! –

finì la frase con tono assolutamente ridicolo e infatuato, trasformando gli occhi in due cuoricini palpitanti e portando il giovanotto americano a cadere dalla panca per il troppo sconcerto.

C-cosa?! Spero che tu stia scherzando, Kid!! –

Oh, no! Come potrei mai scherzare su una cosa simile? – ondeggiava come l'acqua pensando alla visita di quella mattina, scordandosi che per l'operazione era stato accuratamente sedato – vivremo felici in una casetta in campagna e avremo tre bellissimi bambini... –

Tzè, al massimo avrai delle femmine – borbottò Terry mettendosi in piedi – e comunque sei ancora sotto gli effetti dei sedativi per dire scemenze del genereEEEH??! –

il volto del texano si deformò in una espressione di puro terrore quando accanto a lui apparve la dottoressa Alana in tutta la sua inquietante magnificenza. Persino Kid Muscle smise di gongolare come un beota e sgranò gli occhi urlando di terrore nel rivedere la donna che lo aveva deflorato senza troppe premure.

La femmina aliena fece un passo verso di loro senza manifestare alcuna emozione, e i due giovanotti presi dal panico arretrarono fino a toccare un angolo della palestra. Bizzarro che due omoni come loro avessero così tanta paura di una figura più esile di loro... mah! Comunque sia non era certo giunta sino a li per spaventare a morte quei due poveri diavoli, non era nel suo stile, ed avanzando ulteriormente verso di loro li “costrinse” a sedersi a terra colti da un attacco di panico. Poi, si inginocchiò a sua volta senza battere ciglio, estraendo da una tasca interna del camice alcune boccettine contenente delle pillole.

Queste sono da prendere al mattino prima di colazione, queste altre dopo pranzo e poi le supposte al limone rosso di sera. Sono spiacente per la piccola dimenticanza stamane – mise tutte le boccette in bocca ad un kinniku svenuto dalla paura lasciando di marmo quell'altro che lo teneva tra le braccia. Non era li per far loro qualcosa dopotutto – buona giornata –

poi nello stesso modo in cui era apparsa scomparve, e Terry Kenyon trovò nuovamente la forza di ridestarsi da quel ridicolo torpore che per un momento lo aveva colto... e anche perchè il peso dell'amico lo aveva portato a non sentire più la gamba destra.

Ehi Kid... Coso... ci sei? Merda... se esco vivo di qui non sarà mai per per un combattimento sanguinoso, questo è garantito –

alle volte non si poteva fare a meno di pensare che Vance MacMadd non lo facesse apposta ad assumere certe persone pur di scrollarsi di dosso alcuni elementi a lui non propriamente congeniali... ed ogni riferimento a Kid Muscle era puramente casuale!



Nella versione originale il nome di King Muscle è Suguru, mentre il suo nome da supereroe è Kinnikuman. Capitolo “discutibile”? Giudicate voi.

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Capitolo 3
*** cavalli pazzi ***


A che accidenti ti servono questi?! –

lo sguardo e il tono di Lord Flash erano assolutamente severi, del tipo che non accettano scuse campate in aria o altre simili sciocchezze infantili. Per Kevin Mask tuttavia si trattava di una questione tanto imbarazzante e frustrante, che le possibilità di dialogo per lui erano ridotte al minimo.

O si innervosiva con il proprio allenatore, oppure balbettava qualcosa sul “farsi gli affari suoi” e nel frattempo sotto l'elmo di metallo blu bruciava di pura vergogna.

Secondo te? Si vede dalla scatola! Inoltre chi ti ha detto di frugarmi nelle tasche?! –

Una confezione di preservativi dimenticata nella tasca dei jeans lasciati nel cesto della roba sporca, a cui IO ho provveduto a lavare, non è frugare di nascosto caro il mio ragazzo...–

il giovanotto inglese si mosse a disagio e guardò altrove incrociando le braccia in petto cercando di mantenere un controllo di se stesso il più dignitoso possibile. Aveva preso quella roba giusto l'altro ieri da un distributore automatico ed era stato così idiota da lasciarli nei pantaloni da mettere in lavatrice! In un certo senso Flash faceva bene a rimproverarlo, ed era combattuto se dirgli la verità o meno.

Senti... non c'è nulla di cui preoccuparsi! Li ho presi solo perchè... non si sa mai

Non-si-sa-mai?! Kevin Mask! Ma in che razza di mondo vivi?! –

E tu allora?! Balli il tango con Turbinskii tutta la notte per tornare alle tre del mattino?! Sai, mi è capitato di buttare un occhio al pub a due isolati da qua la settimana scorsa, e non ho potuto fare a meno di vedervi –

il botta e risposta del giovane lottatore lasciò per un momento interdetto il suo allenatore di origini russe, bloccato in una sottile morsa di paura di vedersi crollare un piano ben collaudato che in futuro avrebbe dato i suoi frutti. Lo stava allenando per vincere la coppa Chojiin sia per ripagare Robin Mask, suo padre, di un vecchio debito... sia perchè ci teneva che il ragazzo seguisse una retta via.

Grazie alle sue competenze in campo tecnico era riuscito a convincere Kevin a farsi assumere come personal trainer e se fino ad adesso non aveva avuto problemi era anche grazie alla smania di vittoria del giovane che lo portavano a non farsi troppe domande sul misterioso allenatore concentrandosi unicamente sugli esercizi.

Veramente... non è con lui che ballo” avrebbe volentieri aggiunto l'ex lottatore russo, ma quella era una sua questione personale e il fatto che il suo giovane allievo avesse citato il compagno Turbinskii poteva voler dire solo possibili guai per il futuro. E Lord Flash aveva bisogno di mantenere la sua fiducia!

Ci siamo solo ubriacati un paio di volte... è vero. Ma non ho intenzione di mancarti di rispetto, credimi! – sbuffò un po' seccato ma volle dare comunque corda a Kevin – e aggiungerei anche “da che pulpito viene la predica”! Non vorrei che dopo una quindicina di birre ti scordassi di usare questi! –

agitò brevemente la confezione blu dei condoms e con quel suo discorso riuscì a sviare la conversazione portandola a suo vantaggio. Ebbe anche l'effetto di sciogliere un po' la tensione e Kevin Mask roteò gli occhi seccato per l'imminente paternale che stava per ricevere da un tizio a cui ancora continuava ad importare poco sul piano strettamente personale. Il loro legame come studente/allievo per lui era già più che sufficiente.

Di chi si tratta, Kevin?! –

il ragazzo si mosse nuovamente a disagio, ma decise di rispondergli a basa voce – si tratta di, ehm... la ragazza che lavora al mercato ortofrutticolo vicino alla palestra –

si massaggiò la nuca sentendo che gli bruciava terribilmente e non per una irritazione dovuta al ferro del suo elmo. Quello era abituato a portarlo sin dall'età di due anni, ma non era abituato allo sguardo fisso del suo allenatore che senza dire una parola continuava a fissarlo.

Ah... – aggiunse infine, lasciando correre altro silenzio – dunque se la cucina si sta riempiendo di verdura non è perchè tu sei diventato vegano, giusto? –

Giusto... era solo un scusa per vederla –

Dunque è quella ragazza li? Quella cicciottella... –

Si quella ragazza li! Posso avere quella dannata scatola adesso?! –

fece per allungare la mano seccato verso il proprio allenatore ma questi, con un gesto fulmineo, allontanò la scatola di profilattici dalla sua traiettoria guardandolo severamente.

Fermo dove sei, Kevin. Noi due non abbiamo ancora finito il discorso –

il giovanotto inglese sbuffò annoiato e provò a tornare alla carica per riprendersi il maltolto, ma ancora una volta il suo allenatore fu più veloce e prendendolo per il braccio glielo strinse abbastanza forte da farlo grugnire di dolore.

Prima che io te li renda devi rispondere ad alcune mie domande – lo lasciò andare dopo aver visto che con reticenza il ragazzo gli dava retta, non era sua intenzione iniziare un inutile pestaggio dopotutto – punto primo: è il vostro primo appuntamento? –

Si... è una uscita informale. Ha detto che conosce un locale vicino a dove lavora che serve della birra irlandese... l-la scatola l'ho presa perchè... –

– … “non si sa mai” – Lord Flash roteò gli occhi ma stette attento a non polemizzare troppo – Kevin, lascia che ti spieghi un paio di cosette. Di solito ad un primo appuntamento informale non ci si ubriaca come spugne. Ne ci si porta in giro una intera confezione di questi! Quindi, se questa ragazza ti interessa, cerca prima di conoscerla meglio... mettila a suo agio. E se lei rifiuta un approccio più diretto tu non insistere e accetta la sua decisione. Non saltarle addosso come un cavallo impazzito insomma! –

Si, si, ok! Ho imparato la lezione! Ora posso avere quella roba dannaz... –

venne bloccato nuovamente da Flash, e ora lo sguardo del suo allenatore, nonostante anche lui indossasse un elmo di metallo, era di quelli che non ammettevano repliche.

Fermo-ho-detto! Promettimi che non farai disastri, Kevin... abbiamo un titolo da vincere –

Stai tranquillo, non ho nessuna intenzione di lasciarmelo sfuggire! –

se veniva pronunciato il torneo Chojiin ecco che il giovane lottatore tornava a farsi serio e determinato, conscio che alla minima sciocchezza compiuta avrebbe perso la sua possibilità di dimostrare al proprio padre, tanto odiato eppure comunque amato, di saper fare altro oltre che deluderlo. Questa sua determinazione piacque a Lord Flash, che decise di mettere pace all'aspra discussione poggiando entrambe le mani sulle spalle del ragazzo.

Ottimo, ora si torna a ragionare. Io... devo comunque riconoscere che comprando questo oggetto hai dimostrato di voler fare le cose con una certa responsabilità. Divertiti stasera, ma non stancarti troppo che domani ci sono gli allenamenti! E sii... delicato, con questa ragazza –

Kevin Mask sinceramente parlando non si aspettava un simile discorso dal proprio allenatore. Si sarebbe aspettato un rimprovero di quelli targati “Robin Mask” magari già seccato per il fatto che andava a bere fuori con una popolana, tuttavia la fiducia che Flash gli dava era ben riposta e questo lo faceva sentire sollevato.

Contaci Lord Flash... e ora credo di, ehm, andare a farmi una doccia –

Molto bene – il russo gli annuì soddisfatto, andando ad aprire la confezione di condoms – ma di questi te ne porterai dietro solo uno. E mettilo nella tasca dei pantaloni per piacere, che sinceramente parlando messo dentro un portafogli è una cafonata! –

lo consegnò ad un silenzioso allievo che non tardò a ritirarsi nelle proprie stanze per darsi una bella strigliata, forse pure un po' imbarazzato per un discorso a cui non era abituato, ma nel complesso il suo allenatore poteva stare tranquillo e conoscendo Kevin sapeva che avrebbe mantenuto la promessa.

Portò infine la confezione di profilattici nel bagno al piano terra dell'abitazione che condivideva con il rampollo della famiglia Mask, ma prima di mettere l'oggetto dentro l'armadietto dei medicinali volle tenersi una bustina per sé, mettendola all'interno della giacca blu che indossava.

non si sa mai” per citare le parole di Kevin Mask, anche se nel suo caso non erano esattamente così che stavano le cose.


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Con la moto dal meccanico a Kevin Mask toccò per forza di cose scegliere se prendere i mezzi pubblici oppure farsela a piedi fino al luogo dell'appuntamento. Si era appena fatto una doccia quindi non gli andava di correre fino al mercato ortofrutticolo, per cui decise di prendere l'autobus piuttosto che il taxi... non voleva darle l'impressione di essere “sofisticato”, ecco.

Ed ora eccolo li, a pochi passi dalla zona residenziale in cui dimorava, ad aspettare un autobus che stava, a suo avviso, tardando ad arrivare e mancavano dieci minuti alle otto di sera.

E meno male che siamo in Giappone... la patria della puntualità – borbottò sarcastico ,infilando le mani nelle tasche del lungo impermeabile per sentire di meno l'umidità della sera – Beh, se non altro avrò una scusa credibile da darle... AH??! –

Quasi gli venne un colpo quando notò, dopo averla adocchiata con la coda dell'occhio, una figura femminile china a terra accanto a lui e intenta a guardargli la zona pacco con uno sguardo... completamente storto.

Era talmente rilassato da non aver notato quella bizzarra donna dagli occhi storti che lo osservava con insistenza senza dire una parola. Non sembrava neppure umana! Era forse una aliena? Comunque sia, gli stava dando sui nervi.

Che... che diavolo sta facendo, lei?! –

Aspetto l'autobus – rispose quella senza smettere di fissarlo proprio li.

Non sapeva neppure quanti anni darle, poteva averne trenta così come cinquanta, ma sembrava essere sul punto di saltargli addosso... tesi avvalorata dal suo sguardo che si fece più sinistro.

Li sento sai...?! I tuoi spermatozoi scalpitano come cavalli all'interno delle tue sacche larvali. Si muovono... si muovono... a breve esploderanno! –

Aargh... m-mi stia lontano lei! –

con una velocità fulminea la femmina aliena, perchè non poteva essere umana per comportarsi così, gli si avvicinò a tal punto da aderire la faccia contro il suo inguine e germirgli le natiche con ambo le mani. Oltretutto, in quel preciso istante l'autobus sopraggiunse, e le ante del mezzo si aprirono timidamente mostrando ad un perplesso autista una scena alquanto singolare. Per non dire preoccupante.

Doveva chiamare la polizia e avvertirli che una donna aveva appena aggredito sessualmente un ragazzone di due metri e diciotto?! Hm, no. Meglio andarsene via il prima possibile evitando che i pochi passeggeri sul mezzo si mettessero a commentare dell'accaduto sui social network!

L'autista partì immediatamente cercando di rimuovere mentalmente ciò che aveva appena visto, e lasciando un Kevin Mask letteralmente pallido sotto la maschera nell'osservare che qualcuno dei passeggeri, alcune ragazze, ridacchiavano per quell'assurda aggressione.

Se... ne... vada!!!

riuscì a staccarsi da quella creatura solo dandogli un calcio poderoso che la fece rotolare via diversi metri. E nonostante il calcio cadde perfettamente in piedi non accusando nessun dolore... a Kevin parve pure di sentire come una sorta di puntura all'altezza della natica sinistra ma poteva essere, magari, solo una sua impressione.

L'idea di picchiare una donna non gli piaceva neanche un po', ma tanta era la sua rabbia che a momenti gli offuscava ogni pensiero lucido. Doveva restare calmo però, aveva un appuntamento che lo aspettava ed era già in ritardo!

Sei fortunata, dannata bastarda... ma credimi, non finisce qui! –

si era ripromesso di andare al mercato fresco come una rosa, ma per colpa di un assurdo incidente gli toccava correre come un disperato per non far aspettare troppo l'amica che, quasi sicuramente, lo stava aspettando ormai da cinque minuti buoni.

Kevin Mask letteralmente scomparì all'orizzonte correndo forse anche più velocemente di una fuoriserie, ma per la donna poco importava visto che doveva fare una telefonata urgente.

Signor Vance MacMadd? le comunico che ho appena microchippato Kevin Mask, ed ora proseguo con la lista degli altri lottatori – se con la mano destra teneva il cellulare, con l'altra aveva ancora in mano una specie di pistola con un ago affilato al posto della canna.

molto bene Alana... continui così. Le nuove regole della IWF prevedono che ogni lottatore che ne fa parte venga registrato nel database centrale entro domani! Mi dispiace per il disagio, ma purtroppo alcune regole le fanno ai piani alti –

Non si preoccupi signore... ero nella Corte un tempo, lo sa no? Per me la parola impossibile non esiste –

Nel mentre che parlava smontò l'ago inserendolo in una pistola ad aria compressa più grande presa direttamente dall'interno della giacca. Oh, Vance sapeva bene che la dottoressa aveva fatto parte dei gruppi speciali delle Deva, denominata “la Corte” appunto, e ora prestava gentilmente i suoi servigi per la IWF impegnandosi a curare i suoi lottatori anziché le spietate soldatesse della sua razza. E questo per lui era un bene.


Un po' meno “bene” era la figura di Kevin Mask, che arrivò con il fiato corto nel luogo dell'appuntamento scorgendo l'immagine della giovane amica sotto la luce di un lampione. Il cappotto verde la faceva più rotondetta del solito, ma a lui francamente andava bene così. E tra i due lui era decisamente il più pesante... come aveva fatto “gentilmente” notare ad un paio di teppistelli qualche giorno fa, che ebbero l'ardire di prenderla in giro mentre stava lavorando.

Ah! Ehm... Kevin! – il suo arrivo improvviso la spaventò un poco, ma non si allontanò – va tutto bene...? Ehm, mi hai un po' spaventato... –

Io... s-sto bene – “a parte l'aggressione sessuale” – ho solo corso un po' perchè... ho perso l'autobus ma sto bene –

raddrizzò la schiena ritrovando il suo rinomato orgoglio e smise di ansimare per dare l'idea di aver solo corso un po' quando in realtà la situazione era ben più inquietante. Una cosa era certa, sicuramente a parte bere non se la sarebbe sentita di fare altro. Sotto i vestiti c'era un nido di sudore che solo una lunga doccia avrebbe tolto.

Vogliamo andare? Sono curioso di vedere questo posto –

le poggiò delicatamente una mano sulla schiena invitandola così ad iniziare a camminare assieme a lui, e questo parve rasserenare un po' la giovane donna. Solo poco dopo mordendosi il labbro tornò a parlare.

Scusami se prima mi sono spaventata ma... circa un paio di secondi prima che tu arrivassi mi è sembrato di sentire... nitrire un cavallo. Tu l'hai sentito per caso? –

a quelle parole Kevin emise una sorta di lamento strozzato, per poi aggiungere di non averlo sentito affatto. Era decisamente meglio a non pensare a certe cose, almeno per quella serata.


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Lord Flash per quella sera aveva finito le sue incombenze casalinghe, e dopo aver dato una sistemata in cucina e in soggiorno l'ultima cosa che rimaneva da fare era buttare via la spazzatura nel cassonetto fuori casa.

Kevin, spero tanto che tu non faccia il cavallo, almeno per questa sera” pensò distrattamente l'ex lottatore russo nel mentre che posava nel bidone di metallo l'immondizia di una giornata spesa a sistemare casa, e fu solo quando richiuse il contenitore che il suo battito cardiaco si fermò per alcuni istanti.

Sgranò gli occhi, perchè non aveva notato la figura femminile che gli si era praticamente parata davanti con in mano quello che sembrava un fucile anestetizzante. Aveva come la sensazione di averla già vista, tra le altre cose...

Ehm... c-che... – non gli riusciva di parlare, mentre la donna con gli occhi storti aggrottò le sopracciglia pensierosa.

Poi si rilassò, sfoggiando un gran sorriso e salutandolo con una mano – Ehi ciao! Quanto tempo eh?! Stammi bene –

poi si tuffò in un cespuglio vicino, e per quella serata non la vide più. Il russo decise quindi di stringere le palpebre degli occhi scuotendo la testa come se avesse avuto solo una assurda visione e basta. Aveva già le sue preoccupazioni con Kevin, non aveva decisamente il tempo anche per queste assurdità qui.



Se non lo si nota questo capitolo è ambientato un po' nel futuro rispetto ai capitoli precedenti. Il perchè è semplice... avevo voglia di trollare Kevin :D ! Dal prossimo si torna alla “normalità” per così dire. Spero abbiate apprezzato!

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Capitolo 4
*** derattizzazione ***


Lei ha fede dottoressa?! –

la domanda aveva fatto alzare la testa ad Alya, intenta ad osservare su di un tablet alcuni file sul programma degli insegnanti per la settimana, cogliendola quasi di sorpresa per una domanda che non si aspettava. Non tardò molto a prestare attenzione al proprio interlocutore, seduto a pochi passi da lei e intento a sorseggiare un semplice caffè preso dal distributore. Erano solo in due all'interno dell'area ristoro del primo piano nonché unico luogo in cui sia gli insegnanti che gli altri membri dello staff potevano visionare le notizie in bacheca. Agli studenti, e la cosa non era poi tanto strana, non era concesso avere notizie dal mondo esterno.

Il fatto che fosse stato l'enigmatico Pentagon a porgerle la domanda, una creatura dall'aspetto piuttosto “angelico”, le venne naturale guardarlo con una punta di sorpresa.

Mi sta chiedendo se credo in una qualche religione, signor Pentagon? –

l'allenatore in questione, dal corpo completamente bianco come il paio di ali che possedeva, seduto su di una sedia e con entrambi i piedi poggiati sul bordo di uno dei tavoli della sala, inclinò la testa di lato e sebbene sul suo volto non ci fosse nessuna possibilità di leggere una qualche espressione si poteva intuire che fosse lievemente divertito.

Suppongo che una domanda fatta da me possa risultare alquanto ironica... –

tutti sapevano, la dottoressa inclusa, che nonostante il suo aspetto di “angelo alieno” Pentagon era un uomo da sempre devoto alle leggi del suo paese e alla sua costituzione. Altrimenti non si sarebbe mai fatto modificare dai servizi di sicurezza statunitensi fino a raggiungere l'aspetto attuale.

Se lei mi ha fatto una domanda mi sembra giusto rispondere di conseguenza – Alya non si sbilanciò, posando il tablet sul tavolo, rispondendogli educatamente – sarò anche una dottoressa ma sono convinta che non siamo esattamente “soli” nell'universo. Qualcosa, o qualcuno, ha dato origine a tutto l'universo e comunque, in generale, credo che ognuno sia libero di credere in ciò che vuole –

Siete molto “aperta” per essere una donna di medicina... ma per quanto riguarda le altre Deva? –

Beh ecco... – la donna si perse momentaneamente nei propri ricordi, prima di rispondere all'ex lottatore – noi crediamo nella rigenerazione. Nulla è eterno, niente è mortale. Tutto è destinato a rinascere sotto diversi aspetti o forme... una parte di noi si rigenera nelle nostre figlie, mentre l'altra torna in mare. Per noi Deva il mare ha un significato molto importante poiché è li che la Dea è nata creando poi tutte le forme di vita che popolano il pianeta –

Hm, una teoria affascinante... molto “filosofica” per certi versi –

Pentagon si mise a sedere in maniera più composta, portandosi alle “labbra” il bicchiere di carta contenente un caffè amaro ormai freddo e lasciando alla donna il tempo per proseguire la sua spiegazione.

È così. In fin dei conti si tratta di un ciclo continuo... anche le emozioni e i sentimenti si rigenerano. Come il giorno si succede alla notte, e l'odio si succede all'amore, anche la vita di un individuo è in continuo mutamento. Io trovo questa teoria affascinante... ma non sono come le Deva più conservatrici, che addirittura non mangiano pesce perchè credono di mangiare l'anima delle loro antenate –

Ah, beh... allora... – il lottatore dall'aspetto angelico si massaggiò il collo trattenendosi dal sorridere ironicamente – non avrà problemi se la invito a mangiare sushi... –

Alya non riuscì a rispondere a quella mezza domanda incompleta, conscia comunque che si trattava non di un approccio vero e proprio quanto più una “spacconata” all'americana, perchè dalla porta fece capolino un Robin Mask decisamente non in vena di battute scherzose.

Risparmiatelo, Pentagon. La dottoressa ha da lavorare –

oh, abbiamo un contendente qui –

Nel dirlo con tono arrogante si alzò in piedi, incrociando le braccia in petto e osservandolo con una nota di sfida. La battuta decisamente non piacque all'ex lottatore con l'elmo medioevale, che sbattè con forza la cartellina tenuta in mano affrontando poi faccia a faccia lo sfrontato collega americano.

C'è poco da scherzare! Vance non vuole darci altri finanziamenti e oltretutto abbiamo da effettuare una derattizzazione il prima possibile... e intendo una derattizzazione seria, non quella offerta dalle “possibilità economiche” di MacMadd –

T-topi avete detto?! –

A parlare fu la stessa dottoressa che, nel mentre si avvicinava ai due uomini, divenne improvvisamente pallida come se avesse appena visto un fantasma passarle davanti. Una donna così determinata che aveva paura di un topolino? Questa era buona...

lei ha davvero paura dei topi, miss Alya? Mi chiedo come sia possibile dato il vostro temperamento glaciale –

per Robin Mask era una cosa semplicemente ridicola, ma in fondo era un classico che alle donne non andassero a genio creaturine che si possono abbattere con una facilità disarmante. Persino la sua Alisa ne temeva la presenza in casa, e lui ogni anno scrupolosamente attuava una derattizzazione completa in tuta la tenuta. Altri tempi quelli...

è a causa di un episodio accaduto quando ero piccola... stavo giocando fuori casa, vicino ad una catasta di legna, quando vidi un animale strano – prese a strofinarsi le mani tra loro per cercare di scacciare via la paura crescente – pensai fosse un gatto e allora lo toccai... ma quello si voltò e mi morse alla mano! Era il topo più grosso che io abbia mai visto! Mio padre accorse immediatamente appena mi sentì strillare, e anche se uccise quell'animale purtroppo il terrore fu talmente devastante che non sono mai riuscita a superarlo... –

Un momento dottoressa... – Pentagon la guardò incuriosito, notando che comunque ce la stava mettendo tutta per riprendere il controllo – lei ha vissuto sulla terra? Non è sempre stata su Amazon? –

n-no... ho vissuto i miei primi anni di vita sulla Terra e una volta che i miei si sono lasciati sono andata a vivere sul pianeta natale di mia madre. Solo a 18 anni sono tornata nuovamente sulla Terra per laurearmi i-in chirurgia e... EEHK! –

Quando Alya si guardò i piedi vide qualcosa che decisamente avrebbe preferito non vedere, e di scatto si buttò letteralmente in braccio a Robin Mask che senza mascherare la propria sorpresa fece non poca fatica a tenerla buona.

S-si calmi maledizione! Che diavolo le prende?! –

ehm... credo che sia per questo topolino qui... –

Guardando verso il basso proprio come stava facendo Pentagon in quel preciso istante, Robin Mask potè notare la presenza di un piccolo roditore intento a guardare i tre umani con una certa perplessità.

L-lo mandi via per favore!! – la donna si avvinghiò al collo dell'ex lottatore con ambo le braccia sempre più terrorizzata – n-non lasciate che si avvicini! –

E come faccio a mandarlo via con lei in braccio, eh?! – rispose seccato Robin Mask, cercando tra l'altro di non mettersi a ridere come era quasi sul punto di fare Pentagon – e la smetta di agitarsi, che le si solleva la sottana! –

Pff... tranquilla dottoressa, ora ci penso io –

Alya ci aveva provato a farsi passare quella paura ancestrale... ci aveva provato davvero. Se da un lato non temeva criceti, conigli, cavie, insetti vari e serpenti, dall'altro la figura del grosso roditore della sua infanzia continuava a metterle i brividi. Sapeva che un mite topolino, come quello preso in mano da Pentagon, non avrebbe mai potuto nuocerle come un ratto delle steppe. Ma era dura cercare di resistere ad una paura che ogni volta si rigenerava, facendole tornare alla memoria l'angoscia e il dolore provato quando aveva solo tre anni. Provò a calmarsi anche in quel preciso momento, rendendosi tra l'altro conto di essere saltata in braccio a Robin Mask come una dannata anguilla, ma nuovo terrore le giunse quando le doppie ante della porta d'ingresso alla sala si aprirono mostrando a tutti l'unica squadra di derattizzazione che le tasche del MacMadd potevano permettersi.

Ma che diavolo...? – fece per domandare l'ex lottatore dall'aspetto angelico, ma la squadra di Alana si armò ben bene alla vista del topolino tenuto in mano dall'uomo.

La femmina Deva, accompagnata da due addetti delle pulizie kinniku, indossava una tuta ignifuga e in mano possedeva qualcosa di decisamente inquietante. Ed uno strano senso di paura iniziò a crescere nei due insegnanti, perchè effettivamente il direttore della scuola aveva superato il limite.

Ok ragazzi, armate i lanciafiamme. Abbiamo trovato il bastardello! –

NO! Un moment...!!!

Robin Mask ci provò a bloccare quell'assurdo teatrino, ma le fiammate di tre potenti lanciafiamme lo colpirono nello stesso modo in cui colpirono Pentagon, e ciò che riuscì a fare fu solo quello di dare le spalle al trio per proteggere la dottoressa da tutta quell'assurda situazione.


Ma che diavolo sta succedendo lassù...? –

con uno sguardo preoccupato, Buffaloman osservò le fiamme infrangere le vetrate della sala insegnanti a ripetizione, sentendo che qualcuno stava urlando durante quello strano “fenomeno” interno alla scuola.

Al momento si trovava in un cortile interno della struttura, impegnato nell'allenare gli studenti ad evitare dei sacchi fiammeggianti e alcuni di loro ( se non tutti ) stavano osservando con un certo sgomento le poderose fiamme che si stavano sprigionando, e notando che l'incendio sembrava essere destinato a propagarsi per l'intero edificio volle correre al suo interno per dare l'allarme antincendio.

Non fece molta strada però, perchè un grido lo costrinse a guardare in alto notando l'incredibile.

A causa di una esplosione più forte due figure vennero scaraventate fuori da una grande finestra. Due individui che sembravano andare in fiamme e che corrispondevano al nome di Pentagon e Robin Mask.

Il primo, con le ali bruciate, non riuscì ad effettuare un atterraggio di fortuna ritrovandosi a sbattere la schiena al suolo, mentre il secondo ebbe la forza di atterrare in ginocchio sebbene la pelle bruciata dovesse dolerli parecchio. E tra le braccia, e molti studenti sconcertati poterono notarlo chiaramente, aveva ancora la dottoressa Alya Kalinina visibilmente scossa con i capelli bruciacchiati e le vesti in disordine.

Robin Mask! Pentagon! Per la miseria che diavolo è successo?! –

immediatamente Buffaloman cercò di prestare soccorso ai due colleghi feriti, ma lo sguardo del nobile inglese fu così glaciale, nel mentre che si metteva in piedi senza mollare la presa sulla donna, che lo portò a desistere dal dare una mano.

Cough... Ahh... è stata la d-derattizzazione! –

rantolò testuali parole un Pentagon che, dopo aver lasciato andare dalle mani un topolino che immediatamente si dette alla fuga, perse i sensi a causa delle ferite subite.

Nello stesso momento in cui l'angelo alieno sveniva, Robin congelò i presenti con lo sguardo e lentamente, zoppicando un po', si avviò all'interno della scuola con ancora in braccio una donna visibilmente preoccupata.

Ma che diavolo... Qualcuno chiami i soccorsi! –

Buffaloman di cose strane ne aveva viste in vita, ma questa decisamente era una delle più assurde. Non aveva mai visto il collega inglese così visibilmente incazzato, ma ciò che era più importante adesso era prestare i primi soccorsi a Pentagon.

I soccorritori non tardarono ad arrivare per fortuna, ma arrivò solo la dottoressa Alana dopo essersi tolta la tuta ignifuga.

Uhm... bel problema – una volta giunta in cortile esaminò attentamente il paziente – una volta ho steccato un uccello... posso sempre provarci. Tranquilli signori! So quello che faccio, sono un medico! –

la tranquillità non era di casa dentro il cortile della scuola, soprattutto per il modo in cui l'aliena prese Pentagon sotto custodia, prendendolo per le caviglie e correndo all'interno dell'edificio come se al posto di un paziente stesse trascinando un carretto della frutta, e tornare agli esercizi mattutini fu piuttosto difficile vista l'epica scena a cui tutti avevano assistito.


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Vance MacMadd al momento si trovava nel suo ufficio intento a compilare alcune scartoffie burocratiche all'ordine del giorno. La stanza, dall'aspetto accogliente e lussuoso, era forse la più bella dell'intera scuola ma a Vance non piaceva vantarsi dei propri finanziamenti privati.

Staccò gli occhi dalle scartoffie solo quando sentì dei piccoli colpi alla grande porta di noce scuro, l'entrata del suo ufficio, chiedendo bruscamente chi chiedesse la sua udienza.

S-sono la dottoressa Kalinina, mister MacMadd... posso entrare? –

Oh... ma certo, si... – sorpreso, il vecchio direttore si sistemò gli occhiali vedendo come la pota si apriva lentamente – mi dica dottoressa, cosa le servEH??! –

ciò che vide quasi gli fece prendere un colpo. La suddetta donna, dai vestiti bruciacchiati e dall'aria ancora un po' stravolta, era tenuta tra le braccia di un Robin Mask completamente annerito e con lo sguardo talmente assassino che solo quello ebbe il potere di fermare il battito cardiaco di Vance.

Hmmr... – si limitò a borbottare l'insegnante inglese, con un verso che ricordava molto quello fatto dal maggiordomo degli Addams.

Ecco... mi scuso per l'intrusione ma avremmo un reclamo da esporle – la giovane Deva si strofinò le mani per restare calma – la squadra di derattizzazione non è efficace... q-quindi le pregherei di aumentare il budget per quest'anno –

in altre parole suonava come un “vecchio bastardo sgancia i soldi” se si poteva leggere attentamente lo sguardo di mister Mask. Per tale motivo Vance sudò freddo, limitandosi a deglutire e ad annuire nervosamente andando poi, a tentoni, a rovistare in un cassetto della scrivania alla ricerca del libretto degli assegni.

M-m-ma certo... e-ecco a lei dottoressa! –

una volta staccato l'assegno lo porse alla Deva e quest'ultima, dopo averlo flebilmente ringraziato, decise di congedarsi in tutta fretta.

Molte grazie mister Vance... e ora se n-non le dispiace devo andare i infermeria a curare questo paziente... –

un Robin Mask infuriato faceva paura persino ad una donna dal temperamento forte come lo era miss Alya, senza contare che Vance si portò una mano al cuore quando il duo se ne andò via dall'ufficio diretto verso altri lidi.

Si... forse era stato un po' troppo taccagno... ma giusto un po'.

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Capitolo 5
*** scimmie misteriose ***


Kevin Mask non aveva passato una bella serata.

Non che ricevere prima di cena una telefonata da suo padre fosse la cosa più bella del mondo, non lo era mai e questo andava precisato, ma quello che gli aveva detto gli era piaciuto ancora di meno.

Ho incontrato una ragazza a Londra... e vorrei che tu la conoscessi” detta in termini semplici è così che il suo vecchio aveva iniziato il discorso, mentre per Kevin si trattava solo del suo ennesimo tentativo di infilarsi nella sua vita e decidere ogni suo aspetto più intimo. Se da ragazzino era scappato di casa era per vivere la vita come meglio credeva lui, senza il costante controllo di un padre dittatore che, piuttosto che fargli vivere la sua infanzia, lo stava modellando a propria immagine e somiglianza.

E ora voleva che addirittura tornasse a Londra per conoscere una ragazza, guarda un po', scelta da Robin Mask?! L'ultima cosa che voleva era che papà gli combinasse un matrimonio con una perfetta sconosciuta, inoltre c'era già una ragazza che gli interessava... ma vuoi che al suo vecchio genitore importasse?! Certo che no!

Non sia mai che il buon nome della nostra famiglia si mescoli con quello di un'umile fruttivendolo” decisamente molto incoraggiante, ma al giovanotto poco importava se si trattava della migliore dottoressa della città, così gli era parso di capire, francamente parlando per quanto continuasse a voler bene al suo vecchio ( in fin dei conti come si suol dire sempre, è pur sempre suo padre ) quello era stato l'inizio di una furiosa litigata di cui ora ricordava ben poco a causa di una sbronza colossale presa fuori casa.

Non ricordava di aver mai bevuto così tanta birra in vita sua, ma il risultato era che adesso era stesso a terra, sul parquet del corridoio di casa, completamente nudo e con solo l'elmo di metallo come vestiario.

Hmmrr... – cercò di mettersi a sedere una volta che fu sufficientemente sveglio trovandosi incredibilmente debole e con la testa che ancora gli girava.

Seppur con la vista che lentamente gli stava tornando notò che parecchi suoi vestiti erano sparsi lungo tutto il corridoio, dall'entrata di casa fino a dove si trovava lui, e con un certo imbarazzo ricordò il perchè se li era tolti prima di svenire.

Ah! ben svegliato, Kevin Mask! –

voltando la testa verso l'alto notò la figura spazientita del proprio allenatore, Lord Flash, con le braccia incrociate in petto e un'aria piuttosto severa in volto.

Eh?! Cosa... cosa è success... –

è successo che ieri sera hai litigato con tuo padre al telefono. Poi sei uscito a bere per dimenticare e sei tornato a casa ubriaco come una spugna... non sei neppure riuscito ad arrivare in camera tua e hai deciso di spogliarti in corridoio perchè avevi caldo – nonostante lo stesse rimproverando lo aiutò a rialzarsi in piedi quando lo stesso ragazzo allungò una mano verso di lui – e poi sei svenuto sul pavimento... ma non è la parte peggiore questa! –

E quale sarebbe di grazia... Argh!! –

Iihkk!”

Colto completamente alla sprovvista, il giovanotto inglese si ritrovò col lanciare un rauco grido non appena qualcosa di rumoroso e vivo non gli atterrò sulla testa ancora dolorante.

Ma che cos...?! Sparisci!! –

l'ombra che gli era atterrata addosso schivò agilmente i suoi goffi colpi di karate e, invece di obbedirgli, squittì nuovamente aggrappandosi con più decisione all'elmo di Kevin con le proprie piccole manine fino a strattonarglielo via e scattare sopra una credenza.

U-una... scimmia?! E-ehi! Restituiscimi il mio elmo!!–

il giovane lottatore dovette scostarsi dagli occhi i lunghi capelli della frangia, e si poteva pure notare tinti di un un magenta ormai sbiadito, per poter ammirare la creatura che ora rideva con il suo trofeo in mano stringendolo come se fosse stato un pupazzo di pezza.

Kevin, ragazzo mio, dove diavolo hai preso quella bestiaccia? Sai che è bene che tu non abbia animali in casa... –

Io... davvero non lo so – si massaggiò la tempia ricordandosi tra l'altro che forse era il caso di prendersi un po' più cura dei lunghi capelli – ha preso il mio elmo! Il mio elmo capisci??! –

Oh si. Lord Flash sapeva perfettamente cosa rappresentasse quell'elmo da guerriero medioevale per il suo giovane allievo. E sapeva che perderlo per lui sarebbe stato peggio che essere nudo, come lo era al momento, poiché per ogni componente maschile della famiglia Mask l'elmo di ferro rappresentava una pura e semplice questione d'onore. Se lo si perdeva, si perdeva la dignità di essere uomini.

Un po' forzato come concetto ma era anche attraverso questo espediente che i componenti della famiglia trovavano la giusta determinazione per affrontare i propri avversari.

Ora, tornando ai problemi del presente, tale prezioso oggetto era in mano ad una scimmia che era entrata in casa sulle spalle di un ubriaco giovanotto e che Flash, pur provandoci in tutti i modi, aveva tentato di catturare buttando poi la spugna decidendo che ci avrebbe pensato Kevin a sistemare tutto.

Lurida bestiaccia...! Torna QUI!! –

Kevin! Dove diavolo vai?! –

Non appena il suo giovane allievo, furioso per quel furto improvviso, tentò di dare l'assalto alla dispettosa scimmietta ecco che questa scappò via lasciando che il lottatore inglese si schiantasse dolorosamente al suolo. Poi la creatura uscì direttamente dalla finestra della cucina, guardando i due umani e ridendo nuovamente, portando con se l'elmo chissà dove.

NO! Figlia di... –

Incurante del dolore per aver sbattuto prima contro una credenza, rompendone un'anta di vetro, e poi sul pavimento del corridoio pieno di schegge di vetro, letteralmente si tuffò all'inseguimento del piccolo primate saltando oltre la finestra della cucina ed incurante del proprio allenatore che lo chiamava a gran voce.

Non gli importava di essere nudo come sua madre lo aveva fatto, poco gliene fregava se era ferito a causa dei vetri rotti e ancor meno gli interessava avere la frangia che praticamente gli oscurava la vista! Beh... magari di quella un pochettino, ma comunque riusciva a tenere testa a quella bestiaccia pulciosa seguendola per i giardini interni delle abitazioni del quartiere in cui attualmente soggiornava.

L'erba bagnata di rugiada delle aiuole che circondavano la zona rischiò più di una volta di fargli perdere l'equilibrio, ed anche se l'ira gli stava scaldando il corpo mentre correva, l'umida brezza del mattino si fece sentire sulla sua pelle portandolo a rabbrividire controvoglia. Ma nell'insieme rischiò solo un paio di volte di perdere di vista la scimmia.

Lurida bestia!! Aspetta che ti prenda e poi vedi!! –

di tutta risposta la scimmietta emise un altro suo “Ihkk” prima di saltare sul marciapiede e da li oltre un muretto di pietra. Kevin Mask corse ancora, decisamente più sollevato all'idea di correre su di un marciapiede anziché sull'erba umida, e poco gli importò di una anziana negoziante intenta ad aprir bottega che lanciò un grido allarmato quando se lo vide passare davanti come un vichingo con la rabbia... lui aveva la sua missione da compiere e l'avrebbe compiuta anche a costo di attirare su di se delle attenzioni non volute.

Superò anche lui il basso muretto in pietra vista e una volta li la sua espressione facciale mutò da irata a totalmente sorpresa. Si scostò nuovamente la lunga frangia dagli occhi e aggrottando le sopracciglia cercò di ricordare dove esattamente fosse arrivato, oltre che scandagliare la zona in cerca di quel maledetto primate.

Quando capì dove era arrivato con il suo correre con le chiappe al vento si ritrovò a deglutire di istinto, trovando quasi ironico nel trovarsi a Beverly Park e per giunta a pochi passi dalla fatiscente casetta di legno in cui viveva Kid Muscle.

Tzk... a quanto pare la scimmia si è riunita al suo branco – non aveva una buona considerazione del principe dei kinniku e del suo allenatore Meat.

Tra l'altro, con la coda dell'occhio fu quasi certo di aver visto un'ombra infilarsi nella porta della lurida casetta. Tanto valeva controllare no? E a Kevin Mask, decisamente arso dalla rabbia, venne sempre più il sospetto che fosse stato quel buono annulla perennemente baciato dalla fortuna a mandare quella scimmia per fargli dispetto.

Con cautela si avvicinò alla casupola, constatando che in zona non c'era nessuno e tutto era avvolto da una tenue foschia, andando poi a sbirciare all'interno da una delle finestrelle presenti.

La scimmia era lì, intenta a palpare il naso da maiale del suo proprietario immerso a russarsela della grossa sul semplice materasso che condivideva con il proprio allenatore, e l'unico indumento che Kid possedeva al momento erano dei boxer orrendi con degli elefantini stampati sopra. Ma si può?!

Della maschera comunque, nessuna traccia. E questo portò Kevin a provare maggiore rabbia tanto da trovarsi a ringhiare come un animale chiuso in gabbia... e non poteva aspettare oltre! Decise quindi di sfondare la porta di casa con un calcio poderoso, tanto da svegliare di soprassalto Kid Muscle e facendo urlare la maledetta scimmia.

UAHHH!! Chi è??! Chi sei??! Un Ladrooooh!! N-non farmi del male ti pregoooh!! –

Dio, se era irritante quando si metteva ad urlare così. Ma non poteva lasciare che allarmasse qualcuno, il suo allenatore era fuori e aveva poco tempo per recuperare il maltolto.

Kid Muscle!! Se questo è uno scherzo per mettermi in difficoltà durante le finali Chojiin hai veramente colpito basso! –

per un momento il giovane kinniku smise di gridare guardando l'intruso molto attentamente. Quella voce gli ricordava qualcuno... ma non poteva essere per davvero lui, andiamo!

C-cosa...?! Kevin Mask, sei tu?! Uahhh! –

la sua espressione sorpresa non durò a lungo, poiché l'omaccione nudo ruggì qualcosa e poi gli saltò letteralmente addosso in una presa da lotta greco-romana avvinghiando con un braccio la sua vita e con l'altro il collo, per poi iniziare a stringere forte Kid in una presa che non riusciva a contrastare anche a causa del suo corpo ancora mezzo addormentato. E tra le altre cose... che diavolo ci faceva una scimmietta in casa sua che gli saltellava agitata davanti agli occhi?!

Kevin... C-che diavolo fai??! E perchè una scimmia mi sta facendo la linguaccia??!–

Restituiscimi la maschera, bastardo!!

Ecco una cosa che illuminò brevemente il cervello del principe dei kinnikku mentre veniva schiacciato con più forza contro il materasso fintanto il teppista inglese continuava a stritolarlo.

Tuttavia non riuscì a fare altro dato che, come se fosse stato il destino a volerlo, la porta di casa si aprì e da essa fece capolino il suo allenatore Meat.

Ehi Kid, ragazzo! Svegliati pigrone, che ho già finito di sistemare il ring qua fuori per gli allenamenti... –

il sorriso del minuto kinniku si congelò così com'era nell'esatto istante in cui vide il proprio allievo avvinghiato in modo fin troppo equivoco ad un altro ragazzo dalla criniera bionda, mentre una scimmia continuava a strillare spaventata senza però essere ascoltata da nessuno. Ne da Kid Muscle che guardava pallido in viso il proprio allenatore, ne da Kevin Mask ancor più irritato da quella entrata in scena.

Scusatemi – disse in tutta fretta Meat. Uscendo velocemente e chiudendo la porta di casa lasciando al suo interno un Kid che quasi lo supplicò di tornare indietro.

Noo! Meat dove vai?! Salv...! –

Non riuscì a completare la frase perchè ora un Kevin senza maschera iniziò a prenderlo a pugni in faccia con una violenza tale da portarlo ad agire per forza di cose, iniziando a colpire pure lui il suo aggressore senza troppi complimenti. Stampò ben bene le nocche sulle guance di Kevin Mask a ripetizione, portando l'inglese a rispondere con delle dolorose gomitate alle reni e successivamente in testa.

La lotta continuò per un po', tra urla di dolore e le strilla di una scimmia esaltata, e la casetta subì svariati scossoni strutturati completamente ignorati da Meat che, con le braccia incrociate in petto, attendeva poco lontano che il suo giovane allievo finisse i suoi comodi e poi lo avrebbe strigliato ben bene.

Solo poco dopo la lotta cessò, ma il piccolo kinniku non potè vedere una esasperata scimmietta tirare fuori da sotto le coperte l'elmo blu tanto cercato da Kevin Mask e calarglielo per bene in testa consentendoli così di mollare tutto e fuggire via tra i cespugli.

Ciò che vide fu solo Kid Muscle che uscì fuori casa più furioso che mai andando immediatamente verso il proprio allenatore per dirgliene quattro.

Di un po', tu!! – era veramente incazzato ma Meat non fece una piega – com'è che non sei venuto a salvarmi eh?! Kevin Mask mi stava accusando di avergli rubato la masch... –

Vedo due omaccioni mezzi nudi avvinghiati tra loro cosa dovrei pensare eh?!!

lo disse così, corroso dall'imbarazzo e tutto d'un fiato, lasciando brevemente allibito l'allievo che lo osservò con una espressione a dir poco ebete. Se non addirittura ridicola, mentre iniziava a capire le parole del piccoletto iniziando a balbettare.

ma... ma... m-m-ma non... NON È COME CREDI!! – divenne paonazzo in volto e Meat iniziò a credere che il ragazzo avesse ragione – Kevin Mask e una scimmia mi hanno aggredito nel sonno! Sarebbero da squalifica!! –

Sicuro... e i giudici credi che crederanno ad una storia simile?! Magari la scimmia ha rubato l'elmo di Kevin e lo ha portato da te... ad ogni modo se mai dovrai batterti con lui non dovrà succedere ciò che è successo prima! Dovrai difenderti! –

se era una motivazione per spingere il proprio allievo a fare i suoi allenamenti mattutini era decisamente un buon modo per farglieli fare. Un modo molto più semplice di scordare l'intera faccenda ma era anche vero che per i kinniku era semplice lasciarsi alle spalle certi tipi di traumi puntandosi unicamente sull'esercizio fisico.

Meno facile era per un essere umano, e solo quando Kevin Mask recuperò la sua maschera che si rese finalmente conto che era completamente nudo. Con tutto quello che ne poteva conseguire.

Oh, merda – sibilò piano una volta uscito dal piccolo parco giochi, coprendosi le vergogne con ambo le mani – e adesso? –

E adesso indossi questi, disgraziato! –

ancor prima di riconoscerne la voce, il giovanotto inglese venne colpito da un paio di pantaloni e da una maglietta a maniche corte come a lasciar intendere di vestirsi immediatamente prima di combinare altri disastri.

Lord Flash... tu qui?! –

Già, non è stato facile starti dietro ma direi di continuare la conversazione altrove! –

chissà perchè ora Kevin aveva decisamente paura della ramanzina che gli sarebbe arrivata.


- - - - - - - - - - - - - -


Entrambi tornarono verso la zona residenziale in cui vivevano e lo fecero quasi nel silenzio più assoluto. A Kevin Mask tutto quel silenzio non piacque nemmeno un po', tuttavia si rilassò un poco quando arrivarono nel parco urbano del loro quartiere e li decisero di fare una sosta.

Erano le dieci del mattino ormai, il parco era popolato di gente intenta a fare jogging, a prendersi un gelato ed erano presenti anche alcune mamme con bambini piccoli. I due lottatori avevano preso posto in una delle tante panchine presenti e Lord Flash aveva ben pensato di dare la sveglia al proprio allievo costringendolo a bere un intruglio di ginseng, rape rosse e caffè che si era portato dietro dentro un termos quando era andato a cercarlo.

Bleah... questa roba fa schifo! –

Questa roba ti darà la sveglia Kevin, inoltre è il male minore e ringrazia il cielo che nessuno ti abbia visto girare nudo per strada altrimenti avresti ricevuto una squalifica! –

il ragazzo versò un po' del contenuto del termos nel suo tappo e lo porse alla scimmia che ora era appollaiata sulla sua spalla. La creatura ne bevve un poco e poi immediatamente sputò il contenuto infastidita. A quella vista Kevin rise, anche se non c'era molto da ridere.

Strano ma vero la scimmietta ladruncola doveva vedere in lui una sorta di padrone per continuare a stargli appiccicato... appena gli si era avvicinata aveva provato ad allontanarla in malo modo dandogli un calcio, ma quella dopo essersi allontanata brevemente lo aveva tallonato fino a lì tanto da far borbottare Lord Flash un divertito “sembra che ti sia fatta una amica”.

Si, sono a conoscenza di aver commesso una autentica cazzata... ma cerca di capire! Nel momento in cui ho perso il mio elmo... io mi sono sentito... nudo

Ti capisco compagn.... ehm, Kevin – gli poggiò una mano sulla spalla libera, ora più comprensivo – cerca di avere più autocontrollo comunque, questo è un periodo delicato e i tuoi avversari faranno di tutto per sbatterti fuori –

era dannatamente vero e solo ora il ragazzo capiva quello che aveva combinato. Fu quasi sul punto di dar ragione al proprio allenatore quando un bimbo in bicicletta, non avrà avuto che quattro o cinque anni, cadde rovinosamente dopo aver preso una buca.

Il pianto disperato del piccolo attirò l'attenzione dei due uomini in modo alquanto differente. Se nell'inglese sentire quel bimbo provocò un certo fastidio, oltre che svariati ricordi di infanzia poco piacevoli che gli ricordarono il motivo del perchè avesse smesso di piangere molto presto per simili cadute, nel russo la reazione fu completamente differente.

Si alzò di scatto dalla panca andando a soccorrere il ragazzino, aiutandolo a mettersi in piedi e confortandolo per la caduta.

Ehi... ti sei fatto male? Su, su... non è nulla, dai. Guarda, non ti sei neppure graffiato, visto? –

addirittura gli porse un fazzoletto pulito per asciugargli le lacrime, allontanandosi da lui solo quando sopraggiunse la madre che prontamente si scusò con l'allenatore per il fattaccio ritirandosi poi in tutta fretta perchè, in fin dei conti, quelle due montagne di muscoli non erano esattamente raccomandabili.

Ci sai fare con i ragazzini... – commentò un po' sorpreso e un po' sarcastico Kevin Mask – non è che per caso sei genitore pure tu? –

ci fu un minuto di silenzio prima che Lord Flash gli rispondesse. Un minuto di silenzio di troppo per il giovane lottatore, tanto che alla lista dei misteri riguardanti il suo personal trainer dovette inserire pure questo. Al momento non gli faceva troppe domande poiché preso dall'allenamento per il torneo ed inoltre era un uomo davvero capace di tenerlo in riga senza metodi disciplinari troppo duri, ma quando avrebbe vinto il trofeo Chojiin si sarebbe fatto dire tutto.

No... non ho figli, Kevin – tornò a sedersi sulla panchina e chiuse per un momento gli occhi come sovrappensiero – a parte un ragazzone di due metri che scorrazza nudo per strada –

E piantala! Ti ho già detto che mi dispiace! –

Lo so... infatti stasera a mezzanotte ti aspetterà un allenamento di cinque ore alla dismessa di automobili fuori città. Spero che tu ti divertirai a schiacciare tutte le auto presenti riducendole a dei cubi, perchè ho già contattato il proprietario che avresti fatto tu il lavoro al posto suo e dei suoi macchinari –

ok, se voleva avere una giusta punizione ora l'aveva decisamente ricevuta. Lord Flash era l'esatto contrario di suo padre... era severo, questo si, ma riusciva a essere più comprensivo tanto da discutere con lui civilmente prima di dargli delle punizioni poco simpatiche.

E al momento l'unica che stava ridendo era l'odiosa scimmietta.

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Capitolo 6
*** hippodrilli malefici ***


Robin Mask non aveva una buona opinione riguardante le Deva.

Non che queste donne aliene gli avessero fatto chissà quale torto in vita, ma era cresciuto con dei preconcetti precisi tramandati di padre in figlio decisamente difficili da mandar via.

Gli era sempre stato detto che delle Deva era meglio non fidarsi troppo. Che erano tutte potenziali streghe dello spazio capaci di rubarti il cuore mentre dormi e che erano avide da fare schifo. Oltre che capaci di una promiscuità discutibile arrivando a coinvolgere addirittura le loro figlie in tenera età.

Insomma, nella sua famiglia non correva una buona opinione su questa razza aliena, senza contare che una razza composta da sole donne che si riproduce tramite partenogenesi aveva fatto nascere molte leggente sui loro usi e costumi non sempre gratificanti.

Doveva ammettere una cosa però, la dottoressa Alya Nikolaevna Kalinina era una donna seria senza grilli per la testa oltre che estremamente intelligente. Forse avrebbe avuto un atteggiamento meno aggressivo nei suoi confronti se non fosse stata una Deva, perché in fin dei conti con lei ci aveva parlato civilmente tanto da trovarla interessante, ma il fatto che appartenesse a quel popolo… e per giunta lavorasse in una infermeria circondata da omaccioni con gli ormoni a mille, continuava ad essere un pregiudizio difficile da mandare via. E intendiamoci, riteneva che il mondo del wrestling non fosse roba per donne.

Per lui una Deva era potenzialmente pericolosa, ed anche se tutte le sue visite mediche erano fatte a scopo di bene non poteva fare a meno di pensare che potesse esserci un qualche secondo fine non specificato. A dir la verità manco sapeva pure lui cosa volesse dire un simile pensiero, magari era la senilità che galoppava, ma la sua testardaggine causata da una pessima educazione di certo non aiutavano.

Dunque si trovava combattuto se apprezzarla per le sue qualità, oppure disprezzarla rimanendosene al sicuro nella propria cecità mentale. Se fosse stata umana magari…

Smise di fare pensieri nel momento esatto in cui entrò all’interno dell’aula insegnanti.

Non c’era nessuno eccezion fatta di due individui che non faticò a riconoscere, sebbene fossero tra i lottatori più singolari ed inquietanti che ci fossero nella Scuola di Ercole.

Pentagon… Black Hole. Siete in pausa o state discutendo la mia proposta di materie d’esame per la settimana prossima?

Suddetti individui lo “guardarono” senza dire una parola. Per poi rispondere al wrestler di origine inglese dandogli una adeguata spiegazione.

– Robin Mask… no, nulla di tutto questo a parlare fu l’individuo completamente nero e con un singolare buco al posto della faccia che corrispondeva al nome di Black Hole – ho solo accompagnato mio cugino a prendersi un caffè dopo le spiacevoli cure mediche che ha subito –

Il lottatore dalla maschera di ferro non aveva dimenticato la brutta disavventura avvenuta con la derattizzazione. Quello era stato un episodio che a momenti lo aveva portato a chiedere con forza le dimissioni della Kalinina e di quella pazza della cugina di quest’ultima, usando come ricatto la negazione di altri suoi ingenti fondi alla scuola portando quasi sicuramente il vecchio MacMadd a prendersi un infarto. Poi aveva desistito nel momento stesso in cui la dottoressa aveva iniziato a prestargli le prime cure, lavandogli via la fuliggine dal corpo, disinfettando le ferite e mettendo dove serviva dei punti di sutura.

Non se l’era sentito di cacciarla via in malo modo, non dopo averle intravisto negli occhi una sorta di senso di colpa lungi dall’essere mostrato e assolutamente composto. Fece il suo lavoro in silenzio e con scrupolo, da fredda dottoressa quale doveva essere, e quello sguardo sepolto sotto la mole delle responsabilità era l’unica cosa di umano che mostrava nonostante l’ambiente in cui lavorava non le permetteva molto “sentimento”.

In fin dei conti anche una Deva era un essere umano, e quell’episodio aveva permesso a Robin Mask di infrangere un altro pezzo di quel muro di pregiudizi su cui si era basata la sua intera esistenza. Ma tornando all’altro paziente finito nelle poco amorevoli cure di miss Alana…

– Uh… beh, suppongo che non sia stato piacevole seppur necessario –

I due lottatori dall’aspetto assolutamente alieno si dettero una breve occhiata, prima che Black Hole gli rispondesse e Pentagon tornasse a bere il suo caffè amaro.

– Necessario? Un catetere per noi non è necessario, in quanto siamo stati modificati in modo tale da non possedere una vescica. E sono sicuro che la dottoressa Alana sia a conoscenza di questo piccolo dettaglio –

Vero, i due cugini di origine statunitense erano entrambi ex soldati che si erano offerti volontari per un progetto non ben compreso da Robin Mask che prevedeva, oltre alla difesa del proprio paese, anche alcune modifiche specifiche al proprio corpo.

Il fatto che Pentagon fosse sconvolto, sebbene il suo orgoglio gli impediva di mostrarsi tale, la diceva lunga sul trattamento che aveva ricevuto. Ad ogni modo, era il caso di chiudere li la faccenda, decisamente imbarazzante, e dare una occhiata ai nuovi annunci in bacheca. Se era entrato li dentro era principalmente per quello, non per altro.

– Ehm… avete dato una occhiata alla bacheca? Sembra che qualcuno abbia affisso un avviso importante… Ah, la dottoressa a giudicare dalla firma –

Che cos’era stavolta? Un ennesimo esame del sangue? Delle urine? Visita oculistica e diabetologica?! Diamine, riempiva di esami più gli insegnanti che gli studenti, ed era davvero difficile convincerla che era “tutto a posto” e non c’era bisogno di essere così dannatamente fiscali.

Ma ciò che lesse su quel foglietto di carta, ebbe il potere di fargli perdere alcuni battiti cardiaci. Rilesse per tal motivo quel maledetto annuncio più e più volte per essere sicuro di aver letto bene, prima di sentire la propria rabbia ribollire sempre di più ad un ritmo davvero preoccupante.

Prese in mano quel foglietto e lo strappò via dalla bacheca di sughero con una violenza tale da romperlo quasi a metà, sotto lo sguardo incuriosito di due ex lottatori che non fecero una piega nel vederlo andare via a grandi falcate.

– Hm, ho come l’impressione che a Robin Mask non sia piaciuta l’iniziativa di miss Alya per una visita andrologica a tappeto 

La battuta di Hole Black fece sbuffare un po’ divertito il cugino che però non disse nulla a riguardo. Di farsi esplorare le zone intime, anche da una graziosa creatura come lo era la Kalinina, sinceramente parlando non ne voleva sentir parlare per un bel pezzo.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

– Bene signori, ho il piacere di comunicarvi l’ultimo esame dell’anno prima dei test finali che dovrebbero proclamarvi come Chojiin di nuova generazione –

A Vance MacMadd piaceva l’idea che era venuta in mente a miss Alana per dare una scossa maggiore agli già atroci esercizi a cui erano sottoposti tutti gli allievi. Alcuni insegnanti si erano trovati in totale disaccordo per un simile supplizio che rischiava di decimare ancora di più i loro allievi, ridotti ora a 35 unità dai 500 iniziali, ma alcuni tra loro come ad esempio Ramenman, lottatore rinomato per la propria crudeltà sul ring, si erano dimostrati piuttosto favorevoli.

“se si vuole combattere la d.m.p è necessario conoscere tutte le loro carte. Loro spronano gli allievi nell’odio e nel risentimento, noi lo faremo tramite il coraggio di affrontare le loro paure… e se la paura deve avere una forma maggiore, allora maggiore sarà il loro coraggio se sapranno affrontarla”

Le belle parole del lottatore cinese non è che avessero convinto proprio tutti, però a Vance l’idea piaceva e se questo lo avrebbe portato a non veder più Kid Muscle tanto meglio.

E suddetto imbecille ora si trovava accanto alle gabbie che ospitavano i graziosi animaletti che rappresentavano il fulcro del nuovo esame, ridendosela della grossa per il loro aspetto tutt’altro che aggressivo.

– UAH, UAH, UAH!!! – quando rideva sembrava una scimmia in calore – guardate che buffi questi maiali viola! – ehi, ciao piccolino… Uargh!! Aiutoo! –

Nell’esatto momento in cui tentò di accarezzare il gigantesco ippopotamo viola dall’aria beota ( e con i suoi occhi storti ricordava parecchio miss Alana ), subito la creatura tentò di azzannargli la mano con una bocca irta di affilati denti simili a quelli di uno squalo.

– Se fossi stato più attento in classe, caro mio, sapresti che gli hippodrilli di Amazon non sono affatto da prendere alla leggera –

Ad aver parlato in modo saccente era stato un lottatore dall’aspetto simile ad una antilope, corrispondente a Dik Dik van Dik, seguito a ruota da Wally Tusket che annuì preoccupato per quello che sarebbe successo a breve.

– È vero, Kid. Gli hippodrilli sono creature davvero temibili! Amano mangiare la carne umana, ma per fortuna non spostandosi mai dalle paludi in cui vivono si limitano solo al pesce… che è più buono in effetti –

A quelle parole, molti degli studenti riuniti nello spiazzo per gli esercizi più importanti iniziarono ad allarmarsi e lo stesso principe dei kinniku iniziò a piagnucolare più forte all’idea di essere mangiato da un branco di quelle bestiacce dalla faccia idiota. Un centinaio di quei grossi ippopotami contro trentacinque aspiranti Chojiin… e avrebbero fatto qualunque cosa per mangiarseli, il sapore della carne umana li stava già rendendo inquieti dentro le grandi gabbie.

– Bah, al diavolo! – Terry Kenyon si fece avanti battendo i pugni tra loro senza mostrare nessun segno di paura – non sarà certo qualche maiale viola a fermarmi… che si facciano pure avanti, li marchierò direttamente con il fuoco –

– Io passo grazie! – Kid Muscle di tutt’altra voce aveva già fatto fagotto per andarsene via – credo proprio che studierò per diventare avvocato oppure ragioniere… –

– Fermo dove sei, maledetto idiota! Questa è una faccenda seria! –

Irritato oltre ogni dire per quell’assurda codardia che caratterizzava il figlio del re Suguru, Vance MacMadd azionò con il telecomando che aveva in mano l’apertura delle gabbie lasciando tutti i presenti in un silenzio a dir poco glaciale.

Le gabbie caddero innalzando un grosso polverone all’interno dell’arena, e le creature aliene fecero il loro ingresso lentamente annusando l’aria in cerca di prede. Cibo che non fosse il solito pesce crudo, insomma.

Il ruggito degli hippodrilli letteralmente congelò nelle vene il sangue di tutti i presenti, e facendo strillare Kid in modo così acuto da arrivare a coprire il ruggito stesso delle bestie, dando finalmente inizio ad una caccia davvero spietata.

– Uaaahh!! MammaMammaMammaaah!! Perché tutti addosso a meeh?! –

Il giovane kinniku non aveva tutti i torti in effetti, poiché quattro di quei bestioni con le fauci spalancate si gettarono direttamente addosso a lui.

– Forse non sopportano il tuo pungente odore, Kid – sentenziò Van Dik schivando agilmente il morso di uno dei bestioni – in quanto ad igiene personale riesci a far infuriare persino queste bestie! –

– Per non parlare dell’assurda ciccia che hai nei fianchi! Sei secondo solo a Wally –

A parlare distrattamente fu un Terry Kenyon impegnato a effettuare il suo “marchio del vitello” su di un hippodrillo piuttosto inferocito. E nel mentre che lo faceva, accanto a lui regnava la confusione più totale tra lottatori che fuggivano, venivano mangiati o semplicemente combattevano per sopravvivere, ed il citato Tusket era protagonista di una scena piuttosto delicata visto che era all’interno della bocca di uno dei mostri impegnato a contrastare la sua chiusura con ambo le braccia e le gambe.

– Ehi! Io non sono grasso! Ho solo le ossa grosse! E tutto questo… sforzo… nnh… – la bestia era indubbiamente forte ma il wreslter simile ad un tricheco lo era nettamente di più, tanto da riuscire a ribaltare la creatura e ad uscire fuori – mi sta facendo venire una fame mostruosa, accidenti! –

– La fate facile voi!! Siete fortissimi e riuscite a batterli! Io me ne vadooh! –

Contrariamente a quanto affermava, senza rendersene quasi conto aveva già abbattuto un paio di bestioni che lo tallonavano con una serie di calci ben mirati, prima di scappare attraverso le porte principali dell’accademia tirandosi dietro altri hippodrilli inferociti.

Kid Muscle… era entrato… dentro la scuola!

Sullo spalto dove Vance MacMadd era presente assieme ad alcuni insegnanti e alla stessa dottoressa Alana, le reazioni non furono delle migliori. L’anziano direttore impallidì di fronte al potenziale disastro che quell’imbecille avrebbe a breve commesso scorrazzando per la scuola tra le sue aule e corridoi, mentre gli insegnanti presenti, Sosumi, Ramenman e Jesse Maivia, si tuffarono nella lotta per cercare di impedire che i bestioni distruggessero la scuola. La dottoressa tuttofare invece, ma non era una sorpresa, rimase indifferente.

– B-brutti idioti… – Vance parlò direttamente a due suoi impiegati kinniku visibilmente terrorizzati – chi di voi non ha chiuso bene le porte prima di venire qui?! –

– Veramente, effendi, ora avremmo un altro problema… –

Con lo sguardo sempre più corroso dal terrore, i tre uomini videro che un hippodrillo affamato aveva distrutto la recinzione protettiva dello spalto e ora avanzava con la bava alla bocca verso potenziali prede indifese. Andando a sovrastare con la propria ombra la figura di Alana che, senza battere ciglio, continuando a guardare il predatore si limitò ad alzare una mano.

– Ah, comunque ho lasciato io le porte aperte… colpa mia –

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Camminò a grandi falcate per tutto il corridoio aprendo porte su porte in modo decisamente plateale. Gli addetti alla sicurezza e il vario personale di servizio non osò fermarlo mai durante la sua camminata spedita e tutt’altro che pacifica, preferendo ignorare un Robin Mask dallo sguardo fiammeggiante premonitore di un’ira mal celata.

E quando arrivò all’infermeria nessuno si stupì del perché fosse così su di giri… a quanto pare certe visite mediche non le apprezzava.

DOTTORESSA!! – tuonò lui andando quasi a scardinare le doppie porte dell’ambulatorio – una visita andrologica??! Ha perso completamente il senno?! … Uh?! –

In un primo momento non se n’era accorto, poi quasi stupito vide la suddetta donna alzarsi di scatto da uno dei lettini e sistemarsi i capelli sciolti in un fermaglio prima di andargli in contro in tutta fretta.

– S-si, certo, subito – con un po’ di goffaggine si mise pure gli occhiali sul naso per vederci meglio – mettete il paziente sul tavolo che gli misuro subito il lettino… ehm… –

Il fatto che si fosse presa un momento di pausa e avesse deciso di sonnecchiare su uno dei lettini si poteva vedere senza troppi sforzi… con un cenno di imbarazzo difatti, tossì un poco per riacquisire compostezza, ma comunque Robin Mask non si lasciò intenerire. Scosse la testa per scacciare via un pensiero molesto sulla presunta umanità della Deva e della mole di lavoro che doveva affrontare, decidendo invece di cantargliele quattro.

Era stato un idiota a pensare a lei come ad una persona… interessante. Era una aliena, punto. E i suoi propositi erano tutto fuorché a scopo di bene. Quindi, stupidamente, avrebbe lasciato che gli antichi pregiudizi spadroneggiassero del tutto.

– Non faccia la finta tonta lei! Che diavolo è questa storia della visita andrologica?! Crede che la lasci fare tranquillamente?! Ha voglia di farsi scacciare?? –

– E sembra quasi che lei non veda l’ora, mister Mask – ora Alya aveva ripreso abbastanza lucidità sebbene gli occhi azzurri fossero lievemente arrossati – qual è il problema? Si tratta di un normalissimo controllo di routine e se lei fosse a conoscenza dei vari rischi a cui si può andare incontro con la scarsa igiene, rapporti non protetti, o l’età che avanza… credo che anche lei non esiterebbe a farsi controllare –

Femmina impudente! Dio solo era testimone di quanta voglia Robin Mask avesse al momento di darle un sonoro schiaffo. Si trattenne però dal commettere una simile cazzata, limitandosi a stringere i pugni emettendo un basso ringhio, anche perché i tempi erano decisamente cambiati da quando era giovane. E se le avesse dato uno schiaffo, per lui meritatissimo, sicuramente avrebbe ricevuto una denuncia per molestie sessuali.

– Non metterà le mani addosso ai nostri studenti! Se lo può scordare… – glielo sibilò a pochi centimetri dal volto, e la donna si irrigidì ben guardandosi comunque dal mostrare paura – questo sarà ufficialmente il vostro ultimo giorno in accademia. Non abbiamo bisogno delle prestazioni di una strega! –

Da quando Alya era tornata sulla Terra per studiare medicina le aveva sentite di tutti i colori. Se in principio trovava una cosa naturale specificare che era una aliena del pianeta Amazon, con il tempo aveva imparato a tenere la bocca cucita. Assurdo che la società terrestre denigrasse così tanto le donne della loro specie… ma con che criterio lo facevano? Vogliamo fare un esempio della loro società “evoluta”?

Cartelloni pubblicitari che invece di sponsorizzare abiti per tutte le taglie si limitavano ad un unico canone estetico. La sessualità commercializzata come un mero pezzo di carne dal macellaio, la sua stessa sessualità vista come ambiguamente porca. La discriminazione su come ti vesti, comporti, agisci, apri la bocca per parlare. Il tuo unico motivo di esistere è di assecondare l’altro sesso.

Puttana.

Raccomandata.

Stronza.

Strega.

Una volta addirittura un nobile, durante una serata di gala per la raccolta fondi studentesco per l’università di Oxford, luogo in cui studiava facendo non pochi sacrifici, l’aveva paragonata ad un animale raro da mettere in gabbia… e forse, il signor Mask non aveva tutti i torti a dirle di dimettersi e tornarsene a casa propria.

Eppure… no. Un quinto del suo sangue era di origine terrestre. Suo padre era un terrestre ed era una persona, a suo dire, assolutamente meravigliosa. Quindi se agì di conseguenza c’era solo da capirla.

Mordendosi il labbro inferiore per contenere a stento lacrime di assoluta frustrazione, prese il primo oggetto che le capitò in mano, l’Ipad con tutte le cartelle cliniche, e lo batté in faccia al wrestler con così tanta forza da danneggiarne i cristalli liquidi.

Robin Mask venne colto completamente alla sprovvista da quel gesto assolutamente improvviso e piuttosto forte, anche perché nonostante la dottoressa fosse minuta e sprovvista dei suoi stessi muscoli duri, aveva avuto la forza di fargli voltare la testa di lato con uno scatto improvviso. Ma l’avrebbe pagata, eccome se l’avrebbe pagata.

Ringhiando come un animale selvaggio si avventò sulla Deva con l’unico intento di riempirla di botte fino a che non avesse imparato la lezione. Ma non fece in tempo che a prenderle entrambi i polsi con una mano, sentendola gemere spaventata per la brutta piega che stava prendendo la situazione, poiché alcuni rumori e urla terrorizzate bloccarono i due litiganti facendo voltar le rispettive teste verso la porta dell’infermeria.

Non ebbero il tempo di guardarsi in faccia e domandarsi che diavolo stesse succedendo, perché come un rombo di tuono la porta si ruppe con un fragore assurdo e di puro istinto Robin Mask strattonò la donna, ancora sua prigioniera, dietro la schiena a mo’ di protezione.

Così gli aveva insegnato suo nonno, in altrettanta forma lo aveva istruito il padre, e lui non avrebbe fatto l’eccezione.

Ma il suo avversario era a dir poco assurdo, ed entrambi gli esseri umani sgranarono gli occhi nel vedere un hippodrillo con le fauci spalancate e l’alitosi decisamente pesante di chi aveva mangiato da poco carne umana

SalvatemiSalvatemiSalvatemiii! Non voglio morireeeh!

La stridula e irritante richiesta di aiuto arrivò direttamente da un Kid Muscle che, dopo aver abbattuto da solo altri due mostri in corridoio ( senza rendersene conto ), ora stava sopra la testa della bestia coprendogli gli occhi con la sua intera figura. E l’animale, non vedendoci più, aveva perso l’orientamento finendo direttamente in infermeria.

Ma l’olfatto gli funzionava, e tosto si fiondò su Robin Mask che, costretto a mollare la presa sulla Deva, caricò a sua volta il nemico prendendogli le fauci aperte con le mani tentando poi di chiudergliele con un certo sforzo.

– Ahh! S-signor Mask! La prego mi salvi! – il kinniku piagnucolò ancora non ascoltato da un insegnante che cercava di sopravvivere –non è colpa mia se queste belve hanno distrutto la scuola! Lo giuroo! –

Ed in parte in effetti era così… ma se al posto di scappare avesse combattuto come si deve sicuramente avrebbe fatto meno danni.

– Nnhh… ragazzo non mi distrarre! Cerca invece di renderti utile! – l’ex lottatore riuscì a ruotare di lato al muso della belva e a chiuderle le fauci, in una presa che non avrebbe retto a lungo – schiacciagli gli occhi… ora! –

Invece di obbedirgli però, come avrebbe fatto qualunque studente modello, il giovane principe borbottò qualcosa sul nervosismo e sull’effetto che gli fa nello stomaco, e invece di colpire la bestia agli occhi lo colpì al naso con un peto talmente potente da stordire lo stesso Robin che per forza di cose dovette abbandonare immediatamente la presa di bloccaggio.

Con lo sguardo però ebbe solo il tempo di constatare che la Kalinina, decisamente sconvolta, aveva trovato un precario riparo sotto la scrivania, e poi venne colpito da una testata del mostro viola che lo fece sbattere contro un muro.

Il mostro era lì, deciso a mangiarselo ponendo fine in modo decisamente stupido alla sua esistenza. Se solo avesse saputo se almeno suo figlio, Kevin, stesse bene! In tutti quei mesi aveva definitivamente perso le sue tracce e neppure quelli dell’M16, di cui aveva importanti contatti, erano riusciti a ricavarne qualcosa.

Se solo avesse saputo che suo figlio si era unito ai d.m.p per fargli dispetto non avrebbe esitato a cercare di riprenderselo e riportarlo a casa, accantonando l’orgoglio smisurato, e poi dargli una sonora lezione.

Ma nel mentre che si autocommiserava per una fine precoce, l’hippodrillo sembrò perdere improvvisamente colpi lanciando ripetute urla di dolore prima di accasciarsi al suolo senza emettere nessun tipo di rumore. Assurdo ma vero, quella battaglia sembrava già essere conclusa senza che nessuno dei tre presenti avesse fatto alcunché di significativo.

Fu solo dopo qualche minuto di silenzio che i tre videro quasi con orrore che da dentro la bestia stavano sopraggiungendo dei rumori e dei suoni. E Kid Muscle, piagnucolando, andò a nascondersi dietro un Robin Mask poco attento alla sua codardia.

Con un suono di risucchio disgustoso, dalla bocca dell’ippopotamo fuoriuscì la dottoressa Alana seguita a breve da Vance Macmadd e dagli altri due dipendenti, entrambi gli uomini stremati a differenza della femmina Deva, tutti sporchi di muco intestinale e nel caso dell’assistente tuttofare del vecchio era pure coperta di sangue.

E che diavolo aveva nelle mani…? Una zucca?! No… guardando meglio e con inquietudine sempre più crescente, l’ex wrestler dall’elmo di metallo notò che miss Alana aveva il cuore della belva tra le mani. E scrutando Robin con occhi perfettamente normali, non storti e questo era oltremodo più agghiacciante, addentò quell’organo decretando che un pizzico di sale non avrebbe guastato.

Basta. Questo era decisamente troppo. Furioso per tutto quell’assurdo teatrino si alzò in piedi ignorando un allievo terrorizzato, andando invece a prendere per un braccio Alya strattonandola verso un direttore più preso per i propri abiti sporchi che per la situazione in sé.

– Vance, voglio questa femmina fuori dalla scuola ADESSO! –

– C-cosa? Ma che diavolo sta dicendo – si sistemò meglio gli occhiali sul naso dopo averli ben puliti dalla sporcizia intestinale – abbiamo bisogno di un dottore qui…–

– Mandi via di qui lei e quella pazza di sua cugina adesso oppure se li può scordare i finanziamenti per quest’anno! –

Il suono di soldi mancati nelle sue casse personali portarono l’anziano kinniku a sbiancare del tutto. E anche se non capiva il perché di tutta quell’ira in Robin Mask, decisamente non gli andava di perdere uno dei suoi maggiori finanziatori, decidendo per questo di provare quantomeno a dissuaderlo un po’.

– Robin Mask… cerchi di essere comprensivo. Abbiamo bisogno della dottoressa… –

– Già! Noi tutti ne abbiamo bisogno! Senza di lei molti di noi non sarebbero qui a disputare questa prova d’esame! –

A difenderla a spada tratta ci pensò Kid Muscle che, appena sentite le intenzioni dell’insegnante, decise di difendere a spada tratta la donna di cui si era ingenuamente invaghito. Un pensiero molto carino in effetti, e la stessa Alya si trovò a sorridergli debolmente, ma era il caso di non aggravare ulteriormente la situazione. MacMadd era visibilmente teso e il giovane kinniku e mister Mask sembravano essere sul punto di darsele di santa ragione.

Per questo, deglutendo amaramente, si trovò costretta a prendere una decisione piuttosto dura ma a quanto pare indispensabile. Strattonandosi seccata dalla presa del proprio “carceriere”, si avvicinò poi al direttore della scuola consegnandogli il camice bianco e la targhetta identificativa.

– Signor MacMadd… è con sommo dispiacere che do le mie dimissioni, ma a causa di improrogabili problemi familiari mi vedo costretta ad andarmene di qui. So per certo che riuscirete a trovare un dottore qualificato quanto me –

Non guardò in faccia praticamente nessuno mentre si allontanava da li a testa bassa sentendo le lacrime scorrerle per le guance ormai del tutto impossibile trattenerle.  E nonostante la palese ingiustizia subita, il suo senso civico le imponeva di non polemizzare oltre con persone completamente arroganti. Persino suo padre le aveva sempre insegnato di non lasciarsi trascinare dalla cieca rabbia ma anzi, in alcuni casi di trovare anche la forza di perdonare atti di assoluta arroganza dimostrandosi così superiori agli stessi criminali.

Al momento però non riusciva ad avere parole pacate per Robin Mask, e  piuttosto che lasciarsi andare all’ira preferì andarsene in tutta fretta.

La seguì a breve distanza l’anziana cugina, che dopo aver dato un altro morso al cuore dell’hippodrillo lo consegnò in mano ad un perplesso Kid Muscle.

– Ma cos… che cos’è?! – lo guardò meglio e deglutì, credendo di vedere qualcosa – Uaaah! S-si è mosso!! Si è mossoooh! –

Preso dal terrore lanciò in aria il muscolo cardiaco, e purtroppo Alya era ormai lontana quando suddetto organo andò a spiaccicarsi in faccia a Robin Mask portandolo a gridare disgustato. Peccato, avrebbe trovato lo spettacolo di suo gradimento.

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Capitolo 7
*** ultimate baddass ***


– Che hai? –

C’era un silenzio quasi surreale in quella stanza d’albergo.

Surreale, perché fino a cinque minuti prima le due uniche persone presenti erano intente in una animata discussione tutt’altro che spiacevole.

La giovane guardò il compagno con una punta di perplessità tentando di leggere la sua “espressione facciale” nella penombra della stanza, senza però avere un successo concreto.

Anche se possedeva una maschera di metallo che gli copriva interamente il volto, gli occhi di Lord Flash raccontavano molto più di quello che si poteva vedere. Era incazzato, molto ma molto incazzato, e la ragazza sperò per lui che non fosse a causa sua.

Sbuffando seccata si coprì i seni nudi incrociando le braccia in petto, continuando a guardare l’uomo sotto di lei, steso su di un materasso sfatto e con i vestiti per buona parte sbrindellati, senza riuscire a carpirgli una sola parola.

– Senti… se hai la luna di Madre Russia girata sono cavoli tuoi! Ma sai com’è… di solito non ci incazziamo dopo aver fatto quel tipo di ginnastica  – chiaro riferimento al rapporto sessuale piuttosto “violento” appena consumato – è la nostra simpatica regola per la civile convivenza –

Sentendo testuali parole il russo chiuse momentaneamente gli occhi, sbuffando basso e spazientito, prima di passare ad accarezzarle delicatamente le gambe nude per ricordarle che, no, non si era dimenticato della regola.

Sapeva che non era il momento quello per essere incazzati. Non con lei a cavalcioni sopra il suo inguine, con le rispettive intimità ancora a stretto contatto, e con la sua pelle diafana intrisa di piccole gocce di sudore che alla luce dell’unica fonte luminosa ambrata presente in stanza sembravano tanti piccoli brillantini. Aveva una ninfa tra le mani, come si poteva essere arrabbiati?

– Non sono arrabbiato con te… questo non è un bel periodo –

– Che coincide più o meno con l’arco temporale in cui hai deciso di portarti a letto la ragazza del tuo nuovo amicone… –

– Non è colpa mia se sei una puttanella! –

– Ah! – fece sprezzante lei, per poi sorridere maligna – ma sentilo il vecchio porcello che grufola una scusa decente! –

– Grr… io… ah, al diavolo! –

Le prese con più decisione i fianchi ribaltando del tutto la situazione, schiacciandola contro il materasso umido e fissandola poi dritta negli occhi. Un lungo attimo di silenzio corse tra i due, interrotto solo dal ticchettio della sveglia digitale posta sul comodino e null’altro.

– Penso proprio che adesso andrò a farmi una doccia –

E la lasciò così. Nuda e perplessa sul letto di una suite di lusso andandosene in bagno con passo svogliato. Spogliandosi via della giacca blu, sfilandosi gli stivali rinforzati ed infine gettando la tuta in calzamaglia sbrindellata nel cestino del bagno. Tanto nel borsone che si era portato dietro ne aveva una di scorta perché sapeva fin troppo bene che fine faceva il suo vestiario ad ogni loro incontro… che non fosse una competizione di tango.

Da tempo Lord Flash, alias Warsman, aveva iniziato a frequentare il compatriota Turbinskii in un impeto di nostalgia per il proprio paese lontano. Non doveva essere nulla di che, qualche bevuta e scambio di opinioni sulle condizioni politiche della Madre Patria senza far ingelosire troppo Kevin Mask che iniziava a sospettare il peggio per il futuro. Cosa avrebbe potuto mai dirgli a quell’aeroplano antropomorfo?! Flash ovviamente, per una serie di validi motivi, le tecniche segrete della famiglia Mask non le avrebbe spifferate al primo che passa manco sotto tortura! Ma Kevin era un individuo paranoico e proprio quando il suo allenatore stava per dire addio a quelle chiacchierate intrise di nostalgia, ecco che all’improvviso apparve lei.

Turbinskii gliela aveva presentata come la sua “ragazza”, lei invece si era limitata a minimizzare, ma nell’insieme sembravano essere una coppietta aperta. Per lui invece, c’era un solo aggettivo per descrivere quella ragazza dai capelli d’ebano e lo sguardo felino.

Stronza. Grandissima stronza.

Non sapeva come altro descriverla, era stata antipatia fin da subito e invece di diminuire con il tempo era oltremodo aumentata in modo… strano. Di lei non sopportava parecchie cose come il suo fumare eccessivo, una vita disinibita come lo era la sua lingua volgare, la sua sfacciata arroganza ampliata dalla sua smisurata ricchezza. In poche parole una puttanella di prim’ordine, eppure c’era un punto che li accumunava.

E almeno su quello specifico punto non si facevano la guerra tra loro ma bensì collaboravano in modo alquanto stretto. Pochi lo sapevano, e quei pochi erano tutti della Muscle League, ma a Warsman era sempre piaciuto ballare la danza cosacca e qualunque altro tipo di ballo valesse la pena ballare. E guarda un po’, alla compagna del suo nuovo amico piaceva ballare il tango.

Turbinskii, per quanto abile nel volo, non lo era in altrettanta forma sulla pista da ballo e per tal motivo fu lo stesso Flash ad offrirsi come suo partner per le competizioni. Poi da li ad arrivare a stringersi l’un l’altra tra le lenzuola era un passo che nessuno dei due si sarebbe aspettato, ed era una cosa “quasi” clandestina la loro, e manco ci tenevano al momento ad ufficializzare la faccenda presi da pensieri ben più “importanti”.

Ma Emerald J.V.P Lancaster non era esattamente una ragazzina innocua come tutte le altre… non si limitava a ferire solo di lingua ma anche di corpo, e quell’atteggiamento insofferente e misterioso che attualmente il suo partner possedeva non le piaceva neanche un po’.

Si morse il labbro inferiore indispettita, e sentendo che il russo aveva azionato la doccia decise di non aspettare oltre dandogli il ben servito. Prese in tutta fretta la t-shirt lasciata a bordo del letto e indossandola velocemente si avviò verso il lussuoso bagno fermandosi giusto davanti al suo lavandino.

L’acqua continuava a scrosciare incessante mentre Lord Flash si lavava all’interno della grande cabina dai vetri opachi, e la giovane ridusse gli occhi a due fessure prima di ripetergli la primissima domanda che gli aveva posto.

– Si può sapere che hai?! Guarda che questa è la tua ultima opportunità per darmi una risposta decente, vecchiaccio! –

Ma dalla doccia non giunse nulla e alla giovane non rimase che passare le maniere forti.

Con un gesto rabbioso andò ad aprire il rubinetto dell’acqua fredda del lavandino, e questo portò Warsman a urlare di dolore per l’improvvisa doccia bollente che si riversò sulla sua schiena.

– Arrgh! Che diavolo ti prende, EH?! –

– Mi prende che voglio sapere che hai nella testa! – chiuse il rubinetto dell’acqua fredda e aprì quello della calda – non ho pagato profumatamente questa stanza per due ore di sesso scadente con te! –

– Si… come no… Mooolto scadenteEEH!! –

Emerald andò avanti così per altre cinque volte, trovandoci pure gusto in quel gioco crudele perché, dai diciamocelo, sentire Flash urlare come un orango e agitarsi dentro la doccia era qualcosa di assolutamente divertente.

– V-va bene! Va bene! Piantala adesso maledetta puttanella! Ti dirò quello che vuoi –

Seppur con lieve malincuore la giovane smise con il suo giochetto sadico e incrociando le braccia in petto aspettò che il russo aprì l’anta della doccia. Apparve un uomo decisamente  spazientito che sbuffò seccato passandosi una mano tra gli ispidi capelli biondi prima di risponderle con titubanza, ma aveva decisamente raggiunto il suo obbiettivo e lui si era già prefissato prima di incontrarla di raccontarle come stavano le cose. Si, era senza maschera principale e sul viso teneva calata solo la candida visiera frontale, ma non è che alla giovane di origine inglese importasse più di tanto al momento.

– Io… ho avuto dei problemi con la scimmia

Emerald rimase in silenzio, limitandosi ad inarcare un sopracciglio con aria perplessa andando poi, lentamente, a guardare l’inguine dell’uomo.

– N-non quello che pensi tu, maledizione – di istinto si coprì i genitali con una mano – intendo la bestiaccia che Kevin si è portato in casa qualche mese fa! –

– Ooh! Quella! È così carina… intendo la scimmietta che si porta a spasso Kevin ovviamente, ma hai paura che ti sostituisca per caso? –

La bestiola rinominata Coco dallo stesso lottatore londinese era diventata praticamente una celebrità al pari del suo proprietario. Quando Kevin appariva pubblicamente o anche prima di raggiungere il ring lei era sempre sulle sue spalle, dandogli decisamente più notorietà del solito. Purtroppo la creatura aveva attirato su allievo e maestro le attenzioni sbagliate.

Ma tralasciando questo la battuta decisamente non fece ridere Lord Flash… che anzi, le si avvicinò lentamente arrivandole a pochi centimetri dal viso.

– C’è poco da scherzare… quella bestia è stata addestrata da qualcuno a spacciare sabbia rossa, ed ora sia io che Kevin siamo ricercati dalla Corte! Sapessi almeno dove il mio allievo ha trovato quel primate pulcioso ma purtroppo una sera è tornato a casa ubriaco con quella…cosa sulle spalle –

– Wow! Frena… aspetta! – la ragazza parve ancor più confusa di prima oltre che dannatamente interessata alla faccenda – mi vuoi forse credere che Kevin Mask, ubriaco fradicio, abbia rubato la scimmia a qualcuno che spaccia quella sostanza dopante… Rimanendo coinvolto in una indagine intergalattica tra polizia antidroga e i servizi segreti delle Deva?! Ti prego, dimmi che non ho fatto centro perché è una cosa troppo surreale –

– Il succo è quello e credimi, c’è dell’altro… –

– Beh, allora farai meglio a coprirti il fratellino con un asciugamano perché voglio sapere tutto! –

E a malincuore Lord Flash, o Warsman per quei pochi a conoscenza della sua vera identità, si apprestò a raccontarle la spiacevole disavventura accaduta giusto un paio di giorni prima.

 

(…)

 

Accade al mattino. Precisamente alle otto in punto di una soleggiata giornata d’estate.

Kevin Mask era dovuto uscire presto per non perdersi in seguito gli allenamenti mattutini imposti dal suo severo lottatore. Il motivo della sua uscita era di recarsi il prima possibile alle poste per ritirare una raccomandata, e quando sarebbe tornato avrebbe trovato la colazione già pronta.

Essendo estate inoltrata non molti abitanti popolavano il quartiere in cui sia l’inglese, che Lord Flash, vivevano durante il periodo della Corona Chojiin. Molte famiglie erano in vacanza e di conseguenza molte villette a schiera erano vuote. E questo permetteva ai due di potersi allenare anche in tarda serata lungo le strette vie di quel dedalo di graziose casupole di uno dei quartieri più “bene” di Tokio.

Un quartiere talmente silenzioso che inizialmente Lord Flash, intento a preparare il suo caffè “speciale”, non si accorse neppure del rumore di passi felpati provenienti dal vialetto principale.

Cinque donne, tutte vestite di nero e dall’aria non propriamente amichevole, si misero l’una di fianco all’altra mentre lasciavano passare con un rigido attenti quella che doveva essere la loro superiora. L’unica nota di colore era la rosa rossa stilizzata sul loro petto o sulle maschere antigas che portavano, ma per il resto quelle ninja aliene erano delle perfette ombre assassine note come “la Corte”.

– siamo sicuri che questa volta l’indirizzo sia giusto? –

– Si, signora! Tutti i lottatori della League sono stati microchippati e violare i sistemi della IWF non è stato troppo difficile… il problema è che avevano inserito il chip di Kevin Mask in un altro lottatore… –

– …Ma ora abbiamo risolto il problema e adesso sappiamo chi è che spaccia sabbia rossa all’interno della Muscle League. Beh, allora… – e qui la donna estrasse dalla cintura uno strano oggetto cilindrico, sorridendo lievemente sotto la maschera – sarà il caso di dargli la sveglia sul concetto di legalità

Lanciò l’oggetto lontano, in direzione della grande vetrata del soggiorno centrandola in pieno, e attirando così l’attenzione di un Lord Flash intento a cucinare.

– Ma che diav… – si bloccò di colpo una volta raggiunto di corsa il soggiorno pensando ad un atto vandalico, ed il tempo parve improvvisamente andare a rallentatore.

Vide lo strano cilindro a terra che emetteva dei costanti “bip” con affisso un contatore digitale che stava facendo irreversibilmente il conto alla rovescia. Fuori dalla finestra rotta invece, vide un manipolo di figure oscure e cosa ben più peggiore vide le loro insegne. Una rosa scarlatta dentro uno scudo bianco.

Se da giovane l’armata rossa gli aveva dato la caccia dopo essere fuggito via dal centro di ricerca scientifico in cui lo avevano rinchiuso per studiarlo, ora era la Corte a volerlo vedere morto. Bizzarro che ci fosse sempre qualcuno che lo volesse far fuori.

Non c’era tecnicamente il tempo per pensare il perché di quella caccia spietata, il suo istinto di sopravvivenza unito alla sua rapidità di calcolo gli dissero chiaro e tondo che quella era una bomba pronta per esplodere. Ancora una volta il tempo parve rallentare in modo ancor più drastico mentre scappava via  dal soggiorno per raggiungere la porta che dava al retro del giardino. Ma non fece in tempo.

Una potente deflagrazione avvolse l’intera stanza avvolgendo con una palla di fuoco tutto l’ambiente, distruggendo ogni cosa in pochi secondi, e andando letteralmente a sventrare la parete frontale dell’abitazione con uno spostamento d’aria abbastanza forte da far catapultare Lord Flash contro la parete della cucina vicino all’uscita secondaria seppellendolo sotto le travi di legno del piano superiore.

Nella sfortuna fu comunque fortunato, essendo atterrato in un angolo difatti, le travi di legno avevano creato un cantuccio sicuro in cui il russo si risvegliò qualche secondo dopo ancora vivo sebbene con qualche ferita abbastanza trascurabile.

Tutt’attorno a lui regnava un caos di fuoco e rovina, e fu solo con una certa fatica che riuscì a dare un calcio alla trave infuocata che gli ostruiva la strada strisciando poi via tra quei lapilli ardenti procurandosi non poche vesciche.

Ebbe l’impulso di tossire ma si trattenne, la casa era piena di fiamme a causa della sua struttura in legno e del mobilio presente, e l’acre fumo nero gli ostruiva di molto la visuale, ma se si fosse lasciato andare a quel gesto umano avrebbe attirato su di se le attenzioni sbagliate. Le Deva erano ancora la fuori, in attesa di avere un bersaglio facile da colpire.

Il suo primo pensiero andò direttamente a Kevin Mask e alla sua salute. Che cosa volevano quelle della Corte per accanirsi così tanto? Avevano già preso il suo ragazzo?

Suo… non era manco suo figlio e quasi gli veniva da pensarlo! Era vero che aveva deciso di allenare il figlio del suo vecchio amico, nonché maestro, Robin Mask, nelle tecniche segrete di famiglia una volta che aveva saputo dal suo mentore che il figlio disgraziato si trovava in Giappone, ma nel tempo aveva sviluppato un affetto autentico che andava oltre i semplici doveri che si era imposto.

Si era offerto volontario per riportare il ragazzo sulla retta via senza passare per gli allenamenti pressanti del padre, assumendo una identità fasulla, ma era vero che attualmente il suo cuore batteva per l’autentica angoscia che gli fosse capitato qualcosa di brutto. Dunque si mosse scaltro tra i detriti, ignorando il dolore bruciante delle ferite, lasciando che la primordiale furia si impadronisse dei suoi sistemi in modo cosciente, elaborando attentamente le cinque nemiche che ora si stavano muovendo in formazione ventaglio con le armi in pugno verso lo squarcio e le fiamme.

Mh, mitragliette scorpion. Katane di tipo chisa. Stivali rinforzati per dare calci letali.

Lord Flash da dietro il mezzo muretto della cucina, rimasto intatto perché di muratura, analizzò attentamente l’armamentario delle signore e nel mentre che lo faceva estrasse i suoi artigli nascosti nelle nocche. Le avrebbe aggirate colpendole da dietro, uccidendole tutte eccetto il capo, perché era giusto che sapesse cosa diavolo stesse succedendo. Poteva sembrare un controsenso andare contro la giustizia, ma l’ex wrestler sapeva che se una Cortigiana si metteva sulle tue tracce non c’era modo di dissuaderla in maniera civile. Eseguivano gli ordini come macchine, quel tipo di cose da cui lui si era distaccato da tempo.

– Mantenete la posizione, state all’erta – fece quella che doveva essere il capo alle ultime due.

Perfetto. Erano quelle più all’esterno e si stavano muovendo lentamente per cercare superstiti. Scivolò dal nascondiglio cercando di fare meno rumore possibile, dopotutto non era più un ragazzino e anche se sapeva combattere qui c’era il rischio che si facesse del male per davvero. Se avesse avuto venti anni come le tizie che stava fronteggiando forse le avrebbe uccise tutte anche con gli occhi bendati, ora invece doveva stare attento a non gemere dal dolore per le ferite subite e sfruttare l’ambiente a suo vantaggio. La deflagrazione aveva distrutto buona parte della casa ma la radiolina un tempo presente in soggiorno si era salvata e funzionava ancora, proponendo l’Ave Maria di Schubert in maniera sublime e dandogli anche una discreta copertura.

La sua prima vittima non si accorse neppure di morire, arrivandole da dietro in perfetto silenzio. Lord Flash cinse le spalle della Deva con un braccio e con l’altro le infilzò il collo con i propri artigli, affondandoli del tutto in quella morbida carne. La femmina si irrigidì e tremò lievemente nell’atto di morire, e l’ex lottatore fu abile a depositarla a terra in perfetto silenzio.

Meno una, ne rimanevano altre quattro più il capo, e tutte gli stavano dando le spalle.

Si avvicinò alla quarta preda, munita di mitraglietta, e decise di attuare la stessa tecnica di prima. Ma qui fu meno fortunato… forse pestando delle braci ancora ardenti aveva fatto più rumore del solito nonostante la radio a terra continuasse a suonare il suo pezzo preferito, e la Deva ben armata fece per voltarsi insospettita nella sua direzione.

Warsman fu veloce ad agire, ma non abbastanza. La donna si accorse di lui e fece per sparare, ma ciò che riuscì a fare fu solo di emettere un grido strozzato quando gli artigli del russo si piantarono nel suo addome colpendo punti vitali. Beccato.

La terza donna ruggì qualcosa e puntò l’arma verso di lui facendo immediatamente fuoco, e Flash fu costretto a ruotare su se stesso ed usare il corpo della soldatessa appena infilzata come scudo. La donna venne trivellata di colpi ma nessuno di essi raggiunse lui, ma a parte ciò dovette guardarsi le spalle immediatamente poiché un’altra Deva, la seconda, aveva approfittato di quell’azione difensiva per correre attraverso i detriti e saltargli addosso brandendo una katana.

La corta lama affilata si conficcò in profondità nella sua spalla, non colpendo miracolosamente dei punti vitali come il suo computer interno registrò immediatamente, e se non urlò di dolore fu solo per una questione d’orgoglio… lasciandosi comunque scappare una imprecazione in russo. Si riscosse però subito, reclinando violentemente la testa all’indietro per darle una testata contro quello che avrebbe dovuto essere il naso. La tecnica ebbe successo e riuscì a scrollarsi di dosso sia il cadavere che la ninja munita di katana, approfittando della lama ancora conficcata nei muscoli per estrarla e lanciarla contro chi gli aveva sparato.

Se avesse avuto venti anni di meno con tutta probabilità avrebbe effettuato un lancio da manuale, ma dovette accontentarsi di aver colpito il ginocchio della prima soldatessa, l’ultima della sua lista e quella più vicina al capo, che cadde a terra urlando e di riflesso sparò dei colpi in aria. Le pallottole vennero schivate da Lord Flash che si lasciò comunque scappare un grido di dolore mentre rotolava a terra a causa della ferita alla spalla, e per ironia della sorte colpirono la seconda Deva con il naso rotto. Abbattendola immediatamente.

La terza fece la sua mossa imbestialita più che mai, buttando a terra le armi e correndo verso l’ex lottatore assestandogli un calcio al ventre che ebbe il potere di togliergli il fiato in corpo e contemporaneamente di girarlo a pancia in su. Fece per rialzarsi, ma una gomitata alla nuca lo rimandò nuovamente al tappeto.

Per un breve periodo vide tutto nero, sentendo ancora le note dell’Ave Maria risuonargli nella testa, e quando riattivò la vista si trovò tre Deva che gli puntavano le mitragliette. Tutt’attorno a loro regnava la distruzione e le fiamme, ed il cielo sembrava quasi notturno nonostante fosse il primo mattino, ma la ferocia delle Deva non tardò a farsi sentire quando il loro capo andò a pestare la ferita alla spalla del russo portandolo a grugnire di dolore.

– Ma che bravo soldatino, da?! – lo canzonò la cortigiana, togliendosi la maschera e rivelando un volto pallido e con fattezze asiatiche – hai abbattuto ben tre mie sorelle ma sembra che l’età ti stia schiacciando… poco male, uno spacciatore in meno di cui la Muscle League farà volentieri a meno –

– Chh… non so di cosa tu stia parlando! –

– Ah no?! – fece quella con un ringhio, piantando il tacco nel buco della ferita – mi vuoi far credere che Kevin Mask non sfrutti la sua adorabile bestiola per spacciare sabbia rossa con la complicità del suo allenatore? Ma non ti preoccupare… il vostro onore sarà salvo e sembrerà a tutti un incidente domestico – rigirò il tacco nella ferita e il russo strinse i denti per non gridare –  Una banale fuga di gas ha ucciso l’allenatore di Kevin Mask, e quest’ultimo per la disperazione deciderà di farla finita. Classiche stronzate romantiche di voi terrestri –

Lord Flash rimase perplesso a quelle parole, ignorando del tutto quel crudele dolore si concentrò su quello che la Deva aveva detto. Non avevano ancora trovato il suo ragazzo, o almeno così sembrava dal modo in cui parlava, e questo gli stava dando mentalmente un vantaggio. Oh, se solo avesse potuto dire a Kevin di non tornare qui!

– Tanto… è inutile cercare di spiegarvi le cose… akk! – smorzò un gemito di dolore, tentando di prendere tempo per fare… qualcosa – voi Cortigiane non vedete oltre il vostro naso, e state pur certi che sarà l’errore che Kevin sfrutterà maggiormente –

– Ah! Compagno russo, credo che sarà difficile visto che è stato microchippato dalla League e ci basterà semplicemente tracciare il suo ultimo spostamento… –

… e scoprire che gli ho impiantato una cinesata tarocchissima. Colpa mia

Improvvisamente la scena mutò, e divenne qualcosa di surreale. Tutte e tre  le Deva si voltarono di scatto verso chi aveva parlato, notando una figura appollaiata su di un albero vicino intenta ad alzare una mano in segno di scuse. Ma per il resto il suo sguardo rimaneva impassibile, anche a causa dei suoi occhi storti… che improvvisamente divennero dritti puntando le sue prossime prede.

Scattò in avanti nello stesso momento in cui la leader del drappello tuonò di spararle dietro. La straniera cadde su di loro a braccia aperte, atterrando le due soldatesse ed evitando agilmente il calcio che la Cortigiana rimasta in piedi tentò di darle. Lord Flash approfittò della situazione per prendere la caviglia della sua aguzzina con ambo le mani e torcergliela fino a sentire i suoi tendini spezzarsi.

La sentì urlare di dolore mentre cadeva a terra, e distrattamente, mentre si rialzava, notò che la sua salvatrice era impegnata a combattere aspramente con le altre due soldatesse. Abbattendo con una supplex tedesca quella con il ginocchio ferito, spezzandole così l’osso del collo, mentre con l’altra riuscì ad assestarle un pugno nel naso appena questa l’assaltò alle spalle pugnalandola ad un fianco. Il pugno fu così forte da far arrivare le ossa al cervello e abbatterla in pochi secondi, ma il prezzo di tale vittoria fu alto per entrambi i due “vecchietti”, riportando parecchie ferite gravi e sebbene non lo dessero a vedere molto erano piuttosto affaticati.

Contrariamente alla Deva che si stava massaggiando la caviglia ora gonfia, piena di furia negli occhi per l’affronto subito.

– Alana… dannata traditrice! Come puoi tu, una ex Cortigiana, mescolarti con questa feccia?! Stai pur certa che n-non finisce qui –

La donna guardò a lungo la propria compatriota. Ignorando che la chiazza di sangue sulla felpa grigia si stava allargando in modo abbastanza preoccupante, raccolse da terra una delle corte katane lasciando ben intendere ad un silenzioso Warsman quale sarebbe stato il suo intento.

– Hai finito?! – fece lei, reclinando la testa di lato come un insetto insensibile.

La soldatessa sgranò gli occhi mentre un lampo di terrore le attraversò le carni, per poi deglutire e riacquisire compostezza nella consapevolezza della propria fine.

– Dammi una morte onorevole –

E ciò fece, dopo un altro ultimo minuto di silenzio interrotto solo dal crepitio delle fiamme ora simili ad un muro infuocato, conficcò la lama nella gola della Deva che emise un flebile gorgoglio prima di cadere con la schiena al suolo. Una volta fatto ciò, Alana si voltò verso Flash e i suoi occhi tornarono nuovamente storti e con loro ampliò un sorriso di pura gioia nel vedere un vecchio volto amico.

– Nikolai! Vecchia ciabatta! Come te la passi, eh?! –

Fece per abbracciarlo ma quello con espressione cupa si scostò di lato guardandola male, ed il sorriso della donna scomparve a favore della solita espressione ebete.

– E suppongo che questo voglia dire “grazie” in russese

– Piantala di scherzare! La Corte pensa che io e Kevin spacciamo sabbia rossa! Dimmi che non ci sei tu dietro tutto questo malinteso! –

– No, no… io ho solo sbagliato a mettere il chip nelle chiappe di un altro lottatore, eh! Il resto ha fatto tutto il tuo pupillo rapendo quella scimmia a qualche spacciatore – si chinò a terra e prendendo un cadavere per le spalle lo trascinò vicino alle fiamme per lanciarglielo – fortuna che durante il controllo giornaliero ai sistemi di rintracciamento ho notato qualcosa di strano e sono intervenuta… oplà – lanciò il cadavere e si affrettò a prenderne un altro – mi dai una mano, si? –

Lord Flash la guardò a lungo, ancora dubbioso sul crederle oppure no, ma alla fine decise di prendere velocemente anche lui due cadaveri e lanciarli nel muro di fiamme.

– Non basterà questo incendio per cancellare le prove… è questione di minuti prima che arrivino le autorità – la guardò attentamente facendosi capire molto bene – abbiamo bisogno di un fuoco più grande

Alana, la donna sbucata improvvisamente dal suo fosco passato, gli sorrise piuttosto contenta notando che nonostante fosse passato del tempo le idee migliori ce le aveva ancora lui.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Kevin Mask era abbastanza imbestialito per la raccomandata che era andato a ritirare.

La busta recava il nome di suo padre, e recava la dicitura urgente ben stampata sulla busta gialla di quelle imbottite e usate per spedire oggetti piccoli più o meno fragili.

In quell’ultimo mese Robin Mask gli aveva rotto le scatole in maniera più o meno pesante portando il giovanotto a rimpiangere, quasi, di aver lasciato l’anonimato della d.m.p per far parte della League e quindi ben rintracciabile da chiunque.

Non ci riusciva a parlare con lui… e piuttosto che mettersi a litigare preferiva riattaccare oppure dirgli “scusa ma devo allenarmi”. Voleva scombinargli la vita ancora una volta e insisteva che doveva conoscere a tutti i costi una ragazza… non gliene importava niente di chi fosse e l’ultima cosa che voleva era che il suo vecchio gli combinasse un matrimonio. Non che lo avesse specificato nelle telefonate, anzi a dirla tutta non gli lasciava mai il tempo di spiegarsi, ma conoscendolo sicuramente aveva in mente qualcosa che lo riguardava.

– Bah, forse dovrei gettarla nel pattume… tu che ne dici? –

Sulle sue spalle la scimmietta che ormai da tempo lo seguiva trillò qualcosa mostrando i denti in un sorriso, e da quello che aveva studiato Coco era una scimmia cappuccina, ma non gli consigliò di fare altro e il ragazzo si limitò a scrollare le spalle.

Era estate, ed anche se era mattino presto c’era già caldo e non era il caso di incazzarsi ulteriormente. Si avvicinò alla propria moto parcheggiata appena fuori l’ufficio postale e si sedette pigramente sulla sella scartando la busta… rimanendo incuriosito per la presenza di un cartoncino bianco e decorato con dei ricami in rilievo indirizzato proprio a lui.

Ma fu solo quando lo aprì e ne lesse il contenuto che impallidì sotto l’elmo di metallo scattando addirittura in piedi. Cosa… cosa pensava di fare quel vecchio decerebrato di suo padre?! Con che diritto prendeva una simile decisione??!

In quel preciso momento si mise addirittura a suonare il cellulare, e ci pensò la stessa scimmia a sostituirlo con il cartoncino ancora in mano al suo padrone, invitandolo così a rispondere.

– P-pronto?! Lord Flash, sei tu! Ascolta, quel pazzo di mio padre non hai idea di quel che ha combinato!! –

– Kevin! Grazie a Dio stai bene! Sei alle poste?! Stai tornando qui?! Rispondi compagn… ehm, Kevin –

Il ragazzo londinese non aveva mai sentito il proprio allenatore avere un tono così concitato e ansioso, e distrattamente notò un paio di automezzi dei pompieri superarlo con una certa urgenza e a sirene spiegate.

– Ehm, sono in posta… ma sei sicuro di stare ben… –

– NON venire a casa! Vai al mercato ortofrutticolo, è pieno di gente e sarai al sicuro. Quando ci incontreremo ti spiegherò tutto, e liberati immediatamente della scimmia! È importante che tu vada subito li e senza quella bestia! –

– Liberarmi di Coco? Ma sei pazzo?! Non se ne parla… e poi lo sai che diavolo ha fatto mio padre?! –

 

 

Niente… non c’era pezza di far ragionare il ragazzo quando gli si colpiva il nervo scoperto delle presunte o reali offese che il padre gli arrecava. Pertanto, Lord Flash sospirò pesantemente e roteò gli occhi attingendo a tutta la pazienza che aveva in corpo per ascoltare quel benedetto figliolo.

– Se ti ascolto tu poi fai come ti dico?! Ok, perfetto… e ora dimmi… –

Nel mentre che ascoltava però la sua espressione mutò sempre più e da scocciata si fece prima perplessa e poi completamente sconvolta.

Si, era la parola giusta e la Deva che camminava a due passi dietro di lui ricordava perfettamente quando il vecchio compare rimaneva sconvolto. Forse non riusciva a leggerglielo propriamente in faccia ma la mimica del corpo, l’irrigidirsi e tremare lievemente, la dicevano lunga.

– S-sai una cosa Kevin? Hai perfettamente ragione ad arrabbiarti e tuo padre non può farti questo… andremo il prima possibile a Londra e chiariremo la cosa, ma ora vai dove ti ho detto e spegni il cellulare! È una questione di vita o di morte –

Poi chiuse la comunicazione, perché di polemizzare non ne aveva proprio voglia, tornando ad incamminarsi lentamente al di fuori del quartiere che sia lui che la donna avevano saggiamente deciso di dare alle fiamme. Alle loro spalle difatti regnava un inferno dantesco fatto di case devastate dalle fiamme causate dalle bombe delle Cortigiane, il tutto camuffato come una terrificante fuga di gas che avrebbe coperto il tutto. Cadaveri compresi.

Che poi Alana si fosse data al saccheggio coatto era un altro paio di maniche, il fagotto che aveva sulla schiena parlava chiaro, ma meno aveva a che fare con lei meglio era. E attualmente solo un nome gli saltava alla testa da cui ricavare un minimo di auto… ed era il nome di una stronza.

– Pessime notizie? –

– Si… abbastanza – disse aspramente il russo guardando avanti più nero che mai. Ci mancava solo questa…

– Eh, anche io! La dentiera che ho trovato nel bagno dell’ultima casa puzza di nicotina –

E se ne andarono così, con alle spalle un intero quartiere disabitato che bruciava e le note dell’Ave Maria che ancora sembravano disperdersi nell’aria.

 

(…)

 

Emerald, seduta a gambe incrociate sul letto matrimoniale, osservava il russo quasi con aria sognante come quella di una bambina che aveva appena sentito la storia più incredibile della sua vita.

 

– … Bene, e questo è quanto – fece Lord Flash abbottonandosi l’ultimo bottone della giacca, rivestitosi con gli abiti di scorta – se ti ho chiamato per un appuntamento è anche per chiederti un favore… si vabbè, ora mi dirai che sono un meschino approfittatore e bla,bla. Ma stiamo davvero rischiando la vita qui, e so che tu hai agganci per… –

– Porcello, questa è la storia più inverosimile e figa che io abbia mai sentito! Raccontala di nuovo! –

– Hammy, per piacere! Questa è una faccenda seria! Ho corso dei rischi a venire qui, ho lasciato Kevin sotto cavalcavia appena fuori il mercato ortofrutticolo con quella bestiaccia che lui si ostina a non voler lasciare e poi potresti essere anche tu… –

– … in pericolo? Ma che carino, ti preoccupi per me?! –

lo canzonò lei, ma il sorriso sarcastico le sparì quasi del tutto quando vide che era fin troppo serio e sembrava davvero preoccupato. Che poi essere preoccupato per lei magari non era vero, ma vabbè il succo era quello.

– E va bene, vorrà dire che ti farò questo piccolo favore anche se ti costerà parecchio… si insomma, avere un intero esercito di aliene inferocite e non essere in un film porno non dev’essere esattamente la cosa più bella del mondo –

Anche se aveva indosso ancora la maglietta di prima scivolò agilmente sul letto per raccattare il cellulare sul comodino e mandare qualche messaggio a chi sapeva lei. Lord Flash si limitò ad incrociare le braccia in petto cercando di rimanere il più calmo possibile, quella ragazza la stava prendendo troppo alla leggera a parer suo, ma magari essere una miliardaria viziata aiutava a stare sereni.

– Ok perfetto, ho mandato le coordinate del cavalcavia a Connors e prenderà in custodia lui i suoi abitanti, poi li scorterà all’aeroporto e partiremo tutti quanti per Londra –

– Tzè… da come parli sembra che tu ti possa permettere pure un esercito privato…–

– Io ho un esercito privato, bestiaccia malefica – si alzò in piedi sfilandosi la maglietta buttandogliela poi addosso, incamminandosi verso il bagno completamente nuda senza neppure considerarlo – io ora mi faccio una doccia rilassante, poi però mi dici chi è l’altro chojiin a cui le Deva davano la caccia –

– Non ce ne sarà bisogno – Lord Flash si tolse lentamente la maglietta della giovane dalla faccia, annusandone l’odore rimasto impresso – è a far compagnia a Kevin e sicuramente starà piangendo da bravo codardo… ma se è questo il tuo prezzo allora il nome te lo dico –

Intanto dal bagno si sentì il rumore della doccia che andava a tutta forza, ma nonostante tutto la giovane aveva sentito le sue parole.

– Eh no, caro! Quello non vale come prezzo… in cambio del piccolo favore che ti faccio pretendo di conoscerla una volta che saremo giunti in Inghilterra. E non provare a dire di no sennò dico a Connors di far ballare la ballata dell’ubriaco a te e agli altri braccati –

Era una richiesta che lo sconvolse parecchio e che decisamente non si aspettava. Il russo fece per replicare contrariato ma si trattenne. Non era il caso. Per questo balbettò un poco e avvertì la gola seccarsi, ma imprecando sottovoce arrivò alla conclusione che aveva urgentemente bisogno di tutto l’aiuto possibile.

Pregando che altra gente innocente non venisse coinvolta.


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forse questo è il capitolo meno comico ma è quello che mi è piaciuto di più, al momento, da scrivere :D ringrazio MsFly_k per avermi dato la concessione sui suoi personaggi originali di "occhi di smeraldo"!

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Capitolo 8
*** cena con sorpresa ***


– Forse sto facendo un errore, Archie –

– Chiedere scusa ad una signora non è mai un errore, signore –

– Non le sto chiedendo scusa… in quel senso! Solo che non voglio che ci siano spiacevoli equivoci in futuro –

– Le mie scuse signore, mi sono espresso male. Sono sicuro che un gesto di galanteria come quello che vi apprestate a fare sarà ben visto da miss Kalinina, oltre che dal suo maestro nonché vostro medico, Alistar MacNeil –

Robin Mask si voltò per guardarsi allo specchio trattenendo a stento un sospiro ansioso. Attualmente si trovava nella stanza adibita a guardaroba, nella sua grande casa a Londra, e stava selezionando con l’aiuto di Archie, l’anziano maggiordomo- capo di famiglia, l’abbigliamento adatto per una uscita informale come ad esempio una cena fuori casa.

L’ex wrestler si era messo davvero in una situazione penosa, per non dire imbarazzante, e ancora una volta centrava la figura di Alya Nikolaevna Kalinina che sembrava volerlo “tormentare” anche al di fuori della Muscle League.

Era rimasto soddisfatto nella sua impresa di aver cacciato, due mesi fa, la dottoressa assieme a quella svitata della cugina dopo una violenta lite per una sua prestazione medica decisamente non richiesta. In quel periodo c’era quasi cascato, aveva quasi dubitato di tutti pregiudizi che suo nonno gli aveva inculcato sulle Deva, vedendo in quella donna dagli occhi di ghiaccio un soggetto normale, acculturato, e umano. Interessante per essere una aliena, abile conversatrice ed anche se spesso di pareri differenti era bello poter conversare con una persona che aveva studiato nella sua stessa scuola. Poi una stupida visita andrologica aveva rovinato tutto ed ecco che lui si era mentalmente chiuso un’altra volta.

Sospirò basso e cupo sotto l’elmo argentato nel mentre che indossava una giacca blu scuro che il vecchio Archie gli stava gentilmente passando, scrutandosi allo specchio con fare pensieroso e decretando che quello che stava facendo era una autentica pazzia… ma era una pazzia ben più maggiore far infuriare il vecchio medico di famiglia dei Mask, ossia il dott. Alistar MacNeil, un vecchietto di circa novanta anni di età, più o meno come Archie, che il più delle volte aveva fatto vedere parecchi sorci verdi a Robin inseguendolo per tutta la tenuta con una siringa in mano.

– Lo faccio per non far infuriare quel vecchio scorbutico del mio medico… che poi abbia deciso di prendere sotto l’ala una Deva la dice lunga sul suo stato mentale –

– Il signor MacNeil è sempre stato un individuo eccentrico, invero. Ma non uno sciocco… non siate troppo duro con lui –

– Già… forse hai ragione – si rimirò allo specchio trovando il completo blu damascato adatto alla serata – Miss Alya è una donna con una testa e MacNeil sa quel che fa, nonostante io non riesca a fidarmi di una Deva… Per quanto può sembrare un controsenso –

Si, era un controsenso perché per quanti pregiudizi si potessero avere c’era il fatto che la Kalinina era in effetti una donna intelligente, e il suo mentore non era ancora preda della demenza senile nonostante fosse un individuo, per l’appunto, eccentrico.

Se solo due giorni fa non si fosse recato all’ospedale per il consueto giro di esami a cui il vecchio dottore lo voleva sottoporre, forse non si sarebbe mai imbattuto in tutta questa brutta storia.

 

L’infermiera lo aveva invitato ad entrare in ambulatorio e aspettare li l’arrivo del dottore che, stando a parole sue, non avrebbe tardato ad arrivare. Si concentrò quindi nell’osservare l’ambiente asettico e candido, simile a quello di un ambulatorio degli anni cinquanta,  scrutando i vari dottorati appesi ad una parete prima che il medico facesse la sua comparsa alle spalle del lottatore.

– Mi scuso per il ritardo signor… Mask? –

MacNeil non aveva mai avuto una voce femminile, e non avrebbe mai pronunciato il suo nome con una mezza domanda perplessa. Per tal motivo il citato Robin Mask si voltò di scatto verso la porta osservando una figura che mai si sarebbe aspettato di vedere.

– Alya Kalinina?! – sgranò gli occhi incredulo, perché non poteva essere vero quello che stava accadendo – come… cosa diavolo ci fa lei qui?! –

– Faccio il mio lavoro – alzò un sopracciglio perplessa – oppure ha intenzione di cacciarmi anche da qui? –

– Non mi tenti  – rispose seccato lui – io sono qui per il dottor MacNeil, non per… –

– Il dottore attualmente è in vacanza in Tailandia. Sostituisco il mio mentore fino al suo ritorno. Nel frattempo faccio pratica e mi faccio conoscere meglio dai pazienti di mister Alistar… ma a giudicare dal suo sguardo sembra ancora scettico –

– Non dovrei esserlo?! Come diavolo ha fatto ad arrivare fin qui? –

prese a massaggiarsi la tempia anche se aveva l’elmo ben calato in testa. Cristo, che situazione allucinante! E guardando verso le pareti potè notare meglio alcune foto che ritraevano l’anziano medico in compagnia della propria allieva, durante ricevimenti formali o foto di gruppo con tutto lo staff.

– Beh, dopo le mie “dimissioni” dalla Scuola di Ercole – e qui calcò con una certa ironia sulla parola dimissioni – avevo accumulato sufficiente esperienza da poter essere ammessa alla specializzazione di chirurgia per pesi massimi, e il dottor MacNeil mi ha preso sotto l’ala mettendomi fin da subito al lavoro e facendo così altra pratica… e stando a questa cartella che il mio mentore mi ha lasciato lei dovrebbe farsi visitare proprio oggi, mister Mask –

La Kalinina in due mesi non era cambiata affatto, sia nell’aspetto che nel carattere, ed anzi sembrava avere l’aria di chi aveva attualmente il coltello dalla parte del manico. Sempre educata certo. Sempre con la solita pazienza verso energumeni più grandi di lei, spezzata solo una volta dopo aver accumulato così tanta tensione da non poter essere più contenuta. Ma questa volta nei suoi occhi azzurri poteva leggerle un cenno di “vittoria” in pugno.

– No… niente visite per oggi. Le auguro buona giornata –

– Come desidera lei, mister Mask – sospirò lei, segnando qualcosa con la penna sopra la cartellina – ma non sarà facile spiegare al dottor MacNeil che lei ha rifiutato un esame alla prostata per… scarso interesse?! Oppure pregiudizio verso la sua allieva? –

Normalmente l’ex campione di wrestling non avrebbe dato peso alle parole di una donna, una Deva per giunta, ma il fatto di far arrabbiare quel vecchio pazzo… inspiegabilmente ebbe il potere farlo fermare sul ciglio della porta che stava per varcare. Assurdo ma vero un omone alto due metri come lui temeva un vecchietto di un metro e settanta ormai seccato dal tempo e che non gli avrebbe fatto mai del male fisicamente. Almeno in teoria.

La sua era una paura psicologica ancorata nel tempo, come i pregiudizi che gli aveva imposto suo nonno, che lo fece impallidire all’idea di essere rincorso da un vecchietto in sedia a rotelle con in mano un siringone ogni santissima volta che avrebbe avuto bisogno di un esame medico.

– E sia, quindi – tornando indietro a grandi passi si avvicinò alla scrivania, slacciandosi la cintura dei pantaloni e abbassandoseli di netto – faccia il suo dovere dottoressa, e si sbrighi! –

Quelle parole dovettero costargli molto, ma era apprezzabile, in un certo senso, che stesse combattendo tra orgoglio e l’ostinato pregiudizio pur di evitare grane future. Alya si ritrovò a sorridere lievemente con una vena di sarcasmo mentre si aggiustava gli occhiali per astigmatici sul naso e si infilava un guanto di lattice per l’esame diretto. Fu qualcosa di straordinariamente rapido e Robin Mask fu stupito di non aver sentito praticamente nulla in quei tre minuti di ispezione, tanto che fu quasi tentato di pensare che la donna non l’avesse neppure toccato. Prendendolo in giro in maniera voluta… ma si rese conto immediatamente di aver pensato una stupidaggine.

– È tutto a posto, mister Mask – la Deva buttò il guanto nel cestino, mettendosi poi a scrivere il risultato dell’analisi sul pc della scrivania – non ha nulla di anomalo e gode di ottima salute. La invito a rivestirsi e ritornare qui il mese prossimo per l’esame completo del sangue –

Per un momento il lottatore inglese era rimasto così, imbambolato e con le brache calate, senza capire cosa dovesse fare al momento. Sentendosi poi ribollire di vergogna, imbarazzo, e pure rabbia, si rivestì in tutta fretta farfugliando un “grazie e a mai più rivederci” prima di scomparire oltre la soglia dell’ambulatorio.

Era appena passato per l’esperienza più umiliante della sua vita e il peggio era che si sentiva come se avesse le mani legate. Non poteva cacciarla. Non poteva neppure discuterci animatamente senza attirarsi i rimproveri di quel vecchio pazzo del suo dottore e il peggio era… che con tutta probabilità miss Kalinina si era lasciata comunque sfuggire qualcosa riguardo le sue dimissioni alla Scuola di Ercole con il proprio mentore.

“Al diavolo! Sei un uomo adulto! Non hai motivo di preoccuparti di un novantenne sulla sedia a rotelle”

“Quel vecchio novantenne è lo stesso medico che mi ha inseguito per tutta la tenuta quando ero solo un bambino… ha sfondato una vetrata pur di inseguirmi fino in giardino!”

“E cos’è che ti fa più rabbia? Il fatto di essere rimasto psicologicamente colpito da questo, oppure che MacNeil abbia come allieva una Deva?! Pensi di risolvere la faccenda come sul pianeta Ercole?!”

“E cosa dovrei fare, sentiamo? Non posso fidarmi di quella donna, è una streg…”

“Cresci un po’, ecco cosa puoi fare! E se non vuoi continuare a pensare che quella ragazza abbia detto chissà cosa ad un arzillo vecchietto, comportati come si comporterebbe un Mask in queste situazioni”

Era bizzarro che la voce della sua coscienza fosse composta da ben due voci distinte con cui discutere. Ossia quella di suo nonno Robin Grande che di suo padre, Robin Knight, e questa volta quella del suo vecchio genitore era quella meno legata ai risentimenti e più propensa al dialogo. Giusto… doveva comportarsi come un Mask. Seppellire definitivamente l’ascia di guerra con la Kalinina, come aveva fatto con la famiglia di re Suguru anni or sono, ponendo definitivamente fine a quell’assurdo astio che non avrebbe portato a nulla di buono.

Un semplice gesto di cortesia, ecco cosa ci voleva, e poi sarebbe stato sicuro di non rivederla mai più. Senza temere nulla per il futuro.

Fece dietro front deglutendo e irrigidendosi nella postura, ritornando dentro l’ambulatorio e sorprendendo Alya che, però, non fece in tempo a dire una parola per il modo in cui Robin Mask si parò di fronte alla scrivania quasi sull’attenti.

– Dottoressa, sarei molto onorato di poterla invitare a cena fuori da qui a due giorni, al The Palm Court, verrò a prenderla io stesso alle sette e mezza –

Per un mezzo minuto buono Alya rimase praticamente interdetta da quelle parole dettate di fretta e in apparenza senza emozione alcuna. Ma come? Robin Mask, quello che non la sopportava perché originaria di Amazon, le stava chiedendo di uscire fuori a cena in uno tra i più costosi ristoranti londinesi? I casi erano due: o scoppiava a ridere o lo invitava gentilmente ad uscire da li immediatamente.

– Uhu… beh, è una proposta alquanto allettante mister Mask – simulò un colpo di tosse per non mettersi a ridere – ma veramente non saprei se sia etico accettare il vostro invito…–

– Dica “si” o “no” – sibilò lui, con la pazienza al limite.

– Io… accetto molto volentieri. Quindi ci vediamo direttamente li…–

– Non si scomodi – disse seccamente Robin Mask, estraendo dalla tasca interna della giacca grigia il suo biglietto da visita – mandi il suo indirizzo civico a questo numero e l’unica cosa di cui si dovrà preoccupare è di rendersi presentabile –

Detto ciò se ne andò via a grandi passi e Alya poteva essere sicura che sotto quell’elmo medioevale fosse alquanto scuro in volto. Ma era comunque da apprezzare quel suo faticoso tentativo di non prolungare a lungo un astio che poteva diventare “pericoloso” se il vecchio incubo di Robin Mask, il suo dottore novantenne, avesse saputo che la sua pupilla ( colei che un giorno l’avrebbe sostituito ) era in balia di qualche problema imbarazzante.

Tuttavia non riuscì più a contenersi e si lasciò andare ad una gracchiante risata, perché davvero, la situazione aveva un che di incredibile.

 

Ed incredibile ma vero Robin Mask era andato veramente a prenderla a casa. La dottoressa viveva in un quartiere modesto ma tenuto bene. Case d’epoca piuttosto piccole ma graziose, e la Kalinina viveva allo stesso indirizzo della cugina forse perché ancora non poteva permettersi un appartamento tutto suo. Poco importava, e all’ex wrestler non interessava com’era fatto l’attuale residenza della Deva per cui si limitò ad aspettarla fuori dalla macchina con Archie che educatamente aspettava di partire.

Alla fine aveva optato per il completo blu scuro, molto simile a quello che usò nei panni di Mr. Barracuda anni or sono, mentre la sua ospite, una volta che uscì dalla porta di casa, indossava un semplice tubino nero dalle maniche lunghe che lasciava tuttavia scoperte le candide spalle. Gli fece un effetto strano vedere quella giovane donna senza il camice medico addosso ma anzi, vestita con qualcosa di più leggero e adatto ad una cena elegante, lasciando ben intendere che era effettivamente una donna e non una fabbrica di seccature continue.

– Miss Kalinina… siete incantevole – le porse il braccio destro e la donna non rifiutò, sebbene come di consuetudine non sorrise – semplice, ma incantevole –

– La ringrazio mister Mask. Voi siete piuttosto elegante questa sera… Versace? –

– Armani, e ora la prego di salire in macchina –

Le aprì la portiera invitandola così ad entrare, ma nel gesto galante c’era comunque un certo nervosismo visto che la Deva lo aveva descritto come se fosse un vecchio pavone a cui stavano cadendo le penne. Doveva mantenere i nervi saldi, farsi insultare da una popolana era l’ultima cosa in cui voleva incappare, e di conseguenza cercò di mantenere un linguaggio neutro durante il breve tragitto da li fino al ristorante in conversazioni che non andassero oltre il più e il meno.

Una volta arrivati a destinazione la femmina aliena ebbe giusto un sorriso per Archie ringraziandolo per il passaggio e poi, sempre stando a braccetto con Robin Mask, si addentrò all’interno dello splendido locale lasciandola per davvero stupita. Non era mai entrata in un ambiente simile e… beh, ti faceva un certo effetto e non capiva se il suo paziente l’avesse portata li per siglare una “tregua” oppure per farla sentire piccola e insignificante dinnanzi al potere.

Magari tutte e due le cose, poiché le fece prendere posto al tavolo designato con una nota soddisfatta.

– Suppongo che lei non sia mai stata qui, dottoressa –

– Solo nei miei sogni più sfrenati –  smise di guardare il soffitto a volta fatto di vetro elaborato e tornò a guardare l’ex lottatore – una cena in questo ristorante mi costerebbe come tre miei stipendi attuali –

– Beh, per questa volta siete mia ospite e potete ordinare ciò che volete –

– Mi sta offrendo di metterla sul lastrico, mister Mask? –

Stavolta il tono della donna non era freddo e Robin rimase stupito che avesse fatto una battuta con l’intento di riscaldare l’atmosfera e farlo quantomeno sorridere. Riuscì nell’impresa perché effettivamente si lasciò scappare una risata, che sebbene fosse tutt’altro che forte riuscì ad attirare l’attenzione di un paio d’orecchie poco distanti.

Howard Lancaster e sua moglie Janice non avevano notato immediatamente la figura di Robin Mask perché troppo impegnati a discutere con il sommelier sul vino da servire alla propria tavola, ma quella risata era inconfondibile.

– Caro… sbaglio o Robin Mask è in piacevole compagnia?! –

La signora Lancaster era piuttosto interessata alla scena tra i due e se tendeva attentamente l’orecchio poteva anche sentire qualche stralcio di conversazione. Dal canto suo Howard inarcò un sopracciglio scrutando attentamente i due e poi, una volta che adocchiò la moglie, gli venne quasi di impulso di roteare gli occhi.

– Janice, per favore… ti torcerai il collo se continui ad origliare – sorseggiò il proprio calice di vino bianco francese e poi continuò – anche se, si, sembra che il mio ex socio in affari e collega sul ring abbia a che fare con una graziosa creatura –

– Oh, suvvia Howie, la tua vena di “gran pettegolo” davvero non vuole sapere chi è quella ragazza? –

Howard non si riteneva un pettegolo come sua moglie attualmente, con tono scherzoso, si accingeva a descriverlo… ma si reputava un uomo sempre ben informato e questo lo portò a guardare con una certa complicità la moglie.

– Che ne dici se facciamo un regalo ai due? – e con un cenno della mano richiamò su di sé l’attenzione del sommelier che non tardò ad arrivare.

 

– Mi tolga una curiosità dottoressa, cosa l’ha spinta ad avvicinarsi al mondo del wrestling? –

Quella di Robin Mask era una domanda dettata dall’innocente curiosità senza la presenza di astio e risentimento. La cena fino a quel momento era proceduta abbastanza bene,un po’ tesa e con qualche punzecchiatura ma tutto sommato l’ex lottatore si era aspettato qualcosa di peggio.

– Beh, credo che tutto sia nato quando da bambina guardavo le repliche dei tornei alla Tv – si portò alla bocca una forchettata di insalata masticandola lentamente, prima di continuare a parlare – su Amazon ovviamente i video degli incontri erano tagliati delle scene più violente, noi Deva non amiamo molto la violenza gratuita, però mi ha permesso di trasmettermi l’amore per la medicina in maniera incondizionata –

– Un po’ un controsenso però, no crede? Dite di non amare la violenza eppure siete specializzanda in chirurgia per persi massimi… –

– Vero, ma trovo affascinante la struttura degli esseri umani oltre a quella dei chojiin, capaci di sopportare forti traumi e di riprendersi più velocemente rispetto la media… e poi la medicina non è l’unico motivo per cui mi sono tanto appassionata al wrestling –

– Uhu?! – Robin Mask l’ascoltò un po’ distratto mentre iniziava a tagliare la propria bistecca alla piastra.

– Quando ero bambina lei è stato il mio primo amore –

Ecco, quella era una rivelazione che sconvolse parecchio l’ex wrestler portandolo ad emettere una sorta di singhiozzo mentre il coltello gli scappava via dalla carne andando a graffiare il piatto di porcellana.

– C-come scusi?! –

il suo sguardo vermiglio non recava ancora traccia di irritazione ma solo di comprensibile shock, di conseguenza la donna, sorridendo sinceramente, si apprestò a dare le sue spiegazioni.

– La prego, non mi guardi così! Ero solo una bambina di sei anni quando guardavo le repliche della IWF ed esclamavo: “Mamma! Quando sarò grande voglio sposare Robin Mask!” – le venne quasi da ridere pensando con nostalgia a quei ricordi – per la Dea… credo di aver esasperato quella povera donna di mia madre durante quel periodo. Certo, poi le cose sono cambiate… ma l’idea di curare tutti quegli omaccioni spaventosi mi è rimasta –

– Uh… beh, ci credo. Come darle torto… – si ricompose capendo che non era intenzione della dottoressa prenderlo in giro con cattiveria, anche se assorbire il colpo era ancora piuttosto difficile a causa di buoni motivi – ora come adesso con l’età che ho potrei essere suo padre! Al massimo sarebbe mio figlio ad avere  l’età giusta. Se almeno sapessi dov’è… –

Alya non fece in tempo a chiedergli che cosa intendeva dire che un cameriere si parò davanti ai due offrendo loro una bottiglia di pregiato vino rose.

– Che storia è questa? Non ho ordinato del vino rosso –

Sebbene ancora scosso per la candida rivelazione della Kalinina, guardò con aria seccata il cameriere che senza prestar attenzione alla collera del cliente posò la bottiglia sul tavolo facendo un lieve inchino.

– Mi scuso per il contrattempo, ma si tratta di un regalo da parte dei signori Lancaster… – senza aggiungere altro indicò lievemente il tavolo verso la parete riccamente decorata alla loro destra e Robin Mask potè sentire una gelida irritazione salirgli su per la schiena notando l’arrogante sorriso di Howard Lancaster nel mentre che lo salutava assieme alla moglie Janice.

– Cane maledetto… – sibilò l’ex chojiin facendosi notare da Alya che lo osservò con una punta di curiosità.

– Lo conosce? –

– Purtroppo si, è l’uomo più ricco di tutta l’Inghilterra, ma che dico… del mondo intero! E deve pensare che fino a poco tempo fa rischiava la bancarotta, tanto da essere venuto da me a chiedermi un prestito…– nonostante i suoi occhi rossi fossero ad un passo dal mandare scintille si trattenne, invitando addirittura i Lancaster a sedersi con loro con un cenno della mano – in molti nella League pensano che il nostro caro ex collega, che ha disputato un solo incontro in vita sua, non faccia soldi in maniera propriamente legale –

I coniugi Lancaster non se lo fecero ripetere due volte,  la signora poi sembrava particolarmente entusiasta, e dopo che due camerieri posizionarono le sedie anche loro fecero compagnia alla improbabile coppia.

– Robin Mask, è passato molto tempo dall’ultima volta che ti ho visto qui – come a dire che fosse un poveraccio in confronto a lui, poi il suo sguardo felino si spostò sulla giovane donna sconosciuta – ma vedo che te la passi molto bene visto la compagnia –

Alya si concesse al perfetto baciamano francese in cui mister Lancaster si profuse, cioè sfiorare il dorso della mano con le labbra senza però toccarlo, rimanendo comunque con una espressione neutrale precedentemente abbandonata durante l’atipica conversazione avuta con Robin Mask.

– Howard Lancaster… e questa è la mia amata consorte, Janice Lancaster. Con chi avrei il piacere di…? –

– Alya Nikolaevna Kalinina, dottoressa presso il Muscle Museum Hospital –

– Oh, siete una dottoressa specializzata nei pesi massimi?! Quindi la vostra non è una uscita galante…? – la signora Lancaster era già partita in quarta portando il marito a tossire per l’imbarazzo. Messaggio recepito dalla signora – giusto… scusatemi, è che ero entusiasta di rivedervi, Robin Mask, in compagnia di una bella ragazza dove magari gatta ci covava –

– Janice, per favore… non mettere in imbarazzo i signori –

Nel tono del marito non c’era nessun segno di rimprovero ma anzi, sembrava essere accondiscendente nell’entusiasmo della moglie e con quelle parole sembrava voler essere lui a mettere a disagio i due commensali. Robin ancora non sapeva che quel locale era in parte di proprietà dello stesso Lancaster.

– Nessun imbarazzo – si apprestò a dire il capofamiglia Mask con tutta la cortesia che poteva sfornare, almeno nei riguardi della biondissima Janice – ho invitato a cena la mia dottoressa come… ringraziamento, per la pazienza dimostrata nei miei confronti –

– Oh, mi stai dicendo che MacNeil è morto…? –

sembrava esserci un velo di speranza nella voce di Howard, nel mentre che sorseggiava il vino rosso, poiché il vecchiardo era pure il suo medico di base sin dall’infanzia. Speranza vana poiché Robin Mask, nell’unico momento in cui si sentì affine all’ex collega, scosse lentamente la testa lasciando intendere altro.

– Eeh… no. Il nostro medico attualmente è in vacanza in Tailandia e a sostituirlo ci pensa la qui attuale miss Kalinina, sua allieva prediletta –

– Dal nome sembrate essere di origine russa, mia cara – la signora Lancaster sembrava essere entusiasta di saperne di più – venite da Mosca, San Pietroburgo, oppure da una delle nazioni limitrofe? –

Se fino a quel momento Alya non aveva parlato, trovando che la conversazione tra nobili fosse troppo complicata per lei, ora era decisamente costretta a rispondere educatamente alle persone di fronte specificando chiaramente le proprie generalità per non incorrere in spiacevoli equivoci con i suoi, probabili, futuri clienti. E poi c’era quel fastidioso particolare di mister Lancaster che la stava guardando in modo… strano. Come se fosse stata una preda da appendere ad una parete per fare bella figura con gli ospiti, e questa sensazione decisamente non le piaceva affatto.

– Uhm, no. Non esattamente ecco. Mio padre è di origine russa, ma buona parte della mia vita l’ho vissuta sul pianeta d’origine di mia madre… ossia Amazon. All’età di 18 anni sono tornata sulla Terra per studiare medicina –  

La rivelazione lasciò momentaneamente stupiti i due coniugi, ma fu giusto un attimo e Howard stesso prese in mano le redini del discorso.

– Beh, non mi stupisce. Voi Deva siete tra i migliori medici nell’intera galassia e le vostre cliniche sono tra i miei principali clienti per quanto riguarda forniture mediche e tecnologie… e lo staff delle mie cliniche private va spesso e volentieri a fare corsi di formazione su Amazon – la scrutò attentamente con occhi da predatore. La Kalinina non si scompose stemperando la tensione bevendo del vino rosso – dovrebbe lavorare per una delle mie cliniche, dottoressa. Ho sempre trovato la vostra razza piuttosto affascinante… urgh! –

A interromperlo ci pensò sua moglie Janice, dandogli un calcio alla caviglia pensando che stesse flirtando in maniera troppo vistosa con la giovane donna. Non era esattamente così e Alya aveva capito che il terrestre stava solo preparando la sua trappola da bravo cacciatore.

– Io… declino l’offerta. Sono ancora sotto apprendistato e ho già la mia lista di futuri pazienti. Compreso lei, signor Lancaster. Spero sarà presente lunedì mattina per l’esame completo del sangue e delle urine –

Ecco come raffreddare facilmente i bollenti spiriti e inquietare due uomini in un colpo solo. Anche se comunque, timore a parte, a Robin Mask piacque la presa di posizione della sua giovane ospite trovando in quel gesto una piccola rivalsa verso l’ex collega e socio in affari.

Dopo quell’episodio praticamente parlarono solo Alya e Janice, con quest’ultima che bombardava la Deva di domande sulla società matriarcale di Amazon e sui loro usi e costumi. Alcune cose imbarazzarono i due uomini, poiché per una Deva l’argomento sesso non è un tabù, mentre altre riscossero un certo interesse. Come l’educazione delle bambine, fin da subito indirizzate verso un mondo meno illusorio e più concentrato a tirar fuori la loro autostima.

– Sul nostro pianeta non esistono favole che  raccontano di un principe che va a salvare la principessa, nessuna donna aspetta sospirando l’arrivo dell’uomo archetipo del padrone dell’universo. Nelle fiabe che raccontiamo alle nostre figlie è la principessa stessa che impugna la spada e affronta il drago… in questo modo le bambine crescono più consapevoli della realtà che le circonda, senza rimanere scottate perché per troppo a lungo hanno sognato una realtà che non esiste –

Quello fu un argomento che zittì per un momento persino la signora Lancaster, e da li a breve per fortuna la cena finì arrivando al momento dei saluti. Sia per Alya che per Robin Mask non fu un dispiacere lasciare il ristorante, ed una volta saliti in macchina la donna si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.

– Avete appena conosciuto Howard Lancaster, miss Kalinina… non c’è bisogno che aggiunga altro, vero? –

– Corretto mister Mask – la giovane si tolse il fermaglio dietro la nuca e una cascata di capelli biondo rame le cadde dolcemente sulle spalle – mi sa che lunedì mattina sbaglierò di proposito a non prendere la vena da nessun suo braccio costringendolo a fare un prelievo sulla mano –

Si ritrovò a sbuffare divertito mentre con un cenno della mano ordinava ad Archie di partire, trovando quasi inaspettatamente una alleata in una femmina che fino a poco fa era la nemica del suo ordine ideologico.

– Allora non le dispiace se poi le telefono per sapere com’è andata…–

 

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Ad Howard Lancaster piaceva tenersi informato su tutto. Non si riteneva un pettegolo ma anzi, ogni informazione che carpiva lo portava ad un passo in avanti sui suoi rivali in affari.

Certo, questa sua passione si era trasformata anche in deformazione professionale, poiché la dottoressa Kalinina non era ovviamente una imprenditrice senza scrupoli e neppure un avversario letale da battere sul ring.

Era la donna che attualmente sostituiva quel vecchio diavolo di MacNeil, un anziano novantenne che l’ultima volta che era stato nella tenuta dei Lancaster aveva inseguito Howard per tutta la casa. Inseguendolo sulla sedia a rotelle per giunta… e sfondando una vetrata quando poi il padrone di casa corse fuori in giardino.

Quindi era il caso di saperne un po’ di più su di lei e magari sul suo passato.

Una volta tornato a casa si congedò dalla moglie dicendo che aveva dell’urgente lavoro da sbrigare nel proprio studio, ed una volta acceso il pc fece qualche ricerca nel database dell’università di Oxford trovando però le informazioni personali sulla Kalinina criptate.

Non era una cosa strana, le politiche intergalattiche, per preservare la privacy di molti studenti provenienti da altri pianeti, non permettevano che molti dati personali venissero divulgati in siti di stampo pubblico come ad esempio l’università, centri medici e sociali.

Le Deva tra le altre cose ci tenevano alla propria privacy anche a causa di una forte discriminazione all’infuori del loro pianeta.

Quella sera andò a letto decisamente tardi, ma ne valse decisamente la pena. Anche se per un suo capriccio aveva fatto alzare dal letto alcuni suoi impiegati qualificati, un hacker esperto, e pagato profumatamente una sua spia su Amazon affinchè gli fornisse i codici necessari per entrare nell’anagrafe cittadina e controllare tutte le mezzosangue che, tra le altre cose, da circa un centinaio d’anni stavano aumentando anche grazie ad una campagna governativa che promuoveva le unioni miste.

Questo per avere dei codici genetici migliori, certamente e doveva riconoscere che era un’ottima cosa, però doveva riconoscere che c’erano dei punti che magari potevano lasciar perplessi. Sullo schermo del pc l’intera vita della giovane Deva scivolò veloce ben analizzata dai suoi occhi felini, trovando quasi compassione per lei e per il suo passato tutt’altro ( per lui ovviamente ) che gratificante.

Spense il computer e finalmente decise di andare a dormire, trovandosi a sorridere con ironia per aver scoperto che anche le bestie si riproducono.

Ma in fin dei conti che colpa ne aveva la Kalinina di essere la figlia della bestia d’eccellenza, il mostro di Frankenstein dei sovietici? Nessuna, e grazie a Dio aveva preso più dalla madre che dal padre, come aveva ben constatato quella sera.

 

 

Se ho parlato di Emerald perché non posso anche parlare del simpaticissimo Howard xD ?! il capitolo avrebbe dovuto essere più lungo ma penso che si vedrà tutto al prossimo capitolo ancora. Per cui… spero vi sia piaciuto anche questo cap!

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Capitolo 9
*** cetrioli ( decisamente ) velenosi ***


– In che guaio ci siamo cacciati? Se lo viene a sapere la mamma si arrabbierà tantissimo – Wally Tusket aveva tutti i motivi del mondo per essere preoccupato. Ed anche gli altri lottatori della League, per quanto avessero combattuto valorosamente, si erano ritrovati dentro una situazione decisamente anormale.

– Se non altro i nostri piedi poggiano su qualcosa di secco e asciutto, i miei stivali stavano iniziando a risentirne di quel fango insidioso –

Check Mate sembrava quasi non essersi reso conto della terribile situazione in cui si erano cacciati ma anzi, pareva addirittura sollevato di aver abbandonato l’umido rifugio in favore di uno più asciutto e “sicuro”. Oppure semplicemente, come pochi altri li in mezzo, riusciva a mantenere la calma all’interno di quella grande cassa di legno in cui filtrava decisamente poca luce.

E se lo scacco vivente pareva essere preoccupato per le proprie calzature, c’era chi in mezzo a loro stava pensando quasi con disperazione il perché di quella situazione precipitata all’inverosimile. C’era la coppa Chojiin da disputare, era un momento delicato che avrebbe portato sicuramente la squalifica dalla Muscle League a vita se fosse venuto a galla tutto il fattaccio. Tant’è vero che Dik Dik van Dik riusciva ad essere calmo solo in apparenza.

– Non sarà certo un luogo più asciutto a tenerci al sicuro! Siamo stati rapiti e chissà quali intenzioni hanno questi brutti ceffi che ci hanno chiuso qui –

– Perlomeno non c’è quell’insopportabile puzza di urina umana e cetrioli andati a male – constatò Terry Kanyon, seduto a terra e con la schiena appoggiata alla parete della cassa.

Ja, concordo. Senza contare i crauti putridi che quel barbone stava mangiando… assolutamente ekelhaft! – concordò il tedesco Jeager seduto accanto a lui.

– MA VOI DUE MI STATE DANDO RETTA?! –

Quasi ci mancò che la gazzella umana sputasse una tonsilla per la troppa foga nel berciare contro i due, e fu lo stesso Wally a trattenerlo per le spalle impedendogli così di andarsi a fare del male. Contro l’americano e il tedesco non c’era da scherzare.

Chi invece era proprio disperato era Kid Muscle che, con accanto il proprio allenatore Meat, stava piagnucolando da ore da quando erano stati tutti infilati dentro quella grande cassa sotto la minaccia delle armi, da un gruppo militare che li aveva prelevati da sotto il ponte e portati all’aeroporto più vicino.

– Ueeeh! Io non c’entro nulla in tutto questo!! – Piagnucolò il principe dei kinniku osservato con disapprovazione mista a comprensione da Meat, per poi aggiungere con più ira – È tutta colpa di quello ! Se siamo nei guai e rischiamo la vita è solo per colpa sua e della sua scimmia! –

– Kid, ragazzo, ora cerca di calmarti! Finchè non abbiamo più informazioni dobbiamo cercare di stare più calmi possibile… accusare Kevin Mask di tutta la faccenda non risolverà nulla –

Il piccoletto non aveva tutti i torti, e con una espressione preoccupata guardò in direzione dove l’inglese si era appostato, dando le spalle a tutti e tenendosi le mani nelle tasche dell’impermeabile. Sulla sua spalla destra, l’immancabile scimmietta guardava gli altri lottatori senza reale interesse.

La mente di Kevin Mask attualmente era altrove, al di fuori di quella grande cassa di legno in viaggio sopra un aereo diretto chissà dove.

La corona Chojiin, il suo sogno perfetto che lo avrebbe mostrato agli occhi di suo padre come degno d’onore come tutti i Mask della sua famiglia, era quasi offuscato da avvenimenti tutti diversissimi tra loro e che in apparenza nulla avevano a che fare.

La scimmietta Coco che solo ora ricordava di aver preso dalla persona sbagliata, pestata quasi a morte perché tra le altre cose stava maltrattando il povero animale, era addestrata a spacciare un potente agente dopante molto usato dai wrestler disonesti e pertanto capace di macchiare la sua reputazione come il peggiore tra gli spacciatori.

Aveva la Corte alle calcagna, incaricata dalla stessa Muscle League di effettuare una indagine su dei giri sospetti di medicinali, e casa sua era ormai ridotta in cenere con circa sei cadaveri causati dal suo allenatore e da miss Alana. Grazie al cielo Lord Flash stava bene, il solo pensiero di averlo saputo quasi morto gli aveva fatto torcere le budella togliendogli l’appetito per un giorno intero.

Come se non bastasse, la ragazza che gli piaceva era rimasta in Giappone a vendere ortaggi senza che praticamente lui potesse fare alcunché. Forse non era la più bella ragazza del mondo, almeno secondo gli ignoranti, ma a lui piaceva.

Piaceva stringerla tra le braccia, stringerle quelle carni succulente come a non volerla lasciare più. Respirare il profumo dei suoi morbidi capelli castani e scorgere l’imbarazzo nei suoi grandi occhi neri… e invece di dirle chiaro e tondo che cosa pensava del loro rapporto ancora acerbo si era buttato sulle sue labbra con disperazione lasciandola confusa alle sue scarse parole successive.

– Niamh… maledizione –

Senza rendersene conto aveva pronunciato il suo nome come a voler esorcizzare una angoscia che lo stava sempre più rendendo nervoso. Ma al nome della ragazza Kid cambiò completamente atteggiamento, e dopo un breve momento di stupore si avvicinò sghignazzando a Kevin Mask cercando di carpirgli più informazioni possibili sulla ragazza.

– Gh gh gh… Ehi, Kevin! – sghignazzò il kinniku con un sorriso a trentadue denti – di un po’, per caso è il nome di quella ragazza che ti piace tanto?! Ehe eh eh! Anche a te piacciono le tettoneEEEH! –

Con uno scatto improvviso e nervoso, il lottatore inglese colpì il suo futuro rivale di ring alla nuca con un potente colpo di karate, pestandogli poi la testa con un piede una volta che questi cadde a terra urlando.

– Fatti gli affari tuoi, razza di idiota! –

– Fai meno lo spaccone, teppista!! –

Sbottò improvvisamente l’americano, buttandosi nella mischia seguito da Jeager che non vedeva l’ora di darle a quell’arrogante di Mask.

– Signori! Per favore, un po’ di contegno! –

Check Mate fu il primo ad intervenire per bloccare i quattro individui ora intenti a darsele di santa ragione, inascoltati da Meat che sebbene fosse piccolino aveva dei polmoni rinforzati in acciaio per urlare così forte. E alla rissa si aggiunsero pure Wally e Dik Dik per bloccare gli altri due compagni intenti a menarsi ma il tutto si riassunse in un “tutti picchiano tutti”, andando a sbattere da un lato e l’altro della cassa decisamente troppo piccola per contenere quella rissa furibonda.

– Razza di impulsivi! Finiranno col farsi del male per davvero dentro uno spazio così stretto – disse allarmato Meat ben appoggiato dalla scimmietta che saltellava nervosa al suo fianco.

Era successo tutto giusto un paio di giorni fa… ed una splendida giornata di allenamenti si era trasformata ben presto in un incubo senza fine.

 

(…)

 

– Ragazzi! Piantatela di bisticciare! Il ring non è fatto per queste stupide liti! –

In una sola notte il piccolo, di statura ovviamente, kinniku aveva costruito un ring all’interno di Beverly Park affinchè il suo allievo, e tutti gli altri della combriccola, potesse allenarsi secondo i suoi rigidi insegnamenti senza troppe distrazioni. Il problema era che, senza le cosiddette distrazioni, poi l’intera combriccola finiva col bisticciare per la minima sciocchezza.

Terry Kenyon era scattato alla prima provocazione del tedesco Jeager, riguardo a dei wurstel molto “piccoli”… mah!, e avevano dunque iniziato a menarsi manco si trattasse del death mach del secolo. Gli altri invece che avevano fatto? Erano forse intervenuti?!

No, macchè. Dik Dik si era messo a ridere come un beota assieme a Kid Muscle, poi quest’ultimo aveva fatto una battuta sul “lardo che cola” e Wally Tusket non l’aveva presa bene… dunque ecco che un immenso polverone aveva ricoperto il drappello di wrestler intento in una lite senza fine.

– È inutile sprecare fiato con loro, Meat – Check Mate affiancò l’allenatore e incrociò le braccia in petto – forse una doccia fredda dovrebbe sbollire i loro bollenti spiriti –

– Mmh… ora che mi ci fai pensare dovrei avere un estintore dentro casa… –

– … oppure potresti usare un po’ di fuoco! Piccolo maschio! –

Una voce femminile, del tutto estranea visto che non apparteneva alle poche amiche donne che Meat e gli altri avevano ( vedi ad esempio la vecchia amica Mari o Roxanne ), attirò l’attenzione dei due uomini compresa quella dei litiganti sul ring che subito smisero di bisticciare guardando in alto. E più precisamente dal ramo di un albero vicino.

Una ninja vestita di nero, e con il volto coperto da una maschera antigas, emise una risata fastidiosa e nasale armandosi sulla spalla di quello che era… oh, cazzo!

– Che diavolo pensi di fare tu??! – urlò Meat, prima che la tizia sparasse – oh, no…! TUTTI AL RIPARO! –

Il missile del lancia razzi partì in un lampo di fuoco in direzione del ring, e la scena parve svolgerli al rallentatore per il modo in cui tutti i wrestler percepirono il pericolo, scappando via un po’ goffamente per evitare il colpo, sia per come Check Mate prese Meat sottobraccio. Kid Muscle fu l’ultimo a lasciare il luogo dell’impatto, ma mentre cercava di scappare un piede gli si impigliò nella corda tesa del ring e l’esplosione lo colpì con così tanta violenza da scaraventarlo in aria con il sedere letteralmente in fiamme.

Per un lungo, tesissimo, minuto il silenzio regnò sovrano in quello che un tempo era stato un parco tranquillo. Solo il crepitio delle fiamme che bruciavano ciò che restava del ring colorando di arancione tutto l’ambiente circostante si udiva, per poi essere interrotto dalla stessa risata nasale di prima.

La tizia che aveva sparato scivolò agile giù per l’albero e si guardò in giro per vedere se ci fossero sopravvissuti, affiancata ben presto da altre due sorelle vestite nello stesso identico modo.

– Su… su! Non siate timidi, venite fuori luridi spacciatori – cantilenò quella in modo assai irritante – lo so che siete dei chojiin belli forti… ma a quanto pare non lo so sono tutti e quindi vi serve una “spintarella” di sabbia rossa –

Guardò con falsa pietà il povero Dik Dik van Dik atterrato su di un albero in una posa alquanto assurda, oltre che completamente K.O, e poi dette una occhiata alle sue colleghe che estrassero le corte katane.

Meat, che seppur sporco di fuliggine e con qualche livido, era riuscito a ripararsi dietro una grande roccia assieme a Wally Tusket e ad un Check Mate dal mantello bruciacchiato e ora, con una certa discrezione, stava sbirciando da oltre il suo riparo per vedere cosa stessero facendo quelle tizie minacciose.  

– Chi diamine sono quelle signore? –

il tono dello scacco vivente non sembrava neppure un po’ preoccupato ma solo curioso. L’allenatore deglutì serio in volto capendo chi erano quelle chojiin mascherate.

Cortigiane. L’esercito speciale di Amazon nonché Il braccio armato della Muscle League. Sono composte unicamente da Deva e hanno accettato di operare per la IWF sotto lauta ricompensa… e dovrebbero occuparsi di catturare quei cattivi che operano dietro le quinte –

– Ma noi non siamo i cattivi! Non abbiamo nulla a che fare con il doping – fece giustamente notare il tricheco umano – forse dovremmo chiarirlo prima che qualcuno si faccia del male –

– No, no! Quelle della Corte non si fermano davanti a nulla, continueranno ad attaccare finchè il bemico non sarà sconfitto! Non ci voleva… questo è un periodo delicato e una falsa accusa per noi rappresenterebbe la fine come wrestler! E Kid… dove diavolo è finito…?! –

Non dovette aspettare molto prima di ricevere risposta, poiché uno strano fischio portò tutti e tre gli uomini a guardare verso l’alto. Un fischio acuto, che si tramutò in uno strillo e in una cometa dalle chiappe infuocate dopo, e che corrispondeva al nome di Kid Muscle e stava ritornando a terra ad una velocità folle.

Le tre ninja si accorsero troppo tardi della palla infuocata che stava sopraggiungendo, e il loro capo quasi non fece in tempo a guardare in alto che il giovane kinniku le atterrò sulla schiena.

– Wahhh…. M-mi perdoni signora! Ora la sistemo!–

Il lottatore provò a scusarsi e, sotto lo sguardo allibito delle due Deva rimaste, cercò di rimettere in piedi la loro collega tenendola su con dei rametti e delle aste di ferro ( prese da una giostra per bambini ) che prontamente infilò sotto i vestiti per cercare di tenerla su… lasciando allibito persino Meat che alle volte non sapeva se Kid Muscler c’era tutto con il cervello.

– Kid! Razza di babbeo – il piccolo kinniku non resistendo oltre uscì allo scoperto per ammonirlo –  che diavolo stai facendo?! –

– Non lo vedi, eh? – fece lui con voce irritata –  sto cercando di aiutare queste signore coinvolte nell’esplosione! Dico bene, veroooo?! –

Il suo patetico tentativo di abbordaggio finì in miseria. Perché un manrovescio della prima Deva, e poi un dritto della seconda, lo portarono ad incassare due potentissimi colpi in pieno viso che lo portarono a crollare a terra quasi privo di sensi.

– Ma che bravo buffone che sei, Kevin Mask! – il capo di quel drappello si sfilò le aste di ferro più furiosa che mai, lasciando tutti allarmati per quel clamoroso scambio di persona – sarà un vero peccato consegnarti alla giustizia e la tua scimmietta in una pentola! Per cui che ne dici se la finiamo qui? –  Brandì una delle sbarre come se fosse una mazza pronta a calarla sulla testa del ragazzo – certo che… non ti facevo così brutto ma secondo il chip sei tu… –

– Nein, signora! Quello è herr Muscle… forse dovresti dare un taglio a quella maschera, non credi?! –

Con una uscita completamente teatrale, Jeager uscì fuori dalle fiamme con tutta l’intenzione di colpire mortalmente il capo del drappello. E come se le fiamme volessero seguirlo, la sua mano destra bruciava della Pioggia Rossa di Berlino* affilata come un rasoio e bruciante come la lava. Colpì il volto della donna che decisamente non si aspettava un simile attacco e la maschera letteralmente si spezzò in due.

La ninja digrignò i denti e riuscì a saltare lontano, coperta dalle altre due che iniziarono un duello “sleale” contro il tedesco, perché munite di katane, tentando inutilmente di riacquisire onore coprendosi il volto con una mano.

– Pazzi bastardi – sibilò lei, e stavolta la voce era meno nasale che con la maschera – altro che chojiin della Lega, siete dei criminali incalliti! Uargh! –

Tutto sommato quella donna era ancora… una bambina. O almeno questo era il parere di Terry Kenyon che, seppur ferito ad un fianco a causa dell’esplosione, era riuscito ad arrivarle alle spalle in silenzio e a bloccarla in una presa ferrea. Gli venne di istinto a paragonarla più ad una ragazzina che ad una soldatessa veterana. I suoi folti ricci rossi, il volto cosparso di lentiggini e gli occhi verdi feriti per l’affronto subito, la facevano sembrare una delle sue due sorelle rimaste in Texas e a causa di questo assunse un atteggiamento più “umano” rispetto al tedesco che non si stava risparmiando a colpire delle donne.

Magari anche Jeager, come Meat, sapeva che con quelle tizie misteriose non c’era molto da scherzare.

– Mi dispiace deluderti, ma credo che qui ci sia un terribile malinteso – si distrasse solo un minuto, quando vide il collega teutonico in difficoltà perché una delle femmine lo aveva gambizzato ferendolo ad una gamba, mentre l’altra stava cercando di colpire Kid senza però riuscirci perché questi rotolava via sempre – ma ora dici alle tue colleghe di fermarsi altrimenti il loro capo potrebbe farsi molto male –

Non gli garbava minacciare una donna… era una cosa meschina. Tuttavia gli si gelò il sangue nelle vene, come a tutti poi, vedendo che la Deva si mise a ridere di una risata genuina e tutt’altro che sprezzante.

– Ah, che illusi! Ammazzatemi pure! Noi della Corte non siamo state addestrate per arrenderci… “la resa non è una opzione”, così cita il nostro motto! E ora se non ti dispiace avrei una esecuzione da portare a termine –

Con prontezza di riflessi dette un pestone al piede sinistro del texano che, colto alla sprovvista e dolorante, dovette mollare la presa commettendo così un pessimo errore. La Deva ruotò su se stessa e gli dette un calcio in faccia così forte da mandarlo lontano. Poi stanca di aspettare estrasse da dietro la vita la scorpion e fu quasi sul punto di sparare a tutti. Dai wrestler alle colleghe che ancora combattevano. Fece per sparare e…

…Una potente zoccolata la colpì alla schiena mandandola a terra priva di sensi.

– Ma cosa…. Meat! Check Mate! Salvateci per favoreeeh! –

Neppure a Kid l’idea di picchiare delle ragazze piaceva, ed ora che anche il tedesco era a terra ferito il suo destino pareva quasi segnato. Con una speranza che lo stava quasi per abbandonare chiamò a gran voce il lottatore del Principato di Monaco che, usando le sue abilità speciali, si era trasformato in un centauro ed aveva raccolto sul proprio dorso oltre a Meat anche Dik Dik, recuperato da Wally anche lui in groppa e con il compare sottobraccio svenuto, e Terry Kenyon abbastanza provato da quell’assurdo combattimento.

– Herr Mate! Ce la fai a prendere anche noi due prima che le fiamme ci prendano?! – gridò il tedesco che stava sanguinando velocemente.

– Non devi neanche chiederlo! Quanto a posti non ho nulla da invidiare ad una station wagon –

senza perdere altro tempo il centauro blu corse al galoppo travolgendo le altre due donne che tentarono di attaccarlo e sia Jeager che Kid vennero presi al volo dai loro compagni, abbandonando in tutta fretta il parchetto mentre le prime sirene dei pompieri iniziavano a farsi sentire in zona.

– Grr… chiamate la squadra alfa! Dite loro che devono riguardarsi quei cazzo di dati perché quello decisamente non è Kevin Mask… anche se è ugualmente coinvolto –

Una volta che le due colleghe l’aiutarono a rimettersi in piedi, la rossa ringhiò quegli ordini decisamente seccata che la caccia fosse andata molto male. E ancora non sapeva, nel mentre che si allontanava da li, che la squadra alfa sarebbe stata decimata da li a poco più di un’ora.

 

– Nnh… forse s-saremmo dovuti restare a combattere –

Mentre il centauro continuava a galoppare veloce sulle strade ancora deserte del quartiere, Dik Dik van Dik si riscosse ancora dolorante mentre veniva trattenuto da Wally Tusket.

– Ma anche no! Quelle tizie sono pericolosissime!! –

Kid Muscle era decisamente in preda al panico, e forse anche un po’ perché appeso a testa in giù sul collo di un Check Mate trasformato in centauro, ma in fondo c’era da capirlo anche se per alcuni di loro era difficile da accettare a causa dell’orgoglio.

– Ma non potremmo spiegare loro che siamo innocenti? Che non c’entriamo nulla con tutto questo? Fuggire aggraverà solo la nostra posizione –  

Wally era tornato a proporre la sua prima idea riguardo a possibili giustificazioni ma in effetti, per quanto fosse una cosa legittima, non era una opzione contemplabile.

– Nein… questo ci esporrebbe troppo e la corona Chojiin è troppo importante per noi… urgh – Jeager digrignò i denti mentre continuava a tamponare la ferita con uno straccio – a noi della “generazione x” hanno spiegato molto più cose che a voi durante la permanenza alla Scuola di Ercole… ci hanno spiegato che la Corte non si fermerà mai e hanno la tendenza di far spacciare come incidenti le loro malefatte –  

– Ma perché a noi non ce l’hanno spiegato…? Ah, forse non importa adesso…Magari non lo ritenevano importante – e il texano non aveva tutti i torti – ma non dovremmo cercare un luogo sicuro? Eh, Meat?! –

Al momento il piccolo kinniku, in testa a quel drappello di uomini, stava seriamente pensando alle parole della Deva. Davvero Kevin Mask era implicato in un giro di sostanze illegali? No, non poteva essere vero. Non ci avrebbe mai creduto neppure con delle prove evidenti! Ma cos’era che non andava…?  Perché la donna aveva menzionato il piccolo primate? Era solo una creatura che seguiva il proprio padrone anche se aveva la strana abitudine di frugare in tasca alle persone… No… un momento!

– Ahh! credo di aver capito! – Meat si mise addirittura in piedi sul dorso del centauro conscio di come stavano andando le cose – è la scimmia la chiave di tutto! Quella bestiola impicciona che Kevin Mask si porta dietro è il motivo per cui ci danno la caccia! Anche se… ehm – e qui si rimise a sedere perplesso – Noi con lui non è che abbiamo molto a che fare –

E aveva ragione in effetti, ma il piccolo momento di riflessione venne interrotto da una brusca frenata di Check Mate, fatta per evitare di investire qualcuno piazzato in mezzo alla strada in modo alquanto anomalo.

– Forse potremmo avere dei guai – avvisò tutti il centauro, mentre Kid Muscle, nonostante fosse appeso in giù, riconobbe la donna con la felpa grigia e in automatico si mise ad urlare.

– Uahhh! È miss Alana!! Scappa Check Mate! Scappaaah! –

– Altolà! – la donna con gli occhi storti alzò una mano verso di loro come una vigilessa – sono qui per salvarvi la vita… e per rimuovervi dalle chiappe i microchip –

E se una mano era alzata l’altra teneva in pugno una poco rassicurante pinza che fece impallidire non poco i wrestler fuggitivi.

 

(…)

 

Si ritrovarono poco dopo sotto un cavalcavia a fare compagnia a dei barboni che si erano organizzati in modo discreto, con dei banchetti dove mangiare la verdura scartata dal mercato ortofrutticolo più sopra e altri con svariati oggetti di recupero. E una volta giunti lì non è che le cose andarono meglio. Tra gli svitati che chiedevano loro di poter lucidare gli stivali, a quelli che si volevano mangiare Dik Dik scambiandolo per un capretto, il peggio fu quando a raggiungerli fu Kevin Mask con il suo misterioso allenatore accompagnati dall’ex medico della Scuola di Ercole. Flash poi pareva conciato male, da come Meat constatò con sospetto, come reduce da un combattimento particolarmente violento, e pure miss Alana non sembrava essere messa benissimo nonostante l’espressione indifferente e apatica… ed era in effetti una cosa agghiacciante. Se non si arrivò ad una lite furibonda come quella a Beverly Park fu solo perché Lord Flash ebbe l’idea di chiamare una sua conoscenza per vedere di ricevere un po’ di aiuto.

Lasciandoli per questo soli e tesi come corde di violino e con molte domande e poche risposte.

In pratica, da quello che aveva capito Meat, il lottatore londinese aveva preso la scimmietta ad uno spacciatore, si esatto… la bestiola che si portava sempre dietro apparteneva a gente pericolosa ed era addestrata a fare cose pericolose, quelle della Corte di conseguenza avevano seguito una pista che già seguivano e avevano dedotto che nel giro c’erano anche dei lottatori di livello internazionale. Ed erano arrivati a loro tramite i chip inseriti loro sottocute, ma a quanto pare l’assistente personale di Vance aveva scambiato quello di Kid con quello di Kevin e quindi ecco che alcuni innocenti ne stavano pagando il prezzo.

Data l’alta pericolosità della situazione che li avrebbe fatti espellere tutti dalla League e banditi a vita dalla IWF e da tutte le sue competizioni, avevano deciso che era più saggio nascondersi e attendere che Lord Flash andasse a chiedere aiuto a questa “persona di sua conoscenza”. Ma che poi al posto del misterioso allenatore fosse sopraggiunta una task force armata fino ai denti, e che a prenderli in consegna fosse stato un arrogante americano che a momenti non faceva a botte con Terry, decisamente questo non se lo aspettavano proprio.

Invece che ricevere comprensione erano stati tutti quanti spinti dentro un camion con la forza e attimi di pura tensione si erano toccati quando i barboni avevano iniziato a tirare ortaggi ai soldati, e questi parvero quasi sull’orlo di sparare addosso a gente disarmata.

Persino miss Alana ci si mise di suo, “aggredendo” i soldati abbracciandoli alle parti intime e portando alcuni di loro a gridare di terrore puro. Aggredì in quel modo persino Michael Connors ( a quanto pare il capo di quel gruppo di soldati ) e nonostante le colpì la nuca con il calcio del fucile così forte da farla staccare, ciò che Meat vide suonò in lui un campanello d’allarme istintivo. Gli occhi della donna di mezza età erano dritti, e non più storti, e per un lungo attimo guardò l’americano senza una reale emozione come se fosse stata… una assassina. Poi lei ebbe la prontezza di scappare, mentre tutti loro vennero chiusi dentro quella grande cassa dove ora si stavano menando come se non ci fosse un domani.

Connors era rimasto di guardia alla stiva dell’aeroplano di proprietà di miz Emerald, e non potè fare a meno di notare che tutta quella confusione alle sue spalle stava iniziando ad innervosirlo per davvero.

Sputò lo stuzzicadenti che aveva in bocca sul pavimento di metallo della stiva e puntò il proprio fucile contro la cassa in movimento.

– Ehi, animali! Serve forse qualche buco per l’aria?! –

Senza aspettare una risposta o un insulto si mise a sparare a raffica trivellando la cassa ad altezza d’uomo e, nel mentre che lo faceva, ridendo di gusto e gustandosi appieno le grida terrorizzate di quello di nome Kid Muscle. Per fortuna non erano proiettili veri ma di gomma, sennò sarebbe stato un grave danno colpire la carlinga dell’aereo, ma mica i lottatori potevano saperlo! E questo doveva contribuire a spaventarli come si deve oltre che a renderli più mansueti come si fa con i cani… ma qualcosa andò storto.

Lui e altri due soldati presenti nella stiva rimasero stupiti che, dopo un primo momento di silenzio assoluto, la cassa iniziò a tremare e poi ad esplodere a causa di una bomba di gas generata dagli intestini di uno spaventatissimo Kid che rischiò di soffocare sia Connors che gli altri suoi due colleghi. E quell’attimo di distrazione bastò perché tutto andasse a favore dei wrestler infuriati per il trattamento ricevuto.

– A chi hai dato del vaccaro beota??! Eh, stupidissimo yankee?! –

E in particolare Terry Kanyon non la prese molto bene, fiondandosi per primo sul capo dei soldati.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

– Non lo mangi? Guarda che si scioglierà se continui ad ignorarlo… ti sta supplicando di essere mangiato! –

A dir la verità Lord Flash non è che avesse molto appetito al momento. Gli premeva molto di più arrivare a Londra e scongiurare lo scongiurabile. E poco importava dei piccoli vizi che si stava concedendo al momento, delle preoccupazioni di essere un condannato a morte che cammina e alla possibile distruzione di un sogno chiamato corona Chojiin, e del lusso di una cabina passeggeri ma che tanto cabina non sembrava decisamente più ad un salotto moderno. Lui voleva raggiungere l’Inghilterra in un battito di ciglia.

La promessa che aveva fatto a Robin Mask, suo mentore, di ripagarlo per ciò che aveva fatto per lui aiutando il figlio scapestrato a riottenere l’onore che gli compete, si stava sempre più offuscando soppiantato con l’idea di uccidere il vecchio maestro a sangue freddo .

– A me interessa di più sapere se Kevin stia bene… –

Nel mentre che lo diceva non scostò lo sguardo dall’oblò neppure per un secondo, seduto sul candido divanetto come un “boss” e perso nei propri tetri pensieri che, però, fecero solo sbuffare Emerald Lancaster di noia.

– Che noia… ti ho detto che sta bene! È in una zona sicura circondato da gente competente…. Cosa vuoi che gli accada? – prese una cucchiaiata di gelato alle nocciole dalla propria coppa di cristallo e incrociò le gambe sul comodo divanetto dando un rapido sguardo al gelato del proprio ospite – poi, non è che non vuoi mangiarti il gelato alla panna perché ti fa schifo? Perché a guardarlo bene, adesso come adesso che sta colando sul tavolino, sembra quasi la tua sborra maleodorante… –

– EMERALD! Sei una… una… Ah! Al diavolo! –

Il russo chiuse gli occhi e sospirò piano per mantenere l’autocontrollo e la pazienza di cui era ancora munito. Non doveva incazzarsi per il linguaggio scurrile di quella puttanella d’alto borgo, ma cercare di pensare a come affrontare gli eventi futuri.

A lui era stato riservato un trattamento “di favore”, ma con tutta probabilità agli altri no… ed era sicuro che Emerald non lo avesse fatto chiudere in gabbia solo perché voleva da lui molte più risposte di quante ufficialmente poteva darle. Era un segreto che stava allenando Kevin Mask sotto mentite spoglie, e tale doveva rimanere. E per quanto riguardava certe sue faccende personali… purtroppo alcune cose se le era lasciate scappare quando una sera avevano un po’ esagerato con il vino.

Come Warsman la Muscle League era a conoscenza che lui aveva una discendenza, come Lord Flash solo l’attuale ragazzina/amante/partner di ballo/odiosa nemica/viziata riccona era a conoscenza che aveva una figlia, e che quest’ultima fosse implicata in qualcosa di decisamente troppo precoce da poter accettare.

Incrociò le gambe e finalmente si decise ad osservare la giovane donna che aveva quasi finito il proprio gelato alla nocciola, e che a scrocco stava andando a prendere alcune cucchiaiate del suo ( e alla faccia del paragone fatto prima! ).

– Se non lo mangio comunque è perché attualmente non ho molto appetito… ho troppe cose a cui pensare come tu ben sai –

– Ma magari ti sei chiesto che quella benedetta ragazza ha una vita sua ed è forse quello che vuole? Ho visto il bigliettino… e francamente non mi sembrava chissà quale atrocità. Per lei almeno, io comunque una cosa del genere non la farei mai –

– Io… non ho potuto contattarla prima per motivi miei! – e questo perché era in missione, e a sua figlia le aveva detto che per motivi di lavoro sarebbe andato su Nettuno e guarda caso le comunicazioni da quelle parti erano un disastro – se l’ho saputo solo adesso è solo per una coincidenza! Ma avrei voluto davvero parlarne con lei prima –

No, menzogna. Con tutta probabilità Alya aveva provato a contattarlo all’indirizzo approssimativo che le aveva dato, e qualcun altro di sua conoscenza poi aveva provveduto a tranquillizzarla  contattando con quel biglietto sia lui che Kevin. Flash con se non aveva il solito cellulare e nessuno possedeva il numero di quello nuovo eccetto poche persone. No… neppure Robin sapeva del suo numero nuovo, sennò tutto il loro piano sarebbe andato in fumo.

Emerald tuttavia fece spallucce – fa come ti pare, bestiaccia. A me preme solo di conoscerla. E voglio che anche tu sia presente! Non ho mai incontrato una Deva in vita mia e ho davvero un sacco di domande da farle…. A partire dal “come ci si sente ad essere la figlia di un vecchio porco che sbava dietro ad una che potrebbe essere la sua secondogenita o peggio sua nipote” – che fosse davvero il volerlo sputtanare davanti alla figlia il vero motivo?

– Tzè… come sei ignorante in materia. Ma credimi, una Deva non la si riconosce da una comune donna terrestre a meno che non sia lei stessa a dirtelo… con tutta probabilità ne avrai incontrate a centinaia e… ma che succede?! –

Proprio quando la conversazione stava iniziando ad interessare ad Hammy, ecco che una serie di strani tonfi e colpi, grida attutite e rumore di oggetti che si rompevano, arrivò alle loro orecchie attraverso la porta elegantemente rivestita in legno bianco che dava ai meandri dell’aereo privato di miss Lancaster e più precisamente alla sua stiva.

Poi tale porta si ruppe con un sonoro CRACK e un soldato disarmato letteralmente scivolò sulla moquette verde fino a raggiungere gli unici due ospiti presenti.

– Mikey! Che diavolo sta succedendo?! –

– Eh! Sorry miz – l’americano lentigginoso sorrise alla giovane datrice di lavoro, lasciando che una nota scimmietta gli saltasse sul petto e gli annusasse la faccia – questa simpaticona qui picchia duro! Non come quel vaccaro beota dentro la stiva… –

A chi hai dato del beota??! –

Prima di lavorare per i Lancaster, Connors si era fatto una breve vita come mercenario nei luoghi di guerra più brutali al mondo. Ma per quanto fosse forte contro un gruppo di chojiin non è che avesse molte speranze… però con Emerald la prendeva sull’ironico, per non farla preoccupare troppo oltre che per una questione di orgoglio, sebbene certe sue costole risultassero incrinate.

– Hai fegato a parlare, americano! – a proferir parola ci pensò Kevin Mask, e nel vederlo il proprio allenatore tirò un sospiro di sollievo – peccato che senza un’arma da fuoco in mano tu valga meno di quello che sei –

– Un po’ come tu con la tua fidanzatina qui, little brat? –

glielo disse nel mentre che si rialzava, e si riferiva chiaramente alla scimmietta che immediatamente andò a nascondersi dietro le gambe del proprio padrone. Tuttavia il diretto interessato non fece in tempo a rispondere  a tono, che tutta la combriccola uscì dalla stiva ( e Jeager assieme a Dik Dik stava trattenendo Terry dal commettere una strage ) ed immediatamente iniziò a curiosare in giro senza che venisse dato loro il permesso di farlo.

– Accipicchia! – commentò Wally nel vedere tutto quel lusso – questo è molto meglio di quella cassa strettissima in cui eravamo chiusi –

– Cosa?! – stavolta fu Lord Flash a indignarsi – Emerald Lancaster! Hai davvero chiuso Kevin dentro una… –

– Rilassati, ok?! Era il metodo più sicuro per trasportarli… chi vuoi che controlli una cassa piena i cetrioli maleodoranti? –

Ancora una volta Emerald la prese sul semplice, come se non si rendesse conto che certe cose erano completamente fuori dal mondo. Però d’altro canto… era un piano che aveva decisamente funzionato.

– Waah! è gelato alla panna quello??! Posso? Posso?! –

Come se niente fosse successo Kid Muscle guardò con occhi sognanti la coppa gelato di Lord Flash e senza manco aspettare il consenso del proprietario, che comunque lo lasciò fare e la giovane Lancaster si concesse pure una risata genuina, iniziò a mangiarselo con la bava alla bocca.

– Beh, a questo punto mettetevi comodi, eh – fece lei, inarcando un sopracciglio vedendo che Kevin Mask andava a prendersi una bottiglia di birra dal bancone del bar senza prima chiedere il permesso – non c’è di che… –

– La ringrazio per l’ospitalità, signorina – quantomeno Check Mate fu l’unico a ringraziare – ma sbaglio o voi siete quella Lancaster? Il nome sembrerebbe quello, o è solo una coincidenza? –

– Come, come? Intendi Howard Lancaster? Il famoso produttore di farmaci? –

anche se di nazionalità tedesca persino Jeager, assieme ad un rinsanito Terry e ad un incredulo Dik Dik, conosceva l’uomo che produceva le aspirine tanto care al vecchio padre Brocken Jr.

– Esattamente! E più di preciso sono la sua unica figlia femmina –

La ragazza lo disse con un certo orgoglio, ma le attenzioni di Meat non si posarono su lei che attaccava discorso con gli altri Wrestler interessati alle sue ricchezze, ne a Kid che stava svuotando il carrello dei dolci o alla tensione sempre più palpabile tra quel Connors e Kevin Mask… i suoi occhi si posarono su Lord Flash che sentendo il nome di quell’uomo per un momento si incupì, non dicendo poi neppure una parola per tutto il viaggio.

Un comportamento molto strano ma non così sospettoso, però l’idea che aveva dato al piccolo kinniku era che l’allenatore dell’inglese in qualche modo conoscesse l’ex wrestler famoso per la sua crudeltà psicologica sfoggiata sul ring. Ora la nuova generazione conosceva mister Lancaster solo perché noto nobiluomo e affarista, ma quelli più anziani e appartenenti alla Muscle League lo conoscevano abbastanza bene per avere quel tipo di reazione lì.

E Warsman dentro di se si stava dando dell’idiota per non aver collegato il cognome di Emerald a quello di quell’uomo orribile, ma pensare che i due fossero collegati sarebbe stata una coincidenza troppo assurda. Non gli piaceva quell’individuo e preferiva non averci nulla a che fare, e se poi tale gentiluomo avesse scoperto che aveva a che fare con la sua primogenita chissà cosa avrebbe fatto!

Quindi era il caso di non attirarsi troppo le attenzioni su di se e continuare ad essere Lord Flash e sperare che la sua bambina non venisse coinvolta in nessun modo.

 

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Per Jacqueline MacMadd quello era il momento di una rilassante messa in piega senza scocciatori attorno, come nel caso di suo fratello Ikimon, e senza impiegati in giro che le chiedevano di firmare questo e quest’altro.

C’era solo lei nella sua stanza privata adibita a salone di bellezza e alcune ragazze kinniku che si prodigavano nel farle la manicure e sistemarle i capelli.

Quello era un periodo delicato, la corona Chojiin doveva dare lustro alla Muscle League sempre in costante bancarotta perché suo padre Vance si intascava tutti i soldi dei loro finanziatori, e quello scapestrato di suo fratello non è che avesse chissà quali idee geniali.

Era una donna circondata da omaccioni sudati e pericolosi, eppure sapeva come destreggiarsi in quell’ambiente fino a qualche anno fa considerato esclusivamente maschile.

Ma anche lei doveva concedersi una pausa ogni tanto, e aveva lasciato i suoi due parenti a discutere tra loro su un possibile scandalo dovuto alla sparizione di alcuni wrestler dovuta a degli strani incidenti con delle fughe di gas. La dichiarazione ufficiale fornita da Vance MacMadd ai media era che attualmente i membri della League spariti erano in “vacanza su Amazon per una seduta di fisioterapia in vista per i prossimi incontri”, ma sarebbe stata una scusa sgamata da li a breve da qualche giornalista troppo ficcanaso.

– Miss Jacqueline, una missiva per voi –

Improvvisamente un servitore entrò nel salone inchinandosi brevemente e porgendole un cartoncino bianco decorato con dei fiori in rilievo. La MacMadd osservò con curiosità l’elegante biglietto che invitava lei e tutta la sua famiglia a…

Non fu sicura di aver letto bene e pertanto lo rilesse più e più volte sentendo una strana gioia crescerle dentro, dando vita ad una idea davvero niente male che avrebbe coperto tutto il casino commesso da padre e fratello con la loro indagine sullo spaccio di sabbia rossa.

Senza indugiare oltre uscì fuori dal salone di bellezza così com’era, con tutti i bigodini addosso, e quasi correndo per i corridoi della lussuosa villa in cui dimorava sul pianeta kinniku ecco che raggiunse l’ufficio del padre in compagnia di Ikimon ed intenti in una importante discussione.

– Papà! Lascia perdere tutto – E quando diceva così intendeva le idee del fratello, qualunque esse siano – questo bigliettino è la soluzione ad ogni nostro problema! Manderemo l’evento in galassiavisione e nessuno penserà a qualche stupido incidente con il gas –

– M-ma di che parli sorellona…? Io e papà abbiamo già deciso un piano complesso ma efficace… –

tentò di difendersi “re di cuori” Ikimon ( a causa della sua capigliatura azzardata ), ma l’anziano genitore, ben sapendo che era sua figlia quella ad avere le idee migliori, dette immediatamente una occhiata a quel candido cartoncino leggendolo attentamente. E sgranando gli occhi di fronte alla rivelazione del secolo.

– Ragazza mia! Hai appena salvato la Muscle League da un possibile scandalo! Ikimon – si rivolse al figlio che quasi goffamente si mise sull’attenti – voglio che tu convochi immediatamente una conferenza stampa per comunicare che i prossimi incontri saranno posticipati di una decina di giorni a causa del matrimonio del secolo… e avverti immediatamente le troupe televisive della galassia che non devono mancare, con o senza il permesso di Robin Mask… e ora vai! –

– s-subito, papà… –

ed anche se corse via come un lampo, ancora una volta non potè che essere geloso per gli incredibili successi di sua sorella Jackie.

 

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Mancava un mese a quelle che Vance MacMadd aveva definito come le nozze del secolo. Gli invitati stavano raggiungendo l’Inghilterra un po’ per volta e già buona parte dei wrestler della Muscle League erano già sul suolo inglese ospitati in alberghi e residence.

Robin Mask voleva fare le cose come si deve. Voleva che fosse un giorno memorabile per tutti i Mask, soprattutto per suo figlio con cui non era riuscito a spiegargli mezza parola e alla fine si era visto costretto a mandargli direttamente l’invito, dando tra l’altro un messaggio chiaro e tondo che la sua dinastia era tutt’altro che morta.

Nella stanza che usava come guardaroba stava al momento selezionando l’abito adatto alla cerimonia, indeciso se un abito formale nero oppure la divisa scozzese appartenuta al suo bis nonno Arthur Mask.

– Un abito bianco… davvero non capisco perché una sposa debba vestirsi così –

Da dietro un paravento finemente ricamato con paesaggi di una mite campagna giapponese, una voce femminile giunse scettica ma pacata alle orecchie del padrone di casa.

– È la tradizione – disse seccamente l’ex lottatore lasciando che l’anziano maggiordomo gli sistemasse il bordo della cravatta rossa – la sposa si veste di bianco per dimostrare la sua purezza a tutti gli invitati… e per rispondere alla tua precedente domanda ti dico solo questo: Kevin capirà e accetterà la cosa, che gli piaccia o meno –

– Non credo che sia così facile da accettare, indipendentemente dall’età di un figlio – ebbe il coraggio di dire la donna che al momento si stava cambiando dietro il paravento – e comunque… Robin, non sono esattamente una verginella

Con tono ironico la donna finalmente uscì da dietro il paravento vestita con quello che doveva essere la bozza di un vestito da sposa non ancora ultimato. Sempre sorridendo si mise di profilo, e la figura snella della giovane in questione ora recava una dolce curva che seppur ancora piccola lasciava intendere molte cose.

I due uomini non dissero nulla per un lungo minuto di silenzio, e solo quando fu lo stesso Archie a spezzare quella situazione imbarazzante Robin Mask se ne uscì con uno sbuffo semi divertito.

–Siete incantevole, miss Alya –

 

 

 

 

*Nella versione originale la “pioggia rossa del dolore” si chiama proprio così!

Con questo capitolo ho cercato di fare il “colpo di scena finale” anche se forse tanto colpo non è e alcune cose si capivano già prima…

Ps. Ai lettori di “down under” portate pazienza per favore che la mia ispirazione è quella che è -.-

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Capitolo 10
*** nuovo mondo ***


Chi ora fugge, presto inseguirà. Chi non accetta doni, ne offrirà. E se non ama, presto comunque amerà.

 

Saffo.

 

Howard Lancaster sinceramente non sapeva cosa pensare. Guardava il raffinato cartoncino bianco e poteva sentire che i polpastrelli erano sudati sotto quella carta pregiata, deglutendo e quasi non percependo le grida di gioia della sua Janice che stava già svuotando mezzo armadio nonostante all’evento a cui erano stati invitati mancava ancora un mese, rilesse più e più volte le poche parole presenti sull’invito.

“Robin Mask e Alya Nikolaevna Kalinina annunciano il loro matrimonio presso la tenuta dei Mask il giorno bla, bla…” Cristo santo, se avesse saputo che era stato proprio lui a farli inizialmente avvicinare, grazie anche alla non particolare simpatia che i due provavano per lui, si sarebbe sentito pure colpevole.

– Janice, per favore… – fece lui con tono annoiato mentre la moglie continuava a blaterare sul “dirlo a tutte le amiche del tea club” – il matrimonio sarà tra un mese, non domani… e francamente non comprendo tutto questo tuo entusiasmo –

L’invito era una ovvia provocazione in stile Mask e Howard l’avrebbe colta nel suo più consueto stile. Che poi, con che coraggio il suo ex amico e ora arcinemico avesse deciso di accoppiarsi con una “sventurata creatura” come lo era la Kalinina… la diceva lunga sul suo stato mentale. Non considerava un genio Robin Mask, e fin da quando era nella League considerava Warsman una specie di mostro/animale creato dai sovietici per fare concorrenza sleale nelle competizioni di wrestling. Eppure a sua moglie la dottoressa Kalinina piaceva…

– Howie! È ovvio che io sia entusiasta! Io sapevo che sarebbe andata a finire così tra quei due, non li trovi semplicemente perfetti?! –

Amava sua moglie, specialmente quando senza rendersene conto tirava fuori dei doppi sensi che solo lui era capace di captare. Come nel caso di un vecchio decerebrato che incontra una semi-bestia, portandolo per questo a sorridere sotto i baffi.

– Oh, ora che ci penso hai indubbiamente ragione –

 

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Mesi prima.

 

Da dopo che Robin Mask aveva avuto la prontezza di scusarsi con la dottoressa Alya le cose erano notevolmente cambiate. I discorsi tra i due si erano fatti più educati e meno inclini al litigio vero e proprio, per quanto non mancassero mai di punzecchiature efficaci.

King Muscle non aveva mai avuto modo di parlare con la Deva tanto favoleggiata da suo figlio Kid, ma ora che si trovava al Muscle Museum Hospital doveva ammettere che il suo caro amico/rivale aveva fatto proprio il jackpot con lei!

– Sei un incosciente! Un idiota! Sollevare tutti quei pesi e per cosa? Tre ernie del disco in simultanea, ecco per cosa! –

Nonostante l’età sua moglie Belinda aveva acquisito molta più autorità e critica nei suoi confronti rispetto a venti anni fa. Ma era comprensibile, suo marito Suguru non era più un ragazzino e a differenza degli altri membri della Muscle League non si era più tenuto in forma costantemente. Non aveva più la forza di Buffaloman o l’agilità di Ramenman, e se alle volte provava a dare dimostrazione di forza a qualche avvenente cameriera ecco che finiva all’ospedale. Per questo tentò di sorriderle provando a minimizzare l’accaduto.

– Ma andiamo tesoro… sono cose che possono capitare a chiunque – tentò di buttarla sul ridere ma la moglie lo colpì alla testa con un giornale arrotolato, nonostante il marito fosse fermo nel letto d’ospedale reduce da un intervento delicato.

– Niente “ma”! dovresti solo vergognarti! Alla tua età e provare a fare ancora il cascamorto con le ragazzine come Robin Mask! –

E indicando fuori dalla parete a vetro fece notare al proprio marito che l’ex lottatore dall’elmo in acciaio era impegnato a parlare con la dottoressa che si era occupata di operarlo, ossia la Kalinina.

Per un momento rimase sorpreso, poi iniziò a studiare meglio la scena notando che la chiacchierata tra i due non sembrava molto da “dottore & paziente” visto il modo in cui erano vicini, si guardavano con un filo di complicità e anche nei gesti c’era qualcosa di meno freddo e più “intimo”. Alya difatti, si congedò dall’uomo accarezzandogli lievemente un braccio e questi rimase un minuto buono a guardarla andare via.

– Gh, gh, gh… sta a vedere che il vecchio Robbie si è scottato?! –

Sghignazzò di gusto il vecchio re dei kinniku, non appena la moglie era entrata momentaneamente in bagno per alcuni bisogni fisiologici. E approfittando di tale assenza saltò sulla sedia a rotelle per seguire il vecchio collega che stava iniziando ad allontanarsi, deciso più che mai a ficcare il naso in affari non suoi.

– Ehi! Robin Mask! Non vieni neppure a salutare un vecchio amico? –

– Uhu?! Oh, Suguru… Che diavolo ti è successo? –

Preso dalla chiacchierata con la Kalinina non si era accorto che nella stanza accanto c’era King Muscle reduce da quello che sembrava una importante operazione, tuttavia quest’ultimo fece comunque orecchie da mercante andando a curiosare un po’.

– Oh, tranquillo è una sciocchezza… tu piuttosto! Hai adocchiato la pollastrella eh? Carina la dottoressa… –  

– Non ho la più pallida idea di quello che stai dicendo – Robin Mask incrociò le braccia in petto decisamente seccato – le ho solo chiesto se poteva visitare un mio dipendente questo pomeriggio, visto che non sta bene e prima di un ricovero vorrei un suo parere medico –

Ed in effetti era anche vera come cosa, Archie non stava molto bene e seppur non lo desse a vedere, giustificandosi di avere solo una banale influenza, voleva che l’anziano maggiordomo avesse quanto prima una visita medica.

Che poi, tra tutti i medici, fosse proprio andato da Alya a chiedere udienza, e questa lo avesse pure accontentato premurandosi di tranquillizzarlo, erano solo piccoli dettagli che dimostravano solo la fiducia che riponeva nella dottoressa.

Ma come giustificazione non bastò al kinniku, che avvicinandosi all’ex lottatore con l’elmo medioevale gli dette una goliardica gomitata ad un fianco con fare complice.

– No, no, caro mio! Quello non era il modo solito con cui si parla ad una signora… e a me sa tanto che pure a lei piaci –

– Dimmi… Suguru – ora la voce del Mask si stava riducendo ad un sibilo e i suoi occhi vermigli bruciavano di una luce pericolosa – in che modo con esattezza ti sei fatto male? Combattendo contro una belva feroce, forse? –

– Ahh… beh, è stato durante i miei allenamenti mattutini che mi sono storto una caviglia, sai com’è! –

Il re rise per nascondere un certo timore nel vedere la sempre più precoce incazzatura dell’inglese crescergli dentro, eppure la “fortuna” famosa di Suguru si manifestò in una forma decisamente insolita e più simile ad una nemesi vera e propria.

– No, certo che no! Si è procurato tre ernie del disco facendo sollevamento pesi per impressionare una cameriera! –

Belinda capitolò fuori dalla stanza piuttosto furiosa che il marito malato stesse già andando a caccia di guai, nonostante questi cercasse di calmarla con una risata beota e giustificazioni idiote.

– Oh, suvvia tesoro! È difficile per me accettare l’età che avanza e… ouch – la moglie lo colpì nuovamente con la rivista arrotolata, anche se meno forte di prima, affrettandosi a prendere i manubri della sedia a rotelle per riportare il vecchio coniuge in stanza.

Ma non prima di aver lanciato una occhiata a Robin Mask, salutandolo comunque, e borbottando qualcosa che fece inarcare un sopracciglio all’uomo mascherato.

– Tzè, voi uomini ad una certa età perdete il pelo ma il vizio vi aumenta a dismisura –

 

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Si sarebbe ripreso. Gli bastò sentire quelle poche parole per sentirsi sollevato.

Archie lo seguiva fin da quando era un bambino, e aveva sempre dimostrato una pazienza incredibile nei suoi confronti quando era un ragazzino che commetteva marachelle assieme alla sorella. Si sentiva per questo sollevato, vero, ma la guarigione del suo dipendente non era l’unico motivo.

– Sembrate sereno, mister Mask. Dovete tenere molto ad Archie –

Dopo la visita aveva invitato la Kalinina nel suo mausoleo privato, una sala della sua grande casa adibita a custodire tutti i cimeli della famiglia Mask, invitandola ad avvicinarsi alle reliquie e armature spiegandole brevemente la storia di ognuna di loro.

– Si… certo, ma è anche per un’altra notizia che mi sento sollevato –

La donna inarco un sopracciglio, avvicinandosi all’uomo senza però andargli troppo vicino.  Volle lasciargli il suo spazio personale nel mentre che osservava una splendida armatura illuminata dalla calda luce fornita da un grande caminetto posto nei suoi pressi.

– Spero allora che sia una buona notizia –

– In parte – sospirò l’uomo portandosi le mani dietro la schiena con fare pensieroso – si tratta di mio figlio Kevin… lui… beh, diciamo che ho ripreso i contatti dopo un lungo periodo di assenza –

Alya aveva già avuto modo di discutere di queste faccende con il proprio paziente già diverso tempo fa. Da dopo quell’invito a cena un po’ forzato difatti, Robin Mask aveva mantenuto la sua promessa di telefonarle per sapere com’era andata la visita ad un certo Howard Lancaster, senza però riuscire a tirarle fuori molte informazioni a causa del segreto professionale tra dottore e paziente. Era però riuscito a convincerla a farsi “dire tutto” in via privata davanti ad una tazza di thè caldo in una delle caffetterie più rinomate della città, a spese sue logico, rendendosi conto solo ora che alla fine tutti quegli appuntamenti erano solo una scusa per poterla vedere.

Le loro discussioni erano sempre andate dal più al meno fino a quelle di tipo sociale/politico. Parlando della Muscle League e di come, ai tempi che furono, fosse stata veramente una lega gloriosa senza ridursi ad una fabbrica di soldi come lo era ora. Poi si era passati ai fatti più personali, dai ricordi d’infanzia fino alle questione spinose, senza mai comunque addentrarsi nei dettagli più intimi per un’ovvia questione di rispetto reciproco.

E se i primi incontri furono in luoghi pubblici, poco più avanti Robin Mask la invitò persino nella propria tenuta per bere qualcosa oppure per mostrarle i giardini ben curati e le annesse stalle con i suoi cavalli usati nella caccia e anche per le corse competitive.

Ora, il luogo che a pochi individui aveva permesso di varcare era stato “profanato” dalla presenza di una Deva. Suo nonno sicuramente si sarebbe rivoltato nella tomba, suo padre invece, se fosse stato presente, si sarebbe limitato a fare spallucce. Lui francamente parlando, sentiva istintivamente che era arrivato il momento di mostrarle i ricordi di una vita.

– È una cosa buona che abbia lasciato la d.m.p, significa che è più onesto di quanto abbia voluto far credere… –

– Mi riempie di gioia sapere che sta bene – e Alya sapeva ormai che quella era una confessione che normalmente non avrebbe mai fatto ad un semplice conoscente – tuttavia mi ha comunicato che non ha intenzione di tornare a casa. Io… questo non lo capisco. È vero, sono stato severo con lui ma è sempre stato a fin di bene! –

– Forse siete stato troppo severo, non crede? –

– Non osare – sibilò lui voltandosi momentaneamente ad osservarla – come un vero Mask era tenuto ad essere perfetto, e invece che ha fatto?! È fuggito di casa vivendo per strada! La mia Alisa non avrebbe mai accettato una cosa del genere –

Alya conosceva la storia, e francamente le faceva venire un po’ i brividi tanto da stringersi dentro il proprio maglione bianco. La morte della moglie lo aveva segnato, e nell’allenare il figlio negandogli una infanzia normale poteva vedere chiaramente la volontà di esorcizzare quell’incubo che costantemente si rigenerava in lui, creando una creatura che andasse oltre a sua immagine e somiglianza. Un figlio di cui Alisa potesse andarne fiera anche da morta.

– Tzk… non è ironico? – si allontanò dall’armatura per avvicinarsi al camino e osservare il dipinto di Robin Grande posto sopra di esso – è come dite voi Deva con il vostro credo… è una situazione che si rigenera ad ogni determinato ciclo. Kevin se ne va, poi ritorna, e subito dopo se ne va… vorrei essere più felice di quanto sia ora, il cerchio non si chiude mai – si voltò nuovamente a scrutarla con sarcasmo, perso nei propri ricordi – altro che rigenerazione, voi Deva siete delle dannate fataliste! –

– Non è così, non esattamente almeno! – sentendosi presa in causa Alya si avvicinò a lui guardandolo severamente – non c’è solo il tormento nella vita, non esiste solo l’odio e la frustrazione. Le emozioni si rigenerano, i sentimenti pure! Robin…! Ti ostini a non voler guardare oltre il tuo naso! –

Lo prese persino per un braccio invitandolo a guardarla in faccia. L’ex lottatore quasi non fece caso che la donna lo aveva chiamato per nome, perché lo sguardo della femmina aliena andava oltre l’ostilità per aver visto il proprio credo religioso denigrato in quel modo.

– Ti ostini a vivere in un perpetuo lutto dando a terzi la colpa di errori passati… ma siamo noi stessi a scegliere ciò che vogliamo venga rigenerato –

Doveva essere sincera? Alya la sua cotta infantile se l’era fatta passare da un pezzo. Non era entrata in medicina con il desiderio di far parte della Muscle League solo per poter spasimare dietro a Robin Mask, che tra l’altro si era rivelato essere un uomo arrogante e in parte cieco, ma perché lo studio che aveva fatto con tanto sacrificio ( anche di tipo economico ) le piaceva e voleva avere la possibilità di operare sul campo.

Se da un lato non lo sopportava, dall’altro aveva iniziato a stimarlo e doveva ammettere che suo padre su alcune cose aveva ragione. Il signor Mask era un uomo intelligente  e con dei principi, sapeva tener testa alle tragedie e i problemi  come se fossero suoi nemici da battere sul ring sia in senso buono che in senso completamente sbagliato.

Ma era un uomo solo, che continuava a girare in cerchio attorno ad una vita che non esisteva più, rispecchiando inconsapevolmente questo lutto nel figlio incatenandolo a degli ideali troppo difficili da comprendere per un bambino. E stranamente, aveva iniziato a percepire quella sua solitudine come la sua “malattia” principale, un malanno a cui si era affezionato non permettendo più a nessuna persona, dalla morte di Alisa, di curarlo e fargli capire che era vivo.

Tutti, eccetto lei.

Avrebbe potuto evitare i suoi inviti a cena, le sue lunghe e spinose chiacchierate, la sua diffidenza verso la sua razza nata da una infanzia abbastanza discutibile. Alya da bravo medico avrebbe potuto ignorare quel caso di ipocondria e lasciare che il tempo facesse il suo corso.

Avrebbe potuto, per l’appunto. Ma non era spinta dalla pietà che fino a quel momento gli era stata vicino. La sua era una scintilla, in principio grande come un granello di polvere ma poi sempre più concreta in un sentimento che persino Robin Mask faticava a volergli dare una forma. A volerci credere.

Comodo, facile, darle la colpa. A quel punto avrebbe anche potuto cacciarla via, la strega dello spazio, e restare legato al proprio limbo di rigenerazione fino alla fine.

Avrebbe potuto, per l’appunto. Ma Robin Mask voleva essere felice…

Voleva tornare a sorridere sotto quel vecchio elmo costantemente calcato in testa, sentire i muscoli facciali tendersi e mostrare i denti ancora bianchi. Voleva avvertire il cuore sciogliersi dopo averlo scolpito nel marmo più duro, sentirlo palpitare nuovamente come in quel caso specifico, con Alya che lentamente gli stava sfilando via l’elmo con ambo le mani.

– Alya… n-non… –

– Shh… – mormorò lei, esponendo quel volto alla calda luce del fuoco – è tutto a posto… –

Sotto quel lucido metallo pesante esisteva il volto di un uomo con i segni delle battaglie incise nella carne, una cicatrice sulla fronte era un ricordo del suo vecchio scontro con King Muscle, e i capelli che si stavano facendo grigi da castano chiaro qual erano risultavano in contrasto con occhi ancora vispi come quelli di un ventenne. Un uomo che, nonostante i suoi 64 anni appena compiuti, aveva un discreto fascino che avrebbe ancora incantato parecchie donne se solo lo avesse voluto.

Robin Mask non seppe dire perché successe quel che successe, il motivo valido per cui spense l’interruttore del cervello, ma lasciò che la Deva lo baciasse delicatamente sulle labbra in un bacio che, per volontà dello stesso lottatore, divenne in breve tempo qualcosa di molto più passionale.

Gli era mancata quella dolce sensazione, sentire le labbra di una donna sulle sue. Assaporare la sua saliva, giocare con la sua lingua, passarle una mano tra i capelli e liberarglieli dal consueto fermaglio che li tratteneva. Prendere ampi respiri di quel suo buonissimo profumo che sapeva di vita.

Una parte remota di lui gli stava dicendo che era sbagliato. Che doveva cacciarla via perché stava per commettere un torto incredibile alla sua Alisa e a suo nonno, che in quel momento lo stava guardando da sopra il caminetto. Grido quello decisamente inascoltato nel mentre che si svestiva e spogliava la Deva del suo maglione bianco stringendo a se quel corpo candido e morbido.

Tutte sensazioni nuove, antiche a dire il vero, nel mentre che le consumava sul tappeto persiano del mausoleo. Affamato di vita nel mentre che la possedeva con furia crescente, senza mai staccare le labbra dalle sue, stringendo le sue carni morbide e calde e lasciandola fare se gli graffiava la schiena in maniera dolorosamente piacevole.

Alya… così giovane e morbida. Calda fuori, calda soprattutto dentro, così viva e nei suoi occhi di ghiaccio ardeva la sua stessa scintilla. Lo stesso fuoco durato solo un attimo.

Troppo poco secondo la sua coscienza, perché non tardò ad arrivare il suo orgoglio che, con la voce di Robin Grande, lo stava assillando per aver commesso un errore madornale nell’essersi scopato una Deva nel tempio dei Mask.

Si alzò da terra contenendo un ringhio, una volta che tutto fu finito, rivestendosi dell’elmo prima di ogni altra cosa e lasciando la propria ospite confusa sul tappeto persiano. Alya fu sul punto di protestare, di chiedergli “perché”, ma si trattenne.

Trattenne anche le lacrime di rabbia che quel testardo le provocò con quella sua chiusura mentale che decisamente non voleva abbandonare. Decise quindi di fare altrettanto, di rivestirsi e andarsene, perché il messaggio di Robin era quello, tentata davvero di mandarlo al diavolo lui e quel suo perpetuo rancore.

 

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– Devo essere sincero? Sono stato bene… felice direi. Eppure… – si lasciò andare ad un basso sospiro, osservando il giardino di casa dalla grande vetrata posta dietro la sua scrivania – perché mi sento così maledettamente in colpa?! –

Ad una settimana esatta dalla visita della Kalinina alla tenuta dei Mask, Archie si era ripreso bene dall’influenza che lo aveva colpito, ed ora si stava occupando di spolverare alcuni soprammobili e foto corniciate su di una credenza posta nei pressi della scrivania.

No sapeva i dettagli esatti della visita della dottoressa in casa del proprio datore di lavoro, eccetto la visita medica, ma gli bastava vedere l’ex wrestler per capire che doveva essere stata una visita cruciale per il loro rapporto “tiepido”.

– Vi sentite in colpa perché considerate la felicità un peccato, oppure perché temete di aver offeso qualcuno con i vostri sentimenti? –

Robin Mask, con le mani dietro la schiena e sguardo pensieroso fino a  poco prima, indirizzò il proprio “sguardo” scarlatto verso l’anziano maggiordomo ora intento a lucidare una vecchia foto di Alisa ritratta in compagnia dello stesso marito. Cosa voluta forse?

– Ti ci metti anche tu, Archie? Non considero essere felici come un peccato, al massimo sono le cause ad essere sbagliate alle volte! –

– Mi scuso signore, quindi devo evitarle di riferirle che miss Kalinina vi ha lasciato una lettera davanti al cancello di casa? –

Alya aveva provato a contattarlo almeno un paio di volte nell’arco di quella lunga settimana, due chiamate sul cellulare, e poi più nulla fino a quella mattina nebbiosa con una busta misteriosa che portarono Robin Mask a sentirsi irrequieto. Sperava di dimenticarla e di tornare al proprio cerchio maledetto, ma a quanto pare il cerchio non voleva chiudersi.

Pretese di vedere quella lettera candida, come la pelle di quella donna, e dopo che gli venne consegnata rimase di stucco vedendone il contenuto. Si sarebbe aspettato una lettera scritta di suo pugno, con annesse scuse o frasi che lo invocavano chiamandolo “amore”… non un biglietto per il concerto del “Nuovo Mondo” di Dvorak. Tra l’altro doveva esserle costato anche parecchio.

– Interessante contenuto – fece Archie, andando ora a spolverare una libreria – se non ricordo male a teatro questa sera daranno proprio quel concerto. Pensate di andarci, signore?–

– Non… non penso proprio – accartocciò il biglietto buttandolo distrattamente sulla scrivania – non voglio avere più niente a che fare con quella tentatrice –

– Ma siete stato felice con lei, in quella vostra visita al mausoleo di famiglia o sbaglio? –

– Si ma… –

non fece in tempo a cercare una giustificazione, che l’anziano maggiordomo, scendendo dalla piccola scaletta dopo aver recuperato un soprammobile da spolverare bene, parlò quasi con tono severo. Archie non era un ingenuo, dopo quel giorno Robin aveva iniziato a comportarsi come un uomo che aveva appena ricevuto una delusione amorosa.

– Signore, credo che comunque sarebbe educato accettare l’invito di una signora. Infondo, credo che persino la vostra defunta moglie Alisa avrebbe apprezzato sapervi in salute e soprattutto felice

Aveva detto una cosa così vera, ma così difficile da accettare, che andava in netto contrasto con il suo orgoglio di rimanere comunque fedele alla donna che aveva amato. Glielo doveva dopo tutto quello che le aveva fatto passare.

Alisa era sempre stata di salute cagionevole, ma pur di evitare che suo marito si facesse del male lo aveva seguito in ogni sua peregrinazione in giro per il mondo alla ricerca del lottatore perfetto. Di una spietata macchina assassina che lo portasse a vendicarsi di King Muscle e della pietosa sconfitta che gli aveva inflitto. Fu in Russia che si ammalò, e non riuscì mai del tutto a guarire neppure dopo la nascita del loro unico figlio… aggravandosi da li a poco e lasciandolo terribilmente solo.

Ma con Alya… maledizione… non poteva essere che avesse semplicemente spento il cervello in quel frangente fatidico. Lei non lo aveva stregato, Cristo Santo! Lo sapeva benissimo eppure continuava testardamente a seguire una linea morta che lo avrebbe solo fatto soffrire a lungo.

“Archie è più vecchio di te eppure usa di più il cervello, figliolo…”

“Ha parlato quello che con la scusa di curarsi l’ictus si è stabilito pianta stabile su Amazon!”

“Poco arrampicarti sugli specchi, e ammettilo una buona volta che sei innamorato di quella giovane. Con buona pace del nonno”

Odiava quando la sua coscienza aveva schifosamente ragione, avente la voce di suo padre, ma piuttosto che ammetterlo davanti ad un maggiordomo che già sorrideva lievemente vedendo il padrone di casa raccattare il biglietto e sistemarlo, volle chiarire che sarebbe andato al concerto solo per non sprecare soldi preziosi.

 

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Probabilmente Alya non aveva scelto quel concerto solo perché una amante della musica classica, nel “Nuovo Mondo” Robin Mask poteva percepire la matassa delle emozioni della Kalinina rimasta per tutto il tempo in glaciale silenzio accanto a lui in una delle logge semi centrali del teatro, sentendosi per questo incredibilmente a disagio.

La donna era impeccabile nel suo vestito nero, un abito che ne risaltava la figura snella e le curve che tanto il lottatore aveva decisamente apprezzato, apprezzando tutt’ora visto i pensieri poco casti che a tratti lo assalivano con imbarazzo, ma il suo sguardo era freddo e dalle sua bocca non erano uscite molte parole. Era la musica a farsi spiegare.

Ancor prima delle scuse, voleva che quel testardo capisse come si sentisse, e dato che Robin non era uno sciocco con tutta probabilità aveva capito alla perfezione. Fu solo quando iniziò l’intervallo, e tutti i gentiluomini con le loro signore si riversarono fuori nella zona ristoro per prendere l’aperitivo, che i due amanti ebbero l’occasione per parlare a quattrocchi una volta che raggiunsero il bar.

– Direi che se volevate farvi capire, ci siete riuscita in pieno miss… –

– A me sembri essere tu quello che vorrebbe farsi capire ostinandosi a far finta che non sia successo nulla, darmi del “lei” non cambia le cose –

Era incazzata? Oh si. Anche se era troppo educata per dargli uno schiaffo in mezzo a tutta quella gente che chiacchierava e ogni tanto li scrutava incuriosita nel vedere Robin Mask in compagnia di una ragazza giovane, entrambi seduti ad un tavolo a degustare vino. L’ex lottatore emise qualcosa di simile ad un basso ringhio, accettando quella condizione spiacevole.

– Non è così facile, Alya. Tu sei giovane… io sono vecchio ormai –

– Non mi sembravi così vecchio mentre bramavi le mie carni. Mentre sussurravi il mio nome – sorseggiò con mano lievemente tremante il proprio prosecco, cercando di tenere i nervi saldi – non è così difficile Robin, basta solo dirlo… –

Rimase in silenzio per un lungo attimo. Osservandola nel mentre che, con sguardo un po’ spento, osservava le bollicine del vino frizzante agitarsi all’interno del calice.

– Non… non era mia intenzione ferirti – sbuffò seccato, bevendo vino rosso – ma in quel frangente il mio pensiero era corso al… passato… –

Era chiaro a chi si riferisse, ma non riuscì a completare la frase che Alya posò una mano su quella del lottatore, accarezzandone lievemente il dorso. Passato appunto, e lei era attualmente il presente. Con il suo profumo, la sua carne, i suoi discorsi, la sua vita ad accompagnarlo in quello che sapeva poteva essere un nuovo inizio.

Alla Deva non interessavano le ricchezze di un uomo anziano, ne ottenere una discendenza forte come tanto promuoveva il governo di Amazon. A lei interessava lui senza sapere il perché effettivo.

– Esiste nella vostra lingua la parola “ti amo”, Alya? –

Solo quando l’intervallo fu quasi finito, e gli spettatori iniziarono a tornare all’interno del teatro, Robin Mask se ne uscì con quella domanda decisamente inaspettata e la donna lo guardò con una punta di sorpresa prima di scuotere lentamente la testa.

– No… non esiste una parola simile. Ma abbiamo qualcosa di analogo, che tradotta nella vostra lingua significherebbe all’incirca “perdersi nell’altro” –

All’ex lottatore venne quasi da sbuffare divertito, sentendo sempre più che le barriere personali si stavano sciogliendo senza che gli facessero poi tutto questo gran male. Arrivando persino a prenderle la mano che fino a quel momento lo stava consolando, stringendogliela delicatamente e facendosi capire bene dalla femmina che deglutì sentendole mancare un paio di battiti alle successive parole del compagno.

– Allora mia cara, credo proprio di essermi perso…–

 

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Oggi.

 

Da quel giorno alcune cose erano drasticamente cambiate, mutate come una primavera attesa troppo a lungo, ma francamente parlando Kevin Mask non se la sentiva di congratularsi con il padre per le sue imminenti nozze con una perfetta sconosciuta. A dire la verità, se fosse stato meno testardo e avesse ascoltato attentamente le telefonate di suo padre, avrebbe capito che il suo vecchio non aveva intenzione di combinargli un matrimonio ma di fargli conoscere la sua di futura moglie!

Chi era questa tizia? Una procacciatrice di ricchezze forse? Voleva ingannare suo padre magari?! E se fosse stato attento magari avrebbe pure notato che l’incazzatura evidente di Lord Flash era dovuta a questioni molto più personali di quanto poteva pensare.

Rischiava di essere espulso dalla League, di rinunciare alla corona Chojiin, e per giunta suo padre si stava per risposare! Cristo!

Come se non bastasse per tutto il tragitto da Tokyo a Londra avevano dovuto tenere i cellulari spenti stando ai consigli di quella tizia inquietante che aveva tolto loro i chip di rintracciamento, che cosa se ne facesse poi di quella roba non si sapeva, e Kevin era dovuto andare a scrocco dalla Lancaster per poter chiamare casa.

Andare a chiedere “per favore” ad Emerald voleva dire fare un patto con il diavolo, per come erano stati trattati poi gli bastava come teoria azzeccata, e se non gli stavi simpatico… apriti cielo. Francamente il ragazzo non sapeva se inserirla nelle antipatie o nella lista delle poche persone simpatiche, perché trattamento bestiale a parte era stata gentile ad ospitarli in cabina anche se… perché Lord Flash gli aveva sussurrato di non fidarsi troppo di una che “le piace molto il gelato alla panna nonostante dica che la faccia schifo”?! Mah…

Comunque sia, arrivarono all’aeroporto di Londra a mezzogiorno in punto, e la stessa Emerald si era offerta di ospitarli tutti in un albergo di proprietà di suo padre, anche se francamente parlando Kevin Mask già poteva immaginare quale lista di alberghi avrebbe proposto a quella marmaglia di wrestler. Per lui comunque, la priorità era di rientrare alla tenuta quanto prima e aveva già contattato chi di dovere per…

– Kevin! Mi hijo!! –

Tra tutte le persone che si sarebbe aspettato non avrebbe mai creduto che la sua “vecchia” tata fosse venuta di persona a prenderlo. Santiago era una donna di quaranta anni o più e il fatto che fosse di origini ispaniche lo si poteva dedurre da… beh, un po’ tutto. Dalla parlata con accento spagnolo fino all’abito rosso che ricordava molto quello delle ballerine di flamenco. Un po’ muscolosa, ma era anche vero che aveva allevato sei pargoli lui compreso, oltre che piuttosto procace sul davanzale.

– Santiago… aspett – non finì la frase che la donna letteralmente lo abbracciò stretto a se piantandogli la testa fra le tette – ma… mamá! Cálmate! Sono felice anch’io di vederti... off – Invece di liberarsi stava sprofondando sempre di più – ma ora lasciami per piacere! –

– Mi hijo… que bueno verte de nuevo! –

La donna ubbidì, lasciando andare il giovanotto e ignorando le facce stupite dei suoi compagni di viaggio o di chi sghignazzava sarcastico per quell’abbraccio fin troppo caloroso per i gusti di uno come Kevin Mask.

– Ti piacciono le MILF… eh, little brat?! – Connors lo superò sogghignando malevolo ( e quella “traditrice” di Coco gli era salita sulle spalle tra l’altro ), interrompendosi solo un attimo per il dolore causato dalle costole incrinate.

A seguirlo ci pensò Kid Muscle con una risata molto più sguaiata e una più sottile da parte di Terry Kenyon, perché in fin dei coni la battuta ci stava, ma nell’insieme il gruppo si mosse quando Emerald capì che il giovanotto inglese voleva stare un po’ da solo con la propria tata.

Lord Flash fu l’ultimo a lasciare i due, ma per farlo aspettò il consenso del proprio allievo che gli annuì che era tutto a posto. Il russo tra l’altro aveva il doppio dei pensieri ora che si trovava in Inghilterra, ma prima di farsi dare spiegazioni da Alya aveva bisogno di sistemarsi e di rendersi più presentabile come Warsman.

– Santiago… come stai? Come sta papà?! –

Gli venne di istinto di chiedere come stesse il padre, anche se a dir la verità aveva voglia di spezzargli l’osso del collo con il Big Ben Edge. La donna tuttavia simulò un pizzicotto sulla guancia del giovanotto, rispondendogli tutt’altro che contrita per quelle nozze imminenti.

– Sto bene… stiamo bene! Il señor Mask ha conosciuto una ragazza tanto bella, sapessi! –

– Si… ecco… proprio questo che voglio sapere! Che diavolo è saltato in testa a mio padre? Chi è questa tizia?! –

A quel punto Santiago lo guardò un po’ perplessa, cercando di capire il motivo perché il suo ragazzo, tra le altre cose lo riteneva in parte “suo” visto che per un certo periodo lo aveva addirittura allattato al seno, non sapesse nulla della faccenda. E si che suo padre lo aveva contattato diverse volte.

– Davvero non sai niente…? Molto strano, ma credo di non essere la persona adatta a dirti certe cose, hijo mio. Tuo padre saprà dirti tutto –

E strano ma vero a sentir parlare la propria tata in quel modo venne uno strano gelo a Kevin… che diavolo aveva combinato suo padre? Ma la domanda più importante era: perché era stato così testardo da non dargli retta?

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Capitolo 11
*** KO~HO~ ***


il servizio sull’aereo era decisamente qualcosa di impeccabile. Ma non c’era da stupirsi con tutti i soldi che Vance MacMadd spendeva per se stesso più che per la Muscle League, e quindi Jacqueline se ne approfittava alla grande.

Perché mai non avrebbe dovuto? Se ne aveva la possibilità, qualunque essa fosse, la giovane figlia di Vance decisamente la coglieva in pieno. Quindi, se poteva permettersi di bere milkshake offertole da un grazioso modello pagato tramite agenzia, lei lo faceva. Jackie aveva il potere e al contrario di suo fratello Ikimon sapeva come amministrarlo, tanto che il suo anziano padre, un po’ per ironia e un po’ con vera serietà, l’aveva paragonata ad una scaltra imprenditrice Deva.

– Non è giusto, papà! Perché Jackie può permettersi questi lussi e io no?! –

Il figlio maggiore del MacMadd, che non somigliava affatto alla sorella, guardò il padre con una nota delusa per poi sbirciare Jacqueline con una certa irritazione. La suddetta si limitò ad abbassare gli occhiali da sole griffati, guardandolo con ironia facendogli poi una linguaccia.

– Perché tua sorella ci ha appena tirato fuori dai guai con quella storia del matrimonio in diretta! Nessuno scoprirà nessunissimo scandalo e tutti guarderanno l’evento come la ciliegina sulla torta prima delle semifinali della corona Chojiin –

– Forse ti sfugge papà, ma come facciamo con la Corte? – e qui la voce del figlio si inasprì, avendo pienamente ragione – quelle hanno iniziato una indagine più di un anno fa! Se vengono a sapere che stiamo coprendo dei possibili sospettati ci faranno lo scalpo! –

Non aveva tutti i torti e lo stesso Vance deglutì cercando una risposta decente. Non aveva ancora contattato i piani alti della Corte perché… francamente cosa avrebbe dovuto dire? Che stava coprendo dei possibili spacciatori per evitare che il torneo chiudesse?! In quel caso avrebbe rischiato davvero lo scalpo visto che quelle tizie non andavano per il sottile.

– Ragazzi, calmatevi una buona volta – La donna dai folti capelli rossi posò il bicchiere ormai vuoto sul vassoio dell’avvenente cameriere e si rivolse al padre e al fratello con tono serio – la nostra tuttofare ha  provveduto a rimuovere i chip di riconoscimento dai nostri atleti, impiantandoli poi su dei bersagli credibili dal punto di vista delle indagini… –

– Si, ma sarà solo un modo per perdere tempo! Non ci arrivi cara sorella?! –

– In effetti ragazzo mio, non è che hai tutti i torti… –

– Ed è qui che vi sbagliate… – Jackie si tolse gli occhiali da sole, guardando i due con una sicurezza tale da risultare quasi credibile – perché la Corte è interessata soprattutto alla scimmia, e pare che anche quella non seguirà più il nostro Kevin Mask. E nel mentre che le signore faranno le loro indagini sempre più inquinate noi avremo già fatto rimuovere tutti i microchip dai lottatori della League per via di “problemi tecnici”… alla fine le signore lasceranno perdere l’indagine se non vorranno fare loro una brutta figura per aver toppato alla grande! –

Che dire, Jacqueline MacMadd era decisamente scaltra come una imprenditrice Deva. Ed anche se gli ovvi dubbi rimanevano, bisognava solo aspettare che i pesci abboccassero e tutti loro non venissero toccati dallo scandalo. Solo l’anziano padre dopo un po’ se ne uscì con una domanda perplessa nei confronti della figlia.

– Un momento, Jacqueline… hai parlato direttamente con miss Alana?! Perché non ha informato direttamente il sottoscritto? –

La kinniku fece spallucce – ha detto che aveva molto da fare e non posso che darle ragione… attualmente, da quello che ha detto, si sta occupando personalmente della nostra sicurezza personale fino al nostro arrivo a Londra –

E non aveva tutti i torti in effetti, anche se i due MacMadd maschi si guardarono un po’ perplessi a quella notizia anche perché la signora in giro non si vedeva, bisognava ammettere che la Deva se la stava cavando bene a mantenere l’equilibrio sopra il tetto di un aereo in volo nonostante i suoi cinquanta e passa anni. Era armata solo di un fucile da caccia, e si stava occupando personalmente di liberare la strada dell’aereo di ogni possibile intralcio.

Aveva già sparato ad una decina di gabbiani e ad uno stormo di anatre selvatiche, più a due paracadutisti ignari ( ma si era scusata, eh! ) oltre che setacciato l’intero velivolo alla ricerca di microspie e piantando nella coda un sistema di occultamento radar. L’atterraggio a causa di questo ultimo dettaglio si sarebbe dimostrato un po’ problematico, ma per qualche bruciatura nessuno avrebbe detto niente, e comunque tutto questo era il meno peggio in assoluto. C’erano cose ben più importanti a cui pensare, ed Alana non era sicura che sarebbe andato tutto per il meglio… non dopo quello che aveva visto l’ultima volta.

– Uhmm… chissà com’è finito Breaking Bad… –

Ma a risponderle ci fu solo il vento che soffiava forte.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Sul telefono aveva una lista di chiamate senza risposta davvero impressionante.

Aveva fatto bene, Lord Flash, a passare prima in banca per ritirare la propria cassetta di sicurezza e tirare fuori da li i suoi vecchi vestiti e il cellulare che usava come Warsman. Nonché le chiavi della sua vecchia ural parcheggiata dentro un garage in affitto.

La prima persona che aveva chiamato, per ovvie ragioni una volta giunto nell’albergo che lo ospitava assieme a tutti gli altri, era stata sua figlia Alya ossia l’artefice di tutte quelle chiamate a vuoto.

“avrei voluto dirtelo prima, otets. Ma non riuscivo a contattarti e la cosa mi stava mettendo un po’ d’ansia… fortuna che mia cugina sapeva dov’eri e ha pensato lei a spedirti l’invito…”

“Alya, svet moy, sei sicura di quello che vuoi fare?!” la interruppe così, volendo andare subito al sodo e non sopportando di sentire che a sua figlia stava iniziando a venire su l’ansia per non aver avuto sue notizie per mesi “sei giovane, e vuoi sposarti un uomo che potrebbe essere… beh, il tuo stesso padre?”

Attimi di silenzio dall’altro capo del telefono, prima che la dottoressa tirasse fuori il carattere glaciale che caratterizzava Warsman il più delle volte.

“anche mamma mi ha fatto la stessa domanda e quindi ti do la stessa risposta: si, sono sicura. Nel momento in cui mi ha chiesto di sposarlo non ho avuto esitazioni e poi… credo che dovremmo parlarne in privato, otets

Non aveva tutti i torti ma questo decisamente non lo aveva tranquillizzato. Sua figlia che si sposa con il suo vecchio maestro?! Da un lato era tentato di farla diventare vedova prima del tempo, ma dall’altra non voleva farla soffrire e poi… quando una Deva decide di stare assieme ad una persona lo fa perché convinta al 100% e niente l’avrebbe schiodata quella testarda di sua figlia.

Era stato più o meno anche per lui con sua madre, Katia, quando l’aveva conosciuta la prima volta gli era sembrato di sognare, arrivando a chiedersi se era realmente sveglio nel momento in cui i suoi sensori ottici l’avevano analizzata. Era stato davvero bene con lei, ma per sua stessa volontà quella storia era finita molto presto… la Deva aveva cercato di dissuaderlo, ma era meglio che lei e la loro bambina stessero lontano da qualcuno di potenzialmente pericoloso. Quello era un periodo piuttosto tetro e pieno di incontri, poi di tempo ne passò troppo quando lui decise che forse, forse, riprovarci con la vecchia compagna non fosse una cosa sbagliata. Il tempo era passato, e Katia restava un ricordo agrodolce.

Fece un lungo sospiro e decise di darci un taglio con i pensieri perché, decisamente, farseli venire durante una doccia rilassante non era esattamente piacevole. Come Warsman non era abituato ai lussi e aveva sempre fatto molta economia in vita sua, anche quando viveva con Katia, e una parte dei suoi guadagni li aveva sfruttati per garantire alla sua bambina la giusta istruzione. I sacrifici avevano dato i loro frutti visto e considerato dove lavorava adesso Alya, però doveva ammettere che nei panni di Lord Flash qualche soddisfazione se l’era tolta… magari era grazie alla tutina aderente?

C’era poco da scherzare, Emerald Lancaster ( si esatto, quella Lancaster. E lui era stato un idiota a non connettere prima che era parente stretta di Howard ) gli aveva riservato, più o meno come agli altri solo che le loro camere erano più “economiche”, una suite tutta sua che aveva ben deciso di sfruttare prima di andare alla tenuta dei Mask. Ma fu solo quando uscì dal bagno, con indosso solo l’accappatoio, che si trovò una gran brutta sorpresa sul letto.

– Sorpresa, sorcio! Bello il cambio maschera… ti fa più snello! –

Emerald J. V. P Lancaster era comodamente seduta sul letto ancora perfettamente intatto e con una certa ironia si era messa addosso la sua maschera di Warsman lasciandolo completamente interdetto. Fu comunque abbastanza veloce da calarsi sul volto il cappuccio dell’accappatoio color crema, prima di berciarle addosso.

– Emerald! Che diavolo ci fai tu qui?! Come osi frugare tra le mie cose, dannata?!! – cercò di riprendersi la maschera ma la giovane fu più agile e si spostò di lato – come hai fatto ad entrare?! –

– Oltre che essere un sorcio sei pure tonto? Sono co-proprietaria di questo posto e posso entrare dove voglio quando mi pare e piace… e poi hai un debito con me –

– Ridammela subito! –  tuonò il russo.

Saltando sul letto e strappandogliela via dal volto, e indossandola immediatamente, con una velocità tale da coglierla questa volta completamente impreparata. Indispettita la ragazza gli sfilò via la cintura dell’accappatoio, costringendolo a tenersi stretti i due lembi per non denudarsi, mentre quella piccola iena gli sgusciava via andandogli di lato approfittando di quella distrazione per colpirlo dolorosamente alle natiche con la corda dell’accappatoio a mo’ di frustata.

– Ouch! Tu… dannata…! –

– Modera le parole vecchio porcello! O dovrei chiamarti Warsman? Perché la maschera sembra proprio quella… AH! –

A sentirsi nominare, il suddetto wrestler perse la poca pazienza che gli rimaneva e con uno scatto deciso prese la corda dell’accappatoio, tenuta ancora in mano dalla ragazza, per strattonarsela vicino e buttarla sul letto con i polsi legati da quella ruvida stoffa. La sovrastò con la sua immensa figura impedendole ogni movimento e scrutandola con occhi infuocati da sotto quella tetra maschera nera.

– Ti senti furba, non è vero? Sarà anche di tua proprietà questo posto, ma è un mio diritto avere un po’ di privacy! –

– A dir la verità ora sento solo il tuo fratellino qui… –

lo punzecchiò lei, prima di dargli una ginocchiata all’inguine facendolo quasi guaire. Rovesciandolo a pancia in su e andandosi a sedere cavalcioni sopra di lui, con il braccio sinistro a premergli contro la gola. Tra i due corse quindi un breve silenzio carico di tensione, nel mentre che si scrutavano a vicenda fino a che ad Hammy non apparve un ironico sorriso

– Sai una cosa? Trovo molto ironico che Robin Mask voglia sposare proprio tua figlia! Altra cosa ironica è che tu stia allenando proprio Kevin con addosso la calzamaglia da pantegana… e suppongo che lui non sappia che tu sia in realtà una vecchia leggenda del wrestling amico del tanto detestato padre… – prese una pausa, compiacendosi che il russo si stava innervosendo – ora, mi chiedo, tutto questo è una coincidenza; stai facendo un favore a Robin Mask; oppure tu e tua figlia siete i peggiori truffatori della storia…? No, perché se lo foste sareste da Oscar! –

– Non… non sono affari tuoi – l’ex lottatore deglutì per il tanto odiato imbarazzo di avere una strega che lo aveva potenzialmente in pugno oltre al fatto che stava seduta su un punto delicato – e comunque Robin Mask non mi ha chiesto di allenare suo figlio, mi sono offerto io ma per ovvie ragioni non posso dire a Kevin che suo padre vorrebbe tanto vederlo padroneggiare le tecniche segrete… si rifiuterebbe! E per quanto riguarda il matrimonio, quella stolta di mia figlia vuole sposarlo perché lo ama… –

A dirla tutta sembrava essere sincero, oltre che preoccupato per la decisione presa dalla figlia che Emerald voleva tanto conoscere. Tuttavia non mollò la presa su di lui, ed il silenzio che calò nella stanza parve oltremodo imbarazzante oltre che di completo stallo.

– Tu… lo sai che mi sei seduta sopra, vero? –

– A-ah – fece quella, inarcando un sopracciglio divertita.

– E che sono in ritardo per il mio appuntamento… –

La ragazza di rimando sorrise, premendo di più il braccio sul collo del russo che si lasciò sfuggire uno sbuffo per la piccola nota di dolore che il gesto gli causò.

– Vero. Allora cerchiamo di sbrigarci! –

 

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– Niente riso col manzo… ditemi voi che razza di mondo è questo!! –

Distrutto da un dolore indicibile, e incomprensibile ai più, Kid Muscle si stava aggirando per la sala buffet dell’albergo in cui soggiornava assieme agli altri rovistando tra i tavoli e importunando i vari commensali. Se poi ai tavoli era presente pure una ragazza carina provava ad abbordarla in modo assai penoso.

– Kid, la vuoi piantare di importunare la gente? Siamo in Inghilterra, testone! Al massimo puoi chiedere del riso e roastbeef –

Il suo allenatore, il piccolo Meat, guardò con una nota di compassione il proprio allievo nel mentre che, con una certa disperazione, frugava in ogni piatto del buffet alla ricerca di qualcosa di simile alla pietanza preferita.

– Al diavolo il roastbeef! – fece il kinniku ora infuriato – qui c’è solo tempura di gamberi e io sono allergico! –

Adesso però dacci un taglio, Kid!!

Esasperato, l’allenatore del giovane figlio del re prese un martelletto rompighiaccio da un cestello posto li nei pressi e con quello colpì così forte il ragazzo fino a fargli vedere le stelle. Alcuni dei commensali rimasero interdetti per quella scena di pura violenza, mentre altri risero di gusto nel vedere che Meat, nonostante la statura, avesse più forza di Kid quando ci si metteva.

– Non capisco proprio Kid… invece che preoccuparsi, pensa solo a mangiare! –

– Mangiare aiuta, Dik Dik – fece Wally Tusker, addentando un salmone affumicato tutto contento – dovresti provare anche tu qualcosa –

– Sto bene con la mia Caesar salad, grazie –

– Eddai, piantala di grugnire van Dik… siamo ancora dentro la Muscle League. Almeno credo… – Terry Kenyon si dondolò sulla sedia pulendosi, nel frattempo, i denti con uno stuzzicadenti – non siamo ancora stati contattati, vero, ma non dobbiamo essere pessimisti! E poi Hammy ha una notevole dispiegamento di forze! Siamo in una botte di ferro –

– Ja, ma in una botte di ferro è facile lanciare una bobba e fare carne trita, herr Kenyon –

Jeager non è che avesse tutti i torti in effetti, la Corte era imprevedibile nei suoi movimenti e avrebbero davvero buttato una bomba se avessero voluto. I casi erano due: o non sapevano ancora dove fossero, oppure li stavano studiando attentamente per decretare le prossime mosse. O magari per avere più indizi.

– Penso sia il caso di non attirarci troppo le attenzioni indesiderate, e aspettare che miss Alana faccia la sua inquietante apparizione per dirci cosa fare –

A parlare fu Meat che sopraggiunse al tavolo dei wrestler seguito da un Kid Muscle che, sentendo il nome della sua aguzzina celebrolesa, andò a guardare con sospetto l’interno di un tacchino farcito. Poteva essere ovunque… e poi la farcitura non era male.

– Shi, ma n-non esisfpte un modoh pef fermarle…? –

– Kid! Parla dopo aver mandato giù quel boccone! – ed il kinniku, manco a farlo apposta, si beccò un’altra martellata sul capoccione.

– Beh, a dire la verità forse un modo ci sarebbe… almeno stando alle notizie che ho raccolto – Check Mate fu l’unico che, quasi ignorando la propria tazza di thè, aveva cercato informazioni utili tramite il proprio black berry – secondo le informazioni ufficiali fornite dal sito internet della Corte, oltre alle cortigiane base con la rosa rossa, ne esistono anche di quelle con la rosa completamente nera e classificate come chojin yurei. Di queste superdonne spettri ne esistono circa una ventina o giù di li… il numero ufficiale non è fornito, ma sono tra le più potenti dell’organizzazione e se si decide di sfidarne una a duello, secondo le regole della Muscle League, si può ottenere un indulto nel caso si riesca a batterla –

– Uhm, bisognerebbe trovarne una e mettere su un piccolo torneo per dimostrare la nostra innocenza, e… –

Il piccolo kinniku venne totalmente ignorato. L’intera combriccola di quelli che dovevano essere atleti professionisti si era ora riunita attorno al lottatore del Principato di Monaco per sbavare su possibili foto senza veli delle soldatesse Deva.

– Ehiii… Chek Mate – flautò Kid con espressione porcina – non è che c’è qualche bella ragazza senza veli in quel sito?! –

– Ma veramente… –

– Ahh… io non posso guardare le ragazze – Wally si coprì gli occhi anche se non c’era nulla da vedere – poi la mamma si arrabbia! –

– Ragazzi, questo è un sito serio. Solo perché appartiene a delle Deva non è necessariamente quello che pensate voi… – Check Mate provò in qualche modo a farli ragionare, ma Dik Dik gli aveva sfilato il telefonino facendo vedere alcuni file anche a Jeager e Terry.

Era assurdo che quella banda di pelandroni pensasse a cose ridicole anche in quel momento così serio. Si stava parlando di chojin di classe yurei, seconde solo alla classe akuma e terribilmente spietate quando si trattava di dare la caccia ai malvagi. E quelli che facevano…?! Ci sbavavano sopra all’idea di vedere una bella Deva promiscua da poter affrontare! Razza di ignoranti! Ma avrebbe insegnato loro il rispetto per quella razza di donne aliene a tempo debito, per il momento però si sarebbe limitato a far cantare il martelletto rompighiaccio.

– Razza di pelandroni ignoranti! Andate immediatamente in palestra ad allenarvi se non volete che una cortigiana vi metta in ridicolo in mondovisione! –

E perlomeno, l’unico che evitò dolorose capocciate in testa fu lo stesso Check Mate che guardò la scena con un po’ di perplessità, nel mentre che gli ospiti in sala se la ridevano vedendo un piccoletto menare dei bestioni grandi e grossi.

– Chissà, magari dovrebbe essere proprio Meat a sfidare a duello una rosa nera… –

 

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Aveva visto Hammy passare dalla reception in compagnia di un uomo che non aveva mai visto prima, e questo decisamente lo portò ad inarcare un sopracciglio vedendo che, nonostante la fretta di entrambi, sembravano alle prese in una animata discussione.

Michael Connors pregò per quell’uomo misterioso che non facesse del male ad Emerald, altrimenti sarebbe passato sotto le sue poco graziose manine e francamente era da un po’ che non si divertiva a torturare qualcuno.

Seduto al bar della sala buffet, poteva vedere chiaramente chi andava e veniva dal lussuoso albergo, quindi si sentì in obbligo di tirare fuori il cellulare e chiamare il capo per il tipo sospetto che stava tallonando la figlia di Howard.

– Connors – la voce di Howard Lancaster era pacata come di consueto – a cosa devo questa chiamata nel pieno di una rilassante caccia alla volpe? –

Tutti sapevano che non era il caso di disturbare il capofamiglia Lancaster quando si rilassava, ma per fortuna l’americano, di origini ispaniche tra l’altro, era una delle poche persone di cui Howard si fidava e quindi ci passò sopra.

– Mi dispiace disturbarla signore, sono qui all’Hotel Atlas e non ho potuto fare a meno di notare che vostra figlia è uscita assieme con un individuo sospetto… credo di averlo già visto da qualche parte, ma non ricordo dove –

– Hm, puoi descrivermelo? – non che fosse preoccupato per l’incolumità della propria bambina, Emerald sapeva difendersi, ma nessuno doveva azzardarsi a minacciarla.

– Uh, ecco… giacca di pelle nera, pantaloni color cachi… un motociclista direi, aveva addosso pure già il casco nero e una maschera, anch’essa nera –

– Warsman? Perché mai mia figlia dovrebbe frequentare quella bestia delle steppe?! –

C’era stupore nella voce di Howard, non preoccupazione… perché mai doveva preoccuparsi di quell’animale addomesticato dai russi? Piuttosto che non gli saltasse in testa di insidiare sua figlia perché altrimenti avrebbe dovuto provvedere a farlo vivisezionare dallo stesso Connors.

– Uhm, non saprei signore… ma sbaglio o Warsman è il padre di quella dottoressa sexy? quella che dovrebbe sposare Robin Mask –

– Corretto, una sventurata creatura che incontra un vecchio celebroleso… comunque, fammi il piacere di seguirli a debita distanza. Magari Hammy è interessata a rovinare anche questo matrimonio – perché era ormai risaputo che miss Lancaster ad ogni matrimonio che andava scopriva sempre qualcosa di decisamente storto – il che non sarebbe una cattiva idea, sarebbe divertente, ma tu limitati a vedere che non succeda nulla… intesi?! –

– Sissignore – masticò “faccia da schiaffi” Connors, prima di fare un fischio alla scimmietta che era andata sopra una palma richiamandosela così sulle spalle.

Quella piccoletta si stava rivelando sempre più una miniera di sorprese, ed oltre che essere perfettamente addomesticata e amichevole era pure addestrata a fare… uhm, qualcosa come spillare soldi alla gente forse. Ma gli andava decisamente bene così e poi aiutava a rimorchiare, e pure parecchio.

Fu quasi sul punto di staccarsi dal bancone quando vide qualcosa di decisamente interessante a pochi passi da lui. Una mistica visione tatuata e poco vestita intenta a sorseggiare martini e a guardarlo con affamato interesse. A giudicare dalla pelle abbronzata doveva essere di origine ispanica anche lei, ma il fisico atletico, con gli addominali lasciati esposti, la identificavano come una karateka oppure una che fa ginnastica artistica. La cosa singolare, oltre all’abbigliamento davvero ridotto al minimo, e solo per quello si attirava occhiate perplesse dagli ospiti della sala, aveva parecchi tatuaggi di serpenti stilizzati attorno alle gambe e le braccia. Oltre a due sul tronco che formavano una “S” o “V” ( erano troppo intricati per distinguerli ) da ambo i lati e lo stesso motivo era riprodotto sulla schiena. Tatuaggi neri come la pece come i suoi occhi, che si puntarono su quelli dell’americano con un sorrisetto ironico.

Valeva la pena spenderci due parole in fin dei conti, quindi sorridendo sottilmente le si avvicinò offrendole la fiamma dell’accendino vedendola impossibilitata ad accendersi una sigaretta. La femmina straniera sbuffò il fumo della sigaretta verso il soffitto, prima di guardare con ironia il mercenario e la sua scimmietta.

– Ma che bella creaturina… è la tua fidanzata?! –

– Chi, lei? Nah, è la mia complice in crimine! Mi da una mano a colpire al cuore delle signore… –

Dopo quella battuta rimasero in silenzio per un po’, guardandosi l’un l’altra con fare complice, poi fu la donna, presumibilmente di trenta anni anche lei come Connors, a parlare per prima.

– Che cosa guardi, maschio? Mai vista una Deva tatuata? –

– A dire la verità mi stavo chiedendo dove andassero a finire… – con sguardo rapito osservò le code dei due serpenti tatuati sulle gambe scomparire oltre la minigonna di pelle nera – però mi chiedo cosa significhi quel 20 segnato da una X che hai all’altezza della tiroide –

– Ah beh, per la prima domanda posso solo dirti “usa la tua immaginazione”, mentre per l’altra… – e qui si fece momentaneamente seria, quasi malinconica – diciamo che ho speso venti anni della mia vita con l’uomo sbagliato –

Era una conversazione dannatamente interessante doveva ammetterlo, purtroppo il tempo era decisamente tiranno e gli ordini di Lancaster non andavano ignoranti.

– Beh, spero che tu mi scuserai se ora devo proprio andare… miz?! –

– Uriel… Uriel Truce de Santa – lasciò che l’americano le facesse un baciamano – e tu gentiluomo terrestre? –

– Michael Connors, Mikey per le amiche… spero sarai ancora mia amica al mio ritorno! –

E detto questo se ne andò di corsa, con la scimmietta sulle spalle, portando la Deva a sorridere sottilmente scrutandolo ben bene con una espressione poco rassicurante.

– Oh… puoi contarci, hijo de perro

 

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– Un sidecar! Questo me lo devi dire dove l’hai preso! –

Emerald Lancaster osservava a dir poco entusiasta la motocicletta  nera parcheggiata all’interno del garage che Warsman aveva appena aperto, andando immediatamente a sedersi sulla carrozza di lato con fare abbastanza irruento.

– Ehi, vacci piano razza di idiota! L’ho fatta riverniciare da poco… e per tua informazione si tratta di un, ehm, “prestito” permanente dall’esercito sovietico –

Si mise in sella alla motocicletta e dando un calcio deciso al pedale dell’accensione la mise in moto. Partirono quindi veloci, superando il traffico londinese con una certa grazia nonostante fosse un mezzo non propriamente agile.

– Uhh… poi mi racconti anche questa storia durante il viaggio, vero? –

– Ovviamente no – tagliò corto il russo, dando una accelerata gratuita e mandando la giovane donna a gambe all’aria all’interno della carrozza.

In breve tempo arrivarono fuori città, in una zona semi boschiva territorio di molte casate nobiliari con le loro tenute stratosferiche. Sentendosi un po’ offesa per il trattamento poco elegante ricevuto prima, oppure perché si stava semplicemente “preparando” per conoscere sua figlia, si mise a bere una strana bottiglietta d’acqua presa dal marsupio legato attorno alla vita.

– Di un po’ tu… – e qui si voltò appena verso di lei, seduta in modo scomposto sul posto di lato, notando che tra l’altro quel liquido trasparente aveva uno strano odore –è veramente acqua quella? –

– Uuhh… certo! Acqua vite! – si mise addirittura in piedi cercando di andargli vicino – bevine anche tu, porcello! Te la infilo nell’occhio… –

– EMERALD! Mettiti composta, dannata puttanella ubriaca! –

E poco mancò che i due sbandassero fuori strada finendo rovinosamente tra la boscaglia di quella mite campagna di provincia. Fortuna volle che la tenuta dei Mask non fosse molto lontana, ed in breve i due improbabili viaggiatori varcarono i cancelli stranamente lasciati aperti andando dritti nella rimessa delle auto. Avevano una decina di minuti di ritardo, e all’ex lottatore l’idea di far aspettare la figlia che si doveva sposare decisamente non gli piacque, tanto da non salutare neppure l’anziano maggiordomo una volta che entrò nel grande ingresso cercando quello che doveva essere il soggiorno dell’ala orientale, il luogo dell’appuntamento. A pochi passi dallo studio di Robin Mask tra l’altro.

– Alya! Svet moy! –

Aprì le doppie ante in legno scuro andando quasi a tuonare il nome della figlia, portando quest’ultima ad alzarsi in piedi dal divano di pelle con uno scatto improvviso andandogli poi vicina piuttosto velocemente. Non era da lei mostrare le proprie emozioni così apertamente… ma alle volte non ci si poteva trattenere se davanti si aveva una figura che non vedeva da tanto tempo oltre che estremamente difficile da contattare. Era suo padre, e voleva abbracciarlo.

– Otets… quanto tempo! – lasciò che quel mastodonte del padre le accarezzasse piano i capelli premendo la sua testolina contro il petto – tutti questi mesi di silenzio stavano iniziando a farmi venire l’ansia… –

– Problemi di… comunicazione, bambina – lo disse piano, troppo impegnato a sentire che era reale e viva, con il suo profumo a riempirgli i polmoni, la sua voce a riempirgli la testa e… un filo di pancia? – uhm… sbaglio o Robin Mask ti riempie di mangiare, figlia mia? –

La domanda era innocente ma questo bastò a staccare Alya dall’abbraccio del padre portandola anche ad arrossire lievemente per l’imbarazzo – si beh, credo che tu voglia parlare anche di questo oltre che del mio matrimonio… ma ne avresti anche il diritto visto che per lungo tempo non sono riuscita a contattarti –

Warsman guardò la figlia senza capire, tanto da andarle vicino accarezzandole una spalla come per tranquillizzarla che non si sarebbe… arrabbiato? Strano, quando Alya aveva paura di far arrabbiare qualcuno, e per avere paura doveva avere un VALIDO motivo sennò non si sarebbe mai vista così, aveva la tendenza ad arrossire e ad allontanarsi dal proprio interlocutore come una bimba sorpresa con le mani nella marmellata.

– Svet moy… luce mia! Che hai? Non riesco a capire… –

– p-p-perchèè… sei tonto,eh?! Avrà il maglione bello largo m-m-ma io SHO, eh! –

ad interrompere l’incontro tra padre e figlia ci pensò una ragazza che Alya non aveva mai visto, completamente ubriaca per il modo in cui parlava e camminava rischiando di sbilanciarsi troppo ( come se stesse camminando sulle funi ), e nonostante tutto Warsman non si allarmò per quella intrusione, mugugnando seccato per quell’interruzione impropria.

– Emerald Lancaster… puoi per favore aspettare fuori dalla porta?! Sto parlando con mia figlia – ma quella di tutta risposta rise rauca, andando a bere nuovamente dalla presunta bottiglietta d’acqua. Se l’ex wrestler non l’aveva pesantemente insultata era solo per non fare brutta figura con sua figlia.

– Un momento, padre… lei è quella Lancaster? – Alya la guardò con un filo di perplessità, pur capendo a cosa quella ragazza stesse alludendo e andando, per questo, ad incrociare le braccia per nascondere un po’ di più la sua ormai palese gravidanza.

– That’s right! Shono la figlia del mio papà e volevo proprio conoscerti! Ma proprio, proprio eh! – le circondò con un braccio le spalle guardandola con fare complice – ma dimmi un po’… quando sei caduta ti sei fatta male?! –

– Ehm, come scusa? – 

Alya stava iniziando a sentirsi un po’ a disagio anche perché suo padre sembrava essere sul punto di attaccare quella ragazza, che in tutta risposta rise in modo beota attirandosela più vicino in un abbraccio un po’ troppo… stretto.

– Mah si! Quando sei caduta dal paradiso ti sei fatta male, male? Perché se… sehi un angelo perché sei trooopo bella per quell’altro pallemoshe che vive qui. N-non questo qua dietro, eh –

– Uhm… papà… –  ok, stava iniziando ad inquietarsi perché il fiato di quella ragazza sapeva di alcool e sembrava quasi volerla baciare.

Ci pensò Warsman a strattonarla via dalla propria primogenita, con una furia comprensibile che mandò una Emerald piuttosto su di giri, e anche piuttosto divertita, sul divano di pelle scura a gambe all’aria.

– Emerald! Accidenti a te, che diavolo credi di fare?! Rovinarmi anche i momenti con mia figlia?! –

A parte quel gesto d’ira non si lasciò andare ad una delle loro furiose litigate in stile “distruzione totale” anche perché non era decisamente il caso. Non con la sua bambina che si stava per sposare con il suo maestro nonché amico!

– Senti, eh! N-non mi sono mai fatta una Deva in vita mia! Voglio sapere com’è fare sessoh con una Deva – altro momento da facepalm totale… ma Warsman aveva quasi il sentore che lo stesse facendo apposta quella puttanella – e poi voglio sapere come ha fatto quel… quel vecchiaccio di Robin a mettere incinta tua figlia… –

Ecco, questo era una frase che colpì il petto del wrestler come una stalattite. Aveva detto un’ovvia panzana, dai! Emerald era completamente ubriaca nel mentre che si sedeva meglio sul divano, andando a guardare compiaciuta una Alya che guardò altrove arrossendo visibilmente, quindi non poteva aver detto il vero. Anche se conosceva abbastanza bene sua figlia da capire quando qualcuno aveva scoperto qualcosa di imbarazzante sul suo conto.

No… non voleva, non poteva, crederci. Sarebbe stato un colpo basso dal suo ex maestro nonché un fatto talmente veloce da non poter essere assimilato per nessun motivo al mondo. Non era da lui essere irruento con la propria primogenita, ma davvero non resistette al nervosismo di alzarle il maglione con gesto sgarbato e secco. Cogliendola del tutto impreparata e abbastanza intimorita, incapace di nascondere quella dolce curva sul suo grembo.

– Pochemu ?! –

“perché” chiese seccamente lui in russo. Guardando gelidamente Alya davanti alla prova evidente che tra circa cinque mesi sarebbe divenuto nonno. Portandola per questo a deglutire e a trovare finalmente il coraggio di affrontarlo.

– Per lo stesso motivo per cui mi ha chiesto di sposarlo… –

Stava per diventare nonno. Nonno. NONNO! Persino Emerald sul divano se la stava ridendo ripetendo la parola “nonno porcello” a più riprese tra una risata e l’altra. E per giunta, ad aver ingravidato la sua bambina era stato l’uomo che fino a quel momento aveva apprezzato e rispettato più di tutti.  No… ora era nella lista delle persone decisamente sgradite che andavano fatte a pezzi il prima possibile! Se in un primo momento era anche dell’idea di poter “sopportare” il matrimonio tra i due, ora una furia crescente che gli stava bruciando lo stomaco gli stava dicendo di discutere in modo non tanto amichevole con Robin Mask.

Si allontanò dal salotto a grandi passi, ignorando Alya che a gran voce lo richiamava a sè preoccupata delle conseguenze di un incontro tra il futuro marito e il futuro suocero, limitandosi ad inchiodarla li con poche parole che bastarono a metterle i brividi.

– Resta dove sei! C’è un topo gigantesco che gironzola in corridoio! Mi occuperò anche di lui una volta finito con quello principale… –

E se ne andò diretto verso lo studio dell’infame suocero, iniziando ad emettere tra l’altro un respiro alquanto agghiacciante e sintetico, senza sapere che poco prima che sopraggiungesse lui assieme a quella strega della Lancaster un altro individuo aveva chiesto udienza per polemizzare con il padrone di casa.

Kevin Mask era tornato alla tenuta assieme alla propria levatrice, tutta contenta che il proprio “figlio acquisito” fosse tornato all’ovile, e venendo ben accolto dallo stesso Archie che gli sorrise in modo molto più caloroso del solito quando se lo trovò davanti.

Tornare momentaneamente a casa fu decisamente strano. Uno strano senso di nostalgia mista a fastidio colse i pensieri del giovane lottatore quando si ritrovò a respirare l’aria di casa, rimasta praticamente uguale a quando se n’era andato via alla tenera età di otto anni.

Suo padre aveva una nuova fiamma, che tra l’altro stava per sposare, e tale donna non si era prodigata a cambiare radicalmente lo stile della dimora?! Di solito quando un vecchio bacucco incontrava una giovane donna accadeva sempre come prima cosa, ma Santiago l’aveva rassicurato più e più volte che “miss Kalinina è una persona gradevole nonostante sembri un po’ freddina… e poi è una dottoressa della Muscle League!” come se questo bastasse a tranquillizzarlo!

A dire la verità qualcosa era cambiato… Robin Mask aveva allestito uno studio anche per Alya, nella zona occidentale della tenuta, e aveva ampliato la propria collezione di vinili visto che ora la donna si era stabilita sana pianta li assieme alle sue cose. Ah, e poi aveva fatto cambiare il letto matrimoniale… quello vecchio cigolava un po’ troppo come gli aveva fatto notare Archie durante la consegna della posta nel suo studio, portandolo per questo a tossire imbarazzato. Ma di queste cose Kevin ne avrebbe saputo l’esistenza solo in parte e a tempo debito, perché al momento era impegnato ad entrare nello studio di suo padre deciso più che mai a farsi dare spiegazioni.

– Papà! Dobbiamo parlare! –

– … Anche io sono felice di rivederti, figliolo. Dopo tutti questi anni, poi! –

Non era esattamente il modo più piacevole per iniziare una discussione con il figlio che non vedeva di persona dopo tanto tempo. Almeno dal vivo, poiché le loro comparsate in televisione se l’erano fatte e per Robin, vedere suo figlio cresciuto con l’aspetto da teppista gli aveva fatto una impressione tutt’altro che gratificante… eppure non si era mai tolto l’elmo dei Mask anche entrando all’interno della d.m.p, segno evidente che, per quanto dicesse di detestarlo, sentiva che appartenere alla dinastia era comunque importante. Se c’era la voglia tra i due di parlare civilmente, come un genitore e un figlio che non si vedevano da molto? C’era ovviamente.

Lo avrebbero fatto? con l’orgoglio etichettato “famiglia Mask” ovviamente no. E seppur a disagio, dopo un mezzo minuto buono di silenzio, fu lo stesso figlio scapestrato a prendere parola.

– Io… lasciamo perdere i convenevoli! Dimmi che cos’è questa storia che ti vuoi sposare una perfetta sconosciuta! –

– Se tu avessi ascoltato attentamente le mie telefonate avresti capito che non è una sconosciuta, ma semplicemente la donna che entro questo mese diventerà mia moglie… e tu, figlio mio, sarai il mio testimone di nozze –

La notizia lasciò decisamente interdetto il giovanotto di due metri e quindici. Erano appena all’inizio di quella spinosa discussione e già sentiva il sangue gelarsi nelle vene a quella richiesta fin troppo insolita, quasi gentile per quanto l’avesse detto in tono autorevole, non sentendosi tanto sicuro se sentirsi commosso oppure semplicemente indignato.

– Io… non conosco questa ragazza e francamente non mi fido! Non mi puoi chiedere una cosa del genere! Per quanto ne so può essere anche una truffatrice!! –

Lo schiaffo decisamente non se lo aspettò, ne che il padre dopo quel gesto gli posasse  entrambe le mani sulle spalle, bloccando così ogni rimorso crescente in lui. C’era qualcosa nei suoi occhi di diverso… era abituato ad uno sguardo quasi “morto” e freddo, e anche se rimaneva uno sguardo piuttosto autoritario causa anche il pessimo orgoglio dei Mask, vi era una scintilla di vita non indifferente.

– Non permetterti di parlare così della mia futura sposa. Se hai parlato con Santiago allora saprai già abbastanza da quella vecchia chiacchierona, figlio mio… – avrebbe anche potuto mandarlo al diavolo, ma restava comunque suo padre schiaffo o non schiaffo ricevuto – sarà un giorno importante per noi Mask, e voglio che tu sia presente! –

Poteva suonare come un gesto di riconciliazione? Si, poteva anche passare come tale sebbene gli attriti tra i due non sarebbero mai scomparsi del tutto e l’idea di fargli da testimone di nozze non gli piaceva per niente. Ed era indeciso, Kevin, se dirgli di “si” oppure mandarlo completamente al diavolo.

– Ecco… io… – si fermò un momento spezzando poi l’atmosfera con una domanda completamente fuori luogo – un momento, che diavolo è questo rumore?! –

Persino Robin Mask si staccò dal proprio ragazzo tendendo attentamente l’udito e captando quello che era un suono alquanto strano. Quasi simile ad un respiro.

– Non capisco – mormorò il capofamiglia pensieroso –  non può essere l’aria condizionata visto che attualmente è spenta… però è un suono che mi è familiare –

E non aveva tutti i torti in effetti, poiché quel suono simile ad un respiro, agghiacciante nel suo essere sia umano che metallico, si stava facendo sempre più vicino assieme a passi veloci e pesanti.

Finendo con le doppie porte dello studio di Robin Mask che si scardinavano a causa di un calcio possente rivelando la figura di un lottatore preso dalla furia omicida più totale.

Kevin Mask, non riconoscendo l’individuo, si tolse immediatamente l’impermeabile mettendosi immediatamente in posizione d’attacco, pronto a difendere il padre nel caso quell’aggressore avesse deciso di fare la prima mossa. Ma a sorpresa fu lo stesso Robin a bloccarlo con un braccio, riferendosi poi allo straniero e lasciando completamente basito il figlio.

– Warsman! Cosa… che diavolo ci fai tu qui?! – il suo tono era autoritario e risentito per quell’intrusione poco amichevole – cosa significa tutto questo?! –

L’altro però decisamente non rispose, mandando quasi fiamme dagli occhi e avvicinandosi a lui stringendo entrambi i pugni. Il tutto condito da quel suo respiro agghiacciante e decisamente poco rassicurante.

– Tu… hai messo incinta mia figlia! Traditore bastardo!! KO~HO~!!

Poi lo attaccò, senza lasciargli scampo alcuno e colpendolo al volto con una forza tale da spedirlo letteralmente all’interno del caminetto acceso. Senza neppure dare la possibilità a Robin di realizzare il pensiero di quel che aveva detto il suo vecchio allievo ma solo di percepire il dolore delle spalle che andavano a fuoco. Solo Kevin sgranò gli occhi a quell’assurda rivelazione, senza fare alcunché nel mentre che il padre  si alzava in piedi gridando e cercando di spegnersi le fiamme con le mani, realizzando che:

1) Suo padre si sposa.

2) Suo padre ha messo incinta una donna, presumibilmente quella che vuole sposare.

3) Tale donna è la figlia di una leggenda del wrestling, ossia Warsman.

Decisamente TROPPO assurdo da comprendere e, se non si trattava di suo padre, con tutta probabilità sarebbe scoppiato a ridere. Ma al momento non c’era nulla da ridere.

– Ah…! Maledizione! Papà resisti! –

risvegliatosi da quell’inutile blocco prese immediatamente in mano l’impermeabile lanciandolo contro il padre spegnendo così le fiamme con qualche pacca ben assestata, non evitando tuttavia che la camicia firmata venisse bruciata dalle fiamme e la pelle del genitore ricevesse delle ustioni abbastanza passabili.

– Choug… Warsman che diavolo stai dicendo?! Che diav…! – non finì la frase che il russo estrasse gli artigli da sotto le nocche colpendolo di striscio al petto.

Robin fu più veloce, andando a colpirlo con una gomitata sulla guancia destra dopo aver evitato che gli venisse squarciato il petto nudo all’altezza del cuore, senza però riuscire a piegarlo e anzi, facendolo “sorridere” in quel modo terrificante e portandolo a contrattaccare spingendolo via con un calcio. Robin Mask finì contro la scrivania che andò distrutta immediatamente, ma ebbe la prontezza di rialzarsi immediatamente colpendo il proprio nemico con una carica devastante e a testa bassa.

Warsman avvertì chiaramente lo spuntone metallico dell’elmo del suo ex maestro perforargli l’addome, ma ebbe la prontezza di abbrancargli la vita con ambo le braccia per poi rovesciarlo a terra nel tentativo di spezzargli l’osso del collo. Venne fermato da Kevin Mask stesso che, con un ruggito irato, lo colpì alla schiena ( dando così la possibilità a suo padre di liberarsi ) imprigionando poi il russo nella presa della Tower Bridge.

– Per la Dea! Che diavolo sta succedendo qui?! Padre! –

Alya apparve così, all’improvviso sul ciglio della porta, prima di avvicinarsi ai lottatori per tentare di bloccarli nel fare altri danni a loro stessi e alla casa. Il suo arrivo improvviso poi aveva congelato i tre uomini tanto che Kevin lasciò andare Warsman che, tenendosi una mano sul ventre per evitare che il sangue defluisse via, si avvicinò alla figlia pallida in volto sussurrandole qualcosa in russo.

Robin Mask aveva sentito bene…? No, non poteva essere veramente così. Non poteva essere che quella fosse la figlia che il suo vecchio allievo aveva avuto da una Deva conosciuta nella stessa base militare in cui Robin stesso si era insidiato spacciandosi per Mr Barracuda, andando persino a criticare Warsman per essersi unito ad una creatura aliena.

Non poteva essere Alya sua figlia! Non poteva, non avevano neppure lo stesso cognome!

– Alya… cos’è questa storia?! Lui è veramente tuo padre…? –

– Certo che lo è – fece la donna con un tono di voce tra il preoccupato e il seccato – cosa vi è saltato in testa di fare a voi tutti? Potevate farvi del male in modo serio –

Il maglione della promessa sposa recava ora delle chiazze rosse causate dal sangue del padre, ora intento a tamponarsi la ferita con un fazzoletto passatogli dalla figlia, ma il suo sguardo di ghiaccio non era turbato per aver nascosto a Robin una verità così sconcertante. Per non dire fondamentale.

La osservò attentamente, ancora sconvolto e incredulo, nel mentre che faceva accomodare su di una sedia un Warsman ferito che tuttavia si stava già riprendendo. Quest’ultimo le aveva detto di non avvicinarsi allo studio ma alla fine la sua bambina aveva voluto comunque andare a vedere il perché di tutto quel fracasso, lasciando una giovane Lancaster a riprendersi da quella semi sbronza dopo averle dato un calmante ( spacciandolo per caramelle ).

– Alya… ma perché diavolo non me l’hai mai detto?! –

– Magari perché tu non me l’hai mai chiesto?! –  fece lei, avvicinandosi velocemente al compagno versando dell’acqua fresca, presa da un vaso di fiori li vicino, su di un altro panno per poter tamponare le brucianti ferite di Robin Mask – non mi sembrava così importante dirtelo, visto e considerato che ogni volta che stavamo per affrontare l’argomento tu te ne uscivi col parlare dei TUOI genitori con tutto quello che ne compete –

Ovvero manie di protagonismo del futuro marito che Alya pazientemente ascoltava. Era un uomo che aveva vissuto in solitudine molto a lungo e per istinto ora trovava la necessità di parlare, sfogarsi, con un’altra persona. Ma questo non toglieva che la donna aveva… sbagliato? Cristo, si sentiva un idiota più totale!

Era la figlia di uno tra i suoi più cari amici e l’aveva messa addirittura incinta senza sapere che razza di padre avesse. Un padre, che nonostante si fosse ormai ripreso e calmatosi, restava comunque furioso per quell’idiozia compiuta da Robin Mask.

Dal canto suo Kevin era rimasto per tutto il tempo in disparte. Restandosene in silenzio prima attonito per tutte quelle rivelazioni, e poi indeciso se indignarsi oppure mettersi a ridere cinico per quanto suo padre avesse fatto l’idiota per tutti quei mesi. Era come aver assistito dal vivo ad una telenovela di bassa lega dove gli attori sanno recitare male e poco, ed il peggiore di tutti era sicuramente il suo vecchio.

– Maledizione… avresti dovuto comunque dirmelo! Alya –  le prese le spalle con entrambe le mani scuotendola lievemente – non sei figlia di un uomo qualunque! –

– E questo cambia forse qualcosa? –

La donna deglutì dopo aver detto parole potenzialmente pericolose, ed una strana tensione calò nello studio, come se all’improvviso la favola del vecchio aristocratico che vuole sposarsi fosse destinata ad andare in fumo. Fu lo stesso Kevin a spezzare quella tensione, emettendo un breve e lento applauso indirizzato verso il padre ferito e sconcertato.

– Ma bravo! Avevi praticamente studiato tutto eccetto l’elemento più fondamentale di tutti… pensavo che fossi tu ad essere la persona più pericolosa qui – questo riferendosi ad Alya – ma a quanto pare mi sbagliavo. Spero tu possa perdonare mio padre per il suo errore… perché io ora al momento non ne ho proprio voglia –

Dette quelle parole lapidarie il giovanotto inglese decise per questo di levare le tende, raccogliere il proprio impermeabile, e andarsene via da quella stanza dove al momento regnava il gelo più assoluto. Sarebbe tornato in albergo, ma non prima di aver raccolto le proprie cose in un borsone e salutato il personale di servizio.

Per il resto invece, non più era tanto sicuro che sarebbe stato ancora il testimone di nozze di suo padre…

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Capitolo 12
*** run boy, run! ***


Assurdo ma vero, non avere notizie di Kid Muscle per un paio di giorni era un evento che le aveva portato addosso parecchia ansia. Era strano, perché normalmente con gli allenamenti che il kinniku doveva affrontare era logico se per qualche giorno non si faceva sentire, ma forse il fatto che ci fosse stata una esplosione a Beverly Park era l’aggravante peggiore per il suo stato d’ansia.

Roxanne Nikaido non era molto convinta che quella terribile esplosione fosse stata causata da una fuga di gas, anche perché era uno stramaledetto parco giochi e non un condominio! E anche se al telegiornale non avevano offerto molte notizie relative all’incidente, se non che non c’erano state vittime come anche nell’altra fuga di gas avvenuta nel quartiere “bene” di Tokyo, il fatto che l’amico non l’avesse richiamata a tutte le telefonate fatte era una cosa che decisamente non le piaceva. Era sicura che i due eventi erano in qualche modo collegati, ma era ancora presto per dire che un gruppo di wrestler della League risultavano scomparsi anche se già qualche voce al telegiornale si chiedeva dove fosse Kevin Mask e il suo allenatore. Per Kid invece nessuno che si interessasse… e francamente la ragazza non lo trovava giusto.

Fu quasi tentata di richiamare per la centesima volta quel kinniku scapestrato quando venne preceduta dal pensiero, sentendo vibrare il cellulare in tasca arrivando quasi a sussultare sorpresa.

Era un numero internazionale, e francamente non sapeva o meno se rispondere ad un numero sconosciuto, ma alla fine decise di assecondare quella vocina che insistentemente le diceva “rispondi!”

– Ehi! Ehi Roxanne!! Sono io! Sono io! –

– Kid Muscle!! – tuonò la giovane alzandosi in piedi di scatto dal divanetto e attirandosi le attenzioni della madre, Mari, intenta a cucinare – che diavolo ti salta in testa di scomparire così all’improvviso senza dare tue notizie?! Ma lo sai che cos’è successo a Beverly Park?! Dove siete finiti tutti??! –

– Uh… Aah… Ecco io – il ragazzo si mise a ridere piuttosto imbarazzato prima di risponderle – siamo tutti a Londra! Tutti i lottatori della Muscle League sono stati invitati per un evento mooolto importante… anche se non so esattamente quale –

– Un evento importante a Londra…? E perché nessuno qui ne sa nulla?! –

Tipico di Kid Muscle questi cali di memoria pazzeschi, o anche di demenza vera e propria, ma miss Mari, incuriosita dalla chiacchierata, accese la televisione sui canali dedicati alla Muscle League sperando di avere qualche notizia dell’ultima ora che facesse chiarezza a sua figlia.

Le immagini che apparvero sul video erano quelle di un notiziario straordinario. Il servizio mostrava l’aeroporto di Londra immerso nelle luci della sera con quello che pareva essere un incidente aereo piuttosto rovinoso. Entrambe le donne si misero a guardare il servizio quasi rapite, ignorando che al telefono il kinniku continuava a blaterare.

“è notizia dell’ultima ora che nel disastroso atterraggio dell’aereo appartenente al presidente della Muscle League, Vance MacMadd, pare non ci siano state vittime ma solo contusi lievi… a conferma di ciò eccovi in esclusiva l’intervista al signor Vance e alla sua famiglia”

L’immagine dell’aereo accidentato accerchiato da pompieri e ambulanze cambiò, mostrando i membri della famiglia MacMadd dall’aspetto piuttosto conciato male eppure, almeno a favore delle telecamere, si mostrarono seri spiegando il motivo della loro venuta in Inghilterra. Quantomeno Roxanne si sarebbe immaginata che Jackie, la kinniku dai folti capelli rossi ora tutti arruffati e bruciacchiati, fosse andata giù di matto per una simile scempio alla sua persona… eppure era seria seduta al tavolo delle conferenze incurante di tutti i flash che la bersagliavano.

“… confermo quanto è stato detto dal comunicato ufficiale della Muscle League. Tutti i lottatori che ne fanno parte sono stati richiamati qui a Londra già da un paio di giorni per poter assistere ad uno degli eventi più importanti che riguarda uno dei nostri più illustri membri…”

Vance MacMadd era piuttosto serio nel mentre che spiegava i motivi della visita in suolo straniero, non scomponendosi alle domande incalzanti dei giornalisti.

“Mister MacMadd! Quindi lei smentisce che i misteriosi incidenti avvenuti due giorni fa a Tokyo, e qui mi riferisco ad un intero quartiere andato a fuoco e ad un parco giochi, siano in qualche modo collegati?!”

“Smentisco categoricamente e aggiungo anche che nessuno dei nostri atleti è coinvolto nell’accaduto. Se volete più informazioni a riguardo dovete contattare le autorità competenti, non noi”

Un altro giornalista andò alla carica, questa volta è la voce di una donna non inquadrata dalla telecamera.

“Quindi esiste qualcosa di più importante della corona Chojiin?! Mi domando se invece non sia un modo per sviare su probabili indagini da parte delle autorità…”

“Vi abbiamo già detto che la League non c’entra nulla con tutto questo!” quella testa calda di Ikimon stava iniziando a spazientirsi di fronte alla testardaggine dei giornalisti “non c’è stato nessun attacco terrorist…”

“Quello che mio fratello voleva dire è che ci stiamo preparando per le nozze di una delle leggende del wrestling. Robin Mask ci ha invitato a questo lieto evento e la Muscle League si è accaparrata i diritti per mandare l’evento in galassiavisione”

A salvare la famiglia da una possibile catastrofe ci pensò la stessa Jacqueline che, interrompendo immediatamente il fratello nel dire qualcosa di pericoloso, sviò l’attenzione dei media sul matrimonio a cui loro erano stati invitati ad eccezion fatta dei media. Cosa decisamente ben fatta, nonostante Ikimon la guardasse bianco come un cencio, poiché dopo un minuto di silenzio i giornalisti tornarono a bombardarli sul matrimonio super segreto e su altre domande inutili.

– Ah, ma dai… il vecchio Robin ha finalmente deciso di risposarsi – la voce di miss Mari suonava genuinamente interessata a quell’evento inaspettato – mi chiedo chi sia la futura sposa, una vera fortuna per i ragazzi partecipare ad un evento tanto lieto – 

– Vorrei chiedermelo pure io ma a Kid Muscle non è saltato in testa di parlarmene! –

– Ma sul serio è un matrimonio?! I ragazzi qui pensavano che sarebbe stato una competizione per salvarci le chiappe da una accusa di spaccio… –

– CHE COSA?! Kid Muscle!! Che diavolo è questa storia??! –

Stavolta il giovane lottatore si era lasciato scappare troppe informazioni e dall’altro capo del telefono si morse il labbro inferiore decisamente spaventato per aver commesso una probabile, anzi sicura, stupidaggine nell’essersi fatto sfuggire qualcosa con Roxanne. Il kinniku si guardò in giro per la hall dell’albergo, nella zona con le cabine telefoniche pubbliche, in cerca di un possibile appoggio dei suoi compagni ma si ricordò troppo tardi che erano ad allenarsi nella palestra della struttura. 

– Uhh… oh cielo come si è fatto tardi! Devo proprio andare, Roxanne! Forse riesco a trovare il modo di far venire qui anche te! Ciaooo! –

– Non riattaccare! Kid…! Ah! Al diavolo –  la giovane sbuffò seccata buttando il cellulare sul divanetto – tutta questa storia non mi convince, quel testardo mi sta sicuramente nascondendo qualcosa –

– E tu sei sicura di voler sapere di cosa si tratta? –

La mezza domanda della madre sorprese la giovane che, inarcando un sopracciglio, volle sapere il motivo di quella domanda sibillina – che intendi dire?! –

– Dico solo che anche io ho notato che la faccenda è molto strana… pericolosa aggiungerei. E tu sei già reduce da un’avventura pericolosa, giusto? – si riferiva al rapimento da parte dei sei velenosi, e lo sguardo della figlia si incupì nel mentre che rimembrava quei momentacci.

– Si… forse ho capito a cosa ti riferisci –

– Lo so che è dura – le poggiò una mano su di una spalla per confortarla – ma se Kid Muscle non ha voluto esporti il problema forse è perché non vuole metterti in pericolo. Ci tiene a te, anche se è un po’ farfallone –

Sua madre aveva sempre la parola pronta per ogni evento. Sapeva come calmarla e farla ragionare come si deve senza che andasse di matto, e molto probabilmente aveva anche ragione riguardo a Kid Muscle e sulla sua volontà di non coinvolgerla in qualche brutto affare.

– Io… e va bene, mamma – sospirò la ragazza, passandosi una mano tra i capelli – ma appena ci vediamo quell’idiota mi sente eccome! –

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

– Spiegami il motivo… –

– Hm? –

– Spiegami il motivo perché hai voluto mettere incinta la mia bambina –

Se avevano finito di litigare questo non voleva dire che il gelo tra Robin Mask e Warsman fosse calato tra i due. Anzi, c’era un autentico inverno tra i due sebbene non si fossero più menati dall’intervento di Alya.

Si trovavano ancora nello studio dell’ex lottatore dall’elmo medioevale, e anche se per la scrivania ci avrebbe pensato l’indomani a sostituirla, altri segni di lotta non se ne vedevano. La dottoressa aveva curato le ferite del genitore apportando dei punti di sutura e nel futuro marito applicando delle bende per assorbire le ustioni sulle spalle, poi era sparita per occuparsi dell’altra “ospite” rimasta a riposare nel salotto. Ora Robin, rivestitosi con un’altra camicia, stava osservando le ultime braci del caminetto spegnersi come se fosse l’esatta metafora dell’ira che aveva colti entrambi poco prima, voltandosi appena per osservare il proprio ex allievo ricucirsi la giacca di pelle. Se Warsman sapeva rammendare? Si, sapeva farlo da bravo soldato.

– Uff… sapevo che avresti fatto questa domanda, ma tanto vale risponderti… anche se dovresti sapere che se Alya è rimasta incinta è perché l’ha voluto lei, indipendentemente dalla mia prestanza fisica – vide i suoi occhi rossi mandare scintille, decidendo di non allungare ulteriormente il brodo per evitare altre inutili discussioni – è una decisione che abbiamo preso entrambi circa quattro mesi fa, durante una passeggiata pomeridiana… la discussione che abbiamo avuto ha solo rafforzato il nostro pensiero comune –

 

Senza volerlo stava raccontando un fatto piuttosto particolare e privato, ma quella decisione la considerava come una maturazione del loro amore. E poi segretamente a lui e ad Alisa era sempre piaciuta l’idea di avere una figlia femmina, una sorellina che allietasse il poco tempo libero che Kevin aveva nella sua infanzia negata di “figlio d’arte”.

Alya era a conoscenza di questo fatto perché una sera dopo cena gliene aveva parlato con una certa malinconia,  e sebbene si fosse astenuta col chiedergli “facciamo una bambina, dai” ( perché non era da lei ed era una autentica cafonata ) permise che tale pensiero la influenzasse in modo timido. Contrariamente quanto accade sulla terra, su Amazon avere una figlia non è sinonimo di carriera rovinata. Ma questo è anche logico visto che si tratta di un pianeta popolato al 90% da donne, esclusi gli uomini padri di famiglia e quelli che lavoravano nelle grandi città, quindi non fu alla propria carriera di medico che andò il pensiero di Alya… ma al fatto se davvero Robin Mask se la sentisse di compiere anche questo passo con lei.

Era un argomento delicato, ma fu lieta di non vedere un muro impenetrabile nel cuore del proprio compagno, sebbene fosse un po’ incerto nell’affrontare un tema per certi versi doloroso e legato alla sua defunta moglie.

La svolta accadde durante una passeggiata a cavallo. Robin Mask aveva fatto sellare il suo vecchio stallone arabo dal manto grigio, che lo rendeva un po’ un fantasma uscito fuori dalla sottile nebbia che avvolgeva la tenuta, portando Alya in sella con se nel mentre che passeggiavano silenziosamente per le vie sterrate del parco interno.

A scandire quel silenzio mite solo il rumore del lento passo del quadrupede, e alla giovane Deva poco ci mancò per un paio di volte di addormentarsi appoggiata al petto del proprio compagno. Fu solo quando raggiunsero un agglomerato di rocce appena fuori un boschetto che la donna notò qualcosa di diverso, capendo di cosa si trattava solo quando arrivarono a passarci davanti.

– Hm?! Ma quelle sono davvero delle… terme? –

– È una sorgente termale… si – Robin Mask tirò piano le redini del cavallo, portandolo a fermarsi dolcemente –  Non è artificiale ed era già presente quando i miei antenati decisero di costruire qui la loro dimora…–

– Non me ne avevi mai parlato prima –

– La tenuta è grande, Alya… –

Alle giustificazioni del compagno la donna lo osservò con un certo di sarcasmo, prima di scivolare via piano dal suo abbraccio e smontare da cavallo agilmente. L’ex lottatore dall’elmo di metallo la guardò incuriosito, mentre si avvicinava a quel placido laghetto nascosto tra le grigie rocce simile alla fonte di tutta quella nebbia. Non si scompose più di tanto quando la compagna decise di spogliarsi per poi andare ad immergersi nuda tra quelle acque calde e invitanti, ma un senso di ovvio imbarazzo lo portò a voltare il capo di lato, anche se non era la prima volta che la vedeva senza niente addosso.

– Donna… sei senza vergogna, eh? Se mai dovessi avere una figlia spero abbia il senso della decenza! –

Suonava abbastanza ironico detto da lui che, con una compagna giovane come Alya, aveva riscoperto appetiti sessuali per troppo tempo rimasti celati e sfogati unicamente sul ring, con tonnellate di violenza gratuita. La dottoressa si limitò ad osservarlo con una certa ironia prima di immergersi fino alle spalle nell’acqua calda protetta da possibili sguardi indiscreti dalle rocce che avvolgevano il posto assieme ai vapori che fuoriuscivano dalle placide acque.

– Semmai dovessi avere una figlia – gli fece eco lei, sistemandosi meglio il fermaglio per evitare che si bagnassero i capelli – vorrei unicamente che avesse i tuoi occhi –

La risposta di Alya lo incuriosì parecchio, ritrovandosi ad osservarla pensieroso prima che gli balenasse in mente che l’idea di farsi un bagno non fosse poi tanto male. Smontò da cavallo agilmente, dando lievemente una pacca sul fianco della bestia per invitarla ad andare a brucare un po’ d’erba, prima di avvicinarsi anche lui alle terme ed iniziarsi a spogliarsi.

L’elmo argentato fu l’ultima cosa che si tolse, decisamente non abituato a farne a meno come tutti i Mask, scostandosi via dagli occhi la lunga frangia prima di raggiungere la donna alle spalle nuotando tranquillamente. Alya non oppose resistenza quando Robin l’abbracciò, limitandosi a sorridere lievemente quando le sussurrò una semplice domanda all’orecchio.

– Perché proprio i miei occhi? –

– Perché mi piacciono… – le braccia del lottatore, che l’avvolgevano delicatamente, non erano l’unica cosa che sentiva al momento – sono molto dolci, se non portassi sempre quell’elmo probabilmente nessuno avrebbe paura di quegli occhi da cerbiatto –

– Che simpatica… – ma non era esattamente arrabbiato mentre lo diceva, per un ovvio motivo.

Era più o meno quello che sua moglie Alisa aveva detto riguardo alla possibilità di avere una figlia femmina, molto tempo fa ormai, e rivivere quel dèjà vu gli fece una strana impressione.

Una sensazione malinconica che si stemperò quando la sua Alya lo baciò invitandolo dolcemente ad approfondire meglio quel loro contatto. Ad intrecciare i loro corpi, le loro lingue e le loro anime in una sorgente di vita, ed il pensiero di avere una bimba con i suoi stessi occhi… stranamente non gli faceva male come in principio si era immaginato.

 

Ad interrompere bruscamente quel racconto ci pensò un pugno di Warsman che, come in un déjà vu, colpì in pieno volto il vecchio maestro spedendolo nuovamente contro il caminetto. Questa volta fu più fortunato, poiché andò a sbattere di schiena contro una colonnina in marmo, ma restava comunque il gesto inspiegabile che lo portò a rialzarsi con furia.

– E questo per che cos’era??! –

– Per il fatto che la parte sessuale te la potevi risparmiare – sibilò piano il russo, andandogli vicino – razza di vecchio pervertito! –

In effetti non aveva tutti i torti… perso com’era nei ricordi non si era reso conto che si stava confidando con il padre della sposa. Emise un colpo di tosse secco per stemperare l’imbarazzo sempre più crescente, prima di mormorare un suono di scuse che venne però interrotto da un altro fatto insolito.

Sulla soglia della porta del suo studio apparve una ragazza con i capelli neri un po’ scompigliati, Robin avrebbe pure aggiunto che forse alcune ciocche erano tinte di verde, e dal passo un po’ incerto mentre si avvicinava a Warsman per prenderlo per un braccio e trascinarlo via.

– Uuh… no, no… io con te non faccio più sesso... prometto! – si massaggiò la tempia dolorante, come se fosse reduce da una sbronza – andiamo in albergo, vecchio porcello –

– Ehm… Hammy! Che diavolo stai combinando?! Possibile che devi intrometterti quando non devi?? –

Era evidente che Warsman avrebbe preferito sprofondare nella terra per chilometri piuttosto che affrontare quell’imbarazzante, e umiliante, situazione di dover avere a che fare con una tizia che a quanto pare lo conosceva bene.

– Suppongo che questa ubriacona qui sia amica tua, hm?! – fece sarcastico Robin Mask incrociando le braccia in petto – e poi il vecchio pervertito sarei io –

L’ex lottatore russo lanciò uno sguardo di fuoco verso il proprio vecchio maestro, prima di liberarsi momentaneamente della presa di Emerald e andargli vicino a pochi passi dal suo viso. Attimi di pura tensione si librarono nell’aria, ignorata dalla Lancaster intenta a sbuffare spazientita, prima che Warsman si decidesse a sbuffare seccato allontanandosi lentamente da Robin pur continuando a guardarlo con decisione.

– Robin Mask, sappi solo questo: se vuoi avere la mia benedizione, Alya non dovrà soffrire minimamente fin tanto che resterà con te… intesi?! –

Dannatamente chiaro, e l’inglese di nobili origini si ritrovò quasi a sorridere nel mentre che faceva la sua promessa d’onore al futuro, quanto scomodo, suocero.

– L’ultima cosa che voglio è che la mia futura sposa soffra! Ma comunque… grazie, vecchio mio –

L’ex lottatore russo si voltò appena quando sentì quelle poche parole di ringraziamento, ma decise di non aggiungere altro preferendo lasciarsi trascinare via da Emerald per tornare in città. Ancora non era sicuro di aver fatto la scelta giusta, ma se sua figlia era sicura di quello che voleva allora non sarebbe mai riuscito a dissuaderla.

Per Robin Mask invece c’era meno insicurezza anche se la sorpresa che Alya fosse la figlia del suo ex allievo restava, ma neppure lui in quei mesi aveva brillato di genialità non chiedendole mai molto sul proprio passato. Ma quando si è innamorati si ha la tendenza a passare su certe cose, giusto?

Inoltre, “l’amica” di Warsman lui era sicuro di averla già vista da qualche parte… anche se non sapeva esattamente dove. Non poteva essere una escort, e figuriamoci se quella sciacquetta fosse figlia di qualche nobile! E comunque al momento non era importante chi fosse quella tizia, quanto piuttosto scusarsi con la Deva per aver fatto la figura dell’imbecille.

 

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– Davvero molto strano sai? Pensavo che non vedessi l’ora di vedere mia figlia e invece hai voluto andare via… –

– Questo prima che quella ragazza mi sondasse come un maledetto radar mentre mi visitava! Cazzo… è stato imbarazzante, va bene?! –

Francamente parlando Warsman non sapeva se mettersi a ridere sarcastico oppure dare ragione alla Lancaster per il modo fin troppo naturale con cui sua figlia sfruttava il proprio “potere”. Doveva comunque prestare più attenzione alla strada che stava percorrendo con la propria ural che alle farneticazioni di una ragazza seduta sulla carrozza di lato. Stava scendendo per una piccola zona collinare e l’asfalto era un po’ umido, quindi era il caso che Hammy stesse calma e tranquilla e non lo portasse alla esasperazione.

– Emerald, se ti ha detto delle cose imbarazzanti ti prego di non… –

– Ha capito che io e te scopiamo! – viva la finezza, come sempre – Come cazzo ha fatto me lo spieghi? E poi il modo naturale con cui lo ha detto, eh! Cioè, sono più giovane di lei e le sta bene che il padre si faccia una che potrebbe essere una sua secondogenita?! –

– Le Deva hanno un modo di pensare differente dalle terrestri… dannata puttanella – eh, tutta la “finezza” della ragazza lo aveva contagiato e pure il suo nervosismo – già da piccole vengono educate per essere autonome e all’età di sedici anni sono più mature di te quando sei sobria! Contrariamente alle ragazze che vivono sulla Terra, non credono nei principi azzurri e se rimangono incinte non è mai per un errore… ma per loro stessa volontà – l’argomento aveva destato l’interesse della sua giovane compagna di viaggio inducendolo così a parlare ancora, sebbene non bastassero poche parole per descrivere una razza – per loro è importante vivere circondate da mamme, nonne, zie e cugine… quindi le ragazze madri abbondano e non sono considerate una piaga –

– Detta così però suona brutto – gli fece notare Emerald, che non trattenne una smorfia a quella parola che suonava quasi maschilista.

– La mentalità terrestre è brutta, Emerald – continuò il russo riferendosi anche a se stesso per certi episodi che la ragazza ancora non conosceva – inoltre le Deva si riproducono tramite partenogenesi e dai loro “padri” assimilano solo l’essenziale… ma in quell’essenziale ci sono tutti i tratti genetici più singolari e unici di una determinata razza. E se una Deva si allena per tirare fuori questi potenziali allora potrebbe anche diventare una chojiin talentuosa –

– Ah… quindi mi stai dicendo che Alya è una super donna? Non ti conosco bene quindi non so cosa può aver preso da te se non, magari, una spiacevole demenza… – gentilissima, e il russo dal nervoso iniziò ad andare più veloce per la strada deserta – e poi il massimo che riesci a fare e è imitare una bomboletta di panna spray quando… –

– EMERALD! Sei la volgarità fatta a persona!! E comunque la svet moy non è una super donna ma una ragazza come le altre, da me ha solo ereditato una “intuizione” che le permette di analizzare le persone. Molto utile in campo medico… avrebbe dovuto guardarti bene il cervello e vedere se ce l’hai per davvero! –

Non aveva raccontato una balla, ma non gli andava di dire alla Lancaster che era un mezzo robot… anche se magari lei lo sapeva già. Francamente non gli andava di avere a che fare con quella sua famiglia di prepotenti  il cui capofamiglia lo aveva sempre guardato dall’alto in basso. Stronzo.

Alya grazie al cielo non aveva ereditato le sue parti robotiche ma solo “l’eco” di quello che era il suo scanner speciale per analizzare gli avversari sul ring. Sua figlia era perfetta, e per tal motivo si era sempre sentito in dovere di proteggerla cambiandole il cognome pur mantenendole il patronimico su insistenza della stessa Katya. E questo perché… era pur sempre sua figlia, ed era un suo diritto sapere chi era suo padre benchè comprendesse il gesto del compagno.

– Si, beh… avrebbe dovuto… ATTENTO!! –

La voce terrorizzata di Emerald fu tutto ciò che sentì prima di un potente schianto che lo costrinse a sterzare prepotentemente verso sinistra per evitare un qualcosa che, avvolto dalle fiamme, era precipitato dalla collina sovrastante prendendoli quasi in pieno. La sua prontezza di riflessi non bastò, e quello che sembrava essere un copertone infuocato lo colpì in pieno disarcionandolo completamente e portandolo a ruzzolare nella boscaglia sottostante. Avvertì chiaramente le grida della giovane Lancaster, ma aver sbattuto la schiena contro un albero lo portarono momentaneamente a perdere i sensi. Per Dio… che diavolo era successo?!

 

Warsman non poteva saperlo, ma poco più sopra il capo della “security” di mister Lancaster, Michael Connors, stava osservando miz Emerald allontanarsi dalla tenuta dei Mask restandosene a debita distanza.

– Peccato… avrei preferito vedere quei tre energumeni continuare a menarsi! –

Aveva assistito al pestaggio avvenuto nello studio del padrone di casa grazie al binocolo ad alta precisione che aveva in dotazione, ma per i suoi gusti quell’incontro di wrestling era durato troppo poco! E lui avrebbe voluto vederne decisamente di più… e magari vedere la dottoressa con qualcosa di più sexy di quel maglione enorme.

Ad ogni modo la sua missione era ufficialmente finita nel momento esatto in cui Emerald lasciò la dimora assieme alla bestia russa, quindi non gli rimase altro da fare che salire sul suv e seguire la ragazza fino al suo arrivo in albergo. Se poi Hammy continuava a frequentare quel tizio era forse il caso di contattare urgentemente Howard Lancaster, ma stando a quello che aveva intuito il suo capo alla giovane rampolla di famiglia interessava soprattutto il matrimonio di Robin Mask e, a quanto pare, a rovinarlo proprio.

Mise in moto il mezzo con un sorriso sarcastico, ma si accorse troppo tardi che c’era qualcosa che decisamente non andava. In principio credette che fosse il motore che sussultava, poi si rese conto che i tonfi che sentiva, sempre più vicini, erano il rumore di passi pesanti in avvicinamento.

Connors era stato attento a dove aveva parcheggiato il proprio mezzo in modo che nessuno potesse notare i suoi movimenti, ma a quanto pare non fu abbastanza attento viso il colossale mastodonte che lo caricò sul fianco destro della vettura blindata sfondandola completamente.

– Oh… CAZZO! –  

L’impatto fu così violento da farlo sbattere de un lato all’altro della cabina cercando inutilmente di attingere alla pistola legata alla cintura. Un altro colpo, questa volta dato da un calcio e non un pugno, e il mezzo blindato si cappottò di lato portando l’americano ad urlare sentendo che una scheggia di vetro andava a graffargli la fronte. La vista gli si appannò per un momento, a causa del sangue che gli colò sugli occhi, riuscendo a vedere da oltre il finestrino sopra la sua testa, quello del lato del passeggero, un volto decisamente inquietante con grandi occhi rossi.

Ci mise un paio di secondi per capire che quella era una maschera antigas, due secondi di troppo prima che un altro potente colpo non ribaltasse ulteriormente il mezzo ormai sfasciato precipitando giù dalla collina e prendendo fuoco quasi subito. Connors gridò, ma riuscì a rotolare via dal mezzo trasformato in una palla di fuoco andando a sua volta a franare tra i cespugli per spegnere le fiamme parziali che avevano preso la sua divisa.

Chiunque fosse stato quel tizio l’avrebbe pagata… oh si. Poi realizzò una cosa piuttosto inquietante quando si rialzò da terra a pochi passi dalla strada in cui il suv era caduto, e tale cosa non gli piacque per niente, poiché il bastardo attentatore aveva colpito nell’esatto momento in cui il sidecar del russo era passato… e quella che sentiva urlare aiuto doveva essere Emerald.

– Miz Lancaster…! Hammy! – estrasse la pistola, una desert eagle, avvicinandosi verso la foresta che prendeva fuoco a causa di quello spaventoso “incidente” automobilistico. Il soldato avvertiva le richieste di aiuto della ragazza ma non riusciva a vederla in mezzo a tutti quegli arbusti che bruciavano – cazzo… non vedo nient… WOHA! –

Da dove era spuntato…? O meglio, da dove era spuntata quella creatura?!

Il soldato di origini argentine evitò agilmente un pugno che, se avesse atteso ancora qualche secondo in più, probabilmente lo avrebbe affossato nell’asfalto come esattamente stava accadendo alle nocche della tizia che lo aveva aggredito al lato destro.

Il suo aggressore era una donna, la più alta che avesse mai visto con i suoi tre metri di altezza, il volto coperto da una maschera antigas e i lunghi capelli neri raccolti in una treccia. Nelle vesti ricordava molto quelle del crucco Jeager, ma invece che essere verdi erano completamente nere. La vide poi estrarre il pugno dall’asfalto come se lo avesse intinto nel burro, e Connors non potè che lasciarsi andare ad un sorrisetto ironico.

– Scusa tesoro, ma devo occuparmi di una donna molto più attraente di te adesso… dopo se vuoi ti faccio l’autografo –

La tizia senza nome inclinò la testa di lato, muovendosi lentamente di lato aggirandolo come un predatore con la preda. Per la sua esperienza da soldato poteva dire che la femmina puntava molto sulla forza, a discapito però della velocità anche se, a quanto pare, era capace di sorprendere l’avversario apparendogli alle spalle con l’elemento a sorpresa. Come un dannato elefante doveva solo colpirla agli occhi e… perché ora stava guardando in direzione di Emerald?

Grazie allo scatto di prima, ora Michael si trovava più vicino al luogo in cui la ragazza si trovava, riuscendo a notarla nella sua gabbia di lamiere contorte e tronchi caduti, e sua probabile tomba se non si fosse sbrigato a riprenderla! Con orrore però notò la donna senza nome avvicinarsi con passo lento verso la prigione della Lancaster, emettendo quello che sembrava un basso muggito o qualcosa di simile. Un animale… ecco cos’era. E andava abbattuto.

– Non ci provare, cagna! Ehi! Mi hai sentito?! –

Gli puntò la pistola contro ma quella continuò ad ignorarlo, un colpo ai legamenti crociati dei tendini delle ginocchia e l’avrebbe fatta piegare dal dolore. Sparò un paio di colpi, ma credette di mancarla anche a causa della scarsa visibilità. Quindi sparò di nuovo e…

Aveva giudicato male quella tizia, quando voleva sapeva essere veloce e scattante come un fulmine, poiché indispettita per quei colpi alle gambe prese l’americano per il collo alzandolo da terra.

Connors gridò, più per rabbia che per dolore, deciso a scaricarle addosso l’intero caricatore della pistola a bruciapelo all’altezza del suo petto poco femminile. Arrivò solo a metà caricatore, poiché sotto il suo sguardo incredulo, sebbene la straniera aveva sobbalzato a quei colpi di pistola, tutti i proiettili si erano fermati contro il suo seno senza minimamente scalfirne la carne.

– Di cosa cazzo sei fatta…? – sbuffò per mancanza di ossigeno, visto che la tizia stava iniziando a stringere forte nel mentre che si spazzolava via di dosso i proiettili – hai la pelle d’acciaio? Troppi spi… spinaci?! –

Era ad un passo dal rimetterci la vita ma non poteva fare a meno di fare le sue battute idiote! Sarebbe morto lì sicuro da bravo coglione se non fosse stato per un elemento che decisamente non si sarebbe mai aspettato di vedere.

– Ko~ho~!!

Un suono metallico, simile ad un respiro, fuoriuscì dalla bocca “sorridente” di un Warsman completamente ebbro di furia omicida che apparve veloce alle spalle della femmina sguainando i suoi artigli dell’orso. Il lottatore russo aveva le vesti per buona parte sbrindellate e bruciate, ma sembrava in ottima forma per saltare così agilmente e colpire la nemica alla gola riuscendo questa volta a farle del male.

A dir la verità Warsman si era ripreso prima che quella tizia ( forse una cortigiana? ) attaccasse quello sbarbatello dall’accento americano, ma aveva approfittato del proprio momento di stallo in cui si liberava di alcuni arbusti bruciati per poter analizzare meglio la situazione… e trovare il punto debole di quella mastodonte all’altezza del collo.

Una trama cutanea piuttosto spessa, simile all’acciaio, doveva essere alla base della special skill di quell’imponente Deva, almeno stando alle sue scansioni, pertanto doveva sbrigarsi ad abbatterla per prestare poi soccorso ad Emerald che in quel momento era impegnata a bestemmiare come un turco per non riuscire a trovare un modo di liberarsi di tutti quei detriti che la imprigionavano. Il sidecar era ormai perduto, ma la ragazza sembrava essere intatta a parte qualche escoriazione superficiale.

Forse sarebbe stato più logico andare direttamente da Hammy mentre il nemico era impegnato, ma il suo spirito combattivo era sbocciato e decisamente non ce la faceva a resistere... quindi fu con somma gioia che affondò gli artigli nella carne bianca della Deva portandola a ruggire. Di riflesso lasciò andare il soldato americano, ma lo fece in maniera “diversa” dal solito, cioè facendolo semplicemente cadere a terra, ma anzi lo prese con più forza alla gola schiacciandolo contro un tronco d’albero annerito dal fuoco,  abbattendolo definitivamente, così da impossibilitarlo a combattere mentre si occupava dell’altra bestia che l’aveva aggredita alle spalle.

Stavolta il russo non fu così veloce, ed una immensa mano lo agguantò per la schiena scagliandolo in alto, arrivando a prenderlo per una gamba come un giocattolo e iniziando poi a sbatterlo ripetutamente contro delle rocce come se fosse stato una bambola di pezza.

Emerald dalla sua prigione guardò con sempre più terrore quello che stava accadendo. Non era sicura di aver visto Connors in mezzo a quel casino, ma la sua attenzione era rivolta verso Warsman ridotto sempre peggio ad ogni schianto a terra… arrivando a muovere le braccia spezzate come se fossero fatte di carta e la maschera che si stava sempre più sbriciolando rivelando quello che doveva essere il suo vero volto.

Era davvero così…? Oppure era a causa dei colpi inflitti che si ritrovava quella carne e metallo fusi tra loro e con i denti esposti senza un briciolo di labbra?! Emerald Lancaster non lo sapeva, e francamente l’unica cosa che voleva era che il russo non morisse così come un giocattolo in mano ad un bambino capriccioso. Non lo voleva e basta anche se spesso gli aveva augurato di morire male… ma quella tra loro era un’altra cosa.

– Cazzo… per pietà… basta –

non le riusciva neppure di respirare a momenti, e non solo per i fumi dell’incendio che la intrappolavano. Si sentiva dannatamente sciocca anche per aver perso durante lo schianto il suo marsupio con all’interno la sua inseparabile pistola, ed ora osservare quella pura brutalità le stava facendo venir voglia di vomitare.

– Ti piace pestare pesante, eh? Ti dirò una cosa… anche a me piace! –

La situazione si ribaltò ulteriormente quando quel bell’imbusto di Kevin Mask non apparve all’improvviso brandendo quello che era un tronco e sbattendolo con forza sotto il mento dell’imponente avversaria riuscì a bloccare i suoi devastanti attacchi a Warsman.

– Cosa…?! – Emerald parve stupita di quell’entrata in scena senza senso, perché il lottatore inglese era l’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere – razza di teppista idiota! Perché invece di combattere non vieni a salvarmi?! Qui le fiamme avanzano! –

– Le fiamme si stanno estinguendo, puoi resistere –  non aveva tutti i torti ma la situazione non era bella, “gentilezza” della ragazza a parte – inoltre non hai pensato che sono partito da casa dopo di voi?! –

Colpì nuovamente la Deva con il tronco questa volta con un salto in alto, frantumandoglielo completamente sulla testa e  portandola a lanciare quello che sembrava una specie di ruggito. Inoltre, il colpo fu così forte da costringerla a mollare la presa su Warsman che cadde esamine a terra.

Kevin Mask potè sentire la tizia ingrata cercare di richiamare il compagno motociclista ma senza reale successo, era decisamente messo male e impossibilitato a combattere, ma ora che l’aveva stordita non doveva fermarsi e sbatterla verso l’alto con ciò che gli rimaneva del tronco sradicato che ancora aveva in mano, come se stesse brandendo una mazza da baseball e lei fosse la palla in questione. E poi l’avrebbe annientata con il Big Ben Edge mettendo fine a tutta quella patetica storia.

– La storia finisce qui – fece il giovanotto più sicuro che mai – ma sarà una bella storia da raccontare alla mia futura sorellina prima di farla addormentare! –

Si, durante il breve viaggio in moto aveva pensato un po’ a tutto quello che stava accadendo. Tralasciando il fattaccio sul traffico di sostanze dopanti su cui non aveva nessuna colpa, il matrimonio di suo padre lo aveva decisamente colpito più di ogni altra cosa. Santiago non ce l’aveva fatta a trattenere a freno la lingua, e gli aveva pure rivelato che a breve avrebbe avuto una sorellina da una donna che tanto terrestre non era. Questo gli aveva messo addosso una marea di emozioni, quasi tutte negative, che non resistette alla voglia di prendere una delle motociclette presenti nella rimessa per farsi un giro il più lungo possibile.

Fu solo dopo, come consueto dei Mask, che iniziò a ragionare che tutta la rabbia che aveva in corpo fosse totalmente inutile. Che motivo aveva di portare rancore verso il suo vecchio? Verso la sua futura compagna? Verso quella che sarebbe stata sua sorella?! Suo padre aveva così tanti difetti, maledizione! Ma aveva deciso di rifarsi una vita e aveva deciso di renderlo PARTECIPE a questo evento… quindi come poteva odiarlo del tutto?! Non ce la faceva, e non ce l’avrebbe mai fatta. Sfogarsi in combattimento sarebbe stata la scelta migliore, ma piuttosto che andare in palestra notò chiaramente l’incidente automobilistico e soprattutto quella tizia che stava menando Warsman.

Ma non aveva notato che, per quanto lenta fosse, era capace di scatti improvvisi da sorprendere l’avversario e ribaltare completamente le carte in tavola. La sua esasperante lentezza era una cosa voluta a quanto pare, in modo da bilanciare meglio gli scatti come se fosse stata una dannatissima molla costantemente sotto pressione.

Astuto e pericoloso in effetti, e Kevin Mask ne pagò le conseguenze.

La Deva lanciò qualcosa di simile ad un lamento prolungato, prendendo con entrambe le mani l’altra estremità del tronco, la parte orma spezzata, sorprendendo Kevin ma non dandogli il tempo di reagire mentre gli sbatteva il tronco sullo sterno con una forza tale da togliergli il fato in corpo. Non contenta lo colpì nuovamente, fino a farlo cadere a terra, e poi anche una volta che cadde a terra continuò a colpirlo fino a fargli perdere i sensi. Se non lo uccise era perché al momento la sua priorità era un’altra, ed Emerald capì che la stava guardando come se l’avesse puntata un cacciatore affamato.

Aveva assistito a combattimenti così brutali che qualunque arbitro avrebbe sicuramente etichettato come illegali e da galera, ma un conto era guardarli in televisione, un altro era vedere Kevin Mask lanciare una sorta di gorgoglio strozzato dovuto al sangue in gola che gli impediva di respirare. Una cosa così… assurda, che la giovane viziata di casa Lancaster non era effettivamente abituata a vivere.

– E adesso…? Ammazzi anche me?! –

Mormorò quelle parole senza neppure riuscire a reagire quando la colossale Deva la trascinò via da quella prigione contorta prendendola per il cappuccio della sua giacca a vento, presa da un terrore così vivido e istintivo che la stavano portando, interiormente, a vergognarsi di non essere capace di reagire davanti al proprio nemico.

A sorpresa però la donna negò solennemente con la testa, andando a tastare delicatamente la giovane per vedere se aveva subito delle ferite grazi. Hammy rimase confusa, per non dire incredula, che una creatura tanto feroce e bestiale la stesse toccando con una delicatezza incredibile. E di fronte a quella “meraviglia” non si accorse che, tra gli scoppiettii del legno e delle sterpaglie che bruciavano, ai lamenti degli uomini caduti in quel sanguinoso combattimento, il rumore delle pale di un elicottero annunciavano l’arrivo di qualcuno.

Troppo lentamente la Deva si accorse che i rinforzi erano sopraggiunti, e un dardo di anestetico potente, sparato dall’elicottero, le si piantò sul collo ferito portandola a muggire qualcosa e ad accasciarsi a terra priva di sensi, sotto lo sguardo attonito di una giovane umana che a stento poteva credere a chi appartenesse a quell’elicottero.

Doveva avere un angelo protettore lassù in cielo, anche se era assolutamente atea, ma per quel giorno il suo angelo aveva le sembianze di Howard Lancaster dall’infallibile mira.

– Come sparare ad un elefante –  sentenziò lui una volta posdato il fucile all’interno dell’elicottero ancora in volo e prendendo il walkie talkie da uno dei suoi uomini–  avevi ragione Connors, il collo era decisamente il suo punto debole… tutto a posto laggiù? –

– A parte le costole incrinate che ora si sono rotte… tutto a posto, mister – l’americano faceva fatica a parlare e si era dovuto trascinare vicino ad un albero per potersi mettere a sedere, ma era chiaro che era stato lui a chiamare i soccorsi – ora ha due bestie da collezione e un little brat da buttare…mi auguro che sua figlia stia bene –

Non ce la faceva proprio a non essere sarcastico, nonostante l’incommensurabile dolore che provava perché menato così da una donna non gli era mai capitato prima, ma le avrebbe restituito il favore.

– Per il giovane Mask direi di riportarlo così com’è a suo padre… gli diremo che ha avuto un incidente e ci dovrà così un favore – e qui Howard aveva qualche mezza idea per il matrimonio del suo ex amico – per le due belve feroci direi che sarà il caso di consultarmi con mia figlia in che posizione vorrebbe che io le impagliassi… e tranquillo, lei sembra stare bene anche se una occhiata di persona non guasterà –

E dette testuali parole, con una freddezza unica tipica del suo “guerriero interiore” che quasi mai usciva, si lanciò giù dall’elicottero per andare incontro alla propria principessa che mai come in quel giorno fu così felice di poter riabbracciare il proprio padre.

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Capitolo 13
*** make it bun dem ***


Le porte di villa Mask si spalancarono di colpo senza che il proprietario di casa avesse dato il consenso affinché ospiti armati facessero irruzione nell’atrio.

Robin Mask, oltre al rumore delle porte che si aprivano e alle voci concitate che giungevano sino al suo studio, venne allarmato anche dalle urla di Santiago e da quelle successive di alcuni soldati.

– Per Dio… Archie! Che diavolo sta succedendo?! Chi è entrato nella mia dimora?! –

Niente, nessuna risposta dall’anziano maggiordomo e questo allarmò ulteriormente l’ex wrestler. Decise di precipitarsi nell’ingresso di casa e ciò che vide decisamente non gli piacque.

Archie aveva le mani in alto e lo sguardo spaventato nonostante la sua disciplina gli stesse imponendo di mantenere i nervi saldi, ma avere il fucile puntato alla testa da quello che sembrava un agente swat non era esattamente una cosa da tutti i giorni. Mentre i pianti di Santiago lo raggiunsero prima che Robin stesso potesse notare che uno dei soldati del drappello si stava massaggiando il naso e un altro ancora era rantolante a terra, segno evidente che la donna non aveva decisamente gradito che un gruppo paramilitare le si fiondasse in casa per pestarle Kevin Mask.

Un momento… quello a terra trattenuto dalle braccia della tata era veramente suo figlio?!

– Mi hijo – singhiozzò la donna incurante che il sangue del giovane andasse a sporcarle l’abito bianco – ¿ qué han hecho?

– Cosa diavolo…?! KEVIN!! Che ti è successo?! –

Robin Mask fece per scattare ai piedi del proprio ragazzo ma un paio di fucili gli puntarono la testa fermando con una tensione sempre più crescente la sua corsa. E dopo quel gesto sfrontato alcuni di loro si fecero da parte per poter far passare quello che era il loro capo nel suo impeccabile completo bianco. E l’ex lottatore dall’elmo in acciaio conosceva bene quell’individuo.

– Howard Lancaster! Come osi entrare in casa mia con il tuo stramaledettissimo esercito?! –  ignorò i fucili puntati e si avvicinò lo stesso ad un indifferente gentiluomo –  ci vive una donna incinta qui, maledizione! E che cosa hai fatto al mio ragazzo??! –

Se i soldati non avevano sparato era perché… effettivamente Robin Mask da arrabbiato faceva paura! Ma il succitato Howard non si scompose, mostrando piuttosto un sorrisetto sarcastico.

– Suvvia, non arrabbiarti Robbie – Dio, quanto odiava quando lo chiamava così – se inizi ad urlare poi ti manca il fiato, ti sale la pressione ed infine… muori –

Alcuni dei soldati si misero a sghignazzare divertiti, ignorando che lo sguardo di Robin Mask era praticamente fiammeggiante, ma alcuni di loro tornarono vigili quando Santiago ringhiò loro qualcosa mimando il gesto di prenderli nuovamente a pugni. Se nessuno le aveva ancora sparato era per volontà dello stesso Lancaster, e questo la diceva lunga sulla natura fin troppo mercenaria di quella “security”.

– Non morirò prima di averti ridotto a brandelli e… –

– Altolà, quello che dovrebbe ridurti a brandelli sarei io… o meglio, ridurti sul lastrico –  e qui l’ex lottatore indicò con un cenno del proprio bastone da passeggio un Kevin ancora incosciente – quell’ubriacone di tuo figlio ha fatto irruzione  nella mia proprietà con la sua sporca motocicletta, ha distrutto alcune aiuole ed è andato a sbattere contro un albero incendiando un mio preziosissimo nocciolo centenario… potrei prendermela davvero a male sai? Certo, potremmo raggiungere un accordo se vuoi –

– E il ragazzo sarebbe andato a sbattere per sei volte di fila contro un albero, mister Lancaster?! Mi sembra un tantino incoerente con la vostra spiegazione, viste le ferite che riporta –

A parlare era stata la futura sposa di Robin Mask, ossia quella deliziosa creatura qual era la Kalinina, che senza praticamente farsi notare da nessuno si era inginocchiata al capezzale del giovane lottatore esaminando immediatamente le ferite sul suo petto nudo.

Quello che Robin sapeva era che delle intuizioni della propria ragazza poteva fidarsi più che di tutti i referti medici o le spiegazioni fasulle che Howard poteva dare.

– Non dica sciocchezze dottoressa – il succitato Lancaster la guardò inarcando un sopracciglio, valutando o meno se quella donna potesse essere un problema – ho dei testimoni e video della sorveglianza che possono confermare come si sono svolti i fatti – fasulli tra l’altro – ma siete fortunati… non ho intenzione di sporgere denuncia, solo qualche piccola pretesa che vorrei mi venisse concessa al vostro matrimonio –

L’arroganza del suo ex amico decisamente non sorprese il lottatore dall’elmo medioevale, ma approfittare di una situazione simile, con Kevin ridotto in quello stato, per dettare legge anche ad un evento a cui lui lo aveva gentilmente invitato tanto per fargli vedere che “anche io POSSO”… decisamente non gli piacque affatto.

– Tu… come osi a…?! –  

Il futuro sposo venne però prontamente fermato da Alya, alzatasi prontamente da terra, prendendolo per un braccio giusto in tempo prima che assalisse Lancaster di petto, parandosi lei stessa dinnanzi ad un ospite decisamente non molto gradito in casa.

– Mister Lancaster, la ringraziamo per averci riportato Kevin e saremo lieti di accogliere i vostri suggerimenti per la cerimonia – curiosamente gli andò vicino, parlando questa volta a voce bassa ed osservandogli il busto come a volerlo analizzare. Passando poi un paio di dita sulla giacca dell’uomo fermandosi all’altezza del fegato – solo… le consiglierei di non esagerare troppo con gli alcolici. E se siamo a posto così vi chiederei di lasciare la mia dimora il prima possibile –

Non gli stava chiedendo per favore e quegli occhi di ghiaccio erano ancor più freddi sotto le lenti dei suoi occasionali occhiali per astigmatici. C’era da avere quasi rispetto per il sangue freddo che la donna riusciva a mantenere nonostante tanta tensione non dovesse fare bene ad una donna incinta, ma era quel suo consiglio nei riguardi di Howard che decisamente fece un certo effetto sul diretto interessato.

Ma c’era davvero da fidarsi del consiglio di una semi bestia?! Restava comunque un particolare che all’ex lottatore decisamente non piacque, ma ritenne comunque sensato il ragionamento della Kalinina trovando la sua diplomazia decisamente migliore della furia appena assopita di Robin Mask piuttosto in apprensione sia per il figlio conciato male che per la futura moglie che aveva “osato” sfidare Howard. Ovviamente usando una educazione indiscutibile.

Con un gesto del bastone da passeggio finalmente il  signore di quell’esercito in miniatura decise di congedare i propri uomini e farli ritirare, concedendosi comunque un baciamano alla padrona di casa che suonò quasi beffardo rispetto al loro primo incontro.

Solo quando tutti se ne furono andati Alya sentì la tensione sciogliersi e gli occhi arrossarsi per lacrime di puro nervosismo che non tardarono a scivolarle giù per le guance… Ma sentire che il proprio compagno la stringeva in un forte abbraccio decisamente la confortò aiutandola a calmarsi quel tanto che bastava per prestare le prime cure a Kevin Mask.

 

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Quando si svegliò non riconobbe immediatamente il luogo in cui si trovava, poi capì che era una delle stanze per gli ospiti della tenuta anziché la sua vecchia stanza. Questo per ovvi motivi, visto che era cresciuto e in un letto di un bambino di otto anni decisamente Kevin Mask non ci entrava!

Ma comunque, ciò che notò principalmente furono le finestre ad arco in cui filtrava una intensa luce mattutina, una figura femminile seduta al suo capezzale che riconobbe come Alya ( a cui non aveva praticamente rivolto la parola nel loro primo incontro da bravo idiota ) e al fatto ancor più importante che non aveva la maschera addosso.

– Ah, bene. Ti sei svegliato – la Deva sorrise lievemente, avvicinandosi e scostandogli delicatamente la lunga frangia color magenta dalla fronte con una mano – come ti senti quest’oggi? Perdonami se ti ho tolto l’elmo ma rischiavi di soffocare con il tuo stesso sangue… hai avuto un gran brutto “incidente” due giorni fa –

Due giorni. Erano passati ben due giorni e se li era fatti in uno stato di quasi semi incoscienza dovuti ai medicinali che gli erano stati somministrati mentre la dottoressa si premurava di curare le sue ferite ( grazie al cielo recuperabili del tutto in pochi giorni merito soprattutto alla sua tempra di chojiin ), e per tutto quel tempo non aveva nemmeno avuto modo di comunicare con il proprio allenatore! Lord Flash sicuramente avrà dato di matto non trovandolo da nessuna parte, e già sapeva quale paternale gli avrebbe fatto una volta che lo avrebbe rivisto, anche se questa volta, con tutti i rischi che stavano correndo, non avrebbe avuto tutti i torti.

– Io sto bene e… credo che chiamarlo incidente sia solo un eufemismo –

Quella ragazza a quanto pare ci aveva visto giusto nel mettere tra virgolette l’accaduto, anche perché la realtà era talmente differente dai fatti come ben presto apprese dalle successive parole della giovane donna che lo aiutò a mettersi seduto sul letto dandogli poi in consegna l’elmo.

– È stato Howard Lancaster a portarti qui dicendo che, sue testuali parole, guidando ubriaco fradicio una moto hai invaso la sua proprietà distruggendo un nocciolo andandoci direttamente a sbattere… ma dal mio punto di vista le tue ferite non coincidono con un incidente quanto ad uno scontro vero e proprio – si alzò dalla sedia andando ad aprire un armadio per recuperare alcuni indumenti del giovane, e solo quando nel mucchio ci infilò anche un paio di boxer il giovanotto si rese conto di essere completamente nudo sotto le lenzuola – avrei preferito mandarti al Muscle Museum Hospital, dove avresti ricevuto delle cure più adeguate… ma tuo padre ha preferito tenerti qui pensando che fossi più al sicuro dalle “possibili mire” di mister Lancaster, ed inoltre la strada principale che porta in città è stata bloccata per lavori straordinari… –

I cartelli dicevano che era per mettere in sicurezza una frana della collina, quello che però Alya e Robin ancora non sapevano era che gli uomini di Howard avevano transennato l’intera area per fare pulizia, recuperare i corpi e sostituire la vegetazione in modo che nessuno si insospettisse troppo.

A Kevin venne quasi di impulso di dare completamente ragione a quella donna, ma un barlume di coscienza lo trattenne dal commettere un simile errore.

A pensarci bene… valeva la pena coinvolgere suo padre in tutto il casino che lo aveva travolto? Era forse giusto dirgli che rischiava la squalifica a vita dalla IWF per un sospetto traffico di sostanze dopanti?! Avrebbe deluso ancora una volta il genitore, e sebbene con lui non ci andasse affatto d’accordo, per istinto, oltre che per una questione d’orgoglio, non sopportava l’idea di vedersi nuovamente rifiutato dal padre. Si stavano riavvicinando, dopo davvero tanto tempo, e si era ripromesso di vincere la Corona Chojin anche per riallacciare il legame troppo a lungo congelato.

Poi c’era Alya… una gran bella donna n effetti anche se gli sembrava troppo seria, troppo giovane ( avrebbe potuto essere sua sorella, maledizione! ) e troppo “ironica” nel suo essere la figlia di una leggenda del wrestling. Tuttavia non voleva esporre il genitore e la sua nuova compagna, oltre che futura sorellina, in pericoli concreti che avrebbero potuto anche provenire da Howard Lancaster.  

– Si, ecco… ti ringrazio per l’aiuto che mi hai offerto. Ma davvero, non c’è bisogno di preoccuparsi. È stato effettivamente un incidente ora che ricordo un po’ di più… – cercò di sembrare il più credibile possibile mentre gli sembrò che gli occhi di ghiaccio della Deva lo sondassero da cima a fondo – ero davvero ubriaco e credo di, ehm… aver anche fatto a botte con uno della security –

Quell’uomo per certi versi gli aveva fatto un favore, fornendogli un alibi sebbene quasi sicuramente lo avesse fatto per un tornaconto personale. Se avesse raccontato per davvero come stavano le cose molto probabilmente avrebbe coinvolto persone che non c’entravano affatto, quindi pregò mentalmente che la giovane si bevesse quella mezza scusa e non cercasse di indagare oltre.

– Sei davvero sicuro che sia andata così, Kevin? –

– Sono sicurissimo, Alya – era la prima volta che la chiamava per nome e questo gli fece uno strano effetto – piuttosto, hai per caso sentito tuo padre in questi due giorni? Avrei… ehm, voluto parlarci un po’ di più –

Non aveva quasi nessun ricordo dello spaventoso scontro che lo aveva visto confrontarsi con quella nemica colossale, salvo qualche flash dell’arrivo di Howard che abbraccia sua figlia e poi tutto il suo staff a fare pulizia in zona, ma con quella domanda aveva tutta l’intenzione di deviare il discorso e cercare di capire se anche Warsman poteva essere stato coinvolto in maniera più o meno grossa come lo era lui. La figlia dell’ex lottatore tuttavia non parve preoccuparsi, limitandosi ad inarcare un sopracciglio e a posare gli abiti puliti sul letto.

– Ho provato a telefonare a mio padre subito dopo il tuo arrivo in stato di semi incoscienza alla tenuta, mi ha risposto la sua compagna, Emerald Lancaster, dicendomi che andava tutto bene e che al momento si sarebbero concessi una settimana di vacanza in Brasile – scosse lentamente la testa come sovrappensiero –  quella ragazza mi sembrava un po’ scossa a dire il vero, ma credo che una vacanza di “chiarimento” magari farà loro del bene… –

Ah, se avesse saputo che tra loro era SEMPRE così! Quelle parole comunque sorpresero non poco il giovane Mask.

Emerald era la figlia di Howard Lancaster. Una ragazza che la apprezzavi oppure ci litigavi dalla mattina alla sera come sembrava essere solito fare Lord Flash… personalmente a Kevin quella ragazza non dispiaceva, aveva salvato tutti quanti da una situazione veramente molto difficile e a quanto pare lo aveva fatto senza chiedere nulla in cambio. Decisamente l’apprezzava di più del padre ma c’era comunque qualcosa che non quadrava.

Era molto amica del suo allenatore a quanto pare, tanto che ironicamente aveva chiesto a Lord Flash se quella giovane non fosse la sua “fidanzatina” ricevendo in risposta una frase non ripetibile per ovvi motivi, eppure ora se ne usciva fuori che fosse la compagna di Warsman… o almeno questa era l’impressione che aveva fatto ad Alya.

C’era decisamente qualcosa che non quadrava, e già il fatto di averla incrociata nella villa di famiglia, intenta a farsi visitare dalla dottoressa, gli era sembrata una cosa piuttosto strana tanto che inizialmente aveva pensato che anche Lord Flash potesse essere giunto li.

Era un pensiero assurdo, anche perché cosa sarebbe dovuto andare a fare il suo allenatore da quelle parti? Tutta questa storia non gli piaceva, e sentiva l’istinto di andare in albergo e vedere se Lord Flash fosse veramente li e non in Brasile, benchè come pensiero fosse totalmente assurdo visto che lui non era Warsman e a quella storia della vacanza francamente non ci credeva molto.

– Io… ho capito. Ti ringrazio delle informazioni e per avermi curato ed, ehm… vorrei potermi cambiare al momento. Vorrei tornare in albergo per consultare il mio allenatore –

Alya lo guardò incuriosita, anche perché avrebbe preferito che rimanesse alla  tenuta per recuperare di più le forze ma era anche vero che testardo com’era non l’avrebbe mai schiodato da quell’idea.

– Preferirei che rimanessi ancora qui, ma se è tuo desiderio tornare in città allora vai… ma per favore, sii prudente –

Nel dirlo gli accarezzò una guancia, guardandolo comunque seria in volto. Era preoccupata per lui per davvero e questo Kevin lo capì alla perfezione, facendogli un effetto alquanto strano. Non era interessata ai soldi di suo padre, e neppure a vivere da aristocratica… era alla salute dei suoi due uomini che guardava, ma decisamente il giovanotto non era molto abituato a simili manifestazioni di affetto.

E per certi versi, per quanto imbarazzante fosse, era una “bella” sensazione sentire calore umano.

 

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– Hmmrr… dove sono? –  

Masticando una domanda con ancora la bocca impastata a causa di un sonno molto pesante, Lord Flash si passò entrambe le mani sugli occhi per cercare di darsi una svegliata.

Ci impiegò un po’ per capire che era sdraiato sul letto della propria suite all’hotel Atlas, e addosso non aveva i panni di Warsman ma bensì quelli dell’allenatore di Kevin Mask con troppi misteri da celare e parecchie fratture che stranamente non gli facevano male.

– Ah! Ben svegliato sorcio! Ancora un po’ e pensavo che fossi caduto in ipotermia! –

La voce di Emerald lo accolse come di consueto con una nota acida che riuscì a togliergli quel briciolo di buon umore che aveva facendolo innervosire di consueto. Non ricordava molto di quello che era successo, i dati di memoria erano danneggiati e gli ci sarebbe voluto un po’ per recuperarli tutti, ma a costo di farsi sparare dietro aveva bisogno di tutte le informazioni che Hammy poteva dargli. Anzi… era un suo dovere rispondere alle sue domande.

– Emerald Lancaster… quanto tempo ho passato a dormire dal giorno dell’incidente? –

La giovane inarcò un sopracciglio con sarcasmo, andandogli vicino sulla sponda del letto ed incrociando le braccia in petto – Wow… non c’è di che, sono felice di averti salvato le chiappe! E comunque sono passati due giorni dal nostro “incidente”, se così vogliamo chiamarlo –

– Cosa?! Due giorni??! –

Fece per alzarsi dal letto con l’ovvia intenzione di contattare la propria bambina e Kevin, ma la Lancaster fu più veloce prendendolo per le spalle e spingendolo nuovamente contro il materasso dalle lenzuola profumate.

– Fermo dove sei! Sei ancora convalescente! E se sei preoccupato per tua figlia stai sereno… due giorni fa ti ha cercato al telefono, ma io ho risolto la situazione dicendole che ci siamo concessi una vacanza di “riflessione” e non vogliamo essere disturbati per nessun motivo al mondo –

– Hai fatto cosa?! E credi davvero che Alya possa credere ad una simile balla?! E poi… come diavolo ho fatto a guarire così in fretta? E dov’è Kevin?! –

– Una cosa alla volta, per piacere – Emerald si sedette sul comodino guardandosi distrattamente le unghie delle mani, prima di rispondere con tutta calma ad un russo che stava iniziando a perdere la pazienza – prima di tutto, sei una pantegana fortunata e doppiamente in debito con me! Su mia insistenza ho convinto mio padre a farti portare in una delle sue cliniche d’avanguardia, dove ti hanno rimesso in sesto sostituendo le componenti danneggiate con protesi biotiche eccellenti… e per Kevin Mask era ancora vivo quando l’ho visto ed è stato riportato alla villa. Ma francamente non so come sta, e questo in effetti mi preoccupa un po’ –

Erano tutte informazioni una più assurda dell’altra e l’ex wrestler non sapeva se incazzarsi o essere grato a quella dannata ragazza. Forse entrambe le cose, perché essere in debito con i Lancaster per ben DUE volte di seguito francamente non gli piaceva neanche un po’. Tuttavia si trovò a guardarsi i pugni con curiosità muovendo poi le braccia come se stesse manovrando dei pesi invisibili per saggiarne la muscolatura ibrida. La ragazza, che al momento si stava torcendo una delle meches verde smeraldo come a voler stemperare nervosismo, aveva ragione riguardo alle cure che aveva ricevuto… i colpi che aveva subito da quella nemica sconosciuta l’avrebbero sicuramente fatto cadere in un coma profondo se non fosse stato curato, e riparato, con delle tecnologie che non fossero vecchie di venti anni.

L’idea che Howard Lancaster avesse in qualche modo raccolto informazioni sul suo corpo decisamente non gli piaceva, perché più o meno era quello che aveva fatto il KGB anni fa traendolo decisamente in inganno, ma se questo era il prezzo da pagare per continuare la sua missione era pronto a pagarlo. A patto che la sua identità non fosse stata in qualche modo smascherata.

E fu forse con questo timore che guardò Emerald, ancora nervosa mentre l’assurda sequenza di immagini mentali di lei stessa che rispondeva con falsa allegria alle domande di Alya, mentre al di là del vetro i medici stavano rimettendo in sesto l’ex wrestler, continuavano a tormentarla portandole una certa ansia addosso, trovando comunque la forza di rispondere alla sua silenziosa domanda.

– Stai tranquillo… nessuno sa che Warsman e Lord Flash sono la stessa persona. Mio padre non ha assistito ai tuoi interventi e ho chiesto io stessa al personale di far sparire quante più informazioni possibili su di te.  Inoltre ti ho cambiato abiti di persona e se sono al momento estremamente incazzata è per il fatto che mi hai quasi fatto venire un colpo della strega! –

Era quasi sul punto di dirle “grazie” per non aver divulgato troppo informazioni su di lui, che quasi fu tentato di mandarla al diavolo per la sua estrema gentilezza. Fu a quel punto però che successe un fatto assurdo, e ciò concise nel momento in cui Kevin Mask bussò con forza alla porta della suite del suo allenatore.

– Lord Flash! Apri maledizione! È successa una cosa tremenda! –

– Uh… ehm, Kevin! – ebbe quasi l’impulso di urlare “sei vivo!” ma si sarebbe sgamato subito quindi optò per un’altra soluzione – per favore, puoi ripassare più tardi?! –

La domanda sorprese anche Emerald, ma non le ci volle per capire che voleva evitare di rispondere a certe domande scomode. Come ad esempio spiegare la presenza della ragazza in stanza e il fatto che lo stesso Lord Flash, benchè fosse stato curato, fosse comunque convalescente e impossibilitato a fare certi movimenti con prontezza di riflesso.

– Che cosa…?! Stai scherzando spero!– Kevin Mask rimase allibito da quelle parole… cosa ci poteva essere di più importante in quel momento? Il suo allenatore si era fosse scordato che erano dei ricercati?! – Lord Flash, sparisco per due giorni e non ti chiedi neanche che cosa mi sia successo?! Al diavolo… io entro! –

Warsman non fece però in tempo a supplicarlo di non spalancare la porta con una spallata che la stessa Emerald prese in mano la situazione, sfilandosi via la maglietta e rimanendo in reggiseno e sotto lo sguardo attonito del russo andò velocemente a cavalcioni sopra di lui iniziando fin da subito a mordergli il collo senza fargli realmente del male.

– Non me ne frega un cazzo se hai da fare! Ora tu mi ascolti e… oh, cazzo! –

La finezza di Kevin Mask, una volta che il giovanotto dai lunghi capelli biondi si fiondò in camera, fu quasi comprensibile visto lo spettacolo indecente che stava osservando. Ma lo sguardo da predatrice che Emerald gli rivolse, mentre si metteva seduta sopra il proprio compagno che riuscì solo a balbettare qualcosa di incomprensibile, era decisamente eloquente di quelli che non volevano sentire ragioni.

– Fila via… – mimò anche il gesto con la mano con fare ovvio – mamma e papà devono parlare di cose importanti ora… va a giocare con gli altri in palestra! A meno che tu non sia un guardone –

Sotto l’elmo di metallo gli occhi azzurri di Kevin erano sgranati, e la sua pelle del viso divenne presto rossa come il fuoco, non riuscendo a collegare che al momento Emerald Lancaster se la stava facendo con il proprio allenatore ( e quindi probabilmente ad Alya aveva raccontato una balla ) ma solo visualizzando che aveva interrotto un momento piuttosto personale.

– M-maledizione! – sbottò il lottatore inglese voltando la testa di lato ed uscendo in tutta fretta – questa poi me la spieghi comunque!! –

Sbattendo con forza la porta alle proprie spalle il giovane uscì definitivamente di scena, e fu solo dopo qualche secondo di assoluto silenzio che il russo se ne uscì con un mezzo rimprovero verso Emerald.

– Ah! Fantastico… ora con questa tua trovata si farà solo più domand… Emerald! – si bloccò all’improvviso notando che la giovane gli stava sfilando via l’elmo di metallo così velocemente da non dargli quasi il tempo di reagire – che diavolo stai facendo…?! Non lo fare… –

La sua flebile supplica non venne ascoltata mentre il suo volto robotico, decisamente orribile da vedere con il suo metallo e le carni esposte lasciando ben in vista i candidi incisivi, veniva esposto all’ambiente circostante da una Emerald che non voleva in nessun modo fargli vedere che stava per mettersi a piangere.

Poche persone lo avevano visto in faccia, egli stesso non sopportava l’idea di girare senza una adeguata protezione, e ancor poche erano le donne che avevano avuto il coraggio di baciarlo. La sua Katya era stata la prima, ed avrebbe conservato in eterno quei ricordi all’interno del proprio processore, ma la travolgente passione con cui Emerald pretese da lui un bacio decisamente non se l’aspettava.

A quella puttanella viziata davvero non gli importava nulla di com’era fatto? Davvero avrebbe ancora accettato di fare un giro di tango con lui o anche solo di farci l’amore…?! Non era quindi il suo giocattolo personale come a volte si era ritrovato ironicamente a pensare?

Dal modo in cui lo stava baciando, e da come egli stesso decise di risponderle intrecciando la propria lingua con la sua e circondandole la vita con entrambe le braccia strappandole poi via il reggiseno di dosso, a quanto pare erano state tutte supposizioni decisamente sbagliate.

Aveva in mente di telefonare ad Alya per rassicurarla della sua situazione, ma non sarebbe successo nulla di male se avesse aspettato un po’.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

L’atmosfera nel locale si stava decisamente riscaldando.

Gli uomini, ebbri di alcool e ormoni, sbraitavano come dei dannati sulle ballerine in abiti succinti e dalla pelle resa traslucida a causa del sudore consistente dovuto alle loro sensuali esibizioni sul palo della lap dance, puntando i loro occhi arrossati sulla nuova ballerina che si attorcigliava lungo il palo come uno dei serpenti che aveva tatuati in corpo.

Era una creatura meravigliosa, anche se il suo sguardo da sobri avrebbe in qualche modo spaventato.

– Dai, puttana! Vogliamo vederti nuda!! –

Uno degli energumeni sotto di lei, si trovava sullo spalto centrale, tentò di acchiapparla per una caviglia ma la donna fu più lesta a dargli un calcio sotto il mento.

Alcuni degli uomini risero quando il loro collega cadde a terra semi svenuto, e la stessa de Santa sogghignò maliziosa vedendo come quei perros maledetti la idolatravano rimanendo rapiti dai suoi tatuaggi che sembravano muoversi con lei in movimenti così fluidi che un comune essere umano non avrebbe mai fatto.

Se fossero stati meno ubriachi avrebbero anche capito che quei serpenti neri si stavano muovendo per davvero, e quei loro movimenti non prevedevano nulla di buono.

Uriel Truce de Santa era arrivata in quello squallido night club londinese perché erano stati i segnali dei microchip piantati sottocute, rivelati dal suo segnalatore, a portarcela nella speranza di “divertirsi” un po’ con i ricercati che tanto rischiavano di infangare la Muscle League.

In principio i primi rapporti parlavano di lottatori professionisti implicati nel traffico di sabbia rossa, ma le cortigiane di basso rango erano delle incompetenti a suo dire, quindi si era messa alla ricerca delle giuste prede ed era giunta sino a li… a farsi sbavare addosso da un drappello di mercenari ubriachi tutti recanti uno stemma con una pantera disegnata sopra.

– Allora hombres… vi va di vedere qualcosa di eccezionale?! – nel cinguettare quelle parole si piegò quasi a novanta gradi strusciando l’inguine contro il palo argentato e accogliendo così parecchi ululati di consenso.

– Qualunque cosa che mi faccia dimenticare che domani ho il turno di notte! – abbaiò uno degli uomini, seguito anche dagli altri ben felici di poter vedere la sorpresa della bella danzatrice.

– Se insistete tanto perros de mierda… –

L’orribile risposta della Deva decisamente non piacque ai soldati, che smisero di esultare e guardarono fin troppo male una femmina che ora si era fermata nelle sue sensuali evoluzioni dando le spalle a tutti loro…

E lasciando che iniziassero a gridare terrorizzati quando i serpenti fuoriuscirono dalla sua schiena dando inizio al SUO di spettacolo preferito.

 

(…)

 

– Uhh! Gran bel casino… non è che ti dispiacerebbe darmi una  mano a pulire? –

de Santa non era molto famosa per i lavori discreti che faceva, anzi era rinomata per la sua brutalità, ma forse questa volta aveva decisamente esagerato.

Aveva iniziato a fare a pezzi dei mercenari davanti a molte persone che, quasi sicuramente dato l’ambiente poco sicuro del quartiere in cui si trovava il locale, avrebbe spifferato poco alle forze dell’ordine e sarebbe stato tutto bollato come un regolamento di conti tra trafficanti. Nel drappello non era comunque presente quel Connors che aveva avuto l’ardire di fare “amicizia” con lei, ma avrebbe recuperato pure lui a tempo debito.

– La-vuoi-fare-finita?! – Uriel si voltò appena mentre l’ultimo serpente recuperava gli ultimi due chip dai corpi dei soldati caduti – Nuala, hai sei braccia! Quella brava a fare le pulizie qui sei tu, io mi occupo solo di farti lavorare –

La donna in questione era ovviamente una Deva, dai lunghi capelli color sangue e vestita con una tuta in latex nero che ne esaltava le forme, ma il fatto che avesse una voce decisamente maschile risultava un po’ inquietante anche se non si sarebbe potuto dire che fosse il suo vero timbro vocale oppure una deformazione dovuta al respiratore fissato in bocca. Si limitò comunque ad incrociare un paio di braccia in petto mormorando un “che simpatica sindacalista” prima di guardarsi un po’ in giro  e constatare il disordine presente nel locale. I sopravvissuti, cioè tutti quelli senza il chip, erano ormai scappati da un pezzo e la polizia non avrebbe tardato ad arrivare.

– Tutto ‘sto casino per un paio di bustine di sabbia rossa e dei chip malfunzionanti? Ehe! Sembra quasi che qualcuno si diverta a prenderti in giro… eh, Uriel?! –

Se si divertiva a fare l’ironica? Oh si. Ma la donna si limitò ad emettere un sibilo mentre i tatuaggi le tornarono a posto ritornandosene ad essere dei semplici disegni inanimati. C’era comunque il sospetto che qualcuno le stesse prendendo in giro nell’aver piantato dei microchip in bersagli sacrificabili, e magari quel qualcuno era il loro vero obiettivo.

– Questi tizi erano solo dei clienti, ma quella che avevano nelle tasche erano più delle solite dosi che si danno ai lottatori furbetti…– forse era una teoria un po’ azzardata – quindi qualcuno ha la mia scimmia e si diverte a farla lavorare senza pagare i contributi –  si voltò a guardare la collega che al momento stava evitando di sporcarsi gli stivali di sangue umano, facendole segno che era ora di andare – i nostri cari spacciatori dopo questo massacro faranno sicuramente un passo falso e sarà allora che noi li colpiremo…–

– Si, come no – sbuffò la rossa nel mentre che se ne andavano via sentendo le sirene della polizia arrivare – tanto poi pulisco sempre io –

 

 

Il titolo del capitolo, make it bun dem è una canzone di Skrillex ( feat Damian Marley ) e ci ho visto troppo Uriel ballare sulle note di questa allucinatissima canzone! Per il resto gli equivoci aumentano e non sono neanche simpatici.

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Capitolo 14
*** la masquerade ***


Amazon era un pianeta relativamente “giovane” nella politica intergalattica della federazioni wrestling.

Scoperto 400 anni fa dal kinniku esploratore ( nonché lottatore ) noto come Muscle Traveller, un antenato della famiglia reale Muscle tra l’altro, la cosa che andò subito all’occhio fu la totale assenza di uomini nei villaggi in cui si trovò a soggiornare venendo accolto quasi come se fosse un fenomeno da circo oppure un mostro alieno da cui scappare.

In principio, quando effettuò il suo rovinoso atterraggio sul pianeta, Traveller pensò di essere finito in paradiso vedendo così tante donne tutte in abiti leggeri o in kimono colorati e piuttosto corti, tanto da definirle delle Deva sacre discese dal cielo per accoglierlo amorevolmente… peccato che i suoi tentativi di approccio finirono decisamente male ogni volta venendo cacciato da ogni villaggio che visitava, trovandosi per questo a maturare il pensiero che fossero tutte delle streghe malvagie pronte a fargli del male. Davvero non ci arrivava che il suo aspetto grottesco e i suoi tentativi di corteggiamento decisamente non erano apprezzati dalle aliene, ma ebbe modo di riscattarsi quando, viaggiando di villaggio in villaggio, non scoprì che un manipolo di streghe VERE tenevano soggiogata la popolazione in un eterno medioevo non lasciando che si aprisse alle altre civiltà dello spazio.

Muscle Traveller promise alle Deva che le avrebbe liberate dalla dittatura promettendo loro ampi margini di guadagno economico e possibilità di trarre profitto da un turismo molto più competitivo oltre che dare un “supporto” morale ai tanti uomini soli, come lo era lui, sparsi nella galassia. Le streghe tuttavia non erano stupide, e a turno lo sfidarono in death mach sempre più violenti non riuscendo comunque a sconfiggerlo.

Oggigiorno su Amazon la figura di questo kinniku è circondata sia da polemiche che da gratitudine. Da un lato ha permesso alle Deva di espandere la loro economia e conoscenza oltre che ampliare maggiormente il loro codice genetico, ma da un altro le conservatici rimpiangono le stesse streghe che, anche se in un modo molto discutibile, stavano solo proteggendo le loro sorelle dai pericoli della galassia.

Oggi Amazon rimane ancora rinomato per essere un pianeta popolato al 90% da donne, traendo decisamente in inganno gli idioti che vi ci approdano credendo di trovare prostituzione facile, oltre che per le innumerevoli cliniche mediche e centri benessere che tanti visitatori portano ancora oggi per potersi curare al meglio anche ad un prezzo modico.

 

Rimaneva comunque luogo verdeggiante anche se molte terre restavano semi spopolate e in mano alla natura incontaminata, lasciando le campagne e le città lungo la costa come luoghi più consoni alla vita sociale. Qui comunque era presente anche una casa di riposo in mano ad una antica leggenda del wrestling, e nota anche come il lussuoso luogo di riposo di molti ex lottatori della Muscle League oltre che di vecchi nemici ormai sconfitti da tempo.

La Knight Hill era diventata di proprietà di Robin Knight, padre di un ben noto Robin Mask, una volta che l’ex wrestler decise di atterrare sul pianeta per farsi curare dall’ictus che alla veneranda età di 80 anni lo aveva colto durante un allenamento piuttosto pesante.

Ora erano passati cinque anni dall’accaduto, e il gentiluomo di origini inglesi si era ripreso da quel forte trauma grazie alle cure delle dottoresse Deva e dei nuovi farmaci in circolazione, tornando ad allenarsi di consueto senza però esagerare mai per non rischiare qualcosa di peggio oltre che alle ramanzine delle “suorine” che si occupavano di amministrare la struttura oltre che curare i pazienti.

Uno dei posti preferiti di Robin Knight dove era solito meditare a lungo, era nel cortiletto della sua ala personale della struttura adornato di una fontana e alberi da frutta che rendevano il luogo decisamente accogliente nonostante la sua semplicità. Si era ripreso dall’incidente invero, il suo fisico continuava a restare forte e tonico nonostante la sua pelle fosse diventata color avorio e forse per tale motivo non si separava mai della sua armatura da combattimento, ma la voce quella purtroppo non gli era più tornata trovandosi per questo a trovare una soluzione alquanto singolare.

Da cinque anni era costantemente affiancato da due suorine dagli abiti candidi, due gemelle che condividevano lo stesso potere, e che da tempo erano diventate la voce dei suoi pensieri nel senso letterale del termine, e quel giorno gli dettero nuovamente dimostrazione delle loro facoltà di telepati quando un corriere espresso giunse correndo fino al trono dell’ex lottatore.

– Mister Knight! Una missiva urgente per voi!! Mister… –

Gli uomini erano abbastanza rari su Amazon, ma questo non addolcì le due ragazze che, muovendo un passo avanti, bloccarono la corsa del giovanotto che le guardò con un po’ di timore.

– Non un passo oltre. Consegna la tua lettera e poi congedati gentilmente uscendo dalla porta sulla tua destra –

La ragazza sulla destra prese la lettera mentre l’altra, continuando a stare davanti al proprio signore, guardò senza reale interesse il corriere balbettare qualcosa e allontanarsi.

Una volta presa in consegna la missiva, Robin Knight Mask rimase sorpreso dal contenuto di quel candido cartoncino tanto da fargli emettere un “hm” incuriosito.

– Una lettera da mio figlio! Quanto tempo…–

– E sembra che mi voglia invitare ad un lieto evento! –

– Entro questo mese prenderà in sposa una fanciulla che non ho ancora avuto il piacere di conoscere… –

– … valido motivo per tirargli le orecchie. Ma sono comunque felice per lui –

Era affascinante come le due gemelle riuscissero ad alternarsi nel dare voce ai pensieri del loro signore, forse era un po’ inquietante che, nel mentre che davano sfoggio delle loro abilità di telepati, non mostrassero neanche una espressione facciale degna di nota, ma sull’ambito della professionalità erano impeccabili.

Dunque suo figlio si sposava di nuovo. Aveva finalmente messo da parte il suo lutto e aveva deciso di tornare a vivere, e questo francamente lo rendeva fiero del proprio ragazzo. Era anche curioso di conoscere la sposa, sul biglietto era solo citato il suo nome e basta, ma la sua curiosità stranamente non sfociava nella preoccupazione di avere a che fare con una truffatrice, anche perché suo figlio era un adulto e sapeva distinguere il bene dal male.

Si prospettava un viaggio decisamente interessante… ormai erano sei anni che mancava da casa, e se Robin lo aveva invitato all’evento voleva dire che in qualche modo gli era passato l’acido di stomaco accettando che il genitore si era ormai stabilito su Amazon pianta stabile.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Da circa due ore Kevin Mask si stava impegnando in una veloce sequenza di flessioni sul dito indice destro da lasciare abbastanza basiti il resto degli atleti presenti nella palestra dell’hotel Atlas.

Se nessuno l’aveva ancora avvicinato era perché quel vichingo in maschera di ferro sembrava particolarmente incazzato, tanto da emanare un’aura negativa che lo avvolgeva come un alone dorato.

– Ho come l’impressione che in questi due giorni il nostro carissimo Kevin abbia avuto qualche problema –

Il sarcasmo di Dik Dik van Dik venne decisamente capito dagli altri membri della League, notando che, nonostante le fasce mediche che gli avvolgevano il petto, il lottatore inglese cercava di mostrarsi il più possibile in salute senza fare nulla per nascondere il proprio stato di salute.

Erano sicuramente ancora ricercati dalla Corte per crimini che non avevano commesso benchè ora sembrava che i bersagli fossero altri, miss Jacqueline li aveva contattati ( sapeva dov’erano grazie a quella sciroccata di Alana ) dicendo che potevano stare un po’ “tranquilli” pur continuando a stare nell’anonimato, ma il Mask sembrava essersene fregato andando a mettersi in chissà quale casino. E se lui andava nei casini allora ci andavano TUTTI alla fine.

– Spero tanto per lui che non infili anche noi nei suoi problemi! Dannato teppista –

Terry Kenyon si appoggiò sulle corde tese del ring guardando il lottatore inglese che, nel frattempo che gli altri parlottavano, aveva quasi raggiunto la quota diecimila e sembrava essere intenzionato a non fermarsi li, nonostante stesse grondando sudore rischiando di riaprirsi ferite faticosamente richiuse da Alya in persona.

– Ja… magari è andato a farcirsi di wurstel in qualche vicolo buio –   

L’ovvia allusione del tedesco Jeager venne ben colta dai suoi compagni che si misero a sghignazzare come beoti, escluso il tricheco Wally che decisamente non capì l’allusione e borbottò qualcosa riguardo al fatto che mangiare troppi wurstel poi faceva troppo male al fegato.

La battuta venne comunque colta da Kevin Mask che, con i nervi a fior di pelle, decisamente non gradì l’allusione. Con uno slancio improvviso si lanciò sul ring saltando dal proprio dito indice e atterrando direttamente sopra il tedesco che, colto completamente alla sprovvista, cadde sul pavimento del ring a pancia all’aria con un ex D.m.P che lo osservava torreggiante con le braccia incrociate in petto e con un piede a premergli contro lo stomaco.

– Hm, io qui vedo solo un crucco buono a nulla che si diverte a riempirsi la pancia di aria e di salsicce – la battuta decisamente non piacque a nessuno, men che meno al diretto interessato – se tu fossi veramente forte quanto ti vanti allora non avresti avuto problemi a schivare un colpo simile –

Saltò appena in tempo prima che Jeager, con un ringhio, non lo affettasse con la mano intrisa del fuoco della Pioggia Rossa di Berlino e andando direttamente ad atterrare su un tendicorde nascondendo perfettamente il dolore che provava agli addominali.

Kevin aveva validi motivi per avere i nervi a fior di pelle a causa degli eventi che si stavano sommando uno sopra all’altro, oltre che al dolore delle ferite, e agli ovvi segreti che Lord Flash non gli riferiva adeguatamente preferendo restarsene in cameretta a giocare con l’altra ingrata, Emerald, sua complice in chissà quale piano. Se doveva pensarla così anche lui avrebbe tanto voluto “giocare” con la ragazza che gli piaceva e che aveva dovuto lasciare a Tokyo, ma sapeva che c’erano cose più importanti come ad esempio evitare che la propria famiglia venisse coinvolta in disastri epocali ( e in questo caso forse era anche un bene che Coco non l’avesse più seguito anche se un po’ gli dispiaceva ). E questi stupidi avevano pure il coraggio di scherzare? Aveva fatto un pessimo errore ad andare a sfogarsi in palestra, ma ora avrebbe dato una lezione a quegli sbruffoncelli.

– Imbecille! Vuoi forse finire all’ospedale come Kid Muscle?! –

L’americano tuonò quelle parole prima di andare alla carica e sfruttare le corde elasticizzate per darsi uno slancio deciso e saltare addosso a Kevin per colpirlo con un calcio doppio. Terry si riferiva al fatto che quell’imbecille di un kinniku, venendo a conoscenza di chi fosse la futura sposa di Robin Mask per bocca della stessa Jacqueline MacMadd, era scoppiato in una crisi di pianto che era culminata con una mega abbuffata di dolci che lo aveva costretto ad andare all’ospedale accompagnato da Check Mate e Meat.

L’attacco dell’americano era ottimo, e se non riuscì a colpire Kevin fu solo per un colpo di reni di quest’ultimo, nonostante vide le stelle nel farlo, che riuscì a spiccare un salto verso l’alto atterrando proprio sulle spalle di Wally Tusket restandosene in perfetto equilibrio.

– Woha! Ehi, Kevin – il lottatore di origini irlandesi si preoccupò per quel cambio di scena quasi comico – s-sta attento ho appena mangiato salmone fritto… urgh! –

Si scansò dal povero Tusket nell’esatto momento in cui Dik Dik, furioso, provò ad attaccarlo dall’alto finendo solo col travolgere il proprio compagno di squadra. Ma fu solo quando Kevin toccò nuovamente il pavimento della palestra che il dolore delle ferite si fece sentire chiaro e tendo portandolo quasi a inginocchiarsi, decretando così la sua quasi totale sconfitta.

– Che ti succede teppista? Troppa aria nella pancia?! – a rigor di logica a Jeager non piacque il modo in cui l’inglese si era preso gioco di lui, dandogli una spallata e portandolo così a cadere steso a terra con un grugnito.

Non perse poi tempo in chiacchiere, sedendosi sopra la sua schiena e tirandogli la testa con tutto l’intento di staccargliela. Ma ancor prima che gli altri potessero decretare che quello scontro si stava facendo troppo violento, perché in fin dei conti Kevin Mask era stato ferito gravemente da quel che si poteva giudicare, un fulmine nero li aggredì con una furia impressionante non risparmiando praticamente nessuno.

Un nemico quasi invisibile il loro, che riuscì a colpirli tutti al collo in un modo assai doloroso mettendoli quasi del tutto a K.O sfruttando in modo appropriato l’elemento sorpresa eccetto che per Jeager, coprendolo con la propria ombra e riuscendo a prenderlo per il colletto della divisa caricandoselo poi sulle spalle in una perfetta presa della Tower Bridge.

Un momento… l’ombra che li aveva assaltati stava utilizzando una tecnica della famiglia Mask?!

– Cosa… chi diavolo sei tu… uargh! –

Il tedesco Jeager cercò di liberarsi dalla presa ferrea di quello che sembrava essere una specie di motociclista vestito di pelle nera e borchie, ma i suoi tentativi sembravano essere inutili e ci pensò una esclamazione di sorpresa dettata da Wally Tusket che sembrava tra l’altro rispecchiare perfettamente il pensiero generale dei presenti.

– Aah! È… è il gemello malvagio di Kevin Mask!! –

Tutti erano davvero stupiti per quell’entrata in scena e lo straniero rise di gusto per quella esclamazione fatta con candida ingenuità. L’unico a non essere stupito ma, anzi, decisamente seccato da quell’intrusione era lo stesso figlio di Robin che si mise in piedi con un basso ringhio.

– Eh eh eh… preferisco considerarmi la versione riuscita meglio di mio cugino Kevin… ma ciò non… toglie… – e qui la voce dello straniero si incrinò mentre si preparava a lanciare in aria il proprio avversario – che non sopporto se uno della famiglia venga malmenato senza il mio consenso! Soprattutto se si tratta del mio cuginetto –

E qui riuscì a lanciare in alto Jeager che, grazie al tiro ben calibrato, atterrò proprio addosso ad un Terry Kenyon in procinto di rialzarsi.

– Kyle Mask… se credi che ti ringrazi per avermi “salvato” da questo branco di idioti hai decisamente sbagliato –

Sebbene affaticato a causa delle ferite, il ben più famoso Kevin Mask non era affatto contento di vedere il cugino più vecchio di lui di circa un anno. Bisognava però ammettere che tra i due le somiglianze erano a dir poco eccezionali… entrambi con i capelli biondi e lunghi ( Kyle però aveva delle ciocche rosse che gli scendevano di lato e nessuna penna a mo’ di orecchino ), entrambi con l’elmo ben calato in testa con la distinzione che quello di Kevin era blu e quello del cugino era nero e più “frastagliato” tanto da sembrare avere due ali di pipistrello ai lati, ed entrambi avevano decisamente l’aria da teppista ma quello di nome Kyle, con i suoi abiti di pelle nera pieno di borchie e il braccio destro volutamente lasciato scoperto in modo che si vedessero le molte rose tatuate sulla pelle bianca, decisamente aveva un incentivo in più. Neppure i loro “occhi”, sebbene simili, erano uguali… quelli di Kevin erano dorati, mentre quelli del cugino erano azzurri. Ma a parte questi dettagli era chiaro che non si sopportavano molto, tuttavia il Mask dall’elmo nero ridacchiò ancora.

– Eh, eh… sei ancora arrabbiato con me per quella volta che da bambini ti ho fregato la fidanzatina?! – incrociò le braccia in petto ignorando gli altri lottatori decisamente allibiti – oppure perché zio Robin si sposa… te lo sei dimenticato, testina?! È stato lui stesso a dirmi che alloggi in questo albergo tra l’altro –

Lo colpì sulla fronte con un paio di dita con l’intento di sbilanciarlo, e quel gesto parve dare l’idea che quel Kyle a differenza del cugino fosse un po’ più affabile per il drappello di wrestler che si era ormai ripreso dall’attacco.

– Questa poi – fece Terry grattandosi la testa – due Mask teppisti! E a me che non serviva neppure uno –

– Questo è quello che chiamo karma! Abbiamo provocato il primo e il secondo ci punisce per la nostra idiozia –

Il commento di un pessimistico van Dik decisamente non piacque ad uno Jeager ancora imbufalito per il trattamento ricevuto, ma venne prontamente bloccato a fatica da Wally che gli impedì così di dare una lezione ai due Mask.

Che senza fare una piega tra l’altro si erano messi a parlottare tra loro in un discorso un po’ testo soprattutto da parte di Kevin, a quanto pare poco grato che il parente lo avesse salvato.

– Mio padre avrebbe potuto risparmiarselo… – secondo il suo modesto parere c’era la possibilità che pure Kyle si ficcasse nei casini – quando sei arrivato qui?! –

– Direi questa mattina con un volo diretto da Edimburgo e pensa un po’?! Soggiorniamo nella magione dei Mask! A proposito, carina la tua “mammina”… se Robin schiatta presto hai fatto l’affare della tua vita, o in alternativa posso consolarla io –

A quel punto Kevin si avvicinò molto lentamente al cugino fino a che a distanziarli non ci furono che due centimetri scarsi intrisi di tensione omicida. Erano anni che non lo vedeva e aveva già voglia di spaccarli la faccia a suon di legnate! Dire tutte quelle eresie… lui! Il figlio maggiore di Elizabeth Mask, sorella di Robin Mask, nonché secondo in linea di successione nella dinastia di wrestler più nota di tutta l’Inghilterra.

– Stai lontano da Alya… – sibilò il lottatore ferito – e stai lontano da me finchè questo matrimonio non sarà concluso! –

Kyle da sotto la maschera sorrise. Era più o meno quello che sperava sua madre Elizabeth, che tutto quel “matrimonio” finisse così che se ne potessero tornare ad Edimburgo con lui e sua figlia Anna.

Non che tra Lizzie e Robin ci fossero stati degli attriti da portarli a litigare ferocemente in passato, non come tra padre e figlio per intenderci, ma non è che aveva digerito tanto bene l’idea di quel matrimonio tanto improvviso quanto inaspettato.

 

 

E glielo aveva ricordato mentre stava viaggiando sull’aereo che a breve l’avrebbe portata a Londra, mantenendo comunque un tono pacato sulla sua perplessità ad un evento così importante.

“Non voglio contestarti il fatto che ti sposi con una perfetta sconosciuta, caro il mio fratello” e se il tono freddo non aiutava neanche le sue stesse parole lo facevano “ma credo che sarebbe stato più opportuno aspettare di conoscerla un po’ meglio?! Di solito il matrimonio è un passo che si fa dopo un fidanzamento…”

“Di solito. Così come di solito si fanno nascere i figli all’interno di un matrimonio e non  certo con due partner differenti”

era ovvia l’allusione riferita a Kyle e Anna che, rispettivamente di 20 e 12 anni, al momento stavano giocando accanto a lei ignari di quella chiacchierata spinosa. In quel momento il fratello maggiore stava cercando di “colpire” con un piede la testa della sorella, ovviamente senza farle del male, che prontamente si scansava di lato ridacchiando divertita.

Elizabeth roteò gli occhi spazientita per una polemica difficilmente digerita da suo fratello Robin, così dannatamente tradizionalista come lo era stato il loro nonno Robin Grande. E la donna con quel vecchio scorbutico ci aveva litigato spesso in passato, tanto da lasciare Londra per andare a vivere ad Edimburgo e vivere due relazioni, finite  non molto bene in effetti, che avevano lasciato i loro frutti.

Ma nonostante tutto li aveva educati come dei Mask, grazie anche all’appoggio di suo padre Knight Robin, e anche se Kyle non faceva ancora parte della League prima o poi era sicura che avrebbe preso una decisione a riguardo.

“Non stiamo parlando di me, caro fratello, ma di te! La mia è una preoccupazione logica visto che non ti sei neppure premurato di…”

“Quando giungerete qui, allora saprete. Sarà un giorno importante per tutti i Mask” e questo la donna non lo metteva in dubbio “nonno si sbagliava Lizzie, ma capirai quando vedrai”

Su per li non aveva capito a cosa Robin si riferisse, ma una volta giunta nella vecchia magione dove era cresciuta aveva potuto fare la conoscenza con la futura sposa di suo fratello rimanendo alquanto stupita che prendesse in sposa una Deva.

“Ma come… non eri allergico alle Deva?!” la battuta ebbe il potere di metterlo in imbarazzo, ma non quanto la seria risposta di Alya che portò tra l’altro Kyle a ridacchiare silenziosamente.

“Credo esistano svariati modi per curare una allergia… e mi sembra che Robin apprezzi provarli tutti”

 

Quell’Alya Nikolaevna Kalinina aveva fatto una tiepida impressione in Elizabeth, ma per il resto sembrava essere a posto se pure Kevin Mask l’aveva accettata in famiglia. Inoltre, certe battute Kyle le tirava fuori per far incazzare il cugino, non tanto perché pensava realmente che una volta divenuta vedova quella donna sarebbe passata in mano al Mask più giovane.

Un giovanotto che tra l’altro decise di tornarsene in camera propria per darsi una lavata e vedere se il proprio allenatore avesse finito la sua “importante” discussione con “mamma”, perché onestamente parlando di avere la pulce nell’orecchio non era affatto una bella cosa e aveva solo il potere di renderlo più irrequieto.

 

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Si svegliò solo quando il fumo di sigaretta non raggiunse i suoi sensori olfattivi.

La stanza era in penombra a causa delle tende che oscuravano le finestre, e oltre al fumo di nicotina che aleggiava nell’aria si poteva chiaramente sentire l’odore emesso chimicamente da due corpi che per quasi due ore si erano avvinghiati a vicenda come viticci pericolosi.

Emettendo un basso lamento appena udibile, Warsman voltò la testa per osservare Emerald Lancaster, sdraiata a pancia in giù e con un lenzuolo a coprirle solo una parte del corpo ancora nudo, intenta a fumarsi una sigaretta guardando distrattamente il cellulare senza notare che il compagno si era appena ridestato.

Lentamente l’ex lottatore decise di far notare la propria presenza alla ragazza andando ad accarezzarle delicatamente la schiena nuda con le nocche della mano sinistra, ottenendo in risposta una sbuffata di fumo direttamente in faccia.

– Tzk… ti cadranno le labbra se continui a fumare –

– A te invece cadrà qualcos’altro uno di questi giorni… sai, con l’età… il troppo movimento

Finissima come sempre eppure al momento non aveva decisamente voglia di incazzarsi con lei, limitandosi a borbottare un – morirei felice, allora – prima di mettersi a sedere e indossare nuovamente la propria maschera. Ma il gesto parve non piacere molto alla giovane donna.

– Cazzo, Nikolai! Potresti aspettare un attimo prima di indossarla?! Siamo io e te! Non io e te e l’intero mondo a guardarci! Non sei una prostituta che ha appena finito di fare la prestazione e torna di nuovo a battere –

Era assurdo, quasi ridicolo, che ad Emerald non andasse a genio che il russo sentisse l’esigenza di coprirsi il volto con una urgenza che in fin dei conti era del tutto spiegabile. Lo prendeva in giro per tante cose ma per quella sua faccia mostruosa decisamente no… era la sua faccia del resto, ci era nato con quella e mettersi a prenderlo per il culo per una cosa seria come quella sarebbe stato come commettere una vigliaccata bella e buona. Certo, non era raro che lo prendesse in giro dandogli del chiappe mosce, sorcio psicotico, vecchio porcello ( a breve sarebbe diventato “nonno porcello” ), ma era una cosa differente che denigrarlo per un qualcosa di VERO che aveva.

Warsman, o Lord Flash per dir si voglia, desistette un po’ prima di indossare la maschera integrale del suo alter ego. Passandosi una mano tra gli ispidi capelli biondo cenere prima di sbuffare seccato indossandosela comunque, attirandosi così uno scappellotto sulla spalla da parte di una Emerald ora anche lei seduta sul letto.

– Ouch! Sei manesca, Emerald! Dannata puttanella… –

– E tu mai ad ascoltarmi! Ah… lasciamo perdere, sarebbe inutile –

A dire la verità suonava più come un “non litighiamo per piacere, non dopo tutto quel che è successo” visto come la ragazza cercava di non far incrinare la voce per l’emozione, e nonostante il principio di nervosismo che gli venne per quel mezzo litigio che poteva preannunciarsi epico capì che non era il caso di iniziare come al solito erano dediti a fare.

– Sono felice, sai? –

– Hm?! –

– Sono felice che Kevin stia bene… che stiamo tutti bene – puntualizzò, visto che anche lo stesso Flash e Connors stavano bene – Anche se all’inizio non mi immaginavo che sarebbe stato così pericoloso –

Cavoli, Emerald aveva tirato fuori un discorso ancor più deprimente di quello della maschera, portandolo per questo a sospirare pesantemente. E francamente Lord Flash non è che avesse molta voglia di affrontare l’argomento, concordando con lei sul fatto di essere sollevati per Kevin, anche perché aveva il potere di farlo sentire una merda in tutti i sensi per il modo in cui la sua super-mega-arci-nemica aveva rischiato la vita e non certo per mano sua.

– Ti avevo avvertito dei pericoli Hammy, potevi rifiutare ma hai voluto comunque aiutarci – si alzò in piedi sentendo il cellulare vibrare per l’arrivo di un nuovo messaggio, avvicinandosi al comò dove era stato buttata anche la sua giacca mentre si stavano “dando da fare” – ma con le risorse che ha comunque tuo padre dovrebbe essersi già sbarazzato di quella donna… –

A sorpresa la ragazza scosse la testa guardando altrove in un punto non precisato della stanza – no… mio padre l’ha catturata viva per poterla interrogare e studiare. È strano, non è che mi importi della sua sorte e se muore chissenefrega – si alzò in piedi prendendo un elastico per capelli dal comodino sistemandosi al meglio i lunghi capelli neri – ma non mi sembrava… così malvagia, ecco! Mi ha pure aiutato ad uscire da quella trappola infuocata –

Lord Flash roteò gli occhi spazientito senza però emettere nessun suono. Un nemico come quello andava fatto fuori nell’immediato, e se era una cortigiana andava fatta sparire proprio, ma tanto poteva stare sereno perché se la sarebbe vista Howard contro un mostro assetato di sangue… a lui bastava che il suo pupillo fosse al sicuro e non ci fossero ripercussioni verso sua figlia.

– Beh, almeno questa tizia ha spiegato qualcosa del perché ci ha attaccati? È una cortigiana? Una terrorista chojiin?! –

Lasciò perdere il messaggio al cellulare e, continuando a restarsene nudo, osservò Emerald rivestirsi approssimativamente prima di andare a farsi una doccia. La giovane si limitò a fare spallucce, rimettendosi l’intimo ripescato in fondo al letto.

– No, papà ha detto che non parla e si limita a stare in silenzio anche con gli interrogatori più lunghi – ossia leggasi “torture” secondo Flash – l’unica cosa è sulla spalla destra… ha un numero 20 tatuato segnato con una X. Magari è il conteggio di tutti quelli che hanno rifiutato di andare a letto con lei… –

– Oppure che faceva parte di qualche squadra chojiin… ah, maledizione! – alla fine si decise a leggere il messaggio sul cellulare e bastò a fargli dimenticare il discorso appena iniziato – Kevin vuole parlare con me tra mezz’ora. Credo che inizi a sospettare della mia identità maledizione… si chiederà perché tu sei qui e non in “Brasile” come hai voluto far credere –

– Saranno affari miei? E comunque basta che gli dici che io e “Warsman” – e qui mimò il segno delle virgolette con le dita – abbiamo litigato all’ultimo minuto e… –

– E secondo te ci cred… AH!! –

Lo schiaffo alla chiappa sinistra decisamente non se lo aspettò, e fu così doloroso da portarlo ad emettere un grido così acuto che solo quello fece ridere come una beota la stessa Lancaster.

– Ah ah ah! No scusa ma… dai! con le chiappe al vento era una tentazione troppo forte!! Me l’hai servita su un piatto d’argento!! Wuhahaha! –

– Vedi te cosa ti servo ora! Dannata stronza! –

Fece per prendere il primo soprammobile a portata di mano, un delfino di ceramica posta sopra il comò, facendo per lanciarlo nella sua direzione con tutta la forza che aveva in corpo incurante di quali conseguenze avrebbe potuto avere. Si bloccò quando la giovane gli mostrò una foto sul cellulare, mettendogliela praticamente sotto il naso, mostrante un completo di lingerie di pizzo nero e verde tanto elegante quanto sensuale.

– Questo… che significa?! –

– Ma non è ovvio? – lo sguardo di Hammy si fece più furbo e i suoi occhi verdi divennero quasi inquietanti – questo sarà il completo che indosserò durante l’addio al celibato del caro Robbie Mask… e tu mi darai una mano ad organizzarlo! –

– Non penso che il mio vecchio maestro voglia fare una cosa del genere… – sapeva che avrebbe invitato tutti i vecchi colleghi della Muscle League la sera prima del fatidico giorno, questo gliela aveva detto durante la chiacchierata nello studio una volta che si erano calmati, ma fare baldoria in senso vero non era da lui – e francamente non sembra una cosa che abbia decenza! –

Emerald rise, di puro gusto con quella sua risata beota, rimettendo via il cellulare per avviarsi verso il bagno – ha parlato quello che non si è ancora messo le mutande addosso! e poi… dai! Non dirmi che non vuoi “vendicarti” di Robin Mask per quello che ha fatto alla tua preziooosa bambina! –

A dire la verità la Lancaster non è che avesse tutti i torti, prendersi una piccola rivincita per un fatto che ancora faticava a digerire decisamente non gli dispiaceva. E se poi era Emerald stessa a pensare certe cose poteva star certo che sarebbe stato qualcosa di tanto imbarazzante quanto epico.

Per tal motivo decise di accontentarla con un grugnito… e decidendo, nel mentre che si infilava nella doccia tutta contenta, che forse farle lo scherzetto del “apri il rubinetto del lavandino al momento buono” non sarebbe stata affatto una cattiva idea!

 

 

Il capo di lingerie che Hammy vorrebbe indossare è questo: https://24.media.tumblr.com/23b86b09548910537fa24bdb45124c11/tumblr_mjrl0mjUBc1roq65vo1_500.jpg

Per il resto… si sta riempiendo di Mask, e da qui il titolo “la masquerade”, oltre che di possibili casini futuri come se non ce ne fossero già abbastanza!

Ps: se vi va di creare anche voi delle Deva che infoltiscano il piccolo gruppo di terroriste che ho già creato ben venga :D creare personaggi con super poteri al momento mi è un po’ difficile e se volete prendere la mia proposta come una sorta di “contest” allora ok…

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Capitolo 15
*** un mare di sospetti! ***


Cosa doveva dire? Come doveva comportarsi?

Francamente parlando, Meat di situazioni difficili ne aveva vissute parecchie prima con Suguru e poi con suo figlio Kid, ma mai a trovarsi così, in una sala per gli interrogatori da qualche parte in Inghilterra!

Per carità divina, era stato trattato abbastanza bene dopo lo spaventoso attacco subito al cantiere dell’ospedale, eccetto di essere preso di peso assieme al suo allievo e Check Mate dai soliti tizi armati che ormai a momenti non li salutavano per nome e caricati su di un furgoncino dai vetri oscurati, ma trovarsi a rispondere alle domande di uno tra i chojin più spietati di sempre… faceva il suo effetto.

– Signor Meat, so che questa è una situazione alquanto spiacevole e me ne scuso – Howard Lancaster era un uomo impeccabile nel suo completo bianco ( con stranamente un fazzoletto grigio nel taschino che “stonava” un po’ col resto ), ma non per questo il piccolo kinniku si sentiva tranquillo – ma si tratta di una situazione delicata e avrei bisogno della vostra collaborazione –

Il piccolo Meat annuì in modo teso, cercando di mettersi comodo sullo sgabello di metallo. Ciò che gli passò per la mente era però una cosa fondamentale: essere completamente onesti con mister Lancaster oppure non approfondire certi dettagli per non mettere tutti in eventuali altri pericoli? In ogni caso comunque non gli avrebbe mentito, ma avrebbe cercato di tenere lontano dai guai il suo ragazzo e gli altri.

– Si… certo. Posso capire che voglia il mio aiuto, mister Lancaster… ma non vi sembra un tantino eccessivo? –

– Mai eccessivo come gli attacchi che si sono susseguiti in questi giorni direi. Si, non è stato il primo… e se non fosse stato che mia figlia Emerald ci è entrata in mezzo, grazie al cielo senza subire danni, molto probabilmente non avrei prestato attenzione a tutto questo –

osservò attentamente il kinniku e notò perfettamente la sua espressione preoccupata. Come aveva citato Michael Connors quelli della Muscle League erano implicati con gentaglia poco raccomandabile che trafficava sabbia rossa, e sebbene lui non ne facesse più parte poteva essere un futuro bersaglio assieme alla propria famiglia.

– Dobbiamo molto a vostra figlia, senza di lei molto probabilmente non saremmo riusciti a fuggire dal Giappone –

– Dunque è vero che la Corte vi sta dando la caccia per via di una scimmia che spaccia sostanze dopanti? E vi hanno rintracciato tramite i chip inseriti sotto cute? –

– Si… una prevenzione della Muscle League – fece con mezzo sarcasmo lo stesso Meat – credono che c’entriamo qualcosa con il loro caso ma hanno preso un abbaglio. Noi non sapevamo che quella scimmietta fosse il loro obiettivo –   

– E della donna che vi ha attaccato? Purtroppo ci è sfuggita, ma il suo modus operandi non sembrava molto… “legale” –

“neppure il tuo” pensò intimamente Meat, ma tenne quelle considerazioni per se, così come tenne per se la domanda riguardante a cosa fosse successo ad Emerald… anche se l’ultima volta che l’aveva vista sembrava stare bene, poco prima che fosse costretto a portare Kid all’ospedale.

– Io… ho il brutto presentimento che quella Deva sia l’altra parte della torta. Probabilmente è una Akuma Chojin e starà architettando qualcosa… –  

– E la Muscle League suppongo che vi ha consigliato di rimanere tranquilli per un po’, giusto? – Era un uomo intelligente e Meat doveva riconoscerlo – piuttosto, sai riconoscere questa donna? Temiamo possa essere implicata nella vicenda anche se in modo non molto chiaro –

Da una tasca interna della giacca estrasse un paio di foto riguardanti una figura piuttosto nota al kinniku e agli altri lottatori. Miss Alana era inconfondibile con il suo sguardo storto ( le sue pupille guardavano verso le estremità esterne degli occhi ) e la sua totale espressione indifferente.

– Lei se non ricordo male è miss Alana… era una delle dottoresse della Muscle League, ma non è che fosse propriamente piena di senno! –

– Però mi risulta che vi abbia aiutato in qualche modo, estraendovi i chip e inserendoli poi nei miei agenti… non è esattamente un lavoro da Muscle League –

– Questa notizia mi giunge nuova – l’allenatore di Kid deglutì, ma parve sincero agli occhi di Lancaster – forse è stato un suo modo per sviare le indagini su di noi, sebbene lo ritengo piuttosto sconcertante e… –

– Piuttosto affidabile. Se voleva inquinare le prove ce l’ha proprio fatta, direi… ma dopo tutto quello che è successo forse anche lei non fa parte della giusta barricata –

Aggiunse il nobiluomo, prendendo dall’interno della giacca un’altra foto e passandola sul tavolo di metallo di fronte a Meat. Alla vista di quella nuova immagine il piccolo allenatore rimase stupito di vedere una insolita miss Alana parlare in modo gioviale con, un po’ reticente a dire il vero, Lord Flash.

Da come li aveva visti sotto quel ponte a Tokyo, non sembravano essere vecchi conoscenti come sembravano esserlo in quella foto rubata, ma piuttosto gli era sembrato che avessero collaborato per un fine comune… che diavolo nascondeva quel misterioso allenatore? Che quei due fossero in realtà qualcos’altro che semplici alleati momentanei?

Che fossero invece implicati in tutta quella terribile faccenda?? No… non poteva essere e sebbene non lo conoscesse molto bene, Lord Flash non gli dava l’impressione di uno che avrebbe messo nei guai il suo pupillo Kevin.

– Hm, è strano tutto questo, ma se posso dire la mia non penso che Lord Flash metterebbe nei pasticci Kevin Mask ora che è in gioco la Corona Chojiin –

– Non si può mai dire, signor Meat… quest’uomo è una novità all’interno della IWF e sembra non avere un passato –  “e non mi piace che giri attorno a mia figlia” visto che gli addetti dell’albergo Atlas gli avevano riferito che sua figlia sembrava parlare molto con suddetto individuo portandoselo dietro a fare shopping… senza contare che, sparito Warsman, era apparso magicamente lui sebbene la sua Hammy non avesse detto nulla a riguardo – e guarda caso si trova spesso e volentieri in strane situazioni con gente altrettanto strana. Le chiedo solo di stare allerta e di riferirmi ogni singolo episodio strano che noterete al numero che vi verrà fornito dai miei agenti –

– Mi sembra che la stiate prendendo troppo sul personale, mister Lancaster – si lasciò sfuggire coraggiosamente il kinniku – non sarebbe il caso di chiamare la polizia? –

Lo sguardo da predatore, assolutamente spaventoso persino per uno come Meat, che apparve negli occhi smeraldini del gentiluomo lo dissuasero dal proseguire su quella ragionevole linea.

– Signor Meat, diventa una faccenda molto personale se ad essere attaccata è la mia famiglia… e nello specifico mia figlia. Rientri pure all’hotel Atlas e non si preoccupi per le spese di vitto e alloggio, siete miei ospiti –

E a quel punto quella fredda chiacchierata si poteva definire conclusa.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Kevin Mask si sentiva un po’ un idiota.

Dopo essere stato curato dalla Kalinina era partito subito senza salutare nessuno, neppure il padre, e senza nemmeno essere andato a trovare sua madre.

Alisa Mackintosh era stata seppellita nel piccolo cimitero di famiglia nella tenuta dei Mask, un luogo tranquillo e poco distante dalla villa e dal luogo in cui si sarebbero celebrate le nozze, e quando era piccolo quello era il primo luogo dove andava a rifugiarsi dopo una pessima giornata spesa a discutere con suo padre.

Aveva disertato quel posto per troppo tempo, e da giorni la sua coscienza, in particolare da quando era tornato in Inghilterra, gli aveva imposto con ferocia di andare a visitarla quantomeno una volta. Ed ora dunque eccolo li, in un pomeriggio tranquillo e soleggiato ad osservare con le mani nelle tasche dell’impermeabile la lapide bianca decorata con rose e con inciso sopra il nome di sua madre.

Archie l’aveva sempre mantenuta in ordine, così come le altre dei membri della famiglia Mask, ma per quella donna aveva sempre riservato una attenzione particolare più che alle altre tombe.

Avrebbe voluto dirle un sacco di cose… che suo padre Robin si risposava, che la futura matrigna non gli dispiaceva poi tanto, che era interessato ad una ragazza irlandese e che era ricercato dalla Corte per crimini che non aveva commesso. E invece che parlarle come faceva da bambino, si limitò ad un basso sospiro, rendendosi comunque conto che, poco più avanti, stavano facendo un po’ troppo rumore per costruire il palco in cui si sarebbe svolta la cerimonia oltre a quello per i presentatori dell’evento.

Già i presentatori! Quelli della IWF si erano presentati giusto l’altro ieri e suo padre aveva fatto una sfuriata colossale con Vance MacMadd e famiglia. Per fortuna sua e degli uomini della famiglia MacMadd a prendere le redini del discorso ci aveva pensato Jacqueline che, notando che Robin Mask sembrava non sapere nulla di allusivi problemi all’interno della lega, di tipo letali anche per suo figlio, aveva puntato sulla carenza di fondi della League e sulla cospicua somma che anche il gentiluomo avrebbe ottenuto a fine show.

Robin Mask aveva alla fine accettato con una certa reticenza l’accordo, ripromettendosi di parlarne con la sua futura sposa anche se Alya stessa alla fine non avrebbe avuto molto da obiettare se i suoi vecchi datori di lavoro volevano celebrare così l’evento.

Piuttosto, ora Kevin Mask gli sembrava di sentire il rombo di motore di una motocicletta e i versi risentiti di alcuni operai che stavano lavorando in zona… che diavolo stava succedendo?

 

– Vai così, fratellone! Più veloce! Più velocee!! –

– Tieniti forte, piccola peste! Preparati per effettuare il “volo dell’angelo”! –

L’origine di tutti quei disordini era, manco a farlo apposta, Kyle Mask con la sua biondissima sorellina Anna inginocchiata sopra le sue spalle e con le braccia aperte come a mimare un angelo caduto dal cielo… nel mentre che il giovanotto vestito da motociclista andava a velocità folle a bordo di una motocicletta di proprietà di suo zio, scansando gli operai kinniku che stavano lavorando alle piattaforme che avrebbero ospitato il ricevimento.

Da dentro la villa nel frattempo, seduti ad un tavolino a sorseggiare del tè, Robin Mask scosse lentamente la testa osservando dalle grandi vetrate suo nipote fare il finimondo tra gli operai e i tecnici televisivi.

– Tuo figlio è un teppista, Lizzie – bevve un sorso di tè caldo, e osservò severamente la propria sorella, impeccabile nel suo semplice abito in stile vittoriano, che non fece una piega – con tutti quei tatuaggi, le borchie… per non parlare del modo in cui sta esponendo ai pericoli Anna! –

– A dire la verità quei due si stanno allenando… li ho cresciuti come due Mask e li ho addestrati alle tecniche di famiglia – sospirò leggermente, osservando i suoi due piccoli divertirsi e venire inseguiti da alcuni tecnici – che poi Kyle è quello che ha sofferto di più per le mie discutibili scelte è un dato che almeno io, a differenza tua, non nego ma non lo obbligo certo a seguire dei preconcetti ormai antichi –

– No, infatti sta venendo su senza regole! –

– Le regole mio figlio le conosce, proprio come Kevin – i suoi occhi si fecero più duri notando che il fratello aveva alzato la voce – sa quando dosare le provocazioni, e sa quando è il caso di non mettere la propria sorella nei pasticci… a me basta e avanza, e nonostante tutto abbiamo un buon rapporto –

Questo era vero, non gli stava mentendo anche se la separazione dei genitori non l’aveva vissuta benissimo men che meno la decisione di sua madre di mettersi con un uomo che non gli piaceva e che sarebbe stato poi il padre di sua sorella. Kyle aveva iniziato ad essere meno irrequieto ed anarchico dopo la nascita di Anna, prendendosi cura di lei a modo suo anche dopo che il patrigno li aveva abbandonati, ma non prima di aver fatto a botte col figlio acquisito, e volendole bene a modo suo sebbene fosse un tipo di amore fraterno alquanto singolare. Ma ci voleva ben altro per far del male ad Anna, e questo Elizabeth lo sapeva bene.

– Beh, ti consolerà sapere che anche Kevin sembra intenzionato a darsi una calmata… e pensa un po’, è in corsa per la Corona Chojin! –

Lo disse con una nota fiera nella voce, e la sorella inarcò un sopracciglio notando che Robin, con tutta probabilità, lo aveva detto per suscitarle una lieve invidia al fatto che Kyle ancora non aspirava ad un titolo tanto venerato dai Mask. Ma come aveva avuto già modo di dire al proprio cocciuto fratello, suo figlio avrebbe intrapreso quella strada solo quando lo avrebbe deciso lui… e ora, guardando fuori dalla grande finestra, le sembrava che Kyle fosse più concentrato a far vivere una infanzia serena ad Anna piuttosto che seguire i sogni degli adulti.

– Sono sicura che Kevin saprà essere all’altezza della situazione, fratello mio –

 

– Kyle, hai puntato la rossa… vero? –

Anna, ancora sulle spalle del fratello che andava a 150 all’ora in uno spazio piuttosto popolato di personale, ridacchiò furbetta notando che il fratello si lasciò andare ad un suono di consenso nel mentre che squadrava intensamente una Jacqueline MacMadd intenta a dare ordini ad alcuni tecnici del suono.

– Precisamente, piccola peste… preparati a saltare, lo show  ha inizio! –

Quello fu come lo sparo d’inizio per un maratoneta, alle orecchie della ragazzina. E calibrando con esperienza il lungo salto che doveva fare si dette la giusta spinta per saltare dalle spalle del fratello e letteralmente volare in aria con un grido divertito.

Jackie non si accorse in tempo del lampo biondo che gli stava passando sopra, e quando fece per voltarsi in direzione di tutto quel trambusto avvertì solo che la sua cresta ornamentale era stata strappata via. Da anni sul pianeta kinniku era caduta sempre più in disuso l’usanza di indossare quelle orribili maschere da luchadores preferendo solo alcune sue componenti personalizzabili, come ad esempio la cresta che Jacqueline aveva ornato di gioielli, ma anche se si trattavano solo di piccole parti perderle era qualcosa di assolutamente indicibile. Anche per una MacMadd.

– La mia cresta!! – tuonò la donna in direzione della ragazzina che stava fuggendo con il suo prezioso ornamento – che cosa aspettate, razza di idioti?! Andate a riprenderla! –

I suoi sottoposti tuttavia non fecero in tempo ad ubbidire che Kyle Mask tagliò loro la strada sterzando di colpo sulla stradina ghiaiosa.

– Sono davvero dispiaciuto, miss… Jacqueline, giusto? – il tono del giovane sembrava davvero mortificato per l’accaduto, ma la donna si limitò ad incrociare le braccia in petto –gliela recupero subito! Alle volte mia sorella è una autentica peste! –

– Fai meno il santarellino… ho visto che tu e quella ragazzina siete in combutta – Jacqueline non era affatto una donna stupida, e questo al ragazzo decisamente piaceva – va a riprenderla immediatamente e forse potrei anche chiudere un occhio sul vostro comportamento scellerato… –

– Tipo uscire con me stasera? –

Aggiunse Kyle, con tono complice e al contempo strafottente. Ma la ragazza non rispose, limitandosi a guardarlo severamente mentre ripartiva a razzo e solo dopo si concedette un sorrisetto divertito perché in fin dei conti quel tipo di approccio non le dispiaceva neanche un po’. E poi era di un Mask che si parlava, per giunta pure carino, quindi ci si poteva passare sopra alla sua indole teppista.

Ma se per Jacqueline MacMadd quel ragazzo stuzzicava il suo interesse, di altro parere era Kevin Mask che, di piantagrane, in casa propria non ne voleva affatto.

Sebbene Anna fosse veloce nella corsa, nonostante l’abito lungo che le arrivava quasi alle caviglie, non riuscì a sfuggire alla presa ferrea del cugino che l’agguantò per la vita mettendosela sotto braccio come se fosse stata un tappeto arrotolato. Strappandole poi di mano l’ornamento della MacMadd iniziando ad andarle incontro.

– Ah! Kevin, sei un guastafeste! Stavamo giocando! – protestò la bambina, cercando di liberarsi inutilmente.

– Il gioco è bello quando dura poco, e tu e tuo fratello stavate decisamente giocando troppo a lungo! –

Quelle parole decisamente non piacquero a Kyle, così come non gli piaceva neanche un po’ che la sua sorellina venisse interrotta nei propri giochi, quindi fu sibilando un “da che pulpito viene la predica” che dette gas alla motocicletta con tutto l’intento di speronare quel mezzo teppista di suo cugino.

I suoi occhi azzurri mandarono scintille quando incontrarono quelli dorati di Kevin, che decisamente non si scompose vedendoselo arrivare a tutto gas ma, anzi, calcolò bene i tempi per dare un calcio ad un sasso particolarmente grosso facendolo andare addosso alla ruota anteriore della Ducati nera pece.

Il mezzo a due ruote si impennò furiosamente, e Kyle avrebbe sicuramente perso il controllo andando a sbattere da qualche parte se non fosse stato tanto agile da saltare giusto in tempo e, con un salto carpiato, finire alle spalle di un Kevin Mask incurante di una moto sfasciata contro un albero e di una bimbetta che ancora scalciava come una forsennata. Il suo cammino verso una entusiasta Jacqueline si fermò quando fu costretto ad abbassarsi per evitare un calcio rotante del cugino, segno evidente che i riflessi di Kevin erano assai buoni anche dopo l’incidente.  

– Mi raccomando! Riprendi tutto! – fece la donna dai folti capelli rossi ad un intimorito cameraman – questo combattimento dietro le quinte ci farà guadagnare parecchi soldi… e le signore avranno di che rifarsi gli occhi vedendo due Mask combattere! –

Il combattimento in questione andava un po’ per le lunghe anche a causa delle mani impegnate di Kevin che poteva unicamente schivare i colpi di un infuriato cugino. Fu solo effettuando un salto ben calibrato il più vicino a quel drappello di kinniku scansafatiche che l’inglese riuscì a liberarsi della sua noiosa zavorra.

– Eh tu! – fece lui, rivolgendosi ad una MacMadd quasi sull’attenti – questo era tuo vero? Riprenditelo! –

Con un lancio perfetto le riconsegnò la tanto agognata cresta ornamentale che prontamente decise subito di indossare, mentre ad uno sventurato operaio kinniku accanto a lei toccò prendere al volo una ragazzina urlante senza la grazia della MacMadd nell’aver raccolto il proprio ornamento.

– Dagliele, Kyle! Fagli vedere chi sei a quel prepotente! –

Esclamò Anna ancora tra le braccia del proprio “salvatore” piuttosto reticente a tenersela appiccicata, mentre Jacqueline osservava con una certa intensità l’epico scontro che si preannunciava decisamente violento.

– Tzk, tua sorella dovrebbe imparare a lavarsi la bocca prima di parlare… e tu invece dovresti ricordarti che sei ospite di mio padre! –

– Tu invece sei quello bravo e buono che invece di affrontare i problemi te la sei data a gambe da bravo codardo… – il cugino sapeva che Kevin all’età di 8 anni era scappato di casa, mentre lui a quell’età aveva dato una lezione al suo di padre, decisamente troppo propenso ad andare a donne  – fai a meno di fare il bravo ragazzo, Kevin! Perché decisamente qui sei quello che meno dovrebbe stare in questa tenuta… eh, eh! –

Le intenzioni di Kyle Mask erano tutte di provocare il cugino invitandolo apertamente a commettere degli errori di distrazione nel rimembrargli velatamente quella sua adesione volontaria ai d.m.p, ma tutto sommato il giovane riuscì a tenere i nervi saldi a sufficienza per sferrare il primo attacco.

Kevin Mask attaccò velocemente il cugino non lasciandogli scampo, lanciandosi velocemente su di lui e stampando le proprie nocche sul volto dell’odiato parente.

– Ha parlato il buffone che all’età di venti anni suonati continua a fare il moccioso anziché pensare al proprio futuro – seguì un’altra raffica di pugni senza lasciargli il tempo di reagire – invece che mettere la testa a posto pensi solo a fare l’imbecille! –

Kyle fu quasi sul punto di cadere a terra, ma velocemente si appoggiò con le mani sulla strada ghiaiosa dandosi la spinta necessaria per colpire il cugino in pieno ventre con ambo i piedi. Kevin avvertì il colpo per forza di cose, preso in pieno sulle ferite tra l’altro, andando per questo a rotolare sull’erba cercando di mettersi in piedi velocemente.

– Si, forse hai ragione – il pseudo motociclista aveva incassato con nervosismo quelle parole, andando a togliersi via la giacca di pelle rimanendo così a petto nudo – sono piuttosto infantile quando mi ci metto… ma perlomeno io non ho mai sputato sul nome della mia stessa famiglia e anzi… tu guarda un po’ piuttosto che separarmi da mia sorella preferisco aspettare dignitosamente che lei cresca prima di unirmi alla Muscle League –

– Stai tranquillo – fece Kevin, togliendosi via l’impermeabile e rimanendo in t-shirt – chi infanga il buon nome della famiglia per ben due volte di fila non sono certo io… –

Ok, aveva detto una bastardata bella e buona dando praticamente della zoccola a sua zia Elizabeth, cosa assolutamente che non pensava, ma era stata dettata unicamente per provocare quell’imbecille di suo cugino. Cosa perfettamente riuscita visto che il giovanotto dalle molte rose tatuate, una rosa per ogni ragazza conquistata come si vantava spesso e volentieri di raccontare ( al contrario della tela di ragno tatuata sulla schiena di Kevin che raffigurava i suoi nemici caduti in battaglia ), non tardò ad attaccarlo con un ringhio furioso.

Lo placcò a terra dando inizio ad uno scontro piuttosto violento tra i due Mask degnamente ripreso dal cameraman di Jacqueline MacMadd, quest’ultima sempre più entusiasta per quella violenza tra consanguinei tanto da rimpiangere di non avere pure un microfono per poter commentare quello sfacelo di corpi che si colpivano con una violenza tale da lacerarsi i vestiti e le carni.

– È così che dovrebbe essere un combattimento come si deve! – esclamò con entusiasmo mettendo quasi timore al suo staff – Sangue! Violenza! L’odore pungente di sudore che si mescola assieme a tutto questo portandoti di impulso a voler vomitare! Questo è senza dubbio… ehi! Un momento! Che diavolo succede adesso?! –

Lo stupore di Jacqueline, ma anche di Anna e del resto dei presenti, fu piuttosto logico vista la violenza con cui i due cugini, ad un certo punto, si dettero reciprocamente un pugno in pieno volto tanto forte da far volare via gli elmi di dosso.

E se Kevin Mask mostrava una frangia piuttosto lunga e una barbetta un po’ incolta, Kyle si mostrava con lineamenti più delicati e del tutto sbarbato nonostante la furia bruciasse nei suoi occhi scuri come quelli della madre.

Ci fu un momento di stallo tra i due cugini, grondanti di sudore e sangue e con il rumore del loro fiato corto a riempire l’ambiente silenzioso, prima che con un basso ringhio tornassero a colpirsi con violenza inaudita in una lotta in stile greco-romana che tanto stava incantando la MacMadd.

– Se vi baciate appendo la vostra gigantografia in cameretta… – mormorò lei, guardando con occhi sgranati i due e torcendosi tra le dita una ciocca di capelli.

E sebbene avesse solo sussurrato quel pensiero “a voce alta”, venne comunque sentita da chi le stava attorno portandola per questo ad arrossire per l’imbarazzo.

– Tu sei strana! – fece schifata la piccola Anna, ma non fu quel commento strano a bloccare i due, quanto l’intervento dello stesso Robin Mask dopo aver notato che razza di casino stessero combinando i due.

– Per Dio! Come osate comportarvi così?! Smettetela immediatamente! –

Nonostante l’età ormai non più florida Robin Mask se la cavava nei momenti di pericolo, ed ecco che dunque con una velocità degna di un maratoneta raggiunse i due litiganti separandoli immediatamente con una certa violenza.

Prendendo una trave di legno infatti, la usò contro il nipote colpendolo in pieno petto e buttandolo lontano dal figlio che tirò su con una certa prepotenza dandogli uno schiaffo meritato.

– Riacquistate il vostro onore immediatamente! – si stava ovviamente riferendo alle maschere e i due giovanotti non se lo lasciarono ripetere due volte – e vedete di darvi immediatamente una calmata! Da oggi fino alla prossima settimana ritenetevi in punizione, e non provate ad opporvi – li bloccò mentre stavano cercando delle scusanti alla loro assurda lite – ciò che avete fatto è intollerabile… e ora in casa! –

Per un lungo attimo padre e figlio si guardarono così intensamente che parve, a tutti i presenti compreso Kyle stesso, fossero entrambi sul punto di darsele di santa ragione. Era da così tanto che non si vedevano e questo era il risultato! Invece che avere la possibilità di discutere come uomini ecco che litigavano come ai vecchi tempi. Invece che provare a chiedere come stesse l’uno la salute dell’altro ( perché per Robin era chiaro che suo figlio gli nascondesse qualcosa ) ecco che il solito odioso muro invisibile si alzava lasciando che tutto si raffreddasse.

Kevin Mask fu il primo a tornarsene all’interno della villa, senza dire una parola mentre raccoglieva da terra il proprio impermeabile, seguito a ruota da Kyle con la sorella che non tardò a sgambettargli attorno prendendolo per mano. Avrebbe speso quel tempo ad allenarsi duramente nel campo dall’allenamento dietro casa in attesa di un nuovo pericoloso scontro, poiché per lui era chiaro che la faccenda non si sarebbe conclusa con un semplice “incidente”.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Aveva litigato con Kevin… e l’epilogo per lui non era stato dei migliori.

Il ragazzo era scappato via a gambe levate senza che Lord Flash fosse riuscito a convincerlo sulla sua “vera” identità. E con un Mask pieno di dubbi a cui stare dietro negli allenamenti decisamente si prospettava come un’ardua impresa!

Se voleva che apprendesse tutte le tecniche segrete della famiglia Mask, oltre alla leggendaria OLAP conservata nel libro che apparteneva a lui stesso ( un regalo dal suo vecchio maestro ) anziché in quello destinato all’allievo indisciplinato, doveva avere la piena fiducia con lui senza che ci fosse il minimo dubbio sulle sue reali intenzioni e/o dubbi sulla sua persona.

“Beh, se vuoi addolcirlo un po’ perché non gli facciamo un bel regalo?”

Queste erano state le testuali parole di Emerald Lancaster dopo che le aveva detto grossolanamente che cosa era successo di così spiacevole.

Si… certo! Secondo quella puttanella per farsi amico Kevin bastava fargli un bel regalo come se fosse stato un bambino piccolo! Forse per certe cose non era il ragazzo più sveglio del mondo, ma non lo si poteva trattare come uno stupido altrimenti avrebbe ottenuto tutto l’incontrario di quello che voleva ottenere Flash. Ossia la fiducia.

– …O magari posso sempre essere io il regalo per Kevin! Che ne dici sorcio, secondo te apprezzerà?! –

La ragazza dette quelle parole fece una graziosa giravolta nella saletta per la prova intimo e un esasperato allenatore si limitò a sbuffare dal nervoso, perché decisamente trovava paradossale che, dopo aver litigato con Kevin, ora si trovava ai Magazzini Harrods per aiutare Hammy con il suo shopping indecente.

– Pensavo ti interessasse di più organizzare questo cavolo di addio al celibato con sorpresa, parole tue, ed inoltre pensavo avessi già scelto il tuo completino per la serata… –

– Quello è senza ombra di dubbio il pezzo migliore! Ma come resistere se tutta questa roba mi supplica di essere comprata? – si rimirò in uno specchio avvolta in una lingerie di pizzo nero e rosso che tutto sommato non stonava con i suoi occhi verdi – e poi vedo che ti fa un certo effetto tutta ‘sta roba visto che non riesci neanche ad alzarti… –

Lo punzecchiò lei, anche se non ci voleva un genio per capire perché se ne stesse con le gambe incrociate! Quasi sicuramente quella stronza l’aveva fatto apposta a trascinarselo dietro per vederlo poi in quelle condizioni mostrandogli ogni capo di intimo indecente che ci fosse in quel negozio.

La mandò al diavolo senza troppe premure e quella se ne ritornò nel camerino prove tirando con un colpo secco la tendina rossa ridendosela di gusto.

– Uhh! Al prossimo modello mi sa che l’erogatore di panna spray si rompeeeh! – cantilenò lei.

– Vai al diavolo, puttanella! E vedi di non farmi venire li per darti una lezione! –

Quella che si prospettava come un botta e risposta piuttosto violento ebbe però un punto di arresto quando i sensi del russo non si attivarono per qualcosa di sospetto.

Si irrigidì sul pouf dove era seduto, ignorando la risposta sguaiata della Lancaster, analizzando invece cosa ci fosse di fuori posto al di fuori di quella saletta privata per la prova costume.

Analizzò attentamente ogni suono circostante, dal borbottio delle persone ai loro passi fino al suono emesso dal respiro delle persone più vicine a loro… e notò che c’era qualcosa che forse, forse, non andava affatto bene.

Ignorando il fatto che la sua tuta attillata mostrasse un gonfiore piuttosto evidente si alzò in piedi con un movimento lesto e, dando una occhiata veloce in giro, decise di avvertire Emerald che con tutta probabilità non erano poi così “soli” all’interno di quel negozio.

– Eccomi Emerald! – disse a voce alta lui, cosa ben voluta, entrando velocemente all’interno della cabina – ora ti aiuto a toglierti queste dannate stringhe di dosso –

– Cosa?! Woh… oh! Chi ti ha detto di entrar… – 

Venne bloccata dall’aprir bocca da una mano di Warsman che, quasi con freddezza, le andò a tappare la bocca facendole chiaramente segno di stare zitta. Quel gesto, e lo sguardo freddo del russo, le tolsero la voglia di protestare capendo ormai bene che quando faceva così voleva significare una cosa sola.

– S-spero tu abbia un buon motivo per entrare qui – fece lei, dopo che il partner le liberò la bocca .

– Shh… forse qualcuno ci sta seguendo… –

Lo disse con un tono quasi duro mentre tentava di osservare al di fuori del tendaggio rosso della cabina. Sebbene non specificò chi è che li stesse seguendo ad Emerald bastò poco per immaginare chi fosse il loro presunto pedinatore, e la sua espressioni si incupì tanto da trovarsi a deglutire per cercare di non rimembrare un passato non troppo lontano.

– Ho una pistola nella borsa… forse potrei… –

– Attirare l’attenzione? A meno che non abbia il silenziatore direi di affidarci a qualcosa di più tagliente – come i suoi artigli nascosti ad esempio – e ora silenzio… sembra che si stia avvicinando… –

Il piano di Lord Flash era oltremodo semplice. Aspettare che il loro pedinatore si facesse quantomeno vedere ai suoi occhi, perché doveva capire se erano cortigiane oppure potevano essere terroristi chojiin, poi lo avrebbe infilzato al collo e lo avrebbe trascinato all’interno della cabina prova senza dare nell’occhio a nessuno. Un piano semplice ma efficace, che però parve allungarsi all’inverosimile come la tensione che i due stavano accumulando sentendo ora dei passi avvicinarsi sempre di più nella loro direzione.

Di riflesso Hammy si morse il labbro inferiore prendendo comunque in mano la borsetta nonostante Warsman le era praticamente sopra, con una mano lungo il fianco sinistro, pronta all’attacco, e l’altra appoggiata sulla specchiera dietro la ragazza e quindi di conseguenza era lei quella che rischiava di meno in un attacco fisico.

Secondi che sembravano ore, il sudore freddo che scendeva dalle loro fronti e che sapeva di pura adrenalina andava a mescolarsi con l’assurda scena di una ragazza mezza nuda e un uomo di due metri e passa con una evidente erezione compressa nella calzamaglia! E fu più o meno ciò che vide la commessa del negozio quando tirò all’improvviso la tenda della cabina cogliendo impreparati i due che sussultarono nel vederla, quasi pronti ad attaccarla sebbene, per sua fortuna, la donna sembrava essere all’oscuro di quel sottile dettaglio data la faccia che fece.

– Signori… gradirei che lasciaste immediatamente il negozio prima che mi veda costretta a chiamare la sicurezza –

Entrambi gli ospiti sgraditi si lasciarono andare ad un sospiro di sollievo piuttosto meritato, e incompreso per ovvi motivi da una commessa che aveva frainteso tutta la scena, prima che Emerald stessa ( con espressione piuttosto dura ) estrasse dalla propria borsa il blocchetto degli assegni iniziando subito a compilarlo velocemente.

– Uhm… quanto varrà questo negozio…?! Beh, suppongo che qualunque cifra abbia io possa permettermelo… –

– Per fare cosa con esattezza, miss? – la commessa si stava spazientendo ed ora aveva estratto da una tasca della divisa quello che sembrava essere un telefono – qualunque prezzo facciate non mi interessa, andatevene dal negozio e non dovrò… –

– Diciamo che a questa cifra compro IO il negozio così da poterti liberamente licenziare? – fece una Lancaster senza peli sulla lingua mostrandole una astronomica cifra sull’assegno circolare – e detto questo non dovrebbe essere difficile per te cambiare aria e lasciarci provare i vestiti in santa pace, right?! –

Se Emerald era tesa c’era solo da capirla, ed anche se apparentemente il russo aveva preso un abbaglio, era quasi sicuro che qualcuno li avesse deliberatamente pedinati per studiare le loro mosse. I suoi sensi non l’avevano mai tradito ed era sicurissimo che qualcuno li avesse scrutati pur non sapendo, purtroppo, per quale fazione patteggiasse.

Ed in effetti non aveva tutti i torti nel sentirsi turbato da un simile pensiero… perché effettivamente ad inseguirli c’era qualcuno, ma non apparteneva ne alla Corte, ne ai terroristi chojiin che li avevano attaccati qualche giorno fa.

Semplicemente si trattava di uno spettatore che si dileguò come il vento, appena capì che non era aria di rimanere nei paraggi.


Sempre più casini lo ammetto xD questa storia si sta quasi trasformando in una spy story a stampo demenziale! ad ogni modo, l'abito di Elizabeth Mask è simile a questo http://4.bp.blogspot.com/-bwsxuwrAjKs/TliZZDcMGSI/AAAAAAAAACg/I5YsShAPtqw/s1600/2207.jpg

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Capitolo 16
*** la verità fa male ***


La particolarità del Muscle Museum Hospital risedeva in due cose:

era l’ospedale ufficiale della Muscle League, ed oltretutto si trovava nella periferia di Londra. Tra l’altro un’ala della storica struttura era in ristrutturazione, quindi con accesso limitato e disagi vari, e a causa del momentaneo caos era facile che qualcosa sfuggisse alle vigili occhiate dei dottori e della vigilanza.

– Hmpf! Quel pivello è un lottatore come io sono un ballerino! –

Alistar MacNeil, anziano medico e mentore di Alya, si mosse nervosamente sulla sedia a rotelle su cui da tempo era bloccato e attraverso il vetro della porta guardò il paziente che al momento stava riposando.

La Kalinina inizialmente non rispose, limitandosi ad inarcare un sopracciglio e a controllare nuovamente la cartella medica del nuovo arrivato – abbiamo fatto per scrupolo un controllo accurato e sembra che Michael Connors sia un lottatore della Muscle League con tanto di certificazione… sebbene non abbia disputato neppure un incontro da quando ne fa parte –

– Nemmeno uno, eh?! – l’anziano Alistar fece una smorfia – nemmeno io ne ho disputati tanti da ragazzo, ma non ero certo un chojiin anonimo! –

MacNeil al suo tempo era stato uno tra i primi lottatori inglesi a farsi un nome nel panorama del wrestling. Aveva combattuto nella seconda guerra mondiale prendendosi una medaglia all’onore dalla regina in persona… ma dopo quello, a causa di una ferita riportata al braccio, aveva dovuto dire addio al ring dedicandosi per questo alla sua seconda più grande passione. Ossia la medicina e la specializzazione in chirurgia per pesi massimi.

E da quando si era dedicato anima e corpo alla medicina ne aveva visti di falsi malati in giro… e quello che stava osservando da oltre il vetro della porta era, secondo lui, un truffatore bello e buono! Peccato però che non avesse prove concrete per smascherarlo.

– Non possiamo basarci solo su dei sospetti, dottore – e qui la donna parve quasi avergli letto nella mente – ma quello che posso assicurare è che il paziente sta male. Ha le costole incrinate, anche se ho come l’impressione che prima fossero proprio rotte, ed è reduce da un combattimento clandestino… teniamolo qui e vediamo come va a finire, che ne dice? –

– Umpf! È lei la sua dottoressa, mia cara… non io – di norma MacNeil era di natura scontrosa eccetto però con le signore, e il fatto che fosse in sedia a rotelle non lo aveva reso meno battagliero – anzi, aggiungerei che il suo turno sarebbe finito praticamente mezz’ora fa. Non faccia aspettare troppo quell’asino del vostro futuro marito! –

Alla mezza “battuta” Alya sorrise, scambiando i dovuti saluti con il proprio mentore promettendogli tra l’altro che non si sarebbe affaticata troppo durante la giornata. Non era ancora entrata in maternità e francamente neanche voleva entrarci attualmente, in fin dei conti non si sentiva stanca o stressata se non forse per i preparativi dell’imminente matrimonio ( salvo il piccolo “incidente con Kevin Mask ), decise comunque di assecondare il desiderio del proprio maestro e di congedarsi formalmente.

Chi non sarebbe presto uscito da li era Connors che, semi addormentato a causa dei sedativi, voltò lentamente la testa di lato per osservare la scimmietta Coco appollaiata sul davanzale della finestra aperta.

– Ehi, peste – sorrise, riferendosi con quell’appellativo alla bestiola che trillò – ti piace infilare nei casini le persone, eh? Ah, lasciamo perdere… non è colpa tua –

Mormorò quell’ultima frase tornandosene comodo nel letto e lasciando che i sedativi che la bella dottoressina gli aveva somministrato poco prima facessero il loro effetto, rimembrando il perché si trovasse in una struttura pubblica anziché in una clinica Lancaster.

 

(…)

 

Come mercenario ne aveva viste e subite di tutti i colori, ma mai che venisse conciato così male da una chojiin. Ovvio che nel giro di due giorni le cliniche del suo attuale datore di lavoro avevano fatto miracoli, sistemandogli le costole da rotte a incrinate ( questo perché al soldato non piaceva l’idea di avere delle protesi biotiche in corpo… preferiva cavarsela “da solo” ), scansionando il suo corpo in modo scrupoloso senza però trovare nulla di anomalo.

L’anomalia era un’altra ed era poco piacevole, e corrispondeva ad un numero 20 segnato con una X sulla spalla destra della Deva che erano riusciti a catturare.

C’era un’altra donna con sulla pelle quel genere di tatuaggio, una bella creatura tra l’altro, e questo genere di coincidenze suonarono in lui un campanello d’allarme triplo quando seppe che alcuni suoi uomini erano stati trucidati in uno dei peggiori strip club di Londra. E questo perché? Ovvio, il signor Michael Connors i suoi uomini li conosceva e quelli che erano stati uccisi avevano partecipato all’operazione di recupero di quella marmaglia di wrestler lasciata a marcire sotto un ponte. Non tutti, ma solo alcuni di loro… e aveva come l’impressione che il prossimo sarebbe stato lui, vista la mole di coincidenze che sembravano identificarlo come prossimo bersaglio.

Mosso da un’ira quasi primordiale aveva dunque “interrogato” quella Deva per ore intere ritrovandoci unicamente le mani doloranti. Le proprie ovviamente, perché quella tizia sembrava fatta di cemento.

Cristo!

Era entrato con furia dentro la stanza in cui era incatenata come un animale, le braccia legate a due pali, inginocchiata a terra e senza la maschera a coprirle l’onore… rivelando così il volto di una donna normale anche se ormai avanti con gli anni.

Con una mazza da baseball d’acciaio l’aveva ripetutamente colpita al volto e al collo senza però riuscire a tirarle fuori neppure un suono ( che fosse quindi la maschera a distorcere il suo respiro? ), e non ricevendo una risposta alle sue più ovvie domande decise di lasciare la stanza degli interrogatori lanciando con un urlo irato la mazza su di un tavolo pieno di scartoffie. Gesto quello accolto con la solita flemma da mister Lancaster.

– Connors… con tutto il rispetto per il tuo lavoro – e ne aveva – lascia fare a me e mettiti a riposo – Howard Lancaster picchettò il proprio bastone da passeggio sul pavimento della base segreta in cui stava la prigioniera, in modo da marcare meglio le proprie parole – alle volte con le bestie bisogna essere più gentili… altrimenti non imparano mai a stare a loro posto –

Il suddetto soldato si massaggiò le nocche delle mani, cercando di riprendersi dalle fatiche di quell’inutile tortura, annuendo al proprio datore di lavoro e mettendo a freno una rabbia comunque del tutto comprensibile.

– Faccia comunque attenzione, mister… ho come l’impressione che tutta quella calma sia solo apparenza –

E questo perché negli occhi scuri di quella donna, oltre alla comprensibile stanchezza presente nei soldati veterani che avevano visto di tutto e di più in vita, vi era una scintilla di furia perenne che non si sarebbe mai spenta e mai il suo senso dell’onore l’avrebbe portata a tradire i suoi ideali. Ma, e forse MA, la si poteva far ragionare. E con tale ragionamento il capofamiglia dei Lancaster entrò nella grande cella.

– Buon salve, straniera – evitò di dire “bestia” anche se era quello che pensava per davvero – permettimi di scusarmi per l’irruenza dei miei uomini ma non hanno preso bene il modo in cui ti sei accanita con alcuni di loro… ma io vorrei comunque ringraziarti per aver tirato fuori mia figlia da quella trappola di fuoco e metallo –

La femmina in un primo momento non disse nulla. Era pesta di sangue ma il suo viso non era gonfio a causa delle botte ricevute. Aveva una tempra fisica notevole e i suoi scienziati avevano notato che il suo doppio sistema circolatorio, dove al posto del sangue defluivano fluidi essenziali, le permetteva di guarire in fretta e di irrobustire i muscoli e la pelle.

Solo dopo un po’ i suoi occhi si spostarono a guardare severamente il Lancaster e per la prima volta parlò con voce assolutamente umana. Lasciandolo momentaneamente spiazzato.

– Prego, non c’è di che –  

– Ehm, se l’hai salvata vuol dire in qualche modo segui un codice d’onore… –

– Io combatto per l’onore, piccolo maschio – aveva una voce profonda, e dava l’idea di non essere una ignorante – la ragazza era una civile. Inerme. Aveva la priorità sulla missione. Non c’è onore nel colpire un debole –

– Secondo le tipiche usanze di voi Deva… molto nobile in effetti –

anche se bisognava ammettere che Hammy non era tanto indifesa. Oltre al vetro a specchio comunque, i soldati erano rimasti stupiti dei progressi che il loro capo in meno di due minuti era riuscito a fare. Connors si morse le guance dall’interno in silenzio, ancora incazzato per tutto quello che era successo, ma rimase a guardare e a sperare che accadesse qualcosa.

– Ora però vorrei porti alcune domande essenziali, e se risponderai correttamente potrei anche chiudere un occhio su certe faccende… come ringraziamento per aver salvato la mia piccola – la Deva si voltò a guardarlo nuovamente, e Howard esultò interiormente per i progressi fatti – hai un nome? –

– Si –

– Quale? –   

Un attimo di silenzio freddo come il ghiaccio, poi la prigioniera rispose.

– Muramasa Masada –

– Bene… è un inizio! Ora, volevi davvero uccidere il mio luogotenente Michael Connors? –

– Si –

– Posso saperne il motivo? –

– No –

Certo, logico, mica andava a dirglielo come se niente fosse! Howard per questo roteò gli occhi esasperato, massaggiandosi l’attaccatura del naso con l’indice e il pollice e poi fece altre domande. Poche a dire il vero.

– Almeno mi è concesso sapere il motivo per cui tu e il tuo gruppo… perché non sei la sola ad avere quel tatuaggio e dalla espressione che stai facendo direi ce ho indovinato qualcosa, ci state attaccando in modo così brutale? –

Altro minuto di silenzio, prima della laconica risposta – No –

I soldati da dietro il vetro lanciarono un lamento di dissenso in coro, c’era che aveva già iniziato a puntare dei soldi, e a nulla valsero le sottili minacce di Howard Lancaster che avrebbero fatto sbiancare qualunque chojiin brutale… a quella donna parve non importare molto continuando a guardare un punto imprecisato della stanza, ma Michael era quasi sicuro che stesse guardando LUI, ponendo la parola fine a quella discussione con poche e semplici parole.

– Preferirei essere lasciata alle mie meditazioni, se l’interrogatorio è finito… è solo questione di tempo comunque –

Una cosa dannatamente glaciale, che portò Howard Lancaster a muovere la sua rete di spie sulla Terra e su Amazon ricavandoci però poco o nulla. Addirittura, ebbe quasi l’impressione che le sue spie Deva avessero quasi paura del nome da lui pronunciato limitandosi a dire “non abbiamo trovato indizi” come a dire che “non so nulla e non voglio sapere nulla quindi non mettermi in mezzo”.

L’unica certezza era che si sarebbero fatte rivedere, ma fu Connors a ideare un piano semplice per metterle in trappola. Non si sarebbero scomodate se fosse rimasto all’intero di una clinica di Howard Lancaster… ma in una struttura pubblica, magari con sicurezza scarsa a causa di lavori in corso, era un luogo ideale per fare da esca. E lui in fin dei conti aveva ancora bisogno di cure.

Il Muscle Museum Hospital era per questo un valido candidato per mettere la parola fine a tutta quella spiacevole storia.

 

(…)

 

Ora, non sentiva più la scimmietta Coco trillare sul davanzale della finestra. Probabilmente era scappata via, e questa sua tesi si avvalorò quando avvertì che qualcosa, o meglio qualcuno, era seduto a cavalcioni sopra di lui.

– Connors… puoi svegliarti per favore?! –

Era la voce femminile più dolce che avesse mai sentito, quindi come poteva non darle retta? Ma quando lo fece, e si perse in quegli occhi scuri falsamente preoccupati per la sua sorte, aveva segretamente sperato che la preda non fosse proprio lei. Ce non fosse quella de Santa incontrata qualche giorno prima.

– Dimmi Connors… secondo te quelli come noi, hanno un’anima? Hm…? Ti hanno mai fatto questa domanda?! –

Forse se la stava semplicemente sognando la creatura tatuata che adesso gli era in grembo, su un punto molto delicato tra l’altro, così come probabilmente non era vero che i suoi tatuaggi serpentini si stavano muovendo sulla pelle.

Probabilmente stava rischiando la vita, ma non seppe resistere alla tentazione di passare entrambe le mani su tutta la lunghezza dei fianchi di quella femmina che, abbandonando una espressione  preoccupata a favore di una più maliziosa, lo lasciò fare compiacendosene.

– Sapessi quante volte me l’hanno fatta… – mormorò l’ex mercenario osservando come i tatuaggi della Deva reagissero ai suoi tocchi.

– E tu sai cosa rispondevo a quei poveri ignoranti che me la facevano?! –

La sua espressione maliziosa cambiò radicalmente, e il suo sorriso si fece quasi malvagio mentre con un sibilo serpentino prendeva i polsi dell’americano per inchiodarlo a letto. Pessimo segno… e lo stesso uomo di fiducia di Howard digrignò i denti sentendo che la tizia di forza ne aveva.

Yo rispondevo siempre che quella dell’anima è solo una invenzione romantica creata dagli esseri umani per non sentirsi fottuti quando è ora di schiattare… vuoi sapere come sono arrivata a questo ragionamento? –

– Hmm… forse è il caso di parlarne dopo? Non mi sembra una posizione molto filosofica questa… –

Non lo era e francamente parlando non gli dispiaceva l’idea di prenderla un po’ in giro. Di fare lo spaccone come di suo solito anche se fare da esca era stato un azzardo bello e buono in un posto pieno di civili ma… chissenefrega dei civili no? Doveva catturarla viva, metterla buona e farsi dire tutto su quello che quel gruppo voleva da mister Lancaster… e se poi ci fosse scappato qualche bacio, come in quel caso specifico, chi era lui per rifiutare?

Capì di aver commesso un errore a baciare quella tizia quando sentì un dolore lancinante venirgli da dentro. Come se gli avesse iniettato veleno sulla lingua, il soldato mercenario sentì un improvviso torpore e la volontà di urlare che però se ne andava scemando a causa dei muscoli paralizzati.

– Ehe! Ti stai calmando come gli altri tuoi amichetti qua fuori! Bella trappolina, perro! Comunque… dove eravamo rimasti? – si guardò pensierosa in giro ignorando i gemiti di Connors tra il doloroso e l’arrabbiato – oh si! Ti dovevo raccontare una storia molto buffa! –

Ora i suoi tatuaggi danzavano nell’aria raggiungendo le carni della preda iniziando a viaggiare su di essa come in cerca di un punto in cui poter entrare in tutta tranquillità. La sensazione non era bella, ed era come sentire una ruvida lima corrergli per la pelle abbronzata.

– Sai, un tempo il mio era un gruppo molto unito… eravamo come una famiglia. Ci supportavamo a vicenda, cooperavamo per un obiettivo comune – ora i serpenti si erano fatti più aggressivi, andando a scorrazzare per le gambe di Michael portandolo a digrignare i denti – io fui l’ultima ad entrare nel gruppo… e all’epoca ero così giovane che non capivo niente di niente! Ma proprio niente! –

Uriel Truce de Santa nel dire quell’ultima parola quasi ringhiò, e di tutta risposta l’uomo sotto di lei si sforzò di non gridare mentre quei segni oscuri iniziarono ad entrargli dentro in un modo dolorosamente sconcertante.

– L’unica cosa che mi interessava era di uccidere, accoppiarmi, e ballare fino al mattino… tutte esperienze che ti segnano queste – un altro sussulto da parte di Connors che in silenzio la malediceva – ma mai quando una delle mie colleghe ha fatto qualcosa che nessuno avrebbe mai fatto se avesse avuto un’anima… vuoi sapere che cos’ha fatto, Connors? Hm?! –

Gli sorrise addirittura, con un sorriso che sembrava quasi folle, nel mentre che il soldato spalancava gli occhi nel sentire che quelle cose lo stavano mordendo da dentro come in cerca di qualcosa.

– La mia astuta collega un giorno, ricevette l’ordine di uccidere una strega dello spazio… e fin qui niente di male! Ma si da il caso che quella strega era proprio sua figlia – stavolta un suono umido di carne strappata si sentì forte e chiaro e l’americano non riuscì a non lasciarsi scappare un mezzo grido nonostante il veleno paralizzante – così io le chiesi “ma perché l’hai uccisa? E come fai comunque a sorridere? Era tua figlia!” – si perse momentaneamente nei propri ricordi scuotendo la testa lentamente, ignorando i ringhi di Connors – e sai che cosa mi ha detto, perro de mierda? Lei semplicemente mi disse “col tempo, capirai”… la odiai per quelle parole, ma cazzo se aveva ragione! Noi siamo unici, Connors! Noi siamo gli eletti che si innalzano sul mare dell’ignoranza! –

Alzò le braccia al cielo e, come ad un comando psichico, anche i tatuaggi liberarono il luogotenente di mister Lancaster in un modo così doloroso da portarlo a gridare furioso. Tanto era comunque inutile… se la tizia aveva stecchito le guardie nessuno l’avrebbe sentito e in quel corridoio erano presenti pochi pazienti tutti imbambolati per via dei farmaci. Le creature silenziose tornarono un po’ per volta nel corpo della loro signora, e le consegnarono in mano quella che sembrava essere una perla un po’ insanguinata.

– Quelli come noi sanno che un’anima non esiste… quindi è per questo che facciamo il lavoro che facciamo – sospirò con falsa innocenza mentre si rigirava per mano la misteriosa perla – abbiamo l’innata capacità di osservare le persone per quello che sono realmente, accettiamo questa condizione e ci occupiamo dei nostri clienti come se fossero i nostri bimbi per assicurargli che “va tutto bene” e la loro anima andrà comunque in paradiso… tzk! Che mondo de mierda, eh?! Siamo così coscienti di come stanno realmente le cose che sappiamo alla perfezione che, per quanto ci sforzassimo in buona fede, non ci sarebbe nulla al mondo capace di modificarci e renderci persone diverse da quello che siamo… quando si aprono gli occhi, difficilmente li richiudi se non da morto –

Michael stava riprendendo fiato dopo quella che era stata praticamente una operazione senza anestesia, ma aveva ascoltato tutto il discorso e ora la osservava debole in corpo e grondante sudore nel mentre che gli si avvicinava per mostrargli ciò che gli aveva estratto.

– E poi…ci sono i perros come te, Connors. Gli scarti, i topi, che io provvedo a far sparire tra le mie spire per rendere l’universo un mondo migliore, e questa piccola meraviglia… –  gli mostrò meglio la perla e il soldato non capì se il discorso di prima c’entrava solo con lei o era in parte compromesso pure lui – era la perla destinata a Kevin Mask. Un microchip davvero affascinante… quasi invisibile ad uno scanner e facilmente scambiabile per una banalissima ciste. Ehe! Sembra che qualcuno ti odia proprio tanto per averti reso una pedina sacrificabile –

Quando glielo disse capì perché le sofisticate attrezzature di mister Lancaster non avevano visualizzato subito quella piccola anomalia, poi la sua mente affaticata dal dolore scavò nel proprio passato, cercando di ignorare le parole di de Santa sulla sua natura di mercenario, carpendo il momento esatto quando quel microchip fosse finito addosso a lui.

E in quel momento capì quanto quegli idioti della Muscle League fossero implicati nella faccenda, perché quelle dannate “perle” erano prima addosso a loro quasi sicuramente, ricordando ogni più piccolo particolare di quella nottata assurda con quella tizia inquietante che aveva sniffato i loro genitali uno per uno… pungendone però solo alcuni alle chiappe. Quella donna con gli occhi storti era colei che aveva deciso di sacrificare alcuni suoi uomini, oltre che lui stesso, e anche se non sapeva a quale fazione appartenesse era sicuro che in modo o nell’altro l’avrebbe fatta a pezzi. Tuttavia nonostante le occhiaie e la visibile stanchezza, tirò fuori una autentica faccia da schiaffi sorridendole beffardamente e portandola per questo a tirare fuori una faccia un po’ disgustata.

– E adesso che cazzo hai da ridere, hm?! –

– Eh, ehe… n-niente… solo che mi sarebbe davvero piaciuto chiederti di sposarti perché… cazzo, sei fantastica! –

Rise ancora, in modo piuttosto rauco ora che aveva capito l’assurdità di certe situazioni come quella che stava vivendo, facendola però solo innervosire e portandola ad estrarre i propri serpenti che ruggirono vibrandosi in aria con fare aggressivo.

– Sarebbe una notte di nozze molto breve, lurido perro! UARGH! –

Ciò che Michael Connors si aspettava era di una morte molto atroce senza la possibilità di chiamare il proprio capo… non che quel piccoletto di un kinniku, tale Meat se ben ricordava, arrivasse in suo soccorso spruzzando addosso a de Santa tutto il contenuto di un estintore in modo così violento da mandarla addosso contro il muro e per poco fuori dalla finestra.

Persino il soldato rimase interdetto da quello che vide, boccheggiando a vuoto per diversi minuti osservando la donna a gambe all’aria messa momentaneamente K.O da un piccoletto che a stento arrivava al ginocchio.

– Presto! Ho i miei dubbi rimarrà ferma li in eterno – fece l’allenatore di Kid Muscle all’americano, strattonandolo via dal letto per accompagnarlo fuori – anche se devo ammettere che c’era parecchia schiuma refrigerante dentro quell’estintore! –

Ma per il soldato c’era al momento solo una domanda che gli rimbalzava in testa, ossia: che diavolo ci faceva il piccolo kinniku li?!

 

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– Kid sei un disgraziato! Mangiare tutti quei dolci ti ha reso solo più sensibile al colesterolo nocivo! –

– Non puoi capire Meat… – singhiozzò il giovane principe dei kinniku nel proprio letto d’ospedale – lei era la donna che amavoooh! Non può sposarsi con un vecchio simileH! –

Kid Muscle non aveva digerito quella sconcertante notizia fornita da una raggiante Jacqueline che, premurandosi che fosse tutto a posto, aveva telefonato al gruppo di lottatori per sapere in che condizioni erano, ordinare loro di stare calmi e tranquilli, e fornire loro il motivo del perché pure i leader della Muscle League si trovassero a Londra. Il matrimonio di Robin Mask aveva suscitato parecchio interesse in ambito internazionale e intergalattico, abbastanza grande da tenere la loro faccenda lontana dai riflettori…senza tener conto che a breve le cortigiane avrebbero dovuto dire basta con le indagini perché fortemente inquinate!

Ma il nome della sposa portò una forte depressione nel giovane wrestler, che prontamente si buttò sui dolci arrivando a stare così male da dover essere ricoverato al Muscle Museum Hospital.

– È curioso… ma tu non eri innamorato di quella ragazza di nome Roxanne? –

Check Mate, che li aveva accompagnati fino a li e ora era intento a versare dell’acqua in un bicchiere per cercare di far calmare il giovane amico, aveva posto una domanda logica. Acqua fresca presa in modo rapace da Kid che bevve tutto d’un fiato calmandosi unicamente perché era stata nominata la propria “ragazza”.

– Aah! Roxanne! – flautò lui con gli occhi ridotti a due cuoricini – l’unico vero amore della mia vita! –

Una scena da autentico facepalm e Meat decisamente non resistette nel schiaffeggiarsi la fronte per l’ennesima dimostrazione di idiozia fornita dal suo svogliato, quanto alle volte geniale, allievo.

– Nnh… meglio se chiedo ad un medico di darti un calmante! Almeno non rischi di rigurgitare anche quei bignè alla crema che ti sei pappato mentre venivamo qui! –

Uscì dalla stanza visibilmente scocciato nonché preoccupato per la condizione fisica di Kid Muscle. Ma non fece pochi passi lungo il corridoio deserto che subito il suo istinto suonò un campanello di allarme in lui.

Era decisamente TROPPO deserto per i suoi gusti, e una strana tensione aleggiava nell’aria e di certo non si trattava dei gas intestinali di Kid.

“molto sospetto… ero quasi sicuro di aver visto agenti della sicurezza girare per quest’ala dell’ospedale! Ed ora dove sono finiti tutti?!” camminò lentamente lungo il corridoio rivestito di linoleum verde fino a che, nei pressi di una delle stanze con la porta socchiusa, non gli sembrò di riconoscere uno degli uomini di Emerald Lancaster in estrema difficoltà con una nemica che il piccolo kinniku non aveva mai visto prima! Chi era quel tizio…? Ah si, Michael Connors, dal carattere decisamente antipatico ma questo non voleva dire lasciarlo morire così!

Ma se avesse richiamato Check Mate o anche Kid Muscle avrebbe sicuramente rischiato pure lui la vita, e doveva per prima cosa mettere in difficoltà quella tizia pericolosa, con tutta probabilità una chojiin, in un modo il più rapido possibile.

E incredibile ma vero, tutto ciò che riuscì a trovare come diversivo fu quel scintillante estintore rosso a pochi passi da lui.

Non emise nessun suono, non urlò alla donna di lasciare in pace il soldato. Semplicemente prese la mira e schizzò quella bianca schiuma gelata addosso alla tizia che urlò di pura sorpresa per un attacco non previsto.

Anche se l’elemento a sorpresa riuscì, l’unica cosa che doveva fare al momento era di trascinare via quella faccia da schiaffi sebbene non fosse per niente facile trascinarsi dietro un uomo a quanto pare impossibilitato a muoversi per le ferite riportate.

– Check… Check Mate!! Kiiid!! È ora di uscire ragazzo! Abbiamo una urgenza immediata!! –

– Ewhh… devo fare la colonscopia?! – fece il giovane Muscle mettendo la testa fuori dalla porta visibilmente preoccupato, rimanendo però sorpreso che l’allenatore gli stava venendo incontro trascinandosi dietro qualcuno che gli parve di riconoscere vagamente… – ehm, ma perché adesso rubi i pazienti?! Non vorrai mica allenare anche questo tizio spero! –

– Non dire idiozie! – tuonò Meat – dobbiamo scappare immediatamente prima che… ! –

Non finì la frase che un forte boato spaventoso demolì la parete vicino alla porta della stanza di Connors, sfondata da quelli che sembravano degli strani serpenti bidimensionali furiosi come fruste, rivelando nel gran polverone la figura della chojiin precedentemente messa K.O.

– Perros maledetti! – tuonò Uriel scostandosi di dosso la schiuma dell’estintore – credete davvero di potermi sconfiggere con così poco?! –

– Io credo solo che una signorina non dovrebbe parlare a quel modo! – la rimproverò duramente lo scacco vivente che, notando il disastro avvenuto in corridoio, decise di correre in aiuto dei propri amici usando il letto di Kid Muscle come ariete per respingere la tizia. L’iniziativa ebbe successo e il mobilio andò ad incastrarsi tra le due pareti de corridoio divenendo un provvisorio muro che permise all’improbabile quartetto di fuggire da li.

Tra l’altro il corridoio era abbastanza largo da permettere al lottatore del Principato di Monaco di entrare in modalità cavallo e di portare tutti in groppa senza nessuno sforzo.

– Questo è un maledetto déjà vu! – strillò Kid che, essendo l’ultimo della fila ed avendo solo un camice operatorio addosso, aveva le chiappe al vento imbarazzando non poco il poco personale presente in quell’ala della struttura – perché ci vogliono morti, maledizionee?!!! –

– Questa è una cosa che dovrete chiarire c-con le buone – Connors non perse tempo a ringraziarli per averlo salvato, eh! – uomo cavallo! Spostati verso la zona del cantiere nella zona est… –

– Saggia decisione, eviteremo che qualcuno si faccia del male –

– N-no… è solo il centro della rete –

A quelle parole Meat, che era in testa al drappello di uomini in groppa a quel centauro blu, si voltò con una nota preoccupata verso l’uomo di fiducia di Emerald Lancaster, visibilmente stanco e con i pantaloni del pigiama sporchi di sangue, capendo al volo che il suo era un autentico piano per catturare viva quella nemica letale. In effetti lavorava per delle persone con parecchi soldi e cliniche mediche all’avanguardia, perché era venuto a farsi curare qui… e per cosa poi?!

Non ebbe comunque modo per rispondere a quella domanda perché, con un urlo simile a quelle di una banshee, la nemica tornò a farsi sentire e il soffitto sulle loro teste si sgretolò nel mentre che correvano, rivelando quei tentacoli neri con le fauci spalancate pronti a banchettare con loro.

– Corri più veloce Check Mate! Corri…!! –

Il consiglio del piccolo Meat si fermò, colto dall’orrore, quando i serpenti attaccarono Connors fondendosi con la pelle del suo collo e portandolo a lanciare un grido strozzato nel mentre che veniva disarcionato e scaraventato via. Solo Meat tentò di tenerlo in sella, prendendolo per una caviglia, ma i suoi sforzi furono vani e venne trascinato anche lui via fuori da una finestra prontamente sfondata da quelle orribili creature.

– Oh no! MEAT!! Resisti che arrivo!! –

Persino Kid tentò di saltare oltre il baratro della finestra in frantumi per raggiungere il proprio allenatore, ma l’altezza decisamente troppo alta lo portò a sgranare gli occhi e a “svolazzare” verso il davanzale in marmo, prontamente aiutato da Check Mate tornato in forma umana.

– Sembra che siano finiti in quel cantiere in costruzione – fece notare lo scacco vivente issando Kid fino a riportarlo dentro l’edificio – riesco a vederli in quello spiazzo pieno di colonne di cemento… –

Era vero, erano stati sbattuti in quella zona polverosa e caotica dell’ospedale e sembravano abbastanza conciati male… Meat poi era mezzo seppellito sotto delle pedane di legno, mentre l’americano era tenuto fermo per la gola dalla sua aguzzina. Doveva essere forte per riuscire a tenere ferma con una mano un uomo più alto di lei… ma fu in quel momento che a Kid Muscle venne in mente una gran brutta idea, ma attualmente l’unica che potesse davvero funzionare.

– Raggiungiamo quella gru, Check Mate – la indicò con il dito indice ed era poco distante dallo spiazzo in cui erano finiti gli altri – se riusciamo a farla partire forse possiamo fermarla!! –

– Non ho la più pallida idea di come far funzionare una gru, ma non abbiamo molta scelta… –

 

I serpenti si erano allontanati dal suo collo e si erano sostituiti con una mano della oro padrona.  Era una situazione tutt’altro che piacevole e il luogotenente di mister Lancaster aveva una gran voglia di tossire a causa di tutta quella polvere e del poco fiato che aveva nei polmoni.

– Non… non sei una a cui piace scherzare, eh? –  gli mancava il respiro e il male alle costole non era un buon segno, visto il modo in cui lo stava schiacciando contro la parete di cemento armato – dovresti cercare di essere un po’ più sciolta, era solo uno… Argh! –

– Tu invece dovresti essere un po’ più morto, che ne dici… hm?! – decisamente non era una a cui piaceva scherzare – vi siete sbattuti un po’ troppo la mia scimmietta e pretendete anche di non pagarne le conseguenze? Tzk… voi maschi siete proprio dei perros infantili! –

Michael sapeva di dover prendere tempo e farla parlare perché la fortuna era dalla sua e il posto era adatto a tendere un agguato, anche se quello che quella donna diceva decisamente gli faceva una strana impressione.

– Ce l’hai davvero tanto con noi maschietti… e-eh? Peccato… mi sono innamorato di te… –

– Voi maschi siete così infantili… soprattutto quando vi mettete nella mierda e date la colpa a terzi… dovresti saperlo, Connors… hai un curriculum più invidiabile del mio –

A quelle parole il soldato sgranò gli occhi, e lo stesso Meat che ora stava cercando di liberarsi dalle assi di legno rimase stupito da quelle parole. Non volò una mosca per diversi secondi, dove i due si scrutarono mortalmente seri in volto, prima che fosse de Santa a parlare, liberando Michael dalla sua presa ma tenendolo comunque “stretto” attraverso i propri serpenti.

– Noi abbiamo aperto gli occhi Connors… quelli come noi sono speciali! Ma voi maschi avete la bizzarra abitudine di sfruttare questo potere come scusante per commettere ogni genere di atrocità – andò a sedersi su alcune travi metalliche, gustandosi i mezzi rantoli dell’ex mercenario che cercava di respirare – sai, una volta ho partecipato ad una operazione con alcuni mercenari colombiani… quando attaccammo un villaggio di narcos, chiesi ad uno di loro il perché stesse torturando in modo brutale un anziano contadino – reclinò la testa di lato, osservandolo quasi divertita – e sai che mi ha risposto? Mi ha detto “è normale fare così, è la guerra che ti rende ciò che sei” – si alzò in piedi mettendosi a camminare pigramente avanti e indietro – quindi… mentre osservavo uomini uccidere, torturare e stuprare… provai ad entrare nell’ottica di quel soldato. Era normale torturare, era normale stuprare, era normale sparare in testa alle persone… e perché no? Trovai anche normale ammazzare tutti quei poveri disgraziati dopo che si furono divertiti a sufficienza! –

Rise, mentre si avvicinò di nuovo alla propria preda che ora la osservava trucemente, ancora una volta abbastanza stravolto per non riuscire a dire di rimando neanche una sillaba quando si metteva a parlare… oltre al fatto che doveva prendere tempo prezioso.

– Il fatto di aver capito che l’anima è solo una menzogna, non ci giustifica dal commettere certe cose! Per ogni nostra azione c’è sempre una conseguenza che ci aspetta – gli prese il volto con una mano, affossando le dita nelle sue guance – veniamo al mondo scalciando e urlando… abbiamo la violenza che ci scorre nelle vene – glielo sibilò con rabbia e anche il soldato sibilò di rimando – ma siamo noi che decidiamo quando fare a pezzi un nemico… non la guerra, non le provocazioni, non la noia… siamo NOI, Connors! È questo a mandarci avanti, a darci raziocinio, non una stramaledettissima cazzo di anima che non esiste! –

Quasi glielo urlò in faccia nel mentre che stava iniziando a strangolarlo con l’intento di ucciderlo per davvero, ma a quel punto un’altra voce più potente della sua non andò a sovrastarla completamente ad ogni secondo che si avvicinava.

–E io ho deciso di essere una palla da demolizioneeeeEEH!! –

Era la voce di Kid Muscle quella che stava strillando con terrore crescente, e quello che de Santa vide troppo tardi era una gigantesca palla da demolizione guidata a tutta velocità da un peto del principe dei kinniku aggrappato con viscerale terrore alla catena della gigantesca palla di ferro.

Il manufatto, manovrato malamente da un Check Mate in cabina di comando che premeva quasi i pulsanti a caso, trovò la spinta giusta solo quando il giovane wrestler dette sfogo ai suoi letali gas intestinali e andando direttamente a sbattere contro la femmina aliena e contro alcuni dei pilastri di cemento armato che decisamente non dovevano farle bene alla salute.

Michael Connors rantolò a terra ritrovando finalmente ossigeno, a quanto pare l’incantesimo dei serpenti si era spezzato, ma non fu decisamente contento di quell’intromissione, che rischiava di portare a monte un piano tanto pericoloso quanto sicuro… se Howard non era ancora intervenuto era perché il suo luogotenente di fiducia non era riuscito a comunicare la sua posizione, ma sapeva che bisognava tendere una trappola e sapeva sicuramente che quello era il luogo adatto.

– Razza di coglione!! – tuonò l’americano tutt’altro che grato per l’intervento – che diavolo credi di fare… Uargh!! –

Dovette scostarsi immediatamente, nonostante il dolore in tutto il corpo, prima che i detriti di alcune grosse colonne portanti non gli andarono addosso rischiando di ferirlo, e persino Meat che fino a quel momento era rimasto in silenzio, troppo sconvolto per dire qualcosa, riuscì a sgusciare via da tutto quel caos cercando di raggiungere Kid che ancora stava demolendo lo stabile in costruzione.

– Kid, ragazzo! – urlò l’allenatore mentre correva da una parte all’altra dove la palla andava a sbattere – ti ringrazio per l’aiuto, ma dubito fortemente che l’ospedale sia assicurato per una demolizione e… woah!! –

Dovette scansarsi pure lui per evitare che un muro mastodontico gli cadesse addosso, cercando inutilmente di calmare un giovane allievo preda di un pianto disperato, mentre tutt’attorno a loro il mondo crollava sommergendoli di calcinacci e polvere.

 

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– Hm? Hanno iniziato i lavori?! Strano… è mezzogiorno in punto –

Alya Nikolaevna Kalinina era appena uscita dalla struttura principale quando gli incontrollabili disordini all’interno dell’ospedale erano iniziati. Decise di non preoccuparsi più di tanto, limitandosi ad ignorare quegli strani rumori provenienti dalla zona est, il cantiere, e avviarsi al parcheggio del personale dove aveva parcheggiato la sua vecchia Mini.

Non fece però che pochi passi che si accorse di un motociclista a lei ben noto.

– Kevin Mask… che ci fai tu qui? –

Inarcò un sopracciglio mentre attraversava la strada del cortile interno piena di personale e pazienti, avvicinandosi verso il ragazzo appoggiato alla sua Harley Davidson, riportata alla tenuta da Howard Lancaster assieme al suo distrutto proprietario, e in attesa della donna salutandola con un cenno della mano.

– Ehi… serve un passaggio? –

Questo le suonava nuova… il figlio del suo compagno che andava a prenderla al lavoro?

– Veramente avrei una macchina che mi aspetta fuori da qui, anche se devo riconoscere che è molto gentile da parte tua volermi dare un passaggio… – gli sorrise lievemente, notando comunque che il giovane era teso – stai bene, Kevin? –

– Hm, non c’è male. Sto guarendo dalle ferite grazie a te –

– Mi fa piacere saperlo, ma intendevo dire in altro senso –

Che quella donna avesse i super poteri per poterlo leggere dentro? Era quasi imbarazzante alle volte, poiché ci aveva azzeccato appieno sul suo stato d’animo. La sua chiacchierata con Lord Flash si era rivelato un autentico disastro e avevano finito per litigare per… un po’ tutto ad essere sinceri.

 

“la verità è che tu, caro il mio allenatore, mi sa tanto che non sei chi dici di essere realmente… il fatto che non alzi il mignolo quando sorseggi il tè ti pone come il più lontano dall’essere un inglese!”

La voce del ragazzo inglese si tramutò in un sibilo pieno di sospetto mentre affrontava faccia a faccia un Lord Flash intento a non tradirsi. Erano da dieci minuti buoni che stavano discutendo e Kevin Mask aveva fatto certe allusioni che il russo decisamente non aveva apprezzato.

Non doveva ancora scoprire che lui era in realtà Warsman, altrimenti avrebbe fatto due più due e tutto il piano di fargli vincere la Corona Chojin sarebbe andata letteralmente in fumo. E lui… voleva per davvero bene a quel ragazzo ormai e gli sarebbe dispiaciuto non vederlo realizzare il sogno di riconciliarsi, tramite anche quel gesto, con un padre troppo a lungo odiato.

“Andiamo! Rischiamo la vita e tu ti soffermi su cose così trascurabili? Non abbiamo il tempo per queste discussioni… Kevin! Dobbiamo restare uniti se vogliamo che questa faccenda si risolva!”

“Non se magari tu non sei perfettamente onesto con me! Per quanto ne so potresti anche essere dalla parte sbagliata della barricata”

 

Per quella frase si era beccato un pugno in pieno volto da Lord Flash, e quando lo ricevette capì di aver detto una autentica cazzata nei suoi confronti ( perché aveva rischiato la vita per lui, maledizione! ), e per tale motivo si dette alla fuga immediata per sbollire la rabbia e riflettere su tutta una situazione talmente delicata che rischiava di travolgerlo.

I suoi sospetti sulla vera identità di Lord Flash dovevano aspettare per forza di cose. Doveva attendere il matrimonio, e molto probabilmente doveva attendere anche la fine della Coppa Chojin per sapere come stavano per DAVVERO le cose… ma a che prezzo, si chiedeva costantemente?

E mentre viaggiava in moto ecco che stranamente gli venne in mente la sua futura “matrigna”.

Chiamarla così non gli piaceva, e poi come persona gli aveva fatto comunque una buona impressione e poi… in qualche modo voleva ringraziarla per avergli salvato la vita.

– Sto bene, Alya… non preoccuparti – mentiva, ma riuscì a nasconderlo abbastanza bene – piuttosto passavo di qui e mi sono chiesto se a te e a lei – e qui si riferì alla futura sorella che indicò con un rapido cenno della mano – non servisse un passaggio fino a casa. Ma se tu vuoi prendere la macchina… a tuo rischio e pericolo, eh! –

Alya iniziò a preoccuparsi, guardandolo con una punta di sospetto – c’è qualcosa che dovrei sapere, Kevin? –

– Si, ehm… ho visto un topo di 24 cm entrare nel vano motore della tua Mini – e sapeva che era sua perché l’aveva vista nella rimessa della tenuta – quindi non so se… –

Non finì la frase che la donna impallidì di fronte a quell’informazione, falsa tra l’altro, che immediatamente salì sul retro della moto e indossò velocemente il casco fornito dal figlio di Robin Mask che decisamente apprezzò quel cambio di programma.

– Sta tranquilla, per questa volta non andrò molto veloce… –

– Come vuoi ma il più lontano possibile da qui! –

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Capitolo 17
*** passato prossimo, futuro, attuale ***


Nel 1980 l’Unione Sovietica aveva catturato due Deva al confine tra siberia e Cina.

Ufficialmente, le due donne erano ospiti speciali della base operativa del SKGB, branchia operativa per super uomini del KGB, ma era chiaro che quella permanenza “amichevole” era forzata e incline ad una tensione spiacevole.

Da quello che si poteva sapere, dalle poche notizie che trapelarono al momento della loro cattura, le due donne, rispettivamente zia e nipote, erano due esploratrici intergalattiche finite con il loro peregrinare proprio sulla Terra in un luogo decisamente poco consigliato.

Warsman ricordava perfettamente la prima volta che le vide, all’interno della corte della grande base, scortate da un drappello di soldati fin dentro alla caserma principale per le dovute presentazioni. La più piccola, di appena quindici anni, era quella più energica e poco incline a farsi scortare dagli uomini armati che, con tutta la pazienza di cui erano muniti, la spingevano delicatamente sulle spalle per indirizzarle la strada giusta nonostante le sue risentite gomitate. Mentre la più grande, la ventenne, anch’ella bionda come la nipote, era chiaro dal suo sguardo teso e intimorito che fosse ben più consapevole della reale situazione in cui si erano cacciate.

Quest’ultima era quella che più aveva suscitato interesse nel giovane chojin, rapito da quel suo stato d’ansia in cui da piccolo spesso e volentieri si era ritrovato, facendola sembrare un angelo caduto dal cielo consapevole di un destino incerto in mezzo a quegli uomini armati tutt’altro che amichevoli.

– Compagno… se continui a guardarla così poi ti cadranno gli occhi, eh! –

A parlare fu quel gigante in armatura metallica di Kommandas, anch’egli chojin talentuoso ma mai come lo era Warsman capace di resistere agli allenamenti più infernali.

– Uh, io… ero solo curioso di vedere le nuove arrivate, ecco tutto –

– Mangiandoti con gli occhi quella in abiti scuri? Va bene che sono le uniche femmine in tutta la base ma non so quanto possa convenire fare la corte ad una Deva… magari sono pure delle streghe! –

Lo disse con poca convinzione, e francamente parlando il giovane Nikolai Volkoff  ( in “arte” Warsman ) non era intenzionato a lasciar perdere un possibile approccio nei confronti di quelle due creature. Nessuno li, francamente parlando, era dell’idea di non rivolgere la parola alle uniche due femmine dell’intera struttura.

In quell’immensa base, situata nel cuore pulsante della fredda siberia e dalle mura alte e spesse per ricordare a tutti che non vi era uscita, i chojin dell’Unione Sovietica si allenavano duramente senza poter avere nessun tipo di svago o intrattenimento.

Ma erano uomini. E stare mesi e mesi senza compagnia femminile era una situazione alquanto frustrante. E se poi erano giovani come lo erano Warsman, con gli ormoni che scalpitavano tanto quanto l’adrenalina, difficilmente avrebbero rinunciato ad un paio di “chiacchiere” con una di quelle due creature. Terrestri o aliene che siano.

Il punto era: quella più grande avrebbe accettato anche solo di parlare con uno come… lui? Con quella sua ferocia bestiale? Con quella sua faccia, poi?!

 

( … )

– Non mi piace stare qui… e non mi piace essere circondata da maschi! Dicono che siamo “ospiti” ma non ci è concesso uscire dalla base! –

– Lo so che è una situazione difficile, Ally – sospirò amaramente la giovane zia della ragazza, intenda a stendere un grande lenzuolo sulla corda tesa del stendi panni posto sul tetto del dormitorio – il comandante Kowalski ci ha detto che ci rilascerà non appena tutti gli esami medici saranno conclusi… per il nostro bene, dice –

– E tu gli credi? Sono mesi ormai che siamo qui e tra poco sarà primavera! Siamo loro prigioniere, Katya! –

La giovane, seduta su di una vecchia sedia di vimini, sbuffò con puro astio dando un calcio al cestino delle mollette venendo debolmente rimproverata dall’altra donna – non dire quella parola, non rendere le cose ancor più difficili – per non dire deprimenti – cerca di portare pazienza e di analizzare il quadro della situazione nella sua interezza… è così che facciamo noi esploratrici –

Si chinò a sull’umido e freddo cemento per raccogliere le mollette ma le sue parole non parvero colpire più di tanto l’energica ragazzina. Per lei sua zia sembrava un po’ abbattuta per tutta quell’odiosa situazione, sebbene non avesse tutti i torti nel dover avere pazienza prima di fare la propria mossa anche se ormai quella frase, trita e ritrita, iniziava a stancarla.

Non le piaceva quel posto e non le piaceva la presenza di tutti quei chojin ne il modo in cui le guardavano con una certa “fame”, sebbene avesse l’autorizzazione ad allenarsi più o meno come loro e con loro sempre sotto la costante vigilanza di forze armate. Cavoli, mancava solo che la seguissero fin dentro il cesso!

Ma invece che aiutare la donna di nome Katya nel raccogliere le mollette decise di andarsene via velocemente, lasciando dunque una esasperata Deva con le sue incombenze. Pessima cosa rimanere da sole… e la donna sentendo degli strani rumori provenienti tra le miriadi di lenzuola che danzavano grazie al vento freddo che spirava da est, si allarmò quel tanto che bastava per mettersi sulla difensiva.

Chiaro che, essendo due donne in un “mondo” di uomini, alle volte ricevevano delle attenzioni decisamente non richieste. L’ultima volta un branco di chojin era apparso dal nulla mentre stava stendendo e le avevano strattonato la lunga gonna e rovinato l’intero bucato… piccoli episodi ti teppismo che prima o poi si sarebbero trasformate in molestie vere e proprie, c’era da scommetterci, a meno che quel ragazzo vestito tutto di nero non fosse riapparso nuovamente per dare una lezione a quel branco di bastardi.

Com’è che si chiamava…? Warsman, se non andava per errore.

– C’è… c’è qualcuno? – sentii dei rumori di passi ma non seppe da chi direzione giungessero – se c’è qualcuno vi… v-vi chiedo di uscire fuori e magari di andarvene! –

Ancora nessuna risposta e questo non era un bene. Di conseguenza prese in mano il cesto delle mollette con una decisione tale da volerlo usare come arma e, con un po’ di titubanza, iniziò ad avvicinarsi alla fonte dei rumori per prevenire qualunque brutta sorpresa. Più si avvicinava alle lenzuola stese accanto alla porta e più i rumori, assieme all’ombra di un uomo che apparve su di loro, si fecero concreti tanto da portarla ad ideare un piccolo piano dettato dalla pura esasperazione.

Non attese che il nuovo arrivato fece la sua presentazione, o mossa d’attacco, ma fu lei a prendere l’iniziativa scostando violentemente il lenzuolo dietro il quale si celava il misterioso individuo e gli lanciò contro le mollette.

– Stammi lontano!! –

– Ouch! Scusa… non volevo! –

Quella voce la conosceva, e non era di quelle crudeli e senza cuore dei chojin presenti nella base. Sgranò gli occhi color ghiaccio vedendo davanti a se un Warsman mortificato per quella sua entrata in scena, portandosi brevemente le mani davanti alla bocca mortificata a sua volta per ciò che gli aveva appena fatto.

– Oh per la Dea! Quanto mi dispiace! – iniziò subito a togliergli le mollette dal viso mentre il lottatore cercava debolmente di fermarla, facendole così capire che era tutto a posto, ma invano – pensavo fossi l’ennesimo teppista che voleva rovinarmi il bucato… ma che ci fai qui, a proposito…?! –

Era una domanda legittima anche se nella sua voce non c’era sospetto ma solo una tenue curiosità perfettamente giustificabile. E come risposta, il giovane chojin si massaggiò la nuca titubante prima di estrarre dalla cintura quello che sembrava uno scialle bianco.

– Ecco, io… ero venuto qui per riportarti questo –

Quello scialle, dai semplici ricami neri, era stata l’unica arma di Katya contro quel branco di teppisti che l’aveva assalita. Nella foga della lotta, prima che arrivasse Warsman, si era lacerato in maniera piuttosto grave mentre lo stava usando come “mazza” sulla testa di uno degli uomini che l’avevano aggredita, arrivando poi a perderlo in tutti quei tafferugli. Ora, quella lacerazione era stata ricucita da del filo rosso che stonava con le decorazioni di tulipani neri facendolo sembrare una scia di sangue acceso.

– Non ho trovato del filo bianco e mi sono dovuto arrangiare con quello che ho trovato…–

– N-non fa niente! Davvero! È stato un gesto bellissimo – farfugliò la ragazza, sembrandogli comunque davvero sollevata per il gesto – comunque… sei Warsman, giusto? –

– Corretto, è il mio nome da battaglia – fece lui a bassa voce – ma il mio vero nome è Nikolai… puoi chiamarmi così, se vuoi –

La Deva annuì concedendogli un timido sorriso. Era la prima persona sulla Terra che si dimostrava gentile con lei, segno che non tutti i maschi su quel pianeta erano scorbutici o pericolosi. Dopotutto non doveva essere così negativo avere un amico li dentro, specie dall’animo gentile come quello del ragazzo che aveva di fronte.

– Io sono Katya… mentre mia nipote, la ragazza più scorbutica della galassia –  e qui fece uno sbuffo divertito portando Warsman a rilassarsi – credo tu abbia già avuto modo di vederla in azione vista la sua tendenza a fare agguati a tutti quelli che non sopporta… beh, il suo nome è Alana –

Per il russo era una sensazione del tutto nuova, così bella da fargli sciogliere le ossa nel corpo e così “spaventosa” dal fargli credere di vivere un sogno incredibile quasi spaventato all’idea di svegliarsi. Era la prima volta che una femmina non aveva il timore di rivolgergli la parola, e già questo piccolo dettaglio era per lui un grande incentivo che lo spronava a voler approfondire l’inizio di quella loro amicizia.

 

( … )

 

Robin Mask aveva lasciato sua moglie Alisa nella più civilizzata Leningrado e aveva deciso di proseguire da solo alla ricerca del chojin perfetto seguendo la pista fornitagli dal suo informatore segreto. Trovandosi in breve tempo dentro la più impervia siberia e più precisamente all’interno di una delle strutture più segrete del KGB dove venivano addestrati i futuri chojin della U.R.S.S.

Alisa avrebbe voluto seguirlo fino li, e ci sarebbe anche riuscita se suo marito non l’avesse supplicata di restarsene in città, per curarsi la brutta tosse che aveva contratto appena raggiunto il suolo russo. Inoltre, la sua presenza quasi sicuramente avrebbe influenzato le sue discutibili azioni e non era luogo quello per una donna… men che meno per un paio di streghe dello spazio!

Sotto una falsa copertura, dal titolo di mister Barracuda dove aveva “sacrificato” il proprio elmo indossando una semplice parrucca bionda, si era fatto assumere come consulente per gli allenamenti dal comandante del posto, tale Kowalski, riuscendo a farselo “amico” e carpire quante informazioni possibili sul luogo e sui suoi abitanti.

La cosa che l’aveva stupito era la presenza di due Deva all’interno della base, con la più piccola dedita ad allenarsi con costanza per scacciare via una tensione perpetua di essere prigioniera li dentro, e il fatto che la loro “permanenza” fosse parte del progetto mandato avanti da Kowalski.

– Se fossi in voi, compagno Kowalski, non mi fiderei troppo di tenere qui due potenziali streghe! Francamente parlando non vedo che utilità possono avere due donne qui… –

– La loro utilità ce l’hanno, compagno Barracuda! Guardi bene! –

sorridendo con furbizia, il soldato a capo della struttura indicò oltre il grande vetro della torre delle comunicazioni in cui erano, puntando verso il cortile interno nel pieno di un via vai di gente e soldati. E solo aguzzando la vista, Barracuda riuscì a notare un uomo e una donna parlottare tra loro con fare piuttosto complice.

Warsman, il chojin su cui aveva puntato per attuare la sua vendetta contro quell’asino di Suguru colpevole di averlo umiliato in galassiavisione, era intento a flirtare con la Deva più grande e a giudicare dal livello di complicità quei due a breve sarebbero stati pronti ad essere molto più che amici. Quella femmina era una autentica distrazione per il suo pupillo… ma ancor peggio era il piano di Kowalski che decisamente gli piacque ancora meno, visto che non rispecchiava affatto la natura della Muscle League.

– Le due Deva che abbiamo catturato presentano la stessa affinità genetica – fece una breve pausa per aspirare dal filtro della propria sigaretta – entrambe possono rigenerare i tessuti cellulari danneggiati… sebbene questa loro “innata” sia più presente nella femmina più piccola che in quella più grande, ciò non toglie che abbiano una abilità interessante e fa proprio al caso nostro –

– Hm, detta così potrebbe anche suonare allettante… un chojin feroce come Warsman con sorprendenti doti rigenerative – Barracuda era genuinamente interessato, ma non era quello il piano del comandante – spingere almeno una delle due Deva a provare sentimenti “romantici”, per quanto possono amare quelle della loro razza, nei confronti del ragazzo in modo da accettare eventuali esperimenti fatti a scopo di bene… è un piano fattibile –

– E chi ha parlato di un solo chojin, eh compagno? Perché non creare un esercito di Warsman capace di rigenerare le proprie ferite?! Siamo a conoscenza della tecnologia con cui è fatto e replicarlo su larga scala, con in aggiunta il d.n.a di una di quelle due donne, sarà un grande passo per la nazione. Con un’armata simile presto il mondo cadrà sotto i nostri piedi! –

Era un progetto ambizioso oltre che dannatamente folle! I chojin non si allenavano duramente per conquistare il mondo o la galassia intera, ma per proteggerla dagli uomini come Kowalski che tutto potevano essere meno che membri onorari della Muscle League.

Robin Mask era giunto fino a li con l’intento di trovare un degno allievo, cosa che francamente era successa visto che Warsman iniziava a fidarsi di lui e della sua volontà di renderlo più forte, ma non per fare parte di una congiura criminale. Per questo, nel primo mese del 1981, decise di informare il proprio pupillo che le cose non stavano esattamente come dovevano stare.

E magari, se fosse andato tutto bene, dopo averlo informato avrebbe finalmente visto con occhi un po’ diversi quella Deva che tanto amava corteggiare.

 

( … )

 

Quello fu un inverno particolarmente duro, con il suo freddo pungente  e la sua neve che arrivava sino ai tetti delle case, ma ancor di più lo fu digerire il tradimento di quelli che Warsman considerava suoi compagni.

Avvenne durante la notte. Il giovane Nikolai non riusciva a dormire, forse perché troppo preso dal rapporto che stava nascendo con Katya e per il fatto che… beh, da ieri sera non era più da considerarsi amicizia.

Si erano baciati. Lei lo aveva visto in faccia e nonostante un ovvio momento iniziale di puro e silenzioso stupore, la femmina era riuscita a passare praticamente indenne dinnanzi a quel quadro tutt’altro che gratificante sentendosi quasi una sciocca per essere sembrata per un momento spaventata agli occhi dell’uomo che stava iniziando ad amare per davvero.

“La tua reazione è del tutto normale… lo so che non è un bel vedere e me ne dispiace, però credimi… io…”

“Ti fa male?”

La sua domanda venne colta dal giovane come il primo filo d’erba che cresce in mezzo alla neve. Con assoluto stupore e questo lo portò a chiederle cosa gli avesse domandato con il suo sussurro.

“v-volevo dire… ti fa male?” si avvicinò di più a lui, e l’occhio senza palpebre di Warsman studiò attentamente i suoi gesti un po’ titubanti di andargli a sfiorare quel volto fatto di metallo e tessuti muscolari con le pallide dita, venendo colpito appieno da quella domanda così maledettamente ambigua nella sua innocenza.

“No… è solo brutto da vedere, ma non fa male. Tranquilla”

La Deva scosse debolmente la testa cercando di trattenersi dal far scendere delle lacrime a suo dire inutili. Warsman non stava soffrendo per quelle malformazioni, non in senso fisico, e sentire che l’abbracciava la rincuorò quel tanto che bastava per prendere coraggio per parlare “allora va bene così… l’importante è che tu non soffra”

“Con te vicino non soffro”

Senza quasi accorgersene erano finiti col baciarsi, esplorandosi poco a poco, e finendo per interrompere quell’intimo contatto quasi con imbarazzo quando una delle guardie era entrato nella sala comune in cui si erano rifugiati. Si erano quindi ripromessi di rivedersi quella sera stessa dopo mezzanotte, nel capanno dietro la cappella, ma l’attesa era decisamente snervante e il ragazzo non riusciva a prendere quel poco sonno di cui aveva bisogno. Di conseguenza decise di intrufolarsi nella serra.

A Katya piacevano i tulipani, gli stessi che erano ricamati sul suo scialle. E quando lo seppe, Warsman si era dato da fare per provare a coltivarne qualcuno in un vaso all’interno della piccola serra del campo… ma ciò che udì da una delle finestre aperte che davano sul retro della struttura decisamente non gli piacque.

– … duecento esemplari sono stati ultimati proprio ieri. Di questo passo otterremo un esercito di robot senzienti nel giro di qualche settimana, compagno Kowalski! –

Era la voce di Kommandas quella che sentiva, e non gli piaceva ne il suo tono ne l’argomento che stava affrontando.

Da… e tutto grazie alla tecnologia offerta dal nostro sfortunato compagno Warsman. Purtroppo non sono ancora pronti i modelli autorigenerativi… ci vuole più sangue di Deva. Se il ragazzo riesce a farsi “amico” la femmina più grande allora sarà un gioco da ragazzi avere la loro collaborazione senza iniziare incidenti diplomatici, ma nel caso fallisca… –

– …Avete forse intenzione di uccidere Katya?! –

Apparve al drappello di soldati così, all’improvviso e con una voce assolutamente fredda, portando Kommandas a deglutire per mantenere sangue freddo mentre il comandante Kowalski non sembrava mostrare nessuna emozione degna di nota se non che… forse se l’aspettava una cosa simile.

– Warsman… ragazzo – aspirò dal filtro della solita sigaretta con una calma solo apparente – sono sempre stato il primo che, da quando ti ha arruolato, ho sempre creduto nella tua utilità che alla fine si è mostrata… completamente fondata. Sei una pedina, vero, ma sei la pedina principale della nostra patria… quindi pensa bene a quello che fai, figliolo –

E Warsman pensò attentamente a quelle parole, così come a quelle del suo allenatore Barracuda, che aveva già mosso dei sospetti sulle reali intenzioni dell’SKGB e che lui stupidamente non aveva voluto credere, fino al pensiero che potessero fare del male alla donna che amava…

Pensò a tutto questo, e prese la sua decisione facendo scattare i suoi artigli affilati come rasoi.

 

( … )

 

Mattino.

Il sangue chiazzava la candida neve come le pennellate furiose di un artista pazzo, ed ovunque si potevano sentire colpi di mitragliatrice e le grida di soldati che berciavano ordini o semplicemente gridavano di dolore ogni volta che Warsman, od uno dei suoi cloni tutt’altro che perfetti, squarciava loro il petto.

E Nikolai Volkoff  correva per la grande base sovietica, cercando di raggiungere la chiesetta del campo scosso da un istinto inconfutabile. Nella loro camerata le due Deva non erano presenti, e di norma la chiesa era il punto di riferimento per i pochi civili della base in caso di pericoli imminenti… quindi Katya doveva essere li per forza di cose!

Correndo all’improvviso fuori dal vicolo di due stabili venne investito da una grandinata di proiettili che falciarono alcuni soldati e un paio di cloni nel grande cortile esterno, riuscendo a schivarli prontamente scivolando verso destra andando quasi a cadere in mezzo a quella neve impastata con il fango della corte comune.

Si riparò dietro alcune casse di legno notando che comunque era un riparo alquanto debole visto il modo in cui il legno si scheggiava sotto quelle potenti randellate. Fu solo la risata di Kommandas a fargli capire che era lui quello che stava sparando da sopra la torretta del portone principale, e sembrava folle di gioia nel volerlo uccidere.

– Perché?! Perché, Kommandas! Eravamo amici maledizione!! –

Warsman riuscì a sporgersi quel tanto che bastava per urlargli dietro quelle parole intrise di disperazione, ma l’altro in risposta sparò con la mitragliatrice diretto alla sua postazione falciando dei soldati che correvano da quella parte.

– Amici? Eravamo amici per le bevute, per gli allenamenti… per esserti secondo a tutto! – ed ecco che dunque un mare di risentimento usciva fuori – sei sempre stato quello perfetto, Warsman! Quello da emulare! Ebbene… ora sarai ai miei ordini –

Qualunque cosa gli avesse promesso Kowalski era ormai da buttare. Lo stesso Warsman aveva rifiutato l’offerta e si era ritrovato addosso i primi duecento soldati robotici ispirati alla sua persona, perché lui essendo un cyborg restava unico, ed era dunque scoppiato un caos che si era alla fine perpetuato fino al mattino.

Il giovane russo fu quindi costretto ad abbandonare il riparo provvisorio ormai sfasciato dai colpi, tentando di correre al riparo dietro un grosso palo di cemento ma venendo fermato da una randellata di colpi di avvertimento che lo bloccarono facendolo quasi cadere a terra.

– Non c’è posto per i perdenti… lo sai Warsman, no? Quindi ecco che bisogna adattarsi… –

– Sei un maledetto pazzo, Kommandas! – si rimise in piedi, indignato per quel tradimento che non si aspettava da chi considerava un amico – non andrai da nessuna parte! Sei stato ingannato proprio come me! –

E in effetti non aveva tutti i torti, visto che Kommandas, del tutto ignaro dell’ombra che si stava avvicinando a lui, rise sguaiatamente preparandosi a trivellare l’ex compagno ormai con  le spalle al muro. Per lui poco importava se quei duecento soldati robotici erano assolutamente difettosi e attaccavano chiunque, come stava accadendo tutt’attorno a loro in una autentica battaglia sanguinaria, ora era intento ad assaporare il proprio momento di gloria che sarebbe durato assai poco… il tempo di permettere a Barracuda di cingergli il possente collo con una robusta catena iniziando a strangolarlo e ad intrappolarlo poi nella classica posa della Tower Bridge.

– Akk! Stupido inglese! – rantolò il possente russo sentendo la schiena incrinarsi oltre che il fiato mancargli – se pensi di… ooh!! –

Robin Mask non lasciò che le farneticazioni del possente chojin lo distraessero ad oltranza e, con un gesto fluido dettato dai suoi 27 anni di età, scaraventò quella massa di muscoli in armatura oltre il baratro della torretta facendolo schiantare al suolo.

– Non abbiamo molto tempo prima che si riprenda, Warsman – sempre che si fosse ripreso – dobbiamo andarcene ora! –

– No… non senza Katya e sua nipote –

Non l’avrebbe mai lasciata, e a causa di tutti quei combattimenti non era ancora riuscito a raggiungere la chiesa che ora… avevano fatto partire il disco dell’Ave Maria di Schubert? Che si trattasse di un disperata manovra delle due donne per dire che si trovavano in chiesa? Poteva essere…a Katya aveva riferito che era piuttosto legato a quel pezzo perché… lo cantava sua madre nei pochi ricordi che aveva di lei. Per tale motivo non ascoltò i richiami di mister Barracuda e andò dritto verso la fonte del suono che tra le altre cose stava attirando anche i robot difettosi, trovandosi ad ucciderne diversi assieme alle guardie che semplicemente sgozzava con i propri artigli senza neppure guardarle.

– Pazzo d’un ragazzo… – borbottò un Robin decisamente contrariato, mentre scendeva giù dalla torre con un balzo per atterrare su uno dei robot mandandolo K.O. – ma è anche vero che senza quelle streghe non andrà mai da nessuna parte! –

 

( … )

 

– Andate via!! Per la Dea… andate via!!! –

Katya urlò di puro terrore vedendo che, nonostante avesse barricato la porta della sacrestia con un pesante mobile, quelle cose che sembravano Warsman continuavano ad avanzare sfondando la barricata un pezzo alla volta. Con uno sforzo immane prese un cassettone del comò precedentemente spostato e lo buttò contro la porta mentre Ally, che era riuscita ad indossare una delle pesanti divise dei soldati rubandola ad un soldato morto, spostò con fatica una libreria verso una finestra con gli scuri che si stavano disintegrando ai colpi nemici.

– Io l’avevo sempre detto che era un tipo antipatico! – colpì con il calcio di un fucile il pugno di uno dei quei robot che era riuscito a sfondare gli scuri, portandolo ad arretrare –… SEMPRE!... Argh!! –

Invece che allontanare gli invasori che si accalcavano sulla finestra sortì l’effetto contrario, venendo presa per il fucile e trascinata letteralmente fuori dalla finestra ad una velocità tale da non poter contrattaccare in nessun modo.

– Oh, no! Ally!! – istintivamente la Deva ebbe l’impulso di correre verso la nipote che urlava a causa dei colpi che stava ricevendo, ma capì presto di aver commesso un errore a non salvaguardare l’ultima barricata.  

Il mobilio di legno si frantumò in pochi secondi, rivelando in mezzo al consueto polverone che si formò un Warsman a lei completamente alieno. Nei suoi occhi non riusciva che a scorgere solo una volontà assassina, ben aumentata dal suo respiro tutt’altro che umano.

– Nikolai… ti prego… ti prego… – sapeva che era inutile parlare con quella cosa che si stava avvicinando lentamente… non era lui, non poteva essere lui – non lo fare! Non…! –

Senza neppure ascoltarla, quella bestia senza cuore fece scattare i suoi artigli e li piantò nello stomaco della femmina facendola sussultare. I freddi artigli di Warsman si conficcarono in profondità nel suo ventre, portandola addirittura a vomitare sangue, e vennero estratti con una certa urgenza solo ed esclusivamente per darle il colpo di grazia al collo.

– Katya!! –

Quella voce la conosceva, ed era sicura al 100%, nonostante l’immenso dolore che provava, che apparteneva al vero Warsman e non ad una sua riproduzione pessima. Ciò che vide con sguardo sfocato poi, era a livelli della stessa ferocia dei robot.

Il suo Warsman colpì al volto la sua replica difettosa con una violenza tale da staccargli la testa dal collo, mentre ad un altro clone, arrivato dalla finestra, dette un calcio al ventre senza neppure voltarsi a guardarlo.

Il robot andò a schiantarsi contro una sedia, distruggendola, ma mentre fece per rialzarsi venne colpito alla testa da una fucilata misteriosa. Nikolai fu quasi sul punto di attaccare chi dalla finestra aveva sparato quel colpo quasi perfetto, ma si fermò stupito nel vedere che a sparare era stata la stessa Alana che, nonostante le ferite gravi e lo sguardo furioso e stanco al contempo, era riuscita a dare il suo supporto nell’attacco.

– l-l’ho sempre detto che sei un antipatico… s-sempre! –  

 

( … )

 

Verso mezzogiorno gli spari erano cessati del tutto, così come i cloni difettosi avevano smesso di muoversi.

Forse qualche sopravvissuto era riuscito a scappare verso la tundra, ma le sue possibilità di sopravvivenza tra freddo, le tigri, e il fatto che il primo centro abitato decente fosse a due giorni di cammino la rendeva una impresa dura. E gli unici che potevano sopravvivere forse erano loro, gli unici rimasti nel campo sebbene un po’ ammaccati.

Robin Mask non ricordava di aver mai partecipato ad una simile disfatta. Era stata una azione di guerriglia vera e propria, atti di pura brutalità in cui aveva avuto modo di notare tutta la ferocia che il suo allievo poteva tirare fuori, e in un certo senso ciò era stato un bene per poter osservare quanto Warsman fosse disposto a spingersi nel combattimento. E per amore di Katya a quanto pare era disposto a tutto… ma magari se lo avesse allenato ancor più duramente, tirandogli fuori quel lato bestiale e facendo in modo che gli rimanesse, forse si sarebbe finalmente dimenticato di quella donna e l’inglese avrebbe ottenuto finalmente la sua vendetta.

Ora, i due chojin e le due donne si trovavano nello spiazzo centrale della base, intenti a recuperare il recuperabile, fino ad ora avevano trovato un sidecar e benzina sufficiente per due giorni, e sistemare le “faccende insolute” ancora sparpagliate per la base.

Ally era quella più provata dalla battaglia a livello psicologico, e nei suoi occhi neri si poteva vedere una certa freddezza tipica di chi è stato costretto a crescere in fretta. Mentre la zia che ancora faticava a guarire e si trovava tra le braccia di un Warsman che le sussurrava parole confortanti alle orecchie, temette di vedere una luce sinistra nella nipote per il modo in cui sparava alla testa dei robot e delle guardie rantolanti e ormai prossime alla morte.

– Qui non abbiamo più nulla da fare – la giovane frugò nelle tasche dell’ennesimo soldato morto prendendo le sue piastrine di identificazione. Spietata si, ma decisa di riportare “a casa” anche quegli uomini – tanto vale bruciare i corpi e scappare il più lontano possibile da qui! –

– Se voi due volete tornare sul vostro pianeta tanto meglio – sbottò Barracuda, caricando nel portapacchi della Ural le taniche di benzina e i viveri – ma non è bruciando i corpi che risolverai tutto questo casino, ragazzina! –

Se Alana aveva voglia di sparargli in quel momento? Oh, si. Ne aveva. Ma gli avrebbe solo dimostrato di essere una “strega” e lei fino a quel giorno l’unica cosa che aveva fatto era stata di sopravvivere il più a lungo possibile. Si limitò a guardarlo storto e a digrignare i denti lasciando che le note dell’Ave Maria, nessuno aveva fermato gli altoparlanti della chiesa, si imponessero in quel teso silenzio cornice perfetta di un massacro improvviso.

– No… un solo fuoco non basta – borbottò a quel punto un Warsman che quasi cullava la donna che amava ora intenta a cercare di riposare – abbiamo bisogno di un fuoco più grande… –

Sia mister Barracuda che la giovane Deva si guardarono perplessi per poi osservare il russo senza inizialmente capire che cosa intendeva dire con l’accendere un fuoco più grande. Poi lentamente capirono, e la faccenda si fece più cupa oltre che maledettamente sensata.

 

( … )

 

A due giorni dallo scoccare dell’anno 1982 un grande incendio si accese nella fredda tundra siberiana. L’intero impianto della S.K.G.B prese misteriosamente fuoco e l’incendio andò avanti per cinque giorni interi, ed il suo acre fumo giunse fino ai villaggi limitrofi avvertendo come uno oscuro presagio che qualcosa di brutto nella foresta era accaduto.

Non si registrarono superstiti, ne documenti che attestavano cosa realmente stesse accadendo in uno degli impianti più all’avanguardia dell’Unione Sovietica. Pertanto, lo stesso K.G.B rimase in silenzio dinnanzi alla terribile notizia che il loro più glorioso progetto era andato rigorosamente in fumo, segno evidente che il soggetto di nome Warsman era, oltre che un vanto per la nazione, un nemico con cui era meglio non fare i conti.

Nel mese di gennaio, cinque giorni dopo l’accaduto, in un villaggio di frontiera tra Russia e Cina venne ricapitato un pacco alla stazione di polizia locale, contenente tutte le piastrine di identificazione e i documenti dei pochi civili che popolavano la base. Il mittente rimase ignoto e le popolazioni locali credettero addirittura che fosse opera della Baba Jaga, ma la realtà era ben altra e gli autori di quella incredibile disfatta erano ormai riparati nell’anonimato e, nei casi di Alana, rifugiati su Amazon per diventare una Cortigiana.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Lord Flash sedeva all’ombra del Big Ben, nel parco limitrofo, non gustandosi appieno la bella giornata e il suo sole insolitamente caldo. Ma aveva i suoi buoni motivi.

– Bei tempi quelli, eh? Ma sai cosa mi manca? La sbobba di rape rosse… quella sbobba era… sbobba! –

Alana incise ancor di più il concetto con un cenno della mano, e a differenza dello “zio” acquisito sembrava piuttosto serena, ma per il russo era chiaro che non si trovava solo li per ricordare “i bei tempi” andati.

– E hai attirato la mia attenzione qui, in un luogo densamente popolato e quindi agli occhi di tutti, solo per ricordare un passato scomodo? Non me la bevo –

Era cambiata Ally, tanto che nei mesi scorsi, quella notte in cui era andato a buttare via il pattume, manco aveva creduto che fosse veramente lei. Era mutata sia fisicamente che mentalmente, forse a causa dell’addestramento crudele delle cortigiane?, e francamente non sapeva se poteva fidarsi ancora di lei.

La Deva tuttavia fece spallucce, tornandosene a smangiucchiare il proprio lecca-lecca multicolore con sguardo assolutamente ebete – per che cosa ti avevo chiamato qui poi? – e qui Flash fece un colossale facepalm – ah si! Sai che potrei essere seguita? E pure tu mi sa… –

– E me lo dici così, razza di idiota??! –

Stava per innervosirsi per davvero e aveva pure iniziato ad alzare la voce, facendo per questo voltare le teste di alcuni passanti, che osservarono incuriositi la strana “coppia” seduta su una delle panchine del parco.

– Calmati, ho la situazione sotto controllo visto che si trattano degli uomini di Lancaster… suppongo che non abbia gradito la mia sorpresa ai suoi uomini ma la League andava protetta, eh –

E questo lo sapeva perché si era accorta di un paio di loro che la seguivano e, una volta che riuscì a portarli in un vicolo appartato, li aveva “abbattuti” con un taser elettrico… scusandosi poi e avvertendo solo dopo che erano svenuti che era “armata e pericolosa”.

– Il fatto che siano i soldati di… quell’uomo – gli costò dirlo – non mi rende più tranquillo! Ha catturato la chojin che mi ha attaccato piuttosto facilmente e ora la tiene per i suoi esperimenti, quindi cosa ti fa credere che non diverrò io stesso una cavia da laboratorio? –

Domanda giustissima in effetti, Howard Lancaster ci teneva alla propria viziatissima, e ubriacona, bambina, tanto da mettere sotto controllo chiunque ritenesse sospetto o che semplicemente non gli andasse a genio. Ed il fatto che Alana la stesse prendendo così alla leggere dimostrava quanto folle fosse divenuta nel tempo.

– Uhmmm… la cosa si fa interessante – non si sa come ma si portò l’intero lecca-lecca in bocca, frantumandolo e mangiandolo del tutto – la tizia che hai detto essere alta tre metri, se è chi credo io, sono stupita che sia ancora prigioniera di Lancaster… ma magari ha intensificato i controlli perché gli è sfuggita – cosa assolutamente non vera – oppure è un po’ pignolo… ma comunque non preoccuparti, compagno! Ho un piano infallibile per calmare le acque –

Lord Flash si massaggiò la fronte, senza curarsi che la donna con la felpa grigia si era alzata in piedi nascondendo il volto sotto il cappuccio – non sono molto sicuro di voler sapere di che si tratta… spero tu non voglia andare da lui a sniffargli i genitali! –

– Per chi mi hai preso? Per una stupida?! – anche, in effetti – e comunque i suoi genitali sanno di sandalo con una nota di muschio bianco… –

La notizia decisamente non voluta fece torcere lo stomaco al russo che, con l’intento di rimproverarla duramente, alzò lo sguardo per dirgli qualcosa di poco carino nella propria lingua madre ma si accorse che era sparita senza lasciare traccia.

Seccato, e anche preoccupato, si appoggiò allo schienale della panchina pensando che avere Howard Lancaster alle calcagna era l’ultima delle sue preoccupazioni… che poteva anche voler dire non aiutare Emerald con il suo addio al celibato.

– Ally, spero per te che il tuo “piano” non sia di farti catturare da quell’uomo pericoloso… –

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Capitolo 18
*** la tranquillità è un optional ***


– Guardalo… n-non è meraviglioso? È come guardare un angelo che dorme –

Nella penombra della stanza di Kevin Mask all’hotel Atlas, due figure erano inginocchiate davanti al letto del ragazzo intento a dormire profondamente dopo una giornata spesa ad allenarsi duramente. Non era rimasto alla tenuta di suo padre per dormire, preferendo di gran lunga starsene per i fatti propri lontano dall’odioso cugino… ma non aveva fatto i “conti” con il proprio allenatore e la donna che li aveva aiutati a fuggire dal Giappone, completamente ubriachi dopo una nottata spesa a discutere di cose più o meno importanti.

Emerald Lancaster emise una bassa risata beota mentre si accingeva ad accarezzare delicatamente il volto del giovane Mask ignaro della loro presenza, mentre Lord Flash le cinse le spalle con un braccio e con la mano libera andò a bere altra vodka.

– s-si un angelo me-meraviglioso! La shai una cosa? Io amo questo ragazzo… lo amo come se fosse il figlio maschio che n-non ho mai avuto –

la voce del russo era impastata dall’alcool e per essere entrambi finiti li dentro voleva dire che non erano esattamente capaci di ragionare. Non erano insoliti a grosse ubriacature ma stavolta c’erano andati giù pesante dopo che l’allenatore di Kevin Mask aveva provato a dare buca al piano volgare della bella ereditiera che prevedeva di far fare una pessima figura ad un branco di vecchi maiali. La categoria di uomini che preferiva, insomma.

“dannata puttanella! Possibile che tu non capisca?! Ho tuo padre alle costole e questo non è un bene!”

“ma smettila, pantegana psicotica! È normale che mio padre si preoccupi per me” vero, ma i suoi modi di fare erano piuttosto discutibili, se si voleva dire così “e poi vuoi mollarmi così ad un passo dai festeggiamenti?! Bel codardo che sei!”

È logico, ovvio, che il russo avrebbe volentieri preferito starsene buono e tranquillo piuttosto che attirarsi anche le ire di papi. Tuttavia Emerald non aveva preso bene quella sua marcia indietro e avevano finito col discutere animatamente in un fumoso locale imbucato in una stradina poco frequentata di Londra. Litigando certo, bevendo anche tanto, fino ad arrivare a lamentarsi delle rispettive performance sessuali ( attirandosi sguardi ancor più perplesso dai pochi commensali a disagio ) fino ad arrivare al tentato omicidio vero e proprio.

A quel punto, nel momento esatto in cui una non lucida Emerald prese in mano la propria pistola dal marsupio, si scatenò il panico come una pioggia di proiettili andarono in direzione di Lord Flash che prontamente andò a ripararsi dietro il bancone assieme ad uno spaventatissimo barista.

Alcuni cocci di vetro gli finirono sulla spalla sinistra non appena alcune bottiglie dietro di lui, sulle mensole, si ruppero ai colpi di proiettile, ma non fu il dolore delle ferite a fermarlo, quasi inavvertito da tanto che era ubriaco, ma anzi ne approfittò per prendere in mano un coltello e lanciarlo in direzione della ragazza.

Se fosse stato più lucido forse l’avrebbe presa in pieno, ma riuscì a colpirla di striscio ad una mano senza però riuscire a disarmarla. Pertanto, l’ex wrestler saltò agilmente dal bancone e la colpì in pieno volto con un calcio mandandola a terra di un paio di metri.

Emerald comunque non stette a guardare, e con uno sguardo da predatore che spaventò i pochi clienti non del tutto ubriachi, si rialzò in piedi ignorando a sua volta il dolore e sparando decisa in direzione di quel vecchio porco psicotico. Il suddetto individuo però fu più veloce, scansandosi di lato, e scivolando per giunta su una chiazza di vodka, lasciando che quel proiettile vagante se lo prendesse alla gamba il povero barista che stava semplicemente cercando di scappare.

A quel punto fu come se la campanella della ragione avesse iniziato a trillare nella testa di entrambi i “nemici mortali”, portandoli entrambi a guardare attoniti il pover uomo a terra e urlante mentre tentava di fermare il sangue che defluiva via dalla ferita, anche se in realtà non era una ferita grave, e invece che pensare lucidamente di dargli una mano pensarono di darsi alla macchia nella buia notte londinese.

E pensare che era stato poi l’ex lottatore a dirle con insistenza di chiamare suo padre per coprire un possibile casino! Molto coerente in effetti, eppure se erano ora al capezzale di Kevin Mask era perché… come non si poteva non pensare a tutti i casini che stavano succedendo? Forse anche tutti questi loro tafferugli nascevano da una tensione senza pari, e forse, forse, non c’era motivo di credere che Howard Lancaster lo avrebbe fatto fuori magari in mondovisione solo perché conosceva una sospettata della morte dei suoi uomini stando a quanto gli aveva detto Alana. Magari la loro vera volontà, offuscata dal troppo alcool, di intrufolarsi di soppiatto nella camera del giovane chojin era solo un modo per dirsi che andava “tutto bene” e nessuno  di loro era veramente in pericolo di vita… dannatamente falso, ma vederlo vivo e beato nel mondo dei sogni rincuorava parecchio.

– Lui è bellissimo e… e tranquillo – farfugliò la Lancaster reclinando la testa di lato e scostandogli via la lunga frangia dal volto – è il nostro bambino che dorme beato c-come un angelo… n-non ha preoccupazioni lui –

Emerald si lasciò andare ad una risata beota un po’ più forte ma che, per fortuna, non ebbe il potere di svegliare Kevin quanto di far commuovere il russo.

– Abbiamo fatto un capolavoro…e-ecco – non era figlio loro ma erano talmente ubriachi da non riuscire proprio a pensare – e sai una cosha? Non mi vergogno di dire che io… IO… gli voglio bene! Gli farò vincere la Corona Chojin… cascasse il m-mondo! –

Si, il ragazzo stava bene e nessuno era ancora venuto a cercare lui e tutti loro con accuse infamanti e infondate. Dovevano essere sollevati solo di questo ed evitare inutili tafferugli che avrebbero potuto attirare l’attenzione su di loro, e se Lord Flash voleva darle buca all’addio al celibato di Robin Mask era anche per questo, tuttavia erano decisamente troppo ubriachi per poter anche solo lontanamente capire che dovevano tenersi alla larga dai guai e cercare di stare calmi.

– Uuh… si – fece lei, ridendo come una cretina ed iniziando a baciargli il collo – sa… saresti un babbo porcello fenomenale… vecchio sorcio psicoso… –

In risposta Warsman rise in modo ridicolo facendo scendere la mano che prima cingeva le spalle della donna fino al suo fondoschiena, stringendole una natica con forza e portandola inizialmente a mormorare compiaciuta mordendogli la calzamaglia e la pelle sottostante in risposta. Erano effusioni decisamente molto spinte in un posto in cui non dovevano essercene per forza di cose, tanto da portare il russo a spingersela via con un po’ di sforzo.

– Non… non possiamo farlo qui davanti a lui… n-non sta bene, eh! –

Lo disse con un tono di voce che trasudava un po’ di buon senso e la stessa Lancaster scosse la testa in lieve assenso continuando a guardare Kevin Mask che, ignaro di tutto a causa di un sonno pesante, continuava a dormire come se non ci fossero state complicazioni di nessun tipo. Poi però guardò la ragazza con una espressione ovvia e completamente logica nella sua mente offuscata dagli alcoolici.

– … ma nel suo bagno possiamo, si! –

La Lancaster se ne uscì con una risata piuttosto alta e ridicola, dandogli degli schiaffi sul petto a mo’ di approvazione, e aiutandosi a vicenda ad alzarsi dalla moquette color verde smeraldo per andare ad effettuare un piano che qualunque persona lucida decisamente non avrebbe fatto.

 

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– È un angelo caduto dal cielo… e… e darei la vita per lei! –

Sotto il pesante elmo di metallo lo sguardo di Robin Mask era sfocato a causa dei troppo liquori che si era scolato assieme a qualche “vecchia canaglia” della Scuola di Ercole, e purtroppo li in quella stanza non era l’unico ad aver alzato il gomito.

I suoi colleghi stavano sopraggiungendo sempre di più per le sue imminenti nozze e quelli che al momento si trovavano ospiti a casa sua erano quelli che erano arrivati per primi. Non stava ancora festeggiando il proprio addio al celibato, che aveva già programmato come qualcosa di sobrio nel cottage ai confini della sua tenuta, ma ricordando con i suoi pochi ospiti i bei tempi andati e le epiche battaglie che li aveva visti protagonisti avevano ecceduto con l’alcool.

Attualmente si trovavano tutti nella camera da letto del padrone di casa, intenti a guardare nella luce soffusa delle abatjour una futura sposa intenta a dormire profondamente dopo una lunga giornata lavorativa.

– Gh gh gh… è proprio carina! – farfugliò re Suguru ebbro di alcool e ormoni, inginocchiato al suo capezzale e intento a sbirciarle nella scollatura della camicia da notte – dimmi un po’… ma com’è avere una fidanzata così giovane?! Eh? Eh??! –

Il re del pianeta Kinniku era giunto da poco a Londra e dimorava all’Hotel Milestone  assieme alla consorte Belinda che, quasi sicuramente, se lo avesse visto ubriaco e intento a sbirciare le tette di una donna ignara probabilmente gliele avrebbe date di santa ragione.

– C-come vuoi che sia eh?! – a parlare fu Buffaloman, in piedi dietro Robin troppo intento a fissare la compagna che dormiva per rispondere – se la sposa! Ci sta bene lui con la ragazzina, altroché! Vecchio maiale ibernato… –

Lo disse con voce impastata mentre finiva di scolarsi una bottiglia di scotch pregiato, ricevendo in risposta solo un mugugno da parte di Pentagon che, inginocchiato davanti al letto e con la faccia spiaccicata contro il materasso, stava per andare in coma etilico dopo aver bevuto la fantomatica tequila col verme.  

– E p-pensare che la detestavi la Deva… seh, come noh! Tutte scuse per trombartela l-lontano da noialtri… – con una certa fatica l’angelo alieno si voltò a guardare l’ex lottatore futuro sposo con un certo risentimento – tzè… m-me l’hai rubata da sotto il naso… stupido inglese! –

Il suddetto lottatore inglese però non gli dette minimamente retta, perso nei propri pensieri ad alta voce e nelle sue preoccupazioni più o meno valide. Scostò delicatamente i capelli dal volto di Alya, e facendo ciò spintonò via quel lumacone di Suguru che piagnucolò un poco, prima di borbottare qualcosa che fece rizzare le orecchie a tutte.

– Nooon ripeterò lo stesso errore… no, no… lei e la nostra bimba staranno bene… bene, ecco. È Kevin che mi preoccupa!  Io… credo che non mi abbia detto tutta la verità! Quel c-cane maledetto di Howard mente! – 

– Eh in effetti… pure Kid mi è sembrato un po’ strano… – il re dei kinniku si massaggiò il mento perso nei propri pensieri – e pure Meat credo avrebbe voluto dirmi qualcosa quando ci siamo incontrati stamattina q-quando sono arrivato in aeroporto… –

Durante quella prima visita alla tenuta dei Mask il drappello di uomini, tra una bevuta e l’altra, si erano informati a vicenda sulle ultime vicende accadute durante il mese. Ed era ovvio che ci fosse qualcosa di poco chiaro nella faccenda e che forse, anzi… molto probabilmente, il loro ex collega Howard Lancaster c’entrasse qualcosa. Robin Mask non era convinto sul fatto dell’incidente a casa Lancaster… era sicuro che suo figlio non avesse bevuto prima di partire e lungo la via che porta a Londra non ci sono pub. Inoltre, la sua futura consorte si era dimostrata scettica sulla spiegazione del nobile e il suo istinto le diceva che quelle ferite da impatto non potevano essere nate da semplici tafferugli con le forze di sicurezza.

E conosceva suo figlio tra l’altro, indi era sicuro che il ragazzo gli stesse mentendo o comunque gli stesse nascondendo qualcosa di grosso riguardanti i fatti di quel fatidico giorno oltre che probabilmente altro… quando gli aveva chiesto come era stato il suo soggiorno a Tokyo era stato piuttosto vago e reticente a parlargliene.

E lo stesso Kid Muscle era un libro aperto per suo padre. Il ragazzo era sempre stato schietto con il suo vecchio anche quando c’era da dirgli delle crudeltà gratuite riguardo il suo “presunto” passato di wrestler di talento, ma da quando lo aveva incontrato gli era sembrato troppo vago quando gli aveva chiesto come stava. Il suo pigro figliolo gli stava nascondendo qualcosa di poco piacevole e non si trattava della sua prima delusione amorosa… e persino Meat gli era parso titubante, come se indeciso di raccontargli qualcosa di potenzialmente sconcertante. E non era da lui fare così! Non il suo vecchio amico, e allenatore, con cui aveva sempre avuto un rapporto di assoluta fiducia.

– Bah! Vi fate troppe seghe mentali! – sbottò all’improvviso un Buffaloman che aiutò il collega americano a rialzarsi – se ci fossero stati dei problemi n-noi lo sapremmo, no? Vance non ce lo terrebbe nascosto… siamo parte della Muscle League –

Biascicò quell’ultima parola nel mentre che tornava ad incollare le labbra sulla bottiglia di scotch pregiato e senza minimamente credere per davvero a ciò che aveva detto. La situazione era strana e in molti nella Muscle League non pensavano che si trattasse solo per le nozze di Robin Mask che il direttore MacMadd fosse così teso e misterioso. Il suo comunicato ufficiale non spiegava il perché gli atleti fossero giunti li prima del tempo, quantomeno alcuni di loro che guarda caso erano “coinvolti” nei gravi incidenti di Tokyo.

Ma per il padrone di casa, da tanto che era ubriaco, non era decisamente il momento di pensare alle preoccupazioni ma solo di adempiere ai suoi… “doveri coniugali” sebbene fosse tutto meno che pronto ad andare a letto con la propria donna.

– Signori, cooomunque, direi che la serata è… f-finita – si levarono alcuni versi di lamentela ma Robin era già intento a togliersi la camicia traballando da un lato all’altro – ora devo fare una… cosa… – e qui partì una mezza risata beota – e quindi siete pregati di andar… andarvene, ecco! –

– Eeeh! Ma potrebbe essere istruttivo! – provò a desistere re Suguru, decisamente tentato di vedere una bella donna senza veli ( a dimostrazione che il lupo perde il pelo ma non il vizio, neppure da sposato ) ma scarsamente accontentato visto che Pentagon lo prese per la cresta ornamentale e lo trascinò via dalla stanza.

Tuttavia neppure Robin Mask, sebbene ridacchiasse estasiato all’idea di svegliare Alya per un po’ di sano divertimento, non riuscì ad attuare il suo piano ritrovandosi ad inciampare sul tappeto persiano e cadere disteso a terra e lì addormentarsi sotto gli effetti dell’alcool. Lasciando che la dottoressa riposasse in santa pace nel proprio sonno profondo.

Senza contare che a partire da domani sarebbero arrivate le prime donne della famiglia della Kalinina, inclusa sua madre, e che avrebbe dovuto essere quantomeno presentabile… ma a quanto pare, al momento era troppo ubriaco per pensarci.

 

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– Ha un aspetto inquietante… –

– Senza dire che ha un “aspetto”, è inquietante e basta, soldato –

Howard Lancaster si sentì in dovere di correggere il soldato accanto a lui, mentre osservavano al di là del vetro a specchio magico, della sala interrogatori nella “base operativa” dei Lancaster, la figura di Alana intenta a… dondolarsi sulla sedia e scaccolarsi con il mignolo destro.

Era quasi pentito di averla fatta catturare la sera prima, anche perché era chiaro che si trattava di una persona non proprio sana di mente e… beh, era un po’ da vigliacchi prendersela con una malata mentale, no? Almeno stando alla sua logica, e l’operazione era stata fin troppo eclatante attirandosi addosso parecchie occhiate perplesse.

Era accaduto alle sette di sera, quando la donna aveva staccato dal suo turno al Muscle Museum Hospital e aspettava vicino alla fermata dell’autobus abbastanza affollata con uno strano sorriso dipinto sul volto. Alana aveva svariati motivi per essere di buon umore… primo fra tutti Warsman non si era troppo arrabbiato per il fatto che lo aveva pedinato fino ai magazzini Harrods costringendolo a rintanarsi in un camerino. Secondo motivo era che finalmente le era arrivata giusto in tempo!

Quando le era arrivata la cassa era appena giunta alla fermata dell’autobus, ed un titubante fattorino si era presentato a lei con l’intento di farle firmare una bolla e… quasi la volontà di chiamare la polizia quando una quindicina di uomini armati le saltarono addosso urlando “Eccola! PRENDETELA!!!”.

Si creò dunque una montagnola di uomini doloranti e imprecanti per aver effettuato un piano a dir poco ridicolo e creato in meno di cinque minuti visto che il loro capo, Michael Connors, era ancora a riposo dopo il fallimentare tentativo di catturare anche l’altra terrorista ed era quello bravo a creare piani ben fatti per un branco di ex mercenari senza cervello. Ma tuttavia, nonostante la calca di persone, miss Alana sgusciò fuori quel tanto che bastava per porgere una domanda essenziale al fattorino che stava boccheggiando a vuoto.

“Dove devo firmare, ragazzo?!”

 

E dunque eccola li, in quella sala per gli interrogatori normali secondo la volontà dello stesso Lancaster, oltre che per volontà della stessa Deva sebbene il nobile marchese non ne fosse a conoscenza. Sarà stata anche fuori di testa ma non era pazza… e se la sua cattura avrebbe in qualche modo calmato le acque e spostato l’attenzione dalla Muscle League a lei stessa, allora la cosa andava più che bene. Inoltre, la cassa che aveva ordinato era il suo lascia passare per uscire da li in modo indiretto, perché mica l’avrebbe lasciata così su due piedi, visto e considerato che il suo contenuto era di vitale importanza per il “club di scienze” di cui era membro onorario. Per forza di cose Vance MacMadd non poteva fornirle tutto il materiale per le sue “pulizie speciali”, quindi andava a prenderle per via traverse.

– Ehm… la qui signora al momento della sua cattura aveva ritirato un pacco da un corriere espresso – il soldato lesse un po’ imbarazzato il file riguardante la cattura – che riguardava una… bambola erotica in silicone… –

– In tasca avevo anche un chupa-chups  e una gag-ball… rivoglio la mia roba, ladro –

La donna fece quella precisazione senza avere una reale emozione nella voce, e questo portò Howard Lancaster a sospirare spazientito ( era entrato anche lui nella stanza degli interrogatori ) e a massaggiarsi l’attaccatura del naso con il pollice e l’indice.

– Senta signora… non complichiamo di più le cose e cerchiamo di collaborare… –

– No –

– Se l’abbiamo portata qui è per motivi di sicurez… –

– No –

– Ma vuole lasciarmi parla…! –

Tette

Questo era decisamente troppo. Sentendosi ribollire di rabbia e imbarazzo, perché nessuno l’aveva mai interrotto così e nessuna donna si era mai alzata la maglietta per mostrargli il seno nudo, Howard Lancaster batté con forza il proprio bastone da passeggio sul pavimento della sala lasciando ben intendere alla donna di mezza età che doveva stare zitta e coperta. Accanto a lui intanto il soldato boccheggiava incredulo e sembrava essere sul punto di piangere per lo shock, mentre la Deva fece spallucce riabbassandosi la felpa e la maglietta poco entusiasta dei risultati.

– Credevo che voi maschi foste ossessionati dalle tette… –

– Credevate… male, signora – gli costò parecchio a non far balbettare la voce dal nervoso, ma doveva ammettere che con quel suo spiazzante intervento aveva toccato un tasto psicologico non indifferente. Indi per cui tanto stupida non era – ora, se l’ho portata qui è per sapere il suo parere riguardo i recenti attacchi alla Muscle League che hanno coinvolto anche mia figlia… –

– Avete l’autorizzazione del governo, effendi? –

– No –                                              

– Della regina?? –

– No –

– Allora con che titolo mi trattenete qui contro la mia spontanea volontà?! –

– Con il mio. Perché io posso, cara signora – i suoi occhi smeraldini si fecero più freddi, quasi spaventosi, mentre quelli della Deva… tornarono dritti osservandolo come un camaleonte che ha puntato la preda. E questo fatto era chiaramente insolito, ma non doveva distrarsi – ora, ditemi perché avete mandato alla morte alcuni dei miei uomini e possibilmente darci delle informazioni in più riguardo alle aggressioni subite dai miei uomini da parte di uno strano gruppo –

La Deva lo guardò a lungo con il suo sguardo perfettamente normale e, con gli occhi ben a posto, sembrava essere una persona completamente diversa a quella demente che molti erano soliti conoscere. Quella che era di fronte al marchese Lancaster era l’Alana delle steppe, della base dell’SKGB cresciuta troppo in fretta in un mondo che non le apparteneva, lasciando che un sottile sorriso le attraversasse momentaneamente il volto.

– Ho fatto il mio lavoro. Ho protetto la Muscle League da un possibile scandalo indirizzando le attenzioni indesiderate su soggetti ad alto rischio – gli uomini di Lancaster, e non erano esattamente dei santi – non avevo idea che fossero i vostri uomini, effendi. Comprendo la vostra preoccupazione ma credo che sia un rischio calcolabile. Ovviamente Vance MacMadd non mi ha ordinato di fare questo lavoro. Non lo fa mai, eh –

– E su che base metti la vita dei miei fedelissimi al pari di pura e semplice carne da macello, hm? – non gli piaceva quel discorso. Aveva senso, in effetti, ma se era qualcun altro a dirlo e quel qualcuno non era lui non gli piaceva sentirlo – con le tue macchinazioni mia figlia ha rischiato la vita… e finchè non avremo chiarito tutto temo che sareste mia ospite. Si rilassi, sarà al sicuro qui –

A quel punto gli occhi della donna tornarono storti, forse perché la sua “concentrazione” non riusciva a raggiungere il massimo oppure era sempre entro un certo limite. Una cosa era certa, aveva chiarito la faccenda sulla situazione del fondatore della League in tutto questo, era sembrata sincera, e dunque poteva fare a meno di torchiarlo.

– Mbeh… i soldati sono a nostra disposizione affinchè facciano il lavoro sporco che tocca a noi, no? Più sono obbedienti e più partono in allegria a farsi ammazzare in una guerra che non gli appartiene – aveva senso, anche se nel dirlo aveva ripreso a scaccolarsi – e poi io ho messo i microchip dei lottatori a quei soldati più puzzolenti… mica per altro, eh! E poi mi sono scusata… e ho anche avvertito delle mie intenzioni anche se non c’era più nessuno quando l’ho fatto –

Questo era un altro episodio da facepalm e lo stesso Howard si concesse di passarsi la mano sul volto emettendo un basso lamento esasperato. Sinceramente non capiva se quella femmina aliena fosse geniale oppure… ma si era incastrata il dito mignolo nel naso, adesso?!

Cristo! Doveva uscire da li il prima possibile altrimenti sarebbe esploso di rabbia! E non era da lui prendersela a male con una donna, tra l’altro. Quindi lasciò al soldato il gravoso compito di aiutare quella donna a liberarsi da quell’assurda situazione e tornare a pensare con più calma. Si, sarebbe stata sua ospite e non avrebbe subito interrogatori più pesanti anche perché era ovvio ormai che non era partita con le più cattive intenzioni anche se aveva scelto i soggetti sbagliati. Howard temeva che la sua famiglia fosse in pericolo, e forse non aveva tutti i torti a pensarlo ora che le prove erano state inquinate e sia la Corte che il gruppo di queste chojin erano oltremodo furiose per come si stavano svolgendo gli eventi.

Inoltre, sapeva che miss Alana aveva militato nella Corte per circa 20 anni, per bocca sua, ma del prima e del dopo di quel periodo non sapeva praticamente nulla e di base sapeva che le cortigiane erano restie a rilasciare i file sulle loro chojin e da Amazon non aveva ricevuto informazioni degne di nota… le sue spie insomma, non sembravano essere capaci di scoprire di più su quella femmina e l’ultima cosa che il Lancaster voleva era un incidente diplomatico.

Ma… magari le sue parenti avrebbero avuto più informazioni sul conto di quella donna, giusto? Era chiaro che la Deva in questione, ora era intenta a lussarsi da sola una spalla sotto gli applausi di un paio di soldati e i brontolii di alcuni scommettitori, non avrebbe spiegato nulla sul suo passato o sulle sue azioni più nel dettaglio ( perché era stata seguita e sembrava troppo legata agli eventi che stavano accadendo ) e Howard aveva un disperato bisogno di informazioni. E lui odiava, odiava, quando non poteva fare una cosa perché la sensazione che gli lasciava era di assoluta impotenza.

Si ripromise di chiamare Connors per una missione leggera e senza troppo impegno, se avesse fatto le domande giuste alle sue parenti, che tra l’altro tra qualche ora sarebbero giunte visto che stavano usando una delle sue compagnie di trasporti intergalattici, forse avrebbe avuto un quadro più migliore…

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

Nuala aveva il pallino per la pulizia. Sul serio, non sopportava neppure il più umile granello di polvere e persino l’idea di un contatto umano, come un abbraccio amorevole, la disgustavano ad oltranza all’idea di contrarre batteri di ogni tipo.

Però le piaceva essere sarcastica, e scostandosi una lunga ciocca di capelli rossi che le copriva quasi metà del viso rise in direzione di una de Santa abbastanza incazzata.

– Quell’americano dev’essere un amante piuttosto focoso per averti demolita così, eh eh eh…–

– Chiudi quella fogna, stronza –

Hm, apprezzo la connessione delle tue parole con la frase fatta – incrociò un paio di braccia in petto, lasciando che una piacevole brezza serale le scompigliasse i capelli – siamo in una fogna colossale se non troviamo la scimmia, e a quanto pare qualcuno ci si è messo di impegno per inquinare il nostro cammino –

Erano entrambe su uno dei pinnacoli della Tower Bridge. Sotto di loro il traffico scorreva ignaro della loro presenza e un venticello piacevole rinfrescava quella serata londinese senza però raffreddare i bollenti spiriti delle due pericolose chojin.

– Continueremo le nostre indagini – fece ad un certo punto Uriel – un punto fondamentale l’abbiamo già raggiunto… basterà pazientare un po’ finchè non ci saranno date prove sufficienti e a quel punto spiegheremo a questi gentili signori che le cose – e qui segnò con il punto indice verso il basso, come a simboleggiare la realtà terrena – le cose, vanno fatte nel verso giusto… con le giuste conseguenze

Bisognava andare avanti, sapevano che bisognava portare pazienza poiché il destino agisce per vie traverse. Nuala lo sapeva, sebbene aspettare alle volte poteva essere oltremodo snervante per alcuni, per lei era fonte di infinito piacere.

Era nata da due donne, e dalla donna che l’aveva partorita aveva ereditato la facoltà di portare molta più pazienza di un velenoso serpente, attendendo semplicemente che la preda si posasse sulla sua ragnatela argentata. Se Uriel andava a caccia, Nuala si limitava ad attendere da brava vedova nera come lo era l’altra sua madre.

– Amo quando fai questi discorsi – si lasciò andare ad una risata un po’ più alta nonostante la sua voce maschile – però lavati, eh! –

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Capitolo 19
*** apparenze ***


Aveva preso la sua decisione, e nulla l’avrebbe schiodata dal rinunciare a quel matrimonio.

Katya conosceva sua figlia e sapeva che nulla l’avrebbe schiodata dal volersi sposare con l’uomo che amava, ma nonostante tutto l’idea del matrimonio le metteva addosso un po’ di ansia.

Come tutte le Deva vedeva il matrimonio come qualcosa di decisamente “sbagliato”, visto e considerato che nella loro società non esisteva, non in quel senso li ma solo forme di convivenza, e se si celebrava un matrimonio in stile terrestre era per sugellare alleanze tra due paesi perennemente in guerra o per importanti affari commerciali. Insomma, per la serie “a mali estremi, estremi rimedi”.

– Sai che trovo il tutto molto ironico? –  

– Hm?! –

– Che ti sposi proprio con Robin Mask… –

nella voce della donna c’era un misto di malinconia e ilarità, perché la sua bambina aveva esaudito il suo “desiderio infantile” di sposare il lottatore, mentre una nota amara le uscì fuori con il successivo sospiro, poiché quell’uomo non si era mai dimostrato molto gentile nei suoi confronti o in quelli del suo ex compagno. Inducendolo ad abbandonare la sua famiglia, in maniera “indiretta”, a causa dell’aggressività raggiunta negli allenamenti. Quindi, era logico che il futuro marito di sua figlia si fosse mostrato quantomeno imbarazzato al loro primo incontro dopo anni di silenzio, mentre la sorella di quest’ultimo le era sembrata un po’ più freddina ma anche più sarcastica nel commentare l’evento.

Attualmente madre e figlia si trovavano nella stanza adibita a guardaroba personale di Alya, quindi con accesso attualmente vietato per il futuro marito, ed assieme ad una sarta stavano riportando gli ultimi ritocchi all’abito per la cerimonia. Un’ultima prova costume prima del suo effettivo utilizzo.

Un abito semplice, bianco come lo voleva Robin ( per “onorare” la tradizione terrestre ) ma con dei dettagli neri tra i suoi ricami e pizzi con un nastro nero a chiudere il bustino dell’abito. Ed era quello che Katya stava stringendo alle spalle della figlia, cercando di non toglierle ovviamente il fiato e nel frattempo di non danneggiare la sua gravidanza.

– Mamma… pensavo ne avessimo già parlato – lo disse con tono pacato, ma con una nota comunque fredda – posso assicurarti che sono ben lungi dall’esaudire un desiderio infantile e… –  

– … sono a conoscenza dei difetti di Robin Mask e dei suoi pregi, si… lo so, tesoro. Me lo hai ripetuto diverse volte al telefono! Solo che è una cosa così… così inusuale, ecco! –

– Uff… suppongo che nonna non l’abbia presa molto bene, vero? –

– Tua nonna è furiosa – e per ovvi motivi, la nipote stava facendo qualcosa di assolutamente immorale – ma è venuta lo stesso per dare la sua benedizione… piuttosto, come l’ha presa tuo padre?! –

Un attimo di silenzio prima che la giovane dottoressa rispondesse, un attimo di troppo, e la madre capì immediatamente che qualunque cosa Alya le avrebbe detto sarebbe stata più o meno una balla colossale.

– Uhm… abbastanza bene, ecco – lo disse arrossendo lievemente e abbassando lo sguardo, costringendo per questo Katya a girarle attorno per prenderla per le spalle.

– Dimmi che non ha cercato di uccidere il tuo futuro sposo, per piacere –

A guardarle erano di una monocromia quasi perfetta. Sembravano quasi due cloni, uno più giovane e l’altro più anziano, sebbene qualche tratto somatico era leggermente diverso. Alya era avvolta in un abito bianco, mentre Katya era in un lungo abito nero amazzoniano senza dettagli degni di nota. La prima era una dottoressa  della Muscle League, arrivata dove era adesso con molti sacrifici economici anche da parte dei genitori, l’altra era una donna che aveva speso il resto della sua vita a tessere sul telaio nella piccola fattoria in cui viveva assieme al suo clan di sarte. A fare coperte e tovaglie da vendere poi ai turisti ci aveva ricavato abbastanza per vivere dignitosamente, non dando troppe preoccupazioni a Nikolai con cui aveva mantenuto rapporti di amicizia intrisa di malinconia.

– Diciamo che si sono… chiariti. Piuttosto, mi avevi accennato che gli avevi telefonato –

– Si… è così, tuo padre è tornato proprio oggi da un lungo viaggio anche se l’ho sentito un po’ strano. Probabilmente era indaffarato a sistemare le sue cose ma sarà pronto ad accompagnarti all’altare –

In effetti non ci aveva visto male, Warsman era davvero indaffarato mentre la ex compagna gli aveva telefonato… ma non a disfare i bagagli quanto a cercare di non cadere oltre il baratro di oltre quindici piani d’albergo!

 

Aveva commesso una idiozia assurda nell’ubriacarsi come se non ci fosse un domani e lo aveva fatto con la persona sbagliata.

Emerald Lancaster si era svegliata prima di lui nella vasca dell’idromassaggio, ormai sgombra dall’acqua già da diverse ore, e invece di svegliarlo lo aveva mollato li così. Nudo e senza vestiti, visto che aveva avuto la brillante idea di prendergli tutti, ad un passo dall’essere beccato da Kevin Mask dato che si stava per svegliare. Tutto ciò che riuscì a trovare come vestiario fu la propria maschera, lasciata li apposta dalla ragazza, e un asciugamano da avvolgere in vita. Ah, senza scordarsi del cellulare che evidentemente era caduto dalle tasche della sua giacca mentre quella puttanella schifosa se ne andava via in fretta e furia per evitare disastri difficilmente spiegabili.

Per evitare “rogne” con il proprio allievo si era visto costretto a spaccare alcune tubature dell’acqua, affinchè nascondessero certe prove evidenti, scappando poi in tutta fretta da un bagno che si stava allagando trovandosi per questo sul cornicione della finestra mezzo nudo e con un vento decisamente freddo per quell’alba che stava sorgendo.

“Kevin… perdonami, se puoi!” si ritrovò a pensare testuali parole mentre, con la schiena appiccicata al muro, cercava di raggiungere la prima finestra aperta a piccoli passi cercando di non scivolare. Ok che era un chojin, e sarebbe sopravvissuto a quella caduta, ma era il caso di non andare al matrimonio della figlia con le ossa rotte.

Poi successe, nel bel mezzo della sua pericolosa camminata, il telefonino che aveva in mano iniziò a squillare.

“M-merda! Proprio adesso??! Pronto chi… oh?! Katya, sei tu?!” rimase sorpreso che la Deva lo avesse chiamato “Ehm, c-come stai? Anzi no… come hai fatto a trovare questo numero…?”

“Sto bene… Tu sicuro di stare bene?” le era sembrato fin da subito strano, tanto da portarla ad inarcare un sopracciglio “beh… non è il solito numero che usi sempre?”

Era così in effetti, si era scordato di ri-depositare in banca il vecchio cellulare invece che usare quello che era solito usare nei panni di Lord Flash, ma anche se fosse non c’era motivo di nasconderlo dato che tutti sapevano che Warsman era in città.

“Comunque, ti comunico che sono arrivata ieri sera e ora sto aiutando Alya negli ultimi ritocchi. Tu sei a Londra, vero?” non c’era tempo per rimuginare vecchi ricordi seppelliti dal tempo, il matrimonio di Alya aveva la priorità.

“Si! È proprio così! L’accompagnerò all’altare come promesso… s-sono arrivato da poco anche io e…oops!” fu quasi sul punto di scivolare nel mentre che aggirava una colonna, e fece quasi per perdere il cellulare oltre che l’asciugamano. Emerald gliela avrebbe pagata cara, questo era certo.

“sei sicuro di sentirti bene, Nikolai?”

“ehm, si… si, certo! Sono alla reception dell’albergo ed è pieno di gente! Sai com’è…” ringraziando il cielo trovò una finestra lasciata aperta e ci si infilò repentino, ma nel farlo non fu molto agile e cadde lungo e disteso sulla moquette verde smeraldo attirandosi le occhiate di una ospite ultra cinquantenne, intenta a farsi i bigodini, che subito strillò alla vista di un uomo seminudo entrato dalla finestra con chissà quali intenzioni.

“Woah! Scusi, scusi, scusi, scusi!!! Ehm… ci sentiamo dopo, Katya!” dovette mettersi in piedi il prima possibile e darsela a gambe, e chiudere immediatamente la chiamata con la madre di sua figlia.

 

L’impressione che quella telefonata gli aveva lasciato era stata di pura perplessità, e tra l’altro le sembrava pure un po’ spaventato, ma ciò non toglieva che comunque sarebbe stato presente… anche se ancora non sapeva che da li a pochi giorni Warsman avrebbe dovuto fare i salti mortali per farsi forgiare una nuova maschera dallo stesso fabbro dei Mask.

– Piuttosto, non sono riuscita a contattare tua cugina Ally… ma conoscendola credo che si farà viva a modo suo –

In effetti era un po’ di tempo che non la sentiva, e nemmeno poteva immaginare che era ospite di Howard Lancaster in una delle sue strutture segrete per la sua security. Ma questo al momento non era importante, perché sapeva che sua nipote se la sarebbe cavata in ogni dove, e la priorità era che tutto filasse liscio come l’olio nonostante le ovvie perplessità per un matrimonio decisamente visto con titubanza da una parte della famiglia della sposa.

 

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Era come se la sfortuna perseguitasse Kevin Mask.

Da quando erano iniziati i casini non gliene stava andando buona praticamente una, ed era giusto di stamattina che il bagno della sua stanza si era allagato a causa di un guasto alle tubature. Di buono c’era che finalmente era guarito dalle sue ferite e poteva dunque farsi sistemare il tatuaggio a forma di ragnatela posto dietro la propria schiena rimasto danneggiato durante lo scontro con quella tizia enorme. Aveva già preso l’appuntamento in un negozio a Camden Town per quella mattina, e nel giro di poco tempo era arrivato a destinazione a bordo della propria Harley Davidson e avendo il sentore… che all’interno del negozio di tatuaggi avrebbe trovato qualche spiacevole sorpresa. Purtroppo fu deluso da ciò che vi trovò una volta varcata la soglia della bottega.

Oltre al consueto ronzio della pistola elettrica, poteva chiaramente vedere una sfilza di immagini raffiguranti svariati campioni di simboli e disegni, oltre che la voce di un individuo a lui tristemente noto.

– Mi sa che tra un po’ di rose su questo braccio ce ne saranno fin troppe! –

– Beh… vorrà dire che inizieremo con l’altro –

Kyle Mask… tra tutte le persone che poteva incontrare in quel posto proprio l’odiato cugino intento a farsi stampare su pelle la sua ennesima conquista. A quanto pare, per somma soddisfazione del ragazzo, pure la MacMadd aveva capitolato al suo fascino e ora segnava la sua nuova conquista sul braccio destro.

Kevin Mask pensò persino di dare buca all’appuntamento, ma ormai era tardi e un ragazzo con la cresta punk verde mela lo invitò a sedersi sullo sgabello e a togliersi la maglietta. E sfortuna volle che l’operazione si svolgesse proprio dove anche Kyle si stava facendo tatuare.  

– Ehilà, cugino! Piccolo il mondo, eh?! –

– Per gli scansafatiche come te, pure troppo – il ronzio di una seconda pistola per tatuaggi si disperse nella piccola saletta, segno che la ragnatela di Kevin Mask si stava per ricreare nuovamente – ma non ho molta voglia di stare ad ascoltarti quest’oggi. Per cui finisci quello che devi fare – e mancava poco ormai – e vedi di andare a fare qualcosa di costruttivo –

– Tipo fare amicizia con quella tua amichetta irlandese…? Com’è che l’hai chiamata al telefono? Niamh, giust… –

Non riuscì a finire la frase che un furioso Kevin, nonostante le proteste del tatuatore che rischiò di sbagliare la linea del segno da aggiustare, si alzò in piedi prendendo per il colletto della giacca di pelle il cugino troppo chiacchierone.

– Stalle lontano… intesi?! Tu prova solo ad importunarla e te la dovrai vedere direttamente con me! –

– Tzk! Sai che paura… solo perché tuo padre ci ha interrotti non significa che non sia in grado di rifarti i connotati! – si scrollò di dosso il cugino, sistemandosi poi la giacca di pelle dato che il tatuatore aveva finito di creare la sua rosa rossa – certo che… devi essere davvero un pessimo amante per non averla neppure invitata al matrimonio di zio Robin. Cos’è, ti spaventa sapere com’è fatta una donna sotto l’ombelico?! –

Lo stava volutamente provocando. Molto probabilmente voleva fargliela pagare per ciò che aveva detto nei riguardi di zia Elizabeth, ma se voleva essergli superiore doveva restare calmo e concentrato. Se non aveva invitato Niamh al matrimonio non era perché non gli interessava più, e questo glielo aveva ben spiegato a più riprese telefonandole e rischiando così la propria copertura nonché mettere in pericolo la vita stessa della giovane che gli interessava.

“Credo di capire… in parte, però. Vorrei saperne di più perché mi sembri davvero preoccupato! M-ma se potessi aiutare… io…”

“Temo che tu non possa aiutarmi, Niamh… e francamente parlando non voglio che ti accada nulla” era sincero, la stessa ragazza poteva sentirlo dal tono della sua voce “quelli della Muscle League stanno facendo dei controlli abbastanza serrati e siamo tutti piuttosto in tensione…”

Non era uno stupido, sapeva che rischiava di essere intercettato dalle autorità e non voleva che anche Niamh, ancora in Giappone, rischiasse una presunta denuncia per favoreggiamento.

D’altro parere era la stessa ragazza che, francamente, non amava restarsene in un angolo mentre il proprio amico rischiava qualcosa di più di una semplice denuncia… perché anche se non glielo aveva detto, Niamh non era una stupida e dal suo tono di voce aveva anche intuito che l’incidente stradale che lo aveva tenuto a letto due giorni non era stato tanto casuale come voleva far credere.

Si reputava sua “amica”, ed anche se Kevin le aveva fatto capire a più riprese che non la considerava solo amicizia francamente parlando si sentiva… “inadeguata”, ecco.

Come poteva, effettivamente parlando, un lottatore della League, per giunta osannato come lo era un Mask, interessarsi per davvero ad una come… beh, lei? Niamh era una ragazza normale, un po’ cicciotella a dire il vero ( le piaceva cucinare e mangiare quello che cucinava ), ma assolutamente semplice sia nel carattere che nel suo vestirsi tutt’altro che vistoso per non attirare troppo l’attenzione su di se. Aveva rinunciato agli studi universitari per lavorare al banco dell’ortofrutta giù al mercato ortofrutticolo, aveva già prefissato che la sua vita sarebbe stata scandita dai turni di lavoro, dalle incombenze dentro casa e qualche rara uscita con le amiche. Non che un adone biondo si presentasse un bel giorno per dare una lezione ai soliti due misogini che ogni giorno non perdevano tempo a deriderla per le sue forme dolci. I suoi genitori le avevano insegnato a non dare retta a simili individui, di restare in silenzio e continuare a lavorare, ma trovava questa lezione come assolutamente masochista e senza risultati.

Provate ad indovinare il MIO, di peso… su avanti, fatemi vedere quanto siete bravi in matematica!”

Invece che indovinare il suo di peso gli avevano mostrato le loro abilità di fuga. Nessuno l’aveva mai difesa dalle angherie dei bulli, e vedere quell’angelo biondo che l’aveva tirata fuori dall’ennesima situazione umiliante l’aveva portata a balbettare un grazie a dir poco… ridicolo!

Per Kevin Mask fu tutt’altro che ridicolo, anche se la ragazza fece un inchino di scuse, trovandola piuttosto graziosa sebbene non lo dette a vedere rimanendosene come al solito impassibile.

Ma se avesse scoperto che suo cugino Kyle, approfittando di un momento in cui lui era in camera sua nella tenuta Mask per farsi una doccia, le aveva telefonato spacciandosi per Kevin stesso e con voce suadente fosse riuscito a convincerla a raggiungere l’Inghilterra… molto probabilmente l’avrebbe ucciso di botte in quel piccolo negozietto per tatuaggi.

 

Invece, ignorando che il parente se la rideva sotto l’elmo nero, consapevole che la ragazza sarebbe arrivata giusto in tempo per le nozze ( Kyle Mask aveva già provveduto a pagarle il biglietto ) alla sua totale mercé e decisamente intenzionato a sedurla, decise di tornarsene al proprio posto lasciando che il tatuatore rifinisse la sua tela danneggiata.

– Quella è la porta, Kyle – il cugino gliela indicò con un cenno della testa – perché non vai ad importunare i sassi?! –

Invece che lasciarsi andare all’ennesima battuta graffiante, Kyle dette retta al parente risistemandosi la giacca di pelle e andandosene via ridacchiando per la reazione gelosa che era riuscito a tirargli fuori.

Se voleva ferirlo, in senso emotivo e non fisico quel tanto che bastava per dargli una lezione, era meglio portargli via ciò che era di più caro per lui. Probabilmente era una carognata, ma i due non erano ufficialmente fidanzati per cui… occhio non vede, cuore non duole.

 

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Connors aveva toppato alla grande. Ma non era colpa sua questa volta, quanto alla compagnia di volo interstellare che aveva pasticciato con gli orari di arrivo a causa di problemi ai motori a iperluce. Morale della storia: aveva mancato di interrogare buona parte della famiglia della sposa, tutte eccetto una cugina che a quanto pare era la ritardataria del gruppo, arrivata con un secondo volo, ed ora era intenta a polemizzare al banco delle informazioni all’aeroporto per un presunto rimborso o qualcosa di simile.

– Come sarebbe a dire che non mi rimborsate il biglietto?! Il vostro pacchetto prevedeva che, oltre all’arrivo in navetta, avrei avuto anche il viaggio in pullman fino in città! E ora mi dite che devo arrangiarmi?! –  

– Signora, mi dispiace per l’incomprensione – il ragazzo del punto d’ascolto sembrava un po’ a disagio a chiamarla “signora” visto la giovane età della Deva – ma sul sito l’offerta era valida solo per il viaggio di andata… quello che dite voi è un servizio per un altro pacchett… –

– Mi stai dando della stupida? Perché 30 ore fa quell’offerta non era stata aggiornata durante il vostro ultimo update al vostro sito! –

Il soldato americano non riusciva a vederla bene perché gli dava le spalle, ma una ragazzina minuta di un metro e sessantasette, con indosso un kimono color pesca e quella che sembrava una sacca azzurra legata sul davanti, forse per evitare che gliela rubassero, aveva decisamente un caratterino piuttosto battagliero. Non le dava che sui venti anni d’età e da quello che gli era stato detto doveva trattarsi di una cugina della dottoressa… la più giovane a dire il vero. Decise dunque di entrare in scena pure lui.

– C’è qualche problema miz…? –  

Tirò fuori il suo proverbiale sorriso da schiaffi facendo bella mostra della pettorina che lo identificava come un membro della compagnia areospaziale, o qualcosa di simile visto che lo stemma dei Lancaster era ovunque, cercando di acchiapparla “alla vecchia maniera”.

La giovane voltò solo la testa verso di lui, guardandolo con sottile sarcasmo, e Connors potè notare che la ragazza aveva una frangia color rosa confetto ad incorniciarle un volto ancora da bambina, prima di parlargli in modo alquanto spigliato.

– Si, ho un problema! – frugò nella sacca azzurra e tirò fuori qualcosa che decisamente il soldato non si aspettava – potresti tenermi la bambina mentre mi occupo di questo incompetente qui?! Grazie! –

La faccia di Michael era assolutamente qualcosa da primo piano nel mentre che prendeva con ambo le mani una bimba di neanche tre mesi di vita che lo guardava perplessa per quel cambio di programma. La bimba, anch’ella bionda come la madre ( a quanto pare nel clan della Kalinina erano tutte bionde o quasi ) parve non apprezzare molto come l’americano la stesse tenendo in braccio mentre la madre era intenta a discutere animatamente con il povero impiegato di turno, anche perché la teneva in mano come se fosse stato un sacco pieno di uova con le mani sotto le sue piccole ascelle, arrivando quasi a mettersi a piangere.

“Non piangere piccolo mostro!” pensò velocemente, e nel panico, un Connors che con i bambini decisamente non ci sapeva fare. Non così piccoli almeno.

Ma fu proprio al culmine di tutta quella scena assurda, con la giovane Deva che quasi urlava e la bambina che stava già singhiozzando, che l’americano se ne uscì con un “BASTA COSÌ!” che portò un improvviso silenzio in quell’angolo di aeroporto abbastanza affollato.

– Io… ehm – si morse il labbro inferiore dall’interno vedendo che molti lo guardavano, giovane Deva inclusa con un sopracciglio alzato, dandogli non poco fastidio – ho una idea migliore che litigare con quel piccolo brat. A patto che tu ti riprenda la… ehm – stava per dire “la cosa” – la bambina! –

 

( … )

 

– Allora… fammi capire bene. Tu lavori per il signor Lancaster in persona e non è una balla –  

– Corretto, miz Eiko – l’americano si concesse il suo solito mezzo sorrisetto da spaccone – e a nome suo ti chiedo scusa per i disguidi tecnici che ci sono stati –

– Eh! Dunque ora mi stai accompagnando da lui perché deve porgermi le dovute scuse? Wow, prendete davvero sul serio il vostro lavoro! –

Lo disse con un misto di ironia e sincero divertimento, tornando brevemente a guardare la strada che davanti a lei serpeggiava quasi sgombra di automobili, quasi in procinto di raggiungere la villa dei Lancaster.

Si trovava all’interno del suv dell’ex mercenario, e quest’ultimo stava guidando piuttosto velocemente, ma comunque tenendosi entro i limiti di legge per non spaventare troppo la sua ospite, verso una meta che si prefissava molto più che un banale incontro per le umili scuse di un nobiluomo.

Avevano bisogno di quella ragazza per saperne un po’ di più sulla stravagante “tuttofare” di mister MacMadd, ma fino ad adesso era stata una chiacchierata piuttosto… piacevole. Eiko, questo il nome della giovane cugina di Alya, per i suoi 20 anni di età appena compiuti si mostrava piuttosto indipendente e intelligente per non essere decisamente caduta alle sue avance piuttosto sfacciate ( era una bella ragazza, perché non provarci? ) e aveva accettato di viaggiare con lui dopo avergli visto tutti i documenti possibili. Anche se quest’ultima sua richiesta, di portarlo a svuotarsi le tasche anche delle cartine delle caramelle scartate, sembrava solo un metodo molto velato per prenderlo per i fondelli.

– Piuttosto… posso chiederti della bambina? Se non è troppo personale… –

– E perché dovrebbe esserlo?! – sbottò quasi divertita voltandosi brevemente a guardarlo – comunque, direi che è mia figlia, è in buona salute, e nonna l’ha già definita un “pozzo senza fondo” per come mangia senza mai essere sazia… un po’ come me, in effetti! Tranquillo comunque, e non fare quella faccia! Mica ti mangio, eh! –

Giusto, logico, come se fosse la cosa più normale del mondo che una ventenne si rovinasse la vita così. Mettendo al mondo una figlia all’infuori della sicurezza economica di un matrimonio o di una convivenza e… ah, già. Si era scordato che per le Deva il mondo gira in modo differente dalle regole del patriarcato e sono solite vivere in clan piuttosto uniti.

– Ehm… non sono preoccupato che tu possa darti al cannibalismo, perché comunque morirei felice –  e qui la giovane rise ancora, era un terrestre piuttosto diretto – piuttosto il padre della piccola…? Non l’ho visto all’aeroporto –

– Non c’era infatti, vive sulla Terra. Non su Amazon – non lo disse con rabbia o malinconia – però sarà presente al matrimonio, questo posso assicurartelo! Voi terrestri lo chiamate Neptuneman se non sbaglio… con me si è presentato con il suo vero nome, però–

A sentire quel nome quasi ci mancò che il soldato inchiodasse in mezzo alla strada rischiando così di fermare il traffico – che cosa? Quel Neptuneman lì? L’ex wrestler??! Cavoli, la bambina è una star… sebbene non comprendo cos’abbia di speciale per averti colpito –

“e quel tizio è un vecchio porco” aggiunse mentalmente Connors per ovvi motivi. Ma non era il primo vecchio lottatore che andava su quel pianeta a caccia di carne giovane, ne sarebbe stato l’ultimo, e a quanto pare era stato fortunato a trovare una preda fresca, fresca… ma non gli dava l’idea che fosse la solita povera vittima della serie “sedotta e abbandonata”.

– Hm, vuoi davvero sapere com’è andata…?! – ora la giovane, con ancora la bimba dentro la sacca legata in petto, aveva un sorriso un po’ più tirato sebbene i suoi occhi color nocciola continuassero a restare vispi – è stato molto carino con me, e non si è tirato indietro quando gli ho parlato della mia volontà di avere una figlia proprio con lui… e poi a lui è piaciuta molto la mia risata –

– Uh, beh… non vedo che ci sia di strano nel sentire una bella ragazza ridere –  ed eccolo che tornava alla carica, tanto da portare Eiko a roteare gli occhi – probabilmente l’avrai stregato e… –

Fu a quel punto che la giovane Deva non si trattenne dall’emettere una risata, del tutto genuina tra l’altro, nata dalle parole dell’americano e destinata a trasformarsi in qualcosa di… assurdo, e del tutto simile al verso di un delfino.

Per forza di cose Connors rimase letteralmente sbigottito nel sentire una risata così assurda, tanto da guardarla con due occhi così ( facendola pure ridere normalmente ) e andando quasi fuori strada trovandosi per questo a ricevere alcuni insulti dagli automobilisti vicino a lui.

– Che… che cazzo era quello??! Cioè… era… –  stava per mettersi pure lui a ridere – no dai! Non ridere! Dimmi come ci sei riuscita!! –

– Uuh! Ci riesco da quando sono bambina! Ora però riesco a controllarla, ma quando ero piccola credimi… credo quasi avessero ragione a prendermi in giro! –

– Stai scherzando spero! Oh cavolo… penso che adesso il nome di quell’uomo abbia un valido significato –

– Non l’ho visto farsela con i delfini, però mi ha confessato che trova la mia risata molto sexy, per cui… –

Era una ragazza divertente nel suo sottile cinismo, anche nel fare quel commento un po’ cattivo sull’uomo che le aveva dato una figlia, e per tale motivo suscitava un certo interesse nell’ex mercenario tanto da ripromettersi di non essere troppo “sgarbato” nei suoi confronti nel caso mister Lancaster gli avesse detto di occuparsi di lei.

 

( … )

 

Eiko rimase piuttosto sorpresa dall’immensa villa che era la casa di Howard Lancaster, l’uomo che si doveva scusare con lei, trovandola così ricca e sfarzosa ( ma non “dannosa” alla vista o spiacevole da guardare ) da rimanere a bocca aperta nell’osservare i giardini dell’ingresso e poi anche l’interno della casa stessa.

– Apperò… il tuo capo si tratta bene. Lo stipendio è buono, si?! –

– Beh… non mi lamento – anche perchè il suo stipendio era più che buono – questa è solo una saletta d’attesa per gli ospiti, se lo aspetti qui può andrà più che be… ne… –

– Beh, allora al posto delle scuse gli chiedo se mi assume come sarta a tempo indeterminato. Altroché! –   

La giovane era andata a sedersi su di una poltroncina di pelle color crema e, come se nulla fosse, fece scivolare una spallina del kimono fino a scoprirsi del tutto un seno per allattare una figlia un po’ impaziente di essere nutrita.

Connors rimase fermo a fissarla come uno stoccafisso con la bocca dischiusa e si riscosse solo quando un voluto colpo di tosse di mister Lancaster, anche lui in imbarazzo per la scena, si presentò in stanza cogliendo un po’ di sorpresa il capo della sua security.

– Si? Che c’è?! – la giovane guardò abbastanza perplessa i due uomini un po’ imbarazzati – sto allattando mia figlia, non pisciando sul tappeto. Anche se da quello che mi racconta mia cugina tra un po’ è più normale che una donna faccia la seconda opzione che la prima, qui sulla Terra… –

– Ah-ehm… mi permetta di presentarmi signorina – l’uomo vestito tutto di bianco fece addirittura un piccolo inchino nei confronti della Deva, mentre il soldato dovette guardarsi attorno per stemperare l’imbarazzo – sono Howard Lancaster, il proprietario della compagnia con cui avete viaggiato e siete rimasta insoddisfatta… per cui, permettetemi di porre rimedio alla spiacevole faccenda – fece per prendere dalla tasca interna della giacca il libretto degli assegni – e lasciare che siate ospite mia per questa giornata, sarete esausta… –

– Se mi date un trattamento come quello di mia cugina Ally allora potete tenervi l’assegno! Ehi! Ciao Ally!! –

Per un momento tra i due uomini calò il gelo assoluto quando la giovane Deva, ignorandoli, salutò allegramente una persona alle loro spalle fuori dalla parete a vetro che dava all’esterno del complesso ( quel lato era affacciato su di una piccola piscina ) e che i due terrestri riconobbero immediatamente come la tuttofare di Vance MacMadd, in accappatoio bianco e intenta a bere del mojito nel mentre che salutava con una mano la giovane parente.

Lei era li.

Nessuno l’aveva liberata.

Nessuno le aveva dato il permesso di lasciare la base super segreta.

E questa cosa andava IMMEDIATAMENTE chiarita prima che entrambi gli uomini non si mettessero ad urlare come dei dannati.

 

( … )

 

– Lei è pazza!! Incosciente! Sfrontata!!! Come diavolo ha fatto a fuggire dal campo alfa?! –

Howard Lancaster era furioso, mentre miss Alana come al solito, stavolta rivestita con i precedenti abiti lasciati in uno spogliatoio vicino alla piscina, era piuttosto calma e intenta a finire di bere il proprio drink.

Ora si trovavano all’interno dell’ufficio del padrone di casa, Connors a suo malgrado si era attirato le occhiatacce della madre del capo e della suocera ed ora le due donne stavano tempestando Eiko di domande , e a guardare le spalle del marchese ci pensavano solo due guardie armate ai lati della porta d’ingresso. La donna tuttavia, fece spallucce alla sfuriata dell’uomo.

– Non sono fuggita. Sono semplicemente uscita – aspirò rumorosamente con la cannuccia notando che ad Howard stava venendo un tick all’occhio sinistro – hai degli uomini poco svegli effendi, se non si sono ancora accorti che manco dalla mia stanza, ma la bambola ha funzionato alla grande –

La sua “via di fuga” sicura era quella dannata bambola in silicone che non aveva neppure provveduto a mettere qualche vestito per farla sembrare più credibile, lasciando intendere che il caro Howie doveva licenziare un po’ di persone… in particolar modo quelli che al momento stavano usando quel dannatissimo giocattolo!

– Q-questo non toglie che siete comunque riuscita ad eludere la sorveglianza esterna – riuscì a riacquistare una certa compostezza tornando a guardarla glaciale – e siete arrivata sino a casa mia gironzolando come se nulla fosse –

– Mbeh, ho fatto una pompa al tizio del cancello e sono uscita. Così va meglio? Avevo bisogno di uscire… e mi manca la mia rana urlatrice – una creatura tipica di Amazon con la tendenza ad urlare come un umano vero – mi aiuta a pensare–

Quella frase fece quasi cadere a terra mister Lancaster e portò i due soldati a urlare dal troppo ridere, finendo con l’essere fulminati dallo sguardo del loro signore che mal digerì quella sconcia confessione.

A dir la verità, a diversi km dalla sua tenuta, nel famoso campo alfa dedito all’addestramento dei suoi uomini, un uomo era davvero felice per aver ricevuto una pompa… idraulica, adatta alla spurga di una fognatura che troppe volte si intasava perché costruita male. Ma questo i presenti ancora non potevano saperlo, e il marchese si vide costretto a prendere una decisione più drastica.

Non avrebbe chiesto informazioni alla giovane Eiko, o almeno non direttamente e avrebbe lasciato il compito a Connors, dandogli lo specifico ordine di essere delicato con quella femmina per ovvi motivi, mentre lui si sarebbe puntato sull’interrogatorio di una miss Alana che con quella sua “evasione” sembrava quasi volerlo sfidare. Tra le altre cose, forse poteva interrogarla con metodi più scientifici e frugarle nella testa con l’aiuto della sua tecnologia sempre più avanzata non ancora in commercio.

Stava diventando una cosa dannatamente personale, ma il suo istinto gli diceva che quella donna non era chi voleva far credere di essere.

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Capitolo 20
*** briciole di pane ***


– Credo che mio figlio mi stia nascondendo qualcosa… Nicht gut!

– Non solo il tuo, ma anche il mio ragazzo sembra piuttosto teso e nervoso. E un texano di solito quando aspetta un matrimonio salta come un fagiolo ballerino, non che mette un simile broncio –

– Speriamo che il mio piccolino non si sia messo nei pasticci! Di solito lo capisco subito quando mi nasconde qualcosa, ma stavolta ci sta mettendo di impegno per non farsi scoprire dalla mamma –

Normalmente la sala ristoro dell’Hotel Milestone, l’albergo scelto dai componenti della Muscle League come luogo di soggiorno per i suoi istruttori, era un luogo abbastanza pulsante di vita ma in quel mattino specifico erano presenti poche persone nella grande sala riccamente decorata e in un tavolo erano seduti ben tre individui piuttosto noti nell’ambiente del wrestling. Almeno i primi due, ossia il tedesco Broken Jr, l’americano Terryman e la signora Suzie Tusket di nazionalità irlandese.

– Conosco Jeager, è sempre stato un ragazzo onesto con me fin da quando era bambino… non è da lui nascondermi le cose –

Questo era vero in effetti, ancor prima di scoprire che l’anziano wrestler era suo padre, Jeager era sempre stato un bambino desideroso di apprendere il più possibile per diventare più forte e credendo, ingenuamente, che così facendo la tragedia della precoce morte dei suoi amati zii non si ripetesse mai più.

Quell’evento era stato tanto infausto quanto premonitore per l’ex lottatore tedesco figlio di una “nobile” discendenza di lottatori, vanto del suo esercito fin dai tempi di suo nonno Broken Senior Senior nel Terzo Reich, che da dopo la morte della moglie, sentendosi completamente inadeguato come padre, aveva affidato agli zii materni uno Jeager ancora in fasce e ignaro  di tutto.

Broken Jr alle volte pensava di essere stato un codardo quella volta, ma sebbene non fosse stata colpa sua se la madre di suo figlio era morta, non si sentiva adatto a quel ruolo tanto importante. Il destino però volle diversamente e lo fece in modo assai più duro, continuando comunque a sbagliare nel non rivelare la propria identità ad un allievo pronto a tutto pur di superare i limiti. Si era sentito inadeguato come padre per troppo tempo, e sebbene il loro non fosse un rapporto affettuoso come potevano esserlo quello tra Terryman e suo figlio o tra Wally e sua madre, stava comunque recuperando il tempo perduto scoprendo di avere molti punti in comune con quella testa calda.

Tipo un orgoglio che portava ironicamente a essere scoperti.

– Mmh… in tal caso sarà bene che chieda a Wally di essere più onesto nei miei confronti, non è bene che nasconda le cose a sua madre e a sua sorella –

– Ad ogni modo, non penso che sia nulla di grave – il tono di voce dell’americano pareva sincero agli altri due ospiti intenti a sorseggiare del tè – i nostri ragazzi sono in gamba e ormai sono grandi abbastanza per potersela cavare da soli direi… sono usciti fuori indenni dalla Scuola di Ercole, sono ligi alle regole, non farebbero mai nulla che ci farebbe preoccupare. E poi… mi fido di mio figlio –

Sia Broken Jr che la vedova Tusket non poterono che concordare con il texano. I loro figli erano ormai lottatori professionisti e ligi alle regole oltre che al dovere, quindi molto probabilmente erano nervosi per la Corona Chojin che si stava prorogando oltre il limite di sopportazione non certo perché erano dei criminali incalliti!

E furono proprio le parole di Terryman Kenyon a fermare il figlio dall’avanzare dentro la grande sala per presentarsi al padre, e lo stesso discorso valse anche per Jeager e Wally che, sapendo che i rispettivi genitori soggiornavano in un altro albergo dal loro, vollero accompagnare Terry nel suo viaggio. L’entusiasmo di riabbracciare i familiari dopo tanto tempo si spense nei tre giovani, sentendosi incredibilmente mortificati a quelle parole di Terryman per quanto non fossero colpevoli di nulla.

– Uh… la mamma pensa che io sia davvero un bravo ragazzo! – Wally era quasi sul punto di piangere dalla commozione – ma non posso rischiare di metterla in mezzo…! –

– Giusto… senza contare che, anche se siamo innocenti, il disonore che ne verrebbe fuori sarebbe troppo grande da sopportare per i nostri genitori – concordò uno Jeager scuro in volto – per non parlare di Broken Jr poi… –

Erano tutte parole fin troppo vere quelle, ma solo Terry rimase in silenzio osservando la chiacchierata tra i tre individui che ora si faceva più informale soffermandosi a parlare del più e del meno.

– Avete ragione – disse infine, pur continuando a starsene nell’ombra – non possiamo esporli troppo ma non è neanche giusto tenerli all’oscuro di tutto. Voi potete fare come volete, ma io stasera ho intenzione di avvertire il mio vecchio su cosa realmente è successo… se è vero che si fida di me allora io altrettanto posso fidarmi di lui –

Terry Kenyon aveva detto qualcosa di inaspettato che aveva lasciato i due chojin piuttosto tesi, ma nonostante tutto aveva ragione, sebbene nessuno tra loro voleva vedere i propri genitori coinvolti in spiacevoli incidenti.

Prima che il matrimonio di Robin Mask fosse celebrato, era giusto avvertirli sebbene sarebbe stato il caso di usare le parole giuste, come nel caso della madre di Wally Tusket, per non far nascere fraintendimenti non necessari.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

– Connors, mi fai un favore? Per la prossima volta puoi evitare che quelle due befane mi sequestrino?! Ho la gola secca a furia di inutili chiacchiere… neppure mia nonna è così temibile –

– Eh! Mi spiace miz Eiko, ma le due signore sono mamma e suocera di mister Lancaster, per cui… –

– Ti tocca sopportare e subire ogni volta. Sicuro che la tua sia solo lealtà nei confronti del tuo capo e non una sottile vena masochista? –

A Michael Connors poco ci mancò che sputasse la birra che stava sorseggiando a causa di una rauca risata che riuscì comunque a controllare. L’ex mercenario era ancora in compagnia della giovane Deva e adesso si trovavano nel grande parco esterno, seduti su di una panca con alle spalle uno dei tanti laghetti ornamentali pieno di ninfee e anatre. Un bel posto, ma il sarcasmo di Eiko non si fermava neppure di fronte a quello spettacolo unico. Ovvio che con le anziane signore di casa era stata educata, e loro addirittura le avevano regalato una carrozzina per la piccola cosicché potesse stare un po’ più libera di muovere i piccoli arti ( e di questo gliene fu grata ), ma l’avevano davvero tempestata di domande su di lei e la bambina e ora era… esausta e nervosa.

E di questo l’americano ci godeva, perché a quanto pare tirava fuori il meglio quando era su di giri.

– Sai una cosa? Con il carattere che hai potresti diventare una soldatessa perfetta! Poi i nemici li stendi anche con una risata, volend-No! Non ti azzardare a fare il delfino, eh! –

La minacciò in modo scherzoso di innaffiarla con la bottiglia di birra, ma aveva comunque lanciato la propria esca per intavolare la prossima conversazione. Mister Lancaster voleva avere delle informazioni sulla tuttofare di Vance MacMadd, una donna che a quanto pare se ne fregava se degli innocenti ( quelli che intendeva lui, come ad esempio Emerald ) finivano coinvolti in brutti giri.

– No… no! Non ho intenzione di diventare una Cortigiana! Ne abbiamo avuta una in famiglia e questo basta e avanza! –

– Hm, sul serio? Devo ammettere che il vostro esercito mi ha sempre affascinato – disse lui con sincerità, sorseggiando la bottiglia di birra e guardandosi altrove – hanno una disciplina molto ferrea e sono tenaci, un vero peccato che non prendano uomini tra le loro file… ma comunque, avevi davvero una parente tra le Cortigiane? Fico! –

– Si, ne avevo una… la mia cugina più anziana – avvicinò la carrozzina più vicino a se per vedere se la piccola aveva bisogno di qualcosa – ci è stata per venti anni e poi se n’è andata. A dire il vero non ne so molto, ho sempre trovato mia cugina un po’ strana… riservata, ecco – beh, per Michael era completamente fuori di testa – l’unica che sa davvero cosa sia successo è mia nonna, ma si è sempre rifiutata di parlare di colei che considera “la pecora nera”… bah, valla a capire! –

Dunque l’americano aveva completamente toppato nelle sue investigazioni. Decisamente fantastico, ma doveva ammettere che la ragazza lo aveva messo sulla giusta strada e ora sapeva chi poteva interrogare per sapere qualcosa. Anche se già si prospettava magari un interrogatorio duro, poiché dalle parole di Eiko sembrava che la fantomatica nonna fosse piuttosto tosta.

Tornò a mostrare il proprio sorriso da schiaffi quando la ragazza prese in braccio la figlia per vedere se aveva bisogno di attenzioni. Era una bimba davvero fortunata…

– è l’ora della poppata? – chiese lui, quasi speranzoso.

– Voi maschi siete proprio fissati con le tette, eh? E si che le avete pure voi! –

– C-cosa? Io non ho le tette! E non ridere! Al massimo le mie sono tette da uomo… e non hanno una doppia funzionalità come nel tuo caso – 

– Ah, dunque a voi maschi piacerebbe allattare un bambino? Perché le tette servono a questo, eh… quindi questa “doppia funzionalità” – e qui mimò ironicamente le virgolette con le dita – prima o poi me la dovrai spiegare meglio… –

– Se non te l’ha spiegato Neptuneman allora mi sa che ci penserò io…–

Borbottò l’ex mercenario, mangiandosela con gli occhi e, proprio perché la ragazza non era una stupida, attirandosi uno schiaffo sulla spalla.

Una volta che riaccompagnata Eiko a villa Mask comunque, ne avrebbe approfittato anche per informare Howard Lancaster degli sviluppi di tutta la situazione. E attualmente il suo datore di lavoro si trovava proprio a casa dell’ex socio in affari con cui non aveva più stipulato un importante contratto causa richieste troppo eccessive. Logicamente Robin non era affatto contento di vederlo, men che meno vederlo destreggiarsi tra i tecnici del suono per impostare la colonna sonora di un matrimonio tanto chiacchierato, tuttavia la presenza dell’ex wrestler era il prezzo da pagare per avergli salvato un figlio ingrato.

 

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– Sarò il testimone di nozze di mio padre… ancora non me ne capacito! –

– Però direi che hai accettato, no? Altrimenti non saresti qui a provarti il vestito che dovrai indossare tra tre giorni –

Era curioso che Kevin Mask e il suo allenatore Lord Flash si trovavano attualmente nella tenuta del padre del ragazzo per effettuare anche loro la prova costume. O meglio, Kevin si stava provando il vestito, non trovandosi per niente a proprio agio dentro giacca e cravatta, il suo allenatore gli aveva già spiegato che per quel giorno aveva altri impegni, tipo preparargli l’allenamento del giorno dopo come trainare un treno merci ad esempio, ma questo non toglieva che poteva dargli una mano a scegliersi il vestito.

– È vero, io… alla fine non sono riuscito a dirgli di no. Avrei voluto però –

– Ma sempre “però” tu gli vuoi troppo bene per fargli l’ennesimo dispetto… e questo è un segno di maturità, se non lo sai –

Lord Flash era seduto in modo atipico su di una sedia, con le gambe divaricate e le braccia incrociate e appoggiate sul bordo dello schienale imbottito, ed osservava con una certa ironia il proprio allievo che si allacciava una cravatta rosso scuro in “contrasto” con il completo nero. Erano nella stanza dello stesso Kevin, risistemata per poter ospitare un ragazzo di due metri d’altezza, e stranamente non c’era aria di nervosismo nell’accompagnare i gesti tutt’altro che goffi del giovane Mask nel vestirsi con abiti da cerimonia.

– Tzk, se devo essere sincero… mi sei stato più vicino tu in questi mesi che lui nell’arco della mia vita – lo disse con una naturalezza tale da sorprendere l’ex wrestler tanto da metterlo in imbarazzo – molto probabilmente non sarei qui se non mi avessi fatto rigare dritto, per cui… grazie, Lord Flash –

– Mpf… r-ringraziami dopo aver vinto il torneo compag-ehm, figliolo. Non per queste cose –

Lo aveva messo decisamente in imbarazzo con quella sua rivelazione quasi innocente, ma mai tanto in imbarazzo quanto l’entrata in scena di Katya che, con in mano un cesto di vimini per il rammendo, era pronta a sistemare la giacca di Kevin seduta stante.

– Mi è sembrato di capire che qui serve una mano, giusto? – Nonostante i suoi quasi 60 anni di età il suo sorriso era ancora smagliante – tranquillo comunque, non ci metterò molto… e devo comunque aggiungere che sei impeccabile vestito così –

Kevin Mask borbottò qualcosa con imbarazzo per quel complimento sincero, perché non era abituato a vestirsi così, senza badare che il proprio allenatore si era alzato in piedi tempestivamente e ora sembrava quasi una stalattite di ghiaccio. Ovviamente, il giovanotto inglese non poteva sapere che sotto quelle vesti attillate si celava in realtà una leggenda del wrestling, ossia Warsman, e che quella che aveva davanti era nientemeno che la sua ex compagna.

Tuttavia il russo, appena la vide entrare riuscì a riconoscerla nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che l’aveva vista, e una spiacevole sensazione di disagio gli riempì il petto come se si sentisse inadeguato anche solo a restare lì. Non poteva rivelarsi a lei per ovvi motivi, anche se una parte di lui avrebbe voluto salutarla come si deve, sebbene ciò che gli urlava il cervello era solo un'unica parola.

“Katya, perdonami”

Ecco cosa aveva sempre voluto chiederle, senza mai riuscire a trovare la forza di farlo. L’aveva abbandonata temendo di non riuscire a controllare la propria ira proprio come il suo defunto padre Mikhailman, costringendola per questo a tornarsene su Amazon con la loro bambina che lui avrebbe poi visto solo qualche volta l’anno. Durante le festività, i compleanni e le sporadiche vacanze e tutto per far il più possibile contenta la sua bambina evitando il più possibile Katya. La donna che più aveva amato in vita sua e che, sempre per il suo amore, aveva deciso di abbandonare temendo di farle del male.

Era stato un idiota, forse. La Deva era sempre stata disposta a seguirlo, l’aveva supplicato di non abbandonarla ma ne aveva comunque compreso il gesto seppur a malincuore.

Di conseguenza il russo fu felice di sapere che con il tempo si era rifatta una vita, al contrario suo che invece era diventato un lupo solitario chiuso nei propri ricordi. Questo almeno fino a qualche mese fa, quando aveva deciso di allenare Kevin trovando consenso nel proprio  ex maestro, riscoprendo cose che si era lasciato indietro per troppo tempo.

“Niente è stabile. Tutto si rigenera” non è questo che dicono le Deva? Beh, era dannatamente azzeccato.

– Uhm… si sente bene, signore? Sembrate così triste… –

“Perdonami”

– Uh… n-no, niente! Sono solo rimasto seduto troppo a lungo… –

– O a ballare il tango oltre l’orario di chiusura assieme alla tua “amica”… anche questo ti rende triste, eh?! –

Ecco, quello era un momento in cui avrebbe tanto voluto lasciare che la furia ancestrale lo cogliesse e lo portasse a commettere una emerita cavolata, tipo colpire Kevin con una sedia, ma si trattenne perché sapeva che sarebbe stato completamente inutile, sebbene si lasciò scappare qualcosa che forse era meglio tenesse per se.

– Tzè… ha parlato quello che fa sesso telefonico con la ragazza che ha lasciato a Tok…–

Ehi!! Come ti permetti??! – fece il giovanotto inglese sentendosi bruciare sotto l’elmo – per tua informazione è successo solo una volta!! –

Con quella gretta conversazione si stava decisamente toccando il ridicolo, tanto che i due si trovarono ad ammutolirsi in contemporanea notando che la sarta sembrava essere particolarmente a disagio. Tanto che fu lo stesso Lord Flash a scusarsi per primo in maniera tempestiva anche a nome del proprio allievo.

– Le… ehm, le chiediamo scusa per quello che abbiamo appena detto, signora – gli costava non  poterle dare del tu, ma forse era meglio così – ma siamo così nervosi per l’imminenza di queste nozze che ormai non sappiamo più quello che diciamo –

Disse testuali parole quasi con freddezza, la stessa freddezza tipica dell’ex compagno, tanto da portarla per un momento a guardare un po’ sospettosa l’individuo che aveva di fronte.

– Uhm, la capisco… non lo dica a me che sono la madre della sposa! – poi lo guardò a lungo con curiosità, tanto da metterlo a disagio e portando lo stesso Kevin a guardare la scena con una certa perplessità – hm… non è che ci siamo già visti da qualche parte? Ha un’aria familiare… –

– Err… direi di no! No, me lo ricorderei mi creda – “sono un bugiardo schifoso!” – ed ora, ehm, chiedo scusa ma suona il cellulare! –

Estrasse in tutta fretta il cellulare che usava come Lord Flash dall’interno della giacca, notando con sollievo che stava squillando per davvero dandogli così un pretesto per uscire dalla stanza non prima di essersi congedato da Kevin e Katya lasciandoli alle loro incombenze. Ma quando rispose al telefono, fuori nel corridoio di quell’ala della villa, quasi si pentì di averlo fatto.

– Reggaeton, pantegana! Reggaeton come se non ci fosse un domani!! –

Era Emerald quella dall’altro capo del telefono, e il russo non riusciva a capire se fosse ubriaca o meno tanto da portarlo a borbottare una domanda confusa.

– Ehm… ma hai bevuto?! Non ho ben capito cosa intendevi dire! – no, in realtà aveva capito ma sperò che fosse stata la ragazza a sbagliare completamente nel pronunciare quella determinata parola.

– Reggaeton… devo farti lo spelling da tanto che sei tonto?! Sarà quello che balleremo domani sera all’addio al celibato di Robin Mask! Sarà qualcosa che gli invitati non dimenticheranno tanto facilmente… ehe! –

– No… senti, non penso sia una cosa da fare in mezzo ad un mucchio di uomini avanti con l’età e per bene – il suo tono era duro, ben capendo le intenzioni della ragazza. Warsman amava ballare, era il suo passatempo preferito oltre a suonare la balalaika, ma quel ballo lo riteneva troppo… troppo! – pensavo volessi ballare… che so, un tango o un liscio… –

– Seh! Come no! Ho un piano molto più interessante che ci frutterà parecchio – anche perché era a conoscenza che suo padre e Robin non andassero propriamente d’accordo per vecchi problemi d’affari, quindi una piccola “vendetta” ci stava  – a meno che tu abbia paura che la tua tutina aderente mostri troppo un gonfiore imbarazzante che sorge ogni qual volta ti sfioro, non vedo il motivo per cui tu non possa darmi una mano! Sei in debito con me, sappilo! –

Quell’argomento di essere in debito con lei, per ben due volte, era una cosa che decisamente ebbe il potere di farlo incavolare ancora di più, tanto da portarlo ad alzare la voce senza usare epiteti carini.

– Emerald! Sei una dannata puttanella ubriacona! Ecco cosa sei! Te la puoi scordare la mia partecipazione se hai unicamente intenzione di mettermi in ridicolo!! –

La sguaiata risposta della giovane lo costrinse a separarsi momentaneamente dal telefono abbastanza infastidito dalle sue urla e dalle sue ingiurie, perché quando Hammy si incavolava poi era difficile sedarla, anche se in fin dei conti il suo era solo un metodo per distrarsi il più possibile dagli eventi traumatici che l’avevano vista protagonista tempo prima, e fu in quel momento che Lord Flash si sentì osservato.

Due occhi neri, scuri di rabbia nell’aver udito parole poco carine, lo osservavano dal fondo del corridoio come se l’individuo a cui appartenevano quegli occhi fosse pronto a scattare per attaccarlo. Warsman non riconobbe immediatamente quell’individuo dallo sguardo minaccioso, sguardo che ricambiò con tanto calore e simpatia, ma dando una occhiata alla sua divisa militare fece un rapido collegamento con il soldato che aveva scortato lui e Kevin fino a Londra. Si chiamava… Michael o giù di li, il soldatino preferito di Emerald, e il fatto che fosse li era decisamente un mistero anche se, molto probabilmente , c’entrava il fatto che Howard Lancaster si stesse divertendo a fare il dj.

I fatti non erano esattamente questi poiché Connors si era recato li per via di Eiko oltre che per il proprio datore di lavoro. Aveva tuttavia ascoltato solo parzialmente la conversazione tra Lord Flash ed Hammy, giusto l’insulto che il russo le aveva tuonato al telefono, ma questo era bastato per l’americano deciso più che mai a fargliela pagare a quella bestia. Con lo sguardo osservò il misterioso allenatore di Kevin Mask allontanarsi dalla parte opposta e sparire giù per le scale, pur continuando la sua chiacchierata anche se con toni meno insofferenti, decretando che era il caso di chiamare pure lui Howard Lancaster e chiedergli quasi un favore.

 

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– Dunque è così che sono andate le cose? –

Il piccolo Meat strinse i pugni annuendo con decisione, e a quel punto King Muscle non potè fare altro che sospirare pesantemente.

– Questo è davvero un guaio, amico mio. Se la Corte da la caccia agli atleti della Muscle League, allora l’intervento di Vance MacMadd nell’inquinare le prove è solo una misura tampone –

Suguru non era l’unico che quella sera era stato avvisato, in alcuni casi con le dovute parole, del reale motivo per cui alcuni degli atleti che erano stati parzialmente coinvolti negli incidenti di Tokyo si trovavano in trasferta a Londra, ma invece che essere stato avvisato dal proprio figlio, che se l’era data a gambe non appena il proprio allenatore lo aveva avvisato che era giunto il momento di avvertire il genitore, ci aveva pensato lo stesso Meat a prendersi il gravoso fardello.

– Dunque pensi che non sia il caso di intervenire direttamente? Sto già allenando i ragazzi in previsione di scontri difficili, poiché da quando siamo giunti qui credo che ad attaccarci siano state le proprietarie della scimmia spacciatrice, ma per come me l’hai spiegata è il caso di non interferire troppo con le indagini… –

– Come invece sta facendo il nostro ex collega Howard Lancaster. E questo non è un bene –

A parlare non fu re Suguru ma un altro chojin leggendario, ossia Ramenman che era in piedi dinnanzi ai due kinniku seduti su delle poltroncine di pelle scura. Attualmente i tre uomini si trovavano all’interno dell’hotel Milestone, nella suite del re dei kinniku, e le prime ombre della sera stavano già accarezzando la città con le sue luci multicolore e la sua vita ancora pulsante e trafficata.

– Howard è sempre stato uno tra i chojin più pericolosi in assoluto, e benchè abbia disputato un solo incontro in vita sua non fa di lui il super uomo per eccellenza – continuò a parlare l’ex lottatore cinese dalle vesti verdi, scuotendo lentamente la testa – finirà con il farsi del male seriamente se infastidisce le persone sbagliate… e non mi riferisco solo alle terroriste che hanno attaccato i suoi uomini, sempre che terroriste chojin siano –

– Che io sappia le Cortigiane rappresentano il braccio armato della League e da quello che ho visto sanno essere molto determinate – a Meat tornarono in mente diverse cose, tra cui l’attacco di quelle ninja a Beverly Park – ma quello che ho visto al Muscle Museum Hospital non mi sembrava una chojin che seguisse le leggi in modo appropriato… –

– Quelle Cortigiane appartengono all’esercito base di Amazon, quelle dalla rosa rossa, ma esistono anche delle chojin di classe spettro, le detentrici della rosa nera, talmente esperte nell’arte del combattimento da essere uniche. Un tempo erano circa venti, ma poi… – e qui Ramenman prese a passeggiare per la stanza con fare pensieroso – una leggenda dice che ci sia stata una scissione nel gruppo, e forse una o più Deva hanno lasciato la squadra a seguito di un fatto molto importante che dovrebbe riguardare l’uccisione di una strega dello spazio… forse queste donne che vi hanno attaccato sono la chiave di tutto, ma purtroppo non ci è dato sapere se sono delle rose nere o delle rinnegate. Se fossero ancora un corpo militare, allora ci sarebbe da preoccuparsi visto i metodi ancor più brutali di una comune Cortigiana –

– Ma a quanto pare queste donne non sembrano più far parte di questo fantomatico gruppo visto i tatuaggi che recano in corpo – e qui Suguru si riferiva al 20 segnato con una X – e quindi se è vero che sono terroriste Chojin allora non dovremmo avere timore nell’affrontarle. Ma, ahimè, se sono delle soldatesse al servizio della legge… –

– Dovremmo davvero sottoporci al loro giudizio sommario? Ma anche no, scusate! – Meat non aveva tutti i torti ad arrabbiarsi – da quello che ho capito si possono sfidare delle rose nere in un regolare duello della League, ed è anche in vista di questa possibilità che sto allenando i ragazzi –

Il piccolo kinniku non aveva tutti i torti in effetti, ma mentre lui era rimasto ibernato all’interno di una capsula del tempo, con la volontà di continuare a servire la Muscle League e i suoi lottatori, il tempo per i suoi vecchi amici era passato e ora Suguru ragionava più a mente lucida di come facesse un tempo.

– Non hai tutti i torti amico mio, sebbene un evento del genere metterebbe in grave pericolo la vita di mio figlio oltre che il torneo per la Corona Chojin, dubito che arrivati a questo punto possiamo fare molto altro se non… aspettare! Ma… anche Robin Mask è a conoscenza di questi fatti? Mi è sembrato sospettoso l’ultima volta ma non propriamente… ehm, informato dei fatti–

E questo perché sia l’ex lottatore inglese che re Suguru erano ubriachi fradici mentre osservavano le grazie della Kalinina mentre questa dormiva ignara della loro presenza! Lo riteneva un uomo decisamente fortunato per essersi trovato una compagna tanto giovane e bella… moolto fortunato!

– Il matrimonio di mister Mask sarà tra tre giorni… temete che possano esserci dei problemi durante il suo svolgimento? Forse è il caso di avvertirlo – ma neppure Meat sembrava così sicuro.

– Hm, no. Se qualcuno è davvero tenuto ad informarlo quello è suo figlio Kevin – Ramenman si fermò davanti ad una grande finestra ad osservare il panorama esterno – terremo gli occhi aperti durante la cerimonia e in caso di pericolo agiremo. Siamo chojin dopotutto, e se per salvaguardare il nostro onore saremmo costretti a combattere allora lo faremo –

Il lottatore di origini cinesi era uno di quelli “della vecchia scuola” capaci anche di dare la vita sul ring se questo avrebbe portato onore anche nell’oltretomba. Un sentimento decisamente non condiviso da King Muscle che, con la fifa a mille, era già in procinto di andarsene via dalla stanza con passo felpato e una risata piuttosto beota.

– AhAhah! Ah, si hai proprio ragione, eh! Magari io proteggerò da vicino la dottoressa Alya per impedire che… ehm… ad una civile non venga fatto nessun male… ma chissà dov’è finito Kid! Meglio se mi unisco a lui-ehm! Lo vado a cercare… –

Ma la sua fuga venne intercettata da un Ramenman decisamente furioso che, con un urlo di guerra, si lanciò in volo contro di lui con un agile calcio colpendolo direttamente in testa. E quello non fu che uno dei tanti calci che quel “vecchio asino codardo” di re Suguru, così chiamato dal lottatore cinese, si prese durante quella lotta impari che portò il piccolo Meat a fare facepalm per l’assurdità di tutta la scena.

“Diamine… speriamo solo che non emetta un peto dentro questa stanza, data l’età che ha dovrebbe essere ancor più micidiale!”

 

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I suoi sensi erano affinati come quelli di un grande predatore. La sua furia era identica a quella di un orso ferito.

Mentre la sua pazienza… era decisamente senza uguali.

Muramasa Masada continuava a restare in isolamento forzato, con i polsi legati a due pali di metallo, con catene d’acciaio blindato che non le permettessero di andare da nessuna parte, neppure in bagno a pisciare a momenti, in una silenziosa attesa continuando a fare il suo lavoro.

I soldati che pattugliavano la zona, dentro e fuori la sua grande cella, erano una costante miniera di informazioni tutte captate dai suoi sensi costantemente attivi nonostante le torture subite. E Michael Connors era uno che le torture le amava proprio, sebbene con lei non si fosse particolarmente divertito a causa di un costante mutismo che la portava solo a mugugnare per il dolore delle ferite più profonde ( a ri-prova che fosse la maschera a distorcerle la voce e il respiro ).

Era poco importante comunque, anche perché i soldati fuori dalla porta della sua cella stavano chiacchierando di qualcosa di decisamente importante.

– Dunque… fammi capire bene, Barnes e i ragazzi non sarebbero morti per sbaglio secondo te?! –

– Beh, questa è la mia teoria! Si comportavano in modo strano dopo aver ispezionato quel vecchio magazzino giù al porto di Londra – uno tra i più importanti lungo il Tamigi – mister Lancaster aveva acquistato lo stabile pensando di usarlo come rimessa per le barche, ed aveva mandato Barnes e i suoi a ispezionare! –

– E quindi? – la voce del soldato alla sinistra della porta iniziava a spazientirsi – sono morti due mesi dopo il lavoro e poi non tutti quelli che hanno sgomberato il magazzino dai tossici e barboni è rimasto ucciso da quella puttana assassina! –

Sembrava in effetti una leggenda alla stregua della maledizione di qualche faraone adirato per la profanazione della propria tomba, quindi l’ira del soldato più scettico era quasi giustificabile, ma fu a quel punto che il compare gli mise la pulce nell’orecchio.

– Senti, se ti dico che c’è sicuramente dell’altro molto probabilmente è così! Alcuni dicono che Barnes abbia scovato un ingente quantitativo di Sabbia Rossa nel magazzino. Alcune tracce lasciavano intendere che ce ne fossero molta di più e che il posto fosse stato svuotato in fretta e furia prima dell’arrivo dei nostri uomini, ma Barnes, invece di consultarsi con mister Lancaster, sembra abbia voluto tenersi quella roba e spartirsela con i ragazzi! –

Ecco che la questione sembrava avere molto più senso di una mera maledizione antica, ed era proprio ciò che la Deva sperava di ascoltare in mezzo alle tante inutili chiacchiere che aveva captato durante quei giorni, dandole un pretesto per aprire gli occhi e sondare le schiene dei due uomini ben in vista oltre il vetro della grande porta blindata.

– Seh! Come no! Stiamo parlando di sostanze dopanti, non di cannabis! Dove vuoi che l’abbia nascosta quella roba?! –

– La leggenda vuole che sia stata nascosta in una intercapedine nella cucina della sala mensa qui nel campo alfa…–

– Ahah! E secondo te uno è così scemo da nascondere il tesoro nella bocca del drago?! Queste sono tutte fesserie, andiamo! –

Fesserie per alcuni, briciole di pane per altri. Se Muramasa al momento si trovava anche in quel posto, era logico che non si trattava solo di una serie di sfortunate coincidenze quanto alla ricerca di indizi fondamentali per la sua missione.

Per ora erano briciole di pane, per l’appunto, ma doveva solo avere pazienza e aspettare il momento buono per scoprire dove fosse realmente la pagnotta.

E di pazienza Masada ne aveva eccome, di quel tipo che portava i soldati terrestri a non avvicinarsi troppo a lei per l’ovvio timore di essere mangiati vivi da quella che avevano definito una bestia dormiente, o ancor peggio, una strega dello spazio.

Era solo questione di tempo, poi avrebbero scoperto anche loro a quale delle due opzioni apparteneva veramente la donna che avevano imprigionato.

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Capitolo 21
*** capitolo extra ( imboscati ovunque! ) ***


– …E mi raccomando! Questo disco prima di ogni altra cosa, non accetto errori –

I due tecnici kinniku osservarono perplessi il nobiluomo inglese, tenendo tra le mani il vinile dei Village People che aveva donato loro con l’intento di rendere più “frizzante” l’entrata in scena di Robin Mask durante il suo matrimonio. Chissà se l’ex lottatore si ricordava ancora che per il suo quarantesimo compleanno aveva ballato sulle note di Y.M.C.A facendo sbellicare lo stesso marchese?! Ad ogni modo, mettere mano alla strumentazione sonora per le nozze del suo ex amico ( e socio in affari ) era stato piuttosto divertente e fino ad adesso nessun addetto ai lavori aveva mosso una protesta che fosse una.

Magari anche per le corpose mance che aveva passato loro così da lasciarlo fare in pace avevano decisamente aiutato, Lancaster difatti un rotolo di sterline in tasca ce l’aveva sempre perché “non si sa mai”, tuttavia anche quello spassoso passatempo ebbe il potere di interrompersi quando il marchese aveva ultimato la propria playlist da mettere su sia durante la cerimonia che durante i festeggiamenti veri e propri, in concomitanza con una telefonata del suo uomo di fiducia Michael Connors.

“E dunque mi stai dicendo che potremmo avere delle risposta da una arzilla centenaria?! Potrebbe anche essere fattibile…”

“Come potrebbe essere una pessima idea, Eiko dice che è acida come la bile specie ora che la nipote prediletta si sposa!”

Insomma sembrava un lavoro un po’ ( molto ) noioso doversela prendere con una donna che con tutta probabilità non aveva molta voglia di parlare… quindi aveva ordinato a Connors di raggiungerlo nell’ala ovest della villa che attualmente era la più tranquilla e meno popolosa dell’intera struttura. Oltre a questo, ospitava pure la camera da letto di Robin Mask, quindi perché non dare una occhiata alle sue cose personali? Difatti, una volta che si fu congedato dai tecnici vari fu proprio nella stanza dell’ex amico in cui andò a frugare in ogni dove, ben presto raggiunto dal soldato di origini argentine.

– Trovato niente, mister Lancaster? –

– Hm, solo cianfrusaglie… nulla di utile – attualmente il nobiluomo vestito di bianco stava guardando nella toilette usata dalla dottoressa Kalinina, e a giudicare dai gioielli e cosmetici presenti messi ordinatamente sulla superficie del mobile era una donna ordinata anche a casa – miss Alya tiene tutto in ordine e con cura, nei cassetti non ho trovato nulla fuori posto. Persino il vecchio Robbie cataloga i calzini per base cromatica! –

Connors ridacchiò guardandosi intorno – uh… peccato! Magari la miz aveva qualche giocattolo interessante nei cassetti –

Solo a quel punto Howard Lancaster guardò attentamente il proprio uomo di fiducia, notando che in una mano teneva una piccola videocamera già intento a “documentare” ogni azione.

– E quella dove l’hai presa? – nel suo tono non c’era rimprovero ma Connors sapeva che doveva rispondergli come si deve – non mi pare che il tuo equipaggiamento prevedesse una videocamera amatoriale –

– L’ho presa in prestito dalla dolphin girl – alias Eiko, causa la sua risata assurda – mi ha dato il permesso di usarla e io l’ho usata con discrezione mentre mi parlava un po’ della sua famiglia… è meglio documentarsi anche a livello visivo, non crede? –

Lo disse quasi sogghignando mentre guardava nell’armadio della dottoressa in cerca di qualcosa di un po’ meno utile di una prova, e se sulla carta poteva essere una idea plausibile quella di avere prove filmate dei loro sopralluoghi, era chiaro che alla fine si trattava solo di un capriccio personale.

Howard Lancaster non si sarebbe mai sentito in colpa nel trafugare qualcosa di caro a Robin Mask o alla sua compagna, a riprova che si trovava li solo perché gli andava, dunque il marchese si limitò solo a fare in mezzo sorriso e invitando successivamente l’ex mercenario a sfruttare la propria videocamera.

– Non hai tutti i torti, Connors… quindi secondo il tuo modesto parere perché miss Kalinina ha un solo orecchino qui? Dubito che Robin Mask sia così povero da non potergliene regalare due… –

Dal portagioielli estrasse quello che era una scatolina di carta argentata, molto pregiata, e il soldato guardò curioso l’interno della confezione recante una dedica sul coperchio oltre al manufatto di platino e diamanti. Si lasciò scappare un fischio ammirato visto l’articolo di lusso, per poi prendere in mano l’orecchino e scrutarlo attentamente.

– Una volta per fidanzamento si regalava un anello… ma devo ammettere che il mio vecchio socio in affari mi ha stupito in originalità… un SOLO orecchino per la sua donna! –

– Hm… credo sia una cosa voluta signore. Una volta sono uscito con una ragazza che portava lo stesso orecchino… ma non all’orecchio! Bensì in un posto molto più particolare – e con un gesto abbastanza inequivocabile si toccò il petto.

Il manufatto che il mercenario teneva tra due dita si presentava come una stanghetta semicurva di pochi centimetri, recante alle due estremità due sfere di platino ricoperte di diamanti e somigliante in tutto e per tutto ad un comune orecchino… per il piercing al seno.

– Oh… no… no, no, no! – Howard Lancaster, dopo un mezzo minuto di silenzio dove aveva assorbito l’informazione, inarcò un sopracciglio cercando di non apparire troppo imbarazzato e incredulo – non posso minimamente concepire che una persona così semplice come la dottoressa possa avere… un piercing al seno! – 

– Ma i fatti a quanto pare dicono che miz Alya sia un tipino piuttosto interessante – riprese per bene l’oggetto in questione oltre che l’epica faccia del proprio capo – suppongo che il vostro ex socio in affari non l’abbia poi presa tanto male visto il regalo che le ha fatto! –

Era ufficiale, Howard Lancaster era quasi sul punto di scoppiare a ridere per quella scoperta tanto imbarazzante che, se l’avesse saputo Janice, sarebbe divenuto il pettegolezzo del secolo. Tuttavia dovette contenersi per forza di cose, sentendo dei passi sempre più ravvicinati che provenivano dall’esterno della stanza e non promettevano nulla di buono visto che si potevano anche udire delle voci.

– Uh… abbiamo compagnia, signore – Connors riprese la porta della camera da letto sentendo chiaramente la voce di uomo e di una donna – consiglierei di battere in ritirata il prima possibile! –

– Non abbiamo tempo per andarcene… nell’armadio a muro, presto! –

Il soldato riconsegnò immediatamente l’orecchino al marchese, che in gran fretta lo ripose nella scatola e di seguito nel portagioielli, andando entrambi ad infilarsi dentro l’armadio ben sapendo che fosse l’unico posto in cui celarsi prima del prevedibile arrivo dei padroni di casa.

Si stavano comportando come due ragazzini, e lo stesso Connors si lasciò scappare una risatina mentre si chiudeva le ante alle spalle, ma era anche vero che, per quanto il motto del marchese fosse “we can”, come avrebbe potuto giustificare la sua presenza ai futuri coniugi Mask? Dell’accordo che avevano stipulato per quanto riguardava “l’incidente” di Kevin sarebbe andato a quel paese definitivamente, e poi ad osservarli dallo spiraglio dell’armadio parevano particolarmente nervosi.

– Uff… tua nonna è un demonio di un metro e cinquantasette! Mi ha riempito di pizzicotti ovunque, sono pieno di lividi e non ha un minimo di pudore! –

Robin Mask aveva la voce severa oltre che decisamente adirata, nel mentre si toglieva la giacca blu scuro e la posava sul servo silente. Ma Alya si limitò a sbuffare e a massaggiarsi le tempie prima di scomparire in bagno con l’intento di darsi una rinfrescata.

– Te l’ho già detto ma te lo ripeto. Mi dispiace se mia nonna ha dei modi di fare piuttosto bruschi – si avvertì il rumore dell’acqua del rubinetto che scorreva – ma non ha preso molto bene l’idea del matrimonio e vuole controllare che sia tutto a posto –

– Tzk… non è molto confortante – l’ex lottatore scomparve momentaneamente dalla visuale della telecamera per poi tornare con una valigia che adagiò sul letto, sistemando al suo interno qualche giacca e ricambio pulito – ero appena uscito dalla doccia stamattina, e lei era li ad aspettarmi fuori dalla cabina! Mi ha strizzato i testicoli, Alya! Ancor prima che mi mettessi l’asciugamano! –

Questa era una di quelle cose che portarono i due intrusi quasi a starnazzare dal troppo ridere, ma sia Howard che Connors riuscirono a trattenersi notando un mister Mask che faceva la spola tra letto e armadio personale, loro due erano dentro quello della Kalinina per fortuna, continuando a sistemare dentro la valigia tutto l’occorrente per passare tre notti all’interno del cottage piuttosto lontano da casa. Ma fu la risposta della Deva a cambiare completamente l’atmosfera, sebbene fu dettata da una sottile freddezza tipica di una donna che iniziava a spazientirsi.

– Vuoi che faccia un controllo più accurato ai tuoi lividi? Ad ogni modo, ha promesso che non lo rifarà mai più anche se, a detta sua, era per controllare che il mio futuro marito fosse fisicamente sano –

Li per li Robin Mask non replicò, limitandosi a guardare in direzione del bagno e pensando sicuramente a qualcosa di… probabilmente poco casto visto che decise di chiudere la valigia, depositandola sul parquet, e avvicinandosi poi alla porta della camera dando un giro di chiave nella toppa.

– Hm?! Perché hai chiuso? –

In quel preciso istante Alya tornò in camera, si era sciolta i capelli ed era intenta anche a togliersi gli orecchini, ed incrociando lo sguardo vermiglio del compagno non potè non notare un luccichio piuttosto complice. C’era tensione nell’aria, di quel genere che ad uno dei due uomini imboscati decisamente non piaceva.

– Robbie… no! No, no, no… non lo fare maledizione! – bisbigliò Howard sentendo l’ovvio disgusto rivoltarsi nel suo stomaco – non azzardarti a fare quello che penso! –

– Ehe… sesso inter specie, eh?! – il suo uomo di fiducia era di tutt’altro parere, piazzando meglio la telecamera per non perdersi ogni scena – potrebbe essere un documento interessante tutto sommato… –

– Ma scherzi, vero?? –

Da fuori tuttavia nessuno dei due futuri coniugi aveva sentito l’acida domanda di un intruso ben nascosto, ritrovandosi piuttosto a scrutarsi con fare sia complice che divertito. Quantomeno la donna si lasciò andare ad uno sbuffo divertito posando sulla toeletta gli orecchini di perle, avvicinandosi al proprio compagno e guardandolo con fare solo in apparenza severo.

– Sai una cosa Alya? Penso che non sia una cattiva idea se tu dessi una occhiata ai miei lividi… – nel dirlo si avvicinò lentamente a lei sfilandosi via l’elmo d’acciaio, lasciando un po’ stupito un Michael Connors che non lo aveva mai visto in faccia neppure nelle repliche della IWF –visto e considerato che è più di una settimana che non mi visiti come si deve –

Le poggiò le mani sulle spalle, una volta deposto l’elmo ai piedi del letto, facendole scorrere velocemente lungo i fianchi della giovane che non si infastidì quando scivolarono dentro la camicetta.

– Hm, pensavo avresti preferito che ti aiutassi con le valige… davvero non vuoi aspettare dopo le nozze? Al cottage saremmo più comodi –

Ma non ricevette risposta a quella sua falsa obiezione, poiché Robin Mask la baciò famelico, abbrancandole meglio la vita per sollevarla così da terra in un “abbraccio” che non le facesse troppo male, desideroso di riprendersi il tempo perduto a causa di un matrimonio che li stava tenendo impegnati tutto il giorno tra preparativi vari, prove vestito e visite parentali.

– Hm, non sapevo che Robin Mask avesse una faccia – il soldato americano inarcò un sopracciglio, pur continuando a filmare i due che ora si erano spostati sul letto per effusioni molto più spinte – pensavo ci fosse nato dentro quella lattina… certo che… ehe! Il vecchio ha ancora qualche colpo in canna! –

– Umpf! Quando era giovane lo chiamavano “L’Alain Delon inglese*” giusto per fargli più pubblicità – lo disse con una certa noia, per poi zittirsi causa ovvio imbarazzo che non voleva far vedere a nessuno, visto che quello che i due amanti stavano facendo non era esattamente silenzioso – la dottoressa comunque, è una donna assolutamente scandalosa –

È bellissima –

Lo corresse Connors, quasi sussurrandolo, pur continuando a filmare piuttosto divertito. Ma dopo un breve minuto di silenzio tra i due, decisamente imbarazzante per ovvi motivi, alla fine fu Howard stesso a spezzarlo prendendo in mano il proprio cellulare.

– Ah… al diavolo! Non resterò in questo polveroso armadio aspettando che il caro Robbie e compagna finiscano i loro comodi. Chiederò alla sorveglianza di richiamarlo urgentemente e… –

Nel mentre che estrasse il telefonino però, accadde qualcosa di assolutamente irreale. Appena la luce del suo telefono palmare inondò il buio dell’armadio con una intensa luce azzurrina che illuminò i vestiti della dottoressa e i volti dei due uomini presenti, un volto completamente alieno apparve in mezzo ai due. I cui occhi della creatura, che ebbe il potere di far impallidire entrambi gli uomini quando la videro, guardavano rispettivamente sia il marchese che il soldato in uno strabismo osceno come quello di un camaleonte.

Ciao

Non ci fu una gara a chi scattasse per primo fuori dall’armadio urlando come un ossesso, poiché entrambi i terrestri, dopo un lungo minuto di silenzio in cui avevano fissato l’assistente di Vance MacMadd, ossia miss Alana, scattarono entrambi fuori da quel luogo pieno di tenebra cadendo immediatamente sul parquet e continuando comunque a lanciare grida per l’assurdo spavento subito. E ovviamente, l’assurda entrata in scena del marchese e del suo scagnozzo portarono entrambi i futuri coniugi Mask a saltare sul letto, costringendoli per questo a ricoprirsi subito, Alya con un lenzuolo mentre l’ex lottatore a riallacciarsi immediatamente i pantaloni poiché dalla fretta che aveva di consumare il proprio rapporto con la compagna non se li era neppure abbassati, portandoli pure loro a urlare di rimando.

– Cazzo! Cazzo non è possibile!! – sebbene fosse a terra Michael non mollò la presa sulla telecamera e ora puntava la pistola contro l’armadio aperto – come cazzo fai ad essere sempre dappertutto??! –

– Cosa… che cav… Che diavolo?!! – a Robin Mask veniva solo da balbettare al contrario della compagna che, dopo un urlo di sorpresa, si era ammutolita ed ora si era rannicchiata dietro di lui cercando di capire cosa diavolo fosse successo – Lancaster!! Come osi violare la mia casa in questo modo??! –

C’era pura ira nella sua voce stentorea, ma non bastò certo a spaventare un ex socio in affari che, seppur con un po’ di fatica, si rialzò in piedi cercando di riacquistare la solita flemma che lo contraddistingueva. Poteva cavarsela, lo sapeva, anche se aveva pisciato fuori dalla tazza. 

– Vedi… vecchio mio, potrà sembrarti piuttosto disdicevole, ma stavamo… –

Raargh!!!

L’urlo di guerra di Robin Mask sorprese un po’ tutti nella grande stanza, eccetto miss Alana che uscì con un piccolo balzo dall’armadio stupendo non poco la cugina, che rimase comunque a bocca aperta quando vide il compagno caricare a testa bassa mister Lancaster per abbrancarlo alla vita e fiondarsi contro la grande vetrata dietro di loro.

– Robin!! –

– Mister Lancaster! –

Sia la donna che l’uomo di fiducia del marchese ignorarono per un momento la folle Deva, che indossava tra l’altro una tuta bianca da operaio, piombandosi sulla finestra rotta e guardando di sotto. I due ex wrestler stavano bene nonostante il volo fatto, al massimo avevano qualche graffio come ce li aveva mister Mask sul petto nudo e Howard sulla schiena, ed ora si stavano scambiando qualche colpo prima che lo stesso marchese decidesse di non peggiorare la situazione dandosela a gambe, ma “con classe” come avrebbe detto lui, urlando a Connors che si sarebbero visti ai cancelli. Se non dava una lezione all’ex socio in affari era perché Janice a quel matrimonio ci teneva, e non l’avrebbe mai perdonato se fossero stati esclusi da quelle nozze tanto chiacchierate, e poi quando Robin si infuriava riusciva ad essere ancora piuttosto forte.

– Ah, comunque c’è un passaggio segreto che dalle cantine porta fino all’armadio. Lo so perché stavo eseguendo una derattizzazione –

A spezzare quell’irreale silenzio ci pensò miss Alana che, cogliendo di sorpresa tutti, tirò fuori da dietro la schiena un ratto enorme ormai stecchito. Per ovvi motivi Alya non resistette a quell’agghiacciante vista e, emettendo un grido, si allontanò in tutta fretta dalla zona per andare a rifugiarsi in bagno.

– Mandalo via, Ally! Mandalo via!! –

la sua voce era spaventata e se era scappata in bagno era anche per cercare di mantenere autocontrollo. Non le piacevano i topi, e avrebbe avuto paura di loro finchè avrebbe campato. Talmente spaventata da non rendersi neppure conto che l’uomo che la stava filmando era il misterioso paziente che aveva visitato tempo prima e misteriosamente “scomparso” dopo uno strano incidente avvenuto all’ospedale.

A suo comando comunque, la donna gettò dalla finestra la bestia morta, e subito dopo avviandosi verso la porta della stanza per uscire da li come se niente fosse.

– Wo… ehi, ferma! C-come hai fatto a fuggire dalla sorveglianza stavolta, eh?! –

A ruota Connors la seguì decisamente adirato fino nel corridoio, prendendola per un braccio e costringendola a guardarlo… con occhi assolutamente dritti questa volta.

– Guarda che non sono scappata, eh! Ho fatto una sega al soldato Williams, e lui mi ha lasciato andare a fare ciò che mi ero prefissata di fare a questo matrimonio… una derattizzazione completa! –  

Ecco, quella fu una cosa da portare il luogotenente di mister Lancaster a massaggiarsi le tempie per cercare di annullare, inutilmente, lo stress che stava crescendo in corpo. In particolar modo, evitando di chiederle “che tipo di sega” avesse fatto per quel soldato.

– N-no, senti… – aveva ancora la pistola in mano, e aveva voglia di usarla – ti abbiamo chiesto gentilmente di sottoporti ad alcuni test medici. Non puoi andartene così come se nulla fosse! –

– E dovrei far preoccupare la mia famiglia? Ma anche no! E comunque… – fece la donna, con gli occhi che tornarono storti nel mentre che ritornava a passeggiare per il corridoio – mia cugina si è fatta quel piercing dopo una delusione amorosa avuta con una ragazza terrestre. La tizia in questione l’aveva sfruttata solo per rubarle la tesi di laurea… gentaglia, si?! –

Ecco un’altra cosa che decisamente sorprese Connors, tanto da portarlo momentaneamente a scacciare via lo stress accumulato fino a quel momento e ricordandosi che tra  l’altro aveva ancora una telecamera funzionante in mano. Per questo, visto che ciò che aveva accennato la tizia era dannatamente interessante, magari l’avrebbe riaccompagnata al campo alfa dopo essersi fatto spiegare meglio alcune cosette.

– Ehe… non è che me la spiegheresti meglio questa storia?! –

 

E nel frattempo che “faccia da schiaffi” Connors cercava di saperne di più su un succoso pettegolezzo, Howard Lancaster si stava ancora dando velocemente alla fuga in mezzo ai vari operai kinniku che stavano ultimando i lavori per il matrimonio inseguito da un ex socio in affari che non ne voleva sapere di mollare l’osso.

– Hoowaaardhh!! – ruggì il futuro sposo, e il marchese non potè resistere alla tentazione di punzecchiarlo.

– Questo mi ricorda tanto il ruggito del leone… che non hai mai preso! –

Era una situazione a dir poco ridicola e sembrava che il nobiluomo di bianco vestito sembrasse addirittura divertirsi parecchio nel correre e punzecchiare, ma ciò che gli operai videro era una scena completamente diversa.

Nessuno di loro difatti, aveva mai visto Robin Mask senza maschera… ma tutti avevano presente chi fosse Howard Lancaster e al momento vedevano solo che il marchese era seguito da uno sbandato che era entrato, non si sa come, all’interno della villa.

E fu a causa di questo spaventoso equivoco che successe ciò che successe. In una scena così assurda che fu un vero peccato che Connors non fosse li a riprenderla.

– Howard Lancaster è in pericolo! Presto! Fermiamo quello sconosciuto! –

Per quei kinniku quell’uomo seminudo non era il loro datore di lavoro ma un pazzo da fermare a tutti costi. E tutti gli operai presenti lasciarono le loro postazioni per darsi anche loro all’inseguimento per tutto il giardino fiorito fino ad atterrare tutti assieme sulla schiena di Robin Mask.

– Aargh!! che diavolo fate idioti?! È lui quello che dovete prendere, non me! –

Solo per un breve istante Howard si fermò a guardare, con reale stupore, una scena che aveva dell’incredibile con il suo ex socio in affari e collega di ring che al momento era spiaccicato contro l’erba da una montagnola di operai determinati.

– Whuahaha! Ci si vede al matrimonio, Robbie!! –

La ridicola risata del marchese era qualcosa di assolutamente insolito per lui, ma che rispondeva dannatamente bene al suo motto di famiglia che tanto fece ruggire un lottatore senza l’elmo d’acciaio a proteggerlo da tutti quegli sguardi. Era stata una giornata tutto sommato spassosa e molto probabilmente non avrebbe avuto gravi ripercussioni nell’imminente evento che sarebbe stato trasmesso in galassiavisione.

Sarebbe stato un evento epocale, questo andava detto. Ed era più o meno ciò che pensava Nuala che, standosene appollaiata sui rami di un grande albero, osservava la scena riducendo gli occhi a due fessure.

– Hm, tanti tasselli ma ancora manca il pezzo che mi porti a completare il puzzle di Star Wars – e non intendeva quello che stava completando a casa – ma suppongo che al matrimonio verranno tutti… per cui… –

– S-signora! Qui dentro ai bozzoli fa caldo, non potremmo avere un po’ della sua aranciata?!–

La flebile domanda venne dettata da una guardia poco sveglia che aveva provato a fermarla quando era entrata di soppiatto all’interno della tenuta. Logicamente la Deva non era rimasta a guardare impassibile, e aveva sbaragliato velocemente quel drappello di cinque kinniku che avevano avuto l’ardire di fermare una presunta ladra, almeno dal vestito di pelle nera sembrava così, provvista di sei braccia e dalla voce inquietantemente mascolina.

Ora quei buffoni mascherati da luchadores erano infagottati in bozzoli e appesi come salami grazie alle sue ragnatele, ed osservando meglio il soldato con la faccia da beota le venne da “inarcare” un sopracciglio ( anche se in realtà non le aveva ).

– Uhm, no! – allungò un braccio nella direzione del prigioniero e dalla mano partì un getto di ragnatela che gli chiuse la bocca – comunque, cosa stavo dicendo? Ah, si… che mi piacciono i matrimoni! –

Poi detto questo tornò a bersi la propria aranciata light ed osservando piuttosto compiaciuta che a quanto pare i lavori in corso erano quasi ultimati, peccato che poi tutti quei fiori meravigliosi e i candidi drappeggi si sarebbero rovinati nei peggiori dei modi!

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

– Non ho nessuna intenzione di parlare a mio padre! Piuttosto scappo via! –

Erano più o meno cinque minuti buoni che Kid Muscle si ripeteva le medesime cose mentre camminava con passo veloce e deciso verso una meta non precisa ma che fosse il più lontano possibile da dove si trovavano Meat e suo padre. Il suo allenatore era proprio fuso di cervello per aver suggerito l’idea di parlare a Suguru di tutto ciò che era successo al drappello di lottatori fino a quel giorno, perché francamente Kid Muscle non aveva nessuna voglia di fare figuracce con i genitori o di incappare in punizioni ben più peggiori.

Una azione probabilmente codarda, ma non era l’unico “codardo” che si trovava in quei paraggi.

Al contrario di tutti gli altri lottatori che avevano avvisato i genitori, Kevin Mask non ne aveva trovato ancora il coraggio. Non voleva deludere il padre ma al tempo stesso odiava tutta la faccenda e la possibile reazione che avrebbe avuto. Robin Mask era una parte fondamentale di lui, ma i fantasmi del passato erano piuttosto difficili da scacciare… ed ora si trovava all’ombra della grande ruota panoramica vicino alle sponde del Tamigi, tra bancarelle colorate e luci a intermittenza che attiravano i turisti nonostante iniziasse a farsi sera.

E per tale motivo, per evitare noie con fan troppo assillanti, perché a Londra era ( per forza di cose ) piuttosto famoso che in altre parti del mondo, aveva deciso di passeggiare in una zona un po’ meno frequentata dalla marea di turisti sorseggiandosi una birra in santa pace appoggiato con una spalla ad un muretto. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, poiché anche il suo di allenatore gli aveva consigliato che forse era il caso di spiegare in modo “edulcorato” come stavano le cose al proprio padre. Di tempo ne era passato e le acque si erano un po’ calmate, quindi perché non provare secondo la logica di Lord Flash?!

Ma non aveva accettato, e piuttosto che discuterci nuovamente aveva borbottato che ci “avrebbe pensato su” e dunque eccolo li indeciso sulle parole da usare.

– Non glielo dirò mai! Mai! Maiii!! –

– Ouch! Ehi! Guarda dove vai, idiota! –

Se non altro sapeva esattamente che parole usare con Kid Muscle che, senza neppure guardare dove andare con la sua corsa disperata, gli era andato a sbattere proprio di schiena.

– Eeek! Kevin Mask! Non farmi del maleee! Non volevo farti cadere la birra!! –

– Io… ah! Lasciamo perdere – dette un calcio alla bottiglia e questa andò ad imboscarsi in una aiuola fiorita – a quanto pare non sei il solo che ha qualche problema stasera… –

Era piuttosto raro trovare un Mask in vena di confidenze, e ciò portò il giovane principe dei kinniku a rialzarsi in piedi guardandolo con una ingenua nota di curiosità.

– Uhu?! Anche tu devi dire qualcosa di importante a tuo padre?! –

A quanto pare il ragazzo quando voleva sapeva essere sveglio, poiché aveva azzeccato in pieno il problema tanto da lasciare il giovanotto inglese interdetto in un primo momento, e solo in seguito borbottante qualche frase in lingua madre.

– Tzk… secondo te pensi sia una buona idea dire ai nostri genitori in che guaio ci siamo cacciati? Sono ancora convinto di poter gestire la cosa – guai a mostrarsi deboli davanti ad un futuro avversario – ma forse per correttezza sarebbe il caso di avvisarli –

– C-cosa? Ma sei forse impazzito?! Se glielo diremmo finiremo in un sacco di guai e… –

– Credo che Kevin Mask abbia ragione invece, caro il mio ragazzo! –

Fu la voce di Meat a sorprendere entrambi i lottatori,  ed immediatamente si voltarono ad osservare il piccolo kinniku che avanzava verso di loro con uno sguardo piuttosto serio e deciso.

– Tanto ormai tuo padre lo sa! E non certo grazie a te! – ancor prima che Kid potesse contro ribattere però, fu veloce ad assestargli un pugno in testa non così forte da stenderlo. Voleva che ascoltasse la sua ramanzina – tutti gli atleti, tutti i tuoi amici, hanno parlato con i loro genitori e tutori. Non è scappando che si risolve la faccenda! E prima si chiariscono certe faccende meglio è per tutti, altrimenti si rischia lentamente di andare nella parte del torto –

Non era un discorso rivolto solo al suo pupillo, ma anche Kevin Mask era compreso nell’elenco delle persone poco cristalline.

E quel piccoletto tanto stupido non era, perché aveva detto una cosa capace di far ribaltare lo stomaco al ragazzo e far abbassare la testa ad un Kid ora pentito di essersi dato alla fuga.

– Capisco, Meat… suppongo che tu abbia ragione – il kinnikku borbottò quelle parole con un certo imbarazzo – ma scusa tanto, come hai fatto a trovarm-Ahio!! –

– Hai lasciato una scia di devastazione dietro di te! Come vuoi abbia fatto a trovarti??! –

Stavolta il pugno in testa fu dato con così tanta forza da buttare letteralmente a terra un Kid Muscle che, effettivamente parlando tra ristoranti saccheggiati e ragazze importunate ne aveva combinate assai, e l’ira del piccolo allenatore era piuttosto giustificabile.

Kevin Mask tuttavia non rimase li a guardare, decidendo di lasciare i due alieni alle loro incombenze e ripromettendosi che prima delle nozze avrebbe spiegato diverse cose a suo padre e ad Alya.

Dopo tutto quello che era successo era ora che prendesse una decisione da uomo assumendosi le proprie responsabilità!

 

 

 

*nella serie originale la madre di Suguru, durante lo scontro tra il figlio e Robin Mask, si da al fangherlaggio quando Robin perde l’elmo sperando ardentemente che sotto di esso sia bello come Alain Delon ( farfallona anche lei ma non ai livelli del marito xD )

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Capitolo 22
*** il tuo nome sulle mie labbra ***


Ormai era un quarto d’ora che aspettava, e francamente non era da lui fare aspettare così tanto una persona. Non da parte di inglese, comunque.

Quindi perché Kevin Mask non era così puntuale come lo era ad esempio a Tokyo?  Tant’è vero che l’aveva invitata alle nozze del padre e l’aveva fatto in nome della loro grande amicizia, in barba ai pericoli in cui poteva imbattersi. Molto strano che il chojin volesse Niamh al suo fianco, perché era una cosa che andava a stridere con la sua volontà di proteggerla, ma era anche vero che lei poteva rifiutare… e invece no! Poteva restarsene in Giappone ma non era riuscita a dire di “no” al ragazzo che considerava suo amico stretto.

Ecco, questo era un argomento piuttosto imbarazzante e dunque per scacciarlo via si ritrovò a saltellare sui talloni, gesto che faceva sempre quando era nervosa, in attesa di un Kevin Mask che le aveva dato appuntamento proprio fuori dall’affollato aeroporto.

Era stato un viaggio lungo e snervante, e il suo unico bagaglio a mano era un borsone a tracolla con all’interno solo l’essenziale ( quindi intimo, ricambio, saponi e asciugamani ) e un… bah! Una “sottospecie” di abito elegante che avrebbe usato al matrimonio preso nientemeno che ai grandi magazzini e che quasi sicuramente l’avrebbe fatta sfigurare in mezzo a tutte quelle dame avvolte nei loro ricchi abiti. Ma non era giunta in Inghilterra per pavoneggiarsi in mezzo alla nobiltà, era venuta li perché glielo aveva chiesto Kevin… ed anche i suoi genitori, quando aveva detto loro dove era diretta e con quali motivazioni, erano rimasti piuttosto scettici sull’invito in questione.

Se era partita in fretta e furia era anche per non sentire le loro lamentele e/o dubbi sul “possibile” interesse del rampollo di casa Mask nei suoi confronti, perché per quanto volesse bene ai propri genitori alle volte li considerava troppo protettivi nei suoi confronti. Per non dire che alle volte le sembrava che la trattassero con superficialità.

Ma ora non era il momento di pensare a tutto questo, e spostandosi di lato per permettere il transito di una signora piuttosto corpulenta si ritrovò a borbottare un po’ spazientita per quel ritardo che le stava mettendo ansia.

– Kevin… andiamo, dove sei?! – ma non riponeva molte speranze di ottenere una risposta immediata.

Ciò che invece ottenne, fu una voce simile a quella del giovanotto inglese ma proveniente da un ragazzone di due metri e quattordici e completamente vestito di pelle.

– Lui non c’è, ma al suo posto ci sono io. E posso anche assicurarti che sono una compagnia migliore –

Nel sentire quella voce, così simile a quella di Kevin, Niamh si voltò di scatto trovandosi a lanciare un piccolo urlo sorpreso e a fare un saltello indietro notando che quello sconosciuto era solo simile al suo amico. C’era qualcosa che non quadrava oppure era lei ad aver capito male durante quella breve chiacchierata?! Poteva anche essere… non si reputava una ragazza molto sveglia, causa la sua insicurezza epocale, nonostante le amiche e lo stesso lottatore la rassicurassero del contrario.

– Oh… woah! Non era mia intenzione spaventarti! – il ragazzo mise le mani avanti per rassicurarla – tu… devi essere Niamh, giusto? Io sono Kyle, il cugino del tuo ragazzo, Kevin. Non è potuto venire a causa degli allenamenti, per cui mi sono offerto io di venire a prenderti –

Si somigliavano, ma in molti punti erano differenti e non si trattava solo per l’elmo nero del Mask che aveva di fronte, e per l’amor del cielo erano davvero delle rose tatuate quelle che aveva sul braccio?!, ma anche per il modo di presentarsi e parlare. Ad ogni modo, nonostante fosse vestito da teppista sembrava gentile e tutt’altro che freddo.

– Uh, beh… si. Sono sua amica, non ragazza… amica, ecco. Però grazie per esserti scomodato per me – 

Giocherellò con un dei bottoncini del suo golfino verde mela tentando di non bruciare come carne allo spiedo, ottenendo proprio la reazione che Kyle voleva che avesse. A guardarla bene immaginò il motivo per cui al cugino piacesse tanto la ragazza… ricordava un po’ Santiago, la sua tata, nel fisico morbido anche se tutt’altro che obeso.

Era graziosa, ricordava quasi una bambola di porcellana con il suo sguardo da cerbiatta e i lunghi capelli scuri che le arrivavano fino alla schiena. Si chiese se Kevin fosse arrivato al sodo con lei, ma la risposta se la dette da solo quando provò ad avvicinarsi alla giovane e quella fu tosta ad usare il proprio borsone come scudo.

– Ehi! Che pensi di fare? N-non credi di essermi troppo vicino?–

La sua espressione era tra l’imbarazzo e l’intimorito, non voleva che si ripetesse l’esperienza del suo primo bacio, perché francamente parlando con i ragazzi aveva un rapporto abbastanza freddino e disinteressato. Questo magari anche per esperienze poco gratificanti.

Già… poteva sembrare impossibile visto l’alto numero di ragazze che gli spasimavano dietro, ma Kevin Mask si era dimostrato un avventato baciatore troppo impulsivo e troppo “indelicato”.

Nei romanzi che Niamh ha sempre letto i primi baci venivano descritti come qualcosa di assurdamente idilliaco, come se i protagonisti toccassero il paradiso ad intrecciare due lumache umide dentro la bocca. Ecco, il suo era stato un contatto irruento avvenuto in un luogo imboscato prima che lui partisse, senza praticamente darle il tempo di prepararsi emotivamente ma lasciando solo una sensazione abbastanza disgustosa in bocca e brividi che le scossero le membra per un bel po’.

Ingenuamente, e anche a causa del proprio pessimismo, si era quasi convinta che se non le era piaciuto era perché alla fine tra lei e lui non era cosa… quando in realtà aveva solo avuto una reazione normale per un contatto che non aveva mai ricevuto prima, fatto senza molto garbo tra l’altro. Quindi se ora era un po’ paranoica c’era solo da capirla, e Kyle fu comunque ingamba a notare cosa la turbasse tanto.

– Tranquilla… volevo solo prendere il tuo borsone! Sarai stanca dopo questo viaggio…  – lasciò anteporre un voluto silenzio in cui la vide calmarsi con un velo di imbarazzo per aver fatto brutta figura – ma sembra che ad averti segnato di più sia l’indelicatezza di mio cugino–

Altro colpo sicuro che portarono il giovanotto a sorridere sotto l’elmo di metallo, notando come la giovane Niamh assumesse un colorito simile al pomodoro borbottando qualcosa pur lasciando che il lottatore le prendesse il borsone a tracolla.

– Uh, beh… diciamo così – riprese a giocherellare con i bottoncini del golfino arrivando a togliersene uno per davvero e dandosi mentalmente dell’imbecille – sono convinta di aver sbagliato qualcosa io perché  per certe cose sono completamente negata… eh –

Kyle dovette trattenere dal lasciarsi andare ad una risatina equivoca, perché non era della giovane che rideva, mostrandosi invece più comprensivo e cingendole delicatamente le spalle con un braccio invitandola così ad incamminarsi in mezzo a quella folla di gente.

– Non lo dire, non credo affatto che sia colpa tua… quanto piuttosto che alle volte Kevin è fin troppo  impulsivo e riesce spesso e volentieri a rovinare tutto – la osservò con la coda dell’occhio notando che si era calmata un poco anche se lo stava guardando un po’ guardinga – ma ora sei qui, quindi penso che sia il caso di portarti a destinazione quanto prima… a meno che tu non voglia ambientarti un po’ prima e prendere un bel respiro che non sia l’odore di una trentina di corpi ammassati come sardine! –

La battuta ebbe il potere di rilassarla un poco, e i due procedettero verso il parcheggio dell’aeroporto dove il ragazzo aveva lasciato la sua moto. Come si era immaginato, studiandosi attentamente le sue reazioni, la giovane irlandese  non era particolarmente ansiosa di incontrare Kevin anche se aveva fatto un lungo viaggio solo per lui. Doveva piacergli parecchio sebbene il giovane wrestler non avesse iniziato ad approcciarsi a lei nei migliori dei modi, e sarebbe stata quella sua insicurezza che Kyle avrebbe sfruttato.

L’avrebbe fatta rilassare portandola a bere qualcosa a Camden Town, noto quartiere londinese per turisti, ed entro sera sarebbe stata una nuova rosa da aggiungere alla collezione… e al caro cugino sarebbero rimaste le briciole di un pasto che non ha saputo gustarsi per bene.

 

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A Camden Town non c’erano solo ristoranti, tatuatori, pub e locali di intrattenimento per turisti e visitatori locali… ma anche uno degli ultimi fabbri rimasti nella città di Londra, che con tutta probabilità avrebbe continuato ad esistere finchè fosse continuata la dinastia dei Mask.

Erano i fabbri ufficiali di famiglia, e da generazioni forgiavano gli elmi della nobile famiglia di lottatori nonché le loro armature fin dai tempi medioevali. Quel giorno ci sarebbe stata un’eccezione alla regola, per dirla così anche perché accettavano qualunque cliente, nel momento esatto in cui Lord Flash entrò nella caratteristica bottega situata ai margini dell’affollato quartiere.

Una volta che entrò nell’ambiente un po’ polveroso e semi buio, pieno di armature e armi medioevali, venne accolto dal suono di un grammofono posto sul bancone dove un uomo sulla ottantina stava leggendo un libro contabile. Strinse con più decisione la ventiquattrore in acciaio, con tanto di chiusura a combinazione, deciso a farsi notare con un secco colpo di tosse.

– Ah… è lei Lord Flash – l’anziano proprietario della bottega alzò lo sguardo verso la porta e la luce della abatjour presente accanto a lui accentuò maggiormente le sue rughe – quale tempismo, la vostra maschera è stata ultimata giusto ieri sera secondo le vostre disposizioni…–

Il russo si limitò ad annuire con decisione seguendo il vecchio fabbro in una stanza dietro la bottega che doveva fungere da magazzino. E al centro di un tavolo posto in fondo a tale stanza, la sua maschera in metallo nero lo attendeva per essere indossata nuovamente. Quella vecchia purtroppo era andata perduta in un disastroso combattimento, e Warsman aveva dovuto fare i salti mortali, a livello economico, per procurarsene una nuova giusto in tempo per il matrimonio di Alya. Se fosse stata una maschera normale non ci sarebbero stati problemi, ma quelle dei chojin spesso non lo erano, come gli ricordò l’uomo dietro di lui.

– Una formidabile lega in acciaio, ferro nero di Amazon, e il raro metallo densomorfico della Nebulosa di Orione… fusi tra loro seguendo quattro fasi ben distinte, lucidata con cera d’api del pianeta Kinniku… e per ultimo, l’incisione al suo interno –

A quelle parole Lord Flash rimase abbastanza confuso anche perché non aveva richiesto nessuna incisione o scritta sulla sua maschera. Prese dunque in mano l’artefatto, dando una occhiata all’anziano fabbro che lo osservava con sguardo gentile, rigirandosi poi l’oggetto in mano e notando che, all’interno, era presente una scritta che lo lasciò in principio perplesso.

“Il tuo nome sulle mie labbra”

Era il titolo di una canzone popolare amazzoniana, gliela cantò per la prima volta Katya anni or sono, ma non ricordava assolutamente di aver chiesto una simile incisione e ciò lo portò a guardare severamente il fabbro che non si scompose continuando a guardarlo, di rimando, con sguardo gentile.

– La committente si è presentata con il nome di Dolores Haze, dicendo che lei, signore, avrebbe capito… inoltre, si è premurata di saldare il conto oltre che elogiare l’ottimo lavoro svolto –

Oh si, Warsman aveva capito perfettamente che dietro tutto questo c’era una Emerald Lancaster che si era spacciata per Lolita pur di fargli il terzo favore e “costringerlo” così a partecipare a quel suo spettacolo osceno. Probabilmente avrebbe partecipato ugualmente perché, nonostante tutto, era sempre lei ad avercela vinta come era anche descritta nel titolo della canzone che gli aveva dedicato. Due Deva che hanno un rapporto conflittuale, finiscono col bisticciare sempre ma alla fine la guerriera cede sempre alla volontà della ben più debole fanciulla quando questa afferma di avere il suo nome sulle labbra.

Ed Hammy il suo nome ce l’aveva eccome… oltre tutti quelli che era meglio non ripetere per forza di cose.

Dunque si limitò ad annuire al negoziante, prima di dargli le spalle per sfilarsi via per intero l’elmo e posarsi sul nudo volto martoriato la nera maschera da poco forgiata. Gli calzò a pennello immediatamente e i suoi sensori interni andarono subito d’accordo con il metallo densomorfico, guardandosi in uno specchio laterale inoltre, quasi gli sembrò di rivedersi da giovane da tanto che era lucidata ad arte.

– Devo dedurre che la maschera sia di vostro gradimento, signore? –

Il tono e l’espressione gentile dell’anziano negoziante non mutarono mai durante quella loro silenziosa “conversazione”, neppure quando Warsman si voltò verso di lui “sorridendogli” con quel suo sorriso inquietante che molti vecchi avversari ancora temevano di rivedere.

Un lavoro decisamente ben fatto che ripose nella valigetta una volta rimessi i panni di Lord Flash, uscendosene soddisfatto dalla bottega e procedendo poi verso la metropolitana…

Venendo bloccato da un grosso furgone blindato che gli bloccò la strada con una improvvisa sterzata.

– E-ehi! Ma che diavolo…?! –

– Non ti muovere bastardo!! –

Il portellone laterale del furgone si spalancò all’improvviso e un drappello di quattro uomini uscì fuori all’improvviso puntandogli addosso dei kalashnikov con fare piuttosto minaccioso, a cui il russo rispose prontamente dopo aver analizzato velocemente la scena.

Non aveva idea di chi fossero quei tizi, non avevano insegne sulle divise e il mezzo sembrava senza targa, ma non stette con le mani in mano e colpì il soldato più vicino con la ventiquattrore, colpendolo ad un occhio con lo spigolo di metallo. Il soldato guaì per il dolore, e subito ricevette un calcio in pieno viso che lo portò ad andare a sbattere contro un altro soldato che, per riflesso, sparò alcuni colpi in aria attirando su di se l’attenzione dei pochi passanti presenti in zona.

Una donna dall’altro lato della strada strillò di terrore, mentre altri scapparono via o andarono a nascondersi dietro gli alberelli sui marciapiedi, nel mentre che la lotta continuava visto che Warsman non aveva intenzione di farsi prendere. Un altro soldato provò difatti a colpirlo con la baionetta posta sulla cima del fucile, ma questa venne prontamente evitata dall’ex lottatore che si scostò di lato prendendo la canna dell’arma e sbattendogliela contro l’aggressore. Il calcio del fucile lo colpì allo sterno ma non fu un colpo invalidante anche grazie al giubbotto antiproiettile, il quarto soldato fu invece più scaltro riuscendo a colpire la preda ad un fianco con il manganello e riuscendo nell’impresa di farlo cedere in ginocchio dal dolore.

Lord Flash accusò quel colpo e anche quello che gli venne inflitto al volto, ma resistette alla tentazione di tirare fuori gli artigli affilati. E anzi, si parò da un terzo colpo sfruttando la valigetta in acciaio per pararsi e per colpire al volto il suo aggressore buttandolo a terra.

– Chi siete e che diavolo volete?! Ah… lasciamo perdere – disse agli uomini rantolanti a terra, facendo un passo indietro – non lo voglio sapere e non-Uargh!! –

Non si ricordava più che gli uomini erano quattro, più un paio alla guida del mezzo, e che il terzo uomo aveva approfittato di quella confusione caotica per sgusciare via e andargli alle spalle per… colpirlo con un taser e tramortirlo con una potente scossa elettrica.

Lord Flash perse dunque i sensi, ma non prima di aver riconosciuto la risata di un uomo a lui ben noto. Il mastino dei Lancaster.

– Eh, eh… ci hai provato, stupid beast

 

( … )

 

Niamh era diventata pallida in volto alla vista di quella scena così inusuale per lei, perché da quando da piccola si era trasferita in Giappone con i genitori, per “seguire” i profitti della Muscle League e quindi più facili guadagni secondo i suoi parenti, non aveva mai visto scene di guerriglia per strada. Mentre Kyle, al suo fianco, studiò attentamente la scena di un uomo che combatteva contro un gruppo paramilitare con sguardo insolitamente cupo.

Si erano fermati a Camden Town per bere qualcosa assieme e chiacchierare del più e del meno in una birreria poco affollata e dunque perfetta per passare del tempo serenamente, e per permettere a Kyle di conoscerla meglio anche grazie a qualche bicchiere di vino che decisamente l’avevano sciolta dalla sua freddezza iniziale.

Talmente brilla da lasciare che il giovane gli passasse una mano tra i morbidi capelli scuri, oltre che un’altra mano che finì ad accarezzarle una coscia sotto la lunga gonna di stoffa pesante.

Ecco, quello magari fu un gesto che la fece un po’ ridere ma che invitò poi il giovane a “prendere le distanze” perché effettivamente quello non era il posto adatto per certe effusioni. Già il viaggio in moto a tutta velocità era stata una tra le esperienze più divertenti e spaventose che avesse mai provato, perché 150 km all’ora in autostrada, indossando una gonna, era una cosa da temerari puri sebbene non se la sentì di ammonire un ragazzo che in fin dei conti aveva fatto tanta strada per lei.

Ma ora, nel mentre che stavano tornando alla moto per tornare alla tenuta dei Mask, ecco che videro un evento piuttosto inspiegabile.

– Io credo di conoscerlo quell’uomo – si riferiva al russo che ora stavano caricando sul furgone – è l’allenatore d-di Kevin… dobbiamo chiamare la polizia… dobbiamo… –

Certo, e avrebbero creduto ad una ragazza brilla? Senza contare che la gente sul posto era anch’essa uscita fuori dai pub oppure non avrebbe parlato proprio pensando ad una trovata pubblicitaria o simila. Kyle però fu di tutt’altro avviso, pensando ad un piano veloce che avrebbe fruttato molto di più che scomodare qualche sbirro ficcanaso.

– Hm, no… ho una idea migliore – salì velocemente sulla moto facendo cenno alla ragazza di seguirlo.

 

( … )

 

Il buio per Lord Flash non durò a lungo.

La scossa elettrica aveva intorpidito il suo computer interno, e in quanto cyborg era piuttosto sensibile alle scosse elettriche, ma la sua mente tornò attiva prima che qualcuno non decidesse di svegliarlo con una secchiata d’acqua addosso. Si ritrovò per questo a tossire e ad aprire gli occhi, notando con vista un po’ sfocata che si trovava ancora dentro il furgone, ora in movimento per le vie della città diretto in periferia, circondato da un drappello di quattro uomini e con le mani legate dietro la schiena.

Il capo di questi uomini era Connors, il preferito di Emerald ( e Howard ) e ricordò di averlo incrociato alla tenuta dei Mask e di aver ricevuto… uno sguardo particolarmente assassino che ricambiò adeguatamente. Ma perché lo avevano rapito? Ad ogni modo ora gli era seduto di fronte con il suo solito sorriso che non prometteva nulla di buono.

– Hm, ci speravo che questa scossettina non ti avesse tramortito subito… altrimenti che divertimento sarebbe stato?! –

Il russo non disse nulla, rimanendosene inginocchiato sulla fredda superficie del furgone e notando che, nel mentre era privo di sensi, gli avevano aperto la giacca per frugargli nelle tasche interne.

– Niente documenti… nessuna tessera che ti identifichi come socio della Muscle League… solo tu, e questa valigetta che non si vuole proprio aprire. Sei proprio un bel mistero, eh?! –

Warsman fu quasi sul punto di rispondergli, notando che comunque la valigetta restava intatta nonostante i tentativi di forzatura, ma nel mentre che decise di aprire bocca gli uscì solo un urlo strozzato. Quel bastardo di un americano, l’accento era quello, lo aveva colpito nuovamente con il taser approfittando del fatto che fosse bagnato fradicio così da aumentare la potenza della scossa.

– Woow! Bella resistenza, freak! – alcuni dei soldati risero vedendo la loro preda piuttosto provata per quei dieci secondi di scossa – però quell’urlo non era la risposta che volevo –

– Che cazz-o vuoi… schifos-Aarggh!!! –

Un’altra scossa questa volta all’altezza del collo e della durata di 15 secondi portarono il russo quasi a svenire di nuovo e i soldati all’interno del mezzo a ridersela di gusto. E aveva come l’impressione che quello sarebbe stato niente in confronto a ciò che lo attendeva se non si liberava subito.

– IO voglio che tu stia lontano da miz Lancaster… perché, diciamocelo, a parte prenderti per il culo, lei non potrebbe volere altro da te – e qui era il caso che Warsman stesse zitto perché c’era il rischio di lasciarsi andare ad una risata ironica – inoltre sei un tipino parecchio misterioso, hm? Frequenti gente strana e non dici chiaramente chi sei e quali intenzioni tu abbia… ho fatto qualche chiacchierata in giro e… ma pensa un po’?! è saltato fuori che sei russo! Testa di cazzo! –

Un altro colpo al petto bagnato del prigioniero, della durata di 20 secondi, lo portarono ad urlare più forte e ad accasciarsi al suolo preda di convulsioni e con la mente che a fatica rimaneva lucida. Se fosse stato un comune mortale probabilmente sarebbe morto in quell’istante, ma essere un chojin lo avrebbe portato a sopportare le torture molto più a lungo… per sua sfortuna.

Connors aveva parlato con un po’ di persone quel giorno, dopo che Howard Lancaster gli aveva dato il permesso di occuparsi della faccenda. Fra tutti i testimoni quello che l’aveva colpito di più era il lottatore Turbinskii che con testuali parole gli aveva descritto “l’amico” di Emerald.

“Quell’uomo è tutto quello che vuoi meno che inglese. È un russo, come me, sebbene abbia detto di aver vissuto buona parte della sua vita in Inghilterra è un buon conoscitore della vita politica Russa. Oltre che un gran bevitore di vodka. Ad Hammy piace ballare il tango e dunque mi sembrava sensato farglielo conoscere visto che anche a lui piace fare quel genere di cose per cui io non sono portato… Hm, non sono convinto che sia stata una buona idea visto e considerato che non sono andati subito d’accordo. Senza contare che lui è gay secondo mio parere, e dunque se le ronza attorno credo sia per romperle il più possibile le scatole…”

No, quest’ultimo punto non era vero nonostante i vestiti da ballerino che indossava, la passione per la poesia e la letteratura e i vecchi film in bianco e nero ( come un fin troppo famoso “Lolita” che aveva visto tempo addietro con Emerald ), e le sue abilità di ballerino. E francamente parlando neppure Connors ci credeva, pensando che fosse più logica la sua connessione con quella bestia di Warsman che aveva messo in pericolo la vita di Hammy tempo prima. Quello schifoso che ora si stava faticosamente rialzando nonostante le scosse subite era senza ombra di dubbio qualcuno che insidiava Emerald nel peggiore dei modi possibili… e che se non fosse stato fermato in tempo le avrebbe fatto rischiare nuovamente la vita.

Per questo, con un ringhio rabbioso pestò la testa del russo rimettendolo “a cuccia” sul freddo pavimento metallico, deciso più che mai a divertirsi per bene prima di lasciarlo alle amorevoli cure dei ragazzi. Gli avrebbe anche tolto la maschera in seguito, ma prima voleva fargli ancora delle domande.

E nel mentre che l’interrogatorio proseguiva, il furgone si fermò dolcemente al semaforo rosso di un incrocio a T piuttosto deserto. Avevano raggiunto la periferia e ora si vedevano molti capannoni e fabbriche, pochi passanti se non i fattorini e gli operai che lavoravano in zona o i pochi abitanti, più un motociclista che si fermò proprio accanto al finestrino del guidatore.

L’autista guardò il proprio collega e poi il biondino vestito di pelle nera e borchie, non resistendo nel fare una battuta che forse era il caso si astenesse dal fare.

– Ehi… ehi, dolcezza! Dico a te! – abbassò il finestrino e batté il palmo della mano sul portello del guidatore attirandosi così l’attenzione voluta – vai ad un toga party, tesoro? Posso venire anche io??! –

– Carl, sei un idiota! –

A rispondergli non fu il motociclista biondo, e con un insolito elmo di metallo nero come casco, ma il suo collega dal tono annoiato per quella spacconata bella e buona. Il soldato di nome Carl si lasciò scappare una grossa risata e decise di ripartire una volta che il semaforo fu verde, ma quando il motociclista scomparve dalla loro vista ecco che il furgone si bloccò in mezzo alla strada con un tonfo. Il colpo venne avvertito con sorpresa anche da Connors e dai suoi che quasi persero l’equilibrio, ma nessuno capì quale fosse il problema.

– Ehi… ehi! Perché non avanziamo?! Che cazzo succede adesso?! – tuonò il soldato americano in direzione dell’autista ben visibile dal finestrino centrale.

– N-non lo so… non capisco! – Spinse ancora di più sull’acceleratore ma il mezzo sembrava non volersi muovere – è come se qualcosa lo tenesse fermo… da dietro!! –

E in effetti non aveva tutti i torti, ma nessuno degli uomini di Lancaster fu abbastanza lesto dall’aprire la portiera laterale o posteriore per dare una occhiata perché… Kyle Mask non dette loro la possibilità di farlo.

Il ragazzo era difatti arrivato alle spalle del mezzo, scendendo velocemente dalla motocicletta per prendere il parafango posteriore e bloccando così il mezzo in corsa facendo comunque un discreto sforzo nel sollevare un po’ il mezzo in modo da non dargli più aderenza in strada. Ma sapeva che non poteva rimanere fermo in eterno, e difatti mollò la presa sul mezzo una volta che le urla irate dei soldati divennero più udibili nel mentre che stavano aprendo il portellone posteriore e… rimanendo completamente di stucco vedendo un vichingo alto due metri che, con un ringhio di guerra, lasciò la presa permettendo al mezzo di ripartire a razzo e sbandando da ogni lato.

Un soldato cadde a sull’asfalto rotolando come un sasso e urlando di dolore, mentre gli altri rimasti all’interno rimbalzarono come palline da flipper prima che il guidatore, non riuscendo a prendere il controllo del mezzo, andò a sbattere rovinosamente contro un muricciolo in pietra vista. L’impatto fu devastante e il mezzo capottò da un lato, ma parve che nessuno si fosse accorto di quello schianto ad eccezion fatta di Kyle che immediatamente corse sul posto per recuperare chi era venuto a prendere.

Lord Flash aveva sbattuto la testa e la maschera si era crepata da un lato, sentendo chiaramente il sangue di una ferita superficiale scivolargli via da sotto l’elmo andando a chiazzargli il colletto della tuta in calzamaglia, ma era vivo sebbene fosse dolorante in mezzo alla confusione e ai soldati che a loro volta mugugnavano di dolore. Una cosa buona era che le manette si erano finalmente rotte.

Alzò lo sguardo e notò che a quanto pare i due che stavano alla guida non ce l’avevano fatta, a giudicare dal sangue in vista sul finestrino interno, ma venne riportato immediatamente alla realtà da un paio di forti mani che lo portarono fuori da quel rottame di peso.

– Kevin… sei tu?! –

– No, ma sei in debito lo stesso con me vecchio –

Era Kyle Mask, il cugino del suo pupillo con cui aveva un po’ di attrito. Doveva comunque ammettere che era un ragazzo con delle potenzialità, ma non poteva andarsene senza la valigetta… per questo si strattonò con forza dal ragazzo che lo sorreggeva per le spalle andando quasi a cadere a terra.

– N-no… la mia valigetta! Devo prendere la valigetta! –

– Non abbiamo tempo per questo! – il ragazzo non aveva intenzione di perdere tempo, dovevano sbrigarsi prima che dei curiosi o i rinforzi arrivassero – non sei in condizione di combattere e io non voglio ficcarmi in altri guai… quindi… –

– Siete pregati di farvi ammazzare entrambi, figli di puttana! –

Entrambi i lottatori si voltarono, e videro che il capo di quel drappello di uomini senza insegne era riuscito a trascinarsi fuori, sebbene una ferita alla fronte gli procurò un sanguinamento piuttosto fastidioso, ed ora era in piedi dinnanzi a loro più furente che mai e con tutta l’intenzione di sparare ad entrambi.

– Cercavi questa, freak? – con una mano sollevò la valigetta ammaccata e in procinto ormai di aprirai con l’ennesima botta volontaria oppure no – spiacente, requisita! Vogliamo requisire anche i vostri cadaveri… uhm?! Ouch!! –

Connors era così concentrato verso i fuggitivi, e corroso dalla rabbia perché per colpa loro alcuni dei suoi uomini non ce l’avrebbero fatta, che non si accorse di una presenza femminile che lo colpì con quanta forza aveva in corpo con il proprio borse da viaggio.

Niamh aveva seguito logicamente Kyle durante quell’inseguimento, ma gli aveva disobbedito alla fine, quando lui le aveva chiesto di aspettare in un vicoletto sicuro, decisa a dare una mano quando vide che tutto stava per crollare nonostante le tremassero le gambe per la paura. Era stata avventata ma anche terribilmente fortunata che il colpo andasse a segno, nonostante avesse chiuso gli occhi per la paura mentre lo colpiva, e lanciando uno strillo osservò l’americano crollare privo di sensi per essere stato colpito in un punto in cui una ferita già pulsava di dolore.

– Ahh…! Mi dispiace! Mi dispia… –

– Niamh!! Andiamocene di qui! Ora! –

Kyle Mask lasciò andare Warsman per un istante, giusto il tempo di riacchiappare la giovane irlandese per una mano e correre via da li il primo possibile. L’allenatore di Kevin fece giusto in tempo a strappare di mano dal soldato a terra la propria ventiquattrore, e darsi alla macchia assieme ai suoi improbabili inseguitori sentendo che le forze gli stavano tornando lentamente anche grazie ad un ritrovato ottimismo.

 

( … )

 

Trovarono momentaneo rifugio in una locanda fuori città, a pochi chilometri dalla tenuta dei Mask, giusto per darsi una rinfrescata e riacquistare le forze senza dover dare spiegazioni ai familiari.

La sua natura di chojin lo rendeva abbastanza forte da resistere a traumi tremendi, e nel giro di qualche ora e con i giusti medicinali “presi in prestito” dalla farmacia poco distante dalla locanda Lord Flash si sarebbe rimesso in sesto anche da quelle fastidiosissime scosse elettriche.

Beh… forse era il caso di farsi chiamare Warsman ormai, visto che, nel mentre che la giovane amica di Kevin, la riconobbe subito, medicava le sue ferite, Kyle Mask era riuscito ad aprire la valigetta rimanendo in un primo momento attonito e solo in seguito borbottare qualcosa con grande soddisfazione.

– Tzk… suppongo che non sia per strapparti un autografo che quei tizi ti hanno rapito, dico bene Warsman?! –

Attualmente in camera c’erano solo loro due, Niamh era scesa di sotto per pulire i panni sporchi di Lord Flash, e non è che l’atmosfera fosse propriamente serena. L’ex lottatore russo era steso a letto, con la schiena appoggiata a due cuscini per permettergli di stare sollevato, intento a scrutare il paesaggio esterno mentre il giovane Mask si rigirava tra le mani una maschera ancora intatta.

– Il motivo per cui mi hanno preso ce l’hai tra le mani – rispose criptico l’allenatore, per poi voltarsi a guardare il proprio “salvatore” – Kyle Mask, ti ringrazio per avermi salvato la vita… anche se dubito tu l’abbia fatto solo per puro senso civico –

– Beh, il mio piano prevedeva di salvarti le chiappe per poi chiederti di allenarmi personalmente come prezzo da pagare… ma ora, piuttosto che chiedertelo gentilmente, direi che posso proprio importelo o in alternativa divulgare la notizia che sotto gli abiti di Lord Flash si cela in gran segreto una ex stella del wrestling che segretamente allena il più irrequieto dei Mask… dubito che mio cugino ne sarebbe felice –

No, e con tutta probabilità Kevin lo avrebbe accusato di lavorare per suo padre per vedere il figlio trasformato nella propria giovane copia. Cosa assolutamente non vera ma purtroppo possibile visto che non era un ragazzo così scaltro come Kyle. Warsman si ritrovò a sospirare pesantemente a causa di una situazione tutt’altro che florida ma, anzi, pesante come un dannato macigno. Ma tutto sommato la richiesta poteva essere ben più peggiore… in fin dei conti si trattava di insegnare le tecniche segrete ad un altro Mask.

– Ti allenerò… una volta che Kevin Mask avrà vinto la Corona Chojin. Non prima –

Il suo sguardo era stanco e severo al tempo stesso, ma sarebbe stato comunque in forza per la serata di follie programmata da Emerald e a breve le avrebbe telefonato per confermarle che ci sarebbe stato oltre che… ringraziarla per il regalo che gli aveva fatto. Non le avrebbe mai detto di no… mai.

Kyle Mask tuttavia parve piacere quella semplice condizione, ritrovandosi ad annuire in accordo e rigirandosi la maschera del russo fino a leggere l’iscrizione al suo interno.

– Hm? “il tuo nome sulle mie labbra”… tzk, credo di capire che i tuoi problemi nascano da una donna, giusto? –

Il ragazzo si stava dimostrando anche più sveglio di Kevin, ma Warsman non se la sentì di rispondergli, tornando a scrutare stancamente il mite paesaggio esterno.

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Capitolo 23
*** notte ( non molto ) brava ***


Domani sarebbe stato il grande giorno. Tutto era ormai pronto ad eccezion fatta delle decorazioni floreali che sarebbero state sistemate durante la notte così da mantenere intatta la loro forma il più a lungo possibile.

Se i drappi e le tovaglie erano in linea con l’abito della futura sposa, cioè bianco con dettagli neri, i fiori andavano invece a ricalcare molto verosimilmente quello che sarebbe stato l’abito da cerimonia di Robin Mask. Alla fine aveva prevalso il kilt da cerimonia dell’antenato Arthur Mask, dalle tonalità rosse, nere e bianche, che gli calzava molto meglio dello smoking che si era prefissato all’inizio come giustamente gli aveva fatto notare l’anziano maggiordomo di casa.

E toccava proprio ad Archie il delicato compito di occuparsi di tale abito preparandolo adeguatamente e consegnandolo poi a Robin Mask attualmente ritiratosi ai confini della tenuta.

Il cottage era un edificio piccolo ma moderno, con una base in pietra grigia ben in vista e in muratura tinta di rosso nella parte superiore, con un open space al piano terra e una camera da letto e un piccolo bagno al piano di sopra. Inoltre, una intera parete, quella della zona bar, era completamente composta da finestre a scorrimento laterale così da andare direttamente sull’ampia veranda. Un luogo creato principalmente per svago e che Robin Mask aveva usato… relativamente poco, in effetti.

Ciò che il suo datore di lavoro usava molto spesso era il campo di addestramento creato dal suo stesso nonno Robin Grande, con tanto di fossati, percorso ad ostacoli e pure laghetto con i coccodrilli, di cui si occupava lui stesso a dare nutrimento offrendo da mangiare prima al vecchio Bruce tanto grande quanto mansueto, e quell’abitazione l’aveva creata unicamente per passarci del tempo in compagnia di Alisa e… i tempi erano cambiati.

Per arrivare ai confini della tenuta l’anziano maggiordomo di casa sfruttò una piccola automobile elettrica, di quelle solitamente usate per muoversi nei campi da golf, partendo dalla villa quando ancora era buio e giungendo a destinazione solo quando i primi raggi del sole baciarono le fronde dell’ennesimo boschetto alle spalle del cottage… e notando, man mano che si avvicinava, una scena a dir poco apocalittica tanto da portarlo a fermare il mezzo incredulo.

Era come se ci fosse stata una battaglia devastante tra i chojin che si erano radunati li la sera prima, alcuni di loro giacevano esamini sull’erba bagnata di rugiada appena fuori l’edificio, e lo stesso cottage mostrava delle finestre rotte, la porta principale distrutta, e del fumo nero che si levava da una finestra della zona cucina. Archie balbettò una preghiera nel mentre che scendeva del mezzo e trotterellava nella direzione dove era “caduto” Robin Mask, cercando di rimetterlo quantomeno seduto e di attirare la sua attenzione sebbene fosse ovvio che avesse bevuto come una spugna.

– Buon Dio… signor Mask! Riesce a sentirmi? – riuscì a metterlo seduto e a scuotergli le spalle fino a riuscire a ridestarlo un po’ –siete stato attaccato…? Cosa vi è successo a voi e agli ospiti?! –

Ma da parte dell’ex lottatore dall’elmo medioevale non ottenne altro che un borbottio strascicato e stanco. E per sapere la verità forse non sarebbe bastato chiedere semplicemente agli esausti ospiti cosa fosse successo realmente…

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -                            

Svariate ore prima.

Warsman si trovava al piano di sopra del cottage, in camera da letto, e con una certa discrezione scostò lievemente la tenda della grande finestra scorrevole ( era presente un terrazzo di discrete dimensioni ) notando che i primi ospiti stavano sopraggiungendo a destinazione.

– Stanno arrivando – disse laconico lui, osservando che i suoi vecchi colleghi avevano tutti deciso di giungere fino a li con una corsa competitiva – tzk… ho i miei dubbi che sarà una cosa divertent-Argh!! –

Si abbassò giusto in tempo per evitare una pallottola vagante che andò a conficcarsi nel muro accanto a lui, sparata niente meno che da una Emerald Lancaster sulla soglia della stanza piuttosto soddisfatta per l’azione compiuta.

– Visto che bello, sorcio?! – ripose la pistola nel marsupio incurante dello sguardo assassino dell’uomo – ho messo il silenziatore sulla canna, a momenti neanche te ne accorgevi! –

Stavolta toccò a lei abbassarsi all’improvviso, evitando una improvvisa artigliata che con tutta probabilità l’avrebbe decapitata, sgusciando di lato per evitare la furia di un russo decisamente adirato.

– Non bastava tuo padre a volermi morto? Ti ci metti anche tu, dannata puttana?! –

– Sta calmo motociclista arrapato! Ho già spiegato a mio padre che tu non c’entri niente con attacchi e tentativi di omicidio vari… quindi evita scenate melodrammatiche, grazie! È solo preoccupato per la mia salute…–

La sua voce si incrinò brevemente, evitando lo sguardo severo di un Warsman rivestitosi dei suoi abiti originali giusto per quei giorni cruciali ( e ormai prossimi a “perdere” la propria figlia ) mentre un silenzio piuttosto teso calava nella stanza illuminata dai caldi raggi di un sole morente. Si, Howard aveva telefonato a sua figlia per sapere se stava bene e… per avere una conferma dei suoi sospetti.

Dopo che Connors aveva perso di vista il soggetto, perché attaccato da un Mask più scaltro del solito, avevano provato a saperne di più sentendo il negoziante dell’armeria. Ma a quanto pare il vecchio fabbro, forse per mantenere il segreto professionale, non si era sbottonato molto sul suo misterioso cliente dicendo che aveva semplicemente chiesto un manufatto per uso personale. Emerald però non aveva preso bene quelle notizie, sebbene sapesse che suo padre agiva a fin di bene, non apprezzava che venisse fatto del male al suo arcinemico proprio perché… se doveva esserci qualcuno che poteva fargli del male, in senso fisico, quella era lei. Che fosse con il nome di Warsman o Lord Flash la cosa non cambiava, e sebbene suo padre non avesse pienamente compreso questo concetto di “inimicizia” la parola di sua figlia era sacra per lui.

Ma nonostante tutto era nata una discussione piuttosto animata tra i due e se non era sfociata in un ennesimo tentativo di omicidio era perché c’era un piano da mandare avanti, e lo stesso Warsman decise di porre momentaneamente fine alla faccenda con un gesto della mano decidendo di ignorarla.

– Vedi di tenerti pronta per la seconda parte della festa… io mi occuperò di “scaldare” i ragazzi – ossia farli ubriacare – e spero che le telecamere non riprenderanno proprio tutto! –

– Riprenderanno tutto eccome, vecchio porcello – stavolta Hammy si lasciò andare ad una smorfia divertita, sciogliendo così la tensione – e so già che ti divertirai eccome… uhh! –

– Ma sta zitta! –

E detto questo, senza neppure guardarla ma bruciando di rabbia e imbarazzo, se ne andò dalla stanza scendendo le scale e raggiungendo così gli ospiti da poco arrivati. Suguru era arrivato ansante per ultimo, cadendo sulla veranda del cottage e attirandosi così i complimenti, e le risate, divertiti di Terryman e Broken Jr per essere riuscito ad arrivare quasi del tutto indenne senza rimanerci stecchito, ma quell’atmosfera quasi goliardica si raffreddò un po’ quando Robin Mask notò la presenza del suo vecchio allievo giunto prima di loro.

– Warsman…? Sei arrivato in anticipo, vedo –

Aveva trovato strano che non fosse stato nel gruppo, ma aveva pensato ad un contrattempo o… al fatto che non gli andasse ancora bene che sposasse Alya. Aveva dato la sua “benedizione” ma poteva continuare a leggerglielo in faccia che quella condizione gli andasse alquanto stretta, e per tale motivo Robin Mask continuava a ricambiare quello sguardo freddo come il giaccio come a dirgli: “è una cosa che abbiamo scelto entrambi. Fattene una ragione, che ti piaccia oppure no”.

– Si… sono venuto qui prima di tutti voi perché volevo preparare una sorpresa degna di tutti voi – si spostò momentaneamente nella cucina lasciando i presenti un po’ perplessi, per poi tornare con un paio di bottiglie di vodka pregiata, oltre che costosa – dubito che vogliate parlare dei bei tempi andati senza bere un bicchiere di queste –

– Hm, non so se è una buona idea… –  

– Vodka! È sempre una buona idea che aiuta a rimembrare il passato –

– E se bevuta in compagnia ha anche più senso, cugino –

– Ma perché ricordare solo il passato? Andiamo! È al futuro che bisogna guardare! –

Pentagon interruppe i dubbi del futuro sposo seguito dal cugino Black Hole e anche da Buffaloman che decisamente apprezzavano l’idea di un goccio di liquore, ma senza esagerare, e poi il fatto che fosse presente un piccolo bar poteva aiutare ancora di più una situazione che altrimenti poteva essere alquanto fredda.

 

( … )

 

– Duuunque… ora saresti in qualche modo im… imparentato pure con Quarrelman?? – la voce di King Muscle era piuttosto impastata al quinto bicchiere di sakè caldo, e la sua vista era decisamente annebbiata – cioè… la cugina piccina di Alya si è fatta mettere incinta da quello… ma perché nessuna me lo ha mai chiesto quando andavo su Amazon per le cure termali??! –

– Le Deva sono interessate agli uomini forti per poter generare una discendenza altrettanto forte ed evitare così di mettere al mondo una possibile strega dello spazio – e qui un brillo Ramenman si riferiva al fatto che le streghe erano delle anomalie genetiche nate da due Deva anziché da una coppia mista, che scongiurava il rischio di una pericolosa progenie – ma tu non appartieni a nessuna categoria, vecchio amico –

Il cinese aveva un tono di voce solo all’apparenza severo, poiché il rossore che aveva in faccia testimoniava che aveva decisamente ecceduto con il sakè. Solitamente era un uomo austero che aveva votato la propria esistenza alla disciplina delle arti marziali, non comprendendo il motivo per cui un uomo dovesse fare follie per una donna come nel caso di Robin Mask, ma se si trattava di bere dell’alcool non si tirava indietro.

Tuttavia, il lottatore di sumo Rikishiman rise di gusto con una risata stentorea in direzione dell’ex campione Suguru che ora si stava rotolando sul tappeto persiano accanto al caminetto acceso in preda allo sconforto di non essere più “nel fiore degli anni”.

– Bwahahaha! Puoi fargli benissimo compagnia allora! Potresti impressionare queste donne con la tua abilità di mangiaspaghetti! –

Il giapponese era tutt’altro che lucido e la sua cattiveria venne accolta con una stentorea risata da tutti i presenti in sala, ma mal digerita dal lottatore cinese che, si sa, con i cugini nipponici non è che avesse un gran rapporto di amicizia. Dunque i due asiatici si scambiarono una sequenza di battute pungenti atte a provocarsi a vicenda, come se fossero in un vero mach, prima che Ramenman con un urlo di guerra non attaccasse Rikishiman sotto lo sguardo divertito dei presenti, colpendolo al viso con un poderoso calcio e finendo direttamente fuori da una portafinestra prontamente aperta da Broken Jr, e immediatamente richiusa una volta che i due lottatori iniziarono il loro violento combattimento in veranda fracassando ogni cosa.

– Meno due! E ora sotto con i super alcolici!! – urlò con voce roca un tedesco con la quinta pinta di birra in mano. E di andarci piano, con il suo passato da alcoolista, proprio non ne voleva sapere.

Robin Mask si limitò a massaggiarsi le tempie senza però rifiutare il sesto bicchiere di vodka che Terryman gli passò con una amichevole pacca sulle spalle, notando che comunque l’atmosfera era amichevole sebbene tutti avessero decisamente ecceduto con gli alcoolici ( e Buffaloman, per aver accettato una sfida del tedesco, si era scolato un intero barilotto di birra! ) e si stava rivelando più divertente di una semplice chiacchierata tranquilla.

Era tutto perfetto eccetto Warsman che, per uno strano motivo, si era messo un po’ in disparte continuando a bere senza che l’alcool gli facesse in qualche modo effetto. Ed anzi, il suo sguardo freddo guardò con più insistenza il vecchio maestro nel mentre che si avvicinava alla goliardica combriccola di ex lottatori tutti intenti a rimuginare un passato che non c’era più.

– Signori…! Credo che siate pronti per la seconda parte della serata – si portò al centro della stanza andando ad accendere lo stereo con l’apposito telecomando – spero non abbiate nulla da ridire se ho deciso di allietarvi ancor di più con un singolare balletto –

– Non dirmelo… Danza Cosacca? Oppure… Danza Cosacca?! – lo provocò con acida ironia il lottatore inglese dall’elmo di metallo, ricambiato da uno sguardo carico di tensione dal futuro suocero – Qualunque cosa sia, se hai bisogno di una dama, Curry Cook si sta già scaldando… –

Si riferiva ovviamente all’istruttore indiano che, ormai ubriaco, era sparito in cucina per preparare loro il più “letale piatto indiano” e ne era uscito con svariati piati tenuti in equilibrio precario sulla testa, braccia e spalle, non spiegando minimamente che cosa stesse bruciando nella piccola cucina ma, anzi, mettendosi a ballare sotto gli applausi divertiti di Jesse Maivia e dei cugini americani. Tuttavia l’ex allievo di Robin Mask aveva ben altro in mente, ed evitando le sue provocazioni si diresse ai piedi delle scale per le dovute presentazioni. 

– Ho già una dama per questa sera, ma ti ringrazio per l’interessamento… Hammy, vieni! –

La ragazza non se lasciò ripetere due volte, e tutti avvertirono dei passi veloci, quasi furiosi, che venivano prima dal piano di sopra e poi sulle scale di legno. Ed il teso silenzio calato tra tutti quegli uomini toccò il suo culmine quando una giovane donna vestita in intimo vintage nero e verde si presentò a loro con grande entusiasmo. A coprirle parzialmente il volto c’era una mascherina di pizzo nero.

Holaaaa bei giovinii!!

Il primo a reagire fu Terryman, che sputò il proprio whiskey sulla camicia di Robin Mask, troppo attonito per accorgersene, seguito poi dalle stentoree risate di Buffaloman e King Muscle, mentre contrariamente a loro i cugini americani si limitarono a restarsene in silenzio… ma il gesto di Pentagon, di allungare il calice di vino in direzione di Black Hole pur continuando a guardare la giovane come stava facendo il parente che ora gli stava versando da bere, sebbene fosse silenzioso parlava chiaramente che “la festa era solo iniziata”. Il primo ad avvicinarsi a lei comunque fu Jesse Maivia che si profusò in un baciamano, copiato dallo stesso Black Hole e da Suguru che… provò ad arrampicarsi sulle sue gambe snelle ma prontamente calciato via da un russo piuttosto risentito.

– Diamine… Warsman! Questo è un colpo basso, sono un uomo sposato! – Terryman lo disse senza reale convinzione bevendo direttamente dal collo della bottiglia di whisky – se lo… se lo venisse a sapere mia moglie dormirei nella stalla per sempre! –

– Grrr… E Alya n-non si merita una cosa del genere –

Fece eco Robin Mask, passandosi poi una mano sul volto cercando di sbollire la rabbia perché, riguardo il suo vecchio allievo, era chiaro che l’avesse fatto apposta magari per indurlo nell’infedeltà. Ma venne accolto da una risata un po’ beota della giovane in questione che, senza troppi complimenti, andò ad accarezzare il collo del futuro sposo con gesto languido. E cosa che lo stupì maggiormente, fu che era abbastanza ubriaco da lasciarla fare apprezzando interiormente il gesto.

– Oh, suvvia ragazzoni! È un addio al celibato… e tutto quello che accadrà questa notte non avrà ripercussioni perché… – e qui lasciò volutamente un silenzio prolungato nel mentre che accarezzava il collo del partner di ballo, dandogli le spalle, sotto un coro di “uuhh” impazienti nel mentre che Warsman iniziava ad ondeggiare al ritmo della chiassosa musica – come dice il motto: “ciò che accadrà questa notte, rimarrà in questa notte”! –

E con un coro di grida estasiate il balletto tra i due iniziò per davvero lasciando attoniti persino persone fredde come lo erano di norma Black Hole, Broken jr e… ovviamente Robin Mask.

 

( … )

 

I giovani atleti della Muscle League avevano tutti avuto modo di chiarirsi con i loro genitori/allenatori, eccezion fatta per Kevin Mask che come minimo avrebbe rimandato tutto all’ultimo minuto, ma decisamente Kid Muscle era quello che aveva visto quasi le stelle.

Non tanto per suo padre, che l’aveva presa come lui, quanto per sua madre Belinda che aveva fatto una scenata a suo dire troppo accesa. In realtà la donna era solo preoccupata che suo figlio potesse rischiare tanto l’onore quanto la vita, e sapeva che con la Corte non si scherzava, ma l’aver inseguito il suo primogenito con una scopa di saggina decisamente non aveva aiutato. Di conseguenza, quasi ingenuamente, il principe dei kinniku aveva deciso di seguire di soppiatto King Muscle nella serata che avrebbe concluso il celibato di mister Mask.

– M-maledizione… mamma potrebbe evitare di “preoccuparsi” così troppo! – era già tanto che fosse riuscito a pedinare sia lei che Meat, pure lui al suo inseguimento, figurarsi riuscire ad entrare nella tenuta messa sotto stretta sorveglianza per evitare incursioni di curiosi e paparazzi – ma adesso sono qui e quindi non mi resta che chiedere a papà se mi fa entrare nella casetta! –

Sogghignando furbetto scostò alcuni cespugli per osservare meglio la cottage ai limiti di un boschetto, notando che le luci erano accese e uno strano rumore giungeva sino a dove era lui… stavano forse ascoltando musica a tutto volume?! Doveva controllare a tutti i costi… doveva…

– Kid! Razza di scellerato! Bell’amico che sei! –

– Dove credi di andare senza invito? Broken jr aveva detto che era una festa privata, e invece hanno invitato pure te?! –

– Nah, non credo… piuttosto penso che questo babbuino si volesse imbucare senza di noi! Right?!–

Tre ombre inquietanti uscirono fuori dalla notte dietro di lui, portando per questo il principe dei kinniku a strillare terrorizzato e a farsela letteralmente addosso vedendo tre brutti ceffi che lo circondavano con probabili brutte intenzioni.

– Uahhh! Non fatemi del maleee! Non fatemi del maleeeh!! –

Si armò di un bastone bello grosso e, chiudendo gli occhi dal terrore, iniziò a fendere l’aria con quella mazza improvvisata riuscendo miracolosamente a colpire uno degli aggressori.

– Wo, wo! Kid, fermo! Hai colpito Dik Dik! –

– Ja… gli ha dato un bel colpo, Terry! Direi che non si riprenderà molto in fretta –

Ascoltando meglio quella conversazione finalmente il giovanotto si rese conto che a parlare non era stato un branco di delinquenti ma solo alcuni dei suoi più cari amici. E aguzzando meglio la vista potè notare che Jeager e Terry Kenyon lo stavano osservando con una certa perplessità, oltre che un Dik Dik van Dik agonizzante a terra per l’ingiusto colpo subito, riuscendo per tal motivo a calmarsi per dare ( e chiedere ) spiegazioni.

– Ragazzi… siete voi! – prese per le spalle la gazzella umana scuotendola violentemente per risvegliarla, sebbene non fosse il metodo migliore – mi avete fatto prendere una paura tremenda! Io volevo solo raggiungere mio padre, non morire giovane e bello per un attacco di cuore! –

– Stai calmo, herr Muscle! Ti abbiamo visto fuggire dalle ire dei tuoi parenti e abbiamo pensato di seguirti… –

– Questo per accertarci che non ti ficcassi in qualche guaio serio, vista la tua cadenza a caderci di continuo –

Terry non era molto gentile nel sottintendere che Kid fosse una calamita per i più fantasiosi disastri, ma era anche vero che il kinniku aveva ricevuto una reazione più “dura” da parte dei genitori al contrario loro. Era logico comunque che Terryman e Broken jr avessero avuto una reazione tutt’altro che allegra, con l’americano che aveva fatto una mezza ramanzina al figlio mentre il tedesco aveva “gelidamente” ascoltato tutto il resoconto del figlio/allievo, ma non è che si erano messi ad inseguire i loro ragazzi con una scopa di saggina!

– Grr… io non cerco i guai, bifolco d’un americano! –

– Come hai detto, brutto idiota?! –

Ci mancava solo che una guerra scoppiasse in mezzo a quella radura con un kinniku e un americano ai ferri corti, e Jeager che a momenti faceva da arbitro, ma a spezzare quella tensione ci pensò Dik Dik che, ancora tenuto per il colletto da Kid Muscle, si ridestò a fatica indicando debolmente un punto vicino al cottage.

– Uhh… sbaglio o mi è parso di sentire ululati di guerra oltre al fracasso assordante di pessima musica da sala?! –

Come per magia la tensione omicida che aleggiava tra i ragazzi si spezzò, e i presenti decisero di osservare meglio da oltre i cespugli cosa stesse realmente accadendo nel cottage. E ad attirare la loro attenzione, fu la presenza, ora ben più visibile visto che i ragazzi si erano avvicinati di più per osservare, di due guerrieri che se le stavano dando di santa ragione senza esclusione di colpi bassi. I lottatori in questione erano Rikishiman e Ramenman che si stavano menando come due belve feroci che non mangiavano da giorni, e questo portò il drappello di quattro giovani imbucati ad una festa non loro a guardarsi a vicenda con una certa perplessità ma comunque decisamente desiderosi di saperne di più. In fin dei conti i loro genitori erano dentro quella casa, quindi chi poteva dire che stesse andando tutto bene?!
– da quando in qua in Inghilterra si festeggia come in Texas?! Questa storia non mi convince –  

– Già, senza contare che i nostri vecchi insegnanti non mi sembrano particolarmente lucidi… e non vorrei che Broken avesse esagerato con l’alcool –

– Dunque… per voi è sensato andare laggiù a dare una occhiata? – la domanda di Kid Muscle nasceva dal dubbio che fosse una buona idea andare a correre un pericolo che lui non voleva correre – si… insomma! Siamo degli intrusi e potrebbero anche arrabbiarsi… ehehehe! –

– Sono sicuro che saranno meno pericolosi di te, che sei una mina vagante! –

Decisamente a Dik Dik van Dik non era piaciuto quel colpo in testa con annesso bernoccolo, quindi fu quasi con stizza che prese il principe dei kinniku per il ciuffo ribelle trascinandoselo dietro a raggiungendo in tutta fretta, assieme al gruppo, il cottage e sentendo il suono di una musica scatenata e le grida di uomini… intenti a scatenarsi pure loro tra schiamazzi e risate.

Ciò che i giovani atleti videro attraverso le grandi finestre scorrevoli della zona soggiorno era qualcosa di assolutamente scandaloso. In particolar modo i presenti, perché a essere coinvolti erano dei gentiluomini di una certa età, erano intenti a cantare come se fossero allo stadio, molti di loro erano in mutande, come Terryman e Broken jr che stavano cercando di eseguire un CanCan, mentre altri osservavano rapiti la ciliegina sulla torta.

Nessuno la riconobbe, forse perché non era tanto in portante lei quanto tutta la scena presente, ma una sensualissima Emerald Lancaster stava “danzando” con un concentrato Warsman in un modo tale da sembrare una sardina spalmata contro un panino. I loro fianchi si muovevano come se fossero stati un tutt’uno, le natiche della giovane si strofinavano sull’inguine del partner con un certo compiacimento sia da parte di lei che da parte, ovviamente, del lottatore e di tutti i presenti in sala, portando il russo ad accarezzarla per tutta la lunghezza dei suoi fianchi snelli in modo tanto delicato quanto possessivo.

Ogni tanto alla giovane, quasi guidata dal partner, era “concesso” di accettare le richieste di ballo dei presenti andando quindi a farsi “incastrare” dai cugini americani, come stava accadendo in quel frangente, poi di seguito da un Terryman che agitava il proprio cappello come un vero cowboy ( portando il figlio che lo stava spiando, neanche tanto di nascosto, a ritrovarsi quasi la mascella a terra ) e da un Buffaloman piuttosto su di giri che concesse alla giovane donna di saltargli in groppa sulle spalle ed usare le sue corna come manubri. Ma in ogni caso, in qualunque posto quella sensuale farfalla si posasse, tornava sempre al suo fiore principale nero come la pece e piuttosto indisposto a tollerare che gliela toccassero troppo… sebbene la codesta fanciulla non avesse esitato a tirare una gomitata ad un Jesse Maivia un po’ troppo preso dalle sue grazie.

– Maledizione… papà, ma che mi combini?! – Terry fece facepalm perché suo padre in quelle condizioni non l’aveva mai visto – sei un uomo sposato… se lo sapesse mamma! –

– Broken Jr non è sposato ma comunque sia sentirà me ugualmente! – più irato era il tedesco Jeager, per ovvi motivi – altro che festa tranquilla! Darci dentro con l’alcool alla sua età! –

– Beh… mi ritengo fortunato di non avere parenti qui in mezzo, sebbene la condotta di questi signori è discutibile… uh? Kid va tutto bene?! –

Dik Dik aveva chiaramente notato lo sguardo del proprio compagno di scuola e francamente parlando non sapeva in che modo descriverlo. Fissava il proprio padre con sguardo tra il serio e il deluso e questo… sembrava farlo più maturo di un annetto o due, così perso nei propri pensieri su quanto fossero stupidi gli adulti. Magari dopo quell’evento così grottesco avrebbe preso più in seria considerazione tutte le responsabilità e i doveri che toccavano ad un vero lottatore, oppure…

– WUAHAHA!! Guardate mio padre!! Sta ballando nudo sopra il tavolo!! WUAHAHA! Visto che deficienteeeh??! –

Oppure nulla. Avrebbe continuato a fare il ragazzino fino ai cinquanta anni e ridere come se nulla fosse del genitore che stava facendo baldoria in modo assai ridicolo, portando per questo i suoi sventurati amici a cadere faccia a terra per il troppo sgomento perché, effettivamente, non c’era nulla da ridere. Ma Kid Muscle non sarebbe mai cambiato tanto facilmente.

La situazione si fece decisamente bollente quando fu il turno di Robin Mask nell’accogliere tra le possenti braccia la figura di una Hammy flessuosa come l’acqua e calda come l’inferno. Secondo una regola silenziosa chi poteva permettersi di toccarla per davvero era solo Warsman, gli altri si erano limitati alla modalità di quel ballo sfrenato se non erano troppo ubriachi per cadere a terra, ma a quanto pare l’ex lottatore era sordo a questa regola e più propenso ad “ascoltare” ciò che gli stava dicendo una mente annebbiata dal troppo alcool.

Non c’era nulla di veramente razionale, se non che quella puttana che ora si stava strusciando su di lui, eccitandolo, era bella quanto la sua Alya. Quindi se era simile alla donna che a breve avrebbe sposato era ovvio che non avrebbe commesso nulla di male se avesse deciso di prenderla proprio in quell’istante… perché era per questo che lo stava tentando, giusto?

In mezzo a quella festosa confusione nessuno si accorse che Robin Mask aveva allungato con troppa prepotenza le mani sulla bella ballerina, se non la diretta interessata e lo stesso Warsman che prima di agire esitò perché non sicuro delle reali intenzioni del nobiluomo, ma lo sguardo di Emerald si fece assai più schifato quando le andò ad abbrancare il seno facendole quasi del male.

– Urgh! Tieni le mani a posto animale! – gli dette un calcio alla rotula del ginocchio sinistro, ma lo fece solo sbuffare seccato – cos’è?! Sei sordo per caso?! Ehi… oh! Schifoso!–

La scena si svolse così in fretta che neppure i sobri spioni fuori dal cottage capirono molto di ciò che successe, ma a quanto pare la situazione precipitò totalmente quando Robin Mask, ebbro di alcool e ormoni, decise di lacerare il costume di pizzo della modella strappandole via di dosso il bustino e lasciandola a seno nudo.

La scena lasciò congelati per un momento i presenti, benchè Hammy si coprì immediatamente con le braccia, ed il primo ad intervenire fu lo stesso Warsman che, con il suo caratteristico respiro, stampò un gancio destro sulla guancia del suo ex allenatore portandolo a cadere su di un basso tavolino di cristallo. Il vetro del prezioso arredo si ruppe con un sonoro “crash”, portando il futuro suocero del lottatore russo a trovarsi diverse schegge di vetro conficcate nelle carni, ma il silenzio caduto in sala durò assai poco.

Il primo a colpire Warsman con una sedia fu Curry Cook, fracassandogliela sulla schiena senza però riuscire a piegarlo del tutto, e a sua volta l’indiano venne colpito da una prepotente incornata di Buffaloman che decisamente non gradì quel colpo basso.

In breve fu il caos. E tutti i lottatori si colpivano tra loro fracassando mobili e finestre, continuando comunque a bere, sconvolgendo gli ex allievi della Scuola di Ercole per l’esagerata violenza con cui si stavano colpendo reciprocamente.

Warsman riuscì a farsi strada a fatica verso Emerald, intenta a coprirsi il seno nudo con un braccio e con l’altro a colpire con un soprammobile di marmo un King Muscle che stava cercando di arrampicarsi sulle sue gambe, prendendola in braccio quasi di peso per andare a cercare un rifugio più sicuro al piano di sopra.

– Dobbiamo intervenire! – nel mentre che tutto questo accadeva, Terry decise di intervenire – non possiamo guardare i nostri insegnanti che distruggono tutto! –

Anche Jeager parve di quel parere e decise di mettersi in piedi per raggiungere le vetrate sfondate – evitiamo che si facciano del male quantomeno, poi saremo noi a fare la ramanzina a loro –

– Ehm… ragazzi… –

Solo Kid Muscle sembrava essere titubante, e per tale motivo Dik Dik van Dik lo rimproverò per la sua indisposizione ad aiutare quantomeno l’anziano padre. Senza che nessuno si curasse del motivo delle preoccupazioni del giovane, attirato da degli strani rumori di arbusti che si spaccavano al passaggio di qualcosa di grosso poco distante a dove si trovavano loro.

– Oh andiamo Kid! Non sarai così fifone da avere…–

– PAURAAA! Tanta pauraaah!! –

Il terrore del giovane kinniku era perfettamente spiegabile, poiché sotto gli sguardi sempre più attoniti dei giovani wrestler, dalla radura di fianco al cottage una imponente figura si materializzò con un ruggito tutt’altro che amichevole, facendo credere ai pochi sobri presenti che un drago stesse per attaccarli e mangiarli.

In realtà, i giovanotti non potevano sapere che poco lontano da quella casetta c’era il campo di allenamento della famiglia Mask, e che quello che li sovrastava era nientemeno che il vecchio Bruce attirato dall’assordante chiasso che non lo stava portando a dormire. Si trattava di un coccodrillo australiano dalle dimensioni colossali, forse dovute anche al fatto che avesse ormai 100 anni, e benchè si mostrasse mansueto il 90% delle volte all’infuori degli allenamenti, attualmente era così stressato che gli era venuta voglia di dare una lezione a quei giovanotti maleducati.

I quattro atleti della Muscle League erano preparati ad affrontare ogni tipo di pericolo, ma ancora se li ricordavano i coccodrilli presenti nella Scuola di Ercole e al fatto che gli istruttori non dessero loro molto da mangiare perché… erano gli allievi il loro pranzo!

Per questo, forse anche messi in soggezione da un passato di fatiche e di allenamenti durissimi, nessuno dei presenti riuscì a trovare la forza di attaccare l’animale ma solo di gridare con occhi sgranati iniziando a correre via urlando e per giunta inseguiti da quel mastodonte pieno di cicatrici e dall’aria tutt’altro che amichevole. E per ironico che fosse, nessuno degli anziani insegnanti della Muscle League si accorse del drago fuori casa, troppo presi a festeggiare a modo loro.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Emerald Lancaster si svegliò con un feroce mal di testa su di un materasso morbido e pulito. Si strinse maggiormente nelle candide lenzuola un po’ ruvide, forse perché di canapa, e cercò di focalizzare meglio la stanza perfettamente illuminata dai raggi dorati di un sole nascente.

Non era in camera sua, e ora che ci pensava bene non le sembrava di aver lasciato il cottage ieri sera… ed aspetto trasandato a parte, si toccò i capelli spettinati mentre si metteva lentamente a sedere, non era finita nella camera da letto al piano di sopra per puro caso.

– Hmmmrr… vecchio porcello, dimmi che ci sei – andò a testoni sul materasso non trovandolo da nessuna parte finchè, arrivata sul lato destro, non sentì il duro elmo del lottatore proprio accanto al letto – ma hai perso la testa per caso? –

– Razza di deficiente, apri bene gli occhi e vedrai che sono solo seduto a terra! –

Le rispose con tono un po’ seccato anche perché a differenza della giovane lui aveva dormito si e no una mezz’oretta scarsa, troppo impegnato a fare la guardia alla barricata alla porta, e la moquette sotto di lui non era esattamente comoda come un materasso.

– Ah ecco, sei seduto al tuo posto – la marchesa si sfregò meglio gli occhi e disse codeste parole con una certa ironia – strano, pensavo fossi abbastanza civilizzato per stare in una cucce e… ehi! –

Decisamente Warsman non gradì quelle battutacce sulla sua presunta bestialità e/o inciviltà, e con un mezzo ringhio risentito si avventò su di lei inchiodandola a letto.

– Razza di puttana ingrata! Hai rischiato la vita ieri sera e tutto il tuo bel piano stava per andare in fumo! Quasi sicuramente molte telecamere saranno andate perdute…–

– Ma non tutte! – La ragazza si sfilò tra i capelli corvini quello che era un fermaglio a forma di farfalle che, però una volta smontato rivelò al suo interno una microcamera – anche se dovessero aver distrutto quelle che ho piazzato io durante il giorno, cosa che escludo, avrò abbastanza materiale per chiedere a tutti quei porcelli il giusto risarcimento per danni morali–

Sostanzialmente il russo non sapeva cosa pensare… se provare a litigarci con lei oppure abbracciarla forte perché nonostante tutto non perdeva mai la grinta. Non capiva se la vita per lei era un gioco oppure prendeva tutto di petto lasciandolo stupito ogni volta… ma il teso silenzio che era caduto tra loro non durò a lungo, con la ragazza che a sorpresa lo baciò a stampo sulle labbra, anche se indossava la maschera di metallo, non provando nessun rancore negli occhi smeraldini.

– Ad ogni modo, grazie per avermi aiutato con quei brutti ceffi! –

– Tzk, e di grazia che ti sei addormentata subito… – si spostò di lato con un po’ di imbarazzo, mettendosi seduto sul letto – ti sei persa uno spettacolo unico fuori dalle finestre–

Si riferiva ovviamente al gruppo di Kid Muscle inseguito da quel coccodrillo colossale e il cui fato non interessava minimamente, tra l’altro gli sembrava di ricordare che la bestia si chiamasse Bruce, oltre agli altri ex atleti che, dopo aver distrutto casa, si erano riversati sul prato per darsele di santa ragione. L’ultimo a cadere era stato Robin Mask, e ora era il primo a rialzarsi con l’aiuto del maggiordomo-capo.

Warsman lo osservò attentamente dalla grande finestra della camera da letto e notò anche che alcune guardie stavano sopraggiungendo dopo che, con tutta probabilità, erano state richiamate da Archie stesso. Se fossero rimasti in camera da letto con tutta probabilità alla fine li avrebbero scoperti, e francamente al russo non andava di dare spiegazioni al suo vecchio maestro anche perché non gliene avrebbe date e se lo avesse fatto avrebbe solo aumentato l’acredine tra i due.

Per tal motivo, anche se alla fine della corsa tutta questa fretta non c’era, non attese che Hammy si rivestisse dei propri indumenti e, raccogliendola tra le braccia dopo averla accolta ben bene nel lenzuolo, e raccogliendo comunque la borsa con tutti gli averi della giovane, decise che era ora di uscire di soppiatto dalla tenuta.

– Ehi! Guarda che so camminare da sola! –

fece per protestare lei, senza neanche tanta convinzione, mentre l’ex lottatore sfrecciava come un fulmine tra la fitta vegetazione. Warsman non stette ad ascoltarla tanto, decidendo invece di farle venire un colpo mettendosi a saltare tra un ramo e l’altro.

– Così facciamo prima, ma non credere che mi faccia tanto piacere avere una cornacchia tra le mani –

– Tzè… cooome no! – sul volto di Emerald si dipinse una espressione a metà tra la smorfia e il sorriso – vecchio porcello che corre sfrenato! Sei bravo a fare la panna spray ma non le bugie! –

E l’ovvia risposta del lottatore dalla nera maschera di ferro, fu per ovvi motivi non ripetibile.

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Capitolo 24
*** il mito della strega ***


La nonna si mostrava come un individuo alquanto singolare.

Howard Lancaster non aveva faticato molto a convincerla a seguirlo fino alla sua tenuta, le era apparso da dietro un cespuglio mentre questa stava passeggiando nel cortile della tenuta Mask, e appena aveva nominato quella sciroccata di miss Alana l’anziana Deva l’aveva seguito con un grugnito.

Ora era davanti a lui nella sala interrogatorio per “VIP” del campo alfa, una stanza abbastanza accogliente con delle poltroncine di pelle e un aspetto simile ad un ufficio, ma la donna non sembrava affatto intimorita dalla presenza dei soldati di guardia alla porta o anche dal fatto che il marchese Lancaster sembrasse comunque un tantino freddo.

– Sembra che abbiate paura di qualcosa mister Lancaster… altrimenti non saprei spiegarmi la presenza di tutti questi soldati –

l’anziana Deva, dai capelli grigi legati a crocchia e avvolta da un kimono bianco con ricamati dei tulipani neri, guardò senza reale interesse gli uomini indivisa solo all’apparenza disarmati. Era talmente rugosa che a stento si potevano vedere i suoi occhi color ghiaccio, ma l’aura che emetteva sapeva quasi di maligno. Per dirla in termini spicci, ad Howard quella vecchia non piaceva neanche un po’ e non gli dava una bella sensazione.

– Sono qui per la vostra sicurezza, signora – il nobiluomo vestito anch’egli in abiti bianchi non lasciò trasparire nessuna emozione negativa – la Terra non è un luogo così sicuro come il vostro pianeta, e stanno accadendo dei fatti su cui vorrei avere il vostro parere –

– Bah… i soldati non mi fanno paura, ne ho ospitati molti nel mio futon quando ero giovane… giusto per diletto. Cosa crede? Alla fine della corsa la divisa non li rende più forti… solo più arroganti –

se l’avesse sentita Connors! E comunque, l’aliena si era rivelata piuttosto diretta nel raccontare certe cose che decisamente poteva tenere per se! Ma nonostante la vampata di nervosismo, Howard si ricordò che per le Deva il sesso non era un tabù e a quanto pare neppure la sincerità schietta. Quindi tanto valeva arrivare al sodo con una signora che non apprezzava tanto i convenevoli.

– Uh… non ne dubito signora – si lasciò scappare un secco colpo di tosse notando che pure le guardie erano un po’ nervose – ma se l’ho fatta venire qui è per sua nipote Alana… ecco, attualmente sta svolgendo dei lavoretti per conto mio ma non è una donna molto espansiva, e vorrei saperne di più su di lei –

Si risparmiò di dirle che era “ospite” della struttura e che giusto ieri erano riusciti a convincerla a quella seduta di estrapolazione dei ricordi, anche se per la prima volta l’aveva vista reticente in un atteggiamento dannatamente umano. Quando aveva visto il lettino operatorio, i monitor dei computer, i bracci meccanici con i tanti aghi che avrebbero dovuto trapassarle la pelle, si era bloccata sull’uscio della porta e aveva stretto i pugni.

“non mi troverete mai” aveva sentenziato guardando gli scienziati e lo stesso Lancaster con sguardo perfettamente normale e severo, prima di essere spinta con le canne dei fucili dalle guardie stesse verso l’esame medico.

– Tzk… dai segni rossi che avete sul collo direi che mia nipote non abbia voluto darle informazioni! Non mi guardi così, mister, conosco la presa alla gola di Alana… la sua risposta deve averla lasciata senza fiato, eh? –

Quella vecchia insolente si permise addirittura una acida battuta riguardante la sua pessima disavventura, ed il colletto alto non era riuscito a nascondere del tutto i segni, fece dunque per aprire bocca ed invitarla così cortesemente a rispondere alla domanda,  ma non ce ne fu bisogno.

– Si rilassi mister Lancaster… vuole una spiegazione? Ebbene, le spiegherò un concetto fondamentale – si alzò in piedi aiutata dal lungo bastone e prese a camminare per la stanza, osservando i dipinti presenti – per prima cosa però, devo sapere se lei è al corrente di cosa sia realmente una Strega dello Spazio – 

– Si… sono a conoscenza che una strega è una Deva particolarmente potente nata dall’unione di due donne della vostra razza, una sorta di anomalia genetica causata dallo scarso ricambio genetico. Sono creature particolarmente ambiziose e a volte malevoli, ma non per questo malvagie –

– Ciò non toglie che è una malvagità che va sradicata nel caso si manifestasse in tutta la sua magnificenza, soprattutto se si fa parte della Corte! –

Il tono dell’anziana signora era particolarmente arcigno, come se non perdonasse un torto subito in passato, e alzando un po’ le pieghe rugose degli occhi dette sfoggio di due iridi particolarmente glaciali. Ad Howard Lancaster quella donna piaceva sempre meno, anche perché dal modo in cui lo stava guardando sembrava considerarlo un essere inferiore solo perché, con tutta probabilità, era un maschio.

– Secondo il nostro credo, quando la dea sorse dalle acque non era sola. Accanto a lei vi era la sorella gemella, i cui occhi neri come la pece la identificavano come la prima strega ad essere apparsa su Amazon, e le due vivevano in armonia plasmando la terraferma e vivendo negli abissi… – si fermò proprio davanti ad un quadro raffigurante un mare in tempesta, rimanendo a guardarlo in silenzio per una decina di secondi – ma la sorella della dea era una creatura ambiziosa e dannatamente gelosa delle sue creazioni. Pertanto, la strega uccise in duello la sorella credendo di avere finalmente il mondo in pugno. Ah, quanto si sbagliava! Poiché la dea morì, e risorse nelle donne che voi chiamate Deva. Indispettita, la strega decise che avrebbe continuato la sua lotta nelle future generazioni, rigenerandosi assieme alla, un tempo, amata sorella che aveva ucciso… –

– Non sono esattamente un uomo di fede, ma confesso che la vostra religione ha sempre dato un senso piuttosto marcato alla vostra ideologia di pensiero – il marchese, ed ex lottatore della Muscle League, era sincero nel mentre che diceva quelle parole – ma non sono sicuro di comprendere il messaggio, madame–  

– Tzk, la cosa non mi sorprende. Siete un maschio, la vostra facoltà di pensiero è in proporzione alla grandezza dei vostri testicoli –

Come volevasi dimostrare, la signora era tutt’altro che una persona gentile. Sir Lancaster non fu l’unico a dare impercettibili segni di insofferenza a quegli insulti dettati quasi con noia da una voce gracchiante, anche i soldati alla porta avevano una voglia matta di metterla a tacere, ma l’anziana donna non sembrava spaventata da quegli sguardi offesi, continuando a parlare una volta che tornò a sedersi sulla poltrona.

– Di norma, essere una strega su Amazon equivale ad essere quasi sicuramente discriminati. Forse è anche l’ostilità secolare a rendere queste ragazze così malvage… per cui, nei rari casi in cui nasca una strega, la famiglia è obbligata a confinare la nascitura in un convento nel remoto entroterra del paese –  forse era anche per questo motivo che le zone interne siano così scarsamente popolate – In questi luoghi le Deva crescono in un ambiente, controllato da chojin qualificate, il più serenamente possibile… ma sono donne talmente ambiziose da essere spietate e senza scrupoli poichè, fin da quando sono bambine, i loro poteri presi dal “padre” si dimostrano già pienamente acquisiti rendendole per questo piuttosto pericolose… una potenza che va però a minare il loro sistema riproduttivo, sterili e letali anche per i più forti tra i chojin che sono abbastanza temerari da cedere ai loro inviti – aprì maggiormente le pieghe che nascondevano gli occhi, ed Howard potè finalmente notare che erano veramente color giaccio. Come quelli della Kalinina – mia nipote Alana è una idiota! Perché è su queste basi che una cortigiana si muove… e se una strega diserta il convento allora l’unica alternativa è la morte! Mentre mia nipote… beh, piuttosto che affrontare una strega da brava codarda si è data alla fuga! –

– E lei non pensa che vostra nipote potrebbe aver avuto le sue ragioni? –

Dopo quello che aveva visto sui monitor della sala controllo, sebbene i dati fossero confusi e instabili, Howard Lancaster aveva iniziato a guardare con occhi un po’ diversi quella donna così stramba. I ricordi in lui erano ancora vividi, così com’era bruciante la stretta di miss Alana sulla sua gola.

 

Un allarme lontano echeggiava tra le candide pareti della struttura avvisando che qualcosa era successo all’interno. La sala di estrapolazione mentale era attualmente vuota, il lettino era sporco di sangue così come anche il pavimento dove giacevano i bracci meccanici per le iniezioni strappati via con furia dal soffitto e dalle carni di una Deva insofferente a quei controlli un po’ invasivi. Le tracce di sangue, che si mescolavano con i fori di proiettile sulle pareti e ai feriti, medici e soldati, che giacevano a terra singhiozzanti, conducevano nella sala controllo in cui i dati venivano elaborati e riformati alla loro forma originaria.

Secondo gli scienziati, la mente di un essere umano è come un cubo di Rubik perfettamente risolto e con tutte le tessere di ogni colore a ricoprire omogeneamente ogni lato del rompicapo, ma la mente di miss Alana si presentava completamente disfatta con un cubo multicolore e incompleto. Ogni tassello era un suo ricordo, una parte del suo io, che si era perduto anche se, a quanto pare, la signora pareva essere sufficientemente a conoscenza di questo fatto. Senza contare che la sua innata la rendeva quasi immortale con quel suo rigenerare le cellule danneggiate da traumi artificiali…

La donna al momento, con il fiato ansante e il camice bianco pieno di fori di proiettile e sporco di sangue, era faccia a faccia con un Howard Lancaster rimasto pressoché impassibile di fronte al suo aggressore. Sebbene avesse le spalle al muro e una mano della tuttofare dei MacMadd a stringergli la gola in una presa ferrea, il marchese non mutò espressione continuando ad osservarla glaciale in volto e quasi… comprensivo.

– Lascialo immediatamente andare, puttana! – il suo braccio destro, Michael Connors, era visibilmente teso e pronto a fare fuoco, nuovamente, verso la donna. Benchè fosse stupito di non essere riuscito ad ucciderla ma solo ad indebolirla un po’ – lascialo-ho-detto!! –

Lo sibilò a denti stretti, senza contare che pure quella femmina aliena era armata e, senza guardarlo, gli stava puntando la pistola rubata ad una guardia proprio all’altezza della testa. Si era fatta strada fino a li combattendo, ed ora era circondata da tecnici spaventati e uomini armati, ma non le importava.

– Nessuno… nessuno dovrà mai saperlo! – alzò lo sguardo, ed Howard potè notare che si era messa a piangere dalla disperazione – nessuno dovrà sapere che cosa è successo!! –

E in quel momento, l’ex membro della Muscle League capì che forse era andato ad intrigarsi in una faccenda che non lo riguardava affatto oltre che più grande di lui.

La questione si risolse infine con uno dei ricercatori che, approfittando del momento di stallo, con una sana dose di coraggio riuscì a sedare l’insorta con una potente dose di anestetico piantandoglielo nel collo.

 

– Tzk… parla di lei come se la conoscesse! – il marchese tornò alla realtà vedendo il sorriso arcigno della vecchia Deva – le do un consiglio, se vuole lavorare con lei, affari suoi… ma si ricordi che mia nipote Alana è un pericolo pubblico… che abbia avuto le sue ragioni, o meno, il motivo del perché ha lasciato la Corte è quello. E ora caro il mio marchese, vorrei tanto tornare a tirare le orecchie a mia nipote Alya –

In termini spicci stava letteralmente ordinando al maschio che aveva di fronte di riportarla alla tenuta dei Mask con, magari, tanto di limousine e autista qualificato. I dati che Lancaster aveva preso erano abbastanza confusionari ma comunque raccontavano una storia che non gli piaceva neanche un po’, ma alle volte essere codardi era l’unica via.

Accontentò la signora, recependo chiaro e tondo il suo messaggio.

 

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– Hm, sembra che sia stata una festa movimentata… alla faccia della chiacchierata con i vecchi amici –

Il sarcasmo di Kevin Mask aveva un fondamento visto e considerato in che condizioni si trovava il cottage, ora in fase di restauro con dei tecnici kinniku che stavano portando fuori i mobili devastati dopo un addio al celibato decisamente di pessimo gusto e su cui era meglio tacere.

– Abbiamo solo esagerato con il bere! – sotto l’elmo di metallo Robin Mask presentava due occhiaie enormi e la sua voce risultava comunque piuttosto stanca – dubito che tu non abbia alzato il gomito nell’arco di questi lunghi anni –

Lasciò cadere il discorso perché onestamente non aveva voglia di polemizzare e fu un sollievo per la sua testa dolorante sentire che la tensione stava nettamente calando. Gli operai kinniku, provvidenzialmente chiamati da Archie in modo assai discreto, come discreto fu prendersi cura degli altri ospiti tramortiti in modo da non dare sospetti ad Alya, che tra l’altro aveva passato un addio al nubilato piuttosto tranquillo in compagnia delle donne della sua famiglia, si stavano attualmente occupando di risistemare il soggiorno in cui i due chojin si trovavano al momento. Troppo impegnati a lavorare per accorgersi di un padrone di casa, seduto su di una poltroncina e con una busta piena di ghiaccio premuta sulla tempia sinistra, e di un figlio, costui era in piedi con le mani nelle tasche dell’impermeabile, intenti in una chiacchierata piuttosto personale.

– Se ho alzato il gomito l’ho fatto con la consapevolezza di essere giovane. Cerca comunque di rimetterti in sesto per domani, anche perché dubito che la tua futura moglie crederà che tu stia bene –

Kevin era giunto fino a li per spiegare al suo vecchio tutta la reale faccenda sugli “incidenti” a Tokyo oltre che per ripassare quello che avrebbe dovuto fare durante la cerimonia, in forma civica, ma tutto si sarebbe aspettato meno che il padre e le vecchie leggende del wrestling facessero baldoria nel vero senso della parola.

– Grr… io ho come l’impressione che Warsman abbia fatto a posta a farci ubriacare così… sebbene… uhu? –

In quel momento il telefono che aveva nella tasca dei pantaloni squillò, segnalando che gli era arrivato un messaggio, quindi mise da parte il sacchetto con il ghiaccio e incuriosito dette una occhiata al display del cellulare. Ciò che vide lo congelò all’istante, portandolo poi a sudare freddo in un impeto di rabbia mista a timore. Il numero di telefono era criptato, ma le immagini parlavano chiaro… erano state riprese durante il suo addio al celibato e le foto mostravano chiaramente gli insegnanti della scuola di Ercole alle prese con, lo si poteva vedere da un riflesso nello specchio presente sempre in foto perché a quanto pare erano state fatte dalla ballerina stessa, una “ospite” piuttosto gradita ( in particolar modo a livello fisico visto la moltitudine di erezioni presenti ) che a quanto pare ora aveva intenzione di ricattare tutti. Forse anche Warsman stesso ma una cosa era certa: se Alya avesse visto Robin completamente ubriaco cercare di farsi una perfetta sconosciuta… avrebbe avuto ragione a non volerlo più vedere!

– M-maledizione… razza di vacca! –

Lo sibilò in modo impercettibile, poiché anche se il messaggio di testo annunciava che non sarebbero state divulgate quelle immagini a pagamento effettuato tramite le coordinate bancarie fornite, il fatto di essere stato bellamente incastrato da una poco di buono rodeva parecchio.

– Uhu?! Papà, sei sicuro di sentirti ancora bene?! –

– Si… certo che è tutto a posto! – mise nella tasca dei pantaloni il telefonino, era meglio se suo figlio non conoscesse anche quel particolare piccante – tu piuttosto, hai voluto vedermi urgentemente solo per ripassare il programma di domani o anche per altro? –

Era decisamente meglio cambiare discorso, e il piano parve decisamente funzionare visto che il giovane lottatore parve muoversi a disagio come indeciso se dirgli qualcosa di tanto importante quanto scabroso.

– Ecco… veramente c’è qualcosa che dovrei dirti arrivati a questo punto. E dubito fortemente che stare zitto fin dall’inizio sia stata una buona idea – il suo tono era piuttosto serio, tanto da cogliere del tutto l’attenzione del padre che quasi aveva capito che c’era un nesso con il suo misterioso incidente – devi sapere che gli incidenti avvenuti a Tokyo, e quelli che hanno coinvolto me durante questo mese, beh… non sono incidenti –

– Spiegati meglio! – tutt’altro che essere comprensivo il tono paterno era oltremodo autoritario, portando Kevin a “temere” istintivamente di deluderlo di nuovo.

– Tzk… se pensi che abbia a che fare con il mio passato ti sbagli di grosso! No… purtroppo è a causa di un errore se la Corte sta dando la caccia a me e agli altri. Pensano che siamo una banda di spacciatori di sabbia rossa ma credimi… non è così! –

Così tante informazioni buttate in faccia e così difficilmente reperibili in una sola volta dallo stanco cervello di Robin Mask, portandosi nuovamente il ghiaccio sulla testa, che si ritrovò quindi ad emettere uno stanco lamento prima di supplicare il figlio di andarci piano. A quanto pare era successo qualcosa di grosso, decisamente più peggiore della sua bravata della notte scorsa, e sperò ardentemente che il ragazzo non si stesse preparando a combinare l’ennesimo disastro per “punirlo” di una infanzia troppo difficile.

– Ok, ragazzo… ora esigo che tu mi spieghi tutto il più lentamente possibile… – anche perché, effettivamente, la sbornia non gli era ancora passata.

 

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– Guarda qua – alzò il display del cellulare verso il proprio ospite e questi allungò il collo per vedere cosa c’era scritto – come puoi vedere i primi soldi sono arrivati cinque minuti dopo che li ho contattati! Robbie è stato il primo anche se credo abbia sudato freddo! –

Emerald Lancaster era decisamente soddisfatta per come era riuscito il piano, e Lord Flash si ritrovò a sbuffare tra il seccato e il divertito notando che nessuno dei suoi vecchi colleghi si stava risparmiando nell’elargire cospicue “mance” per uno spettacolo su cui era meglio sorvolare.

Attualmente il russo e la giovane ereditiera si trovavano al “George Inn”, situato poco oltre il London Bridge, seduti su di un tavolo esterno nella graziosa piazzetta per concedersi un aperitivo e parlare di affari.

– Hai già una vaga idea su come spendere questo gruzzolo? –

– Hm… non saprei – accavallò le gambe e si massaggiò il mento con una mano pensieroso – penso che metterò da parte i soldi per la mia nipotina e Alya… francamente non saprei che… –

– Come, come?! Alla pupetta ci penserà Robbie, nonno porcello! Le finanze sicuramente non gli mancano – su questo non poteva darle torto in effetti – goditeli un po’ tu quei soldi, no? Tanto suppongo che la pensione che percepisci dalla Muscle League alla fine non sia poi tutto ‘sto granchè –

Ancora una volta non poteva che darle ragione, non poteva certo dire che Robin Mask non avesse disponibilità economiche ma lui davvero non aveva idea di come spendere quei soldi. Non era abituato ai lussi e si accontentava sempre di poco per vivere. Quindi, in parte non capiva il motivo del perché Hammy si sarebbe accontentata solo del 20% di tutti quei soldi lasciando la fetta più grossa a lui… ma magari per lei quelli erano solo briciole visto che era miliardaria.

– Potresti usarli per farti una bella vacanza, oppure prenderti dei pantaloni meno osceni di quelli che indossi ora – si riferiva al fatto che il russo stava indossando sopra la calzamaglia grigia dei pantaloni blu scuro con il cavallo piuttosto largo – non è che te li sei messi perché il fratellino è ancora sveglio da ieri sera?! –

La battuta lo infastidì non poco ma decise ignorare il nervosismo e cercare di essere quantomeno controllato visto che era in un luogo pubblico piuttosto affollato – se mi sono conciato così è per cercare di dare il meno possibile nell’occhio! Dopo quello che è successo nei giorni scorsi – era palese che si riferiva al suo tentato rapimento – vorrei passare inosservato –

– Uff… sicuro, inosservato con quei pantaloni orrendi che sembrano farti le chiappe mosce ancor più mosce di quelle che sono! A riprova che hai un pessimo gusto nel vestire, potresti usare questi soldi per rifarti il guardaroba –

– Tzk… e io che pensavo di farti un favore a vestirmi “decentemente” per una volta tanto –

La sua era un’ovvia battuta sarcastica visto e considerato che alla giovane, ed eccentrica, ereditiera valeva il vecchio detto di “chi disprezza compra”. Le faceva così schifo la sua tuta in calzamaglia che ogni volta aveva una voglia matta di strappargliela via. Emerald tuttavia non si scompose, limitandosi a fare spallucce e a bere dalla cannuccia il proprio long drink, usandola anche per mescolare pigramente il ghiaccio dentro il bicchiere, prima di tornare a parlare.

– Beh, se vuoi un consiglio disinteressato potresti sfruttare questi soldi per prenderti un completo decente per il giorno di domani… mica vorrai andare vestito da capitan pantaloni aderenti, vero?! –

A rifletterci bene non era una cattiva idea, sebbene avesse già noleggiato il suo abito da cerimonia da un sarto di fiducia, tuttavia non ebbe il tempo di risponderle che il cellulare che aveva in una tasca interna della giacca si mise a squillare. E cosa più spiacevole fu vedere che a cercarlo con tanta furia era lo stesso Robin Mask… che aveva finalmente scoperto dei retroscena tutt’altro che allegri.

 

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Probabilmente la cerimonia di domani sarebbe stata un po’ tesa.

Un po’ molto ad essere onesti, poiché il nascondere la realtà dei fatti ad un testardo Robin Mask non era esattamente la cosa migliore, ma sia Kevin che il suo allenatore avevano decisamente i loro buoni motivi.

“Quando pensavi di dirmi che ti eri quasi fatto ammazzare?!”

“Così da far preoccupare Alya?! Così da far preoccupare, e insospettire, Kevin?! Il silenzio è stata l’unica alternativa per una situazione decisamente poco chiara”

Purtroppo i fatti erano questi, e lo stesso Robin non potè che rassegnarsi con gran nervoso agli stessi fatti raccontati da figlio ed ex allievo. Senza volerlo Kevin Mask aveva alzato un polverone mostruoso con la scarsa diffidenza che serviva durante la Corona Chojin, e di questo suo padre l’aveva ammonito, e la cosa peggiore era che non erano perseguitati da nemici intelligenti come trapani… nossignore! Avevano la Corte alle calcagna più le trafficanti di sabbia rossa che reclamavano ciò che era stato loro tolto.

“C’è in ballo la nostra reputazione oltre che le nostre vite” queste erano state le parole di mister Mask dinnanzi al suo unico figlio maschio “questa è la nostra grande opportunità di riscattarci da un passato disonorevole, quindi devi essere pronto a tutto ragazzo mio. Non permettere che tutto questo venga infranto!”

Poteva suonare quasi indicibile che un padre fosse così legato all’orgoglio, ad uno stupido torneo, che alla vita di un figlio… ma per i Mask era risaputo che vita e orgoglio erano strettamente legati tanto che lo stesso Kevin non si sentì poi così offeso da quelle affermazioni dure. In fin dei conti non era nell’intenzione del padre sminuire l’importanza del figlio, ma spronarlo a dare tutto se stesso oltre che tenersi pronto ad ogni eventuale attacco.

Perché la situazione rimaneva tesa, e con il matrimonio che si sarebbe svolto domani era oltremodo impossibile mantenere un basso profilo e di annullare tutto non se ne parlava affatto. Chiunque avrebbe sospeso la cerimonia, ma non un orgoglioso Mask o persino l’intera Muscle League e piuttosto avrebbero rinforzato anche la sicurezza.

Una cosa “buona” c’era comunque… ora a Robin era più chiaro il ruolo di Howard in tutta quella faccenda e quasi con acida ironia pensava che per una volta tanto avercelo vicino, con annesso esercito in borghese, non sarebbe stata una cattiva idea. Che poi il marchese non avesse rivelato le sue vere intenzioni fin da subito era una questione seccante ma tipica di lui… aveva potere, orgoglio, ed era sicuro di potercela anche in una situazione simile. Circa.

Ora, quella tra padre e figlio, nonché allenatore ( per telefono si intende ) era stata una chiacchierata alquanto snervante e più delle volte la tensione aveva toccato picchi mostruosi, tanto da portare gli stessi operai kinniku a guardare i due Mask con un certo timore, ma alla fin fine aveva prevalso la ragione.

Kevin ne uscì comunque stanco come in un allenamento di dieci ore filate, trovandosi ad uscire dal cottage solo al calar del sole. Aveva quasi una mezza idea di sistemarsi alla tenuta per quella notte, anche perché il suo completo per la cerimonia si trovava in casa e non all’hotel Atlas.

Tuttavia, quando raggiunse la serra in stile liberty nell’ala est della villa notò che le luci all’interno erano accese.

Uhm… di solito a quest’ora i giardinieri hanno finito da un bel pezzo di fare manutenzione, e papà non è mai stato un patito del pollice verde – borbottò tra se e se con una sottile ironia, anche perché quella serra era stata costruita per sua madre Alisa – ehi… Bruce! Per caso sai chi sta consumando l’elettricità li dentro?! –

Kevin Mask non era abituato ad avere ospiti a casa, quindi ci impiegò un po’ a capire che magari era sua zia Elizabeth intenta a potare delle rose per abbellire il bouquet della sposa, ma neppure il gigantesco coccodrillo che gli tagliò la strada in quel momento con passo lento e pigro sembrava saperne di più. Tra l’altro gli era sembrato di vedergli tra i denti un pezzo di stoffa molto simile nei colori alla calzamaglia di Kid Muscle, ma quasi sicuramente aveva preso un abbaglio… quindi facendo spallucce si limitò a raggiungere la serra e vedere chi si stava soffermando così tanto da rischiare di danneggiare alcune piante delicate. Ciò che vide, francamente parlando, ebbe il potere di rovinargli del tutto la giornata.

 

( … )

 

– Quuuindi… fammi capire bene –  borbottò un Kyle Mask un po’ brillo – nessun ragazzo prima di mio cugino ti ha mai baciato…–

– Eh, già! –  

– Però allo stesso tempo non sei più vergine? Sono un po’ confuso –

A Niamh venne quasi da sputargli addosso il vino che aveva appena bevuto a causa di una roca risata che le uscì dalla gola, ma riuscì a trattenersi e a trasformarla in un mezzo colpo di tosse. Si erano appartati all’interno della serra, su una delle panchine di pietra presenti, per fare quattro chiacchiere e ricominciare la discussione che avevano lasciato in sospeso al pub per andare in aiuto di un Lord Flash in difficoltà, ma l’intenzione di Kyle continuava a rimanere quella… e il vino stava decisamente aiutando.  

– Si beh… ecco – la giovane irlandese ridacchiò ancora, togliendosi da una spalla, e senza troppa convinzione, una mano del ragazzo – non è che sia una storia molto allegra questa ma… ehi, posso avere un altro bicchiere di vino?! Graaaazie! –

Nel mentre che il giovanotto le versava da bere, Kevin Mask si era avvicinato il più possibile alla struttura tanto da poter sentire i due chiacchierare oltre le sporche pareti di vetro della serra. Si trovava vicino al cancello per l’uscita d’emergenza, ma vedere che all’interno si trovava nientemeno che Niamh, portò al ragazzo così tanta confusione e incredulità da non riuscire neppure a credere alla scena che stava osservando.

Aveva ancora la mano sulla maniglia della porta, ma ciò che riusciva a fare era solo boccheggiare a vuoto sotto il proprio elmo medioevale. Che la tensione per aver discusso ferocemente con il proprio padre, perché il suo vecchio non gli aveva dato pacche sulle spalle dicendogli “sono fiero di te, figliolo”, lo stesse portando ad avere delle allucinazioni pericolose?! No… non era così, e lui era sicuro di non aver invitato quella ragazza a Londra!

– Potrà sembrarti una cosa senza senso… però mi è successo durante una festa. Dopo la maturità a scuola abbiamo organizzato una festicciola a base di musica e… a-alcoolici –

Niamh emise un’altra risatina anche se questa non esattamente allegra quanto nervosa e bassa. Sebbene le sue guance fossero arrossate dal troppo vino rosso e la sua mente fosse tutt’altro che lucida, rivangare certi ricordi le facevano comunque decisamente male visto che i suoi occhi scuri non erano arrossati solo per la quasi ubriacatura.

– Ecco… credo di aver bevuto un po’ troppo e tutta quella confusione con tutte quelle facce poi… n-non che mi consideravano un granchè, però mi sa che devo aver bevuto molto e tutto ciò che ricordo è di essermi accasciata su di un divanetto – bevve ancora dal proprio bicchiere, ben osservata da un Kyle Mask rispettosamente in silenzio, consapevole di aver toccato un tasto dolente – quando mi svegliai non c’era più nessuno… e io ero senza mutande… –

Il giovanotto di Edimburgo si sarebbe aspettato di tutto meno che una confessione così… squallida. Aveva pensato che la sua prima volta fosse stata si sotto gli effetti dell’alcool, ma non che qualche bastardo si approfittasse in maniera così spudorata di lei.

– Niamh mi dispiace… se solo sapessi il nome di quel bastardo che ti ha fatto questo… –

– Ahaha! Ma n-no dai… forse ho sbagliato io a fare qualcosa… –

No, non era vero niente e il fatto stesso che la ragazza non credesse molto a questa versione traspariva dalla sua voce insicura. Lei era una vittima, ma il fatto di poter non essere creduta dai propri amici e addirittura dai genitori l’avevano spinta a darsi la colpa di un mucchio di cose che non aveva fatto. Per tal motivo Kyle Mask decise di togliersi l’elmo di ferro proprio sotto lo sguardo perplesso della giovane, lasciando come intendere che di lui ci si poteva fidare.

– Tu non hai sbagliato proprio niente! Non puoi permettere che la gente si approfitti di te in questo modo, non devi temere il giudizio degli altri… –

A Niamh quelle parole le arrivarono al rallentatore, presa com’era ad osservare il ragazzo e le sue fattezze così simili a quelle del cugino, senza rendersi conto che le proprie labbra stavano sfiorando quelle di Kyle.

Il giovane Mask era ancora dell’idea di “sottrarla” a quel rammollito di un parente, ma non era mosso dall’intento di ferirla nel mentre che si apprestava a baciarla. Molto probabilmente il vino aveva accentuato i suoi appetiti nei riguardi della ragazza, ma neppure lei sembrava essere contraria a quell’umido tocco. Pochi secondi di indecisione, timidezza e imbarazzo, che servirono da sveglia ad un Kevin Mask che ancora li osservava, e ascoltava, fuori dalla serra con il fiato che letteralmente faceva condensa all’interno del pesante elmo medioevale. La sua ragazza era li. Era lì maledizione!

Gli era fin troppo chiaro che quel bastardo di Kyle aveva chiamato a Londra Niamh unicamente per potergliela portare via da sotto il naso da bravo bastardo, e a quanto pare ci stava riuscendo alla grande visto e considerato che non sembrava dispiacerle quel timido bacio sulle labbra che tanto il pseudo motociclista voleva approfondire.

Pertanto, Kevin Mask decise di entrare nell’esatto momento in cui la giovane irlandese si scostava via dalle braccia di Kyle borbottando qualcosa di incomprensibile… e rimanendo a bocca aperta quando il padrone di casa entrò nella serra con uno sguardo che bruciava l’aria come una collera infernale.

– Tu… schifoso bastardo! Sei stato tu, vero?! Sei stato tu a dirle di venire qui!! –

Al momento non era la rabbia di vedere il cugino fare il cascamorto con la ragazza che gli piaceva a rodergli di più, quanto ai rischi che Niamh stessa poteva incappare. Kyle tuttavia si limitò a rimettersi il proprio elmo nero pece e alzarsi dalla panchina sia per proteggere la ragazza da possibili accuse, sia per affrontare quel coglione d’un cugino.

– Sta calmo pivello ­– lo disse con tono arrogante senza preoccuparsi della rabbia di Kevin – è vero… si, sono stato io a chiamarla a Londra, e qui mi dispiace per averti ingannato Niamh – si rivolse momentaneamente a lei che ora era pallida come un cencio – ma lei non è forse la ragazza che ti piace tanto? A quanto pare no, visto che la escludi ad un evento tanto importante come il matrimonio di… –

Rischia la vita qui razza di idiota!! – lo urlò con così tanta furia da far sobbalzare di paura la stessa fanciulla che ora guardava il proprio “amico” con occhi sgranati, e nel mentre che urlava acchiappò per il colletto della giacca di pelle un cugino guastafeste – non hai la più pallida idea di cosa stia accadendo qui!! –

– Tzk… credimi, la ragazza sa difendersi quant-Urgh!! –

Il pugno in pieno viso decisamente Kyle Mask proprio non se l’aspettava, e fu così forte da portarlo a cadere diversi metri più avanti rompendo una fioriera di ceramica. Niamh strillò a quel gesto di violenza, ma nessuno stette a prestarle attenzioni e il giovanotto vestito di pelle e borchie contrattaccò con un basso ringhio selvaggio. Colpì con un gancio destro l’odiato parente proprio al petto, volutamente visto che se le ferite erano guarite rimaneva comunque un punto sensibile, portandolo per questo a grugnire di dolore e spostarsi lateralmente per eseguire un contrattacco con un calcio laterale deciso a spezzargli le costole.

E nel mentre che i due facevano quasi a pezzi la serra, la giovane irlandese si portò momentaneamente le mani tra i capelli mordendosi con insistenza il labbro inferiore.

“che faccio, che faccio, che faccio??!” era questo ciò che si ripeteva mentalmente quasi nel panico assoluto. Ma non avrebbe risolto nulla a rimanere in un angolo, e raccogliendo dunque tutto il coraggio che aveva decise di mettersi in mezzo ai due litiganti rischiando di finirci in mezzo pure lei.

– Smettetela! Smettetela per favore!! – chiuse persino gli occhi dal terrore vedendo che i due stavano quasi per colpirla, ma per sua fortuna i giovanotti furono abbastanza lesti da bloccarsi in tempo.

– Niamh… ma che ti prende?! Sei forse impazzita?! –

Il primo a riprendere fiato fu Kyle Mask, seguito da un tesissimo silenzio in cui i respiri ansanti dei due combattenti riempivano la serra assieme al terrore visibile negli occhi della ragazza, ormai prossima alle lacrime. E fu proprio vedendole quello sguardo che Kevin non resistette oltre, sottraendosi a quegli occhi supplichevoli come ferito da una coltellata e allontanandosi da li con una certa irritazione.

– Bah… al diavolo tutto! –

 

( … )

 

– Sei davvero sicura di voler andare da lui? –

– Sono sicura… mai stata tanto sicura! –

Era sera inoltrata ormai, e Londra mostrava il suo classico repertorio di luci colorate e vita notturna tipiche di una metropoli attiva. Kyle Mask e Niamh al momento si trovavano davanti all’entrata dell’hotel Atlas, e la stessa ragazza aveva chiesto di farsi accompagnare li dallo scaltro giovanotto una volta che aveva saputo che Kevin riposava abitudinariamente in quel luogo. A casa logicamente non era rimasto, e non aveva dato spiegazioni alle sue criptiche parole che avevano portato un po’ di timore nei due giovani, ma ora l’irlandese era giunta sino a li e non voleva andarsene una volta saputo che era tornato in albergo da un servitore della tenuta Mask.

Si, si era fatta accompagnare fino a li da Kyle in persona come “risarcimento danni” anche se le parole che aveva usato erano in realtà queste: “se vuoi farti perdonare per quello che hai fatto, accompagnami da lui!”e il giovanotto aveva ubbidito, sentendo per la prima volta qualcosa di simile al senso di colpa per tutto il tragitto fatto in moto.

– Senti, non sono sicuro che abbia voglia di parlare… ma suppongo che tentar non nuoce –

– Lui… deve ascoltarmi. Grazie per il passaggio, comunque –

Poi se ne andò all’interno del lussuoso albergo, portando di conseguenza il motociclista a sbuffare quasi con divertimento.

– Razza di cretino… ti ama per davvero! Vedi di non perderla… –

Poi se ne andò, ripercorrendo i propri passi a tutta velocità e gustandosi la fresca brezza della sera.

Si perse dunque una scena alquanto singolare e tesa, con una fruttivendola che a mani conserte, quasi in preghiera, restava fuori da una candida porta in attesa di essere ricevuta da un sire adirato.

– Va via! – tuonò dall’altro lato un Kevin Mask ancora confuso per tutta quella faccenda – tornatene in Giappone! Non dovresti essere qui, maledizione! –

– Io… non me ne vado! – scosse violentemente la testa come a voler scacciare via la paura di avere a che fare con un amico piuttosto irato – non dopo tutta la strada che ho fatto –

– Non sei qui per me, ma per quel deficiente di mio cugino! Tornate da lui che ti piace tanto –

Ed ecco che la vena di gelosia iniziava ad affiorare, ma era anche logico visto il modo in cui l’aveva quasi baciata e lei che tanto reticente non era. Ma le si poteva dare per davvero la colpa visto che era piuttosto brilla e sapeva alla perfezione che il vino proprio non lo reggeva?

– Kevin, ascoltami maledizione! – la sua voce quasi si incrinò ormai prossima ad un pianto dovuto al puro nervosismo – se sono venuta qui in Inghilterra è per te. Non per Kyle, non per il matrimonio… ma per te! A-avrei potuto rifiutare ma… l’idea di rivederti non è riuscita ad andarsene dalla mia testa… e anche se rischio la vita non mi pento di essere giunta fino a qui –

Lungo il corridoio del piano VIP non c’era nessuno, tutti fuori a divertirsi per le vie della città, e le parole di Niamh quasi diventavano piccine come una flebile preghiera, portando lo stesso lottatore della League a rimanere in silenzio.

– Io di te mi fido, e mi piaci come persona… veramente! Non so perché… – iniziò a torcersi le dita visibilmente in imbarazzo e credendo di sbagliare completamente le parole – n-non che mi fidi molto dei ragazzi… come ormai ben saprai… però… ecco, l’idea di perderti mi fa star male in una maniera atroce –

Da oltre la porta non giungeva più nessun rumore, e la povera ragazza, dopo svariati minuti di silenzio, quasi pensò che a Kevin di lei non importava più nulla ormai. E fu nel mentre che i consueti pensieri sconfortanti l’assalivano portandola a credere che a lui, di lei, non fregava più nulla che la porta della suite di Kevin Mask si spalancò di colpo.

– Wahh! ScusaScusaScusa… hmm! –

Quel gesto repentino la portarono a sobbalzare come una cretina e a strillare in modo acuto pensando che ora il giovanotto inglese volesse dargliele di santa ragione, e quasi non si accorse che era senza maschera e con solo un accappatoio addosso dopo aver sbollito il nervoso sotto una doccia ghiacciata, poiché fu l’impeto che usò per baciarla che la lasciò maggiormente stupita.

Lei era li per lui. A Niamh non importava di correre mille pericoli sebbene dicesse di “non sapere l’esatto motivo”, e mai al mondo non sarebbe riuscito a schiodarla da quella sua testarda idea. Ne alla fine della corsa voleva, poiché l’idea di perderla era qualcosa che lo assillava fin da quando era giunto a casa.

La baciò con passione, quasi con disperazione, in un modo che la stupì poiché la viscida sensazione che l’aveva colta in quel buio vicoletto al mercato ortofrutticolo era incredibilmente svanita sentendolo così vicino a se in un modo che prima era semplicemente acerbo.

Si ritrovò incredibilmente a ricambiare, intrecciando la propria lingua alla sua, guidata da un istinto che a stento riconosceva nel mentre che si lasciava trascinare in camera dallo stesso Kevin che, seppur un po’ a fatica, riuscì a chiudere a chiave la porta in modo tale che nessuno li disturbasse.

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Capitolo 25
*** festival of blood part.1 ***


Normalmente Michael Connors soggiornava nella caserma di casa Lancaster, ma al fine settimana spesso e volentieri rientrava nel proprio appartamento giù a Londra per “rilassarsi” un po’. Tra l’altro, aveva intenzione di riportare la videocamera ad Eiko, alias la dolphin girl, ripulita ovviamente dei file compromettenti anche se alla fine della corsa era solo una scusa per ronzarle attorno.

Tuttavia quel mattino non se lo sarebbe passato a sonnecchiare a letto, poiché un insistente campanello lo ridestò facendogli notare che la sveglia digitale alla sua destra segnava le sei del mattino.

– Grr… chi cazzo è che rompe al sabato?! Un momento… Cristo! – scostò di lato e con violenza le coperte prendendo in seguito dal comodino la pistola che ben nascose nei pantaloni della tuta – questa è la volta buona che faccio una strage! –

Era abbastanza nervoso anche perché aveva passato una settimana decisamente “impegnativa” e il bernoccolo che aveva in testa gli stava passando troppo lentamente secondo il suo modesto parere, e se avesse scoperto chi è che lo aveva colpito a tradimento mentre stava per catturare quei due buffoni mascherati non gliel’avrebbe fatta passare liscia, ma quando aprì la porta di casa si ritrovò a sbiancare come se avesse appena visto un fantasma.

– Ehilà lentiggine! Hai visto la mia bambola gonfiabile?! –

No… no, non poteva essere vero. No, era una allucinazione dovuta alla botta presa nei giorni scorsi, perché non era fottutamente possibile che Zachary Connors, suo fratello minore e tutto fourchè un bravo ragazzo, era davanti a lui, con i suoi improbabili pantaloni a pois gialli su sfondo rosso in netto contrasto con giacca e cravatta da “bravo ragazzo” e con calcato in testa il cappello di pacman che gli aveva regalato da piccolo.

Era senza ombra di dubbio una allucinazione, e pertanto l’ex mercenario si ritrovò a boccheggiare e a chiudere di scatto la porta credendo che così quell’assurda visione si smaterializzasse all’istante.

– Lentiggine! Guarda che non è educato chiudere in faccia la porta alle persone! – piagnucolò quell’altro giustamente. Pertanto, il fratello maggiore si ritrovò a sopprimere un ringhio e ad aprirgli nuovamente la porta. 

– Tu… dovresti essere a casa! A Washington! Non qui… che diavolo ci fai a Londra?! –

– Beh, per la prima posso risponderti che ho preso l’aereo. Per la seconda te l’ho già detto quando mi hai aperto la porta! –

Lo disse come se avesse detto la cosa più naturale al mondo, e nei suoi occhi non si leggeva nessuna nota maliziosa degna di nota. L’ex mercenario tuttavia sapeva che il suo stravagante fratello minore non era da prendere alla leggera, visto che era da considerarsi il teppista numero uno di Washington, e forse era quasi una fortuna che non avesse deciso di fare il soldato dedicandosi invece al vecchio panificio di famiglia.

Zachary era… diverso. Non solo fisicamente, poiché con il suo albinismo lo differenziava dal resto della famiglia dalla carnagione olivastra e francamente parlando non sembrava neanche suo fratello di sangue, ma anche mentalmente era un fottuto genio che “sprecava” il proprio estro creativo per creare mini armi di distruzione di massa da sperimentare sui teppisti presenti in città e in generale andava volontariamente a cercare guai e a ridurre in fin di vita chi era così coglione da cadere nelle sue provocazioni. Perché era questo che suo fratello faceva: provocare tizi poco raccomandabili per sperimentarci sopra tutti i suoi “giocattoli” letali. Una sorta di scienziato pazzo mancato, sebbene Michael non sapesse spiegarsi il motivo del suo carattere visto e considerato che come lui era cresciuto circondato dall’affetto della famiglia.

Quante volte ci aveva litigato per questi e più motivi… e ora era giunto fino da lui per una bambola gonfiabile??!

– Grr… mi stai dicendo che ti sei fatto ore di viaggio solo per una bambola gonfiabile??! – l’americano si passò una mano davanti agli occhi mentre rientrava in casa seguito dal fratello – Cristo! Ma sei messo così male…?! –

Qualcuno si sarebbe aspettato un “ciao come stai” ma con quei due fratelli le cose funzionavano un po’ diversamente.

– Lo sai che non sono interessato al sesso – il ragazzo non si scompose, togliendosi gli occhiali da vista e pulendoseli con un fazzoletto – ma il mio contatto in Inghilterra ne aveva trovata una in raro silicone marziano e io ne avevo giusto bisogno per i miei esperimenti –

No… no, non era nuovamente possibile questa cosa! Poiché, sebbene Connors senior fosse ancora mezzo addormentato, non ci mise molto a fare uno spaventoso due più due sul fatto che stesse parlando della bambola di miss Alana. Quella creepy freak conosceva suo fratello Zeke?

– Non dirmi che… conosci forse l’assistente dei MacMadd? Quella sciroccata di Alana?! –

lo disse con un sibilo, perché stava cominciando a germogliare in lui l’idea che con tutta probabilità quella donna l’avesse fatto apposta a farsi catturare con quella stramaledettissima bambola.

– Il suo contatto su skype è ladylollipopchainsaw2… il “2” perché già altri due utenti utilizzano questo nikname – e lo disse con il sorriso sulle labbra, incredibile! – e si, la conosco e ci scambiamo piccoli favori commerciali oltre che qualche chiacchiera su come stanno i nostri rispettivi familiari… nulla di più. Mi ha quindi telefonato un paio di giorni fa dicendomi che al momento gliel’hai sequestrata e la tieni in un magazzino, quindi eccomi qui per riprenderla! –

Nulla di più… suo fratello aveva il coraggio di edulcorare tutta la faccenda che girava attorno ad un’altra poco di buono che quasi aveva ammazzato mister Lancaster, e chissenefrega di quello che aveva visto anche lui sugli schermi del laboratorio, e cosa ben più fastidiosa era che “l’aiutava” pure? Era una cosa che andava urgentemente chiarita prima che la testa gli esplodesse per tutte quelle assurde informazioni che erano trapelate in quei cinque minuti scarsi ed inoltre aveva un urgente bisogno di caffè bollente.

Emettendo un basso ringhio che avrebbe terrorizzato anche il pendejo più ottuso, Michael Connors sparì velocemente in camera propria per rivestirsi con una violenza tale che trapelò persino dalle sue stentoree parole.

– Ora tu vieni con me al lavoro. Non toccare nulla. Non parlare con nessuno. Se attacchi bottone con uno dei ragazzi per aizzarteli contro te la vedrai direttamente con me… – uscì fuori dalla stanza con gli occhi che mandavano scintille, senza turbare minimamente il fratello minore che ancora sorrideva – e per inciso: quella tua bambola, perché se l’hai voluta tu tanto sicura non è, andrà direttamente al macero non appena tutta questa faccenda sarà chiarita e te ne tornerai a casa entro stasera! –

– Coosa? Fratellone sei ingiusto! Ho promesso a nonna di regalarle un souvenir e fare tante foto! –

I piagnistei falsamente infantili di Zeke non riuscirono in nessun modo a scalfire il fratello maggiore che, conoscendolo fin troppo bene, sapeva che lasciarlo a piede libero per la città sarebbe equivalso a permettere ad un terrorista di fare i propri comodi. Senza quindi indugiare oltre Connors senior prese per la manica della giacca il proprio fratello e senza troppi complimenti lo trascinò fino al suv parcheggiato fuori casa.

La mattinata era decisamente iniziata male, e questo non era una cosa buona poiché puzzava come un oscuro presagio.

 

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La sensazione che provava era un misto di calore piacevole e benessere mentale. A Niamh non era mai capitato di provare una simile affinità tra le braccia di qualcuno, e al momento trovava addirittura eccitante sentire persino l’odore di sudore di Kevin che ancora ronfava della grossa dopo una serata decisamente impegnativa.

Quando voleva sapeva essere dolce, e questo era stato nel suo caso visto che non si era decisamente risparmiato nel farle capire che l’amava proprio. Era stato… divertente. Scandalosamente divertente per una come lei e questo pensiero la portò ad arrossire come un peperone trovandosi a rannicchiare la testa contro il fianco del lottatore ora in dormiveglia.

– Oh cielo… – bisbigliò lei quasi con voce stridula – certi pensieri è proprio meglio che non li faccia!! –

Ma fu proprio quel suo pensiero espresso in un sussurro che ebbe il potere di ridestare dal proprio sonno un Kevin Mask piuttosto soddisfatto di come si era passato la serata. Era la sua ragazza adesso, avendo finalmente chiarito ogni singola faccenda, e nonostante avesse ancora il lieve sentore che rischiasse la vita a restare accanto a lui era davvero felice di averla accanto.

– Mrr… che hai?! – sbadigliò rumorosamente e con un braccio le cinse le spalle per riportarla più in alto e guardarla negli occhi – ehi… perché quella faccia? Non mi sembra sia andata poi tanto male –

Lo disse con tono scherzoso perché la ragazza aveva effettivamente una espressione ridicola in faccia nel mentre si ricopriva il seno nudo con le lenzuola ancora umide, ma era logico che non era sua intenzione deriderla. In fondo adesso cos’erano? Fidanzati? Compagni?! Probabilmente adesso erano nella seconda categoria anche se intimamente il giovane rampollo di casa Mask puntava a velocizzare le cose con un precoce fidanzamento magari tra qualche mese… ad ogni modo, questa non era la cosa più importante quanto che ora erano l’uno accanto all’altra.

– No… casomai è andata fin troppo bene! Però… – la giovane deglutì un po’ in preda al panico, ma si tranquillizzò sentendo il compagno accarezzarle una guancia, ed in seguito, darle un bacio sulla fronte – sono… contenta, di essere qui –

Il silenzio che calò nella penombra della suite a disposizione del lottatore non fu in nessun modo imbarazzante, ma lo divenne ben presto quando gli occhi azzurri di Kevin guardarono oltre Niamh. E più in particolare le lancette della raffinata sveglia che indicavano le nove e mezza del mattino.

Nove e mezza… e il matrimonio di suo padre iniziava alle dieci!

– Oh Cristo!! È tardi!! – tuonò all’improvviso lui, piombando giù dal letto ad una velocità tale da scostare completamente le coperte e facendo pure strillare di sorpresa la giovane compagna – il matrimonio di mio padre inizia tra mezzora e siamo in ritardo, cazzo!! –

Iniziò a rivestirsi con furia e a fare persino confusione con la maschera mettendosela all’incontrario, e oscurandosi così la vista andando poi a sbattere la testa contro lo stipite della porta del bagno, mentre Niamh farfugliò qualcosa di incomprensibile riguardo al fatto che non aveva un vestito decente per la cerimonia e tentando invano di calmarlo.

– Argh…! Non c’è tempo neppure di fare una doccia – tuonò nuovamente un Kevin Mask quasi nel panico, uscendo mezzo bagnato dopo un veloce intervento al lavandino e rivestendosi alla velocità della luce – e a quest’ora ci sarà un traffico impossibile per Londra! –

– Ehm… ma credo che tuo padre capirà-ahhh! –

A momenti non le dette neppure il tempo di rimettersi le ballerine che letteralmente la strattonò per un polso dirigendosi come un disperato verso le scale antincendio dell’albergo e rischiando addirittura di far cadere qualche fattorino durante la corsa ( cosa che Niamh si scusò mortificata verso quei poveri dipendenti spintonati a destra e a manca ).

– M-ma non è il caso di prendere l’ascensore? –

La giovane irlandese era quasi senza fiato, e guardando la tromba delle scale poteva notare che erano effettivamente tante visto e considerato che erano all’ultimo piano dell’albergo. Ma il giovanotto inglese era li per un motivo ben specifico, e contrariamente alla compagna non aveva timore di sforzi sovraumani e possibilmente invalidanti. Pertanto, senza sforzo alcuno la prese repentinamente tra le braccia lasciandole ben intuire che cosa avesse in mente di fare nell’esatto momento in cui scavalcò la ringhiera del pianerottolo in cui si trovavano.

– Niamh, come te lo devo dire che siamo terribilmente in ritardo?! –

Lo disse quasi con tono scherzoso, ma lo strillo terrorizzato della ragazza, nel mentre che cadevano alla velocità di un fulmine giù per la tromba delle scale, lo sentirono in parecchi sebbene nessuno riuscì a capire per davvero cosa stesse succedendo vista la velocità con cui Kevin Mask superò le preziose porte dell’hotel Atlas.

 

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– È inconcepibile… inammissibile! Mio figlio è in ritardo e la cerimonia inizierà tra dieci minuti! –

– Stai calmo, fratello. Sono sicura che Kevin sarà qui a momenti… qualche minuto di ritardo non farà male a nessuno –

In fin dei conti Elizabeth Mask, in un abito vellutato in stile vittoriano rosso, non aveva tutti i torti nel dare una possibilità al giovane nipote che in fin dei conti aveva deciso di assecondare il desiderio del padre. Robin Mask tuttavia decise di ignorare quelle parole un po’ fredde facendo picchettare il proprio lungo bastone da passeggio sul pavimento in marmo dell’atrio della zona ovest, quello che dava verso il giardino in cui si sarebbe tenuta la prima parte della cerimonia e poco più avanti, nei pressi dei laghetti, il ricevimento per gli illustri ospiti. Era solennemente giunto fino a casa con una macchina scura cogliendo comunque l’attenzione dei media incaricati dai MacMadd di filmare tutto, e ora doveva essere il primo a raggiungere il giudice di pace assieme a sua sorella passando in mezzo a tutti gli ospiti d’onore, compresa una delegazione di sua Maestà che non era potuta venire per altri impegni, seguito a breve distanza dal suo primogenito che stava tardando ad arrivare!

Erano tutti fuori ad aspettare, l’allegro chiacchiericcio dei nobili e dei membri della Muscle League giungevano fino a li e qualche cameraman curioso cercava di zoomare sulle grandi vetrate ad arco dell’atrio, ben coperte da delle spesse tende di lino, cercando di cogliere ogni più minimo movimento. Tutto doveva essere perfetto, e questo pensiero stava rendendo nervoso Robin Mask sebbene lasciò che la sorella gli sistemasse una rosa bianca nel taschino della giacca scura. Lizzie aveva anche ultimato il bouquet della sposa e a quest’ora doveva anche esserle già arrivato… chissà come stava Alya? Magari era nervosa pure lei per l’inizio della cerimonia? Senza contare che MacNeil sarebbe stato a guardare la sua allieva tra le prime file pronto, quasi sicuramente, a inseguire lo sposo nel caso quest’ultimo, in un momento di assoluta follia, decidesse di dare buca all’ultimo momento.

Ecco, quello fu un pensiero che lo portò a rabbrividire, ma mai come la figura di Howard Lancaster che fece la sua consueta entrata in scena tutt’altro che discreta. Quel bastardo invece di restarsene in giardino aveva ripreso tranquillamente a gironzolare per la villa, dopo quello che era successo poi!, e anche se aveva una voglia matta di spaccargli la faccia a suon di pugni sapeva di dover mantenere la calma per non incappare in qualche assurdo scandalo.

– Mio carissimo Robbie, il pubblico qua fuori si sta scaldando e a meno che… –

– Howard?! –

A fermare le parole del marchese ci pensò una Elizabeth un po’ sorpresa della sua presenza in casa, limitandosi ad inarcare un sopracciglio e a squadrarlo da capo a piedi per il logico fatto che non vedeva il Lancaster da una vita. E lo stesso Howard, di bianco vestito sebbene avesse un fazzoletto grigio nel taschino, per un momento rimase interdetto dinnanzi a quella figura femminile quasi ieratica che lo guardava quasi con un… filo sottile di disprezzo.

– Oh… Lizzie! – sul volto dell’ex lottatore si dipinse quello che era un timido sorriso – sei davvero tu? È passato molto tempo dall’ultima volt…–

Sparisci!

– Sissignora, subito signora –

Quella scena decisamente risultò atipica per Robin Mask, tanto da lasciarlo a bocca aperta mentre osservava Howard Lancaster scomparire rapidamente lungo il corridoio che l’avrebbe portato in giardino per una porta secondaria. Poi gli venne quasi da sorridere, pensando al motivo di quella sua repentina “fuga” dalla tanto temibile Lizzie Mask e persino lo stesso marchese deglutì pensando che quella donna rimaneva a dir poco crudele.

Non la incontrava da anni ma non aveva fatto fatica a riconoscerla, ma dopotutto quel concentrato di malvagità non si poteva scordare così facilmente.

All’età di 12 anni era stato il suo primo grande amore. Oh si, poteva sembrare assurdo ma da bambini frequentavano lo stesso club ricreativo, anche se in sezioni differenti, e visto che il giovane Howard era rimasto incantato da quella ragazzina dai corti capelli castani e dallo sguardo dolce decise di passarle in modo discreto un bigliettino con su scritto una semplice domanda: “io ti piaccio?”

Invece di dirgli di “no” quella strega maledetta ben pensò di bruciargli i capelli durante l’ora di cricket, rivelando che sotto quello sguardo tanto carino si nascondeva una autentica bulla. E nonostante fossero passati ormai anni, una certa soggezione gliela faceva ancora anche se lei era un’esile signora e lui un ex wrestler che si è comunque mantenuto in forma… in una ipotetica scala di graduazione lei era seconda solo a MacNeil.

– Mhpf… mi deludi, Robin. Hai davvero invitato quella nullità di Howard Lancaster al tuo matrimonio? –

– Una semplice “formalità”, sorella. Io ho lanciato la sfida e lui ha accettato –

Elizabeth fu quasi sul punto di replicare ma l’entrata in scena di due individui accorsi fino a li come due maratoneti ebbe modo di distrarla completamente e lasciarla sorpresa. Idem il futuro sposo, che non faticò ad identificare il primo tra i due irruenti ospiti appena giunti.

– Papà… siamo… arrivati! –

Kevin Mask, il suo problematico primogenito, era giunto fino all’atrio e a quanto pare durante la corsa si era pure messo l’abito che avrebbe indossato nella cerimonia, ma restava comunque una figura abbastanza disastrata dopo quella che sembrava essere una lunga corsa da Londra fino alla tenuta dei Mask. E nel mentre che Lizzie quasi si precipitò verso il nipote per rimproverarlo e dargli una sistemata, Robin Mask non potè non notare la donna che barcollava come una ubriaca dopo essere stata strattonata e sballottolata dallo stesso Kevin nella sua disperata corsa fino a casa.

– Hm… e la signorina che ti sei portato dietro chi è?! –

Porse la domanda con una certa freddezza osservando la giovane che cercava di farfugliare qualcosa in risposta ma che, con prontezza di riflessi, venne raggiunta da Kevin che la prese per mano riportandola alla “realtà”. Il giovanotto l’aveva fatta un po’ disperare tra improvvisi salti nel vuoto e ancor più peggiori salti tra un’auto e l’altra per evitare il traffico londinese, ma mentalmente si ritrovò a ringraziarlo per averla tolto dall’impiccio di doversi presentare, ancora scombussolata poi, al futuro sposo tanto freddo quanto imponente.

– Lei… è la mia ragazza, papà –

Nel mentre che lo diceva si ritrovò a stringerle, ricambiato quasi di istinto, la mano come a voler enfatizzare meglio quelle parole. Ma ormai per Robin non c’era più tempo per le giuste obiezioni per quell’assurda entrata in scena e all’ancor più assurda dichiarazione del figlio ribelle, poiché un valletto entrò dalla porta principale dell’atrio annunciando quasi con affanno che la cerimonia doveva cominciare secondo la tabella di marcia.

 

- - - - - - - - - - - - - - - - - -

 

–Nikolai, quanto tempo che non ci si vede –

–Eh, si... Anni ormai… –

Come inizio faceva decisamente schifo, almeno secondo Warsman che avrebbe preferito meno insicurezza nelle parole e decisamente nessun imbarazzo nell’avere di fronte la madre di sua figlia.

Katya tuttavia non sembrava in imbarazzo, sorridendogli dolcemente e prendendogli le mani tra le sue in una presa amichevole e solida. Si trovavano in una sala attigua a quella dove Alya era andata momentaneamente a preparare gli ultimi ritocchi, anche se non lo dava a vedere era nervosa e voleva stare per un momento da sola, ma stranamente per il russo, imbarazzo a parte, non c’era la tipica tensione che si sarebbe aspettato di provare.

Una cosa un po’ bizzarra forse, visto che l’ultimo mese l’aveva speso in una tensione quasi perpetua alimentata da attentati vari e tentativi di rapimento finiti male ( e quelle scosse elettriche erano state davvero pericolose oltre che dolorose… e sapere che Howard Lancaster sarebbe stato presente al matrimonio non aiutava ), tuttavia ora che si trovava in mezzo al “momento decisivo” si sentiva come sollevato per essere finalmente arrivato al tale giorno lasciandogli addosso solo lo spettro di tutte le emozioni che si era prefissato di provare in un sol colpo.

Addirittura non avvertiva più il senso di colpa per averla abbandonata, anni or sono e con validi motivi, e neppure il senso di inadeguatezza nel starle accanto. Solo… era sinceramente felice di vederla e di sapere che entrambi stavano partecipando ad un evento importante che riguardava la loro bambina.

– Come stai? Mi sembra che tu sia in forma –

– Non c’è male Katya… Grazie – sussurrò piano quelle parole, sciogliendosi delicatamente da quella presa gentile – e tu non sembri cambiata affatto dall’ultima volta che ci siamo visti–

Più che un complimento per lui erano la realtà dei fatti, benchè la signora mostrasse le sue prime vere rughe sul volto e le mani mostrassero le cicatrici dovute agli aghi da cucito. Proprio come le mani di Warsman che mostravano i segni delle molte lotte affrontate, anche Katya mostrava i segni del tempo che avanzava e non lo faceva senza temere di invecchiare… contrariamente com’era solita ricordargli una certa puttanella viziata che arrivò giusto in tempo per rovinare quel piccolo momento.

– Eh, però io mi chiedo se da giovane l-lui fosse già un porcello come adesso… adesso, ecco –

Un brivido freddo corse lungo la schiena dell’ex lottatore nel sentire quella che era la voce un po’ impastata dall’alcool di Emerald Lancaster, e quando si voltò per osservarla poco ci mancò che la fulminasse per davvero con lo sguardo. Quantomeno la marchesa indossava un abito il più possibile normale, senza scollature esagerate o spacchi vertiginosi, ma era pieno di cristalli di Swarovski sulla stoffa leggera rigorosamente verde smeraldo, facendola apparire in netto contrasto con la sobria figura di Katya avvolta nel suo consueto abito scuro.

– Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster! Non ho la più pallida idea di come tu abbia fatto ad entrare qui data la sorveglianza – ma che lo diceva a fare che sapeva alla perfezione che i Lancaster si infilavano ovunque – ma non ti permetto di rovinarmi il giorno perfetto di mia figlia! –

Si trattenne dall’insultarla giusto perché accanto a lui c’era una perplessa Katya, ma questo non sconvolse Hammy che si avvicinò ad entrambi emettendo una risata beota e rischiando di far traballare fuori dal calice lo champagne che stava sorseggiando.

– Ma no… ma no! Ma mica voglio rovinare il matrimonio di nonno porcello, eh! No, sul serio… ma era da-davvero così porcello da giovane? – con una mano si aggrappò alla giacca scura di Warsman, strattonandolo un po’, mentre con l’altra mano che impugnava il calice indicò con insistenza la figura della sarta – perché ora credimi eh! Va in giro con una bruuuta calzamaglia che gli fa il culo moscio come un… boh… un sorcio ecco! –

Francamente parlando Katya non capiva di cosa la giovane terrestre stesse parlando, perché non aveva collegato che la parola “porcello” potesse essere riferito agli appetiti sessuali del suo ex compagno, ma capì alla perfezione che Warsman aveva uno sguardo fiammeggiante di odio puro nei confronti di quella ragazza piuttosto brilla che doveva conoscere assai bene.

Difatti, reprimendo a stento un ringhio risentito, il russo prese per il polso la mano della marchesa, quella che lo stava strattonando per la giacca scura, deciso più che mai ad allontanarla da li per evitare eventuali figuracce o peggio… l’essere smascherato in un paio di secondi.

La sua fu tuttavia una pessima mossa poiché la ragazza, sebbene fosse piuttosto brilla, reagì di scatto gettandogli in faccia tutto il contenuto del calice. E da li, in quei due secondi scarsi in cui la Deva si portò momentaneamente le mani sulle labbra stupita per quella tesa scenetta, i due “compagni nel crimine” dettero brevemente sfoggio del loro lato più caratteristico.

– Nraargh! –

In un attimo Warsman caricò a testa bassa una ragazza che prima di darsi alla “fuga” gli lanciò addosso il calice ormai vuoto che andò a frantumarsi sul suo casco nero. Corsero per un po’ lungo il corto corridoio fino a raggiungere l’atrio in cui sarebbe dovuta uscire la sposa iniziando a correre attorno ad un tavolo apparecchiato per un piccolo rinfresco. Katya continuò a guardare ancora quella scena così irreale quasi boccheggiando, e non si accorse che la figlia uscì dalla stanza in cui si era ritirata per meditare lasciando sorpresa pure quest’ultima per lo spettacolo offerto dal padre.

– Sono pronta mamma, papà è già arrivato ver… uh? – anche la giovane dottoressa si fermò a guardare la scena, ora suo padre era intento a riversare sulla schiena della giovane, sotto il vestito, tutto il ghiaccio presente in un secchiello porta champagne portandola così a strillare per i brividi, trovandosi pure lei ad inarcare un sopracciglio – Ah, vedo che hai conosciuto la nuova “compagna” di papà –

– Oh, sembra una ragazza un po’ singolare… suppongo che sia una terrestre, vero? –

Era decisamente raro che una Deva si comportasse così per presentarsi a qualcuno, ma per quanto Alya rimase impassibile, Katya conosceva bene sua figlia da sapere che Emerald Lancaster la trovava piuttosto… strana. Ma in fin dei conti non era affar suo con chi si intratteneva il padre, e l’importante era che stesse bene. Anche se aveva come l’impressione che a livello fisico avesse subito qualche colpo strano, avvertiva come una strana vibrazione nella sua respirazione… come se avesse subito una forte scossa elettrica, ma magari era solo una sua impressione. 

– Ehm… padre! Io sarei pronta ad andare –

Appena la voce della futura sposa si fece sentire in modo educato all’interno dell’atrio, immediatamente i due litiganti smisero di tirarsi noccioline e ghiaccio e si fermarono nell’osservare, quasi incantati, la figura della Kalinina.

Warsman non aveva ancora avuto modo di vederla  con il suo abito da sposa, ma vederla con indosso proprio quell’abito la faceva sembrare una bambola di porcellana dagli occhi di ghiaccio. Era bellissima, e anche se la sensazione di perderla si stava accentuando ancora di più, era pronto per accompagnarla all’altare lasciandosi andare ad un gesto d’affetto piuttosto inconsueto per lui. Si avvicinò a lei lentamente, venendo accolto da un timido sorriso dalla novella sposa, accogliendola tra le proprie braccia in un abbraccio che non fosse troppo stretto per ovvi motivi.

– Nikolai! Non stringerla troppo, ci ho impiegato tanto per sistemarle i capelli! –

La quasi supplica della sarta venne prontamente accolta dall’ex lottatore che a malincuore liberò la figlia dal proprio abbraccio dandole un’ultima lunga occhiata vedendo come l’amata figlia gli sorridesse  con affetto sincero. Lo disturbava ancora che volesse sposare il suo vecchio maestro, ma dopotutto quella era una sua scelta… e continuò a ripeterselo mentre l’accompagnava a braccetto verso l’esterno affollato.

 

( … )

 

Ramenman si era distaccato dal resto del corteo nuziale nonostante la musica avvisasse dell’entrata in scena dei promessi sposi per la somma gioia dei molti illustri ospiti che si erano seduti attorno al piccolo altare cerimoniale. Era principalmente immerso nella quiete del laghetto principale della tenuta dei Mask, piuttosto grande in effetti, fermo sul bordo della passerella di legno che serviva da attracco per le canoe da allenamento.

Nonostante il cinguettare degli uccellini appollaiati sui salici piangenti e la tranquillità delle anatre che nuotavano pigramente nelle acque scure del laghetto, l’anziano coccodrillo di nome Bruce sembrava piuttosto irrequieto.

Di lui si vedevano solo una doppia fila di grosse scaglie che affioravano dall’acqua come le rocce di pericolosi scogli, e il suo andare avanti e indietro per tutta la lunghezza del grande laghetto lasciava dedurre che fosse nervoso per qualcosa di non meglio definito.

Forse un terremoto? Di solito gli animali sentono le vibrazioni sul terreno, ma Bruce sembrava irrequieto per altri motivi non legati ad eventi di tipo ambientale… e questo al lottatore cinese decisamente non piaceva.

I sui pensieri si bloccarono tuttavia quando King Muscle, vestito con il suo orrido completo giallo dai disegni improponibili, lo affiancò senza comprendere che il vecchio collega si era avvicinato alla passerella per meditare.

– Ramenman! Andiamo vecchio mio… ti stai per perdere la cerimonia! Vedessi che bella che è la dottoressina… anche se il babbo fa paura… ma che hai?! –

Smise con le sue goliardiche battute quando anche lui vide che l’immenso coccodrillo di casa Mask stava nuotando in modo poco tranquillo lasciando in vista solo le sue creste frastagliate. Un comportamento abbastanza inquietante anche se pure Suguru sapeva che si trattava di un animale piuttosto mansueto all’infuori degli allenamenti ( giocava addirittura con i bambini! ), ma quel suo strano modo di nuotare gli stava mettendo un po’  d’ansia.

– Uhh… sembra di vedere Godzilla che nuota! –

– Il coccodrillo è irrequieto – fece Ramenman dopo il lungo silenzio che lo aveva caratterizzato fino a quel momento, ignorando la battuta del vecchio amico – dubito fortemente che sia stressato per il matrimonio, quanto piuttosto per qualcosa di diverso… –

– Uh… si beh… meglio aggregarci agli altri no? –

Di irrequieto a King Muscle gli bastava il figlio, anch’egli vestito con un improponibile smoking azzurro pastello, che da quando era tornato dalla sua fuga da Belinda e Meat aveva da aggiungere alla propria lista di cose che gli mettevano paura pure i coccodrilli! Ovviamente il giovane principe non aveva fatto parola al padre di averlo visto fare il cretino durante l’addio al celibato, ed era meglio così visto che l’anziano re aveva poi dovuto sborsare parecchi soldi per evitare che certe foto arrivassero a sua moglie e ai suoi sudditi, ma quella sua strana tensione era identica a quella degli altri giovani lottatori che l’avevano accompagnato nelle sue scorribande.

Dopo un’ultima occhiata al coccodrillo nervoso, anche Ramenman decise di non perdersi il momento cruciale di tutto quel matrimonio.

 

 

 

Ebbene, so che questo capitolo non è un granché ma serve come “prologo” alla parte conclusiva della storia che inizia proprio ora :D spero di farlo sia spassoso che a sua volta tragico ( un po’ come suggerisce il titolo del capitolo ) e finalmente molte cose in sospeso saranno chiarite e non dovrete più impazzire! Se la mia ispirazione sarà buona spero di non allungare troppo i tempi tra un aggiornamento e l’altro.

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Capitolo 26
*** festival of blood part.2 ***


Cinque minuti prima dell’inizio della cerimonia, Robin Knight Mask era giunto alla villa con il suo piccolo corteo di Deva. La sua camminata era solenne e le due gemelle lo seguivano una al fianco destro e l’altra a quello sinistro con un passo ritmico e uguale. Di conseguenza, i nobili e gli altri ex lottatori che attendevano numerosi i futuri sposi lo guardarono quasi con timore reverenziale lasciandolo passare come se fosse stato lui il padrone di casa. Anche perché, in fin dei conti un po’ lo era ancora.

Ma fu quando entrò nella villa, e più precisamente nell’atrio dove sarebbe uscito un Robin Mask con indosso il suo kilt da cerimonia, che i flash dei fotografi si scatenarono prima che le due suorine chiusero repentinamente le porte alle spalle del loro signore.

Il vecchio capoclan dei Mask fermò l’avanzata di un Robin pronto ad andare all’altare in un modo piuttosto singolare.

– Eh..?! padre, sei proprio tu… ouch!! –

A sorpresa sia dei pochi servitori presenti che dello stesso Kevin che protestò rumorosamente, Knight Mask dette un gancio destro sul volto del proprio figlio, senza comunque lasciargli ammaccature, abbastanza forte da farlo quasi cadere a terra.

– Questo è per non avermi mai chiamato in questi lunghi cinque anni! E questo… –

Un altro pugno venne indirizzato sulla figura del futuro sposo, e questa volta si stampò sugli addominali di mister Robin riuscendo a piegarlo sulle ginocchia per il dolore. Gesto questo che portò il giovane Kevin a voler reagire, ma fu lo stesso padre a fermarlo con un gesto della mano.

– … mentre quest’altro è per informarti che sono felice di rivederti, figliolo –

A parlare questa volta era stata l’altra Deva, ed i presenti ci misero un po’ per capire che il vecchio capoclan stava comunicando con loro tramite le due suorine telepati. Persino Elizabeth rimase stupita della cosa, benchè fu ben più stupita di trovarsi l’anziano padre di fronte portandola per questo ad impallidire come se avesse visto n fantasma. Non che avesse mai avuto screzi con lui, era l’unico ad averla sempre supportata sebbene le sue scelte fossero molto discutibili e da “ribelle”, ma trovarselo in armatura da battaglia e con la pelle color avorio era semplicemente… irreale, almeno per lei.

– Non temere, bambina mia, sono ancora in forma –

La suorina di sinistra tornò a parlare e anche se quelle dovevano essere parole di conforto uscirono fuori con una certa… apatia. Probabilmente per usare quel potere le due Deva dovevano essere concentrate, ma quel surreale momento freddo si stemperò al gesto di affetto dello stesso Knight Mask. Accarezzò le spalle di Elizabeth e strinse quelle di Robin con gesto deciso e paterno, dando prova che quello era il massimo affetto consentito tra i membri della famiglia benchè egli stesso fosse molto più liberista del vecchio Robin Grande, salutando per ultimo un nipote ancora interdetto per quell’entrata in scena piuttosto singolare.

L’ultima volta che aveva visto suo nonno era solo un bambino, ma sia allora come adesso, nonostante si vedesse che aveva sofferto per la malattia, era comunque una figura che gli aveva sempre fatto una certa impressione. Tanto da non riuscire a dirgli nulla quando gli poggiò una mano sulla spalla, sentendosi invece un autentico schifo per essere stato un individuo fin troppo problematico per l’intera famiglia. E anche se non era sua intenzione riconciliarsi definitivamente con il padre Robin, perché questo sarebbe valso come una “condanna” a tornare ad essere la sua marionetta, forse sarebbe riuscito a lavare via l’onta che gravava sul suo clan con il giusto onore che serviva.

– Sono qui per dare la mia benedizione a questo matrimonio – fece la Deva alla destra di Knight Mask – e per benedire voi ovviamente… non pensiate di non meritarvelo, fare degli sbagli è normale ma l’importante è non perdere mai la retta via –

– Si beh… grazie per avermelo ricordato sul mio stomaco, padre –

L’anziano ex lottatore era sempre stato famoso per i modi piuttosto eccentrici nell’educare i propri figli, a tratti comprensivo e in altri piuttosto severo, ma con quella sua entrata in scena sembrava voler mettere la parola “fine” ad ogni screzio presente nei membri della famiglia Mask. I suoi figli e nipoti chinarono la testa un po’ tesi, in particolar modo Robin Mask per quei pugni a suo avviso poco meritati ( anche perché a parer suo aveva dei validi motivi per quelle sue contestazioni ) sebbene avesse comunque dato la sua benedizione al matrimonio, ma la scena venne comunque interrotta dall’improvviso arrivo di una agitata Santiago. La donna di origini ispaniche, dopo aver tirato le orecchie a Kevin Mask e averlo aiutato a mettersi velocemente l’abito per la cerimonia quasi non notando a ragazza che si era trascinato dietro, era dunque giunta nell’atrio per annunciare che un ritardo non era più tanto ammesso per quel giorno.

Señor Robin! Qui fuori iniziano a spazientirsi e il señor MacMadd sembra un burro con la rabia

Ed effettivamente parlando non poteva esistere una descrizione migliore per Vance MacMadd e la sua giustificabile ansia, ma fino ad un certo punto, per la mancata diretta televisiva. Un conto era presentare un incontro di wrestling, e in una cosa simile gli imprevisti erano all’ordine del giorno, ma lui non aveva mai diretto le riprese di un matrimonio in live… e non era una cosa che lo rendeva particolarmente allegro.

– Andiamo! Dove si è cacciato Robin Mask?! Perché ci mette così tanto… – camminava avanti e indietro sulla struttura sopraelevata che ospitava i cameraman e i tecnici del suono, e logicamente non era bello avere un MacMadd nervoso tra i piedi – sbrigatevi con quegli effetti sonori! E preparatevi a quel montaggio, dannazione! –

– Ehi, papà… ma non è che sei ancora preoccupato che la Corte possa prendersela con noi?! –

Quando voleva Ikimon sapeva essere piuttosto intuitivo, non che fosse veramente stupido sebbene il suo egocentrismo gli offuscasse spesso la ragione, ma con quelle parole non è che riuscì a calmare definitivamente l’anziano genitore. Anzi, tutt’altro.

– Razza di idiota!! – esplose dunque il genitore, terrorizzando anche i tecnici presenti – ovvio che sono preoccupato anche di questo! Questo evento fa tanto da copertura che da trappola per i topi! Dico bene, tizia strana che… non ho mai visto?! –

La voce del vecchio Vance MacMadd oscillò un pochino, perché francamente non aveva mai visto quella strana donna vestita di nero e con ben sei braccia come un maledetto ragno. La donna, con una voce insolitamente maschile forse a causa del respiratore che aveva in bocca, si voltò incuriosita verso i due kinniku senza aver ben capito la domanda del più anziano.

– Eh? Ma ce l’ha con me?! –

Effettivamente parlando nessuno l’aveva mai vista in giro benchè la tizia tirò fuori una espressione alquanto beota, ma fu ancora una volta Ikimon a cercare di capirci un po’ di più su quella femmina che fino a quel momento si stava leggendo un libro… su Star Wars?!

– Senta un po’ signorina… lei è per caso il nuovo tecnico del suono? Non mi sembra di averla mai vista all’ufficio collocamento della IWF… –

– Infatti sono passata per il cancello – fece quella “alzando” un sopracciglio perplessa – quello laterale, per intenderci… non c’è molta sorveglianza da quelle parti –

Il fatto che lo disse con un tono che inquietò brevemente i due uomini non fermò lo spettacolo che comunque doveva andare avanti, e difatti molte voci piuttosto soddisfatte si levarono dal pubblico alla vista di Robin Mask che usciva dalla villa sotto un mare di flash accecanti.

Come da programma ci pensò Elizabeth ad accompagnare il fratello all’altare, seguiti a breve da un tesissimo Kevin Mask decisamente poco abituato alle telecamere. Non gli erano mai piaciuti veramente i riflettori e riusciva a sopportarli giusto durante gli incontri di wrestling, e difatti lo si poteva perfettamente notare quanto fosse nervoso già dal suo passo… e dalla musica che uscì fuori dalle casse acustiche e che somigliava tanto ad una canzone dei Village People, che decisamente ebbe quasi il potere di fargli rizzare i capelli. Persino lo stesso Robin sbiancò sotto l’elmo argentato, arrivando quasi a fermarsi in mezzo al tappeto rosso indirizzando il proprio sguardo pieno di astio in direzione della fonte di tutto quel baccano che ben conosceva. Fu sua sorella Lizzie a impedirgli di fermarsi, prendendolo con più decisione per il braccio destro e costringendolo così a mantenere la schiena rigida e il passo fiero fino al chiostro con l’altare.

– Non attardarti fratello, ci sono cose più importanti di questa fastidiosa musichetta –

– Howard! Quel cane maledetto… è lui dietro tutto questo – lo sibilò con tono glaciale, riconoscendo chiaramente la canzone su cui aveva ballato il giorno del suo quarantaduesimo compleanno assieme all’ex amico – vuole farmi fare brutta figura davanti a tutti! –

Decisamente quella canzone, fonte di profondo imbarazzo per il futuro sposo visto che si era lasciato andare con un certo impeto a quella musica chiassosa, aveva attirato l’attenzione dei confusi ospiti e aveva fatto momentaneamente sbiancare gli stessi MacMadd di fronte ad un possibile fiasco. Ma il fatto di vedere i Mask continuare a muoversi come se nulla fosse dava l’idea che avessero scelto apposta quella canzone per risultare il più eccentrici possibili da bravi nobili inglesi.

E difatti, come aveva pronosticato Robin Mask, dietro quel piccolo fuori programma c’era lo stesso Lancaster dietro la strumentazione musicale osservato da due tecnici kinniku decisamente perplessi.

– Era solo un bigliettino innocente, maledetta strega! – sibilò a denti stretti il marchese controllando il volume sulla apparecchiatura acustica – che motivo avevi di bruciarmi i capelli?! Non è così carina come sembra ragazzi – questa volta si rivolse ai due tecnici che indietreggiarono intimoriti – è una strega vera e propria credetemi! Per lei la parola “gentile” non esiste! –

Alzò ed abbassò volutamente il volume della canzone quasi come se stesse maneggiando un disco rap, e tale motivetto continuò anche quando fu il turno di Alya a camminare sul tappeto rosso accompagnata dal padre. La Deva trovò l’accompagnamento musicale alquanto bizzarro, magari si trattava di una trovata “geniale” del signor MacMadd, anche se al momento mister Vance si stava tirando i capelli sebbene non avesse intenzione di interrompere il Lancaster temendo rappresaglie poco simpatiche, tuttavia per lei era la cosa meno importante visto e considerato che Robin Mask era all’altare ad aspettarla decisamente impeccabile nel suo kilt cerimoniale.

– Hm… il tuo futuro marito indossa una gonna, e dagli altoparlanti fuoriesce una canzone per uomini allegri. Sei sicura di quello che stai facendo, cugina? No, perché… a me sembra che mister Mask voglia dirti qualcosa! –

A seguire la futura sposa e Warsman c’era nientemeno che Eiko, la testimone della sposa, avvolta in un abito di stampo occidentale, bianco con dettagli neri come lo era più o meno quello di Alya, intenta a portare tra le mani una rosa bianca di stoffa su cui erano state legate le fedi di platino. La sua cinica battuta venne prontamente ignorata dalla sposa ma non dal padre, che aguzzando meglio la vista potè notare che nel padiglione tecnico c’era un po’ di trambusto.

– Direi piuttosto che qualcuno si sta divertendo a giocare con le apparecchiature tanto per far imbestialire i Mask… ma potrei sbagliarmi – quasi si era scordato che al suo fianco c’era la figlia e che quello era comunque un momento teso anche per lei, anche se cercava di non darlo a vedere, quindi non era il caso di farla preoccupare ulteriormente – probabilmente il vecchio Vance ha trovato una qualche trovata pubblicitaria 

– È probabile, padre… – fece un po’ sovra pensiero una Alya che strinse maggiormente il braccio del genitore – spero solo non dia troppo fastidio a Robin –

Francamente parlando non ci credeva neppure lui, e non ci credeva neppure Eiko visto la mezza risata che gli uscì involontariamente, ma doveva cercare di apparire il meno preoccupato possibile e soprattutto trattenersi dalla tentazione di prendere Alya come un sacco di patate e fuggire via da tutte quelle persone che li guardavano tra l’ammirato e il… perplesso. C’era qualche faccia disgustata a dire il vero, perché molto probabilmente non tutti sapevano di chi fosse figlia quell’avvenente fanciulla visto che per volontà dello stesso Warsman non era una notizia di dominio pubblico, ma Alya non era affatto turbata da quegli sguardi a tratti curiosi e a tratti quasi infastiditi… poiché in effetti di cosa si sarebbe dovuta vergognare?

Nonostante l’indifferenza il suo sguardo divenne più freddo alle occhiate dei nobili perplessi, anche se non guardò nessuno di loro, ma lo stesso padre che la stava accompagnando all’altare potè notare alla perfezione come si addolcì un poco quando si trovò finalmente al fianco di Robin Mask.

Dire che sua moglie era bellissima era poco. Anche se il pensiero che passò per il cervello dell’ex lottatore era piuttosto consono alla situazione, quella visione bastò a togliergli di dosso il nervoso dovuto a diversi contrattempi. Da suo padre che era giunto da Amazon con tanto “amore” ma deciso a dare la sua benedizione, a Howard Lancaster e le sue irritanti manipolazioni, fino a suo figlio che gli aveva portato una campagnola in casa. Ok, forse lui era l’ultimo che poteva permettersi di fare una simile dichiarazione visto che stava per sposare una aliena che apparteneva ad una razza che fino a qualche mese fa non gli andava per niente a genio, ma nei mesi scorsi aveva già spiegato a Kevin che certe persone di un certo rango, e Alya comunque era una dottoressa, non era il caso di frequentare proprio.

Il suo sguardo comunque era solo per la sua promessa sposa, e anche se per etichetta non avrebbe dovuto mostrare nessuna manifestazione emotiva in pubblico proprio non ci riuscì a resistere alla tentazione di dare una piccola carezza, con le nocche della mano destra, sulla guancia di Alya.

Era un gesto lieve e piuttosto breve, quasi clandestino che comunque non infastidì i testimoni presenti, ma che bastò per far sorridere lievemente la Deva e dare finalmente inizio alla cerimonia davanti all’anziano giudice di pace che… dovette sistemarsi meglio gli occhiali da vista per osservare meglio il testo da leggere.

– Oh bene… bene, bene! Siamo dunque riuniti qui per celebrare in matrimonio l’unione di… ehm… – si sporse meglio sulle carte che aveva sotto il naso per poter leggere il nome dei due futuri sposi – come hai detto che ti chiami, giovanotto?! –

– Robin… Robin Mask! – lo disse con una certa stizza anche perché tutto si sarebbe aspettato meno che un giudice ultracentenario con la miopia! Mai lasciare che di certe cose se ne occupino i MacMadd – cerchiamo di non perdere tempo –

Riuscì a calmarsi solo quando Alya gli toccò delicatamente l’avambraccio sinistro, gesto che però fece sbuffare in modo sarcastico il giovane Kevin visto il modo in cui il genitore si era “ripromesso” di mantenere un atteggiamento pacato durante tutta la cerimonia.

– Bene, bene… beeene… e tu come ti chiami, dolcezza? –

– Alya Nikolaevna Kalinina… ma può chiamarmi semplicemente Alya –

Lo disse logicamente a fin di bene, poiché se quel giudice non era ancora in pensione poco ci mancava, ma sebbene la cerimonia fosse appena all’inizio c’era già chi avrebbe voluto saltare alla seconda parte della festa. In particolare Robin Mask, che non vedeva l’ora di rintanarsi nel cottage per riposarsi assieme a sua moglie…!

– Donna… mi auguro che tu abbia il mio regalo di fidanzamento, addosso… –

Lo disse in un sussurro mentre il giudice continuava indisturbato nella sua “litania”, ma la donna capì al volo lasciandosi scappare un mezzo sorriso sarcastico rispondendogli, di rimando, con un sussurro piuttosto esplicito.

– Lo scoprirai stasera al cottage. Tu piuttosto, hai le mutande sotto il kilt? –

 

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Stan era praticamente l’ultima ruota del carro. Ma in fin dei conti era comprensibile.

Essendo una recluta che aveva da poco passato le selezioni dei Lancaster, quindi con il permesso di operare nei settori più ristretti del campo alfa, basicamente avrebbe dovuto essere al pari degli altri… ma non è che per questo i ragazzi avevano iniziato a trattarlo meglio.

Aveva un animo ancora gentile per i gusti dei veterani ed ex mercenari presenti in quella “security”, indi era soggetto a scherzi di cattivo gusto come gli scorpioni vivi nei muffin o inseguirlo con un asciugamano bagnato nelle docce per poterlo frustare… ok quello era il meno peggio finchè non lo facevano cadere apposta sulle piastrelle bagnate, e anche se aveva fatto reclamo al loro comandante, tale Michael Connors, l’unica risposta che aveva ricevuto era stato un sarcastico “ehy, cosa ti aspettavi di trovare? Fighette?!”

Il peggio si era toccato quattro giorni fa, e da allora il suo senso di nausea non era mutato. Da quando faceva la guardia, assieme a quello stronzo di Marley, alla colossale prigioniera che da un po’ di tempo era sotto esame, aveva avuto modo di poter vedere di cosa fossero capaci i suoi colleghi.

Avevano usato quella donna come un fottuto bersaglio vivente! Senza la possibilità di proteggersi e scappare, perché restava legata a quei massicci travi d’acciaio, e testando su di lei ogni tipo di arma. Dai fucili di precisione, alle pistole pesanti, e se non si era arrivati ad usare un lanciarazzi era solo per motivi di sicurezza strutturale.

Era stato l’unico a chiedere di smetterla, anche se i commilitoni avevano cercato scherzosamente di dissuaderlo dal fare il “canarino”, perché tanto erano sicuri che quella femmina non provasse nulla a livello fisico anche perché buona parte dei proiettili non la trapassavano neppure, alla fine si era visto costretto a fare rapporto al comandante come da regolamento. E cosa aveva ricevuto in cambio? Fare la guardia alla tana del mostro!

– Uff… dobbiamo proprio stare qui dentro? –

– Sono gli ordini pivello… – Marley ridacchiò con sarcasmo, volgendo lo sguardo verso il novellino – cos’è? Hai paura che questa bestia ti mangi? Guarda che è educata –

Lanciò una risata piuttosto stentorea e si voltò a guardare con arroganza una Masada intenta a meditare. No, non la considerava una donna come buona parte dei soldati, troppo forte, alta, e poco carina, anche se doveva riconoscere che in quanto a resistenza fisica era eccezionale, ma alla stregua di un animale impazzito che aveva deciso di attaccare il loro comandante. Era una brigante, e andava trattata come tale senza “se” e senza “ma”.

– Sicuramente è più educata di te… – mormorò il giovane tra se e se – che non riesci a fare a meno di sputare per terra ogni due minuti – e senza farlo apposta Marley sputò proprio in quel preciso istante – comunque pensavo che… ehm, potremmo avere da fare dell’altro di importante, tanto da qui non scappa, no? Sembra stia meditando…–

No, non sarebbe scappata anche perché in quel momento non gli interessava affatto quello che i due soldati armati stavano borbottando. Avevano detto bene, lei stava “meditando” e lo stava facendo grazie all’impianto neurale che gli era stato impiantato nel cervello quando aveva solo venti anni di vita. Tutte loro ce l’avevano.

Gli scienziati di Howard si erano accorti che nel suo cervello c’era una “protuberanza” alquanto strana che si ramificava, con nervature fitte, dal cervello alla spina dorsale, ma avevano pensato che si trattasse di un tumore benigno visto e considerato che dalle scannerizzazioni non era saltato fuori nulla di anomalo e comunque poteva semplicemente essere una parte della struttura fisica dell’aliena. E in quei giorni Muramasa aveva fatto buon uso di quella sua componente organica, contattando giornalmente le sue sorelle per fare rapporto e descrivere nel dettaglio ogni indizio riguardante la merce che stavano cercando. Muta solo in apparenza, quella donna aveva segnato la fine di quel luogo nell’esatto momento in cui era stata catturata e ingabbiata come un animale.

Persino in quell’istante stava “parlando” con il suo gruppo, e le direttive che stava ricevendo mentalmente arrivavano direttamente da Nuala. Erano lontane invero, ma una volta che quell’organo artificiale si impiantava nei loro cervelli permetteva alle Deva di sapere sempre dove fossero e comunicare anche nel raggio di 400 km.

“la situazione qui sta iniziando a scaldarsi… c’è chi non apprezza che una signora normalissima legga in santa pace il proprio libro! Bah… che ignoranti!” come se per la vedova nera fosse normale che una donna girasse in tuta di lattice nera insospettendo anche i mocciosi figli degli invitati “comunque, noi siamo pronte ad agire. Tu sei davvero sicura che il carico ce l’hanno loro?”

Si trattava solo di una formalità ovviamente, poiché già si sapeva dove fosse il materiale che quegli stolti umani avevano prelevato senza il loro “permesso”, un modo come un altro per dare il via a tutta l’operazione.

“Affermativo”

“Eee… pensi di uscire da li?!”

“Si… le catene sono solide ma non indistruttibili”

E non le avevano neppure cambiate pensando che fossero bastate contro di lei. In parte vero, poiché erano piuttosto resistenti, ma non avevano scelto Masada per quel tipo di missione solo per farle fare la bella statuina. La merce era stata rubata da un contingente militare, e questo contingente militare a quanto pare era in combutta con un gruppo di lottatori della Muscle League… la stessa League che aveva provato ad inquinare le prove mettendo tutte loro sulla falsa pista. E ora, c’era solo un modo per chiarire la situazione, ora che le carte erano state tutte messe sul tavolo.

Con un basso ringhio che portò a raggelare il sangue al soldato di nome Stan, Muramasa Masada si mise lentamente in piedi iniziando a fare leva sulle braccia per poter spezzare le catene. La recluta l’aveva sempre vista inginocchiata, mentre ora che era in piedi sembrava ancor più pericolosa.

– Oh… ehi! EHI! Cosa cazzo credi di fare, puttana?! – Il primo a reagire fu il soldato di nome Marley, puntandole contro il proprio fucile –  Non ci provare! Non puoi liberarti… NON…–

Stan non aveva mai visto nulla del genere se non nel canale della IWF con i suoi programmi violenti, ma quello che successe a Marley ebbe il potere di toglierli la voce dalla gola per l’assurda velocità e violenza con cui il soldato perse la vita. con un ruggito la donna riuscì a liberare la mano sinistra dalla prima catena, sradicando addirittura il palo d’acciaio dal suo supporto che andò a travolgere il giovane Stan buttandolo a terra, e con tale mano agguantò la testa di Marley stringendola forte.

Sebbene a terra e dolorante a causa di quel maledetto palo, il novellino si ritrovò ad aprire immediatamente gli occhi allo strano suono che il suo collega lanciò dalla gola dannatamente simile a quello di un’oca strozzata. Poi boccheggiò, vedendo che Marley si muoveva come se avesse le convulsioni, e Stan era sicuro di aver sentito anche un “crack” di ossa craniche che si rompevano, prima di lanciare un urlo terrorizzato vedendo il proprio collega essere sbattuto con violenza incredibile sul pavimento della stanza sfracellandosi così la testa in un istante. Il tutto, senza che l’espressione dura della donna mutasse in qualcosa di diverso anche dopo che il sangue le schizzò addosso copioso.

– Oddio…oddio… Marley… – il soldato aveva un fucile in mano ma al momento non riusciva ad utilizzarlo.

Il suo compagno era morto in un modo così veloce e violento che lo aveva letteralmente scioccato, e riuscì solo a balbettare quando la femmina aliena si avvicinò a lui, dopo essersi liberata anche dell’altra catena, mettendolo in piedi per il colletto della giacca.

– Apri la porta, piccolo maschio…?! – reclinò lievemente la testa incuriosita e il giovane capì cosa intendeva dire.

– Stan… m-mi chiamo Stan! –

– Stan… apri la porta, e poi vai a casa –

Balbettando il ragazzo si avvicinò ai comandi automatici che aprivano la porta della cella, e quelle dell’area, per permettere alla donna di andarsene e lasciarlo in pace. Masada non se lo lasciò ripetere, e prima di andarsene volle raccogliere i propri oggetti personali ( pochi a dire il vero ) posti su di un tavolo di metallo vicino all’uscita.

– N-non… non mi ammazzi…?! –

La voce del giovane soldato era ridotto ad un filo sottile, vedendo con quanta semplicità la prigioniera si levasse via il sangue di dosso con un panno preso sempre dal tavolo, come se fosse stato solo dello sporco fastidioso, prima di rimettersi la maschera antigas che deformò le sue successive parole come un mostro abissale.

Io non uccido chi non sa combattere

Forse il soldato di nome Stan non sapeva combattere, ma prima di darsela a gambe e seguire il consiglio della Deva, volle lanciare l’allarme generale nel mentre che la prigioniera prese l’ascensore per risalire al piano di sopra.

 

Circa dieci minuti prima dell’attacco.

 

Zachary non sembrava essere piuttosto impressionato per l’organizzazione del campo alfa. Camminava a fianco del fratello, visibilmente nervoso anche agli occhi del soldato meno sveglio, continuando a giocare ad un vecchio gameboy e con le cuffie dell’apparecchio ben piantate nelle orecchie. Sembrava essere innocuo, sebbene piuttosto strambo con il suo aspetto “particolare”, ma Michael sapeva quanto fosse pericoloso il fratello e pertanto non gli permetteva di “perdersi accidentalmente” per il dedalo di corridoi della base prendendolo bruscamente per un braccio ogni qual volta si allontanava da lui.

“Siamo nervosetti oggi, eh lentiggine?!”

Ma l’ex mercenario era decisamente troppo stressato per rispondere ogni volta a quella palese provocazione, pertanto se ne rimaneva in silenzio camminando velocemente per raggiungere gli uffici amministrativi e chiudere quella maledetta questione della bambola in silicone.

Ma fu quando attraversò la sala mensa che il passo del soldato americano rallentò vistosamente così come mutò la sua espressione facciale.

Nella suddetta sala c’erano pochi soldati a dire il vero, tutti impegnati a prendere un caffè e parlare del più e del meno, ma c’era una sola persona che attirò prepotentemente la sua attenzione. E quella persona era nientemeno che la creepy freak impegnata a sorseggiare un white russian appena fatto, come se nulla fosse e ignorata persino dagli altri soldati.

– Tu… cosa-cazzo-ci-fai-QUI??! –

L’americano lo sibilò a denti stretti nel mentre che si avvicinava alla donna con gli occhi storti e questa lo calcolò appena continuando a bere dalla cannuccia il proprio drink.

– Sono qui a bere – fece un cenno con la mano per salutare Zeke, e questi si tolse le cuffie dalle orecchie facendo un gran sorriso – ah, allora il mio messaggio l’hai ricevuto… si? –

– Eccome se l’ho ricevuto! Dai, fammi vedere la bambola! –

Era come se per i due Michael Connors non esistesse, ritrovandosi a parlare del più e del meno e soprattutto di quel fastidiosissimo giocattolo erotico che tanto il soldato voleva trivellare di colpi.

– Grr… e voi non vi siete accorti che lei non è nelle sua stanza?! –

Stavolta si rivolse ad un drappello di soldati che chiacchieravano vicino ad una futuristica macchina per il caffè, ma gli uomini si guardarono senza capire prima di rivolgersi al loro comandante con una certa titubanza.

– Ehm… non è della manutenzione? Ha sistemato l’erogatore della panna spray della macchina per il caffè… quindi pensavamo che… –

Le parole del soldato però vennero interrotte dal suono insistente dell’allarme generale, e questo portò più o meno tutti a tendere i muscoli dal nervosismo, poiché voleva dire che doveva essere successo qualcosa di veramente grosso per poter scattare così furioso.

Michael Connors tuttavia non fece in tempo a prendere in mano la radiotrasmittente dalla propria giacca che, manco fossero in un film horror, una sequenza di spari si mescolò con le grida agghiaccianti dei soldati fatti a pezzi vivi da qualcosa che emetteva uno strano respiro.

Si era liberata.

In un modo o nell’altro Muramasa aveva spezzato delle catene a prova di chojin sfruttando il lato più tipico della razza maschile. La superbia.

I soldati all’interno della sala mensa iniziarono ad agitarsi, a qualcuno cadde pure la tazza di caffè, e in molti presero in mano i loro fucili senza quasi aspettare gli ordini del loro comandante che come tutti loro si stava già avviando di corsa verso le porte scorrevoli della sala.

Ma contrariamente agli altri suoi commilitoni, Michael Connors si trovò a fermarsi e a voltarsi lentamente verso Alana quando la sentì emanare una risatina che non gli piacque affatto. Accanto a lei Zachary non aveva fatto una piega nonostante l’evidente allarme e i furiosi spari che echeggiavano tra i corridoi, ma il fratello decisamente ebbe l’impulso di strangolare quella donna.

– Eh, eh… sospettavo che fosse Masada e ora ne ho avuto la conferma. Beh, perlomeno so che non è per la Muscle League che è qui… altrimenti si sarebbe già liberata prima! –

Si fermò a bere e a parlare nell’esatto momento in cui una mano del soldato americano non l’agguantò per la gola in una presa ferrea scaraventandola di peso sul tavolo da pranzo. Il white russian andò a disintegrarsi a terra e l’unica cosa che spezzava quello scambio di sguardi tra la Deva e il terrestre era il suono incessante della sirena e le urla dei soldati.

Se Michael non riuscì a puntarle il coltello alla gola fu solo perché Zeke glielo impedì, cosa che lo lasciò un po’ sorpreso, prendendogli suddetto braccio con ambo le mani e riuscendo ad allontanarlo dalla candida gola di una donna che ora sorrideva sarcastica.

– Tu… tu lo sapevi non è vero? Sapevi che sarebbe finita così! Sei in combutta con quelle due puttane! –

– Linguaggio Lentiggine! – lo ammonì un fratello minore che a quanto pare non gliene fregava nulla del massacro in atto – la nonna ci ha sempre detto che non bisogna rivolgersi così alle signore di una certa età… ricordi?! –

Gli occhi di Connors senior però non si staccarono da quelli dritti di Alana, e questa alla fine si decise a parlare, umettandosi le labbra con un piccolo schiocco. Decisamente, la preferiva quando era matta da legare.

– Io non sapevo che avevate catturato Masada… ma lo sospettavo, ecco perché ho voluto accertarmene di persona. Dovevo capire con chi ce l’avesse veramente – il suo sorriso si fece più freddo, maligno quasi, e Michael ebbe nuovamente l’impulso di affondare il coltello nella sua gola anche se venne bloccato nuovamente da Zeke – In principio, pensavo che chi avesse attaccato gli atleti della Muscle League ce l’avesse prettamente con i miei datori di lavoro… quindi come ben sai ho cercato dei capri espiatori anche se… ehe! Che diamine! Masada stava cercando proprio voi capri! Non so se sia tutta una coincidenza o meno, ma mister Lancaster dovrà rimpiazzare parecchi birilli a fine giornata. Quando lei fa un lavoro, lo porta sempre a termine… e se fossi in te cercherei di evacuare in fretta questo posto –

Michael era senza parole e gonfio di rabbia… Alana trovava molto divertente che i suoi uomini morissero quel giorno. Trovava logico che i soldati fossero unicamente delle pedine da mandare al mattatoio proprio in quel preciso istante, e Connors trovava ancor più fastidioso che suo fratello gli stesse impedendo di finire il lavoro!

Alla fine della corsa la lasciò andare, dandole comunque un pugno sul naso con la mano che precedentemente la teneva salda alla gola, prima di fiondarsi verso la porta per raggiungere i suoi uomini e dar loro le giuste direttive per sedare quell’animale impazzito o meglio ancora, abbatterlo definitivamente. Tuttavia quando fu alla porta digitò qualcosa su un pannello di controllo laterale e la porta della sala mensa si sigillò con delle scritte virtuali di contenimento che apparvero sulla vetrata stessa della porta.

– Eh?! Fratellone ma che fai?! Non mi porti con te?! –

Zachary fu il primo ad avvicinarsi alla porta di corsa, Alana si era alzata in piedi sistemandosi con una mano le ossa rotte del naso e con lo sguardo che era tornato storto, cercando di capire come aprirla nonostante lo sguardo duro del fratello maggiore.

– Tu te ne resti qua! Tanto so già che se quella stronza prova a fare qualche passo falso la sgozzi senza troppi problemi, quindi non venirmi dietro e resta qui! –

– Sei un antipatico egoista!! Io posso aiutarti! –

A nulla valsero le polemiche un po’ infantili dell’albino, comunque genuinamente preoccupato per la salute del fratello maggiore, poiché il soldato americano sfrecciò via in direzione di spari sempre più vicini e grida poco rassicuranti.

– Da qui non si esce – sbuffò Zachary Connors, togliendosi momentaneamente il berretto per grattarsi la testa – a meno che non riesco a bypassare il sistema di sicurezza… ma dovrei avere il mio portatile ma non ce l’ho –

– Beh ci sono le prese d’aria… portano un po’ ovunque, sai? –

Nel mentre che gliene indicava una abbastanza larga da far passare un essere umano, Alana aveva preso a scaccolarsi con il mignolo sinistro rischiando pure che quest’ultimo rimanesse incastrato nella narice.

– Hm… ma proprio ovunque, ovunque? Potresti mostrarmi i posti?!– al ragazzo stavano venendo un paio di idee niente male.

– Certo che si! Dai bagni, all’armeria e al magazzino… oltre che al garage. Ah, e non preoccuparti per tuo fratello, più che un birillo è una palla da bowling… –

– …E Howard Lancaster è la mano che lo guida – completò il giovanotto dai capelli candidi con un gran sorriso orgoglioso, senza tener conto dell’atroce doppio senso che aveva tirato fuori – proprio come mi hai detto su Skype circa un mese fa –

Nella testa di Zachary su delineò un piano semplice ma abbastanza efficace, dove magari avrebbe eseguito qualche test scientifico per avere finalmente la prova che il silicone marziano fosse veramente così instabile, e poi voleva che a tutti i costi suo fratello stesse bene…

– Ah… comunque parlando di doppi sensi, il deretano di tuo fratello è a posto… quindi tranquillo –

In tutti i sensi possibili.

 

 

Mah, se fossi stata in Michael un po’ di paura a restare da solo con Zeke e Ally l’avrei avuta, perché li ho quasi descritti come due serial killer psicotici O_o. Comunque, qualcosa si riesce a vedere dal fondo del tunnel? Spero di si xD

Per quanto riguarda l’incontro tra Robin Knight e famiglia, se questi ultimi sembrano essere un po’ a disagio di fronte al loro vecchio è perché… non credo sia bello rivedere il proprio genitore non propriamente in forma. Tutto qui.

Al prossimo capitolo gente, e mi sa che la saga continuerà ancora “a lungo”.

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Capitolo 27
*** festival of blood part.3 ***


Michael Connors si era fatto solo due anni come mercenario in giro per il mondo, vedendo, e compiendo, atti di inenarrabile atrocità di cui lui francamente non riusciva a pentirsene. Ma francamente parlando, quel giorno specifico si chiese a più riprese se quel mostro che stavano cercando di abbattere non si divertisse a far fuori i suoi uomini.

Aveva dato ordine ai soldati di usare i proiettili pesanti, e di cercare di colpire il collo che a quanto pare era il suo punto debole, ma a parte lui che era quasi forte come un chojin gli altri cadevano come se fossero state foglie appena si avvicinavano troppo al bersaglio.

– Mantenete la posizione! Sfruttate le macerie come copertura! Non lasciatela avanzare verso l’uscita! – tuonò tali ordini ai suoi sottoposti mentre cercava di avvicinarsi il più possibile al soggetto – fatele abbassare la guardia il più possibile mentre cerco di avvicinarmi! –

Il soldato americano aveva notato una cosa molto peculiare nella bestia che stavano cercando di fermare, che comunque non si stava facendo problemi a distruggere tutto oltre che uccidere soldati. Masada quando era in movimento, quando scattava o correva, era come se all’improvviso la sua pelle fosse meno spessa e quindi più propensa ad essere ferita dalle armi da fuoco e taglio. Molto probabilmente la sua innata era più attiva quando si muoveva poco o stava ferma, come nel caso della sua prigionia in cui fu ben chiaro a tutti che a momenti non la scalfivano neppure le bombe, inoltre, ricordandosi il loro primo incontro, mentre quella puttana era in movimento quell’altra bestia di nome Warsman e quel brat di Kevin Mask erano riusciti a farle del male. Anche se a fatica a quanto pare.

Il collo comunque rimaneva il suo vero punto debole, sempre a quanto pare, ed era proprio a quello che l’ex mercenario stava puntando.

Attualmente lui e i suoi uomini, più la loro spietata nemica, si trovavano nella zona degli uffici amministrativi… un posto pieno di stanze fragili fatte di cartongesso ove era praticamente impossibile passare se si riducevano in macerie. Michael tuttavia era agile, oltre che forte, e riusciva a schivare buona parte delle travi in ferro che quella tizia lanciava ai soldati per farsi strada, o in alternativa adoperava come mazza per spezzare le schiene agli uomini come se stesse usando una ramazza. E proprio in quel preciso istante, la femmina aliena non si risparmiò di falciare un paio di soldati in un colpo solo con un poderoso colpo di trave, mandandoli a sbattere contro i muri come palline da flipper, riuscendo però a mancare clamorosamente il bersaglio su Connors.

Il soldato schivò agilmente quel fendente saltando verso l’alto e, dandosi la spinta decisiva colpendo con un piede il muro alla propria destra, riuscì ad avere lo slancio necessario per atterrare con un urlo di guerra sulle spalle della nemica.

I suoi uomini avevano agito fino a quel momento bene, distraendo l’avversario, anche se le avevano procurato poco più che dei graffi con le armi pesanti, permettendogli così di avvicinarsi alla preda per piantarle il coltello nella prima vertebra.

Quasi gli venne da sogghignare mentre affondava il pugnale nella carne della nemica, sfruttando tra l’altro il fatto che alle spalle fosse più difficile da prendere, ma davvero non si aspettò che Masada, gridando più per rabbia che per dolore, invece che cercare di prenderlo istintivamente con le mani andò direttamente e ripetutamente a sbattere la schiena contro una delle poche pareti in cemento armato della zona. E non ci andò leggera, tanto che Connors si ritrovò a mollare la presa solo al terzo tentativo, perché il dolore di quei colpi alla colonna vertebrale era davvero insopportabile, trovandosi per questo a mollare la presa ma non riuscendo comunque a toccare terra.

Masada lo agguantò alla gola poco prima che l’americano cadesse rovinosamente sul pavimento, e come un fastidioso déjà vu si ritrovò senza fiato in gola quando la mano della possente Deva non andò a stringergli la carne.

– Le cucine… dove sono?! –

– Aah… t-ti vuoi fare uno spuntino? –

Il suo tremendo senso dell’umorismo non sortì l’effetto desiderato, e un freddo silenzio calò sulla base accentuato ancor di più dal fatto che i soldati avevano smesso di sparare per timore di colpire il loro comandante. Per Connors era chiaro che quella femmina stava cercando qualcosa di importante, era ormai ovvio che si era fatta catturare apposta, ma francamente parlando non aveva idea di cosa stesse cercando e comunque sia non era sua intenzione aiutarla.

– L-e cucine sono in fondo al corridoio… oltre le porte! –

Era logico che i soldati posti dietro le barricate non volessero che il loro comandante venisse fatto a pezzi, come era stato nel caso di Simos, uno dei tanti, a cui quella barbara aveva smembrato le braccia come una bambola lasciandolo poi a terra a morire dissanguato, ma quest’ultimo se avesse avuto la possibilità di parlare li avrebbe mandati a quel paese!

Invece, non potendo reagire il giovane comandante venne preso in ostaggio, costantemente trattenuto per il collo come un pollo, mentre gli altri soldati non poterono che abbassare le armi e seguire i due aspettando il momento buono per agire…

O per farsi ammazzare.

 

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– Strano che una base così grande e tecnologicamente avanzata sia priva delle più basilari regole di sicurezza… –

– Beh, non credo che si aspettino che qualcuno entri in casa loro e vaghi per i condotti di areazione o si faccia spacciare per il manutentore –

Di giretti Zachary Connors, in compagnia di una “ritrovata” Alana, se ne era fatti parecchi per tutto il campo alfa sfruttando le sue intricate condutture di areazione. Certo, alcune sezioni presentavano delle protezioni ai laser… ma nulla che lui non potesse manipolare a proprio favore visto e considerato che, oltre che con i coltelli e gli esplosivi, il ragazzo se la cavava anche con i computer.

Francamente parlando avrebbe volentieri allungato il suo giro di ispezione ma le continue scosse e i rumori di una evidente battaglia in corso lo avevano persuaso ad agire. Alcune condutture erano crollate, e francamente parlando era un po’ in pensiero per suo fratello…

– Stando a quanto ha detto un soldato, qui in cucina dovrebbe esserci un tesoro nascosto! –

– Hm, e io che pensavo di aver già trovato il tesoro giù al magazzino…–

Attualmente i due si trovavano nella grande cucina della base, ed il motivo che li aveva spinti a giungere fino a li erano principalmente due. Nel primo caso, ossia quello riguardante Zeke, il giovanotto aveva pianificato un rapido piano per stanare l’animale che stava radendo al suolo tutto anche se tale piano prevedeva molta più distruzione. Nel caso di Alana aveva bisogno di panna fresca per rifare il suo white russian.

In pratica, parlando del piano di Zachary, durane i suoi giretti avrebbe potuto svuotare l’intera armeria volendo, ma non vedeva che utilità avrebbe avuto un fucile di precisione rispetto a dell’esplosivo C4 piantato nell’elsa di alcuni pugnali che aveva trafugato. Il signor Lancaster possedeva della tecnologia bellica all’avanguardia, di conseguenza piazzare lungo tutta la base, o quasi perché era davvero enorme, l’esplosivo telecomandato a distanza con alcuni sensori Wi-Fi era stato relativamente facile visto che i condotti di areazione permettevano di muoversi velocemente mentre il nemico era impegnato a fare a pezzi i soldati.

In pratica, con delle esplosioni mirate avrebbe guidato Masada fin dentro le cucine ove, con un senso un po’ teatrale e un po’ macabro, avrebbe incontrato la sua nemesi “perfetta”. Tra le varie cose che aveva trovato c’era anche la famosa bambola marziana, collegata ad un sistema di fili che portavano ad un detonatore posto in sicurezza, vestita con un camice da cuoco perché secondo Alana “era una cosa sensata visto che si trovavano in cucina”. Un esperimento scientifico molto azzardato, che rischiava di implicare anche numerose vite ( ma era sicuro che suo fratello se la sarebbe cavata ), ma quando l’aveva proposto alla sua collega lei non si era tirata indietro.

Perché proprio la cucina? Per un fattore logistico.

Zachary non sapeva che in una intercapedine del muro c’era il favoleggiato “tesoro” che da un po’ di tempo tormentava i soldati nella base, ma sapeva che quella zona era tra le più pericolose visto e considerato i vari prodotti chimici e gas racchiusi in una stanza senza muri in cemento armato ma in comune calce e mattoni. Sperava di studiare gli effetti su un soggetto piuttosto coriaceo, e aveva fede nelle proprie capacità.

Estrasse dunque un piccolo registratore portatile dalle tasche dei pantaloni, dopo essersi infilato, assieme ad Alana, un grembiule da cuoco con dei margheritoni color fucsia stampati sopra, iniziando a parlare come se stesse per effettuare un test scientifico serio.

– Qui è Zachary Connors che parla, in compagnia della dottoressa Alana von Buker, ed oggi sperimenterò gli effetti collaterali del silicone marziano su un soggetto vivente… –

CRASH!

– Che… uh! È appena arrivato! –

Un assordante rumore di vetri rotti attirò l’attenzione  dei due scienziati portando i loro sguardi ad osservare con un certo interesse le doppie porte scorrevoli della cucina frantumate da quello che era un proiettile umano. Tale soldato venne scagliato con così tanta forza dal nemico, come se fosse stato un sasso da lanciare su un laghetto, da farlo sbattere senza troppi problemi contro il mobilio in acciaio della cucina arrivando addirittura a deformarlo.

Ciò che invece stupì maggiormente il ragazzo albino, era che tale soldato era nientemeno che suo fratello Michael. Piuttosto dolorante mentre cercava di rialzarsi, ma pur sempre il fratello a cui voleva bene e che nessuno doveva permettersi di maltrattare. Per questo, appena Masada entrò con passo lento all’interno della cucina guardandosi pigramente in giro senza reale interesse, non si soffermò troppo sulle sue effettive dimensioni ma decise di passare all’attacco.

Forse la sua mossa fu un po’ avventata, ma aveva con se un paio di pugnali rinforzati con l’esplosivo, ed era deciso ad usarli in barba a quello che avrebbe potuto dire un Michael che stava iniziando a riprendersi dalle dolorose ferite.

– Aah… Zeke… N-non lo fare, cazzo!! –

L’albino tuttavia era cieco di rabbia, e inconsapevole di rischiare grosso si lanciò contro la mastodonte impugnando ben due pugnali con una sola mano. Saltò dunque oltre una fila di banconi in acciaio, risparmiati dall’entrata in scena piuttosto rovinosa del soldato americano, deciso a piantarle nelle carni quelle lame letali.

Con sommo stupore dell’albino però, entrambi i coltelli vennero respinti da un secco gesto del braccio della Deva mandandoli a piantarsi a terra. Le lame erano estremamente affilate, quindi non poteva averle schivate, poiché la mira di Zachary era ottima, ma era ancor più assurdo che le avesse veramente deviate con la sola forza di una pelle più spessa del solito…?!

Poco male comunque, poiché se doveva creare un diversivo gli bastò unicamente premere il detonatore che aveva nelle tasche dei pantaloni, schivando agilmente un pugno di Masada che andò a distruggere la pavimentazione di marmo. A Zachary non era mai capitato di vedere qualcuno dalla tempra così notevole da deviare i suoi infallibili attacchi, perché anche il più grosso teppista che provocava alla fine si ritrovava accoltellato o anche ridotto peggio, ma se le lame fallivano allora ci avrebbe pensato l’esplosione a catena che aveva progettato a farla fuori definitivamente.

La deflagrazione che ne seguì fu piuttosto soddisfacente per il giovane americano, che investì appieno un soggetto “intrappolato” al suolo portandolo a gridare a causa delle fiamme, un po’ meno per il comandante di un esercito allo sbando che dovette scappare via quasi a carponi per evitare di essere investito. E iniziando a preoccuparsi anche di altre esplosioni che iniziavano a farsi sentire negli altri corridoi di una base sempre più distrutta.

– Zachary!! È opera tua, vero?! Cristo… ci sono i miei uomini nella base!! –

Michael scivolò oltre una parete, seguito dallo stesso giovanotto, per evitare di essere investito dalle fiamme pur comunque restando abbastanza lucido da rimproverare ferocemente il fratello minore per la bravata appena fatta. Anche se, da come tremava il pavimento sotto i piedi dell’ex mercenario, non la si poteva chiamare “bravata” quanto ad atto terroristico vero e proprio.

– Ehh… capiranno, Lentiggine! Qualcuno doveva pur farlo, no?! –

Tuttavia quel “qualcuno” non aveva preso bene l’iniziativa del giovane, e se Zeke non avesse mosso un dito forse non si sarebbe fatto troppo male. Perché fu con un ruggito risentito che Muramasa fuoriuscì dal muro di fiamme che si era creato tra le lamiere contorte della cucina, e con una velocità che neppure il giovanotto albino si aspettò, prese di scatto la caviglia della sua preda per poi maneggiarlo come se fosse stato uno straccio umido.

Sotto lo sguardo pietrificato di Michael Connors, la guerriera Deva inferocita e dalla pelle bruciata in più punti per quell’assurda esplosione abbatté il giovane Zachary contro la prima parete che trovò. La fortuna del ragazzo fu che tale parete non fosse di cemento armato, altrimenti si sarebbe tramutato in poltiglia dopo un paio di colpi secchi, ma composta prevalentemente di cartongesso e legno che mostrarono al suo interno, una volta distrutte, un tesoro piuttosto inatteso.

La sua attenzione verso il piccolo terrorista umano andò scemando vedendo quelle che erano delle casse in metallo contenente sabbia rossa, lo si poteva intuire poiché una nello schianto si era rotta, lasciandolo andare a terra con un certo sgarbo.

Zeke era un ragazzo dal fisico asciutto ma forte, tuttavia a simili traumi non era abituato e una espressione di rabbioso dolore gli attraversò momentaneamente il volto riuscendo comunque a scrutare, scuro in volto, una Deva ora intenta ad impacchettare con della corda presa dalla cintura tutte le casse presenti. Non ci vedeva bene perché con quello schianto gli occhiali si erano in parte rotti, ma era quasi sicuro che ora le sue bruciature erano decisamente diminuite.

Probabilmente la sua innata era simile a quella di Alana, ma più che puntarsi sulla totale guarigione puntava molto di più sulla tempra.

– Che ti serva da lezione, razza di stupido – gli sibilò a sorpresa il fratello maggiore trascinandolo via di soppiatto e andando a ripararsi dietro dei banconi ancora intatti – questa volta l’hai combinata davvero grossa! Tu prega solo che i miei uomini non siano bruciati vivi!! –

Michael Connors era veramente furioso nel mentre che, senza molta grazia, metteva a sedere sul pavimento pieno di detriti con la schiena appoggiata ad un mobile in metallo. Zachary a quel punto fece per replicare giustamente a quelle accuse per lui infondate, perché in fin dei conti non puoi mai sapere cosa accade se non sperimenti un po’, ma fu l’intervento a sorpresa di Alana a lasciarlo completamente stupito.

– Ho salvato la bambola marziana! – fece la donna, con un gran sorriso sulle labbra e mostrando ai due un artefatto ora privo di cavi elettrici – basta romperla per fare un bel botto… guardate, proprio così –

Connors senior francamente parlando non sapeva dire se quella deva rientrasse nella categoria di persone folli, lucidamente folli, oppure semplicemente lucide da prendere due piccioni con una fava con una mega esplosione che a lei avrebbe fato poco o niente. Perché francamente parlando, vederla spezzare in due quella cosa, dal materiale terribilmente instabile, era un dettaglio che non si poteva di certo trascurare anche se in quel preciso istante fu più preso dal trascinare velocemente via il fratello dall’esplosione che coinvolse tutta la cucina e i suoi abitanti.

E francamente parlando, quell’esplosione non era affatto carina!

 

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– Kid, ragazzo! Guarda che tu dovresti essere accanto a tuo padre nella fila dello sposo, e non qui ad ingozzarti di schifezze! –

– Ma io non shto… ingozzando… slurp! – mandò giù un boccone di arrosto e dal tavolo del buffet prese del sushi al tonno portandoselo alla bocca – sono qui in veste ufficiale di “assaggiatore” e assicurarmi che il banchetto sia in regola… e poi, guarda! La cerimonia sta per finire! –

Per forza di cose il piccolo allenatore di Kid Muscle dovette fare facepalm constatando che, solo quando voleva, il suo pupillo sapeva essere disciplinato. Ma solo quando voleva, e Meat aveva bisogno che il ragazzo fosse possibilmente sveglio visto e considerato che il matrimonio era un evento mediatico piuttosto delicato indi per cui tutti i giovani lottatori della Muscle League dovevano essere vigili.

Voltandosi a guardare la cerimonia, proprio come stava facendo il suo allievo che stava attualmente addentando un cosciotto di pollo, potè notare che anche i membri più anziani erano un po’ tesi.

Terryman, che sedeva nella fila dello sposo in compagnia della moglie, le figlie e il figlio più grande, era solo in apparenza posato e tranquillo, e data la vicinanza del figlio Terry decise di scambiare con lui qualche parola.

– Beh… in fin dei conti non sembra essere andata tanto male. Siamo al punto in cui si scambiano gli anelli e non ho ancora notato niente di strano –

Il figlio tuttavia non era esattamente dello stesso parere, e grugnendo si ricordò di quello che aveva combinato suo padre durante l’addio al celibato. Era tornato in albergo poco dopo di lui, che era rientrato silenziosamente senza farsi beccare da quella sclerotica di sua madre Natsuko, ma stando alle spiegazioni che dette alla sua famiglia doveva aver bevuto un po’ troppo tanto da avere la testa troppo nel pallone. Per il giovanotto di origini texane quelle suonavano un po’ come delle scuse campate lì per nascondere il fatto che si fosse comportato tutt’altro che in modo decente, ma se glielo avesse fatto notare sarebbe passato in automatico nella fascia del torto, poiché avrebbe fatto la figura dello spione non invitato alla festa.

– Hm, meglio non fidarsi troppo… le cortigiane sono delle scaltre opportuniste e non si risparmieranno anche se ci sono di mezzo degli innocenti –

Sia padre che figlio avevano una somiglianza fisica davvero incredibile, Terryman tuttavia portava i segni dell’età e dei combattimenti sul volto, con il suo naso schiacciato e gli zigomi rotti saldati quasi storti sembrava quasi che la sua faccia fosse stata scolpita nella pietra, mentre il figlio mostrava ancora un volto senza cicatrici. Il confine fisico era accentuato dal carattere dei due, piuttosto diversi, poiché il giovane Terry non si era ancora “addolcito” come aveva invece fatto suo padre. Ma non era quello il momento di polemizzare.

Chi invece avrebbe tanto voluto polemizzare era la signora Lancaster, che mal aveva apprezzato la trovata del marito e le condizioni della figlia. Per fortuna la cerimonia stava svolgendo al termine, ma avere Emerald al proprio fianco con la testa piegata verso il basso e intenta a farsi passare una sbronza non era esattamente quello che si sarebbe aspettata di vedere dalla propria famiglia.

– Uff… certo che almeno ad un matrimonio potresti evitare di andare a ficcanasare dove non devi –

Se a rimproverarla fosse stato il padre, con cui aveva un forte legame, molto probabilmente avrebbe dato retta alle sue parole. Ma Janice sapeva che, purtroppo, sua figlia avrebbe sempre avuto da ridire ai suoi ammonimenti, proprio come fece in quel caso.

– Se ti consola, posso assicurarti che non ho trovato nulla di strano in giro all’infuori della sottoscritta – era meglio se non entrava nei dettagli dicendo che aveva fatto una pessima figura davanti alla sposa.

– Beh, potresti prendere esempio dalla cugina della dottoressa – ossia Eiko che era presente al fianco sinistro della sposa – è appena ventenne e già lavora ed ha una figlia… –

Aveva lasciato il discorso in sospeso, poiché ben sapeva che erano quel tipo di discorsi che sua figlia non apprezzava affatto. E difatti, Emerald Lancaster si voltò lentamente a guardare la propria madre con sguardo truce.

– Non starai parlando come le nonne spero…?! Direi che sono un po’ troppo giovane per farmi incastrare e partorire piccoli mostri! –

Era logico che la giovane marchesa non pensasse di mettere su famiglia immediatamente. Era una terrestre, non una Deva, e dunque era giusto che si divertisse il più a lungo possibile prima di essere stritolata dai preconcetti patriarcali. La loro discussione tuttavia non era passata del tutto inosservata, perché madre e figlia non stavano certo parlando a bassa voce, ed una risata piuttosto ironica partì dalla donna che era seduta alla destra di Janice.

Entrambe le due nobili si voltarono a guardarla tra l’incuriosito e lo stupito, poiché per essere una ospite era piuttosto… “atipica”, per essere quantomeno gentili.

I suoi “vestiti” erano per la maggior parte fatti di tatuaggi neri che scorrevano flessuosi lungo tutto il suo corpo. Erano neri, e avevano l’aspetto di serpenti stilizzati su di un corpo ambrato muscoloso come quello di una karateka.

– Non si preoccupi cara signora, è una ragazza giovane… e venti anni si hanno solo una volta. Quindi direi che quel tipo di argomento sarà il caso di proporglielo quando avrà compreso il principale divertimento che è concesso sulla Terra –

Quel genere di discorso decisamente non piacque a Emerald, e neppure le piacque la tizia in questione che nascondeva gli occhi sotto un paio di lenti scure, poiché quella perfetta sconosciuta l’aveva appena identificata come una decerebrata mentale.

– A parte il fatto che non sembrate esattamente una invitata da “matrimonio” quanto una invitata a “scartavetrare la minchia” – e a nulla valsero i richiami della madre a mantenere il decoro – direi che questi non sono affari vostri e vi consiglierei di portare le vostre poco nobili chiappe il più lontano possibile da qui! –

Non si era portata dietro la doppietta semplicemente perché sotto il vestito sarebbe stato troppo scomoda da portare, eppure le sue minacce piuttosto sobrie sembrarono fare uno strano effetto sull’enigmatica donna. Non si tolse gli occhiali nell’osservare le due nobildonne inglesi, e si limitò ad un lieve sorriso quando una mortificata Janice si scusò prontamente per le scurrili parole della figlia, piuttosto le osservò quasi con ironia, prima di alzarsi in piedi lentamente e mormorare qualcosa, dopo essersi concessa una lieve risata, che Hammy percepì benissimo.

– Oh, tesoro! A breve lo desidererai eccome… – e non si stava riferendo a se stessa.

Ma non era il momento di pensare ad una sottospecie di meretrice che se ne andava via in silenzio, quanto all’atto finale della cerimonia dove finalmente Robin Mask si concedeva di togliersi parzialmente la maschera per poter baciare la sua giovane moglie.

Per l’ex lottatore e per la dottoressa in quel momento i problemi, o presunti tali, semplicemente non esistevano così come le telecamere puntate su di loro erano praticamente invisibili. Era il loro momento, e se lo stavano vivendo appieno sotto gli applausi scroscianti dei molti ospiti presenti nonostante chi, giustamente, teneva gli occhi vigili con i nervi a fior di pelle per il costante rischio di poter essere attaccati da un momento o l’altro. Lo stesso Robin aveva dimenticato quell’emozione che l’aveva accompagnato nel momento in cui aveva baciato la sua prima moglie, Alisa, e ora la stava riscoprendo come in un agrodolce dejà vu mentre posava delicatamente le sue labbra su quelle di Alya. Francamente parlando non vedeva già l’ora che fosse l’imbrunire per potersi ritirare dalla festa e ritirarsi privatamente nel cottage… ma questa era un’altra faccenda, e non c’erano altre preoccupazioni di sorta.

Ma come tutti, persino Meat, che era una persona intelligente, doveva riconoscere a se stesso il beneficio del dubbio. Accanto a lui un Kid Muscle con la bocca piena esultò sputacchiando riso con manzo vedendo la scena clou tanto attesa dai media e dalla gente presente.

– Uh…?! Ma Meat… – ingoiò un boccone di carne il principe dei kinniku, distratto da una serie di botti che provenivano da lontano – sai se per caso hanno organizzato pure dei fuochi d’artificio?! –

– Non saprei… certo che devo complimentarmi per l’originalità di farli in pieno giorno e invisibili agli occhi! –

Il piccolo allenatore osservò il cielo blu senza notare nessun scintillio strano o nuvola di fumo improvvisa, di quelle lasciate dai petardi, ma alla fine, come alla fine buona parte degli invitati, si accorse di uno strano fischio che si faceva sempre più vicino e sempre più minaccioso. Si rese conto di cosa si trattava solo quando una palla di fuoco si materializzò sotto gli occhi dei terrorizzati nobili e dei ben più allibiti lottatori, cadendo dal cielo con un urlo che sembrava quasi umano.

Il suddetto artefatto andò a schiantarsi contro un gazebo decorativo in legno, facendo scappare in fretta e furia i pochi tecnici presenti e frantumandolo del tutto come se fosse stato fatto di carta, e spegnendosi da solo senza l’ausilio di estintori.

Il panico venne mantenuto quantomeno a freno già dalla sola presenza dei membri della Muscle League più anziani, che immediatamente si alzarono in piedi posizionandosi in punti strategici per evitare possibili attacchi.

– State calmi! Calmi ho detto! – quasi berciando quelle parole come ordini, Buffaloman allargò le braccia per evitare che gli ospiti si dessero ad un fuggi-fuggi pericoloso – Jeager! Terry Kenyon! Andate a vedere di cosa si tratta! Voialtri invece…–  osservando severo Dik Dik van Dik e Wally – contattate le guardie, muovetevi!!–

L’insegnante di origini ispaniche aveva citato i due ragazzi perché erano quelli più vicini a lui e anche quelli più determinati quando si trattava di affrontare un pericolo, senza nulla togliere all’antilope e il tricheco umani che comunque obbedirono determinati, anche perché gli altri insegnanti si stavano già dando da fare compreso lo stesso Robin Mask che stava prudentemente allontanando moglie e famiglia lontano dalla confusione.

Ma quando i due atleti di origine tedesca e americana giunsero sul luogo dello schianto, ciò che videro li lasciò letteralmente a bocca aperta dalla preoccupazione. In particolar modo Jeager, poiché aveva riconosciuto in quel rottame annerito e mugugnante di dolore una persona a lui amica.

– Road Rage! Amica mia… che  cosa ti è successo?! –

L’androide dalle fattezze di segnali stradali era impossibilitato a parlare a causa di un danno alla scatola vocale, ma se solo avesse potuto avrebbe gridato ad alta voce a tutti i componenti della Muscle League che una grave minaccia stava per incombere sugli ospiti presenti. Se avesse potuto avrebbe ordinato a tutti i civili di dirigersi in maniera ordinata verso le uscite di sicurezza per cercare riparo, ma tutto ciò che riuscì a fare fu di prendere la mano di Jeager che la stava tenendo sollevata da terra.

E tutto questo era successo meno di cinque minuti fa, ben vivido il ricordo nel suo processore interno.

 

Road Rage era un androide senziente di proprietà del governo nipponico. Creata con l’intento di dare una regolata alla criminalità crescente dovuta ai membri sparpagliati della d.m.p, le era stato applicato un microchip con la personalità della migliore vigilessa di tutto il Giappone, originaria di Osaka, conferendole così una pignola personalità femminile decisamente ligia ai suoi doveri.

Come membro della Muscle League era stata assunta per regolare il traffico al cancello della tenuta Mask, ma in quel momento avrebbe tanto voluto dare una lezione, secondo norma stradale, a quei petulanti giornalisti che cercavano a tutti i costi di entrare.

“Sono il sotto inviato speciale della televisione pubblica bengalese! Come sarebbe a dire che non ho il permesso di entrare?!”

“Non vedo il tagliando di permesso di passaggio addosso alle vostre camice” fece a wrestler incrociando le esili braccia e parlando con tono ironico a cameraman e inviato  “ma anzi, noto che voi e un altro paio di giornalisti presenti nel mucchio presentano dei tagliandi di circolazioni scaduti da un pezzo!”

Nel dirlo indicò un paio di furgoni poco distanti, e sui parabrezza erano effettivamente presente della documentazione poco chiara. Pertanto, alcuni giornalisti non invitati alla festa e dalle generalità poco chiare, probabilmente degli scarsi paparazzi, si allontanarono piuttosto intimoriti dalla sogghignante figura della vigilessa… solo per far spazio a dei loschi figuri di nero che avanzarono decisi verso i grandi cancelli permettendosi addirittura di scansarla di lato con prepotenza.

“Ehi! Chi vi credete di essere voi altri?! Pensate di poter passare senza una accurata revisione?!”

                                                                                                          

Alcuni dei giornalisti si allontanarono prudentemente, sia per evitare guai che per filmare la scena, poiché Road Rage sembrava particolarmente ansiosa di menare delle minacciose ninja vestite di nero e con delle maschere antigas ben legate in faccia.

Un drappello di quelle donne si fermò in automatico davanti a quelle concrete minacce, e senza mostrare emozioni degne di nota si voltarono per osservare freddamente un androide pronto a combattere per far rispettare le regole.

Senza sapere che d’ora in avanti sarebbero state quelle tizie a dettare legge alla festa.

 

E nel mentre che Road Rage ricordava di essere stata sconfitta brutalmente da gente vilmente armata, altre grida si levarono dagli ospiti al suono di colpi di mitragliatrice sparati in aria a mo di avvertimento.

– Uahhh! Che diavolo succede Meat!! – piagnucolò Kid, nascondendosi sotto il tavolo delle portate nonostante l’allenatore lo tenesse per una gamba deciso a farlo intervenire – perché la gente ci spara addosso dei petardi letalii?! –

– Non sono petardi, KID! – finalmente riuscì a tirarlo fuori dal tavolo mentre tutt’attorno a loro stava per regnare il caos assoluto, nonostante gli sforzi della League – siamo sotto attacco! E direi che quelle che vedo sono delle cortigiane… a meno che il nero non vada di moda tra i super cattivi –

Ma non era affatto così, poiché il passo sprezzante fatto da un paio di anfibi rinforzati in metallo e dalla risata che ben conosceva, portarono Meat ad impallidire mentre si voltava ad osservare una nemesi che purtroppo ben conosceva.

– Un attacco piccolo hombre? No… no… non essere così cinico! Vedi, avevo pensato che un matrimonio sarebbe stato ideale per il documentario che avevo in mente –

Uriel Truce de Santa, ben riconosciuta dal piccolo kinniku e dal suo pupillo che si mise a strillare più forte quando se la vide davanti, non era cambiata di una virgola dall’ultima volta che si erano brutalmente incontrati. Logicamente non era stata sconfitta da Kid, e non portava cicatrici ma solo i suoi tatuaggi che stavano già iniziando a muoversi, e ora si stava pure concedendo un martini mescolando pigramente lo stuzzicadenti con annessa oliva nel mentre che le soldatesse della corte assaltavano la villa buttando a terra le persone e gambizzando quelle leggende del wrestling, tipo Ramenman e Buffaloman, che osavano fermarle brutalmente.

– Il titolo del mio documentario si chiamerà “fin dove si spinge l’amore” e sarà il più grande tributo che concederà all’umanità come mio personalissimo dono di nozze –

A Meat gli si era momentaneamente seccata la gola, notando quasi distrattamente una cortigiana che dava una violenta ginocchiata in bocca a Wally Tusket, spezzandogli così i denti, mentre un’altra aveva rotto entrambe le braccia ad un povero Dik Dik che stava giustamente proteggendo i civili inermi.

– Tu… tu sei pazza! Se pensi di passarla liscia ti sbagli di grosso! Finirai processata per questo! –

Francamente parlando non sapeva perché cavolo le altre cortigiane la stessero ignorando, perché non era lei una super cattiva rinnegata?, ma a quanto pare nella stessa Corte dovevano esserci delle faglie interne piuttosto spesse per permettere a quell’assassina di darsi da fare. E il fatto che la stessa de Santa si limitò ad inarcare un sopracciglio, prima di andarsene verso lo spiazzo rialzato per la pista da ballo, prima di borbottare delle parole poco rassicuranti, portarono i due kinniku a sentire lo stomaco contorcersi in maniera poco simpatica.

– Tzk… processo, dici? Magari siamo già in mezzo ad un processo… piccolo hombre –

 

 

Questo capitolo è stato un autentico parto e me ne dispiace, tuttavia eccolo qui, anche se non è granchè, e finalmente ha inizio la seconda parte della “festa” xD

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Capitolo 28
*** inquisition! ***


Jacqueline MacMadd non sapeva se essere costernata oppure genuinamente preoccupata.

Di certo, non si sarebbe ridotta come suo padre e suo fratello che abbracciati tra loro totalmente terrorizzati dalla situazione  continuavano a balbettare su “come è potuto accadere?” fino a “perché le cortigiane sono in combutta con quelle terroriste?”. Chissà… magari erano in combutta perché a quelle delinquenti interessava avere qualcosa di loro e alle cortigiane interessavano i responsabili? Non ci voleva un genio per capire che più o meno era così.

Lei e la sua famiglia, più qualche tecnico che non era stato preso a botte e quindi era ancora capace di riprendere tutto con la videocamera, si erano riparati sotto l’impalcatura della diretta televisiva, a quanto pare “abbastanza” risparmiata dalle soldatesse e da quelle due bizzarre chojin comunque consapevoli che alcuni invitati si erano nascosti sotto i tavoli. A quelle due pazze interessava ottenere qualcosa, ma il modo in cui stavano cercando di ottenerlo… stava facendo paura anche a lei.

Jackie era sempre stata abituata alla violenza e sapeva apprezzare molto più di suo fratello uno scontro sanguinolento, ma quando ci andavano in mezzo degli innocenti sentiva chiaramente lo stomaco torcersi. Un conto era vedere due chojin spietati darsele di santa ragione, possibilmente di bell’aspetto come Kyle ( che l’aveva piacevolmente dissuasa dall’insistere nel chiedergli di entrare nella Muscle League ) o Kevin Mask per intenderci, ma un altro era vedere la povera Janice Lancaster in lacrime di fronte ad una folla di terrorizzati spettatori mentre suo marito Howard le puntava una pistola all’altezza della fronte.

Il tutto, mentre quell’arrogante tizia tatuata se la rideva sotto i baffi in attesa di un epilogo che non sarebbe piaciuto, senza contare che molti giovani atleti o vecchie leggende erano stati catturati e/o feriti gravemente. Lo stesso Robin Mask guardava pietrificato l’intera scena tenendo stretta tra le braccia la sua novella sposa mentre erano guardati a vista da un paio di cortigiane, trovando assurdo che tutte le loro difese erano state annientate e suo figlio fosse trattenuto da due robuste soldatesse con una terza pronta a frustarlo non appena avesse fatto una mossa falsa.

Come si era potuti arrivare ad una simile situazione?!

 

Circa dieci minuti prima.

 

– Hm, sembra che il vecchio Robbie stia festeggiando alla grande la fuori… oh, beh! Mi divertirò pure io stasera! –  

Quando voleva il marchese Howard Lancaster sapeva essere decisamente infantile, e se si era intrufolato nella villa dei Mask non era certo per andare in bagno. Con quel suo invito a partecipare al matrimonio il caro vecchio Robin Mask gli aveva praticamente dato il permesso di gironzolare liberamente nella tenuta per fare disastri. Ora il motivo del perché stava sogghignando mentre scendeva per lo scalone principale fatto di marmo era piuttosto semplice: aveva preso del pesce crudo dalle cucine del padrone di casa, ed una volta scoperto dove dormiva l’adorabile Lizzie lo aveva nascosto sotto il materasso. Senza sapere che la signora Mask aveva la tendenza a farsi cambiare le lenzuola ogni santo giorno…

Comunque sia, una volta raggiunto l’atrio in cui era uscito lo sposo, poco prima di uscire a sua volta non potè fare a meno di notare due figure intente a parlottare tra loro.

– Signorina, mi permetta di dissentire. Non credo che bere vino le permetterà di farsi forza –

– Lo so, m-ma non riesco a farci niente! Il padre di Kevin mi disprezza… magari ha pure ragione… non so… –

Ovviamente mister Lancaster non poteva sapere che quell’insicura ragazza che si stava bevendo il secondo calice di vino, seduta su di un canapè di vimini assieme ad un lottatore della League che cercava di tirarla su di morale, era nientemeno che una Niamh che non ce l’aveva fatta a sedere in prima fila per far contento Kevin. In fin dei conti, che diritto aveva lei, una perfetta sconosciuta, a stare in mezzo alla famiglia Mask come se nulla fosse? Per quanto ne sapeva lei sarebbe parso come un gesto maleducato e sfrontato, e tanto per cambiare apparire così all’improvviso dinnanzi a Robin ed Elizabeth Mask non è che aveva ricevuto occhiate calorose, quindi qualche bicchiere di vino rosso faceva giusto al caso suo.

Qualche bicchiere, appunto. E Check Mate, che aveva ispezionato la villa prima dell’avvio della cerimonia ( come tutti gli altri membri della League ), vedendola in quello stato non se l’era sentita di lasciarla da sola. Tentando dunque di farla ragionare.

– Signorina Niamh, non conosco molto bene Kevin Mask – se non sul ring e la sua ferocia nei confronti degli avversari – ma per volervi vicino al matrimonio del proprio padre significa che vi tiene in alta considerazione –

Ed in effetti era così visto che era cotto di lei, e anche se il marchese Lancaster non si intromise apertamente nella discussione pensò interiormente che quella povera ragazza avrebbe sofferto molto a causa di un Mask. Non era un gran pettegolo come la sua Janice, per cui quel piccolo pettegolezzo decise di tenerselo per se anche perché francamente contro il giovane Kevin non aveva nulla e di conseguenza non poteva essere bersaglio dei suoi dispetti… anche se lui preferiva chiamarla “giustizia personale”.

– È così, infatti… però vorrei altro vino!! –

Tentò di riprendersi la bottiglia che il lottatore del Principato di Monaco le aveva precedentemente sottratto, ma senza riuscirci in pieno e ritrovandosi piuttosto ad agitare mollemente le braccia verso Check Mate che senza alcuno sforzo evitò quel debole tentativo di recuperare il maltolto.

La simpatica scenetta non durò molto, poiché un petardo più forte del normale fece tremare le grandi vetrate dell’atrio e, a quanto pare, distruggendo qualcosa in legno sotto le grida spaventate degli invitati.

Sia Howard Lancaster che gli altri due ospiti scattarono prontamente in piedi al suono di quello schianto improvviso, e si precipitarono velocemente alle finestre dell’atrio ovest per osservare un gazebo in legno completamente distrutto da quella che doveva essere una specie di cometa metallica. Nessuno dei tre presenti poteva sapere che chi aveva distrutto quella struttura in legno portando il panico tra la folla era nientemeno che una Road Rage entrata in stasi dopo essere stata quasi rottamata, ma ben sentirono dei colpi di mitragliatrice che rincararono il terrore nei nobili ospiti presenti accompagnati da figure vestite di nero e poco raccomandabili. Ci impiegò un po’ il marchese Lancaster a individuare in quelle ninja le tanto famigerate cortigiane, ed immediatamente il suo pensiero andò direttamente a moglie e figlia intrappolate in quell’inferno di spari di avvertimento e grida isteriche.

Curiosamente a quanto poteva accadere ad un comune mortale, l’ex lottatore della Muscle League aveva la tendenza a diventare più freddo e calcolatore nelle situazioni in cui l’adrenalina iniziava a scalpitare anche in presenza di familiari in pericolo.

In mezzo a quel fuggi-fuggi generale non riuscì ad identificarle, per questo fece l’unica cosa che un uomo sano di mente avrebbe fatto in una situazione come quella. Estrasse il proprio cellulare dalla tasca interna della giacca, un modello non ancora in commercio e della sua casa di produzione di palmari satellitari, deciso a far intervenire il grosso dei suoi uomini visto che, a quanto pare, quelli che aveva dispiegato in borghese non avevano fatto un buon lavoro come il resto della Muscle League che si trovava gambizzata e/o catturata.

Probabilmente quelle tizie dovevano anche aver disturbato le linee telefoniche prima di attaccare, ma con Howard non c’era problema che ciò accadesse vista la tecnologia altamente avanzata di cui disponeva, ma prima di chiamare Connors per dirgli di passare al “piano B” si sentì in dovere di tranquillizzare i due ragazzi poco distanti da lui.

– Ragazzo, non ci provare neanche! – fece il marchese ad un Check Mate pronto ad entrare in azione – ci sono delle akuma chojin là in mezzo… quindi è il caso che tu resta qui a proteggere la signorina –

Si riferiva ovviamente a Niamh che al momento si era fatta passare la mezza sbronza e guardava pallida in viso tutto quel disordine fatto di grida umane e di gente buttata a terra e immobilizzata. Temeva ovviamente per la sorte di Kevin, visto e considerato che, nonostante dei giovani atleti come Terry Kenyon e Jeager si stessero battendo come dei leoni ( e il tedesco era riuscito a ferire gravemente al petto una cortigiana con la mano intrisa di puro fuoco assassino ), non è che la battaglia stesse andando a favore della Muscle League. La violenta dipartita di Terryman, messo K.O da un violento colpo al collo, da parte di una cortigiana piuttosto forte e con addirittura sei braccia, che forse gli aveva lesionato una vertebra, aveva spinto il figlio primogenito a correre al suo capezzale per sorreggerlo da terra e prestargli le prime “cure”. Mentre altre leggende del wrestling vedevano una sorte quasi ben peggiore, con le pallottole conficcate nelle ossa delle gambe, a mister Howard parve vedere il giovane Kid Muscle rintanarsi sotto un tavolo da buffet con il proprio padre.

Le soldatesse comunque non ci misero molto a prendere il sopravvento e ad obbligare i poveri ospiti a radunarsi attorno alla pista da ballo, e nel mentre che radunavano gli ostaggi come per preparare un eccidio di massa, Howard Lancaster aveva appena composto il numero del suo secondo in comando.

Che non tardò a rispondere, anche se le notizie che dette al suo capo non furono buone.

 

( … )

 

– … dunque la situazione non è rosea e non so quanti uomini ho perso, ma quantomeno ho recuperato un mezzo piuttosto interessante nella rimessa –

Nel dire quelle parole guardò trucemente il proprio fratello seduto alla sua destra, mentre alla propria sinistra doveva tristemente notare che alla guida del tank c’era una miz Alana perfettamente rigenerata dopo le spaventose ustioni che l’avevano dilaniata in più punti senza però intaccarle gli organi vitali. Un vero peccato, poiché sia Michael che Zeke non erano messi benissimo, e la loro fortuna era che avevano una tempra notevole, ma al soldato Connors seccava parecchio di non essere in grado di guidare il possente mezzo blindato.

Con tutta probabilità, grazie all’azione combinata di quello scapestrato di suo fratello e di quella puttana assassina, non è che fossero sopravvissuti molti soldati visto che il campo alfa era andato completamente distrutto, ma per lo meno era ancora vivo e vegeto da poter richiamare le riserve.

Capisco… il che è molto spiacevole da un certo punto di vista – e qui al soldato americano parve sentire del dispiacere nella voce del proprio datore di lavoro – anche se devo ammettere che tuo fratello ha fatto il possibile per fermare quella bestia…

– Grazie signore! –

Il volume del cellulare di Connors senior era abbastanza alto da poter far sentire a chi gli stava vicino la telefonata in corso, ma decisamente non apprezzò che Zachary fosse entusiasta per quel mezzo complimento che non si meritava.

– Mister Lancaster… non credo che mio fratello si meriti tutti questi complimenti. Inoltre, ho come l’impressione che la bestia sia in qualche modo riuscita a sopravvivere –

Tutti e tre erano riusciti a salvarsi per il rotto della cuffia e la loro fortuna era stata che l’esplosione della bambola marziana aveva fatto cedere il pavimento sotto i loro piedi portandoli nel garage sotterraneo con i mezzi della “security” di mister Lancaster. Avevano fatto in tempo a salire solo su un mezzo prima che una palla di fuoco raggiungesse anche la struttura della rimessa danneggiando buona parte dei mezzi, ed ora si stavano dirigendo verso il confine della tenuta Mask per assicurarsi che tutto procedesse per il meglio anche se, da quell’ultima telefonata ricevuta, stava andando tutto a puttane.

Attualmente l’ex mercenario era piuttosto inquieto per la salute di Howard e per quell’altro fatto assurdo della sabbia rossa nascosta nella sua base. Era semplicemente assurdo… possibile che fosse veramente sabbia rossa e che qualche suo soldato l’avesse nascosta dentro un muro?! Connors sapeva di potersi fidare dei propri uomini, ma a quanto pare un lauto stipendio e una promessa scritta su un documento firmato dal notaio di totale fedeltà alla famiglia Lancaster a quanto pare non bastava… poiché l’avidità umana superava qualsiasi scoglio apparentemente insormontabile. Ma a causa di questo, ci stava andando di mezzo un mucchio di persone che non c’entravano.

– Se è vero quello che ho visto, signore, penso che queste donne stiano cercando della sabbia rossa… nascosta all’interno della nostra base! Non so se sono le legittime proprietarie, ma se così fosse direi che è un gran bel casino che richiederà molti più uomini del solito! –

Sembra assurdo anche a me che tali sostanze potessero essere custodite all’interno della mia tenuta, ma questo significa che dovrò rivedere completamente i contratti di assunzione  il marchese sospirò pesantemente, segno che nonostante la freddezza sentiva anche lui una certa pressione  e il rapporto che gli aveva precedentemente fatto il suo braccio destro decisamente non aiutava – A giudicare dal caos organizzato che stanno facendo qui alla tenuta dei Mask, direi che sono molto più che le proprietarie di quella pericolosa sostanza… uh? Mi senti ancora, Connors? Credo che stia cadendo la linea…

Ed anche se era incredibilmente assurdo, poiché la tecnologia dei Lancaster era insuperabile, qualcosa stava disturbando il segnale satellitare e questo qualcosa stava mettendo decisamente in allarme il soldato americano ben consapevole che i nemici erano arrivati fino a questo punto.

– Merda! Ho perso il segnale! Accelera maledizione… accelera!! –

Sentendo solo delle scariche elettrostatiche al posto della voce del proprio principale, Michael Connors esortò la Deva dagli occhi storti a premere sull’acceleratore del mezzo blindato venendo ben accontentato da quella prepotente richiesta.

– Direi che è una buona idea visto che siamo inseguiti… –

Alana lo disse come se fosse la cosa più naturale al mondo, ma forse fu proprio quel suo tono neutrale a spingere Michael a guardare attraverso lo specchietto laterale accanto alla donna e a sussultare vedendo l’incredibile a quattro metri dietro il veicolo in corsa.

– Cazzo… non è possibile! È un maledetto incubo?! –

– Hm, forse ho usato troppo poco plastico prima… non è molto carino che non abbiano funzionato! –

Entrambi i fratelli Connors si ritrovarono ad osservare una ritrovata Masada decisamente in forma per correre dietro ad un mezzo che stava andando a tutto gas. Alle spalle aveva legate le casse di polvere rossa che era riuscita a salvare e bisognava anche notare che si era tolta la maschera antigas in favore di… alcune pitture tribali rosse fatte probabilmente con il sangue dei soldati caduti.

– Tzk… la stronza si è fatta bella per noi –

L’ex mercenario doveva riconoscerlo, era una tipa piuttosto tenace per continuare ad inseguirli anche dopo l’esplosione che l’aveva colta in modo brutale. A dire la verità era un soldato tenace solo quando si trattava di dover scendere in missione e completare tutti i requisiti senza “se” e senza “ma”.

Ma quando era riuscita a fuggire dalle fiamme che stavano trasformando la sua pelle in un grumo di vesciche, aveva anche lei dovuto prendere fiato per forza di cose.

 

Si era fermata a riposare brevemente in un fitto boschetto di querce, e sebbene intuisse perfettamente la natura artificiale di quel posto, poiché era ben diverso dal bosco millenario in cui era vissuta lei con il suo clan i cui alberi colossali avevano visto il passaggio di molte Deva, doveva ammettere che sentire il profumo del muschio e del legno la gratificarono come non mai.

Si tolse la maschera antigas, e sul suo volto duro come la pietra si vide l’ombra di un sorriso affiorarle sulle labbra. Ma durò ben poco, il tempo che l’organulo presente nel cervello non iniziasse a pulsare trasmettendole un segnale telepatico ben chiaro proveniente ancora una volta da Nuala.

“Ah! Era ora che ti facessi sentire… stavo quasi pensando che quegli umani fossero riusciti ad uccidere la mia perfect chojin preferita”

“Molto divertente”

Non era una battuta divertente e non aveva fatto divertire Muramasa nemmeno per sbaglio. Pertanto, la donna dai sei arti si limitò a roteare gli occhi dinnanzi allo scarso umorismo della collega, mentre con un paio di mani tappava la bocca con le proprie ragnatele ad un drappello di guardie che aveva avuto l’ardire di seguirla fin sopra il palco delle riprese. Tutt’attorno alla Deva intanto, regnava ancora una battaglia già vinta in partenza grazie al tanto caro “effetto a sorpresa” che le aveva permesso di neutralizzare le difese della villa oltre che farsi spacciare per il tecnico riparatore, ma quello era un altro discorso… e ciò che importava al momento era che Masada avesse il carico. Per la scimmia ci avrebbero pensato dopo, ma troppe cose erano state omesse e francamente parlando non vedeva l’ora di tagliare la lingua a mister Vance per la sua totale disonestà.

“Bando alle ciance… hai il carico?!”

“Si”

“Eeh… pensi di portarcelo il prima possibile?!”

“Dammi un minuto”

Non era solo per una questione fisica per recuperare le forze, ma la gigantesca Deva aveva bisogno di tempo per prepararsi all’assalto finale seguendo un rituale ben preciso. Sapeva cosa aveva in mente la sua collega de Santa, e sapeva anche che le cortigiane non si sarebbero accontentate del semplice spettacolo messo su fino a quel momento.  Pertanto, passandosi le dita sui vestiti sporchi di sangue nemico iniziò a segnare la pelle ormai rimarginata di simboli di guerra.

 

E fu proprio con tali simboli che con un ringhio selvaggio attaccò il mezzo blindato con dei fuggiaschi a lei “tanto cari” dandogli una poderosa spallata al cofano fin tanto da farlo sussultare e sollevare prepotentemente.

I passeggeri all’interno della cabina quasi si ritrovarono a gambe all’aria per via di quel colpo eccessivo, ma non fecero comunque in tempo a fare nulla visto che Muramasa fu più veloce. Il motore del mezzo andò su di giri nel momento in cui tutto il blindato si ritrovò a correre su due ruote, quasi in verticale, mentre la Deva lo teneva saldamente ai lati infischiandosene del fumo nero causato dal motore che si stava rompendo e che le stava riempiendo le narici di un gas nauseabondo oltre che quelle dei tre passeggeri piuttosto devastati.

– Merda, merda, merda!! Non di nuovo!! –

A Michael Connors decisamente non andò a genio di rivivere l’esperienza di essere strapazzato come un giocattolo all’interno della propria vettura, ma alla possente nemica poco importò delle urla di stupore e panico che provenivano dall’abitacolo, poiché il suo unico obiettivo era di usare quel mezzo blindato, trovato quasi come un colpo di fortuna in mezzo alla sua strada, come ariete per distruggere il muro di cinta che divideva la tenuta dei Lancaster con quella dei Mask.

E il botto che ne seguì, per ovvi motivi non piacque a nessuno dei passeggeri presenti.

 

( … )

 

De Santa teneva in mano quella piccola videocamera come se tutt’attorno a lei non esistesse una calca di persone terrorizzate ansiose di sapere quale sarebbe stata la loro sorte. Qualche ospite era stato pesantemente incatenato come nel caso di Buffaloman a cui era stato addirittura spezzato un corno, o forse era rimasto piantato nello stomaco di qualche cortigiana, mentre Broken Jr era a terra piuttosto malconcio proprio come il figlio.

Ma a parte il disastro che la circondava era troppo impegnata ad auto riprendersi per prestare attenzione a singhiozzi e gemiti spaventati.

– Hm… inizialmente avevo sempre trovato i matrimoni terrestri decisamente noiosi… da ragazzina mi ci imbucavo solo per mangiare qualcosa di raffinato o divertirmi con qualche povero ospite “disposto” ad accontentarmi fino al mattino – rise divertita, continuando a filmarsi e nel frattempo a camminare pigramente in circolo per tutta quell’arena improvvisata – poi quando iniziai a lavorare come si deve mi sorse il dubbio sull’effettivo significato di tale cerimonia… perché mai due persone dovrebbero unirsi per tutta la vita pur sapendo a quali rischi e disaccordi possono andare incontro?! Ebbene, da ragazza ho potuto sperimentare “fin dove si spinge l’amore” –

Fece un gesto plateale e lento di allargare il braccio sinistro verso gli ospiti impauriti che stava filmando, soffermandosi in particolare verso una donna che stava singhiozzando tenuta sotto stretta sorveglianza da due cortigiane armate di corte katane, e vestita di un abito di tulle e pizzi ma che, nella sua esile figura, non è che sfigurasse poi tanto.

Per Robin Mask, che nel frattempo quasi nascondeva tra le braccia una Alya con gli occhi sgranati, era semplicemente assurdo che le cortigiane e quelle maledette terroriste lavorassero assieme per prendere in ostaggio tutti e in modo particolare la povera signora Lancaster terrorizzata a morte. Se suo figlio Kevin aveva ragione, che oltretutto si era battuto come un leone durante quel breve assalto ma rimanendo comunque catturato una volta che vide i fucili puntati su suo padre, quelle donne stavano cercando una scimmia, quindi perché generalizzare così tanto la loro indagine?!

– Che farabutti… prendersela con una donna disarmata! – sibilò piano quelle parole, quasi dispiaciuto di non aver partecipato al breve combattimento poiché, pensandoci bene, era più giusto proteggere la propria moglie – forse è un modo per attirare allo scoperto quel cane di Howard…  ma… Alya,  che cos’hai? Perché non mi rispondi?! –

Solitamente la Deva riusciva a mantenere i nervi saldi anche nelle situazioni più tremende, e anche in quei casi sapeva dargli dei buoni consigli, ma vederla così… terrorizzata, era semplicemente inaspettato oltre che preoccupante. La sua giovane sposa continuava a guardare con occhi sgranati la femmina che stava parlando sul palco e quella poco distante con sei braccia come se temesse che all’improvviso potessero attaccarla a tradimento.

– Non devi preoccuparti Alya… non permetterò che ti venga fatto alcun male –

Le sussurrò quelle parole con la più assoluta sincerità, e se avesse potuto avrebbe anche aiutato Kevin che francamente parlando non vedeva l’ora di dare una lezione alle donne che lo tenevano fermo pronte a frustarlo, ma tutto si aspettò meno che l’aspra risata di quella vecchia arpia che era la nonna di Alya.

– Tzk… non sono sorpresa che voi terrestri non conosciate appieno il potere delle cortigiane! Altrimenti sareste li a tremare come una foglia proprio come mia nipote –

Nessuna delle donne presenti, ne Katya e neppure Eiko ( e grazie al cielo la pupetta era stata affidata a Santiago prima della cerimonia che con tutta probabilità a quell’ora, visto l’assalto, l’aveva già portata nella stanza antipanico della villa ) ebbero il coraggio di obiettare alle parole dell’anziana matriarca, segno evidente che pure loro sapevano meglio di lui sul perché di tutta quell’atroce messa in scena.

– E il loro strapotere comprende attaccare ignari cittadini? Mettersi in accordo con delle akuma chojin?! Qualunque cosa accada non lascerò che venga fatto del male alla mia famiglia! –

Erano parole dure ma sincere, perché mai al mondo avrebbe permesso che ad Alya, la loro bambina, e a Kevin, venisse fatto del male, ma la vecchia si limitò a scuotere lentamente  la testa con disapprovazione. E questo decisamente non piacque all’ex lottatore.

– Quelle che vedi non sono delle soldatesse e quelle che sono sul palco NON sono delle delinquenti. Coraggio… maschio anziano, sforzati di ricordare chi ha sufficientemente potere per decidere della vita altrui senza temere le conseguenze dei propri gesti… studiando la storia di voi terrestri, ho letto che quella spagnola era molto attiva durante alcuni secoli –

Per Robin Mask ci volle un po’ per assimilare quello che quella vecchia rugosa di una Deva aveva appena detto… ma quando capì a cosa si riferiva, avvertì come un tuffo al cuore sentendo una primordiale paura crescergli dentro, e trovandosi molto lentamente a scuotere la testa come a negare a se stesso l’intuizione a cui era arrivato.

– No… questo è uno scherzo, vero?! Mi sta forse dicendo che queste donne… quelle che stanno terrorizzando Janice al momento… sono forse delle stramaledettissime… –

Inquisitrici? Si, effendi. Venti rose nere circondate da un giardino di appuntite rose rosse. Le cortigiane sono l’esercito delle inquisitrici, che da 400 anni si impegnano a dare la caccia alle streghe e ai loro perfidi alleati che siano akuma chojin o demoni della notte – si fermò a parlare scrutando con guardo affilato una de Santa che quasi sicuramente si stava gustando tutta quella scena e che quasi sicuramente aveva captato anche il loro discorso – il nostro è un pianeta pericoloso, effendi… e l’inquisizione è l’unica arma che abbiamo da quando Muscle Traveller scoprì Amazon esponendolo agli occhi dell’intero universo, togliendo l’embargo che le streghe avevano esse stesse emesso per impedire che il loro stesso male non infettasse l’universo –

Dunque ecco che un tassello importante, se non quello principale di tutta quella brutta storia, affiorava spiegando il motivo per cui nessuna squadra di polizia si era fatta ancora vedere. Probabilmente avevano tagliato tutte le linee di comunicazione, o forse le autorità locali non volevano sporcarsi le mani con l’inquisizione, ma sta di fatto che Uriel continuò a parlare sotto lo sguardo terrorizzato di un pubblico innocente.

– Durante una missione, mi capitò di avere a che fare con un narcotrafficante di sabbia rossa proprio nel giorno del suo matrimonio… si stava per sposare con la figlia di un noto boss della malavita piuttosto attiva in sud America, e il nostro compito era rompergli le uova nel paniere – prese a camminare e a guardare nell’obbiettivo della telecamera, avvicinando il pollice a tale obiettivo per togliere alcune gocce di sangue – e visto che eravamo ad un matrimonio, avevo deciso di togliermi uno sfizio e sperimentare qualcosa che mi premeva da molto tempo… e cioè: dove può spingersi l’amore di una persona nei confronti di un’altra? Non è così difficile da pensarci, credetemi! –

Nel mentre che parlava Howard Lancaster si era avvicinato in silenzio quanto bastava per poter vedere quella pazza furiosa piuttosto presa dalla sua egocentrica recita, ma purtroppo non notò Janice da quell’angolazione, anche se vide il caro Robbie piuttosto teso mentre l’anziana matriarca della famiglia della dottoressa sussurrava qualcosa. Non aveva tempo per interessarsi a quello che stavano dicendo, se era vero che quelle terroriste stavano cercando della sabbia rossa, era lui che cercavano e tanto valeva uscire allo scoperto per evitare che moglie e figlia andassero in mezzo ad uno spiacevolissimo equivoco.  Se si fosse avvicinato abbastanza e in modo furtivo allora forse sarebbe anche riuscito a sparare alla testa quella tizia tatuata nel pieno della sua megalomania, tanto neppure gli invitati presenti si erano accorti di lui.

– L’amore… uccide, signori miei. È il sentimento più piacevole e losco che la natura potesse mai creare – Uriel si guardò alle spalle e sorrise quasi malignamente vedendo la nobildonna cercare di riprendere contegno – quando giungemmo alla festa decisi di vedere se l’amore che quel perro di mierda nutriva per la sua bella fosse autentico… gli misi in mano una pistola, e dissi chiaramente che se avesse ucciso la sua sposa allora avrei ben perdonato i suoi peccati – fece spallucce, andando poi a circondare “amichevolmente” le spalle di Janice che sussultò a quel contatto – fu molto buffo ciò che successe, ma ancor più gratificante fu lo sguardo della ragazza quando capì che la persona che amava sarebbe stata disposta a tradirla pur di salvarsi la vita! Ooh… si. Molto istruttivo… – si scostò da una signora Lancaster decisamente pallida, e tornò a camminare svogliatamente – come da contratto, perdonai i peccati di quel povero coglione nell’esatto momento in cui sfondò il cranio della sua bella con un colpo ravvicinato… chi non lo perdonò furono i genitori della sposa, che si scagliarono su di lui per farlo a pezzi. E in breve… senza che noi facessimo un solo gesto, l’amore stava portando due clan ad uccidersi l’un l’altro, in una completa follia che biasimo me stessa di non aver ripreso… non è d’accordo con me, mister Lancaster? –

Con un gesto impercettibile spostò l’obiettivo della telecamera verso la propria destra, per poter riprendere alle proprie spalle un Howard Lancaster che le stava puntando con estrema freddezza la canna della propria pistola placcata platino.

– Non vi è alcun dubbio che io non voglia sottopormi alla vostra follia… e siete gentilmente pregata di lasciar andare mia moglie se non volete che i rinforzi che stanno per sopraggiungere non ci vadano troppo pesante –

De Santa smise di sorridere e di riprendere il proprio documentario per un momento, lasciando spazio ad una espressione alquanto annoiata nel mentre che si girava verso il nobiluomo che le stava puntando una pistola da debita distanza. Era quella che usava attacchi ad area, con i suoi tatuaggi tutt’altro che immobili, quindi per lui era meglio stare ad una distanza di sicurezza e sperare che nel mezzo di quel confronto anice non ci andasse di mezzo.

– Follia…?! Mai sofferto di questo disturbo, effendi – abbassò un attimo lo sguardo, prima di schioccare le dita verso due Deva che scattarono verso il folto pubblico come ad un comando telepatico – ma voi siete un uomo molto innamorato non è vero? Però non mi è chiaro se amate di più vostra moglie… oppure vostra figlia –

Nel dire quelle parole, ancor prima che Emerald venisse spintonata a terra sul palco di legno, Howard sentì chiaramente il sangue gelarsi nelle vene nonostante avesse un fin troppo rinomato autocontrollo.

La sua Hammy venne strattonata senza troppa grazia dalle due soldatesse che prima erano sparite tra la folla, e presentava sul corpo i segni di un poco grazioso pestaggio. A quella vista Janice quasi si lasciò scappare un grido, tornando nuovamente a piangere, poiché la sua bambina mostrava un occhio nero e un labbro spaccato, sebbene i danni erano stati notevolmente ridotti da un Warsman che le aveva prese al posto suo e pigliandosi pure un colpo di katana che lo aveva messo K.O e che con tutta probabilità avrebbe eviscerato Emerald se il russo non fosse intervenuto. Le protesi biotiche che gli avevano impiantato lo avevano reso più agile e capace di incassare più colpi, ma alla fine aveva ceduto di fronte alla malvagità di lottatrici decisamente più giovai di lui e disposte a giocare sporco.

Ma questo Howard Lancaster on poteva saperlo, poiché ciò che gli interessava ora era la vita di sua figlia strattonata come una bambola rotta e fatta inginocchiare rudemente sul parquet di quella pista da ballo inutilizzabile.

– Se credi di passarla liscia dopo questo… –

– Se crede LEI di farla franca, caro il mio effendi, ha davvero sbagliato persona con cui discutere! – ora il tono di de Santa si era fatto più duro, inquisitorio, e guardava severamente il marchese puntandogli il dito indice contro – questa farsa è durata fin troppo, e la pazienza di un inquisitore tende a scemare molto in fretta quado si tende a prenderlo in giro più volte, a rapire un altro inquisitore come ricatto, e a nascondere le prove di un traffico di sostanze dopanti in combutta con quei perros della Muscle League! – si avvicinò così tanto al volto del Lancaster che lo vide chiaramente deglutire nel comprendere le sue parole, un po’ per volta, capendo che forse la sua megalomania si era spinta fin troppo oltre questa volta – ma non si disperi… mister, forse possiamo raggiungere un accordo e… magari perdonare tutti i presenti con formula piena –

Sentendo quelle parole, Ikimon MacMadd tirò un sospiro di sollievo assieme all’anziano padre, mentre l’altezzosa sorella guardò sospettosa la scena non credendo minimamente che la cosa potesse chiarirsi così in fretta. E difatti, la proposta della Deva tatuata portò nuovo sgomento tra gli ospiti oltre che nuovo orrore per i coniugi Lancaster.

– Spari a sua moglie, Howard Lancaster, e io lascerò vostra figlia in vita e lei avrà pagato il suo debito con la giustizia… mi sembra una cosa equa, no?! –

No che non era equo, era qualcosa di assolutamente bestiale e la stessa Janice si lasciò andare ad un grido disperato mentre tornava a piangere incessantemente non riuscendo più a capire se aveva a che fare con dei delinquenti oppure con la giustizia stessa. Poi fu come se il tempo rallentasse, mentre una insolita espressione di dolore non trapassava il volto, fino a quel momento, impassibile di Howard Lancaster portandolo con riluttanza e indecisione a puntare la canna della pistola verso la compagna di una vita.

Forse poteva risparmiarsi questa tortura e deviare la canna in direzione di quella puttana spietata un attimo prima di colpire sua moglie che, come tutti i presenti, non c’entrava nulla con tutto quel processo spietato.

– Stai mentendo… non credo minimamente che tu sia una inquisitrice –

Riassunse un tono freddo e deciso, ma decisamente non gli piacque il modo in cui una cortigiana strattonò Emerald per i capelli corvini. Doveva prendere tempo… qualcuno dei suoi sarebbe arrivato, prima o poi.

Uriel Truce de Santa si limitò a fare spallucce nel sentire come il marchese stava cercando di prendere tempo, ma francamente era un documento interessante da filmare visto come l’amore di quell’uomo lo stava portando a tentennare nel prendere una decisione che avrebbe potuto salvare migliaia di vite.

– Non spetta a me convincerla della mia validità giuridica, effendi! Sappia solo che io posso, e che lei ha una grande possibilità di salvare la persona che ama… non provi a sparare a me o alle altre ragazze, mister, altrimenti dovrò pulire tutto il macello quando me ne andrò da questa festa! –

Era logico che lo stesse sbeffeggiando, e la stessa Nuala si lasciò andare ad uno sbuffo divertito prima di tornarsene a leggere il proprio libro in santa pace, incurante che l’animo freddo del marchese si stesse straziando chiedendo mentalmente scusa alla moglie e alla figlia per tutto quello che stava succedendo, arrivando a pentirsi amaramente di aver ficcato il naso in fatti non suoi almeno per quella specifica volta.

Ma fu proprio in quel frangente di tetro e teso silenzio, con un ex lottatore a cui tremava il dito indice del grilletto mentre a stento riusciva a tenere la mira su una Janice ormai “pronta” a farsi accogliere dall’abbraccio del Signore, che la voce stentorea di un piccolo kinnikku non infranse tutta quell’assurda tensione.

– Noo! Fermatevi, maledizione!! Che follia è mai questa?!! –

L’allenatore di Kid Muscle, fuoriuscito dal suo nascondiglio non più disposto ad assistere a quell’immonda oscenità, corse verso la pista da ballo e strinse i pugni cercando di tirare fuori tutto il coraggio che aveva. Non poteva accettare che un simile delitto avvenisse davanti a tutti, e anche se la famiglia reale avrebbe benvoluto trattenerlo dal commettere follie, eccolo che era li di fronte ad una inquisitrice che lo stava guardando quasi schifata.

– Invoco il diritto ad un duello d’onore!! Invoco il diritto ad un duello d’onore!! – il suo piccolo cuore stava battendo all’impazzata, ma non voleva demordere – secondo le regole della Corte, in accordo con la Muscle League, si ha la possibilità di ricevere l’indulto nel caso si riesca a battere una rosa nera sul ring! –

Quello fu un colpo di scena che sollevò il morale a tutti i presenti portandoli a riprendere fiato e forse, forse, un filo di speranza a cui aggrapparsi come nel caso di Janice Lancaster che stava già mormorando una preghiera di ringraziamento.

Persio Robin Mask valutò che, se fosse stato veramente possibile un duello d’onore, allora la cosa sarebbe stata molto più accettabile che una esecuzione in diretta televisiva con la morte di una innocente. Ma per Uriel, che seguiva il codice d’onore per forza di cose, si ritrovò a sbuffare annoiata visto l’ennesimo cambio di programma che stava minacciando di rovinare tutto il suo bel documentario.

– Vaffanculo… ci mancava solo questa! –

Forse il filo della speranza era più corto di quanto sembrasse, visto il malumore dell’inquisitrice delle cortigiane…


E alla fine ce l’ho fatta anche ad ultimare questo capitolo! Non preoccupatevi, l’ora di Kid Muscle si avvicina e dal prossimo si vedrà un po’ di più per forza di cose.

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Capitolo 29
*** lo spettacolo deve continuare! ***


Ufficialmente avrebbe dovuto essere alle cerimonia in prima fila accanto a tutti i parenti dello sposo. Ufficialmente, per l’appunto… poiché Kyle Mask aveva deciso di disertare la festa con la propria sorellina Anna.

Molto probabilmente sua madre Elizabeth non l’avrebbe perdonato per un simile “affronto” alla famiglia, ma era a conoscenza che suo figlio fosse una testa calda soprattutto quando credeva di aver subito una ingiustizia, tuttavia se avesse saputo che si era allontanato per non infastidire troppo il cugino per ciò che aveva combinato allora avrebbe compreso il gesto. Kyle non aveva rimpianti per aver condotto in Inghilterra la povera Niamh, ma era consapevole che la sua presenza avrebbe sicuramente messo una tensione addosso al caro cugino non indifferente, e il matrimonio in se era già una tremenda seccatura senza che lui facesse da ciliegina sulla torta, per cui… aveva deciso di seguire sua sorella vedendo che se la stava svignando di soppiatto perché troppo annoiata per ascoltare un giudice di pace balbuziente.

Ad ogni modo neppure ai nobili presenti dava poi così fastidio che i loro marmocchi, pochi a dire il vero e giusto un drappello di cinque rampolli, seguissero quei due componenti della famiglia Mask, ne che andassero così vicino a quel mastodontico coccodrillo che ora era tranquillo sul greto del lago.

– Ma questo coccodrillo è buono… giusto? Non tenterà di mangiarci, vero?! –

A parlare titubante era stata la sorellina minore di Wally Tusket, ossia Dorothy, che guardava con dubbio e timore il centenario coccodrillo come se fosse stato un drago dormiente.

– Naah! Lui è Bruce! E l’unica cosa che mangia sono i pesci del lago o i ladri che provano ad entrare – fece scaltra la giovane Anna arrampicandosi sulla schiena del mansueto rettile guardata ancora con dubbio dagli altri bambini – è il mio drago personale! Chi vuole saltare in groppa?! –

A quanto pare sua sorella aveva la stoffa della leader visto il modo in cui anche il bambino più titubate stava iniziando a cedere all’idea di poter cavalcare un drago, e Bruce quasi ci somigliava, ma una serie di strane raffiche ed esplosioni portarono tutti i presenti a guardare in direzione del ricevimento… osservando che forse c’era qualcosa che decisamente non andava visto il modo in cui gli adulti stavano gridando e scappando da chissà quale misterioso pericolo.

Un pericolo che si mostrò agli occhi sgranati dei fanciulli come delle figure vestite di nero che non si sforzavano troppo di colpire gli innocenti e le guardie kinniku con colpi di katana o di fucile alle gambe. Decisamente non era uno spettacolo indicato per i più piccoli, ed il pensiero del giovanotto inglese corse subito alla propria famiglia.

Uno dei bambini strillò “mamma” decisamente preoccupato per la sorte del proprio genitore che, con tutta probabilità, era in pericolo come il resto della folla attaccata da quelle ninja vestite di nero. Venne tuttavia fermato da Kyle che lo prese per la collottola della camicia, e senza troppa grazia prese altri due bimbi dando loro ordini duri e concitati.

– Dobbiamo muoverci marmocchi… a qualcuno non va a genio questo matrimonio! – sapeva che pure Anna era in apprensione per la propria madre, ma non poteva permettere che finisse in mezzo ad un possibile casino – tutti sul coccodrillo e vedrete che non vi capiterà nulla, avanti! –  

– M-ma Kyle… la mamma…?! –

– La mamma capirà, piccola peste – fece il giovanotto vestito da motociclista aiutando una Dorothy piuttosto tesa a salire sulla schiena del mansueto rettile – se ora io andassi li, molto probabilmente non me lo perdonerebbe mai… –  

Kyle Mask non era uno stupido, ed anche se l’istinto gli stava dicendo di andare in soccorso della propria genitrice, non poteva permettere che alla sua sorellina ( e agli altri bambini ) venisse fatto del male da individui decisamente malintenzionati. E a quanto pare neppure il centenario rettile era poi così stupido per aver cercato di attirare l’attenzione degli esseri umani in un modo abbastanza discreto… non che un mastodonte a pochi metri dal luogo del ricevimento fosse cosa da nulla, ma Bruce non era tipo da prendere la gente di peso e portarla via, senza contare che era l’acqua il suo elemento naturale.

Fermi dove siete!! 

Nell’esatto momento in cui anche l’ultimo fanciullo impaurito venne fatto salire sul rettile che stava iniziando ad innervosirsi, ecco che dal nulla apparvero due di quelle ninja che senza troppi convenevoli ebbero il coraggio di puntare le loro armi persino ad un gruppetto di piccoli civili. Kyle dovette agire in fretta, anche per evitare che sua sorella si mettesse ad urlare terrorizzata perché decisamente NON abituata a vedersi minacciare con delle armi da fuoco, pertanto scattò in avanti ruotando con grazia il busto fino a far incontrare l’incavo della gamba destra contro il collo della prima Deva che gli si parava davanti. L’effetto fu simile a quello di una ghigliottina e la donna lanciò un grido strozzato nell’accogliere tutto il peso del lottatore, e nel ruotare su se stesso il giovanotto colpì con il pugno sinistro il volto dell’altra ninja rimasta momentaneamente attonita. Quello strano e violento balletto fu l’unica arma che salvò i fanciulli da un destino ben più peggiore, ed in un silenzio gelido i rampolli delle casate nobiliari videro le due ninja cadere sull’erba fresca di rugiada senza praticamente emettere un lamento agli attacchi causati da Kyle.

Le aveva semplicemente stese senza ucciderle, perché anche se si erano comportate da farabutte non era da lui mettere le mani addosso a delle donne. Grazie al cielo comunque, nessuno parve accorgersi di quel piccolo combattimento durato neanche due secondi, poiché le altre soldatesse erano troppo intente a radunare la folla terrorizzata attorno alla pista da ballo, e di conseguenza il giovane non tardò ad allontanarsi da quelle due tizie svenute senza premurarsi di dare una occhiata sotto le loro maschere.

– Bene… e ora via di qui prima che si accorgano che due di loro si sono messe a dormire durante il lavoro! –

Dette una pacca veloce al fianco della possente bestia, nell’atto di issarsi agilmente sopra la sua schiena frastagliata, in modo da dargli il consenso ad andare velocemente via scivolando rapido e discreto tra le acque e i salici piangenti che nascondevano un po’ la loro fuga.

 

 

Ed Elizabeth Mask sperò proprio in una fuga dei suoi figli non riuscendo a vederli da nessuna parte in mezzo a quel caos organizzato che l’aveva portata a lacerarsi il suo vestito in stile vittoriano e ad alzare le mani come una fuggiasca dinnanzi a quei fucili puntati.

Aveva osservato chiaramente quello che era successo a quello sventurato di Howard e a sua moglie, assieme ad un attonito Robin che non riuscì a dire neppure una parola durante quella spietata esecuzione, e francamente parlando per quanto non avesse mai sopportato il marchese trovava tutta quell’atroce messinscena decisamente crudele.

Già in molti faticavano a credere che avesse potuto, assieme alla Muscle League, mettersi a spacciare sostanze dopanti… ma addirittura che avesse attirato le ire delle inquisitrici di Amazon!

Se non fosse stato per i loro simboli, nessuno dei nobili presenti avrebbe detto che quelle donne erano delle soldatesse chojin specializzate, ma se persino la nonna di Alya aveva affermato che erano dalla parte della legge intente a dare la caccia alle streghe che si erano date alla criminalità organizzata allora c’era solo da sperare che il piano del piccolo kinniku venisse realizzato.

– Un duello d’onore… eh?! –

Quella più seccata delle due inquisitrici sembrava essere la femmina tatuata che aveva messo ai ferri corti il marchese Lancaster, che ora stava abbracciando la figlia e una moglie nel pieno di una crisi di pianto che contribuiva tra l’altro a far innervosire de Santa ancora di più, e incrociando le braccia in petto guardò più aspramente il coraggioso Meat che di rimando strinse ancora di più i pugni per farsi coraggio.

– Esattamente, un duello d’onore! Credo che sia possibile farlo, no?! –

– Tzk… è chiaro che ti sfugge un piccolo dettaglio, nano – il ghigno della Deva si mostrò quasi ironico mentre se ne tornava a camminare tranquillamente – se ti aspetti un incontro “uno contro uno” direi che hai sbagliato strada… qui abbiamo due imputati, mister Lancaster e i responsabili della Muscle League, e di conseguenza servirebbero due Deva come giudici che arbitrino l’incontro e due lottatrici che sfidino i campioni dei due imputati… e tu guarda che “tragedia” non è che ci siano molti concorrenti in gioco–

I lottatori della Muscle League, sia vecchi che giovani, non erano esattamente messi benissimo e molti di loro erano stati feriti gravemente dopo violenti combattimenti in cui decisamente non si erano limitati a prenderle e basta.

Non tutti però i campioni della League erano già stati sconfitti, e Kid Muscle, assieme al padre e alla madre, aveva trovato rifugio sotto un tavolo da buffet ormai rovinato da tutti quei combattimenti.

– Ohi, ohi… Meat! Ma che diavolo stai facendo?! –

Per ovvi motivi il giovane principe dei kinniku non era ansioso di prendere parte ad un sanguinario, e dello stesso parere era pure il vecchio padre Suguru che annuì, deciso a proteggere il figlio o almeno di proteggerlo.

– Lo confesso, la sua è stata una mossa avventata anche se è fatta a fin di bene… ma non sei pronto ad un duello contro quelle tizie, figliolo! – poi si voltò verso la propria consorte, una Belinda dai capelli legati a crocchia e lo sguardo severo, sorridendole con un sorriso un po’ sdentato – tranquilla, colombella! Vedrai che il nostro bambino non accadrà nulla di male! –

La donna tuttavia parve essere di tutt’altro parere, anche perché in quanto ex lottatrice nascondersi sotto un tavolo non era proprio il massimo, ritrovandosi per questo a sbuffare seccata.

– Tesoro, non costringermi a chiedere il divorzio! Non è agendo in questo modo che aiuterai tuo figlio, e tu in persona Kid dovresti comprendere in che situazione grave siamo! –

– Proprio perché la situazione è grave che non voglio farne parte! Perché non capite che ho pauraa?! –  

Belinda non aveva cattive intenzioni riguardo al figlio, ma la costante presenza paterna non avrebbe giovato con la sua maturazione da ragazzo a uomo adulto e responsabile. Persino il suo allenatore Meat sapeva che in lui c’era un grandissimo potenziale che, però, faceva molta fatica a venir fuori… ma per forza di cose ora come ora il suo pupillo doveva farsi coraggio visto e considerato che ormai era l’unico lottatore a non aver subito danni fisici eccetto, a vederlo di sfuggita, un Kevin Mask piuttosto furioso.

Dovevano per forza sostenere un combattimento a coppie? Il kinniku si ritrovò a stringere i denti per la tensione vedendo che lo sguardo della Deva tatuata non cambiava affatto e che la sua non era una battuta, perché stava a significare che quello del duello era una “farsa” bella e buona visto e considerato le regole di contorno che c’erano.

Quel momento di tensione si aggravò ulteriormente quando uno strillo femmineo raggelò il sangue dei presenti e tutti si voltarono in direzione del nascondiglio della famiglia Muscle, credendo che alla regina stesse accadendo qualcosa di terribile. Ma in molti si ritrovarono a deglutire dall’imbarazzo vedendo che ad urlare era stato un terrorizzato Kid Muscle, nell’atto di provare a scappare via quando una Deva alta tre metri non scoperchiò quel loro debole rifugio con un calcio. Avrebbe potuto usare le mani, ma entrambe erano impegnate a trattenere due carichi speciali.

Da un lato teneva le casse di sabbia rossa legate tra loro, mentre dall’altro lato aveva un carico umano, tenuti fermi come se fossero selvaggina, composti prevalentemente dai due fratelli Connors. Sorprendentemente, Alana apparve da dietro la lottatrice perfettamente intatta e senza manette ai polsi o altre amenità, come nel caso dei due americani che stavano cercando di liberarsi per quanto on fossero in buone condizioni fisiche.

– Eeek! È proprio per questo che non voglio combattere!! –

Kid Muscle continuò ad urlare terrorizzato di fronte a quella donna dal corpo pieno di segni rossi, ma alcuni dei presenti impallidirono nel vedere che quella era nientemeno che la chojin responsabile del terribile attacco avvenuto qualche tempo fa. In particolare, sia Kevin che Warsman ( al momento risultava cosciente dopo un buon minuto di buio ) sbiancarono vedendola in forma e con delle prede umane che si dimenavano inutilmente, segno evidente che, in qualunque posto il Lancaster l’avesse spedita, doveva aver macellato buona parte dei suoi carcerieri.

Lo stesso Howard deglutì in modo impercettibile di fronte a quella donna sporca di sangue umano, sentendo un gran bisogno di abbracciare moglie e figlia tentando di allontanarsi il più possibile mentre quel mastodonte solo all’apparenza tranquillo si avvicinava allo spalto dopo aver ben terrorizzato l’intera famiglia reale dei kinniku.

– Duuunque… ecco a voi la nostra inquisitrice catturata vigliaccamente durante la nostra delicatissima indagine –  a parlare fu questa volta la donna munita di sei braccia, e lo fece con la sua insolita voce maschile – la Muscle League e il marchese Lancaster hanno tentato di insabbiare le nostre operazioni e, tra le altre cose, impedirci di risalire ai trafficanti di sabbia rossa di stanzi qui sulla Terra… rendendoli inconfutabilmente degli alleati delle streghe che sono dietro al lato oscuro della forza –

Non si capiva se Nuala fosse ironica oppure serissima, ma aggiunse sottilmente un “stammi lontano che sei sporca” quando Masada si avvicinò con il suo carico alle proprie colleghe. Lasciò cadere le casse ai piedi di Uriel, che osservò compiaciuta sia il loro contenuto perfettamente integro, aprendo il coperchio di una cassa con un piede, che le due prede umane riconoscendo in una di esse un redivivo Connors.

– Ma guarda… eppure pensavo che dopo la nostra amichevole chiacchierata della volta scorsa ci avessi ricavato qualcosa di… utile? – gli passò una mano sul volto con ironica delicatezza, venendo accolta prima da una faccia sbigottita e poi da un ringhio risentito – se fossi arrivato un po’ prima avresti avuto modo di vedere la fedeltà indiscussa del tuo capo…– e per forza di cose a quelle parole l’americano si stupì non poco andando a guardare il suo datore di lavoro… e sbiancando nel vedere in che condizioni era la famiglia Lancaster– e la tua fedeltà, Connors, è così trascendentale da non essere comprata? Cosa dice il tuo cuore, mercenario?! –

A risponderle tuttavia non fu il succitato Connors, ma l’altro fratello che trovava decisamente disgustosa quella donna con i suoi tatuaggi serpentini. Il perché era semplice: Zachary Connors detestava tutti i serpenti, e quando poteva ne ammazzava il più possibile, da quando alla tenera età di cinque anni un pitone non gli aveva mangiato il suo hotdog. E on sopportava eppure la vista di persone con tatuate dei serpenti sulla pelle, arrivando a dare fuoco a quei teppisti che ne possedevano di vistosi.

– Credo che mio fratello vi trovi orribile, signorina – addirittura si permise uno dei suoi sorrisi sornioni senza prestare attenzione allo sguardo sconvolto di Michael – e comunque per rispondere alla tua domanda direi che è molto più fedele di voi, che sembrate una libera professionista –

E per “libera professionista” era ovvio che intendesse una prostituta, e gli abiti succinti decisamente non aiutavano, portando di conseguenza l’inquisitrice a perdere il proprio ghigno malevolo in favore di uno profondamente scocciato. Avrebbe potuto anche ucciderlo all’istante, poiché le sue colleghe ben sapevano che non sopportava i ragazzini saccenti, ma si limitò a dare un secco ordine silenzioso ad una Masada che capì al volo.

Non li uccise, e neppure fece loro del male “direttamente”, ma si limitò solo a scagliarli lontano come se avesse lanciato un giocattolo.

I due Connors atterrarono quasi urlando, sotto lo sguardo attonito di tutti i presenti compresi i Lancaster, su di un tavolo di buffet, rendendo dunque il loro atterraggio meno doloroso e più… appetitoso.

– Ahh… oh, wow! Quelle sono polpette fritte, lentiggine! E ci sono anche le polpette di riso! Questo matrimonio doveva essere davvero fantastico prima che lo rovinassero… –

– Cristo… come fai a trovare la forza di mangiare in un momento simile?! –

Ma non ricevette risposta da un giovanotto troppo impegnato ad assaggiare tutte quelle delizie gratuite, e attualmente la cosa più importante era quella situazione tesa che coinvolgeva i Lancaster e la Muscle League.

In particolar modo, sia l’ex mercenario che il suo attuale datore di lavoro trovarono molto strano che miss Alana non fosse stata messa in catene come gli altri, e dello stesso pensiero fu lo stesso Meat, che espresse ad alta voce una domanda dovuta al dubbio su cosa stesse realmente succedendo.

– U-un momento… perché la dottoressa Alana è qui con voi…?! Non ditemi che anche lei…?–

Le parole quasi gli morirono in gola, trovando ridicolo che quella donna che li aveva aiutati a scappare e a nascondere le loro tracce potesse essere in realtà una traditrice della peggior specie. Ma quasi a voler mettere le mani avanti la donna fece un passo deciso verso il gruppetto di donne, lasciando perplessi anche gli stremati ospiti, scuotendo lentamente la testa mentre Nuala e Uriel la osservarono dapprima stupiti e poi profondamente scocciate.

– Tzk… chi non muore si rivede, eh? – fece la rossa abbassando il proprio romanzo – Muramasa sarà anche stata benevola nel lasciarti in vita, ma non è che il tuo stato sociale ti conferisca chissà quale potere esecutivo… –  

– Per non dire con quale codardia hai lasciato l’ordine… e per cosa poi? Per ridurti ad una ameba del sistema – stavolta a parlare era stata de Santa, e sembrava essere quella più offesa dalla presenza della Deva, per poi tornare a camminare lentamente per far sapere ai presenti piuttosto confusi chi fosse quella donna che ora aveva gli occhi dritti – venti anni, Alana! Venti anni serviti con onore dando la caccia alle streghe e per cosa?! Per decidere di mollare tutto e vivere come una reietta dalla memoria sfasata! Eri importante per tutte noi… tanto da arrivare a segnarci la pelle della tua mancanza – si toccò quasi distrattamente il petto dove era presente il numero 20 segnato con una X– sei arrivata ad uccidere la tua stessa figlia, una strega della peggior specie, dando prova inconfutabile di una perfezione che all’epoca potevo solo immaginare… e poi sei scappata, solo per aver commesso un atto di giustizia –

 

Miss Alana un tempo era una… inquisitrice? E aveva avuto una figlia strega?! Questo era un pensiero di molti dei presenti che conoscevano la donna, in particolare la sorpresa maggiore la riponeva Vance MacMadd che sapeva che la sua assistente era una ex cortigiana ma NON una delle alte sfere, mentre altri erano così confusi da non capirci più nulla come nel caso di alcuni esponenti della Muscle League e più in particolare di quella mente poco reattiva di Kid Muscle. Alya si ritrovò a sgranare gli occhi incredula per quella rivelazione così assurda, poiché sapeva che sua cugina era stata nell’esercito ma non nelle rose nere, e persino Katya ed Eyko si scambiarono occhiate perplesse indirizzando poi lo sguardo verso una anziana matriarca che non lasciò trasparire nessuna emozione se non una palese noia. Robin Mask guardò attentamente la propria sposa, comprendendo appieno solo dal suo sguardo che nulla sapeva di quella torbida storia, e stringendosela dunque a se con fare protettivo, ma guardando la molesta nonna della giovane Deva ebbe come l’impressione che quella vecchiaccia sapesse tutto.

Howard Lancaster invece era quello meno sorpreso dei presenti, sospettava da tempo che quella donna non fosse semplicemente ciò che voleva far credere di essere, e leggendole nella testa aveva visto molto più di quello che doveva vedere.

– M-ma che diavolo sta succedendo, Meat? –  il giovane principe si avvicinò quatto quatto al proprio allenatore tirandolo per la mantella – perché stanno dicendo cose senza senso?! Perché semplicemente non se ne vanno e basta?! –  

L’allenatore non rispose al proprio pupillo, troppo preso nel guardare una assistente tuttofare che ora sfoggiava un sorriso malevolo e irriconoscibile. Aveva tentato in tutti i modi di proteggere la Muscle League non curandosi di mettere in mezzo persone che non c’entravano assolutamente, e arrivando a questo momento cruciale aveva deciso di giocarsi l’ultima carta che aveva offerto a Vance e figlio. Un duello d’onore, glielo aveva accennato ai MacMadd nel caso le cortigiane fossero divenute più scaltre, ma quei beoti totali non avevano minimamente compreso la soluzione puntandosi unicamente sui profitti di quel matrimonio mediatico.

– Non è così difficile da capire, ragazzo –  persino la sua voce sembrava diversa, ma in realtà era quella che possedeva quando ancora era un soldato senza scrupoli – ciò che dicono le mie ex colleghe è vero… ebbene si, sono la tanto fantomatica cortigiana che da tempo ha abbandonato le rose nere, ossia l’inquisizione, per motivi strettamente personali. Ero pienamente consapevole di ciò che facevo, sapendo che l’unico modo per lasciare i miei ranghi erano con la morte o con… beh, quello che mi ha fatto diventare quella che sono adesso – guardò intensamente la più giovane delle tre Deva, oltre che la più folle, tornando poi a guardare il piccolo kinniku con uno sguardo quasi sibillino – Importante? Può darsi. Relativo a questa missione? No, direi di no –

Meat pensò che quello un tempo doveva essere un gruppo piuttosto unito per non aver perdonato miss Alana della sua fuga, il fatto che si fossero tatuate il numero originario di membri del gruppo la diceva lunga sul rancore che ancora provavano, e difatti la stessa de Santa le si avvicinò a tal punto da sfiorarle il volto con il proprio in un atto di pura tensione omicida.

– Se pensi di poter arbitrare questo incontro ti sbagli di… –

– Io non lo penso, io lo faccio. Non sono più nell’inquisizione ma sono tra i membri più anziani del gruppo, come Muramasa, e da regolamento mantengo comunque la possibilità di arbitrare un possibile incontro… – un cambio di programma che decisamente non piacque alla donna tatuata, ma i suoi bollenti spiriti si quietarono quando l’anziana propose un accordo – facciamo così, visto che siamo due anziane e due giovani suggerisco che una faccia da arbitro e l’altra da lottatore… io arbitrerò assieme a Nuala, che suppongo non abbia la minima voglia di sporcarsi, e tu e Masada vi divertirete nello scontro –

Ci fu un minuto di silenzio piuttosto teso, nel quale le due donne più giovani valutarono meglio quell’offerta che poteva anche essere a trabocchetto conoscendo bene la loro ex collega, ma in tal decisione vennero aiutati da una Jacqueline MacMadd che lasciò il suo rifugio sotto lo sguardo atterrito dei propri parenti.

– M-ma cosa pensa di fare Jackie… eh, papà?! –  

– Zitto, figliolo! C-credo che tua sorella abbia in mente una idea…–

Difatti, nonostante avere le armi puntate non era decisamente di suo gradimento, e se quelle ninja spietate non l’avevano ancora fermata era per un gesto di una delle rose nere che la lasciò dunque passare, Jacqueline raggiunse con passo fiero quell’insolito drappello per accelerare l’inizio di quell’incontro. Il tutto, logicamente a favore delle telecamere, perché lo spettacolo doveva continuare, oltre che per salvarsi la pelle.

– Sono pienamente d’accordo con la vostra idea di un duello d’onore, e come membro superiore della Muscle League eleggo il nostro campione… ossia Kevin Mask –

tralasciando che lo proclamò con un microfono in mano e ben seguita da uno spaventatissimo cameraman, indirizzò la mano verso il furioso prigioniero lasciando sbigottita l’intera folla per l’audacia di quella scelta quasi da… copione.

– C-che cosaaaa?! Jakie ha scelto Kevin al posto mio?! Ma non è giusto! –  

– Kid, ragazzo! Questo non è il momento di dare sfoggio del proprio narcisismo…–

Ma le parole francamente gli morirono in gola, poiché Kid Muscle spesso e volentieri si decideva a scendere sul ring mosso dal proprio smisurato ego oltre che mosso dalla volontà di ricevere molte più attenzioni che da altri. Quindi se voleva spronarlo da quel lato doveva convincerlo che la via della fama con le ragazze era quella.

Jacqueline era stata piuttosto accorta nella sua scelta, avrebbe volentieri scelto il proprio compatriota visto che indubbiamente era qualificato per uno scontro, ma erano in Inghilterra, stavano celebrando il matrimonio di una leggenda del wrestling nonché padre del giovane campione della Muscle League, quindi per questioni di show era logico ingraziarsi gli inglesi eleggendo il loro beniamino. Inoltre era attraente, e la League necessitava di un modello che non possedesse una faccia da maiale per accattivarsi più pubblico possibile.

A quella scelta comunque, Kevin Mask alzò la schiena con orgoglio, strattonando le donne che lo tenevano in catene fino a liberarsi e avvicinarsi fiero verso quelle spietate giudici. Robin Mask provò a richiamarlo, preoccupato che potesse essere una trappola, ma il giovanotto quasi non lo stette a sentire, piuttosto furioso del trattamento ricevuto.

– Se volete un combattimento d’onore sarò ben disposto a darvi la lezione che vi meritate – lo disse con un tono piuttosto aggressivo, sibilando le parole come un predatore pronto all’attacco – avete osato rovinare il matrimonio di mio padre e, cosa ben peggiore, state infangando il buon nome dei Mask con le vostre inutili illazioni! –

– Tzk… detto da uno che prima faceva parte della d.m.p suona quasi ironico –  e il tono di de Santa sembrava essere molto divertito, almeno sulla carta – sai… trovo affascinante che i redenti come te mi facciano la morale su qualcosa che rinnegheranno alla prima occasione. Ma tant’è… –

E qui la donna colse tutti un po’ di sorpresa, scattando all’indietro con fare aggressivo e facendo danzare nell’aria i suoi tatuaggi serpentini che, con una velocità sovrumana, attaccarono il lottatore inglese cingendogli le membra e buttandolo al centro del ring improvvisato a pochi passi dalla loro folle padrona.

Kevin rimase in un primo momento a dir poco pietrificato, poiché passato lo stupore di rivedere la gigantessa che aveva attaccato, confidando quindi di sfruttare già quello che aveva appreso con lei, davvero non capiva come quelle cose disgustose riuscissero a trattenergli le membra fin quasi a strangolarlo. Riuscì a liberarsi con un colpo di reni, mettendosi in piedi su quel parquet quasi scivoloso e riuscendo a spezzare via quelle serpi che non si erano incollate al suo collo.

Fu come se recidendo quelle serpi avesse spezzato il legame psichico con la loro padrona, ma quella non si scompose e riaccolse a se anche i frammenti dilaniati che tornarono a ricomporsi sul corpo ambrato di Uriel.

Credimi ragazzino… se fosse così semplice non avrei fatto questo mestiere –

Il rampollo di casa Mask si limitò solo a schioccare la lingua sul palato, liberandosi della giacca e della camicia per avere più libertà di movimento in un combattimento che si dimostrava piuttosto difficile già in partenza data la mancanza di tendicorde e con molte persone a delineare il ring.

– Uh, beh… se la mettiamo così… – vedendo quella scena Howard Lancaster tentennò un poco, ma poi prese la sua decisione con piglio deciso, lasciando momentaneamente di stucco le donne della sua famiglia – la famiglia Lancaster nomina come suo campione Kid Muscle! Nonché l’unico altro lottatore fisicamente sano! –

– Eeeh?! E cosa ne è rimasto dei miei dirittiii?! –

A quelle parole il diretto interessato strillò di puro terrore e tentò di darsela a gambe nonostante i rimproveri del suo allenatore, che cercò di fermarlo aggrappandosi alle sue braghe ma con l’unico risultato di esporgli le chiappe al vento. Quella scenetta assurda venne fermata da Masada in persona che, senza sforzo alcuno, prese il principe dei kinniku per la collottola, e di conseguenza anche Meat che si tenne ben stretto ai pantaloni del proprio allievo, scagliandolo come un sasso al centro di quell’arena improvvisata.

Entrambi caddero in modo rovinoso a due passi da Kevin Mask, e il primo a riprendersi fu lo stesso Meat.

– Andiamo Kid! Sei l’unico oltre a Kevin a poter disputare questo incontro! –

– E chissenefrega! – fece infuriato l’altro, senza neppure sistemarsi i pantaloni – mi avete interpellato senza chiedermi nulla e… –

Ad interrompere le sue parole ci furono i lamenti risentiti dei suoi compagni, ed il suo sguardo confuso vagò in mezzo quella folla di gente impaurita e confusa fino ad accorgersi, finalmente, in che condizioni erano realmente i suoi amici.

DikDik van Dik giaceva esamine a terra, il volto segnato da una espressione di dolore, mentre Wally Tusket era inginocchiato al suo fianco sebbene fosse anch’egli dolorante era giusto non darlo troppo vedere all’anziana madre seduta al suo fianco.

Mentre Jeager e suo padre… non erano neppure nelle condizioni adatte per restare distesi sull’erba, quanto urgentemente bisognosi di cure mediche.

– Nnrr… Kid! Smettila di fare l’idiota e vedi di combattere! –

A parlare era stato Terry Kenyon, con le mani legate dietro la schiena e una faccia pesta di sangue così come il suo elegante smoking, ma lo sguardo fiero non si era piegato al dolore fisico.

– Noi tutti siamo dalla tua parte! Anche se siamo feriti… anche se non riusciamo a parlare… n-non permettere a queste terroriste di avere la meglio! La Muscle League è molto meglio di tutto questo! Coraggio! Fa vedere loro di che pasta sei fatto! E ricorda anche che sei in mondovisione… quindi come credi che reagirà Roxanne?!–

Fino a quel momento Kid Muscle non si era accorto che i suoi compagni avevano combattuto valorosamente, soccombendo solo quando le forze erano venute a meno. I suoi amici, i suoi compagni fidati, avevano combattuto per difendere i propri cari mentre lui si era andato a nascondere sotto un tavolo da bravo codardo. Non era così che doveva andare. Non era così che i suoi amici dovevano sacrificarsi!

Ed inoltre… diamine, Roxanne non avrebbe più voluto vederlo per davvero se non avesse onorato il sacrificio di tutti i suoi amici. Kid in quel momento sentiva qualcosa nel petto, e quel qualcosa stava diventando una pentola a pressione pronta ad esplodere di rabbia pura.

– Molto bene allora… – strinse i pugni con decisione, assumendo uno sguardo fiero che fece solo ridere de Santa – preparati a riceverne quante ne hai dato fino ad ora! Nessuno tratta così i miei amici e la fa franca! –

Forse erano parole un po’ riciclate, ma sul volto di Meat apparve un sorriso speranzoso vedendo che finalmente il suo pupillo si era deciso a darsi una mossa in barba all’iperprotettività paterna. Poteva sembrare ora tutto perfetto, con gli stessi nobili e i vari invitati che tiravano anche loro un momentaneo sospiro di sollievo, ma l’atmosfera venne interrotta da un freddo Kevin Mask che, senza neppure degnarsi di guardare il principe dei kinniku, incrociando le braccia sul petto nudo volle marcare un concetto fondamentale.

– Tzk… vedi almeno di allacciarti i pantaloni, a nessuno interessano i tuoi genitali in galassiavisione –

Perché, effettivamente, le sue chiappe non erano proprio un gran bel vedere, con facepalm collettivo di molti ospiti presenti.

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Capitolo 30
*** creepy show ***


L’interno della stanza antipanico brulicava dei servitori che erano scampati al rastrellamento di massa attuato da quelle terroriste vestite di nero. Attualmente, nessuno era riuscito a violare le porte segrete, e dai molti schermi presenti, collegati alle telecamere di sicurezza, si poteva osservare il disastro che era appena avvenuto.

Ad Archie, l’anziano maggiordomo capo di casa Mask, sudavano le mani nell’osservare tutta quella povera gente strattonata e malmenata, ma era suo dovere mantenere la calma in mezzo agli altri servitori e ospiti scampati al rastrellamento. Deglutendo notò che tutto sommato al signor Mask e famiglia era andata abbastanza bene, Robin Knight era rimasto all’interno della villa per motivi di salute e quindi si trovava anche lui all’interno della stanza ben “protetto” dalle due glaciali suorine mentre se ne stava seduto su di una sedia in velluto, ma era stato lo spettacolo offerto dalle due terroriste a far congelare il sangue ai presenti.

L’anziano maggiordomo poteva solo sperare che la signora Lancaster e figlia si riprendessero presto da quello spiacevole fattaccio, ma ora era decisamente più importante che il signorino Mask e l’altro ragazzo riuscissero nella loro titanica impresa. In particolare la signora Santiago, che ora stringeva a se una neonata pigolante nel mentre che mormorava una preghiera in spagnolo, temeva per la vita del proprio “hijo” costretto a confrontarsi contro due nemici a dir poco ostici.

– Hm, conosco abbastanza bene le tecniche della signorina più giovane – fece un Check Mate piuttosto attento a quello che stava accadendo sugli schermi – esegue delle tecniche ad area piuttosto insidiose e sembra non avere problemi con i materiali sufficientemente “morbidi” – vedi esseri umani e pareti di cartongesso – ma la signora piena di segni rossi non ho la più pallida idea di chi sia… ma a quanto pare Kevin Mask sembra essere più a suo agio con quella donna, visto il modo in cui riesce a prevedere i suoi attacchi –

E questo lo diceva perché al momento il lottatore inglese riusciva a cavarsela schivando i pugni dell’avversaria, e sempre all’ultimo momento in modo da darle l’illusione di avere un colpo sicuro, riuscendo sempre a schivare di lato per poterla colpire ai tendini delle ginocchia in modo da farla sbilanciare.

Mentre Kid Muscle… beh, stava combattendo a modo suo. Urlando terrorizzato e facendosela addosso come una fontana mentre saltava da una parte all’altra per evitare quelle serpi stilizzate e riuscendo a strapparne anche diverse senza quasi accorgersene.

Dal canto suo il lottatore del Principato di Monaco avrebbe volentieri partecipato a quella cruenta battaglia, ma aveva dei civili da difendere ed inoltre si trattava di un combattimento a coppie con delle regole specifiche.

Per Niamh invece, che se ne rimaneva in disparte in mezzo a quei servitori quasi sul punto di scoppiare a piangere per la troppa tensione accumulata, la situazione divenne molto più chiara ora che aveva la possibilità di vedere i due lottatori combattere. Si sentì una sciocca per aver enormemente sottovalutato, o almeno secondo il suo poco fiducioso parere, i consigli del ragazzo che amava a stare il più possibile lontano dall’Inghilterra e da lui. Aveva capito che il problema era più grosso di quanto Kevin voleva far intendere, perché Niamh era solo una ragazza profondamente insicura e non una stupida, ma non aveva mai pensato ad una cosa… così assurda e agghiacciante come quella fornita dalle telecamere di sicurezza. Poteva solo pregare, continuando a sentirsi una sciocca mentre si tormentava un bottoncino del golfino verde mela, che il giovane lottatore della Muscle League assieme al compagno kinniku riuscisse nell’impresa di rovesciare la situazione ed ottenere così l’indulto. Sebbene il suo istinto le stesse dicendo di correre da lui per stargli accanto, era abbastanza lucida da sapere che Kevin avrebbe preferito saperla al sicuro piuttosto che “in mezzo ai piedi a distrarlo” oppure farsi menare come quella ragazza con il vestito verde.

E quasi in contemporanea, la mente di Kevin andò solo di sfuggita a toccare il pensiero di sapere se la giovane irlandese stesse bene e al sicuro, ben consapevole comunque che era rimasta all’interno della villa prima dello scoppio di tutto quel casino. Non poteva farsi distrarre ora, non mentre stava riempiendo con una raffica di pugni lo stomaco di Masada che stava, a quanto pare, subendo i colpi che avrebbero spaccato addirittura le pietre, poiché se si fosse minimamente distratto avrebbe dato la possibilità ad un nemico tenace di ridurlo a brandelli.

Scacciò completamente il pensiero di Niamh con un violento gancio destro sotto il mento dell’avversario, dato tra l’altro con un vittorioso ruggito, facendola sbilanciare in modo critico fino a farle toccare con la schiena la liscia superficie della pista da ballo.

Un boato di stupore si levò dalla folla di insoliti spettatori, ben fiduciosi che la sorte del combattimento stesse volgendo a favore dei due campioni, tanto che la stessa Jacqueline commentò entusiasta quella presunta svolta come se invece di trovarsi di fronte a un processo fosse ad un incontro della League.

– Forse siamo ad una svolta signori! Se Kevin Mask riesce ad avere la meglio sul proprio avversario… allora la situazione è un passo dal ribaltarsi! –

Francamente parlando alla ragazza interessava si salvarsi la pelle, ma anche dare uno spettacolo ben fatto anche se questo valeva dire dover frustare qualche cameraman fifone. Chi era meno sicuro della vittoria era Kid Muscle che, senza alcun ritegno, strillava tanto quanto una scolaretta quanto menava fendenti a quelle serpi insidiose che cercavano di incollarsi alla sua pelle, senza però attecchirvi visto che il principe dei kinniku non dava loro la possibilità di farlo.

– Ahh! Keviiin!! Se hai finito con quella, vieni a darmi una mano!! IIH!! –

Nel mentre che lo disse strappò in due una serpe più grossa del solito, ma questo sembrò solo far divertire ancor di più la loro padrona. Un comportamento anomalo quello di de Santa, oltre che della stessa Muramasa tutt’altro che preoccupata, che decisamente non piacque ad un Meat a bordo campo e piuttosto ansioso di mettere in guardia il proprio pupillo.

– Kid, ragazzo! Apri gli occhi quando combatti! – e questo perché il ragazzo li teneva categoricamente chiusi dalla troppa paura – non vedi che è tutto troppo facile?! Stai all’erta!–

– La fai facile tu! Non stai combattendo… eek!! –

In quel preciso istante una serpe più lesta delle altre scivolò rasoterra fino alle spalle del principe dei kinniku per morderlo alle chiappe con un attacco vigliacco, e il giovanotto riuscì a liberarsi solo saltellando come una specie di primate… facendo fare facepalm a molti e in primis al suo allenatore.

– Oh, Kid… che situazione imbarazzante – mormorò re Suguru nel vedere che quella dannata inquisitrice lo stava deliberatamente prendendo in giro, e trovandosi a deglutire per una scena che aveva già sperimentato più volte in passato – tieni duro figliolo! Tuo madre ha portato con sè il cambio di biancheria intima! Quella con gli elefantini che ti piacciono tanto! –

I richiami del genitore però servirono solo a dargli sollievo ma non la giusta tattica da seguire in quel momento, poiché avere un ricambio pulito era sempre un’ottima cosa anche se qualche invitato stava sghignazzando per i suoi gusti riguardo l’intimo, ma persino lo stesso Kid aveva notato che l’inquisitrice tatuata non stava attaccando “per davvero” limitandosi solo ad una specie di caccia al topo prolungata.

– Tzk… questo combattimento sta diventando alquanto noioso, non credi anche tu, Masada? – Uriel si permise addirittura di incrociare le braccia in petto, guardando di sottecchi la propria collega – forse è il caso di scambiarci i partner di ballo… almeno sapranno cosa vuol dire partire svantaggiati! –

E questo perché Kevin non conosceva a fondo le tecniche di Uriel, e in altrettanta forma Kid non sapeva nulla di Masada. E se il giovanotto credette di aver cantato troppo presto, si rese immediatamente conto di aver commesso una emerita cazzata nell’abbassare la guardia contro una avversaria solo all’apparenza in difficoltà. Masada difatti si dimostrò pericolosa anche da atterrata da un colpo micidiale, e con un pugno be assestato al pavimento, mentre si rialzava in piedi, fece sollevare la lunga tavola di legno che culminava proprio sotto i piedi del giovane Mask, creando un effetto catapulta che lo fece sbilanciare pericolosamente verso l’alto.

Emise solo un mezzo urlo di dissenso per quella mossa, ma la sua avversaria fu ancora una volta piuttosto veloce a prenderlo con una sola mano al volo, stringendogli la testa fino a deformarli un po’ l’elmo ( e grazie al cielo che l’aveva! ) e a lanciarlo poi in direzione di Kid Muscle come se fosse stato una pallina da flipper. Riuscendo comunque ad atterrare sui talloni.

– M-maledizione…– sibilò un Kevin piuttosto furioso che ignorò i lamenti di dolore del proprio compagno – credevo di avere a che fare con delle lottatrici professioniste… non con due giocatrici professioniste di bocce! Lanciare la gente e spaventarla con dei graffiti ambulanti si addice di più a tecniche intimidatorie di bassa lega per impedire all’avversario di comprendere quanto sia debole in realtà il nemico che affronta – e non aveva detto una cosa stupida, tanto che molti degli ospiti presenti parlottarono tra loro per la teoria avanzata piuttosto plausibile – pertanto, mi dispiace deludervi… ma avete appena fatto l’errore di sottovalutarci! –

– Urgh… perché hai compreso anche me nel discorso?! –

Le inquisitrici tuttavia non dettero retta ne al lottatore inglese, ne a quello kinnikku che ancora risultava reticente allo scontro. Uriel difatti sembrava essere tanto divertita quanto infastidita per dover combattere contro dei ragazzini saccenti che ancora non avevano ricevuto abbastanza pedate nel culo per capire in che direzione girava la vita di un individuo.

– Ahh… piccini! La cosa più singolare di voi maschietti è che sarete sempre disposti a credere due cose su noi donne, ossia – e qui alzò la mano destra, iniziando a contare con ironia – uno: crederete sempre che una donna sia più debole di voi… e due: che sia sempre e comunque attratta da voi – rise di gusto, ma era una risata tutt’altro che divertente, mentre veniva affiancata da Masada – alla vostra età credete di avere il mondo in pugno, e quando vi accorgete che non siete il centro dell’intero universo ecco che le fondamenta iniziano a crollare…–

Lasciò “finire la frase” a Muramasa, che con un certo tempismo abbatté entrambi i pugni sul pavimento di legno con una violenza tale da deformarlo anche grazie all’aiuto delle serpi di Uriel che, seguendo quelle travi spezzate come una violenta marea, aumentarono i danni fino a correre verso due lottatori che non riuscirono a scasarsi. Venendo travolti da quell’esplosione finendo nuovamente lanciati per aria. Con uno strillo di pura sorpresa Kid Muscle avvertì quei tatuaggi stregati arrivargli alla pelle e attraversarla velocemente procurandogli un misto di fastidio e dolore come se qualcuno stesse sfregando una lima sui punti più sensibili, e cosa ben più inquietante c’era il fatto che lo stessero stringendo come un panno umido, procurandogli sempre più dolore.

E neppure Kevin se la stava passando meglio, ritrovandosi nuovamente sbattuto a terra e inginocchiato in una posizione di pura sofferenza mentre quelle serpi maligne gli attraversavano il torso nudo immobilizzandogli le braccia nell’atto di cercare di sfilarsele via, in un gesto dettato dall’istinto, dal collo dai muscoli tesi dal dolore. Si sentiva come se stesse soffocando, assieme al compagno Kid, messi come in una grottesca posa raffigurante una scena infernale da una artista che ci teneva a ribadire il concetto di “vita”.

– Si può intendere l’esistenza di un individuo in molti modi, ma quando si è giovani si è infettati fino al midollo dalla superbia… e neppure vi accorgete che la vostra esistenza è simile ad un puzzle incompleto– chiuse la mano destra a pugno, e con soddisfazione vide che i serpenti si strinsero maggiormente attorno ai due lottatori – per un po’ ti diverte giocarci, poi scopri che per completarlo devi andare alla ricerca dei pezzi mancanti visto che, a causa di un errore di fabbricazione oppure semplice sfiga, manca sempre qualcosa per completare l’opera… ci spendi una vita a cercare quel fottuto pezzo! Una vita! – ora strinse anche il pugno sinistro con un ringhio risentito, facendoli gemere di dolore – e poi… solo dopo scopri che te lo devi costruire tu, un po’ per volta, capendo che è sempre stata la strada che dovevi percorrere fin dall’inizio. E quando l’hai completato… eh, sono soddisfazioni… ma mai come perderlo nel giro di 5 minuti per le sfortunate coincidenze della vita… un po’ come le vostre esistenze, giusto ora, e lasciare che finalmente il ventenne che era rimasto assopito dentro di te non inizi ad urlare il proprio dissenso  

– Aah… ma a me neppure piacciono i puzzle! –

Francamente parlando il principe dei kinniku si stava quasi pentendo di essere sceso in campo per rendere giustizia a tutti i suoi compagni. Quelle tizie erano fortissime, e quasi non si ricordava che quella con i tatuaggi fosse addirittura tanto loquace. Tuttavia c’era qualcosa che non quadrava, riguardo quei serpenti stregati che facevano parte del corpo di quella donna… gli sfuggiva qualcosa di importante, qualcosa che magari avrebbe potuto usare contro di lei, ma al momento il dolore era così insopportabile da non portarlo a ricordarsi della loro prima battaglia al Muscle Museum Hospital.

E arrivati a quel punto fu la volta della mastodonte di colpire duro, lasciando che le serpi sibilassero tra loro fino ad assottigliarsi quel tanto che bastava per essere prese velocemente tra le mani come se fossero state due briglie. Sotto lo sguardo inorridito dei presenti, dai nobili altolocati ai restanti membri della Muscle League che ancora non era stata messa K.O, iniziò dunque un crudele flagello in cui i due giovani lottatori venivano buttati da una parte all’altra di quella pista da ballo un tempo gloriosa, e ben presto distrutta ogni qual volta che i loro corpi andavano a sbatterci violentemente fino a farli sanguinare.

Vedendo il figlio sempre più in difficoltà, la regina Belinda sbiancò letteralmente e il marito dovette sostenerla momentaneamente prima che la donna si ricordasse che quelli erano i pericoli in cui il suo Kid poteva incappare ad ogni combattimento, e a ricordarglielo fu lo stesso Howard Lancaster che stazionava poco lontano dai due coniugi Muscle.

– Si faccia forza, signora – nei suoi occhi verdi non sembrava esserci quasi nessuna traccia di umanità, da tanto che erano freddi – non ho scelto a caso vostro figlio… la tempra dei kinniku è notevole, quindi sono sicuro che quei colpi non sono così letali come vogliono farci sembrare –

Era vero, lo stesso bisnonno di Kd era riuscito a fermare una invasione di pirati spaziali con la sola forza della propria tempra. Quindi doveva credere nelle speranze di vittoria del proprio figlio, e quantomeno fare il tifo per lui sebbene non avesse mai ritenuto che urlare a squarciagola il nome del lottatore avesse chissà quale potere di ricarica. Al massimo lo avrebbe distratto, ma notando che Meat era alquanto assorto, e il piccolo allenatore era a pochi passi da loro e ben intento a studiarsi il combattimento, doveva avere già in mente qualcosa che fosse molto più utile di mille parole buttate al vento.

 

Nessuno fiatava durante quel cruento combattimento, e neppure le persone che stavano guardando quello spettacolo decisamente inconsueto per un matrimonio standosene comodamente a casa semplicemente era troppo attonita per poter commentare. E chi lo faceva, si limitava a scommettere soldi su chi sarebbe caduto per primo.

Sebbene al momento in Giappone fosse molto tardi con il fuso orario, rispetto all’Inghilterra, la sua buona fetta di fan della IWF si era comunque tolta lo sfizio di guardare la diretta televisiva di quel matrimonio da favola nonostante fosse notte fonda. E Roxanne Nikaido fino a quel momento aveva assistito a quell’evento in compagnia della madre Mari comodamente sedute sul divano di casa, ma ora era decisamente sbiancata per l’assurdo epilogo di tutta quella trovata televisiva.

Di solito ad un matrimonio la cosa peggiore che potrebbe capitare è uno dei due coniugi che scappa via all’ultimo momento, non Kid Muscle e Kevin Mask che combattono per ottenere un indulto!

– Questa cosa è… è assurda! Avanti, Kid! – sbottò all’improvviso la giovane, stringendo con più forza il cartonino del succo al pomodoro che fino a quel momento stava bevendo – cerca di reagire! Non puoi lasciarti sopraffare così da quelle due streghe! –

Arrivò addirittura ad alzarsi di scatto dal divano, colta da un impeto di rabbia e impotenza, e se non schizzò l’intero succo di pomodoro fu solo per la prontezza di sua madre che la prese per un braccio rimettendola a sedere.

– Tesoro! Non credo che prendersela con il nostro vecchio televisore possa aiutare quel povero ragazzo – lo disse con gentilezza, ma nel suo tono c’era comunque una nota autoritaria che la figlia acquisita ben conosceva – mi rammarica doverlo dire, ma tutto ciò che possiamo fare al momento è restare a guardare oppure spegnere la televisione… –

– M-ma… è dannatamente frustrante! Non poter essere li… –

Anche se non voleva ammetterlo, e forse non l’avrebbe mai ammesso, Roxanne a quel ragazzo ci teneva molto. Molto ironico come fatto, se si pensava che un tempo, prima di incontrare Belinda, era stata Mari l’interesse amoroso di re Suguru, ed ora erano i loro figli a provare con il tempo la stessa cosa… in particolar modo da parte di Kid, che come il padre si dimostrava essere un inguaribile farfallone.

Alla fine la giovane dette retta alla propria madre adottiva, rimettendosi a sedere sul divano e nascondendo brevemente il volto tra le mani sentendo la propria stessa voce incrinarsi dalla frustrazione.

– Kid… deve reagire, maledizione! –

Mari le fu prontamente accanto, confortandola come meglio poteva con parole che suonarono comunque stranamente rassicuranti. Se era come suo padre, allora avrebbe trovato sicuramente il modo di districarsi da quella terribile situazione.

– Kid Muscle è un kinniku… e come tutti quelli della sua razza ha una tempra decisamente notevole – le poggiò una mano sulla spalla sinistra, massaggiandogliela delicatamente – se è della stessa pasta di suo padre, allora sono pronta a scommettere che a breve la situazione si ribalterà… –

 

E la signora Nikaido non aveva tutti i torti in effetti, poiché Meat si ricordò di un fatto piuttosto peculiare nel mentre che osservava i due lottatori della League sbattuti con forza, e per l’ultima volta, verso il pavimento di legno dopo l’ultima poderosa sferzata compiuta da Masada che li aveva fatti scontrare tra loro come se fossero stati due giocattoli.

Kevin Mask si ritrovò svariate schegge di legno conficcate nella schiena, ma perlomeno ora gli era concesso di respirare visto che i tatuaggi stregati avevano mollato la loro morsa lasciando sul suo corpo sudato segni rossi di abrasioni piuttosto brucianti. Mentre Kid Muscle fu il primo a cercare di rimettersi in piedi, ritrovandosi con lo smoking sbrindellato e qualche lesione interna visto che sputò sangue non appena si mise sulle ginocchia, ma ben presto si ritrovò nuovamente inchiodato a terra quando la donna di nome de Santa non gli atterrò sulla schiena con ambo i piedi.

Rise di gusto, per poi spostarsi e prendergli la testa, sempre con ambo i piedi, prima di effettuare un’agile salto mortale portando il povero malcapitato a gridare sorpreso e terrorizzato a mezz’aria, prima di ritrovarsi con due pugni affilati come rasoi contro il proprio stomaco.

La tempra di un chojin gli permise di sopravvivere, poiché se fosse stato un comune mortale avrebbe riversato su Uriel tutti i suoi intestini sanguinolenti, ma nonostante il colpo subito fu un miracolo rivedere il kinniku di nuovo pronto a combattere preda della furia.

Kevin era stato risparmiato da quel brutale attacco, e mentre si metteva in ginocchio e recuperava le forze, potè notare come le mani di quella folle Deva si erano tramutate come in “trivelle” con i suoi tatuaggi che si erano messi a turbinare attorno ad esse fino a prendere quelle sembianze li. E come se non bastasse, la ragazza era piuttosto agile e fluida come l’acqua, visto l’innaturale modo in cui si piegava per evitare gli attacchi risentiti di un Kid ora tornato con i piedi per terra, in netto contrasto con l’altra sua collega piuttosto lenta ma dannatamente resistente.

– Ah…! Certo che quando vuoi sai essere scattante, hm?! –

Disse testuali parole un attimo dopo essersi scansato di lato da un brutale attacco di Masada che andò a colpire il suolo con un poderoso gancio destro. Il giovanotto inglese fu prudente ad allontanarsi il più possibile da lei, e con la coda dell’occhio potè notare una cosa alquanto singolare…

La gigantessa stava sanguinando, e li per li poteva anche essere normale visto e considerato che comunque Kevin aveva messo a segno dei duri colpi all’avversaria, ma di tutte le ferite che si stavano rimarginando quelle al collo sembravano fare parecchia fatica. Il suo punto debole era lì, arroccato come il nido di un’aquila e quasi impossibile da raggiungere, ma con un po’  di astuzia forse il problema si sarebbe risolto stando semplicemente attenti ai suoi colpi.

Eseguendo la Big Ben Edge molto probabilmente sarebbe anche riuscito a spezzarle il collo… l’unica cosa che doveva fare era di NON cedere alla tentazione di sfruttare le mosse che Lord Flash gli stava faticosamente insegnando. E non tanto perché Kevin non era capace di apprenderle, ma perché il ragazzo testardamente non gli andava a genio di imitare delle mosse ideate dal suo stesso padre.

Lo stesso Warsman che ora guardava in silenzio quell’incredibile massacro, a causa di un lieve danno alla scatola vocale, pregò interiormente che il suo pupillo non cedesse alla tentazione di sfruttare proprio adesso le tecniche che gli aveva insegnato. Sarebbe arrivato il momento di sfruttare quelle tecniche assassine al momento giusto, ma ora doveva solo prestare attenzione a non farsi colpire e mantenere la calma.

– Ehi…! E-ehi, Kid! Mi sembri accaldato ragazzo!! Prendi questo ghiaccio e… oops! –

I pensieri dell’ex lottatore russo si interruppero quando il piccolo kinniku che faceva da allenatore di Kid Muscle fece accidentalmente cadere sulla pista da ballo un intero recipiente colmo di cubetti di ghiaccio scivolosi. Una caduta solo in apparenza accidentale, poiché fu chiaro a molti spettatori, oltre che per le altre due inquisitrici che facevano da giudici, che Meat aveva deliberatamente lanciato quel grande recipiente in direzione del proprio allievo impegnato a schivare gli attacchi dei serpenti stilizzati. Per tal motivo, Jacqueline MacMadd fu ben accorta a mascherare quel maldestro tentativo dell’allenatore, perché era palese che non l’avesse fatto tanto per rinfrescare l’allievo quanto per aiutarlo nel combattimento, in un modo ancor più ridicolo ma efficace rispetto a Meat.

– Guardate signore e signori! Con l’intento di rinfrescare il proprio allievo, l’allenatore di Kid Muscle ha accidentalmente fatto cadere – leggasi: lanciato in sua direzione – un intero recipiente di ghiaccio sulla pista da ballo! Speriamo solo che ai nostri lottatori non si ghiaccino le dita dei piedi! –

A dir la verità all’avvenente presentatrice stava piacendo tutto quello spettacolo violento, a momenti avrebbe addirittura aggiunto che la stava eccitando il modo in cui i due lottatori della League stessero soffrendo per mano di quelle due spietate donne. Si era aspettata di presentare un noioso matrimonio, ma per come si erano svolti poi i fatti la sua vena sadica era stata ampliamente accontentata da uno spettacolo tanto improvvisato quanto violento!

Il suo commento tuttavia venne quasi del tutto ignorato dalle due giudici, poiché Nuala stava guardando di sbieco una ex collega seduta accanto a lei su un improvvisato tavolo della giuria e intenta a bersi un cuba libre con occhi assurdamente strabici.

– Tzk… guarda come ti sei ridotta. Ne valeva la pena? – glielo sibilò con una voce quasi risentita, ma quella aveva ormai perso il suo momento di lucidità interiore e sembrava fregarsene di ciò che la circondava – non riesco a capire il motivo del perché te ne sei andata, ma l’epurata ti ha scombussolato il cervello in una maniera indegna… oppure adesso stai guarendo?! –

Era un dubbio piuttosto comprensivo visto e considerato che la sua ex collega aveva una innata che le permetteva di rigenerare velocemente i tessuti danneggiati, eppure tuttavia non era perfettamente convinta che potesse essere tutta una coincidenza.

L’epurata era un sistema alternativo alla morte nel caso si decidesse di lasciare l’inquisizione, scombussolando il cervello del prescelto fino a danneggiarlo irrimediabilmente affinché i segreti dell’ordine non venissero divulgati nell’universo. Alana aveva deciso di sottoporsi a tale pratica volontariamente, ben conscia che il cervello era l’unica parte che non riusciva a rigenerare, ma a questo punto sembrava quasi ovvio che in realtà la rigenerazione era possibile… magari lenta e con qualche limitazione, ma era abbastanza forte da poter superare anche quell’ostacolo.

Ella però non rispose, limitandosi a fissarla con sguardo insensibile e facendo un insopportabile rumore di risucchio con la cannuccia. Per la Dea! Si sarebbe beccata una infezione anche solo continuando a guardare quello sgorbio! Pertanto, sbuffando seccata tornò a guardare un combattimento che più di tanto non le interessava, e per la prima volta dal suo inizio potè notare una svolta nella situazione.

Il contenitore di forma circolare, ancora colmo del suo ghiaccio, era finito ai piedi di un Kid Muscle atterrato da una potente sferzata che ora gli si era appiccicata sulla pelle andando a graffiarlo dolorosamente.

Meat aveva… davvero lanciato quel ghiaccio solo per raffreddarlo?! Molto strano anche perché lui al momento aveva solo bisogno di un ricambio di mutande pulito, inoltre lo sguardo del suo allenatore sembrava volergli dire qualcosa di estremamente importante.

– Ehi, Meat… per caso è ora di andare a casa? –

Ti sembra questo il caso di andare a casa, eh asino??!

Gli venne di puro impulso di berciargli addosso testuali parole incurante della pericolosa vena che gli pulsava in fronte e dei fischi delle persone presenti che quasi si stavano scordando di essere dinnanzi ad uno scontro atto a salvare le loro vite e non per dare semplice spettacolo, ma a quanto pare era nella natura umana dimenticarsi delle questioni più importanti… o quantomeno, come nel caso di Kid, che vedendo quel ghiaccio si ricordò stranamente qualcosa di potenzialmente importante nell’attimo in cui le serpi tatuate si sganciarono dal suo corpo martoriato non appena quei cubetti tracimarono accidentalmente fuori dal loro contenitore.

Il giovane principe dei kinniku non amava affatto il wrestling e neppure la violenza in generale, quanto piuttosto era molto più propenso allo studio visto che il suo più grande sogno era di divenire avvocato… un lavoro molto più serio e meglio retribuito del wrestling, secondo il suo parere!

Ma notando quelle serpi malvagie allontanarsi dalla sua pelle per tornarsene da una stizzita padrona che non aveva affatto digerito quell’intrusione del piccolo Meat, si ricordò una cosa molto interessante presente su un libro di scienze. Ai serpenti non piace le basse temperature… e neppure quelle troppo alte! Quindi, a rigor di logica, anche se erano tatuaggi magici restavano comunque dei rettili a sangue freddo, compresa la loro padrona che parve intuire troppo tardi quel che aveva in mente il proprio avversario.

– Ma certo…! Non ti piace il ghiaccio, eh, brutta befana??! – una insolita scarica di speranzosa energia lo avvolse nel momento in cui si rialzò in piedi brandendo quel grosso recipiente come se fosse stato pronto ad usarlo come un’arma – scommettiamo che ti si ghiacceranno altro, oltre alle dita dei piedi?! Tiè!! –

Sorprendendo e allibendo buona parte degli spettatori, il giovane Kid Muscle iniziò a lanciare cubetti di ghiaccio in direzione di de Santa facendola arretrare disgustata pronta a schivare ogni presunto attacco di quel maledetto moccioso.

– Che diavolo pensi di fare, moccioso? Conservati il ghiaccio per freddare i bollenti spiriti! visto e considerato l’immane testa di cazzo che hai sotto la maschera! –

Schivò agilmente agni singolo cubetto che il principe dei kinniku le scagliava contro, ma ormai era chiaro che le sue serpi erano un po’ riluttanti ad ubbidire ai suoi richiami telepatici… tanto che, vedendo come reagivano al ghiaccio che li colpiva, alcuni spettatori iniziarono a fischiare contro l’inquisitrice che parve non ascoltarli nemmeno.

Quando poi tentò di sferrare un attacco ad area, lasciando che le sue bestie incantate scorressero sulla pavimentazione rovinata, creò invece un effetto contrario a quello che si sarebbe aspettato, lasciando molti spettatori dapprima allibiti e poi completamente terrorizzati.

I serpenti stilizzati sibilarono feroci come feroce era l’urlo di guerra della loro signora, ma invece di gambizzare il giovane wrestler, forse perché intorpiditi dal ghiaccio, riuscirono solo a farlo inciampare malamente tanto da fargli cadere di mano il grande recipiente del ghiaccio. Il raffinato manufatto d’acciaio volò in aria sotto lo sguardo stupefatto dei nobili e degli altri lottatori della Muscle League, e tutta la scena parve svolgersi al rallentatore nel mentre che crollava miseramente a terra colpendo perfettamente una de Santa che tutto quel ghiaccio decisamente non se l’aspettava. Poi il tempo si fermò, lasciando che solo quei gelidi cubetti di ghiaccio cantassero mentre rotolavano per terra congelando sulla pelle della Deva i suoi temibili servitori, portandola a ringhiare frustrata mentre scivolava all’indietro andando a sbattere contro l’ultima persona con cui si aspettava di scontrarsi.

Fino a quel momento il combattimento tra Masada e Kevin non era passato inosservato, tanto che la stessa Jacqueline, nel mentre che commentava la lotta di Kid, non si era risparmiata di elogiare il lavoro svolto dal biondo inglese.

Fino a quel momento il rampollo di casa Mask aveva fatto ben sperare i propri familiari visto e considerato l’eccellente preparazione atletica che mostrava, e per il semplice fatto che non si era risparmiato nell’effettuare una Big Ben Edge nonostante la stazza della sua nemica l’aveva resa quasi impossibile.

Sebbene il giovane lottatore fosse riuscito nell’impresa di sfuggire alle prese assassine della possente avversaria, cercare di metterla K.O gli era quasi costato l’osso del collo, poiché si era visto costretto scivolargli in mezzo alle gambe dandole poi un “colpo di frusta” alle gambe, arrivando a farle dolere i tendini, quel tanto che bastava per distrarla e lanciarla in aria con un pugno abbastanza potente da toglierle ogni difesa.

Sicuramente cercare di tenerla ben salda mentre effettuava la sua mossa più classica e letale non era stato affatto facile, perché Masada si era ripresa quasi subito e non sopportava di avere il collo intrappolato tra i polpacci di Kevin, ma alla fine era riuscito ad atterrarla sotto il boato estasiato di una insolita folla.

Un momento di gloria che fu assai effimero, quando la figura traballante di Uriel non andò a sbattere contro una collega che si stava già rialzando faticosamente in piedi dopo un colpo a dir poco micidiale.

Poteva anche trattarsi di un momento comico. Poteva, per l’appunto.

Se non fosse stato per lo sguardo incendiario di de Santa, che con una lentezza a dir poco omicida si tolse di dosso il contenitore del ghiaccio mentre i suoi serpenti si muovevano in modo assai strano sulla sua pelle ambrata.

– Tzk… e voi sareste le inquisitrici più forti del gruppo? – Kevin Mask non si lasciò prendere dal panico per quello sguardo truce, come stava già facendo Kid, incrociando le braccia in petto e sfidandole con arroganza – io vedo solo una vecchia inferma e un mastodonte che fa fatica a stare in piedi… vi basate più sulla paura psicologica, come ho già detto in precedenza, ed ora ne abbiamo prova effettiva –

Dette un calcio ad un cubetto di ghiaccio come ad enfatizzare meglio le proprie parole, ma questo venne preso al volo da Muramasa che lo ridusse in polvere cristallina chiudendolo stretto in pugno. Anch’ella aveva uno sguardo tutt’altro che rassicurante, e nel mezzo di quel ring improvvisato cadde un glaciale silenzio sentendo la fredda risata di Uriel mentre qualcosa di spaventoso stava per accadere.

– Caro, piccolo, bambino… perché ti ostini a vedere il mondo solo alla punta del tuo naso? –

Nel mentre che parlava le sue serpi si stavano muovendo scindendosi sempre di più diventando più simili ad anguille sfuggenti che a serpi vere e proprie, facendosi sempre più aggressive sul corpo della folle Deva oltre che nell’ambiente circostante nel mentre che Uriel si avvicinava a Masada.

– Se tu non fossi così cieco allora comprenderesti il vero motivo per cui combatti ogni giorno con così tanta ferocia… e cosa si cela dietro un feroce allenamento che ti modifica tutto lasciandosi solo la disperazione dentro? 

Kevin non poteva certo dire di comprendere il contorto ragionamento dell’inquisitrice, sapeva solo di averla fatta incavolare di brutto, ma decisamente non si aspettò le sue mosse successive.

Uriel letteralmente attaccò una accondiscendente Masada, lasciando che le proprie serpi si conficcassero nelle sue carni e avvolgendola sempre di più lasciandole scappare a più riprese smorfie di dolore, mentre la stessa Uriel andava a sedersi sulle sue grandi spalle lasciando che a sua volta i serpenti neri facessero lo stesso lavoro. Quei freddi e neri tentacoli avvolsero le due donne sempre di più, sotto lo sguardo inorridito dei presenti tanto da lasciare sorpreso persino Howard Lancaster, fondendo le due figure in una grottesca figura demoniaca che alla fine fece la sua cruenta apparizione sul ring.

Non si capiva se fosse un demone o se fosse una sorta di insetto antropomorfo, ma portò entrambi i lottatori ad arretrare di un paio di passi vedendo come la bocca della creatura fosse irta di, incredibile ma vero, affilati denti pronti per essere usati contro di loro.

Uomini… la vostra sola esistenza è già una colpa!!

Lo disse con una voce che di naturale aveva davvero ben poco, come se venisse dall’abisso stesso, portando di conseguenza Kevin Mask a stringere i pugni… e Kid Muscle a farsela nei pantaloni come una fontana nonostante lo sguardo serissimo che possedeva.

– Oh… bene, bene! – fu il commento sarcastico di Nuala vedendo che le sue colleghe avevano effettuato la loro special skills di coppia – siamo arrivati alla seconda parte del film, ehm, dell’incontro! Dai sbrigatevi che sono già arcistufa di questo pianetaaa! E tu smettila di tirare su con la cannuccia, abominio!! – aggiunse infine e aspramente, nei confronti di una indifferente Alana.

Il cinico commento dell’inquisitrice non venne colto da nessuno, poiché il potere che si era raggiunto su quel ring era al limite dell’assurdo anche per dei lottatori fin troppo esperti.

Che fosse arrivata ormai la fine?

 

 

Ce l’ho fatta ad aggiornare :D ve lo comunico subito, altri due capitoli e la storia si concluderà… intanto qualche piccola precisazione:

Ci sarà il seguito.

Kid Muscle nel manga riferisce all’anziano padre che, piuttosto che fare il wrestler, preferirebbe fare l’avvocato che a suo dire “è un lavoro più serio”.

Roxanne non è fuori di testa… in Giappone il succo di pomodoro si beve come da noi si beve quello di albicocca e pera xD

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Capitolo 31
*** la caduta dei giganti ***


– Madre… tu lo sapevi, non è vero? Sapevi che Alana era una rosa nera… –

La voce di Katya era ridotta ad un sussurro nel mentre che attorno a lei la folla tratteneva il respiro come in un innaturale silenzio.  L’anziana madre che aveva preso posto accanto a lei, seduta su di uno sgabello rotto poiché le vecchie gambe non riuscivano più a sorreggerla in piedi rispetto alla figlia e alle nipoti, si limitò a darle una occhiata fugace prima di tornarsene ad osservare un incontro che stava diventando decisamente pesante oltre che teso.

– Vuoi sapere se tua nipote mi ha detto di essere diventata una inquisitrice? Si, me lo ha detto anche se avrebbe dovuto mantenere il segreto professionale… tzk, è sempre stata una ragazza ribelle – di certo non aveva mai amato granché l’anziana matriarca, altrimenti non sarebbe mai partita con Katya alla ricerca di mondi inesplorati – sempre a fare di testa sua e mai ad ascoltare i miei consigli o assaggiare la mia torta di rape rosse! Sapere che era una inquisitrice ti cambia forse la giornata?! –

– N-no, ma sono comunque preoccupata per lei…–

– E chissenefrega di Ally al momento! – sbottò all’improvviso una visibilmente preoccupata Eiko – non ho la più pallida idea di dove sia mia figlia e se diciamo qualcosa di sbagliato possono farci lo scalpo! –

La preoccupazione della giovane donna era comprensibile, aveva lasciato la pupetta alle cure della tata ma non aveva la più pallida idea del suo fato. Senza contare che chi si era premurato di difendere gli ospiti da un eventuale attacco ora giaceva a terra gambizzato e/o catturato… come nel caso di Neptuneman, il padre di sua figlia con cui aveva brevemente conversato poco prima della cerimonia e a cui aveva fatto vedere per la prima volta la figlia di appena tre mesi. Fu davvero strano, per Eiko, vedere un uomo tanto spavaldo prendere in braccio la propria piccola come se avesse il terrore di poterla rompere se non fosse stato abbastanza delicato.

Neptuneman era una montagna di muscoli e arroganza, costantemente in bilico tra il servire la Muscle League oppure se stesso, e la ragazza fu quasi sicura di intravedere, nonostante possedesse una maschera a coprirgli parzialmente il volto, un barlume di commozione nei suoi occhi verdi. Qualcosa di molto dolce in effetti, e tuttavia adesso si trovava con una cortigiana che gli premeva con un piede la faccia sull’erba tagliata di fresco.

Una situazione decisamente atipica per molti lottatori che ora stavano rimpiangendo di non aver fatto determinate cose in vita come l’essere ancora abbastanza forti da bloccare quelle terroriste fredde come il ghiaccio e spietate come predatori. Neptuneman si era sempre ritenuto inadatto al ruolo di padre, e continuava a ritenersi tutt’ora “troppo giovane” per essere genitore, eppure la sola idea che potessero fare del male al sangue del suo sangue lo faceva ribollire di puro odio.

E chissà come doveva sentirsi al momento un Robin Mask decisamente coinvolto in tutta quella sporca faccenda, perché sapeva del casino in cui si era ritrovato il figlio ma aveva preferito tacere sia per una questione d’orgoglio che per pura convenienza, adesso che aveva assunto un’aria decisamente più composta ed osservava lo scontro in atto con la schiena dritta e le braccia incrociate in petto.

Aveva un aspetto fiero nonostante un filo di sangue gli scendesse sottile sul collo, a prova che era stato colpito alla testa durante l’attacco, ed osservava quello scontro quasi sleale confidando unicamente nelle capacità del proprio primogenito. Alya non era più al suo fianco, non era bene per lei sopportare la vista anche di quell’ulteriore violenza dato il suo stato interessante, e l’aveva lasciata poco più indietro alle amorevoli cure della madre. Nonostante la tensione la giovane dottoressa era riuscita, con la forza della disperazione, ad individuare il padre malconcio nel mezzo di quella folla spaventata, e sebbene fosse decisamente devastato da una sleale lotta poteva comunque vedere che era vivo e lucido.

Poi quella fugace visione sparì, nel momento in cui la folla si agitò vedendo quell’orrido abominio formarsi, e alla Deva non rimase altro che deglutire pregando in silenzio che i due giovani lottatori riuscissero nel loro intento.

– Aah… q-quello decisamente non è un buon segno! Povero figlio mio…–

Ad affiancare Robin Mask ci pensò un visibilmente teso King Muscle che, per ovvie ragioni, era piuttosto preoccupato per il proprio bambino oltre che per le proprie mutande non ancora imbrattate dalla paura. L’ex lottatore vestito con un kilt scozzese tuttavia, non gli dette molto retta ben deciso a togliersi di dosso ogni preoccupazione.

– Kevin non è più un bambino, Suguru… e nemmeno il tuo lo è – con la coda dell’occhio notò il re dei kinniku iniziare a protestare, ma fu pronto a chiudergli la bocca – mio figlio sa perfettamente di aver alzato un polverone che non gli appartiene, e sa anche che, se non vuole che il nome dei Mask venga ancora una volta infangato di ignominia, dovrà battersi all’ultimo sangue per riscattarsi da uomo d’onore qual è –

Era un commento un po’ troppo freddo secondo il parere dell’ex campione del mondo e ora re di un intero pianeta, ma d’altro canto stava parlando con un inglese, e tuttavia ignorava che lo stesso Kevin Mask non sarebbe stato tanto contrariato da quello che il padre aveva appena detto. Certo, infastidito lo sarebbe stato perché quelle parole erano uscite nientemeno che dalla sua bocca, ma fondamentalmente non aveva detto una cosa sbagliata.

Kevin aveva imparato a prendersi la responsabilità dei propri gesti e delle proprie azioni fin da quando era scappato di casa in tenera età, senza mai voltarsi e senza rimpiangere minimamente la scelta intrapresa nonostante questo decretò un periodo piuttosto buio della propria esistenza, e sebbene fosse cosciente di non aver mai commesso nessun reato di cui le inquisitrici lo accusavano era comunque pronto a mettere le cose in chiaro.

Pertanto, lo stesso Suguru si ritrovò a deglutire e a stringere i pugni in silenzio, conscio che il proprio figlio non necessitava di preoccupazioni al momento futili. Quando voleva sapeva essere piuttosto serio, e solo adesso si rendeva conto che preoccuparsi di procurare delle mutande pulite a Kid era il bisogno minore. L’unico modo per liberarsi di tutta quella spiacevole situazione era combattendo, perché che gli piacesse o meno suo figlio era pur sempre un kinnikku con innate capacità combattive… e l’unica cosa che poteva, e doveva, fare era di credere nelle sue capacità.

“fatti forza figliolo” pensò l’anziano re vedendo che il combattimento aveva preso una brutta piega con l’apparizione di quel mostro inquietante “bagnerò io le mutande al posto tuo!”

E Kid difatti fece uno sforzo immenso a rimanere concentrato per non farsela addosso, nel mentre che schivò velocemente un colpo di “coda” del nuovo avversario. Lo stesso Kevin si scansò di lato, dalla parte opposta dove il principe dei kinniku era atterrato, constatando amaramente che non si trattava solo di un abominio lento e goffo, ma di una creatura che aveva assimilato le parti migliori delle due precedenti lottatrici non lasciando scampo ai due avversari che erano dunque costretti a schivare gli attacchi.

– Waahhh! Ora è peggio di primaaah!! Che diavolo faccio Meaat?!! –

Kid Muscle era decisamente in difficoltà e il suo allenatore non poteva che impallidire di fronte a quella creatura massiccia e al tempo stesso serpentina. Il giovanotto ce la stava mettendo tutta saltando da una parte all’altra  mentre quella creatura lo inseguiva colpendo il suolo con poderosi pugni e sferzando l’aria con tentacoli grandi come pali della luce.

Urlando quasi disperato mentre un tentacolo andò a graffiargli lo stomaco scoperto, il giovane principe dovette piegarsi di novanta gradi in corsa evitando così di finire impalato a mezz’aria, ma nel mentre che si disperava non si poteva non notare con quanto ardore riusciva ad attaccare il nemico andando addirittura a calciargli la faccia una volta che fu, accidentalmente, abbastanza vicino da poterlo fare.

Il colpo fu abbastanza forte da far ruggire la belva oltre che… farla innervosire di più iniziando ad attaccare con più ferocia di prima.

– C-che cosa dovresti fare ora…? – il piccolo allenatore guardò per un momento il proprio pupillo con fare perplesso, prima di mordersi il labbro inferiore e rispondergli con grande tensione – potresti allearti con Kevin ad esempio! Ormai è chiaro che gli attacchi basilari non funzionano!! Kid! Ragazzo stai all’ert… Woah!! –

Sembrava quasi che quell’abominio fatto di tenebra non avesse più facoltà intellettive sufficienti da capire che i civili era il caso di lasciarli fuori, ma in realtà le cose non stavano esattamente così poiché semplicemente a quella creatura non importava un fico secco di creare danni al di fuori del ring ormai martoriato.

Fu con un pugno piuttosto potente, ai danni di un Kevin Mask che lo evitò all’ultimo riuscendo comunque ad effettuare una manovra evasiva, che Meat e molti altri ospiti si ritrovarono a gambe all’aria a causa dell’onda d’urto che quel colpo generò deformando le travi in legno come se fossero state fatte di creta lanciandole addirittura lontano. Al lottatore inglese poco importò che quei pericolosi detriti stavano andando incontro ad una folla spaventata che, ignorando gli ammonimenti delle cortigiane, tentava di fuggire per evitare di essere colpiti, poiché con un balzo felino era riuscito ad approfittare di quel colpo a terra per potersi arrampicare lungo il braccio della creatura puntando dritto alla sua estremità superiore. La testa.

– Tzk, anche se siete due corpi fusi in uno la testa rimane il vostro punto debole – la colpì difatti con una raffica di pugni che andarono a calcarsi ben bene in quella carne nera e vischiosa – lo ammetto, è stata una mossa interessante… ma purtroppo finisce qui… Uargh!! –

Nonostante il mostro subisse gli attacchi del lottatore inglese, a quanto pare non era sufficientemente distratto per non iniziare ad attaccare anche lui… e ciò che fece fu a dir poco devastante.

Quattro tentacoli si staccarono da sotto il collo della bestia e, irrigidendosi come lance, colpirono il coraggioso ragazzo sugli avambracci e le spalle, andando a colpire nientemeno che le ossa. Kevin vide letteralmente le stelle dal dolore che provò, perché quelle cose nere gli trapassarono le membra da una parte all’altra, ma l’orgoglio gli impedì di urlare per dare ulteriore soddisfazione ad una creatura che già se la rideva con una voce a dir poco disumana. Uscita direttamente dai suoi incubi peggiori.

– Ooh… cos’era quel rumore? Le ossa che si spezzavano oppure il tuo effimero orgoglio che va in frantumi? –  affondò maggiormente i tentacoli nelle carni della vittima, e Kevin si lasciò scappare un guaito mentre del sangue schiumoso gli fuoriusciva da sotto l’elmo – quanto ti devo piegare affinchè tu capisca che hai fallito già in partenza?!! –

La scena spaventò parecchi nobiluomini e nobildonne e lo stesso Robin Mask avvertì una ondata di gelo attraversargli la schiena senza però darlo a vedere, limitandosi a stringere le dita nelle carni degli avambracci sopprimendo una istintiva paura nel vedere il proprio figlio colpito così duramente. Non era decisamente un bello spettacolo, perché era sempre di suo figlio che si parlava nonostante gli attriti che tra i due correvano, e persino King Muscle si ritrovò a deglutire rimembrandosi che quello stesso dolore alle ossa le aveva provate pure lui a suo tempo. Ma si risollevò quando vide un’ombra veloce scattare verso un sole splendente e lasciando stupiti più di un’ospite che in un primo momento fece fatica a riconoscere quello scaltro aggressore.

– Forse dovresti essere tu a piegare qualcosa… la cresta! –

A colpire la belva alle spalle ci pensò un Kid Muscle deciso ad approfittare di quel momento di distrazione del nemico oltre che decisamente indisposto a tollerare un simile trattamento per un collega che non se lo meritava. Kevin Mask non era suo amico e francamente parlando gli faceva davvero paura l’idea di doverlo un giorno affrontare in combattimento durante la Corona Chojin, ma un comportamento così sadico era contro ogni forma di decenza e si trasformava in vigliaccheria bella e buona.

Non dette dunque il tempo all’abominio “MaSanta” di voltarsi a sua volta e colpirlo con i propri tentacoli, e con un urlo di guerra furioso piantò entrambe le ginocchia proprio dritto nel collo dell’avversario, piegandolo come se fosse stato un ramo spezzato.

L’abominio ululò con un urlo così agghiacciante che molti ospiti sbiancarono, e la stessa Alya dovette tapparsi le orecchie per non poterlo udire e tentare dunque di reggere altro stress, mentre Howard Lancaster abbandonò momentaneamente la freddezza che fino a quel momento lo aveva caratterizzato e strinse a se moglie figlia piuttosto sconcertate per tutto quello che era successo fino a quel momento.

– F-forse… forse siamo ad una svolta… si – addirittura Ikimon MacMadd fuoriuscì dal proprio nascondiglio e si avvicinò quatto quatto allo sorella imperturbabile – che ne dici sorellina…? Forse è il caso di suonare il gong della fine… –

Falla finita idiota!!

Ikimon come tutti li in mezzo non vedeva l’ora di ritornarsene a casa e dimenticare tutta quella spiacevole giornata, ma un risentito calcio alla testa da parte della sorella gli fece amaramente pentire di azzardare un finale accelerato come in molti si aspettavano.

Non con Jacqueline nel pieno della sua carica sadica, perché secondo le regole della Muscle League poteva già iniziare il conteggio, e non con un abominio che finse solo una caduta a terra giusto per dare una falsa speranza agli invitati presenti.

Miss MacMadd non era l’unica creatura sadica li in mezzo, e l’abominio decisamente la superava con quella sua amabile finta gustandosi appieno l’espressione di vittoria di Kid Muscle.

Una espressione che si tramutò in dolore e sconcerto quando dalla carcassa dell’animale non si levarono altri di quei tentacoli, e li per li rimase addirittura sconvolto pensando di averli distrutti tutti, che andarono a conficcarsi nelle sue gambe devastando volutamente le ossa al loro passaggio. Mai come in quel momento Kid Muscle aveva provato tanto dolore, e quasi gli sembrò che oltre ad impalarlo gli stessero pure segando le ossa, tanto da ritrovarsi a gridare quasi preso dal panico sentendosi bruscamente lanciare in aria per poi essere sbattuto a terra sulle assi scheggiate.

– Ooh ma che scena romantica – ridacchiò divertita una Nuala che unì i polpastrelli di un paio delle sue braccia a mò di contemplazione – non gongolavo così dal finale de “l’impero colpisce ancora”… o era alla morte di quel folletto verde? Ah, non ha importanza visto e considerato visto che a breve c’è il mio show preferito e io non voglio assolutamente perdermelo… capisci quello che intendi, si?! –

– Mi è scappata la cannuccia –

Guardò di sottecchi e con un velo di perfidia una Alana che in quel momento, molto probabilmente, non si ricordava più che la ex collega intendeva dire che ora i due giovani lottatori sarebbero stati fatti a pezzi sotto gli occhi di tutti, e tale fu lo sgomento di Nuala nel vedere il suo totale disinteressamento che a momenti non cadde dalla sedia. In realtà la sua disattenzione doveva essere per forza di cose una cosa ben voluta, come ipotizzò un Zachary Connors poco concentrato sul combattimento a suo dire noioso e più sul cibo oltre che verso quella Deva con sei arti piuttosto interessante, che vide chiaramente quella cannuccia scivolare dalle dita della sua proprietaria con una fluidità tipica del lanciatore di coltelli.

Per questo, fu abbastanza scaltro da avvisare il pubblico che quel lancio era assolutamente casuale nonostante fosse fin troppo palese che l’avesse deliberatamente lanciata, sullo stile della MacMadd nell’annunciare tutto quel ghiaccio sulla pista da ballo.

– Perdinci! Ad una delle giudici è appena caduta una cannuccia! – leggasi: lanciata in direzione del mostro, e lo disse gustandosi appieno un hotdog farcito da lui stesso – certo che è davvero una brutta cannuccia… –

E questo perché in effetti era uno di quei manufatti stile anni ’70 colorata con colori psichedelici e dalla forma contorta, ma un signore anziano alla sua sinistra sbuffò sarcastico nel mentre che si tagliava con cura un filetto di manzo comodamente seduto sulla propria sedia a rotelle.

– Tzk, e quella la consideri una cannuccia brutta, ragazzo? Quelle che confezionavano i nipponici… quelle si che erano orrende! –

Lo disse con una nota di stizza nel mentre che tagliava la carne nel proprio piatto, segno che anche al signor MacNeal poco importava di quel combattimento pompato. Oh, se avesse avuto anche solo venti anni di meno gliele avrebbe fatte vedere a quelle due streghe, poiché in quanto ex wrestler non aveva smesso di menare pugni neppure dopo che i giapponesi gli avevano sparato alla schiena durante l’ultima Grande Guerra, ovviamente con le sue limitazioni e giusto per difendere le infermiere dai pazienti troppo “focosi”, ma a parte una certa tensione iniziale ora stava subentrando una insolita monotonia per un veterano come lui.

Sperò solo che la povera Janice Lancaster si riprendesse il prima possibile da quella brutta esperienza.

La cannuccia orrenda comunque era arrivata sino al ring e aveva nientemeno che colpito il mostro alla gamba destra. Un gesto piuttosto insolito e quasi inutile, che l’abominio calcolò appena strappandosela via di dosso senza accusare nessun tipo di dolore.

– Tzk… la tua disattenzione mi “sconcerta”, Alana…–

Lo disse con ovvio tono sarcastico poiché all’abominio fu ben chiaro che quella Deva dagli occhi storti, che per un momento furono perfettamente dritti, aveva effettuato un lancio da manuale sperando di attirare, anche solo per poco, la sua attenzione.

Una disattenzione, la sua, che dette però i suoi frutti nel mentre che osservava una ex collega che ora si stava bevendo un semplice martini. Con le gambe che ancora gli funzionavano perfettamente, Kevin Mask riuscì a scivolare accanto ad un Kid Muscle con le gambe conciate veramente molto male.  

– Ehi, pivello… pensi di poter ancora combattere?! –

– Nrr… le mie gambe… non me le sento più – si mise a sedere sfruttando i gomiti, notando tra l’altro che avevano poco tempo prima che il mostro si accorgesse di loro – e tu invece? –

– Le mie braccia sono andate – e lo disse con un certo rammarico – mi secca doverlo dire ma credo che dovremmo collaborare in modo stretto… se comprendi cosa intendo –

A Kevin Mask seccava per davvero dover collaborare con un totale idiota che vinceva unicamente, secondo il suo parere, per botta di culo. Ma quelli erano momenti difficili, e se non escogitavano subito un piano allora il disonore sarebbe stato l’ultima delle loro preoccupazioni. Per sua fortuna quel giorno il principe dei kinnikku era abbastanza sveglio da arrivare anche lui alla conclusione del lottatore inglese, ricordandosi tra l’altro le parole di un Meat che ora lo stava guardando con una certa apprensione, e sgranando gli occhi si ritrovò a fare due più due appena prima che la creatura tornasse alle loro attenzioni.

E ciò che vide l’abominio una volta che si girò, lo lasciò sufficientemente interdetto da non sapere se mettersi a ridere o lodare la loro iniziativa. Oppure trovarla come il gesto di due persone disperate.

Incredibile, signore e signori… Kevin Mask e Kid Muscle si sono trasformati in una… una specie di torretta mobile! –

Ciò che una allibita Jacqueline cercava di dire ad un altrettanto scombussolato pubblico era che adesso, i due lottatori malconci, si erano mesi uno sopra l’altro in modo da eguagliare l’abominio in fatto di forza.

Kid Muscle, le cui braccia funzionavano ancora, era seduto sulle spalle di un Kevin Mask piuttosto determinato capace di mantenere un perfetto equilibrio nonostante la zavorra umana che aveva addosso. Una combinazione perfetta forse dettata dalla pura disperazione, ma che fece ben sperare Meat e i regnanti kinnikku, oltre che, intimamente, uno stoico Robin Mask.

– Ah! Ma che simpatici… State cercando di impedire l’inevitabile oppure la vostra è solo una imitazione tarocca? –

L’arrogante battuta del mostro parve non sortire effetto sul secondo “titano” che si era formato quel giorno, e lo sguardo deciso dei due lottatori raccontava di una determinazione unica e puntata unicamente a vincere quella battaglia persa in partenza.

– Io invece sono dell’idea che tu abbia fatto male a sottovalutarci – le parole di Kid Muscle ricalcavano un po’ quelle del suo collega, ma la furia nei suoi occhi era reale – e comunque la nostra è un “agganciamento amico!” –

– Tzk, devi per forza sparare stupidaggini anche adesso…?! –

Kevin Mask glielo sibilò senza reale nervosismo, poiché troppo impegnato a schivare e saltare i tentacoli neri che sferzavano l’aria con una ferocia inaudita, oltre che cercare di tenersi un kinnikku sulle spalle piuttosto preso, a sua volta, a non perdere equilibrio e a menar pugni cercando di avvicinarsi il più possibile alla testa.

La situazione era instabile e l’abominio ora stava usando sia i pugni che gli stessi tentacoli, e i due giovani lottatori stavano facendo del loro meglio per schivare quegli attacchi furiosi nonostante riuscisse davvero difficile a discapito della loro determinazione ritrovata.

Non si poteva sapere cosa stesse pensando la creatura, se avesse timore o meno di quella trovata, ma una cosa era sicura… le due donne erano assai furiose per non essere ancora riuscite a mettere K.O quei due buffoni.

Poi il pubblico sussultò, quando un tentacolo acuminato andò a perforare il fianco destro di Kevin Mask, portandolo a sbilanciarsi paurosamente e portando l’intero pubblico, oltre che i familiari dello stesso giovane, a sussultare terrorizzato.

– Kevin! Cerca di rimanere più su! – la richiesta del principe dei kinnikku era quasi disperata, ma trapelava comunque una certa preoccupazione per il compagno – c-così non stiamo facendo molti progressi… è difficile andargli vicino! –

– Nnrr… lo so, dobbiamo cercare di effettuare una doppia mossa, se capisci cosa intendo! –

Li per lì il giovane lottatore parve alquanto confuso, poi dovette per forza di cose tornare a ragionare quando altri tentacoli grossi come pali non piovvero su di loro come una cascata di frecce. Il giovanotto gridò a più non posso mentre il suo compagno inglese si rimetteva in piedi per scattare da una parte all’altra, e senza neppure accorgersene riuscì a sfruttare quei grossi pali come “liane” per potersi avvicinare di più al corpo principale.

– Ahh… forse ho capito! Vuoi utilizzare la tua Big Ben Edge combinata con la mia Kinniku Buster… ma perché?! –

– Non è ovvio? Sarà anche un mostro ora, ma è pur sempre formato da due corpi distinti – ignorò il dolore al fianco e con un colpo di reni evitò una frustata atta a farlo inciampare – colpiamole nuovamente con queste due mosse combinate e dovremmo essere a buon punto… se si sono unite in un solo essere è perché sono sfiancate pure loro –

– Eww… spero tu abbia ragione! –

Alla stessa conclusione ci era arrivato pure Howard Lancaster, che nell’osservare la tattica dei due campioni aveva intuito cosa intendessero fare con il nemico, ma tenne quella considerazione per se per non dare il via ad inutili allarmismi e, soprattutto, per non farlo capire anche al mostro nel caso non ci fosse arrivato.

Il marchese tra l’altro si era allontanato quel tanto che bastava per evitare che detriti di ogni sorta crollassero su di lui o sulle due donne che aveva appresso, ma non sapeva che i sensori ottici di Warsman erano riusciti a localizzarlo. L’ex lottatore aveva tentato di proteggere Emerald come meglio poteva, e si maledì per non essere in grado di chiamarla per dirle che era quantomeno sano e salvo visto il danno alla gola, ma a quanto pare visto i danni subiti non era riuscito a fare granché e questo fu abbastanza per distrarlo dalla battaglia in corso. A dir la verità se la ragazza se l’era cavata con poche contusioni era solo grazie al suo intervento, altrimenti si sarebbe ritrovata per il resto dei suoi giorni a bere da una cannuccia visto che Hammy aveva provato a rispondere alle poco confortevoli “premure” delle cortigiane. Ma quasi sicuramente, conoscendo il suo “adorato” padre, mister Lancaster non avrebbe tenuto conto di questo suo gesto rammaricandosi probabilmente di una sua mancata dipartita.

Poi l’attenzione del russo venne nuovamente focalizzata sulla battaglia, poiché successe qualcosa di a dir poco paradossale. Con un gancio destro Kid Muscle era riuscito a far sbilanciare il mostro quel tanto che bastava per farlo indietreggiare in un punto ben specifico. Tutti li in mezzo, dagli spettatori ai chojin catturati, si erano scordati che il ghiaccio che era stato lanciato non si era ancora sciolto del tutto… e quando la creatura andò a pestarlo accidentalmente, brividi oscuri la attraversarono in un fastidioso dejà vu con le serpi nere come la pece che iniziavano a ribellarsi e a scomporsi lungo i piedi.

Un piccolo cenno di vulnerabilità che venne prontamente colto da un Kevin Mask pronto a scattare in avanti.

Kid! ORA!!

Lo gridò a praticamente pochi centimetri da un abominio ancora allibito per la presenza di tutto quel ghiaccio, e il principe dei kinnikku rispose con un ringhio selvaggio volendo colpire la creatura sotto il mento per… fallire miseramente venendo bloccato da una presa ferrea.

Il giovane kinnikku guaì sentendo le ossa dei polsi spezzarsi a quella presa ferrea, mentre Kevin dovette sopportare in silenzio il dolore di sentire un altro tentacolo perforargli il fianco sinistro facendo avanti e indietro per tormentarlo in una lenta agonia. Poi la creatura rise, di una risata agghiacciante e disumana, portando uno sconforto tale nel pubblico presente che persino lo stesso Meat aveva quasi le lacrime agli occhi incapace di dire una sola parola proprio come Suguru e Robin Mask.

– Provaci finché vuoi ragazzino… urla e scalcia da bravo moccioso viziato – strinse ancora di più e Kid si trovò a piegare la testa di lato per non gridare – ma per quanto tu possa vantarti per ogni tua effimera vittoria… io rappresenterò sempre la tua sconfitta! – 

Un avatar nero che rappresentava ogni più recondita paura di un lottatore, sia buono che malvagio, e che rappresentava ciò che in un futuro forse lontano oppure troppo vicino avrebbe incontrato sia il principe dei kinnikku che il primogenito della dinastia Mask. Ma non quel giorno, e con una determinazione che superava di gran lunga il dolore fisico, Kid Muscle riuscì a dare una testata così forte al mostro tanto da farlo sbilanciare e gridare sorpreso. Il gesto irruento del lottatore portò il mostro anche a liberare Kevin dal proprio tentacolo, e questi rispose deciso dando un calcio sullo stomaco della creatura con tale violenza da lanciarla in aria.

Un lungo attimo di silenzio si divulgò tra le schiere di poveri spettatori malconci oltre che sullo spalto dedicato alla giuria, e lo sgomento si impossessò di Nuala nel vedere quel che stavano facendo quei terrestri allo stremo delle forze. Arrivò addirittura ad alzarsi in piedi borbottando un “non è possibile”, mentre quei due stavano già effettuando la loro mossa combinata verso una creatura ormai provata dagli elementi della natura.

– Forse arriverà il giorno della sconfitta… –

Tuonò un Kid che si apprestò a prendere la parte superiore della bestia per eseguire la Kinnikku Buster, mentre un Kevin Mask allo stremo delle forze riuscì ad eseguire nuovamente sulla parte posteriore della nemica la Big Ben Edge finendo il discorso del collega.

– …Ma quel giorno non è oggi! –

Fu complicato tenere fermo l’abominio mentre precipitavano al suolo come un fulmine a ciel sereno, perché nonostante le serpi stessero abbandonando le due Deva rimanevano comunque avvinghiate  alla loro determinazione di non cedere, ed eseguire una tale tecnica combinata li prosciugò sempre più delle loro energie fino a farsi avvolgere dal fuoco stesso della pura energia.

Fu come osservare una cometa rovente che cadeva sul suolo martoriato, sempre più veloce anche se sembrò a tutti che il tempo fosse incredibilmente rallentato, e l’impatto col suolo fu così devastante da creare un cratere ove prima vi era una comunissima pista da ballo. I detriti volarono sulla folla spaventata, e il fumo denso che si levò quando le fiamme si spensero portarono la conduttrice di quello scontro non ufficiale a tossire prima di osservare quella nebbia acre diradarsi e vedere due figure che a stento si tenevano in piedi a vicenda.

Kid Muscle e Kevin Mask si sorreggevano a stento pur di dare inizio al conteggio definitivo per la vittoria, osservando le loro nemiche ancora a terra, e ora tornate ad un aspetto normale, ma già intente a rimettersi in piedi seppur debolmente e conciate male.

Jacqueline constatò che ora era il caso di iniziare a contare, spronata anche da padre e fratello, ma venne bloccata con una mano poco prima di portarsi il microfono alle labbra.

– Ferma così, dolcezza… lo spettacolo è durato abbastanza –a parlare era stata quella Deva dalle sei braccia e dalla voce maschile, e le aveva bloccato il polso sinistro con un tovagliolo pulito per non “prendersi troppi germi”, ed il suo sguardo era piuttosto serio così come quello di miss Alana ( ancora impegnata a bere e stavolta in compagnia di un giovanotto piuttosto strambo pure lui ) – Bene… avete combattuto, e avete perso… che disdetta! – nel suo tono sembrava esserci una punta di cinismo nei confronti di Uriel, nel mentre si avvicinava a lei e all’altra silenziosa lottatrice – da quanto tempo è che non ricevevi così tante legnate…? Da quando Alana ti ha reclutato? Hm, può essere… –

Uriel Truce de Santa si limitò ad emettere un basso ringhio irato, e i suoi stessi occhi scuri brillavano di una furia a dir poco folle, nel mentre che lentamente si rimetteva in piedi ignorando le ferite e il sangue che quasi le oscurava la vista. Sia Kevin che Kid digrignarono i denti e fecero un passo indietro, e i loro rispettivi genitori ebbero un sobbalzo al cuore credendo che la sfida non fosse ancora finita, nel vedere quanto coriacea fosse quella tizia e la sua gigantesca compagna.

– Credete che sia così semplice… vincere…? – zoppicò un poco ma il suo volto parlava di un rancore eterno – credete che una semplice cintura sudicia vi renda realizzati? Guardate, vi dico questo: la vita è come la forza di gravità…tutto ciò che sale, irrimediabilmente cade! Pendejo! Il giorno in cui capirete che vincere è una cosa assolutamente impossibile allora capirete di aver sbagliato mestiere!–

Fermò la sua avanzata solo quando una grande mano di Masada si posò con decisione sulla sua spalla destra, e lo sguardo dell’imponente Deva malridotta era fiero e al tempo stesso deciso. Tanto da inquietare la stessa Uriel giusto per una manciata di secondi, Nuala invece si limitò a massaggiarsi la tempia seccata visto che per lei si era già perso troppo tempo, prima di vederla deglutire in modo impercettibile.

Chinò momentaneamente lo sguardo verso il basso, lasciando stupiti entrambi i giovani avversari, prima di alzare gli occhi su di loro con uno sguardo decisamente meno folle.

– Molto bene terrestri… avete vinto questo scontro, di poco vero, ma lo avete vinto. Tenetevi dunque la vostra ridicola indulgenza… – e qui scattò in avanti con la velocità di un serpente, spaventando a morte il principe dei kinnikku e irrigidendo il nobile Mask – perché credetemi, la prossima volta non saremo così indulgenti! –

Terminò il tutto con una sorta di sibilo, prima di dar loro le spalle ed incamminarsi lontano da quel luogo con tutta calma, seguita dalle sue compagne e poi dalle soldatesse che rilasciarono sgarbatamente i prigionieri dalle loro catene, passando quasi con sfida vicino ad Alana senza però che questa facesse alcun’ché . I suoi occhi non si incrociarono mai con la sua ex allieva e le sue vecchie compagne, ma ciononostante ne riuscì a percepire l’astio e un recondito dolore per la sua mancanza nel gruppo.

Un gruppo che non era più unito ormai da tempo, al contrario della Muscle League con Buffaloman che si rialzò in piedi per primo per ricordare a tutti i presenti un concetto fondamentale.

– Hanno vinto la sfida! – nella sua voce stentorea c’era stupore vero in barba alle brutte ferite ricevute – sono riusciti dove noi abbiamo fallito… hanno salvato tutti! –

E quel punto, proprio come se si fosse acceso un campanello interiore, il pubblico esplose in un boato di festa elogiando a gran voce le due stremate promesse della Muscle League.

La folla iniziò a raggiungerli applaudendo e incitando i loro nomi avvolti nella commozione, arrivando addirittura a spintonare i regnanti kinnikku pure loro desiderosi di raggiungere il loro figlio malconcio, senza però riuscire a festeggiare con loro degnamente poiché i due lottatori, forse colti dall’emozione improvvisa o dal dolore delle ferite, crollarono a terra privi di sensi.

 

( … )

– Oh… bene, sembra essere finita! Allora in questo caso è il caso di andarcene con discrezione –

due secondi prima che la folla scoppiasse in un boato di festa, Howard Lancaster aveva ben pensato di levare le tende per non ricordare al pubblico presente che lui era coinvolto, anche se in maniera comunque indiretta, in un traffico di sostanza dopanti che stava per costare la vita a molti. Si ripromise mentalmente di staccare parecchi assegni per riaggiustare danni materiali, fisici e morali per i vari ospiti presenti, lui decisamente poteva permetterselo di farlo, e perché no anche qualcosina per l’ex miss Alya giusto per non incappare nelle possibilissime ire del dottor MacNeal.

Ciò che lo sorprese, nel mentre che trascinava via moglie e figlia in mezzo a quella folla esultante, era che la sua Hammy si guardava piuttosto preoccupata alle spalle come spaventata che le potesse succedere ancora qualcosa, oppure… come se stesse cercando disperatamente qualcuno

– Stai tranquilla, principessa – sussurrò un Howard deciso a proteggerla senza sapere il reale motivo di quella sua preoccupazione – andrà tutto bene adesso, ci penserò io a sistemare tutto… Connors! –

Alzando moderatamente la voce riuscì a farsi sentire dal suo braccio destro Michael, che lo raggiunse trascinando via da un amichevole dottor Alistar un fratello piuttosto preso da una discussione interessante, ed una volta che i Connors e i Lancaster furono un gruppo compatto decisero saggiamente di dileguarsi da li.

 

( … )

 

– Kevin… c-come stai? Riesci a sentirmi?! –

– Niamh… sei… tu? –

Come ridestato dal canto degli angeli, il giovane Mask fu in principio sorpreso di essere ancora vivo e di avere al suo capezzale una Niamh decisamente preoccupata. Subito dopo che era stata decretata la vittoria le persone all’interno della stanza antipanico erano uscite fiuori di gran corsa, ma la giovane quasi si spezzò il cuore nel vedere il giovane lottatore conciato così male.

Il suo udito tornò un poco per volta a funzionare, così           come la vista, e si accorse di essere ancora accasciato a terra mentre tutt’attorno a lui la gente festeggiava la vittoria.

Kid Muscle, il primo ad essersi ripreso e a quanto pare completamente entusiasta per accorgersi del dolore, veniva sorretto sulle spalle da un esultante re Suguru decantando tutte le qualità del riso col manzo e di altre scemenze che francamente parlando l’inglese non aveva voglia di ascoltare. Poi, piegando ancora un po’ lo sguardo vide i primi soccorritori, chiamati dallo stesso Howard prima che si desse alla fuga e provenienti nientemeno che dalle sue cliniche private, che prestavano le cure ai chojin feriti ( e tra loro vide pure Warsman abbastanza malconcio ) oltre che… suo padre che stava parlando con la famiglia della sua giovane sposa oltre che rassicurare una zia Elizabeth incredibilmente in lacrime dopo tutto quello spiacevole “incidente”.

– P-papà… –

– Tuo padre sta bene, ed è fiero di te Kevin. Si è appena allontanato per rassicurare tua zia che i suoi figli stanno bene, ma fino a due minuti fa era qui a sorreggerti la testa –

A parlare non era stata la giovane irlandese sul punto di scoppiare a piangere, ma la sua giovane “matrigna” che gli stava prestando le prime cure. Alya Mask mostrava le occhiaie dovute ad una intensa giornata stressante, ma era ancora in forza per potergli medicare le ferite e rassicurarlo su un fattore per lui tanto importante quanto spinoso. Segno ormai che lo conosceva bene.

Gli faceva uno strano effetto, e a tratti quasi lo infastidiva istintivamente, che il suo vecchio aveva avuto l’ardire di sporcarsi le mani del suo sangue nel mentre che lo aiutava a riprendere i sensi. E in un certo senso, era una cosa che stranamente gli scaldava il cuore.

A distrarlo dai suoi stessi pensieri ci pensò la ragazza di cui era innamorato, che decisamente stravolta e troppo felice di saperlo in vita si era messa a piangere come una fontana.

– Ehe… non piangere, dai – allungò debolmente la mano destra verso la sua guancia, accarezzandogliela dolcemente – ci vuole ben altro per convincermi a perdere… dovresti saperlo, no? –

Si, lo sapeva.ò e forse quando la corona Chojin sarebbe ripartita con molta probabilità non lo avrebbero più considerato un ex lottatore della d.m.p, ma semplicemente uno dei due lottatori a cui molte persone dovevano la vita.

 

 

Eee… ce l’ho fatta a scrivere l’ultimo capitolo! Mio Dio non credevo di riuscirci, e spero che il combattimento non sia stato troppo noioso, ma quasi sono commossa per aver messo praticamente fine a questa storia. E ora non resta che l’epilogo, per veder chiarite ogni singole questioni…

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Capitolo 32
*** Epilogo: calano le ombre... ***


Circa cinque giorni dopo gli eventi accaduti…

 

Per Coco passare inosservati era stato qualcosa di decisamente complicato, almeno all’inizio. Ma ora sembrava che le acque si fossero calmate visto che non c’erano più quelle losche figure vestite di nero che pattugliavano la città dall’alto saltando da un tetto all’altro proprio come lei, quindi le era più facile sgattaiolare per le strade affollate di Camden Town senza che gli umani si accorgessero di lei.

Poi un fischio che per la creatura era ben noto le fece rizzare le orecchie portandola di conseguenza a distaccarsi dall’oceano di folla e infilarsi in un vicoletto di servizio dove ad accoglierla ci furono un paio di ombre ben note una volta che entrò in un magazzino abbandonato entrando da una finestra aperta.

– Ah… eccoti qui, piccoletta – disse con un cenno di ironia una voce a lei nota, mentre andava tutta contenta ad arrampicarsi sulla sua spalla sinistra – allora, fatta buona caccia per oggi? –

Coco trillò con entusiasmo alla voce di colui che considerava il proprio padrone, estraendo dai propri pantaloncini a pagliaccetto un rotolo di banconote frutto della vendita di sabbia rossa ad un paio di palestre per chojin dilettanti.

Bone Cold sorrise con astuzia, nel mentre che intascava quel cospicuo gruzzolo, regalando alla propria scimmietta una caramella per il suo operato. La scimmia cappuccina si era trovata quasi in mezzo ad un intrigo interplanetario, e questo l’aveva portata a cercare la protezione prima di Kevin Mask e solo più tardi quella di Michael Connors, perché Coco non era stupida e si era cercata uomini forti per continuare a fare il proprio lavoro per accontentare al meglio il padrone, e tuttavia se l’era cavata alla grande dando molta soddisfazione al mercenario e un po’ meno al suo socio in affari Hanzo.

– Tzk… addestrare un pulcioso primate per fare soldi in questo modo… molto poco “creativo” –

Siamo da poco evasi di prigione, quindi era il caso di iniziare a tirar su soldi mettendo su un piccolo cartello di sostanze dopanti con l’ausilio di qualche stupido umano – ossia spacciatori che accompagnavano Coco durante il suo tour in giro per il mondo – e direi che questi soldi ci fanno comodo, testa dura! –

L’interpellato sbuffò acidamente nel mentre che se ne restava pigramente seduto sopra una trave in metallo che faceva parte del fatiscente sottotetto del magazzino.

– Certo… comodo! A meno che una puttana amazzoniana non ti trapani la testa per il suo zampettare in giro come se nulla fosse – e Coco non prese bene quella denigrazione, tanto da strillare infastidita – e ricordarci che metà dei proventi andranno a finire nella pancia di quel pallone gonfiaArgh!! –

Il pericoloso criminale alieno dal volto orribilmente sfigurato, e celato perennemente sotto una maschera, si ritrovò senza fiato in gola quando una lunga catena d’acciaio non andò ad avvolgersi contro il suo collo.

Poi tale catena venne tirata da abili mani e il mercenario preso al lazo emise un grido soffocato, nel mentre che veniva trascinato con un tonfo sul polveroso pavimento del magazzino.

– L-lurido animale! – il folle criminale fu lesto a rimettersi in piedi e a disfarsi della catena, mentre chi l’aveva attaccato se la rideva piano nascosto nell’ombra – se credi di passarla liscia questa volta hai sbagliato grosso! Pagherai per la tua buffonaggine –

In un lampo trasformò le proprie braccia in due lame affilate e letali, e con la velocità di uno scorpione fu lesto ad attaccare il misterioso nemico che decise di evitare il colpo di un risentito Hanzo. Il nemico sorrise ancora, nell’evitare gli attacchi del mercenario, ma nell’ultimo attacco non fu così veloce da evitare un fendente che lacerò in parte il cappuccio del suo poncho.

– Tzk… impara a stare al gioco, bambino! – Sebbene fosse solo un taglietto in mezzo ad altri su quel devastato indumento, due iridi rosse come il fuoco – che detto dal galoppino di una Strega dello spazio suona piuttosto ridicolo –

Le sue braccia muscolose ora reggevano ben due catene fuoriuscite da sotto la mantella, e facendole vibrare in volo come se fossero state due serpenti tentò di colpire il giovane criminale, senza però avere successo immediato visto il modo in cui Hanzo, ridendosela di gusto, schivava quegli attacchi cercando di sfruttare i punti deboli dell’individuo incappucciato per colpirlo ai fianchi.

Quell’uomo tuttavia era un individuo che giocava anche sporco quando gli andava, come Bone Cold ben sapeva, e difatti non fu stupito di vederlo estrarre da dietro la schiena un fucile a pompa per gambizzare quel folle di un evaso.

Hanzo guaì rabbioso nel mentre che cadeva a terra massaggiandosi la gamba impallinata, ma fu lo stesso Cold a mettersi in mezzo ai due per evitare che la situazione degenerasse.

– Basta fare i bambini! Abbiamo già perso troppo tempo qui sulla Terra e dubito che a madame Morrigan piacerà perdere un altro carico di sabbia rossa –

Morrigan era la strega dello spazio a cui i due evasi avevano chiesto “asilo” in cambio di lavori poco puliti e di basso profilo, perché avevano bisogno di racimolare soldi per tornare in attività, e senza troppi giri di parole la signora li aveva inviati sulla Terra per dare “una mano” ai tanti chojin che necessitavano di una spintarella. Non era stata contenta di sapere che alcuni soldati privati avevano trafugato alcune casse di prezioso materiale, ed aveva ordinato ai suoi due novelli alleati di tornare su Amazon per ricevere nuovi incarichi. Molto probabilmente Bone Cold le avrebbe dato buca prima o poi, ma gli seccava chiedere altri passaggi a Rinzler dopo averlo scortato via di prigione.

Il suo stimatissimo “collega” era un uomo piuttosto misterioso di cui non lasciava trasparire nulla di se, ma proprio come il mercenario del pianeta Dokuro non doveva aver avuto un passato allegro. Da quel che aveva capito lo stesso Cold, doveva aver perso la moglie e i figli durante una qualche guerra intergalattica, ma chiedere ogni volta un favore a Rinzler significava il più delle volte a vendersi l’anima al diavolo.

– Bene bene… i bimbi hanno nuovamente bisogno di un passaggio? – la voce roca del mercenario tornò a farsi sentire con una punta di irriverenza che ad Hanzo non piacque affatto – la scimmia può stare sul ponte di comando della mia nave, quella più cresciuta può stare nella stiva… sai com’è Bone… ho appena finito di dare la cera sul pavimento –

– Grr… il pavimento ti servirà a poco quando non avrai più i piedi! –

Hanzo fu quasi sul punto di scattare nuovamente e ignorando completamente il dolore alla gamba ferita, ma fu lo stesso partner a fermarlo con una alzata di mano e decisamente poco disposto a sentire altre provocazioni infantili da quei due.

– Ti chiediamo un ultimo passaggio Rinzler… se poi Morrigan vorrà anche te come dipendente sono altre faccende, ma vedi di non rimangiarti il nostro piccolo contratto –

Probabilmente quell’uomo era uno dei pochi che Bone Cold rispettava, ma tra mercenari bisognava sempre tenere gli occhi anche dietro la nuca.

Di tutta risposta l’uomo di nome Rinzler sbuffò seccato, sistemandosi al meglio il proprio cappuccio e facendo tintinnare le proprie catene prima di ritornarsene nell’ombra. Non era un uomo che amava avere padroni, men che meno ricevere troppi ordini.

– Fatevi trovare pronti tra un’ora, appena fuori città nella radura più vicina. La mia nave sarà li ad attendervi… non so voi, ma ne ho abbastanza di questo pianeta –

 

( … )

 

 

Questa volta i MacMadd non avevano badato a spese per far rientrare in Giappone i suoi promettenti, e malconci, atleti della Muscle League. E su consiglio della stessa Jacqueline padre e fratello avevano tenuto da parte la loro taccagneria per far viaggiare tutti quanti, compreso Kid Muscle decisamente poco apprezzato dagli uomini della famiglia MacMadd, nientemeno che in prima classe.

Come di consueto Kevin Mask aveva deciso di tenersi lontano dal chiassoso gruppo di un convalescente Kid, ma non abbastanza dal fare chiasso e importunare le hostess assieme a Terry Kenyon ed uno sfigato DikDik van Dik, restandosene diverse file più indietro in compagnia del proprio allenatore e di Niamh.

Sbuffò seccato, ma non per la presenza della ragazza che dormiva profondamente accanto a lui e con la testa appoggiata contro la sua spalla, quanto per il casino di quel branco di imbecilli che riuscivano a far sbraitare Meat ogni due minuti, ed inoltre Lord Flash sembrava essere particolarmente pensieroso.

Era vero che al matrimonio di suo padre non era presente, perché aveva chiaramente detto che aveva degli impegni urgenti che riguardavano i suoi allenamenti, ma da dopo lo scontro che gli era valso la vittoria sudata gli era sembrato… strano.

Ovviamente, in veste di Warsman non aveva potuto dirgli che era fiero di lui per ciò che aveva fatto, e nelle ore successive ringraziò il celo che Alya si fosse occupata lei stessa delle sue ferite in modo da renderlo presentabile quanto basta agli occhi di chi lo conosceva come Lord Flash. Sua figlia era abile e veloce nel capire il problema di un paziente, e fu ben felice di rimettere in sesto suo padre prima di dargli il suo dovuto addio.  Agli occhi di Kevin dunque, poteva apparire come un uomo spossato dagli allenamenti o da un brutto raffreddore, ma in realtà non erano tanto le pene fisiche quelle che stava patendo ma di ben altra natura.

– Sai, Lord Flash… tutto sommato sono contento che mio padre abbia deciso di prendersi una lunga vacanza con la sua compagna… poverina, tutto quello stress non dovrebbe affatto subirlo… ehi, mi stai ascoltando?! –

Nella voce del giovane inglese non c’era reale irritazione quanto la volontà di ridestare da quello stato di catalessi un Lord Flash che gli sembrava quasi triste. La sua tattica ebbe tuttavia effetto, e il suo fin troppo misterioso allenatore decise di smettere di guardare le nuvole dall’oblò sussultando a quella chiamata improvvisa.

– Oh! N-nulla di cui preoccuparti, compag… ehm, Kevin. Stavo solo pensando che avrei voluto vedere il tuo scontro per starti vicino e… –

– Emerald non ti ha cercato in questi giorni, vero? –

La domanda gli arrivò a bruciapelo tanto da togliergli le parole dalla bocca e provocandogli un dolore che non provava più ormai da molto tempo. Si ritrovò dunque a sospirare pesantemente e ad incrociare le braccia in petto, mentre il suono di una zuffa tra il tedesco Jeager e l’americano Terry giungeva sino a li, inutilmente trattenuti da Check Mate e Wally Tusket, abbassando momentaneamente lo sguardo prima di rispondere adeguatamente al proprio pupillo.

– Probabilmente è rimasta sconvolta da ciò che è accaduto al matrimonio di tuo padre – ed in effetti non aveva avuto tutti i torti – oppure… –

– Oppure è una stronza. Anche se non la facevo così stronza da non comunicarti neppure che sta bene, tzk! –

Il cinismo di Kevin Mask non conosceva freno, ma aveva detto una cosa fondamentalmente vera a cui lo stesso Flash non voleva crederci del tutto.

Emerald… Hammy… non si era premurata di telefonargli durante la sua convalescenza o quantomeno nei giorni successivi all’attacco. Non un “come stai” o una scusa plausibile che giustificasse quel lungo e doloroso silenzio che per il russo suonava come una colpa che in fin dei conti non aveva. Con tutta probabilità il suo adorato papi l’aveva dissuasa dal provare a contattare Warsman, riuscendo magari a convincerla che il terribile incidente che l’aveva coinvolta con Masada e tutta la brutta situazione finale in cui si era cacciata alla fine era solo da attribuire a quell’animale di origine russa. Senza contare che le inquisitrici NON avevano dato la caccia a lui, Warsman non era andato molto lontano nell’ipotizzare una triste verità.

Aveva provato a chiamarla, invero, ma le telefonate andavano costantemente a vuoto e alla fine il so numero di telefono risultò inesistente tramite un odioso messaggio pre-registrato. Furioso e al tempo stesso disperato, l’ex lottatore aveva avuto addirittura l’ardire di andare a cercarla a casa, nella sua gigantesca tenuta, riuscendo ad eludere tutti i sistemi di sicurezza e fiutando solo il suo profumo in quel bosco tanto bello quanto artificiale.

Emerald era sparita così. Come una ninfa che ha sedotto il vecchio cacciatore illudendolo di una felicità per troppo a lungo rimandata, ora era nuovamente svanita via dalla sua vita dopo essersi a sufficienza divertita con lui.

Un pensiero forse cinico, ma che gli faceva male in un modo incredibile e che al tempo stesso non riusciva in nessun modo a mettere una pietra su. Non riusciva, non voleva, dimenticarla così precocemente…

E si segnò mentalmente che avrebbe fatto di tutto per ritrovarla anche durante la Corona Chojin che a breve sarebbe ripartita.

 

( … )

 

L’ufficio di Howard Lancaster era solo in apparenza un luogo dall’aspetto “antico” con i suoi mobili in legno scuro e le sue librerie simili a quelle di una antica biblioteca. In realtà, dentro quella stanza accogliente si celavano tra le più avveniristiche diavolerie elettroniche che il suo reparto tecnologico era riuscito a creare.

Ora, all’intero di tale studio erano presenti ben quattro proiettori olografici tutti collegati al computer presente sulla sua scrivania, e ciò che il marchese aveva in mano in quel momento era una scheda di memoria. Nel volto dell’uomo tuttavia, nonostante le tenebre rischiarate dal fuoco del caminetto acceso, non vi era una reale traccia di freddezza quanto di umana comprensione per quanto stava per fare.

Deglutendo impercettibilmente, inserì la scheda di memoria nel pc, ed inserendo la giusta sequenza di dati mise in funzione i proiettori olografici che tosti crearono una traballante figura femminile al centro della stanza.

La donna bionda che sembrava camminare sul raffinato tappeto persiano era nientemeno che una giovane miss Alana con indosso le vesti nere delle inquisitrici amazzoniane. Ciò che Howard Lancaster stava visionando difatti, era uno tra i più importanti e compromettenti ricordi della Deva che era riuscito ad estrapolare durante la sua forzata convivenza nel campo alfa. Un pensiero vocale, una confessione che doveva essersi fatta a se stessa, vecchia di dieci anni e piena di rimorsi.

– Oggi è un giorno speciale – disse l’ologramma traballante, e il volto della Deva non recava nessun sorriso ma solo una lieve tristezza – poiché finalmente sono riuscita a fare giustizia…crrk

Il marchese Lancaster si massaggiò il mento notando qualche interferenza nella proiezione, mettendo poi entrambi i gomiti sulla scrivania in cedro ed incrociando le dita delle mani tra loro come se fosse in meditazione.

– Mia figlia… la mia unica figlia… ha disertato il convento, costringendomi dunque a darle la caccia su Amazon fino a raggiungerla e così ucciderla con le mie stesse mani… – la donna rimase in silenzio per un po’, prima di sospirare pesantemente e sfogarsi di un segreto inconfessabile – in realtà… czz… quel giorno ho deliberatamente disobbedito agli ordini… io… ho colpito mia figlia, fino a mandarla in coma, facendo credere a tutti che l’avessi uccisa a sangue freddo –

Arrivati a questo punto fu il turno del terrestre di mettersi a sospirare piano, conscio di aver vangato una zona che non era affatto di sua competenza, sentendo il collo tornare a fargli stranamente male.

– Mia figlia ha ereditato le mie abilità peculiari – lasciando ben intendere che lei era il “padre” – e nonostante le ferite subite al cervello dovrebbe riprendersi molto più velocemente di me… l’ho dunque confinata in un monastero isolato e inaccessibile per via terrena, sui Monti Nebbiosi, premurandomi di traumatizzarla abbastanza da farla tremare come una foglia al sol vedermi o sentirmi nominare… sono… crrk… una pessima madre…–

Poteva avere anche ragione, ma dopo quel che stava rivedendo il marchese riusciva anche a comprenderla, ed in un gesto stranamente umano per lui, perché traspariva che per Alana non era stato facile quel che aveva dovuto fare, appoggiò la fronte sulle nocche continuando ad ascoltare la registrazione.

– La madre superiora del monastero aveva un debito da saldare con me, e non ha fatto storie nel prendere in cura mia figlia… ma ciò che i sconvolge, è la facilità con cui io l’ho colpita nonostante lei mi implorasse costantemente pietà. Della gioia che ho provato… crrr… quando il mio tacco si è infilato nel suo cranio… vorrei poter dire… crrz… che se sono così è per colpa dell’addestramento ricevuto, ma… io temo solo che la Corte non abbia fatto altro che far maturare un mio lato nascosto nato quando io avevo solo quindici anni… – e qui la donna si fermò un attimo, come per raccogliere le energie e completare dunque la sua confessione –… nessuno… nessuno dovrà mai sapere quel che è successo, e… figlia mia, spero tu un giorno possa perdonarmi… un giorno, capiraicrzzz… ed è dunque arrivato il momento per la mia Epurata, poiché se voglio mantenere questo segreto è necessario che nessuno sappia che tu sia viva e che, a modo mio, ti proteggo ancora… –

Alla fine il messaggio si interruppe, ed il marchese fu ben felice di estrarre la scheda di memoria dal proprio computer per poterla nuovamente esaminare prima di prendere una decisione. Howard Lancaster non si era mai preoccupato di ficcare il naso in affari che non lo riguardavano, ma ciò che aveva toccato ultimamente erano tendini scoperti che rischiavano di risvegliare mostri ben peggiori di un semplice processo improvvisato.

Aveva tra le mani la confessione di una traditrice, di una donna che non ce l’aveva fatta ad uccidere la propria figlia peccatrice, e che era disposta a tutto pur di proteggerla da un fato inevitabile. Il marchese non voleva questo, e non voleva neppure che la propria famiglia ritornasse nuovamente ad essere preda di inquisitrici spietate, non con Janice ed Hammy che si stavano riprendendo dallo shock, e pertanto prese una delle decisioni più sagge della sua vita.

Senza pensarci due volte lanciò la chiavetta di memoria nelle fiamme scoppiettanti del caminetto acceso, e fu ben sollevato di vedere come la plastica di quel manufatto si sciogliesse a velocità incredibile. Poi una volta che fu sicuro che i dati sul pc fossero minuziosamente cancellati decise di spegnere tutto, e di lasciare quella stanza preda di una sempre più crescente tenebra.

 

 

E siamo dunque arrivati alla fine gente. Questo è l’epilogo, e magari non ve lo aspettavate così cupo vero? Ad ogni modo sto già progettando il seguito quindi non disperate tanto J

Vorrei infine ringraziare tutti coloro che hanno recensito, messo tra i preferiti e le storie seguite, o anche solo letto questa mia fanfiction, e spero dunque che questa mia storia vi abbia almeno un pochettino lasciato qualcosa. See you in the nex time!

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