Reignite di vermissen_stern (/viewuser.php?uid=234591)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** partenogenesi ***
Capitolo 3: *** cavalli pazzi ***
Capitolo 4: *** derattizzazione ***
Capitolo 5: *** scimmie misteriose ***
Capitolo 6: *** hippodrilli malefici ***
Capitolo 7: *** ultimate baddass ***
Capitolo 8: *** cena con sorpresa ***
Capitolo 9: *** cetrioli ( decisamente ) velenosi ***
Capitolo 10: *** nuovo mondo ***
Capitolo 11: *** KO~HO~ ***
Capitolo 12: *** run boy, run! ***
Capitolo 13: *** make it bun dem ***
Capitolo 14: *** la masquerade ***
Capitolo 15: *** un mare di sospetti! ***
Capitolo 16: *** la verità fa male ***
Capitolo 17: *** passato prossimo, futuro, attuale ***
Capitolo 18: *** la tranquillità è un optional ***
Capitolo 19: *** apparenze ***
Capitolo 20: *** briciole di pane ***
Capitolo 21: *** capitolo extra ( imboscati ovunque! ) ***
Capitolo 22: *** il tuo nome sulle mie labbra ***
Capitolo 23: *** notte ( non molto ) brava ***
Capitolo 24: *** il mito della strega ***
Capitolo 25: *** festival of blood part.1 ***
Capitolo 26: *** festival of blood part.2 ***
Capitolo 27: *** festival of blood part.3 ***
Capitolo 28: *** inquisition! ***
Capitolo 29: *** lo spettacolo deve continuare! ***
Capitolo 30: *** creepy show ***
Capitolo 31: *** la caduta dei giganti ***
Capitolo 32: *** Epilogo: calano le ombre... ***
Capitolo 1 *** prologo ***
Ci
sono molte regole all'interno della Scuola di Ercole. Se sommate
però, si possono riassumere in:
Avere
un comportamento educato all'interno della struttura. Rispettare
l'avversario dentro e fuori il ring, indipendentemente dal carattere
che ha. Ed essere sobri, senza mostrare eccessi evidenti che possano
essere presi come debolezze dai futuri avversari.
Questo
valeva sia per gli allievi che per il personale di servizio, oltre
che per gli istruttori stessi.
Dagli
inservienti ai paramedici erano tutti tenuti a seguire dei rigidi
protocolli e indossare divise specifiche in base ai compiti loro
assegnati. Ma francamente parlando alle volte il personale era
discutibile... stando all'opinione di alcuni. Come ad esempio a Robin
Mask.
Il
responsabile di molte delle regole presenti nella scuola era, per
forza di cose, Vance McMadd. Suo fondatore egregio ormai da decadi,
aveva uno spiccato senso per la tirchieria quando si trattava di
risparmiare il più possibile, in netta discordanza con la
sua
volontà di fare soldi con il wrestling ovviamente. La scelta
dei
dipendenti infatti si basava su contratti piuttosto
“scarni” e il
cibo nella mensa comune non era esattamente fresco. Almeno quello
fornito ai giovani lottatori.
Per
Robin Mask sinceramente parlando si poteva fare di più. Non
dovevano
allenare la nuova generazione di eroi capace di distruggere la d.m.p?
Allora gli allenamenti andavano intensificati, il cibo in scatola
sostituito da qualcosa di più proteico e ai ragazzi andava
tolto
ogni tipo di divertimento ludico concentrandoli sulla competizione e
gli allenamenti stancanti.
Altrimenti
si sarebbero verificati altri imbarazzanti incidenti come quello
accaduto a quell'imbranato di Kid Muscle, figlio del re dei kinniku
ma decisamente troppo simile al padre quando si trattava di
stupidità.
– Uhmm...
beh, i casi sono due... – massaggiandosi con una mano il
mento
grassoccio, Vance MacMadd osservò attentamente la lastra
appesa allo
schermo dell'infermeria prima di dare il suo impietoso giudizio
– o
è stato per davvero un incidente come sostiene il ragazzo,
oppure il
deretano di Kid Muscle ha appena avuto una idea geniale rispetto al
suo cervello * –
– La
videosorveglianza ha confermato le parole del ragazzo, MacMadd
–
Robin Mask incrociò le braccia in petto osservando pure lui
le
immagini di una lampadina da 100 watt perfettamente intatta
all'interno del bacino del giovane – una
“bravata” tra ragazzi
che poteva essere evitata se il mio piano per intensificare gli
allenamenti fosse stato approvato –
l'elmo
di ferro ben calato in testa, simile a quello di un guerriero
medioevale, rendeva la voce dell'ex campione ancor più cupa
e fredda
del solito quando si trattava di fare un ammonimento, ma l'anziano
fondatore dell'accademia non si scompose più di tanto. Ne lo
fece la
dottoressa alle loro spalle, intenta a togliere alcune schegge di
vetro dal sedere di un Kid Muscle steso a pancia in giù sul
lettino
e intento a lamentarsi più del dovuto.
– Così
da aumentare inutilmente il mio lavoro?! Sono qui
per curare,
è vero, ma non per mettere un certificato di non
idoneità in una
fabbrica di infortuni... mister Mask –
la
dottoressa in questione, miss Alya Kalinina, parlò con tono
piatto
senza prestare attenzione ai due uomini ma bensì concentrata
a
sfilare via le schegge di vetro dalle natiche di un paziente
piagnucolone.
– Fa
malemalemalemale!!! voglio la mammaaa!! Prometto di non farlo
più lo
giurooooh!!–
Robin
Mask si voltò a guardarla piuttosto irritato per
ciò che aveva
detto, non capendo se la dottoressa fosse seria oppure in vena di
provocazioni. Francamente non sapeva in che graduatoria inserirla...
da un lato la stimava perchè a venticinque anni ed essere
già
laureata significava averci messo gran impegno, ma dall'altro era una
persona senza peli sulla lingua e le cose te le diceva in faccia
anche se in modo perfettamente educato.
E
poi, altra cosa che aveva fatto decisamente notare a Vance MacMadd,
era praticamente l'unica figura femminile presente nella scuola.
Eccezion fatta della cugina che le dava una mano e a detta di molti
era un soggetto inquietante, trovava abbastanza immorale che una
donna, per giunta una donna di quel pianeta lì,
andasse a
mescolarsi con individui resi insofferenti dagli allenamenti e dal
testosterone a mille.
– È
anche grazie a questi infortuni – e qui si riferiva alle
bravate
ridicole di alcuni suoi allievi – che lei riesce a lavorare,
dottoressa. E se ci fossero più ore di studio e allenamenti
forse la
sua presenza sarebbe meno richiesta... –
a
quel punto la donna si fermò, lanciando uno sguardo solo
apparentemente neutrale nei confronti dell'allenatore che a malapena
si era voltato per guardarla, e persino Kid Muscle notò
della
tensione nell'aria tanto da fermare il proprio piagnisteo e la paura
di avere ancora una lampadina incastrata magicamente nel deretano.
Aveva combinato un bel casino nell'aver voluto esplorare i vecchi
magazzini polverosi della scuola assieme alla sua combriccola di
amici, andando ad arrampicarsi sopra una pila di casse per vedere se
era vera la leggenda dei reggiseni femminili delle ex allieve
contenuti li dentro, e poi finire per schiantarsi su di una cassa
contenente vecchie lampadine usate.
Ora
gli occhi azzurri della dottoressa Kalinina parevano ancor
più
freddi e spaventosi, e a Kid era sempre piaciuta quella sua aria da
angelo guerriero ( il “suo”
angelo guerriero come amava
pavoneggiarsi con lei e i suoi stessi amici ) ma adesso faceva
davvero paura! Tutte così inquietanti le donne del pianeta
Amazon?!
– Beh,
mister Mask... potrei sempre lasciare la struttura, lo stipendio da
stagista che percepisco, lasciare i presenti con
fratture
multiple e costole incrinate ma comunque più sereni senza la
mia
ingombrante presenza... – e nella sua voce si poteva notare
una
velata polemica su un po' tutto – e lasciare tutto in mano a
mia
cugina Alana –
in
quel preciso istante, appena nominata, la donna inquietante dagli
occhi strabici, i capelli biondi raccolti in una bassa coda e il
fisico giunonico, apparve fuori dalla porta munita di un paio di
tenaglie poco rassicuranti.
– Al
giovedì mi occupo di togliere i denti – fece
schioccare
paurosamente le tenaglie nonostante l'espressione da calamaro che
aveva, senza aggiungere altro.
– Hiii!!
– strillò il giovane kinniku visibilmente
terrorizzato –
Nononono! Qualunque cosa mi dentini NO!! Mammina dove seiiiih??!
–
– ADESSO
BASTA! –sbottò improvvisamente Vance MacMadd
infastidito da Kid
Muscle e dagli altri due litiganti – Kid! Vedi di darci un
taglio o
questa è la volta buona che ti espello dalla scuola! E
credimi, non
vedrei l'ora se non fosse che poi l'intero pianeta Kinniku subirebbe
una grave umiliazione! –
incredibile
ma vero questo bastò a zittire il giovane figlio del re che,
benchè
non vedesse l'ora di andarsene da quella scuola orrenda, l'idea
dell'umiliazione a livello mondiale portarono in lui visioni future
decisamente orrende. Niente videogame, riviste porno, mamma e
papà
delusi, niente tv satellitare e... niente riso con manzo!
– E
in quanto a lei dottoressa, e a te Robin Mask, vedete di darci un
taglio! È vero, miss Kalinina... siete stata assunta con uno
stipendio da stagista perchè, in quanto neo laureata,
avreste
bisogno di un periodo di formazione... ma direi che qui la formazione
non vi manchi! – la donna abbassò lievemente il
capo in segno di
scuse, e l'anziano kinniku si rivolse ora al lottatore umano
– il
budget che abbiamo attualmente non ci consente grandi sprechi e di
conseguenza spetta a voi allenatori insegnare ai ragazzi il rispetto
necessario da usare in certe situazioni! –
Robin
Mask si lasciò andare ad un basso ringhio appena udibile,
tuttavia
per una volta tanto il MacMadd non aveva detto una stupidaggine anche
se le sue parole piene di morale erano piuttosto ipocrite visto e
considerato che il suo risparmio era dovuto anche alla rinomata
tirchieria.
– Bene,
allora in tal caso suggerisco di iniziare con l'estrazione della
lampadina –
a
spezzare quel momentaneo silenzio ci pensò la stessa Alya,
che a
passi veloci tornò nei pressi del suo paziente decisa a
mettersi dei
guanti di lattice per effettuare l'operazione. E solo a quel punto i
presenti si ricordarono della delicatezza della situazione, con Kid
Muscle che non tardò a strillare cercando addirittura di
scappare
via da un trattamento quasi sicuramente poco delicato.
– Calmati,
andrà tutto bene – la dottoressa gli sorrise
lievemente,
abbandonando l'aria glaciale di prima – dovrò solo
svitarla,
tu rilassati e pensa a qualcosa di piacevole –
e
ci sarebbe pure riuscita a calmare quel sacco di patate ambulante se
non fosse che le sue parole allarmarono anche le altre due persone
presenti nell'infermeria e decisamente Robin Mask non se la
sentì di
stare a guardare. Velocemente prese per un polso la dottoressa, poco
prima che iniettasse dell'anestetico nella natica di un Kid Muscle
non del tutto convinto, costringendola a voltarsi e a guardarlo negli
occhi fiammeggianti e decisamente pericolosi.
– Dico...
ma si rende conto di quello che dice?! –
– Che
intende dire? – la donna aveva ancora in mano la siringa,
dalla
quale uscì qualche goccia di anestetico – forse
non dovrei
tranquillizzare i miei pazienti prima di una operazione? Dovrei forse
dire a Kid Muscle che quella lampadina dentro al suo corpo rischia di
spezzarsi da un momento all'altro?! Non è ciò che
mi hanno
insegnato alla facoltà di medicina –
le
sue parole, nuovamente dettate con una normalità
sconcertante,
portarono nuovamente il kinniku a urlare di terrore cercando di
fuggire via strisciando come un bruco con le chiappe al vento. Fu
ripreso da Alana, che con forza sorprendente lo ricacciò nel
lettino
legandolo con del nastro da pacchi.
E
nel mentre che ciò accadeva nessuno dava retta alla scena...
la
discussione sulla moralità dell'operazione era
più importante.
– Vuole
davvero mettere le mani sul suo paziente così? Dicendogli
testuali
parole?! Non c'è che dire allora, faccio bene a pensare che
voi Deva
siate troppo ambigue per certi mestieri!
–
le
parole le giunsero come un macigno nello stomaco, sebbene non lo
dette a vedere si ritrovò comunque a deglutire. Ambigue...
per molti
quelle della sua razza, Deva del pianeta Amazon, erano donne ambigue.
A suo dire era una cosa piuttosto sconcertante, dato che erano donne
normalissime come qualunque terrestre a livello genetico, ma comunque
sbagliate a fare certe cose secondo il parere di molti. A parlare ad
esempio, a comunicare, a lavorare, persino nell'accoppiamento erano
considerate inopportune.
E
Alya stando sulla terra ne aveva sentite tante, ma sperava che almeno
dove si trovasse adesso certi commenti le venissero risparmiati!
– M-ma
come si permette...?! – a parlare era stato l'anziano MacMadd
abbastanza basito dalla situazione e dalla piega che stava prendendo
il discorso – Smettetela di dire... sciocchezze... tutti e
due! –
con
reticenza Robin Mask le lasciò andare il polso, e la
dottoressa si
ritrovò per un momento a sospirare per il sollievo. Non le
piacevano
quelle situazioni così tese, offese a parte logicamente.
– Signor
MacMadd, secondo lei... le mie mani sono idonee all'operazione?!
–
– Uh...?
– l'anziano non capì a cosa si riferisse ma
guardò comunque la
mani della giovane – direi che sono le mani di una ventenne e
aggiungerei pure con un'ottima manicure. Ma comunque si, direi che
possano andare bene –
– Ottimo!
Sentito, mister Mask? Se al direttore va bene che io faccia
l'operazione non ho bisogno di sentire altro –
un
chiaro invito a tenere la bocca chiusa o quantomeno a pensare prima
di parlare, che a Robin Mask andò giù di
malavoglia. Era un uomo di
altri tempi lui, certe cose decisamente non poteva, e voleva,
accettare come se niente fosse! Sarà anche stata una donna
competente in ambito medico, non poteva negarlo, ma non ci si poteva
fidare della sua razza così... ambigua.
– E
sia dunque, ma badi bene dottoressa... le consiglio di moderare le
parole fintanto che sarà in questa scuola! –
– e
suppongo che questo sia detto a fin di bene, giusto? –
ancora
una volta c'era della sottile polemica nella voce neutrale della
dottoressa Alya, tuttavia quella nuova tensione stava iniziando a
stare decisamente stretta, in tutti i sensi possibili, a Kid Muscle e
alla lampadina che si stava facendo sempre più incandescente
a causa
di alcuni bisogni fisiologici di natura gassosa. Aveva sbagliato,
aveva commesso una bravata che gli sarebbe costata settimane di
punizione e di esercizi aumentati fino allo stremo... ma bisognava
davvero litigare adesso?! In quel preciso momento?!!
– Io...
vi prego smettetelaaah!! Sto per esplodere QUI!! –
dovette
urlare e frignare più del dovuto per attirare l'attenzione
di quegli
adulti irresponsabili più intenti a battibeccare tra loro
che a
pensare alla sua giovane salute. Razza di irresponsabili... ora
sarebbero soffocati assieme a lui in una palla di gas nocivo e
incontrollabile.
– Razza
di idioti! Invece di operare quello sciagurato avete perso
inutilmente tempo prezioso e ora sta per saltare
tutto in
aria! –
il
vecchio MacMadd guardò visibilmente preoccupato la figura di
Kid
Muscle che, a causa della lampadina alimentata dai gas interni, si
stava illuminando sempre di più come un reattore a
particelle.
Poteva essere illogico ma la natura dei kinniku li piazzava come
Chojiin naturali e pertanto anche i loro gas intestinali erano armi
di potenza inimmaginabile.
– Tutti
via di qui! ORA! –
senza
perdere tempo Robin Mask seppellì momentaneamente la
polemica e
prendendo sottobraccio una reticente dottoressa si avviò
correndo
verso il corridoio dell'infermeria seguito a breve da un Vance
decisamente più veloce del solito sulle gambe grassocce e
poco
allenate.
La
situazione era assurda, allucinate si poteva aggiungere,
perchè
stava morendo giovane e bello a seguito di un banalissimo incidente e
lo stava facendo in modo stupido. Avrebbe abbandonato quel mondo
meraviglioso così... in un eterno bagliore che avrebbe
trasformato
l'intero pianeta Ercole in un sole alimentato a gas metano umano e
addio per sempre ad ogni piacevole aspetto della vita terrena.
“È
dunque giunta la mia fine?” Pensò il giovane con
una certa
tristezza “morirò senza prima aver baciato una
ragazza?! Senza
aver assaggiato per l'ultima volta il riso con manzo?! Se è
così
allora...”
tuttavia
non ebbe il tempo di completare il suo monologo interiore
perchè,
nonostante l'immensa luce e il rumore simile a quello di un terremoto
che prendeva l'intera stanza, il giovane kinniku avvertì
comunque
qualcosa violarlo nell'intimità facendolo
pure in un modo
così violento e repentino che lo portarono a sgranare gli
occhi e a
urlare un grido acuto oltre ogni dire.
Alcune
vetrate addirittura andarono in frantumi al suono di quel
“Ihh!”
mostruoso, e il suono infernale venne sentito anche al di fuori della
zona medica, cessando solo quando l'immensa massa che aveva violato
Kid Muscle non se ne uscì fuori fuori in modo talmente
violento e
veloce che per il giovane paziente fu uno shock sufficientemente grande
da portarlo a perdere del tutto i sensi.
Incredibile
ma vero, a scongiurare la distruzione della scuola ci aveva pensato
la cugina della dottoressa Alya Kalinina, e lo aveva fatto in un modo
decisamente discutibile. Come del resto erano discutibili tutti i
suoi metodi.
Notando
che le acque si erano calmate, Robin Mask fece timidamente capolino
in infermeria seguito dagli altri due compagni che guardarono
sospettosi la scena. Alana aveva un unico guanto nero, apparentemente
di pelle o simile, che le arrivava fino all'ascella destra e teneva
in mano una lampadina perfettamente accesa benchè non fosse
collegata a nessun impianto elettrico.
– Dunque...
è finita? È andato tutto liscio?! –
l'insegnante era visibilmente
sospettoso e comunque non se la sentiva di entrare dentro per
controllare di persona.
I
gas intestinali di Kid Muscle gli stavano pizzicando il naso anche se
era sulla soglia della porta, come diavolo facesse quella femmina
aliena a stare li dentro era per lui un mistero.
– Tutto
a posto effendi, il mondo è salvo grazie al fisting
–
e
senza aggiungere una parola alzò la lampadina in alto, che
parve
brillare di pura vittoria nonostante le parole poco rassicuranti
della “salvatrice” del giorno.
Questa
roba doveva essere solo una oneshot ma suppongo che farò una
sorta
di “raccolta”. è... Dio, non so come
definire questo aborto ma
volevo staccarmi un po' dalle mie storie ultra tragiche e scrivere
qualcosa di più leggero senza troppe pretese. Non penso che
avrà
una vera e propria continuità narrativa ma saranno diversi
“spaccati” di vita e... spero di avervi in qualche
modo
incuriosito!
*
la battuta di Vance è tratta dal telefilm Scrubs ovviamente!
|
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Capitolo 2 *** partenogenesi ***
Gli
studenti erano tenuti a controlli medici fissi. E ciò
accadeva in
quest'ordine:
Prima
dell'iscrizione nella scuola di Ercole; visite mensili durante
l'intero anno scolastico; controlli di idoneità quando si
trattava
di disputare un incontro d'esame importante; o addirittura gli
incontri di fine anno. Inoltre, neppure gli stessi insegnanti erano
esclusi da controlli medici periodici benchè questo andasse
a
cozzare con l'orgoglio di molti di loro.
Alcuni
insegnanti, consci della loro età non propriamente
“fresca”, si
lasciavano visitare senza obiezione alcuna e le visite non erano mai
di tipo invasivo se non in casi specifici. Poi c'erano quelli
irriducibili, convinti di essere ancora nel pieno delle forze e se
parlavi loro delle più elementari visite da fare ad una
certa età,
ecco che si arruffavano come galli combattenti.
– Senta
dottoressa... io non ho bisogno di tutti questi prelievi! Sto
benissimo! –
– Concordo.
Abbiamo fatto questi test il mese scorso, direi che possiamo
risparmiarceli –
Buffaloman
e Robin Mask erano due individui che la portavano a sospirare
lievemente per cercare di mantenere la calma ogni qual volta doveva
avere a che fare con loro o con allievi troppo scalmanati. Stavolta
però la mattinata era già iniziata in modo
pesante per Alya, e
sbuffando si sistemò i capelli biondo rame in un fermaglio e
prese
ad osservare le cartelle cliniche dei due ancora una volta.
– Qui
dice che avete saltato gli esami del mese scorso e
ho
controllato anche presso i vostri medici privati sulla terra per
averne conferma... Scoppiate di salute o il vostro
“machismo” vi
vieta di preoccuparvi della vostra persona? Spiegatemelo,
perchè sul
mio pianeta non esiste un simile concetto –
Giusto,
Alya Nikolaevna Kalinina e sua cugina Alana erano originarie di
Amazon. E su quel dannato pianeta fino a 400 anni fa non c'era mai
stata traccia di un individuo maschile degno di nota, se non in
qualche animale primitivo di poco conto. Il fatto di parlare con una
deva era fonte, per molti individui, di un imbarazzante disagio
difficile da abbandonare sebbene fossero geneticamente compatibili
con qualsiasi essere umano o kinniku esistente nell'universo.
– Se
vuole un parere personale è solo una questione di orgoglio!
Giusto Robin Mask?! –
– Giusto...
ma trovo ridicolo che anche lei dottoressa, per quanto riguarda la
sua razza, non ci sia un fattore simile. Mi vuol far credere che su
Amazon non esiste l'orgoglio? –
più
che una domanda quella dell'inglese sembrava essere quasi una accusa
alimentata da molti pregiudizi. Entrambi gli insegnanti erano due
colossi in confronto alla sua minuta figura di un metro e
sessantacinque, e non erano esattamente due individui dall'aria
calmissima al momento, ma francamente parlando non le riusciva di
stare in silenzio. Non era nella sua natura.
–
L'orgoglio
esiste sia tra le guerriere di livello Chojiin, che nelle donne
comuni come lo sono io. Si basa principalmente nel fare il proprio
lavoro, indipendentemente da quale esso sia, sempre a testa alta ma
certamente avendo un occhio di riguardo per la salute. Ma sulla Terra
devo ammettere che molte cose si riducono a termini... di tipo
riproduttivo.
Suppongo però faccia parte della natura umana
–
– Mi
sono perso qualcosa... – Buffaloman si grattò la
barba incolta
guardando confuso la dottoressa e adocchiando il collega che sembrava
sul punto di volersene andar via – da quello che ho studiato
non mi
sembra ci siano chissà quali differenze genetiche tra le
nostre
razze –
– la
differenza c'è amico mio, perchè le deva non
necessitano di liquido
seminale per rimanere incinte –
– Aah...
certo... certo, ora mi è tutto chiaro –
ora
il lottatore colossale era passato dal massaggiarsi il meno a
passarsi una mano tra i capelli, cercando di non far vedere che non
aveva capito molto di quanto Robin Mask avesse detto. Perchè
era una
cosa completamente anormale, francamente parlando.
–
Il
signor Mask non ha detto una cosa errata... noi deva ci riproduciamo
per partenogenesi.
Durante l'accoppiamento adattiamo il nostro sistema nervoso a quello
del nostro partner, indipendentemente dal sesso o dalla razza a cui
appartiene, e ci basta raccogliere solo una parte minima del suo
codice genetico... il resto ce lo mettiamo noi – Alya fece
spallucce dopo aver dato la sua spiegazione. Non le sembrava di aver
detto chissà quale oscenità – per
intenderci, come suggerisce il
mio nome mio padre è di origine terrestre come lo siete voi,
signori. Mentre per mia cugina Alana... –
– Mio
padre era un calamaro mutante –
la
suddetta donna apparve all'improvviso sulla porta dell'infermeria
prima di scomparire in un battito di ciglia, ed entrambi gli
allenatori erano sicuri che sulle spalle avesse un sacco per cadaveri
piuttosto pieno. Ma era decisamente il caso di non farsi domande.
– Eww...
non mi dirà che è vero?! –
il
disgusto in Buffaloman era bastanza evidente e per fortuna che Robin
Mask indossava un elmo di metallo! La giovane dottoressa tuttavia si
limitò ad inclinare la testa di lato e a non commentare
subito.
– A
dir la verità cambia sempre versione... e io che credevo di
aver
trovato quella giusta. Comunque, signori – togliendosi gli
occhiali
dal camice bianco se li sistemò sul setto nasale tornando
alle cose
serie – potreste ora farmi il piacere di fare queste analisi
si o
no? Ho già avuto una mattinata piuttosto impegnativa nel
cercare di
convincere un paziente a fare una colonscopia... prometto che il
vostro orgoglio maschile non ne risentirà –
Alya
era una donna educata, ma sapeva farsi rispettare in quanto medico.
Inoltre, iniziare una nuova polemica con quell'aliena significava
dover affrontare altri discorsi imbarazzanti e nessuno dei due ex
lottatori aveva voglia di affrontarli.
Fecero
ciò che venne loro chiesto e fu sorprendente che in fin dei
conti si
trattò di una cosa tutt'altro che fastidiosa o lunga. Forse
era il
caso di lasciare respirare un po' la Kalinina visto e considerato che
star dietro ad un centinaio di ragazzi e anziani lagnosi non era
esattamente il massimo, tuttavia per Robin Mask restava sempre quella
lieve inquietudine di avere a che fare con delle creature...
“sbagliate”. Vance MacMadd faceva prima a prendere
dei medici
kinniku uomini
e sinceramente parlando avrebbe anche potuto controllare meglio il
curriculum di quella ragazza prima di assumerla, senza basarsi
unicamente sul fattore “ma con lei spendo poco”
sebbene
risultasse aver avuto ottimi voti.
Suo
nonno, Robin Grande, glielo ripeteva spesso di guardarsi dai nemici sul
ring così come dalle streghe
dello spazio,
come le chiamava lui, perchè se non fosse stato attento gli
avrebbero rubato il cuore mentre dormiva. Diamine, quando glielo
diceva poi non riusciva a dormire per tutta la notte e si ritrovava
con l'andare a piangere di nascosto da sua sorella minore.
Ora
sia lui che Buffaloman attraversavano in silenzio il corridoio
diretti verso la sezione di allenamento per esaminare alcuni studenti
impegnati a superare un esame sulle mosse difensive e di
contrattacco, ma era logico che quel silenzio non sarebbe durato a
lungo. Il sorrisetto sarcastico di Buffaloman stava iniziando ad
irritare il chojiin inglese, ben sapendo che non portava nulla di
buono.
– Uhm...
però! Questa storia ti fa riflettere –
– Piantala
–
– Voglio
dire, non si può negare che a livello evolutivo abbiano una
carta in
più... –
– Falla
finita! –
– Beh,
dai! Quando sarò ormai vecchio decrepito penso proprio che
andrò a
farmi ricoverare in una casa di riposo su Amazon! –
– La-vuoi-piantare?!
–
Robin
Mask si ridusse a sibilare quelle parole cercando di mantenere la
calma anche quando fu evidente che Buffaloman lo stesse punzecchiando
con puro gusto, concedendosi pure una stentorea risata, andandogli a
colpire “amichevolmente” con un pugno la spalla
destra.
– E
andiamo! Fatti una risata, vecchio segaiolo!
–
ma
decisamente al lottatore non riusciva di riderci su, per quanto la
grezza battuta del collega fosse nata anche per questo.
-
- - - - - - - - - - -
– Come
va, Kid? Stai bene? –
Terry
Kenyon, uno tra gli allievi più promettenti dell'accademia
nonché
anche lui figlio di una vecchia leggenda del wrestling, andò
a
sedersi sulla panca in cui pure Kid Muscle aveva trovato riposo
cercando di capire come se la stesse passando il compagno di corso.
Il
figlio del re Suguru Muscle sembrava piuttosto scuro in volto ma non
poteva essere certo se era per le mille flessioni appena fatte oppure
per “l'incidente” che gli era successo giusto un
paio di giorni
fa. Era stato dimesso dall'infermeria giusto quella mattinata, e ne
lui ne gli altri avevano avuto sue notizie fino ad adesso.
– Sto
bene Terry, non devi preoccuparti. Ho imparato la lezione, e adesso
so cosa devo fare –
ancora
serio in volto si alzò dalla panca scrutando senza reale
interesse
gli altri studenti che si allenavano nella palestra. Terry lo
guardò
incuriosito, sperando che magari l'incidente con la lampadina non lo
avesse sconvolto così tanto, anche se pure lui doveva
ammettere che
era stata una cosa abbastanza terribile.
– Ebbene
io... – e qui Kid chiuse gli occhi, come in concentrazione
–
...penso proprio che chiederò alla dottoressa di sposarmi!
–
finì
la frase con tono assolutamente ridicolo e infatuato, trasformando
gli occhi in due cuoricini palpitanti e portando il giovanotto
americano a cadere dalla panca per il troppo sconcerto.
– C-cosa?!
Spero che tu stia scherzando, Kid!! –
– Oh,
no! Come potrei mai scherzare su una cosa simile? –
ondeggiava come
l'acqua pensando alla visita di quella mattina, scordandosi che per
l'operazione era stato accuratamente sedato – vivremo felici
in una
casetta in campagna e avremo tre bellissimi bambini... –
– Tzè,
al massimo avrai delle femmine – borbottò Terry
mettendosi in
piedi – e comunque sei ancora sotto gli effetti dei sedativi
per
dire scemenze del genereEEEH??! –
il
volto del texano si deformò in una espressione di puro
terrore
quando accanto a lui apparve la dottoressa Alana in tutta la sua
inquietante magnificenza. Persino Kid Muscle smise di gongolare come
un beota e sgranò gli occhi urlando di terrore nel rivedere
la donna
che lo aveva deflorato senza troppe premure.
La
femmina aliena fece un passo verso di loro senza manifestare alcuna
emozione, e i due giovanotti presi dal panico arretrarono fino a
toccare un angolo della palestra. Bizzarro che due omoni come loro
avessero così tanta paura di una figura più esile
di loro... mah!
Comunque sia non era certo giunta sino a li per spaventare a morte
quei due poveri diavoli, non era nel suo stile, ed avanzando
ulteriormente verso di loro li “costrinse” a
sedersi a terra
colti da un attacco di panico. Poi, si inginocchiò a sua
volta senza
battere ciglio, estraendo da una tasca interna del camice alcune
boccettine contenente delle pillole.
– Queste
sono da prendere al mattino prima di colazione, queste altre dopo
pranzo e poi le supposte al limone rosso di sera. Sono spiacente per
la piccola dimenticanza stamane – mise tutte le boccette in
bocca
ad un kinniku svenuto dalla paura lasciando di marmo quell'altro che
lo teneva tra le braccia. Non era li per far loro qualcosa
dopotutto – buona giornata –
poi
nello stesso modo in cui era apparsa scomparve, e Terry Kenyon
trovò
nuovamente la forza di ridestarsi da quel ridicolo torpore che per un
momento lo aveva colto... e anche perchè il peso dell'amico
lo aveva
portato a non sentire più la gamba destra.
– Ehi
Kid... Coso... ci sei? Merda... se esco vivo di qui non sarà
mai per
per un combattimento sanguinoso, questo è garantito
–
alle
volte non si poteva fare a meno di pensare che Vance MacMadd non lo
facesse apposta ad assumere certe persone pur di scrollarsi di dosso
alcuni elementi a lui non propriamente congeniali... ed ogni
riferimento a Kid Muscle era puramente casuale!
Nella
versione originale il nome di King Muscle è Suguru, mentre
il suo
nome da supereroe è Kinnikuman. Capitolo
“discutibile”?
Giudicate voi.
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Capitolo 3 *** cavalli pazzi ***
– A
che accidenti ti servono questi?! –
lo
sguardo e il tono di Lord Flash erano assolutamente severi, del tipo
che non accettano scuse campate in aria o altre simili sciocchezze
infantili. Per Kevin Mask tuttavia si trattava di una questione tanto
imbarazzante e frustrante, che le possibilità di dialogo per
lui
erano ridotte al minimo.
O
si innervosiva con il proprio allenatore, oppure balbettava qualcosa
sul “farsi gli affari suoi” e nel frattempo sotto
l'elmo di
metallo blu bruciava di pura vergogna.
– Secondo
te? Si vede dalla scatola! Inoltre chi ti ha detto di frugarmi nelle
tasche?! –
– Una
confezione di preservativi dimenticata nella tasca
dei jeans
lasciati nel cesto della roba sporca, a cui IO ho provveduto a
lavare, non è frugare di nascosto caro il mio
ragazzo...–
il
giovanotto inglese si mosse a disagio e guardò altrove
incrociando
le braccia in petto cercando di mantenere un controllo di se stesso
il più dignitoso possibile. Aveva preso quella roba giusto
l'altro
ieri da un distributore automatico ed era stato così idiota
da
lasciarli nei pantaloni da mettere in lavatrice! In un certo senso
Flash faceva bene a rimproverarlo, ed era combattuto se dirgli la
verità o meno.
– Senti...
non c'è nulla di cui preoccuparsi! Li ho presi solo
perchè... non
si sa mai –
– Non-si-sa-mai?!
Kevin Mask! Ma in che razza di mondo vivi?! –
– E
tu allora?! Balli il tango con Turbinskii tutta la notte per tornare
alle tre del mattino?! Sai, mi è capitato di buttare un
occhio al
pub a due isolati da qua la settimana scorsa, e non ho potuto fare a
meno di vedervi –
il
botta e risposta del giovane lottatore lasciò per un momento
interdetto il suo allenatore di origini russe, bloccato in una
sottile morsa di paura di vedersi crollare un piano ben collaudato
che in futuro avrebbe dato i suoi frutti. Lo stava allenando per
vincere la coppa Chojiin sia per ripagare Robin Mask, suo padre, di
un vecchio debito... sia perchè ci teneva che il ragazzo
seguisse
una retta via.
Grazie
alle sue competenze in campo tecnico era riuscito a convincere Kevin
a farsi assumere come personal trainer e se fino ad adesso non aveva
avuto problemi era anche grazie alla smania di vittoria del giovane
che lo portavano a non farsi troppe domande sul misterioso allenatore
concentrandosi unicamente sugli esercizi.
“Veramente...
non è con lui che ballo” avrebbe
volentieri aggiunto l'ex
lottatore russo, ma quella era una sua questione personale e il fatto
che il suo giovane allievo avesse citato il compagno Turbinskii
poteva voler dire solo possibili guai per il futuro. E Lord Flash
aveva bisogno di mantenere la sua fiducia!
– Ci
siamo solo ubriacati un paio di volte... è vero. Ma non ho
intenzione di mancarti di rispetto, credimi! –
sbuffò un po'
seccato ma volle dare comunque corda a Kevin – e aggiungerei
anche
“da che pulpito viene la predica”! Non vorrei che
dopo una
quindicina di birre ti scordassi di usare questi! –
agitò
brevemente la confezione blu dei condoms e con quel suo discorso
riuscì a sviare la conversazione portandola a suo vantaggio.
Ebbe
anche l'effetto di sciogliere un po' la tensione e Kevin Mask
roteò
gli occhi seccato per l'imminente paternale che
stava per
ricevere da un tizio a cui ancora continuava ad importare poco sul
piano strettamente personale. Il loro legame come studente/allievo
per lui era già più che sufficiente.
– Di
chi si tratta, Kevin?! –
il
ragazzo si mosse nuovamente a disagio, ma decise di rispondergli a
basa voce – si tratta di, ehm... la ragazza che lavora al
mercato
ortofrutticolo vicino alla palestra –
si
massaggiò la nuca sentendo che gli bruciava terribilmente e
non per
una irritazione dovuta al ferro del suo elmo. Quello era abituato a
portarlo sin dall'età di due anni, ma non era abituato allo
sguardo
fisso del suo allenatore che senza dire una parola continuava a
fissarlo.
– Ah...
– aggiunse infine, lasciando correre altro silenzio
– dunque se
la cucina si sta riempiendo di verdura non è
perchè tu sei
diventato vegano, giusto? –
– Giusto...
era solo un scusa per vederla –
– Dunque
è quella ragazza li? Quella cicciottella... –
– Si
quella ragazza li! Posso avere quella dannata scatola adesso?!
–
fece
per allungare la mano seccato verso il proprio allenatore ma questi,
con un gesto fulmineo, allontanò la scatola di profilattici
dalla
sua traiettoria guardandolo severamente.
– Fermo
dove sei, Kevin. Noi due non abbiamo ancora finito il discorso
–
il
giovanotto inglese sbuffò annoiato e provò a
tornare alla carica
per riprendersi il maltolto, ma ancora una volta il suo allenatore fu
più veloce e prendendolo per il braccio glielo strinse
abbastanza
forte da farlo grugnire di dolore.
– Prima
che io te li renda devi rispondere ad alcune mie domande – lo
lasciò andare dopo aver visto che con reticenza il ragazzo
gli dava
retta, non era sua intenzione iniziare un inutile pestaggio dopotutto
– punto primo: è il vostro primo appuntamento?
–
– Si...
è una uscita informale. Ha detto che conosce un locale
vicino a dove
lavora che serve della birra irlandese... l-la scatola l'ho presa
perchè... –
– … “non
si sa mai” – Lord Flash roteò gli occhi
ma stette attento a non
polemizzare troppo – Kevin, lascia che ti spieghi un paio di
cosette. Di solito ad un primo appuntamento informale
non ci
si ubriaca come spugne. Ne ci si porta in giro una intera confezione
di questi! Quindi, se questa ragazza ti interessa, cerca prima di
conoscerla meglio... mettila a suo agio. E se lei rifiuta un
approccio più diretto tu non insistere e accetta la sua
decisione.
Non saltarle addosso come un cavallo impazzito insomma! –
– Si,
si, ok! Ho imparato la lezione! Ora posso avere quella roba dannaz...
–
venne
bloccato nuovamente da Flash, e ora lo sguardo del suo allenatore,
nonostante anche lui indossasse un elmo di metallo, era di quelli che
non ammettevano repliche.
– Fermo-ho-detto!
Promettimi che non farai disastri, Kevin... abbiamo un titolo da
vincere –
– Stai
tranquillo, non ho nessuna intenzione di lasciarmelo sfuggire!
–
se
veniva pronunciato il torneo Chojiin ecco che il giovane lottatore
tornava a farsi serio e determinato, conscio che alla minima
sciocchezza compiuta avrebbe perso la sua possibilità di
dimostrare
al proprio padre, tanto odiato eppure comunque amato, di saper fare
altro oltre che deluderlo. Questa sua determinazione piacque a Lord
Flash, che decise di mettere pace all'aspra discussione poggiando
entrambe le mani sulle spalle del ragazzo.
– Ottimo,
ora si torna a ragionare. Io... devo comunque riconoscere che
comprando questo oggetto hai dimostrato di voler fare le cose con una
certa responsabilità. Divertiti stasera, ma non stancarti
troppo che
domani ci sono gli allenamenti! E sii... delicato,
con questa
ragazza –
Kevin
Mask sinceramente parlando non si aspettava un simile discorso dal
proprio allenatore. Si sarebbe aspettato un rimprovero di quelli
targati “Robin Mask” magari già seccato
per il fatto che andava
a bere fuori con una popolana, tuttavia la fiducia che Flash gli dava
era ben riposta e questo lo faceva sentire sollevato.
– Contaci
Lord Flash... e ora credo di, ehm, andare a farmi una doccia
–
– Molto
bene – il russo gli annuì soddisfatto, andando ad
aprire la
confezione di condoms – ma di questi te ne porterai dietro solo
uno. E mettilo nella tasca dei pantaloni per piacere, che
sinceramente parlando messo dentro un portafogli è una
cafonata! –
lo
consegnò ad un silenzioso allievo che non tardò a
ritirarsi nelle
proprie stanze per darsi una bella strigliata, forse pure un po'
imbarazzato per un discorso a cui non era abituato, ma nel complesso
il suo allenatore poteva stare tranquillo e conoscendo Kevin sapeva
che avrebbe mantenuto la promessa.
Portò
infine la confezione di profilattici nel bagno al piano terra
dell'abitazione che condivideva con il rampollo della famiglia Mask,
ma prima di mettere l'oggetto dentro l'armadietto dei medicinali
volle tenersi una bustina per sé, mettendola all'interno
della
giacca blu che indossava.
“non
si sa mai” per citare le parole di Kevin Mask, anche se nel
suo
caso non erano esattamente così che stavano le cose.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - -
Con
la moto dal meccanico a Kevin Mask toccò per forza di cose
scegliere
se prendere i mezzi pubblici oppure farsela a piedi fino al luogo
dell'appuntamento. Si era appena fatto una doccia quindi non gli
andava di correre fino al mercato ortofrutticolo, per cui decise di
prendere l'autobus piuttosto che il taxi... non voleva darle
l'impressione di essere “sofisticato”, ecco.
Ed
ora eccolo li, a pochi passi dalla zona residenziale in cui dimorava,
ad aspettare un autobus che stava, a suo avviso, tardando ad arrivare
e mancavano dieci minuti alle otto di sera.
– E
meno male che siamo in Giappone... la patria della
puntualità – borbottò sarcastico
,infilando le mani nelle tasche del lungo
impermeabile per sentire di meno l'umidità della sera
– Beh, se
non altro avrò una scusa credibile da darle... AH??!
–
Quasi
gli venne un colpo quando notò, dopo averla adocchiata con
la coda
dell'occhio, una figura femminile china a terra accanto a lui e
intenta a guardargli la zona pacco con uno sguardo... completamente
storto.
Era
talmente rilassato da non aver notato quella bizzarra donna dagli
occhi storti che lo osservava con insistenza senza dire una parola.
Non sembrava neppure umana! Era forse una aliena? Comunque sia, gli
stava dando sui nervi.
– Che...
che diavolo sta facendo, lei?! –
– Aspetto
l'autobus – rispose quella senza smettere di fissarlo proprio
li.
Non
sapeva neppure quanti anni darle, poteva averne trenta così
come
cinquanta, ma sembrava essere sul punto di saltargli addosso... tesi
avvalorata dal suo sguardo che si fece più sinistro.
– Li
sento sai...?! I tuoi spermatozoi scalpitano come cavalli all'interno
delle tue sacche larvali. Si muovono... si
muovono... a breve
esploderanno! –
– Aargh...
m-mi stia lontano lei! –
con
una velocità fulminea la femmina aliena, perchè
non poteva essere
umana per comportarsi così, gli si avvicinò a tal
punto da aderire
la faccia contro il suo inguine e germirgli le natiche con ambo le
mani. Oltretutto, in quel preciso istante l'autobus sopraggiunse, e
le ante del mezzo si aprirono timidamente mostrando ad un perplesso
autista una scena alquanto singolare. Per non dire preoccupante.
Doveva
chiamare la polizia e avvertirli che una donna aveva appena aggredito
sessualmente un ragazzone di due metri e diciotto?! Hm, no. Meglio
andarsene via il prima possibile evitando che i pochi passeggeri sul
mezzo si mettessero a commentare dell'accaduto sui social network!
L'autista
partì immediatamente cercando di rimuovere mentalmente
ciò che
aveva appena visto, e lasciando un Kevin Mask letteralmente pallido
sotto la maschera nell'osservare che qualcuno dei passeggeri, alcune
ragazze, ridacchiavano per quell'assurda aggressione.
– Se...
ne... vada!!! –
riuscì
a staccarsi da quella creatura solo dandogli un calcio poderoso che
la fece rotolare via diversi metri. E nonostante il calcio cadde
perfettamente in piedi non accusando nessun dolore... a Kevin parve
pure di sentire come una sorta di puntura all'altezza della natica
sinistra ma poteva essere, magari, solo una sua impressione.
L'idea
di picchiare una donna non gli piaceva neanche un po', ma tanta era
la sua rabbia che a momenti gli offuscava ogni pensiero lucido.
Doveva restare calmo però, aveva un appuntamento che lo
aspettava ed
era già in ritardo!
– Sei
fortunata, dannata bastarda... ma credimi, non finisce qui! –
si
era ripromesso di andare al mercato fresco come una rosa, ma per
colpa di un assurdo incidente gli toccava correre come un disperato
per non far aspettare troppo l'amica che, quasi sicuramente, lo stava
aspettando ormai da cinque minuti buoni.
Kevin
Mask letteralmente scomparì all'orizzonte correndo forse
anche più
velocemente di una fuoriserie, ma per la donna poco importava visto
che doveva fare una telefonata urgente.
– Signor
Vance MacMadd? le comunico che ho appena microchippato
Kevin
Mask, ed ora proseguo con la lista degli altri lottatori – se
con
la mano destra teneva il cellulare, con l'altra aveva ancora in mano
una specie di pistola con un ago affilato al posto della canna.
– molto
bene Alana... continui così. Le nuove regole della IWF
prevedono che
ogni lottatore che ne fa parte venga registrato nel database centrale
entro domani! Mi dispiace per il disagio, ma purtroppo alcune regole
le fanno ai piani alti –
– Non
si preoccupi signore... ero nella Corte un tempo,
lo sa no?
Per me la parola impossibile non esiste –
Nel
mentre che parlava smontò l'ago inserendolo in una pistola
ad aria
compressa più grande presa direttamente dall'interno della
giacca.
Oh, Vance sapeva bene che la dottoressa aveva fatto parte dei gruppi
speciali delle Deva, denominata “la Corte” appunto,
e ora
prestava gentilmente i suoi servigi per la IWF impegnandosi a curare
i suoi lottatori anziché le spietate soldatesse della sua
razza. E
questo per lui era un bene.
Un
po' meno “bene” era la figura di Kevin Mask, che
arrivò con il
fiato corto nel luogo dell'appuntamento scorgendo l'immagine della
giovane amica sotto la luce di un lampione. Il cappotto verde la
faceva più rotondetta del solito, ma a lui francamente
andava bene
così. E tra i due lui era decisamente il più
pesante... come aveva
fatto “gentilmente” notare ad un paio di
teppistelli qualche
giorno fa, che ebbero l'ardire di prenderla in giro mentre stava
lavorando.
– Ah!
Ehm... Kevin! – il suo arrivo improvviso la
spaventò un poco, ma
non si allontanò – va tutto bene...? Ehm, mi hai
un po'
spaventato... –
– Io...
s-sto bene – “a parte l'aggressione
sessuale” – ho solo corso
un po' perchè... ho perso l'autobus ma sto bene –
raddrizzò
la schiena ritrovando il suo rinomato orgoglio e smise di ansimare
per dare l'idea di aver solo corso un po' quando in realtà
la
situazione era ben più inquietante. Una cosa era certa,
sicuramente
a parte bere non se la sarebbe sentita di fare altro. Sotto i vestiti
c'era un nido di sudore che solo una lunga doccia avrebbe tolto.
– Vogliamo
andare? Sono curioso di vedere questo posto –
le
poggiò delicatamente una mano sulla schiena invitandola
così ad
iniziare a camminare assieme a lui, e questo parve rasserenare un po'
la giovane donna. Solo poco dopo mordendosi il labbro tornò
a
parlare.
– Scusami
se prima mi sono spaventata ma... circa un paio di secondi prima che
tu arrivassi mi è sembrato di sentire... nitrire
un cavallo.
Tu l'hai sentito per caso? –
a
quelle parole Kevin emise una sorta di lamento strozzato, per poi
aggiungere di non averlo sentito affatto. Era decisamente meglio a
non pensare a certe cose, almeno per quella serata.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - -
Lord
Flash per quella sera aveva finito le sue incombenze casalinghe, e
dopo aver dato una sistemata in cucina e in soggiorno l'ultima cosa
che rimaneva da fare era buttare via la spazzatura nel cassonetto
fuori casa.
“Kevin,
spero tanto che tu non faccia il cavallo, almeno per questa
sera”
pensò distrattamente l'ex lottatore russo nel mentre che
posava nel
bidone di metallo l'immondizia di una giornata spesa a sistemare
casa, e fu solo quando richiuse il contenitore che il suo battito
cardiaco si fermò per alcuni istanti.
Sgranò
gli occhi, perchè non aveva notato la figura femminile che
gli si
era praticamente parata davanti con in mano quello che sembrava un
fucile anestetizzante. Aveva come la sensazione di averla
già vista,
tra le altre cose...
– Ehm...
c-che... – non gli riusciva di parlare, mentre la donna con
gli
occhi storti aggrottò le sopracciglia pensierosa.
Poi
si rilassò, sfoggiando un gran sorriso e salutandolo con una
mano – Ehi ciao! Quanto tempo eh?!
Stammi bene –
poi
si tuffò in un cespuglio vicino, e per quella serata non la
vide
più. Il russo decise quindi di stringere le palpebre degli
occhi
scuotendo la testa come se avesse avuto solo una assurda visione e
basta. Aveva già le sue preoccupazioni con Kevin, non aveva
decisamente il tempo anche per queste assurdità qui.
Se
non lo si nota questo capitolo è ambientato un po' nel
futuro
rispetto ai capitoli precedenti. Il perchè è
semplice... avevo
voglia di trollare Kevin :D ! Dal prossimo si torna alla
“normalità”
per così dire. Spero abbiate apprezzato!
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Capitolo 4 *** derattizzazione ***
– Lei
ha fede dottoressa?! –
la
domanda aveva fatto alzare la testa ad Alya, intenta ad osservare su
di un tablet alcuni file sul programma degli insegnanti per la
settimana, cogliendola quasi di sorpresa per una domanda che non si
aspettava. Non tardò molto a prestare attenzione al proprio
interlocutore, seduto a pochi passi da lei e intento a sorseggiare un
semplice caffè preso dal distributore. Erano solo in due
all'interno
dell'area ristoro del primo piano nonché unico luogo in cui
sia gli
insegnanti che gli altri membri dello staff potevano visionare le
notizie in bacheca. Agli studenti, e la cosa non era poi tanto
strana, non era concesso avere notizie dal mondo esterno.
Il
fatto che fosse stato l'enigmatico Pentagon a porgerle la domanda,
una creatura dall'aspetto piuttosto “angelico”, le
venne naturale
guardarlo con una punta di sorpresa.
– Mi
sta chiedendo se credo in una qualche religione, signor Pentagon?
–
l'allenatore
in questione, dal corpo completamente bianco come il paio di ali che
possedeva, seduto su di una sedia e con entrambi i piedi poggiati sul
bordo di uno dei tavoli della sala, inclinò la testa di lato
e
sebbene sul suo volto non ci fosse nessuna possibilità di
leggere
una qualche espressione si poteva intuire che fosse lievemente
divertito.
– Suppongo
che una domanda fatta da me possa risultare alquanto ironica...
–
tutti
sapevano, la dottoressa inclusa, che nonostante il suo aspetto di
“angelo alieno” Pentagon era un uomo da sempre
devoto alle leggi
del suo paese e alla sua costituzione. Altrimenti non si sarebbe mai
fatto modificare dai servizi di sicurezza statunitensi fino a
raggiungere l'aspetto attuale.
– Se
lei mi ha fatto una domanda mi sembra giusto rispondere di
conseguenza – Alya non si sbilanciò, posando il
tablet sul tavolo,
rispondendogli educatamente – sarò anche una
dottoressa ma sono
convinta che non siamo esattamente “soli”
nell'universo.
Qualcosa, o qualcuno, ha dato origine a tutto l'universo e comunque,
in generale, credo che ognuno sia libero di credere in ciò
che vuole
–
– Siete
molto “aperta” per essere una donna di medicina...
ma per quanto
riguarda le altre Deva? –
– Beh
ecco... – la donna si perse momentaneamente nei propri
ricordi,
prima di rispondere all'ex lottatore – noi crediamo nella
rigenerazione. Nulla è eterno, niente
è mortale. Tutto è
destinato a rinascere sotto diversi aspetti o forme... una parte di
noi si rigenera nelle nostre figlie, mentre l'altra torna in mare.
Per noi Deva il mare ha un significato molto importante
poiché è li
che la Dea è nata creando poi tutte le forme di vita che
popolano il
pianeta –
– Hm,
una teoria affascinante... molto “filosofica” per
certi versi –
Pentagon
si mise a sedere in maniera più composta, portandosi alle
“labbra”
il bicchiere di carta contenente un caffè amaro ormai freddo
e
lasciando alla donna il tempo per proseguire la sua spiegazione.
– È
così. In fin dei conti si tratta di un ciclo continuo...
anche le
emozioni e i sentimenti si rigenerano. Come il giorno si succede alla
notte, e l'odio si succede all'amore, anche la vita di un individuo
è
in continuo mutamento. Io trovo questa teoria affascinante... ma non
sono come le Deva più conservatrici, che addirittura non
mangiano
pesce perchè credono di mangiare l'anima delle loro antenate
–
– Ah,
beh... allora... – il lottatore dall'aspetto angelico si
massaggiò
il collo trattenendosi dal sorridere ironicamente – non
avrà
problemi se la invito a mangiare sushi... –
Alya
non riuscì a rispondere a quella mezza domanda incompleta,
conscia
comunque che si trattava non di un approccio vero e proprio quanto
più una “spacconata” all'americana,
perchè dalla porta fece
capolino un Robin Mask decisamente non in vena di battute scherzose.
– Risparmiatelo,
Pentagon. La dottoressa ha da lavorare –
– oh,
abbiamo un contendente qui –
Nel
dirlo con tono arrogante si alzò in piedi, incrociando le
braccia in
petto e osservandolo con una nota di sfida. La battuta decisamente
non piacque all'ex lottatore con l'elmo medioevale, che
sbattè con
forza la cartellina tenuta in mano affrontando poi faccia a faccia lo
sfrontato collega americano.
– C'è
poco da scherzare! Vance non vuole darci altri finanziamenti e
oltretutto abbiamo da effettuare una derattizzazione il prima
possibile... e intendo una derattizzazione seria, non quella offerta
dalle “possibilità economiche” di
MacMadd –
– T-topi
avete detto?! –
A
parlare fu la stessa dottoressa che, nel mentre si avvicinava ai due
uomini, divenne improvvisamente pallida come se avesse appena visto
un fantasma passarle davanti. Una donna così determinata che
aveva
paura di un topolino? Questa era buona...
– lei
ha davvero paura dei topi, miss Alya? Mi chiedo come sia possibile
dato il vostro temperamento glaciale –
per
Robin Mask era una cosa semplicemente ridicola, ma in fondo era un
classico che alle donne non andassero a genio creaturine che si
possono abbattere con una facilità disarmante. Persino la
sua Alisa
ne temeva la presenza in casa, e lui ogni anno scrupolosamente
attuava una derattizzazione completa in tuta la tenuta. Altri tempi
quelli...
– è
a causa di un episodio accaduto quando ero piccola... stavo giocando
fuori casa, vicino ad una catasta di legna, quando vidi un animale
strano – prese a strofinarsi le mani tra loro per cercare di
scacciare via la paura crescente – pensai fosse un gatto e
allora
lo toccai... ma quello si voltò e mi morse alla mano! Era il
topo
più grosso che io abbia mai visto! Mio padre accorse
immediatamente
appena mi sentì strillare, e anche se uccise quell'animale
purtroppo
il terrore fu talmente devastante che non sono mai riuscita a
superarlo... –
– Un
momento dottoressa... – Pentagon la guardò
incuriosito, notando
che comunque ce la stava mettendo tutta per riprendere il controllo
–
lei ha vissuto sulla terra? Non è sempre stata su Amazon?
–
– n-no...
ho vissuto i miei primi anni di vita sulla Terra e una volta che i
miei si sono lasciati sono andata a vivere sul pianeta natale di mia
madre. Solo a 18 anni sono tornata nuovamente sulla Terra per
laurearmi i-in chirurgia e... EEHK! –
Quando
Alya si guardò i piedi vide qualcosa che decisamente avrebbe
preferito non vedere, e di scatto si buttò letteralmente in
braccio
a Robin Mask che senza mascherare la propria sorpresa fece non poca
fatica a tenerla buona.
– S-si
calmi maledizione! Che diavolo le prende?! –
– ehm...
credo che sia per questo topolino qui... –
Guardando
verso il basso proprio come stava facendo Pentagon in quel preciso
istante, Robin Mask potè notare la presenza di un piccolo
roditore
intento a guardare i tre umani con una certa perplessità.
– L-lo
mandi via per favore!! – la donna si avvinghiò al
collo dell'ex
lottatore con ambo le braccia sempre più terrorizzata
– n-non
lasciate che si avvicini! –
– E
come faccio a mandarlo via con lei in braccio, eh?! – rispose
seccato Robin Mask, cercando tra l'altro di non mettersi a ridere
come era quasi sul punto di fare Pentagon – e la smetta di
agitarsi, che le si solleva la sottana! –
– Pff...
tranquilla dottoressa, ora ci penso io –
Alya
ci aveva provato a farsi passare quella paura ancestrale... ci aveva
provato davvero. Se da un lato non temeva criceti, conigli, cavie,
insetti vari e serpenti, dall'altro la figura del grosso roditore
della sua infanzia continuava a metterle i brividi. Sapeva che un
mite topolino, come quello preso in mano da Pentagon, non avrebbe mai
potuto nuocerle come un ratto delle steppe. Ma era dura cercare di
resistere ad una paura che ogni volta si rigenerava,
facendole
tornare alla memoria l'angoscia e il dolore provato quando aveva solo
tre anni. Provò a calmarsi anche in quel preciso momento,
rendendosi
tra l'altro conto di essere saltata in braccio a Robin Mask come una
dannata anguilla, ma nuovo terrore le giunse quando le doppie ante
della porta d'ingresso alla sala si aprirono mostrando a tutti
l'unica squadra di derattizzazione che le tasche del MacMadd potevano
permettersi.
– Ma
che diavolo...? – fece per domandare l'ex lottatore
dall'aspetto
angelico, ma la squadra di Alana si armò ben bene alla vista
del
topolino tenuto in mano dall'uomo.
La
femmina Deva, accompagnata da due addetti delle pulizie kinniku,
indossava una tuta ignifuga e in mano possedeva qualcosa di
decisamente inquietante. Ed uno strano senso di paura iniziò
a
crescere nei due insegnanti, perchè effettivamente il
direttore
della scuola aveva superato il limite.
– Ok
ragazzi, armate i lanciafiamme. Abbiamo trovato il bastardello!
–
– NO!
Un moment...!!! –
Robin
Mask ci provò a bloccare quell'assurdo teatrino, ma le
fiammate di
tre potenti lanciafiamme lo colpirono nello stesso modo in cui
colpirono Pentagon, e ciò che riuscì a fare fu
solo quello di dare
le spalle al trio per proteggere la dottoressa da tutta quell'assurda
situazione.
– Ma
che diavolo sta succedendo lassù...? –
con
uno sguardo preoccupato, Buffaloman osservò le fiamme
infrangere le
vetrate della sala insegnanti a ripetizione, sentendo che qualcuno
stava urlando durante quello strano “fenomeno”
interno alla
scuola.
Al
momento si trovava in un cortile interno della struttura, impegnato
nell'allenare gli studenti ad evitare dei sacchi fiammeggianti e
alcuni di loro ( se non tutti ) stavano osservando con un certo
sgomento le poderose fiamme che si stavano sprigionando, e notando
che l'incendio sembrava essere destinato a propagarsi per l'intero
edificio volle correre al suo interno per dare l'allarme antincendio.
Non
fece molta strada però, perchè un grido lo
costrinse a guardare in
alto notando l'incredibile.
A
causa di una esplosione più forte due figure vennero
scaraventate
fuori da una grande finestra. Due individui che sembravano andare in
fiamme e che corrispondevano al nome di Pentagon e Robin Mask.
Il
primo, con le ali bruciate, non riuscì ad effettuare un
atterraggio
di fortuna ritrovandosi a sbattere la schiena al suolo, mentre il
secondo ebbe la forza di atterrare in ginocchio sebbene la pelle
bruciata dovesse dolerli parecchio. E tra le braccia, e molti
studenti sconcertati poterono notarlo chiaramente, aveva ancora la
dottoressa Alya Kalinina visibilmente scossa con i capelli
bruciacchiati e le vesti in disordine.
– Robin
Mask! Pentagon! Per la miseria che diavolo è successo?!
–
immediatamente
Buffaloman cercò di prestare soccorso ai due colleghi
feriti, ma lo
sguardo del nobile inglese fu così glaciale, nel mentre che
si
metteva in piedi senza mollare la presa sulla donna, che lo
portò a
desistere dal dare una mano.
– Cough...
Ahh... è stata la d-derattizzazione! –
rantolò
testuali parole un Pentagon che, dopo aver lasciato andare dalle mani
un topolino che immediatamente si dette alla fuga, perse i sensi a
causa delle ferite subite.
Nello
stesso momento in cui l'angelo alieno sveniva, Robin congelò
i
presenti con lo sguardo e lentamente, zoppicando un po', si
avviò
all'interno della scuola con ancora in braccio una donna visibilmente
preoccupata.
– Ma
che diavolo... Qualcuno chiami i soccorsi! –
Buffaloman
di cose strane ne aveva viste in vita, ma questa decisamente era una
delle più assurde. Non aveva mai visto il collega inglese
così
visibilmente incazzato, ma ciò che era più
importante adesso era
prestare i primi soccorsi a Pentagon.
I
soccorritori non tardarono ad arrivare per fortuna, ma
arrivò solo
la dottoressa Alana dopo essersi tolta la tuta ignifuga.
– Uhm...
bel problema – una volta giunta in cortile esaminò
attentamente il
paziente – una volta ho steccato un
uccello... posso sempre
provarci. Tranquilli signori! So quello che faccio, sono un medico!
–
la
tranquillità non era di casa dentro il cortile della scuola,
soprattutto per il modo in cui l'aliena prese Pentagon sotto
custodia, prendendolo per le caviglie e correndo all'interno
dell'edificio come se al posto di un paziente stesse trascinando un
carretto della frutta, e tornare agli esercizi mattutini fu piuttosto
difficile vista l'epica scena a cui tutti avevano assistito.
-
- - - - - - - - - - - - - - -
Vance
MacMadd al momento si trovava nel suo ufficio intento a compilare
alcune scartoffie burocratiche all'ordine del giorno. La stanza,
dall'aspetto accogliente e lussuoso, era forse la più bella
dell'intera scuola ma a Vance non piaceva vantarsi dei propri
finanziamenti privati.
Staccò
gli occhi dalle scartoffie solo quando sentì dei piccoli
colpi alla
grande porta di noce scuro, l'entrata del suo ufficio, chiedendo
bruscamente chi chiedesse la sua udienza.
– S-sono
la dottoressa Kalinina, mister MacMadd... posso entrare? –
– Oh...
ma certo, si... – sorpreso, il vecchio direttore si
sistemò gli
occhiali vedendo come la pota si apriva lentamente – mi dica
dottoressa, cosa le servEH??! –
ciò
che vide quasi gli fece prendere un colpo. La suddetta donna, dai
vestiti bruciacchiati e dall'aria ancora un po' stravolta, era tenuta
tra le braccia di un Robin Mask completamente annerito e con lo
sguardo talmente assassino che solo quello ebbe il potere di fermare
il battito cardiaco di Vance.
– Hmmr...
– si limitò a borbottare l'insegnante inglese, con
un verso che
ricordava molto quello fatto dal maggiordomo degli Addams.
– Ecco...
mi scuso per l'intrusione ma avremmo un reclamo da esporle –
la
giovane Deva si strofinò le mani per restare calma
– la squadra di
derattizzazione non è efficace... q-quindi le pregherei di
aumentare
il budget per quest'anno –
in
altre parole suonava come un “vecchio bastardo sgancia i
soldi”
se si poteva leggere attentamente lo sguardo di mister Mask. Per tale
motivo Vance sudò freddo, limitandosi a deglutire e ad
annuire
nervosamente andando poi, a tentoni, a rovistare in un cassetto della
scrivania alla ricerca del libretto degli assegni.
– M-m-ma
certo... e-ecco a lei dottoressa! –
una
volta staccato l'assegno lo porse alla Deva e quest'ultima, dopo
averlo flebilmente ringraziato, decise di congedarsi in tutta fretta.
– Molte
grazie mister Vance... e ora se n-non le dispiace devo andare i
infermeria a curare questo paziente... –
un
Robin Mask infuriato faceva paura persino ad una donna dal
temperamento forte come lo era miss Alya, senza contare che Vance si
portò una mano al cuore quando il duo se ne andò
via dall'ufficio
diretto verso altri lidi.
Si...
forse era stato un po' troppo taccagno... ma giusto un po'.
|
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Capitolo 5 *** scimmie misteriose ***
Kevin
Mask non aveva passato una bella serata.
Non
che ricevere prima di cena una telefonata da suo padre fosse la cosa
più bella del mondo, non lo era mai e questo andava
precisato, ma
quello che gli aveva detto gli era piaciuto ancora di meno.
“Ho
incontrato una ragazza a Londra... e vorrei che tu la
conoscessi”
detta in termini semplici è così che il suo
vecchio aveva iniziato
il discorso, mentre per Kevin si trattava solo del suo ennesimo
tentativo di infilarsi nella sua vita e decidere ogni suo aspetto
più
intimo. Se da ragazzino era scappato di casa era per vivere la vita
come meglio credeva lui, senza il costante controllo di un padre
dittatore che, piuttosto che fargli vivere la sua infanzia, lo stava
modellando a propria immagine e somiglianza.
E
ora voleva che addirittura tornasse a Londra per conoscere una
ragazza, guarda un po', scelta da Robin Mask?! L'ultima cosa che
voleva era che papà gli combinasse un matrimonio con una
perfetta
sconosciuta, inoltre c'era già una ragazza che gli
interessava... ma
vuoi che al suo vecchio genitore importasse?! Certo che no!
“Non
sia mai che il buon nome della nostra famiglia si mescoli con quello
di un'umile fruttivendolo” decisamente molto incoraggiante,
ma al
giovanotto poco importava se si trattava della migliore dottoressa
della città, così gli era parso di capire,
francamente parlando per
quanto continuasse a voler bene al suo vecchio ( in fin dei conti
come si suol dire sempre, è pur sempre suo padre ) quello
era stato
l'inizio di una furiosa litigata di cui ora ricordava ben poco a
causa di una sbronza colossale presa fuori casa.
Non
ricordava di aver mai bevuto così tanta birra in vita sua,
ma il
risultato era che adesso era stesso a terra, sul parquet del
corridoio di casa, completamente nudo e con solo l'elmo di metallo
come vestiario.
– Hmmrr...
– cercò di mettersi a sedere una volta che fu
sufficientemente
sveglio trovandosi incredibilmente debole e con la testa che ancora
gli girava.
Seppur
con la vista che lentamente gli stava tornando notò che
parecchi
suoi vestiti erano sparsi lungo tutto il corridoio, dall'entrata di
casa fino a dove si trovava lui, e con un certo imbarazzo
ricordò il
perchè se li era tolti prima di svenire.
– Ah!
ben svegliato, Kevin Mask! –
voltando
la testa verso l'alto notò la figura spazientita del proprio
allenatore, Lord Flash, con le braccia incrociate in petto e un'aria
piuttosto severa in volto.
– Eh?!
Cosa... cosa è success... –
– è
successo che ieri sera hai litigato con tuo padre al telefono. Poi
sei uscito a bere per dimenticare e sei tornato a casa ubriaco come
una spugna... non sei neppure riuscito ad arrivare in camera tua e
hai deciso di spogliarti in corridoio perchè avevi caldo
–
nonostante lo stesse rimproverando lo aiutò a rialzarsi in
piedi
quando lo stesso ragazzo allungò una mano verso di lui
– e poi sei
svenuto sul pavimento... ma non è la parte peggiore questa!
–
– E
quale sarebbe di grazia... Argh!! –
“Iihkk!”
Colto
completamente alla sprovvista, il giovanotto inglese si
ritrovò col
lanciare un rauco grido non appena qualcosa di rumoroso e vivo non
gli atterrò sulla testa ancora dolorante.
– Ma
che cos...?! Sparisci!! –
l'ombra
che gli era atterrata addosso schivò agilmente i suoi goffi
colpi di
karate e, invece di obbedirgli, squittì nuovamente
aggrappandosi con
più decisione all'elmo di Kevin con le proprie piccole manine
fino a strattonarglielo via e scattare sopra una credenza.
– U-una...
scimmia?! E-ehi! Restituiscimi il mio
elmo!!–
il
giovane lottatore dovette scostarsi dagli occhi i lunghi capelli
della frangia, e si poteva pure notare tinti di un un magenta ormai
sbiadito, per poter ammirare la creatura che ora rideva con il suo
trofeo in mano stringendolo come se fosse stato un pupazzo di pezza.
– Kevin,
ragazzo mio, dove diavolo hai preso quella bestiaccia? Sai che
è
bene che tu non abbia animali in casa... –
– Io...
davvero non lo so – si massaggiò la tempia
ricordandosi tra
l'altro che forse era il caso di prendersi un po' più cura
dei
lunghi capelli – ha preso il mio elmo! Il mio elmo capisci??!
–
Oh
si. Lord Flash sapeva perfettamente cosa rappresentasse quell'elmo da
guerriero medioevale per il suo giovane allievo. E sapeva che
perderlo per lui sarebbe stato peggio che essere nudo, come lo era al
momento, poiché per ogni componente maschile della famiglia
Mask
l'elmo di ferro rappresentava una pura e semplice questione d'onore.
Se lo si perdeva, si perdeva la dignità di essere uomini.
Un
po' forzato come concetto ma era anche attraverso questo espediente
che i componenti della famiglia trovavano la giusta determinazione
per affrontare i propri avversari.
Ora,
tornando ai problemi del presente, tale prezioso oggetto era in mano
ad una scimmia che era entrata in casa sulle spalle di un ubriaco
giovanotto e che Flash, pur provandoci in tutti i modi, aveva tentato
di catturare buttando poi la spugna decidendo che ci avrebbe pensato
Kevin a sistemare tutto.
– Lurida
bestiaccia...! Torna QUI!! –
– Kevin!
Dove diavolo vai?! –
Non
appena il suo giovane allievo, furioso per quel furto improvviso,
tentò di dare l'assalto alla dispettosa scimmietta ecco che
questa
scappò via lasciando che il lottatore inglese si schiantasse
dolorosamente al suolo. Poi la creatura uscì direttamente
dalla
finestra della cucina, guardando i due umani e ridendo nuovamente,
portando con se l'elmo chissà dove.
– NO!
Figlia di... –
Incurante
del dolore per aver sbattuto prima contro una credenza, rompendone
un'anta di vetro, e poi sul pavimento del corridoio pieno di schegge
di vetro, letteralmente si tuffò all'inseguimento del
piccolo
primate saltando oltre la finestra della cucina ed incurante del
proprio allenatore che lo chiamava a gran voce.
Non
gli importava di essere nudo come sua madre lo aveva fatto, poco
gliene fregava se era ferito a causa dei vetri rotti e ancor meno gli
interessava avere la frangia che praticamente gli oscurava la vista!
Beh... magari di quella un pochettino, ma comunque riusciva a tenere
testa a quella bestiaccia pulciosa seguendola per i giardini interni
delle abitazioni del quartiere in cui attualmente soggiornava.
L'erba
bagnata di rugiada delle aiuole che circondavano la zona
rischiò più
di una volta di fargli perdere l'equilibrio, ed anche se l'ira gli
stava scaldando il corpo mentre correva, l'umida brezza del mattino
si fece sentire sulla sua pelle portandolo a rabbrividire
controvoglia. Ma nell'insieme rischiò solo un paio di volte
di
perdere di vista la scimmia.
– Lurida
bestia!! Aspetta che ti prenda e poi vedi!! –
di
tutta risposta la scimmietta emise un altro suo
“Ihkk” prima di
saltare sul marciapiede e da li oltre un muretto di pietra. Kevin
Mask corse ancora, decisamente più sollevato all'idea di
correre su
di un marciapiede anziché sull'erba umida, e poco gli
importò di
una anziana negoziante intenta ad aprir bottega che lanciò
un grido
allarmato quando se lo vide passare davanti come un vichingo con la
rabbia... lui aveva la sua missione da compiere e l'avrebbe compiuta
anche a costo di attirare su di se delle attenzioni non volute.
Superò
anche lui il basso muretto in pietra vista e una volta li la sua
espressione facciale mutò da irata a totalmente sorpresa. Si
scostò
nuovamente la lunga frangia dagli occhi e aggrottando le sopracciglia
cercò di ricordare dove esattamente fosse arrivato, oltre
che
scandagliare la zona in cerca di quel maledetto primate.
Quando
capì dove era arrivato con il suo correre con le chiappe al
vento si
ritrovò a deglutire di istinto, trovando quasi ironico nel
trovarsi
a Beverly Park e per giunta a pochi passi dalla fatiscente casetta di
legno in cui viveva Kid Muscle.
– Tzk...
a quanto pare la scimmia si è riunita al suo branco
– non aveva
una buona considerazione del principe dei kinniku e del suo
allenatore Meat.
Tra
l'altro, con la coda dell'occhio fu quasi certo di aver visto
un'ombra infilarsi nella porta della lurida casetta. Tanto valeva
controllare no? E a Kevin Mask, decisamente arso dalla rabbia, venne
sempre più il sospetto che fosse stato quel buono annulla
perennemente baciato dalla fortuna a mandare quella scimmia per
fargli dispetto.
Con
cautela si avvicinò alla casupola, constatando che in zona
non c'era
nessuno e tutto era avvolto da una tenue foschia, andando poi a
sbirciare all'interno da una delle finestrelle presenti.
La
scimmia era lì, intenta a palpare il naso da maiale del suo
proprietario immerso a russarsela della grossa sul semplice materasso
che condivideva con il proprio allenatore, e l'unico indumento che
Kid possedeva al momento erano dei boxer orrendi con degli elefantini
stampati sopra. Ma si può?!
Della
maschera comunque, nessuna traccia. E questo portò Kevin a
provare
maggiore rabbia tanto da trovarsi a ringhiare come un animale chiuso
in gabbia... e non poteva aspettare oltre! Decise quindi di sfondare
la porta di casa con un calcio poderoso, tanto da svegliare di
soprassalto Kid Muscle e facendo urlare la maledetta scimmia.
–
UAHHH!! Chi
è??! Chi sei??! Un
Ladrooooh!! N-non farmi del male ti pregoooh!! –
Dio,
se era irritante quando si metteva ad urlare così. Ma non
poteva
lasciare che allarmasse qualcuno, il suo allenatore era fuori e aveva
poco tempo per recuperare il maltolto.
–
Kid
Muscle!! Se questo è uno
scherzo per mettermi in difficoltà durante le finali Chojiin
hai
veramente colpito basso! –
per
un momento il giovane kinniku smise di gridare guardando l'intruso
molto attentamente. Quella voce gli ricordava qualcuno... ma non
poteva essere per davvero lui, andiamo!
–
C-cosa...?!
Kevin Mask, sei tu?!
Uahhh! –
la
sua espressione sorpresa non durò a lungo, poiché
l'omaccione nudo
ruggì qualcosa e poi gli saltò letteralmente
addosso in una presa
da lotta greco-romana avvinghiando con un braccio la sua vita e con
l'altro il collo, per poi iniziare a stringere forte Kid in una presa
che non riusciva a contrastare anche a causa del suo corpo ancora
mezzo addormentato. E tra le altre cose... che diavolo ci faceva una
scimmietta in casa sua che gli saltellava agitata davanti agli
occhi?!
–
Kevin...
C-che diavolo fai??! E
perchè una scimmia mi sta facendo la linguaccia??!–
–
Restituiscimi
la maschera,
bastardo!! –
Ecco
una cosa che illuminò brevemente il cervello del principe
dei
kinnikku mentre veniva schiacciato con più forza contro il
materasso
fintanto il teppista inglese continuava a stritolarlo.
Tuttavia
non riuscì a fare altro dato che, come se fosse stato il
destino a
volerlo, la porta di casa si aprì e da essa fece capolino il
suo
allenatore Meat.
–
Ehi Kid,
ragazzo! Svegliati
pigrone, che ho già finito di sistemare il ring qua fuori
per gli
allenamenti... –
il
sorriso del minuto kinniku si congelò così
com'era nell'esatto
istante in cui vide il proprio allievo avvinghiato in modo fin troppo
equivoco ad un altro ragazzo dalla criniera bionda, mentre una
scimmia continuava a strillare spaventata senza però essere
ascoltata da nessuno. Ne da Kid Muscle che guardava pallido in viso
il proprio allenatore, ne da Kevin Mask ancor più irritato
da quella
entrata in scena.
–
Scusatemi
– disse in
tutta fretta Meat. Uscendo velocemente e chiudendo la porta di casa
lasciando al suo interno un Kid che quasi lo supplicò di
tornare
indietro.
–
Noo! Meat
dove vai?! Salv...!
–
Non
riuscì a completare la frase perchè ora un Kevin
senza maschera
iniziò a prenderlo a pugni in faccia con una violenza tale
da
portarlo ad agire per forza di cose, iniziando a colpire pure lui il
suo aggressore senza troppi complimenti. Stampò ben bene le
nocche
sulle guance di Kevin Mask a ripetizione, portando l'inglese a
rispondere con delle dolorose gomitate alle reni e successivamente in
testa.
La
lotta continuò per un po', tra urla di dolore e le strilla
di una
scimmia esaltata, e la casetta subì svariati scossoni
strutturati
completamente ignorati da Meat che, con le braccia incrociate in
petto, attendeva poco lontano che il suo giovane allievo finisse i
suoi comodi e poi lo avrebbe strigliato ben bene.
Solo
poco dopo la lotta cessò, ma il piccolo kinniku non
potè vedere una
esasperata scimmietta tirare fuori da sotto le coperte l'elmo blu
tanto cercato da Kevin Mask e calarglielo per bene in testa
consentendoli così di mollare tutto e fuggire via tra i
cespugli.
Ciò
che vide fu solo Kid Muscle che uscì fuori casa
più furioso che mai
andando immediatamente verso il proprio allenatore per dirgliene
quattro.
– Di
un po', tu!! – era veramente incazzato ma Meat non fece una
piega –
com'è che non sei venuto a salvarmi eh?! Kevin Mask mi stava
accusando di avergli rubato la masch... –
–
Vedo
due omaccioni mezzi nudi
avvinghiati tra loro cosa dovrei pensare eh?!! –
lo
disse così, corroso dall'imbarazzo e tutto d'un fiato,
lasciando
brevemente allibito l'allievo che lo osservò con una
espressione a
dir poco ebete. Se non addirittura ridicola, mentre iniziava a capire
le parole del piccoletto iniziando a balbettare.
–
ma... ma...
m-m-ma non... NON È
COME CREDI!! – divenne paonazzo in volto e Meat
iniziò a credere
che il ragazzo avesse ragione – Kevin Mask e una scimmia mi
hanno
aggredito nel sonno! Sarebbero da squalifica!! –
–
Sicuro... e
i giudici credi che
crederanno ad una storia simile?! Magari la scimmia ha rubato l'elmo
di Kevin e lo ha portato da te... ad ogni modo se mai dovrai batterti
con lui non dovrà succedere ciò che è
successo prima! Dovrai
difenderti! –
se
era una motivazione per spingere il proprio allievo a fare i suoi
allenamenti mattutini era decisamente un buon modo per farglieli
fare. Un modo molto più semplice di scordare l'intera
faccenda ma
era anche vero che per i kinniku era semplice lasciarsi alle spalle
certi tipi di traumi puntandosi unicamente sull'esercizio fisico.
Meno
facile era per un essere umano, e solo quando Kevin Mask
recuperò la
sua maschera che si rese finalmente conto che era completamente nudo.
Con tutto quello che ne poteva conseguire.
–
Oh, merda
– sibilò piano una
volta uscito dal piccolo parco giochi, coprendosi le vergogne con
ambo le mani – e adesso? –
– E
adesso indossi questi, disgraziato! –
ancor
prima di riconoscerne la voce, il giovanotto inglese venne colpito da
un paio di pantaloni e da una maglietta a maniche corte come a
lasciar intendere di vestirsi immediatamente prima di combinare altri
disastri.
–
Lord
Flash... tu qui?! –
–
Già,
non è stato facile starti
dietro ma direi di continuare la conversazione altrove! –
chissà
perchè ora Kevin aveva decisamente paura della ramanzina che
gli
sarebbe arrivata.
-
- - - - - - - - - - - - -
Entrambi
tornarono verso la zona residenziale in cui vivevano e lo fecero
quasi nel silenzio più assoluto. A Kevin Mask tutto quel
silenzio
non piacque nemmeno un po', tuttavia si rilassò un poco
quando
arrivarono nel parco urbano del loro quartiere e li decisero di fare
una sosta.
Erano
le dieci del mattino ormai, il parco era popolato di gente intenta a
fare jogging, a prendersi un gelato ed erano presenti anche alcune
mamme con bambini piccoli. I due lottatori avevano preso posto in una
delle tante panchine presenti e Lord Flash aveva ben pensato di dare
la sveglia al proprio allievo costringendolo a bere un intruglio di
ginseng, rape rosse e caffè che si era portato dietro dentro
un
termos quando era andato a cercarlo.
–
Bleah...
questa roba fa schifo!
–
–
Questa roba
ti darà la sveglia
Kevin, inoltre è il male minore e ringrazia il cielo che
nessuno ti
abbia visto girare nudo per strada altrimenti avresti ricevuto una
squalifica! –
il
ragazzo versò un po' del contenuto del termos nel suo tappo
e lo
porse alla scimmia che ora era appollaiata sulla sua spalla. La
creatura ne bevve un poco e poi immediatamente sputò il
contenuto
infastidita. A quella vista Kevin rise, anche se non c'era molto da
ridere.
Strano
ma vero la scimmietta ladruncola doveva vedere in lui una sorta di
padrone per continuare a stargli appiccicato... appena gli si era
avvicinata aveva provato ad allontanarla in malo modo dandogli un
calcio, ma quella dopo essersi allontanata brevemente lo aveva
tallonato fino a lì tanto da far borbottare Lord Flash un
divertito
“sembra che ti sia fatta una amica”.
–
Si, sono a
conoscenza di aver
commesso una autentica cazzata... ma cerca di capire! Nel momento in
cui ho perso il mio elmo... io mi sono sentito... nudo
–
– Ti
capisco compagn.... ehm, Kevin – gli poggiò una
mano sulla spalla
libera, ora più comprensivo – cerca di avere
più autocontrollo
comunque, questo è un periodo delicato e i tuoi avversari
faranno di
tutto per sbatterti fuori –
era
dannatamente vero e solo ora il ragazzo capiva quello che aveva
combinato. Fu quasi sul punto di dar ragione al proprio allenatore
quando un bimbo in bicicletta, non avrà avuto che quattro o
cinque
anni, cadde rovinosamente dopo aver preso una buca.
Il
pianto disperato del piccolo attirò l'attenzione dei due
uomini in
modo alquanto differente. Se nell'inglese sentire quel bimbo
provocò
un certo fastidio, oltre che svariati ricordi di infanzia poco
piacevoli che gli ricordarono il motivo del perchè avesse
smesso di
piangere molto presto per simili cadute, nel russo la reazione fu
completamente differente.
Si
alzò di scatto dalla panca andando a soccorrere il
ragazzino,
aiutandolo a mettersi in piedi e confortandolo per la caduta.
–Ehi...
ti sei fatto male? Su, su... non è nulla, dai. Guarda, non
ti sei
neppure graffiato, visto? –
addirittura
gli porse un fazzoletto pulito per asciugargli le lacrime,
allontanandosi da lui solo quando sopraggiunse la madre che
prontamente si scusò con l'allenatore per il fattaccio
ritirandosi
poi in tutta fretta perchè, in fin dei conti, quelle due
montagne di
muscoli non erano esattamente raccomandabili.
– Ci
sai fare con i ragazzini... – commentò un po'
sorpreso e un po'
sarcastico Kevin Mask – non è che per caso sei genitore
pure tu? –
ci
fu un minuto di silenzio prima che Lord Flash gli rispondesse. Un
minuto di silenzio di troppo per il giovane lottatore, tanto che alla
lista dei misteri riguardanti il suo personal trainer dovette
inserire pure questo. Al momento non gli faceva troppe domande
poiché
preso dall'allenamento per il torneo ed inoltre era un uomo davvero
capace di tenerlo in riga senza metodi disciplinari troppo duri, ma
quando avrebbe vinto il trofeo Chojiin si sarebbe fatto dire tutto.
–
No... non
ho figli, Kevin –
tornò a sedersi sulla panchina e chiuse per un momento gli
occhi
come sovrappensiero – a parte un ragazzone di due metri che
scorrazza nudo per strada –
– E
piantala! Ti ho già detto che mi dispiace! –
– Lo
so... infatti stasera a mezzanotte ti aspetterà un
allenamento di
cinque ore alla dismessa di automobili fuori città. Spero
che tu ti
divertirai a schiacciare tutte le auto presenti riducendole a dei
cubi, perchè ho già contattato il proprietario
che avresti fatto tu
il lavoro al posto suo e dei suoi macchinari –
ok,
se voleva avere una giusta punizione ora l'aveva decisamente
ricevuta. Lord Flash era l'esatto contrario di suo padre... era
severo, questo si, ma riusciva a essere più comprensivo
tanto da
discutere con lui civilmente prima di dargli delle punizioni poco
simpatiche.
E
al momento l'unica che stava ridendo era l'odiosa scimmietta.
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Capitolo 6 *** hippodrilli malefici ***
Robin
Mask non aveva una buona opinione riguardante le Deva.
Non
che
queste donne aliene gli avessero fatto chissà quale torto in
vita, ma era
cresciuto con dei preconcetti precisi tramandati di padre in figlio
decisamente
difficili da mandar via.
Gli
era sempre
stato detto che delle Deva era meglio non fidarsi troppo. Che erano
tutte
potenziali streghe dello spazio capaci di rubarti il cuore mentre dormi
e che
erano avide da fare schifo. Oltre che capaci di una
promiscuità discutibile
arrivando a coinvolgere addirittura le loro figlie in tenera
età.
Insomma,
nella sua famiglia non correva una buona opinione su questa razza
aliena, senza
contare che una razza composta da sole donne che si riproduce tramite
partenogenesi aveva fatto nascere molte leggente sui loro usi e costumi
non
sempre gratificanti.
Doveva
ammettere una cosa però, la dottoressa Alya Nikolaevna
Kalinina era una donna
seria senza grilli per la testa oltre che estremamente intelligente.
Forse
avrebbe avuto un atteggiamento meno aggressivo nei suoi confronti se
non fosse
stata una Deva, perché in fin dei conti con lei ci aveva
parlato civilmente
tanto da trovarla interessante, ma
il
fatto che appartenesse a quel popolo… e per giunta lavorasse
in una infermeria
circondata da omaccioni con gli ormoni a mille, continuava ad essere un
pregiudizio difficile da mandare via. E intendiamoci, riteneva che il
mondo del
wrestling non fosse roba per donne.
Per
lui
una Deva era potenzialmente pericolosa, ed anche se tutte le sue visite
mediche
erano fatte a scopo di bene non poteva fare a meno di pensare che
potesse
esserci un qualche secondo fine non specificato. A dir la
verità manco sapeva
pure lui cosa volesse dire un simile pensiero, magari era la
senilità che
galoppava, ma la sua testardaggine causata da una pessima educazione di
certo
non aiutavano.
Dunque
si
trovava combattuto se apprezzarla per le sue qualità, oppure
disprezzarla
rimanendosene al sicuro nella propria cecità mentale. Se
fosse stata umana
magari…
Smise
di
fare pensieri nel momento esatto in cui entrò
all’interno dell’aula insegnanti.
Non
c’era
nessuno eccezion fatta di due individui che non faticò a
riconoscere, sebbene
fossero tra i lottatori più singolari ed inquietanti che ci
fossero nella
Scuola di Ercole.
–
Pentagon…
Black Hole. Siete in pausa o state discutendo la mia proposta di
materie d’esame per la settimana prossima? –
Suddetti
individui lo “guardarono” senza dire una parola.
Per poi rispondere al wrestler di origine inglese dandogli una adeguata
spiegazione.
–
Robin Mask… no, nulla di tutto questo – a parlare fu l’individuo
completamente nero e con un singolare buco al
posto della faccia che corrispondeva al nome di Black Hole –
ho solo
accompagnato mio cugino a prendersi un caffè dopo le
spiacevoli cure mediche
che ha subito –
Il
lottatore dalla maschera di ferro non aveva
dimenticato la brutta disavventura avvenuta con la derattizzazione.
Quello era
stato un episodio che a momenti lo aveva portato a chiedere con forza
le
dimissioni della Kalinina e di quella pazza della cugina di
quest’ultima,
usando come ricatto la negazione di altri suoi ingenti fondi alla
scuola
portando quasi sicuramente il vecchio MacMadd a prendersi un infarto.
Poi aveva
desistito nel momento stesso in cui la dottoressa aveva iniziato a
prestargli
le prime cure, lavandogli via la fuliggine dal corpo, disinfettando le
ferite e
mettendo dove serviva dei punti di sutura.
Non
se l’era sentito di cacciarla via in malo modo, non
dopo averle intravisto negli occhi una sorta di senso di colpa lungi
dall’essere mostrato e assolutamente composto. Fece il suo
lavoro in silenzio e
con scrupolo, da fredda dottoressa quale doveva essere, e quello
sguardo
sepolto sotto la mole delle responsabilità era
l’unica cosa di umano che
mostrava nonostante l’ambiente in cui lavorava non le
permetteva molto
“sentimento”.
In
fin dei conti anche una Deva era un essere umano, e
quell’episodio aveva permesso a Robin Mask di infrangere un
altro pezzo di quel
muro di pregiudizi su cui si era basata la sua intera esistenza. Ma
tornando
all’altro paziente finito nelle poco amorevoli cure di miss
Alana…
–
Uh… beh, suppongo che non sia stato piacevole seppur
necessario –
I
due lottatori dall’aspetto assolutamente alieno si
dettero una breve occhiata, prima che Black Hole gli rispondesse e
Pentagon
tornasse a bere il suo caffè amaro.
–
Necessario? Un catetere per noi non
è necessario, in quanto siamo stati modificati in modo tale
da
non possedere una vescica. E sono sicuro che la dottoressa Alana sia a
conoscenza di questo piccolo dettaglio –
Vero,
i due cugini di origine statunitense erano entrambi
ex soldati che si erano offerti volontari per un progetto non ben
compreso da
Robin Mask che prevedeva, oltre alla difesa del proprio paese, anche
alcune
modifiche specifiche al proprio corpo.
Il
fatto che Pentagon fosse sconvolto, sebbene il suo
orgoglio gli impediva di mostrarsi tale, la diceva lunga sul
trattamento che
aveva ricevuto. Ad ogni modo, era il caso di chiudere li la faccenda,
decisamente imbarazzante, e dare una occhiata ai nuovi annunci in
bacheca. Se
era entrato li dentro era principalmente per quello, non per altro.
–
Ehm… avete dato una occhiata alla bacheca? Sembra che
qualcuno abbia affisso un avviso importante… Ah, la
dottoressa a giudicare
dalla firma –
Che
cos’era stavolta? Un ennesimo esame del sangue? Delle
urine? Visita oculistica e diabetologica?! Diamine, riempiva di esami
più gli
insegnanti che gli studenti, ed era davvero difficile convincerla che
era
“tutto a posto” e non c’era bisogno di
essere così dannatamente fiscali.
Ma
ciò che lesse su quel foglietto di carta, ebbe il
potere di fargli perdere alcuni battiti cardiaci. Rilesse per tal
motivo quel
maledetto annuncio più e più volte per essere
sicuro di aver letto bene, prima
di sentire la propria rabbia ribollire sempre di più ad un
ritmo davvero
preoccupante.
Prese
in mano quel foglietto e lo strappò via dalla
bacheca di sughero con una violenza tale da romperlo quasi a
metà, sotto lo
sguardo incuriosito di due ex lottatori che non fecero una piega nel
vederlo
andare via a grandi falcate.
–
Hm, ho come l’impressione che a Robin Mask non sia
piaciuta l’iniziativa di miss Alya per una visita andrologica
a tappeto –
La
battuta di Hole Black fece sbuffare un po’ divertito
il cugino che però non disse nulla a riguardo. Di farsi
esplorare le zone
intime, anche da una graziosa creatura come lo era la Kalinina,
sinceramente
parlando non ne voleva sentir parlare per un bel pezzo.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Bene signori, ho il piacere di comunicarvi l’ultimo
esame dell’anno prima dei test finali che dovrebbero
proclamarvi come Chojiin
di nuova generazione –
A
Vance MacMadd piaceva l’idea che era venuta in mente a
miss Alana per dare una scossa maggiore agli già atroci
esercizi a cui erano
sottoposti tutti gli allievi. Alcuni insegnanti si erano trovati in
totale
disaccordo per un simile supplizio che rischiava di decimare ancora di
più i
loro allievi, ridotti ora a 35 unità dai 500 iniziali, ma
alcuni tra loro come
ad esempio Ramenman, lottatore rinomato per la propria
crudeltà sul ring, si
erano dimostrati piuttosto favorevoli.
“se
si vuole combattere la d.m.p è necessario conoscere
tutte le loro carte. Loro spronano gli allievi nell’odio e
nel risentimento,
noi lo faremo tramite il coraggio di affrontare le loro
paure… e se la paura
deve avere una forma maggiore, allora maggiore sarà il loro
coraggio se
sapranno affrontarla”
Le
belle parole del lottatore cinese non è che avessero
convinto proprio tutti, però a Vance l’idea
piaceva e se questo lo avrebbe
portato a non veder più Kid Muscle tanto meglio.
E
suddetto imbecille ora si trovava accanto alle gabbie
che ospitavano i graziosi
animaletti
che rappresentavano il fulcro del nuovo esame, ridendosela della grossa
per il
loro aspetto tutt’altro che aggressivo.
–
UAH, UAH, UAH!!! – quando rideva sembrava una scimmia
in calore – guardate che buffi questi maiali viola!
– ehi, ciao piccolino…
Uargh!! Aiutoo! –
Nell’esatto
momento in cui tentò di accarezzare il
gigantesco ippopotamo viola dall’aria beota ( e con i suoi
occhi storti
ricordava parecchio miss Alana ), subito la creatura tentò
di azzannargli la
mano con una bocca irta di affilati denti simili a quelli di uno squalo.
–
Se fossi stato più attento in classe, caro mio,
sapresti che gli hippodrilli di
Amazon non sono affatto da prendere alla leggera –
Ad
aver parlato in modo saccente era stato un lottatore
dall’aspetto simile ad una antilope, corrispondente a Dik Dik
van Dik, seguito
a ruota da Wally Tusket che annuì preoccupato per quello che
sarebbe successo a
breve.
–
È vero, Kid. Gli hippodrilli sono creature davvero
temibili! Amano mangiare la carne umana, ma per fortuna non spostandosi
mai
dalle paludi in cui vivono si limitano solo al pesce… che
è più buono in
effetti –
A
quelle parole, molti degli studenti riuniti nello
spiazzo per gli esercizi più importanti iniziarono ad
allarmarsi e lo stesso
principe dei kinniku iniziò a piagnucolare più
forte all’idea di essere
mangiato da un branco di quelle bestiacce dalla faccia idiota. Un
centinaio di
quei grossi ippopotami contro trentacinque aspiranti
Chojiin… e avrebbero fatto
qualunque cosa per mangiarseli, il sapore della carne umana li stava
già
rendendo inquieti dentro le grandi gabbie.
–
Bah, al diavolo! – Terry Kenyon si fece avanti battendo
i pugni tra loro senza mostrare nessun segno di paura – non
sarà certo qualche
maiale viola a fermarmi… che si facciano pure avanti, li
marchierò direttamente
con il fuoco –
–
Io passo grazie! – Kid Muscle di tutt’altra voce
aveva
già fatto fagotto per andarsene via – credo
proprio che studierò per diventare
avvocato oppure ragioniere… –
–
Fermo dove sei, maledetto idiota! Questa è una faccenda
seria! –
Irritato
oltre ogni dire per quell’assurda codardia che
caratterizzava il figlio del re Suguru, Vance MacMadd azionò
con il telecomando
che aveva in mano l’apertura delle gabbie lasciando tutti i
presenti in un
silenzio a dir poco glaciale.
Le
gabbie caddero innalzando un grosso polverone
all’interno dell’arena, e le creature aliene fecero
il loro ingresso lentamente
annusando l’aria in cerca di prede. Cibo che non fosse il
solito pesce crudo,
insomma.
Il
ruggito degli hippodrilli letteralmente congelò nelle
vene il sangue di tutti i presenti, e facendo strillare Kid in modo
così acuto
da arrivare a coprire il ruggito stesso delle bestie, dando finalmente
inizio
ad una caccia davvero spietata.
–
Uaaahh!! MammaMammaMammaaah!! Perché tutti addosso a
meeh?! –
Il
giovane kinniku non aveva tutti i torti in effetti,
poiché quattro di quei bestioni con le fauci spalancate si
gettarono direttamente
addosso a lui.
–
Forse non sopportano il tuo pungente odore, Kid –
sentenziò Van Dik schivando agilmente il morso di uno dei
bestioni – in quanto
ad igiene personale riesci a far infuriare persino queste bestie!
–
–
Per non parlare dell’assurda ciccia che hai nei
fianchi! Sei secondo solo a Wally –
A
parlare distrattamente fu un Terry Kenyon impegnato a
effettuare il suo “marchio del vitello” su di un
hippodrillo piuttosto
inferocito. E nel mentre che lo faceva, accanto a lui regnava la
confusione più
totale tra lottatori che fuggivano, venivano mangiati o semplicemente
combattevano per sopravvivere, ed il citato Tusket era protagonista di
una
scena piuttosto delicata visto che era all’interno della
bocca di uno dei
mostri impegnato a contrastare la sua chiusura con ambo le braccia e le
gambe.
–
Ehi! Io non sono grasso! Ho solo le ossa grosse! E
tutto questo… sforzo… nnh… –
la bestia era indubbiamente forte ma il wreslter
simile ad un tricheco lo era nettamente di più, tanto da
riuscire a ribaltare la
creatura e ad uscire fuori – mi sta facendo venire una fame
mostruosa,
accidenti! –
–
La fate facile voi!! Siete fortissimi e riuscite a
batterli! Io me ne vadooh! –
Contrariamente
a quanto affermava, senza rendersene quasi
conto aveva già abbattuto un paio di bestioni che lo
tallonavano con una serie
di calci ben mirati, prima di scappare attraverso le porte principali
dell’accademia tirandosi dietro altri hippodrilli inferociti.
Kid Muscle…
era entrato… dentro la scuola!
Sullo
spalto dove Vance MacMadd era presente assieme ad
alcuni insegnanti e alla stessa dottoressa Alana, le reazioni non
furono delle
migliori. L’anziano direttore impallidì di fronte
al potenziale disastro che
quell’imbecille avrebbe a breve commesso scorrazzando per la
scuola tra le sue
aule e corridoi, mentre gli insegnanti presenti, Sosumi, Ramenman e
Jesse
Maivia, si tuffarono nella lotta per cercare di impedire che i bestioni
distruggessero la scuola. La dottoressa tuttofare invece, ma non era
una
sorpresa, rimase indifferente.
–
B-brutti idioti… – Vance parlò
direttamente a due suoi
impiegati kinniku visibilmente terrorizzati – chi di voi non
ha chiuso bene le
porte prima di venire qui?! –
–
Veramente, effendi, ora avremmo un altro problema…
–
Con
lo sguardo sempre più corroso dal terrore, i tre
uomini videro che un hippodrillo affamato aveva distrutto la recinzione
protettiva dello spalto e ora avanzava con la bava alla bocca verso
potenziali
prede indifese. Andando a sovrastare con la propria ombra la figura di
Alana
che, senza battere ciglio, continuando a guardare il predatore si
limitò ad
alzare una mano.
–
Ah, comunque ho lasciato io le porte aperte… colpa mia
–
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
Camminò
a
grandi falcate per tutto il corridoio aprendo porte su porte in modo
decisamente plateale. Gli addetti alla sicurezza e il vario personale
di
servizio non osò fermarlo mai durante la sua camminata
spedita e tutt’altro che
pacifica, preferendo ignorare un Robin Mask dallo sguardo fiammeggiante
premonitore di un’ira mal celata.
E
quando
arrivò all’infermeria nessuno si stupì
del perché fosse così su di giri… a
quanto pare certe visite mediche non le apprezzava.
–
DOTTORESSA!! – tuonò lui
andando quasi a scardinare
le doppie porte dell’ambulatorio – una visita
andrologica??! Ha perso
completamente il senno?! … Uh?! –
In
un primo momento non se n’era accorto, poi quasi
stupito vide la suddetta donna alzarsi di scatto da uno dei lettini e
sistemarsi i capelli sciolti in un fermaglio prima di andargli in
contro in
tutta fretta.
–
S-si, certo, subito – con un po’ di goffaggine si
mise
pure gli occhiali sul naso per vederci meglio – mettete il
paziente sul tavolo che gli misuro
subito il lettino…
ehm… –
Il
fatto che si fosse presa un momento di pausa e avesse
deciso di sonnecchiare su uno dei lettini si poteva vedere senza troppi
sforzi…
con un cenno di imbarazzo difatti, tossì un poco per
riacquisire compostezza,
ma comunque Robin Mask non si lasciò intenerire. Scosse la
testa per scacciare
via un pensiero molesto sulla presunta umanità della Deva e
della mole di
lavoro che doveva affrontare, decidendo invece di cantargliele quattro.
Era
stato un idiota a pensare a lei come ad una persona… interessante. Era una aliena, punto. E i
suoi propositi erano tutto fuorché a scopo di bene. Quindi,
stupidamente,
avrebbe lasciato che gli antichi pregiudizi spadroneggiassero del tutto.
–
Non faccia la finta tonta lei! Che diavolo è questa
storia della visita andrologica?! Crede che la lasci fare
tranquillamente?! Ha
voglia di farsi scacciare?? –
–
E sembra quasi che lei non veda l’ora, mister Mask
–
ora Alya aveva ripreso abbastanza lucidità sebbene gli occhi
azzurri fossero
lievemente arrossati – qual è il problema? Si
tratta di un normalissimo
controllo di routine e se lei fosse a conoscenza dei vari rischi a cui
si può
andare incontro con la scarsa igiene, rapporti non protetti, o
l’età che
avanza… credo che anche lei non esiterebbe a farsi
controllare –
Femmina
impudente! Dio solo era testimone di quanta
voglia Robin Mask avesse al momento di darle un sonoro schiaffo. Si
trattenne
però dal commettere una simile cazzata, limitandosi a
stringere i pugni
emettendo un basso ringhio, anche perché i tempi erano
decisamente cambiati da
quando era giovane. E se le avesse dato uno schiaffo, per lui
meritatissimo,
sicuramente avrebbe ricevuto una denuncia per molestie sessuali.
–
Non metterà le mani addosso ai nostri studenti! Se lo
può scordare… – glielo
sibilò a pochi centimetri dal volto, e la donna si
irrigidì ben guardandosi comunque dal mostrare paura
– questo sarà
ufficialmente il vostro ultimo giorno in accademia. Non abbiamo bisogno
delle
prestazioni di una strega!
–
Da
quando Alya era tornata sulla Terra per studiare
medicina le aveva sentite di tutti i colori. Se in principio trovava
una cosa
naturale specificare che era una aliena del pianeta Amazon, con il
tempo aveva
imparato a tenere la bocca cucita. Assurdo che la società
terrestre denigrasse
così tanto le donne della loro specie… ma con che
criterio lo facevano?
Vogliamo fare un esempio della loro società
“evoluta”?
Cartelloni
pubblicitari che invece di sponsorizzare abiti
per tutte le taglie si limitavano
ad
un unico canone estetico. La sessualità commercializzata
come un mero pezzo di
carne dal macellaio, la sua stessa sessualità vista come
ambiguamente porca. La
discriminazione su come ti vesti, comporti, agisci, apri la bocca per
parlare.
Il tuo unico motivo di esistere è di assecondare
l’altro sesso.
Puttana.
Raccomandata.
Stronza.
Strega.
Una
volta
addirittura un nobile, durante una serata di gala per la raccolta fondi
studentesco per l’università di Oxford, luogo in
cui studiava facendo non pochi
sacrifici, l’aveva paragonata ad un animale raro da mettere
in gabbia… e forse,
il signor Mask non aveva tutti i torti a dirle di dimettersi e
tornarsene a
casa propria.
Eppure…
no. Un quinto del suo sangue era di
origine terrestre. Suo padre era un terrestre ed era una persona, a suo
dire,
assolutamente meravigliosa. Quindi se agì di conseguenza
c’era solo da capirla.
Mordendosi
il labbro inferiore per contenere a stento lacrime di assoluta
frustrazione,
prese il primo oggetto che le capitò in mano,
l’Ipad con tutte le cartelle
cliniche, e lo batté in faccia al wrestler con
così tanta forza da danneggiarne
i cristalli liquidi.
Robin
Mask venne colto completamente alla sprovvista da quel gesto
assolutamente
improvviso e piuttosto forte, anche perché nonostante la
dottoressa fosse
minuta e sprovvista dei suoi stessi muscoli duri, aveva avuto la forza
di
fargli voltare la testa di lato con uno scatto improvviso. Ma
l’avrebbe pagata,
eccome se l’avrebbe pagata.
Ringhiando
come un animale selvaggio si avventò sulla Deva con
l’unico intento di
riempirla di botte fino a che non avesse imparato la lezione. Ma non
fece in
tempo che a prenderle entrambi i polsi con una mano, sentendola gemere
spaventata per la brutta piega che stava prendendo la situazione,
poiché alcuni
rumori e urla terrorizzate bloccarono i due litiganti facendo voltar le
rispettive teste verso la porta dell’infermeria.
Non
ebbero il tempo di guardarsi in faccia e domandarsi che diavolo stesse
succedendo, perché come un rombo di tuono la porta si ruppe
con un fragore
assurdo e di puro istinto Robin
Mask
strattonò la donna, ancora sua prigioniera, dietro la
schiena a mo’ di
protezione.
Così
gli
aveva insegnato suo nonno, in altrettanta forma lo aveva istruito il
padre, e
lui non avrebbe fatto l’eccezione.
Ma
il suo
avversario era a dir poco assurdo, ed entrambi gli esseri umani
sgranarono gli
occhi nel vedere un hippodrillo con le fauci spalancate e
l’alitosi decisamente
pesante di chi aveva mangiato da poco carne umana
–
SalvatemiSalvatemiSalvatemiii!
Non voglio morireeeh! –
La
stridula e irritante richiesta di aiuto arrivò
direttamente da un Kid Muscle che, dopo aver abbattuto da solo altri
due mostri
in corridoio ( senza rendersene conto ), ora stava sopra la testa della
bestia
coprendogli gli occhi con la sua intera figura. E l’animale,
non vedendoci più,
aveva perso l’orientamento finendo direttamente in infermeria.
Ma
l’olfatto gli funzionava, e tosto si fiondò su
Robin
Mask che, costretto a mollare la presa sulla Deva, caricò a
sua volta il nemico
prendendogli le fauci aperte con le mani tentando poi di chiudergliele
con un
certo sforzo.
–
Ahh! S-signor Mask! La prego mi salvi! – il kinniku
piagnucolò ancora non ascoltato da un insegnante che cercava
di sopravvivere
–non è colpa mia se queste belve hanno distrutto
la scuola! Lo giuroo! –
Ed
in parte in effetti era così… ma se al posto di
scappare avesse combattuto come si deve sicuramente avrebbe fatto meno
danni.
–
Nnhh… ragazzo non mi distrarre! Cerca invece di
renderti utile! – l’ex lottatore riuscì
a ruotare di lato al muso della belva e
a chiuderle le fauci, in una presa che non avrebbe retto a lungo
– schiacciagli
gli occhi… ora! –
Invece
di obbedirgli però, come avrebbe fatto qualunque
studente modello, il giovane principe borbottò qualcosa sul
nervosismo e
sull’effetto che gli fa nello stomaco, e invece di colpire la
bestia agli occhi
lo colpì al naso con un peto talmente potente da stordire lo
stesso Robin che
per forza di cose dovette abbandonare immediatamente la presa di
bloccaggio.
Con
lo sguardo però ebbe solo il tempo di constatare che
la Kalinina, decisamente sconvolta, aveva trovato un precario riparo
sotto la
scrivania, e poi venne colpito da una testata del mostro viola che lo
fece
sbattere contro un muro.
Il
mostro era lì, deciso a mangiarselo ponendo fine in
modo decisamente stupido alla sua esistenza. Se solo avesse saputo se
almeno
suo figlio, Kevin, stesse bene! In tutti quei mesi aveva
definitivamente perso
le sue tracce e neppure quelli dell’M16, di cui aveva
importanti contatti,
erano riusciti a ricavarne qualcosa.
Se
solo avesse saputo che suo figlio si era unito ai
d.m.p per fargli dispetto non avrebbe esitato a cercare di
riprenderselo e
riportarlo a casa, accantonando l’orgoglio smisurato, e poi
dargli una sonora
lezione.
Ma
nel mentre che si autocommiserava per una fine
precoce, l’hippodrillo sembrò perdere
improvvisamente colpi lanciando ripetute
urla di dolore prima di accasciarsi al suolo senza emettere nessun tipo
di
rumore. Assurdo ma vero, quella battaglia sembrava già
essere conclusa senza
che nessuno dei tre presenti avesse fatto alcunché di
significativo.
Fu
solo dopo qualche minuto di silenzio che i tre videro
quasi con orrore che da dentro la bestia stavano sopraggiungendo dei
rumori e
dei suoni. E Kid Muscle, piagnucolando, andò a nascondersi
dietro un Robin Mask
poco attento alla sua codardia.
Con
un suono di risucchio disgustoso, dalla bocca
dell’ippopotamo fuoriuscì la dottoressa Alana
seguita a breve da Vance Macmadd
e dagli altri due dipendenti, entrambi gli uomini stremati a differenza
della
femmina Deva, tutti sporchi di muco intestinale e nel caso
dell’assistente
tuttofare del vecchio era pure coperta di sangue.
E
che diavolo aveva nelle mani…? Una zucca?! No…
guardando meglio e con inquietudine sempre più crescente,
l’ex wrestler
dall’elmo di metallo notò che miss Alana aveva il cuore della belva tra le mani. E
scrutando Robin con occhi
perfettamente normali, non storti e questo era oltremodo più
agghiacciante,
addentò quell’organo decretando che un pizzico di
sale non avrebbe guastato.
Basta.
Questo era decisamente troppo. Furioso per tutto
quell’assurdo teatrino si alzò in piedi ignorando
un allievo terrorizzato,
andando invece a prendere per un braccio Alya strattonandola verso un
direttore
più preso per i propri abiti sporchi che per la situazione
in sé.
–
Vance, voglio questa femmina fuori dalla scuola ADESSO!
–
–
C-cosa? Ma che diavolo sta dicendo – si sistemò
meglio
gli occhiali sul naso dopo averli ben puliti dalla sporcizia
intestinale – abbiamo
bisogno di un dottore qui…–
–
Mandi via di qui lei e quella pazza di sua cugina
adesso oppure se li può scordare i finanziamenti per
quest’anno! –
Il
suono di soldi mancati nelle sue casse personali
portarono l’anziano kinniku a sbiancare del tutto. E anche se
non capiva il perché
di tutta quell’ira in Robin Mask, decisamente non gli andava
di perdere uno dei
suoi maggiori finanziatori, decidendo per questo di provare quantomeno
a
dissuaderlo un po’.
–
Robin Mask… cerchi di essere comprensivo. Abbiamo
bisogno della dottoressa… –
–
Già! Noi tutti ne abbiamo bisogno! Senza di lei molti
di noi non sarebbero qui a disputare questa prova d’esame!
–
A
difenderla a spada tratta ci pensò Kid Muscle che, appena
sentite le intenzioni dell’insegnante, decise di difendere a
spada tratta la
donna di cui si era ingenuamente invaghito. Un pensiero molto carino in
effetti, e la stessa Alya si trovò a sorridergli debolmente,
ma era il caso di
non aggravare ulteriormente la situazione. MacMadd era visibilmente
teso e il
giovane kinniku e mister Mask sembravano essere sul punto di darsele di
santa
ragione.
Per
questo, deglutendo amaramente, si trovò costretta a
prendere una decisione piuttosto dura ma a quanto pare indispensabile.
Strattonandosi
seccata dalla presa del proprio “carceriere”, si
avvicinò poi al direttore
della scuola consegnandogli il camice bianco e la targhetta
identificativa.
–
Signor MacMadd… è con sommo dispiacere che do le
mie
dimissioni, ma a causa di improrogabili problemi familiari mi vedo
costretta ad
andarmene di qui. So per certo che riuscirete a trovare un dottore
qualificato
quanto me –
Non
guardò in faccia praticamente nessuno mentre si
allontanava da li a testa bassa sentendo le lacrime scorrerle per le
guance
ormai del tutto impossibile trattenerle. E
nonostante la palese ingiustizia subita, il
suo senso civico le imponeva di non polemizzare oltre con persone
completamente
arroganti. Persino suo padre le aveva sempre insegnato di non lasciarsi
trascinare dalla cieca rabbia ma anzi, in alcuni casi di trovare anche
la forza
di perdonare atti di assoluta arroganza dimostrandosi così
superiori agli
stessi criminali.
Al
momento però non riusciva ad avere parole pacate per
Robin Mask, e piuttosto
che lasciarsi
andare all’ira preferì andarsene in tutta fretta.
La
seguì a breve distanza l’anziana cugina, che dopo
aver
dato un altro morso al cuore dell’hippodrillo lo
consegnò in mano ad un
perplesso Kid Muscle.
–
Ma cos… che cos’è?! – lo
guardò meglio e deglutì,
credendo di vedere qualcosa – Uaaah! S-si è
mosso!! Si è mossoooh! –
Preso dal
terrore lanciò in aria il muscolo cardiaco, e
purtroppo Alya era ormai lontana quando suddetto organo andò
a spiaccicarsi in
faccia a Robin Mask portandolo a gridare disgustato. Peccato, avrebbe
trovato
lo spettacolo di suo gradimento.
|
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Capitolo 7 *** ultimate baddass ***
–
Che hai? –
C’era
un silenzio quasi surreale in quella stanza d’albergo.
Surreale,
perché fino a cinque minuti prima le due uniche persone
presenti erano intente
in una animata discussione
tutt’altro
che spiacevole.
La
giovane guardò il compagno con una punta di
perplessità tentando di leggere la
sua “espressione facciale” nella penombra della
stanza, senza però avere un
successo concreto.
Anche
se possedeva una maschera di metallo che gli copriva interamente il
volto, gli
occhi di Lord Flash raccontavano molto più di quello che si
poteva vedere. Era
incazzato, molto ma molto incazzato, e la ragazza sperò per lui che non fosse a causa sua.
Sbuffando
seccata si coprì i seni nudi incrociando le braccia in
petto, continuando a
guardare l’uomo sotto di lei, steso su di un materasso sfatto
e con i vestiti
per buona parte sbrindellati, senza riuscire a carpirgli una sola
parola.
–
Senti… se hai la luna di Madre
Russia
girata sono cavoli tuoi! Ma sai com’è…
di solito non ci incazziamo dopo aver
fatto quel tipo di ginnastica
lì –
chiaro riferimento al rapporto sessuale
piuttosto “violento” appena consumato –
è la nostra simpatica regola per la
civile convivenza –
Sentendo
testuali parole il russo chiuse momentaneamente gli occhi, sbuffando
basso e
spazientito, prima di passare ad accarezzarle delicatamente le gambe
nude per
ricordarle che, no, non si era dimenticato della regola.
Sapeva
che non era il momento quello per essere incazzati. Non con lei a
cavalcioni
sopra il suo inguine, con le rispettive intimità ancora a stretto contatto, e con la sua pelle
diafana intrisa di piccole
gocce di sudore che alla luce dell’unica fonte luminosa
ambrata presente in
stanza sembravano tanti piccoli brillantini. Aveva una ninfa tra le
mani, come
si poteva essere arrabbiati?
–
Non sono arrabbiato con te… questo non è un bel
periodo –
–
Che coincide più o meno con l’arco temporale in
cui hai deciso di portarti a
letto la ragazza del tuo nuovo amicone… –
–
Non è colpa mia se sei una puttanella!
–
–
Ah! – fece sprezzante lei, per poi sorridere maligna
– ma sentilo il vecchio
porcello che grufola una scusa decente! –
–
Grr… io… ah, al diavolo! –
Le
prese con più decisione i fianchi ribaltando del tutto la
situazione,
schiacciandola contro il materasso umido e fissandola poi dritta negli
occhi.
Un lungo attimo di silenzio corse tra i due, interrotto solo dal
ticchettio
della sveglia digitale posta sul comodino e null’altro.
–
Penso proprio che adesso andrò a farmi una doccia –
E
la lasciò così. Nuda e perplessa sul letto di una
suite di lusso andandosene in
bagno con passo svogliato. Spogliandosi via della giacca blu,
sfilandosi gli
stivali rinforzati ed infine gettando la tuta in calzamaglia
sbrindellata nel
cestino del bagno. Tanto nel borsone che si era portato dietro ne aveva
una di
scorta perché sapeva fin troppo bene che fine faceva il suo
vestiario ad ogni
loro incontro… che non fosse una competizione di tango.
Da
tempo Lord Flash, alias Warsman, aveva iniziato a frequentare il
compatriota
Turbinskii in un impeto di nostalgia per il proprio paese lontano. Non
doveva
essere nulla di che, qualche bevuta e scambio di opinioni sulle
condizioni
politiche della Madre Patria senza far ingelosire troppo Kevin Mask che
iniziava a sospettare il peggio per il futuro. Cosa avrebbe potuto mai
dirgli a
quell’aeroplano antropomorfo?! Flash ovviamente, per una
serie di validi
motivi, le tecniche segrete della famiglia Mask non le avrebbe
spifferate al
primo che passa manco sotto tortura! Ma Kevin era un individuo
paranoico e
proprio quando il suo allenatore stava per dire addio a quelle
chiacchierate
intrise di nostalgia, ecco che all’improvviso apparve lei.
Turbinskii
gliela aveva presentata come la sua “ragazza”, lei
invece si era limitata a
minimizzare, ma nell’insieme sembravano essere una coppietta
aperta. Per lui
invece, c’era un solo aggettivo per descrivere quella ragazza
dai capelli
d’ebano e lo sguardo felino.
Stronza.
Grandissima stronza.
Non
sapeva come altro descriverla, era stata antipatia fin da subito e
invece di
diminuire con il tempo era oltremodo aumentata in modo…
strano. Di lei non
sopportava parecchie cose come il suo fumare eccessivo, una vita
disinibita
come lo era la sua lingua volgare, la sua sfacciata arroganza ampliata
dalla
sua smisurata ricchezza. In poche parole una puttanella di
prim’ordine, eppure
c’era un punto che li accumunava.
E
almeno su quello specifico punto non si facevano la guerra tra loro ma
bensì
collaboravano in modo alquanto stretto.
Pochi lo sapevano, e quei pochi erano tutti della Muscle League, ma a
Warsman
era sempre piaciuto ballare la danza cosacca e qualunque altro tipo di
ballo
valesse la pena ballare. E guarda un po’, alla compagna del
suo nuovo amico
piaceva ballare il tango.
Turbinskii,
per quanto abile nel volo, non lo era in altrettanta forma sulla pista
da ballo
e per tal motivo fu lo stesso Flash ad offrirsi come suo partner per le
competizioni. Poi da li ad arrivare a stringersi l’un
l’altra tra le lenzuola
era un passo che nessuno dei due si sarebbe aspettato, ed era una cosa
“quasi”
clandestina la loro, e manco ci tenevano al momento ad ufficializzare
la
faccenda presi da pensieri ben più
“importanti”.
Ma
Emerald J.V.P Lancaster non era
esattamente una ragazzina innocua come tutte le altre… non
si limitava a ferire
solo di lingua ma anche di corpo, e quell’atteggiamento
insofferente e
misterioso che attualmente il suo partner possedeva non le piaceva
neanche un
po’.
Si
morse il labbro inferiore indispettita, e sentendo che il russo aveva
azionato
la doccia decise di non aspettare oltre dandogli il ben servito. Prese
in tutta
fretta la t-shirt lasciata a bordo del letto e indossandola velocemente
si
avviò verso il lussuoso bagno fermandosi giusto davanti al
suo lavandino.
L’acqua
continuava a scrosciare incessante mentre Lord Flash si lavava
all’interno
della grande cabina dai vetri opachi, e la giovane ridusse gli occhi a
due
fessure prima di ripetergli la primissima domanda che gli aveva posto.
–
Si può sapere che hai?! Guarda che questa è la
tua ultima opportunità per darmi
una risposta decente, vecchiaccio! –
Ma
dalla doccia non giunse nulla e alla giovane non rimase che passare le
maniere
forti.
Con
un gesto rabbioso andò ad aprire il rubinetto
dell’acqua fredda del lavandino,
e questo portò Warsman a urlare di dolore per
l’improvvisa doccia bollente che
si riversò sulla sua schiena.
–
Arrgh! Che diavolo ti prende, EH?! –
–
Mi prende che voglio sapere che hai nella testa! – chiuse il
rubinetto
dell’acqua fredda e aprì quello della calda
– non ho pagato profumatamente
questa stanza per due ore di sesso scadente con te! –
–
Si… come no… Mooolto scadenteEEH!! –
Emerald
andò avanti così per altre cinque volte,
trovandoci pure gusto in quel gioco
crudele perché, dai diciamocelo, sentire Flash urlare come
un orango e agitarsi
dentro la doccia era qualcosa di assolutamente divertente.
–
V-va bene! Va bene! Piantala adesso maledetta puttanella! Ti
dirò quello che
vuoi –
Seppur
con lieve malincuore la giovane smise con il suo giochetto sadico e
incrociando
le braccia in petto aspettò che il russo aprì
l’anta della doccia. Apparve un
uomo decisamente spazientito
che sbuffò
seccato passandosi una mano tra gli ispidi capelli biondi prima di
risponderle
con titubanza, ma aveva decisamente raggiunto il suo obbiettivo e lui
si era
già prefissato prima di incontrarla di raccontarle come
stavano le cose. Si,
era senza maschera principale e sul viso teneva calata solo la candida
visiera
frontale, ma non è che alla giovane di origine inglese
importasse più di tanto
al momento.
–
Io… ho avuto dei problemi con la scimmia
–
Emerald
rimase in silenzio, limitandosi ad inarcare un sopracciglio con aria
perplessa
andando poi, lentamente, a guardare l’inguine
dell’uomo.
–
N-non quello che pensi tu, maledizione – di istinto si
coprì i genitali con una
mano – intendo la bestiaccia che Kevin si è
portato in casa qualche mese fa! –
–
Ooh! Quella! È così carina… intendo la
scimmietta che si porta a spasso Kevin
ovviamente, ma hai paura che ti sostituisca per caso? –
La
bestiola rinominata Coco dallo stesso lottatore londinese era diventata
praticamente una celebrità al pari del suo proprietario.
Quando Kevin appariva
pubblicamente o anche prima di raggiungere il ring lei era sempre sulle
sue
spalle, dandogli decisamente più notorietà del
solito. Purtroppo la creatura
aveva attirato su allievo e maestro le attenzioni sbagliate.
Ma
tralasciando questo la battuta decisamente non fece ridere Lord
Flash… che
anzi, le si avvicinò lentamente arrivandole a pochi
centimetri dal viso.
–
C’è poco da scherzare… quella bestia
è stata addestrata da qualcuno a spacciare
sabbia rossa, ed ora sia io che
Kevin
siamo ricercati dalla Corte!
Sapessi almeno
dove il mio allievo ha trovato quel primate pulcioso ma purtroppo una
sera è
tornato a casa ubriaco con quella…cosa
sulle spalle –
–
Wow! Frena… aspetta! – la ragazza parve ancor
più confusa di prima oltre che
dannatamente interessata alla faccenda – mi vuoi forse
credere che Kevin Mask,
ubriaco fradicio, abbia rubato la scimmia a qualcuno che spaccia quella
sostanza dopante… Rimanendo coinvolto in una indagine
intergalattica tra
polizia antidroga e i servizi segreti delle Deva?! Ti prego, dimmi che
non ho
fatto centro perché è una cosa troppo surreale
–
–
Il succo è quello e credimi, c’è
dell’altro… –
–
Beh, allora farai meglio a coprirti il fratellino
con un asciugamano perché voglio sapere tutto! –
E
a malincuore Lord Flash, o Warsman per quei pochi a conoscenza della
sua vera
identità, si apprestò a raccontarle la spiacevole
disavventura accaduta giusto
un paio di giorni prima.
(…)
Accade
al mattino. Precisamente alle otto in punto di una soleggiata giornata
d’estate.
Kevin
Mask era dovuto uscire presto per non perdersi in seguito gli
allenamenti
mattutini imposti dal suo severo lottatore. Il motivo della sua uscita
era di
recarsi il prima possibile alle poste per ritirare una raccomandata, e
quando
sarebbe tornato avrebbe trovato la colazione già pronta.
Essendo
estate inoltrata non molti abitanti popolavano il quartiere in cui sia
l’inglese, che Lord Flash, vivevano durante il periodo della
Corona Chojiin.
Molte famiglie erano in vacanza e di conseguenza molte villette a
schiera erano
vuote. E questo permetteva ai due di potersi allenare anche in tarda
serata
lungo le strette vie di quel dedalo di graziose casupole di uno dei
quartieri
più “bene” di Tokio.
Un
quartiere talmente silenzioso che inizialmente Lord Flash, intento a
preparare
il suo caffè “speciale”, non si accorse
neppure del rumore di passi felpati
provenienti dal vialetto principale.
Cinque
donne, tutte vestite di nero e dall’aria non propriamente
amichevole, si misero
l’una di fianco all’altra mentre lasciavano passare
con un rigido attenti
quella che doveva essere la loro superiora. L’unica nota di
colore era la rosa
rossa stilizzata sul loro petto o sulle maschere antigas che portavano,
ma per
il resto quelle ninja aliene erano delle perfette ombre assassine note
come “la
Corte”.
–
siamo sicuri che questa volta l’indirizzo sia giusto?
–
–
Si, signora! Tutti i lottatori della League sono stati microchippati e
violare
i sistemi della IWF non è stato troppo difficile…
il problema è che avevano
inserito il chip di Kevin Mask in un altro lottatore…
–
–
…Ma ora abbiamo risolto il problema e adesso sappiamo chi
è che spaccia sabbia
rossa all’interno della Muscle League. Beh,
allora… – e qui la donna estrasse
dalla cintura uno strano oggetto cilindrico, sorridendo lievemente
sotto la
maschera – sarà il caso di dargli la sveglia sul
concetto di legalità
–
Lanciò
l’oggetto lontano, in direzione della grande vetrata del
soggiorno centrandola
in pieno, e attirando così l’attenzione di un Lord
Flash intento a cucinare.
–
Ma che diav… –
si bloccò di colpo una
volta raggiunto di corsa il soggiorno pensando ad un atto vandalico, ed
il
tempo parve improvvisamente andare a rallentatore.
Vide
lo strano cilindro a terra che emetteva dei costanti
“bip” con affisso un
contatore digitale che stava facendo irreversibilmente il conto alla
rovescia.
Fuori dalla finestra rotta invece, vide un manipolo di figure oscure e
cosa ben
più peggiore vide le loro insegne. Una rosa scarlatta dentro
uno scudo bianco.
Se
da giovane l’armata rossa gli aveva dato la caccia dopo
essere fuggito via dal
centro di ricerca scientifico in cui lo avevano rinchiuso per
studiarlo, ora
era la Corte a volerlo vedere morto. Bizzarro che ci fosse sempre
qualcuno che
lo volesse far fuori.
Non
c’era tecnicamente il tempo per pensare il perché
di quella caccia spietata, il
suo istinto di sopravvivenza unito alla sua rapidità di
calcolo gli dissero
chiaro e tondo che quella era una bomba pronta per esplodere. Ancora
una volta
il tempo parve rallentare in modo ancor più drastico mentre
scappava via dal
soggiorno per raggiungere la porta che
dava al retro del giardino. Ma non fece in tempo.
Una
potente deflagrazione avvolse l’intera stanza avvolgendo con
una palla di fuoco
tutto l’ambiente, distruggendo ogni cosa in pochi secondi, e
andando
letteralmente a sventrare la parete frontale dell’abitazione
con uno
spostamento d’aria abbastanza forte da far catapultare Lord
Flash contro la
parete della cucina vicino all’uscita secondaria
seppellendolo sotto le travi
di legno del piano superiore.
Nella
sfortuna fu comunque fortunato, essendo atterrato in un angolo difatti,
le
travi di legno avevano creato un cantuccio sicuro in cui il russo si
risvegliò
qualche secondo dopo ancora vivo sebbene con qualche ferita abbastanza
trascurabile.
Tutt’attorno
a lui regnava un caos di fuoco e rovina, e fu solo con una certa fatica
che
riuscì a dare un calcio alla trave infuocata che gli
ostruiva la strada
strisciando poi via tra quei lapilli ardenti procurandosi non poche
vesciche.
Ebbe
l’impulso di tossire ma si trattenne, la casa era piena di
fiamme a causa della
sua struttura in legno e del mobilio presente, e l’acre fumo
nero gli ostruiva
di molto la visuale, ma se si fosse lasciato andare a quel gesto umano
avrebbe
attirato su di se le attenzioni sbagliate. Le Deva erano ancora la
fuori, in
attesa di avere un bersaglio facile da colpire.
Il
suo primo pensiero andò direttamente a Kevin Mask e alla sua
salute. Che cosa
volevano quelle della Corte per accanirsi così tanto?
Avevano già preso il suo
ragazzo?
Suo…
non era manco suo figlio e quasi gli veniva da pensarlo! Era vero che
aveva
deciso di allenare il figlio del suo vecchio amico, nonché
maestro, Robin Mask,
nelle tecniche segrete di famiglia una volta che aveva saputo dal suo
mentore
che il figlio disgraziato si trovava in Giappone, ma nel tempo aveva
sviluppato
un affetto autentico che andava oltre i semplici doveri che si era
imposto.
Si
era offerto volontario per riportare il ragazzo sulla retta via senza
passare
per gli allenamenti pressanti del padre, assumendo una
identità fasulla, ma era
vero che attualmente il suo cuore batteva per l’autentica
angoscia che gli
fosse capitato qualcosa di brutto. Dunque si mosse scaltro tra i
detriti,
ignorando il dolore bruciante delle ferite, lasciando che la
primordiale furia
si impadronisse dei suoi sistemi in modo cosciente, elaborando
attentamente le
cinque nemiche che ora si stavano muovendo in formazione ventaglio con
le armi
in pugno verso lo squarcio e le fiamme.
Mh, mitragliette
scorpion. Katane di tipo chisa. Stivali rinforzati per dare calci
letali.
Lord
Flash da dietro il mezzo muretto della cucina, rimasto intatto
perché di
muratura, analizzò attentamente l’armamentario
delle signore e nel mentre che
lo faceva estrasse i suoi artigli nascosti nelle nocche. Le avrebbe
aggirate
colpendole da dietro, uccidendole tutte eccetto il capo,
perché era giusto che
sapesse cosa diavolo stesse succedendo. Poteva sembrare un controsenso
andare
contro la giustizia, ma l’ex wrestler sapeva che se una
Cortigiana si metteva
sulle tue tracce non c’era modo di dissuaderla in maniera
civile. Eseguivano
gli ordini come macchine, quel tipo
di cose da cui lui si era distaccato da tempo.
–
Mantenete la posizione, state all’erta – fece
quella che doveva essere il capo
alle ultime due.
Perfetto.
Erano quelle più all’esterno e si stavano muovendo
lentamente per cercare
superstiti. Scivolò dal nascondiglio cercando di fare meno
rumore possibile,
dopotutto non era più un ragazzino e anche se sapeva
combattere qui c’era il
rischio che si facesse del male per davvero. Se avesse avuto venti anni
come le
tizie che stava fronteggiando forse le avrebbe uccise tutte anche con
gli occhi
bendati, ora invece doveva stare attento a non gemere dal dolore per le
ferite
subite e sfruttare l’ambiente a suo vantaggio. La
deflagrazione aveva distrutto
buona parte della casa ma la radiolina un tempo presente in soggiorno
si era
salvata e funzionava ancora, proponendo l’Ave
Maria di Schubert in maniera sublime e dandogli anche una
discreta
copertura.
La
sua prima vittima non si accorse neppure di morire, arrivandole da
dietro in
perfetto silenzio. Lord Flash cinse le spalle della Deva con un braccio
e con
l’altro le infilzò il collo con i propri artigli,
affondandoli del tutto in
quella morbida carne. La femmina si irrigidì e
tremò lievemente nell’atto di
morire, e l’ex lottatore fu abile a depositarla a terra in
perfetto silenzio.
Meno
una, ne rimanevano altre quattro più il capo, e tutte gli
stavano dando le
spalle.
Si
avvicinò alla quarta preda, munita di mitraglietta, e decise
di attuare la
stessa tecnica di prima. Ma qui fu meno fortunato… forse
pestando delle braci
ancora ardenti aveva fatto più rumore del solito nonostante
la radio a terra
continuasse a suonare il suo pezzo preferito, e la Deva ben armata fece
per
voltarsi insospettita nella sua direzione.
Warsman
fu veloce ad agire, ma non abbastanza. La donna si accorse di lui e
fece per
sparare, ma ciò che riuscì a fare fu solo di
emettere un grido strozzato quando
gli artigli del russo si piantarono nel suo addome colpendo punti
vitali. Beccato.
La
terza donna ruggì qualcosa e puntò
l’arma verso di lui facendo immediatamente
fuoco, e Flash fu costretto a ruotare su se stesso ed usare il corpo
della
soldatessa appena infilzata come scudo. La donna venne trivellata di
colpi ma
nessuno di essi raggiunse lui, ma a parte ciò dovette
guardarsi le spalle
immediatamente poiché un’altra Deva, la seconda,
aveva approfittato di
quell’azione difensiva per correre attraverso i detriti e
saltargli addosso
brandendo una katana.
La
corta lama affilata si conficcò in profondità
nella sua spalla, non colpendo
miracolosamente dei punti vitali come il suo computer interno
registrò
immediatamente, e se non urlò di dolore fu solo per una
questione d’orgoglio…
lasciandosi comunque scappare una imprecazione in russo. Si riscosse
però subito,
reclinando violentemente la testa all’indietro per darle una
testata contro
quello che avrebbe dovuto essere il naso. La tecnica ebbe successo e
riuscì a
scrollarsi di dosso sia il cadavere che la ninja munita di katana,
approfittando della lama ancora conficcata nei muscoli per estrarla e
lanciarla
contro chi gli aveva sparato.
Se
avesse avuto venti anni di meno con tutta probabilità
avrebbe effettuato un
lancio da manuale, ma dovette accontentarsi di aver colpito il
ginocchio della
prima soldatessa, l’ultima della sua lista e quella
più vicina al capo, che
cadde a terra urlando e di riflesso sparò dei colpi in aria.
Le pallottole
vennero schivate da Lord Flash che si lasciò comunque
scappare un grido di
dolore mentre rotolava a terra a causa della ferita alla spalla, e per
ironia
della sorte colpirono la seconda Deva con il naso rotto. Abbattendola
immediatamente.
La
terza fece la sua mossa imbestialita più che mai, buttando a
terra le armi e
correndo verso l’ex lottatore assestandogli un calcio al
ventre che ebbe il
potere di togliergli il fiato in corpo e contemporaneamente di girarlo
a pancia
in su. Fece per rialzarsi, ma una gomitata alla nuca lo
rimandò nuovamente al
tappeto.
Per
un breve periodo vide tutto nero, sentendo ancora le note
dell’Ave Maria
risuonargli nella testa, e quando riattivò la vista si
trovò tre Deva che gli
puntavano le mitragliette. Tutt’attorno a loro regnava la
distruzione e le
fiamme, ed il cielo sembrava quasi notturno nonostante fosse il primo
mattino,
ma la ferocia delle Deva non tardò a farsi sentire quando il
loro capo andò a
pestare la ferita alla spalla del russo portandolo a grugnire di dolore.
–
Ma che bravo soldatino, da?!
– lo
canzonò la cortigiana, togliendosi la maschera e rivelando
un volto pallido e
con fattezze asiatiche – hai abbattuto ben tre mie sorelle ma
sembra che l’età
ti stia schiacciando… poco male, uno spacciatore in meno di
cui la Muscle
League farà volentieri a meno –
–
Chh… non so di cosa tu stia parlando! –
–
Ah no?! – fece quella con un ringhio, piantando il tacco nel
buco della ferita
– mi vuoi far credere che Kevin Mask non sfrutti la sua
adorabile bestiola per
spacciare sabbia rossa con la complicità del suo allenatore?
Ma non ti
preoccupare… il vostro onore sarà salvo e
sembrerà a tutti un incidente
domestico – rigirò il tacco nella ferita e il
russo strinse i denti per non
gridare – Una
banale fuga di gas ha
ucciso l’allenatore di Kevin Mask, e quest’ultimo
per la disperazione deciderà
di farla finita. Classiche stronzate romantiche di voi terrestri
–
Lord
Flash rimase perplesso a quelle parole, ignorando del tutto quel
crudele dolore
si concentrò su quello che la Deva aveva detto. Non avevano
ancora trovato il
suo ragazzo, o almeno così sembrava dal modo in cui parlava,
e questo gli stava
dando mentalmente un vantaggio. Oh, se solo avesse potuto dire a Kevin
di non
tornare qui!
–
Tanto… è inutile cercare di spiegarvi le
cose… akk! – smorzò un gemito di
dolore, tentando di prendere tempo per fare… qualcosa
– voi Cortigiane non
vedete oltre il vostro naso, e state pur certi che sarà
l’errore che Kevin
sfrutterà maggiormente –
–
Ah! Compagno russo, credo che sarà difficile visto che
è stato microchippato
dalla League e ci basterà semplicemente tracciare il suo
ultimo spostamento… –
–
… e scoprire che gli ho impiantato
una
cinesata tarocchissima. Colpa mia –
Improvvisamente
la scena mutò, e divenne qualcosa di surreale. Tutte e tre le Deva si voltarono di
scatto verso chi
aveva parlato, notando una figura appollaiata su di un albero vicino
intenta ad
alzare una mano in segno di scuse. Ma per il resto il suo sguardo
rimaneva
impassibile, anche a causa dei suoi occhi storti… che
improvvisamente divennero
dritti puntando le sue prossime prede.
Scattò
in avanti nello stesso momento in cui la leader del drappello
tuonò di spararle
dietro. La straniera cadde su di loro a braccia aperte, atterrando le
due
soldatesse ed evitando agilmente il calcio che la Cortigiana rimasta in
piedi
tentò di darle. Lord Flash approfittò della
situazione per prendere la caviglia
della sua aguzzina con ambo le mani e torcergliela fino a sentire i
suoi
tendini spezzarsi.
La
sentì urlare di dolore mentre cadeva a terra, e
distrattamente, mentre si
rialzava, notò che la sua salvatrice era impegnata a
combattere aspramente con
le altre due soldatesse. Abbattendo con una supplex tedesca quella con
il
ginocchio ferito, spezzandole così l’osso del
collo, mentre con l’altra riuscì
ad assestarle un pugno nel naso appena questa
l’assaltò alle spalle
pugnalandola ad un fianco. Il pugno fu così forte da far
arrivare le ossa al
cervello e abbatterla in pochi secondi, ma il prezzo di tale vittoria
fu alto
per entrambi i due “vecchietti”, riportando
parecchie ferite gravi e sebbene
non lo dessero a vedere molto erano piuttosto affaticati.
Contrariamente
alla Deva che si stava massaggiando la caviglia ora gonfia, piena di
furia
negli occhi per l’affronto subito.
–
Alana… dannata traditrice! Come puoi tu, una ex Cortigiana,
mescolarti con
questa feccia?! Stai pur certa che n-non finisce qui –
La
donna guardò a lungo la propria compatriota. Ignorando che
la chiazza di sangue
sulla felpa grigia si stava allargando in modo abbastanza preoccupante,
raccolse da terra una delle corte katane lasciando ben intendere ad un
silenzioso Warsman quale sarebbe stato il suo intento.
–
Hai finito?! – fece lei, reclinando la testa di lato come un
insetto
insensibile.
La
soldatessa sgranò gli occhi mentre un lampo di terrore le
attraversò le carni,
per poi deglutire e riacquisire compostezza nella consapevolezza della
propria
fine.
–
Dammi una morte onorevole –
E
ciò fece, dopo un altro ultimo minuto di silenzio interrotto
solo dal crepitio
delle fiamme ora simili ad un muro infuocato, conficcò la
lama nella gola della
Deva che emise un flebile gorgoglio prima di cadere con la schiena al
suolo. Una
volta fatto ciò, Alana si voltò verso Flash e i
suoi occhi tornarono nuovamente
storti e con loro ampliò un sorriso di pura gioia nel vedere
un vecchio volto
amico.
–
Nikolai! Vecchia ciabatta! Come te la passi, eh?! –
Fece
per abbracciarlo ma quello con espressione cupa si scostò di
lato guardandola
male, ed il sorriso della donna scomparve a favore della solita
espressione
ebete.
–
E suppongo che questo voglia dire “grazie” in russese –
–
Piantala di scherzare! La Corte pensa che io e Kevin spacciamo sabbia
rossa! Dimmi
che non ci sei tu dietro tutto questo malinteso! –
–
No, no… io ho solo sbagliato a mettere il chip nelle chiappe
di un altro
lottatore, eh! Il resto ha fatto tutto il tuo pupillo rapendo quella
scimmia a
qualche spacciatore – si chinò a terra e prendendo
un cadavere per le spalle lo
trascinò vicino alle fiamme per lanciarglielo –
fortuna che durante il
controllo giornaliero ai sistemi di rintracciamento ho notato qualcosa
di
strano e sono intervenuta… oplà –
lanciò il cadavere e si affrettò a prenderne
un altro – mi dai una mano, si? –
Lord
Flash la guardò a lungo, ancora dubbioso sul crederle oppure
no, ma alla fine
decise di prendere velocemente anche lui due cadaveri e lanciarli nel
muro di fiamme.
–
Non basterà questo incendio per cancellare le
prove… è questione di minuti
prima che arrivino le autorità – la
guardò attentamente facendosi capire molto
bene – abbiamo bisogno di un fuoco più grande
–
Alana,
la donna sbucata improvvisamente dal suo fosco passato, gli sorrise
piuttosto
contenta notando che nonostante fosse passato del tempo le idee
migliori ce le
aveva ancora lui.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
Kevin
Mask era abbastanza imbestialito per la raccomandata che era andato a
ritirare.
La
busta recava il nome di suo padre, e recava la dicitura urgente ben
stampata
sulla busta gialla di quelle imbottite e usate per spedire oggetti
piccoli più
o meno fragili.
In
quell’ultimo mese Robin Mask gli aveva rotto le scatole in
maniera più o meno
pesante portando il giovanotto a rimpiangere, quasi, di aver lasciato
l’anonimato
della d.m.p per far parte della League e quindi ben rintracciabile da
chiunque.
Non
ci riusciva a parlare con lui… e piuttosto che mettersi a
litigare preferiva
riattaccare oppure dirgli “scusa ma devo
allenarmi”. Voleva scombinargli la
vita ancora una volta e insisteva che doveva conoscere a tutti i costi
una
ragazza… non gliene importava niente di chi fosse e
l’ultima cosa che voleva
era che il suo vecchio gli combinasse un matrimonio. Non che lo avesse
specificato nelle telefonate, anzi a dirla tutta non gli lasciava mai
il tempo
di spiegarsi, ma conoscendolo sicuramente aveva in mente qualcosa che
lo
riguardava.
–
Bah, forse dovrei gettarla nel pattume… tu che ne dici?
–
Sulle
sue spalle la scimmietta che ormai da tempo lo seguiva
trillò qualcosa
mostrando i denti in un sorriso, e da quello che aveva studiato Coco
era una
scimmia cappuccina, ma non gli consigliò di fare altro e il
ragazzo si limitò a
scrollare le spalle.
Era
estate, ed anche se era mattino presto c’era già
caldo e non era il caso di
incazzarsi ulteriormente. Si avvicinò alla propria moto
parcheggiata appena
fuori l’ufficio postale e si sedette pigramente sulla sella
scartando la busta…
rimanendo incuriosito per la presenza di un cartoncino bianco e
decorato con
dei ricami in rilievo indirizzato proprio a lui.
Ma
fu solo quando lo aprì e ne lesse il contenuto che
impallidì sotto l’elmo di
metallo scattando addirittura in piedi. Cosa… cosa pensava
di fare quel vecchio
decerebrato di suo padre?! Con che diritto
prendeva una simile decisione??!
In
quel preciso momento si mise addirittura a suonare il cellulare, e ci
pensò la
stessa scimmia a sostituirlo con il cartoncino ancora in mano al suo
padrone,
invitandolo così a rispondere.
–
P-pronto?! Lord Flash, sei tu! Ascolta, quel pazzo di mio padre non hai
idea di
quel che ha combinato!! –
–
Kevin! Grazie a Dio stai bene! Sei alle poste?! Stai tornando qui?!
Rispondi compagn…
ehm, Kevin –
Il
ragazzo londinese non aveva mai sentito il proprio allenatore avere un
tono
così concitato e ansioso, e distrattamente notò
un paio di automezzi dei
pompieri superarlo con una certa urgenza e a sirene spiegate.
–
Ehm, sono in posta… ma sei sicuro di stare ben…
–
–
NON venire a casa! Vai al mercato ortofrutticolo, è pieno di
gente e sarai al
sicuro. Quando ci incontreremo ti spiegherò tutto, e
liberati immediatamente
della scimmia! È importante che tu vada subito li e senza
quella bestia! –
–
Liberarmi di Coco? Ma sei pazzo?! Non se ne parla… e poi lo
sai che diavolo ha
fatto mio padre?! –
Niente…
non c’era pezza di far ragionare il ragazzo quando gli si
colpiva il nervo
scoperto delle presunte o reali offese che il padre gli arrecava.
Pertanto, Lord
Flash sospirò pesantemente e roteò gli occhi
attingendo a tutta la pazienza che
aveva in corpo per ascoltare quel benedetto figliolo.
–
Se ti ascolto tu poi fai come ti dico?! Ok, perfetto… e ora
dimmi… –
Nel
mentre che ascoltava però la sua espressione mutò
sempre più e da scocciata si
fece prima perplessa e poi completamente sconvolta.
Si,
era la parola giusta e la Deva che camminava a due passi dietro di lui
ricordava perfettamente quando il vecchio compare rimaneva sconvolto.
Forse non
riusciva a leggerglielo propriamente in faccia ma la mimica del corpo,
l’irrigidirsi
e tremare lievemente, la dicevano lunga.
–
S-sai una cosa Kevin? Hai perfettamente ragione ad arrabbiarti e tuo
padre non
può farti questo… andremo il prima possibile a
Londra e chiariremo la cosa, ma
ora vai dove ti ho detto e spegni il cellulare! È una
questione di vita o di
morte –
Poi
chiuse la comunicazione, perché di polemizzare non ne aveva
proprio voglia,
tornando ad incamminarsi lentamente al di fuori del quartiere che sia
lui che
la donna avevano saggiamente deciso di dare alle fiamme. Alle loro
spalle
difatti regnava un inferno dantesco fatto di case devastate dalle
fiamme
causate dalle bombe delle Cortigiane, il tutto camuffato come una
terrificante
fuga di gas che avrebbe coperto il tutto. Cadaveri compresi.
Che
poi Alana si fosse data al saccheggio coatto era un altro paio di
maniche, il
fagotto che aveva sulla schiena parlava chiaro, ma meno aveva a che
fare con
lei meglio era. E attualmente solo un nome gli saltava alla testa da
cui
ricavare un minimo di auto… ed era il nome di una stronza.
–
Pessime notizie? –
–
Si… abbastanza – disse aspramente il russo
guardando avanti più nero che mai. Ci
mancava solo questa…
–
Eh, anche io! La dentiera che ho trovato nel bagno
dell’ultima casa puzza di
nicotina –
E
se ne andarono così, con alle spalle un intero quartiere
disabitato che
bruciava e le note dell’Ave Maria che ancora sembravano
disperdersi nell’aria.
(…)
Emerald,
seduta a gambe incrociate sul letto matrimoniale, osservava il russo
quasi con
aria sognante come quella di una bambina che aveva appena sentito la
storia più
incredibile della sua vita.
–
… Bene, e questo è quanto – fece Lord
Flash abbottonandosi l’ultimo bottone
della giacca, rivestitosi con gli abiti di scorta – se ti ho
chiamato per un
appuntamento è anche per chiederti un favore… si
vabbè, ora mi dirai che sono
un meschino approfittatore e bla,bla. Ma stiamo davvero rischiando la
vita qui,
e so che tu hai agganci per… –
–
Porcello, questa è la storia più inverosimile e
figa che io abbia mai sentito! Raccontala
di nuovo! –
–
Hammy, per piacere! Questa è una faccenda seria! Ho corso
dei rischi a venire
qui, ho lasciato Kevin sotto cavalcavia appena fuori il mercato
ortofrutticolo con
quella bestiaccia che lui si ostina a non voler lasciare e poi potresti
essere
anche tu… –
–
… in pericolo? Ma che carino, ti preoccupi per me?!
–
lo
canzonò lei, ma il sorriso sarcastico le sparì
quasi del tutto quando vide che
era fin troppo serio e sembrava davvero preoccupato. Che poi essere
preoccupato
per lei magari non era vero, ma vabbè il succo era quello.
–
E va bene, vorrà dire che ti farò questo piccolo
favore anche se ti costerà
parecchio… si insomma, avere un intero esercito di aliene
inferocite e non
essere in un film porno non dev’essere esattamente la cosa
più bella del mondo –
Anche
se aveva indosso ancora la maglietta di prima scivolò
agilmente sul letto per
raccattare il cellulare sul comodino e mandare qualche messaggio a chi
sapeva
lei. Lord Flash si limitò ad incrociare le braccia in petto
cercando di
rimanere il più calmo possibile, quella ragazza la stava
prendendo troppo alla
leggera a parer suo, ma magari essere una miliardaria viziata aiutava a
stare
sereni.
–
Ok perfetto, ho mandato le coordinate del cavalcavia a Connors
e prenderà in custodia lui i suoi abitanti, poi li
scorterà
all’aeroporto e partiremo tutti quanti per Londra –
–
Tzè… da come parli sembra che tu ti possa
permettere pure un esercito privato…–
–
Io ho un esercito privato,
bestiaccia
malefica – si alzò in piedi sfilandosi la
maglietta buttandogliela poi addosso,
incamminandosi verso il bagno completamente nuda senza neppure considerarlo – io ora mi
faccio una doccia
rilassante, poi però mi dici chi è
l’altro chojiin a cui le Deva davano la
caccia –
–
Non ce ne sarà bisogno – Lord Flash si tolse
lentamente la maglietta della
giovane dalla faccia, annusandone l’odore rimasto impresso
– è a far compagnia
a Kevin e sicuramente starà piangendo da bravo
codardo… ma se è questo il tuo prezzo
allora il nome te lo dico –
Intanto
dal bagno si sentì il rumore della doccia che andava a tutta
forza, ma
nonostante tutto la giovane aveva sentito le sue parole.
–
Eh no, caro! Quello non vale come prezzo… in cambio del
piccolo favore che ti
faccio pretendo di conoscerla una
volta che saremo giunti in Inghilterra. E non provare a dire di no
sennò dico a
Connors di far ballare la ballata dell’ubriaco a te e agli
altri braccati –
Era
una richiesta che lo sconvolse parecchio e che decisamente non si aspettava. Il russo fece per replicare contrariato ma si
trattenne. Non era il caso. Per questo balbettò
un poco e avvertì la gola seccarsi, ma imprecando sottovoce
arrivò alla
conclusione che aveva urgentemente bisogno di tutto l’aiuto
possibile.
Pregando
che altra gente innocente non venisse coinvolta.
----------
forse
questo è il capitolo meno comico ma è quello che
mi è piaciuto di più, al momento, da scrivere :D
ringrazio MsFly_k per avermi dato la concessione sui suoi personaggi
originali di "occhi di smeraldo"!
|
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Capitolo 8 *** cena con sorpresa ***
– Forse
sto facendo un errore, Archie –
– Chiedere
scusa ad una signora non è mai un errore, signore –
– Non
le sto chiedendo scusa… in quel senso! Solo che non voglio
che ci siano
spiacevoli equivoci in futuro –
– Le
mie scuse signore, mi sono espresso male. Sono sicuro che un gesto di
galanteria come quello che vi apprestate a fare sarà ben
visto da miss
Kalinina, oltre che dal suo maestro nonché vostro medico,
Alistar MacNeil –
Robin
Mask si voltò per guardarsi allo specchio trattenendo a
stento un sospiro
ansioso. Attualmente si trovava nella stanza adibita a guardaroba,
nella sua
grande casa a Londra, e stava selezionando con l’aiuto di
Archie, l’anziano
maggiordomo- capo di famiglia, l’abbigliamento adatto per una
uscita informale
come ad esempio una cena fuori casa.
L’ex
wrestler si era messo davvero in una situazione penosa, per non dire
imbarazzante, e ancora una volta centrava la figura di Alya Nikolaevna
Kalinina
che sembrava volerlo “tormentare” anche al di fuori
della Muscle League.
Era
rimasto soddisfatto nella sua impresa di aver cacciato, due mesi fa, la
dottoressa assieme a quella svitata della cugina dopo una violenta lite
per una
sua prestazione medica decisamente non richiesta. In quel periodo
c’era quasi
cascato, aveva quasi dubitato di tutti pregiudizi che suo nonno gli
aveva
inculcato sulle Deva, vedendo in quella donna dagli occhi di ghiaccio
un
soggetto normale, acculturato, e umano. Interessante per essere una
aliena,
abile conversatrice ed anche se spesso di pareri differenti era bello
poter
conversare con una persona che aveva studiato nella sua stessa scuola.
Poi una
stupida visita andrologica aveva rovinato tutto ed ecco che lui si era
mentalmente chiuso un’altra volta.
Sospirò
basso e cupo sotto l’elmo argentato nel mentre che indossava
una giacca blu
scuro che il vecchio Archie gli stava gentilmente passando, scrutandosi
allo
specchio con fare pensieroso e decretando che quello che stava facendo
era una
autentica pazzia… ma era una pazzia ben più
maggiore far infuriare il vecchio
medico di famiglia dei Mask, ossia il dott. Alistar MacNeil, un
vecchietto di
circa novanta anni di età, più o meno come
Archie, che il più delle volte aveva
fatto vedere parecchi sorci verdi a Robin inseguendolo per tutta la
tenuta con
una siringa in mano.
– Lo
faccio per non far infuriare quel vecchio scorbutico del mio
medico… che poi
abbia deciso di prendere sotto l’ala una Deva la dice lunga
sul suo stato
mentale –
– Il
signor MacNeil è sempre stato un individuo eccentrico,
invero. Ma non uno
sciocco… non siate troppo duro con lui –
–
Già…
forse hai ragione – si rimirò allo specchio
trovando il completo blu damascato
adatto alla serata – Miss Alya è una donna con una
testa e MacNeil sa quel che
fa, nonostante io non riesca a fidarmi di una Deva… Per
quanto può sembrare un
controsenso –
Si,
era un controsenso perché per quanti pregiudizi si potessero
avere c’era il
fatto che la Kalinina era in effetti una donna intelligente, e il suo
mentore non
era ancora preda della demenza senile nonostante fosse un individuo,
per
l’appunto, eccentrico.
Se
solo due giorni fa non si fosse recato all’ospedale per il
consueto giro di
esami a cui il vecchio dottore lo voleva sottoporre, forse non si
sarebbe mai imbattuto
in tutta questa brutta storia.
L’infermiera
lo aveva invitato ad entrare in ambulatorio e aspettare li
l’arrivo del dottore
che, stando a parole sue, non avrebbe tardato ad arrivare. Si
concentrò quindi
nell’osservare l’ambiente asettico e candido,
simile a quello di un ambulatorio
degli anni cinquanta, scrutando
i vari
dottorati appesi ad una parete prima che il medico facesse la sua
comparsa alle
spalle del lottatore.
–
Mi scuso per il ritardo signor… Mask? –
MacNeil
non aveva mai avuto una voce femminile, e non avrebbe mai pronunciato
il suo
nome con una mezza domanda perplessa. Per tal motivo il citato Robin
Mask si
voltò di scatto verso la porta osservando una figura che mai
si sarebbe
aspettato di vedere.
– Alya
Kalinina?! – sgranò gli occhi incredulo,
perché non poteva essere vero quello
che stava accadendo – come… cosa diavolo ci fa lei
qui?! –
– Faccio
il mio lavoro – alzò un sopracciglio perplessa
– oppure ha intenzione di
cacciarmi anche da qui? –
– Non
mi tenti –
rispose seccato lui – io sono
qui per il dottor MacNeil, non per… –
– Il
dottore attualmente è in vacanza in Tailandia. Sostituisco
il mio mentore fino al suo ritorno.
Nel
frattempo faccio pratica e mi faccio conoscere meglio dai pazienti di
mister Alistar…
ma a giudicare dal suo sguardo sembra ancora scettico –
– Non
dovrei esserlo?! Come diavolo ha fatto ad arrivare fin qui? –
prese
a massaggiarsi la tempia anche se aveva l’elmo ben calato in
testa. Cristo, che
situazione allucinante! E guardando verso le pareti potè
notare meglio alcune
foto che ritraevano l’anziano medico in compagnia della
propria allieva,
durante ricevimenti formali o foto di gruppo con tutto lo staff.
– Beh,
dopo le mie “dimissioni” dalla Scuola di Ercole
– e qui calcò con una certa
ironia sulla parola dimissioni – avevo accumulato sufficiente
esperienza da
poter essere ammessa alla specializzazione di chirurgia per pesi
massimi, e il
dottor MacNeil mi ha preso sotto l’ala mettendomi fin da
subito al lavoro e
facendo così altra pratica… e stando a questa
cartella che il mio mentore mi ha
lasciato lei dovrebbe farsi visitare proprio oggi, mister Mask
–
La
Kalinina in due mesi non era cambiata affatto, sia
nell’aspetto che nel
carattere, ed anzi sembrava avere l’aria di chi aveva
attualmente il coltello
dalla parte del manico. Sempre educata certo. Sempre con la solita
pazienza
verso energumeni più grandi di lei, spezzata solo una volta
dopo aver
accumulato così tanta tensione da non poter essere
più contenuta. Ma questa
volta nei suoi occhi azzurri poteva leggerle un cenno di
“vittoria” in pugno.
–
No… niente visite per oggi. Le auguro buona giornata
–
– Come
desidera lei, mister Mask – sospirò lei, segnando
qualcosa con la penna sopra
la cartellina – ma non sarà facile spiegare al
dottor MacNeil che lei ha
rifiutato un esame alla prostata per… scarso interesse?!
Oppure pregiudizio
verso la sua allieva? –
Normalmente
l’ex campione di wrestling non avrebbe dato peso alle parole
di una donna, una
Deva per giunta, ma il fatto di far arrabbiare quel vecchio
pazzo…
inspiegabilmente ebbe il potere farlo fermare sul ciglio della porta
che stava
per varcare. Assurdo ma vero un omone alto due metri come lui temeva un
vecchietto
di un metro e settanta ormai seccato dal tempo e che non gli avrebbe
fatto mai
del male fisicamente. Almeno in teoria.
La
sua era una paura psicologica ancorata nel tempo, come i pregiudizi che
gli
aveva imposto suo nonno, che lo fece impallidire all’idea di
essere rincorso da
un vecchietto in sedia a rotelle con in mano un siringone ogni
santissima volta
che avrebbe avuto bisogno di un esame medico.
– E
sia, quindi – tornando indietro a grandi passi si
avvicinò alla scrivania,
slacciandosi la cintura dei pantaloni e abbassandoseli di netto
– faccia il suo
dovere dottoressa, e si sbrighi! –
Quelle
parole dovettero costargli molto, ma era apprezzabile, in un certo
senso, che
stesse combattendo tra orgoglio e l’ostinato pregiudizio pur
di evitare grane
future. Alya si ritrovò a sorridere lievemente con una vena
di sarcasmo mentre
si aggiustava gli occhiali per astigmatici sul naso e si infilava un
guanto di
lattice per l’esame diretto. Fu qualcosa di
straordinariamente rapido e Robin
Mask fu stupito di non aver sentito praticamente nulla in quei tre
minuti di
ispezione, tanto che fu quasi tentato di pensare che la donna non
l’avesse
neppure toccato. Prendendolo in giro in maniera voluta… ma
si rese conto
immediatamente di aver pensato una stupidaggine.
– È
tutto a posto, mister Mask – la Deva buttò il
guanto nel cestino, mettendosi poi
a scrivere il risultato dell’analisi sul pc della scrivania
– non ha nulla di
anomalo e gode di ottima salute. La invito a rivestirsi e ritornare qui
il mese
prossimo per l’esame completo del sangue –
Per
un momento il lottatore inglese era rimasto così,
imbambolato e con le brache
calate, senza capire cosa dovesse fare al momento. Sentendosi poi
ribollire di
vergogna, imbarazzo, e pure rabbia, si rivestì in tutta
fretta farfugliando un
“grazie e a mai più rivederci” prima di
scomparire oltre la soglia
dell’ambulatorio.
Era
appena passato per l’esperienza più umiliante
della sua vita e il peggio era
che si sentiva come se avesse le mani legate. Non poteva cacciarla. Non
poteva
neppure discuterci animatamente senza attirarsi i rimproveri di quel
vecchio
pazzo del suo dottore e il peggio era… che con tutta
probabilità miss Kalinina
si era lasciata comunque sfuggire qualcosa riguardo le sue dimissioni
alla
Scuola di Ercole con il proprio mentore.
“Al
diavolo! Sei un uomo adulto! Non hai motivo di preoccuparti di un
novantenne
sulla sedia a rotelle”
“Quel
vecchio novantenne è lo stesso medico che mi ha inseguito
per tutta la tenuta
quando ero solo un bambino… ha sfondato una vetrata pur di
inseguirmi fino in
giardino!”
“E
cos’è che ti fa più rabbia? Il fatto di
essere rimasto psicologicamente colpito
da questo, oppure che MacNeil abbia come allieva una Deva?! Pensi di
risolvere
la faccenda come sul pianeta Ercole?!”
“E
cosa dovrei fare, sentiamo? Non posso fidarmi di quella donna,
è una streg…”
“Cresci
un po’, ecco cosa puoi fare! E se non vuoi continuare a
pensare che quella
ragazza abbia detto chissà cosa ad un arzillo vecchietto,
comportati come si
comporterebbe un Mask in queste situazioni”
Era
bizzarro che la voce della sua coscienza fosse composta da ben due voci
distinte con cui discutere. Ossia quella di suo nonno Robin Grande che
di suo
padre, Robin Knight, e questa volta quella del suo vecchio genitore era
quella
meno legata ai risentimenti e più propensa al dialogo.
Giusto… doveva
comportarsi come un Mask. Seppellire definitivamente l’ascia
di guerra con la
Kalinina, come aveva fatto con la famiglia di re Suguru anni or sono,
ponendo
definitivamente fine a quell’assurdo astio che non avrebbe
portato a nulla di
buono.
Un
semplice gesto di cortesia, ecco cosa ci voleva, e poi sarebbe stato
sicuro di
non rivederla mai più. Senza temere nulla per il futuro.
Fece
dietro front deglutendo e irrigidendosi nella postura, ritornando
dentro
l’ambulatorio e sorprendendo Alya che, però, non
fece in tempo a dire una
parola per il modo in cui Robin Mask si parò di fronte alla
scrivania quasi
sull’attenti.
– Dottoressa,
sarei molto onorato di poterla invitare a cena fuori da qui a due
giorni, al
The Palm Court, verrò a prenderla io stesso alle sette e
mezza –
Per
un mezzo minuto buono Alya rimase praticamente interdetta da quelle
parole
dettate di fretta e in apparenza senza emozione alcuna. Ma come? Robin
Mask,
quello che non la sopportava perché originaria di Amazon, le
stava chiedendo di
uscire fuori a cena in uno tra i più costosi ristoranti
londinesi? I casi erano
due: o scoppiava a ridere o lo invitava gentilmente
ad uscire da li immediatamente.
– Uhu…
beh, è una proposta alquanto allettante mister Mask
– simulò un colpo di tosse
per non mettersi a ridere – ma veramente non saprei se sia etico accettare il vostro
invito…–
– Dica
“si” o “no” –
sibilò lui, con la pazienza al limite.
– Io…
accetto molto volentieri. Quindi ci vediamo direttamente
li…–
– Non
si scomodi – disse seccamente Robin Mask, estraendo dalla
tasca interna della
giacca grigia il suo biglietto da visita – mandi il suo
indirizzo civico a
questo numero e l’unica cosa di cui si dovrà
preoccupare è di rendersi
presentabile –
Detto
ciò se ne andò via a grandi passi e Alya poteva
essere sicura che sotto
quell’elmo medioevale fosse alquanto scuro in volto. Ma era
comunque da
apprezzare quel suo faticoso tentativo di non prolungare a lungo un
astio che
poteva diventare “pericoloso” se il vecchio incubo
di Robin Mask, il suo
dottore novantenne, avesse saputo che la sua pupilla ( colei che un
giorno
l’avrebbe sostituito ) era in balia di qualche problema
imbarazzante.
Tuttavia
non riuscì più a contenersi e si
lasciò andare ad una gracchiante risata,
perché davvero, la situazione aveva un che di incredibile.
Ed
incredibile ma vero Robin Mask era andato veramente a prenderla a casa.
La
dottoressa viveva in un quartiere modesto ma tenuto bene. Case
d’epoca
piuttosto piccole ma graziose, e la Kalinina viveva allo stesso
indirizzo della
cugina forse perché ancora non poteva permettersi un
appartamento tutto suo.
Poco importava, e all’ex wrestler non interessava
com’era fatto l’attuale
residenza della Deva per cui si limitò ad aspettarla fuori
dalla macchina con
Archie che educatamente aspettava di partire.
Alla
fine aveva optato per il completo blu scuro, molto simile a quello che
usò nei
panni di Mr. Barracuda anni or sono, mentre la sua ospite, una volta
che uscì
dalla porta di casa, indossava un semplice tubino nero dalle maniche
lunghe che
lasciava tuttavia scoperte le candide spalle. Gli fece un effetto
strano vedere
quella giovane donna senza il camice medico addosso ma anzi, vestita
con
qualcosa di più leggero e adatto ad una cena elegante,
lasciando ben intendere
che era effettivamente una donna e non una fabbrica di seccature
continue.
– Miss
Kalinina… siete incantevole – le porse il braccio
destro e la donna non
rifiutò, sebbene come di consuetudine non sorrise
– semplice, ma incantevole –
– La
ringrazio mister Mask. Voi siete piuttosto elegante questa
sera… Versace? –
– Armani,
e ora la prego di salire in
macchina
–
Le
aprì la portiera invitandola così ad entrare, ma
nel gesto galante c’era
comunque un certo nervosismo visto che la Deva lo aveva descritto come
se fosse
un vecchio pavone a cui stavano cadendo le penne. Doveva mantenere i
nervi
saldi, farsi insultare da una popolana era l’ultima cosa in
cui voleva
incappare, e di conseguenza cercò di mantenere un linguaggio
neutro durante il
breve tragitto da li fino al ristorante in conversazioni che non
andassero oltre
il più e il meno.
Una
volta arrivati a destinazione la femmina aliena ebbe giusto un sorriso
per
Archie ringraziandolo per il passaggio e poi, sempre stando a braccetto
con
Robin Mask, si addentrò all’interno dello
splendido locale lasciandola per
davvero stupita. Non era mai entrata in un ambiente simile
e… beh, ti faceva un
certo effetto e non capiva se il suo paziente l’avesse
portata li per siglare
una “tregua” oppure per farla sentire piccola e
insignificante dinnanzi al
potere.
Magari
tutte e due le cose, poiché le fece prendere posto al tavolo
designato con una
nota soddisfatta.
– Suppongo
che lei non sia mai stata qui, dottoressa –
– Solo
nei miei sogni più sfrenati –
smise di
guardare il soffitto a volta fatto di vetro elaborato e
tornò a guardare l’ex
lottatore – una cena in questo ristorante mi costerebbe come
tre miei stipendi
attuali –
– Beh,
per questa volta siete mia ospite e potete ordinare ciò che
volete –
– Mi
sta offrendo di metterla sul lastrico, mister Mask? –
Stavolta
il tono della donna non era freddo e Robin rimase stupito che avesse
fatto una
battuta con l’intento di riscaldare l’atmosfera e
farlo quantomeno sorridere.
Riuscì nell’impresa perché
effettivamente si lasciò scappare una risata, che
sebbene fosse tutt’altro che forte riuscì ad
attirare l’attenzione di un paio
d’orecchie poco distanti.
Howard
Lancaster
e sua moglie
Janice non avevano notato immediatamente la figura di Robin Mask
perché troppo
impegnati a discutere con il sommelier sul vino da servire alla propria
tavola,
ma quella risata era inconfondibile.
– Caro…
sbaglio o Robin Mask è in piacevole compagnia?! –
La
signora Lancaster era piuttosto interessata alla scena tra i due e se
tendeva
attentamente l’orecchio poteva anche sentire qualche stralcio
di conversazione.
Dal canto suo Howard inarcò un sopracciglio scrutando
attentamente i due e poi,
una volta che adocchiò la moglie, gli venne quasi di impulso
di roteare gli
occhi.
– Janice,
per favore… ti torcerai il collo se continui ad origliare
– sorseggiò il proprio
calice di vino bianco francese e poi continuò –
anche se, si, sembra che il mio
ex socio in affari e collega sul ring abbia a che fare con una graziosa
creatura –
– Oh,
suvvia Howie, la tua vena di “gran pettegolo”
davvero non vuole sapere chi è
quella ragazza? –
Howard
non si riteneva un pettegolo come sua moglie attualmente, con tono
scherzoso,
si accingeva a descriverlo… ma si reputava un uomo sempre
ben informato e
questo lo portò a guardare con una certa
complicità la moglie.
– Che
ne dici se facciamo un regalo ai due? – e con un cenno della
mano richiamò su
di sé l’attenzione del sommelier che non
tardò ad arrivare.
– Mi
tolga una curiosità dottoressa, cosa l’ha spinta
ad avvicinarsi al mondo del
wrestling? –
Quella
di Robin Mask era una domanda dettata dall’innocente
curiosità senza la
presenza di astio e risentimento. La cena fino a quel momento era
proceduta
abbastanza bene,un po’ tesa e con qualche punzecchiatura ma
tutto sommato l’ex
lottatore si era aspettato qualcosa di peggio.
– Beh,
credo che tutto sia nato quando da bambina guardavo le repliche dei
tornei alla
Tv – si portò alla bocca una forchettata di
insalata masticandola lentamente,
prima di continuare a parlare – su Amazon ovviamente i video
degli incontri
erano tagliati delle scene più violente, noi Deva non amiamo
molto la violenza
gratuita, però mi ha permesso di trasmettermi
l’amore per la medicina in
maniera incondizionata –
– Un
po’ un controsenso però, no crede? Dite di non
amare la violenza eppure siete
specializzanda in chirurgia per persi massimi… –
– Vero,
ma trovo affascinante la struttura degli esseri umani oltre a quella
dei
chojiin, capaci di sopportare forti traumi e di riprendersi
più velocemente
rispetto la media… e poi la medicina non è
l’unico motivo per cui mi sono tanto
appassionata al wrestling –
– Uhu?!
– Robin Mask l’ascoltò un po’
distratto mentre iniziava a tagliare la propria
bistecca alla piastra.
– Quando
ero bambina lei è stato il mio primo amore –
Ecco,
quella era una rivelazione che sconvolse parecchio l’ex
wrestler portandolo ad
emettere una sorta di singhiozzo mentre il coltello gli scappava via
dalla
carne andando a graffiare il piatto di porcellana.
– C-come
scusi?! –
il
suo sguardo vermiglio non recava ancora traccia di irritazione ma solo
di
comprensibile shock, di conseguenza la donna, sorridendo sinceramente,
si
apprestò a dare le sue spiegazioni.
– La
prego, non mi guardi così! Ero solo una bambina di sei anni
quando guardavo le
repliche della IWF ed esclamavo: “Mamma! Quando
sarò grande voglio sposare
Robin Mask!” – le venne quasi da ridere pensando
con nostalgia a quei ricordi –
per la Dea… credo di aver esasperato quella povera donna di
mia madre durante
quel periodo. Certo, poi le cose sono cambiate… ma
l’idea di curare tutti
quegli omaccioni spaventosi mi è rimasta –
– Uh…
beh, ci credo. Come darle torto… – si ricompose
capendo che non era intenzione
della dottoressa prenderlo in giro con cattiveria, anche se assorbire
il colpo
era ancora piuttosto difficile a causa di buoni motivi – ora
come adesso con
l’età che ho potrei essere suo padre! Al massimo
sarebbe mio figlio ad
avere l’età
giusta. Se almeno sapessi
dov’è… –
Alya
non fece in tempo a chiedergli che cosa intendeva dire che un cameriere
si parò
davanti ai due offrendo loro una bottiglia di pregiato vino rose.
– Che
storia è questa? Non ho ordinato del vino rosso –
Sebbene
ancora scosso per la candida rivelazione della Kalinina,
guardò con aria
seccata il cameriere che senza prestar attenzione alla collera del
cliente posò
la bottiglia sul tavolo facendo un lieve inchino.
– Mi
scuso per il contrattempo, ma si tratta di un regalo da parte dei
signori
Lancaster… – senza aggiungere altro
indicò lievemente il tavolo verso la parete
riccamente decorata alla loro destra e Robin Mask potè
sentire una gelida
irritazione salirgli su per la schiena notando l’arrogante
sorriso di Howard
Lancaster nel mentre che lo salutava assieme alla moglie Janice.
– Cane
maledetto… – sibilò l’ex
chojiin facendosi notare da Alya che lo osservò con una
punta di curiosità.
– Lo
conosce? –
– Purtroppo
si, è l’uomo più ricco di tutta
l’Inghilterra, ma che dico… del mondo intero! E
deve pensare che fino a poco tempo fa rischiava la bancarotta, tanto da
essere
venuto da me a chiedermi un prestito…– nonostante
i suoi occhi rossi fossero ad
un passo dal mandare scintille si trattenne, invitando addirittura i
Lancaster
a sedersi con loro con un cenno della mano – in molti nella
League pensano che
il nostro caro ex collega, che ha disputato un solo incontro in vita
sua, non
faccia soldi in maniera propriamente legale –
I
coniugi Lancaster non se lo fecero ripetere due volte,
la signora poi sembrava particolarmente
entusiasta, e dopo che due camerieri posizionarono le sedie anche loro
fecero
compagnia alla improbabile coppia.
– Robin
Mask, è passato molto tempo dall’ultima volta che
ti ho visto qui – come a dire
che fosse un poveraccio in confronto a lui, poi il suo sguardo felino
si spostò
sulla giovane donna sconosciuta – ma vedo che te la passi
molto bene visto la
compagnia –
Alya
si concesse al perfetto baciamano francese in cui mister Lancaster si
profuse,
cioè sfiorare il dorso della mano con le labbra senza
però toccarlo, rimanendo
comunque con una espressione neutrale precedentemente abbandonata
durante
l’atipica conversazione avuta con Robin Mask.
– Howard
Lancaster… e questa è la mia amata consorte,
Janice Lancaster. Con chi avrei il
piacere di…? –
– Alya
Nikolaevna Kalinina, dottoressa presso il Muscle Museum Hospital
–
– Oh,
siete una dottoressa specializzata nei pesi massimi?! Quindi la vostra
non è
una uscita galante…? – la signora Lancaster era
già partita in quarta portando
il marito a tossire per l’imbarazzo. Messaggio recepito dalla
signora – giusto…
scusatemi, è che ero entusiasta di rivedervi, Robin Mask, in
compagnia di una
bella ragazza dove magari gatta ci covava –
– Janice,
per favore… non mettere in imbarazzo i signori –
Nel
tono del marito non c’era nessun segno di rimprovero ma anzi,
sembrava essere
accondiscendente nell’entusiasmo della moglie e con quelle
parole sembrava
voler essere lui a mettere a disagio i due commensali. Robin ancora non
sapeva
che quel locale era in parte di proprietà dello stesso
Lancaster.
– Nessun
imbarazzo – si apprestò a dire il capofamiglia
Mask con tutta la cortesia che
poteva sfornare, almeno nei riguardi della biondissima Janice
– ho invitato a
cena la mia dottoressa come… ringraziamento, per la pazienza
dimostrata nei
miei confronti –
– Oh,
mi stai dicendo che MacNeil è morto…? –
sembrava
esserci un velo di speranza nella voce di Howard, nel mentre che
sorseggiava il
vino rosso, poiché il vecchiardo era pure il suo medico di
base sin
dall’infanzia. Speranza vana poiché Robin Mask,
nell’unico momento in cui si
sentì affine all’ex collega, scosse lentamente la
testa lasciando intendere
altro.
– Eeh…
no. Il nostro medico attualmente è in vacanza in Tailandia e
a sostituirlo ci
pensa la qui attuale miss Kalinina, sua allieva prediletta –
– Dal
nome sembrate essere di origine russa, mia cara – la signora
Lancaster sembrava
essere entusiasta di saperne di più – venite da
Mosca, San Pietroburgo, oppure
da una delle nazioni limitrofe? –
Se
fino a quel momento Alya non aveva parlato, trovando che la
conversazione tra
nobili fosse troppo complicata per lei, ora era decisamente costretta a
rispondere educatamente alle persone di fronte specificando chiaramente
le
proprie generalità per non incorrere in spiacevoli equivoci
con i suoi,
probabili, futuri clienti. E poi c’era quel fastidioso
particolare di mister Lancaster che la stava guardando in
modo… strano. Come se
fosse stata una preda da appendere ad una parete per fare bella figura
con gli
ospiti, e questa sensazione decisamente non le piaceva affatto.
– Uhm,
no. Non esattamente ecco. Mio padre è di origine russa, ma
buona parte della
mia vita l’ho vissuta sul pianeta d’origine di mia
madre… ossia Amazon. All’età
di 18 anni sono tornata sulla Terra per studiare medicina –
La
rivelazione lasciò momentaneamente stupiti i due coniugi, ma
fu giusto un
attimo e Howard stesso prese in mano le redini del discorso.
– Beh,
non mi stupisce. Voi Deva siete tra i migliori medici
nell’intera galassia e le
vostre cliniche sono tra i miei principali clienti per quanto riguarda
forniture mediche e tecnologie… e lo staff delle mie
cliniche private va spesso
e volentieri a fare corsi di formazione su Amazon – la
scrutò attentamente con
occhi da predatore. La Kalinina non si scompose stemperando la tensione
bevendo
del vino rosso – dovrebbe lavorare per una delle mie
cliniche, dottoressa. Ho sempre
trovato la vostra razza piuttosto affascinante… urgh!
–
A interromperlo
ci pensò sua moglie Janice, dandogli un calcio alla caviglia
pensando che
stesse flirtando in maniera troppo vistosa con la giovane donna. Non
era
esattamente così e Alya aveva capito che il terrestre stava
solo preparando la
sua trappola da bravo cacciatore.
– Io…
declino l’offerta. Sono ancora sotto apprendistato e ho
già la mia lista di
futuri pazienti. Compreso lei, signor Lancaster. Spero sarà
presente lunedì
mattina per l’esame completo del sangue e delle urine
–
Ecco
come raffreddare facilmente i bollenti spiriti e inquietare due uomini
in un
colpo solo. Anche se comunque, timore a parte, a Robin Mask piacque la
presa di
posizione della sua giovane ospite trovando in quel gesto una piccola
rivalsa
verso l’ex collega e socio in affari.
Dopo
quell’episodio praticamente parlarono solo Alya e Janice, con
quest’ultima che
bombardava la Deva di domande sulla società matriarcale di
Amazon e sui loro
usi e costumi. Alcune cose imbarazzarono i due uomini,
poiché per una Deva l’argomento
sesso non è un tabù, mentre altre riscossero un
certo interesse. Come l’educazione
delle bambine, fin da subito indirizzate verso un mondo meno illusorio
e più
concentrato a tirar fuori la loro autostima.
– Sul
nostro pianeta non esistono favole che
raccontano di un principe che va a salvare la principessa,
nessuna donna
aspetta sospirando l’arrivo dell’uomo archetipo del
padrone dell’universo. Nelle
fiabe che raccontiamo alle nostre figlie è la principessa
stessa che impugna la
spada e affronta il drago… in questo modo le bambine
crescono più consapevoli
della realtà che le circonda, senza rimanere scottate
perché per troppo a lungo
hanno sognato una realtà che non esiste –
Quello
fu un argomento che zittì per un momento persino la signora
Lancaster, e da li
a breve per fortuna la cena finì arrivando al momento dei
saluti. Sia per Alya
che per Robin Mask non fu un dispiacere lasciare il ristorante, ed una
volta
saliti in macchina la donna si lasciò andare ad un sospiro
di sollievo.
– Avete
appena conosciuto Howard Lancaster, miss Kalinina… non
c’è bisogno che aggiunga
altro, vero? –
– Corretto
mister Mask – la giovane si tolse il fermaglio dietro la nuca
e una cascata di
capelli biondo rame le cadde dolcemente sulle spalle – mi sa
che lunedì mattina
sbaglierò di proposito a non prendere la vena da nessun suo
braccio
costringendolo a fare un prelievo sulla mano –
Si
ritrovò a sbuffare divertito mentre con un cenno della mano
ordinava ad Archie
di partire, trovando quasi inaspettatamente una alleata in una femmina
che fino
a poco fa era la nemica del suo ordine ideologico.
– Allora
non le dispiace se poi le telefono per sapere
com’è andata…–
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Ad
Howard Lancaster piaceva tenersi informato su tutto. Non si riteneva un
pettegolo ma anzi, ogni informazione che carpiva lo portava ad un passo
in
avanti sui suoi rivali in affari.
Certo,
questa sua passione si era trasformata anche in deformazione
professionale, poiché
la dottoressa Kalinina non era ovviamente una imprenditrice senza
scrupoli e
neppure un avversario letale da battere sul ring.
Era
la donna che attualmente sostituiva quel vecchio diavolo di MacNeil, un
anziano
novantenne che l’ultima volta che era stato nella tenuta dei
Lancaster aveva
inseguito Howard per tutta la casa. Inseguendolo sulla sedia a rotelle
per
giunta… e sfondando una vetrata quando poi il padrone di
casa corse fuori in
giardino.
Quindi
era il caso di saperne un po’ di più su di lei e
magari sul suo passato.
Una
volta tornato a casa si congedò dalla moglie dicendo che
aveva dell’urgente
lavoro da sbrigare nel proprio studio, ed una volta acceso il pc fece
qualche
ricerca nel database dell’università di Oxford
trovando però le informazioni
personali sulla Kalinina criptate.
Non
era una cosa strana, le politiche intergalattiche, per preservare la
privacy di
molti studenti provenienti da altri pianeti, non permettevano che molti
dati
personali venissero divulgati in siti di stampo pubblico come ad
esempio l’università,
centri medici e sociali.
Le
Deva tra le altre cose ci tenevano alla propria privacy anche a causa
di una
forte discriminazione all’infuori del loro pianeta.
Quella
sera andò a letto decisamente tardi, ma ne valse decisamente
la pena. Anche se
per un suo capriccio aveva fatto alzare dal letto alcuni suoi impiegati
qualificati, un hacker esperto, e pagato profumatamente una sua spia su
Amazon
affinchè gli fornisse i codici necessari per entrare
nell’anagrafe cittadina e
controllare tutte le mezzosangue che, tra le altre cose, da circa un
centinaio
d’anni stavano aumentando anche grazie ad una campagna
governativa che
promuoveva le unioni miste.
Questo
per avere dei codici genetici migliori, certamente e doveva riconoscere
che era
un’ottima cosa, però doveva riconoscere che
c’erano dei punti che magari
potevano lasciar perplessi. Sullo schermo del pc l’intera
vita della giovane
Deva scivolò veloce ben analizzata dai suoi occhi felini,
trovando quasi
compassione per lei e per il suo passato tutt’altro ( per lui
ovviamente ) che
gratificante.
Spense
il computer e finalmente decise di andare a dormire, trovandosi a
sorridere con
ironia per aver scoperto che anche le bestie
si riproducono.
Ma
in fin dei conti che colpa ne aveva la Kalinina di essere la figlia
della
bestia d’eccellenza, il mostro di Frankenstein dei sovietici?
Nessuna, e grazie
a Dio aveva preso più dalla madre che dal padre, come aveva
ben constatato
quella sera.
Se
ho parlato di Emerald perché non posso anche parlare del
simpaticissimo Howard
xD ?! il capitolo avrebbe dovuto essere più lungo ma penso
che si vedrà tutto
al prossimo capitolo ancora. Per cui… spero vi sia piaciuto
anche questo cap!
|
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Capitolo 9 *** cetrioli ( decisamente ) velenosi ***
–
In che guaio ci siamo cacciati? Se lo viene a sapere la mamma si
arrabbierà
tantissimo – Wally Tusket aveva tutti i motivi del mondo per
essere
preoccupato. Ed anche gli altri lottatori della League, per quanto
avessero
combattuto valorosamente, si erano ritrovati dentro una situazione
decisamente
anormale.
–
Se non altro i nostri piedi poggiano su qualcosa di secco e asciutto, i
miei
stivali stavano iniziando a risentirne di quel fango insidioso
–
Check
Mate sembrava quasi non essersi reso conto della terribile situazione
in cui si
erano cacciati ma anzi, pareva addirittura sollevato di aver
abbandonato
l’umido rifugio in favore di uno più asciutto e
“sicuro”. Oppure semplicemente,
come pochi altri li in mezzo, riusciva a mantenere la calma
all’interno di
quella grande cassa di legno in cui filtrava decisamente poca luce.
E
se lo scacco vivente pareva essere preoccupato per le proprie
calzature, c’era
chi in mezzo a loro stava pensando quasi con disperazione il
perché di quella
situazione precipitata all’inverosimile. C’era la
coppa Chojiin da disputare,
era un momento delicato che avrebbe portato sicuramente la squalifica
dalla
Muscle League a vita se fosse venuto a galla tutto il fattaccio.
Tant’è vero
che Dik Dik van Dik riusciva ad essere calmo solo in apparenza.
–
Non sarà certo un luogo più asciutto a tenerci al
sicuro! Siamo stati rapiti e
chissà quali intenzioni hanno questi brutti ceffi che ci
hanno chiuso qui –
–
Perlomeno non c’è quell’insopportabile
puzza di urina umana e cetrioli andati a
male – constatò Terry Kanyon, seduto a terra e con
la schiena appoggiata alla
parete della cassa.
–
Ja, concordo. Senza contare i crauti
putridi che quel barbone stava mangiando… assolutamente ekelhaft! – concordò
il tedesco Jeager seduto accanto a lui.
–
MA VOI DUE MI STATE DANDO RETTA?! –
Quasi
ci mancò che la gazzella umana sputasse una tonsilla per la
troppa foga nel
berciare contro i due, e fu lo stesso Wally a trattenerlo per le spalle
impedendogli così di andarsi a fare del male. Contro
l’americano e il tedesco
non c’era da scherzare.
Chi
invece era proprio disperato era Kid Muscle che, con accanto il proprio
allenatore Meat, stava piagnucolando da ore da quando erano stati tutti
infilati dentro quella grande cassa sotto la minaccia delle armi, da un
gruppo
militare che li aveva prelevati da sotto il ponte e portati
all’aeroporto più
vicino.
–
Ueeeh! Io non c’entro nulla in tutto questo!! –
Piagnucolò il principe dei
kinniku osservato con disapprovazione mista a comprensione da Meat, per
poi
aggiungere con più ira – È tutta colpa
di quello là! Se siamo
nei guai e rischiamo la vita è solo per colpa sua e
della sua scimmia! –
–
Kid, ragazzo, ora cerca di calmarti! Finchè non abbiamo
più informazioni
dobbiamo cercare di stare più calmi possibile…
accusare Kevin Mask di tutta la
faccenda non risolverà nulla –
Il
piccoletto non aveva tutti i torti, e con una espressione preoccupata
guardò in
direzione dove l’inglese si era appostato, dando le spalle a
tutti e tenendosi
le mani nelle tasche dell’impermeabile. Sulla sua spalla
destra, l’immancabile
scimmietta guardava gli altri lottatori senza reale interesse.
La
mente di Kevin Mask attualmente era altrove, al di fuori di quella
grande cassa
di legno in viaggio sopra un aereo diretto chissà dove.
La
corona Chojiin, il suo sogno perfetto che lo avrebbe mostrato agli
occhi di suo
padre come degno d’onore come tutti i Mask della sua
famiglia, era quasi
offuscato da avvenimenti tutti diversissimi tra loro e che in apparenza
nulla
avevano a che fare.
La
scimmietta Coco che solo ora ricordava di aver preso dalla persona
sbagliata,
pestata quasi a morte perché tra le altre cose stava
maltrattando il povero
animale, era addestrata a spacciare un potente agente dopante molto
usato dai
wrestler disonesti e pertanto capace di macchiare la sua reputazione
come il
peggiore tra gli spacciatori.
Aveva
la Corte alle calcagna, incaricata dalla stessa Muscle League di
effettuare una
indagine su dei giri sospetti di medicinali, e casa sua era ormai
ridotta in
cenere con circa sei cadaveri causati dal suo allenatore e da miss
Alana.
Grazie al cielo Lord Flash stava bene, il solo pensiero di averlo
saputo quasi
morto gli aveva fatto torcere le budella togliendogli
l’appetito per un giorno
intero.
Come
se non bastasse, la ragazza che gli piaceva era rimasta in Giappone a
vendere
ortaggi senza che praticamente lui potesse fare alcunché.
Forse non era la più
bella ragazza del mondo, almeno secondo gli ignoranti, ma a lui piaceva.
Piaceva
stringerla tra le braccia, stringerle quelle carni succulente come a
non
volerla lasciare più. Respirare il profumo dei suoi morbidi
capelli castani e
scorgere l’imbarazzo nei suoi grandi occhi neri… e
invece di dirle chiaro e
tondo che cosa pensava del loro rapporto ancora acerbo si era buttato
sulle sue
labbra con disperazione lasciandola confusa alle sue scarse parole
successive.
–
Niamh… maledizione –
Senza
rendersene conto aveva pronunciato il suo nome come a voler esorcizzare
una
angoscia che lo stava sempre più rendendo nervoso. Ma al
nome della ragazza Kid
cambiò completamente atteggiamento, e dopo un breve momento
di stupore si
avvicinò sghignazzando a Kevin Mask cercando di carpirgli
più informazioni
possibili sulla ragazza.
–
Gh gh gh… Ehi, Kevin! – sghignazzò il
kinniku con un sorriso a trentadue denti
– di un po’, per caso è il nome di
quella ragazza che ti piace tanto?! Ehe eh
eh! Anche a te piacciono le tettoneEEEH! –
Con
uno scatto improvviso e nervoso, il lottatore inglese colpì
il suo futuro
rivale di ring alla nuca con un potente colpo di karate, pestandogli
poi la
testa con un piede una volta che questi cadde a terra urlando.
–
Fatti gli affari tuoi, razza di idiota! –
–
Fai meno lo spaccone, teppista!! –
Sbottò
improvvisamente l’americano, buttandosi nella mischia seguito
da Jeager che non
vedeva l’ora di darle a quell’arrogante di Mask.
–
Signori! Per favore, un po’ di contegno! –
Check
Mate fu il primo ad intervenire per bloccare i quattro individui ora
intenti a
darsele di santa ragione, inascoltati da Meat che sebbene fosse
piccolino aveva
dei polmoni rinforzati in acciaio per urlare così forte. E
alla rissa si
aggiunsero pure Wally e Dik Dik per bloccare gli altri due compagni
intenti a
menarsi ma il tutto si riassunse in un “tutti picchiano
tutti”, andando a
sbattere da un lato e l’altro della cassa decisamente troppo
piccola per
contenere quella rissa furibonda.
–
Razza di impulsivi! Finiranno col farsi del male per davvero dentro uno
spazio
così stretto – disse allarmato Meat ben appoggiato
dalla scimmietta che
saltellava nervosa al suo fianco.
Era
successo tutto giusto un paio di giorni fa… ed una splendida
giornata di
allenamenti si era trasformata ben presto in un incubo senza fine.
(…)
–
Ragazzi! Piantatela di bisticciare! Il ring non è fatto per
queste stupide
liti! –
In
una sola notte il piccolo, di statura ovviamente, kinniku aveva
costruito un
ring all’interno di Beverly Park affinchè il suo
allievo, e tutti gli altri
della combriccola, potesse allenarsi secondo i suoi rigidi insegnamenti
senza
troppe distrazioni. Il problema era che, senza le cosiddette
distrazioni, poi
l’intera combriccola finiva col bisticciare per la minima
sciocchezza.
Terry
Kenyon era scattato alla prima provocazione del tedesco Jeager,
riguardo a dei
wurstel molto “piccoli”… mah!, e avevano
dunque iniziato a menarsi manco si
trattasse del death mach del secolo. Gli altri invece che avevano
fatto? Erano
forse intervenuti?!
No,
macchè. Dik Dik si era messo a ridere come un beota assieme
a Kid Muscle, poi
quest’ultimo aveva fatto una battuta sul “lardo che
cola” e Wally Tusket non
l’aveva presa bene… dunque ecco che un immenso
polverone aveva ricoperto il
drappello di wrestler intento in una lite senza fine.
–
È inutile sprecare fiato con loro, Meat – Check
Mate affiancò l’allenatore e
incrociò le braccia in petto – forse una doccia
fredda dovrebbe sbollire i loro
bollenti spiriti –
–
Mmh… ora che mi ci fai pensare dovrei avere un estintore
dentro casa… –
–
… oppure potresti usare un po’ di fuoco! Piccolo
maschio! –
Una
voce femminile, del tutto estranea visto che non apparteneva alle poche
amiche
donne che Meat e gli altri avevano ( vedi ad esempio la vecchia amica
Mari o
Roxanne ), attirò l’attenzione dei due uomini
compresa quella dei litiganti sul
ring che subito smisero di bisticciare guardando in alto. E
più precisamente
dal ramo di un albero vicino.
Una
ninja vestita di nero, e con il volto coperto da una maschera antigas,
emise
una risata fastidiosa e nasale armandosi sulla spalla di quello che
era… oh, cazzo!
–
Che diavolo pensi di fare tu??! – urlò Meat, prima
che la tizia sparasse – oh,
no…! TUTTI AL RIPARO! –
Il
missile del lancia razzi partì in un lampo di fuoco in
direzione del ring, e la
scena parve svolgerli al rallentatore per il modo in cui tutti i
wrestler
percepirono il pericolo, scappando via un po’ goffamente per
evitare il colpo,
sia per come Check Mate prese Meat sottobraccio. Kid Muscle fu
l’ultimo a
lasciare il luogo dell’impatto, ma mentre cercava di scappare
un piede gli si
impigliò nella corda tesa del ring e l’esplosione
lo colpì con così tanta
violenza da scaraventarlo in aria con il sedere letteralmente in fiamme.
Per
un lungo, tesissimo, minuto il silenzio regnò sovrano in
quello che un tempo
era stato un parco tranquillo. Solo il crepitio delle fiamme che
bruciavano ciò
che restava del ring colorando di arancione tutto l’ambiente
circostante si
udiva, per poi essere interrotto dalla stessa risata nasale di prima.
La
tizia che aveva sparato scivolò agile giù per
l’albero e si guardò in giro per
vedere se ci fossero sopravvissuti, affiancata ben presto da altre due
sorelle
vestite nello stesso identico modo.
–
Su… su! Non siate timidi, venite fuori luridi spacciatori
– cantilenò quella in
modo assai irritante – lo so che siete dei chojiin belli
forti… ma a quanto
pare non lo so sono tutti e quindi vi serve una
“spintarella” di sabbia rossa –
Guardò
con falsa pietà il povero Dik Dik van Dik atterrato su di un
albero in una posa
alquanto assurda, oltre che completamente K.O, e poi dette una occhiata
alle
sue colleghe che estrassero le corte katane.
Meat,
che seppur sporco di fuliggine e con qualche livido, era riuscito a
ripararsi
dietro una grande roccia assieme a Wally Tusket e ad un Check Mate dal
mantello
bruciacchiato e ora, con una certa discrezione, stava sbirciando da
oltre il
suo riparo per vedere cosa stessero facendo quelle tizie minacciose.
–
Chi diamine sono quelle signore? –
il
tono dello scacco vivente non sembrava neppure un po’
preoccupato ma solo
curioso. L’allenatore deglutì serio in volto
capendo chi erano quelle chojiin
mascherate.
–
Cortigiane. L’esercito
speciale di
Amazon nonché Il braccio armato della Muscle League. Sono
composte unicamente
da Deva e hanno accettato di operare per la IWF sotto lauta
ricompensa… e dovrebbero
occuparsi di catturare quei cattivi che operano dietro le quinte
–
–
Ma noi non siamo i cattivi! Non abbiamo nulla a che fare con il doping
– fece
giustamente notare il tricheco umano – forse dovremmo
chiarirlo prima che
qualcuno si faccia del male –
–
No, no! Quelle della Corte non si fermano davanti a nulla,
continueranno ad
attaccare finchè il bemico non sarà sconfitto!
Non ci voleva… questo è un
periodo delicato e una falsa accusa per noi rappresenterebbe la fine
come
wrestler! E Kid… dove diavolo è
finito…?! –
Non
dovette aspettare molto prima di ricevere risposta, poiché
uno strano fischio
portò tutti e tre gli uomini a guardare verso
l’alto. Un fischio acuto, che si
tramutò in uno strillo e in una cometa dalle chiappe
infuocate dopo, e che
corrispondeva al nome di Kid Muscle e stava ritornando a terra ad una
velocità
folle.
Le
tre ninja si accorsero troppo tardi della palla infuocata che stava
sopraggiungendo, e il loro capo quasi non fece in tempo a guardare in
alto che
il giovane kinniku le atterrò sulla schiena.
–
Wahhh…. M-mi perdoni signora! Ora la sistemo!–
Il
lottatore provò a scusarsi e, sotto lo sguardo allibito
delle due Deva rimaste,
cercò di rimettere in piedi la loro collega tenendola su con
dei rametti e
delle aste di ferro ( prese da una giostra per bambini ) che
prontamente infilò
sotto i vestiti per cercare di tenerla su… lasciando
allibito persino Meat che
alle volte non sapeva se Kid Muscler c’era tutto con il
cervello.
–
Kid! Razza di babbeo – il piccolo kinniku non resistendo
oltre uscì allo
scoperto per ammonirlo – che
diavolo
stai facendo?! –
–
Non lo vedi, eh? – fece lui con voce irritata – sto cercando di aiutare
queste signore coinvolte
nell’esplosione! Dico bene, veroooo?! –
Il
suo patetico tentativo di abbordaggio finì in miseria.
Perché un manrovescio
della prima Deva, e poi un dritto della seconda, lo portarono ad
incassare due
potentissimi colpi in pieno viso che lo portarono a crollare a terra
quasi
privo di sensi.
–
Ma che bravo buffone che sei, Kevin Mask!
– il capo di quel drappello si sfilò le aste di
ferro più furiosa che mai,
lasciando tutti allarmati per quel clamoroso scambio di persona
– sarà un vero
peccato consegnarti alla giustizia e la tua scimmietta in una pentola!
Per cui
che ne dici se la finiamo qui? – Brandì
una delle sbarre come se fosse una mazza pronta a calarla sulla testa
del
ragazzo – certo che… non ti facevo così
brutto ma secondo il chip sei tu… –
–
Nein, signora! Quello è herr Muscle… forse
dovresti dare un taglio a quella
maschera, non credi?! –
Con
una uscita completamente teatrale, Jeager uscì fuori dalle
fiamme con tutta
l’intenzione di colpire mortalmente il capo del drappello. E
come se le fiamme
volessero seguirlo, la sua mano destra bruciava della Pioggia Rossa di
Berlino*
affilata come un rasoio e bruciante come la lava. Colpì il
volto della donna
che decisamente non si aspettava un simile attacco e la maschera
letteralmente
si spezzò in due.
La
ninja digrignò i denti e riuscì a saltare
lontano, coperta dalle altre due che
iniziarono un duello “sleale” contro il tedesco,
perché munite di katane,
tentando inutilmente di riacquisire onore coprendosi il volto con una
mano.
–
Pazzi bastardi – sibilò lei, e stavolta la voce
era meno nasale che con la
maschera – altro che chojiin della Lega, siete dei criminali
incalliti! Uargh!
–
Tutto
sommato quella donna era ancora… una bambina.
O almeno questo era il parere di Terry Kenyon che, seppur ferito ad un
fianco a
causa dell’esplosione, era riuscito ad arrivarle alle spalle
in silenzio e a
bloccarla in una presa ferrea. Gli venne di istinto a paragonarla
più ad una
ragazzina che ad una soldatessa veterana. I suoi folti ricci rossi, il
volto
cosparso di lentiggini e gli occhi verdi feriti per
l’affronto subito, la
facevano sembrare una delle sue due sorelle rimaste in Texas e a causa
di
questo assunse un atteggiamento più
“umano” rispetto al tedesco che non si
stava risparmiando a colpire delle donne.
Magari
anche Jeager, come Meat, sapeva che con quelle tizie misteriose non
c’era molto
da scherzare.
–
Mi dispiace deluderti, ma credo che qui ci sia un terribile malinteso
– si
distrasse solo un minuto, quando vide il collega teutonico in
difficoltà perché
una delle femmine lo aveva gambizzato ferendolo ad una gamba, mentre
l’altra
stava cercando di colpire Kid senza però riuscirci
perché questi rotolava via
sempre – ma ora dici alle tue colleghe di fermarsi altrimenti
il loro capo
potrebbe farsi molto male –
Non
gli garbava minacciare una donna… era una cosa meschina.
Tuttavia gli si gelò
il sangue nelle vene, come a tutti poi, vedendo che la Deva si mise a
ridere di
una risata genuina e tutt’altro che sprezzante.
–
Ah, che illusi! Ammazzatemi pure! Noi della Corte non siamo state
addestrate
per arrenderci… “la resa non è una
opzione”, così cita il nostro motto! E ora
se non ti dispiace avrei una esecuzione da portare a termine –
Con
prontezza di riflessi dette un pestone al piede sinistro del texano
che, colto
alla sprovvista e dolorante, dovette mollare la presa commettendo
così un
pessimo errore. La Deva ruotò su se stessa e gli dette un
calcio in faccia così
forte da mandarlo lontano. Poi stanca di aspettare estrasse da dietro
la vita
la scorpion e fu quasi sul punto di sparare a tutti. Dai wrestler alle
colleghe
che ancora combattevano. Fece per sparare e…
…Una
potente zoccolata la
colpì alla
schiena mandandola a terra priva di sensi.
–
Ma cosa…. Meat! Check Mate! Salvateci per favoreeeh!
–
Neppure
a Kid l’idea di picchiare delle ragazze piaceva, ed ora che
anche il tedesco
era a terra ferito il suo destino pareva quasi segnato. Con una
speranza che lo
stava quasi per abbandonare chiamò a gran voce il lottatore
del Principato di
Monaco che, usando le sue abilità speciali, si era
trasformato in un centauro
ed aveva raccolto sul proprio dorso oltre a Meat anche Dik Dik,
recuperato da
Wally anche lui in groppa e con il compare sottobraccio svenuto, e
Terry Kenyon
abbastanza provato da quell’assurdo combattimento.
–
Herr Mate! Ce la fai a prendere anche noi due prima che le fiamme ci
prendano?!
– gridò il tedesco che stava sanguinando
velocemente.
–
Non devi neanche chiederlo! Quanto a posti non ho nulla da invidiare ad
una
station wagon –
senza
perdere altro tempo il centauro blu corse al galoppo travolgendo le
altre due
donne che tentarono di attaccarlo e sia Jeager che Kid vennero presi al
volo
dai loro compagni, abbandonando in tutta fretta il parchetto mentre le
prime
sirene dei pompieri iniziavano a farsi sentire in zona.
–
Grr… chiamate la squadra alfa! Dite loro che devono
riguardarsi quei cazzo di
dati perché quello decisamente non è Kevin
Mask… anche se è ugualmente
coinvolto –
Una
volta che le due colleghe l’aiutarono a rimettersi in piedi,
la rossa ringhiò
quegli ordini decisamente seccata che la caccia fosse andata molto
male. E
ancora non sapeva, nel mentre che si allontanava da li, che la squadra
alfa
sarebbe stata decimata da li a poco più di un’ora.
–
Nnh… forse s-saremmo dovuti restare a combattere –
Mentre
il centauro continuava a galoppare veloce sulle strade ancora deserte
del
quartiere, Dik Dik van Dik si riscosse ancora dolorante mentre veniva
trattenuto da Wally Tusket.
–
Ma anche no! Quelle tizie sono pericolosissime!! –
Kid
Muscle era decisamente in preda al panico, e forse anche un
po’ perché appeso a
testa in giù sul collo di un Check Mate trasformato in
centauro, ma in fondo
c’era da capirlo anche se per alcuni di loro era difficile da
accettare a causa
dell’orgoglio.
–
Ma non potremmo spiegare loro che siamo innocenti? Che non
c’entriamo nulla con
tutto questo? Fuggire aggraverà solo la nostra posizione
–
Wally
era tornato a proporre la sua prima idea riguardo a possibili
giustificazioni
ma in effetti, per quanto fosse una cosa legittima, non era una opzione
contemplabile.
–
Nein… questo ci esporrebbe troppo e la corona Chojiin
è troppo importante per
noi… urgh – Jeager digrignò i denti
mentre continuava a tamponare la ferita con
uno straccio – a noi della “generazione
x” hanno spiegato molto più cose che a
voi durante la permanenza alla Scuola di Ercole… ci hanno
spiegato che la Corte
non si fermerà mai e hanno la tendenza di far spacciare come
incidenti le loro
malefatte –
–
Ma perché a noi non ce l’hanno
spiegato…? Ah, forse non importa adesso…Magari
non lo ritenevano importante – e il texano non aveva tutti i
torti – ma non
dovremmo cercare un luogo sicuro? Eh, Meat?! –
Al
momento il piccolo kinniku, in testa a quel drappello di uomini, stava
seriamente pensando alle parole della Deva. Davvero Kevin Mask era
implicato in
un giro di sostanze illegali? No, non poteva essere vero. Non ci
avrebbe mai
creduto neppure con delle prove evidenti! Ma cos’era che non
andava…? Perché
la donna aveva menzionato il piccolo
primate? Era solo una creatura che seguiva il proprio padrone anche se
aveva la
strana abitudine di frugare in tasca alle persone…
No… un momento!
–
Ahh! credo di aver capito! – Meat si mise addirittura in
piedi sul dorso del
centauro conscio di come stavano andando le cose –
è la scimmia la chiave di
tutto! Quella bestiola impicciona che Kevin Mask si porta dietro
è il motivo
per cui ci danno la caccia! Anche se… ehm – e qui
si rimise a sedere perplesso
– Noi con lui non è che abbiamo molto a che fare
–
E
aveva ragione in effetti, ma il piccolo momento di riflessione venne
interrotto
da una brusca frenata di Check Mate, fatta per evitare di investire
qualcuno piazzato
in mezzo alla strada in modo alquanto anomalo.
–
Forse potremmo avere dei guai – avvisò tutti il
centauro, mentre Kid Muscle,
nonostante fosse appeso in giù, riconobbe la donna con la
felpa grigia e in
automatico si mise ad urlare.
–
Uahhh! È miss Alana!! Scappa Check Mate! Scappaaah!
–
–
Altolà! – la donna con gli occhi storti
alzò una mano verso di loro come una
vigilessa – sono qui per salvarvi la vita… e per
rimuovervi dalle chiappe i
microchip –
E
se una mano era alzata l’altra teneva in pugno una poco
rassicurante pinza che fece
impallidire non poco i wrestler fuggitivi.
(…)
Si
ritrovarono poco dopo sotto un cavalcavia a fare compagnia a dei
barboni che si
erano organizzati in modo discreto, con dei banchetti dove mangiare la
verdura
scartata dal mercato ortofrutticolo più sopra e altri con
svariati oggetti di
recupero. E una volta giunti lì non è che le cose
andarono meglio. Tra gli
svitati che chiedevano loro di poter lucidare gli stivali, a quelli che
si
volevano mangiare Dik Dik scambiandolo per un capretto, il peggio fu
quando a
raggiungerli fu Kevin Mask con il suo misterioso allenatore
accompagnati
dall’ex medico della Scuola di Ercole. Flash poi pareva
conciato male, da come
Meat constatò con sospetto, come reduce da un combattimento
particolarmente
violento, e pure miss Alana non sembrava essere messa benissimo
nonostante
l’espressione indifferente e apatica… ed era in
effetti una cosa agghiacciante.
Se non si arrivò ad una lite furibonda come quella a Beverly
Park fu solo
perché Lord Flash ebbe l’idea di chiamare una sua
conoscenza per vedere di
ricevere un po’ di aiuto.
Lasciandoli
per questo soli e tesi come corde di violino e con molte domande e
poche
risposte.
In
pratica, da quello che aveva capito Meat, il lottatore londinese aveva
preso la
scimmietta ad uno spacciatore, si esatto… la bestiola che si
portava sempre
dietro apparteneva a gente pericolosa ed era addestrata a fare cose
pericolose,
quelle della Corte di conseguenza avevano seguito una pista che
già seguivano e
avevano dedotto che nel giro c’erano anche dei lottatori di
livello
internazionale. Ed erano arrivati a loro tramite i chip inseriti loro
sottocute, ma a quanto pare l’assistente personale di Vance
aveva scambiato
quello di Kid con quello di Kevin e quindi ecco che alcuni innocenti ne
stavano
pagando il prezzo.
Data
l’alta pericolosità della situazione che li
avrebbe fatti espellere tutti dalla
League e banditi a vita dalla IWF e da tutte le sue competizioni,
avevano
deciso che era più saggio nascondersi e attendere che Lord
Flash andasse a
chiedere aiuto a questa “persona di sua
conoscenza”. Ma che poi al posto del
misterioso allenatore fosse sopraggiunta una task force armata fino ai
denti, e
che a prenderli in consegna fosse stato un arrogante americano che a
momenti
non faceva a botte con Terry, decisamente questo non se lo aspettavano
proprio.
Invece
che ricevere comprensione erano stati tutti quanti spinti dentro un
camion con
la forza e attimi di pura tensione si erano toccati quando i barboni
avevano
iniziato a tirare ortaggi ai soldati, e questi parvero quasi
sull’orlo di
sparare addosso a gente disarmata.
Persino
miss Alana ci si mise di suo, “aggredendo” i
soldati abbracciandoli alle parti
intime e portando alcuni di loro a gridare di terrore puro.
Aggredì in quel
modo persino Michael Connors ( a quanto pare il capo di quel gruppo di
soldati
) e nonostante le colpì la nuca con il calcio del fucile
così forte da farla
staccare, ciò che Meat vide suonò in lui un
campanello d’allarme istintivo. Gli
occhi della donna di mezza età erano dritti, e non
più storti, e per un lungo
attimo guardò l’americano senza una reale emozione
come se fosse stata… una assassina.
Poi lei ebbe la prontezza di
scappare, mentre tutti loro vennero chiusi dentro quella grande cassa
dove ora
si stavano menando come se non ci fosse un domani.
Connors
era rimasto di guardia alla stiva dell’aeroplano di
proprietà di miz
Emerald, e non potè fare a meno di
notare che tutta quella confusione alle sue spalle stava iniziando ad
innervosirlo per davvero.
Sputò
lo stuzzicadenti che aveva in bocca sul pavimento di metallo della
stiva e
puntò il proprio fucile contro la cassa in movimento.
–
Ehi, animali! Serve forse qualche buco per l’aria?!
–
Senza
aspettare una risposta o un insulto si mise a sparare a raffica
trivellando la
cassa ad altezza d’uomo e, nel mentre che lo faceva, ridendo
di gusto e
gustandosi appieno le grida terrorizzate di quello di nome Kid Muscle.
Per
fortuna non erano proiettili veri ma di gomma, sennò sarebbe
stato un grave
danno colpire la carlinga dell’aereo, ma mica i lottatori
potevano saperlo! E
questo doveva contribuire a spaventarli come si deve oltre che a
renderli più
mansueti come si fa con i cani… ma qualcosa andò
storto.
Lui
e altri due soldati presenti nella stiva rimasero stupiti che, dopo un
primo
momento di silenzio assoluto, la cassa iniziò a tremare e
poi ad esplodere a causa di una
bomba di gas
generata dagli intestini di uno spaventatissimo Kid che
rischiò di soffocare
sia Connors che gli altri suoi due colleghi. E quell’attimo
di distrazione
bastò perché tutto andasse a favore dei wrestler
infuriati per il trattamento
ricevuto.
–
A chi hai dato del vaccaro beota??! Eh, stupidissimo yankee?!
–
E
in particolare Terry Kanyon non la prese molto bene, fiondandosi per
primo sul
capo dei soldati.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Non lo mangi? Guarda che si scioglierà se continui ad
ignorarlo… ti sta
supplicando di essere mangiato! –
A
dir la verità Lord Flash non è che avesse molto
appetito al momento. Gli
premeva molto di più arrivare a Londra e scongiurare lo
scongiurabile. E poco
importava dei piccoli vizi che si stava concedendo al momento, delle
preoccupazioni di essere un condannato a morte che cammina e alla
possibile
distruzione di un sogno chiamato corona Chojiin, e del lusso di una
cabina
passeggeri ma che tanto cabina non sembrava decisamente più
ad un salotto moderno.
Lui voleva raggiungere l’Inghilterra in un battito di ciglia.
La
promessa che aveva fatto a Robin Mask, suo mentore, di ripagarlo per
ciò che
aveva fatto per lui aiutando il figlio scapestrato a riottenere
l’onore che gli
compete, si stava sempre più offuscando soppiantato con
l’idea di uccidere il
vecchio maestro a sangue
freddo .
–
A me interessa di più sapere se Kevin stia bene…
–
Nel
mentre che lo diceva non scostò lo sguardo
dall’oblò neppure per un secondo,
seduto sul candido divanetto come un “boss” e perso
nei propri tetri pensieri
che, però, fecero solo sbuffare Emerald Lancaster di noia.
–
Che noia… ti ho detto che sta bene! È in una zona
sicura circondato da gente
competente…. Cosa vuoi che gli accada? – prese una
cucchiaiata di gelato alle
nocciole dalla propria coppa di cristallo e incrociò le
gambe sul comodo
divanetto dando un rapido sguardo al gelato del proprio ospite
– poi, non è che
non vuoi mangiarti il gelato alla panna perché ti fa schifo?
Perché a guardarlo
bene, adesso come adesso che sta colando sul tavolino, sembra quasi la
tua sborra maleodorante…
–
–
EMERALD! Sei una… una… Ah! Al diavolo! –
Il
russo chiuse gli occhi e sospirò piano per mantenere
l’autocontrollo e la
pazienza di cui era ancora munito. Non doveva incazzarsi per il
linguaggio
scurrile di quella puttanella d’alto borgo, ma cercare di
pensare a come
affrontare gli eventi futuri.
A
lui era stato riservato un trattamento “di favore”,
ma con tutta probabilità
agli altri no… ed era sicuro che Emerald non lo avesse fatto
chiudere in gabbia
solo perché voleva da lui molte più risposte di
quante ufficialmente poteva
darle. Era un segreto che stava allenando Kevin Mask sotto mentite
spoglie, e
tale doveva rimanere. E per quanto riguardava certe sue faccende
personali…
purtroppo alcune cose se le era lasciate scappare quando una sera
avevano un po’
esagerato con il vino.
Come
Warsman la Muscle League era a conoscenza che lui aveva una
discendenza, come
Lord Flash solo l’attuale ragazzina/amante/partner di
ballo/odiosa
nemica/viziata riccona era a conoscenza che aveva una figlia, e che
quest’ultima
fosse implicata in qualcosa di decisamente troppo precoce da poter
accettare.
Incrociò
le gambe e finalmente si decise ad osservare la giovane donna che aveva
quasi
finito il proprio gelato alla nocciola, e che a scrocco stava andando a
prendere alcune cucchiaiate del suo ( e alla faccia del paragone fatto
prima! ).
–
Se non lo mangio comunque è perché attualmente
non ho molto appetito… ho troppe
cose a cui pensare come tu ben sai –
–
Ma magari ti sei chiesto che quella benedetta ragazza ha una vita sua
ed è
forse quello che vuole? Ho visto il bigliettino… e
francamente non mi sembrava
chissà quale atrocità. Per lei almeno, io
comunque una cosa del genere non la
farei mai –
–
Io… non ho potuto contattarla prima per motivi miei!
– e questo perché era in missione,
e a sua figlia le aveva detto che per motivi di lavoro sarebbe andato
su
Nettuno e guarda caso le comunicazioni da quelle parti erano un
disastro – se
l’ho saputo solo adesso è solo per una
coincidenza! Ma avrei voluto davvero
parlarne con lei prima –
No,
menzogna. Con tutta probabilità Alya aveva provato a
contattarlo all’indirizzo
approssimativo che le aveva dato, e qualcun altro di sua conoscenza poi
aveva
provveduto a tranquillizzarla
contattando con quel biglietto sia lui che Kevin. Flash
con se non aveva
il solito cellulare e nessuno possedeva il numero di quello nuovo
eccetto poche
persone. No… neppure Robin sapeva del suo numero nuovo,
sennò tutto il loro
piano sarebbe andato in fumo.
Emerald
tuttavia fece spallucce – fa come ti pare, bestiaccia. A me
preme solo di
conoscerla. E voglio che anche tu sia presente! Non ho mai incontrato
una Deva
in vita mia e ho davvero un sacco di domande da farle…. A
partire dal “come ci
si sente ad essere la figlia di un vecchio porco che sbava dietro ad
una che
potrebbe essere la sua secondogenita o peggio sua nipote”
– che fosse davvero
il volerlo sputtanare davanti alla figlia il vero motivo?
–
Tzè… come sei ignorante in materia. Ma credimi,
una Deva non la si riconosce da
una comune donna terrestre a meno che non sia lei stessa a
dirtelo… con tutta
probabilità ne avrai incontrate a centinaia e… ma
che succede?! –
Proprio
quando la conversazione stava iniziando ad interessare ad Hammy, ecco
che una
serie di strani tonfi e colpi, grida attutite e rumore di oggetti che
si
rompevano, arrivò alle loro orecchie attraverso la porta
elegantemente
rivestita in legno bianco che dava ai meandri dell’aereo
privato di miss
Lancaster e più precisamente alla sua stiva.
Poi
tale porta si ruppe con un sonoro CRACK e un soldato disarmato
letteralmente
scivolò sulla moquette verde fino a raggiungere gli unici
due ospiti presenti.
–
Mikey! Che diavolo sta succedendo?! –
–
Eh! Sorry miz –
l’americano
lentigginoso sorrise alla giovane datrice di lavoro, lasciando che una
nota
scimmietta gli saltasse sul petto e gli annusasse la faccia –
questa
simpaticona qui picchia duro! Non come quel vaccaro beota dentro la
stiva… –
–
A chi hai dato del beota??!
–
Prima
di lavorare per i Lancaster, Connors si era fatto una breve vita come
mercenario
nei luoghi di guerra più brutali al mondo. Ma per quanto
fosse forte contro un
gruppo di chojiin non è che avesse molte
speranze… però con Emerald la prendeva
sull’ironico, per non farla preoccupare troppo oltre che per
una questione di
orgoglio, sebbene certe sue costole risultassero incrinate.
–
Hai fegato a parlare, americano! – a proferir parola ci
pensò Kevin Mask, e nel
vederlo il proprio allenatore tirò un sospiro di sollievo
– peccato che senza
un’arma da fuoco in mano tu valga meno di quello che sei
–
–
Un po’ come tu con la tua fidanzatina qui, little
brat? –
glielo
disse nel mentre che si rialzava, e si riferiva chiaramente alla
scimmietta che
immediatamente andò a nascondersi dietro le gambe del
proprio padrone. Tuttavia
il diretto interessato non fece in tempo a rispondere
a tono, che tutta la combriccola uscì dalla
stiva ( e Jeager assieme a Dik Dik stava trattenendo Terry dal
commettere una
strage ) ed immediatamente iniziò a curiosare in giro senza
che venisse dato
loro il permesso di farlo.
–
Accipicchia! – commentò Wally nel vedere tutto
quel lusso – questo è molto
meglio di quella cassa strettissima in cui eravamo chiusi –
–
Cosa?! – stavolta fu Lord Flash a indignarsi –
Emerald Lancaster! Hai davvero
chiuso Kevin dentro una… –
–
Rilassati, ok?! Era il metodo più sicuro per
trasportarli… chi vuoi che
controlli una cassa piena i cetrioli maleodoranti? –
Ancora
una volta Emerald la prese sul semplice, come se non si rendesse conto
che
certe cose erano completamente fuori dal mondo. Però
d’altro canto… era un
piano che aveva decisamente funzionato.
–
Waah! è gelato alla panna quello??! Posso? Posso?!
–
Come
se niente fosse successo Kid Muscle guardò con occhi
sognanti la coppa gelato
di Lord Flash e senza manco aspettare il consenso del proprietario, che
comunque lo lasciò fare e la giovane Lancaster si concesse
pure una risata
genuina, iniziò a mangiarselo con la bava alla bocca.
–
Beh, a questo punto mettetevi comodi, eh – fece lei,
inarcando un sopracciglio
vedendo che Kevin Mask andava a prendersi una bottiglia di birra dal
bancone
del bar senza prima chiedere il permesso – non
c’è di che… –
–
La ringrazio per l’ospitalità, signorina
– quantomeno Check Mate fu l’unico a
ringraziare – ma sbaglio o voi siete quella
Lancaster? Il nome sembrerebbe quello, o è solo una
coincidenza? –
–
Come, come? Intendi Howard Lancaster? Il famoso produttore di farmaci?
–
anche
se di nazionalità tedesca persino Jeager, assieme ad un
rinsanito Terry e ad un
incredulo Dik Dik, conosceva l’uomo che produceva le aspirine
tanto care al
vecchio padre Brocken Jr.
–
Esattamente! E più di preciso sono la sua unica figlia
femmina –
La
ragazza lo disse con un certo orgoglio, ma le attenzioni di Meat non si
posarono su lei che attaccava discorso con gli altri Wrestler
interessati alle
sue ricchezze, ne a Kid che stava svuotando il carrello dei dolci o
alla
tensione sempre più palpabile tra quel Connors e Kevin
Mask… i suoi occhi si
posarono su Lord Flash che sentendo il nome di quell’uomo per
un momento si
incupì, non dicendo poi neppure una parola per tutto il
viaggio.
Un
comportamento molto strano ma non così sospettoso,
però l’idea che aveva dato
al piccolo kinniku era che l’allenatore
dell’inglese in qualche modo conoscesse
l’ex wrestler famoso per la sua crudeltà
psicologica sfoggiata sul ring. Ora la
nuova generazione conosceva mister Lancaster solo perché
noto nobiluomo e
affarista, ma quelli più anziani e appartenenti alla Muscle
League lo
conoscevano abbastanza bene per avere quel tipo di reazione
lì.
E
Warsman dentro di se si stava dando dell’idiota per non aver
collegato il
cognome di Emerald a quello di quell’uomo orribile, ma
pensare che i due
fossero collegati sarebbe stata una coincidenza troppo assurda. Non gli
piaceva
quell’individuo e preferiva non averci nulla a che fare, e se
poi tale
gentiluomo avesse scoperto che aveva a che fare con la sua primogenita
chissà
cosa avrebbe fatto!
Quindi
era il caso di non attirarsi troppo le attenzioni su di se e continuare
ad
essere Lord Flash e sperare che la sua bambina non venisse coinvolta in
nessun
modo.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Per
Jacqueline MacMadd quello era il momento di una rilassante messa in
piega senza
scocciatori attorno, come nel caso di suo fratello Ikimon, e senza
impiegati in
giro che le chiedevano di firmare questo e quest’altro.
C’era
solo lei nella sua stanza privata adibita a salone di bellezza e alcune
ragazze
kinniku che si prodigavano nel farle la manicure e sistemarle i capelli.
Quello
era un periodo delicato, la corona Chojiin doveva dare lustro alla
Muscle League
sempre in costante bancarotta perché suo padre Vance si
intascava tutti i soldi
dei loro finanziatori, e quello scapestrato di suo fratello non
è che avesse
chissà quali idee geniali.
Era
una donna circondata da omaccioni sudati e pericolosi, eppure sapeva
come
destreggiarsi in quell’ambiente fino a qualche anno fa
considerato
esclusivamente maschile.
Ma
anche lei doveva concedersi una pausa ogni tanto, e aveva lasciato i
suoi due
parenti a discutere tra loro su un possibile scandalo dovuto alla
sparizione di
alcuni wrestler dovuta a degli strani incidenti con delle fughe di gas.
La dichiarazione
ufficiale fornita da Vance MacMadd ai media era che attualmente i
membri della
League spariti erano in “vacanza su Amazon per una seduta di
fisioterapia in vista
per i prossimi incontri”, ma sarebbe stata una scusa sgamata
da li a breve da
qualche giornalista troppo ficcanaso.
–
Miss Jacqueline, una missiva per voi –
Improvvisamente
un servitore entrò nel salone inchinandosi brevemente e
porgendole un
cartoncino bianco decorato con dei fiori in rilievo. La MacMadd
osservò con
curiosità l’elegante biglietto che invitava lei e
tutta la sua famiglia a…
Non
fu sicura di aver letto bene e pertanto lo rilesse più e
più volte sentendo una
strana gioia crescerle dentro, dando vita ad una idea davvero niente
male che
avrebbe coperto tutto il casino commesso da padre e fratello con la
loro
indagine sullo spaccio di sabbia rossa.
Senza
indugiare oltre uscì fuori dal salone di bellezza
così com’era, con tutti i
bigodini addosso, e quasi correndo per i corridoi della lussuosa villa
in cui
dimorava sul pianeta kinniku ecco che raggiunse l’ufficio del
padre in
compagnia di Ikimon ed intenti in una importante discussione.
–
Papà! Lascia perdere tutto – E quando diceva
così intendeva le idee del
fratello, qualunque esse siano – questo bigliettino
è la soluzione ad ogni
nostro problema! Manderemo l’evento in galassiavisione e
nessuno penserà a
qualche stupido incidente con il gas –
–
M-ma di che parli sorellona…? Io e papà abbiamo
già deciso un piano complesso
ma efficace… –
tentò
di difendersi “re di cuori” Ikimon ( a causa della
sua capigliatura azzardata ),
ma l’anziano genitore, ben sapendo che era sua figlia quella
ad avere le idee
migliori, dette immediatamente una occhiata a quel candido cartoncino
leggendolo attentamente. E sgranando gli occhi di fronte alla
rivelazione del
secolo.
–
Ragazza mia! Hai appena salvato la Muscle League da un possibile
scandalo!
Ikimon – si rivolse al figlio che quasi goffamente si mise
sull’attenti – voglio
che tu convochi immediatamente una conferenza stampa per comunicare che
i
prossimi incontri saranno posticipati di una decina di giorni a causa
del
matrimonio del secolo… e avverti immediatamente le troupe
televisive della
galassia che non devono mancare, con o senza il permesso di Robin
Mask… e ora
vai! –
–
s-subito, papà… –
ed
anche se corse via come un lampo, ancora una volta non potè
che essere geloso
per gli incredibili successi di sua sorella Jackie.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Mancava
un mese a quelle che Vance MacMadd aveva definito come le nozze del
secolo. Gli
invitati stavano raggiungendo l’Inghilterra un po’
per volta e già buona parte
dei wrestler della Muscle League erano già sul suolo inglese
ospitati in
alberghi e residence.
Robin
Mask voleva fare le cose come si deve. Voleva che fosse un giorno
memorabile
per tutti i Mask, soprattutto per suo figlio con cui non era riuscito a
spiegargli mezza parola e alla fine si era visto costretto a mandargli
direttamente l’invito, dando tra l’altro un
messaggio chiaro e tondo che la sua
dinastia era tutt’altro che morta.
Nella
stanza che usava come guardaroba stava al momento selezionando
l’abito adatto
alla cerimonia, indeciso se un abito formale nero oppure la divisa
scozzese
appartenuta al suo bis nonno Arthur Mask.
–
Un abito bianco… davvero non capisco perché una
sposa debba vestirsi così –
Da
dietro un paravento finemente ricamato con paesaggi di una mite
campagna
giapponese, una voce femminile giunse scettica ma pacata alle orecchie
del
padrone di casa.
–
È la tradizione – disse seccamente l’ex
lottatore lasciando che l’anziano
maggiordomo gli sistemasse il bordo della cravatta rossa – la
sposa si veste di
bianco per dimostrare la sua purezza a tutti gli invitati… e
per rispondere
alla tua precedente domanda ti dico solo questo: Kevin
capirà e accetterà la
cosa, che gli piaccia o meno –
–
Non credo che sia così facile da accettare,
indipendentemente dall’età di un
figlio – ebbe il coraggio di dire la donna che al momento si
stava cambiando
dietro il paravento – e comunque… Robin, non sono
esattamente una verginella
–
Con
tono ironico la donna finalmente uscì da dietro il paravento
vestita con quello
che doveva essere la bozza di un vestito da sposa non ancora ultimato.
Sempre sorridendo
si mise di profilo, e la figura snella della giovane in questione ora
recava
una dolce curva che seppur ancora piccola lasciava intendere molte cose.
I
due uomini non dissero nulla per un lungo minuto di silenzio, e solo
quando fu
lo stesso Archie a spezzare quella situazione imbarazzante Robin Mask
se ne
uscì con uno sbuffo semi divertito.
–Siete
incantevole, miss Alya –
*Nella
versione originale la “pioggia rossa del dolore” si
chiama proprio così!
Con
questo capitolo ho cercato di fare il “colpo di scena
finale” anche se forse
tanto colpo non è e alcune cose si capivano già
prima…
Ps.
Ai lettori di “down under” portate pazienza per
favore che la mia ispirazione è
quella che è -.-
|
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Capitolo 10 *** nuovo mondo ***
Chi ora fugge,
presto inseguirà. Chi non accetta doni, ne
offrirà. E se non ama, presto
comunque amerà.
Saffo.
Howard
Lancaster sinceramente non sapeva cosa pensare. Guardava il raffinato
cartoncino bianco e poteva sentire che i polpastrelli erano sudati
sotto quella
carta pregiata, deglutendo e quasi non percependo le grida di gioia
della sua
Janice che stava già svuotando mezzo armadio nonostante
all’evento a cui erano
stati invitati mancava ancora un mese, rilesse più e
più volte le poche parole
presenti sull’invito.
“Robin
Mask e Alya Nikolaevna
Kalinina annunciano il loro matrimonio presso la tenuta dei Mask il
giorno bla,
bla…” Cristo santo,
se avesse saputo che era stato
proprio lui a farli inizialmente avvicinare, grazie anche alla non
particolare
simpatia che i due provavano per lui, si sarebbe sentito pure colpevole.
–
Janice, per favore… – fece lui con tono annoiato
mentre la moglie continuava a
blaterare sul “dirlo a tutte le amiche del tea
club” – il matrimonio sarà tra
un mese, non domani… e francamente non comprendo tutto
questo tuo entusiasmo –
L’invito
era una ovvia provocazione in stile Mask e Howard l’avrebbe
colta nel suo più
consueto stile. Che poi, con che coraggio il suo ex amico e ora
arcinemico
avesse deciso di accoppiarsi con una “sventurata
creatura” come lo era la
Kalinina… la diceva lunga sul suo stato mentale. Non
considerava un genio Robin
Mask, e fin da quando era nella League considerava Warsman una specie
di
mostro/animale creato dai sovietici per fare concorrenza sleale nelle
competizioni di wrestling. Eppure a sua moglie la dottoressa Kalinina
piaceva…
–
Howie! È ovvio che io sia entusiasta! Io sapevo che sarebbe
andata a finire
così tra quei due, non li trovi semplicemente perfetti?!
–
Amava
sua moglie, specialmente quando senza rendersene conto tirava fuori dei
doppi
sensi che solo lui era capace di captare. Come nel caso di un vecchio
decerebrato che incontra una semi-bestia, portandolo per questo a
sorridere
sotto i baffi.
–
Oh, ora che ci penso hai indubbiamente
ragione –
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Mesi
prima.
Da
dopo che Robin Mask aveva avuto la prontezza di scusarsi con la
dottoressa Alya
le cose erano notevolmente cambiate. I discorsi tra i due si erano
fatti più
educati e meno inclini al litigio vero e proprio, per quanto non
mancassero mai
di punzecchiature efficaci.
King
Muscle non aveva mai avuto modo di parlare con la Deva tanto
favoleggiata da
suo figlio Kid, ma ora che si trovava al Muscle Museum Hospital doveva
ammettere che il suo caro amico/rivale aveva fatto proprio il jackpot
con lei!
–
Sei un incosciente! Un idiota! Sollevare tutti quei pesi e per cosa?
Tre ernie
del disco in simultanea, ecco per cosa! –
Nonostante
l’età sua moglie Belinda aveva acquisito molta
più autorità e critica nei suoi
confronti rispetto a venti anni fa. Ma era comprensibile, suo marito
Suguru non
era più un ragazzino e a differenza degli altri membri della
Muscle League non
si era più tenuto in forma costantemente. Non aveva
più la forza di Buffaloman
o l’agilità di Ramenman, e se alle volte provava a
dare dimostrazione di forza
a qualche avvenente cameriera ecco che finiva all’ospedale.
Per questo tentò di
sorriderle provando a minimizzare l’accaduto.
–
Ma andiamo tesoro… sono cose che possono capitare a chiunque
– tentò di
buttarla sul ridere ma la moglie lo colpì alla testa con un
giornale arrotolato,
nonostante il marito fosse fermo nel letto d’ospedale reduce
da un intervento
delicato.
–
Niente “ma”! dovresti solo vergognarti! Alla tua
età e provare a fare ancora il
cascamorto con le ragazzine come Robin Mask! –
E
indicando fuori dalla parete a vetro fece notare al proprio marito che
l’ex
lottatore dall’elmo in acciaio era impegnato a parlare con la
dottoressa che si
era occupata di operarlo, ossia la Kalinina.
Per
un momento rimase sorpreso, poi iniziò a studiare meglio la
scena notando che
la chiacchierata tra i due non sembrava molto da “dottore
& paziente” visto
il modo in cui erano vicini, si guardavano con un filo di
complicità e anche
nei gesti c’era qualcosa di meno freddo e più
“intimo”. Alya difatti, si
congedò dall’uomo accarezzandogli lievemente un
braccio e questi rimase un
minuto buono a guardarla andare via.
–
Gh, gh, gh… sta a vedere che il vecchio Robbie si
è scottato?! –
Sghignazzò
di gusto il vecchio re dei kinniku, non appena la moglie era entrata
momentaneamente in bagno per alcuni bisogni fisiologici. E
approfittando di
tale assenza saltò sulla sedia a rotelle per seguire il
vecchio collega che stava
iniziando ad allontanarsi, deciso più che mai a ficcare il
naso in affari non
suoi.
–
Ehi! Robin Mask! Non vieni neppure a salutare un vecchio amico?
–
–
Uhu?! Oh, Suguru… Che diavolo ti è successo?
–
Preso
dalla chiacchierata con la Kalinina non si era accorto che nella stanza
accanto
c’era King Muscle reduce da quello che sembrava una
importante operazione,
tuttavia quest’ultimo fece comunque orecchie da mercante
andando a curiosare un
po’.
–
Oh, tranquillo è una sciocchezza… tu piuttosto!
Hai adocchiato la pollastrella
eh? Carina la dottoressa… –
–
Non ho la più pallida idea di quello che stai dicendo
– Robin Mask incrociò le
braccia in petto decisamente seccato – le ho solo chiesto se
poteva visitare un
mio dipendente questo pomeriggio, visto che non sta bene e prima di un
ricovero
vorrei un suo parere medico –
Ed
in effetti era anche vera come cosa, Archie non stava molto bene e
seppur non
lo desse a vedere, giustificandosi di avere solo una banale influenza,
voleva
che l’anziano maggiordomo avesse quanto prima una visita
medica.
Che
poi, tra tutti i medici, fosse
proprio andato da Alya a chiedere udienza, e questa lo avesse pure
accontentato
premurandosi di tranquillizzarlo, erano solo piccoli dettagli che
dimostravano
solo la fiducia che riponeva nella dottoressa.
Ma
come giustificazione non bastò al kinniku, che avvicinandosi
all’ex lottatore
con l’elmo medioevale gli dette una goliardica gomitata ad un
fianco con fare
complice.
–
No, no, caro mio! Quello non era il modo solito con cui si parla ad una
signora… e a me sa tanto che pure a lei piaci –
–
Dimmi… Suguru – ora la voce del Mask si stava
riducendo ad un sibilo e i suoi
occhi vermigli bruciavano di una luce pericolosa – in che
modo con esattezza ti
sei fatto male? Combattendo contro una belva feroce, forse? –
–
Ahh… beh, è stato durante i miei allenamenti
mattutini che mi sono storto una
caviglia, sai com’è! –
Il
re rise per nascondere un certo timore nel vedere la sempre
più precoce
incazzatura dell’inglese crescergli dentro, eppure la
“fortuna” famosa di
Suguru si manifestò in una forma decisamente insolita e
più simile ad una nemesi
vera e propria.
–
No, certo che no! Si è procurato tre ernie del disco facendo
sollevamento pesi
per impressionare una cameriera! –
Belinda
capitolò fuori dalla stanza piuttosto furiosa che il marito
malato stesse già
andando a caccia di guai, nonostante questi cercasse di calmarla con
una risata
beota e giustificazioni idiote.
–
Oh, suvvia tesoro! È difficile per me accettare
l’età che avanza e… ouch – la
moglie lo colpì nuovamente con la rivista arrotolata, anche
se meno forte di
prima, affrettandosi a prendere i manubri della sedia a rotelle per
riportare
il vecchio coniuge in stanza.
Ma
non prima di aver lanciato una occhiata a Robin Mask, salutandolo
comunque, e
borbottando qualcosa che fece inarcare un sopracciglio
all’uomo mascherato.
–
Tzè, voi uomini ad una certa età perdete il pelo
ma il vizio vi aumenta a
dismisura –
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Si
sarebbe ripreso. Gli bastò sentire quelle poche parole per
sentirsi sollevato.
Archie
lo seguiva fin da quando era un bambino, e aveva sempre dimostrato una
pazienza
incredibile nei suoi confronti quando era un ragazzino che commetteva
marachelle assieme alla sorella. Si sentiva per questo sollevato, vero,
ma la
guarigione del suo dipendente non era l’unico motivo.
–
Sembrate sereno, mister Mask. Dovete tenere molto ad Archie –
Dopo
la visita aveva invitato la Kalinina nel suo mausoleo privato, una sala
della
sua grande casa adibita a custodire tutti i cimeli della famiglia Mask,
invitandola ad avvicinarsi alle reliquie e armature spiegandole
brevemente la
storia di ognuna di loro.
–
Si… certo, ma è anche per un’altra
notizia che mi sento sollevato –
La
donna inarco un sopracciglio, avvicinandosi all’uomo senza
però andargli troppo
vicino. Volle
lasciargli il suo spazio
personale nel mentre che osservava una splendida armatura illuminata
dalla
calda luce fornita da un grande caminetto posto nei suoi pressi.
–
Spero allora che sia una buona notizia –
–
In parte – sospirò l’uomo portandosi le
mani dietro la schiena con fare
pensieroso – si tratta di mio figlio Kevin…
lui… beh, diciamo che ho ripreso i
contatti dopo un lungo periodo di assenza –
Alya
aveva già avuto modo di discutere di queste faccende con il
proprio paziente
già diverso tempo fa. Da dopo quell’invito a cena
un po’ forzato difatti, Robin
Mask aveva mantenuto la sua promessa di telefonarle per sapere
com’era andata
la visita ad un certo Howard Lancaster, senza però riuscire
a tirarle fuori
molte informazioni a causa del segreto professionale tra dottore e
paziente.
Era però riuscito a convincerla a farsi “dire
tutto” in via privata davanti ad
una tazza di thè caldo in una delle caffetterie
più rinomate della città, a
spese sue logico, rendendosi conto solo ora che alla fine tutti quegli
appuntamenti erano solo una scusa per poterla vedere.
Le
loro discussioni erano sempre andate dal più al meno fino a
quelle di tipo
sociale/politico. Parlando della Muscle League e di come, ai tempi che
furono,
fosse stata veramente una lega gloriosa senza ridursi ad una fabbrica
di soldi
come lo era ora. Poi si era passati ai fatti più personali,
dai ricordi
d’infanzia fino alle questione spinose, senza mai comunque
addentrarsi nei
dettagli più intimi per un’ovvia questione di
rispetto reciproco.
E
se i primi incontri furono in luoghi pubblici, poco più
avanti Robin Mask la
invitò persino nella propria tenuta per bere qualcosa oppure
per mostrarle i giardini
ben curati e le annesse stalle con i suoi cavalli usati nella caccia e
anche
per le corse competitive.
Ora,
il luogo che a pochi individui aveva permesso di varcare era stato
“profanato”
dalla presenza di una Deva. Suo nonno sicuramente si sarebbe rivoltato
nella
tomba, suo padre invece, se fosse stato presente, si sarebbe limitato a
fare
spallucce. Lui francamente parlando, sentiva istintivamente che era
arrivato il
momento di mostrarle i ricordi di una vita.
–
È una cosa buona che abbia lasciato la d.m.p, significa che
è più onesto di
quanto abbia voluto far credere… –
–
Mi riempie di gioia sapere che sta bene – e Alya sapeva ormai
che quella era
una confessione che normalmente non avrebbe mai fatto ad un semplice
conoscente
– tuttavia mi ha comunicato che non ha intenzione di tornare
a casa. Io… questo
non lo capisco. È vero, sono stato severo con lui ma
è sempre stato a fin di
bene! –
–
Forse siete stato troppo severo, non crede? –
–
Non osare – sibilò lui voltandosi momentaneamente
ad osservarla – come un vero
Mask era tenuto ad essere perfetto,
e
invece che ha fatto?! È fuggito di casa vivendo per strada!
La mia Alisa non
avrebbe mai accettato una cosa del genere –
Alya
conosceva la storia, e francamente le faceva venire un po’ i
brividi tanto da
stringersi dentro il proprio maglione bianco. La morte della moglie lo
aveva
segnato, e nell’allenare il figlio negandogli una infanzia
normale poteva
vedere chiaramente la volontà di esorcizzare
quell’incubo che costantemente si
rigenerava in lui, creando una creatura che andasse oltre a sua
immagine e
somiglianza. Un figlio di cui Alisa potesse andarne fiera anche da
morta.
–
Tzk… non è ironico? – si
allontanò dall’armatura per avvicinarsi al camino
e
osservare il dipinto di Robin Grande posto sopra di esso –
è come dite voi Deva
con il vostro credo… è una situazione che si
rigenera ad ogni determinato
ciclo. Kevin se ne va, poi ritorna, e subito dopo se ne va…
vorrei essere più
felice di quanto sia ora, il cerchio non si chiude mai – si
voltò nuovamente a
scrutarla con sarcasmo, perso nei propri ricordi – altro che
rigenerazione, voi
Deva siete delle dannate fataliste! –
–
Non è così, non esattamente almeno! –
sentendosi presa in causa Alya si
avvicinò a lui guardandolo severamente – non
c’è solo il tormento nella vita,
non esiste solo l’odio e la frustrazione. Le emozioni si
rigenerano, i
sentimenti pure! Robin…! Ti ostini a non voler guardare
oltre il tuo naso! –
Lo
prese persino per un braccio invitandolo a guardarla in faccia.
L’ex lottatore
quasi non fece caso che la donna lo aveva chiamato per nome,
perché lo sguardo
della femmina aliena andava oltre l’ostilità per
aver visto il proprio credo
religioso denigrato in quel modo.
–
Ti ostini a vivere in un perpetuo lutto dando a terzi la colpa di
errori
passati… ma siamo noi stessi a scegliere ciò che
vogliamo venga rigenerato –
Doveva
essere sincera? Alya la sua cotta infantile se l’era fatta
passare da un pezzo.
Non era entrata in medicina con il desiderio di far parte della Muscle
League
solo per poter spasimare dietro a Robin Mask, che tra l’altro
si era rivelato
essere un uomo arrogante e in parte cieco, ma perché lo
studio che aveva fatto
con tanto sacrificio ( anche di tipo economico ) le piaceva e voleva
avere la
possibilità di operare sul campo.
Se
da un lato non lo sopportava, dall’altro aveva iniziato a
stimarlo e doveva
ammettere che suo padre su alcune cose aveva ragione. Il signor Mask
era un
uomo intelligente e
con dei principi,
sapeva tener testa alle tragedie e i problemi
come se fossero suoi nemici da battere sul ring sia in
senso buono che
in senso completamente sbagliato.
Ma
era un uomo solo, che continuava a girare in cerchio attorno ad una
vita che
non esisteva più, rispecchiando inconsapevolmente questo
lutto nel figlio
incatenandolo a degli ideali troppo difficili da comprendere per un
bambino. E
stranamente, aveva iniziato a percepire quella sua solitudine come la
sua
“malattia” principale, un malanno a cui si era
affezionato non permettendo più
a nessuna persona, dalla morte di Alisa, di curarlo e fargli capire che
era vivo.
Tutti,
eccetto lei.
Avrebbe
potuto evitare i suoi inviti a cena, le sue lunghe e spinose
chiacchierate, la
sua diffidenza verso la sua razza nata da una infanzia abbastanza
discutibile.
Alya da bravo medico avrebbe potuto ignorare quel caso di ipocondria e lasciare che il tempo
facesse il suo corso.
Avrebbe
potuto, per l’appunto. Ma non era spinta dalla
pietà che fino a quel momento
gli era stata vicino. La sua era una scintilla, in principio grande
come un
granello di polvere ma poi sempre più concreta in un
sentimento che persino
Robin Mask faticava a volergli dare una forma. A volerci credere.
Comodo,
facile, darle la colpa. A quel punto avrebbe anche potuto cacciarla
via, la
strega dello spazio, e restare legato al proprio limbo di rigenerazione
fino
alla fine.
Avrebbe
potuto, per l’appunto. Ma Robin Mask voleva essere
felice…
Voleva
tornare a sorridere sotto quel vecchio elmo costantemente calcato in
testa,
sentire i muscoli facciali tendersi e mostrare i denti ancora bianchi.
Voleva
avvertire il cuore sciogliersi dopo averlo scolpito nel marmo
più duro,
sentirlo palpitare nuovamente come in quel caso specifico, con Alya che
lentamente gli stava sfilando via l’elmo con ambo le mani.
–
Alya… n-non… –
–
Shh… – mormorò lei, esponendo quel
volto alla calda luce del fuoco – è tutto a
posto… –
Sotto
quel lucido metallo pesante esisteva il volto di un uomo con i segni
delle
battaglie incise nella carne, una cicatrice sulla fronte era un ricordo
del suo
vecchio scontro con King Muscle, e i capelli che si stavano facendo
grigi da
castano chiaro qual erano risultavano in contrasto con occhi ancora
vispi come
quelli di un ventenne. Un uomo che, nonostante i suoi 64 anni appena
compiuti,
aveva un discreto fascino che avrebbe ancora incantato parecchie donne
se solo
lo avesse voluto.
Robin
Mask non seppe dire perché successe quel che successe, il
motivo valido per cui
spense l’interruttore del cervello, ma lasciò che
la Deva lo baciasse
delicatamente sulle labbra in un bacio che, per volontà
dello stesso lottatore,
divenne in breve tempo qualcosa di molto più passionale.
Gli
era mancata quella dolce sensazione, sentire le labbra di una donna
sulle sue.
Assaporare la sua saliva, giocare con la sua lingua, passarle una mano
tra i
capelli e liberarglieli dal consueto fermaglio che li tratteneva.
Prendere ampi
respiri di quel suo buonissimo profumo che sapeva di vita.
Una
parte remota di lui gli stava dicendo che era sbagliato. Che doveva
cacciarla
via perché stava per commettere un torto incredibile alla
sua Alisa e a suo
nonno, che in quel momento lo stava guardando
da sopra il caminetto. Grido quello decisamente inascoltato nel mentre
che si
svestiva e spogliava la Deva del suo maglione bianco stringendo a se
quel corpo
candido e morbido.
Tutte
sensazioni nuove, antiche a dire il vero, nel mentre che le consumava
sul
tappeto persiano del mausoleo. Affamato di vita nel mentre che la
possedeva con
furia crescente, senza mai staccare le labbra dalle sue, stringendo le
sue
carni morbide e calde e lasciandola fare se gli graffiava la schiena in
maniera
dolorosamente piacevole.
Alya…
così giovane e morbida. Calda fuori, calda soprattutto dentro, così viva e nei suoi
occhi di ghiaccio ardeva la sua stessa
scintilla. Lo stesso fuoco durato solo un attimo.
Troppo
poco secondo la sua coscienza, perché non tardò
ad arrivare il suo orgoglio
che, con la voce di Robin Grande, lo stava assillando per aver commesso
un
errore madornale nell’essersi scopato
una Deva nel tempio dei Mask.
Si
alzò da terra contenendo un ringhio, una volta che tutto fu
finito,
rivestendosi dell’elmo prima di ogni altra cosa e lasciando
la propria ospite
confusa sul tappeto persiano. Alya fu sul punto di protestare, di
chiedergli
“perché”, ma si trattenne.
Trattenne
anche le lacrime di rabbia che quel testardo le provocò con
quella sua chiusura
mentale che decisamente non voleva abbandonare. Decise quindi di fare
altrettanto, di rivestirsi e andarsene, perché il messaggio
di Robin era
quello, tentata davvero di mandarlo al diavolo lui e quel suo perpetuo
rancore.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Devo essere sincero? Sono stato bene… felice direi.
Eppure… – si lasciò andare
ad un basso sospiro, osservando il giardino di casa dalla grande
vetrata posta
dietro la sua scrivania – perché mi sento
così maledettamente in colpa?! –
Ad
una settimana esatta dalla visita della Kalinina alla tenuta dei Mask,
Archie
si era ripreso bene dall’influenza che lo aveva colpito, ed
ora si stava
occupando di spolverare alcuni soprammobili e foto corniciate su di una
credenza posta nei pressi della scrivania.
No
sapeva i dettagli esatti della visita della dottoressa in casa del
proprio
datore di lavoro, eccetto la visita medica, ma gli bastava vedere
l’ex wrestler
per capire che doveva essere stata una visita cruciale per il loro
rapporto
“tiepido”.
–
Vi sentite in colpa perché considerate la
felicità un peccato, oppure perché
temete di aver offeso qualcuno con i vostri sentimenti? –
Robin
Mask, con le mani dietro la schiena e sguardo pensieroso fino a poco prima,
indirizzò il proprio “sguardo”
scarlatto verso l’anziano maggiordomo ora intento a lucidare
una vecchia foto
di Alisa ritratta in compagnia dello stesso marito. Cosa voluta forse?
–
Ti ci metti anche tu, Archie? Non considero essere felici come un
peccato, al
massimo sono le cause ad essere sbagliate alle volte! –
–
Mi scuso signore, quindi devo evitarle di riferirle che miss Kalinina
vi ha
lasciato una lettera davanti al cancello di casa? –
Alya
aveva provato a contattarlo almeno un paio di volte nell’arco
di quella lunga
settimana, due chiamate sul cellulare, e poi più nulla fino
a quella mattina
nebbiosa con una busta misteriosa che portarono Robin Mask a sentirsi
irrequieto. Sperava di dimenticarla e di tornare al proprio cerchio
maledetto,
ma a quanto pare il cerchio non voleva chiudersi.
Pretese
di vedere quella lettera candida, come la pelle di quella donna, e dopo
che gli
venne consegnata rimase di stucco vedendone il contenuto. Si sarebbe
aspettato
una lettera scritta di suo pugno, con annesse scuse o frasi che lo
invocavano
chiamandolo “amore”… non un biglietto
per il concerto del “Nuovo Mondo” di
Dvorak. Tra l’altro doveva esserle costato anche parecchio.
–
Interessante contenuto – fece Archie, andando ora a
spolverare una libreria – se
non ricordo male a teatro questa sera daranno proprio quel concerto.
Pensate di
andarci, signore?–
–
Non… non penso proprio – accartocciò il
biglietto buttandolo distrattamente
sulla scrivania – non voglio avere più niente a
che fare con quella tentatrice
–
–
Ma siete stato felice con lei, in quella vostra visita
al mausoleo di famiglia o sbaglio? –
–
Si ma… –
non
fece in tempo a cercare una giustificazione, che l’anziano
maggiordomo,
scendendo dalla piccola scaletta dopo aver recuperato un soprammobile
da
spolverare bene, parlò quasi con tono severo. Archie non era
un ingenuo, dopo
quel giorno Robin aveva iniziato a comportarsi come un uomo che aveva
appena
ricevuto una delusione amorosa.
–
Signore, credo che comunque sarebbe educato accettare
l’invito di una signora.
Infondo, credo che persino la vostra defunta moglie Alisa avrebbe
apprezzato
sapervi in salute e soprattutto felice
–
Aveva
detto una cosa così vera, ma così difficile da
accettare, che andava in netto
contrasto con il suo orgoglio di rimanere comunque fedele alla donna
che aveva
amato. Glielo doveva dopo tutto quello che le aveva fatto passare.
Alisa
era sempre stata di salute cagionevole, ma pur di evitare che suo
marito si
facesse del male lo aveva seguito in ogni sua peregrinazione in giro
per il
mondo alla ricerca del lottatore perfetto. Di una spietata macchina
assassina
che lo portasse a vendicarsi di King Muscle e della pietosa sconfitta
che gli
aveva inflitto. Fu in Russia che si ammalò, e non
riuscì mai del tutto a
guarire neppure dopo la nascita del loro unico figlio…
aggravandosi da li a
poco e lasciandolo terribilmente solo.
Ma
con Alya… maledizione… non poteva essere che
avesse semplicemente spento il
cervello in quel frangente fatidico. Lei non lo aveva stregato, Cristo
Santo!
Lo sapeva benissimo eppure continuava testardamente a seguire una linea
morta
che lo avrebbe solo fatto soffrire a lungo.
“Archie
è più vecchio di te eppure usa di più
il cervello, figliolo…”
“Ha
parlato quello che con la scusa di curarsi l’ictus si
è stabilito pianta
stabile su Amazon!”
“Poco
arrampicarti sugli specchi, e ammettilo una buona volta che sei
innamorato di
quella giovane. Con buona pace del nonno”
Odiava
quando la sua coscienza aveva schifosamente ragione, avente la voce di
suo
padre, ma piuttosto che ammetterlo davanti ad un maggiordomo che
già sorrideva
lievemente vedendo il padrone di casa raccattare il biglietto e
sistemarlo,
volle chiarire che sarebbe andato al concerto solo per non sprecare
soldi preziosi.
-
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Probabilmente
Alya non aveva scelto quel concerto solo perché una amante
della musica
classica, nel “Nuovo Mondo” Robin Mask poteva
percepire la matassa delle
emozioni della Kalinina rimasta per tutto il tempo in glaciale silenzio
accanto
a lui in una delle logge semi centrali del teatro, sentendosi per
questo
incredibilmente a disagio.
La
donna era impeccabile nel suo vestito nero, un abito che ne risaltava
la figura
snella e le curve che tanto il lottatore aveva decisamente apprezzato,
apprezzando tutt’ora visto i pensieri poco casti che a tratti
lo assalivano con
imbarazzo, ma il suo sguardo era freddo e dalle sua bocca non erano
uscite
molte parole. Era la musica a farsi spiegare.
Ancor
prima delle scuse, voleva che quel testardo capisse come si sentisse, e
dato
che Robin non era uno sciocco con tutta probabilità aveva
capito alla
perfezione. Fu solo quando iniziò l’intervallo, e
tutti i gentiluomini con le
loro signore si riversarono fuori nella zona ristoro per prendere
l’aperitivo,
che i due amanti ebbero l’occasione per parlare a quattrocchi
una volta che
raggiunsero il bar.
–
Direi che se volevate farvi capire, ci siete riuscita in pieno
miss… –
–
A me sembri essere tu quello che vorrebbe farsi capire ostinandosi a
far finta
che non sia successo nulla, darmi del “lei” non
cambia le cose –
Era
incazzata? Oh si. Anche se era troppo educata per dargli uno schiaffo
in mezzo
a tutta quella gente che chiacchierava e ogni tanto li scrutava
incuriosita nel
vedere Robin Mask in compagnia di una ragazza giovane, entrambi seduti
ad un
tavolo a degustare vino. L’ex lottatore emise qualcosa di
simile ad un basso
ringhio, accettando quella condizione spiacevole.
–
Non è così facile, Alya. Tu sei
giovane… io sono vecchio ormai –
–
Non mi sembravi così vecchio mentre bramavi le mie carni.
Mentre sussurravi il
mio nome – sorseggiò con mano lievemente tremante
il proprio prosecco, cercando
di tenere i nervi saldi – non è così
difficile Robin, basta solo dirlo… –
Rimase
in silenzio per un lungo attimo. Osservandola nel mentre che, con
sguardo un
po’ spento, osservava le bollicine del vino frizzante
agitarsi all’interno del
calice.
–
Non… non era mia intenzione ferirti –
sbuffò seccato, bevendo vino rosso – ma
in quel frangente il mio pensiero era corso al…
passato… –
Era
chiaro a chi si riferisse, ma non riuscì a completare la
frase che Alya posò
una mano su quella del lottatore, accarezzandone lievemente il dorso.
Passato
appunto, e lei era attualmente il presente. Con il suo profumo, la sua
carne, i
suoi discorsi, la sua vita ad accompagnarlo in quello che sapeva poteva
essere
un nuovo inizio.
Alla
Deva non interessavano le ricchezze di un uomo anziano, ne ottenere una
discendenza forte come tanto promuoveva il governo di Amazon. A lei
interessava
lui senza sapere il perché effettivo.
–
Esiste nella vostra lingua la parola “ti amo”,
Alya? –
Solo
quando l’intervallo fu quasi finito, e gli spettatori
iniziarono a tornare
all’interno del teatro, Robin Mask se ne uscì con
quella domanda decisamente
inaspettata e la donna lo guardò con una punta di sorpresa
prima di scuotere
lentamente la testa.
–
No… non esiste una parola simile. Ma abbiamo qualcosa di
analogo, che tradotta
nella vostra lingua significherebbe all’incirca
“perdersi nell’altro” –
All’ex
lottatore venne quasi da sbuffare divertito, sentendo sempre
più che le
barriere personali si stavano sciogliendo senza che gli facessero poi
tutto
questo gran male. Arrivando persino a prenderle la mano che fino a quel
momento
lo stava consolando, stringendogliela delicatamente e facendosi capire
bene
dalla femmina che deglutì sentendole mancare un paio di
battiti alle successive
parole del compagno.
–
Allora mia cara, credo proprio di essermi perso…–
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Oggi.
Da
quel giorno alcune cose erano drasticamente cambiate, mutate come una
primavera
attesa troppo a lungo, ma francamente parlando Kevin Mask non se la
sentiva di
congratularsi con il padre per le sue imminenti nozze con una perfetta
sconosciuta. A dire la verità, se fosse stato meno testardo
e avesse ascoltato attentamente le
telefonate di suo padre,
avrebbe capito che il suo vecchio non aveva intenzione di combinargli
un
matrimonio ma di fargli conoscere la sua
di futura moglie!
Chi
era questa tizia? Una procacciatrice di ricchezze forse? Voleva
ingannare suo
padre magari?! E se fosse stato attento magari avrebbe pure notato che
l’incazzatura evidente di Lord Flash era dovuta a questioni
molto più personali
di quanto poteva pensare.
Rischiava
di essere espulso dalla League, di rinunciare alla corona Chojiin, e
per giunta
suo padre si stava per risposare! Cristo!
Come
se non bastasse per tutto il tragitto da Tokyo a Londra avevano dovuto
tenere i
cellulari spenti stando ai consigli di quella tizia inquietante che
aveva tolto
loro i chip di rintracciamento, che cosa se ne facesse poi di quella
roba non
si sapeva, e Kevin era dovuto andare a scrocco dalla Lancaster per
poter
chiamare casa.
Andare
a chiedere “per favore” ad Emerald voleva dire fare
un patto con il diavolo,
per come erano stati trattati poi gli bastava come teoria azzeccata, e
se non
gli stavi simpatico… apriti cielo. Francamente il ragazzo
non sapeva se
inserirla nelle antipatie o nella lista delle poche persone simpatiche,
perché
trattamento bestiale a parte era stata gentile ad ospitarli in cabina
anche se…
perché Lord Flash gli aveva sussurrato di non fidarsi troppo
di una che “le
piace molto il gelato alla panna nonostante dica che la faccia
schifo”?! Mah…
Comunque
sia, arrivarono all’aeroporto di Londra a mezzogiorno in
punto, e la stessa
Emerald si era offerta di ospitarli tutti in un albergo di
proprietà di suo
padre, anche se francamente parlando Kevin Mask già poteva
immaginare quale
lista di alberghi avrebbe proposto a quella marmaglia di wrestler. Per
lui
comunque, la priorità era di rientrare alla tenuta quanto
prima e aveva già
contattato chi di dovere per…
–
Kevin! Mi hijo!! –
Tra
tutte le persone che si sarebbe aspettato non avrebbe mai creduto che
la sua
“vecchia” tata fosse venuta di persona a prenderlo.
Santiago era una donna di
quaranta anni o più e il fatto che fosse di origini
ispaniche lo si poteva
dedurre da… beh, un po’ tutto. Dalla parlata con
accento spagnolo fino
all’abito rosso che ricordava molto quello delle ballerine di
flamenco. Un po’
muscolosa, ma era anche vero che aveva allevato sei pargoli lui
compreso, oltre
che piuttosto procace sul davanzale.
–
Santiago… aspett
– non finì la frase
che la donna letteralmente lo abbracciò stretto a se
piantandogli la testa fra
le tette – ma… mamá!
Cálmate! Sono felice anch’io di vederti...
off – Invece
di liberarsi
stava sprofondando sempre di più – ma ora lasciami
per piacere! –
–
Mi hijo… que bueno verte de nuevo! –
La
donna ubbidì, lasciando andare il giovanotto e ignorando le
facce stupite dei
suoi compagni di viaggio o di chi sghignazzava sarcastico per
quell’abbraccio
fin troppo caloroso per i gusti di uno come Kevin Mask.
–
Ti piacciono le MILF… eh, little brat?! – Connors
lo superò sogghignando
malevolo ( e quella “traditrice” di Coco gli era
salita sulle spalle tra l’altro
), interrompendosi solo un attimo per il dolore causato dalle costole
incrinate.
A
seguirlo ci pensò Kid Muscle con una risata molto
più sguaiata e una più
sottile da parte di Terry Kenyon, perché in fin dei coni la
battuta ci stava, ma
nell’insieme il gruppo si mosse quando Emerald
capì che il giovanotto inglese
voleva stare un po’ da solo con la propria tata.
Lord
Flash fu l’ultimo a lasciare i due, ma per farlo
aspettò il consenso del
proprio allievo che gli annuì che era tutto a posto. Il
russo tra l’altro aveva
il doppio dei pensieri ora che si trovava in Inghilterra, ma prima di
farsi
dare spiegazioni da Alya aveva bisogno di sistemarsi e di rendersi
più
presentabile come Warsman.
–
Santiago… come stai? Come sta papà?! –
Gli
venne di istinto di chiedere come stesse il padre, anche se a dir la
verità
aveva voglia di spezzargli l’osso del collo con il Big Ben
Edge. La donna
tuttavia simulò un pizzicotto sulla guancia del giovanotto,
rispondendogli tutt’altro
che contrita per quelle nozze imminenti.
–
Sto bene… stiamo bene! Il señor Mask ha
conosciuto una ragazza tanto bella,
sapessi! –
–
Si… ecco… proprio questo che voglio sapere! Che
diavolo è saltato in testa a
mio padre? Chi è questa tizia?! –
A
quel punto Santiago lo guardò un po’ perplessa,
cercando di capire il motivo perché
il suo ragazzo, tra le altre cose lo riteneva in parte
“suo” visto che per un
certo periodo lo aveva addirittura allattato al seno, non sapesse nulla
della
faccenda. E si che suo padre lo aveva contattato diverse volte.
–
Davvero non sai niente…? Molto strano, ma credo di non
essere la persona adatta
a dirti certe cose, hijo mio. Tuo padre saprà dirti tutto
–
E
strano ma vero a sentir parlare la propria tata in quel modo venne uno
strano
gelo a Kevin… che diavolo aveva combinato suo padre? Ma la
domanda più
importante era: perché era stato così testardo da
non dargli retta?
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Capitolo 11 *** KO~HO~ ***
il
servizio sull’aereo era decisamente qualcosa di impeccabile.
Ma non c’era da
stupirsi con tutti i soldi che Vance MacMadd spendeva per se stesso
più che per
la Muscle League, e quindi Jacqueline se ne approfittava alla grande.
Perché
mai non avrebbe dovuto? Se ne aveva la possibilità,
qualunque essa fosse, la
giovane figlia di Vance decisamente la coglieva in pieno. Quindi, se
poteva
permettersi di bere milkshake offertole da un grazioso modello pagato
tramite
agenzia, lei lo faceva. Jackie aveva il potere e al contrario di suo
fratello
Ikimon sapeva come amministrarlo, tanto che il suo anziano padre, un
po’ per
ironia e un po’ con vera serietà,
l’aveva paragonata ad una scaltra
imprenditrice Deva.
–
Non è giusto, papà! Perché Jackie
può permettersi questi lussi e io no?! –
Il
figlio maggiore del MacMadd, che non somigliava affatto alla sorella,
guardò il
padre con una nota delusa per poi sbirciare Jacqueline con una certa
irritazione. La suddetta si limitò ad abbassare gli occhiali
da sole griffati,
guardandolo con ironia facendogli poi una linguaccia.
–
Perché tua sorella ci ha appena tirato fuori dai guai con
quella storia del
matrimonio in diretta! Nessuno scoprirà nessunissimo
scandalo e tutti
guarderanno l’evento come la ciliegina sulla torta prima
delle semifinali della
corona Chojiin –
–
Forse ti sfugge papà, ma come facciamo con la Corte?
– e qui la voce del figlio
si inasprì, avendo pienamente ragione – quelle
hanno iniziato una indagine più
di un anno fa! Se vengono a sapere che stiamo coprendo dei possibili
sospettati
ci faranno lo scalpo! –
Non
aveva tutti i torti e lo stesso Vance deglutì cercando una
risposta decente.
Non aveva ancora contattato i piani alti della Corte
perché… francamente cosa
avrebbe dovuto dire? Che stava coprendo dei possibili spacciatori per
evitare
che il torneo chiudesse?! In quel caso avrebbe rischiato davvero lo
scalpo
visto che quelle tizie non andavano per il sottile.
–
Ragazzi, calmatevi una buona volta – La donna dai folti
capelli rossi posò il
bicchiere ormai vuoto sul vassoio dell’avvenente cameriere e
si rivolse al
padre e al fratello con tono serio – la nostra tuttofare ha provveduto a rimuovere i
chip di
riconoscimento dai nostri atleti, impiantandoli poi su dei bersagli
credibili dal
punto di vista delle indagini… –
–
Si, ma sarà solo un modo per perdere tempo! Non ci arrivi
cara sorella?! –
–
In effetti ragazzo mio, non è che hai tutti i
torti… –
–
Ed è qui che vi sbagliate… – Jackie si
tolse gli occhiali da sole, guardando i
due con una sicurezza tale da risultare quasi credibile –
perché la Corte è interessata
soprattutto alla scimmia, e pare che anche quella non
seguirà più il nostro
Kevin Mask. E nel mentre che le signore faranno le loro indagini sempre
più
inquinate noi avremo già fatto rimuovere tutti i microchip
dai lottatori della
League per via di “problemi tecnici”…
alla fine le signore lasceranno perdere
l’indagine se non vorranno fare loro una brutta figura per
aver toppato alla
grande! –
Che
dire, Jacqueline MacMadd era decisamente scaltra come una imprenditrice
Deva.
Ed anche se gli ovvi dubbi rimanevano, bisognava solo aspettare che i
pesci
abboccassero e tutti loro non venissero toccati dallo scandalo. Solo
l’anziano
padre dopo un po’ se ne uscì con una domanda
perplessa nei confronti della
figlia.
–
Un momento, Jacqueline… hai parlato direttamente con miss
Alana?! Perché non ha
informato direttamente il sottoscritto? –
La
kinniku fece spallucce – ha detto che aveva molto da fare e
non posso che darle
ragione… attualmente, da quello che ha detto, si sta
occupando personalmente della
nostra sicurezza
personale fino al nostro arrivo a Londra –
E
non aveva tutti i torti in effetti, anche se i due MacMadd maschi si
guardarono
un po’ perplessi a quella notizia anche perché la
signora in giro non si
vedeva, bisognava ammettere che la Deva se la stava cavando bene a
mantenere
l’equilibrio sopra il tetto di un aereo in volo nonostante i
suoi cinquanta e
passa anni. Era armata solo di un fucile da caccia, e si stava
occupando personalmente
di liberare la strada dell’aereo di ogni possibile intralcio.
Aveva
già sparato ad una decina di gabbiani e ad uno stormo di
anatre selvatiche, più
a due paracadutisti ignari ( ma si era scusata, eh! ) oltre che
setacciato
l’intero velivolo alla ricerca di microspie e piantando nella
coda un sistema
di occultamento radar. L’atterraggio a causa di questo ultimo
dettaglio si
sarebbe dimostrato un po’ problematico, ma per qualche bruciatura nessuno avrebbe detto niente,
e comunque tutto questo
era il meno peggio in assoluto. C’erano cose ben
più importanti a cui pensare,
ed Alana non era sicura che sarebbe andato tutto per il
meglio… non dopo quello
che aveva visto l’ultima
volta.
–
Uhmm… chissà com’è finito Breaking Bad…
–
Ma
a risponderle ci fu solo il vento che soffiava forte.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Sul
telefono aveva una lista di chiamate senza risposta davvero
impressionante.
Aveva
fatto bene, Lord Flash, a passare prima in banca per ritirare la
propria
cassetta di sicurezza e tirare fuori da li i suoi vecchi vestiti e il
cellulare
che usava come Warsman. Nonché le chiavi della sua vecchia
ural parcheggiata
dentro un garage in affitto.
La
prima persona che aveva chiamato, per ovvie ragioni una volta giunto
nell’albergo
che lo ospitava assieme a tutti gli altri, era stata sua figlia Alya
ossia
l’artefice di tutte quelle chiamate a vuoto.
“avrei
voluto dirtelo prima, otets. Ma non
riuscivo a contattarti e la cosa mi stava mettendo un po’
d’ansia… fortuna che
mia cugina sapeva dov’eri e ha pensato lei a spedirti
l’invito…”
“Alya,
svet moy, sei sicura di quello che
vuoi fare?!” la interruppe così, volendo andare
subito al sodo e non
sopportando di sentire che a sua figlia stava iniziando a venire su
l’ansia per
non aver avuto sue notizie per mesi “sei giovane, e vuoi
sposarti un uomo che
potrebbe essere… beh, il tuo stesso padre?”
Attimi
di silenzio dall’altro capo del telefono, prima che la
dottoressa tirasse fuori
il carattere glaciale che caratterizzava Warsman il più
delle volte.
“anche
mamma mi ha fatto la stessa domanda e quindi ti do la stessa risposta:
si, sono
sicura. Nel momento in cui mi ha chiesto di sposarlo non ho avuto
esitazioni e
poi… credo che dovremmo parlarne in privato, otets”
Non
aveva tutti i torti ma questo decisamente non lo aveva tranquillizzato.
Sua
figlia che si sposa con il suo vecchio maestro?! Da un lato era tentato
di
farla diventare vedova prima del tempo, ma dall’altra non
voleva farla soffrire
e poi… quando una Deva decide di stare assieme ad una
persona lo fa perché
convinta al 100% e niente l’avrebbe schiodata quella testarda
di sua figlia.
Era
stato più o meno anche per lui con sua madre, Katia, quando
l’aveva conosciuta
la prima volta gli era sembrato di sognare, arrivando a chiedersi se
era
realmente sveglio nel momento in cui i suoi sensori ottici
l’avevano
analizzata. Era stato davvero bene con lei, ma per sua stessa
volontà quella
storia era finita molto presto… la Deva aveva cercato di
dissuaderlo, ma era
meglio che lei e la loro bambina stessero lontano da qualcuno di
potenzialmente
pericoloso. Quello era un periodo piuttosto tetro e pieno di incontri,
poi di
tempo ne passò troppo quando lui decise che forse, forse, riprovarci con la vecchia compagna
non fosse una cosa
sbagliata. Il tempo era passato, e Katia restava un ricordo agrodolce.
Fece
un lungo sospiro e decise di darci un taglio con i pensieri
perché,
decisamente, farseli venire durante una doccia rilassante non era
esattamente
piacevole. Come Warsman non era abituato ai lussi e aveva sempre fatto
molta
economia in vita sua, anche quando viveva con Katia, e una parte dei
suoi
guadagni li aveva sfruttati per garantire alla sua bambina la giusta
istruzione. I sacrifici avevano dato i loro frutti visto e considerato
dove
lavorava adesso Alya, però doveva ammettere che nei panni di
Lord Flash qualche
soddisfazione se l’era tolta… magari era grazie
alla tutina aderente?
C’era
poco da scherzare, Emerald Lancaster ( si esatto, quella Lancaster. E
lui era
stato un idiota a non connettere prima che era parente stretta di
Howard ) gli
aveva riservato, più o meno come agli altri solo che le loro
camere erano più
“economiche”, una suite tutta sua che aveva ben
deciso di sfruttare prima di
andare alla tenuta dei Mask. Ma fu solo quando uscì dal
bagno, con indosso solo
l’accappatoio, che si trovò una gran brutta
sorpresa sul letto.
–
Sorpresa, sorcio! Bello il cambio maschera… ti fa
più snello! –
Emerald
J. V. P Lancaster era comodamente seduta sul letto ancora perfettamente
intatto
e con una certa ironia si era messa addosso la sua maschera di Warsman
lasciandolo completamente interdetto. Fu comunque abbastanza veloce da
calarsi
sul volto il cappuccio dell’accappatoio color crema, prima di
berciarle
addosso.
–
Emerald! Che diavolo ci fai tu qui?! Come osi frugare tra le mie cose,
dannata?!! – cercò di riprendersi la maschera ma
la giovane fu più agile e si
spostò di lato – come hai fatto ad entrare?!
–
–
Oltre che essere un sorcio sei pure tonto? Sono co-proprietaria di
questo posto
e posso entrare dove voglio quando mi pare e piace… e poi
hai un debito con me
–
–
Ridammela subito! – tuonò
il russo.
Saltando
sul letto e strappandogliela via dal volto, e indossandola
immediatamente, con
una velocità tale da coglierla questa volta completamente
impreparata.
Indispettita la ragazza gli sfilò via la cintura
dell’accappatoio,
costringendolo a tenersi stretti i due lembi per non denudarsi, mentre
quella
piccola iena gli sgusciava via andandogli di lato approfittando di
quella
distrazione per colpirlo dolorosamente alle natiche con la corda
dell’accappatoio a mo’ di frustata.
–
Ouch! Tu… dannata…! –
–
Modera le parole vecchio porcello! O dovrei chiamarti Warsman?
Perché la
maschera sembra proprio quella… AH! –
A
sentirsi nominare, il suddetto wrestler perse la poca pazienza che gli
rimaneva
e con uno scatto deciso prese la corda dell’accappatoio,
tenuta ancora in mano
dalla ragazza, per strattonarsela vicino e buttarla sul letto con i
polsi
legati da quella ruvida stoffa. La sovrastò con la sua
immensa figura
impedendole ogni movimento e scrutandola con occhi infuocati da sotto
quella
tetra maschera nera.
–
Ti senti furba, non è vero? Sarà anche di tua
proprietà questo posto, ma è un
mio diritto avere un po’ di privacy! –
–
A dir la verità ora sento solo il tuo fratellino
qui… –
lo
punzecchiò lei, prima di dargli una ginocchiata
all’inguine facendolo quasi
guaire. Rovesciandolo a pancia in su e andandosi a sedere cavalcioni
sopra di
lui, con il braccio sinistro a premergli contro la gola. Tra i due
corse quindi
un breve silenzio carico di tensione, nel mentre che si scrutavano a
vicenda
fino a che ad Hammy non apparve un ironico sorriso
–
Sai una cosa? Trovo molto ironico che Robin Mask voglia sposare proprio
tua
figlia! Altra cosa ironica è che tu stia allenando proprio
Kevin con addosso la
calzamaglia da pantegana… e suppongo che lui non sappia che
tu sia in realtà
una vecchia leggenda del wrestling amico del tanto detestato
padre… – prese una
pausa, compiacendosi che il russo si stava innervosendo –
ora, mi chiedo, tutto
questo è una coincidenza; stai facendo un favore a Robin
Mask; oppure tu e tua
figlia siete i peggiori truffatori della storia…? No,
perché se lo foste
sareste da Oscar! –
–
Non… non sono affari tuoi – l’ex
lottatore deglutì per il tanto odiato
imbarazzo di avere una strega che lo aveva potenzialmente in pugno
oltre al
fatto che stava seduta su un punto delicato
– e comunque Robin Mask non mi ha chiesto di allenare suo
figlio, mi sono
offerto io ma per ovvie ragioni non posso dire a Kevin che suo padre
vorrebbe
tanto vederlo padroneggiare le tecniche segrete… si
rifiuterebbe! E per quanto
riguarda il matrimonio, quella stolta di mia figlia vuole sposarlo
perché lo
ama… –
A
dirla tutta sembrava essere sincero, oltre che preoccupato per la
decisione
presa dalla figlia che Emerald voleva tanto conoscere. Tuttavia non
mollò la
presa su di lui, ed il silenzio che calò nella stanza parve
oltremodo
imbarazzante oltre che di completo stallo.
–
Tu… lo sai che mi sei seduta sopra, vero? –
–
A-ah – fece quella, inarcando un sopracciglio divertita.
–
E che sono in ritardo per il mio appuntamento… –
La
ragazza di rimando sorrise, premendo di più il braccio sul
collo del russo che
si lasciò sfuggire uno sbuffo per la piccola nota di dolore
che il gesto gli
causò.
–
Vero. Allora cerchiamo di sbrigarci! –
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Niente riso col manzo… ditemi voi che razza di mondo
è questo!! –
Distrutto
da un dolore indicibile, e incomprensibile ai più, Kid
Muscle si stava
aggirando per la sala buffet dell’albergo in cui soggiornava
assieme agli altri
rovistando tra i tavoli e importunando i vari commensali. Se poi ai
tavoli era
presente pure una ragazza carina provava ad abbordarla in modo assai
penoso.
–
Kid, la vuoi piantare di importunare la gente? Siamo in Inghilterra,
testone!
Al massimo puoi chiedere del riso e roastbeef –
Il
suo allenatore, il piccolo Meat, guardò con una nota di
compassione il proprio
allievo nel mentre che, con una certa disperazione, frugava in ogni
piatto del
buffet alla ricerca di qualcosa di simile alla pietanza preferita.
–
Al diavolo il roastbeef! – fece il kinniku ora infuriato
– qui c’è solo tempura
di gamberi e io sono allergico! –
–
Adesso però dacci un taglio, Kid!!
–
Esasperato,
l’allenatore del giovane figlio del re prese un martelletto
rompighiaccio da un
cestello posto li nei pressi e con quello colpì
così forte il ragazzo fino a
fargli vedere le stelle. Alcuni dei commensali rimasero interdetti per
quella
scena di pura violenza, mentre altri risero di gusto nel vedere che
Meat,
nonostante la statura, avesse più forza di Kid quando ci si
metteva.
–
Non capisco proprio Kid… invece che preoccuparsi, pensa solo
a mangiare! –
–
Mangiare aiuta, Dik Dik – fece Wally Tusker, addentando un
salmone affumicato
tutto contento – dovresti provare anche tu qualcosa
–
–
Sto bene con la mia Caesar salad, grazie –
–
Eddai, piantala di grugnire van Dik… siamo ancora dentro la
Muscle League.
Almeno credo… – Terry Kenyon si dondolò
sulla sedia pulendosi, nel frattempo, i
denti con uno stuzzicadenti – non siamo ancora stati
contattati, vero, ma non
dobbiamo essere pessimisti! E poi Hammy ha una notevole dispiegamento
di forze!
Siamo in una botte di ferro –
–
Ja, ma in una botte di ferro è facile lanciare una bobba e
fare carne trita,
herr Kenyon –
Jeager
non è che avesse tutti i torti in effetti, la Corte era
imprevedibile nei suoi movimenti
e avrebbero davvero buttato una bomba se avessero voluto. I casi erano
due: o
non sapevano ancora dove fossero, oppure li stavano studiando
attentamente per
decretare le prossime mosse. O magari per avere più indizi.
–
Penso sia il caso di non attirarci troppo le attenzioni indesiderate, e
aspettare che miss Alana faccia la sua inquietante apparizione per
dirci cosa
fare –
A
parlare fu Meat che sopraggiunse al tavolo dei wrestler seguito da un
Kid
Muscle che, sentendo il nome della sua aguzzina celebrolesa,
andò a guardare
con sospetto l’interno di un tacchino farcito. Poteva essere
ovunque… e poi la
farcitura non era male.
–
Shi, ma n-non esisfpte un modoh pef fermarle…? –
–
Kid! Parla dopo aver mandato giù quel boccone! –
ed il kinniku, manco a farlo
apposta, si beccò un’altra martellata sul
capoccione.
–
Beh, a dire la verità forse un modo ci sarebbe…
almeno stando alle notizie che
ho raccolto – Check Mate fu l’unico che, quasi
ignorando la propria tazza di
thè, aveva cercato informazioni utili tramite il proprio
black berry – secondo
le informazioni ufficiali fornite dal sito internet della Corte, oltre
alle
cortigiane base con la rosa rossa, ne esistono anche di quelle con la
rosa
completamente nera e classificate come chojin yurei. Di queste
superdonne
spettri ne esistono circa una ventina o giù di
li… il numero ufficiale non è
fornito, ma sono tra le più potenti
dell’organizzazione e se si decide di
sfidarne una a duello, secondo le regole della Muscle League, si
può ottenere
un indulto nel caso si riesca a batterla –
–
Uhm, bisognerebbe trovarne una e mettere su un piccolo torneo per
dimostrare la
nostra innocenza, e… –
Il
piccolo kinniku venne totalmente ignorato. L’intera
combriccola di quelli che
dovevano essere atleti professionisti si era ora riunita attorno al
lottatore
del Principato di Monaco per sbavare su possibili foto senza veli delle
soldatesse Deva.
–
Ehiii… Chek Mate – flautò Kid con
espressione porcina – non è che
c’è qualche
bella ragazza senza veli in quel sito?! –
–
Ma veramente… –
–
Ahh… io non posso guardare le ragazze – Wally si
coprì gli occhi anche se non
c’era nulla da vedere – poi la mamma si arrabbia!
–
–
Ragazzi, questo è un sito serio. Solo perché
appartiene a delle Deva non è
necessariamente quello che pensate voi… – Check
Mate provò in qualche modo a
farli ragionare, ma Dik Dik gli aveva sfilato il telefonino facendo
vedere
alcuni file anche a Jeager e Terry.
Era
assurdo che quella banda di pelandroni pensasse a cose ridicole anche
in quel
momento così serio. Si stava parlando di chojin di classe
yurei, seconde solo
alla classe akuma e terribilmente spietate quando si trattava di dare
la caccia
ai malvagi. E quelli che facevano…?! Ci sbavavano sopra
all’idea di vedere una
bella Deva promiscua da poter affrontare! Razza di ignoranti! Ma
avrebbe
insegnato loro il rispetto per quella razza di donne aliene a tempo
debito, per
il momento però si sarebbe limitato a far cantare il
martelletto rompighiaccio.
–
Razza di pelandroni ignoranti! Andate immediatamente in palestra ad
allenarvi
se non volete che una cortigiana vi metta in ridicolo in mondovisione!
–
E
perlomeno, l’unico che evitò dolorose capocciate
in testa fu lo stesso Check
Mate che guardò la scena con un po’ di
perplessità, nel mentre che gli ospiti
in sala se la ridevano vedendo un piccoletto menare dei bestioni grandi
e
grossi.
–
Chissà, magari dovrebbe essere proprio Meat a sfidare a
duello una rosa nera… –
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Aveva
visto Hammy passare dalla reception in compagnia di un uomo che non
aveva mai
visto prima, e questo decisamente lo portò ad inarcare un
sopracciglio vedendo
che, nonostante la fretta di entrambi, sembravano alle prese in una
animata
discussione.
Michael
Connors pregò per quell’uomo misterioso che non
facesse del male ad Emerald,
altrimenti sarebbe passato sotto le sue poco graziose manine e
francamente era
da un po’ che non si divertiva a torturare qualcuno.
Seduto
al bar della sala buffet, poteva vedere chiaramente chi andava e veniva
dal
lussuoso albergo, quindi si sentì in obbligo di tirare fuori
il cellulare e
chiamare il capo per il tipo sospetto che stava tallonando la figlia di
Howard.
–
Connors – la voce di Howard Lancaster era pacata come di
consueto – a cosa devo
questa chiamata nel pieno di una rilassante caccia alla volpe?
–
Tutti
sapevano che non era il caso di disturbare il capofamiglia Lancaster
quando si
rilassava, ma per fortuna l’americano, di origini ispaniche
tra l’altro, era
una delle poche persone di cui Howard si fidava e quindi ci
passò sopra.
–
Mi dispiace disturbarla signore, sono qui all’Hotel Atlas e
non ho potuto fare
a meno di notare che vostra figlia è uscita assieme con un
individuo sospetto…
credo di averlo già visto da qualche parte, ma non ricordo
dove –
–
Hm, puoi descrivermelo? – non che fosse preoccupato per
l’incolumità della
propria bambina, Emerald sapeva difendersi, ma nessuno doveva
azzardarsi a
minacciarla.
–
Uh, ecco… giacca di pelle nera, pantaloni color
cachi… un motociclista direi,
aveva addosso pure già il casco nero e una maschera,
anch’essa nera –
–
Warsman? Perché mai mia figlia dovrebbe frequentare quella
bestia delle
steppe?! –
C’era
stupore nella voce di Howard, non preoccupazione…
perché mai doveva
preoccuparsi di quell’animale addomesticato dai russi?
Piuttosto che non gli
saltasse in testa di insidiare sua figlia perché altrimenti
avrebbe dovuto
provvedere a farlo vivisezionare dallo stesso Connors.
–
Uhm, non saprei signore… ma sbaglio o Warsman è
il padre di quella dottoressa sexy?
quella che dovrebbe sposare Robin Mask –
–
Corretto, una sventurata creatura che incontra un vecchio
celebroleso…
comunque, fammi il piacere di seguirli a debita distanza. Magari Hammy
è
interessata a rovinare anche questo matrimonio –
perché era ormai risaputo che
miss Lancaster ad ogni matrimonio che andava scopriva sempre qualcosa
di
decisamente storto – il che non sarebbe una cattiva idea,
sarebbe divertente,
ma tu limitati a vedere che non succeda nulla… intesi?!
–
–
Sissignore – masticò “faccia da
schiaffi” Connors, prima di fare un fischio
alla scimmietta che era andata sopra una palma richiamandosela
così sulle
spalle.
Quella
piccoletta si stava rivelando sempre più una miniera di
sorprese, ed oltre che
essere perfettamente addomesticata e amichevole era pure addestrata a
fare…
uhm, qualcosa come spillare soldi alla gente forse. Ma gli andava
decisamente
bene così e poi aiutava a rimorchiare, e pure parecchio.
Fu
quasi sul punto di staccarsi dal bancone quando vide qualcosa di
decisamente
interessante a pochi passi da lui. Una mistica visione tatuata e poco
vestita
intenta a sorseggiare martini e a guardarlo con affamato interesse. A
giudicare
dalla pelle abbronzata doveva essere di origine ispanica anche lei, ma
il
fisico atletico, con gli addominali lasciati esposti, la identificavano
come
una karateka oppure una che fa ginnastica artistica. La cosa singolare,
oltre
all’abbigliamento davvero ridotto al minimo, e solo per
quello si attirava
occhiate perplesse dagli ospiti della sala, aveva parecchi tatuaggi di
serpenti
stilizzati attorno alle gambe e le braccia. Oltre a due sul tronco che
formavano una “S” o “V” ( erano
troppo intricati per distinguerli ) da ambo i
lati e lo stesso motivo era riprodotto sulla schiena. Tatuaggi neri
come la
pece come i suoi occhi, che si puntarono su quelli
dell’americano con un
sorrisetto ironico.
Valeva
la pena spenderci due parole in fin dei conti, quindi sorridendo
sottilmente le
si avvicinò offrendole la fiamma dell’accendino
vedendola impossibilitata ad
accendersi una sigaretta. La femmina straniera sbuffò il
fumo della sigaretta
verso il soffitto, prima di guardare con ironia il mercenario e la sua
scimmietta.
–
Ma che bella creaturina… è la tua fidanzata?!
–
–
Chi, lei? Nah, è la mia complice in crimine! Mi da una mano
a colpire al cuore
delle signore… –
Dopo
quella battuta rimasero in silenzio per un po’, guardandosi
l’un l’altra con
fare complice, poi fu la donna, presumibilmente di trenta anni anche
lei come
Connors, a parlare per prima.
–
Che cosa guardi, maschio? Mai vista una Deva tatuata? –
–
A dire la verità mi stavo chiedendo dove andassero a
finire… – con sguardo
rapito osservò le code dei due serpenti tatuati sulle gambe
scomparire oltre la
minigonna di pelle nera – però mi chiedo cosa
significhi quel 20 segnato da una
X che hai all’altezza della tiroide –
–
Ah beh, per la prima domanda posso solo dirti “usa la tua
immaginazione”,
mentre per l’altra… – e qui si fece
momentaneamente seria, quasi malinconica –
diciamo che ho speso venti anni della mia vita con l’uomo
sbagliato –
Era
una conversazione dannatamente
interessante doveva ammetterlo, purtroppo il tempo era decisamente
tiranno e
gli ordini di Lancaster non andavano ignoranti.
–
Beh, spero che tu mi scuserai se ora devo proprio andare…
miz?! –
–
Uriel… Uriel Truce de Santa – lasciò
che l’americano le facesse un baciamano –
e tu gentiluomo terrestre? –
–
Michael Connors, Mikey per le amiche… spero sarai ancora mia
amica al mio
ritorno! –
E
detto questo se ne andò di corsa, con la scimmietta sulle
spalle, portando la
Deva a sorridere sottilmente scrutandolo ben bene con una espressione
poco
rassicurante.
–
Oh… puoi contarci, hijo de perro
–
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Un sidecar! Questo me lo devi dire dove l’hai preso!
–
Emerald
Lancaster osservava a dir poco entusiasta la motocicletta nera parcheggiata
all’interno del garage che
Warsman aveva appena aperto, andando immediatamente a sedersi sulla
carrozza di
lato con fare abbastanza irruento.
–
Ehi, vacci piano razza di idiota! L’ho fatta riverniciare da
poco… e per tua
informazione si tratta di un, ehm, “prestito”
permanente dall’esercito
sovietico –
Si
mise in sella alla motocicletta e dando un calcio deciso al pedale
dell’accensione la mise in moto. Partirono quindi veloci,
superando il traffico
londinese con una certa grazia nonostante fosse un mezzo non
propriamente
agile.
–
Uhh… poi mi racconti anche questa storia durante il viaggio,
vero? –
–
Ovviamente no – tagliò corto il russo, dando una
accelerata gratuita e mandando
la giovane donna a gambe all’aria all’interno della
carrozza.
In
breve tempo arrivarono fuori città, in una zona semi
boschiva territorio di
molte casate nobiliari con le loro tenute stratosferiche. Sentendosi un
po’
offesa per il trattamento poco elegante ricevuto prima, oppure
perché si stava
semplicemente “preparando” per conoscere sua
figlia, si mise a bere una strana
bottiglietta d’acqua presa dal marsupio legato attorno alla
vita.
–
Di un po’ tu… – e qui si
voltò appena verso di lei, seduta in modo scomposto
sul posto di lato, notando che tra l’altro quel liquido
trasparente aveva uno
strano odore –è veramente acqua quella? –
–
Uuhh… certo! Acqua vite! – si mise addirittura in
piedi cercando di andargli
vicino – bevine anche tu, porcello! Te la infilo
nell’occhio… –
–
EMERALD! Mettiti composta, dannata puttanella ubriaca! –
E
poco mancò che i due sbandassero fuori strada finendo
rovinosamente tra la
boscaglia di quella mite campagna di provincia. Fortuna volle che la
tenuta dei
Mask non fosse molto lontana, ed in breve i due improbabili viaggiatori
varcarono i cancelli stranamente lasciati aperti andando dritti nella
rimessa
delle auto. Avevano una decina di minuti di ritardo, e all’ex
lottatore l’idea
di far aspettare la figlia che si doveva sposare decisamente non gli
piacque,
tanto da non salutare neppure l’anziano maggiordomo una volta
che entrò nel
grande ingresso cercando quello che doveva essere il soggiorno
dell’ala
orientale, il luogo dell’appuntamento. A pochi passi dallo
studio di Robin Mask
tra l’altro.
–
Alya! Svet moy! –
Aprì
le doppie ante in legno scuro andando quasi a tuonare il nome della
figlia,
portando quest’ultima ad alzarsi in piedi dal divano di pelle
con uno scatto
improvviso andandogli poi vicina piuttosto velocemente. Non era da lei
mostrare
le proprie emozioni così apertamente… ma alle
volte non ci si poteva trattenere
se davanti si aveva una figura che non vedeva da tanto tempo oltre che
estremamente difficile da contattare. Era suo padre, e voleva
abbracciarlo.
–
Otets… quanto tempo! – lasciò che quel
mastodonte del padre le accarezzasse
piano i capelli premendo la sua testolina contro il petto –
tutti questi mesi
di silenzio stavano iniziando a farmi venire
l’ansia… –
–
Problemi di… comunicazione, bambina – lo disse
piano, troppo impegnato a
sentire che era reale e viva, con il suo profumo a riempirgli i
polmoni, la sua
voce a riempirgli la testa e… un filo di pancia? –
uhm… sbaglio o Robin Mask ti
riempie di mangiare, figlia mia? –
La
domanda era innocente ma questo bastò a staccare Alya
dall’abbraccio del padre
portandola anche ad arrossire lievemente per l’imbarazzo
– si beh, credo che tu
voglia parlare anche di questo
oltre
che del mio matrimonio… ma ne avresti anche il diritto visto
che per lungo
tempo non sono riuscita a contattarti –
Warsman
guardò la figlia senza capire, tanto da andarle vicino
accarezzandole una
spalla come per tranquillizzarla che non si sarebbe…
arrabbiato? Strano, quando
Alya aveva paura di far arrabbiare qualcuno, e per avere paura doveva
avere un
VALIDO motivo sennò non si sarebbe mai vista
così, aveva la tendenza ad
arrossire e ad allontanarsi dal proprio interlocutore come una bimba
sorpresa
con le mani nella marmellata.
–
Svet moy… luce mia! Che hai? Non riesco a capire…
–
–
p-p-perchèè… sei tonto,eh?!
Avrà il maglione bello largo m-m-ma io SHO, eh! –
ad
interrompere l’incontro tra padre e figlia ci
pensò una ragazza che Alya non
aveva mai visto, completamente ubriaca per il modo in cui parlava e
camminava
rischiando di sbilanciarsi troppo ( come se stesse camminando sulle
funi ), e
nonostante tutto Warsman non si allarmò per quella
intrusione, mugugnando
seccato per quell’interruzione impropria.
–
Emerald Lancaster… puoi per favore aspettare fuori dalla
porta?! Sto parlando
con mia figlia – ma quella di tutta risposta rise rauca,
andando a bere
nuovamente dalla presunta bottiglietta d’acqua. Se
l’ex wrestler non l’aveva
pesantemente insultata era solo per non fare brutta figura con sua
figlia.
–
Un momento, padre… lei è quella Lancaster?
– Alya la guardò con un filo di
perplessità, pur capendo a cosa quella ragazza stesse
alludendo e andando, per
questo, ad incrociare le braccia per nascondere un po’ di
più la sua ormai
palese gravidanza.
–
That’s right! Shono la figlia del mio papà e
volevo proprio conoscerti! Ma
proprio, proprio eh! – le circondò con un braccio
le spalle guardandola con
fare complice – ma dimmi un po’… quando
sei caduta ti sei fatta male?! –
–
Ehm, come scusa? –
Alya
stava iniziando a sentirsi un po’ a disagio anche
perché suo padre sembrava
essere sul punto di attaccare quella ragazza, che in tutta risposta
rise in
modo beota attirandosela più vicino in un abbraccio un
po’ troppo… stretto.
–
Mah si! Quando sei caduta dal paradiso ti sei fatta male, male?
Perché se… sehi
un angelo perché sei trooopo bella per quell’altro
pallemoshe che vive qui.
N-non questo qua dietro, eh –
–
Uhm… papà… –
ok, stava iniziando ad
inquietarsi perché il fiato di quella ragazza sapeva di
alcool e sembrava quasi
volerla baciare.
Ci
pensò Warsman a strattonarla via dalla propria primogenita,
con una furia
comprensibile che mandò una Emerald piuttosto su di giri, e
anche piuttosto
divertita, sul divano di pelle scura a gambe all’aria.
–
Emerald! Accidenti a te, che diavolo credi di fare?! Rovinarmi anche i
momenti
con mia figlia?! –
A
parte quel gesto d’ira non si lasciò andare ad una
delle loro furiose litigate
in stile “distruzione totale” anche
perché non era decisamente il caso. Non con
la sua bambina che si stava per sposare con il suo maestro
nonché amico!
–
Senti, eh! N-non mi sono mai fatta una Deva in vita mia! Voglio sapere
com’è
fare sessoh con una Deva – altro momento da facepalm
totale… ma Warsman aveva
quasi il sentore che lo stesse facendo apposta
quella puttanella – e poi voglio sapere come ha fatto
quel… quel vecchiaccio di
Robin a mettere incinta tua figlia… –
Ecco,
questo era una frase che colpì il petto del wrestler come
una stalattite. Aveva
detto un’ovvia panzana, dai! Emerald era completamente
ubriaca nel mentre che
si sedeva meglio sul divano, andando a guardare compiaciuta una Alya
che guardò
altrove arrossendo visibilmente, quindi non poteva aver detto il vero.
Anche se
conosceva abbastanza bene sua figlia da capire quando qualcuno aveva
scoperto
qualcosa di imbarazzante sul suo conto.
No…
non voleva, non poteva, crederci. Sarebbe stato un colpo basso dal suo
ex
maestro nonché un fatto talmente veloce da non poter essere
assimilato per
nessun motivo al mondo. Non era da lui essere irruento con la propria
primogenita, ma davvero non resistette al nervosismo di alzarle il
maglione con
gesto sgarbato e secco. Cogliendola del tutto impreparata e abbastanza
intimorita, incapace di nascondere quella dolce curva sul suo grembo.
–
Pochemu ?! –
“perché”
chiese seccamente lui in russo. Guardando gelidamente Alya davanti alla
prova
evidente che tra circa cinque mesi sarebbe divenuto nonno. Portandola
per
questo a deglutire e a trovare finalmente il coraggio di affrontarlo.
–
Per lo stesso motivo per cui mi ha chiesto di sposarlo…
–
Stava
per diventare nonno. Nonno. NONNO! Persino Emerald sul divano se la
stava
ridendo ripetendo la parola “nonno porcello” a
più riprese tra una risata e
l’altra. E per giunta, ad aver ingravidato la sua bambina era
stato l’uomo che
fino a quel momento aveva apprezzato e rispettato più di
tutti. No…
ora era nella lista delle persone
decisamente sgradite che andavano fatte a pezzi il prima possibile! Se
in un
primo momento era anche dell’idea di poter
“sopportare” il matrimonio tra i
due, ora una furia crescente che gli stava bruciando lo stomaco gli
stava
dicendo di discutere in modo non tanto amichevole con Robin Mask.
Si
allontanò dal salotto a grandi passi, ignorando Alya che a
gran voce lo
richiamava a sè preoccupata delle conseguenze di un incontro
tra il futuro
marito e il futuro suocero, limitandosi ad inchiodarla li con poche
parole che
bastarono a metterle i brividi.
–
Resta dove sei! C’è un topo gigantesco che
gironzola in corridoio! Mi occuperò
anche di lui una volta finito con quello principale…
–
E
se ne andò diretto verso lo studio dell’infame
suocero, iniziando ad emettere
tra l’altro un respiro alquanto agghiacciante e sintetico,
senza sapere che
poco prima che sopraggiungesse lui assieme a quella strega della
Lancaster un
altro individuo aveva chiesto udienza per polemizzare con il padrone di
casa.
Kevin
Mask era tornato alla tenuta assieme alla propria levatrice, tutta
contenta che
il proprio “figlio acquisito” fosse tornato
all’ovile, e venendo ben accolto
dallo stesso Archie che gli sorrise in modo molto più
caloroso del solito
quando se lo trovò davanti.
Tornare
momentaneamente a casa fu decisamente strano. Uno strano senso di
nostalgia
mista a fastidio colse i pensieri del giovane lottatore quando si
ritrovò a
respirare l’aria di casa, rimasta praticamente uguale a
quando se n’era andato
via alla tenera età di otto anni.
Suo
padre aveva una nuova fiamma, che tra l’altro stava per
sposare, e tale donna
non si era prodigata a cambiare radicalmente lo stile della dimora?! Di
solito
quando un vecchio bacucco incontrava una giovane donna accadeva sempre
come
prima cosa, ma Santiago l’aveva rassicurato più e
più volte che “miss Kalinina
è una persona gradevole nonostante sembri un po’
freddina… e poi è una
dottoressa della Muscle League!” come se questo bastasse a
tranquillizzarlo!
A
dire la verità qualcosa era cambiato… Robin Mask
aveva allestito uno studio
anche per Alya, nella zona occidentale della tenuta, e aveva ampliato
la
propria collezione di vinili visto che ora la donna si era stabilita
sana
pianta li assieme alle sue cose. Ah, e poi aveva fatto cambiare il
letto
matrimoniale… quello vecchio cigolava un po’
troppo come gli aveva fatto notare
Archie durante la consegna della posta nel suo studio, portandolo per
questo a
tossire imbarazzato. Ma di queste cose Kevin ne avrebbe saputo
l’esistenza solo
in parte e a tempo debito, perché al momento era impegnato
ad entrare nello
studio di suo padre deciso più che mai a farsi dare
spiegazioni.
–
Papà! Dobbiamo parlare! –
–
… Anche io sono felice di rivederti, figliolo. Dopo tutti
questi anni, poi! –
Non
era esattamente il modo più piacevole per iniziare una
discussione con il
figlio che non vedeva di persona dopo tanto tempo. Almeno dal vivo,
poiché le
loro comparsate in televisione se l’erano fatte e per Robin,
vedere suo figlio
cresciuto con l’aspetto da teppista gli aveva fatto una
impressione tutt’altro
che gratificante… eppure non si era mai tolto
l’elmo dei Mask anche entrando
all’interno della d.m.p, segno evidente che, per quanto
dicesse di detestarlo,
sentiva che appartenere alla dinastia era comunque importante. Se
c’era la
voglia tra i due di parlare civilmente, come un genitore e un figlio
che non si
vedevano da molto? C’era ovviamente.
Lo
avrebbero fatto? con l’orgoglio etichettato
“famiglia Mask” ovviamente no. E
seppur a disagio, dopo un mezzo minuto buono di silenzio, fu lo stesso
figlio
scapestrato a prendere parola.
–
Io… lasciamo perdere i convenevoli! Dimmi che
cos’è questa storia che ti vuoi
sposare una perfetta sconosciuta! –
–
Se tu avessi ascoltato attentamente le mie telefonate avresti capito
che non è
una sconosciuta, ma semplicemente la donna che entro questo mese
diventerà mia
moglie… e tu, figlio mio, sarai il mio testimone di nozze
–
La
notizia lasciò decisamente interdetto il giovanotto di due
metri e quindici.
Erano appena all’inizio di quella spinosa discussione e
già sentiva il sangue
gelarsi nelle vene a quella richiesta fin troppo insolita, quasi
gentile per
quanto l’avesse detto in tono autorevole, non sentendosi
tanto sicuro se
sentirsi commosso oppure semplicemente indignato.
–
Io… non conosco questa ragazza e francamente non mi fido!
Non mi puoi chiedere
una cosa del genere! Per quanto ne so può essere anche una
truffatrice!! –
Lo
schiaffo decisamente non se lo aspettò, ne che il padre dopo
quel gesto gli
posasse entrambe le
mani sulle spalle,
bloccando così ogni rimorso crescente in lui.
C’era qualcosa nei suoi occhi di
diverso… era abituato ad uno sguardo quasi
“morto” e freddo, e anche se
rimaneva uno sguardo piuttosto autoritario causa anche il pessimo
orgoglio dei
Mask, vi era una scintilla di vita non indifferente.
–
Non permetterti di parlare così della mia futura sposa. Se
hai parlato con
Santiago allora saprai già abbastanza da quella vecchia
chiacchierona, figlio
mio… – avrebbe anche potuto mandarlo al diavolo,
ma restava comunque suo padre
schiaffo o non schiaffo ricevuto – sarà un giorno
importante per noi Mask, e
voglio che tu sia presente! –
Poteva
suonare come un gesto di riconciliazione? Si, poteva anche passare come
tale
sebbene gli attriti tra i due non sarebbero mai scomparsi del tutto e
l’idea di
fargli da testimone di nozze non gli piaceva per niente. Ed era
indeciso,
Kevin, se dirgli di “si” oppure mandarlo
completamente al diavolo.
–
Ecco… io… – si fermò un
momento spezzando poi l’atmosfera con una domanda
completamente fuori luogo – un momento, che diavolo
è questo rumore?! –
Persino
Robin Mask si staccò dal proprio ragazzo tendendo
attentamente l’udito e
captando quello che era un suono alquanto strano. Quasi simile ad un
respiro.
–
Non capisco – mormorò il capofamiglia pensieroso
– non
può essere l’aria condizionata visto che
attualmente è spenta… però
è un suono che mi è familiare –
E
non aveva tutti i torti in effetti, poiché quel suono simile
ad un respiro,
agghiacciante nel suo essere sia umano che metallico, si stava facendo
sempre
più vicino assieme a passi veloci e pesanti.
Finendo
con le doppie porte dello studio di Robin Mask che si scardinavano a
causa di
un calcio possente rivelando la figura di un lottatore preso dalla
furia
omicida più totale.
Kevin
Mask, non riconoscendo l’individuo, si tolse immediatamente
l’impermeabile
mettendosi immediatamente in posizione d’attacco, pronto a
difendere il padre
nel caso quell’aggressore avesse deciso di fare la prima
mossa. Ma a sorpresa
fu lo stesso Robin a bloccarlo con un braccio, riferendosi poi allo
straniero e
lasciando completamente basito il figlio.
–
Warsman! Cosa… che diavolo ci fai tu qui?! – il
suo tono era autoritario e
risentito per quell’intrusione poco amichevole –
cosa significa tutto questo?!
–
L’altro
però decisamente non rispose, mandando quasi fiamme dagli
occhi e avvicinandosi
a lui stringendo entrambi i pugni. Il tutto condito da quel suo respiro
agghiacciante e decisamente poco rassicurante.
–
Tu… hai messo incinta mia figlia! Traditore bastardo!! KO~HO~!! –
Poi
lo attaccò, senza lasciargli scampo alcuno e colpendolo al
volto con una forza
tale da spedirlo letteralmente all’interno del caminetto
acceso. Senza neppure
dare la possibilità a Robin di realizzare il pensiero di
quel che aveva detto
il suo vecchio allievo ma solo di percepire il dolore delle spalle che
andavano
a fuoco. Solo Kevin sgranò gli occhi a
quell’assurda rivelazione, senza fare
alcunché nel mentre che il padre si
alzava in piedi gridando e cercando di spegnersi le fiamme con le mani,
realizzando
che:
1)
Suo padre si sposa.
2)
Suo padre ha messo incinta una donna, presumibilmente quella che vuole
sposare.
3)
Tale donna è la figlia di una leggenda del wrestling, ossia
Warsman.
Decisamente
TROPPO assurdo da comprendere e, se non si trattava di suo padre, con
tutta
probabilità sarebbe scoppiato a ridere. Ma al momento non
c’era nulla da
ridere.
–
Ah…! Maledizione! Papà resisti! –
risvegliatosi
da quell’inutile blocco prese immediatamente in mano
l’impermeabile lanciandolo
contro il padre spegnendo così le fiamme con qualche pacca
ben assestata, non
evitando tuttavia che la camicia firmata venisse bruciata dalle fiamme
e la
pelle del genitore ricevesse delle ustioni abbastanza passabili.
–
Choug… Warsman che diavolo stai dicendo?! Che diav…!
– non finì la frase che il russo estrasse gli
artigli da
sotto le nocche colpendolo di striscio al petto.
Robin
fu più veloce, andando a colpirlo con una gomitata sulla
guancia destra dopo
aver evitato che gli venisse squarciato il petto nudo
all’altezza del cuore,
senza però riuscire a piegarlo e anzi, facendolo
“sorridere” in quel modo
terrificante e portandolo a contrattaccare spingendolo via con un
calcio. Robin
Mask finì contro la scrivania che andò distrutta
immediatamente, ma ebbe la
prontezza di rialzarsi immediatamente colpendo il proprio nemico con
una carica
devastante e a testa bassa.
Warsman
avvertì chiaramente lo spuntone metallico
dell’elmo del suo ex maestro
perforargli l’addome, ma ebbe la prontezza di abbrancargli la
vita con ambo le
braccia per poi rovesciarlo a terra nel tentativo di spezzargli
l’osso del
collo. Venne fermato da Kevin Mask stesso che, con un ruggito irato, lo
colpì
alla schiena ( dando così la possibilità a suo
padre di liberarsi )
imprigionando poi il russo nella presa della Tower Bridge.
– Per
la Dea! Che diavolo sta succedendo qui?! Padre! –
Alya
apparve così, all’improvviso sul ciglio della
porta, prima di avvicinarsi ai
lottatori per tentare di bloccarli nel fare altri danni a loro stessi e
alla
casa. Il suo arrivo improvviso poi aveva congelato i tre uomini tanto
che Kevin
lasciò andare Warsman che, tenendosi una mano sul ventre per
evitare che il
sangue defluisse via, si avvicinò alla figlia pallida in
volto sussurrandole
qualcosa in russo.
Robin
Mask aveva sentito bene…? No, non poteva essere veramente
così. Non poteva
essere che quella fosse la figlia che il suo vecchio allievo aveva
avuto da una
Deva conosciuta nella stessa base militare in cui Robin stesso si era
insidiato
spacciandosi per Mr Barracuda, andando persino a criticare Warsman per
essersi
unito ad una creatura aliena.
Non
poteva essere Alya sua figlia! Non poteva, non avevano neppure lo
stesso
cognome!
–
Alya… cos’è questa storia?! Lui
è veramente tuo padre…? –
–
Certo che lo è – fece la donna con un tono di voce
tra il preoccupato e il
seccato – cosa vi è saltato in testa di fare a voi
tutti? Potevate farvi del
male in modo serio –
Il
maglione della promessa sposa recava ora delle chiazze rosse causate
dal sangue
del padre, ora intento a tamponarsi la ferita con un fazzoletto
passatogli
dalla figlia, ma il suo sguardo di ghiaccio non era turbato per aver
nascosto a
Robin una verità così sconcertante. Per non dire
fondamentale.
La
osservò attentamente, ancora sconvolto e incredulo, nel
mentre che faceva
accomodare su di una sedia un Warsman ferito che tuttavia si stava
già
riprendendo. Quest’ultimo le aveva detto di non avvicinarsi
allo studio ma alla
fine la sua bambina aveva voluto comunque andare a vedere il
perché di tutto
quel fracasso, lasciando una giovane Lancaster a riprendersi da quella
semi
sbronza dopo averle dato un calmante ( spacciandolo per caramelle ).
–
Alya… ma perché diavolo non me l’hai
mai detto?! –
–
Magari perché tu non me l’hai mai chiesto?!
– fece
lei, avvicinandosi velocemente al
compagno versando dell’acqua fresca, presa da un vaso di
fiori li vicino, su di
un altro panno per poter tamponare le brucianti ferite di Robin Mask
– non mi
sembrava così importante dirtelo, visto e considerato che
ogni volta che
stavamo per affrontare l’argomento tu te ne uscivi col
parlare dei TUOI
genitori con tutto quello che ne compete –
Ovvero
manie di protagonismo del futuro marito che Alya pazientemente
ascoltava. Era un
uomo che aveva vissuto in solitudine molto a lungo e per istinto ora
trovava la
necessità di parlare, sfogarsi, con un’altra
persona. Ma questo non toglieva
che la donna aveva… sbagliato? Cristo, si sentiva un idiota
più totale!
Era
la figlia di uno tra i suoi più cari amici e
l’aveva messa addirittura incinta
senza sapere che razza di padre avesse. Un padre, che nonostante si
fosse ormai
ripreso e calmatosi, restava comunque furioso per
quell’idiozia compiuta da
Robin Mask.
Dal
canto suo Kevin era rimasto per tutto il tempo in disparte.
Restandosene in
silenzio prima attonito per tutte quelle rivelazioni, e poi indeciso se
indignarsi oppure mettersi a ridere cinico per quanto suo padre avesse
fatto l’idiota
per tutti quei mesi. Era come aver assistito dal vivo ad una telenovela
di
bassa lega dove gli attori sanno recitare male e poco, ed il peggiore
di tutti
era sicuramente il suo vecchio.
–
Maledizione… avresti dovuto comunque dirmelo! Alya
– le
prese le spalle con entrambe le mani scuotendola
lievemente – non sei figlia di un uomo qualunque! –
–
E questo cambia forse qualcosa? –
La
donna deglutì dopo aver detto parole potenzialmente
pericolose, ed una strana
tensione calò nello studio, come se all’improvviso
la favola del vecchio
aristocratico che vuole sposarsi fosse destinata ad andare in fumo. Fu
lo
stesso Kevin a spezzare quella tensione, emettendo un breve e lento
applauso indirizzato
verso il padre ferito e sconcertato.
–
Ma bravo! Avevi praticamente studiato tutto eccetto
l’elemento più fondamentale
di tutti… pensavo che fossi tu ad essere la persona
più pericolosa qui – questo
riferendosi ad Alya – ma a quanto pare mi sbagliavo. Spero tu
possa perdonare
mio padre per il suo errore… perché io ora al
momento non ne ho proprio voglia –
Dette
quelle parole lapidarie il giovanotto inglese decise per questo di
levare le
tende, raccogliere il proprio impermeabile, e andarsene via da quella
stanza
dove al momento regnava il gelo più assoluto. Sarebbe
tornato in albergo, ma
non prima di aver raccolto le proprie cose in un borsone e salutato il
personale di servizio.
Per
il resto invece, non più era tanto sicuro che sarebbe stato
ancora il testimone
di nozze di suo padre…
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Capitolo 12 *** run boy, run! ***
Assurdo
ma vero, non avere notizie di Kid Muscle per un paio di giorni era un
evento
che le aveva portato addosso parecchia ansia. Era strano,
perché normalmente
con gli allenamenti che il kinniku doveva affrontare era logico se per
qualche
giorno non si faceva sentire, ma forse il fatto che ci fosse stata una
esplosione a Beverly Park era l’aggravante peggiore per il
suo stato d’ansia.
Roxanne
Nikaido non era molto convinta che quella terribile esplosione fosse
stata
causata da una fuga di gas, anche perché era uno
stramaledetto parco giochi e
non un condominio! E anche se al telegiornale non avevano offerto molte
notizie
relative all’incidente, se non che non c’erano
state vittime come anche nell’altra
fuga di gas avvenuta nel quartiere “bene” di Tokyo,
il fatto che l’amico non
l’avesse richiamata a tutte le telefonate fatte era una cosa
che decisamente
non le piaceva. Era sicura che i due eventi erano in qualche modo
collegati, ma
era ancora presto per dire che un gruppo di wrestler della League
risultavano
scomparsi anche se già qualche voce al telegiornale si
chiedeva dove fosse
Kevin Mask e il suo allenatore. Per Kid invece nessuno che si
interessasse… e
francamente la ragazza non lo trovava giusto.
Fu
quasi tentata di richiamare per la centesima volta quel kinniku
scapestrato
quando venne preceduta dal pensiero, sentendo vibrare il cellulare in
tasca
arrivando quasi a sussultare sorpresa.
Era
un numero internazionale, e francamente non sapeva o meno se rispondere
ad un
numero sconosciuto, ma alla fine decise di assecondare quella vocina
che
insistentemente le diceva “rispondi!”
–
Ehi! Ehi Roxanne!! Sono io! Sono io! –
–
Kid Muscle!! – tuonò la giovane alzandosi in piedi
di scatto dal divanetto e attirandosi
le attenzioni della madre, Mari, intenta a cucinare – che
diavolo ti salta in
testa di scomparire così all’improvviso senza dare
tue notizie?! Ma lo sai che
cos’è successo a Beverly Park?! Dove siete finiti
tutti??! –
–
Uh… Aah… Ecco io – il ragazzo si mise a
ridere piuttosto imbarazzato prima di
risponderle – siamo tutti a Londra! Tutti i lottatori della
Muscle League sono
stati invitati per un evento mooolto importante… anche se
non so esattamente
quale –
–
Un evento importante a Londra…? E perché nessuno
qui ne sa nulla?! –
Tipico
di Kid Muscle questi cali di memoria pazzeschi, o anche di demenza vera
e
propria, ma miss Mari, incuriosita dalla chiacchierata, accese la
televisione
sui canali dedicati alla Muscle League sperando di avere qualche
notizia
dell’ultima ora che facesse chiarezza a sua figlia.
Le
immagini che apparvero sul video erano quelle di un notiziario
straordinario. Il
servizio mostrava l’aeroporto di Londra immerso nelle luci
della sera con
quello che pareva essere un incidente aereo piuttosto rovinoso.
Entrambe le
donne si misero a guardare il servizio quasi rapite, ignorando che al
telefono
il kinniku continuava a blaterare.
“è
notizia dell’ultima ora che nel disastroso atterraggio
dell’aereo appartenente
al presidente della Muscle League, Vance MacMadd, pare non ci siano
state
vittime ma solo contusi lievi… a conferma di ciò
eccovi in esclusiva
l’intervista al signor Vance e alla sua famiglia”
L’immagine
dell’aereo accidentato accerchiato da pompieri e ambulanze
cambiò, mostrando i
membri della famiglia MacMadd dall’aspetto piuttosto conciato
male eppure,
almeno a favore delle telecamere, si mostrarono seri spiegando il
motivo della
loro venuta in Inghilterra. Quantomeno Roxanne si sarebbe immaginata
che Jackie,
la kinniku dai folti capelli rossi ora tutti arruffati e bruciacchiati,
fosse
andata giù di matto per una simile scempio alla sua
persona… eppure era seria
seduta al tavolo delle conferenze incurante di tutti i flash che la
bersagliavano.
“…
confermo quanto è stato detto dal comunicato ufficiale della
Muscle League.
Tutti i lottatori che ne fanno parte sono stati richiamati qui a Londra
già da
un paio di giorni per poter assistere ad uno degli eventi
più importanti che
riguarda uno dei nostri più illustri
membri…”
Vance
MacMadd era piuttosto serio nel mentre che spiegava i motivi della
visita in
suolo straniero, non scomponendosi alle domande incalzanti dei
giornalisti.
“Mister
MacMadd! Quindi lei smentisce che i misteriosi incidenti avvenuti due
giorni fa
a Tokyo, e qui mi riferisco ad un intero quartiere andato a fuoco e ad
un parco
giochi, siano in qualche modo collegati?!”
“Smentisco
categoricamente e aggiungo anche che nessuno dei nostri atleti
è coinvolto
nell’accaduto. Se volete più informazioni a
riguardo dovete contattare le
autorità competenti, non noi”
Un
altro giornalista andò alla carica, questa volta
è la voce di una donna non
inquadrata dalla telecamera.
“Quindi
esiste qualcosa di più importante della corona Chojiin?! Mi
domando se invece
non sia un modo per sviare su probabili indagini da parte delle
autorità…”
“Vi
abbiamo già detto che la League non c’entra nulla
con tutto questo!” quella
testa calda di Ikimon stava iniziando a spazientirsi di fronte alla
testardaggine
dei giornalisti “non c’è stato nessun
attacco terrorist…”
“Quello
che mio fratello voleva dire è che ci stiamo preparando per
le nozze di una
delle leggende del wrestling. Robin Mask ci ha invitato a questo lieto
evento e
la Muscle League si è accaparrata i diritti per mandare
l’evento in
galassiavisione”
A
salvare la famiglia da una possibile catastrofe ci pensò la
stessa Jacqueline
che, interrompendo immediatamente il fratello nel dire qualcosa di
pericoloso,
sviò l’attenzione dei media sul matrimonio a cui
loro erano stati invitati ad
eccezion fatta dei media. Cosa decisamente ben fatta, nonostante Ikimon
la
guardasse bianco come un cencio, poiché dopo un minuto di
silenzio i
giornalisti tornarono a bombardarli sul matrimonio super segreto e su
altre
domande inutili.
–
Ah, ma dai… il vecchio Robin ha finalmente deciso di
risposarsi – la voce di
miss Mari suonava genuinamente interessata a quell’evento
inaspettato – mi
chiedo chi sia la futura sposa, una vera fortuna per i ragazzi
partecipare ad
un evento tanto lieto –
–
Vorrei chiedermelo pure io ma a Kid Muscle non è saltato in
testa di
parlarmene! –
–
Ma sul serio è un matrimonio?! I ragazzi qui pensavano che
sarebbe stato una
competizione per salvarci le chiappe da una accusa di
spaccio… –
–
CHE COSA?! Kid Muscle!! Che diavolo è questa storia??!
–
Stavolta
il giovane lottatore si era lasciato scappare troppe informazioni e
dall’altro
capo del telefono si morse il labbro inferiore decisamente spaventato
per aver
commesso una probabile, anzi sicura, stupidaggine
nell’essersi fatto sfuggire
qualcosa con Roxanne. Il kinniku si guardò in giro per la
hall dell’albergo,
nella zona con le cabine telefoniche pubbliche, in cerca di un
possibile
appoggio dei suoi compagni ma si ricordò troppo tardi che
erano ad allenarsi
nella palestra della struttura.
–
Uhh… oh cielo come si è fatto tardi! Devo proprio
andare, Roxanne! Forse riesco
a trovare il modo di far venire qui anche te! Ciaooo! –
–
Non riattaccare! Kid…! Ah! Al diavolo – la giovane sbuffò
seccata buttando il
cellulare sul divanetto – tutta questa storia non mi
convince, quel testardo mi
sta sicuramente nascondendo qualcosa –
–
E tu sei sicura di voler sapere di cosa si tratta? –
La
mezza domanda della madre sorprese la giovane che, inarcando un
sopracciglio,
volle sapere il motivo di quella domanda sibillina – che
intendi dire?! –
–
Dico solo che anche io ho notato che la faccenda è molto
strana… pericolosa aggiungerei.
E tu sei già reduce da un’avventura pericolosa,
giusto? – si riferiva al
rapimento da parte dei sei velenosi, e lo sguardo della figlia si
incupì nel
mentre che rimembrava quei momentacci.
–
Si… forse ho capito a cosa ti riferisci –
–
Lo so che è dura – le poggiò una mano
su di una spalla per confortarla – ma se
Kid Muscle non ha voluto esporti il problema forse è
perché non vuole metterti
in pericolo. Ci tiene a te, anche se è un po’
farfallone –
Sua
madre aveva sempre la parola pronta per ogni evento. Sapeva come
calmarla e
farla ragionare come si deve senza che andasse di matto, e molto
probabilmente
aveva anche ragione riguardo a Kid Muscle e sulla sua
volontà di non
coinvolgerla in qualche brutto affare.
–
Io… e va bene, mamma – sospirò la
ragazza, passandosi una mano tra i capelli –
ma appena ci vediamo quell’idiota mi sente eccome! –
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Spiegami il motivo… –
–
Hm? –
–
Spiegami il motivo perché hai voluto mettere incinta la mia
bambina –
Se
avevano finito di litigare questo non voleva dire che il gelo tra Robin
Mask e
Warsman fosse calato tra i due. Anzi, c’era un autentico
inverno tra i due
sebbene non si fossero più menati dall’intervento
di Alya.
Si
trovavano ancora nello studio dell’ex lottatore
dall’elmo medioevale, e anche
se per la scrivania ci avrebbe pensato l’indomani a
sostituirla, altri segni di
lotta non se ne vedevano. La dottoressa aveva curato le ferite del
genitore
apportando dei punti di sutura e nel futuro marito applicando delle
bende per
assorbire le ustioni sulle spalle, poi era sparita per occuparsi
dell’altra
“ospite” rimasta a riposare nel salotto. Ora Robin,
rivestitosi con un’altra
camicia, stava osservando le ultime braci del caminetto spegnersi come
se fosse
l’esatta metafora dell’ira che aveva colti entrambi
poco prima, voltandosi
appena per osservare il proprio ex allievo ricucirsi la giacca di
pelle. Se
Warsman sapeva rammendare? Si, sapeva farlo da bravo soldato.
–
Uff… sapevo che avresti fatto questa domanda, ma tanto vale
risponderti… anche
se dovresti sapere che se Alya è rimasta incinta
è perché l’ha voluto lei,
indipendentemente dalla mia prestanza fisica – vide i suoi
occhi rossi mandare
scintille, decidendo di non allungare ulteriormente il brodo per
evitare altre
inutili discussioni – è una decisione che abbiamo
preso entrambi circa quattro
mesi fa, durante una passeggiata pomeridiana… la discussione
che abbiamo avuto
ha solo rafforzato il nostro pensiero comune –
Senza
volerlo stava raccontando un fatto piuttosto particolare e privato, ma
quella
decisione la considerava come una maturazione del loro amore. E poi
segretamente a lui e ad Alisa era sempre piaciuta l’idea di
avere una figlia
femmina, una sorellina che allietasse il poco tempo libero che Kevin
aveva
nella sua infanzia negata di “figlio
d’arte”.
Alya
era a conoscenza di questo fatto perché una sera dopo cena
gliene aveva parlato
con una certa malinconia, e
sebbene si
fosse astenuta col chiedergli “facciamo una bambina,
dai” ( perché non era da
lei ed era una autentica cafonata ) permise che tale pensiero la
influenzasse
in modo timido. Contrariamente quanto accade sulla terra, su Amazon
avere una
figlia non è sinonimo di carriera rovinata. Ma questo
è anche logico visto che
si tratta di un pianeta popolato al 90% da donne, esclusi gli uomini
padri di
famiglia e quelli che lavoravano nelle grandi città, quindi
non fu alla propria
carriera di medico che andò il pensiero di Alya…
ma al fatto se davvero Robin
Mask se la sentisse di compiere anche questo passo con lei.
Era
un argomento delicato, ma fu lieta di non vedere un muro impenetrabile
nel
cuore del proprio compagno, sebbene fosse un po’ incerto
nell’affrontare un
tema per certi versi doloroso e legato alla sua defunta moglie.
La
svolta accadde durante una passeggiata a cavallo. Robin Mask aveva
fatto
sellare il suo vecchio stallone arabo dal manto grigio, che lo rendeva
un po’
un fantasma uscito fuori dalla sottile nebbia che avvolgeva la tenuta,
portando
Alya in sella con se nel mentre che passeggiavano silenziosamente per
le vie
sterrate del parco interno.
A
scandire quel silenzio mite solo il rumore del lento passo del
quadrupede, e
alla giovane Deva poco ci mancò per un paio di volte di
addormentarsi
appoggiata al petto del proprio compagno. Fu solo quando raggiunsero un
agglomerato di rocce appena fuori un boschetto che la donna
notò qualcosa di
diverso, capendo di cosa si trattava solo quando arrivarono a passarci
davanti.
–
Hm?! Ma quelle sono davvero delle… terme? –
–
È una sorgente termale… si – Robin Mask
tirò piano le redini del cavallo,
portandolo a fermarsi dolcemente –
Non è
artificiale ed era già presente quando i miei antenati
decisero di costruire
qui la loro dimora…–
–
Non me ne avevi mai parlato prima –
–
La tenuta è grande, Alya… –
Alle
giustificazioni del compagno la donna lo osservò con un
certo di sarcasmo,
prima di scivolare via piano dal suo abbraccio e smontare da cavallo
agilmente.
L’ex lottatore dall’elmo di metallo la
guardò incuriosito, mentre si avvicinava
a quel placido laghetto nascosto tra le grigie rocce simile alla fonte
di tutta
quella nebbia. Non si scompose più di tanto quando la
compagna decise di
spogliarsi per poi andare ad immergersi nuda tra quelle acque calde e
invitanti,
ma un senso di ovvio imbarazzo lo portò a voltare il capo di
lato, anche se non
era la prima volta che la vedeva senza niente addosso.
–
Donna… sei senza vergogna, eh? Se mai dovessi avere una
figlia spero abbia il
senso della decenza! –
Suonava
abbastanza ironico detto da lui che, con una compagna giovane come
Alya, aveva
riscoperto appetiti sessuali per troppo tempo rimasti celati e sfogati
unicamente sul ring, con tonnellate di violenza gratuita. La dottoressa
si
limitò ad osservarlo con una certa ironia prima di
immergersi fino alle spalle
nell’acqua calda protetta da possibili sguardi indiscreti
dalle rocce che
avvolgevano il posto assieme ai vapori che fuoriuscivano dalle placide
acque.
–
Semmai dovessi avere una figlia – gli fece eco lei,
sistemandosi meglio il fermaglio
per evitare che si bagnassero i capelli – vorrei unicamente
che avesse i tuoi
occhi –
La
risposta di Alya lo incuriosì parecchio, ritrovandosi ad
osservarla pensieroso
prima che gli balenasse in mente che l’idea di farsi un bagno
non fosse poi
tanto male. Smontò da cavallo agilmente, dando lievemente
una pacca sul fianco
della bestia per invitarla ad andare a brucare un po’
d’erba, prima di
avvicinarsi anche lui alle terme ed iniziarsi a spogliarsi.
L’elmo
argentato fu l’ultima cosa che si tolse, decisamente non
abituato a farne a
meno come tutti i Mask, scostandosi via dagli occhi la lunga frangia
prima di
raggiungere la donna alle spalle nuotando tranquillamente. Alya non
oppose
resistenza quando Robin l’abbracciò, limitandosi a
sorridere lievemente quando
le sussurrò una semplice domanda all’orecchio.
–
Perché proprio i miei occhi? –
–
Perché mi piacciono… – le braccia del
lottatore, che l’avvolgevano
delicatamente, non erano l’unica cosa che sentiva
al momento – sono molto dolci, se non portassi sempre
quell’elmo probabilmente
nessuno avrebbe paura di quegli occhi da cerbiatto –
–
Che simpatica… – ma non era esattamente arrabbiato
mentre lo diceva, per un
ovvio motivo.
Era
più o meno quello che sua moglie Alisa aveva detto riguardo
alla possibilità di
avere una figlia femmina, molto tempo fa ormai, e rivivere quel
dèjà vu gli
fece una strana impressione.
Una
sensazione malinconica che si stemperò quando la sua Alya lo
baciò invitandolo
dolcemente ad approfondire meglio quel loro contatto. Ad intrecciare i
loro
corpi, le loro lingue e le loro anime in una sorgente di vita, ed il
pensiero
di avere una bimba con i suoi stessi occhi… stranamente non
gli faceva male
come in principio si era immaginato.
Ad
interrompere bruscamente quel racconto ci pensò un pugno di
Warsman che, come
in un déjà vu, colpì in pieno volto il
vecchio maestro spedendolo nuovamente
contro il caminetto. Questa volta fu più fortunato,
poiché andò a sbattere di
schiena contro una colonnina in marmo, ma restava comunque il gesto
inspiegabile che lo portò a rialzarsi con furia.
–
E questo per che cos’era??! –
–
Per il fatto che la parte sessuale te la potevi risparmiare –
sibilò piano il
russo, andandogli vicino – razza di vecchio pervertito!
–
In
effetti non aveva tutti i torti… perso com’era nei
ricordi non si era reso
conto che si stava confidando con il padre della sposa. Emise un colpo
di tosse
secco per stemperare l’imbarazzo sempre più
crescente, prima di mormorare un
suono di scuse che venne però interrotto da un altro fatto
insolito.
Sulla
soglia della porta del suo studio apparve una ragazza con i capelli
neri un po’
scompigliati, Robin avrebbe pure aggiunto che forse alcune ciocche
erano tinte
di verde, e dal passo un po’ incerto mentre si avvicinava a
Warsman per
prenderlo per un braccio e trascinarlo via.
–
Uuh… no, no… io con te non faccio più
sesso... prometto! – si massaggiò la
tempia dolorante, come se fosse reduce da una sbronza –
andiamo in albergo,
vecchio porcello –
–
Ehm… Hammy! Che diavolo stai combinando?! Possibile che devi
intrometterti
quando non devi?? –
Era
evidente che Warsman avrebbe preferito sprofondare nella terra per
chilometri
piuttosto che affrontare quell’imbarazzante, e umiliante,
situazione di dover
avere a che fare con una tizia che a quanto pare lo conosceva bene.
–
Suppongo che questa ubriacona qui sia amica tua, hm?! – fece
sarcastico Robin
Mask incrociando le braccia in petto – e poi il vecchio
pervertito sarei io –
L’ex
lottatore russo lanciò uno sguardo di fuoco verso il proprio
vecchio maestro,
prima di liberarsi momentaneamente della presa di Emerald e andargli
vicino a
pochi passi dal suo viso. Attimi di pura tensione si librarono
nell’aria,
ignorata dalla Lancaster intenta a sbuffare spazientita, prima che
Warsman si
decidesse a sbuffare seccato allontanandosi lentamente da Robin pur
continuando
a guardarlo con decisione.
–
Robin Mask, sappi solo questo: se vuoi avere la mia benedizione, Alya
non dovrà
soffrire minimamente fin tanto che resterà con
te… intesi?! –
Dannatamente
chiaro, e l’inglese di nobili origini si ritrovò
quasi a sorridere nel mentre
che faceva la sua promessa d’onore al futuro, quanto scomodo,
suocero.
–
L’ultima cosa che voglio è che la mia futura sposa
soffra! Ma comunque… grazie,
vecchio mio –
L’ex
lottatore russo si voltò appena quando sentì
quelle poche parole di
ringraziamento, ma decise di non aggiungere altro preferendo lasciarsi
trascinare via da Emerald per tornare in città. Ancora non
era sicuro di aver
fatto la scelta giusta, ma se sua figlia era sicura di quello che
voleva allora
non sarebbe mai riuscito a dissuaderla.
Per
Robin Mask invece c’era meno insicurezza anche se la sorpresa
che Alya fosse la
figlia del suo ex allievo restava, ma neppure lui in quei mesi aveva
brillato
di genialità non chiedendole mai molto sul proprio passato.
Ma quando si è
innamorati si ha la tendenza a passare su certe cose, giusto?
Inoltre,
“l’amica” di Warsman lui era sicuro di
averla già vista da qualche parte… anche
se non sapeva esattamente dove. Non poteva essere una escort, e
figuriamoci se
quella sciacquetta fosse figlia di qualche nobile! E comunque al
momento non
era importante chi fosse quella tizia, quanto piuttosto scusarsi con la
Deva
per aver fatto la figura dell’imbecille.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Davvero molto strano sai? Pensavo che non vedessi l’ora di
vedere mia figlia e
invece hai voluto andare via… –
–
Questo prima che quella ragazza mi sondasse come un maledetto radar
mentre mi
visitava! Cazzo… è stato imbarazzante, va bene?!
–
Francamente
parlando Warsman non sapeva se mettersi a ridere sarcastico oppure dare
ragione
alla Lancaster per il modo fin troppo naturale con cui sua figlia
sfruttava il
proprio “potere”. Doveva comunque prestare
più attenzione alla strada che stava
percorrendo con la propria ural che alle farneticazioni di una ragazza
seduta
sulla carrozza di lato. Stava scendendo per una piccola zona collinare
e
l’asfalto era un po’ umido, quindi era il caso che
Hammy stesse calma e
tranquilla e non lo portasse alla esasperazione.
–
Emerald, se ti ha detto delle cose imbarazzanti ti prego di
non… –
–
Ha capito che io e te scopiamo!
–
viva la finezza, come sempre – Come cazzo ha fatto me lo
spieghi? E poi il modo
naturale con cui lo ha detto, eh! Cioè, sono più
giovane di lei e le sta bene
che il padre si faccia una che potrebbe essere una sua secondogenita?!
–
–
Le Deva hanno un modo di pensare differente dalle terrestri…
dannata puttanella
– eh, tutta la “finezza” della ragazza lo
aveva contagiato e pure il suo
nervosismo – già da piccole vengono educate per
essere autonome e all’età di
sedici anni sono più mature di te quando sei sobria!
Contrariamente alle
ragazze che vivono sulla Terra, non credono nei principi azzurri e se
rimangono
incinte non è mai per un errore… ma per loro
stessa volontà – l’argomento aveva
destato l’interesse della sua giovane compagna di viaggio
inducendolo così a
parlare ancora, sebbene non bastassero poche parole per descrivere una
razza – per
loro è importante vivere circondate da mamme, nonne, zie e
cugine… quindi le
ragazze madri abbondano e non sono considerate una piaga –
–
Detta così però suona brutto – gli fece
notare Emerald, che non trattenne una
smorfia a quella parola che suonava quasi maschilista.
–
La mentalità terrestre è
brutta,
Emerald – continuò il russo riferendosi anche a se
stesso per certi episodi che
la ragazza ancora non conosceva – inoltre le Deva si
riproducono tramite
partenogenesi e dai loro “padri” assimilano solo
l’essenziale… ma in
quell’essenziale ci sono tutti i tratti genetici
più singolari e unici di una
determinata razza. E se una Deva si allena per tirare fuori questi
potenziali
allora potrebbe anche diventare una chojiin talentuosa –
–
Ah… quindi mi stai dicendo che Alya è una super
donna? Non ti conosco bene
quindi non so cosa può aver preso da te se non, magari, una
spiacevole demenza…
– gentilissima, e il russo dal nervoso iniziò ad
andare più veloce per la
strada deserta – e poi il massimo che riesci a fare e
è imitare una bomboletta
di panna spray quando…
–
–
EMERALD! Sei la volgarità fatta a persona!! E comunque la
svet moy non è una
super donna ma una ragazza come le altre, da me ha solo ereditato una
“intuizione” che le permette di analizzare le
persone. Molto utile in campo
medico… avrebbe dovuto guardarti bene il cervello e vedere
se ce l’hai per
davvero! –
Non
aveva raccontato una balla, ma non gli andava di dire alla Lancaster
che era un
mezzo robot… anche se magari lei lo sapeva già.
Francamente non gli andava di
avere a che fare con quella sua famiglia di prepotenti
il cui capofamiglia lo aveva sempre guardato
dall’alto in basso. Stronzo.
Alya
grazie al cielo non aveva ereditato le sue parti robotiche ma solo
“l’eco” di
quello che era il suo scanner speciale per analizzare gli avversari sul
ring.
Sua figlia era perfetta, e per tal
motivo si era sempre sentito in dovere di proteggerla cambiandole il
cognome
pur mantenendole il patronimico su insistenza della stessa Katya. E
questo
perché… era pur sempre sua figlia, ed era un suo
diritto sapere chi era suo
padre benchè comprendesse il gesto del compagno.
–
Si, beh… avrebbe dovuto… ATTENTO!! –
La
voce terrorizzata di Emerald fu tutto ciò che
sentì prima di un potente
schianto che lo costrinse a sterzare prepotentemente verso sinistra per
evitare
un qualcosa che, avvolto dalle fiamme, era precipitato dalla collina
sovrastante prendendoli quasi in pieno. La sua prontezza di riflessi
non bastò,
e quello che sembrava essere un copertone infuocato lo colpì
in pieno
disarcionandolo completamente e portandolo a ruzzolare nella boscaglia
sottostante. Avvertì chiaramente le grida della giovane
Lancaster, ma aver
sbattuto la schiena contro un albero lo portarono momentaneamente a
perdere i
sensi. Per Dio… che diavolo era successo?!
Warsman
non poteva saperlo, ma poco più sopra il capo della
“security” di mister
Lancaster, Michael Connors, stava osservando miz
Emerald allontanarsi dalla tenuta dei Mask restandosene a
debita distanza.
–
Peccato… avrei preferito vedere quei tre energumeni
continuare a menarsi! –
Aveva
assistito al pestaggio avvenuto nello studio del padrone di casa grazie
al
binocolo ad alta precisione che aveva in dotazione, ma per i suoi gusti
quell’incontro di wrestling era durato troppo poco! E lui
avrebbe voluto
vederne decisamente di più… e magari vedere la
dottoressa con qualcosa di più
sexy di quel maglione enorme.
Ad
ogni modo la sua missione era ufficialmente finita nel momento esatto
in cui
Emerald lasciò la dimora assieme alla bestia russa, quindi
non gli rimase altro
da fare che salire sul suv e seguire la ragazza fino al suo arrivo in
albergo.
Se poi Hammy continuava a frequentare quel tizio era forse il caso di
contattare urgentemente Howard Lancaster, ma stando a quello che aveva
intuito
il suo capo alla giovane rampolla di famiglia interessava soprattutto
il
matrimonio di Robin Mask e, a quanto pare, a rovinarlo proprio.
Mise
in moto il mezzo con un sorriso sarcastico, ma si accorse troppo tardi
che
c’era qualcosa che decisamente non andava. In principio
credette che fosse il
motore che sussultava, poi si rese conto che i tonfi che sentiva,
sempre più
vicini, erano il rumore di passi pesanti in avvicinamento.
Connors
era stato attento a dove aveva parcheggiato il proprio mezzo in modo
che
nessuno potesse notare i suoi movimenti, ma a quanto pare non fu
abbastanza
attento viso il colossale mastodonte che lo caricò sul
fianco destro della
vettura blindata sfondandola completamente.
–
Oh… CAZZO! –
L’impatto
fu così violento da farlo sbattere de un lato
all’altro della cabina cercando
inutilmente di attingere alla pistola legata alla cintura. Un altro
colpo,
questa volta dato da un calcio e non un pugno, e il mezzo blindato si
cappottò
di lato portando l’americano ad urlare sentendo che una
scheggia di vetro
andava a graffargli la fronte. La vista gli si appannò per
un momento, a causa
del sangue che gli colò sugli occhi, riuscendo a vedere da
oltre il finestrino
sopra la sua testa, quello del lato del passeggero, un volto
decisamente
inquietante con grandi occhi rossi.
Ci
mise un paio di secondi per capire che quella era una maschera antigas,
due
secondi di troppo prima che un altro potente colpo non ribaltasse
ulteriormente
il mezzo ormai sfasciato precipitando giù dalla collina e
prendendo fuoco quasi
subito. Connors gridò, ma riuscì a rotolare via
dal mezzo trasformato in una
palla di fuoco andando a sua volta a franare tra i cespugli per
spegnere le
fiamme parziali che avevano preso la sua divisa.
Chiunque
fosse stato quel tizio l’avrebbe pagata… oh si.
Poi realizzò una cosa piuttosto
inquietante quando si rialzò da terra a pochi passi dalla
strada in cui il suv
era caduto, e tale cosa non gli piacque per niente, poiché
il bastardo
attentatore aveva colpito nell’esatto momento in cui il
sidecar del russo era
passato… e quella che sentiva urlare aiuto doveva essere
Emerald.
–
Miz Lancaster…! Hammy! – estrasse la pistola, una
desert eagle, avvicinandosi
verso la foresta che prendeva fuoco a causa di quello spaventoso
“incidente”
automobilistico. Il soldato avvertiva le richieste di aiuto della
ragazza ma
non riusciva a vederla in mezzo a tutti quegli arbusti che bruciavano
– cazzo…
non vedo nient… WOHA! –
Da
dove era spuntato…? O meglio, da dove era spuntata
quella creatura?!
Il
soldato di origini argentine evitò agilmente un pugno che,
se avesse atteso
ancora qualche secondo in più, probabilmente lo avrebbe
affossato nell’asfalto
come esattamente stava accadendo alle nocche della tizia che lo aveva
aggredito
al lato destro.
Il
suo aggressore era una donna, la più alta che avesse mai
visto con i suoi tre
metri di altezza, il volto coperto da una maschera antigas e i lunghi
capelli
neri raccolti in una treccia. Nelle vesti ricordava molto quelle del
crucco
Jeager, ma invece che essere verdi erano completamente nere. La vide
poi
estrarre il pugno dall’asfalto come se lo avesse intinto nel
burro, e Connors
non potè che lasciarsi andare ad un sorrisetto ironico.
–
Scusa tesoro, ma devo occuparmi di una donna molto più
attraente di te adesso…
dopo se vuoi ti faccio l’autografo –
La
tizia senza nome inclinò la testa di lato, muovendosi
lentamente di lato
aggirandolo come un predatore con la preda. Per la sua esperienza da
soldato
poteva dire che la femmina puntava molto sulla forza, a discapito
però della
velocità anche se, a quanto pare, era capace di sorprendere
l’avversario
apparendogli alle spalle con l’elemento a sorpresa. Come un
dannato elefante
doveva solo colpirla agli occhi e… perché ora
stava guardando in direzione di
Emerald?
Grazie
allo scatto di prima, ora Michael si trovava più vicino al
luogo in cui la
ragazza si trovava, riuscendo a notarla nella sua gabbia di lamiere
contorte e
tronchi caduti, e sua probabile tomba se non si fosse sbrigato a
riprenderla!
Con orrore però notò la donna senza nome
avvicinarsi con passo lento verso la
prigione della Lancaster, emettendo quello che sembrava un basso
muggito o
qualcosa di simile. Un animale… ecco cos’era. E
andava abbattuto.
–
Non ci provare, cagna! Ehi! Mi hai sentito?! –
Gli
puntò la pistola contro ma quella continuò ad
ignorarlo, un colpo ai legamenti
crociati dei tendini delle ginocchia e l’avrebbe fatta
piegare dal dolore.
Sparò un paio di colpi, ma credette di mancarla anche a
causa della scarsa
visibilità. Quindi sparò di nuovo e…
Aveva
giudicato male quella tizia, quando voleva sapeva essere veloce e
scattante
come un fulmine, poiché indispettita per quei colpi alle
gambe prese
l’americano per il collo alzandolo da terra.
Connors
gridò, più per rabbia che per dolore, deciso a
scaricarle addosso l’intero
caricatore della pistola a bruciapelo all’altezza del suo
petto poco femminile.
Arrivò solo a metà caricatore, poiché
sotto il suo sguardo incredulo, sebbene
la straniera aveva sobbalzato a quei colpi di pistola, tutti i
proiettili si
erano fermati contro il suo seno senza minimamente scalfirne la carne.
–
Di cosa cazzo sei fatta…? – sbuffò per
mancanza di ossigeno, visto che la tizia
stava iniziando a stringere forte nel mentre che si spazzolava via di
dosso i
proiettili – hai la pelle d’acciaio? Troppi
spi… spinaci?! –
Era
ad un passo dal rimetterci la vita ma non poteva fare a meno di fare le
sue
battute idiote! Sarebbe morto lì sicuro da bravo coglione se
non fosse stato
per un elemento che decisamente non si sarebbe mai aspettato di vedere.
–
Ko~ho~!!–
Un
suono metallico, simile ad un respiro, fuoriuscì dalla bocca
“sorridente” di un
Warsman completamente ebbro di furia omicida che apparve veloce alle
spalle
della femmina sguainando i suoi artigli dell’orso. Il
lottatore russo aveva le
vesti per buona parte sbrindellate e bruciate, ma sembrava in ottima
forma per
saltare così agilmente e colpire la nemica alla gola
riuscendo questa volta a
farle del male.
A
dir la verità Warsman si era ripreso prima che quella tizia
( forse una
cortigiana? ) attaccasse quello sbarbatello dall’accento
americano, ma aveva
approfittato del proprio momento di stallo in cui si liberava di alcuni
arbusti
bruciati per poter analizzare meglio la situazione… e
trovare il punto debole
di quella mastodonte all’altezza del collo.
Una
trama cutanea piuttosto spessa, simile all’acciaio, doveva
essere alla base
della special skill di quell’imponente Deva, almeno stando
alle sue scansioni,
pertanto doveva sbrigarsi ad abbatterla per prestare poi soccorso ad
Emerald
che in quel momento era impegnata a bestemmiare come un turco per non
riuscire
a trovare un modo di liberarsi di tutti quei detriti che la
imprigionavano. Il
sidecar era ormai perduto, ma la ragazza sembrava essere intatta a
parte
qualche escoriazione superficiale.
Forse
sarebbe stato più logico andare direttamente da Hammy mentre
il nemico era
impegnato, ma il suo spirito combattivo era sbocciato e decisamente non
ce la
faceva a resistere... quindi fu con somma gioia che affondò
gli artigli nella
carne bianca della Deva portandola a ruggire. Di riflesso
lasciò andare il
soldato americano, ma lo fece in maniera “diversa”
dal solito, cioè facendolo
semplicemente cadere a terra, ma anzi lo prese con più forza
alla gola
schiacciandolo contro un tronco d’albero annerito dal fuoco, abbattendolo
definitivamente, così da impossibilitarlo
a combattere mentre si occupava dell’altra bestia che
l’aveva aggredita alle
spalle.
Stavolta
il russo non fu così veloce, ed una immensa mano lo
agguantò per la schiena
scagliandolo in alto, arrivando a prenderlo per una gamba come un
giocattolo e
iniziando poi a sbatterlo ripetutamente contro delle rocce come se
fosse stato
una bambola di pezza.
Emerald
dalla sua prigione guardò con sempre più terrore
quello che stava accadendo.
Non era sicura di aver visto Connors in mezzo a quel casino, ma la sua
attenzione era rivolta verso Warsman ridotto sempre peggio ad ogni
schianto a
terra… arrivando a muovere le braccia spezzate come se
fossero fatte di carta e
la maschera che si stava sempre più sbriciolando rivelando
quello che doveva
essere il suo vero volto.
Era
davvero così…? Oppure era a causa dei colpi
inflitti che si ritrovava quella
carne e metallo fusi tra loro e con i denti esposti senza un briciolo
di labbra?!
Emerald Lancaster non lo sapeva, e francamente l’unica cosa
che voleva era che
il russo non morisse così come un giocattolo in mano ad un
bambino capriccioso.
Non lo voleva e basta anche se spesso gli aveva augurato di morire
male… ma
quella tra loro era un’altra cosa.
–
Cazzo… per pietà… basta –
non
le riusciva neppure di respirare a momenti, e non solo per i fumi
dell’incendio
che la intrappolavano. Si sentiva dannatamente sciocca anche per aver
perso
durante lo schianto il suo marsupio con all’interno la sua
inseparabile pistola,
ed ora osservare quella pura brutalità le stava facendo
venir voglia di
vomitare.
–
Ti piace pestare pesante, eh? Ti dirò una cosa…
anche a me piace! –
La
situazione si ribaltò ulteriormente quando quel
bell’imbusto di Kevin Mask non
apparve all’improvviso brandendo quello che era un tronco e
sbattendolo con
forza sotto il mento dell’imponente avversaria
riuscì a bloccare i suoi
devastanti attacchi a Warsman.
–
Cosa…?! – Emerald parve stupita di
quell’entrata in scena senza senso, perché
il lottatore inglese era l’ultima persona che si sarebbe
aspettata di vedere –
razza di teppista idiota! Perché invece di combattere non
vieni a salvarmi?!
Qui le fiamme avanzano! –
–
Le fiamme si stanno estinguendo, puoi resistere – non aveva tutti i torti ma
la situazione non
era bella, “gentilezza” della ragazza a parte
– inoltre non hai pensato che
sono partito da casa dopo di voi?! –
Colpì
nuovamente la Deva con il tronco questa volta con un salto in alto,
frantumandoglielo completamente sulla testa e
portandola a lanciare quello che sembrava una specie di
ruggito. Inoltre,
il colpo fu così forte da costringerla a mollare la presa su
Warsman che cadde
esamine a terra.
Kevin
Mask potè sentire la tizia ingrata cercare di richiamare il
compagno motociclista
ma senza reale successo, era decisamente messo male e impossibilitato a
combattere, ma ora che l’aveva stordita non doveva fermarsi e
sbatterla verso
l’alto con ciò che gli rimaneva del tronco
sradicato che ancora aveva in mano,
come se stesse brandendo una mazza da baseball e lei fosse la palla in
questione. E poi l’avrebbe annientata con il Big Ben Edge
mettendo fine a tutta
quella patetica storia.
–
La storia finisce qui – fece il giovanotto più
sicuro che mai – ma sarà una
bella storia da raccontare alla mia futura sorellina prima di farla
addormentare! –
Si,
durante il breve viaggio in moto aveva pensato un po’ a tutto
quello che stava
accadendo. Tralasciando il fattaccio sul traffico di sostanze dopanti
su cui
non aveva nessuna colpa, il matrimonio di suo padre lo aveva
decisamente
colpito più di ogni altra cosa. Santiago non ce
l’aveva fatta a trattenere a
freno la lingua, e gli aveva pure rivelato che a breve avrebbe avuto
una
sorellina da una donna che tanto terrestre non era. Questo gli aveva
messo
addosso una marea di emozioni, quasi tutte negative, che non resistette
alla
voglia di prendere una delle motociclette presenti nella rimessa per
farsi un
giro il più lungo possibile.
Fu
solo dopo, come consueto dei Mask, che iniziò a ragionare
che tutta la rabbia
che aveva in corpo fosse totalmente inutile. Che motivo aveva di
portare
rancore verso il suo vecchio? Verso la sua futura compagna? Verso
quella che
sarebbe stata sua sorella?! Suo padre aveva così tanti
difetti, maledizione! Ma
aveva deciso di rifarsi una vita e aveva deciso di renderlo PARTECIPE a
questo
evento… quindi come poteva odiarlo del tutto?! Non ce la
faceva, e non ce l’avrebbe
mai fatta. Sfogarsi in combattimento sarebbe stata la scelta migliore,
ma
piuttosto che andare in palestra notò chiaramente
l’incidente automobilistico e
soprattutto quella tizia che stava menando Warsman.
Ma
non aveva notato che, per quanto lenta fosse, era capace di scatti
improvvisi
da sorprendere l’avversario e ribaltare completamente le
carte in tavola. La sua
esasperante lentezza era una cosa voluta a quanto pare, in modo da
bilanciare
meglio gli scatti come se fosse stata una dannatissima molla
costantemente
sotto pressione.
Astuto
e pericoloso in effetti, e Kevin Mask ne pagò le conseguenze.
La
Deva lanciò qualcosa di simile ad un lamento prolungato,
prendendo con entrambe
le mani l’altra estremità del tronco, la parte
orma spezzata, sorprendendo
Kevin ma non dandogli il tempo di reagire mentre gli sbatteva il tronco
sullo
sterno con una forza tale da togliergli il fato in corpo. Non contenta
lo colpì
nuovamente, fino a farlo cadere a terra, e poi anche una volta che
cadde a
terra continuò a colpirlo fino a fargli perdere i sensi. Se
non lo uccise era perché
al momento la sua priorità era un’altra, ed
Emerald capì che la stava guardando
come se l’avesse puntata un cacciatore affamato.
Aveva
assistito a combattimenti così brutali che qualunque arbitro
avrebbe
sicuramente etichettato come illegali e da galera, ma un conto era
guardarli in
televisione, un altro era vedere Kevin Mask lanciare una sorta di
gorgoglio
strozzato dovuto al sangue in gola che gli impediva di respirare. Una
cosa così…
assurda, che la giovane viziata di casa Lancaster non era
effettivamente
abituata a vivere.
–
E adesso…? Ammazzi anche me?! –
Mormorò
quelle parole senza neppure riuscire a reagire quando la colossale Deva
la
trascinò via da quella prigione contorta prendendola per il
cappuccio della sua
giacca a vento, presa da un terrore così vivido e istintivo
che la stavano
portando, interiormente, a vergognarsi di non essere capace di reagire
davanti
al proprio nemico.
A
sorpresa però la donna negò solennemente con la
testa, andando a tastare delicatamente
la giovane per vedere se aveva subito delle ferite grazi. Hammy rimase
confusa,
per non dire incredula, che una creatura tanto feroce e bestiale la
stesse
toccando con una delicatezza incredibile. E di fronte a quella
“meraviglia” non
si accorse che, tra gli scoppiettii del legno e delle sterpaglie che
bruciavano, ai lamenti degli uomini caduti in quel sanguinoso
combattimento, il
rumore delle pale di un elicottero annunciavano l’arrivo di
qualcuno.
Troppo
lentamente la Deva si accorse che i rinforzi erano sopraggiunti, e un
dardo di
anestetico potente, sparato dall’elicottero, le si
piantò sul collo ferito
portandola a muggire qualcosa e ad accasciarsi a terra priva di sensi,
sotto lo
sguardo attonito di una giovane umana che a stento poteva credere a chi
appartenesse a quell’elicottero.
Doveva
avere un angelo protettore lassù in cielo, anche se era
assolutamente atea, ma
per quel giorno il suo angelo aveva le sembianze di Howard Lancaster
dall’infallibile
mira.
–
Come sparare ad un elefante – sentenziò
lui una volta posdato il fucile all’interno
dell’elicottero ancora in volo e
prendendo il walkie talkie da uno dei suoi uomini– avevi ragione Connors, il
collo era
decisamente il suo punto debole… tutto a posto
laggiù? –
–
A parte le costole incrinate che ora si sono rotte… tutto a
posto, mister – l’americano
faceva fatica a parlare e si era dovuto trascinare vicino ad un albero
per
potersi mettere a sedere, ma era chiaro che era stato lui a chiamare i
soccorsi
– ora ha due bestie da collezione e un little brat da
buttare…mi auguro che sua
figlia stia bene –
Non
ce la faceva proprio a non essere sarcastico, nonostante
l’incommensurabile
dolore che provava perché menato così da una
donna non gli era mai capitato
prima, ma le avrebbe restituito il favore.
–
Per il giovane Mask direi di riportarlo così
com’è a suo padre… gli diremo che
ha avuto un incidente e ci dovrà così un favore
– e qui Howard aveva qualche
mezza idea per il matrimonio del suo ex amico – per le due
belve feroci direi
che sarà il caso di consultarmi con mia figlia in che
posizione vorrebbe che io
le impagliassi… e tranquillo, lei sembra stare bene anche se
una occhiata di
persona non guasterà –
E
dette testuali parole, con una freddezza unica tipica del suo
“guerriero
interiore” che quasi mai usciva, si lanciò
giù dall’elicottero per andare
incontro alla propria principessa che mai come in quel giorno fu
così felice di
poter riabbracciare il proprio padre.
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Capitolo 13 *** make it bun dem ***
Le
porte di villa Mask si spalancarono di colpo senza che il proprietario
di casa avesse
dato il consenso affinché ospiti armati facessero irruzione
nell’atrio.
Robin
Mask, oltre al rumore delle porte che si aprivano e alle voci concitate
che
giungevano sino al suo studio, venne allarmato anche dalle urla di
Santiago e
da quelle successive di alcuni soldati.
–
Per Dio… Archie! Che diavolo sta succedendo?! Chi
è entrato nella mia dimora?!
–
Niente,
nessuna risposta dall’anziano maggiordomo e questo
allarmò ulteriormente l’ex
wrestler. Decise di precipitarsi nell’ingresso di casa e
ciò che vide
decisamente non gli piacque.
Archie
aveva le mani in alto e lo sguardo spaventato nonostante la sua
disciplina gli
stesse imponendo di mantenere i nervi saldi, ma avere il fucile puntato
alla
testa da quello che sembrava un agente swat non era esattamente una
cosa da
tutti i giorni. Mentre i pianti di Santiago lo raggiunsero prima che
Robin
stesso potesse notare che uno dei soldati del drappello si stava
massaggiando il
naso e un altro ancora era rantolante a terra, segno evidente che la
donna non
aveva decisamente gradito che un gruppo paramilitare le si fiondasse in
casa
per pestarle Kevin Mask.
Un
momento… quello a terra trattenuto dalle braccia della tata
era veramente suo
figlio?!
–
Mi hijo – singhiozzò la donna incurante che il
sangue del giovane andasse a
sporcarle l’abito bianco – ¿
qué han
hecho? –
–
Cosa diavolo…?! KEVIN!! Che ti è successo?!
–
Robin
Mask fece per scattare ai piedi del proprio ragazzo ma un paio di
fucili gli
puntarono la testa fermando con una tensione sempre più
crescente la sua corsa.
E dopo quel gesto sfrontato alcuni di loro si fecero da parte per poter
far
passare quello che era il loro capo nel suo impeccabile completo
bianco. E l’ex
lottatore dall’elmo in acciaio conosceva bene
quell’individuo.
–
Howard Lancaster! Come osi entrare in casa mia con il tuo
stramaledettissimo
esercito?! – ignorò
i fucili puntati e
si avvicinò lo stesso ad un indifferente gentiluomo
– ci vive
una donna incinta qui, maledizione! E
che cosa hai fatto al mio ragazzo??! –
Se
i soldati non avevano sparato era perché…
effettivamente Robin Mask da
arrabbiato faceva paura! Ma il succitato Howard non si scompose,
mostrando
piuttosto un sorrisetto sarcastico.
–
Suvvia, non arrabbiarti Robbie
– Dio,
quanto odiava quando lo chiamava così – se inizi
ad urlare poi ti manca il
fiato, ti sale la pressione ed infine… muori –
Alcuni
dei soldati si misero a sghignazzare divertiti, ignorando che lo
sguardo di
Robin Mask era praticamente fiammeggiante, ma alcuni di loro tornarono
vigili
quando Santiago ringhiò loro qualcosa mimando il gesto di
prenderli nuovamente
a pugni. Se nessuno le aveva ancora sparato era per volontà
dello stesso
Lancaster, e questo la diceva lunga sulla natura fin troppo mercenaria
di
quella “security”.
–
Non morirò prima di averti ridotto a brandelli e…
–
–
Altolà, quello che dovrebbe ridurti a brandelli sarei
io… o meglio, ridurti sul
lastrico – e
qui l’ex lottatore indicò
con un cenno del proprio bastone da passeggio un Kevin ancora
incosciente –
quell’ubriacone di tuo figlio ha fatto irruzione nella mia
proprietà con la sua sporca
motocicletta, ha distrutto alcune aiuole ed è andato a
sbattere contro un
albero incendiando un mio preziosissimo nocciolo centenario…
potrei prendermela
davvero a male sai? Certo, potremmo raggiungere un accordo se vuoi
–
–
E il ragazzo sarebbe andato a sbattere per sei volte di fila contro un
albero,
mister Lancaster?! Mi sembra un tantino incoerente con la vostra
spiegazione,
viste le ferite che riporta –
A
parlare era stata la futura sposa di Robin Mask, ossia quella deliziosa
creatura qual era la Kalinina, che senza praticamente farsi notare da
nessuno
si era inginocchiata al capezzale del giovane lottatore esaminando
immediatamente le ferite sul suo petto nudo.
Quello
che Robin sapeva era che delle intuizioni della propria ragazza poteva
fidarsi
più che di tutti i referti medici o le spiegazioni fasulle
che Howard poteva
dare.
–
Non dica sciocchezze dottoressa – il succitato Lancaster la
guardò inarcando un
sopracciglio, valutando o meno se quella donna potesse essere un
problema – ho
dei testimoni e video della sorveglianza che possono confermare come si
sono
svolti i fatti – fasulli tra l’altro – ma
siete fortunati… non ho intenzione di
sporgere denuncia, solo qualche piccola pretesa che vorrei mi venisse
concessa
al vostro matrimonio –
L’arroganza
del suo ex amico decisamente non sorprese il lottatore
dall’elmo medioevale, ma
approfittare di una situazione simile, con Kevin ridotto in quello
stato, per
dettare legge anche ad un evento a cui lui lo aveva gentilmente
invitato tanto
per fargli vedere che “anche io POSSO”…
decisamente non gli piacque affatto.
–
Tu… come osi a…?! –
Il
futuro sposo venne però prontamente fermato da Alya,
alzatasi prontamente da
terra, prendendolo per un braccio giusto in tempo prima che assalisse
Lancaster
di petto, parandosi lei stessa dinnanzi ad un ospite decisamente non
molto
gradito in casa.
–
Mister Lancaster, la ringraziamo per averci riportato Kevin e saremo
lieti di
accogliere i vostri suggerimenti per la cerimonia –
curiosamente gli andò
vicino, parlando questa volta a voce bassa ed osservandogli il busto
come a
volerlo analizzare. Passando poi un paio di dita sulla giacca
dell’uomo
fermandosi all’altezza del fegato –
solo… le consiglierei di non esagerare
troppo con gli alcolici. E se
siamo a posto così vi chiederei di lasciare la mia dimora il
prima possibile –
Non
gli stava chiedendo per favore e quegli occhi di ghiaccio erano ancor
più
freddi sotto le lenti dei suoi occasionali occhiali per astigmatici.
C’era da
avere quasi rispetto per il sangue freddo che la donna riusciva a
mantenere
nonostante tanta tensione non dovesse fare bene ad una donna incinta,
ma era
quel suo consiglio nei riguardi di Howard che decisamente fece un certo
effetto
sul diretto interessato.
Ma
c’era davvero da fidarsi del consiglio di una semi bestia?!
Restava comunque un
particolare che all’ex lottatore decisamente non piacque, ma
ritenne comunque
sensato il ragionamento della Kalinina trovando la sua diplomazia
decisamente
migliore della furia appena assopita di Robin Mask piuttosto in
apprensione sia
per il figlio conciato male che per la futura moglie che aveva
“osato” sfidare
Howard. Ovviamente usando una educazione indiscutibile.
Con
un gesto del bastone da passeggio finalmente il
signore di quell’esercito in miniatura decise di
congedare i propri uomini
e farli ritirare, concedendosi comunque un baciamano alla padrona di
casa che
suonò quasi beffardo rispetto al loro primo incontro.
Solo
quando tutti se ne furono andati Alya sentì la tensione
sciogliersi e gli occhi
arrossarsi per lacrime di puro nervosismo che non tardarono a
scivolarle giù
per le guance… Ma sentire che il proprio compagno la
stringeva in un forte
abbraccio decisamente la confortò aiutandola a calmarsi quel
tanto che bastava
per prestare le prime cure a Kevin Mask.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Quando
si svegliò non riconobbe immediatamente il luogo in cui si
trovava, poi capì
che era una delle stanze per gli ospiti della tenuta anziché
la sua vecchia
stanza. Questo per ovvi motivi, visto che era cresciuto e in un letto
di un
bambino di otto anni decisamente Kevin Mask non ci entrava!
Ma
comunque, ciò che notò principalmente furono le
finestre ad arco in cui
filtrava una intensa luce mattutina, una figura femminile seduta al suo
capezzale che riconobbe come Alya ( a cui non aveva praticamente
rivolto la
parola nel loro primo incontro da bravo idiota ) e al fatto ancor
più
importante che non aveva la maschera addosso.
–
Ah, bene. Ti sei svegliato – la Deva sorrise lievemente,
avvicinandosi e
scostandogli delicatamente la lunga frangia color magenta dalla fronte
con una
mano – come ti senti quest’oggi? Perdonami se ti ho
tolto l’elmo ma rischiavi
di soffocare con il tuo stesso sangue… hai avuto un gran
brutto “incidente” due
giorni fa –
Due
giorni. Erano passati ben due giorni e se li era fatti in uno stato di
quasi
semi incoscienza dovuti ai medicinali che gli erano stati somministrati
mentre
la dottoressa si premurava di curare le sue ferite ( grazie al cielo
recuperabili del tutto in pochi giorni merito soprattutto alla sua
tempra di
chojiin ), e per tutto quel tempo non aveva nemmeno avuto modo di
comunicare
con il proprio allenatore! Lord Flash sicuramente avrà dato
di matto non
trovandolo da nessuna parte, e già sapeva quale paternale
gli avrebbe fatto una
volta che lo avrebbe rivisto, anche se questa volta, con tutti i rischi
che
stavano correndo, non avrebbe avuto tutti i torti.
–
Io sto bene e… credo che chiamarlo incidente sia solo un
eufemismo –
Quella
ragazza a quanto pare ci aveva visto giusto nel mettere tra virgolette
l’accaduto, anche perché la realtà era
talmente differente dai fatti come ben
presto apprese dalle successive parole della giovane donna che lo
aiutò a
mettersi seduto sul letto dandogli poi in consegna l’elmo.
–
È stato Howard Lancaster a portarti qui dicendo che, sue
testuali parole,
guidando ubriaco fradicio una moto hai invaso la sua
proprietà distruggendo un
nocciolo andandoci direttamente a sbattere… ma dal mio punto
di vista le tue
ferite non coincidono con un incidente quanto ad uno scontro vero e
proprio –
si alzò dalla sedia andando ad aprire un armadio per
recuperare alcuni
indumenti del giovane, e solo quando nel mucchio ci infilò
anche un paio di
boxer il giovanotto si rese conto di essere completamente nudo sotto le
lenzuola – avrei preferito mandarti al Muscle Museum
Hospital, dove avresti
ricevuto delle cure più adeguate… ma tuo padre ha
preferito tenerti qui
pensando che fossi più al sicuro dalle “possibili
mire” di mister Lancaster, ed
inoltre la strada principale che porta in città è
stata bloccata per lavori
straordinari… –
I
cartelli dicevano che era per mettere in sicurezza una frana della
collina,
quello che però Alya e Robin ancora non sapevano era che gli
uomini di Howard
avevano transennato l’intera area per fare pulizia,
recuperare i corpi e
sostituire la vegetazione in modo che nessuno si insospettisse troppo.
A
Kevin venne quasi di impulso di dare completamente ragione a quella
donna, ma
un barlume di coscienza lo trattenne dal commettere un simile errore.
A
pensarci bene… valeva la pena coinvolgere suo padre in tutto
il casino che lo
aveva travolto? Era forse giusto dirgli che rischiava la squalifica a
vita
dalla IWF per un sospetto traffico di sostanze dopanti?! Avrebbe deluso
ancora
una volta il genitore, e sebbene con lui non ci andasse affatto
d’accordo, per
istinto, oltre che per una questione d’orgoglio, non
sopportava l’idea di
vedersi nuovamente rifiutato dal padre. Si stavano riavvicinando, dopo
davvero
tanto tempo, e si era ripromesso di vincere la Corona Chojin anche per
riallacciare il legame troppo a lungo congelato.
Poi
c’era Alya… una gran bella donna n effetti anche
se gli sembrava troppo seria,
troppo giovane ( avrebbe potuto essere sua sorella, maledizione! ) e
troppo
“ironica” nel suo essere la figlia di una leggenda
del wrestling. Tuttavia non
voleva esporre il genitore e la sua nuova compagna, oltre che futura
sorellina,
in pericoli concreti che avrebbero potuto anche provenire da Howard
Lancaster.
–
Si, ecco… ti ringrazio per l’aiuto che mi hai
offerto. Ma davvero, non c’è
bisogno di preoccuparsi. È stato effettivamente un incidente
ora che ricordo un
po’ di più… –
cercò di sembrare il più credibile possibile
mentre gli sembrò
che gli occhi di ghiaccio della Deva lo sondassero da cima a fondo
– ero
davvero ubriaco e credo di, ehm… aver anche fatto a botte
con uno della
security –
Quell’uomo
per certi versi gli aveva fatto un favore, fornendogli un alibi sebbene
quasi
sicuramente lo avesse fatto per un tornaconto personale. Se avesse
raccontato
per davvero come stavano le cose molto probabilmente avrebbe coinvolto
persone
che non c’entravano affatto, quindi pregò
mentalmente che la giovane si bevesse
quella mezza scusa e non cercasse di indagare oltre.
–
Sei davvero sicuro che sia andata così, Kevin? –
–
Sono sicurissimo, Alya – era la prima volta che la chiamava
per nome e questo
gli fece uno strano effetto – piuttosto, hai per caso sentito
tuo padre in
questi due giorni? Avrei… ehm, voluto parlarci un
po’ di più –
Non
aveva quasi nessun ricordo dello spaventoso scontro che lo aveva visto
confrontarsi con quella nemica colossale, salvo qualche flash
dell’arrivo di
Howard che abbraccia sua figlia e poi tutto il suo staff a fare pulizia
in
zona, ma con quella domanda aveva tutta l’intenzione di
deviare il discorso e
cercare di capire se anche Warsman poteva essere stato coinvolto in
maniera più
o meno grossa come lo era lui. La figlia dell’ex lottatore
tuttavia non parve
preoccuparsi, limitandosi ad inarcare un sopracciglio e a posare gli
abiti
puliti sul letto.
–
Ho provato a telefonare a mio padre subito dopo il tuo arrivo in stato
di semi
incoscienza alla tenuta, mi ha risposto la sua compagna, Emerald
Lancaster,
dicendomi che andava tutto bene e che al momento si sarebbero concessi
una
settimana di vacanza in Brasile – scosse lentamente la testa
come
sovrappensiero – quella
ragazza mi
sembrava un po’ scossa a dire il vero, ma credo che una
vacanza di
“chiarimento” magari farà loro del
bene… –
Ah,
se avesse saputo che tra loro era SEMPRE così! Quelle parole
comunque
sorpresero non poco il giovane Mask.
Emerald
era la figlia di Howard Lancaster. Una ragazza che la apprezzavi oppure
ci
litigavi dalla mattina alla sera come sembrava essere solito fare Lord
Flash…
personalmente a Kevin quella ragazza non dispiaceva, aveva salvato
tutti quanti
da una situazione veramente molto difficile e a quanto pare lo aveva
fatto
senza chiedere nulla in cambio. Decisamente l’apprezzava di
più del padre ma
c’era comunque qualcosa che non quadrava.
Era
molto amica del suo allenatore a
quanto pare, tanto che ironicamente aveva chiesto a Lord Flash se
quella
giovane non fosse la sua “fidanzatina” ricevendo in
risposta una frase non
ripetibile per ovvi motivi, eppure ora se ne usciva fuori che fosse la
compagna
di Warsman… o almeno questa era l’impressione che
aveva fatto ad Alya.
C’era
decisamente qualcosa che non quadrava, e già il fatto di
averla incrociata
nella villa di famiglia, intenta a farsi visitare dalla dottoressa, gli
era
sembrata una cosa piuttosto strana tanto che inizialmente aveva pensato
che
anche Lord Flash potesse essere giunto li.
Era
un pensiero assurdo, anche perché cosa sarebbe dovuto andare
a fare il suo
allenatore da quelle parti? Tutta questa storia non gli piaceva, e
sentiva
l’istinto di andare in albergo e vedere se Lord Flash fosse
veramente li e non
in Brasile, benchè come pensiero fosse totalmente assurdo
visto che lui non era
Warsman e a quella storia della vacanza francamente non ci credeva
molto.
–
Io… ho capito. Ti ringrazio delle informazioni e per avermi
curato ed, ehm…
vorrei potermi cambiare al momento. Vorrei tornare in albergo per
consultare il
mio allenatore –
Alya
lo guardò incuriosita, anche perché avrebbe
preferito che rimanesse alla tenuta
per recuperare di più le forze ma era
anche vero che testardo com’era non l’avrebbe mai
schiodato da quell’idea.
–
Preferirei che rimanessi ancora qui, ma se è tuo desiderio
tornare in città
allora vai… ma per favore, sii prudente –
Nel
dirlo gli accarezzò una guancia, guardandolo comunque seria
in volto. Era
preoccupata per lui per davvero e questo Kevin lo capì alla
perfezione,
facendogli un effetto alquanto strano. Non era interessata ai soldi di
suo
padre, e neppure a vivere da aristocratica… era alla salute
dei suoi due uomini che guardava,
ma
decisamente il giovanotto non era molto abituato a simili
manifestazioni di
affetto.
E
per certi versi, per quanto imbarazzante fosse, era una
“bella” sensazione
sentire calore umano.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Hmmrr… dove sono? –
Masticando
una domanda con ancora la bocca impastata a causa di un sonno molto
pesante,
Lord Flash si passò entrambe le mani sugli occhi per cercare
di darsi una
svegliata.
Ci
impiegò un po’ per capire che era sdraiato sul
letto della propria suite
all’hotel Atlas, e addosso non aveva i panni di Warsman ma
bensì quelli
dell’allenatore di Kevin Mask con troppi misteri da celare e
parecchie fratture
che stranamente non gli facevano male.
–
Ah! Ben svegliato sorcio! Ancora un po’ e pensavo che fossi
caduto in
ipotermia! –
La
voce di Emerald lo accolse come di consueto con una nota acida che
riuscì a
togliergli quel briciolo di buon umore che aveva facendolo innervosire
di
consueto. Non ricordava molto di quello che era successo, i dati di
memoria
erano danneggiati e gli ci sarebbe voluto un po’ per
recuperarli tutti, ma a
costo di farsi sparare dietro aveva bisogno di tutte le informazioni
che Hammy
poteva dargli. Anzi… era un suo dovere rispondere alle sue
domande.
–
Emerald Lancaster… quanto tempo ho passato a dormire dal
giorno dell’incidente?
–
La
giovane inarcò un sopracciglio con sarcasmo, andandogli
vicino sulla sponda del
letto ed incrociando le braccia in petto – Wow…
non c’è di che, sono felice di
averti salvato le chiappe! E comunque sono passati due giorni dal
nostro
“incidente”, se così vogliamo chiamarlo
–
–
Cosa?! Due giorni??! –
Fece
per alzarsi dal letto con l’ovvia intenzione di contattare la
propria bambina e
Kevin, ma la Lancaster fu più veloce prendendolo per le
spalle e spingendolo
nuovamente contro il materasso dalle lenzuola profumate.
–
Fermo dove sei! Sei ancora convalescente! E se sei preoccupato per tua
figlia
stai sereno… due giorni fa ti ha cercato al telefono, ma io
ho risolto la
situazione dicendole che ci siamo concessi una vacanza di
“riflessione” e non
vogliamo essere disturbati per nessun motivo al mondo –
–
Hai fatto cosa?! E credi davvero che Alya possa credere ad una simile
balla?! E
poi… come diavolo ho fatto a guarire così in
fretta? E dov’è Kevin?! –
–
Una cosa alla volta, per piacere – Emerald si sedette sul
comodino guardandosi
distrattamente le unghie delle mani, prima di rispondere con tutta
calma ad un
russo che stava iniziando a perdere la pazienza – prima di
tutto, sei una
pantegana fortunata e doppiamente in debito con me! Su mia insistenza
ho
convinto mio padre a farti portare in una delle sue cliniche
d’avanguardia,
dove ti hanno rimesso in sesto sostituendo le componenti danneggiate
con
protesi biotiche eccellenti… e per Kevin Mask era ancora
vivo quando l’ho visto
ed è stato riportato alla villa. Ma francamente non so come
sta, e questo in
effetti mi preoccupa un po’ –
Erano
tutte informazioni una più assurda dell’altra e
l’ex wrestler non sapeva se
incazzarsi o essere grato a quella dannata ragazza. Forse entrambe le
cose,
perché essere in debito con i Lancaster per ben DUE volte di
seguito
francamente non gli piaceva neanche un po’. Tuttavia si
trovò a guardarsi i
pugni con curiosità muovendo poi le braccia come se stesse
manovrando dei pesi
invisibili per saggiarne la muscolatura ibrida. La ragazza, che al
momento si
stava torcendo una delle meches verde smeraldo come a voler stemperare
nervosismo,
aveva ragione riguardo alle cure che aveva ricevuto… i colpi
che aveva subito
da quella nemica sconosciuta l’avrebbero sicuramente fatto
cadere in un coma
profondo se non fosse stato curato, e riparato, con delle tecnologie
che non
fossero vecchie di venti anni.
L’idea
che Howard Lancaster avesse in qualche modo raccolto informazioni sul
suo corpo
decisamente non gli piaceva, perché più o meno
era quello che aveva fatto il
KGB anni fa traendolo decisamente in inganno, ma se questo era il
prezzo da
pagare per continuare la sua missione era pronto a pagarlo. A patto che
la sua
identità non fosse stata in qualche modo smascherata.
E
fu forse con questo timore che guardò Emerald, ancora
nervosa mentre l’assurda
sequenza di immagini mentali di lei stessa che rispondeva con falsa
allegria alle
domande di Alya, mentre al di là del vetro i medici stavano
rimettendo in sesto
l’ex wrestler, continuavano a tormentarla portandole una
certa ansia addosso,
trovando comunque la forza di rispondere alla sua silenziosa domanda.
–
Stai tranquillo… nessuno sa che Warsman e Lord Flash sono la
stessa persona.
Mio padre non ha assistito ai tuoi interventi e ho chiesto io stessa al
personale di far sparire quante più informazioni possibili
su di te. Inoltre
ti ho cambiato abiti di persona e se
sono al momento estremamente incazzata è per il fatto che mi
hai quasi fatto
venire un colpo della strega! –
Era
quasi sul punto di dirle “grazie” per non aver
divulgato troppo informazioni su
di lui, che quasi fu tentato di mandarla al diavolo per la sua estrema
gentilezza.
Fu a quel punto però che successe un fatto assurdo, e
ciò concise nel momento
in cui Kevin Mask bussò con forza alla porta della suite del
suo allenatore.
–
Lord Flash! Apri maledizione! È successa una cosa tremenda!
–
–
Uh… ehm, Kevin! – ebbe quasi l’impulso
di urlare “sei vivo!” ma si sarebbe
sgamato subito quindi optò per un’altra soluzione
– per favore, puoi ripassare
più tardi?! –
La
domanda sorprese anche Emerald, ma non le ci volle per capire che
voleva
evitare di rispondere a certe domande scomode. Come ad esempio spiegare
la
presenza della ragazza in stanza e il fatto che lo stesso Lord Flash,
benchè
fosse stato curato, fosse comunque convalescente e impossibilitato a
fare certi
movimenti con prontezza di riflesso.
–
Che cosa…?! Stai scherzando spero!– Kevin Mask
rimase allibito da quelle
parole… cosa ci poteva essere di più importante
in quel momento? Il suo
allenatore si era fosse scordato che erano dei ricercati?! –
Lord Flash,
sparisco per due giorni e non ti chiedi neanche che cosa mi sia
successo?! Al
diavolo… io entro! –
Warsman
non fece però in tempo a supplicarlo di non spalancare la
porta con una
spallata che la stessa Emerald prese in mano la situazione, sfilandosi
via la
maglietta e rimanendo in reggiseno e sotto lo sguardo attonito del
russo andò
velocemente a cavalcioni sopra di lui iniziando fin da subito a
mordergli il
collo senza fargli realmente del male.
–
Non me ne frega un cazzo se hai da fare! Ora tu mi ascolti
e… oh, cazzo! –
La
finezza di Kevin Mask, una volta che il giovanotto dai lunghi capelli
biondi si
fiondò in camera, fu quasi comprensibile visto lo spettacolo
indecente che
stava osservando. Ma lo sguardo da predatrice che Emerald gli rivolse,
mentre
si metteva seduta sopra il proprio compagno che riuscì solo
a balbettare
qualcosa di incomprensibile, era decisamente eloquente di quelli che
non
volevano sentire ragioni.
–
Fila via… – mimò anche il gesto con la
mano con fare ovvio – mamma
e papà devono parlare di
cose importanti ora… va a giocare con gli
altri in palestra! A meno che tu non sia un guardone –
Sotto
l’elmo di metallo gli occhi azzurri di Kevin erano sgranati,
e la sua pelle del
viso divenne presto rossa come il fuoco, non riuscendo a collegare che
al
momento Emerald Lancaster se la stava facendo con il proprio allenatore
( e
quindi probabilmente ad Alya aveva raccontato una balla ) ma solo
visualizzando
che aveva interrotto un momento piuttosto personale.
–
M-maledizione! – sbottò il lottatore inglese
voltando la testa di lato ed
uscendo in tutta fretta – questa poi me la spieghi comunque!!
–
Sbattendo
con forza la porta alle proprie spalle il giovane uscì
definitivamente di
scena, e fu solo dopo qualche secondo di assoluto silenzio che il russo
se ne
uscì con un mezzo rimprovero verso Emerald.
–
Ah! Fantastico… ora con questa tua trovata si
farà solo più domand…
Emerald! – si bloccò
all’improvviso notando che la giovane gli stava sfilando via
l’elmo di metallo
così velocemente da non dargli quasi il tempo di reagire
– che diavolo stai
facendo…?! Non lo fare… –
La
sua flebile supplica non venne ascoltata mentre il suo volto robotico,
decisamente orribile da vedere con il suo metallo e le carni esposte
lasciando
ben in vista i candidi incisivi, veniva esposto all’ambiente
circostante da una
Emerald che non voleva in nessun modo fargli vedere che stava per
mettersi a
piangere.
Poche
persone lo avevano visto in faccia, egli stesso non sopportava
l’idea di girare
senza una adeguata protezione, e ancor poche erano le donne che avevano
avuto
il coraggio di baciarlo. La sua
Katya
era stata la prima, ed avrebbe conservato in eterno quei ricordi
all’interno
del proprio processore, ma la travolgente passione con cui Emerald
pretese da
lui un bacio decisamente non se l’aspettava.
A
quella puttanella viziata davvero non gli importava nulla di
com’era fatto?
Davvero avrebbe ancora accettato di fare un giro di tango con lui o
anche solo
di farci l’amore…?! Non era quindi il suo
giocattolo personale come a volte si
era ritrovato ironicamente a pensare?
Dal
modo in cui lo stava baciando, e da come egli stesso decise di
risponderle
intrecciando la propria lingua con la sua e circondandole la vita con
entrambe
le braccia strappandole poi via il reggiseno di dosso, a quanto pare
erano
state tutte supposizioni decisamente sbagliate.
Aveva
in mente di telefonare ad Alya per rassicurarla della sua situazione,
ma non
sarebbe successo nulla di male se avesse aspettato un po’.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
L’atmosfera
nel locale si stava decisamente riscaldando.
Gli
uomini, ebbri di alcool e ormoni, sbraitavano come dei dannati sulle
ballerine
in abiti succinti e dalla pelle resa traslucida a causa del sudore
consistente dovuto
alle loro sensuali esibizioni sul palo della lap dance, puntando i loro
occhi
arrossati sulla nuova ballerina che si attorcigliava lungo il palo come
uno dei
serpenti che aveva tatuati in corpo.
Era
una creatura meravigliosa, anche se il suo sguardo da sobri avrebbe in
qualche
modo spaventato.
–
Dai, puttana! Vogliamo vederti nuda!! –
Uno
degli energumeni sotto di lei, si trovava sullo spalto centrale,
tentò di
acchiapparla per una caviglia ma la donna fu più lesta a
dargli un calcio sotto
il mento.
Alcuni
degli uomini risero quando il loro collega cadde a terra semi svenuto,
e la
stessa de Santa sogghignò maliziosa vedendo come quei perros maledetti la idolatravano
rimanendo rapiti dai suoi tatuaggi
che sembravano muoversi con lei in movimenti così fluidi che
un comune essere
umano non avrebbe mai fatto.
Se
fossero stati meno ubriachi avrebbero anche capito che quei serpenti
neri si
stavano muovendo per davvero, e quei loro movimenti non prevedevano
nulla di
buono.
Uriel
Truce de Santa era arrivata in quello squallido night club londinese
perché
erano stati i segnali dei microchip piantati sottocute, rivelati dal
suo
segnalatore, a portarcela nella speranza di
“divertirsi” un po’ con i ricercati
che tanto rischiavano di infangare la Muscle League.
In
principio i primi rapporti parlavano di lottatori professionisti
implicati nel
traffico di sabbia rossa, ma le cortigiane di basso rango erano delle
incompetenti a suo dire, quindi si era messa alla ricerca delle giuste
prede ed
era giunta sino a li… a farsi sbavare addosso da un
drappello di mercenari
ubriachi tutti recanti uno stemma con una pantera disegnata sopra.
–
Allora hombres… vi va di
vedere
qualcosa di eccezionale?! – nel cinguettare quelle parole si
piegò quasi a
novanta gradi strusciando l’inguine contro il palo argentato
e accogliendo così
parecchi ululati di consenso.
–
Qualunque cosa che mi faccia dimenticare che domani ho il turno di
notte! –
abbaiò uno degli uomini, seguito anche dagli altri ben
felici di poter vedere
la sorpresa della bella danzatrice.
–
Se insistete tanto perros de mierda… –
L’orribile
risposta della Deva decisamente non piacque ai soldati, che smisero di
esultare
e guardarono fin troppo male una femmina che ora si era fermata nelle
sue
sensuali evoluzioni dando le spalle a tutti loro…
E
lasciando che iniziassero a gridare terrorizzati quando i serpenti
fuoriuscirono dalla sua schiena dando inizio al SUO di spettacolo
preferito.
(…)
–
Uhh! Gran bel casino… non è che ti dispiacerebbe
darmi una mano a
pulire? –
de
Santa non era molto famosa per i lavori discreti che faceva, anzi era
rinomata
per la sua brutalità, ma forse questa volta aveva
decisamente esagerato.
Aveva
iniziato a fare a pezzi dei mercenari davanti a molte persone che,
quasi
sicuramente dato l’ambiente poco sicuro del quartiere in cui
si trovava il
locale, avrebbe spifferato poco alle forze dell’ordine e
sarebbe stato tutto
bollato come un regolamento di conti tra trafficanti. Nel drappello non
era
comunque presente quel Connors che aveva avuto l’ardire di
fare “amicizia” con
lei, ma avrebbe recuperato pure lui a tempo debito.
–
La-vuoi-fare-finita?! – Uriel si voltò appena
mentre l’ultimo serpente
recuperava gli ultimi due chip dai corpi dei soldati caduti –
Nuala, hai sei
braccia! Quella brava a fare le pulizie qui sei tu, io mi occupo solo
di farti
lavorare –
La
donna in questione era ovviamente una Deva, dai lunghi capelli color
sangue e
vestita con una tuta in latex nero che ne esaltava le forme, ma il
fatto che
avesse una voce decisamente maschile risultava un po’
inquietante anche se non
si sarebbe potuto dire che fosse il suo vero timbro vocale oppure una
deformazione dovuta al respiratore fissato in bocca. Si
limitò comunque ad
incrociare un paio di braccia in petto mormorando un “che
simpatica
sindacalista” prima di guardarsi un po’ in giro
e constatare il disordine presente nel locale. I
sopravvissuti, cioè
tutti quelli senza il chip, erano ormai scappati da un pezzo e la
polizia non
avrebbe tardato ad arrivare.
–
Tutto ‘sto casino per un paio di bustine di sabbia rossa e
dei chip
malfunzionanti? Ehe! Sembra quasi che qualcuno si diverta a prenderti
in giro…
eh, Uriel?! –
Se
si divertiva a fare l’ironica? Oh si. Ma la donna si
limitò ad emettere un
sibilo mentre i tatuaggi le tornarono a posto ritornandosene ad essere
dei
semplici disegni inanimati. C’era comunque il sospetto che
qualcuno le stesse
prendendo in giro nell’aver piantato dei microchip in
bersagli sacrificabili, e
magari quel qualcuno era il loro vero obiettivo.
–
Questi tizi erano solo dei clienti, ma quella che avevano nelle tasche
erano
più delle solite dosi che si danno ai lottatori
furbetti…– forse era una teoria
un po’ azzardata – quindi qualcuno ha la mia
scimmia e si diverte a farla lavorare senza pagare i contributi
– si
voltò a guardare la collega che al momento
stava evitando di sporcarsi gli stivali di sangue umano, facendole
segno che
era ora di andare – i nostri cari spacciatori dopo questo
massacro faranno
sicuramente un passo falso e sarà allora che noi li
colpiremo…–
–
Si, come no – sbuffò la rossa nel mentre che se ne
andavano via sentendo le
sirene della polizia arrivare – tanto poi pulisco sempre io
–
Il
titolo del capitolo, make it bun dem è una canzone di
Skrillex ( feat Damian
Marley ) e ci ho visto troppo Uriel ballare sulle note di questa
allucinatissima canzone! Per il resto gli equivoci aumentano e non sono
neanche
simpatici.
|
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Capitolo 14 *** la masquerade ***
Amazon
era un pianeta relativamente “giovane” nella
politica intergalattica della
federazioni wrestling.
Scoperto
400 anni fa dal kinniku esploratore ( nonché lottatore )
noto come Muscle
Traveller, un antenato della famiglia reale Muscle tra
l’altro, la cosa che
andò subito all’occhio fu la totale assenza di
uomini nei villaggi in cui si
trovò a soggiornare venendo accolto quasi come se fosse un
fenomeno da circo
oppure un mostro alieno da cui scappare.
In
principio, quando effettuò il suo rovinoso atterraggio sul
pianeta, Traveller
pensò di essere finito in paradiso vedendo così
tante donne tutte in abiti
leggeri o in kimono colorati e piuttosto corti, tanto da definirle
delle Deva sacre discese dal cielo
per
accoglierlo amorevolmente… peccato che i suoi tentativi di
approccio finirono
decisamente male ogni volta venendo cacciato da ogni villaggio che
visitava,
trovandosi per questo a maturare il pensiero che fossero tutte delle streghe malvagie pronte a fargli del
male. Davvero non ci arrivava che il suo aspetto grottesco e i suoi
tentativi
di corteggiamento decisamente non erano apprezzati dalle aliene, ma
ebbe modo
di riscattarsi quando, viaggiando di villaggio in villaggio, non
scoprì che un
manipolo di streghe VERE tenevano soggiogata la popolazione in un
eterno
medioevo non lasciando che si aprisse alle altre civiltà
dello spazio.
Muscle
Traveller promise alle Deva che le avrebbe liberate dalla dittatura
promettendo
loro ampi margini di guadagno economico e possibilità di
trarre profitto da un
turismo molto più competitivo oltre che dare un
“supporto” morale ai tanti
uomini soli, come lo era lui, sparsi nella galassia. Le streghe
tuttavia non
erano stupide, e a turno lo sfidarono in death mach sempre
più violenti non
riuscendo comunque a sconfiggerlo.
Oggigiorno
su Amazon la figura di questo kinniku è circondata sia da
polemiche che da
gratitudine. Da un lato ha permesso alle Deva di espandere la loro
economia e
conoscenza oltre che ampliare maggiormente il loro codice genetico, ma
da un
altro le conservatici rimpiangono le stesse streghe che, anche se in un
modo
molto discutibile, stavano solo proteggendo le loro sorelle dai
pericoli della
galassia.
Oggi
Amazon rimane ancora rinomato per essere un pianeta popolato al 90% da
donne,
traendo decisamente in inganno gli idioti che vi ci approdano credendo
di
trovare prostituzione facile, oltre che per le innumerevoli cliniche
mediche e
centri benessere che tanti visitatori portano ancora oggi per potersi
curare al
meglio anche ad un prezzo modico.
Rimaneva
comunque luogo verdeggiante anche se molte terre restavano semi
spopolate e in
mano alla natura incontaminata, lasciando le campagne e le
città lungo la costa
come luoghi più consoni alla vita sociale. Qui comunque era
presente anche una
casa di riposo in mano ad una antica leggenda del wrestling, e nota
anche come il
lussuoso luogo di riposo di molti ex lottatori della Muscle League
oltre che di
vecchi nemici ormai sconfitti da tempo.
La
Knight Hill era diventata di proprietà di Robin Knight,
padre di un ben noto
Robin Mask, una volta che l’ex wrestler decise di atterrare
sul pianeta per
farsi curare dall’ictus che alla veneranda età di
80 anni lo aveva colto
durante un allenamento piuttosto pesante.
Ora
erano passati cinque anni dall’accaduto, e il gentiluomo di
origini inglesi si
era ripreso da quel forte trauma grazie alle cure delle dottoresse Deva
e dei
nuovi farmaci in circolazione, tornando ad allenarsi di consueto senza
però
esagerare mai per non rischiare qualcosa di peggio oltre che alle
ramanzine
delle “suorine” che si occupavano di amministrare
la struttura oltre che curare
i pazienti.
Uno
dei posti preferiti di Robin Knight dove era solito meditare a lungo,
era nel
cortiletto della sua ala personale della struttura adornato di una
fontana e
alberi da frutta che rendevano il luogo decisamente accogliente
nonostante la
sua semplicità. Si era ripreso dall’incidente
invero, il suo fisico continuava
a restare forte e tonico nonostante la sua pelle fosse diventata color
avorio e
forse per tale motivo non si separava mai della sua armatura da
combattimento,
ma la voce quella purtroppo non gli era più tornata
trovandosi per questo a
trovare una soluzione alquanto singolare.
Da
cinque anni era costantemente affiancato da due suorine dagli abiti
candidi,
due gemelle che condividevano lo stesso potere, e che da tempo erano
diventate
la voce dei suoi pensieri nel senso letterale del termine, e quel
giorno gli
dettero nuovamente dimostrazione delle loro facoltà di
telepati quando un
corriere espresso giunse correndo fino al trono dell’ex
lottatore.
–
Mister Knight! Una missiva urgente per voi!! Mister…
–
Gli
uomini erano abbastanza rari su Amazon, ma questo non
addolcì le due ragazze
che, muovendo un passo avanti, bloccarono la corsa del giovanotto che
le guardò
con un po’ di timore.
–
Non un passo oltre. Consegna la tua lettera e poi congedati gentilmente
uscendo
dalla porta sulla tua destra –
La
ragazza sulla destra prese la lettera mentre l’altra,
continuando a stare
davanti al proprio signore, guardò senza reale interesse il
corriere balbettare
qualcosa e allontanarsi.
Una
volta presa in consegna la missiva, Robin Knight Mask rimase sorpreso
dal
contenuto di quel candido cartoncino tanto da fargli emettere un
“hm”
incuriosito.
–
Una lettera da mio figlio! Quanto tempo…–
–
E sembra che mi voglia invitare ad un lieto evento! –
–
Entro questo mese prenderà in sposa una fanciulla che non ho
ancora avuto il
piacere di conoscere… –
–
… valido motivo per tirargli le orecchie. Ma sono comunque
felice per lui –
Era
affascinante come le due gemelle riuscissero ad alternarsi nel dare
voce ai
pensieri del loro signore, forse era un po’ inquietante che,
nel mentre che
davano sfoggio delle loro abilità di telepati, non
mostrassero neanche una
espressione facciale degna di nota, ma sull’ambito della
professionalità erano
impeccabili.
Dunque
suo figlio si sposava di nuovo. Aveva finalmente messo da parte il suo
lutto e
aveva deciso di tornare a vivere, e questo francamente lo rendeva fiero
del
proprio ragazzo. Era anche curioso di conoscere la sposa, sul biglietto
era
solo citato il suo nome e basta, ma la sua curiosità
stranamente non sfociava
nella preoccupazione di avere a che fare con una truffatrice, anche
perché suo
figlio era un adulto e sapeva distinguere il bene dal male.
Si
prospettava un viaggio decisamente interessante… ormai erano
sei anni che
mancava da casa, e se Robin lo aveva invitato all’evento
voleva dire che in
qualche modo gli era passato l’acido di stomaco accettando
che il genitore si
era ormai stabilito su Amazon pianta stabile.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Da
circa due ore Kevin Mask si stava impegnando in una veloce sequenza di
flessioni sul dito indice destro da lasciare abbastanza basiti il resto
degli
atleti presenti nella palestra dell’hotel Atlas.
Se
nessuno l’aveva ancora avvicinato era perché quel vichingo in maschera di ferro sembrava
particolarmente incazzato,
tanto da emanare un’aura negativa che lo avvolgeva come un
alone dorato.
–
Ho come l’impressione che in questi due giorni il nostro carissimo Kevin abbia avuto qualche
problema –
Il
sarcasmo di Dik Dik van Dik venne decisamente capito dagli altri membri
della
League, notando che, nonostante le fasce mediche che gli avvolgevano il
petto,
il lottatore inglese cercava di mostrarsi il più possibile
in salute senza fare
nulla per nascondere il proprio stato di salute.
Erano
sicuramente ancora ricercati dalla Corte per crimini che non avevano
commesso
benchè ora sembrava che i bersagli fossero altri, miss
Jacqueline li aveva
contattati ( sapeva dov’erano grazie a quella sciroccata di
Alana ) dicendo che
potevano stare un po’ “tranquilli” pur
continuando a stare nell’anonimato, ma
il Mask sembrava essersene fregato andando a mettersi in
chissà quale casino. E
se lui andava nei casini allora ci andavano TUTTI alla fine.
–
Spero tanto per lui che non infili anche noi nei suoi problemi! Dannato
teppista –
Terry
Kenyon si appoggiò sulle corde tese del ring guardando il
lottatore inglese che,
nel frattempo che gli altri parlottavano, aveva quasi raggiunto la
quota
diecimila e sembrava essere intenzionato a non fermarsi li, nonostante
stesse
grondando sudore rischiando di riaprirsi ferite faticosamente richiuse
da Alya
in persona.
–
Ja… magari è andato a farcirsi
di
wurstel in qualche vicolo buio –
L’ovvia
allusione del tedesco Jeager venne ben colta dai suoi compagni che si
misero a
sghignazzare come beoti, escluso il tricheco Wally che decisamente non
capì
l’allusione e borbottò qualcosa riguardo al fatto
che mangiare troppi wurstel
poi faceva troppo male al fegato.
La
battuta venne comunque colta da Kevin Mask che, con i nervi a fior di
pelle,
decisamente non gradì l’allusione. Con uno slancio
improvviso si lanciò sul
ring saltando dal proprio dito indice e atterrando direttamente sopra
il
tedesco che, colto completamente alla sprovvista, cadde sul pavimento
del ring
a pancia all’aria con un ex D.m.P che lo osservava
torreggiante con le braccia
incrociate in petto e con un piede a premergli contro lo stomaco.
–
Hm, io qui vedo solo un crucco buono a nulla che si diverte a riempirsi
la
pancia di aria e di salsicce – la battuta decisamente non
piacque a nessuno,
men che meno al diretto interessato – se tu fossi veramente
forte quanto ti
vanti allora non avresti avuto problemi a schivare un colpo simile
–
Saltò
appena in tempo prima che Jeager, con un ringhio, non lo affettasse con
la mano
intrisa del fuoco della Pioggia Rossa di Berlino e andando direttamente
ad
atterrare su un tendicorde nascondendo perfettamente il dolore che
provava agli
addominali.
Kevin
aveva validi motivi per avere i nervi a fior di pelle a causa degli
eventi che
si stavano sommando uno sopra all’altro, oltre che al dolore
delle ferite, e
agli ovvi segreti che Lord Flash non gli riferiva adeguatamente
preferendo
restarsene in cameretta a giocare
con
l’altra ingrata, Emerald, sua complice in chissà
quale piano. Se doveva
pensarla così anche lui avrebbe tanto voluto
“giocare” con la ragazza che gli
piaceva e che aveva dovuto lasciare a Tokyo, ma sapeva che
c’erano cose più
importanti come ad esempio evitare che la propria famiglia venisse
coinvolta in
disastri epocali ( e in questo caso forse era anche un bene che Coco
non l’avesse
più seguito anche se un po’ gli dispiaceva ). E
questi stupidi avevano pure il
coraggio di scherzare? Aveva fatto un pessimo errore ad andare a
sfogarsi in
palestra, ma ora avrebbe dato una lezione a quegli sbruffoncelli.
–
Imbecille! Vuoi forse finire all’ospedale come Kid Muscle?!
–
L’americano
tuonò quelle parole prima di andare alla carica e sfruttare
le corde
elasticizzate per darsi uno slancio deciso e saltare addosso a Kevin
per
colpirlo con un calcio doppio. Terry si riferiva al fatto che
quell’imbecille
di un kinniku, venendo a conoscenza di chi fosse la futura sposa di
Robin Mask
per bocca della stessa Jacqueline MacMadd, era scoppiato in una crisi
di pianto
che era culminata con una mega abbuffata di dolci che lo aveva
costretto ad
andare all’ospedale accompagnato da Check Mate e Meat.
L’attacco
dell’americano era ottimo, e se non riuscì a
colpire Kevin fu solo per un colpo
di reni di quest’ultimo, nonostante vide le stelle nel farlo,
che riuscì a
spiccare un salto verso l’alto atterrando proprio sulle
spalle di Wally Tusket
restandosene in perfetto equilibrio.
–
Woha! Ehi, Kevin – il lottatore di origini irlandesi si
preoccupò per quel
cambio di scena quasi comico – s-sta attento ho appena
mangiato salmone fritto…
urgh! –
Si
scansò dal povero Tusket nell’esatto momento in
cui Dik Dik, furioso, provò ad
attaccarlo dall’alto finendo solo col travolgere il proprio
compagno di
squadra. Ma fu solo quando Kevin toccò nuovamente il
pavimento della palestra
che il dolore delle ferite si fece sentire chiaro e tendo portandolo
quasi a
inginocchiarsi, decretando così la sua quasi totale
sconfitta.
–
Che ti succede teppista? Troppa aria nella pancia?! – a rigor
di logica a
Jeager non piacque il modo in cui l’inglese si era preso
gioco di lui, dandogli
una spallata e portandolo così a cadere steso a terra con un
grugnito.
Non
perse poi tempo in chiacchiere, sedendosi sopra la sua schiena e
tirandogli la
testa con tutto l’intento di staccargliela. Ma ancor prima
che gli altri
potessero decretare che quello scontro si stava facendo troppo
violento, perché
in fin dei conti Kevin Mask era stato ferito gravemente da quel che si
poteva
giudicare, un fulmine nero li aggredì con una furia
impressionante non
risparmiando praticamente nessuno.
Un
nemico quasi invisibile il loro, che riuscì a colpirli tutti
al collo in un
modo assai doloroso mettendoli quasi del tutto a K.O sfruttando in modo
appropriato l’elemento sorpresa eccetto che per Jeager,
coprendolo con la
propria ombra e riuscendo a prenderlo per il colletto della divisa
caricandoselo poi sulle spalle in una perfetta presa della Tower Bridge.
Un
momento… l’ombra che li aveva assaltati stava
utilizzando una tecnica della
famiglia Mask?!
–
Cosa… chi diavolo sei tu… uargh! –
Il
tedesco Jeager cercò di liberarsi dalla presa ferrea di
quello che sembrava
essere una specie di motociclista vestito di pelle nera e borchie, ma i
suoi
tentativi sembravano essere inutili e ci pensò una
esclamazione di sorpresa
dettata da Wally Tusket che sembrava tra l’altro rispecchiare
perfettamente il
pensiero generale dei presenti.
–
Aah! È… è il gemello
malvagio di
Kevin Mask!! –
Tutti
erano davvero stupiti per quell’entrata in scena e lo
straniero rise di gusto
per quella esclamazione fatta con candida ingenuità.
L’unico a non essere
stupito ma, anzi, decisamente seccato da quell’intrusione era
lo stesso figlio
di Robin che si mise in piedi con un basso ringhio.
–
Eh eh eh… preferisco considerarmi la versione riuscita
meglio di mio cugino
Kevin… ma ciò non… toglie…
– e
qui la voce dello straniero si incrinò mentre si preparava a
lanciare in aria
il proprio avversario – che non sopporto se uno della
famiglia venga malmenato
senza il mio consenso! Soprattutto se si tratta del mio cuginetto
–
E
qui riuscì a lanciare in alto Jeager che, grazie al tiro ben
calibrato, atterrò
proprio addosso ad un Terry Kenyon in procinto di rialzarsi.
–
Kyle Mask… se credi che ti ringrazi per avermi
“salvato” da questo branco di
idioti hai decisamente sbagliato –
Sebbene
affaticato a causa delle ferite, il ben più famoso Kevin
Mask non era affatto
contento di vedere il cugino più vecchio di lui di circa un
anno. Bisognava
però ammettere che tra i due le somiglianze erano a dir poco
eccezionali…
entrambi con i capelli biondi e lunghi ( Kyle però aveva
delle ciocche rosse
che gli scendevano di lato e nessuna penna a mo’ di orecchino
), entrambi con
l’elmo ben calato in testa con la distinzione che quello di
Kevin era blu e
quello del cugino era nero e più
“frastagliato” tanto da sembrare avere due ali
di pipistrello ai lati, ed entrambi avevano decisamente
l’aria da teppista ma
quello di nome Kyle, con i suoi abiti di pelle nera pieno di borchie e
il
braccio destro volutamente lasciato scoperto in modo che si vedessero
le molte
rose tatuate sulla pelle bianca, decisamente aveva un incentivo in
più. Neppure
i loro “occhi”, sebbene simili, erano
uguali… quelli di Kevin erano dorati,
mentre quelli del cugino erano azzurri. Ma a parte questi dettagli era
chiaro
che non si sopportavano molto, tuttavia il Mask dall’elmo
nero ridacchiò
ancora.
–
Eh, eh… sei ancora arrabbiato con me per quella volta che da
bambini ti ho
fregato la fidanzatina?! – incrociò le braccia in
petto ignorando gli altri
lottatori decisamente allibiti – oppure perché zio
Robin si sposa… te lo sei
dimenticato, testina?! È stato lui stesso a dirmi che
alloggi in questo albergo
tra l’altro –
Lo
colpì sulla fronte con un paio di dita con
l’intento di sbilanciarlo, e quel
gesto parve dare l’idea che quel Kyle a differenza del cugino
fosse un po’ più
affabile per il drappello di wrestler che si era ormai ripreso
dall’attacco.
–
Questa poi – fece Terry grattandosi la testa – due
Mask teppisti! E a me che
non serviva neppure uno –
–
Questo è quello che chiamo karma! Abbiamo provocato il primo
e il secondo ci
punisce per la nostra idiozia –
Il
commento di un pessimistico van Dik decisamente non piacque ad uno
Jeager
ancora imbufalito per il trattamento ricevuto, ma venne prontamente
bloccato a
fatica da Wally che gli impedì così di dare una
lezione ai due Mask.
Che
senza fare una piega tra l’altro si erano messi a parlottare
tra loro in un
discorso un po’ testo soprattutto da parte di Kevin, a quanto
pare poco grato
che il parente lo avesse salvato.
–
Mio padre avrebbe potuto risparmiarselo… – secondo
il suo modesto parere c’era
la possibilità che pure Kyle si ficcasse nei casini
– quando sei arrivato qui?!
–
–
Direi questa mattina con un volo diretto da Edimburgo e pensa un
po’?!
Soggiorniamo nella magione dei Mask! A proposito, carina la tua
“mammina”… se
Robin schiatta presto hai fatto l’affare della tua vita, o in
alternativa posso
consolarla io –
A
quel punto Kevin si avvicinò molto lentamente al cugino fino
a che a
distanziarli non ci furono che due centimetri scarsi intrisi di
tensione
omicida. Erano anni che non lo vedeva e aveva già voglia di
spaccarli la faccia
a suon di legnate! Dire tutte quelle eresie… lui! Il figlio
maggiore di
Elizabeth Mask, sorella di Robin Mask, nonché secondo in
linea di successione
nella dinastia di wrestler più nota di tutta
l’Inghilterra.
–
Stai lontano da Alya… – sibilò il
lottatore ferito – e stai lontano da me
finchè questo matrimonio non sarà concluso!
–
Kyle
da sotto la maschera sorrise. Era più o meno quello che
sperava sua madre
Elizabeth, che tutto quel “matrimonio” finisse
così che se ne potessero tornare
ad Edimburgo con lui e sua figlia Anna.
Non
che tra Lizzie e Robin ci fossero stati degli attriti da portarli a
litigare
ferocemente in passato, non come tra padre e figlio per intenderci, ma
non è
che aveva digerito tanto bene l’idea di quel matrimonio tanto
improvviso quanto
inaspettato.
E
glielo aveva ricordato mentre stava viaggiando sull’aereo che
a breve l’avrebbe
portata a Londra, mantenendo comunque un tono pacato sulla sua
perplessità ad
un evento così importante.
“Non
voglio contestarti il fatto che ti sposi con una perfetta sconosciuta,
caro il
mio fratello” e se il tono freddo non aiutava neanche le sue
stesse parole lo
facevano “ma credo che sarebbe stato più opportuno
aspettare di conoscerla un
po’ meglio?! Di solito il matrimonio è un passo
che si fa dopo un fidanzamento…”
“Di
solito. Così come di solito si fanno nascere i figli
all’interno di un
matrimonio e non certo
con due partner
differenti”
era
ovvia l’allusione riferita a Kyle e Anna che, rispettivamente
di 20 e 12 anni,
al momento stavano giocando accanto a lei ignari di quella
chiacchierata
spinosa. In quel momento il fratello maggiore stava cercando di
“colpire” con
un piede la testa della sorella, ovviamente senza farle del male, che
prontamente si scansava di lato ridacchiando divertita.
Elizabeth
roteò gli occhi spazientita per una polemica difficilmente
digerita da suo
fratello Robin, così dannatamente tradizionalista come lo
era stato il loro
nonno Robin Grande. E la donna con quel vecchio scorbutico ci aveva
litigato
spesso in passato, tanto da lasciare Londra per andare a vivere ad
Edimburgo e
vivere due relazioni, finite non
molto
bene in effetti, che avevano lasciato i loro frutti.
Ma
nonostante tutto li aveva educati come dei Mask, grazie anche
all’appoggio di
suo padre Knight Robin, e anche se Kyle non faceva ancora parte della
League
prima o poi era sicura che avrebbe preso una decisione a riguardo.
“Non
stiamo parlando di me, caro fratello, ma di te! La mia è una
preoccupazione
logica visto che non ti sei neppure premurato di…”
“Quando
giungerete qui, allora saprete. Sarà un giorno importante
per tutti i Mask” e
questo la donna non lo metteva in dubbio “nonno si sbagliava
Lizzie, ma capirai
quando vedrai”
Su
per li non aveva capito a cosa Robin si riferisse, ma una volta giunta
nella
vecchia magione dove era cresciuta aveva potuto fare la conoscenza con
la
futura sposa di suo fratello rimanendo alquanto stupita che prendesse
in sposa
una Deva.
“Ma
come… non eri allergico alle Deva?!” la battuta
ebbe il potere di metterlo in
imbarazzo, ma non quanto la seria risposta di Alya che portò
tra l’altro Kyle a
ridacchiare silenziosamente.
“Credo
esistano svariati modi per curare una allergia… e mi sembra
che Robin apprezzi
provarli tutti”
Quell’Alya
Nikolaevna Kalinina aveva fatto una tiepida impressione in Elizabeth,
ma per il
resto sembrava essere a posto se pure Kevin Mask l’aveva
accettata in famiglia.
Inoltre, certe battute Kyle le tirava fuori per far incazzare il
cugino, non
tanto perché pensava realmente che una volta divenuta vedova
quella donna
sarebbe passata in mano al Mask più giovane.
Un
giovanotto che tra l’altro decise di tornarsene in camera
propria per darsi una
lavata e vedere se il proprio allenatore avesse finito la sua
“importante”
discussione con “mamma”, perché
onestamente parlando di avere la pulce nell’orecchio
non era affatto una bella cosa e aveva solo il potere di renderlo
più
irrequieto.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Si
svegliò solo quando il fumo di sigaretta non raggiunse i
suoi sensori
olfattivi.
La
stanza era in penombra a causa delle tende che oscuravano le finestre,
e oltre
al fumo di nicotina che aleggiava nell’aria si poteva
chiaramente sentire l’odore
emesso chimicamente da due corpi che per quasi due ore si erano
avvinghiati a
vicenda come viticci pericolosi.
Emettendo
un basso lamento appena udibile, Warsman voltò la testa per
osservare Emerald
Lancaster, sdraiata a pancia in giù e con un lenzuolo a
coprirle solo una parte
del corpo ancora nudo, intenta a fumarsi una sigaretta guardando
distrattamente
il cellulare senza notare che il compagno si era appena ridestato.
Lentamente
l’ex lottatore decise di far notare la propria presenza alla
ragazza andando ad
accarezzarle delicatamente la schiena nuda con le nocche della mano
sinistra,
ottenendo in risposta una sbuffata di fumo direttamente in faccia.
–
Tzk… ti cadranno le labbra se continui a fumare –
–
A te invece cadrà qualcos’altro uno di questi
giorni… sai, con l’età… il
troppo
movimento –
Finissima
come sempre eppure al momento non aveva decisamente voglia di
incazzarsi con
lei, limitandosi a borbottare un – morirei felice, allora
– prima di mettersi a
sedere e indossare nuovamente la propria maschera. Ma il gesto parve
non
piacere molto alla giovane donna.
–
Cazzo, Nikolai! Potresti aspettare un attimo prima di indossarla?!
Siamo io e
te! Non io e te e l’intero mondo a guardarci! Non sei una
prostituta che ha
appena finito di fare la prestazione e torna di nuovo a battere
–
Era
assurdo, quasi ridicolo, che ad Emerald non andasse a genio che il
russo
sentisse l’esigenza di coprirsi il volto con una urgenza che
in fin dei conti
era del tutto spiegabile. Lo prendeva in giro per tante cose ma per
quella sua
faccia mostruosa decisamente no… era la sua faccia del
resto, ci era nato con
quella e mettersi a prenderlo per il culo per una cosa seria come
quella
sarebbe stato come commettere una vigliaccata bella e buona. Certo, non
era
raro che lo prendesse in giro dandogli del chiappe mosce, sorcio
psicotico,
vecchio porcello ( a breve sarebbe diventato “nonno
porcello” ), ma era una
cosa differente che denigrarlo per un qualcosa di VERO che aveva.
Warsman,
o Lord Flash per dir si voglia, desistette un po’ prima di
indossare la
maschera integrale del suo alter ego. Passandosi una mano tra gli
ispidi
capelli biondo cenere prima di sbuffare seccato indossandosela
comunque, attirandosi
così uno scappellotto sulla spalla da parte di una Emerald
ora anche lei seduta
sul letto.
–
Ouch! Sei manesca, Emerald! Dannata puttanella… –
–
E tu mai ad ascoltarmi! Ah… lasciamo perdere, sarebbe
inutile –
A
dire la verità suonava più come un “non
litighiamo per piacere, non dopo tutto
quel che è successo” visto come la ragazza cercava
di non far incrinare la voce
per l’emozione, e nonostante il principio di nervosismo che
gli venne per quel
mezzo litigio che poteva preannunciarsi epico capì che non
era il caso di
iniziare come al solito erano dediti a fare.
–
Sono felice, sai? –
–
Hm?! –
–
Sono felice che Kevin stia bene… che stiamo tutti bene
– puntualizzò, visto che
anche lo stesso Flash e Connors stavano bene – Anche se
all’inizio non mi
immaginavo che sarebbe stato così pericoloso –
Cavoli,
Emerald aveva tirato fuori un discorso ancor più deprimente
di quello della
maschera, portandolo per questo a sospirare pesantemente. E francamente
Lord
Flash non è che avesse molta voglia di affrontare
l’argomento, concordando con
lei sul fatto di essere sollevati per Kevin, anche perché
aveva il potere di
farlo sentire una merda in tutti i sensi per il modo in cui la sua
super-mega-arci-nemica aveva rischiato la vita e non certo per mano
sua.
–
Ti avevo avvertito dei pericoli Hammy, potevi rifiutare ma hai voluto
comunque
aiutarci – si alzò in piedi sentendo il cellulare
vibrare per l’arrivo di un
nuovo messaggio, avvicinandosi al comò dove era stato
buttata anche la sua
giacca mentre si stavano “dando da fare”
– ma con le risorse che ha comunque
tuo padre dovrebbe essersi già sbarazzato di quella
donna… –
A
sorpresa la ragazza scosse la testa guardando altrove in un punto non
precisato
della stanza – no… mio padre l’ha
catturata viva per poterla interrogare e
studiare. È strano, non è che mi importi della
sua sorte e se muore
chissenefrega – si alzò in piedi prendendo un
elastico per capelli dal comodino
sistemandosi al meglio i lunghi capelli neri – ma non mi
sembrava… così
malvagia, ecco! Mi ha pure aiutato ad uscire da quella trappola
infuocata –
Lord
Flash roteò gli occhi spazientito senza però
emettere nessun suono. Un nemico
come quello andava fatto fuori nell’immediato, e se era una
cortigiana andava
fatta sparire proprio, ma tanto poteva stare sereno perché
se la sarebbe vista
Howard contro un mostro assetato di sangue… a lui bastava
che il suo pupillo
fosse al sicuro e non ci fossero ripercussioni verso sua figlia.
–
Beh, almeno questa tizia ha spiegato qualcosa del perché ci
ha attaccati? È una
cortigiana? Una terrorista chojiin?! –
Lasciò
perdere il messaggio al cellulare e, continuando a restarsene nudo,
osservò Emerald
rivestirsi approssimativamente prima di andare a farsi una doccia. La
giovane
si limitò a fare spallucce, rimettendosi l’intimo
ripescato in fondo al letto.
–
No, papà ha detto che non parla e si limita a stare in
silenzio anche con gli
interrogatori più lunghi – ossia leggasi
“torture” secondo Flash –
l’unica cosa
è sulla spalla destra… ha un numero 20 tatuato
segnato con una X. Magari è il
conteggio di tutti quelli che hanno rifiutato di andare a letto con
lei… –
–
Oppure che faceva parte di qualche squadra chojiin… ah,
maledizione! – alla
fine si decise a leggere il messaggio sul cellulare e bastò
a fargli
dimenticare il discorso appena iniziato – Kevin vuole parlare
con me tra mezz’ora.
Credo che inizi a sospettare della mia identità
maledizione… si chiederà perché
tu sei qui e non in “Brasile” come hai voluto far
credere –
– Saranno
affari miei? E comunque basta che gli dici che io e
“Warsman” – e qui mimò il
segno delle virgolette con le dita – abbiamo litigato
all’ultimo minuto e… –
–
E secondo te ci cred… AH!! –
Lo
schiaffo alla chiappa sinistra decisamente non se lo
aspettò, e fu così
doloroso da portarlo ad emettere un grido così acuto che
solo quello fece
ridere come una beota la stessa Lancaster.
–
Ah ah ah! No scusa ma… dai! con le chiappe al vento era una
tentazione troppo
forte!! Me l’hai servita su un piatto d’argento!!
Wuhahaha! –
–
Vedi te cosa ti servo ora! Dannata stronza! –
Fece
per prendere il primo soprammobile a portata di mano, un delfino di
ceramica
posta sopra il comò, facendo per lanciarlo nella sua
direzione con tutta la
forza che aveva in corpo incurante di quali conseguenze avrebbe potuto
avere. Si
bloccò quando la giovane gli mostrò una foto sul
cellulare, mettendogliela
praticamente sotto il naso, mostrante un completo di lingerie di pizzo
nero e
verde tanto elegante quanto sensuale.
–
Questo… che significa?! –
–
Ma non è ovvio? – lo sguardo di Hammy si fece
più furbo e i suoi occhi verdi
divennero quasi inquietanti – questo sarà il
completo che indosserò durante l’addio
al celibato del caro Robbie Mask… e tu mi darai una mano ad
organizzarlo! –
–
Non penso che il mio vecchio maestro voglia fare una cosa del
genere… – sapeva
che avrebbe invitato tutti i vecchi colleghi della Muscle League la
sera prima
del fatidico giorno, questo gliela aveva detto durante la chiacchierata
nello
studio una volta che si erano calmati, ma fare baldoria in senso vero
non era
da lui – e francamente non sembra una cosa che abbia decenza!
–
Emerald
rise, di puro gusto con quella sua risata beota, rimettendo via il
cellulare
per avviarsi verso il bagno – ha parlato quello che non si
è ancora messo le
mutande addosso! e poi… dai! Non dirmi che non vuoi
“vendicarti” di Robin Mask
per quello che ha fatto alla tua preziooosa bambina! –
A
dire la verità la Lancaster non è che avesse
tutti i torti, prendersi una
piccola rivincita per un fatto che ancora faticava a digerire
decisamente non
gli dispiaceva. E se poi era Emerald stessa a pensare certe cose poteva
star
certo che sarebbe stato qualcosa di tanto imbarazzante quanto epico.
Per
tal motivo decise di accontentarla con un grugnito… e
decidendo, nel mentre che
si infilava nella doccia tutta contenta, che forse farle lo scherzetto
del “apri
il rubinetto del lavandino al momento buono” non sarebbe
stata affatto una
cattiva idea!
Il
capo di lingerie che Hammy vorrebbe indossare è questo: https://24.media.tumblr.com/23b86b09548910537fa24bdb45124c11/tumblr_mjrl0mjUBc1roq65vo1_500.jpg
Per
il resto… si sta riempiendo di Mask, e da qui il titolo
“la masquerade”, oltre
che di possibili casini futuri come se non ce ne fossero già
abbastanza!
Ps:
se vi va di creare anche voi delle Deva che infoltiscano il piccolo
gruppo di
terroriste che ho già creato ben venga :D creare personaggi
con super poteri al
momento mi è un po’ difficile e se volete prendere
la mia proposta come una
sorta di “contest” allora ok…
|
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Capitolo 15 *** un mare di sospetti! ***
Cosa
doveva dire? Come doveva comportarsi?
Francamente
parlando, Meat di situazioni difficili ne aveva vissute parecchie prima
con
Suguru e poi con suo figlio Kid, ma mai a trovarsi così, in
una sala per gli
interrogatori da qualche parte in Inghilterra!
Per
carità divina, era stato trattato abbastanza bene dopo lo
spaventoso attacco
subito al cantiere dell’ospedale, eccetto di essere preso di
peso assieme al
suo allievo e Check Mate dai soliti tizi armati che ormai a momenti non
li
salutavano per nome e caricati su di un furgoncino dai vetri oscurati,
ma
trovarsi a rispondere alle domande di uno tra i chojin più
spietati di sempre…
faceva il suo effetto.
–
Signor Meat, so che questa è una situazione alquanto
spiacevole e me ne scuso –
Howard Lancaster era un uomo impeccabile nel suo completo bianco ( con
stranamente un fazzoletto grigio nel taschino che
“stonava” un po’ col resto ),
ma non per questo il piccolo kinniku si sentiva tranquillo –
ma si tratta di una
situazione delicata e avrei bisogno della vostra collaborazione
–
Il
piccolo Meat annuì in modo teso, cercando di mettersi comodo
sullo sgabello di
metallo. Ciò che gli passò per la mente era
però una cosa fondamentale: essere
completamente onesti con mister Lancaster oppure non approfondire certi
dettagli per non mettere tutti in eventuali altri pericoli? In ogni
caso
comunque non gli avrebbe mentito, ma avrebbe cercato di tenere lontano
dai guai
il suo ragazzo e gli altri.
–
Si… certo. Posso capire che voglia il mio aiuto, mister
Lancaster… ma non vi
sembra un tantino eccessivo? –
–
Mai eccessivo come gli attacchi che si sono susseguiti in questi giorni
direi.
Si, non è stato il primo… e se non fosse stato
che mia figlia Emerald ci è
entrata in mezzo, grazie al cielo senza subire danni, molto
probabilmente non
avrei prestato attenzione a tutto questo –
osservò
attentamente il kinniku e notò perfettamente la sua
espressione preoccupata.
Come aveva citato Michael Connors quelli della Muscle League erano
implicati
con gentaglia poco raccomandabile che trafficava sabbia rossa, e
sebbene lui
non ne facesse più parte poteva essere un futuro bersaglio
assieme alla propria
famiglia.
–
Dobbiamo molto a vostra figlia, senza di lei molto probabilmente non
saremmo
riusciti a fuggire dal Giappone –
–
Dunque è vero che la Corte vi sta dando la caccia per via di
una scimmia che
spaccia sostanze dopanti? E vi hanno rintracciato tramite i chip
inseriti sotto
cute? –
–
Si… una prevenzione della Muscle League – fece con
mezzo sarcasmo lo stesso
Meat – credono che c’entriamo qualcosa con il loro
caso ma hanno preso un
abbaglio. Noi non sapevamo che quella scimmietta fosse il loro
obiettivo –
–
E della donna che vi ha attaccato? Purtroppo ci è sfuggita,
ma il suo modus
operandi non sembrava molto… “legale”
–
“neppure
il tuo” pensò intimamente Meat, ma tenne quelle
considerazioni per se, così
come tenne per se la domanda riguardante a cosa fosse successo ad
Emerald… anche
se l’ultima volta che l’aveva vista sembrava stare
bene, poco prima che fosse
costretto a portare Kid all’ospedale.
–
Io… ho il brutto presentimento che quella Deva sia
l’altra parte della torta.
Probabilmente è una Akuma Chojin e starà
architettando qualcosa… –
–
E la Muscle League suppongo che vi ha consigliato di rimanere
tranquilli per un
po’, giusto? – Era un uomo intelligente e Meat
doveva riconoscerlo – piuttosto,
sai riconoscere questa donna? Temiamo possa essere implicata nella
vicenda
anche se in modo non molto chiaro –
Da
una tasca interna della giacca estrasse un paio di foto riguardanti una
figura
piuttosto nota al kinniku e agli altri lottatori. Miss Alana era
inconfondibile
con il suo sguardo storto ( le sue pupille guardavano verso le
estremità
esterne degli occhi ) e la sua totale espressione indifferente.
–
Lei se non ricordo male è miss Alana… era una
delle dottoresse della Muscle
League, ma non è che fosse propriamente piena di senno!
–
–
Però mi risulta che vi abbia aiutato in qualche modo,
estraendovi i chip e
inserendoli poi nei miei agenti… non è
esattamente un lavoro da Muscle League –
–
Questa notizia mi giunge nuova – l’allenatore di
Kid deglutì, ma parve sincero
agli occhi di Lancaster – forse è stato un suo
modo per sviare le indagini su
di noi, sebbene lo ritengo piuttosto sconcertante e…
–
–
Piuttosto affidabile. Se voleva inquinare le prove ce l’ha
proprio fatta,
direi… ma dopo tutto quello che è successo forse
anche lei non fa parte della
giusta barricata –
Aggiunse
il nobiluomo, prendendo dall’interno della giacca
un’altra foto e passandola
sul tavolo di metallo di fronte a Meat. Alla vista di quella nuova
immagine il
piccolo allenatore rimase stupito di vedere una insolita miss Alana
parlare in
modo gioviale con, un po’ reticente a dire il vero, Lord
Flash.
Da
come li aveva visti sotto quel ponte a Tokyo, non sembravano essere
vecchi
conoscenti come sembravano esserlo in quella foto rubata, ma piuttosto
gli era
sembrato che avessero collaborato per un fine comune… che
diavolo nascondeva
quel misterioso allenatore? Che quei due fossero in realtà
qualcos’altro che
semplici alleati momentanei?
Che
fossero invece implicati in tutta quella terribile faccenda??
No… non poteva
essere e sebbene non lo conoscesse molto bene, Lord Flash non gli dava
l’impressione di uno che avrebbe messo nei guai il suo
pupillo Kevin.
–
Hm, è strano tutto questo, ma se posso dire la mia non penso
che Lord Flash
metterebbe nei pasticci Kevin Mask ora che è in gioco la
Corona Chojiin –
–
Non si può mai dire, signor Meat…
quest’uomo è una novità
all’interno della IWF
e sembra non avere un passato –
“e non
mi piace che giri attorno a mia figlia” visto che gli addetti
dell’albergo
Atlas gli avevano riferito che sua figlia sembrava parlare molto con
suddetto
individuo portandoselo dietro a fare shopping… senza contare
che, sparito
Warsman, era apparso magicamente lui sebbene la sua Hammy non avesse
detto
nulla a riguardo – e guarda caso si trova spesso e volentieri
in strane
situazioni con gente altrettanto strana. Le chiedo solo di stare
allerta e di
riferirmi ogni singolo episodio strano che noterete al numero che vi
verrà
fornito dai miei agenti –
–
Mi sembra che la stiate prendendo troppo sul personale, mister
Lancaster – si
lasciò sfuggire coraggiosamente il kinniku – non
sarebbe il caso di chiamare la
polizia? –
Lo
sguardo da predatore, assolutamente spaventoso persino per uno come
Meat, che
apparve negli occhi smeraldini del gentiluomo lo dissuasero dal
proseguire su
quella ragionevole linea.
–
Signor Meat, diventa una faccenda molto personale se ad essere
attaccata è la
mia famiglia… e nello specifico mia figlia. Rientri pure
all’hotel Atlas e non
si preoccupi per le spese di vitto e alloggio, siete miei ospiti
–
E
a quel punto quella fredda chiacchierata si poteva definire conclusa.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Kevin
Mask si sentiva un po’ un idiota.
Dopo
essere stato curato dalla Kalinina era partito subito senza salutare
nessuno,
neppure il padre, e senza nemmeno essere andato a trovare
sua madre.
Alisa
Mackintosh era stata seppellita nel piccolo cimitero di famiglia nella
tenuta
dei Mask, un luogo tranquillo e poco distante dalla villa e dal luogo
in cui si
sarebbero celebrate le nozze, e quando era piccolo quello era il primo
luogo
dove andava a rifugiarsi dopo una pessima giornata spesa a discutere
con suo
padre.
Aveva
disertato quel posto per troppo tempo, e da giorni la sua coscienza, in
particolare da quando era tornato in Inghilterra, gli aveva imposto con
ferocia
di andare a visitarla quantomeno una volta. Ed ora dunque eccolo li, in
un
pomeriggio tranquillo e soleggiato ad osservare con le mani nelle
tasche
dell’impermeabile la lapide bianca decorata con rose e con
inciso sopra il nome
di sua madre.
Archie
l’aveva sempre mantenuta in ordine, così come le
altre dei membri della
famiglia Mask, ma per quella donna aveva sempre riservato una
attenzione
particolare più che alle altre tombe.
Avrebbe
voluto dirle un sacco di cose… che suo padre Robin si
risposava, che la futura
matrigna non gli dispiaceva poi tanto, che era interessato ad una
ragazza
irlandese e che era ricercato dalla Corte per crimini che non aveva
commesso. E
invece che parlarle come faceva da bambino, si limitò ad un
basso sospiro,
rendendosi comunque conto che, poco più avanti, stavano
facendo un po’ troppo rumore
per costruire il palco in cui si sarebbe svolta la cerimonia oltre a
quello per
i presentatori dell’evento.
Già
i presentatori! Quelli della IWF si erano presentati giusto
l’altro ieri e suo
padre aveva fatto una sfuriata colossale con Vance MacMadd e famiglia.
Per
fortuna sua e degli uomini della famiglia MacMadd a prendere le redini
del
discorso ci aveva pensato Jacqueline che, notando che Robin Mask
sembrava non
sapere nulla di allusivi problemi
all’interno della lega, di tipo letali anche per suo figlio,
aveva puntato
sulla carenza di fondi della League e sulla cospicua somma che anche il
gentiluomo avrebbe ottenuto a fine show.
Robin
Mask aveva alla fine accettato con una certa reticenza
l’accordo,
ripromettendosi di parlarne con la sua futura sposa anche se Alya
stessa alla
fine non avrebbe avuto molto da obiettare se i suoi vecchi datori di
lavoro
volevano celebrare così l’evento.
Piuttosto,
ora Kevin Mask gli sembrava di sentire il rombo di motore di una
motocicletta e
i versi risentiti di alcuni operai che stavano lavorando in
zona… che diavolo
stava succedendo?
–
Vai così, fratellone! Più veloce! Più
velocee!! –
–
Tieniti forte, piccola peste! Preparati per effettuare il
“volo dell’angelo”! –
L’origine
di tutti quei disordini era, manco a farlo apposta, Kyle Mask con la
sua
biondissima sorellina Anna inginocchiata sopra le sue spalle e con le
braccia
aperte come a mimare un angelo caduto dal cielo… nel mentre
che il giovanotto
vestito da motociclista andava a velocità folle a bordo di
una motocicletta di
proprietà di suo zio, scansando gli operai kinniku che
stavano lavorando alle
piattaforme che avrebbero ospitato il ricevimento.
Da
dentro la villa nel frattempo, seduti ad un tavolino a sorseggiare del
tè,
Robin Mask scosse lentamente la testa osservando dalle grandi vetrate
suo
nipote fare il finimondo tra gli operai e i tecnici televisivi.
–
Tuo figlio è un teppista, Lizzie – bevve un sorso
di tè caldo, e osservò
severamente la propria sorella, impeccabile nel suo semplice abito in
stile
vittoriano, che non fece una piega – con tutti quei tatuaggi,
le borchie… per
non parlare del modo in cui sta esponendo ai pericoli Anna! –
–
A dire la verità quei due si stanno allenando…
li ho cresciuti come due Mask e li ho addestrati alle tecniche di
famiglia –
sospirò leggermente, osservando i suoi due piccoli
divertirsi e venire
inseguiti da alcuni tecnici – che poi Kyle è
quello che ha sofferto di
più per le mie discutibili scelte è un dato che
almeno
io, a differenza tua, non nego ma non lo obbligo certo a seguire dei
preconcetti ormai antichi –
–
No, infatti sta venendo su senza regole! –
–
Le regole mio figlio le conosce, proprio come Kevin – i suoi
occhi si fecero
più duri notando che il fratello aveva alzato la voce
– sa quando dosare le
provocazioni, e sa quando è il caso di non mettere la
propria sorella nei
pasticci… a me basta e avanza, e nonostante tutto abbiamo un
buon rapporto –
Questo
era vero, non gli stava mentendo anche se la separazione dei genitori
non
l’aveva vissuta benissimo men che meno la decisione di sua
madre di mettersi
con un uomo che non gli piaceva e che sarebbe stato poi il padre di sua
sorella. Kyle aveva iniziato ad essere meno irrequieto ed anarchico
dopo la
nascita di Anna, prendendosi cura di lei a modo suo anche dopo che il
patrigno
li aveva abbandonati, ma non prima di aver fatto a botte col figlio
acquisito,
e volendole bene a modo suo sebbene fosse un tipo di amore fraterno
alquanto
singolare. Ma ci voleva ben altro per far del male ad Anna, e questo
Elizabeth
lo sapeva bene.
–
Beh, ti consolerà sapere che anche Kevin sembra intenzionato
a darsi una
calmata… e pensa un po’, è in corsa per
la Corona Chojin! –
Lo
disse con una nota fiera nella voce, e la sorella inarcò un
sopracciglio
notando che Robin, con tutta probabilità, lo aveva detto per
suscitarle una
lieve invidia al fatto che Kyle ancora non aspirava ad un titolo tanto
venerato
dai Mask. Ma come aveva avuto già modo di dire al proprio
cocciuto fratello,
suo figlio avrebbe intrapreso quella strada solo quando lo avrebbe
deciso lui…
e ora, guardando fuori dalla grande finestra, le sembrava che Kyle
fosse più
concentrato a far vivere una infanzia serena ad Anna piuttosto che
seguire i
sogni degli adulti.
–
Sono sicura che Kevin saprà essere all’altezza
della situazione, fratello mio –
–
Kyle, hai puntato la rossa…
vero? –
Anna,
ancora sulle spalle del fratello che andava a 150 all’ora in
uno spazio
piuttosto popolato di personale, ridacchiò furbetta notando
che il fratello si
lasciò andare ad un suono di consenso nel mentre che
squadrava intensamente una
Jacqueline MacMadd intenta a dare ordini ad alcuni tecnici del suono.
–
Precisamente, piccola peste… preparati a saltare, lo show ha inizio! –
Quello
fu come lo sparo d’inizio per un maratoneta, alle orecchie
della ragazzina. E
calibrando con esperienza il lungo salto che doveva fare si dette la
giusta
spinta per saltare dalle spalle del fratello e letteralmente volare in
aria con
un grido divertito.
Jackie
non si accorse in tempo del lampo biondo che gli stava passando sopra,
e quando
fece per voltarsi in direzione di tutto quel trambusto
avvertì solo che la sua cresta
ornamentale era stata strappata
via. Da anni sul pianeta kinniku era caduta sempre più in
disuso l’usanza di
indossare quelle orribili maschere da luchadores preferendo solo alcune
sue
componenti personalizzabili, come ad esempio la cresta che Jacqueline
aveva
ornato di gioielli, ma anche se si trattavano solo di piccole parti
perderle
era qualcosa di assolutamente indicibile. Anche per una MacMadd.
–
La mia cresta!! – tuonò la donna in direzione
della ragazzina che stava
fuggendo con il suo prezioso ornamento – che cosa aspettate,
razza di idioti?!
Andate a riprenderla! –
I
suoi sottoposti tuttavia non fecero in tempo ad ubbidire che Kyle Mask
tagliò
loro la strada sterzando di colpo sulla stradina ghiaiosa.
–
Sono davvero dispiaciuto, miss… Jacqueline, giusto?
– il tono del giovane
sembrava davvero mortificato per l’accaduto, ma la donna si
limitò ad
incrociare le braccia in petto –gliela recupero subito! Alle
volte mia sorella
è una autentica peste! –
–
Fai meno il santarellino… ho visto che tu e quella ragazzina
siete in combutta
– Jacqueline non era affatto una donna stupida, e questo al
ragazzo decisamente
piaceva – va a riprenderla immediatamente e forse potrei
anche chiudere un
occhio sul vostro comportamento scellerato… –
–
Tipo uscire con me stasera? –
Aggiunse
Kyle, con tono complice e al contempo strafottente. Ma la ragazza non
rispose,
limitandosi a guardarlo severamente mentre ripartiva a razzo e solo
dopo si
concedette un sorrisetto divertito perché in fin dei conti
quel tipo di
approccio non le dispiaceva neanche un po’. E poi era di un
Mask che si
parlava, per giunta pure carino, quindi ci si poteva passare sopra alla
sua
indole teppista.
Ma
se per Jacqueline MacMadd quel ragazzo stuzzicava il suo interesse, di
altro
parere era Kevin Mask che, di piantagrane, in casa propria non ne
voleva
affatto.
Sebbene
Anna fosse veloce nella corsa, nonostante l’abito lungo che
le arrivava quasi alle
caviglie, non riuscì a sfuggire alla presa ferrea del cugino
che l’agguantò per
la vita mettendosela sotto braccio come se fosse stata un tappeto
arrotolato.
Strappandole poi di mano l’ornamento della MacMadd iniziando
ad andarle
incontro.
–
Ah! Kevin, sei un guastafeste! Stavamo giocando! –
protestò la bambina,
cercando di liberarsi inutilmente.
–
Il gioco è bello quando dura poco, e tu e tuo fratello
stavate decisamente
giocando troppo a lungo! –
Quelle
parole decisamente non piacquero a Kyle, così come non gli
piaceva neanche un
po’ che la sua sorellina venisse interrotta nei propri
giochi, quindi fu
sibilando un “da che pulpito viene la predica” che
dette gas alla motocicletta
con tutto l’intento di speronare quel mezzo teppista di suo
cugino.
I
suoi occhi azzurri mandarono scintille quando incontrarono quelli
dorati di
Kevin, che decisamente non si scompose vedendoselo arrivare a tutto gas
ma,
anzi, calcolò bene i tempi per dare un calcio ad un sasso
particolarmente
grosso facendolo andare addosso alla ruota anteriore della Ducati nera
pece.
Il
mezzo a due ruote si impennò furiosamente, e Kyle avrebbe
sicuramente perso il
controllo andando a sbattere da qualche parte se non fosse stato tanto
agile da
saltare giusto in tempo e, con un salto carpiato, finire alle spalle di
un Kevin
Mask incurante di una moto sfasciata contro un albero e di una bimbetta
che
ancora scalciava come una forsennata. Il suo cammino verso una
entusiasta
Jacqueline si fermò quando fu costretto ad abbassarsi per
evitare un calcio
rotante del cugino, segno evidente che i riflessi di Kevin erano assai
buoni
anche dopo l’incidente.
–
Mi raccomando! Riprendi tutto! – fece la donna dai folti
capelli rossi ad un
intimorito cameraman – questo combattimento dietro le quinte
ci farà guadagnare
parecchi soldi… e le signore avranno di che rifarsi gli
occhi vedendo due Mask
combattere! –
Il
combattimento in questione andava un po’ per le lunghe anche
a causa delle mani
impegnate di Kevin che poteva unicamente schivare i colpi di un
infuriato
cugino. Fu solo effettuando un salto ben calibrato il più
vicino a quel
drappello di kinniku scansafatiche che l’inglese
riuscì a liberarsi della sua
noiosa zavorra.
–
Eh tu! – fece lui, rivolgendosi ad una MacMadd quasi
sull’attenti – questo era
tuo vero? Riprenditelo! –
Con
un lancio perfetto le riconsegnò la tanto agognata cresta
ornamentale che
prontamente decise subito di indossare, mentre ad uno sventurato
operaio
kinniku accanto a lei toccò prendere al volo una ragazzina
urlante senza la
grazia della MacMadd nell’aver raccolto il proprio ornamento.
–
Dagliele, Kyle! Fagli vedere chi sei a quel prepotente! –
Esclamò
Anna ancora tra le braccia del proprio “salvatore”
piuttosto reticente a
tenersela appiccicata, mentre Jacqueline osservava con una certa
intensità
l’epico scontro che si preannunciava decisamente violento.
–
Tzk, tua sorella dovrebbe imparare a lavarsi la bocca prima di
parlare… e tu
invece dovresti ricordarti che sei ospite
di mio padre! –
–
Tu invece sei quello bravo e buono che invece di affrontare i problemi
te la
sei data a gambe da bravo codardo… – il cugino
sapeva che Kevin all’età di 8
anni era scappato di casa, mentre lui a quell’età
aveva dato una lezione al suo
di padre, decisamente troppo propenso ad andare a donne
– fai a meno di fare il bravo ragazzo, Kevin!
Perché decisamente qui sei quello che meno dovrebbe stare in
questa tenuta… eh,
eh! –
Le
intenzioni di Kyle Mask erano tutte di provocare il cugino invitandolo
apertamente a commettere degli errori di distrazione nel rimembrargli
velatamente
quella sua adesione volontaria ai d.m.p, ma tutto sommato il giovane
riuscì a
tenere i nervi saldi a sufficienza per sferrare il primo attacco.
Kevin
Mask attaccò velocemente il cugino non lasciandogli scampo,
lanciandosi velocemente
su di lui e stampando le proprie nocche sul volto dell’odiato
parente.
–
Ha parlato il buffone che all’età di venti anni
suonati continua a fare il
moccioso anziché pensare al proprio futuro –
seguì un’altra raffica di pugni
senza lasciargli il tempo di reagire – invece che mettere la
testa a posto
pensi solo a fare l’imbecille! –
Kyle
fu quasi sul punto di cadere a terra, ma velocemente si
appoggiò con le mani
sulla strada ghiaiosa dandosi la spinta necessaria per colpire il
cugino in
pieno ventre con ambo i piedi. Kevin avvertì il colpo per
forza di cose, preso
in pieno sulle ferite tra l’altro, andando per questo a
rotolare sull’erba
cercando di mettersi in piedi velocemente.
–
Si, forse hai ragione – il pseudo motociclista aveva
incassato con nervosismo
quelle parole, andando a togliersi via la giacca di pelle rimanendo
così a
petto nudo – sono piuttosto infantile quando mi ci
metto… ma perlomeno io non
ho mai sputato sul nome della mia stessa famiglia e anzi… tu
guarda un po’ piuttosto
che separarmi da mia sorella preferisco aspettare dignitosamente che
lei cresca
prima di unirmi alla Muscle League –
–
Stai tranquillo – fece Kevin, togliendosi via
l’impermeabile e rimanendo in
t-shirt – chi infanga il buon nome della famiglia per ben due volte di fila non sono certo
io… –
Ok,
aveva detto una bastardata bella e buona dando praticamente della
zoccola a sua
zia Elizabeth, cosa assolutamente che non pensava, ma era stata dettata
unicamente per provocare quell’imbecille di suo cugino. Cosa
perfettamente
riuscita visto che il giovanotto dalle molte rose tatuate, una rosa per
ogni
ragazza conquistata come si vantava spesso e volentieri di raccontare (
al
contrario della tela di ragno tatuata sulla schiena di Kevin che
raffigurava i
suoi nemici caduti in battaglia ), non tardò ad attaccarlo
con un ringhio
furioso.
Lo
placcò a terra dando inizio ad uno scontro piuttosto
violento tra i due Mask
degnamente ripreso dal cameraman di Jacqueline MacMadd,
quest’ultima sempre più
entusiasta per quella violenza tra consanguinei tanto da rimpiangere di
non
avere pure un microfono per poter commentare quello sfacelo di corpi
che si
colpivano con una violenza tale da lacerarsi i vestiti e le carni.
–
È così che dovrebbe essere un combattimento come
si deve! – esclamò con
entusiasmo mettendo quasi timore al suo staff – Sangue!
Violenza! L’odore
pungente di sudore che si mescola assieme a tutto questo portandoti di
impulso
a voler vomitare! Questo è senza dubbio… ehi! Un
momento! Che diavolo succede
adesso?! –
Lo
stupore di Jacqueline, ma anche di Anna e del resto dei presenti, fu
piuttosto
logico vista la violenza con cui i due cugini, ad un certo punto, si
dettero
reciprocamente un pugno in pieno volto tanto forte da far volare via
gli elmi
di dosso.
E
se Kevin Mask mostrava una frangia piuttosto lunga e una barbetta un
po’ incolta,
Kyle si mostrava con lineamenti più delicati e del tutto
sbarbato nonostante la
furia bruciasse nei suoi occhi scuri come quelli della madre.
Ci
fu un momento di stallo tra i due cugini, grondanti di sudore e sangue
e con il
rumore del loro fiato corto a riempire l’ambiente silenzioso,
prima che con un
basso ringhio tornassero a colpirsi con violenza inaudita in una lotta
in stile
greco-romana che tanto stava incantando la MacMadd.
–
Se vi baciate appendo la vostra
gigantografia in cameretta… – mormorò
lei, guardando con occhi sgranati i due e
torcendosi tra le dita una ciocca di capelli.
E
sebbene avesse solo sussurrato quel pensiero “a voce
alta”, venne comunque sentita
da chi le stava attorno portandola per questo ad arrossire per
l’imbarazzo.
–
Tu sei strana! – fece schifata la piccola Anna, ma non fu
quel commento strano
a bloccare i due, quanto l’intervento dello stesso Robin Mask
dopo aver notato
che razza di casino stessero combinando i due.
–
Per Dio! Come osate comportarvi così?! Smettetela
immediatamente! –
Nonostante
l’età ormai non più florida Robin Mask
se la cavava nei momenti di pericolo, ed
ecco che dunque con una velocità degna di un maratoneta
raggiunse i due
litiganti separandoli immediatamente con una certa violenza.
Prendendo
una trave di legno infatti, la usò contro il nipote
colpendolo in pieno petto e
buttandolo lontano dal figlio che tirò su con una certa
prepotenza dandogli uno
schiaffo meritato.
–
Riacquistate il vostro onore immediatamente! – si stava
ovviamente riferendo
alle maschere e i due giovanotti non se lo lasciarono ripetere due
volte – e
vedete di darvi immediatamente una calmata! Da oggi fino alla prossima
settimana ritenetevi in punizione, e non provate ad opporvi –
li bloccò mentre
stavano cercando delle scusanti alla loro assurda lite –
ciò che avete fatto è
intollerabile… e ora in casa! –
Per
un lungo attimo padre e figlio si guardarono così
intensamente che parve, a
tutti i presenti compreso Kyle stesso, fossero entrambi sul punto di
darsele di
santa ragione. Era da così tanto che non si vedevano e
questo era il risultato!
Invece che avere la possibilità di discutere come uomini
ecco che litigavano
come ai vecchi tempi. Invece che provare a chiedere come stesse
l’uno la salute
dell’altro ( perché per Robin era chiaro che suo
figlio gli nascondesse qualcosa
) ecco che il solito odioso muro invisibile si alzava lasciando che
tutto si
raffreddasse.
Kevin
Mask fu il primo a tornarsene all’interno della villa, senza
dire una parola
mentre raccoglieva da terra il proprio impermeabile, seguito a ruota da
Kyle
con la sorella che non tardò a sgambettargli attorno
prendendolo per mano. Avrebbe
speso quel tempo ad allenarsi duramente nel campo
dall’allenamento dietro casa
in attesa di un nuovo pericoloso scontro, poiché per lui era
chiaro che la
faccenda non si sarebbe conclusa con un semplice
“incidente”.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Aveva
litigato con Kevin… e l’epilogo per lui non era
stato dei migliori.
Il
ragazzo era scappato via a gambe levate senza che Lord Flash fosse
riuscito a
convincerlo sulla sua “vera” identità. E
con un Mask pieno di dubbi a cui stare
dietro negli allenamenti decisamente si prospettava come
un’ardua impresa!
Se
voleva che apprendesse tutte le tecniche segrete della famiglia Mask,
oltre
alla leggendaria OLAP conservata nel libro che apparteneva a lui stesso
( un
regalo dal suo vecchio maestro ) anziché in quello destinato
all’allievo
indisciplinato, doveva avere la piena fiducia con lui senza che ci
fosse il
minimo dubbio sulle sue reali intenzioni e/o dubbi sulla sua persona.
“Beh,
se vuoi addolcirlo un po’ perché non gli facciamo
un bel regalo?”
Queste
erano state le testuali parole di Emerald Lancaster dopo che le aveva
detto
grossolanamente che cosa era successo di così spiacevole.
Si…
certo! Secondo quella puttanella per farsi amico Kevin bastava fargli
un bel regalo
come se fosse stato un bambino piccolo! Forse per certe cose non era il
ragazzo
più sveglio del mondo, ma non lo si poteva trattare come uno
stupido altrimenti
avrebbe ottenuto tutto l’incontrario di quello che voleva
ottenere Flash. Ossia
la fiducia.
–
…O magari posso sempre essere io il regalo per Kevin! Che ne
dici sorcio,
secondo te apprezzerà?! –
La
ragazza dette quelle parole fece una graziosa giravolta nella saletta
per la
prova intimo e un esasperato allenatore si limitò a sbuffare
dal nervoso, perché
decisamente trovava paradossale che, dopo aver litigato con Kevin, ora
si
trovava ai Magazzini Harrods per aiutare Hammy con il suo shopping
indecente.
–
Pensavo ti interessasse di più organizzare questo cavolo di
addio al celibato
con sorpresa, parole tue, ed inoltre pensavo avessi già
scelto il tuo
completino per la serata… –
–
Quello è senza ombra di dubbio il pezzo migliore! Ma come
resistere se tutta
questa roba mi supplica di essere comprata? – si
rimirò in uno specchio avvolta
in una lingerie di pizzo nero e rosso che tutto sommato non stonava con
i suoi
occhi verdi – e poi vedo che ti fa un certo effetto tutta
‘sta roba visto che
non riesci neanche ad alzarti… –
Lo
punzecchiò lei, anche se non ci voleva un genio per capire
perché se ne stesse
con le gambe incrociate! Quasi sicuramente quella stronza
l’aveva fatto apposta
a trascinarselo dietro per vederlo poi in quelle condizioni
mostrandogli ogni
capo di intimo indecente che ci fosse in quel negozio.
La
mandò al diavolo senza troppe premure e quella se ne
ritornò nel camerino prove
tirando con un colpo secco la tendina rossa ridendosela di gusto.
–
Uhh! Al prossimo modello mi sa che l’erogatore di panna spray
si rompeeeh! – cantilenò
lei.
–
Vai al diavolo, puttanella! E vedi di non farmi venire li per darti una
lezione! –
Quella
che si prospettava come un botta e risposta piuttosto violento ebbe
però un
punto di arresto quando i sensi del russo non si attivarono per
qualcosa di
sospetto.
Si
irrigidì sul pouf dove era seduto, ignorando la risposta
sguaiata della
Lancaster, analizzando invece cosa ci fosse di fuori posto al di fuori
di
quella saletta privata per la prova costume.
Analizzò
attentamente ogni suono circostante, dal borbottio delle persone ai
loro passi
fino al suono emesso dal respiro delle persone più vicine a
loro… e notò che c’era
qualcosa che forse, forse, non
andava
affatto bene.
Ignorando
il fatto che la sua tuta attillata mostrasse un gonfiore piuttosto
evidente si
alzò in piedi con un movimento lesto e, dando una occhiata
veloce in giro,
decise di avvertire Emerald che con tutta probabilità non
erano poi così “soli”
all’interno di quel negozio.
–
Eccomi Emerald! – disse a voce alta lui, cosa ben voluta,
entrando velocemente
all’interno della cabina – ora ti aiuto a toglierti
queste dannate stringhe di
dosso –
–
Cosa?! Woh… oh! Chi ti ha detto di entrar…
–
Venne
bloccata dall’aprir bocca da una mano di Warsman che, quasi
con freddezza, le
andò a tappare la bocca facendole chiaramente segno di stare
zitta. Quel gesto,
e lo sguardo freddo del russo, le tolsero la voglia di protestare
capendo ormai
bene che quando faceva così voleva significare una cosa sola.
–
S-spero tu abbia un buon motivo per entrare qui – fece lei,
dopo che il partner
le liberò la bocca .
–
Shh… forse qualcuno ci sta seguendo… –
Lo
disse con un tono quasi duro mentre tentava di osservare al di fuori
del
tendaggio rosso della cabina. Sebbene non specificò chi
è che li stesse
seguendo ad Emerald bastò poco per immaginare chi fosse il
loro presunto
pedinatore, e la sua espressioni si incupì tanto da trovarsi
a deglutire per
cercare di non rimembrare un passato non troppo lontano.
–
Ho una pistola nella borsa… forse potrei…
–
–
Attirare l’attenzione? A meno che non abbia il silenziatore
direi di affidarci
a qualcosa di più tagliente
– come i
suoi artigli nascosti ad esempio – e ora silenzio…
sembra che si stia
avvicinando… –
Il
piano di Lord Flash era oltremodo semplice. Aspettare che il loro
pedinatore si
facesse quantomeno vedere ai suoi occhi, perché doveva
capire se erano
cortigiane oppure potevano essere terroristi chojiin, poi lo avrebbe
infilzato
al collo e lo avrebbe trascinato all’interno della cabina
prova senza dare nell’occhio
a nessuno. Un piano semplice ma efficace, che però parve
allungarsi all’inverosimile
come la tensione che i due stavano accumulando sentendo ora dei passi
avvicinarsi sempre di più nella loro direzione.
Di
riflesso Hammy si morse il labbro inferiore prendendo comunque in mano
la
borsetta nonostante Warsman le era praticamente sopra, con una mano
lungo il
fianco sinistro, pronta all’attacco, e l’altra
appoggiata sulla specchiera
dietro la ragazza e quindi di conseguenza era lei quella che rischiava
di meno
in un attacco fisico.
Secondi
che sembravano ore, il sudore freddo che scendeva dalle loro fronti e
che
sapeva di pura adrenalina andava a mescolarsi con l’assurda
scena di una
ragazza mezza nuda e un uomo di due metri e passa con una evidente
erezione
compressa nella calzamaglia! E fu più o meno ciò
che vide la commessa del negozio
quando tirò all’improvviso
la tenda della cabina cogliendo impreparati i due che sussultarono nel
vederla,
quasi pronti ad attaccarla sebbene, per sua fortuna, la donna sembrava
essere
all’oscuro di quel sottile dettaglio data la faccia che fece.
–
Signori… gradirei che lasciaste immediatamente il negozio
prima che mi veda
costretta a chiamare la sicurezza –
Entrambi
gli ospiti sgraditi si lasciarono andare ad un sospiro di sollievo
piuttosto
meritato, e incompreso per ovvi motivi da una commessa che aveva
frainteso
tutta la scena, prima che Emerald stessa ( con espressione piuttosto
dura )
estrasse dalla propria borsa il blocchetto degli assegni iniziando
subito a
compilarlo velocemente.
–
Uhm… quanto varrà questo negozio…?!
Beh, suppongo che qualunque cifra abbia io
possa permettermelo… –
– Per
fare cosa con esattezza, miss? – la commessa si stava
spazientendo ed ora aveva
estratto da una tasca della divisa quello che sembrava essere un
telefono –
qualunque prezzo facciate non mi interessa, andatevene dal negozio e
non dovrò…
–
–
Diciamo che a questa cifra compro IO il negozio così da
poterti liberamente
licenziare? – fece una Lancaster senza peli sulla lingua
mostrandole una
astronomica cifra sull’assegno circolare – e detto
questo non dovrebbe essere
difficile per te cambiare aria e lasciarci provare i vestiti in santa
pace,
right?! –
Se
Emerald era tesa c’era solo da capirla, ed anche se
apparentemente il russo
aveva preso un abbaglio, era quasi sicuro che qualcuno li avesse
deliberatamente pedinati per studiare le loro mosse. I suoi sensi non
l’avevano
mai tradito ed era sicurissimo che qualcuno li avesse scrutati pur non
sapendo,
purtroppo, per quale fazione patteggiasse.
Ed
in effetti non aveva tutti i torti nel sentirsi turbato da un simile
pensiero… perché
effettivamente ad inseguirli c’era qualcuno, ma non
apparteneva ne alla Corte,
ne ai terroristi chojiin che li avevano attaccati qualche giorno fa.
Semplicemente
si trattava di uno spettatore che si dileguò come il vento,
appena capì che non
era aria di rimanere nei paraggi.
Sempre più casini lo ammetto xD questa storia si sta quasi trasformando in una spy story a stampo demenziale! ad ogni modo, l'abito di Elizabeth Mask è simile a questo http://4.bp.blogspot.com/-bwsxuwrAjKs/TliZZDcMGSI/AAAAAAAAACg/I5YsShAPtqw/s1600/2207.jpg
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Capitolo 16 *** la verità fa male ***
La
particolarità del Muscle Museum Hospital risedeva in due
cose:
era
l’ospedale ufficiale della Muscle League, ed oltretutto si
trovava nella
periferia di Londra. Tra l’altro un’ala della
storica struttura era in
ristrutturazione, quindi con accesso limitato e disagi vari, e a causa
del
momentaneo caos era facile che qualcosa sfuggisse alle vigili occhiate
dei
dottori e della vigilanza.
–
Hmpf! Quel pivello è un lottatore come io sono un ballerino!
–
Alistar
MacNeil, anziano medico e mentore di Alya, si mosse nervosamente sulla
sedia a
rotelle su cui da tempo era bloccato e attraverso il vetro della porta
guardò
il paziente che al momento stava riposando.
La
Kalinina inizialmente non rispose, limitandosi ad inarcare un
sopracciglio e a
controllare nuovamente la cartella medica del nuovo arrivato
– abbiamo fatto
per scrupolo un controllo accurato e sembra che Michael Connors sia un
lottatore della Muscle League con tanto di certificazione…
sebbene non abbia
disputato neppure un incontro da quando ne fa parte –
–
Nemmeno uno, eh?! – l’anziano Alistar fece una
smorfia – nemmeno io ne ho
disputati tanti da ragazzo, ma non ero certo un chojiin anonimo!
–
MacNeil
al suo tempo era stato uno tra i primi lottatori inglesi a farsi un
nome nel
panorama del wrestling. Aveva combattuto nella seconda guerra mondiale
prendendosi una medaglia all’onore dalla regina in
persona… ma dopo quello, a
causa di una ferita riportata al braccio, aveva dovuto dire addio al
ring
dedicandosi per questo alla sua seconda più grande passione.
Ossia la medicina
e la specializzazione in chirurgia per pesi massimi.
E
da quando si era dedicato anima e corpo alla medicina ne aveva visti di
falsi
malati in giro… e quello che stava osservando da oltre il
vetro della porta
era, secondo lui, un truffatore bello e buono! Peccato però
che non avesse
prove concrete per smascherarlo.
–
Non possiamo basarci solo su dei sospetti, dottore – e qui la
donna parve quasi
avergli letto nella mente – ma quello che posso assicurare
è che il paziente
sta male. Ha le costole incrinate, anche se ho come
l’impressione che prima
fossero proprio rotte, ed è reduce da un combattimento
clandestino… teniamolo
qui e vediamo come va a finire, che ne dice? –
–
Umpf! È lei la sua dottoressa, mia cara… non io
– di norma MacNeil era di
natura scontrosa eccetto però con le signore, e il fatto che
fosse in sedia a
rotelle non lo aveva reso meno battagliero – anzi,
aggiungerei che il suo turno
sarebbe finito praticamente mezz’ora fa. Non faccia aspettare
troppo
quell’asino del vostro futuro marito! –
Alla
mezza “battuta” Alya sorrise, scambiando i dovuti
saluti con il proprio mentore
promettendogli tra l’altro che non si sarebbe affaticata
troppo durante la
giornata. Non era ancora entrata in maternità e francamente
neanche voleva entrarci
attualmente, in fin dei conti non si sentiva stanca o stressata se non
forse
per i preparativi dell’imminente matrimonio ( salvo il
piccolo “incidente con
Kevin Mask ), decise comunque di assecondare il desiderio del proprio
maestro e
di congedarsi formalmente.
Chi
non sarebbe presto uscito da li era Connors che, semi addormentato a
causa dei
sedativi, voltò lentamente la testa di lato per osservare la
scimmietta Coco
appollaiata sul davanzale della finestra aperta.
–
Ehi, peste – sorrise, riferendosi con
quell’appellativo alla bestiola che
trillò – ti piace infilare nei casini le persone,
eh? Ah, lasciamo perdere… non
è colpa tua –
Mormorò
quell’ultima frase tornandosene comodo nel letto e lasciando
che i sedativi che
la bella dottoressina gli aveva somministrato poco prima facessero il
loro
effetto, rimembrando il perché si trovasse in una struttura
pubblica anziché in
una clinica Lancaster.
(…)
Come
mercenario ne aveva viste e subite di tutti i colori, ma mai che
venisse
conciato così male da una chojiin. Ovvio che nel giro di due
giorni le cliniche
del suo attuale datore di lavoro avevano fatto miracoli, sistemandogli
le
costole da rotte a incrinate ( questo perché al soldato non
piaceva l’idea di
avere delle protesi biotiche in corpo… preferiva cavarsela
“da solo” ),
scansionando il suo corpo in modo scrupoloso senza però
trovare nulla di
anomalo.
L’anomalia
era un’altra ed era poco piacevole, e corrispondeva ad un
numero 20 segnato con
una X sulla spalla destra della Deva che erano riusciti a catturare.
C’era
un’altra donna con sulla pelle quel genere di tatuaggio, una
bella creatura tra
l’altro, e questo genere di coincidenze suonarono in lui un
campanello
d’allarme triplo quando seppe che alcuni suoi uomini erano
stati trucidati in
uno dei peggiori strip club di Londra. E questo perché?
Ovvio, il signor
Michael Connors i suoi uomini li conosceva e quelli che erano stati
uccisi
avevano partecipato all’operazione di recupero di quella
marmaglia di wrestler
lasciata a marcire sotto un ponte. Non tutti, ma solo alcuni di
loro… e aveva
come l’impressione che il prossimo sarebbe stato lui, vista
la mole di
coincidenze che sembravano identificarlo come prossimo bersaglio.
Mosso
da un’ira quasi primordiale aveva dunque
“interrogato” quella Deva per ore intere
ritrovandoci unicamente le mani doloranti. Le proprie ovviamente,
perché quella
tizia sembrava fatta di cemento.
Cristo!
Era
entrato con furia dentro la stanza in cui era incatenata come un
animale, le
braccia legate a due pali, inginocchiata a terra e senza la maschera a
coprirle
l’onore… rivelando così il volto di una
donna normale anche se ormai avanti con
gli anni.
Con
una mazza da baseball d’acciaio l’aveva
ripetutamente colpita al volto e al
collo senza però riuscire a tirarle fuori neppure un suono (
che fosse quindi
la maschera a distorcere il suo respiro? ), e non ricevendo una
risposta alle
sue più ovvie domande decise di lasciare la stanza degli
interrogatori
lanciando con un urlo irato la mazza su di un tavolo pieno di
scartoffie. Gesto
quello accolto con la solita flemma da mister Lancaster.
–
Connors… con tutto il rispetto per il tuo lavoro –
e ne aveva – lascia fare a
me e mettiti a riposo – Howard Lancaster picchettò
il proprio bastone da
passeggio sul pavimento della base segreta in cui stava la prigioniera,
in modo
da marcare meglio le proprie parole – alle volte con le
bestie bisogna essere
più gentili… altrimenti non imparano mai a stare
a loro posto –
Il
suddetto soldato si massaggiò le nocche delle mani, cercando
di riprendersi
dalle fatiche di quell’inutile tortura, annuendo al proprio
datore di lavoro e
mettendo a freno una rabbia comunque del tutto comprensibile.
–
Faccia comunque attenzione, mister… ho come
l’impressione che tutta quella
calma sia solo apparenza –
E
questo perché negli occhi scuri di quella donna, oltre alla
comprensibile stanchezza presente
nei soldati veterani
che avevano visto di tutto e di più in vita, vi era una
scintilla di furia
perenne che non si sarebbe mai spenta e mai il suo senso
dell’onore l’avrebbe portata
a tradire i suoi ideali. Ma, e forse MA, la si poteva far ragionare. E
con tale
ragionamento il capofamiglia dei Lancaster entrò nella
grande cella.
–
Buon salve, straniera – evitò di dire
“bestia” anche se era quello che pensava
per davvero – permettimi di scusarmi per l’irruenza
dei miei uomini ma non
hanno preso bene il modo in cui ti sei accanita con alcuni di
loro… ma io
vorrei comunque ringraziarti per
aver
tirato fuori mia figlia da quella trappola di fuoco e metallo
–
La
femmina in un primo momento non disse nulla. Era pesta di sangue ma il
suo viso
non era gonfio a causa delle botte ricevute. Aveva una tempra fisica
notevole e
i suoi scienziati avevano notato che il suo doppio sistema
circolatorio, dove
al posto del sangue defluivano fluidi essenziali, le permetteva di
guarire in
fretta e di irrobustire i muscoli e la pelle.
Solo
dopo un po’ i suoi occhi si spostarono a guardare severamente
il Lancaster e
per la prima volta parlò con voce assolutamente umana.
Lasciandolo
momentaneamente spiazzato.
–
Prego, non c’è di che –
–
Ehm, se l’hai salvata vuol dire in qualche modo segui un
codice d’onore… –
–
Io combatto per l’onore, piccolo maschio – aveva
una voce profonda, e dava
l’idea di non essere una ignorante – la ragazza era
una civile. Inerme. Aveva
la priorità sulla missione. Non c’è
onore nel colpire un debole –
–
Secondo le tipiche usanze di voi Deva… molto nobile in
effetti –
anche
se bisognava ammettere che Hammy non era tanto indifesa. Oltre al vetro
a
specchio comunque, i soldati erano rimasti stupiti dei progressi che il
loro
capo in meno di due minuti era riuscito a fare. Connors si morse le
guance
dall’interno in silenzio, ancora incazzato per tutto quello
che era successo,
ma rimase a guardare e a sperare che accadesse qualcosa.
–
Ora però vorrei porti alcune domande essenziali, e se
risponderai correttamente
potrei anche chiudere un occhio su certe faccende… come
ringraziamento per aver
salvato la mia piccola – la Deva si voltò a
guardarlo nuovamente, e Howard
esultò interiormente per i progressi fatti – hai
un nome? –
–
Si –
–
Quale? –
Un
attimo di silenzio freddo come il ghiaccio, poi la prigioniera rispose.
–
Muramasa Masada –
–
Bene… è un inizio! Ora, volevi davvero uccidere
il mio luogotenente Michael
Connors? –
–
Si –
–
Posso saperne il motivo? –
–
No –
Certo,
logico, mica andava a dirglielo come se niente fosse! Howard per questo
roteò
gli occhi esasperato, massaggiandosi l’attaccatura del naso
con l’indice e il
pollice e poi fece altre domande. Poche a dire il vero.
–
Almeno mi è concesso sapere il motivo per cui tu e il tuo gruppo… perché non
sei la sola ad avere quel tatuaggio e dalla
espressione che stai facendo direi ce ho indovinato qualcosa, ci state
attaccando in modo così brutale? –
Altro
minuto di silenzio, prima della laconica risposta – No
–
I
soldati da dietro il vetro lanciarono un lamento di dissenso in coro,
c’era che
aveva già iniziato a puntare dei soldi, e a nulla valsero le
sottili minacce di
Howard Lancaster che avrebbero fatto sbiancare qualunque chojiin
brutale… a
quella donna parve non importare molto continuando a guardare un punto
imprecisato della stanza, ma Michael era quasi sicuro che stesse
guardando LUI,
ponendo la parola fine a quella discussione con poche e semplici parole.
–
Preferirei essere lasciata alle mie meditazioni, se
l’interrogatorio è finito…
è solo questione di tempo
comunque –
Una
cosa dannatamente glaciale, che portò Howard Lancaster a
muovere la sua rete di
spie sulla Terra e su Amazon ricavandoci però poco o nulla.
Addirittura, ebbe
quasi l’impressione che le sue spie Deva avessero quasi paura
del nome da lui
pronunciato limitandosi a dire “non abbiamo trovato
indizi” come a dire che
“non so nulla e non voglio sapere nulla quindi non mettermi
in mezzo”.
L’unica
certezza era che si sarebbero fatte rivedere, ma fu Connors a ideare un
piano
semplice per metterle in trappola. Non si sarebbero scomodate se fosse
rimasto
all’intero di una clinica di Howard Lancaster… ma
in una struttura pubblica,
magari con sicurezza scarsa a causa di lavori in corso, era un luogo
ideale per
fare da esca. E lui in fin dei conti aveva ancora bisogno di cure.
Il
Muscle Museum Hospital era per questo un valido candidato per mettere
la parola
fine a tutta quella spiacevole storia.
(…)
Ora,
non sentiva più la scimmietta Coco trillare sul davanzale
della finestra.
Probabilmente era scappata via, e questa sua tesi si
avvalorò quando avvertì
che qualcosa, o meglio qualcuno, era seduto a cavalcioni sopra di lui.
–
Connors… puoi svegliarti per favore?! –
Era
la voce femminile più dolce che avesse mai sentito, quindi
come poteva non
darle retta? Ma quando lo fece, e si perse in quegli occhi scuri falsamente preoccupati per la sua sorte,
aveva segretamente sperato che la preda non fosse proprio lei. Ce non
fosse
quella de Santa incontrata qualche
giorno prima.
–
Dimmi Connors… secondo te quelli come noi, hanno
un’anima? Hm…? Ti hanno mai
fatto questa domanda?! –
Forse
se la stava semplicemente sognando la creatura tatuata che adesso gli
era in
grembo, su un punto molto delicato tra l’altro,
così come probabilmente non era
vero che i suoi tatuaggi serpentini si stavano muovendo sulla pelle.
Probabilmente
stava rischiando la vita, ma non seppe resistere alla tentazione di
passare
entrambe le mani su tutta la lunghezza dei fianchi di quella femmina
che,
abbandonando una espressione preoccupata
a favore di una più maliziosa, lo lasciò fare
compiacendosene.
–
Sapessi quante volte me l’hanno fatta… –
mormorò l’ex mercenario osservando
come i tatuaggi della Deva reagissero ai suoi tocchi.
–
E tu sai cosa rispondevo a quei poveri ignoranti che me la facevano?!
–
La
sua espressione maliziosa cambiò radicalmente, e il suo
sorriso si fece quasi
malvagio mentre con un sibilo serpentino prendeva i polsi
dell’americano per
inchiodarlo a letto. Pessimo segno… e lo stesso uomo di
fiducia di Howard
digrignò i denti sentendo che la tizia di forza ne aveva.
–
Yo rispondevo siempre
che quella dell’anima è solo una invenzione
romantica
creata dagli esseri umani per non sentirsi fottuti quando è
ora di schiattare…
vuoi sapere come sono arrivata a questo ragionamento? –
–
Hmm… forse è il caso di parlarne dopo? Non mi
sembra una posizione molto
filosofica questa… –
Non
lo era e francamente parlando non gli dispiaceva l’idea di
prenderla un po’ in
giro. Di fare lo spaccone come di suo solito anche se fare da esca era
stato un
azzardo bello e buono in un posto pieno di civili ma…
chissenefrega dei civili
no? Doveva catturarla viva, metterla buona e farsi dire tutto su quello
che
quel gruppo voleva da mister Lancaster… e se poi ci fosse
scappato qualche
bacio, come in quel caso specifico, chi era lui per rifiutare?
Capì
di aver commesso un errore a baciare quella tizia quando
sentì un dolore
lancinante venirgli da dentro. Come se gli avesse iniettato veleno
sulla
lingua, il soldato mercenario sentì un improvviso torpore e
la volontà di
urlare che però se ne andava scemando a causa dei muscoli
paralizzati.
–
Ehe! Ti stai calmando come gli altri tuoi amichetti qua fuori! Bella
trappolina, perro! Comunque… dove eravamo rimasti?
– si guardò pensierosa in
giro ignorando i gemiti di Connors tra il doloroso e
l’arrabbiato – oh si! Ti
dovevo raccontare una storia molto buffa! –
Ora
i suoi tatuaggi danzavano nell’aria raggiungendo le carni
della preda iniziando
a viaggiare su di essa come in cerca di un punto in cui poter entrare
in tutta
tranquillità. La sensazione non era bella, ed era come
sentire una ruvida lima
corrergli per la pelle abbronzata.
–
Sai, un tempo il mio era un gruppo molto unito… eravamo come
una famiglia. Ci
supportavamo a vicenda, cooperavamo per un obiettivo comune –
ora i serpenti si
erano fatti più aggressivi, andando a scorrazzare per le
gambe di Michael
portandolo a digrignare i denti – io fui l’ultima
ad entrare nel gruppo… e
all’epoca ero così giovane che non capivo niente
di niente! Ma proprio niente!
–
Uriel
Truce de Santa nel dire quell’ultima parola quasi
ringhiò, e di tutta risposta
l’uomo sotto di lei si sforzò di non gridare
mentre quei segni oscuri
iniziarono ad entrargli dentro in
un
modo dolorosamente sconcertante.
–
L’unica cosa che mi interessava era di uccidere, accoppiarmi,
e ballare fino al
mattino… tutte esperienze che ti segnano queste –
un altro sussulto da parte di
Connors che in silenzio la malediceva – ma mai quando una
delle mie colleghe ha
fatto qualcosa che nessuno avrebbe mai fatto se avesse avuto
un’anima… vuoi
sapere che cos’ha fatto, Connors? Hm?! –
Gli
sorrise addirittura, con un sorriso che sembrava quasi folle, nel
mentre che il
soldato spalancava gli occhi nel sentire che quelle cose lo stavano
mordendo da
dentro come in cerca di qualcosa.
–
La mia astuta collega un giorno, ricevette l’ordine di
uccidere una strega
dello spazio… e fin qui niente di male! Ma si da il caso che
quella strega era
proprio sua figlia – stavolta un suono umido di carne
strappata si sentì forte
e chiaro e l’americano non riuscì a non lasciarsi
scappare un mezzo grido
nonostante il veleno paralizzante – così io le
chiesi “ma perché l’hai uccisa?
E come fai comunque a sorridere? Era tua figlia!” –
si perse momentaneamente
nei propri ricordi scuotendo la testa lentamente, ignorando i ringhi di
Connors
– e sai che cosa mi ha detto, perro de mierda? Lei
semplicemente mi disse “col
tempo, capirai”… la odiai per quelle parole, ma
cazzo se aveva ragione! Noi
siamo unici, Connors! Noi siamo gli eletti che si innalzano sul mare
dell’ignoranza! –
Alzò
le braccia al cielo e, come ad un comando psichico, anche i tatuaggi
liberarono
il luogotenente di mister Lancaster in un modo così doloroso
da portarlo a
gridare furioso. Tanto era comunque inutile… se la tizia
aveva stecchito le
guardie nessuno l’avrebbe sentito e in quel corridoio erano
presenti pochi
pazienti tutti imbambolati per via dei farmaci. Le creature silenziose
tornarono un po’ per volta nel corpo della loro signora, e le
consegnarono in
mano quella che sembrava essere una perla un po’
insanguinata.
–
Quelli come noi sanno che un’anima non esiste…
quindi è per questo che facciamo
il lavoro che facciamo – sospirò con falsa
innocenza mentre si rigirava per
mano la misteriosa perla – abbiamo l’innata
capacità di osservare le persone
per quello che sono realmente, accettiamo questa condizione e ci
occupiamo dei
nostri clienti come se fossero i nostri bimbi per assicurargli che
“va tutto
bene” e la loro anima andrà comunque in
paradiso… tzk! Che mondo de mierda,
eh?! Siamo così coscienti di come stanno realmente le cose
che sappiamo alla
perfezione che, per quanto ci sforzassimo in buona fede, non ci sarebbe
nulla
al mondo capace di modificarci e renderci persone diverse da quello che
siamo…
quando si aprono gli occhi, difficilmente li richiudi se non da morto
–
Michael
stava riprendendo fiato dopo quella che era stata praticamente una
operazione
senza anestesia, ma aveva ascoltato tutto il discorso e ora la
osservava debole
in corpo e grondante sudore nel mentre che gli si avvicinava per
mostrargli ciò
che gli aveva estratto.
–
E poi…ci sono i perros come te, Connors. Gli scarti, i topi,
che io provvedo a
far sparire tra le mie spire per rendere l’universo un mondo
migliore, e questa
piccola meraviglia… –
gli mostrò meglio
la perla e il soldato non capì se il discorso di prima
c’entrava solo con lei o
era in parte compromesso pure lui – era la perla destinata a
Kevin Mask. Un
microchip davvero affascinante… quasi invisibile ad uno
scanner e facilmente
scambiabile per una banalissima ciste. Ehe! Sembra che qualcuno ti odia
proprio
tanto per averti reso una pedina sacrificabile –
Quando
glielo disse capì perché le sofisticate
attrezzature di mister Lancaster non
avevano visualizzato subito quella piccola anomalia, poi la sua mente
affaticata dal dolore scavò nel proprio passato, cercando di
ignorare le parole
di de Santa sulla sua natura di mercenario, carpendo il momento esatto
quando quel
microchip fosse finito addosso a lui.
E
in quel momento capì quanto quegli idioti della Muscle
League fossero implicati
nella faccenda, perché quelle dannate
“perle” erano prima addosso a loro quasi
sicuramente, ricordando ogni più piccolo particolare di
quella nottata assurda
con quella tizia inquietante che aveva sniffato i loro genitali uno per
uno… pungendone
però solo alcuni alle
chiappe. Quella donna con gli occhi storti era colei che aveva deciso
di
sacrificare alcuni suoi uomini, oltre che lui stesso, e anche se non
sapeva a
quale fazione appartenesse era sicuro che in modo o
nell’altro l’avrebbe fatta
a pezzi. Tuttavia nonostante le occhiaie e la visibile stanchezza,
tirò fuori
una autentica faccia da schiaffi sorridendole beffardamente e
portandola per
questo a tirare fuori una faccia un po’ disgustata.
–
E adesso che cazzo hai da ridere, hm?! –
–
Eh, ehe… n-niente… solo che mi sarebbe davvero
piaciuto chiederti di sposarti
perché… cazzo, sei fantastica! –
Rise
ancora, in modo piuttosto rauco ora che aveva capito
l’assurdità di certe
situazioni come quella che stava vivendo, facendola però
solo innervosire e
portandola ad estrarre i propri serpenti che ruggirono vibrandosi in
aria con
fare aggressivo.
–
Sarebbe una notte di nozze molto breve, lurido perro! UARGH! –
Ciò
che Michael Connors si aspettava era di una morte molto atroce senza la
possibilità di chiamare il proprio capo… non che
quel piccoletto di un kinniku,
tale Meat se ben ricordava, arrivasse in suo soccorso spruzzando
addosso a de Santa
tutto il contenuto di un estintore in modo così violento da
mandarla addosso
contro il muro e per poco fuori dalla finestra.
Persino
il soldato rimase interdetto da quello che vide, boccheggiando a vuoto
per
diversi minuti osservando la donna a gambe all’aria messa
momentaneamente K.O
da un piccoletto che a stento arrivava al ginocchio.
–
Presto! Ho i miei dubbi rimarrà ferma li in eterno
– fece l’allenatore di Kid
Muscle all’americano, strattonandolo via dal letto per
accompagnarlo fuori –
anche se devo ammettere che c’era parecchia schiuma
refrigerante dentro
quell’estintore! –
Ma
per il soldato c’era al momento solo una domanda che gli
rimbalzava in testa,
ossia: che diavolo ci faceva il piccolo kinniku li?!
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Kid sei un disgraziato! Mangiare tutti quei dolci ti ha reso solo
più sensibile
al colesterolo nocivo! –
–
Non puoi capire Meat… – singhiozzò il
giovane principe dei kinniku nel proprio
letto d’ospedale – lei era la donna che amavoooh!
Non può sposarsi con un
vecchio simileH! –
Kid
Muscle non aveva digerito quella sconcertante notizia fornita da una
raggiante
Jacqueline che, premurandosi che fosse tutto a posto, aveva telefonato
al
gruppo di lottatori per sapere in che condizioni erano, ordinare loro
di stare
calmi e tranquilli, e fornire loro il motivo del perché pure
i leader della
Muscle League si trovassero a Londra. Il matrimonio di Robin Mask aveva
suscitato parecchio interesse in ambito internazionale e
intergalattico,
abbastanza grande da tenere la loro faccenda lontana dai
riflettori…senza tener
conto che a breve le cortigiane avrebbero dovuto dire basta con le
indagini
perché fortemente inquinate!
Ma
il nome della sposa portò una forte depressione nel giovane
wrestler, che
prontamente si buttò sui dolci arrivando a stare
così male da dover essere
ricoverato al Muscle Museum Hospital.
–
È curioso… ma tu non eri innamorato di quella
ragazza di nome Roxanne? –
Check
Mate, che li aveva accompagnati fino a li e ora era intento a versare
dell’acqua
in un bicchiere per cercare di far calmare il giovane amico, aveva
posto una
domanda logica. Acqua fresca presa in modo rapace da Kid che bevve
tutto d’un
fiato calmandosi unicamente perché era stata nominata la
propria “ragazza”.
–
Aah! Roxanne! – flautò lui con gli occhi ridotti a
due cuoricini – l’unico vero
amore della mia vita! –
Una
scena da autentico facepalm e Meat decisamente non resistette nel
schiaffeggiarsi la fronte per l’ennesima dimostrazione di
idiozia fornita dal
suo svogliato, quanto alle volte geniale, allievo.
–
Nnh… meglio se chiedo ad un medico di darti un calmante!
Almeno non rischi di
rigurgitare anche quei bignè alla crema che ti sei pappato
mentre venivamo qui!
–
Uscì
dalla stanza visibilmente scocciato nonché preoccupato per
la condizione fisica
di Kid Muscle. Ma non fece pochi passi lungo il corridoio deserto che
subito il
suo istinto suonò un campanello di allarme in lui.
Era
decisamente TROPPO deserto per i suoi gusti, e una strana tensione
aleggiava
nell’aria e di certo non si trattava dei gas intestinali di
Kid.
“molto
sospetto… ero quasi sicuro di aver visto agenti della
sicurezza girare per
quest’ala dell’ospedale! Ed ora dove sono finiti
tutti?!” camminò lentamente
lungo il corridoio rivestito di linoleum verde fino a che, nei pressi
di una
delle stanze con la porta socchiusa, non gli sembrò di
riconoscere uno degli
uomini di Emerald Lancaster in estrema difficoltà con una
nemica che il piccolo
kinniku non aveva mai visto prima! Chi era quel tizio…? Ah
si, Michael Connors,
dal carattere decisamente antipatico ma questo non voleva dire
lasciarlo morire
così!
Ma
se avesse richiamato Check Mate o anche Kid Muscle avrebbe sicuramente
rischiato pure lui la vita, e doveva per prima cosa mettere in
difficoltà
quella tizia pericolosa, con tutta probabilità una chojiin,
in un modo il più
rapido possibile.
E
incredibile ma vero, tutto ciò che riuscì a
trovare come diversivo fu quel
scintillante estintore rosso a pochi passi da lui.
Non
emise nessun suono, non urlò alla donna di lasciare in pace
il soldato.
Semplicemente prese la mira e schizzò quella bianca schiuma
gelata addosso alla
tizia che urlò di pura sorpresa per un attacco non previsto.
Anche
se l’elemento a sorpresa riuscì, l’unica
cosa che doveva fare al momento era di
trascinare via quella faccia da schiaffi sebbene non fosse per niente
facile
trascinarsi dietro un uomo a quanto pare impossibilitato a muoversi per
le
ferite riportate.
–
Check… Check Mate!! Kiiid!! È ora di uscire
ragazzo! Abbiamo una urgenza
immediata!! –
–
Ewhh… devo fare la colonscopia?! – fece il giovane
Muscle mettendo la testa
fuori dalla porta visibilmente preoccupato, rimanendo però
sorpreso che
l’allenatore gli stava venendo incontro trascinandosi dietro
qualcuno che gli
parve di riconoscere vagamente… – ehm, ma
perché adesso rubi i pazienti?! Non
vorrai mica allenare anche questo tizio spero! –
–
Non dire idiozie! – tuonò Meat –
dobbiamo scappare immediatamente prima che… !
–
Non
finì la frase che un forte boato spaventoso
demolì la parete vicino alla porta
della stanza di Connors, sfondata da quelli che sembravano degli strani
serpenti bidimensionali furiosi come fruste, rivelando nel gran
polverone la
figura della chojiin precedentemente messa K.O.
–
Perros maledetti! – tuonò Uriel scostandosi di
dosso la schiuma dell’estintore
– credete davvero di potermi sconfiggere con così
poco?! –
–
Io credo solo che una signorina non dovrebbe parlare a quel modo!
– la
rimproverò duramente lo scacco vivente che, notando il
disastro avvenuto in
corridoio, decise di correre in aiuto dei propri amici usando il letto
di Kid
Muscle come ariete per respingere la tizia. L’iniziativa ebbe
successo e il
mobilio andò ad incastrarsi tra le due pareti de corridoio
divenendo un
provvisorio muro che permise all’improbabile quartetto di
fuggire da li.
Tra
l’altro il corridoio era abbastanza largo da permettere al
lottatore del
Principato di Monaco di entrare in modalità cavallo e di
portare tutti in
groppa senza nessuno sforzo.
–
Questo è un maledetto déjà vu!
– strillò Kid che, essendo l’ultimo
della fila
ed avendo solo un camice operatorio addosso, aveva le chiappe al vento
imbarazzando non poco il poco personale presente in quell’ala
della struttura –
perché ci vogliono morti, maledizionee?!!! –
–
Questa è una cosa che dovrete chiarire c-con le buone
– Connors non perse tempo
a ringraziarli per averlo salvato, eh! – uomo cavallo!
Spostati verso la zona
del cantiere nella zona est… –
–
Saggia decisione, eviteremo che qualcuno si faccia del male –
–
N-no… è solo il centro della rete –
A
quelle parole Meat, che era in testa al drappello di uomini in groppa a
quel
centauro blu, si voltò con una nota preoccupata verso
l’uomo di fiducia di
Emerald Lancaster, visibilmente stanco e con i pantaloni del pigiama
sporchi di
sangue, capendo al volo che il suo era un autentico piano per catturare
viva
quella nemica letale. In effetti lavorava per delle persone con
parecchi soldi
e cliniche mediche all’avanguardia, perché era
venuto a farsi curare qui… e per
cosa poi?!
Non
ebbe comunque modo per rispondere a quella domanda perché,
con un urlo simile a
quelle di una banshee, la nemica tornò a farsi sentire e il
soffitto sulle loro
teste si sgretolò nel mentre che correvano, rivelando quei
tentacoli neri con
le fauci spalancate pronti a banchettare con loro.
–
Corri più veloce Check Mate! Corri…!! –
Il
consiglio del piccolo Meat si fermò, colto
dall’orrore, quando i serpenti
attaccarono Connors fondendosi con
la
pelle del suo collo e portandolo a lanciare un grido strozzato nel
mentre che
veniva disarcionato e scaraventato via. Solo Meat tentò di
tenerlo in sella,
prendendolo per una caviglia, ma i suoi sforzi furono vani e venne
trascinato
anche lui via fuori da una finestra prontamente sfondata da quelle
orribili
creature.
–
Oh no! MEAT!! Resisti che arrivo!! –
Persino
Kid tentò di saltare oltre il baratro della finestra in
frantumi per
raggiungere il proprio allenatore, ma l’altezza decisamente
troppo alta lo
portò a sgranare gli occhi e a
“svolazzare” verso il davanzale in marmo,
prontamente
aiutato da Check Mate tornato in forma umana.
–
Sembra che siano finiti in quel cantiere in costruzione –
fece notare lo scacco
vivente issando Kid fino a riportarlo dentro l’edificio
– riesco a vederli in
quello spiazzo pieno di colonne di cemento… –
Era
vero, erano stati sbattuti in quella zona polverosa e caotica
dell’ospedale e
sembravano abbastanza conciati male… Meat poi era mezzo
seppellito sotto delle
pedane di legno, mentre l’americano era tenuto fermo per la
gola dalla sua
aguzzina. Doveva essere forte per riuscire a tenere ferma con una mano
un uomo
più alto di lei… ma fu in quel momento che a Kid
Muscle venne in mente una gran
brutta idea, ma attualmente l’unica che potesse davvero
funzionare.
–
Raggiungiamo quella gru, Check Mate – la indicò
con il dito indice ed era poco
distante dallo spiazzo in cui erano finiti gli altri – se
riusciamo a farla
partire forse possiamo fermarla!! –
–
Non ho la più pallida idea di come far funzionare una gru,
ma non abbiamo molta
scelta… –
I
serpenti si erano allontanati dal suo collo e si erano sostituiti con
una mano
della oro padrona. Era
una situazione
tutt’altro che piacevole e il luogotenente di mister
Lancaster aveva una gran
voglia di tossire a causa di tutta quella polvere e del poco fiato che
aveva
nei polmoni.
–
Non… non sei una a cui piace scherzare, eh? –
gli mancava il respiro e il male alle costole non era un
buon segno,
visto il modo in cui lo stava schiacciando contro la parete di cemento
armato –
dovresti cercare di essere un po’ più sciolta, era
solo uno… Argh! –
–
Tu invece dovresti essere un po’ più morto, che ne
dici… hm?! – decisamente non
era una a cui piaceva scherzare – vi siete sbattuti un
po’ troppo la mia
scimmietta e pretendete anche di non pagarne le conseguenze?
Tzk… voi maschi
siete proprio dei perros infantili! –
Michael
sapeva di dover prendere tempo e farla parlare perché la
fortuna era dalla sua
e il posto era adatto a tendere un agguato, anche se quello che quella
donna
diceva decisamente gli faceva una strana impressione.
–
Ce l’hai davvero tanto con noi maschietti… e-eh?
Peccato… mi sono innamorato di
te… –
–
Voi maschi siete così infantili… soprattutto
quando vi mettete nella mierda e
date la colpa a terzi… dovresti saperlo, Connors…
hai un curriculum più
invidiabile del mio –
A
quelle parole il soldato sgranò gli occhi, e lo stesso Meat
che ora stava
cercando di liberarsi dalle assi di legno rimase stupito da quelle
parole. Non
volò una mosca per diversi secondi, dove i due si scrutarono
mortalmente seri
in volto, prima che fosse de Santa a parlare, liberando Michael dalla
sua presa
ma tenendolo comunque “stretto” attraverso i propri
serpenti.
–
Noi abbiamo aperto gli occhi Connors… quelli come noi sono
speciali! Ma voi
maschi avete la bizzarra abitudine di sfruttare questo potere come
scusante per
commettere ogni genere di atrocità –
andò a sedersi su alcune travi metalliche,
gustandosi i mezzi rantoli dell’ex mercenario che cercava di
respirare – sai,
una volta ho partecipato ad una operazione con alcuni mercenari
colombiani…
quando attaccammo un villaggio di narcos, chiesi ad uno di loro il
perché
stesse torturando in modo brutale un anziano contadino –
reclinò la testa di
lato, osservandolo quasi divertita – e sai che mi ha
risposto? Mi ha detto “è
normale fare così, è la guerra che ti rende
ciò che sei” – si alzò in
piedi
mettendosi a camminare pigramente avanti e indietro –
quindi… mentre osservavo
uomini uccidere, torturare e stuprare… provai ad entrare
nell’ottica di quel
soldato. Era normale torturare, era normale stuprare, era normale
sparare in
testa alle persone… e perché no? Trovai anche
normale ammazzare tutti quei
poveri disgraziati dopo che si furono divertiti a sufficienza!
–
Rise,
mentre si avvicinò di nuovo alla propria preda che ora la
osservava trucemente,
ancora una volta abbastanza stravolto per non riuscire a dire di
rimando
neanche una sillaba quando si metteva a parlare… oltre al
fatto che doveva
prendere tempo prezioso.
–
Il fatto di aver capito che l’anima è solo una
menzogna, non ci giustifica dal
commettere certe cose! Per ogni nostra azione c’è
sempre una conseguenza che ci
aspetta – gli prese il volto con una mano, affossando le dita
nelle sue guance
– veniamo al mondo scalciando e urlando… abbiamo
la violenza che ci scorre
nelle vene – glielo sibilò con rabbia e anche il
soldato sibilò di rimando – ma
siamo noi che decidiamo quando fare a pezzi un nemico… non
la guerra, non le
provocazioni, non la noia… siamo NOI, Connors! È
questo a mandarci avanti, a
darci raziocinio, non una stramaledettissima cazzo di anima che non
esiste! –
Quasi
glielo urlò in faccia nel mentre che stava iniziando a
strangolarlo con l’intento
di ucciderlo per davvero, ma a quel punto un’altra voce
più potente della sua
non andò a sovrastarla completamente ad ogni secondo che si
avvicinava.
–E
io ho deciso di essere una palla da demolizioneeeeEEH!! –
Era
la voce di Kid Muscle quella che stava strillando con terrore
crescente, e
quello che de Santa vide troppo tardi era una gigantesca palla da
demolizione
guidata a tutta velocità da un peto del principe dei kinniku
aggrappato con
viscerale terrore alla catena della gigantesca palla di ferro.
Il
manufatto, manovrato malamente da un Check Mate in cabina di comando
che
premeva quasi i pulsanti a caso, trovò la spinta giusta solo
quando il giovane
wrestler dette sfogo ai suoi letali gas intestinali e andando
direttamente a
sbattere contro la femmina aliena e contro alcuni dei pilastri di
cemento
armato che decisamente non dovevano farle bene alla salute.
Michael
Connors rantolò a terra ritrovando finalmente ossigeno, a
quanto pare
l’incantesimo dei serpenti si era spezzato, ma non fu
decisamente contento di
quell’intromissione, che rischiava di portare a monte un
piano tanto pericoloso
quanto sicuro… se Howard non era ancora intervenuto era
perché il suo
luogotenente di fiducia non era riuscito a comunicare la sua posizione,
ma
sapeva che bisognava tendere una trappola e sapeva sicuramente che
quello era
il luogo adatto.
–
Razza di coglione!! – tuonò l’americano
tutt’altro che grato per l’intervento –
che diavolo credi di fare… Uargh!! –
Dovette
scostarsi immediatamente, nonostante il dolore in tutto il corpo, prima
che i
detriti di alcune grosse colonne portanti non gli andarono addosso
rischiando
di ferirlo, e persino Meat che fino a quel momento era rimasto in
silenzio,
troppo sconvolto per dire qualcosa, riuscì a sgusciare via
da tutto quel caos
cercando di raggiungere Kid che ancora stava demolendo lo stabile in
costruzione.
–
Kid, ragazzo! – urlò l’allenatore mentre
correva da una parte all’altra dove la
palla andava a sbattere – ti ringrazio per l’aiuto,
ma dubito fortemente che l’ospedale
sia assicurato per una demolizione e… woah!! –
Dovette
scansarsi pure lui per evitare che un muro mastodontico gli cadesse
addosso,
cercando inutilmente di calmare un giovane allievo preda di un pianto
disperato, mentre tutt’attorno a loro il mondo crollava
sommergendoli di
calcinacci e polvere.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Hm? Hanno iniziato i lavori?! Strano… è
mezzogiorno in punto –
Alya
Nikolaevna Kalinina era appena uscita dalla struttura principale quando
gli
incontrollabili disordini all’interno dell’ospedale
erano iniziati. Decise di
non preoccuparsi più di tanto, limitandosi ad ignorare
quegli strani rumori
provenienti dalla zona est, il cantiere, e avviarsi al parcheggio del
personale
dove aveva parcheggiato la sua vecchia Mini.
Non
fece però che pochi passi che si accorse di un motociclista
a lei ben noto.
–
Kevin Mask… che ci fai tu qui? –
Inarcò
un sopracciglio mentre attraversava la strada del cortile interno piena
di
personale e pazienti, avvicinandosi verso il ragazzo appoggiato alla
sua Harley
Davidson, riportata alla tenuta da Howard Lancaster assieme al suo
distrutto
proprietario, e in attesa della donna salutandola con un cenno della
mano.
–
Ehi… serve un passaggio? –
Questo
le suonava nuova… il figlio del suo compagno che andava a
prenderla al lavoro?
–
Veramente avrei una macchina che mi aspetta fuori da qui, anche se devo
riconoscere che è molto gentile da parte tua volermi dare un
passaggio… – gli
sorrise lievemente, notando comunque che il giovane era teso
– stai bene, Kevin?
–
–
Hm, non c’è male. Sto guarendo dalle ferite grazie
a te –
–
Mi fa piacere saperlo, ma intendevo dire in altro senso –
Che
quella donna avesse i super poteri per poterlo leggere dentro? Era
quasi
imbarazzante alle volte, poiché ci aveva azzeccato appieno
sul suo stato d’animo.
La sua chiacchierata con Lord Flash si era rivelato un autentico
disastro e
avevano finito per litigare per… un po’ tutto ad
essere sinceri.
“la
verità è che tu, caro il mio
allenatore, mi sa tanto che non sei chi dici di essere
realmente… il fatto che
non alzi il mignolo quando sorseggi il tè ti pone come il
più lontano dall’essere
un inglese!”
La
voce del ragazzo inglese si
tramutò in un sibilo pieno di sospetto mentre affrontava faccia
a faccia un Lord
Flash intento a non tradirsi. Erano da dieci minuti buoni che stavano
discutendo e Kevin Mask aveva fatto certe allusioni che il russo
decisamente
non aveva apprezzato.
Non
doveva ancora scoprire che lui
era in realtà Warsman, altrimenti avrebbe fatto due
più due e tutto il piano di
fargli vincere la Corona Chojin sarebbe andata letteralmente in fumo. E
lui…
voleva per davvero bene a quel ragazzo ormai e gli sarebbe dispiaciuto
non
vederlo realizzare il sogno di riconciliarsi, tramite anche quel gesto,
con un
padre troppo a lungo odiato.
“Andiamo!
Rischiamo la vita e tu ti
soffermi su cose così trascurabili? Non abbiamo il tempo per
queste discussioni…
Kevin! Dobbiamo restare uniti se vogliamo che questa faccenda si
risolva!”
“Non
se magari tu non sei
perfettamente onesto con me! Per quanto ne so potresti anche essere
dalla parte
sbagliata della barricata”
Per
quella frase si era beccato un pugno in pieno volto da Lord Flash, e
quando lo
ricevette capì di aver detto una autentica cazzata nei suoi
confronti ( perché aveva
rischiato la vita per lui, maledizione! ), e per tale motivo si dette
alla fuga
immediata per sbollire la rabbia e riflettere su tutta una situazione
talmente
delicata che rischiava di travolgerlo.
I
suoi sospetti sulla vera identità di Lord Flash dovevano
aspettare per forza di
cose. Doveva attendere il matrimonio, e molto probabilmente doveva
attendere
anche la fine della Coppa Chojin per sapere come stavano per DAVVERO le
cose…
ma a che prezzo, si chiedeva costantemente?
E
mentre viaggiava in moto ecco che stranamente gli venne in mente la sua
futura “matrigna”.
Chiamarla
così non gli piaceva, e poi come persona gli aveva fatto
comunque una buona
impressione e poi… in qualche modo voleva ringraziarla per
avergli salvato la
vita.
–
Sto bene, Alya… non preoccuparti – mentiva, ma
riuscì a nasconderlo abbastanza
bene – piuttosto passavo di qui e mi sono chiesto se a te e a
lei – e qui si
riferì alla futura sorella
che indicò con un rapido cenno della mano – non
servisse un passaggio fino a
casa. Ma se tu vuoi prendere la macchina… a tuo rischio e
pericolo, eh! –
Alya
iniziò a preoccuparsi, guardandolo con una punta di sospetto
– c’è qualcosa che
dovrei sapere, Kevin? –
–
Si, ehm… ho visto un topo di 24 cm entrare nel vano motore
della tua Mini – e
sapeva che era sua perché l’aveva vista nella
rimessa della tenuta – quindi non
so se… –
Non
finì la frase che la donna impallidì di fronte a
quell’informazione, falsa tra
l’altro, che immediatamente salì sul retro della
moto e indossò velocemente il
casco fornito dal figlio di Robin Mask che decisamente
apprezzò quel cambio di
programma.
–
Sta tranquilla, per questa volta non andrò molto
veloce… –
–
Come vuoi ma il più lontano possibile da qui! –
|
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Capitolo 17 *** passato prossimo, futuro, attuale ***
Nel
1980 l’Unione Sovietica aveva catturato due Deva al confine
tra siberia e Cina.
Ufficialmente,
le due donne erano ospiti speciali
della
base operativa del SKGB, branchia operativa per super uomini del KGB,
ma era
chiaro che quella permanenza “amichevole” era
forzata e incline ad una tensione
spiacevole.
Da
quello che si poteva sapere, dalle poche notizie che trapelarono al
momento
della loro cattura, le due donne, rispettivamente zia e nipote, erano
due
esploratrici intergalattiche finite con il loro peregrinare proprio
sulla Terra
in un luogo decisamente poco consigliato.
Warsman
ricordava perfettamente la prima volta che le vide,
all’interno della corte
della grande base, scortate da un drappello di soldati fin dentro alla
caserma
principale per le dovute presentazioni. La più piccola, di
appena quindici
anni, era quella più energica e poco incline a farsi
scortare dagli uomini
armati che, con tutta la pazienza di cui erano muniti, la spingevano
delicatamente sulle spalle per indirizzarle la strada giusta nonostante
le sue
risentite gomitate. Mentre la più grande, la ventenne,
anch’ella bionda come la
nipote, era chiaro dal suo sguardo teso e intimorito che fosse ben
più
consapevole della reale situazione in cui si erano cacciate.
Quest’ultima
era quella che più aveva suscitato interesse nel giovane
chojin, rapito da quel
suo stato d’ansia in cui da piccolo spesso e volentieri si
era ritrovato,
facendola sembrare un angelo caduto dal cielo consapevole di un destino
incerto
in mezzo a quegli uomini armati tutt’altro che amichevoli.
–
Compagno… se continui a guardarla così poi ti
cadranno gli occhi, eh! –
A
parlare fu quel gigante in armatura metallica di Kommandas,
anch’egli chojin
talentuoso ma mai come lo era Warsman capace di resistere agli
allenamenti più
infernali.
–
Uh, io… ero solo curioso di vedere le nuove arrivate, ecco
tutto –
–
Mangiandoti con gli occhi quella in abiti scuri? Va bene che sono le
uniche
femmine in tutta la base ma non so quanto possa convenire fare la corte
ad una
Deva… magari sono pure delle streghe! –
Lo
disse con poca convinzione, e francamente parlando il giovane Nikolai
Volkoff ( in
“arte” Warsman ) non era
intenzionato a lasciar perdere un possibile approccio nei confronti di
quelle
due creature. Nessuno li, francamente parlando, era dell’idea
di non rivolgere
la parola alle uniche due femmine dell’intera struttura.
In
quell’immensa base, situata nel cuore pulsante della fredda
siberia e dalle
mura alte e spesse per ricordare a tutti che non
vi era uscita, i chojin dell’Unione Sovietica si allenavano
duramente senza poter avere nessun tipo di svago o intrattenimento.
Ma
erano uomini. E stare mesi e mesi senza compagnia femminile era una
situazione
alquanto frustrante. E se poi erano giovani come lo erano Warsman, con
gli
ormoni che scalpitavano tanto quanto l’adrenalina,
difficilmente avrebbero
rinunciato ad un paio di “chiacchiere” con una di
quelle due creature.
Terrestri o aliene che siano.
Il
punto era: quella più grande avrebbe accettato anche solo di
parlare con uno
come… lui? Con quella sua ferocia bestiale? Con quella sua faccia, poi?!
(
… )
–
Non mi piace stare qui… e non mi piace essere circondata da
maschi! Dicono che
siamo “ospiti” ma non ci è concesso
uscire dalla base! –
–
Lo so che è una situazione difficile, Ally –
sospirò amaramente la giovane zia
della ragazza, intenda a stendere un grande lenzuolo sulla corda tesa
del
stendi panni posto sul tetto del dormitorio – il comandante
Kowalski ci ha
detto che ci rilascerà non appena tutti gli esami medici
saranno conclusi… per
il nostro bene, dice –
–
E tu gli credi? Sono mesi ormai che siamo qui e tra poco
sarà primavera! Siamo
loro prigioniere, Katya! –
La
giovane, seduta su di una vecchia sedia di vimini, sbuffò
con puro astio dando
un calcio al cestino delle mollette venendo debolmente rimproverata
dall’altra
donna – non dire quella parola, non rendere le cose ancor
più difficili – per
non dire deprimenti – cerca di portare pazienza e di
analizzare il quadro della
situazione nella sua interezza… è così
che facciamo noi esploratrici –
Si
chinò a sull’umido e freddo cemento per
raccogliere le mollette ma le sue
parole non parvero colpire più di tanto l’energica
ragazzina. Per lei sua zia
sembrava un po’ abbattuta per tutta quell’odiosa
situazione, sebbene non avesse
tutti i torti nel dover avere pazienza prima di fare la propria mossa
anche se
ormai quella frase, trita e ritrita, iniziava a stancarla.
Non
le piaceva quel posto e non le piaceva la presenza di tutti quei chojin
ne il
modo in cui le guardavano con una certa “fame”,
sebbene avesse l’autorizzazione
ad allenarsi più o meno come loro e con loro sempre sotto la
costante vigilanza
di forze armate. Cavoli, mancava solo che la seguissero fin dentro il
cesso!
Ma
invece che aiutare la donna di nome Katya nel raccogliere le mollette
decise di
andarsene via velocemente, lasciando dunque una esasperata Deva con le
sue
incombenze. Pessima cosa rimanere da sole… e la donna
sentendo degli strani
rumori provenienti tra le miriadi di lenzuola che danzavano grazie al
vento
freddo che spirava da est, si allarmò quel tanto che bastava
per mettersi sulla
difensiva.
Chiaro
che, essendo due donne in un “mondo” di uomini,
alle volte ricevevano delle
attenzioni decisamente non richieste. L’ultima volta un
branco di chojin era
apparso dal nulla mentre stava stendendo e le avevano strattonato la
lunga
gonna e rovinato l’intero bucato… piccoli episodi
ti teppismo che prima o poi
si sarebbero trasformate in molestie vere e proprie, c’era da
scommetterci, a
meno che quel ragazzo vestito tutto di nero non fosse riapparso
nuovamente per
dare una lezione a quel branco di bastardi.
Com’è
che si chiamava…? Warsman, se non andava per errore.
–
C’è… c’è qualcuno?
– sentii dei rumori di passi ma non seppe da chi direzione
giungessero – se c’è qualcuno
vi… v-vi chiedo di uscire fuori e magari di
andarvene! –
Ancora
nessuna risposta e questo non era un bene. Di conseguenza prese in mano
il
cesto delle mollette con una decisione tale da volerlo usare come arma
e, con
un po’ di titubanza, iniziò ad avvicinarsi alla
fonte dei rumori per prevenire
qualunque brutta sorpresa. Più si avvicinava alle lenzuola
stese accanto alla
porta e più i rumori, assieme all’ombra di un uomo
che apparve su di loro, si
fecero concreti tanto da portarla ad ideare un piccolo piano dettato
dalla pura
esasperazione.
Non
attese che il nuovo arrivato fece la sua presentazione, o mossa
d’attacco, ma
fu lei a prendere l’iniziativa scostando violentemente il
lenzuolo dietro il
quale si celava il misterioso individuo e gli lanciò contro
le mollette.
–
Stammi lontano!! –
–
Ouch! Scusa… non volevo! –
Quella
voce la conosceva, e non era di quelle crudeli e senza cuore dei chojin
presenti nella base. Sgranò gli occhi color ghiaccio vedendo
davanti a se un
Warsman mortificato per quella sua entrata in scena, portandosi
brevemente le
mani davanti alla bocca mortificata a sua volta per ciò che
gli aveva appena
fatto.
–
Oh per la Dea! Quanto mi dispiace! – iniziò subito
a togliergli le mollette dal
viso mentre il lottatore cercava debolmente di fermarla, facendole
così capire
che era tutto a posto, ma invano – pensavo fossi
l’ennesimo teppista che voleva
rovinarmi il bucato… ma che ci fai qui, a
proposito…?! –
Era
una domanda legittima anche se nella sua voce non c’era
sospetto ma solo una
tenue curiosità perfettamente giustificabile. E come
risposta, il giovane
chojin si massaggiò la nuca titubante prima di estrarre
dalla cintura quello
che sembrava uno scialle bianco.
–
Ecco, io… ero venuto qui per riportarti questo –
Quello
scialle, dai semplici ricami neri, era stata l’unica arma di
Katya contro quel
branco di teppisti che l’aveva assalita. Nella foga della
lotta, prima che
arrivasse Warsman, si era lacerato in maniera piuttosto grave mentre lo
stava
usando come “mazza” sulla testa di uno degli uomini
che l’avevano aggredita,
arrivando poi a perderlo in tutti quei tafferugli. Ora, quella
lacerazione era
stata ricucita da del filo rosso che stonava con le decorazioni di
tulipani
neri facendolo sembrare una scia di sangue acceso.
–
Non ho trovato del filo bianco e mi sono dovuto arrangiare con quello
che ho
trovato…–
–
N-non fa niente! Davvero! È stato un gesto bellissimo
– farfugliò la ragazza,
sembrandogli comunque davvero sollevata per il gesto –
comunque… sei Warsman,
giusto? –
–
Corretto, è il mio nome da battaglia – fece lui a
bassa voce – ma il mio vero
nome è Nikolai… puoi chiamarmi così,
se vuoi –
La
Deva annuì concedendogli un timido sorriso. Era la prima
persona sulla Terra
che si dimostrava gentile con lei, segno che non tutti i maschi su quel
pianeta
erano scorbutici o pericolosi. Dopotutto non doveva essere
così negativo avere
un amico li dentro, specie dall’animo gentile come quello del
ragazzo che aveva
di fronte.
–
Io sono Katya… mentre mia nipote, la ragazza più
scorbutica della galassia – e
qui fece uno sbuffo divertito portando
Warsman a rilassarsi – credo tu abbia già avuto
modo di vederla in azione vista
la sua tendenza a fare agguati a
tutti quelli che non sopporta… beh, il suo nome è
Alana –
Per
il russo era una sensazione del tutto nuova, così bella da
fargli sciogliere le
ossa nel corpo e così “spaventosa” dal
fargli credere di vivere un sogno
incredibile quasi spaventato all’idea di svegliarsi. Era la
prima volta che una
femmina non aveva il timore di rivolgergli la parola, e già
questo piccolo
dettaglio era per lui un grande incentivo che lo spronava a voler
approfondire
l’inizio di quella loro amicizia.
(
… )
Robin
Mask aveva lasciato sua moglie Alisa nella più civilizzata
Leningrado e aveva
deciso di proseguire da solo alla ricerca del chojin perfetto seguendo
la pista
fornitagli dal suo informatore segreto. Trovandosi in breve tempo
dentro la più
impervia siberia e più precisamente all’interno di
una delle strutture più
segrete del KGB dove venivano addestrati i futuri chojin della U.R.S.S.
Alisa
avrebbe voluto seguirlo fino li, e ci sarebbe anche riuscita se suo
marito non
l’avesse supplicata di
restarsene in
città, per curarsi la brutta tosse che aveva contratto
appena raggiunto il
suolo russo. Inoltre, la sua presenza quasi sicuramente avrebbe
influenzato le
sue discutibili azioni e non era luogo quello per una donna…
men che meno per
un paio di streghe dello spazio!
Sotto
una falsa copertura, dal titolo di mister Barracuda dove aveva
“sacrificato” il
proprio elmo indossando una semplice parrucca bionda, si era fatto
assumere
come consulente per gli allenamenti dal comandante del posto, tale
Kowalski,
riuscendo a farselo “amico” e carpire quante
informazioni possibili sul luogo e
sui suoi abitanti.
La
cosa che l’aveva stupito era la presenza di due Deva
all’interno della base, con
la più piccola dedita ad allenarsi con costanza per
scacciare via una tensione
perpetua di essere prigioniera li dentro, e il fatto che la loro
“permanenza”
fosse parte del progetto mandato avanti da Kowalski.
–
Se fossi in voi, compagno Kowalski, non mi fiderei troppo di tenere qui
due
potenziali streghe! Francamente parlando non vedo che
utilità possono avere due
donne qui… –
–
La loro utilità ce l’hanno, compagno Barracuda!
Guardi bene! –
sorridendo
con furbizia, il soldato a capo della struttura indicò oltre
il grande vetro
della torre delle comunicazioni in cui erano, puntando verso il cortile
interno
nel pieno di un via vai di gente e soldati. E solo aguzzando la vista,
Barracuda riuscì a notare un uomo e una donna parlottare tra
loro con fare
piuttosto complice.
Warsman,
il chojin su cui aveva puntato per attuare la sua vendetta contro
quell’asino
di Suguru colpevole di averlo umiliato in galassiavisione, era intento
a
flirtare con la Deva più grande e a giudicare dal livello di
complicità quei
due a breve sarebbero stati pronti ad essere molto più che
amici. Quella
femmina era una autentica distrazione per il suo pupillo… ma
ancor peggio era
il piano di Kowalski che decisamente gli piacque ancora meno, visto che
non
rispecchiava affatto la natura della Muscle League.
–
Le due Deva che abbiamo catturato presentano la stessa
affinità genetica – fece
una breve pausa per aspirare dal filtro della propria sigaretta
– entrambe
possono rigenerare i tessuti cellulari danneggiati… sebbene
questa loro
“innata” sia più presente nella femmina
più piccola che in quella più grande,
ciò non toglie che abbiano una abilità
interessante e fa proprio al caso nostro
–
–
Hm, detta così potrebbe anche suonare allettante…
un chojin feroce come Warsman
con sorprendenti doti rigenerative – Barracuda era
genuinamente interessato, ma
non era quello il piano del comandante – spingere almeno una
delle due Deva a
provare sentimenti “romantici”, per quanto possono
amare quelle della loro
razza, nei confronti del ragazzo in modo da accettare eventuali
esperimenti
fatti a scopo di bene… è un piano fattibile
–
–
E chi ha parlato di un solo chojin, eh compagno? Perché non
creare un esercito
di Warsman capace di rigenerare le proprie ferite?! Siamo a conoscenza
della
tecnologia con cui è fatto e replicarlo su larga scala, con
in aggiunta il
d.n.a di una di quelle due donne, sarà un grande passo per
la nazione. Con
un’armata simile presto il mondo cadrà sotto i
nostri piedi! –
Era
un progetto ambizioso oltre che dannatamente folle! I chojin non si
allenavano
duramente per conquistare il mondo o la galassia intera, ma per
proteggerla
dagli uomini come Kowalski che tutto potevano essere meno che membri
onorari
della Muscle League.
Robin
Mask era giunto fino a li con l’intento di trovare un degno
allievo, cosa che
francamente era successa visto che Warsman iniziava a fidarsi di lui e
della
sua volontà di renderlo più forte, ma non per
fare parte di una congiura
criminale. Per questo, nel primo mese del 1981, decise di informare il
proprio
pupillo che le cose non stavano esattamente come dovevano stare.
E
magari, se fosse andato tutto bene, dopo averlo informato avrebbe
finalmente
visto con occhi un po’ diversi quella Deva che tanto amava
corteggiare.
(
… )
Quello
fu un inverno particolarmente duro, con il suo freddo pungente e la sua neve che arrivava
sino ai tetti
delle case, ma ancor di più lo fu digerire il tradimento di
quelli che Warsman
considerava suoi compagni.
Avvenne
durante la notte. Il giovane Nikolai non riusciva a dormire, forse
perché
troppo preso dal rapporto che stava nascendo con Katya e per il fatto
che… beh,
da ieri sera non era più da considerarsi amicizia.
Si
erano baciati. Lei lo aveva visto in faccia e nonostante un ovvio
momento
iniziale di puro e silenzioso stupore, la femmina era riuscita a
passare
praticamente indenne dinnanzi a quel quadro tutt’altro che
gratificante sentendosi
quasi una sciocca per essere sembrata per un momento spaventata agli
occhi
dell’uomo che stava iniziando ad amare per davvero.
“La
tua reazione è del tutto normale… lo so che non
è un bel vedere e me ne
dispiace, però credimi… io…”
“Ti
fa male?”
La
sua domanda venne colta dal giovane come il primo filo d’erba
che cresce in
mezzo alla neve. Con assoluto stupore e questo lo portò a
chiederle cosa gli
avesse domandato con il suo sussurro.
“v-volevo
dire… ti fa male?” si avvicinò di
più a lui, e l’occhio senza palpebre di Warsman
studiò attentamente i suoi gesti un po’ titubanti
di andargli a sfiorare quel
volto fatto di metallo e tessuti muscolari con le pallide dita, venendo
colpito
appieno da quella domanda così maledettamente ambigua nella
sua innocenza.
“No…
è solo brutto da vedere, ma non fa male.
Tranquilla”
La
Deva scosse debolmente la testa cercando di trattenersi dal far
scendere delle
lacrime a suo dire inutili. Warsman non stava soffrendo per quelle
malformazioni, non in senso fisico, e sentire che
l’abbracciava la rincuorò
quel tanto che bastava per prendere coraggio per parlare
“allora va bene così…
l’importante è che tu non soffra”
“Con
te vicino non soffro”
Senza
quasi accorgersene erano finiti col baciarsi, esplorandosi poco a poco,
e
finendo per interrompere quell’intimo contatto quasi con
imbarazzo quando una
delle guardie era entrato nella sala comune in cui si erano rifugiati.
Si erano
quindi ripromessi di rivedersi quella sera stessa dopo mezzanotte, nel
capanno
dietro la cappella, ma l’attesa era decisamente snervante e
il ragazzo non
riusciva a prendere quel poco sonno di cui aveva bisogno. Di
conseguenza decise
di intrufolarsi nella serra.
A
Katya piacevano i tulipani, gli stessi che erano ricamati sul suo
scialle. E
quando lo seppe, Warsman si era dato da fare per provare a coltivarne
qualcuno
in un vaso all’interno della piccola serra del
campo… ma ciò che udì da una
delle finestre aperte che davano sul retro della struttura decisamente
non gli
piacque.
–
… duecento esemplari sono stati ultimati proprio ieri. Di
questo passo
otterremo un esercito di robot senzienti nel giro di qualche settimana,
compagno Kowalski! –
Era
la voce di Kommandas quella che sentiva, e non gli piaceva ne il suo
tono ne
l’argomento che stava affrontando.
–
Da… e tutto grazie alla
tecnologia
offerta dal nostro sfortunato compagno Warsman. Purtroppo non sono
ancora
pronti i modelli autorigenerativi… ci vuole più
sangue di Deva. Se il ragazzo
riesce a farsi “amico” la femmina più
grande allora sarà un gioco da ragazzi
avere la loro collaborazione senza iniziare incidenti diplomatici, ma
nel caso
fallisca… –
–
…Avete forse intenzione di uccidere Katya?! –
Apparve
al drappello di soldati così, all’improvviso e con
una voce assolutamente
fredda, portando Kommandas a deglutire per mantenere sangue freddo
mentre il
comandante Kowalski non sembrava mostrare nessuna emozione degna di
nota se non
che… forse se l’aspettava una cosa simile.
–
Warsman… ragazzo – aspirò dal filtro
della solita sigaretta con una calma solo
apparente – sono sempre stato il primo che, da quando ti ha
arruolato, ho
sempre creduto nella tua utilità che alla fine si
è mostrata… completamente
fondata. Sei una pedina, vero, ma sei la pedina principale della nostra
patria…
quindi pensa bene a quello che fai, figliolo –
E
Warsman pensò attentamente a quelle parole, così
come a quelle del suo allenatore
Barracuda, che aveva già mosso dei sospetti sulle reali
intenzioni dell’SKGB e
che lui stupidamente non aveva voluto credere, fino al pensiero che
potessero
fare del male alla donna che amava…
Pensò
a tutto questo, e prese la sua decisione facendo scattare i suoi
artigli
affilati come rasoi.
(
… )
Mattino.
Il
sangue chiazzava la candida neve come le pennellate furiose di un
artista
pazzo, ed ovunque si potevano sentire colpi di mitragliatrice e le
grida di
soldati che berciavano ordini o semplicemente gridavano di dolore ogni
volta
che Warsman, od uno dei suoi cloni tutt’altro che perfetti,
squarciava loro il
petto.
E
Nikolai Volkoff correva
per la grande
base sovietica, cercando di raggiungere la chiesetta del campo scosso
da un
istinto inconfutabile. Nella loro camerata le due Deva non erano
presenti, e di
norma la chiesa era il punto di riferimento per i pochi civili della
base in
caso di pericoli imminenti… quindi Katya doveva
essere li per forza di cose!
Correndo
all’improvviso fuori dal vicolo di due stabili venne
investito da una
grandinata di proiettili che falciarono alcuni soldati e un paio di
cloni nel
grande cortile esterno, riuscendo a schivarli prontamente scivolando
verso
destra andando quasi a cadere in mezzo a quella neve impastata con il
fango
della corte comune.
Si
riparò dietro alcune casse di legno notando che comunque era
un riparo alquanto
debole visto il modo in cui il legno si scheggiava sotto quelle potenti
randellate. Fu solo la risata di Kommandas a fargli capire che era lui
quello
che stava sparando da sopra la torretta del portone principale, e
sembrava
folle di gioia nel volerlo uccidere.
–
Perché?! Perché, Kommandas! Eravamo amici
maledizione!! –
Warsman
riuscì a sporgersi quel tanto che bastava per urlargli
dietro quelle parole
intrise di disperazione, ma l’altro in risposta
sparò con la mitragliatrice
diretto alla sua postazione falciando dei soldati che correvano da
quella
parte.
–
Amici? Eravamo amici per le bevute, per gli allenamenti… per
esserti secondo a
tutto! – ed ecco che dunque un mare di risentimento usciva
fuori – sei sempre
stato quello perfetto, Warsman! Quello da emulare! Ebbene…
ora sarai ai miei
ordini –
Qualunque
cosa gli avesse promesso Kowalski era ormai da buttare. Lo stesso
Warsman aveva
rifiutato l’offerta e si era ritrovato addosso i primi
duecento soldati
robotici ispirati alla sua persona, perché lui essendo un
cyborg restava unico,
ed era dunque scoppiato un caos che si era alla fine perpetuato fino al
mattino.
Il
giovane russo fu quindi costretto ad abbandonare il riparo provvisorio
ormai
sfasciato dai colpi, tentando di correre al riparo dietro un grosso
palo di
cemento ma venendo fermato da una randellata di colpi di avvertimento
che lo
bloccarono facendolo quasi cadere a terra.
–
Non c’è posto per i perdenti… lo sai
Warsman, no? Quindi ecco che bisogna
adattarsi… –
–
Sei un maledetto pazzo, Kommandas! – si rimise in piedi,
indignato per quel
tradimento che non si aspettava da chi considerava un amico –
non andrai da
nessuna parte! Sei stato ingannato proprio come me! –
E
in effetti non aveva tutti i torti, visto che Kommandas, del tutto
ignaro
dell’ombra che si stava avvicinando a lui, rise sguaiatamente
preparandosi a
trivellare l’ex compagno ormai con
le spalle
al muro. Per lui poco importava se quei duecento soldati robotici erano
assolutamente difettosi e attaccavano chiunque, come stava accadendo
tutt’attorno a loro in una autentica battaglia sanguinaria,
ora era intento ad
assaporare il proprio momento di gloria che sarebbe durato assai
poco… il tempo
di permettere a Barracuda di cingergli il possente collo con una
robusta catena
iniziando a strangolarlo e ad intrappolarlo poi nella classica posa
della Tower
Bridge.
–
Akk! Stupido inglese! – rantolò il possente russo
sentendo la schiena
incrinarsi oltre che il fiato mancargli – se pensi
di… ooh!! –
Robin
Mask non lasciò che le farneticazioni del possente chojin lo
distraessero ad
oltranza e, con un gesto fluido dettato dai suoi 27 anni di
età, scaraventò
quella massa di muscoli in armatura oltre il baratro della torretta
facendolo
schiantare al suolo.
–
Non abbiamo molto tempo prima che si riprenda, Warsman –
sempre che si fosse
ripreso – dobbiamo andarcene ora! –
–
No… non senza Katya e sua nipote –
Non
l’avrebbe mai lasciata, e a causa di tutti quei combattimenti
non era ancora
riuscito a raggiungere la chiesa che ora… avevano fatto
partire il disco
dell’Ave Maria di Schubert? Che si trattasse di un disperata
manovra delle due
donne per dire che si trovavano in chiesa? Poteva essere…a
Katya aveva riferito
che era piuttosto legato a quel pezzo perché… lo
cantava sua madre nei pochi
ricordi che aveva di lei. Per tale motivo non ascoltò i
richiami di mister
Barracuda e andò dritto verso la fonte del suono che tra le
altre cose stava
attirando anche i robot difettosi, trovandosi ad ucciderne diversi
assieme alle
guardie che semplicemente sgozzava con i propri artigli senza neppure
guardarle.
–
Pazzo d’un ragazzo… –
borbottò un Robin decisamente contrariato, mentre
scendeva giù dalla torre con un balzo per atterrare su uno
dei robot mandandolo
K.O. – ma è anche vero che senza quelle streghe
non andrà mai da nessuna parte!
–
(
… )
–
Andate via!! Per la Dea… andate via!!! –
Katya
urlò di puro terrore vedendo che, nonostante avesse
barricato la porta della
sacrestia con un pesante mobile, quelle cose
che sembravano Warsman continuavano ad avanzare sfondando la barricata
un pezzo
alla volta. Con uno sforzo immane prese un cassettone del
comò precedentemente
spostato e lo buttò contro la porta mentre Ally, che era
riuscita ad indossare
una delle pesanti divise dei soldati rubandola ad un soldato morto,
spostò con
fatica una libreria verso una finestra con gli scuri che si stavano
disintegrando ai colpi nemici.
–
Io l’avevo sempre detto che era un tipo antipatico!
– colpì con il calcio di un
fucile il pugno di uno dei quei robot che era riuscito a sfondare gli
scuri,
portandolo ad arretrare –… SEMPRE!... Argh!!
–
Invece
che allontanare gli invasori che si accalcavano sulla finestra
sortì l’effetto
contrario, venendo presa per il fucile e trascinata letteralmente fuori
dalla
finestra ad una velocità tale da non poter contrattaccare in
nessun modo.
–
Oh, no! Ally!! – istintivamente la Deva ebbe
l’impulso di correre verso la
nipote che urlava a causa dei colpi che stava ricevendo, ma
capì presto di aver
commesso un errore a non salvaguardare l’ultima barricata.
Il
mobilio di legno si frantumò in pochi secondi, rivelando in
mezzo al consueto
polverone che si formò un Warsman a lei completamente
alieno. Nei suoi occhi
non riusciva che a scorgere solo una volontà assassina, ben
aumentata dal suo
respiro tutt’altro che umano.
–
Nikolai… ti prego… ti prego…
– sapeva che era inutile parlare con quella cosa
che si stava avvicinando
lentamente… non era lui, non poteva essere lui –
non lo fare! Non…! –
Senza
neppure ascoltarla, quella bestia senza cuore fece scattare i suoi
artigli e li
piantò nello stomaco della femmina facendola sussultare. I
freddi artigli di
Warsman si conficcarono in profondità nel suo ventre,
portandola addirittura a
vomitare sangue, e vennero estratti con una certa urgenza solo ed
esclusivamente per darle il colpo di grazia al collo.
–
Katya!! –
Quella
voce la conosceva, ed era sicura al 100%, nonostante
l’immenso dolore che
provava, che apparteneva al vero Warsman e non ad una sua riproduzione
pessima.
Ciò che vide con sguardo sfocato poi, era a livelli della
stessa ferocia dei
robot.
Il
suo Warsman colpì al
volto la sua
replica difettosa con una violenza tale da staccargli la testa dal
collo,
mentre ad un altro clone, arrivato dalla finestra, dette un calcio al
ventre
senza neppure voltarsi a guardarlo.
Il
robot andò a schiantarsi contro una sedia, distruggendola,
ma mentre fece per
rialzarsi venne colpito alla testa da una fucilata misteriosa. Nikolai
fu quasi
sul punto di attaccare chi dalla finestra aveva sparato quel colpo
quasi
perfetto, ma si fermò stupito nel vedere che a sparare era
stata la stessa
Alana che, nonostante le ferite gravi e lo sguardo furioso e stanco al
contempo,
era riuscita a dare il suo supporto nell’attacco.
–
l-l’ho sempre detto che sei un antipatico…
s-sempre! –
(
… )
Verso
mezzogiorno gli spari erano cessati del tutto, così come i
cloni difettosi
avevano smesso di muoversi.
Forse
qualche sopravvissuto era riuscito a scappare verso la tundra, ma le
sue
possibilità di sopravvivenza tra freddo, le tigri, e il
fatto che il primo
centro abitato decente fosse a due giorni di cammino la rendeva una
impresa
dura. E gli unici che potevano sopravvivere forse erano loro, gli unici
rimasti
nel campo sebbene un po’ ammaccati.
Robin
Mask non ricordava di aver mai partecipato ad una simile disfatta. Era
stata
una azione di guerriglia vera e propria, atti di pura
brutalità in cui aveva
avuto modo di notare tutta la ferocia che il suo allievo poteva tirare
fuori, e
in un certo senso ciò era stato un bene per poter osservare
quanto Warsman
fosse disposto a spingersi nel combattimento. E per amore di Katya a
quanto
pare era disposto a tutto… ma magari se lo avesse allenato
ancor più duramente,
tirandogli fuori quel lato bestiale e facendo in modo che gli rimanesse, forse si sarebbe finalmente
dimenticato di quella donna e l’inglese avrebbe ottenuto
finalmente la sua
vendetta.
Ora,
i due chojin e le due donne si trovavano nello spiazzo centrale della
base,
intenti a recuperare il recuperabile, fino ad ora avevano trovato un sidecar e benzina sufficiente per due
giorni, e sistemare le “faccende insolute” ancora
sparpagliate per la base.
Ally
era quella più provata dalla battaglia a livello
psicologico, e nei suoi occhi
neri si poteva vedere una certa freddezza tipica di chi è
stato costretto a
crescere in fretta. Mentre la zia che ancora faticava a guarire e si
trovava
tra le braccia di un Warsman che le sussurrava parole confortanti alle
orecchie, temette di vedere una luce sinistra nella nipote per il modo
in cui
sparava alla testa dei robot e delle guardie rantolanti e ormai
prossime alla
morte.
–
Qui non abbiamo più nulla da fare – la giovane
frugò nelle tasche dell’ennesimo
soldato morto prendendo le sue piastrine di identificazione. Spietata
si, ma
decisa di riportare “a casa” anche quegli uomini
– tanto vale bruciare i corpi
e scappare il più lontano possibile da qui! –
–
Se voi due volete tornare sul vostro pianeta tanto meglio –
sbottò Barracuda,
caricando nel portapacchi della Ural le taniche di benzina e i viveri
– ma non
è bruciando i corpi che risolverai tutto questo casino,
ragazzina! –
Se
Alana aveva voglia di sparargli in quel momento? Oh, si. Ne aveva. Ma
gli
avrebbe solo dimostrato di essere una “strega” e
lei fino a quel giorno l’unica
cosa che aveva fatto era stata di sopravvivere il più a
lungo possibile. Si limitò
a guardarlo storto e a digrignare i denti lasciando che le note
dell’Ave Maria,
nessuno aveva fermato gli altoparlanti della chiesa, si imponessero in
quel
teso silenzio cornice perfetta di un massacro improvviso.
–
No… un solo fuoco non basta – borbottò
a quel punto un Warsman che quasi
cullava la donna che amava ora intenta a cercare di riposare
– abbiamo bisogno
di un fuoco più grande…
–
Sia
mister Barracuda che la giovane Deva si guardarono perplessi per poi
osservare
il russo senza inizialmente capire che cosa intendeva dire con
l’accendere un
fuoco più grande. Poi lentamente capirono, e la faccenda si
fece più cupa oltre
che maledettamente sensata.
(
… )
A
due giorni dallo scoccare dell’anno 1982 un grande incendio
si accese nella
fredda tundra siberiana. L’intero impianto della S.K.G.B
prese misteriosamente
fuoco e l’incendio andò avanti per cinque giorni
interi, ed il suo acre fumo
giunse fino ai villaggi limitrofi avvertendo come uno oscuro presagio
che
qualcosa di brutto nella foresta era accaduto.
Non
si registrarono superstiti, ne documenti che attestavano cosa realmente
stesse
accadendo in uno degli impianti più
all’avanguardia dell’Unione Sovietica. Pertanto,
lo stesso K.G.B rimase in silenzio dinnanzi alla terribile notizia che
il loro
più glorioso progetto era andato rigorosamente in fumo,
segno evidente che il
soggetto di nome Warsman era, oltre che un vanto per la nazione, un
nemico con
cui era meglio non fare i conti.
Nel
mese di gennaio, cinque giorni dopo l’accaduto, in un
villaggio di frontiera
tra Russia e Cina venne ricapitato un pacco alla stazione di polizia
locale,
contenente tutte le piastrine di identificazione e i documenti dei
pochi civili
che popolavano la base. Il mittente rimase ignoto e le popolazioni
locali
credettero addirittura che fosse opera della Baba Jaga, ma la
realtà era ben
altra e gli autori di quella incredibile disfatta erano ormai riparati
nell’anonimato
e, nei casi di Alana, rifugiati su Amazon per diventare una Cortigiana.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Lord
Flash sedeva all’ombra del Big Ben, nel parco limitrofo, non
gustandosi appieno
la bella giornata e il suo sole insolitamente caldo. Ma aveva i suoi
buoni
motivi.
–
Bei tempi quelli, eh? Ma sai cosa mi manca? La sbobba di rape
rosse… quella
sbobba era… sbobba! –
Alana
incise ancor di più il concetto con un cenno della mano, e a
differenza dello “zio”
acquisito sembrava piuttosto serena, ma per il russo era chiaro che non
si
trovava solo li per ricordare “i bei tempi” andati.
–
E hai attirato la mia attenzione qui, in un luogo densamente popolato e
quindi
agli occhi di tutti, solo per ricordare un passato scomodo? Non me la
bevo –
Era
cambiata Ally, tanto che nei mesi scorsi, quella notte in cui era
andato a
buttare via il pattume, manco aveva creduto che fosse veramente lei.
Era mutata
sia fisicamente che mentalmente, forse a causa
dell’addestramento crudele delle
cortigiane?, e francamente non sapeva se poteva fidarsi ancora di lei.
La
Deva tuttavia fece spallucce, tornandosene a smangiucchiare il proprio
lecca-lecca
multicolore con sguardo assolutamente ebete – per che cosa ti
avevo chiamato
qui poi? – e qui Flash fece un colossale facepalm –
ah si! Sai che potrei essere
seguita? E pure tu mi sa… –
–
E me lo dici così, razza di idiota??! –
Stava
per innervosirsi per davvero e aveva pure iniziato ad alzare la voce,
facendo
per questo voltare le teste di alcuni passanti, che osservarono
incuriositi la
strana “coppia” seduta su una delle panchine del
parco.
–
Calmati, ho la situazione sotto controllo visto che si trattano degli
uomini di
Lancaster… suppongo che non abbia gradito la mia sorpresa ai
suoi uomini ma la
League andava protetta, eh –
E
questo lo sapeva perché si era accorta di un paio di loro
che la seguivano e,
una volta che riuscì a portarli in un vicolo appartato, li
aveva “abbattuti” con
un taser elettrico… scusandosi poi e avvertendo solo dopo
che erano svenuti che
era “armata e pericolosa”.
–
Il fatto che siano i soldati di… quell’uomo
– gli costò dirlo – non mi rende
più tranquillo! Ha catturato la chojin che mi
ha attaccato piuttosto facilmente e ora la tiene per i suoi
esperimenti, quindi
cosa ti fa credere che non diverrò io stesso una cavia da
laboratorio? –
Domanda
giustissima in effetti, Howard Lancaster ci teneva alla propria
viziatissima, e
ubriacona, bambina, tanto da mettere sotto controllo chiunque ritenesse
sospetto o che semplicemente non gli andasse a genio. Ed il fatto che
Alana la
stesse prendendo così alla leggere dimostrava quanto folle
fosse divenuta nel
tempo.
–
Uhmmm… la cosa si fa interessante – non si sa come
ma si portò l’intero
lecca-lecca in bocca, frantumandolo e mangiandolo del tutto –
la tizia che hai
detto essere alta tre metri, se è
chi
credo io, sono stupita che sia ancora prigioniera di
Lancaster… ma magari
ha intensificato i controlli perché gli è
sfuggita – cosa assolutamente non
vera – oppure è un po’
pignolo… ma comunque non preoccuparti, compagno!
Ho un piano infallibile per
calmare le acque –
Lord
Flash si massaggiò la fronte, senza curarsi che la donna con
la felpa grigia si
era alzata in piedi nascondendo il volto sotto il cappuccio –
non sono molto
sicuro di voler sapere di che si tratta… spero tu non voglia
andare da lui a
sniffargli i genitali! –
–
Per chi mi hai preso? Per una stupida?! – anche, in effetti
– e comunque i suoi
genitali sanno di sandalo con una nota di muschio bianco…
–
La
notizia decisamente non voluta fece torcere lo stomaco al russo che,
con l’intento
di rimproverarla duramente, alzò lo sguardo per dirgli
qualcosa di poco carino
nella propria lingua madre ma si accorse che era sparita senza lasciare
traccia.
Seccato,
e anche preoccupato, si appoggiò allo schienale della
panchina pensando che
avere Howard Lancaster alle calcagna era l’ultima delle sue
preoccupazioni… che
poteva anche voler dire non aiutare Emerald con il suo addio al
celibato.
–
Ally, spero per te che il tuo “piano” non sia di
farti catturare da quell’uomo
pericoloso… –
|
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Capitolo 18 *** la tranquillità è un optional ***
–
Guardalo… n-non è meraviglioso? È come
guardare un angelo che dorme –
Nella
penombra della stanza di Kevin Mask all’hotel Atlas, due
figure erano
inginocchiate davanti al letto del ragazzo intento a dormire
profondamente dopo
una giornata spesa ad allenarsi duramente. Non era rimasto alla tenuta
di suo
padre per dormire, preferendo di gran lunga starsene per i fatti propri
lontano
dall’odioso cugino… ma non aveva fatto i
“conti” con il proprio allenatore e la
donna che li aveva aiutati a fuggire dal Giappone, completamente
ubriachi dopo
una nottata spesa a discutere di cose più o meno importanti.
Emerald
Lancaster emise una bassa risata beota mentre si accingeva ad
accarezzare
delicatamente il volto del giovane Mask ignaro della loro presenza,
mentre Lord
Flash le cinse le spalle con un braccio e con la mano libera
andò a bere altra
vodka.
–
s-si un angelo me-meraviglioso! La shai una cosa? Io amo questo
ragazzo… lo amo
come se fosse il figlio maschio che n-non ho mai avuto –
la
voce del russo era impastata dall’alcool e per essere
entrambi finiti li dentro
voleva dire che non erano esattamente capaci di ragionare. Non erano
insoliti a
grosse ubriacature ma stavolta c’erano andati giù
pesante dopo che l’allenatore
di Kevin Mask aveva provato a dare buca al piano volgare della bella
ereditiera
che prevedeva di far fare una pessima figura ad un branco di vecchi
maiali. La
categoria di uomini che preferiva, insomma.
“dannata
puttanella! Possibile che tu non capisca?! Ho tuo padre alle costole e
questo
non è un bene!”
“ma
smettila, pantegana psicotica! È normale che mio padre si
preoccupi per me”
vero, ma i suoi modi di fare erano piuttosto discutibili, se si voleva
dire
così “e poi vuoi mollarmi così ad un
passo dai festeggiamenti?! Bel codardo che
sei!”
È
logico, ovvio, che il russo avrebbe volentieri preferito starsene buono
e
tranquillo piuttosto che attirarsi anche le ire di papi.
Tuttavia Emerald non aveva preso bene quella sua marcia
indietro e avevano finito col discutere animatamente in un fumoso
locale
imbucato in una stradina poco frequentata di Londra. Litigando certo,
bevendo
anche tanto, fino ad arrivare a
lamentarsi delle rispettive performance sessuali ( attirandosi sguardi
ancor
più perplesso dai pochi commensali a disagio ) fino ad
arrivare al tentato
omicidio vero e proprio.
A
quel punto, nel momento esatto in cui una non lucida Emerald prese in
mano la
propria pistola dal marsupio, si scatenò il panico come una
pioggia di
proiettili andarono in direzione di Lord Flash che prontamente
andò a ripararsi
dietro il bancone assieme ad uno spaventatissimo barista.
Alcuni
cocci di vetro gli finirono sulla spalla sinistra non appena alcune
bottiglie
dietro di lui, sulle mensole, si ruppero ai colpi di proiettile, ma non
fu il
dolore delle ferite a fermarlo, quasi inavvertito da tanto che era
ubriaco, ma
anzi ne approfittò per prendere in mano un coltello e
lanciarlo in direzione
della ragazza.
Se
fosse stato più lucido forse l’avrebbe presa in
pieno, ma riuscì a colpirla di
striscio ad una mano senza però riuscire a disarmarla.
Pertanto, l’ex wrestler
saltò agilmente dal bancone e la colpì in pieno
volto con un calcio mandandola
a terra di un paio di metri.
Emerald
comunque non stette a guardare, e con uno sguardo da predatore che
spaventò i
pochi clienti non del tutto ubriachi, si rialzò in piedi
ignorando a sua volta
il dolore e sparando decisa in direzione di quel vecchio porco
psicotico. Il
suddetto individuo però fu più veloce,
scansandosi di lato, e scivolando per
giunta su una chiazza di vodka, lasciando che quel proiettile vagante
se lo
prendesse alla gamba il povero barista che stava semplicemente cercando
di
scappare.
A
quel punto fu come se la campanella della ragione avesse iniziato a
trillare
nella testa di entrambi i “nemici mortali”,
portandoli entrambi a guardare
attoniti il pover uomo a terra e urlante mentre tentava di fermare il
sangue
che defluiva via dalla ferita, anche se in realtà non era
una ferita grave, e
invece che pensare lucidamente di dargli una mano pensarono di darsi
alla macchia nella buia notte
londinese.
E
pensare che era stato poi l’ex lottatore a dirle con
insistenza di chiamare suo
padre per coprire un possibile casino! Molto coerente in effetti,
eppure se
erano ora al capezzale di Kevin Mask era perché…
come non si poteva non pensare
a tutti i casini che stavano succedendo? Forse anche tutti questi loro
tafferugli nascevano da una tensione senza pari, e forse, forse, non c’era motivo di
credere che Howard Lancaster lo avrebbe
fatto fuori magari in mondovisione solo perché conosceva una
sospettata della
morte dei suoi uomini stando a quanto gli aveva detto Alana. Magari la
loro
vera volontà, offuscata dal troppo alcool, di intrufolarsi
di soppiatto nella
camera del giovane chojin era solo un modo per dirsi che andava
“tutto bene” e
nessuno di loro era
veramente in
pericolo di vita… dannatamente falso, ma vederlo vivo e
beato nel mondo dei
sogni rincuorava parecchio.
–
Lui è bellissimo e… e tranquillo –
farfugliò la Lancaster reclinando la testa
di lato e scostandogli via la lunga frangia dal volto –
è il nostro bambino che
dorme beato c-come un
angelo… n-non ha preoccupazioni lui –
Emerald
si lasciò andare ad una risata beota un po’
più forte ma che, per fortuna, non
ebbe il potere di svegliare Kevin quanto di far commuovere il russo.
–
Abbiamo fatto un capolavoro…e-ecco
–
non era figlio loro ma erano talmente ubriachi da non riuscire proprio
a
pensare – e sai una cosha? Non mi vergogno di dire che
io… IO… gli voglio bene!
Gli farò vincere la Corona Chojin… cascasse il
m-mondo! –
Si,
il ragazzo stava bene e nessuno era ancora venuto a cercare lui e tutti
loro
con accuse infamanti e infondate. Dovevano essere sollevati solo di
questo ed
evitare inutili tafferugli che avrebbero potuto attirare
l’attenzione su di
loro, e se Lord Flash voleva darle buca all’addio al celibato
di Robin Mask era
anche per questo, tuttavia erano decisamente troppo ubriachi per poter
anche
solo lontanamente capire che dovevano tenersi alla larga dai guai e
cercare di
stare calmi.
–
Uuh… si – fece lei, ridendo come una cretina ed
iniziando a baciargli il collo
– sa… saresti un babbo porcello
fenomenale… vecchio sorcio psicoso… –
In
risposta Warsman rise in modo ridicolo facendo scendere la mano che
prima
cingeva le spalle della donna fino al suo fondoschiena, stringendole
una natica
con forza e portandola inizialmente a mormorare compiaciuta mordendogli
la
calzamaglia e la pelle sottostante in risposta. Erano effusioni
decisamente
molto spinte in un posto in cui non
dovevano essercene per forza di cose, tanto da portare il russo a
spingersela
via con un po’ di sforzo.
–
Non… non possiamo farlo qui davanti a lui… n-non
sta bene, eh! –
Lo
disse con un tono di voce che trasudava un po’ di buon senso
e la stessa
Lancaster scosse la testa in lieve assenso continuando a guardare Kevin
Mask
che, ignaro di tutto a causa di un sonno pesante, continuava a dormire
come se
non ci fossero state complicazioni di nessun tipo. Poi però
guardò la ragazza
con una espressione ovvia e completamente logica nella sua mente
offuscata
dagli alcoolici.
–
… ma nel suo bagno possiamo, si! –
La
Lancaster se ne uscì con una risata piuttosto alta e
ridicola, dandogli degli
schiaffi sul petto a mo’ di approvazione, e aiutandosi a
vicenda ad alzarsi
dalla moquette color verde smeraldo per andare ad effettuare un piano
che
qualunque persona lucida decisamente non avrebbe fatto.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
È un angelo caduto dal cielo… e… e
darei la vita per lei! –
Sotto
il pesante elmo di metallo lo sguardo di Robin Mask era sfocato a causa
dei
troppo liquori che si era scolato assieme a qualche “vecchia
canaglia” della
Scuola di Ercole, e purtroppo li in quella stanza non era
l’unico ad aver
alzato il gomito.
I
suoi colleghi stavano sopraggiungendo sempre di più per le
sue imminenti nozze
e quelli che al momento si trovavano ospiti a casa sua erano quelli che
erano
arrivati per primi. Non stava ancora festeggiando il proprio addio al
celibato,
che aveva già programmato come qualcosa di sobrio
nel cottage ai confini della sua tenuta, ma ricordando con i suoi pochi
ospiti
i bei tempi andati e le epiche battaglie che li aveva visti
protagonisti
avevano ecceduto con l’alcool.
Attualmente
si trovavano tutti nella camera da letto del padrone di casa, intenti a
guardare nella luce soffusa delle abatjour una futura sposa intenta a
dormire
profondamente dopo una lunga giornata lavorativa.
–
Gh gh gh… è proprio carina! –
farfugliò re Suguru ebbro di alcool e ormoni,
inginocchiato al suo capezzale e intento a sbirciarle nella scollatura
della
camicia da notte – dimmi un po’… ma
com’è avere una fidanzata così
giovane?!
Eh? Eh??! –
Il
re del pianeta Kinniku era giunto da poco a Londra e dimorava
all’Hotel
Milestone assieme
alla consorte Belinda
che, quasi sicuramente, se lo avesse visto ubriaco e intento a
sbirciare le
tette di una donna ignara probabilmente gliele avrebbe date di santa
ragione.
–
C-come vuoi che sia eh?! – a parlare fu Buffaloman, in piedi
dietro Robin
troppo intento a fissare la compagna che dormiva per rispondere
– se la sposa!
Ci sta bene lui con la ragazzina, altroché! Vecchio maiale
ibernato… –
Lo
disse con voce impastata mentre finiva di scolarsi una bottiglia di
scotch
pregiato, ricevendo in risposta solo un mugugno da parte di Pentagon
che,
inginocchiato davanti al letto e con la faccia spiaccicata contro il
materasso,
stava per andare in coma etilico dopo aver bevuto la fantomatica
tequila col
verme.
–
E p-pensare che la detestavi la Deva… seh, come noh! Tutte
scuse per trombartela l-lontano da
noialtri… – con
una certa fatica l’angelo alieno si voltò a
guardare l’ex lottatore futuro
sposo con un certo risentimento – tzè…
m-me l’hai rubata da sotto il naso…
stupido inglese! –
Il
suddetto lottatore inglese però non gli dette minimamente
retta, perso nei
propri pensieri ad alta voce e nelle sue preoccupazioni più
o meno valide.
Scostò delicatamente i capelli dal volto di Alya, e facendo
ciò spintonò via
quel lumacone di Suguru che piagnucolò un poco, prima di
borbottare qualcosa
che fece rizzare le orecchie a tutte.
–
Nooon ripeterò lo stesso errore… no,
no… lei e la nostra bimba staranno bene…
bene, ecco. È Kevin che mi preoccupa!
Io… credo che non mi abbia detto tutta la
verità! Quel c-cane maledetto
di Howard mente! –
–
Eh in effetti… pure Kid mi è sembrato un
po’ strano… – il re dei kinniku si
massaggiò il mento perso nei propri pensieri – e
pure Meat credo avrebbe voluto
dirmi qualcosa quando ci siamo incontrati stamattina q-quando sono
arrivato in
aeroporto… –
Durante
quella prima visita alla tenuta dei Mask il drappello di uomini, tra
una bevuta
e l’altra, si erano informati a vicenda sulle ultime vicende
accadute durante
il mese. Ed era ovvio che ci fosse qualcosa di poco chiaro nella
faccenda e che
forse, anzi… molto probabilmente, il loro ex collega Howard
Lancaster
c’entrasse qualcosa. Robin Mask non era convinto sul fatto
dell’incidente a
casa Lancaster… era sicuro che suo figlio non avesse bevuto
prima di partire e
lungo la via che porta a Londra non ci sono pub. Inoltre, la sua futura
consorte si era dimostrata scettica sulla spiegazione del nobile e il
suo
istinto le diceva che quelle ferite da impatto non potevano essere nate
da
semplici tafferugli con le forze di sicurezza.
E
conosceva suo figlio tra l’altro, indi era sicuro che il
ragazzo gli stesse
mentendo o comunque gli stesse nascondendo qualcosa di grosso
riguardanti i
fatti di quel fatidico giorno oltre che probabilmente altro…
quando gli aveva
chiesto come era stato il suo soggiorno a Tokyo era stato piuttosto
vago e
reticente a parlargliene.
E
lo stesso Kid Muscle era un libro aperto per suo padre. Il ragazzo era
sempre
stato schietto con il suo vecchio anche quando c’era da
dirgli delle crudeltà
gratuite riguardo il suo “presunto” passato di
wrestler di talento, ma da
quando lo aveva incontrato gli era sembrato troppo vago quando gli
aveva
chiesto come stava. Il suo pigro figliolo gli stava nascondendo
qualcosa di
poco piacevole e non si trattava della sua prima delusione
amorosa… e persino
Meat gli era parso titubante, come se indeciso di raccontargli qualcosa
di
potenzialmente sconcertante. E non era da lui fare così! Non
il suo vecchio
amico, e allenatore, con cui aveva sempre avuto un rapporto di assoluta
fiducia.
–
Bah! Vi fate troppe seghe mentali! – sbottò
all’improvviso un Buffaloman che
aiutò il collega americano a rialzarsi – se ci
fossero stati dei problemi n-noi
lo sapremmo, no? Vance non ce lo terrebbe nascosto… siamo
parte della Muscle
League –
Biascicò
quell’ultima parola nel mentre che tornava ad incollare le
labbra sulla
bottiglia di scotch pregiato e senza minimamente credere per davvero a
ciò che
aveva detto. La situazione era strana e in molti nella Muscle League
non
pensavano che si trattasse solo per le nozze di Robin Mask che il
direttore
MacMadd fosse così teso e misterioso. Il suo comunicato
ufficiale non spiegava
il perché gli atleti fossero giunti li prima del tempo,
quantomeno alcuni di
loro che guarda caso erano “coinvolti” nei gravi
incidenti di Tokyo.
Ma
per il padrone di casa, da tanto che era ubriaco, non era decisamente
il
momento di pensare alle preoccupazioni ma solo di adempiere ai
suoi… “doveri
coniugali” sebbene fosse tutto meno che pronto ad andare a
letto con la propria
donna.
–
Signori, cooomunque, direi che la serata è…
f-finita – si levarono alcuni versi
di lamentela ma Robin era già intento a togliersi la camicia
traballando da un
lato all’altro – ora devo fare una… cosa…
– e qui partì una mezza risata beota – e
quindi siete pregati di andar…
andarvene, ecco! –
–
Eeeh! Ma potrebbe essere istruttivo! – provò a
desistere re Suguru, decisamente
tentato di vedere una bella donna senza veli ( a dimostrazione che il
lupo
perde il pelo ma non il vizio, neppure da sposato ) ma scarsamente
accontentato
visto che Pentagon lo prese per la cresta ornamentale e lo
trascinò via dalla
stanza.
Tuttavia
neppure Robin Mask, sebbene ridacchiasse estasiato all’idea
di svegliare Alya
per un po’ di sano divertimento, non riuscì ad
attuare il suo piano
ritrovandosi ad inciampare sul tappeto persiano e cadere disteso a
terra e lì
addormentarsi sotto gli effetti dell’alcool. Lasciando che la
dottoressa
riposasse in santa pace nel proprio sonno profondo.
Senza
contare che a partire da domani sarebbero arrivate le prime donne della
famiglia della Kalinina, inclusa sua madre, e che avrebbe dovuto essere
quantomeno presentabile… ma a quanto pare, al momento era
troppo ubriaco per
pensarci.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - -
– Ha
un aspetto inquietante… –
– Senza
dire che ha un “aspetto”, è inquietante
e basta, soldato –
Howard
Lancaster si sentì in dovere di correggere il soldato
accanto a lui, mentre
osservavano al di là del vetro a specchio magico, della sala
interrogatori
nella “base operativa” dei Lancaster, la figura di
Alana intenta a… dondolarsi
sulla sedia e scaccolarsi con il mignolo destro.
Era
quasi pentito di averla fatta catturare la sera prima, anche
perché era chiaro
che si trattava di una persona non proprio sana di mente e…
beh, era un po’ da vigliacchi
prendersela con una malata
mentale, no? Almeno stando alla sua logica, e l’operazione
era stata fin troppo
eclatante attirandosi addosso parecchie occhiate perplesse.
Era
accaduto alle sette di sera, quando la donna aveva staccato dal suo
turno al
Muscle Museum Hospital e aspettava vicino alla fermata
dell’autobus abbastanza
affollata con uno strano sorriso dipinto sul volto. Alana aveva
svariati motivi
per essere di buon umore… primo fra tutti Warsman non si era
troppo arrabbiato
per il fatto che lo aveva pedinato fino ai magazzini Harrods
costringendolo a
rintanarsi in un camerino. Secondo motivo era che finalmente le era arrivata giusto in tempo!
Quando
le era arrivata la cassa era appena giunta alla fermata
dell’autobus, ed un
titubante fattorino si era presentato a lei con l’intento di
farle firmare una
bolla e… quasi la volontà di chiamare la polizia
quando una quindicina di
uomini armati le saltarono addosso urlando “Eccola!
PRENDETELA!!!”.
Si
creò dunque una montagnola di uomini doloranti e imprecanti
per aver effettuato
un piano a dir poco ridicolo e creato in meno di cinque minuti visto
che il
loro capo, Michael Connors, era ancora a riposo dopo il fallimentare
tentativo
di catturare anche l’altra terrorista ed era quello bravo a
creare piani ben
fatti per un branco di ex mercenari senza cervello. Ma tuttavia,
nonostante la
calca di persone, miss Alana sgusciò fuori quel tanto che
bastava per porgere
una domanda essenziale al fattorino che stava boccheggiando a vuoto.
“Dove
devo firmare, ragazzo?!”
E
dunque eccola li, in quella sala per gli interrogatori normali
secondo la volontà dello stesso Lancaster, oltre che per
volontà della stessa Deva sebbene il nobile marchese non ne
fosse a conoscenza.
Sarà stata anche fuori di testa ma non era pazza…
e se la sua cattura avrebbe
in qualche modo calmato le acque e spostato l’attenzione
dalla Muscle League a
lei stessa, allora la cosa andava più che bene. Inoltre, la
cassa che aveva
ordinato era il suo lascia passare per uscire da li in modo indiretto,
perché
mica l’avrebbe lasciata così su due piedi, visto e
considerato che il suo
contenuto era di vitale importanza per il “club di
scienze” di cui era membro
onorario. Per forza di cose Vance MacMadd non poteva fornirle tutto il
materiale per le sue “pulizie speciali”, quindi
andava a prenderle per via traverse.
–
Ehm… la qui signora al momento della sua cattura aveva
ritirato un pacco da un
corriere espresso – il soldato lesse un po’
imbarazzato il file riguardante la
cattura – che riguardava una… bambola erotica in
silicone… –
–
In tasca avevo anche un chupa-chups e
una gag-ball… rivoglio la mia roba, ladro –
La
donna fece quella precisazione senza avere una reale emozione nella
voce, e
questo portò Howard Lancaster a sospirare spazientito ( era
entrato anche lui
nella stanza degli interrogatori ) e a massaggiarsi
l’attaccatura del naso con
il pollice e l’indice.
–
Senta signora… non complichiamo di più le cose e
cerchiamo di collaborare… –
–
No –
–
Se l’abbiamo portata qui è per motivi di sicurez…
–
–
No –
–
Ma vuole lasciarmi parla…!
–
–
Tette –
Questo
era decisamente troppo. Sentendosi ribollire di rabbia e imbarazzo,
perché
nessuno l’aveva mai interrotto così e nessuna
donna si era mai alzata la maglietta
per mostrargli il seno nudo, Howard Lancaster batté con
forza il proprio
bastone da passeggio sul pavimento della sala lasciando ben intendere
alla
donna di mezza età che doveva stare zitta e coperta. Accanto
a lui intanto il
soldato boccheggiava incredulo e sembrava essere sul punto di piangere
per lo
shock, mentre la Deva fece spallucce riabbassandosi la felpa e la
maglietta
poco entusiasta dei risultati.
–
Credevo che voi maschi foste ossessionati dalle tette…
–
–
Credevate… male, signora
– gli costò
parecchio a non far balbettare la voce dal nervoso, ma doveva ammettere
che con
quel suo spiazzante intervento aveva toccato un tasto psicologico non
indifferente. Indi per cui tanto stupida non era – ora, se
l’ho portata qui è
per sapere il suo parere riguardo i recenti attacchi alla Muscle League
che
hanno coinvolto anche mia figlia… –
–
Avete l’autorizzazione del governo, effendi? –
–
No –
–
Della regina?? –
–
No –
–
Allora con che titolo mi trattenete qui contro la mia spontanea
volontà?! –
–
Con il mio. Perché io posso,
cara
signora – i suoi occhi smeraldini si fecero più
freddi, quasi spaventosi,
mentre quelli della Deva… tornarono dritti osservandolo come
un camaleonte che
ha puntato la preda. E questo fatto era chiaramente insolito, ma non
doveva
distrarsi – ora, ditemi perché avete mandato alla
morte alcuni dei miei uomini
e possibilmente darci delle informazioni in più riguardo
alle aggressioni
subite dai miei uomini da parte di uno strano gruppo –
La
Deva lo guardò a lungo con il suo sguardo perfettamente
normale e, con gli
occhi ben a posto, sembrava essere una persona completamente diversa a
quella
demente che molti erano soliti conoscere. Quella che era di fronte al
marchese
Lancaster era l’Alana delle steppe, della base
dell’SKGB cresciuta troppo in
fretta in un mondo che non le apparteneva, lasciando che un sottile
sorriso le
attraversasse momentaneamente il volto.
–
Ho fatto il mio lavoro. Ho protetto la Muscle League da un possibile
scandalo
indirizzando le attenzioni indesiderate su soggetti ad alto rischio
– gli
uomini di Lancaster, e non erano esattamente dei santi – non
avevo idea che
fossero i vostri uomini, effendi. Comprendo la vostra preoccupazione ma
credo che
sia un rischio calcolabile. Ovviamente Vance MacMadd non mi ha ordinato
di fare
questo lavoro. Non lo fa mai, eh –
–
E su che base metti la vita dei miei fedelissimi al pari di pura e
semplice
carne da macello, hm? – non gli piaceva quel discorso. Aveva
senso, in effetti,
ma se era qualcun altro a dirlo e quel qualcuno non era lui non gli
piaceva
sentirlo – con le tue macchinazioni mia figlia ha rischiato
la vita… e finchè
non avremo chiarito tutto temo che sareste mia ospite.
Si rilassi, sarà al sicuro qui –
A
quel punto gli occhi della donna tornarono storti, forse
perché la sua
“concentrazione” non riusciva a raggiungere il
massimo oppure era sempre entro
un certo limite. Una cosa era certa, aveva chiarito la faccenda sulla
situazione
del fondatore della League in tutto questo, era sembrata sincera, e
dunque
poteva fare a meno di torchiarlo.
–
Mbeh… i soldati sono a nostra disposizione
affinchè facciano il lavoro sporco
che tocca a noi, no? Più sono obbedienti e più
partono in allegria a farsi
ammazzare in una guerra che non gli appartiene – aveva senso,
anche se nel
dirlo aveva ripreso a scaccolarsi – e poi io ho messo i
microchip dei lottatori
a quei soldati più puzzolenti…
mica
per altro, eh! E poi mi sono scusata… e ho anche avvertito
delle mie intenzioni
anche se non c’era più nessuno quando
l’ho fatto –
Questo
era un altro episodio da facepalm e lo stesso Howard si concesse di
passarsi la
mano sul volto emettendo un basso lamento esasperato. Sinceramente non
capiva
se quella femmina aliena fosse geniale oppure… ma si era incastrata il dito mignolo nel naso,
adesso?!
Cristo!
Doveva uscire da li il prima possibile altrimenti sarebbe esploso di
rabbia! E
non era da lui prendersela a male con una donna, tra l’altro.
Quindi lasciò al
soldato il gravoso compito di aiutare quella donna a liberarsi da
quell’assurda
situazione e tornare a pensare con più calma. Si, sarebbe
stata sua ospite e
non avrebbe subito interrogatori più pesanti anche
perché era ovvio ormai che
non era partita con le più cattive intenzioni anche se aveva
scelto i soggetti
sbagliati. Howard temeva che la sua famiglia fosse in pericolo, e forse
non
aveva tutti i torti a pensarlo ora che le prove erano state inquinate e
sia la
Corte che il gruppo di queste chojin erano oltremodo furiose per come
si
stavano svolgendo gli eventi.
Inoltre,
sapeva che miss Alana aveva militato nella Corte per circa 20 anni, per
bocca
sua, ma del prima e del dopo di quel periodo non sapeva praticamente
nulla e di
base sapeva che le cortigiane erano restie a rilasciare i file sulle
loro
chojin e da Amazon non aveva ricevuto informazioni degne di
nota… le sue spie
insomma, non sembravano essere capaci di scoprire di più su
quella femmina e l’ultima
cosa che il Lancaster voleva era un incidente diplomatico.
Ma…
magari le sue parenti avrebbero avuto più informazioni sul
conto di quella
donna, giusto? Era chiaro che la Deva in questione, ora era intenta a lussarsi da sola una spalla sotto gli
applausi di un paio di soldati e i brontolii di alcuni scommettitori,
non
avrebbe spiegato nulla sul suo passato o sulle sue azioni
più nel dettaglio ( perché
era stata seguita e sembrava troppo legata agli eventi che stavano
accadendo )
e Howard aveva un disperato bisogno di informazioni. E lui odiava, odiava, quando non poteva fare una cosa
perché
la sensazione che gli lasciava era di assoluta impotenza.
Si
ripromise di chiamare Connors per una missione leggera e senza troppo
impegno,
se avesse fatto le domande giuste alle sue parenti, che tra
l’altro tra qualche
ora sarebbero giunte visto che stavano usando una delle sue compagnie
di
trasporti intergalattici, forse avrebbe avuto un quadro più
migliore…
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Nuala
aveva il pallino per la pulizia. Sul serio, non sopportava neppure il
più umile
granello di polvere e persino l’idea di un contatto umano,
come un abbraccio
amorevole, la disgustavano ad oltranza all’idea di contrarre
batteri di ogni
tipo.
Però
le piaceva essere sarcastica, e scostandosi una lunga ciocca di capelli
rossi
che le copriva quasi metà del viso rise in direzione di una
de Santa abbastanza
incazzata.
–
Quell’americano dev’essere un amante
piuttosto focoso per averti demolita così, eh eh
eh…–
–
Chiudi quella fogna, stronza –
Hm,
apprezzo la connessione delle tue parole con la frase fatta –
incrociò un paio
di braccia in petto, lasciando che una piacevole brezza serale le
scompigliasse
i capelli – siamo in una fogna colossale se non troviamo la
scimmia, e a quanto
pare qualcuno ci si è messo di impegno per inquinare il
nostro cammino –
Erano
entrambe su uno dei pinnacoli della Tower Bridge. Sotto di loro il
traffico
scorreva ignaro della loro presenza e un venticello piacevole
rinfrescava
quella serata londinese senza però raffreddare i bollenti
spiriti delle due
pericolose chojin.
–
Continueremo le nostre indagini – fece ad un certo punto
Uriel – un punto
fondamentale l’abbiamo già raggiunto…
basterà pazientare un po’ finchè non ci
saranno date prove sufficienti e a quel punto spiegheremo a questi
gentili
signori che le cose – e
qui segnò con
il punto indice verso il basso, come a simboleggiare la
realtà terrena – le
cose, vanno fatte nel verso giusto… con le giuste conseguenze –
Bisognava
andare avanti, sapevano che bisognava portare pazienza
poiché il destino agisce
per vie traverse. Nuala lo sapeva, sebbene aspettare alle volte poteva
essere
oltremodo snervante per alcuni, per lei era fonte di infinito piacere.
Era
nata da due donne, e dalla donna che l’aveva partorita aveva
ereditato la
facoltà di portare molta più pazienza di un
velenoso serpente, attendendo
semplicemente che la preda si posasse sulla sua ragnatela
argentata. Se Uriel andava a caccia, Nuala si limitava ad
attendere da brava vedova nera come lo era l’altra sua madre.
–
Amo quando fai questi discorsi – si lasciò andare
ad una risata un po’ più alta
nonostante la sua voce maschile – però lavati, eh!
–
|
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Capitolo 19 *** apparenze ***
Aveva
preso la sua decisione, e nulla l’avrebbe schiodata dal
rinunciare a quel
matrimonio.
Katya
conosceva sua figlia e sapeva che nulla l’avrebbe schiodata
dal volersi sposare
con l’uomo che amava, ma nonostante tutto l’idea
del matrimonio le metteva
addosso un po’ di ansia.
Come
tutte le Deva vedeva il matrimonio come qualcosa di decisamente
“sbagliato”,
visto e considerato che nella loro società non esisteva, non
in quel senso li
ma solo forme di convivenza, e se si celebrava un matrimonio in stile
terrestre
era per sugellare alleanze tra due paesi perennemente in guerra o per
importanti affari commerciali. Insomma, per la serie “a mali
estremi, estremi
rimedi”.
–
Sai che trovo il tutto molto ironico? –
–
Hm?! –
–
Che ti sposi proprio con Robin Mask… –
nella
voce della donna c’era un misto di malinconia e
ilarità, perché la sua bambina
aveva esaudito il suo “desiderio infantile” di
sposare il lottatore, mentre una
nota amara le uscì fuori con il successivo sospiro,
poiché quell’uomo non si
era mai dimostrato molto gentile nei suoi confronti o in quelli del suo
ex
compagno. Inducendolo ad abbandonare la sua famiglia, in maniera
“indiretta”, a
causa dell’aggressività raggiunta negli
allenamenti. Quindi, era logico che il
futuro marito di sua figlia si fosse mostrato quantomeno imbarazzato al
loro
primo incontro dopo anni di silenzio, mentre la sorella di
quest’ultimo le era
sembrata un po’ più freddina ma anche
più sarcastica nel commentare l’evento.
Attualmente
madre e figlia si trovavano nella stanza adibita a guardaroba personale
di
Alya, quindi con accesso attualmente vietato per il futuro marito, ed
assieme ad
una sarta stavano riportando gli ultimi ritocchi all’abito
per la cerimonia.
Un’ultima prova costume prima del suo effettivo utilizzo.
Un
abito semplice, bianco come lo voleva Robin ( per
“onorare” la tradizione
terrestre ) ma con dei dettagli neri tra i suoi ricami e pizzi con un
nastro
nero a chiudere il bustino dell’abito. Ed era quello che
Katya stava stringendo
alle spalle della figlia, cercando di non toglierle ovviamente il fiato
e nel
frattempo di non danneggiare la sua gravidanza.
–
Mamma… pensavo ne avessimo già parlato
– lo disse con tono pacato, ma con una
nota comunque fredda – posso assicurarti che sono ben lungi
dall’esaudire un
desiderio infantile e… –
–
… sono a conoscenza dei difetti di Robin Mask e dei suoi
pregi, si… lo so,
tesoro. Me lo hai ripetuto diverse volte al telefono! Solo che
è una cosa così…
così inusuale, ecco!
–
–
Uff… suppongo che nonna non l’abbia presa molto
bene, vero? –
–
Tua nonna è furiosa
– e per ovvi
motivi, la nipote stava facendo qualcosa di assolutamente immorale – ma è
venuta lo stesso per dare la sua benedizione…
piuttosto, come l’ha presa tuo padre?! –
Un
attimo di silenzio prima che la giovane dottoressa rispondesse, un
attimo di troppo,
e la madre capì immediatamente che qualunque cosa Alya le
avrebbe detto sarebbe
stata più o meno una balla colossale.
–
Uhm… abbastanza bene, ecco – lo disse arrossendo
lievemente e abbassando lo
sguardo, costringendo per questo Katya a girarle attorno per prenderla
per le
spalle.
–
Dimmi che non ha cercato di uccidere il tuo futuro sposo, per piacere
–
A
guardarle erano di una monocromia quasi perfetta. Sembravano quasi due
cloni,
uno più giovane e l’altro più anziano,
sebbene qualche tratto somatico era
leggermente diverso. Alya era avvolta in un abito bianco, mentre Katya
era in
un lungo abito nero amazzoniano senza dettagli degni di nota. La prima
era una
dottoressa della
Muscle League, arrivata
dove era adesso con molti sacrifici economici anche da parte dei
genitori,
l’altra era una donna che aveva speso il resto della sua vita
a tessere sul
telaio nella piccola fattoria in cui viveva assieme al suo clan di
sarte. A
fare coperte e tovaglie da vendere poi ai turisti ci aveva ricavato
abbastanza
per vivere dignitosamente, non dando troppe preoccupazioni a Nikolai
con cui
aveva mantenuto rapporti di amicizia intrisa di malinconia.
–
Diciamo che si sono… chiariti. Piuttosto, mi avevi accennato
che gli avevi
telefonato –
–
Si… è così, tuo padre è
tornato proprio oggi da un lungo viaggio anche se l’ho
sentito un po’ strano. Probabilmente era indaffarato a
sistemare le sue cose ma
sarà pronto ad accompagnarti all’altare
–
In
effetti non ci aveva visto male, Warsman era davvero indaffarato mentre
la ex
compagna gli aveva telefonato… ma non a disfare i bagagli
quanto a cercare di
non cadere oltre il baratro di oltre quindici piani d’albergo!
Aveva
commesso una idiozia assurda nell’ubriacarsi come se non ci
fosse un domani e
lo aveva fatto con la persona sbagliata.
Emerald
Lancaster si era svegliata prima di lui nella vasca
dell’idromassaggio, ormai
sgombra dall’acqua già da diverse ore, e invece di
svegliarlo lo aveva mollato
li così. Nudo e senza vestiti, visto che aveva avuto la
brillante idea di prendergli
tutti, ad un passo dall’essere beccato da Kevin Mask dato che
si stava per
svegliare. Tutto ciò che riuscì a trovare come
vestiario fu la propria
maschera, lasciata li apposta dalla ragazza, e un asciugamano da
avvolgere in
vita. Ah, senza scordarsi del cellulare che evidentemente era caduto
dalle
tasche della sua giacca mentre quella puttanella schifosa se ne andava
via in
fretta e furia per evitare disastri difficilmente spiegabili.
Per
evitare “rogne” con il proprio allievo si era visto
costretto a spaccare alcune
tubature dell’acqua, affinchè nascondessero certe
prove evidenti, scappando poi in
tutta fretta da un bagno che si stava
allagando trovandosi per questo sul cornicione della finestra mezzo
nudo e con
un vento decisamente freddo per quell’alba che stava sorgendo.
“Kevin…
perdonami, se puoi!” si ritrovò a pensare testuali
parole mentre, con la
schiena appiccicata al muro, cercava di raggiungere la prima finestra
aperta a
piccoli passi cercando di non scivolare. Ok che era un chojin, e
sarebbe
sopravvissuto a quella caduta, ma era il caso di non andare al
matrimonio della
figlia con le ossa rotte.
Poi
successe, nel bel mezzo della sua pericolosa camminata, il telefonino
che aveva
in mano iniziò a squillare.
“M-merda!
Proprio adesso??! Pronto chi… oh?! Katya, sei
tu?!” rimase sorpreso che la Deva
lo avesse chiamato “Ehm, c-come stai? Anzi no…
come hai fatto a trovare questo
numero…?”
“Sto
bene… Tu sicuro di stare bene?” le era sembrato
fin da subito strano, tanto da
portarla ad inarcare un sopracciglio “beh… non
è il solito numero che usi
sempre?”
Era
così in effetti, si era scordato di ri-depositare in banca
il vecchio cellulare
invece che usare quello che era solito usare nei panni di Lord Flash,
ma anche
se fosse non c’era motivo di nasconderlo dato che tutti
sapevano che Warsman
era in città.
“Comunque,
ti comunico che sono arrivata ieri sera e ora sto aiutando Alya negli
ultimi
ritocchi. Tu sei a Londra, vero?” non c’era tempo
per rimuginare vecchi ricordi
seppelliti dal tempo, il matrimonio di Alya aveva la
priorità.
“Si!
È proprio così!
L’accompagnerò all’altare come
promesso… s-sono arrivato da
poco anche io e…oops!” fu quasi sul punto di
scivolare nel mentre che aggirava
una colonna, e fece quasi per perdere il cellulare oltre che
l’asciugamano.
Emerald gliela avrebbe pagata cara, questo era certo.
“sei
sicuro di sentirti bene, Nikolai?”
“ehm,
si… si, certo! Sono alla reception dell’albergo ed
è pieno di gente! Sai
com’è…” ringraziando il cielo
trovò una finestra lasciata aperta e ci si infilò
repentino, ma nel farlo non fu molto agile e cadde lungo e disteso
sulla
moquette verde smeraldo attirandosi le occhiate di una ospite ultra
cinquantenne, intenta a farsi i bigodini, che subito strillò
alla vista di un
uomo seminudo entrato dalla finestra con chissà quali
intenzioni.
“Woah!
Scusi, scusi, scusi, scusi!!! Ehm… ci sentiamo dopo,
Katya!” dovette mettersi
in piedi il prima possibile e darsela a gambe, e chiudere
immediatamente la
chiamata con la madre di sua figlia.
L’impressione
che quella telefonata gli aveva lasciato era stata di pura
perplessità, e tra
l’altro le sembrava pure un po’ spaventato, ma
ciò non toglieva che comunque
sarebbe stato presente… anche se ancora non sapeva che da li
a pochi giorni Warsman
avrebbe dovuto fare i salti mortali per farsi forgiare una nuova
maschera dallo
stesso fabbro dei Mask.
–
Piuttosto, non sono riuscita a contattare tua cugina Ally…
ma conoscendola
credo che si farà viva a modo suo –
In
effetti era un po’ di tempo che non la sentiva, e nemmeno
poteva immaginare che
era ospite di Howard Lancaster in una delle sue strutture segrete per
la sua
security. Ma questo al momento non era importante, perché
sapeva che sua nipote
se la sarebbe cavata in ogni dove, e la priorità era che
tutto filasse liscio
come l’olio nonostante le ovvie perplessità per un
matrimonio decisamente visto
con titubanza da una parte della famiglia della sposa.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
Era
come se la sfortuna perseguitasse Kevin Mask.
Da
quando erano iniziati i casini non gliene stava andando buona
praticamente una,
ed era giusto di stamattina che il bagno della sua stanza si era
allagato a
causa di un guasto alle tubature.
Di
buono c’era che finalmente era guarito dalle sue ferite e
poteva dunque farsi
sistemare il tatuaggio a forma di ragnatela posto dietro la propria
schiena
rimasto danneggiato durante lo scontro con quella tizia enorme. Aveva
già preso
l’appuntamento in un negozio a Camden Town per quella
mattina, e nel giro di
poco tempo era arrivato a destinazione a bordo della propria Harley
Davidson e
avendo il sentore… che all’interno del negozio di
tatuaggi avrebbe trovato
qualche spiacevole sorpresa. Purtroppo fu deluso da ciò che
vi trovò una volta varcata
la soglia della bottega.
Oltre
al consueto ronzio della pistola elettrica, poteva chiaramente vedere
una
sfilza di immagini raffiguranti svariati campioni di simboli e disegni,
oltre
che la voce di un individuo a lui tristemente noto.
–
Mi sa che tra un po’ di rose su questo braccio ce ne saranno
fin troppe! –
–
Beh… vorrà dire che inizieremo con
l’altro –
Kyle
Mask… tra tutte le persone che poteva incontrare in quel
posto proprio l’odiato
cugino intento a farsi stampare su pelle la sua ennesima conquista. A
quanto
pare, per somma soddisfazione del ragazzo, pure la MacMadd aveva
capitolato al
suo fascino e ora segnava la sua nuova conquista sul braccio destro.
Kevin
Mask pensò persino di dare buca all’appuntamento,
ma ormai era tardi e un
ragazzo con la cresta punk verde mela lo invitò a sedersi
sullo sgabello e a
togliersi la maglietta. E sfortuna volle che l’operazione si
svolgesse proprio
dove anche Kyle si stava facendo tatuare.
–
Ehilà, cugino! Piccolo il mondo, eh?! –
–
Per gli scansafatiche come te, pure troppo – il ronzio di una
seconda pistola
per tatuaggi si disperse nella piccola saletta, segno che la ragnatela
di Kevin
Mask si stava per ricreare nuovamente – ma non ho molta
voglia di stare ad
ascoltarti quest’oggi. Per cui finisci quello che devi fare
– e mancava poco
ormai – e vedi di andare a fare qualcosa di costruttivo
–
–
Tipo fare amicizia con quella tua amichetta irlandese…?
Com’è che l’hai
chiamata al telefono? Niamh, giust…
–
Non
riuscì a finire la frase che un furioso Kevin, nonostante le
proteste del
tatuatore che rischiò di sbagliare la linea del segno da
aggiustare, si alzò in
piedi prendendo per il colletto della giacca di pelle il cugino troppo
chiacchierone.
–
Stalle lontano… intesi?! Tu prova solo ad importunarla e te
la dovrai vedere
direttamente con me! –
–
Tzk! Sai che paura… solo perché tuo padre ci ha
interrotti non significa che
non sia in grado di rifarti i connotati! – si
scrollò di dosso il cugino,
sistemandosi poi la giacca di pelle dato che il tatuatore aveva finito
di
creare la sua rosa rossa – certo che… devi essere
davvero un pessimo amante per
non averla neppure invitata al matrimonio di zio Robin.
Cos’è, ti spaventa
sapere com’è fatta una donna sotto
l’ombelico?! –
Lo
stava volutamente provocando. Molto probabilmente voleva fargliela
pagare per
ciò che aveva detto nei riguardi di zia Elizabeth, ma se
voleva essergli
superiore doveva restare calmo e concentrato. Se non aveva invitato
Niamh al matrimonio
non era perché non gli interessava più, e questo
glielo aveva ben spiegato a
più riprese telefonandole e rischiando così la
propria copertura nonché mettere
in pericolo la vita stessa della giovane che gli interessava.
“Credo
di capire… in parte, però. Vorrei saperne di
più perché mi sembri davvero
preoccupato! M-ma se potessi aiutare…
io…”
“Temo
che tu non possa aiutarmi, Niamh… e francamente parlando non
voglio che ti
accada nulla” era sincero, la stessa ragazza poteva sentirlo
dal tono della sua
voce “quelli della Muscle League stanno facendo dei controlli
abbastanza
serrati e siamo tutti piuttosto in tensione…”
Non
era uno stupido, sapeva che rischiava di essere intercettato dalle
autorità e
non voleva che anche Niamh, ancora in Giappone, rischiasse una presunta
denuncia per favoreggiamento.
D’altro
parere era la stessa ragazza che, francamente, non amava restarsene in
un
angolo mentre il proprio amico rischiava qualcosa di più di
una semplice
denuncia… perché anche se non glielo aveva detto,
Niamh non era una stupida e
dal suo tono di voce aveva anche intuito che l’incidente
stradale che lo aveva
tenuto a letto due giorni non era stato tanto casuale come voleva far
credere.
Si
reputava sua “amica”, ed anche se Kevin le aveva
fatto capire a più riprese che
non la considerava solo amicizia francamente parlando si
sentiva… “inadeguata”,
ecco.
Come
poteva, effettivamente parlando, un lottatore della League, per giunta
osannato
come lo era un Mask, interessarsi per davvero ad una come…
beh, lei? Niamh era
una ragazza normale, un po’ cicciotella a dire il vero ( le
piaceva cucinare e
mangiare quello che cucinava ), ma assolutamente semplice sia nel
carattere che
nel suo vestirsi tutt’altro che vistoso per non attirare
troppo l’attenzione su di
se. Aveva rinunciato
agli studi universitari per lavorare al banco dell’ortofrutta
giù al mercato
ortofrutticolo, aveva già prefissato che la sua vita sarebbe
stata scandita dai
turni di lavoro, dalle incombenze dentro casa e qualche rara uscita con
le
amiche. Non che un adone biondo si
presentasse un bel giorno per dare una lezione ai soliti due misogini
che ogni
giorno non perdevano tempo a deriderla per le sue forme dolci. I suoi
genitori
le avevano insegnato a non dare retta a simili individui, di restare in
silenzio e continuare a lavorare, ma trovava questa lezione come
assolutamente
masochista e senza risultati.
“Provate
ad indovinare il MIO, di
peso… su avanti, fatemi vedere quanto siete bravi in
matematica!”
Invece
che indovinare il suo di peso gli avevano mostrato le loro
abilità di fuga.
Nessuno l’aveva mai difesa dalle angherie dei bulli, e vedere
quell’angelo
biondo che l’aveva tirata fuori dall’ennesima
situazione umiliante l’aveva
portata a balbettare un grazie a dir poco… ridicolo!
Per
Kevin Mask fu tutt’altro che ridicolo, anche se la ragazza
fece un inchino di
scuse, trovandola piuttosto graziosa sebbene non lo dette a vedere
rimanendosene come al solito impassibile.
Ma
se avesse scoperto che suo cugino Kyle, approfittando di un momento in
cui lui
era in camera sua nella tenuta Mask per farsi una doccia, le aveva
telefonato
spacciandosi per Kevin stesso e con voce suadente fosse riuscito a
convincerla
a raggiungere l’Inghilterra… molto probabilmente
l’avrebbe ucciso di botte in
quel piccolo negozietto per tatuaggi.
Invece,
ignorando che il parente se la rideva sotto l’elmo nero,
consapevole che la
ragazza sarebbe arrivata giusto in tempo per le nozze ( Kyle Mask aveva
già
provveduto a pagarle il biglietto ) alla sua totale mercé e
decisamente
intenzionato a sedurla, decise di tornarsene al proprio posto lasciando
che il
tatuatore rifinisse la sua tela danneggiata.
–
Quella è la porta, Kyle – il cugino gliela
indicò con un cenno della testa –
perché non vai ad importunare i sassi?! –
Invece
che lasciarsi andare all’ennesima battuta graffiante, Kyle
dette retta al
parente risistemandosi la giacca di pelle e andandosene via
ridacchiando per la
reazione gelosa che era riuscito a tirargli fuori.
Se
voleva ferirlo, in senso emotivo e
non fisico quel tanto che bastava per dargli una lezione, era meglio
portargli
via ciò che era di più caro per lui.
Probabilmente era una carognata, ma i due
non erano ufficialmente fidanzati per cui… occhio non vede,
cuore non duole.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
Connors
aveva toppato alla grande. Ma non era colpa sua questa volta, quanto
alla
compagnia di volo interstellare che aveva pasticciato con gli orari di
arrivo a
causa di problemi ai motori a iperluce. Morale della storia: aveva
mancato di
interrogare buona parte della famiglia della sposa, tutte eccetto una
cugina
che a quanto pare era la ritardataria del gruppo, arrivata con un
secondo volo,
ed ora era intenta a polemizzare al banco delle informazioni
all’aeroporto per
un presunto rimborso o qualcosa di simile.
–
Come sarebbe a dire che non mi rimborsate il biglietto?! Il vostro
pacchetto
prevedeva che, oltre all’arrivo in navetta, avrei avuto anche
il viaggio in
pullman fino in città! E ora mi dite che devo arrangiarmi?!
–
–
Signora, mi dispiace per l’incomprensione – il
ragazzo del punto d’ascolto
sembrava un po’ a disagio a chiamarla
“signora” visto la giovane età della
Deva
– ma sul sito l’offerta era valida solo per il
viaggio di andata… quello che
dite voi è un servizio per un altro pacchett…
–
–
Mi stai dando della stupida? Perché 30 ore fa
quell’offerta non era stata
aggiornata durante il vostro ultimo update al vostro sito! –
Il
soldato americano non riusciva a vederla bene perché gli
dava le spalle, ma una
ragazzina minuta di un metro e sessantasette, con indosso un kimono
color pesca
e quella che sembrava una sacca azzurra legata sul davanti, forse per
evitare
che gliela rubassero, aveva decisamente un caratterino piuttosto
battagliero. Non
le dava che sui venti anni d’età e da quello che
gli era stato detto doveva
trattarsi di una cugina della dottoressa… la più
giovane a dire il vero. Decise
dunque di entrare in scena pure lui.
–
C’è qualche problema miz…? –
Tirò
fuori il suo proverbiale sorriso da schiaffi facendo bella mostra della
pettorina che lo identificava come un membro della compagnia
areospaziale, o
qualcosa di simile visto che lo stemma dei Lancaster era ovunque,
cercando di
acchiapparla “alla vecchia maniera”.
La
giovane voltò solo la testa verso di lui, guardandolo con
sottile sarcasmo, e
Connors potè notare che la ragazza aveva una frangia color
rosa confetto ad
incorniciarle un volto ancora da bambina, prima di parlargli in modo
alquanto
spigliato.
–
Si, ho un problema! – frugò nella sacca azzurra e
tirò fuori qualcosa che
decisamente il soldato non si aspettava – potresti tenermi la
bambina mentre mi occupo di questo
incompetente qui?! Grazie! –
La
faccia di Michael era assolutamente qualcosa da primo piano nel mentre
che
prendeva con ambo le mani una bimba di neanche tre mesi di vita che lo
guardava
perplessa per quel cambio di programma. La bimba, anch’ella
bionda come la
madre ( a quanto pare nel clan della Kalinina erano tutte bionde o
quasi )
parve non apprezzare molto come l’americano la stesse tenendo
in braccio mentre
la madre era intenta a discutere animatamente con il povero impiegato
di turno,
anche perché la teneva in mano come se fosse stato un sacco
pieno di uova con
le mani sotto le sue piccole ascelle, arrivando quasi a mettersi a
piangere.
“Non
piangere piccolo mostro!” pensò velocemente, e nel
panico, un Connors che con i
bambini decisamente non ci sapeva fare. Non così piccoli
almeno.
Ma
fu proprio al culmine di tutta quella scena assurda, con la giovane
Deva che
quasi urlava e la bambina che stava già singhiozzando, che
l’americano se ne
uscì con un “BASTA COSÌ!” che
portò un improvviso silenzio in quell’angolo di
aeroporto
abbastanza affollato.
–
Io… ehm – si morse il labbro inferiore
dall’interno vedendo che molti lo
guardavano, giovane Deva inclusa con un sopracciglio alzato, dandogli
non poco
fastidio – ho una idea migliore che litigare con quel piccolo
brat. A patto che tu ti riprenda
la… ehm
– stava per dire “la cosa” – la
bambina! –
(
… )
–
Allora… fammi capire bene. Tu lavori per il signor Lancaster
in persona e non è
una balla –
–
Corretto, miz Eiko – l’americano si concesse il suo
solito mezzo sorrisetto da
spaccone – e a nome suo ti chiedo scusa per i disguidi
tecnici che ci sono
stati –
–
Eh! Dunque ora mi stai accompagnando da lui perché deve
porgermi le dovute
scuse? Wow, prendete davvero sul serio il vostro lavoro! –
Lo
disse con un misto di ironia e sincero divertimento, tornando
brevemente a
guardare la strada che davanti a lei serpeggiava quasi sgombra di
automobili,
quasi in procinto di raggiungere la villa dei Lancaster.
Si
trovava all’interno del suv dell’ex mercenario, e
quest’ultimo stava guidando
piuttosto velocemente, ma comunque tenendosi entro i limiti di legge
per non
spaventare troppo la sua ospite, verso una meta che si prefissava molto
più che
un banale incontro per le umili scuse di un nobiluomo.
Avevano
bisogno di quella ragazza per saperne un po’ di
più sulla stravagante “tuttofare”
di mister MacMadd, ma fino ad adesso era stata una chiacchierata
piuttosto…
piacevole. Eiko, questo il nome della giovane cugina di Alya, per i
suoi 20
anni di età appena compiuti si mostrava piuttosto
indipendente e intelligente
per non essere decisamente caduta alle sue avance piuttosto sfacciate (
era una
bella ragazza, perché non provarci? ) e aveva accettato di
viaggiare con lui
dopo avergli visto tutti i documenti possibili. Anche se
quest’ultima sua
richiesta, di portarlo a svuotarsi le tasche anche delle cartine delle
caramelle scartate, sembrava solo un metodo molto velato per prenderlo
per i
fondelli.
–
Piuttosto… posso chiederti della bambina? Se non
è troppo personale… –
–
E perché dovrebbe esserlo?! – sbottò
quasi divertita voltandosi brevemente a
guardarlo – comunque, direi che è mia figlia,
è in buona salute, e nonna l’ha
già definita un “pozzo senza fondo” per
come mangia senza mai essere sazia… un po’
come me, in effetti! Tranquillo comunque, e non fare quella faccia!
Mica ti
mangio, eh! –
Giusto,
logico, come se fosse la cosa più normale del mondo che una
ventenne si rovinasse la vita
così. Mettendo al
mondo una figlia all’infuori della sicurezza economica di un
matrimonio o di
una convivenza e… ah, già. Si era scordato che
per le Deva il mondo gira in
modo differente dalle regole del patriarcato e sono solite vivere in
clan
piuttosto uniti.
–
Ehm… non sono preoccupato che tu possa darti al
cannibalismo, perché comunque
morirei felice – e
qui la giovane rise
ancora, era un terrestre piuttosto diretto – piuttosto il
padre della piccola…?
Non l’ho visto all’aeroporto –
–
Non c’era infatti, vive sulla Terra. Non su Amazon
– non lo disse con rabbia o
malinconia – però sarà presente al
matrimonio, questo posso assicurartelo! Voi terrestri
lo chiamate Neptuneman se non sbaglio… con me si
è presentato con il suo vero
nome, però–
A
sentire quel nome quasi ci mancò che il soldato inchiodasse
in mezzo alla
strada rischiando così di fermare il traffico –
che cosa? Quel Neptuneman lì? L’ex
wrestler??! Cavoli, la bambina è una star…
sebbene non comprendo cos’abbia di
speciale per averti colpito –
“e
quel tizio è un vecchio porco” aggiunse
mentalmente Connors per ovvi motivi. Ma
non era il primo vecchio lottatore che andava su quel pianeta a caccia
di carne
giovane, ne sarebbe stato l’ultimo, e a quanto pare era stato
fortunato a
trovare una preda fresca, fresca… ma non gli dava
l’idea che fosse la solita
povera vittima della serie “sedotta e abbandonata”.
–
Hm, vuoi davvero sapere com’è andata…?!
– ora la giovane, con ancora la bimba dentro
la sacca legata in petto, aveva un sorriso un po’
più tirato sebbene i suoi
occhi color nocciola continuassero a restare vispi –
è stato molto carino con
me, e non si è tirato indietro quando gli ho parlato della
mia volontà di avere
una figlia proprio con lui…
e poi a
lui è piaciuta molto la mia risata –
–
Uh, beh… non vedo che ci sia di strano nel sentire una bella
ragazza ridere – ed
eccolo che tornava alla carica, tanto da
portare Eiko a roteare gli occhi – probabilmente
l’avrai stregato
e… –
Fu
a quel punto che la giovane Deva non si trattenne
dall’emettere una risata, del
tutto genuina tra l’altro, nata dalle parole
dell’americano e destinata a
trasformarsi in qualcosa di… assurdo, e del tutto simile al
verso di un
delfino.
Per
forza di cose Connors rimase letteralmente sbigottito nel sentire una
risata
così assurda, tanto da guardarla con due occhi
così ( facendola pure ridere
normalmente ) e andando quasi fuori strada trovandosi per questo a
ricevere
alcuni insulti dagli automobilisti vicino a lui.
–
Che… che cazzo era quello??! Cioè…
era… – stava
per mettersi pure lui a ridere – no dai!
Non ridere! Dimmi come ci sei riuscita!! –
–
Uuh! Ci riesco da quando sono bambina! Ora però riesco a
controllarla, ma
quando ero piccola credimi… credo quasi avessero ragione a
prendermi in giro! –
–
Stai scherzando spero! Oh cavolo… penso che adesso il nome
di quell’uomo abbia
un valido significato –
–
Non l’ho visto farsela con i delfini, però mi ha
confessato che trova la mia
risata molto sexy, per cui… –
Era
una ragazza divertente nel suo sottile cinismo, anche nel fare quel
commento un
po’ cattivo sull’uomo che le aveva dato una figlia,
e per tale motivo suscitava
un certo interesse nell’ex mercenario tanto da ripromettersi
di non essere
troppo “sgarbato” nei suoi confronti nel caso
mister Lancaster gli avesse detto
di occuparsi di lei.
(
… )
Eiko
rimase piuttosto sorpresa dall’immensa villa che era la casa
di Howard
Lancaster, l’uomo che si doveva scusare con lei, trovandola
così ricca e
sfarzosa ( ma non “dannosa” alla vista o spiacevole
da guardare ) da rimanere a
bocca aperta nell’osservare i giardini
dell’ingresso e poi anche l’interno
della casa stessa.
–
Apperò… il tuo capo si tratta bene. Lo stipendio
è buono, si?! –
–
Beh… non mi lamento – anche perchè il
suo stipendio era più che buono – questa
è solo una saletta d’attesa per gli ospiti, se lo
aspetti qui può andrà più che
be… ne…
–
–
Beh, allora al posto delle scuse gli chiedo se mi assume come sarta a
tempo
indeterminato. Altroché! –
La
giovane era andata a sedersi su di una poltroncina di pelle color crema
e, come
se nulla fosse, fece scivolare una spallina del kimono fino a scoprirsi
del
tutto un seno per allattare una figlia un po’ impaziente di
essere nutrita.
Connors
rimase fermo a fissarla come uno stoccafisso con la bocca dischiusa e
si
riscosse solo quando un voluto colpo di tosse di mister Lancaster,
anche lui in
imbarazzo per la scena, si presentò in stanza cogliendo un
po’ di sorpresa il
capo della sua security.
–
Si? Che c’è?! – la giovane
guardò abbastanza perplessa i due uomini un po’
imbarazzati
– sto allattando mia figlia, non pisciando sul tappeto. Anche
se da quello che
mi racconta mia cugina tra un po’ è più
normale che una donna faccia la seconda
opzione che la prima, qui sulla Terra… –
–
Ah-ehm… mi permetta di presentarmi signorina –
l’uomo vestito tutto di bianco
fece addirittura un piccolo inchino nei confronti della Deva, mentre il
soldato
dovette guardarsi attorno per stemperare l’imbarazzo
– sono Howard Lancaster,
il proprietario della compagnia con cui avete viaggiato e siete rimasta
insoddisfatta… per cui, permettetemi di porre rimedio alla
spiacevole faccenda –
fece per prendere dalla tasca interna della giacca il libretto degli
assegni –
e lasciare che siate ospite mia per questa giornata, sarete
esausta… –
–
Se mi date un trattamento come quello di mia cugina Ally allora potete
tenervi
l’assegno! Ehi! Ciao Ally!! –
Per
un momento tra i due uomini calò il gelo assoluto quando la
giovane Deva,
ignorandoli, salutò allegramente una persona alle loro
spalle fuori dalla
parete a vetro che dava all’esterno del complesso ( quel lato
era affacciato su
di una piccola piscina ) e che i due terrestri riconobbero
immediatamente come
la tuttofare di Vance MacMadd, in accappatoio bianco e intenta a bere
del
mojito nel mentre che salutava con una mano la giovane parente.
Lei
era li.
Nessuno
l’aveva liberata.
Nessuno
le aveva dato il permesso di lasciare la base super segreta.
E
questa cosa andava IMMEDIATAMENTE chiarita prima che entrambi gli
uomini non si
mettessero ad urlare come dei dannati.
(
… )
–
Lei è pazza!! Incosciente! Sfrontata!!! Come diavolo ha
fatto a fuggire dal
campo alfa?! –
Howard
Lancaster era furioso, mentre miss Alana come al solito, stavolta
rivestita con
i precedenti abiti lasciati in uno spogliatoio vicino alla piscina, era
piuttosto calma e intenta a finire di bere il proprio drink.
Ora
si trovavano all’interno dell’ufficio del padrone
di casa, Connors a suo
malgrado si era attirato le occhiatacce della madre del capo e della
suocera ed
ora le due donne stavano tempestando Eiko di domande , e a guardare le
spalle
del marchese ci pensavano solo due guardie armate ai lati della porta
d’ingresso.
La donna tuttavia, fece spallucce alla sfuriata dell’uomo.
–
Non sono fuggita. Sono semplicemente uscita –
aspirò rumorosamente con la
cannuccia notando che ad Howard stava venendo un tick
all’occhio sinistro – hai
degli uomini poco svegli effendi, se non si sono ancora accorti che
manco dalla
mia stanza, ma la bambola ha funzionato alla grande –
La
sua “via di fuga” sicura era quella dannata bambola
in silicone che non aveva
neppure provveduto a mettere qualche vestito per farla sembrare
più credibile,
lasciando intendere che il caro Howie doveva licenziare un
po’ di persone… in
particolar modo quelli che al momento stavano usando quel dannatissimo
giocattolo!
–
Q-questo non toglie che siete comunque riuscita ad eludere la
sorveglianza
esterna – riuscì a riacquistare una certa
compostezza tornando a guardarla
glaciale – e siete arrivata sino a casa mia
gironzolando come se nulla fosse –
–
Mbeh, ho fatto una pompa al tizio del cancello e sono uscita.
Così va meglio? Avevo
bisogno di uscire… e mi manca la mia rana urlatrice
– una creatura tipica di
Amazon con la tendenza ad urlare come un umano vero – mi
aiuta a pensare–
Quella
frase fece quasi cadere a terra mister Lancaster e portò i
due soldati a urlare
dal troppo ridere, finendo con l’essere fulminati dallo
sguardo del loro
signore che mal digerì quella sconcia confessione.
A
dir la verità, a diversi km dalla sua tenuta, nel famoso
campo alfa dedito all’addestramento
dei suoi uomini, un uomo era davvero felice per aver ricevuto una
pompa…
idraulica, adatta alla spurga di una fognatura che troppe volte si
intasava perché
costruita male. Ma questo i presenti ancora non potevano saperlo, e il
marchese
si vide costretto a prendere una decisione più drastica.
Non
avrebbe chiesto informazioni alla giovane Eiko, o almeno non
direttamente e
avrebbe lasciato il compito a Connors, dandogli lo specifico ordine di
essere
delicato con quella femmina per ovvi motivi, mentre lui si sarebbe
puntato sull’interrogatorio
di una miss Alana che con quella sua “evasione”
sembrava quasi volerlo sfidare.
Tra le altre cose, forse poteva interrogarla con metodi più
scientifici e
frugarle nella testa con l’aiuto della sua tecnologia sempre
più avanzata non
ancora in commercio.
Stava
diventando una cosa dannatamente personale, ma il suo istinto gli
diceva che
quella donna non era chi
voleva far
credere di essere.
|
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Capitolo 20 *** briciole di pane ***
–
Credo che mio figlio mi stia nascondendo qualcosa… Nicht gut!
–
–
Non solo il tuo, ma anche il mio ragazzo sembra piuttosto teso e
nervoso. E un
texano di solito quando aspetta un matrimonio salta come un fagiolo
ballerino,
non che mette un simile broncio –
–
Speriamo che il mio piccolino non si sia messo nei pasticci! Di solito
lo
capisco subito quando mi nasconde qualcosa, ma stavolta ci sta mettendo
di
impegno per non farsi scoprire dalla mamma –
Normalmente
la sala ristoro dell’Hotel Milestone, l’albergo
scelto dai componenti della
Muscle League come luogo di soggiorno per i suoi istruttori, era un
luogo abbastanza
pulsante di vita ma in quel mattino specifico erano presenti poche
persone
nella grande sala riccamente decorata e in un tavolo erano seduti ben
tre
individui piuttosto noti nell’ambiente del wrestling. Almeno
i primi due, ossia
il tedesco Broken Jr, l’americano Terryman e la signora Suzie
Tusket di
nazionalità irlandese.
–
Conosco Jeager, è sempre stato un ragazzo onesto con me fin
da quando era
bambino… non è da lui nascondermi le cose
–
Questo
era vero in effetti, ancor prima di scoprire che l’anziano
wrestler era suo
padre, Jeager era sempre stato un bambino desideroso di apprendere il
più
possibile per diventare più forte e credendo, ingenuamente,
che così facendo la
tragedia della precoce morte dei suoi amati zii non si ripetesse mai
più.
Quell’evento
era stato tanto infausto quanto premonitore per l’ex
lottatore tedesco figlio
di una “nobile” discendenza di lottatori, vanto del
suo esercito fin dai tempi
di suo nonno Broken Senior Senior nel Terzo Reich, che da dopo la morte
della
moglie, sentendosi completamente inadeguato come padre, aveva affidato
agli zii
materni uno Jeager ancora in fasce e ignaro
di tutto.
Broken
Jr alle volte pensava di essere stato un codardo quella volta, ma
sebbene non
fosse stata colpa sua se la madre di suo figlio era morta, non si
sentiva
adatto a quel ruolo tanto importante. Il destino però volle
diversamente e lo
fece in modo assai più duro, continuando comunque a
sbagliare nel non rivelare
la propria identità ad un allievo pronto a tutto pur di
superare i limiti. Si
era sentito inadeguato come padre per troppo tempo, e sebbene il loro
non fosse
un rapporto affettuoso come potevano esserlo quello tra Terryman e suo
figlio o
tra Wally e sua madre, stava comunque recuperando il tempo perduto
scoprendo di
avere molti punti in comune con quella testa calda.
Tipo
un orgoglio che portava ironicamente a essere scoperti.
–
Mmh… in tal caso sarà bene che chieda a Wally di
essere più onesto nei miei
confronti, non è bene che nasconda le cose a sua madre e a
sua sorella –
–
Ad ogni modo, non penso che sia nulla di grave – il tono di
voce dell’americano
pareva sincero agli altri due ospiti intenti a sorseggiare del
tè – i nostri
ragazzi sono in gamba e ormai sono grandi abbastanza per potersela
cavare da
soli direi… sono usciti fuori indenni dalla Scuola di
Ercole, sono ligi alle
regole, non farebbero mai nulla che ci farebbe preoccupare. E
poi… mi fido di
mio figlio –
Sia
Broken Jr che la vedova Tusket non poterono che concordare con il
texano. I
loro figli erano ormai lottatori professionisti e ligi alle regole
oltre che al
dovere, quindi molto probabilmente erano nervosi per la Corona Chojin
che si
stava prorogando oltre il limite di sopportazione non certo
perché erano dei
criminali incalliti!
E
furono proprio le parole di Terryman Kenyon a fermare il figlio
dall’avanzare
dentro la grande sala per presentarsi al padre, e lo stesso discorso
valse
anche per Jeager e Wally che, sapendo che i rispettivi genitori
soggiornavano
in un altro albergo dal loro, vollero accompagnare Terry nel suo
viaggio.
L’entusiasmo di riabbracciare i familiari dopo tanto tempo si
spense nei tre
giovani, sentendosi incredibilmente mortificati a quelle parole di
Terryman per
quanto non fossero colpevoli di nulla.
–
Uh… la mamma pensa che io sia davvero un bravo ragazzo!
– Wally era quasi sul
punto di piangere dalla commozione – ma non posso rischiare
di metterla in
mezzo…! –
–
Giusto… senza contare che, anche se siamo innocenti, il
disonore che ne
verrebbe fuori sarebbe troppo grande da sopportare per i nostri
genitori –
concordò uno Jeager scuro in volto – per non
parlare di Broken Jr poi… –
Erano
tutte parole fin troppo vere quelle, ma solo Terry rimase in silenzio
osservando
la chiacchierata tra i tre individui che ora si faceva più
informale
soffermandosi a parlare del più e del meno.
–
Avete ragione – disse infine, pur continuando a starsene
nell’ombra – non
possiamo esporli troppo ma non è neanche giusto tenerli
all’oscuro di tutto.
Voi potete fare come volete, ma io stasera ho intenzione di avvertire
il mio
vecchio su cosa realmente è successo… se
è vero che si fida di me allora io
altrettanto posso fidarmi di lui –
Terry
Kenyon aveva detto qualcosa di inaspettato che aveva lasciato i due
chojin
piuttosto tesi, ma nonostante tutto aveva ragione, sebbene nessuno tra
loro
voleva vedere i propri genitori coinvolti in spiacevoli incidenti.
Prima
che il matrimonio di Robin Mask fosse celebrato, era giusto avvertirli
sebbene
sarebbe stato il caso di usare le parole giuste, come nel caso della
madre di
Wally Tusket, per non far nascere fraintendimenti non necessari.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Connors, mi fai un favore? Per la prossima volta puoi evitare che
quelle due befane mi sequestrino?!
Ho la gola secca
a furia di inutili chiacchiere… neppure mia nonna
è così temibile –
–
Eh! Mi spiace miz Eiko, ma le due signore sono mamma e suocera di
mister
Lancaster, per cui… –
–
Ti tocca sopportare e subire ogni volta. Sicuro che la tua sia solo
lealtà nei
confronti del tuo capo e non una sottile vena masochista? –
A
Michael Connors poco ci mancò che sputasse la birra che
stava sorseggiando a
causa di una rauca risata che riuscì comunque a controllare.
L’ex mercenario
era ancora in compagnia della giovane Deva e adesso si trovavano nel
grande
parco esterno, seduti su di una panca con alle spalle uno dei tanti
laghetti
ornamentali pieno di ninfee e anatre. Un bel posto, ma il sarcasmo di
Eiko non
si fermava neppure di fronte a quello spettacolo unico. Ovvio che con
le
anziane signore di casa era stata educata, e loro addirittura le
avevano
regalato una carrozzina per la piccola cosicché potesse
stare un po’ più libera
di muovere i piccoli arti ( e di questo gliene fu grata ), ma
l’avevano davvero
tempestata di domande su di lei e la bambina e ora era…
esausta e nervosa.
E
di questo l’americano ci godeva, perché a quanto
pare tirava fuori il meglio
quando era su di giri.
–
Sai una cosa? Con il carattere che hai potresti diventare una
soldatessa
perfetta! Poi i nemici li stendi anche con una risata, volend-No! Non
ti
azzardare a fare il delfino, eh! –
La
minacciò in modo scherzoso di innaffiarla con la bottiglia
di birra, ma aveva
comunque lanciato la propria esca per intavolare la prossima
conversazione.
Mister Lancaster voleva avere delle informazioni sulla tuttofare di
Vance
MacMadd, una donna che a quanto pare se ne fregava se degli innocenti (
quelli
che intendeva lui, come ad esempio Emerald ) finivano coinvolti in
brutti giri.
–
No… no! Non ho intenzione di diventare una Cortigiana! Ne
abbiamo avuta una in
famiglia e questo basta e avanza! –
–
Hm, sul serio? Devo ammettere che il vostro esercito mi ha sempre
affascinato –
disse lui con sincerità, sorseggiando la bottiglia di birra
e guardandosi
altrove – hanno una disciplina molto ferrea e sono tenaci, un
vero peccato che
non prendano uomini tra le loro file… ma comunque, avevi
davvero una parente
tra le Cortigiane? Fico! –
–
Si, ne avevo una… la mia cugina più anziana
– avvicinò la carrozzina più vicino
a se per vedere se la piccola aveva bisogno di qualcosa – ci
è stata per venti
anni e poi se n’è andata. A dire il vero non ne so
molto, ho sempre trovato mia
cugina un po’ strana… riservata, ecco –
beh, per Michael era completamente
fuori di testa – l’unica che sa davvero cosa sia
successo è mia nonna, ma si è
sempre rifiutata di parlare di colei che considera “la pecora
nera”… bah, valla
a capire! –
Dunque
l’americano aveva completamente toppato nelle sue
investigazioni. Decisamente
fantastico, ma doveva ammettere che la ragazza lo aveva messo sulla
giusta
strada e ora sapeva chi poteva interrogare per sapere qualcosa. Anche
se già si
prospettava magari un interrogatorio duro, poiché dalle
parole di Eiko sembrava
che la fantomatica nonna fosse piuttosto tosta.
Tornò
a mostrare il proprio sorriso da schiaffi quando la ragazza prese in
braccio la
figlia per vedere se aveva bisogno di attenzioni. Era una bimba davvero
fortunata…
–
è l’ora della poppata? – chiese lui,
quasi speranzoso.
–
Voi maschi siete proprio fissati con le tette, eh? E si che le avete
pure voi!
–
–
C-cosa? Io non ho le tette! E non ridere! Al massimo le mie sono tette
da uomo…
e non hanno una doppia funzionalità come nel tuo caso
–
–
Ah, dunque a voi maschi piacerebbe allattare un bambino?
Perché le tette
servono a questo, eh… quindi questa “doppia
funzionalità” – e qui mimò
ironicamente le virgolette con le dita – prima o poi me la
dovrai spiegare
meglio… –
–
Se non te l’ha spiegato Neptuneman allora mi sa che ci
penserò io…–
Borbottò
l’ex mercenario, mangiandosela con gli occhi e, proprio
perché la ragazza non
era una stupida, attirandosi uno schiaffo sulla spalla.
Una
volta che riaccompagnata Eiko a villa Mask comunque, ne avrebbe
approfittato
anche per informare Howard Lancaster degli sviluppi di tutta la
situazione. E
attualmente il suo datore di lavoro si trovava proprio a casa
dell’ex socio in
affari con cui non aveva più stipulato un importante
contratto causa richieste
troppo eccessive. Logicamente Robin non era affatto contento di
vederlo, men
che meno vederlo destreggiarsi tra i tecnici del suono per impostare la
colonna
sonora di un matrimonio tanto chiacchierato, tuttavia la presenza
dell’ex
wrestler era il prezzo da pagare per avergli salvato un figlio ingrato.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Sarò il testimone di nozze di mio padre… ancora
non me ne capacito! –
–
Però direi che hai accettato, no? Altrimenti non saresti qui
a provarti il vestito
che dovrai indossare tra tre giorni –
Era
curioso che Kevin Mask e il suo allenatore Lord Flash si trovavano
attualmente
nella tenuta del padre del ragazzo per effettuare anche loro la prova
costume.
O meglio, Kevin si stava provando il vestito, non trovandosi per niente
a
proprio agio dentro giacca e cravatta, il suo allenatore gli aveva
già spiegato
che per quel giorno aveva altri impegni, tipo preparargli
l’allenamento del
giorno dopo come trainare un treno merci ad esempio, ma questo non
toglieva che
poteva dargli una mano a scegliersi il vestito.
–
È vero, io… alla fine non sono riuscito a dirgli
di no. Avrei voluto però –
–
Ma sempre “però” tu gli vuoi troppo bene
per fargli l’ennesimo dispetto… e
questo è un segno di maturità, se non lo sai
–
Lord
Flash era seduto in modo atipico su di una sedia, con le gambe
divaricate e le
braccia incrociate e appoggiate sul bordo dello schienale imbottito, ed
osservava con una certa ironia il proprio allievo che si allacciava una
cravatta rosso scuro in “contrasto” con il completo
nero. Erano nella stanza
dello stesso Kevin, risistemata per poter ospitare un ragazzo di due
metri
d’altezza, e stranamente non c’era aria di
nervosismo nell’accompagnare i gesti
tutt’altro che goffi del giovane Mask nel vestirsi con abiti
da cerimonia.
–
Tzk, se devo essere sincero… mi sei stato più
vicino tu in questi mesi che lui
nell’arco della mia vita – lo disse con una
naturalezza tale da sorprendere
l’ex wrestler tanto da metterlo in imbarazzo –
molto probabilmente non sarei
qui se non mi avessi fatto rigare dritto, per cui… grazie,
Lord Flash –
–
Mpf… r-ringraziami dopo aver vinto il torneo compag-ehm,
figliolo. Non per
queste cose –
Lo
aveva messo decisamente in imbarazzo con quella sua rivelazione quasi
innocente, ma mai tanto in imbarazzo quanto l’entrata in
scena di Katya che,
con in mano un cesto di vimini per il rammendo, era pronta a sistemare
la
giacca di Kevin seduta stante.
–
Mi è sembrato di capire che qui serve una mano, giusto?
– Nonostante i suoi
quasi 60 anni di età il suo sorriso era ancora smagliante
– tranquillo
comunque, non ci metterò molto… e devo comunque
aggiungere che sei impeccabile
vestito così –
Kevin
Mask borbottò qualcosa con imbarazzo per quel complimento
sincero, perché non
era abituato a vestirsi così, senza badare che il proprio
allenatore si era
alzato in piedi tempestivamente e ora sembrava quasi una stalattite di
ghiaccio. Ovviamente, il giovanotto inglese non poteva sapere che sotto
quelle
vesti attillate si celava in realtà una leggenda del
wrestling, ossia Warsman,
e che quella che aveva davanti era nientemeno che la sua ex compagna.
Tuttavia
il russo, appena la vide entrare riuscì a riconoscerla
nonostante fossero
passati anni dall’ultima volta che l’aveva vista, e
una spiacevole sensazione
di disagio gli riempì il petto come se si sentisse
inadeguato anche solo a
restare lì. Non poteva rivelarsi a lei per ovvi motivi,
anche se una parte di
lui avrebbe voluto salutarla come si deve, sebbene ciò che
gli urlava il
cervello era solo un'unica parola.
“Katya,
perdonami”
Ecco
cosa aveva sempre voluto chiederle, senza mai riuscire a trovare la
forza di
farlo. L’aveva abbandonata temendo di non riuscire a
controllare la propria ira
proprio come il suo defunto padre Mikhailman, costringendola per questo
a
tornarsene su Amazon con la loro bambina che lui avrebbe poi visto solo
qualche
volta l’anno. Durante le festività, i compleanni e
le sporadiche vacanze e
tutto per far il più possibile contenta la sua bambina
evitando il più
possibile Katya. La donna che più aveva amato in vita sua e
che, sempre per il
suo amore, aveva deciso di abbandonare temendo di farle del male.
Era
stato un idiota, forse. La Deva era sempre stata disposta a seguirlo,
l’aveva
supplicato di non abbandonarla ma ne aveva comunque compreso il gesto
seppur a malincuore.
Di
conseguenza il russo fu felice di sapere che con il tempo si era
rifatta una
vita, al contrario suo che invece era diventato un lupo solitario
chiuso nei
propri ricordi. Questo almeno fino a qualche mese fa, quando aveva
deciso di
allenare Kevin trovando consenso nel proprio
ex maestro, riscoprendo cose che si era lasciato indietro
per troppo
tempo.
“Niente
è stabile. Tutto si rigenera” non è
questo che dicono le Deva? Beh, era
dannatamente azzeccato.
–
Uhm… si sente bene, signore? Sembrate così
triste… –
“Perdonami”
–
Uh… n-no, niente! Sono solo rimasto seduto troppo a
lungo… –
–
O a ballare il tango oltre l’orario di chiusura assieme alla
tua “amica”… anche
questo ti rende triste, eh?! –
Ecco,
quello era un momento in cui avrebbe tanto voluto lasciare che la furia
ancestrale lo cogliesse e lo portasse a commettere una emerita
cavolata, tipo
colpire Kevin con una sedia, ma si trattenne perché sapeva
che sarebbe stato
completamente inutile, sebbene si lasciò scappare qualcosa
che forse era meglio
tenesse per se.
–
Tzè… ha parlato quello che fa sesso telefonico
con la ragazza che ha lasciato a
Tok…–
–
Ehi!! Come ti permetti??!
– fece il
giovanotto inglese sentendosi bruciare sotto l’elmo
– per tua informazione è
successo solo una volta!! –
Con
quella gretta conversazione si stava decisamente toccando il ridicolo,
tanto
che i due si trovarono ad ammutolirsi in contemporanea notando che la
sarta
sembrava essere particolarmente a disagio. Tanto che fu lo stesso Lord
Flash a
scusarsi per primo in maniera tempestiva anche a nome del proprio
allievo.
–
Le… ehm, le chiediamo scusa per quello che abbiamo appena
detto, signora – gli
costava non poterle
dare del tu, ma
forse era meglio così – ma siamo così
nervosi per l’imminenza di queste nozze
che ormai non sappiamo più quello che diciamo –
Disse
testuali parole quasi con freddezza, la stessa freddezza tipica
dell’ex
compagno, tanto da portarla per un momento a guardare un po’
sospettosa
l’individuo che aveva di fronte.
–
Uhm, la capisco… non lo dica a me che sono la madre della
sposa! – poi lo
guardò a lungo con curiosità, tanto da metterlo a
disagio e portando lo stesso
Kevin a guardare la scena con una certa perplessità
– hm… non è che ci siamo
già visti da qualche parte? Ha un’aria
familiare… –
–
Err… direi di no! No, me lo ricorderei mi creda –
“sono un bugiardo schifoso!”
– ed ora, ehm, chiedo scusa ma suona il cellulare! –
Estrasse
in tutta fretta il cellulare che usava come Lord Flash
dall’interno della
giacca, notando con sollievo che stava squillando per davvero dandogli
così un
pretesto per uscire dalla stanza non prima di essersi congedato da
Kevin e
Katya lasciandoli alle loro incombenze. Ma quando rispose al telefono,
fuori
nel corridoio di quell’ala della villa, quasi si
pentì di averlo fatto.
–
Reggaeton, pantegana! Reggaeton come se non ci fosse un domani!!
–
Era
Emerald quella dall’altro capo del telefono, e il russo non
riusciva a capire
se fosse ubriaca o meno tanto da portarlo a borbottare una domanda
confusa.
–
Ehm… ma hai bevuto?! Non ho ben capito cosa intendevi dire!
– no, in realtà
aveva capito ma sperò che fosse stata la ragazza a sbagliare
completamente nel
pronunciare quella determinata parola.
–
Reggaeton… devo farti lo spelling da tanto che sei tonto?!
Sarà quello che
balleremo domani sera all’addio al celibato di Robin Mask!
Sarà qualcosa che
gli invitati non dimenticheranno tanto facilmente… ehe!
–
–
No… senti, non penso sia una cosa da fare in mezzo ad un
mucchio di uomini
avanti con l’età e per bene – il suo
tono era duro, ben capendo le intenzioni
della ragazza. Warsman amava ballare, era il suo passatempo preferito
oltre a
suonare la balalaika, ma quel ballo lo riteneva troppo…
troppo! – pensavo
volessi ballare… che so, un tango o un liscio…
–
–
Seh! Come no! Ho un piano molto più interessante che ci
frutterà parecchio –
anche perché era a conoscenza che suo padre e Robin non
andassero propriamente
d’accordo per vecchi problemi d’affari, quindi una
piccola “vendetta” ci stava –
a meno che tu abbia paura che la tua tutina
aderente mostri troppo un gonfiore
imbarazzante che sorge ogni qual volta ti sfioro, non vedo il motivo
per cui tu
non possa darmi una mano! Sei in debito con me, sappilo! –
Quell’argomento
di essere in debito con lei, per ben due volte, era una cosa che
decisamente
ebbe il potere di farlo incavolare ancora di più, tanto da
portarlo ad alzare
la voce senza usare epiteti carini.
–
Emerald! Sei una dannata puttanella ubriacona! Ecco cosa sei! Te la
puoi
scordare la mia partecipazione se hai unicamente intenzione di mettermi
in
ridicolo!! –
La
sguaiata risposta della giovane lo costrinse a separarsi
momentaneamente dal
telefono abbastanza infastidito dalle sue urla e dalle sue ingiurie,
perché
quando Hammy si incavolava poi era difficile sedarla, anche se in fin
dei conti
il suo era solo un metodo per distrarsi il più possibile
dagli eventi
traumatici che l’avevano vista protagonista tempo prima, e fu
in quel momento
che Lord Flash si sentì osservato.
Due
occhi neri, scuri di rabbia nell’aver udito parole poco
carine, lo osservavano
dal fondo del corridoio come se l’individuo a cui
appartenevano quegli occhi
fosse pronto a scattare per attaccarlo. Warsman non riconobbe
immediatamente
quell’individuo dallo sguardo minaccioso, sguardo che
ricambiò con tanto calore
e simpatia, ma dando una occhiata alla sua divisa militare fece un
rapido
collegamento con il soldato che aveva scortato lui e Kevin fino a
Londra. Si
chiamava… Michael o giù di li, il soldatino
preferito di Emerald, e il fatto
che fosse li era decisamente un mistero anche se, molto probabilmente ,
c’entrava il fatto che Howard Lancaster si stesse divertendo
a fare il dj.
I
fatti non erano esattamente questi poiché Connors si era
recato li per via di
Eiko oltre che per il proprio datore di lavoro. Aveva tuttavia
ascoltato solo
parzialmente la conversazione tra Lord Flash ed Hammy, giusto
l’insulto che il
russo le aveva tuonato al telefono, ma questo era bastato per
l’americano
deciso più che mai a fargliela pagare a quella bestia. Con lo sguardo osservò
il misterioso allenatore di Kevin Mask
allontanarsi dalla parte opposta e sparire giù per le scale,
pur continuando la
sua chiacchierata anche se con toni meno insofferenti, decretando che
era il
caso di chiamare pure lui Howard Lancaster e chiedergli quasi un favore.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Dunque è così che sono andate le cose?
–
Il
piccolo Meat strinse i pugni annuendo con decisione, e a quel punto
King Muscle
non potè fare altro che sospirare pesantemente.
–
Questo è davvero un guaio, amico mio. Se la Corte da la
caccia agli atleti
della Muscle League, allora l’intervento di Vance MacMadd
nell’inquinare le
prove è solo una misura tampone –
Suguru
non era l’unico che quella sera era stato avvisato, in alcuni
casi con le
dovute parole, del reale motivo per cui alcuni degli atleti che erano
stati
parzialmente coinvolti negli incidenti di Tokyo si trovavano in
trasferta a
Londra, ma invece che essere stato avvisato dal proprio figlio, che se
l’era
data a gambe non appena il proprio allenatore lo aveva avvisato che era
giunto
il momento di avvertire il genitore, ci aveva pensato lo stesso Meat a
prendersi il gravoso fardello.
–
Dunque pensi che non sia il caso di intervenire direttamente? Sto
già allenando
i ragazzi in previsione di scontri difficili, poiché da
quando siamo giunti qui
credo che ad attaccarci siano state le proprietarie della scimmia
spacciatrice,
ma per come me l’hai spiegata è il caso di non
interferire troppo con le
indagini… –
–
Come invece sta facendo il nostro ex collega Howard Lancaster. E questo
non è
un bene –
A
parlare non fu re Suguru ma un altro chojin leggendario, ossia Ramenman
che era
in piedi dinnanzi ai due kinniku seduti su delle poltroncine di pelle
scura.
Attualmente i tre uomini si trovavano all’interno
dell’hotel Milestone, nella suite
del re dei kinniku, e le prime ombre della sera stavano già
accarezzando la
città con le sue luci multicolore e la sua vita ancora
pulsante e trafficata.
–
Howard è sempre stato uno tra i chojin più
pericolosi in assoluto, e benchè
abbia disputato un solo incontro in vita sua non fa di lui il super
uomo per
eccellenza – continuò a parlare l’ex
lottatore cinese dalle vesti verdi,
scuotendo lentamente la testa – finirà con il
farsi del male seriamente se
infastidisce le persone sbagliate… e non mi riferisco solo
alle terroriste che
hanno attaccato i suoi uomini, sempre che terroriste chojin siano
–
–
Che io sappia le Cortigiane rappresentano il braccio armato della
League e da
quello che ho visto sanno essere molto determinate – a Meat
tornarono in mente
diverse cose, tra cui l’attacco di quelle ninja a Beverly
Park – ma quello che
ho visto al Muscle Museum Hospital non mi sembrava una chojin che
seguisse le
leggi in modo appropriato… –
–
Quelle Cortigiane appartengono all’esercito base di Amazon,
quelle dalla rosa
rossa, ma esistono anche delle chojin di classe spettro, le detentrici
della
rosa nera, talmente esperte nell’arte del combattimento da
essere uniche. Un
tempo erano circa venti, ma poi… – e qui Ramenman
prese a passeggiare per la
stanza con fare pensieroso – una leggenda dice che ci sia
stata una scissione
nel gruppo, e forse una o più Deva hanno lasciato la squadra
a seguito di un
fatto molto importante che dovrebbe riguardare l’uccisione di
una strega dello
spazio… forse queste donne che vi hanno attaccato sono la
chiave di tutto, ma
purtroppo non ci è dato sapere se sono delle rose nere o
delle rinnegate. Se
fossero ancora un corpo militare, allora ci sarebbe da preoccuparsi
visto i
metodi ancor più brutali di una comune Cortigiana
–
–
Ma a quanto pare queste donne non sembrano più far parte di
questo fantomatico
gruppo visto i tatuaggi che recano in corpo – e qui Suguru si
riferiva al 20
segnato con una X – e quindi se è vero che sono
terroriste Chojin allora non
dovremmo avere timore nell’affrontarle. Ma, ahimè,
se sono delle soldatesse al
servizio della legge… –
–
Dovremmo davvero sottoporci al loro giudizio sommario? Ma anche no,
scusate! – Meat
non aveva tutti i torti ad arrabbiarsi – da quello che ho
capito si possono
sfidare delle rose nere in un regolare duello della League, ed
è anche in vista
di questa possibilità che sto allenando i ragazzi –
Il
piccolo kinniku non aveva tutti i torti in effetti, ma mentre lui era
rimasto ibernato
all’interno di una capsula del tempo, con la
volontà di continuare a servire la
Muscle League e i suoi lottatori, il tempo per i suoi vecchi amici era
passato
e ora Suguru ragionava più a mente lucida di come facesse un
tempo.
–
Non hai tutti i torti amico mio, sebbene un evento del genere
metterebbe in
grave pericolo la vita di mio figlio oltre che il torneo per la Corona
Chojin,
dubito che arrivati a questo punto possiamo fare molto altro se
non… aspettare!
Ma… anche Robin Mask è a conoscenza di questi
fatti? Mi è sembrato sospettoso
l’ultima volta ma non propriamente… ehm, informato
dei fatti–
E
questo perché sia l’ex lottatore inglese che re
Suguru erano ubriachi fradici
mentre osservavano le grazie della Kalinina mentre questa dormiva
ignara della
loro presenza! Lo riteneva un uomo decisamente fortunato per essersi
trovato
una compagna tanto giovane e bella… moolto fortunato!
–
Il matrimonio di mister Mask sarà tra tre giorni…
temete che possano esserci
dei problemi durante il suo svolgimento? Forse è il caso di
avvertirlo – ma
neppure Meat sembrava così sicuro.
–
Hm, no. Se qualcuno è davvero tenuto ad informarlo quello
è suo figlio Kevin –
Ramenman si fermò davanti ad una grande finestra ad
osservare il panorama
esterno – terremo gli occhi aperti durante la cerimonia e in
caso di pericolo
agiremo. Siamo chojin dopotutto, e se per salvaguardare il nostro onore
saremmo
costretti a combattere allora lo faremo –
Il
lottatore di origini cinesi era uno di quelli “della vecchia
scuola” capaci
anche di dare la vita sul ring se questo avrebbe portato onore anche
nell’oltretomba. Un sentimento decisamente non condiviso da
King Muscle che,
con la fifa a mille, era già in procinto di andarsene via
dalla stanza con
passo felpato e una risata piuttosto beota.
–
AhAhah! Ah, si hai proprio ragione, eh! Magari io proteggerò
da vicino la
dottoressa Alya per impedire che… ehm… ad una
civile non venga fatto nessun
male… ma chissà dov’è finito
Kid! Meglio se mi unisco a lui-ehm! Lo vado a
cercare… –
Ma
la sua fuga venne intercettata da un Ramenman decisamente furioso che,
con un
urlo di guerra, si lanciò in volo contro di lui con un agile
calcio colpendolo
direttamente in testa. E quello non fu che uno dei tanti calci che quel
“vecchio asino codardo” di re Suguru,
così chiamato dal lottatore cinese, si
prese durante quella lotta impari che portò il piccolo Meat
a fare facepalm per
l’assurdità di tutta la scena.
“Diamine…
speriamo solo che non emetta un peto dentro questa stanza, data
l’età che ha
dovrebbe essere ancor più micidiale!”
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
I
suoi sensi erano affinati come quelli di un grande predatore. La sua
furia era
identica a quella di un orso ferito.
Mentre
la sua pazienza… era decisamente senza uguali.
Muramasa
Masada continuava a restare in isolamento forzato, con i polsi legati a
due
pali di metallo, con catene d’acciaio blindato che non le
permettessero di
andare da nessuna parte, neppure in bagno a pisciare a momenti, in una
silenziosa attesa continuando a fare il suo lavoro.
I
soldati che pattugliavano la zona, dentro e fuori la sua grande cella,
erano
una costante miniera di informazioni tutte captate dai suoi sensi
costantemente
attivi nonostante le torture subite. E Michael Connors era uno che le
torture
le amava proprio, sebbene con lei non si fosse particolarmente
divertito a
causa di un costante mutismo che la portava solo a mugugnare per il
dolore
delle ferite più profonde ( a ri-prova che fosse la maschera
a distorcerle la
voce e il respiro ).
Era
poco importante comunque, anche perché i soldati fuori dalla
porta della sua
cella stavano chiacchierando di qualcosa di decisamente importante.
–
Dunque… fammi capire bene, Barnes e i ragazzi non sarebbero
morti per sbaglio
secondo te?! –
–
Beh, questa è la mia teoria! Si comportavano in modo strano
dopo aver
ispezionato quel vecchio magazzino giù al porto di Londra
– uno tra i più
importanti lungo il Tamigi – mister Lancaster aveva
acquistato lo stabile
pensando di usarlo come rimessa per le barche, ed aveva mandato Barnes
e i suoi
a ispezionare! –
–
E quindi? – la voce del soldato alla sinistra della porta
iniziava a
spazientirsi – sono morti due mesi dopo il lavoro e poi non
tutti quelli che
hanno sgomberato il magazzino dai tossici e barboni è
rimasto ucciso da quella
puttana assassina! –
Sembrava
in effetti una leggenda alla stregua della maledizione di qualche
faraone
adirato per la profanazione della propria tomba, quindi l’ira
del soldato più
scettico era quasi giustificabile, ma fu a quel punto che il compare
gli mise
la pulce nell’orecchio.
–
Senti, se ti dico che c’è sicuramente
dell’altro molto probabilmente è così!
Alcuni
dicono che Barnes abbia scovato un ingente quantitativo di Sabbia Rossa
nel
magazzino. Alcune tracce lasciavano intendere che ce ne fossero molta
di più e
che il posto fosse stato svuotato in fretta e furia prima
dell’arrivo dei
nostri uomini, ma Barnes, invece di consultarsi con mister Lancaster,
sembra
abbia voluto tenersi quella roba e spartirsela con i ragazzi!
–
Ecco
che la questione sembrava avere molto più senso di una mera
maledizione antica,
ed era proprio ciò che la Deva sperava di ascoltare in mezzo
alle tante inutili
chiacchiere che aveva captato durante quei giorni, dandole un pretesto
per
aprire gli occhi e sondare le schiene dei due uomini ben in vista oltre
il
vetro della grande porta blindata.
–
Seh! Come no! Stiamo parlando di sostanze dopanti, non di cannabis!
Dove vuoi
che l’abbia nascosta quella roba?! –
–
La leggenda vuole che sia stata nascosta in una intercapedine nella
cucina
della sala mensa qui nel campo alfa…–
–
Ahah! E secondo te uno è così scemo da nascondere
il tesoro nella bocca del drago?!
Queste sono tutte fesserie, andiamo! –
Fesserie
per alcuni, briciole di pane per altri. Se Muramasa al momento si
trovava anche
in quel posto, era logico che non si trattava solo di una serie di
sfortunate
coincidenze quanto alla ricerca di indizi fondamentali per la sua
missione.
Per
ora erano briciole di pane, per l’appunto, ma doveva solo
avere pazienza e
aspettare il momento buono per scoprire dove fosse realmente la
pagnotta.
E
di pazienza Masada ne aveva eccome, di quel tipo che portava i soldati
terrestri a non avvicinarsi troppo a lei per l’ovvio timore
di essere mangiati
vivi da quella che avevano definito una bestia dormiente, o ancor
peggio, una
strega dello spazio.
Era
solo questione di tempo, poi avrebbero scoperto anche loro a quale
delle due
opzioni apparteneva veramente la donna che avevano imprigionato.
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Capitolo 21 *** capitolo extra ( imboscati ovunque! ) ***
–
…E mi raccomando! Questo disco prima di ogni altra cosa, non
accetto errori –
I
due tecnici kinniku osservarono perplessi il nobiluomo inglese, tenendo
tra le
mani il vinile dei Village People che aveva donato loro con
l’intento di
rendere più “frizzante”
l’entrata in scena di Robin Mask durante il suo
matrimonio. Chissà se l’ex lottatore si ricordava
ancora che per il suo
quarantesimo compleanno aveva ballato sulle note di Y.M.C.A facendo
sbellicare
lo stesso marchese?! Ad ogni modo, mettere mano alla strumentazione
sonora per
le nozze del suo ex amico ( e socio in affari ) era stato piuttosto
divertente
e fino ad adesso nessun addetto ai lavori aveva mosso una protesta che
fosse
una.
Magari
anche per le corpose mance che aveva passato loro così da
lasciarlo fare in
pace avevano decisamente aiutato, Lancaster difatti un rotolo di
sterline in
tasca ce l’aveva sempre perché “non si
sa mai”, tuttavia anche quello spassoso
passatempo ebbe il potere di interrompersi quando il marchese aveva
ultimato la
propria playlist da mettere su sia durante la cerimonia che durante i
festeggiamenti
veri e propri, in concomitanza con una telefonata del suo uomo di
fiducia
Michael Connors.
“E
dunque mi stai dicendo che potremmo avere delle risposta da una arzilla
centenaria?! Potrebbe anche essere fattibile…”
“Come
potrebbe essere una pessima idea, Eiko dice che è acida come
la bile specie ora
che la nipote prediletta si sposa!”
Insomma
sembrava un lavoro un po’ ( molto ) noioso doversela prendere
con una donna che
con tutta probabilità non aveva molta voglia di
parlare… quindi aveva ordinato
a Connors di raggiungerlo nell’ala ovest della villa che
attualmente era la più
tranquilla e meno popolosa dell’intera struttura. Oltre a
questo, ospitava pure
la camera da letto di Robin Mask, quindi perché non dare una
occhiata alle sue
cose personali? Difatti, una volta che si fu congedato dai tecnici vari
fu
proprio nella stanza dell’ex amico in cui andò a
frugare in ogni dove, ben
presto raggiunto dal soldato di origini argentine.
–
Trovato niente, mister Lancaster? –
–
Hm, solo cianfrusaglie… nulla di utile –
attualmente il nobiluomo vestito di
bianco stava guardando nella toilette usata dalla dottoressa Kalinina,
e a
giudicare dai gioielli e cosmetici presenti messi ordinatamente sulla
superficie del mobile era una donna ordinata anche a casa –
miss Alya tiene
tutto in ordine e con cura, nei cassetti non ho trovato nulla fuori
posto.
Persino il vecchio Robbie cataloga i calzini per base cromatica!
–
Connors
ridacchiò guardandosi intorno – uh…
peccato! Magari la miz aveva qualche
giocattolo interessante nei cassetti –
Solo
a quel punto Howard Lancaster guardò attentamente il proprio
uomo di fiducia,
notando che in una mano teneva una piccola videocamera già
intento a “documentare”
ogni azione.
–
E quella dove l’hai presa? – nel suo tono non
c’era rimprovero ma Connors
sapeva che doveva rispondergli come si deve – non mi pare che
il tuo
equipaggiamento prevedesse una videocamera amatoriale –
–
L’ho presa in prestito dalla dolphin girl – alias
Eiko, causa la sua risata
assurda – mi ha dato il permesso di usarla e io
l’ho usata con discrezione
mentre mi parlava un po’
della sua famiglia… è meglio documentarsi anche a
livello visivo, non crede? –
Lo
disse quasi sogghignando mentre guardava nell’armadio della
dottoressa in cerca
di qualcosa di un po’ meno utile di una prova, e se sulla
carta poteva essere
una idea plausibile quella di avere prove filmate dei loro
sopralluoghi, era
chiaro che alla fine si trattava solo di un capriccio personale.
Howard
Lancaster non si sarebbe mai sentito in colpa nel trafugare qualcosa di
caro a
Robin Mask o alla sua compagna, a riprova che si trovava li solo
perché gli
andava, dunque il marchese si limitò solo a fare in mezzo
sorriso e invitando
successivamente l’ex mercenario a sfruttare la propria
videocamera.
–
Non hai tutti i torti, Connors… quindi secondo il tuo
modesto parere perché miss
Kalinina ha un solo orecchino qui?
Dubito che Robin Mask sia così povero da non potergliene
regalare due… –
Dal
portagioielli estrasse quello che era una scatolina di carta argentata,
molto
pregiata, e il soldato guardò curioso l’interno
della confezione recante una
dedica sul coperchio oltre al manufatto di platino e diamanti. Si
lasciò
scappare un fischio ammirato visto l’articolo di lusso, per
poi prendere in
mano l’orecchino e scrutarlo attentamente.
–
Una volta per fidanzamento si regalava un anello… ma devo
ammettere che il mio
vecchio socio in affari mi ha stupito in
originalità… un SOLO orecchino per la
sua donna! –
–
Hm… credo sia una cosa voluta signore. Una volta sono uscito
con una ragazza
che portava lo stesso orecchino… ma non
all’orecchio! Bensì in un posto molto
più particolare – e con un gesto abbastanza
inequivocabile si toccò il petto.
Il
manufatto che il mercenario teneva tra due dita si presentava come una
stanghetta semicurva di pochi centimetri, recante alle due
estremità due sfere
di platino ricoperte di diamanti e somigliante in tutto e per tutto ad
un
comune orecchino… per il piercing al seno.
–
Oh… no… no, no, no! – Howard Lancaster,
dopo un mezzo minuto di silenzio dove
aveva assorbito l’informazione, inarcò un
sopracciglio cercando di non apparire
troppo imbarazzato e incredulo – non posso minimamente
concepire che una
persona così semplice come la dottoressa possa
avere… un piercing al seno! –
–
Ma i fatti a quanto pare dicono che miz Alya sia un tipino piuttosto
interessante – riprese per bene l’oggetto in
questione oltre che l’epica faccia
del proprio capo – suppongo che il vostro ex socio in affari
non l’abbia poi
presa tanto male visto il regalo che le ha fatto! –
Era
ufficiale, Howard Lancaster era quasi sul punto di scoppiare a ridere
per
quella scoperta tanto imbarazzante che, se l’avesse saputo
Janice, sarebbe
divenuto il pettegolezzo del secolo. Tuttavia dovette contenersi per
forza di
cose, sentendo dei passi sempre più ravvicinati che
provenivano dall’esterno
della stanza e non promettevano nulla di buono visto che si potevano
anche
udire delle voci.
–
Uh… abbiamo compagnia, signore – Connors riprese
la porta della camera da letto
sentendo chiaramente la voce di uomo e di una donna –
consiglierei di battere
in ritirata il prima possibile! –
–
Non abbiamo tempo per andarcene… nell’armadio a
muro, presto! –
Il
soldato riconsegnò immediatamente l’orecchino al
marchese, che in gran fretta
lo ripose nella scatola e di seguito nel portagioielli, andando
entrambi ad
infilarsi dentro l’armadio ben sapendo che fosse
l’unico posto in cui celarsi
prima del prevedibile arrivo dei padroni di casa.
Si
stavano comportando come due ragazzini, e lo stesso Connors si
lasciò scappare
una risatina mentre si chiudeva le ante alle spalle, ma era anche vero
che, per
quanto il motto del marchese fosse “we can”, come
avrebbe potuto giustificare
la sua presenza ai futuri coniugi Mask? Dell’accordo che
avevano stipulato per
quanto riguardava “l’incidente” di Kevin
sarebbe andato a quel paese
definitivamente, e poi ad osservarli dallo spiraglio
dell’armadio parevano
particolarmente nervosi.
–
Uff… tua nonna è un demonio di un metro e
cinquantasette! Mi ha riempito di
pizzicotti ovunque, sono pieno di lividi e non ha un minimo di pudore!
–
Robin
Mask aveva la voce severa oltre che decisamente adirata, nel mentre si
toglieva
la giacca blu scuro e la posava sul servo silente. Ma Alya si
limitò a sbuffare
e a massaggiarsi le tempie prima di scomparire in bagno con
l’intento di darsi
una rinfrescata.
–
Te l’ho già detto ma te lo ripeto. Mi dispiace se
mia nonna ha dei modi di fare
piuttosto bruschi – si avvertì il rumore
dell’acqua del rubinetto che scorreva
– ma non ha preso molto bene l’idea del matrimonio
e vuole controllare che sia
tutto a posto –
–
Tzk… non è molto confortante –
l’ex lottatore scomparve momentaneamente dalla
visuale della telecamera per poi tornare con una valigia che
adagiò sul letto,
sistemando al suo interno qualche giacca e ricambio pulito –
ero appena uscito
dalla doccia stamattina, e lei era li ad aspettarmi fuori dalla cabina!
Mi ha
strizzato i testicoli, Alya! Ancor prima che mi mettessi
l’asciugamano! –
Questa
era una di quelle cose che portarono i due intrusi quasi a starnazzare
dal
troppo ridere, ma sia Howard che Connors riuscirono a trattenersi
notando un
mister Mask che faceva la spola tra letto e armadio personale, loro due
erano
dentro quello della Kalinina per fortuna, continuando a sistemare
dentro la
valigia tutto l’occorrente per passare tre notti
all’interno del cottage
piuttosto lontano da casa. Ma fu la risposta della Deva a cambiare
completamente l’atmosfera, sebbene fu dettata da una sottile
freddezza tipica
di una donna che iniziava a spazientirsi.
–
Vuoi che faccia un controllo più accurato ai tuoi lividi? Ad
ogni modo, ha
promesso che non lo rifarà mai più anche se, a
detta sua, era per controllare
che il mio futuro marito fosse fisicamente sano –
Li
per li Robin Mask non replicò, limitandosi a guardare in
direzione del bagno e
pensando sicuramente a qualcosa di… probabilmente poco casto
visto che decise
di chiudere la valigia, depositandola sul parquet, e avvicinandosi poi
alla
porta della camera dando un giro di chiave nella toppa.
–
Hm?! Perché hai chiuso? –
In
quel preciso istante Alya tornò in camera, si era sciolta i
capelli ed era
intenta anche a togliersi gli orecchini, ed incrociando lo sguardo
vermiglio
del compagno non potè non notare un luccichio piuttosto
complice. C’era
tensione nell’aria, di quel genere che ad uno dei due uomini
imboscati
decisamente non piaceva.
–
Robbie… no! No, no, no… non lo fare maledizione!
– bisbigliò Howard sentendo
l’ovvio disgusto rivoltarsi nel suo stomaco – non
azzardarti a fare quello che
penso! –
–
Ehe… sesso inter specie, eh?! – il suo uomo di
fiducia era di tutt’altro
parere, piazzando meglio la telecamera per non perdersi ogni scena
– potrebbe
essere un documento interessante tutto sommato… –
–
Ma scherzi, vero?? –
Da
fuori tuttavia nessuno dei due futuri coniugi aveva sentito
l’acida domanda di
un intruso ben nascosto, ritrovandosi piuttosto a scrutarsi con fare
sia
complice che divertito. Quantomeno la donna si lasciò andare
ad uno sbuffo
divertito posando sulla toeletta gli orecchini di perle, avvicinandosi
al
proprio compagno e guardandolo con fare solo in apparenza severo.
–
Sai una cosa Alya? Penso che non sia una cattiva idea se tu dessi una
occhiata
ai miei lividi… – nel dirlo si avvicinò
lentamente a lei sfilandosi via l’elmo
d’acciaio, lasciando un po’ stupito un Michael
Connors che non lo aveva mai
visto in faccia neppure nelle repliche della IWF –visto e
considerato che è più
di una settimana che non mi visiti come si deve –
Le
poggiò le mani sulle spalle, una volta deposto
l’elmo ai piedi del letto,
facendole scorrere velocemente lungo i fianchi della giovane che non si
infastidì quando scivolarono dentro la camicetta.
–
Hm, pensavo avresti preferito che ti aiutassi con le valige…
davvero non vuoi
aspettare dopo le nozze? Al cottage saremmo più comodi
–
Ma
non ricevette risposta a quella sua falsa obiezione, poiché
Robin Mask la baciò
famelico, abbrancandole meglio la vita per sollevarla così
da terra in un
“abbraccio” che non le facesse troppo male,
desideroso di riprendersi il tempo
perduto a causa di un matrimonio che li stava tenendo impegnati tutto
il giorno
tra preparativi vari, prove vestito e visite parentali.
–
Hm, non sapevo che Robin Mask avesse una faccia – il soldato
americano inarcò
un sopracciglio, pur continuando a filmare i due che ora si erano
spostati sul
letto per effusioni molto più spinte – pensavo ci
fosse nato dentro quella
lattina… certo che… ehe! Il vecchio ha ancora
qualche colpo in canna! –
–
Umpf! Quando era giovane lo chiamavano “L’Alain
Delon inglese*” giusto per
fargli più pubblicità – lo disse con
una certa noia, per poi zittirsi causa
ovvio imbarazzo che non voleva far vedere a nessuno, visto che quello
che i due
amanti stavano facendo non era esattamente silenzioso – la
dottoressa comunque,
è una donna assolutamente scandalosa –
È
bellissima –
Lo
corresse Connors, quasi sussurrandolo, pur continuando a filmare
piuttosto
divertito. Ma dopo un breve minuto di silenzio tra i due, decisamente
imbarazzante per ovvi motivi, alla fine fu Howard stesso a spezzarlo
prendendo
in mano il proprio cellulare.
–
Ah… al diavolo! Non resterò in questo polveroso
armadio aspettando che il caro
Robbie e compagna finiscano i loro
comodi. Chiederò alla sorveglianza di richiamarlo
urgentemente e… –
Nel
mentre che estrasse il telefonino però, accadde qualcosa di
assolutamente
irreale. Appena la luce del suo telefono palmare inondò il
buio dell’armadio con
una intensa luce azzurrina che illuminò i vestiti della
dottoressa e i volti
dei due uomini presenti, un volto completamente alieno apparve in mezzo
ai due.
I cui occhi della creatura, che ebbe il potere di far impallidire
entrambi gli
uomini quando la videro, guardavano rispettivamente sia il marchese che
il
soldato in uno strabismo osceno come quello di un camaleonte.
–
Ciao –
Non
ci fu una gara a chi scattasse per primo fuori dall’armadio
urlando come un
ossesso, poiché entrambi i terrestri, dopo un lungo minuto
di silenzio in cui
avevano fissato l’assistente di Vance MacMadd, ossia miss
Alana, scattarono
entrambi fuori da quel luogo pieno di tenebra cadendo immediatamente
sul
parquet e continuando comunque a lanciare grida per l’assurdo
spavento subito.
E ovviamente, l’assurda entrata in scena del marchese e del
suo scagnozzo
portarono entrambi i futuri coniugi Mask a saltare sul letto,
costringendoli
per questo a ricoprirsi subito, Alya con un lenzuolo mentre
l’ex lottatore a
riallacciarsi immediatamente i pantaloni poiché dalla fretta
che aveva di
consumare il proprio rapporto con la compagna non se li era neppure
abbassati,
portandoli pure loro a urlare di rimando.
–
Cazzo! Cazzo non è possibile!! – sebbene fosse a
terra Michael non mollò la
presa sulla telecamera e ora puntava la pistola contro
l’armadio aperto – come
cazzo fai ad essere sempre dappertutto??! –
–
Cosa… che cav… Che diavolo?!! – a Robin
Mask veniva solo da balbettare al
contrario della compagna che, dopo un urlo di sorpresa, si era
ammutolita ed
ora si era rannicchiata dietro di lui cercando di capire cosa diavolo
fosse
successo – Lancaster!! Come osi violare la mia casa in questo
modo??! –
C’era
pura ira nella sua voce stentorea, ma non bastò certo a
spaventare un ex socio
in affari che, seppur con un po’ di fatica, si
rialzò in piedi cercando di
riacquistare la solita flemma che lo contraddistingueva. Poteva
cavarsela, lo
sapeva, anche se aveva pisciato fuori dalla tazza.
–
Vedi… vecchio mio, potrà sembrarti piuttosto
disdicevole, ma stavamo… –
–
Raargh!!!
–
L’urlo
di guerra di Robin Mask sorprese un po’ tutti nella grande
stanza, eccetto miss
Alana che uscì con un piccolo balzo dall’armadio
stupendo non poco la cugina,
che rimase comunque a bocca aperta quando vide il compagno caricare a
testa
bassa mister Lancaster per abbrancarlo alla vita e fiondarsi contro la
grande
vetrata dietro di loro.
–
Robin!! –
–
Mister Lancaster! –
Sia
la donna che l’uomo di fiducia del marchese ignorarono per un
momento la folle
Deva, che indossava tra l’altro una tuta bianca da operaio,
piombandosi sulla
finestra rotta e guardando di sotto. I due ex wrestler stavano bene
nonostante
il volo fatto, al massimo avevano qualche graffio come ce li aveva
mister Mask
sul petto nudo e Howard sulla schiena, ed ora si stavano scambiando
qualche
colpo prima che lo stesso marchese decidesse di non peggiorare la
situazione
dandosela a gambe, ma “con classe” come avrebbe
detto lui, urlando a Connors
che si sarebbero visti ai cancelli. Se non dava una lezione
all’ex socio in
affari era perché Janice a quel matrimonio ci teneva, e non
l’avrebbe mai
perdonato se fossero stati esclusi da quelle nozze tanto chiacchierate,
e poi
quando Robin si infuriava riusciva ad essere ancora piuttosto forte.
–
Ah, comunque c’è un passaggio segreto che dalle
cantine porta fino all’armadio.
Lo so perché stavo eseguendo una derattizzazione –
A
spezzare quell’irreale silenzio ci pensò miss
Alana che, cogliendo di sorpresa
tutti, tirò fuori da dietro la schiena un ratto enorme ormai
stecchito. Per ovvi
motivi Alya non resistette a quell’agghiacciante vista e,
emettendo un grido,
si allontanò in tutta fretta dalla zona per andare a
rifugiarsi in bagno.
–
Mandalo via, Ally! Mandalo via!! –
la
sua voce era spaventata e se era scappata in bagno era anche per
cercare di
mantenere autocontrollo. Non le piacevano i topi, e avrebbe avuto paura
di loro
finchè avrebbe campato. Talmente spaventata da non rendersi
neppure conto che l’uomo
che la stava filmando era il misterioso paziente che aveva visitato
tempo prima
e misteriosamente “scomparso” dopo uno strano
incidente avvenuto all’ospedale.
A
suo comando comunque, la donna gettò dalla finestra la
bestia morta, e subito
dopo avviandosi verso la porta della stanza per uscire da li come se
niente
fosse.
–
Wo… ehi, ferma! C-come hai fatto a fuggire dalla
sorveglianza stavolta, eh?! –
A
ruota Connors la seguì decisamente adirato fino nel
corridoio, prendendola per
un braccio e costringendola a guardarlo… con occhi
assolutamente dritti questa
volta.
–
Guarda che non sono scappata, eh! Ho fatto una sega al soldato
Williams, e lui
mi ha lasciato andare a fare ciò che mi ero prefissata di
fare a questo
matrimonio… una derattizzazione completa! –
Ecco,
quella fu una cosa da portare il luogotenente di mister Lancaster a
massaggiarsi le tempie per cercare di annullare, inutilmente, lo stress
che
stava crescendo in corpo. In particolar modo, evitando di chiederle
“che tipo
di sega” avesse fatto per quel soldato.
–
N-no, senti… – aveva ancora la pistola in mano, e
aveva voglia di usarla – ti
abbiamo chiesto gentilmente di
sottoporti ad alcuni test medici. Non puoi andartene così
come se nulla fosse! –
–
E dovrei far preoccupare la mia famiglia? Ma anche no! E
comunque… – fece la
donna, con gli occhi che tornarono storti nel mentre che ritornava a
passeggiare per il corridoio – mia cugina si è
fatta quel piercing dopo una
delusione amorosa avuta con una ragazza terrestre. La tizia in
questione l’aveva
sfruttata solo per rubarle la tesi di laurea… gentaglia,
si?! –
Ecco
un’altra cosa che decisamente sorprese Connors, tanto da
portarlo
momentaneamente a scacciare via lo stress accumulato fino a quel
momento e
ricordandosi che tra l’altro
aveva
ancora una telecamera funzionante in mano. Per questo, visto che
ciò che aveva
accennato la tizia era dannatamente interessante, magari
l’avrebbe riaccompagnata
al campo alfa dopo essersi fatto spiegare meglio alcune cosette.
–
Ehe… non è che me la spiegheresti meglio questa
storia?! –
E
nel frattempo che “faccia da schiaffi” Connors
cercava di saperne di più su un
succoso pettegolezzo, Howard Lancaster si stava ancora dando
velocemente alla
fuga in mezzo ai vari operai kinniku che stavano ultimando i lavori per
il
matrimonio inseguito da un ex socio in affari che non ne voleva sapere
di
mollare l’osso.
–
Hoowaaardhh!! – ruggì il futuro sposo, e il
marchese non potè resistere alla
tentazione di punzecchiarlo.
–
Questo mi ricorda tanto il ruggito del leone… che non hai
mai preso! –
Era
una situazione a dir poco ridicola e sembrava che il nobiluomo di
bianco
vestito sembrasse addirittura divertirsi parecchio nel correre e
punzecchiare,
ma ciò che gli operai videro era una scena completamente
diversa.
Nessuno
di loro difatti, aveva mai visto Robin Mask senza maschera…
ma tutti avevano
presente chi fosse Howard Lancaster e al momento vedevano solo che il
marchese
era seguito da uno sbandato che era
entrato, non si sa come, all’interno della villa.
E
fu a causa di questo spaventoso equivoco che successe ciò
che successe. In una
scena così assurda che fu un vero peccato che Connors non
fosse li a
riprenderla.
–
Howard Lancaster è in pericolo!
Presto!
Fermiamo quello sconosciuto! –
Per
quei kinniku quell’uomo seminudo non era il loro datore di
lavoro ma un pazzo
da fermare a tutti costi. E tutti gli operai presenti lasciarono le
loro
postazioni per darsi anche loro all’inseguimento per tutto il
giardino fiorito
fino ad atterrare tutti assieme sulla schiena di Robin Mask.
–
Aargh!! che diavolo fate idioti?! È lui quello che dovete
prendere, non me! –
Solo
per un breve istante Howard si fermò a guardare, con reale
stupore, una scena
che aveva dell’incredibile con il suo ex socio in affari e
collega di ring che
al momento era spiaccicato contro l’erba da una montagnola di
operai
determinati.
–
Whuahaha! Ci si vede al matrimonio, Robbie!! –
La
ridicola risata del marchese era qualcosa di assolutamente insolito per
lui, ma
che rispondeva dannatamente bene al suo motto di famiglia che tanto
fece
ruggire un lottatore senza l’elmo d’acciaio a
proteggerlo da tutti quegli
sguardi. Era stata una giornata tutto sommato spassosa e molto
probabilmente
non avrebbe avuto gravi ripercussioni nell’imminente evento
che sarebbe stato
trasmesso in galassiavisione.
Sarebbe
stato un evento epocale, questo
andava
detto. Ed era più o meno ciò che pensava Nuala
che, standosene appollaiata sui
rami di un grande albero, osservava la scena riducendo gli occhi a due
fessure.
–
Hm, tanti tasselli ma ancora manca il pezzo che mi porti a completare
il puzzle
di Star Wars – e non intendeva quello che stava completando a
casa – ma
suppongo che al matrimonio verranno tutti… per
cui… –
–
S-signora! Qui dentro ai bozzoli fa caldo, non potremmo avere un
po’ della sua
aranciata?!–
La
flebile domanda venne dettata da una guardia poco sveglia che aveva
provato a
fermarla quando era entrata di soppiatto all’interno della
tenuta. Logicamente la
Deva non era rimasta a guardare impassibile, e aveva sbaragliato
velocemente
quel drappello di cinque kinniku che avevano avuto l’ardire
di fermare una
presunta ladra, almeno dal vestito di pelle nera sembrava
così, provvista di
sei braccia e dalla voce inquietantemente mascolina.
Ora
quei buffoni mascherati da luchadores erano infagottati in bozzoli e
appesi
come salami grazie alle sue ragnatele, ed osservando meglio il soldato
con la
faccia da beota le venne da “inarcare” un
sopracciglio ( anche se in realtà non
le aveva ).
–
Uhm, no! – allungò un braccio nella direzione del
prigioniero e dalla mano
partì un getto di ragnatela che gli chiuse la bocca
– comunque, cosa stavo
dicendo? Ah, si… che mi piacciono i matrimoni! –
Poi
detto questo tornò a bersi la propria aranciata light ed
osservando piuttosto
compiaciuta che a quanto pare i lavori in corso erano quasi ultimati,
peccato
che poi tutti quei fiori meravigliosi e i candidi drappeggi si
sarebbero rovinati
nei peggiori dei modi!
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
–
Non ho nessuna intenzione di parlare a mio padre! Piuttosto scappo via!
–
Erano
più o meno cinque minuti buoni che Kid Muscle si ripeteva le
medesime cose mentre
camminava con passo veloce e deciso verso una meta non precisa ma che
fosse il
più lontano possibile da dove si trovavano Meat e suo padre.
Il suo allenatore
era proprio fuso di cervello per aver suggerito l’idea di
parlare a Suguru di
tutto ciò che era successo al drappello di lottatori fino a
quel giorno, perché
francamente Kid Muscle non aveva nessuna voglia di fare figuracce con i
genitori o di incappare in punizioni ben più peggiori.
Una
azione probabilmente codarda, ma non era l’unico
“codardo” che si trovava in
quei paraggi.
Al
contrario di tutti gli altri lottatori che avevano avvisato i genitori,
Kevin
Mask non ne aveva trovato ancora il coraggio. Non voleva deludere il
padre ma
al tempo stesso odiava tutta la faccenda e la possibile reazione che
avrebbe
avuto. Robin Mask era una parte fondamentale di lui, ma i fantasmi del
passato
erano piuttosto difficili da scacciare… ed ora si trovava
all’ombra della
grande ruota panoramica vicino alle sponde del Tamigi, tra bancarelle
colorate
e luci a intermittenza che attiravano i turisti nonostante iniziasse a
farsi
sera.
E
per tale motivo, per evitare noie con fan troppo assillanti,
perché a Londra
era ( per forza di cose ) piuttosto famoso che in altre parti del
mondo, aveva
deciso di passeggiare in una zona un po’ meno frequentata
dalla marea di
turisti sorseggiandosi una birra in santa pace appoggiato con una
spalla ad un
muretto. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, poiché anche
il suo di allenatore
gli aveva consigliato che forse era il caso di spiegare in modo
“edulcorato”
come stavano le cose al proprio padre. Di tempo ne era passato e le
acque si
erano un po’ calmate, quindi perché non provare
secondo la logica di Lord
Flash?!
Ma
non aveva accettato, e piuttosto che discuterci nuovamente aveva
borbottato che
ci “avrebbe pensato su” e dunque eccolo li indeciso
sulle parole da usare.
–
Non glielo dirò mai! Mai! Maiii!! –
–
Ouch! Ehi! Guarda dove vai, idiota! –
Se
non altro sapeva esattamente che parole usare con Kid Muscle che, senza
neppure
guardare dove andare con la sua corsa disperata, gli era andato a
sbattere
proprio di schiena.
–
Eeek! Kevin Mask! Non farmi del maleee! Non volevo farti cadere la
birra!! –
–
Io… ah! Lasciamo perdere – dette un calcio alla
bottiglia e questa andò ad
imboscarsi in una aiuola fiorita – a quanto pare non sei il
solo che ha qualche
problema stasera… –
Era
piuttosto raro trovare un Mask in vena di confidenze, e ciò
portò il giovane
principe dei kinniku a rialzarsi in piedi guardandolo con una ingenua
nota di
curiosità.
–
Uhu?! Anche tu devi dire qualcosa di importante a tuo padre?!
–
A
quanto pare il ragazzo quando voleva sapeva essere sveglio,
poiché aveva
azzeccato in pieno il problema tanto da lasciare il giovanotto inglese
interdetto in un primo momento, e solo in seguito borbottante qualche
frase in
lingua madre.
–
Tzk… secondo te pensi sia una buona idea dire ai nostri
genitori in che guaio
ci siamo cacciati? Sono ancora convinto di poter gestire la cosa
– guai a
mostrarsi deboli davanti ad un futuro avversario – ma forse
per correttezza
sarebbe il caso di avvisarli –
–
C-cosa? Ma sei forse impazzito?! Se glielo diremmo finiremo in un sacco
di guai
e… –
–
Credo che Kevin Mask abbia ragione invece, caro il mio ragazzo!
–
Fu
la voce di Meat a sorprendere entrambi i lottatori,
ed immediatamente si voltarono ad osservare
il piccolo kinniku che avanzava verso di loro con uno sguardo piuttosto
serio e
deciso.
–
Tanto ormai tuo padre lo sa! E non certo grazie a te! – ancor
prima che Kid
potesse contro ribattere però, fu veloce ad assestargli un
pugno in testa non
così forte da stenderlo. Voleva che ascoltasse la sua
ramanzina – tutti gli
atleti, tutti i tuoi amici, hanno parlato con i loro genitori e tutori.
Non è
scappando che si risolve la faccenda! E prima si chiariscono certe
faccende
meglio è per tutti, altrimenti si rischia lentamente di
andare nella parte del
torto –
Non
era un discorso rivolto solo al suo pupillo, ma anche Kevin Mask era
compreso
nell’elenco delle persone poco cristalline.
E
quel piccoletto tanto stupido non era, perché aveva detto
una cosa capace di
far ribaltare lo stomaco al ragazzo e far abbassare la testa ad un Kid
ora
pentito di essersi dato alla fuga.
–
Capisco, Meat… suppongo che tu abbia ragione – il
kinnikku borbottò quelle
parole con un certo imbarazzo – ma scusa tanto, come hai
fatto a trovarm-Ahio!!
–
–
Hai lasciato una scia di devastazione dietro di te! Come vuoi abbia
fatto a
trovarti??! –
Stavolta
il pugno in testa fu dato con così tanta forza da buttare
letteralmente a terra
un Kid Muscle che, effettivamente parlando tra ristoranti saccheggiati
e
ragazze importunate ne aveva combinate assai, e l’ira del
piccolo allenatore
era piuttosto giustificabile.
Kevin
Mask tuttavia non rimase li a guardare, decidendo di lasciare i due
alieni alle
loro incombenze e ripromettendosi che prima delle nozze avrebbe
spiegato
diverse cose a suo padre e ad Alya.
Dopo
tutto quello che era successo era ora che prendesse una decisione da
uomo assumendosi
le proprie responsabilità!
*nella
serie originale la madre di Suguru, durante lo scontro tra il figlio e
Robin
Mask, si da al fangherlaggio quando Robin perde l’elmo
sperando ardentemente
che sotto di esso sia bello come Alain Delon ( farfallona anche lei ma
non ai
livelli del marito xD )
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Capitolo 22 *** il tuo nome sulle mie labbra ***
Ormai
era un quarto d’ora che aspettava, e francamente non era da
lui fare aspettare
così tanto una persona. Non da parte di inglese, comunque.
Quindi
perché Kevin Mask non era così puntuale come lo
era ad esempio a Tokyo? Tant’è
vero che l’aveva invitata alle nozze
del padre e l’aveva fatto in nome della loro grande amicizia,
in barba ai
pericoli in cui poteva imbattersi. Molto strano che il chojin volesse
Niamh al
suo fianco, perché era una cosa che andava a stridere con la
sua volontà di
proteggerla, ma era anche vero che lei poteva rifiutare… e
invece no! Poteva
restarsene in Giappone ma non era riuscita a dire di
“no” al ragazzo che
considerava suo amico stretto.
Ecco,
questo era un argomento piuttosto imbarazzante e dunque per scacciarlo
via si
ritrovò a saltellare sui talloni, gesto che faceva sempre
quando era nervosa,
in attesa di un Kevin Mask che le aveva dato appuntamento proprio fuori
dall’affollato aeroporto.
Era
stato un viaggio lungo e snervante, e il suo unico bagaglio a mano era
un
borsone a tracolla con all’interno solo
l’essenziale ( quindi intimo, ricambio,
saponi e asciugamani ) e un… bah! Una
“sottospecie” di abito elegante che
avrebbe usato al matrimonio preso nientemeno che ai grandi magazzini e
che quasi
sicuramente l’avrebbe fatta sfigurare in mezzo a tutte quelle
dame avvolte nei
loro ricchi abiti. Ma non era giunta in Inghilterra per pavoneggiarsi
in mezzo
alla nobiltà, era venuta li perché glielo aveva
chiesto Kevin… ed anche i suoi
genitori, quando aveva detto loro dove era diretta e con quali
motivazioni,
erano rimasti piuttosto scettici sull’invito in questione.
Se
era partita in fretta e furia era anche per non sentire le loro
lamentele e/o
dubbi sul “possibile” interesse del rampollo di
casa Mask nei suoi confronti,
perché per quanto volesse bene ai propri genitori alle volte
li considerava
troppo protettivi nei suoi confronti. Per non dire che alle volte le
sembrava
che la trattassero con superficialità.
Ma
ora non era il momento di pensare a tutto questo, e spostandosi di lato
per
permettere il transito di una signora piuttosto corpulenta si
ritrovò a
borbottare un po’ spazientita per quel ritardo che le stava
mettendo ansia.
–
Kevin… andiamo, dove sei?! – ma non riponeva molte
speranze di ottenere una
risposta immediata.
Ciò
che invece ottenne, fu una voce simile a quella del giovanotto inglese
ma
proveniente da un ragazzone di due metri e quattordici e completamente
vestito
di pelle.
–
Lui non c’è, ma al suo posto ci sono io. E posso
anche assicurarti che sono una
compagnia migliore –
Nel
sentire quella voce, così simile a quella di Kevin, Niamh si
voltò di scatto
trovandosi a lanciare un piccolo urlo sorpreso e a fare un saltello
indietro
notando che quello sconosciuto era solo simile al suo amico.
C’era qualcosa che
non quadrava oppure era lei ad aver capito male durante quella breve
chiacchierata?! Poteva anche essere… non si reputava una
ragazza molto sveglia,
causa la sua insicurezza epocale, nonostante le amiche e lo stesso
lottatore la
rassicurassero del contrario.
–
Oh… woah! Non era mia intenzione spaventarti! – il
ragazzo mise le mani avanti
per rassicurarla – tu… devi essere Niamh, giusto?
Io sono Kyle, il cugino del
tuo ragazzo, Kevin. Non
è potuto
venire a causa degli allenamenti, per cui mi sono offerto io di venire
a
prenderti –
Si
somigliavano, ma in molti punti erano differenti e non si trattava solo
per
l’elmo nero del Mask che aveva di fronte, e per
l’amor del cielo erano davvero
delle rose tatuate quelle che aveva sul braccio?!, ma anche per il modo
di
presentarsi e parlare. Ad ogni modo, nonostante fosse vestito da
teppista
sembrava gentile e tutt’altro che freddo.
–
Uh, beh… si. Sono sua amica, non ragazza… amica,
ecco. Però grazie per esserti
scomodato per me –
Giocherellò
con un dei bottoncini del suo golfino verde mela tentando di non
bruciare come
carne allo spiedo, ottenendo proprio la reazione che Kyle voleva che
avesse. A
guardarla bene immaginò il motivo per cui al cugino piacesse
tanto la ragazza…
ricordava un po’ Santiago, la sua tata, nel fisico morbido
anche se tutt’altro
che obeso.
Era
graziosa, ricordava quasi una bambola di porcellana con il suo sguardo
da
cerbiatta e i lunghi capelli scuri che le arrivavano fino alla schiena.
Si
chiese se Kevin fosse arrivato al sodo
con lei, ma la risposta se la dette da solo quando provò ad
avvicinarsi alla
giovane e quella fu tosta ad usare il proprio borsone come scudo.
–
Ehi! Che pensi di fare? N-non credi di essermi troppo
vicino?–
La
sua espressione era tra l’imbarazzo e l’intimorito,
non voleva che si ripetesse
l’esperienza del suo primo bacio, perché
francamente parlando con i ragazzi
aveva un rapporto abbastanza freddino e disinteressato. Questo magari
anche per
esperienze poco gratificanti.
Già…
poteva sembrare impossibile visto l’alto numero di ragazze
che gli spasimavano
dietro, ma Kevin Mask si era dimostrato un avventato baciatore troppo
impulsivo
e troppo “indelicato”.
Nei
romanzi che Niamh ha sempre letto i primi baci venivano descritti come
qualcosa
di assurdamente idilliaco, come se i protagonisti toccassero il
paradiso ad
intrecciare due lumache umide
dentro
la bocca. Ecco, il suo era stato un contatto irruento avvenuto in un
luogo
imboscato prima che lui partisse, senza praticamente darle il tempo di
prepararsi emotivamente ma lasciando solo una sensazione abbastanza
disgustosa
in bocca e brividi che le scossero le membra per un bel po’.
Ingenuamente,
e anche a causa del proprio pessimismo, si era quasi convinta che se
non le era
piaciuto era perché alla fine tra lei e lui non era
cosa… quando in realtà
aveva solo avuto una reazione normale per un contatto che non aveva mai
ricevuto prima, fatto senza molto garbo tra l’altro. Quindi
se ora era un po’
paranoica c’era solo da capirla, e Kyle fu comunque ingamba a
notare cosa la
turbasse tanto.
–
Tranquilla… volevo solo prendere il tuo borsone! Sarai
stanca dopo questo viaggio…
– lasciò anteporre un voluto silenzio
in cui
la vide calmarsi con un velo di imbarazzo per aver fatto brutta figura
– ma
sembra che ad averti segnato di più sia
l’indelicatezza di mio cugino–
Altro
colpo sicuro che portarono il giovanotto a sorridere sotto
l’elmo di metallo,
notando come la giovane Niamh assumesse un colorito simile al pomodoro
borbottando qualcosa pur lasciando che il lottatore le prendesse il
borsone a
tracolla.
–
Uh, beh… diciamo così – riprese a
giocherellare con i bottoncini del golfino
arrivando a togliersene uno per davvero e dandosi mentalmente
dell’imbecille –
sono convinta di aver sbagliato qualcosa io perché per certe cose sono
completamente negata… eh
–
Kyle
dovette trattenere dal lasciarsi andare ad una risatina equivoca,
perché non
era della giovane che rideva, mostrandosi invece più
comprensivo e cingendole
delicatamente le spalle con un braccio invitandola così ad
incamminarsi in
mezzo a quella folla di gente.
–
Non lo dire, non credo affatto che sia colpa tua… quanto
piuttosto che alle
volte Kevin è fin troppo
impulsivo e
riesce spesso e volentieri a rovinare tutto – la
osservò con la coda
dell’occhio notando che si era calmata un poco anche se lo
stava guardando un
po’ guardinga – ma ora sei qui, quindi penso che
sia il caso di portarti a
destinazione quanto prima… a meno che tu non voglia
ambientarti un po’ prima e
prendere un bel respiro che non sia l’odore di una trentina
di corpi ammassati
come sardine! –
La
battuta ebbe il potere di rilassarla un poco, e i due procedettero
verso il
parcheggio dell’aeroporto dove il ragazzo aveva lasciato la
sua moto. Come si
era immaginato, studiandosi attentamente le sue reazioni, la giovane
irlandese non era
particolarmente
ansiosa di incontrare Kevin anche se aveva fatto un lungo viaggio solo
per lui.
Doveva piacergli parecchio sebbene il giovane wrestler non avesse
iniziato ad
approcciarsi a lei nei migliori dei modi, e sarebbe stata quella sua
insicurezza che Kyle avrebbe sfruttato.
L’avrebbe
fatta rilassare portandola a bere qualcosa a Camden Town, noto
quartiere
londinese per turisti, ed entro sera sarebbe stata una nuova rosa da
aggiungere
alla collezione… e al caro cugino sarebbero rimaste le
briciole di un pasto che
non ha saputo gustarsi per bene.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
A
Camden Town non c’erano solo ristoranti, tatuatori, pub e
locali di
intrattenimento per turisti e visitatori locali… ma anche
uno degli ultimi
fabbri rimasti nella città di Londra, che con tutta
probabilità avrebbe
continuato ad esistere finchè fosse continuata la dinastia
dei Mask.
Erano
i fabbri ufficiali di famiglia, e da generazioni forgiavano gli elmi
della
nobile famiglia di lottatori nonché le loro armature fin dai
tempi medioevali.
Quel giorno ci sarebbe stata un’eccezione alla regola, per
dirla così anche
perché accettavano qualunque cliente, nel momento esatto in
cui Lord Flash
entrò nella caratteristica bottega situata ai margini
dell’affollato quartiere.
Una
volta che entrò nell’ambiente un po’
polveroso e semi buio, pieno di armature e
armi medioevali, venne accolto dal suono di un grammofono posto sul
bancone
dove un uomo sulla ottantina stava leggendo un libro contabile. Strinse
con più
decisione la ventiquattrore in acciaio, con tanto di chiusura a
combinazione,
deciso a farsi notare con un secco colpo di tosse.
–
Ah… è lei Lord Flash –
l’anziano proprietario della bottega alzò lo
sguardo
verso la porta e la luce della abatjour presente accanto a lui
accentuò
maggiormente le sue rughe – quale tempismo, la vostra
maschera è stata ultimata
giusto ieri sera secondo le vostre disposizioni…–
Il
russo si limitò ad annuire con decisione seguendo il vecchio
fabbro in una
stanza dietro la bottega che doveva fungere da magazzino. E al centro
di un
tavolo posto in fondo a tale stanza, la sua maschera in metallo nero lo
attendeva per essere indossata nuovamente. Quella vecchia purtroppo era
andata
perduta in un disastroso combattimento, e Warsman aveva dovuto fare i
salti
mortali, a livello economico, per procurarsene una nuova giusto in
tempo per il
matrimonio di Alya. Se fosse stata una maschera normale non ci
sarebbero stati
problemi, ma quelle dei chojin spesso non lo erano, come gli
ricordò l’uomo
dietro di lui.
–
Una formidabile lega in acciaio, ferro nero di Amazon, e il raro
metallo
densomorfico della Nebulosa di Orione… fusi tra loro
seguendo quattro fasi ben
distinte, lucidata con cera d’api del pianeta
Kinniku… e per ultimo, l’incisione
al suo interno –
A
quelle parole Lord Flash rimase abbastanza confuso anche
perché non aveva
richiesto nessuna incisione o scritta sulla sua maschera. Prese dunque
in mano
l’artefatto, dando una occhiata all’anziano fabbro
che lo osservava con sguardo
gentile, rigirandosi poi l’oggetto in mano e notando che,
all’interno, era
presente una scritta che lo lasciò in principio perplesso.
“Il
tuo nome sulle mie labbra”
Era
il titolo di una canzone popolare amazzoniana, gliela cantò
per la prima volta
Katya anni or sono, ma non ricordava assolutamente di aver chiesto una
simile
incisione e ciò lo portò a guardare severamente
il fabbro che non si scompose
continuando a guardarlo, di rimando, con sguardo gentile.
–
La committente si è presentata con il nome di Dolores
Haze, dicendo che lei, signore, avrebbe capito…
inoltre, si
è premurata di saldare il conto oltre che elogiare
l’ottimo lavoro svolto –
Oh
si, Warsman aveva capito perfettamente che dietro tutto questo
c’era una
Emerald Lancaster che si era spacciata per Lolita
pur di fargli il terzo favore e “costringerlo”
così a partecipare a quel suo
spettacolo osceno. Probabilmente avrebbe partecipato ugualmente
perché,
nonostante tutto, era sempre lei ad avercela vinta come era anche
descritta nel
titolo della canzone che gli aveva dedicato. Due Deva che hanno un
rapporto
conflittuale, finiscono col bisticciare sempre ma alla fine la
guerriera cede
sempre alla volontà della ben più debole
fanciulla quando questa afferma di
avere il suo nome sulle labbra.
Ed
Hammy il suo nome ce l’aveva eccome… oltre tutti
quelli che era meglio non
ripetere per forza di cose.
Dunque
si limitò ad annuire al negoziante, prima di dargli le
spalle per sfilarsi via
per intero l’elmo e posarsi sul nudo volto martoriato la nera
maschera da poco
forgiata. Gli calzò a pennello immediatamente e i suoi
sensori interni andarono
subito d’accordo con il metallo densomorfico, guardandosi in
uno specchio
laterale inoltre, quasi gli sembrò di rivedersi da giovane
da tanto che era
lucidata ad arte.
–
Devo dedurre che la maschera sia di vostro gradimento, signore?
–
Il
tono e l’espressione gentile dell’anziano
negoziante non mutarono mai durante
quella loro silenziosa “conversazione”, neppure
quando Warsman si voltò verso
di lui “sorridendogli” con quel suo sorriso
inquietante che molti vecchi
avversari ancora temevano di rivedere.
Un
lavoro decisamente ben fatto che ripose nella valigetta una volta
rimessi i
panni di Lord Flash, uscendosene soddisfatto dalla bottega e procedendo
poi
verso la metropolitana…
Venendo
bloccato da un grosso furgone blindato che gli bloccò la
strada con una
improvvisa sterzata.
–
E-ehi! Ma che diavolo…?! –
–
Non ti muovere bastardo!! –
Il
portellone laterale del furgone si spalancò
all’improvviso e un drappello di
quattro uomini uscì fuori all’improvviso
puntandogli addosso dei kalashnikov
con fare piuttosto minaccioso, a cui il russo rispose prontamente dopo
aver
analizzato velocemente la scena.
Non
aveva idea di chi fossero quei tizi, non avevano insegne sulle divise e
il
mezzo sembrava senza targa, ma non stette con le mani in mano e
colpì il
soldato più vicino con la ventiquattrore, colpendolo ad un
occhio con lo
spigolo di metallo. Il soldato guaì per il dolore, e subito
ricevette un calcio
in pieno viso che lo portò ad andare a sbattere contro un
altro soldato che,
per riflesso, sparò alcuni colpi in aria attirando su di se
l’attenzione dei
pochi passanti presenti in zona.
Una
donna dall’altro lato della strada strillò di
terrore, mentre altri scapparono
via o andarono a nascondersi dietro gli alberelli sui marciapiedi, nel
mentre
che la lotta continuava visto che Warsman non aveva intenzione di farsi
prendere. Un altro soldato provò difatti a colpirlo con la
baionetta posta
sulla cima del fucile, ma questa venne prontamente evitata
dall’ex lottatore
che si scostò di lato prendendo la canna dell’arma
e sbattendogliela contro
l’aggressore. Il calcio del fucile lo colpì allo
sterno ma non fu un colpo
invalidante anche grazie al giubbotto antiproiettile, il quarto soldato
fu
invece più scaltro riuscendo a colpire la preda ad un fianco
con il manganello
e riuscendo nell’impresa di farlo cedere in ginocchio dal
dolore.
Lord
Flash accusò quel colpo e anche quello che gli venne
inflitto al volto, ma
resistette alla tentazione di tirare fuori gli artigli affilati. E
anzi, si
parò da un terzo colpo sfruttando la valigetta in acciaio
per pararsi e per
colpire al volto il suo aggressore buttandolo a terra.
–
Chi siete e che diavolo volete?! Ah… lasciamo perdere
– disse agli uomini
rantolanti a terra, facendo un passo indietro – non lo voglio
sapere e
non-Uargh!! –
Non
si ricordava più che gli uomini erano quattro,
più un paio alla guida del mezzo,
e che il terzo uomo aveva approfittato di quella confusione caotica per
sgusciare via e andargli alle spalle per… colpirlo con un
taser e tramortirlo
con una potente scossa elettrica.
Lord
Flash perse dunque i sensi, ma non prima di aver riconosciuto la risata
di un
uomo a lui ben noto. Il mastino dei Lancaster.
–
Eh, eh… ci hai provato, stupid
beast
–
(
… )
Niamh
era diventata pallida in volto alla vista di quella scena
così inusuale per
lei, perché da quando da piccola si era trasferita in
Giappone con i genitori,
per “seguire” i profitti della Muscle League e
quindi più facili guadagni
secondo i suoi parenti, non aveva mai visto scene di guerriglia per
strada.
Mentre Kyle, al suo fianco, studiò attentamente la scena di
un uomo che
combatteva contro un gruppo paramilitare con sguardo insolitamente cupo.
Si
erano fermati a Camden Town per bere qualcosa assieme e chiacchierare
del più e
del meno in una birreria poco affollata e dunque perfetta per passare
del tempo
serenamente, e per permettere a Kyle di conoscerla meglio anche grazie
a
qualche bicchiere di vino che decisamente l’avevano sciolta
dalla sua freddezza
iniziale.
Talmente
brilla da lasciare che il giovane gli passasse una mano tra i morbidi
capelli
scuri, oltre che un’altra mano che finì ad
accarezzarle una coscia sotto la
lunga gonna di stoffa pesante.
Ecco,
quello magari fu un gesto che la fece un po’ ridere ma che
invitò poi il
giovane a “prendere le distanze” perché
effettivamente quello non era il posto
adatto per certe effusioni. Già il viaggio in moto a tutta
velocità era stata
una tra le esperienze più divertenti e spaventose che avesse
mai provato,
perché 150 km all’ora in autostrada, indossando
una gonna, era una cosa da
temerari puri sebbene non se la sentì di ammonire un ragazzo
che in fin dei
conti aveva fatto tanta strada per lei.
Ma
ora, nel mentre che stavano tornando alla moto per tornare alla tenuta
dei
Mask, ecco che videro un evento piuttosto inspiegabile.
–
Io credo di conoscerlo quell’uomo – si riferiva al
russo che ora stavano
caricando sul furgone – è l’allenatore
d-di Kevin… dobbiamo chiamare la polizia…
dobbiamo… –
Certo,
e avrebbero creduto ad una ragazza brilla? Senza contare che la gente
sul posto
era anch’essa uscita fuori dai pub oppure non avrebbe parlato
proprio pensando
ad una trovata pubblicitaria o simila. Kyle però fu di
tutt’altro avviso,
pensando ad un piano veloce che avrebbe fruttato molto di
più che scomodare
qualche sbirro ficcanaso.
–
Hm, no… ho una idea migliore – salì
velocemente sulla moto facendo cenno alla
ragazza di seguirlo.
(
… )
Il
buio per Lord Flash non durò a lungo.
La
scossa elettrica aveva intorpidito il suo computer interno, e in quanto
cyborg
era piuttosto sensibile alle scosse elettriche, ma la sua mente
tornò attiva
prima che qualcuno non decidesse di svegliarlo con una secchiata
d’acqua
addosso. Si ritrovò per questo a tossire e ad aprire gli
occhi, notando con
vista un po’ sfocata che si trovava ancora dentro il furgone,
ora in movimento
per le vie della città diretto in periferia, circondato da
un drappello di
quattro uomini e con le mani legate dietro la schiena.
Il
capo di questi uomini era Connors, il preferito di Emerald ( e Howard )
e
ricordò di averlo incrociato alla tenuta dei Mask e di aver
ricevuto… uno
sguardo particolarmente assassino che ricambiò
adeguatamente. Ma perché lo
avevano rapito? Ad ogni modo ora gli era seduto di fronte con il suo
solito
sorriso che non prometteva nulla di buono.
–
Hm, ci speravo che questa scossettina non ti avesse tramortito
subito…
altrimenti che divertimento sarebbe stato?! –
Il
russo non disse nulla, rimanendosene inginocchiato sulla fredda
superficie del
furgone e notando che, nel mentre era privo di sensi, gli avevano
aperto la
giacca per frugargli nelle tasche interne.
–
Niente documenti… nessuna tessera che ti identifichi come
socio della Muscle
League… solo tu, e questa valigetta che non si vuole proprio
aprire. Sei
proprio un bel mistero, eh?! –
Warsman
fu quasi sul punto di rispondergli, notando che comunque la valigetta
restava
intatta nonostante i tentativi di forzatura, ma nel mentre che decise
di aprire
bocca gli uscì solo un urlo strozzato. Quel bastardo di un
americano, l’accento
era quello, lo aveva colpito nuovamente con il taser approfittando del
fatto
che fosse bagnato fradicio così da aumentare la potenza
della scossa.
–
Woow! Bella resistenza, freak! – alcuni dei soldati risero
vedendo la loro
preda piuttosto provata per quei dieci secondi di scossa –
però quell’urlo non
era la risposta che volevo –
–
Che cazz-o vuoi… schifos-Aarggh!!! –
Un’altra
scossa questa volta all’altezza del collo e della durata di
15 secondi
portarono il russo quasi a svenire di nuovo e i soldati
all’interno del mezzo a
ridersela di gusto. E aveva come l’impressione che quello
sarebbe stato niente
in confronto a ciò che lo attendeva se non si liberava
subito.
–
IO voglio che tu stia lontano da miz Lancaster…
perché, diciamocelo, a parte
prenderti per il culo, lei non potrebbe volere altro da te –
e qui era il caso
che Warsman stesse zitto perché c’era il rischio
di lasciarsi andare ad una
risata ironica – inoltre sei un tipino parecchio misterioso,
hm? Frequenti
gente strana e non dici chiaramente chi sei e quali intenzioni tu
abbia… ho
fatto qualche chiacchierata in giro e… ma pensa un
po’?! è saltato fuori che
sei russo! Testa di cazzo! –
Un
altro colpo al petto bagnato del prigioniero, della durata di 20
secondi, lo
portarono ad urlare più forte e ad accasciarsi al suolo
preda di convulsioni e
con la mente che a fatica rimaneva lucida. Se fosse stato un comune
mortale
probabilmente sarebbe morto in quell’istante, ma essere un
chojin lo avrebbe
portato a sopportare le torture molto più a
lungo… per sua sfortuna.
Connors
aveva parlato con un po’ di persone quel giorno, dopo che
Howard Lancaster gli
aveva dato il permesso di occuparsi della faccenda. Fra tutti i
testimoni
quello che l’aveva colpito di più era il lottatore
Turbinskii che con testuali
parole gli aveva descritto “l’amico” di
Emerald.
“Quell’uomo
è tutto quello che vuoi
meno che inglese. È un russo, come me, sebbene abbia detto
di aver vissuto
buona parte della sua vita in Inghilterra è un buon
conoscitore della vita
politica Russa. Oltre che un gran bevitore di vodka. Ad Hammy piace
ballare il
tango e dunque mi sembrava sensato farglielo conoscere visto che anche
a lui
piace fare quel genere di cose per cui io non sono portato…
Hm, non sono
convinto che sia stata una buona idea visto e considerato che non sono
andati
subito d’accordo. Senza contare che lui è gay
secondo mio parere, e dunque se le ronza attorno credo sia per romperle
il più
possibile le scatole…”
No,
quest’ultimo punto non era vero nonostante i vestiti da
ballerino che
indossava, la passione per la poesia e la letteratura e i vecchi film
in bianco
e nero ( come un fin troppo famoso “Lolita” che
aveva visto tempo addietro con
Emerald ), e le sue abilità di ballerino. E francamente
parlando neppure
Connors ci credeva, pensando che fosse più logica la sua
connessione con quella
bestia di Warsman che aveva messo in pericolo la vita di Hammy tempo
prima.
Quello schifoso che ora si stava
faticosamente rialzando nonostante le scosse subite era senza ombra di
dubbio
qualcuno che insidiava Emerald nel
peggiore dei modi possibili… e che se non fosse stato
fermato in tempo le
avrebbe fatto rischiare nuovamente la vita.
Per
questo, con un ringhio rabbioso pestò la testa del russo
rimettendolo “a
cuccia” sul freddo pavimento metallico, deciso più
che mai a divertirsi per
bene prima di lasciarlo alle amorevoli cure dei ragazzi. Gli avrebbe
anche
tolto la maschera in seguito, ma prima voleva fargli ancora delle domande.
E
nel mentre che l’interrogatorio proseguiva, il furgone si
fermò dolcemente al
semaforo rosso di un incrocio a T piuttosto deserto. Avevano raggiunto
la
periferia e ora si vedevano molti capannoni e fabbriche, pochi passanti
se non
i fattorini e gli operai che lavoravano in zona o i pochi abitanti,
più un
motociclista che si fermò proprio accanto al finestrino del
guidatore.
L’autista
guardò il proprio collega e poi il biondino vestito di pelle
nera e borchie, non
resistendo nel fare una battuta che forse era il caso si astenesse dal
fare.
–
Ehi… ehi, dolcezza! Dico
a te! –
abbassò il finestrino e batté il palmo della mano
sul portello del guidatore
attirandosi così l’attenzione voluta –
vai ad un toga party, tesoro? Posso
venire anche io??! –
–
Carl, sei un idiota! –
A
rispondergli non fu il motociclista biondo, e con un insolito elmo di
metallo
nero come casco, ma il suo collega dal tono annoiato per quella
spacconata
bella e buona. Il soldato di nome Carl si lasciò scappare
una grossa risata e
decise di ripartire una volta che il semaforo fu verde, ma quando il
motociclista
scomparve dalla loro vista ecco che il furgone si bloccò in
mezzo alla strada
con un tonfo. Il colpo venne avvertito con sorpresa anche da Connors e
dai suoi
che quasi persero l’equilibrio, ma nessuno capì
quale fosse il problema.
–
Ehi… ehi! Perché non avanziamo?! Che cazzo
succede adesso?! – tuonò il soldato
americano in direzione dell’autista ben visibile dal
finestrino centrale.
–
N-non lo so… non capisco! – Spinse ancora di
più sull’acceleratore ma il mezzo
sembrava non volersi muovere – è come se qualcosa
lo tenesse fermo… da dietro!!
–
E
in effetti non aveva tutti i torti, ma nessuno degli uomini di
Lancaster fu
abbastanza lesto dall’aprire la portiera laterale o
posteriore per dare una
occhiata perché… Kyle Mask non dette loro la
possibilità di farlo.
Il
ragazzo era difatti arrivato alle spalle del mezzo, scendendo
velocemente dalla
motocicletta per prendere il parafango posteriore e bloccando
così il mezzo in
corsa facendo comunque un discreto sforzo nel sollevare un
po’ il mezzo in modo
da non dargli più aderenza in strada. Ma sapeva che non
poteva rimanere fermo
in eterno, e difatti mollò la presa sul mezzo una volta che
le urla irate dei
soldati divennero più udibili nel mentre che stavano aprendo
il portellone
posteriore e… rimanendo completamente di stucco vedendo un
vichingo alto due
metri che, con un ringhio di guerra, lasciò la presa
permettendo al mezzo di
ripartire a razzo e sbandando da ogni lato.
Un
soldato cadde a sull’asfalto rotolando come un sasso e
urlando di dolore,
mentre gli altri rimasti all’interno rimbalzarono come
palline da flipper prima
che il guidatore, non riuscendo a prendere il controllo del mezzo,
andò a
sbattere rovinosamente contro un muricciolo in pietra vista.
L’impatto fu
devastante e il mezzo capottò da un lato, ma parve che
nessuno si fosse accorto
di quello schianto ad eccezion fatta di Kyle che immediatamente corse
sul posto
per recuperare chi era venuto a prendere.
Lord
Flash aveva sbattuto la testa e la maschera si era crepata da un lato,
sentendo
chiaramente il sangue di una ferita superficiale scivolargli via da
sotto l’elmo
andando a chiazzargli il colletto della tuta in calzamaglia, ma era
vivo
sebbene fosse dolorante in mezzo alla confusione e ai soldati che a
loro volta
mugugnavano di dolore. Una cosa buona era che le manette si erano
finalmente
rotte.
Alzò
lo sguardo e notò che a quanto pare i due che stavano alla
guida non ce l’avevano
fatta, a giudicare dal sangue in vista sul finestrino interno, ma venne
riportato immediatamente alla realtà da un paio di forti
mani che lo portarono
fuori da quel rottame di peso.
–
Kevin… sei tu?! –
–
No, ma sei in debito lo stesso con me vecchio –
Era
Kyle Mask, il cugino del suo pupillo con cui aveva un po’ di
attrito. Doveva comunque
ammettere che era un ragazzo con delle potenzialità, ma non
poteva andarsene
senza la valigetta… per questo si strattonò con
forza dal ragazzo che lo
sorreggeva per le spalle andando quasi a cadere a terra.
–
N-no… la mia valigetta! Devo prendere la valigetta!
–
–
Non abbiamo tempo per questo! – il ragazzo non aveva
intenzione di perdere
tempo, dovevano sbrigarsi prima che dei curiosi o i rinforzi
arrivassero – non
sei in condizione di combattere e io non voglio ficcarmi in altri
guai… quindi…
–
–
Siete pregati di farvi ammazzare entrambi, figli di puttana!
–
Entrambi
i lottatori si voltarono, e videro che il capo di quel drappello di
uomini
senza insegne era riuscito a trascinarsi fuori, sebbene una ferita alla
fronte
gli procurò un sanguinamento piuttosto fastidioso, ed ora
era in piedi dinnanzi
a loro più furente che mai e con tutta
l’intenzione di sparare ad entrambi.
–
Cercavi questa, freak? – con una mano sollevò la
valigetta ammaccata e in
procinto ormai di aprirai con l’ennesima botta volontaria
oppure no –
spiacente, requisita! Vogliamo requisire anche i vostri
cadaveri… uhm?! Ouch!! –
Connors
era così concentrato verso i fuggitivi, e corroso dalla
rabbia perché per colpa
loro alcuni dei suoi uomini non ce l’avrebbero fatta, che non
si accorse di una
presenza femminile che lo colpì con quanta forza aveva in
corpo con il proprio
borse da viaggio.
Niamh
aveva seguito logicamente Kyle durante quell’inseguimento, ma
gli aveva
disobbedito alla fine, quando lui le aveva chiesto di aspettare in un
vicoletto
sicuro, decisa a dare una mano quando vide che tutto stava per crollare
nonostante le tremassero le gambe per la paura. Era stata avventata ma
anche
terribilmente fortunata che il colpo andasse a segno, nonostante avesse
chiuso
gli occhi per la paura mentre lo colpiva, e lanciando uno strillo
osservò l’americano
crollare privo di sensi per essere stato colpito in un punto in cui una
ferita
già pulsava di dolore.
–
Ahh…! Mi dispiace! Mi dispia…
–
–
Niamh!! Andiamocene di qui! Ora! –
Kyle
Mask lasciò andare Warsman per un istante, giusto il tempo
di riacchiappare la
giovane irlandese per una mano e correre via da li il primo possibile.
L’allenatore
di Kevin fece giusto in tempo a strappare di mano dal soldato a terra
la
propria ventiquattrore, e darsi alla macchia assieme ai suoi
improbabili
inseguitori sentendo che le forze gli stavano tornando lentamente anche
grazie
ad un ritrovato ottimismo.
(
… )
Trovarono
momentaneo rifugio in una locanda fuori città, a pochi
chilometri dalla tenuta
dei Mask, giusto per darsi una rinfrescata e riacquistare le forze
senza dover
dare spiegazioni ai familiari.
La
sua natura di chojin lo rendeva abbastanza forte da resistere a traumi
tremendi,
e nel giro di qualche ora e con i giusti medicinali “presi in
prestito” dalla
farmacia poco distante dalla locanda Lord Flash si sarebbe rimesso in
sesto
anche da quelle fastidiosissime scosse elettriche.
Beh…
forse era il caso di farsi chiamare Warsman ormai, visto che, nel
mentre che la
giovane amica di Kevin, la riconobbe subito, medicava le sue ferite,
Kyle Mask
era riuscito ad aprire la valigetta rimanendo in un primo momento
attonito e
solo in seguito borbottare qualcosa con grande soddisfazione.
–
Tzk… suppongo che non sia per strapparti un autografo che
quei tizi ti hanno
rapito, dico bene Warsman?! –
Attualmente
in camera c’erano solo loro due, Niamh era scesa di sotto per
pulire i panni
sporchi di Lord Flash, e non è che l’atmosfera
fosse propriamente serena. L’ex
lottatore russo era steso a letto, con la schiena appoggiata a due
cuscini per
permettergli di stare sollevato, intento a scrutare il paesaggio
esterno mentre
il giovane Mask si rigirava tra le mani una maschera ancora intatta.
–
Il motivo per cui mi hanno preso ce l’hai tra le mani
– rispose criptico l’allenatore,
per poi voltarsi a guardare il proprio “salvatore”
– Kyle Mask, ti ringrazio
per avermi salvato la vita… anche se dubito tu
l’abbia fatto solo per puro
senso civico –
–
Beh, il mio piano prevedeva di salvarti le chiappe per poi chiederti di
allenarmi personalmente come prezzo da pagare… ma ora,
piuttosto che
chiedertelo gentilmente, direi che posso proprio importelo o in
alternativa
divulgare la notizia che sotto gli abiti di Lord Flash si cela in gran
segreto
una ex stella del wrestling che segretamente allena il più
irrequieto dei Mask…
dubito che mio cugino ne sarebbe felice –
No,
e con tutta probabilità Kevin lo avrebbe accusato di
lavorare per suo padre per
vedere il figlio trasformato nella propria giovane copia. Cosa
assolutamente
non vera ma purtroppo possibile visto che non era un ragazzo
così scaltro come
Kyle. Warsman si ritrovò a sospirare pesantemente a causa di
una situazione
tutt’altro che florida ma, anzi, pesante come un dannato
macigno. Ma tutto
sommato la richiesta poteva essere ben più
peggiore… in fin dei conti si
trattava di insegnare le tecniche segrete ad un altro Mask.
–
Ti allenerò… una volta che Kevin Mask
avrà vinto la Corona Chojin. Non prima –
Il
suo sguardo era stanco e severo al tempo stesso, ma sarebbe stato
comunque in
forza per la serata di follie programmata da Emerald e a breve le
avrebbe
telefonato per confermarle che ci sarebbe stato oltre che…
ringraziarla per il
regalo che gli aveva fatto. Non le avrebbe mai detto di no…
mai.
Kyle Mask tuttavia parve piacere quella semplice condizione,
ritrovandosi ad
annuire in accordo e rigirandosi la maschera del russo fino a leggere
l’iscrizione
al suo interno.
–
Hm? “il tuo nome sulle mie labbra”… tzk,
credo di capire che i tuoi problemi
nascano da una donna, giusto? –
Il
ragazzo si stava dimostrando anche più sveglio di Kevin, ma
Warsman non se la
sentì di rispondergli, tornando a scrutare stancamente il
mite paesaggio
esterno.
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Capitolo 23 *** notte ( non molto ) brava ***
Domani
sarebbe stato il grande giorno. Tutto era ormai pronto ad eccezion
fatta delle
decorazioni floreali che sarebbero state sistemate durante la notte
così da
mantenere intatta la loro forma il più a lungo possibile.
Se
i drappi e le tovaglie erano in linea con l’abito della
futura sposa, cioè
bianco con dettagli neri, i fiori andavano invece a ricalcare molto
verosimilmente quello che sarebbe stato l’abito da cerimonia
di Robin Mask.
Alla fine aveva prevalso il kilt da cerimonia dell’antenato
Arthur Mask, dalle
tonalità rosse, nere e bianche, che gli calzava molto meglio
dello smoking che
si era prefissato all’inizio come giustamente gli aveva fatto
notare l’anziano
maggiordomo di casa.
E
toccava proprio ad Archie il delicato compito di occuparsi di tale
abito
preparandolo adeguatamente e consegnandolo poi a Robin Mask attualmente
ritiratosi ai confini della tenuta.
Il
cottage era un edificio piccolo ma moderno, con una base in pietra
grigia ben
in vista e in muratura tinta di rosso nella parte superiore, con un
open space
al piano terra e una camera da letto e un piccolo bagno al piano di
sopra.
Inoltre, una intera parete, quella della zona bar, era completamente
composta
da finestre a scorrimento laterale così da andare
direttamente sull’ampia
veranda. Un luogo creato principalmente per svago e che Robin Mask
aveva usato…
relativamente poco, in effetti.
Ciò
che il suo datore di lavoro usava molto spesso era il campo di
addestramento
creato dal suo stesso nonno Robin Grande, con tanto di fossati,
percorso ad
ostacoli e pure laghetto con i coccodrilli, di cui si occupava lui
stesso a
dare nutrimento offrendo da mangiare prima al vecchio Bruce tanto
grande quanto
mansueto, e quell’abitazione l’aveva creata
unicamente per passarci del tempo
in compagnia di Alisa e… i tempi erano cambiati.
Per
arrivare ai confini della tenuta l’anziano maggiordomo di
casa sfruttò una
piccola automobile elettrica, di quelle solitamente usate per muoversi
nei
campi da golf, partendo dalla villa quando ancora era buio e giungendo
a
destinazione solo quando i primi raggi del sole baciarono le fronde
dell’ennesimo boschetto alle spalle del cottage… e
notando, man mano che si
avvicinava, una scena a dir poco apocalittica
tanto da portarlo a fermare il mezzo incredulo.
Era
come se ci fosse stata una battaglia devastante tra i chojin che si
erano
radunati li la sera prima, alcuni di loro giacevano esamini
sull’erba bagnata
di rugiada appena fuori l’edificio, e lo stesso cottage
mostrava delle finestre
rotte, la porta principale distrutta, e del fumo nero che si levava da
una
finestra della zona cucina. Archie balbettò una preghiera
nel mentre che scendeva
del mezzo e trotterellava nella direzione dove era
“caduto” Robin Mask, cercando
di rimetterlo quantomeno seduto e di attirare la sua attenzione sebbene
fosse
ovvio che avesse bevuto come una spugna.
–
Buon Dio… signor Mask! Riesce a sentirmi? –
riuscì a metterlo seduto e a scuotergli
le spalle fino a riuscire a ridestarlo un po’
–siete stato attaccato…? Cosa vi
è successo a voi e agli ospiti?! –
Ma
da parte dell’ex lottatore dall’elmo medioevale non
ottenne altro che un
borbottio strascicato e stanco. E per sapere la verità forse
non sarebbe
bastato chiedere semplicemente agli esausti ospiti cosa fosse successo
realmente…
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Svariate
ore prima.
Warsman
si trovava al piano di sopra del cottage, in camera da letto, e con una
certa
discrezione scostò lievemente la tenda della grande finestra
scorrevole ( era
presente un terrazzo di discrete dimensioni ) notando che i primi
ospiti
stavano sopraggiungendo a destinazione.
–
Stanno arrivando – disse laconico lui, osservando che i suoi
vecchi colleghi
avevano tutti deciso di giungere fino a li con una corsa competitiva
– tzk… ho
i miei dubbi che sarà una cosa divertent-Argh!! –
Si
abbassò giusto in tempo per evitare una pallottola vagante
che andò a
conficcarsi nel muro accanto a lui, sparata niente meno che da una
Emerald
Lancaster sulla soglia della stanza piuttosto soddisfatta per
l’azione
compiuta.
–
Visto che bello, sorcio?! – ripose la pistola nel marsupio
incurante dello
sguardo assassino dell’uomo – ho messo il
silenziatore sulla canna, a momenti
neanche te ne accorgevi! –
Stavolta
toccò a lei abbassarsi all’improvviso, evitando
una improvvisa artigliata che
con tutta probabilità l’avrebbe decapitata,
sgusciando di lato per evitare la
furia di un russo decisamente adirato.
–
Non bastava tuo padre a volermi morto? Ti ci metti anche tu, dannata
puttana?!
–
–
Sta calmo motociclista arrapato! Ho già spiegato a mio padre
che tu non c’entri
niente con attacchi e tentativi di omicidio vari… quindi
evita scenate
melodrammatiche, grazie! È solo preoccupato per la mia
salute…–
La
sua voce si incrinò brevemente, evitando lo sguardo severo
di un Warsman
rivestitosi dei suoi abiti originali giusto per quei giorni cruciali (
e ormai
prossimi a “perdere” la propria figlia ) mentre un
silenzio piuttosto teso
calava nella stanza illuminata dai caldi raggi di un sole morente. Si,
Howard
aveva telefonato a sua figlia per sapere se stava bene e…
per avere una
conferma dei suoi sospetti.
Dopo
che Connors aveva perso di vista il soggetto, perché
attaccato da un Mask più
scaltro del solito, avevano provato a saperne di più
sentendo il negoziante
dell’armeria. Ma a quanto pare il vecchio fabbro, forse per
mantenere il
segreto professionale, non si era sbottonato molto sul suo misterioso
cliente
dicendo che aveva semplicemente chiesto un manufatto per uso personale.
Emerald
però non aveva preso bene quelle notizie, sebbene sapesse
che suo padre agiva a
fin di bene, non apprezzava che
venisse fatto del male al suo arcinemico proprio
perché… se doveva esserci
qualcuno che poteva fargli del male, in senso fisico, quella era lei.
Che fosse
con il nome di Warsman o Lord Flash la cosa non cambiava, e sebbene suo
padre
non avesse pienamente compreso questo concetto di
“inimicizia” la parola di sua
figlia era sacra per lui.
Ma
nonostante tutto era nata una discussione piuttosto animata tra i due e
se non
era sfociata in un ennesimo tentativo di omicidio era perché
c’era un piano da
mandare avanti, e lo stesso Warsman decise di porre momentaneamente
fine alla
faccenda con un gesto della mano decidendo di ignorarla.
–
Vedi di tenerti pronta per la seconda parte della festa… io
mi occuperò di
“scaldare” i ragazzi – ossia farli
ubriacare – e spero che le telecamere non
riprenderanno proprio tutto! –
–
Riprenderanno tutto eccome, vecchio porcello – stavolta Hammy
si lasciò andare
ad una smorfia divertita, sciogliendo così la tensione
– e so già che ti
divertirai eccome… uhh! –
–
Ma sta zitta! –
E
detto questo, senza neppure guardarla ma bruciando di rabbia e
imbarazzo, se ne
andò dalla stanza scendendo le scale e raggiungendo
così gli ospiti da poco
arrivati. Suguru era arrivato ansante per ultimo, cadendo sulla veranda
del
cottage e attirandosi così i complimenti, e le risate,
divertiti di Terryman e
Broken Jr per essere riuscito ad arrivare quasi del tutto indenne senza
rimanerci stecchito, ma quell’atmosfera quasi goliardica si
raffreddò un po’
quando Robin Mask notò la presenza del suo vecchio allievo
giunto prima di
loro.
–
Warsman…? Sei arrivato in anticipo, vedo –
Aveva
trovato strano che non fosse stato nel gruppo, ma aveva pensato ad un
contrattempo o… al fatto che non gli andasse ancora bene che
sposasse Alya.
Aveva dato la sua “benedizione” ma poteva
continuare a leggerglielo in faccia
che quella condizione gli andasse alquanto stretta, e per tale motivo
Robin
Mask continuava a ricambiare quello sguardo freddo come il giaccio come
a
dirgli: “è una cosa che abbiamo scelto entrambi.
Fattene una ragione, che ti
piaccia oppure no”.
–
Si… sono venuto qui prima di tutti voi perché
volevo preparare una sorpresa degna
di tutti voi – si spostò
momentaneamente nella cucina lasciando i presenti un po’
perplessi, per poi
tornare con un paio di bottiglie di vodka pregiata, oltre che costosa
– dubito
che vogliate parlare dei bei tempi andati senza bere un bicchiere di
queste –
–
Hm, non so se è una buona idea… –
–
Vodka! È sempre una buona idea che aiuta a rimembrare il
passato –
–
E se bevuta in compagnia ha anche più senso, cugino
–
–
Ma perché ricordare solo il passato? Andiamo! È
al futuro che bisogna guardare!
–
Pentagon
interruppe i dubbi del futuro sposo seguito dal cugino Black Hole e
anche da
Buffaloman che decisamente apprezzavano l’idea di un goccio
di liquore, ma
senza esagerare, e poi il fatto che fosse presente un piccolo bar
poteva
aiutare ancora di più una situazione che altrimenti poteva
essere alquanto
fredda.
(
… )
–
Duuunque… ora saresti in qualche modo im…
imparentato pure con Quarrelman?? – la voce di King Muscle
era piuttosto
impastata al quinto bicchiere di sakè caldo, e la sua vista
era decisamente
annebbiata – cioè… la cugina piccina di
Alya si è fatta mettere incinta da
quello… ma perché nessuna me lo ha mai chiesto
quando andavo su Amazon per le
cure termali??! –
–
Le Deva sono interessate agli uomini forti per poter generare una
discendenza
altrettanto forte ed evitare così di mettere al mondo una
possibile strega
dello spazio – e qui un brillo Ramenman si riferiva al fatto
che le streghe
erano delle anomalie genetiche nate da due Deva anziché da
una coppia mista,
che scongiurava il rischio di una pericolosa progenie – ma tu
non appartieni a
nessuna categoria, vecchio amico –
Il
cinese aveva un tono di voce solo all’apparenza severo,
poiché il rossore che
aveva in faccia testimoniava che aveva decisamente ecceduto con il
sakè.
Solitamente era un uomo austero che aveva votato la propria esistenza
alla
disciplina delle arti marziali, non comprendendo il motivo per cui un
uomo
dovesse fare follie per una donna come nel caso di Robin Mask, ma se si
trattava di bere dell’alcool non si tirava indietro.
Tuttavia,
il lottatore di sumo Rikishiman rise di gusto con una risata stentorea
in
direzione dell’ex campione Suguru che ora si stava rotolando
sul tappeto
persiano accanto al caminetto acceso in preda allo sconforto di non
essere più
“nel fiore degli anni”.
–
Bwahahaha! Puoi fargli benissimo compagnia allora! Potresti
impressionare
queste donne con la tua abilità di mangiaspaghetti!
–
Il
giapponese era tutt’altro che lucido e la sua cattiveria
venne accolta con una
stentorea risata da tutti i presenti in sala, ma mal digerita dal
lottatore
cinese che, si sa, con i cugini nipponici non è che avesse
un gran rapporto di
amicizia. Dunque i due asiatici si scambiarono una sequenza di battute
pungenti
atte a provocarsi a vicenda, come se fossero in un vero mach, prima che
Ramenman con un urlo di guerra non attaccasse Rikishiman sotto lo
sguardo
divertito dei presenti, colpendolo al viso con un poderoso calcio e
finendo
direttamente fuori da una portafinestra prontamente aperta da Broken
Jr, e
immediatamente richiusa una volta che i due lottatori iniziarono il
loro
violento combattimento in veranda fracassando ogni cosa.
–
Meno due! E ora sotto con i super alcolici!! –
urlò con voce roca un tedesco
con la quinta pinta di birra in mano. E di andarci piano, con il suo
passato da
alcoolista, proprio non ne voleva sapere.
Robin
Mask si limitò a massaggiarsi le tempie senza
però rifiutare il sesto bicchiere
di vodka che Terryman gli passò con una amichevole pacca
sulle spalle, notando
che comunque l’atmosfera era amichevole sebbene tutti
avessero decisamente
ecceduto con gli alcoolici ( e Buffaloman, per aver accettato una sfida
del
tedesco, si era scolato un intero barilotto di birra! ) e si stava
rivelando
più divertente di una semplice chiacchierata tranquilla.
Era
tutto perfetto eccetto Warsman che, per uno strano motivo, si era messo
un po’
in disparte continuando a bere senza che l’alcool gli facesse
in qualche modo
effetto. Ed anzi, il suo sguardo freddo guardò con
più insistenza il vecchio
maestro nel mentre che si avvicinava alla goliardica combriccola di ex
lottatori tutti intenti a rimuginare un passato che non c’era
più.
–
Signori…! Credo che siate pronti per la seconda parte della
serata – si portò
al centro della stanza andando ad accendere lo stereo con
l’apposito
telecomando – spero non abbiate nulla da ridire se ho deciso
di allietarvi
ancor di più con un singolare balletto –
–
Non dirmelo… Danza Cosacca? Oppure… Danza
Cosacca?! – lo provocò con acida
ironia il lottatore inglese dall’elmo di metallo, ricambiato
da uno sguardo
carico di tensione dal futuro suocero – Qualunque cosa sia,
se hai bisogno di
una dama, Curry Cook si sta già scaldando…
–
Si
riferiva ovviamente all’istruttore indiano che, ormai
ubriaco, era sparito in
cucina per preparare loro il più “letale piatto
indiano” e ne era uscito con
svariati piati tenuti in equilibrio precario sulla testa, braccia e
spalle, non
spiegando minimamente che cosa stesse bruciando nella piccola cucina
ma, anzi,
mettendosi a ballare sotto gli applausi divertiti di Jesse Maivia e dei
cugini
americani. Tuttavia l’ex allievo di Robin Mask aveva ben
altro in mente, ed
evitando le sue provocazioni si diresse ai piedi delle scale per le
dovute
presentazioni.
–
Ho già una dama per questa sera, ma ti ringrazio
per l’interessamento… Hammy, vieni! –
La
ragazza non se lasciò ripetere due volte, e tutti
avvertirono dei passi veloci,
quasi furiosi, che venivano prima dal piano di sopra e poi sulle scale
di
legno. Ed il teso silenzio calato tra tutti quegli uomini
toccò il suo culmine
quando una giovane donna vestita in intimo vintage nero e verde si
presentò a
loro con grande entusiasmo. A coprirle parzialmente il volto
c’era una
mascherina di pizzo nero.
–
Holaaaa bei giovinii!! –
Il
primo a reagire fu Terryman, che sputò il proprio whiskey
sulla camicia di
Robin Mask, troppo attonito per accorgersene, seguito poi dalle
stentoree
risate di Buffaloman e King Muscle, mentre contrariamente a loro i
cugini
americani si limitarono a restarsene in silenzio… ma il
gesto di Pentagon, di
allungare il calice di vino in direzione di Black Hole pur continuando
a
guardare la giovane come stava facendo il parente che ora gli stava
versando da
bere, sebbene fosse silenzioso parlava chiaramente che “la
festa era solo
iniziata”. Il primo ad avvicinarsi a lei comunque fu Jesse
Maivia che si
profusò in un baciamano, copiato dallo stesso Black Hole e
da Suguru che… provò
ad arrampicarsi sulle sue gambe snelle ma prontamente calciato via da
un russo
piuttosto risentito.
–
Diamine… Warsman! Questo è un colpo basso, sono
un uomo sposato! – Terryman lo
disse senza reale convinzione bevendo direttamente dal collo della
bottiglia di
whisky – se lo… se lo venisse a sapere mia moglie
dormirei nella stalla per
sempre! –
–
Grrr… E Alya n-non si merita una cosa del genere –
Fece
eco Robin Mask, passandosi poi una mano sul volto cercando di sbollire
la
rabbia perché, riguardo il suo vecchio allievo, era chiaro
che l’avesse fatto
apposta magari per indurlo nell’infedeltà. Ma
venne accolto da una risata un
po’ beota della giovane in questione che, senza troppi
complimenti, andò ad
accarezzare il collo del futuro sposo con gesto languido. E cosa che lo
stupì
maggiormente, fu che era abbastanza ubriaco da lasciarla fare
apprezzando
interiormente il gesto.
–
Oh, suvvia ragazzoni! È un addio al celibato… e
tutto quello che accadrà questa
notte non avrà ripercussioni perché…
– e qui lasciò volutamente un silenzio
prolungato nel mentre che accarezzava il collo del partner di ballo,
dandogli
le spalle, sotto un coro di “uuhh” impazienti nel
mentre che Warsman iniziava
ad ondeggiare al ritmo della chiassosa musica – come dice il
motto: “ciò che
accadrà questa notte, rimarrà in questa
notte”! –
E
con un coro di grida estasiate il balletto tra i due iniziò
per davvero
lasciando attoniti persino persone fredde come lo erano di norma Black
Hole,
Broken jr e… ovviamente Robin Mask.
(
… )
I
giovani atleti della Muscle League avevano tutti avuto modo di
chiarirsi con i
loro genitori/allenatori, eccezion fatta per Kevin Mask che come minimo
avrebbe
rimandato tutto all’ultimo minuto, ma decisamente Kid Muscle
era quello che
aveva visto quasi le stelle.
Non
tanto per suo padre, che l’aveva presa come lui, quanto per
sua madre Belinda
che aveva fatto una scenata a suo dire troppo accesa. In
realtà la donna era
solo preoccupata che suo figlio potesse rischiare tanto
l’onore quanto la vita,
e sapeva che con la Corte non si scherzava, ma l’aver
inseguito il suo
primogenito con una scopa di saggina decisamente non aveva aiutato. Di
conseguenza, quasi ingenuamente, il principe dei kinniku aveva deciso
di
seguire di soppiatto King Muscle nella serata che avrebbe concluso il
celibato
di mister Mask.
–
M-maledizione… mamma potrebbe evitare di
“preoccuparsi” così troppo! –
era già
tanto che fosse riuscito a pedinare sia lei che Meat, pure lui al suo
inseguimento, figurarsi riuscire ad entrare nella tenuta messa sotto
stretta
sorveglianza per evitare incursioni di curiosi e paparazzi –
ma adesso sono qui
e quindi non mi resta che chiedere a papà se mi fa entrare
nella casetta! –
Sogghignando
furbetto scostò alcuni cespugli per osservare meglio la
cottage ai limiti di un
boschetto, notando che le luci erano accese e uno strano rumore
giungeva sino a
dove era lui… stavano forse ascoltando musica a tutto
volume?! Doveva
controllare a tutti i costi… doveva…
–
Kid! Razza di scellerato! Bell’amico che sei! –
–
Dove credi di andare senza invito? Broken jr aveva detto che era una
festa
privata, e invece hanno invitato pure te?! –
–
Nah, non credo… piuttosto penso che questo babbuino si
volesse imbucare senza
di noi! Right?!–
Tre
ombre inquietanti uscirono fuori dalla notte dietro di lui, portando
per questo
il principe dei kinniku a strillare terrorizzato e a farsela
letteralmente
addosso vedendo tre brutti ceffi che lo circondavano con probabili
brutte
intenzioni.
–
Uahhh! Non fatemi del maleee! Non fatemi del maleeeh!! –
Si
armò di un bastone bello grosso e, chiudendo gli occhi dal
terrore, iniziò a
fendere l’aria con quella mazza improvvisata riuscendo
miracolosamente a
colpire uno degli aggressori.
–
Wo, wo! Kid, fermo! Hai colpito Dik Dik! –
–
Ja… gli ha dato un bel colpo, Terry! Direi che non si
riprenderà molto in
fretta –
Ascoltando
meglio quella conversazione finalmente il giovanotto si rese conto che
a
parlare non era stato un branco di delinquenti ma solo alcuni dei suoi
più cari
amici. E aguzzando meglio la vista potè notare che Jeager e
Terry Kenyon lo
stavano osservando con una certa perplessità, oltre che un
Dik Dik van Dik
agonizzante a terra per l’ingiusto colpo subito, riuscendo
per tal motivo a
calmarsi per dare ( e chiedere ) spiegazioni.
–
Ragazzi… siete voi! – prese per le spalle la
gazzella umana scuotendola
violentemente per risvegliarla, sebbene non fosse il metodo migliore
– mi avete
fatto prendere una paura tremenda! Io volevo solo raggiungere mio
padre, non
morire giovane e bello per un attacco di cuore! –
–
Stai calmo, herr Muscle! Ti abbiamo visto fuggire dalle ire dei tuoi
parenti e
abbiamo pensato di seguirti… –
–
Questo per accertarci che non ti ficcassi in qualche guaio serio, vista
la tua
cadenza a caderci di continuo –
Terry
non era molto gentile nel sottintendere che Kid fosse una calamita per
i più
fantasiosi disastri, ma era anche vero che il kinniku aveva ricevuto
una
reazione più “dura” da parte dei
genitori al contrario loro. Era logico
comunque che Terryman e Broken jr avessero avuto una reazione
tutt’altro che
allegra, con l’americano che aveva fatto una mezza ramanzina
al figlio mentre
il tedesco aveva “gelidamente” ascoltato tutto il
resoconto del figlio/allievo,
ma non è che si erano messi ad inseguire i loro ragazzi con
una scopa di
saggina!
–
Grr… io non cerco i guai, bifolco d’un americano!
–
–
Come hai detto, brutto idiota?! –
Ci
mancava solo che una guerra scoppiasse in mezzo a quella radura con un
kinniku
e un americano ai ferri corti, e Jeager che a momenti faceva da
arbitro, ma a
spezzare quella tensione ci pensò Dik Dik che, ancora tenuto
per il colletto da
Kid Muscle, si ridestò a fatica indicando debolmente un
punto vicino al
cottage.
–
Uhh… sbaglio o mi è parso di sentire ululati di
guerra oltre al fracasso
assordante di pessima musica da sala?! –
Come
per magia la tensione omicida che aleggiava tra i ragazzi si
spezzò, e i
presenti decisero di osservare meglio da oltre i cespugli cosa stesse
realmente
accadendo nel cottage. E ad attirare la loro attenzione, fu la
presenza, ora
ben più visibile visto che i ragazzi si erano avvicinati di
più per osservare,
di due guerrieri che se le stavano dando di santa ragione senza
esclusione di
colpi bassi. I lottatori in questione erano Rikishiman e Ramenman che
si
stavano menando come due belve feroci che non mangiavano da giorni, e
questo
portò il drappello di quattro giovani imbucati ad una festa
non loro a
guardarsi a vicenda con una certa perplessità ma comunque
decisamente
desiderosi di saperne di più. In fin dei conti i loro
genitori erano dentro
quella casa, quindi chi poteva dire che stesse andando tutto bene?!
– da quando in qua in Inghilterra si festeggia come in
Texas?! Questa storia
non mi convince –
–
Già, senza contare che i nostri vecchi insegnanti non mi
sembrano
particolarmente lucidi… e non vorrei che Broken avesse
esagerato con l’alcool –
–
Dunque… per voi è sensato andare
laggiù a dare una occhiata? – la domanda di
Kid Muscle nasceva dal dubbio che fosse una buona idea andare a correre
un
pericolo che lui non voleva correre – si… insomma!
Siamo degli intrusi e
potrebbero anche arrabbiarsi… ehehehe! –
–
Sono sicuro che saranno meno pericolosi di te, che sei una mina
vagante! –
Decisamente
a Dik Dik van Dik non era piaciuto quel colpo in testa con annesso
bernoccolo,
quindi fu quasi con stizza che prese il principe dei kinniku per il
ciuffo
ribelle trascinandoselo dietro a raggiungendo in tutta fretta, assieme
al
gruppo, il cottage e sentendo il suono di una musica scatenata e le
grida di
uomini… intenti a scatenarsi pure loro tra schiamazzi e
risate.
Ciò
che i giovani atleti videro attraverso le grandi finestre scorrevoli
della zona
soggiorno era qualcosa di assolutamente scandaloso.
In particolar modo i presenti, perché a essere coinvolti
erano dei gentiluomini
di una certa età, erano intenti a cantare come se fossero
allo stadio, molti di
loro erano in mutande, come Terryman e Broken jr che stavano cercando
di
eseguire un CanCan, mentre altri osservavano rapiti la ciliegina sulla
torta.
Nessuno
la riconobbe, forse perché non era tanto in portante lei
quanto tutta la scena
presente, ma una sensualissima Emerald Lancaster stava
“danzando” con un
concentrato Warsman in un modo tale da sembrare una sardina spalmata
contro un
panino. I loro fianchi si muovevano come se fossero stati un
tutt’uno, le
natiche della giovane si strofinavano sull’inguine del
partner con un certo
compiacimento sia da parte di lei che da parte, ovviamente, del
lottatore e di
tutti i presenti in sala, portando il russo ad accarezzarla per tutta
la
lunghezza dei suoi fianchi snelli in modo tanto delicato quanto
possessivo.
Ogni
tanto alla giovane, quasi guidata dal partner, era
“concesso” di accettare le
richieste di ballo dei presenti andando quindi a farsi
“incastrare” dai cugini
americani, come stava accadendo in quel frangente, poi di seguito da un
Terryman che agitava il proprio cappello come un vero cowboy ( portando
il
figlio che lo stava spiando, neanche tanto di nascosto, a ritrovarsi
quasi la
mascella a terra ) e da un Buffaloman piuttosto su di giri che concesse
alla
giovane donna di saltargli in groppa sulle spalle ed usare le sue corna
come
manubri. Ma in ogni caso, in qualunque posto quella sensuale farfalla
si
posasse, tornava sempre al suo fiore principale nero come la pece e
piuttosto
indisposto a tollerare che gliela toccassero troppo… sebbene
la codesta
fanciulla non avesse esitato a tirare una gomitata ad un Jesse Maivia
un po’
troppo preso dalle sue grazie.
–
Maledizione… papà, ma che mi combini?!
– Terry fece facepalm perché suo padre
in quelle condizioni non l’aveva mai visto – sei un
uomo sposato… se lo sapesse
mamma! –
–
Broken Jr non è sposato ma comunque sia sentirà
me ugualmente! – più irato era
il tedesco Jeager, per ovvi motivi – altro che festa
tranquilla! Darci dentro
con l’alcool alla sua età! –
–
Beh… mi ritengo fortunato di non avere parenti qui in mezzo,
sebbene la
condotta di questi signori è discutibile… uh? Kid
va tutto bene?! –
Dik
Dik aveva chiaramente notato lo sguardo del proprio compagno di scuola
e
francamente parlando non sapeva in che modo descriverlo. Fissava il
proprio
padre con sguardo tra il serio e il deluso e questo…
sembrava farlo più maturo
di un annetto o due, così perso nei propri pensieri su
quanto fossero stupidi
gli adulti. Magari dopo quell’evento così
grottesco avrebbe preso più in seria
considerazione tutte le responsabilità e i doveri che
toccavano ad un vero
lottatore, oppure…
–
WUAHAHA!! Guardate mio padre!! Sta ballando nudo sopra il tavolo!!
WUAHAHA!
Visto che deficienteeeh??! –
Oppure
nulla. Avrebbe continuato a fare il ragazzino fino ai cinquanta anni e
ridere
come se nulla fosse del genitore che stava facendo baldoria in modo
assai
ridicolo, portando per questo i suoi sventurati amici a cadere faccia a
terra
per il troppo sgomento perché, effettivamente, non
c’era nulla da ridere. Ma
Kid Muscle non sarebbe mai cambiato tanto facilmente.
La
situazione si fece decisamente bollente quando fu il turno di Robin
Mask
nell’accogliere tra le possenti braccia la figura di una
Hammy flessuosa come
l’acqua e calda come l’inferno. Secondo una regola
silenziosa chi poteva
permettersi di toccarla per davvero
era solo Warsman, gli altri si erano limitati alla modalità
di quel ballo
sfrenato se non erano troppo ubriachi per cadere a terra, ma a quanto
pare l’ex
lottatore era sordo a questa regola e più propenso ad
“ascoltare” ciò che gli
stava dicendo una mente annebbiata dal troppo alcool.
Non
c’era nulla di veramente razionale, se non che quella puttana
che ora si stava
strusciando su di lui, eccitandolo, era bella quanto la sua Alya.
Quindi se era
simile alla donna che a breve avrebbe sposato era ovvio
che non avrebbe commesso nulla di male se avesse deciso di
prenderla proprio in quell’istante…
perché era per questo che lo stava
tentando, giusto?
In
mezzo a quella festosa confusione nessuno si accorse che Robin Mask
aveva
allungato con troppa prepotenza le mani sulla bella ballerina, se non
la
diretta interessata e lo stesso Warsman che prima di agire
esitò perché non
sicuro delle reali intenzioni del nobiluomo, ma lo sguardo di Emerald
si fece
assai più schifato quando le andò ad abbrancare
il seno facendole quasi del
male.
–
Urgh! Tieni le mani a posto animale! – gli dette un calcio
alla rotula del
ginocchio sinistro, ma lo fece solo sbuffare seccato –
cos’è?! Sei sordo per
caso?! Ehi… oh!
Schifoso!–
La
scena si svolse così in fretta che neppure i sobri spioni
fuori dal cottage
capirono molto di ciò che successe, ma a quanto pare la
situazione precipitò
totalmente quando Robin Mask, ebbro di alcool e ormoni, decise di
lacerare il
costume di pizzo della modella strappandole via di dosso il bustino e
lasciandola a seno nudo.
La
scena lasciò congelati per un momento i presenti,
benchè Hammy si coprì
immediatamente con le braccia, ed il primo ad intervenire fu lo stesso
Warsman
che, con il suo caratteristico respiro, stampò un gancio
destro sulla guancia
del suo ex allenatore portandolo a cadere su di un basso tavolino di
cristallo.
Il vetro del prezioso arredo si ruppe con un sonoro
“crash”, portando il futuro
suocero del lottatore russo a trovarsi diverse schegge di vetro
conficcate
nelle carni, ma il silenzio caduto in sala durò assai poco.
Il
primo a colpire Warsman con una sedia fu Curry Cook, fracassandogliela
sulla
schiena senza però riuscire a piegarlo del tutto, e a sua
volta l’indiano venne
colpito da una prepotente incornata di Buffaloman che decisamente non
gradì
quel colpo basso.
In
breve fu il caos. E tutti i lottatori si colpivano tra loro fracassando
mobili
e finestre, continuando comunque a bere, sconvolgendo gli ex allievi
della
Scuola di Ercole per l’esagerata violenza con cui si stavano
colpendo
reciprocamente.
Warsman
riuscì a farsi strada a fatica verso Emerald, intenta a
coprirsi il seno nudo
con un braccio e con l’altro a colpire con un soprammobile di
marmo un King
Muscle che stava cercando di arrampicarsi sulle sue gambe, prendendola
in
braccio quasi di peso per andare a cercare un rifugio più
sicuro al piano di
sopra.
–
Dobbiamo intervenire! – nel mentre che tutto questo accadeva,
Terry decise di intervenire
– non possiamo guardare i nostri insegnanti che distruggono
tutto! –
Anche
Jeager parve di quel parere e decise di mettersi in piedi per
raggiungere le
vetrate sfondate – evitiamo che si facciano del male
quantomeno, poi saremo noi
a fare la ramanzina a loro –
–
Ehm… ragazzi… –
Solo
Kid Muscle sembrava essere titubante, e per tale motivo Dik Dik van Dik
lo
rimproverò per la sua indisposizione ad aiutare quantomeno
l’anziano padre. Senza
che nessuno si curasse del motivo delle preoccupazioni del giovane,
attirato da
degli strani rumori di arbusti che si spaccavano al passaggio di
qualcosa di
grosso poco distante a dove si trovavano loro.
–
Oh andiamo Kid! Non sarai così fifone da
avere…–
–
PAURAAA! Tanta pauraaah!! –
Il
terrore del giovane kinniku era perfettamente spiegabile,
poiché sotto gli
sguardi sempre più attoniti dei giovani wrestler, dalla
radura di fianco al
cottage una imponente figura si materializzò con un ruggito
tutt’altro che
amichevole, facendo credere ai pochi sobri presenti che un drago stesse
per
attaccarli e mangiarli.
In
realtà, i giovanotti non potevano sapere che poco lontano da
quella casetta c’era
il campo di allenamento della famiglia Mask, e che quello che li
sovrastava era
nientemeno che il vecchio Bruce attirato dall’assordante
chiasso che non lo
stava portando a dormire. Si trattava di un coccodrillo australiano
dalle
dimensioni colossali, forse dovute anche al fatto che avesse ormai 100
anni, e
benchè si mostrasse mansueto il 90% delle volte
all’infuori degli allenamenti,
attualmente era così stressato che gli era venuta voglia di
dare una lezione a
quei giovanotti maleducati.
I
quattro atleti della Muscle League erano preparati ad affrontare ogni
tipo di
pericolo, ma ancora se li ricordavano i coccodrilli presenti nella
Scuola di
Ercole e al fatto che gli istruttori non dessero loro molto da mangiare
perché…
erano gli allievi il loro pranzo!
Per
questo, forse anche messi in soggezione da un passato di fatiche e di
allenamenti durissimi, nessuno dei presenti riuscì a trovare
la forza di
attaccare l’animale ma solo di gridare con occhi sgranati
iniziando a correre
via urlando e per giunta inseguiti da quel mastodonte pieno di
cicatrici e dall’aria
tutt’altro che amichevole. E per ironico che fosse, nessuno
degli anziani
insegnanti della Muscle League si accorse del drago fuori casa, troppo
presi a festeggiare a modo loro.
- - - - - - - -
- - - -
- - - - - - - - -
Emerald
Lancaster si svegliò con un feroce mal di testa su di un
materasso morbido e
pulito. Si strinse maggiormente nelle candide lenzuola un po’
ruvide, forse perché
di canapa, e cercò di focalizzare meglio la stanza
perfettamente illuminata dai
raggi dorati di un sole nascente.
Non
era in camera sua, e ora che ci pensava bene non le sembrava di aver
lasciato
il cottage ieri sera… ed aspetto trasandato a parte, si
toccò i capelli
spettinati mentre si metteva lentamente a sedere, non era finita nella
camera
da letto al piano di sopra per puro caso.
–
Hmmmrr… vecchio porcello, dimmi che ci sei –
andò a testoni sul materasso non
trovandolo da nessuna parte finchè, arrivata sul lato
destro, non sentì il duro
elmo del lottatore proprio accanto al letto – ma hai perso la
testa per caso? –
–
Razza di deficiente, apri bene gli occhi e vedrai che sono solo seduto
a terra!
–
Le
rispose con tono un po’ seccato anche perché a
differenza della giovane lui
aveva dormito si e no una mezz’oretta scarsa, troppo
impegnato a fare la
guardia alla barricata alla porta, e la moquette sotto di lui non era
esattamente comoda come un materasso.
–
Ah ecco, sei seduto al tuo posto – la marchesa si
sfregò meglio gli occhi e
disse codeste parole con una certa ironia – strano, pensavo
fossi abbastanza civilizzato per
stare in una
cucce e… ehi! –
Decisamente
Warsman non gradì quelle battutacce sulla sua presunta
bestialità e/o
inciviltà, e con un mezzo ringhio risentito si
avventò su di lei inchiodandola
a letto.
–
Razza di puttana ingrata! Hai rischiato la vita ieri sera e tutto il
tuo bel
piano stava per andare in fumo! Quasi sicuramente molte telecamere
saranno
andate perdute…–
–
Ma non tutte! – La ragazza si sfilò tra i capelli
corvini quello che era un
fermaglio a forma di farfalle che, però una volta smontato
rivelò al suo
interno una microcamera – anche se dovessero aver distrutto
quelle che ho
piazzato io durante il giorno, cosa che escludo, avrò
abbastanza materiale per
chiedere a tutti quei porcelli il giusto risarcimento per danni
morali–
Sostanzialmente
il russo non sapeva cosa pensare… se provare a litigarci con
lei oppure
abbracciarla forte perché nonostante tutto non perdeva mai
la grinta. Non capiva
se la vita per lei era un gioco oppure prendeva tutto di petto
lasciandolo
stupito ogni volta… ma il teso silenzio che era caduto tra
loro non durò a
lungo, con la ragazza che a sorpresa lo baciò a stampo sulle
labbra, anche se
indossava la maschera di metallo, non provando nessun rancore negli
occhi
smeraldini.
–
Ad ogni modo, grazie per avermi aiutato con quei brutti ceffi!
–
–
Tzk, e di grazia che ti sei addormentata subito… –
si spostò di lato con un po’
di imbarazzo, mettendosi seduto sul letto – ti sei persa uno
spettacolo unico
fuori dalle finestre–
Si
riferiva ovviamente al gruppo di Kid Muscle inseguito da quel
coccodrillo
colossale e il cui fato non interessava minimamente, tra
l’altro gli sembrava
di ricordare che la bestia si chiamasse Bruce, oltre agli altri ex
atleti che,
dopo aver distrutto casa, si erano riversati sul prato per darsele di
santa
ragione. L’ultimo a cadere era stato Robin Mask, e ora era il
primo a rialzarsi
con l’aiuto del maggiordomo-capo.
Warsman
lo osservò attentamente dalla grande finestra della camera
da letto e notò
anche che alcune guardie stavano sopraggiungendo dopo che, con tutta
probabilità, erano state richiamate da Archie stesso. Se
fossero rimasti in
camera da letto con tutta probabilità alla fine li avrebbero
scoperti, e
francamente al russo non andava di dare spiegazioni al suo vecchio
maestro
anche perché non gliene avrebbe date e se lo avesse fatto
avrebbe solo
aumentato l’acredine tra i due.
Per
tal motivo, anche se alla fine della corsa tutta questa fretta non
c’era, non
attese che Hammy si rivestisse dei propri indumenti e, raccogliendola
tra le
braccia dopo averla accolta ben bene nel lenzuolo, e raccogliendo
comunque la
borsa con tutti gli averi della giovane, decise che era ora di uscire
di
soppiatto dalla tenuta.
–
Ehi! Guarda che so camminare da sola! –
fece
per protestare lei, senza neanche tanta convinzione, mentre
l’ex lottatore sfrecciava
come un fulmine tra la fitta vegetazione. Warsman non stette ad
ascoltarla
tanto, decidendo invece di farle venire un colpo mettendosi a saltare
tra un
ramo e l’altro.
–
Così facciamo prima, ma non credere che mi faccia tanto
piacere avere una
cornacchia tra le mani –
–
Tzè… cooome no! – sul volto di Emerald
si dipinse una espressione a metà tra la
smorfia e il sorriso – vecchio porcello che corre sfrenato!
Sei bravo a fare la
panna spray ma non le bugie! –
E
l’ovvia risposta del lottatore dalla nera maschera di ferro,
fu per ovvi motivi
non ripetibile.
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Capitolo 24 *** il mito della strega ***
La nonna si mostrava come un
individuo alquanto singolare.
Howard Lancaster non aveva
faticato molto a convincerla a seguirlo fino alla sua tenuta, le era
apparso da
dietro un cespuglio mentre questa stava passeggiando nel cortile della
tenuta
Mask, e appena aveva nominato quella sciroccata di miss Alana
l’anziana Deva
l’aveva seguito con un grugnito.
Ora era davanti a lui nella sala
interrogatorio per “VIP” del campo alfa, una stanza
abbastanza accogliente con
delle poltroncine di pelle e un aspetto simile ad un ufficio, ma la
donna non
sembrava affatto intimorita dalla presenza dei soldati di guardia alla
porta o
anche dal fatto che il marchese Lancaster sembrasse comunque un tantino
freddo.
– Sembra che abbiate
paura di
qualcosa mister Lancaster… altrimenti non saprei spiegarmi
la presenza di tutti
questi soldati –
l’anziana Deva, dai
capelli grigi
legati a crocchia e avvolta da un kimono bianco con ricamati dei
tulipani neri,
guardò senza reale interesse gli uomini indivisa solo
all’apparenza disarmati.
Era talmente rugosa che a stento si potevano vedere i suoi occhi color
ghiaccio, ma l’aura che emetteva sapeva quasi di maligno. Per dirla in termini spicci, ad
Howard quella vecchia non
piaceva neanche un po’ e non gli dava una bella sensazione.
– Sono qui per la vostra
sicurezza, signora – il nobiluomo vestito anch’egli
in abiti bianchi non lasciò
trasparire nessuna emozione negativa – la Terra non
è un luogo così sicuro come
il vostro pianeta, e stanno accadendo dei fatti su cui vorrei avere il
vostro
parere –
– Bah… i
soldati non mi fanno
paura, ne ho ospitati molti nel mio futon quando ero
giovane… giusto per
diletto. Cosa crede? Alla fine della corsa la divisa non li rende
più forti…
solo più arroganti –
se l’avesse sentita
Connors! E
comunque, l’aliena si era rivelata piuttosto diretta nel
raccontare certe cose
che decisamente poteva tenere per se! Ma nonostante la vampata di
nervosismo,
Howard si ricordò che per le Deva il sesso non era un
tabù e a quanto pare
neppure la sincerità schietta. Quindi tanto valeva arrivare
al sodo con una
signora che non apprezzava tanto i convenevoli.
– Uh… non ne
dubito signora – si
lasciò scappare un secco colpo di tosse notando che pure le
guardie erano un
po’ nervose – ma se l’ho fatta venire qui
è per sua nipote Alana… ecco,
attualmente sta svolgendo dei lavoretti
per conto mio ma non è una donna molto espansiva, e vorrei
saperne di più su di
lei –
Si risparmiò di dirle
che era
“ospite” della struttura e che giusto ieri erano
riusciti a convincerla a
quella seduta di estrapolazione dei ricordi, anche se per la prima
volta
l’aveva vista reticente in un atteggiamento dannatamente
umano. Quando aveva
visto il lettino operatorio, i monitor dei computer, i bracci meccanici
con i
tanti aghi che avrebbero dovuto trapassarle la pelle, si era bloccata
sull’uscio della porta e aveva stretto i pugni.
“non
mi troverete mai” aveva
sentenziato guardando gli scienziati e lo stesso Lancaster con sguardo
perfettamente normale e severo, prima di essere spinta con le canne dei
fucili
dalle guardie stesse verso l’esame medico.
– Tzk… dai segni rossi
che avete sul
collo direi che mia nipote non abbia voluto darle informazioni! Non mi
guardi
così, mister, conosco la presa alla gola di
Alana… la sua risposta deve averla
lasciata senza fiato, eh? –
Quella vecchia insolente si
permise addirittura una acida battuta riguardante la sua pessima
disavventura,
ed il colletto alto non era riuscito a nascondere del tutto i segni,
fece
dunque per aprire bocca ed invitarla così cortesemente a
rispondere alla
domanda, ma non ce
ne fu bisogno.
– Si rilassi mister
Lancaster…
vuole una spiegazione? Ebbene, le spiegherò un concetto
fondamentale – si alzò
in piedi aiutata dal lungo bastone e prese a camminare per la stanza,
osservando i dipinti presenti – per prima cosa
però, devo sapere se lei è al
corrente di cosa sia realmente una Strega dello Spazio –
– Si… sono a
conoscenza che una
strega è una Deva particolarmente potente nata
dall’unione di due donne della
vostra razza, una sorta di anomalia genetica causata dallo scarso
ricambio
genetico. Sono creature particolarmente ambiziose e a volte malevoli,
ma non
per questo malvagie –
– Ciò non
toglie che è una
malvagità che va sradicata nel caso si manifestasse in tutta
la sua
magnificenza, soprattutto se si fa parte della Corte! –
Il tono dell’anziana
signora era
particolarmente arcigno, come se non perdonasse un torto subito in
passato, e
alzando un po’ le pieghe rugose degli occhi dette sfoggio di
due iridi
particolarmente glaciali. Ad Howard Lancaster quella donna piaceva
sempre meno,
anche perché dal modo in cui lo stava guardando sembrava
considerarlo un essere
inferiore solo perché, con tutta probabilità, era
un maschio.
– Secondo il nostro
credo, quando
la dea sorse dalle acque non era sola. Accanto a lei vi era la sorella
gemella,
i cui occhi neri come la pece la identificavano come la prima strega ad
essere
apparsa su Amazon, e le due vivevano in armonia plasmando la terraferma
e
vivendo negli abissi… – si fermò
proprio davanti ad un quadro raffigurante un
mare in tempesta, rimanendo a guardarlo in silenzio per una decina di
secondi –
ma la sorella della dea era una creatura ambiziosa e dannatamente
gelosa delle
sue creazioni. Pertanto, la strega uccise in duello la sorella credendo
di avere
finalmente il mondo in pugno. Ah, quanto si sbagliava!
Poiché la dea morì, e
risorse nelle donne che voi chiamate Deva. Indispettita, la strega
decise che
avrebbe continuato la sua lotta nelle future generazioni, rigenerandosi
assieme
alla, un tempo, amata sorella che aveva ucciso… –
– Non sono esattamente un
uomo di
fede, ma confesso che la vostra religione ha sempre dato un senso
piuttosto
marcato alla vostra ideologia di pensiero – il marchese, ed
ex lottatore della
Muscle League, era sincero nel mentre che diceva quelle parole
– ma non sono
sicuro di comprendere il messaggio, madame–
– Tzk, la cosa non mi
sorprende.
Siete un maschio, la vostra facoltà di pensiero è
in proporzione alla grandezza
dei vostri testicoli –
Come volevasi dimostrare, la
signora era tutt’altro che una persona gentile. Sir Lancaster
non fu l’unico a
dare impercettibili segni di insofferenza a quegli insulti dettati
quasi con
noia da una voce gracchiante, anche i soldati alla porta avevano una
voglia
matta di metterla a tacere, ma l’anziana donna non sembrava
spaventata da
quegli sguardi offesi, continuando a parlare una volta che
tornò a sedersi
sulla poltrona.
– Di norma, essere una
strega su
Amazon equivale ad essere quasi sicuramente discriminati. Forse
è anche l’ostilità
secolare a rendere queste ragazze così malvage…
per cui, nei rari casi in cui
nasca una strega, la famiglia è obbligata a confinare la
nascitura in un
convento nel remoto entroterra del paese –
forse era anche per questo motivo che le zone interne
siano così
scarsamente popolate – In questi luoghi le Deva crescono in
un ambiente,
controllato da chojin qualificate, il più serenamente
possibile… ma sono donne
talmente ambiziose da essere spietate e senza scrupoli
poichè, fin da quando
sono bambine, i loro poteri presi dal “padre” si
dimostrano già pienamente
acquisiti rendendole per questo piuttosto pericolose… una
potenza che va però a
minare il loro sistema riproduttivo, sterili e letali anche per i
più forti tra
i chojin che sono abbastanza temerari da cedere ai loro inviti
– aprì
maggiormente le pieghe che nascondevano gli occhi, ed Howard
potè finalmente
notare che erano veramente color giaccio. Come quelli della Kalinina
– mia
nipote Alana è una idiota! Perché è su
queste basi che una cortigiana si muove…
e se una strega diserta il convento allora l’unica
alternativa è la morte!
Mentre mia nipote… beh, piuttosto che affrontare una strega
da brava codarda si
è data alla fuga! –
– E lei non pensa che
vostra
nipote potrebbe aver avuto le sue ragioni? –
Dopo quello che aveva visto sui
monitor della sala controllo, sebbene i dati fossero confusi e
instabili,
Howard Lancaster aveva iniziato a guardare con occhi un po’
diversi quella
donna così stramba. I ricordi in lui erano ancora vividi,
così com’era
bruciante la stretta di miss Alana sulla sua gola.
Un
allarme lontano echeggiava tra le candide pareti della struttura
avvisando che
qualcosa era successo all’interno. La sala di estrapolazione
mentale era
attualmente vuota, il lettino era sporco di sangue così come
anche il pavimento
dove giacevano i bracci meccanici per le iniezioni strappati via con
furia dal
soffitto e dalle carni di una Deva insofferente a quei controlli un
po’
invasivi. Le tracce di sangue, che si mescolavano con i fori di
proiettile
sulle pareti e ai feriti, medici e soldati, che giacevano a terra
singhiozzanti, conducevano nella sala controllo in cui i dati venivano
elaborati e riformati alla loro forma originaria.
Secondo
gli scienziati, la mente di un essere umano è come un cubo
di Rubik
perfettamente risolto e con tutte le tessere di ogni colore a ricoprire
omogeneamente ogni lato del rompicapo, ma la mente di miss Alana si
presentava
completamente disfatta con un cubo multicolore e incompleto. Ogni
tassello era
un suo ricordo, una parte del suo io, che si era perduto anche se, a
quanto
pare, la signora pareva essere sufficientemente a conoscenza di questo
fatto. Senza
contare che la sua innata la rendeva quasi immortale con quel suo
rigenerare le
cellule danneggiate da traumi artificiali…
La
donna al momento, con il fiato ansante e il camice bianco pieno di fori
di
proiettile e sporco di sangue, era faccia a faccia con un Howard
Lancaster
rimasto pressoché impassibile di fronte al suo aggressore.
Sebbene avesse le
spalle al muro e una mano della tuttofare dei MacMadd a stringergli la
gola in
una presa ferrea, il marchese non mutò espressione
continuando ad osservarla
glaciale in volto e quasi… comprensivo.
–
Lascialo
immediatamente andare, puttana! – il suo braccio destro,
Michael Connors, era
visibilmente teso e pronto a fare fuoco, nuovamente, verso la donna.
Benchè
fosse stupito di non essere riuscito ad ucciderla ma solo ad
indebolirla un po’
– lascialo-ho-detto!! –
Lo
sibilò a denti stretti, senza contare che pure quella
femmina aliena era armata
e, senza guardarlo, gli stava puntando la pistola rubata ad una guardia
proprio
all’altezza della testa. Si era fatta strada fino a li
combattendo, ed ora era
circondata da tecnici spaventati e uomini armati, ma non le importava.
–
Nessuno…
nessuno dovrà mai saperlo! – alzò lo
sguardo, ed Howard potè notare che si era
messa a piangere dalla disperazione – nessuno
dovrà sapere che cosa è
successo!! –
E
in quel momento, l’ex membro della Muscle League
capì che forse era andato ad
intrigarsi in una faccenda che non lo riguardava affatto oltre che
più grande
di lui.
La
questione si risolse infine con uno dei ricercatori che, approfittando
del
momento di stallo, con una sana dose di coraggio riuscì a
sedare l’insorta con
una potente dose di anestetico piantandoglielo nel collo.
– Tzk… parla
di lei come se la
conoscesse! – il marchese tornò alla
realtà vedendo il sorriso arcigno della
vecchia Deva – le do un consiglio, se vuole lavorare con lei,
affari suoi… ma
si ricordi che mia nipote Alana è un pericolo
pubblico… che abbia avuto le sue
ragioni, o meno, il motivo del perché ha lasciato la Corte
è quello. E ora caro
il mio marchese, vorrei tanto tornare a tirare le orecchie a mia nipote
Alya –
In termini spicci stava
letteralmente ordinando al maschio che aveva di fronte di riportarla
alla
tenuta dei Mask con, magari, tanto di limousine e autista qualificato.
I dati
che Lancaster aveva preso erano abbastanza confusionari ma comunque
raccontavano una storia che non gli piaceva neanche un po’,
ma alle volte
essere codardi era
l’unica via.
Accontentò la signora,
recependo
chiaro e tondo il suo messaggio.
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
– Hm, sembra che sia
stata una
festa movimentata… alla faccia della chiacchierata con i
vecchi amici –
Il sarcasmo di Kevin Mask aveva
un fondamento visto e considerato in che condizioni si trovava il
cottage, ora
in fase di restauro con dei tecnici kinniku che stavano portando fuori
i mobili
devastati dopo un addio al celibato decisamente di pessimo gusto e su
cui era
meglio tacere.
– Abbiamo solo esagerato
con il
bere! – sotto l’elmo di metallo Robin Mask
presentava due occhiaie enormi e la
sua voce risultava comunque piuttosto stanca – dubito che tu
non abbia alzato
il gomito nell’arco di questi lunghi anni –
Lasciò cadere il
discorso perché
onestamente non aveva voglia di polemizzare e fu un sollievo per la sua
testa
dolorante sentire che la tensione stava nettamente calando. Gli operai
kinniku,
provvidenzialmente chiamati da Archie in modo assai discreto, come
discreto fu
prendersi cura degli altri ospiti tramortiti in modo da non dare
sospetti ad
Alya, che tra l’altro aveva passato un addio al nubilato
piuttosto tranquillo
in compagnia delle donne della sua famiglia, si stavano attualmente
occupando
di risistemare il soggiorno in cui i due chojin si trovavano al
momento. Troppo
impegnati a lavorare per accorgersi di un padrone di casa, seduto su di
una
poltroncina e con una busta piena di ghiaccio premuta sulla tempia
sinistra, e
di un figlio, costui era in piedi con le mani nelle tasche
dell’impermeabile,
intenti in una chiacchierata piuttosto personale.
– Se ho alzato il gomito
l’ho
fatto con la consapevolezza di essere giovane. Cerca comunque di
rimetterti in
sesto per domani, anche perché dubito che la tua futura
moglie crederà che tu
stia bene –
Kevin era giunto fino a li per
spiegare al suo vecchio tutta la reale faccenda sugli
“incidenti” a Tokyo oltre
che per ripassare quello che avrebbe dovuto fare durante la cerimonia,
in forma
civica, ma tutto si sarebbe aspettato meno che il padre e le vecchie
leggende
del wrestling facessero baldoria nel vero senso della parola.
– Grr… io ho
come l’impressione
che Warsman abbia fatto a posta a farci ubriacare
così… sebbene… uhu? –
In quel momento il telefono che
aveva nella tasca dei pantaloni squillò, segnalando che gli
era arrivato un
messaggio, quindi mise da parte il sacchetto con il ghiaccio e
incuriosito
dette una occhiata al display del cellulare. Ciò che vide lo
congelò
all’istante, portandolo poi a sudare freddo in un impeto di
rabbia mista a
timore. Il numero di telefono era criptato, ma le immagini parlavano
chiaro…
erano state riprese durante il suo addio al celibato e le foto
mostravano
chiaramente gli insegnanti della scuola di Ercole alle prese con, lo si
poteva
vedere da un riflesso nello specchio presente sempre in foto
perché a quanto
pare erano state fatte dalla ballerina stessa, una
“ospite” piuttosto gradita (
in particolar modo a livello fisico visto la moltitudine di erezioni
presenti )
che a quanto pare ora aveva intenzione di ricattare tutti. Forse anche
Warsman
stesso ma una cosa era certa: se Alya avesse visto Robin completamente
ubriaco
cercare di farsi una perfetta sconosciuta… avrebbe avuto
ragione a non volerlo
più vedere!
–
M-maledizione… razza di vacca!
–
Lo sibilò in modo
impercettibile,
poiché anche se il messaggio di testo annunciava che non
sarebbero state
divulgate quelle immagini a pagamento effettuato tramite le coordinate
bancarie
fornite, il fatto di essere stato bellamente incastrato da una poco di
buono
rodeva parecchio.
– Uhu?! Papà,
sei sicuro di
sentirti ancora bene?! –
– Si… certo
che è tutto a posto!
– mise nella tasca dei pantaloni il telefonino, era meglio se
suo figlio non
conoscesse anche quel particolare piccante – tu piuttosto,
hai voluto vedermi
urgentemente solo per ripassare il programma di domani o anche per
altro? –
Era decisamente meglio cambiare
discorso, e il piano parve decisamente funzionare visto che il giovane
lottatore parve muoversi a disagio come indeciso se dirgli qualcosa di
tanto
importante quanto scabroso.
– Ecco…
veramente c’è qualcosa
che dovrei dirti arrivati a questo punto. E dubito fortemente che stare
zitto fin
dall’inizio sia stata una buona idea – il suo tono
era piuttosto serio, tanto
da cogliere del tutto l’attenzione del padre che quasi aveva
capito che c’era
un nesso con il suo misterioso incidente – devi sapere che
gli incidenti
avvenuti a Tokyo, e quelli che hanno coinvolto me durante questo mese,
beh… non
sono incidenti –
– Spiegati meglio!
– tutt’altro
che essere comprensivo il tono paterno era oltremodo autoritario,
portando
Kevin a “temere” istintivamente di deluderlo di
nuovo.
– Tzk… se
pensi che abbia a che
fare con il mio passato ti sbagli di grosso! No… purtroppo
è a causa di un
errore se la Corte sta dando la caccia a me e agli altri. Pensano che
siamo una
banda di spacciatori di sabbia rossa ma credimi… non
è così! –
Così tante informazioni
buttate
in faccia e così difficilmente reperibili in una sola volta
dallo stanco
cervello di Robin Mask, portandosi nuovamente il ghiaccio sulla testa,
che si
ritrovò quindi ad emettere uno stanco lamento prima di
supplicare il figlio di
andarci piano. A quanto pare era successo qualcosa di grosso,
decisamente più
peggiore della sua bravata della notte scorsa, e sperò
ardentemente che il
ragazzo non si stesse preparando a combinare l’ennesimo
disastro per “punirlo”
di una infanzia troppo difficile.
– Ok, ragazzo…
ora esigo che tu
mi spieghi tutto il più lentamente possibile…
– anche perché, effettivamente,
la sbornia non gli era ancora passata.
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
– Guarda qua –
alzò il display
del cellulare verso il proprio ospite e questi allungò il
collo per vedere cosa
c’era scritto – come puoi vedere i primi soldi sono
arrivati cinque minuti dopo
che li ho contattati! Robbie è stato il primo anche se credo
abbia sudato
freddo! –
Emerald Lancaster era decisamente
soddisfatta per come era riuscito il piano, e Lord Flash si
ritrovò a sbuffare
tra il seccato e il divertito notando che nessuno dei suoi vecchi
colleghi si
stava risparmiando nell’elargire cospicue
“mance” per uno spettacolo su cui era
meglio sorvolare.
Attualmente il russo e la giovane
ereditiera si trovavano al “George Inn”, situato
poco oltre il London Bridge,
seduti su di un tavolo esterno nella graziosa piazzetta per concedersi
un
aperitivo e parlare di affari.
– Hai già una
vaga idea su come
spendere questo gruzzolo? –
– Hm… non
saprei – accavallò le
gambe e si massaggiò il mento con una mano pensieroso
– penso che metterò da
parte i soldi per la mia nipotina e Alya… francamente non
saprei che… –
– Come, come?! Alla
pupetta ci
penserà Robbie, nonno porcello! Le finanze sicuramente non
gli mancano – su
questo non poteva darle torto in effetti – goditeli un
po’ tu quei soldi, no?
Tanto suppongo che la pensione che percepisci dalla Muscle League alla
fine non
sia poi tutto ‘sto granchè –
Ancora una volta non poteva che
darle ragione, non poteva certo dire che Robin Mask non avesse
disponibilità
economiche ma lui davvero non aveva idea di come spendere quei soldi.
Non era
abituato ai lussi e si accontentava sempre di poco per vivere. Quindi,
in parte
non capiva il motivo del perché Hammy si sarebbe
accontentata solo del 20% di
tutti quei soldi lasciando la fetta più grossa a
lui… ma magari per lei quelli
erano solo briciole visto che era miliardaria.
– Potresti usarli per
farti una
bella vacanza, oppure prenderti dei pantaloni meno osceni di quelli che
indossi
ora – si riferiva al fatto che il russo stava indossando
sopra la calzamaglia
grigia dei pantaloni blu scuro con il cavallo piuttosto largo
– non è che te li
sei messi perché il fratellino è ancora sveglio
da ieri sera?! –
La battuta lo infastidì
non poco
ma decise ignorare il nervosismo e cercare di essere quantomeno
controllato
visto che era in un luogo pubblico piuttosto affollato – se
mi sono conciato
così è per cercare di dare il meno possibile
nell’occhio! Dopo quello che è
successo nei giorni scorsi – era palese che si riferiva al
suo tentato
rapimento – vorrei passare inosservato –
– Uff… sicuro,
inosservato con
quei pantaloni orrendi che sembrano farti le chiappe mosce ancor
più mosce di
quelle che sono! A riprova che hai un pessimo gusto nel vestire,
potresti usare
questi soldi per rifarti il guardaroba –
– Tzk… e io
che pensavo di farti
un favore a vestirmi “decentemente” per una volta
tanto –
La sua era un’ovvia
battuta
sarcastica visto e considerato che alla giovane, ed eccentrica,
ereditiera
valeva il vecchio detto di “chi disprezza compra”.
Le faceva così schifo la sua
tuta in calzamaglia che ogni volta aveva una voglia matta di strappargliela via. Emerald tuttavia non
si scompose, limitandosi a fare spallucce e a bere dalla cannuccia il
proprio
long drink, usandola anche per mescolare pigramente il ghiaccio dentro
il
bicchiere, prima di tornare a parlare.
– Beh, se vuoi un
consiglio
disinteressato potresti sfruttare questi soldi per prenderti un
completo
decente per il giorno di domani… mica vorrai andare vestito
da capitan
pantaloni aderenti, vero?! –
A rifletterci bene non era una
cattiva idea, sebbene avesse già noleggiato il suo abito da
cerimonia da un
sarto di fiducia, tuttavia non ebbe il tempo di risponderle che il
cellulare
che aveva in una tasca interna della giacca si mise a squillare. E cosa
più
spiacevole fu vedere che a cercarlo con tanta furia era lo stesso Robin
Mask…
che aveva finalmente scoperto dei retroscena tutt’altro che
allegri.
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
Probabilmente la cerimonia di
domani sarebbe stata un po’ tesa.
Un po’ molto ad essere
onesti,
poiché il nascondere la realtà dei fatti ad un
testardo Robin Mask non era
esattamente la cosa migliore, ma sia Kevin che il suo allenatore
avevano
decisamente i loro buoni motivi.
“Quando pensavi di dirmi
che ti
eri quasi fatto ammazzare?!”
“Così da far
preoccupare Alya?!
Così da far preoccupare, e insospettire, Kevin?! Il silenzio
è stata l’unica
alternativa per una situazione decisamente poco chiara”
Purtroppo i fatti erano questi, e
lo stesso Robin non potè che rassegnarsi con gran nervoso
agli stessi fatti
raccontati da figlio ed ex allievo. Senza volerlo Kevin Mask aveva
alzato un
polverone mostruoso con la scarsa diffidenza che serviva durante la
Corona
Chojin, e di questo suo padre l’aveva ammonito, e la cosa
peggiore era che non
erano perseguitati da nemici intelligenti come trapani…
nossignore! Avevano la
Corte alle calcagna più le trafficanti di sabbia rossa che
reclamavano ciò che
era stato loro tolto.
“C’è
in ballo la nostra
reputazione oltre che le nostre vite” queste erano state le
parole di mister
Mask dinnanzi al suo unico figlio maschio “questa
è la nostra grande
opportunità di riscattarci da un passato disonorevole,
quindi devi essere
pronto a tutto ragazzo mio. Non permettere che tutto questo venga
infranto!”
Poteva suonare quasi indicibile
che un padre fosse così legato all’orgoglio, ad
uno stupido torneo, che alla vita
di un figlio… ma per i Mask era
risaputo che vita e orgoglio erano strettamente legati tanto che lo
stesso
Kevin non si sentì poi così offeso da quelle
affermazioni dure. In fin dei
conti non era nell’intenzione del padre sminuire
l’importanza del figlio, ma
spronarlo a dare tutto se stesso oltre che tenersi pronto ad ogni
eventuale
attacco.
Perché la situazione
rimaneva
tesa, e con il matrimonio che si sarebbe svolto domani era oltremodo
impossibile mantenere un basso profilo e di annullare tutto non se ne
parlava
affatto. Chiunque avrebbe sospeso la cerimonia, ma non un orgoglioso
Mask o
persino l’intera Muscle League e piuttosto avrebbero
rinforzato anche la
sicurezza.
Una cosa
“buona” c’era comunque…
ora a Robin era più chiaro il ruolo di Howard in tutta
quella faccenda e quasi
con acida ironia pensava che per una volta tanto avercelo vicino, con
annesso
esercito in borghese, non sarebbe stata una cattiva idea. Che poi il
marchese
non avesse rivelato le sue vere intenzioni fin da subito era una
questione
seccante ma tipica di lui… aveva potere, orgoglio, ed era
sicuro di potercela
anche in una situazione simile. Circa.
Ora, quella tra padre e figlio,
nonché allenatore ( per telefono si intende ) era stata una
chiacchierata
alquanto snervante e più delle volte la tensione aveva
toccato picchi
mostruosi, tanto da portare gli stessi operai kinniku a guardare i due
Mask con
un certo timore, ma alla fin fine aveva prevalso la ragione.
Kevin ne uscì comunque
stanco
come in un allenamento di dieci ore filate, trovandosi ad uscire dal
cottage
solo al calar del sole. Aveva quasi una mezza idea di sistemarsi alla
tenuta
per quella notte, anche perché il suo completo per la
cerimonia si trovava in
casa e non all’hotel Atlas.
Tuttavia, quando raggiunse la serra
in stile liberty nell’ala est della villa notò che
le luci all’interno erano
accese.
Uhm… di solito a
quest’ora i
giardinieri hanno finito da un bel pezzo di fare manutenzione, e
papà non è mai
stato un patito del pollice verde – borbottò tra
se e se con una sottile
ironia, anche perché quella serra era stata costruita per
sua madre Alisa –
ehi… Bruce! Per caso sai chi sta consumando
l’elettricità li dentro?! –
Kevin Mask non era abituato ad
avere ospiti a casa, quindi ci impiegò un po’ a
capire che magari era sua zia
Elizabeth intenta a potare delle rose per abbellire il bouquet della
sposa, ma
neppure il gigantesco coccodrillo che gli tagliò la strada
in quel momento con
passo lento e pigro sembrava saperne di più. Tra
l’altro gli era sembrato di
vedergli tra i denti un pezzo di stoffa molto simile nei colori alla
calzamaglia di Kid Muscle, ma quasi sicuramente aveva preso un
abbaglio… quindi
facendo spallucce si limitò a raggiungere la serra e vedere
chi si stava
soffermando così tanto da rischiare di danneggiare alcune
piante delicate. Ciò
che vide, francamente parlando, ebbe il potere di rovinargli del tutto
la
giornata.
( … )
– Quuuindi…
fammi capire bene
– borbottò
un Kyle Mask un po’ brillo –
nessun ragazzo prima di mio cugino ti ha mai
baciato…–
– Eh, già!
–
– Però allo
stesso tempo non sei
più vergine? Sono un po’ confuso –
A Niamh venne quasi da sputargli
addosso il vino che aveva appena bevuto a causa di una roca risata che
le uscì
dalla gola, ma riuscì a trattenersi e a trasformarla in un
mezzo colpo di
tosse. Si erano appartati all’interno della serra, su una
delle panchine di
pietra presenti, per fare quattro chiacchiere e ricominciare la
discussione che
avevano lasciato in sospeso al pub per andare in aiuto di un Lord Flash
in
difficoltà, ma l’intenzione di Kyle continuava a
rimanere quella… e il vino
stava decisamente aiutando.
– Si beh… ecco
– la giovane
irlandese ridacchiò ancora, togliendosi da una spalla, e
senza troppa
convinzione, una mano del ragazzo – non è che sia
una storia molto allegra
questa ma… ehi, posso avere un altro bicchiere di vino?!
Graaaazie! –
Nel mentre che il giovanotto le
versava da bere, Kevin Mask si era avvicinato il più
possibile alla struttura
tanto da poter sentire i due chiacchierare oltre le sporche pareti di
vetro
della serra. Si trovava vicino al cancello per l’uscita
d’emergenza, ma vedere
che all’interno si trovava nientemeno che Niamh,
portò al ragazzo così tanta
confusione e incredulità da non riuscire neppure a credere
alla scena che stava
osservando.
Aveva ancora la mano sulla
maniglia della porta, ma ciò che riusciva a fare era solo
boccheggiare a vuoto
sotto il proprio elmo medioevale. Che la tensione per aver discusso
ferocemente
con il proprio padre, perché il suo vecchio non gli aveva
dato pacche sulle
spalle dicendogli “sono fiero di te, figliolo”, lo
stesse portando ad avere
delle allucinazioni pericolose?! No… non era
così, e lui era sicuro di non aver
invitato quella ragazza a Londra!
– Potrà
sembrarti una cosa senza
senso… però mi è successo durante una
festa. Dopo la maturità a scuola abbiamo
organizzato una festicciola a base di musica e… a-alcoolici
–
Niamh emise un’altra
risatina
anche se questa non esattamente allegra quanto nervosa e bassa. Sebbene
le sue
guance fossero arrossate dal troppo vino rosso e la sua mente fosse
tutt’altro
che lucida, rivangare certi ricordi le facevano comunque decisamente
male visto
che i suoi occhi scuri non erano arrossati solo per la quasi
ubriacatura.
– Ecco… credo
di aver bevuto un
po’ troppo e tutta quella confusione con tutte quelle facce
poi… n-non che mi
consideravano un granchè, però mi sa che devo
aver bevuto molto e tutto ciò che
ricordo è di essermi accasciata su di un divanetto
– bevve ancora dal proprio
bicchiere, ben osservata da un Kyle Mask rispettosamente in silenzio,
consapevole di aver toccato un tasto dolente – quando mi
svegliai non c’era più
nessuno… e io ero senza mutande… –
Il giovanotto di Edimburgo si
sarebbe aspettato di tutto meno che una confessione
così… squallida. Aveva
pensato che la sua prima volta fosse stata si sotto gli effetti
dell’alcool, ma
non che qualche bastardo si approfittasse in maniera così
spudorata di lei.
– Niamh mi
dispiace… se solo
sapessi il nome di quel bastardo che ti ha fatto questo…
–
– Ahaha! Ma n-no
dai… forse ho
sbagliato io a fare qualcosa… –
No, non era vero niente e il
fatto stesso che la ragazza non credesse molto a questa versione
traspariva
dalla sua voce insicura. Lei era una vittima, ma il fatto di poter non
essere
creduta dai propri amici e addirittura dai genitori l’avevano
spinta a darsi la
colpa di un mucchio di cose che non aveva fatto. Per tal motivo Kyle
Mask
decise di togliersi l’elmo di ferro proprio sotto lo sguardo
perplesso della
giovane, lasciando come intendere che di lui ci si poteva fidare.
– Tu non hai sbagliato
proprio
niente! Non puoi permettere che la gente si approfitti di te in questo
modo,
non devi temere il giudizio degli altri… –
A Niamh quelle parole le
arrivarono al rallentatore, presa com’era ad osservare il
ragazzo e le sue fattezze
così simili a quelle del cugino, senza rendersi conto che le
proprie labbra
stavano sfiorando quelle di Kyle.
Il giovane Mask era ancora
dell’idea
di “sottrarla” a quel rammollito di un parente, ma
non era mosso dall’intento
di ferirla nel mentre che si apprestava a baciarla. Molto probabilmente
il vino
aveva accentuato i suoi appetiti nei riguardi della ragazza, ma neppure
lei
sembrava essere contraria a quell’umido tocco. Pochi secondi
di indecisione,
timidezza e imbarazzo, che servirono da sveglia ad un Kevin Mask che
ancora li
osservava, e ascoltava, fuori dalla serra con il fiato che
letteralmente faceva
condensa all’interno del pesante elmo medioevale. La sua ragazza era li. Era lì
maledizione!
Gli era fin troppo chiaro che
quel bastardo di Kyle aveva chiamato a Londra Niamh unicamente per
potergliela portare
via da sotto il naso da bravo bastardo, e a quanto pare ci stava
riuscendo alla
grande visto e considerato che non sembrava dispiacerle quel timido
bacio sulle
labbra che tanto il pseudo motociclista voleva approfondire.
Pertanto, Kevin Mask decise di
entrare nell’esatto momento in cui la giovane irlandese si
scostava via dalle
braccia di Kyle borbottando qualcosa di incomprensibile… e
rimanendo a bocca
aperta quando il padrone di casa entrò nella serra con uno
sguardo che bruciava
l’aria come una collera infernale.
– Tu… schifoso
bastardo! Sei stato
tu, vero?! Sei stato tu a dirle di venire qui!! –
Al momento non era la rabbia di
vedere il cugino fare il cascamorto con la ragazza che gli piaceva a
rodergli
di più, quanto ai rischi che Niamh stessa poteva incappare.
Kyle tuttavia si
limitò a rimettersi il proprio elmo nero pece e alzarsi
dalla panchina sia per
proteggere la ragazza da possibili accuse, sia per affrontare quel
coglione d’un
cugino.
– Sta calmo pivello
– lo disse
con tono arrogante senza preoccuparsi della rabbia di Kevin –
è vero… si, sono
stato io a chiamarla a Londra, e qui mi dispiace per averti ingannato
Niamh –
si rivolse momentaneamente a lei che ora era pallida come un cencio
– ma lei
non è forse la ragazza che ti piace tanto? A quanto pare no,
visto che la
escludi ad un evento tanto importante come il matrimonio di…
–
– Rischia
la vita qui razza di idiota!! – lo urlò
con così tanta
furia da far sobbalzare di paura la stessa fanciulla che ora guardava
il
proprio “amico” con occhi sgranati, e nel mentre
che urlava acchiappò per il
colletto della giacca di pelle un cugino guastafeste – non
hai la più pallida
idea di cosa stia accadendo qui!! –
– Tzk…
credimi, la ragazza sa
difendersi quant-Urgh!! –
Il pugno in pieno viso decisamente
Kyle Mask proprio non se l’aspettava, e fu così
forte da portarlo a cadere
diversi metri più avanti rompendo una fioriera di ceramica.
Niamh strillò a
quel gesto di violenza, ma nessuno stette a prestarle attenzioni e il
giovanotto vestito di pelle e borchie contrattaccò con un
basso ringhio
selvaggio. Colpì con un gancio destro l’odiato
parente proprio al petto,
volutamente visto che se le ferite erano guarite rimaneva comunque un
punto
sensibile, portandolo per questo a grugnire di dolore e spostarsi
lateralmente
per eseguire un contrattacco con un calcio laterale deciso a spezzargli
le
costole.
E nel mentre che i due facevano
quasi a pezzi la serra, la giovane irlandese si portò
momentaneamente le mani
tra i capelli mordendosi con insistenza il labbro inferiore.
“che faccio, che faccio,
che
faccio??!” era questo ciò che si ripeteva
mentalmente quasi nel panico
assoluto. Ma non avrebbe risolto nulla a rimanere in un angolo, e
raccogliendo
dunque tutto il coraggio che aveva decise di mettersi in mezzo ai due
litiganti
rischiando di finirci in mezzo pure lei.
– Smettetela! Smettetela
per
favore!! – chiuse persino gli occhi dal terrore vedendo che i
due stavano quasi
per colpirla, ma per sua fortuna i giovanotti furono abbastanza lesti
da
bloccarsi in tempo.
– Niamh… ma
che ti prende?! Sei forse
impazzita?! –
Il primo a riprendere fiato fu
Kyle Mask, seguito da un tesissimo silenzio in cui i respiri ansanti
dei due
combattenti riempivano la serra assieme al terrore visibile negli occhi
della
ragazza, ormai prossima alle lacrime. E fu proprio vedendole quello
sguardo che
Kevin non resistette oltre, sottraendosi a quegli occhi supplichevoli
come
ferito da una coltellata e allontanandosi da li con una certa
irritazione.
– Bah… al
diavolo tutto! –
( … )
– Sei davvero sicura di
voler
andare da lui? –
– Sono sicura…
mai stata tanto
sicura! –
Era sera inoltrata ormai, e
Londra mostrava il suo classico repertorio di luci colorate e vita
notturna
tipiche di una metropoli attiva. Kyle Mask e Niamh al momento si
trovavano
davanti all’entrata dell’hotel Atlas, e la stessa
ragazza aveva chiesto di
farsi accompagnare li dallo scaltro giovanotto una volta che aveva
saputo che
Kevin riposava abitudinariamente in quel luogo. A casa logicamente non
era
rimasto, e non aveva dato spiegazioni alle sue criptiche parole che
avevano
portato un po’ di timore nei due giovani, ma ora
l’irlandese era giunta sino a
li e non voleva andarsene una volta saputo che era tornato in albergo
da un
servitore della tenuta Mask.
Si, si era fatta accompagnare
fino a li da Kyle in persona come “risarcimento
danni” anche se le parole che
aveva usato erano in realtà queste: “se vuoi farti
perdonare per quello che hai
fatto, accompagnami da lui!”e il giovanotto aveva ubbidito,
sentendo per la
prima volta qualcosa di simile al senso di colpa per tutto il tragitto
fatto in
moto.
– Senti, non sono sicuro
che
abbia voglia di parlare… ma suppongo che tentar non nuoce
–
– Lui… deve
ascoltarmi. Grazie per
il passaggio, comunque –
Poi se ne andò
all’interno del
lussuoso albergo, portando di conseguenza il motociclista a sbuffare
quasi con
divertimento.
– Razza di
cretino… ti ama per
davvero! Vedi di non perderla… –
Poi se ne andò,
ripercorrendo i
propri passi a tutta velocità e gustandosi la fresca brezza
della sera.
Si perse dunque una scena
alquanto singolare e tesa, con una fruttivendola che a mani conserte,
quasi in
preghiera, restava fuori da una candida porta in attesa di essere
ricevuta da
un sire adirato.
– Va via! –
tuonò dall’altro lato
un Kevin Mask ancora confuso per tutta quella faccenda –
tornatene in Giappone!
Non dovresti essere qui, maledizione! –
– Io… non me
ne vado! – scosse
violentemente la testa come a voler scacciare via la paura di avere a
che fare
con un amico piuttosto irato – non dopo tutta la strada che
ho fatto –
– Non sei qui per me, ma
per quel
deficiente di mio cugino! Tornate da lui che ti piace tanto –
Ed ecco che la vena di gelosia
iniziava ad affiorare, ma era anche logico visto il modo in cui
l’aveva quasi
baciata e lei che tanto reticente non era. Ma le si poteva dare per
davvero la
colpa visto che era piuttosto brilla e sapeva alla perfezione che il
vino
proprio non lo reggeva?
– Kevin, ascoltami
maledizione! –
la sua voce quasi si incrinò ormai prossima ad un pianto
dovuto al puro
nervosismo – se sono venuta qui in Inghilterra è
per te. Non per Kyle, non per
il matrimonio… ma per te!
A-avrei
potuto rifiutare ma… l’idea di rivederti non
è riuscita ad andarsene dalla mia
testa… e anche se rischio la vita non mi pento di essere
giunta fino a qui –
Lungo il corridoio del piano VIP
non c’era nessuno, tutti fuori a divertirsi per le vie della
città, e le parole
di Niamh quasi diventavano piccine come una flebile preghiera, portando
lo
stesso lottatore della League a rimanere in silenzio.
– Io di te mi fido, e mi
piaci
come persona… veramente!
Non so perché…
– iniziò a torcersi le dita visibilmente in
imbarazzo e credendo di sbagliare
completamente le parole – n-non che mi fidi molto dei
ragazzi… come ormai ben
saprai… però… ecco, l’idea
di perderti mi fa star male in una maniera atroce –
Da oltre la porta non giungeva
più nessun rumore, e la povera ragazza, dopo svariati minuti
di silenzio, quasi
pensò che a Kevin di lei non importava più nulla
ormai. E fu nel mentre che i
consueti pensieri sconfortanti l’assalivano portandola a
credere che a lui, di
lei, non fregava più nulla che la porta della suite di Kevin
Mask si spalancò
di colpo.
– Wahh!
ScusaScusaScusa… hmm! –
Quel gesto repentino la portarono
a sobbalzare come una cretina e a strillare in modo acuto pensando che
ora il
giovanotto inglese volesse dargliele di santa ragione, e quasi non si
accorse
che era senza maschera e con solo un accappatoio addosso dopo aver
sbollito il
nervoso sotto una doccia ghiacciata, poiché fu
l’impeto che usò per baciarla
che la lasciò maggiormente stupita.
Lei era li per lui. A Niamh non
importava di correre mille pericoli sebbene dicesse di “non
sapere l’esatto
motivo”, e mai al mondo non sarebbe riuscito a schiodarla da
quella sua
testarda idea. Ne alla fine della corsa voleva, poiché
l’idea di perderla era
qualcosa che lo assillava fin da quando era giunto a casa.
La baciò con passione,
quasi con
disperazione, in un modo che la stupì poiché la
viscida sensazione che l’aveva
colta in quel buio vicoletto al mercato ortofrutticolo era
incredibilmente
svanita sentendolo così vicino a se in un modo che prima era
semplicemente
acerbo.
Si
ritrovò incredibilmente a
ricambiare, intrecciando la propria lingua alla sua, guidata da un
istinto che
a stento riconosceva nel mentre che si lasciava trascinare in camera
dallo
stesso Kevin che, seppur un po’ a fatica, riuscì a
chiudere a chiave la porta in
modo tale che nessuno li disturbasse.
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Capitolo 25 *** festival of blood part.1 ***
Normalmente
Michael Connors soggiornava nella caserma di casa Lancaster, ma al fine
settimana spesso e volentieri rientrava nel proprio appartamento
giù a Londra
per “rilassarsi” un po’. Tra
l’altro, aveva intenzione di riportare la
videocamera ad Eiko, alias la dolphin girl, ripulita ovviamente dei
file
compromettenti anche se alla fine della corsa era solo una scusa per
ronzarle
attorno.
Tuttavia
quel mattino non se lo sarebbe passato a sonnecchiare a letto,
poiché un
insistente campanello lo ridestò facendogli notare che la
sveglia digitale alla
sua destra segnava le sei del mattino.
– Grr…
chi cazzo è che rompe al sabato?! Un momento…
Cristo! – scostò di lato e con
violenza le coperte prendendo in seguito dal comodino la pistola che
ben
nascose nei pantaloni della tuta – questa è la
volta buona che faccio una
strage! –
Era
abbastanza nervoso anche perché aveva passato una settimana
decisamente
“impegnativa” e il bernoccolo che aveva in testa
gli stava passando troppo
lentamente secondo il suo modesto parere, e se avesse scoperto chi
è che lo
aveva colpito a tradimento mentre stava per catturare quei due buffoni
mascherati non gliel’avrebbe fatta passare liscia, ma quando
aprì la porta di
casa si ritrovò a sbiancare come se avesse appena visto un
fantasma.
– Ehilà
lentiggine! Hai visto la mia bambola gonfiabile?! –
No… no, non poteva essere
vero. No,
era una allucinazione dovuta alla botta presa nei giorni scorsi,
perché non era
fottutamente possibile che Zachary Connors, suo fratello minore e tutto
fourchè
un bravo ragazzo, era davanti a lui, con i suoi improbabili pantaloni a
pois
gialli su sfondo rosso in netto contrasto con giacca e cravatta da
“bravo
ragazzo” e con calcato in testa il cappello di pacman che gli
aveva regalato da
piccolo.
Era
senza ombra di dubbio una allucinazione, e pertanto l’ex
mercenario si ritrovò
a boccheggiare e a chiudere di scatto la porta credendo che
così quell’assurda
visione si smaterializzasse all’istante.
– Lentiggine!
Guarda che non è educato chiudere in faccia la porta alle
persone! – piagnucolò
quell’altro giustamente. Pertanto, il fratello maggiore si
ritrovò a sopprimere
un ringhio e ad aprirgli nuovamente la porta.
– Tu…
dovresti essere a casa! A Washington! Non qui… che diavolo
ci fai a Londra?! –
– Beh,
per la prima posso risponderti che ho preso l’aereo. Per la
seconda te l’ho già
detto quando mi hai aperto la porta! –
Lo
disse come se avesse detto la cosa più naturale al mondo, e
nei suoi occhi non
si leggeva nessuna nota maliziosa degna di nota. L’ex
mercenario tuttavia
sapeva che il suo stravagante fratello minore non era da prendere alla
leggera,
visto che era da considerarsi il teppista numero uno di Washington, e
forse era
quasi una fortuna che non avesse deciso di fare il soldato dedicandosi
invece al
vecchio panificio di famiglia.
Zachary
era… diverso. Non solo fisicamente, poiché con il
suo albinismo lo
differenziava dal resto della famiglia dalla carnagione olivastra e
francamente
parlando non sembrava neanche suo fratello di sangue, ma anche
mentalmente era
un fottuto genio che “sprecava” il proprio estro
creativo per creare mini armi
di distruzione di massa da sperimentare sui teppisti presenti in
città e in
generale andava volontariamente a
cercare guai e a ridurre in fin di vita chi era così
coglione da cadere nelle
sue provocazioni. Perché era questo che suo fratello faceva:
provocare tizi
poco raccomandabili per sperimentarci sopra tutti i suoi
“giocattoli” letali.
Una sorta di scienziato pazzo mancato, sebbene Michael non sapesse
spiegarsi il
motivo del suo carattere visto e considerato che come lui era cresciuto
circondato
dall’affetto della famiglia.
Quante
volte ci aveva litigato per questi e più motivi…
e ora era giunto fino da lui
per una bambola gonfiabile??!
– Grr…
mi stai dicendo che ti sei fatto ore di viaggio solo per una bambola
gonfiabile??! – l’americano si passò una
mano davanti agli occhi mentre
rientrava in casa seguito dal fratello – Cristo! Ma sei messo
così male…?! –
Qualcuno
si sarebbe aspettato un “ciao come stai” ma con
quei due fratelli le cose
funzionavano un po’ diversamente.
– Lo
sai che non sono interessato al sesso – il ragazzo non si
scompose, togliendosi
gli occhiali da vista e pulendoseli con un fazzoletto – ma il
mio contatto in
Inghilterra ne aveva trovata una in raro silicone marziano e io ne
avevo giusto
bisogno per i miei esperimenti –
No…
no, non era nuovamente possibile questa cosa! Poiché,
sebbene Connors senior
fosse ancora mezzo addormentato, non ci mise molto a fare uno
spaventoso due
più due sul fatto che stesse parlando della bambola di miss
Alana. Quella
creepy freak conosceva suo fratello Zeke?
– Non
dirmi che… conosci forse l’assistente dei MacMadd?
Quella sciroccata di Alana?!
–
lo
disse con un sibilo, perché stava cominciando a germogliare
in lui l’idea che
con tutta probabilità quella donna l’avesse fatto
apposta a farsi catturare con
quella stramaledettissima bambola.
– Il
suo contatto su skype è ladylollipopchainsaw2… il
“2” perché già altri due
utenti utilizzano questo nikname – e lo disse con il sorriso
sulle labbra,
incredibile! – e si, la conosco e ci scambiamo piccoli favori
commerciali oltre
che qualche chiacchiera su come stanno i nostri rispettivi
familiari… nulla di
più. Mi ha quindi telefonato un paio di giorni fa dicendomi
che al momento
gliel’hai sequestrata e la tieni in un magazzino, quindi
eccomi qui per
riprenderla! –
Nulla
di più… suo fratello
aveva il coraggio di edulcorare tutta la faccenda che girava attorno ad
un’altra poco di buono che quasi aveva ammazzato mister
Lancaster, e
chissenefrega di quello che aveva visto anche lui sugli schermi del
laboratorio, e cosa ben più fastidiosa era che
“l’aiutava” pure? Era una cosa
che andava urgentemente chiarita prima che la testa gli esplodesse per
tutte
quelle assurde informazioni che erano trapelate in quei cinque minuti
scarsi ed
inoltre aveva un urgente bisogno di caffè bollente.
Emettendo
un basso ringhio che avrebbe terrorizzato anche il pendejo
più ottuso, Michael
Connors sparì velocemente in camera propria per rivestirsi
con una violenza
tale che trapelò persino dalle sue stentoree parole.
– Ora
tu vieni con me al lavoro. Non toccare nulla. Non parlare con nessuno.
Se
attacchi bottone con uno dei ragazzi per aizzarteli contro te la vedrai
direttamente con me… – uscì fuori dalla
stanza con gli occhi che mandavano
scintille, senza turbare minimamente il fratello minore che ancora
sorrideva –
e per inciso: quella tua bambola, perché se l’hai
voluta tu tanto sicura non è,
andrà direttamente al macero non appena tutta questa
faccenda sarà chiarita e
te ne tornerai a casa entro stasera! –
– Coosa?
Fratellone sei ingiusto! Ho promesso a nonna di regalarle un souvenir e
fare
tante foto! –
I
piagnistei falsamente infantili di Zeke non riuscirono in nessun modo a
scalfire il fratello maggiore che, conoscendolo fin troppo bene, sapeva
che
lasciarlo a piede libero per la città sarebbe equivalso a
permettere ad un
terrorista di fare i propri comodi. Senza quindi indugiare oltre
Connors senior
prese per la manica della giacca il proprio fratello e senza troppi
complimenti
lo trascinò fino al suv parcheggiato fuori casa.
La
mattinata era decisamente iniziata male, e questo non era una cosa
buona poiché
puzzava come un oscuro presagio.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - -
La
sensazione che provava era un misto di calore piacevole e benessere
mentale. A
Niamh non era mai capitato di provare una simile affinità
tra le braccia di
qualcuno, e al momento trovava addirittura eccitante sentire persino
l’odore di
sudore di Kevin che ancora ronfava della grossa dopo una serata
decisamente
impegnativa.
Quando
voleva sapeva essere dolce, e questo era stato nel suo caso visto che
non si
era decisamente risparmiato nel farle capire che l’amava
proprio. Era stato…
divertente. Scandalosamente
divertente per una come lei e questo pensiero la portò ad
arrossire come un
peperone trovandosi a rannicchiare la testa contro il fianco del
lottatore ora
in dormiveglia.
– Oh
cielo… – bisbigliò lei quasi con voce
stridula – certi pensieri è proprio meglio
che non li faccia!! –
Ma
fu proprio quel suo pensiero espresso in un sussurro che ebbe il potere
di
ridestare dal proprio sonno un Kevin Mask piuttosto soddisfatto di come
si era
passato la serata. Era la sua ragazza adesso, avendo finalmente
chiarito ogni
singola faccenda, e nonostante avesse ancora il lieve sentore che
rischiasse la
vita a restare accanto a lui era davvero felice di averla accanto.
– Mrr…
che hai?! – sbadigliò rumorosamente e con un
braccio le cinse le spalle per
riportarla più in alto e guardarla negli occhi –
ehi… perché quella faccia? Non
mi sembra sia andata poi tanto male –
Lo
disse con tono scherzoso perché la ragazza aveva
effettivamente una espressione
ridicola in faccia nel mentre si ricopriva il seno nudo con le lenzuola
ancora
umide, ma era logico che non era sua intenzione deriderla. In fondo
adesso
cos’erano? Fidanzati? Compagni?! Probabilmente adesso erano
nella seconda
categoria anche se intimamente il giovane rampollo di casa Mask puntava
a
velocizzare le cose con un precoce fidanzamento magari tra qualche
mese… ad
ogni modo, questa non era la cosa più importante quanto che
ora erano l’uno
accanto all’altra.
– No…
casomai è andata fin troppo bene!
Però… – la giovane deglutì
un po’ in preda al
panico, ma si tranquillizzò sentendo il compagno
accarezzarle una guancia, ed
in seguito, darle un bacio sulla fronte – sono…
contenta, di essere qui –
Il
silenzio che calò nella penombra della suite a disposizione
del lottatore non
fu in nessun modo imbarazzante, ma lo divenne ben presto quando gli
occhi
azzurri di Kevin guardarono oltre Niamh. E più in
particolare le lancette della
raffinata sveglia che indicavano le nove e mezza del mattino.
Nove e
mezza… e il matrimonio di suo
padre iniziava alle dieci!
– Oh
Cristo!! È tardi!! – tuonò
all’improvviso lui, piombando giù dal letto ad una
velocità tale da scostare completamente le coperte e facendo
pure strillare di
sorpresa la giovane compagna – il matrimonio di mio padre
inizia tra mezzora e
siamo in ritardo, cazzo!! –
Iniziò
a rivestirsi con furia e a fare persino confusione con la maschera
mettendosela
all’incontrario, e oscurandosi così la vista
andando poi a sbattere la testa
contro lo stipite della porta del bagno, mentre Niamh
farfugliò qualcosa di
incomprensibile riguardo al fatto che non aveva un vestito decente per
la
cerimonia e tentando invano di calmarlo.
– Argh…!
Non c’è tempo neppure di fare una doccia
– tuonò nuovamente un Kevin Mask quasi
nel panico, uscendo mezzo bagnato dopo un veloce intervento al
lavandino e
rivestendosi alla velocità della luce – e a
quest’ora ci sarà un traffico
impossibile per Londra! –
– Ehm…
ma credo che tuo padre capirà-ahhh! –
A
momenti non le dette neppure il tempo di rimettersi le ballerine che
letteralmente la strattonò per un polso dirigendosi come un
disperato verso le
scale antincendio dell’albergo e rischiando addirittura di
far cadere qualche
fattorino durante la corsa ( cosa che Niamh si scusò
mortificata verso quei
poveri dipendenti spintonati a destra e a manca ).
– M-ma
non è il caso di prendere l’ascensore? –
La
giovane irlandese era quasi senza fiato, e guardando la tromba delle
scale
poteva notare che erano effettivamente tante visto e considerato che
erano
all’ultimo piano dell’albergo. Ma il giovanotto
inglese era li per un motivo
ben specifico, e contrariamente alla compagna non aveva timore di
sforzi
sovraumani e possibilmente invalidanti. Pertanto, senza sforzo alcuno
la prese
repentinamente tra le braccia lasciandole ben intuire che cosa avesse
in mente
di fare nell’esatto momento in cui scavalcò
la ringhiera del pianerottolo in cui si trovavano.
– Niamh,
come te lo devo dire che siamo terribilmente in ritardo?! –
Lo
disse quasi con tono scherzoso, ma lo strillo terrorizzato della
ragazza, nel
mentre che cadevano alla velocità di un fulmine
giù per la tromba delle scale,
lo sentirono in parecchi sebbene nessuno riuscì a capire per
davvero cosa
stesse succedendo vista la velocità con cui Kevin Mask
superò le preziose porte
dell’hotel Atlas.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - -
– È
inconcepibile… inammissibile! Mio figlio è in
ritardo e la cerimonia inizierà
tra dieci minuti! –
– Stai
calmo, fratello. Sono sicura che Kevin sarà qui a
momenti… qualche minuto di
ritardo non farà male a nessuno –
In
fin dei conti Elizabeth Mask, in un abito vellutato in stile vittoriano
rosso,
non aveva tutti i torti nel dare una possibilità al giovane
nipote che in fin
dei conti aveva deciso di assecondare il desiderio del padre. Robin
Mask
tuttavia decise di ignorare quelle parole un po’ fredde
facendo picchettare il
proprio lungo bastone da passeggio sul pavimento in marmo
dell’atrio della zona
ovest, quello che dava verso il giardino in cui si sarebbe tenuta la
prima
parte della cerimonia e poco più avanti, nei pressi dei
laghetti, il
ricevimento per gli illustri ospiti. Era solennemente giunto fino a
casa con
una macchina scura cogliendo comunque l’attenzione dei media
incaricati dai
MacMadd di filmare tutto, e ora doveva essere il primo a raggiungere il
giudice
di pace assieme a sua sorella passando in mezzo a tutti gli ospiti
d’onore,
compresa una delegazione di sua Maestà che non era potuta
venire per altri
impegni, seguito a breve distanza dal suo primogenito che stava
tardando ad
arrivare!
Erano
tutti fuori ad aspettare, l’allegro chiacchiericcio dei
nobili e dei membri
della Muscle League giungevano fino a li e qualche cameraman curioso
cercava di
zoomare sulle grandi vetrate ad arco dell’atrio, ben coperte
da delle spesse
tende di lino, cercando di cogliere ogni più minimo
movimento. Tutto doveva
essere perfetto, e questo pensiero stava rendendo nervoso Robin Mask
sebbene
lasciò che la sorella gli sistemasse una rosa bianca nel
taschino della giacca
scura. Lizzie aveva anche ultimato il bouquet della sposa e a
quest’ora doveva
anche esserle già arrivato… chissà
come stava Alya? Magari era nervosa pure lei
per l’inizio della cerimonia? Senza contare che MacNeil
sarebbe stato a
guardare la sua allieva tra le prime file pronto, quasi sicuramente, a
inseguire lo sposo nel caso quest’ultimo, in un momento di
assoluta follia,
decidesse di dare buca all’ultimo momento.
Ecco,
quello fu un pensiero che lo portò a rabbrividire, ma mai
come la figura di
Howard Lancaster che fece la sua consueta entrata in scena
tutt’altro che
discreta. Quel bastardo invece di restarsene in giardino aveva ripreso
tranquillamente a gironzolare per la villa, dopo quello che era
successo poi!,
e anche se aveva una voglia matta di spaccargli la faccia a suon di
pugni
sapeva di dover mantenere la calma per non incappare in qualche assurdo
scandalo.
– Mio
carissimo Robbie, il pubblico qua fuori si sta scaldando e a meno
che… –
– Howard?!
–
A
fermare le parole del marchese ci pensò una Elizabeth un
po’ sorpresa della sua
presenza in casa, limitandosi ad inarcare un sopracciglio e a
squadrarlo da
capo a piedi per il logico fatto che non vedeva il Lancaster da una
vita. E lo
stesso Howard, di bianco vestito sebbene avesse un fazzoletto grigio
nel
taschino, per un momento rimase interdetto dinnanzi a quella figura
femminile
quasi ieratica che lo guardava quasi con un… filo sottile di
disprezzo.
– Oh…
Lizzie! – sul volto dell’ex lottatore si dipinse
quello che era un timido
sorriso – sei davvero tu? È passato molto tempo
dall’ultima volt…–
– Sparisci!
–
– Sissignora,
subito signora –
Quella
scena decisamente risultò atipica per Robin Mask, tanto da
lasciarlo a bocca
aperta mentre osservava Howard Lancaster scomparire rapidamente lungo
il
corridoio che l’avrebbe portato in giardino per una porta
secondaria. Poi gli
venne quasi da sorridere, pensando al motivo di quella sua repentina
“fuga”
dalla tanto temibile Lizzie Mask e
persino lo stesso marchese deglutì pensando che quella donna
rimaneva a dir
poco crudele.
Non
la incontrava da anni ma non aveva fatto fatica a riconoscerla, ma
dopotutto
quel concentrato di malvagità non si poteva scordare
così facilmente.
All’età
di 12 anni era stato il suo primo grande amore. Oh si, poteva sembrare
assurdo
ma da bambini frequentavano lo stesso club ricreativo, anche se in
sezioni
differenti, e visto che il giovane Howard era rimasto incantato da
quella
ragazzina dai corti capelli castani e dallo sguardo dolce decise di
passarle in
modo discreto un bigliettino con su scritto una semplice domanda:
“io ti
piaccio?”
Invece
di dirgli di “no” quella strega maledetta ben
pensò di bruciargli i capelli
durante l’ora di cricket, rivelando che sotto quello sguardo
tanto carino si
nascondeva una autentica bulla. E nonostante fossero passati ormai
anni, una
certa soggezione gliela faceva ancora anche se lei era
un’esile signora e lui
un ex wrestler che si è comunque mantenuto in
forma… in una ipotetica scala di
graduazione lei era seconda solo a MacNeil.
– Mhpf…
mi deludi, Robin. Hai davvero invitato quella nullità di
Howard Lancaster al
tuo matrimonio? –
– Una
semplice “formalità”, sorella. Io ho
lanciato la sfida e lui ha accettato –
Elizabeth
fu quasi sul punto di replicare ma l’entrata in scena di due
individui accorsi
fino a li come due maratoneti ebbe modo di distrarla completamente e
lasciarla
sorpresa. Idem il futuro sposo, che non faticò ad
identificare il primo tra i
due irruenti ospiti appena giunti.
–
Papà…
siamo… arrivati! –
Kevin
Mask, il suo problematico primogenito, era giunto fino
all’atrio e a quanto
pare durante la corsa si era pure messo l’abito che avrebbe
indossato nella
cerimonia, ma restava comunque una figura abbastanza disastrata dopo
quella che
sembrava essere una lunga corsa da Londra fino alla tenuta dei Mask. E
nel
mentre che Lizzie quasi si precipitò verso il nipote per
rimproverarlo e dargli
una sistemata, Robin Mask non potè non notare la donna che
barcollava come una
ubriaca dopo essere stata strattonata e sballottolata dallo stesso
Kevin nella
sua disperata corsa fino a casa.
– Hm…
e la signorina che ti sei portato dietro chi è?! –
Porse
la domanda con una certa freddezza osservando la giovane che cercava di
farfugliare qualcosa in risposta ma che, con prontezza di riflessi,
venne
raggiunta da Kevin che la prese per mano riportandola alla
“realtà”. Il
giovanotto l’aveva fatta un po’ disperare tra
improvvisi salti nel vuoto e
ancor più peggiori salti tra un’auto e
l’altra per evitare il traffico
londinese, ma mentalmente si ritrovò a ringraziarlo per
averla tolto
dall’impiccio di doversi presentare, ancora scombussolata
poi, al futuro sposo
tanto freddo quanto imponente.
– Lei…
è la mia ragazza,
papà –
Nel
mentre che lo diceva si ritrovò a stringerle, ricambiato
quasi di istinto, la
mano come a voler enfatizzare meglio quelle parole. Ma ormai per Robin
non
c’era più tempo per le giuste obiezioni per
quell’assurda entrata in scena e
all’ancor più assurda dichiarazione del figlio
ribelle, poiché un valletto
entrò dalla porta principale dell’atrio
annunciando quasi con affanno che la
cerimonia doveva cominciare secondo la tabella di marcia.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - -
–Nikolai,
quanto tempo che non ci si vede –
–Eh,
si... Anni ormai… –
Come
inizio faceva decisamente schifo, almeno secondo Warsman che avrebbe
preferito
meno insicurezza nelle parole e decisamente nessun imbarazzo
nell’avere di
fronte la madre di sua figlia.
Katya
tuttavia non sembrava in imbarazzo, sorridendogli dolcemente e
prendendogli le
mani tra le sue in una presa amichevole e solida. Si trovavano in una
sala
attigua a quella dove Alya era andata momentaneamente a preparare gli
ultimi
ritocchi, anche se non lo dava a vedere era nervosa e voleva stare per
un
momento da sola, ma stranamente per il russo, imbarazzo a parte, non
c’era la
tipica tensione che si sarebbe aspettato di provare.
Una
cosa un po’ bizzarra forse, visto che l’ultimo mese
l’aveva speso in una
tensione quasi perpetua alimentata da attentati vari e tentativi di
rapimento
finiti male ( e quelle scosse elettriche erano state davvero pericolose
oltre
che dolorose… e sapere che Howard Lancaster sarebbe stato
presente al
matrimonio non aiutava ), tuttavia ora che si trovava in mezzo al
“momento
decisivo” si sentiva come sollevato per essere finalmente
arrivato al tale
giorno lasciandogli addosso solo lo spettro di tutte le emozioni che si
era
prefissato di provare in un sol colpo.
Addirittura
non avvertiva più il senso di colpa per averla abbandonata,
anni or sono e con
validi motivi, e neppure il senso di inadeguatezza nel starle accanto.
Solo…
era sinceramente felice di vederla e di sapere che entrambi stavano
partecipando ad un evento importante che riguardava la loro bambina.
– Come
stai? Mi sembra che tu sia in forma –
– Non
c’è male Katya… Grazie –
sussurrò piano quelle parole, sciogliendosi
delicatamente da quella presa gentile – e tu non sembri
cambiata affatto
dall’ultima volta che ci siamo visti–
Più
che un complimento per lui erano la realtà dei fatti,
benchè la signora
mostrasse le sue prime vere rughe sul volto e le mani mostrassero le
cicatrici
dovute agli aghi da cucito. Proprio come le mani di Warsman che
mostravano i
segni delle molte lotte affrontate, anche Katya mostrava i segni del
tempo che
avanzava e non lo faceva senza temere di invecchiare…
contrariamente com’era
solita ricordargli una certa puttanella viziata che arrivò
giusto in tempo per
rovinare quel piccolo momento.
– Eh,
però io mi chiedo se da giovane l-lui fosse già
un porcello come adesso…
adesso, ecco –
Un
brivido freddo corse lungo la schiena dell’ex lottatore nel
sentire quella che
era la voce un po’ impastata dall’alcool di Emerald
Lancaster, e quando si
voltò per osservarla poco ci mancò che la
fulminasse per davvero con lo
sguardo. Quantomeno la marchesa indossava un abito il più
possibile normale,
senza scollature esagerate o spacchi vertiginosi, ma era pieno di
cristalli di
Swarovski sulla stoffa leggera rigorosamente verde smeraldo, facendola
apparire
in netto contrasto con la sobria figura di Katya avvolta nel suo
consueto abito
scuro.
– Emerald
Janice Verbena Phoebe Lancaster! Non ho la più pallida idea
di come tu abbia
fatto ad entrare qui data la sorveglianza – ma che lo diceva
a fare che sapeva
alla perfezione che i Lancaster si infilavano ovunque – ma
non ti permetto di
rovinarmi il giorno perfetto di mia figlia! –
Si
trattenne dall’insultarla giusto perché accanto a
lui c’era una perplessa
Katya, ma questo non sconvolse Hammy che si avvicinò ad
entrambi emettendo una
risata beota e rischiando di far traballare fuori dal calice lo
champagne che
stava sorseggiando.
– Ma
no… ma no! Ma mica voglio rovinare il matrimonio di nonno
porcello, eh! No, sul
serio… ma era da-davvero così porcello da
giovane? – con una mano si aggrappò
alla giacca scura di Warsman, strattonandolo un po’, mentre
con l’altra mano
che impugnava il calice indicò con insistenza la figura
della sarta – perché
ora credimi eh! Va in giro con una bruuuta calzamaglia che gli fa il
culo
moscio come un… boh… un sorcio ecco! –
Francamente
parlando Katya non capiva di cosa la giovane terrestre stesse parlando,
perché
non aveva collegato che la parola “porcello”
potesse essere riferito agli
appetiti sessuali del suo ex compagno, ma capì alla
perfezione che Warsman
aveva uno sguardo fiammeggiante di odio puro nei confronti di quella
ragazza
piuttosto brilla che doveva conoscere assai bene.
Difatti,
reprimendo a stento un ringhio risentito, il russo prese per il polso
la mano
della marchesa, quella che lo stava strattonando per la giacca scura,
deciso
più che mai ad allontanarla da li per evitare eventuali
figuracce o peggio…
l’essere smascherato in un paio di secondi.
La
sua fu tuttavia una pessima mossa poiché la ragazza, sebbene
fosse piuttosto
brilla, reagì di scatto gettandogli in faccia tutto il
contenuto del calice. E
da li, in quei due secondi scarsi in cui la Deva si portò
momentaneamente le
mani sulle labbra stupita per quella tesa scenetta, i due
“compagni nel
crimine” dettero brevemente sfoggio del loro lato
più caratteristico.
– Nraargh!
–
In
un attimo Warsman caricò a testa bassa una ragazza che prima
di darsi alla
“fuga” gli lanciò addosso il calice
ormai vuoto che andò a frantumarsi sul suo
casco nero. Corsero per un po’ lungo il corto corridoio fino
a raggiungere
l’atrio in cui sarebbe dovuta uscire la sposa iniziando a
correre attorno ad un
tavolo apparecchiato per un piccolo rinfresco. Katya
continuò a guardare ancora
quella scena così irreale quasi boccheggiando, e non si
accorse che la figlia
uscì dalla stanza in cui si era ritirata per meditare
lasciando sorpresa pure
quest’ultima per lo spettacolo offerto dal padre.
– Sono
pronta mamma, papà è già arrivato
ver… uh? – anche la giovane dottoressa si
fermò a guardare la scena, ora suo padre era intento a
riversare sulla schiena
della giovane, sotto il vestito, tutto il ghiaccio presente in un
secchiello
porta champagne portandola così a strillare per i brividi,
trovandosi pure lei
ad inarcare un sopracciglio – Ah, vedo che hai conosciuto la
nuova “compagna”
di papà –
– Oh,
sembra una ragazza un po’ singolare… suppongo che
sia una terrestre, vero? –
Era
decisamente raro che una Deva si comportasse così per
presentarsi a qualcuno,
ma per quanto Alya rimase impassibile, Katya conosceva bene sua figlia
da
sapere che Emerald Lancaster la trovava piuttosto… strana.
Ma in fin dei conti
non era affar suo con chi si intratteneva il padre, e
l’importante era che
stesse bene. Anche se aveva come l’impressione che a livello
fisico avesse
subito qualche colpo strano,
avvertiva come una strana vibrazione nella sua respirazione…
come se avesse
subito una forte scossa elettrica,
ma
magari era solo una sua impressione.
– Ehm…
padre! Io sarei pronta ad andare –
Appena
la voce della futura sposa si fece sentire in modo educato
all’interno
dell’atrio, immediatamente i due litiganti smisero di tirarsi
noccioline e
ghiaccio e si fermarono nell’osservare, quasi incantati, la
figura della
Kalinina.
Warsman
non aveva ancora avuto modo di vederla
con il suo abito da sposa, ma vederla con indosso proprio
quell’abito la
faceva sembrare una bambola di porcellana dagli occhi di ghiaccio. Era
bellissima, e anche se la sensazione di perderla si stava accentuando
ancora di
più, era pronto per accompagnarla all’altare
lasciandosi andare ad un gesto d’affetto
piuttosto inconsueto per lui. Si avvicinò a lei lentamente,
venendo accolto da
un timido sorriso dalla novella sposa, accogliendola tra le proprie
braccia in
un abbraccio che non fosse troppo stretto per ovvi motivi.
– Nikolai!
Non stringerla troppo, ci ho impiegato tanto per sistemarle i capelli!
–
La
quasi supplica della sarta venne prontamente accolta dall’ex
lottatore che a
malincuore liberò la figlia dal proprio abbraccio dandole
un’ultima lunga
occhiata vedendo come l’amata figlia gli sorridesse con affetto sincero. Lo
disturbava ancora che
volesse sposare il suo vecchio maestro, ma dopotutto quella era una sua
scelta…
e continuò a ripeterselo mentre l’accompagnava a
braccetto verso l’esterno affollato.
( …
)
Ramenman
si era distaccato dal resto del corteo nuziale nonostante la musica
avvisasse
dell’entrata in scena dei promessi sposi per la somma gioia
dei molti illustri
ospiti che si erano seduti attorno al piccolo altare cerimoniale. Era
principalmente
immerso nella quiete del laghetto principale della tenuta dei Mask,
piuttosto
grande in effetti, fermo sul bordo della passerella di legno che
serviva da
attracco per le canoe da allenamento.
Nonostante
il cinguettare degli uccellini appollaiati sui salici piangenti e la
tranquillità delle anatre che nuotavano pigramente nelle
acque scure del
laghetto, l’anziano coccodrillo di nome Bruce sembrava
piuttosto irrequieto.
Di
lui si vedevano solo una doppia fila di grosse scaglie che affioravano
dall’acqua
come le rocce di pericolosi scogli, e il suo andare avanti e indietro
per tutta
la lunghezza del grande laghetto lasciava dedurre che fosse nervoso per
qualcosa di non meglio definito.
Forse
un terremoto? Di solito gli animali sentono le vibrazioni sul terreno,
ma Bruce
sembrava irrequieto per altri motivi non legati ad eventi di tipo
ambientale… e
questo al lottatore cinese decisamente non piaceva.
I sui
pensieri si bloccarono tuttavia quando King Muscle, vestito con il suo
orrido
completo giallo dai disegni improponibili, lo affiancò senza
comprendere che il
vecchio collega si era avvicinato alla passerella per meditare.
– Ramenman!
Andiamo vecchio mio… ti stai per perdere la cerimonia!
Vedessi che bella che è
la dottoressina… anche se il babbo fa paura… ma
che hai?! –
Smise
con le sue goliardiche battute quando anche lui vide che
l’immenso coccodrillo
di casa Mask stava nuotando in modo poco tranquillo lasciando in vista
solo le
sue creste frastagliate. Un comportamento abbastanza inquietante anche
se pure
Suguru sapeva che si trattava di un animale piuttosto mansueto
all’infuori
degli allenamenti ( giocava addirittura con i bambini! ), ma quel suo
strano
modo di nuotare gli stava mettendo un po’ d’ansia.
– Uhh…
sembra di vedere Godzilla che nuota! –
– Il
coccodrillo è irrequieto – fece Ramenman dopo il
lungo silenzio che lo aveva
caratterizzato fino a quel momento, ignorando la battuta del vecchio
amico –
dubito fortemente che sia stressato per il matrimonio, quanto piuttosto
per
qualcosa di diverso… –
– Uh…
si beh… meglio aggregarci agli altri no? –
Di
irrequieto a King Muscle gli bastava il figlio, anch’egli
vestito con un
improponibile smoking azzurro pastello, che da quando era tornato dalla
sua
fuga da Belinda e Meat aveva da aggiungere alla propria lista di cose
che gli
mettevano paura pure i coccodrilli! Ovviamente il giovane principe non
aveva
fatto parola al padre di averlo visto fare il cretino durante
l’addio al
celibato, ed era meglio così visto che l’anziano
re aveva poi dovuto sborsare
parecchi soldi per evitare che certe foto arrivassero a sua moglie e ai
suoi
sudditi, ma quella sua strana tensione era identica a quella degli
altri
giovani lottatori che l’avevano accompagnato nelle sue
scorribande.
Dopo
un’ultima occhiata al coccodrillo nervoso, anche Ramenman
decise di non
perdersi il momento cruciale di tutto quel matrimonio.
Ebbene,
so che questo capitolo non è un granché ma serve
come “prologo” alla parte
conclusiva della storia che inizia proprio ora :D spero di farlo sia
spassoso
che a sua volta tragico ( un po’ come suggerisce il titolo
del capitolo ) e
finalmente molte cose in sospeso saranno chiarite e non dovrete
più impazzire! Se
la mia ispirazione sarà buona spero di non allungare troppo
i tempi tra un
aggiornamento e l’altro.
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Capitolo 26 *** festival of blood part.2 ***
Cinque
minuti prima dell’inizio della cerimonia, Robin Knight Mask
era giunto alla
villa con il suo piccolo corteo di Deva. La sua camminata era solenne e
le due
gemelle lo seguivano una al fianco destro e l’altra a quello
sinistro con un
passo ritmico e uguale. Di conseguenza, i nobili e gli altri ex
lottatori che
attendevano numerosi i futuri sposi lo guardarono quasi con timore
reverenziale
lasciandolo passare come se fosse stato lui il padrone di casa. Anche
perché,
in fin dei conti un po’ lo era ancora.
Ma
fu quando entrò nella villa, e più precisamente
nell’atrio dove sarebbe uscito
un Robin Mask con indosso il suo kilt da cerimonia, che i flash dei
fotografi
si scatenarono prima che le due suorine chiusero repentinamente le
porte alle
spalle del loro signore.
Il
vecchio capoclan dei Mask fermò l’avanzata di un
Robin pronto ad andare
all’altare in un modo piuttosto singolare.
–
Eh..?! padre, sei proprio tu… ouch!! –
A
sorpresa sia dei pochi servitori presenti che dello stesso Kevin che
protestò
rumorosamente, Knight Mask dette un gancio destro sul volto del proprio
figlio,
senza comunque lasciargli ammaccature, abbastanza forte da farlo quasi
cadere a
terra.
–
Questo è per non avermi mai chiamato in questi lunghi cinque
anni! E questo… –
Un
altro pugno venne indirizzato sulla figura del futuro sposo, e questa
volta si
stampò sugli addominali di mister Robin riuscendo a piegarlo
sulle ginocchia
per il dolore. Gesto questo che portò il giovane Kevin a
voler reagire, ma fu
lo stesso padre a fermarlo con un gesto della mano.
–
… mentre quest’altro è per informarti
che sono felice di rivederti, figliolo –
A
parlare questa volta era stata l’altra Deva, ed i presenti ci
misero un po’ per
capire che il vecchio capoclan stava comunicando con loro tramite le
due suorine
telepati. Persino Elizabeth rimase stupita della cosa,
benchè fu ben più
stupita di trovarsi l’anziano padre di fronte portandola per
questo ad
impallidire come se avesse visto n fantasma. Non che avesse mai avuto
screzi
con lui, era l’unico ad averla sempre supportata sebbene le
sue scelte fossero
molto discutibili e da “ribelle”, ma trovarselo in
armatura da battaglia e con
la pelle color avorio era semplicemente… irreale, almeno per
lei.
–
Non temere, bambina mia, sono ancora in forma –
La
suorina di sinistra tornò a parlare e anche se quelle
dovevano essere parole di
conforto uscirono fuori con una certa… apatia. Probabilmente
per usare quel
potere le due Deva dovevano essere concentrate, ma quel surreale
momento freddo
si stemperò al gesto di affetto dello stesso Knight Mask.
Accarezzò le spalle
di Elizabeth e strinse quelle di Robin con gesto deciso e paterno,
dando prova
che quello era il massimo affetto consentito tra i membri della
famiglia benchè
egli stesso fosse molto più liberista del vecchio Robin
Grande, salutando per
ultimo un nipote ancora interdetto per quell’entrata in scena
piuttosto
singolare.
L’ultima
volta che aveva visto suo nonno era solo un bambino, ma sia allora come
adesso,
nonostante si vedesse che aveva sofferto per la malattia, era comunque
una
figura che gli aveva sempre fatto una certa impressione. Tanto da non
riuscire
a dirgli nulla quando gli poggiò una mano sulla spalla,
sentendosi invece un
autentico schifo per essere stato un individuo fin troppo problematico
per
l’intera famiglia. E anche se non era sua intenzione
riconciliarsi
definitivamente con il padre Robin, perché questo sarebbe
valso come una
“condanna” a tornare ad essere la sua marionetta,
forse sarebbe riuscito a
lavare via l’onta che gravava sul suo clan con il giusto
onore che serviva.
–
Sono qui per dare la mia benedizione a questo matrimonio –
fece la Deva alla
destra di Knight Mask – e per benedire voi
ovviamente… non pensiate di non
meritarvelo, fare degli sbagli è normale ma
l’importante è non perdere mai la
retta via –
–
Si beh… grazie per avermelo ricordato
sul mio stomaco, padre –
L’anziano
ex lottatore era sempre stato famoso per i modi piuttosto eccentrici
nell’educare i propri figli, a tratti comprensivo e in altri
piuttosto severo,
ma con quella sua entrata in scena sembrava voler mettere la parola
“fine” ad
ogni screzio presente nei membri della famiglia Mask. I suoi figli e
nipoti
chinarono la testa un po’ tesi, in particolar modo Robin Mask
per quei pugni a
suo avviso poco meritati ( anche perché a parer suo aveva
dei validi motivi per
quelle sue contestazioni ) sebbene avesse comunque dato la sua
benedizione al
matrimonio, ma la scena venne comunque interrotta
dall’improvviso arrivo di una
agitata Santiago. La donna di origini ispaniche, dopo aver tirato le
orecchie a
Kevin Mask e averlo aiutato a mettersi velocemente l’abito
per la cerimonia
quasi non notando a ragazza che si era trascinato dietro, era dunque
giunta
nell’atrio per annunciare che un ritardo non era
più tanto ammesso per quel
giorno.
–
Señor Robin! Qui fuori
iniziano a spazientirsi e il señor
MacMadd sembra un burro con la rabia…–
Ed
effettivamente parlando non poteva esistere una descrizione migliore
per Vance
MacMadd e la sua giustificabile ansia, ma fino ad un certo punto, per
la
mancata diretta televisiva. Un conto era presentare un incontro di
wrestling, e
in una cosa simile gli imprevisti erano all’ordine del
giorno, ma lui non aveva
mai diretto le riprese di un matrimonio in live… e non era
una cosa che lo
rendeva particolarmente allegro.
–
Andiamo! Dove si è cacciato Robin Mask?! Perché
ci mette così tanto… –
camminava avanti e indietro sulla struttura sopraelevata che ospitava i
cameraman e i tecnici del suono, e logicamente non era bello avere un
MacMadd
nervoso tra i piedi – sbrigatevi con quegli effetti sonori! E
preparatevi a
quel montaggio, dannazione! –
–
Ehi, papà… ma non è che sei ancora
preoccupato che la Corte possa prendersela
con noi?! –
Quando
voleva Ikimon sapeva essere piuttosto intuitivo, non che fosse
veramente
stupido sebbene il suo egocentrismo gli offuscasse spesso la ragione,
ma con
quelle parole non è che riuscì a calmare
definitivamente l’anziano genitore.
Anzi, tutt’altro.
–
Razza di idiota!! – esplose dunque il genitore, terrorizzando
anche i tecnici
presenti – ovvio che sono preoccupato anche di questo! Questo
evento fa tanto
da copertura che da trappola per i topi! Dico bene, tizia strana
che… non ho
mai visto?! –
La
voce del vecchio Vance MacMadd oscillò un pochino,
perché francamente non aveva
mai visto quella strana donna vestita di nero e con ben sei braccia
come un
maledetto ragno. La donna, con una voce insolitamente maschile forse a
causa
del respiratore che aveva in bocca, si voltò incuriosita
verso i due kinniku
senza aver ben capito la domanda del più anziano.
–
Eh? Ma ce l’ha con me?! –
Effettivamente
parlando nessuno l’aveva mai vista in giro benchè
la tizia tirò fuori una
espressione alquanto beota, ma fu ancora una volta Ikimon a cercare di
capirci
un po’ di più su quella femmina che fino a quel
momento si stava leggendo un
libro… su Star Wars?!
–
Senta un po’ signorina… lei è per caso
il nuovo tecnico del suono? Non mi
sembra di averla mai vista all’ufficio collocamento della
IWF… –
–
Infatti sono passata per il cancello – fece quella
“alzando” un sopracciglio
perplessa – quello laterale, per intenderci… non
c’è molta sorveglianza
da quelle parti –
Il
fatto che lo disse con un tono che inquietò brevemente i due
uomini non fermò lo
spettacolo che comunque doveva andare avanti, e difatti molte voci
piuttosto
soddisfatte si levarono dal pubblico alla vista di Robin Mask che
usciva dalla
villa sotto un mare di flash accecanti.
Come
da programma ci pensò Elizabeth ad accompagnare il fratello
all’altare, seguiti
a breve da un tesissimo Kevin Mask decisamente poco abituato alle
telecamere.
Non gli erano mai piaciuti veramente i riflettori e riusciva a
sopportarli
giusto durante gli incontri di wrestling, e difatti lo si poteva
perfettamente
notare quanto fosse nervoso già dal suo passo… e
dalla musica che uscì fuori
dalle casse acustiche e che somigliava tanto ad una canzone dei Village
People,
che decisamente ebbe quasi il potere di fargli rizzare i capelli.
Persino lo
stesso Robin sbiancò sotto l’elmo argentato,
arrivando quasi a fermarsi in
mezzo al tappeto rosso indirizzando il proprio sguardo pieno di astio
in
direzione della fonte di tutto quel baccano che ben conosceva. Fu sua
sorella Lizzie
a impedirgli di fermarsi, prendendolo con più decisione per
il braccio destro e
costringendolo così a mantenere la schiena rigida e il passo
fiero fino al
chiostro con l’altare.
–
Non attardarti fratello, ci sono cose più importanti di
questa fastidiosa
musichetta –
–
Howard! Quel cane maledetto… è lui dietro tutto
questo – lo sibilò con tono
glaciale, riconoscendo chiaramente la canzone su cui aveva ballato il
giorno
del suo quarantaduesimo compleanno assieme all’ex amico
– vuole farmi fare
brutta figura davanti a tutti! –
Decisamente
quella canzone, fonte di profondo imbarazzo per il futuro sposo visto
che si
era lasciato andare con un certo impeto a quella musica chiassosa,
aveva
attirato l’attenzione dei confusi ospiti e aveva fatto
momentaneamente
sbiancare gli stessi MacMadd di fronte ad un possibile fiasco. Ma il
fatto di
vedere i Mask continuare a muoversi come se nulla fosse dava
l’idea che
avessero scelto apposta quella canzone per risultare il più
eccentrici
possibili da bravi nobili inglesi.
E
difatti, come aveva pronosticato Robin Mask, dietro quel piccolo fuori
programma c’era lo stesso Lancaster dietro la strumentazione
musicale osservato
da due tecnici kinniku decisamente perplessi.
–
Era solo un bigliettino innocente, maledetta strega! –
sibilò a denti stretti
il marchese controllando il volume sulla apparecchiatura acustica
– che motivo
avevi di bruciarmi i capelli?! Non è così carina
come sembra ragazzi – questa
volta si rivolse ai due tecnici che indietreggiarono intimoriti
– è una strega
vera e propria credetemi! Per lei la parola
“gentile” non esiste! –
Alzò
ed abbassò volutamente il volume della canzone quasi come se
stesse maneggiando
un disco rap, e tale motivetto continuò anche quando fu il
turno di Alya a
camminare sul tappeto rosso accompagnata dal padre. La Deva
trovò
l’accompagnamento musicale alquanto bizzarro, magari si
trattava di una trovata
“geniale” del signor MacMadd, anche se al momento
mister Vance si stava tirando
i capelli sebbene non avesse intenzione di interrompere il Lancaster
temendo
rappresaglie poco simpatiche, tuttavia per lei era la cosa meno
importante
visto e considerato che Robin Mask era all’altare ad
aspettarla decisamente
impeccabile nel suo kilt cerimoniale.
–
Hm… il tuo futuro marito indossa una gonna, e dagli
altoparlanti fuoriesce una
canzone per uomini allegri. Sei sicura di quello che stai facendo,
cugina? No,
perché… a me sembra che mister Mask voglia dirti
qualcosa! –
A
seguire la futura sposa e Warsman c’era nientemeno che Eiko,
la testimone della
sposa, avvolta in un abito di stampo occidentale, bianco con dettagli
neri come
lo era più o meno quello di Alya, intenta a portare tra le
mani una rosa bianca
di stoffa su cui erano state legate le fedi di platino. La sua cinica
battuta
venne prontamente ignorata dalla sposa ma non dal padre, che aguzzando
meglio
la vista potè notare che nel padiglione tecnico
c’era un po’ di trambusto.
–
Direi piuttosto che qualcuno si sta divertendo a giocare con le
apparecchiature
tanto per far imbestialire i Mask… ma potrei sbagliarmi
– quasi si era scordato
che al suo fianco c’era la figlia e che quello era comunque
un momento teso
anche per lei, anche se cercava di non darlo a vedere, quindi non era
il caso
di farla preoccupare ulteriormente – probabilmente il vecchio
Vance ha trovato
una qualche trovata pubblicitaria
–
–
È probabile, padre… – fece un
po’ sovra pensiero una Alya che strinse
maggiormente il braccio del genitore – spero solo non dia
troppo fastidio a
Robin –
Francamente
parlando non ci credeva neppure lui, e non ci credeva neppure Eiko
visto la
mezza risata che gli uscì involontariamente, ma doveva
cercare di apparire il
meno preoccupato possibile e soprattutto trattenersi dalla tentazione
di
prendere Alya come un sacco di patate e fuggire via da tutte quelle
persone che
li guardavano tra l’ammirato e il… perplesso.
C’era qualche faccia disgustata a
dire il vero, perché molto probabilmente non tutti sapevano
di chi fosse figlia
quell’avvenente fanciulla visto che per volontà
dello stesso Warsman non era
una notizia di dominio pubblico, ma Alya non era affatto turbata da
quegli
sguardi a tratti curiosi e a tratti quasi infastiditi…
poiché in effetti di
cosa si sarebbe dovuta vergognare?
Nonostante
l’indifferenza il suo sguardo divenne più freddo
alle occhiate dei nobili
perplessi, anche se non guardò nessuno di loro, ma lo stesso
padre che la stava
accompagnando all’altare potè notare alla
perfezione come si addolcì un poco
quando si trovò finalmente al fianco di Robin Mask.
Dire
che sua moglie era bellissima era poco. Anche se il pensiero che
passò per il
cervello dell’ex lottatore era piuttosto consono alla
situazione, quella
visione bastò a togliergli di dosso il nervoso dovuto a
diversi contrattempi.
Da suo padre che era giunto da Amazon con tanto
“amore” ma deciso a dare la sua
benedizione, a Howard Lancaster e le sue irritanti manipolazioni, fino
a suo
figlio che gli aveva portato una campagnola
in casa. Ok, forse lui era l’ultimo che poteva permettersi di
fare una simile
dichiarazione visto che stava per sposare una aliena che apparteneva ad
una
razza che fino a qualche mese fa non gli andava per niente a genio, ma
nei mesi
scorsi aveva già spiegato a Kevin che certe persone di un
certo rango, e Alya
comunque era una dottoressa, non era il caso di frequentare proprio.
Il
suo sguardo comunque era solo per la sua promessa sposa, e anche se per
etichetta non avrebbe dovuto mostrare nessuna manifestazione emotiva in
pubblico proprio non ci riuscì a resistere alla tentazione
di dare una piccola
carezza, con le nocche della mano destra, sulla guancia di Alya.
Era
un gesto lieve e piuttosto breve, quasi clandestino che comunque non
infastidì
i testimoni presenti, ma che bastò per far sorridere
lievemente la Deva e dare
finalmente inizio alla cerimonia davanti all’anziano giudice
di pace che…
dovette sistemarsi meglio gli occhiali da vista per osservare meglio il
testo
da leggere.
–
Oh bene… bene, bene! Siamo dunque riuniti qui per celebrare
in matrimonio
l’unione di… ehm… – si sporse
meglio sulle carte che aveva sotto il naso per
poter leggere il nome dei due futuri sposi – come hai detto
che ti chiami,
giovanotto?! –
–
Robin… Robin Mask! – lo disse con una certa stizza
anche perché tutto si
sarebbe aspettato meno che un giudice ultracentenario con la miopia!
Mai
lasciare che di certe cose se ne occupino i MacMadd –
cerchiamo di non perdere
tempo –
Riuscì
a calmarsi solo quando Alya gli toccò delicatamente
l’avambraccio sinistro,
gesto che però fece sbuffare in modo sarcastico il giovane
Kevin visto il modo
in cui il genitore si era “ripromesso” di mantenere
un atteggiamento pacato
durante tutta la cerimonia.
–
Bene, bene… beeene… e tu come ti chiami,
dolcezza? –
–
Alya Nikolaevna Kalinina… ma può chiamarmi
semplicemente Alya –
Lo
disse logicamente a fin di bene, poiché se quel giudice non
era ancora in
pensione poco ci mancava, ma sebbene la cerimonia fosse appena
all’inizio c’era
già chi avrebbe voluto saltare alla seconda parte della
festa. In particolare
Robin Mask, che non vedeva l’ora di rintanarsi nel cottage
per riposarsi
assieme a sua moglie…!
–
Donna… mi auguro che tu abbia il mio regalo di fidanzamento,
addosso… –
Lo
disse in un sussurro mentre il giudice continuava indisturbato nella
sua
“litania”, ma la donna capì al volo
lasciandosi scappare un mezzo sorriso
sarcastico rispondendogli, di rimando, con un sussurro piuttosto
esplicito.
–
Lo scoprirai stasera al cottage. Tu piuttosto, hai le mutande sotto il
kilt? –
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Stan
era praticamente l’ultima ruota del carro. Ma in fin dei
conti era
comprensibile.
Essendo
una recluta che aveva da poco passato le selezioni dei Lancaster,
quindi con il
permesso di operare nei settori più ristretti del campo
alfa, basicamente
avrebbe dovuto essere al pari degli altri… ma non
è che per questo i ragazzi
avevano iniziato a trattarlo meglio.
Aveva
un animo ancora gentile per i gusti
dei veterani ed ex mercenari presenti in quella
“security”, indi era soggetto a
scherzi di cattivo gusto come gli scorpioni vivi nei muffin o
inseguirlo con un
asciugamano bagnato nelle docce per poterlo frustare… ok
quello era il meno
peggio finchè non lo facevano cadere apposta sulle
piastrelle bagnate, e anche
se aveva fatto reclamo al loro comandante, tale Michael Connors,
l’unica
risposta che aveva ricevuto era stato un sarcastico “ehy,
cosa ti aspettavi di
trovare? Fighette?!”
Il
peggio si era toccato quattro giorni fa, e da allora il suo senso di
nausea non
era mutato. Da quando faceva la guardia, assieme a quello stronzo di
Marley,
alla colossale prigioniera che da un po’ di tempo era sotto
esame, aveva avuto
modo di poter vedere di cosa fossero capaci i suoi colleghi.
Avevano
usato quella donna come un fottuto bersaglio vivente! Senza la
possibilità di
proteggersi e scappare, perché restava legata a quei
massicci travi d’acciaio,
e testando su di lei ogni tipo di arma. Dai fucili di precisione, alle
pistole
pesanti, e se non si era arrivati ad usare un lanciarazzi era solo per
motivi
di sicurezza strutturale.
Era
stato l’unico a chiedere di smetterla, anche se i commilitoni
avevano cercato
scherzosamente di dissuaderlo dal fare il
“canarino”, perché tanto erano sicuri
che quella femmina non provasse nulla a livello fisico anche
perché buona parte
dei proiettili non la trapassavano neppure, alla fine si era visto
costretto a
fare rapporto al comandante come da regolamento. E cosa aveva ricevuto
in
cambio? Fare la guardia alla tana del mostro!
–
Uff… dobbiamo proprio stare qui dentro? –
–
Sono gli ordini pivello… – Marley
ridacchiò con sarcasmo, volgendo lo sguardo
verso il novellino – cos’è? Hai paura
che questa bestia ti mangi? Guarda che è
educata –
Lanciò
una risata piuttosto stentorea e si voltò a guardare con
arroganza una Masada
intenta a meditare. No, non la considerava una donna come buona parte
dei
soldati, troppo forte, alta, e poco carina, anche se doveva riconoscere
che in
quanto a resistenza fisica era eccezionale, ma alla stregua di un
animale
impazzito che aveva deciso di attaccare il loro comandante. Era una
brigante, e
andava trattata come tale senza “se” e senza
“ma”.
–
Sicuramente è più educata di te…
– mormorò il giovane tra se e se – che
non
riesci a fare a meno di sputare per terra ogni due minuti – e
senza farlo
apposta Marley sputò proprio in quel preciso istante
– comunque pensavo che…
ehm, potremmo avere da fare dell’altro di importante, tanto
da qui non scappa,
no? Sembra stia meditando…–
No,
non sarebbe scappata anche perché in quel momento non gli
interessava affatto
quello che i due soldati armati stavano borbottando. Avevano detto
bene, lei
stava “meditando” e lo stava facendo grazie
all’impianto neurale che gli era
stato impiantato nel cervello quando aveva solo venti anni di vita. Tutte loro ce l’avevano.
Gli
scienziati di Howard si erano accorti che nel suo cervello
c’era una
“protuberanza” alquanto strana che si ramificava,
con nervature fitte, dal
cervello alla spina dorsale, ma avevano pensato che si trattasse di un
tumore
benigno visto e considerato che dalle scannerizzazioni non era saltato
fuori
nulla di anomalo e comunque poteva semplicemente essere una parte della
struttura fisica dell’aliena. E in quei giorni Muramasa aveva
fatto buon uso di
quella sua componente organica, contattando giornalmente le sue sorelle
per
fare rapporto e descrivere nel dettaglio ogni indizio riguardante la
merce che
stavano cercando. Muta solo in apparenza, quella donna aveva segnato la
fine di
quel luogo nell’esatto momento in cui era stata catturata e
ingabbiata come un
animale.
Persino
in quell’istante stava “parlando” con il
suo gruppo, e le direttive che stava
ricevendo mentalmente arrivavano direttamente da Nuala. Erano lontane
invero,
ma una volta che quell’organo artificiale si impiantava nei
loro cervelli
permetteva alle Deva di sapere sempre dove fossero e comunicare anche
nel
raggio di 400 km.
“la
situazione qui sta iniziando a scaldarsi…
c’è chi non apprezza che una signora
normalissima legga in santa pace il proprio libro! Bah… che
ignoranti!” come se
per la vedova nera fosse normale che una donna girasse in tuta di
lattice nera
insospettendo anche i mocciosi figli degli invitati
“comunque, noi siamo pronte
ad agire. Tu sei davvero sicura che
il carico ce l’hanno loro?”
Si
trattava solo di una formalità ovviamente, poiché
già si sapeva dove fosse il
materiale che quegli stolti umani avevano prelevato senza il loro
“permesso”,
un modo come un altro per dare il via a tutta l’operazione.
“Affermativo”
“Eee…
pensi di uscire da li?!”
“Si…
le catene sono solide ma non indistruttibili”
E
non le avevano neppure cambiate pensando che fossero bastate contro di
lei. In
parte vero, poiché erano piuttosto resistenti, ma non
avevano scelto Masada per
quel tipo di missione solo per farle fare la bella statuina. La merce
era stata
rubata da un contingente militare, e questo contingente militare a
quanto pare
era in combutta con un gruppo di lottatori della Muscle
League… la stessa
League che aveva provato ad inquinare le prove mettendo tutte loro
sulla falsa
pista. E ora, c’era solo un modo per chiarire la situazione,
ora che le carte
erano state tutte messe sul tavolo.
Con
un basso ringhio che portò a raggelare il sangue al soldato
di nome Stan,
Muramasa Masada si mise lentamente in piedi iniziando a fare leva sulle
braccia
per poter spezzare le catene. La recluta l’aveva sempre vista
inginocchiata,
mentre ora che era in piedi sembrava ancor più pericolosa.
–
Oh… ehi! EHI! Cosa cazzo credi di fare, puttana?!
– Il primo a reagire fu il
soldato di nome Marley, puntandole contro il proprio fucile –
Non ci provare! Non
puoi liberarti… NON…–
Stan
non aveva mai visto nulla del genere se non nel canale della IWF con i
suoi
programmi violenti, ma quello che successe a Marley ebbe il potere di
toglierli
la voce dalla gola per l’assurda velocità e
violenza con cui il soldato perse
la vita. con un ruggito la donna riuscì a liberare la mano
sinistra dalla prima
catena, sradicando addirittura il palo d’acciaio dal suo
supporto che andò a
travolgere il giovane Stan buttandolo a terra, e con tale mano
agguantò la
testa di Marley stringendola forte.
Sebbene
a terra e dolorante a causa di quel maledetto palo, il novellino si
ritrovò ad
aprire immediatamente gli occhi allo strano suono che il suo collega
lanciò
dalla gola dannatamente simile a quello di un’oca strozzata.
Poi boccheggiò,
vedendo che Marley si muoveva come se avesse le convulsioni, e Stan era
sicuro
di aver sentito anche un “crack” di ossa craniche
che si rompevano, prima di
lanciare un urlo terrorizzato vedendo il proprio collega essere
sbattuto con
violenza incredibile sul pavimento della stanza sfracellandosi
così la testa in
un istante. Il tutto, senza che l’espressione dura della
donna mutasse in
qualcosa di diverso anche dopo che il sangue le schizzò
addosso copioso.
–
Oddio…oddio… Marley… – il
soldato aveva un fucile in mano ma al momento non
riusciva ad utilizzarlo.
Il
suo compagno era morto in un modo così veloce e violento che
lo aveva letteralmente
scioccato, e riuscì solo a balbettare quando la femmina
aliena si avvicinò a
lui, dopo essersi liberata anche dell’altra catena,
mettendolo in piedi per il
colletto della giacca.
–
Apri la porta, piccolo maschio…?! –
reclinò lievemente la testa incuriosita e
il giovane capì cosa intendeva dire.
–
Stan… m-mi chiamo Stan! –
–
Stan… apri la porta, e poi vai a casa –
Balbettando
il ragazzo si avvicinò ai comandi automatici che aprivano la
porta della cella,
e quelle dell’area, per permettere alla donna di andarsene e
lasciarlo in pace.
Masada non se lo lasciò ripetere, e prima di andarsene volle
raccogliere i
propri oggetti personali ( pochi a dire il vero ) posti su di un tavolo
di
metallo vicino all’uscita.
–
N-non… non mi ammazzi…?! –
La
voce del giovane soldato era ridotto ad un filo sottile, vedendo con
quanta
semplicità la prigioniera si levasse via il sangue di dosso
con un panno preso
sempre dal tavolo, come se fosse stato solo dello sporco fastidioso,
prima di
rimettersi la maschera antigas che deformò le sue successive
parole come un
mostro abissale.
–
Io non uccido chi non sa combattere
–
Forse
il soldato di nome Stan non sapeva combattere, ma prima di darsela a
gambe e
seguire il consiglio della Deva, volle lanciare l’allarme
generale nel mentre
che la prigioniera prese l’ascensore per risalire al piano di
sopra.
Circa
dieci minuti prima dell’attacco.
Zachary
non sembrava essere piuttosto impressionato per
l’organizzazione del campo alfa.
Camminava a fianco del fratello, visibilmente nervoso anche agli occhi
del
soldato meno sveglio, continuando a giocare ad un vecchio gameboy e con
le
cuffie dell’apparecchio ben piantate nelle orecchie. Sembrava
essere innocuo,
sebbene piuttosto strambo con il suo aspetto
“particolare”, ma Michael sapeva
quanto fosse pericoloso il fratello e pertanto non gli permetteva di
“perdersi
accidentalmente” per il dedalo di corridoi della base
prendendolo bruscamente
per un braccio ogni qual volta si allontanava da lui.
“Siamo
nervosetti oggi, eh lentiggine?!”
Ma
l’ex mercenario era decisamente troppo stressato per
rispondere ogni volta a
quella palese provocazione, pertanto se ne rimaneva in silenzio
camminando velocemente
per raggiungere gli uffici amministrativi e chiudere quella maledetta
questione
della bambola in silicone.
Ma
fu quando attraversò la sala mensa che il passo del soldato
americano rallentò
vistosamente così come mutò la sua espressione
facciale.
Nella
suddetta sala c’erano pochi soldati a dire il vero, tutti
impegnati a prendere
un caffè e parlare del più e del meno, ma
c’era una sola persona che attirò
prepotentemente la sua attenzione. E quella persona era nientemeno che
la
creepy freak impegnata a sorseggiare un white russian appena fatto,
come se
nulla fosse e ignorata persino dagli altri soldati.
–
Tu… cosa-cazzo-ci-fai-QUI??! –
L’americano
lo sibilò a denti stretti nel mentre che si avvicinava alla
donna con gli occhi
storti e questa lo calcolò appena continuando a bere dalla
cannuccia il proprio
drink.
–
Sono qui a bere – fece un cenno con la mano per salutare
Zeke, e questi si
tolse le cuffie dalle orecchie facendo un gran sorriso – ah,
allora il mio
messaggio l’hai ricevuto… si? –
–
Eccome se l’ho ricevuto! Dai, fammi vedere la bambola!
–
Era
come se per i due Michael Connors non esistesse, ritrovandosi a parlare
del più
e del meno e soprattutto di quel fastidiosissimo giocattolo erotico che
tanto
il soldato voleva trivellare di colpi.
–
Grr… e voi non vi siete accorti che lei non è
nelle sua stanza?! –
Stavolta
si rivolse ad un drappello di soldati che chiacchieravano vicino ad una
futuristica macchina per il caffè, ma gli uomini si
guardarono senza capire
prima di rivolgersi al loro comandante con una certa titubanza.
–
Ehm… non è della manutenzione? Ha sistemato
l’erogatore della panna spray della
macchina per il caffè… quindi pensavamo
che… –
Le
parole del soldato però vennero interrotte dal suono
insistente dell’allarme
generale, e questo portò più o meno tutti a
tendere i muscoli dal nervosismo, poiché
voleva dire che doveva essere successo qualcosa di veramente
grosso per poter scattare così furioso.
Michael
Connors tuttavia non fece in tempo a prendere in mano la
radiotrasmittente
dalla propria giacca che, manco fossero in un film horror, una sequenza
di
spari si mescolò con le grida agghiaccianti dei soldati
fatti a pezzi vivi da
qualcosa che emetteva uno strano respiro.
Si
era liberata.
In
un modo o nell’altro Muramasa aveva spezzato delle catene a
prova di chojin
sfruttando il lato più tipico della razza maschile. La
superbia.
I
soldati all’interno della sala mensa iniziarono ad agitarsi,
a qualcuno cadde
pure la tazza di caffè, e in molti presero in mano i loro
fucili senza quasi
aspettare gli ordini del loro comandante che come tutti loro si stava
già
avviando di corsa verso le porte scorrevoli della sala.
Ma
contrariamente agli altri suoi commilitoni, Michael Connors si
trovò a fermarsi
e a voltarsi lentamente verso Alana quando la sentì emanare
una risatina che
non gli piacque affatto. Accanto a lei Zachary non aveva fatto una
piega
nonostante l’evidente allarme e i furiosi spari che
echeggiavano tra i corridoi,
ma il fratello decisamente ebbe l’impulso di strangolare
quella donna.
–
Eh, eh… sospettavo che fosse Masada e ora ne ho avuto la
conferma. Beh,
perlomeno so che non è per la Muscle League che è
qui… altrimenti si sarebbe
già liberata prima! –
Si
fermò a bere e a parlare nell’esatto momento in
cui una mano del soldato
americano non l’agguantò per la gola in una presa
ferrea scaraventandola di
peso sul tavolo da pranzo. Il white russian andò a
disintegrarsi a terra e l’unica
cosa che spezzava quello scambio di sguardi tra la Deva e il terrestre
era il
suono incessante della sirena e le urla dei soldati.
Se
Michael non riuscì a puntarle il coltello alla gola fu solo
perché Zeke glielo
impedì, cosa che lo lasciò un po’
sorpreso, prendendogli suddetto braccio con
ambo le mani e riuscendo ad allontanarlo dalla candida gola di una
donna che
ora sorrideva sarcastica.
–
Tu… tu lo sapevi non è vero? Sapevi che sarebbe
finita così! Sei in combutta
con quelle due puttane! –
–
Linguaggio Lentiggine! – lo ammonì un fratello
minore che a quanto pare non
gliene fregava nulla del massacro in atto – la nonna ci ha
sempre detto che non
bisogna rivolgersi così alle signore di una certa
età… ricordi?! –
Gli
occhi di Connors senior però non si staccarono da quelli
dritti di Alana, e
questa alla fine si decise a parlare, umettandosi le labbra con un
piccolo
schiocco. Decisamente, la preferiva quando era matta da legare.
–
Io non sapevo che avevate catturato Masada… ma lo
sospettavo, ecco perché ho voluto
accertarmene di persona. Dovevo capire con chi ce l’avesse
veramente – il suo
sorriso si fece più freddo, maligno quasi, e Michael ebbe
nuovamente l’impulso
di affondare il coltello nella sua gola anche se venne bloccato
nuovamente da
Zeke – In principio, pensavo che chi avesse attaccato gli
atleti della Muscle
League ce l’avesse prettamente con i miei datori di
lavoro… quindi come ben sai
ho cercato dei capri espiatori anche se… ehe! Che diamine!
Masada stava
cercando proprio voi capri! Non so se sia tutta una coincidenza o meno,
ma
mister Lancaster dovrà rimpiazzare parecchi birilli
a fine giornata. Quando lei fa un lavoro, lo porta sempre a
termine… e se fossi
in te cercherei di evacuare in fretta questo posto –
Michael
era senza parole e gonfio di rabbia… Alana trovava molto
divertente che i suoi uomini
morissero quel giorno. Trovava
logico che i soldati fossero unicamente delle pedine da mandare al
mattatoio
proprio in quel preciso istante, e Connors trovava ancor più
fastidioso che suo
fratello gli stesse impedendo di finire il lavoro!
Alla
fine della corsa la lasciò andare, dandole comunque un pugno
sul naso con la
mano che precedentemente la teneva salda alla gola, prima di fiondarsi
verso la
porta per raggiungere i suoi uomini e dar loro le giuste direttive per
sedare
quell’animale impazzito o meglio ancora, abbatterlo
definitivamente. Tuttavia quando
fu alla porta digitò qualcosa su un pannello di controllo
laterale e la porta
della sala mensa si sigillò con delle scritte virtuali di
contenimento che
apparvero sulla vetrata stessa della porta.
–
Eh?! Fratellone ma che fai?! Non mi porti con te?! –
Zachary
fu il primo ad avvicinarsi alla porta di corsa, Alana si era alzata in
piedi
sistemandosi con una mano le ossa rotte del naso e con lo sguardo che
era
tornato storto, cercando di capire come aprirla nonostante lo sguardo
duro del
fratello maggiore.
–
Tu te ne resti qua! Tanto so già che se quella stronza prova
a fare qualche
passo falso la sgozzi senza troppi problemi, quindi non venirmi dietro
e resta
qui! –
–
Sei un antipatico egoista!! Io posso aiutarti! –
A
nulla valsero le polemiche un po’ infantili
dell’albino, comunque genuinamente
preoccupato per la salute del fratello maggiore, poiché il
soldato americano
sfrecciò via in direzione di spari sempre più
vicini e grida poco rassicuranti.
–
Da qui non si esce – sbuffò Zachary Connors,
togliendosi momentaneamente il
berretto per grattarsi la testa – a meno che non riesco a
bypassare il sistema
di sicurezza… ma dovrei avere il mio portatile ma non ce
l’ho –
–
Beh ci sono le prese d’aria… portano un
po’ ovunque, sai? –
Nel
mentre che gliene indicava una abbastanza larga da far passare un
essere umano,
Alana aveva preso a scaccolarsi con il mignolo sinistro rischiando pure
che
quest’ultimo rimanesse incastrato nella narice.
–
Hm… ma proprio ovunque, ovunque? Potresti mostrarmi i
posti?!– al ragazzo
stavano venendo un paio di idee niente male.
–
Certo che si! Dai bagni, all’armeria e al
magazzino… oltre che al garage. Ah, e
non preoccuparti per tuo fratello, più che un birillo
è una palla da bowling… –
–
…E Howard Lancaster è la mano che lo guida
– completò il giovanotto dai capelli
candidi con un gran sorriso orgoglioso, senza tener conto
dell’atroce doppio
senso che aveva tirato fuori – proprio come mi hai detto su
Skype circa un mese
fa –
Nella
testa di Zachary su delineò un piano semplice ma abbastanza
efficace, dove
magari avrebbe eseguito qualche test scientifico per avere finalmente
la prova
che il silicone marziano fosse veramente così instabile, e
poi voleva che a
tutti i costi suo fratello stesse bene…
–
Ah… comunque parlando di doppi sensi, il deretano di tuo
fratello è a posto…
quindi tranquillo –
In
tutti i sensi possibili.
Mah,
se fossi stata in Michael un po’ di paura a restare da solo
con Zeke e Ally l’avrei
avuta, perché li ho quasi descritti come due serial killer
psicotici O_o.
Comunque, qualcosa si riesce a vedere dal fondo del tunnel? Spero di si
xD
Per
quanto riguarda l’incontro tra Robin Knight e famiglia, se
questi ultimi
sembrano essere un po’ a disagio di fronte al loro vecchio
è perché… non credo
sia bello rivedere il proprio genitore non propriamente in forma. Tutto
qui.
Al
prossimo capitolo gente, e mi sa che la saga continuerà
ancora “a lungo”.
|
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Capitolo 27 *** festival of blood part.3 ***
Michael
Connors si era fatto solo due anni come mercenario in giro per il
mondo,
vedendo, e compiendo, atti di inenarrabile atrocità di cui
lui francamente non
riusciva a pentirsene. Ma francamente parlando, quel giorno specifico
si chiese
a più riprese se quel mostro che stavano cercando di
abbattere non si
divertisse a far fuori i suoi uomini.
Aveva
dato ordine ai soldati di usare i proiettili pesanti, e di cercare di
colpire
il collo che a quanto pare era il suo punto debole, ma a parte lui che
era
quasi forte come un chojin gli altri cadevano come se fossero state
foglie
appena si avvicinavano troppo al bersaglio.
– Mantenete
la posizione! Sfruttate le macerie come copertura! Non lasciatela
avanzare
verso l’uscita! – tuonò tali ordini ai
suoi sottoposti mentre cercava di
avvicinarsi il più possibile al soggetto – fatele
abbassare la guardia il più
possibile mentre cerco di avvicinarmi! –
Il
soldato americano aveva notato una cosa molto peculiare nella bestia
che
stavano cercando di fermare, che comunque non si stava facendo problemi
a
distruggere tutto oltre che uccidere soldati. Masada quando era in
movimento,
quando scattava o correva, era come se all’improvviso la sua
pelle fosse meno
spessa e quindi più propensa ad essere ferita dalle armi da
fuoco e taglio.
Molto probabilmente la sua innata era più attiva quando si
muoveva poco o stava
ferma, come nel caso della sua prigionia in cui fu ben chiaro a tutti
che a
momenti non la scalfivano neppure le bombe, inoltre, ricordandosi il
loro primo
incontro, mentre quella puttana era in movimento quell’altra
bestia di nome
Warsman e quel brat di Kevin Mask
erano riusciti a farle del male. Anche se a fatica a quanto pare.
Il
collo comunque rimaneva il suo vero punto debole, sempre a quanto pare,
ed era
proprio a quello che l’ex mercenario stava puntando.
Attualmente
lui e i suoi uomini, più la loro spietata nemica, si
trovavano nella zona degli
uffici amministrativi… un posto pieno di stanze fragili
fatte di cartongesso
ove era praticamente impossibile passare se si riducevano in macerie.
Michael
tuttavia era agile, oltre che forte, e riusciva a schivare buona parte
delle
travi in ferro che quella tizia lanciava ai soldati per farsi strada, o
in
alternativa adoperava come mazza per spezzare le schiene agli uomini
come se
stesse usando una ramazza. E proprio in quel preciso istante, la
femmina aliena
non si risparmiò di falciare un paio di soldati in un colpo
solo con un
poderoso colpo di trave, mandandoli a sbattere contro i muri come
palline da
flipper, riuscendo però a mancare clamorosamente il
bersaglio su Connors.
Il
soldato schivò agilmente quel fendente saltando verso
l’alto e, dandosi la
spinta decisiva colpendo con un piede il muro alla propria destra,
riuscì ad
avere lo slancio necessario per atterrare con un urlo di guerra sulle
spalle
della nemica.
I
suoi uomini avevano agito fino a quel momento bene, distraendo
l’avversario,
anche se le avevano procurato poco più che dei graffi con le
armi pesanti,
permettendogli così di avvicinarsi alla preda per piantarle
il coltello nella
prima vertebra.
Quasi
gli venne da sogghignare mentre affondava il pugnale nella carne della
nemica,
sfruttando tra l’altro il fatto che alle spalle fosse
più difficile da
prendere, ma davvero non si aspettò che Masada, gridando
più per rabbia che per
dolore, invece che cercare di prenderlo istintivamente con le mani
andò
direttamente e ripetutamente a sbattere la schiena contro una delle
poche
pareti in cemento armato della zona. E non ci andò leggera,
tanto che Connors
si ritrovò a mollare la presa solo al terzo tentativo,
perché il dolore di quei
colpi alla colonna vertebrale era davvero insopportabile, trovandosi
per questo
a mollare la presa ma non riuscendo comunque a toccare terra.
Masada
lo agguantò alla gola poco prima che l’americano
cadesse rovinosamente sul
pavimento, e come un fastidioso déjà vu si
ritrovò senza fiato in gola quando
la mano della possente Deva non andò a stringergli la carne.
– Le
cucine… dove sono?! –
– Aah…
t-ti vuoi fare uno spuntino? –
Il
suo tremendo senso dell’umorismo non sortì
l’effetto desiderato, e un freddo
silenzio calò sulla base accentuato ancor di più
dal fatto che i soldati
avevano smesso di sparare per timore di colpire il loro comandante. Per
Connors
era chiaro che quella femmina stava cercando qualcosa di importante,
era ormai
ovvio che si era fatta catturare apposta, ma francamente parlando non
aveva
idea di cosa stesse cercando e comunque sia non era sua intenzione
aiutarla.
– L-e
cucine sono in fondo al corridoio… oltre le porte!
–
Era
logico che i soldati posti dietro le barricate non volessero che il
loro
comandante venisse fatto a pezzi, come era stato nel caso di Simos, uno
dei
tanti, a cui quella barbara aveva smembrato le braccia come una bambola
lasciandolo poi a terra a morire dissanguato, ma quest’ultimo
se avesse avuto
la possibilità di parlare li avrebbe mandati a quel paese!
Invece,
non potendo reagire il giovane comandante venne preso in ostaggio,
costantemente trattenuto per il collo come un pollo, mentre gli altri
soldati
non poterono che abbassare le armi e seguire i due aspettando il
momento buono
per agire…
O
per farsi ammazzare.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - -
– Strano
che una base così grande e tecnologicamente avanzata sia
priva delle più
basilari regole di sicurezza… –
– Beh,
non credo che si aspettino che qualcuno entri in casa loro e vaghi per
i
condotti di areazione o si faccia spacciare per il manutentore
–
Di
giretti Zachary Connors, in compagnia di una
“ritrovata” Alana, se ne era fatti
parecchi per tutto il campo alfa sfruttando le sue intricate condutture
di
areazione. Certo, alcune sezioni presentavano delle protezioni ai
laser… ma nulla
che lui non potesse manipolare a proprio favore visto e considerato
che, oltre
che con i coltelli e gli esplosivi, il ragazzo se la cavava anche con i
computer.
Francamente
parlando avrebbe volentieri allungato il suo giro di ispezione ma le
continue scosse
e i rumori di una evidente battaglia in corso lo avevano persuaso ad
agire.
Alcune condutture erano crollate, e francamente parlando era un
po’ in pensiero
per suo fratello…
– Stando
a quanto ha detto un soldato, qui in cucina dovrebbe esserci un tesoro
nascosto! –
– Hm,
e io che pensavo di aver già trovato il tesoro
giù al magazzino…–
Attualmente
i due si trovavano nella grande cucina della base, ed il motivo che li
aveva
spinti a giungere fino a li erano principalmente due. Nel primo caso,
ossia quello
riguardante Zeke, il giovanotto aveva pianificato un rapido piano per
stanare
l’animale che stava radendo al suolo tutto anche se tale
piano prevedeva molta
più distruzione. Nel caso di Alana aveva bisogno di panna
fresca per rifare il
suo white russian.
In
pratica, parlando del piano di Zachary, durane i suoi giretti avrebbe
potuto
svuotare l’intera armeria volendo, ma non vedeva che
utilità avrebbe avuto un
fucile di precisione rispetto a dell’esplosivo C4 piantato
nell’elsa di alcuni
pugnali che aveva trafugato. Il signor Lancaster possedeva della
tecnologia
bellica all’avanguardia, di conseguenza piazzare lungo tutta
la base, o quasi
perché era davvero enorme, l’esplosivo
telecomandato a distanza con alcuni
sensori Wi-Fi era stato relativamente facile visto che i condotti di
areazione
permettevano di muoversi velocemente mentre il nemico era impegnato a
fare a
pezzi i soldati.
In
pratica, con delle esplosioni mirate avrebbe guidato Masada fin dentro
le
cucine ove, con un senso un po’ teatrale e un po’
macabro, avrebbe incontrato
la sua nemesi “perfetta”. Tra le varie cose che
aveva trovato c’era anche la
famosa bambola marziana, collegata ad un sistema di fili che portavano
ad un
detonatore posto in sicurezza, vestita con un camice da cuoco
perché secondo
Alana “era una cosa sensata visto che si trovavano in
cucina”. Un esperimento
scientifico molto azzardato, che rischiava di implicare anche numerose
vite (
ma era sicuro che suo fratello se la sarebbe cavata ), ma quando
l’aveva
proposto alla sua collega lei non si era tirata indietro.
Perché
proprio la cucina? Per un fattore logistico.
Zachary
non sapeva che in una intercapedine del muro c’era il
favoleggiato “tesoro” che
da un po’ di tempo tormentava i soldati nella base, ma sapeva
che quella zona
era tra le più pericolose
visto e
considerato i vari prodotti chimici e gas racchiusi in una stanza senza
muri in
cemento armato ma in comune calce e mattoni. Sperava di studiare gli
effetti su
un soggetto piuttosto coriaceo, e aveva fede nelle proprie
capacità.
Estrasse
dunque un piccolo registratore portatile dalle tasche dei pantaloni,
dopo
essersi infilato, assieme ad Alana, un grembiule da cuoco con dei
margheritoni color
fucsia stampati sopra, iniziando a parlare come se stesse per
effettuare un
test scientifico serio.
– Qui
è Zachary Connors che parla, in compagnia della dottoressa
Alana von Buker, ed
oggi sperimenterò gli effetti collaterali del silicone
marziano su un soggetto
vivente… –
CRASH!
– Che…
uh! È appena arrivato! –
Un
assordante rumore di vetri rotti attirò
l’attenzione dei
due scienziati portando i loro sguardi ad
osservare con un certo interesse le doppie porte scorrevoli della
cucina frantumate
da quello che era un proiettile umano. Tale soldato venne scagliato con
così
tanta forza dal nemico, come se fosse stato un sasso da lanciare su un
laghetto, da farlo sbattere senza troppi problemi contro il mobilio in
acciaio
della cucina arrivando addirittura a deformarlo.
Ciò
che invece stupì maggiormente il ragazzo albino, era che
tale soldato era
nientemeno che suo fratello Michael. Piuttosto dolorante mentre cercava
di
rialzarsi, ma pur sempre il fratello a cui voleva bene e che nessuno
doveva permettersi
di maltrattare. Per questo, appena Masada entrò con passo
lento all’interno
della cucina guardandosi pigramente in giro senza reale interesse, non
si
soffermò troppo sulle sue effettive dimensioni ma decise di
passare all’attacco.
Forse
la sua mossa fu un po’ avventata, ma aveva con se un paio di
pugnali rinforzati
con l’esplosivo, ed era deciso ad usarli in barba a quello
che avrebbe potuto
dire un Michael che stava iniziando a riprendersi dalle dolorose ferite.
– Aah…
Zeke… N-non lo fare, cazzo!! –
L’albino
tuttavia era cieco di rabbia, e inconsapevole di rischiare grosso si
lanciò
contro la mastodonte impugnando ben due pugnali con una sola mano.
Saltò dunque
oltre una fila di banconi in acciaio, risparmiati
dall’entrata in scena
piuttosto rovinosa del soldato americano, deciso a piantarle nelle
carni quelle
lame letali.
Con
sommo stupore dell’albino però, entrambi i
coltelli vennero respinti da un
secco gesto del braccio della Deva mandandoli a piantarsi a terra. Le
lame
erano estremamente affilate, quindi non poteva averle schivate,
poiché la mira
di Zachary era ottima, ma era ancor più assurdo che le
avesse veramente deviate
con la sola forza di una pelle più spessa del
solito…?!
Poco
male comunque, poiché se doveva creare un diversivo gli
bastò unicamente
premere il detonatore che aveva nelle tasche dei pantaloni, schivando
agilmente
un pugno di Masada che andò a distruggere la pavimentazione
di marmo. A Zachary
non era mai capitato di vedere qualcuno dalla tempra così
notevole da deviare i
suoi infallibili attacchi, perché anche il più
grosso teppista che provocava
alla fine si ritrovava accoltellato o anche ridotto peggio, ma se le
lame
fallivano allora ci avrebbe pensato l’esplosione a catena che
aveva progettato
a farla fuori definitivamente.
La
deflagrazione che ne seguì fu piuttosto soddisfacente per il
giovane americano,
che investì appieno un soggetto
“intrappolato” al suolo portandolo a gridare a
causa delle fiamme, un po’ meno per il comandante di un
esercito allo sbando
che dovette scappare via quasi a carponi per evitare di essere
investito. E
iniziando a preoccuparsi anche di altre esplosioni che iniziavano a
farsi
sentire negli altri corridoi di una base sempre più
distrutta.
– Zachary!!
È opera tua, vero?! Cristo… ci sono i miei uomini
nella base!! –
Michael
scivolò oltre una parete, seguito dallo stesso giovanotto,
per evitare di
essere investito dalle fiamme pur comunque restando abbastanza lucido
da
rimproverare ferocemente il fratello minore per la bravata appena
fatta. Anche
se, da come tremava il pavimento sotto i piedi dell’ex
mercenario, non la si
poteva chiamare “bravata” quanto ad atto
terroristico vero e proprio.
– Ehh…
capiranno, Lentiggine! Qualcuno doveva pur farlo, no?! –
Tuttavia
quel “qualcuno” non aveva preso bene
l’iniziativa del giovane, e se Zeke non
avesse mosso un dito forse non si sarebbe fatto troppo male.
Perché fu con un
ruggito risentito che Muramasa fuoriuscì dal muro di fiamme
che si era creato
tra le lamiere contorte della cucina, e con una velocità che
neppure il giovanotto
albino si aspettò, prese di scatto la caviglia della sua
preda per poi
maneggiarlo come se fosse stato uno straccio umido.
Sotto
lo sguardo pietrificato di Michael Connors, la guerriera Deva
inferocita e
dalla pelle bruciata in più punti per
quell’assurda esplosione abbatté il
giovane Zachary contro la prima parete che trovò. La fortuna
del ragazzo fu che
tale parete non fosse di cemento armato, altrimenti si sarebbe
tramutato in
poltiglia dopo un paio di colpi secchi, ma composta prevalentemente di
cartongesso e legno che mostrarono al suo interno, una volta distrutte,
un tesoro piuttosto inatteso.
La
sua attenzione verso il piccolo terrorista umano andò
scemando vedendo quelle
che erano delle casse in metallo contenente sabbia rossa, lo si poteva
intuire
poiché una nello schianto si era rotta, lasciandolo andare a
terra con un certo
sgarbo.
Zeke
era un ragazzo dal fisico asciutto ma forte, tuttavia a simili traumi
non era
abituato e una espressione di rabbioso dolore gli attraversò
momentaneamente il
volto riuscendo comunque a scrutare, scuro in volto, una Deva ora
intenta ad
impacchettare con della corda presa dalla cintura tutte le casse
presenti. Non
ci vedeva bene perché con quello schianto gli occhiali si
erano in parte rotti,
ma era quasi sicuro che ora le sue bruciature erano decisamente
diminuite.
Probabilmente
la sua innata era simile a quella di Alana, ma più che
puntarsi sulla totale
guarigione puntava molto di più sulla tempra.
– Che
ti serva da lezione, razza di stupido – gli sibilò
a sorpresa il fratello
maggiore trascinandolo via di soppiatto e andando a ripararsi dietro
dei
banconi ancora intatti – questa volta l’hai
combinata davvero grossa! Tu prega
solo che i miei uomini non siano bruciati vivi!! –
Michael
Connors era veramente furioso nel mentre che, senza molta grazia,
metteva a
sedere sul pavimento pieno di detriti con la schiena appoggiata ad un
mobile in
metallo. Zachary a quel punto fece per replicare giustamente
a quelle accuse per lui infondate, perché in fin dei
conti non puoi mai sapere cosa accade se non sperimenti un
po’, ma fu
l’intervento a sorpresa di Alana a lasciarlo completamente
stupito.
– Ho
salvato la bambola marziana! – fece la donna, con un gran
sorriso sulle labbra
e mostrando ai due un artefatto ora privo di cavi elettrici –
basta romperla
per fare un bel botto… guardate, proprio così
–
Connors
senior francamente parlando non sapeva dire se quella deva rientrasse
nella
categoria di persone folli, lucidamente folli, oppure semplicemente
lucide da
prendere due piccioni con una fava con una mega esplosione che a lei
avrebbe
fato poco o niente. Perché francamente parlando, vederla
spezzare in due quella
cosa, dal materiale terribilmente instabile, era un dettaglio che non
si poteva
di certo trascurare anche se in quel preciso istante fu più
preso dal
trascinare velocemente via il fratello dall’esplosione che
coinvolse tutta la
cucina e i suoi abitanti.
E
francamente parlando, quell’esplosione non era affatto carina!
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
– Kid,
ragazzo! Guarda che tu dovresti essere accanto a tuo padre nella fila
dello
sposo, e non qui ad ingozzarti di schifezze! –
– Ma
io non shto… ingozzando… slurp! –
mandò giù un boccone di arrosto e dal tavolo
del buffet prese del sushi al tonno portandoselo alla bocca –
sono qui in veste
ufficiale di “assaggiatore” e assicurarmi che il
banchetto sia in regola… e
poi, guarda! La cerimonia sta per finire! –
Per
forza di cose il piccolo allenatore di Kid Muscle dovette fare facepalm
constatando che, solo quando voleva, il suo pupillo sapeva essere
disciplinato.
Ma solo quando voleva, e Meat aveva bisogno che il ragazzo fosse
possibilmente
sveglio visto e considerato che il matrimonio era un evento mediatico
piuttosto
delicato indi per cui tutti i giovani lottatori della Muscle League
dovevano
essere vigili.
Voltandosi
a guardare la cerimonia, proprio come stava facendo il suo allievo che
stava
attualmente addentando un cosciotto di pollo, potè notare
che anche i membri
più anziani erano un po’ tesi.
Terryman,
che sedeva nella fila dello sposo in compagnia della moglie, le figlie
e il
figlio più grande, era solo in apparenza posato e
tranquillo, e data la
vicinanza del figlio Terry decise di scambiare con lui qualche parola.
– Beh…
in fin dei conti non sembra essere andata tanto male. Siamo al punto in
cui si
scambiano gli anelli e non ho ancora notato niente di strano –
Il
figlio tuttavia non era esattamente dello stesso parere, e grugnendo si
ricordò
di quello che aveva combinato suo padre durante l’addio al
celibato. Era
tornato in albergo poco dopo di lui, che era rientrato silenziosamente
senza
farsi beccare da quella sclerotica di sua madre Natsuko, ma stando alle
spiegazioni che dette alla sua famiglia doveva aver bevuto un
po’ troppo tanto
da avere la testa troppo nel pallone. Per il giovanotto di origini
texane
quelle suonavano un po’ come delle scuse campate
lì per nascondere il fatto che
si fosse comportato tutt’altro che in modo decente, ma se
glielo avesse fatto
notare sarebbe passato in automatico nella fascia del torto,
poiché avrebbe
fatto la figura dello spione non invitato alla festa.
– Hm,
meglio non fidarsi troppo… le cortigiane sono delle scaltre
opportuniste e non
si risparmieranno anche se ci sono di mezzo degli innocenti –
Sia
padre che figlio avevano una somiglianza fisica davvero incredibile,
Terryman
tuttavia portava i segni dell’età e dei
combattimenti sul volto, con il suo
naso schiacciato e gli zigomi rotti saldati quasi storti sembrava quasi
che la
sua faccia fosse stata scolpita nella pietra, mentre il figlio mostrava
ancora
un volto senza cicatrici. Il confine fisico era accentuato dal
carattere dei
due, piuttosto diversi, poiché il giovane Terry non si era
ancora “addolcito”
come aveva invece fatto suo padre. Ma non era quello il momento di
polemizzare.
Chi
invece avrebbe tanto voluto polemizzare era la signora Lancaster, che
mal aveva
apprezzato la trovata del marito e le condizioni della figlia. Per
fortuna la
cerimonia stava svolgendo al termine, ma avere Emerald al proprio
fianco con la
testa piegata verso il basso e intenta a farsi passare una sbronza non
era
esattamente quello che si sarebbe aspettata di vedere dalla propria
famiglia.
– Uff…
certo che almeno ad un matrimonio potresti evitare di andare a
ficcanasare dove
non devi –
Se
a rimproverarla fosse stato il padre, con cui aveva un forte legame,
molto
probabilmente avrebbe dato retta alle sue parole. Ma Janice sapeva che,
purtroppo,
sua figlia avrebbe sempre avuto da ridire ai suoi ammonimenti, proprio
come
fece in quel caso.
– Se
ti consola, posso assicurarti che non ho trovato nulla di strano in
giro
all’infuori della sottoscritta – era meglio se non
entrava nei dettagli dicendo
che aveva fatto una pessima figura davanti alla sposa.
– Beh,
potresti prendere esempio dalla cugina della dottoressa –
ossia Eiko che era
presente al fianco sinistro della sposa – è appena
ventenne e già lavora ed ha
una figlia… –
Aveva
lasciato il discorso in sospeso, poiché ben sapeva che erano
quel tipo di
discorsi che sua figlia non apprezzava affatto. E difatti, Emerald
Lancaster si
voltò lentamente a guardare la propria madre con sguardo
truce.
– Non
starai parlando come le nonne spero…?! Direi che sono un
po’ troppo giovane per
farmi incastrare e partorire piccoli mostri! –
Era
logico che la giovane marchesa non pensasse di mettere su famiglia
immediatamente. Era una terrestre, non una Deva, e dunque era giusto
che si
divertisse il più a lungo possibile prima di essere
stritolata dai preconcetti
patriarcali. La loro discussione tuttavia non era passata del tutto
inosservata, perché madre e figlia non stavano certo
parlando a bassa voce, ed
una risata piuttosto ironica partì dalla donna che era
seduta alla destra di
Janice.
Entrambe
le due nobili si voltarono a guardarla tra l’incuriosito e lo
stupito, poiché per
essere una ospite era piuttosto…
“atipica”, per essere quantomeno gentili.
I suoi
“vestiti” erano per la maggior parte fatti di
tatuaggi neri che scorrevano
flessuosi lungo tutto il suo corpo. Erano neri, e avevano
l’aspetto di serpenti
stilizzati su di un corpo ambrato muscoloso come quello di una karateka.
– Non
si preoccupi cara signora, è una ragazza giovane…
e venti anni si hanno solo
una volta. Quindi direi che quel tipo di argomento sarà il
caso di proporglielo
quando avrà compreso il principale divertimento che
è concesso sulla Terra –
Quel
genere di discorso decisamente non piacque a Emerald, e neppure le
piacque la
tizia in questione che nascondeva gli occhi sotto un paio di lenti
scure, poiché
quella perfetta sconosciuta l’aveva appena identificata come
una decerebrata
mentale.
– A
parte il fatto che non sembrate esattamente una invitata da
“matrimonio” quanto
una invitata a “scartavetrare la minchia”
– e a nulla valsero i richiami della
madre a mantenere il decoro – direi che questi non sono
affari vostri e vi
consiglierei di portare le vostre poco nobili chiappe il più
lontano possibile
da qui! –
Non
si era portata dietro la doppietta semplicemente perché
sotto il vestito
sarebbe stato troppo scomoda da portare, eppure le sue minacce
piuttosto sobrie
sembrarono fare uno strano effetto sull’enigmatica donna. Non
si tolse gli
occhiali nell’osservare le due nobildonne inglesi, e si
limitò ad un lieve
sorriso quando una mortificata Janice si scusò prontamente
per le scurrili
parole della figlia, piuttosto le osservò quasi con ironia,
prima di alzarsi in
piedi lentamente e mormorare qualcosa, dopo essersi concessa una lieve
risata,
che Hammy percepì benissimo.
– Oh,
tesoro! A breve lo desidererai eccome… – e non si
stava riferendo a se stessa.
Ma
non era il momento di pensare ad una sottospecie di meretrice che se ne
andava
via in silenzio, quanto all’atto finale della cerimonia dove
finalmente Robin
Mask si concedeva di togliersi parzialmente la maschera per poter
baciare la
sua giovane moglie.
Per
l’ex lottatore e per la dottoressa in quel momento i
problemi, o presunti tali,
semplicemente non esistevano così come le telecamere puntate
su di loro erano
praticamente invisibili. Era il loro momento, e se lo stavano vivendo
appieno
sotto gli applausi scroscianti dei molti ospiti presenti nonostante
chi,
giustamente, teneva gli occhi vigili con i nervi a fior di pelle per il
costante rischio di poter essere attaccati da un momento o
l’altro. Lo stesso
Robin aveva dimenticato quell’emozione che l’aveva
accompagnato nel momento in
cui aveva baciato la sua prima moglie, Alisa, e ora la stava
riscoprendo come
in un agrodolce dejà vu mentre posava delicatamente le sue
labbra su quelle di
Alya. Francamente parlando non vedeva già l’ora
che fosse l’imbrunire per
potersi ritirare dalla festa e ritirarsi privatamente nel
cottage… ma questa
era un’altra faccenda, e non c’erano altre
preoccupazioni di sorta.
Ma
come tutti, persino Meat, che era una persona intelligente, doveva
riconoscere
a se stesso il beneficio del dubbio. Accanto a lui un Kid Muscle con la
bocca
piena esultò sputacchiando riso con manzo vedendo la scena
clou tanto attesa dai
media e dalla gente presente.
– Uh…?!
Ma Meat… – ingoiò un boccone di carne
il principe dei kinniku, distratto da una
serie di botti che provenivano da lontano – sai se per caso
hanno organizzato
pure dei fuochi d’artificio?! –
– Non
saprei… certo che devo complimentarmi per
l’originalità di farli in pieno
giorno e invisibili agli occhi! –
Il
piccolo allenatore osservò il cielo blu senza notare nessun
scintillio strano o
nuvola di fumo improvvisa, di quelle lasciate dai petardi, ma alla
fine, come
alla fine buona parte degli invitati, si accorse di uno strano fischio
che si
faceva sempre più vicino e sempre più minaccioso.
Si rese conto di cosa si
trattava solo quando una palla di fuoco si materializzò
sotto gli occhi dei
terrorizzati nobili e dei ben più allibiti lottatori,
cadendo dal cielo con un
urlo che sembrava quasi umano.
Il
suddetto artefatto andò a schiantarsi contro un gazebo
decorativo in legno,
facendo scappare in fretta e furia i pochi tecnici presenti e
frantumandolo del
tutto come se fosse stato fatto di carta, e spegnendosi da solo senza
l’ausilio
di estintori.
Il
panico venne mantenuto quantomeno a freno già dalla sola
presenza dei membri
della Muscle League più anziani, che immediatamente si
alzarono in piedi
posizionandosi in punti strategici per evitare possibili attacchi.
– State
calmi! Calmi ho detto! – quasi berciando quelle parole come
ordini, Buffaloman
allargò le braccia per evitare che gli ospiti si dessero ad
un fuggi-fuggi
pericoloso – Jeager! Terry Kenyon! Andate a vedere di cosa si
tratta! Voialtri
invece…– osservando
severo Dik Dik van
Dik e Wally – contattate le guardie, muovetevi!!–
L’insegnante
di origini ispaniche aveva citato i due ragazzi perché erano
quelli più vicini
a lui e anche quelli più determinati quando si trattava di
affrontare un
pericolo, senza nulla togliere all’antilope e il tricheco
umani che comunque
obbedirono determinati, anche perché gli altri insegnanti si
stavano già dando
da fare compreso lo stesso Robin Mask che stava prudentemente
allontanando
moglie e famiglia lontano dalla confusione.
Ma
quando i due atleti di origine tedesca e americana giunsero sul luogo
dello
schianto, ciò che videro li lasciò letteralmente
a bocca aperta dalla
preoccupazione. In particolar modo Jeager, poiché aveva
riconosciuto in quel
rottame annerito e mugugnante di dolore una persona a lui amica.
– Road
Rage! Amica mia… che cosa
ti è
successo?! –
L’androide
dalle fattezze di segnali stradali era impossibilitato a parlare a
causa di un
danno alla scatola vocale, ma se solo avesse potuto avrebbe gridato ad
alta
voce a tutti i componenti della Muscle League che una grave minaccia
stava per
incombere sugli ospiti presenti. Se avesse potuto avrebbe ordinato a
tutti i
civili di dirigersi in maniera ordinata verso le uscite di sicurezza
per
cercare riparo, ma tutto ciò che riuscì a fare fu
di prendere la mano di Jeager
che la stava tenendo sollevata da terra.
E tutto
questo era successo meno di cinque minuti fa, ben vivido il ricordo nel
suo
processore interno.
Road
Rage era un androide senziente di
proprietà del governo nipponico. Creata con
l’intento di dare una regolata alla
criminalità crescente dovuta ai membri sparpagliati della
d.m.p, le era stato
applicato un microchip con la personalità della migliore
vigilessa di tutto il
Giappone, originaria di Osaka, conferendole così una pignola
personalità
femminile decisamente ligia ai suoi doveri.
Come
membro della Muscle League era
stata assunta per regolare il traffico al cancello della tenuta Mask,
ma in
quel momento avrebbe tanto voluto dare una lezione, secondo norma
stradale, a
quei petulanti giornalisti che cercavano a tutti i costi di entrare.
“Sono
il sotto inviato speciale della
televisione pubblica bengalese! Come sarebbe a dire che non ho il
permesso di
entrare?!”
“Non
vedo il tagliando di permesso di
passaggio addosso alle vostre camice” fece a wrestler
incrociando le esili
braccia e parlando con tono ironico a cameraman e inviato “ma anzi, noto che
voi e un altro paio di
giornalisti presenti nel mucchio presentano dei tagliandi di
circolazioni scaduti
da un pezzo!”
Nel
dirlo indicò un paio di furgoni poco
distanti, e sui parabrezza erano effettivamente presente della
documentazione
poco chiara. Pertanto, alcuni giornalisti non invitati alla festa e
dalle
generalità poco chiare, probabilmente degli scarsi
paparazzi, si allontanarono
piuttosto intimoriti dalla sogghignante figura della
vigilessa… solo per far
spazio a dei loschi figuri di nero che avanzarono decisi verso i grandi
cancelli permettendosi addirittura di scansarla di lato con prepotenza.
“Ehi!
Chi vi credete di essere voi
altri?! Pensate di poter passare senza una accurata
revisione?!”
Alcuni
dei giornalisti si allontanarono
prudentemente, sia per evitare guai che per filmare la scena,
poiché Road Rage sembrava
particolarmente ansiosa di menare delle minacciose ninja vestite di
nero e con
delle maschere antigas ben legate in faccia.
Un
drappello di quelle donne si fermò in
automatico davanti a quelle concrete minacce, e senza mostrare emozioni
degne
di nota si voltarono per osservare freddamente un androide pronto a
combattere
per far rispettare le regole.
Senza
sapere che d’ora in avanti
sarebbero state quelle tizie a dettare legge alla festa.
E nel
mentre che Road Rage ricordava di essere stata sconfitta brutalmente da
gente
vilmente armata, altre grida si levarono dagli ospiti al suono di colpi
di mitragliatrice
sparati in aria a mo di avvertimento.
– Uahhh!
Che diavolo succede Meat!! – piagnucolò Kid,
nascondendosi sotto il tavolo
delle portate nonostante l’allenatore lo tenesse per una
gamba deciso a farlo
intervenire – perché la gente ci spara addosso dei
petardi letalii?! –
– Non
sono petardi, KID! – finalmente riuscì a tirarlo
fuori dal tavolo mentre tutt’attorno
a loro stava per regnare il caos assoluto, nonostante gli sforzi della
League –
siamo sotto attacco! E direi che quelle che vedo sono delle
cortigiane… a meno
che il nero non vada di moda tra i super cattivi –
Ma
non era affatto così, poiché il passo sprezzante
fatto da un paio di anfibi
rinforzati in metallo e dalla risata che ben conosceva, portarono Meat
ad
impallidire mentre si voltava ad osservare una nemesi che purtroppo ben
conosceva.
– Un
attacco piccolo hombre? No… no… non essere
così cinico! Vedi, avevo pensato che
un matrimonio sarebbe stato ideale per il documentario che avevo in
mente –
Uriel
Truce de Santa, ben riconosciuta dal piccolo kinniku e dal suo pupillo
che si
mise a strillare più forte quando se la vide davanti, non
era cambiata di una
virgola dall’ultima volta che si erano brutalmente
incontrati. Logicamente non
era stata sconfitta da Kid, e non portava cicatrici ma solo i suoi
tatuaggi che
stavano già iniziando a muoversi, e ora si stava pure
concedendo un martini
mescolando pigramente lo stuzzicadenti con annessa oliva nel mentre che
le
soldatesse della corte assaltavano la villa buttando a terra le persone
e
gambizzando quelle leggende del wrestling, tipo Ramenman e Buffaloman,
che
osavano fermarle brutalmente.
– Il
titolo del mio documentario si chiamerà “fin dove
si spinge l’amore” e sarà il
più grande tributo che concederà
all’umanità come mio personalissimo dono di
nozze –
A Meat
gli si era momentaneamente seccata la gola, notando quasi
distrattamente una
cortigiana che dava una violenta ginocchiata in bocca a Wally Tusket,
spezzandogli così i denti, mentre un’altra aveva
rotto entrambe le braccia ad
un povero Dik Dik che stava giustamente proteggendo i civili inermi.
– Tu…
tu sei pazza! Se pensi di passarla liscia ti sbagli di grosso! Finirai
processata
per questo! –
Francamente
parlando non sapeva perché cavolo le altre cortigiane la
stessero ignorando, perché
non era lei una super cattiva rinnegata?, ma a quanto pare nella stessa
Corte
dovevano esserci delle faglie interne piuttosto spesse per permettere a
quell’assassina
di darsi da fare. E il fatto che la stessa de Santa si
limitò ad inarcare un
sopracciglio, prima di andarsene verso lo spiazzo rialzato per la pista
da
ballo, prima di borbottare delle parole poco rassicuranti, portarono i
due kinniku
a sentire lo stomaco contorcersi in maniera poco simpatica.
– Tzk…
processo, dici? Magari siamo già in mezzo ad un
processo… piccolo hombre –
Questo
capitolo è stato un autentico parto e me ne dispiace,
tuttavia eccolo qui,
anche se non è granchè, e finalmente ha inizio la
seconda parte della “festa”
xD
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Capitolo 28 *** inquisition! ***
Jacqueline
MacMadd non sapeva se essere costernata oppure genuinamente preoccupata.
Di
certo, non si sarebbe ridotta come suo padre e suo fratello che
abbracciati tra
loro totalmente terrorizzati dalla situazione continuavano
a balbettare su “come è potuto
accadere?” fino a “perché le cortigiane
sono in combutta con quelle
terroriste?”. Chissà… magari erano in
combutta perché a quelle delinquenti
interessava avere qualcosa di loro e alle cortigiane interessavano i
responsabili? Non ci voleva un genio per capire che più o
meno era così.
Lei
e la sua famiglia, più qualche tecnico che non era stato
preso a botte e quindi
era ancora capace di riprendere tutto con la videocamera, si erano
riparati
sotto l’impalcatura della diretta televisiva, a quanto pare
“abbastanza”
risparmiata dalle soldatesse e da quelle due bizzarre chojin comunque
consapevoli che alcuni invitati si erano nascosti sotto i tavoli. A
quelle due
pazze interessava ottenere qualcosa, ma il modo in cui stavano cercando
di
ottenerlo… stava facendo paura anche a lei.
Jackie
era sempre stata abituata alla violenza e sapeva apprezzare molto
più di suo
fratello uno scontro sanguinolento, ma quando ci andavano in mezzo
degli
innocenti sentiva chiaramente lo stomaco torcersi. Un conto era vedere
due
chojin spietati darsele di santa ragione, possibilmente di
bell’aspetto come
Kyle ( che l’aveva piacevolmente
dissuasa dall’insistere nel chiedergli di entrare nella
Muscle League ) o Kevin
Mask per intenderci, ma un altro era vedere la povera Janice Lancaster
in
lacrime di fronte ad una folla di terrorizzati spettatori mentre suo
marito
Howard le puntava una pistola all’altezza della fronte.
Il
tutto, mentre quell’arrogante tizia tatuata se la rideva
sotto i baffi in
attesa di un epilogo che non sarebbe piaciuto, senza contare che molti
giovani
atleti o vecchie leggende erano stati catturati e/o feriti gravemente.
Lo
stesso Robin Mask guardava pietrificato l’intera scena
tenendo stretta tra le
braccia la sua novella sposa mentre erano guardati a vista da un paio
di
cortigiane, trovando assurdo che tutte le loro difese erano state
annientate e
suo figlio fosse trattenuto da due robuste soldatesse con una terza
pronta a
frustarlo non appena avesse fatto una mossa falsa.
Come
si era potuti arrivare ad una simile situazione?!
Circa
dieci minuti prima.
–
Hm, sembra che il vecchio Robbie stia festeggiando alla grande la
fuori… oh,
beh! Mi divertirò pure io stasera! –
Quando
voleva il marchese Howard Lancaster sapeva essere decisamente
infantile, e se
si era intrufolato nella villa dei Mask non era certo per andare in
bagno. Con
quel suo invito a partecipare al matrimonio il caro vecchio Robin Mask
gli
aveva praticamente dato il permesso
di gironzolare liberamente nella tenuta per fare disastri. Ora il
motivo del
perché stava sogghignando mentre scendeva per lo scalone
principale fatto di
marmo era piuttosto semplice: aveva preso del pesce crudo dalle cucine
del
padrone di casa, ed una volta scoperto dove dormiva
l’adorabile Lizzie lo aveva
nascosto sotto il materasso. Senza sapere che la signora Mask aveva la
tendenza
a farsi cambiare le lenzuola ogni santo giorno…
Comunque
sia, una volta raggiunto l’atrio in cui era uscito lo sposo,
poco prima di
uscire a sua volta non potè fare a meno di notare due figure
intente a
parlottare tra loro.
–
Signorina, mi permetta di dissentire. Non credo che bere vino le
permetterà di
farsi forza –
–
Lo so, m-ma non riesco a farci niente! Il padre di Kevin mi
disprezza… magari
ha pure ragione… non so… –
Ovviamente
mister Lancaster non poteva sapere che quell’insicura ragazza
che si stava
bevendo il secondo calice di vino, seduta su di un canapè di
vimini assieme ad
un lottatore della League che cercava di tirarla su di morale, era
nientemeno
che una Niamh che non ce l’aveva fatta a sedere in prima fila
per far contento
Kevin. In fin dei conti, che diritto aveva lei, una perfetta
sconosciuta, a
stare in mezzo alla famiglia Mask come se nulla fosse? Per quanto ne
sapeva lei
sarebbe parso come un gesto maleducato e sfrontato, e tanto per
cambiare
apparire così all’improvviso dinnanzi a Robin ed
Elizabeth Mask non è che aveva
ricevuto occhiate calorose, quindi qualche bicchiere di vino rosso
faceva
giusto al caso suo.
Qualche
bicchiere, appunto. E Check Mate, che aveva ispezionato la villa prima
dell’avvio della cerimonia ( come tutti gli altri membri
della League ),
vedendola in quello stato non se l’era sentita di lasciarla
da sola. Tentando
dunque di farla ragionare.
–
Signorina Niamh, non conosco molto bene Kevin Mask – se non
sul ring e la sua
ferocia nei confronti degli avversari – ma per volervi vicino
al matrimonio del
proprio padre significa che vi tiene in alta considerazione –
Ed
in effetti era così visto che era cotto di lei, e anche se
il marchese
Lancaster non si intromise apertamente nella discussione
pensò interiormente
che quella povera ragazza avrebbe sofferto molto a causa di un Mask.
Non era un
gran pettegolo come la sua Janice, per cui quel piccolo pettegolezzo
decise di
tenerselo per se anche perché francamente contro il giovane
Kevin non aveva
nulla e di conseguenza non poteva essere bersaglio dei suoi
dispetti… anche se
lui preferiva chiamarla “giustizia personale”.
–
È così, infatti… però
vorrei altro vino!! –
Tentò
di riprendersi la bottiglia che il lottatore del Principato di Monaco
le aveva
precedentemente sottratto, ma senza riuscirci in pieno e ritrovandosi
piuttosto
ad agitare mollemente le braccia verso Check Mate che senza alcuno
sforzo evitò
quel debole tentativo di recuperare il maltolto.
La
simpatica scenetta non durò molto, poiché un
petardo più forte del normale fece
tremare le grandi vetrate dell’atrio e, a quanto pare,
distruggendo qualcosa in
legno sotto le grida spaventate degli invitati.
Sia
Howard Lancaster che gli altri due ospiti scattarono prontamente in
piedi al
suono di quello schianto improvviso, e si precipitarono velocemente
alle
finestre dell’atrio ovest per osservare un gazebo in legno
completamente
distrutto da quella che doveva essere una specie di cometa metallica.
Nessuno
dei tre presenti poteva sapere che chi aveva distrutto quella struttura
in
legno portando il panico tra la folla era nientemeno che una Road Rage
entrata
in stasi dopo essere stata quasi rottamata, ma ben sentirono dei colpi
di
mitragliatrice che rincararono il terrore nei nobili ospiti presenti
accompagnati da figure vestite di nero e poco raccomandabili. Ci
impiegò un po’
il marchese Lancaster a individuare in quelle ninja le tanto famigerate
cortigiane, ed immediatamente il suo pensiero andò
direttamente a moglie e
figlia intrappolate in quell’inferno di spari di avvertimento
e grida
isteriche.
Curiosamente
a quanto poteva accadere ad un comune mortale, l’ex lottatore
della Muscle
League aveva la tendenza a diventare più freddo e
calcolatore nelle situazioni
in cui l’adrenalina iniziava a scalpitare anche in presenza
di familiari in
pericolo.
In
mezzo a quel fuggi-fuggi generale non riuscì ad
identificarle, per questo fece
l’unica cosa che un uomo sano di mente avrebbe fatto in una
situazione come
quella. Estrasse il proprio cellulare dalla tasca interna della giacca,
un
modello non ancora in commercio e della sua casa di produzione di
palmari
satellitari, deciso a far intervenire il grosso dei suoi uomini visto
che, a
quanto pare, quelli che aveva dispiegato in borghese non avevano fatto
un buon
lavoro come il resto della Muscle League che si trovava gambizzata e/o
catturata.
Probabilmente
quelle tizie dovevano anche aver disturbato le linee telefoniche prima
di
attaccare, ma con Howard non c’era problema che
ciò accadesse vista la
tecnologia altamente avanzata di cui disponeva, ma prima di chiamare
Connors
per dirgli di passare al “piano B” si
sentì in dovere di tranquillizzare i due
ragazzi poco distanti da lui.
–
Ragazzo, non ci provare neanche! – fece il marchese ad un
Check Mate pronto ad
entrare in azione – ci sono delle akuma chojin là
in mezzo… quindi è il caso
che tu resta qui a proteggere la signorina –
Si
riferiva ovviamente a Niamh che al momento si era fatta passare la
mezza
sbronza e guardava pallida in viso tutto quel disordine fatto di grida
umane e
di gente buttata a terra e immobilizzata. Temeva ovviamente per la
sorte di
Kevin, visto e considerato che, nonostante dei giovani atleti come
Terry Kenyon
e Jeager si stessero battendo come dei leoni ( e il tedesco era
riuscito a
ferire gravemente al petto una cortigiana con la mano intrisa di puro
fuoco
assassino ), non è che la battaglia stesse andando a favore
della Muscle
League. La violenta dipartita di Terryman, messo K.O da un violento
colpo al
collo, da parte di una cortigiana piuttosto forte e con addirittura sei braccia, che forse gli aveva
lesionato una vertebra, aveva spinto il figlio primogenito a correre al
suo
capezzale per sorreggerlo da terra e prestargli le prime
“cure”. Mentre altre
leggende del wrestling vedevano una sorte quasi ben peggiore, con le
pallottole
conficcate nelle ossa delle gambe, a mister Howard parve vedere il
giovane Kid
Muscle rintanarsi sotto un tavolo da buffet con il proprio padre.
Le
soldatesse comunque non ci misero molto a prendere il sopravvento e ad
obbligare i poveri ospiti a radunarsi attorno alla pista da ballo, e
nel mentre
che radunavano gli ostaggi come per preparare un eccidio di massa,
Howard
Lancaster aveva appena composto il numero del suo secondo in comando.
Che
non tardò a rispondere, anche se le notizie che dette al suo
capo non furono
buone.
(
… )
–
… dunque la situazione non è rosea e non so
quanti uomini ho perso, ma quantomeno
ho recuperato un mezzo piuttosto interessante nella rimessa –
Nel
dire quelle parole guardò trucemente il proprio fratello
seduto alla sua
destra, mentre alla propria sinistra doveva tristemente notare che alla
guida
del tank c’era una miz Alana perfettamente rigenerata dopo le
spaventose
ustioni che l’avevano dilaniata in più punti senza
però intaccarle gli organi
vitali. Un vero peccato, poiché sia Michael che Zeke non
erano messi benissimo,
e la loro fortuna era che avevano una tempra notevole, ma al soldato
Connors
seccava parecchio di non essere in grado di guidare il possente mezzo
blindato.
Con
tutta probabilità, grazie all’azione combinata di
quello scapestrato di suo
fratello e di quella puttana assassina, non è che fossero
sopravvissuti molti
soldati visto che il campo alfa era andato completamente distrutto, ma
per lo
meno era ancora vivo e vegeto da poter richiamare le riserve.
–
Capisco… il che è molto
spiacevole da un
certo punto di vista – e qui al soldato americano
parve sentire del
dispiacere nella voce del proprio datore di lavoro – anche se devo ammettere che tuo fratello ha fatto
il possibile per
fermare quella bestia… –
–
Grazie signore! –
Il
volume del cellulare di Connors senior era abbastanza alto da poter far
sentire
a chi gli stava vicino la telefonata in corso, ma decisamente non
apprezzò che
Zachary fosse entusiasta per quel mezzo complimento che non si meritava.
–
Mister Lancaster… non credo che mio fratello si meriti tutti
questi complimenti.
Inoltre, ho come l’impressione che la bestia
sia in qualche modo riuscita a sopravvivere –
Tutti
e tre erano riusciti a salvarsi per il rotto della cuffia e la loro
fortuna era
stata che l’esplosione della bambola marziana aveva fatto
cedere il pavimento
sotto i loro piedi portandoli nel garage sotterraneo con i mezzi della
“security” di mister Lancaster. Avevano fatto in
tempo a salire solo su un
mezzo prima che una palla di fuoco raggiungesse anche la struttura
della
rimessa danneggiando buona parte dei mezzi, ed ora si stavano dirigendo
verso
il confine della tenuta Mask per assicurarsi che tutto procedesse per
il meglio
anche se, da quell’ultima telefonata ricevuta, stava andando
tutto a puttane.
Attualmente
l’ex mercenario era piuttosto inquieto per la salute di
Howard e per
quell’altro fatto assurdo della sabbia rossa nascosta nella
sua base. Era
semplicemente assurdo… possibile che fosse veramente sabbia
rossa e che qualche
suo soldato l’avesse nascosta dentro un muro?! Connors sapeva
di potersi fidare
dei propri uomini, ma a quanto pare un lauto stipendio e una promessa
scritta
su un documento firmato dal notaio di totale fedeltà alla
famiglia Lancaster a
quanto pare non bastava… poiché
l’avidità umana superava qualsiasi scoglio
apparentemente insormontabile. Ma a causa di questo, ci stava andando
di mezzo
un mucchio di persone che non c’entravano.
–
Se è vero quello che ho visto, signore, penso che queste
donne stiano cercando
della sabbia rossa… nascosta all’interno della
nostra base! Non so se sono le
legittime proprietarie, ma se così fosse direi che
è un gran bel casino che
richiederà molti più uomini del solito!
–
–
Sembra assurdo anche a me che tali
sostanze potessero essere custodite all’interno della mia
tenuta, ma questo
significa che dovrò rivedere completamente i contratti di
assunzione – il
marchese sospirò pesantemente, segno che
nonostante la freddezza sentiva anche lui una certa pressione e il rapporto che gli
aveva precedentemente
fatto il suo braccio destro decisamente non aiutava – A giudicare dal caos organizzato che stanno facendo
qui alla tenuta dei
Mask, direi che sono molto più che le proprietarie di quella
pericolosa
sostanza… uh? Mi senti ancora, Connors? Credo che stia
cadendo la linea… –
Ed
anche se era incredibilmente assurdo, poiché la tecnologia
dei Lancaster era
insuperabile, qualcosa stava disturbando il segnale satellitare e
questo
qualcosa stava mettendo decisamente in allarme il soldato americano ben
consapevole che i nemici erano arrivati fino a questo punto.
–
Merda! Ho perso il segnale! Accelera maledizione… accelera!!
–
Sentendo
solo delle scariche elettrostatiche al posto della voce del proprio
principale,
Michael Connors esortò la Deva dagli occhi storti a premere
sull’acceleratore
del mezzo blindato venendo ben accontentato da quella prepotente
richiesta.
–
Direi che è una buona idea visto che siamo
inseguiti… –
Alana
lo disse come se fosse la cosa più naturale al mondo, ma
forse fu proprio quel
suo tono neutrale a spingere Michael a guardare attraverso lo
specchietto
laterale accanto alla donna e a sussultare vedendo
l’incredibile a quattro
metri dietro il veicolo in corsa.
–
Cazzo… non è possibile! È un maledetto
incubo?! –
–
Hm, forse ho usato troppo poco plastico prima… non
è molto carino che non
abbiano funzionato! –
Entrambi
i fratelli Connors si ritrovarono ad osservare una ritrovata Masada
decisamente
in forma per correre dietro ad un mezzo che stava andando a tutto gas.
Alle
spalle aveva legate le casse di polvere rossa che era riuscita a
salvare e
bisognava anche notare che si era tolta la maschera antigas in favore
di…
alcune pitture tribali rosse fatte probabilmente con il sangue dei
soldati
caduti.
–
Tzk… la stronza si è fatta bella per noi
–
L’ex
mercenario doveva riconoscerlo, era una tipa piuttosto tenace per
continuare ad
inseguirli anche dopo l’esplosione che l’aveva
colta in modo brutale. A dire la
verità era un soldato tenace solo quando si trattava di
dover scendere in
missione e completare tutti i requisiti senza “se”
e senza “ma”.
Ma
quando era riuscita a fuggire dalle fiamme che stavano trasformando la
sua
pelle in un grumo di vesciche, aveva anche lei dovuto prendere fiato
per forza
di cose.
Si
era fermata a riposare brevemente in un fitto boschetto di querce, e
sebbene
intuisse perfettamente la natura artificiale di quel posto,
poiché era ben
diverso dal bosco millenario in cui era vissuta lei con il suo clan i
cui
alberi colossali avevano visto il passaggio di molte Deva, doveva
ammettere che
sentire il profumo del muschio e del legno la gratificarono come non
mai.
Si
tolse la maschera antigas, e sul suo volto duro come la pietra si vide
l’ombra
di un sorriso affiorarle sulle labbra. Ma durò ben poco, il
tempo che
l’organulo presente nel cervello non iniziasse a pulsare
trasmettendole un
segnale telepatico ben chiaro proveniente ancora una volta da Nuala.
“Ah!
Era ora che ti facessi sentire… stavo quasi pensando che
quegli umani fossero
riusciti ad uccidere la mia perfect chojin preferita”
“Molto
divertente”
Non
era una battuta divertente e non aveva fatto divertire Muramasa nemmeno
per
sbaglio. Pertanto, la donna dai sei arti si limitò a roteare
gli occhi dinnanzi
allo scarso umorismo della collega, mentre con un paio di mani tappava
la bocca
con le proprie ragnatele ad un drappello di guardie che aveva avuto
l’ardire di
seguirla fin sopra il palco delle riprese. Tutt’attorno alla
Deva intanto, regnava
ancora una battaglia già vinta in partenza grazie al tanto
caro “effetto a
sorpresa” che le aveva permesso di neutralizzare le difese
della villa oltre
che farsi spacciare per il tecnico riparatore, ma quello era un altro
discorso…
e ciò che importava al momento era che Masada avesse il
carico. Per la scimmia
ci avrebbero pensato dopo, ma troppe cose erano state omesse e
francamente
parlando non vedeva l’ora di tagliare la lingua a mister
Vance per la sua
totale disonestà.
“Bando
alle ciance… hai il carico?!”
“Si”
“Eeh…
pensi di portarcelo il prima possibile?!”
“Dammi
un minuto”
Non
era solo per una questione fisica per recuperare le forze, ma la
gigantesca
Deva aveva bisogno di tempo per prepararsi all’assalto finale
seguendo un
rituale ben preciso. Sapeva cosa aveva in mente la sua collega de
Santa, e
sapeva anche che le cortigiane non si sarebbero accontentate del
semplice
spettacolo messo su fino a quel momento.
Pertanto, passandosi le dita sui vestiti sporchi di sangue
nemico iniziò
a segnare la pelle ormai rimarginata di simboli di guerra.
E
fu proprio con tali simboli che con un ringhio selvaggio
attaccò il mezzo
blindato con dei fuggiaschi a lei “tanto cari”
dandogli una poderosa spallata
al cofano fin tanto da farlo sussultare e sollevare prepotentemente.
I
passeggeri all’interno della cabina quasi si ritrovarono a
gambe all’aria per
via di quel colpo eccessivo, ma non fecero comunque in tempo a fare
nulla visto
che Muramasa fu più veloce. Il motore del mezzo
andò su di giri nel momento in
cui tutto il blindato si ritrovò a correre su due ruote,
quasi in verticale,
mentre la Deva lo teneva saldamente ai lati infischiandosene del fumo
nero
causato dal motore che si stava rompendo e che le stava riempiendo le
narici di
un gas nauseabondo oltre che quelle dei tre passeggeri piuttosto
devastati.
–
Merda, merda, merda!! Non di nuovo!! –
A
Michael Connors decisamente non andò a genio di rivivere
l’esperienza di essere
strapazzato come un giocattolo all’interno della propria
vettura, ma alla
possente nemica poco importò delle urla di stupore e panico
che provenivano
dall’abitacolo, poiché il suo unico obiettivo era
di usare quel mezzo blindato,
trovato quasi come un colpo di fortuna in mezzo alla sua strada, come ariete per distruggere il muro di cinta
che divideva la tenuta dei Lancaster con quella dei Mask.
E
il botto che ne seguì, per ovvi motivi non piacque a nessuno
dei passeggeri
presenti.
(
… )
De
Santa teneva in mano quella piccola videocamera come se
tutt’attorno a lei non
esistesse una calca di persone terrorizzate ansiose di sapere quale
sarebbe
stata la loro sorte. Qualche ospite era stato pesantemente incatenato
come nel
caso di Buffaloman a cui era stato addirittura spezzato un corno, o
forse era
rimasto piantato nello stomaco di qualche cortigiana, mentre Broken Jr
era a
terra piuttosto malconcio proprio come il figlio.
Ma
a parte il disastro che la circondava era troppo impegnata ad auto
riprendersi
per prestare attenzione a singhiozzi e gemiti spaventati.
–
Hm… inizialmente avevo sempre trovato i matrimoni terrestri
decisamente noiosi…
da ragazzina mi ci imbucavo solo per mangiare qualcosa di raffinato o
divertirmi con qualche povero ospite “disposto” ad
accontentarmi fino al
mattino – rise divertita, continuando a filmarsi e nel
frattempo a camminare
pigramente in circolo per tutta quell’arena improvvisata
– poi quando iniziai a
lavorare come si deve mi sorse il dubbio sull’effettivo
significato di tale
cerimonia… perché mai due persone dovrebbero
unirsi per tutta la vita pur
sapendo a quali rischi e disaccordi possono andare incontro?! Ebbene,
da
ragazza ho potuto sperimentare “fin dove si spinge
l’amore” –
Fece
un gesto plateale e lento di allargare il braccio sinistro verso gli
ospiti
impauriti che stava filmando, soffermandosi in particolare verso una
donna che
stava singhiozzando tenuta sotto stretta sorveglianza da due cortigiane
armate
di corte katane, e vestita di un abito di tulle e pizzi ma che, nella
sua esile
figura, non è che sfigurasse poi tanto.
Per
Robin Mask, che nel frattempo quasi nascondeva tra le braccia una Alya
con gli
occhi sgranati, era semplicemente assurdo che le cortigiane e quelle
maledette
terroriste lavorassero assieme per prendere in ostaggio tutti e in modo
particolare la povera signora Lancaster terrorizzata a morte. Se suo
figlio
Kevin aveva ragione, che oltretutto si era battuto come un leone
durante quel
breve assalto ma rimanendo comunque catturato una volta che vide i
fucili
puntati su suo padre, quelle donne stavano cercando una scimmia, quindi
perché
generalizzare così tanto la loro indagine?!
–
Che farabutti… prendersela con una donna disarmata!
– sibilò piano quelle
parole, quasi dispiaciuto di non aver partecipato al breve
combattimento
poiché, pensandoci bene, era più giusto
proteggere la propria moglie – forse è
un modo per attirare allo scoperto quel cane di Howard… ma… Alya,
che cos’hai? Perché non mi rispondi?!
–
Solitamente
la Deva riusciva a mantenere i nervi saldi anche nelle situazioni
più tremende,
e anche in quei casi sapeva dargli dei buoni consigli, ma vederla
così…
terrorizzata, era semplicemente inaspettato oltre che preoccupante. La
sua
giovane sposa continuava a guardare con occhi sgranati la femmina che
stava
parlando sul palco e quella poco distante con sei braccia come se
temesse che
all’improvviso potessero attaccarla a tradimento.
–
Non devi preoccuparti Alya… non permetterò che ti
venga fatto alcun male –
Le
sussurrò quelle parole con la più assoluta
sincerità, e se avesse potuto
avrebbe anche aiutato Kevin che francamente parlando non vedeva
l’ora di dare
una lezione alle donne che lo tenevano fermo pronte a frustarlo, ma
tutto si
aspettò meno che l’aspra risata di quella vecchia
arpia che era la nonna di
Alya.
–
Tzk… non sono sorpresa che voi terrestri non conosciate
appieno il potere delle
cortigiane! Altrimenti sareste li a tremare come una foglia proprio
come mia
nipote –
Nessuna
delle donne presenti, ne Katya e neppure Eiko ( e grazie al cielo la
pupetta
era stata affidata a Santiago prima della cerimonia che con tutta
probabilità a
quell’ora, visto l’assalto, l’aveva
già portata nella stanza antipanico della
villa ) ebbero il coraggio di obiettare alle parole
dell’anziana matriarca,
segno evidente che pure loro sapevano meglio di lui sul
perché di tutta
quell’atroce messa in scena.
–
E il loro strapotere comprende attaccare ignari cittadini? Mettersi in
accordo
con delle akuma chojin?! Qualunque cosa accada non lascerò
che venga fatto del
male alla mia famiglia! –
Erano
parole dure ma sincere, perché mai al mondo avrebbe permesso
che ad Alya, la
loro bambina, e a Kevin, venisse fatto del male, ma la vecchia si
limitò a
scuotere lentamente la
testa con
disapprovazione. E questo decisamente non piacque all’ex
lottatore.
–
Quelle che vedi non sono delle soldatesse e quelle che sono sul palco
NON sono
delle delinquenti. Coraggio… maschio anziano, sforzati di
ricordare chi ha
sufficientemente potere per decidere della vita altrui senza temere le
conseguenze dei propri gesti… studiando la storia di voi
terrestri, ho letto
che quella spagnola era molto
attiva
durante alcuni secoli –
Per
Robin Mask ci volle un po’ per assimilare quello che quella
vecchia rugosa di
una Deva aveva appena detto… ma quando capì a
cosa si riferiva, avvertì come un
tuffo al cuore sentendo una primordiale paura crescergli dentro, e
trovandosi
molto lentamente a scuotere la testa come a negare a se stesso
l’intuizione a
cui era arrivato.
–
No… questo è uno scherzo, vero?! Mi sta forse
dicendo che queste donne… quelle
che stanno terrorizzando Janice al momento… sono forse delle
stramaledettissime… –
–
Inquisitrici? Si, effendi. Venti
rose
nere circondate da un giardino di appuntite rose rosse. Le cortigiane
sono
l’esercito delle inquisitrici, che da 400 anni si impegnano a
dare la caccia
alle streghe e ai loro perfidi alleati che siano akuma chojin o demoni
della notte
– si fermò a parlare scrutando con guardo affilato
una de Santa che quasi
sicuramente si stava gustando tutta quella scena e che quasi
sicuramente aveva
captato anche il loro discorso – il nostro è un
pianeta pericoloso, effendi… e
l’inquisizione è l’unica arma che
abbiamo da quando Muscle Traveller scoprì
Amazon esponendolo agli occhi dell’intero universo, togliendo
l’embargo che le
streghe avevano esse stesse emesso per impedire che il loro stesso male
non
infettasse l’universo –
Dunque
ecco che un tassello importante, se non quello principale di tutta
quella
brutta storia, affiorava spiegando il motivo per cui nessuna squadra di
polizia
si era fatta ancora vedere. Probabilmente avevano tagliato tutte le
linee di
comunicazione, o forse le autorità locali non volevano
sporcarsi le mani con l’inquisizione,
ma sta di fatto che Uriel continuò a parlare sotto lo
sguardo terrorizzato di
un pubblico innocente.
–
Durante una missione, mi capitò di avere a che fare con un
narcotrafficante di
sabbia rossa proprio nel giorno del suo matrimonio… si stava
per sposare con la
figlia di un noto boss della malavita piuttosto attiva in sud America,
e il
nostro compito era rompergli le uova nel paniere – prese a
camminare e a
guardare nell’obbiettivo della telecamera, avvicinando il
pollice a tale
obiettivo per togliere alcune gocce di sangue – e visto che
eravamo ad un
matrimonio, avevo deciso di togliermi uno sfizio e sperimentare
qualcosa che mi
premeva da molto tempo… e cioè: dove
può spingersi l’amore di una persona nei
confronti di un’altra? Non è così
difficile da pensarci, credetemi! –
Nel
mentre che parlava Howard Lancaster si era avvicinato in silenzio
quanto
bastava per poter vedere quella pazza furiosa piuttosto presa dalla sua
egocentrica recita, ma purtroppo non notò Janice da
quell’angolazione, anche se
vide il caro Robbie piuttosto teso mentre l’anziana matriarca
della famiglia
della dottoressa sussurrava qualcosa. Non aveva tempo per interessarsi
a quello
che stavano dicendo, se era vero che quelle terroriste stavano cercando
della
sabbia rossa, era lui che cercavano e tanto valeva uscire allo scoperto
per
evitare che moglie e figlia andassero in mezzo ad uno spiacevolissimo
equivoco.
Se si fosse
avvicinato abbastanza e in
modo furtivo allora forse sarebbe anche riuscito a sparare alla testa
quella
tizia tatuata nel pieno della sua megalomania, tanto neppure gli
invitati
presenti si erano accorti di lui.
–
L’amore… uccide, signori miei. È il
sentimento più piacevole e losco che la
natura potesse mai creare – Uriel si guardò alle
spalle e sorrise quasi
malignamente vedendo la nobildonna cercare di riprendere contegno
– quando
giungemmo alla festa decisi di vedere se l’amore che quel perro di mierda nutriva per la sua bella
fosse autentico… gli misi
in mano una pistola, e dissi chiaramente che se avesse ucciso
la sua sposa allora avrei ben perdonato i suoi peccati –
fece spallucce, andando poi a circondare
“amichevolmente” le spalle di Janice
che sussultò a quel contatto – fu molto buffo
ciò che successe, ma ancor più
gratificante fu lo sguardo della ragazza quando capì che la
persona che amava
sarebbe stata disposta a tradirla pur di salvarsi la vita!
Ooh… si. Molto istruttivo…
– si scostò da una signora Lancaster decisamente
pallida, e tornò a camminare
svogliatamente – come da contratto, perdonai i peccati di
quel povero coglione nell’esatto
momento in cui sfondò il cranio della sua bella con un colpo
ravvicinato… chi
non lo perdonò furono i genitori della sposa, che si
scagliarono su di lui per
farlo a pezzi. E in breve… senza che noi facessimo un solo
gesto, l’amore stava
portando due clan ad uccidersi l’un l’altro, in una
completa follia che biasimo
me stessa di non aver ripreso… non è
d’accordo con me, mister Lancaster? –
Con
un gesto impercettibile spostò l’obiettivo della
telecamera verso la propria
destra, per poter riprendere alle proprie spalle un Howard Lancaster
che le
stava puntando con estrema freddezza la canna della propria pistola
placcata
platino.
–
Non vi è alcun dubbio che io non voglia sottopormi alla
vostra follia… e siete
gentilmente pregata di lasciar andare mia moglie se non volete che i
rinforzi
che stanno per sopraggiungere non ci vadano troppo pesante –
De
Santa smise di sorridere e di riprendere il proprio documentario per un
momento, lasciando spazio ad una espressione alquanto annoiata nel
mentre che
si girava verso il nobiluomo che le stava puntando una pistola da
debita
distanza. Era quella che usava attacchi ad area, con i suoi tatuaggi
tutt’altro
che immobili, quindi per lui era meglio stare ad una distanza di
sicurezza e
sperare che nel mezzo di quel confronto anice non ci andasse di mezzo.
–
Follia…?! Mai sofferto di questo disturbo, effendi
– abbassò un attimo lo
sguardo, prima di schioccare le dita verso due Deva che scattarono
verso il
folto pubblico come ad un comando telepatico – ma voi siete
un uomo molto
innamorato non è vero? Però non mi è
chiaro se amate di più vostra moglie…
oppure vostra figlia –
Nel
dire quelle parole, ancor prima che Emerald venisse spintonata a terra
sul
palco di legno, Howard sentì chiaramente il sangue gelarsi
nelle vene nonostante
avesse un fin troppo rinomato autocontrollo.
La
sua Hammy venne strattonata senza troppa grazia dalle due soldatesse
che prima
erano sparite tra la folla, e presentava sul corpo i segni di un poco
grazioso
pestaggio. A quella vista Janice quasi si lasciò scappare un
grido, tornando
nuovamente a piangere, poiché la sua bambina mostrava un
occhio nero e un
labbro spaccato, sebbene i danni erano stati notevolmente ridotti da un
Warsman
che le aveva prese al posto suo e pigliandosi pure un colpo di katana
che lo
aveva messo K.O e che con tutta probabilità avrebbe
eviscerato Emerald se il
russo non fosse intervenuto. Le protesi biotiche che gli avevano
impiantato lo
avevano reso più agile e capace di incassare più
colpi, ma alla fine aveva
ceduto di fronte alla malvagità di lottatrici decisamente
più giovai di lui e
disposte a giocare sporco.
Ma
questo Howard Lancaster on poteva saperlo, poiché
ciò che gli interessava ora
era la vita di sua figlia strattonata come una bambola rotta e fatta
inginocchiare rudemente sul parquet di quella pista da ballo
inutilizzabile.
–
Se credi di passarla liscia dopo questo… –
–
Se crede LEI di farla franca, caro
il
mio effendi, ha davvero sbagliato persona con cui discutere!
– ora il tono di
de Santa si era fatto più duro, inquisitorio, e guardava
severamente il
marchese puntandogli il dito indice contro – questa farsa
è durata fin troppo,
e la pazienza di un inquisitore
tende
a scemare molto in fretta quado si tende a prenderlo in giro
più volte, a
rapire un altro inquisitore come ricatto, e a nascondere le prove di un
traffico di sostanze dopanti in combutta con quei perros della Muscle
League! –
si avvicinò così tanto al volto del Lancaster che
lo vide chiaramente deglutire
nel comprendere le sue parole, un po’ per volta, capendo che
forse la sua
megalomania si era spinta fin troppo oltre questa volta – ma
non si disperi…
mister, forse possiamo raggiungere un accordo e… magari
perdonare tutti i
presenti con formula piena –
Sentendo
quelle parole, Ikimon MacMadd tirò un sospiro di sollievo
assieme all’anziano
padre, mentre l’altezzosa sorella guardò
sospettosa la scena non credendo
minimamente che la cosa potesse chiarirsi così in fretta. E
difatti, la
proposta della Deva tatuata portò nuovo sgomento tra gli
ospiti oltre che nuovo
orrore per i coniugi Lancaster.
–
Spari a sua moglie, Howard Lancaster, e io lascerò vostra
figlia in vita e lei
avrà pagato il suo debito con la giustizia… mi
sembra una cosa equa, no?! –
No
che non era equo, era qualcosa di assolutamente bestiale e la stessa
Janice si
lasciò andare ad un grido disperato mentre tornava a
piangere incessantemente
non riuscendo più a capire se aveva a che fare con dei
delinquenti oppure con
la giustizia stessa. Poi fu come se il tempo rallentasse, mentre una
insolita
espressione di dolore non trapassava il volto, fino a quel momento,
impassibile
di Howard Lancaster portandolo con riluttanza e indecisione a puntare
la canna
della pistola verso la compagna di una vita.
Forse
poteva risparmiarsi questa tortura e deviare la canna in direzione di
quella
puttana spietata un attimo prima di colpire sua moglie che, come tutti
i
presenti, non c’entrava nulla con tutto quel processo
spietato.
–
Stai mentendo… non credo minimamente che tu sia una
inquisitrice –
Riassunse
un tono freddo e deciso, ma decisamente non gli piacque il modo in cui
una
cortigiana strattonò Emerald per i capelli corvini. Doveva
prendere tempo…
qualcuno dei suoi sarebbe arrivato, prima o poi.
Uriel
Truce de Santa si limitò a fare spallucce nel sentire come
il marchese stava
cercando di prendere tempo, ma francamente era un documento
interessante da
filmare visto come l’amore di quell’uomo lo stava
portando a tentennare nel
prendere una decisione che avrebbe potuto salvare migliaia di vite.
–
Non spetta a me convincerla della mia validità giuridica,
effendi! Sappia solo
che io posso, e che lei ha una
grande
possibilità di salvare la persona che ama… non
provi a sparare a me o alle
altre ragazze, mister, altrimenti dovrò pulire tutto il
macello quando me ne
andrò da questa festa! –
Era
logico che lo stesse sbeffeggiando, e la stessa Nuala si
lasciò andare ad uno
sbuffo divertito prima di tornarsene a leggere il proprio libro in
santa pace,
incurante che l’animo freddo del marchese si stesse
straziando chiedendo
mentalmente scusa alla moglie e alla figlia per tutto quello che stava
succedendo, arrivando a pentirsi amaramente di aver ficcato il naso in
fatti
non suoi almeno per quella specifica volta.
Ma
fu proprio in quel frangente di tetro e teso silenzio, con un ex
lottatore a
cui tremava il dito indice del grilletto mentre a stento riusciva a
tenere la
mira su una Janice ormai “pronta” a farsi
accogliere dall’abbraccio del
Signore, che la voce stentorea di un piccolo kinnikku non infranse
tutta quell’assurda
tensione.
–
Noo! Fermatevi, maledizione!! Che follia è mai questa?!!
–
L’allenatore
di Kid Muscle, fuoriuscito dal suo nascondiglio non più
disposto ad assistere a
quell’immonda oscenità, corse verso la pista da
ballo e strinse i pugni
cercando di tirare fuori tutto il coraggio che aveva. Non poteva
accettare che
un simile delitto avvenisse davanti a tutti, e anche se la famiglia
reale
avrebbe benvoluto trattenerlo dal commettere follie, eccolo che era li
di
fronte ad una inquisitrice che lo stava guardando quasi schifata.
–
Invoco il diritto ad un duello d’onore!! Invoco il diritto ad
un duello d’onore!!
– il suo piccolo cuore stava battendo
all’impazzata, ma non voleva demordere –
secondo le regole della Corte, in accordo con la Muscle League, si ha
la
possibilità di ricevere l’indulto nel caso si
riesca a battere una rosa nera
sul ring! –
Quello
fu un colpo di scena che sollevò il morale a tutti i
presenti portandoli a
riprendere fiato e forse, forse, un filo di speranza a cui aggrapparsi
come nel
caso di Janice Lancaster che stava già mormorando una
preghiera di
ringraziamento.
Persio
Robin Mask valutò che, se fosse stato veramente possibile un
duello d’onore,
allora la cosa sarebbe stata molto più accettabile che una
esecuzione in
diretta televisiva con la morte di una innocente. Ma per Uriel, che
seguiva il
codice d’onore per forza di cose, si ritrovò a
sbuffare annoiata visto l’ennesimo
cambio di programma che stava minacciando di rovinare tutto il suo bel
documentario.
–
Vaffanculo… ci mancava solo questa! –
Forse
il filo della speranza era più corto di quanto sembrasse,
visto il malumore
dell’inquisitrice delle cortigiane…
E alla fine ce l’ho fatta anche ad ultimare questo capitolo! Non preoccupatevi, l’ora di Kid Muscle si avvicina e dal prossimo si vedrà un po’ di più per forza di cose.
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Capitolo 29 *** lo spettacolo deve continuare! ***
Ufficialmente
avrebbe dovuto essere alle cerimonia in prima fila accanto a tutti i
parenti
dello sposo. Ufficialmente, per l’appunto…
poiché Kyle Mask aveva deciso di
disertare la festa con la propria sorellina Anna.
Molto
probabilmente sua madre Elizabeth non l’avrebbe perdonato per
un simile
“affronto” alla famiglia, ma era a conoscenza che
suo figlio fosse una testa
calda soprattutto quando credeva di aver subito una ingiustizia,
tuttavia se
avesse saputo che si era allontanato per non infastidire troppo il
cugino per
ciò che aveva combinato allora avrebbe compreso il gesto.
Kyle non aveva
rimpianti per aver condotto in Inghilterra la povera Niamh, ma era
consapevole
che la sua presenza avrebbe sicuramente messo una tensione addosso al
caro
cugino non indifferente, e il matrimonio in se era già una
tremenda seccatura
senza che lui facesse da ciliegina sulla torta, per cui…
aveva deciso di
seguire sua sorella vedendo che se la stava svignando di soppiatto
perché
troppo annoiata per ascoltare un giudice di pace balbuziente.
Ad
ogni modo neppure ai nobili presenti dava poi così fastidio
che i loro
marmocchi, pochi a dire il vero e giusto un drappello di cinque
rampolli,
seguissero quei due componenti della famiglia Mask, ne che andassero
così
vicino a quel mastodontico coccodrillo che ora era tranquillo sul greto
del lago.
–
Ma questo coccodrillo è buono… giusto? Non
tenterà di mangiarci, vero?! –
A
parlare titubante era stata la sorellina minore di Wally Tusket, ossia
Dorothy,
che guardava con dubbio e timore il centenario coccodrillo come se
fosse stato
un drago dormiente.
–
Naah! Lui è Bruce! E l’unica cosa che mangia sono
i pesci del lago o i ladri
che provano ad entrare – fece scaltra la giovane Anna
arrampicandosi sulla
schiena del mansueto rettile guardata ancora con dubbio dagli altri
bambini – è
il mio drago personale! Chi vuole saltare in groppa?! –
A
quanto pare sua sorella aveva la stoffa della leader visto il modo in
cui anche
il bambino più titubate stava iniziando a cedere
all’idea di poter cavalcare un
drago, e Bruce quasi ci somigliava, ma una serie di strane raffiche ed
esplosioni portarono tutti i presenti a guardare in direzione del
ricevimento…
osservando che forse c’era qualcosa che decisamente non
andava visto il modo in
cui gli adulti stavano gridando e scappando da chissà quale
misterioso
pericolo.
Un
pericolo che si mostrò agli occhi sgranati dei fanciulli
come delle figure
vestite di nero che non si sforzavano troppo di colpire gli innocenti e
le
guardie kinniku con colpi di katana o di fucile alle gambe. Decisamente
non era
uno spettacolo indicato per i più piccoli, ed il pensiero
del giovanotto
inglese corse subito alla propria famiglia.
Uno
dei bambini strillò “mamma” decisamente
preoccupato per la sorte del proprio
genitore che, con tutta probabilità, era in pericolo come il
resto della folla
attaccata da quelle ninja vestite di nero. Venne tuttavia fermato da
Kyle che
lo prese per la collottola della camicia, e senza troppa grazia prese
altri due
bimbi dando loro ordini duri e concitati.
–
Dobbiamo muoverci marmocchi… a qualcuno non va a genio
questo matrimonio! –
sapeva che pure Anna era in apprensione per la propria madre, ma non
poteva
permettere che finisse in mezzo ad un possibile casino –
tutti sul coccodrillo
e vedrete che non vi capiterà nulla, avanti! –
–
M-ma Kyle… la mamma…?! –
–
La mamma capirà, piccola peste – fece il
giovanotto vestito da motociclista
aiutando una Dorothy piuttosto tesa a salire sulla schiena del mansueto
rettile
– se ora io andassi li, molto probabilmente non me lo
perdonerebbe mai… –
Kyle
Mask non era uno stupido, ed anche se l’istinto gli stava
dicendo di andare in
soccorso della propria genitrice, non poteva permettere che alla sua
sorellina
( e agli altri bambini ) venisse fatto del male da individui
decisamente malintenzionati.
E a quanto pare neppure il centenario rettile era poi così
stupido per aver
cercato di attirare l’attenzione degli esseri umani in un
modo abbastanza
discreto… non che un mastodonte a pochi metri dal luogo del
ricevimento fosse
cosa da nulla, ma Bruce non era tipo da prendere la gente di peso e
portarla
via, senza contare che era l’acqua il suo elemento naturale.
–
Fermi dove siete!! –
Nell’esatto
momento in cui anche l’ultimo fanciullo impaurito venne fatto
salire sul
rettile che stava iniziando ad innervosirsi, ecco che dal nulla
apparvero due
di quelle ninja che senza troppi convenevoli ebbero il coraggio di
puntare le
loro armi persino ad un gruppetto di piccoli civili. Kyle dovette agire
in
fretta, anche per evitare che sua sorella si mettesse ad urlare
terrorizzata
perché decisamente NON abituata a vedersi minacciare con
delle armi da fuoco,
pertanto scattò in avanti ruotando con grazia il busto fino
a far incontrare
l’incavo della gamba destra contro il collo della prima Deva
che gli si parava
davanti. L’effetto fu simile a quello di una ghigliottina e
la donna lanciò un
grido strozzato nell’accogliere tutto il peso del lottatore,
e nel ruotare su
se stesso il giovanotto colpì con il pugno sinistro il volto
dell’altra ninja
rimasta momentaneamente attonita. Quello strano e violento balletto fu
l’unica
arma che salvò i fanciulli da un destino ben più
peggiore, ed in un silenzio
gelido i rampolli delle casate nobiliari videro le due ninja cadere
sull’erba
fresca di rugiada senza praticamente emettere un lamento agli attacchi
causati
da Kyle.
Le
aveva semplicemente stese senza ucciderle, perché anche se
si erano comportate
da farabutte non era da lui mettere le mani addosso a delle donne.
Grazie al
cielo comunque, nessuno parve accorgersi di quel piccolo combattimento
durato
neanche due secondi, poiché le altre soldatesse erano troppo
intente a radunare
la folla terrorizzata attorno alla pista da ballo, e di conseguenza il
giovane
non tardò ad allontanarsi da quelle due tizie svenute senza
premurarsi di dare
una occhiata sotto le loro maschere.
–
Bene… e ora via di qui prima che si accorgano che due di
loro si sono messe a
dormire durante il lavoro! –
Dette
una pacca veloce al fianco della possente bestia, nell’atto
di issarsi
agilmente sopra la sua schiena frastagliata, in modo da dargli il
consenso ad
andare velocemente via scivolando rapido e discreto tra le acque e i
salici
piangenti che nascondevano un po’ la loro fuga.
Ed
Elizabeth Mask sperò proprio in una fuga dei suoi figli non
riuscendo a vederli
da nessuna parte in mezzo a quel caos organizzato che l’aveva
portata a
lacerarsi il suo vestito in stile vittoriano e ad alzare le mani come
una
fuggiasca dinnanzi a quei fucili puntati.
Aveva
osservato chiaramente quello che era successo a quello sventurato di
Howard e a
sua moglie, assieme ad un attonito Robin che non riuscì a
dire neppure una
parola durante quella spietata esecuzione, e francamente parlando per
quanto
non avesse mai sopportato il marchese trovava tutta
quell’atroce messinscena
decisamente crudele.
Già
in molti faticavano a credere che avesse potuto, assieme alla Muscle
League,
mettersi a spacciare sostanze dopanti… ma addirittura che
avesse attirato le
ire delle inquisitrici di Amazon!
Se
non fosse stato per i loro simboli, nessuno dei nobili presenti avrebbe
detto
che quelle donne erano delle soldatesse chojin specializzate, ma se
persino la nonna
di Alya aveva affermato che erano dalla parte della legge intente a
dare la
caccia alle streghe che si erano date alla criminalità
organizzata allora c’era
solo da sperare che il piano del piccolo kinniku venisse realizzato.
–
Un duello d’onore… eh?! –
Quella
più seccata delle due inquisitrici sembrava essere la
femmina tatuata che aveva
messo ai ferri corti il marchese Lancaster, che ora stava abbracciando
la
figlia e una moglie nel pieno di una crisi di pianto che contribuiva
tra
l’altro a far innervosire de Santa ancora di più,
e incrociando le braccia in
petto guardò più aspramente il coraggioso Meat
che di rimando strinse ancora di
più i pugni per farsi coraggio.
–
Esattamente, un duello d’onore! Credo che sia possibile
farlo, no?! –
–
Tzk… è chiaro che ti sfugge un piccolo dettaglio,
nano – il ghigno della Deva
si mostrò quasi ironico mentre se ne tornava a camminare
tranquillamente – se
ti aspetti un incontro “uno contro uno” direi che
hai sbagliato strada… qui
abbiamo due imputati, mister
Lancaster
e i responsabili della Muscle League, e di conseguenza servirebbero due
Deva
come giudici che arbitrino l’incontro e due lottatrici che
sfidino i campioni
dei due imputati… e tu guarda che
“tragedia” non è che ci siano molti
concorrenti in gioco–
I
lottatori della Muscle League, sia vecchi che giovani, non erano
esattamente
messi benissimo e molti di loro erano stati feriti gravemente dopo
violenti
combattimenti in cui decisamente non si erano limitati a prenderle e
basta.
Non
tutti però i campioni della League erano già
stati sconfitti, e Kid Muscle,
assieme al padre e alla madre, aveva trovato rifugio sotto un tavolo da
buffet
ormai rovinato da tutti quei combattimenti.
–
Ohi, ohi… Meat! Ma che diavolo stai facendo?! –
Per
ovvi motivi il giovane principe dei kinniku non era ansioso di prendere
parte
ad un sanguinario, e dello stesso parere era pure il vecchio padre
Suguru che
annuì, deciso a proteggere il figlio o almeno di proteggerlo.
–
Lo confesso, la sua è stata una mossa avventata anche se
è fatta a fin di bene…
ma non sei pronto ad un duello contro quelle tizie, figliolo!
– poi si voltò
verso la propria consorte, una Belinda dai capelli legati a crocchia e
lo
sguardo severo, sorridendole con un sorriso un po’ sdentato
– tranquilla,
colombella! Vedrai che il nostro bambino non accadrà nulla
di male! –
La
donna tuttavia parve essere di tutt’altro parere, anche
perché in quanto ex
lottatrice nascondersi sotto un tavolo non era proprio il massimo,
ritrovandosi
per questo a sbuffare seccata.
–
Tesoro, non costringermi a chiedere il divorzio! Non è
agendo in questo modo
che aiuterai tuo figlio, e tu in persona Kid dovresti comprendere in
che
situazione grave siamo! –
–
Proprio perché la situazione è grave che non
voglio farne parte! Perché non capite
che ho pauraa?! –
Belinda
non aveva cattive intenzioni riguardo al figlio, ma la costante
presenza
paterna non avrebbe giovato con la sua maturazione da ragazzo a uomo
adulto e
responsabile. Persino il suo allenatore Meat sapeva che in lui
c’era un
grandissimo potenziale che, però, faceva molta fatica a
venir fuori… ma per
forza di cose ora come ora il suo pupillo doveva farsi coraggio visto e
considerato che ormai era l’unico lottatore a non aver subito
danni fisici
eccetto, a vederlo di sfuggita, un Kevin Mask piuttosto furioso.
Dovevano
per forza sostenere un combattimento a coppie? Il kinniku si
ritrovò a
stringere i denti per la tensione vedendo che lo sguardo della Deva
tatuata non
cambiava affatto e che la sua non era una battuta, perché
stava a significare
che quello del duello era una “farsa” bella e buona
visto e considerato le
regole di contorno che c’erano.
Quel
momento di tensione si aggravò ulteriormente quando uno
strillo femmineo
raggelò il sangue dei presenti e tutti si voltarono in
direzione del
nascondiglio della famiglia Muscle, credendo che alla regina stesse
accadendo
qualcosa di terribile. Ma in molti si ritrovarono a deglutire
dall’imbarazzo
vedendo che ad urlare era stato un terrorizzato Kid Muscle,
nell’atto di
provare a scappare via quando una Deva alta tre metri non
scoperchiò quel loro
debole rifugio con un calcio. Avrebbe potuto usare le mani, ma entrambe
erano
impegnate a trattenere due carichi speciali.
Da
un lato teneva le casse di sabbia rossa legate tra loro, mentre
dall’altro lato
aveva un carico umano, tenuti fermi come se fossero selvaggina,
composti
prevalentemente dai due fratelli Connors. Sorprendentemente, Alana
apparve da
dietro la lottatrice perfettamente intatta e senza manette ai polsi o
altre
amenità, come nel caso dei due americani che stavano
cercando di liberarsi per
quanto on fossero in buone condizioni fisiche.
–
Eeek! È proprio per questo che non voglio combattere!!
–
Kid
Muscle continuò ad urlare terrorizzato di fronte a quella
donna dal corpo pieno
di segni rossi, ma alcuni dei presenti impallidirono nel vedere che
quella era
nientemeno che la chojin responsabile del terribile attacco avvenuto
qualche
tempo fa. In particolare, sia Kevin che Warsman ( al momento risultava
cosciente dopo un buon minuto di buio ) sbiancarono vedendola in forma
e con
delle prede umane che si dimenavano inutilmente, segno evidente che, in
qualunque posto il Lancaster l’avesse spedita, doveva aver
macellato buona
parte dei suoi carcerieri.
Lo
stesso Howard deglutì in modo impercettibile di fronte a
quella donna sporca di
sangue umano, sentendo un gran bisogno di abbracciare moglie e figlia
tentando
di allontanarsi il più possibile mentre quel mastodonte solo
all’apparenza
tranquillo si avvicinava allo spalto dopo aver ben terrorizzato
l’intera
famiglia reale dei kinniku.
–
Duuunque… ecco a voi la nostra inquisitrice catturata
vigliaccamente durante la
nostra delicatissima indagine –
a
parlare fu questa volta la donna munita di sei braccia, e lo fece con
la sua
insolita voce maschile – la Muscle League e il marchese
Lancaster hanno tentato
di insabbiare le nostre operazioni e, tra le altre cose, impedirci di
risalire
ai trafficanti di sabbia rossa di stanzi qui sulla Terra…
rendendoli
inconfutabilmente degli alleati delle streghe che sono dietro al lato
oscuro
della forza –
Non
si capiva se Nuala fosse ironica oppure serissima, ma aggiunse
sottilmente un
“stammi lontano che sei sporca” quando Masada si
avvicinò con il suo carico
alle proprie colleghe. Lasciò cadere le casse ai piedi di
Uriel, che osservò
compiaciuta sia il loro contenuto perfettamente integro, aprendo il
coperchio
di una cassa con un piede, che le due prede umane riconoscendo in una
di esse
un redivivo Connors.
–
Ma guarda… eppure pensavo che dopo la nostra amichevole
chiacchierata della
volta scorsa ci avessi ricavato qualcosa di… utile?
– gli passò una mano sul
volto con ironica delicatezza, venendo accolta prima da una faccia
sbigottita e
poi da un ringhio risentito – se fossi arrivato un
po’ prima avresti avuto modo
di vedere la fedeltà indiscussa del tuo
capo…– e per forza di cose a quelle
parole l’americano si stupì non poco andando a
guardare il suo datore di
lavoro… e sbiancando nel vedere in che condizioni era la
famiglia Lancaster– e
la tua fedeltà, Connors, è così
trascendentale da non essere comprata? Cosa
dice il tuo cuore, mercenario?! –
A
risponderle tuttavia non fu il succitato Connors, ma l’altro
fratello che
trovava decisamente disgustosa quella donna con i suoi tatuaggi
serpentini. Il
perché era semplice: Zachary Connors detestava tutti i
serpenti, e quando
poteva ne ammazzava il più possibile, da quando alla tenera
età di cinque anni
un pitone non gli aveva mangiato il suo hotdog. E on sopportava eppure
la vista
di persone con tatuate dei serpenti sulla pelle, arrivando a dare fuoco
a quei
teppisti che ne possedevano di vistosi.
–
Credo che mio fratello vi trovi orribile, signorina –
addirittura si permise
uno dei suoi sorrisi sornioni senza prestare attenzione allo sguardo
sconvolto
di Michael – e comunque per rispondere alla tua domanda direi
che è molto più
fedele di voi, che sembrate una libera professionista –
E
per “libera professionista” era ovvio che
intendesse una prostituta, e gli
abiti succinti decisamente non aiutavano, portando di conseguenza
l’inquisitrice a perdere il proprio ghigno malevolo in favore
di uno
profondamente scocciato. Avrebbe potuto anche ucciderlo
all’istante, poiché le
sue colleghe ben sapevano che non sopportava i ragazzini saccenti, ma
si limitò
a dare un secco ordine silenzioso ad una Masada che capì al
volo.
Non
li uccise, e neppure fece loro del male
“direttamente”, ma si limitò solo a
scagliarli lontano come se avesse lanciato un giocattolo.
I
due Connors atterrarono quasi urlando, sotto lo sguardo attonito di
tutti i
presenti compresi i Lancaster, su di un tavolo di buffet, rendendo
dunque il
loro atterraggio meno doloroso e più… appetitoso.
–
Ahh… oh, wow! Quelle sono polpette fritte, lentiggine! E ci
sono anche le
polpette di riso! Questo matrimonio doveva essere davvero fantastico
prima che
lo rovinassero… –
–
Cristo… come fai a trovare la forza di mangiare in un
momento simile?! –
Ma
non ricevette risposta da un giovanotto troppo impegnato ad assaggiare
tutte
quelle delizie gratuite, e attualmente la cosa più
importante era quella
situazione tesa che coinvolgeva i Lancaster e la Muscle League.
In
particolar modo, sia l’ex mercenario che il suo attuale
datore di lavoro
trovarono molto strano che miss Alana non fosse stata messa in catene
come gli
altri, e dello stesso pensiero fu lo stesso Meat, che espresse ad alta
voce una
domanda dovuta al dubbio su cosa stesse realmente succedendo.
–
U-un momento… perché la dottoressa Alana
è qui con voi…?! Non ditemi che anche
lei…?–
Le
parole quasi gli morirono in gola, trovando ridicolo che quella donna
che li
aveva aiutati a scappare e a nascondere le loro tracce potesse essere
in realtà
una traditrice della peggior specie. Ma quasi a voler mettere le mani
avanti la
donna fece un passo deciso verso il gruppetto di donne, lasciando
perplessi
anche gli stremati ospiti, scuotendo lentamente la testa mentre Nuala e
Uriel
la osservarono dapprima stupiti e poi profondamente scocciate.
–
Tzk… chi non muore si rivede, eh? – fece la rossa
abbassando il proprio romanzo
– Muramasa sarà anche stata benevola nel lasciarti
in vita, ma non è che il tuo
stato sociale ti conferisca chissà quale potere
esecutivo… –
–
Per non dire con quale codardia hai lasciato
l’ordine… e per cosa poi? Per
ridurti ad una ameba del sistema – stavolta a parlare era
stata de Santa, e
sembrava essere quella più offesa dalla presenza della Deva,
per poi tornare a
camminare lentamente per far sapere ai presenti piuttosto confusi chi
fosse
quella donna che ora aveva gli occhi dritti – venti anni,
Alana! Venti anni
serviti con onore dando la caccia alle streghe e per cosa?! Per
decidere di
mollare tutto e vivere come una reietta dalla memoria sfasata! Eri
importante
per tutte noi… tanto da arrivare a segnarci la pelle della
tua mancanza – si
toccò quasi distrattamente il petto dove era presente il
numero 20 segnato con
una X– sei arrivata ad uccidere
la
tua stessa figlia, una strega della
peggior specie, dando prova inconfutabile di una perfezione che
all’epoca
potevo solo immaginare… e poi sei scappata, solo per aver
commesso un atto di
giustizia –
Miss
Alana un tempo era una… inquisitrice? E aveva avuto una
figlia strega?! Questo
era un pensiero di molti dei presenti che conoscevano la donna, in
particolare
la sorpresa maggiore la riponeva Vance MacMadd che sapeva che la sua
assistente
era una ex cortigiana ma NON una delle alte sfere, mentre altri erano
così
confusi da non capirci più nulla come nel caso di alcuni
esponenti della Muscle
League e più in particolare di quella mente poco reattiva di
Kid Muscle. Alya
si ritrovò a sgranare gli occhi incredula per quella
rivelazione così assurda, poiché
sapeva che sua cugina era stata nell’esercito ma non nelle
rose nere, e persino
Katya ed Eyko si scambiarono occhiate perplesse indirizzando poi lo
sguardo
verso una anziana matriarca che non lasciò trasparire
nessuna emozione se non
una palese noia. Robin Mask guardò attentamente la propria
sposa, comprendendo
appieno solo dal suo sguardo che nulla sapeva di quella torbida storia,
e stringendosela
dunque a se con fare protettivo, ma guardando la molesta nonna della
giovane
Deva ebbe come l’impressione che quella vecchiaccia sapesse
tutto.
Howard
Lancaster invece era quello meno sorpreso dei presenti, sospettava da
tempo che
quella donna non fosse semplicemente ciò che voleva far
credere di essere, e
leggendole nella testa aveva visto molto più di quello che
doveva vedere.
–
M-ma che diavolo sta succedendo, Meat? –
il giovane principe si avvicinò quatto quatto
al proprio allenatore
tirandolo per la mantella – perché stanno dicendo
cose senza senso?! Perché
semplicemente non se ne vanno e basta?! –
L’allenatore
non rispose al proprio pupillo, troppo preso nel guardare una
assistente
tuttofare che ora sfoggiava un sorriso malevolo e irriconoscibile.
Aveva
tentato in tutti i modi di proteggere la Muscle League non curandosi di
mettere
in mezzo persone che non c’entravano assolutamente, e
arrivando a questo
momento cruciale aveva deciso di giocarsi l’ultima carta che
aveva offerto a
Vance e figlio. Un duello d’onore, glielo aveva accennato ai
MacMadd nel caso
le cortigiane fossero divenute più scaltre, ma quei beoti
totali non avevano
minimamente compreso la soluzione puntandosi unicamente sui profitti di
quel
matrimonio mediatico.
–
Non è così difficile da capire, ragazzo
–
persino la sua voce sembrava diversa, ma in
realtà era quella che
possedeva quando ancora era un soldato senza scrupoli –
ciò che dicono le mie
ex colleghe è vero… ebbene si, sono la tanto
fantomatica cortigiana che da
tempo ha abbandonato le rose nere, ossia l’inquisizione, per
motivi
strettamente personali. Ero pienamente consapevole di ciò
che facevo, sapendo
che l’unico modo per lasciare i miei ranghi erano con la
morte o con… beh,
quello che mi ha fatto diventare quella che sono adesso –
guardò intensamente
la più giovane delle tre Deva, oltre che la più
folle, tornando poi a guardare
il piccolo kinniku con uno sguardo quasi sibillino –
Importante? Può darsi.
Relativo a questa missione? No, direi di no –
Meat
pensò che quello un tempo doveva essere un gruppo piuttosto
unito per non aver
perdonato miss Alana della sua fuga, il fatto che si fossero tatuate il
numero
originario di membri del gruppo la diceva lunga sul rancore che ancora
provavano, e difatti la stessa de Santa le si avvicinò a tal
punto da sfiorarle
il volto con il proprio in un atto di pura tensione omicida.
–
Se pensi di poter arbitrare questo incontro ti sbagli di…
–
–
Io non lo penso, io lo faccio. Non
sono più nell’inquisizione ma sono tra i membri
più anziani del gruppo, come
Muramasa, e da regolamento mantengo comunque la possibilità
di arbitrare un
possibile incontro… – un cambio di programma che
decisamente non piacque alla
donna tatuata, ma i suoi bollenti spiriti si quietarono quando
l’anziana
propose un accordo – facciamo così, visto che
siamo due anziane e due giovani
suggerisco che una faccia da arbitro e l’altra da
lottatore… io arbitrerò
assieme a Nuala, che suppongo non abbia la minima voglia di sporcarsi,
e tu e
Masada vi divertirete nello scontro –
Ci
fu un minuto di silenzio piuttosto teso, nel quale le due donne
più giovani
valutarono meglio quell’offerta che poteva anche essere a
trabocchetto
conoscendo bene la loro ex collega, ma in tal decisione vennero aiutati
da una
Jacqueline MacMadd che lasciò il suo rifugio sotto lo
sguardo atterrito dei
propri parenti.
–
M-ma cosa pensa di fare Jackie… eh, papà?!
–
–
Zitto, figliolo! C-credo che tua sorella abbia in mente una
idea…–
Difatti,
nonostante avere le armi puntate non era decisamente di suo gradimento,
e se
quelle ninja spietate non l’avevano ancora fermata era per un
gesto di una
delle rose nere che la lasciò dunque passare, Jacqueline
raggiunse con passo
fiero quell’insolito drappello per accelerare
l’inizio di quell’incontro. Il
tutto, logicamente a favore delle telecamere, perché lo
spettacolo doveva
continuare, oltre che per salvarsi la pelle.
–
Sono pienamente d’accordo con la vostra idea di un duello
d’onore, e come membro
superiore della Muscle League eleggo il nostro campione…
ossia Kevin Mask –
tralasciando
che lo proclamò con un microfono in mano e ben seguita da
uno spaventatissimo
cameraman, indirizzò la mano verso il furioso prigioniero
lasciando sbigottita
l’intera folla per l’audacia di quella scelta quasi
da… copione.
–
C-che cosaaaa?! Jakie ha scelto Kevin al posto mio?! Ma non
è giusto! –
–
Kid, ragazzo! Questo non è il momento di dare sfoggio del
proprio narcisismo…–
Ma
le parole francamente gli morirono in gola, poiché Kid
Muscle spesso e
volentieri si decideva a scendere sul ring mosso dal proprio smisurato
ego
oltre che mosso dalla volontà di ricevere molte
più attenzioni che da altri. Quindi
se voleva spronarlo da quel lato doveva convincerlo che la via della
fama con
le ragazze era quella.
Jacqueline
era stata piuttosto accorta nella sua scelta, avrebbe volentieri scelto
il
proprio compatriota visto che indubbiamente era qualificato per uno
scontro, ma
erano in Inghilterra, stavano celebrando il matrimonio di una leggenda
del
wrestling nonché padre del giovane campione della Muscle
League, quindi per
questioni di show era logico ingraziarsi gli inglesi eleggendo il loro
beniamino. Inoltre era attraente, e la League necessitava
di un modello che non possedesse una faccia da maiale
per accattivarsi più pubblico possibile.
A
quella scelta comunque, Kevin Mask alzò la schiena con
orgoglio, strattonando
le donne che lo tenevano in catene fino a liberarsi e avvicinarsi fiero
verso
quelle spietate giudici. Robin Mask provò a richiamarlo,
preoccupato che
potesse essere una trappola, ma il giovanotto quasi non lo stette a
sentire,
piuttosto furioso del trattamento ricevuto.
–
Se volete un combattimento d’onore sarò ben
disposto a darvi la lezione che vi
meritate – lo disse con un tono piuttosto aggressivo,
sibilando le parole come
un predatore pronto all’attacco – avete osato
rovinare il matrimonio di mio
padre e, cosa ben peggiore, state infangando il buon nome dei Mask con
le
vostre inutili illazioni! –
–
Tzk… detto da uno che prima faceva parte della d.m.p suona
quasi ironico – e
il tono di de Santa sembrava essere molto
divertito, almeno sulla carta – sai… trovo
affascinante che i redenti come te
mi facciano la morale su qualcosa che rinnegheranno alla prima
occasione. Ma
tant’è… –
E
qui la donna colse tutti un po’ di sorpresa, scattando
all’indietro con fare
aggressivo e facendo danzare nell’aria i suoi tatuaggi
serpentini che, con una
velocità sovrumana, attaccarono il lottatore inglese
cingendogli le membra e
buttandolo al centro del ring improvvisato a pochi passi dalla loro
folle
padrona.
Kevin
rimase in un primo momento a dir poco pietrificato, poiché
passato lo stupore
di rivedere la gigantessa che aveva attaccato, confidando quindi di
sfruttare
già quello che aveva appreso con lei, davvero non capiva
come quelle cose
disgustose riuscissero a trattenergli le membra fin quasi a
strangolarlo. Riuscì
a liberarsi con un colpo di reni, mettendosi in piedi su quel parquet
quasi
scivoloso e riuscendo a spezzare via quelle serpi che non si erano
incollate al
suo collo.
Fu
come se recidendo quelle serpi avesse spezzato il legame psichico con
la loro
padrona, ma quella non si scompose e riaccolse a se anche i frammenti
dilaniati
che tornarono a ricomporsi sul corpo ambrato di Uriel.
Credimi
ragazzino… se fosse così semplice non avrei fatto
questo mestiere –
Il
rampollo di casa Mask si limitò solo a schioccare la lingua
sul palato,
liberandosi della giacca e della camicia per avere più
libertà di movimento in
un combattimento che si dimostrava piuttosto difficile già
in partenza data la
mancanza di tendicorde e con molte persone a delineare il ring.
–
Uh, beh… se la mettiamo così…
– vedendo quella scena Howard Lancaster tentennò
un poco, ma poi prese la sua decisione con piglio deciso, lasciando
momentaneamente di stucco le donne della sua famiglia – la
famiglia Lancaster
nomina come suo campione Kid Muscle! Nonché
l’unico altro lottatore fisicamente
sano! –
–
Eeeh?! E cosa ne è rimasto dei miei dirittiii?! –
A
quelle parole il diretto interessato strillò di puro terrore
e tentò di darsela
a gambe nonostante i rimproveri del suo allenatore, che
cercò di fermarlo
aggrappandosi alle sue braghe ma con l’unico risultato di
esporgli le chiappe
al vento. Quella scenetta assurda venne fermata da Masada in persona
che, senza
sforzo alcuno, prese il principe dei kinniku per la collottola, e di
conseguenza anche Meat che si tenne ben stretto ai pantaloni del
proprio
allievo, scagliandolo come un sasso al centro di quell’arena
improvvisata.
Entrambi
caddero in modo rovinoso a due passi da Kevin Mask, e il primo a
riprendersi fu
lo stesso Meat.
–
Andiamo Kid! Sei l’unico oltre a Kevin a poter disputare
questo incontro! –
–
E chissenefrega! – fece infuriato l’altro, senza
neppure sistemarsi i pantaloni
– mi avete interpellato senza chiedermi nulla e…
–
Ad
interrompere le sue parole ci furono i lamenti risentiti dei suoi
compagni, ed
il suo sguardo confuso vagò in mezzo quella folla di gente
impaurita e confusa
fino ad accorgersi, finalmente, in che condizioni erano realmente i
suoi amici.
DikDik
van Dik giaceva esamine a terra, il volto segnato da una espressione di
dolore,
mentre Wally Tusket era inginocchiato al suo fianco sebbene fosse
anch’egli
dolorante era giusto non darlo troppo vedere all’anziana
madre seduta al suo
fianco.
Mentre
Jeager e suo padre… non erano neppure nelle condizioni
adatte per restare
distesi sull’erba, quanto urgentemente bisognosi di cure
mediche.
–
Nnrr… Kid! Smettila di fare l’idiota e vedi di
combattere! –
A
parlare era stato Terry Kenyon, con le mani legate dietro la schiena e
una
faccia pesta di sangue così come il suo elegante smoking, ma
lo sguardo fiero non
si era piegato al dolore fisico.
–
Noi tutti siamo dalla tua parte! Anche se siamo feriti…
anche se non riusciamo
a parlare… n-non permettere a queste terroriste di avere la
meglio! La Muscle
League è molto meglio di tutto questo! Coraggio! Fa vedere
loro di che pasta
sei fatto! E ricorda anche che sei in mondovisione… quindi
come credi che
reagirà Roxanne?!–
Fino
a quel momento Kid Muscle non si era accorto che i suoi compagni
avevano
combattuto valorosamente, soccombendo solo quando le forze erano venute
a meno.
I suoi amici, i suoi compagni fidati, avevano combattuto per difendere
i propri
cari mentre lui si era andato a nascondere sotto un tavolo da bravo
codardo. Non
era così che doveva andare. Non era così che i
suoi amici dovevano
sacrificarsi!
Ed
inoltre… diamine, Roxanne non avrebbe più voluto
vederlo per davvero se non
avesse onorato il sacrificio di tutti i suoi amici. Kid in quel momento
sentiva
qualcosa nel petto, e quel qualcosa stava diventando una pentola a
pressione
pronta ad esplodere di rabbia pura.
–
Molto bene allora… – strinse i pugni con
decisione, assumendo uno sguardo fiero
che fece solo ridere de Santa – preparati a riceverne quante
ne hai dato fino
ad ora! Nessuno tratta così i miei amici e la fa franca!
–
Forse
erano parole un po’ riciclate, ma sul volto di Meat apparve
un sorriso
speranzoso vedendo che finalmente il suo pupillo si era deciso a darsi
una
mossa in barba all’iperprotettività paterna.
Poteva sembrare ora tutto
perfetto, con gli stessi nobili e i vari invitati che tiravano anche
loro un
momentaneo sospiro di sollievo, ma l’atmosfera venne
interrotta da un freddo Kevin
Mask che, senza neppure degnarsi di guardare il principe dei kinniku,
incrociando
le braccia sul petto nudo volle marcare un concetto fondamentale.
–
Tzk… vedi almeno di allacciarti i pantaloni, a nessuno
interessano i tuoi
genitali in galassiavisione –
Perché,
effettivamente, le sue chiappe non erano proprio un gran bel vedere,
con
facepalm collettivo di molti ospiti presenti.
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Capitolo 30 *** creepy show ***
L’interno
della stanza antipanico brulicava dei servitori che erano scampati al
rastrellamento di massa attuato da quelle terroriste vestite di nero.
Attualmente, nessuno era riuscito a violare le porte segrete, e dai
molti
schermi presenti, collegati alle telecamere di sicurezza, si poteva
osservare
il disastro che era appena avvenuto.
Ad
Archie, l’anziano maggiordomo capo di casa Mask, sudavano le
mani
nell’osservare tutta quella povera gente strattonata e
malmenata, ma era suo
dovere mantenere la calma in mezzo agli altri servitori e ospiti
scampati al
rastrellamento. Deglutendo notò che tutto sommato al signor
Mask e famiglia era
andata abbastanza bene, Robin Knight era rimasto all’interno
della villa per
motivi di salute e quindi si trovava anche lui all’interno
della stanza ben
“protetto” dalle due glaciali suorine mentre se ne
stava seduto su di una sedia
in velluto, ma era stato lo spettacolo offerto dalle due terroriste a
far
congelare il sangue ai presenti.
L’anziano
maggiordomo poteva solo sperare che la signora Lancaster e figlia si
riprendessero presto da quello spiacevole fattaccio, ma ora era
decisamente più
importante che il signorino Mask e l’altro ragazzo
riuscissero nella loro
titanica impresa. In particolare la signora Santiago, che ora stringeva
a se
una neonata pigolante nel mentre che mormorava una preghiera in
spagnolo,
temeva per la vita del proprio “hijo” costretto a
confrontarsi contro due
nemici a dir poco ostici.
–
Hm, conosco abbastanza bene le tecniche della signorina più
giovane – fece un
Check Mate piuttosto attento a quello che stava accadendo sugli schermi
–
esegue delle tecniche ad area piuttosto insidiose e sembra non avere
problemi
con i materiali sufficientemente “morbidi”
– vedi esseri umani e pareti di
cartongesso – ma la signora piena di segni rossi non ho la
più pallida idea di
chi sia… ma a quanto pare Kevin Mask sembra essere
più a suo agio con quella
donna, visto il modo in cui riesce a prevedere i suoi attacchi
–
E
questo lo diceva perché al momento il lottatore inglese
riusciva a cavarsela
schivando i pugni dell’avversaria, e sempre
all’ultimo momento in modo da darle
l’illusione di avere un colpo sicuro, riuscendo sempre a
schivare di lato per
poterla colpire ai tendini delle ginocchia in modo da farla sbilanciare.
Mentre
Kid Muscle… beh, stava combattendo a modo suo. Urlando
terrorizzato e
facendosela addosso come una fontana mentre saltava da una parte
all’altra per
evitare quelle serpi stilizzate e riuscendo a strapparne anche diverse
senza
quasi accorgersene.
Dal
canto suo il lottatore del Principato di Monaco avrebbe volentieri
partecipato
a quella cruenta battaglia, ma aveva dei civili da difendere ed inoltre
si
trattava di un combattimento a coppie con delle regole specifiche.
Per
Niamh invece, che se ne rimaneva in disparte in mezzo a quei servitori
quasi
sul punto di scoppiare a piangere per la troppa tensione accumulata, la
situazione divenne molto più chiara ora che aveva la
possibilità di vedere i
due lottatori combattere. Si sentì una sciocca per aver enormemente sottovalutato, o almeno
secondo il suo poco fiducioso
parere, i consigli del ragazzo che amava a stare il più
possibile lontano
dall’Inghilterra e da lui. Aveva capito che il problema era
più grosso di quanto
Kevin voleva far intendere, perché Niamh era solo una
ragazza profondamente
insicura e non una stupida, ma non aveva mai pensato ad una
cosa… così assurda
e agghiacciante come quella fornita dalle telecamere di sicurezza.
Poteva solo
pregare, continuando a sentirsi una sciocca mentre si tormentava un
bottoncino
del golfino verde mela, che il giovane lottatore della Muscle League
assieme al
compagno kinniku riuscisse nell’impresa di rovesciare la
situazione ed ottenere
così l’indulto. Sebbene il suo istinto le stesse
dicendo di correre da lui per
stargli accanto, era abbastanza lucida da sapere che Kevin avrebbe
preferito
saperla al sicuro piuttosto che “in mezzo ai piedi a
distrarlo” oppure farsi
menare come quella ragazza con il vestito verde.
E
quasi in contemporanea, la mente di Kevin andò solo di
sfuggita a toccare il
pensiero di sapere se la giovane irlandese stesse bene e al sicuro, ben
consapevole comunque che era rimasta all’interno della villa
prima dello
scoppio di tutto quel casino. Non poteva farsi distrarre ora, non
mentre stava
riempiendo con una raffica di pugni lo stomaco di Masada che stava, a
quanto
pare, subendo i colpi che avrebbero spaccato addirittura le pietre,
poiché se
si fosse minimamente distratto avrebbe dato la possibilità
ad un nemico tenace
di ridurlo a brandelli.
Scacciò
completamente il pensiero di Niamh con un violento gancio destro sotto
il mento
dell’avversario, dato tra l’altro con un vittorioso
ruggito, facendola
sbilanciare in modo critico fino a farle toccare con la schiena la
liscia
superficie della pista da ballo.
Un
boato di stupore si levò dalla folla di insoliti spettatori,
ben fiduciosi che
la sorte del combattimento stesse volgendo a favore dei due campioni,
tanto che
la stessa Jacqueline commentò entusiasta quella presunta
svolta come se invece
di trovarsi di fronte a un processo fosse ad un incontro della League.
–
Forse siamo ad una svolta signori! Se Kevin Mask riesce ad avere la
meglio sul
proprio avversario… allora la situazione è un
passo dal ribaltarsi! –
Francamente
parlando alla ragazza interessava si salvarsi la pelle, ma anche dare
uno
spettacolo ben fatto anche se questo valeva dire dover frustare qualche
cameraman fifone. Chi era meno sicuro della vittoria era Kid Muscle
che, senza
alcun ritegno, strillava tanto quanto una scolaretta quanto menava
fendenti a
quelle serpi insidiose che cercavano di incollarsi alla sua pelle,
senza però
attecchirvi visto che il principe dei kinniku non dava loro la
possibilità di
farlo.
–
Ahh! Keviiin!! Se hai finito con quella, vieni a darmi una mano!! IIH!!
–
Nel
mentre che lo disse strappò in due una serpe più
grossa del solito, ma questo
sembrò solo far divertire ancor di più la loro
padrona. Un comportamento
anomalo quello di de Santa, oltre che della stessa Muramasa
tutt’altro che
preoccupata, che decisamente non piacque ad un Meat a bordo campo e
piuttosto
ansioso di mettere in guardia il proprio pupillo.
–
Kid, ragazzo! Apri gli occhi quando combatti! – e questo
perché il ragazzo li
teneva categoricamente chiusi dalla troppa paura – non vedi
che è tutto troppo
facile?! Stai all’erta!–
–
La fai facile tu! Non stai combattendo… eek!! –
In
quel preciso istante una serpe più lesta delle altre
scivolò rasoterra fino
alle spalle del principe dei kinniku per morderlo alle chiappe con un
attacco
vigliacco, e il giovanotto riuscì a liberarsi solo
saltellando come una specie
di primate… facendo fare facepalm a molti e in primis al suo
allenatore.
–
Oh, Kid… che situazione imbarazzante –
mormorò re Suguru nel vedere che quella
dannata inquisitrice lo stava deliberatamente prendendo in giro, e
trovandosi a
deglutire per una scena che aveva già sperimentato
più volte in passato – tieni
duro figliolo! Tuo madre ha portato con sè il cambio di
biancheria intima!
Quella con gli elefantini che ti piacciono tanto! –
I
richiami del genitore però servirono solo a dargli sollievo
ma non la giusta
tattica da seguire in quel momento, poiché avere un ricambio
pulito era sempre
un’ottima cosa anche se qualche invitato stava sghignazzando
per i suoi gusti
riguardo l’intimo, ma persino lo stesso Kid aveva notato che
l’inquisitrice
tatuata non stava attaccando “per davvero”
limitandosi solo ad una specie di
caccia al topo prolungata.
–
Tzk… questo combattimento sta diventando alquanto noioso,
non credi anche tu,
Masada? – Uriel si permise addirittura di incrociare le
braccia in petto,
guardando di sottecchi la propria collega – forse
è il caso di scambiarci i
partner di ballo… almeno sapranno cosa vuol dire partire
svantaggiati! –
E
questo perché Kevin non conosceva a fondo le tecniche di
Uriel, e in
altrettanta forma Kid non sapeva nulla di Masada. E se il giovanotto
credette
di aver cantato troppo presto, si rese immediatamente conto di aver
commesso
una emerita cazzata nell’abbassare la guardia contro una
avversaria solo
all’apparenza in difficoltà. Masada difatti si
dimostrò pericolosa anche da
atterrata da un colpo micidiale, e con un pugno be assestato al
pavimento,
mentre si rialzava in piedi, fece sollevare la lunga tavola di legno
che
culminava proprio sotto i piedi del giovane Mask, creando un effetto
catapulta che
lo fece sbilanciare pericolosamente verso l’alto.
Emise
solo un mezzo urlo di dissenso per quella mossa, ma la sua avversaria
fu ancora
una volta piuttosto veloce a prenderlo con una sola mano al volo,
stringendogli
la testa fino a deformarli un po’ l’elmo ( e grazie
al cielo che l’aveva! ) e a
lanciarlo poi in direzione di Kid Muscle come se fosse stato una
pallina da
flipper. Riuscendo comunque ad atterrare sui talloni.
–
M-maledizione…– sibilò un Kevin
piuttosto furioso che ignorò i lamenti di
dolore del proprio compagno – credevo di avere a che fare con
delle lottatrici
professioniste… non con due giocatrici professioniste di
bocce! Lanciare la
gente e spaventarla con dei graffiti ambulanti si addice di
più a tecniche
intimidatorie di bassa lega per impedire all’avversario di
comprendere quanto
sia debole in realtà il nemico che affronta – e
non aveva detto una cosa
stupida, tanto che molti degli ospiti presenti parlottarono tra loro
per la
teoria avanzata piuttosto plausibile – pertanto, mi dispiace
deludervi… ma
avete appena fatto l’errore di sottovalutarci!
–
–
Urgh… perché hai compreso anche me nel discorso?!
–
Le
inquisitrici tuttavia non dettero retta ne al lottatore inglese, ne a
quello
kinnikku che ancora risultava reticente allo scontro. Uriel difatti
sembrava
essere tanto divertita quanto infastidita per dover combattere contro
dei
ragazzini saccenti che ancora non avevano ricevuto abbastanza pedate
nel culo
per capire in che direzione girava la vita di un individuo.
–
Ahh… piccini! La cosa più singolare di voi
maschietti è che sarete sempre
disposti a credere due cose su noi donne, ossia – e qui
alzò la mano destra,
iniziando a contare con ironia – uno: crederete sempre che una donna sia più
debole di voi… e due: che sia sempre e
comunque attratta da voi
– rise di
gusto, ma era una risata tutt’altro che divertente, mentre
veniva affiancata da
Masada – alla vostra età credete di avere il mondo
in pugno, e quando vi
accorgete che non siete il centro dell’intero universo ecco
che le fondamenta
iniziano a crollare…–
Lasciò
“finire la frase” a Muramasa, che con un certo
tempismo abbatté entrambi i
pugni sul pavimento di legno con una violenza tale da deformarlo anche
grazie
all’aiuto delle serpi di Uriel che, seguendo quelle travi
spezzate come una
violenta marea, aumentarono i danni fino a correre verso due lottatori
che non
riuscirono a scasarsi. Venendo travolti da quell’esplosione
finendo nuovamente
lanciati per aria. Con uno strillo di pura sorpresa Kid Muscle
avvertì quei
tatuaggi stregati arrivargli alla pelle e attraversarla velocemente
procurandogli un misto di fastidio e dolore come se qualcuno stesse
sfregando
una lima sui punti più sensibili, e cosa ben più
inquietante c’era il fatto che
lo stessero stringendo come un panno umido, procurandogli sempre
più dolore.
E
neppure Kevin se la stava passando meglio, ritrovandosi nuovamente
sbattuto a
terra e inginocchiato in una posizione di pura sofferenza mentre quelle
serpi
maligne gli attraversavano il torso nudo immobilizzandogli le braccia
nell’atto
di cercare di sfilarsele via, in un gesto dettato
dall’istinto, dal collo dai
muscoli tesi dal dolore. Si sentiva come se stesse soffocando, assieme
al
compagno Kid, messi come in una grottesca posa raffigurante una scena
infernale
da una artista che ci teneva a ribadire il concetto di
“vita”.
–
Si può intendere l’esistenza di un individuo in
molti modi, ma quando si è
giovani si è infettati fino al midollo dalla
superbia… e neppure vi accorgete
che la vostra esistenza è simile ad un puzzle
incompleto– chiuse la mano destra
a pugno, e con soddisfazione vide che i serpenti si strinsero
maggiormente
attorno ai due lottatori – per un po’ ti diverte
giocarci, poi scopri che per
completarlo devi andare alla ricerca dei pezzi mancanti visto che, a
causa di
un errore di fabbricazione oppure semplice sfiga, manca sempre qualcosa
per
completare l’opera… ci spendi una vita a cercare
quel fottuto pezzo! Una vita!
– ora strinse anche il pugno sinistro con un ringhio
risentito, facendoli
gemere di dolore – e poi… solo dopo scopri che te
lo devi costruire tu, un po’
per volta, capendo che è sempre stata la strada che dovevi
percorrere fin
dall’inizio. E quando l’hai completato…
eh, sono soddisfazioni… ma mai come
perderlo nel giro di 5 minuti per le sfortunate coincidenze della
vita… un po’ come
le vostre esistenze, giusto ora, e lasciare che finalmente il ventenne
che era
rimasto assopito dentro di te non inizi ad urlare il proprio dissenso –
–
Aah… ma a me neppure piacciono i puzzle! –
Francamente
parlando il principe dei kinniku si stava quasi pentendo di essere
sceso in
campo per rendere giustizia a tutti i suoi compagni. Quelle tizie erano
fortissime, e quasi non si ricordava che quella con i tatuaggi fosse
addirittura tanto loquace. Tuttavia c’era qualcosa che non
quadrava, riguardo
quei serpenti stregati che facevano parte del corpo di quella
donna… gli
sfuggiva qualcosa di importante, qualcosa che magari avrebbe potuto
usare
contro di lei, ma al momento il dolore era così
insopportabile da non portarlo
a ricordarsi della loro prima battaglia al Muscle Museum Hospital.
E
arrivati a quel punto fu la volta della mastodonte di colpire duro,
lasciando
che le serpi sibilassero tra loro fino ad assottigliarsi quel tanto che
bastava
per essere prese velocemente tra le mani come se fossero state due
briglie.
Sotto lo sguardo inorridito dei presenti, dai nobili altolocati ai
restanti
membri della Muscle League che ancora non era stata messa K.O,
iniziò dunque un
crudele flagello in cui i due giovani lottatori venivano buttati da una
parte
all’altra di quella pista da ballo un tempo gloriosa, e ben
presto distrutta
ogni qual volta che i loro corpi andavano a sbatterci violentemente
fino a
farli sanguinare.
Vedendo
il figlio sempre più in difficoltà, la regina
Belinda sbiancò letteralmente e
il marito dovette sostenerla momentaneamente prima che la donna si
ricordasse
che quelli erano i pericoli in cui il suo Kid poteva incappare ad ogni
combattimento, e a ricordarglielo fu lo stesso Howard Lancaster che
stazionava
poco lontano dai due coniugi Muscle.
–
Si faccia forza, signora – nei suoi occhi verdi non sembrava
esserci quasi
nessuna traccia di umanità, da tanto che erano freddi
– non ho scelto a caso
vostro figlio… la tempra dei kinniku è notevole,
quindi sono sicuro che quei
colpi non sono così letali come vogliono farci sembrare
–
Era
vero, lo stesso bisnonno di Kd era riuscito a fermare una invasione di
pirati
spaziali con la sola forza della propria tempra. Quindi doveva credere
nelle
speranze di vittoria del proprio figlio, e quantomeno fare il tifo per
lui
sebbene non avesse mai ritenuto che urlare a squarciagola il nome del
lottatore
avesse chissà quale potere di ricarica. Al massimo lo
avrebbe distratto, ma
notando che Meat era alquanto assorto, e il piccolo allenatore era a
pochi
passi da loro e ben intento a studiarsi il combattimento, doveva avere
già in
mente qualcosa che fosse molto più utile di mille parole
buttate al vento.
Nessuno
fiatava durante quel cruento combattimento, e neppure le persone che
stavano
guardando quello spettacolo decisamente inconsueto per un matrimonio
standosene
comodamente a casa semplicemente era troppo attonita per poter
commentare. E
chi lo faceva, si limitava a scommettere soldi su chi sarebbe caduto
per primo.
Sebbene
al momento in Giappone fosse molto tardi con il fuso orario, rispetto
all’Inghilterra, la sua buona fetta di fan della IWF si era
comunque tolta lo
sfizio di guardare la diretta televisiva di quel matrimonio da favola
nonostante
fosse notte fonda. E Roxanne Nikaido fino a quel momento aveva
assistito a
quell’evento in compagnia della madre Mari comodamente sedute
sul divano di
casa, ma ora era decisamente sbiancata per l’assurdo epilogo
di tutta quella
trovata televisiva.
Di
solito ad un matrimonio la cosa peggiore che potrebbe capitare
è uno dei due
coniugi che scappa via all’ultimo momento, non Kid Muscle e
Kevin Mask che
combattono per ottenere un indulto!
–
Questa cosa è… è assurda! Avanti, Kid!
– sbottò all’improvviso la giovane,
stringendo con più forza il cartonino del succo al pomodoro
che fino a quel
momento stava bevendo – cerca di reagire! Non puoi lasciarti
sopraffare così da
quelle due streghe! –
Arrivò
addirittura ad alzarsi di scatto dal divano, colta da un impeto di
rabbia e
impotenza, e se non schizzò l’intero succo di
pomodoro fu solo per la prontezza
di sua madre che la prese per un braccio rimettendola a sedere.
–
Tesoro! Non credo che prendersela con il nostro vecchio televisore
possa
aiutare quel povero ragazzo – lo disse con gentilezza, ma nel
suo tono c’era
comunque una nota autoritaria che la figlia acquisita ben conosceva
– mi
rammarica doverlo dire, ma tutto ciò che possiamo fare al
momento è restare a
guardare oppure spegnere la televisione… –
–
M-ma… è dannatamente frustrante! Non poter essere
li… –
Anche
se non voleva ammetterlo, e forse non l’avrebbe mai ammesso,
Roxanne a quel
ragazzo ci teneva molto. Molto ironico come fatto, se si pensava che un
tempo,
prima di incontrare Belinda, era stata Mari l’interesse
amoroso di re Suguru,
ed ora erano i loro figli a provare con il tempo la stessa
cosa… in particolar
modo da parte di Kid, che come il padre si dimostrava essere un
inguaribile
farfallone.
Alla
fine la giovane dette retta alla propria madre adottiva, rimettendosi a
sedere
sul divano e nascondendo brevemente il volto tra le mani sentendo la
propria
stessa voce incrinarsi dalla frustrazione.
–
Kid… deve reagire, maledizione! –
Mari
le fu prontamente accanto, confortandola come meglio poteva con parole
che
suonarono comunque stranamente rassicuranti. Se era come suo padre,
allora
avrebbe trovato sicuramente il modo di districarsi da quella terribile
situazione.
–
Kid Muscle è un kinniku… e come tutti quelli
della sua razza ha una tempra
decisamente notevole – le poggiò una mano sulla
spalla sinistra,
massaggiandogliela delicatamente – se è della
stessa pasta di suo padre, allora
sono pronta a scommettere che a breve la situazione si
ribalterà… –
E
la signora Nikaido non aveva tutti i torti in effetti,
poiché Meat si ricordò
di un fatto piuttosto peculiare nel mentre che osservava i due
lottatori della
League sbattuti con forza, e per l’ultima volta, verso il
pavimento di legno
dopo l’ultima poderosa sferzata compiuta da Masada che li
aveva fatti scontrare
tra loro come se fossero stati due giocattoli.
Kevin
Mask si ritrovò svariate schegge di legno conficcate nella
schiena, ma
perlomeno ora gli era concesso di respirare visto che i tatuaggi
stregati
avevano mollato la loro morsa lasciando sul suo corpo sudato segni
rossi di
abrasioni piuttosto brucianti. Mentre Kid Muscle fu il primo a cercare
di
rimettersi in piedi, ritrovandosi con lo smoking sbrindellato e qualche
lesione
interna visto che sputò sangue non appena si mise sulle
ginocchia, ma ben
presto si ritrovò nuovamente inchiodato a terra quando la
donna di nome de
Santa non gli atterrò sulla schiena con ambo i piedi.
Rise
di gusto, per poi spostarsi e prendergli la testa, sempre con ambo i
piedi,
prima di effettuare un’agile salto mortale portando il povero
malcapitato a
gridare sorpreso e terrorizzato a mezz’aria, prima di
ritrovarsi con due pugni
affilati come rasoi contro il proprio stomaco.
La
tempra di un chojin gli permise di sopravvivere, poiché se
fosse stato un
comune mortale avrebbe riversato su Uriel tutti i suoi intestini
sanguinolenti,
ma nonostante il colpo subito fu un miracolo rivedere il kinniku di
nuovo
pronto a combattere preda della furia.
Kevin
era stato risparmiato da quel brutale attacco, e mentre si metteva in
ginocchio
e recuperava le forze, potè notare come le mani di quella
folle Deva si erano
tramutate come in “trivelle” con i suoi tatuaggi
che si erano messi a turbinare
attorno ad esse fino a prendere quelle sembianze li. E come se non
bastasse, la
ragazza era piuttosto agile e fluida come l’acqua, visto
l’innaturale modo in
cui si piegava per evitare gli attacchi risentiti di un Kid ora tornato
con i
piedi per terra, in netto contrasto con l’altra sua collega
piuttosto lenta ma
dannatamente resistente.
–
Ah…! Certo che quando vuoi sai essere scattante, hm?!
–
Disse
testuali parole un attimo dopo essersi scansato di lato da un brutale
attacco
di Masada che andò a colpire il suolo con un poderoso gancio
destro. Il
giovanotto inglese fu prudente ad allontanarsi il più
possibile da lei, e con
la coda dell’occhio potè notare una cosa alquanto
singolare…
La
gigantessa stava sanguinando, e li per li poteva anche essere normale
visto e
considerato che comunque Kevin aveva messo a segno dei duri colpi
all’avversaria, ma di tutte le ferite che si stavano
rimarginando quelle al
collo sembravano fare parecchia fatica. Il suo punto debole era
lì, arroccato
come il nido di un’aquila e quasi impossibile da raggiungere,
ma con un
po’ di
astuzia forse il problema si
sarebbe risolto stando semplicemente attenti ai suoi colpi.
Eseguendo
la Big Ben Edge molto probabilmente sarebbe anche riuscito a spezzarle
il
collo… l’unica cosa che doveva fare era di NON
cedere alla tentazione di
sfruttare le mosse che Lord Flash gli stava faticosamente insegnando. E
non
tanto perché Kevin non era capace di apprenderle, ma
perché il ragazzo
testardamente non gli andava a genio di imitare delle mosse ideate dal
suo
stesso padre.
Lo
stesso Warsman che ora guardava in silenzio quell’incredibile
massacro, a causa
di un lieve danno alla scatola vocale, pregò interiormente
che il suo pupillo
non cedesse alla tentazione di sfruttare proprio adesso le tecniche che
gli
aveva insegnato. Sarebbe arrivato il momento di sfruttare quelle
tecniche
assassine al momento giusto, ma ora doveva solo prestare attenzione a
non farsi
colpire e mantenere la calma.
–
Ehi…! E-ehi, Kid! Mi sembri accaldato ragazzo!! Prendi
questo ghiaccio e… oops!
–
I
pensieri dell’ex lottatore russo si interruppero quando il
piccolo kinniku che
faceva da allenatore di Kid Muscle fece accidentalmente
cadere sulla pista da ballo un intero recipiente colmo di cubetti di
ghiaccio
scivolosi. Una caduta solo in apparenza accidentale, poiché
fu chiaro a molti
spettatori, oltre che per le altre due inquisitrici che facevano da
giudici,
che Meat aveva deliberatamente lanciato quel grande recipiente in
direzione del
proprio allievo impegnato a schivare gli attacchi dei serpenti
stilizzati. Per
tal motivo, Jacqueline MacMadd fu ben accorta a mascherare quel
maldestro
tentativo dell’allenatore, perché era palese che
non l’avesse fatto tanto per
rinfrescare l’allievo quanto per aiutarlo nel combattimento,
in un modo ancor
più ridicolo ma efficace rispetto a Meat.
–
Guardate signore e signori! Con l’intento di rinfrescare il
proprio allievo, l’allenatore
di Kid Muscle ha accidentalmente
fatto cadere – leggasi: lanciato in sua direzione –
un intero recipiente di
ghiaccio sulla pista da ballo! Speriamo solo che ai nostri lottatori
non si
ghiaccino le dita dei piedi! –
A
dir la verità all’avvenente presentatrice stava
piacendo tutto quello
spettacolo violento, a momenti avrebbe addirittura aggiunto che la
stava
eccitando il modo in cui i due lottatori della League stessero
soffrendo per
mano di quelle due spietate donne. Si era aspettata di presentare un
noioso
matrimonio, ma per come si erano svolti poi i fatti la sua vena sadica
era
stata ampliamente accontentata da uno spettacolo tanto improvvisato
quanto
violento!
Il
suo commento tuttavia venne quasi del tutto ignorato dalle due giudici,
poiché
Nuala stava guardando di sbieco una ex collega seduta accanto a lei su
un
improvvisato tavolo della giuria e intenta a bersi un cuba libre con
occhi
assurdamente strabici.
–
Tzk… guarda come ti sei ridotta. Ne valeva la pena?
– glielo sibilò con una
voce quasi risentita, ma quella aveva ormai perso il suo momento di
lucidità
interiore e sembrava fregarsene di ciò che la circondava
– non riesco a capire
il motivo del perché te ne sei andata, ma l’epurata
ti ha scombussolato il cervello in una maniera indegna…
oppure adesso stai
guarendo?! –
Era
un dubbio piuttosto comprensivo visto e considerato che la sua ex
collega aveva
una innata che le permetteva di rigenerare velocemente i tessuti
danneggiati,
eppure tuttavia non era perfettamente convinta che potesse essere tutta
una coincidenza.
L’epurata
era un sistema alternativo alla morte nel caso si decidesse di lasciare
l’inquisizione, scombussolando il cervello del prescelto fino
a danneggiarlo
irrimediabilmente affinché i segreti dell’ordine
non venissero divulgati
nell’universo. Alana aveva deciso di sottoporsi a tale
pratica volontariamente,
ben conscia che il cervello era l’unica parte che non
riusciva a rigenerare, ma
a questo punto sembrava quasi ovvio che in realtà la
rigenerazione era
possibile… magari lenta e con qualche limitazione, ma era
abbastanza forte da
poter superare anche quell’ostacolo.
Ella
però non rispose, limitandosi a fissarla con sguardo
insensibile e facendo un
insopportabile rumore di risucchio con la cannuccia. Per la Dea! Si
sarebbe
beccata una infezione anche solo continuando a guardare quello sgorbio!
Pertanto, sbuffando seccata tornò a guardare un
combattimento che più di tanto
non le interessava, e per la prima volta dal suo inizio potè
notare una svolta
nella situazione.
Il
contenitore di forma circolare, ancora colmo del suo ghiaccio, era
finito ai
piedi di un Kid Muscle atterrato da una potente sferzata che ora gli si
era
appiccicata sulla pelle andando a graffiarlo dolorosamente.
Meat
aveva… davvero lanciato quel ghiaccio solo per
raffreddarlo?! Molto strano anche
perché lui al momento aveva solo bisogno di un ricambio di
mutande pulito,
inoltre lo sguardo del suo allenatore sembrava volergli dire qualcosa
di
estremamente importante.
–
Ehi, Meat… per caso è ora di andare a casa?
–
–
Ti sembra questo il caso di andare a
casa, eh asino??! –
Gli
venne di puro impulso di berciargli addosso testuali parole incurante
della
pericolosa vena che gli pulsava in fronte e dei fischi delle persone
presenti
che quasi si stavano scordando di essere dinnanzi ad uno scontro atto a
salvare
le loro vite e non per dare semplice spettacolo, ma a quanto pare era
nella
natura umana dimenticarsi delle questioni più
importanti… o quantomeno, come
nel caso di Kid, che vedendo quel ghiaccio si ricordò
stranamente qualcosa di
potenzialmente importante nell’attimo in cui le serpi tatuate
si sganciarono
dal suo corpo martoriato non appena quei cubetti tracimarono
accidentalmente
fuori dal loro contenitore.
Il
giovane principe dei kinniku non amava affatto il wrestling e neppure
la
violenza in generale, quanto piuttosto era molto più
propenso allo studio visto
che il suo più grande sogno era di divenire
avvocato… un lavoro molto più serio
e meglio retribuito del wrestling, secondo il suo parere!
Ma
notando quelle serpi malvagie allontanarsi dalla sua pelle per
tornarsene da
una stizzita padrona che non aveva affatto digerito
quell’intrusione del
piccolo Meat, si ricordò una cosa molto interessante
presente su un libro di
scienze. Ai serpenti non piace le basse temperature… e
neppure quelle troppo
alte! Quindi, a rigor di logica, anche se erano tatuaggi magici
restavano
comunque dei rettili a sangue freddo, compresa la loro padrona che
parve
intuire troppo tardi quel che aveva in mente il proprio avversario.
–
Ma certo…! Non ti piace il ghiaccio, eh, brutta befana??!
– una insolita
scarica di speranzosa energia lo avvolse nel momento in cui si
rialzò in piedi
brandendo quel grosso recipiente come se fosse stato pronto ad usarlo
come
un’arma – scommettiamo che ti si ghiacceranno
altro, oltre alle dita dei piedi?!
Tiè!! –
Sorprendendo
e allibendo buona parte degli spettatori, il giovane Kid Muscle
iniziò a
lanciare cubetti di ghiaccio in direzione di de Santa facendola
arretrare
disgustata pronta a schivare ogni presunto attacco di quel maledetto
moccioso.
–
Che diavolo pensi di fare, moccioso? Conservati il ghiaccio per
freddare i
bollenti spiriti! visto e considerato l’immane testa di cazzo
che hai sotto la
maschera! –
Schivò
agilmente agni singolo cubetto che il principe dei kinniku le scagliava
contro,
ma ormai era chiaro che le sue serpi erano un po’ riluttanti
ad ubbidire ai
suoi richiami telepatici… tanto che, vedendo come reagivano
al ghiaccio che li
colpiva, alcuni spettatori iniziarono a fischiare contro
l’inquisitrice che
parve non ascoltarli nemmeno.
Quando
poi tentò di sferrare un attacco ad area, lasciando che le
sue bestie incantate
scorressero sulla pavimentazione rovinata, creò invece un
effetto contrario a
quello che si sarebbe aspettato, lasciando molti spettatori dapprima
allibiti e
poi completamente terrorizzati.
I
serpenti stilizzati sibilarono feroci come feroce era l’urlo
di guerra della
loro signora, ma invece di gambizzare il giovane wrestler, forse
perché
intorpiditi dal ghiaccio, riuscirono solo a farlo inciampare malamente
tanto da
fargli cadere di mano il grande recipiente del ghiaccio. Il raffinato
manufatto
d’acciaio volò in aria sotto lo sguardo stupefatto
dei nobili e degli altri
lottatori della Muscle League, e tutta la scena parve svolgersi al
rallentatore
nel mentre che crollava miseramente a terra colpendo perfettamente una
de Santa
che tutto quel ghiaccio decisamente non se l’aspettava. Poi
il tempo si fermò,
lasciando che solo quei gelidi cubetti di ghiaccio cantassero mentre
rotolavano
per terra congelando sulla pelle della Deva i suoi temibili servitori,
portandola a ringhiare frustrata mentre scivolava
all’indietro andando a
sbattere contro l’ultima persona con cui si aspettava di
scontrarsi.
Fino
a quel momento il combattimento tra Masada e Kevin non era passato
inosservato,
tanto che la stessa Jacqueline, nel mentre che commentava la lotta di
Kid, non
si era risparmiata di elogiare il lavoro svolto dal biondo inglese.
Fino
a quel momento il rampollo di casa Mask aveva fatto ben sperare i
propri
familiari visto e considerato l’eccellente preparazione
atletica che mostrava,
e per il semplice fatto che non si era risparmiato
nell’effettuare una Big Ben
Edge nonostante la stazza della sua nemica l’aveva resa quasi
impossibile.
Sebbene
il giovane lottatore fosse riuscito nell’impresa di sfuggire
alle prese
assassine della possente avversaria, cercare di metterla K.O gli era
quasi
costato l’osso del collo, poiché si era visto
costretto scivolargli in mezzo
alle gambe dandole poi un “colpo di frusta” alle
gambe, arrivando a farle
dolere i tendini, quel tanto che bastava per distrarla e lanciarla in
aria con
un pugno abbastanza potente da toglierle ogni difesa.
Sicuramente
cercare di tenerla ben salda mentre effettuava la sua mossa
più classica e
letale non era stato affatto facile, perché Masada si era
ripresa quasi subito
e non sopportava di avere il collo intrappolato tra i polpacci di
Kevin, ma
alla fine era riuscito ad atterrarla sotto il boato estasiato di una
insolita
folla.
Un
momento di gloria che fu assai effimero, quando la figura traballante
di Uriel
non andò a sbattere contro una collega che si stava
già rialzando faticosamente
in piedi dopo un colpo a dir poco micidiale.
Poteva
anche trattarsi di un momento comico. Poteva, per l’appunto.
Se
non fosse stato per lo sguardo incendiario di de Santa, che con una
lentezza a
dir poco omicida si tolse di dosso il contenitore del ghiaccio mentre i
suoi
serpenti si muovevano in modo assai strano
sulla sua pelle ambrata.
–
Tzk… e voi sareste le inquisitrici più forti del
gruppo? – Kevin Mask non si
lasciò prendere dal panico per quello sguardo truce, come
stava già facendo
Kid, incrociando le braccia in petto e sfidandole con arroganza
– io vedo solo
una vecchia inferma e un mastodonte che fa fatica a stare in
piedi… vi basate
più sulla paura psicologica, come ho già detto in
precedenza, ed ora ne abbiamo
prova effettiva –
Dette
un calcio ad un cubetto di ghiaccio come ad enfatizzare meglio le
proprie
parole, ma questo venne preso al volo da Muramasa che lo ridusse in
polvere
cristallina chiudendolo stretto in pugno. Anch’ella aveva uno
sguardo tutt’altro
che rassicurante, e nel mezzo di quel ring improvvisato cadde un
glaciale
silenzio sentendo la fredda risata di Uriel mentre qualcosa di
spaventoso stava
per accadere.
–
Caro, piccolo, bambino… perché ti ostini a vedere
il mondo solo alla punta del
tuo naso? –
Nel
mentre che parlava le sue serpi si stavano muovendo scindendosi sempre
di più
diventando più simili ad anguille sfuggenti che a serpi vere
e proprie,
facendosi sempre più aggressive sul corpo della folle Deva
oltre che nell’ambiente
circostante nel mentre che Uriel si avvicinava a Masada.
–
Se tu non fossi così cieco allora comprenderesti il vero
motivo per cui
combatti ogni giorno con così tanta ferocia… e
cosa si cela dietro un feroce
allenamento che ti modifica tutto lasciandosi solo la disperazione
dentro? –
Kevin
non poteva certo dire di comprendere il contorto ragionamento
dell’inquisitrice,
sapeva solo di averla fatta incavolare di brutto, ma decisamente non si
aspettò
le sue mosse successive.
Uriel
letteralmente attaccò
una
accondiscendente Masada, lasciando che le proprie serpi si
conficcassero nelle
sue carni e avvolgendola sempre di più lasciandole scappare
a più riprese
smorfie di dolore, mentre la stessa Uriel andava a sedersi sulle sue
grandi
spalle lasciando che a sua volta i serpenti neri facessero lo stesso
lavoro. Quei
freddi e neri tentacoli avvolsero le due donne sempre di
più, sotto lo sguardo
inorridito dei presenti tanto da lasciare sorpreso persino Howard
Lancaster, fondendo le due figure
in una grottesca
figura demoniaca che alla fine fece la sua cruenta apparizione sul ring.
Non
si capiva se fosse un demone o se fosse una sorta di insetto
antropomorfo, ma
portò entrambi i lottatori ad arretrare di un paio di passi
vedendo come la
bocca della creatura fosse irta di, incredibile ma vero, affilati denti
pronti
per essere usati contro di loro.
–
Uomini… la vostra sola esistenza
è già
una colpa!! –
Lo
disse con una voce che di naturale aveva davvero ben poco, come se
venisse dall’abisso
stesso, portando di conseguenza Kevin Mask a stringere i
pugni… e Kid Muscle a
farsela nei pantaloni come una fontana nonostante lo sguardo serissimo
che
possedeva.
–
Oh… bene, bene! – fu il commento sarcastico di
Nuala vedendo che le sue
colleghe avevano effettuato la loro special skills di coppia
– siamo arrivati
alla seconda parte del film, ehm, dell’incontro! Dai
sbrigatevi che sono già
arcistufa di questo pianetaaa! E tu smettila di tirare su con la
cannuccia,
abominio!! – aggiunse infine e aspramente, nei confronti di
una indifferente
Alana.
Il
cinico commento dell’inquisitrice non venne colto da nessuno,
poiché il potere
che si era raggiunto su quel ring era al limite dell’assurdo
anche per dei
lottatori fin troppo esperti.
Che
fosse arrivata ormai la fine?
Ce
l’ho fatta ad aggiornare :D ve lo comunico subito, altri due
capitoli e la
storia si concluderà… intanto qualche piccola
precisazione:
Ci
sarà il seguito.
Kid
Muscle nel manga riferisce all’anziano padre che, piuttosto
che fare il
wrestler, preferirebbe fare l’avvocato che a suo dire
“è un lavoro più serio”.
Roxanne
non è fuori di testa… in Giappone il succo di
pomodoro si beve come da noi si
beve quello di albicocca e pera xD
|
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Capitolo 31 *** la caduta dei giganti ***
–
Madre… tu lo sapevi, non è vero? Sapevi che Alana
era una rosa nera… –
La
voce di Katya era ridotta ad un sussurro nel mentre che attorno a lei
la folla
tratteneva il respiro come in un innaturale silenzio.
L’anziana madre che aveva preso posto accanto
a lei, seduta su di uno sgabello rotto poiché le vecchie
gambe non riuscivano
più a sorreggerla in piedi rispetto alla figlia e alle
nipoti, si limitò a
darle una occhiata fugace prima di tornarsene ad osservare un incontro
che
stava diventando decisamente pesante oltre che teso.
–
Vuoi sapere se tua nipote mi ha detto di essere diventata una
inquisitrice? Si,
me lo ha detto anche se avrebbe dovuto mantenere il segreto
professionale… tzk,
è sempre stata una ragazza ribelle – di certo non
aveva mai amato granché
l’anziana matriarca, altrimenti non sarebbe mai partita con
Katya alla ricerca
di mondi inesplorati – sempre a fare di testa sua e mai ad
ascoltare i miei
consigli o assaggiare la mia torta di rape rosse! Sapere che era una
inquisitrice ti cambia forse la giornata?! –
–
N-no, ma sono comunque preoccupata per lei…–
–
E chissenefrega di Ally al momento! – sbottò
all’improvviso una visibilmente
preoccupata Eiko – non ho la più pallida idea di
dove sia mia figlia e se
diciamo qualcosa di sbagliato possono farci lo scalpo! –
La
preoccupazione della giovane donna era comprensibile, aveva lasciato la
pupetta
alle cure della tata ma non aveva la più pallida idea del
suo fato. Senza
contare che chi si era premurato di difendere gli ospiti da un
eventuale
attacco ora giaceva a terra gambizzato e/o catturato… come
nel caso di
Neptuneman, il padre di sua figlia con cui aveva brevemente conversato
poco
prima della cerimonia e a cui aveva fatto vedere per la prima volta la
figlia
di appena tre mesi. Fu davvero strano, per Eiko, vedere un uomo tanto
spavaldo
prendere in braccio la propria piccola come se avesse il terrore di
poterla
rompere se non fosse stato abbastanza delicato.
Neptuneman
era una montagna di muscoli e arroganza, costantemente in bilico tra il
servire
la Muscle League oppure se stesso, e la ragazza fu quasi sicura di
intravedere,
nonostante possedesse una maschera a coprirgli parzialmente il volto,
un
barlume di commozione nei suoi occhi verdi. Qualcosa di molto dolce in
effetti,
e tuttavia adesso si trovava con una cortigiana che gli premeva con un
piede la
faccia sull’erba tagliata di fresco.
Una
situazione decisamente atipica per molti lottatori che ora stavano
rimpiangendo
di non aver fatto determinate cose in vita come l’essere
ancora abbastanza
forti da bloccare quelle terroriste fredde come il ghiaccio e spietate
come
predatori. Neptuneman si era sempre ritenuto inadatto al ruolo di
padre, e
continuava a ritenersi tutt’ora “troppo
giovane” per essere genitore, eppure la
sola idea che potessero fare del male al sangue del suo sangue lo
faceva
ribollire di puro odio.
E
chissà come doveva sentirsi al momento un Robin Mask
decisamente coinvolto in
tutta quella sporca faccenda, perché sapeva del casino in
cui si era ritrovato
il figlio ma aveva preferito tacere sia per una questione
d’orgoglio che per
pura convenienza, adesso che aveva assunto un’aria
decisamente più composta ed
osservava lo scontro in atto con la schiena dritta e le braccia
incrociate in
petto.
Aveva
un aspetto fiero nonostante un filo di sangue gli scendesse sottile sul
collo,
a prova che era stato colpito alla testa durante l’attacco,
ed osservava quello
scontro quasi sleale confidando unicamente nelle capacità
del proprio
primogenito. Alya non era più al suo fianco, non era bene
per lei sopportare la
vista anche di quell’ulteriore violenza dato il suo stato
interessante, e
l’aveva lasciata poco più indietro alle amorevoli
cure della madre. Nonostante
la tensione la giovane dottoressa era riuscita, con la forza della
disperazione, ad individuare il padre malconcio nel mezzo di quella
folla
spaventata, e sebbene fosse decisamente devastato da una sleale lotta
poteva
comunque vedere che era vivo e lucido.
Poi
quella fugace visione sparì, nel momento in cui la folla si
agitò vedendo
quell’orrido abominio formarsi, e alla Deva non rimase altro
che deglutire
pregando in silenzio che i due giovani lottatori riuscissero nel loro
intento.
–
Aah… q-quello decisamente non è un buon segno!
Povero figlio mio…–
Ad
affiancare Robin Mask ci pensò un visibilmente teso King
Muscle che, per ovvie
ragioni, era piuttosto preoccupato per il proprio bambino oltre che per
le
proprie mutande non ancora imbrattate dalla paura. L’ex
lottatore vestito con
un kilt scozzese tuttavia, non gli dette molto retta ben deciso a
togliersi di
dosso ogni preoccupazione.
–
Kevin non è più un bambino, Suguru… e
nemmeno il tuo lo è – con la coda
dell’occhio notò il re dei kinniku iniziare a
protestare, ma fu pronto a
chiudergli la bocca – mio figlio sa perfettamente di aver
alzato un polverone
che non gli appartiene, e sa anche che, se non vuole che il nome dei
Mask venga
ancora una volta infangato di ignominia, dovrà battersi
all’ultimo sangue per
riscattarsi da uomo d’onore
qual è –
Era
un commento un po’ troppo freddo secondo il parere
dell’ex campione del mondo e
ora re di un intero pianeta, ma d’altro canto stava parlando
con un inglese, e
tuttavia ignorava che lo stesso Kevin Mask non sarebbe stato tanto
contrariato
da quello che il padre aveva appena detto. Certo, infastidito lo
sarebbe stato
perché quelle parole erano uscite nientemeno che dalla sua
bocca, ma
fondamentalmente non aveva detto una cosa sbagliata.
Kevin
aveva imparato a prendersi la responsabilità dei propri
gesti e delle proprie
azioni fin da quando era scappato di casa in tenera età,
senza mai voltarsi e
senza rimpiangere minimamente la scelta intrapresa nonostante questo
decretò un
periodo piuttosto buio della propria esistenza, e sebbene fosse
cosciente di
non aver mai commesso nessun reato di cui le inquisitrici lo accusavano
era
comunque pronto a mettere le cose in chiaro.
Pertanto,
lo stesso Suguru si ritrovò a deglutire e a stringere i
pugni in silenzio,
conscio che il proprio figlio non necessitava di preoccupazioni al
momento
futili. Quando voleva sapeva essere piuttosto serio, e solo adesso si
rendeva
conto che preoccuparsi di procurare delle mutande pulite a Kid era il
bisogno
minore. L’unico modo per liberarsi di tutta quella spiacevole
situazione era
combattendo, perché che gli piacesse o meno suo figlio era
pur sempre un
kinnikku con innate capacità combattive… e
l’unica cosa che poteva, e doveva,
fare era di credere nelle sue capacità.
“fatti
forza figliolo” pensò l’anziano re
vedendo che il combattimento aveva preso una
brutta piega con l’apparizione di quel mostro inquietante
“bagnerò io le
mutande al posto tuo!”
E
Kid difatti fece uno sforzo immenso a rimanere concentrato per non
farsela
addosso, nel mentre che schivò velocemente un colpo di
“coda” del nuovo
avversario. Lo stesso Kevin si scansò di lato, dalla parte
opposta dove il
principe dei kinniku era atterrato, constatando amaramente che non si
trattava
solo di un abominio lento e goffo, ma di una creatura che aveva
assimilato le
parti migliori delle due precedenti lottatrici non lasciando scampo ai
due
avversari che erano dunque costretti a schivare gli attacchi.
–
Waahhh! Ora è peggio di primaaah!! Che diavolo faccio
Meaat?!! –
Kid
Muscle era decisamente in difficoltà e il suo allenatore non
poteva che
impallidire di fronte a quella creatura massiccia e al tempo stesso
serpentina.
Il giovanotto ce la stava mettendo tutta saltando da una parte
all’altra mentre
quella creatura lo inseguiva colpendo
il suolo con poderosi pugni e sferzando l’aria con tentacoli
grandi come pali
della luce.
Urlando
quasi disperato mentre un tentacolo andò a graffiargli lo
stomaco scoperto, il
giovane principe dovette piegarsi di novanta gradi in corsa evitando
così di
finire impalato a mezz’aria, ma nel mentre che si disperava
non si poteva non
notare con quanto ardore riusciva ad attaccare il nemico andando
addirittura a
calciargli la faccia una volta che fu, accidentalmente, abbastanza
vicino da
poterlo fare.
Il
colpo fu abbastanza forte da far ruggire la belva oltre che…
farla innervosire
di più iniziando ad attaccare con più ferocia di
prima.
–
C-che cosa dovresti fare ora…? – il piccolo
allenatore guardò per un momento il
proprio pupillo con fare perplesso, prima di mordersi il labbro
inferiore e
rispondergli con grande tensione – potresti allearti con
Kevin ad esempio!
Ormai è chiaro che gli attacchi basilari non funzionano!!
Kid! Ragazzo stai all’ert…
Woah!! –
Sembrava
quasi che quell’abominio fatto di tenebra non avesse
più facoltà intellettive
sufficienti da capire che i civili era il caso di lasciarli fuori, ma
in realtà
le cose non stavano esattamente così poiché
semplicemente a quella creatura non
importava un fico secco di creare danni al di fuori del ring ormai
martoriato.
Fu
con un pugno piuttosto potente, ai danni di un Kevin Mask che lo
evitò
all’ultimo riuscendo comunque ad effettuare una manovra
evasiva, che Meat e
molti altri ospiti si ritrovarono a gambe all’aria a causa
dell’onda d’urto che
quel colpo generò deformando le travi in legno come se
fossero state fatte di
creta lanciandole addirittura lontano. Al lottatore inglese poco
importò che
quei pericolosi detriti stavano andando incontro ad una folla
spaventata che,
ignorando gli ammonimenti delle cortigiane, tentava di fuggire per
evitare di
essere colpiti, poiché con un balzo felino era riuscito ad
approfittare di quel
colpo a terra per potersi arrampicare lungo il braccio della creatura
puntando
dritto alla sua estremità superiore. La testa.
–
Tzk, anche se siete due corpi fusi in uno la testa rimane il vostro
punto
debole – la colpì difatti con una raffica di pugni
che andarono a calcarsi ben
bene in quella carne nera e vischiosa – lo ammetto,
è stata una mossa
interessante… ma purtroppo finisce qui… Uargh!!
–
Nonostante
il mostro subisse gli attacchi del lottatore inglese, a quanto pare non
era
sufficientemente distratto per non iniziare ad attaccare anche
lui… e ciò che
fece fu a dir poco devastante.
Quattro
tentacoli si staccarono da sotto il collo della bestia e, irrigidendosi
come
lance, colpirono il coraggioso ragazzo sugli avambracci e le spalle,
andando a
colpire nientemeno che le ossa. Kevin vide letteralmente le stelle dal
dolore
che provò, perché quelle cose nere gli
trapassarono le membra da una parte
all’altra, ma l’orgoglio gli impedì di
urlare per dare ulteriore soddisfazione
ad una creatura che già se la rideva con una voce a dir poco
disumana. Uscita
direttamente dai suoi incubi peggiori.
–
Ooh… cos’era quel rumore? Le ossa che si
spezzavano oppure il tuo effimero
orgoglio che va in frantumi? –
affondò
maggiormente i tentacoli nelle carni della vittima, e Kevin si
lasciò scappare
un guaito mentre del sangue schiumoso gli fuoriusciva da sotto
l’elmo – quanto
ti devo piegare affinchè tu capisca che hai fallito
già in partenza?!! –
La
scena spaventò parecchi nobiluomini e nobildonne e lo stesso
Robin Mask avvertì
una ondata di gelo attraversargli la schiena senza però
darlo a vedere,
limitandosi a stringere le dita nelle carni degli avambracci
sopprimendo una
istintiva paura nel vedere il proprio figlio colpito così
duramente. Non era
decisamente un bello spettacolo, perché era sempre di suo
figlio che si parlava
nonostante gli attriti che tra i due correvano, e persino King Muscle
si
ritrovò a deglutire rimembrandosi che quello stesso dolore
alle ossa le aveva
provate pure lui a suo tempo. Ma si risollevò quando vide
un’ombra veloce
scattare verso un sole splendente e lasciando stupiti più di
un’ospite che in
un primo momento fece fatica a riconoscere quello scaltro aggressore.
–
Forse dovresti essere tu a piegare qualcosa… la cresta!
–
A
colpire la belva alle spalle ci pensò un Kid Muscle deciso
ad approfittare di
quel momento di distrazione del nemico oltre che decisamente indisposto
a
tollerare un simile trattamento per un collega che non se lo meritava.
Kevin
Mask non era suo amico e francamente parlando gli faceva davvero paura
l’idea
di doverlo un giorno affrontare in combattimento durante la Corona
Chojin, ma
un comportamento così sadico era contro ogni forma di
decenza e si trasformava
in vigliaccheria bella e buona.
Non
dette dunque il tempo all’abominio “MaSanta”
di voltarsi a sua volta e colpirlo con i propri tentacoli, e con un
urlo di
guerra furioso piantò entrambe le ginocchia proprio dritto
nel collo
dell’avversario, piegandolo come se fosse stato un ramo
spezzato.
L’abominio
ululò con un urlo così agghiacciante che molti
ospiti sbiancarono, e la stessa
Alya dovette tapparsi le orecchie per non poterlo udire e tentare
dunque di
reggere altro stress, mentre Howard Lancaster abbandonò
momentaneamente la
freddezza che fino a quel momento lo aveva caratterizzato e strinse a
se moglie
figlia piuttosto sconcertate per tutto quello che era successo fino a
quel
momento.
–
F-forse… forse siamo ad una svolta… si
– addirittura Ikimon MacMadd fuoriuscì
dal proprio nascondiglio e si avvicinò quatto quatto allo
sorella
imperturbabile – che ne dici sorellina…? Forse
è il caso di suonare il gong
della fine… –
–
Falla finita idiota!! –
Ikimon
come tutti li in mezzo non vedeva l’ora di ritornarsene a
casa e dimenticare
tutta quella spiacevole giornata, ma un risentito calcio alla testa da
parte
della sorella gli fece amaramente pentire di azzardare un finale
accelerato
come in molti si aspettavano.
Non
con Jacqueline nel pieno della sua carica sadica, perché
secondo le regole
della Muscle League poteva già iniziare il conteggio, e non
con un abominio che
finse solo una caduta a terra giusto per dare una falsa speranza agli
invitati
presenti.
Miss
MacMadd non era l’unica creatura sadica li in mezzo, e
l’abominio decisamente
la superava con quella sua amabile finta gustandosi appieno
l’espressione di
vittoria di Kid Muscle.
Una
espressione che si tramutò in dolore e sconcerto quando
dalla carcassa
dell’animale non si levarono altri di quei tentacoli, e li
per li rimase
addirittura sconvolto pensando di averli distrutti tutti, che andarono
a
conficcarsi nelle sue gambe devastando volutamente le ossa al loro
passaggio.
Mai come in quel momento Kid Muscle aveva provato tanto dolore, e quasi
gli
sembrò che oltre ad impalarlo gli stessero pure segando le
ossa, tanto da
ritrovarsi a gridare quasi preso dal panico sentendosi bruscamente
lanciare in
aria per poi essere sbattuto a terra sulle assi scheggiate.
–
Ooh ma che scena romantica – ridacchiò divertita
una Nuala che unì i
polpastrelli di un paio delle sue braccia a mò di
contemplazione – non
gongolavo così dal finale de “l’impero
colpisce ancora”… o era alla morte di quel
folletto verde? Ah, non ha importanza visto e considerato visto che a
breve c’è
il mio show preferito e io non voglio assolutamente
perdermelo… capisci quello
che intendi, si?! –
–
Mi è scappata la cannuccia –
Guardò
di sottecchi e con un velo di perfidia una Alana che in quel momento,
molto
probabilmente, non si ricordava più che la ex collega
intendeva dire che ora i
due giovani lottatori sarebbero stati fatti a pezzi sotto gli occhi di
tutti, e
tale fu lo sgomento di Nuala nel vedere il suo totale disinteressamento
che a
momenti non cadde dalla sedia. In realtà la sua
disattenzione doveva essere per
forza di cose una cosa ben voluta, come ipotizzò un Zachary
Connors poco
concentrato sul combattimento a suo dire noioso e più sul
cibo oltre che verso
quella Deva con sei arti piuttosto interessante, che vide chiaramente
quella
cannuccia scivolare dalle dita della sua proprietaria con una
fluidità tipica
del lanciatore di coltelli.
Per
questo, fu abbastanza scaltro da avvisare il pubblico che quel lancio
era
assolutamente casuale nonostante
fosse fin troppo palese che l’avesse deliberatamente
lanciata, sullo stile
della MacMadd nell’annunciare tutto quel ghiaccio sulla pista
da ballo.
–
Perdinci! Ad una delle giudici è appena caduta una
cannuccia! – leggasi:
lanciata in direzione del mostro, e lo disse gustandosi appieno un
hotdog
farcito da lui stesso – certo che è davvero una
brutta cannuccia… –
E
questo perché in effetti era uno di quei manufatti stile
anni ’70 colorata con
colori psichedelici e dalla forma contorta, ma un signore anziano alla
sua
sinistra sbuffò sarcastico nel mentre che si tagliava con
cura un filetto di
manzo comodamente seduto sulla propria sedia a rotelle.
–
Tzk, e quella la consideri una cannuccia brutta, ragazzo? Quelle che
confezionavano
i nipponici… quelle si che erano orrende! –
Lo
disse con una nota di stizza nel mentre che tagliava la carne nel
proprio
piatto, segno che anche al signor MacNeal poco importava di quel
combattimento
pompato. Oh, se avesse avuto anche solo venti anni di meno gliele
avrebbe fatte
vedere a quelle due streghe, poiché in quanto ex wrestler
non aveva smesso di
menare pugni neppure dopo che i giapponesi gli avevano sparato alla
schiena
durante l’ultima Grande Guerra, ovviamente con le sue
limitazioni e giusto per
difendere le infermiere dai pazienti troppo
“focosi”, ma a parte una certa
tensione iniziale ora stava subentrando una insolita monotonia per un
veterano
come lui.
Sperò
solo che la povera Janice Lancaster si riprendesse il prima possibile
da quella
brutta esperienza.
La
cannuccia orrenda comunque era arrivata sino al ring e aveva nientemeno
che
colpito il mostro alla gamba destra. Un gesto piuttosto insolito e
quasi
inutile, che l’abominio calcolò appena
strappandosela via di dosso senza accusare
nessun tipo di dolore.
–
Tzk… la tua disattenzione mi
“sconcerta”, Alana…–
Lo
disse con ovvio tono sarcastico poiché
all’abominio fu ben chiaro che quella Deva
dagli occhi storti, che per un momento furono perfettamente dritti,
aveva
effettuato un lancio da manuale sperando di attirare, anche solo per
poco, la
sua attenzione.
Una
disattenzione, la sua, che dette però i suoi frutti nel
mentre che osservava
una ex collega che ora si stava bevendo un semplice martini. Con le
gambe che
ancora gli funzionavano perfettamente, Kevin Mask riuscì a
scivolare accanto ad
un Kid Muscle con le gambe conciate veramente molto male.
–
Ehi, pivello… pensi di poter ancora combattere?! –
–
Nrr… le mie gambe… non me le sento più
– si mise a sedere sfruttando i gomiti,
notando tra l’altro che avevano poco tempo prima che il
mostro si accorgesse di
loro – e tu invece? –
–
Le mie braccia sono andate – e lo disse con un certo
rammarico – mi secca
doverlo dire ma credo che dovremmo collaborare in modo
stretto… se comprendi
cosa intendo –
A
Kevin Mask seccava per davvero dover collaborare con un totale idiota
che
vinceva unicamente, secondo il suo parere, per botta di culo. Ma quelli
erano momenti
difficili, e se non escogitavano subito un piano allora il disonore
sarebbe
stato l’ultima delle loro preoccupazioni. Per sua fortuna
quel giorno il
principe dei kinnikku era abbastanza sveglio da arrivare anche lui alla
conclusione del lottatore inglese, ricordandosi tra l’altro
le parole di un
Meat che ora lo stava guardando con una certa apprensione, e sgranando
gli
occhi si ritrovò a fare due più due appena prima
che la creatura tornasse alle
loro attenzioni.
E
ciò che vide l’abominio una volta che si
girò, lo lasciò sufficientemente
interdetto da non sapere se mettersi a ridere o lodare la loro
iniziativa.
Oppure trovarla come il gesto di due persone disperate.
Incredibile,
signore e signori… Kevin Mask e Kid Muscle si sono
trasformati in una… una
specie di torretta mobile! –
Ciò
che una allibita Jacqueline cercava di dire ad un altrettanto
scombussolato
pubblico era che adesso, i due lottatori malconci, si erano mesi uno
sopra
l’altro in modo da eguagliare l’abominio in fatto
di forza.
Kid
Muscle, le cui braccia funzionavano ancora, era seduto sulle spalle di
un Kevin
Mask piuttosto determinato capace di mantenere un perfetto equilibrio
nonostante la zavorra umana che aveva addosso. Una combinazione
perfetta forse
dettata dalla pura disperazione, ma che fece ben sperare Meat e i
regnanti
kinnikku, oltre che, intimamente, uno stoico Robin Mask.
–
Ah! Ma che simpatici… State cercando di impedire
l’inevitabile oppure la vostra
è solo una imitazione tarocca? –
L’arrogante
battuta del mostro parve non sortire effetto sul secondo
“titano” che si era
formato quel giorno, e lo sguardo deciso dei due lottatori raccontava
di una
determinazione unica e puntata unicamente a vincere quella battaglia
persa in
partenza.
–
Io invece sono dell’idea che tu abbia fatto male a
sottovalutarci – le parole
di Kid Muscle ricalcavano un po’ quelle del suo collega, ma
la furia nei suoi
occhi era reale – e comunque la nostra è un
“agganciamento amico!” –
–
Tzk, devi per forza sparare stupidaggini anche adesso…?!
–
Kevin
Mask glielo sibilò senza reale nervosismo, poiché
troppo impegnato a schivare e
saltare i tentacoli neri che sferzavano l’aria con una
ferocia inaudita, oltre
che cercare di tenersi un kinnikku sulle spalle piuttosto preso, a sua
volta, a
non perdere equilibrio e a menar pugni cercando di avvicinarsi il
più possibile
alla testa.
La
situazione era instabile e l’abominio ora stava usando sia i
pugni che gli
stessi tentacoli, e i due giovani lottatori stavano facendo del loro
meglio per
schivare quegli attacchi furiosi nonostante riuscisse davvero difficile
a
discapito della loro determinazione ritrovata.
Non
si poteva sapere cosa stesse pensando la creatura, se avesse timore o
meno di
quella trovata, ma una cosa era sicura… le due donne erano
assai furiose per
non essere ancora riuscite a mettere K.O quei due buffoni.
Poi
il pubblico sussultò, quando un tentacolo acuminato
andò a perforare il fianco
destro di Kevin Mask, portandolo a sbilanciarsi paurosamente e portando
l’intero
pubblico, oltre che i familiari dello stesso giovane, a sussultare
terrorizzato.
–
Kevin! Cerca di rimanere più su! – la richiesta
del principe dei kinnikku era
quasi disperata, ma trapelava comunque una certa preoccupazione per il
compagno
– c-così non stiamo facendo molti
progressi… è difficile andargli vicino!
–
–
Nnrr… lo so, dobbiamo cercare di effettuare una doppia
mossa, se capisci cosa
intendo! –
Li
per lì il giovane lottatore parve alquanto confuso, poi
dovette per forza di
cose tornare a ragionare quando altri tentacoli grossi come pali non
piovvero
su di loro come una cascata di frecce. Il giovanotto gridò a
più non posso
mentre il suo compagno inglese si rimetteva in piedi per scattare da
una parte
all’altra, e senza neppure accorgersene riuscì a
sfruttare quei grossi pali
come “liane” per potersi avvicinare di
più al corpo principale.
–
Ahh… forse ho capito! Vuoi utilizzare la tua Big Ben Edge
combinata con la mia
Kinniku Buster… ma perché?! –
–
Non è ovvio? Sarà anche un mostro ora, ma
è pur sempre formato da due corpi
distinti – ignorò il dolore al fianco e con un
colpo di reni evitò una frustata
atta a farlo inciampare – colpiamole nuovamente con queste
due mosse combinate
e dovremmo essere a buon punto… se si sono unite in un solo
essere è perché
sono sfiancate pure loro –
–
Eww… spero tu abbia ragione! –
Alla
stessa conclusione ci era arrivato pure Howard Lancaster, che
nell’osservare la
tattica dei due campioni aveva intuito cosa intendessero fare con il
nemico, ma
tenne quella considerazione per se per non dare il via ad inutili
allarmismi e,
soprattutto, per non farlo capire anche al mostro nel caso non ci fosse
arrivato.
Il
marchese tra l’altro si era allontanato quel tanto che
bastava per evitare che
detriti di ogni sorta crollassero su di lui o sulle due donne che aveva
appresso, ma non sapeva che i sensori ottici di Warsman erano riusciti
a
localizzarlo. L’ex lottatore aveva tentato di proteggere
Emerald come meglio
poteva, e si maledì per non essere in grado di chiamarla per
dirle che era
quantomeno sano e salvo visto il danno alla gola, ma a quanto pare
visto i
danni subiti non era riuscito a fare granché e questo fu
abbastanza per
distrarlo dalla battaglia in corso. A dir la verità se la
ragazza se l’era
cavata con poche contusioni era solo grazie al suo intervento,
altrimenti si
sarebbe ritrovata per il resto dei suoi giorni a bere da una cannuccia
visto
che Hammy aveva provato a rispondere alle poco confortevoli
“premure” delle
cortigiane. Ma quasi sicuramente, conoscendo il suo
“adorato” padre, mister
Lancaster non avrebbe tenuto conto di questo suo gesto rammaricandosi
probabilmente di una sua mancata dipartita.
Poi
l’attenzione del russo venne nuovamente focalizzata sulla
battaglia, poiché
successe qualcosa di a dir poco paradossale. Con un gancio destro Kid
Muscle
era riuscito a far sbilanciare il mostro quel tanto che bastava per
farlo
indietreggiare in un punto ben specifico. Tutti li in mezzo, dagli
spettatori
ai chojin catturati, si erano scordati che il ghiaccio che era stato
lanciato
non si era ancora sciolto del tutto… e quando la creatura
andò a pestarlo
accidentalmente, brividi oscuri la attraversarono in un fastidioso
dejà vu con
le serpi nere come la pece che iniziavano a ribellarsi e a scomporsi
lungo i
piedi.
Un
piccolo cenno di vulnerabilità che venne prontamente colto
da un Kevin Mask
pronto a scattare in avanti.
–
Kid! ORA!! –
Lo
gridò a praticamente pochi centimetri da un abominio ancora
allibito per la
presenza di tutto quel ghiaccio, e il principe dei kinnikku rispose con
un
ringhio selvaggio volendo colpire la creatura sotto il mento
per… fallire
miseramente venendo bloccato da una presa ferrea.
Il
giovane kinnikku guaì sentendo le ossa dei polsi spezzarsi a
quella presa
ferrea, mentre Kevin dovette sopportare in silenzio il dolore di
sentire un
altro tentacolo perforargli il fianco sinistro facendo avanti e
indietro per
tormentarlo in una lenta agonia. Poi la creatura rise, di una risata
agghiacciante e disumana, portando uno sconforto tale nel pubblico
presente che
persino lo stesso Meat aveva quasi le lacrime agli occhi incapace di
dire una
sola parola proprio come Suguru e Robin Mask.
–
Provaci finché vuoi ragazzino… urla e scalcia da
bravo moccioso viziato –
strinse ancora di più e Kid si trovò a piegare la
testa di lato per non gridare
– ma per quanto tu possa vantarti per ogni tua effimera
vittoria… io
rappresenterò sempre la tua sconfitta! –
Un
avatar nero che rappresentava ogni più recondita paura di un
lottatore, sia
buono che malvagio, e che rappresentava ciò che in un futuro
forse lontano
oppure troppo vicino avrebbe incontrato sia il principe dei kinnikku
che il
primogenito della dinastia Mask. Ma non quel giorno, e con una
determinazione
che superava di gran lunga il dolore fisico, Kid Muscle
riuscì a dare una
testata così forte al mostro tanto da farlo sbilanciare e
gridare sorpreso. Il
gesto irruento del lottatore portò il mostro anche a
liberare Kevin dal proprio
tentacolo, e questi rispose deciso dando un calcio sullo stomaco della
creatura
con tale violenza da lanciarla in aria.
Un
lungo attimo di silenzio si divulgò tra le schiere di poveri
spettatori
malconci oltre che sullo spalto dedicato alla giuria, e lo sgomento si
impossessò di Nuala nel vedere quel che stavano facendo quei
terrestri allo
stremo delle forze. Arrivò addirittura ad alzarsi in piedi
borbottando un “non
è possibile”, mentre quei due stavano
già effettuando la loro mossa combinata
verso una creatura ormai provata dagli elementi della natura.
–
Forse arriverà il giorno della sconfitta…
–
Tuonò
un Kid che si apprestò a prendere la parte superiore della
bestia per eseguire
la Kinnikku Buster, mentre un Kevin Mask allo stremo delle forze
riuscì ad
eseguire nuovamente sulla parte posteriore della nemica la Big Ben Edge
finendo
il discorso del collega.
–
…Ma quel giorno non è oggi! –
Fu
complicato tenere fermo l’abominio mentre precipitavano al
suolo come un
fulmine a ciel sereno, perché nonostante le serpi stessero
abbandonando le due
Deva rimanevano comunque avvinghiate
alla loro determinazione di non cedere, ed eseguire una
tale tecnica
combinata li prosciugò sempre più delle loro
energie fino a farsi avvolgere dal
fuoco stesso della pura energia.
Fu
come osservare una cometa rovente che cadeva sul suolo martoriato,
sempre più
veloce anche se sembrò a tutti che il tempo fosse
incredibilmente rallentato, e
l’impatto col suolo fu così devastante da creare
un cratere ove prima vi era
una comunissima pista da ballo. I detriti volarono sulla folla
spaventata, e il
fumo denso che si levò quando le fiamme si spensero
portarono la conduttrice di
quello scontro non ufficiale a tossire prima di osservare quella nebbia
acre
diradarsi e vedere due figure che a stento si tenevano in piedi a
vicenda.
Kid
Muscle e Kevin Mask si sorreggevano a stento pur di dare inizio al
conteggio
definitivo per la vittoria, osservando le loro nemiche ancora a terra,
e ora
tornate ad un aspetto normale, ma già intente a rimettersi
in piedi seppur
debolmente e conciate male.
Jacqueline
constatò che ora era il caso di iniziare a contare, spronata
anche da padre e
fratello, ma venne bloccata con una mano poco prima di portarsi il
microfono
alle labbra.
–
Ferma così, dolcezza… lo spettacolo è
durato abbastanza –a parlare era stata
quella Deva dalle sei braccia e dalla voce maschile, e le aveva
bloccato il
polso sinistro con un tovagliolo pulito per non “prendersi
troppi germi”, ed il
suo sguardo era piuttosto serio così come quello di miss
Alana ( ancora
impegnata a bere e stavolta in compagnia di un giovanotto piuttosto
strambo
pure lui ) – Bene… avete combattuto, e avete
perso… che disdetta! – nel suo
tono sembrava esserci una punta di cinismo nei confronti di Uriel, nel
mentre
si avvicinava a lei e all’altra silenziosa lottatrice
– da quanto tempo è che
non ricevevi così tante legnate…? Da quando Alana
ti ha reclutato? Hm, può
essere… –
Uriel
Truce de Santa si limitò ad emettere un basso ringhio irato,
e i suoi stessi
occhi scuri brillavano di una furia a dir poco folle, nel mentre che
lentamente
si rimetteva in piedi ignorando le ferite e il sangue che quasi le
oscurava la
vista. Sia Kevin che Kid digrignarono i denti e fecero un passo
indietro, e i
loro rispettivi genitori ebbero un sobbalzo al cuore credendo che la
sfida non
fosse ancora finita, nel vedere quanto coriacea fosse quella tizia e la
sua
gigantesca compagna.
–
Credete che sia così semplice…
vincere…? – zoppicò un poco ma il suo
volto
parlava di un rancore eterno – credete che una semplice
cintura sudicia vi
renda realizzati? Guardate, vi dico questo: la vita è come
la forza di gravità…tutto
ciò che sale, irrimediabilmente cade! Pendejo!
Il giorno in cui capirete che vincere è una cosa assolutamente impossibile allora capirete
di aver sbagliato
mestiere!–
Fermò
la sua avanzata solo quando una grande mano di Masada si
posò con decisione
sulla sua spalla destra, e lo sguardo dell’imponente Deva
malridotta era fiero
e al tempo stesso deciso. Tanto da inquietare la stessa Uriel giusto
per una
manciata di secondi, Nuala invece si limitò a massaggiarsi
la tempia seccata
visto che per lei si era già perso troppo tempo, prima di
vederla deglutire in
modo impercettibile.
Chinò
momentaneamente lo sguardo verso il basso, lasciando stupiti entrambi i
giovani
avversari, prima di alzare gli occhi su di loro con uno sguardo
decisamente
meno folle.
–
Molto bene terrestri… avete vinto questo scontro, di poco
vero, ma lo avete
vinto. Tenetevi dunque la vostra ridicola indulgenza…
– e qui scattò in avanti
con la velocità di un serpente, spaventando a morte il
principe dei kinnikku e
irrigidendo il nobile Mask – perché credetemi, la
prossima volta non saremo
così indulgenti! –
Terminò
il tutto con una sorta di sibilo, prima di dar loro le spalle ed
incamminarsi
lontano da quel luogo con tutta calma, seguita dalle sue compagne e poi
dalle
soldatesse che rilasciarono sgarbatamente i prigionieri dalle loro
catene,
passando quasi con sfida vicino ad Alana senza però che
questa facesse alcun’ché
. I suoi occhi non si incrociarono mai con la sua ex allieva e le sue
vecchie
compagne, ma ciononostante ne riuscì a percepire
l’astio e un recondito dolore
per la sua mancanza nel gruppo.
Un
gruppo che non era più unito ormai da tempo, al contrario
della Muscle League
con Buffaloman che si rialzò in piedi per primo per
ricordare a tutti i
presenti un concetto fondamentale.
–
Hanno vinto la sfida! – nella sua voce stentorea
c’era stupore vero in barba
alle brutte ferite ricevute – sono riusciti dove noi abbiamo
fallito… hanno
salvato tutti! –
E
quel punto, proprio come se si fosse acceso un campanello interiore, il
pubblico esplose in un boato di festa elogiando a gran voce le due
stremate
promesse della Muscle League.
La
folla iniziò a raggiungerli applaudendo e incitando i loro
nomi avvolti nella
commozione, arrivando addirittura a spintonare i regnanti kinnikku pure
loro
desiderosi di raggiungere il loro figlio malconcio, senza
però riuscire a
festeggiare con loro degnamente poiché i due lottatori,
forse colti dall’emozione
improvvisa o dal dolore delle ferite, crollarono a terra privi di sensi.
(
… )
–
Oh… bene, sembra essere finita! Allora in questo caso
è il caso di andarcene
con discrezione –
due
secondi prima che la folla scoppiasse in un boato di festa, Howard
Lancaster
aveva ben pensato di levare le tende per non ricordare al pubblico
presente che
lui era coinvolto, anche se in maniera comunque indiretta, in un
traffico di
sostanza dopanti che stava per costare la vita a molti. Si ripromise
mentalmente di staccare parecchi assegni per riaggiustare danni
materiali,
fisici e morali per i vari ospiti presenti, lui decisamente poteva
permetterselo di farlo, e perché no anche qualcosina per
l’ex miss Alya giusto
per non incappare nelle possibilissime ire del dottor MacNeal.
Ciò
che lo sorprese, nel mentre che trascinava via moglie e figlia in mezzo
a
quella folla esultante, era che la sua Hammy si guardava piuttosto
preoccupata
alle spalle come spaventata che le potesse succedere ancora qualcosa,
oppure…
come se stesse cercando disperatamente qualcuno
–
–
Stai tranquilla, principessa – sussurrò un Howard
deciso a proteggerla senza
sapere il reale motivo di quella sua preoccupazione –
andrà tutto bene adesso,
ci penserò io a sistemare tutto… Connors!
–
Alzando
moderatamente la voce riuscì a farsi sentire dal suo braccio
destro Michael,
che lo raggiunse trascinando via da un amichevole dottor Alistar un
fratello
piuttosto preso da una discussione interessante, ed una volta che i
Connors e i
Lancaster furono un gruppo compatto decisero saggiamente di dileguarsi
da li.
(
… )
–
Kevin… c-come stai? Riesci a sentirmi?! –
–
Niamh… sei… tu? –
Come
ridestato dal canto degli angeli, il giovane Mask fu in principio
sorpreso di
essere ancora vivo e di avere al suo capezzale una Niamh decisamente
preoccupata. Subito dopo che era stata decretata la vittoria le persone
all’interno
della stanza antipanico erano uscite fiuori di gran corsa, ma la
giovane quasi
si spezzò il cuore nel vedere il giovane lottatore conciato
così male.
Il
suo udito tornò un poco per volta a funzionare,
così
come la vista, e si accorse di essere ancora accasciato a
terra mentre tutt’attorno a lui la gente festeggiava la
vittoria.
Kid
Muscle, il primo ad essersi ripreso e a quanto pare completamente
entusiasta
per accorgersi del dolore, veniva sorretto sulle spalle da un esultante
re
Suguru decantando tutte le qualità del riso col manzo e di
altre scemenze che
francamente parlando l’inglese non aveva voglia di ascoltare.
Poi, piegando
ancora un po’ lo sguardo vide i primi soccorritori, chiamati
dallo stesso
Howard prima che si desse alla fuga e provenienti nientemeno che dalle
sue
cliniche private, che prestavano le cure ai chojin feriti ( e tra loro
vide
pure Warsman abbastanza malconcio ) oltre che… suo padre che
stava parlando con
la famiglia della sua giovane sposa oltre che rassicurare una zia
Elizabeth
incredibilmente in lacrime dopo tutto quello spiacevole
“incidente”.
–
P-papà… –
–
Tuo padre sta bene, ed è fiero di te Kevin. Si è
appena allontanato per
rassicurare tua zia che i suoi figli stanno bene, ma fino a due minuti
fa era
qui a sorreggerti la testa –
A
parlare non era stata la giovane irlandese sul punto di scoppiare a
piangere,
ma la sua giovane “matrigna” che gli stava
prestando le prime cure. Alya Mask
mostrava le occhiaie dovute ad una intensa giornata stressante, ma era
ancora
in forza per potergli medicare le ferite e rassicurarlo su un fattore
per lui
tanto importante quanto spinoso. Segno ormai che lo conosceva bene.
Gli
faceva uno strano effetto, e a tratti quasi lo infastidiva
istintivamente, che
il suo vecchio aveva avuto l’ardire di sporcarsi le mani del
suo sangue nel
mentre che lo aiutava a riprendere i sensi. E in un certo senso, era
una cosa
che stranamente gli scaldava il cuore.
A
distrarlo dai suoi stessi pensieri ci pensò la ragazza di
cui era innamorato,
che decisamente stravolta e troppo felice di saperlo in vita si era
messa a
piangere come una fontana.
–
Ehe… non piangere, dai – allungò
debolmente la mano destra verso la sua
guancia, accarezzandogliela dolcemente – ci vuole ben altro
per convincermi a
perdere… dovresti saperlo, no? –
Si,
lo sapeva.ò e forse quando la corona Chojin sarebbe
ripartita con molta
probabilità non lo avrebbero più considerato un
ex lottatore della d.m.p, ma
semplicemente uno dei due lottatori a cui molte persone dovevano la
vita.
Eee…
ce l’ho fatta a scrivere l’ultimo capitolo! Mio Dio
non credevo di riuscirci, e
spero che il combattimento non sia stato troppo noioso, ma quasi sono
commossa
per aver messo praticamente fine a questa storia. E ora non resta che
l’epilogo,
per veder chiarite ogni singole questioni…
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Capitolo 32 *** Epilogo: calano le ombre... ***
Circa
cinque giorni dopo gli eventi
accaduti…
Per
Coco passare inosservati era stato qualcosa di decisamente complicato,
almeno
all’inizio. Ma ora sembrava che le acque si fossero calmate
visto che non
c’erano più quelle losche figure vestite di nero
che pattugliavano la città
dall’alto saltando da un tetto all’altro proprio
come lei, quindi le era più
facile sgattaiolare per le strade affollate di Camden Town senza che
gli umani
si accorgessero di lei.
Poi
un fischio che per la creatura era ben noto le fece rizzare le orecchie
portandola di conseguenza a distaccarsi dall’oceano di folla
e infilarsi in un
vicoletto di servizio dove ad accoglierla ci furono un paio di ombre
ben note
una volta che entrò in un magazzino abbandonato entrando da
una finestra aperta.
–
Ah… eccoti qui, piccoletta – disse con un cenno di
ironia una voce a lei nota,
mentre andava tutta contenta ad arrampicarsi sulla sua spalla sinistra
–
allora, fatta buona caccia per oggi? –
Coco
trillò con entusiasmo alla voce di colui che considerava il
proprio padrone, estraendo dai
propri
pantaloncini a pagliaccetto un rotolo di banconote frutto della vendita
di
sabbia rossa ad un paio di palestre per chojin dilettanti.
Bone
Cold
sorrise con astuzia, nel mentre che intascava quel cospicuo gruzzolo,
regalando
alla propria scimmietta una caramella per il suo operato. La scimmia
cappuccina
si era trovata quasi in mezzo ad un intrigo interplanetario, e questo
l’aveva
portata a cercare la protezione
prima
di Kevin Mask e solo più tardi quella di Michael Connors,
perché Coco non era
stupida e si era cercata uomini forti per continuare a fare il proprio
lavoro
per accontentare al meglio il padrone, e tuttavia se l’era
cavata alla grande
dando molta soddisfazione al mercenario e un po’ meno al suo
socio in affari
Hanzo.
–
Tzk… addestrare un pulcioso primate per fare soldi in questo
modo… molto poco
“creativo” –
Siamo
da poco evasi di prigione, quindi era il caso di iniziare a tirar su
soldi
mettendo su un piccolo cartello di sostanze dopanti con
l’ausilio di qualche
stupido umano – ossia spacciatori che accompagnavano Coco
durante il suo tour
in giro per il mondo – e direi che questi soldi ci fanno
comodo, testa dura! –
L’interpellato
sbuffò acidamente nel mentre che se ne restava pigramente
seduto sopra una
trave in metallo che faceva parte del fatiscente sottotetto del
magazzino.
–
Certo… comodo! A meno che una puttana amazzoniana non ti
trapani la testa per
il suo zampettare in giro come se nulla fosse – e Coco non
prese bene quella
denigrazione, tanto da strillare infastidita – e ricordarci
che metà dei
proventi andranno a finire nella pancia di quel pallone gonfiaArgh!!
–
Il
pericoloso criminale alieno dal volto orribilmente sfigurato, e celato
perennemente
sotto una maschera, si ritrovò senza fiato in gola quando
una lunga catena
d’acciaio non andò ad avvolgersi contro il suo
collo.
Poi
tale catena venne tirata da abili mani e il mercenario preso al lazo
emise un
grido soffocato, nel mentre che veniva trascinato con un tonfo sul
polveroso
pavimento del magazzino.
–
L-lurido animale! – il folle criminale fu lesto a rimettersi
in piedi e a
disfarsi della catena, mentre chi l’aveva attaccato se la
rideva piano nascosto
nell’ombra – se credi di passarla liscia questa
volta hai sbagliato grosso!
Pagherai per la tua buffonaggine –
In
un lampo trasformò le proprie braccia in due lame affilate e
letali, e con la
velocità di uno scorpione fu lesto ad attaccare il
misterioso nemico che decise
di evitare il colpo di un risentito Hanzo. Il nemico sorrise ancora,
nell’evitare gli attacchi del mercenario, ma
nell’ultimo attacco non fu così
veloce da evitare un fendente che lacerò in parte il
cappuccio del suo poncho.
–
Tzk… impara a stare al gioco, bambino! – Sebbene
fosse solo un taglietto in
mezzo ad altri su quel devastato indumento, due iridi rosse come il
fuoco – che
detto dal galoppino di una Strega dello spazio suona piuttosto ridicolo
–
Le
sue braccia muscolose ora reggevano ben due catene fuoriuscite da sotto
la
mantella, e facendole vibrare in volo come se fossero state due
serpenti tentò
di colpire il giovane criminale, senza però avere successo
immediato visto il
modo in cui Hanzo, ridendosela di gusto, schivava quegli attacchi
cercando di
sfruttare i punti deboli dell’individuo incappucciato per
colpirlo ai fianchi.
Quell’uomo
tuttavia era un individuo che giocava anche sporco quando gli andava,
come Bone
Cold ben sapeva, e difatti non fu stupito di vederlo estrarre da dietro
la schiena
un fucile a pompa per gambizzare quel folle di un evaso.
Hanzo
guaì rabbioso nel mentre che cadeva a terra massaggiandosi
la gamba impallinata,
ma fu lo stesso Cold a mettersi in mezzo ai due per evitare che la
situazione
degenerasse.
–
Basta fare i bambini! Abbiamo già perso troppo tempo qui
sulla Terra e dubito
che a madame Morrigan piacerà perdere un altro carico di
sabbia rossa –
Morrigan
era la strega dello spazio a cui i due evasi avevano chiesto
“asilo” in cambio
di lavori poco puliti e di basso profilo, perché avevano
bisogno di racimolare
soldi per tornare in attività, e senza troppi giri di parole
la signora li
aveva inviati sulla Terra per dare “una mano” ai
tanti chojin che necessitavano
di una spintarella. Non era stata contenta di sapere che alcuni soldati
privati
avevano trafugato alcune casse di prezioso materiale, ed aveva ordinato
ai suoi
due novelli alleati di tornare su Amazon per ricevere nuovi incarichi.
Molto
probabilmente Bone Cold le avrebbe dato buca prima o poi, ma gli
seccava chiedere
altri passaggi a Rinzler dopo
averlo
scortato via di prigione.
Il
suo stimatissimo “collega” era un uomo piuttosto
misterioso di cui non lasciava
trasparire nulla di se, ma proprio come il mercenario del pianeta
Dokuro non
doveva aver avuto un passato allegro. Da quel che aveva capito lo
stesso Cold,
doveva aver perso la moglie e i figli durante una qualche guerra
intergalattica, ma chiedere ogni volta un favore a Rinzler significava
il più
delle volte a vendersi l’anima al diavolo.
–
Bene bene… i bimbi hanno nuovamente bisogno di un passaggio?
– la voce roca del
mercenario tornò a farsi sentire con una punta di
irriverenza che ad Hanzo non
piacque affatto – la scimmia può stare sul ponte
di comando della mia nave,
quella più cresciuta può stare nella
stiva… sai com’è Bone… ho
appena finito di
dare la cera sul pavimento –
–
Grr… il pavimento ti servirà a poco quando non
avrai più i piedi! –
Hanzo
fu quasi sul punto di scattare nuovamente e ignorando completamente il
dolore
alla gamba ferita, ma fu lo stesso partner a fermarlo con una alzata di
mano e
decisamente poco disposto a sentire altre provocazioni infantili da
quei due.
–
Ti chiediamo un ultimo passaggio Rinzler… se poi Morrigan
vorrà anche te come
dipendente sono altre faccende, ma vedi di non rimangiarti il nostro
piccolo
contratto –
Probabilmente
quell’uomo era uno dei pochi che Bone Cold rispettava, ma tra
mercenari
bisognava sempre tenere gli occhi anche dietro la nuca.
Di
tutta risposta l’uomo di nome Rinzler sbuffò
seccato, sistemandosi al meglio il
proprio cappuccio e facendo tintinnare le proprie catene prima di
ritornarsene
nell’ombra. Non era un uomo che amava avere padroni, men che
meno ricevere
troppi ordini.
–
Fatevi trovare pronti tra un’ora, appena fuori
città nella radura più vicina.
La mia nave sarà li ad attendervi… non so voi, ma
ne ho abbastanza di questo
pianeta –
(
… )
Questa
volta i MacMadd non avevano badato a spese per far rientrare in
Giappone i suoi
promettenti, e malconci, atleti della Muscle League. E su consiglio
della
stessa Jacqueline padre e fratello avevano tenuto da parte la loro
taccagneria
per far viaggiare tutti quanti, compreso Kid Muscle decisamente poco
apprezzato
dagli uomini della famiglia MacMadd, nientemeno che in prima classe.
Come
di consueto Kevin Mask aveva deciso di tenersi lontano dal chiassoso
gruppo di
un convalescente Kid, ma non abbastanza dal fare chiasso e importunare
le
hostess assieme a Terry Kenyon ed uno sfigato DikDik van Dik,
restandosene
diverse file più indietro in compagnia del proprio
allenatore e di Niamh.
Sbuffò
seccato, ma non per la presenza della ragazza che dormiva profondamente
accanto
a lui e con la testa appoggiata contro la sua spalla, quanto per il
casino di
quel branco di imbecilli che riuscivano a far sbraitare Meat ogni due
minuti,
ed inoltre Lord Flash sembrava essere particolarmente pensieroso.
Era
vero che al matrimonio di suo padre non era presente, perché
aveva chiaramente
detto che aveva degli impegni urgenti che riguardavano i suoi
allenamenti, ma
da dopo lo scontro che gli era valso la vittoria sudata gli era
sembrato…
strano.
Ovviamente,
in veste di Warsman non aveva potuto dirgli che era fiero di lui per
ciò che
aveva fatto, e nelle ore successive ringraziò il celo che
Alya si fosse
occupata lei stessa delle sue ferite in modo da renderlo presentabile
quanto
basta agli occhi di chi lo conosceva come Lord Flash. Sua figlia era
abile e
veloce nel capire il problema di un paziente, e fu ben felice di
rimettere in
sesto suo padre prima di dargli il suo dovuto addio.
Agli occhi di Kevin dunque, poteva apparire
come un uomo spossato dagli allenamenti o da un brutto raffreddore, ma
in realtà
non erano tanto le pene fisiche quelle che stava patendo ma di ben
altra
natura.
–
Sai, Lord Flash… tutto sommato sono contento che mio padre
abbia deciso di
prendersi una lunga vacanza con la sua compagna… poverina,
tutto quello stress
non dovrebbe affatto subirlo… ehi, mi stai ascoltando?!
–
Nella
voce del giovane inglese non c’era reale irritazione quanto
la volontà di
ridestare da quello stato di catalessi un Lord Flash che gli sembrava
quasi triste. La sua tattica ebbe
tuttavia
effetto, e il suo fin troppo misterioso allenatore decise di smettere
di
guardare le nuvole dall’oblò sussultando a quella
chiamata improvvisa.
–
Oh! N-nulla di cui preoccuparti, compag… ehm, Kevin. Stavo
solo pensando che
avrei voluto vedere il tuo scontro per starti vicino e…
–
–
Emerald non ti ha cercato in questi giorni, vero? –
La
domanda gli arrivò a bruciapelo tanto da togliergli le
parole dalla bocca e
provocandogli un dolore che non provava più ormai da molto
tempo. Si ritrovò
dunque a sospirare pesantemente e ad incrociare le braccia in petto,
mentre il
suono di una zuffa tra il tedesco Jeager e l’americano Terry
giungeva sino a
li, inutilmente trattenuti da Check Mate e Wally Tusket, abbassando
momentaneamente lo sguardo prima di rispondere adeguatamente al proprio
pupillo.
–
Probabilmente è rimasta sconvolta da ciò che
è accaduto al matrimonio di tuo
padre – ed in effetti non aveva avuto tutti i torti
– oppure… –
–
Oppure è una stronza.
Anche se non la
facevo così stronza da non comunicarti neppure che sta bene,
tzk! –
Il
cinismo di Kevin Mask non conosceva freno, ma aveva detto una cosa
fondamentalmente
vera a cui lo stesso Flash non voleva crederci del tutto.
Emerald…
Hammy… non si era
premurata di
telefonargli durante la sua convalescenza o quantomeno nei giorni
successivi
all’attacco. Non un “come stai” o una
scusa plausibile che giustificasse quel
lungo e doloroso silenzio che per il russo suonava come una colpa che
in fin
dei conti non aveva. Con tutta probabilità il suo adorato papi l’aveva dissuasa dal
provare a contattare Warsman, riuscendo
magari a convincerla che il terribile incidente che l’aveva
coinvolta con Masada
e tutta la brutta situazione finale in cui si era cacciata alla fine
era solo
da attribuire a quell’animale di origine russa. Senza contare
che le
inquisitrici NON avevano dato la caccia a lui, Warsman non era andato
molto
lontano nell’ipotizzare una triste verità.
Aveva
provato a chiamarla, invero, ma le telefonate andavano costantemente a
vuoto e
alla fine il so numero di telefono risultò inesistente
tramite un odioso
messaggio pre-registrato. Furioso e al tempo stesso disperato,
l’ex lottatore
aveva avuto addirittura l’ardire di andare a cercarla a casa,
nella sua
gigantesca tenuta, riuscendo ad eludere tutti i sistemi di sicurezza e
fiutando
solo il suo profumo in quel bosco tanto bello quanto artificiale.
Emerald
era sparita così. Come una ninfa che ha sedotto il vecchio
cacciatore
illudendolo di una felicità per troppo a lungo rimandata,
ora era nuovamente
svanita via dalla sua vita dopo essersi a sufficienza divertita con lui.
Un
pensiero forse cinico, ma che gli faceva male in un modo incredibile e
che al tempo
stesso non riusciva in nessun modo a mettere una pietra su. Non
riusciva, non
voleva, dimenticarla così precocemente…
E
si segnò mentalmente che avrebbe fatto di tutto per
ritrovarla anche durante la
Corona Chojin che a breve sarebbe ripartita.
(
… )
L’ufficio
di Howard Lancaster era solo in apparenza un luogo
dall’aspetto “antico” con i
suoi mobili in legno scuro e le sue librerie simili a quelle di una
antica
biblioteca. In realtà, dentro quella stanza accogliente si
celavano tra le più
avveniristiche diavolerie elettroniche che il suo reparto tecnologico
era
riuscito a creare.
Ora,
all’intero di tale studio erano presenti ben quattro
proiettori olografici
tutti collegati al computer presente sulla sua scrivania, e
ciò che il marchese
aveva in mano in quel momento era una scheda di memoria. Nel volto
dell’uomo
tuttavia, nonostante le tenebre rischiarate dal fuoco del caminetto
acceso, non
vi era una reale traccia di freddezza quanto di umana comprensione per
quanto
stava per fare.
Deglutendo
impercettibilmente, inserì la scheda di memoria nel pc, ed
inserendo la giusta
sequenza di dati mise in funzione i proiettori olografici che tosti
crearono
una traballante figura femminile al centro della stanza.
La
donna bionda che sembrava camminare sul raffinato tappeto persiano era
nientemeno che una giovane miss Alana con indosso le vesti nere delle
inquisitrici amazzoniane. Ciò che Howard Lancaster stava
visionando difatti,
era uno tra i più importanti e compromettenti ricordi della
Deva che era
riuscito ad estrapolare durante la sua forzata convivenza nel campo
alfa. Un pensiero
vocale, una confessione che doveva essersi fatta a se stessa, vecchia
di dieci
anni e piena di rimorsi.
–
Oggi è un giorno speciale – disse
l’ologramma traballante, e il volto della
Deva non recava nessun sorriso ma solo una lieve tristezza –
poiché finalmente
sono riuscita a fare giustizia…crrk
–
Il
marchese Lancaster si massaggiò il mento notando qualche
interferenza nella
proiezione, mettendo poi entrambi i gomiti sulla scrivania in cedro ed
incrociando le dita delle mani tra loro come se fosse in meditazione.
–
Mia figlia… la mia unica figlia… ha disertato il
convento, costringendomi
dunque a darle la caccia su Amazon fino a raggiungerla e
così ucciderla con le
mie stesse mani… – la donna rimase in silenzio per
un po’, prima di sospirare
pesantemente e sfogarsi di un segreto inconfessabile – in
realtà… czz…
quel giorno ho deliberatamente
disobbedito agli ordini… io… ho colpito mia
figlia, fino a mandarla in coma,
facendo credere a tutti che l’avessi uccisa a sangue freddo
–
Arrivati
a questo punto fu il turno del terrestre di mettersi a sospirare piano,
conscio
di aver vangato una zona che non era affatto di sua competenza,
sentendo il
collo tornare a fargli stranamente male.
–
Mia figlia ha ereditato le mie abilità peculiari –
lasciando ben intendere che
lei era il “padre” – e nonostante le
ferite subite al cervello dovrebbe
riprendersi molto più velocemente di me…
l’ho dunque confinata in un monastero
isolato e inaccessibile per via terrena, sui Monti Nebbiosi,
premurandomi di traumatizzarla
abbastanza da farla
tremare come una foglia al sol vedermi o sentirmi nominare…
sono… crrk…
una pessima madre…–
Poteva
avere anche ragione, ma dopo quel che stava rivedendo il marchese
riusciva
anche a comprenderla, ed in un gesto stranamente umano per lui,
perché traspariva
che per Alana non era stato facile quel che aveva dovuto fare,
appoggiò la
fronte sulle nocche continuando ad ascoltare la registrazione.
–
La madre superiora del monastero aveva un debito da saldare con me, e
non ha
fatto storie nel prendere in cura mia figlia… ma
ciò che i sconvolge, è la
facilità con cui io l’ho colpita nonostante lei mi
implorasse costantemente
pietà. Della gioia che ho provato… crrr…
quando il mio tacco si è infilato nel suo cranio…
vorrei poter dire… crrz…
che se sono così è per colpa
dell’addestramento
ricevuto, ma… io temo solo che la Corte non abbia fatto
altro che far maturare
un mio lato nascosto nato quando io avevo solo quindici
anni… – e qui la donna
si fermò un attimo, come per raccogliere le energie e
completare dunque la sua
confessione –… nessuno…
nessuno dovrà
mai sapere quel che è successo, e… figlia mia,
spero tu un giorno possa
perdonarmi… un giorno, capirai…
crzzz… ed è
dunque arrivato il momento
per la mia Epurata, poiché se voglio mantenere questo
segreto è necessario che
nessuno sappia che tu sia viva e che, a modo mio, ti proteggo
ancora… –
Alla
fine il messaggio si interruppe, ed il marchese fu ben felice di
estrarre la
scheda di memoria dal proprio computer per poterla nuovamente esaminare
prima
di prendere una decisione. Howard Lancaster non si era mai preoccupato
di
ficcare il naso in affari che non lo riguardavano, ma ciò
che aveva toccato
ultimamente erano tendini scoperti che rischiavano di risvegliare
mostri ben
peggiori di un semplice processo improvvisato.
Aveva
tra le mani la confessione di una traditrice, di una donna che non ce
l’aveva
fatta ad uccidere la propria figlia peccatrice, e che era disposta a
tutto pur
di proteggerla da un fato inevitabile. Il marchese non voleva questo, e
non
voleva neppure che la propria famiglia ritornasse nuovamente ad essere
preda di
inquisitrici spietate, non con Janice ed Hammy che si stavano
riprendendo dallo
shock, e pertanto prese una delle decisioni più sagge della
sua vita.
Senza
pensarci due volte lanciò la chiavetta di memoria nelle
fiamme scoppiettanti
del caminetto acceso, e fu ben sollevato di vedere come la plastica di
quel
manufatto si sciogliesse a velocità incredibile. Poi una
volta che fu sicuro
che i dati sul pc fossero minuziosamente cancellati decise di spegnere
tutto, e
di lasciare quella stanza preda di una sempre più crescente
tenebra.
E
siamo dunque arrivati alla fine gente. Questo è
l’epilogo, e magari non ve lo
aspettavate così cupo vero? Ad ogni modo sto già
progettando il seguito quindi
non disperate tanto J
Vorrei
infine ringraziare tutti coloro che hanno recensito, messo tra i
preferiti e le
storie seguite, o anche solo letto questa mia fanfiction, e spero
dunque che
questa mia storia vi abbia almeno un pochettino lasciato qualcosa. See you in
the nex time!
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