There's Something Magic...

di Val
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - per riassumere... ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Decisioni da prendere, pettegolezzi e nuovi incontri... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Visitatori ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Quella solita cosa... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Riflessioni e scoperte... ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Visitatori (II) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Nuovi elementi... ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Pensieri e Parole ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Un'ora di intimità... ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Un brutto scherzo... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - L'antidoto per Sìle... ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Ira furor brevis est... ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Sìle ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Un mese dopo... ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Impegni ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Legami profondi ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17- Legami profondi (II) ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - Settembre ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Equinozio d'Autunno ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - Equinozio d'Autunno(II) Black Annis ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - Hurly Burly ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - Hurly Burly (II) ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - Occhi indiscreti ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Ritorno improvviso ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Consiglio riunito ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 - Voci, ricordi e ombre... ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Switching ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 - Suddenly ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 - Suddenly (II - Gineceo) ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - al Ratty Arms ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - La neve si scioglie in fretta ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 - Descent deep ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 - Wake up (Oedipus or Morpheus?) ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 - Ritrovarsi (I) ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 - Ritrovarsi (II) ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 - Sweet Farewell ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 - Everyday uniqueness ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 - In the end is the beginning... ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - per riassumere... ***


Capitolo 1- Per Riassumere...

Capitolo 1 - per riassumere...



Lei era una strega...
No, niente cappello a punta o naso adunco...la scopa sì, ma per pulire in terra e...beh il calderone è una cosa che stregoneria o non stregoneria, bolle comunque, a prescindere dal colore del liquido che contiene e indipendentemente da quanto inquietante e denso siano l’odore e il fumo che ne fuoriescono.
Insomma Sìle, anche se a prima vista non si vedeva, era una strega.
Non era nemmeno che a prima vista non si vedesse, è che lei, al primo sguardo, lo lasciava vedere solo a chi voleva.
Ma a nessuno da anni ormai, era più concesso vedere quel riflesso nei suoi occhi, quello che la faceva sembrare un animale nella notte...occhi di gatta, occhi a specchio, piccoli dischi di argento cangiante che vedevano tutto, senza lasciarsi vedere..
Dove abitava, uno di quei piccoli villaggi della campagna britannica, annidati tra le colline del Lake District, tra i dolci e verdi declivi che facevano da cornice al Grasmere, lo Windermere e i loro vicini, deliziosi specchi d'acqua tra alberi e vecchi cottages, tutti lo sapevano, anche se nessuno per una effettiva e comprovata conoscenza di qualche fatto strano.
La solita storia: Sìle era nata sull’isola di Man, nessuno conosceva niente di lei e del suo passato, tutti ovviamente si erano accorti del suo arrivo dieci anni prima, tutti avevano avuto una risposta plausibile alle loro curiosità, ovvero che quella ragazza era arrivata in paese trovando lavoro in un piccolo Bed and Breakfast annidato tra i boschi, e fino lì niente di stupefacente.
Qual’era l’elemento che scatenava la curiosità?
Che fosse il B&B di Dorcas Patel.
Dorcas Patel era un’arzilla donnina, dallo sguardo vispo, con occhi grandi e scuri, vivaci come quelli di una bimba dispettosa che brillavano su un viso rubicondo con lineamenti che sembravano disegnati da un cartoonista e coronato da una foltissima, incontrollabile chioma riccia della cui indisciplina, quotidianamente lei accusava la "Fata dai Capelli Arruffati".
Era una fata, a sua detta, pestifera e dispettosa che trovava il suo maggior diletto nell'annodare capelli umani, code ai cavalli, peli ai cani di mantello lungo durante la notte per poi godersi lo spettacolo al risveglio delle sue vittime.
Dorcas aveva anche, e come poteva essere altrimenti, una passione per l’erboristeria, la cucina e il suo piccolo nido immerso nel verde, che non era il B&B aperto a tutti, bensì un vecchio cottage che affondava radici nel cuore della foresta come i suoi più antichi alberi, era uno scrigno di meraviglie culinarie e piccoli tesori di uncinetto, maglia, patchwork.
Dorcas aveva tutte le sue abitudini, abitudini che nessuno capiva...abitudini da strega, ovviamente.
E forse nessuno capiva Dorcas e le sue abitudini proprio perché, oh guarda un po’...Dorcas era, una strega.
Il punto era che in realtà, alla gente piaceva dire di quelle come Dorcas e Sìle “E’ una donna...strana...dicono che parli alla luna...”, con i turisti faceva colore dire che ci fossero delle vere streghe in città, anche se poi nessuno di credeva, e tra compaesani c’era sempre qualcosa di cui parlare, anche se nemmeno in quel caso forse erano tutti in grado di capire quanto fosse vero quello che dicevano...
Dorcas aveva arguito una cosa che aveva poi insegnato a Sìle: se si nascondevano, sarebbe stata la volta che tutti avrebbero detto di tutto...mentre; come insegnavano i latini, “Panem et circenses” era un metodo assai più efficace per essere lasciate in pace.
Il trucco stava nel concedere loro qualcosa di sé, sosteneva Dorcas, tipo farsi vedere in giro di notte coperta dal suo scialle nero, un cappello un po' strambo, un grosso canestro appeso al braccio e un seguito di gatti alle calcagna quando ormai per strada non c’era nessuno, mentre loro, nascosti dietro le tende alle finestre, la guardavano chiamando il marito, la moglie o chi per loro, telefonando alla compagna di pettegolezzo per dirle “Arriva...”.
Era lo spettacolino delle notti di luna piena o delle “Feste Stregonesche” su cui ormai una certa editoria speculava enormemente e che le concedeva di essere sé stessa senza che nessuno se ne scandalizzasse o intimorisse.
Il fatto che poi fosse veramente una strega, lì, non dava davvero fastidio a nessuno.
In più il suo Bed and Breakfast richiamava turisti perché era pulitissimo, confortevole e economico, e se i turisti non trovavano posto lì, si riversavano in quelli vicini, i suoi pasticcini aromatizzati ai fiori e alle erbe, facevano felice la caffetteria sulla via principale del paese, i suoi pasticci salati, il pub di fronte, i suoi intrugli di erbe curavano i piccoli disturbi quasi meglio della medicina canonica e costavano meno della metà e se andavi a prendere il tè da lei, c’era anche il caso che ti predicesse il futuro.
Insomma a modo suo, Dorcas si faceva benvolere da tutti e nessuno le avrebbe mai dato contro, si limitavano a spettegolare un po’ sulle sue bizzarrie.
Ovviamente però il fatto che una ragazza giovane e carina come Sìle ci vivesse insieme, automaticamente faceva di lei una strega: tanto meglio, meno spiegazioni da dare e più possibilità di vivere tra loro per quelle che erano.
Dorcas era un’amica della nonna di Sìle, madre di sua madre, strega a sua volta, ma i tempi cambiavano e certe particolarità, in posti piccoli come quello in cui lei era nata e cresciuta, erano sì ormai date per assodate, ma facevano anche sì che i disagi fossero ben altri e con lei c’era qualcuno che si era preso qualche libertà di troppo.
Era voluta andare via dall'isola dopo una certa estate in cui aveva litigato con un suo vecchio amico e senza dare spiegazioni, solo la nonna aveva saputo qualcosa di più e l’aveva fatta andare da Dorcas.
Era per non allontanarla dalla propria natura e al contempo per tenerla lontana da brutti ricordi.
Sìle e Dorcas erano affiatate come fossero sempre state insieme: erano amiche e sorelle e confidenti, Dorcas era premurosissima con Sìle, la trattava come la figlia che non aveva mai avuto, e Sìle adorava Dorcas, le voleva bene come a poche altre persone al mondo.
La madre per Sìle non era che un ricordo vago, in un certo senso l’aveva lasciata quando era bambina perché era troppo giovane per avere una figlia, era ancora una figlia lei stessa e aveva un'idea tutta personale di come voleva la sua bambina. Non aveva mai sentito il bisogno di essere madre per il semplice fatto di esserlo.
Dorcas non era una madre per Sìle, ma grazie a lei, da dieci anni, aveva riempito quella mancanza. Poi era arrivato John.
Sìle l’aveva amato enormemente, ma non gli aveva mai detto che le voci che giravano sul suo conto erano sì invenzioni, per lo più, ma involontariamente veritiere.
Non gli aveva mai detto che a volte riusciva a sentire qualcosa prima che avvenisse, che poteva avvertire il cambiamento del tempo in anticipo, che sentiva la vita scorrere nella terra, negli alberi, negli animali, negli uomini...e che poteva sentirla anche abbandonare il corpo che animava, quella stessa vita.
John era un ragazzo alto, biondo, solare e sorridente e Sìle, con i suoi occhi da gatta, marrone nocciola e vellutati e con le lunghe ciglia che li coronavano, e i suoi capelli scuri e morbidi, la pelle chiara, e la sua timidezza, lo aveva conquistato, ma non era sicura che lui avrebbe accettato che lei fosse così...non se fosse diventata sua moglie.
Quando le chiese di sposarlo lei aveva ventiquattro anni e si erano conosciuti quattro anni prima, quasi il giorno stesso in cui lei aveva messo piede in città, e lei aveva deciso che per lui, se glielo avesse chiesto, avrebbe nascosto tutto di sé.


“Nasconderti?” Dorcas aveva reagito malissimo “nasconderti? Da chi? Da cosa? Perché? Sei così, sei nata così, è la tua natura ed è una natura benedetta! E tu vuoi nasconderti per far piacere a chi? Bambina mia tu credi davvero che potresti essere felice con un uomo che ti ama, sì, ma che non sa chi sei? Hai mai provato a dirglielo?”


No...
Non ci aveva ancora mai provato...
E quando John aveva avuto quell’incidente, dopo quella lite, lei si era ripromessa che mai più, avrebbe permesso ad un uomo d’avvicinarsi tanto a lei da farle del male o da farsi del male a causa sua.
Sì perché John, quando lei gli aveva detto quella cosa di sé, che era una strega, davvero, non ci aveva creduto, aveva pensato che fosse una scusa, un modo per evitare di dirgli che non lo voleva più, se n’era andato, aveva bevuto troppo...era scoppiata quella brutta tempesta di vento...era crollato quel ramo già pericolante dalla grande quercia lungo la strada, proprio sulla sua auto, senza che lui riuscisse a fare niente.
Non aveva nemmeno avuto il tempo di accorgersene, dicevano: aveva trent'anni.
Un mese dopo, era arrivata Lily...
Era una notte strana, gelida, immobile e luminosissima, la luna rischiarava tutto in modo netto e fulgido.
Sìle era uscita, non si era chiesta perché, non si era chiesta con quali intenzioni, era solo stanca, stanca di sentirsi vuota senza John, di sentirsi sbagliata, perché se lei non fosse stata così, se non ci fosse stato il problema di dirglielo o no, non avrebbe dovuto provarci e lui non si sarebbe arrabbiato e non sarebbe andato via in quel modo e...non...quante cosa non sarebbero successe.
E mentre ci pensava, aveva camminato, camminato, camminato ancora, fino a uno dei piccoli, minuscoli laghetti tra le gole erbose...uno che faceva da specchio alla luna con un velo d’acqua profondo due o tre piedi, non di più.
Per un momento Sìle fu lucida abbastanza da dire che c’era qualcosa di strano nell’acqua del laghetto quella notte...e quello che era strano era che l’acqua fosse così chiara, così limpida e profonda...e perché non si era mai accorta di quella strada, quella scalinata di pietra che sembrava puntare dritta verso il basso, verso l’acqua più profonda, laggiù dove la vedeva diventare nero-blu.
C’era qualcosa che scintillava, qualcosa di bellissimo...era una di quelle cose...che quando si è bambini si potrebbero perdere ore a guardare, come i raggi di luce rifratti attraverso un cristallo, che si dividono in un milione di piccole shegge dei colori dell’iride...solo che andava tutto sui toni del blu quello che vedeva lei, del blu dell’acqua sotto la luce glaciale della luna.
L’Annwn?
Era così quello di cui raccontavano certe leggende?
“Sìle...”
John? Era lì? Sì, c'era, intorno a lei, vicino, tutto intorno…
Aveva sorriso...
Non era vero niente allora! Lui era lì! Bastava scendere quella scala!
“Sì amore, sto arrivando...”
La sua voce le era arrivata flebile, come se si sentisse parlare nel sonno.
Aveva già mosso il primo passo nell’acqua.
“No, ascolta...ascolta tesoro...non sono io...c’è qualcosaltro...non è per questo che sei qui...”
“Non per venire da te?”
Com’era invitante l’acqua, così calma e immobile...le pareva già di sentire il freddo invaderla dentro e fuori, riempirle i polmoni, le sembrava già di vedersi affondare, vedere le luce affievolirsi...e John vicno a lei...
“No, non è là che devi andare!” la voce di John era sempre dolce, ma urgente, come se dovesse affrettarsi a riscuoterla e poi era diventata quasi accorata , ma lui dov’era?
“Ascolta amore mio, ascolta...”
E allora come una piccola esplosione rabbiosa e disperata e viva era arrivata la vocina di un neonato.
L’aveva risvegliata, laveva ripresa quando lei era già nell’acqua fino alle ginocchia, in mezzo al pantano...niente di quel bellissimo nero-blu gelido rimaneva di fronte a lei.
Uscì dall’acqua con un moto di leggero raccapriccio...cosa stava per fare?
Meglio seguire quel pianto, meglio...quel bimbo poteva avere bisogno di aiuto.
L’aria era così fredda e quel bambino sembrava davvero disperato, chissà dov’era, chissà...che ci faceva lì, non vedeva nessuno, non sentiva altre voci, ora anche quella di John taceva e solo quel vagito urgente e sofferto la richiamava a sé.
Un altro attimo di esitazione l’aveva colta...quando si era accorta che il prato intorno si era riempito di gigli bianchi, bellissimi gigli bianchi, che macchiavano il verde dell’erba come grandi stelle di ghiaccio.
In mezzo a loro trovò la bambina.
Era una bambina piccolissima, nata da poche ore sicuramente, ma piccola anche come dimensioni.
L’aveva raccolta, l’aveva stretta nel cardigan di lana pesante che aveva indosso, stringendosela al cuore e immediatamente aveva sentito quel vuoto riempito, mentre stringeva quel corpicino nudo al petto.
L’aveva portata a casa di Dorcas, intorno a lei non c’era nessuno, così non cercò altro che di sbrigarsi a portare la bimba al caldo.
Quando chiamarono la polizia e il medico, il dottor Clawley e i poliziotti che arrivarono, le dissero che quella bimba le doveva davvero la vita.
Sìle invece rifletté sul fatto che forse era lei, che doveva la vita alla bambina...ma fu un pensiero che tenne solo per sé.
Quello che non fu un segreto né per lei, né per Dorcas, e venne loro in mente fin dal primo momento, fu che quella creaturina, non fosse una bambina come tutte le altre.
Lily rimase con loro, in affidamento; la chiamarono in quel modo proprio in memoria della notte in cui Sìle l’aveva trovata e si augurarono con tutte loro stesse che avesse trovato la sua casa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Decisioni da prendere, pettegolezzi e nuovi incontri... ***


Capitolo 2- Decisioni da prendere...

- Io davvero non capisco.Ci provo, ma non capisco -
Dorcas aveva iniziato a protestare intorno alle sei di quella mattina e non aveva alcuna intenzione di smettere neppure mentre asciugava i piatti.
- Che cosa non capisci?- le chiese Sìle, la voce un po’ rotta dallo sforzo di impastare il polpettone; si fermò un attimo per grattarsi il naso col dorso della mano – mi passi la noce moscata per favore?-
La donnetta si avvicinò alla credenzina delle spezie.
- Perché vuoi mandare Lily a scuola?- chiese tornando da lei con l’ampollina in mano e una piccola grattugia.
- Per legge, Dorcas. La bambina ha quasi l’età in cui si va a scuola e se non vogliamo che qualcuno abbia da ridire sull’affidamento, dobbiamo mandarcela- rispose Sìle sorridendo leggermente mentre si voltava a prenderle di mano il vasetto di vetro – grazie...- disse distrattamente infilando indice e medio nel barattolo e arrivando a prendere una delle piccole noci profumate per avvicinarsela al naso.
Adorava l'odore della noce moscata.
- E’ la loro, legge, legge da uomini, non la nostra, noi non obbediamo a certe cose...e poi Lily non parla! Come lo spieghi?- brontolò Dorcas per poi sbirciare curiosa nella terrina in cui stava lavorando Sìle -cosa fai con la noce moscata?-
Sìle le lasciò spazio e le fece il gesto di rimescolare con la mano.
- Ce la metto dentro, ci sta bene - disse prendendo a grattare una volta che Dorcas si fu spostata - e comunque, ahinoi Strega Madre - ricominciò dopo un momento - la legge degli uomini è quella che regola la vita di tutti i giorni ed è una legge molto attenta ai bambini, perché per fortuna ormai c’è chi pensa a tutelarli. Lily non parla, io e te sappiamo perché, va bene, ma innanzitutto non è detto che non decida di iniziare a farlo tra qui e un paio d'anni, ma anche così non fosse non possiamo farci niente, se ce la togliessero non so come finirebbe...- sospirò perché la cosa impensieriva anche lei, stava solo cercando la soluzione che desse meno nell'occhio e quella legale, era quella che dava meno nell'occhio -...insomma, io non capisco cosa ti mandi tanto la mosca al naso, le farà bene stare con altri bambini, perché dobbiamo far marchiare come “Quella strana”, anche lei? I tempi sono cambiati, l’alfabetizzazione non è più qualcosa di facoltativo e Lily purtroppo per noi, non è un segreto per nessuno, tutti sanno che in questa casa c'è una bambina da quattro anni e mezzo...-
Dorcas assunse un’espressione da saputella.
- Io a leggere e scrivere l’ho imparato a casa di mia nonna, al cottage nel bosco e nessuno mi ha obbligata alla scuola –
Sìle le diede un’occhiata affettuosa, ma severa mentre iniziava a dare forma al polpettone.
- Dorcas...non insistere, non è possibile – sbuffò rinunciando per un attimo al suo intento perché il prurito al naso si ripresentò, quindi si grattò prima di riprendere a lavorare l’impasto.
- Non vuoi che viva come te?- le chiese l’amica prendendoil suo posto - tu sei stata libera...-
Sìle annuì.
- Ma a scuola ci sono andata...- sospirò - e ti dirò che ne sono contenta! E comunque io scommetto che la piccola sarà felicissima. E che parlerà...- concluse grattandosi di nuovo il naso.
- Beh?- chiese Dorcas guardandola e distraendosi da qualcosa su cui Sìle aveva ragione e non poteva negarlo – arriva qualcuno?-
Sìle si strinse nelle spalle e scosse la testa.
- Forse mi sto raffreddando...-
- Ah...- mormorò Dorcas poco convinta e Sìle lo percepì chiaramente.
- Che c’è?- le chiese togliendosi il grembiule e grattandosi ancora il naso.
- Non è raffreddore questo, è come quando Agenore sente la pioggia: sta arrivando qualcuno, fai sempre così quando c’è gente in arrivo... –
Sìle si mise a ridere e si avvicinò a schioccarle un bacio sulla guancia mentre quella si metteva ad armeggiare con presine e guanto da cucina.
- Tutti i gatti si lavano dietro l’orecchio quando arriva la pioggia...- le disse dolcemente – eppure non piove sempre...-
- Sì, sì...- sospirò Dorcas strappandole un altro sorriso.
- Lo inforni tu per favore? Io devo andare a comprare un po’ di scorta di cornflakes e poi passo a prendere Lily; guarda ho già preparato anche i crostini per...- si voltò verso il purè di piselli che aveva appoggiato sul ripiano del lavandino: vicino doveva esserci un bel mucchietto di crostini di pane imburrato, Sìle era sicura di avercelo messo e ora non c’era più niente se non una scia di briciole che andava dal piatto alla finestra più vicina – oh no! No! No! – protestò Sìle pestando un piede in terra – erano venuti così bene, Hob!-
Dorcas onde evitare scontri troppo accesi tra una giovane strega un po’ arrabbiata e un assistente di cucina un po’ troppo zelante negli assaggi, prese Sìle per le spalle e la scortò verso la porta sul retro.
- Dai non ti arrabbiare, vedrai che si farà perdonare, li rifaccio io i crostini, tu vai...-
- Sì, io vado, ma tu devi smetterla di coprirli sempre quelli lì! L’ultima volta ci hanno messo in imbarazzo con dei clienti, non è più tollerabile questa cosa!- continuò a protestare Sìle mentre si lasciava spingere via e usciva - è una questione di regola di buon vicinato!-
- Gli Hobs sono qui da prima di noi...- sentenziò Dorcas prima di chiudere la porta in faccia alla ragazza, il che significava questione chiusa.
L’unica era darla vinta a quel piccolo ladro di crostini.
Arrivata a questa conclusione, prese la mini verde bosco e partì verso il paese.


Era novembre, intorno le montagne erano tutte sui toni del marrone...fulvo, bruno, violaceo...ogni tanto spuntavano in mezzo al resto verdi rami di felce, era quel paesaggio a metà tra Galles e Scozia.
Monti non alti, ma aspri, con strane formazioni rocciose che spuntavano qua e là tra la vegetazione che variava da fittissima e antica foresta a bassa boscaglia, attraverso cui correvano rivoletti d’acqua che si andavano a tuffare nei laghi e laghetti intorno alimentandoli, creando anche qualche piccola palude.
E lungo la strada che percorreva il parco, si incontravano quei graziosi agglomerati di case come Ambleside, distesi sulle sponde dei laghi, tra i boschi a fare da base agli escursionisti che si avventuravano tra le colline aspre o in qualche giro in barca sui laghi.
Liam era ricomparso in città quella mattina, veniva da Carlisle.
- Non ti sei ancora stancato di tornare in questo posto?-
Ovviamente Charlie, il suo ex datore di lavoro, ma ancora buon amico, appena lo aveva visto lo aveva trascinato al pub a bere.
Liam accennò il suo solito sorriso a mezza bocca, con gli occhi verdi dall’espressione sorniona.
- Ma ti do tanto fastidio qui?- gli chiese mettendo giù la pinta e dando un’occhiata fuori dalla finestra, alle sue spalle e poi tornando a guardare l’amico.
- No, ma una volta avevi molta più fretta di tornartene da dov’eri venuto...-
- Sì...poi ho scoperto che nella vita serve anche lavorare...- sbuffò lui di rimando, portandosi le mani dietro il collo - e Glasgow non era ancora la ruggente e rampante città industriale di oggi...ruggiva e basta, per il resto dormiva- sbuffò inarcando appena le sopracciglia.
Charlie sorrise e annuì convenendo con lui, fissando a sua volta la pinta in dirittura d’arrivo, la schiuma della birra che andava seccandosi sui bordi del bicchiere.
- A proposito di lavoro...- disse ricordando dell’incidente di Liam - come stai?-
Quello chiuse l’occhio destro, ammiccando.
- A metà ci vedo...e si rimorchiano un sacco di ragazze così...- scherzò sorprendendo non poco l’amico a sentirlo ironizzare sulla sua “piccola” mutilazione – l’occhiolino fa sempre colpo...-
- Ah sei diventato quello del bicchiere mezzo pieno ora?- gli chiese.
Lui sollevò di nuovo la pinta mostrandogliela: era piena quasi per metà.
- Mh...diciamo di sì...- disse.
In realtà sapeva benissimo d’essere fortunato a essere vivo e tutto intero, eccezion fatta per l’occhio destro.
Era cieco sì, ma non si vedeva neppure, lo sguardo non era minimamente offuscato.
- Ma come fai a fare foto così?- chiese Charlie.
Liam scosse la testa con aria vaga.
- Per quelle un occhio basta e avanza…e per quanto ho messo da parte in giro per il mondo, beh…diciamo che posso perfino concedermi il lusso di seguire le indicazioni dei medici di non sforzare troppo quello sano -
- Il culo non ti è mai mancato-
Per fortuna Charlie sapeva che Liam non amava troppo parlare di lavoro quando non stava lavorando, quindi non insisteva.
Fu contento di vedere che il sorriso di Liam era sempre aperto e pronto a comparirgli in faccia, che l’amico era sempre il solito nonostante la vita “avventurosa” e molto diversa dalla loro, in quel piccolo paese, che aveva fatto in quegli anni.
Fu contento di scoprire che non era diventato...stronzo, esisteva il termine tecnico specifico, come quelli che si vedevano certe volte in televisione.
- Ma mi hai invitato per una birra o per una pinta di cianuro? Potrei anche essermeli guadagnati quei soldi no?- protestò fintamente offeso Liam.
Charlie puntò un indice sul piano del tavolo.
- Io voglio sapere quanto resti prima di sparire ancora...- gli disse come dire “Non svicolare e parliamo di cose serie!”.
Liam lo guardò di sotto in su.
- Quanto basta…-
Charlie annuì soddisfatto e riprendendo la birra per finirla, gliela levò leggermente incontro.
- Bentornato Liam...-


- Lo scozzese è tornato…- disse Miss White rivolgendo il suo nasino a punta verso il pub, le braccia incrociate sulla pancetta un po’ prominente, unica curva che interrompeva il perfetto piattume della sua silohuette, eccettuata la gobbetta: praticamente una S umana.
Miss Curl, rotonda come uno zero, come sempre, annuì.
- Già…- convenne con il suo grugnetto da carlino circondato da quella graziosa nuvoletta di capelli candidi, che tanto rendeva azzeccato quel cognome per lei.
Assistevano allo scorrere della vita cittadina sotto la tettoia del piccolo supermercato, per ripararsi dalla pioggerellina insistente quanto tipica.
- Sono anni che gira il mondo ormai...- continuò Miss White che invece aveva una capigliatura grigia e assolutamente liscia.
Quando parlava con Miss Curl aveva un contegno assolutamente cattedratico, compunto e...acuminato come il suo naso.
Miss Curl annuiva con aria grave e attenta.
- Già...-
Miss White a volte si concedeva di dire cose anche di tenore minimamente opinabile come ad esempio...
- E’ cresciuto...-
Il trucco stava nel fatto che Liam ormai aveva almeno trentasette o trentotto anni, perciò era difficile non fosse cresciuto da quando ne aveva ventidue.
Quindi Miss Curl avrebbe annuito senz’altro.
- Già...-
Ma Miss Curl non annuiva solamente, perché con loro c’era anche Miss Dawn e Miss Curl sapeva che Miss White, tanto attaccata al suo ruolo di gazzettino locale, poteva sapere tutto prima di tutti, ma non la cosa che stava frullando nella testolina arzilla di Miss Curl in quel momento, perché Miss Dawn era la vicina di casa di Margareth Mill.
Quella soddisfazione doveva levarsela, si divertiva troppo a fingersi complice di quelle due...
- Chissà se Maggie lo ha già visto?- chiese innocentemente.
Miss Dawn, minuscolo esemplare di vecchietta britannica tutta trine, tè e biscottini, non si fece pregare.
- No, non lo ha ancora visto, ma appena gliel’ho detto si è andata a rifare il trucco e ha detto alla madre che sarebbe andata a fare la spesa. Dovrebbe stare per arrivare...-
Riferì puntualmente, causando in Miss White un immediata bocconata di bile per essere stata presa in castagna.
- Buongiorno Miss Dawn, Miss Curl, Miss White...-
Era Sìle che, parcheggiata l’auto, aveva fatto spesa e ora stava preparandosi ad andare a prendere Lily da Mr. e Mrs.Brown, che la tenevano sempre volentieri e lasciavano Dorcas e Sìle libere di fare pulizia nel Bed and Breakfast senza paura che la bimba si facesse male.
- Oh buongiorno tesoro...-
- Buongiorno Sìle!-
- Buongiorno!-
Salutarono praticamente in coro le tre vecchiette.
Ora, Sìle aveva le sue particolarità e la sua speciale capacità di percepire la natura e le cose, ma non ci voleva certo una strega per capire che quelle tre stavano puntando e ficcando i loro simpatici nasetti nei fatti di qualcuno...erano una specie di muro umano di tweed e indiscrezione.
Sìle si affiancò a Miss Dawn per capire dove puntava il suo sguardo, vide Charlie Moore uscire dal pub dal alto opposto della strada, e dietro di lui un tipo alto, almeno sei piedi, spalle larghe e aria decisamente atletica e prestante.
Sicuramente un britannico a giudicare dal modo di affrontare la pioggia, mani affondate nelle tasche del giubbotto di pelle e spalle conseguentemente un po’ incurvate, ma neanche la benché minima ispirazione di usare un ombrello o un qualunque tipo di riparo.
- Impegnatissime vedo…- commentò guardando uno per uno i musetti appuntiti delle donnine.
Miss Dawn prese quel commento come una richiesta di aggregazione da parte di Sìle, così si accostò appena verso di lei, senza però abbandonare con lo sguardo la figura dell’amico di Charlie.
- Quello...- sussurrò con fare significativo indicandolo a Sìle sempre con la punta del naso – è William Kerr...-
Sìle si abbassò verso di lei per gentilezza, ma si rifiutò di guardare verso l'uomo, anche perché sapeva che lui e Charlie stavano guardando in quella direzione e si erano accorti benissimo di essere al centro delle attenzioni delle signore.
- E’ un fotografo...- aggiunse Miss Curl annuendo a conferma delle proprie parole; poi si avvicinò a Sìle seguendo Miss White.
La ragazza si sentì accerchiata come il castello di Caerlaverock nel ‘300.
- Ha fotografato anche donne. Nude...- disse Miss White con in evidenza quella vena della voce attraverso cui scorreva un brodo di curiosità e disapprovazione per un mondo sicuramente depravatissimo, bastava far caso al brivido di apprensione che le aveva percorso la voce mentre pronunciava la parola “Nude”.
Detto questo, sempre circondando la ragazza, tornarono a guardare nella direzione di Moore e del fotografo.
Sìle ebbe la debolezza di sollevare gli occhi verso di loro, proprio nel momento in cui Liam e Charlie avevano deciso di sottolineare di aver notato che si parlava di almeno uno dei due.
Le guardavano tutte e quattro, mani in tasca e l’aria di quelli che avevano tutto il giorno da spendere a non fare assolutamente niente che non fosse stare lì, sempre mani in tasca, a lasciarsi guardare dalle tre donnine, entrambi con un bel sorriso stampato sulla faccia.
- Buongiorno signore! Che piacere rivedervi! Sempre in forma vedo!- esclamò Liam rivolgendo loro un mezzo inchino, dopo di che spostò lo sguardo su Sìle.
Incrociarono gli occhi per un attimo, lei sobbalzò soprattutto per imbarazzo, ma anche perché quegli occhi chiari, allungati e il sorriso scanzonato e ironico, le avevano dato un pizzicotto alla bocca dello stomaco che le aveva mandato una strana sensazione, piacevolissima, di calore alle guance e di “solletico” a spandersi nel petto, che le fece paura.
- Buongiorno Liam...- rispose Miss Curl nel mentre – bentornato...- aggiunse dando origine a tutti i saluti delle altre signore.
Sìle per un attimo rimase ferma, impettita come una guardia delle Regina, atterrita da quello che Charlie e lo stesso William, avrebbero potuto pensare vedendola in mezzo a quella trimurti di pettegole, poi decise di darsi un contegno, si schiarì la voce sempre con gli occhi di Liam puntati addosso, curiosi e ridenti.
L’unica era darsi alla fuga e doveva anche sbrigarsi...
Con un sorrisetto imbarazzatissimo a Liam e Charlie, salutò appena con la mano libera dalla busta della spesa e si girò verso la strada che doveva percorrere.
- Arrivederci! Lily mi aspetta! - salutò genericamente rivolta alle vecchiette prendendo a camminare spedita quanto più poteva.
- Ah Sìle!- la richiamò Miss Curl quando aveva percorso una decina di metri.
Non poteva non girarsi: si fermò, sorrise quanto più naturalmente poté e in quella, con suo sollievo, vide che Charlie e il suo amico, chiacchierando, avevano preso congedo dal “Circolo di Supervisione alle frequentazioni locali”.
- Sì Miss Curl?-
- Quando posso avere il mio...-
Sìle si ricordò d’improvviso e riprese il suo solito sorriso dolce.
- Il vino di vischio, glielo porto nel pomeriggio o domani –
- Grazie cara...-
Quando si separarono, Miss Curl tornò dalle sue amiche tutta soddisfatta e Sìle si diresse decisa verso l’auto senza più girarsi.
Chi si girò a guardare invece, fu Liam, dopo essersi acceso una sigaretta visto che pioveva un po’ meno in quel momento.
- Hai un occhio solo ma ti funziona bene eh?- commentò Charlie vedendolo osservare Sìle che si affrettava a sparire e richiamandolo a sé.
- Chi è?-
- Sìle...-
- Sì questo l’ho capito...- rispose Liam che aveva sentito Miss Curl chiamare la ragazza.
- E’ un’amica della vecchia Dorcas...-
Per quanto lo riguardava, Liam non aveva mai dato ascolto alle voci su Dorcas.
Sebbene ne fosse venuto via, era pur sempre nato in una grande città dove si badava abbastanza ai fatti propri, di problemi non ne mancavano mai e non c’era tempo da perdere dietro a certe sciocchezze.
Ora poi che rifuggiva un mondo frenetico e cinico, in cui le magie le facevano “Strega Chirurgia Plastica” e “Fata Polverina Bianca”, se le era quasi scordate le dicerie riguardo quella buffa donnetta dall’aria simpatica.
- Ah sì, quella del vecchio cottage sul lago...- si limitò a dire mentre soffiava via il fumo e, senza accorgersi della trepidazione in cui la cosa metteva le “Tre Attempate Grazie”, White, Curl e Dawn, vedeva andargli incontro...
- Margareth!-
Charlie lo disse in un modo così estasiato, che Liam capì perfettamente che l’amico tentava di metterlo in guardia...ma pensò che dopo quindici anni, poteva anche rischiare un incontro con lei.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Visitatori ***


Capitolo 3- Visitatori

Aveva riaccompagnato Margareth dopo una lunga, interminabile chiacchierata e ne era uscito stravolto.
Non che Maggie fosse una persona sgradevole e nemmeno i suoi modi erano sgradevoli e nemmeno accettare di sedersi per una mezz’oretta sul suo divano a prendere un caffè era sgradevole, ma sgradevole lui trovava quel tentativo da sempre malcelato, di fargli credere di essere la moglie perfetta per un perfetto uomo di Rydal: lui non era un perfetto uomo di Rydal, non era perfetto e non era neanche di Rydal porca miseria!
Era di Glasgow, di Paisley anzi, perché diavolo tutto quel pidocchio di paese lo vedeva sposato con Maggie Mill?
E non voleva sposarsi!
E poi dopo tutto quello che aveva visto, sentito, vissuto, una Maggie Mill non era per lui, anche lo fosse stata quindici anni prima, cosa che non era.
Appena rientrato in casa, si ficcò sotto la doccia e lì rimase per un po’,facendosi scorrere l’acqua addosso.
Fuori pioveva forte adesso, sentiva l’acqua urtare i vetri delle finestre, sferzandoli spinta dalle violente e improvvise folate di vento: si sentì bene in quel momento, al riparo dal tempo poco “cordiale”, avvolto dal vapore che sprigionava l’acqua calda, poi, resistendo alla tentazione di allontanare ancora un po’ quell’antipatica staffilata di gelo all’uscita da sotto il getto caldo, chiuse la manopola e si avvolse l’asciugamano attorno alla vita, si sbrigò a rivestirsi, poi decise che aveva voglia di starsene un po’ tranquillo e in relax.
In quel momento lo avrebbe rilassato moltissimo qualcosa da fumare, ma non aveva voglia di andare di sopra a cercare, a rovistare nelle tasche della sacca militare, così si accontentò di una normale sigaretta.
Prima di sedersi sul divano davanti al bow window, si avvicinò alla giacca di pelle e estrasse dalla tasca sigarette e accendino, poi, pigramente avvolto nel piacevole abbraccio del maglione nero che indossava, si lasciò andare sulla seduta, si accese la sigaretta che si era infilato in bocca e, guardando fuori si mise a fumare allungando le gambe in avanti.
Quel posto era silenzioso, rilassante.
Quando era arrivato, aveva trovato il caminetto acceso; Charlie gli aveva proposto di stare nella più vecchia e accogliente delle case che possedeva: nonostante lo prendesse in giro per essere diventato...beh se non ricco, almeno comodamente benestante, il buon Moore, con la sua compagnia di trasporti, aveva messo insieme abbastanza soldi da comprarsi cinque cottages in giro per i dintorni del lago e guadagnarci sopra affittando agli escursionisti e ai frequentatori di Grasmere, Windermere e Rydal Water.
Il suo in particolare, poco fuori Ambleside, lungo il fiume, era una di quelle vecchie costruzioni in pietra grigia, abbracciata dall’avvolgente rete dell’edera, circondato da qualche albero, con gli infissi dipinti, di verde in quel momento, ma non si poteva mai sapere; all’interno però quell’aria rustica, veniva meno.
Aveva sì, le travature a vista, i vecchi muri lasciati ruvidi e irregolari come in origine, ma era stato recentemente rimesso a posto e l’arredamento era di una gradevole modernità, semplice, arricchita solo dei colori della tappezzeria etnica.
Il rilassante silenzio che lo avvolgeva, finita la sigaretta, lo aiutò a scivolare in un piacevole sonno, cullato dal suono della pioggia, dal crepitìo del fuoco.
Dopo tanto tempo si ritrovò a sognare, anche se non se ne rese conto subito...credette di essere in quel posto caldo, rovente, a bordo di quel fuoristrada, di quelli bianchi che si vedevano anche nei film ambientati nella savana.
Accanto a lui c’era Manute, come quella volta e come quella volta, guidava lui perché Liam aveva voglia di fare un sonnellino.
Dietro di loro c’erano altri due uomini, giornalisti americani che stavano cercando di allontanarsi velocemente da una delle zone più devastate dalla guerra civile del Sudan: dovevano aver pestato i piedi a qualcuno e lui e Manute non si erano fatti pregare per prenderli con loro.
Quello era il giorno in cui aveva perso la vista dall'occhio destro, sei anni prima.
Nonostante i balzelloni a cui era sottoposta l’auto, lui non ne risentiva fisicamente, li riviveva soltanto nella mente, e loro due ridevano e stavano parlando di...una strana usanza sessuale di quelle parti...Manute gli stava parlando di un nodo “magico”che doveva essere inserito nelle parti intime di una ragazza e da lì estratto grazie all'abilità di amatore dell'uomo.
La fortunata ragazza, a quanto sosteneva l’amico sudanese, traeva grandissimo piacere da quella pratica.


“Si fa quando gli uomini vanno in guerra, è un incantesimo...bisogna far uscire il nodo magico da dentro la ragazza...”
“E come?”
gli chiedeva lui ridendo e poi capendo “Ah vuoi dire con...insomma facendo...”
Manute annuiva e sorrideva scoprendo quella dentatura che avrebbe fatto impazzire Edgar Allan Poe, altro che la defunta cugina Berenice!
“E la ragazza dev’essere bellissima?”
“Sì...”
“Ehi mi piace, aspetta...”
gli aveva detto mettendosi comodo, girato meglio verso di lui “spiegami, lo voglio imparare per bene...”


D’improvviso però rivedeva gli uomini armati, sentiva un suono assordante e poi di nuovo quello schizzo rosso che imbrattava il sedile e la sua spalla, la sensazione di calore appiccicaticcio che gli impregnava la camicia e toccava la pelle, poi Manute che gli si accasciava sulle gambe...
Si svegliò di soprassalto prima di arrivare al momento in cui l'urto contro un albero lo aveva mandato a finire contro il parabrezza.
Quell'urto, che aveva interessato la parte esterna dell'arcata sopraccigliare e la tempia, non l'aveva ucciso, ma gli aveva causato la cecità all'occhio.
Si ritrovò col cuore in gola, sudato, con la chiara sensazione che qualcosa lo avesse effettivamente toccato...anzi...qualcosa gli aveva camminato addosso, le percezione era stata netta, forse perché l’angoscia del sogno lo stava già facendo risvegliare.
Si tirò a sedere cercando di riprendere fiato, si guardò intorno per vedere se l’impressione era quella giusta, tanto per pensare ad altro.
Puntò gli occhi verso la finestra che dava sul lago e si accorse che era il crepuscolo ormai, crepuscolo di novembre, potevano essere le quattro del pomeriggio al massimo, sentì il miagolìo ronfante di un gatto provenire da quella parte, per questo guardò là; vide una sagoma felina in effetti, la luce non era abbastanza da distinguere i colori o le forme anatomiche, ma la sagoma sì...solo che non aveva mai visto un gatto come quello: era grande e...aveva le orecchie che sembravano mozze o mutilate e la coda stranamente segmentata, come fosse un bastoncino più che una coda.
Ancora più forte fu la sensazione che lo stesse guardando anche se gli occhi, contrariamente a quelli di tutti i gatti che conosceva, erano assolutamente invisibili...eppure era certo di vedere il riflesso del fuoco in essi...
Un gatto con occhi completamente neri, che strano, pensò mentre l’animale, con un miagolìo profondo e inquieto, grattava alla base della finestra per uscire.
Si strofinò l’occhio destro, che ormai vedeva solo pallidi aloni di luce quando andava bene, e si alzò, mentre il gatto diventava quasi minaccioso in quel suo miagolare urgente.
Era sicuramente stato lui ad averlo "percorso" svegliandolo.
- Arrivo, arrivo...- gli disse alzandosi e andando verso la finestra, ma appena lo vide muoversi in quella direzione, il gatto, con un balzo un po' sgradevole alla vista, quasi più da roditore che da felino, si andò a rintanare in un angolo assolutamente buio, come fosse terrorizzato.
-...fifone...- sussurrò Liam aprendo la finestra e sentendo il miagolìo, che quasi quasi era un leggero ringhiare piuttosto, che saliva da dietro un portaombrelli.
- Beh è aperto, quando vuoi accomodati pure...non piove neanche più...- sbuffò passandosi una mano sui capelli corti e scuri, sbadigliò leggermente scacciando le ultime tracce di sonno.
Un attimo dopo venne bruscamente distratto dalla suoneria del cellulare, e a chiamarlo era sicuramente qualcuno che non aveva voglia di sentire, ma per scrupolo guardò il display capendo infatti che non poteva fare altro che prendere la chiamata.
- Sì...- disse quando ebbe preso il telefono e risposto – Louise, ma che piacere...-
Il gatto era ancora lì, lo sentiva continuare con quel suo verso cupo anche se dava le spalle alla finestra.
- No...no non posso, sono in Inghilterra...- disse procurandosi un’altra sigaretta e allungandosi a prendere l’accendino. Per farlo però dovette allontanarsi di più dalla finestra e allora, tra il fiume di inutili parole della Signora della Moda che ancora dopo anni non si rassegnava al fatto che lui preferisse la fotografia naturalistica a quella da riviste patinate, avvertì uno spostamento del portaombrelli, quindi si aspettò di vedere il gatto uscire...
Infatti ecco l’ombra che...
- Ma che diavolo...- bisbigliò lasciando pendere la sigaretta tra le labbra: non avrebbe saputo dire cosa stesse guardando ma era assolutamente diverso da quello che aveva visto prima. Sembrava quasi...una figurina umana, mani adunche al posto delle zampe, un gomito, una spalla...forse dei capelli ispidi e...
Ma l’ombra era già scomparsa, con una velocità inimmaginabile...
“Liam? Liam tesoro, mi senti?”
Lui si tolse la sigaretta di bocca un po’ scosso.
- Sì...sì, sì, ti...ti sento, ma...-
“Che c’è?”
- Senti Louise...- doveva liberarsi di lei – io...io devo andare, c’è una persona alla porta, scusami...ti richiamo, promesso!-
Riattaccò senza aspettare risposta e si precipitò alla finestra affacciandosi, ma non si vedeva niente ormai, era già troppo scuro e poi che diavolo credeva di vedere, a parte quella mini che passava lungo la strada?
Era buio per vedere che alla guida c'era la ragazza di quella mattina, quella Sìle.
- Idiota...- si disse ridendo appena di sé, rientrando col busto e chiudendo la finestra - era solo un gatto...-
Andò in cucina per cercare qualcosa da bere, Charlie gli aveva detto di avergli riempito il frigo.
Appena entrato vide che il vaso di ceramica che era appoggiato accanto al refrigeratore, era caduto, e probabilmente era quello il rumore che aveva sentito in sogno, perché a ripensarci, più che lo sparo che aveva ucciso Manute, sembrava qualcosa di fragile che si schiantava in mille pezzi sul pavimento e probabilmente il gatto, spaventato, scappando gli aveva camminato addosso, che c’era di strano?
Raccolti i cocci, li appoggiò sul ripiano della cucina, poi, prima di buttarli via, si avvicinò al frigo.
Una zaffata di odore di latte rancido lo investì violentemente e lo fece accorgere della confezione rovesciata nel lavandino, mangiucchiata su un angolo.
- Ah che schifo...-brontolò prendendo il cartone del latte e avvicinandoselo al naso. Controllò la scadenza e la data di confezionamento, rimase un po’perplesso perché erano una del giorno precedente e l’altra di un mese e mezzo più avanti, ma non diede molto peso alla cosa, poteva capitare una confezione chiusa male.
La buttò via, ripulì il lavandino, aprì la finestra della cucina, quindi decise che gli andava un caffè.


- Eccoci!- annunciò Sìle rientrando a casa.
Lily si lasciò togliere il cappottino, il cappellino, si tolse i suoi preziosi stivaletti e docilmente li consegnò a Sìle che le porgeva già le pantofoline dopo aver posato la busta della spesa.
- Così zia Dorcas non brontola...- le disse la ragazza strizzandole l’occhio.
Lily le sorrise col suo musetto dolce, poi si girò in avanti e sorrise di più, allargando le braccia, correndo verso Dorcas che era comparsa in quel momento.
- Oh! Ecco la mia piccola fata...- disse la donna abbassandosi ad accoglierla e prendendola in braccio mentre Sìle toglieva a sua volta la giacca e le scarpe – hai fame?-
La bimba annuì decisamente…
- Allora via a lavare queste manine!- la esortò la zia rimettendola a terra e dandole una piccola sculacciata di incoraggiamento.
Mentre Lily correva via, Dorcas guardò Sìle con aria un po’ “sconfitta”.
- Avevi ragione su Hob...- le disse – è ora di parlare seriamente con lui e gli altri...- le concesse facendola ridere.
- Che altro ha combinato?- chiese lasciando che Dorcas le ravviasse i capelli.
- Ha rubato altre due mandate di crostini, l’ultima senza neanche aspettare che li imburrassi e ora siamo senza...e non si vergogna nemmeno, ho visto quella sua testina pelosa spuntare da dietro la finestra e guardarmi...-
Sìle si strinse nelle spalle.
- Ho fatto scorta...non è un problema...- rispose andando verso la cucina, rubando una matita da vicino al telefono, con quella fissandosi i capelli sulla nuca prima di andare al lavello e ficcare le mani sotto l’acqua.
- Anche tu avevi ragione...- disse insaponandosi.
- Su cosa?- chiese Dorcas mentre veniva urtata da dietro da Lily che le si avvinghiava affettuosamente alle gambe e le strappava una risata affettuosa e una carezza sui capelli.
- Qualcuno è arrivato...- disse Sìle guardando Lily con un sorriso e poi Dorcas – anzi...tornato per quanto ho capito...- specificò battendo le mani verso Lily e invitandola a prendere posto a tavola – non si rubano le patate, vero?- si raccomandò abbassandosi su di lei e toccandole la punta del naso con l’indice.
Lily arricciò il nasetto e scosse la testa: imitava Sìle in quel vezzoso arricciare il naso, ma lei lo faceva in modo buffissimo, un modo che faceva pungere gli occhi di tenerezza alla ragazza, che infatti non resistette dal darle una piccola serie di bacetti sulla guancia.
- Tornato? Chi?- domandò Dorcas.
Sìle rifletté un attimo sedendosi a tavola e trovandosi subito Agenore vicino che chiedeva coccole, ma meglio sarebbe stato qualche bocconcino.
- Non volevo dare soddisfazione alle tre signore del gossip, ma di nome almeno lo conosco, William Kerr...il fotografo...-
- Ah! Lo scozzese...- disse Dorcas portando a tavola il polpettone appena estratto dal forno – accidenti sono…almeno quindici anni che se n’è andato…-
Agenore si arrampicò sulla coscia di Sìle per degnarsi di accettare un listello di patata dolce dalla mano della ragazza.
- Non so ora, ma era un ragazzo gentile...quando lo incontravo, era l’unico che mi salutava per primo e poi tirava di lungo senza stare a fissarmi per vedere quanti fiori sarebbero appassiti al mio passaggio -
Per Dorcas una educata indifferenza era il più alto grado di cortesia concepibile, dopo anni di pettegolezzi e di sforzi per accontentare quei pettegolezzi e non avere seccature.
- Non ci ho parlato, avevo troppa voglia di scappare...era con Charlie e mi avevano visto con quelle tre chiacchierone, due anzi, ma lo sai che non mi piace passare da pettegola...-
- E’ sempre bello?- domandò a bruciapelo Dorcas.
Sìle stava riempiendo il piatto di Lily.
- Dimmi quando basta...- sussurrò parlando del famoso purè di piselli, ma le arrivò la domanda di Dorcas e allora si interuppe – come?-
Dorcas si accomodò a tavola sistemando il suo enorme seno in modo che non la intralciasse nel mangiare e prese ad affettare il polpettone.
- Beh...era magrolino, forse troppo, ma aveva due occhi che incantavano e un sorriso che era una meraviglia...e poi era alto...-
Sìle a ripensare all’immagine di Liam, sorrise senza accorgersene, piegando appena l’angolo della bocca.
- E’ ancora alto...- mormorò – e non è troppo magro...- aggiunse.
Dorcas levò uno sguardo incuriosito su Sìle, la studiò per un momento e sorrise appena...
- Streghetta...certi pensieri non davanti alla bambina...- le disse ironicamente, facendola arrossire.
Con gli occhi sgranati d’imbarazzo, Sìle prese una cucchiaiata di purè e abbassò gli occhi, guardando Dorcas di sottecchi, con un sorrisetto timido.
- Non l’ho visto bene...ci siamo solo guardati...-
Era vero: si erano solo guardati, solo un attimo fugacissimo, ma quegli occhi le avevano bruciato dentro per quell’attimo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Quella solita cosa... ***


Capitolo 4 - Quella solita cosa...

Quella mattina Sìle si svegliò di un umore strano...di “quell’umore”, quello che seguiva sempre quei presagi.
Neanche la vista delle acque placide del lago che si godeva dall'alto, dal bed and breakfast, servì a rasserenarla...nemmeno la luce che sfiorava le montagne accendendone il colore, luce di pallido sole autunnale, la aiutò a sentirsi più leggera.
- Sarà stata una nottata di sogni impegnativi...- le disse Dorcas dandole quell’infuso che serviva a calmare un po’ i nervi -...oppure deve succedere qualcosa e in quel caso sai che non c’è soluzione...-
Sìle sbuffò passandosi una mano tra i capelli e guardò Lily fuori, in giardino, che giocava con Agenore.
- Non lo so Dorcas...non aveva mai fatto così...e poi...-
- E poi?-


Lily aveva passato una nottata strana, agitata...non era da lei, di solito dormiva tranquilla una volta ricevute le consuete coccole e chiusi gli occhi.
Invece quella sera, dopo andata a letto, era di nuovo scesa di sotto, di corsa, piagnucolando, abbarbicandosi a Sìle, facendo strani versetti da neonata, tremando come una foglia e quando Sìle aveva provato a riportarla nella sua cameretta, aveva iniziato a fare capricci, ad aggrapparsi a Dorcas che era salita al piano superiore con loro per non darle retta su quello che pareva essere una bizza...
Le avevano acceso la luce, le avevano fatto vedere che non c’era niente di cui aver paura e lei per un attimo si era convinta, si era rimessa giù, ma aveva voluto che Sìle le stesse vicina per un po’ dopo che Dorcas se n’era andata al suo cottage nel bosco, poi si era riaddormentata.
Era tranquilla finalmente...
Sìle si era alzata dal suo lettino, aveva lasciato la porta aperta di modo che la bimba potesse sentire i suoni che lei produceva muovendosi, si era spogliata, si era messa il pigiama...poi si era distesa con i piedi infilati sotto la trapunta, tenendo indosso lo scaldacuore, e si era messa a leggere.
Dopo qualche minuto aveva sentito muoversi qualcosa dietro la finestra del corridoio, quella che dava sul retro e sul bosco.
Pensando che fosse Agenore, che d’abitudine andava e veniva liberamente tra il Bed and Breakfast e il vecchio cottage in cui Dorcas preferiva rintanarsi, ora che c’era Sìle a occuparsi dell’altro, era andata a vedere...aveva aperto la finestra, rabbrividendo un po’ per via del vento freddo aveva sporto il busto fuori chiamando il micio che però non rispondeva.
E lì le era successa quella solita cosa...
Si era resa conto che dopo tanto, tanto tempo, stava succedendo di nuovo.
Cosa glielo diceva? Non lo sapeva neanche lei con esattezza…
Guardando verso le chiome degli alberi scosse da improvvise e violente passate di vento temporalesco, aveva sentito…cosa?
Un’innaturale nota bassa? Un impulso ultrasonico? Che nome poteva avere quell’ottundimento dell’udito che durava una frazione di secondo?
Scosse la testa per accertarsi che non fosse solo un momento, ma proprio quella particolare sensazione di cui conosceva già il seguito, riprese a guardare intorno, verso la strada umida di pioggia e, come sempre accadeva, iniziò a vedere le cose in modo diverso.
Si appoggiò allo stipite della finestra e inspirò profondamente approntandosi ad affrontare quelle sensazioni vertiginose che conosceva.
Doveva far passare quell’attimo di “sordità” che le causava confusione prima di guardare ancora, doveva assecondare quella sensazione, lasciarsi portare, lasciarsi guidare dove lei voleva…doveva vedere.
Fissò un punto…uno poco davanti a sé sotto gli alberi; non sapeva perché proprio quello, forse perché se cambiava la messa a fuoco degli occhi, qualcosa, una foglia forse, spiccava più di altri sotto la luce dei lampioni e della luna che andava e veniva dietro le nuvole spesse e nere.
Il passo successivo si presentò pochi istanti dopo, col vento che scrollava i vecchi alberi in quella piovosa sera d’autunno, che prese a rallentare la sua corsa in quel modo così innaturale, così improvviso…non era lui a rallentare in realtà, era lei, la sua mente che si muoveva ad un tempo diverso.
Era sempre così.
La foresta che le stava intorno sembrava venire avvolta d’improvviso da una bolla vischiosa e densa, che avviluppava gli alberi e li costringeva ad un moto lento, costrittivo, claustrofobico per lei che li guardava.
La sensazione che davano era simile a quando si spinge la testa in un cuscino e non si respira più…come quando si appoggia la bocca su un velo di cellophan…ma no…era una sensazione più liquida.
La prima volta che le era successo, da bambina, ricordava di aver pensato “Sembra di guardarli nuotare nella gelatina di nonna Una”.
L’aveva quasi divertita guardare le persone annaspare in quell’invisibile involto fluido e rendersi conto che poteva anticiparne i movimenti e le intenzioni.
Poi aveva visto qualcosa che stonava con tutta quella lenta successione di movimenti…uno veloce, naturalmente veloce: il suo amichetto Eric che saliva in alto, sulla rampa di uno scivolo, metteva un piedino in fallo e cadeva.
Era corsa da lui a rotta di collo, non notando che intanto tutto riprendeva il suo moto abituale se non nel momento in cui, arrivata sotto lo scivolo, aveva visto che Eric era ancora a metà della scala per raggiungere la cima e ben lontano dal farsi male.
Ad ogni buon conto lei lo aveva fermato e lui era arrivato tranquillamente all’età adulta...anche se poi avevano litigato così gravemente.
Col tempo poi era arrivata la consapevolezza che quel dono, non era poi così speciale e tanto meno gradevole.
La storia di Cassandra…che confermava una volta di più che in tutte le leggende esiste un fondo di verità: sapere le cose prima che accadano spesso ti porta ad incontrare l’incredulità e la derisione della gente.
E allora, crescendo, aveva imparato a tenerlo nascosto, almeno dopo quella brutta avventura.
Quella sera, come sempre, passato il momento di vertigine in cui la realtà rallentava, una volta assuefatta a quella lentezza innaturale del mondo intorno a lei, iniziò a guardarsi intorno per capire cosa doveva vedere…
Di chiaro, di perfettamente visibile, c’era solo il vecchio sentiero, quello che si inoltrava nel bosco...Dorcas diceva che, le persone “giuste”, intraprendendo quel sentiero, arrivavano dalle Fate, ma era un percorso da fare con molta, molta prudenza, che le Fate erano qualcosa di molto diverso da quello che gli uomini ormai credevano.
Aveva più o meno la stessa sensazione di quando aveva visto la scala affondare nel piccolo lago, la sera in cui aveva trovato Lily...quel sentiero sembrava affondare infinitamente nel buio della foresta.
In mezzo al sentiero, proprio lì in mezzo, stava in piedi, ferma, immobile, una figura nera, un’ombra..
Sìle, senza sapere come perché non erano mai la sua vista “sensoriale” a suggerirle le immagini in quei momenti, seppe che era una vecchia mantata di nero con un curioso bastone in mano, i capelli bianchi e ispidi, la gobba...
“La Nera, la Gentile...”. aveva sussurrato quella voce che le parlava sempre in quei momenti, quella carezza che era la voce premonitrice “la vecchia cacciatrice...”.
Un viso non ben distinguibile le balzò incontro mentre sentiva quella parole...dal buio...perché era così buio d’improvviso? E freddo e umido? Quel volto le sembrò cianotico, vide un occhio rosso tra i capelli appiccicati di terra e umidità della figura, e denti che spuntavano da labbra gommose e raggrinzite, una bocca scura, nera, che emetteva un suono raccapricciante, come un sibilo sofferente e feroce.
Una stretta dolorosissima attorno al braccio fece riscuotere Sìle e la abbandonò allo sfinimento che sempre seguiva quel tipo di visioni.
Era tutto finito tranne quel sibilo che per un istante sembrò echeggiare nella foresta e il braccio che le doleva ancora.
La figura, quando tornò a guardare, era scomparsa, ma per sicurezza Sìle andò a prendere Lily e se la mise accanto, nel letto.
La bimba durante la notte ebbe diversi incubi, anche se dormì abbastanza, ma non riuscire a farsi dire cosa sognava, dopo quella visione, era angoscioso.


- Sìle?- la richiamò Dorcas.
Lei la guardò riscuotendosi di nuovo, si trovò col viso tra le sue mani, la vide preoccupata.
- Tesoro stai bene?-
Le prese un polso e annuì.
- Sì io sì…-
- Avevi gli occhi così spenti, non mi rispondevi…cosa stavi vedendo?-
Sìle decise di provare a risponderle, ma non sapeva bene neanche lei cosa aveva visto quella notte e cosa aveva rivisto in quel momento.
Guardò di nuovo fuori, verso Lily…e vide che la bambina la guardava come avesse sentito la sua angoscia, con i suoi splendidi occhi plumbei severi e dubbiosi, come riflesso dei suoi.
- Dorcas...chi è “La Nera?”- chiese rispondendo allo sguardo di Lily.
- Chi tesoro?- domandò di rimando la donna, mentre Sìle si voltava a guardarla.
- “La Nera”, “La Gentile”, “La vecchia cacciatrice”...-
Dorcas aggrottò le sopracciglia e si mise seduta davanti a lei.
- Lasciami pensare…- disse picchiettandosi il mento con la manina paffuta; rimase così per qualche secondo, poi però scosse la testa – mi viene in mente solo…-stava per dire, ma in quel momento qualcuno suonò alla porta e Dorcas con un’espressione un po’ seccata, si alzò per andare ad aprire – questa è Clara con la posta. Tesoro, sarà meglio che tu e Lily ve ne andiate a fare un giro: finché non se ne va lei, di queste cose è bene non parlare...- la consigliò.
Sìle ne convenne, si alzò anche lei per infilare il giaccone mentre sentiva già la vocina squillante di Clara che diceva...
- Dorcas ma hai sentito? Lo scozzese è tornato e ieri pomeriggio ha riaccompagnato a casa Margareth…in auto! E che auto cara mia…- non era vero, Liam guidava una bella auto sì, una Serie 1 nera, niente di così trascendentale, però qualcosa andava detto.
Come se da parte di un fotografo di grido, fosse strano avere una bella auto…ecco Clara era una di quelle persone che Sìle preferiva evitare, infatti uscì dal retro.
Il cottage di Dorcas ad esempio, quello nel bosco: era poco meno di un antro dell’inferno nella considerazione di tutti, Clara in primo luogo, ma se serviva a spettegolare, anche l’inferno andava bene per lei.
Lei era una di quelle, ad esempio, che avevano “sconsigliato” John dal “farsela” con una come lei…e il fatto che usasse modi tanto gentili e zuccherosi, per delle streghe, era come se girasse per il paese con un bel cartello sul petto che dicesse “Sono una vipera mordace, diffidate di me”.
Dorcas la faceva entrare a curiosare nel B&B solo per non darle il destro di andarsene impettita, correre in paese finito il suo giro per la posta e spargere la voce che “La vecchia Patel ne stava combinando qualcuna delle sue...” Quali fossero “Quelle di Dorcas”, nessuno l’aveva mai definito, perché lei, in realtà, non aveva mai combinato niente.
Ad ogni modo, Sìle non aveva alcuna voglia di stare ad assistere a quella cascata di inutili pettegolezzi misti a stupide provocazioni.
- Lily…- chiamò uscendo in giardino.
La bimba si girò e le sorrise, distraendosi da Agenore che, nero come la pece, si andò ad imbucare nel suo tronco cavo preferito sparendo nell’ombra.
Sìle fece cenno alla piccola di raggiungerla, quella le andò incontro di corsa, la prese per mano e, badando di fare il giro intorno al cottage dalla parte non visibile dalla cucina, insieme si allontanarono verso il sentiero che portava giù al lago.


Le giornate autunnali erano qualcosa di speciale per certe foto e il Great Langdale era un posto bello, vicino e con dei sentieri facilmente percorribili senza necessariamente mettere in conto mezza giornata di cammino, quindi era l’ideale per uno che, come Liam quel giorno, volesse prendersela comoda.
Poi era arrivato lì e l’aveva ispirato di più la sponda del Grasmere: ci aveva sprecato già due rullini, poi, quando il secondo era quasi finito, si era fermato un attimo, si era messo seduto su un grosso tronco caduto e si era acceso una sigaretta.
Mentre era lì che fumava, d’improvviso dal piccolo bosco verso cui guardava, era uscita quella bimba stupenda e piccolissima, uno scricciolo che affondava nel cappottino e negli stivaletti, con i capelli neri e gli occhioni grandi e intensi, che appena lo aveva visto si era immobilizzata, un ditino sulle labbra, l’aria dubbiosa: era evidente che non le tornasse tanto la sua presenza lì, che non se l’aspettava.
Lui per giocare aveva sollevato la macchina fotografica e aveva scattato, allora la bimba aveva sgranato gli occhi un po’ risentita e un po’ intimidita, era corsa a nascondersi dietro un grosso albero. Lui allora aveva sorriso girandosi di nuovo verso il lago, frugando in una tasca della sacca in cui portava sempre almeno due macchine fotografiche, in cerca del nuovo rullino perché con quello scatto alla piccola, aveva esaurito il secondo.
Chissà come, si sentiva il suo sguardo puntato sulla schiena, ma non si girò, non voleva metterla a disagio e poi sicuramente c’era qualcuno con lei.
Dopo un po’ che era lì fermo, percepì un movimento con la coda dell’occhio sinistro, si voltò e se la vide vicina, che lo fissava.
Era ancora più bella di quanto non sembrasse, aveva gli occhi limpidi, scuri ma visibilmente screziati di verde, azzurro e oro, si distinguevano bene le pagliuzze nelle iridi, e poi aveva delle ciglia prodigiose e una pelle bianca e delicatissima.
Aveva una strana severità nello sguardo, quella tipica dei bambini icuriositi da qualcosa o qualcuno di nuovo, ma guardinghi.
- Ehi...- le disse con un sorriso – tutta sola?- le chiese.
Lei scosse la testa e indicò verso il bosco, ma lo fece con l’aria di quella che gli diceva “Non è un problema, fammi vedere cos’hai lì...”, perché poi dopo un attimo allungò la manina e toccare la macchina.
- Vuoi vederla?-
La piccola annuì riportandosi il ditino sul labbro inferiore e ancora toccò la macchina come conferma.
- Lily! Ma dove...- una voce arrivò dal bosco, da dove poco prima era arrivata la bimba – ah eccoti!-
Liam si voltò come la bambina, e vide una ragazza magra e longilinea, con un giaccone marrone scuro, sciarpa coloratissima, jeans e scarponi, con lunghi capelli scuri raccolti in una coda lenta che le scivolò sulla spalla mentre arrivava un po’ di corsa.
Quando vide la bimba però si fermò e si appoggiò con le mani sulle ginocchia, riprendendo un po’ fiato.
Rivolse un sorriso a Liam e un cenno con la mano a cui lui rispose alzandosi dal tronco.
- L’ha...- tentò di domandare dovendosi fermare per un sospirone però, poi riprese indicando la bambina e avvicinandosi – l’ha disturbata?-
Liam sorrise, guardò la bimba che fissava la macchina fotografica e tornò con gli occhi sulla ragazza; con le sopracciglia leggermente inarcate scosse la testa.
- No, non direi...- disse.
Sìle gli sorrise portandosi una mano al petto.
L’imbarazzo che le avrebbe dato rivederlo in condizioni normali, grazie alla piccola invasione di campo di Lily venne spazzato via, così riuscì a sorridergli con una certa naturalezza e tranquillità.
- Menomale...è che quando veniamo qui, nemmeno il tempo di fermare l’auto che è già arrivata in acqua...e a volte diventa un pochino indiscreta verso chi trova già sul posto, è molto curiosa...- spiegò.
- Sono un intruso quindi?- domandò lui girandosi verso la bimba che ora puntava gli occhi verso il lago tenendo le manine giunte, un’aria molto presa e concentrata.
Quando incrociarono di nuovo gli occhi, Sìle e Liam si sorrisero.
- Possiamo perdonarla...- disse lei riprendendo fiato man mano – e poi noi siamo acquisti più recenti...- aggiunse.
Liam aggrottò un po’ le sopracciglia.
- Acquisti più recenti di chi?-
Sìle sporse una mano verso di lui, il palmo rivolto verso l’alto, per indicarlo.
- Di lei...- rispose -lei viveva qui no?-
- Sì una vita fa...ma...-
Sìle capì che non l’aveva riconosciuta e se ne rallegrò, ma non avrebbe nascosto che si erano già incorciati.
- Oh non si stupisca, io so molte cose...- gli disse con un sorriso dolce e furbetto.
Allora Liam ebbe un’illuminazione perché quella figura lunga e esile con i capelli scuri, lisci e lucidi, gli era rimasta impressa; si mise a ridere ricordando l’imbarazzo evidente in cui lei si era trovata in mezzo alle tre dolci signore.
- Lei è l’amica di Dorcas!- esclamò collegando quell’immagine di lei alla spiegazione di Charlie e al fatto che lei stessa dicesse di “sapere molte cose”
- Sì...- rispose Sìle ridendo a sua volta, poi lo guardò dopo aver dato un’occhiata a Lily, che era sempre lì ferma in riva al lago – e lei è lo scozzese...- disse e lui annuì quasi con un inchino.
- Ma ho anche un nome...- aggiunse poi come se stesse rivelando qualcosa di veramente incredibile.
- William Kerr, so anche questo...- lo anticipò lei.
Lui la guardò divertito, si grattò una tempia con fare dubbioso e ironico, poi roteando leggermente l’indice puntato verso il basso e aggrottando un po’ le sopracciglia...
- Non per sembrare un provincialotto ingenuo e pettegolo, ma...tutto questo lo ha saputo ieri sotto la pensilina o devo iniziare a credere alle voci sulla sua amica Dorcas?-
Sìle arricciò leggermente il naso e dondolò appena il capo.
- Diciamo che...una volta ho visto delle bellissime foto di cetacei su una rivista naturalistica e mi sono ricordata il nome quando ieri me l’hanno detto parlando di lei...e...voci su Dorcas? Che voci?- domandò lei ridendo con gli occhi più che con le labbra.
Liam rise di rimando intuendo lo scherzo e fece spallucce.
- Bah...aliti di vento che sussurrano di streghe, pozioni e dita che se ti indicano fanno venire il singhiozzo...-
Sorrisero entrambi, e entrambi mentre tenevano d’occhio Lily, Liam di girarsi lo fece più per cortesia che per altro.
- Oh! Quelle voci...- disse lei, e lui annuì di rimando - sì, io faccio starnutire se strizzo l'occhio invece...- buttò la scherzosamente.
- Ci avrei giurato!- ribatté lui tornando a guardarla.
Si sorrisero di nuovo quasi senza accorgersene e lui sembrò non fare caso a quella battuta di Sìle, non sul momento almeno.
-Io sono Sìle comunque…- riprese la ragazza dopo un attimo, tendendogli la mano.
- Ah sì…ho sentito Dorinda che la chiamava…- ricordò lui alludendo a Miss Curl rispondendo alla stretta – molto lieto...-
Sìle quando si toccarono, si sentì avvampare leggermente perché lui puntava quegli occhi splendidi dritti su di lei...ed era tanto che lo sguardo di un uomo non la colpiva così tanto e così immediatamente, ma in quel momento Lily tornò di corsa da loro e si abbarbicò alle sue gambe: sospirò prendendola in braccio, anche anche di sollievo per non aver dovuto sostenere ancora a lungo lo sguardo dell'uomo.
- E lei è Lily...- disse quello, allora e Sìle confermò dando un bacetto sulla guancia alla bimba – le ho fatto una foto prima, per giocare...ma si è spaventata all'inizio...-
Sìle aggrottò un po’ le sopracciglia.
- Non si preoccupi...è una giornata un po’ strana per lei...- disse mentre però la bimba protendeva le manine verso il boschetto con fare urgente, costringendo la ragazza a metterla giù dopo un momento – ehi tu: ma che hai?- le chiese un po' interdetta.
Una volta in terra la piccola corse via, si voltò solo un momento per guardare Liam che la salutò, poi andò via di nuovo, addentrandosi tra gli alberi, dove c’era più ombra o dove il sole filtrava a lame, rendendo meno visibile il sottobosco...
- Non ti allontanare, aspettami!- si raccomandò Sìle.
Lily si girò di nuovo e, come dando una spiegazione del perche se ne stesse andando così di corsa, indicò di nuovo tra i cespugli...Sìle guardò, fece un verso di assenso dopo cui la bambina riprese a correre.
Seguendo la sua ombra che si addentrava nel bosco e si fermava comunque in vista, Liam fu sicuro di rivedere il curioso gatto del pomeriggio precedente, fu sicuro di vederlo giocare con la bambina, riconobbe la coda soprattutto, così stranamente frammentata, come fosse una specie di stecco peloso, invece che una morbida appendice felina.
- Ma è vostro quel gatto?- chiese alla ragazza.
Sìle si girò a guardare.
- Quel gatto?- chiese, poi scosse la testa – non proprio, perché?-
- Ieri mi sono ritrovato in giro per casa un gatto stranissimo, somigliava tanto a quello...e poi...- rispose lui pensieroso, poi agitò la mano in aria perché si rese conto di stare per dire una cosa di troppo con un‘estranea e non voleva allarmare nessuno – lasci stare...-
Sìle però, non essendo un’estranea qualunque, sorrise e annuì, perché sapeva perfettamente chi fosse quel gatto.
- Beh io credo di dover andare prima che la bambina sparisca, ma...- rispose iniziando a muoversi verso il bosco e solo quando vide che lui la guardava, continuò – è stato un piacere...- concluse strizzandogli l’occhio.
- Piacere mio...- le disse lui seguendola con lo sguardo, poi però la vide girarsi e guardarlo camminando un po’ all’indietro – sì?- chiese a voce più alta.
Lei ci pensò un attimo.
- Quel gatto tornerà a trovarla, faccia sempre attenzione al latte! - disse lasciandolo a bocca aperta, immobile come uno stoccafisso e domandarsi come diavolo facessero ad aver spettegolato in paese, anche su un po’ di latte irrancidito e su un gatto rimasto chiuso in un vecchio cottage...possibile che si fossero appostati appositamente intorno a casa a spiarlo?
Sìle, si concesse un'ultima occhiata verso di lui e sorrise tra sè vedendolo così stupito, sorrise anche perché si accorse che per una volta, quella sensazione angosciosa che le lasciavano a volte le sue visioni, le aveva dato pace per qualche minuto...e magari era anche un po' merito di un fotografo di grido che si era dimostrato molto più disponibile e gentile di quanto non si sarebbe aspettata.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Riflessioni e scoperte... ***


Capitolo 5 – Riflessioni e scoperte...

Se Sìle aveva avuto modo di non pensare più tanto alla nottata inquietante, Dorcas, che si era svegliata più o meno tranquilla, stava diventando sempre più nervosa.
Bisognava prenderne atto ormai: Lily non era una bambina normale...Lily non era una “Figlia degli uomini”, anche se lo sembrava in tutto e per tutto...e il suo mondo ormai la reclamava.
Lei però non voleva andare, perché con Sìle e Dorcas aveva trovato una casa e una famiglia che la amava e che lei ricambiava.
“Le streghe sono umane, ma non sono come tutti gli umani...noi siamo lo scalino intermedio, non facciamo parte del suo mondo, possiamo vederlo, toccarlo, interagire con esso e anche entrarci, ma non siamo creature appartenenti a lui, come Lily non appartiene a noi...”
Da quanto quel pensiero le frullava in testa ormai? Un anno? Sì, più o meno...perché vedeva, sentiva...
Hob e le sue incursioni erano il meno, ma lei e Sìle da tanto sentivano la terra fremere sotto i loro passi come non aveva mai fatto prima, il vento portare voci nervose quando calava la notte, sempre più vicine...e quella visione di Sìle non era un buon segno, no, non lo era affatto.
La bambina si era agitata perché sentiva qualcosa di minaccioso...qualcosa che poi anche Sìle aveva percepito e che lei stessa, aveva sentito.
Quando Sìle le aveva detto che la visione si era conclusa con quello strano sibilo che riecheggiava nel bosco, capì che anche lei aveva sentito qualcosa, perché si era svegliata con quello stesso suono nelle orecchie e aveva avvertito quel fremito nell’aria, quello che gli altri non vedevano, quello che solo lei e Sìle e quelli come loro, potevano percepire...ed era qualcosa di brutto, di malvagio, un segnale della parte oscura...
Sìle non amava pensare a quel fattore dell’esistenza di Lily e che di riflesso era entrato a far parte della loro vita, ma non potevano ignorarlo a lungo.
Lily non voleva tornare, ma loro dovevano convincerla a farlo prima o poi, non poteva ignorare la sua natura perché ne andava della sua stessa vita...se altri avessero scoperto tutto, per colpa di un’imprudenza fatta per amore di una bambina, come si sarebbe potuto fare ammenda al danno?
Che fine avrebbe fatto tutto quell’universo di creature?
Dorcas decise che ne avrebbe parlato con Sìle appena fosse rientrata...


Sìle invece per quella giornata ebbe tutt’altro tipo di pensieri…
Era confusa.
Come sempre quando era confusa, visto che oltretutto la giornata prometteva temporali malgrado l’inizio sereno, si rintanò nella soffitta del B&B a lavorare alle sue statuine di animali.
La rilassava il contatto con l’argilla, anche se le gelava le mani...era liscia e malleabile e quella cedevolezza le serviva ad allentare un po’ la tensione e a pensare...avere l’occhio allenato a cogliere i piccoli errori di esecuzione di quelle figurine, le permetteva di pensare a correggerli senza perdere il filo del discorso ogni volta e se poi faceva proprio troppo freddo, si metteva a disegnare le cose che le venivano in mente per prossime realizzazioni.
Lily era di sotto con Dorcas, tra loro si erano dette che avrebbero parlato, ma più tardi, quindi lei si era potuta nascondere per un po’, solo in compagnia di Agenore.
Le frullava in testa John...le cose che si dicevano... il giorno in cui si erano conosciuti...
Quell’urto contro le sue spalle...poi il suo sorriso...i capelli lunghi e biondi, raccolti in una coda.

“Oh scusa...non guardavo dove andavo...ti ho fatto male?”
“E io non lo sapevo neppure...no, sto bene, grazie...”
“Dove devi andare?”
“Verso Elter Water...”
“Allora non vai lontana...”
“No...”
“Bene...”
“Perché?”
“Magari ci sbattiamo ancora contro, non si sa mai...”

Quando l’aveva baciata e lei gli aveva dato uno spintone mettendosi a ridere perché non credeva di piacergli...
Quella piccola voglia che aveva lui vicina all’ombelico, che sembrava una piccola mosca...
Gli piaceva tanto tenerla per mano...facevano chilometri solo tenendosi per mano...
Si fermò un attimo a guardarsi le mani pensandoci, se ne strofinò una con il pollice dell’altra ripulendola...un po’ malinconica, come sempre quando ripensava a lui.
Ringraziava sempre d’essere stata ferma sul non volerlo vedere dopo morto, almeno aveva di lui la solita, dolcissima immagine.
Solo che mentre di solito quella malinconia, non la minava nella serenità...quel giorno la serenità era barcollante a causa di quella strana, inattesa sensazione di smarrimento che aveva avuto stringendo la mano di...di Lui.
E questo la innervosiva ancora di più...perché l’unico di cui aveva pensato come “Lui”prima, era stato John...ora invece “Lui” le veniva riguardo Liam.
Perché?
Non lo conosceva neppure...di lui sapeva solo il nome, che faceva belle foto...che era bello lui...un uomo esteticamente bello.
Non era solo alto e ben fatto, aveva anche quel fascino molto virile, ma un po’ selvaggio e un po’ bambino di quelli delle sue parti...gli occhi chiari e limpidi che brillavano e ridevano anche se le labbra accennavano solo un sorriso a mezza bocca.
Le labbra morbide, che sembravano sempre in vena di piegarsi in un cenno ironico.
Aveva quella cadenza tipica degli scozzesi nel parlare, non era tanto la pronuncia dura delle “r”, era più quello strano stringere o allungare alcune vocali, quella vaga cantilena che accompagnava ogni frase...era una parlata dell’ovest della Scozia, quella già un po’ più marcata.
La voce era giovanile...sì, ma adulta, da uomo quale era...vagamente roca, anche quella come diversi britannici, ma armonica.
A Sìle capitava di rimuginare a scoppio ritardato, quasi sempre quando c’era qualcosa che le dava da pensare...ma cos’era che le dava da pensare?
Stava venendo fuori una coppia di piccoli gufi intanto, uno più grande e uno più piccolo...addossati l’uno a all’altro...
Va bene...aveva incontrato un tipo attraente...molto, attraente, probabilmente l’aveva colpita perché era effettivamente quello, a suo gusto, più attraente che aveva incrociato negli ultimi anni, e che per di più aveva evidentemente indugiato più di un attimo su di lei con lo sguardo, ma questo non giustificava una tale inquietudine.
Quando Sìle aveva preso coscienza di sé ed era diventata donna, anche fisicamente, aveva imparato una cosa: le streghe erano in totale a costante comunicazione con il loro lato sensorio, ma anche e fortemente con quello sensuale, non solo...era qualcosa di cui, contrariamente a molte altre donne, non si vergognavano, non lo vivevano come qualcosa di cui incolparsi di scarsa moralità perché faceva parte del loro totale contatto con la natura.
Allo stesso modo quindi non avrebbero mai vissuto come un tradimento verso un uomo morto, come John, il desiderio sessuale per un altro...il bisogno di qualcosa fisicamente bello e appagante, non poteva essere un tradimento nei sentimenti..e poi lei non aveva bisogno di altro dolore per amore.
Così fu facile e niente affatto traumatico per Sìle, dirsi che probabilmente quell’elettricità che sentiva sotto pelle, derivava da una forte propensione fisica verso William Kerr e che sarebbe passata in un modo o nell’altro, unita alla mancanza di rapporti con uomini per tutto quel tempo...
Dopo John non aveva più avuto nessuno e se ci pensava...l’ideale sarebbe stato qualcuno con cui passare qualche momento piacevole, senza la responsabilità di essere una madre, perché quello era diventata, ma senza l’impegno di un rapporto troppo stretto...insomma qualcuno con cui vivere ognuno la propria vita...e probabilmente William Kerr era servito a farle capire che era ora di risvegliare un po’ dell’istinto di donna, quello più intimo...
“E poi con uno così...vorrei vedere chi avrebbe il coraggio di darmi torto...” concluse tra sé.
Solo che, si disse, non poteva essere per un motivo come quello che le aveva pizzicato il naso per tutto il giorno! Era un motivo troppo piccolo e insignificante!

“Sìle sta arrivando un bel fustaccione scozzese grazie a cui capirai che devi sfogare i tuoi bisogni sessuali!”

Che razza di percezione era?
Che aveva “Bisogno di una compagnia diversa...” glielo diceva perfino Dorinda Curl, che pure sembrava una vecchietta tanto timorata di tutto...
No, no...Lui, doveva avere un ruolo più importante, non aveva senso altrimenti e quel turbamento era sicuramente dovuto anche a tutte le chiacchiere di Dorcas.
Si era messa in testa che Sìle stesse facendo chissà che fantasie su di lui e ora lei le stava facendo davvero!
E i gufetti intanto erano finiti; per il momento li lasciò lì, coperti con un panno bagnato per lavorare agli ultimi ritocchi in un altro momento.
Lily era arrivata e reclamava attenzione, la fissava insistentemente dalla soglia...
- Eccomi...- le disse dolcemente, pulendosi le mani e andando verso di lei.


Appena rientrato si era chiuso in cantina, dove aveva allestito e sistemato tutta la camera oscura nell’arco della giornata precedente.
Era la prima volta che sviluppava foto dopo aver lasciato Londra...erano quasi sei mesi, per un attimo si chiese se ne sarebbe stato ancora capace.
Invece con suo sollievo, si accorse che quel periodo di lunga, lunghissima vacanza che si era preso, era servito a rimetterlo in vena di lavorare...
Per lui non era infrequente avere picchi di inattività, ma da quando il danno all’occhio era diventato più serio, doveva ammettere con sé stesso d’essersi un po’ depresso...e l’unico modo che sentiva utile per rasserenarsi era stato tornare in qualche posto in cui era sicuro di trovare tranquillità.
In Scozia non aveva mai smesso di andare, aveva la famiglia, gli amici, per questo non c’era tornato quella volta...perché aveva bisogno di stare da solo per quanto poteva.
Mentre era lì, impegnato a riguardare per una prima scorsa veloce gli scatti fatti quella mattina, sentì qualcosa cadere...
Uscì dallo sgabuzzino in cui si trovava facendo attenzione a non far penetrare luce, che comunque là sotto era davvero poca, e si guardò un po’ intorno accendendo la luce elettrica per capire cosa fosse successo...vedendo un topolino scappare via, guardò in quella che ipotizzò essere la direzione da cui proveniva e infatti vide alcuni vecchi libri appoggiati su un baule, alcuni crollati per il passaggio del topolino.
Dato che era in un momento morto, approfittò per andare a sbirciare di cosa si trattasse.
Si chinò davanti al baule e allungò una mano verso il libro più facile da spostare.
La polvere si sprecava.
“Storie di Fate e Spiriti Inquieti”, diceva una copertina vecchia e scolorita e mangiucchiata...il successivo titolo era una raccolta di storie di folklore popolare curata da Yeats.
Favole tradizionali, racconti popolari delle isole britanniche...erano tutti libri vecchi e rovinati...forse Charlie neppure sapeva di averli, di solito aveva più cura di certe cose.
Pensò che gli avrebbe telefonato per farglieli vedere e mentre lo faceva, un rumore al piano di sopra lo invitò a risalire.
Quando arrivò in salotto, la catasta di legna dietro cui si era nascosto quello strano gatto, era in parte crollata...lì vicino, sul pavimento, c’erano piccole impronte...impronte a quattro dita, grandi circa come quelle di un corvo, ma evidentemente non era un corvo...non capiva di cosa potessero essere e sì che erano chiare e che ormai un po’ se ne intendeva di impronte animali.
Siccome la finestra era aperta, non provò neanche a guardare fuori, ma poi ebbe un’ispirazione...
“La cucina…il latte…”
Poi però ebbe un piccolo scrupolo...
- Perché diavolo dovrebbe essere andato a male? L’ho ricomprato ieri...-
Aveva anche controllato che non fosse chiuso male...aveva scelto la confezione più recente.
Eppure andò a vedere.
Il latte stavolta era in terra estratto dal frigorifero rimasto semiaperto, il cartone era aperto, versato sul pavimento in parte e inequivicabilmente irrancidito.
- Ma dai...- mormorò rimanendo a bocca aperta e poi mettendosi a ridere.
“Allora è vero che sei una strega?” chiese all’immagine di Sìle che gli passò davanti agli occhi mentre la sua voce gli ripeteva di fare attenzione al latte.
E quella domanda ritornò a girargli in testa insieme a qualche altra quando, sviluppate le foto...scoperto che quella di Lily era forse una delle più belle che avesse mai fatto, notò che nel bosco, dietro la bambina...c’era qualcosa.
Si mise a lavorare come un pazzo per avere degli ingrandimenti quanto più puliti e nitidi possibile, aveva l’attrezzatura per farlo, così ottenne delle stampe soddisfacenti finendo a metà della notte.
Il risultato fu un’ombra, emergente come una sagoma di carta in mezzo ad una delle lame di luce che piovevano dall’alto, tra gli alberi...era inequivocabile quella piccola sagoma e stavolta era evidentemente umanoide, sporgeva da dietro un albero e aveva...una strana coda frammentata.
- Il gatto...- mormorò mentre si addormentava sul divano un po' dopo, davanti al camino, il più chiaro degli ingrandimenti appoggiato sul tavolo di fronte a lui.
Lo disse nel dormiveglia, dando voce ai suoi pensieri, perché lucidamente, non avrebbe mai ammesso di iniziare ad avere il dubbio che effettivamente quella figurina fosse un essere vivente e non uno scherzo di qualche intreccio di rami del sottobosco e che, soprattutto, potesse essere "Quel" gatto.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Visitatori (II) ***


Capitolo 6 – Visitatori (II)

- No, non sono miei…- disse Charlie esaminando i libri, scuotendo un po’ la testa e poi sorridendo leggermente – e purtroppo, devo dire...questa raccolta di racconti folkloristici di Yeats è un’edizione antica e piuttosto ben curata...varrà anche qualche soldo, che dici? -
Liam finì di vuotare il bicchiere col whisky e annuì senza particolare enfasi per non dare troppe speranze all’amico, non era un esperto in merito.
- Quasi sicuramente merita farli vedere...- rispose per poi ficcarsi in bocca la sigaretta fumata per metà – se ti interessa posso sentire un paio di persone che conosco e poi guarda...- aggiunse cercando tra i sei o sette volumetti ritrovati in cantina – questo addirittura sembra un quaderno di annotazioni...- disse prendendone uno.
- Annotazioni su cosa?- chiese Charlie.
Liam si strinse nelle spalle e scosse appena la testa.
- Non l’ho letto, non l’ho neppure aperto...- mormorò rigirandosi un po’ in mano il taccuino di vecchio cuoio macchiato dall’umidità:
lo guardava in quel momento per la prima volta, anche perché quando aveva notato quei volumi in cantina, due o tre giorni prima, non aveva fatto altro che prenderli così com’erano e riporli in salotto riservandosi di sbirciarli solo in seguito, poi aveva sentito Charlie e aveva direttamente aspettato d’essere con lui.
Il quaderno era tenuto insieme da un laccio che si spezzò sotto la prima trazione e rivelò tutta una serie di strani disegni, molti dei quali anzi sembravano più macchie senza senso, sostanzialmente tracciati con carboncini o inchiostro...a volte colorati, ma i pigmenti erano sbiaditi e pallidi.
I fogli erano macchiati anche da schizzi di tè, forse caffè, ma era ipotizzabile solo perché alcune scolature avevano tracciato il fondo di una tazza sulla carta; sempre la stessa, si riconosceva da una sbeccatura che interrompeva la circonferenza della base.
Tra le immagini cui si riusciva a dare un senso immediato, erano rappresentati alberi nodosi, buffi ammassi di pietre, come quelli che si vedevano anche dalle sue parti, a volte dei tappeti di foglie, i classici “Cerchi delle Fate”, quelli che ormai si sapeva essere in realtà formati da una certa specie di funghi che viveva per secoli e che sviluppava le radici a raggera, facendole convergere tutte in un unico punto: una spiegazione che non aveva mai capito bene del tutto, ma gli pareva senz’altro più credibile della denominazione che veniva data alla loro traccia.
Proseguendo nello sfogliare, si arrivava alla raffigurazione di una grande roccia con incassata dentro una porta di legno...e poi c’era una lunga scala che si intravedeva scendere in profondità in un lago.
Non andò oltre la prima metà del quaderno, lo richiuse e cercò una qualche indicazione su chi potesse averlo redatto...certo l’umidità aveva sciolto un bel po’ l’inchiostro, ma sulla prima pagina dopo la copertina, era ancora visibile almeno una parte una strofa poetica, vergata con una calligrafia un po’ artefatta, ma molto leggibile, in gaelico irlandese.
Liam lo conosceva un po’ perché a Glasgow, vivevano con la sua nonna paterna, originaria di Kilmacanoghue, verso Galway, che per tutta la vita si era rifiutata di spiccicare una parola d’inglese.
- “Sostenere una pioggia scrosciante /camminare per i sentieri dei cervi/ viaggiare per un soffice prato verde/ una mattina splendente di brina...- tradusse rapidamente.
- Che cos’è?- domandò Charlie.
-Mi deludi! Un appassionato di letteratura irlandese che non conosce...- guardò meglio il titolo da cui era presa la frase, perché lui davvero non la conosceva quella roba che sembrava chiamarsi“Buile Suibhne”- “Sweeney il Matto”?- lesse mentre dava un tiro alla sigaretta.
- Beh non a memoria…inizio ad invecchiare anche io sai?-
- Stai forse sottintendendo qualcosa al mio riguardo? Ho vent’anni meno di te, ti ricordo...- scherzò Liam di rimando.
- Sì...- disse Charlie con tono ironico - e allora che ci fai qui, in mezzo ai laghi della Cumbria, invece che stare a rotolarti in lenzuola di raso con qualche modella?-
- E chi te lo dice che io non sia qui per rotolarmi con qualcuna scusa?- ribatté lui soffiando via la boccata di fumo appena presa.
- Con chi? Con Maggie?-
Liam si fece una risata appoggiandosi con la schiena al divano e portandosi le mani dietro la testa.
- L’hai sempre snobbata poverina!-
- Io non la snobbo, ma non per questo devo sposarla accidenti!-
- Sposarla no, ma...-
Charlie lasciò a metà la frase e Liam lo guardò incuriosito.
- Ma cosa?- gli chiese, poi vedendo che Charlie era imbarazzato per il sottinteso un po’ pesante, rise di nuovo – ah ecco, sposarla no, ma una bottarella sì vero? Non è mica così disperata! Che ragionamenti del cazzo! -
Allora fu Charlie a ridere rendendosi conto di come Liam aveva, giustamente, sottolineato la poca cavalleria del commento.
- Sì...- disse annuendo – proprio del cazzo...-
Si misero a ridere entrambi...perché Charlie sapeva che Liam era abituato a ben altre volgarità ormai e Liam sapeva che Charlie probabilmente aveva usato le parole sbagliate, ma non c’era cattiveria di fondo in quello che diceva.
Quando tornarono seri Charlie sospirò guardando fuori...
- An Buile...- disse.
Liam guardò fuori a sua volta, non vide niente, poi si girò di nuovo guardando l’amico un po’ dubbioso, non capendo bene a cosa alludesse.
- An Buile?-
Charlie annuì.
- C’era un tizio qui, quando ero ragazzo...lo chiamavano “An Buile”- ricordò pensosamente.
- Il matto...- disse Liam e Charlie annuì.
– Era un po’ matto davvero, è morto povero in canna, è sempre stato povero in canna, è morto più povero di come era nato, in Irlanda...era un buon diavolo se non lo prendevano in giro -
- Pensi che siano suoi quelli?- domandò Liam indicando i libri mentre si sporgeva a spegnere la sigaretta.
Charlie fece una smorfia scettica.
- Forse il quaderno...i libri non so se avesse i soldi per comprarseli, ma guarda che se è roba sua, al massimo può avere un qualche valore come lavoro di fantasia, quella non gli mancava di certo – spiegò prima di alzarsi dal divano e infilarsi la giacca – sarà meglio che tolga il disturbo prima che faccia notte...ma se ti interessa vedere quello che faceva Paulie, c’è il vecchio pub sulla strada per Penrith...quel poveraccio ha voluto regalare ai proprietari tutti i suoi disegni -
Liam si alzò con lui e lo accompagnò verso la porta.
- Perché pensi a lui?-
Charlie fece spallucce e scosse la testa vagamente.
- Che io sappia, per quanto sono vecchi quei cosi...quei libri...nessuno intorno al lago sapeva il gaelico, men che meno quello irlandese...- sospirò – qui non capiamo nemmeno il vostro Scots...-
- Charlie, rassegnati, a nord della Cumbria, c’è il Galloway...quelli del Galloway lo parlano ancora l'inglese...- rispose sorridendo perché sapeva che Charlie si era incaponito sul fatto che il confine tra Scozia e Inghilterra, fosse in qualche modo anche un termine linguistico. Un miglio a nord del Vallo, secondo lui, si parlava già qualcosaltro.
Charlie sorrise poco convinto e si avvicinò ancora alla vecchia porta di legno massiccio, pesante e solido, dipinta anche all’interno di verde prato.
- Quando è morto questo Paulie?- domandò Liam incuriosito mentre apriva e lasciava entrare l’aria di pioggia, l’odore del lago, di terra umida e erba bagnata.
L’amico ci pensò un attimo...
- Beh...più o meno quando sei nato tu credo...- disse – era il sessantotto? Sessantanove?-
- Sessantanove…-
- No forse poco prima…Gillian, la proprietaria del pub, te lo saprà dire meglio, con loro ce l’aveva buona, il vecchio Paulie, ci passava giornate intere là dentro, io non so neanche precisamente di cosa sia morto a dirla tutta…dicevano un infarto, mi pare…-
Liam annuì...si rese conto che quell’uomo lo incuriosiva incredibilmente, soprattutto se davvero fosse stato suo quel quaderno, era sempre stato uno che si appassionava facilmente alle ricerche un po’ strambe.
- Va bene, magari domani faccio un salto al pub...-
- Ne vale la pena...Gilly ha un gran bel paio di tette e la birra è anche meglio!- disse Charlie uscendo.
Liam si mise di nuovo a ridere mentre lo guardava scendere lungo il vialetto fatto di lastre di ardesia.
- Beh domani io le vado a vedere, le tette di Gilly, perché se davvero la birra è meglio di loro, vuol dire che almeno su una cosa tra le due, parlando di tette e birra, inizi ad avere le idee un po’ confuse, ragazzo...- scherzò a voce abbastanza alta da farsi sentire, non soffermandosi sul successivo invito dell’amico di andare...in un certo ben noto posto.
Quando rientrò ed ebbe chiuso la porta alle sue spalle, tornò sul divano, si accomodò e si mise a sfogliare quei vecchi libri...
L’O’Donoghue, violini magici...forti delle Fate...Banshees e Lenan Shees, con l’immancabile stuolo di versioni più o meno gaeliche dei loro nomi, gli uomini verdi e le signore dei boschi, Leprechauns, Brownies e Boggarts, i Kelpies, i demoni acquatici che si manifestavano sotto forma di cavalli bianchi...quelli che, nelle visite ai nonni nei Trossachs, ogni tanto venivano addotti ancora a lui, appunto nei primi anni settanta, come scusa per tenerlo lontano dall’acqua in cui poteva essere pericoloso cadere...
“I viaggiatori devono guardarsi dalle acque stagnanti...o i Kelpies li vengono a prendere e una volta in groppa a quelle bestiacce, l’unica via, è quella che porta sott’acqua...nessuno li vede più! Io, io sì che lo so...da’ retta al vecchio Donal, Uilleam, io sì che ne ho vista gente sparire per colpa degli Sidhe!” borbottava sempre il bisnonno Donal, seduto davanti al fuoco, imprimendo sempre una certa enfasi ai suoi moniti nefasti con dei secchi colpi di bastone sul pavimento di pietra.
Quel bastone nodoso, con le sue mani, forse ancor più nodose, appollaiate in cima, una dentro l’altra...
Uilleam, lo chiamava...ed era il suo nome, ma non suonava come lo dicevano tutti; quando lo chiamava lui, in quel modo, il suo nome diventava qualcosa come Ooliam o Oolyuhm e lo faceva ridere...
Nonno Donal sì che parlava lo Scots!
Poi lesse una cosa, un racconto di una contadina dell’Ayrshire, seguito da una definizione più sintetica e circostanziata della creatura di cui parlava redatta dall’autore del libro, che lo incuriosì per una strana similitudine con i recenti accadimenti che avevano coinvolto la sua cucina.
- “La Bean-Tighe, nelle convinzioni e superstizioni popolari della Scozia rurale, è una fata amorevole e benevola, col sembiante di una donna anziana e bonaria, “Una nonna”, dicono alcuni; si adopera, stando alle più diffuse convinzioni, nei lavori domestici e nella cura dei bambini in cambio di latte e dolciumi...”- lesse a mezza voce – e chissà se ha anche un gatto...- ironizzò tra sé, proseguendo nella lettura di qualche riga, ma poi interrompendosi.
Decise di riguardare un po’ gli ingrandimenti cui aveva lavorato per cercare di capirci qualcosa a mente un po’ più fresca.


- Allora? Cosa pensi?-
Dorcas le aveva appena espresso i suoi dubbi e Sìle fissava intensamente il fondo della tazza dove fino a poco prima era il tè, con l’ombra del dubbio e dell’apprensione dipinta sul viso.
- Non lo so...- sbuffò ripensando un po’ a quello che era successo dopo la notte di quella visione inquietante, facendo mente locale su cosa aveva visto o sentito.
Quella creatura no, non si era più ripresentata, ma dopo quella notte, Sìle sentiva muovere attorno a loro molte piccole vite...occhi curiosi e piccole sagome che sbirciavano dalle finestre, evidenti se percepite con la coda dell’occhio, ma invisbili ad uno sguardo diretto e attento...flebili sussurri simili a risatine, ma anche strani rumori nella parti più remote della casa, quelle confinanti con la foresta.
Era autunno, Sìle era abituata a sentire che il sonno placido cui si abbandonava la foresta, coincideva con il risveglio di altra vita, ma non era abitutata a sentirla così vicina e presente, di notte e di giorno, così invadente addirittura.
Trovava tracce del passaggio di visitatori dovunque, nella parte abitata da lei e da Lily del cottage...soprattutto nei posti in cui Lily aveva i suoi giochi, le sue cose, erano palesemente attratti da lei.
La mattina precedente ad esempio, prima ancora che Lily si svegliasse, lei che era già in giro per la cucina, aveva sentito un tonfo provenire dal piano di sopra, dalla stanza dei giochi della bambina, che poi era anche dove lei e Dorcas si rintanavano per cucire a volte.
Pensando fosse Lily che voleva uno dei suoi giochi, era salita a vedere, ma la bimba era ancora placidamente addormentata, avvolta nel piumino e Agenore era di sotto che mangiava.
Sìle era andata a vedere nella camera accanto, convinta di trovare il solito listello di legno sollevato e il solito topolino di campagna che puntualmente, in quella stanza, riusciva a smuovere il parquet in qualche punto.
Non importava che ogni pezzo di legno fosse inchiodato, lui ne trovava sempre uno più cedevole degli altri, riusciva ad attraversare tutta la casa in quel modo, ma quella mattina non c’era stato bisogno di cercare la via d’accesso trovata dal piccolo coinquilino, perché Sìle notò subito cosa c’era che non tornava: il vetro della finestra era strano...e guardando meglio Sìle vide che c’era un vecchio pelouche di Lily incastrato nel riquadro più basso, sull’angolo sinistro.
Ma non solo...in mezzo alla stanza, ribaltato sullo spesso tappeto che ricopriva il pavimento, cosa che probabilmente aveva prodotto quel rumore sordo, c’era il bauletto di legno in cui Sìle teneva ripiegata la copertina che Lily aveva sempre usato per quando si appisolava al pomeriggio o la sera le veniva permesso di stare un po’ alzata a guardare la televisione.
Rimesso a posto il bauletto, si era accorta che la chiusira era graffiata e mordicchiata da denti molto affilati, ma non appuntiti come quelli di un roditore, e sul coperchio, c’era rimasta appiccicata anche una foglia umida e lacerata.
Poi era andata a vedere l’orsacchiotto che era stato tirato per metà all’esterno, attraverso il vetro rotto e tutto sporco di fango...era stato tirato con talmente tanta energia che una punta del vetro frantumato lo aveva strappato...anche di questo avevano parlato con Dorcas.
Sìle ci pensò ancora un po’...
- Tu credi che sia pericoloso per Lily rimanere con noi?- chiese infine, poi come se non fosse sicura che l’amica avesse capito, si sporse un po’ verso di lei sul tavolo – Dorcas, dimmi sinceramente cosa pensi che possa aver visto l’altra notte? Perché dovrebbe avere a che fare con Lily?-
L’altra si teneva una mano sulla bocca, preoccupata anche lei...fece un sospiro pesante e scosse la testa prima di parlare.
- Cosa esattamente tu possa aver visto tesoro, non lo so...- ammise stringendosi leggermente nelle spalle – ma la piccola non ha mai avuto nottate inquiete, ce ne siamo sempre un po’ stupite entrambe, e invece tutto d’un tratto, lei non vuole dormire, vuole la finestra chiusa, quando sai perfettamente che Lily non ha mai amato tenere fuori i suoni della notte...non ha mai avuto paura della foresta...e tu vedi quella cosa...e poi quello che è successo ieri mattina...-
Sìle annuì...doveva convenirne: trattandosi di una bambina così “speciale”, non potevano essere coincidenze quelle.
- Sì questo è vero...-
Dorcas però, Sìle lo sentiva, aveva qualcosaltro da dire...lo rimuginava e lo pensava da molto, senza trovare le parole per dirlo, ci voleva una domanda diretta e lei avrebbe risposto sinceramente.
- Cosa sai Dorcas?-
La donna la guardò, fece per dire qualcosa, ma poi scosse la testa.
- Non so se è vero...-
- Dimmi...-
- Lily è...una specie di “Perduta”, al contrario, va bene, ma...mettiamola così -
- Noi non l’abbiamo rapita Dorcas...- obiettò Sìle temendo che l’amica le stesse dicendo che c’era qualcosa di sbagliato in quegli ultimi quattro anni, ma Dorcas si affrettò a scuotere la testa e a prenderle le mani.
- No, tesoro, non l’abbiamo rapita, è stata la piccola a venire da noi, da te anzi, ma...- si interruppe un momento come cercando le parole più adatte – è stato un prestito capisci? Il prestito di una creatura che ti desse un po’ di felicità in un momento terribile -
Sìle annuì, era troppo responsabile rispetto alla sua natura e agli oneri che essa comportava di fronte e certe cose.
- Ma ora è Lily a non voler tornare da loro...- mormorò.
- E questo è il problema temo…che lei voglia o no, mi pare evidente che loro in qualche modo la reclamino, reclamino qualcuno che appartiene loro e che l’ha dimenticato...è probabile che stiano cercando di ricordarglielo... da entrambe le parti –sussurrò Dorcas.
Sìle la guardò di nuovo incerta.
- Quali parti?- chiese.
E allora Dorcas si prese un altro attimo per pensare.
- Tesoro io non so cosa tu abbia visto l’altra notte- ripeté, ma poi ritrattò radicalmente - o meglio lo so, ma non so perché, tu l’abbia visto...quello che so, e che anche le altre donne delle nostre famiglie, nell’arco di generazioni, hanno imparato, è che quando una creatura del “Mondo dell’inverno”, entra a far parte e si ambienta nel mondo degli uomini, è come se...tornasse un foglio bianco da ridisegnare, capisci?-
Sìle aggrottò le sopracciglia e fece un vago cenno di no.
- Non troppo...insomma sì, capisco cosa vuoi dire, ma non capisco perché dovrebbe essere motivo di un tale sommovimento tra loro...-
Lei e Dorcas non parlavano mai di Fate, le streghe dicevano che non era “Il modo giusto”, di chiamare quelle creature...era un concetto troppo confuso ormai, quello di Fata, di cui gli uomini si erano appropriati con l’illusione che dando un nome a quell’universo, lo si potesse gestire e imprigionare nell’ambito della fantasia popolare e lì dimenticarlo.
Non era così però...e in fin dei conti, non erano solo le streghe e saperlo cogliere, ma chi sosteneva d’aver visto, d’aver sentito, si prendeva del matto, così ormai, nel credere comune, erano rimaste le streghe, i bambini e i matti a crederci, e tra i matti gli artisti e le persone anziane.
Gli anziani rivedevano quel mondo perché tornavano bambini...
- A me è sempre stato detto che è perché chi riprende per primo uno dei “Perduti”, l’avrà con sé per sempre, dalla sua parte...-
- Mi hai sempre detto che non ci sono parti tra loro – obiettò Sìle.
- Non sono sicura, ci sono tante cose che non so in proposito, non sono nemmeno sicura che le spiegazioni che mi hanno sempre dato siano quelle più realistiche, ma alcune volte sì, quelle parti...esistono anche tra loro...- disse Dorcas costringendola ad ascoltarla senza interrompere - tu stessa non puoi negare di aver percepito chiaramente che quello che hai visto era qualcosa di malvagio -
No...quello Sìle non poteva negarlo...quella cosa che aveva visto non era solo malvagia, era violenta, era aggressiva, era spaventosa...e forse voleva Lily, questo era quello che la metteva in maggiore angoscia.
Si passò una mano tra i capelli riflettendo preoccupata: per fortuna Lily era dai signori Brown e non poteva sentire quei discorsi.
- Cosa pensi che dovremmo fare?- domandò a Dorcas – insomma...è stata una notte...una notte soltanto e una mattina e noi ci stiamo costruendo sopra un’infinità di cose, e se non fosse niente di tutto questo?-
Dorcas la guardò un po’ per storto.
- Streghetta tu lo sapevi che Lily era una creatura diversa, che obbedisce a regole diverse...- la ammonì con amorevole severità.
- Non sto negando niente di quello che dici, Dorcas, cerca di capirmi...mi sto solo chiedendo come dovremmo comportarci per non turbarla...e se non fosse niente di tutto quello che ipotizziamo, ma una fase della sua crescita? – rispose Sìle senza traccia di incaponimento o di capriccio – non sappiamo nemmeno come e se crescerà oltre un certo limite! Non sappiamo se manterrà quest’aspetto, non sappiamo niente, proprio perché non è come noi...- borbottò – ha sempre ricevuto visite dal suo mondo, è sempre stata in contatto con loro, gradualmente sempre di più: e se fosse un ulteriore gradino nella sua crescita? Tutto quello che sappiamo è che la bambina non vuole allontanarsi dai boschi e dai laghi -
L’altra annuì.
- E’ vero...-
- Ma?- la incalzò Sìle un po’ meno calma ora.
- Tesoro...quando mi hai spiegato cosa hai visto, ho dovuto pensarci un po’ su, ma alla fine ho capito...- riprese allora Dorcas con calma, ma molto seriamente- ricordi quel...suggerimento che ti è arrivato mentre vedevi quella creatura?- domandò.
Sìle disse di sì.
- La Nera...la Vecchia Cacciatrice...- ripetè la donna ricevendo dalla ragazza una seconda conferma – io credo sia Annis...Annis la Nera...-
- Annis la Nera? Quella che va a caccia di bambini?-
- Sì...da come me l’hai descritta sembrerebbe lei...- disse Dorcas.
Sìle per la prima volta nella sua vita con Dorcas ebbe un moto di incredulità che le provocò un po’ di rabbia.
- Dorcas ma come può essere? Mi stai chiedendo di credere ad una favola dell’orrore! – esclamò.
- Sìle a quante cose hai dovuto imparare a credere da quando Lily è con noi? Ancora prima da quando ti sei scoperta per quella che sei? La notte in cui l’hai trovata Lily, hai visto e sentito tante di quelle cose che non puoi essere scettica proprio tu!-
- Ero sconvolta Dorcas! Sentivo la voce di John! Non sai quante volte mi sono data della pazza ripensandoci!-
Dorcas saltò in piedi in uno scatto nervoso, picchiando le mani sul ripiano del tavolo.
- Eri sconvolta, certo che lo eri! E’ per questo che Lily è venuta da te e lo sai! – disse con molta fermezza.
Sìle si passò le mani sul viso e prese un gran respiro.
- Ascolta...- disse a Dorcas prendendola per mano e facendola risedere – io ti sto solo dicendo che non possiamo essere certe di quello che dici, non ancora...e che per come conosciamo Lily, non possiamo permetterci decisioni affrettate, di questo almeno mi dai atto?- le chiese.
- Sì – rispose quella pensandoci meglio e quindi dando un cenno di assenso – aspettiamo, d’accordo, aspettiamo pure di essere certe che la piccola sia in qualche modo a rischio, hai ragione…- concesse – ma almeno una cosa me la devi lasciar fare...-
Sembrava aver ritrovato un po’ di serenità dopo quell momento più teso e così la ritrovò anche Sìle.
- Che cosa?- domandò la ragazza.
Dorcas si alzò di nuovo e le fece cenno di seguirla dopo aver preso una scodella piena di latte; la portò al piano di sopra, nella stanzetta di Lily.
- Ho messo qualche piccolo ostacolo per chi vuole entrare non invitato, alle finestre di questa stanza e della tua...- spiegò posando la scodella sul mobile appena oltre la porta prima di iniziare ad aggirarsi per la stanza mostrandole una tonnellata di ferraglia, vecchi chiodi spezzati, lame arrugginite poste qua e là, sopra o dentro gli stipiti.
- Pezzi di ferro?- chiese Sìle con un sorriso.
- Lo sai che lo odiano!-
Sìle sollevò una mano e cercare cosa Dorcas avesse messo sopra la porta e si ritrovò in mano una vecchia molla...se la rigirò un momento in mano e poi guardò l’amica.
- D’accordo, ma mettilo dove sei certa che Lily non lo tocchi...non voglio che si faccia male...-
Dorcas la guardò impettita.
- Ma per chi mi hai preso Streghetta? Certo che l’ho messo dove Lily non possa farsi male!- chiese un po’ offesa andando a recuperare la ciotola col latte, immergendoci le dita e prendendo a spruzzarlo per tutta la stanza borbottando piccoli, antichissimi incantesimi protettivi.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Nuovi elementi... ***


Capitolo 7 –

(N.D.R un po' spoiler, mi spiace ^^' quindi consiglio di ignorarla fino a che non arriverete a leggere (N.D.R.)):
c'è una frase a metà capitolo, che ovviamente ha più senso in inglese, ed è questa
"Lo Sgargiante Garlicky Ingordigia Mr.Dunno! Affettuosamente! Molto Affettuosamente!" ovvero"The Garish Garlicky Greeds Mr. Dunno! Fondly! Very Fondly!”, letteralmente “Dunno”
significa niente più che “Boh?”;
Quello che l'autore della frase voleva scrivere era in realtà "The Garish Garlicky, Greets Mr.Dunne!Fondly! Very Fondly"che siginifica "Lo Sgargiante Garlicky Saluta Mr.Dunne ecc.ecc." ma trattandosi di "qualcuno" di non tanto avvezzo alla penna come si capirà, scrive le cose un po' a modo suo)



Del suggerimento di Charlie, Liam aveva provato a scordarsene, ma certo Gilly, graziosa quasi cinquantenne di Manchester, doveva essere ben conscia che il suo decollete era qualcosa che meritava ancora di venire esposto.
Era circa un’ora che gli parlava stando appoggiata al bancone, le braccia incrociate sotto il seno e la scollatura che gli si apriva sotto il naso lasciando galoppare lo sguardo su quelle due enormi e morbidissime tette...d’altronde lei non accennava a nasconderle vista la cura con cui si portava indietro i capelli se anche solo una ciocca le ricadeva sul collo.
La birra, per quanto buona, lo stava sperimentando in quel momento, non aveva speranze nel paragone, non per lui almeno.
- Sono francesi per un quarto...- gli disse con orgoglio quando lo scoprì indugiare un attimo di più su quella grazia di Dio.
Per poco non si strozzò con la birra quando la sentì dire così, per fortuna nel pub c’era solo lui.
- Allora, grand’uomo...- gli disse lei dopo una risatina cinguettante, allungando un ditino a sfiorargli il naso – hai detto che volevi parlarmi di qualcosa?-
Mentre si riprendeva dal momento di panico, Liam annuì, quindi mise giù la pinta e si ripulì il labbro superiore con il pollice, un gesto meccanico più che necessario.
- Sì...Charlie...- prese a dire – Charlie Moore...-
- Charlie, certo...ci conosciamo bene...-ripsose vezzosamente lei.
Di tutto aveva l’aria quella donna, meno che della tipica abitante dell’interland britannico, sembrava più che altro una versione meno confettosa e luccicante di Dolly Parton.
Le sorrise e annuì di nuovo.
- Sì ecco...è una cosa un po’ strana, lo so, ma..mi ha detto che qui forse potevo trovare dei disegni di un certo Paulie, un irlandese che abitava nei pressi di Rydal o White Moss, non ho capito esattamente...- in effetti Charlie non gliel’aveva detto dove questo Paulie vivesse, era lui che aveva dedotto che fosse così dal fatto che il cottage dove abitava in quel momento era a metà strada tra i due posti.
- Oh! An Buile!- esclamò infatti lei facendogli un bel sorriso – sì, poverino…volle regalare a mio padre tutti i suoi disegni perché di lui si fidava, si trovavano sempre insieme a pescare e avevano fatto amicizia…ma perché cerchi quei disegni?- chiese.
Liam scosse la testa e si strinse un po’ nelle spalle...
- Curiosità...mi è capitato tra le mani un vecchio quaderno che forse è suo e...Charlie mi ha detto che qui valeva la pena venirci non solo per quei disegni, così ho approfittato – spiegò.
Gilly lo guardò assottigliando leggermente le palpebre truccate, le ciglia appesantite di uno spesso strato di mascara.
- Per la birra...- puntualizzò Liam intuendo che forse quella fissazione per le sue grazie, non era proprio il massimo della lusinga che la donna sperasse di ricevere in vita sua, malgrado le esponesse con molta generosità.
- Ah la birra...- rispose lei con un garbato scetticismo, ma sorridendogli comunque con fare amichevole - vieni, porta il bicchiere, te li faccio vedere di là, non mi piace esporli troppo...- gli disse invitandolo con un cenno della mano – non mi piace dover dare spiegazioni su quegli scarabocchi...mio padre ci si è rovinato la reputazione...- continuò girandosi a guardare che Liam si fosse alzato e la stesse seguendo.
Lo portò in una piccola stanza, uno studio, scuro, e per poca illuminazione e perché fuori, in quei giorni, il tempo sembrava aver deciso di essere sempre buio quasi come fosse notte.
- Questo era lo studio di mio padre...qui teneva tutte le cose da conservare...- spiegò Gilly aprendogli di più la pesante porta di legno scuro che cigolando appena percettibilmente, gli concesse una visione più ampia sull’ambiente...c’erano mobili scuri come la porta, solidi e pesanti, ma non incombenti; c’erano molte vetrinette che contenevano libri e quaderni insieme a piccoli soprammobili un po’ strambi.
Mentre lei andava ad accendere la luce sulla scrivania, una di quelle belle lampade da ufficio col piede di ottone e la copertura in vetro verde, lui rimase per un momento indietro, colpito dalla piacevole insonorizzazione che sembrava caratterizzare la stanza...pareva che tutti i suoni esterni, trovassero una barriera invisibile sulla sua soglia.
Gilly intanto aveva aperto un cassetto e stava scartabellandone il contenuto.
- Dovrebbero essere qui...era...una vecchia cartella di pelle – disse – ah...eccola qua!- annunciò dopo qualche attimo, mentre la estraeva dal grande cassetto e la spolverava più per affetto che per bisogno...fece un sorriso intenerito guardando Liam – non la tiravo fuori da tanto di quel tempo...- sospirò – da quando papà è morto...l’avevo messa via con l’intenzione di liberarmi di tutta questa roba, ma poi non ne ho avuto il coraggio –
Lui le sorrise dolcemente.
- E’ difficile staccarsi da certe cose...- commentò a bassa voce ricevendo in risposta un sorriso più aperto da Gilly.
- Beh...tutta tua caro – gli disse consegnandogli la cartella e poi indicandogli la sedia dietro la scrivania – prego, accomodati...- lo invitò.
Lui prese la cartella, guardò la sedia e poi annuì.
- Grazie...- rispose accomodandosi e aprendo con cautela la cartella.
- Non aspettarti cose granché sensate...però a me piacciono – lo avvisò Gilly dando uno sguardo anche lei ai primi fogli vecchi, ingialliti e con i bordi strappati o mangiati.
A Liam fu chiaro fin dal primo sguardo che la mano era la stessa di quella che aveva compilato quel quaderno: grovigli di scarabocchi scuri, annotazioni con quella calligrafia particolare, spesso in irlandese, altre volte in inglese.
Schizzi di strane figurine accompagnati da qualche spiegazione come ad esempio...un buffo esserino rotondo, forse perfino un po’ peloso...con delle insolite ali filiformi e l’aria molto, molto confusa...

“La Fata Senza Nome”diceva la nota a fianco “questa fata è venuta da me un giorno, mentre riflettevo sui miei scritti, ha iniziato a girarmi intorno alla testa confondendomi le idee e facendomi perdere il filo del discorso...le ho detto che non mi stava aiutando in quel modo e che qualunque cosa stesse facendo, non era il momento giusto per farla...quando se n’è andata mi sono reso conto che non le avevo chiesto il suo nome.
Non è più ricomparsa sai “mo Chroì”? Ho paura si sia offesa...”


E poi ancora...due buffe figure rotonde, come bolle di sapone piene di fumo grigio antracite, con occhi gialli, rotondi e senza pupilla, totalmente informi.

“Mr.Disperazione e Mr.Depressione: quando questi due mi bussano, io non apro mai...sono capaci di rovinare anche le migliori serate con quel loro malumore!”diceva la nota.

Liam si lasciò sfuggire una risatina di simpatia per quelle cose.
- Te l’ho detto...- gli disse Gilly sorridendo a sua volta.
- E’ incredibile...era un genio...- commentò lui continuando a scorrere quei disegni e quelle annotazioni – “Il Servizievole Hob”...- lesse in relazione allo schizzo di una creaturina dall’aria buona e simpatica, un po’ pelosa, vagamente somigliante ad una fisionomia canina – “...aiuta in cucina ed è incredibilmente ghiotto di pane da infornare e ciambelle dolci...forse è lui che ruba in cucina di Mo Chroì”...- si girò a guardare Gilly – chi è Mo Chroì?- le chiese.
Gilly lo guardò un po’ perplessa e sorrise di nuovo stringendosi nelle spalle.
- Se sapessi cosa vuol dire forse potrei dirtelo...-
- Vuol dire qualcosa tipo Mia cara o...Cuore mio, non proprio, ma ci va vicino...- spiegò Liam.
Gilly sembrò sorpresa.
- Il vecchio Paulie era innamorato allora...-
- A quanto pare...- commentò Liam procedendo nello sfogliare i disegni.
Un rumore di passi e voci, la porta del pub che si apriva e si chiudeva, richiamarono Gilly al suo lavoro.
- Scusami un minuto, stai pure qui...- gli disse lei dandogli una pacca sulla spalla.
- Grazie...- rispose lui sollevando appena gli occhi per un momento, giusto il tempo di guardarla uscire e sorriderle.
Rimasto solo, la porta dello studio chiusa, quell’odore di mobili vecchi e carta e calore nelle narici, in quel silenzio quasi assoluto...si trovò per la prima volta a sentire davvero quanto gli era mancata la pace di quei posti.
Non un’auto, non un suono artificiale che gli lambisse le orecchie, allora, mentre continuava quello scorrere di immagini oniriche e fantasiose, si mise anche a riflettere sul perché quell’uomo, quel Paulie, lo stesse incuriosendo in maniera tanto assoluta e imprescindibile, ad ogni immagine di più, che fosse folle non importava...era assolutamente affascinato da quello che vedeva.
Pareva che quell’uomo, dalle capacità artistiche e immaginifiche a dir poco sorprendenti, vedesse davvero ognuna di quelle singole creature, che davvero parlasse loro...e di ciascuna raccontava qualcosa a “Mo Chroì”, spiegandole del loro nome...dei loro difetti, delle loro passioni, di cosa le spaventava e cosa le attirava, cosa le faceva arrabbiare, il tutto con una proprietà di linguaggio che non lo faceva sembrare un poveraccio qualunque e comunque uno che era abitutato a leggere e scrivere(cosa nient'affatto scontata in Irlanda all'epoca in cui era vissuto Paulie).
Per la prima volta ebbe la sensazione che fosse qualcosa di più che non la fantasia di un vecchio pazzo a dettare quelle immagini...e lì ebbe una specie di folgorazione, qualcosa che ebbe paura ad ammettere perfino con sé stesso, qualcosa che solo ora notava benché fosse successa qualche giorno prima.
L’immagine del gatto sul davanzale della finestra gli balenò nella memoria insieme al ricordo di un fugacissimo pensiero...anzi neanche un pensiero, una percezione di un millesimo di secondo e che poi era sparita...
“Lo vedevo con entrambi gli occhi...”
Rimase allibito per un breve istante, distolse lo sguardo dai disegni portandolo verso la finestra, senza smettere di voltare la pagina che aveva tra le dita, come muovendosi senza volere, preso da quell'idea che lo distrasse dalla fantasia di “Buile Paulie” e lo riportò ai suoi affari più privati...al fatto che chiunque lo avesse visitato a quell’occhio lo avesse scoraggiato dallo sperare di tornare a vedere come prima, anzi, piuttosto pronosticavano il contrario.
Era sempre difficile dover ammettere un’illusione in quel senso...non era una gran mutilazione quella di cui soffriva in quel momento, però...non era come prima e poteva ancora peggiorare e a chi non sarebbe piaciuto poter dire di essere una delle eccezioni in campo medico anche per una cosa così stupida rispetto ad altre?
“Va bene...non fissiamoci sulle false speranze...” si disse tornando a guardare i disegni.
Neanche il tempo di finire di formulare il pensiero, che si trovò ad affrontarne un altro: nel mezzo del foglio campeggiava quella che ormai era la familiarissima sagoma di quel gatto...
Se avesse dovuto dire che era sorpreso, non l’avrebbe detto del tutto convinto, in qualche modo se lo aspettava.
Ovviamente si laciò subito a leggere l’annotazione ai piedi dello schizzo a carboncino, a tratti tutto sbaffato tra l’altro.

”E’ come una “Para”, una fata della fertilità di cui raccontano in Finlandia, Mo Chroì. Compare spesso anche qui, sotto forma di gatto o di rana. Ama imbucarsi là dove avvengono cambiamenti di...Condizione; scombina lo stato del latte, lo fa cagliare o irrancidire, fa diventare grasso tutto quello che uno mangia, sì, sai...fa ingrassare!
Forse però la cosa peggiore, è che le piaccia infilarsi non invitata nelle camere da letto...c’è da chiedersi quanti “guai” combinerà, essendo una fata della fecondità...”


Liam sbuffò passandosi una mano sul viso, poi rimase qualche secondo in silenzio, a fissare il disegno...alla sensazione di poca sorpresa avuta qualche istante prima, adesso si era sostituita l’idea che quello che si aspettava era fondamentalmente la conferma di vedere cose impossibili, di avere iniziato a distorcere la realtà.
Per fortuna fu solo un momento perché poi si disse che...con un problema come il suo, magari l’altro occhio poteva essersi affaticato e stare facendogli qualche scherzo.
“Ma perché un pazzo e uno mezzo cieco dovrebbero soffrire della stessa allucinazione?” gli chiese impietosamente un’altra voce nel suo cervello.
In quel momento Gilly rientrò dopo aver bussato.
- Allora? Trovato qualcosa di interessante?- gli chiese richiamandolo.
Lui si voltò e sorrise.
- Non lo so...forse...però...- guardandola pensò che provare a chiederle un favore poteva non costare niente.
- Dimmi...- rispose lei piegandosi davanti a lui sulla scrivania, restituendogli la vista rassicurante delle sue enormi tette su cui lui indugiò felicemente.
- Beh ecco...so che può sembrare inappropriato e invadente da parte mia, ma...se io ti chiedessi di prestarmi questa cartella per confrontarla con quel quaderno che ho trovato, cosa mi diresti?- azzardò.
Gilly inarcò appena le sopracciglia e si strinse nelle spalle.
- Che tanto quella cartella è rimasta chiusa in quel cassetto per vent’anni e se mi prometti di trattarla bene, puoi prenderla, qui ammuffirá soltanto. Charlie garantisce per te...è passato qui davanti poco fa – gli rispose, poi gli diede un buffetto su un braccio – e potevi anche dirmelo che sei uno famoso no? Ho un sacco di tue stampe di sopra! Le tue foto della zona sono uno degli articoli più richiesti dai turisti, non facciamo in tempo a ordinare calendari e poster che finiscono, anzi...ti do la cartella se me ne autografi qualche copia... -
Liam si mise a ridere, un po’ imbarazzato, come sempre di fronte ai complimenti.
- Scusa ma se non mi hai riconosciuto, significa che tanto famoso poi non sono no?-
Gilly replicò il buffetto sul braccio e si avviò verso la porta.
- Ci sono nomi famosi, che non hanno una faccia e il tuo per me era uno di quelli...ora muoviti, armati di penna e fammi una dedica o giuro che te la faccio pagare quella birra!-
Il risultato fu che, mentre Gilly lo obbligava a firmare mezza dozzina di pacchi imballati di calendari, poster e libri di fotografie, uno degli unici due che per ora lui avesse mai pubblicato perché poi in realtà non amava particolarmente esibire in quel modo quello che faceva, attorno a lui si formò una piccola folla di increduli entusiasti il cui commento ricorrente era:

“Ehi ma allora io ti conoscevo quando stavi a Windermere! Tu eri quello cui correva dietro Maggie Mills!”

Liam tra sé pensò che sarebbe stato in debito a vita con Maggie per non averla mai scoraggiata più brutalmente...lo disturbava alquanto sentire che tutti la trattavano come una povera principessa turca, ingannata dal Lord Baker di passaggio che però, contrariamente a quello della canzone, non aveva mai infranto la promessa di amore eterno rischiando di impalmare un’altra, era semplicemente sparito per quindici anni senza averla mai neppure fatta quella promessa.
L’unico impegno che aveva preso con Maggie, doveva ammetterlo per coscienza, era stato un vivace scambio di opinioni sul concetto di “preliminari” rintanati dietro una barca portata in secca sulle rive del lago, poi più niente.
Imprudenza sua, ingenuità di Maggie, l’aveva capito un attimo dopo essersi ricomposto, mentre dava un’occhiata oltre la barca per avvistare eventuali sguardi indiscreti, perché lei, con occhi luminosi e pieni di amore, aveva squittito come una scoiattolina che Elizabeth glielo aveva detto che Jenny Law lo diceva che lui a Maggie ci pensava!
Lui aveva glissato un po’ dicendole che gli dispiaceva ma che non era un buon momento e che stava per andarsene per un nuovo lavoro, tutto vero peraltro, e pensava che dopo tutto quel tempo, lei si fosse un po’ arresa...a dirla tutta non gli sembrava neppure che lei fosse così innamorata!
Comunque continuò a firmare senza ribattere per un po’, poi all’ennesimo “Maggie Mills” che sentì, si alzò in piedi e si rivolse a Gilly oltre la piccola folla di curiosi.
- Io dovrei andare...- le disse facendole capire che non era un dovere, ma una volontà.
Lei annuì, ma poi sembrò ricordarsi qualcosa e gli fece cenno di aspettare con un gesto frettoloso della mano, sparì nel retro e tornò un momento dopo con la cartella sotto braccio e un altro libro.
“Quel”, libro...
Quello che Liam sapeva che gli sarebbe valso almeno altre due o tre ore di domande, risposte, frecciatine...
Quello di foto di “donne nude”, come avrebbe detto Miss Dawn con la stessa amicizia di un Torquemada in gonna di tweed.
E infatti...mentre avanzava a passo di marcia funebre verso il bancone dietro cui Gilly lo aspettava con il libro già aperto sulla serie di pagine che lo riguardavano, il branco di sciacalli del Lake District, lo seguì passo passo...e Gilly, appena ce l’ebbe davanti, disse esattamente quello che non doveva dire.
Indicando la foto della famosa, famosissima, bellissima modella ucraino-svedese, Eva, con cui era stato per qualche tempo e piuttosto burrascosamente, disse...

“Questa era la tua ragazza vero?”

- Ma non dovevo riposarmi io?- si domandò una volta rientrato in auto.
Gli sibilavano le orecchie per quanto scalpore aveva suscitato la vista di quella meraviglia della natura fotografata in bianco e nero, nuda, in piedi, presa mentre si raccoglieva i capelli sulla nuca.
Ovviamente i confronti con Maggie si erano sprecati...
Quello che nessuno sapeva, perché Liam era uno che la sua vita se l’era sempre tenuta molto per sé, era che sì, Eva era centoottantuno centimetri di perfezione fisica, con altrettante imperfezioni caratteriali e psicologiche, dovute appunto all’essere troppo bella e per questo molto insicura, che la rendevano assolutamente ingestibile!
Per lei ad esempio, era un problema che lui, pur famoso, non amasse affatto venire fotografato, con o senza di lei, perché puntualmente, si convinceva che avesse qualcosa da nascondere e che avesse un qualche motivo per nascondere che andavano a letto insieme e esisteva una sorta di legame affettivo.
Una volta gli aveva piantato un’unghia talmente a fondo nella pelle per graffiarlo durante una crisi di gelosia, che aveva rischiato di rompersela e lasciargliela conficcata addosso.
Quello che lo stupiva un po’ era che tutti sapessero quasi più di lui del suo passato nel mondo dei “Vip”...ma che nessuno avesse collegato che Liam il ragazzetto di Glasgow appassionato di motori e William Kerr il fotografo di fama, fossero la stessa persona, ma da una parte, visto quanto aveva appena passato, ne era contento.
- Va bene Paulie...se non ero pazzo prima, lo sono sicuramente adesso...- sbuffò abbandonando la cartella con i disegni sul sedile alla sua sinistra, prendendo una sigaretta e accendendosela prima di partire.
Si concesse qualche minuto prima di partire per tornare a casa, si spostò sì dal pub, ma si lasciò tentare dal fermarsi a guardare il lago al tramonto in un posto silenzioso e vuoto...
Lasciò passare il giorno, lasciò che la notte si approssimasse di più perché il crepuscolo per lui era un momento particolarmente sgradevole per guidare, quindi ripartì per Ambleside, scoprendosi perfino un po’ frettoloso di mettere a confronto quei disegni con il quaderno, ormai quasi completamente sicuro che fosse di Paulie.
Quando si trovò alle tre di notte che ancora stava spulciando quei libri sulle fate per cercare psiegazioni a quello che disegnava Paulie là dove non c’erano, si rese conto che non era giusto chiamarla fretta, era ansia!
Dopo anni che non gli succedeva, era curioso come un bambino!
Però anche i bambini grandi, ad un certo punto era meglio che andassero a letto, quindi prese e si decise a lasciare tutto.
Si stava spogliando per mettersi a letto a dormire, una volta tanto poteva anche permetterselo in fondo, e gli occhi gli caddero sulla sponda del lago perché vide qualcuno camminare alla luce della luna non del tutto piena, ma molto chiara e intensa quella notte.
Finendo di sfilarsi il maglione dalla testa, si avvicinò alla finestra per vedere chi fosse e, come a dargli un'ispirazione, gli balzò agli occhi e senza ombra di dubbio la sagoma rotonda e inconfondibile di Dorcas Patel(se la ricordava troppo bene), che quasi trotterellando a passo un po' rimbalzante, con un grosso cesto appeso al braccio, un buffo cappello in testa, non da strega, sarebbe stato banale, sembrava più uscito da una stampa ottocentesca, una mantella lunga e scura e una mezza dozzina di gatti al seguito, faceva un disordinato zig zag lungo la linea dell'acqua raccogliendo alghe.
Tra sé sorrise ritrovandosi testimone di quello spettacolino di cui sapeva che l'anziana donnina amava rendersi protagonista di quando in quando.
Mentre lasciava ricadere la tenda, non si accorse che Dorcas, raccolte un paio di brancate di alghe, si sollevò e guardò esattamente nella sua direzione.


- Ehi...buongiorno! -disse Sìle trovandoselo davanti: aveva un’aria che non avrebbe saputo definire bene...sembrava un po’ arrabbiato, un po’ sconvolto, un po’ seccato, un po’ impacciato.
Aveva anche gli occhi stanchi...era chiaro che non avesse dormito granché, ma mentre gli stava di fronte, costretta a sollevare lo sguardo per incrociare il suo, incappava per forza di cose anche nel collo forte sopra le spalle larghe e inciampava per sbaglio nella sua bocca, ebbe di nuovo quello strizzone allo stomaco.
“Perché è bello da morire anche così stanco?” si disse mentre si guardavano di nuovo.
- Disturbo?- le chiese lui.
Lei scosse la testa e aprì di più la porta notando che lui aveva una vecchia cartella di pelle e un quaderno, anche quello vecchio e rovinato.
- Neanche per idea, non abbiamo nemmeno clienti in questi giorni...vieni – lo invitò facendosi da parte e guardandolo entrare.
Lei stava gelando, lui teneva il giubbotto di pelle in mano e sui jeans indossava solo un maglione neanche tanto pesante...aspettò che le passasse davanti per chiudere la porta e quando si girò, si ritrovò a guardargli anche il sedere che in quei jeans e insieme alla lampante bellezza della sua intera struttura corporea, gambe lunghe, ma proporzionate al tronco, bacino stretto e torace ampio, era davvero una cosa che meritava uno o due minuti di raccoglimento...
“Un po’ di contegno!” si ordinò da sola mentre si obbligava a sorridere con distacco “basta con questa fame!”
- Posso offrirti qualcosa? Un thè, un caffè...-
Lui si girò e la seguì mentre gli si spostava di fronte...ci pensò un momento ed ebbe per un istante la tentazione di dirle che si era sbagliato e che era meglio se se ne andava, ma no...aveva le prove di quello che gli succedeva e se Dorcas Patel non era una strega, per lo meno era la persona più ferrata in materia di follie che conoscesse in zona!
E poi gli occhi dolcissimi e caldi di Sìle lo fecero fermare per un motivo che esulava molto da quello che l’aveva portato lì...lo fecero fermare perché erano incredibilmente belli e profondi...
- Una camomilla mi aiuterebbe a calmarmi, ma poi prima di spiegare perché sono qui, dovrei aspettare di svegliarmi...- riuscì perfino a scherzare.
Sìle rise leggermente a sua volta e annuì...
- Va bene, allora vieni in cucina e cerchiamo qualcosa di personalizzato...- gli disse incrociando le braccia sotto il seno e addentrandosi di più in casa – e intanto ci spieghi...-
Arrivati davanti alla scala che portava al piano di sopra, comparve Dorcas che si fermò a guardarlo con aria sorpresa.
- Guarda, guarda! La nostra celebrità!- esclamò allegramente mentre da dietro le sue gambe spuntava anche il musetto curioso di Lily.
- Salve...- salutò, poi guardò la bimba e le strizzò l’occhio pur senza avere risposta se non uno sguardo accigliato di attento studio.
- Qual buon vento ti porta nell’antro delle streghe?- chiese la donna finendo di scendere le scale tenendo la mano a Lily e invitandolo a sua volta in cucina con un gesto della testa – beh...vice-antro, quello vero è il cottage nel bosco...-
- Dorcas...- la richiamò Sìle invitandola alla prudenza, ma quella le rispose con un gesto tranquillizzante.
- Questo ragazzone conosce me e le voci che girano su di me da quando era bambino o poco più...e poi ieri sera mi ha anche visto fare la matta sul lago...non gli crea problemi - sentenziò guidando il gruppetto e, una volta arrivata al tavolo di cucina, ordinando a Liam di sedersi.
Liam si guardò un attimo intorno e, per l’ennesima volta, pensò che se quelle erano streghe, lo nascondevano dietro la più assoluta normalità.
Il Bed and Breakfast aveva l’aspetto più da innocuo Bed and Breakfast che potesse esistere...una normale vecchia abitazione britannica, con pavimenti scricchiolanti e ambienti accoglienti e caldi, pieni di credenze, credenzine, cuscini, soprammobili, arredata con gusto, senza scadere in trine kitsch e accessori bamboleschi.
Qualcosa cambiava nel passaggio tra la parte “Pubblica”, da cui lui era entrato, e quella in cui si trovavano in quel momento, più privata.
C’erano ancora sì, piccoli oggetti, chincaglierie, ma erano tutti...di altro genere...posaceneri, fermacarte, candelieri o altre cose di cui non intuiva l’utilizzo, composti di pigne, legnetti, bacchette di cannella, arance essiccate, sassolini e ciottoli presi probabilmente dai fiumiciattoli o dal lago, con delle punte luminose date da parti di metallo incise.
Tutta la casa, in quella parte che evidentemente non era quella adibita al servizio della clientela, aveva un che di antico e forse un po’ oscuro, ma non di antiquato, sembrava tutto...vivo e vibrante...presente.
- Vero...- confermò rivolto a Sìle mentre tornava a guardarla – grazie...- rispose poi a Dorcas prendendo posto sulla sedia indicatagli mentre lei si accomodava su quella vicina provocando un leggero scricchiolìo.
- Devo essere ingrassata...- borbottò strizzandogli l’occhio, poi dopo un esame di Liam lungo qualche secondo, assunse un’espressione quasi grave – tesoro, questo ragazzo ha bisogno di darsi una spinta...-
Sìle annuì mettendo a bollire un bricco con l’acqua dopo aver preparato tre tazze sul piano della cucina, ma poi si avvicinò a Dorcas, sollevò Lily fino a metterla seduta sulla sedia accanto alla donna, quindi mise le mani sulle spalla dell’amica.
- Ho idea che questo ragazzo avesse qualcosa di cui parlarci...- le disse indicandole la cartella per poi sorridere a Liam – qual’è il problema?- gli chiese.
Liam arrivato al punto di dover dire quello che gli succedeva, sotto gli occhi impietosi di Dorcas e Lily che lo fissavano, rimase un po’ inebetito.
- Io?- chiese, poi gli venne da ridere – certo io...sono venuto io qui...- disse passandosi una mano dietro il collo, guardando un po’ dubbiosamente la cartella e il quaderno.
“Tanto ormai sono qui...tanto vale sputare il rospo...”
- Ho bisogno di parlare con qualcuno di alcune cose che mi stanno succedendo senza che “Pazzo” sia la prima e definitiva diagnosi...- esordì facendo sorridere le due interlocutrici.
- E’ difficile che noi ci prendiamo la briga di dare del pazzo a qualcuno che non siamo noi stesse...- lo tranquillizzò Sìle.
Gli sorrideva...con le labbra e con gli occhi, come se gli dicesse che sapeva tutto quello che provava e pensava, per filo e per segno e lo stesso Dorcas, quando la guardò...solo la bambina in quel momento pareva troppo presa dal giocare col gattino grigio che ora si strusciava contro lo stipite della finestra, per fare caso a lui.
- Noi i pettegolezzi li stimoliamo, non li diffondiamo...- aggiunse Dorcas – abbiamo una reputazione da difendere...puoi parlare liberamente...-
Liam in effetti si sentì un po’ più tranquillo dopo quegli incoraggiamenti, così fece un sospirone e annuì allungando la cartella e il quaderno verso Dorcas, e Sìle che stava con i gomiti appoggiati al tavolo accanto a lei.
- Ho trovato questi...- prese a dire, ma Dorcas lo fermò con un gesto della mano.
- Dall’inizio...- gli disse nascondendo la cartella sotto le braccia, facendogli capire che sapeva che per lo meno pensava che ci volesse una premessa, anche se a lui sembrò che lo stesse esortando a raccontare come erano davvero andate le cose.
Lui allora sbuffò...
- Bene...- si arrese...si passò una mano sui capelli, quindi appoggiò entrambe le mani sulla nuca incrociandole tra loro – dall’inizio...- ripeté prima di prendere a parlare – l’inizio è che circa un paio di giorni dopo essere arrivato qui, io mi sono ritrovato in giro per casa un gatto...il gatto più strano, e se proprio vogliamo anche brutto, che mi sia mai capitato di vedere...- disse, poi guardò Sìle – quello che giocava con la bambina l’altra mattina...-
La ragazza annuì e guardò Dorcas che però ascoltava.
Liam spiegò delle due incursioni del gatto, del fatto che, e di nuovo guardò Sìle, ogni volta che quel gatto attraversava la sua cucina, c’era un cartone di latte da buttare...specificò che il gatto aveva quella particolarità degli occhi neri, che aveva quella strana coda frammentata.
In più, disse loro, quella mattina si era alzato e aveva trovato i libri che aveva lasciato in salotto, tutti sparsi per il pavimento e tutti scarabocchiati con frasi sgrammaticate e...beh non molto sensate, e questo con il gatto non credeva c’entrasse molto, anche perché, chiunque fosse entrato, aveva lasciato impronte di piccoli piedi calzati...molto piccoli, ecco perché era andato da Dorcas, perché un’allucinazione simile, meritava il consiglio di una presunta strega.
Mentre parlava, Sìle si mosse per preparare tre diverse tisane per ciascuno di loro tre e le mise sul tavolo preoccupandosi di passare a Liam la sua.
- Questa ti farà bene...- gli disse dolcemente, con un tono...non confidenziale, ma morbido, piacevole.
- Grazie...- rispose lui.
- Bene, andiamo avanti...- lo richiamò Dorcas togliendosi da sopra la cartella e il quaderno, segno che era ora di passare a quelli.
Liam aggrottò le sopracciglia su un sorriso tremendamente incerto.
- Perché ho come la sensazione che non stiate trovando strana mezza parola?- chiese loro, guardando sia Dorcas che Sìle.
- E tu perché sei venuto qui se poi ti mette in ansia che non troviamo niente di strano in quello che dici?- ribatté la donna prima di dare un colpetto sul ripiano del tavolo per incitarlo – avanti, poche storie, ormai il vaso l’hai aperto Pandora...-
- Non esiste un corrispettivo maschile di Pandora?- chiese lui mettendo ancora qualche istante tra lui e la prosecuzione del racconto della cosa che lo destabilizzava di più da almeno due anni a quella parte.
- No, non esiste, altrimenti diventi un dolce natalizio italiano, ora smetti di spaventarti e racconta...-
- Dorcas...- la richiamò ancora Sìle, per paura che lui si sentisse troppo aggredito, ma quella niente, fissò Liam fino al momento in cui lui non riaprì bocca.
-...l’altra mattina, quando ci siamo incontrati...- disse sempre a Sìle – ricordi che ti ho detto di aver scattato una foto alla bambina?- le chiese invitando Dorcas ad aprire la cartella.
Sìle disse di sì e in quel momento Lily, dopo una frettolosa ritirata del gattino, andò da Liam a tirargli una manica per essere presa in braccio: evidentemente aveva deciso che poteva essere un nuovo amico.
- Beh ho fatto degli ingrandimenti...- rispose lui assecondando con molta naturalezza la richiesta della piccola.
- Lily...- la richiamò Sìle, ma Liam le fece cenno di non preoccuparsi mentre se la accomodava sulle ginocchia; era una bambina incredibilmente piccola e leggera, con la mano le copriva comodamente tutto il pancino.
Si trovò quasi sorpresa nel vedere con quanta tranquillità lui e Lily stavano vicini, la piccola era diffidentissima verso le persone nuove, quanto a lui, Sìle pensava che con la vita che aveva fatto...beh l’aveva già lasciata di stucco che si fosse fatto tentare dall’andare a parlare di certe cose con loro...e ora scopriva che era anche una delle persone più tranquille e disponibili che avesse conosciuto.
- Ma che meraviglia!- esclamò Dorcas vedendo la foto di Lily – guarda tesoro...guarda...- disse rivolta alla bimba, mostrandole la stampa.
Lily sorrise e si portò le manine sulle labbra, quindi si voltò verso Liam quasi a chiedergli una conferma e lui annuì.
- Eh sì...sei proprio tu...- le rispose facendola evidentemente piuttosto felice – prendila, è tua...- aggiunse.
Lily lo fece, diede un’attenta occhiata alla fotografia, quindi la porse a Sìle che guardò Liam strizzandogli l’occhio.
- Promosso a pieni voti...- gli disse scherzosamente.
L’uomo sorrise e chinò appena il capo in segno di ringraziamento, quindi guardò di nuovo verso la cartella invitando Dorcas a cercare gli ingrandimenti dove compariva quella strana figurina umanoide e quindi, spiegando loro anche come fosse venuto in possesso del quaderno e della cartella, come avesse saputo di Paulie e tutto il resto, fece notare loro anche il disegno che riportava la stessa sagoma.
- E’ la Para...-
La risposta di Dorcas, che per inciso conosceva a sua volta Paulie, fu la conferma che cercava.
- Insomma anche secondo voi, io dovrei arrendermi al fatto di ricevere visite da un gatto che si diverte a trasformare il latte in yogurt tutti i giorni e sempre prendendolo dal mio frigorifero?- chiese.
Dorcas annuì.
- E probabilmente da stanotte hai anche un nuovo visitatore...- aggiunse indicando una di quelle scritte strambe.
- Cosa?- chiese.
Liam non l’aveva notata, ma chi aveva fatto incursione di notte nel suo salotto, aveva colpito anche su alcuni disegni di Paulie, marchiandoli con la sua calligrafia sbilenca e sgraziata, le frasi sgrammaticate come ad esempio quella che imbrattava un ritratto di uno dei soliti buffi esserini, un folletto forse, una folletta anzi, bardata con un’armatura un po’ ridicola a dirla tutta, con tanto di protezione per il posteriore e borsetta chiodata.
(N.D.R.)-Lo sgargiante Garlicky...ingordigia Mr.Dunno?- lesse Liam un po’ sconvolto
- Affettuosamente...molto affettuosamente...- si accodò a leggere Sìle ridendo.
- Esiste un verbo che deriva da "Ingordigia"? e poi chi è Mr.Dunno?- chiese Liam ridendo appena anche lui.
- Credo sia Paulie...si chiamava Dunne di cognome...- ipotizzò Dorcas.
- E Garlicky?-
- Probabilmente un goblin...non puoi certo aspettarti che scrivano bene...-
Liam sgranò gli occhi e sbuffò abbandonandosi contro lo schienale della sedia con una faccia un po’ confusa che impietosì Sìle.
- Dorcas...certo che se era venuto qui a chiedere aiuto per trovare delle spiegazioni, non funziona così...- momorò.
La donna si risentì un po’, fu evidente; alternò lo sguardo tra lei e Liam e si strinse nelle spalle.
- Beh io gli dico quello che so, se non gli piace, può alzarsi e andarsene...- rispose.
Lily intanto, mentre loro parlavano, dalle ginocchia di Liam si sporse in avanti per afferrare i disegni prendendo a scorrerli...
- Onestamente non saprei cosa pensare...certo è che ritrovarmi tutto il piano di sotto stravolto, pieno di impronte e con evidenti segni di esplorazione da parte di qualcuno che non era un animale, perché almeno delle impronte animali sono ancora in grado di riconoscerle, non mi aiuta a chiarirmi le idee...- sospirò – un goblin...Dio Santo, io non ci credo a queste cose! Perché diavolo dovrebbe esserci un goblin in casa mia? Perché dovrebbe esistere un goblin soprattutto?- si domandò quasi più tra sé che altro, preso da un improvviso attacco di buonsenso
- Il buonsenso non aiuta, signor “Sette meraviglie in una”...- lo apostrofò Dorcas facendo scomparire istantaneamente sia lui che Sìle sotto una mattonella, lui perché certe attenzioni lo atterrivano, lei perché capì che Dorcas aveva notato quanto lei lo guardasse – se tu preferisci continuare a credere d’aver visto un brutto gatto sul davanzale della tua finestra, fai pure, ma ti avverto che non ti si prospettano tempi tranquilli allora...-
- Perché se invece ci credessi? Potrei stare più tranquillo?- le domandò lui sorreggendo la bambina che ogni tanto si sbilanciava in avanti per arraffare un foglio che la interessava.
Continuava a spulciare i disegni con l’attenzione e la serietà che solo i bambini sono capaci di mettere in certe cose...solo che d’improvviso si innervosì, spinse via la cartella con un gesto nervoso e quindi si andò a rintanare contro il petto di Liam piagnucolando, diventando ancora più piccola tra le sue braccia.
- Ehi...- la chiamò dolcemente lui, piegandosi appena sul suo viso, scostandole una ciocca di capelli nero corvino sulla spalla – che succede?-
- Lily che c’è?- le chiese Sìle andando vicina alla bimba che scuoteva la testa e stringeva forte in una manina un lembo della maglia di Liam; chinandosi di fianco a lui che intanto, un po’ sorpreso, cercava comunque di calmarla mentre piagnucolava sempre di più, le accarezzò la schiena e si accorse che tremava, ma neanche si girò verso Sìle, non cercò il solito conforto da lei.
- Sono quei disegni credo...- mormorò Liam guardandoli.
Lei si girò e li osservò un attimo, le parve strano, ma era l’unica possibilità vista la reazione tanto repentina.
- Dorcas toglili...- disse all’amica, poi si rivolse a Liam mentre quella raccoglieva tutto e lo nascondeva alla vista di Lily – noi due è meglio se andiamo a fare due passi...- propose un po’ allarmata da quel comportamento della bambina.
Il suo nervosismo sembrò essere scatenato in particolare da una figura, ma nessuno di loro tre sul momento si prese la briga di guardare cosa rappresentasse; era in crisi, proprio come qualche sera prima, pigolante, piagnucolosa, capricciosa, si aggrappava al collo di Liam con una confidenza che non le era propria, sembrava davvero che avesse una paura folle ma neppure Sìle vide che il disegno somigliava moltissimo alla figura nera che le era apparsa in mezzo al bosco.
Liam si sentì in colpa per averla spaventata, ma di contro sembrava che la bambina volesse proprio lui in quel momento, pur non conoscendolo quasi affatto.
- Quanto mi dispiace, ti assicuro che non fa mai così...è sempre tranquilla!- sospirò Sìle mentre lui si alzava in piedi con Lily ancora abbarbicata addosso e cercava di calmarla dandole qualche piccolo colpetto sotto il sedere, cullandola appena.
- Non preoccuparti, è colpa mia...- le disse lui con molta pacatezza, girandosi verso la finestra per nascondere meglio Dorcas che sgattaiolava via con quelle carte – non pensavo potesse farle quell’effetto...-
- Nemmeno io te lo giuro...è un periodo un po’ particolare questo, è così nervosa...- rispose la ragazza seguendolo da vicino, con una mano protesa verso quella di Lily che ne stringeva le dita.
Continuava ad emettere un lamento flebile e affannato, aveva gli occhi accesi in un modo stranissimo, come fossero pieni di pagliuzze d’argento illuminato, Sìle era disperata...si ricordò tutto quanto Dorcas le aveva paventato e pregò che Liam non s’accorgesse di niente.
Alla fine, cercando di non lasciare trasparire troppa ansia, riuscì a convincere la bambina a lasciar andare lui, anche perché aveva paura che fosse disturbato da quell’aggrapparsi di Lily, per quanto non sembrasse, ma la bimba accettò soltanto d’essere messa in terra dopo di che, si rintanò contro una gamba dell’uomo, stringendola come fosse un tronco d’albero, perché tali erano le proporzioni: gli arrivava sì e no tra ginocchio e coscia, lui era veramente imponente di statura.
- Ascolta...- propose lui d’un tratto girandosi verso di lei – lasciamo stare questo discorso per ora...non ho fretta, davvero, non voglio che si spaventi di più...-
Sìle, non se ne accorse, in momenti come quello, di profondo stress emotivo, non poteva farci niente, quando portò lo sguardo su di lui gli fece vedere chi era.
Gli mostrò la sua natura in quel modo particolare, quegli occhi riflettenti da gatto, spaventati e inquietanti...
Lo vide rimanere di sasso per qualche istante, capì cosa aveva visto perché percepi’ quel battito di meno che fece il suo cuore, quella breve interruzione di tutto che avviene quando si vede qualcosa che lascia esterefatti, quindi si passò una mano sul viso.
- Scusami...- gli disse a bassa voce, girandosi e nascondendosi finché non sentì il cuore batterle un po’ meno forte per la preoccupazione...solo che sentì che non sarebbe trascorso così facilmente quell’attimo, troppe cose le si accavallavano dentro
La paura per Lily, l’ansia di capire cosa stesse succedendo e non ultima, anche se assolutamente fuori luogo, la scoperta che quell’uomo, perfino in quel momento in cui la guardava attonito, non era spaventato da lei...si accorse che la paura che suscitava negli altri era diventato il suo scudo, non era pronta a sostenere uno sguardo sorpreso, ma affascinato e curioso...e lui fece anche di più...
- Prendila...- le disse alludendo a Lily, spingendola a voltarsi verso di lui.
Le si presentò ancora una stranezza da parte della piccola: aveva improvvisamente smesso di lamentarsi ed era caduta in un sonno profondo, pendendo beatamente sulla spalla di Liam che si era abbassato per lasciarla appoggiare a sé.
Sìle si avvicinò e lasciò che lui le passasse la piccola...si trovarono molto vicini e lui la guardò dritto negli occhi, ma le sorrise.
In qualche modo per lei, quella sua tranquillità, quel suo discreto stupore, furono il segno definitivo che l’avvertimento sul suo arrivo era in qualche modo legato a loro tre, lei, Dorcas e Lily...non si sbagliava, lui doveva avere una parte in quello che accadeva sia per come si rapportava con Lily, anzi per come lei si rapportava con lui, sia per la possibilità che gli veniva data di vedere cose che molti altri, eccetto Paulie in quel caso, non potevano.
- Lasciami il tuo numero o dimmi dove trovarti...dobbiamo finire di parlare...- gli disse a bassa voce.
Lui annuì mentre si assicurava che lei avesse saldamente Lily in braccio.
- Il vecchio cottage tra qui e Ambleside, quello con gli infissi verdi...mi trovi lì e...- rispose per poi guardarsi intorno e avvistare una penna e un blocco di post-it su una mensola – posso?- le chiese prendendoli quando Sìle annuì; si abbassò sul tavolo, e le annotò due numeri – quando vuoi...- aggiunse sottovoce – non ho molto da fare in questi giorni...ufficialmente sarei in malattia...-
Detto questo la dispensò dall’accompagnarlo e Sìle rimase in cucina, a guardarlo raggiungere l’auto e ripartire.
Sentì Dorcas dietro di lei, sapeva senza voltarsi che era sulla porta della cucina...
- Che ne pensi?- le chiese accarezzando la schiena di Lily.
- Che non mi ero sbagliata su di lui...- rispose la donna – troppo intelligente per non capire che non è sempre tutto come ti insegnano a vederlo...ma tu stai attenta streghetta, potresti farti molto male...- e Dorcas non alludeva affatto al lasciarsi andare con lui, anzi! Ma Sìle scosse la testa mentre la Serie 1 nera si allontanava.
- Non mi farò male...- disse sottovoce, anche se dentro di sé già vedeva una specie di cartello con su scritto “William Kerr è Lui"; anche se si ribellava, già sapeva che non poteva fare niente per evitarlo...

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Pensieri e Parole ***


Capitolo 8 – Pensieri e parole

altro capitolo un po' lungo, spero sempre non noioso...

“Ci vediamo lì allora...”
“Ci vediamo lì...” aveva ribadito lei prima di riattaccare.
Liam le aveva risposto con una voce sonnacchiosa e morbidissima: l’aveva svegliato e a pensarci le era venuto un moto di tenerezza a immaginarselo, così alto e forte, appisolato come un bambino...e dietro, mentre lui le parlava, le si era formata in mente l’immagine assolutamente istintiva e fuori luogo, di accoccolarglisi contro e sentire il suo calore su di sé mentre lui faceva finta di dormire ancora, ma intanto le cingeva il collo con un braccio...
Sembrava un ricordo più che un'immagine composta sul momento; magari l'aveva sognata?
“Come stai?” le aveva chiesto Liam una volta deciso che si sarebbe svegliato, e Sìle aveva riportato quella frase nel suo breve sogno ad occhi aperti.
Il fatto era che lui glielo aveva chiesto con una voce così sussurrante e carezzevole, forse perché l’idea di interrompere il sonno di qualcuno che la attraeva, a qualunque livello fosse, per lei era una sensazione molto intima e le diede un brividino sottile sotto pelle.
“Bene...” aveva risposto parlando anche lei a bassa voce, accorgendosene solo dopo.
Avevano parlato complessivamente molto poco al telefono, ma quando lui le aveva detto “Ci vediamo nel posto dell’altro giorno?”, come se fosse una cosa che succedeva da sempre tra loro incontrarsi, Sìle aveva sentito di nuovo quell’avvertimento dentro di sé, ma stavolta più deciso e forte...e intorno al cartello nella sua coscienza, con su quella scritta riguardante Liam, Lui, si era accesa una coroncina di lampadine accese...
“Certo...” aveva risposto timidamente.
Quando aveva riattaccato si era sentita stordita perché...si ritrovò ad essere emozionata, la gola lievemente chiusa, la bocca secca, le mani gelide e un tremolio alle articolazioni non ben gestibile; a lei non era mai successo, lo aveva sempre sentito tramite le percezioni che aveva delle altre ragazze: poteva sentire la loro emozione quando, incrociando il ragazzo di cui erano innamorate, lui le salutava e loro arrossivano e si nascondevano contro la spalla dell’amica...a lei questo era mancato anche se, pur non avendolo provato direttamente, sapeva riconoscere benissimo che era dovuto a un turbamento molto fisico, che non aveva a che fare con i sentimenti benché in molti sostenessero il contrario.
Da ragazzina, adolescente, aveva un amico, un amico a cui ormai non voleva più pensare, ma non aveva mai avuto fidanzati o ragazzi per cui si era presa una cotta perché sapeva che tutti l’avrebbero derisa, perché lei era strana al punto giusto per essere interessante, ma troppo per essere corteggiata e con John...beh le cose erano andate molto diversamente, non c’erano stati mai appuntamenti telefonici tra loro, si erano sempre incontrati e accordati di persona su dove e quando vedersi.
Alla telefonata con Liam ci stava ancora pensando ora che era a casa di Miss Curl...e ancora sentiva quello sfarfallìo nello stomaco al pensiero di vederlo di lì a poco, che non le dava tregua, si era distratta perfino da Lily per un po’.
Non si voleva arrendere a quell’avvertimento che le arrivava da dentro, ma dal momento in cui lo aveva sentito nascere in sé, non l’aveva lasciata un attimo in pace e questo la spaventava un po’ perché in un certo senso voleva dire che già lei stessa, la sua voce interiore, la sua consapevolezza, le diceva che quel giorno, vedendolo, avrebbe dovuto decidersi ad accettare che le cose stavano prendendo una piega che lei non poteva gestire diversamente da così come lei voleva direzionarsi.
Non le piaceva in quei frangenti avere quel dono, non le piaceva quel senso di ineluttabilità delle cose, non le piaceva sentirsi come limatura di ferro di fronte ad una calamita.
Anzi, non le piaceva sapere a priori, di essere di fronte alla Sua personale calamita, anche se aveva le fascinose fattezze di William Kerr...era quasi una questione di principio! Perché invece di potersi godere la sorpresa, il gusto della scoperta, lei doveva saperlo già in partenza che quello era”Lui”?
- Ecco cara...e ringrazia anche Miss Patel...- si raccomandò la vecchietta dandole i soldi per il vino di vischio che teneva un po’ a bada la sua ipertensione.
- Lo farò...- rispose Sìle annuendo.
- Vieni ti accompagno...- le disse facendole strada verso la porta – tutti dicono che ieri lo scozzese è venuto da voi. Lo chiamano sempre così quando hanno da spettegolarci su...-
E come sbagliarsi? Era ovvio che tutto il paese sapesse della visita di Liam alle streghe.
Sìle annuì e sorrise a Miss Curl.
- Aveva fatto una foto a Lily, voleva farmela vedere...- rispose lei – adesso vado, si ricordi che di quel vino di vischio ne ha per due settimane, non lo lasci lì a macerare...- si raccomandò.
Attese che Miss Curl le desse un cenno di conferma, quindi, affondando un po’ il viso nella sciarpa, si avviò a piedi verso il posto in cui lei e Liam si erano incontrati qualche mattina prima.
Per un attimo le venne in mente John...si rese conto che tanto del rifiuto che aveva rispetto all’idea di lasciarsi andare con un uomo, era dovuto al fatto che le uniche due volte in cui lo aveva fatto era finita male, per lei o per lui.
Alla fine decise che non voleva pensarci, che voleva mandare tutto come doveva andare e poi avrebbe deciso.
Forse per via di Lily non era il momento, ma forse aveva ragione Dorcas invece...che la sera prima, durante una breve chiacchierata tra loro, aveva elargito una delle sue solite, piccole perle di saggezza apparentemente campate in aria, ma questo faceva parte del modo di Dorcas di sentire e percepire le cose, sempre un po’ sibillino: forse non poteva essere più azzeccato il momento invece...
Se Liam era quello giusto, non lo sapeva davvero e non sapeva per cosa, era quello giusto, ma certo rifuggendo sempre tutto, non l’avrebbe mai scoperto.


Riattaccando si era alzato dal letto, si era svegliato un po’...poi era sceso al piano di sotto.
Stranamente non c’era latte in giro e non c’erano scarabocchi su questo libro o quel giornale...e la cosa rasserenò un po’ Liam, che per lo meno al risveglio, non doveva subito affrontare la realtà un po’ inattesa che lo stava lentamente inglobando.
Era sicuro di aver sentito dei rumori nel sonno, ma si concesse la possibilità di pensare che fosse stato qualcosa di assai più normale.
Una volta pronto per uscire, si infilò una sigaretta in bocca cercando poi l’accendino, un pesante accendino di metallo brunito che portava sempre in tasca e che non toglieva mai di lì, ma quella volta non lo trovò.
Lo cercò per qualche minuto, però avendo un po’ fretta di uscire per fare un giro prima di andare all’appuntamento con Sìle, rinunciò, aprì la porta e uscì.
Andò all’ufficio postale per ritirare un paio di cose che aspettava da Londra, quindi si avviò verso il uogo dell’incontro...
In effetti, dal giorno prima, gli capitava spesso di pensare a Sìle, a quegli occhi stranissimi che le aveva visto: da quel momento aveva iniziato a porsi un sacco di domande, prima fra tutte se davvero non stesse impazzendo, ma sperando vivamente di no...che diavolo aveva quella ragazza per riuscire a fare una cosa simile?
Di non stare impazzendo e aver effettivamente visto quella luce inquietante nelle iridi di lei, era abbastanza sicuro a dispetto di tutto e la conferma l’aveva avuta dal fatto che lei, nonostante fosse palesemente in ansia per la sua bambina, avesse guardato più a nascondersi dal suo sguardo che non a soccorrere Lily.
Anche lui aveva qualcosa da decidere...doveva decidere se aveva o no voglia, coraggio magari, di credere che effettivamente stava avendo a che fare con qualcosa che rispondeva all’incirca a quello che aveva sempre sentito dire di Dorcas Patel, ma che poi nei fatti fosse molto, molto diverso da quello che tutti pretendevano di sapere e soprattutto che fosse assai più lampante e “potente” in Sìle, che non nella sua anziana amica.
Dovette ammettere con sé stesso che la cosa lo affascinava...
Sìle oltre ad essere molto bella fisicamente, pur essendo piccolina e minuta, era sicuramente unica, dopo averle visto quegli occhi da gatto sul viso, non poteva pensarla altrimenti!
Pensarci gli dava esattamente la stessa sensazione di inquietudine e leggero allarme che aveva provato a volte di fronte alla vista di un felino a caccia, grande o piccolo che fosse; malgrado la minaccia che rappresenta un animale in fase “venatoria”, risultava sempre qualcosa di incredibilmente sensuale in loro.
“Una piccola stregatta...” si disse lasciandosi tentare dall’immaginazione e domandandosi quanto gatta potesse essere in altri frangenti.
Era un pensiero forse poco galante, ma gli venne troppo spontaneo farlo e quando si accorse che non ne aveva il diritto tutto sommato, gli era già sfuggito...
Probabilmente il fatto di venire svegliato dalla voce di lei, che rifletteva in tutto la dolcezza e la morbidezza del suo sorriso, avere l’impressione di un colloquio segreto e confidenziale e che anche lei lo stesse percependo e affrontando come tale, mentre era a letto, mezzo nudo o forse qualcosa di più, con l’infida recettività corporea del risveglio, lo faceva sbandare un po’...perfino un po’ troppo.
La cosa non gli dispiaceva però...
Non era uno che quando vedeva una bella ragazza, si scomponeva molto, ne aveva viste tante e a parte questo, era abituato e tenere molto per sé apprezzamenti e pensieri, forse anche per una sorta di retaggio dell’educazione molto britannica che aveva ricevuto da bambino.
Non aveva mai perso l’abitudine alla discrezione e alla riservatezza, perfino all’introversione, dato più caratteriale questo, neanche dopo anni vissuti in modo assai diverso, dopo essere divenuto lui stesso molto diverso in certi momenti, quello che pensava su determinati argomenti era affar suo e della diretta interessata, sempre che interessata lo fosse.
Di piacere alle donne non si era mai fatto un vanto, fondamentalmente perché non dava molto peso alla cosa, non viveva per fare o per far parlare delle sue conquiste romantiche e per essere soddisfatto non gli serviva mettere una tacca nuova ogni notte.
Se avesse dovuto isolare davvero quello che gli piaceva di Sìle, escluso il lato fisico, non avrebbe saputo farlo, era evidentemente troppo presto per farsene un problema, non sapeva neppure se avesse voglia di porselo il problema, né se fosse il caso di considerarlo tale e nemmeno se fosse il caso di pensarci.
Aveva voglia di vederla solo per il gusto di guardarla, ma era tutto ancora a un livello molto primordiale, forse addirittura primitivo: animale maschio sessualmente attivo guarda animale femmina sessualmente recettivo, detto in termini molto etologici, quello che c’era in più, era la curiosità che lei suscitava in lui, e questo gli bastava e avanzava per il momento...
E poi con una bambina in mezzo...per di più una bambina sicuramente un po’ particolare, considerato quel mutismo, forse non era il caso di considerarla una possibilità.
Certo però, si disse ridendo tra sé, forse era il caso di smetterla di ragionare sempre a livelli naturalistici, iniziava a diventare una malattia: la sua vita ormai oscillava tra paragoni col mondo animale, latte irrancidito e folletti con velleità vandaliche! Col latte rancido e il presunto imbrattatore, se proprio quello era, non poteva farci niente, ma con il resto sì.
Vero era che applicare le stringente logica naturale, spesso aiutava a vedere le cose più chiaramente, ma qualcosa di buono nell’evoluzione umana c’era tutto considerato...


E così, due quasi perfetti estranei, due persone molto diverse, per età, esperienza, consapevolezza, più esperienza per lui, più consapevolezze per lei, e al contempo inaspettatamente simili per aspetti che ancora non sospettavano, non Liam per lo meno, stavano andandosi incontro, una perché l’esperienza le aveva insegnato che la curiosità valeva la pena almeno provare a soddisfarla, l’altra perché iniziava a prendere coscienza, ad accettare quello che sentiva succederle.
L’unica cosa che accomunava i loro pensieri era che forse, quella confidenza così accresciuta da un giorno ad un altro, o almeno questo era ciò che entrambi sentivano, era dovuta a Lily in qualche modo, al suo aggrapparsi a Liam con quella ostinazione.
Li aveva avvicinati, perché con quella ricerca di protezione specificamente da parte di Liam, aveva fatto sì che lui, in qualche modo, varcasse una soglia di intimità che ad altri, corteggiatori, amici, visitatori occasionali, clienti del Bed and Breakfast, non era mai stato concesso superare e a volte proprio da Lily, con dei rifiuti netti e drastici delle offerte di amicizia.
Liam arrivò per primo e come qualche giorno prima si sedette in riva al lago, ma stavolta su una grossa roccia sporgente tra l’erba, lambita gentilmente dall’acqua, soffermandosi con lo sguardo verso l’orizzonte, là dove la nebbia aleggiava morbidamente sul lago, soffiando leggermente via il fumo della sigaretta.
Non pioveva ancora quella mattina e finché la nebbia non fosse risalita, non l’avrebbe fatto probabilmente.
Fin da quando era bambino, in Scozia, amava quelle mattinate in cui l’aria, là dove la nebbia si ritirava, era limpida e assolutamente trasparente, col profumo dolciastro di terra bagnata che avvolgeva le narici, l’aria fredda che svegliava il cervello e faceva sentire bene anche se costringeva a coprirsi di più, ma poi neanche troppo.
Ricordava i turisti stranieri, ancora non moltissimi a dire la verità, il lancio massiccio e più popolare della Scozia era arrivato nel 1986 dopo il film “Highlander” e lui aveva quindici anni.
Tutta gente che chiedeva del “Castello di Highlander” o addirittura a volte “Castello dei MacLeod”, ma che soprattutto, quando si rendeva conto che per raggiungerlo, da lì o da Edimburgo, bisognava arrivare praticamente sull’Isola di Skye, sbiancava.
Per non parlare di quando si rendevano conto di quanti castelli esistevano in Scozia, e non erano neppure i soli se uniti a quelli di Inghilterra, Galles, Cornovaglia, Irlanda...
E che dire della delusione di fronte alla rivelazione che l’Eilean Donan Castle, con i MacLeod c’entrava come Jack lo Squartatore con un Bobby?
Viveva a Glasgow e magari d’estate lavorava in qualche posto di richiamo come molti ragazzi della sua età, e di queste cose ne ricordava parecchie: quelli che venivano da posti più temperati, che durante l’estate battevano i denti quando soffiava vento dal mare mentre loro del posto, anche nel pieno dell’inverno a volte, non sentivano il bisogno di coprirsi più che con una t-shirt...lo faceva ridere vedersi guardato con gli occhi sgranati, ma per lui era la cosa più normale del mondo, non aveva freddo.
Erano almeno due anni che non si fermava in Scozia per più di una settimana...
-“Perché William, su quell’antico e grigio sasso, da un’intera mezza giornata, / Perché William siedi solo ad ingannare il tempo fantasticando?”- chiese una voce distraendolo dai suoi pensieri.
Si voltò e vide Sìle, ferma qualche metro dietro di lui.
Le sorrise da sopra la spalla sinistra e piegò la testa in avanti per passarsi sulla fronte il dorso della mano in cui stringeva la sigaretta.
- Non chiedermi “dove sono i miei libri, quella luce lasciata ad esseri altrimenti ciechi e abbandonati...” perché Wordsworth non è un bel ricordo per me...la mia professoressa di storia, con la scusa dell’omonimia, mi martellava con quella poesia per convincermi a studiare! - le rispose facendola sorridere e prendendo un ultimo tiro di fumo mentre lei, anche se lui non la vedeva, gli andava vicino – come sta la bambina?- domandò poi, ma siccome lei gli era arrivata da destra, si voltò di nuovo all’indietro e solo dopo un momento la vide.
Sìle colse quel momento di black out, ma non disse niente, si limitò a rimanere ferma, in piedi accanto a lui e ad annuire guardando il lago.
- Meglio, grazie...- gli disse, poi dopo un attimo – e tu? Hai avuto altre sorprese?- gli domandò.
A dispetto di tutti i pensieri che avevano fatto uno sull’altra e quella sensazione di confidenza accresciuta avuta al telefono, ora erano imbarazzati e per qualche motivo Sìle, sentì che era più lui di lei ad esserlo e che, forse motivo di quell'imbarazzo, gli frullavano tante domande in testa che forse lui sentiva essere indiscrete.
Le fece cenno di no col capo spegnendo la sigaretta contro la roccia, infilandola nel pacchetto ormai vuoto, accartocciandolo e, mirando al cestino poco lontano, mandandolo a canestro.
- Bel colpo...- commentò lei.
Lui fece spallucce.
- Dici per uno con un occhio solo?- domandò facendole capire che si era accorto che lei aveva notato il suo problema.
- Stavi pensando a questo?-
Liam sospirò gonfiando il petto e fece un altro sorriso.
- Stavo ricordando...- puntualizzò – ricordando quanti cuori ho spezzato in Scozia rivelando che non in tutti i castelli c’è un fantasma o che William Wallace non ha il monopolio della stima nazionale...-
Sìle rise di nuovo e si accomodò vicina a lui sulla grossa pietra, le gambe raccolte verso il petto e le mani in tasca.
- E chi ce l'ha il monopolio?- gli chiese.
Lui scosse la testa.
- Siamo abbastanza equi...Stirling, Culloden, la cattedrale di Arbroath...i primi tre o quattro re, David, Malcolm, William il Leone, Robert Bruce...Robert "Roy" MacGregor...non parliamo di Burns...- elencò con tono leggero, poi sempre con la stessa faccia seria, sembrò serio per lo meno, aggiunse - Sean Connery...-
Sìle rise di cuore.
- Grande sostenitore dell'indipendenza, mi pare giusto...- commentò.
- Senza contare la...- fece per dire lui.
- Tirchieria...- lo anticipò lei.
- Parsimonia...- la corresse lui, allo ra Sìle lo guardò assottigliando le palpebre.
- Di' un po' "Bonnie Laddie", vuoi fregare una che viene da un paradiso fiscale su queste cose?- lo provocò.
Lui per tutta risposta fece una faccia molto annoiata e contrariata.
- Fottuto fisco: arruola anche le streghe adesso? - le disse beccandosi una leggera gomitata nelle costole - ahi...- mugugnò -beh comunque, quanto a Sean Connery e al suo patriottismo, non so quanto sia vero, ma pare che quando è veramente incazzato a morte, si sfoghi suonando la cornamusa...- aggiunse.
Sìle rise ancora...poi ci pensò un momento.
- Come mai sei venuto via dalla Scozia?- gli chiese dopo averlo guardato per un attimo, studiandone il profilo molto virile, le guance un po’ adombrate di barba.
- Per lavorare...- rispose lui tranquillamente – mia madre mi concedeva di andare con mio padre solo durante l’estate...e io di università non volevo sentirne parlare...così l’inverno lo passavo qui e quando tornava l’estate, andavo a Glasgow e partivo con mio padre, che era capitano di una grossa nave da carico. Capitano di Lungo Corso -
- Deve essere una cosa affascinante andare per mare...-
Lui annuì.
- Faticosa, fredda e scomoda, ma affascinante, sì...- confermò guardandola.
- E la fotografia?-
Liam tornò con gli occhi sul lago.
- Merito della vita faticosa, fredda e scomoda...- rispose, quindi tornò a guardare lei – una volta caricammo a bordo un fotografo tedesco...uno famoso, anche se noi non lo conoscevamo – spiegò – e io gli giravo sempre intorno, mi affascinava quello che faceva...così alla fine mi ha insegnato, siamo diventati buoni amici e quando ci siamo salutati mi ha lasciato tutti gli indirizzi a cui potessi mandargli le prove che facevo, si raccomandò in tutti i modi di continuare e io lo feci, gli mandai diversi scatti fatti qui o in giro per la Scozia o in mare, qua e là per i porti, alle persone che vedevo...-
- E?- lo incitò Sìle sentendolo tacere un po’ più a lungo.
Lui sorrise di nuovo.
- E...quando non ebbi più sue notizie per un anno, quasi due, pensai che non se ne sarebbe fatto niente...salvo poi ricevere un invito espresso a Parigi e ritrovarmi in mezzo a una collettiva di emergenti in cui le mie foto venivano pagate somme che in ventitré anni di vita non avevo mai neppure sognato...- concluse sorridendo -l’una...- precisò ulteriormente.
- Accidenti, così al primo tentativo?-
- No, scoprii lì che in quel periodo, Joseph aveva esposto le mie foto insieme alle sue altre cinque volte...e che questo le aveva fatte quotare, erano ricercate...solo che a Parigi quella volta, iniziarono a chiedermi ritratti, nudi...anche di persone famose e poi da lì...è andata bene...-
- Molto bene direi...- commentò la ragazza, poi sorrise peigando appena di lato la testa – certo le donne nude, qui, non te le perdonano, sappilo...-
- Sì, infatti sono molto pentito per quei momenti di abbandono al peccato, pensavo che fotografare paesaggi, tribù sperdute per questo o quel continente o animali, mi aiutasse a tornare sulla retta via, ma le ragazze africane, polinesiane e indie, vanno tutte in giro con almeno il seno scoperto e gli animali se hanno qualche pulsione, non si preoccupano troppo dei voyeurs, quindi è stato tutto inutile, sono corrotto fino al midollo!-
Sìle rise di nuovo...per fortuna stava riuscendo a sciogliersi anche lui.
- A proposito di corruzione...- gli disse poi richiamandolo a guardarla – per quella foto di Lily, vogliamo stabilire un prezzo? Dopo tutto è una prova d’autore no?- gli propose, ma lui scosse decisamente la testa.
- Non preoccuparti...era un gioco...- le rispose – è una delle più belle foto che abbia fatto a un bambino, ma era un gioco – la tranquillizzò...quindi la osservò di nuovo – ti somiglia molto a parte i capelli...- mormorò.
Sìle lo guardò inarcando appena le sopracciglia e poi fece cenno di no con la testa.
- Ma non sono sua madre...Lily ce l’ho in affidamento per ora, l’abbiamo trovata io e Dorcas, io cioè...- si limitò a rispondere – e le cose vanno un pochino più a rilento anche perché non mi sono sposata...-
Cercò di buttarla sul normale, costringendosi a non pensare al fatto che forse, a diventare sua figlia, Lily non sarebbe mai arrivata...e per qualche motivo sentì che fra sé, a quelle parole, Liam aveva una reazione in parte sollevata.
Questo, sempre tornando al cartello con su scritto "William Kerr eccetera eccetera" che ormai campeggiava nella coscienza parallela di Sìle, iniziò a far fare intermittenza alle lampadine che si erano accese quella mattina.
- Non parla mai?- le chiese poi lui, senza commentare o dare voce a quella sensazione di leggero sollievo che Sìle aveva avvertito tanto chiaramente: forse però era Liam a non averla colta in sé stesso.
Lei scosse la testa.
- Ma non è malata...non è muta, non è autistica...- sospirò – è sana come un pesce, anzi! Vede e sente meglio di me e Dorcas, ha una recettività agli impulsi esterni molto superiore alla media, semplicemente non parla, legge e scrive tranquillamente e da tempo per di più, ma non parla e non comunica attraverso normali mezzi...- dirgli che era una creatura non umana, le sembrava un po’ troppo ancora.
Liam sembrò colpito.
- Insomma non parla per ché non vuole...- riassunse.
- Eh già...e ha un carattere molto forte, anche se non lo sfodera spesso...-
Cadde un attimo di silenzio in cui il vento fischiò loro intorno, entrambi guardavano verso il lago mentre la nebbia si muoveva come accarezzata da una mano invisibile che desse forma a un banco di schiuma da bagno.
- Tu come ci sei arrivata qui?- le domandò lui d’un tratto.
Sìle rimase un momento immobile perché sul momento stava per rispondere, era la cosa più facile del mondo, ma un attimo dopo si bloccò...ritrovandosi improvvisamente a rifiutare i ricordi...
Sentì la voce di Dorcas che dal fondo della sua memoria, risaliva e la riportava al giorno in cui, con lei, Sìle aveva sfogato quello che l’aveva portata a scappare da Man.

“Il giorno in cui avrai paura di parlarne perché temi un rifiuto da parte di una persona che ti ha vista, tesoro, affronta la paura...ne varrà la pena...ma ricorda: dev'essere qualcuno che ti ha Vista e non è scappato”

Una delle solite frasi profetiche dell’amica...era arrivato il momento(e oltre alle lampadine intermittenti, ora i caratteri della scritta erano diventati cubitali!).
- Ehi non rifarlo quel giochetto, è inquietante...-
La voce di Liam la riscosse e si rese conto che lo stava guardando, ma che non lo vedeva...o meglio sì lo vedeva, ma come una figura in trasparenza rispetto ai ricordi.
- Quale...giochetto?- chiese un po’ in difficoltà.
- Quello con gli occhi...insomma è fantastico, però...per la mia esperienza, agli occhi riflettenti corrispondono artigli retrattili sfoderati e molto più spesso, fauci spalancate e fameliche, deformazione professionale...- le disse scherzando, facendola sentire incredibilmente al sicuro in quel momento, perché pur avendole appena confessato un leggero disagio di fronte a quello che lei gli mostrava, la tranquillità con cui ci scherzava su, con cui, un momento dopo le tolse una foglia secca dai capelli portata dal vento e gliela mostrò per spiegarle il perché di quella “confidenza”, le fecero capire che non era in vena di fuggire, tutt’altro...e soprattutto le fecero venire voglia di baciarlo, anzi...che lui la baciasse, una voglia bruciante.
Sì perché vederlo muoversi con la mano verso di lei, aspettarsi una carezza quando non ne sospettava l'intenzione e, pur non ricevendole, sentirsi sfiorare i capelli dalla sua mano, le aveva serrato la gola e fatto battere furiosamente il cuore e il modo in cui lui la guardava, si vergognava ad ammetterlo, la eccitava in modo molto profondo.
Probabilmente i suoi occhi ora erano disperatamente traditori della sua natura, ma lui non aveva che curiosità e un leggero stupore nello sguardo, non c'era traccia di paura.
In quel momento, forse per fortuna di Sìle che era in uno stato di agitazione non tanto gestibile, il vento si fece più forte e le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere.
- Direi che la gita al lago è finita...- commentò lui guardando in alto: sembrava non aver notato niente di quello che le aveva agitato dentro, o se l'aveva notato, non ci vedeva niente di male, possibile?
Possibile che non ci fosse niente di sbagliato in lei ai suoi occhi?
Lui riabbassò lo sguardo verso il lago, osservò la nebbia ormai quasi scomparsa e quindi sospirò rivolgendosi a lei.
– Andiamo?- le propose.
Lei annuì quindi si alzarono insieme.
- Io non so se...- prese a dire lei mentre si addentravano nel bosco oltre cui era parcheggiata l’auto di Liam, ma poi tacque e lo guardò un attimo, allora lui le sorrise con le sopracciglia appena un po’ aggrottate.
- Cosa?-
Sìle abbassò di nuovo gli occhi, ora era lei imbarazzatissima...da una parte voleva scappare, dall'altra non c'era altro posto al mondo in cui volesse essere e solo il pensiero di Lily rubava un po' di spazio all'immagine di Liam che, forse per autosuggestione, ai suoi occhi diventava sempre più bello, virile e sexy.
"Quanto sono stupida? Mi sembro appena uscita da un telefilm americano!" si rimproverò "domattina colazione e seduta di autocoscienza sessuale con le mie tre amiche di sempre: l'assatanata, la puritana e la razionale, che mi consiglieranno e esprimeranno il loro parere sulla mia nuova ossessione erotica!"
No, no, meglio ritornare sul binario giusto...
- Beh non ero venuta qui per impicciarmi della tua vita, ti avevo promesso di parlare d’altro e per di più Dorcas mi ha detto delle cose...ma forse è meglio rimandare?-
Lui affondò le mani in tasca senza rispondere, aspettava il resto.
- Insomma non posso chiederti di venire da me perché Lily è terrorizzata da quei disegni, che per inciso ti ho riportato – lo avvisò mostrandogli la capiente borsa che portava al fianco – andare in qualche posto in città insieme, ti costerebbe un anno omaggio di pettegolezzi...non lo so, non voglio metterti in difficoltà...-
Erano arrivati alla macchina intanto, lui fece scattare gli sportelli e le aprì la portiera.
- Io non credo di rimanere abbastanza da sentirli quei pettegolezzi, e quel discorso mi interessa quindi direi...prego...- la invitò galantemente rimanendo sotto la pioggia sempre più fitta man mano che passava il tempo – che di anni omaggio da protagonista di pettegolezzi, ne voglio almeno due...-
Sìle si accomodò sul sedile, lui richiuse lo sportello, fece il giro e si accomodò alla sua destra pochi istanti dopo...allora lei lo fissò un attimo: nell'abitacolo dell'auto c'era il profumo di lui misto a un po' di fumo di sigaretta.
Niente...era completamente in balia del suo corpo e delle percezioni sensoriali in quel momento, non riusciva a non sentirsi elettrica.
- Conclusione?- chiese cercando comunque di contenersi e rifiutandosi di pensare a quanto le piacesse quell'odore.
- Conclusione andiamo da me...- le rispose, non aiutandola certo a calmarsi, poi la guardò – non sono in astinenza affettiva al momento, puoi stare tranquilla...- aggiunse ironicamente.
Per quanto sapesse che luivoleva solo essere scherzoso e amichevole in quello che diceva, quella frase le strappò soltanto un sorrisino a mezza bocca, ma non era colpa di Liam, lo sapeva, erano sempre quei ricordi.
Per lo meno però, era servita a placare quello stato di agitazione...

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Un'ora di intimità... ***


Capitolo 9 – Un'ora di intimità...

Lungo, lungo, lunghissimo...ma serve alla conoscenza dei protagonisti ;)


Quel momento di smarrimento in cui Sìle era piombata sul lago, era passato, ma questo non significava che la vicinanza di Liam le fosse indifferente e se ne accorse in particolare nel momento in cui, fermi di fronte la porta del cottage, si trovò chiusa tra la porta e lui.
Le stava alle spalle, cercando la chiave in tasca mentre, contrariamente a lei che aveva il cappuccio, si lasciava cadere la pioggia sulla testa.
- Eppure ce l’avevo qui accidenti...- mormorò, poi sembrò ricordarsi – ah cavolo, l’ho lasciata in macchina...- sbuffò girandosi verso la BMW.
- Oh no...- rispose lei.
- Il bello è che l’ho messa lì per non dimenticarmela in giro...- scherzò lui mentre ripartiva verso l’auto – torno subito...- le disse e lei annuì guardandolo allontanarsi, riaprire l’auto, infilarcisi dentro.
Si appoggiò con la schiena alla porta mentre lo aspettava e si guardò un momento intorno, così quando lui le tornò vicino, era distratta a guardare altrove e il cappuccio le copriva la visuale laterale.
- Scusa...- le disse chiedendole implicitamente di spostarsi perché gli ostruiva la serratura.
Sìle guardò la toppa, quindi lui che le sorrise.
- Scusa tu...- gli disse trovandoselo davvero vicinissimo, tanto da poter seguire il lento scivolare di una goccia d’acqua lungo il suo collo.
Quando la porta si aprì, lui le fece cenno di accomodarsi.
- Ovviamente non garantisco su quello che potresti trovare in giro...scritte sui muri o vasetti di yoghurt con su scritto “Con tanto affetto, tuo gatto orribile”- scherzò accendendo la luce e aspettando che lei fosse di un paio di passi avanti a lui per entrare a sua volta e richiudere.
Lei rise appena mentre si toglieva il cappuccio dalla testa.
- Non c’ero mai entrata, è bellissimo...- disse guardandosi intorno e poi dando un’occhiata verso di lui – lo sai che è uno dei cottages più antichi del lago?- gli chiese.
- Toglila quella è bagnata...- le disse lui nel frattempo indicandole il giaccone dopo essersi tolto il suo di giubbotto, quindi si guardò intorno a sua volta – beh sì qualcosa ho letto su uno di quei depliants che Charlie lascia per i clienti, ma a quanto ho capito questo non vuole più affittarlo...-
Sìle annuì togliendo la giacca e porgendola a lui perché la appendesse.
Quando Liam si girò di nuovo rimasero fermi uno davanti all’altro per qualche momento, cosa che li fece sorridere.
- Siediti dai...- la invitò indicandole il divano – ti va qualcosa da bere?-
- Sì, un caffè mi andrebbe, ma perché invece di fare il perfetto padrone di casa non ti vai ad asciugare prima? Se mi dici dove trovarlo lo faccio io...- gli propose accomodandosi sulla seduta e quindi appoggiandosi col gomito allo schienale, girandosi all’indietro.
- Tu proponi ad uno scozzese di asciugarsi dalla pioggia? Guarda che mi offendo!- ribatté scherzosamente Liam, poi però si guardò e vide che la maglia che indossava era fradicia, così come il fondo dei pantaloni...allora la guardò.
Lei non si era bagnata quanto lui.
- Dov’è il caffé?- gli chiese ridendo e rialzandosi.
- Ma insomma chi è la strega in questa casa?- ribatté lui strizzandole l’occhio e dopo un attimo indicandole la porta della cucina.
- Primo scaffale in alto a destra...torno subito...- promise sparendo su per le scale.
- Il caffè non è roba da streghe!- replicò lei affacciandosi alle scale mentre lo guardava salire.
La voce di lui le arrivò un po’ più da lontano con uno “Scusa...” scherzoso.
Rimasero separati per pochi minuti, davvero pochi, ma lei mentre faceva bollire l’acqua, cercava di immaginarsi come stesse potendo muoversi di sopra...chiedendosi cosa portasse sotto la maglia e il movimento della sua schiena o delle spalle, che da sempre trovava molto sensuale negli uomini, nel togliersela; lui di contro rifletteva su una cosa che l’aveva colpito quando si erano guardati, poco prima, e cioè che da sotto il maglioncino con lo scollo a “V” che portava, si intuiva abbastanza chiaramente che Sìle non indossasse reggiseno, ma d’altronde non aveva certo gli stessi problemi di massa che poteva incontrare Gilly...
Era di corporatura esile e filiforme, le curve che presentava non erano certo prosperose...gli piaceva quella rotondità timida, molto discreta che però, forse per il freddo, mostrava quella puntina impertinente proprio al centro.
Sìle intanto, inattesa che lui tornasse, portò le due tazze fumanti sul tavolo davanti al divano e quindi si sedette, ma non poté resistere alla tentazione di sbirciare una copia del giornale di quel giorno su cui erano appuntati una data, un indirizzo di Londra e un nome con la calligrafia di Liam e poi un blocco di appunti lasciato aperto sul tavolinetto...
C’erano sopra nomi, numeri di telefono, scarabocchi di quelli “da telefono” appunto...
Accanto ancora c’era un taccuino, lasciato aperto, quindi non le ci volle molto per leggere, soprattutto non era facile non farlo.
Anche lì vide appuntate date, nomi, qualche scarabocchio che somigliava a un disegno, ma molto accennato, più che altro erano arzigogoli per riempire i vuoti tra uno scritto e l’altro.
Trovò, e riconobbe senza dubbio, una frase presa da una canzone di Loreena McKennitt, vergata accanto ad un appunto relativo al Lago Kardyvatch e ad una vecchissima cartolina che ritraeva una torre sperduta chissà dove per le montagne del Caucaso.

”Nel velluto dell'oscurità,
Nel profilo di silenziosi alberi,
Osservano in testimonianza i misteri della vita...”


La canzone era per l'appunto "Night Across the Caucasus".
Nella pagina accanto invece c’era annotato più velocemente...

“Colui che conosce gli altri è sapiente;
colui che conosce sé stesso è illuminato.
Colui che vince un altro è potente;
colui che vince sé stesso è superiore”
Lao Tzu


...subito di seguito, si leggeva benissimo il numero di telefono di una certa ragazza appuntato sul biglietto di una mostra d’arte, che portava su scritto...

“A giudicare dal risveglio...lei è potente, e sicuramente io non sono superiore...”

Sìle che aveva scritto lui, lo sapeva senza bisogno di accertarsene, lo sentiva che era la sua quella scrittura...maschile, ma non aggressiva, anzi...piuttosto elegante, sciolta...non se la aspettava.
Si sarebbe aspettata qualcosa di più rude e sbrigativo, da uno che aveva lavorato su una nave da carico...invece sapeva di qualcuno che scriveva molto abitualmente e a cui piaceva ricordare impressioni, momenti, sensazioni.
Sorrise leggendo quella frase su sè stesso di lui, portandosi una mano alle labbra...
Evidentemente Liam era uno capace di una certa autoironia anche in queste cose, altro aspetto che le piacque.
Quando lo sentì tornare si girò verso di lui, appoggiando di nuovo il gomito sullo schienale del divano.
Lui si fermò in fondo alle scale, si appoggiò con una spalla alla parete: aveva ancora i capelli bagnati, gli rimanevano un po’ dritti sulla sommità del capo, per quella poca lunghezza che concedeva loro.
- Ecco un’espressione tipica...- disse lei guardandolo e lasciandolo un pochino attonito.
- Cosa?...quale?- le chiese.
Lei lo indicò riappoggiandosi con il capo alla mano.
- La tua...- mormorò – quando sei perplesso o un po’ imbarazzato, ma la cosa ti diverte, sorridi sotto i baffi e aggrotti le sopracciglia...-
E lui puntualmente assunse quell’espressione.
- Davvero lo faccio?- chiese.
Lei annuì sorridendo, mentre lo guardava andarle incontro e sedersi vicino a lei.
Aveva tolto i pantaloni bagnati e la maglia e quella che indossava ora su quei pantaloni rubati a una tuta, metteva più in risalto le spalle larghe e le braccia forti.
Sìle lo osservò un momento, abbandonato contro lo schienale del divano...ancora una volta si stupì di quanto repentinamente stessero cambiando le cose in lei; fino ad un momento prima era lì che si diceva “Lui è molto attraente, ma niente più che uno sfogo fisico...” e nel giro di complessivamente pochissime ore, se di ore poi si poteva parlare perché quello era il momento più lungo che trascorrevano insieme, era cambiato tutto o quasi...
Stava iniziando a volerlo, a desiderare davvero di lasciarsi andare, invece che a rifuggire l'idea.
Non la stupiva neppure questo in realtà, solo che ancora faceva un po' di resistenza a seguire proprio in tutto l'istinto e le sue "sensazioni".
Non volle pensarci per un po' e si concentrò su Liam; ora ad esempio si rendeva conto che lui era molto combattuto su cosa dire, perché se da una parte gli interessava capire cosa gli stesse succedendo, dall’altra aveva voglia di chiederle di lei.
Decise di sbloccare lei la situazione: si allungò verso il tavolinetto e gli fece scorrere incontro il caffè.
- Dorcas mi ha raccontato un paio di cose che forse potrebbero interessarti...- prese a dirgli tornando ad appoggiarsi con la testa alla mano.
- Grazie...- le rispose lui alludendo al caffè e quindi girandosi verso di lei – dimmi...-
Sìle fece un attimo mente locale su quello che l’amica le aveva raccontato dopo che lui se n’era andato da casa loro; si era ricordata tutto.
- Dunque...Paul Dunne era un maestro elementare, ma siccome in Irlanda la situazione era quella che era e di bambini a scuola ce ne andavano molto pochi, parliamo di prima della guerra, andò a lavorare a Carlisle...- lì si interruppe in attesa che Liam le desse un segno di ascolto, infatti quando lui annuì riprese – è arrivato qui già un po’ anziano e un po’ suonato, dicevano tutti, perché si era trovato a Londra sotto i bombardamenti, una brutta cosa insomma...però era un bravissimo violinista...e così...beh viveva di questo, suonava per la strada, in qualche pub...-
- Classico vagabondo irlandese...- commentò Liam sorridendo leggermente, sorriso a cui Sìle rispose dolcemente.
- Dorcas dice che come aveva un po’ di soldi, li spendeva in libri, inchiostro e carta...che ogni tanto lo vedevano in giro per i dintorni a lavorare a quei suoi disegni...o a suonare il violino qua e là, nei posti più impensati, tipo nei pressi del Little Langdale Tarn: lui sosteneva che lì ci fosse un forte delle fate. E' morto lassù, lo hanno trovato degli escursionisti abbandonato contro una pietra, come addormentato...– mormorò la ragazza distogliendo gli occhi da Liam che continuava a non interromperla.
- Probabilmente quel blocco di appunti, quei libri...li hai trovati qui perché questo cottage apparteneva ad una certa Amanda Neill – riprese lei dopo un momento – Dorcas era sua amica, si conoscevano da tempo, Amanda era una buona amica della madre di Dorcas...e così erano rimaste in ottimi rapporti...e Dorcas non aveva mai capito, ma dopo che ha visto quei disegni, dopo che le ho detto dove abiti, ha avuto un’illuminazione...-
Anche per Liam fu facile capire a quel punto, che Mo Chroì, era questa Amanda...lui lo pensò e Sìle si fermò perché non serviva più dirlo.
- E che fine ha fatto?- domandò lui prendendo il caffè e bevendone un sorso.
Sìle si strinse nelle spalle.
- Era molto anziana...è morta cinque o sei anni fa da quanto ne sa Dorcas – rispose – i suoi nipoti, figli di una sorella, non avevano interesse a mantenere il cottage, così quando Charlie l’ha voluto comprare, non hanno fatto problemi...e come mi pare evidente, non hanno neppure voluto indietro tutto quello che apparteneva alla zia...-
Liam annuì e ci fu di nuovo un attimo di silenzio, poi però lui riprese.
- Va bene, abbiamo svelato l’arcano di chi fosse Mo Chroì e perché quei disegni fossero qui...ora però veniamo al mio problema...-
Sìle gli disse di sì e si accomodò meglio per guardarlo in faccia.
- Io non ci credo alle fate...- disse lui ricevendo in risposta un risolino che lo indispettì un po’ – è vero! Non ci credo!- ripeté.
Sìle sorrise di più e prese lei un po’ di caffè allora, con una strana aria di trionfo nello sguardo.
- Se non ci credi...- disse dopo che ebbe bevuto, trattenendo la tazza tra le mani – perché sei venuto così dritto da me e Dorcas?- gli chiese mettendolo non poco in difficoltà.
Non che gli costasse fatica ammettere che aveva ragione, è che non si era ancora fermato a pensarci...
E in quel momento ebbe un’altra di quelle sensazioni strane, di dubbio su ciò che gli suggeriva la vista, di incertezza su quanto si stesse lasciando suggestionare da quello che gli accadeva unito a quanto poteva trovare attraente Sìle.
La guardava senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso perché, più la guardava e più la vedeva per com’era...e più gli solleticava la fantasia quella sua sensualità nascosta.
Sembrava perdere di nettezza nei contorni del viso, in quella luce soffusa, ma no neanche...erano i suoi occhi che cambiavano luce in un modo speciale, sembrava, ricordò, come quando da piccolo si lasciava posare le bolle di sapone sulla mano e ne osservava le superficie fino a che non scoppiavano da sole; e sulla superficie, quella pellicola iridescente e liquida, ogni minimo spostamento d’aria causava cambiamenti di colore...
E poi lei era così morbida e tranquilla in quel momento, forse perché parlava di qualcosa che le era proprio; era sicura e sfuggente, lo guardava come se stesse leccandosi i baffi in attesa di vedere passare quell'attimo di smarrimento in lui, proprio come una gatta.
Liam si alzò e, per rimettere un po’a posto le idee, andò a ravvivare un po’ il fuoco accucciandosi davanti al camino.
La risposta alla domanda poi, in realtà gli venne abbastanza facile...anche se non lo accettava del tutto ancora.
- Perché non credo che due persone tanto distanti nel tempo, tanto scollegate tra loro, possano soffrire della stessa allucinazione...- disse armeggiando un po’ con l’attizzatoio tra i tocchi di legna carbonizzata e incandescente...scosse appena la testa – non era soltanto simile capisci? Era uguale...e io l’ho vista prima di potermi far ingannare dai disegni di quell’uomo...- aggiunse mentre la sentiva muoversi ditro di sé e andarsi a sedere sul tavolinetto, proprio dietro di lui.
- Cosa credi allora?- gli chiese.
Liam lasciò andare l’attizzatoio una volta rimessolo al suo posto, quindi si mise seduto per terra, con la schiena appoggiata alla muratura del grande camino, lo sguardo fisso innanzi a sé, il mento leggermente sollevato.
- Non lo so...- sussurrò – non pensavo di dover credere a qualcosa, ero solo curioso...sono, solo curioso...e non credo d’essere pazzo – mormorò di seguito – mio padre, quando era vivo, e mia madre sono due persone più che sane...non che mancassero di fantasia, insomma da che mondo è mondo i marinai sono i più grandi inventori di leggende, e lui non faceva eccezione, ma...in tutta onestà non credo vedesse davvero sirene e Selkies...-
Sìle gli sorrise sentendolo ricordare quando lui la guardò.
- E ora invece io mi trovo a parlare di fate e goblins con...-
- Me...- rispose lei per lui, sentendo che si era interrotto e vedendo che la guardava.
- Sì...- disse Liam sempre fissandola – che, sorpresa, sei davvero qualcosa di diverso da una normale bella ragazza...-
Sìle sentendosi i suoi occhi addosso e a quella frase, arrossì, anche se forse lui non se ne accorse perché la luce del fuoco la mascherava.
- Cosa sei tu davvero?- le domandò.
- Non stiamo parlando di me ora...- gli rispose dolcemente – il mio turno non è ancora arrivato...-
- Giusto...-
- Dimmi cosa pensi...- lo invitò ancora – tutto quello che pensi di quello che ti succede...-
Lo guardò volgersi verso le fiamme e stringersi appena nelle spalle.
- Non lo so, davvero...- riprese.
Sìle capì che gli serviva un aiuto...allora prese un respiro e annuì.
- D’accordo, quello che posso dirti io è che esistono due fattori differenti in quello che stai vedendo...e vivendo...-
- Sì...-
- Uno dei quali, a detta di Dorcas, è fortemente legato allo stato emotivo delle persone...quindi direi di partire da lì, che ne dici? -
Liam annuì tranquillamente.
- Sì dottore...- rispose strizzandole l’occhio.
- Allora...non voglio fare la sensitiva, e d’altronde neanche serve perché si sente che quando tocchi certi pensieri, anche solo per un momento, ti incupisci...-
Lui la guardò sorpreso, quasi le stesse dicendo “Allora mi hai guardato proprio bene...”, poi però sospirò, si allungò per posare il caffè poco lontano da lei, quindi si rimise appoggiato al muro.
- Va bene...- sospirò – beh...non amo molto dilungarmi su me stesso, però temo di non avere scelta stavolta e...sì, c’è qualcosa che non va – prese a dire – e c’è da circa...cinque anni e mezzo, sei anni...dal giorno cioè, in cui quest’occhio, mi ha salutato...- spiegò indicandosi il viso – in realtà poi l’occhio è quasi il meno...-
Sìle annuì mettendosi a sua volta seduta sul pavimento, proprio di fronte a lui, quasi a contatto con le sue gambe, che lui teneva piegate ora, con le braccia posate sulla ginocchia.
- La prendo un po’ alla larga, ma...io sono nato a Paisley, cresciuto a Glasgow, sono uno che ha sempre viaggiato un sacco, da quattordici anni in poi, e ho visto tante cose e...non ho paura del mondo, per lo più ho sempre considerato il mondo un bel posto, e malgrado tutto, continuo a considerarcelo, altrimenti non farei il lavoro che faccio...- proseguì – solo che poi ci sono cose, cose che ho toccato con mano, che a volte ti mettono a dura prova...ho scoperto di odiare certe classi di uomini, ad esempio -
Lei lo ascoltava e annuiva per incoraggiarlo a proseguire.
Non era difficile capire da quello che le raccontava che si riferisse a tutto ciò che si vedeva succedere quotidianamente nel mondo.
Capì che Liam era stato testimone di tante cose brutte...tra le tante belle...
- Quali uomini?- gli chiese.
Lui fece spallucce.
- Beh...a partire da quelli che portano come unici valori l’estetica, l’omologazione fisica e mentale, che si arrogano il diritto di dire chi è qualcuno e chi no...che vanno avanti con la politica della prevaricazione, a qualunque livello intendo...quelli che snaturano la natura umana, perdona il gioco di parole; insomma quello che mi turba a farla breve, è essermi accorto che comunque m’ero assuefatto anche io a certi modelli, a certi canoni, certi compromessi, e ormai non lo trovavo più così strano. Non mi stupiva non essere più capace di credere fino ad illudermi che qualcosa fosse possibile e io non ero così...- spiegò tutto di filato; si prese qualche secondo prima di continuare - lo so che magari sembrano discorsetti buonisti da ambientalista coglione o da buon samaritano, ma...quando vai un po’ in giro...sia che tu ti trovi a fotografare cuccioli di foca massacrati quando il giorno prima li hai visti nascere; balene arpionate in decine di punti diversi del corpo, quando le hai viste saltare e rotolarsi nell’acqua, le hai sentite cantare; bambini che a dieci anni hanno già un fucile in mano...e cinque minuti dopo ti trovi di fronte al più bello dei tramonti africani...è un po’ sconvolgente capisci? -
Lei annuì.
- Certo...- rispose a bassa voce.
- Non lo accetti bene...- riprese fermandosi a guardarla ancora un attimo – ma quando c’è qualcosa di raccapricciante che contrasta così tanto con qualcosa di commovente quasi...e tu non ti senti male dentro...ti fa paura...- disse a bassa voce per poi riprendere ancora - quando ti trovi a rischiare la vita tu, e ad avere un uomo morente riverso sulle ginocchia, poco più giovane di te e ti chiedi come sei finito lì tu e non te lo ricordi...succede qualcosa di aberrante...-
Sìle piegò la testa di lato per farsi guardare.
-A me almeno è successo...mentre ero in ospedale dopo quel certo incidente, mi sono messo a pensare...perché io quella volta lo sapevo dove andavo, in che posto, quale situazione c’era lì eppure non m’ero fermato e allora ho avuto paura, ma...- si interruppe un momento a pensare come dire la cosa che aveva in mente – non era paura per me, per i rischi che correvo, ma per come stavo cambiando...mi ero prefissato l’obiettivo di mostrare certi aspetti della realtà, di quelli che non è mai male ricordare, e mi sono ritrovato a pensare a quante cose potevo aver fatto finta di non vedere, per seguire l’idea che avevo, perché sapevo che era giusta...-
- Fatto finta di non vedere?- chiese Sìle un po’ dubbiosa.
Lui annuì...
- Sì sai quando arrivi a perdere di vista il fatto che il meglio è il peggior nemico del bene...e in virtù di questo tiri dritto, senza pensare che forse, un compromesso non è sempre una cosa sbagliata o avvilente per la tua moralità...senza pensare che sì, qualcuno che ti punta un fucile contro per una volta non ha mirato a te e quindi tu puoi proseguire, ma quello che era accanto a te fino a un minuto prima, è caduto bocconi nella polvere...e forse non aveva proprio voglia di morire...- disse indicandosi alle spalle con un cenno leggero della testa – intendiamoci, non sono cose che mi sono successe, se si esclude la morte del mio amico quel giorno in Sudan, però riflettendoci mi sono venute in mente...-
La ragazza lo guardava molto attenta e...per quanto quelle cose che diceva fossero state frutto di una profonda inquietudine, parlarne con i suoi occhi caldi e morbidi che lo studiavano, lo faceva sentire bene, gli sembrava che lo accarezzasse con lo sguardo...
- Cosa?- gli chiese lei, ma in qualche modo Liam sentì che lei “sapeva” come lui si sentisse.
La fissò per un momento...
- Glasgow non è una giungla, credimi, ma non è nemmeno il massimo per diventare sognatori; diciamo che ti forma molto nel pragmatismo ecco, perché la quotidianità presenta qualche problemino di troppo per i voli pindarici...– disse aspettando che lei annuisse per proseguire – questo però non significa uscirne cinici, anzi! E io non ero un cinico...e quando mi sono detto che forse avevo mosso il primo passo per diventarlo mi sono sentito...-
- Sperduto...- lo anticipò lei; lui rispose di sì, che ci si sentiva ancora.
Sìle gli sorrise e scosse la testa come a volergli dire che niente le sembrava più lontano dal cinismo di lui...e fece sorridere appena anche lui e lo portò ad andare avanti.
- Così...sulle prime, ho passato tre anni dopo la convalescenza tra Londra, Parigi, New York...tornando da dove venivo in sostanza, riprovando a vivere in quel mondo tutto di superficie...diciamo che ho spento il cervello per quel periodo, vivevo tra feste, studi di moda...qualche scopata senza impegno, di quelle che poi a lungo andare diventano un po’ troppe e troppo vuote...non mi piaceva più neppure quello...anzi, mi faceva stare peggio, perché mi sentivo una specie di struzzo dopo quello che avevo visto, quindi sono tornato qui...-
- Avevi bisogno di un posto dove stare solo...- indovinò lei.
Liam annuì.
- Di guardarmi un po’ allo specchio e di studiarmi senza qualcuno che mi dicesse “Ma dai non abbatterti, tu non sei così...”...perché in questi ultimi tempi, ho avuto più di qualche dubbio su come sono sinceramente...e quello che vedo in questi giorni è ancora più fuorviante...- detto questo accennò un sorriso recuperando un po’ di ironia nello sguardo - visto che oltretutto, lo vedo da entrambi gli occhi quando, se dovessi telefonare al luminare che mi ha dato una diagnosi tutt’altro che confortante, mi tratterebbe da illuso maniaco depresso...-
Si guardarono di nuovo...lui le sorrise dopo un po’.
- Allora?- le domandò – qual’è la cura? Ci vogliono ali di pipistrello o code di lucertola?-
Sìle rise e scosse la testa-
- Ci vuole che tu ti convinca che la risposta te la sei appena data...- gli disse.
- Cioè?- chiese Liam incerto.
Lei sorrise.
- Quello che vedi, tu lo puoi vedere perché...sei in un momento fortunato che non a tutti capita vivere...-
- Che momento?-
- Quello in cui puoi scegliere di nuovo chi essere, cosa essere, cosa vedere o no...cosa sentire, cosa ascoltare...- gli disse lei – i tuoi occhi hanno visto qualcosa, sì, ma a te è dato scegliere se era solo un brutto gatto che si diverte a giocare con confezioni di latte rancido o la testimonianza di qualcosa che ti apre le porte...e il fatto che tu veda con entrambi gli occhi, è perché quelle porte si aprono non solo al mondo fisico, ma anche a quello interiore e più arcaico della natura umana...-
Liam fece un risolino e aggrottò le sopracciglia nella sua ormai ribattezzata“Espresisone tipica”.
- E secondo te qual’è la scelta più giusta?- le chiese, ma do contro lei fece un cenno di diniego molto deciso.
- Questo non posso assolutamente dirtelo io...-ribatté quasi severamente.
Lui ci pensò su un momento, ponderando cosa chiedere di seguito...
- Beh tu cosa puoi dirmi allora?- disse infine.
Sìle aggrottò le sopracciglia sugli occhioni luminosi e allungati, dalle lunghe ciglia.
- Domanda spinosa...- commentò, quindi si alzò e gli andò vicino, inginocchiandosi proprio a ridosso delle sue gambe e poi sedendosi per stare più comoda, completamente illuminata dal camino – dunque vediamo...-
Lui sorrise sotto i baffi.
- Come fai senza palla di vetro?- le chiese provocatoriamente.
- Trovami una palla di vetro che non richieda pile o elettricità, e io ti leggo il futuro; ti risulta che le streghe vivano largheggiando?- ribatté prontamente lei – ora piantala e sii serio per favore...fai il quarantenne...-
- Trentottenne e a parte questo non ho capito bene la relazione tra l’età e la serietà...-protestò tranquillamente Liam.
- Guarda che me ne vado...- lo minacciò la ragazza riducendolo a un silenzio non troppo serio per la verità, almeno non finché lei non riprese a parlare.
- D’accordo, quanto ci hai messo a venire da me e Dorcas?- domandò lei.
Liam con un’espressione vaga sospirò...
Una settimana, disse, più o meno.
- E’ per via di quel gatto senza stivali dei miei stivali...- scherzò ridendo appena e poi tornando più serio – la foto di Lily, quel quaderno...tutte quelle cose che ho trovato...scoprirmi in così stretta comunanza allucinogena con un pazzoide irlandese senza neppure aver fumato...insomma Dorcas era l’unica persona di cui riuscivo a pensare “Magari non mi sbatte fuori chiamando la polizia!” – spiegò.
Sìle sorrise e annuì.
- Va bene, ma non è solo per quello...- disse e lui subito scosse la testa – e per cos’altro?- chiese allora lei aspettandosi già solo dalla faccia di lui un’altra risposta poco seria.
Le indicò il petto infatti.
- Perché ero quasi sicuro che le streghe carine sui trenta, non portassero il reggiseno...-
Lei sbuffò, ma non sembrò irritata o infastidita, anzi, sorrideva.
- Intanto sono ventotto...e per inciso il reggiseno non lo porto quasi mai, ora possiamo tornare al tuo problema?-
- Se proprio dobbiamo...-
Lei lo guardò assottigliando leggermente le palpebre, ma sempre ridendo, gli disse di sì e lui si arrese facendosi più attento.
Sìle però a quel punto rinunciò a farlo autoanalizzare, forse non era ancora abbastanza sicuro di quello che pensava per farlo.
- Vedi probabilmente quando tu dici che non immaginavi di dover credere a qualcosa, che...eri solo curioso, in realtà hai già fatto una scelta in merito secondo me...stai già dicendo che hai cambiato modo di vedere le cose; che non hai valutato l’idea che non fosse vero, ti sei subito chiesto cosa fosse e sei venuto da me e Dorcas, non perché tutti dicono che siamo streghe, ma perché hai deciso che volevi scoprire tu, con i tuoi occhi se era vero o no...-
- Insomma sto diventando un medium o roba simile?- le chiese.
Sìle gli diede un buffetto indispettito su uno stinco.
- Non prendermi in giro, sto cercando di darti una spiegazione...almeno prima di essere scettico, fammi finire...-
Lui si fece più serio allora, anche se le sorrise, e si scusò.
- Il fatto che tu mi dica che hai visto anche con l’altro occhio me lo conferma ulteriormente.Tu sei in uno stato di grazia perché sei tornato indietro, in qualche modo: hai avuto bisogno di tornare all’origine di qualcosa, di una parte della tua vita che hai bisogno di rivalutare e questo implica anche una buona dose di coraggio, non tutti sono disposti a rimettere le cose in discussione... – mormorò lei per poi riprendere -...Paulie, con quella sua “originalità”, quella sua capacità di tornare bambino nei sentimenti, nella fantasia, nel gioco, ha avuto il coraggio di affrontare chi lo chiamava “Il Matto”, le prese in giro, le malelingue, tutto pur di difendere quello che aveva trovato, tu, persona senza dubbio più discreta, hai innescato questo cambiamento in modo molto più intimo e personale, ma questo non implica che tu abbia meno coraggio di Paulie perché i giudici più severi, siamo sempre noi stessi...-
Liam aggrottò le sopracciglia...ora era lui che sentiva che in quel discorso, Sìle ci metteva molto anche di sé stessa.
- Perché mi parli di Paulie?- le chiese soltanto però.
Lei deglutì un altro sorso di caffè e gli sorrise.
- Perché tu hai paura che ti considerino pazzo o peggio che ti commiserino per questo, tu sei uno cui la commiserazione risulta urticante...-
Le rispose sorridendo con un’aria vagamente arresa a sentirsi nudo di fronte a lei, ma almeno confortato dal fatto che ogni tanto la soddisfazione di puntualizzare potesse togliersela.
- No, non è esatto...Streghetta...- le disse mostrandole la lingua con fare dispettoso, poi però gettò le armi - ne sono terrorizzato...della pazzia me ne sbatto, quasi in tutti c’è un po’ di pazzia...-sospirò lui portandosi le mani dietro la testa, puntandole contro gli occhi...quegli occhi splendidi che la mettevano in agitazione in un modo che quasi non tollerava - ma la commiserazione è una cosa che...non lo so, forse sono troppo orgoglioso, nella mia famiglia era tutto imperniato sulla più assoluta dignità...di fare pena a qualcuno non lo accetterei mai -
Sìle si passò una mano tra i capelli ravviandoli dietro la nuca e poi si fermò a fissarlo per qualche istante, sostenendo quel lungo sguardo.
Intorno al cartello dentro Sìle, quello col nome di lui, si erano accese talmente tante lampadine che aveva paura che lui potesse vederle! E improvvisamente le si era messa e ronzare in mente “Toxic”, la canzone di Britney Spears, ma nella versione assai più sensuale di Yael Nahim...Liam era l’incarnazione del testo di quella canzone...
- Che c’è?- le chiese lui evidentemente notando qualcosa.
- Mi stai fissando tu...dovrei chiedertelo io...- ribatté lei con leggero imbarazzo.
Allora lui fece una risatina insicura, scuotendo la testa.
- No, questi sono quei momenti un po’ pericolosi che è bene non assecondare quando c’è un discorso serio in ballo...dimmi qual’è il famoso altro fattore...-svicolò “vigliaccamente”, distogliendo gli occhi da lei.
Vedendolo in quel momento di vago smarrimento, il più classico quando ci si trova di fronte tra persone fortemente attratte l’una dall’altra, cosa che ormai era ben chiara ad entrambi, riprese lei in sicurezza...
Sfiorandosi il labbro inferiore con il pollice, lo guardò a lungo.
- Il famoso altro fattore è la casualità degli eventi in realtà...- disse facendo spallucce, richiamando l’attenzione di lui su di sé.
- Non credo molto nelle coincidenze...-
Sìle scosse la testa.
- No infatti, ho parlato di casualità...-
- Aspetta...dimmi di cosa mi stai parlando esattamente ora – la interruppe gentilmente Liam, con un cenno della mano.
- Del perché un uomo nello stato mentale adatto a “vedere”, si trova a tornare nel posto adatto a “vedere” e come se non bastasse, trova due streghe che lo aiutino a capire...te lo sarai chiesto no?-
Liam abbandonò la testa contro il muro fingendo un mancamento improvviso di forze e poi rialzò lo sguardo.
- Ricordami di non pensare mai di farti una sorpresa!- mugugnò per poi annuire e ammettere – sì, sì me lo sono chiesto... ma non guardarmi con quell’aria di trionfo!-
Sìle si fece una risata, non forte, ma decisa.
- Allora?- la incalzò lui.
- Allora...niente...semplicemente si sono unite alcune cose: il fatto che tu cercassi un posto molto tranquillo e solitario che, presumo, ti abbia portato a chiedere a Charlie, non a caso anche questo, se conosceva qualcosa che facesse al caso tuo, e questo cottage è lontano dal paese, vicino al lago, silenzioso, placido...-
- Per quanto gatti e goblins permettono, sì...- convenne lui.
- E qui veniamo al secondo punto...- replicò lei ridendo di nuovo – queste creature sono molto più attive durante queste stagioni e probabilmente, essendo questo posto molto meno frequentato d’autunno, Charlie preparandolo per te, le ha disturbate...-
- Sì ma che ci fanno qui loro?- chiese allora Liam.
Sìle si guardò intorno...
- Dorcas dice che nessuno sapeva di Amanda e Paulie, ma che sapeva che Amanda riceveva visite frequenti da qualcuno...e il fatto che Amanda abbia conservato quel quaderno, quei libri, quegli appunti...è facile che le porti a cercare di nuovo un contatto con Paulie che era loro amico...- ipotizzò – Mr.Dunno, ricordi? Forse stanno qui perché ci sono le sue cose...a volte si autoinvestono del ruolo di custodi dei nostri beni, grandi o piccoli che siano...-
Liam per la prima volta forse sorrise di simpatia e un po’ di tenerezza verso Paulie e perfino verso quelle creature che, se era vero quanto diceva Sìle, si domostravano amici molto fedeli.
- E tu e Dorcas in tutto questo come ci rientrate? E Lily anche...- domandò facendo tutto il giro di ragionamento che portava alla bambina pur senza sapere effettivamente niente di lei e della sua natura.
Sìle sospirò e si alzò in piedi: segno che era ora d’andarsene, gli indicò fuori, dove la pioggia aveva smesso di cadere.
- Questo è un discorso un po’ più lungo, rimandiamolo alla prossima seduta- scherzò strizzandogli l’occhio - ma...diciamo che Lily e Paulie hanno delle amicizie comuni...- disse guardandolo alzarsi a sua volta. Le offrì un passaggio, ma lei rifiutò cortesemente, poi ritornò al discorso principale – non c’è niente di magico o di predestinato nel vero senso del termine, col tempo ho imparato a capire che in realtà funziona un po’ tutto come un enorme magnete...-
Quando fu in piedi, Liam si infilò le mani in tasca pronto ad accompagnarla.
- Un magnete?- domandò.
Lei ci pensò meglio...
- Prendiamo il tuo caso sempre; diciamo che i due poli del magnete sono...il tuo bisogno di solitudine e di...rivalutazione della tua vita e questo posto che è, abbastanza evidentemente credo, quello adatto a soddisfare il tuo bisogno...- gli rispose avviandosi verso la porta e recuperando la giacca – ti ha attratto-
Mentre se la infilava, si voltò verso di lui e si fermò di spalle alla porta mentre le apriva.
- Dici che è il posto adatto?- le chiese con un mezzo sorriso – uno in cui tra un po’, se dovessi scrivere le mie memorie di letto, potrei farle redigere a loro? Dove mi giro trovo qualcuno che più o meno apertamente si informa su di me- scherzò evitando di aggiungere “Per poi riferire minuziosamente a Maggie Mills”, perché quel sospetto era molto radicato, ma all’atto probatorio non confermato.
Era vero però: in qualunque momento della giornata uscisse, trovava qualcuno sulla strada del cottage, cosa un po’ strana considerato che le uniche ad aver motivo di transitarci tanto spesso erano Sìle e Dorcas, perché vivevano grossomodo da quelle parti, che invece non si vedevano mai.
Sìle rise.
- Vuol dire che ti pensano tanto...- disse puntandogli un dito contro il petto – io penso che tu abbia trovato il tuo nord...ma la mano sul fuoco non ce la metto ancora, mi saprai dire...-
- Ti saprò dire...- ripeté lui sospirando e dando un occhio fuori.
Sìle lo guardava pronta ad uscire, ma lo vide fare una faccia strana, poi un bel sorriso.
- Clara!- disse cordialmente, e Sìle sentì la voce della donna rispondere, anche se non capì cosa – sempre in giro eh?- aggiuse lui prima di tornare a guardare lei – che ti dicevo?- le chiese poi indicando fuori.
- Ahi...- gli disse Sìle guardandolo con un po’ di colpa nell’espressione – temo che ti metterò nei guai se esco ora...-
Liam diede un’altra occhiata fuori, giusto per accertarsi che Clara non stesse perdendo colpi e avesse avuto un improvviso attacco di discrezione, ma ovviamente no, e quindi guardò di nuovo lei.
- Allora non uscire...- le disse sorridendole.
Sìle lo guardò di sotto in su...quindi allungò una mano a fargli una carezza sulla guancia scuotendo la testa.
- Tu sei pericoloso per me stasera, scozzese...troppo carino...-
Lui rimise le mani in tasca, in segno di autodisciplina, ma con gli occhi diceva tutt’altro, anche se era evidentemente messo in un certo grado di timidezza da quella cosa che lei gli aveva appena detto.
Si era messo a ridere, aveva distolto lo sguardo, si passava una mano dietro il collo, guardava fuori(verso Clara che ovviamente era di vedetta), tutti segnali abbastanza chiari.
A Sìle sembrava incredibile, ma pareva proprio che William Kerr, bello, sempre più bello ogni minuto che passava, e sicuramente molto smaliziato per tanti versi, non fosse minimamente consapevole del proprio fascino e che addirittura fosse timido se vezzeggiato da quel lato.
- Se non te ne fossi accorta è almeno mezz’ora che ho voglia di diventare pericoloso sul serio per te...- mormorò lui, altra cosa che lo caratterizzava: era timido sì, ma si salvava benissimo con l’ironia e riusciva lo stesso a lanciare messaggi interessanti – ti salva il fatto che inizio a invecchiare e a diventare saggio...-
Lei fece un risolino ironico.
- Tu?- gli chiese allungando di nuovo la mano per dargli un leggero pizzico sulla pancia – ma dai...- concluse uscendo e guardando anche lei verso Clara mentre usciva.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Un brutto scherzo... ***


Capitolo 10 - Un brutto scherzo...

(altra ndr. Spoiler: secondo alcune leggende del folklore britannico, le vecchie querce sono la dimora degli essere fatati, non è infrequente che la quercia più vecchia di un bosco vecchia denominata “Old Man Oak”. Questi alberi, come custodi della dimora delle fate, attirano i passanti mutando funghi velenosi in cose appetitose e nel crepuscolo esse possono essere “udite mormorare” la frase “As above, so below”, vale a dire “come sopra, così sotto”


Arrivata a casa un po’ prima di pranzo, aveva trovato Dorcas impegnata nel fare il bagnetto a Lily perché la piccola aveva giocato fuori bagnandosi come un pulcino, ma la vecchia strega sosteneva che un po’ d’acqua ogni tanto, servisse a temprarli i bambini.
- Ah eccoti qua!- disse la donna sciacquando i capelli alla bambina – sappi che Lily è molto arrabbiata con te Streghetta!- le annunciò per poi guardare la piccola – vero tesoro?-
Lily guardò Sìle, poi guardò Dorcas, quindi di nuovo Sìle e annuì e quella d’improvviso si ricordò: le aveva promesso che l’avrebbe portata nel bosco a raccogliere foglie secche e bacche per fare le decorazioni natalizie o semplicemente piccoli abbellimenti per le stanze, Lily ci teneva moltissimo.
- Oh tesoro! Hai ragione! Che stupida!- esclamò la ragazza passandosi le mani nei capelli e quindi portandosele al cuore.
Scosse la testa abbassandosi a prendere il visetto della piccola tra le mani, per darle un bacio, ma non era sicura che Lily avrebbe accettato, era tremendamente suscettibile; non che non accettasse limiti o negazioni o cambiamenti di programma, ma ci teneva che Sìle la informasse, le spiegasse e la trattasse da pari, non come la bambina piccola che non avrebbe capito.
– Piccola mia, scusami, è passato il tempo e fuori pioveva...non ti ho avvisata...mi dispiace tanto, non succederà più, te lo prometto!- le disse Sìle posandole le labbra su una guancia.
Lily la guardò con le sopracciglia scure aggrottate sugli occhioni chiari, pensosa e indagatrice.
- Adesso ti racconto perché...così forse mi perdoni...- le disse Sìle sollevandosi le maniche del maglione e chiedendo a Dorcas di farla finire.
La donna annuì e annunciò che andava a preparare la torta di mele e cannella, sicura che Sìle avrebbe rimesso le cose a posto con Lily.
Infatti alcuni minuti dopo, le vide scendere di sotto.
Lily, con una tutina pesante, i capelli asciutti, il collo leggermente imbiancato di borotalco, stretta al collo di Sìle che la teneva per sotto il sederino e la riempiva di coccole e la convinse ad aspettare d’aver mangiato per avere il dolce.
- Eccoci pronte principessa...- annunciò infine Dorcas scoprendo sotto il musetto della bimba la spendida e profumatissima torta che aveva fatto – pronta per te!-
Lily indicò la torta con il ditino e un’espressione festosa, ricevendone subito un pezzo e ritrovandosi un attimo dopo seduta al tavolo, con due cuscini sotto il sedere e tutto il nasetto sporco di zucchero a velo e cannella.
Mentre la bimba mangiava, Dorcas e Sìle si concessero un tè, sedute nel bowindow della cucina, e Agenore, che da qualche giorno capeggiava una piccola truppa di altri micetti probabilmente “di sua produzione”, accomodato in mezzo a loro insieme a due cuccioli.
Dorcas ovviamente li aveva adottati sedutastante.
- Così Clara ti ha vista uscire da lì?- domandò Dorcas mentre la ragazza le raccontava della visita da Liam.
Sìle annuì gravemente...
- Non so se lui mi perdonerà tutte le seccature che gli deriveranno da questo...- scherzò.
Dorcas sorrise appena.
- Ti è sembrato disponibile a crederti?- si informò.
La ragazza sospirò e si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, quindi abbassò lo sguardo sulla tazza che teneva in mano, ancora calda.
- Mi è sembrato...- rifletté tra sé – abbastanza tranquillo...e...beh sì disposto a valutare l’ipotesi, anche interessato e incuriosito probabilmente, staremo a vedere...-
- Hai notato nulla mentre eravate lì?- chiese Dorcas alludendo ovviamente all’eventuale percezione di presenze intorno a loro.
Sìle scosse la testa.
- In quel momento non è successo niente, però si sente qualcosa vivere al di fuori di Liam o della storia della casa...c’è sicuramente qualcosa di molto presente...solo...- si interruppe guardando fuori, sul giorno che andava avviandosi al tramonto, regalando solo in quel momento qualche raggio di sole rossastro.
- Solo?- la incoraggiò Dorcas.
Sìle la guardò e aggrottò un po’ le sopracciglia perché si rese conto che doveva pensare a cosa aveva sentito in quella casa, escluso Liam che l’aveva confusa un po’ troppo rispetto a quanto era abituata a lasciar succedere ormai.
Si mise a pensarci in quel momento.
- E’ come se...- non poté fare a meno di arrossire sotto lo sguardo di Dorcas – c’erano...erano lì, le sentivo, ma era come se non volessero interromperci e non per me...- disse, poi aggrottò le sopracciglia – capisci è come se...in qualche modo portassero rispetto a un momento in cui era lui, ad aver bisogno di essere lasciato in pace...-
- E’ molto difficile che un...comune umano abbia controllo su di loro...- osservò Dorcas – non lo abbiamo noi...-
- Controllo sì, comunicazione no...anche involontaria...me lo hai detto tante volte...- rispose Sìle portando la donna ad annuire.
- Che tipo è diventato?- domandò infatti.
- Beh lui è un tipo molto...molto più profondo e autoanalitico di quanto non pensassi; è uno che si pone molti problemi, che pensa, pensa moltissimo, riflette, rimugina...e...- sorrise – è sensibile...ha bisogno di avere spiegazioni su quello che vede e sente...non è uno che accetta passivamente, l’hai detto anche tu- raccontò Sìle.
- Che tipo di spiegazioni?-chiese Dorcas.
La ragazza scosse la testa.
- Quelle giuste...non è stato scettico, anche perché un paio di cose le aveva già intuite...- sospirò.
- Ad esempio?- indagò Dorcas.
- Ad esempio che le allucinazioni di massa non sono applicabili a due uomini che non hanno in comune niente e che vedono la stessa cosa a quarant’anni di distanza -
- L’avevo detto io che è troppo intelligente...- fu la conclusione di Dorcas.
- E se scappasse?- chiese Sìle, ma non del tutto certa che volesse farsi sentire, anche se l’amica comunque avvertì chiaramente le sue parole, quindi il problema non si poneva più.
Lily, finita la torta, decise che era ora di andare a giocare, quindi scivolò giù dalla sedia e sparì nella stanza accanto dove rimase per qualche decina di secondi, si sentirono dei rumorini, discreti e ordinati come suo solito, di un paio di libri che venivano posati in terra, dei fogli, una scatola di colori svuotata sul pavimento...poi la bimba tornò di là e ad ogni buon conto, chiese a Sìle un’altra fetta di dolce.
La ragazza si alzò e gliene preparò un pezzo un po’ più piccolo del precedente, quindi si preparò a lavare il piatto su cui Lily aveva mangiato...il bicchiere del latte, che la piccola scuotava sempre e completamente.
- Cos’è che ti turba tanto streghetta?- le chiese Dorcas guardandola.
Sìle si raccolse i capelli dietro la schiena e aprì l’acqua dopo aver messo il detersivo sulla spugna.
- Sembro turbata?- domandò di rimando.
Sapeva benissimo di esserlo...ma non le andava ammetterlo.
- Chi vuoi prendere in giro?- le chiese ridendo sotto i baffi Dorcas – è da quando sei rientrata e ti sei accorta d’aver dimenticato di avvertire Lily che hai cambiato faccia...-
- Lo sai quanto mi dispiace quando si sente esclusa...-
- Esclusa?- sghignazzò la donna con quel bagliore negli occhi tipico di quando alludeva a qualcosa di piccante - qui c’è qualcuno che ha passato un’ora molto più piacevole di quanto non voglia ammettere o sbaglio?-
Sìle si rigirò un po’ di scatto, quasi risentita, ma poi le venne da sorridere.
- Dorcas!- protestò timidamente, ma l’altra non aveva ancora finito.
- E che soprattutto non vede l’ora di replicare?- insisté, quindi le fece cenno di parlare – coraggio, di’ a zia Dorcas cosa ti succede...sono anni che non ti vedo quell’espressione titubante sul viso...-
Sìle sapeva che a Dorcas non poteva nascondere nulla.
Era vero che era titubante...che...appena aveva lasciato Liam, tutto il piacere provato per quelle quattro chiacchiere private, il desiderio di lasciarsi andare, l’eccitazione che le procurava la vicinanza di quell’uomo, era sparito lasciando di nuovo il posto alla voglia di scappare, di non cedere perché complicava troppo le cose, di non starsi a sentire.
Le succedeva perché quando, come con Liam, le capitava di astrarsi talmente tanto da “dimenticare” cose essenziali della sua vita, come Lily, le mancava la terra sotto i piedi.
Questo Dorcas lo sapeva...ma doveva essere Sìle ad affrontare il problema.
- E’ che ho paura...- le disse mentre richiudeva l’acqua e si asciugava le mani – quando mi sembra di andare in corto circuito come faccio con lui, ho paura, perché...nel momento in cui inizio a non percepire altro che una certa persona, a concentrare, involontariamente per di più, tutto il mio sentire su qualcuno...- si fermò, sbuffò e allargò le braccia – è la volta che inizio davvero a non farmene niente dell’essere quello che sono...a che serve un dono come il nostro se poi ti confonde le idee nei momenti in cui tu, per te stessa, avresti interesse a capire? -
Lo disse quasi protestando e da Dorcas ebbe come replica un sorriso affettuoso che non la incoraggiò molto.
- Streghetta...tu non sei confusa...- sentenziò, al che Sìle la guardò molto poco persuasa e quindi lei scosse la testa a ulteriore conferma del suo pensiero – te lo dico io, tu hai bisogno di un vaccino tesoro...-
- Che vuoi dire?- le domandò la ragazza un po’ infastidita perché quando si sentiva toccata su certi argomenti, reagiva un po’ per storto.
Dorcas, che in genere non interrompeva tanto bruscamente certi discorsi, fece per ribattere ancora, per continuare a parlare...poi però si incupì, si fece silenziosa...e Sìle non le chiese spiegazioni perché aveva sentito chiaramente anche lei qualcosa...si guardarono per un momento, per cogliere qualcosa l’una nell’altra che potesse dare un indizio, magari un’intuizione, una sensazione.
Sìle non sapeva quali fossero le percezioni di Dorcas, erano molto diverse, come erano diverse tutte tra loro le streghe in quei momenti.
Lei fu sicura d’avvertire nell’aria un odore dolciastro, simile a quello che aveva sentito la notte di quella strana visione avuta...sembro portato da un alito di vento freddo e umido.
Anche Dorcas lo sentì.
- Non c’è niente di aperto in casa...- disse infatti, con un po’ di allarme nella voce.
Sìle chiuse gli occhi cercando di intuire la provenienza di quell’alito, non era facile perché sembrava roteare loro intorno, come ne fossero avvolte, come avesse origine e termine all’interno di quella stanza, ma poi sentì che nasceva, come aveva temuto dal primo momento, dalla stanza in cui era Lily.
Guardò Dorcas che aveva evidentemente avuto il suo stesso pensiero perché era già in procinto di avviarsi in quella direzione.
- Lily non può aver aperto, non ci arriva!- la sentì dire mentre correvano entrambe a vedere.
Irruppero praticamente nella stanza, guardandosi intorno per cercare la bambina.
I libri da colorare e le matite erano tutti sul pavimento, la finestra era chiusa in effetti...ma Lily non c’era e in quella camera c’erano un tavolo...delle poltrone, un tavolinetto da tè, un paio di vecchi mobili pieni di libri e vecchie cose.
Sìle e Dorcas la cercarono in ogni angolo, dalla stanza non era uscita, non per andare in giro per casa almeno, perché doveva per forza passare loro davanti, eppure non c’era...e era inequivocabile la sua assenza, perché le due streghe non ne avevano che una lontanissima percezione in quel momento.
- Dorcas dov’è?- chiese Sìle quasi sperasse che l’amica avesse qualche sentore – dov’è? Non la vedo da nessuna parte! Non la sento quasi più!- esclamò con la voce tremante mentre andava ad aprire la finestra trovandola sì accostata, ma non bloccata.
Si girò verso Dorcas con aria un po’ atterrita.
- L’avevo chiusa io questa...sono sicura che fosse chiusa! – disse sporgendosi fuori, a inoltrare lo sguardo tra le fronde del bosco che iniziava a farsi scuro.
Sembrava tutto piatto e confuso, come se la foresta non volesse permettere di vedere...eppure nell’aria riecheggiava una risata che veniva dal fondo del bosco, dalle sue profondità.
- Che cos’è?- chiese Sìle che ormai a tutto pensava meno che ad essere lucida e ragionevole; era solo spaventata e disperata, era piombata in un solo secondo nella cecità più assoluta, anche se nel tono non era isterica, anzi...parlava a bassa voce e sembrava quasi che stesse constatando qualcosa di doloroso, piuttosto che scoprendolo – l’hanno presa Dorcas! L’hanno portata via! -
Dorcas la andò a prendere per le spalle.
- Calmati ora...- ordinò costringendola a rientrare e prendendole il viso tra le mani – e guardami...- aggiunse fissandola negli occhi.
Sìle non aveva notato che d’improvviso, mentre lei cercava ancora freneticamente dietro, dentro e fuori quei mobili, tutto intorno, dietro la porta...Dorcas si era improvvisamente fermata e rilassata...e ora con quel tono le parlava e con quello sguardo la fissava.
- Calmati...- sussurrò – è qui fuori...nascosta...- disse.
Sìle aggrottò le sopracciglia.
- Cosa?- chiese con un filo di voce mentre già faceva per slanciarsi di nuovo verso la finestra, ma Dorcas la trattenne saldamente.
- No...- disse con voce calmissima, ma imperiosa – devi vedere, Sìle...devi vedere...guarda...guarda tesoro, guarda intorno a te...- prese a ripeterle quasi la stesse ipnotizzando.
Era il modo di Dorcas di comunicare a Sìle quello che vedeva.
Lei allora, sentendosi immediatamente rassicurata perché sapeva che a breve avrebbe rivisto anche lei Lily, perché Dorcas la guidava, socchiuse gli occhi allora e respirò, prese a respirare lentamente, fece calmare il cuore che le pulsava quasi dolorosamente in gola...quindi guardò di nuovo...ora era lei a decidere cosa c’era da vedere, cosa le serviva, non era il suo dono a condurla, era lei a usare lui...rarissime volte riusciva a farlo.
Ora, sotto l’amorevole stretta di Dorcas...vedeva almeno due cose che le fecero capire che Lily era uscita, con tutta probabilità, da una finestra aperta da qualche visistatore, ma di sua volontà, attratta da qualcosa.
Che le fosse stato aperto in qualche modo da qualcuno proveniente dal bosco, era abbastanza facile da intuire: le tracce di terriccio che sporcavano le mani di Sìle dopo che si era appoggiata al davanzale della finestra per guardare fuori, erano anche all’interno della stanza. Inoltre le scarpine della piccola erano sparite e la fetta di torta era stata appoggiata con tutto il piatto sul mobile vicino alla finestra, senza una briciola.
E ultimo, ma assolutamente indicativo del fatto che la piccola e non altri, avessero invitato qualunque cosa si fosse introdotta in casa in quei minuti ad entrare...perché il vecchio chiodo spezzato che Dorcas aveva posto in una piccola intercapedine tra la cornice della finestra e il muro, era stato appoggiato vicino al piatto con il dolce.
- Non l’hanno presa loro, non ora...- mormorò Dorcas sentendo che lei riprendeva la calma – è uscita lei...e se non la sentiamo con la stessa intensità è perché non vuole...ora apri gli occhi tesoro...- le disse accarezzandole delicatamente le palpebre – aprili...-
Sìle obbedì e la guardò.
- Ora ascoltami...- continuò parlandole con quella voce cullante - metti il cappotto e esci, qui in giardino, verso il bosco...resta vicina agli alberi, ascolta, osserva, ma non chiamarla, non metterle fretta, è probabile che abbia solo bisogno di avvicinarsi un po’ al suo mondo...solo se si sente libera di poterlo fare, si farà vedere, perché è facile che sia incuriosita dalla notte -
Mentre le parlava, Dorcas la guidò verso l’uscita sul retro della casa e le mise in mano la giacca; Sìle annuiva soltanto, non ebbe bisogno di recriminare minimamente sulle prime, era solo ansiosa di trovare Lily, di vederla come diceva Dorcas che, probabilmente più abituata di lei a filtrare i rumori e le entità della foresta perché ci aveva vissuto in mezzo dalla nascita, poteva individuarla più facilmente.
Sìle provenendo da un’isola, da un posto con alte scogliere battute da tempeste e onde roboanti, aveva un contatto senz’altro più facile con l’acqua.
Uscì tuttavia con una sensazione di vago allarme...infatti fatto qualche passo oltre la porta, si girò di nuovo.
- E se loro non mi vogliono? Ora che lei è lì?- chiese vedendo Dorcas che le sorrideva e spariva per un momento in cucina tornando pochi secondi dopo con un mazzetto di fiorellini bianchi.
– La sangina è sempre una buona protezione, se proprio serve – le rispose porgendole il mazzetto che Sìle prese e ficcò in tasca dopo un momento di riflessione - e comunque...Lily non ti lascerebbe succedere niente...- aggiunse.
La ragazza annuì e si convinse ad allontanarsi e ad andare verso il bosco...Dorcas eccezionalmente lasciò la porta di casa aperta, ma si adoperò ad apporre quanti più ostacoli poteva.
Sìle arrivata in fondo al giardino, si era seduta sulla panca di legno, aveva sollevato le gambe al petto e ora la guardava, incorniciata dalla porta, come la prima volta che era arrivata lì...
Dorcas le aveva dato da subito un senso di affetto e sicurezza e anche ora, era così: le sorrideva come dirle che non doveva avere paura, che avrebbe imparato pian piano.
Le venne in mente di chiedersi ancora cosa volesse dire quando le aveva parlato di “Vaccino”...e poi le venne in mente Liam.
Soprattutto quel momento in cui era stato imbarazzato, quando si erano salutati...e poi quando, uscita sotto l’occhio dardeggiante di curiosità maligna di Clara, si era voltata a guardarlo un attimo e si era resa conto della differenza: lui era corazzato contro il mondo umano, lei no, non come lui almeno.
Lui esponeva il petto a quelle invasioni...non le sfidava, ma se le lasciava scorrere addosso come la pioggia, lei no.
Lei, a differenza di Dorcas, alcune cose le soffriva...forse perché...qualcuno diceva che John...
Fermò quel pensiero perché le faceva male, in primo luogo, in secondo luogo, la spaventava l’idea che qualcuno potesse dire certe cose a Liam e poi perché aveva visto qualcosa con la coda dell’occhio...un movimento fin troppo noto: le corsette di Lily quando giocava a nascondersi...
Dorcas non aveva mosso un muscolo, ma le fece un cenno di conferma col capo.
Sìle aspettò di vedere che direzione prendeva la bambina senza darle nell’occhio e solo quando la vide abbastanza lontana, si girò.
Individuata la strada, si alzò in piedi e con passi prudenti e un po’ intimoriti, si addentrò nel vecchio bosco...con la chiara sensazione che, superati i primi due alberi, posti come due guardiani al limitare del sentiero, un mormorio frusciante aveva iniziato a sibilare tra le piante secolari.
Non si lasciò inquietare da quelle voci, focalizzò la sua attenzione sulla figurina di Lily che avanzava...avanzava come sapesse esattamente dove andare; a momenti si fermava a raccogliere cose che studiava un po’ e poi analizzava, alcune se le infilava nella taschina della tuta, altre le gettava...
Un pensiero che la fece sorridere, fu che provò sollievo nel vedere che la piccola, si era messa la sua giacca di lana blu prima di uscire, che ora le faceva praticamente da cappotto.
L’aveva rubata forse a causa sua, che ogni volta le raccomandava di coprirsi per non prendere freddo.
Quando la vedeva fermarsi, anche Sìle si fermava e faceva silenzio...e ogni volta aveva la sensazione di venire osservata molto attentamente...
Se guardava tra le foglie, era sicura di vedere un viso di quando in quando...un viso quasi umano nascosto dietro una maschiera di foglie, che la seguiva e lo rivedeva comparire sempre in forme diverse man mano che andava avnti, come la seguisse e si materializzasse in questo o quel punto tra i cespugli, gli alberi, il sottobosco umido e foderato di foglie cadute.
“L’uomo verde...il re dei boschi...” le suggerì la sua voce più profonda...mentre di nuovo quella risata risuonava tra gli alberi.
Non era sicura che fosse buon segno, non si poteva mai sapere, ma quel pensiero la fece diventare più audace, benché la inquietasse maggiormente.
Decise di ignorare l’allarme e di tirare dritto, non curandosi di suoni, voci, sussurri che sentiva intorno, si concentrò solo su Lily e la seguì per un po’, non seppe dire per quanto, si perse un po’ nell’osservarla e nel constatare quanto la foresta intera rivolgesse la sua attenzione in maniera assoluta su di lei, quasi dimenticando la presenza di Sìle.
Poi, arrivata ad un certo punto, sollevò lo sguardo e vide che il bosco si diradava...al di là vedeva il lago, vicino, inaspettatamente vicino, la strada perfino...sentì una macchina passare sulla strada umida; si voltò un momento nella direzione da cui proveniva, ma c’erano solo alberi, quindi si girò di nuovo.
Era tutto ancora ben visibile, se pure avesse preso i toni freddi che presagivano il crepuscolo e Lily era lì in mezzo, davanti a lei, in piedi al centro del sentiero...e ora la guardava.
Sìle le sorrise...ma la piccola non rispose.
Dopo qualche momento poi, si sentirono due voci, una maschile e una femminile...anzi no...tre!
Quella maschile era calma, ma piuttosto seria...forse anche un po’ infastidita anche se ancora non si capiva cosa dicessero.
Era Liam...possibile che fosse finita a casa sua?
Lily col ditino indicò proprio verso quella direzione e dopo un momento partì di corsa, giù dal piccolo pendio in cima a cui si trovavano, inoltrandosi lì dove la foresta continuava fitta e scura.
Sìle si voltò un attimo nella direzione che la bimba indicò, sorridendo, ma quando tornò a guardare verso la bambina vedendola prendere a correre, le si lanciò dietro chiamandola sottovoce.
Si mise a correre anche lei verso il basso, sicura che appena avesse imboccato la discesa, si sarebbe vista la bimba davanti, ma niente...non la vide più, non sentiva rumori di foglie calpestate o smosse...era scomparsa...


- Io lo dico per te Liam, davvero, lo sai quanto ti vogliamo bene qui...quella ragazza è...-
Sìle aveva contato male...le voci, se fosse rimasta a sentire di più, erano quattro: Liam, Clara, Maggie e Miss Dawn...
- Strana...- intervenne Miss Dawn dietro Maggie che aveva appena parlato.
Se le era ritrovate davanti alla porta di casa tornando da un giretto al volo in paese per comprare le sigarette e un paio di altre cose: lo aspettavano perché erano...”Preoccupate per lui”.
Liam le odiava certe cose e solo per non essere assolutamente sgarbato stava concedendo loro qualcosa, ma era già tornato un po’ innervosito per via di due parole scambiate con Charlie.


- Tu e Sìle state facendo amicizia?-
- Parrebbe di sì...-
- E come ti sembra?-
-...interessante...-
- E’ molto carina vero?-
- Molto sì...-
- E giovane...-
- Sì, Charlie, era a casa mia fino a un’ora fa, me la ricordo ancora bene, taglia corto...-
- Beh? Che ti prende?-
- Che bisogno c’è di farmi notare cose tanto ovvie? E’ evidente che Clara ha diffuso la notizia di Sìle che usciva da casa mia, allora?Che devi dirmi?-
- Io voglio bene a quella ragazza...-
- Sì...-
- Lei non è come quelle che hai frequentato fino adesso...-
- Charlie...devo iniziare ad evitare anche te come tutti gli altri? Dai!-
- Era la ragazza di John, quando lui è morto...-
- Oh cazzo...non lo sapevo...-
- Lei non ne parla mai...perché c’è stata qualche lingua di serpe qui che ha messo in giro la voce che...fosse colpa sua, va’a capire perché...-
- E invece?-
- Liam, John è morto perché gli è crollato un ramo sull’auto da un albero centenario, che poteva entrarci lei? Andiamo! Quanti incidenti succedono al mondo?-
- Milioni...-
-Appunto...però lei da allora non ha più avuto nessuno per la paura che fosse vero. Insomma se per caso avessi qualche idea su di lei, vacci piano va bene? Solo questo...ne ha passate tante che non si meritava...-



E così era chiuso tra...beh un certo numero di fuochi: Sìle gli piaceva, ma non sapeva quanto...o meglio, sapeva quanto...tanto!
Se n’era accorto durante quella conversazione di quanto lo attraesse quella ragazza, ma non riusciva a capire bene come, lo attraesse.
Charlie, proprio perché lui non sapeva darsi una risposta in merito, lo aveva fatto sentire in colpa con quel discorso e da quel momento in poi, aveva avuto la sensazione che qualunque cosa lei gli avesse detto o fatto capire, sempre che lo facesse, lui si sarebbe sentito in difficoltà per non poterle promettere niente ancora.
Eppure sapeva che se fosse successo di nuovo di rimanerci da solo insieme, qualcosa sarebbe successo...allora come poteva fare?
E ora?
Ora si trovava davanti quelle tre befane che lo andavano “Ad avvertire”.
Stava cercando di non mandarle al diavolo dal momento in cui aveva sentito Miss Dawn dirgli che forse c’era una cosa che era bene che lui sapesse e che Maggie gliela voleva proprio dire.
- Strana?- domandò sbuffando via un po’ di fumo dopo essersi acceso una sigaretta con aria annoiata e senza curarsi di dirigerlo in una direzione diversa da quelle tre facce da impiccione.
Ebbe un moto di intima soddisfazione vedendo che aveva costretto l’irriducibile Miss Dawn a portarsi una mano sul naso e a tossire infastidita.
Comunque niente le impedì di dare di gomito e Maggie e indurla a continuare.
Quella si avvicinò a prendere sottobraccio Liam che, per un momento, si distrasse riflettendo sul fatto che quella mattina...l’accendino che ora aveva in mano non lo aveva trovato e quando era uscito di nuovo, dopo andata via Sìle...lo aveva ritrovato abbandonato dentro...la scatola della pizza che aveva preso la sera prima e che, per di più, era vuota quando lui ricordava benissimo di averci lasciato dentro almeno una fetta residua.
Ovviamente la cosa non lo stupì...e quindi lasciò correre, tanto avrebbe avuto occasione di approfondire.
- Sì sai lei è...- la voce di Maggie gli arrivava alle orecchie col solito tono da fidanzatina premurosa verso un fidanzato un po’ imbranato e preda di una perfida ammaliatrice che tentava di portarglielo via – una persona un po’...particolare ecco...non è un caso che sia amica di quella Dorcas Patel ti pare?-
Liam annuì con aria attenta e disponibile.
- Certo sì...- rispose.
Clara allora gli si mise vicina, dall’altra parte rispetto a Maggie.
- Non si sa mai che cose possono succedere frequentandola...-
Liam non poté dare interamente torto a Clara, peccato che lei non avesse minimamente idea di cosa parlasse.
- Davvero?- domandò quasi preoccupato.
- Sì, tesoro, bisogna stare attenti a certa gente...- riprese Maggie.
Liam le guardò in faccia tutte e tre, Miss Dawn stranamente silenziosa, ma era evidente che fosse lei alla guida della spedizione.
Non che volesse male a Sìle, ma se doveva occuparsi della felicità di Maggie, che sicuramente rispondeva in maniera più completa al suo ideale di brava ragazza, non poteva usare mezze misure.
- Fanno delle cose strane e la gente non è mai al sicuro con loro...- insisté Clara.
Liam allora, fingendo sempre quella disponibilità e quasi quella gratitudine a tanto interesse, prese a parlare loro.
- Capisco certo...- rispose sollevando gli occhi verso il lago con espressione vagamente pensosa, poi però sospirò prendendo un atteggiamento assai più ironico e tagliente - e presumo che tutta questa urgenza di avvisarmi, sia scaturita dal fatto che l’avete vista uscire da casa mia completamente vestita, in pieno giorno, senza tentare di nascondersi...- disse ricevendo risposta dei cenni affermativi che probabilmente le tre donne non si rendevano neppure conto di fare...allora Liam proseguì - con me dietro le spalle che la salutavo senza bisogno di ripulirmi da imbarazzanti strisciate di rossetto...ah già! Lei non lo porta il rossetto... sì direi che è un segnale piuttosto allarmante...da vera mangiatrice di uomini che si premura perfino di non lasciare tracce sulle sue vittime- concluse ora decisamente annoiato e avvilito mentre le guardava crogiolarsi nell’illusione d’averlo convinto, perché ancora non avevano colto il sarcasmo.
Miss Dawn allora, come la capobranco cui venisse lasciato l’onore del primo boccone, levò una mano, un dito anzi...
- Non c’è da scherzare...lei forse non sa che fine fanno fare alle persone...- disse – vero Clara?- domandò poi, trattandolo sempre, rigorosamente e con molta formalità, come se questo potesse metterla in una posizione meno invisa.
Clara annuì.
- E’ vero...forse tu non lo sai, ma John, quel povero ragazzo, il giorno in cui...- prese a dire.
Liam a quel punto non tollerò più però...sapeva cosa stava per dire Clara, che se non fosse stato per Sìle John non sarebbe morto.
Liam voleva bene a John, era un bambinello quando lui se n’era andato, una specie di fratello minore che lo seguiva dovunque...ma infierire su Sìle in quel modo, come gli aveva detto Charlie, non era accettabile, anche fosse stata in minima parte sua la colpa.
- Sì, d’accordo io direi che per stasera mi avete avvertito abbastanza, ora se non vi spiace, avrei un impegno...- disse piuttosto bruscamente.
- Liam guarda che è vero...John...- prese a dire Maggie, ma poi si interruppe bruscamente, dopo aver guardato Miss Dawn e aver visto qualcosa alle sue spalle.
- John ha avuto un incidente come poteva averlo chiunque altro in quel momento e in quel posto, quindi adesso basta! – rispose lui senza cambiare tono, anzi inasprendolo...solo che si fermò un attimo dopo, notando quanto di botto era morta la voce a Maggie; talmente tanto che si capì perfettamente che l’aveva colta un imbarazzo profondo e un certo timore.
Liam allora, come Miss Dawn e Clara si girò e vide Sìle...che li guardava...e sul suo viso si leggeva di tutto: il dispiacere, la rabbia, l’amarezza, il risentimento...
La prima cosa che si chiese Liam però era cosa ci facesse lei lì e quella subito dopo fu “Che ci fai ancora in mezzo a queste tre arpie?”.
Allora riacquistò un po’ di prontezza e sorridendo, si liberò dalla presa di Maggie, si rivolse a Sìle con aria molto tranquilla, togliendosi la sigaretta di bocca, che fino a quel momento aveva tenuto ben stretta tra le labbra sperando di rendersi un po’ più sgradevole agli occhi delle sue visitatrici.
- Ehi! Sei arrivata!- disse come se la stesse aspettando.
Sìle, che aveva carpito tutta l’ultima parte del discorso come un pugno allo stomaco e stava per mettersi a piangere come una bambina, sentendo la voce di lui che l’aveva difesa fino a un istante prima, lo guardò sorridendogli più prontamente di quanto non credesse, riuscendo a farsi forza, ma era evidente il sorriso di gratitudine, più che di saluto.
- Disturbo?- riuscì a chiedere.
Liam le andò incontro e scosse la testa.
- Ma neanche per sogno! – rispose e quindi le lanciò uno sguardo interrogativo – allora io...-
Sìle intuì e si avvicinò a sua volta dandosi un tono disteso.
- Tu...vai a prendere la giacca e vieni con me...- gli disse ricevendo in risposta un gesto di intesa.
- Giusto sì...la giacca...-
Alla ragazza venne in mente che Lily se l’era persa nel bosco e che ormai la notte si approssimava, così colse al volo l’occasione.
- E una torcia!- gridò dietro Liam che era già rientrato in casa ignorando volutamente le prime tre ospiti inattese e ormai sgradite che ora alternavano lo sguardo tra lui e lei per registrare bene tutto l’accaduto e riferirlo con i giusti arricchimenti.
Lo vide riaffacciarsi dalla porta con un po’ di perplessità.
- Una...torcia?-
- Sì, sì...la torcia...vedrai che Charlie ne ha lasciata una nel mobile vicino alla porta – suggerì.
Quando trovò non una, ma due torce esattamente dove lei gli aveva consigliato, Liam fece un sorriso e guardò verso la porta...Maggie lo spiava da fuori.
Quello sguardo lo irritò ancora di più e gli fece venire voglia di scappare da lì.
Prese entrambe le torce e uscì di nuovo serrando la porta con evidente intenzione di chiudere la vista dell’interno a lei e Clara.
- Credo che sia ora di salutarci...- sospirò Liam a quel punto mentre chiudeva la porta e si dirigeva verso Sìle mettendole una mano sulla schiena e quindi lasciando che lei gliela prendesse di nascosto; le tre li guardavano a metà tra l’indispettito e lo scandalizzato - e state tranquille, ho una copia aggiornata del Malleus Maleficarum sempre con me...- aggiunse lui facendo poi cenno a Sìle di fargli strada senza lasciarle la mano, cosa che però fece lei per non farsi vedere.
Una volta girati, sapevano che Maggie, Clara e Miss Dawn non se ne sarebbero andate fino a che non fossero spariti tra gli alberi...così si avviarono senza più voltarsi.
- Non so come tu abbia fatto ad arrivare proprio in quel momento, ma grazie...- le disse lui.
Sìle non lo guardò, ma sorrise.
- Sono io che devo ringraziare te...- mormorò.
- Per cosa?-
- Non importa ora...ho un altro problema...- disse quindi lei.
Liam la chiese quale fosse, ma lei non parlò fino a che non fu sicura di essere lontana da occhi e orecchie indiscrete; allora si fermò, fermò lui e lo guardò.
- Ho perso Lily...- disse distogliendo subito gli occhi dai suoi per cercare di nuovo con lo sguardo – tu non sei obbligato a seguirmi, non ti volevo disturbare, ma l’ho persa proprio qui vicino e non sapevo cosa fare, ho sentito la tua voce e...- si interruppe senza sapere come continuare perché la preoccupazione per Lily tornò a tormentarla.
Liam ovviamente non si sognò neppure di tornare indietro.
Diede un’occhiata intorno, nel bosco che iniziava a farsi più scuro...
Sìle capendo che si stava mettendo a sua disposizione, si sentì immediatamente più tranquilla, se non altro perché non era più sola.
- D’accordo...dall’inizio...dove l’hai persa di vista esattamente?- le chiese.
Lei indicò il punto dove si era fermata quando aveva sentito la voce di lui e Lily aveva indicato in quella direzione.
- Da quanto?- domandò quindi Liam.
Lei sospirò.
- Un dieci quindici minuti non di più, ma sono sicura che non sia uscita dal bosco e che non sia lontana...perché l’ho inseguita fino in mezzo agli alberi ed era scomparsa, dev’essere nei dintorni -
Liam annuì.
- Va bene...proviamo a cercarla ancora un po’ o vuoi chiamare qualcuno?-
Sìle si guardò intorno un po’ incerta...scosse la testa e sbuffò.
- Non riesco ad aspettare senza fare niente...- disse a bassa voce.
- Senti facciamo così...- le disse lui estraendo il cellulare dalla tasca e aprendolo – io chiamo, intanto noi continuiamo a cercare e se la troviamo tanto meglio...merda...- mugugnò.
- Che c’è?- gli domandò lei che sembrava essere più speranzosa ora.
- Non prende...-
- Prova a spostarti...- suggerì Sìle, ma lui scosse la testa molto poco convinto di quello che vedeva.
- No aspetta...adesso gli è finita la batteria...è impossibile, era in carica fino a due minuti fa! Non può spegnersi così...- era nuovo quel cellulare, aveva un’autonomia infinita! E infatti ecco il telefono riaccendersi da solo – lo sapevo...ora è carica di nuovo...-
-L’hai spento tu?-
- No, sta facendo tutto da solo...-
- Beh magari più avanti deciderà di funzionare...intanto avviamoci...- propose Sìle.
Liam annuì e le andò dietro.
Ovviamente il cellulare non ne volle sapere di funzionare, oscillò per tutto il tempo tra accensioni, spegnimenti, vibrazioni, avvisi di messeggi senza presenza di messaggi, perdite di campo, strani suoni distorti là dove lo riacquistava...insomma la morale fu che alla fine Liam si era stufato e lo spense del tutto.
Cosa buffa...da quel momento in poi, l’apparecchio non fece più stranezze.
Sìle quando lui osservò quella cosa fece un risolino.
- Sì, stai tranquilla, ormai ho capito che non è guasto...ma non pensavo si intendessero anche di cellulari- le disse lui fermandosi in mezzo ad una radura in quel momento della sera in cui le luci e le ombre iniziano a prendere tutte toni freddi che presto digradano in un grigio blu e poi cadono nel buio.
E ora c’era solo il suono del vento intorno a loro, tenue e continuo, profondo.
Sìle a quel punto fu presa da un po’ di misurato sconforto.
- Non credo la troveremo sai?- disse come arrendendosi dentro sé stessa a quello che sapeva essere imminente – non era mai scappata da me in quel modo...lei ha paura d’allontanarsi da me...Dorcas si sbagliava forse...-
Liam la guardò un attimo perché quell’osservazione lo lasciò un po’ dubbioso.
- Che vuoi dire? Come fai a saperlo?-
La ragazza lo guardò stringendosi un po’ nel giaccone e scosse appena la testa.
- E’ difficile da spiegare...ma forse lei...- prese un bel respiro mentre affondava lo sgurdo nell’ombra del bosco – non deve essere trovata...-
Ammetterlo le costava tanto da morire, ma ne stava prendendo atto come sapeva di dover fare, come sapeva che sarebbe dovuto succedere e, come sempre, si preparò a soffrire del distacco nel modo più intimo e personale, sigillandolo in un punto imprecisato della sua coscienza, un posto in cui viverlo, analizzarlo, smembrarlo e poi ricomporre i pezzi in modo che, forse, potessero fare meno male.
Certo non credeva che potesse avvenire così, anche se non aveva alcun diritto di recriminare perché quel mondo seguiva le sue regole; sollevò di nuovo gli occhi su Liam.
- Stai parlando di una bambina rapita dalle fate?- le chiese.
Lei non diede cenni di particolare assenso o dissenso, semplicemente sospirò...perché non le veniva da parlare...non riusciva a farlo, per quanto cercasse di farsi forza, parlare di Lily in quel momento le serrava la gola.
Liam dovette accorgersene perché, senza quasi avvedersi di come avvenne, Sìle si trovò stretta contro di lui, il viso nascosto contro il suo petto in si sentiva piccola e protetta, con il viso bagnato da lacrime salate come da tempo non le capitava di piangere.
- Se vuoi ti racconto di lei...- gli disse a mezza voce, come se si sentisse in dovere di ripagarlo del disturbo e chiarirgli perché l’avesse trascinato in mezzo a un bosco sul calare della notte, ma lui si limitò a posarle le labbra sulla testa e a massaggiarle la schiena.
- Zitta...- le disse.
Lei annuì e si nascose di nuovo contro di lui...annusando il suo profumo dal maglione che portava, perdendosi dietro la bella sensazione che le dava quell’odore e quel calore...proprio come l’aveva immaginato quella mattina al telefono.
Fu allora che le arrivò alle orecchie qualcosa.
Qualcosa di profondo e gorgogliante e...cavernoso...un mormorìo...come un gran vocione che parlava tra sé e sè e le vibrava nel petto.
- Ascolta...- disse d’un tratto a Liam ora che sentiva quel nuovo suono...
- Cosa?- le chiese lui allentando un po’ la stretta attorno a lei.
- Lo senti? Questo...borbottare...- gli disse...allora lui si mise ad ascoltare.
– Sarà qualche animale...o il vento...-
Lei però gli prese di nuovo la mano e prese a tirarlo verso una certa direzione, dove gli alberi erano più vecchi e fitti, dove la luce era davvero poca...e allora anche Liam la percepì sempre più chiaramente quella specie di litania.
- O Lily è vicina...- sussurrò mentre lo tirava.
Era sicura che qualunque cosa stessero sentendo avesse richiamato anche Lily, lo sentiva.
Sembrava davvero di sentire delle parole arrotolate negli scricchiolii degli alberi...anzi non degli alberi, di un albero...uno molto preciso, ci si stavano avvicinando...bastava individuare quale dei tanti...qual’era?
Ora vibrava la terra sotto i loro piedi per via di quel mormorio e più si avvicinavano all’albero giusto, più la sensazione aumentava.
E quello che sembrava di sentire in quel suono che riempiva sotto sotto l’aria, era “Come sopra, così sotto; come sopra, così sotto; come sopra, così sotto...” ndr
- E’ incredibile...- sussurrò Liam incerto se essere spaventato o meravigliato.
Sìle scosse la testa cercando di individuare quello che la interessava quando a Liam saltò alla memoria una cosa che aveva letto in quei giorni, forse scritta da Paulie, forse nei suoi libri.
- Le querce mormorano al crepuscolo...- rifletté tra sé.
- Come?- chiese Sìle sentendolo borbottare.
- Cerca una quercia!- le disse con decisione lui accendendo la torcia che aveva tenuto per sé – una vecchia...vecchia...quercia...- aggiunse mettendosi a cercare a sua volta.
Sìle aggrottò le sopracciglia, ma poi capì...
“Gli esseri fatati risiedono nelle vecchie querce...” lo dicevano alcune storie.
Si mise a cercare anche lei fino a che non sentì Liam chiamarla e farle cenno di raggiungerlo, un po’ più in profondità nel bosco.
Lei lo raggiunse di corsa e lui, vedendola, le illuminò una vecchia quercia...non alta, ma dal tronco enorme, probabilmente crollato e non morto, che quindi risultava essere molto ampia alla base e nodosa, tremendamente nodosa, bitorzoluta...tanto che sembrava avere un naso, degli zigomi...delle palpebre rugose e socchiuse.
Le radici avevano scavato in profondità, tanto che alla base dell’albero c’erano dei grossi buchi che erano perfetti per infilarcisi dentro, cosa che a giudicare da quanto era smossa la terra intorno, veniva fatta di continuo.
- Sìle, ti presento “Vecchio uomo Quercia”...- le disse, poi si rivolse all’albero – Vecchio uomo Quercia...questa è Sìle...-
Il brontolìo si fece più forte, o forse semplicemente più vicino e profondo...
- Vedi Lily?- chiese lei illuminando un po’ intorno, ma non scorgendo niente che potesse darle speranza di trovare la bambina.
- No...non direi...- sbuffò Liam un po’ scoraggiato– probabilmente non c’è niente di strano, forse solo qualche animale che ha fatto la tana sotto le radici e...-
- E?- chiese Sìle che intanto cercava tra grosse rocce, nei tronchi cavi...sapendo peraltro perfettamente di disturbare mezzo mondo, “quel mondo”.
- E...- a Liam sfuggì un sorrisetto – Vecchio Uomo Quercia ha due facce...- disse piegandosi appena per guardare il tronco nodoso da sottosopra.
- Liam...questo non mi aiuta a trovare Lily...- sospirò la ragazza.
- Beh mi ci hai portato tu qui in mezzo...e poi è vero...guarda...- insisté lui piegandosi ancora di più, fino a sbirciare dentro uno dei grossi buchi sotto le radici – d’altronde lo diceva no? -
Sìle lo sentì zittirsi, si girò e lo illuminò con la torcia piegato a guardare sotto l’albero.
- Ti va di scherzare proprio ora? Che cosa diceva? – gli chiese.
Non si aspettava che la parte “infantile” di Liam potesse tornare in superficie così facilmente.
-“Come sopra, così sotto”...- ripeté lui sempre più storto e piegato - lo guardi sottosopra e vedi...- si interruppe di nuovo perché vide qualcosa dentro l’albero...ci puntò contro la torcia – Lily...- disse dopo un attimo.
Vedeva le piccole braccia che stringevano le ginocchia...la tutina colorata un po’ sporca di terra che spuntava da sotto la giacca scura di Sìle, il faccino raccolto contro il petto.
Era così piccola che nel grande albero ci entrava comodamente e ci si era addormentata dopo, probabilmente, essercisi nascosta dentro.
Sìle gli andò vicino mentre lui ancora rimaneva a sbirciare sotto l’albero.
- Che cosa?- chiese guardando anche lei.
La vide anche lei finalmente e dopo averne avuta la certezza, si lasciò cadere a sedere su un grosso tronco tagliato lì vicino portandosi una mano al petto, sollevata e riconoscente per essere stata “graziata”...si portò le mani sul viso chiudendo gli occhi, cercando di calmare il cuore che sembrava scoppiarle di nuovo in petto.
Aveva davvero temuto di averla già perduta, la sua Lily...
- Dobbiamo tirarla fuori...- riuscì a dire.
Liam si era avvicinato alla quercia e ci stava chino davanti.
-Se c’è entrata, vedrai che ne esce...- la tranquillizzò facendole rotolare incontro la sua torcia -...tieni...- le disse avvicinandosi alla bambina.
- Non svegliarla troppo bruscamente...- lo avvertì, non si sapeva mai cosa poteva accadere, erano ospiti in quel momento, anche se nessuno si stava manifestando.
Liam fu molto bravo invece...chiamò la piccola con molta calma, riuscì a farsi riconoscere, la svegliò pian piano parlandole dolcemente, tendendole la mano senza infilarla sotto il tronco, lasciando che fosse lei a convincersi ad uscire.
Quando alla fine lo fece, si andò a rintanare subito contro Liam, nonostane Sìle le fosse andata incontro; si lasciò accarezzare e baciare dalla ragazza, ma volle stare in braccio a lui fino a che non arrivarono di nuovo a casa sua e quindi, quando l’uomo si offrì di dare un passaggio a lei e Sìle fino al Bed and Breakfast, accettò di stare in braccio alla ragazza, ma per tutto il tempo del viaggio, che passò con la testina appoggiata sulla spalla di lei, protese un braccino verso Liam, toccandogli la spalla, fissandolo con quegli occhi bellissimi, luminosi e profondi.
Quando arrivarono a destinazione, Dorcas aspettava ancora sulla porta della cucina, quella aperta sul giardino.
- L’hai ritrovata finalmente!- disse accarezzando la schiena a Lily quando furono tutti e tre davanti alla porta.
- Secondo me, aveva voglia di giocare a nascondino...- ipotizzò Liam fermandosi sulla porta senza entrare.
- Col risultato di doverle fare il secondo bagno della giornata...- sospirò Dorcas quando Sìle mise Lily seduta sul tavolo – beh? Fai i complimenti tu?- osservò poi rivolta a Liam.
Lui guardò Sìle e sospirò...
Sìle con i suoi occhi stupendi, stanchi e lucidi di contentezza e sollievo, che lo guardavano con gratitudine mentre una mano si posava attorno al collo lungo e lei gli andava di fronte dando un’occhiata a Lily quasi a volersi accertare che non sparisse di nuovo.
Quando si guardarono di nuovo, Dorcas si avvicinò a Lily distraendola un attimo, dicendole le solite cose che si dicono ai bambini che fanno preoccupare i grandi, ma più che altro stava evitando di ascoltare cosa si dicevano quei due.
Liam sorrise a Sìle e le indicò Lily...
- Sei tranquilla ora?- le chiese.
Lei sospirò e dondolò la testa.
- Per stasera sì...- rispose senza nascondere troppo la preoccupazione per il futuro...poi dopo un momento di silenzio gli chiese – perché non entri?-
Liam stava ripensando a quello che gliaveva detto Charlie, ecco perché non entrava...
Scosse leggermente la testa.
- Non adesso...- le disse – quando hai voglia di vedermi senza l’ansia di ringraziarmi o di darmi spiegazioni, chiama...lo sai dove trovarmi...- aggiunse, quindi si rivolse a Dorcas– a presto Miss Patel!-
- Ci vediamo bellezza!- rispose lei senza esitazione, segno quindi che aveva le orecchie ben vigili.
Sìle sorrise e non replicò al rifiuto di Liam, apprezzò la delicatezza e la discrezione che lui dimostrava, quindi non insisté, ma rimase alla finestra a guardarlo andare via per la seconda volta...e stavolta con uno stato d’animo tutto diverso.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - L'antidoto per Sìle... ***


Capitolo 11 – L'antidoto per Sìle...

Comincia la parte “lemon”, spero di non aver sbagliato rating...


Altro capitolo lungo...vabeh ormai mi sa che mi arrendo alla mia incapacità di sintetizzare ^^’, con altra Ndr : Garlicky, il goblin, continua a lasciare messaggi a Liam...ovviamente, siccome parto sempre da qualcosa che abbia un senso un po’ strambo in inglese, in questo caso la confusione la fa tra la parola “Morning”, cioè “Mattino” e “Mourning”, cioè “Lutto”, non c’è assonanza in italiano tra le due parole.
<


Erano passate quasi due settimane da quando Lily era sparita e Liam aveva aiutato Sìle a ritrovarla...
Non si erano più visti tra loro, lei e Liam, si erano solo incontrati un giorno, appena fuori da Ambleside.
Avevano scambiato solo poche parole e Sìle non aveva capito bene come si fossero lasciati.


- Come stai?-
- Io bene grazie...e voi?-
- Anche noi...e Lily chiede di te...-
- Davvero?-
- Sì...-
- Beh dalle un bacio da parte mia...-
- Non puoi venire tu a darglielo? Magari poi...possiamo parlare un po’...-
- Di cosa?-
- Lo sai di cosa...-
- Dici?-
-...non te l’ho nascosto che puoi diventare pericoloso per me...-
- Appunto...non sono sicuro di voler essere guardato come un pericolo...-



Dette quelle parole le aveva dato un bacetto in fronte, si era rinfilato in auto e era ripartito.
Quella mattina, una delle rare volte in cui era stata Dorcas ad andare in paese con la piccola, lui era fermo, appoggiato alla sua auto, lungo il marciapiede che costeggiava la strada dove anche loro avevano parcheggiato; era preso in chiacchiere con uno dei suoi vecchi amici, un certo Colin, e quando Lily lo vide, tirò energicamente il giaccone a Dorcas e glielo indicò.
- Sì, tesoro, lo vedo...- rispose la donna girandosi di nuovo per caricare la spesa in auto, ma Lily non era contenta, la tirò di nuovo e le fece capire che lei andava da lui – no, Lily, sta parlando non puoi!- cercò di dirle, ma la bimba era già scappata di corsa verso l’uomo.
Dorcas le andò dietro mollando le buste in terra e vide che Liam, accorgendosi di Lily, le faceva un bel sorriso, interrompeva la sua conversazione con Colin e si chinava per frenare un po’ la corsa della piccola ed evitarle di sbattergli troppo energicamente contro le gambe.
- Ehi tu! Fagotto! - lo sentì dirle affettuosamente vedendola tutta bardata con cappotto e sciarpa e berretto per via del freddo di quella giornata più invernale – dove corri tutta sola?-
- Beh? Hai procreato o cosa?- gli domandò l’altro mentre lo guardava sollevare la bimba tra le braccia.
- No, non è mia è di un’amica che...- rispose Liam mentre si sistemava Lily nell’incavo del braccio e contemporaneamente cercava con lo sguardo Sìle; quando vide Dorcas fu evidente che era un po’ deluso, ma comunque le sorrise cordialmente – Miss Patel! – la chiamò.
Colin vedendo Dorcas si congedò frettolosamente anche da Liam.
- Andiamo piantala con queste idiozie!- gli disse dietro lui.
- No davvero devo andare, ci vediamo in giro tanto no? Salve Miss Patel...- salutò poi rivolto alla donna, ma senza riuscire a nascondere che la gentilezza non era proprio il suo primo pensiero.
Liam si girò verso la donna e sospirò andandole incontro.
- Mi dispiace...- le disse.
Dorcas si fece una risata.
- E tu vuoi dispiacerti per tutte le volte che mi hanno trattata così? Ti piace essere in debito a vita?- gli chiese dandogli una bottarella su un braccio – lascia andare...non sanno quello che si perdono!- sentenziò per poi guardare Lily – signorina tu devi smetterla di scappare...-
- Sei scappata ancora?- chiese Liam a Lily che gli si nascose contro il collo facendo la timida.
- Da là, per venire da te...non è stata poi una gran fuga – spiegò Dorcas indicandogli il punto in cui aveva lasciato le buste.
Liam le fece cenno di avviars in quella direzione e si ffrì di darle una mano sempre tenendo Lily in braccio.
Quando arrivarono all’auto, Lily venne delicatamente depositata sul sedile posteriore e le buste velocemente sistemate nel portabagagli e una volta finito, Dorcas ringraziò Liam e gli fece un bel sorriso.
- Allora? Come va con i coinquilini molesti?- si informò.
Liam ci pensò un attimo...come per fare un rapido calcolo e riepilogo degli sviluppi.
- Dunque...con il latte abbiamo risolto, basta che mi comporti come avessi un gatto in casa e gliene lasci sempre un po’ in qualche posto pioù accessibile del frigo; Garlicky...-
- Ah ora lo chiami per nome?-
- Beh vista la frequenza con cui si introduce in casa mia mi pare il minimo...- ridacchiò lui – e...devo dire che è molto premuroso e gentile eccettuato il fatto che scarabocchia su ogni cosa, anche dove non dovrebbe, muri compresi: ora che ha capito che non sono Paulie, ma non sono neanche un rompiscatole, mi augura “Buon lutto!” ogni mattina, ma probabilmente intende “Buongiorno”...- ndr.
Dorcas si fece una gran risata di fronte a quel racconto.
- Se speri di smuoverlo, sei messo male! Non c’è niente di peggio dell’orgoglio di uno gnomo...non fargli mai notare che fa degli errori ortografici o non te lo perdonerà!-
- Pensa che su...- si frugò in tasca estraendo la patente e mostrandola alla donna – questo...- le disse facendole notare lo scarabocchio di una faccia con gli occhi a croce e un bel sorriso, con un buffo cappello inequivocabilmente gnomesco, tracciato sul retro del documento con un pennarello rosso – potrei dirgli qualcosa?-
Accanto c’era scritto, miracolosamente senza errori: “Garlicky è molto più sgargiante di Liam!”.
- Se non accetterebbe di essere corretto su un errore ortografico, pensi davvero che sia in vena di tollerare di sentirsi dire che non è più bello di te?-
Liam annuì con fare ragionevole riaffondando le mani in tasca con tutta la patente.
- Infatti non ho mai neppure tentato di sottolinearlo...qualcosa mi diceva che non sarebbe stata una buona idea, ma alludevo più al fatto che sarebbe carino da parte sua evitare di scarabocchiarmi i documenti, visto che se la polizia mi fermasse, probabilmente mi prenderebbe per scemo...e mi va bene che quel pennarello con un po’di alcool si scioglie - rispose, poi sembrò avere un’illuminazione – ah e al gruppo saltuariamente si aggiunge qualcuno che si diverte e rubarmi le cose...non importa cosa purché sia roba mia: appoggio un oggetto su un comodino e entro un’ora è sparito e se e quando lo ritrovo, è in tutt’altro posto e a volte anche vagamente impiastrato di miele, marmellata...cioccolata...-
Dorcas continuava a ridere di cuore, tenendosi le mani sul petto o sulle guance.
Quando si calmò un po’ dal riso lo osservò meglio e sospirò mettendogli a posto il collo della giacca.
- Sta iniziando a piacerti di’la verità...-
Liam fece una smorfia un po’ sofferente, guardò sia lei che Lily e alla fine sbuffò.
- A piacermi, no...- rispose sulle prime, poi però una piccola concessione la fece – diciamo che mi ci sto abituando...e se escludiamo quanto riescono a farmi impazzire, mi sto accorgendo che mi diverte scoprire in cosa Paulie avesse ragione e in cosa no...se ogni tanto ne scovo una che lui non aveva visto...sto anche ricominciando a fare foto con la scusa di aspettare di rientrare in casa per vedere se ne sorprendo qualcuna in flagrante...- spiegò per poi aggiungere – anzi tra un paio di giorni vado a Londra a far vedere un paio di serie di scatti che spero di far pubblicare...-
- Ah questo mi fa piacere...poi hai intenzione di tornare tra noi?- domandò Dorcas.
Liam si guardò un po’ intorno.
- Beh almeno per riprendere la mia roba sì...vedrò quando sarò lì, dipende anche da cosa mi proporranno, da quanto mi andrà di partire... -
Dopo un momento di silenzio, lungo abbastanza da farli smettere di ridere, da far accarezzare la testina di Lily dalla mano di Liam e da farlo sospirare appena colto da leggero imbarazzo, lui sollevò nuovamente gli occhi su Dorcas.
- Sta bene...- gli rispose lei senza bisogno che lui le chiedesse di Sìle – si domanda come mai sei sparito, ma sta bene...-
Lui evidentemente si sentì in dovere di dare spiegazioni, ma la donna lo fermò di nuovo scuotendo la testa.
- Non è con me che devi parlare...-
Liam allora annuì e lei gli sorrise contenta di scoprire che non era affatto scappato...


Quando tornò a casa poi, andò da Sìle che se ne stava al piano di sopra, rigirandosi in mano l’orsacchiotto di Lily, quello che era stato oggetto di un tentato furto: l’ometto che era andato a riparare il vetro era appena uscito.
- Streghetta...siamo tornate...- le disse riscuotendola da un pensiero evidentemente molto intenso.
Lei la guardò e le sorrise, poi si chinò a dare un bacetto in fronte a Lily che le era corsa incontro da dietro Dorcas...nel farlo, sentì la traccia del profumo di Liam sulla bambina...anzi no, non il suo profumo, quello poteva portarlo qualcun altro anche, pur non essendo esattamente uno di quelli che si trovavano nei piccoli negozi di Windermere, Grasmere o Ambleside, c’era proprio il suo odore...quello tipico di lui, quello che la scuoteva dentro.
La scuoteva tanto che trattenne Lily per un momento per sentirlo meglio quel profumo, anche se mi sto a quello dolce e morbido della bimba.
Quell’odore le riaccese la voglia di lui e la paura di andarlo a cercare, la paura di vederlo sopportare fino a un certo punto e poi mollare magari...e se, peggio ancora, avesse fatto come Eric?
Se quell’attrazione che sentiva di esercitare su di lui, fosse solo dovuta alla curiosità...al fatto che sicuramente lui ne avesse conosciute tante di ragazze, ma forse mai nessuna come lei...
- Ti saluta Liam!- disse vigliaccamente Dorcas mentre usciva dalla stanza.
Sapeva benissimo che Sìle era in un momento di debolezza e che stava pensando intensamente a lui; sapeva che in quelle due settimane si era tenuta a distanza da lui volontariamente per capire cosa fare, come comportarsi, quanto e se accettare quel suo invito a cercarlo senza secondi motivi...
Perché ormai Sìle lo sapeva che se fosse andata da lui per lui, non ci sarebbe andata a cuor leggero, lo avrebbe fatto con la consapevolezza di avere davanti un uomo di cui lei sapeva di potersi innamorare...
- E’ come certe malattie, streghetta...-
La voce di Dorcas era di nuovo vicina, infatti la donna le stava a pochi passi di distanza.
Sìle la guardò dubbiosa.
- ...esiste il vaccino...- finalmente forse Dorcas aveva deciso di darle una spiegazione su quella storia del vaccino, si mise comoda per ascoltarla con Lily seduta accanto sul letto – ti iniettano un po’ del virus e...puoi non accorgerti di niente e stare bene o puoi ammalarti e stare male...in qualunque modo il vaccino fa quasi sempre effetto...-
Quello che Sìle continuava a non capire era se la malattia secondo Dorcas fosse Liam...
- No, tesoro non è Liam e non è l’amore quello da cui devi liberarti...- le disse la donna prendendole il viso tra le mani e guardandola – è la paura che ti blocca di fronte a entrambe le cose...-
Dorcas negli occhi di Sìle leggeva quella scintilla di vivacità che si era andata un po’ spegnendo in quei giorni in cui si era imposta di non cercare Liam, e sapeva da sé che tra una cosa sicuramente sbagliata e una potenzialmente sbagliata, non c’era una scelta da caldeggiare, la risposta era ovvia.
- Tra un paio di giorni va a Londra e poi forse ripartirà...- le raccontò come a volerla incoraggiare a prendere una decisione – e ha un nuovo visitatore...- suggerì dandole anche una scusa.


- Pronto...-
Quando il giorno dopo suonò il telefono era a Carlisle, per ritirare un paio di cose che gli servivano per lavoro.
Ci volle un attimo prima che di là arrivasse risposta, e se anche Liam aveva già una mezza idea di chi fosse...non lo esortò parlando ancora.
“Sono Sìle...” disse lei dall’altra parte.
- Lo so...- rispose lui a bassa voce, con un leggero sorriso.
“Volevo sapere come stai...come va col nuovo visitatore...”
In qualche modo sentì che era cambiato qualcosa in lei; era strano sembrava intimidita, ma anche incredibilmente determinata, anche se Liam non sapeva per cosa.
Al contempo però sentì che non gli andava di portare avanti una recita.
- Sto bene, va tutto bene, ma non erano questi i patti...- le disse.
“Dorcas mi ha detto che forse vai via...”
Liam non rispose...ma fu un silenzio molto eloquente il suo, quello di uno che aspettava qualcosaltro.
“Ho voglia di vederti...”si affrettò a dire lei con una sicurezza che lasciò Liam un po’ stupito...era come se gli stesse chiedendo perché voleva costringerla a dirglielo così chiaramente.
Si accorse, con sua sorpresa, che la prontezza di lei nel dirgli quelle parole, gli aveva fatto mancare per un momento il respiro e che d’improvviso aveva una gran fretta di dirle di sì.
- Sono a Carlisle adesso...non so quando riesco a tornare...- le disse quasi scusandosi.
“Non importa...ti aspetto...”
Quello che si aspettava puntualmente avvenne...quella richiesta di vedersi da parte di lei, se pure espressa con quella decisione, gli fece echeggiare la voce di Charlie in testa.
- Sìle io non so se...-
“Non al telefono...ti aspetto...” ribatté lei.
Era proprio diversa nel modo di parlargli, sembrava davvero che non avesse altro che vederlo in mente e quando lui capì che era così, non ebbe più dubbi su cosa fare.
Rinunciando a un altro giro che si era ripromesso di fare, guardò l’ora sull’orologio dell’auto.
- Arrivo...lascio un paio di cose al cottage e sono da te -
“Sì...chiamami quando sei vicino...”
In una cinquantina di minuti fu a Grasmere e allora la richiamò: era quasi notte.
Lì per lì, quando lei gli rispose con un semplice “D’accordo...” non capì bene perché gli avesse chiesto di telefonarle, ma poi, quando arrivò sul vialetto del Bed and Breakfast, la vide correre incontro all’auto, riparandosi dalla pioggia.
Le aprì la portiera protendendosi verso il sedile sinistro.
- Scusa...sono arrivati dei clienti inattesi – gli disse una volta che si fu accomodata – ti dispiace se andiamo altrove?- gli propose.
- No affatto...- le disse lui – dove però?-
- Tu guida...ti dico io dove fermarti...-
- Agli ordini....- le rispose mentre la guardava togliersi il cappotto.
Sotto portava un comodo abito di maglia di un verde molto cupo , stretto in vita da una cintura alta e col solito scollo a “V”; un paio di stivali scamosciati, senza tacco, ma che arrivavano fin sopra il ginocchio.
Non l’aveva ancora vista vestita in modo così femminile, gli piacque; per lo più era abituato a vederla in jeans e scarponi, più o meno come si vestiva lui cioè.
Nessuno dei due parlò, Liam perché non sapeva bene come sarebbe finito quell’incontro, non capiva bene il motivo di tanta fretta da parte di lei.
Lo spiazzava un po’ quella ragazza, a dispetto di tutte le esperienze che aveva fatto...
Sìle dal canto suo, taceva perché aveva paura di cedere di nuovo alla paura, che di nuovo qualcosa, una stupidaggine qualunque la convincesse che stava sbagliando e che era meglio tornare in quella bolla di falsa tranquillità che si era costruita.
Era arrivata alla conclusione che se Liam, per quel poco che erano stati insieme, le mancava, quella pace fatta di lei, Dorcas e Lily, non era ciò di cui aveva bisogno, non tutto.
C’era anche Liam, perché aveva voglia di sentirlo, di vederlo, una voglia che diventava bisogno nel senso più intimo del termine...e lei sapeva che la paura era diventata una cosa molto più irrazionale di quanto non fosse il suo istinto, il suo dono e che ogni volta che le avesse permesso di prevalere, sarebbe stato peggio...
Lo fece fermare quasi un’ora dopo, in un posto isolato, tra gli alberi.
- Facevamo prima a tornare a Carlisle...- commentò lui spegnendo il motore.
Sìle accennò un sorrisetto poco convinto, tenendo gli occhi fissi sul bordo inferiore del parabrezza, le mani infilate sotto le cosce, le spalle strette attorno al viso, le ginocchia serrate che saltellavano leggermente...era evidente quanto fosse tesa.
Liam non disse una parola, si limitò ad accomodarsi più mollemte sul sedile, lasciando tutti i controlli, il volante, abbandonando la nuca sul poggiatesta, passandosi le mani sul viso...forse era un po’ stanco, sì, ma sicuramente avvertiva una tensione nell’abitacolo dell’auto che non gli avrebbe mai e poi mai permesso di cedere all’affaticamento.
D’un tratto poi colse un movimento da parte di lei e si girò a guardarla.
Si era piegata in avanti e si stava sfilando qualcosa che fece passare attorno alle gambe e poi abbassò lungo gli stivali; lui rimase per un momento piuttosto sconcertato e seguì la mano di lei che posava le mutandine sul cruscotto con un’espressione che temeva essere vagamente...
“Stupida...” pensò tra sé mentre ancora guardava il triangolino nero che giaceva inerte sotto quella poca luce che gli alberi lasciavano filtrare dalla strada...lo fissava come essendo incerto su cosa fosse o da dove fosse uscito.
Dopo un attimo sentì Sìle avvicinarsi di più a lui, il suo profumo arrivargli alle narici e ubriacarlo un po’per la sua piacevolezza, poi si concentrò di nuovo su di lei per vederla posargli le mani sulle spalle, premerlo un po’ contro lo schienale del sedile e nel sedersi su di lui sollevandosi il vestito sulle cosce con una naturalezza e una morbidezza che quasi non si sarebbe aspettato da lei vedendola tanto timida, guardarlo negli occhi...
Per un istante vide quel riflesso strano nel suo sguardo che aggiunse un po’ di incertezza ancora nel suo animo...poi però lei si mise ad armeggiare con le mani per aprirgli i pantaloni e allora si riscosse.
Le fermò con una mano entrambe le sue e con l’altra le sollevò il viso per farsi guardare.
Ora nello sguardo e su tutto il viso, la ragazza aveva dipinta un’espressione mista di timidezza, imbarazzo, determinazione e turbamento che gli diede un immediato strizzone di eccitazione alle parti basse.
Aveva gli occhi lucidi e le guance calde, un broncio quasi infantile sul viso...per un qualche motivo Liam sentì che avrebbe potuto mettersi a piangere per la tensione, perché stava facendo qualcosa che per lei era difficile...e lui non sapeva se la cosa gli piaceva.
Trattenendo un po’ la voglia, che percepiva piuttosto difficile da placare considerato che non solo quella ragazza gli risvegliava un sacco di cose dal punto di vista fisico, ma che oltretutto si era mossa in un modo che gli aveva suscitato una reazione, quella che nei jeans gli procurava un senso di soffocamento quasi e che rischiava d’essere perfino troppo pronta, la costrinse a guardarlo in faccia anche se lei tentò di ribellarsi.
- Che stai facendo?- le chiese più fermamente di quanto non si sarebbe aspettato di poter fare , e quando lei fece di nuovo il gesto di negare una risposta, ma di liberare le mani dalla presa di lui e continuare nel suo intento, la trattenne ancora – se è perché pensi di dovermi qualcosa prima che vada a Londra, risparmiatelo per favore, non devi saldare un debito...-
Allora lei lo guardò negli occhi, un po’ più coraggiosa ora, anche se ancora spaventata.
Prese coraggio perché capì che lui era sincero in quello che diceva.
- Lo faccio perché mi va...- rispose con decisione, anche se la voce le tremava un po’ e le usciva più gutturale perché si sentiva la gola chiusa dall’agitazione – e perché so che va a te...- aggiunse divincolando i polsi che lui a quel punto lasciò andare – e perché non mi posso seppellire viva...-aggiunse, poi con un pizzico di delicata ironia, sorrise un po’ liberandolo dalla stretta dei pantaloni -...lo so che non mi ami ancora...-
Notò quel leggero sospiro di Liam, quel tentativo di opporsi ancora per un attimo a lei, un mugolìo reso incerto dal contatto con la sua mano fredda che lasciò in breve il posto a una sensazione molto più avvolgente e calda e umida mentre lei gli si accostava di più al bacino col suo.
Sentendolo dentro di sé, Sìle socchiuse gli occhi e trattenne il respiro aggrappandoglisi al collo e posando la fronte contro la sua, anche lei col respiro leggermente tremante d'eccitazione e di emozione.
- Aspetta...- tentò di dirle ancora lui posandole le mani sui fianchi, ma lei gli fece cenno di no perchè aveva capito che lui stava cercando di non fare qualcosa riguardo cui era in difficoltà; ovviamente non poteva sapere del dialogo avuto da Liam con Charlie, però capiva che la sua resistenza non era un rifiuto, ma uno scrupolo.
Gli posò le dita di una mano sulle labbra mantenendo gli occhi chiusi per isolare meglio quella sensazione di riempimento che scoprì in quel momento esserle mancata molto più di quanto non le sembrasse...poi si mosse leggermente su di lui, stringendolo dentro di sé, procurandogli un fremito.
- No...- gli rispose – adesso stai con me così...- sussurrò accarezzandogli la nuca con la mano mentre continuava a muoversi con calma, dolcemente – per il resto c’è tempo...- aggiunse.
Lo abbracciò stretto, cingendogli la testa con entrambe le braccia, affondando il viso nello stesso abbraccio, nascondendoglielo e così rimase per lunghi minuti, ondeggiando accompagnata da lui che si era finalmente arreso al proprio corpo, fino a che non si sentì scuotere da quell’ondata profonda e vibrante di piacere che le invase le membra e le fece stringere di più l’abbraccio su di lui, portandolo al suo collo e poi la fece abbandonare con la fronte sulla sua spalla, sentendolo ansimare leggermente sotto di lei.
E non si mosse da quella posizione, non lo fece uscire fino a che non l’ebbero rifatto una seconda volta e poi una terza...solo allora si sollevò leggermente a guardarlo e finalmente si baciarono.
A Liam sembrò di non averlo mai fatto in quel modo, con quel desiderio di esplorarsi e di assaggiarsi e di sperimentare reciprocamente ogni minima reazione delle labbra, di giocare e di conoscersi.
Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo era passato.
Fu talmente strano e intenso per lui quel primo “incontro” con Sìle, che quando si staccarono, quasi non era sicuro di cosa fosse successo...
Uscì dall’auto per ricomporsi un po’, senza badare molto alla pioggia che aveva ripreso a cadere e quando rientrò guardò lei.
Per qualche strano motivo si sarebbe aspettato di trovarla sprofondata nell’imbarazzo più assoluto e invece no...era molto tranquilla, anzi...molto più tranquilla di quanto non l’avesse mai vista in sua compagnia.
Si stava dando un’occhiata, il classico controllo del “dopo”...che i capelli non avessero deciso di entrare in stato di agitazione, che la barba di lui, che non era lunga, ma sempre accuratamente incolta, non le avesse arrossato troppo la pelle intorno alle labbra...
Quando lo vide guardarla gli sorrise.
- Devo rientrare...- gli disse quasi scusandosi.
Liam annuì, poi la vide allungare la mano a recuperare le mutandine, allora la fermò con un sorrisetto sotto i baffi.
- Non rimetterle...- le disse.
Sìle si morse il labbro inferiore e gli porse gli slip facendoli pendere dall’indice.
Lui li prese e se li ficcò in tasca dei pantaloni con fare molto significativo del genere “Questi li sequestro io e se li rivuoi dovrai sudarteli!”, cosa che fece sorridere Sìle.
Dopo poco ripartirono...e durante il tragitto, più di una volta lui allungò una mano a toccarle le gambe...non necessariamente con intenti chissà quanto lussuriosi, semplicemente gli piaceva il contatto con la pelle di lei che era liscia e sottile al tatto, era quasi adolescenziale come corporatura, aveva gambe snelle e muscolose e di una consistenza serica.
Sìle non si ribellava a quel contatto, anzi, le piaceva, abbassava la mano a sfiorare quella di lui o gli restituiva la carezza...
Liam si domandò a cosa fosse dovuto quell’impeto di iniziativa da parte di lei, ovviamente non poteva sapere che Sìle aveva parlato con la sua amica di Londra, Ceday.
Ceday era un’altra come lei...come sua madre, sua nonna, come Dorcas...solo che aveva avuto la fortuna di nascere a Londra, dove essere così, invece che un motivo per essere guardate in modo strano, era un motivo per essere ricercate.
Non a caso poi lei era diventata una specie di celebrità tra le celebrità che, un po ‘come gli abitanti dei laghi con Dorcas, non sapevano niente veramente di lei e della sua natura, ma si andavano a confidare, a far leggere le carte, consigliare infusi e roba simile dandole in cambio libero accesso al loro mondo.
Insomma era molto meno timida di Sìle, assai più diretta e decisa nei modi, se pure molto, molto inglese nei toni, ma comunque non concedeva molto di sé a chi non era come lei, e questo aveva fatto sì che, nel periodo, se purebreve, che Sìle aveva passato a Londra un po’ prima di arrivare da Dorcas, fosse diventata la sua migliore amica.
Ceday aveva poco più dell’età di Sìle ed era, per ovvi motivi, un pochino diversa da Dorcas come mentalità, il che faceva di lei un’altra ottima campana da sentire quando si trattava di consigli, l’amica infatti, manifestava le sue particolarità entrando in una profonda l’empatia con le persone e questo la rendeva capace di far scattare le molle giuste.
Nel caso di Sìle, la molla era semplicissima, lo sapeva lei stessa, bastava ricordarle che una come lei, non poteva soffocare la sua natura; e così, aveva ascoltato l’amica con attenzione, aveva riflettuto un po’ sulle varie considerazioni di Sìle del tipo:


”Mi piace...fisicamente è una specie di opera d’arte, sai quando gli uomini passano quel momento in cui sono le sette meraviglie?”
“Altro che...sui quaranta...”
“Esattamente...capisci non è solo bello...è fascinoso...è...”
“Maschio...”
“Non mi rovinare tutto con queste cose Ced...”
“Perché non è vero?”
“Ma sì che è vero...e poi forse lo consoci anche...è William Kerr, il fotografo...”
“Che cosa? Ripetimi chi è?”


Il vantaggio di essere streghe, era anche che tra pochi simili era molto facile conoscersi, e quindi era anche piuttosto facile che due streghe avessero conoscenze comuni, specie se una delle due frequentava un altro ambito ancora abbastanza ristretto come quello della moda o del teatro come Ceday.

“E dai...William Kerr...”
“Sìle...se tu mi avessi detto “Ced sono indecisa se andare a letto con William Kerr oppure no, cosa mi consigli?” avremmo fatto infinitamente prima!”
“Ne devo dedurre che lo conosci allora?”
“Solo di vista ahimè...ma quelle poche volte che l’ho incrociato, mi sono riconciliata col mondo e ammetto d’aver pregato che avesse bisogno di un sostegno paranormo-psicologico almeno quanto ne aveva la sua ex-fidanzata...”
“Che vuoi dire?”
“Che neanche meriti risposta! C’è da pensarci su anche? Devo tornarti a “Londonizzare” il cervello per farti riaprire gli occhi?”
“Ced, lo sai perché sono indecisa...”
“Sìle...ora sono seria...e forse ti sembrerò anche un po’ Dorcas, ma...sono quattro anni che quel ragazzo è morto e sono quattro anni che vai avanti sublimando i tuoi bisogni fisici di donna per concentrarti solo su quelli della bambina, di Dorcas e del lavoro alimentando paure e insicurezze dentro di te, è assurdo!”
“Che cosa?”
“Soffocarsi in questo modo...la vita, specialmente per noi, se vissuta così come stai facendo, è mutilata! Noi non siamo fatte per vivere senza ascoltare la nostra parte fisica, perché altrimenti siamo vive solo per metà, hai mai sentito di una strega suora?...e poi a quanto mi hai detto hai anche delle sensazioni piuttosto forti riguardo a William...non vedo perché tu abbia così paura...non ne avevi una volta”
“Una volta ero una ragazzina...prendevo le cose più alla leggera...e poi sì, riguardo lui ho una certezza, ma...lo sai quanto mi sbaglio quando le cose mi toccano troppo da vicino...”
“Ma vuoi smetterla di pensare? Mai sentito dire “Meglio consumarsi che arrugginire”?”
“Sì...”
“Ecco allora smettila di arrugginire per favore, sei un po’ troppo giovane per fare la reclusa! E poi se stiamo parlando dello stesso William Kerr che ho visto io, anche fosse solo una scopata volante...”
“Sì, sì lo so, lo so...non mi biasimerebbe nessuno...grazie del consiglio sorellona, sei sempre molto persuasiva...”
“Persuasiva un cavolo, tu avevi solo bisogno di sentirti dire che l’avrei fatto anche io...ora muoviti a riattaccare, chiamalo e vedi di convincerlo che è per lui che telefoni e non per qualche storiella folkloristica che ha preso corpo.. “
“Agli ordini dottoressa...”
“Non fare la sussiegosa con me...e tanto per la cronaca: a quanto ne so, è durissima procurarsi il suo numero di telefono, non lo va regalando in giro a tutte le gallinelle che incontra...”



Insomma a farla breve, la chiacchierata con Ceday era servita a sbloccarla e a farle tornare un po’ della voglia di vivere liberamente i suoi sentimenti e le sue sensazioni e Liam...beh Sìle sperava tanto che avesse voglia di capirlo, ma non si aspettava niente, per quella sera aveva già fatto tanto, dopo quattro anni di inattività.
Così quando arrivarono a casa e l’auto si fermò, lo guardò e gli sorrise.
- Vuoi entrare?- gli propose.
Lui sbuffò e rise appena sotto i baffi.
- No...qualche fata posso affrontarla, ma Lily, Dorcas e i clienti che avete tutti insieme, dopo aver approfittato bassamente della streghetta di casa, non lo so...-
Sìle sorrise e scosse la testa.
- Ho approfittato più io credo...e comunque non sarebbe un problema...- mormorò.
Allora lui si fece più serio e si orientò verso di lei sul sedile.
- Ascolta...- le disse allungando di nuovo la mano a sfiorarle il ginocchio – che ne dici se...quando torno da Londra...ti passo a prendere, ce ne andiamo da qualche parte una sera e...-
- Solo se hai una voglia incontenibile di vedermi, l’ultima cosa che desidero al mondo è che tu mi chieda d’uscire per “Non far sembrare che...”- lo interruppe – non sono una bambina e non sto attribuendo chissà che significato a quello che è appena successo...-
- E perché no scusa?- le chiese lui.
Sìle si appoggiò al sedile con il gomito.
- Te l’ho già detto...- si limitò a rispondere...allora Liam, che aveva capito a cosa lei si riferisse(ovvero a quel “Lo so che non mi ami ancora...”), si appoggiò con le braccia incrociate sul volante, piuttosto serio, quindi sospirò.
- Sìle io...- prese a dire esitando un attimo – se ti sto chiedendo di parlarne è perché mi interessa farlo...- risolse guardandola in faccia – io ho voglia di vederti, di parlare con te e...-
- Di venire a letto con me?- gli chiese leggendogli un po’ sfacciatamente un pensiero che non osava esprimere, cosa che lo fece fermare per un attimo, ma senza irritazione, anzi!
Lo vide sbuffare per mascherare un sorriso e fare cenno di sì.
- Sì, beh quello sarebbe gradito...anche se in macchina non mi dispiace...- ammise.
Rimasero ancora un momento in silenzio, poi lui allungò una mano a scostarle una ciocca di capelli dal viso, facendosi guardare.
- Non voglio sparire...ho solo bisogno di ripensarci un po’...-
- Posso sapere perché?- chiese lei.
Lui annuì.
- Sì, quando torno da Londra...- insisté.
Allora fu lei a fare cenno di sì col capo e poi a farsi dubbiosa.
- Senti Liam io non voglio essere invadente e non voglio avanzare pretese, ma una cosa vorrei saperla ora, se per te non è un problema...-
- Dimmi...-
Sìle guardò fuori per pensarci un attimo, quindi si voltò di nuovo verso di lui.
- E’ una domanda un po’ antipatica e anche stupida, ma ho bisogno di fartela...-
- Spara...-
- Sì...senti...mi sto...mettendo in mezzo a qualcosaltro? C’è qualche altra persona?- gli domandò con una certa insofferenza verso sé stessa – perché se è così, puoi fare a meno di cercarmi ancora...-
- Se avessi avuto una donna, non sarei qui da solo...non così, da solo...non so spiegarti bene, ma te ne saresti accorta se avessi qualche impegno...- rispose lui senza nessuna esitazione – non vale molto forse come garanzia, ma al momento non ho che la mia parola da darti...-
Sìle scosse la testa.
- L’unica promessa che voglio da te è di rispetto...- gli disse – sono una donna che si è trovata insieme ad un uomo che le piaceva...e le piace molto, e si è presa qualche minuto di vacanza; a dispetto di tutte le paure che ho a causa di questa mia visione delle cose, non sono una verginella puritana e il sesso è qualcosa che non ho mai considerato impegnativa in senso assoluto...-
Liam la guardò e sgranò appena gli occhi prima di sorridere.
- Insomma mi stai scaricando in via preventiva?-
Allora rise lei scuotendo la testa.
- Non ci penso nemmeno a scaricarti...mi piaci troppo e sono disposta a correre il rischio...- rispose abbassando gradualmente la voce – solo che non voglio che pensi di dover stare attento, non sono una bambolina di cristallo...non voglio che tu ti senta obbligato a comportarti in un modo che non ti viene...- concluse allungandosi a dargli un bacio sulla guancia e aprendo lo sportello; quando scese però si fermò ancora un attimo – quando torni da Londra hai detto?- gli chiese.
- Un paio di giorni...- rispose lui protendendosi un po’ verso il sedile del passeggero.
Lei annuì e ci pensò su un attimo.
- Ti va di accompagnarmi a Dumfries?- gli chiese – devo andarci per procurare delle cose a Dorcas che si fida solo di una certa signora da quelle parti...-
Liam annuì senza esitazione.
- Ti chiamo appena torno...-
- Sì...-
Lo sportello si richiuse e Sìle si allontanò, sparendo ingoiata dall’ombra degli alberi, lasciandolo lì, da solo e un po’ sorpreso da quel cambiamento che aveva visto in lei...
Non era più intimidita, anzi! Era molto sicura nel tono e in quello che diceva...e questo lo confondeva un po’ certo, ma gli piaceva anche molto.


- Ah ecco la nostra streghetta...-
- Lily è a letto?- chiese Sìle richiudendosi la porta alle spalle mentre sorrideva a Dorcas.
- Sì, da un po’...ma dov’eri finita?- chiese la donna con un po’ di malizia nella voce.
Sìle sorrise timidamente e si lasciò coprire il viso dai capelli prima si scostarseli dietro l’orecchio con la mano dopo essersi sfilata il cappotto.
- Con Liam...-
Dorcas dopo averla guardata un attimo, e molto bene, si mise a ridere, ma non per prenderla in giro, era un sorriso festoso e allegro.
- Devo ringraziarla quella pazza della tua amica di Londra!- esclamò senza alzare troppo la voce, ma andandole incontro, prendendole il viso tra le mani e dandole un bacione in fronte.
Sìle fece una smorfia imbarazzata.
- Dorcas non è una cosa da festeggiare...- tentò di opporsi, ma capì subito che l’amica non ammetteva di quei discorsi perchè le strizzò leggermente il naso e le cinse la vita con un braccio.
- Guardati allo specchio e poi dimmi se non c’è da festeggiare! Sei rinata! Sei un fiume di vita!- le disse portandola con sé senza darle modo di ribellarsi – va’a farti una doccia e rilassati un po’...domani abbiamo da lavorare, arrivano altri clienti!- le annunciò.
Sìle si girò a guardarla.
- Cosa? Ancora?-
- Ci sarà bel tempo nel fine settimana...- sentenziò la donna mentre Sìle si avviava docilmente verso il piano di sopra.
- L’hai detto tu o la BBC?- chiese ironicamente.
- Quando mai mi fido della televisione per il tempo?-
Sìle si spogliò, tolse gli stivali, il vestito, il reggiseno, sorridendo e sentendo le guance scaldarsi appena al pensiero che un pezzo di lei era rimasto nella tasca di Liam...infilò la vestaglia e si soffermò ancora un momento ad annusare l’odore di lui sul vestito, quindi lo lasciò lì e andò in bagno, quello che aveva in camera.
Aprì la doccia, ma la fece un po’ controvoglia...le dispiaceva lavarsi via la sensazione della vicinanza di Liam ancora così presente, quindi fu più per distendere un po’ il corpo sotto il massaggio caldo dell’acqua che si infilò dietro il muretto di piastrelle che divideva il piatto della doccia dal resto della stanza.
Quando finì, si avvolse nell’asciugamano e si fermò davanti allo specchio, guardandosi un po’...
Non era alta, ma era molto longilinea, aveva ossa lunghe e sottili, la magrezza che la caratterizzava da sempre, mettendole in leggera evidenza le articolazioni, le conferiva un aspetto che lei continuava a vedere forse un po’ infantile e oltre a questo non aveva mai avuto forme generose, ma non le dispiaceva...a volte passare inosservata per un corpo poco procace, le aveva fatto solo piacere.
Quella sera, dopo John, fu la prima volta che si chiese cosa potesse attrarre un uomo di lei...un uomo come Liam poi, che era così simile a John per certi versi, nella tranquillità con cui si poneva verso tutto, la semplicità con cui affrontava le cose, la serenità con cui affrontava i pensieri, e al contempo così diverso per tutte le cose che aveva visto e vissuto...
Si scoprì, si guardò, si passò una mano sulla pancia, su una coscia e si studiò, chiedendosi come potesse vederla lui...e a ripensare a come si era comportata poco prima, a come l’aveva quasi “brutalizzato”, sicuramente colto in contro piede, quasi si sentì scandalosamente sfacciata...ma poi sorrise e la sua immagine riflessa le restituì il sorriso con la complicità di una volta...
Dorcas aveva ragione, sembrava rinata...si sentiva leggera e libera da un nodo che le opprimeva il petto e a cui ormai si era talmente assuefatta da non averne più la percezione...ma ora che era svanito sì, lo sentiva di più quel fluire di vita e di sensazioni nel suo corpo...
E se si guardava negli occhi rivedeva quella luce che le conferiva la piena soddisfazione, la luce calda e vellutata che le illanguidiva gli occhi, le ammorbidiva lo sguardo...la rendeva più...sensuale...
Le venne in mente un turbinio di immagini, odori, sensazioni...tutte avvolte da una tenue luce di fiamma...
Una goccia di miele dorato e denso che cadeva sulle labbra e scivolava sulla lingua...il profumo della cioccolata bollente...o della vaniglia...qualcosa che le provocava la percezione di una morbidezza quasi insostenibile...come quel punto alla base delle orecchie dei gatti, appena dietro, in cui il pelo diventa sottilissimo e irresistibilmente soffice...insomma le roteavano in mente tutti pensieri e rievocazioni di quelle cose che non si sarebbe mai smesso di fare.
Al contempo sapeva che da quel giorno, chiunque l’avesse guardata, l’avrebbe vista diversamente...si sarebbe accorto che qualcosa in lei era cambiato, era rinato, si sarebbe avveduto di quella rifioritura in lei, pur non potendo percepire esattamente in cosa fosse diversa.
A guardarsi non l’avrebbe saputo dire neppure lei se non da alcuni altri particolari oltre gli occhi...poteva sembrare più matura, più donna...poteva sembrare che ogni suo carattere fisico fosse accentuato: le guance sembravano più scavate, gli occhi più grandi, i capelli più lucidi e sottili al tatto...i muscoli più tesi, la pelle più morbida.
Le piaceva sentirsi così, ora non c’era più traccia di paura in lei, era di nuovo sicura, sapeva che Liam aveva già percepito quel cambiamento e in un certo senso questo al tranquillizzava perché sapeva che l’avrebbe incuriosito invece che allontanato e in un certo senso ora si sentiva anche più “potente” rispetto a ciò che la spaventava per Lily perché si sentiva più recettiva.
Sentì un rumore nella camera che interruppe i suoi pensieri, così indossò velocemente il pigiama che aveva portato con sé e trovò Dorcas vicina alla porta che portava una tazza fumante con sé che profumava di cioccolata allo zenzero.
- Tutto bene?- le chiese vedendola uscire dal bagno.
Sìle le sorrise e annuì.
- Bene, sì...- rispose prendendo la tazza dalle mani dell’amica e sorridendole più apertamente, ma con un po’ di timidezza.
- Oh andiamo...lasciati coccolare un po’ da una vecchia zia – replicò Dorcas a quel sorriso mentre le faceva una carezza sui capelli – ti ci voleva proprio quella chiacchierata con Ceday eh?-
- Sì...ti dispiace?-
- Dispiacermi? Ma scherzi? – rispose Dorcas – io so di essere una zitellaccia acida...non mi sono mai sentita sola senza uomini, non ho mai sentito la mancanza dell’amore e non ho mai sentito l’esigenza di certe cose, per cui i miei consigli sono senza meno più scarsi di esperienza pratica di quanto non siano quelli di Ceday...-
Sìle rise, posò da una parte la cioccolata e abbracciò forte Dorcas.
- Sei la mia zitellaccia acida preferita! – mormorò.
- E com’è finita?- domandò quella per evitare di commuoversi per quell’abbraccio.
Sìle pensò che a Liam stessero fischiando fragorosamente le orecchie e che probabilmente, fosse stato lì, si sarebbe prima vergognato come un ladro e poi con molta facilità si sarebbe messo a ridere sapendo che un semplice incontro intimo, rischiava di dare largo ad uno stregonesco spettacolo pirotecnico.
- Dai non tenermi sulle spine...- la incitò Dorcas vedendola esitare con sorrisetto.
- Ma da quando in qua il sesso è diventato un tale evento?-
- Oh smettila! Hai capito benissimo che non parlo di quello! Anche se ti ha fatto un gran bene, lasciatelo dire...-
Sìle rise di quell’indispettimento di Dorcas perché sapeva che la domanda alludeva a come fossero rimasti lei e Liam, così si strinse nelle spalle mentre si infilava in bocca un cucchiaio di cioccolata...


- Ci vediamo quando torno, domani...-
Era seduto in uno dei locali “di tendenza” di Soho, insieme con un altro fotografo suo amico, questo originario del Worcestershire e quasi settantenne ancora tutt’altro che in vena di sentirseli quegli anni.
- A giudicare da come fissi quel bicchiere, sembra che tu abbia una paura maledetta...-
Lo fece ridere quell’osservazione di George, ma anche pensare...infatti non mosse gli occhi da dove li teneva, e cioè sul fondo di whisky che gli rimaneva da bere.
Gli stava raccontando di Sìle, erano passate più o meno ventiquattr’ore da quando si erano salutati e lui, nella realtà londinese, era certo più portato a considerae la parte più pratica di quello che gli stava succedendo...infatti con George stava parlando di Sìle come di una donna, non come di una strega; anche perché non avrebbe saputo spiegargli perché credeva al fatto che lo fosse...non poteva certo dirgli che era perché avevano parlato di fate.
Per quanto George, al pari suo, fosse uno che aveva viaggiato, che dalle superstizioni arcaiche si lasciava affascinare volentieri come quasi tutti quelli che facevano quel tipo di lavoro, gli avrebbe riso dietro in eterno!
- E’ che per quanto siamo diversi...sai per...- prese un istante di tempo – per età, per stile di vita, per esperienza...non pensavo potesse esserci tutto questo...voglio dire – continuò più decisamente mentre si accomodava con la schiena contro la poltroncina su cui sedeva tenendo le mani allungate sul tavolinetto – io non l’ho mai incontrata una così...e mi confonde...-
George, con la sua solita flemma, quella sua classica “faccia da ascolto”, ovvero mento sollevato, sostenuto dalla mano di cui un dito sfiorava appena le labbra, sguardo che arrivava leggermente dall’alto per via della posizione che assumeva la testa, attese un attimo prima di parlare.
- Che significa che non hai mai incontrato una così?-
- Che...per quanto io sia stato con persone con cui poi il rapporto è diventato anche serio, ho sempre rifuggito quelle troppo sicure dei loro sentimenti, mi spiego?-
George mugugnò qualcosa di affermativo.
- E perché pensi che lei sia troppo sicura?-
Liam scosse la testa.
- E’ quello il punto, lei sembra sicura di quello che succederà, ma...- sbuffò appena un po’ innervosito – ha un modo di dire le cose che è talmente naturale...talmente...insomma è come se io venissi qui con qualcuno che non conosci e ti presentassi dicendo “Questo è George Naughton, è nato a Bath il...non-ricordo-quando del millenovecentotrentotto”- cercò di spiegare – capisci non è qualcosa di impositivo, è come se avesse la certezza dell’ineluttabilità della cosa, anzi no, come fosse qualcosa di dato...-
L’amico si fece una leggera risata e annuì.
- Va bene, ma cosa esattamente ti ha detto con quel tono?-
Liam esitò un momento a ripensare a quella frase.
- “Lo so che non mi ami ancora...”- disse infine.
- Accidenti! E’ una terrorista...-
- No!- esclamò Liam a voce moderatamente bassa - è proprio quello che mi mette in crisi porca miseria! Lo capisci perché sono confuso? E’ che lei lo dice come se mi leggesse tutti i pensieri che mi passano per il cervello...nel momento in cui me l’ha detto, e ora è funzionale al discorso specificare che stavamo per fare qualcosa di molto intimo, ha capito che io mi sentivo un bastardo perché m’era venuto duro come marmo e mi ha detto quella cosa come...come dicendomi “Non preoccuparti, scopiamo lo stesso, non è niente di grave”...- con George non si faceva certo scrupolo di dire certe cose, quello era un donnaiolo di prima cartella!
- Scusa ma perché dovresti sentirti un bastardo per un’erezione avuta in intimità con una donna consenziente?-
- Non solo consenziente veramente...ha cominciato lei...e posso assicurarti che non ha dovuto fare troppi sforzi...-
Allora Liam gli spiegò della faccenda di John, del fatto che comunque lei dopo la sua morte, fosse molto ritrosa e prudente, almeno fino a poco prima di quel momento, che fosse oggetto di certe voci, che quelle voci portavano tutti a malignare pesantemente su molte cose e che arrivare a sentirsi lui quasi consolato e rassicurato da lei lo metteva a disagio.
- Ma lei ti piace?-
- Ehi “Georgie Best”...da quando mi conosci, mi sono mai fatto tanti problemi per una che non mi piacesse? E poi cazzo appena ci siamo staccati, l’ho guardata in faccia e il bambino timido ero diventato io...era stupenda! Non che prima non lo fosse, ma sembrava un’altra...e quando ci siamo salutati, sembrava lei quella che non voleva impegni, e sempre con quella tranquillità...io non ci capisco niente senti!-
George chiese di nuovo spiegazioni.
- E’ una cosa assurda che io non riesca a spiegarlo, ma è difficile te lo giuro...allora...ormai ho un’età in cui una donna che si concede e poi fa la preziosa solo per tirarsela un po’e farsi correre dietro, la so riconoscere...ci siamo?-
- Non mi sono mosso...-
- D’accordo...allora tu pensa di trovarti con una che ti piace, che vorresti e che vedi e sai inequivocabilmente che ti vuole e ti vuole non alla leggera, perché lei me l’ha fatto capire più volte e mi ha detto chiaramente che accetta di correre il rischio...-
- Ha reso tutto, molto chiaramente, ne convengo, pare proprio che ci tenga...- sottoscrisse George.
Liam annuì.
- Ecco...e mentre me lo diceva però...la guardavo in faccia e invece della ragazza spaventata di poco prima, solo spaventata intendo, mi sono ritrovato a parlare con una cui si leggeva in faccia che della paura e dell’incertezza da quel momento in poi se ne sarebbe sbattuta e che io, qualunque cosa avessi fatto, non avrei provocato nessun terremoto perché lei ora è più forte...non so come altro spiegartelo quel cambiamento...-
- E la cosa ti è dispiaciuta?-
George toccò un nervetto scoperto forse, perché Liam si bloccò di colpo, fu esitante.
- Forse sì...non che la preferisca spaventata, anzi! Se ho fatto resistenza alla voglia di vederla o sentirla, era proprio perché non mi piaceva saperla spaventata, ma...mi disorienta un po’...- ammise portandosi il bicchiere alle labbra e finendo il whisky.
- Beh allora da’retta a uno da cui non ti aspetteresti mai un discorso di questo tipo...-
- Sì...-
- Parlane direttamente con lei...a quanto ho capito ti ha fatto dire molto di te, senza scoprirsi quasi affatto, se non in relazione all’interesse che ha per te...può darsi che ora sia il tuo turno di scavare e che, se come dici, lei ha acquisito più sicurezza, sia disposta ad aprirsi...-
Liam lo guardò ammirato.
- Tu parli con le donne?- gli chiese ironicamente, era ovvia l’ironia, sapeva benissimo che George nel suo essere donnaiolo, aveva avuto qualche amore vero, anche infelice, dovuto proprio al fatto d’aver lasciato che la fascinazione subita dall’interiorità di qualcuna, lo tentasse troppo.
- Stronzetto scozzese, porta rispetto all’età...- ribattè quello sorridendo e bevendo anche lui – a proposito di età...ho visto le foto che hai portato a Walt...ti sei messo in testa di fare concorrenza a noi vecchie cariatidi del mestiere? Come ti sono venute così bene? -
Liam sorrise sotto i baffi e si schiarì la voce.
- Beh il Lake District, quando hai tempo da passare in giro, offre un sacco di soggetti interessanti...- rispose pensando a tutte le ore trascorse fuori casa per lasciare tranquilli i soliti piccoli intrusi.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Ira furor brevis est... ***


Capitolo 12 – “Sìle” Part I

solite ndr, scusate! La prima è relativa alle due frasi in Scots che pronuncia Liam scherzando con Sìle, lì sono ovviamente tradotte in italiano, realmente "suonano" circa così:"Haud up yer heid like a thistle"(ovvero "Hold up your head like a Thistle") "Auld claes and cauld porritch"(ovvero "Old clothes and cold porridge").
La seconda nota riguarda quel quasi impronunciabile nome di cinquantasei lettere che troverete. Si tratta di un piccolo villaggio del Galles che vanta il toponimo più lungo del mondo.
Non è un capitolo particolarmente pregno di significato credo, ma mi piaceva inserire un piccolo intermezzo.



Liam l’aveva chiamata appena tornato come promesso, avevano scambiato due chiacchiere non impegnative su come stesse l’uno, come stesse l’altro, come fosse andata a lui a Londra, se fosse stato tutto tranquillo al bed and breakfast...poi lei gli aveva chiesto se fosse ancora dell’idea di accompagnarla a Dumfries l‘indomani, promettendogli che non l’avrebbe trattenuto fuori oltre il pomeriggio.
“Certo che sono dell’idea...” le rispose tranquillamente e con un tono più confidenziale del solito.
Sìle sorrise tra sé e annuì portandosi i capelli dietro la nuca...le piacque scoprire che quella sensazione di risveglio che sentiva da due sera prima, non aumentò quando sentì la voce di lui, il che non significava che lui non le interessasse più, anzi!
Però voleva dire che ora era recettiva in modo più completo.
Da una parte sentiva che l’idea di rivedere lui, la eccitava, le piaceva, la faceva andare in leggera fibrillazione, ma dall’altra era ancora prepotente quella sensazione di forza che le derivava da quel risveglio: aveva ragione Dorcas, era guarita! Qualunque cosa fosse successa da lì in poi, lei sarebbe stata di nuovo sé stessa in modo assoluto e totale e non dipendeva da Liam, benché la sua presenza la facesse stare bene e potesse con molta facilità farla stare malissimo, non erano legate le due cose, pur scaturendo da un fattore comune.
Fu comunque un pensiero abbastanza poco discorsivo nella sua mente, fu più una serie di segnali...come una specie di mappa concettuale tracciata dal suo cervello.
- Va bene...- sussurrò – allora...ci vediamo...- rifletté per poi sbuffare un poco – io devo andare da Miss Curl a portarle un certo impacco che le ha preparato Dorcas prima di andare via, abbiamo appuntamento per le otto e trenta, tu puoi venire qui quando torno e poi...-
“Perché non facciamo che ti porto da Miss Curl e poi partiamo per Dumfries e tu la pianti di inventarti problemi che non sento di avere?”
- Lo dicevo per non farti fare levatacce...-
“Uno che pubblica per il National Geographic secondo te è uno che ha problemi di sveglia?”
E così...eccola davanti a Miss Curl che, Sìle se lo sentiva che non era una mattinata fortunata per evitare pettegolezzi, aveva in visita Miss Dawn e Miss White...erano tutte e tre sulla porta a fissarli, anche se Miss Curl lo faceva in modo decisamente più affettuoso, e non smisero fino a che non videro lei rientrare in auto.
Liam tanto per gradire fece loro un gesto di saluto con la mano.
- Ora capisci perché non volevo farti venire?- gli chiese lei quando furono ripartiti.
- L’avevo capito da un bel pezzo...- le rispose lui attento alla guida, tenendo una sigaretta tra le labbra – ma, escludendo l’antipatia del pettegolezzo come idea, dov’è il problema se lo fanno su una cosa vera?-
Lei lo guardò un attimo tenendosi la testa con la mano, il gomito appoggiato allo spessore del finestrino.
- Quale cosa vera esattamente?-
Lui fece un risolino...perché lei era sempre così sicura, non era cambiata di una virgola da quando si erano lasciati, era esattamente quella che aveva visto comparirgli davanti dopo averla baciata...era...come se si fossero date il cambio la Sìle timida e un po’ spaurita e la Sìle forse sempre un po’ timida, ma molto padrona di sé, consapevole e rilassata...assai più simile a com’era stata quel pomeriggio a casa sua, mentre parlavano del mondo cui lei era più vicina di lui.
- Come posso spiegarlo quello che succede tra me e te senza dare adito a un milione e mezzo di dietrologie su quello che posso o non posso pensare?-
Sìle lo guardò di nuovo chiedendosi come facesse Liam, che non la rassicurava affatto se pensava a come viveva diversamente da lei, a tutti quelli che, molto più “inquadrabili” di lui aveva conosciuto, erano riusciti a farle del male, a riuscire a darle tanta tranquillità con una mezza parola.
Molte sicurezze le erano tornate, certo, ma questo non significava che lui non la confondesse...quanto aveva detto a Ceday sullo sbagliarsi riguardo ciò che le premeva di più, era sempre più concreto come rischio.
Comunque fissò di nuovo gli occhi su di lui.
- Sei tremendamente sexy con la sigaretta in bocca, ma lo sai che ormai è illegale nel Regno? -
- Sono scozzese, si fottano le leggi inglesi! -
- Mi permetto di ricordarvi Sir William Kerr, del clan dei Kerr di Paisley, che sulle leggi inglesi al momento incide molto uno scozzese...-
- Chi l’ha detto che tutti gli scozzesi sono patrioti?-
- Secondo me tu ti senti un pochino Covenanter in fondo...-
-...beh...- fece per ribattere lui mettendosi a ridere – senti ma perché mi stai costringendo a fare il campanilista che non perde occasione di ricordare da dove viene? E comunque no, niente Covenanters, troppo bacchettoni per i miei gusti, diciamo che potrei scendere a più miti consigli, se non venissero a rompermi i coglioni su quello che faccio nell’abitacolo della mia auto da solo...-
- Ma oggi non sei da solo...-
- E’ spenta...- rivelò lui facendole notare di non aver ancora acceso la sigaretta incriminata - è solo per farmi trovare tremendamente sexy...ha funzionato, quindi posso anche lasciarla così...-
Sìle rise appena e lo guardò...seguì con lo sguardo il suo profilo...quel giorno le piaceva in modo particolare, forse perché gli donavano i colori scuri e quel maglione blu indaco di foggia vagamente militaresca, valorizzava molto la sua figura.
Era una giornata freddissima e splendida, con un sole di una limpidezza abbagliante, una giornata più da gennaio inoltrato che non da primi di dicembre e era tutto così vivido nei colori e negli odori e nei suoni da sembrare finto in certi momenti; probabilmente quella pulizia dell’aria era dovuta alle bufere di neve avvenute al nord e all’ovest, dicevano nell’Aberdeenshire e su Snowdonia, in Galles, che avevano causato un raffreddamento intenso chiudendo Cumbria e conseguentemente Lake District in una morsa di gelo e di sereno.
Aveva nevicato anche sulle loro di montagne.
Era elettrica, era di quelle giornate in cui sentiva un acuirsi speciale della sua recettività e poi, era una cosa stupida, ma era curiosa di vedere se in lui sarebbe cambiato qualcosa, una volta oltrepassato il confine tra Inghilterra e Scozia.
In tutto questo le era venuta una gran voglia di toccarlo in un modo qualunque.
- Posso disturbare il conducente?- gli chiese dopo un po’ che lo guardava, ma lui non se ne accorgeva perché era distratto dal controllare nello specchietto per un paio di sorpassi.
- Dipende da cosa vuoi fare...- le rispose.
- Una cosa quasi indecente...- mormorò lei slacciandosi la cintura di sicurezza per un attimo, aspettando che l’auto arrivasse in un punto di traffico meno denso, cosa nient’affatto difficile in quelle zone, e avvicinandosi a lui per dargli un bacetto e poi un morsetto sul collo facendolo ridere leggermente –te l’hanno mai detto che sei bellissimo?- gli chiese in un sussurro, ritornando a sedersi compostamente sul suo sedile mentre lasciava sedimentare il complimento.
Lui sorrise di nuovo imbarazzato infatti...
- Non lo so...non mi ricordo...- riuscì a rispondere quasi irritato da quella timidezza che lo bloccava.
- Stavolta te ne ricorderai?- gli domandò lei.
- Ehi non era abbastanza indecente, continua...- le disse lui per scherzo, abbandonando un terreno per lui troppo impervio, agitando appena l’indice ad indicarsi il punto dove si erano posate le labbra di lei dopo aver annaspato per un altro momento.
Sìle si mise a ridere leggermente e poi annuì.
- Dopo...-
- Dopo quando, se devi tornare a casa?- protestò con educazione lui facendola sorridere di nuovo, ma in modo più...elusivo, più “felino” quasi.
- Cosa dovrei leggerci in questo? Una protesta?-
- No un “Quando possiamo stare un po’ tranquilli?”- ribatté ancora Liam rinunciando ai giochi di parole.
Le diede uno sguardo veloce per non rubare attenzione alla guida, poi allungò la mano sinistra a posarsi su quella di lei per intrecciarci insieme le dita quando la sentì farlo lei per prima.
Lui aveva una mano enorme rispetto a quella filiforme di Sìle, ma era bella anche quella, era forte e quel bracciale d’argento che lui portava al polso, un po’ pesante e massiccio, gliela faceva piacere anche di più.
- Non sei tranquillo ora?- gli chiese prendendo delicatamente tra indice e medio della mano libera il bracciale e studiandolo un po’...era la prima volta che lo notava davvero, si rese conto solo in quel momento d’averglielo sempre visto.
- Sto guidando, ora...ti sto portando a Dumfries, ora...non prendiamoci in giro Madama Mim, hai capito a cosa mi riferisco...- le disse lui ironicamente.
- Questo vuol dire che ci hai ripensato su mentre eri a Londra?-
Lui annuì.
- Ora me lo dici a cosa dovevi pensare?-
- Charlie mi ha detto di John...- rispose lui a bruciapelo, tanto non esisteva un modo migliore per dirlo e il silenzio di Sìle, ma il suo rimanere tranquillamente con la mano nella sua, lo incoraggiarono a continuare – e io l’altra sera mi sono lasciato andare a qualcosa che mi andava immensamente di fare da quella volta in cui sei stata da me, ma avevo bisogno di guardarti di nuovo in faccia per essere sicuro di volerlo fare ancora...-
- Perché? Cosa dovevi leggerci sulla mia faccia per volerlo?-
- Che fossi davvero tranquilla come mi eri sembrata quando ci siamo salutati...che non ti aspettassi niente e che avessi davvero solo fatto qualcosa di cui avevi voglia in quel momento...-
A quel “Che non ti aspettassi niente” però, Sìle si irrigidì e tentò di ritrarre la mano.
- Aspetta...- la trattenne lui, stringendo la presa – voglio dire...che non ti aspettassi di dovermi tranquillizzare ancora, di dovermi spiegare, di dovermi rassicurare sul fatto che non c’era niente che mi obbligava nei tuoi confronti...e che non dovevo aver paura di mollare tutto se non me la sentivo, perché se ti avessi sentito dire un’altra volta quelle cose, mi sarei incazzato...-
- E perché?-
- Perché sono stufo di trovarmi tra chi mi “Avverte” su quanto puoi essere pericolosa e te che mi ripeti che“Forse potresti crearmi dei problemi, meglio di no”; io lo voglio un problema ogni tanto, sono un caprone dello Strathclyde...-
- Paisley non è nel Renfrewshire?-
- Io sono nato e cresciuto nei bassi di Glasgow e avevo un nonno di Ayr dolcezza, punto primo, punto secondo, Ayr, Paisley e Glasgow, sono una nell'Ayrshire, una nel Renfrewshire e una nel Lanarkshire che sono tutte poste sotto lo stesso governo regionale, quindi io sono, per tornare a noi e piantarla con le lezioni di geografia perché mi sto annoiando da solo, a tutti gli effetti un caprone dello Strathclyde che adora avere problemi con le streghe...pensa un po’! E se ora, dopo questa distinzione di capronaggine, contee e governi regionali scozzesi stai pensando che sono molto più campanilista di quanto non ti saresti mai aspettata...- si interruppe trovandosi costretto ad un'ammissione - hai ragione...ma mio padre era di Aberdeen...- precisò alla fine come a voler sottolineare una piccola impurità.
Sìle si mise a ridere, ma dopo qualche attimo che il sorriso le si era affievolito sulle labbra, gli chiese ancora spiegazioni.
- Che problemi ti crea la faccenda di John?-
Liam si fece più serio, ma non era teso, anzi...si tolse la sigaretta di bocca trattenendola tra le dita della mano destra, con la sinistra allentò la presa sulla mano di Sìle e cambiò marcia con un gesto rilassato, la tranquillità e la scioltezza dell’esperienza.
- Charlie mi ha detto che non hai più avuto nessuno dopo di lui...e che...-
- Lo so...- lo fermò lei intuendo quale fosse il seguito – ti ha detto che mi vuole bene e che non vuole che io stia di nuovo male...-
Liam annuì e Sìle sbuffò un po’ imbarazzata.
- Anche io voglio bene a Charlie, nessuno a parte Dorcas sa quanto siamo legati...- mormorò – però vorrei che evitasse di arrogarsi questo ruolo quasi paterno con me...magari a fin di bene, ma è sulla mia vita che rischia di influire...-
- Se può tranquillizzarti, non ha influito per quanto mi riguarda...- rispose lui per poi sospirare guardando fuori.
Sìle girò di nuovo gli occhi verso di lui e si appoggiò col capo al sedile.
- Vuoi dire che non hai istinti di fuga di nessun tipo?-
Non la guardava in faccia perché fissava la strada, ma Sìle sentiva che non era per evitarla...proprio perché lo faceva come se stessero parlando di qualcosa di assai meno spinoso e le dava a vedere perfettamente che non lo spaventava l’argomento.
- Non sono uno che scappa in genere...- rispose - anche perché ho l’abitudine d’essere abbastanza chiaro su quello che sento e quelle che sono le mie intenzioni...non mi piace andare avanti per sottintesi...- spiegò accompagnando con un leggero movimento del capo la negazione – ...forse avrei tagliato corto se mi avessi detto”Promettimi di non farmi male”, ad esempio...-
Sìle aggrottò un po’ le sopracciglia.
- A te non piace andare avanti per sottintesi, a me non piace andare avanti per pietà o per ricatto...- ribatté in modo quasi granitico e Liam annuì.
- Infatti sono qui...- rispose molto tranquillamente.
- Il che significa?-
Lui la guardò un attimo e poi fece un sorriso sotto i baffi, scoraggiandola dall’iniziare a lambiccarsi su qualcosa di troppo complicato in quel momento.
- Ripetimi dov’è che dobbiamo andare di preciso...- le disse mentre si avvicinavano ad un cartello che avvisava di un’interruzione della strada qualche miglio più a nord, poco dopo Dumfries.
- Sul Loch Ken...a Drumrash...-
Liam fece un risolino.
- Prendila per una pignoleria da indigeno, ma c’è una differenza tra Dumfries e Castle Douglas e se proprio vogliamo anche tra Dumfries e New Galloway...-
Sìle sbuffò ridendo.
- E quale sarebbe questa differenza tanto sostanziale?-
Lui le indicò il cartello che indicava una possibile interruzione della strada principale tra Dumfries e Castle Douglas per l’appunto, e di quella immediatamente secondaria che portava a Dalbeattie.
- Drumrash è a Castle Douglas. Il che significa, data l’interruzione, metà delle Southern Uplands da attraversare...il panorama è bellissimo, ma ci vuole almeno un’ora di più...-
- Hai molta fretta?- gli chiese lei e lui sorridendo scosse la testa.
- Non direi...- rispose.


Il rifornimento per Dorcas in sé fu rapidissimo, perché Sìle aveva telefonato e avvisato che avrebbero tardato e la signora Graham aveva provveduto a preparare tutto in modo che dovessero solo caricarlo in auto.
In questo modo, riuscirono a percorrere con più tranquillità quel tratto di Southern Uplands cui alludeva Liam, che erano bellissime col sole di quel giorno: erano delle vallate verdi d’erba, piene di pascoli, di piccole gole percorse da ruscelli in cui solo il fondo valle, pur non essendo sovrastato da cime particolarmente imponenti, rimaneva imbiancato di brina...e lì in mezzo dozzine e dozzine di pecore si adoperavano alacremente a mantenere il taglio dell’erba.
La strada correva a mezza costa, di quando in quando, dove si apriva qualche spazio piano, comparivano piccoli laghi o impaludamenti.
C’era qualche foresta qua e là, ma non certo di quella magnificenza propria delle zone più settentrionali: l’Ayrshire meridionale era una zona più simile all’Inghilterra.
Non c’era qualcosa di mancante, semplicemente era una differenza di paesaggio...anche quelle pianure o quei declivi ripidi, ma dal profilo morbido e reso liscio dall’erba, erano di una bellezza sorprendente e tutto considerato, anche questo, non solo l’asprezza e la drammaticità delle Highlands, facevano pensare a quella “Terribile Bellezza” posta e titolo di un certo pezzo musicale della tradizione.
- Com’è che li chiamano da voi?- chiede Sìle passando accanto a uno dei piccoli, minuscoli specchi d’acqua che di quando in quando si aprivano tra l’erba, a volte ingraziositi dalla presenza leggiadra di un cigno bianco.
- Cosa?- domandò Liam guardando a sua volta – ah...lochan...- rispose distrattamente.
- Bog on Lochan…- disse allora Sìle ricordando qualcosa.
- Dovrebbe voler dire...zuppo come un piccolo lago...-
- E’ l’unica cosa che so in scozzese oltre Mise Mi-Fhèin ...-
- Che significa...Io Me...beh le basi per una conversazione quasi ci sono...- scherzò lui.
- Perché tu saresti di quelli che parlano scozzese?-
- Ancora?- chiese lui sbuffando perché a quanto pareva, lei era determinata a fargli fare a tutti i costi sfoggio del suo nazionalismo - va bene, intendi scozzese tipo...- strizzò appena un occhio con fare pensoso – Hallò, a Sìle! Ciamar a tha thu? o tipo “Leva il capo come un cardo” , “Vestiti vecchi e porridge freddo”? (ndr)- le chiese pronunciando quell’ultima frase in un qualcosa di inglese, ma che a Sìle risultò quasi più incomprensibile del gaelico, cosa cui invece lei, conoscendo il Manx, era più abituata.
Era quella parlata assolutamente stretta e sgradevole ma al contempo irresistibile degli scozzesi.
- Ho come idea che ti venga meglio lo Scots...- gli disse ridendo.
- E’ che lo scozzese non me lo ricordo più, mio padre ci provava ad insegnarmelo, ma sulla sua nave mi confondevo...avevo quasi imparato il gallese da uno di Blaenau Ffestiniog...-
- Ah sì? Io già non saprei pronunciarlo...-
Lui annuì con un sorriso.
- Avevo imparato a dire perfino il nome di quel posto terribile su Anglesey...- disse e Sìle infatti capì al volo – quello che, bontà di qualche pia anima cambriana, abbreviano “Llanfair”...-
- Sì quel...Llanfairpwl...- tentò di dire lei.
- Aspetta...Llanfairpwll...gwyn-qualcosa...c’è qualcosa di bianco...-
- Nocciolo...nocciolo bianco - suggerì Sìle.
- Ah sì...-
- Dunque, tradotto significa ”Chiesa di Santa Maria nella cavità del nocciolo bianco, vicino al vortice di Sant’Ysilio della caverna rossa”!-
Liam la guardò sgranando gli occhi.
- Sì...grazie del’informazione...- rispose un po’ allibito, poi vedendo che lei continuava a fissarlo con la faccia di quella che aspettava un seguito, si schiarì la voce, prese un po’ di tempo per vedere se lei smetteva di piantonarlo con lo sguardo, poi visto che non pareva averne l’intenzione, si girò verso di lei e sembrò non sapere cosa dire per un attimo, ma poi si riprese – tu non puoi davvero volere che io lo dica in gallese...- le disse.
Lei gli disse che no, certo che non si aspettava che glielo dicesse in gallese...ciò nonostante quando arrivarono di fronte alla fattoria della signora Graham, circa un’ora dopo per l’appunto, Sìle uscì dall’auto, lui con lei, però poi la fermò:
- “Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch”!(ndr)- esclamò trionfalmente, puntandole contro il dito, con gli occhi accesi da un’eccitazione quasi infantile, poi però si lasciò andare allo sconforto – ah che ho detto...- mugugnò come vergognandosi, e mentre vedeva Sìle che gli andava incontro si risollevò –...però voglio un applauso – intimò - e al ritorno guidi tu! -
Lei gli andò vicino e lo fece abbassare per baciarlo su una guancia, ma con una totale noncuranza, quasi fosse una cosa che avveniva abitualmente.
- Un applauso perché sei completamente pazzo? – gli chiese soffermandosi sulla sua pelle con le labbra.
- No, perché pazzo ci sono diventato a forza di scervellarmi su una cosa così cretina, e solo per un bacio, è come la sigaretta per farmi trovare sexy...-
- Ma hai in programma di crescere tu prima o poi?- domandò lei ridendo e abbracciandolo attorno alla vita.
- Naa...sono altino ormai, mi accontento...- rispose cingendole il collo e abbassandosi a darle un bacetto appena sotto l’orecchio.
Non si stavano scambiando effusioni diverse da quelle che ci sarebbero state tra due amici molto affettuosi, erano in quella fase di studio reciproco che a volte capita al primo incontro dopo una forte intimità, cercavano un contatto tra loro, si stuzzicavano anche, ma per lo più a parole o a sguardi, limitando il resto e pochi gesti scherzosi: se lei di fronte a una battuta pungente, gli dava un buffetto su un braccio, lui le rispondeva pizzicandole leggermente il fianco, ma andando a cercare la pelle sotto il maglione più accarezzandola, che pizzicandola; se lui le faceva un dispetto, lei tentava di ribellarsi ma si lasciava bloccare le mani dietro la schiena e mentre lui le sussurrava qualcosa all’orecchio, lei gli dava un bacetto sulla guancia...
Andarono avanti così per quasi tutto il tempo, dopo aver lasciato la fattoria.
Al ritorno fecero il giro che avrebbero dovuto fare all’andata e questo li portò fino al Castello di Caerlaverock.
Anzi...Sìle gli propose di andarci e Liam ce la portò, ma passando da una strada diversa da quella canonica.
Parcheggiò lungo Shore Road e la fece scendere, poi si avviò tranquillamente lungo la riva sabbiosa e compatta.
Stranamente non c’era molto vento, c’era il solito sole limpidissimo che ogni tanto veniva coperto da una nuvola di passaggio e provocava un immediato raggelarsi dell’aria, ancora maggiore se possibile, ma poi tornava e allora era più piacevole stare fuori.
- Il castello è in fondo a questa strada, dove andiamo?- chiese lei afferrando la mano che lui allungava dietro di sé per invitarla a stargli vicino.
- Vedrai...- le disse portandosi il braccio di lei attorno alla vita e strizzandole l’occhio quando se la trovò vicina –...non mi sono perso in Africa, vuoi che mi perda qui? Dammi un briciolo di fiducia no?-
Era la prima volta che si vedevano in un giorno di sole tanto pieno e gli occhi di Liam erano di un verde splendido sulla pelle vagamente abbronzata, cosa non strana considerando che quando lui era tornato a Londra e poi era rientrato in Cumbria, era reduce da un viaggio tra i monti della Cappadocia con George che gli era valso una bella coloratina anche se non era estate.
A pensarci bene, lui era uno dei classici “Britanni”, di quelli che precedevano sia l’arrivo dei romani, che dei sassoni, che degli scandinavi: moro di capelli e pelle ambrata...anche la robustezza e l’armonia di proporzioni della struttura fisica, non erano un caso.
Detto questo, la riprese per mano e la portò dritta dritta al castello passando dalla parte della palude.
Sìle si accorse del giro solo quando, mentre percorrevano un sentiero che passava nella foresta, si ritrovarono nella radura in cui ci si imbatteva nelle rovine più antiche, quelle del castello originario...in quel momento il sole se n’era andato e c’era qualcosa di un po’ inquietante in quel posto, almeno agli occhi della ragazza.
Le piaceva, ma al contempo quel giorno non la rassicurava affatto, come un eco di paura che le rimbalzava dentro...non sapeva perché.
Sotto il camminamento che portava alle fondamenta del castello, correva quello che una volta era stato un fossato con l’acqua che lo riempiva, ora era solo un avvallamento coperto di alghe e lunghi steli di piante acquatiche...gli alberi intorno non avevano più foglie e c’era silenzio, troppo...l’unica cosa che sentiva “muoversi”, era qualcosa sotto quelle foglie...o almeno a lei così sembrava.
Ebbe la sensazione tremenda di qualcosa che le avvinghiasse le caviglie, fortemente, che le impediva di muoversi, che la tratteneva, che la soffocava, ma era una sensazione confusa e troppo lontana, non le diede ascolto, ma chiese a Liam di evitare la palude che portava al castello meglio conservato.
- C’è il passaggio, la palude è intorno, non c’è da aver paura...- le disse lui invitandola ad andare a vedere, tendendole la mano – guarda...- la incoraggiò.
Lei con le sopracciglia un po’ aggrottate afferrò la sua mano e accettò di seguirlo un po’ in avanti...ed era vero, non c’era da aver paura, il passaggio correva a pelo dell’acqua, era asciutto e solido, così lei si tranquillizzò, si convinse che forse era solo quel silenzio di poco prima...quella fossa che le aveva dato quella sensazione di inquietudine ad averla suggestionata.
Avanzò per un po’ con Liam...stringendogli forte la mano e aggrappandosi al suo braccio.
- Hai paura?- le chiese lui.
Gli sorrise e scosse la testa.
- Non lo so...- gli rispose guardandosi attorno.
Non c’era niente di cui aver paura, solo una palude...acque stagnanti, uccellini che coraggiosamente ogni anno affrontavano anche i mesi invernali...niente di strano, solo troppo fermo e silenzioso.
- E’ che...- disse Sìle ammettendo in quel momento per la prima volta una cosa che spesso nascondeva anche a sé stessa – dalla notte in cui ho trovato Lily...l’acqua ferma, ma attraverso cui non riesco a vedere...- gli spiegò indicandogli un punto in alcuni alberi affondavano le radici nell’acqua della palude senza permettere di vedere sotto la superficie liquida – non lo so...mi da un senso di angoscia... -
Liam guardò dove lei gli indicava e annuì.
- E poi qui c’ero sempre stata solo di primavera o d’estate, quando qui intorno è tutto fiorito e pieno di movimento...- aggiunse lei.
- D’accordo...- rispose seriamente, poi allargò le braccia quasi in segno di scusa – il problema è che siamo in inverno, fiori non ce ne sono e qui ovunque ti giri c’è acqua...-
Sìle lo prese sotto braccio e scosse la testa.
- Non importa, è una cosa del tutto irrazionale... ma se parliamo mi passa...- gli disse rimettendosi in cammino lei per prima.
Appena possibile poi, Liam la fece tornare sulla strada battuta, le spiegò che conosceva quella via per arrivare al castello perché lì intorno c’era una riserva naturale e qualche volta gli era capitato di fermarcisi a fare delle foto.
- Certo a quelli della biglietteria non fai un gran favore...ma il vantaggio è che quel sentiero lo conoscono solo i cacciatori e pochi altri addetti ai lavori; tutta gente che dell’assedio del castello se ne interessa molto relativamente...- le disse indicandole la foresta davanti a loro, mentre si dirigevano di nuovo verso il sentiero che li aveva portati lì.
Quando la vide più tranquilla, dopo un sospiro, guardando in avanti, decise di seguire il consiglio di George e di cercare di farsi dire lui qualcosa.
- Cosa sentivi che ti ha spaventata?- domandò iniziando dalla cosa più immediata.
Sìle levò lo sguardo su di lui mentre si sistemava la fascia di lana che le tratteneva i capelli all’indietro, esitò un momento, poi si strinse nelle spalle.
- E’ un po’ complicato da spiegare...è...una sensazione di freddo e di silenzio che mi prende dentro...come se ingollassi improvvisamente una gran quantità d’acqua gelida e vischiosa...-
Liam fece una faccia strana, ma mentre camminava con le mani in tasca del giaccone, i passi lenti e il viso rivolto al vento, che anche se soffiava solo a sporadiche folate, era davvero gelido, aveva sempre quel suo incedere tranquillo e rilassante, di quello cui non c’era da aver paura di raccontare cose insolite che la rasserenò e non le fece venire voglia di scappare.
- Non li guardare gli horror...- le disse strappandole un sorriso, ma poi smettendo di scherzare – perché mi hai detto che lo senti dalla notte in cui hai trovato Lily?- le domandò poi.
Lei annuì di nuovo, come a riprendere il capo del discorso.
- E’ una cosa che mi imbarazza un po’...- prese a dire.
- Io potrei raccontartene un milione di cose che mi imbarazzano se me le ricordo...vinco io senz’altro...-
Gli sorrise di nuovo, si massaggiò il naso gelato con la punta della mano e dopo un bel sospirone prese coraggio per parlare.
- Se sai di John...potrai ben immaginare che non fu un periodo facile quello per me...- iniziò, e come era sicura che avvenisse, Liam le diede un cenno di assenso che la spinse a proseguire – io trovai Lily non molto tempo dopo la sua morte...era un momento tremendo...avevo superato quella sensazione di astrazione dalla realtà, quella in cui non prendevo davvero atto della cosa, e ero piombata nei sensi di colpa...e non riuscivo a uscirne, mi sentivo sbagliata e siccome non potevo farci niente, mi era venuto in mente che forse...- si fermò un momento per trovare coraggio e poi riprese – forse non avrei mai potuto stare accanto a qualcuno senza fargli del male, e poi sentivo anche la gente dirlo, sentivo alcuni che addirittura pensavano “Magari non è cattiva...magari non lo fa apposta...” come se fosse qualcosa di inevitabile, la mia pericolosità...-
- Che stronzate...- commentò lui quasi annoiato, ma non riguardo lei, riguardo quei commenti idioti fatti da altri – vai avanti, scusami...- le disse poi temendo che lei si fosse interrotta per lui.
- Figurati...- rispose lei – comunque, per farla poco lunga, una sera uscii di casa...uscii senza sapere dove stavo andando, ero quasi in stato catatonico, avevo una coscienza di quello che facevo molto labile...sentivo solo che volevo trovare un posto silenzioso e immobile e...pensavo solo che senza John non sarei andata avanti, che avrei dovuto tenermi tutto dentro e forse lui sarebbe stato vivo e lì accanto a me...-
- Tutto cosa?-
Liam la guardava con aria curiosa...e lei non rispose perché sentì che aveva capito.
- Vuoi dire di te? Di come sei?- le chiese molto seriamente.
- Sì...-
Lui annuì e lei continuò.
Gli raccontò di quella sensazione di attrazione per il fondo di quel lago, dell’inconsapevolezza di come sarebbe finita se non avesse sentito la bambina piangere, tutto...compreso il sentire la voce di John.
Liam, di nuovo come Sìle non dubitava che sarebbe avvenuto, non batté ciglio e di questo lei gli fu più che grata.
- Probabilmente l’angoscia che sento in situazioni come quella di prima, è dovuta al ricordo di un momento della mia vita in cui ho perso il controllo in modo assoluto su me stessa...e...- un’altra esitazione per paura di come lui avrebbe preso la frase successiva – io non avevo mai...provato una sensazione che mi desse l’idea di come sarebbe stato morire...né per me stessa, né tramite altri...eppure sono percezioni che ho da una vita, ma non è mai così...e magari ora la rifiuto ancor più decisamente perché se l’avessi seguita quell’ispirazione avrei fatto del male a me, a Dorcas...a Lily più di tutti forse...-
Liam a quel punto preferì cambiare un po’ argomento e concentrarsi sulla bambina.
- Non hai mai saputo chi fossero i suoi genitori?- le chiese.
Sìle a quel punto lo fissò per qualche istante negli occhi, studiandolo appena un po’, capendo che forse era il momento di dargli un indizio in più sulla piccola.
- No...- disse – non so chi fossero i suoi genitori, nessuno l’ha mai cercata e...io non ho mai più ritrovato il posto in cui l’ho trovata...e ti giuro non è perché ero fuori di me, perché quando ho capito che era una bambina appena nata, che piangeva in mezzo all’erba, da sola, con quel freddo siberiano, sono tornata quella di sempre, io mi ricordo lucidamente di tutta quella notte da quando l’ho presa in braccio in poi, mi ricordo il sentiero che ho percorso, mi ricordo perfino gli aberi che ho incrociato e potrei portartici anche ora...quel lago non c’è più...-
- Potrebbe essersi asciugato...capita...-
- In una notte sola? Ci vorrebbe un’idrovora...-
Liam prese atto.
- E presumo non abbiate sentito rumore di idrovore quella notte vero?-
Sìle gli rispose con un’occhiata di traverso e gli assestò una sculacciata su una coscia, senza risparmiare molto la forza.
- Ahi!- protestò lui scostandosi un po’ di lato, ma ovviamente senza sognarsi neanche da lontano di togliere le mani dalle tasche - va bene, va bene, scusa, niente sarcasmo...- le disse ricevendo in risposta un cenno di assenso da parte di lei...rimase un attimo in silenzio, un attimo in cui Sìle non avrebbe saputo dire bene a cosa pensasse, ma poco dopo lui sollevò la testa guardando verso la riva sabbiosa dell’estuario che iniziava a rivedersi – torniamo verso casa?- le propose.
Lei annuì e lo riprese sotto braccio.
- Intanto raccontami qualcosa di imbarazzante...- gli disse alludendo alla sua battuta di poco prima.
Liam rimase un momento interdetto, poi però sorrise e annuì.
- D’accordo...allora potrei cominciare da un paio di belle figurette fatte indossando il kilt...-
- Mh...mica male...-
- Quando ho rischiato di offendere mortalmente un capo tribù del Borneo che voleva pagarmi perché...”soddisfacessi” un paio delle sue mogli...- spiegò lui “virgolettando” la frase con indice e medio di ciascuna mano.
Sìle sgranò gli occhi.
- Ma non ci credo!- esclamò.
- Che vuoi farci? Gioie e dolori della poligamia...le signore sono esigenti e i mariti hanno delle carenze di energie fisiche alla fine, così…-
- Pagano gli ospiti perché rabboniscano i bollenti spiriti delle loro mogli…-
- Solo se gli sono abbastanza simpatici o se li trovano sufficientemente attraenti, con buona pace di chi dice che la poligamia va sempre e solo a discapito delle donne - scherzò lui in risposta.
Lei lo guardava un po’ sconcertata e lui rideva sotto i baffi.
- D’accordo ce n’è un’altra che accarezza molto meno il mio orgoglio virile- le disse arrendendosi a dover dire qualcosa di poco edificante – ero sempre in Africa, uno dei milioni di volte che ci sono stato; io e un mio collega francese, eravamo ospiti di un villaggio Hamer, in Etiopia, e per onorare il rituale di passaggio dall’adolesenza all’età adulta di un ragazzo, ho rischiato di dover correre nudo come un verme sulla schiena di una mandria di vacche, ricoperto di sterco…-
Sìle strizzò gli occhi mettendosi a ridere.
- Che cosa?-
- In realtà io sono stato solo marchiato con lo sterco e adornato con un laccio incrociato sul petto, la corsa sul dorso delle vacche l’ha fatta il mio collega...lui ora può sposarsi in quel villaggio...-
- E tu?-
- Io riprendevo, non posso fare da cameraman e cercare una moglie nello stesso tempo...e poi lo sterco di vacca si lava via, ma cadere di peso a cavallo di un animale senza un briciolo di protezione per i gioielli di famiglia, è qualcosa di assai più vincolante e mi fa essere ancora più fedele all’idea del celibato-
Sìle lo guardò fingendosi sospettosa.
- A volte ho come idea che mi racconti certe cose solo per impressionarmi…-
- Tu non puoi davvero pensare che io ti racconti di essermi lasciato ricoprire di letame solo per fare colpo su di te andiamo!-
Lei rispose con una faccia che lasciava sottintendere abbastanza chiaramente che non escludeva nessuna possibilità, allora Liam allungò una mano a strizzarle il naso con due dita.
- Scimmia…- le disse facendola ridere mentre si portava le mani a coprirsi il naso.
- Va bene…ma delle mogli del capo tribù perché non hai approfittato?-
Liam sospirò come fosse una risposta difficile da dare.
- Non ero in vena di pensarci, ero appena reduce da una delle poche fughe sentimentali cui mi sia mai dato...mi sarei sentito patetico se avessi approfittato di qualcosa che per me non aveva senso - ammise guardando avanti a sé, la riva sabbiosa costellata di gabbiani.
Sìle gli diede un’occhiata di sottecchi.
- Una che ti aveva chiesto di non farle male?- domandò.
Lui annuì.
- E non ne aveva il diritto, non ancora almeno e non con me visto che ero stato molto chiaro in merito fin dal primo momento…-
- Ma ti piaceva un sacco vero?-
- Non mi psicanalizzare streghetta…- le disse lui senza guardarla.
- Non ti psicanalizzo, ti studio – precisò Sìle – perché dici di no?- gli chiese vedendolo scuotere la testa.
- Non ho bisogno di uno vetro riflettente, Sìle, lo so da me come sono fatto, io voglio sapere come sei tu… -
La ragazza portò lo sguardo più o meno dove lo teneva anche lui, un po’ immusonita e scossa da quella frase. Ammutolì di colpo, a Liam parve di sentirlo cadere quel silenzio e capì d’averla spaventata così non insistè.


Sìle lo tenne a distanza per tutto il viaggio di ritorno, non parlò, teneva lo sguardo fisso sull’esterno, seguendo il paesaggio che scorreva a variava fuori e man mano ritornava quello di casa.
Liam la guardava, seduta alla sua sinistra, i lunghi capelli scuri che le ricadevano attorno al capo fuoriuscendo alla fascia di lana, morbidi e lucenti.
Aveva gli occhi malinconici in quel momento e forse un po’ smarriti, ma non poteva immaginare cosa le passasse per la testa, sembrava anzi che lei lo volesse escludere per un po’ da sé, che avesse bisogno di riordinare qualcosa dentro sé stessa.
Capì che non gli era davvero così lontana solo quando provò a sfiorarle la mano, perché lei gli prese la sua e la strinse forte, poi si girò e gli sorrise appena, ma poi continuò a tacere.
Rimase in silenzio fino a che non arrivarono a casa: la splendida giornata che era sorta, si andava concludendo con un lento susseguirsi di pesanti nuvole cariche di pioggia che oscuravano il sole.
Liam rimase vicino all’auto iniziando a scaricare e Sìle ne approfittò per correre in casa in cerca di Dorcas.
La cercava anche solo per incrociare lo sguardo col suo, per avere un sostegno morale perché quell’osservazione di Liam le aveva fatto capire una volta di più che in quegli anni aveva sì sofferto la mancanza di una persona vicina, ma che quella stessa mancanza e la paura del rifiuto per quello che era le avevano sempre fornito un solido scudo…solo che Liam lo stava infrangendo pezzo per pezzo e forse neanche se ne accorgeva.
Dorcas però non c’era e proprio mentre la stava ancora cercando suonò il telefono.

“Eccomi…” le disse l’amica “sono al vecchio cottage con la bambina!”
Sìle aggrottò un po’ le sopracciglia mentre ascoltandola si liberava del giaccone e della fascia di lana.
- Perché siete lì?- chiese.
“I nuovi clienti hanno dato forfait e Lily stava diventando inquieta”
- Inquieta?- domandò Sìle mentre vedeva Liam sulla porta della cucina con due delle casse che avevano portato in braccio; gli indicò il tavolo davanti a sé – lasciale lì, arrivo ad aiutarti…- gli disse sottovoce.
Liam però le fece cenno di non preoccuparsi, che ne rimanevano solo altre tre e poteva portarle bene anche da solo.
“Si era appisolata davanti al camino appena dopo mangiato, ma si è svegliata spaventatissima da un incubo e non voleva assolutamente rimanere vicina al lago” le spiegò intanto Dorcas richiamandola a sé.
Sìle pensò che era facile che quel senso di panico avuto alla palude potesse essere un sentore di ciò che aveva vissuto Lily, non sarebbe stata la prima volta.
- Vengo lì…- disse con risolutezza.
“No tesoro non serve…adesso sembra tranquilla e tu hai bisogno di stare un po’ con il tuo ragazzo”
- Non è il mio ragazzo! – protestò Sìle quasi scandalizzata.
- Ma non pensarci neanche!- esclamò scherzosamente Liam intuendo che si parlava di lui mentre rientrava col secondo carico.
Sìle gli sorrise imbarazzata.
“Streghetta io voglio dare un’occhiata a Lily da sola, forse riuscirò a capire cosa la turba tanto, lo sai che se ti sa nei paraggi diventa come tutti i cuccioli che cercano la madre per ripararsi”
Sìle a quel punto assunse un’espressione decisamente preoccupata, tanto che Liam vedendola si fermò, molto attento.
- Dorcas per favore smettila di dirmi le cose metà per volta: perché hai portato Lily nell’altro cottage?-
Dall’altra parte di fu un lungo silenzio, lungo ma fin troppo eloquente tanto che Sìle la richiamò con una severità che non era propria del loro rapporto, non parte sua per lo meno.
“Qualcosa è entrato tesoro…la bambina si è svegliata perché qualcosa ha tentato di prenderla, qualcosa di orribile…di simile a quello che hai visto quella notte, l’ho visto anche io stavolta…”
A ripensare a quella visione terribile, Sìle si portò una mano alle labbra.
- Le ha fatto del male?-
“No, no tesoro, nulla più di un graffio su un braccino e tanta paura, davvero, solo che lei era lì, è arrivata oltre la porta, c’erano foglie e fango e terra sparsi sul pavimento”
- Non siete al sicuro lì, se quella cosa la cerca, le siete ancora più vicine!- esclamò Sìle carpendo maggiormente l’attenzione di Liam che le andò vicino, anche se prudentemente.
“Sìle qualunque cosa fosse quella creatura, veniva dall’acqua, quel limo che ho trovato sul pavimento era quello del lago, fidati di me…per favore”

Sìle non rispose a parole, ma Dorcas sapeva che aveva accettato di lasciarle fare come credeva, così riattaccò dicendole di salutarle Liam.
Sìle annuì e riferì, ma era tremendamente scura in volto.
- Ringraziala…- le disse Liam parlando di Dorcas, poi la guardò bene e la chiamò – tu stai bene?-
- Benissimo grazie…- rispose lei fin troppo prontamente.
- Allora io vado…-
- Sì…- disse lei – forse è meglio…-
- Non ne sono tanto sicuro, ma non insisto -
No infatti, non era meglio, lo sentì nel momento stesso in cui glielo diceva, ma era preoccupata e lui la distraeva troppo così lo accompagnò alla porta.
- Non insistere infatti, non è una cosa che…-
Neanche il tempo di finire la frase che lo sentì cambiare d’umore con la stessa sensibilità con cui avrebbe percepito l’odore di temporale nell’aria.
- Non dirmi che non è una cosa che posso capire, lascia perdere, non sei l’unica che non ama elemosinare coinvolgimenti…- le disse voltandole le spalle e uscendo sotto la pioggia che aveva preso a cadere fitta – stammi bene…-
Lei si rese conto nel momento in cui lo guardava allontanarsi che non voleva assolutamente stargli lontana o che lui stesse lontano da lei, allora lo richiamò.
- Aspetta!- insisté quando vide che lui non si voltava – ti prego Liam!-
Siccome tanto doveva fermarsi per cercare le chiavi dell’auto in tasca, si girò.
- Senti Sìle, se c’è una cosa che mi manda in bestia è essere trattato come uno incapace di farsi gli affari propri, quindi è davvero meglio se me ne vado…prima di iniziare a pensare che non è perché fai paura che ti stanno tutti lontani, ma perché troppo complicato starti dietro- aggiunse un po’ a bocca storta
- No, non è meglio se te ne vai!- esclamò lei uscendo a sua volta sotto la pioggia dopo essersi coperta con un cardigan appeso dietro la porta – che significa? Che ti sei stufato? Beh scusa tanto se è una vita che mi trovo a cercare di dare spiegazioni e a vedermi sbattere la porta in faccia appena ho finito di darle!- gli disse strattonandolo per la giacca e costringendolo a guardarla – l’ultima volta che ho provato a spiegare qualcosa è stato con John, possibile che non capisci? Sono io ad aver paura! Perché mi piaci e non riesco a tenere in piedi uno straccio di barriera che mi faccia sentire meno scoperta davanti a te, stai…tu stai distruggendo tutto e neanche te ne accorgi! Con questo tuo non chiedere, non biasimare, non trovare strano mi stai sgretolando sotto gli occhi tutto quello che per me era una certezza ormai! Tutto quello da cui credevo di dovermi difendere! Non puoi pretendere che io sia immediatamente così disposta a coinvolgerti in tutto! Ti conosco da un mese scarso! -
Era arrabbiata, davvero arrabbiata, erano anni che non era così arrabbiata con qualcuno e oltretutto non era per via del nervosismo che le aveva causato sapere di Lily, era proprio una lite tra “innamorati”…e quel pensiero la fece fermare un momento.
Allora fu Liam a sbottare un po’ bruscamente mentre trovava la chiave in tasca, sbloccava l’auto e apriva lo sportello.
- Non lo pretendo infatti, ma preferisco che tu mi dica “Non voglio dirtelo” piuttosto che dirmi “Non puoi capire”, perché mi pare d’averti dato già dimostrazione che qualcosa che chiunque intorno ha rifiutato, almeno la curiosità di conoscerlo l’ho avuta!- si interruppe perché si ritrovò lo sportello aperto davanti e si rese conto d’averlo allargato senza volere, allora lo sbatté richiudendolo come fosse un inutile intruglio che gli occupava indebitamente le mani - E cazzo se ho rinunciato a partire di nuovo tra una settimana perché credi che sia stato? Perché mi piace solleticare le smanie di pettegolezzo di tutti i Laghi Centrali? O perché mi diverto ad andarmene in giro a dire che mi scopo la strega di Loughrigg e non ci rimetto neanche la pelle? Ti piaccio? Bene, mi fa piacere, è tutto il giorno che sto cercando di capire se sono tornato a vuoto! -
Sìle allora fece per ribattere, ma non le uscì nessuna parola dalle labbra, era smarrita e aveva solo, e di nuovo, una gran voglia di baciarlo…
Afferrò al volo la prima cosa di senso compiuto che le capitò in mente.
- Partire?- gli chiese, però evidentemente avevano una particolare intesa in quel momento perché lui, mentre annuiva, la prese per la vita e si abbassò su di lei per baciarla.
- Sì…- bisbigliò sulle sue labbra, un istante prima di posarci sopra le proprie, bagnate di pioggia.
La baciò con una tale morbidezza, una tale involontaria sensualità, che a Sìle per poco non mancarono le ginocchia; la rabbia le passò del tutto in un attimo solo, gli si aggrappò letteralmente al collo e con un mugolìo beato e liberatorio, rispose al bacio invece che subirlo.
- E per dove?- gli domandò staccandosi dalla sua bocca neanche completamente per quanto le piaceva in quel momento, imprigionandolo di nuovo un attimo dopo con le mani che gli stringevano i capelli cortissimi, circa imprendibili in verità perché erano davvero quasi rasati, dietro la nuca.
- Isole Marchesi…- le rispose lui chiudendo di nuovo l’auto e appoggiandocisi contro per abbassarsi un po’ meglio all’altezza di Sìle, senza curarsi della pioggia o di altro.
Allora lei si staccò, ma gli rimase stretta contro, sgranando gli occhi rise appena.
- Sei tornato qui invece di andare alle Marchesi?- gli chiese e lui annuì – per me?- domandò lei sempre più stupita e lui disse di nuovo di sì.
- Mi pareva un’idea carina…- sussurrò prima di tentare di baciarla di nuovo.
Lei invece lo fermò e si slacciò dall’abbraccio sorridendogli…improvvisamente nei suoi occhi tornò quell’espressione morbida e vellutata, avvolgente e un po’ imperscrutabile…e anche una parvenza di quel riflesso felino nei suoi occhi, lampeggiò sotto lo sguardo di Liam.
Con un cenno del capo lo invitò a seguirla…
- Andiamo…- gli disse – uno che rinuncia alle Marchesi per tornare da una stronza come me, si merita un po’ di coccole all’asciutto…-
- Guarda che dopo aver litigato divento esigentissimo - la avvertì lui.
- Che paura...- ribatté lei nient'affatto impressionata.
Si avviò decisa verso casa e si fermò quando fu sulla porta, sapendo perfettamente che lui era rimasto lì a guardarla.
Era bagnata fradicia anche lei e aveva freddo, perciò si stringeva le braccia attorno al corpo e quando lo guardò gli sorrise di nuovo e gli rinnovò l’invito accompagnando un cenno del capo verso l’interno della casa con un grazioso ondeggiare dei fianchi.
- Cammina…- gli disse – non dare retta a quella strega di prima…-


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Sìle ***


Capitolo 13 – Sìle

Sono un po’ in dubbio sul rating…


Quando entrarono Sìle per prima cosa andò a cercare tracce di quanto era accaduto, ma esclusa una leggera strisciata di fango sul pavimento, forse sfuggita all’implacabile straccio di Dorcas, non vide nulla.
Si convinse che davvero non poteva far altro che aspettare che l’amica le dicesse a cosa pensava, dopotutto erano giorni che scartabellava libri, in cerca di qualche spiegazione a quelle intrusioni di creature che cercavano a tutti i costi un contatto con Lily.
No, non c’era che da aspettare…
Liam la seguì dentro con una certa prudenza, salì con lei al piano di sopra, ma non si muoveva come uno che fosse a casa sua.
Probabilmente in un qualche angolino del suo intimo, lo metteva un po’ in soggezione la consapevolezza d’essere in casa di Dorcas, oltre che di Sìle.
Certo quella parte della casa era diversa dal resto, era tutto più…eclettico e in una certa misura ricercato, il che denotava la mano di Sìle più che di Dorcas.
In particolare nella stanza di Sìle, dove entrarono mano nella mano, ma con la stessa circospezione che avrebbero usato se ci fossero stati altri in quella casa, guardandosi e ridendo sottovoce, c’erano elementi etnici intrecciati a richiami art nouveau come ad esempio un bel mobile in tek intarsiato accanto a cui si alzava l’esile ed elegante fusto di una bella lampada a stelo; questa si concludeva con un paralume di vetro piombato, creato da un delicato intreccio di foglie e libellule blu pavone che diffondeva una piacevole luce soffusa.
Lo stesso tipo di elementi si trovavano sul letto, il copriletto richiamava lo stesso tipo di motivo, foglie e libellule, i cuscini abbinati invece erano dei patchwork geometrici più semplici, ma sempre simili per colore.
Tutta quella stanza, anche quello che era appeso alle pareti, dei quadretti, piccole foto incorcniciate e un telaio con delle luci appeso a lato del letto, era arricchita da discreti ricami a spirali quasi klimtiane e tessuti cangianti.
Sul letto c’era uno dei gattini che Agenore aveva introdotto in casa, uno piccolo e di un grigio morbido e tenue.
Quello che era piacevole era che non sembrasse una vetrina costruita ad arte per una rivista di arredamento, c’era il calore tipico degli oggetti abbinati e sistemati giorno per giorno.
- Ehi niente male qui…- commentò lui guardandosi intorno.
- E’ il vantaggio di dover passare parecchio tempo a casa – rispose lei togliendosi il cardigan bagnato di dosso e scrollando un po’ i capelli quasi del tutto inzuppati d’acqua – solo che con Dorcas abbiamo gusti molto diversi…-aggiunse facendolo improvvisamente ricordare di quel senso di vaga reverenza che gli dava il pensiero di essere un intruso in casa della temibile e temuta Dorcas Patel, “Flagello di Pooley Bridge”.
- Qui lei non ci viene quasi mai…- lo tranquillizzò Sìle prendendolo in castagna – e non preoccuparti, è più discreta di quel che sembra, non mi leggerà nel pensiero fino a domattina…- aggiunse ironicamente, ma senza dargli la sicurezza di stare scherzando.
Quando lo guardò fece un risolino, gli andò incontro, gli tolse lei la giacca e la appese all’attaccapanni accanto alla porta, poi gli fece cenno di sedersi sul letto.
- Torno subito…- gli disse.
Liam seduto sul letto la guardò sparire nella porta del bagno che rimase semiaperta…e in quel modo poté vedere la mano di lei che lasciava cadere da parte il paio di Hugg neri che portava ai piedi, poi i jeans, poi la maglia che indossava sotto il cardigan…poi sentì la doccia scorrere, allora si sdraiò con la schiena sul materasso, gli occhi fissi sulla finestra battuta dalla pioggia e si mise in attesa che lei tornasse, lasciando che il gattino gli desse un’annusatina prudente prima di decidere che poteva ospitarlo tra i suoi cuscini.
Quando la sentì uscire, dopo che un asciugacapelli ebbe soffiato per un po’, Liam si risollevò sui gomiti rivolgendo lo sguardo nella sua direzione e se la trovò davanti con indosso un paio di pantaloni morbidi e larghi, che le scendevano quasi fino alle anche e un’altra giacca di lana, questa nera, mentre quella che si era appena tolta era di un colore chiaro, non infilata, solo appoggiata sul torace nudo, a coprire la parte anteriore.
Gli sorrise abbassando leggermente lo sguardo quando si accorse che lui non si aspettava di vedersela di fronte così.
Non era intimidita, infatti si avvicinò alla specchiera vicino alla finestra e si scoprì alla vista di lui, che dal letto dove si trovava, poteva comodamente contemplare la sua immagine riflessa.
Invece Liam sì, lui era intimidito, o almeno cercava di non dare troppo a vedere quanto lo interessasse guardarla.
- Non dirmi che ti imbarazza…- gli disse lei dolcemente, aprendo un cassetto per prendere un top da indossare.
Liam sbuffò un sorrisetto e le disse di no, ma non era molto convinto…
- Però?- gli chiese allora Sìle mentre si legava i capelli e prendeva a massaggiarsi sulle braccia, sulle spalle e sul petto una crema delicatamente profumata che andava a solleticare le narici di Liam.
Lui allora si decise a guardarla, perché capì che era quello che lei voleva.
Aveva seni piccoli, quasi adolescenziali, dalla rotondità appena accennata, ma niente di diverso sarebbe stato meglio su una corporatura così sottile e allungata, perché non dava un’idea di magrezza eccessiva o sofferente, era naturale, come la lunghezza del collo, come l’evidenza delle articolazioni delle spalle e dei polsi.
- Non mi piace prendermi certe libertà troppo autonomamente…- le disse.
Sìle sospirò leggermente e socchiuse gli occhi, percependo lo sguardo di lui come una carezza, anche se non glielo diede a vedere.
- Ma a me piace che tu mi guardi…- rispose però, indossando comunque il top e coprendosi perché non era un’esibizione gratuita quella che gli offriva, semplicemente stava facendo quello che avrebbe fatto se fosse stata sola e le piaceva farlo con lui lì, abituarsi alla sua presenza anche in momenti molto intimi e privati.
- E a me piace guardarti…- le rispose Liam mentre si lasciava sfilare sotto la mano il micetto che aveva deciso di provare ad accomodarglisi in grembo .
Sìle gli sorrise mentre si infilava la giacchina di lana e si andava ad allungare sul letto anche lei, puntellandosi sui gomiti.
- E’ strano che tu abbia di questi scrupoli…ne hai avute di ragazze bellissime nude davanti agli occhi no? Anche molto più belle di me…-
Liam dopo aver accarezzato delicatamente il micetto, lo posò davanti a Sìle tenendolo per il pancino mentre si allungava verso di lei.
- Sì, ma…intanto non sottovalutarti…- le disse muovendo l’indice davanti al nasetto del gattino che si era voltato ancora verso di lui e aveva deciso di tendergli un agguato, tanto per non perdere di vista le gerarchie su quel letto – e poi un conto è guardare una donna nuda per lavoro, un conto è guardarla unicamente perché ti piace…se lo fai per lavoro quella donna può anche essere il tuo ideale di bruttezza e di ribrezzo, devi comunque studiartela per bene, ma nessuno ti obbliga a fartela piacere anche dopo quello scatto, mentre quando una donna mi piace indipendentemente da qualunque altra cosa, il vederla nuda non è una cosa così scontata e di certo non mi lascia indifferente come un paginone di Playboy…beh per quanto possa lasciare indifferente un paginone di Playboy, è chiaro- puntualizzò poi.
Sìle sorrise, poi di nuovo prese una decisione: salì sul letto in ginocchio, spostò delicatamente il micino e si avvicinò a Liam posandogli le mani sulle spalle mentre gli si sistemava di fronte.
Lui le teneva gli occhi fissi sul viso e quando lei si chinò a dargli un bacio su una guancia e poi gli affondò il nasetto contro il collo, con la mano si insinuò tra i suoi capelli rispondendole a sua volta con un piccolo bacio sulla guancia.
- Sei in pensiero?- le domandò discostandosi leggermente da lei.
- Un po’, ma non è solo per quello che mi ha detto Dorcas…- rispose guardandolo in faccia e leggendo nella sua espressione l’attesa per il seguito – è che da tanto non mi trovo in una situazione così con un uomo, mi fa un effetto strano; da una parte mi allarma, dall’altra non vorrei niente di diverso da qui all’eternità…- gli confessò arrossendo appena – è una battaglia tra i miei doveri e i miei bisogni e al momento le due cose non sembrano avere molta intenzione di conciliarsi -
Lui le sorrise allungando un dito a sfiorarle il collo.
- La vuoi un’opinione assolutamente interessata?- le chiese e lei sorridendo mentre si abbassava a posargli un bacio sulla mano che la sfiorava, annuì – secondo me in questo momento, il tuo dovere è soltanto correre a rispondere al telefono se Dorcas chiama -
- Sì, penso anche io – convenne lei mentre lui le fissava la labbra come un po’ ipnotizzato – e il mio bisogno quale sarebbe?- lo sfidò un attimo dopo.
Liam fece un risolino e abbassò gli occhi.
- Il tuo non saprei, ma certo dopo aver visto cosa c’è lì sotto, penso di averne uno io – rispose indicando nella scollatura del top di lei.
Sìle senza dire altro, si sdraiò sulla schiena e gli si accostò addosso, tirandolo verso di sé per baciarlo.
Da quel momento in poi non parlarono affatto.
Si spogliarono lentamente, prima Liam scoprì Sìle togliendole la maglia e il top, poi lei gli tolse il maglione sollevandosi verso la sua bocca e staccandosi dalle sue labbra solo per il tempo di liberargli la testa, poi si strinse a lui premendogli contro col corpo, portandogli le gambe attorno ai fianchi mentre assaporava tutto il vortice di sensazioni che le dava il calore del suo corpo, la sensazione dei muscoli delle sue braccia e della sua schiena sotto le dita, il battito del suo cuore contro il petto.
Teneva gli occhi aperti per guardarlo, mentre la baciava sulle labbra o sul resto del corpo e le piaceva perfino la sensazione dei suoi capelli ancora un po’ umidi di pioggia quando li accarezzava.
Le diede un brivido quando sentì le sue mani posarsi sui suoi seni e stringerli leggermente e vederlo scendere con la testa e poi guardare le sue labbra avvicinarsi al capezzolo e protendersi leggermente a catturarlo con delicatezza.
- Sfacciata…- le disse un attimo prima di farlo, vedendo che la puntina rosata pareva andargli incontro con un entusiasmo che la “proprietaria” forse non riusciva a controllare.
Sìle un po’ rise di imbarazzo, ma smise subito, distratta dalla lenta carezza delle labbra di Liam che le fece sfuggire un sospiro quasi frastornato.
Se lo guardava, piegato su di lei mentre…
“Oh mamma chi gliel’ha insegnato a farlo così?” si chiese lasciando andare la testa all’indietro.
Era famelico il modo in cui la assaggiava, ma non frettoloso, tutt’altro, la bocca si dischiudeva lenta sulla sua pelle, le labbra cedevoli, ma non abbastanza da sfiorare senza affondare un po’ nella trama liscia e delicata dell’incarnato, la massaggiavano morbidamente insieme alla lingua e…quella mano posata esattamente sul suo diaframma, che seguiva il ritmo del suo respiro senza pesarle sopra, era grande e calda e le sue braccia erano belle e forti, la vena leggermente rigonfia che ricamava il bicipite, come l’altra segnava il collo e poi la sua schiena…e…se non avesse smesso all’istante di guardarlo, avrebbe rischiato di perdere completamente il controllo!
Avrebbe potuto prenderlo a morsi lei in quel momento!
Di sicuro c’era che piaceva a lui per primo farlo, a contribuire alla sensazione di assoluta impotenza che la pervadeva in quei momenti, cosa che la confondeva non poco.
Infatti quando sentì la sua mano andarsi ad insinuare verso il basso e tra le sue gambe, sulle prime lo fermò, trattenendogli il polso, come per paura, ma paura di cosa?
Qualunque cosa le avesse fatto, viste le premesse, non poteva che farle bene.
“Sto cominciando a parlare come Dorcas…”
Mentre gli si abbandonava, perché dopo tanto tempo, finalmente riusciva a farlo di nuovo, si trovò a pensare a cosa avrebbe potuto dirle Ceday sapendola in quella situazione.
Sorrise tra sé, ma poi Liam le chiese un altro bacio, e lei fu ben contenta di distrarsi, per parlare con Ced avrebbe avuto tempo.
Man mano che i vestiti cadevano qua e là per la stanza, seguiti dai cuscini blu pavone e poi dal gattino, posato delicatamente da Liam sul pavimento, il letto andava disfacendosi sempre di più, il calore dei loro corpi stretti uno all’altro, rendeva inutili le coperte malgrado il freddo.
Liam sapeva benissimo come muoversi, sapeva benissimo come riuscire a far scaldare anche lei, come toccarla, come stuzzicarla, anche se non si conoscevano bene da quel punto di vista…e questo fece pensare a Sìle che fosse merito di un’esperienza abbastanza ampia, oltre che di un suo piacere personale nell’esplorare il corpo di una donna.
Passavano lunghi momenti guardandosi negli occhi, sorridendosi, divertiti da piccole cose come poteva essere la spalla di Liam che ogni tanto schioccava con un po’ di rumore per una vecchia slogatura, o perché a Sìle ogni tanto sfuggiva un leggero miagolìo di piacere e lui la prendeva in giro, le faceva il verso o le rispondeva fingendo di fare le fusa mentre si abbassava a solleticarle il collo con la barba incolta, costringendola a ritrarsi per il solletico ridendo come una ragazzina.
Fu un momento di studio reciproco, anche per questo durò tanto a lungo, non avevano fretta di arrivare a niente, andarono avanti senza alcuna smania, senza fare niente di diverso dallo stare uno sopra all’altra, accarezzandosi vicendevolmente, restando reciprocamente in ascolto dei loro respiri…sempre così, fino a quando Liam non riuscì più a tenersi e lei lo invitò tacitamente a lasciarsi andare perché si sentì arrivare anche lei al limite.
Quando lui si fermò, abbandonandosi contro la sua spalla, lei lo abbracciò e gli baciò la tempia, premendogli le mani sulla schiena un po’sudata dopo aver premurosamente recuperato le coperte e averle tirate su.
Se lo tenne stretto un bel po’, cullandolo dentro di sé e percependo piacevolmente il suo lento rilassamento, il regolarizzarsi del respiro e del battito del cuore.
Alle narici le arrivavano tre diverse tracce olfattive: il profumo di lui, che ormai mutato reagendo alla sua pelle, era divenuto solo una inebriante nota agra, ma raffinata; un vago accento di sudore, che però così sottomesso non era sgradevole, perché insieme all’altro sentore, sapeva di loro due insieme.
Infatti dalla mano di Liam, che le accarezzava la guancia, arrivava l’odore particolarissimo del “dopo”, di lei, di lui con addosso l’odore di lei…l’odore di sesso.
Le piaceva talmente che si girò verso quella mano, facendosela allargare sulla guancia e annusandola profondamente, con gli occhi chiusi.
Qualche ora dopo, fuori pioveva ancora, Sìle si era rannicchiata contro Liam che stava appoggiato con la schiena alla testiera del letto.
Lui si era concesso una doccia nel frattempo e si era rivestito perché l’intenzione era quella d’andarsene e non farsi trovare lì da Dorcas e Lily, lei no invece, si era solo infilata di nuovo la giacchina e stava seduta sotto le coperte.
Le dita di lei seguivano la linea del suo petto da sotto la sua mano.
- Cos’è successo a Lily?- le chiese sottovoce dopo un momento, accarezzandole la testa da cui gli arrivava un delicato profumo di shampoo.
Sìle quella volta non si ribellò, sospirò appena, segno che comunque era impensierita, ma non si lasciò prendere dal nervosismo e continuò a farsi accarezzare i capelli come il gattino che si era strusciato sotto il palmo della mano di Liam fino a poco prima.
Sìle non si ribellò perché dopo quello scoppio litigioso di poco prima e dopo quelle ora passate insieme, aveva capito e si era convinta che da Liam non doveva temere d’essere derisa o presa in giro, anzi...
Così aspettò un attimo e si raddrizzò leggermente per stargli meglio davanti, ma poi rispose.
- Qualche settimana fa, una notte, ho visto qualcosa…- spiegò guardando lui negli occhi in cerca di un cenno di assenso che arrivò puntuale – è stata una visione, ne ho a volte – aggiunse timidamente, come per saggiare un po’ il terreno, puntualizzazione quella a cui lui rispose di nuovo annuendo – e le mie visioni sono qualcosa di molto intuitivo in realtà, è come quando tenti di disegnare una persona basandoti su un’immagine che hai in mente, è qualcosa di molto difficile per quanto possa essere chiara l’idea, e quello che ho visto quella notte è stato una figura, come di una vecchia, gobba e con un mantello scuro, con capelli bianchi che sembravano stracci, un lungo bastone in mano; l’ho vista in mezzo al sentiero che da dietro la casa si inoltra nel bosco…- gli raccontò – e mentre la guardavo, avevo nelle orecchie un sibilo straziante, orribile, come un verso animale, ma innaturale…e mentre mi accorgevo di questo, mi sono trovata d’improvviso avvolta dal buio e dal freddo e dall’umidità, un ambiente acquitrinoso…c’era odore di fango e di acqua -
- Come la palude del castello…- mormorò Liam.
- Sì…- rispose lei dopo un attimo di silenzio – e d’improvviso mi è balzata incontro quella cosa, come dal buio, con la pelle cianotica, una bocca orribile, nera e un occhio rosso tra questi stracci di capelli e mi ha afferrata per un braccio con una forza incredibile e mi tirava e sibilava e strideva…e poi è passato tutto, completamente…- concluse, poi sospirò leggermente guardandosi le mani sotto gli occhi incuriositi, ma non scettici di Liam, cosa che la tranquillizzava abbastanza – quando ho queste visioni in genere, ho anche una specie di suggeritore in testa, un qualcosa che mi manda degli input per identificare e analizzare quello che vedo per capirci, per farmi vedere quello che è importante, e quella notte mi ha detto “la Nera, la Gentile, la Vecchia Cacciatrice”…Dorcas dice che oggi quella cosa è entrata in casa e ha provato a prendere Lily…- sbuffò infine portandosi i capelli morbidi dietro la nuca.
Liam lì per lì non disse niente, aveva l’aria meditabonda e Sìle non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa, ma ormai aveva rinunciato a difendersi da sé stessa rispetto a lui.
- Black Annis…- sussurrò aggrottando le sopracciglia.
La colpì quella “diagnosi”, era la stessa fatta da Dorcas.
- Cosa?- gli chiese.
Lui sorrise perplesso e scosse la testa.
- E’ buffo, ma quella che descrivi…è identica a lei, insomma a parte il fatto che è venuta qui di giorno, ma il resto, la bocca nera, l’occhio rosso, Annis la Nera è il nome più comune, ma da noi, quando ci raccontavano queste storie da piccoli, la chiamavano Agnes la Gentile, la Cacciatrice, perché di notte va a caccia di bambini nei loro letti…-
- E la gentile?- chiese lei aggrottando le sopracciglia tornando ad appoggiarsi al suo petto.
- Non è gentile lei, affatto – disse lui ridendo sotto i baffi – è che le gentilezze le piace riceverle -
Sìle allora sorrise, ma non era molto più tranquilla se si eccettuava il fatto che stare appoggiata addosso a Liam le dava una sensazione di sicurezza che non aveva mai provato, forse perché non era mai stata con nessuno che fosse consapevole di chi era lei davvero.
- Quando quella sera abbiamo cercato Lily nel bosco…- prese a dire lui dopo un momento, e stavolta fu Sìle ad annuire – lei si era rifugiata sotto quella quercia…e stava succedendo quella cosa strana, quel mormorio sai?-
- Sì…ma non ho capito come hai fatto a intuire dove fosse, io non ci ho pensato minimamente…-
Liam allora accennò un sorriso
- Leggere delle strane fantasie di Paulie, mi ha fatto tornare in mente tante cose, è come se mi avesse riaperto una porta chiusa da anni nella memoria – sussurrò stiracchiandosi appena e portandosi un braccio dietro la testa -…le vecchie querce sono il rifugio degli esseri fatati…e Lily è scappata in un bosco fitto e scuro quasi di notte, cosa che terrorizzerebbe ogni bambino, si è andata ad infilare dentro una quercia che poi si è messa a brontolare come un vecchio mugugnone cui abbiano pestato un callo, non è sorda, non parla solo perché non vuole, ma sente e legge e scrive perfettamente, è la bambina più piccola che io abbia mai visto, gioca con gatti-fata e viene tormentata da strane creature…tu non hai idea di chi siano i suoi genitori e non sapresti ritrovare il luogo in cui l’hai raccolta…- riassunse riflettendo tra sé – e io ho un goblin che mi scarabocchia i documenti dicendomi che è più sgargiante di me, per quanto “sgargiante”, non sia proprio il primo aggettivo che userei per descrivermi -
Sìle lo guardò divertita da quell’ultima battuta e lui guardò lei.
- Mi stai domandando qualcosa?-
- No…semplicemente credo di stare iniziando a capire come funziona il magnete di cui mi parlavi – rispose lui dandole modo di capire che probabilmente iniziava ad intuire qualcosa sulla bambina.
Lily, Sìle, i visitatori che infestavano casa(e ormai la vita) di Liam; non c’erano coincidenze in quell’incontro, semplicemente la natura delle cose aveva fatto sì che il cerchio si chiudesse una volta di più: la fata, la strega e l’umano uniti insieme come tre perle dal filo di quella che veniva comunemente chiamata “magia”.
- Com’è essere una strega?- le domandò dopo un altro momento di silenzio Liam, poi però riformulò la domanda in modo più preciso – voglio dire…cosa significa? Come…come funziona?-
Sìle per la prima volta non oppose la minima resistenza a quell’argomento, anzi sorrise e mentre lui si spostava e si appoggiava sulle sue gambe con la testa, si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio.
- Beh ecco…non è una cosa facile da spiegare, ma se riesco a fartela capire, poi probabilmente vedrai che non c’è niente di complicato -
- Vai…-
- Innanzitutto, non c’è niente di soprannaturale nel senso che si intende sempre…ognuna delle persone che si possono definire “strega”, con molta probabilità ti descriverebbe qualcosa di diverso, ma chi dice di saper fare incantesimi non è uno di noi, noi non abbiamo nulla a che fare con bizzarri cocktails pantheistici celto-egiziani o roba simile, è qualcosa di molto più primitivo e semplice – iniziò.
- Cocktails pantheistici celto-egiziani ti pare semplice? E' difficile solo ricordarselo!- intervenne lui facendola ridere prima di ricominciare.
– non c’è del miracoloso in quello che facciamo, per lo più quello che ci accade è dovuto a una sensibilità particolare allo scorrere delle cose naturali, al loro mutare, abbiamo ancora la percezione di quello che per la gran parte delle persone ormai è sopito e lontano. E’ come se avessimo mantenuto una parte più legata a quello che era la specie umana al suo stato primordiale, la stessa capacità di “ascolto” dei segnali che arrivano dal mondo intorno a noi…non vediamo nulla più di quello che c’è e di certo non possiamo crearlo -
Liam annuì guardandola un attimo dopo averle posato un leggero bacio sulla pancia, discostando appena i lembi della maglia che portava.
Lei sorrise e gli accarezzò il viso, poi il petto.
- Vuoi dire che è un po’ come vedere ad occhio nudo quello che gli altri vedrebbero solo al microscopio?-
- Più o meno, sì, è un dono, una capacità, non un potere, il dono di poter ancora vivere in armonia con il mondo che ci ospita, non ci appartiene, e che spesso diventa minaccioso se non lo si sa più ascoltare: gli uomini col progresso hanno perso una quantità di cose utilissime sai? E’ovvio poi che non tutti tra noi abbiano le stesse percezioni, quelle cambiano anche a seconda delle inclinazioni di ognuno -
- D’accordo…- le disse lui annuendo – e tu che modello sei?-
La ragazza fece una risatina.
- Diciamo che sono un modello generico, ma ci sono anche degli specialisti - scherzò - io sono il modello che riesce a sentire i cambiamenti nel clima, il respiro della vita anche nel più freddo degli inverni. E’ una sensazione stranissima, come un soffio delicato e gelido tra le dita, o posso sentire quello che avviene nelle persone, uno stato d’animo, una malattia, una gravidanza…a volte anche qualcuno che sta morendo, ma quello lo sento anche con piante e animali a volte…oppure vedo o sento cose che devono ancora accadere – aggiunse, poi però piegò il capo di lato – non sono premonizioni vere e proprie poi, quello che ho è una capacità che non so minimamente controllare di…come posso dire? Rallentare le cose per poterle osservare meglio quando, tra le tante, ce n’è una che non sta andando come dovrebbe -
Liam la osservò un istante perché l’aveva vista smettere di scherzare.
- Sentir morire qualcuno non è bello…- mormorò e lei infatti scosse la testa.
- Essere come sono io, è molto meno facile di quanto non sembri…- sussurrò aggrottando un po’ le sopracciglia – ti espone molto e spesso ti fa trovare sola, specialmente se vivi in certi posti -
Dicendo quelle parole Sìle indicò fuori, ma non alludeva solo a quello.
Liam allora le prese la mano e si risollevò mettendosi accanto a lei.
- E’ per questo che hai lasciato Man?- le domandò.
Gli occhi di Sìle si sollevarono sul suo viso quasi con un lampo di panico, ma poi quello passò,rimase solo un po’ di timore mentre lei faceva segno di sì con la testa.
Riprese a parlare senza bisogno di incoraggiamenti.
- Io sono nata lì, a Peel, e sono sempre vissuta con mia madre e mia nonna a Castletown, mio padre non l’ho mai conosciuto, mia madre non gli ha mai detto di me, non voleva che lo sapesse perché era convinta che avrebbe rifiutato la mia natura, se fossi stata quello che sono, fu mia nonna a informarlo e comunque mia madre nel giro di pochi mesi lo lasciò e tornò sull'isola…- raccontò – ho solo una sua foto, ma non gli somiglio affatto, lui era biondo – divagò per un attimo – prima di un certo momento però, non ho mai avuto problemi, non ci fu niente di strano in me anche se tutti mi tenevano un po’ a distanza per via di mia madre e di mia nonna…-
- Anche loro sono…-
- Sì e forse anche per questo hanno escluso mio padre dalla mia vita: esiste la forte convinzione che tre streghe, vecchia, madre e fanciulla, siano un'entità molto potente – rispose annuendo Sìle – e così sono cresciuta tranquillamente fin verso i sei sette anni, poi però questo mio essere, è diventato troppo lampante per trascurarlo e così è iniziato il mio cammino in questa realtà, che poi non è niente di molto diverso da un corso approfondito di erboristeria, zoologia e…beh scienze naturali in genere – disse sorridendo appena – questo in casa, fuori no, fuori ero una bambina come tutte, poi una ragazzina come tutte, salvo certo l’essere messa in mezzo quando si trattava di farmi fare la sensitiva e rimettermi in un cantone se non coglievo perfettamente nel segno, ma nessuno aveva davvero interesse a capire che non è come un giocattolo a molla quello che mi succede, cui basta dare la carica per farlo partire, ci vogliono le condizioni, ci vuole che qualcosa stia effettivamente per succedere e…se si escludono casi eccezionali come l’universo che ruota attorno a Lily e che interagisce con noi, me, Dorcas, te…io non posso prevedere l’arrivo delle persone come quello d’una tempesta. Non credo lo facessero per cattiveria comunque, probabilmente neppure ci pensavano...-
- Di chi hai previsto l’arrivo?- le chiese lui incuriosito.
Lei gli sorrise e gli toccò il petto indicandolo.
- Mi prudeva furiosamente il naso il giorno in cui ci siamo visti la prima volta, mi succede da quando girano quelle certe presenze intorno a noi – disse allungandosi a baciarlo – certo se avessi saputo com’eri, mi sarei messa più in tiro…-
- Scherzi vero?Eri così carina con quell’aria atterrita mentre eri circondata da quelle tre arpie!-
- Davvero?-
Lui annuì e la guardò.
- Sei libera di non credermi, ma io una ragazza che mi piacesse come te, a parte la stregoneria e tutte le cose che stai negando con un’ipocrisia spaventosa – scherzò – non l’ho mai incontrata…dai ora continua, o ti chiedo di sposarmi…- la incitò recuperando il gattino che ora gli si stava arrampicando sui jeans con grande determinazione e profondo fastidio da parte di Liam che si ritrovava le sue unghiette piantate nello stinco e nel polpaccio.
Sìle si accomodò meglio i cuscini dietro la schiena e si sdraiò su un fianco, lasciando che la maglia le si aprisse un po’ sul davanti, ma senza curarsi di coprirsi.
- Avevo un solo amico vero lì, si chiama Eric, siamo cresciuti insieme, lui viveva a poche centinaia di metri da casa nostra…stavamo sempre insieme e lui era l’unico che mi difendeva dalle maldicenze, dai pettegolezzi, l’unico cui non importava niente e infatti fino ad un certo punto sono cresciuta un po’ maschiaccio perché stavo sempre con lui e a me bastava. Andavamo a scuola insieme, studiavamo insieme, giocavamo insieme, ci dormivamo anche insieme a volte e non mi importava se le altre crescevano e si andavano a comprare il primo reggiseno, io non ne avevo bisogno, come non mi importava delle scarpe col tacco o delle minigonne, io stavo benissimo coi miei pantaloni, i miei scarponi, i miei mega-maglioni, l’unico tocco femminile che mi concedevo erano i capelli lunghi e un po’ di nero intorno agli occhi e non avevo capito che Eric era interessato a me. Gli parlavo dei ragazzi che mi piacevano come lui a me diceva che trovava carine altre ragazze, solo che io dai ragazzi venivo evitata per i soliti motivi, lui le ragazze le evitava perché voleva me invece…e era geloso…l’ultima volta che abbiamo dormito insieme, avevamo sedici anni, lui provò a baciarmi e io mi scansai perché non mi era mai successo e lui mi colse alla sprovvista e questa cosa iniziò a farlo arrabbiare, sempre di più, ma me lo nascondeva e me lo ha nascosto fino a quell’estate, quando tornarono a casa da Liverpool alcuni dei ragazzi che d’inverno studiavano là e con loro arrivarono anche altri con cui Eric fece amicizia -
Si fermò un attimo portando gli occhi sul gattino che stava in piedi appoggiato al petto di Liam, cercando di acchiappare un anellino di metallo che pendeva sulla sua spalla, come una piccola asola.
C’era qualcosa che le metteva in difficoltà raccontare e Liam fece per fermarla, ma lei gli sorrise e scosse la testa per tranquillizzarlo: voleva dirgli tutto stavolta.
- Una sera, cosa che mi stupì abbastanza devo dire, Eric venne da me con due delle ragazze più…in alto, nella nostra scuola; mi vennero ad invitare ad una specie di festa sulla spiaggia vicina e io fidandomi di Eric ci andai, anche perché lui non aveva cattive intenzioni credo, solo che…- fece un sorriso molto amaro – quando arrivammo lì, le altre due erano sparite e io mi ritrovai da sola con sei ragazzi quasi del tutto estranei…e che non avevano intenzione di sapere molto di me in realtà, si sarebbero accontentati di tenermi ferma…-
Liam non afferrò proprio subito l’idea, ma quando capì, il suo viso trasfigurò in un modo incredibile, era allibito e più che incredulo, speranzoso che lei gli dicesse che no, aveva affrettato le conclusioni, non era andata in quel modo.
- Capii dai commenti e poi da Eric stesso che lo avevano…”consigliato”, di portarmi lì e di farmi divertire un po’, ma avevano tralasciato di specificare che poi lui avrebbe dovuto ricambiare il favore – bisbigliò sollevando gli occhi su Liam di nuovo – quando Eric capì, mi aveva già tolto la maglia che portavo sulla t-shirt e quella era già strappata per metà, però mi lasciò andare, colpì uno di quelli che mi avevano afferrata e mi lasciò scappare. Naturalmente mi vennero dietro in più d’uno, ma da lì capii che essere com’ero mi stava nascondendo, mi stava aiutando a rimanere nel buio senza averne paura, senza commettere errori, senza inciampare o cadere…ci vedevo. In realtà sul momento ero terrorizzata e di queste cose me ne accorsi solo quando un paio di giorni dopo, ero sul traghetto tra Douglas e Holyhead, sul momento pensavo solo a correre verso casa e comunque a un certo punto, gli alberi tra cui mi ero infilata a rotta di collo, finirono e Eric, che conosceva quella strada, aveva intuito dove mi sarei diretta e mi raggiunse…e…io mi lasciai prendere -
Liam la fissava ancora smarrito: capiva solo ora perché Sìle fosse così recalcitrante, giustamente recalcitrante, a parlaredi sé e non sapeva bene cosa dire.
- Come sarebbe “ti sei lasciata prendere”?- le chiese stentando un po’ a credere a quello che sentiva.
Lei annuì.
- Mi sono andata ad infilare in un vecchio magazzino che conoscevamo solo io e lui, era abbandonato e mi sono lasciata prendere, l’ho lasciato fare perché sapevo che si sarebbe fermato, in minima parte mi fidavo ancora di lui e infatti si fermò e mi lasciò di nuovo…-
Mentre raccontava a Liam quello che era successo in quel magazzino, rivedeva quelle scene, sentiva ancora il peso di Eric su di sé, le sue mani che la trascinavano sul pavimento polveroso e la toccavano come se non avessero altro scopo che quello di affondare nella sua pelle, di stringerla e possederla più di quanto non fosse possibile, e il respiro caldo, la voce di lui che le sussurrava che lo faceva perché era innamorato, ma che a nessuno, a nessun altro avrebbe permesso di toccarla, e che non ce la faceva più a starle lontano e che lei…lei non era come le altre, a lei piaceva fare certe cose e allora perché piangeva? Perché gli chiedeva di smettere e lo guardava come fosse un mostro? E le diceva quelle parole con voce frenetica, rabbiosa, tremante mentre cercava di spogliarla di più e intanto la baciava e le chiedeva perché non lo abbracciava neppure…
A Liam riferì anche quei particolari e si accorse di stare tremando solo quando lui le prese le mani, i polsi anzi, tenendoli delicatamente, massaggiandole la pelle con i pollici e quel semplice gesto le servì a riprendere fiato perché quei ricordi per lei bruciavano come fossero ustioni appena fatte.
- Quando si fermò, vedendo che io non reagivo a niente, nemmeno alla violenza, rinunciò e io lo spinsi via e…- ricominciò dopo un momento e sorridendo inaspettatamente – non lo so credo d’averlo fatto a pezzi…- disse guardando Liam negli occhi vedendo che lui aspettava una spiegazione – l’ultima cosa che gli ho detto in vita mia è stata “Potevi chiedermelo…”. Quando ho richiuso la porta del magazzino, l’ho sentito che scoppiava a piangere e mi chiamava…non l’ho più guardato in faccia da allora…-
- Lo credo bene…- commentò Liam a voce bassissima.
- La mattina dopo trovai una lettera sotto la porta, in cui mi chiedeva di perdonarlo, mi diceva cose che non avevano alcun senso, per come si era comportato non facevano che peggiorare le cose…mi scrisse che credeva che io non mi spaventassi di fronte all’idea del sesso perché ne parlavo così liberamente, con tanta curiosità; che aveva pensato che fossi intimidita, ma che se mi fossi trovata nella situazione di affrontare la cosa mi sarei sciolta come dicevano quei ragazzi -
- Perché quando è successo tu non avevi mai…-
Lei scosse la testa.
- Mai…il primo è stato un ragazzo di Londra, qualche mese dopo… -
- E perché il tuo amico era così convinto che…- prese a chiedere Liam, poi però ci ripensò – non che ci sia una gran differenza tra l’esserne convinti in buona fede o convincersene ad arte, quello che ha usato non è un approccio accettabile in nessun caso, però…-
Sìle sorrise.
- Sì ho capito cosa intendi – gli disse – il punto è che…beh Dorcas quando arrivai qui la prima volta, dopo quella fuga da casa, e seppe da mia madre prima e poi da me il motivo per cui me n’ero andata, riassunse il tutto in un modo abbastanza semplice e veritiero e cioè che la gente, da sempre, e oggi in particolare nei posti piccoli come Peel, Castletown, o come Pooley Bridge, tende a confondere le due categorie di donna universalmente calpestate e disprezzate…-
- Le streghe e le puttane, non fa una piega- concluse per lei Liam.
- Precisamente…- confermò Sìle – con la differenza che le streghe non usano certi mezzi per mangiare, ma per piacere, perché è naturale usarli, perché nel soddisfare liberamente certi bisogni non c’è niente di male e non c’è niente di male nel vivere liberamente il proprio essere donna, a dispetto dei maschietti che hanno sempre cercato di castrare la sessualità femminile…però questo da adito a molti, moltissimi equivoci come quello di cui sono stata oggetto io e così ti ritrovi un Eric convinto che io non aspettassi altro che un volontario mi prendesse con la forza di un cavallo da monta e un paese intero che si sente in dovere di metterti in guardia dal mio incantesimo…come fossi una specie di novella e perversa Lilith – sospirò infine guardandolo in faccia.
Liam la fissò negli occhi, seriamente.
- Dovrei dire qualcosa?- le chiese.
- No se non ce l’hai…-
- Ma perché scusa, mi hai parlato di te per impressionarmi? Per spaventarmi? Cosa ti aspetti che faccia ora? Non scappo, te l’ho detto…non ho motivo di scappare, a questo punto penso che quello che dovresti decidere è se tu vuoi provare a vedere come va o vuoi dirmi “Liam tesoro, vai pure alle Marchesi la prossima volta, io sto meglio da sola a fare la strega in eremitaggio nel Lake District”-
Sìle aggrottò le sopracciglia.
- E tu cosa vuoi?- gli domandò abbassando gli occhi sulle sue mani, di nuovo sul bracciale al suo polso, ma per avere risposta risollevò lo sguardo.
Liam sbuffò appena mentre decideva cosa dirle.
- Vorrei tanto che fossi meno ansiosa di sapere le cose con troppo anticipo – mormorò infine - lo capisco che è una deformazione professionale, ma io non so dirtelo adesso cosa vorrò tra vent’anni…- comunque con quel commento, non eluse la risposta – io sto bene qui, con te…non c’è un altro posto in cui vorrei essere…- le disse serio e senza scherzare, poi indicò il letto ridendo appena – proprio qui, con questo piccolo scocciatore di gatto in mano…e tu lì, esattamente dove sei – aggiunse toccando il lenzuolo sotto di lei – solo un po’ meno vestita se possibile e un po’ più sdraiata…- ridacchiò facendo ridere anche lei – poi chissà? Magari tra vent’anni mi sarò innamorato di Dorcas…- aggiunse.
Sìle si allungò a baciarlo di nuovo.
- Dorcas è una nubile di ferro, neanche di fronte a uno come te cederebbe…-
- Dunque qui sorge spontanea una domanda relativa ad un mio dilemma amletico: ci sono donne nella mia vita, che passano il tempo a tessere le lodi del mio fascino virile facendomi vergognare come un ladro perché è una cosa di cui io in genere non mi curo affatto, se non nell’ordine di rendermi accettabile nelle normali relazioni sociali….-
- Che sarebbe a dire scusami?- sghignazzò Sìle.
- Che fosse per me il rasoio sarebbe abolito costituzionalmente e vivrebbero tutti secondo le vecchie abitudini di certa rispettabile società tribale preromana…- scherzò lui in risposta.
- Ah immagino i profumi, certo…-
- La natura non ha previsto lo Chanel numero cinque, ha previsto tutta una serie di afrori più o meno disgustosi, dovresti saperlo meglio di me…-
- Sì ma questo non significa che mi piaceresti di più se puzzassi come un Neanderthal!- ribatté Sìle allungandosi ad annusargli un po’ il collo - la tua pelle ha un buon odore, forse è questo che conquista le donne di te…-
- Quindi ne facciamo una questione chimica, va bene, è credibile, poi? – le chiese lui rimettendo da parte il micio e abbracciandola, costringendola a distendersi sulla schiena sotto di lui mentre la scopriva dalle coltri.
- Se c’è altro, per dirtelo devo studiarti più attentamente e non posso farlo se te ne vai – gli rispose riallargando le gambe per farselo scivolare di nuovo sopra e sollevandosi a mordicchiargli il collo e a stuzzicargli l’orecchio – il soggetto di studio mi serve sotto gli occhi, possibilmente nudo anche lui…- aggiunse provocatoriamente.
- Sì…rimango, ma…solo…solo per…amore di scienza- rispose lui con un po’ di difficoltà, perdendo in sicurezza a causa di quello che Sìle gli stava facendo all’orecchio e infatti un attimo dopo per ribellarsi a quella deliziosa tortura, l e afferrò le mani, gliele bloccò sopra la testa e le chiuse la bocca con un bacio vorace.


La conclusione fu che arrivò l’alba e Liam era ancora lì, addormentato a pancia sotto, un braccio a penzoloni dal letto, l’altro che cingeva il torace di Sìle, il gattino accovacciato tra la spalla e il collo, il musetto schiacciato contro di lui.
Sìle, sotto il suo braccio, aprì appena gli occhi, un po’ infreddolita perché era nuda dalla vita in su, coperta solo dai capelli che le scendevano sui seni, ma poi decise che non aveva ancora voglia di svegliarsi.
Dando un’occhiata all’esterno, vedendo una mattinata molto diversa dalla precedente e forse in vena di neve, si girò sotto il braccio di lui e gli si accostò di più contro, allora fu lui a svegliarsi.
Girando la testa, si ritrovò naso e bocca riempiti dai peletti morbidissimi del micio, cosa che per poco non lo fece morire soffocato, ma che provocò nella bestiola un immediato attacco di fusa fragorose.
Liam aprì gli occhi e sollevò il capo con aria piuttosto confusa, anche perché non avevano dormito molto.
Sulle prime stava per far scostare il micio per cercare Sìle, ma si bloccò accorgendosi che l’occhio destro vedeva perfettamente.
Dopo un iniziale momento di dubbio, un paio di sfregamenti con la mano sulla palpebra, si convinse che non era un’impressione, così si guardò intorno in cerca di qualche ombra furtiva, qualcuno che stesse scarabocchiando un muro, qualche cleptomane che gli stesse frugando nelle tasche…e invece, proprio al suo fianco, immobile e curiosa, c’era Lily.
- Buongiorno…- le disse tranquillamente, ma lei non rispose.
Lo fissava accigliata, ma non ostile e più che lui, la incuriosiva Sìle, la cui nudità era più evidente: fu il primo momento in cui Liam notò la concomitanza della vicinanza della bambina e il migliorare del suo occhio, fino a quel momento gli succedeva solo quando era al cottage e gli era successo la notte in cui la piccola era scappata nel bosco, ormai quasi non ci faceva più caso, ma che fosse Lily una causa di questo non gli era mai capitato di poterlo constatare.
Ricoprì Sìle e fece per svegliarla delicatamente, ma poi un leggero “Psss” proveniente dalla porta lo fece girare: era Dorcas che lo salutò.
Ecco, essere visto da Dorcas in quella situazione, un po’ lo imbarazzò, ma lei sembrò non farci alcun caso.
- Dormite…- gli disse anzi con aria rassicurante – noi siamo di sotto…-
- Bene…- rispose, poi si girò di nuovo verso Lily che si lasciò dare un buffetto sulla guancia con un sorriso timido prima di scappare da Dorcas che la chiamava.
Sìle si svegliò in quel momento, un istante dopo che la porta si fu chiusa.
Si svegliò un po’ di soprassalto.
- Dorcas!- esclamò sottovoce, allarmata evidentemente dalla possibilità di venire vista in quel modo, ma Liam le sorrise scostando il micio e le accarezzò un braccio dopo essersi rigirato sotto le lenzuola.
- Troppo tardi, sono appena uscite…-
- Anche Lily?- chiese lei sgranando gli occhi e quando lui annuì si portò le mani alle labbra – oh no…-
- Non erano arrabbiate…Lily era solo un po’ sorpresa e incuriosita, Dorcas ha detto che ci aspettano di sotto… -
Sìle si convinse che non era successo niente di che e gli sorrise tendendogli le braccia incontro.
- Il che vuol dire che dobbiamo alzarci…- sussurrò abbracciandolo quando lui le si fece incontro e le posò le labbra su una spalla annuendo.
- Io ho anche un paio di cose da fare…- le disse – è meglio che vada -
- No tu te ne vai per discrezione…- lo contraddisse lei baciandogli un orecchio mentre lui le sfiorava un seno con le labbra .
- Sì anche…e perché mi piace mandare le cose come devono, tra l’altro promettono piuttosto bene…- bisbigliò levando gli occhi nei suoi.
Sìle lo studiò un momento e ne convenne, quindi si alzò a sedere e gli diede un bacio su una guancia portandosi i capelli dietro un orecchio.
- Ma non mi ami ancora, dovrò impegnarmi…- sentenziò.
- Ma ci tieni tanto?- le domandò lui rimanendo seduto sul materasso, le coperte arrotolate attorno alla vita.
Sìle si girò a guardarlo mentre indossava una lunga vestaglia di raso, dandogli modo di vedere per una frazione di secondo il suo esile corpo, morbido e liscio come la stoffa che lo stava ricoprendo e Liam capì d’aver sbagliato parole.
- Che mi ami o a farti alzare per non farti sentire indiscreto?- domandò di rimando con un po’ di freddezza.
Detto questo uscì dalla stanza senza voltarsi quando lui la richiamò.
- Posso farla una doccia?- le chiese lui a voce più alta.
- E’libera no?- gli disse quella di lei arrivando da lontano, segno che si stava dirigendo verso le scale – e l’asciugamano bianco è pulito!- aggiunse come per dispetto.
Rimasto del tutto solo diede un’occhiata al micetto che gli stava già passeggiando addosso in cerca di un posticino comodo.
- Devo aver sbagliato qualcosa, tu che dici?- gli domandò prendendolo in mano e portandoselo davanti al viso per poi dargli un bacetto sulla testa.
Intanto Sìle era scesa al piano inferiore, aveva visto Dorcas e Lily in giardino con Agenore, aveva rivolto loro un cenno di saluto con la mano, tenendosi la vestaglia chiusa addosso con la mano.
Aveva sorriso, ma la bella sensazione di pace che aveva provato aprendo gli occhi e vedendo Liam addormentato al suo fianco, era sparita.
Pensandoci però si rese conto d’aver avuto una reazione eccessiva…certo lui poteva evitare di rispondere sempre scherzando, però anche lei…lasciar volare così liberamente certe parole con uno che aveva capito perfettamente essere in imbarazzo rispetto ai corteggiamenti troppo aperti, coincideva per forza ad una risposta di quel tipo, non c’era verso, era il modo di Liam di mascherare il suo essere piacevolmente sorpreso.
Insomma avevano passato la notte insieme, lui le aveva dato più di una conferma d’interesse nei suoi riguardi, che accidenti di insicurezza le prendeva ora? Cos’era quella fretta?
Allora era vero che le faceva perdere il controllo, che la destabilizzava semplicemente esistendo per come gli veniva d’essere!
Prima di salire di nuovo al piano di sopra, salutò come si doveva Lily e decise di preparare il caffè per portargliene una tazza come offerta di pace.
Quando arrivò su, sentì la doccia tacitarsi, poi vide lui rifare il giro del letto.
La porta non era del tutto aperta e lei rimase a spiarlo per qualche secondo.
Aveva l’asciugamano avvolto attorno alla vita, alla luce del giorno era di una bellezza da togliere il fiato: i muscoli della schiena, quelle spalle larghe, forti, dritte…le braccia fatte apposta per svenirci dentro, o fingere di farlo…e quando si girava, la parte anteriore non era da meno, se l’avesse visto una scrittrice rosa, ne avrebbe fatto l’eroe di una sequela interminabile di romanzetti spinti!
“Deve esserci Lilu in giro…” si disse.
Lilu era la fata addetta ai pensieri piccanti, ai peccatucci lussuriosi e ai pruriti poco morigerati e infatti in quel momento, mentre Liam indugiava a rivestirsi per cercare tutte le sue cose sparse in giro in mezzo a quelle di Sìle, sempre in quella innocente seminudità di cui ignorava le potenzialità seduttive, alla ragazza sfuggì un sospiretto languido che la fece scoprire.
Ecco cos’era che la faceva impazzire di lui…quell’essere assolutamente inconsapevole di quanta grazia avesse fatto al genere femminile la natura e a quel punto si disse anche che comunque fosse andata con lui, una bella soddisfazione almeno se l’era tolta.
Lui sentendo quel sospiro, si girò un po’ di scatto e nel farlo, l’asciugamano cedette leggermente rischiando di scivolargli via, quindi lei lo vide torcersi appena per trattenerlocon leggero imbarazzo, anche se questo non le impedì di vedere l’elegante linea del dorsale venire inglobata dal gluteo e quest’ultimo mostrare l’affossamento sulla natica leggermente contratta.
- Guarda che lo so benissimo come sei ormai…- disse lei chiudendosi la porta alle spalle.
- Solo di notte - ribatté Liam assottigliando appena gli occhi, con la faccia di quello che tentava di metterla in difficoltà per togliersi d’impaccio lui.
Ad ogni modo non insisté più di tanto con l’asciugamano, quando vide che aveva proprio deciso di cadere, lo lasciò andare e si infilò boxer e pantaloni.
Sìle per cercare una scusa per avvicinarsi, posò il caffè sulla specchiera e prese il maglione di lui, porgendoglielo a braccio teso.
- Mi hai perdonato o appena indossato mi darà l’orticaria?- le chiese finendo di allacciarsi i pantaloni, prendendolo e preparandosi ad infilarlo.
Lei fece una smorfia imbarazzata.
- A volte corro troppo con le parole…- gli disse dopo un attimo – e magari può sembrare che io abbia chissà quali fissazioni in testa su di te…-
Liam le diede un’occhiata mentre finiva di arrotolare il maglione, poi infilò il collo.
-Ma a me non dispiace che tu corra, a maggior ragione perché non vedo del maniacale in quello che dici o fai – le rispose sistemandoselo sui fianchi e tirando un po’ su le maniche mentre lei lo guardava attentissima e un po’ dubbiosa – davvero…- aggiunse, ma vedendo che non la convinceva ancora, si avvicinò, le si fermò davanti e le mise le mani sui fianchi.
- Guardami bene in faccia e vediamo di capirci…- le ordinò sollevandole il viso con l’indice sotto il mento – tu mi piaci…- disse fissandola negli occhi e man mano prendendo a massaggiarle la schiena tenendo sale stretta contro – e davvero più di quanto mi sia mai capitato che mi piacesse una donna; io non sono capace di dire le cose in modo complicato e non sono capace di aprirmi oltre un certo limite e ammetto anche che essere oggetto di un tale entusiasmo mi spiazza un po’, solo che in questo momento non credo di volere nient’altro che starmene un po’ in pace a guardare dove mi porta questa strada, sto bene così…-
Sìle gli teneva le mani sul petto, gli occhi fissi sulle labbra e si lasciava cullare dal suo abbraccio e dalla sua voce, anche dalla sua cadenza che ogni volta che parlavano era capace di distrarla.
Sorrise timidamente e si portò una mano alle labbra a nascondere quel sorriso.
- Davvero?- gli chiese dandogli un’occhiata così morbida che gli lasciò il collo in una specie di brodo.
Aveva gli occhi sempre più belli, possibile? Con quelle ciglia lunghe, lunghissime, quasi come quelle di Lily e quel taglio oblungo…il colore caldo, ma non tanto scuro da perdere le sfumature di marrone intenso e vellutato.
Liam annuì.
- Davvero…-sussurrò prima di chinarsi a baciarle la fronte – e smetti d’aver paura di un paio d’anni passati tra New York e Parigi a fotografare modelle, non è quella la mia vita, se proprio devi immaginarmi al lavoro, pensami sdraiato in mezzo alla jungla, tra fango e piogge torrenziali, con l’obiettivo puntato su un serpente lungo sette metri o felicemente sguazzante in mezzo a un branco di cetacei, mi è molto più congeniale…- aggiunse soffermandosi con le labbra sulla sua fronte.
- Mi sforzerò…- gli rispose stringendosi a lui più serena.
Dopo averlo convinto ad aspettare che si fosse vestita per accompagnarlo alla macchina, lo lasciò con Dorcas e Lily in cucina, davanti a un altro caffè. Dorcas non fece parola relativamente a come aveva trovato lui e Sìle se non chiedendogli quanto avesse dormito, invece che come, e Lily gli salì in braccio con la stessa tranquillità con cui lo aveva fatto la prima volta.
Arrivò da lui con una dozzina di fogli in mano e una scatola di colori, gli fece capire che voleva essere presa in braccio e lì, sulle sue ginocchia, prese a disegnare…disegni abbastanza normali per un bambino: una casa, il sole, il lago…
- Com’è andata la nottata?- chiese a Dorcas.
Lei lo guardò mentre rimescolava in un pentolone che ribolliva mandando un buon profumo di carne stufata.
- Tranquilla…-
In quel momento lui vide sulla manina della bimba un graffio, profondo e piuttosto importante che però Lily si fece sfiorare tranquillamente e non solo, si tirò su la manica e glielo mostrò come dirgli “Guarda qua che roba!”.
- Nessuna visita dalla vecchia Annie?- chiese lui accarezzandole il braccino.
Quella domanda di Liam stupì Dorcas che si girò inarcando le sopracciglia.
- E tu come sai di Annis?-
- Avevo un vecchio chiacchierone in famiglia, uno che raccontava un sacco di storie, un po’ come Paulie, mi stanno tornando in mente un sacco di cose… -
Dorcas annuì e subito dopo scosse la testa.
- Comunque no…non si è vista, né abbiamo ricevuto più visite del solito…è strano…- borbottò tra sé prendendo una cucchiaiata dalla pentola e portandola verso Liam.
- Che cosa è strano?- le chiese quello seguendola con lo sguardo mentre si ritrovava il cucchiaio di legno sotto il naso.
- Tutti i libri che ho a disposizione, tutte le mie conoscenze, mi suggeriscono di pensare che le creature del bosco, vogliono riprendersi Lily…-
- E invece?- chiese Liam.
- E invece c’è qualcosa che non torna…stanno aspettando troppo, mentre notoriamente le fate, quando vogliono prendere qualcuno, di certo non si lasciano scoraggiare da qualche vecchio chiodo nello stipite di una porta o da un paio di tralci di Erba di San Giovanni. Assaggia – disse lei perentoria.
Fu talmente ferma in quell’ordine che Liam senza un secondo di esitazione aprì la bocca in cui una frazione di secondo dopo, Dorcas infilò una specie di colata piroclastica che sapeva vagamente di carne di maiale, curry e…e poi niente, le papille gustative avevano fatto le valige e avevano annunciato una lunga pausa post-eruzione mentre gli occhi di Liam, che si teneva disperatamente la bocca, si riempivano di lacrime.
- Com’è?-
Liam piangendo come una fontana e cercando disperatamente di far entrare un blando soffio di aria più fredda attirandola in bocca con qualche patetico risucchio che divertì molto Lily, annuì.
- Andiamo falla poco lunga e parla!- lo spronò Dorcas piazzandogli una bella manata in mezzo alla schiena che lo fece deglutire a tradimento.
Strizzò disperatamente le palpebre portandosi la mano, la solita che teneva davanti alla bocca, sugli occhi, asciugandosi le lacrime.
- Allora?- lo incalzò la donna.
- Incandescente!- protesto lui.
Se avesse avuto meno difficoltà a parlare a causa di quel lapillo eruttato dall’Inferno che gli scorrazzava per l’esofago, l’avrebbe detto ruggendo come un leone con l’emicrania, ma non poté far altro che sopportare.
- Ma no! Di sale!-
- Quando avrò riacquistato la sensibilità palatale, magari ripasso per dirglielo, che ne pensa?-
- Quanto siete lagnosi voi uomini! Tieni!- gli disse lei girandosi a prendergli un bicchiere con dentro un intruglio che sapeva un po’ di menta, un po’ di anice…era fortissimo!
- Mi sono ustionato la lingua, non devo stapparmi il naso!- brontolò Liam.
Dorcas incrociò le braccia sul petto e lo guardò con gli occhi a fessura, battendo il piedino in terra con aria impaziente.
- Andava bene di sale?- reiterò.
- Per quel millesimo di secondo in cui sono riuscito a percepire qualcosa, sì, andava bene di sale –
- Io sono pronta…state già litigando voi due?-
La voce di Sìle arrivò e si avvicinò alla porta prima che lei comparisse sulla soglia.
- Lui, sta litigando, io lo sto coinvolgendo nella routine familiare facendogli assaggiare il mio maiale stufato al curry - mugugnò Dorcas impettita e un po' offesa, neanche Liam le avesse detto che quello stufato non era divino.
- Sì, e ora la mia lingua è un flambé, ma in compenso ho risolto tutti i miei problemi di sinusite…- aggiunse lui mentre Lily posava tutti i suoi colori, prendeva il bicchiere e glielo porgeva di nuovo – c’è da fidarsi?- le chiese lui ironicamente, alludendo a Dorcas.
- Che razza di discorsi!- esclamò Dorcas risentita.
La piccola annuì decisamente e per dargli una dimostrazione bevve lei stessa un sorso che però la costrinse ad arricciare il nasino e strizzare forte le palpebre perché quella mistura, per quanto sciolta in acqua, era davvero fortissima, faceva venire le lacrime agli occhi(anche a lei).
Liam scoppiò a ridere e scompigliandole i capelli, si permise di darle un bacetto sulla testa.
- Va bene mi hai convinto…- le disse – adesso però devo andare, tu continua a disegnare…- mormorò mettendola seduta sul tavolo e alzandosi in piedi per raggiungere Sìle che gli aveva portato giù la giacca.
Mentre la infilava guardò Dorcas che lo guardava un po’ ammusonita, le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle.
- Andiamo non mi tenga il broncio…ho una lingua che sembra un wurstel, mi conceda almeno il diritto al mugugno dell’infortunato no?- le disse chinandosi a dare anche a lei un bacio su una guancia.
Le strappò un sorriso che sul suo viso, Sìle, non aveva mai visto, ebbe perfino l’impressione che fosse arrossita.
- Sparisci, cascamorto! – ribatté la donna per togliersi d’impaccio, dando una sonora cucchiaiata sul sedere di Liam.
Non riuscì a resistere però, quando Sìle e Liam furono usciti, di nascosto, da dietro la tenda della finestra accanto alla porta, sbirciò fuori per guardarli salutarsi…
Camminarono fino alla BMW affiancati, Sìle con le braccia strette attorno al corpo, Liam con le mani in tasca dei jeans, entrambi guardando in basso o intorno con quell’atteggiamento indifferente di chi indifferente non è, che cerca di non dare nell’occhio, ma difficilmente ci riuscirà e comunque non ci volevano gli occhi di una vecchia strega come Dorcas per capire che c’era dell’elettricità da confidenza accresciuta tra quei due.
Infatti Liam dopo qualche secondo allungò la mano a sfiorare quella di Sìle e lei, pur nascondendosela dietro la schiena, ci intrecciò la sua insieme.
Quando lui si fermò davanti alla portiera si lasciarono le mani, si scambiarono qualche parola con un sorrisetto imbarazzato sotto i baffi, qualche sguardo di sottecchi, lei gli toccò il collo della giacca, lui seguì il suo dito con lo sguardo, poi le disse qualcosa di scherzoso evidentemente perché la fece ridere e girare di lato intimidita, cercando di soffocare la risatina prima di guardarlo ancora, ma lui continuava a parlarle a mezza bocca, girando gli occhi altrove per brevi momenti, alla fine le mostrò la lingua indicandola evidentemente parlando dell'incidente appena accorsogli con Dorcas e lei riprese a ridere fino a che lui, allungando entrambe le mani a prendere le sue per farla avvicinare a lui…
Vedendolo abbassarsi verso di lei, Sìle si ritrasse appena, ma sempre giocando un po’, lui aggrottò le sopracciglia…
“Che significa no?” le disse, Dorcas glielo lesse sulle labbra un momento prima che “legasse” Sìle portandole le braccia dietro la schiena e si prendesse il bacio che voleva.
A quel punto la vecchia strega si ritirò: aveva visto abbastanza per convincersi che la vita di Sìle stava cambiando in meglio, a lei bastavano poche occhiate per accertarsene e con Liam era sicura che sarebbe andata bene.
Più che altro le fu chiaro che lei era tranquilla, che si lasciava andare del tutto con lui, solo con un po’ di timidezza e quando Sìle, poco dopo, le avrebbe raccontato di aver parlato di sé con lui, la cosa non l’avrebbe minimamente sorpresa.
Con un sorriso soddisfatto tornò in cucina e guardò Lily…Liam pareva piacere molto anche a lei…chissà come avrebbe preso il dover dividere le attenzioni di Sìle con qualcun altro?
Quello dipendeva anche da Liam…

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Un mese dopo... ***


Capitolo 14 –

Iniziò un periodo abbastanza insolito per Liam quanto per Sìle…solo che Sìle doveva solo riprendersi un po’ di tempo perduto, Liam invece si ritrovò a vivere qualcosa da cui ormai era lontano come età e come abitudini mentali soprattutto.
Aveva preso l’abitudine a rapporti assai più superficiali, quasi solo fisici, che duravano il tempo di un soggiorno in questo o quel posto, con donne più o meno impegnative, più o meno esigenti, capricciose…irritanti anche.
Quelle che George definiva “Donne da scopare senza pretese di comunicazione perché quando diventano Uome sono insopportabili, in alternativa il cervello lo buttano via con lo struccante”.
Liam non condivideva ovviamente, non del tutto almeno però, brutto a dirsi, a volte era stato vero…
A lui non dispiaceva che una donna fosse indipendente, emancipata, consapevole di sé e del proprio valore, ma quelle troppo arriviste, o troppo arrivate, troppo sicure, troppo belle, troppo impegnate a dimostrare d’essere troppo in gamba per fermarsi a pensare che forse a lui tante dimostrazioni non servivano, gli bastava uno sguardo ricambiato, uno sguardo che dicesse “Sono qui con te, non penso al domani, ti guardo perché voglio che mi guardi tu, perché adesso siamo solo noi due”, effettivamente gli erano mancate.
Con Sìle era così invece.
La prima volta lo pensò quando si trovò a sviluppare una serie di foto in bianco e nero che era riuscito a farle nella soffitta del B&B.
Un primo piano di lei che lo fissava con quegli occhioni di velluto…un sorriso un po’ distratto, ma un’espressione concentratissima, presa da lui, i capelli che le ricadevano attorno al collo.
Nello stesso insieme di scatti c’erano anche Dorcas, Lily naturalmente, i gatti…ma ce n’erano alcune che aveva fatto solo a lei quando erano rimasti soli lassù.
Non erano solo belle come atmosfera, con la giusta messa a fuoco su di lei e il resto sfocato…luci e contrasti armoniosi, anche se forti, sì, quello poteva essere bello per qualcuno di esterno a quel contesto, ma quello che avevano di bello davvero per lui, era che fossero una sequenza facilmente ricostruibile, che raccontava qualcosa.
Iniziava con lei presa dal lavorare ad una scultura in argilla, impegnata e seria, poi sorrideva un po’ per qualcosa che le aveva detto lui, allora guardava fuori dalla finestra strofinandosi le mani sporche di argilla mentre gli rispondeva, scostandosi i capelli raccolti un po’ sulla sommità del capo, un po’ dietro la nuca…gli mostrava un po’ la lingua per la risposta ricevuta, poi si imbarazzava…


“Sono un frana come modella…”
“Sei bellissima, piantala…”



Poi aggrottava un po’ le sopracciglia con una luce vivace nello sguardo e lo scrutava per qualche momento mentre lui faceva scorrere il rullino e preparava un altro scatto.


“Ma ancora non mi ami…”


ormai era un gioco tra loro due, aveva imparato anche lei a prenderlo alla leggera, glielo diceva come una cosa in cui doveva solo impegnarsi un po’, ma che non la preoccupava.


“Vale innamorarsi un pezzo per volta?”
“Non so…dipende da come funziona…”
“Ad esempio sono già da un po’ innamorato perso del tuo collo…ho perso la testa per la tua bocca e…”
“..e?”
“…la tua schiena è un’opera d’arte…mi piacciono un sacco le tette discrete…”



Infatti molte delle immagini che ne erano uscite, mettevano i risalto quella esilità così elegante di lei, valorizzata dall’ampio maglione scuro che le lasciava scoperta una spalla.


“Nient’altro?”
“Non è così poco se consideri che ti vedo nuda da una settimana o poco più, quasi solo di notte e sotto le coperte, ci vuole tempo…”
“Potresti accendere la luce invece che approfittare della mia virtù…”
“Quale virtù?”
“Mi stai dando della ragazza poco seria signor Kerr?”

C’era lei che allungava la mano verso di lui, seduto poco lontano, sul pavimento, e gli rubava la macchina fotografica rivolgendo ora l’obiettivo verso di lui che compariva nel successivo scatto mentre si strofinava un po’ l’occhio destro, con una sigaretta in mano.
Sìle aveva una buona capacità nel fare foto.
“Sto dicendo che c’è un piacevole grado di libertinaggio nel tuo modo di trascorrere il tempo con me…sei molto recettiva nell’intimità e questo non può che incontrare i miei gusti…”
“Sei il primo che incontro cui piace che io sia così…sai magari anche un po’…”
“… puttana?”



…detto con prudenza e un briciolo di provocazione che stuzzicasse qualche pensiero, gli occhi che la sbirciavano di sguincio fino a che la risatina leggermente colpevole e maliziosa di lei non era arrivata a tranquillizzarlo.


“Sì…un po’, ma non mi ero mai sentita libera di lasciarmi andare così…”



Intanto Liam aveva rimesso in bocca la sigaretta e imbracciato la vecchia chitarra di John che stava lì, da quando lui se n’era andato l’ultima volta da quella casa.
Si era messo a strimpellare per accordarla…


”E’ carino che tu non ti offenda nel sentirti dire una cosa simile…”
“Non l’hai detta per offendermi…l’hai detta perché sai che detta da te mi piace…”
“No, non lo sapevo…contavo sulla tua intelligenza nel capire il peso che davo alla parola…”
“Beh ora sai anche che mi piace se me lo dici tu…cos’è?”



Lui guardava verso la finestra, con gli occhi strizzati appena sotto il fumo della sigaretta.


“L’attacco di “Haunted”, Shane MacGowan, millenovecentoottantasei, con Sinéad O’Connor...mai sentita?”
“No…non mi pare…”
“Eri troppo piccola…avrai avuto…quanto? Cinque? Sei anni?”
“Sì…”
“Togli quell’affare, sono dalla parte sbagliata dell’obiettivo...”
“E’ giusto che tu sappia come ci si sente...allora questa canzone me la fai sentire?”
“Aiuto…vuoi far piovere?”
“Ti prego…”
“Solo se metti giù quella macchina, non voglio testimonianze scomode!”
“Va bene, va bene…guarda? L’ho messa giù…”
“Ok…ma non tutta eh? Il ritornello non mi piace…”
“Uffa!”
“D’accordo, l’hai voluto tu…”



E dopo un po’ il sorriso si spegneva per concentrarsi sulle parole, l’intonazione…le note da pizzicare sulle corde…
Ricordava quanto gli piacesse cantare una volta, come ricordava che in molti avevano detto “Ma voi “inglesi” sapete cantare tutti?”
Bono…Jim Kerr, con cui condivideva anche il cognome,…Robert Smith, David Bowie…un qualche centinaio di cantanti di strada sentiti tra Dublino e Londra , ehi forse era vero che il Regno Unito sfornava voci più belle che altrove…
E gli occhi di lei sorpresi, perché scopriva una cosa nuova di lui…


”Do you remember that sunny day
Somewhere in London
In the middle of nowhere
Didn't have nothing to do that day
Didn't want to do nothing anyway
You got a way of walking
You got a way of talking
And there's something about you
And now I know I never ever
Want to be without you…“



L’imbarazzo di vedersi osservato con tanta attenzione(l’ammirazione che a volte metteva più in difficoltà di una stroncatura), scoppiare a ridere e mettere da parte la chitarra prima che fosse tardi e che lei gli chiedesse di continuare e poi invece riprenderla per un'ispirazione improvvisa.
Non c’erano foto di lui che cantava però, era stata di parola…nell’ultima era solo intento a spegnere la sigaretta.


“I want to be haunted by the ghost of your precious love”


E forse s’era già innamorato di un altro pezzetto di lei…magari di quel modo di sorridere.
E intanto invece, chissà come, per un’amnesia sul testo, gli era venuto bene un passaggio sfumato tra “Haunted” e “All I want is you” e poi ancora a forza di accordi messi insieme a caso, era sbucata fuori “You can’t always get what you want” degli Stones e poi un ulteriore attacco di timidezza.


“Va bene…basta! Non mi ricordo più come si suona quest’aggeggio!”
“ Non è vero, sei bravissimo…”
“Le foto mi vengono meglio…”
“Che scemo! Hai una voce bellissima!”
“Sì, certo, come no…”
“Meglio di Jagger…”
“Infatti la rockstar è lui…senti, ma non c’è niente di meglio da fare qui? Con Dorcas e la pulce di sotto?”



Farlo sul pavimento, ammorbidito soltanto da una coperta e qualche cuscino, piano piano, per non farsi scoprire, senza spogliarsi neppure del tutto, non lui per lo meno, eccitandosi solo nell’ascoltare il respiro dell’altro farsi più ansante, e doversi fermare pronti a rimettersi in ordine ad ogni piccolo rumore per paura che fosse la bambina.
Eppure il suo sguardo in ogni attimo continuava a ripetergli “Sono qui con te, siamo solo noi due…”, in ogni bacio, in ogni carezza, in quel modo di cercarlo, armeggiando con la sua cintura, di tenerlo inchiodato a sé con lo sguardo mentre con la mano gli sfiorava la pancia e piano piano gli apriva i pantaloni e scendeva con la mano ad accarezzarlo…perché le piaceva al tatto, quella consistenza della pelle, delicata, liscia, quasi fragile di quel punto del suo corpo.


“Solo noi due…”


Le foto riprendevano dal momento in cui si erano rimessi a parlare un po’, lei senza pantaloni, solo col maglione, i capelli sciolti tranne la ciocca tirata indietro sulla fronte, sdraiata su quella coperta, morbida, rilassata, sorridente, ma sempre in quel modo ritroso e sottile.
Lei era come una nuotata in un mare calmo e profondo, di cui si vedesse il fondo senza sapere quanto fosse lontano, ma senza paura d’affondare; come quelle ore silenziose e immobili nelle notti d’estate mediterranea, silenzio e pace, in cui il caldo era attenuato dall’oscurità, ma la propria pelle era abbastanza per stare bene; come quelle mattine in cui un bel sogno accompagnava fino alla fine lo schiudersi delle palpebre e dava la sensazione d’aver dormito benissimo.
Eppure non c’era niente di piatto in lei, ogni volta che incrociava il suo sguardo vedeva quei labirinti profondi e impescrutabili, non vedeva e non sentiva quello che percepiva lei, ma vedeva e sentiva quella sua coscienza più ampia...
“Un po’come una doppia cittadinanza...come essere bilingui, come avere due genitori di religione diversa, come...tante altre cose...” pensava mentre guardava quel ritratto fotografico assolutamente fortuito in cui lei guardava nella sua direzione.
Fu come una specie di ritorno all’adolescenza: i momenti rubati, i baci scambiati di nascosto, le provocazioni fatte solo di sguardi.
“Fare l’amore con gli occhi…”, così l’aveva chiamato quel giorno in soffitta mentre Agenore le si protendeva incontro e le accarezzava il viso con la zampetta, anche quella foto c’era.
Non sapeva bene come ma gli era sembrato lampante cosa intendesse perché succedeva di continuo tra loro…
Le rivedeva di continuo come fossero un film quelle scene...


Guardarsi per lunghi istanti, riuscire quasi a toccarsi attraverso un’intera stanza solo con un’occhiata e accennarsi un sorriso complice e guardingo, in un momento in cui nessuno possa vederlo e poi avvicinarsi facendo finta di niente, ritrovarsi uno di fianco all’altra, anche solo sfiorarsi le dita pur di sentirsi, ignorarsi solo agli occhi degli altri che ti ricoprono di chiacchiere inutili e invece stringersi la mano mentre ci si incrocia per la strada.
La mano di lei che mi accarezza la gamba e poi sale appena sulla schiena nel bel mezzo del paese, della gente che non vuole che ci veda...non troppo almeno.
Sussurrarsi mezza parola per darsi appuntamento o per dirsi che proprio laggiù...dietro l’angolo...forse non passa nessuno in quel momento...
E poi ritrovarsi a camminare in quella direzione, prima io, poi lei...



Aspettare di sentire i suoi passi, prenderle la mano e tirarla a nascondersi con lui, stringendosela subito addosso, cercando la sua bocca mentre lei senza poter fare niente altro che assecondarlo, tentava di assicurarsi che davvero non ci fosse gente nei paraggi.
Stare un po’ lì, dietro una casa, contro un muro, a pomiciare come due ragazzini...


Sìle ha il naso freddo...e le labbra morbide, che sanno sempre di quel balsamo alla camomilla...o di lucidalabbra un po’ caramelloso.


Poi staccarsi, lei che dopo un breve ricomponimento di capelli, sciarpa e cappotto, ripartiva per la strada e lui che dopo uno o due passi, la riafferrava per la mano e la imrpigionava di nuovo tra le braccia.


“Alla fine ci vedono!”
“Ma che ti importa? Tanto che andremo all’inferno l’hanno già deciso da un bel po’...”
“Non è un buon motivo per dare spettacolo...”
“Solo uno...uno ancora...”
“...”
“E’ per la camomilla...dormo benissimo dopo averti succhiato via tutta quella roba dalla bocca...”
“Ma guarda che hai una faccia...”
“Non...dire parolacce...”



E con quel monito, riuscire a farla stare zitta abbastanza da tapparle la bocca con un altro bacio.
Quando ebbe finito di sviluppare quelle fotografie, passò un bel po’di tempo a guardarle, a guardare lei anzi.
Non era una facile da conoscere, richiedeva tempo...e non perché fosse una strega o avesse quelle capacità o comportasse quella convivenza con cose che in altri momenti della sua vita avrebbe liquidato con un po’ di sarcasmo.
Sìle si rivelava giorno per giorno, nella sua forza, nella sua fragilità, in quello che le piaceva, in quello che non le piaceva e spesso e volentieri non lo diceva a parole, non era il modo più facile di capirla per lo meno, tanto di lei lo si capiva guardandola.
E d’altronde lei stessa era una che osservava con molta attenzione gli altri.
Lui stesso, che si trovava spesso confuso da quanto per lei fosse irresistibile starlo a guardare, osservarlo nei minimi particolari fisici e comportamentali, si trovava a sentirsi dire da lei cose di sé, di cui non si era mai accorto...come quella volta in cui gli aveva parlato della sua “Espressione tipica”.
Beh andando avanti di espressioni tipiche ne aveva isolate almeno altre due: una era il broncio e la ruga in mezzo alle sopracciglia quando era pensoso, preoccupato o impegnato in qualcosa di serio, e che lei chiamava da “highlander/islander”, ovvero quell’aria piuttosto severa e granitica che in effetti a volte si vedeva dalle sue parti, anche se molto a nord, che ricordava lui sul viso di suo padre. Anche l’altra però, che lei aveva denominato “da bambino grande”, quando cioè lo vedeva divertito e coinvolto da qualcosa di nuovo, curioso e concentrato, se la ricordava sulla faccia di suo padre.


”Gli somigli?” gli aveva chiesto lei un giorno in cui Dorcas era andata a trovare una sua amica a Liverpool e loro erano da soli con Lily, impegnatissima in un puzzle in cui aveva coinvolto anche Liam che, con tutta la pazienza del mondo, se la teneva seduta tra le gambe, stando appoggiato con la schiena alla seduta del divano.
Sìle stava lì con loro, stirando...ebbene sì, anche una strega aveva bisogno di stirare una volta tanto.
“Beh...sì...fisicamente sì, aveva gli occhi chiari anche lui e era alto come me...solo che era più rosso di capelli, io ho solo qualche riflesso se mi faccio crescere la barba” era tanto che non gli capitava di ricordare suo padre e era tanto che non gli capitava di pensare a lui con nostalgia; parlandone gli era sfuggito un sorriso “...aveva sempre le orecchie bruciate dalla salsedine e la faccia piena di segni profondi...quando leggevo dei marinai nei vecchi libri, da piccolo, o me li leggeva mia madre...immaginavo sempre lui. Quando è morto, lo hanno seppellito a terra...perché mia madre non lo voleva troppo lontano...ma lui non voleva, lui avrebbe voluto che le sue ceneri venissero rilasciate in mare...vicino Taransay. Ero arrabbiatissimo...non ci sono andato alla tumulazione, me ne sono andato sul mare e l’unico che non ci ha trovato da ridire è stato il suo secondo”
“E’ bello sentirti parlare di queste cose...gli dovevi volere un gran bene...”
“Non era un padre affettuoso nel senso canonico del termine, era severissimo con me, la prima sbronza che mi sono preso me l’ha resa indimenticabile con un pungo che mi ha steso fino alla mattina dopo...”
“E perché?”
“Non era senza senso...mi disse che prima di ubriacarmi un’altra volta, avrei dovuto imparare a reggere un suo destro...perché in quelle condizioni in casa o sulla sua nave non ci avrei più messo piede...”
“Addirittura...”
“Quando un ragazzino fa l’idiota, lo tratti da idiota no? Io m’ero infilato in quel pub per dimostrargli che non era come diceva mia madre, che ero abbastanza grande per andargli dietro ormai...perché per me uno che si ubriacava era un uomo vero...e lui mi ha dato un pugno in faccia, perché se ero abbastanza grande per sbronzarmi ero abbastanza grande anche per un pugno in faccia nella sua testa e magari devo anche ringraziarlo”
“Perché per arrivare a reggere un suo pugno, ti sei impegnato troppo e ti sei scordato di bere...”
“Eh già...anche se in realtà non ho mai sperimentato e quando mi ubriacavo, cosa che capita a volte facendo quella vita, quando scendi a terra, ho sempre guardato bene a nasconderglielo...comunque quando lui a cinquant’anni è morto di cirrosi epatica, dopo trenta passati quasi senza bere, gli ho perdonato anche quel pugno”
“Come si chiamava?”
“Alec...”
“Alexander?”
“Sì...”
“E’ un bel nome...”



E così...tra una chiacchiera e l’altra, una giornata dietro l’altra, alcune passate vedendosi, altre solo sentendosi al telefono...era passatoquasi un mese da quando era cominciata...
A Natale lui era tornato a Paisley, ma non aveva voluto trattenersi molto, per Capodanno sarebbe stato a Londra.
Era riuscito a convincere Sìle a raggiungerlo accettando l’invito di Ceday ad una serata molto tranquilla.
In quell’occasione finalmente aveva conosciuto di persona l’altra strega, con tanto di chiacchiere di rito per farle decidere se era o no un tipo “da Sìle", cosa che, anche non fosse stata, Ceday non avrebbe potuto esprimere senza incorrere in un "Pazienza..." di replica, perché a Sìle proprio non importava.
Ceday non era una da grandi feste o chissà che invenzioni esplosive, le piacevano le situazioni eleganti, ma moderate, che stimolassero conversazioni interessanti che le fosse facile carpire e analizzare, di quelle in cui di certo Sìle non si sentiva a disagio.
Liam dal canto suo conosceva la gran parte delle persone presenti, non più di una ventina, quindi anche per lui era tutto tranquillo.
In ogni caso arrivarono a stento a casa di George, che era migrato verso Berlino per quella sera, verso Piccadilly, passata l’una: dopo una settimana che non si vedevano, avevano una voglia disperata l’uno dell’altra.
Quell’abitino nero che si era messa lo tormentò per tutto il tempo...e dal canto suo Sìle, non riusciva a non avere negli occhi un baluginare di timida lussuria e orgoglio per avere il cavaliere assolutamente più sexy della serata...senza che lui se ne accorgesse minimamente, come al solito.
Infatti più tardi, dopo aver festeggiato in forma molto privata, erano rimasti un po’ lì a parlare.


”Non capisco perché te la prendi tanto...”
”Perché è un lato di me che non dipende da me e francamente...quando uno è come me, diventa più imbarazzante che gratificante venire ricoperto di lodi sperticate per quanto sono larghe le mie spalle, verdi i miei occhi o quanto mi stia bene questo o quello addosso, mi diventa faticoso esistere in pace...la mia autostima non crolla se una donna mi dice “Ehi, hai fatto una cosa ridicola, mi hai fatto ridere a crepapelle, non ti dimenticherò mai!” capisci?”
“Benissimo...ma è innegabile che quasi a tutti piaccia sentirsi dire certe cose...”
aveva detto lei annuendo mentre, tornata sul letto dopo essersi messa un maglione, si sistemava tra le sue gambe appoggiandosi al ginocchio di lui che spuntava da sotto il lenzuolo e abbracciandolo sentendo che Liam la sosteneva.
“A te no...” aveva detto lui guardandola con il mento leggermente piegato verso il petto e le mani incrociate sullo sterno.
“Non è che non mi piaccia...è che mi allarma di solito...non so come gestirla”
“Che è esattamente come mi sento io...e poi francamente non mi piacciono quei commenti idioti che fanno sembrare una coppia ben assortita solo perché i due componenti non sono degli sgorbi! Chi lo dice che Quasimodo a Notre Dame non avesse una bella fidanzata Gorgone? E chissà quanto erano felici poi!”
aveva risposto lui, poi ci aveva pensato un momento su guardando Sìle che gli posava la labbra sul ginocchio lasciandoci un leggero bacio mentre rideva sommessamente ”Ti immagini i bambini? Gobbi, con i capelli fatti di gechi...”Mamma! Lui dice che se non gli do il mio giocattolo mi pietrifica!”...pensa che carini...quando vuoi un po’ di intimità basta lasciare i bambini a litigare un po’ tra loro, cinque secondi dopo sono tutti gargoyles...”
”Ma è macabro! E poi le Gorgoni avevano i serpenti in testa...”
“Sì ma a Notre Dame non credo siano molto benvoluti i serpenti, mi ero preso una licenza...”

Sìle aveva sorriso di nuovo.
“E se per me sei bellissimo come si fa?”
“Si fa che me lo dici con moderazione...”
“Un po’ come te che vai avanti a pezzi?”

Lui era sembrato bendisposto a discutere la cosa...allora lei con un sospiro si era risollevata un po’...
”Allora sappi che il tuo ginocchio ha un’anatomia molto più che interessante da un punto di vista estetico...” aveva sussurrato gattonandogli più vicina al viso e fermandosi sulle sue labbra con le proprie dopo aver puntato le mani attorno ai suoi fianchi.
”Sì questo posso tollerarlo” aveva detto lui con la faccia di quello che ponderava mentre lei si chinava a baciargli la spalla.
”Bene...e poi trovo piuttosto stimolanti per la fantasia le tue braccia...”
Liam si era girato a guardarla mentre gli stava piegata verso il collo e le aveva scostato i capelli dietro la schiena.
”...questo è il complesso di Lady Chatterley...il bicipite da classe proletaria tira un sacco...” aveva ronfato quasi.
“Ti sta piacendo adesso?”.
In risposta Liam aveva annuito, le aveva risposto al bacio sulle labbra che lei si era risollevata a dargli e poi l’aveva guardata.
”Mi piace fino a che non usi quella maledetta parolina che inizia per S e finisce per Y...per il resto penso proprio che vedrò solo cose che mi piacciono per quest’anno...”
“Stai facendo progetti su di me?”
”Diciamo che mi serve una buona consulente...dicono che a Lough Rigg ci sia una streghetta che ha un certo naso...”
“Una che ha l’incredibile potere dal prurito al naso?”
“Così sembra...sì...capelli lunghi, castano scuro, occhi con le ciglia che fanno vento...”
e intanto aveva approfittato per slacciarle i bottoncini che arrivavano fino a un certo punto del maglione.
“E guarda un po’ caso...io sono una strega con l’incredibile potere del prurito al naso...”
“Ma dai?”
“Eh sì...”
“Allora mi serve subito una consulenza...”
aveva detto abbracciandola intorno alla vita, baciandola, con lei che intanto gli saliva a cavalcioni del corpo.


Un paio di giorni dopo erano tornati a Lough Rigg come promesso a Dorcas, che a sua volta aveva fatto baldoria con un paio di vecchie befane come lei e fatto assaggiare a Lily dello spumante italiano, cosa di cui la bambina era rimasta entusiasta.
E ora lui stava guardando per l’ennesima volta le foto di Sìle...
- Si direbbe proprio che io abbia una ragazza eh?- chiese al gattino grigio che ormai, insieme a un altro dei cuccioli di Agenore, aveva trovato asilo nel cottage di Liam.
Quello gli si mise a cavallo della spalla ronfando felicissimo mentre l’altro si strusciava attorno alle sue gambe.
- Sì, sì andiamo a mangiare...-


...Charlie Moore davanti alla porta di casa...non era buon segno.
Lo pensò qualche giorno dopo, quando uscendo dall’auto con la busta appena arrivatagli da New York sotto il braccio, lo trovò lì: Charlie non lo aveva sentito arrivare probabilmente, perché si riscosse sentendo lo sportello della BMW chiudersi, ma rimase seduto sulla panchina addossata alla parete esterna della costruzione.
- Liam...- lo salutò quando gli fu a portata di voce.
- Charlie...- gli rispose lui frugandosi in tasca del cappotto per trovare le chiavi – tutto bene?- chiese sfilandogli accanto senza guardarlo.
- Sì, tutto bene...-
Liam annuì e gli fece cenno d’entrare, ma l’amico rifiutò...evidentemente aveva voglia di starsene un po’ al freddo, ma per Liam non era un problema quello, il problema era che Charlie avesse la faccia di quello che era lì per litigare.
- Gillian mi ha detto che sei andato da lei...-
Liam annuì di nuovo assumendo l’atteggiamento di quello che aspettava di sentire quale fosse il succo della questione.
- Le ho riportato quei disegni...ma mi ha detto di tenerli, almeno non stanno lì a prendere polvere e lei ha una scusa per trovare loro un posto migliore -
- E Lily li ha scarabocchiati? E’ stata qui?-
Eccolo il punto: Sìle.
Charlie era lì per parlare di Sìle e aveva preso la prima scusa.
La ragazza aveva detto a Liam che poteva giustificare a Gillian gli scarabocchi di Garlicky sui disegni di Paulie dicendole che era stata Lily, in fondo poteva capitare no? Che una bambina piccola, disegnasse anche dove non doveva...e poi Gillian quando si parlava di bambini si scioglieva e perdonava di tutto.
E Charlie con tutta probabilità l’aveva saputo da Gillian...a quanto pareva se la intendevano un po’.
- Senti Charlie...ci conosciamo da un po’ troppo tempo per questi giochetti, no?- disse Liam paziente e tranquillo – quindi entra, siediti, beviti una cosa e spiegami cos’è quest’ansia di proteggere quella ragazza da me...-
- Sì andiamo a berci qualcosa, ma non qui...-
Andarono per l’appunto al pub di Gillian e davanti a una birra, Charlie non aveva assunto un’espressione tanto più cordiale, ma almeno disposta a scambiare due parole sì.
- Io lo so che sei un bravo ragazzo Liam...-
- Ehi per fortuna sono già seduto...- disse con leggero sarcasmo l’altro.
Charlie fissava il suo bicchiere e quando lo senti usare quel tono, accennò una smorfia un po’ infastidita.
- Mi spieghi che cosa ti passa per la testa?-
- E a te? Cosa passa per la testa? Pensavi che non l’avrei saputo di te e Sìle? Figurati se Maggie Mill non va dicendo in giro per tutto il paese di quanto è stata veloce ad incastrarti!-
Liam fece per commentare quanto andava raccontando in giro Maggie, ma poi pensò bene di non abbassarsi, si limitò a uno sbuffo annoiato e scoraggiato prima di bere un sorso di birra accennando un saluto verso Gillian.
- A te ovviamente non sfiora il pensiero che non volessimo rotture vero?-
- Che significa?-
- Che certe cose vanno prese con un po’ di calma e la calma, se avessimo lasciato che le cose succedessero troppo apertamente, ce la saremmo scordata...-
Charlie capì, prese atto e fece cenno di sì, sempre senza guardare Liam.
- Quello che tollero veramente male è che tu venga ad infilarti a gamba tesa in qualcosa che assolutamente non ti riguarda, a meno che tu non sia interessato a Sìle...- riprese quello.
- Non dire fesserie, è come una figlia per me...come lo sei tu -
- Charlie, anche venirmi ad aspettare fuori casa per chiedermi che intenzioni ho, è un tantino invadente, se proprio vogliamo dire...ti aspetti che come un coglione ti prometta un matrimonio riparatore con una che non solo non è incinta, ma è piuttosto ben consapevole di sé e di cosa vuole? A te? Cosa devo promettere a te? L’unica a cui devo qualcosa è lei e io credo che Sìle andrebbe su tutte le furie se sapesse di questa conversazione -
- Che ci andrebbe è sicuro...-
Charlie improvvisamente parve rinsavito...sembrava perfino imbarazzato.
- Al diavolo, questo posto mi sta facendo rimbecillire...- brontolò dopo un momento – quelle dannate comari e tutte le loro chiacchiere infamanti...io sono solo preoccupato per quella ragazza -
- Guarda che a me lei piace...-
- In che senso?- chiese l’amico guardandolo con sospetto, ma a Liam era molto chiaro di quale sospetto si trattasse.
Con un risolino si strofinò il viso.
-...vuoi che ti dica tutto quello che abbiamo fatto, quante volte, dove, come...non parlo di quello, è un dato acquisito quello ormai...e comunque ti assicuro che quando è successo, ha deciso lei da sola che lo voleva...-
Quanto gli rimaneva diffcile parlare ad altri di certe cose, riassumere in concetti le cose che sentiva e vedeva e provava, lo capì in quel momento.
Lo metteva in difficoltà il fatto che Charlie lo avesse messo sotto interrogatorio perché non sapeva cosa rispondere, ma era anche che non riusciva a ridurlo in parole quello che sentiva per Sìle, quello che gli piaceva di lei, quello che gli faceva sentire che non era una suggestione operata da lei con quei suoi “Ancora non mi ami”, quella sensazione di coinvolgimento crescente che gli saliva dentro.
Charlie stesso in realtà non amava entrare in certi particolari, non era un pettegolo e Liam capiva perfettamente che se erano lì seduti era perché voleva bene a Sìle.
- Sìle e io, siamo due elementi estranei a questo posto, come Dorcas del resto...- mentre lo diceva, ripensò anche a Paulie – entrambi siamo conosciuti qui, non c’è un vero e proprio motivo di lamentela nei nostri riguardi, ma non siamo di qui...e questo basta a fomentare chiacchiere e chissà che altro, io poi ho avuto anche la cattiva idea di mettermi a fare questo lavoro dalla dubbia moralità...non ho sposato la ragazza più carina del paese, l’ho piantata qui in fervida attesa del mio ritorno, quandosono tornato invece mi metto a farmela con la strega che come una specie di mantide religiosa ha già iniziato a seppellire fidanzati...è il seme del diavolo, più chiaro di così...possibile che non hai ancora capito come funziona la testa di quelli di qui?- chiese a Charlie al quale, quando lo guardò, indirizzò un’alzata di spalle e un leggero scuotimento del capo – è normale...non dovrebbe sorprenderti più di tanto che Sìle o io abbiamo preferito tenrcela un po’ per noi anche se tutti ne sapevano qualcosa...-
L’altro lo guardò e gli sorrise imbarazzato...chiedere scusa gli veniva male, ma quella volta si sforzò e alla fine un “Mi dispiace, comincio a diventare un vecchio idiota...” gli uscì.
- Guarda che Sìle sta a cuore anche a me...qualunque cosa stia diventando per me non vorrei mai farle del male...-
Charlie annuì, ma c’era qualcosa di più che voleva dirgli, non per una particolare utilità, solo per renderlo partecipe.
- Sai perché me la prendo tanto?- domandò e Liam ovviamente scosse la testa – perché quelle chiacchiere che certe galline si divertono a mettere in giro su di lei e Dorcas...nessuno meglio di me sa quanto sono infondate e gratuite e tendenziose...- mormorò aggrottando le sopracciglia folte sugli occhi azzurri e bonari – Grace mi ha lasciato perché bevevo...è successo un paio di mesi dopo l’arrivo di Sìle in paese, era un brutto periodo per me, gli affarri non andavano più tanto bene, iniziavano i problemi e io...non ho mai biasimato mia moglie per avermi lasciato, ma mio figlio che mi toglieva il saluto perché sua madre e famiglia gli dicevano di me cose che neanche voglio ricordare era troppo dura. Non che io sia stato un marito e un padre esemplare, ma sono sicuro di non essere stato il peggiore...così una sera in cui presi una sbronza davvero colossale, Sìle, che passava la gran parte del suo tempo da sola, perché il fatto che John le ronzasse intorno ovviamente le era già valso una bella lettera scarlatta sul petto, mi trovò praticamente semisvenuto lungo la strada. Mi riaccompagnò a casa, aspettò che dormissi e se ne andò, nel silenzio quasi totale...tornò il giorno dopo a vedere come stavo, e poi quello dopo e quello dopo ancora e man mano parlava di più, sorrideva un pochino e mi faceva sentire che non ero la feccia d’uomo che credevo e che mi voleva bene a modo suo...- raccontò senza mai interrompersi o smettere di guardare nel bicchiere.
Liam lo ascoltava con attenzione, anche perché sentiva quella storia per la prima volta.
- Fortuna e sfortuna insieme vollero che proprio grazie a un consiglio di Dorcas, che mi arrivò tramite Sìle, le cose per me iniziassero ad andare meglio...e il fatto che io a volte la accompagnassi in città per un qualsiasi motivo, anche per vedere John , automaticamente faceva di lei la mia amante, l’unica cosa che mi consolava era sapere che John conoscendomi e conoscendo lei, non ci credesse, le voci poi mi passavano addosso come acqua fredda...- riprese per poi fermarsi di nuovo.
Liam che lo guardava, all’accenno a John sorrise appena...
- John era un ragazzo intelligente...-
- Già...forse fossero stati diverso il posto…la gente, lui e Sìle...-
Liam gli lanciò un’occhiata un po’ di traverso e Charlie rise...
- No, non mi fraintendere, volevo dire che forse...non avrebbero litigato quella sera e lui sarebbe ancora vivo...-
L’altro annuì, ma non gli era piaciuto comunque quel discorso, per cui rispose con un grugnito un po’ cupo.
- Adesso sembra quasi che vi evitiate...- commentò comunque, per non sembrare troppo incarognito.
Charlie confermò l’impressione.
- Grace se ne è andata a stare a Carlisle, non è abbastanza lontano perché le voci non arrivino da un posto in cui c’è gente che prende su il telefono apposta per fartele ronzare nelle orecchie, così un bel giorno mi sono visto arrivare mio figlio che fino ad allora non mi aveva più rivolto parola...mio figlio, che mi accusava d’aver iniziato a spendere soldi che avrei dovuto a sua madre per farmela con le ragazzine...è stata l’unica volta che ho dato un manrovescio a Tommy...- sbuffò stringendosi un po’ nelle spalle – solo che Sìle quando l’ha saputo, mi ha detto che...per qualunque cosa ci sarebbe stata per me, ma che non sarebbe più entrata in casa mia se non per necessità e che non mi avrebbe più messo in una situazione simile, che mio figlio doveva venire comunque prima di tutto, e senza darmi tempo di replicare è sparita...e la promessa l’ha mantenuta sai?-
Liam non commentò...era un po’ troppo preso a constatare una volta di più, con avvilita rassegnazione, quanto meschina potesse essere la gente a volte.
- Quando John è morto andai io a dirglielo...- aggiunse dopo qualche secondo, quasi fosse una cosa che esitava a dire a Liam per paura della reazione – ci andai io perché fui il primo a saperlo e mi affannai per correre da lei, prima che qualcuno glielo andasse a riferire...era già una tragedia per lui povero ragazzo, ci mancava solo che quelcuno andasse a rigirare il dito nella piaga anche a lei...tutti le davano la colpa di tutto, ma la verità è che John è stato uno stupido e per questo è morto! Se invece di infilare la prima porta che desse su un fiume di birra e poi andarsi ad ammazzare in quel modo, si fosse fermato ad ascoltarla, e lo so che non l’ha fatto perché ero lì davanti, John lavorava per me a quell’epoca e è successo davanti a me, forse sarebbe arrivato a trent’anni quel caprone! -
- Calmati Charlie, dai...- disse Liam gentilmente, menttendogli una mano sull’avambraccio, facendogli notare che si stava infervorando in modo un po’ troppo indiscreto – è tutto a posto...-
L’uomo si guardò intorno un po’ imbarazzato...
- Scusa...-
- Figurati...-
- Insomma volevo solo che tu capissi che non è per una fissazione malata che mi preoccupo di lei...ma perché nel momento peggiore della mia vita, mi è stata più figlia lei di Tommy e per niente al mondo vorrei che stesse male -
Liam sospirò prima di parlare.
- Charlie, è ammirevole questa tua preoccupazione per lei, ma Sìle è una donna adulta...- gli disse – adulta, conscia di cosa vuole e dei rischi che corre, con me, come con chiunque altro dovesse venire dopo di me, cosa che in questo momento non spero minimamente perché non stavo così bene da anni, ma se io dovessi non essere quello giusto, se quello giusto dovesse essere...il quarto, il quinto, il decimo dopo di me, dovrà deciderlo lei, non è facendole da gendarme al fianco che le eviti il dispiacere...-
- Perché tu non dovresti essere quello giusto? Lo sai?- gli chiese allora Charlie, come sfidandolo a indovinare.
- Certo che lo so...ma se tu, come chiunque altro in questo buco di culo di paese, vi ficcaste in testa che un fotografo non è necessariamente un cazzo di puttaniere ingannatore con qualche fottuto potere ipnotico, ma un uomo normalissimo cui normalmente piace una ragazza che non somiglia per forza a una diva di Hollywood, mi fareste un gran favore...-
Gli uscì talmente marcato l’accento scozzese nel dire tante parolacce insieme, che Charlie gli scoppiò a ridere in faccia.
- Va bene, ho capito, calmati o ci buttano fuori!- gli disse indicandogli Gillian che si avvicinò sorridendo mentre Liam si scusava.
Lei però non fece storie, lo abbracciò da dietro spiaccicandogli tutta quella meraviglia di tette sulla schiena e facendolo arrossire.
- Perché fai arrabbiare questo bel bambino Charlie?- chiese all’uomo con voce suadente.
- Sparisci Gillian, c’ho appena fatto pace con questo bestione, non vorrei litigarci di nuovo...- rispose quello facendole cenno di staccarsi con un’aria che lasciava poco spazio a dei dubbi sul fatto che ci fosse più di un semplice rapporto di clientela.


Riaccompagnato Charlie a casa, aveva intenzione di farsi una doccia per rilassarsi un po’ e poi chiamare Sìle...insomma tutto piuttosto tranquillo e normale.
Quando rientrò però c’era qualcosa di strano…
La casa sembrava più buia di quanto non si aspettasse di trovarla e più fredda, molto più fredda, e poi era umida.
C’era odore di terra, di bosco, di umidità, quel sentore dolciastro nei vecchi boschi, quelli profondi e scuri, che affondano le radici nella terra molle e scura, pieni di muschio e mancava la luce.
Liam entrò comunque e siccome ci vedeva da entrambi gli occhi, capì di non essere solo.
Per una volta non ne fu tranquillizzato però.
Non era mai successo che nel cottage si presentasse così opprimente la sensazione di “qualcuno”, era incombente, minacciosa quasi.
Si fermò in mezzo al salotto buio, gli occhi fissi sulla finestra, respirando lentamente e profondamente…e man mano che si abituava a quell’oscurità, sentì che “quel qualcuno” lo osservava, sentiva un respiro affannato, spaventato e profondo, anche se impercettibile e vide due piccoli occhi scrutarlo da un angolo buio, due occhietti luminosi, ma non era il solito gatto-fata.
Era qualcosa di più piccolo e si appiattiva sotto un mobile.
Qualcosa nell’ombra brillava lì vicino, qualcosa di rotondo e riflettente e Liam era troppo attaccato ai suoi strumenti del mestiere per non riconoscere al volo un filtro polarizzatore che gli fece dimenticare all’istante quella sensazione di minaccia che aveva provato entrando.
- Eh no eh?- brontolò avvicinandosi alla creaturina e chinandosi per recuperare il dischetto di vetro oscurato - piccolo rapinatore! Ma lo sai quanto costa questo coso?-
Mentre si riprendeva il maltolto, sentì un versetto risentito, indispettito e vide una qualcosina, che doveva essere un braccio, che fuoriusciva da sotto il mobile, poi subito dietro il resto del suo visitatore protendentesi verso di lui con un po’ di sforzo(forse si era un po’ incastrato lì sotto), nel chiaro tentativo di raggiungere il suo prezioso bottino, che però, un attimo dopo, con l’aria d’essere piuttosto combattuto, si rintanava di nuovo sotto il mobile e mugugnava con un tono abbastanza ben interpretabile.
Sembrava dicesse “Se potessi ti farei vedere io!”
Era evidente che l’esserino fosse molto affascinato dal polarizzatore, ma troppo spaventato per uscire, però a Liam venne il sospetto che non fosse lui, a mettergli paura, perché non stava facendo niente per celare la sua presenza…anzi, chinandosi quasi radente il pavimento, vedeva abbastanza chiaramente l’ombra sotto il mobile: doveva essere una palletta di pelo morbido, si capiva piuttosto bene.
Liam poi si diede un’occhiata intorno…sentì uno spiffero d’aria gelida arrivare da qualche parte, ma quando capì la direzione da cui proveniva, si accorse di qualcos’altro che si celava al suo sguardo nel buio… come un enorme ammasso di stracci e foglie e erba, raggomitolato o forse solo ingobbito, rannicchiato contro una parete...no...contro la porta.
Stava rannicchiato contro la porta della cucina, stranamente chiusa...stranamente perché lui, ormai sapendo di quel “gatto”, non la chiudeva mai perché quello potesse arrivare facilmente al latte senza fare disastri.
Aveva una strana sensazione in corpo guardando quella cosa, un’inquietudine profonda, un senso di freddo dentro, di un po’ di paura anche forse, eppure chiunque fosse, tutto era meno che imponente...ma aveva qualcosa di un po’ raccapricciante, anche perché sembrava raspasse un po’ in fondo alla porta, come un cane o qualcosa di simile, ma aveva le mani...mani lunghe innaturalmente lunghe e poi c’era quell’altro esserino...quello sotto il mobile che ne aveva paura.
Qualcosa nella sua testa gli suggerì che fosse meglio uscire e rientrare dal retro, ovvero direttamente in cucina, almeno per capire cosa stesse cercando dietro quella porta.
Camminò all’indietro, senza perdere di vista quella cosa...trovò a tentoni la maniglia e uscì di nuovo.
Il giro attorno alla casa lo fece lentamente, si affacciò alla finestra e si concesse una sbirciatina all’interno, per vedere se fosse ancora lì e sì, c’era, si accostava col viso alla porta, come annusando...poteva avere un profilo femminile, ma non se ne potevano distinguere i lineamenti, troppo buio e “Lei” sembrava avere la pelle dipinta di scuro, come a volersi confondere in quell’ammasso di foglie che la ricopriva.
Sembrò accorgersi di lui solo allora...si voltò con uno scatto del capo che si sarebbe detto più tipico d’un uccello, aprì la bocca e probabilmente emise un suono di qualche tipo, ma Liam non lo udì.
Solo che quegli occhi li vide: anche quelli sembravano d’uccello, neri, senza pupilla, e lo guardavano, lo toccavano quasi...e lo disturbarono talmente che distolse lo sguardo e si appiattì contro la parete.
No, non era spaventato, però inquieto sì...un’invasione così tangibile e scoperta in pieno svolgimento non gli era ancora capitata.
Continuò a muoversi verso il retro e si bloccò di nuovo: quella di porta, era aperta e non doveva esserlo.
- Ma che è successo?- bisbigliò tra sé mentre si fermava sulla soglia e constatava che la porta era stata aperta senza venire forzata, ma non lo stupiva, la serratura era allentata da tempo a detta di Charlie, bastava rimetterla in sede e si chiudeva tranquillamente.
Mentre controllava la porta, urtò qualcosa con un piede e si accorse che qualcuno aveva sparso due chiodi arrugginiti, un pezzo di ferro non meglio identificabile, ma ugualmente arrugginito e una vecchia molla lungo l’entrata.
Si chinò a raccoglierli, ma fu proprio in quel momento che sentì un lamento urgente e dei piccoli passi frettolosi avvicinarsi, rompendo un silezio fino troppo ostinato, in cui l’unica cosa che si sentiva era il raspare insistente di quella creatura oltre la porta della cucina.
Sollevando gli occhi vide Lily, piccolissima e intimidita, il ditino sempre sul labbro inferiore in una tacita richiesta di perdono per l’intrusione.
- Lily...- la chiamò lui – che ci fai qui da sola?- le chiese mentre la piccola gli andava vicina, gli prendeva la mano e gli toglieva il chiodo rimettendolo dove stava e pestava un piedino in terra come a ordinare che on venisse toccato.
- Deve stare lì...ho capito..- bisbigliò lui mentre la lasciava accoccolare contro il suo petto su sua richiesta e la controllava addosso per capire se stava bene.
Un po’ interdetto si guardò intorno e vide che i chiodi erano anche davanti alla porta della cucina e davanti alla porta c’era una sedia su cui probabilmente la bimba era salita per incastrare un coltello nella fessura tra stipite e battente, appoggiadolo sopra la maniglia.
- Quello l’hai messo tu lì?- le chiese notando anche che il cassetto in cui erano riposti tutti gli altri, era aperto.
Lily gli fece cenno di sì con la testolina.
- Oh Dio, ma è pericoloso Lily, non si gioca con quelli...- sospirò sollevandola tra le braccia e avviandosi verso la porta per spostare la sedia e togliere da lì quel coltello.
Lily però appena lo vide toccarne il manico, lo fermò di nuovo, spaventata e proprio in quel momento, quella creatura lì fuori, si mise a raspare più furiosamente, emettendo anche una specie di sibilo nervoso, la porta si muoveva sotto le sue spinte e Liam quindi capì che forse non era prudente toccare niente, che se Lily era stata al sicuro fino a quel momento, lo sarebbe stata ancora per un po’...almeno il tempo di avvertire Sìle.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Impegni ***


Capitolo 15 –

ancora da rileggere con accuratezza ^^’ mi scuso per eventuali castronerie


- Ma come hai ritrovato Lily nella tua cucina?-
“Sìle, ti prego, possiamo parlarne dopo? Io non riesco ad uscire dalla cucina, Lily non mi molla, è spaventatissima e la fuori c’è una specie di sacco di foglie che raschia contro la porta, questo è il massimo della spiegazione che riesco a darti per telefono...”
- Va bene...tu non togliere...-
“Il coltello dalla porta, va bene, ho capito...” rispose lui con un po’ di insofferenza, anche se Sìle sapeva che era solo perché lo spiazzavano e irritavano un po’ quelle raccomandazioni tipo “Hai dell’erba di San Giovanni in tasca?”.
Liam non era tipo da far dipendere la sua vita da qualche ramoscello intrecciato attorno a un vecchio ferro arrugginito nascosti sotto la giacca.
- Scusa, arrivo!-
- Arriviamo...- disse la voce di Dorcas mentre Sìle riattaccava.
- Come ha fatto Lily ad uscire?- le domandò girandosi a guardarla molto seriamente, severamente quasi– Dorcas non è che te ne sei andata in gita al cottage nel bosco vero?-
La donna la guardò quasi sprezzante.
- Non meriti neppure risposta streghetta, lo sai che quando Lily è sotto la mia responsabilità, me la porto dietro dovunque-
Sìle sbuffò e si passò le mani sul viso...guardò l’ora.
Aspettavano dei clienti, ma per esperienza era più facile che arrivassero più tardi, quindi calcolò che la casa poteva rimanere incustodita per una mezz’ora.
- Dai andiamo...- sospirò indossando il cappotto e la sciarpa, prendendo le chiavi dell’auto, il cappottino di Lily e correndo fuori.
- Aspettami! Ti ha morso una tarantola? – protestò Dorcas.
- Sono preoccupata, ti stupisce?- le chiese aprendo lo sportello e mettendosi alla guida mentre l’altra le andava incontro con la sua corsetta caracollante.
- C’è Liam con lei no?- ribatté sedendosi al suo fianco e chiudendo la portiera.
- Liam non può prendersi responsabilità che sono nostre Dorcas, non posso chiederglielo...non siamo così avanti – rispose Sìle mettendo in moto.
Quando arrivarono al cottage andarono direttamente sul retro e trovarono Liam seduto sui gradini con la bimba seduta tra le gambe, avvolta dalla sua giacca, più che avvolta sommersa anzi.
- E’ vero...- le stava dicendo – è un animaletto che ha il becco come una papera, le zampe palmate, sai no? Quando tra le dita c’è la pelle...serve per nuotare meglio, nuota benissimo, e ha una bella pelliccia marrone, morbida come...hai mai visto un castoro? O una lontra?- Lily scosse la testa con espressione attentissima, la boccuccia aperta e meravigliata e Liam sgranò gli occhi – non hai mai visto un castoro? Ma che ti fanno guardare quelle due streghe?- le chiese sorridendo e strizzandole il nasetto tra due dita – un giorno te li faccio vedere allora...anche un ornitorinco...uno piccolo così- le disse mimando delle dimensioni davvero minime di fronte a cui Lily sembrò un po’ scettica – era un cucciolo...come te -
Sentendolo parlare così con la bambina, Sìle ebbe un moto di felicità che le chiuse la gola e quasi la fece dimenticare del perché fossero lì, lei e Dorcas.
Non era la prima volta che vedeva Liam rappostarsi con Lily, anzi, la bambina si era dimostrata fin da subito amichevole nei suoi riguardi, ma non li aveva mai visti tra loro nell’inconsapevolezza della presenza sua o di Dorcas e vedere Lily così conquistata da Liam e lui così disponibile nei suoi confronti, le fece effetto.
In quel momento Lily le vide e le indicò a Liam, ma non si mosse da dove si trovava.
Liam fece loro un cenno con la mano e sorrise a Sìle.
- Signore...- disse – io e Lily stavamo discutendo di etologia...- spiegò alzandosi in piedi.


- Io torno indietro con Lily, Dorcas voleva dare un’occhiata però...- annunciò Sìle mentre Liam, cingendole le spalle in risposta a lei che gli circondava la vita, la accompagnava alla macchina.
Con l’altra mano accompagnava Lily che, un po’ goffamente vista l’altezza di Liam rispetto alla sua piccolezza, cercava di tenere il passo.
Liam annuì guardando la bimba, poi guardò lei.
- L’hai vista bene quella cosa?- gli chiese alludendo a quell’essere che lui aveva spiegato trovarsi al di là della porta della cucina.
Lui scosse la testa.
-No, ma non era la vecchia Annie se è quello a cui pensi...- rispose intuendo che lei stesse pensando ancora alla sua visione – e poi magari è sparita e non la rivedremo più...-
Sìle annuì, si chinò a caricare Lily in macchina, chiuse lo sportello e poi si rivolse di nuovo a Liam sollevandosi sulle punte per dargli un bacio.
- Scusa il disturbo...- sussurrò sulle sue labbra.
- Ma no, era tutto un piano per farmi lasciare solo con Dorcas...- scherzò lui di rimando, facendosi un po’ più serio poco dopo – ma perché Lily era arrivata qui da sola?- le chiese abbracciandola.
Sìle scosse la testa pensosamente.
- Non lo so...è sempre più imprevedibile...-
Liam fece un sospiro e si schiarì appena la voce prima di parlare.
- Senti...senza girarci più tanto intorno...- prese a dire – Lily non è come me vero?- le chiese.
Lei lo guardò da sotto in su, quasi con un po’ di imbarazzo, scosse la testa.
- Eh no...-
Lui scosse la testa insieme a lei.
- Allora è come...- non completò la domanda, ma Sìle intuì alludesse a lei, che la domanda fosse “Come te?”e quindi scosse di nuovo la testa.
- No...-
- Ne rimane una...-
- Eh già...-
Liam non lo disse, ma Sìle non se lo aspettava, semplicemente constatò la realtà dei fatti e da lì in poi sarebbe andato avanti, cosa che rasserenò molto la ragazza: era solo per chiarire, per lui bastava.
Gli sorrise e gli diede un altro bacio.
- Porta Dorcas a vedere quella cosa...- gli disse aprendo lo sportello e sedendosi – ti aspetto stasera?- gli chiese poi.
Lui le fece un sorriso.
- Sì...ah! Abbiamo la benedizione di Charlie Moore, se ti interessa...-
Sìle fece una risata mettendo in moto.
- No, non mi interessa...mi interessa solo la tua convinzione...-
- Ma devo proprio chiedertelo esplicitamente di metterti con me? Eppure sei una ragazza intuitiva...-
- Intuitiva, hai detto bene, non presuntuosa...un po’ come te...- gli rispose – e comunque, se tante volte me l’avessi appena chiesto, sappi che ti ho appena risposto di sì...- disse.
Lui sorrise a mezza bocca, con gli occhi sornioni e le fece cenno di partire.
- Sparisci streghetta...ci vediamo dopo...-
Lei gli soffiò un altro bacio e partì lentamente e mentre la Mini si allontanava, Lily si girò e lo salutò con la manina: sembrava impossibile ma aver sentito Sìle dire che se le avesse chiesto una cosa del genere gli avrebbe detto di sì, lo aveva fatto stare bene.
Quando rientrò in cucina, prese la giacca dal tavolo dove l’aveva lasciata Sìle dopo averla tolta a Lily e guardò Dorcas che esaminava la stanza.
Gli raccomandò di non richiudere la porta dietro di sé e lui così fece.
- Questi chiodi qui, questi pezzi di ferro, chi li ha messi?- domandò poi.
Liam frugò nelle tasche della giacca per prendere una sigaretta e mentre se la accendeva rivolse gli occhi verso la donna che teneva in mano uno dei chiodi.
- Lily...- disse posando pacchetto delle sigarette e accendino sul ripiano della cucina – e ha anche preso una sedia, frugato nel cassetto lì e messo quel coltello dove lo vede...- le spiegò indicandole prima il cassetto aperto, poi la porta della stanza.
Dorcas annuì pensosa...
- Ripetimi cosa ha visto entrando...- disse quindi togliendo il coltello dalla porta, posandolo vicino all’accendino di Liam e con lui i chiodi e quella vecchia ferraglia...poi girò la maniglia...
Liam si rese conto allora che non si sentiva più quell’insistente raspare e non avrebbe saputo dire da quanto taceva.
- Stia attenta...-
La donna scosse la testa e aprì la porta.
- Non c’è niente qui...- sussurrò – nulla che impedisca d’aprire...vieni...- gli disse invitandolo con la mano – raccontami...- ripeté mentre si inoltrava nel corridoio e poi verso il salotto.
Liam la seguì soffiando via un po’di fumo e procurandosi un piccolo posacenere nell’oltrepassare un mobile.
- Sono entrato e la casa era fredda, troppo fredda, e aveva l’odore di quando piove nel bosco o...c’è molta umidità e la prima cosa che ho notato è stato il solito vedere anche dall’occhio che non dovrebbe farlo...- iniziò chiudendosi la porta della cucina alle spalle, ma poi fermandosi per dare istintivamente un’occhiata al fondo, dove stava accovacciata la creatura – per inciso continuo a vedere anche con quello, quindi...- specificò senza finire di chiudere.
C’erano delle strisciate di terra e verdognole, come di clorofilla, nulla di più.
- Non siamo ancora soli, lo so...- rispose lei guardando intorno – continua...-
Liam si guardò intorno a sua volta e le indicò il mobile sotto cui era rintanato l’esserino.
- Ho trovato il filtro polarizzatore vicino a quel mobile...e quando l’ho raccolto mi sono accorto che quel piccolo ladruncolo di cui le avevo parlato, era lì sotto...una specie di grumo peloso grande come una noce di cocco che sembrava avere molto a cuore il mio polarizzatore, ma una gran paura dell’altra cosa che ho visto accovacciata contro la porta -
Dorcas, un po’ a fatica considerata la rotondità del suo corpo, si piegò e sbirciò sotto il mobile come aveva fatto Liam...il quale, con un po’ di esasperazione, notò che da lì sopra, il polarizzatore, era sparito e lui doveva rassegnarsi a rivederlo non prima di due o tre giorni.
- Scommetto che lì sotto non c’è più nessuno vero?- domandò a Dorcas che con una risatina si tirò su e gli mostrò qualcosa che stringeva tra pollice e indice – accendi la luce...- gli disse.
Lui obbedì, allungò la mano verso l’interruttore e si accorse che l’altra cosa, era rintanata nel sottoscala.
Fece finta di non notarla, accese la luce come Dorcas gli aveva chiesto e si avvicinò a lei dando un tranquillo tiro alla sigaretta.
Mentre esaminava il ciuffetto di pelo bruno con riflessi bluastri che la donna teneva in mano, le fece un cenno leggero col capo.
- Guardi dietro di me Dorcas...- le disse – nel sottoscala – aggiunse e quando vide che Dorcas aveva capito e visto e lo guardava di nuovo – è lei...- le disse sottovoce.
- La porta della cucina è aperta vero?-
Liam annuì girandosi ancora un momento verso la creatura che sembrava starsene rannicchiata e un po’ ansante contro il muro; insomma non era sicuro stesse ansimando, forse respirava solamente e l’altro esserino doveva aver approfittato che quella si fosse rintanata lì dentro per filarsela.
- Vieni...sediamoci un po’, vedrai che uscirà – disse Dorcas come stesse parlando di un animale selvatico – oh non sono poi molto diverse sai?- gli disse mentre si accomodava a sedere, quasi gli avesse letto nel pensiero – non sono animali, ma sono senz’altro un po’ selvagge in gran parte...-
Liam le si sedette vicino, con leggera incertezza in principio, ma poi capì che lei stava facendo volontariamente finta di non guardare quell’essere per farlo sentire libero d’andarsene.
- Sai le vecchie streghe come me...- prese a dire sorridendo – dicono da molti secoli che a volte succede una cosa alle persone, una cosa che si chiama “Essere Bosco”-
- Da molti secoli?- domandò Liam – complimenti, se li porta bene...- commentò con educata ironia.
Dorcas lo guardò, lui le rispose allo sguardo e si sorrisero, ma nessuno poté togliere a Liam una manata su un braccio.
- Stupido...-
- Mi dica, mi interessa...- la incoraggiò lui, ora senza scherzare.
Dorcas ovviamente aveva già avvistato il vecchio quaderno di Paulie che giaceva sul tavolinetto davanti al divano; lo prese e lo sfogliò un po’.
- Quando si usava quell’espressione riguardo qualcuno...- sollevò leggermente il quaderno mostrandolo a Liam – uno come Paulie ad esempio...- disse – significava che quella persona non era impazzita come si sarebbe detto nel modo più banale, significava che quella persona era andata a cercare sé stessa, nelle profondità più recondite del suo essere, si era andata a tuffare nella sua primitiva e più indomita natura...ed è lì...- mormorò facendo un impercettibile cenno a Liam verso le sue spalle, verso la creatura quindi, facendolo girare appena – che si incontrano quelle che fanno più paura...-
Qualcosa cadde, poi la porta della cucina sbatté come fosse stata richiusa da una forte folata di vento: l’odore di bosco umido che arrivò alle narici di Liam gli fece capire che la creatura era uscita...e mentre l’odore di bosco svaniva, anche la vista dell’occhio destro si affievoliva lasciando il posto alle solite ombre confuse.
Si sentì subito più tranquillo...
- Fai bene ad avere paura, ma non devi averne più del necessario – proseguì la donna sempre sfogliando il taccuino di Paulie – tutte, scatenano l’inquietudine, non c’è persona che le abbia incontrate che abbia lasciato il luogo dell’incontro a cuor leggero, è la loro peculiarità scuotere l’intimo dell’animo umano...è ipocrita, quella visione zuccherosa e rassicurante che ne è stata data nel tempo; la natura non è buona o cattiva, per lo più anzi è crudele, il meglio che puoi dirne è che sia...riconoscente, ma non è buona e non è generosa, da solo finché riceve e quando smette di ricevere, distrugge, anche a costa di sé stessa, ha leggi e regole inflessibili che vanno al di là del bello o del brutto...- disse senza distogliere gli occhi dal taccuino – e loro sono molto simili...anche quando si crede che stiano facendoci un favore, nella gran parte dei casi, lo fanno per loro divertimento e novantanove volte su cento, al favore, si affianca un danno...questo nei casi meno gravi – puntualizzò – altre volte arrivano ad uccidere...- concluse senza alcun tentativo di smussare la ruvidità delle proprie parole.
- E non dovrei averne paura?- domandò Liam un po’ incerto.
Dorcas lo osservò bene e con uno scintillìo negli occhi gli disse di no.
- Vedi...le streghe sono da sempre visitatrici e meta di visita da parte degli Sidhe, per noi è facile imparare a conoscerli...tranne per Sìle che ancora si arrabbia se uno Hob le mangia i crostini appena sfornati o si sveglia con un nodo tra i capelli...- disse dandogli una gomitata leggera con aria complice.
Liam sorrise pensando che proprio pochi giorni prima, Sìle era andata via da casa sua molto innervosita per un improvviso attacco allergico, o almeno così sembrava a lui.
“Io dod ho dessuda allergia! Bai avute!” gli aveva detto con due bei lacrimoni che colavano sulle guance dagli occhi arrossati come il naso completamente chiuso, il quale tanto per esasperarla un po’ di più la costringeva a parlare in quel modo un po’ ridicolo.
“No, certo...starnutisci per darmi il buongiorno...” aveva risposto lui porgendole il ventesimo fazzoletto di carta.
“Le allergie di questa stagiode?” aveva piagnucolato lei soffocando l’ennesimo starnuto appena in tempo per non esplodergli in faccia.
”Le allergie sono per tutte le stagioni...fazzoletto?”
“Liab! Per favore!” aveva esclamato un po’ esasperata dal naso tappato e dalle punzecchiature di lui, anche se l’offerta del fazzoletto l’aveva accettata all'istante.
“Di’di nuovo il mio nome ti prego, è fantastico!”
Fulminato con lo sguardo, aveva trattenuto l'ilarità, si era limitato a darle un bacetto su una mano e ad avvicinarle il pacco di fazzoletti che le aveva procurato praticamente appena sveglio, uscendo nel gelo di quella mattinata dopo essersi concesso una doccia semigelata per svegliarsi.
“Va bene non è un’allergia, sarà un raffreddore, ancora più probabile: Sìle hai anche tu qualcosa di umano no?”
Lei aveva sbuffato soffiandosi via un ciuffo di capelli dalla fronte e si era soffiata il naso.
“Quaddo mi sodo alzata stavo bede! Io lo so di chi è la colpa, adesso vado a casa e vedrai che bi passa tutto! Dorcas sa cobe fare...”
Detto questo si era alzata dal divano, era uscita dandogli un bacetto tra uno starnuto e l’altro e se n’era andata con la scatola di cleenex sotto il braccio.
“Non puoi guidare Sìle! Ti accompagno!”
”Vado a piedi, dod ci serve l’auto oggi...bi farà bede, vedrai...”
...ed era sparita nel bosco, con la sua scatola di fazzoletti sotto il braccio: gli aveva fatto tenerezza in quel momento, con quel broncino offeso e il naso tutto rosso.
Sulle prime Liam non aveva capito esattamente con chi ce l’avesse.
Quando gli aveva nominato Dorcas, aveva ipotizzato qualche strano esperimento erboristico o chissà che altro, ora che la donna però gli parlava di quelle cose, comprendeva che la stizza della ragazza era dovuta ad altro.
- Quello che sorprende di te...- riprese Dorcas ancora sorridendogli – è che sembri attirarle come il miele gli orsi; la stessa Lily è pazza di te dal momento in cui ti ha visto e di solito invece è più che recalcitrante con le persone che entrano nella nostra vita...perché ormai sai che la bambina...-
Liam le rispose con un “Sì” tranquillo e deciso, nient’affatto colpito, quasi come se lo aspettasse.
- Evidentemente sentono che sei in grado di capirle...lo stesso fatto che tu non tenti di scacciarle da te, ma anzi, ne sia amico a tuo modo...-
- Io loro amico? –
- Sì...che tu ti ci senta non conta molto, conta che loro ti ci considerino, certo non tutte, quella di prima ad esempio...- spiegò Dorcas indicando di nuovo verso la porta – o...la “Vecchia Annie”, come la chiami tu, non sono quelle che fanno amicizia, loro sono parte dell’Empia Corte nelle idee dei vecchi contafrottole come me e Paulie, è già tanto che La Nera abbia un nome, per lo più ignoriamo la loro identità...-
Liam sorrise ricordando tutti i racconti sulla “Unseelie Court”, il contraltare oscuro della benevola “Seelie Court”, quella che si aggirava di notte accalappiando ignari viandanti, trascinandoli in volo Dio sapeva dove e coinvolgendoli in una serie infinita di dispetti e angherie, percuotendoli e tormentandoli fino al mattino.
- Va bene, cercherò di ricordarmene e di non averne troppa paura...-
Dorcas si alzò in piedi soddisfatta e gli strinse una spalla.
- Non funzionano poi molto diversamente da un animale selvatico, te l’ho detto...tu sei uno che tra gli animali c’è stato un bel po’ no?-
- Sì...beh...ho una certa esperienza...-
- Ecco...è un bel vantaggio – concluse incoraggiante la donna avviandosi verso la porta accompagnata da lui – ti piace lo stufato alla birra?- domandò fermandosi di nuovo sulla porta.
Liam annuì senza esitare.
- Te ne preparo uno da leccarti i baffi, il migliore a sud del Vallo! Alle sei, mi raccomando!- gli ricordò mentre la voce si allontanava all’esterno.
- Presumo non le serva un passaggio vero?- chiese Liam rimanendo sulla porta e aspettando di sentirsi rispondere da lei che ormai aveva già svoltato l’angolo di casa.
- No, faccio due passi nel bosco!- fu la risposta.
Lui sentendola guardò verso il lago e con un sorrisetto rientrò: tanto ormai c’era abitutato a offrire loro strappi in auto che puntualmente venivano rifiutati.
- E che ti aspettavi?- mormorò nel muovere verso l’interno della casa.


Una volta solo in casa, si fermò poco oltre la porta cercando di abituarsi di nuovo al buio e al silenzio...
No, ora non c’era nessuno, nessuno a parte lui e i due gattini: ricomparivano solo in quel momento, dal piano superiore, dopo che probabilmente si erano rintanati da qualche parte, forse spaventati anche loro da quella strana cosa.
- Begli amici eh?- disse loro Liam mentre tornava verso il centro del salotto – lasciarmi solo e inerme contro la Fata Dentina!-
Entrando, prima di trovare Lily e di accorgersi di tutto, aveva lasciato la busta arrivata da New York sul mobile appena oltre l’ingresso, solo ora se ne ricordava.
La aprì e la lesse: veniva da Devon Cook, un vecchio amico inglese, stimato cartografo e naturalista, ormai praticamente cittadino statunitense, ma conteneva anche qualcos’altro.
Era qualcosa che aspettava da anni forse...e che portava stampate in alto a sinistra del foglio scritto a mano e firmato da uno dei maggiori nomi dell’istituto, quindi doppiamente importante, le tre letterine magiche: RGS, Royal Geographical Society.


“Scusa l’intromissione, ma volevo essere il primo a saperlo e io il primo a dirtelo!
Congratulazioni!


Devon”



Il biglietto proveniente da New York diceva solo questo.
Il resto lo diceva la lettera che veniva da Londra invece.
Diceva che la RGS da tempo seguiva e apprezzava il suo lavoro, come d’altronde anche lui sapeva visto che già in passato, per delle pubblicazioni, era stato fatto uso del suo nome e del suo lavoro e che, vista la ormai lunga conoscenza virtuale...


- “la Società” vuole finalmente fare un passo avanti e avvalersi della mia più diretta e costante collaborazione...-
“Benvenuto tra noi, ragazzo!” gli rispose George dall’altro capo della linea telefonica “c’è qualche proposta già allegata?”
Liam si rigirò in mano tutti i fogli e scosse la testa.
- No, non c’è niente, dice solo che...mi aspettano a New York per un incontro...-
“E perché New York?”
- Perché Devon ha mediato la cosa, è da sempre membro onorario, è un ex collaboratore a sua volta, finanziatore...non che abbia spinto perché mi chiamassero, ma ha tenuto d’occhio tutta la faccenda e siccome c’è l’inaugurazione di una nuova sede negli Stati Uniti il mese prossimo e gli piacerebbe esserci quando discuetrò i termini dell’ingaggio...-
“Certo, capisco...” rispose George dall’altra parte.
- Tu ci sarai a New York?- gli chiese Liam in parte per semplice informazione, in parte con la speranza di sentirsi dire di sì.
“Stavo meditando di mancare, ma se c’è un evento del genere in ballo, non posso, ma dimmi una cosa...”
- Cosa?- gli chiese Liam di rimando.
“E’ una mia impressione o non sprizzi entusiasmo da tutti i pori?”
- Non è che non mi entusiasmi, è che non me l’aspettavo...e poi...-
“Di’a zio Georgie....”
Gli strappò un sorriso che lo spronò a parlare anche se con un po’ di imbarazzo.
- E’per Sìle...- mormorò.
George sapeva che la storia stava proseguendo ormai, quindi gliene parlava con molta tranquillità.
“Pensi che non sarà contenta?” gli domandò l’amico.
Liam rise leggermente.
- Scherzi? Sarà contenitssima, ne sono sicuro...solo che ho appena finito di dirle che mi piacerebbe se riuscissimo a decidere che stiamo insieme e...insomma non lo so...voglio dire, è abbastanza prevedibile che se ti ingaggiano, tu debba essere disposto anche a spostarti per periodi lunghi e non so come la prenderebbe se appena ventilato che vorrei provare a starci insieme più seriamente, le dicessi “Tesoro me ne vado in Madagascar per cinque mesi, ci vediamo a Natale”...-
“Ma è una cosa che hai sempre fatto...e che lei sa che hai sempre fatto...” commentò l’altro.
- E lei non è una che si possa dire incombente nella vita altrui, questo è vero, però...-
“Devi decidere qualcosa a breve?”
Liam rilesse brevemente la lettera.
- Devo far sapere entro un paio di giorni se sarò a New York, per ora solo questo...-
“E ci sarai, altrimenti ti ci porto io a calci in culo, è ora che tu riprenda a lavorare Liam...” lo rimbrottò bonariamente George.
- Ma certo che ci sarò...non è quell’incontro il problema, il problema è che non vorrei che lei pensasse che...- sbuffò lui un po’ innervosito in cerca di una risposta da dargli – magari io creda che la mia vita abbia la precedenza sulla sua...-
“Allora portala a New York...” suggerì abbastanza logicamente George “portala con te, falle capire qual’è la tua vita e quale potrebbe essere se accettassi quell’ingaggio”
- Ho paura non sia così semplice...lei non può allontanarsi da qui, ha una bambina a cui pensare e non è una bambina facile, so che se potesse, non si farebbe pregare...comunque penso di poterle parlare abbastanza chiaramente già io, non credo occorra portarla a vedere come si discutono certe cose -
“E poi non è certo una stupida da come ne parli...”
- Ma no che non lo è, proprio per questo voglio essere sicuro che non la prenda male, non abbia dubbi...-
“ E se ce l’avesse?” domanda inevitabile “Liam se avesse da ridire...che faresti?”
- Devo essere sincero?- chiese lui di rimando e l’altro gli disse di sì, allora, con un sospiro un po’ pesante rispose – credo che rifiuterei...- disse – lo so che perderei un’occasione che aspetto da secoli, ma è anche vero che io così bene non sono mai stato ed è grazie a lei...e io non credo di volerci rinunciare. In fondo non ho di che lamentarmi e questa collaborazione con la RGS sarebbe sì una soddisfazione immensa, ma la mia vita non sarebbe diversa da com’era prima di incontrare Sìle e invece diversa lo è ora, con lei...e mi piace così, anche se non so ancora bene cosa sento...-
George invece di mettersi a ululare e ringhiare e smaniare come si sarebbe aspettato, emise soltanto uno sbuffetto divertito.
“Buon Dio, credevo non te l’avrei mai sentito dire...”si limitò a commentare.


Quando arrivò da Sìle e Dorcas, per poco non gli si sciolsero le gambe dal profumo di stufato che si sentiva in cucina...
- Deve proprio volerti bene sai? Non si impegna mai così tanto per un ospite...- gli disse lei prendendolo per mano dopo avergli appeso la giacca all’attaccapanni, poi però lo trattenne leggermente e se lo tirò contro – aspett, aspetta...- bisbigliò sollevandosi in punta di piedi per annusargli il collo ed emettendo un sospiro quasi beato a sentire il suo profumo –mh...ero in astinenza, scusa...- si giustificò concedendosi anche un morsetto prima di lasciarlo andare.
- Ma ti pare...- le rispose lui dandole un bacetto su una guancia e poi lasciandosi tirare verso la cucina.
- E’ arrivato...- annunciò Sìle lasciando andare una risatina e girandosi verso di lui con aria di rimprovero dopo che si fu sentita dare una bella tastata sul sedere – fermo!-
- Hai cominciato tu!- ribattè lui sottovoce prima di vedere Lily che gli correva incontro con un gran sorriso.
Chinandosi per accoglierla, vide Sìle che gli scoccava un’occhiata a metò tra l’indispettito e il malzioso: le rispose con una linguaccia prima di dedicarsi a Lily.
- Ecco la piccola fuggitiva...lo stai prendendo per vizio eh?- disse alla bimba mentre la prendeva per le bretelline della salopette e la portava fin quasi in cucina uso valigia.
Lily tutt’altro che messa a disagio da quella presa, fece un risolino mentre lui la sollevava meglio e se la accomodava col culetto nell’incavo del braccio.
E anche il fatto che ormai avere Lily vicina coincidesse con un recupero della vista dall’occhio destro, non era più un fattore degno di nota.
- Così vengo trattato di lusso stasera?- chiese vedendo Dorcas presa ai fornelli.
La donna annuì solennemente mentre Sìle, vicina a lei, preparava altre cose.
- Anzi mettiti seduto, tra poco si mangia...-
- Se serve una mano...-
Sìle lo guardò attraverso un paio di ciocche di capelli un po’ ribelli e sorrise.
- Ne hai già una occupata da Lily...è abbastanza come aiuto – gli disse, poi si girò verso il tavolo, portando alcune cose che mancavano.
- Niente furti di crostini stasera?- domandò ironicamente lui.
- L’ho neutralizzato prima...- rispose la ragazza orgogliosamente, dopo aver capito che Dorcas doveva avergli raccontato di Hob – ho lasciato un’infornata di crostini appositamente per farglieli rubare...tu piuttosto? Hai più nessuno in casa?-
Liam scosse la testa.
- No...no, nessuno che io abbia visto almeno, ma non ho neppure più il mio polarizzatore...non conto di rivederlo prima di due o tre giorni – sospirò sistemandosi Lily a sedere a cavallo di una gamba – ah...- aggiunse poi richiamando l’attenzione di Sìle – poi c’è una cosa di cui vorrei parlarti...- le disse.
Lei si girò, lo guardò un momento con l sopracciglia un po’ aggrottate.
- Una cosa grave?- gli chiese.
Liam scosse la testa e le sorrise.
- No...solo una cosa che vorrei dirti, che vorrei che sapessi, che mi dicessi cosa ne pensi...-
Lei annuì, ma si vedeva che l’aveva un po’ preoccupata quel discorso...e infatti, finito di mangiare, si rintanò con Liam nella piccola serra sul retro della casa.
C’era parcheggiata un’auto lì fuori, una delle due dei clienti arrivati quel giorno che però, essendo coppie piuttosto giovani, se n’erano andati verso Carlisle per cercare qualche locale in cui passare la serata.
La pioggia provocava un suono costante e gradevole che accompagnava delicatamente i loro discorsi sussurrati, Liam dava le spalle a Sìle che gli massaggiava il collo con amorevole dedizione.
Dorcas era al piano di sopra a mettere a letto Lily.
- Così devi andare fino a New York per firmare un contratto con la Royal Geographical Society, che invece ha sede a Londra...e vuoi sapere cosa penso di questo?- gli domandò.
Liam la guardò da appena sopra la spalla sinistra, dove era sicuro di vedere.
- Voglio sapere cosa pensi della possibilità che io torni a lavorare a pieno ritmo...-
- Penso che ne saresti molto felice, faresti quello che ti piace...ti manca muoverti e viaggiare, lo sento da come mi racconti le cose...- gli rispose.
- Beh grazie del pensiero, ma io voglio che tu mi dica come la vedi tu...per te...- ribatté Liam prendendole la mano che gli teneva attorno al collo adesso.
Sìle gli fece capolino da sinistra.
- Mi stai chiedendo di entrare in una decisione che riguarda la tua vita?-
- Ti sto chiedendo di entrare tu, nella mia vita: dopo un mese credo d’essere abbastanza grandicello da capire se una donna mi piace seriamente o no e voglio sapere come vedi questa cosa...-
Sìle gli si appoggiò col mento alla spalla, fissandolo e lui, capendo cosa stava pensando, sorrise.
- Non lo so se ti amo ancora, no! Però...- le disse, poi sempre tenendole la mano, la legò letteralmente col suo stesso braccio e se la accostò al petto in un modo che a Sìle sfuggì un po’, si ritrovò imprigionata in quel modo senza accorgersene e rise un po’, esponendogli il collo che lui baciò morbidamente – aggiungiamo un altro pezzo: sono sicuro di volerti lasciare campo libero per fare sì che succeda -
Sìle gli appoggiò una tempia alla guancia e intrecciò una mano con la sua, cogitabonda, mentre lui le dava un bacio sulla testa e si riappoggiava a lei.
- Se accettassi quell’ingaggio, staresti via molto spesso e molto a lungo vero?- gli chiese.
Liam annuì.
- E’ una delle possibilità, la peggiore diciamo...-
- Ma a te piace...-
Lui sentendola rispondere così, sospirò e guardò davanti a sé.
- Sì che mi piace, ma...- si accorse che forse quella era la prima volta che si trovava davvero a voler scegliere la strada meno comoda -...io non sono un apolide, non ne ho l’istinto. Sono un viaggiatore, uno che ama girare, curiosare, fermarsi qui o là per capire che gente c’è, ma se ho un buon motivo per considerare casa un certo posto, sono ben contento d’averlo...-
- E c’è un posto che consideri casa?- gli domandò lei abbandonando la testa sulla sua spalla con un sospiro.
Lo sentì annuire.
- Ci sono dei posti, sì...solo che in nessuno c’è qualcuno per cui rinuncerei a una cosa del genere...- sussurrò lui per poi girarsi verso di lei e guardarla intensamente, ricevendo uno sguardo altrettanto intenso in cambio – e invece ho come l’impressione che qui quel qualcuno inizi ad esserci...-
Sìle mascherò l’impeto di emozione che le serrò la gola con un sorriso pieno di timidezza.
- Parlo di Garlicky ovviamente...- specificò lui scherzando e facendola ridere più apertamente.
In quel momento si aprì la porta d’ingresso, dall’altro lato della casa e le risate degli ospiti di ritorno li interruppero e dietro di loro, la seconda auto venne nuovamente parcheggiata.
Il ragazzo che uscì dall’abitacolo, vedendoli, rivolse loro un cenno di saluto.
- E’la prima volta che vedo le vittime sacrificali delle streghe del lago...- commentò Liam concludendo la frase con aria lugubre, un po’ da horror, strizzando l’occhio a Sìle – chissà se uscirò vivo da quella porta?-
- Che scemo che sei...- rispose lei dandogli un colpetto sul petto mentre i capelli raccolti un po’ alla meno peggio dietro la nuca, le si allentavano un po’ di più.
Lui la guardò di nuovo.
- Lo so che è inutile chiedertelo, ma...mi accompagneresti a New York se potessi?- le chiese a bruciapelo.
Sìle gli sfiorò le labbra con un bacio.
- Se potessi sì...- gli disse – a Londra ci sono venuta no?-
- Sì...-
- New York però è troppo lontana, non è un momento in cui mi sento di lasciare Dorcas e Lily sole per andare in un posto così distante...- lo baciò di nuovo e parlandogli sulle labbra gli disse – ne avrei voglia, credimi-
Liam annuì dopo averla baciata a sua volta.
- Mi fa bene sentirtelo dire...-
Si staccarono e lui si alzò dicendole che forse era ora di andare.
- Per l’altra cosa Liam...- gli disse lei accompagnandolo alla porta tenendolo per mano – non nego che mi peserebbe una storia troppo “interrotta” e troppo a lungo...- mormorò aprendo il battente e guardando lui che usciva e si fermava poco oltre la soglia girandosi poi verso di lei – però non voglio essere motivo di frustrazione..-
Lui le guardò la mano che ancora stava nella sua, pensoso.
- Te l’ho detto, quella è solo l’ipotesi peggiore...penso di poter trovare qualche buon compromesso. Volevo solo che ne parlassimo insieme...-
Sìle gli sorrise dolcemente e allungò una mano ad accarezzargli una guancia.
- E’ stata la cosa più carina che potessi fare...-
- Non guardarmi così, o ti costringo a tenere svegli i clienti – scherzò Liam di rimando portandosi la sua mano alle labbra per baciarne il palmo – meglio che me ne vada anzi...- disse staccandosi senza molta convinzione da lei che rise di nuovo.
- Sì...forse è meglio, ci rifacciamo domani – promise mandandogli un bacio ancora mentre lo guardava incamminarsi – e lasciami qualcosa che abbia il tuo odore piuttosto, per quando sarai a New York...- si raccomandò.
Lui le fece un cenno rassicurante mentre apriva l’auto, poi prima di entrare si girò.
- Parigi? – le chiese sottintendendo “è troppo lontana anche quella?”.
- Già meglio...-
Liam annuì.
- Me ne ricorderò...- promise con aria miancciosa prima di entrare in auto e chiudere lo sportello.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Legami profondi ***


Capitolo 16 –

Anche questo ancora da rileggere con cura :) comunque le due ndr sono riguardo una certa cosa scritta dal solito goblin, che invece di scrivere(io l'ho sempre riportato direttamente in italiano) "My sweetheart, my girlfriend"(ovvero "Il mio tesoro, la mia ragazza")ha scritto "My sweethear, my girlfried".
Le seconda è rigurado uno scambio di epiteti tra Sìle e Liam, lei gli da dell'Albinagh ovvero "uno di Alba", l'antico nome della Scozia in Manx, il gaelico dell'isola, e lui le risponde chiamandola "Galdragon", che è una parola Scots ma di origine nordica che significa "strega".



Trascorse il resto dell’inverno, arrivò la primavera e poi l’estate.
Liam riprese a spostarsi con una certa regolarità, ma era riuscito a spuntarla e a limitare le trasferte troppo lunghe.
L’unica volta che rimase fuori per un mese filato, fu per un lavoro che lo portò in Turchia e una volta tre settimane in Nepal.
Quando invece era a casa, o quella che ormai aveva imparato a chiamare così, cioè il cottage di Charlie, si dedicava con sempre maggiore attenzione a Sìle e Lily e Dorcas...
Lei era contenta di vedere che non gli costava fatica, aveva paura che si sarebbe annoiato, e invece si sbagliava.
Liam aveva voglia di fermarsi, aveva voglia di trovare un punto fermo, da tempo ormai, solo che fino a che non era arrivata Sìle nella sua vita, non si era mai sentito a suo agio...magari anche perché il suo concetto di “agio”, tutto sommato poteva anche andare d’accordo con la insospettabile frenesia che la vita a contatto con due streghe poteva portare.
Con la RGS aveva stipulato un contratto che lo impegnava relativamente poco come obblighi, o almeno non quanto non si sarebbe aspettato che gli concedessero e così, tra un mesetto nella Terra del Fuoco e qualche settimana in Nepal, per il resto, nel suo tempo libero stava iniziando a “specializzarsi” sul Regno Unito, l’Irlanda, le piccole e grandi isole d’intorno...
Windermere, Grasmere, Rydal, i Loughrigg Lakes e le placide e romantiche lande dei Laghi Centrali, gli stavano pian piano rivelando un aspetto della loro natura che gli era sempre sfuggito e se una volta le trovava...beh non noiose, ma in fondo non troppo diverse dai posti che conosceva dalla nascita e quindi forse meno ricche di attrattive, ora lo affascinavano assai di più.
Aveva ripreso a girare per la Scozia dopo anni che non lo faceva e si era accorto di quanto gli mancasse casa sua...
I piccoli villaggi di pescatori, le montagne brune e ventose, le scogliere a picco, le rovine.
Per la prima volta in vita sua, mise piede alle Shetland, che invece aveva sempre solo visto dal mare anche se gli sembrava impossibile.
Aveva finalmente trovato il tempo di esplorare il Galles, dove non era mai stato se non per brevi soste in porto a Swansea o Cardiff.
Si accorse di subire in modo particolare il fascino di quei luoghi isolati e lontani da tutto, nello spazio e nel tempo e in cui, chissà come mai, spesso si trovava un cerchio di pietre, un monolite eretto; ci si chiedeva se era quell’oggetto inerte, di una semplicità quasi inquietante a dare quelle suggestioni o se anche coloro che avevano deciso che lì, proprio in quel posto, era giusto mettere un simbolo del loro passaggio e del loro mondo spirituale, avessero percepito qualcosa emanare dalla terra, parlare nel vento come a volte ca pitava a lui, mentre aspettava che la luce cambiasse e regalasse qualche effetto nuovo.
Non erano diversi dai dolmen e i menhir della Bretagna o di gran parte dell’Europa, quello che cambiava per lui forse era che a quella terra lui apparteneva quanto quelle pietre...
Non si era mai soffermato su certe suggestioni, forse non si era mai fermato a guardare da dove veniva veramente e ora che aveva imparato ad ascoltare di più quello che viveva attorno a lui invece, lo percepiva quel senso di sacro, lo rispettava e rimaneva seduto sull’erba, ad ascoltare l’aria soffiargli intorno, senza disturbare la quiete di quei luoghi.
E in quei momenti non c’era nessuna piccola creatura attorno a lui, era solo, ma forse iniziava a capire alcune cose che gli avevano detto Sìle e Dorcas...la natura primitiva delle impressioni, le percezioni, le emozioni.
Quel confine labile tra quello che affascina e quello che spaventa...
Immaginare quale paura del mondo potesse avere chi aveva eretto quei monumenti, gli faceva lo stesso effetto che gli avrebbe fatto insegnare a sé stesso a camminare probabilmente: sarebbe stato stupefacente e spaventoso.
Quelle incisioni su pietre che sfidavano vento e pioggia da millenni come le pietre di Aberlemno, che facevano fare milioni di domande sul mondo di chi le aveva incise.
Un pomeriggio, ancora durante l’inverno, si arrampicò fino alla punta estrema di un paesino delle coste orientali della Scozia, Burghead, la cui unica attrattiva erano i rimasugli delle fondamenta di un forte pitto.
Non aveva alcun motivo d’andare lì, non c’erano belle foto da fare, non come nei dintorni, ma quando si trovò a fronteggiare il vento che lo schiaffeggiava dall’oceano, provò di nuovo quella sensazione di...emozione quasi, anche se pareva esagerato dirlo era così, un qualcosa di profondo, di intimo, quello che fa chiedere sempre “Chissà chi ha guardato lo stesso mare da qui...”
Quello che suggeriva immagini quasi leggendarie di figure dai capelli e la pelle bruciata dal freddo e dal vento, con mani nodose e facce severe e forse anche minacciose, il collo e i polsi ornati da gioielli semplici ma che attribuivano possenza a figure che nell’immaginario comune erano già per loro conto imponenti, nobili e autorevoli, per quanto selvagge.
Uomini che parlavano una lingua quasi sconosciuta ormai, che conoscevano come confine estremo neanche un quarto di quanto conosceva lui, eppure erano più forti e coraggiosi di lui.
Uomini che vedevano divinità nel fuoco, nelle tempeste...che vivevano di concetti semplici eppure incrollabili come onore, rispetto, valore in battaglia.
Che alla sua età erano già vecchi, quando non già morti da anni.
Per loro forse quello che lui aveva scoperto grazie a Sìle e lei stessa, erano normali, degni di rispetto, non di sospetto, magari loro erano più simili a lei, forse quando lei gli aveva detto che la differenza tra lei e gli altri stava nell’essere più in contatto con qualcosa di primordiale, alludeva a un sentire simile al suo di quei momenti.
Gli piaceva perdersi in quei pensieri, lasciare calare il sole e rimanere fermo fino a provare freddo.
In realtà gli piaceva da sempre, ma se n’era scordato, si accorse di stare dandole per scontate, che le atmosfere familiari e le sensazioni note nella sua mente erano qualcosa che era sicuro che non avrebbe mai scordato, che non aveva bisogno di provare di nuovo, che restare attaccato a qualcosa che lo legava alle sue radici gli sembrava rubasse posto a tutte le cose che negli anni aveva visto, assaporato, imparato, conosciuto...e invece non era così.
Iniziò a riviverle come fosse la prima volta.
Difficilmente c’era Sìle con lui quando succedeva perché quando c’era lei, era assorbito del tutto dalla sua presenza.
Lei non lo sapeva, ma guardarla lo affascinava almeno quanto lei si incantava a guardarlo dormire a volte, quando tornava da quei viaggi e passavano la prima notte insieme, immancabilmente la trovava sveglia o era lei che svegliava lui perché lo accarezzava, studiandolo con tutto quello che aveva a disposizione occhi, labbra, naso, mani, corpo, orecchie.
Le piaceva la sua schiena.
Guardarlo dormire nudo, a pancia sotto, cosa che lui faceva abitualmente, dopo essersi liberato del cuscino, con il bacino lambito dalle coperte con la luce fredda delle prime avvisaglie di alba, glielo aveva descritto benissimo, gli aveva descritto come si muoveva muscolo per muscolo.
Gli annebbiava la mente averla vicina ed era una sensazione che non veniva mai meno.
Lei credeva d’essere solo una ragazza normale, non particolarmente bella, non particolarmente fascinosa, non particolarmente sensuale in termini estetici, e non sapeva quanto si sbagliava.
Le carezze che gli faceva addosso, usando le dita, il palmo, il dorso della mano...muovendosi in quel modo morbido...erano una delle sensazioni più eccitanti che una donna gli avesse fatto provare, avevano qualcosa di leggermente animale...di felino in particolare.
L’impressione probabilmente era amplificata da quel riflesso a specchio negli occhi di lei, quando aveva voglia di lui, glielo leggeva negli occhi accesi di quel riflesso.
Insomma, finalmente era uscito del tutto e definitivamente da quel brutto periodo di spegnimento in cui era caduto dopo l’incidente, in cui gli era difficile sorprendersi o meravigliarsi o entusiasmarsi per qualcosa.
I momenti di malinconia o di malumore erano sempre meno frequenti, impazzire dietro oggetti misteriosamente scomparsi imprecando contro improbabili pallette di pelo, non gli sembrava così folle e anzi lo divertiva, rotolarsi nell’erba con una ragazza, era un gioco che si era di nuovo scoperto capace di fare...stava bene.
- E se chiedessi a Charlie di vendermi il cottage?- domandò a Sìle un giorno di fine giugno, mentre stavano un po' tranquilli per conto loro, su una coperta, in riva a un piccolo lago, di quelli intorno, più isolati e tranquilli.
Era sdraiato, le mani dietro la testa e stava guardando il cielo in cui le nuvole si rincorrevano veloci, chiudendo l’occhio destro che lo disturbava un po’ nell’osservazione.
Lei gli stava appoggiata al petto, sonnacchiosa e in vena di piccole coccole che avevano portato la sua mano destra ad accarezzargli la pancia da sotto la t-shirt.
- Lo mette in vendita?- sussurrò morbidamente.
- Se glielo chiedo non credo che farà storie...non lo affitta più da anni per via dei soliti probemini di cui sai e poi ne ha altri...-
Sìle si sollevò a guardarlo negli occhi con un sorriso dolce e gli baciò leggermente la mano mentre lui le scostava i capelli dietro la nuca.
- Quindi hai deciso di mettere radici...- azzardò senza nascondere la speranza di sentirsi dire di sì.
- Beh ho due gatti e mezzo...quasi tre considerato lo sgorbio, un goblin con velleità artistiche incomprese, una ragazza che non si convince ancora di piacermi con bambina a carico che fa spoletta da lì a casa sua almeno due volte al giorno...- rispose lui alludendo alle sempre più frequenti incursioni di Lily al cottage, oltre a quelle di Garlicky – una vecchia strega chiacchierona che adora farmi ustionare la lingua con i suoi intrugli...mi pare ora di iniziare a pensarci no?- osservò.
Lei sorrise e lo studiò bene, negli occhi e lui le rispose aggrottando le sopracciglia.
- Tu mi stai dicendo che ti sei affezionato a Garlicky?-
Liam sgranò gli occhi e levò un dito con fare ammonitore.
- Non mettermi in bocca cose che non ho detto, ragazza...come faccio ad essermi affezionato a una capocchia d’aglio?-
Sìle rise.
- E’ un nome come un altro, non prenderlo in giro…-
- No, non è un nome come un altro, puzza davvero d’aglio, me ne sono accorto l’altra mattina, ‘lho anche visto...- rispose lui – e poi non cambiare discorso...- le disse guardandola in faccia e allungando una mano a farle una carezza sulla guancia.
Lei rise appena.
- Hai paura di qualcosa tu per una volta?- gli chiese senza prenderlo in giro, anzi, intenerita.
Liam scosse la testa.
- Non è paura di te o di qualcosa che dipende da te...è un terreno quasi inesplorato questo per me, non mi sono mai trovato a chiedere ad una donna se...-
Sìle lo interruppe prendendogli il viso con una mano e gli baciò le labbra.
- Non chiedermelo infatti...- bisbigliò – fallo e basta - gli si sdraiò sul petto, circondandolo con un braccio e lui le posò una mano sulla nuca - io non chiedo altro che poterti avere più vicino, lo sai, ma non voglio che tu ti senta ingabbiato, è solo per questo che non ti ho mai chiesto se ti sarebbe piaciuto o se ne avessi l’intenzione...penso d’averti già condizionato abbastanza fino adesso...-
Lei fissava l’anello d’argento che le aveva portato lui dall’ultimo viaggio, lo rigirava attorno al mignolo: sapeva che non era un regalo “impegnativo” e per questo le era piaciuto ancora di più.
Era una cosa che lui le aveva portato perché aveva pensato che le sarebbe piaciuto ed era talmente vero, che lei non aveva avuto più dubbi sul fatto che lui si interessasse davvero a lei, a com’era.
Gliene aveva portate altre di cose, come le aveva portate a Dorcas e a Lily, ma quell’anello era qualcosa di speciale...
Non veniva dal Nepal, lo aveva trovato durante una tappa intermedia fatta in Italia, in un negozio che più che un negozio era un tana per topi e veniva da una piccola città di origini romane, su nel nord, una città massacrata da Attila, ma che doveva essere bellissima, dallo strano nome “Aquileia”, difficile anche da pronunciare per loro.
Era un piccolo cerchietto con un sigillo girevole che portava una “S” incisa creata dal collo sinuoso di una gru.
- Non mi hai condizionato, tu non mi condizioni mai...- le disse lui intrecciando le dita con le sue, proprio quelle della mano che lei stava guardando – non come intendi tu...-
- E come allora?-
- Tu non fai mai delle scelte in base a dei punti fermi?- le domandò lui.
Sìle allora si sentì più tranquilla e annuì.
- Va bene, ma non appoggiarti troppo di peso sul tuo punto fermo perché sei tre volte me...- si raccomandò scherzando.
- Un punto fermo tascabile...non ho mai detto d’aver intenzione di appoggiarmi- ribatté lui sorridendo, con aria sonnacchiosa mentre lei gli si stringeva di più addosso.
C’era l’aria profumata dall’estate, meno fascinosa, ma più rassicurante che in altre stagioni, e non era fredda, ma Sìle aveva solo una magliettina leggera indosso e rabbrividì leggermente quando una nuvola oscurò il sole.
Liam le fece scivolare la mano dalla nuca sulla schiena e le strofinò un braccio con l’altra.
- Hai freddo?- le chiese-
Lei scosse la testa e gli nascose il viso contro il collo.
- Se mi abbracci no...e poi ora torna il sole...- sussurrò, quindi dopo un attimo di silenzio indicò una grande quercia che li sovrastava, la sua chioma quasi vaporosa per quanto fitte erano le foglie – pioverà tra uno o due giorni...-
- In genere la gente non indica il cielo per parlare di cambiamenti del tempo?-
- E’ il vento...- rispose lei – il modo in cui scuote i rami, le foglie...come volesse mettere loro paura dicendo “Sto arrivando, attenti a voi!”...e poi non soffia dalla direzione da cui arriva la pioggia...- aggiunse dopo un sorriso in risposta a quello che lui aveva fatto riguardo al vento.
- Ma questa non è magia...questa è meteorologia popolare...-obiettò Liam.
- Io non ho mai detto che ora c’era qualcosa di magico nelle mie parole...e a proposito di magia...- si ricordò lei e lui annuì incoraggiandola a parlare – hai detto d’aver visto Garlicky o sbaglio?- gli chiese un po’ incerta.
Liam sospirò.
- In realtà non sono sicuro fosse lui, ma l’altra mattina mi sono svegliato con un fortissimo odore di aglio nelle narici...e...beh è strano, ma sono quasi certo che fosse appoggiato sopra il cuscino, molto vicino a me; lì per lì ho pensato a uno dei gatti, ce l’hanno il vizio di camminarmi intorno alla testa per svegliarmi, ma poi mi sono accorto che non c’erano, erano di sotto con te, ti sentivo parlare con loro, e intanto sentivo qualche rumore intorno, sembrava...- si fermò un attimo e rise ripensandoci – non somigliava ai passi dei topi, era proprio come il suono di piedi piccolissimi, non so se riesco a spiegarmi...come quando fingi di camminare con le dita di una mano sai?-
Sìle ridendo annuì.
- E la puzza d’aglio se n’è andata...poi non so...sentivo dei borbottii...i classici rumori di chi sta frugando dove non deve, tenta di aprire cose che non potrebbe mai perché sono troppo pesanti...comunque ho aperto gli occhi e ho visto un aggeggio alto un tre o quattro pollici che armeggiava con il tuo reggiseno, non chiedermi cosa volesse farci, ma non credo abbia i miei stessi gusti in fatto di donne...-
- E come lo sai tu?-
- Mi ha fatto il disegnino della sua fidanzata su un foglietto...-
Sìle a quel punto si alzò a guardarlo in faccia, incredula per una volta.
- Te lo giuro! Te lo faccio vedere, l’ho conservato...-
- Devi assolutamente infatti- replicò lei mettendosi a ridere.
- Deve aver capito qualcosa di quello che faccio...perché mi ha scritto, e spero di aver afferrato bene, che lui vorrebbe “uno di quei miei disegni” perché a lui non vengono così bene...-
- Liam giura che non mi stai prendendo in giro!-
- Sìle...ora non puoi fare tu la scettica: io e quel nanerottolo dannefice, a modo nostro, parliamo...lui mi scrive e io gli rispondo a voce, non so come ma mi sente dovunque io sia in casa, mi segue, avrà impiantato dei microfoni, ma tu non puoi tirarmi in mezzo a questo casino e poi guardarmi come se ti stessi dicendo fesserie!-
- Non ti guardo così...- rispose lei con un risolino sotto i baffi.
A quel punto quindi, per far salvo l'onore,la questione andava arricchita di qualcosa di più empirico che non la sua parola, quindi Liam la portò al cottage e le fece vedere il biglietto.
- Ora ci credi che il piccolo vandalo mi scrive?- le chiese tenendosi un gatto appeso alla spalla, ronfante e felicissimo – e come vedi ha pensato bene di prendersi un po’ di spazio anche su un mio libro di fotografia costato l’ira di non so quale dio, ma era davvero molto arrabbiato in quel momento...- sbuffò indicandole la pagina su cui era stato appiccicato il foglietto adesivo – io sono molto felice che abbia imparato ad appuntarmi le cose su post-it, ma pensi che si offenderebbe se gli proponessi di imparare che nella vita si va anche a capo e non serve invadere tutta la carta circostante?-
- E questa è la sua fidanzata?- chiese Sìle più persuasa.
Liam disse di sì.
- C’è scritto no? – ribatté lui.
- No qui c’è scritto “La mia dolce- ascolto, ragazza-fritta Bertha”(ndr)...- lesse lei ridendo dei soliti errori di ortografia e mentre Liam rideva appena, guardò il disegnino...beh non era molto più che un intreccio di bastoncini, con una pallina in cima per fare la testa, si poteva dire che fosse un messaggio Morse un po' sbilenco con qualche linea curva di una figuretta antropomorfa con gli occhi a croce e una gran massa di capelli – e questa è Bertha...che nome strano per una gnoma - mormorò Sìle indicandola a Liam.
- Però è un tipetto interessante no?- commentò lui accendendosi una sigaretta che aveva preso nel frattempo – mi piace l’appendice nasale uso formichiere – scherzò.
Sìle annuì ammirata.
- Attento perché se Garlicky pensasse che lo stai prendendo in giro si arrabbierebbe...-
- Credo d’aver capito che lei non ammette di amarlo, ma lui sa che è così...- disse lui senza lasciarsi spaventare, mentre soffiava via una tirata di fumo e intanto si grattava pigramente una spalla con la mano infilata sotto la manica della t-shirt.
- D’altronde è sgargiante, come potrebbe essere single?- commentò Sìle in tutta risposta.
Liam sbirciò un attimo fuori e sorrise, poi si girò a guardarla.
- Ci hai pensato sicuramente da sola, ma...- prese a dire – non è incredibile quello che hai in mano? Voglio dire a parte l’essere frutto delle incursioni di un goblin, alludo al fatto che scriva...e presumibilmente legga e...beh parli anche, perché lo sentivo borbottare l’altra mattina...-
Sìle chiuse il libro e lo mise da parte, poi si avvicinò a lui e insieme uscirono di casa e si misero a sedere sulla panchina lì davanti, lui sdraiato sulle gambe di lei.
- Magari gliel’ha insegnato Paulie...- ipotizzò Sìle accarezzandogli i capelli scuri tra cui iniziava a farsi strada qualche filo bianco che però non disturbava affatto.
- Sì ma quello che è incredibile è l’interazione...- rispose lui scuotendo la sigaretta tra l’erba, guardando il cielo – voglio dire...finché qualcuno mi dice che ha insegnato a parlare ad un pappagallo, o a uno scimpanzé una parola o due nel linguaggio dei segni, è normale ormai. Prendere un animale, adottarlo, rapportarsi quotidianamente con lui, e comunque ci vogliono mesi, anni...ma se davvero Paulie o un umano insomma, avesse insegnato a un folletto a scrivere...- si interruppe un po’ frastornato lui stesso da quello che diceva – a parte l’assurdità della cosa in sé che farebbe ridere a crepapelle chiunque, però significa che si rapportano anche molto intensamente con le persone, più che con me o con te forse -
- Ti stupisce?- gli chiese lei sorridendo.
Lui scosse la testa.
- No, mi affascina...- ribatté, poi fece un sospiro – è anche per questo che voglio chiedere a Charlie il cottage...- disse allungando una mano a prendere quella di lei – perché se qui ci venissero altri, quando mai potrei avere la stessa possibilità?-
Sìle però non recepì nel migliore dei modi quel discorso, si accigliò e si incupì.
- Non sono un progetto scientifico Liam, non puoi usarli come una specie sconosciuta di animali da gettare in pasto al mondo...- disse un po’ duramente, distogliendo gli occhi da lui.
- Non ne ho l’intenzione, neanche lontana...- rispose Liam senza risentirsi minimamente perché aveva capito la preoccupazione di lei forse scaturita da una sua espressione sbagliata – ma non voglio perdermeli...per me...- aggiunse, poi la richiamò a guardarlo e quando ebbe di nuovo la sua attenzione, anche se la vedeva ancora scettica, le spiegò – l’altra settimana sono stato a farmi controllare l’occhio...- disse – e mi hanno detto che le cose non stanno migliorando, ma non accennano a peggiorare, sembra che tutto si sia fermato e la probabilità che avvenisse era talmente scarsa che non era neppure presa in considerazione: il motivo per cui sono venuto qui e per cui non stavo bene, era anche che mi avevano pronosticato una possibilità altissima di diventare completamente cieco dall’occhio destro in tempi relativamente brevi e forse di rimetterci anche l’altro di conseguenza...-
- Non me l’avevi detto...- rispose Sìle facendosi più seria, ma più affettuosa.
- Non l’ho detto a nessuno, preferivo scordarmene anche io...comunque non importa, quello che importa è che...beh non c’entrano loro, Garlicky e compagnia, ma...uno dei maggiori motivi per cui ero a rischio era lo stress a cui sottoponevo l’occhio, mi sforzavo di vedere, d’istinto capisci?- spiegò e lei annuì – e invece da quando sono qui, io vedo normalmente sempre più spesso e senza sforzarmi minimamente perché, come mi hai spiegato tu, non è una vista fisica quella che ho di loro o quando ho loro intorno. Quindi in un certo senso grazie a loro, sto facendo un periodo di convalescenza che mi rimette in sesto – a quel punto si interruppe per dare un tiro alla sigaretta – ma secondo te...- riprese poi togliendola dalle labbra e girandosi verso l’erba per spegnerla mentre soffiava via l’ultimo tiro di fumo – a un luminare dell’ottica che mi chiede “Lei ha cambiato qualcosa in modo molto radicale nel suo stile di vita signor Kerr?”...posso rispondere “No dottore, sa...ho delle fate che infestano il cottage dove vivo attualmente e che compiono ogni giorno il miracolo che lei agogna di fare da tutta la sua vita professionale...”, mi farebbe rinchiudere all’istante ti pare?-
Sìle sorrise più tranquilla e annuì.
- Quindi credimi, è solo per una specie di senso di riconoscenza che voglio prenderlo io questo posto, prima che venga qualcuno a rovinarlo o a costringerli ad andarsene...secondo Dorcas è perché si sentivano disturbati che non comparivano più se non facendo dispetti pesanti -
Sìle lo guardò intenerita e si abbassò a dargli un bacio.
- Certo se Garlicky insiste, Bertha dovrò fotografarla prima o poi...- la avvertì Liam scherzosamente.
- Sono esibizionisti, non credere che non lo apprezzerebbero...-
Lui fece una faccia un po’ atterrita a testimoniare l’amplissima consapevolezza che aveva della cosa, poi dopo un attimo prese un sospiro profondo e si stiracchiò un po’.
- Ah! Devo andare a Douglas tra qualche giorno, te l’avevo detto?- chiese.
Sìle scosse la testa.
- A fare cosa?- gli domandò.
- Lavoro...- sospirò Liam scrollando appena le spalle prima di portarsi le mani dietro la nuca guardandola – con una troupe della bbc...devono fare un documentario sull’isola e la RGS vuole una documentazione fotografica, oltre naturalmente a tutte le immagini di backstage del caso...- spiegò.
Sìle fece cenno di sì con la testa.
- Non ci sono modelle...- tento di scherzare Liam, ma i risultati furono decisamente scarsi.
- No...- disse la ragazza a bassa voce e poi scuotendo la testa come a voler dare più forza a quella risposta che dava troppo bene a vedere che ci fosse qualcosa che non andava.
- Andiamo ti stupisce che una società geografica o la bbc possano avere interesse per la tua isola?- le chiese vedendola strana.
Lei disse di no, ma ormai sapeva di non potersi nascondere troppo a Liam e quindi lo guardò negli occhi quando lui le diede un leggero pizzico su una coscia.
- Non ti ho ancora chiesto di venire con me...- mormorò – e comunque anche fosse, non sarei io a dirti “Chiama la mamma, non puoi tornare a casa e non dirglielo”-
- Ma mi stavi per chiedere di venire con te...-
- Appena ho visto come hai cambiato faccia al nome Douglas, mi è passata la voglia, però mi avrebbe fatto piacere sì...-
Si guardarono per qualche momento, poi lui le sorrise dolcemente.
- Guarda che non ho paura delle suocere - scherzò riuscendo finalmente a strapparle un sorriso.
- So benissimo di essere innamorata di un impavido Albinagh...-
- Non buttarla sul revival culturale, galdragon(ndr), lo so che lo fai per distrarmi...ma un giorno o l’altro, e detto questo non entro più nelle tue questioni familiari, lo sentirai il bisogno di rivedere quell’isola...- le disse portandosi il palmo della sua mano alle labbra.
- Perché?- ribatté lei seriamente.
- Perché Eric non era tutto quello che avevi là...e che tu lo voglia o meno, un legame con quel posto ce l’hai e anche con tua madre e tua nonna...e loro non ti hanno fatto del male, ti hanno fatta diventare quello che sei, quello che senti, quello che pensi, e di questo secondo me dovresti ringraziarle perché è bellissimo quello che ho davanti ogni giorno – mormorò – a volte fa perfino paura...-
Sìle lo osservò stupita e incerta.
- Tu hai paura di me?- gli chiese temendo che lui le stesse confessando una cosa che le nascondeva da tempo.
Sapeva che non era così lucidamente, ma quel timore era qualcosa di assolutamente incontrollabile per lei.
Liam annuì.
- Certo che ho paura di te...- sussurrò – ho paura di stare male come tutti al mondo…- aggiunse e Sìle gli avrebbe chiesto di più, ma in primo luogo dal tono di lui capì che la questione era chiusa, non avrebbe aggiunto altro, si era già sbrodolato a sufficenza; in secondo luogo da lui, dal suo corpo, da dentro di lui, le arrivò come un’ondata che le chiuse lo stomaco e la gola e le fece capire che lui si sentiva in quel modo in quel momento e che era troppo facile approfittare di una debolezza che era in grado di sentire così chiaramente.
Inoltre vedeva lui guardarla negli occhi, coi suoi così puliti, chiari, in cui si leggeva evidentemente una richiesta di non insistere, che non c’era bisogno di chiedere altre spiegazioni, lo sapeva che quello che credeva d’aver capito era la cosa giusta e allora basta...un’altra volta magari glielo avrebbe detto più chiaramente.
- Ci sono riuscita alla fine?- domandò soltanto.
Lui le rispose con una linguaccia.
- Non gongolare stronzetta...- ribatté mentre lei si abbassava a dargli un altro bacio.
- Come faccio a non gongolare con uno così sdraiato sulle ginocchia? –
- E piantala lo sai che mi vergogno quando mi dici queste cose...- mugugnò Liam mettendo su quel broncio bambinesco che gli veniva sempre quando si sentiva fare complimenti come quello, poi mentre lei ridendo e prendendolo un po’ in giro gli chiedeva un altro bacio, la fermò con un dito sulle labbra - almeno a Liverpool mi accompagni però?- le chiese.
Sìle ci pensò un attimo.
- Posso fare di meglio...- gli rispose mentre lui si rimetteva a sedere e le infilava la testa sotto i capelli dopo averglieli sciolti.
- Mi risvegli la lussuria quando escogiti piani stregoneschi...- le disse solleticandole il collo – continua...- la incoraggiò mentre con la mano le si infilava sotto la camicetta e le sfiorava la schiena.
- Beh avrei una mezza parola con Ceday...e...- le sfuggi un sospiro – sì ma se fai così come te lo spiego? – gli chiese girandosi a cercare la sua bocca e sfiorandola dolcemente con le labbra - mi stai distraendo, non è buona educazione interrompere...-
- Ah scusa, vai pure avanti…- ribatté lui rinunciando a tormentarle il collo, ma sempre percorrendole la schiena con delicati sfioramenti delle dita che le davano la pelle d’oca.
- Che zanzara che sei – protestò lei rilassandosi sotto le sue mani – insomma stavo cercando di dirti che da tempo io e Ceday programmavamo una minifuga insieme da qualche parte, per spettegolare un po’...lei proponeva Dublino, ma potrei dirle di fermarci ad Anglesey o a Llandudno per qualche giorno, fino a che tu non torni e a quel punto potrei rispedire lei a Londra e io e te potremmo prenderci qualche giorno per noi...-
- Sicura?- le domandò lui sorpreso, fermando la mano – e Lily?-
Sìle sospirò e si strinse nelle spalle con aria tranquilla.
- L’estate non è mai un momento critico...le visite dalla primavera in poi si sono ridotte a poche piccole intrusioni, Lily non scappa più se sa che tu non ci sei, al massimo la ritroviamo al cottage nel bosco, Dorcas è perfettamente in grado di far fronte agli impegni del bed&breakfast da sola...e poi va sempre a finire che con lei c’è stata qualche amica e si sono divertite un sacco a fare spettacolini da streghe per i clienti...-
Liam annuì guardando il lago, ma con la faccia da ragazzino dispettoso..
- Chiaro, sì, io e te siamo destinati a programmare qualunque cosa in base alle esigenze di qualche mostriciattolo dal nome improbabile quanto la sua ortografia, da quali erbe sono utili a una strega stagione per stagione, da quando Lily decide di scappare...- rielencò pensandoci un attimo, come stesse contando – ci rivediamo tra una decina d’anni o giù di lì allora...tieniti libera – le disse tornando a guardarla.
Sìle rise.
- E perché scusa?- gli chiese.
- Beh devo prendere una laurea in erbologia e una in pedagogia con specializzazione nei cuccioli di fata, e poi andare a Hogwarts a studiare approfonditamente un po’ di “Follettologia”, ma quello è il meno – le spiegò tenendole la mano nella sua e sollevandola appena, come la stesse soppesando e poi guardandola – l’ho preso una ventina di volte quell’accidenti di treno e si è sempre ostinato a portarmi da Glasgow a Mallaig...vedere un ragazzino occhialuto dall’aria ingenua che arriva in un castello dove si insegna ai maghi mi fa rodere un po’, te lo confesso...-
Sìle lo guardò e gli fece una carezza sui capelli.
- Ma io sono una strega, posso venirci con te a Hogwarts -
- Meglio di no, o rischio di farti fare brutte cose nella camera dei segreti...- le rispose lui allungandosi a darle un bacio – non parlavamo di Anglesey o di Llandudno?- le chiese marcando la prnuncia un po’ strana del nome gallese- meglio smettere di tubare perché abbiamo pubblico, tanto per cambiare...- aggiunse facendole cenno verso la strada dove, come due cariatidi dell’Eretteo, stavano a fissarli Maggie Mills e Clara, fingendo d’essere in attesa d’un saluto, in realtà inchiodandoli alla parete del cottage con lo sguardo dal lato opposto della strada.
Sìle si girò dicendo d’averle già notate e accennò loro un sorriso cui non arrivò risposta, Liam fece loro un cenno di saluto a seguito del quale si mise a fissarle a sua volta.
- Clara! – esclamò dopo un po’facendo sobbalzare la donna quando si alzò dalla panchina e andò giù lungo il vialetto che dal cottage scendeva lungo la strada, con le mani in tasca dei jeans - c’è posta?- chiese sorridendo appena a Maggie.
Le due si affrettarono ad allontanarsi con aria imbarazzata e quasi spaurita, Clara balbettò qualcosa riguardo il passare l’indomani e Maggie, davanti a lui, salutò anche Sìle che era rimasta indietro, ma con un malcelato timore che Liam quella volta si fosse veramente stufato e avesse davvero l’intenzione di “maltrattarle”: pochi giorni prima, con la sua consueta gentilezza però, aveva messo più d’un punto in bocca e Miss White e Miss Dawn che si erano permesse un commento sul fatto che lui avesse portato Lily in città da solo, sottintendendo che Sìle non lo considerava molto più d’un buon partito da usare come scarico dei pesi inutili(la bambina in quel caso).
Liam aveva risposto “Beh è uno sport divertente scaricare pesi sugli altri, è un ottimo modo di sfogare le frustrazioni e la noia senza dover andare per forza in chiesa a contare i quadri del tweed della vicina, sbaglio? Sapete io ormai sono un po’ fuori forma rispetto a certe cose...”, ovviamente alla richiesta di conferma e sentendo nominata il temibile trinomio “Chiesa/Tweed/Vicina”le due si erano sentite chiamate direttamente in causa e quindi avevano battuto in ritirata.
Così, mentre Clara e Maggie si allontanavano sbirciando dietro di loro per guardare ancora verso Liam e Sìle, lui tornò indietro sbuffando.
- Vuoi ancora il cottage?- gli chiese Sìle.
- Ci resto troppo poco qui per arrivare a saturazione, tranquilla...- le rispose chinandosi a darle un bacio – e poi per qualche strano motivo, non mi stai rovinando ai loro occhi...vengo solo compatito...- scherzò – poveracci...- aggiunse compatendoli lui in quel momento – dicevamo?-
Sìle sorrise, si alzò a sua volta dalla panchina e lo portò in casa, chiusa la porta non arrivarono oltre il divano, ma comunque i vestiti non erano necessari per fare programmi su quando lui fosse tornato da Man.


Qualche giorno dopo, lei e Ceday, nel suo look più zingaresco, passeggiavano lungo la spiaggia di Llandudno: alla fine avevano deciso di andarsene lì e approfittare della vicinanza delle montagne per fare qualche giro anche lassù.
Era una giornata un po’ nuvolosa, ma il mare era calmo e si camminava volentieri sulla sabbia compattata dalla pioggia notturna.
- Allora? Questo selvaggio col gonnellino lo hai domato?- le chiese l’amica tenendola sotto braccio.
Sìle le lanciò un’occhiata irrisoria.
- Andiamo, non è mica un leone inferocito...e poi guarda che è un uomo molto più normale di quanto non te lo dipinga tu...-
Ceday le rispose allo sguardo più dubbiosa.
- Mh oh io lo so, ma detto da te non sembra una cosa che direbbe una donna molto presa...-
Sìle di nuovo guardò l’amica, stavolta sbuffando un po’.
- Sono pazza di lui...è che mi trovo in imbarazzo quando mi sento trattare come quella che ha fatto il colpaccio del secolo, mi trovo in imbarazzo esattamente come lui quando si sente descrivere come bomba sexy, e ti assicuro che lo fanno in tante, dovresti vederlo come cerca di nascondersi quando gli telefonano le sue “colleghe”...-
- Ehi! Tu ascolti le telefonate del tuo ragazzo? Non si fa...- scherzò Ceday dandole una leggera gomitata e strappandole un sorriso più largo.
- Ma no...non le ascolto, è che a volte...beh insomma ora non mi dire che a te non è mai capitato di ricevere una telefonata che risultasse udibile anche a chi ti era vicino, lo sai che a volte le linee fanno strani scherzi, ti telefonano da Tottenham e non senti niente, ti chiamano dall’Australia ed è come avere quella persona nella stessa stanza con te...non mi mettere in costernazione, che amica sei?- le chiese dandole una bottarella sul braccio.
- Va bene, d’accordo sto zitta...continua -
- Non c’è da continuare, sto solo dicendo che come lui è infastidito dall’essere troppo adulato per una cosa che non considera importante o meritoria, io mi sento infastidita dall’essere presa come...quella che ha iniziato una storia solo per dare una lezione a tutto l’universo femminile che l’ha sempre tratta come quella strana che non avrebbe mai concluso niente nella vita...- sbuffò – io sono innamorata di Liam, non sto con lui per sfoggiarlo in giro dando schiaffi morali alle rivali...insomma sono perfettamente consapevole di lui a livello fisico, anche troppo forse, certe volte quando è lontano mi addormento con il suo maglione stretto addosso e è meglio che non ti dica cosa succede nella sfera onirica, non sto negando che mi abbia colpito fisicamente come prima cosa...solo che è molto più che un innocuo bel ragazzone scozzese che scoppia di salute e è bravo a letto, davvero molto di più...-
Ceday la fermò dicendole di calmarsi.
- Se fosse stato solo una quintalata di bei sorrisi e sesso sfrenato senza niente sotto, mi sarei preoccupata per te tesoro...intanto perché tu non sei una che si accontenta di questo e poi perché avrei avuto il dubbio che stessimo parlando di due persone diverse...-
Sìle a quel punto tornò a sorridere e si rilassò molto.
- Scusa Ced fammi capire...- disse fermandosi e girandosi verso l’amica – tu come le sai tante cose di lui? A Londra non ci hai parlato abbastanza...-
L’altra inarcò le sopracciglia sugli occhioni verdi perennemente adornati solo da un pesante strato di mascara che ne evidenziava la forma rotonda grazie alle ciglia rosse e lunghe, anzi quasi rosate, rossi aveva i capelli che erano ricci e morbidi.
- Sono o non sono la cartomante preferita della sua ex? Guarda che di un uomo si capiscono molte cose anche così...-
- Dovresti essere un po’ più rispettosa delle confidenze altrui, non hai una specie di segreto professionale anche tu?-
- Non ho rivelato niente...però ascoltami, seriamente...- riprese Ceday facendosi per l’appunto più seria nel tono, nell’espressione – c’è qualcosa che ti preoccupa con lui?- le chiese.
Sìle sbuffò guardando la sabbia e poi risollevò lo sguardo scuotendo la testa...
- Non lo so...- rispose – mi ha chiesto di andare con lui a Douglas, mi ha promesso che se avessi voluto, avremmo evitato Castletown, mi ha fatto giustamente notare che non posso tenermi a distanza di quel posto per l’eternità, ho ancora mia madre e mia nonna lì, ma...mi è preso il panico – ammise guardando Ceday negli occhi – non per colpa o per causa di Liam, lui non mi forza a fare niente, non mi opprime minimamente, non mi mette fretta...anzi, di solito sono io che ne metto a lui a conti fatti, lui vive molto sul momento, è che ho paura di metterlo di fronte a loro due, lo sai come sono, io non voglio finire come mia madre, non voglio immolare la mia vita a qualcosa che non richiede sacrifici così alti e non voglio che loro facciano pressione su Liam e se io fossi andata con lui, mi dici come avrei fatto ad evitare di vederle? -
Ceday annuì.
- Di contro certo, avrei potuto dire a Liam che preferivo andare da sola, lui lo avrebbe capito, sono sicura e poi lui è lì per lavoro, non certo per riconciliare me e la mia famiglia, ma loro non si sarebbero tenute indietro, lo so...-
- Questo a lui l’hai detto?- le chiese l’amica.
- Si arrabbierebbe, non sopporta che io gli faccia da scudo di fronte a cose che non sente di temere...-
Ceday tacque per un altro attimo e poi chinò il capo di lato a guardarla.
- Hai più parlato con loro? Sanno di lui?-
Sìle scosse la testa...
- Qualcosa mi diceva di non farne parola...che era meglio così...-
Ceday diede un cenno di assenso, condivideva sempre quello che veniva fatto dietro un suggerimento di quel genere.
- C’è un posto qui dove fanno dei piatti al curry speciali e il cuoco è la fine del mondo, mi accompagni a procurarmi il suo numero?- le chiese, al che fu lei a guardarla un po’ incuriosita.
- E da quando te la fai con i gallesi tu scusa?-
- Portano il gonnellino anche loro...inizio a rivalutare la categoria e poi a forza di dare buoni consigli a te, sto iniziando ad arrugginire io, mi vedo sempre più piena di lentiggini...- ribatté l’amica mentre si riavviavano verso la strada.
Sìle si girò ancora un momento verso il mare, stringendosi nello scialle leggero e frangiato che indossava sul vestitino di cotone bianco...lo guardò per qualche istante, poi tornò a camminare dietro Ced: il pensiero che dopo meno di due giorni Liam sarebbe tornato la fece sorridere.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17- Legami profondi (II) ***


Capitolo 16 –

e qui mi sono veramente dilungata ;P e premetto che è ancora da rileggere con cura.
Solita n.d.r.: nel capitolo viene citato il "Moddey Dhoo" che è una creatura tipica dell'Isola di Man, un fantasma che infesta il castello di Peel.
Si tratta di una figura ricorrente nel folklore britannico, se pure compaia con diversi nomi, ed è un cane nero, un grosso cane nero, di natura demoniaca che è simbolo di morte e di solito vendica gli sgarbi che gli vengono fatti, a lui o alle fate, rivalendosi sui congiunti di coloro che le insultano.
Nel caso del Moddey Dhoo, la storia è circoscritta al castello: pare che questo demone infestasse le sale del castello e che l'unico modo per tenerlo a bada, fosse accendere tutte la torce del palazzo.
La sua ultima vittima fu una guardia che, morta dopo tre giorni di guardia montati al castello spavaldamente in solitaria,sancì il termine delle sue manifestazioni.
Nel 1871 in uno scavo delle fondamenta del castello, insieme ai resti di un vescovo morto nel XIII sec. vennero rivenuti i resti di un enorme animale simile ad un cane, insieme ai resti di alcune persone apparentemente sbranate.
Buona lettura ^^'



Non doveva andarci a Peel, come non doveva andare a Castletown, eppure ci si era ritrovato alla fine.
Il resto della troupe era impegnata in mare quel giorno, per completare una serie di riprese solo paesaggistiche e lui da Port Erin, aveva risalito la costa in auto, concedendosi qualche puntatina sul mare e man mano si era diretto verso nord.
Alla fine si era trovato a Niarbyl, su un banco di scogli, in una bellissima serata limpida e calma, col vento che stranamente aveva deciso di soffiare meno.
Aveva tempo, con gli altri si sarebbero rivisti a Port Erin solo al loro rientro.
Il sole iniziava a scendere, il cielo aveva preso un rosso intenso e luminoso e lui se ne stava seduto su un masso piatto e liscio, macchiato di incrostazioni giallognole e biancastre, con le gambe appoggiate davanti a sé, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e una sigaretta tra le dita...gli venne in mente Sìle, quel giorno sul lago...quando poi si erano rifugiati a casa sua per via della pioggia, all’inizio di tutta quella bizzarra storia.
L’avrebbe voluta lì con sé.
Come al solito arrivavano quei momenti in cui l’uno pensava ciò che l’altro aveva già pensato di lui, anche se non l’avrebbe mai saputo...e così, mentre guardava il sole scendere sul mare, il braccio di scogli che si andava ad immergere in acqua e man mano che il sole andava via diventava solo un’ombra nera stagliata contro il cielo aranciato, si trovò a chiedersi se Sìle sarebbe stata la stessa lì.
Non c’era nessuno in quel momento se non un paio di ragazzi che facevano correre un grosso cane su una spiaggetta che si stendeva tra un banco di scogli e l’altro.
Il cucciolone, probabilmente un terranova a giudicare dalla mole, si lanciava a un folle inseguimento di un bastone che gli veniva lanciato in acqua, si buttava, nuotava velocissimo fino a recuperarlo e poi ritornava, si sgrullava senza mollarlo e poi lo andava a deporre ai piedi di uno dei ragazzi e pretendeva che la cosa si ripetesse.
Era quella strana ora senza fine, in cui la luce sembra fermarsi o cambiare più lentamente...non era la prima volta che gli capitava di pensare che certi tramonti potevano durare un tempo infinito.
Tornò a guardare il sole e rimase con gli occhi attenti alla fiamma liquida che era il suo riflesso sulla superficie marina e passato qualche minuto, capì di non essere solo.
C’era qualcuno dietro di lui, una persona che era arrivata silenziosamente, senza disturbare, ma si era avvicinata proprio a lui perché voleva farlo, aveva quella sensazione.
Guardò la sigaretta che ormai si era quasi del tutto consumata tra le sue dita e dopo un lento tiro, si girò vedendo una donna più vicina ancora di quanto non credesse, era alla sua sinistra, in piedi sulla scogliera, stretta in uno scialle nero, con lunghi capelli scuri che ondeggiavano al vento.
Ebbe una strana sensazione di familiarità guardandola e lei, come sapesse che l’avrebbe osservata, lo scrutò a sua volta.
Aveva una bella fronte ampia, una fisionomia austera, ma uno sguardo vivo e intenso e un neo, che risultava molto gradevole sul suo viso, posizionato appena sotto l’occhio, su uno zigomo.
Distogliendo gli occhi da lui, sospirò.
- Tra te jiarg ayns yn sheear ec croymmey ny greiney, to cowrey jeh laa aalin laa ny vairagh...- disse.
Non si era rivolta direttamente a lui, ma era chiaro che gli stesse parlando.
Lui la guardò e sorrise scuotendo appena il capo.
- Non me la cavo molto con il Manx...- ammise.
- Non è il solo...- gli concesse lei rivelando una voce piacevolmente afona e un accento piuttosto marcato, anche gradevole; tornando a guardare l’orizzonte, levò il braccio e indicò – quando a ovest è rosso il tramonto, è segno di un buon domani...-
- Allora sono fortunato...- commentò Liam – domani devo tornare a Liverpool...-
Lei lo guardò come fosse sorpresa.
- Ma lei non è di Liverpool...-
Liam scosse la testa e indicò in alto, come a voler dire “Nord”.
- Glasgow...a Liverpool mi aspetta la mia ragazza -
La donna cambiò espressione, fu evidente per Liam: fino a quel momento sembrava avere l’aria di quella delusa, perché le era solo sembrato di vedere qualcuno che conosceva; in quel momento invece, le si dipinse sulle labbra un accenno di sorriso che sembrava dire “Allora non mi sbagliavo...”
Anzi, fu quasi certo perfino di vederla annuire.
- E’molto che non vi vedete?-
Liam si voltò a guardarla un po’ perplesso, tacque un momento e quando la vide sorridere imbarazzata, sorrise anche lui.
- Mi scusi, non volevo essere invadente...- gli disse .
- ...no, non lo è stata...-
- Quando sono arrivata qui, ero convinta che ci sarebbe stato qualcunaltro...- gli spiegò, poi parve distrarsi dietro un suo pensiero e si guardò indietro – era una sensazione così forte...- bisbigliò come non si capacitasse dell’errore.
Lui guardò indietro a sua volta.
- Qui non passa nessuno da un bel po’...aveva un appuntamento?- le chiese.
Lei gli diede un’occhiata ironica e morbida e si portò i capelli dietro la nuca.
- Non so se si potesse definire un appuntamento...- replicò aggrottando un po’ le sopracciglia sui begli occhi scuri, come lo stesse studiando, come ponderasse con attenzione se pronunciare o no la frase successiva – le è mai capitato di...seguire un presentimento? Un forte, fortissimo presentimento che la facesse puntare verso un certo luogo?-
Liam accennò un sorriso e socchiuse gli occhi pensando “...come mai mi ricorda qualcuno?” e sentendo ancora di più il bisogno di Sìle in quel momento.
Era esattamente come si era sentito quando aveva cercato Sìle e Dorcas la prima volta, esattamente come si era sentito quando aveva deciso di credere che quello che vedeva non era solo un brutto gatto...forse esattamente come si era sentito quando invece che proseguire per York e Glasgow, aveva preso la strada di Carlisle.
- Sì, un paio di volte mi è successo...- riconobbe.
- Il mio non era solo un presentimento però...- gli disse lei allora – ero sicura di sentire un odore familiare...ora capisco perché – fu la conclusione sibillina.
E Liam in quel momento sospettò che forse era successa la cosa più assurda e al contempo più facile che potesse accadere, che forse era di fronte ad una strega, e forse neppure una strega qualunque, vista la somiglianza...e i forse stavano diventando un po’ troppi per dare il giusto contributo di incertezza a quei pensieri.
Che fosse una strega, gli era lampante, anche se la sicurezza si rifiutava di darsela, perché aveva la stessa identica sensazione di nudità che aveva con Sìle e Dorcas di fronte a lei, e per un qualche motivo, sentiva che ogni volta che il pensiero gli volava a Sìle, lei lo coglieva come stesse pescando nel mare dei suoi pensieri senza fallire una presa, carpendo ogni immagine, ogni sensazione.
Si sentiva un libro aperto in quel momento, solo che questa donna sembrava non porsi proprio il minimo problema nel rivelarsi, nel dire cose che altri avrebbero trovato strane.
Poi però rifletté sul fatto che forse, come altrove del resto, la gran parte della gente non avrebbe notato quasi nulla di strano in lei se non forse un aspetto un po’ oscuro e selvaggio, perché questo ce l’aveva, sì, più di Sìle e più di Dorcas, e una maggiore disinvoltura nel dire cose che nella gran parte dei casi qualcuno avrebbe definito stranezze o esibizioni da hippie nostalgica e annoiata.
- Che turbine di idee...- commentò lei ammirata – complimenti…-
- Perché? Ho la faccia tanto stupida? -
Lei assottigliò le palpebre e lo scrutò come invitandolo a non sfidarla, ma Liam non si fece impaurire, in fondo era abbastanza onesto da non potersi nascondere dietro un dito...e poi di fronte a quel tipo di persona era inutile.
- Ammetto d’aver passato momenti nella mia vita, in cui l’attività mentale, non era tra i miei maggiori interessi, ma bisogna provarle tutte prima o poi no?- disse ironicamente cambiando un po’ tono appena dopo – però...passare da idioti superficiali con sé stessi quando non lo si è, toglie parecchio divertimento alla cosa...-
La donna abbassò lo sguardo sulla lunga gonna che portava.
- Mi perdoni, ma quando si è come me, si inizia a smettere di stimare il genere maschile...- mormorò – se ne fa talmente a meno, che si finisce per considerarvi solo delle appendici, dei mezzi per protrarre la vita nel tempo...-
Liam non si offese, neanche un po’, anzi! Sorrise più apertamente e strofinandosi l’occhio destro si lasciò sfuggire un...
- Apprezzo la schiettezza, almeno ora so che posto ho nel mondo...ma mi riservo il diritto di non accontentarmi - ricevendo in risposta un’occhiata di scusa cui lui replicò con uno leggero sghignazzo mentre si alzava in piedi- quindi, se le cose tra uomini e donne come lei stanno come dice...le femministe della prima ora erano davvero tutte streghe?- chiese quindi.
La donna lo fissò negli occhi senza celare assolutamente nulla di sé.
- Perché parla di streghe?-
- Solo un’idea...- disse lui prendendo atto della natura della persona che aveva davanti in maniera più esplicita.
Mosse qualche passo lungo il sentiero che riportava alla strada, ci pensò un momento, poi si girò di nuovo e indicò in quella direzione.
- Io ci provo, ma ho come idea che mi risponderà che preferisce fare due passi: ho un appuntamento con i miei colleghi tra poco, la posso accompagnare da qualche parte?- propose senza alcuna paura di venire maleinterpretato.
La donna lo guardò e sorrise.
- Anche intuitivo...- commentò soltanto, quindi rifiutando con un cenno del capo prese un sospiro – aspetto che faccia buio, ma grazie...- rispose.
- Un vero segugio...- ribattè lui autoironicamente prima di farle un cenno con la mano – buonanotte allora...-
- ‘notte...-
Mentre guidava, qualche minuto dopo, guardò fuori: il tramonto era ovviamente lungo in quel periodo, ma prima che calasse del tutto la notte ci sarebbe voluta a dir poco un’altra ora.
Anche a Sìle piaceva stare a guardare il buio che avanzava sul lago nelle serate senza vento.
Quando arrivò a Port Erin, gli altri erano già lì e lo invitarono subito a bere con loro.
Tra gli altri, c’era un tipo che proprio non gli andò a genio, si chiamava Adam Gore ed era americano.
Sulle prime non gli dissero niente né il nome, né la faccia.
Era uno di quelli che per tutta la vita avrebbero mantenuto l’aria da adolescenti, benché fosse poco più giovane di Liam, aveva la pelle bianca e liscia, capelli biondastri, ma troppo crespi anche per essere ricci, malgrado questo però, lui si ostinava a tenerli lunghi ottenendo l’effetto che forse avrebbe fatto una parrucca di paglia metallica, in più, sapeva tanto di quello che si sentiva troppo intelligente e guardava tutti dall’alto in basso(cosa che anche fisicamente gli risultava difficile).
Era un fotografo anche lui e a quanto pareva si trovava lì per fare un servizio sui festeggiamenti per il Tynwald Day, che avrebbero avuto luogo pochi giorni dopo, il cinque di luglio.
Non appena gli presentarono Liam, gli si appiccicò come una specie di sanguisuga, protestando un’ammirazione professionale più profonda dell’oceano, snocciolandogli sotto il naso, tutto quello che aveva fatto, non fatto, pubblicato, non pubblicato, che lui era inoltre un grande appassionato di misteri, che il suo sogno era riuscire a dimostrare l’esistenza di qualche entità soprannaturale, che era certo di essersi imbattuto nel Moddey Dhoo al castello di Peel...
“Sapessi in cosa mi imbatto io ogni giorno ormai...” pensò Liam tra sé, cercando di evitare di ridergli in faccia.
Insomma alla fine Gore, aveva deciso che con Liam erano grandi amici e che il collega scozzese fosse l’unico con cui uno come lui potesse perdere tempo a parlare.
- Sai abbiamo anche esposto insieme una volta e sicuramente ti ricordi le mie foto dell’Amazzonia, quelle che ho esposto a Los Angeles nel 2004, mi ricordo che c’eri anche tu...-
Liam allora inarcò le sopracciglia con falsa ammirazione perché aveva appena avuto l’illuminazione che lo avrebbe liberato da quell’insulso chiacchierone.
- Ah sì che mi ricordo...certo...- disse annuendo con un sorriso - tu sei quello che è rimasto bello comodo a fotografare una bambina india che affogava in un fiume di fango, complimenti una bella prova d’autore...spero tu non ti sia sporcato le ginocchia -
La compagnia cadde gradualmente in un silenzio attonito, non perché avessero sentito, non tutti almeno, quanto perché Liam con quella frase era riuscito a far rimanere momentaneamente priva di fiato quella boccaccia da cui uscivano solo suoni nasali e biascicati.
In realtà il punto era che quella serie di foto era stata anche premiata in quel particolare frangente, ma con una serie infinita di polemiche che avevano fatto sì che Gore, da lì in poi, non fosse più riuscito ad ottenere un contratto decente perché di fronte a tanto cinismo, nessuno si era preso la responsabilità di sostenere quel tipo.
Certo il suo momento di gloria, per quanto oscura, gli consentiva di venire comunque cercato e sicuramente Liam un tale scalpore non lo aveva mai suscitato, però era evidente quanti problemi gli causasse trovarsi di fronte qualcuno che si ricordava quelle foto e gli sbattesse in faccia tutto il disgusto che gli avevano suscitato.
Liam finì la birra e si alzò.
- Ragazzi io me ne vado a letto, ho avuto una giornataccia...- annunciò agli altri, quindi guardando meglio Gore gli fece un cenno col capo – è stato un piacere...- gli disse con un tono abbastanza poco amichevole.
Mentre il resto della compagnia gli rispondeva recuperando un po’ di allegria e leggerezza dopo quell’imbarazzo, Gore gli fece un sorriso nervoso senza guardarlo, si alzò farfugliando qualcosa riguardo il doversi alzare presto la mattina dopo e si dileguò.
Nessuno tentò di trattenerlo.


- Eccolo là...- disse Sìle vedendo Liam che, arrivato da un po’, stava aspettando lei e Ceday nel parcheggio del porto.
Stava appoggiato al cofano della sua auto, chiacchierando un ragazzo e un altro uomo, quello un po’ più avanti con l’età e sembravano discutere con una certa concentrazione.
Lei e Ceday si avviarono verso di loro, ma siccome Liam era girato di spalle, non le poteva vedere.
Mentre camminavano, Ceday lo guardò a lungo.
- Non me lo consumare...-
- Il panorama non è proprietà privata, quindi rassegnati...-
Risero tra loro.
- Di’la verità...- riprese Ceday una volta tornate serie, mentre vedevano Liam che si alzava dal cofano della BMW e si “esibiva” in un pigro stiracchiamento che meritava un applauso al capitano e alla signora Kerr per la maestria messa in atto nel mischiare cromosomi quando il “bambino” era stato concepito.
- Sì?- le chiese Sìle.
- Soffri spesso di crisi d’astinenza?-
- Ma quanto sei scema!- ribatté – possibile che pensi sempre a quello?-
Ceday scherzava quasi del tutto ovviamente, quasi, perché sapeva che Sìle si sentiva in imbarazzo...però non riusciva proprio a tacere quando vedeva un uomo fisicamente degno d’essere chiamato tale, e Liam lo era, non c’era molto da fare.
Comunque decise di dare tregua all’amica e di farla arrivare a salutarlo di un colore un po’ meno preoccupante del rosso lampone.
Intanto le voci dei tre iniziavano ad arrivare alle loro orecchie.
- Non è stato stronzo, ha fatto bene…-
- Ma l’ha fatto scappare con la coda tra le gambe come un cane bastonato!-
- Si fottano lui e la sua coda, io non ho ammirazione per uno stronzo che preferisce un premio giornalistico a salvare una bambina e me lo viene a sbattere in faccia aspettandosi i miei complimenti...dimmi che sono un coglione senza senso per gli affari, ma una cazzo di morale ce l’ho ancora!-
Sìle e Ceday si guardarono e risero.
- E Dio benedica la Scozia!- esclamò Ceday sentendolo infilare una discreta sequela di parolacce marcate anche dall’accento: l’uomo più anziano era scozzese a sua volta, quindi anche a Liam veniva spontaneo parlare più sporco.
Sia Liam che i suoi interlocutori si voltarono verso lei e Sìle.
- Ehi!- esclamò lui andando loro incontro.
Quando Sìle gli arrivò vicina, lui le cinse la vita e mentre lei si allungava a baciarlo, la sollevò da terra stringendosela contro.
- Finalmente...- sussurrò lei sulle sue labbra, neanche staccandosi abbastanza da parlare agevolmente.
- Guarda che…- le disse lui trovandosi la bocca di nuovo tappata da un bacio - sono io quello che aspetta da mezz’ora –
- Scusa…- bisbigliò Sìle dandogli un bacio sul collo mentre lui la rimetteva per terra, ma non la lasciava allontanare.
- Ma ti pare...- mormorò lui prima di guardare Ceday – come stai rossa?- le chiese.
- Tu che ne dici?- gli rispose lei.
- Uno schianto, al solito...- le disse lui mentre si scambiavano un bacetto sulle guance.
Avevano iniziato subito a colloquiare in quel modo tra loro due, Ceday e Liam si formalizzavano entrambi molto poco, e poi il fatto che comunque si fossero incrociati già in precedenza, prima di conoscere Sìle, facilitava le cose.
Dopo un breve scambio di presentazioni, saluti e congedi con gli altri due uomini e dopo un’altra mezza giornata passata con Ceday, finalmente Liam e Sìle riuscirono a rimanere soli e a tornare nel piccolo cottage tra Llandudno e Conwy dove erano state lei e Ceday per quei dieci giorni.
Dopo la telefonata di rito a Dorcas che la tranquillizzava su Lily, sui clienti che andavano a venivano fitti come la nebbia in quei mesi, Sìle si dedicò completamente a Liam.
L’unica cosa su cui fu insistente fu che aveva voglia di cucina cinese quella sera.
- Come fai a mangiare quella roba?- bisbigliò Liam mentre a letto le sfiorava i capelli.
- Lo za-zai?- gli chiese lei sorridendo.
- Sì...-
- Non lo so...mi piace...-
- Ma fa infeltrire la lingua!- ridacchiò lui sottovoce.
Sìle rise a sua volta e guardò la tenda della finestra smossa dall’aria notturna, illuminata dalla luna...
L’aria era fresca, ma a lei piaceva la sensazione del freddo sul fianco esposto mentre l’altro era aderente a quello di Liam.
Le piaceva quando rimanevano così, nudi entrambi, pigri e sonnolenti, a parlare sottovoce...Liam aveva la pelle calda e le mani grandi e delicate quando la accarezzavano.
Gli si strinse al collo, schiacciandogli i seni contro le costole, il ventre contro il fianco mentre gli accavallava una gamba sopra le sue sotto le coperte.
Gli sfiorò la guancia con il naso per richiamarlo a darle un bacio.
- Chi ti ha fatto arrabbiare?- gli domandò.
- Arrabbiare?- le domandò lui senza capire immediatamente, poi però quando lei gli disse che alludeva a quando lo aveva sentito parlare con quei due amici al porto, si ricordò – ah! No, non ero arrabbiato...- disse portandosi un braccio dietro la testa – parlavo di un certo tizio che ci siamo ritrovati tra le scatole a Port Erin...-
- Sei stato a Port Erin?-
Lui annuì e lei non disse niente, ma Liam pensò che forse era meglio specificare.
- Abbiamo deciso di fermarci perché c’erano da fare delle riprese della costa occidentale e partire da lì era abbastanza comodo...-
Sìle sospirò e si spostò sopra di lui, standogli sdraiata sopra, dandogli dei piccoli baci sulla fronte, sul viso, sul collo, le spalle.
- E questo tizio?- gli chiese con un tono un po’ ronfante, segno che le si stava risvegliando un po’ di voglia.
Liam la guardò e le accarezzò la schiena fino ai fianchi.
- E’ uno stronzo...-
- Sì questo l’aveva capito tutta Liverpool...- scherzò lei baciandolo sulle labbra – ma perché?-
Lui sorridendo si mise un altro cuscino dietro la testa e la guardò meglio in faccia.
- Ti ricordi quando ti parlai dei cuccioli di foca? – le chiese e lei annuì facendosi seria – beh io mi sono trovato una volta sola davanti a quello spettacolo che per fortuna è stato interrotto in quell’occasione particolare...-
- Da chi?-
- Non ricordo...Greenpeace e compagnia comunque...e io non ero lì appositamente per documentare quella strage, tutt’altro, ma quando mi sono trovato davanti uno di quegli uomini, in un comando della guardia costiera, che protestava perché lui era autorizzato dal governo...gli ho rotto il naso...- disse – gli ho rotto il naso a pugni e gli ho detto di ficcarsi i suoi diritti canadesi del cazzo dove tu immagini, insieme al suo maledetto bastone e mi sono beccato una denuncia ovviamente...-
Sìle gli sorrise orgogliosa.
-...non ti sarai pentito eh?-
- Scherzi? No!- rispose deciso Liam - però sono venuto meno a un principio che è crudele, è vero, ma è più funzionale...e cioè che se io avessi scattato delle foto accompagnandole al solito dire “E’ il governo canadese che dice che quei cuccioli possono essere massacrati!”, invece che farmi prendere dalla rabbia, farmi immobilizzare dalla quella specie di istinto omicida che mi saliva dentro e andare a picchiare quel bastardo alla prima occasione, avrei ottenuto di più; scattare foto alle squadracce di guerriglieri in Sudan, o ai bambini dei bassifondi di Bangkok...quella è denuncia per come la vedo io, quello è mostrare l’ingiustizia del mondo, far vedere le aberrazioni sostentate dall’assenso di un governo in carica...non...- si interruppe un momento perché gli costava fatica descrivere a Sìle la scena rirpresa in quelle foto – non indugiare di fronte a una bambina di cinque anni che ingurgita litri di fango dopo una frana, fotografandola mentre annega e mentre un poveraccio tenta disperatamente di tirarla fuori col rischio di essere travolto anche lui...quello non è denunciare, quello è farsi un nome sulla pellaccia di un povero Cristo che non ha gli occhi per piangere...-
In effetti Sìle si era rabbuiata parecchio di fronte a quel racconto.
- Davvero ha fatto questo?-
- Non lo so se lo ha fatto davvero, ma anche fosse maledizione, c’è proprio bisogno di documentarla un’agonia simile? Non è una guerra, non è una cosa voluta da qualcuno, è una calamità naturale, la realtà delle cose non è una cosa che puoi combattere, un fiume di fango non è una scarica di napalm su un milione di neonati vietnamiti, un fiume di fango risponde alla natura, se ne sbatte se qualche uomo idiota ha costruito un villaggio proprio nel punto in cui più facilmente si riverserebbe se dovesse franare un costone di montagna e tu non stai lì, con la tua maledetta macchina fotografica a cogliere l’attimo della morte di un bambino, neanche se quella foto ti facesse diventare Dio...-
Sìle gli fece una carezza perché lo vedeva davvero sdegnato, era la prima volta che lo vedeva così.
- Per fortuna non sono tutti come lui...- bisbigliò sfiorandogli le labbra con un altro bacio.
Lui non rispose, era un po’ imbronciato...dopo un attimo però annuì.
- E comunque, con buona pace del figlio di puttana, adesso proprio per merito della dubbia moralità di quell'episodio, su cui nessuno indaga perché non ci sono testimoni a sufficenza, è costretto ad attaccarsi a pubblicare foto su delle squallidissime riviste su UFO e fantasmi...-
Sìle si mise a ridere sentendo il tono trionfale nella sua voce.
- Dice che il Moddey Dhoo gli si manifesta ogni volta che entra nel castello di Peel...- le disse Liam.
- Beh allora c’è speranza, magari un giorno o l’altro lo sbrana...- scherzò la ragazza.
- Io dico che fa troppo schifo perfino a lui...- ribatté lui mentre la stringeva e smetteva molto più che volentieri di parlare di quel viscido omuncolo.


Mentre lei gli dormiva vicino, qualche ora dopo, accoccolata contro la schiena, circondandogli la vita con un braccio, si mise a pensare alla donna che aveva incontrato.
Ovviamente, nel silenzio notturno, ovvero quello più caotico, si era accorto che intorno al cottage c’era un’attività pari a quella che a volte avvertiva ad Ambleside, ma ormai era un dato assodato e in quel momento di andare a capire quale folletto delle montagne gallesi avesse deciso di spiare nella casa, proprio non ne aveva voglia: tanto i polarizzatori erano tutti sottochiave in bauliera.
Quella donna, riprese a pensare, quella donna somigliava a Sìle...
Rifletteva come se stesse parlando con sé stesso di fronte ad uno specchio.
“Non puoi essere certo che in tutta un’isola, la prima donna con i capelli scuri che si spaccia per una strega, sia proprio una che ha un legame con Sìle...che glielo dici a fare?
Rischi solo di farla innervosire e di farla arrabbiare.
Certo però che si somigliano davvero tanto...e poi quante cazzo di streghe devono esserci nell’isola? Non saranno mica tutte concentrate lì no?
Va bene eri vicino a Peel, ma Sìle ti ha detto d’essere cresciuta a Castletown...il che non significa niente, perché quella donna non ti ha detto da dove era venuta, ti ha detto solo d’essere sicura che lì ci sarebbe stato qualcuno che conosceva e che aveva seguito una specie di presentimento...
Dorcas...forse potrei parlare prima con lei...”


- Morgan? Beh vediamo...- disse Dorcas mentre frugava tra alcuni cespugli.
Aveva aspettato un momento in cui lui e Dorcas erano soli...il che aveva comportato il doverla accompagnare in giro per i boschi a cogliere delle erbe mentre Sìle a casa, si occupava dei clienti.
- Attenta Dorcas...- le disse vedendole slanciarsi in una posa un po’ azzardata che rischiava di farla precipitare tra i rami.
- E’ una vita che raccolgo erbe, vuoi che non sappia reggermi in piedi?-
- Va bene non...- sospirò Liam guardandosi un attimo intorno e ritrovandosi un paio di rami con attaccate delle bacche rosse praticamente nel naso quando si girò di nuovo: li afferrò un po’ innervosito e glielo tolse di mano – Dorcas per poco non mi decapiti con le cesoie, hai provato a stendermi buttando via un ramo caduto e ora tenti di farmi un’ispezione rinale con questa roba, devo iniziare a preoccuparmi?- le chiese.
- Sìle non si lamenta così tanto...-
- Sìle infatti ti sta alla larga quando viene con te!- concluse lui prendendo i rami carichi e piazzandoli nella cesta che la donna aveva posato ai piedi di un albero – adesso mi rispondi per favore?-
- A cosa?-
Niente...Dorcas quando era presa dalle sue cose, si rifiutava di avevre memoria a lungo termine, insomma...più lungo di cinque o sei secondi.
Eppure in genere era di un’arguzia e un’attenzione inquietanti.
- La madre di Sìle, Dorcas, ti ho chiesto se puoi parlarmi di lei...- sbuffò Liam osservandola mentre sbirciava sopra e sotto le felci e si metteva carponi una volta avvistati dei lamponi.
- Ah giusto sì...- disse con la voce che proveniva un po’ attutita da sotto la vegetazione; d’un tratto gli fece cenno con la mano – vieni qui...-
Liam la guardò un po’ atterrito.
Non era tanto la richiesta che lo atterriva, quanto il fatto che dal sentiero su cui anche loro si trovavano, stavano arrivando due distinti signori in tenuta da passeggiata in montagna, se non proprio da trekking, e Dorcas se ne stava bellamente carponi sotto le felci, mostrando loro tutta la perfetta rotondità del suo culone quella mattina fasciato da degli splendidi pantaloni color ciclamino.
- Lì dove?-
- Qui sotto! Inginocchiati! Tu ci arrivi meglio...-
- Ma neanche morto!- le disse guardando i due.
Era già imbarazzante trovarsi lì con Dorcas, il suo sedere anzi, e vedersi guardare con espressione perplessa o sentirsi chiedere “Va tutto bene?”...mettersi a carponi anche lui, era l’ultima cosa al mondo che avrebbe fatto.
I due uomini per fortuna passarono senza sottolineare la loro perplessità e lui, rispondendo al loro saluto, li seguì con lo sguardo mentre andavano oltre, però una volta allontanati loro, si chinò vicino a Dorcas sbirciando un po’ tra le felci.
- Che stai facendo?- le chiese cercando di avvicinarsi a lei per quanto poteva.
Lei si girò appena con quei suoi occhietti da furetto dispettoso e gli ficcò in bocca qualcosa di morbido e dal sapore inconfondibile.
- Ci sono un sacco di lamponi! Muoviti!- gli ordinò- ci facciamo la marmellata e poi facilita le contrazioni al momento del parto!-
- C’è qualcuno che deve partorire a breve?- le chiese lui.
- No...-
- Se io ti aiuto, tu poi mi rispondi?-
- Sì, sì...-
Dopo un attimo di consultazione tra sé e la sua dignità, decise che avrebbe aiutato Dorcas.
Lei armata di cesoie e lui di tanta pazienza, iniziarono a battere un percorso che passava tra le felci, lei tagliava e passava a lui che, protestando per tutte le volte che lei gli porgeva rami spinosi, ogni tanto doveva sottostare all’ordine di infilarsi in qualche anfratto assai poco rassicurante o rassegnarsi a farsi lunghe passeggiate per "Andare a vedere cosa c'era laggiù perché a lei pareva proprio un buon posto per i lamponi!".
Arrivò anche a fargli attraversare un fiumiciattolo per raccoglierle una quantità abbastanza esigua di lamponi che però era esposta al sole e quindi sarebbe stata sicuramente più dolce.
- Dorcas...- la chiamò ad un certo punto.
- Sì?-
- Hai una cesta da dieci chili piena fino all’orlo di lamponi, io penso che basti per oggi...-
- Ma...-
- E se non basta, continui da sola, perché io sono a pezzi! Mi avete tirato giù dal letto alle cinque di mattina, sono sette ora che camminiamo, ho le mani distrutte, mi hai fatto arrampicare in cima a due costoni, scendere dentro tre scarpate e guadare un fiume, ti ho aiutata abbastanza per oggi – stabilì succhiandosi via un po’ di sangue da un graffio sulla mano mettendosi seduto su un masso – e se ora dici che Sìle si lamenta meno di me, mi metto a ringhiare come un orso appena sveglio dopo il letargo che si vede di fronte una simpatica strega paffuta, chiaro?-
Dorcas si arrese, ma con aria molto dignitosa e offesa.
- Chiaro...-
- Bene...- disse soddisfatto Liam.
- Bene...- ripeté lei altezzosamente.
- Adesso dimmi quello che voglio sapere...-
- No, prima andiamo al cottage...- gli rispose lei avviandosi in una certa direzione.
Liam la guardò un po’ dubbioso.
- Dorcas la strada per il cottage è di là...-
- L’altro cottage!- gli disse ad alta voce mentre camminava – tanto prima o poi dovevi vederlo...- aggiunse con l’aria rassegnata e poco entusiasta perché non lo aveva ancora perdonato.
Però doveva aver capito di averlo spremuto come un limone, perché la cesta se la portò da sola...a meno che, dubbio che sfiorò sensibilmente Liam, non lo stesse facendo per farlo sentire in colpa.
- Vieni qui, cammina...- gli disse invitandolo a raggiungerla nel camminare.
Quando Liam le fu vicino lo guardò un paio di volte in faccia e poi tornò a guardare innanzi a sé.
- Tu sai che sull’Isola di Man, in tempi molto antichi, esisteva un culto espletato da una comunità interamente costituita da donne?- gli chiese.
Liam scosse la testa e Dorcas annuì.
- Beh in realtà non è sicuro, ma...tra le streghe come noi, come me e Sìle e Ceday, le streghe vecchia maniera per capirci...- scherzò leggermente – da sempre corre voce che quelle sacerdotesse fossero come noi, ma che fossero solo donne e che il loro numero non diminuisse perché ciclicamente, venivano sulla terra ferma, trovavano dei compagni occasionali e una volta rimaste incinte tornavano sull’isola. Nessuno sa esattamente come vivessero, se degli uomini tentavano di profanare i loro luoghi di residenza, venivano uccisi, erano una comunità tutt’altro che innocua...-
- Delle Baccanti insomma...- disse Liam prendendole la cesta in una tacita richiesta di perdono.
Dorcas gli fece un sorrisetto e gli diede un buffetto sulla pancia.
- Diciamo di sì...- riprese – le cose nel tempo poi sono cambiate, tanto da perdre le tracce di quel culto, ma stranamente le streghe dell’isola, hanno sempre mantenuto qualcosa di selvaggio e di...assoluto in un certo senso e Una e Morgan, non facevano eccezione e Morgan è sempre stata molto convinta dell’esistenza di quella comunità di donne. Morgan ebbe Sìle quando aveva diciassette anni...- gli disse – Una, sua madre, scoprendo che sarebbe stata una bambina, fu entusiasta...- sospirò – “La terza strega”, era un buon segno...la chiamarono Sileas, ”la giovane" , stretta tra “la bianca onda” e “colei che è nata dal mare” – raccontò nel camminare, iniziando a sprofondare Liam in una storia i cui nomi, dei quali gli aveva appena specificato il significato, parevano appartenere ad un mondo antico e lontano, cosa che poi in effetti era – e poi la bambina aveva capelli e occhi scuri, era una di loro anche nell’aspetto, una delle donne della notte, le scure...era tutto quello che Morgan e Una potevano sperare, perché significava ricostituire il cerchio di potere, la vecchia, la madre e la fanciulla, le tre facce di Brigit chiamale come vuoi. Quello che nessuna di loro aveva calcolato però, era che il padre di Sìle potesse davvero amare sua madre, potesse davvero desiderarla e volere immensamente la loro bambina...-
- E credo d‘aver capito che questo per il loro modo di vedere fosse un intralcio...- intervenne Liam senza nascondere un po’ di biasimo nel tono.
Dorcas annuì e capì che il biasimo era dovuto al timore, forse inconscio perfino per lui, di subire lo stesso trattamento se mai fosse successo con Sìle, ma siccome era già bello per lei, scoprire che lui, da qualche parte dentro di sé, pensava all’idea di un bambino con Sìle in quei termini, non gli disse niente.
- E quando Morgan si accorse che la figlia, piccola, ma sveglia e attentissima a tutto, aveva desiderio di un padre, di avere una famiglia come altri bambini, e non era interessata a votarsi a una ricerca dell’assoluta devozione a ciò che la natura le aveva dato in dono...fu convinta d’essersi sbagliata e che quella bambina non avrebbe costituito una radice da cui far tornare una stilla del potere che una volta era nell’isola...perché lei era davvero sicura che quel potere esistesse e non aspettasse altro che essere di nuovo coltivato e omaggiato...lei e sua madre, portavano ognuna un nome che era testimonianza del loro legame con gli elementi naturali, col mare nel loro caso, e per lei questo era un segno e...vedere che la figlia invece era interessata agli altri, a quelli che non sentivano più quel richiamo ed era intimorita dal loro rifiuto, dalla solitudine cui loro l’avrebbero relegata, è crudele a dirsi, ma la deluse...e anche se la delusione era più relativa a sé stessa, per aver scelto un uomo che non si sarebbe tirato indietro, che contrastava con quello che secondo lei doveva accadere, per aver messo al mondo una strega troppo umana, si allontanò sempre di più da lei e Sìle si sentì punita senza capire perché -
- Solo un mezzo per protrarre la vita...- mormorò Liam ricordando le parole della donna di Nyarbil riguardo gli uomini, e quindi il padre di Sìle, se anche quella donna non ne fosse stata la madre, era incluso nel ragionamento.
-Come?- chiese Dorcas.
- No niente continua...- le disse.
- Beh Sìle aveva...forse cinque o sei anni quando Morgan iniziò a distaccarsi da lei ed ebbe solo Una al suo fianco...- riprese Dorcas – Una era meno drastica della figlia, non soffriva già più degli impeti assolutisti della gioventù e ha sempre tenuto insieme quel fragile filo che legava madre e figlia, ha sempre cercato d’essere più comprensiva e indulgente con Sìle, anche dopo la cosa che le è accaduta...che tu sai...-
Liam la guardò e annuì pensando a quanto gli aveva raccontato Sìle di Eric.
- Sìle non vuole avere a che fare con loro...nemmeno con la nonna...-
Dorcas scosse la testa per conferma.
- No, ma non può farci niente...è un legame troppo antico e troppo potente quello che lega tre streghe figlie una dell’altra – disse – Sìle è convinta di essere una perfetta estranea per sua madre, come crede che Morgan lo sia per lei, ma non è così, si sentono come se si toccassero attraverso il mare...- disse facendo sollevare lo sguardo a Liam con ancora maggiore interesse, perché ormai era convinto d’aver incontrato proprio Morgan -...io non glielo dico, perché lei non vuole sentirlo, ma ci sono notti in cui è inquieta, non dorme, non trova requie...e la mattina dopo va a vedere se c’è stato qualche incidente, se è successo qualcosa...e io sono pronta a giurare che Morgan, quelle notti, non le passa più tranquilla...-
Liam si passò una mano dietro il collo, sentendolo un po’ sudato perché il sole estivo picchiava forte quel giorno, e alla fine prese coraggio.
- Dorcas è...- iniziò interrompendosi quasi subito.
- Ah andiamo bene! Ricominciamo con i silenzi da scettico? Avanti!- lo spronò la donna facendolo sorridere.
- Va bene, va bene...- le disse cambiando mano con cui tenere il cesto – è che quando ero sull’isola, una sera...ho incontrato una donna che mi ha ricordato Sìle...- iniziò fissando lo sguardo a terra e concentrandosi sul ricordare la donna – non me l’ha ricordata tanto per una somiglianza fisica che pure c’era, quanto perché mi è stato evidente quasi da subito che fosse come voi due, ma come se me lo stesse sbattendo in faccia, mi capisci?-
Dorcas fece cenno di sì.
- E poi mi ha detto una cosa...che io non so perché, forse per autosuggestione, ma...me l’ha fatto pensare ancora di più che fosse legata a Sìle; io ero seduto lungo gli scogli e lei è arrivata da dietro di me...non so da dove e mi ha detto che...era convinta che avrebbe trovato qualcunaltro e quando le ho detto che di lì non era passato nessuno, mi ha chiesto se avessi mai seguito un presentimento molto forte...poi quando le ho detto di sì, lei mi ha detto che non era solo un presentimento, e nell’attimo esatto in cui io ho pensato a Sìle, mi ha detto “Ero convinta di sentire un odore familiare, e ora capisco perché...”, come sapesse cosa pensavo e ogni volta che mi venivate in mente tu o Sìle, mi sembrava di sentire dentro una mano che mi efferrava qualcosa...era...era inquietante...-
Smise di parlare e tornò a guardare Dorcas in attesa di una risposta.
- Aveva i capelli neri e lunghi, occhi scuri e fronte alta?- domandò lei.
Liam annuì...se la cosa non l’avesse toccato personalmente avrebbe commentato “Che noia, questa storia è la più prevedibile che potessero inventarsi!” .
- Ti sei scordata il neo sotto l’occhio...- disse sbuffando.
Dorcas non parve sorpresa.
- E’ come quando tra gli animali una madre e un figlio si incontrano dopo anni di separazione...riconoscerebbero in ogni dove qualcosa l’uno dell’altro e l’odore di Sìle addosso ce l’hai, non osare negarlo e una madre certe cose le sente...- lo ammonì severamente indicandogli poi il cottage che iniziava a comparire tra gli alberi – eccoci...oh! Ecco la mia fatina!-
Lily andò loro incontro correndo tutta contenta, quindi Sìle sapeva che sarebbero andati là e li aspettava con lei.
Liam posò il cesto in terra per raccogliere Lily che, dopo un abbraccio a Dorcas, gli correva incontro.
- Io scommetto che vuoi salirmi sulle spalle, vero brutta scroccona?- le chiese strizzandole delicatamente il nasino mentre la piccola annuiva sfacciatamente – ah-ah...lo sapevo, dai vieni su...- le disse infilandole il braccio sotto le gambine e sollevandosela in spalla, facendocela sedere sopra.
Dorcas, indicandogli Sìle che arrivava e facendogli cenno di trocanre il discorso, gli si avvicinò prendendo il cesto.
- Com’è stata quella donna con te?- gli chiese.
Liam ci rifletté un momento su.
- Caustica e curiosa...-
La donna gli diede una pacchetta di incoraggiamento sulla spalla, quindi lo lasciò libero di salutare Sìle che gli andò incontro seguendo l’amica, che si allontanava impettita e fingendo una certa indifferenza, con lo sguardo.
- Vi state alleando contro di me voi due?- gli chiese sorridendo.
- No, mi stava spiegando il ruolo dei lamponi nelle gravidanze...- rispose Liam strizzandole l’occhio mentre si toglieva Lily dalla spalla e se la portava al petto, sostenendola con entrambe le braccia.
Sìle gli strizzò una guancia tra due dita.
- Certo la cosa in quanto uomo ti tocca molto da vicino vero?- gli chiese.
- Non si sa mai, meglio essere previdenti...- ribatté lui.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - Settembre ***


Capitolo 18 –

Capitolo di passaggio, forse non è niente di troppo avvincente, quasi un riempitivo, ma serve per i successivi.
Piccoli spoiler sempre dovuti al gap di traduzione inglese/italiano: il solito Garlicky lascerà a Liam un messaggio in cui gli da del "Brandello" e del "Toporagno" intendendo invece dirgli che è "Scaltro", perché in inglese le tre parole sono rispettivamente "Shred" , "Shrew" e "Shrewd".
Secondo spoiler: ad un certo punto compare una frase un po' folle che è "Quarantamila piume nella gola di una rana", è una cosa che compare nel libro "Good Faeries and Bad Faeries" di Brian Froud, recitata da una certa fata che però ha una pronuncia un po' ridicola, ne risulta quindi che una frase come "Forty Thousand Feathers on a Frush's Throat" venga pronunciata "Forty Fousand Feathers on a Frush's Froat"



Chi l’aveva detto le disgrazie non vengono mai sole?
Casomai le rogne con le madri, e quelle con le zie nel caso particolare , viaggiavano sempre in coppia...
Non aveva ancora trovato il coraggio di dire a Sìle che probabilmente aveva incontrato la “Strega Madre”, e stando a quanto diceva Dorcas quasi sicuramente per poco non anche la “Strega Nonna”, che ecco le sue di rogne familiari...
“Tre mesi che non ti fai vivo...”
Il che significava che erano tre mesi che non faceva un rapporto dettagliato su quante occasioni di matrimonio aveva lasciato sfumare e, di conseguenza, che il sospetto era più di un legame serio di cui lui non metteva la corrente tutti i passanti, piuttosto che di solitudine.
- Mamma...-
“E non credere che non sappiamo che cosa stai combinando lì!”
Oh, la Zia Molly...sorella maggiore di sua madre, l’unica in grado di metterla in quello stato di iperattività genitoriale!
Viveva in una bella manor house nei pressi di Glasgow, sposata ad un ricco avvocato e si divertiva un sacco a impicciarsi della vita di Liam, visto che le sue due figlie, avevano conseguito tutti gli obiettivi che lei si era prefissata per loro: matrimoni altissimo borghesi, vita molto agiata condotta impegnandosi in tutte le attività in cui “una signora deve”e così via.
Si annoiava a morte insomma, perché era inutile dirlo, non era fatta per fare la castellana, non ci riusciva proprio malgrado l’uomo che aveva scelto e la condotta che aveva adottato per stargli accanto.
Quindi, di quando in quando partiva, andava dalla sorella e le metteva in testa che era ora che Liam si sposasse, mettesse la testa a posto...
Ora ricordava meglio perché non era tornato a Glasgow per starsene un po’ tranquillo.
- Che cosa sto...- fece per chiedere mentre riordinava alcune foto che doveva portare a far vedere ad un amico editore di Londra.
“Se fosse per te noi qui non ne sapremmo niente!”
- Ma di che cosa?-
“Della tua ragazza!”
...cos’era stato quello strano suono di calcinacci crollati, il tetto o la sua pace interiore?
Il tetto era sempre lì...quindi restava solo una possibilità...
- E zia Molly che ne sa della mia ragazza?- chiese in tono decisamente un po’ polemico e spazientito.
“Miss White è sempre stata così gentile da tenerti d’occhio quando eri un ragazzino e per fortuna non ha smesso di farlo ora! E guarda che lo sappiamo che non è Maggie!”
Ecco...ora si ricordava anche di questo: Maggie, una delle poche volte in cui sua madre era andata a Windermere o ad Ambleside in compagnia dell’inesorabile guida spirituale(Molly), si era profusa in un milione di piccole attenzioni e pensieri per la sua “futura suocera”...e Liam non era neppure in paese perché non lo sapeva che lei sarebbe andata lì quel giorno, se n’era andato a fare un giro con un paio di amici fino a York.
Non aveva voluto sapere come ci fosse finita sua madre a casa di Miss White con Maggie che sfornava biscotti a ripetizione e Charlie che tentava di arginare la situazione senza riuscirci.
...iniziavano a pulsargli le tempie...non era facile mantenere la calma, gli serviva una sigaretta.
Appena se la mise in bocca e fece scattare l’accendino, sentì uno scricchiolìo, quello tipico della porta del cottage.
- Mamma, saresti così gentile da escludere zia Molly dalla mia vita per un maledettissimo secondo?-
- Non fumare! Ai gatti non piace!-
Voce imperiosa, da strega infastidita.
- Dorcas ho già una zia e una madre contro, non ti ci mettere anche tu!- le disse mettendo una mano sul cellulare.
La donna lo guardò con aria stupita mentre lo vedeva osservare delle foto, scorrendole una ad una, dividendole in due mazzi.
- Buongiorno eh?- gli disse e in quel momento, arrivò Lily, di corsa, che al solito gli si avvinghiò alle gambe.
“Chi è Dorcas?”
Mentre accarezzava la testina a Lily che subito dopo scappò all’inseguimento di un gatto, soffocò un qualche improperio all’indirizzo di tutta la tecnologia più avanzata della ruota e quindi, contando fino a tre, poi allargandosi fino a cinque per essere sicuro che parlando non sarebbe sembrato Mr.Hyde o che non avrebbe frantumato il ricevitore contro il muro, si riportò il telefono all’orecchio.
- Come non te l’ha detto Miss White mamma? E’una strega...-
“Ma non dire fesserie! Miss White è una persona seria e riservata, non è certo una che mette in giro di queste ridicole voci!”
-Invece sì, cazzo!- protestò lui sbattendo un mazzo di foto sull’altro che aveva appena finito di riordinare e chiudendo il raccoglitore con un gesto secco.
“William!” lo ammonì il duetto mamma/zia.
- Non dire parolacce davanti alla bambina!-
Dorcas non sapeva cosa stava rischiando di fare pronunciando la parola “Bambina” o invece al contrario ne era perfettamente conscia e lo faceva apposta?
Per fortuna non aveva parlato abbastanza forte da essere percepita chiaramente.
- Che c’è?- ringhiò lui esasperato verso la madre – a quarant’anni non posso neanche concedermi il lusso di nominare quello che mi pende tra le gambe? Me l’hai fatto tu! Potevi pensarci prima e forse a quest’ora me ne starei col culo piazzato in sella a qualche purosangue insieme alle mie care cuginette tutte Ascot e serate di lusso e infinitamente più annoiato e tranquillo! Non ne posso più di queste storie! Mi avete stancato! Sono stufo marcio! -
“Tutto il padre...” granitica sentenza di Molly, carpita di sottofondo.
- Cristo Santo, quanto vorrei che fosse vivo solo per ridervi in faccia quando fate così!- sospirò per poi tornare a parlare con la madre ora che l’aveva ridotta al silenzio – mamma...- gli faceva effetto pronunciare quella parola con Sìle e Dorcas che trafficavano per casa...anzi Sìle in quel momento era arrivata in fondo alla scala e lo guardava starsene appoggiato al muro con la sigaretta che ancora non era riuscito ad accendere in bocca - ragiona solo sul fatto che Miss White è talmente discreta che ti è venuta a telefonare dopo quindici anni che non la sentivi e guarda un po’quando? Quando finalmente io ho deciso di sbattermene di quanto Maggie Mills mi abbia aspettato senza che le fosse richiesto e di lasciare che lei e tutte le pettegole del paese mi vedessero praticamente abitare con la mia ragazza, non ti pare un po’ troppo tempestiva come telefonata? Non crederai mi ca che volesse sapere come stavate tu e la zia no? -
“Sarebbe così strano?”
- No, mamma, in qualunque altro momento della mia vita qui no, adesso sì!- tagliò leggermente, poi però sospirò e guardando Sìle che gli sorrideva, si calmò e sorrise anche lui - senti...non mi va di riparlare di certe cose, altrimenti ti assicuro che non avrei aspettato tanto a dirtele!-
“Ma perché non ti va? Non capisco tesoro...”
Era tornato tesoro e non c’era nessun grugnito di disapprovazione di sottofondo, quindi Molly si era allontanata.
“Non sei contento?”
E lui allora guardò Sìle che si muoveva in cucina: passò una paio di volte davanti alla porta mentre si raccoglieva i capelli, che ormai le arrivavano alla vita, poi si fermò vicina al tavolo dove uno dei micetti le fece un po’ di moine, la guardò abbassarsi davanti all’animale e questo allungarle incontro una zampetta per farle lui una carezza.
- Sì che sono contento...- mormorò.
“E allora? Portacela no?”
Ahia...era ripartita col tono determinista.
- Mamma...-
“Sì tesoro?”
- Non porto nessuno che non sia battezzato dove c’è una zia Molly...-
Ci mancava solo che la zietta si portasse dietro il prete per rimediare al tempo perso!
“Cosa?”
- “Cosa?”, cosa ho detto o “Cosa?” nel senso di “Oh Santo Cielo mio figlio nelle mani di un’indemoniata fuori dalla grazia di Dio, qui ci vuole un esorcismo”?-
“Cosa? Nel senso di “Cosa c’entra tua zia brutto zuccone di un Kerr? “Possibile che davvero tu sia tutto tuo padre a volte? Sempre lì a fare il sarcastico! E poi io dove la metto tua zia? Non posso tenerle nascosto che vieni a Glasgow con la tua ragazza no?”
- Ma infatti io non ci vengo affatto a Glasgow con la mia ragazza finché non sono sicuro che zia Molly sia emigrata per un mesetto in Nuova Zelanda! Mettetevi il cuore in pace, se non è lei a dirmi che vuole immolarsi o tu a dirmi “Vengo da sola a trovarti”, Sìle te la scordi e per favore quando chiama Miss White dalle poca corda...-
“Sìle?”
- Sì...-
“Si chiama Sìle?”
- Sì mamma...-
“Che nome carino...”
- Sì...-
“Dev’essere una ragazza molto dolce...”
Eccole le tattiche meschine di sua madre...era un modo sottile di scucirgli qualche informazione in più.
- Sì, mamma, dolcissima, ma ora io devo andare, mi aspettano a Londra domani e devo mettere un sacco di cose a posto, tanto se telefoni a Miss White ti dice tutto! Saluta zia Molly va bene?-
Sìle era rimasta in cucina cercando di non ascoltare, ma quando se lo vide comparire sulla soglia con aria un po’ stravolta non riuscì a trattenere un risolino.
Lui si strofinò l’occhio “malato” e la guardò con l’altro.
- Dai ridi, lo so che è ridicolo!- la spronò.
E lei in effetti rise un po’.
- Non è ridicolo...- gli disse andandogli incontro e cingendogli la vita per dargli un bacio sul collo – ma fai tenerezza, sembri un bambino offeso!-
Lui si staccò appena da lei e la guardò in faccia.
- Guardami bene...- le ordinò indicandosi il viso e quando lei annuì dicendogli che lo stava guardando – non sono un bambino offeso, ricordati di quello che facciamo a letto insieme...- le suggerì.
- Beh non solo lì...- si intromise Sìle.
- Appunto, e non pensare a me come a un bambino offeso, ci manca solo che dopo una telefonata di mia madre, mi ritrovi a stare insieme alla mia baby sitter...- le disse.
- Ah è per questo?- chiese lei mentre lo abbracciava, lui annuiva e lei gli si avvicinava ad un orecchio facendosi sollevare e circondandogli la vita con le gambe e stringendosi a lui -...una baby sitter certe cose non le fa...e io invece ho una gran voglia di farle, quindi una cosa esclude l’altra credo...-
- Se ci vedesse Miss White...- commentò lui mentre la metteva a sedere sul ripiano della cucina e le si fermava tra le gambe accarezzandole le cosce da sopra i pantaloni di ciniglia che indossava.
- Non cambierebbe molto...ormai quello che doveva dire l’ha detto...- ridacchiò appena lei mentre gli cercava le labbra allungandosi un po’verso di lui.
Rimasero lì a sbaciucchiarsi per qualche minuto, fino a che Liam non la guardò in faccia.
- Che hai?- gli chiese lei.
- Mia madre...- rispose lui e Sìle annuì.
- Non è che non voglio far conoscere te a lei...- mormorò – non voglio ancora far conoscere lei a te...-
La ragazza sorrise mentre ci pensavaun attimo su.
- L’ho capito che non ti vergogni di me...- gli disse e lui fece un gesto di conferma – non lo penso...ma non devi neppure vergognarti di lei...-
- Ma no io adoro mia madre...- rispose Liam – solo che a volte non sa proprio stare al suo posto, specialmente quando c’è mia zia nei paraggi...non voglio che ti conosca quando c’è lei -
Sìle allora annuì e lo abbracciò.
- Mi piace giocare ai fidanzati con te...- gli disse mettendosi a ridere quando sentì che lui faceva uno sbuffo e rideva a sua volta prima di darle un bacio sulla testa e stringerla forte.
Le piaceva sentirlo sereno...stare stretta a lui e ascoltare il suo cuore, il suo respiro...il suo petto così ampio e forte che si alzava a si abbassava le dava sicurezza perché era calmo.
In quel momento però, Sìle sentì che qualcosa, un pensiero al suo riguardo e malgrado il momento assolutamente pacifico tra loro due, lo turbava, lo afferrò chiaramente e per un qualche motivo, sentì anche qualcosa di Morgan e la cosa non le piacque, ma non volle cercare una risposta sul momento.
Le capitava di confondere le sensazioni quando era con lui e si lasciava andare un po’ di più all’onda dei sentimenti...e in quel momento lo stava facendo, per una volta, una delle rare volte in cui si liberava delle proprie paure, stava pensando che era bello svegliarsi la mattina e trovarsi accoccolata contro il petto del suo uomo.
Non un ragazzo, non un fidanzato...un uomo.
- Che c’è?- gli chiese ancora, dolcemente, staccandosi da lui che la guardò.
Non le rispose subito, la studiò attentamente negli occhi, accarezzandole la fronte e i capelli con una mano.
Sìle ancora non sapeva dell’incontro di Liam con Morgan come non sapeva delle spiegazioni che aveva chiesto a Dorcas, ma lui ci pensava...perché a dispetto di quanto non si sarebbe aspettato, si era davvero innamorato di quella ragazza e la paura di perderla o di venire lasciato come Morgan aveva fatto con il padre di Sìle, non gli era così estranea come d’abitudine.
Lei gli sorrise e gli sfiorò le labbra con un dito...
- Cos’è quel broncio?- gli domandò.
- E se te lo chiedessi?-
- Che cosa?-
Lui fece spallucce.
- Non lo so...di vivere davvero insieme, a lungo termine voglio dire...tutti i giorni, tutte le notti...- rispose – o di sposarci...non che io sia un grande sostenitore del matrimonio, ma insomma...condividere gatti, Dorcas, Lily, fate, folletti...-
Sìle aggrottò un po’ le sopracciglia, sospettosa, ma sorridente.
- Guarda che se poi ritratti sono guai!- lo avvisò puntandogli contro il dito.
- Che vuol dire?- le chiese sorridendo leggermente di più.
-...ti direi di sì un milione di volte, che domande fai?- gli disse lei tornando a stringersi a lui – e un milione ancora il giorno dopo, e il giorno dopo, e il giorno dopo...e così via fino a che non mi sopporteresti più!-
Finì di parlare che gli si era rintanata col nasetto sotto il collo e lo faceva sorridere perché gli mordicchiava la pelle.
- Va bene, mi accontento anche di un migliaio di volte al giorno, altrimenti non rimane tempo per nient’altro...- ridacchiò prendendole le mani e sciogliendosi dalla sua stretta, allontanandosi per evitare il solletico, ma trattenendola con le dite intrecciate alle sue –...vuoi che ti dica a cosa mi riferisco?- chiese poi guardandola in faccia.
Sìle stava per tirarselo di nuovo incontro, ma con la coda dell’occhio vide Lily e allora gliela indicò.
- Non ora, abbiamo pubblico, ma mi interessa...- scherzò rubandogli un altro bacetto e quindi scendendo dal ripiano della cucina per andare dalla bimba; mentre si chinava su di lei però si voltò di nuovo – ho capito male o devi tornare a Londra domani?- gli domandò.
Lui le disse di sì, si avvicinò a lei, prese in braccio Lily che gli si aggrappava alle gambe, se la sistemò col culetto nell’incavo del gomito e guardò il raccoglitore con le foto sviluppate.
- No, non domani, tra un giorno o due, è che dovevo aggrapparmi a qualcosa prima che mia madre uscisse dal ricevitore per vedere come sei fatta...- rispose facendo sorridere la ragazza, quindi riprese - devo portare qualche scatto di corredo ad un articolo sullo Yorkshire, sono foto che ho dovuto ristampare della cattedrale di York...la Whitby Abbey e Rievaulx, le ho fatte qualche anno fa, ma erano venute particolarmente bene – le spiegò.
- Vai in auto?- gli chiese lei.
- Sì, mi conviene...-
- E...starai via molto?- indagò ancora Sìle dopo un cenno di assenso un po’ serio.
- No, un giorno al massimo credo...perché?-
Sìle si strinse nelle spalle e guardò fuori.
- Non lo so...ci sono temporali in arrivo e...pensarti per strada non mi piace...con l’occhio in quelle condizioni...-
Liam le diede un bacio in fronte.
- Starò attento e viaggerò solo di giorno, va bene?- le promise – e poi guarda che se l’occhio fosse un problema, la patente me l’avrebbero tolta da un pezzo...non ti mettere in agitazione, non ce n’è bisogno...-
Sìle annuì, ma Liam sapeva che quell’ansia non era dovuta solo al viaggio in auto o alla sua lontananza o ai temporali: è che l’estate stava finendo e lei aveva paura, gliel’aveva già detto, paura che ricominciassero quelle visite.
Aveva una fortissima sensazione di inquietudine in corpo e sentiva che la parte più oscura della terra si stava risvegliando pian piano, lanciava segnali e richiami e anche Lily li sentiva ed era nervosa e facilmente eccitabile.
La verità era che Sìle avrebbe preferito non rimanere sola, perché Liam vicino per lei era una fonte di sicurezza e consolazione, anche se non glielo diceva per non pesare sui suoi impegni professionali.
Lui era la sua radice nel mondo “normale” ormai e non che le dispiacesse vivere a metà, succedeva da quando era nata, però la faceva sentire più salda.
- Torno presto...promesso...- le disse allora lui.
Insomma era una giornata iniziata e proseguita come tante.
Nessuna scritta comparsa qua e là, nessun...bizzarro afrore o profumo proveniente da punti indefinibili, nessun sussurrare, muoversi furtivamente.
Anche Liam si era accorto, stava imparando che man mano che l’estate si indirizzava al suo termine, quei segnali di presenze erano più frequenti.
Ormai era passato un bel po’ di tempo da quando era arrivato lì, dieci mesi o poco meno e quella sera, dopo essere venuto via dal cottage nel bosco, si ritrovò a camminare per il sentiero alla luce ancora piena del pomeriggio, ma che si avvicinava al tramonto.
L’aria era limpida ed era piacevole quel sentore di temperatura meno mite: non che fosse già così, era come avvertirla da lontano, dentro le ossa, sulla pelle che richiedeva di indossare qualcosa di più che non una maglietta a maniche corte(anche se Liam non si faceva certo intimidire, era Dorcas che lo minacciava di raffreddori, bronchiti, polmoniti...).
Quando arrivò a casa prese la macchina fotografica e tornò un po’ indietro, inoltrandosi di nuovo tra alberi e cespugli.
Si muoveva con molta disinvoltura tra quei boschi ormai, aveva imparato a ritrovare “Vecchio Uomo Quercia”, che però durante l’estate non aveva mai borbottato, e non c’era modo che perdesse la strada per arrivare al vecchio cottage di Dorcas, che se ne stava accovacciato contro una grande roccia nel bosco, coperto di muschio e foglie e ramoscelli in crescita, con la sua aria un po’ tetra e traballante, fatto di roccia scura e umida.
A quel punto la considerava davvero casa quella, sentieri, boschi, laghi e laghetti, montagne intorno...e a maggior ragione, visto che Charlie aveva accettato quella famosa proposta di vendita e stavano solo aspettando di valutare l’altro cottage(ovviamente per impedire a Liam di pagare più di un quarto di quel prezzo, anche se Charlie non l’avrebbe mai ammesso).
Insomma non poteva vivere in un posto senza sapercisi orientare e prima d’allora non aveva mai davvero imparato ad inoltrarsi negli anfratti più nascosti...e forse nemmeno lo interessava, non lo negava di certo, era un ragazzino scemo anche lui una volta e lo era stato per un bel po’.
Passeggiando fece tutta una serie di scatti, come gli capitava spesso nell’ultimo periodo, perché quel bosco era davvero bello e quelle sfumature aranciate, che rendevano il verde degli alberi più acido man mano che il sole calava, creavano dei contrasti affascinanti...come pennellate di giallo cadmio passate leggermente sulle fronde.
Il crepuscolo gli calò intorno più velocemente di quanto non si aspettasse, così si riavviò verso casa.
Mentre camminava tra le fronde che man mano invece che ombrose diventavano incombenti, iniziò ad avere una sensazione strana...che fino a quel momento non aveva mai sperimentato.
Camminava lentamente, tranquillo e senza nessuna particolare ansia di chiudersi una porta alle spalle, cercando riparo tra quattro mura, si sentiva a suo agio, talmente tanto che si accorse distintamente di venire seguito.
Non capì cosa glielo avesse fatto sentire, ma la sensazione che se si fosse girato avrebbe visto qualcuno in mezzo al sentiero, era netta...e lì ebbe paura.
Quella paura infantile, profondamente bambinesca di quando una cosa che gli colpiva la fantasia spaventandolo, lo portava a preferire di non essere lasciato al buio più completo e in silenzio , anche se magari la madre pensava che il parlare suo o del padre lo disturbasse, quello che lo faceva affondare nel letto e ricoprirsi fino alla testa, sussultando ad ogni rumore, temendo di sentire qualcosa toccarlo o salirgli sul letto d’improvviso.
Quello che, nella sua mente di bambino, gli faceva dire tra sé e sé che più ci pensava e più forse quello che lo spaventava, avrebbe avuto facilità a trovarlo.
La classica paura di essere spaventato, quella che lo bloccava, che lo faceva esitare per lunghissimi secondi prima di muovere un dito anche solo per accendere la luce e rincuorarsi un po’, che gli faceva sembrare il silenzio la cosa più rumorosa del mondo.
La sensazione di uno sguardo che lo toccava...di un respiro che non sentiva con le orecchie, gli sembrava piuttosto di vederne il ritmo o di una voce che non gli arrivava alle orecchie, ma dentro il cervello, senza avere una sonorità precisa o dire qualcosa, non sembrava lo stesso borbottare cupo della notte in cui avevano scoperto “Vecchio Uomo Quercia” lui e Sìle, aveva più l’aria di un bisbiglio echeggiante e diffuso.
“Ora mi giro e non c’è niente...” si disse esplicitamente quando si accorse che gambe, collo e testa rimanevano ostinatamente immobili: le gambe rifiutandosi di far girare il corpo, il collo rifiutandosi di torcersi e la testa di far smuovere gli occhi da quella fogliolina in equilibrio precario sul ramo di una quercia che aveva deciso di disfarsene.
”Non che non ti giri, lo sai che c’è...” gli disse la parte ribelle di lui.
- Ma che cazzo, non sono più un bambino, che razza di paura dovrei avere?- mugugnò tra sé decidendosi a cogliere l’attimo in cui l’altra voce gli ordinava di girarsi.
In quella frazione di secondo fece una serie di pensieri:
“Socchiudo gli occhi così vedo gradualmente...”
“...ci sarà qualcosa di mostruoso...”
“...magari invece solo un animale...non hai paura degli animali, ci hai passato metà della tua vita in mezzo...”
“E se non è un animale che diavolo dovrebbe essere?”
“Magari niente...”
Quando ebbe finito di girarsi , in effetti aveva socchiuso gli occhi, il cuore gli batteva forte, aveva il respiro rotto dall’inquietudine e nemmeno lui sapeva perché e quando risollevò le palpebre si rese conto che non stava neppure respirando.
Allora rifiatò...perché tutto quello che vide, fu una famigliola di cinghiali, madre e cinque piccoli, che attraversava il sentiero in lontananza, tanto in lontananza che la femmina lo guardò, o almeno si girò verso di lui, fiutò leggermente l’aria e quindi ripartì coi suoi cinque piccoli.
Sorrise vedendone uno bianco e si diede dell’idiota per quella gran paura provata, quindi tornò a casa.



- E Liam? Dove l’hai messo?- le domandò Miss Curl.
- Come fosse facile nasconderlo...- rispose Sìle, quindi sorrise mentre le preparava l’infuso che le aveva appena portato, guardò fuori dalla finestra per qualche momento e si voltò.
- E’ a Londra...- le disse sedendosi al tavolo con la vecchietta tenendosi una mano dietro il collo – si è dovuto trattenere un po’ più del previsto, ma tornerà tra uno o due giorni massimo...-
Di sottofondo la radio, la BBC trasmetteva un programma di approfondimento sulla musica popolare britannica del diciottesimo secolo...di quei programmi che invitano alla conversazione rilassata nelle giornate uggiose come quella.
- Come vanno le cose con lui?- le chiese la vecchina.
Sìle reagì inizialmente con un leggero scatto, come innervosita, perché in effetti lo era, poi però prese un gran respiro e guardò Miss Curl.
- Dorinda...- le disse – io non voglio essere maleducata, ma...ogni passo che facciamo insieme io e Liam, è sulla bocca di tutto il paese...-
La donnina le prese una mano e le strinse appena il polso, protendendosi un po’ verso di lei.
- Proprio perché è sulla bocca di tutto il paese, lo chiedo a te...- rispose – dare retta a quelli o non sapere niente, è la stessa cosa, non c’è una voce che giri senza essere prima sagomata ad uso e consumo di noi vecchie pettegole...- sghignazzò, poi sorrise di nuovo alla ragazza – ma io sono una vecchia pettegola fatta un po’ a modo suo -
Era vero...
Dorinda Curl, era erroneamente definita pettegola, perché in effetti, il divertimento di quella donnina, era forse più assimilabile a un po’ di sana, ma al contempo insanabile, curiosità alla Miss Marple.
Miss Curl era una di quelle a cui sì, piaceva essere informate di tutto, ma per lo più il ruolo che rivestivano nei pettegolezzi era passivo...salvo quando doveva confondere le idee ai più maligni! Allora sì che che diventava attiva! Attivissima!
Sìle si lasciò convincere e le sorrise.
- Va bene...- disse annuendo – inaspettatamente bene...- aggiunse ricevendo da parte della nonnina un bel sorrisone soddisfatto e una pacchetta sul braccio che la incoraggiarono a continuare – Liam è la cosa più bella che mi sia capitata...a volte stento a credere che voglia stare con me...-
Dorinda la guardò sorpresa.
- Stenti a crederlo? E perché?- le chiese – se non stentava Maggie Mills a credere che lo avrebbe sposato...-
Sìle la guardò aggrottando le sopracciglia con un sorriso divertito.
- Se io non devo stentare, perché avrebbe dovuto farlo lei? –
- Perché...- disse Miss Curl con un lucore più furbetto negli occhi -...perché Maggie Mills, neanche dopo anni che si conoscevano, può dire che Liam l’abbia mai seguita fino a che non è sparita dietro un angolo con lo sguardo...-
- Perché io sì?- chiese Sìle.
- Certo! Il primo giorno, quando neppure ti aveva vista bene in faccia, sembrava un cane cui avessero passato sotto il naso un osso succulento...-
Sìle sorrise sotto i baffi...
Dorinda forse esagerava un po’ su Liam, però, grazie al suo dono, la ragazza poteva dire che una buona parte di quello che diceva lo aveva visto davvero...e questo le faceva piacere.
- Io sono vecchia...- continuò Dorinda – sono un po’ sorda...e se non ho gli occhiali non vedo a un palmo dal naso, ma quando ho questi sul naso...- disse indicando la montatura di tartaruga degli occhiali che le ingrandivano in modo buffo gli occhi – certe cose non mi sfuggono...ha bene da parlare la cara Maggie su cosa puoi aver detto o fatto al suo Liam, quello di lei se n’era già scordato quando se n’è andato da qui quindici anni fa, ammesso che l’abbia mai pensata, e io di stregonerie non ti ho vista farne, ho solo visto un ragazzone grande e grosso girare il naso a seconda di dove ti vedeva andare...-
- Dorinda, ma io non ne faccio di magie...- sbuffò Sìle scolando l’infusore nella tazza di Miss Curl, avvicinandogliela e alzandosi per buttare le foglie intrise d’acqua.
- Ah io lo so...- le rispose Dorinda – mi daresti un po’ di miele cara?-
- Certo che le do il miele...-
- Lui ti parla mai di Maggie?- domandò Dorinda dopo qualche attimo, mentre Sìle tornava indietro col miele.
- Dovrebbe?- chiese la ragazza aprendole il barattolo.
- No, certo che no...è evidente che non gli interessa nemmeno parlarne e che quella benedetta ragazza dovrebbe smetterla di rodersi il fegato per lui...-
Sìle si succhiò via un po’di miele da un dito.
- Non si possono controllare certe cose...- rispose sospirando – e non lo dico perché parlo di lui, potrebbe essere chiunque altro...il resto, i pettegolezzi, le dicerie, le voci...basta non ascoltarli e io e Liam non lo facciamo, lui fa la sua vita, io e Dorcas la nostra, casualmente la vita di Liam si concilia bene con la mia e stiamo andando avanti senza intoppi, i clienti al bed and breakfast non mancano e anche fosse non sarebbe certo per la mia condotta sentimentale, quindi non ho niente di cui preoccuparmi e se Maggie ha mal di fegato...io non posso rinunciare ad un uomo che mi vuole e che io voglio perché lei c’era prima...non è mica uno sportello postale...-
Dorinda ne convenne.
Sìle non aveva mai avuto molto a che fare con Maggie e certo, non avevano mai legato, ma almeno fino ad allora si erano serenamente ignorate, salutandosi se proprio si incrociavano e niente più.
Ora invece pareva che Maggie considerasse Sìle una specie di “Ladra di vita”...che Liam potesse non avere mai neppure considerato l’idea di un futuro insieme a Maggie, non era in discussione.
Lui non se ne curava, probabilmente neppure lo sapeva o semplicemente non aveva tempo né voglia di pensarci, Sìle invece segnali ne riceveva e come: occhiate per strada più insistenti del solito, saluti a mezza bocca e rivolti quasi col tono del “Ma che faccia tosta”.
Forse anche per questo le mancava tanto Liam quando si allontanava: lui era capace di smorzare tutto con una parola.
- E’ banale se dico che è invidia, ma è così...- mormorò – invidia perché tu sei giovane, bella, vivi molto liberamente, senza andarti a consigliare con una tonaca per ogni cosa che fai o devi fare...a molti fa paura vivere così; a molti di quelli cresciuti come noi qui, senza quasi vedere altro che questo lago, queste valli...tu hai visto Londra, Londra è grande come il mondo, per molti di noi e sai che c’è gente qui che a Londra non è mai stata?-
Sìle annuì anche se in effetti le faceva uno strano effetto pensarci.
- Liam poi...ha iniziato a girarlo davvero il mondo...è normale che non trovi più interessante ora quello che già non trovava interessante da ragazzo...e anche lì di invidia ne susciti molta, ma molto più meschina – aggiunse al suo discorso Dorinda, poi tacque un momento, bevve un po’ del suo infuso e riprese.
- Credo che la verità sia che nessuno si aspettava che Liam tornasse - disse – e quando è successo, per tutti lui era quello di quindici anni fa, più cresciuto, con sulle spalle tutto un bagaglio di cose su cui domandargli spiegazioni, ma sempre lo stesso di quando è partito, pronto a rituffarsi nei ritmi di Windermere e dintorni, dove tu quindici anni fa non eri ancora arrivata...non eri prevista nella ripresa delle cose -
Sìle fece un sorriso.
- A quello ci sono abituata...- commentò – le persone che mi considerano una di loro qui, le conto sulla punta delle dita...l’unico periodo in cui è andata leggermente meglio, è stato quando c’era John...-
Anche Dorinda sorrise, ma Sìle si intristì.
- Da tanto non penso a lui...- ammise portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio dopo che le era sfuggita dallo chignon lento che teneva fermato sulla nuca.
- Sono così presa da Liam, dalla strada che ha preso la mia vita, che per John non ho più tempo...-
- E ti senti in colpa per questo?-
- Non lo so...sono innamorata di Liam come non mi era mai successo...mi viene da chiedermi cosa sarebbe successo se John non fosse morto e se Liam fosse arrivato lo stesso...da domandarmi se gli occhi di Liam non mi avrebbero dato ugualmente quel pizzicotto qui- disse indicandosi la bocca dello stomaco – se ci fosse stato John. Erano amici e conoscendo John e Liam non credo che si sarebbero evitati e io che avrei fatto allora? -
Miss Curl battè col pugnetto sul tavolo, proprio sotto il naso di Sìle.
- Sono domande inutili...- le disse – completamente inutili. John è morto povera stella, Liam è vivo e, Dio lo benedica, se non ho bisogno di un paio di occhiali nuovi, sta una meraviglia! Non è colpa tua né che l’uno sia morto, né che l’altro sia vivo, non è colpa tua se erano amici...è mai possibile che tu non riesca mai a vivere tranquilla?-
Sìle si mise a ridere ma un po’ disperata.
- E’ che non riesco ancora a fidarmi...a lasciarmi andare del tutto...- sbuffò tenendosi il capo con una mano – quando è lontano, io torno a vivere come quando non c’era e allora inizio a pensare fittamente: magari lui a Londra magari si diverte troppo per essere davvero contento di tornare qui, da me, che ho una figlia che non è mia, per quanto poi lui sia bravissimo con Lily, da Dorcas che non è facile da gestire, in mezzo ai pettegolezzi...mi prendono tutte le insicurezze che quando ce l’ho qui con me, lo posso abbracciare, lo posso toccare, guardare negli occhi, non ho...comincio a pensare che forse verso John non è rispettoso...lo so che non ha senso perché John è morto, ma è così-
E poi c’era sempre quella famosa inquietudine da risveglio autunnale...di quella a Dorinda era meglio non parlare.
Sì indubbiamente c’era una minima parte di lei che stava vivendo un leggero sfasamento dovuto a un sacco di elementi: la stagione che cambiava, Liam che quando era al telefono da lontano, sembrava sempre un po’ nervoso, anche se poi la richiamava appena poteva spiegandole il perché, Lily che aveva avuto di nuovo incubi, il pensiero ricorrente di Morgan da quando aveva avuto quella strana sensazione di collegamento tra lei e Liam, cosa che la disturbava un po’.
Il problema era che il suo dono le stava suggerendo quella cosa che Liam le aveva nascosto, lei in qualche modo lo percepiva, ma al solito, siccome la cosa la toccava troppo intimamente, non riusciva a individuare quale fosse l’elemento da captare.
Stupidamente, la prima cosa che le veniva da pensare era che Liam si fosse annoiato o avesse un’altra...stupidamente non perché non mettesse in conto che potesse finire quella storia o avere delle crisi, anche se non le piaceva l’idea ovviamente,ma perché non esisteva al mondo un motivo per cui dovesse entrarci sua madre, a meno che certo l’Altra, non fosse Morgan, cosa alquanto improbabile.
- Dovresti allontanarti da qui...- suggerì Dorinda – una volta ogni tanto, prendere una boccata d’aria fuori e tornare solo quando ti senti meglio, senza scadenze...-
- E come faccio?- le chiese Sìle – Lily non accetta che io mi allontani più di tanto...il massimo che mi ha concesso sono stati quei dieci giorni con una mia amica e poi con Liam, io e lui poi ci prendiamo parecchio tempo per noi, questo sì, ma solo perché lei sa che sono vicina e con Liam ha un buon rapporto...-
- Crescerà vedrai...- mormorò Miss Curl – è normale che dopo tutta la sua piccola vita passata avendoti tutta per sé, dividerti con qualcuno non le piaccia...devi essere già molto soddisfatta del fatto che accetti Liam...-
Sìle ci pensò su un attimo.
- Non solo lo accetta...- disse – lo cerca, lo chiama, non c’è volta in cui, appena lo vede, non gli voglia saltare in braccio...stanno bene anche da soli, e questo per Lily è strano...- si sforzava di trovarlo strano in realtà, perché per lei invece era assolutamente comprensibile vista la natura della piccola: come tutti i suoi simili, era attratta da Liam – lui è paziente, la fa giocare, ci perde tempo...l’altra mattina, una delle rare volte in cui aveva deciso che era ora di farsi la barba, si è messa a guardarlo, doveva vederla Dorinda, con quel nasino impertinente...- raccontò intenerita al ricordo della scena.
Liam davanti allo specchio, Lily accanto a lui, in piedi sul ripiano del lavandino, lui che con una mano la reggeva e con l’altra si spalmava la schiuma sul viso e lei che col ditino gli toccava la faccia, gli rubava un po’ di schiuma e la annusava mentre parlavano.
Anzi lui diceva e lei lo ascoltava, come sempre: facevano dei lunghissimi discorsi anche se la bimba non parlava mai.
“Ti piace?” le aveva chiesto Liam e lei aveva scosso la testa un po’ dubbiosa sull’odore che a Sìle piaceva, ma forse per Lily era troppo acre, poi però gli aveva ritoccato il viso, stavolta con tutta la manina e lui si era messo a ridere “ah ho capito...” le aveva detto, quindi le aveva spruzzato sulla manina un fiocco di schiuma e lei estasiata l’aveva guardato lievitare tenendo il palmo teso e rigido, sorridendo a Liam col nasetto arricciato perché aveva capito cosa gli stava chiedendo.
Dopo attenta osservazione aveva provato ad assaggiarla...
”No! Non in bocca! Aspetta...sì, hai ragione fa schifo, ma non va mangiata, brutta scimmia...” le aveva detto Liam che per fortuna la teneva d’occhio “Eh no, proprio no...”.
Quando Sìle era passata da lì davanti, l’aveva visto chino davanti alla piccola che le ripuliva il visetto e lei faceva un sacco di smorfie schifate perché aveva scoperto che la schiuma da barba aveva un cattivo sapore.
- Io credo che lui stia bene così...- disse Dorinda - non è mai stato uno capace di fingere da ragazzo e per come lo vedo ora, può essere cambiato in molte cose, ma non in questa -
- Sì anche Dorcas lo pensa...- rispose Sìle a bassa voce, massaggiandosi un po’ il collo.



E facevano bene a pensarlo...lui, a Londra, posto che per inciso gli andava molto più che a genio in sé, stava per uccidere un paio di persone.
Una era Margareth Stainsfield, altra signora della moda londinese, ferma sostenitrice del fatto che il meglio l’Inghilterra l’avesse dato negli anni sessanta e quindi sempre conciata di conseguenza, che lo tampinava da ore con due frasi fondamentalmente, ripetendole a intervalli di tempo piuttosto regolari.
Una era ”Io proprio non mi capacito di come si possa sprecare un talento come il tuo fotografando uccelli invece che passere”, cui Liam rispondeva con un sorrisetto imbarazzato perché oltretutto lei la riproponeva a chiuqnue quella battuta di dubbio gusto, ogni volta che doveva spingere qualcuno a chiedere a Liam di tornare a occuparsi di moda.
L’altra era ”...tanto prima o poi...”, sottintendendo che sarebbe arrivato il giorno in cui non avrebbe più potuto opporsi al suo destino di fotografo da rivista patinata.
- Ma prima o poi cosa, porca miseria?- protestò lui a bassa voce dopo la quarantesima volta che Margareth lo diceva, quella volta a George, e poi se ne andava già un po’ alticcia – sembra che ti stia augurando un’andropausa precoce! Che razza di rompicoglioni!-
I cocktail pomeridiani non erano una gran passione per lui già di partenza, se poi doveva trascorrerli con lei ubriaca appollaiata sul braccio, era veramente troppo per mantenere la calma e l’aplombe.
- E’ che non trova un fotografo eterosessuale abbastanza attraente da procurarle le modelle più costose a prezzi ridotti, per il solo piacere di vedere i suoi occhioni verdi percorrere ogni più intima parte del loro essere...- commentò l’amico da dietro il bicchiere mentre osservava la macchia rosa confetto di “Miss Sixties”allontanarsi con un’andatura a metà tra il disinvolto e il barcollante - è disposta a tutto pur di riavere quelli come te...-
- Anche fosse per questo, quelle certe volte arrivano talmente fatte di coca, che neanche si ricordano in che continente si trovano! Potresti anche pagarle con una copia stracciata del "New York Times" e convincerle che sono contanti - rispose Liam imitandolo nel gesto, mentre dava un occhio al giallo malaticcio delle acque del Tamigi su cui galeggiava la barca dove si svolgeva il cocktail.
- Il solito tombeur des femmes eh? Fosse per te e la tua autostima, il genere umano si estinguerebbe anche fossi l’unico uomo rimasto sulla terra!-
- George...non sono in vena di sopportare certe ironie...-
- Ti sembro ironico? Le donne possono negarlo fino alla morte, ma niente al mondo mi convince che siano immuni al fascino del selvaggio -
Si guardarono, George con la solita faccia da gattone impertinente, Liam con quella del gattaccio rissoso invece...sì...avevano entrambi del gatto a pensarci bene.
- Ehi tu sì che sei un amico...-
- Queste non sono cose che si dicono per affetto, ma per invidia...- sentenziò l’amico – e hai anche tirato i remi in barca...sei da prendere a schiaffi! -
Liam allora gli diede una gomitata leggera girandosi verso il parapetto della barca.
- Per tua informazione, non ho affatto tirato i remi in barca da quel punto di vista, è che...-
- La signorina è impegnativa?-
- Molto grazie al cielo...e devo dire che, per quanto la malizia non sia il suo forte, ripaga benissimo gli sforzi, quando si parla di sesso le viene spontaneo farlo bene e con molta cura, adesso però cambiamo argomento perché della mia vita privata e della mia ragazza con te, più intimamente di così, non parlo...- gli disse tutto d’un fiato prima che George potesse chiedergli altro.
- Beh non volevo entrassi più nel merito, mi hai già detto tutto, è anche molto affascinante nell’estetica quindi che devo dirti? Il tuo solito culo...- ribatté George.
- Perché diavolo sembri sempre sarcastico? Guarda che io sto davvero bene adesso!- protestò Liam un po’ nervoso, ma senza alterarsi oltremodo.
- Guarda che non ho mai detto niente del genere, calmati...- gli rispose George mettendogli una mano sulla spalla e dandogli una pacca amichevole dopo aver ricevuto le sue scuse - ma che hai?-
- Niente...mi sento sotto assedio...- sbuffò Liam.
E lì, a ragione del suo nervosismo, subentrava la seconda persona che avrebbe volentieri ucciso: quel cavolo di fotografo americano che aveva mandato a quel paese sull’Isola di Man.
Pareva fosse approdato a Londra e avesse intenzione di frequentare tutti i posti in cui Liam era atteso.
- Perché questi bizzarri individui che si interessano di UFO e fantasmi hanno sempre capelli orribili e lunghi?- gli chiese l’amico girandosi verso l’omiciattolo e facendo una faccia poco convinta – è sgradevole, l’immagine non ci guadagna di mezzo penny, c’è qualche legge fisica che ti mette meglio in contatto con E.T. se hai capelli orribili e lunghi?-
Liam si girò a sua volta verso l’omuncolo e lo guardò da sopra la spalla, poi tornò a girarsi verso il fiume.
Spiegò a George il motivo del suo risentimento verso quella persona, che poi più che risentimento erano un bel po’ di remore morali, e quello annuì.
Liam era sicuro che non ne sarebbe stato entusiasta, anche George era uno che aveva una ferrea dignità professionale, ma prima di tutto umana, e quando si ricordò di chi era quel tipo, non esitò un attimo.
- Beh...spiacevole senz’altro...- commentò – ma se la tua insofferenza è dovuta al mero e infausto caso della sua nascita, rassegnati e tira avanti perché certa gente fa parte del mondo come tutti noi, se invece è dovuta a qualcosa di più specifico, beh...se ne può parlare...-
- Non lo so se c’è qualcosa di più specifico o sono io che macchino troppo, ma ieri mattina è entrato nell’ufficio del direttore di Nature dopo di me e mi ha detto “Salve collega! Allora ci vediamo in giro? Magari è la volta buona che riusciamo a farci due parole”...e non so bene come interpretare, ma me lo sto ritrovando tra le palle un po’ troppo spesso in questi giorni; io non voglio farci due parole con quel tipo e doverci sbattere dentro due volte al giorno e vederlo che mi guarda con quella sua faccia da cazzo che dice “tanto non puoi ignorarmi per sempre!” mi fa prudere le mani...-
- Via non esagerare...-
- No George non esagero...è da ieri che mi trovo in situazioni come questa, che mi fanno drizzare i peli dovunque, che mi sento osservato, mi giro...- e infatti si girò di nuovo verso l’omiciattolo – e lui mi sorride...eccolo guarda...- puntualmente gli aveva sorriso.
George diede un’occhiata, poi guardò Liam.
- Magari ha davvero voglia di fare amicizia...-
Liam lo guardò scettico.
- L’ho trattato di merda...- rispose – davvero di merda...fossi io, con uno che mi ha trattato così, non vorrei spartirci la stessa barca, figuriamoci sorridergli cordialmente...-
- Beh ma cosa pensi che possa interessargli tanto di te?- gli chiese l’amico.
Liam scosse la testa.
- Non ne ho idea...ho la sensazione che mi venga dietro da quando ci siamo incontrati alla redazione della rivista, ma ha cambiato faccia...prima sembrava solo vischioso e supponente, adesso ha qualcosa di determinato nell’espressione, pensa che ho anche perso tempo a studiare quella sua faccia da topo unto per cercare di capirlo -
A parte aver consegnato quelle foto che aveva ristampato, quelle che aveva riordinato mentre litigava con sua madre per telefono e che per tutto il viaggio si era augurato di aver raccolto tutte, non aveva fatto niente di particolare e non ci pensava neppure a quella persona, proprio non gli sfiorava i ricordi.
- Si sarà innamorato...-
- George!- lo richiamò, ma quello lo guardò con una faccia talmente serafica che gli fiaccò tutta la reattività e lo ridusse ad uno sbuffo – ...non fartici mandare e vacci da solo!-
Aveva ricevuto una mezza proposta di fermarsi un altro giorno a Londra, ma in quel momento gli mancò talmente tanto il caos surreale di Dorcas con le sue pozioni e le sue prove di cucina, Lily che gli sbucava di fronte a casa ad ogni pie’sospinto, i gatti, Garlicky e tutti i piccoli esseri che gli giravano sotto il naso alle ore più impensate del giorno e della notte e gli rendevano la vita difficile, che decise all’istante, guardando quell’orrore giallastro e puzzolente che era l’acqua del fiume, di tornare l’indomani.
Aveva voglia di quel silenzio interrotto solo dal respiro o dai sussurri di Sìle, mentre le sue mani gli accarezzavano il viso, la schiena...
Gli mancava vedere con entrambi gli occhi, si stancava più facilmente e aveva spesso dei mal di testa latenti quando era lontano(anche se Dorcas giurava che se avesse avuto la giusta predisposizione mentale, dovunque, perfino a Londra, avrebbe potuto incontrare qualche “Sidhe”).
E poi gli mancava, cosa forse ancora più assurda, studiare le pagine di Paulie.
Quando era via dal lago, per un verso o per l’altro, immancabilmente arrivava un momento in cui aveva bisogno di immaginarsi seduto nella cantina dove aveva messo in piedi la camera oscura, sfogliando diario, appunti, fogli e foglietti, immergendosi in quel mondo che di certo non lo aiutava a stare più tranquillo, non era tranquillizzante, aveva ragione Dorcas, ma...non lo svuotava come invece gli succedeva in situazioni come quella.
Gli sembrava di essere solo, anche se era in mezzo a un centinaio di persone che gli rivolgevano mille parole da una parte, altre mille dall’altra, e finito un migliaio, ne iniziava un altro...
A volte gli capitava di innervosirsi a causa di scherzi o dispetti che testimoniavano le campagne di quegli esseri di cui non conosceva neppure l’aspetto per lo più, ma ne sentiva la mancanza; si innervosiva perché gli spariva qualcosa, se era arrivato a chiamare “Il Compulsivo” la palla di pelo che gli rubava gli obiettivi, si disse, doveva essere proprio arrivato a considerarlo parte della sua vita.
Gli aveva perfino teso una trappola: una vecchia lente di una macchina che non aveva più, incollata ad un vecchio sasso, un enorme vecchio sasso che a volte serviva come fermaporta, avrà pesato una decina di chili.
Puntualmente, la notte in cui aveva messo in atto quel piccolo, perfido tranello, aveva sentito un sacco di rumori di sotto, si era perfino azzardato ad avvicinarsi al salotto per sbirciare, ma aveva visto solo il sasso traballare, ma senza spostarsi di un millimetro, con una specie di topo appollaiato sopra che tentava di staccare quella maledetta lente...un topo che ovviamente non era un topo.
Avrebbe giurato che, tra i mille versacci che lo aveva sentito fare, l’esserino stesse dicendo “Mio! Mio! Mio! Mio...”, ossessivamente, per questo l’aveva chiamato in quel modo.
Le scritte di Garlicky del mattino dopo, esultavano e inneggiavano alla sua scaltrezza contro il folletto...almeno presumibilmente.
“Liam è veramente brandello!!!!” cancellato e riscritto sopra ”...toporagno!!!!!” diceva...
Aveva arguito che intendesse dirgli “scaltro”, ma solo perché tra brandello e toporagno, la prima parola che gli veniva in mente che potesse adattarsi ad una creatura di una statura superiore ai quindici pollici, era scaltro.
Peccato che glielo avesse scritto sul tavolo di quercia quella volta...quercia inglese, pregiatissima, a cui Charlie solo per Liam aveva rinunciato...e quel piccolo bastardo ci era andato a scrivere sopra...
Oltre a loro due e al “Gatto orrendo” poi, ultimamente aveva la sensazione che a volte...lavorando...qualcuno gli si mettesse intorno e sussurrasse in maniera nervosa, ossessiva e ansiogena che era tardi, che aveva poco tempo, che doveva sbrigarsi...
Cercando tra i disegni di Paulie, perché ormai l’aveva presa per abitudine, l’aveva trovata, c’era anche lei...con grandi occhioni languidi, degli incisivi immensi e la bocca tirata in un sorriso isterico...e il vecchio l’aveva chiamata “Imnì”, in irlandese, o “Antsy” in inglese...in qualunque modo, era una fata ansiosa...
”Sussurra all’orecchio delle persone martellandole come una goccia cinese, mettendole in fermento e agitazione...è piccola e timorosa, ma caparbia, l’unico modo per neutralizzarla è pensare a qualcosa che faccia ridere...” Liam si era messo a ridere e, come sistematicamente gli capitava, aveva esclamato qualcosa tipo “Ma mi prendi in giro?”...poi si era detto che in fondo lui lo stava chiedendo al diario di un vecchio irlandese pazzo, morto...quindi era meglio non indagare su cosa stesse succedendo.
E poi funzionava...quando la sentiva, se pensava a qualcosa che lo facesse ridere, tipo ad esempio zia Molly al matrimonio della figlia maggiore che veniva inseguita da uno Highland Cattle che voleva assolutamente assaggiare le rose gialle che adornavano il suo monumentale fondoschiena...già quei sussurrini da esaurimento, li sentiva più lontani.
...e che dire dell’impressione che “La fata senza nome”, quella che confondeva le idee di Paulie, a volte ronzasse anche intorno alla sua di testa?
Quando prima di partire per Londra aveva disperatamente tentato di ricordarsi il nome di un posto dove era stato dopo aver fatto le foto a Rievaulx, e ogni volta che gli sembrava di vederlo tra i milioni di nomi scritti che gli passavano in mente, se lo sentiva scappare.
O di quel gufo che girava vicino casa, che si sentiva più che vederlo, ma che sembrava tanto recitare una buffa filastrocca sull’influenza e quindi poteva tranquillamente non essere un gufo?
Solo per decenza si era rifiutato di tentare di trascrivere la serie di rime assurde che gli suggeriva quel verso...
Solo perché pretendeva da sé stesso di rimanere sufficentemente distaccato da quella sfera ipnotica di realtà in cui si era imbattuto, per poter partire e fare il suo lavoro come ci si aspettava da lui, non aveva mai ammesso d’essere curioso di capire che diavolo significasse “Quarantamila piume nella gola di una rana”, come gli pareva di afferrare dalla vocina un po' incerta che sentiva a volte borbottare tra alberi e cespugli intorno al cottage, e che per di più, aveva qualche evidente problema di pronuncia perché le "T" aspirate, riusciva a farle sistematicamente somigliare a delle "F".
Si era accontentato della spiegazione di Dorcas e di Paulie.
“Senti?” gli aveva detto Dorcas un giorno cinguettando come un uccellino”E’ una vecchia canzone delle fate...”
...quarantamila piume nella gola...meglio lasciar perdere.
Insomma era ben conscio che George che lo guardava in quel momento gli avrebbe detto “Fatti vedere da qualcuno, hai bisogno di una vacanza...”, ma altrettanto ben conscio era del fatto che aveva nostalgia di quella bolgia!
- Senti...- gli disse infatti – ringrazia Henry dell’invito per domani, ma non mi posso trattenere di più, sto accusando troppo lo stress qui...digli di chiamarmi quando vede le foto ok?-
George annuì, gli disse di contarci, poi però gli fece un cenno...
- Guarda che il tuo amico si sta avvicinando...-
L’omiciattolo...
- Ci riesco a fuggire?-
- Solo se vai da Margareth...-
In quel momento, proprio mentre la speranza di uscirne incolume stava dileguandosi, Liam avvistò l’ancora: Ceday, che sapendolo a Londra da Sìle, gli aveva offerto il suo sostegno in caso di bisogno.
- No che non ci vado da Margareth...- disse trionfante e mentre l’individuo da evitare si approssimava, Ceday gli fece un cenno di saluto intravedendolo tra la folla di gente “presunta benvestita”.
Scusandosi con George e con l’altro senza disturbarsi a guardarlo più di tanto, si fiondò verso di lei.
- Ammetto che è un commento influenzato dalla situazione particolarmente critica da cui mi hai appena salvato, ma sei uno splendore!- le disse mentre si scambiavano un bacetto sulle labbra.
Non era accidentale e non era malizioso, non sottintendeva niente, era solo di rito.
-...molto lusinghiero come esordio, Highlander, mi congratulo...– ribatté lei.
- Mi farò perdonare...adesso cosa facciamo? Fingi di svenire? Un’emicrania? Ti si rompono le acque?-
- Ehi sono una strega, non un’incubatrice a gettoni: ora piantala di fare il petulante, dammi un’ora e avverti George...-
- Perché?-
- Sono una rispettabile fanciulla fidanzata da un mese a questa parte, non vorrai mica rovinarmi la reputazione perché ci vedono andare via in coppia no? Sono qui solo in veste di soccorritrice di fidanzati di migliori amiche, ora da bravo, muovi il tuo splendido posteriore in direzione di George e digli di tenersi pronto a soccorrermi e tu vedi di essere nei paraggi quando svengo...-
- Ehi...una congiura, mi piace! - commentò lui con un sorriso ispirato mentre si avviava verso George e lei si girava a salutare qualcuno che la richiamava.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Equinozio d'Autunno ***


Capitolo 19 –

Solita nota spoiler preventiva: comparirà Black Annis che, almeno in questa parte, parlerà in inglese antico.
Non dice niente di che, sono parole sconnesse, il senso si capisce abbastanza dalla scena credo.



Lily aveva deciso che quel giorno si ballava e l’unico cavaliere disponibile era Liam, per cui la scena familiare era: Lily in piedi sul tavolo, Liam davanti a lei che la teneva per le mani mentre lei si dimenava sulle note delle canzoni di Mika in un modo un po’ sconclusionato stando alle provocazioni giocose di lui, ma erano i suoi primi esperimenti e il fatto che lui ridesse, la incoraggiava: intanto Dorcas e Sìle erano lì nei paraggi che sistemavano le camere per gli ultimi clienti e in quel momento particolare, stavano preparando il pout pourri, rigorosamente naturale, per ciascuna.
Ovviamente la supervisione dei gatti su tutto era d’obbligo, e andavano, in un numero sempre crescente, insinuandosi alternatamente tra Liam e Lily, tra le gambe della bambina, sotto le braccia di lui e pretendevano di salirgli sulle spalle o di annusargli la faccia.
Infatti ad un certo punto, finito un pezzo, si scusò con Lily, fece due chiacchiere con una gattina particolarmente intraprendente che aveva preso la via dal basso, arrampicandoglisi sulla coscia con tanto di agopuntura tramite artiglio felino e tornò a sostenere la bambina.
- Meglio di Shirley Temple la ragazza, è scatenata oggi!- ridacchiò mentre la piccola sentendo la musica ripartire, prendeva a sculettare scompostamente, rischiando di continuo di perdere l’equilibrio e reggendosi a Liam...anzi praticamente buttandoglisi addosso, tanto era bello grosso...- no, lì è pericoloso...- disse trattenendo la bambina per il pancino perché aveva deciso di salire in piedi sullo schienale di una sedia.
- E’ contenta di vederti...- rispose Dorcas.
- Beh ma non aveva mai fatto la danza della pioggia per me...-
- Avrebbe piovuto comunque! – dichiarò Sìle sorridendogli.



”Hey, what's the big idea?

Yo Mika.

I said,
sucking too hard on your lollipop,
or love's gonna get you down,
I said,
sucking too hard on your lollipop,
or love's gonna get you down”



Mentre la canzone andava avanti e Lily gli faceva capire di voler scendere dal tavolo, lui guardò verso Dorcas e Sìle che, lasciando da parte il pout pourri, si mettevano a spolverare nel salotto.
Anzi, una a spolverare, l’altro a ripulire tutte le cornici e le superfici riflettenti della stanza, vetri, specchi, vasetti, ampolline e così via…
Lui guardò Lily correre davanti allo stereo, poi aggrapparsi al bordo della finestra e iniziare a ballare di nuovo sbirciando fuori.
Fece un sorrisetto appoggiandosi allo stipite della porta di passaggio tra corridoio e salotto, alternando gli occhi tra la piccola e le due streghe, riflettendo un attimo su cosa la bambina stesse ascoltando.
- …signore del calderone, io condivido molto i liberi costumi e capisco che la pulce qui, non è proprio una bambina nel senso convenzionale del termine, ma...- prese a dire – avete già la fama di due poco serie se là fuori sentissero che ascoltate tali oscene allusioni su un lecca lecca, e lasciate che lei ci balli sopra, rischiate il rogo, io vi avverto...-
- Lily ascolta la musica, le piace, delle parole non si interessa e se quelle pettegole frustrate là fuori hanno da ridire, vedono!- rispose Dorcas agitando un po’ il piumino in aria con fare minaccioso.
- Ci vuole la scopa per incutere timore...non si è mai vista una strega armata di piumino!-
- Viene benissimo anche a mani nude, signor Kerr, posso dimostrartelo quando vuoi…anzi no, appena avrò cambiato le lenzuola al lettino di Lily, compermesso...- disse la donna avviandosi per le scale, ma prima mollando “l’arma” in mano a Liam – tieni...- ordinò.
- Proprio come lo volevo…- le rispose emozionandosi neanche fosse un regalo di Natale.
Sìle lo guardò ridendo appena e poi si rimise a fare quello che la impegnava, cioè lucidare un piccolo vasetto orientale, un po’ più laborioso perché pieno di ghirigori incisi che raccoglievano polvere come niente al mondo.
Liam posò il piumino dove non avrebbe fatto danni, ovvero dove c’era ancora da pulire, e si avvicinò a Sìle cingendole la vita da dietro le spalle.


“I went walking in with my mama one day,
when she warn me what people say,
live your life until love is found,
'cause love's gonna get you down.
Take a look at the girl next door,
she's a player and a down right whore,
Jesus slows up, she wants more,
oh bad girls get you down.



Le canticchiò qualche parola della canzone all’orecchio e lei rise quando lui sostituì alle prime due frasi “Some sour spinsters was yaking one day,/and they warn me what people say…” e poi cambiò “She’s a player and a down right whore” con “She’s a witch, hence she's a whore”
Sìle si mise a ridere nonostante quello “sgualdrina”(molto più colorito) lasciandosi abbracciare e prendendosi un bacetto sulla testa: Liam nemmeno lo considerava un insulto in linea di massima, a parte che nel caso specifico, per motivi di tempi musicali, aveva usato il termine più deteriore, quello legato all'aspetto della mercificazione del corpo che non semplicemente espressivo di un biasimo morale.
”Il puttanesimo è una sana inclinazione naturale, non una filosofia, e se proprio vogliamo dirla tutta, è un’opera socialmente utile...” l’aveva definita una volta, con il sostegno incondizionato di Ceday che poi aveva divagato su tutta una serie di casi in cui le donne, con il più semplice ed antico espediente del mondo, avevano salvato situazioni assai critiche.
- Quanto sei cattivo…- mormorò.
- Beh…diciamo che questa canzone si avvicina parecchio a quello che esce dalla boccucce dorate di certe amabili signore del luogo...-
- Miss Curl no…- lo anticipò Sìle.
Liam sorrise.
- No, è vero, lei no: certe cose le ha sempre ascoltate solo per ritorcerle contro chi le metteva in giro...- convenne lui e Sìle annuì.
- Com’è andata a Londra?- gli domandò lei dopo qualche momento di silenzio; silenzio assoluto perché Lily, finita la canzone, aveva deciso che per quel giorno bastava ballare e si era andata ad intrufolare nella sua stanzetta con Dorcas.
Liam annuì guardando le mani di Sìle che lavoravano.
- Grazie per aver chiesto a Ceday di venire…-
- Lei lo fa volentieri...si è comportata bene?- chiese lei guardandolo con la coda dell’occhio.
Liam rise e annuì.
- Un’attrice nata…un’emicrania recitata da manuale!-
Le raccontò anche dell’omiciattolo...
- Non ci credo che qualcuno che chiede le tue foto, si appoggi anche a gente del genere...- mormorò Sìle – sarebbe come se il Papa avesse commissionato la Cappella Sistina a Michelangelo e poi avesse chiesto a Garlicky di disegnargli sui muri della camera da letto!- scherzò.
Liam si staccò da lei e la guardò con aria risentita.
- Posso insultarlo solo io quel piccolo bastardo!- le disse prima di rubarle un bacio e poi guardandola negli occhi.
- Resti qui stasera?- gli propose lei – cucino io...-
- E quelle due?- domandò lui alludendo a Dorcas e Lily.
- Arrivano clienti e Lily da qualche giorno ha preso la bella abitudine di sbucare fuori da sotto i loro letti...e siccome questi li conosciamo da tempo e sono gente molto per bene, gentilissima e gradevole, ma tutta compunta e per benino, che di fronte ad una cosa simile probabilmente sverrebbe...-
- Quindi niente cerimonie notturne del “Bentornato” nel bosco, nudi, alla luce della luna piena?- domandò Liam.
- Sono di Canterbury…- rispose Sìle come se avere ospiti del Kent fosse qualcosa che assolutamente non permetteva di attuare certe cose.
- Schifosissimi sassoni, vado subito a prendere il kilt e lo spadone! Ma tu preparati a fare il bottino di guerra donna!-
Sìle gli rivolse un’occhiata morbida, stando al gioco.
- Non vorrai mica brutalizzarmi...-
- Mi pare il minimo: vengo da Londra non scordartelo, ho passato l’ultima settimana in mezzo a gente...anzi no, in mezzo agli inglesi! Sai che significa stare di fronte a qualcuno che arguisce il tuo stato sociale da come usi e pronunci le parole?-
- Ma se non esistono quasi più i londinesi!-
- Infatti ho parlato di Inglesi dolcezza...- puntualizzò lui – non so se hai idea di quanto sia snervante a volte solo pensare ad una scala divisa in “Lower class; Middle Class; Upper Class; High Upper Class; Middle High Class; Upper working class; Working class ; Lower Working Class” e Dio Salvi la Regina, non so quante altre ne tirerebbero fuori dalla bombetta come conigli bianchi se non avessero l’altra mano impegnata dall’ombrello, Watson…- recitò tutto d’un fiato, acquisendo man mano un perfetto accento inglese molto, molto snob e mischiando un po’ di istituzioni culturali dell’Impero, poi però tornò alla buona ruvida e sbrigativa parlata scozzese -...cazzo alcuni sono capaci di concepire una “Middle Middle Class”, è roba da manicomio! Come minimo mi risveglia la sindrome del barbaro! Quindi tesoro preparati a sopirla a qualunque costo...- fu la conclusione mentre le infilava una mano nella scollatura e le stringeva appena un seno trovandolo, al solito, nudo – ma allora lo fai apposta...- le disse mentre lei rideva per quelle rimostranze anti-inglesi, senza contare che si lasciava andare sempre più volentieri a certe confidenze anche se ormai era un bel po’ che se le scambiavano.
- E’ il mio speciale metodo sedativo della sindrome del barbaro...- rispose lei lasciandogli la mano dov’era, godendosi quel leggero massaggio che lui le faceva.
- Come antistress non è male...hai ragione...- rispose Liam, poi però rise e si staccò da lei facendo scivolare via la mano dalla sua scollatura e controllandosi sotto la cintura con un po’ di imbarazzo – solo che ha degli effetti collaterali pericolosi, per cui io mene vado a casa, mi faccio una doccia fredda e torno...-


Tornò che gli ospiti erano già arrivati...
Sìle gli andò ad aprire, lo fece entrare.
- Vieni te li presento...-
- No dai, non è il caso scusa...-
- Ma ormai sono di famiglia andiamo! Stavo giusto parlando loro di te...-
- Perché?-
- Perché chiunque sia appassionato di queste zone, le tue foto se le ricorda...la smetti di fare il timido?- gli disse lei tirandolo dentro il salottino – eccoci qua...- disse – William Kerr, questi sono i signori Badcock, Clifford e Glenda - li presentò.
Liam sorrise, salutò, ma poi rivolse a Sìle uno sguardo che diceva “Mi prendi in giro?” e intanto allungava la mano verso la signora.
- E’ un vero piacere conoscerla Signor Kerr...- intervenne il marito stringendogli a sua volta la mano.
- Mi chiami pure Liam...molto lieto - rispose lui mentre si lasciavano la mano e Sìle lo invitava a sedersi e lui lo faceva.
- Liam...- ripeté l’uomo: un distinto signore di una settantina d’anni che certo un cognome simile non se lo meritava - io e mia moglie ammiriamo moltissimo il suo lavoro...-
- Ti porto qualcosa?- gli domandò Sìle un momento dopo.
- La ringrazio Signor...- pronunciare quel cognome lo metteva in seria difficoltà, per cui quando Sìle gli parlò fu ben contento di frapporre ancora un momento prima di dirlo – no, grazie...sono a posto così – disse, poi tornò a guardare i due anziani mentre lei si sedeva – signor Badcock...-
Poco dopo erano a cena tutti insieme e Liam, non per la prima volta, dovette ammettere che le ispirazioni culinarie di Dorcas non erano affatto male...se assunte a una temperatura umana.
- Sono almeno vent’anni che passiamo qui una settimana all’inizio dell’autunno e molti dei posti che lei ha fotografato li conosciamo molto bene...- stava dicendo Mr.Badcock
- E quelle nuove fotografie della costa della Cornovaglia dell’inverno appena passato, sono splendide! Clifford riceve sistematicamente la rivista dove le ha pubblicate...- disse la signora Glenda alternando lo sguardo tra Liam che ringraziò e Sìle che lo guardò orgogliosa, accarezzandogli una spalla mentre lui le sfiorava una coscia sotto il tavolo – ha fotografato anche casa di mia zia a Port Isaac sa?- aggiunse.
- Davvero?- chiese Liam sorridendo sorpreso.
La donna, una piacevole signora inglese con una vaga rassomiglianza con Angela Lansbury, annuì( i Badcock sembravano davvero una coppia cinematografica, lui somigliava a un sacco di attori: Stan Laurel, David Niven...o il nuovo fenomeno televisivo, protagonista di una serie su un medico cinico e asociale, ma geniale, che ricordava tanto Sherlock Holmes...questi erano i volti che venivano in mente guardandolo).
- Ha presente Fore Street? Rose Hill?-
Lui annuì e confermò.
- Beh in uno dei vicoletti appena dietro Fore Street...-
- Intorno allo Slipway Hotel?- domandò.
- Sì, esattamente...è un piccolo cottage davanti alla macelleria...-
- Sì credo d’aver capito...anche se non ricordo qualcosa che avesse l’inequivocabile aspetto di una macelleria...-
- La capisco sa? In Cornovaglia anche le pompe funebri sembrano case delle bambole...- commentò Clifford facendo sorridere Liam.
- Qualche sera fa ho sentito la concorrente di un quiz a premi che piace un sacco a Dorcas, ora non ricordo quale...- disse lui guardando Sìle in cerca di aiuto e lei gli suggerì il titolo – sì, mi pare fosse quello, escludere la Cornovaglia tra le possibili locazioni di un parco giochi...- raccontò sorridendo a Glenda – ha detto “In Cornovaglia non ci sono parchi giochi”come se le avessero appena chiesto se si trovano i pesci volanti che sguazzano nel Sahara...-
Sorrisero tutti convenendo sul fatto che quel piccolo triangolino di terra, fosse sì bellissimo, ma una specie di bomboniera all’aperto a volte un tantino troppo esoso e intoccabile.
- Quindi lei è di quelle parti Mrs. Badcock?-
- Mia madre era di Penzance...-


La serata fu piacevole, Liam non andò a letto così preda di quella sindrome barbarica che paventava, i Badcock erano simpatici.
- Badcock...ma perché nel Kent si mettono certi cognomi?- ridacchiò mentre Sìle si infilava a letto con lui.
- Sono adorabili, smetti di prenderli in giro...-
- Ma proprio per questo maledizione! Perché caspita un Clifford come quello dovrebbe dare l’idea di uno che abbia un attributo sessuale cattivo? Ti immagini David Niven con i pantaloni fumanti e idrofobi che ringhiano come rottweiler impazziti scusa! -


Corre...davanti a me...
...piccoli passi, quasi dei saltelli, è così minuta la sua ombra lungo il sentiero, ma dove vai?
Così di corsa, così decisa...dove corri?
E’ buio, è freddo, fa paura la foresta adesso...ci sono tante voci...tanti occhi...tante sagome troppo scure per essere solo ombre come la sua, sembrano fatte di buio, non di ombra.
E lei va, senza guardarsi indietro, senza dubitare nemmeno un momento mentre io ho le gambe troppo pesanti, che non mi aiutano a seguirla.
E ho paura è vero...
Perché ho paura?
...perché c’è qualcosa intorno...qualcuno anzi... Sì, lo sento, a momenti lo vedo, compare e scompare tra le foglie, tra i tronchi, tra i rami, mi sfiora, mi tocca i capelli, mi sussurra alle orecchie il mio nome, sfiorandomi il viso per farmi girare lo sguardo e ogni volta ho la tentazione di voltarmi a guardare...ma non devo o perdo ciò che è veramente importante...
“Cos’è importante?”
Lui è qui...Lui...lo sento dietro di me...Lui...i suoi occhi chiari, il suo cuore che pulsa profondo, il suo odore...il corpo caldo, quello che voglio e che mi vuole...
”Guardami...” Non posso...o lei sparirà...sta ancora correndo via troppo veloce e dietro di lei quelle ombre...quelle ombre semiumane, che escono veloci dal bosco nero, con quei risolini che sento lambirmi l’udito, come se entrassi e uscissi da una stanza, lei non le teme, ma io sì...la portano via...la...
”Sìle...” ...non stringermi il braccio, non posso restare qui, devo vedere dove va...aiutami! Lei ti ascolta!
...si allontana, ma non vuoi lasciare lui...
Lily! Chiamala, sta scappando, aiutami!
”No, non è giusto...” Lasciami andare...ti prego...
...non è lui a trattenerti, sei tu che lo vuoi, che ne hai bisogno...
Occhi neri come il buio...non sono i suoi, lui non è questo...non è desiderio che spaventa quello che ho per lui, quello che ora mi fa rimanere addossata a lui, ascoltando il suo respiro, sentendolo sulla pelle che brucia per lui...le mani che ti stringono e ti fanno sciogliere.
...i suoi occhi, il modo in cui ti guarda, il suo sorriso ti fanno paura adesso...perché lei è già sparita e tu per lui la lasci andare...è sola ora.
...la vedi la vecchia Annis? L’ha quasi raggiunta...



Si svegliò urlando perché di nuovo quell’immagine, già vista la prima volta che aveva avuto la visione di quella che avevano chiamato Black Annis alla fine, le era balzata nuovamente contro e quella voce che le suggeriva i pensieri nel sogno, forse la sua stessa voce, era più urgente e vicina quando aveva pronunciato quel nome.
Stavolta però quello che peggiorava la sensazione di smarrimento e paura era quell’intervento di Liam nel suo sogno...Liam che la tratteneva, la distraeva dalla bambina, la teneva legata a sé quasi volesse che lei abbandonasse Lily.
Quando lo sentì alzarsi a sedere vicno a lei e metterle una mano sulla spalla sobbalzò e lo guardò per un lungo momento.
- Ehi...- le disse preoccupato – è stato un sogno, non è successo niente...-
Sìle lo fissò negli occhi con i suoi resi specchio dalla paura, il viso di Liam era illuminato dalla luce della luna che filtrava dalla finestra e vide le iridi chiare e pulite di sempre...allora rifiatò, si convinse che non era vero quello che aveva sognato.
Glielo raccontò, gli raccontò anche cosa aveva visto di lui mentre lui la abbracciava e la cullava.
Liam annuì e guardò fuori aggrottando le sopracciglia.
- Pensi che Lily soffra la mia presenza?- le domandò.
- No, è pazza di te...- rispose lei scuotendo appena la testa – credo che sia perché ha paura...-
- Di cosa?-
- Te l’ho detto ha ricominciato a fare brutti sogni e il suo mondo si sta risvegliando...è sempre più inquieta...-
- Sarebbe giusto che tornasse da loro...anche Dorcas lo dice...non è umana...-
- Lo so...-
- Perché se è lei che ha paura, i sogni inquietanti li fai tu?-
- Perché siamo lontane...- rispose Sìle – è il suo modo di comunicare con me...-
- Vuoi che andiamo da Dorcas?- bisbigliò Liam dolcemente mentre le accarezzava una spalla.
- No...le ho promesso che non avrei interferito...- gli domandò Sìle, ma Liam sentì che non era tranquilla e che non le piaceva stare lì in attesa.
- Non stai interferendo...è Lily che ti ha chiamata in un certo senso -
- Dorcas dice che se mi sa intorno a lei, diventa capricciosa e...- si fermò e guardò Liam – è difficile, ma ha ragione...-
Lui le diede ragione, poi però si permise di insistere con molta calma.
- Ma se Lily ha bisogno di te ora e sa che sei con me...non voglio che pensi che la trascuri per me, io sto con te per come sei e per quella che è la tua situazione, la accetto e non mi pesa, ma proprio per questo non voglio diventare io un ingombro tra te e lei...-
- Ma non lo sei...-
- Ma lei potrebbe avere bisogno di essere tranquillizzata in questo senso...non scordarti che umana o no...è una bambina -
- Non sappiamo quale sia la sua vera età in effetti...non sappiamo neppure se sia quella la sua vera forma -
Liam non rispose argomentando molto altro semplicemente le disse...
- Le fate sono irrazionali, poetiche, assurde e molto, molto sagge... -
Sìle si alzò a sedere, si girò a guardarlo e lui guardò lei.
- Chi te l’ha detto?- gli domandò.
Liam si accomodò meglio i cuscini dietro la schiena e si sollevò anche lui a sedere, ma appoggiandosi alla testiera del letto.
- Paulie...ha scritto un sacco di osservazioni di questo tipo...-
- Beh non so le altre, ma questa è assolutamente veritiera...è esattamente quello che sono...-
- Sì ma questo può anche voler dire, che non puoi aspettarti che Lily sia ragionevole o matura, anche avesse mille anni...non fa parte del loro essere la maturità come la intendiamo noi. E’ stata la prima cosa che mi hai detto che non le si vede con questi occhi...ma con quelli di un livello più emotivo, perché quella è la realtà cui appartengono veramente... – osservò indicandosi l’occhio destro – tu sogni quello che lei sente e se lei sente il bisogno d’averti vicina, tu devi correre da lei -
Sìle lo guardò tenendosi i capelli dietro la nuca con una mano, accarezzando il viso di Liam con i suoi occhi da cerva; li socchiuse quando lui le sfiorò le labbra con un dito.
Se non avesse squillato il telefono sul comodino accanto a lei, probabilmente quella famosa cerimonia di bentornato che si aspettava Liam, avrebbe avuto luogo nel giro di pochissimo.
- Dorcas...- chiamò la ragazza, poi dopo qualche secondo di silenzio, Liam la vide annuire – arrivo...- rispose.
Riattaccò velocemente e si alzò.
- Che c’è?- le chiese lui.
Sìle lo guardò negli occhi, di nuovo.
- Non era solo un sogno…non del tutto…devo andare…- rispose cercando i vestiti che si era tolta poco più di un’ora prima, poi però guardò fuori, attraverso la finestra, verso il bosco...lo vide minaccioso per qualche motivo, forse era solo un’impressione, ma comunque si voltò verso Liam.
- Vieni con me?- gli chiese guardandolo con un momento di ritardo: era già in piedi e si stava rivestendo anche lui.
Gli sorrise con gratitudine e riprese a vestirsi.
Mentre poco dopo camminavano per il bosco, gli prese la mano stringendola, lasciando che fosse lui a guidarla.
La necessità di andare a piedi non era consolante e la sensazione avuta nel sogno di mani invisibili che passassero tra i capelli, voci che sussurravano mascherate da folate di vento, per Sìle era meno incombente, ma comunque netta.
Liam non la avvertiva anche se non era tranquillo, perché lei percepiva il suo allarme, la prudenza, l’attenzione a tutto, e questo lo rendeva più sicuro di lei nell’avanzare, più affidabile in un certo senso.
Era incredibile, Sìle aveva sempre avvertito quel risveglio, ma pareva che quella volta, fosse avvenuto come qualcosa che veniva regolato da un interruttore.
Era stata improvvisa quella sensazione di incombenza e paura, per questo aveva sognato e forse per questo Lily...
Ebbe più paura ancora.
Di quello che poteva aspettarli al vecchio cottage nel bosco, di come le aveva parlato Dorcas, di quella voce in sogno che le nominava Annis...
Della notte che sembrava più nera e del vento che sembrava più freddo, che provocava un brivido profondo nelle ossa.
- Stai tremando...- disse Liam quando furono a poche decine di metri dal cottage– hai la mano gelata...- aggiunse fermandosi, togliendosi il maglione e dandolo a lei- dai metti questo...-
- E tu?-
- Io sto bene...- rispose seriamente, ma ora Sìle sentiva che lui iniziava a guardarsi intorno in maniera diversa e allora capì.
- Cosa c’è?- gli chiese stringendosi nel tepore rassicurante della maglia.
Lui scosse la testa incerto...anzi sorpreso più che altro: erano fermi nel buio della notte e Liam spense anche la torcia che aveva in mano.
- Mi sento come sei o sette supereroi dei fumetti messi insieme...ho la supervista, sento dei rumori che non ho mai avvertito e i miei sensi di ragno sono allertati, forse sparo anche ragnatele e mi faccio spuntare artigli metallici dal dorso delle mani...- rispose – è pazzesco, sembra tutto...in fermento...-
Sìle annuì, anche se per lei era tutto noto e la stupiva soltanto che paresse avere un’urgenza tutta diversa quella volta.
Sentiva un vento innaturale...soffiava loro in faccia portando profumo di muschio e foglie, ma sembrava che le fronde non stormissero in un certo punto, in una certa direzione...quella del cottage.
Sollevò lo sguardo in quella direzione e vide una cerva...una bellissima cerva che li guardava, illuminata dalla luna che era uscita in quel momento: stava ferma, col collo ben eretto, gli occhi distanti e superbi come quelli di una statua viva.
- Che giorno è oggi?-
- Il ventidue settembre...astronomicamente dovremmo essere in pieno equinozio d’autunno -
Sìle annuì ma senza considerare solo la faccenda scientifica, perché sì, c’era un legame tra le due cose, ma quello che avveniva loro intorno, non era scientifico...non canonicamente almeno.
- Il varco è di nuovo aperto...non dormono più...- bisbigliò Sìle prendendolo lei per mano ora e portandolo verso il cottage.
Dorcas aprì loro la porta.
Una volta dentro il cottage, una sensazione strana colse Liam.
Il vecchio cottage all’interno non era molto diverso dall’esterno: era di pietra, il tetto aveva delle travi vecchissime e nodose a sostenerlo, pareva in tutto e per tutto la catapecchia di Madama Mim de “La spada nella roccia”; una scala sbilenca e scricchiolante conduceva al piano superiore e da lì saliva in soffitta ep oi ancora dentro una minuscola torretta che sembrava proprio il cappello di una strega da fuori.
Era sempre buio lì dentro, l’aria sapeva di alberi e di legno vecchio e di brace e di cucina...qualcuno forse l’avrebbe definita puzza, lui adorava quell’odore invece.
La luce calda e timida che rischiarava un po’ la stanza era dovuta a fiamme...quelle delle candele, quelle che ardevano nel camino incorniciate dalle linee sbilenche di tre assi, due verticali e una trasversale, annerite e tarlate, mezze sbruciacchiate, su cui si innalzava la struttura della canna fumaria di pietra.
I mobili erano vecchi e neri anch’essi, come stile potevano risalire all’epoca Tudor.
Le pareti erano adornate da piccoli quadretti, fotografie vecchie e ingiallite...in una stanza superiore, Dorcas teneva tutta una collezione di vestiti antichi che avrebbe fatto la felicità di uno storico, ma lei non voleva saperne di venderla.
Anzi un giorno Liam aveva avuto l’onore di venire edotto in merito.
“Sono gli abiti di tutte le mie trisavole! Guarda, guarda...Rametta Barnfather, che è annegata nel fiume nel 1312...”(e tirava fuori un mantello tutto smangiucchiato e scolorito che stava insieme per miracolo).
“Quale fiume?”
“Il fiume no?”
“Derwent, Lowther, Brathay, Esk, ce n’è di scelta in un posto che si chiama Lake District considerato che ogni lago ha come minimo un immissario e un emissario...”
“Beh Rametta è annegata nel fiume, mia nonna non mi ha detto quale, voi scozzesi oltre che tirchi siete anche puntigliosi...andiamo avanti...”
“Andiamo avanti...”
“Durilda Orfeur, impiccata nel 1524, sotto Maria la Sanguinaria...”(e tirava fuori un vestito conservato benissimo, con tanto di cuffietta per i capelli).
E così via...
Ababilia Orfeur, morta di strangolamento per non essere morta di peste nel 1666, quasi quasi forse le conveniva la malattia; Organa, figlia di Durilda...quella passata a miglior vita per una brutta polmonite, quasi quasi Dorcas ne parlava come di una pecora nera.
Insomma si arrivava al 1892 con Anthonia Patel, sua prozia, morta nel 1932, e poi a sua nonna e sua zia.
“Siamo tutte figlie di ragazze madri in famiglia sai...”
Insomma quel posto era uno scrigno di magia vera...c’era davvero sempre il caldeorne in ebollizione sul fuoco, c’era lerbario, c’erano i libri stilati con inchiostro vegetale o con carbone polverizzato e diluito, rilegati in casa.
C’erano ammennicoli e piccoli utensili che mai nella vita Liam aveva intravisto, ma che avrebbe perso la vita a studiare...monili sciamanici, pietre o legno incastonati nell’argento con su incisi simboli e rune.
Tutto avvolto da quell’aula scura che quella notte pareva comprimersi e dilatarsi come stesse respirando...scricchiolava e mormorava, borbottando dalle fondamenta.
- Dov’è Lily?- chiese Sìle.
Dorcas indicò l’altra stanza, quella in cui Liam, già per un paio di passi, era entrato involontariamente dando le spalle all’interno, ma fece loro cenno di essere prudenti e a lui di fermarsi e di uscire.
Dalla porta posteriore arrivava l’aria di fuori e quando Liam e Sìle, di nuovo affiancati ora, sbirciarono meglio dentro, videro una scena incredibile...
Lily stava seduta sul pavimento della stanza, apparentemente calma, ma con gli occhi fissi su qualcosa, qualcosa che spingendo oltre lo sguardo, si vedeva.
Una creatura con lunghi capelli bianchi, un mantello nero, stracciato, con dei sassolini e delle piccole conchiglie d’acqua dolce appese qua e là, come ci fossero rimasti incastrati casualmente.
Aveva un bastone nero la creatura...e di fronte a Lily, dondolava avanti e indietro, sotto lo sguardo fisso della bimba, proprio quegli occhi sembravano inquietare la creatura.
Emetteva un rantolo nervoso, gutturale e protendeva una mano artigliata che invece di essere minacciosa in quel momento, pareva spaventata e incerta.
Eppure poteva essere pericolosa.
Sìle fremeva...bisbigliava il nome della bambina pregandola di girarsi e di allontanarsi dalla creatura.
- Guardate...- disse Dorcas, quindi si schiarì la voce - Lily...- provò a chiamare e la bambina distolse per un brevissimo attimo gli occhi dall’essere che istantaneamente le cambiò posizione intorno, sperando evidentemente di evitare il suo sguardo.
- Oh Dio...- bisbigliò Liam mentre vedeva la creatura allungare la mano a sfiorare i capelli della bimba.
- No...Lily...- sussurrò Sìle facendo per buttarsi a riprenderla, ma in quel momento si ripetè la scena: Lily tornò a fissare la creatura non appena si sentì toccare e quella si ritrasse spaventata.
Aveva uno strano modo di guardarla...si sarebbe detto freddo, severo, inanimato, cosa del tutto estranea agli occhioni stellati della bimba.
- Ha paura di lei...- disse Dorcas.
- E’ quella Annie?- chiese Liam.
- Sì è lei, sono sicura...- rispose Sìle – dobbiamo portare Lily via da lei...-
- Ma come? Io non sono riuscita ad entrare...- disse Dorcas.
Sìle e Liam la guardarono, lui in silenzio perché quello non era il suo campo benché ormai di esperienza ne avesse, lei invece come di fronte ad un enigma che solo lei e Dorcas si erano trovate a dover risolvere.
- Cosa?-
- Streghetta, se avessi avuto modo di varcare quella soglia, credi davvero che Lily sarebbe ancora lì e che ti avrei chiesto di correre con il putiferio che sta succedendo stanotte?-
- Ma che significa che non riesci ad entrare?-
- Che quella cosa è veloce come un gatto, guarda qua...- disse mostrando ai due il maglione che indossava con una manica tranciata da tre artigliate.
- Oh cazzo...- disse Liam.
- Ecco tesoro dillo tu, una signora non sta bene che dica parolacce...-
- Beh ma adesso siamo in tre...- osservò Sìle, allora Liam fece un risolino.
- Certo, basta trovare un volontario che faccia la fine di quel maglione mentre gli altri due prendono Lily...andiamo!-
- E che facciamo allora? Io Lily là dentro non la lascio!-
- Beh che non ti venga in mente d’entrare perché se c’è una cosa certa, a parte che quella cosa abbia bisogno di una manicure, è che Lily la tiene lontana...-
- Lily...- rantolò una voce gracchiante , vecchia – Lily....LilyLilyLily...- poi fece un verso che sembrava uno “sh-sh-sh” seguito da uno schiocco...sembrava quasi il verso di un gallo cedrone veramente, solo che era sussurrato.
Era lei...era la creatura... chiamava la bambina e Lily la guardava ancora fisso, ma ora pareva perdere quella freddezza di poco prima, tanto che la creatura sembrò avvicinarsi un po’.
- Questo non va bene vero?- chiese Liam.
- No che non va bene...- rispose Sìle, poi lo richiamò mettendogli una mano sul braccio, illuminandosi – cosa mi hai detto quel giorno di Annie?- gli domandò allontanandolo appena dalla porta così da poter evitare di bisbigliare solamente come avevano fatto fino a quel momento.
- Non lo so...cosa ti ho detto?-
- Che da voi la chiamano “La Gentile” perchè?...-
Allora Liam capì e annuì.
- Perché le piace ricevere gentilezze...-
Sìle annuì, guardò lui e poi Dorcas.
-Ehi ma questo lo dicono dei vecchi ubriaconi in Scozia, non è detto che...- obiettò debolmente Liam.
- Che sia vero? Non è detto? Beh Annis esiste no?- ribatté Sìle indicando nella stanza.
- Sì, ma...- tentò di replicare lui, poi però si arrese – va bene...può essere, ma se non si può entrare...-
Sìle sbuffò ansiosamente e non sapendo cosa fare, si avvicinò alla porta.
- Dove vai?- le chiese Liam allarmato.
- Non possiamo lasciarla lì...- disse riferita a Lily.
Non fece niente di particolarmente azzardato né accennò a voler fare qualcosa di particolare, semplicemente si fermò sulla soglia, come diceva d’aver fatto Dorcas che rimaneva dietro Liam, appena alle spalle di Sìle, ma la creatura appena la ragazza si avvicinò, si voltò di scatto, con un gesto secco e sgraziato, fece un mezzo passo in avanti, un passo ciondolante, mettendo il bastone per traverso verso Sìle pronunciando qualcosa che suonava “A’! A’!Lybbestre! Galdrigge!” come la volesse scacciare...faceva un po’ senso quello strano modo di muoversi, i capelli bianchi che si agitavano nell’aria come vecchi stracci bagnati e sporchi, lasciando intravedere il volto pallido e bluastro, anche se il colore cianotico non si notava molto con quella luce.
Sìle indietreggiò trovandosi addosso a Liam.
- Loath...loath galdrigge!- insisteva mentre tornava bruscamente a fissare Lily e le rivolgeva delle altre parole con voce tremula e bramosa, allungando verso di lei la mano – lytling ielfe...Lily-Lilie...-
Sìle vedendola ebbe l’impulso di avvicinarsi di nuovo, ma quella si rivoltò ancora – nicc! A’! Galdrigge!- esclamò imperiosamente, mischiando alla voce un sibile minaccioso.
- No, non insistere...- mormorò Liam prendendo Sìle per le spalle e tenendola ferma.
- Cosa?- chiese Sìle.
- “Galdrigge”...- ripeté Liam – ti sta dicendo strega...”galdragon”, ti ricordi?-
Allora Sìle si ricordò di quel giorno in cui lui le aveva proposto di andare a Douglas...
“Guarda che non ho paura delle suocere”
“So benissimo di essere innamorata di un impavido Albinagh...”
“Non buttarla sul revival culturale, galdragon...”

- Sta parlando inglese antico...è sassone quasi... – le spiegò.
- Non vuole streghe vicine...- ipotizzò allora Dorcas mentre osservavano tutti e tre Lily che resisteva sempre meno alla voce della creatura.
Stava per prenderla...
- Allora: il tempo stringe e rimane solo una cosa da fare...- concluse Liam prendendo un bel sospiro e lasciando Sìle –Dorcas, cioccolata?-

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 - Equinozio d'Autunno(II) Black Annis ***


Capitolo 20 –

non ho tradotto le frasi in Scots perché mi pareva meglio mantenerle col suono originale, tanto sono più o meno tutte spiegate o riportate in italiano.


- Che ci fai con la cioccolata scusa?- gli domandò Sìle sgranando gli occhi mentre Dorcas schioccava le dita e partiva a prendere la cioccolata dopo aver annuito.
- Entro...provo a distrarla...voi pensate a Lily – disse Liam, quindi si tirò su le maniche sulle braccia e sbuffò.
- Con la cioccolata? -
- Sono fate, non sono idiote, la cioccolata piace a tutti...- tagliò corto.
- E se non le piace? E poi non puoi decidere che siete amici solo perché hai capito cosa dice! E poi come sai che l’hai capito?-
- Perché lo Scots in parte deriva dal sassone, qualcosa a naso si afferra, non serve essere glottologi, basta avere un nonno semianalfabeta...sempre incoraggiante amore mio eh?- le rispose lui lasciandosi andare per la prima volta ad una palese dichiarazione forse non del tutto volontaria.
- Oh santo cielo! – sussurrò Sìle trovandosi a non sapere se essere felice per quelle paroline o rimanere troppo preoccupata - Liam non fare lo spiritoso, la mia bambina è lì dentro...-
- Con Black Annis, che vuoi che sia? Ho quasi pestato un coccodrillo una volta!-
- Non sei invulnerabile!-
- No, in effetti credo di no, ma Lily bisogna toglierla di lì giusto?-
- Ecco qui! Al latte, bianco e fondente...belga...non si può lamentare, diglielo!- intervenne Dorcas portandogli tre barre di cioccolata.
- Non so se gliene possa importare granché, ma grazie...- concluse lui, quindi si avvicinò alla porta dopo aver chiesto alle due di restare indietro per il momento.
Guardò per qualche attimo Lily e la creatura...la bambina non doveva distrarla o Annie l’avrebbe presa...allora decise di concentrarsi su di lei.
Anzi prima si girò verso Dorcas e Sìle.
- Se raccontate a qualcuno che mi sono messo a parlare con la vecchia...-
- Ma devi pensarci proprio ora?- gli chiese Sìle.
- Metto in chiaro...- bisbigliò lui prima di muovere un passo nella stanza.
Si fermò subito dopo, senza apparentemente degnare di uno sguardo Annis o Lily.
La creatura non reagì, né bene, né male, semplicemente lo guardò prendendo a fissarlo.
- Perché pensate che io sia ancora vivo?- domandò dandole le spalle.
- Perché non ti sente simile a lei, si sente sicura, è più forte di te...- spiegò Dorcas.
-Ah bene...- commentò lui mentre sbirciava una scaffalatura piena di boccette e barattolini con attaccate su delle etichette vecchissime e ingiallite, intrise di umido, coperte di polvere.
Dopo qualche altro secondo si andò ad appoggiare ad una parete e si lasciò scivolare lentamente verso il basso, sempre senza calcolare minimamente la creatura che ocntinuava a guardarlo biascicando leggermente, come succhiando una ingombrante caramella nella bocca con pochi, ma affilatissimi denti.
Guardarla era davvero spaventoso, le storie dei vecchi ubriaconi non rendevano neanche lontanamente la sensazione che dava trovarsi di fronte Black Annis.
Aveva qualcosa di grottesco e selvaggio, allentava e stringeva incessantemente la mano attorno al bastone fissando lo sguardo su Liam che si rese conto in quel momento, che Annis non aveva un occhio solo, era che uno sembrava cavato e creava una brutta piega tra la fronte e la guancia, come se la pelle fosse scivolata giù sull’orbita fino a toccare la guancia.
Masticava e ciangottava nervosamente, era evidente che la presenza di Liam la disturbasse, ma al contempo la incuriosisse...infatti ora guardava lui, inequivocabilmente.
Non era disturbata perché lo sentiva intruso, ma perché era costretta a dividere l’attenzione tra due soggetti.
- E’ questo che è sconvolgente di lui...- osservò Sìle – sono incuriosite...non riescono ad ignorarlo...-
- E’ perché sa come inserirsi senza disturbare...avere a che fare con gli animali ti costringe ad imparare e entrare in un ambiente senza creare troppo fastidio – rispose Dorcas.
Mentre le due parlavano a bassissima voce, fremendo perché ora erano preoccupate anche per Liam, era inutile negarlo, la creatura continuava a fissarlo.
Lily invece non lo considerava.
Lui tranquillamente prese la prima barra di cioccolata e prese a scartarla e fu mentre teneva lo sguardo basso sulle proprie mani che tentò un approccio, perché era sicuro di avere la totale attenzione della creatura.
Addirittura si era leggermente avvicinata per guardarlo meglio ora che era seduto in basso e lei ci arrivava meglio, visto che se ne stava tutta ricurva su sé stessa e ingobbita.
- Allora Annie? Come te la passi?- domandò solamente Liam, ma bastò a sconcertarla tanto da farla sobbalzare all’indietro...soprattutto perché un attimo dopo lui la guardò, rigirandosi tra le dita un pezzo di cioccolata, come se non avesse notato quel balzo – Annie? Annis? Agnes? Come ti piace di più?-
La creatura lo guardò ficcarsi in bocca la cioccolata e tornare a guardarla.
- Aa...- balbettò aprendo appena la bocca senza denti almeno apparentemente e quasi boccheggiando un paio di volte prima di emettere un suono più lungo –A-a-nne...Aa-n-nes - ripetè.
- Annis...- disse Liam di nuovo mentre la vedeva fiutare l’aria in direzione della cioccolata aperta.
- Aann...nis...- rantolò già presa dal profumo dolce però incerta se allontanarsi da Lily per avvicinarsi un po’ a Liam.
Alla fine decise che poteva prendere posto tra la bimba e l’uomo e si accovacciò, come avesse incrociato le gambe, tenendo il bastone dritto accanto alla spalla.
- Annis...- disse ancora lui spezzando un altro quadratino di cioccolata – piacere di conoscerti...ehi Lily...- provò a chiamare ora che la creatura era meno direttamente interessata alla bimba che si girò; lui le allungò incontro la cioccolata, lentamente, cercando di non lasciarsi intimorire dal gesto improvviso di Annis che sembrava volerlo fermare.
Lily allungò la manina verso Liam e si ficcò in bocca la cioccolata, come di nuovo del tutto conscia della realtà ,cosa che fino a quel momento non era sembrata...poi strisciò più vicina a lui, alzandosi in piedi e appoggiandosi al suo ginocchio quando gli arrivò accanto, ma sempre frapponendosi tra lui e la vecchia fata.
Quella guardò per qualche attimo come Lily si lasciava praticamente imboccare, emettendo qualche leggero versetto di sorpresa, come se non si spiegasse un simile prodigio, quindi levò il dito incontro a lui.
- Ye...- disse muovendo leggermente l’indice adunco, uncinato, dall’unghia lunga e affilata - ye mann...-
- Ay Nansie?- le rispose lui stupendola di nuovo e soprattutto stupendo Dorcas e Sìle: Annis, quando si sentì chiamare in quel modo, si sentì riconosciuta.
Fu incredibilmente chiaro lo stupore e la percezione lusinghiera rispetto al venire apostrofata in un modo che evidentemente per lei era più che noto.
Liam le aveva solo chiesto in Scots “Sì, Annie?”.
Aveva solo tentato di cambiare lingua...e lei gli diede ragione.
- Ye ken me?- domandò in Scots, facendoglisi un passetto incontro incoraggiandolo a parlare con un cenno della mano “Tu mi conosci?”.
Liam si fece scivolare tra le gambe Lily come lei gli chiedeva e se la lasciò sedere davanti, circondandola con un braccio.
- Ay shuir…- rispose lui – ye ar verra famely…”Cannie Nansie”- “Sicuro, sei molto famosa...Gentile Agnes”.
E lei di nuovo splancò quella bocca gommosa che sembrava minuscola, in realtà quando si era rivoltata verso Sìle poco prima, non era così piccola...e Liam la teneva ben d’occhio anche se ostentava quella calma olimpica.
Dorcas e Sìle osservavano sconcertate la scena mentre Liam piano piano riusciva a farla distrarre sempre di più, mentre Lily sgranocchiava tutta contenta la cioccolata e di quando in quando la ficcava un po’ a forza in bocca anche a lui(pretendeva sempre che lui le facesse compagnia quando mangiava cose con cui non doveva esagerare, così era sicura di avere un complice nella malefatta).
Pareva che ora, tra le braccia di Liam, si sentisse completamente rilassata e che Annis, non riuscisse a fare a meno di distrarsi dietro le parole gentili che Liam le rivolgeva.
“Quando ero piccolo mi raccontavano un sacco di cose di te, avevo moltissima paura...nessuno fa paura come Agnes”
E lei gongolava, dondolando la testa come se quelli che lui le rivolgeva fossero elogi sperticati che la imbarazzavano quasi.
Aveva anche lasciato andare il bastone.
”Sì...paura...Agnes...molta paura...” rispondeva alternando frasi più o meno complesse a parole tronche o scollegate.
- Ay...fear...Nansie...muckle fear...- per Dorcas e Sìle suonava così, non capivano parola per parola, ma vedevano che Liam stava riuscendo a tenerla a bada.
- Pure! Crivvens ye ar ower fearsome!-
E quella rise di soddisfazione profonda, quasi fregandosi le mani perché lui le aveva detto “E’ vero! Cristo sei troppo terrificante!”.
Gli fece cenno come di andarle più vicino e quindi, e lì anche lui si spaventò un po’, non poté negarlo, fulmineamente gli prese il mento e se lo tirò incontro: puzzava di marcio, era disgustoso l’odore che emanava, di marcio e...sembrava di avvertire un sentore dolciastro di sangue.
E ora Liam lo vedeva che la pelle era bluastra e gli stringeva tanto la mandibola da fargli male mentre emetteva degli strani schiocchi di gola.
- No!- esclamò Sìle di nuovo tentata di entrare, e per fortuna Dorcas la tenne.
- Dinna! Dinna! Ill Galdragon! Skaithe! Ill!- gracchiò la vecchia lasciando momentaneamente Liam e scagliandosi di nuovo di pochi passi contro Sìle, che indietreggiò di un passo.
“No! No! Cattiva! “Incantatrice”(Galdrigge o Galdragon, letteralmente significava quello)”Fa male! Cattiva!”
- Sìle, stai ferma dove sei...- disse Liam facendole cenno con la mano – ha paura...- aveva ragione lui, per paura probabilmente sarebbe diventata più pericolosa - dinna farsh yersell, Nan...- aggiuse rivolto alla fata, dicendole di non preoccuparsi.
Quella alternò gli occhi tra lui e Sìle per qualche momento, poi tornò da lui e lo riprese per il viso, ora accarezzandogli anche i capelli con l’altra mano.
- Ill...Galdragon...witch!- gli disse come a volerne convincere anche lui.
- Be lown Nan...be douce...- mormorò Liam continuando a tentare di tranquillizzarla.
Il cuore gli impazziva nel petto perché sentiva gli artigli della vecchia fata sfiorargli la pelle come lame piene di schegge pronte a sollevarsi, le sue dita ruvide come cartavetra...mentre quello di Sìle era completamente immobile, o almeno a lei così pareva.
Aveva la testa piena di paura, pensieri, voci, voci di altre fate che sentiva aggirarsi attorno alla casa...e la cosa che le causava maggiore smarrimento, era che Lily fosse completamente tranquilla.
Sentiva che anche Dorcas, provava le stesse cose, ma da parte dell’anziana strega su tutto dominava l’interesse per ciò che avveniva loro davanti.
-Whit’s yer name?- domandò d’un tratto Annis, come se avesse deciso di concedere a Liam una confidenza che ad altri non avrebbe regalato, perché gli stava simpatico.
- William...- le rispose lui.
- Ay...ay...William...- ripeté lei facendo risuonare in maniera un po’ sinistra nelle orecchie di lui quello ”Ooliam” che lo faceva ridere quando usciva dalle labbra di nonno Donal – guid William...hinnie...eesome William...- prese a dire con fare cullante quasi.
”Sì...sì...William...buono William...dolce...bello William...”
Liam sentendola dire quelle parole non capì più bene e così, mentre lei era impegnata a studiargli il collo e le spalle, si voltò verso Dorcas evidentemente chiedendole spiegazioni con lo sguardo.
- Sono molto sensuali...- sentenziò lei annuendo.
- Cosa?!- esclamò sottovoce.
Dorcas si schiarì la voce un po’ imbarazzata.
- Le...beh loro...- disse guardando anche Sìle - sono sensibili al fascino degli uomini...degli umani maschi insomma...da sempre...-
- Ah fantastico...Black Annis prima voleva portarmi via la bambina, ora sta tentando anche di rubarmi l’uomo?-
L’altra cosa strana che diede molto da pensare a Dorcas a quel punto, fu che...presa dallo studio di Liam, la creatura non degnò di uno sguardo Lily che, appropriatasi di una intera barra di cioccolata, usciva tranquillamente dalla stanza, andava da Sìle e le indicava Liam come dirle “...manca lui...”
- Sì lo so tesoro...- le rispose Sìle rifiatando almeno un po’, ma certo ora il problema non era meno grave.
Il vantaggio era che Liam, appunto perché sapeva come comportarsi, evitava di muoversi quasi del tutto lasciandosi toccare e annusare.
Annie continuava a dirgli cose “carine” e le carezze che gli faceva erano quasi spasmodiche, come se più che accarezzarlo, le piacesse testare la consistenza del suo corpo.
Quando Liam stava per morire di disgusto perché lei gli stava annusando le labbra e a lui arrivava un odore nauseabondo dai suoi capelli, Annie avvertì l’odore della cioccolata!
- Whit’s This...whit...whit...guff...- disse agitandosi leggermente, toccandosi il naso brutto e storto e poi indicando le altre due barre di cioccolata.
“Cos’è questo? Cosa...cosa...odore...”
Liam rifiatò appena lei si allontanò un poco e la assecondò ancora: sollevò la confezione.
- Cioccolata...- le disse staccandone un pezzo e tenendolo in mano – è buona, assaggia...-
- Uh?-
- Cioccolata…-
- Cio...ciooc...co…- tentò di ripetere fissandogli le labbra, poi però si spazientì e colpì il pavimento con un gesto vagamente scimmiesco – ah! Nae! Hungert, Nansie, hungert!- disse: aveva fame e dal tono non voleva essere presa troppo in giro.
Liam le porse la stecca e lei tentò di prenderla con un gesto secco e ingordo, ma lui gliela tolse e scosse la testa.
- Gie’s this...- sibilò dalla gola lei ordinandogli di lasciarle la cioccolata.
Liam le allungò il frammento di cioccolata che teneva in mano e lei lo prese con una velocità incredibile annusandolo per un momento e poi mangiandolo.
- A hae tae gang...- le disse approfittando dell’apprezzamento che suscitava in lei il sapore dolce “Devo andare...”.
- Nae!- protestò lei allungandosi a trattenerlo per una manica: non fu aggressiva, più capricciosa.
- Ay...- disse invece lui, quindi le mostrò entrambe le barre di cioccolato rimaste – io ti lascio queste, bellezza...- mormorò muovendosi con cautela verso il tavolo lì vicino mentre la vecchia lo fissava incerta -...e tu mi lasci in pace...-
- Liam sta’attento per favore...- gli disse Sìle che iniziava a sentirsi un po’ troppo impotente mentre si teneva Lily vicina vicina alle gambe.
Lui annuì e fece mezzo passo indietro.
Annis esitò un momento, seguì lui con gli occhi, poi guardò Lily come accorgendosi solo allora che le si era allontanata...evidentemente decise che per quella sera poteva dirsi soddisfatta perché girò le spalle verso il tavolo.
- Galdragon...aff o Nansie...- ”Strega...lontana da Annis”disse come a mettere in chiaro che lei stava collaborando, ma Liam doveva fare altrettanto.
- Shuir...- disse lui arretrando verso la porta e afferrando la maniglia per essere pronto a richiudersi la porta alle spalle – guid nicht ma wifie...-"Buonanotte vecchia mia..."le augurò uscendo e chiudendo finalmente la porta della stanza.
Si guardarono per qualche secondo con Sìle e Dorcas e Liam a quel punto sgranò gli occhi.
- Se ora riapro la porta e quella stronzissima befana è già sparita, giuro che la inseguo fino in Norvegia!- sibilò per paura di essere sentito – sono vecchio per queste cose!-
- Hai avuto paura?- gli chiese Dorcas.
- No perché? In fondo rischiavo solo che mi cannibalizzasse no?-
- Non sei più un bambino, non le interessi...-
- Ma se mi hai anche detto che mi trovava attraente!-
- Quello è un altro paio di maniche, è un vizietto antico quello di appropriarsi degli uomini, avanti venite qui...- ordinò la donna facendo cenno a Lily di andare con lei.
La piccola prima guardò Liam però e gli offrì la cioccolata che stava avidamente ciucciando mentre lui affrontava Annis e Sìle e Dorcas fremevano di preoccupazione: per lei era come se fosse ovvio che non sarebbe successo niente.
Liam sorrise di fronte all’aspetto umidiccio e un po’ sbavato della generosa offerta e scosse la testa.
- No grazie pulce...per un po’ credo che non vorrò saperne...- le disse mentre Sìle, libera da preoccupazioni, si avvicinava e lo abbracciava stretto attorno al corpo.
- Sei stato stupendo...- gli disse, più che altro perché con quel quarto d’ora, venti minuti passati in quella stanza, da solo con Annis, le aveva tolto del tutto la paura che le aveva messo in corpo quel sogno.
Una decina di minuti dopo, sentirono la porta sul retro sbattere: non c’erano più fate né cioccolata nella piccola stanza.


Poco dopo erano chi sdraiato su una specie di amaca con Lily addormentata addosso e tutta avvoltolata in una coperta, Liam, chi accoccolata sulla grande poltrona davanti al camino, Sìle, chi sdraiata sul divano.
Nessuno di loro dormiva a parte la bimba.
La casa continuava a vivere, continuavano a sentirsi le pareti fremere, gli alberi secolari cigolare e scricchiolare, compreso quello che aveva leggermente invaso l’ala sinistra del cottage dopo averne sfondato il pavimento secoli prima e aver iniziato a crescere al suo interno, fino a trapassare anche il tetto: ormai era parte integrante della struttura.
Fuori si sentivano folate di vento attraverso cui, per ciò che arrivava alle orecchie, si potevanoi tranquillamente immaginare schiere di piccole, minuscole fate che si lasciavano trascinare qua e là.
- Gli alberi mormoravano, dovevo capirlo che stava succedendo qualcosa di grande...- commentò Dorcas.
- E noi qui fuori abbiamo visto una cerva...- aggiunse Sìle stringendosi nel maglio ne di Liam.
Lui che dondolava un po’ l’amaca con una gamba per far piacere a Lily, si girò verso di loro.
- Hai detto che c’era un varco riaperto...- mormorò verso Sìle.
- Per gli antichi Druidi, il cervo era un animale di collegamento tra mondi ultraterreni...un guardiano che sorveglia i passaggi da un mondo all’altro...- spiegò Dorcas – e se pensi a tutto il caos che c’è qui intorno...-
-...siamo a un casello autostradale insomma...-
- Più o meno sì...- convenne la donna con lui, poi sospirò guardando la bambina – ho avuto una strana sensazione streghetta...-
Sìle non rispose ma la ascoltava.
- Comincio a pensare che non siano loro a cercare Lily, ma lei a richiamarle...- disse e allora Sìle sollevò la testa un po’ di scatto mentre Dorcas la guardava come per capire che effetto avessero sortito le sue parole sulla ragazza - forse non del tutto volontariamente, ma...-
- Come può essere?-
- Può essere perché nessuna soglia e nessun accesso a questo cottage è spoglio di protezioni contro le fate...e il mio maglione ti dimostra il motivo...e qualcuno deve averle tolte quelle protezioni -
E l’unica era Lily.
- L’avrà fatto per giocare...-
- Magari per giocare con loro...- ipotizzò Liam – non puoi dire che quello che sostiene Dorcas sia così assurdo -
- No certo che non lo dico...- ammise Sìle.
- Anche il fatto che Annis l’abbia lasciata uscire come se non le interessasse più, dimostra che sa che non è una bambina come le altre -
E di nuovo intervenne Liam.
- Certo che sa che non è una bambina...la chiama Lytling ielfe...-
La parole Ielfe era sintomatica, aveva ragione...la chiamava ”Piccolo Elfo”, ovvero ”Piccola Fata”.
- E’ vero...noi in origine chiamavamo Sidhe il piccolo popolo...il concetto di Fata, come ti ho detto molte volte streghetta, è recentissimo rispetto a questi altri, la parola Fata, è di origine francese, ma Sidhe, Fata o Elfo...con buona pace di tutti i patiti di Signore degli Anelli, sono esattamente la stessa cosa, una classe di creature suddivisa in molte specie e razze... -
- Va bene, ma allora cosa facciamo?- chiese Sìle – non è detto che la cioccolata basti a trattenere ogni creatura che entra da una finestra...-
- Non possiamo fare niente streghetta, è il mondo cui Lily appartiene...se è lei stessa a richiamarle come credo, questo è solo l’inizio; certo non sempre c’è un equinozio d’autunno, ma questo significa solamente che Lily inizia a sentire e risentire dei movimenti naturali come tutti i suoi simili e dovremmo abituarci a questo...- disse Dorcas sbadigliando un po’.
- Pensi che convenga tenerla qui?- domandò di nuovo Sìle.
Dorcas le sorrise e si alzò.
- Almeno finché ci sono i Badcock, sì...non vorrai mica farli svegliare con un brownie che li fissa da sopra la testiera no?- scherzò avvicinandosi a darle un bacetto in fronte mentre Sìle si strofinava un po’ le spalle.
Guardò l’ora sull’orologio a pendolo del XIX sec., che in quel contesto sembrava un prototipo ipertecnologico, e sbuffò.
- Hai ragione...e sarà bene tornare...- disse rivolta a Liam – sono quasi le cinque di mattina...-
Lui le fece cenno di sì e delicatamente scivolò via da sotto Lily.
- Andate pure tranquilli, ormai è quasi giorno...stanno già trovando requie, le sento...- li rassicurò Dorcas roteando appena il dito in aria e in effetti tutto quel turbinio violento di vento e voci intorno, di scricchiolii di rami e tronchi, pareva essere molto diminuito – ho già preparato il tè per Glenda, è sullo scaffale accanto alla finestra...-
Mentre camminavano per il bosco, ai primi bagliori di azzurro appena meno buio, Sìle si accoccolò al petto di Liam e camminarono stretti fino al B&B, senza fare caso a rumori, risolini, impressioni di figurine infantili che correvano a nascondersi al loro passaggio e quando si ficcarono a letto, lei gli si strinse contro e lo baciò.
- Sai di cioccolata...- bisbigliò mentre la faceva girare sulla schiena e le sorrideva, scivolandole lungo il collo con le labbra – come lo sapevi?- gli chiese accarezzandogli la nuca.
- La cioccolata funziona sempre...- sussurrò lui.
- Ma lei mangia i bambini...- obiettò Sìle.
- Anche i felini sono carnivori eppure se gli metti davanti una pizza la divorano...- ribatté lui, poi la guardò – anzi credo che la prossima volta userò quella...se è vero che la cioccolata è afrodisiaca, meglio evitarla con certe fatine poco serie e conservarla per le streghette...-
Sìle sorrise però rimase in silenzio per un attimo di troppo per non far capire a Liam che c’era qualcosa che voleva dirgli.
- Ho paura per Lily...- sussurrò – sento troppe cose che mi mettono in ansia per lei, sono confusa, non so a cosa dare ascolto...-
Liam sospirò e la abbracciò.
- Non le succederà niente, vedrai...- bisbigliò baciandole la fronte - ci siamo noi qui...-


Liam non si stupiva più di niente a quel punto...
Quel giorno, un paio dopo l’incontro con Black Annis e un infoltimento del traffico che affollava il cottage, si trovò a parlare con Charlie che gli aveva portato a far vedere i documenti relativi alla vendita della casa.
- Ma tu sei proprio sicuro di volere questa vecchia catapecchia? Io ho dovuto smettere di affittarla perché succedevano incidenti di continuo e tu ci vuoi venire a vivere?-
- Lo sai che sono uno a cui piacciono i problemi...-
- Contento tu...-
- Raggiante...- gli rispose lui.
- Maggie Mill e Miss White stanno scavando un nuovo sentiero da casa di Maggie alla chiesetta ammorbando Padre Chalke perché venga a parlarti...aspettatelo...-
- Grazie dell’avviso...ma...fammi capire...stiamo parlando di Padre David Chalke? “Chalky”?-
- Sì...-
- Di Saint Patrick?-
- Lui...-
- Ma non era con un piede nella fossa quando me ne sono andato? Era una mummia, aveva un enfisema e era sotto dialisi!-
- La dialisi era solo temporanea e l’enfisema è ancora lì con Chalky, che si porta a spasso i suoi novantotto anni col solito colorito cereo; gli hanno consentito di rimanere nella chiesa anche se non è più...in servizio ecco. E perché tu lo sappia...adora Sìle e i suoi impacchi contro i dolori, quindi probabilmente, se e quando riuscisse ad arrivare vivo qui, probabilmente ti chiederebbe come stai, di farvi una birretta e di non bestemmiare...più facile ancora è che ti telefoni e ti chieda di andare tu da lui...-
Liam sorrise e si passò le mani sui capelli.
- Non aspetto che mi telefoni, ci vado io da lui, non me lo posso perdere Chalky...-
- D’accordo...io allora vado, tu da’una scorsa a quei documenti e fammi sapere...-
- Ok...e di’a Gilly che mi ricordi di riportarle quei disegni o io continuerò a dimenticarmene in eterno!-
- Ha detto di non preoccuparti...ehi, il telefono!- lo avvertì Charlie sentendo suonare il cellulare.
Liam lo andò a prendere e acocmpagnò Charlie alla porta, salutandolo e quindi rispondendo mentre richiudeva.
- Sì...-
“Ehi Liam, sono Walter...ti disturbo?”
- Ehi! No affatto, come va?-
“Bene, benissimo, volevo solo chiederti una cosa prima di mandare in pubblicazione l’ultimo numero...”
- Dimmi...-
“Le foto che hai portato sono tutte buone? Voglio dire, il materiale va usato tutto?”
- Sì, sì è roba vecchia che era già stata usata così come ve l’ho lasciata...-
“Ok, perfetto, grazie...ehi, ce n’è una fantastica, non è che è manipolazione o un montaggio?”
- No, nessuna manipolazione...-
“Beh allora è pazzesca! Sei un genio!”
Liam non capiva bene da dove fosse nato il dubbio e quell’entusiasmo gli pareva un po’ eccessivo da parte di quella particolare persona che in genere era molto seria e poco incline agli sbrodolamenti, ma in fondo poteva anche darsi che non le avesse viste ancora e gli fossero piaciute in modo particolare.
- Quando esce il prossimo numero?-
“Inizio ottobre, una settimana circa, dovrebbe arrivarti dritta dritta in mano comunque, il capo ha detto così, anche lui è impazzito per quella foto!”
- Anche lui?-
“Te l’ho detto è geniale!”

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 - Hurly Burly ***


Capitolo 21 –

Nell’arco di poco, Liam quella telefonata se l’era quasi scordata, e di certo mai si sarebbe aspettato di rischiare così tanto per un errore così sciocco come quello che si rese conto di aver fatto tempo dopo averla ricevuta.
La ragione di quella dimenticanza era facilmente spiegabile: ammetteva senza sforzo che dopo certi incontri ravvicinati, anche se per una sorta di orgoglio virile da salvaguardare non voleva darlo a vedere, pensare a qualcosa di diverso era difficile.
Ne aveva fatte e viste...beh diverse in vita sua, ma trovarsi davanti Black Annis, materialmente, sentire le sue dita raspose sul viso e le sue unghie taglienti sfiorare la pelle...era molto diverso.
Non era stato solo un brivido di paura del momento presente quello che l’aveva attraversato, ma quel classico pensiero che spesso lo coglieva se si soffermava a pensare al giorno in cui era rimasto cieco e che lo accomunava a tutti quelli che più o meno erano sopravvissuti a qualcosa, quando si chiedeva cosa sarebbe potuto succedere.
In più lui aveva imparato a misurare il mondo in termini molto pratici, in cui il pericolo era qualcosa di oggettivo e sempre tangibile, per tutti, inequivocabilmente; il pericolo più grande erano gli uomini, su questo non aveva alcun dubbio, ma Black Annis? Dove la metteva?
E quando il vento si lamentava la notte in cui era morto suo padre, era davvero il vento o doveva iniziare a pensare che fosse una Banshee quella voce che sembrava di afferrare?
E in tutti gli altri posti in cui era stato, in cui aveva ascoltato storie e leggende...Wendigo, vampiri, uomini lupo, uomini coccodrillo...piccole signore thailandesi che a loro detta avevano partorito draghi di Comodo...erano tutte cose cui a quel punto si sentiva decisamente più disposto a cambiare peso.
C’era un mondo nuovo da mettere sotto esame, da dividere in male e peggio a quanto diceva Dorcas, in cui il bene era ancora più relativo, e da cui lui si sentiva irresistibilmente attratto pur avendone paura, ecco cosa stava succedendo.
Aveva bisogno di qualcosa di normale quella sera.
Era andato al pub, insieme a Charlie e un altro paio di amici, una serata tranquilla di quelle che non passava da una vita in quel posto e stava andando verso l’auto che aveva parcheggiato lungo la strada.
Non si sentiva ubriaco, anche se aveva bevuto un po’, e effettivamente gli aveva fatto bene quella serata a parlare di calcio o a scambiarsi opinioni sugli ultimi accadimenti dentro e fuori il Regno.
La strada era silenziosa e deserta e il vento ormai autunnale soffiava cupamente sull’asfalto rilucente di pioggia.
La luna proiettava la sua ombra con contorni perfetti sulla superficie umida...la sua ombra che avanzava con le spalle incurvate, le mani affondate in tasca, il bavero del giubbotto di jeans sollevato.
Si stava concentrando sull’osservazione di una cosa molto ovvia in fondo, come poteva essere dirsi “Però...stasera è un occhio di bue...”, alludendo a quella pallida signora umorale a cicli costanti.
Che fosse più vicina? O magari si stesse verificando quella cosa...come la chiamavano? Fata Morgana no?
L’umidità dell’aria poteva fare di quei giochi...
Insomma era qualcosa di noto a tutti, non c’era niente di speciale e l’occhio destro non dava adito a dubbi in quel senso, non vedeva in quel momento.
Fischiettava appena un motivetto, Báidín Fheilimí, una vecchia canzone irlandese che era piaciuta un sacco a Lily e che ormai gli ronzava in testa senza sosta.
Forse perchè era una di quelle canzoni che rendono perfettamente l’idea di cosa raccontano.
Quel tempo altalenante che ricordava bene il dondolare delle onde intorno alla barchetta di Fheidhlim, diretta a Gola...


“La piccola barca di Fheidhlim, andava verso Gola,
La piccola barca di Fheidhlim con Fheidhlim sopra

Una minuscola barchetta, una vispa barchetta,
Una stolta barchetta, la barchetta di Fheidhlim...”



Infatti poi la barchetta con Fheidhlim dentro si andava a schiantare contro gli scogli di Tory, l’altra isoletta al largo delle coste del Donegal...
Ovviamente con Fheidhlim sopra.
Era sempre la solita fregatura: motivetto allettante, pacifico e divertente che racconta una tragedia!
Irlandesi...
Come Molly Malone...
La bella Molly Malone, che girava per Dublino vendendo molluschi e che poi era morta di febbre...
Certo se la statuina in Grafton Street era realistica nel riprodurre la scollatura con cui la signorina girava per la città...avrà anche fatto al felicità di mezza popolazione maschile dublinese, ma non c’era da stupirsi che potesse aver preso un’ariata.
Però, chi si metteva a cantare di quella poveraccia, il tono non riusciva mai a renderlo mesto più di tanto.
Almeno gli scozzesi se dovevano raccontare qualcosa di triste, si preoccupavano di farlo capire da subito.
Tipo...quando uno sentiva attaccare “The Bonnie banks o’Loch Lomond”, lo capiva subito che erano le parole di uno un po’ giù di corda.
Che...


”Là sulle belle sponde e i bei pendii,
Dove il sole scintilla sul Loch Lomond, Io
(lui, quello giù di corda) e il mio(suo) amore non ci vedremo (si vedranno)mai più, sulle belle, belle sponde del Loch Lomond”


Sì capiva al volo...dalla prima nota che era una storia senza speranza.
“Per fortuna i bambini a volte non ci fanno caso a questi risvolti...” pensò; e poi era in gaelico, magari Lily non lo capiva il gaelico, semplicemente dopo tre o quattro volte che lo costringeva a cantarle quella filastrocca, si addormentava placidamente.
Anche lui si addormentava in braccio a suo padre da bambino se gliela cantava...era irresistibile.
Certo gli irlandesi avevano canzoni tipo ”I am stretched on your grave”, ”She moved through the fair” o “Sally Gardens”. Tutte allegre ragazze morte insomma...
“Ma che cazzo di pensieri fai?” si disse, solo che non aveva ancora finito perché un attimo dopo stava riflettendo sul fatto che l’unica valida alternativa irlandese che gli veniva in mente su due piedi era ”My Lagan Love”, detta anche ”Song of Heart’s desire”, ma canticchiare a Lily che “dove il fiume Lagan canta la ninna-nanna, si leva un pallido giglio” gli sembrava banale, considerati il nome e la natura della bambina.
Se poi andava avanti, più che a Lily, iniziava a pensare a Sìle.
“ Il luccichio del crepuscolo è nei suoi occhi, la notte nei suoi capelli
e come una leanan-sìdhe malata d’amore,
ha asservito il mio cuore...”
e si finiva con l’immaginare cose troppo da adulti e Lily poteva avere anche ottomila anni per quanto lo riguardava, ma rimaneva uno scricciolino di settanta centimetri d’altezza.
Mentre pensava a questo, si vide superare sulla destra da una sagoma nera e grossa.
Non se l’aspettava non aveva avuto il benché minimo sospetto che ci fosse qualcuno dietro di lui, perciò lo spaventò; anche perché non era un’ombra, era proprio qualcosa di nero e grosso che camminava a quattro zampe e viste le ultime conoscenze fatte, va bene, il Cane Nero forse non aveva motivo di andargli dietro, ma non si poteva sapere no?
Invece quando guardò e si accorse che era solo una grossa pecora che girava per la strada anche un po’ sperduta, rifiatò e si diede dello stupido.
La pecora belò con un tono un po’ troppo solidale.
-...sappi che darmi del caprone da parte tua, denoterebbe una certa scarsità di fantasia...- le disse puntandole il dito contro.
La pecora non replicò, semplicemente mentre lui camminava gli andò un po’ dietro, poi, mentre saliva in auto, Liam la vide svoltare con decisione verso una recinzione lungo la strada, segno che probabilmente aveva ritrovato casa.
Appena davanti al cottage, sentì squillare il telefono, quindi si affrettò ad aprire e a rispondere.
“Ehi? Tutto bene?”
Sìle.
-Ah sei tu...ma...che ore sono?- chiese mentre i due soliti gatti gli andavano incontro ronfando rumorosamente e gli strofinavano la coda e la testa sotto la gola.
“Neanche mezzanotte, ancora non sei un cattivo bambino...”
- E che ci fai tu sveglia a quest’ora invece? Non avevate gente stasera?- sbuffò sbadigliando appena mentre si toglieva la giacca – gatto, non puoi infilarti lì ora perché ho tutta l’intenzione di tirarla sul divano questa tra un secondo...- avvertì rivolto a uno dei due animali che aveva una passione smodata per le maniche e in quel particolare momento intendeva con tutto sé stesso, incunearsi in quella che il padrone si era appena sfilato.
Intanto Sìle pareva pensarci un po’ prima di rispondere, perciò finì di spogliarsi e quindi la richiamò.


- Sì...ma...- disse lei avvertendo che Liam sentendola esitare si era messo in ascolto più attento.
“Successo qualcosa?”
- No, no...è che...Dorcas ha detto che stanno arrivando delle tempeste molto forti e...tu eri...con Charlie...- tentò di spiegare, poi però sbuffò stringendosi un cuscino al petto – scusa...-
Sentì che Liam sorrideva dal telefono e lo sentì affettuoso anche se quello un po’ a tradimento e perché lui non sapeva che per lei erano chiare anche da lontano certe cose.
- Lo so è stupido, ma mi era presa un po’ d’ansia non sentendoti...-
“Streghetta...”la chiamò lui scherzosamente, ma non per prenderla in giro.
- Sì?-
“Apprezzo il pensiero e la preoccupazione, ma non sono ubriaco e fuori tira solo vento...e io non ho alcun motivo di sconvolgimento nella mia vita...”
Sìle non rispose, sospirò appena e scosse la testa tra sé.
- Sono una stupida, scusami...è che mi mancavi stasera e poi Dorcas ha detto quella cosa e avevo bisogno di sentirti e tu non chiamavi e...-
Si interruppe d’improvviso sentendosi una bambina lagnosa, si vergognò un po’.
“...vuoi che venga da te? Però domattina ho in mente di fare un giro da una certa persona quindi dovrò andare via un po’ di corsa...”
- No, non preoccuparti, è stato un momento di panico ma è passato: facciamo domani sera...- gli disse.
“Va bene...comunque sappi che non sarebbe stato solo per assecondare il tuo momento di panico” rispose lui facendole capire che la voglia di vedersi era reciproca.
- Se vuoi ti dico come sono vestita così ti concilio il sonno? -
“Mi concilieresti tutt’altro amore dolce...” le rispose lui con tono ironico e piuttosto significativo che fece emettere a Sìle uno sbuffetto un po’capriccioso perché improvvisamente aveva voglia di pregarlo di raggiungerla.
La sua voce le faceva da sempre effetti piuttosto profondi interiormente.
- ...adesso mi tieni sveglia tu...-
“Basta che poi mi racconti...ah! Merda! Gatto quanto ti devo uccidere?”lo sentì esclamare
- Che c’è?-
“Free climbing sulla mia gamba, tutto a posto, lo fa...meglio che vada a riempire loro lo stomaco perché l’altro è in vena di agguati, mi punta dal mobile qui accanto”
Sìle si mise a ridere perché sapeva benissimo che a Liam erano capitate le due piccole pesti della cucciolata.
-...buonanotte allora...- gli disse.
“ ’notte Streghetta...”
Riattaccò e rimase ferma nel letto.
In realtà il fatto che avesse chiamato Liam era dovuto a diverse ragioni.
Dorcas non aveva previsto solo che quell’anno il brutto tempo sarebbe stato particolarmente problematico e che sarebbe arrivato d’improvviso, e Sìle non dubitava che avesse ragione, Dorcas e il clima si capivano perfettamente, aveva anche parlato di tempeste che non avevano a che fare con la pioggia o il vento.
E quella sera Sìle aveva avvertito distintamente quell’attimo di smarrimento di Liam, in realtà già da quella notte al cottage era diventata più apprensiva perché lo sentiva un po’ strano, e così le risultava particolarmente difficile accontentarsi del fatto che lui le dicesse che non c’era niente di che, semplicemente gli era crollata una parte di realtà a cui pensava di potersi appoggiare.
Poi in effetti se ci pensava un po’ meglio su, cercando di immedesimarsi in lui, lo capiva benissimo.
Lei in quella condizione di interazione con quelle creature ci viveva da tanto, tanto da potersi permettere di sgridare uno Hob, quello di casa loro, e tanto da averci fatto così bene l’abitudine da non scomodarsi neppure più a girarsi a guardare se vedeva un movimento con la coda dell’occhio.
Poteva essere Agenore, poteva essere uno scoiattolo o poteva essere un Brownie, tanto non c’era che da constatare il suo operato quando se ne fosse andato.
Lei era una strega come Dorcas quindi per lei era una questione grossomodo quotidiana che ci fosse qualcosa in giro per casa, Liam no, Liam era uno che aveva imparato ad essere molto radicato nel realismo, non mancava di fantasia, ma certo per quanto sapeva di lui ormai, era anche uno a cui era stato insegnato che i sogni non riempivano la pancia.
Per lei quella scatola in camera di Lily che continuava a venire aperta da quella prima volta in cui qualcuno aveva tentato di rubare il pupazzo della bimba, era motivo di curiositàe pensiero perché non capiva cosa fosse quell’interesse improvviso per le cose della bambina, non la stupiva certo che qualcuno fosse entrato in quella stanza senza invito.
La preoccupava che Lily continuasse a sabotare i tentativi di Dorcas di tenere fuori i visitatori, non certo che i visitatori si avvicinassero alla casa.
Oltretutto da un paio di notti a quella parte le capitava di svegliarsi con uno strano senso di angoscia, di alzarsi, correre in camera della bambina e trovarla sveglia.
Una volta nel suo lettino, che sorrideva verso la finestra tendendo le manine e indicando a lei qualcosa quando si era accorta che le era vicina, poi seduta sul pavimento che giocava con cose che evidentemente venivano da fuori.
La notte prima una piccola collanina di minuscole ossa d’uccello e piume.
E invariabilmente aveva percepito odore di bosco, aveva trovato delle foglie, della terra nella stanza e aveva sentito quella risata echeggiante, come la sera che la piccola era scappata verso casa di Liam.
Non le era più capitato di sentire gli alberi borbottare, ma era convinta che fosse solo perché non era stata nei paraggi della foresta al crepuscolo o non era stata attenta.
Sentì bussare alla porta.
- Streghetta, sono io...- bisbigliò la voce di Dorcas.
- Entra...-
Si manifestò in quella tenuta che una notte aveva sconvolto, positivamente, Liam: cuffia da notte rossa a coda di rondine e relativo doppio pon-pon, uno rosa e uno verde, sulle spalle, sciarpetta coordinata, perché Dorcas era freddolosa, vestaglia a disegno scozzese(Clan Lindsay o Kerr, dipendeva dal rosso, si era scoperto grazie alla consulenza con l’esperto di casa) che in origine era corta a mezza coscia, ma essendo Dorcas piccolina di statura, le arrivava oltre il ginocchio, sotto pigiamone azzurrino con varietà di coniglietti disegnati sopra.
Completavano l’opera le babbucce a forma di enorme coniglio marrone che avvolgevano i piedi a loro volta protetta da un bel paio di “Guanti da piede” come li aveva ribattezzati Sìle, ovvero i calzini a righe colorate con le dita da infilare negli appositi tubolari.
- Hai freddo?- le chiese Sìle.
- Stasera sì...arriva aria da nord - rispose la donna brevemente, avanzando col piccolo corteo di gatti dietro; quando si sedette sul letto, Sìle ondeggiò appena sotto gli occhi curiosi di Dorcas mentre i quattro o cinque gatti si accomodavano chi su un cuscino, chi sulla poltrona, chi ai piedi del letto – e tu? Perché non dormi ancora?- si informò, poi le fece un gesto come a dire di lasciar perdere – dai dimmi che c’è, tanto lo sento da lontano...-
Sìle si strinse nelle spalle.
- Non lo so...in effetti non posso dire che ci sia qualcosa di eclatante, ma mi sento nervosa dalla notte dell’equinozio...-
- Sì anche Liam lo dice -
- Cosa dice?-
- Che quando sei da lui la notte dormi male, parli nel sonno, invece qui ti alzi spesso per andare a controllare Lily, che a volte la porti nel letto con voi...-
Sìle sbuffò e si guardò le mani allacciate tra loro...non era una particolarmente orgogliosa di sé, ma le piacevano le sue mani, lunghe e magre, con le unghie dalla bella forma longilinea per cui bastava appena un po’ di lima a tenerle a bada.
Ceday le diceva sempre che se le avesse portate più lunghe e con un bello smalto, sarebbero state l’invidia di tutte le patite di manicure.
Invece a lei piaceva tenerle al naturale, al massimo con un velo trasparente se proprio doveva e poi, anche se ultimamente aveva ricomoniciato e mordicchiarsi un po’ le pellicine attorno, Liam le aveva detto che adorava le donne senza artigli!
Aveva quasi ringraziato il cielo una volta, nei primissimi tempi della loro storia, in cui le aveva preso la mano e si era messo a guardarla per bene scoprendo le dita senza traccia di smalto o unghie lunghe.
- Sì è vero...- ammise annuendo.
Guardò Dorcas che con gli occhi la incoraggiava a parlare e sospirò.
-...la notte dell’Equinozio, quando mi hai chiamata, io e Liam eravamo svegli perché stavo facendo un brutto sogno...davvero brutto...c’era Lily che correva di fronte a me, io non riuscivo a starle dietro, la vedevo inoltrarsi nel bosco, la vedevo circondata di ombre e sagome scure che me la allontanavano, me la portavano via e d’improvviso è comparso Liam, ma era strano...mi tratteneva, mi diceva di lasciarla andare e io non riuscivo a ribellarmi a lui, era come se lui fosse...-
- Loro complice...- la anticipò Dorcas.
Sìle disse di sì.
- Poi mi sono svegliata e lui è stato stupendo e io mi sono anche sentita in colpa per aver dubitato di lui dopo quel sogno e tutt’ora lui non fa niente, neanche un passo che mi faccia pensare qualcosa di male, ma...lo sento strano, inquieto e sento che il mio legame con Lily e quello con lui, sono due cose che vanno in direzioni opposte...e Lily è già più lontana...-
Dorcas allungò una mano ad accarezzarle i capelli incoraggiante...
- Anche tu pensi che sia così vero?- le chiese.
La donna inarcò le sopracciglia e la corresse...
- Io lo so...- disse, poi le prese il viso tra le mani e le accarezzò le guance mentre la sentiva irrigidirsi e tendersi – ma ricordati sempre una cosa quando vedi Lily e Liam insieme...-
- Cosa?- bisbigliò Sìle.
- Lily è arrivata per te e gli Sìdhe...- disse Dorcas – sanno di noi molto più di noi stessi...e certo ognuno a suo modo, ma spesso ci aiutano a vedere ciò che è davvero importante per noi...non è un periodo facile quello che ti si prospetta, lo so anche io, lo posso sentire chiaramente quanto la neve che si avvicina, e ci saranno cose che faranno male a tutti noi streghetta, a te, a me, a Liam, questo nessuno può evitarcelo, ma nel dubbio tu, tieni d’occhio i segnali che ti mandano le fate, perché saranno meglio di un sentiero luminoso per te...-
Sìle non sapeva bene perché, ma Dorcas anche quando non era del tutto rassicurante, riusciva a tranquillizzarla e quando le diede un bacetto sul naso, le sorrise in risposta.
- Dormi ora...- sussurrò – e ricordati sempre che quel ragazzo avrà anche girato il mondo, ma adesso è come se si dovesse abituare a vederlo girare alla rovescia, avrà bisogno di acclimatarsi un po’ -
Sìle sorrise e annuì dandole ragione.
Aveva bisogno di sentirla quella conferma da Dorcas perché lei, di certezze su cosa sentisse Liam in un momento in cui lei stessa non era tranquilla, proprio non riusciva a darsene.
Arrivata sulla porta, Dorcas si girò di nuovo mentre faceva uscire tre dei micetti.
- Ah! Domattina puoi pensarci tu a servire quei ragazzi? Una inglese completa e una vegetariana, ma senza fagioli...-
- Agli ordini...- rispose la ragazza.


Padre David Chalke, detto Chalky, gli andò incontro in una inaspettata mattina di sole.
Era presto, molto presto, ma a Liam piaceva girare col sole ancora basso e Padre Chalky non dormiva mai oltre le cinque del mattino, quindi si videro alle otto esatte e l’anziano sacerdote decise di fare due passi.
- E’ sicuro?- gli chiese Liam - guardi che ha gelato stanotte...-
- Non voglio mica arrampicarmi, voglio solo fare due passi nel bosco, da solo quello scocciatore del prete non mi ci manda mai!-
Parlava del nuovo prete di St. Patrick ome se lui non avesse mai indossato una tonaca.
- Va bene...-
- E poi se proprio devo riposarmi, mi porti in spalla no?-
Liam scoppiò a ridere.
- Sì, mi pare di ricordarla una o due occasioni in cui l’ho fatto...-
La gara a caricarsi Chalky sulle spalle era una cosa che loro ragazzi facevano abitualmente: Liam, Colin e Ross Chamberlain, arrivato per primo dal Galles e andatosene per primo per sposarsi a Cape Town, erano i più grandi e si portavano dietro John e un paio di altri ragazzetti e quando Chalky dava la libera uscita, comel a chiamava Charlie, ai fedeli, loro quattro o cinque erano sempre lì pronti.
Il prescelto partiva a testa bassa, uso percorso di guerra, raggiungeva il prete alle spalle, gli infilava la testa tra le gambe e si sollevava portandoselo un po’ in giro.
L’abilità stava nel togliersi la tonaca dalla faccia prima di andarsi a schiantare da qualche parte e Ross era il migliore, ma Liam lo seguiva a breve distanza.
Una volta, pena la dannazione per una o due settimane, Padre Chalke obbligò Liam e portarselo sulle spalle fino in città...
Non aveva mai più accettato di gareggiare da quel giorno, era un gioco idiota, ne erano perfettamente consci, ma quello e andare a cambiare l’ora della pendola del pub, che era una specie di Greenwich locale, erano i due passatempi più gettonati.
- Sei sempre stato una bella stecca tu...- commentò l’omino che, senza arrivare a venti libbre così a occhio, e appoggiandosi al bastone, camminava spedito come uno scalatore esperto.
...beh a onor del vero ricordava un po’ il vecchio notaio degli Aristogatti, infatti sulle prime, in un breve tratto di salita lungo la costa di uno dei milioni di laghetti tra le colline, per un paio di volte Liam ebbe l’impulso di allungare le mani per prenderlo al volo e rimetterlo in piedi, ma non servì mai.
- Ma mi prende in giro?-
- No, perché?-
- Quanti anni ha lei padre? Novantotto?-
- Di millesimo...-
- Questa cosa del millesimo non l’ho mai capita, comunque anche fossero...solo, novantasette...io sarei una bella stecca?- gli domandò ironicamente.
Anche perché l’omino era uscito dalla sua parte di canonica leggendo un trafiletto di giornale scritto in carattere minutissimi senza l’ombra di un paio di lenti.
Certo ogni parola era seguita da pesanti ansiti dovuti all’enfisema, ma per il resto stava proprio bene.
- Allora...-
- Allora?-
- Non ti sei fatto mai vedere in questi mesi...-
- In realtà non pensavo che fosse ancora qui, ho dato per scontato che non l’avrei trovata...-
L’omino lo guardò di sottecchi, piccolo com’era e oltretutto gobbetto, gli arrivava quasi alla vita, ma gli occhioni azzurri puntarono dritti nei suoi.
- Ancora qui?- chiese allusivamente, costringendo Liam ad un sorriso imbarazzato e colpevole mentre voltava la testa per nasconderlo.
- Qui nel Lake District...non qui...-
”Tra i vivi?” Ma devo proprio dirglielo?”
Per fortuna la risatina pestifera del prete lo tolse d’impaccio.
- Perché avrei dovuto pensare una cosa così brutta poi?-
- Perché sono vecchio, ragazzo mio, è la natura delle cose! Prima o poi queste quattro ossa inizieranno ad essere troppo pesanti per portarmele dietro tutto il giorno...e poi cosa c’è di brutto? Ne ho viste tante in vita mia, spero di campare abbastanza da raccontarle, ma una volta finita l’ultima storia, si chiude il libro e si dorme no?-
Liam annuì e si guardò intorno, inspirando un po’ di più l’aria profumata del bosco, del lago...
- E non tutte sono belle favole vero? - commentò - alcune sono storie dell’orrore...-
- Già...è l’inconveniente di vederne tante...non possono essere sempre belle o divertenti - convenne Padre Chalke, quindi dopo un momento di silenzio riprese – l’ho saputo di quel tuo incidente, anche se solo dopo ho scoperto che eri tu...infatti quando mi hanno detto che eri tornato, non mi sono stupito affatto: questo posto è di quelli che aiutano a fare pace con la vita...-
Liam sorrise e gli diede ragione.
- A proposito, so anche che ti sei sistemato...-
- Sì e io so che la tengono molto ben informato in merito...-
- Ufficialmente io ti sto offrendo un consulto spirituale sai?-
- Com’è che non la sento così compreso nel suo ruolo sacerdotale?-
- Perché pecco di superbia, mi rifiuto di sentirmi uno stupido...- ribatté l’uomo – mi capitò, a suo tempo, di ascoltare uno sfogo alquanto accorato della madre di John...preoccupata perché il figlio si era invaghito di quella ragazza...nei fatti poi, Mary non aveva un vero motivo di timore, è che le avevano chiacchierato così tanto intorno sulla ragazza che alla fine erano riuscite a farla preoccupare, sai di chi parlo no?-
- Non di Miss Curl presumo...-
- No...Dorinda all’epoca manteneva un silenzio prudente su Sìle...-
L’anziano prese una piccola pausa per frenare l'affanno prima di continuare.
- Ed erano per lo più Miss Dawn, la White...quella postina che somiglia alla nostra beneamata Duchessa di Cornovaglia -
Liam, constatando che la rassomiglianza individuata da Padre Chalke era assolutamente calzante(anche per la pettinatura), soffocò un risolino e sottoscrisse aggiungendo...
- Le manca un qualche volatile schiantato sul cappello...- alludendo alla carrellata di gentili considerazioni fatte in merito al copricapo che Sua Grazia aveva sfoggiato in occasione della visita del presidente francese e consorte.
Nel caso particolare i titoli avevano parlato di un fagiano, ma per Clara era più facile impattare con dei corvi.
- Mi chiedo perché si divertano a peggiorarle le cose, poverina...certo di fronte alla signora del presidente non si può pretendere proprio molto...-
- Ma voialtri potete guardarle le donne?-
- I voti sono di celibato e castità, non certo di miopia! Solo che non posso dirlo... -
- Ma allora è un vizio quello di delegare a me le cose che non si dicono!- ridacchiò Liam e infine arrendendosi –però sì è un gran pezzo di Première Dame, non c’è che dire; purtroppo aveva smesso di fare la modella prima che io arrivassi a frequentare i suoi ambienti, ma quei cinque seicento pensierini a vedermi sfilare sotto il naso le sue foto ce li ho fatti...a scatto ovviamente...comunque sì, Clara è davvero perfetta per un lavoro che prevede discrezione, quando ti consegna una lettera sta lì fino a che non è sicura che tu l’abbia letta tutta...-
Padre Chalke sorrise, lo ringraziò di aver espresso lui un pensiero comune, ma troppo scabroso per lui e annuì alla considerazione su Clara, quindi riprese.
- E...cosa dicevo? Ah! Ah sì! Che conobbi Sìle, la incontrai anzi, dire di conoscerla sarebbe una pretesa un po’ eccessiva da parte mia, quando Charlie passò un gran brutto periodo...e siccome tutto quello che vidi fu una ragazza che si prendeva cura di qualcuno che in quel momento ne aveva bisogno...mi sono detto che anche fosse stata una strega, minacciosa non mi sembrava davvero e di certo si stava comportando secondo i dettami di Nostro Signore Gesù più lei che tutta la famiglia di Charlie messa insieme, quindi per quanto mi riguarda, a meno che non sia tu a dirmi che hai bisogno di una benedizione, io da questo momento in poi, ho assolto al mio compito...non ho mosso un dito per fermare John che era di qui, figuriamoci se ne muovo uno per far cambiare idea a uno scozzese!-
Liam si mise a ridere.
- Ma cos’è? Una specie di negatività di nascita la mia?-
- Voi scozzesi siete avari, ingordi, ostinati e turpiloquenti, come la vogliamo pensare?-
-...messa così è dura davvero...-
- Che ti dicevo?- fu la conclusione del prete che poi si risvegliò come ricordandosi una cosa d’improvviso – so anche che hai comprato il vecchio cottage di Amanda Neill...dicevano fosse infestato dai fantasmi sai? Mi hanno chiamato...-
- A benedirlo, sì, lo immagino...-
Chalky fece un risolino pestifero allacciando le mani dietro la schiena, tenendo il bastone in una.
- Qual’è il tuo responso al riguardo?-
Liam sentì di non dover necessariamente mentire.
- Fantasmi non ce ne sono...- disse infatti.
- Neanche quello del vecchio irlandese pazzo? Povero Paulie...- sospirò l’uomo scuotendo il capo, ma parlando in tono affettuoso – non avrebbe fatto del male a una mosca e io credo non fosse nemmeno così matto in fondo...-
Liam si incuriosì.
- Lei lo conosceva?-
- Oh! Altro che...veniva a raccontarmi di tutti gli spiriti e spiritelli che incontrava qui intorno e diceva che il suo migliore amico era diventato un buffo gnomo che odorava d’aglio e parlava con lui scrivendo su qualunque cosa capitasse...-
Liam non ammise apertamente il reiterarsi di quegli eventi, si limitò a commentare con un...
- Chissà come mai non mi sorprende? – quindi dopo un attimo tornò a guardare verso il lago - Io ho ritrovato un po’ di sue cose nella cantina del cottage...di Paulie...non sono arrivato in tempo per incontrarlo, ma è come se lo conoscessi ormai...-
- Sì, Paulie era un uomo pieno di fantasia e comunicativa...Amanda me li aveva mostrati quei libri una volta: quell’uomo era innamorato della sua terra e la sua follia...beh...diciamo che era una forma tutta particolare di fede...-
- Davvero?-
Padre Chalke gli sorrise e fece cenno di sì.
- Io ho preso i voti nel...1933, avevo diciotto anni, e i primi anni di sacerdozio li ho passati a Doolin e spesso e volentieri ad Inishmore o...beh una delle tre isole...-
Liam lo guardò sorpreso.
- Alle Aran? Esistono chiese ancora in uso alle Aran?-
- Beh ci si arrangia, ma non è questo che conta, non è per questo che te ne parlo...il punto è che in quegli anni l’Irlanda era l’ultima ruota del carro, la gente emigrava, quella che rimaneva moriva di fame o poco meno, non avevano idea di cosa fossero l’elettricità o...il telefono. E io a vent’anni, mi sono ritrovato lì, con una gran smania di fare bene il mio lavoro, perché di un lavoro si trattava in quel caso, per migliorare la vita di queste persone, aprire la loro mente, nella mia idea...-
Liam lo guardava interessato e Chalky fece una faccia che lo fece ridere, sembrava dire “La mia, idea...”, la realtà era ben altro.
- Quasi non parlavano una parola di inglese te lo figuri? Ho dovuto imparare il gaelico prima...- gli disse ridendo a sua volta e poi scuotendo un po’la testa riprese la via dei suoi ricordi – così, mentre imparavo io a entrare nei loro ritmi, nella loro mentalità, ho scoperto anche un’altra cosa...e cioè che avevano tutto un modo loro di credere. Dio, conviveva con il profano...dicevano le preghiere prima d’andare a letto, ma prima ancora invocavano la protezione di Brigida dal mantello sul focolare di casa...quando arrivavano le foche, c’era sempre qualcuno che diceva d’aver raccolto la pelle di una selkie; se moriva qualcuno, la vedova regalava i suoi abiti e chi li riceveva in dono, veniva a farseli benedire da me per tre domeniche di fila o il defunto non avrebbe avuto di che vestirsi nell’aldilà e i pescatori, portavano i figli maschi in barca vestiti da femmine per paura che le fate dall’acqua glieli portassero via...insomma ho dovuto imparare a scendere a compromessi, a capire che la fede, la mia fede, in certi contesti, è fortemente compenetrata con idee e superstizioni che vengono da un mondo altrettanto antico e altrettanto presente...-
Liam lo capiva benissimo.
Bastava pensare alle tradizioni sudamericane, in cui le figure dei santi erano molto più carnali e disinibite che non nella norma, o alle strane commistioni di cristianesimo e religioni tribali africane che avevano dato origine a quel calderone pazzesco di Hoodoo, Vudù e Vudù della Louisiana e anche in altri posti in Europa si trovava qualche bizzarro santone.
Una volta in Brasile, era stato ospite di un suo amico che prima di dargli la buonanotte gli aveva detto...
“La zia ha messo tutto a posto, ha anche fatto l’incantesimo alla stanza, vedrai che nessuno ti tira i piedi stanotte...forse li sentirai solo girarti intorno”
”Chi scusa?” aveva chiesto lui già un po’ sospettoso e non del tutto certo di volere davvero una risposta che era stata...
”I morti...ne abbiamo tanti per casa...buonanotte eh?”
Liam non credeva ancora ai folletti e di certo non credeva ai fantasmi allora, ma aveva passato la notte in bianco fissando il crocifisso avvolto con una treccia d’aglio forse e non ricordava che altro.
Un po’ come Dorcas che gli piazzava di nascosto in tasca la famosa erba di San Giovanni, l’erba Scacciadiavoli e poi si arrabbiava dicendo “Non capisco perché la gente debba scomodare santi e diavoli quando Iperico, è un nome semplicissimo!”
- Così quando Paulie mi diceva di aver avvertito qualcuno di evitare certi comportamenti altrimenti i folletti si sarebbero arrabbiati, quando mi diceva che aveva...visto il tale passare davanti al forte delle fate del Glenridding Odd e che forse era il caso che dicessi una preghiera per lui...mi stupiva perché sapevo che Paulie era un uomo di cultura rispetto alla media del suo Paese, ma poi a pensarci bene...non era poi così strano per un irlandese un po’ troppo fantasioso. A volte, più spesso di quanto non ammetto con altri quindi rimanga tra noi, ho avuto la sensazione che vedesse davvero qualcosa e che fingesse d’essere più matto di quanto non fosse per poter dire la verità su quello che vedeva senza che qualcuno si preoccupasse di andare a controllare se era vero... -
Liam non commentò, semplicemente sospirò e si strinse nelle spalle.
- Tu che ne dici?- domandò il vecchio prete.
- Dico che ognuno è libero di credere quello che vuole...-
E forse fu proprio grazie a quel pensiero che riuscì a togliersi dall’impiccio più grande, non tanto come dimensioni, ma come coinvolgimento personale, in cui si fosse mai trovato.


Arrivato a casa, trovò Sìle che lo aspettava fuori dalla porta, sotto la pioggia che aveva iniziato a cadere fitta e improvvisamente malgrado l’alba serena.
In qualche modo capì che c’era qualcosa che non andava già dal primo sguardo che le diede: aveva l’aria nervosa, pareva stare tremando anche se era avvolta nel giaccone.
Si preoccupò, uscì dall’auto, ma vedeva già lei andargli incontro e quando richiuse lo sportello se la trovò davanti furibonda.
Era sconvolta dalla rabbia, aveva gli occhi lucidi e riflettenti, gran brutto segno, e le tremavano le labbra e le mani, ma di certo Liam non pensava potesse avercela con lui.
- Sìle che c’è?-
- Avevo bisogno di te...- gli rispose sbattendogli violentemente sul petto una busta postale bagnata d’acqua – ne avevo davvero bisogno...-
Detto questo gli voltò le spalle si avviò verso il sentiero nel bosco lasciandolo lì come uno stoccafisso.
Quelle poche parole gli iniziarono a suonare in testa come qualcosa di un pochino più assoluto e definitivo che non l’iniziale “Mi è successo qualcosa, ero venuta per questo...”.
- Sìle, ma che...-
Mentre faceva per andarle dietro, dalla busta scivolò fuori un numero di “Nature”, l’edizione di prova di cui gli aveva parlato Walter.
Gli occhi gli caddero immediatamente su un titolo mentre capiva che probabilmente, l’acqua aveva sciolto la colla con cui era chiusa la busta, Sìle l’aveva trovata arrivando, aveva giustamente frainteso ogni cosa e...
- Maledizione...- sibilò.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - Hurly Burly (II) ***


Capitolo 22 –

Appena Dorcas era andata a dormire, si era addormentata anche lei.
Sembrava tutto tranquillo e normale quella sera, Lily non aveva fatto storie e si era lasciata mettere a letto docilmente, senza neppure tentare di attardarsi a giocare con i gatti in giro per casa.
A ripensarci bene forse proprio quello avrebbe dovuto mettere sull’avviso Sìle.
Poi nel cuore della notte, la solita sensazione d’ansia l’aveva risvegliata, ansia dovuta ad un fortissimo odore di foglie e legno e terra che pervadeva la sua stanza e al freddo che le si era insinuato nella ossa.
Si era alzata e nella casa c’era un silenzio quasi irreale, simile a quello che si sente nei luoghi aperti, in cui si avverte solo il soffio del vento; la luce non si accendeva, l’aria era umida e spessa e tutta la casa sembrava più buia e scura...
Era uscita in corridoio e girandosi verso la finestra in fondo, aveva visto Lily.
L’aveva spaventata, se ne stava immobile in mezzo al corridoio, come una statuina pallida con gli occhi fissi innanzi a sé e Sìle aveva tentato di andarle incontro, ma aveva sentito un rumore strano, come scricchiolante avvolgere la volta del corridoio, ma non era così, veniva da fuori, dalla grande quercia vicina alla casa, quella tutta avviluppata dall’edera.
Guardando meglio tra le fronde Sìle aveva visto qualcosa che si nascondeva, lo aveva focalizzato grazie ad un baluginare verdastro degli occhi.
Se ne stava appollaiato su un ramo e sbirciava verso di loro con aria curiosa...
Aveva un corpicino esile e membra lunghe e scarne, nel complesso era piuttosto innocuo all’apparenza e quando l'aveva vista guardarlo era sembrato quasi sorridere e distrarsi da Lily e prendere coraggio per mostrarsi meglio, ma Sìle, non appena incrociato il suo sguardo era stata pervasa da un terrore inspiegabile.
Davvero non capiva cosa potesse esserci di cosi spaventoso in quell’esserino dai grandi occhi rotondi e speranzosi, ma le dava un senso di soffocamento, di angoscia profonda.
Istintivamente aveva allungato una mano verso Lily per stringersela al petto, ma per la prima volta la bambina le aveva risposto con un gesto che la lasciò assolutamente esterefatta.
L’aveva spinta via, con una “violenza” e una determinazione nel non volerla che l’avevano lasciata senza fiato...e mentre quella creatura che le guardava continuava a spiarle con quel suo sguardo terrificante senza che ci fosse un’apparente spiegazione allo sgomento che provocava, e lo scricchiolìo di prima pareva avvolgere ancora di più la casa, come se la foresta stessa tentasse di insinuarsi nella costruzione, Lily era corsa a nascondersi con una velocità che aveva spaventato Sìle ancora di più.
Nel giro di un battito di ciglia era scomparsa e Sìle poteva chiamarla fino a perdere la voce, ma la bambina non usciva fuori e non si faceva trovare.
Anche Dorcas si era svegliata e quando tutto era passato, una volta che Lily si era imbucata in quel modo ostinato, e Sìle si era trovata seduta accanto a lei, l’aveva guardata in faccia per un momento, poi le si era appoggiata con la testa in grembo e aveva pianto.
Aveva capito che Dorcas l’aveva messa sull’avviso la sera prima...quando le aveva detto che non sarebbe stato un momento facile.
Non si era soffermata neanche a darle molte spiegazioni sull'esserino, le aveva solo detto che gli Urisk hanno una gran voglia di fare amicizia, ma non ci riescono perché mettono apura a tutti, a parte quello erano innocui.
Quello che aveva messo in allarme l'anziana strega, più che altro, era quell'incombere della foresta e anche se non aveva parlato molto con Sìle, lei aveva capito.
Le aveva detto “Ecco, ci siamo, siamo sul ciglio del burrone, ora dobbiamo saltare...”, solo che Sìle l’aveva capito solo nel momento in cui Lily per la prima volta le aveva opposto un rifiuto così deciso.
Sentiva che si era allontanata di un passo più lungo del solito.
La mattina l’aveva trovata che dormiva nel suo letto, come sempre, ma al contempo già non era più la sua Lily.
Appena libera dai clienti, era corsa da Liam.
Sapeva che lui non c’era, ma non le importava, voleva solo stare lì e aspettarlo, avvolgersi nel suo maglione e accoccolarsi sul divano e addormentarsi magari.
Clara arrivò con quel pacco un quarto d’ora dopo che lei era entrata, o giù di lì, ma Sìle non aveva voglia di vederla, di essere gentile, così si nascose e aspettò di sentirla suonare, farlo di nuovo, chiamare Liam bussando, dicendogli che quel pacco era in ritardo di quattro o cinque giorni per un disguido, poi ovviamente sbirciare dentro la casa, e finalmente, una volta che si fu convinta che lui non c’era andarsene lasciando il pacco davanti alla porta.
Sìle aspettò qualche secondo, si avvicinò alla finestra, guardò Clara allontanarsi con il camioncino della posta e quindi aprì e raccolse il pacco da terra.
Pioveva già e la colla aveva ceduto sul bordo della busta con su scritto Londra, così, l’apertura che Sìle aveva rivolto verso il basso, cedette e ne uscì la rivista...un numero speciale in attesa di venire completato con delle parti scritte.
Lì per lì sorrise mentre rientrava, guardando le prime immagini...poi cercando nel sommario vide un titolo e accanto il nome di Liam.
”Le Fate del Lake District”.
Corse a vedere e non poteva credere ai suoi occhi...
“Non può averlo fatto veramente...” pensò mentre vedeva pubblicate tre foto, scattate evidentemente nel bosco dietro il cottage, lo conosceva troppo bene, in cui compariva evidentissima la figura di una creatura umanoide e poi un’altra, in cui tra i rami di un albero frondoso e fitto, si intravedeva benissimo un esserino che sbirciava e poi un’altra ancora che era un ritaglio di quella che aveva scattato a Lily quella volta sul lago.
Non solo...c’erano delle annotazioni, delle identificazioni, delle righe trascritte dai libri e dal quaderno di Paulie, le riconosceva, e sì, c’erano ancora delle parti lasciate in bianco, era solo una bozza, Sìle però in quel momento non riusciva a pensare che potesse esserci una spiegazione diversa da quello che vedeva e che le sembrava così ovvio che fosse successo.
Non aveva neppure notato l’appunto che era scivolato via da dentro la rivista mentre lei la sfogliava e che avrebbe risolto tutto non appena Liam le avesse spiegato, ma sul momento non vedeva altro che un crollo irrefrenabile di tutto quello che l’aveva resa felice come non lo era mai stata.
Un altro tradimento, non riusciva a vedere vie di mezzo, sfumature, sentiva solo un peso doloroso chiuderle la gola, opprimerle il petto, toglierle il fiato...
Succedeva tutto così velocemente che le girava la testa, aveva gli occhi pieni di lacrime e le mascelle troppo contratte perfino per urlare come avrebbe voluto.
E così uscì quasi fuggendoe proprio in quel momento, ecco Liam tornare, l’auto che di solito le strappava un sorriso le gelò il cuore e il sangue.
Capì che era la rabbia a dominarla in quel momento e capì che solo facendosene una forza, avrebbe potuto spiccicare una parola con lui che ora la guardava con gli occhi più innocenti del mondo.
Le provocarono una sofferenza così intima quegli occhi, che per poco non cedette alla voglia di prenderlo a schiaffi e di riversargli addosso tutto il suo dolore, ma riuscì a dominarsi e ad allontanarsi con decisione dopo avergli detto quelle poche parole.
- Sìle!- lo sentì richiamarla, ma non si voltò, preferì fare finta di non sentire e ascoltare solo il rumore della pioggia.
Poi però sentì i suoi passi raggiungerla di corsa e la sua mano afferrarla per il gomito.
- Porca miseria fermati!-
- Non mi toccare! Non mi toccare! Non devi più toccarmi! – singhiozzò ribellandosi alla sua presa e spingendolo via esattamente come aveva fatto Lily la notte prima con lei, ma Liam la trattenne di nuovo.
- Sìle per favore...-
- Io mi fidavo di te! Ti ho dato tutto quello che non ho mai dato ad altri, e quello è il risultato! Che favore devo farti?-
- Ma fammi spiegare almeno, è un errore!-
- Un errore? Sì certo! E’ stato mio l’errore! Io e questa mia maledetta voglia di trovare qualcuno di cui fidarmi! – disse e finalmente trovò il coraggio di guardarlo in faccia - Te l’avevo detto Liam! Non puoi trattare certe cose come tratti il resto e di certo non puoi trattare Lily come un fenomeno da baraccone, non te lo permetto questo! Non mi importa di quanto ti hanno promesso per quelle foto, non ne avevi il diritto! E di certo non hai il diritto di chiedermi di aspettare se questo è quanto ti importa di noi!-
Liam la guardò senza riuscire a dire niente, gli pareva così assurdo che d’improvviso lei fosse così ostinata e cieca da cancellare tutto quell’anno come se non fosse mai esistito...
Il mondo crollò addosso anche a lui in quel momento.
- Io...- provò a dire, ma dovette pensarci un attimo di più – tu davvero nel giro di un quarto d’ora ti sei convinta che io abbia fatto tutta una scena per fregarti?- le chiese cercando di farsi guardare - guardami in faccia Sìle, dimmi la verità...tu pensi davvero di valere così poco per me?-
Ecco cos’era che la faceva reagire come una pazza, che l’aveva fatta scattare come un cavallo imbizzarrito: quella dannata cecità di fronte alle cose e alle persone che amava, l’amore stesso la spaventava perché la confondeva troppo, e anche ora non riusciva a guardare Liam negli occhi perché aveva paura di sbagliare.
- Non farlo Liam ti prego...-
- Che cosa?-
- Non girarmi le cose in questo modo, mi hai già fatto abbastanza male, io voglio sapere come diavolo ti è saltato in mente di...anzi no! Non voglio neppure saperlo, ho paura di non averne bisogno...io devo pensare solo a Lily finché posso, non mi serve sapere altro...-
Liam a quel punto, benché gli fosse evidente che Sìle stesse soffocando moltissimo di quello che sentiva, aveva cambiato espressione, fino a un momento prima sembrava cercare disperatamente un alito di disponibilità in più in lei, ma dopo quell’ultima frase si era allontanato di uno o due passi e l’aveva guardata.
Sìle no, non l’aveva guardato a lungo, le faceva male tutto, come se avesse la febbre che le tormentava le ossa, la pelle e aggravava il dolore che le opprimeva il petto.
Si divisero così...


- Non voglio più vederlo! Se chiama non passarmelo perché tanto non gli rispondo!-
- Tesoro non è sempre tutto come sembra...-
- Cosa? Dorcas ti rendi conto o no di quello che ho visto?-
- Smettila di correre su per quelle scale, si può sapere dove stai andando?-
Finalmente riuscì a fermarsi rendendosi conto che stava trando dritto da quando aveva lasciato Liam dietro di sé e che avrebbe voluto continuare fino a crollare esausta al suolo.
- Non lo so dove sto andando...- disse aggrappandosi al corrimano e sentendo la gola chiudersi per il pianto; si passò una mano tra i capelli sciolti, bagnati di pioggia e scosse la testa – non lo so...devo correre per non crollare...se mi fermo...-
Dorcas le andò vicina e la prese per le spalle.
- Mi manca l’aria...-
- Vieni qui...bevi qualcosa, calmati un attimo e spiegami per bene cos’è successo...- le disse la donna, ma Sìle scosse di nuovo la testa.
- Andiamo...-
- Sto male...- bisbigliò appoggiandosi al muro e lasciandosi scivolare su uno dei gradini – non so cosa fare, non...- si interruppe perché le mancarono le parole e un attacco di pianto affannoso la costrinse a nascondersi il viso tra le mani.
Aveva solo l’immagine di Liam in mente, i suoi occhi che sembravano assolutamente chiari e puliti come sempre, eppure era bastato un attimo per farla ripiombare nell’angoscia di quel sogno, nell’ansia che sempre la attanagliava quando doveva mettere in dubbio anche la benché minima certezza che osava darsi su qualcuno che amava...e forse Liam lo amava ancor più di quanto non credesse.
Sentiva la bocca dello stomaco ritorcersi e la sensazione di dolore fisico che provava, anche se la sapeva essere solo di testa, la piegava in due.
Si rese conto di stare quasi urlando mentre piangeva, per fortuna Lily era dai signori Brown e i clienti erano andati via.
Dorcas l’abbracciò forte e le accarezzò la testa e Sìle sentiva il pianto soffocato dal morbido maglione della donna.
- Sfogati tesoro, non trattenerti...- le diceva l’altra.
Dorcas era fortemente combattuta a sua volta.
Da una parte era quasi sicura che quello che aveva visto Sìle avesse una spiegazione molto diversa, non tanto perché lo diceva Liam, di cui pure aveva imparato ad avere stima e rispetto, quanto perché era convintissima che le creature che lo ricercavano con tanto interesse, non si sarebbero lasciate percepire con tanta chiarezza se lo avessero sentito insincero.
Ma sapeva per esperienza che a volte anche le creature magiche, riponevano la loro fiducia in persone che poi si dimostravano più deboli di quanto non fossero sembrate inizialmente...e allora che consolazione poteva dare a Sìle in quel momento?
La dolce Sìle che non chiedeva altro che di essere rispettata, anche con un rifiuto, anche con una delusione, le bastava non venire ingannata.
Sapeva bene in che razza di costernazione e totale smarrimento la precipitassero i sentimenti, che il solo vantaggio che le offriva la sua natura, automaticamente diventava uno svantaggio perché capire i sentimenti di chi non le era caro, non poteva certo compensare il non riuscire ad avere certezze su quelli di chi invece lo era per lei.
Forse se la cosa fosse avvenuta davanti a lei, se Sìle e Liam non si fossero trovati da soli...magari avrebbe potuto trattenela dallo scoppiare in quel modo e lasciare il cervello libero di correre sui baratri sconfinati delle sue paure.
Se lo sentiva che doveva succedere qualcosa quel giorno, aveva qualcosa in testa che la richiamava ogni tanto, come ci fosse qualcuno che le schioccava le dita vicino per farla girare.
Sentiva i pensieri di Sìle come se glieli stesse esprimendo a voce alta.
“Perché non riesco a capire? A che mi serve essere come sono se non mi aiuta a non soffrire? Non è un dono questa natura, non lo voglio più!”
Aveva paura di perdere Lily e a quella paura si era unito ora il terrore che se qualcosa fosse uscito allo scoperto di quella realtà, neanche la consolazione, la speranza, di poter mantenere con la piccola fata un legame sarebbe rimasta perché, e in questo aveva ragione, un tradimento ai danni degli Sìdhe, non veniva perdonato.
- Tesoro...nessuno può cambiare quello che sei...siamo state emarginate, perseguitate e tormentate per secoli, se fosse bastato voler rinunciare a come eravamo, tante di noi sarebbero morte tanto più vecchie...- le disse – però ascoltami bambina...- aggiunse poi invitandola a guardarla e prendendole il viso tra le mani, asciugandole le lacrime – ora sei troppo fuori di te e sei arrabbiata e nessuno ti biasimerebbe per aver reagito male ma...-
- Dorcas non voglio sentirne parlare ora, ti prego...per favore...- la interruppe Sìle – è Lily capisci? E’ per lei...io devo proteggerla, per quanto io possa amare Liam, e anche se lei non è mia e io non sono sua madre, io ho una responsabilità verso di lei che devo mettere davanti a tutto, non posso permettermi di vedere sfumature ora...sto male, so che starò male da impazzire, forse peggio di quando ho perso John, ma non mi mettere più dubbi di quelli che ho già...-
Dorcas annuì dopo un momento di esitazione.
- Promettimi solo che ti ricorderai quello che ti ho detto...gli Sìdhe, segui loro...-


Liam era rientrato in casa, fradicio, zuppo come una spugna in una vasca da bagno.
Sentiva qualcosa dentro che non riusciva a far uscire in nessun modo, ma lo sentiva ribollire e allora, quasi senza avere coscienza del gesto che stava compiendo, si ritrovò ad aver tirato un cazzotto nel muro.
Sentì la gola chiudersi dal dolore, e le lacrime scendergli sulle guance senza che neanche le avesse sentite salire, ma quando se ne accorse, non le fermò più e non fu per la mano a cui non aveva idea di quale danno avesse arrecato, ma perché sentiva salire la paura di aver perso lei.
Si ficcò sotto la doccia e ci rimase per un’ora a pensare cosa poteva fare per non lasciarla andare perché sapeva che non era quello che voleva o che voleva Sìle.
Quando uscì da sotto l’acqua, scese di sotto ritrovandosi un’emicrania da manuale, gli occhi che bruciavano e un foglietto tra le dita firmato dal direttore di Nature.
“Con quelle foto potresti entrare nella storia!” c’era scritto tra le altre cose, più un invito a chiamarlo per avere qualche chiarimento in più in merito.
Andò a raccogliere la rivista da vicino all’auto dove l’aveva lasciata cadere per inseguire Sìle...era tutta arricciata dalla pioggia.
Quando sfogliò il giornale, si rese conto di come erano andate le cose, ricostruì il momento esatto in cui l’incidente era iniziato.
“...la telefonata con mia madre...” si disse.
Si andò a chiudere nella cantina del cottage con un bicchiere di whisky che sapeva non avere un effetto buono sul mal di testa, ma non gli importava, era una di quelle volte in cui aveva bisogno di farsi molto male...ne aveva passati altri così.
Non che andasse a cercare la sbronza a tutti i costi, avrebbe fatto su è giù almeno tre o quattro volte prima di portarsi di sotto tutta la bottiglia, ma ad ogni sorso sentiva la testa martellare di più e forse ancora di più quando ripensava alla discussione di poco prima con Sìle.
Aveva voglia di andare da lei, a riprendersela, anche a costo di tenerla ferma e obbligarla ad ascoltarlo, ma c’era qualcosa che l’aveva ferito profondamente...quindi per prima cosa doveva fare in modo che quello che aveva causato quel parapiglia, fosse risolto.
Era assurdo il modo in cui lei aveva ribaltato ogni opinione su di lui, era stato irragionevole e scriteriato quel suo modo di reagire!
Lui sapeva di non aver fatto niente di quello che lei pensava...altre volte in vita sua poteva aver avuto quel dubbio di aver superato il limite, ma non quella e lei, dopo un anno di storia, dopo che lei aveva fatto di tutto per...
Quei suoi ”Ancora non mi ami...” dove erano finiti? Dov’era finita la sua Sìle?
“...mi ero prefissato un obiettivo e mi sono ritrovato a pensare a quante cose potevo aver fatto finta di non vedere, per seguire l’idea che avevo...” Lo aveva detto a lei proprio in quella casa ed era così netta la sensazione che le stava descrivendo che mai al mondo avrebbe potuto passargli inosservata.
No, lui era sicuro che neanche nella parte più lontana della sua coscienza c’era stata la tentazione di tradire quel segreto che gli si era rivelato...magari però era come quando uno che tradisce la moglie, si sbagli a chiamarla col nome dell’amante: c’è una tendenza inconscia a voler dire la verità, possibile fosse successo quello?
Possibile che avesse davvero svenduto tutto in quel modo senza esserne cosciente?
Mentre ci pensava, si sedette sul baule su cui aveva trovato tutti i libri di Paulie e ingollò tutto insieme il resto del whisky nel bicchiere.
Guardando nella semioscurità della stanza si accorse che man mano l’occhio destro, fino a quel momento appannato e dolente, inizio a dare qualche barlume di vita sempre più intenso e ostinato fino a che non vide chiaramente.
Fermò i pensieri e si concentrò su quello che avveniva attorno a lui perché per la prima volta stava succedendo sotto i suoi occhi dal primo istante di cambiamento e mosse appena lo sguardo, non seppe nemmeno lui bene perché, lo puntò su un sasso abbandonato vicino ad un angolo dove pioveva appena un po’ di luce.
Gli parve di vederlo muovere leggermente e allora si avvicinò...si chinò lì vicino e esitando un po’, lo raccolse, alzandolo quanto bastava a guardarci sotto.
Inizialmente gli sembrò di vedere solo un grosso bozzolo lungo sei o sette centimetri, come quello di una farfalla in attesa di mettere le ali, ma poi guardò meglio: si gonfiava e si sgonfiava come stesse respirando profondamente e, assurdo forse, russava...
Era inequivocabile che stesse russando.
In tasca aveva un accendino e lo pres eper capire che diavolo fosse quella cosa e quando la fiamma lo illuminò, si mosse e mostrò, sporgenti dall’involto di capelli e barba lunghissimi, un enorme naso e delle monumentali orecchie a sventola, come riscuotendosi svogliatamente da un sonno profondo .
L’esserino era completamente nudo, lo coprivano solo la sua stessa barba e i suoi capelli, avvolgendolo come un lungo mantello argenteo.
Una delle cose più indifese che avesse mai visto...
E mentre lo guardava fu certo che intorno a lui, altri occhi lo stessero guardando mentre era chino su quel piccolo ennesimo prodigio, forse anche quelli di Garlicky, della fata senza nome magari, quella che confondeva le idee, forse anche di quella che ripeteva quell’assurda filastrocca sulle piume nella gola della rana...chi poteva dirlo?
Quello che seppe per certo fu che istantaneamente, qualunque dubbio gli fosse sorto su sé stesso, sparì con la stessa velocità con cui era venuto.
Capì che doveva preoccuparsi di proteggere quello scrigno di tesori che aveva involontariamente aperto a occhi indiscreti a prescindere da Sìle e che anzi poteva dipendere da quello, il suo legame con lei.
Posò di nuovo il sasso così com’era sul piccolo essere, non resistette dall’augurargli buonanotte chiedendosi come diavolo potesse dormire tanto di gusto affondato nella terra e sotto un sasso, e risalì di sopra senza la minima esitazione e prese il telefono chiamando subito la redazione di Nature a Londra.
“Ehi! Il mio novello Conan Doyle! Come va? Aspettavo notizie, ti ho mandato la bozza della rivista una settimana fa!”
- Sì Edward, l’ho ricevuta solo oggi e è fantastica davvero, ma...beh io non so come dirtelo perché dovevo proprio avere la testa da un’altra parte quando ho detto che andava tutto bene, ma c’è stato un errore...-
Edward rimase in silenzio per un attimo.
“Errore? Che errore?” chiese poi.
Per mentire meglio si era versato un altro po’ di whisky e prima di rispondere, se lo lasciò ondeggiare appena sulla lingua e lo deglutì.
- Beh io...presumo che quando Walter mi ha chiamato per chiedermi conferma su quelle foto alludesse a quelle...-
“Delle fate...diavolo! Rievaulx non è una gran novità, ma quelle! Valgono non so quanti soldi l’una! Hai visto che è un numero da collezione? Però devi buttarmi giù qualcosa di scritto, abbiamo posticipato apposta l’uscita, abbiamo già inserito quelle annotazioni che avevi fatto in calce alle foto ma...”
- Sì, sì ho visto ma davvero...non era previsto farvi avere quelle foto...non...non sono vere Ed...- disse con tono piatto.
“Cosa?”
- Sono giochi...non sono Fate, andiamo come hai fatto a cascarci? Non mi dire che ci credi...-
“Beh...in quella cartella c’erano quelle annotazioni, gli ingrandimenti...non erano fotomontaggi e io di te mi fido...insomma ammetto di aver avuto un dubbio sulle prime, ma quando hai confermato a Walter che erano foto da pubblicare ho pensato volessi farmi una sorpresa ”
- Ed, ti prego! Ti pare che se avessi davvero fotografato delle Fate te le avrei mandate così in sordina?-
“L’hai già fatto Liam, quando mi hai mandato la foto di quella tigre della Tazmania...”
-...a parte che non ero sicuro che fosse una tigre della Tazmania, ho avuto culo e solo quando hanno ricominciato a cercarla gli etologi, hanno scoperto che forse non è estinta, e poi se ti ricordi proprio per quello ti ho chiesto di non pubblicarla...-
“E io proprio perché tu mi avverti prima se c’è qualcosa che non devo pubblicare, ho preso tutto per buono e mi sono personalmente occupato delle bozze per aspettare che me ne parlassi con calma, lo capisci che sarebbeu n colpaccio? Andiamo a me puoi dirlo...”
- Te l’ho detto Ed, sono giochi, giochi di luci e ombre su un paio di pupazzi fatti da una mia amica molto brava con la modellazione e qualche contrasto accentuato nei punti giusti...tutto qui – inventò con molta più facilità di quanto non si sarebbe aspettato -...e le annotazioni sono quelle che mi ha dettato lei, mi dispiace, non volevo darti una falsa speranza di fortuna e gloria, ti ho inviato per errore parti di un altro lavoro, mi sono rimaste lì dentro perché nella fretta ho chiuso tutto in un’unica cartella -
Edward non era uno stupido, Liam lo conosceva bene da prima delle recente promozione a direttore di Nature, ma era uno che quando veniva deluso in un forte entusiasmo, non si soffermava molto a pensare su quanto tornasse la spiegazione che veniva addotta.
Era probabile che un giorno o l’altro gli avrebbe chiesto “Ma quella volta sei proprio sicuro di non avermi detto una balla?” lui gli avrebbe detto che mai al mondo gli avrebbe detto una balla, gli avrebbe offerto da bere e si sarebbe fatto prdonare.
Fosse stato George la musica sarebbe cambiata di molto...


- Beh...se sono pupazzi di’ alla tua amica che dovrebbe metterli nei boschi e vedere che effetto fanno alla gente...- commentò Edward Show dal suo ufficio, con sparsi sulla scrivania una serie di collages di come potessero essere montate ad effetto quelle che fino ad un secondo prima erano state le più sensazionali fotografie che avesse mai visto.
C’era qualcosa di vivo in quelle creature e credere che fossero unicamente opera di una brava modellatrice, gli sembrava uno spreco.
- Cristo era la vendetta di tutti quelli che campano sulle tre gobbe di Nessie, un fotografo scozzese che prova l’esistenza delle Fate...-
“Sì, lo so...ma andiamo tu ti sei fatto un nome sulla serietà del tuo lavoro, non mi sentirei a posto se ti consentissi di mettere a repentaglio la tua reputazione per qualche migliaio di sterline in più, non ne ho bisogno...” gli disse Liam.
Edward sospirò...
- Beh ormai un riempitivo di riserva non ce l’ho, quindi facciamo così, mandami qualche altro pupazzo fotografato tra le fronde...-
“Non ne ho altri...però guarda, posso darti una dritta: quest’anno riccorono i trent’anni dalla pubblicazione di “Faeries”, un libro illustrato da Alan Lee e Brian Froud, con i testi di un certo David Larkin...procurati l’edizione più costosa e dai una scorsa alle pagine di coda, vedrai che qualche altra foto da usare la trovi...”
- Mi devo fidare?-
“A occhi chiusi, non ti proporrei una soluzione se non fossi sicuro che potrebbe fare al caso tuo...”
- E sotto le tue foto che ci scrivo?-
“Se non ti vengono idee richiamami...ora devo lasciarti Ed, devo fare un’altra telefonata”


Un paio di settimane dopo, Sìle e Liam non si erano ancora parlati, lui non l’aveva chiamata e lei se n’era stata per conto suo, non era tornata in paese e si era occupata solo del B&B.
Lui dal canto suo era sempre più spesso fuori città, tanto che Charlie aveva già sospettato qualcosa.
- Ci stai lasciando?- gli aveva chiesto un giorno vedendolo uscire dalla città in auto.
- Non lo so...- aveva risposto Liam con un’aria da funerale che non gli aveva mai visto in faccia.
- Sìle lo sa?-
- Non lo so...penso di sì...ci vediamo Charlie -
Fine del discorso, era partito e l’avevano rivisto due giorni dopo.
Sìle dal canto suo, non gli aveva voluto dire niente, ma era evidente che stesse molto male anche lei.
E poi c’erano le solite lingue lunghe in piena attivtà...
- Per fortuna Liam se n’è accorto alla fine...non c’è niente da fare, non è colpa sua, non lo fa apposta, ma un uomo vicino a lei non può starci...-
Parole carpite sempre da Charlie mentre, passando per la strada principale del paese, aveva incrociato Maggie Mill, Clara e Mrs. Covell che parlavano tra loro...sentire Maggie che gongolava in quel modo gli fece rivoltare lo stomaco e quando le tre lo salutarono quasi non le calcolò.
- Povera ragazza...in fondo mi dispiace per lei...e poi quella bambina avrebbe proprio bisogno di un padre, anche se Liam forse...non se l’è sentita? – risatina di scherno tra Maggie e Clara che fece bloccare Charlie.
- Tesoro, Liam è un uomo, si sa cosa li interessa, quella non è pietra per fare lapidi...- commentò Clara, intendendo con questo che Sìle non era una con cui un uomo potesse avere interesse a soffermarsi a tempo indeterminato.
E lì il vecchio Moore, si sentì in dovere di mettere un paio di puntini sulle “i”.
- Voi due prima di nominare Sìle dovreste lavarvi la bocca col sapone!- disse loro – e se proprio c’è qualcuno per cui sentire pena, sono due piattole come voi che si abbuffano delle disgrazie altrui! Una vipera per vocazione e una che ancora non ha capito se è ancora zitella, non è perché Liam è timido e non si dichiara, ma perché non la guarda! Ma la dignità lo sapete almeno cos’è?- sbottò – e poi dicono che le puttane, sono donnacce...- borbottò allontanandosi sotto gli sguardi impietriti delle tre donne.
Insomma in tutto questo Liam e Sìle si erano evitati accuratamente, pensati di continuo, mancati in modo intollerabile, si erano tenuti svegli a nottate intere, lui senza saperlo, lei senza credere di poter essere ragione di un tale tormento per lui.
Liam che non versava lacrime da non sapeva quanto, si ritrovava col magone in gola e gli occhi umidi, anche se si impediva di andare oltre, solo l’orgoglio gli impediva di muovere un passo verso Sìle prima di avere in mano le prove della sua buona fede.
Non era per puntiglio, non era per avere le sue scuse, era perché sapeva che prima di tutto doveva darle una prova tangibile di potersi fidare di lui, poi poteva fare l’offeso.
Sìle intanto resisteva a stento dal correre da lui.
Non sapeva se voleva prenderlo a schiaffi, insultarlo, non lo sapeva, riusciva solo a pensare che voleva vederlo e averlo vicino e sentire la sua voce e ogni volta che vedeva la sua auto passare davanti al cottage, era sicura che lui accelerasse apposta per non avere la tentazione di fermarsi o guardare dentro.
Questo le faceva ancora più male...temeva che la disprezzasse in qualche modo.
Un giorno, senza farsi vedere, una delle poche volte che lo aveva visto in città, lo aveva visto al telefono...sorrideva dolcemente, anche se gli occhi non erano allegri, e qualcosa le disse che al telefono non era con un uomo.
Erano tutte paure irrazionali, lo sapeva abbastanza bene anche da sola...
Lo stupiva che Lily, dopo aver chiesto di lui una volta e aver ricevuto una risposta negativa e una parziale spiegazione del motivo, non era più scappata, non era andata comunque a cercarlo, cosa che in altre condizioni forse avrebbe fatto, ma spesso insisteva con Sìle, a modo suo e cioè mostrandole tutte cose che glielo ricordassero, perché lo perdonasse.
Le portava i disegni che faceva seduta sulle ginocchia di lui e li accarezzava con la manina; le portava la foto che le aveva fatto quel giorno sul lago e le sorrideva; le indicava il bosco e la guardava con il musetto a punto interrogativo.
“Perché non andiamo da lui?” le chiedeva.
E Sìle avrebbe tanto voluto essersi comportata diversamente...sarebbe stato tanto più facile...


Finalmente la copia della rivista che metteva fine a tutto l’equivoco, arrivò e Liam pregò Charlie di lasciarla al B&B e quindi telefonò quando era sicuro che Sìle non era in casa perché portava Lily dai Brown.
- Chi non muore si risente eh?- gli disse Dorcas senza troppo amicizia, ma neppure troppa ostilità.
“Ho preferito aspettare di avere qualcosa che mi scagionasse in mano...”
- Beh se hai un coniglio dolcezza, farai bene a tirarlo fuori dal cappello perché mi pare che abbiate fatto un gran pastrocchio voi due e io, Lily e Agenore non ne possiamo più!-
“Voi eh?” commentò lui ironicamente, ma con tono piuttosto dimesso “ senti l’hai aperta quella cosa che ti ha portato Charlie?”
- Lo apro...- disse Dorcas mentre lo andava a prendere.
“Dallo a Sìle e state tranquille...è tutto risolto...e grazie di tutto Dorcas, sei un’amica...” disse lui, quindi senza aspettare riattaccò.
Quando Sìle uscì da sotto la doccia, appena tornata a casa, Dorcas gliela portò con aria trionfante.
- Io fossi in te quella corsa che aspetti di fare da un mese me la farei sai? Ho come idea che il tempo stringa un po’ormai...- consigliò mentre Sìle guardava la copertina definitiva della rivista, guardava dentro e vedeva l’idea che Liam aveva dato a Edward messa in pratica: un articolo sul libro “Faeries” e la tradizione folkloristica britannica, i luoghi ritenuti magici dalle superstizioni popolari e le foto...quelle vecchie di trent’anni che ritraevano i due illustratori del libro nelle campagne e nei boschi inglesi con alle spalle bizzare presenza gnomesche che li osservavano a loro insaputa e quelle nuove e sicuramente vere di Liam, travestite però, come loro che sapevano la verità potevano capire dalle didascalie e dall’articolo, da foto di piccole statuine e pupazzetti molto realistici, realizzati con tanta cura ed efficacia grazie alla preziosissima e amichevole consulenza di S. e D.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - Occhi indiscreti ***


Capitolo 22 –

Sìle partì di corsa infatti, saltò quasi in piedi e uscì senza neppure il giaccone, raggiunse il cottage che era completamente gelata, tremava di freddo, ma più ancora di ansia e di urgenza di parlargli.
Bussò nervosamente mentre guardava l’auto nera parcheggiata lì davanti.
- Liam sono io, ti prego apri!- disse senza riuscire a tenersi - Liam! Per favore!-
- Arrivo...- disse la voce di Liam da dentro, ma la porta non si aprì velocemente come sperava lei e quando se lo vide di fronte, il freddo lo sentì più dentro che addosso – ehi...- mormorò lui guardandola per poi scostarsi dalla porta – dai entra, è freddo fuori...-
- Grazie...- rispose lei debolmente mentre entrava.
Si guardò intorno e vide che c’erano un po’ troppi bagagli lì dentro.
- Parti?- gli chiese lei con il cuore che le martellava la gola e il petto.
Lui le stava di spalle, girato verso una credenza da ciu stava ritraendo pezzi di macchine fotografiche, roba da lavoro insomma e annuì mentre le raccoglieva.
- L’hai visto il giornale?- le chiese.
Sìle rifiatò sentendolo fare lui per primo cenno a quella cosa e sorridendo gli andò vicina.
- Sono corsa qui appena Dorcas me l’ha mostrato...volevo chiederti scusa, mi sento così stupida...-
- No, avevi ragione ad essere arrabbiata...- replicò lui girandosi verso di lei con tutto al di fuori degli occhi.
Era evidente che la stesse evitando con lo sguardo, allora lo fermò tenendolo per i polsi.
Lo sentì irrigidirsi come se quel contatto gli bruciasse dolorosamente, ma rimase fermo, senza opporsi.
- Liam per favore è un mese che rimango in apnea e avrei voglia di mangiarmi le mani per come mi sono comportata...- gli disse sottovoce – non ero mai stata così male in vita mia, te lo giuro, mai...-
Ci fu un attimo di silenzio in cui lei trattenne il fiato stringendo le mani attorno alle braccia di lui, ascoltando il suo respiro, fissando il suo petto che si alzava e abbassava...
- Non devi scusarti, davvero...- mormorò lui – l’ho capito credo, non mi aspettavo un casino simile, ma penso che le vie di mezzo di fronte a certe cose, non siano la prima cosa che venga in mente di considerare...-
Per un qualche motivo Sìle aveva in quel momento una percezione chiarissima di quanto male fosse stato anche lui e di quanto combattuto si sentisse di fronte a lei.
Le sue mani rimanevano inerti, appena sollevate verso le braccia di Sìle, avvolgendole di poco, ma non era freddezza quello che lo tratteneva, anzi.
- Ti ricordi quella mattina...quando ha telefonato mia madre?- le domandò come a cercare un argomento che non gli restasse troppo difficile da affrontare per cominciare a parlare.
- Sì...-
- Stavo discutendo con lei, mi ero innervosito perché non volevo che si intromettessero nella mia vita lei e mia zia...e..ho ammucchiato le foto che avevo fatto nei giorni precedenti qui intorno, nel bosco, e altre scattate prima con quelle da mandare a Londra, l’ho fatto senza farci caso...e insieme c’erano appunti e annotazioni...- le spiegò stringendosi appena nelle spalle – stavo giocando...hai presente quel gioco “Dov’è Waldo?”- le domandò, lei annuì e lui con lei – più o meno quelle foto mi servivano a questo...mi sono accorto che a loro piace nascondersi, ma giocare a farsi trovare a volte...e nelle foto sono molto più evidenti, così per...conoscerli meglio, per vederli meglio in faccia si può dire, ho fatto quelle foto...certo quando mi sono accorto di aver fotografato Jack dei boschi - sbuffò ripensando alla sensazione di paura provata quel pomeriggio quando poi si era convinto di aver visto solo una famigliola di cinghiali...o a quella ancora peggiore di smarrimento e impotenza, quando sviluppando quelle stesse foto, a conferma che il suo istinto non si era sbagliato a metterlo in allarme, aveva scorto una imponente figura umana, forse più imponente della sua, stagliarsi contro il fondo delle foto, come rivestita di un consistente mantello di foglie e...forse per suggestione, avendolo visto raffigurato tanto spesso, vedeva foglie ricoprirgli anche il viso che non si vedeva, era scuro, ma non metteva certo a proprio agio – non sapevo se tirare un sospiro di sollievo per non essermelo trovato proprio di fronte o rammaricarmi per tutti i soldi che sapevo di stare buttando via tenendo solo per me quegli scatti...-
-Io ho visto un Urisk l’altra notte...-
- Un che?-
- Dorcas lo chiama così...dice che è un folletto innocuo, che vorrebbe fare amicizia, ma ha uno sguardo che incute terrore in chiunque lo incroci...ma non importa, è che anche per quello ho reagito così male quando ho visto quella rivista...ero corsa da te perché ero disperata, lo sono ancora in realtà...per via di Lily...e quando ho letto quella cosa, ero così fuori di me che non ho neanche provato a pensare che forse c’era un’altra spiegazione -
- Che succede a Lily?- le chiese lui, quindi la invitò a sedersi, ma lei se lo portò dietro, senza lasciarlo allontanare.
- Dorcas ci ha pensato un bel po’ su in questi giorni in cui io sono stata più presente a casa, praticamente non sono mai uscita..- gli disse.
- Lo so...- rispose lui.
Lei gli sorrise e gli strinse una mano e lui le rispose alla stretta finalmente.
- Lei ha...- riprese Sìle sorridendo di sollievo -...ha detto che probabilmente Lily sta attraversando una specie di fase transitiva della sua vita, una sorta di adolescenza e che, come per uno di noi, probabilmente è un momento di fermento sotto tutti gli aspetti. Secondo lei Lily in qualche modo lancia dei richiami verso il suo mondo, richiami involontari e quindi non mirati che arrivano anche nelle profondità del bosco...e...-
- Più vengono da lontano, più sono pericolose, me l’ha detto...-
- Già...- confermò lei – e quindi non puoi mai sapere chi aspettarti...e ancora più probabile è che Lily stessa inizia toccare delle punte estreme di...comportamento diciamo -
Liam sospirò profondamente.
- Intendi dire che non sapete se abbia un’indole bonaria o meno?- domandò e quando Sìle gli disse di sì, rifletté un momento -...luce e ombra non sono scindibili...ognuno ha in sé bene e male e se è vero che Lily sta attraversando una specie di fase adolescenziale probabilmente c’è da aspettarsi che tiri fuori il peggio...i ragazzini umani sono insopportabili...- commentò.
Sìle accennò un sorriso.
Le era già passato di mente che Liam le avesse detto di stare per partire, ma ci ripensò quando pochi secondi dopo, lui la fermò quando provò ad avvicinarsi per dargli un bacio.
- Lo stai facendo di nuovo...- le disse.
Lei lo guardò dubbiosa...
- Che cosa?-
- Cambiare idea nell’arco di un battito di ciglia...- sussurrò lui fissandole le labbra mentre lei gli si accostava ancora contro, poi siccome sentiva di voler mantenere un punto almeno quanto bastava a sfogarsi un po’ della rabbia che aveva accumulato in quel mese , si alzò e la invitò a seguirlo nel sotterraneo.
Quando lei lo raggiunse, lui prese un’intera scatola di legno, piuttosto capiente, con una chiusura a scatto.
- Aprila...- le disse – io capisco come ti sei sentita tu ma ora...tu cerca di capire me...-
Sìle obbedì, si avvicinò, aprì la scatola.
Dentro c’erano fotografie su fotografie, almeno un centinaio, come quelle finite sul giornale, molto migliori anzi, più nitide, con sotto scritte data, luogo e ora in cui erano state fatte, con dietro nomi o tenute insieme con una graffetta annotazioni ancora più minuziose, addirittura confronti tra quello che vedeva lui e quello che aveva scritto Paulie.
C’erano tutti i disegnini e i bigliettini di Garlicky...e perfino la foto di un tipetto che aveva una rassomiglianza pazzesca con Marty Feldman, con il naso a patata e una cuffia marrone con lunghi pendenti ai lati delle guance, colto in flagrante mentre apriva un cassetto dell’armadio in cui spesso faceva incursione.
Era un autoscatto, Liam era riuscito ad armeggiare in maniera che non appena si fosse aperta l’anta, il cavo alla cui cima era il tasto per scattare, venisse schiacciato, per il resto bastava sapere dove piazzare l’obiettivo.
Sulla foto c’era scritto, dalla mano di Liam “Mr.Garlicky suppongo...”
Subito sotto per tutta risposta da parte di Garlicky: “Ben annegato Liam! Garlicky è davvero sgargiante!”
Sotto ancora, sempre scritto da Liam, timidamente “... annegato -> disegnato?” e ancora per tutta risposta da Garlicky, due cancellature decise sulla parola corretta e ancora “Liam scherza Garlicky...”
Sìle sorrise appena.
Era evidente che per Garlicky le foto fossero ancora disegni ed altrettanto evidente che non gli sfiorasse neppure la mente di avere un po’ di confusione in merito alla compitazione delle parole.
E poi altre frasi, versi, trascrizioni dai quaderni di Paulie...
- Questa dello scrivere le cose che ti succedono o ti colpiscono è una delle prime cose che ho conosciuto di te...-
- Sìle non devi riconquistarmi o ammorbidirmi...devi dirmi cosa pensi...-
Sìle lasciò andare le foto che aveva in mano e richiuse la scatola andandogli vicino.
- Se tu mi avessi dato due minuti, solo due minuti di tempo per farti vedere quelle foto, l’avresti capito che era un errore...- le disse mentre la guardava avvicinarsi e lei lo abbracciava stretto senza permettergli di opporsi.
Ebbe la chiara sensazione che fosse più magro, parecchio più magro...e in effetti a guardarlo, anche se non ci aveva riflettutto appena l’aveva visto, sembrava piuttosto stanco e abbattuto.
- Non voglio più pensarci ti prego, ti prego dimmi solo che mi perdoni per quanto sono stata stupida -
- Te l’ho detto Sìle non c’è niente da perdonare...- rispose tranquillamente lui facendole allentare la presa attorno alla sua vita e guardandola in faccia.
Sìle allora capì che non era tutto a posto e sentì il cuore avere un tuffo doloroso.
- Mi stai lasciando? Te ne stai andando perché...-
- Non dire fesserie!- la interruppe quasi che gli desse l’orticaria quell’idea e al contempo consentendo a lei di riprendere a respirare per lo meno – non ci penso nemmeno...te l’ho detto che avevi ragione ad essere arrabbbiata, ma lo sono anche io, lo capisci?- le chiese tenendola per le braccia e lasciandola andare man mano che parlava – sono incazzato nero e sto faticando non poco e tenermi dallo sbottare e mi sto sforzando perché ti conosco, so che se hai reagito in quel modo è perché di batoste ne hai prese tante in vita tua e che la fiducia la concedi col contagocce, ma mi fa imbestialire che tu possa aver pensato anche solo per un attimo che io mi sia tenuto Lily addormentata addosso per nottate intere solo per avere qualcosa da vendere a qualche testata importante; che nel giro di mezzo secondo ti sei scordata che le voglio bene anche io e che voglio bene a Dorcas e che sono innamorato di te, maledizione! Da impazzire! Non ci riesco più a stare senza di te e tu ancora sei lì che barcolli tra quando ti fidi e quando no...e non posso prevederlo ogni alito di vento che potrebbe metterti in ansia io, non ne sono capace, mi sento inerme quando mi accorgo che hai ancora paura di me! Te l’ho detto già una volta che non voglio essere una minaccia!- sbottò innervosendosi un po’ e alla fine scalciando via un barattolo di plastica vuoto con su scritto qualcosa a mano, probabilmente un qualche flacone di roba da fotografi.
Sìle aveva il cuore che le chiudeva la gola per la paura che lui la stesse proprio lasciando invece.
Il pavimento si fece appannato e liquido sotto i suoi occhi.
- Ma allora non andartene! – gli disse piano piano, sentendo la voce tremare come tutto il suo corpo che sentiva percorso da spasimi violenti di tensione.
Liam allora lo guardò e le si avvicinò di nuovo abbassandosi all’altezza del suo viso, asciugandole una lacrima.
- Non me ne vado per lasciarti, non ci penso nemmeno...insomma ammetto di aver fatto più bagagli di quanto non me ne servano, ma era scaramanzia, appena t’ho vista davanti alla porta, ho deciso di disfarli...- scherzò appena per poi riprendere - ho solo bisogno di sbollire un po’, tutto qui, perché quando rimugino troppo non sono capace di essere paziente e diplomatico più di quanto non sto facendo ora...per di più ho un ingaggio importante di un mesetto, quindi...ne approfitto, mi allontano per questo periodo e quando torno decidiamo cosa fare. Nel frattempo di quella roba puoi farne quello che vuoi...-
- Io non devo decidere cosa fare...io lo so già...-
- Benissimo allora siamo in due, ma ormai il lavoro l’ho accettato e ho comunque bisogno di farmela passare un po’...-
- Sei un gran testardo...-
- Sì, mi sono intestardito a voler stare con te solo se sono sicuro che mi vedi come un rifugio e non come il temporale che ti costringe a cercarlo e in questo momento sono troppo arrabbiato per essere rassicurante, ho paura che non sarei affatto convincente...-
- Non sembri così arrabbiato...-
- Sìle...ascoltami – le disse più risolutamente – ...lo so che forse sembra stupido e infantile, ma mi ha un po’ offeso quella tua sparata e fino a che continuerò e incazzarmi ogni signola volta che ci penso, il che avviene all’incirca ogni secondo da un mese a questa parte, non voglio starti intorno perché finirei col cercare ogni pretesto per litigare e non ne ho voglia...non su questo e non qui, con Lily che va e viene di continuo, tu che passi notti insonni perché hai paura per lei, Dorcas che non riesce a non venire a fare l’arbitro e tutta la platea di spettatori pronti a farci sopra una conferenza stampa...voglio poterne parlare con calma se ce ne sarà bisogno oppure voglio tornare qui e avere solo voglia di chiudermi una settimana con te in una camera da letto e fartela scontare così...- le disse concedendosi un sorriso, strappandolo anche a lei e dandole un bacetto in fronte e poi uno sulle labbra.
- Un mese è lungo però...-
- Non è detto che io non riesca a tornare prima...-
- Quando parti?-
- Tra poco: vado a Glasgow stasera, domani prendo un volo per Londra e poi sparisco per un po’ verso gli Urali...-
- Prende il cellulare lì?- gli domandò lei, poi si affrettò a specificare – non è perché voglio chiamarti ogni tre secondi, ho solo bisogno di sapere che non...stai scappando come da altre...-
Liam la guardò dubbioso.
- ...quando abbiamo litigato ti ho detto di non farmi più male di quanto non me ne avessi già fatto...- gli spiegò, allora lui sorrise di nuovo.
Sìle non vedeva contraddizioni in quel suo modo di fare, anche se sembrava così calmo.
Lo conosceva abbastanza ormai da sapere che in quel momento stava cercando di farle capire che non le stava nascondendo niente e che le cose stavano esattamente così come le diceva, il che però non escludeva che al di fuori di quel momento, in cui evidentemente anche lui stava tirando un sospirone di sollievo dopo quel mese di lontananza, poi le tensioni e il bisogno di spianare qualche cucitura sarebbero comunque uscite fuori, perché lui non riusciva a fare finta che andasse tutto bene.
- Tu non sei mai stata come le altre...è per questo che è più difficile sbollire -


“Ero io scema!” le rispose Ceday quando Sìle l’aveva chiamata per sfogarsi di quanto si sentiva stupida e di quanto avrebbe voluto poter tornare indietro perché forse quel lavoro così lungo Liam non l’avrebbe accettato.
- Cosa?- aveva chiesto senza poter celare un pizzico di fastidio perché il fatto che Liam parlasse così prontamente e con quel sorriso che aveva visto quel giorno per strada con la sua migliore amica, un po’ la faceva ingelosire.
Infatti non si era certo nascosta che uno dei pensieri più immediati che le venivano da fare fosse che qualcuna avesse già approfittato del momento di crisi per insinuarsi tra loro due.
“Io l’ho saputo da lui di tutto questo casino, cosa credi? L’ho chiamato un giorno che non riuscivo a raggiungerti, lui mi ha detto che non sapeva dov’eri con un tono da aspirante suicida e di certo non ci voleva una strega per capire che avevate fatto un bel botto...”
- Dovevi sentire che botto infatti...non ci siamo visti né sentiti per un mese filato...-
“Cavolo...”
- Già...-
“E ora?”
- Dovrebbe essere verso Omsk...accidenti mi pizzica il naso... – mormorò accorgendosi che erano già quattro o cinque volte che era costretta a interrompersi per massaggiarsi il naso e riflettendo sul fatto che dal giorno prima andava avanti quel fastidio.
“Ne so quanto prima...”
- Negli Urali, per un mese... -
“Accidenti...o è arrabbiato davvero o ha preso male le misure...”
- Per cosa?-
“Per il suo puntiglio...lo fanno gli uomini, non preoccuparti, se è vero che è arrabbiato gli passa, torna in larghissimo anticipo e in astinenza feroce e tu farai la fine delle Sabine, cosa che ti invidio profondamente, se invece è un puntiglio, torna lo stesso in anticipo, fa la maestà offesa per un po’, tu gli fai qualche cerimonia da geisha e lui crolla... che c’entra il tuo naso?” domandò Ceday arrivando dopo un po’col pensiero a cogliere la lamentela dell’amica.
- Quando mi pizzica, mi avverte di qualche arrivo...come lo sai che Liam mi ha detto quasi la stessa cosa? E poi non eri fidanzata? -
“Lascia perdere o finirò per dare ragione agli uomini quando dicono che siamo incontentabili...e su Liam che ci vuole? E’ un cucciolone innamorato come un bambino, brutta stronza! E per inciso stronza non te lo dico perché lo hai trattato male, ma perché sei una zuccona che non si convince di poter piacere seriamente a qualcuno! Se Giulietta fosse stata appena più simile a te, forse lei arrivava a quattordici anni e Romeo faceva in tempo a tornare da Rosalina e dare una bottarella anche a lei!”
Mentre era al telefono, sentì bussare alla porta e vide Dorcas affacciarsi e indicare verso l’esterno.
- C’è uno che ti cerca...- bisbigliò.
Lo diceva il suo naso...
- Scusa Ced, devo andare...ti richiamo stasera va bene? Sì, un bacio – disse riagganciando e andando verso la porta - chi é?- chiese a Dorcas uscendo.
Quella si strinse nelle spalle.
- Un tipo strano, un americano...hai il naso arrossato, lo sapevi?-
- Sì, sì lo sapevo che arrivava, lo sapevo...- le concesse per una volta senza cercare di minimizzare le sue “premonizioni sensoriali”.
Sìle andò a vedere e nel salottino del primo piano si vide di fronte un ometto magrolino, alto poco più di lei, con capelli unticci e un po’ lunghi sulle spalle, vestito di nero, con giacca, pantaloni e maglione a collo alto sotto.
- La signorina Kennaugh?- le chiese lui tendendole la mano.
Sìle allungò la sua annuendo appena.
- Mi chiamo Gore, Adam Gore, sono un amico di William...- le disse lui stringendo la mano di Sìle con una presa debole e un po’ tremolante.
Sìle guardò Dorcas e sorrise un po’ perplessa, poi tornò a rivolgersi all’uomo e lo invitò a sedersi.
- Possiamo offrirle qualcosa?- domandò Dorcas con la sua “faccia da ape”, come la chiamva Sìle, quella cioè di quando aveva tutta l’intenzione di mettere in difficoltà qualcuno che proprio non le piaceva, proprio no...
- Dorcas, posso pensarci io...tu non dovevi pulire i tegami di rame oggi? Mi scusi Signor Gore torno subito...- disse Sìle a Dorcas alzandosi e accompagnandola verso la porta mentre sorrideva all’ospite.
- Già...- si arresse Dorcas mentre obbediva e si lasciava accompagnare verso la cucina, solo che non aveva finito - ma magari un bel “filtro di Tristano”ci vorrebbe! Quello non mi piace!- insisté a bassa voce, ma Sìle la fermò imperiosamente.
Il “filtro di Tristano” era un intruglio che Sìle non aveva mai neppure annusato perché era una ricetta segretissima della famiglia di Dorcas e che, stando alle istruzioni per l’uso, serviva per far passare la voglia di dire bugie a quelli troppo fantasiosi.
- Se sento odore di erbe bollite e poi ti vedo arrivare di là con una tazza fumante e il sorriso accogliente, ti sequestro il calderone! Dorcas guai a te!-
- Ci viene apposta la gente qui!-
- No Dorcas, la gente qui ci viene per i tuoi dolci e a proposito, Gladis viene a ritirare sei torte in serata, due allo zenzero, due alle carote e due alle mele a cannella, ma a quelle posso pensarci io...ora lavorare, fila!-
- Telefono a Liam?-
- No che non telefoni a Liam, ma tieni Lily a bada per favore...- le disse facendo per uscire dalla cucina, poi ripeté – per favore... - più significativamente: se quello era davvero un amico di Liam non voleva fare brutte figure- ho capito che non ti convince, ma proprio per questo, non diamo spettacolo eh? -
Mise a bollire l’acqua per il tè ad ogni buon conto.
Quando tornò di là, trovò l’uomo intento a sbirciare in una delle vetrinette che adornavano la stanza, proprio al limitare della zona in cui Dorcas serviva la colazione quando avevano più ospiti.
C’erano quattro tavoli sempre perfettamente apparecchiati.
- Eccomi...- disse Sìle accennando un sorriso ma percependo un po’ sgradevolmente quella presenza ora che erano soli.
Quello si girò e la guardò negli occhi.
Aveva uno sguardo ceruleo, di un colore polveroso, e sfuggevole, ma al contempo insinuante...come se fosse alla chiara ricerca di carpirle qualcosa di intimo.
Fu nettissima la percezione: lo avvertiva come aria appiccicosa che si raffreddava sulla pelle e dava una sensazione di sgradevole umidità, di gelo appiccicoso, sensazione strana perché le era capitato difficilmente di provarla se non durante qualche giornata passata a Londra.
La stessa sensazione di molle e bagnato che dava la sua mano quando la si stringeva.
- Ha trovato qualcosa di interessante lì dentro?- gli domandò avvicinandosi.
- Tutte cose dall’aria piuttosto antica e stregonesca...- rispose quello girandosi e ammiccando appena, cosa che a Sìle non piacque anche se non lo diede a vedere – sa io mia nonna veniva da Salem...-
Sìle inarcò un sopracciglio e accennò un sorriso capendo perfettamente di chi si trattava.
- Quindi lei è un cacciatore di streghe...- commentò pacatamente, senza accennare a dare spiegazioni; ecco in quei momenti si sentiva in credibilmente sicura di quello che le suggeriva il suo istinto.
L’uomo la guardò di nuovo negli occhi di sfuggita e annuì toccando la vetrinetta.
- Già...tra le altre cose...sulla sua amica di voci ne girano parecchie eh? Anche su di lei...-
Quella sensazione sgradevole che Sìle sentiva sottopelle, aumentava attimo per attimo.
- E lei per la sua caccia si fida delle voci di paese? Un po’ ingenuo non trova?-
Una risolino basso e leggermente squittente uscì dalle labbra un po ‘screpolate dell’uomo che si sfregava le mani.
- Mi fido di William infatti...-
-...e...William si fida di lei?- gli chiese incrociando le braccia sul petto dopo essersi portata i capelli in avanti attorno sulle spalle, quando si accorse che l’uomo la stava guardando ora con un po’ troppa insistenza dal collo in giù, quindi forse non si stava limitando a cercare conferma alle voci.
Quel gesto di lei gli fece capire di essere stato scoperto, quindi risollevò gli occhi in quelli di Sìle che ora erano, e lei lo sapeva piuttosto bene, alquanto intensi e imperscrutabili...sapeva di riuscire a incutere timore quando li rendeva così.
Dorcas le aveva detto che riusciva a far cambiare colore alle iridi, a renderlo più scuro, tanto da far scomparire la pupilla come inghiottita dal buio.
Sìle dal canto suo lo stava leggendo come un libro aperto, stava carpendo tutte le facce e le voci che aveva interrogato non appena arrivato a Ambleside, poteva perfino ricostruire il percorso che aveva fatto fino lì come riflesso nei suoi occhi.
“Cercavo William Kerr, sono un suo amico, ho il suo indirizzo ma non sono sicuro di riuscire a trovarlo” chiedeva poi fermandosi davanti all’officina di Charlie Moore e quello annuiva.
”Liam? E’ facile, prosegue per Grasmere, a un quarto di miglio dal paese sulla destra trova il cottage”
”Grazie...” E poi nel pub.
“Se non lo trova al cottage, può chiedere al bed and breakfast di Dorcas Patel, quello appena oltre...si chiama...accidenti come si chiama la casa della vecchia Dorcas?”
”Lake shore...cos’è? Lo yankee va in cerca di streghe?”
”Streghe?” chiedeva lui e da lì c’era il solito fiume di parole:” la vecchia Patel è una strega, ma non è pericolosa; fa un sacco di buoni intrugli per i dolori reumatici; mia nonna però diceva che nelle notti di luna piena va in giro in cerca di gatti che poi scompaiono, chissà che fine fanno; e poi c’è Sìle! Lei è davvero un peccato, è così carina...tutto il paese ci aveva fatto un pensierino sopra, ma poi certo, quando ti accorgi che è...così...secondo me allo scozzese gli hanno fatto qualcosa per farlo tornare!”
Sìle sospirò con leggera sufficenza.
- Senta signor Gore, io non so cosa sia venuto a fare lei qui, ma la prego di una cosa: io e Liam stiamo attraversando un momento piuttosto delicato e come è evidente lei è a conoscenza del fatto che siamo legati, ma siccome ritengo che lui proprio a causa della circostanza che stiamo attraversando non si sognerebbe neanche lontanamente di mandarla qui...e considerato che io so perfettamente quanta stima, o disistima, lei gode agli occhi di Liam...mi dica cosa vuole senza scomodarsi a mentire, il peggio che può capitarle è andarsene a bocca asciutta -
Messa così, Sìle lo capì immediatamente, l’americano non aveva neppure bisogno di fingere, ma in qualche modo lei capì che quel suo leggero mutamento un po’ spaventoso, lo aveva caricato di una grande deferenza invece che spaventarlo soltanto.
- E’ stupefacente...- disse infatti guardandola negli occhi – allora è vero quello che dicono! -
- Oh via...-
- Signorina la prego, mi ascolti...io le assicuro che se non fosse importante non sarei venuto qui...-
Le tese le mani incontro e Sìle mosse un passo indietro.
- Io la ascolto signor Gore, ma sappia che quello che ha appena visto, se non sono io a decidere di mostrarlo, non lo può provare in nessun modo, quindi fossi in lei me lo terrei per me...-
- Signorina Kennaugh...io voglio essere molto sincero con lei: è vero, Kerr probabilmente non mi può vedere ed è vero che se sono qui è a sua assoluta insaputa, ma...quando ho visto quelle foto io...io non ho resistito!-
- Allude alle foto sul giornale?-
- E a cos’altro?- esclamò l’uomo visibilmente eccitato - io so benissimo che quella smentita che lui si è affrettato a dare è stata solo per una qualche opportunità che lui non ha ritenuto di chiarire, ma io non avrei paura di assumermi di queste responsabilità! Io ho visto quelle foto e so che sono vere, lo so troppo bene, è una vita che le cerco e ingoio rospi da chi mi dice che sono un pazzo mistificatore, e se lui ha trovato qualcosa di cui non vuole prendersi il merito, io non voglio fargli cambiare idea, voglio solo avere la sua stessa possibilità!-
Sìle lo guardò con l’espressione più stupita e innocente di cui fosse capace.
- ...lei mi sta dicendo che vuole andare a cercare...- le venne perfino bene un risolino incerto mentre indicava fuori, verso il bosco – le fate? Perché è questo quello di cui stiamo parlando, fate...e per essere precisi, fate che sono tutte uscite dalla soffitta di questa casa...-
Gore si fece improvvisamente meno convinto.
- Cosa?- domandò deluso.
Sìle si mise a ridere, perché per fortuna aveva avuto un’idea ripensando a quell’articolo di giornale.
Guidò Gore in soffitta, non senza insofferenza perché per lei era un ambiente troppo intimo per aprirlo a occhi tanto indiscreti, e gli mostrò il suo piccolo laboratorio di statuine.
- Ora ho solo animaletti, la collezione di folletti era un esperimento, ne avevo fatti solo pochi esemplari e sono andati come il pane, ma sono opera mia quelle creature che ha visto nelle foto...-
Gore si guardò intorno e Sìle sapeva di non averlo convinto, ma sperava di aver almeno fatto vacillare un po’ la sua certezza.
- Lei è sicuramente molto dotata Signorina Kennaugh, ma mi riservo comunque il diritto di dubitare...mi scusi...-
Sìle lo guidò di sotto intanto, senza concedergli molto più tempo per esplorare.
- Io la scuso signor Gore, ma non posso darle altra risposta che questa...un conto è avere una sensibilità particolare come può essere la mia, un conto è credere che una criniera di cavallo annodata vada lasciata così per evitare guai e dispetti dai coboldi-
- Ne è sicura? Le posso garantire che la cosa sarebbe ottimamente retribuita e anche per voi ci sarebbe un bel tornaconto sia in termini economici immediati che in termini di incassi futuri...tutto il mondo vorrebbe venire a vedere le fate che visitano il cottage!-
Sìle si rese conto che era ora di tagliare corto.
- Signor Gore...anche fosse vero, per conto mio non le potrei dire niente di diverso per una convinzione personale, quindi ora la prego di non insistere ulteriormente perché le ho già detto che per quanto mi riguarda, non arriverebbe collaborazione ad un tentativo di rendere di pubblico dominio cose che, se si rivelassero vere, meriterebbero solo rispetto e pace, detto questo quindi, ritengo che possiamo salutarci perché questo è tutto l’aiuto che avrà da me...e se per caso le venisse in mente di parlarne con Dorcas...-
La quale Dorcas comparve immediatamente in fondo alle scale con un’espressione piuttosto severa e ben poco ospitale...
- Beh penso che le basti guardarla in faccia per capire come la pensa anche lei...-
- Siamo chiuse nei festivi...mi dispiace!- decise sedutastante l’altra e marcò quel “mi dispiace!” con un certo alito di dispetto nella voce.
Gore le guardò bene entrambe e annuì.
- Molto bene...capirete che dopo una vita passata a cercare risposte a quello che la gran parte della gente liquida sbrigativamente come superstizioni, dovevo tentare...-
- Naturalmente, nessuno la biasima per questo...-lo tranquillizzò Sìle mentre lo accompagnava alla porta.
Nel passare davanti alla cucina però, Gore vide Lily e quindi si fermò davanti a lei.
- E’ lei la bambina della foto vero? Quella della fata gatto...dietro la foto c’era scritto che si chiama Lily...-
Lily lo guardava fisso e con il solito sgurdo indagatore, ma di certo non c’era traccia di amicizia come era successo con Liam, anzi...
- Sì infatti...- confermò Sìle aprendo la porta esterna.
- Lily...- ripeté l’uomo, quindi le fece un cenno con la mano di fronte a cui la bambina aggrottò le sopracciglia dubbiosa – carina...molto carina, quasi quanto la mamma...-commentò con una inutile piaggeria.
- Già...- commentò Dorcas muovendo nervosamente un piede, battendolo sul pavimento.
- Beh...chiedo scusa per il disturbo e grazie mille della pazienza...- aggiunse Gore decidendosi finalmente ad avvicinarsi all’uscita – Signorina Patel, Signorina Kennaugh...-
- Buona serata...- gli disse Sìle, poi però non resistette – ah signor Gore...- lo richiamò e quando quello si girò lungo il vialetto mentre andava verso l’auto presa a noleggio, le sorrise evidentemente sperando che lei ci avesse ripensato –...probabilmente al castello di Peel ha solo visto un grosso randagio nero, non abbia paura: il Moddey Dhoo è scomparso da più di un secolo ormai...-
A Gore si bloccò il respiro sentendo tutto il peso del rischio di tutte le figure meschine che avrebbe potuto fare con tutti quelli con cui si era vantato di quella personale persecuzione da parte del demone dell’Isola di Man.
Le sorrise ringraziandola dell’informazione e se ne andò ingobbendosi in maniera disrdinata sotto la pioggia che iniziava a cadere.
Finalmente Dorcas e Sìle restarono sole.
- Se la cosa finisce qui e quel tipo non si ripresenta, non diremo niente a Liam sono stata chiara?- disse Sìle a Dorcas.
- Perché?-
- Perché non sono ansiosa di vedere Liam abbastanza arrabbiato da picchiare qualcuno...-
- Io dico che non ce lo togliamo di torno per un bel po’, l’americano...li conosco quelli come lui, quando addentano un osso non lo mollano e quello a costo di travestirsi da fauno, continua a cercare...-
-...basta che non si avvicini a Lily...- mormorò Sìle passandosi una mano tra i capelli.
- Quello si avvicinerebbe volentieri anche a te secondo me...- osservò Dorcas, poi guardò Sìle e annuì- hai ragione, meglio non dire niente a Liam; mi aiuti a fare le torte?-
Sìle si lasciò sfuggire un sorriso e posandole le mani sulle spalle la guidò in cucina.
- Andiamo...-

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Ritorno improvviso ***


Capitolo 22 –

assolutamente ancora da rileggere ^^'



”Dormi?”
“Mh...sì…”
“Non è vero...”
“E allora perché me lo chiedi?”
“Per essere sicura che tu sia sveglio”

Si girò verso la voce di lei, la vide, si alzò a sedere sotto le lenzuola, appoggiando i gomiti sulle ginocchia; lei non si mosse.
“E ora che ne sei sicura?”
“Mi manchi...volevo fartelo sapere in qualche modo”
rispose Sìle piegando appena il capo verso una spalla.
La stanza era scura, fuori piovevano grosse gocce arancioni che prendevano colore dall’illuminazione stradale di Gordon Street e dalla finestra poteva vedere la vecchia stazione dei pompieri con la sua torretta sbilenca, la guglia che pungeva il cielo.
E lei era seduta sulla poltrona annidata nel bow-window, con i capelli sciolti, il suo maglione nero addosso e le gambe nude, raccolte sotto il sedere, il cuscino che stava sulla seduta raccolto contro il petto.
Lo guardava da lì, col viso in ombra; era inspiegabile come fosse arrivata lì.
E poi perché non era arrabbiata di scoprirlo a Glasgow?
La sua voce suonava sussurrata, eppure vicinissima e troppo, troppo pacata e atona.
”Ho voglia di sentirti…” le disse.
”Chiamami...sei tu che te ne sei andato” lo sfidò lei guardando fuori, verso l’Old Mill ora...ma non era da quella parte l’Old Mill, non si vedeva da quel lato della casa.
E la cioccolateria di Pooley Bridge, non era certo dall’altra parte del canale oltre il prato.
E senz’altro non era aperta a quell’ora...e non era mica Natale.
...è un sogno Liam...
“Non parlo del telefono...parlo di te...”
“Allora vieni a prendermi…”bisbigliò.
Seguì un momento di silenzio in cui, anche se nel buio, gli sembrò di vederla incupirsi, abbassare lo sguardo, farsi seria, troppo seria, quasi spaventata.
“Sì...forse è meglio se vieni da me...” disse come se gli stesse dando un suggerimento che non la riguardava direttamente però.
“Ma che hai?” chiese senza ricevere risposta da lei che si alzò, gli sfilò vicina, aprì la porta e uscì richiudendosela alle spalle.
Lui per istinto saltò in piedi, riaprì per inseguirla e uscì dalla camera.
- Sìle! Dove vai? C’è mia...-
Il ballatoio era vuoto…
-...madre...- mormorò ritrovandosi da solo al buio.
Un momento dopo sentì una porta aprirsi e la madre, vestita di tutto punto e pronta ad uscire con tanto di cappotto indosso.
Lui guardò verso la direzione che aveva preso Sìle nel suo sogno, quasi che ancora non fosse proprio convinto che Jane scendendo le scale, non se la sarebbe ritrovata in giro per casa in mutandine e maglione del figlio.
- Buongiorno...siamo mattinieri oggi eh?- commentò andandogli vicina e, tassativo, pettinandogli i capelli troppo corti per averne bisogno.
- Mamma...- disse convncendosi che non c’era niente di strano - dove vai a quest’ora?- le chiese sbadigliando appena mentre si appoggiava con la schiena al muro.
- Dalla Signora MacLure…devo spiegarle come usare il microonde-
- Ancora?-
- Ne ha uno nuovo...-
- Mamma quando ne sai usare uno li sai usare tutti, se non pretendi di leggere le istruzioni in urgo-finnico anteriore...ma poi che cavolo di ore sono?-
- Le cinque e qualcosa, torna a dormire tesoro, inizi a dire cose strane…- disse con quel tono classico della madre che in quel momento di tutto ha bisogno meno che di un figlio e tenta di disfarsene con una prospettiva allettante tipo “Dormi pure quanto vuoi, oggi niente scuola amore...”
-…ma è un microonde o dobbiamo iniziare a preoccuparci di un attacco terroristico da parte delle casalinghe disperate del Renfrewshire?- insisté Liam allarmato dall’orario antidiluviano a cui la madre, con un tempo fuori che non era esattamente quello che avrebbe incoraggiato a fare lunghe passeggiate verso Prestwick dove la signora MacLure ormai viveva da anni, si preparava ad uscire di casa.
- William...-
- Mamma...-
- Che c’è che non va? Una volta adoravi la Signora MacLure...-
- Mi scotennava le guance a forza di sbaciucchiarmi, potevo adorarla? Con quel profumo nauseabondo che portava e quel rossetto che non se ne andava neppure con l’acido muriatico? Comunque non sono preoccupato per te o per lei, sono preoccupato per il microonde...ma tanto se sento un’esplosione verso sud-est so a cosa è dovuta, quindi me ne torno a letto sì...buon divertimento- le disse lasciandola che rideva mentre scendeva le scale.
- Ti lascio il tè pronto?-
A volte dimenticava i piccolo piaceri della quotidianità domestica con sua madre, compreso il fatto che dopo trentotto anni, undici mesi e dodici giorni...anzi no...trentanove anni e otto mesi se si considerava la gestazione, di conoscenza, lei non avesse ancora fatto i conti col fatto che sia lui che suo padre, Alec in particolare con tutto il suo viaggiare, avessero imparato a preferire altro al tè.
- No, grazie me lo faccio da solo un caffè...- puntualizzò infatti.
- E raditi, hai la barba lunga...-
- Mi piace la barba lunga...- rispose lui toccandosi le guance ormai decisamente più che adombrate, ma aveva deciso di lasciarsela crescere per una volta.
- E’ sciatta!-
- Appunto per questo mi piace!-
- Mi sembri tuo padre!-
-A lui la lasciavi portare lunga...-
- Non lo sai che era...accidenti...- si fermò sull’ultimo gradino a pensarci mentre lui la guardava appoggiato al corrimano del ballatoio.
- Sì mamma?-
- Sai quella cosa che fanno gli arabi con le mogli?- gli suggerì lei portandosi la mano alle labbra con aria pensosa: era evidente che a dispetto dell’ora a cui si ostinava a partire, avesse bisogno di un po’ di recupero anche Jane ogni tanto.
- Beh ne fanno diverse, come noi...- le disse pigramente il figlio, provocandola, era ovvio.
- Oh! William!- protestò infatti lei dando un piccolo colpetto indispettito al pavimento col piede che fece ridere Liam mentre soffocava uno sbadiglio.
- Si chiama poligamia, mamma...-
-Ecco sì, poligamo, non lo sai che era così tuo padre?-
- No mi era sfuggito questo particolare...-
- Le sue mogli eravamo io, la nave, le sigarette e la barba! Forse per questo non ho mai dovuto preoccuparmi troppo delle amanti. Ora meglio se vado o la Signora MacLure è capace di venirmi a prendere in auto!-
La quale cosa faceva venire in mente immagini di film anni settanta, corse a sfascio e salti acrobatici nel circuito di Daytona.
Si separarono, lei sempre più lontana, lui sempre più vicino al letto; l’ultimo scambio di battute fu…
- Liam...-
- Mamma...-
- Ti ho stirato la camicia rossa…- detto da lei sulla porta.
- Io non ho camicie rosse!- detto da lui appena riappoggiatosi al letto, ma con un leggero attacco di panico in arrivo al pensiero di una camicia di quel colore.
- Beh ora ce l’hai, te la manda tua zia!-
- Sì certo, che si veste dal sarto della Regina Madre...penso che rimarrò fedele ai miei gusti da troglodita per ora -
Mentre sentiva la madre uscire di casa, sbuffò passandosi le mani sul viso.
Va bene aveva sognato Sìle, ma non gli sembrava strano, in fondo ne avevano parlato fino a tardi la sera prima lui e Rory, l’amico d’infanzia irlandese.
Non si vedevano mai, ma erano rimasti sempre molto legati.
Rory era un ragazzone con la faccia simpatica e rubiconda, piuttosto piazzato fisicamente e con in testa una chioma giallo paglierino che sembrava fatta di fil di ferro da quanto era liscia.
Dimostrava più di Liam anche se avevano la stessa età.
Aveva ascoltato tutta la storia di come Sìle e l’amico si fossero conosciuti e tutto il resto, che raccontato da Liam in quel contesto di gente piuttosto laconica nel suo complesso, aveva richiesto sì e no un quarto d’ora, con una certa attenzione ed interesse.
”Mh-mh...” rispondeva per dare all’altro la certezza di stare seguendolo tra un sorso di birra e l’altro.
Insomma alla fine Liam aveva passato tutta la sera pensando a Sìle, arrivando alla conclusione che appena gli fosse stato possibile sarebbe tornato da lei, perciò non era strano l’averla pensata tanto intensamente da sognarla.
Il fatto era che il tono con cui lei gli aveva detto ”Forse è meglio se vieni da me...” gli faceva temere qualcosa, come se quel sogno non fosse stato una mera commistione di dettagli affollati nella memoria che prendevano un ordine bizzarro.
Il pomeriggio di un paio di giorni dopo poi, una nuvola di capelli rossi gli si avvicinò con una certa foga, ma lui non aveva bisogno di voltarsi per capire chi fosse, così continuo a misurare la luce attorno al viso della modella che aveva davanti, vestita di un trionfo di sbuffi di velo e velluto rosso cupo fino a mezza coscia e da lì in sotto con dei collant verde acido e delle scarpe di vernice nera.
Sembrava una strana specie di colibrì gigante.
Intorno intanto giravano altri bizarri esemplari di creature antropomorfe similmente abbigliate in attesa di passare davanti agli obiettivi.
- Ma guarda che sei proprio stronzo!-
- Ced, che bello vederti, sto bene anche io grazie...- disse portandosi davanti al viso la macchina fotografica – solleva un po’ il viso Lidia...no più a destra...-
- Togliti quella roba dalla faccia, guardami e dimmi che accidenti stai facendo tu a Glasgow!-
Liam accennò un sorriso che regalò totalmente alla modella.
- Bravissima...ho finito con te per adesso, grazie – disse, così quella, con un sorrisino vezzoso e civettuolo, gli circondò un fianco con il braccio e gli diede appuntamento a dopo prima d’allontanars; Liam non raccolse l’allusione a un dopo esterno al lavoro e quindi finalmente guardò Ceday - in primo luogo potrei farti io la stessa domanda, in secondo luogo abbassa la voce, in terzo luogo questa roba che ho in faccia è il mio lavoro, si chiama macchina fotografica...- le disse mostrandole l’oggetto in questione – la fai sembrare di un’immoralità imbarazzante...-
- Senti finiscila di prendere in giro e dimmi che accidenti stai facendo in una scuola di design e moda nel mezzo di Glasgow! Sìle ti crede negli Urali, non a fotografare diciassettenni mezze nude e discretamente bendisposte ad attività extrascolastiche!-
Liam sospirò, si guardò un momento intorno e quindi le fece cenno di seguirlo da una parte, nel frattempo si rivolse ad un certo Russell.
- Ann tocca a te, Russ io torno subito...continua tu...-
- Bene!- disse quello.
Prese Ceday per un gomito con gentilezza, per accompagnarla.
- Ricominciamo da capo ci stai?- le propose.
Lei lo fissava con le braccia incrociate sul petto, l’aria, giustamente, piuttosto severa e impaziente di avere una spiegazione.
- Beh dipende da quello che ti passa per la testa di dirmi per convincermi che non c’è niente di male in quello che fai qui...quello che ho visto fare a quella stronzetta poco fa, ti varrebbe uno cazzotto sul naso!-
- La stronzetta di poco fa, fa così con tutti, le serve per la carriera...-
- La stronzetta di poco fa, per te, uno strappo alla tabella di marcia della sua ascesa lo farebbe più che volentieri, da’ retta a una scema...-
- No, senti Ced, non c’è niente di male in quello che faccio qui, anche perché, per tua informazione, sono tutte modelle professioniste e maggiorenni per la gran parte, e quello che sto facendo è preparare una lezione di fotografia per fare un favore a un professore della scuola mio amico...se ho detto a Sìle che ero più lontano di così è stato solo perché avevo bisogno di stare un po’ per conto mio e se le avessi detto che venivo qui, quanto ci scommetti che tu o Dorcas alla fine l’avreste convinta a venirmi dietro?-
- Potrei ipotecare casa e scommettere tutto su questo, me ne ricomprerei quattro con quello che vincerei...hai ragione...- riconobbe Ceday, poi fece per dire – ehi lo sai che con la barba sei quasi più sexy?- ma Liam la sovrastò leggermente con la voce.
- Grazie della sincerità, e non parlo della barba...ora mi dici che ci fai tu qui?-
Ceday, che l’aveva già perdonato, si mise seduta davanti a lui che stava comodamente appoggiato ad un tavolo, e gli appoggiò le braccia sulle cosce.
- Sai quel tipo? Il fotografo americano che mi hai indicato quella volta a Londra?-
Lui annuì sfilando una sigaretta da un pacchetto estratto da una tasca della camicia che indossava.
- Gore, sì certo...-
- Ecco, Sìle se l’è ritrovato a casa una settimana fa o qualcosa di più... -
A quelle parole Liam, si affrettò a rimettere via l’accendino senza incendiare la punta della sigaretta.
- Che?- chiese con gli occhi un po’ sgranati.
- Gira per Glenridding da giorni ormai e Sìle e Dorcas si accorgono spesso di lui...a volte le spia perfino dal bosco, anche se da quello che ho visto io soprattutto spia in camera di Sìle; comunque lei è preoccupata per tutt’altro e da morire, ma non si azzarda a chiamarti per paura che tu non la voglia sentire, perciò mi sono mossa io...-
Era già bastato, Liam si alzò in piedi, si liberò della macchina fotografica e tirandosi dietro Ceday lasciò lo studio di fotografia dicendo che sarebbe tornato quanto prima.
Mentre viaggiavano lungo la M74 già in uscita dalla città, Ceday non aveva ancora finito di fare rimostranze.
- Certo quando ho scoperto che eri qui, non ti nascondo che avrei voluto torcerti il collo, ma...-
- Ced, ho capito che sei arrabbiata, ma mi stavi dicendo di Sìle e di Gore...- la fermò lui.
- Ah sì...beh niente di che, è che tu sei l’unico che può farlo sloggiare, Sìle e Dorcas da sole non ci riescono, quello cerca di fregare anche loro, comunque è davvero incredibile che io sia dovuta venire a sapere da Gladis che eri qui e che...-
- Che significa che cerca di fregarle? Non mi stai facendo capire niente, sei peggio di una macchinetta! Scala di una marcia con quella lingua! E chi accidente è Gladis poi?- domandò Liam un po’ seccamente guardando lo specchietto mentre, contrariamente a quanto suggeriva a Ceday, ingranava una marcia più alta.
- Gladis...l’amica di Eva...-
- Ma io quasi non mi ricordo di Eva!- esagerò volutamente – ma perché questa Gladis sa che ero a Glasgow?-
- Perché glielo ha detto una delle ragazze che sfileranno per la scuola no?-
- Dover usare un passaparola tra pettegole non mi pare un gran colpo per una strega lo sai?-
- Perché faticare quando puoi comodamente affidarti alle voci di corridoio? Per inciso, ora Eva sa che hai una ragazza...-
Liam la guardò con aria di sufficenza.
- Come mi fossi mai fatto problemi di quello che veniva a sapere Eva dopo che ci siamo lasciati...-
- Beh con quegli artigli...ce l’hai ancora il segno?-
Si sentì un tantino nudo in quel momento, quindi con un sospiro che tentava di essere tranquillo, si schiarì la voce e sorrise a Ceday con aria provocatoria mentre si ficcava in bocca un’altra sigaretta dopo averne offerta una a lei.
- Ho le mie...grazie...dicevi?- flautò la ragazza.
- Se sai anche di che colore non portavo le mutande in quel momento Ced. Se vuoi te lo dico...-
Lei si appoggiò con la testa al sedile sospirando languidamente prendeva dalla mano di lui l’accendino, poi glielo restituiva.
- Ma se non le portavi...è così poetica come immagine, tu, splendido esemplare di maschio scozzese nel pieno della virilità, nudo, in fuga da un letto, con l’unghia di una donna gelosa conficcata nel dorsale...- disse esagerando volutamente con gli epiteti lusinghieri che costrinsero Liam a un grugnito imbarazzato che voleva essere un sorriso timido mentre la correggeva dicendole “Ehm...trapezio...”, cosa che la fece sentire autorizzata ad infierire ancora un po’ – meglio ancora; con un cuscino a nascondere il tuo...- disse sbirciando tra le gambe di lui dove, sempre per l’imbarazzo e aggravando non poco la situazione, era andato a infilarsi l’accendino che gli era sfuggito di mano.
Quando si accorse degli occhi di lei puntati lì, la fissò.
- Se dici piccolo e poi aggiungi qualcosa che alluda a quello che penso, fermo l’auto e ti pianto qui...-
Lei assunse l’espressione più innocente del mondo, di quella che mai nella vita aveva pensato qualcosa di simile.
- Non l’ho mai potuta pensare una cosa simile, so troppe cose di te...- gli disse.
In un solo momento poi, guardandola negli occhi, Liam vide che era vero anche per lei quello che era vero per Sìle.
A Sìle gli occhi diventavano riflettenti, quelli di Ced, di solito di un bel colore chiaro, virarono gradualmente, ma con la velocità con cui un camaleonte avrebbe cambiato livrea, dal verde al giallo ambrato di quelli di un rapace.
- Eva ti parlava anche di questo?-
- Beh...diciamo che mi aiutavo con qualche ricerca un po’ più approfondita non dichiarata...con quello che so dopo certe chiacchierate, potrei inaugurare una nuova stagione del romanzo rosa spinto!-
- Perché, leggi nel pensiero tu?- le chiese Liam recuperando l’accendino.
- Sono molto empatica per quello che riguarda certe cose...ad esempio non ho avuto bisogno che Sìle mi dicesse cosa era successo la notte in cui a Londra era rimasta con Jeremy...l’ho saputo quasi nei minimi dettagli solo tenendole la mano, era stata la prima volta, dopo quella brutta cosa successa con quell’Eric e Jeremy era un...-
Liam finì di accendersi la sigaretta e con un sorrisetto tirato la guardò.
- A me non darli i minimi particolari per favore eh?-
Lei gli restituì lo sguardo con aria curiosa e dopo un attimo accennò un sorrisetto.
- Non ti facevo un tipo geloso Kerr...- commentò per poi riprendere con più serietà -...sai devo ammettere che mi sorprende sempre un po’ quando mi accorgo di quanto tieni a Sìle...-
- Perché?-
- Perché per uno come te Glenridding si direbbe troppo piccola, insignificante...e a volte ammetto di aver pensato che forse forse, non era tanto Sìle che ti incuriosiva, ma tutto quello che girava attorno a Lily o che ti interessassi a lei per via di quello che vedevi...-
- Per noia insomma, le ho viste tutte e quindi mi sono andato a infilare in una situazione che ero sicuro di non aver mai vissuto prima...- tradusse lui vedendola annuire, allora sospirò e scosse la testa – ammetto che inizialmente ho pensato qualcosa tipo “Di che ti lamenti? E’ anche bella...”, ma credo sia stato un pensiero che è sparito nel giro di molto poco...sto bene con lei...mi piace averla intorno, mi piace il fatto che mi venga spontaneo calcolarla nella mia vita senza sia lei a chiedermelo, anche se so che lo desidera...mi piace sentire la voglia di starle io intorno e di guardarla semplicemente vivere quando non mi vede, non si aspetta che io sia lì...-
- Ehi! Piantala o mi toccherà farmi controllare la glicemia!- protestò Ceday affettuosamente.
Liam fece un sorrisino, ma poi la osservò meglio mentre un pensiero gli si formava in testa.
- Senti Ced...- iniziò a dire sfiorandosi le labbra con il dorso della mano dopo essersi tolto di bocca la sigaretta, mentre riprendeva a fissare la strada – sta succedendo qualcosa di diverso a parte Gore che fa da piantone a casa di Sìle?-
- Non lo so per certo, ma...quando ho deciso che era ora di rinunciare alle questioni di principio e cercarti quando Sìle lo desiderava talmente tanto da non potermelo nascondere neanche se non ne parlava, è stato perché l’ho sentita davvero angosciata, troppo perché fosse solo per una presenza importuna...perché?-
- Perché...l’ho sognata l’altra notte e c’era qualcosa di strano...- rispose rimuginando tra sé – come se non fosse solo un sogno, come se in qualche modo mi fosse venuta a chiamare senza neppure saperlo...c’era, era seduta sulla poltrona davanti al mio letto, mi diceva cose che in un certo senso sapevo che stava pensando anche in quel momento dovunque fosse, ma era come se una parte di lei fosse venuta da me di nascosto e soprapensiero...-
Ceday annuì silenziosamente e allungò una mano a massaggiargli il collo a mo’di incoraggiamento, come a dirgli “Fai bene a tornare, è quello che devi fare”; lui le sorrise.


Per quanto ci aveva messo a raggiungere la Scuola di Design, Ceday non credette ai suoi occhi quando infilarono la via per Glenridding.
- Liam...-
- Cosa?-
- Dal 167 di Renfrew Street a Glasgow fino a Glenridding, ci hai messo un’ora e quaranta invece delle due e mezza che ci vogliono all’incirca...come accidenti hai fatto? Mi sono persa qualche nuovo intervento sulla viabilità?-
- Tu sei una strega e io sono di Glasgow, ognuno ha le sue armi segrete...- ribatté lui – io ho anche un acceleratore...-
Parcheggiò davanti al B&B pochi minuti dopo e con Ceday si avvicinarono alla casa.
Aveva lasciato l’auto lungo la strada, quindi mentre percorrevano i pochi metri che li separavano dalla porta, ebbe tutto il tempo di vedere Gore che per niente timoroso di sembrare indiscreto, se ne stava seduto lungo la sponda del lago armeggiando con un obiettivo.
Liam si fermò, lo guardò aggrottando appena le sopracciglia: a parte l’essere stronzo e sgradevole alla vista, pensò, quel Gore era anche cretino visto come se ne stava in bella esposizione davanti al B&B...cretino o fedele a una linea di comportamento che sperava gli portasse qualche vantaggio.
- Scusa un momento Ced...- disse poi partendo nella sua direzione.
- Dove vai?- chiese la ragazza dopo aver suonato il campanello.
- A risolvere almeno uno dei problemi spero...- rispose lui senza girarsi a guardarla, senza curarsi della pioggia che cadeva da qualche minuto a quella parte, senza neppure guardarsi intorno per controllare che non passasse nessuno lungo la strada, attraversandola come avesse nel cervello un qualche sensore che lo avvertiva dell’assenza di pericolo, puntando dritto verso Gore con le mani affondate in tasca del giubbotto.
- Liam...- lo richiamò lei.
- Ced...- disse invece Sìle che aveva appena aperto la porta, poi guardò nella direzione in cui guardava Ceday fino a mezzo secondo prima – Liam...- mormorò.
- Sì, è bello da impazzire specie dopo una separazione sofferta, lo capisco, ma è meglio se andiamo a vedere cosa combina, riprenditi da questa crisi mistica e muoviti!- la esortò l’amica infilandosi nella porta per arraffare un ombrello e richiudendola dietro le sue spalle.
Arrivarono nei pressi di Gore e Liam giusto in tempo per vedere quest’ultimo avvicinarsi deciso, ma senza fretta all’ometto, richiamarlo con un cenno del mento quando gli fu davanti e chiedergli...
- Che cazzo ci fai tu qui?-
- Lavoro...-
- No, stai rompendo i coglioni qui yank, è meglio se sparisci...-
Ceday guardò Sìle.
- Lo ha chiamato yank, non è una buona cosa...-
- Tieni ferme Lily e Dorcas per favore, non voglio che lo vedano rompere il naso a quello...- replicò Sìle.
- Stronzo...- la anticipò l’altra parlando di Gore, poi annuì – bene, vado...- annunciò avviandosi di nuovo verso il B&B.
- Non è proprietà privata questa, Willy...- diceva intanto Gore a Liam sapendo benissimo che poteva dargli fastidio l’appellativo più americano.
- No, ma quella è casa della mia ragazza, la mia ragazza non ha piacere di venire tenuta sotto assedio, io non ho piacere che tu ficchi il naso dove non devi, quindi decidi, cambi casa da fotografare o ti cambio io i connotati?-
Gore sollevò gli occhi su Liam con un sorrisetto di sfida.
- Vuoi altri due anni di interdizione come quella volta con Greenpeace? Faresti bene a tenertele le minacce, io non sto facendo niente di male, sto solo fotografando un cottage...-
- No tu stai cercando di fotografare la vita delle persone che ci abitano...-
- E anche fosse? La gente ha il diritto di sapere, l’informazione si chiama Quarto Potere...-
Liam sospirò, si guardò un attimo intorno, poi si abbassò e lo prese per il collo della giacca e lo costrinse ad alzarsi in piedi, praticamente riducendolo ad essere appeso alla sua mano.
- Le tue cazzate da “Grande democratico dei miei coglioni” evitamele, perché purtroppo per te l’ho capito fin troppo bene che razza di persona sei, come purtroppo per te so benissimo dove passa il confine tra un documento e una rognosa mistificazione, vale a dire esattamente nello spazio che intercorre tra me e te...- gli disse con voce ancora calma, ma tutt’altro che amichevole.
- Liam!- lo richiamò Sìle correndo verso di lui e prendendolo per un gomito – lascialo! Lascialo andare! Non vale la pena di passare dei guai per questa persona...-
Lui per quanto avesse già esitato un momento sentendo lei così vicina, non mollava ancora la presa, voleva finire di chiarire le posizioni.
Gore lo respirava un po’ affannosamente, ma non reagiva affatto, lo fissava solamente un po’ atterrito.
- Tu fa’ solo che io ti veda girare attorno a Sìle, Dorcas o la bambina, e te la faccio ingoiare quella macchina...sono stato chiaro? - Gore annuì.
-Liam lascialo dai...- insisté Sìle strattonandogli appena il braccio – andiamo a casa...-
- Sparisci...- bisbigliò lui mentre lasciava andare Gore – ma sparisci subito...- aggiunse, quindi si lasciò portare via da Sìle la quale lo fece fermare una volta attraversata la strada e gli si arrampicò praticamente addosso per farlo abbassare e dargli un bacio tenendogli le mani ai lati del viso.
Mentre lei faceva questo, lui se la strinse addosso e la sollevò da terra, rispondendole a quel bacio con tutto l’impegno e l’entusiasmo di cui poteva essere capace sotto la pioggia, tenendola in braccio mentre camminava verso la porta...infatti appena furono sotto un ciuffo di alberi abbastanza fitto da non lasciar passare troppe gocce, si fermò, si staccò un momento e la guardò.
Anche lei lo guardò e gli sorrise, posandogli una mano sulle labbra e facendogli cenno di tacere.
- Mi importa solo che tu sia qui...- lo anticipò lei, senza dargli modo di chiederle cosa pensasse, se fosse arrabbiata.
- Anche a me...- rispose lui sorridendo.
- Allora resti con me ora?- gli domandò lei accarezzandogli il viso su cui incontrava una cosa nuova, benché non avesse mai dubitato che potesse stare bene con la barba più lunga.
- Se c’è ancora posto...- le disse mentre la osservava guardarlo come fosse una bambina piccola che aveva fatto una scoperta interessante per come gli fissava le mandibole e il mento.
- Un sacco di posto...- gli rispose lei tornando a guardarlo e prendendolo attorno alla vita con el braccia e incamminandosi verso casa -e poi possiamo stringerci no?-
- Sì certo, stretti stretti, io, te, Lily, Dorcas, Agenore, gli altri due felini che mi avete appioppato, Garlicky...a proposito...c’è una cosa fantastica che devo farti vedere nel vecchio cottage...- gli era tornata improvvisamente alla memoria l’immagine di quella creaturina, quella minuscola persona che dormiva sotto il sasso avvolta nella propria barba.
Tutto lì, si dovevano salutare in privato, almeno per pochi istanti, dovevano stare a soli e dirsi che era tutto passato, Liam se la portò in casa in braccio mentre lei lo baciava sul collo standogli abbracciata quasi non volesse lasciarlo scappare di nuovo.
Quando rientraono in casa, Ceday e Dorcas erano già alle prese con il tè.
- Oh cazzo!- esclamò Liam collegando tè/mamma portandosi una mano sulla fronte – mi sono scordato mia madre! La dovevo andare a prendere!-
Sparì un momento dopo aver ricevuto da Dorcas l’autorizzazione a usare il telefono, fece una telefonata veloce e tornò in cucina.
- Tutto bene?- si informò Sìle.
- Sì, tutto a posto, è che rischiavo che mi aspettasse fino al mese prossimo lì dove avevamo appuntamento, a casa della sua amica...perdono la cognizione del tempo quando si mettono a sgombrare soffitte, poi sarebbe arrivata mia zia, poteva anche mobilitare l’MI5, non si sa mai...- spiegò brevemente.
- Ehi, fammela conoscere tua madre, anche a me piace sgombrare soffitte e mettere in allarma i servizi segreti...-
- Infatti sono sicuro che andreste d’accordo Dorcas...-
- Visto?- intervenne Ceday rivolta a Sìle mentre andava a togliere la giacca a Liam che la lasciava fare - te l’ho detto che era un cucciolone...prima parte come un panzer per accartocciare quel pidocchio untuoso come un cartone di Fish&Chips, poi si scioglie come un cioccolatino al pensiero...-
- Ced...- la chiamò lui guardandola da sopra la spalla, interrompendola prima che dicesse qualcosa di troppo imbarazzante.
- Ok, sto zitta...-
- Brava ragazza…-
- Mi accompagni a prendere Lily tesoro?- le chiese Dorcas vedendola uscire.
E Sìle subito dietro il “Che domande! La mia unica quasi nipote!”, si accodò dicendo...
- Le chiavi dell’auto sono appese dietro la porta! – mentre toglieva dal tavolo le tazze di té vuote.
Guardò Liam e gli sorrise nell’attesa di rimanere sola con lui, poi gli andò incontro facendolo sedere, gli diede un bacio su una guancia.
- Ti faccio un caffè...- disse, ma lui la trattenne e le disse di no.
- Vieni qui...- sussurrò facendosela sedere sulle gambe e guardandola bene in faccia...lei gli sorrise quasi intimidita, chiedendogli cosa avesse.
- E’ tutto a posto per il resto?- domandò.
Sìle sospirò e annuì.
- Diciamo di sì...perché?-
- Perché qualche notte fa ho avuto una sensazione strana...-
La ragazza sorrise un po’ colpevolmente.
- Non volevo svegliarti, mi spiace...-
- Vuoi dire che sai quello che è successo?- le domandò lui che ancora per certe cose si stupiva.
Sìle non confermò, ma il suo silenzio era eloquente, così anche lui tacque, mettendosi in attesa che lei parlasse.
- E’ che quando mi capitano quelle cose, non posso farci molto e non sono certo io a gestire quella parte di me, è comunque inconscia, ma se in sogno sento che mi sono allontanata da me stessa, anche per brevi momenti, so che non è solo un’impressione...in genere la mattina ho un ricordo molto chiaro della sensazione di astrazione è come...quando ti liberano le braccia da un peso molto gravoso, ti fanno riposare un po’ e poi te lo rimettono addosso -
- Allora sapevi che ero a Glasgow anche?-
- Sì...ma a Ceday non l’ho detto io, ti ha trovato da sola -
- Lo so...ma perché ho avuto l’impressione che fossi angosciata? Non ci credo che sia solo per Gore...-
- No lui è solo molto molesto anche al di fuori dell’assedio, dice che quando ha visto quelle foto che avevi fatto, non ha creduto neanche per un momento che fossero false e che non vuole convincerti a ritornare sui tuoi passi, vuole solo che tu gli dica dove trovare le fate...ovviamente quando mi è venuto a cercare per dirmelo gli ho quasi riso in faccia e gli ho mostrato il laboratorio in soffitta per convincerlo che quelle figurine erano opera mia, ma non credo si sia...Liam?-
Lui era rimasto un po’ indietro nel discorso.
- Quel figlio di puttana ti spia veramente in camera?- le chiese con un tono di voce che allarmò Sìle.
- Calmati, ho chiuso le tende quando me ne sono accorta...-
- Chi se ne frega! Non voglio che venga a fare ”birdwatching” sulle tette della mia ragazza!-
Sìle inarcò le sopracciglia un po’ perplessa...
- Non sapevo esistesse un atto di vendita...-
- No, non esiste, ma per lui c’è un divieto speciale...-
- Liam non sono le sue perversioni da guardone che mi angosciano...fossero quelli gli sguardi che fanno male, tutt’al più i suoi mi fanno schifo...-
Liam si accorse di aver abbandonato un po’ la strada maestra.
Come Ceday non si aspettava di scoprirlo geloso, così stava iniziando a sorprendersi lui...
Sapeva benissimo che Sìle non poteva essere attratta da uno come Gore, eppure l’idea che quegli occhi vacui si posassero su di lei, lo faceva imbestialire.
Forse perché a partelo sbirciare una bella ragazza, la sua, bella ragazza, la sentiva parecchio come una violazione della sensibilità di lei, che invece, pur molto tesa verso la propria sensualità, la viveva in maniera così discreta.
- Va bene scusa hai ragione...non volevo fare il mastino...- bisbigliò posandole le labbra su una spalla – dimmi...- aggiunse sollevando gli occhi sul suo viso.
Lei gli cinse il collo e sospirò standogli appoggiata addosso.
- Inizio ad aver paura di Lily...- bisbigliò quasi avesse timore di venire sentita benché fossero solo loro due e senza lasciare Liam proseguì non appena sentì lui stringerla tra le braccia – lei è dolcissima, tenerissima come al solito, ma ci sono dei momenti in cui sembra completamente selvaggia, imprevedibile...è cambiata nell’arco di pochissimi giorni, man mano che si avvicina il freddo, che loro si risvegliano e si fanno più coraggiose e sono più forti...lei...-
Si fermò e Liam si accorse che tremava un po’.
- Lei?- le chiese.
Sìle si risollevò a sedere sulle sue gambe, abbassò il viso e si portò i capelli sciolti dietro le orecchie.
- Secondo Dorcas ho ragione ad aver paura...- mormorò mestamente prima di sollevare lo sguardo verso la finestra – Lily è stata troppo lontana dalla sua specie e ora ne avverte chiramente solo le manifestazioni più profonde ed estreme capisci? – gli domandò.
Liam rimase in silenzio e allora lei ricominciò.
- Sente e risponde al richiamo di quelle più antiche, quelle più lontane dagli uomini e più ostili...e...l’altra notte l’ho dovuta inseguire fino al forte delle fate di Paulie e io ti giuro Liam che non avevo mai avuto paura di rimanere da sola di notte in mezzo alle montagne o ai boschi, mi ero sempre sentita protetta...e invece... -
Si interruppe di nuovo come le costasse moltissima fatica dire quelle cose, allora lui la incoraggiò di nuovo stringendole una mano.
- Invece?-
Sìle si sollevò una manica e gli mostrò dei segni, delle piccole ecchimosi su ciascun braccio, piccole, ma delineate e ben identificabili come piccole dita.
Liam li guardò un po’ esterefatto, accarezzandole la pelle dolcemente.
- E’ stato come se fosse chiaro che Lily stesse insistendo a tenermi in un posto in cui non ero la benvenuta, in cui non potevo semplicemente seguirla per esplorare...questi segni me li ha lasciati lei quando si è accorta che avevo voglia di scappare...io non lo so cosa stesse succedendo, ma avevo il cuore in gola, ero terrorizzata e la cosa più terribile è che era lei a spaventarmi di più...non ho sentito il minimo impulso a proteggerla, come invece mi capita di solito, perché in qualche modo sapevo che lei era parte, se non la causa, di quello che stava accadendo...-
- Sì ma dove ti stava portando?- le domandò lui.
Sìle prese un gran respiro e poi si fece coraggio.
- Al lago...- disse – quello vicino a cui l’ho trovata...-
- Ma hai detto che non eri mai più riuscita a trovarlo...-
- Infatti per questo mi sono spaventata...perché non riuscivo a capire come fossimo arrivate lassù, non riuscivo a capire da dove venisse quello specchio d’acqua tra i fili d’erba, sentivo solo freddo e la voce di Dorcas e quella di Charlie che chiamavano e Lily che più le dicevo di tornare indietro, che potevamo tornarci di giorno, più mi stringeva i polsi e più le dicevo che mi faceva male, più le mi guardava in faccia come sfidandomi a ribellarmi...e io non riuscivo e chiamare Dorcas o Charlie per farmi sentire...e poi volevo chiamare te e...- improvvisamente Liam si accorse che stava tremando e parlava con un affanno quasi angosciato, i suoi occhi erano riflettenti, ma di paura stavolta e allora le prese le mani – non ci riuscivo, era come un incubo, urlavo e non riuscivo a sentire la mia voce...e Lily...io non avevo mai avuto voglia di scappare da lei, di lasciarla...-
- Sìle calmati...- la interruppe – prendi fiato, non sei lassù...tesoro, è passato, è tutto passato...- le disse mentre lei gli rivolgeva uno sguardo confuso, come se si fosse davvero appena svegliata da un brutto sogno.
Un attimo dopo vide i suoi occhi riempirsi di lacrime, se la ritrovò stretta la collo che piangeva come una disperata pregandolo di non andare più via.
- Sono qui adesso, mi dispiace che fossi sola...- le rispose lui abbracciandola forte mentre si rendeva conto di non stare per fare una promessa solo per tranquillizzarla, ma perché per la prima volta sapeva che era quello che voleva lui per sé stesso – non ti lascio più...te lo giuro piccola, non ti lascio più...-
Chiuse gli occhi mentre la stringeva a sé e la sentiva piangere ancora più forte, ma ora forse con un po’ di sollievo.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Consiglio riunito ***


Capitolo 22 –

solita spiegazioncina delle n.d.r : dunque Garlicky al solito continua a fare incursioni e lasciare traccia del suo passaggio.
In quest’occasione lascia a Liam un biglietto, il cui testo leggerete al momento opporutno in italiano, che al solito in inglese darebbe più senso al fraintendimento e sarebbe scritto così: ”Garlicky sends Liam greed(cancellato e riscritto sopra) grate(di nuovo cancellato e riscritto) greet huge!” e poi ancora ”Garlicky is ever shin!”, quando invece avrebbe voluto scrivere ”Garlicky sends to Liam a great hug!” e poi “Garlicky is always shine!”
Altra nota è relativa a quando Liam chiama Ceday Ginger, lo fa perché la tonalità “Ginger” è un colore di capelli rosso molto acceso.



Si era svegliata senza trovarlo accanto a sé, ma quando si era sollevata per guardarsi intorno, aveva visto il suo cappotto, il telefono lì, che vibrava ogni tanto, segnalando qualcosa da controllare.
Lo prese per vedere che ora era e si accorse che aveva dormito almeno due ore più del normale, cosa davvero molto strana per lei, che amava così tanto svegliarsi quando era ancora buio per vedere la luce dell’alba sul lago.
Lily non era lì, ma visto che in casa c’era Ceday, niente di più probabile che l’amica l’avesse presa in consegna da Dorcas per lasciare lei un po’ tranquilla col suo...
”Amore..” le suggerì la solita vocina più consapevole di lei.
Le diede una piccola stretta alla gola quel pensiero, d’emozione, perché per una volta si concedeva senza remore di pensare a Lui come a qualcosa di certo: era tornato da lei, per lei e lei sentiva esattamente questo...era come posare il piede nella propria impronta, la stessa coincidenza.
Lui aveva lasciato lì anche il maglione che indossava, che aveva l’odore della sua pelle, del suo profumo.
Si allungò a prenderlo e mentre ci affondava il naso dentro sorrise, perché era esattamente l’odore che aveva sentito la notte in cui lui l’aveva sognata.
Scese di sotto qualche minuto dopo, vestita, ma con quel maglione indosso: non aveva freddo, ma aveva voglia di sentirsi addosso Liam e quando arrivò di sotto, lo trovò che parlava con Dorcas.
Sentì le loro voci dal fondo della scala, mentre la scendeva silenziosamente per non disturbare i clienti che erano arrivati la sera prima, un po’ tardi.
Si fermò ad ascoltare e al suono della voce di lui, ispirò profondamente, come se per la casa fosse tornato ad aggirarsi un buon profumo sparito da troppo tempo.
- Sei stato in gamba ieri…-
- Sì?-
- Sì...Sìle poverina aveva un gran bisogno di dormire e tu sei stato davvero bravo a dare tutte quelle indicazioni...assaggia questo -
- Dici?...no, no...-
- Sì e ti dico anche assaggia...-
- Quanti gradi fa?-
- Quanto la fai lunga! Facciamo come con i bambini piccoli? La zia Dorcas ci soffia sopra guarda...- momento di silenzio, Liam che rideva e le diceva di finirla di fare scena perché se fosse stato ignifugo, l’avrebbe senz’altro saputo e poi di nuovo Dorcas – insomma ti decidi ad aprire quella boccaccia?-
- Parla piano...-
- Ora non fare il padrone di casa…avanti! Guarda l’areoplanino, apri la bocca, apri la bocca...-
- Areoplanino? Ma non voli su una scopa tu?-
- Se non ti riempi la bocca all’istante di questa roba, la scopa te la rompo sul groppone va bene?-
- Ok…tanto ormai è fredda…-
- Oh! Ci voleva tanto?- esclamò Dorcas mentre Liam vedendo Sìle entrare si trovava sorpreso nell’atto di scrollarsi un po’ di briciole da dosso – buongiorno...- disse vedendola, poi si accorse del sapore di cosa stava mangiando e guardò Dorcas – è fantastico...- le disse riempiendola di soddisfazione, poi mentre allungava un braccio verso Sìle che si avvicinava a lui per circondarle le spalle, levò un dito come per aggiungere qualcosa di importante ai fini della perfezione di quel dolce(che così a occhio doveva essere la torta al miele) – e se non è appena uscito dalla bocca di un vulcano è anche meglio, perché il parere te lo da uno che i sapori li sente ancora e non uno che per non dispiacerti ti direbbe qualunque cosa...-
Per tutta risposta si prese tre belle manate su un braccio.
- Senti – che – linguaccia!- una per parola – streghetta ne vuoi?- si informò poi Dorcas.
Sìle scosse la testa appoggiandosi a Liam.
- Dormito bene?- le chiese lui dandole un bacetto sulla testa.
- Sì…- bisbigliò, poi lo guardò e lo vide sorriderle prima di strizzarle delicatamente il naso.
- Ma a giudicare dagli occhioni lucidi che vedo, dormiresti volentieri una mezza giornata ancora...-
- Forse…- rispose lei sbadigliando e poi dandosi un’occhiata intorno – Lily?- domandò non vedendo la bimba.
- E’ di là con Ceday e una delle signore…- spiegò Dorcas alludendo a una delle ospiti – si trattengono tutto il fine settimana grazie a lui…- aggiunse indicando Liam.
Sìle lo guardò colpita e lui, che si era girato per un momento per prepararle una tazza di caffè, girandosi di nuovo a porgergliela, per tutta risposta fece spallucce.
- Niente di strano...vengono da Bath, volevano fare qualche giro al nord, si muovono in auto, così ho suggerito loro di farsi un paio di giorni qui, tra Lake District e Yorkshire Dales e al ritorno passare dal Peak District...-
- Gli ha anche indicato i percorsi più facili in auto e i meno battuti...è stato proprio bravo il nostro ometto...-
Liam guardò Dorcas con aria colpita.
- E’ la prima volta volta che mi danno dell’ometto da quando è morta mia nonna Babbie...-
- Babbie?- chiese Sìle.
- Barbara…Babbie - rispose Liam quasi giustificandosi del soprannome un po’ buffo – mio nonno la chiamava così...dato che dirle “piccola” sembrava irrispettoso...era davvero minuscola vicina a lui...-
- Tesoro, anche Sìle è minuscola vicina a te…- osservò Dorcas.
Liam si strinse contro la ragazza e la guardò negli occhi con un’espressione complice...
- Direi che è proprio della misura giusta invece...- mormorò.
Sìle arrossì e sorridendo gli disse di stare zitto, poi lo prese per mano e se lo portò fuori...dopo un attimo di silenzio in cui nella casa risuonò solo una risata di Ceday e della signora: Lily rideva anche in silenzio.
Siccome non correva rischi, lei e Liam fecero due passi, tenendosi per mano e alla fine si ritrovarono sempre seduti sul solito sasso di quando si erano parlati la prima volta.
- Tu non hai dormito stanotte vero?- gli chiese lei, standogli appoggiata al petto, stretta nel giaccone, presa tra le sue braccia, sentendo a contatto della tempia il suo viso.
Lo sentì anche scuotere la testa.
- Non ci sono riuscito...-
Sìle attese un attimo fissando lo sguardo sulla superficie grigia e immobile del lago, così fredda e perfetta.
Su quella staticità fece affidamento per spiare un po’ dentro di lui.
Inspirò profondamente, fece quella cosa che, volente o nolente, doveva ringraziare sua madre di saper fare, ma non la faceva spesso perché non la trovava leale.
Un conto era rubare qualche sensazione, un conto era insinuarsi nei pensieri.
Si radicò, questo era il termine che usavano le streghe...pensò alle sue estremità come a radici, che affondavano nella terra, si spingevano tutto intorno, fino ad avvolgere quella pietra su cui stavano abbracciati lei e Liam e poi si avviluppavano attorno a lui facendolo diventare parte di loro, pungendogli la pelle per entrare in lui, sentendo il suo sangue mescolarsi alla loro linfa e con quel fiume rosso correre fino alle profondità del suo sé...
Il sangue caldo, denso, che arrivava al cuore di cui ora il battito era pulsante e assoluto dentro la testa di Sìle, sembrava non avvertire altro suono che il cuore di Liam, il suo respiro...e per un attimo poi, fu come sentire mille frammenti di frasi, discorsi, parole che arrivavano a sfiorargli il pensiero come dette da altri mille lui, si sovrapponevano e poi fuggivano.
“I segni sul suo polso...tremava...aveva paura...non ero con lei per un puntiglio, uno stupido puntiglio...e Lily? Così piccola...può mettere paura una cosa così piccola? Che ti succede? Come stai cambiando? Parla Lily...una volta soltanto...per lei...la mia Sìle...perché i suoi occhi sono tristi ora e io voglio vederli come quando...”
Sorrise perché lo percepì pensare a tutte cose che la stupirono di nuovo: vedere i suoi occhi come quando lei e la bambina erano immerse nell'acqua calda nella vasca e giocavano con la schiuma, stava pensando lui, o quando Lily aiutava in cucina, un po' a modo suo.
- Non devi sentirti in colpa...- gli disse sottovoce.
- Non lo fare, lo sai che non mi piace essere eviscerato...-
- Io non ti eviscero...-
- Preferisci che dica che mi spii? Non lo penso, se ho usato quella parola è perché intendevo quello...-
- Se ti spio è perché tu, per non farmi impensierire, stai facendo finta che vada tutto bene...e non mi dici che hai una preoccupazione...stanotte mi sono svegliata tre volte e per tre volte ti ho trovato con gli occhi aperti e la faccia scura...- gli disse, poi si voltò a guardarlo, alzandosi e girandosi sul sasso – non devi essere forte anche per me...-
- Io non sono così forte...- mormorò lui guardandola negli occhi – ho paura da quando mi hai raccontato quello che ti è successo con Lily...-
- Ti senti in colpa per aver reagito a un momento di crisi tra me e te allontanandoti?-
- Non ne avevo bisogno...- borbottò lui abbassando gli occhi sulla mano di lei appoggiata sulla superficie della grossa pietra e poi distogliendolo verso il lago - l’ho capito quando mi sono ritrovato qui che non avevo mai voluto niente di diverso da te e questa vita pazzesca...mai e non avevo mai voluto niente più di così...e pensare d’essere mancato proprio quando hai avuto bisogno di me, non me lo perdono...-
- Hai provato a pensare che se non fossi andato via, forse non l’avresti capito?- gli chiese lei sollevando la stessa mano, portandolo a un lato del suo viso e facendosi guardare; gli sorrise sfiorandogli le labbra con il pollice – magari ti serviva un contatto con la tua vecchia realtà per decidere quale fosse quella a cui appartenevi di più o...quale ti fa sentire bene...-
- Tu mi fai sentire bene e io lo so quasi da quando ti conosco...- le disse lui baciandole la mano per poi appoggiarci appena il viso, stringendola contro la spalla - e se mi sono allontanato è stato per un’ostinazione idiota, per un dispetto quasi... e poi veramente volevo tornare già da un po’...solo che sapevo che non sarei riuscito a ingannare te o Dorcas su dove ero stato. Ora però non mi rendo conto del perché a te non venga voglia di dirmi in faccia quanto sono stato stronzo come ha fatto Ceday ieri...-
Sìle abbassò lei gli occhi allora.
Si fece di nuovo triste e angosciata: doveva affrontare un brutto pensiero, qualcosa che aveva sentito la notte in cui Liam aveva sognato di lei e che ancora non gli aveva detto.
- Perché probabilmente il peggio deve ancora venire...anzi...togli pure il probabilmente...- gli disse tornando a guardarlo – e tu sei tornato non appena hai saputo che c’era un problema...e anche piccolo se proprio vogliamo, perché Gore non sarà mai più di un ciarlatano privo di scrupoli per me, non è un mio pensiero se escludiamo il fastidio e lo stress che mi causa, quindi tu sei corso da me soltanto perché mi sapevi a disagio, pronto ad affrontare tutte le discussioni che potevano esserci...ma...la cosa successa con Lily quella notte, non è la fine...la fine né io, né Dorcas, né Ceday siamo riuscite a vederla...ma tu c’eri...ed eri con me...-
- La fine?- chiese Liam con un lampo di paura nello sguardo – che fine? Sìle di che parli?-
Lei strinse le mandibole e scosse la testa, cercando di ricacciare le lacrime indietro, ma aveva già gli occhi lucidi.
- Ehi...- la richiamò lui prendendole il viso tra le mani – parlami...- le esortò e lei lo guardò.
Si asciugò una lacrima, tirò leggermente su col naso e prendendo un gran respiro si portò i capelli all’indietro sulla fronte.
- Qualunque cosa stia accadendo o stia per accadere...- gli disse scuotendo appena il capo – è un ciclo che si sta chiudendo...quello che vede me e Lily insieme...come lo siamo ora...- spiegò, poi sospirò di nuovo – e tu ci sei, sapevo che ci saresti stato anche se non volevo crederci per paura di stare male di nuovo...-
Liam a quel punto reagì di nuovo un po’ male.
Abbassò le mani dal viso di lei e si indicò dicendole di guardarlo bene in faccia.
- Stammi a sentire Sìle...stammi a sentire con molta attenzione...- le disse – se io sono qui con te, non è perché doveva succedere, è chiaro? Io non ci sto a pensare di essere qui per una qualche merda di incantesimo! Non me ne frega niente di mancare di rispetto a qualcosa in cui forse tu credi, ma non è così! Io sono qui solo e unicamente perché io, con questa testa e con questo cuore ho deciso di esserci e non c’è niente al mondo che so con certezza eccetto il fatto che sono tornato perché lo volevo io! Non è per un cazzo di sogno! L’avevo già deciso! Almeno questo devi lasciarmelo Sìle, almeno la possibilità di darti io una certezza su me stesso devi concedermela perché non c’è niente di ineluttabile al mondo! Le persone scelgono, anche se pensarci a volte fa paura, e io ho bisogno di sapere che tu credi che sono io a scegliere, che voglio scegliere di rimanerti vicino, perché se non credi che io possa volerlo, che io possa agire sapendo perfettamente quello che faccio, non ci crederai mai veramente in questa storia...-
Lei lo stava a sentire guardandolo negli occhi che gli si illuminavano...
Gli si illuminavano di rabbia e di amore per lei e lei lo sentiva così bene in quel momento che avrebbe solo avuto voglia di abbracciarlo e stringerlo forte e sentirsi stretta da lui, ma sentiva anche che lui aveva bisogno di dirle quelle cose e di finire di dirgliele.
Gli sorrise tirando ancora su col naso e gli chiuse le labbra quando fu sicura che lui avesse finito, poi si avvicinò a dargli un bacio.
- Ora lo so che sei tu a volerlo...- bisbigliò stringendosi a lui.
- Lo sai? Davvero?- le chiese lui abbracciandola e rimettendosela in mezzo alle gambe, stretta tra le braccia, quasi legandola.
- Sì...-
- Niente dubbi? Niente paure? Niente Però ancora non mi ami?-
- No...-
- Ok...- disse lui.
Quando iniziarono a sentire freddo si avviarono verso il cottage di Charlie, ormai di Liam si poteva dire visto che la vendita era una cosa decisa.


Il giorno dopo, Liam si trovò a comprare le sigarette mentre nel negozio di Lory Archer si trovavano la solita Clara, la solita Miss Dawn e la solita Miss White; Miss Curl mancava perché aveva un attacco di reumatismi, Maggie Mill aspettava fuori, dal lato opposto della strada, perché ormai da un bel po’ evitava Liam, forse perché Padre Chalke aveva provvidenzialmente messo bocca contro le iniziative di salvataggio a suo favore che lei si lasciava convincere da Clara e Miss Dawn ad intraprendere, e magari aveva anche iniziato a sentirsi un po’ meschina e patetica a rifarsela con Sìle perché lui non l’aveva mai considerata quanto sperava.
A completare il quadretto però, c’era la signora Archer, Grace, che solo a causa del suo essere responsabile della cassa non passava le giornate in qualche angoletto della città o in qualche salottino pieno di trine, davanti a una tazza di tè a sparlare.
-Dice che può dimostrare l’esistenza delle fate se noi lo aiutiamo!- disse Miss White.
Mrs. Archer vide Liam avvicinarsi al banco e mentre gli andava incontro, disse la sua.
-Buon Dio, ecco un altro Paulie Dunne! Tutti suonati i forestieri, non puoi sbagliarti, senza offesa tesoro! Cosa ti do?-
-Ma ti pare...- le rispose lui – Pall Mall rosse...-
- Fanno male -
- Lo so -
- Del vecchio Paulie non lo sa credo...- osservò Lory che, con il suo pancione e la solita ernia iatale che premeva contro la maglietta che indossava, teneva banco – di’ Liam!- lo richiamò.
- Cinque e sessanta...- gli disse Gracei intanto.
- Eccoli...cosa Lory?- domandò quindi mentre allungava i soldi alla donna.
- Quell’americano, quel tipetto con l’aria da topo...quello che si chiama come il vicepresidente di...-
-Gore, sì, ho capito, allora?- chiese Liam un po’ sbrigativamente, infilandosi il resto in tasca e poi aprendo il pacchetto.
- Dice che vuole cercare le fate, tu che ne dici? -
Liam si strinse nelle spalle con aria fintamente vaga e disinteressata.
- Avrà saputo di quell’irlandese pazzo e vuole cavare qualche scoop idiota sulla pellaccia di un povero Cristo, tanto è morto e a parte la gente di qui non lo conosceva nessuno...- disse.
Conoscendoli, se avessero pensato che aveva già per conto suo seguito qualche traccia su Paulie e che quindi non c’era niente di confidenziale da rivelargli, probabilmente sarebbero stati più zitti.
- Tu che ne pensi? Dice che vuole cercare verso Loughrigg...ha parlato anche del cottage della Patel -
- Lì c’è solo da cercare qualche vecchio libro polveroso in cui quella vecchia matta scribacchia i suoi incantesimi, perché deve andare a darle fastidio?- sentenziò Miss Dawn.
Liam rise sotto i baffi: Miss Dawn biasimava Dorcas, guardava con sospetto Sìle e iniziava a credere che lui fosse stato corrotto perché dotato di animo profondamente torbido già di nascita, ma lei era nata e cresciuta lì, aveva visto succedersi sul trono due re e una regina e suo nonno era stato stalliere della residenza reale estiva sotto la Regina Vittoria, aveva tutto il diritto di guardare storto suoi compatrioti.
L’americano no.
L’americano era un ospite e stava diventando un ospite invadente, Dorcas era la strega del luogo e solo quelli del luogo potevano spettegolare su di lei! Era la loro strega!
- Non mi piace quel tipo – sentenziò Grace stringendosi nel cardigan e guardando fuori: minacciava neve forse.
- Dategli un po’ di tempo, raccontategli qualche palla sui nonni che vedevano i fantasmi del vicino aggirarsi attorno a casa...-
- Ah sì!- ridacchiò Colin – come Briddon te lo ricordi? -
Liam annuì ficcandosi una sigaretta in bocca senza accenderla.
- Lo ripescammo io, Charlie e John dal fiume a Sandwick...era convinto d’aver visto il vecchio Hasell andargli incontro lungo la strada -
- E era morto da quindici anni...- aggiunse Grace.
Liam annuì ridendo sotto i baffi e poi fece un cenno verso Colin.
- Ecco rifilategli un po’ di queste storielle: vivrete di rendita per anni perché avrete frotte di parapsicologi col cervello fumato di new age che cercheranno coni di energia qua e là nei cerchi di pietre o in mezzo a qualche rudere, poi quando avranno sparato tre o quattro scoperte sensazionali che nessuno starà a sentire, spariranno...ragionano così quelli come Gore -
- Ma se sulle fate ha ragione?- domandò Grace costringendo Liam a dover riflettere un po’ più seriamente su cosa dire senza cambiare tono e senza tradire una preoccupazione reale.
- Io dico che se sulle fate c’è tutto questo scetticismo, è perché, sempre che esistano, evidentemente sanno bene come tenersi lontane da gente come quella...- disse cercando l’accendino – io in tutte le nottate che ho passato a fotografare rarità, non ne ho mai viste, eppure sono uno silenzioso...-
- Di’ un po’, ma è vero che quasi gli rompi il naso giorni fa all’americano?- domandò Lory – comunque pare che si fermi qui un paio di mesi, lo va dicendo in giro almeno...-
Liam si stava avviando all’uscita dal negozio, aprì la porta per far passare un’altra signora di cui ricordava benissimo la faccia e aveva completamente rimosso il nome, ma che salutò gentilmente, quindi tornò a Lory dissimulando il colpo che gli era preso pensando alla prospettiva di dover passare i due mesi successivi a guardarsi da quel seccatore che in quel momento avrebbe volentieri ucciso.
- L’ho preso per il collo e gli ho chiarito dove puntare il suo teleobiettivo, ma non lo so se gli ho rotto il naso, non lo ricordo- rifletté pensosamente, poi guardò verso la postina -...Clara gli ho rotto il naso?- domandò intuendo perfettamente da chi fosse venuta fuori quella rivelazione sconcertante.
Quella infatti quasi sobbalzò vedendosi, come al solito, scoperta.
- Non guardarmi così, un po’ ti conosco ormai – le disse, quindi si rivolse più largamente ai presenti - ci vediamo...- salutò.
Quando uscì dal negozio si ficcò in auto e fece una telefonata al suo capo, il direttore di Nature.
- Ehi Edward...- salutò quando quello rispose, dopo essersi acceso la sigaretta.
“Liam! Che piacere! Come stai?”
- Io bene, le mie palle invece girano come turbine: che ne sai di Gore qui in Cumbria?-
“Mi ha detto che si tratteneva da voi, lassù, perché tu gli avevi dato un’idea interessante...”
Liam sentì uno strizzone di nervoso che gli attanagliava la bocca dello stomaco.
“Liam ci sei? Va tutto bene?”
- No Eddie non va tutto bene, non va bene un fottuto accidente! Tu me lo devi levare di torno Gore!-
“Che succede?”
- Succede che la mia ragazza se lo ritrova che la spia dentro casa e la mia ragazza, a parte l’avere diritto a non venire guardata mentre si spoglia, cosa che fa innervosire non poco anche me, non te lo nascondo, ha anche una bambina di quattro anni che desta un po’ troppo l’interesse di quel pidocchio: te la prendi tu la responsabilità della violazione della privacy e dell’immagine di un minore? Non so quanto ti convenga...-
“Che c’entra la bambina?”
- C’entra se quel demente continua a fare appostamenti nei paraggi! Io non posso avvicinarlo o gli spacco la faccia dopo quello che ho saputo, ma tu maledizione qualcosa puoi fargliela capire no?-
“Beh se le cose stanno così...”
- Stanno così Ed fidati...- confermò, poi però si sentì di specificare - ma non di me e di quello che ti dico io, fatti due ricerche sul curriculum di questo signor topo di fogna e renditi conto di chi cazzo ti sei messo in casa, poi mi richiami...-
“Non posso condannarlo all’esilio dal Lake District William...”
- Ma per me può fare quello che vuole e stare dove vuole, purchè stia lontano dalla mia ragazza e la nostra vita privata, il maledetto Lake District non inizia e non finisce nel giardino di Dorcas Patel...- disse dando un tiro nervoso alla sigaretta – ah! E per inciso, io non gli ho dato nessuna idea, lui è venuto qui dubitando che io t’abbia detto la verità su quelle foto, è venuto ad indagare e si è spacciato per uno mandato da me rischiando seriamente di mandare a puttane il mio rapporto con questa persona; sono un tantino alterato come presumo tu possa capire, quindi vedi di muovere almeno un dito prima che qualcuno muova un avvocato o un calcio nel culo -
“Beh vedrò di avere qualche informazione e qualche spiegazione, tu intanto cerca di non farti prendere la mano dal nervoso perché già una volta...”
- Sì non serve che mi ricordi le mie intemperanze...stammi bene Ed – disse prima di chiudere la conversazione.
Quando tornò da Sìle, Dorcas e Ceday, che era ancora lì a controllare che i due amici, perché anche Liam lo era per lei, fossero davvero riappacificati, approfittando dell’assenza degli ospiti, spiegò come si erano messe le cose quando si furono messi tutti e quattro, cinque contata Lily in braccio a Liam, intorno al tavolo della cucina.
- Insomma per almeno due mesi sarebbe meglio che quello stronzo...-
Dorcas lo interruppe mettendogli una mano sul braccio.
- Dillo di nuovo, mi fa sentire meglio...-
-Cosa?-
- Non posso dirtelo, lo sai che io non posso dire parolacce...-
- Dorcas...- la redarguì pazientemente Sìle.
- No ma ha ragione, fa stare meglio anche me: insomma quello stronzo forse è preferibile che creda che qui ci sono streghe che fanno magie come in Pomi d’ottone e Manici di scopa, piuttosto che lasciargli scoprire di Lily, di Garlicky, di...me che corrompo Black Annis con la cioccolata e non faccio rumore per un bozzolo di farfalla che dorme sotto un sasso in cantina o sacrifico interi patrimoni di attrezzatura fotografica per un portachiavi peloso...-
Ceday lo guardò.
- Liam?-
- Sì...-
- Che stai dicendo?-
- Io? Niente appunto, perché?-
- Garlicky?- insisté Ceday guardando sia lui che Sìle che Dorcas.
Sìle sorrise ad annuì.
- E’ un goblin che scrive biglietti a Liam da quando è arrivato si può dire...-
- Un goblin? Intendi...uno gnomo...-
- Sì, ma questo è sgargiante!- specificò Liam mentre Lily decideva che doveva stare in piedi tra le sue gambe e quindi gli si arrampicava addosso fino ad appoggiarsi con tutto il corpo al suo tronco: Liam era di sua proprietà nei momenti di conversazione.
Ceday guardò Dorcas che le sorrise e si passò una mano tra i capelli.
- Questo è un pochino troppo anche per me ragazzi sapete? Tu hai davvero incontrato un goblin?-
- Beh incontrato nel vero senso della parola, no, però...- disse Liam cercando nelle tasche del giaccone che teneva appeso sullo schienale della sedia. Tirò fuori uno degli ultimi biglietti, l’aveva trovato il giorno prima al cottage.
Diceva: “Garlicky manda ingordigia (cancellato e riscritto sopra) grata o grattugiare, (di nuovo cancellato) salutare enormeLiam” e poco dietro ancora ”Garlicky è mai stinco!” . ( n.d.r )
Ceday lesse esattamente in quel modo.
- Garlicky salutare enorme Liam? Garlicky è mai...- si mise a ridere - un fine letterato vedo...comunque potrebbe avere un senso salutare l’enorme Liam guardando te e immaginando lui...- commentò.
Liam si mise a ridere a sua volta passandosi una mano sul viso.
- Beh ha sempre avuto qualche problema di compitazione, bisogna andare un po’ a intuito: credo intendesse dire “Un enorme abbraccio dallo scintillante Garlicky”-
- E come lo sai che non voleva dire proprio Stinco?-
- Te l’ho detto prima, perché in genere si definisce Sgargiante - spiegò Sìle all’amica che si congratulò per l’autostima, allora Liam si sentì in dovere di spiegare meglio.
- E’ anche molto più sgargiante di me...e ha una fidanzata che si chiama Bertha e un dopobarba antivampiro, un tipo affascinante-
- Infatti devi presentarmelo...- sghignazzò Ceday guardando il biglietto...- Liam questo non è un biglietto...-
- Ced...non ricordarmi che sono venti pezzi, quel piccolo devastatore scrive dovunque e io non ho il coraggio di pagare nessuno con venti sterline in cui uno stinco mi saluta...-
- E vorrei vedere...- rispose Ceday.
Risero di nuovo, ma si accorsero che Dorcas era molto silenziosa e cogitabonda.
Tacquero tutti e la fissarono fino a che lei non se ne accorse, allora si raddrizzò un po’ sulla sedia e sorrise loro.
- Che stai macchinando strega madre?- le chiese Sìle – e non dire di no perché hai la stessa espressione dei bambini piccoli quando stanno per diventare pericolosi...-
Dorcas sbuffò per essere stata scoperta.
- Stavo solo pensando a quante potrei fargliene a quello scocciatore!-
Liam a quel punto però la fermò.
- No, sentite streghe figlie, streghe madri e streghe sorelle...- disse – non c’è da dare spettacolo più del solito, semplicemente Dorcas, vatti a fare un giretto sulla sponda del lago, fatti seguire al vecchio cottage, fagli vedere il fantasma di quella tua antenata...Diletta...Cosetta...-
- Rametta!- lo rimbrottò Dorcas dandogli uno schiaffetto sul braccio perché sapeva benissimo che se ne ricordava alla perfezione, infatti lui rise subito e si pentì istantaneamente.
- Ahi! Rametta, chiedo perdono...- disse, poi riprese scherzando a quel punto – insomma tu ti metti lì a fare Rametta resuscitata dal fiume, lo spaventi a morte e lui se la batte tra gli alberi, allora io e Ceday, sbuchiamo fuori da un cespuglio e lo inseguiamo per la foresta su un carro da guerra armati di lancia, mezzi nudi e dipinti di blu, lo portiamo a uno degli stagni qui in mezzo alle montagne e lì, Sìle, recita la parte della dama del lago, ci procuriamo Excalibur e quando lui te la chiede gliela tiri dritta in mezzo agli occhi...-
- Quanto ti invidio! E’ anche maligno e cospiratore!- esclamò Ceday alzandosi per andare a baciare Liam su una guancia prendendolo per le guance e strizzandogliele – chiamatemi Boudicca!-
- Grande rossa...- commentò Liam mentre si scambiavano il famoso cinque.
- Vero? -
- Ah ovviamente anche tu mezza nuda...- concluse lui rivolgendosi a Sìle che sorrideva.
- Ma fa freddo...- protestò debolmente lei.
- Vedrai che poi diventa caldo amore...- la rassicurò Liam mascherando da carezza quella che era una censura per l’udito di Lily che quando si sentì tappare le orecchie sorrise tutta contenta e saltellò un po' per aver scoperto un nuovo gioco(del quale ancora nemmeno lei aveva stabilito l'iter o le regole probabilmente) - quando io avrò riconquistato la spada magica e ti sarò venuto a prendere con la forza in mezzo al lago fottendomi ogni possibilità erettile per le successive tre o quattro ore, tu ti profonderai in entusiastiche manifestazioni di gratitudine, sai come vanno queste cose: non posso spiegarti di più o bisogna che io tappi ancora le orecchie a Lily, ma che Ced le chiuda a Dorcas...- ribatté lui mentre lei gli si avvicinava per dargli un bacio.
- Il barbaro che dorme nel petto di ogni uomo...quanto ti invidio!- ripeté Ceday - ce l'hai un fratello Kerr? Un amico d'infanzia?-
- Un paio di irlandesi...-
- Ci si può pensare...-
- Guarda che ho fatto nascere dei bambini io, lo so come vanno certe cose – protestò Dorcas inserendosi nel discorso - comunque il barbaro ha ragione, sì...- disse infine smettendo gradualmente di ridere e facendosi più pensierosa – cerchiamo di attirare l’attenzione su di noi...-
- Domani ho anche appuntamento con Chalkie, se gli chiedo di darci una mano a far correre o non far correre troppe voci, lui lo fa...gli danno ancora ascolto qui...- le informò Liam.
- E i disegni di Paulie li hai restituiti al pub?- gli chiese Dorcas; lui scosse la testa.
- No Gilly me li lascia tenere ancora perché?-
- Una preoccupazione eccessiva forse...comunque la cosa importante è che non li veda mai, perciò se puoi, evita di tenerli in vista – si raccomandò concludendo così il consiglio di guerra.
Non erano tanto più distesi, però almeno Liam aveva messo anche Sìle e Dorcas al corrente di cosa dovevano aspettarsi e avevano avuto modo di delineare un metro di comportamento da tenere.
Lui dal canto suo, avrebbe evitato Gore quanto più gli fosse stato possibile.
- Comunque vi chiedo ancora scusa...-
- E di cosa?- domandò Dorcas mentre si alzava e preparava il bollitore per il tè.
- Perché non è stata fatta di proposito, ma la cazzata è stata mia e ora voi vi ritrovate in questo pasticcio...-
- Oh beh...guardala dal lato positivo...- disse Dorcas e quando Liam la guardò gli strizzò l’occhio – se anche venisse tutto fuori...un tempo ci avrebbero bruciate vive, oggi diventeremmo ricche sfondate, scriverebbero libri su di noi...-
- Girerebbero film...- convenne lui.
- E un bel reality?- suggerì Ceday ricevendo in cambio sguardi abbastanza attoniti – ”Be-Witch”...o roba del genere...- seguì un silenzio ancor più attonito che la fece sentire un tantino abbandonata a sé stessa -che c’è?- chiese guardando Liam.
-...London Calling...- canticchiò, poi vedendola guardarlo un po’ incerta rise – sarà meglio che torni a farti una sniffatina di smog Ginger( n.d.r ), ti sento in astinenza...- scherzò.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 - Voci, ricordi e ombre... ***


Capitolo 22 –

Si avvicinava Natale ormai, di nuovo.
Gore era diventato una presenza abituale attorno a loro, ma per lo meno Edward era riuscito a fargli ficcare in testa che doveva tenersi a distanze un po’ più rispettose, quindi Sìle per una cosa almeno poteva stare tranquilla: Liam, stando così le cose, era in grado di tenere a bada gli istinti omicidi.
E poi lui aveva ragione su Gore a conti fatti, perché grazie all’acume di Padre Chalke e Dorinda Curl, che avevano una perizia e un’esperienza decennali da timonieri nell’oceano di chiacchiere tra vicini e compaesani, l’interesse dell’americano si era davvero spostato dalle fate alle streghe.
Chalkie era stato un po’ più duro da convincere, ma comunque alla fine, messo di fronte alla scelta, aveva preferito piantare il semino di qualche chiacchiera già fatta, piuttosto che tacere e lasciare che la serenità di Sìle e della bambina venisse minata.
Con una certa circospezione, quando veniva fatto oggetto di visita da vecchi e affezionati fedeli, aveva iniziato a chiedere cose veghe e innocue come...
“Sbaglio o qualcuno mi ha detto che c’è un americano in paese?...oh un fotografo...bene, interessante...sono sempre incuriosito da queste persone che girano il mondo, viaggiano...oh si interessa di soprannaturale? Allora non vedrà l’ora di conoscere Miss Patel, sarebbe un’ispirazione!”
Quanto a Dorinda, lei si limitava a rivangare qualche ricordo durante le solite, piccole riunioni pomeridiane davanti al tè con il consiglio cittadino delle comari.
”Ci fosse stato quella volta in cui....” e ne diceva una delle tante che erano state inventate su Dorcas, che fosse averla vista parlare con un ranocchio come con un fantasma, poi si rivolgeva a qualcuna delle presenti “...ti ricordi cara?” e via ripartivano le chiacchiere, si rimpolpava la storia, si discuteva su quando era successa la tale cosa e chi ne era stato testimone più o meno diretto.
Così Gore sembrava davvero aver abboccato.
Certo Dorcas stava per avere un crollo nervoso e stava ripassando tutti gli intrugli di erbe che conosceva, da quelli sedativi e quelli lassativi o diuretici.
- Ehi non è male questa roba...cos’è?- le chiese un giorno Liam sentendo un buon odore di liquirizia che venva da un pentolone in ebollizione.
Dorcas stava lì, presa dall’affettare una grossa zucca mentre saltellava e canticchiava al ritmo di una vecchia ballata che davano alla radio.
- Tesoro hai presente cosa fa l’olio di ricino al pancino?- disse a Liam mentre ballonzolava sulle gambette.
Liam per fortuna era intuitivo.
- Oh...- commentò infatti.
- Oh...bravo, chiudi e aiutami dai...-
- Aiuto?-
- Sì aiuta, prendi il coltello e finisci di affettare la zucca...- ordinò lei passandogli un coltellaccio che faceva un po’ paura.
- E...giusto per sapere Dorcas...- domandò Liam dopo essersi schiarito la voce, ma Dorcas lo anticipò.
- Sì tesoro, quell’intruglio lassativo lo tengo da parte solo per gli ospiti indesiderati, dai lavora, ho un sacco di cose da fare prima di Natale!- lo incitò lei.
Liam annuì prendendo a fare cubetti di zucca.
- Sì certo, tra uno sformato e una purga, il tempo vola!-
Dopo che Dorcas gli ebbe dato della serpe, come al solito, cadde qualche momento di silenzio in cui lavorarono attentamente ognuno alle sue cose, lei in particolare a un battuto di odori per imbottire l’agnello, ma poco dopo, ecco lo speaker alla radio annunciare un famoso pezzo folk rivisitato in più occasioni, e tra i tanti anche dal poeta più caro alla tradizione scozzese, Robert Burns, ma che nel caso particolare veniva trasmesso nella versione redatta da Lady Nairne e così via dando informazioni di vario genere in merito all’autrice, all’epoca del pezzo, al perché e al percome di questo questo e quello e via, iniziò la musica...
Dorcas iniziò di nuovo a zompettare sulle note della canzone e a canticchiare addirittura.
E insieme a lei, iniziò anche Liam...
E così si ritrovarono a cantare “Charlie, he’s my darling”, sottovoce, ma, mentre Dorcas si atteneva al testo che veniva proposto, Liam, preferendo una versione meno patriottica e più lasciva, per cui alla fine si ritrovarono a cantare una di Charlie, il giovane cavaliere che alla testa di baldi scozzesi armati di claymores combattevano per i diritti della Scozia lasciandosi alle spalle donne e figli, e uno di Charlie, sempre giovane cavaliere, che, vista una bella figliola ad una finestra, andava a bussare alla sua porta e poco dopo se la ritrovava seduta sulle ginocchia col suo vestitino da brava Highland Lass e...
- Ma insomma la smetti? Sempre a pensare a queste cose!– lo rimproverò Dorcas ridendo.
- Perché ti confondo le idee o la ragazza in questione era una delle tue antenate?- la provocò lui, poi la guardò ammirato – come le conosci le parole?-
Dorcas ridacchiò e scosse la testa.
- Non la conosco quella robaccia che parlate voi...è che quando ero piccola...e ora se mi chiedi quanti anni ho ti do un pugno sul naso...- lo ammonì guardandolo significativamente.
Liam le rispose allo sguardo con tutta l’innocenza del mondo, quindi lei riprese.
- Insomma da Hutton in the Forest, il campo d’aviazione non lontano da qui, durante e poco dopo la guerra, a volte capitava un pilota, un certo Ronan, di Ayr, che ci sapeva fare coi bambini...un sacco di queste vostre canzoni ce le ha insegnate lui...anche una di quelle sui giacobiti-
Liam ovviamente non si fece pregare...
- Ye Jacobites by name, lend an ear, give an ear!Ye Jacobites by name, lend an ear …-
- Sì, proprio quella!- esclamò lei mentre lui andava avanti almeno per finire la strofa.
- Ye Jacobites by name,Your faults I will proclaim,Your doctrines I maun blame - you shall hear! - e dopo un breve applauso di Dorcas aggiunse – troppo buona Miss Patel, io se vuoi ti insegno “Ye Jovial Boys”, anche detta The Fornicator, scommetto che quella non la sai...- la sfidò.
- Dal titolo non promette male...-
- Che ragazze quelle dei laghi...- fu il commento ammirato di Liam.
- Che gentaccia quelli dello Strathclyde...- la replica.
Liam fece una risatina, poi, siccome sapeva che Dorcas tutto era meno che una moralista, si mise a canticchiare sotto voce quel certo pezzo dal titolo scabroso...
- With rueful face and signs of grace. I pay'd the buttock-hire. The night was dark and thro the park. I could not but convoy her. A parting kiss, what could I less. My vows began to scatter. My Betsey fell-lal de dal lal lal. I am a Fornicator...-
Dorcas a forza di voler rimanere seria, si fece una gran risata e per farlo stare zitto, gli mise un pezzo di prosciutto essiccato in bocca, ormai erano confidenze che con lui si prendeva liberamente.
- Ma smettila! Insomma sei venuto qui a rovinarmi la reputazione tu?- scherzò dandogli una bottarella col sedere su una gamba a cui lui rispose con un altro colpetto dando così inizio ad un piccolo duello fatto di urti e spintarelle e risatine.
Passato quel momento di ilarità, Liam finì di masticare e un attimo prima di deglutire la richiamò con un borbottìo.
- Dai chiedi, lo sento che c’è qualcosa che ti rode da quando sei arrivato sulla porta...- tagliò corto Dorcas.
Liam lasciò andare il coltello con finta stizza e la guardò.
- Ma insomma si può avere un po’ di riservatezza? Se metto uno di quei cosi gialli con su scritto “Attenzione pavimento umido” tra l’anticamera del mio cervello e il cervello stesso, voi ragazze del club della scopa volante la finite di spulciarmi i pensieri?-
- Nessuno ti spulcia niente, non essere paranoico...-
- Ma dammi almeno il tempo di dire che c’è una cosa che non va: voglio il diritto alla lamentela come ogni uomo, voglio poterlo stimolare l’istinto della crocerossina, non è lo stesso se te lo danno omaggio...-
- Ma non c’è già Sìle che ti fa da crocerossina?-
- E’ una questione di principio, Dorcas, sono un tradizionalista per certe cose, mio nonno mugugnava, mio padre mugugnava, io mugugno! Deve dare soddisfazione!-
- Che barba i marinai!- sbuffò lei -insomma se io ti anticipo, è come quando ti dicono salute prima che tu abbia starnutito: nove volte su dieci, lo starnuto non arriva...-
- Proprio così!- convenne Liam, poi però la guardò un attimo – piantala! L’hai fatto di nuovo! -
Dorcas levò gli occhi al cielo invocando una dose extra di pazienza.
- Ma no!-
- Invece sì!-
- Ti dico di no, non sta bene mettere in dubbio la parola altrui...-
- Guarda che... -
- Guardo cosa? Adesso vuoi cheti creda minaccioso anche?-
Dorcas lo vide cercare una risposta, gonfiare il petto con aria risentita e poi sgonfiarsi come un palloncino bucato.
- Ecco, spompato, che ci voleva? Insomma hai finito con quella zucca?-
- Sì...- brontolò lui un po’ offeso, poi ci ripensò - no...- aggiunse, quindi incrociò le braccia sul petto - non lo so...non mi hai detto quanto li volevi piccoli i pezzi...-
- Fa’vedere...sì va bene, muoviti, va’ a prendere il giaccone e usciamo, almeno posso distrarmi e tu non ti senti invaso nella tua intimità mentre rimugini -
Dorcas era piuttosto imperiosa nel dirigerlo ormai e lui era rassegnato all’idea di obbedirle senza troppe storie o di quei battibecchi si sarebbero riempite le giornate.
Si incamminarono verso il bosco, Liam con le mani affondate in tasca del giaccone e Dorcas avvolta in un piumino color malva, con una sciarpa a righe verde pistacchio e fucsia, un berretto pervinca con bordino ciclamino e guanti coordinati.
Completavano l’insieme dei fantastici stivaloni di gomma verdi.
- Tenuta mimetica eh?- commentò pigramente Liam che invece non si seprava mai dai suoi scarponi simili a quelli da montagna in quella stagione.
- Cosa?- chiese Dorcas porgendogli, come sempre quando qualcuno la accompagnava a raccogliere erbe e fiori o frutti di bosco, la cesta di paglia.
Liam ebbe un piccolo dejavu, ritornò con la mente a un giorno d’estate, a sé stesso che inseguiva una luna piena rosa, ovvero il culotto di Dorcas, sotto una foresta di piante di lampone: ebbe paura...d’estate finire in un fiume fino alle ginocchia era un conto, d’inverno tutt’altro.
- Niente scherzavo...cosa cerchiamo?- domandò tentando di dissimulare.
- Ortica...-
- Caspita quella sì che è da streghe...-
Dorcas fece un risolino mentre con una buffa camminata, quasi una marcetta sul posto considerata la già scarsa ampiezza delle falcata resa ancor più esigua del dover scavalcare l’erba alta, procedeva fuori dal sentiero principale.
- Allora? Cosa ti ribolle in testa?- gli chiese la donna mentre si chinava e raccogliere il primo mazzetto di foglie.
Liam posò la cesta tra i piedi e si chiuse meglio il giaccone addosso.
- Sìle l’altro giorno mi ha detto una cosa; mi ha detto...che tu, lei e Ceday, non sapete come finirà questa storia...anzi no! Non vedete come finirà questa storia, ma sapevate per certo che io sarei stato qui...-
Dorcas annuì senza guardarlo e raccolse altre foglie.
- Che significa?- domandò Liam – voglio dire...mi avete sempre detto che nel vostro essere streghe non c’è magia...-
- E’ così...- confermò la donna avvicinandosi a posare le foglie d’ortica nella cesta – attento alle mani – lo avvertì e lui annuì – vieni andiamo...- lo incitò riprendendo a camminare e dopo un po’, mentre attraversavano un tratto libero da alberi prima di riaffondare nel verde più fitto, riprese –...sai che in natura ci sono cose che avvengono senza che ci sia un’effettiva coscienza del motivo: gli animali sentono quando stanno per morire, guarda gli elefanti, ma certo il concetto di cimitero non glielo ha mai spiegato nessuno...-
- No, non credo...-
- No...- ripeté Dorcas, poi allargò le braccia - c’è qualcosa che si sente, il mondo è una cosa vasta per quanto microscopiche sono le parti che lo compongono, eppure anche entità minuscole, sono collegate...perché alcuni animali solitari, ad un certo momento, si muovono quasi all’unisono per incontrarsi e trovare dei compagni...è l’istinto, la conservazione della specie, certo, ma perché proprio verso un posto e non verso gli altri milioni di miglia che li circondano?-
Liam guardò innanzi a sé, verso il St.Sunday Pike, riflettendo per un attimo.
- Insomma per quanto ne sai io sono un fattore necessario al verificarsi di un evento grossomodo naturale?- chiese.
- Mettiamola così, sì...- rispose Dorcas sorridendo - la magia, è qualcosa di difficile da definire e che di certo non si può padroneggiare con bacchette o formule magiche. La cosa più vicina alla magia sono le emozioni e un’emozione, un sentimento, un pensiero, non sono impossibili da leggere, l’hai toccato con mano, come non è impossibile prevedere le reazioni che susciteranno...quindi, Sìle non ce la conto perché la cosa la tocca troppo dentro e la squilibra, ma ecco che io e Ceday possiamo avvertire che come tu avessi anche solo il vago sospetto di un disagio da parte di Sìle, correresti a rotta di collo per lei anche in capo al mondo, l’hai già dimostrato...-
Liam si schiarì la voce un po’ imbarazzato: all’essere tacciato di sentimentalismo troppo apertamente, la sua corazza che arrivava dalle terre alte, ancora non si rassegnava.
- Glasgow non è in capo al mondo...-
Dorcas incrociò le braccia sul petto e gli diede una piccola gomitata per farsi guardare.
- La prossima volta che tu e Sìle vi lasciate e poi fate pace, ricordami di metterti uno specchio davanti a quella faccia da schiaffi: quando sei rientrato tenendola praticamente in braccio, avevi gli occhi che brillavano da far invidia alla stella polare! – lo sgonfiò lei impietosamente(di nuovo), ma ricevendo in risposta un risolino timido di ammissione, dopo un sospiro paziente, riprese a parlare – l ’amore è una cosa che sente e prevede meglio chi sta fuori a volte, che chi ce l’ha dentro...-
Liam annuì abbassando gli occhi sull’erba umida e sospirò profondamente, arrendendosi al non potersi nascondere dietro un dito.
- Sìle ha paura...- mormorò però.
Dorcas smise lentamente di sorridere, anche se non del tutto, e gli strinse appena un braccio.
- Ne hai anche tu...come ne ho io...e non credere che io o lei, sappiamo più di te che cosa aspettarci...è tutto avvolto nell’imprevedibilità più assoluta: dipende da Lily capisci? Da quello che sente e vive; lei percepisce Sìle, me e anche te ormai, come qualcosa che fa parte di lei quanto e più dell’altro suo mondo e ora si sta confrontando con il fatto che noi non possiamo seguirla oltre certi limiti...per questo richiama a sé creature che costituiscono anche dei pericoli per noi...-
Liam si fidava di Sìle, ma anche lui si era accorto che Dorcas aveva un vantaggio su di lei: era lucida.
Forse in qualche modo, l’anziana strega era più vicina di lei alla logica che seguivano alcune cose, forse sapeva che la natura non prevedeva che fossero i sentimenti a prevalere sulle necessità e sul bene più ampio, anche se non assoluto, così sentir dire certe cose da Dorcas, non era l’unico modo per accettarle, ma gli serviva per conferma.
Mentre era al B&B con lei, Sìle e Ceday, che stava prolungando le vacanze ad oltranza per stare vicina all’amica in difficoltà, telefonarono dal paese.
Erano partite a piedi nonostante il freddo perché era una giornata stranamente asciutta: la neve era nell’aria anche se non cadeva proprio su di loro.
- Liam, Sìle dice se puoi andare tu a prendere Lily e poi puoi passare a recuperare anche loro due...Ceday ha le vesciche ai piedi...- spiegò Dorcas tenendo la cornetta al’orecchio.
“E se Liam dice una parola sui tacchi...”
- Lo credo, porta i tacchi da culto dello stivale in montagna!- rispose lui, spaccando il secondo come un orologio svizzero, ficcandosi una sigaretta in bocca e scattando in piedi per prendere la giacca.
- Tesoro l’ha detta, che gli faccio? – riferì scrupolosamente Dorcas, poi si rivolse a lui – culto dello stivale?-
- Roba da londinesi, non da brave streghette dei laghi...- ribatté Liam andando a darle un bacetto e sentendo Ceday dal ricevitore dire:
“Ha parlato il il gonnellino a sorpresa! Muoviti Kerr!”
“Ced! Parla piano!” intervenne Sìle.
- Sbrigati, prima che chiamino la buoncostume e ce le sbattano dentro...- suggerì Dorcas pragmaticamente.
Liam ridendo infilò la porta e andò dritto dai signori Brown.
- Liam! Come va?- domandò il Signor Brown aprendogli la porta.
- Bene grazie Cary e voi?-
- Bene...entra pure -
- Grazie, mi dispiace per il ritardo, ma Sìle non è potuta venire a prendere Lily e mi ha avvertito solo poco fa – spiegò entrando e vedendo Lily in cucina con Celia.
Cary fece un risolino e lo dispensò dalle scuse.
- C’era solo il rischio di Lily tornasse a casa rimpinzata di biscotti...l’abbiamo dovuta tenere tutto il tempo in cucina...- gli disse invitandolo a seguirlo con un cenno e avviandosi verso la stanza in questione con il suo passo lento e calmo – Celia l’aveva portata a fare una passeggiata sulla riva del lago finché c’era un po’ di sole, ma quel tipo, l’americano che gira da queste parti, si è avvicinato loro e ha cercato di parlare con la piccola...-
Liam lo ascoltò molto serio e piuttosto alterato, pur mantenendosi calmo di fronte a Cary che pareva quasi giustificarsi per qualcosa che sapeva avrebbe dato fastidio a Sìle.
Lo specchietto per le allodole aveva smesso d funzionare, o forse non aveva mai funzionato quanto sperato.
- Appena ha fatto il tuo nome, Celia ha capito che doveva essere lui e allora ha riportato Lily a casa e l’abbiamo tenuta qui con noi...a Celia sembrava anche un po’ innervosita da quella persona...-
- Avete fatto benissimo Cary, non si preoccupi...salve Celia -
- Oh William!- lo salutò la signora, con la consueta delicatezza, quindi si rivolse alla bimba che ora stava sbirciando attentamente in un cassetto, stando accucciata sui talloni - Lily guarda chi c’è...-
- Pulce, è ora di tornare a casa, che dici?- le chiese lui piegandosi in avanti.
Quando Miss Brown la avvertì e Liam la chiamò, Lily si girò a guardarlo, sorrise subito apertamente, si alzò e gli corse incontro mostrandogli alcune presine fatte all’uncinetto, tutte colorate.
- Accidenti che belle...ma non sono di Celia? – le disse lui prendendone una.
Lily si girò verso signora Borwn con aria sorpesa e interrogativa.
- Gliene ho promesse tre o quattro a sua scelta...le può prendere – la tranquillizzò Miss Brown.
- Ah come non detto allora, chiedo scusa Miss Lily, adesso però andiamoci a infagottare o Sìle e zia Ced le ritroviamo con i ghiaccioli al naso...- scherzò Liam pizzicandole appena il nasetto che Lily per tutta risposta arricciò e si pizzicò a sua volta prima di correre a recuperare il cappottino.
- Grazie per la premura di oggi...- disse lui mentre la guardava, riferito a quanto accaduto con Gore.
- Lily sembrava...non spaventata, ma piuttosto irritata, da lui, come un gatto quando sta per graffiare, non ho mai visto la bambina così, è talmente tranquilla...- spiegò Celia mentre Lily tornava con il cappellino messo in testa un po’ approssimativamente e richiamava Liam perché la aiutasse col cappottino che proprio non voleva saperne di allacciarsi, la zip si incastrava sempre.
Lui si abbassò, la aiutò a mettere meglio la sciarpa che intralciava la zip, le sistemò il cappellino e la prese in braccio.
- Pronti! Presine?- le chiese e Lily gliele sbatté sul petto come affidandogliele ufficialmente – certo sono io l’addetto...allora ci vediamo!- salutò rivolto ai Brown che gentilmente li accompagnarono alla porta.
Quando arrivarono a prendere Sìle e Ceday, Lily era legata al sedile posteriore della BMW e profondamente addormentata.
- Che bravo papà...- commentò Sìle una volta salita e vista Lily.
- Ah i bravi papà i bambini li immobilizzano? Allora è una passeggiata, facciamone subito un paio di scorta...- rispose Liam sorridendole mentre aspettava che Ceday salisse, la quale...
- Oh fantastico! Almeno posso ricoprirti di qualche improperio senza che la piccola impari niente!- disse accomodandosi dietro, accanto alla bimba, scoprendola così bene assorta nei suoi sogni.
- Ma perché? Non è vero che porti gli stivaloni Julia?-
- Intanto era Vivian , la graziosa signorina cui ti riferisci, e il fatto che io abbia i capelli rossi e gli stivali non fa di me una...- si interruppe un momento appunto per togliersi gli stivali in questione, lasciando tutti in attesa di sentire una certa parolina – che vivrebbe a Hollywood...che robaccia! oh! Che liberazione! – sospirò invece massaggiandosi un piede e non accorgendosi che Liam e Sìle si erano guardati e avevano riso sotto i baffi.
-Hollywood non è così male, andiamo...-
- Fammi il piacere Kerr, ti pare un ambiente da streghe?-
- No, meglio New Orleans in effetti...- convenne con lei Liam -Ah...- ricordò dopo un momento - Cary e Celia hanno detto che Gore ha cercato di nuovo di avvicinare Lily...-
Sìle lo guardò preoccupata.
- Cosa?- chiese mentre Liam le prendeva la mano e la stringeva nella sua.
- Stai tranquilla, Celia l’ha riportata in casa subito...ma ha detto che Lily sembrava molto irritata, quasi aggressiva direi da come me l’ha descritta...-
- Ma perché non venite da me a Londra tu e la piccola?- propose prontissima Ceday all’amica, trovando l’appoggio immediato di Liam.
- Ha ragione sai?-
Ma Sìle scosse subito la testa.
- No, Lily non si allontana dal lago, lo sai Ced...non sta bene lontana dall’acqua...-
- E allora? Io vivo sul Tamigi!- rispose Ceday.
- Ha detto acqua Ced...- puntualizzò ironicamente Liam cambiando marcia.
- Sempre spiritoso eh? Allora portatele tu a Glasgow...-
- Aspetta...- intervenne Sìle colta da un’ispirazione, mentre Liam già reiterava la disponibilità a portarsi dietro anche Dorcas, Agenore e compagnia se fosse servito. Si interruppe guardando lei che dopo un momento si girò verso Lily – se c’è un posto che lei ama, è il tuo cottage...è l’unica soluzione che mi viene in mente per non costringerla ad allontanarsi dai laghi...e Gore dove ci sei tu, non si avvicina di certo...-
Liam rimase in silenzio per qualche momento, poi si girò di nuovo verso la strada.
- Kerr, ti sta proponendo una convivenza...-
- Non dire fesserie Ced!- si affrettò a dire Sìle, non prevedendo che Liam, prevedibilmente invece, avrebbe risposto qualcosa tipo...
- Ah grazie! Come mi sento amato quando dici queste cose!-
- Liam, ti viene da dio, ma non fare l’uomo proprio adesso...- lo redarguì Ceday quasi annoiata.
Lui non si girò a guardarla, lo fece attraverso lo specchietto.
- Non so fare altro purtroppo, sono, un uomo, e se ora mi dici non fare lo scozzese potrei risponderti allo stesso modo, quindi trova altri argomenti, donna inglese...-
Ceday si trovò a corto di risposte, allora guardò Sìle dicendole che lui stava diventando polemico, ma l’amica non le diede troppa corda.
- Va bene comunque...- riprese lui dopo un attimo – basta che poi non succedano cose tipo che tu, Ced e Lily dormite in camera mia e io devo dividere il divano con gatti e palle di pelo impiastrate di miele...-
L’accordo, puntualizzato questo, era preso di massima, infatti, sedate le rimostranze di Dorcas con un milione di buone ragioni apportate da Liam, che a sprazzi era l’unico che riusciva ad esercitare un minimo di autorità su di lei, Lily e i suoi effetti, il che comprendeva anche i suoi pupazzi, una gattina figlia di Agenore e la sua copertina preferita, vennero trasferiti al cottage di Liam.
Sìle avrebbe fatto avanti e dietro dal cottage al B&B ogni giorno e Ceday sarebbe stata a disposizione di Dorcas...almeno avrebbe imparato a cucinare, disse.
Lily venne sistemata in una stanza che era già prevista per i bambini e che Liam non usava che per riporre qualche raccolta di vecchie foto e riprese.
Una volta messa a dormire Lily, loro tre, anzi Sìle e Ceday a dispetto di qualche debole protesta di Liam, si misero per l’appunto a spulciare le foto e i video, quelli dal computer di Liam che Ceday aveva sequestrato.
- Ehi! Qui eri in Australia...-
- Sì, Uluru...Ayers Rock e quella invece la “Grotta delle mani” in Patagonia non molto prima di tornare qui...- spiegò lui indicando una foto che teneva in mano Sìle.
Lei la guardò bene...si vedeva Liam con una sigaretta in bocca, gli occhi strizzati sotto il fumo che ne saliva, le mani impegnate da una macchina fotografica e un sorriso divertito, ma evidentemente lo sguardo era impegnatissimo a studiare la parete che, come si vedeva in altre foto, era costellata di una miriade di mani “stampate” uso stencil sulla roccia con terre colorate, nere, bianche e rosse.
- Posso tenerla?- gli chiese lei.
Lui annuì, quindi si girò verso Ceday che gli chiedeva che posto fosse quello di un’altra fotografia.
- Tibet...quella è Lhasa -
- Sei stato in Tibet?- chiese Sìle e lui annuì indicandole anche una foto con dei bambini minuscoli e sorridentissimi che gli stavano appesi due per braccio e sembravano pregarlo di sollevarli, come per un gioco.
- E sei stato su un elefante?- domandò un attimo dopo Ceday.
- Sì...quattro o cinque anni fa, invece l’elefante era in Nepal e il mio coccige grida ancora vendetta...-
Spiegò lui mentre da un certo momento in poi, le sue foto erano per lo più accompagnate da animali: una famiglia di suricate che lo guardava con un certo sospetto, ma anche un discreto interesse mentre lui sedeva su una duna di terra rossa e le ignorava; un enorme leone addormentato per venire curato da un ascesso a un dente, a cui lui teneva una zampa come a misurarla con la sua mano.
Un lupo grigio chiaro, in Canada, che lo sbirciava prudente, mentre decideva se andargli incontro o no: c’erano volute tre settimane di studio reciproco prima che quel maschio si decidesse ad avvicinarsi a meno di dieci metri, aveva spiegato lui.
Cambiando ambiente e spostandosi in Nuova Zelanda, compariva un pinguino, che in una serie di una decina di foto, pareva proprio aver preso in simpatia lui e un altro ragazzo del gruppo e aveva chiamato rinforzi, cinque o sei simili, per un pedinamento lungo la spiaggia.
Ce n’erano alcune buffe come quelle, altre più tristi come poteva essere trovarsi di fronte a una quindicina di balene arenate misteriosamente.
Si riconosceva la sagoma imponente di lui, anche se piccola rispetto a quella dell’animale insabbiato, appesantita dalla tristezza.
C’erano anni della vita di Liam che a Sìle ancora mancavano, ma che le piacque esplorare.
- Ehi e lui chi è?- esclamò d’un tratto Ceday.
- Ti sei innamorata Ced?-
- Che stupida che sei, è una scimmietta microscopica col pannolone e...beh veramente brutta...cielo che capelli, come fa ad averli così elettrici?-
- E’ un orangutan neonato, hanno sempre i peli dritti Ced...-
- Oh...-
- Sono molto sensibili e lei è Amelie, in quelle riprese aveva due mesi e mezzo, era appena arrivata al centro di accoglienza dopo aver perso la madre e mi amava moltissimo...mi riempiva di bacetti...-
- Lo vedo – rispose Ceday fissando lo schermo un po’ sconcertata.
- Ecco...-
- Dormivate anche insieme?-
- Certo, eravamo fidanzati, mi spidocchiava come nessun’altra, tu non mi spidocchi mai così...- disse Liam a Sìle.
- Non spidocchio neanche Lily e la vita di coppia ne risentirebbe...- lo avvertì lei.
Intanto sullo schermo del computer passavano le immagini di Liam che entrava in una stanza seguito da un operatore che però poi rimaneva a una rispettosa distanza mentre lui muoveva un passo o due in avanti, salutava una donna bionda, sulla quarantina chiamandola Paula.
Era una specie di piccolo backstage di un documentario sul lavoro di questa dottoressa tedesca.
”Buongiorno...” diceva lei.
”Buongiorno...” rispondeva lui.
“Hai dormito bene stanotte?”
”Sì grazie...uccisi quei venticinque aerei travestiti da zanzare, sì” diceva ancora Liam, poi la donna, sorridendo, gli faceva cenno e gli diceva che qualcuno lo stava aspettando per fare colazione, allora lui si chinava e sorrideva “Ehi M&M, vieni un po’ qua...” diceva tendendo in avanti le mani e allora si vedeva la cucciola andargli incontro caracollando un po’, infatti lui le andava incontro per offrirle un appoggio, ma lei non si risparmiava comunque un lamento offeso, esattamente come un bambino piccolo che avesse inciampato imparando a camminare.
”Non darle retta, lo fa per farsi compatire, vero Amelie?” diceva la donna mentre Liam abbracciava la bestiola e le accarezzava il capino e lei, trovato un alleato comprensivo, gli indicava un certo barattolo con una bella determinazione.
“Cosa non si fa per un biscotto eh ragazza? Dai vieni qui...”
Nelle scene successive, lo si vedeva sdraiato su un’amaca, con la piccola orangutan sul petto, lei lo guardava adorantee gli accarezzava delicatamente un sopracciglio mentre lui le parlava.
”Sei una peste lo sai?...secondo me lo sai...” diceva lui parlando lentamente, sottovoce quasi, alla piccola.
Di sottofondo si sentiva qualcuno, probabilmente chi riprendeva, una ragazza, sorridere e commentare.
“Si sta addormentando guarda...”
Liam annuiva senza abbandonare con gli occhi il musetto della bestiola.
“Sì la vedo...”
“Ha passato il pomeriggio a giocare con la sedia girevole di Paula, è stanca morta...”
Mentre la ragazza parlava, Liam prendeva a passare delicatamente un indice lungo la fronte e il naso della scimmietta e quella rimaneva lì, come ipnotizzata...
”E’ ora di dormire M&M...chiudi gli occhi...dormi...crolla ti prego, non mi sento più il braccio...” le diceva con voce cullante e appena sussurrata.
”Perché M&M?”
”Perché Miss Meravigliosa è troppo lungo, vero bambola?...vero che ti stai addormentando?...eh sì...” Da lì anche la ragazza iniziava a tacere per non disturbarli, ma continuava a riprendere.
- Lo sapevo che finiva così...lo fai anche con Lily - disse Sìle abbracciando Liam attorno alle spalle, presa da un moto di tenerezza, vedendo che una volta crollata la piccola Amelie, Liam l’aveva seguita circa a ruota - è bellissimo vederti così sai?- gli confessò.
Liam si girò appena a guardarla, quasi stupito di quella dichiarazione d’interesse da parte di lei.
Non si era mai soffermato a pensare che per lei, per quanto speciale fosse la sua sfera di quotidianità, quelle immagini potessero essere toccanti o stupefacenti come era stato per lui viverle.
Le sorrise e si girò di nuovo verso Ceday, baciando una mano di Sìle.
- Questa è Africa però...- osservò l’amica.
Lui confermò spiegando che era un albergo in Namibia quello che vedevano e che intorno durante la notte, si sentivano ruggire i leoni, che la loro voce faceva tremare lo stomaco e non solo...entrava dentro il corpo, ti riempiva e...poi però qualcosa lo colpì sul video, i suoi occhi si fecero inquieti d’improvviso.
- Quello è Manute...- disse indicando un ragazzo africano dal sorriso aperto e dolce con cui si vedeva Liam ridere e scherzare – è il ragazzo che era con me in Sudan, che è rimasto ucciso...-
Sìle gli accarezzò i capelli, gli si strinse di più addosso e il turbamento passò, lo sentì rilassarsi sotto di sé.
Finito di guardare quelle foto, Liam riaccompagnò Ceday al B&B e quando tornò, con Sìle riposero le scatole con le foto in cantina.
- Ehi ma cos’è?- chiese Sìle ad un certo punto.
- Cosa?- domandò Liam spolverandosi un po’ le mani.
Lei gli fece cenno di ascoltare e lui sorrise avvertendo quel russare leggero e lontano.
- Ah! Non te l’ho più fatto vedere...- rispose avvicinandosi a lei e poi indicandole il sasso che giaceva sul pavimento – guarda lì sotto...-
- Sotto il sasso?-
- Sì...-
Sìle scoprì l’esserino ricoperto di capelli che ancora dormiva lì sotto e guardò stupita Liam.
- Ma...-
- Cosa?- le chiese lui.
Sìle riabbassò gli occhi sul piccolo essere addormentato e sorrise incantata, poi scosse la testa mentre riponeva delicatamente il sasso, con il fare di quella che facesse finta di aver sognato.
- Non ne a vevo mai vista una...- sussurrò tenendosi i capelli indietro sulla fronte - mai così...-
- Puoi continuare a guardarlo, tanto lui dorme...- le disse Liam per tranquillizzarla, ma Sìle gli fece segno di no.
- Non posso approfittarne...- disse seriamente.
Liam capì, ormai era abbastanza al dentro della questione Fate o Sìdhe da sapere che da loro bisognava prendere quanto erano disposti a dare, mai chiedere di più...e questo certo Sìle lo sapeva bene quanto lui.
- Quando l’ho visto così, ho capito che mai al mondo t’avrei permesso di pensare che mi ero svenduto qualcosa di quello che ho trovato qui...- le disse Liam mentre lei lo andava ad abbracciare – credo sia un parente di Hallery Brown...-
- Hallery Brown?-
- Sì, è scritto tra gli appunti di Paulie vicino ad un disegno del nostro amico narcolettico lì...anni fa, venne rinvenuta una fata di nome Hallery Brown, che giaceva addormentata, nuda e avvolta nei suoi lunghi capelli e barba dorati, sotto una pietra...ho pensato che se lui continuava a dormire così beato, io non potevo essere un pericolo per loro...-
Sìle lo guardò negli occhi e gli sorrise.
- Dopo averti visto con Miss Meravigliosa, mi sento ancora più stupida per aver dubitato di te...-
- Non hai mica visto tutto...-
Sìle stava per dirgli altro, ma ci fu un rumore al piano di sopra.
- Si alza il vento, è meglio controllare che sia tutto chiuso...- disse Liam prendendola per mano, ma la sentì che tremava – che c’è?-
Lei guardava verso la cima della scala, come in attesa di sentire qualcosa che però non arrivava.
- Qualcosa...- bisbigliò.
Tornarono su e rimasero in ascolto per un po’...per Liam non era niente, cercava di rassicurarla, era solo qualche folata di vento che di quando in quando investiva le pareti e il cottage sollevando piccoli sassi o rametti o foglie secche, invece per lei era un suono strano, fatto di tutte quelle cose, sì, ma non era normale.
Salì a controllare Lily, lasciando Liam di sotto che controllava che le finestre fossero chiuse e quando arrivò di sopra, trovò Lily tranquilla, ma sveglia, seduta nel letto, che guardava fuori.
- Piccola...- sussurrò dolcemente.
La bimba la guardò e le tese una manina.
Sìle le andò incontro e si sedette accanto a lei che indicò la finestra e poi il proprio orecchio.
- E’ vento...ti fa paura?- le chiese quasi come le stesse chiedendo una conferma di cosa sentiva anche lei.
Lily scosse la testolina e indicò di nuovo fuori e poi ancora l’orecchio di Sìle e poi il proprio.
Man mano che ascoltava Sìle capì a cosa alludeva Lily...il vento portava suoni diversi dal solito...non erano detriti che sollevava il mulinare dell’aria quelli che sembrava di sentire, erano voci della foresta, che venivano da lontano, dal suo profondo...
Per una volta la sua capacità percettiva le si manifestò unicamente in forma di suono, anche se comunque lei chiuse gli occhi e man mano le cose cambiarono: nel fruscio confuso inizialmente, ad ogni folata di vento iniziò ad avvertire passi, passi sulle foglie secche, sulla terra umida, sui rami...frettolosi, incerti, spaventati anche...e poi un respiro, affannato, allarmato, interrotto da piccoli singhiozzi di voce.
Le sembrava di avvertire qualcuno che, pur spaventato, andava avanti su un sentiero che diveniva sempre più minaccioso.
Poi si levò una voce, un’altra.
Una voce di donna, melodiosa, lementevole, ma ammaliante che lambiva la coscienza più che l’udito e intorno c’era solo buio e freddo e umido, come la notte in cui aveva sognato Black Annis.
E di nuovo la sua coscienza, quella che le suggeriva cosa stava percependo, le sussurrava parole...
”La fata malata d’amore, l’amore che ruba la vita...”
E in quel mentre, le sembrò di uscire da un buio solo apparente, come se si fosse trovata senza luce troppo d’improvviso, senza tempo di abituarsi all’oscurità, ma poco oltre ci fosse un tenue bagliore che iniziava a delineare le sagome di fronte a lei.
Le si formò davanti agli occhi il lago di Lily, ormai lo chiamva così tra sé, e guardando meglio, sulla sponda vide due ombre.
Delle due riconobbe chiaramente Liam che stava immobile, con gli occhi fissi sulla superficie liquida.
Intanto la voce lamentosa, che cantava pur non intonando nessuna melodia vera e propria, continuava a ronzare intorno.
”La dolce morte...” le suggerì il suo pensiero.
La portò a scrutare subito la superficie del lago su cui, tanta era la sua immobilità, vedeva evidentemente un incresparsi lento e graduale, come di qualcosa che stesse fuoriuscendo dal lago o stesse nuotando appena sotto il pelo dell’acqua.
- Liam...- chiamò presa da un improvviso senso di panico, come con la netta sensazione di stare per vederlo muovere un passo verso quello specchio gelido, che già una volta era sembrato tentare lei in maniera tanto infida.
- Liam guardami...- disse ancora, ma lui non si voltava.
L’altra ombra pareva nella sua stessa condizione di immobilità e distrazione, presa da ciò che si muoveva nell’acqua e Sìle sentiva una paura profonda attanagliarle il cuore, come quella che l’aveva presa il giorno del castello di Caerlaverock.
Fino a quel momento era stato tutto lento e ovattato, anche se gelido nell’atmosfera, ma poi cambiò, d’improvviso, in un battito di ciglia...
Qualcosa di nero emerse d’un tratto dal lago, con un rumoroso sciabordio; l’ombra accanto a Liam sembrò scomparire inghiottita da un gorgo nell'acqua mentre il canto lamentoso diventava tanto forte ed echeggiante da essere fragoroso...
Le balenarono davanti agli occhi flash di Liam che la guardava finalmente, ma lei sapeva che non era al sicuro finché rimaneva lì fermo, poi Lily che d’un tratto compariva accanto a lui e la cosa uscita dal lago, ancora solo una massa scura, che era sempre più minacciosa e la spaventava a morte.
-Liam! Liam guardami! Vieni da me Liam ti prego!- gridò, ma mentre si rese conto che stava chiamando ad alta voce, si accorse anche di venire scossa leggermente da qualcuno che la stringeva per le braccia.
- Sìle sono qui! Sono qui...ehi!- la richiamava Liam che si era seduto tra lei e Lily e cercava di distoglierla da quello stato.
La bimba, quando Sìle riaprì gli occhi, era in piedi sul lettino, appoggiata alla spalla di Liam, un po’ preoccupata, ma non spaventata, non quanto lui.
- Oh Dio...- balbettò Sìle fermandosi e portandosi le mani sul viso prima di addossarsi al petto di Liam.
- Che succede? Mi hai chiamato...-
Sìle lo abbracciò stretto e nel frattempo allungò una mano a fare una carezza a Lily, scosse la testa guardando la piccola negli occhi.
- Non lo so...- rispose – io ho visto qualcosa...- disse risollevandosi per guardarlo in faccia – c’eri anche tu...stavolta ti ho visto chiaramente...me l’ha mostrato Lily credo – disse.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Switching ***


Capitolo 22 –

Il cellulare squillò un paio di volte prima che lui si svegliasse, un’altra mentre si faceva scivolare con attenzione Sìle giù dalla spalla, poi ancora mentre scorreva con delicatezza sotto il corpicino esile di Lily, accoccolata tra loro due.
Per fortuna non le disturbò troppo la suoneria, e lui poté raggiungere il telefono e rispondere senza che se ne accorgessero.
- Pronto...-
“Dormivi?” gli chiese la voce di George arrivando tra suoni di gente e traffico.
- George...- rispose lui accostando piano la porta – sì...- disse girandosi a controllare che il battente accostasse senza rumore – sì, ho fatto tardi ieri notte -
“Ti disturbo? Ho parlato con Walt, mi ha detto che hai avuto noie con quel tipo untuoso, pensavo ti servisse il numero di qualche buon legale in caso di omicidio colposo...”
Liam si fece una breve risata mentre accendeva il bollitore in cucina e poi si dedicava ai gatti che miagolavano disperati e famelici.
- Sì beh grazie del pensiero, ma...niente di che, bastava mettere in chiaro qualche punto di non ritorno...- disse guardando qua e là per casa, manovra divenuta quotidiana ormai, per vedere se in giro per la cucina c’erano latte irrancidito o qualche scritta improbabile su pareti, mobili, riviste e libri rimasti in salotto: c’era solo la solita ciotola che Sìle lasciava ricolma di latte zuccherato, a disposizione di eventuali visitatori notturni ,e quella come al solito era vuota.
“Oh meglio così...”
- Sì...- mormorò Liam soffocando uno sbadiglio con la fronte appoggiata ad un pensile.
“Ehi...una volta a quest’ora andavi a dormire e ora non ti svegli neanche?”commentò George.
- Ma no, te l’ho detto, è stata una nottataccia...-
Quando Liam diceva cose così e poi stava troppo zitto invece che tranquillizzare George lo metteva in pensiero, perché se non raccontava niente per spiegare da cosa avesse avuto origine il problema, anche se con poche parole tipo “Non ho dormito molto, ma non è stato sonno sprecato...”significava che non era niente di troppo piacevole.
“Will è tutto a posto?” chiese, perché quando si faceva serio lo chiamava Will con un tono quasi paterno.
Lo risvegliò quel richiamo, si rese conto d’aver tradito la tensione che gli provocava vedere Sìle in ansia come la notte prima e non poter fare niente per aiutarla più fattivamente.
- Sì, diciamo di sì...-
“Va bene, diciamo di sì per la stampa, ma detto tra noi?”
Liam sospirò passandosi una mano sul viso, si avvicinò alla finestra della cucina che dava verso i boschi e come sempre, considerò se vedeva con entrambi gli occhi o no: quella mattina era un po’ e un po’...curioso, pensò tra sé.
Poi gli parve di sentir aleggiare una nota d’aglio nell’aria e si spiegò molte cose.
E pensò anche che aveva bisogno di parlare di tutto quel casino con qualcuno di cui si fidava come di sé stesso e George, al solito, era capace di un tempismo degno di 007.
Il problema non si poneva quando era da solo con Dorcas e Sìle, le sparizioni di crostini, i disordini inattesi per questa o quella stanza, i rumori sospetti, facce e piccoli corpi che si lasciavano intravedere qua e là, gente dormiente sotto i sassi (ormai divenuta Nap per loro di famiglia...e non lo svegliavano neanche le cannonate!), strani mucchietti di pietre che si andavano infittendo intorno al cottage, ditate e impronte che avrebbero meritato di scomodare un’intera sezione di polizia scientifica per essere catalogate, impiastrate di qualunque cosa, andavano comparendo con sempre maggiore frequenza attorno a loro...
Una volta perfino una scia zampettata con mani di tre dita, sporca di marmellata mista a senape, che correva dal frigo a alla finestra, risaliva lungo il vetro perché era chiuso(e sembrava di vederlo un esserino di quattro o cinque pollica che bussava sui vetri affannato, poi cambiava strada e si dirigeva nel sotterraneo).
I disegni di Paulie andavano acquisendo man mano un maggiore senso e Liam aveva già consumato due taccuini di medie dimensioni per appunti e annotazioni, ricordi, collegamenti, similitudini.
Tutto questo era normale ormai, comprese quelle zaffate di odore d’aglio che a volte pervadevano la stanza, e l’aglio non era la cosa peggiore, il che denotava la presenza di qualche altro originale figuro con altrettanto originali gusti olfattivi; poi, parlando con qualcuno che lo riportasse alla normalità e alla frenesia dell’altra vita cui era abituato, come George, aveva la strana sensazione di stare diventando un po’ come Diane Fossey con i gorilla di montagna nel Virunga.
Sì, a volte aveva ancora bisogno di tenere un piede nel mondo comune, perché in qualche modo bisognava guardarsene.
C’era uno che diceva “Conosci il tuo nemico“ , tale Sun Tzu, e lo aveva sempre immaginato seduto lungo un fiume, con un suo amico, certo Confucho, ad aspettare il cadavere del nemico di Sun Tzu che avrebbe detto “Ah lo conosco quello!”
- Detto tra noi...- disse a sua volta distogliendosi da una serie di ragionamenti che stavano diventando un tantino troppo farseschi e irrispettosi dei due grandi cinesi - è una cosa complicata...è...beh tu conosci Ceday no?- chiese rendendosi subito conto di essere stato frainteso nell’interrogativo.
O meglio...lui con conoscere intendeva sapere di Ceday, George l’aveva presa solo per una domanda di scrupolo.
“Ceday Clopton?”
- Certo, ne conosciamo entrambi altre?-
“...mh...non direi, no...allora?”
- Tu sai cosa fa vero?-
“Beh se mi dicessi la squillo mi sorprenderebbe un po’...ero rimasto alla cartomanzia e a chi dice che un po’ strega lo sia davvero...”
- Infatti...-
George si fece una risata.
“Non prendere per il culo Liam, dai...”
- Ma non ti ci prendo...-
“Che? Vuoi dire una strega alla... Scaglia di drago, dente di lupo, mummia di strega, ventricolo e imbuto dello squalo che i mari devasta, barba di cicuta nel buio divelta, fegato d'empio circonciso, fiele di capra, rametto reciso di tasso all'eclissi di luna... e...com’era? aspetta...ah sì! Naso di Turco e labbra di Tartaro, dito di strangolato pargolo partorito...”
- In un fosso, da una bagascia...sì George, ci facciamo tutta la tragedia o cosa?-
“Eheh, però la parolacce te le ricordi eh?” sghignazzò l’amico prima di sospirare in memoria dei bei tempi di gioventù in cui calcava la scene al college nei panni di Banquo nel Macbeth ”eh...la tragedia scozzese...la chiamano così sai?”
- Ne sono consapevole, Sir...e, vogliate perdonare la mia presunzione se credo d’averne perfino arguito la causa...- gli rispose facendogli il verso, cosa che ormai aveva imparato a fare benissimo.
“...egocentrico...”
- Ah io? Sono io che per nostalgia di me stesso ti do il buongiorno citando a memoria Shakespeare?- chiese.
“Quanto lo dici male...” commentò George quasi con disprezzo: in effetti Shakespeare , era una parola che si prestava abbastanza a deformazioni per uno del nord, Liam non poteva obiettare, ammesso che ne avesse avuta voglia, poi però George tornò in veste di confidente, quindi le discussioni sulla fonetica furono rimandate “insomma dimmi di Ceday...”
Liam sospirò e si passò una mano dietro il collo.
- Senti io te lo dico, però tu devi ricordarti di quante cose hai visto negli anni e che ti hanno lasciato un dubbio che a tutto esista una spiegazione logica immediata...ho bisogno di dirlo a qualcuno che non lo trovi normale e scontato almeno quanto è successo a me, è una cosa che ne comprende due insieme e...-
“Buon Dio, mi stai facendo preoccupare Will, stai bene?”
- Quando ti ho detto di aver conosciuto Sìle come ti sembrava che stessi?-
“Normalmente un po’ atterrito da una donna del tutto imprevista, ma benino...”
- Ecco allora tieni presente che all’epoca era già iniziato tutto...-
“Va bene ma con Ceday cosa c’entra?”
Liam fece per rispondergli, ma poi rinunciò.
- Non posso spiegarti per telefono cosa c’entra Ceday con Sìle e cosa c’entra Sìle con quel pidocchio...ho bisogno di farti vedere...però...-
“Sì?”
- George tu mi devi giurare sui tuoi coglioni, potessero cascarti, che non dici ad anima viva che cazzo ti faccio vedere!-
(Evviva la poesia del mondo del Piccolo Popolo...)
“Beh...di fronte ad un intero apparato genitale maschile scomodato, non posso che impegnarmi...”
- George!-
“Oh andiamo! Io te l’ho fatta vedere la mia Nessie no?”
- Beh diciamo che nel mio caso la questione è un po’ più ingarbugliata del semplice dubbio di aver scattato una delle foto del secolo, e forse ho bisogno di un complice molto serio agli occhi di tutti ma sotto sotto altrettanto fantasioso come solo tu sai essere, se per caso quel tipo venisse in possesso di informazioni che è meglio non divulgare per la pace di molti...-
“Ah...” commentò George, quindi si schiarì la voce “senti...” riprese.
-Sì...-
“A me puoi dirlo e lo sai...”
- Sì...-
“C’è davvero qualcosa di fuori dell’ordinario lì? Perché se è così non te lo scolli più...”
Liam si guardò attorno e vide sul tavolo la pila di disegni e fogli e foglietti e pagine strappate, scritte da lui, da Paulie(o da Garlicky, non c’era neppure da dirlo)...e dicendosi che doveva trovare prima possibile un posto sicuro dove imbucarla, si rivolse di nuovo a George.
Lily non aveva più paura dei disegni ormai, il motivo per cui andavano tenuti nascosti erano gli occhi indiscreti di terzi.
-...allora mettiamola così: ha il fiuto di una dannata zecca per il sangue...non è incollato a questo posto, è saldato! E solo perché sa che rischia la vita non si avvicina a me, a Sìle e alla bambina e... - la voce gli morì sulle labbra guardando di nuovo dalla finestra.
E quella?
...una strana pietra rotonda o forse un guscio di legno...che serpeggiava qua e là, in mezzo all’erba, con traiettoria piuttosto disordinata, quasi per dei violenti sbilanciamenti, come fosse la testa di qualcuno(non più alto di una quindicina di centimetri, che portasse un grosso peso.
Due contenitori di legno anche quelli pareva...
“Liam?” lo richiamò George.
Ecco perché ci vedeva sempre meglio.
- Ehm...George io credo di...- fece per dire, ma una voce proruppe energicamente da dentro una mensola con...


“Whaur hae ye been sae braw, lad? Whaur hae ye been sae brankie-o? “


Facendo prendere un colpo a Liam...
“Ma che diavolo fai?” chiese George dal telefono, preda di una comprensibile perplessità “guarda che ti sente tutta Trafalgar Square tra un po’...”
- Senti...-
E di nuovo...


“Whaur hae ye been sae braw, lad? Come 'ye by Killiecrankie-o?”


...un po’ più da vicino, stavolta sembrava dentro la mensola sopra i fornelli...
Liam aprì uno sportello, ma niente, vuoto, poi un altro, cercando di seguire la voce e intanto George dall’altra parte sentiva tutto.
“Ma la pianti? Sei ubriaco o cosa?”
- Ma non sono io George!- gli rispose lui un po’ alterato.
“Allora cambia stazione radio scusa...”
- Non è neanche quella, è che...-
E a quel punto partì tutto un coro a due o tre voci che cantavano in perfetta modulazione vocale la vecchia Killicrankie...
“E allora cos’è? Senti che razza di...”
- Ti sei svegliato allegro stamattina?- chiese Sìle arrivando di sotto.
“Dio del cielo, ma che succede?” ancora George.
- Ma chi è?- ancora Sìle.
Tutte quelle domande unite al fracasso che già proveniva da dentro i mobili di cucina, portò Liam a dover prendere una posizione un po’ drastica.
- Il prossimo che apre bocca emettendo una sola nota, giuro che lo faccio benedire a morte!- esclamò dando una manata sull’ultimo sportello che gli pareva utile esaminare.
“Sei impazzito vero?” chiese George mentre in un istante tutto taceva e da dentro il pensile veniva un suono come di un corpo andato giù un po’ di peso.
Era stupido pensarlo forse, ma pareva proprio il rumore di qualcuno che cadeva svenuto là dentro...e poi subito dopo si sentivano dei passettini frettolosi, delle vocine sussurrate...
- E’ bello scoprire d’aver parlato al vento negli ultimi minuti George! Grazie!- disse, poi si rivolse a Sìle e le indicò di aprire la mensola aggiungendo - siamo sotto assedio credo...-
“Ah vuoi dire che...stava succedendo...”
- Sì...-
“Cosa di preciso Liam?”
- Te l’ho detto che non puoi capirlo da lontano...- rispose lui – ora ti spiace se ti lascio? Ci sentiamo nei prossimi giorni...-
“Tanto ti vengo a trovare a questo punto...” gli comunicò George prima di salutarlo ed estendere i saluti a Sìle.
Liam chiuse la comunicazione vedendola sbirciare nella mensola...
- George ti manda un bacio, ti saluta e chiede se tu e Dorcas gli tenete una stanza libera per i prossimi giorni...-
- Grazie, avrà la migliore...- rispose lei stando in punta di piedi, col viso coperto dallo sportello – ma gli hai detto qualcosa?- gli domandò.
- Non ancora, ma George è affidabile...-
- Sì lo so...- rispose lei annuendo, rassicurandolo in quel modo che non aveva nulla da ridire sul fatto che lui potesse essersi confidato con George, e ricomparendo davanti a lui strofinando tra loro le dita di una mano.
- Trovato niente?-
Sìle scosse la testa succhiandosi l’indice.
- Solo che si sono portati via un barattolo intero di miele...e c’è un buco grosso come una mela nel muro che credo corra dentro la parete, si sentono rumori fin dal piano di sopra -
Liam sgranò gli occhi e andò a vedere.
- Dai è impossibile, dovrebbero aver bucato la pietra e...- dovette constatare che con tutta probabilità fosse proprio così - ma che cazzo di lavoro...- commentò tra sé, poi fece mente locale per un momento sul probabile percorso verso l'esterno della casa, arguendo che quel passeggio continuo dovesse in qualche modo essere collegato ai vocalizzi di poco prima, infilò una mano nel buco ricevendo per tutta risposta una specie di pizzico dolorosissimo che gli fece ritrarre di colpo la mano – ehi! – protestò un po’ offeso prima di arrabbiarsi– guarda che è ancora in piedi la proposta della benedizione!- grugnì chiudendo lo sportello mentre da dentro veniva un rumorino che forse ad ascoltarlo meglio era una vera e propria protesta al suo indirizzo – se gli rispondo è un problema?- chiese guardando Sìle che, sorridendo, gli prese la mano amorevolmente.
- Poi non garantisco sulle ripercussioni...- gli disse – fammi vedere...cosa ti ha fatto?- chiese.
Sulla mano di Liam c’era un puntino rosso che sanguinava un po’, ma nulla di più.
- Non lo so...mi ha fatto male però...-
- Beh...- sospirò Sìle dando un’occhiata attenta – sembrerebbe solo un graffio superficiale, ma se ti senti strano avvertimi subito va bene?- si raccomandò baciandolo e lasciandolo lì, mentre si metteva lei a trafficare con bollitori e caffè.
- Definire strano prego...-
Sìle lo guardò, ci pensò un momento e poi scosse la testa.
- No, perché se te lo dico poi ti suggestioni e inizi ad averle tutte...-
- Ah...beh se per caso cadessi addormentato per cento anni, non tradirmi troppo –
- Ti avverto che la cintura di castità non è contemplata del cervello di una strega...-
- Ah già...- disse soltanto lui, andando verso la finestra e notando di nuovo quel traffico in mezzo all’erba: decise di aprire la finestra e quasi subito, malgrado il freddo, alle narici gli arrivo un meraviglioso odore di idromele - senti...- disse voltandosi verso Sìle dopo averlo fiutato per qualche lungo momento – che tu sappia nel Lake District esiste un allevamento di tartarughe da corsa corazzate, addestrate al trasporto di bicchieri di legno o quello che vedo io potrebbe entrarci qualcosa col miele e col coretto di prima?-
Lei lo raggiunse sorpresa.
- Non saprei, cosa vedi?- chiese lasciandosi prendere per le spalle da lui che le si sistemò dietro la schiena per farle vedere meglio.
Sì, c’era inequivocabilmente qualcuno che andava e veniva con delle ciotole di legno...e l’odore di idromele, o meglio di miele scaldato, era così forte che la distilleria non poteva che essere nelle immediate vicinanze.


- Potrebbero essere dei simili dei Folletti di Ashgrove...- sentenziò Dorcas – canterini ed eccezionali distillatori di idromele...niente di strano-
- Niente di strano ...dillo a qualcun altro Miss Patel, neanche una banda militare fa quel casino!- le rispose Liam – senza contare che qualcuno ha chiamato la polizia perché vedeva uno strano fumo bianco salire da dietro il cottage -
- E tu che hai detto?- chiese Dorcas.
- Che dovevo dire? È vero che c’è fumo: mi sono inventato che tu approfitti della mia cantina per i tuoi intrugli perché la tua è inservibile per una perdita d’acqua...non potevo mica rischiare di far piombare il paese nel proibizionismo per colpa di quattro nanerottoli gorgheggianti!-
- Hai fatto bene – rispose Dorcas.
Erano in riunione tutti e quattro, compresa Ceday, mentre Lily giocava con uno dei gattini di Liam davanti al divano.
- Insomma questi folletti sono canterini e alcolizzati, ecco perché cantavano quella...com’era? Killerby?...- osò Ceday che con qualche difficoltà, ma per essere d’aiuto tentava almeno di allenarsi alla comprensione del contesto, poi però si corresse sbagliando di nuovo – no...Kill...Killycluggin...-
- Killicrankie...- la corresse Liam.
- E io che ho detto?-
- Un’altra cosa...altre due anzi -
Lei sbuffò dandogli del puntiglioso e lui le rispose con un’occhiata di sufficenza.
- Lo sai che sono svitata già di norma, oltretutto non ho dormito, mi sono svegliata con i capelli...oh accidenti!- protestò perché passandosi una mano tra i riccioli rossi, ci si era incastrata – ecco vedi? Vuoi che mi ricordi anche il nome di Killi – al – diavolo-come? - gli chiese facendogli cenno di aiutarla a disincagliare il dito – piano per favore! Ho più nodi di un fabbrica di scarpe, come cavolo ci saranno venuti...-
- Scommetto che Dorcas lo sa...- fece Sìle.
- Che cosa?- domandò Dorcas come riprendendosi da un momento di distrazione, poi vedendo quale fosse il problema capì – ah! La fata dei capelli!- esclamò ritrovandosi al’istante gli occhi di Liam e Ceday che la fissavano, lui sorpreso dal tono quasi trionfale, lei dal contenuto.
- Eri preoccupata per lei?- domandò lui con leggera ironia.
Poi Ceday lo richiamò facendogli cenno di ricominciare a sciogliere il nodo.
- Senti, ma non portava male sciogliere i nodi di fata?- ricordò d’un tratto.
- Porta peggio una strega rossa con i capelli annodati e furibondi! Te lo dico io Kerr!- replicò imperiosa Ceday per ridurlo all’obbedienza.
Dorcas e Sìle approfittarono per andare a dar un’occhiata attorno al cottage per cercare di capire dove fosse imbucata la distilleria clandestina, così uscirono acocmpagnate dalle voci di Liam e Ceday...
- Ahi! Piano!-
- Faccio quello che posso Ced...-
- Pensa che siano i capelli della tua ragazza...-
- Certo, stavo per dire quanto si somigliano infatti...-
- E dai! Ma...ahi! Ma insomma, non puoi fingere di volermi un po’ bene brutto scimmione?- protestò lei agitando in aria le dita e cercando di prendergli la mano per fermarlo.
- Dammi tregua Ced, leva quella manaccia o non vedo un accidente!-
- Manacce saranno le tue!-
- Che palle di donna! Adesso se non la pianti te li taglio! Sei peggio di un’ape!-
- E tu sei il classico elefante nel negozio cinese...un mammut anzi!-
- Ma non ero l’uomo dei tuoi sogni?-
- Oggi no...e...ehi...cos’hai trovato?-
- Non è un pidocchio...-
- E cos’è?-
- Non vorresti saperlo credi...-
Dorcas ascoltava e appena furono uscite con Sìle, indicò la casa.
- La prende solo in giro, stai tranquilla...- la prevenne Sìle parlando di Liam.
- No perché quella streghetta è un po’ razzotica e cavallina a volte...-
- Dalle tempo, è solo troppo abituata alla città...a Londra non capita tutti i giorni di trovarsi i capelli annodati dalle fate -
Dorcas fece uno sbuffetto scettico.
- Lo dici tu...è che lei metterebbe in fuga un Pooka!-
Sìle rise un poco, poi la seguì vedendola che le indicava un angolo, ma per un momento ebbe la chiara sensazione di venire osservata e da occhi umani...così si voltò, si guardò intorno, ma non vide niente eccetto un’automobile vuota.
A Gore non serviva acquattarsi sotto il finestrino però, perché Sìle, o Dorcas anche se lei non lo sottolineava, erano ben in grado di percepire quella presenza tanto determinata e indiscreta e certo non era difficile capire che l’uomo avesse intuito ben presto dove si fossero rintanate la giovane strega e la sua bambina, bastava notare che dal B&B erano scomparse, che Ceday occupava quotidianamente il posto di Sìle, che Liam non si vedeva quasi più da quelle parti...
In più quella mattina doveva averlo ben colto un po’ di traffico tra polizia e riunioni familiari al cottage di Liam.
Non le importava in fondo, bastava non si avvicinasse a Lily per lei.
Al solo pensiero della bambina, a Sìle venne l’urgenza di girarsi verso la porta di casa e infatti lei era lì, piccolina e silenziosa, col ditino sulle labbra come suo solito, il gattino che le si strofinava contro le gambe e gli occhi puntati verso l’auto.
Per un attimo fu come se attorno a Sìle tutto divenisse più fermo, più silenzioso, come quando una folla di spettatori è in attesa del trucco del prestigiatore e trattiene il fiato...il gattino sgranò gli occhi verso il vuoto, tese le orecchie, poi d’improvviso corse via, verso casa.
Dorcas tornò sui suoi passi e ricomparve da dietro la casa, lenta e prudente, Ceday, all’interno, smise di ridere quasi d’improvviso, afferrò un polso a Liam, lo fece fermare e guardò fuori.
- Che c’è?- le chiese lui.
Lei disse di non saperlo, ma si alzò e andò fuori, mentre anche l’altro micetto, dopo il ritorno del fratellino da fuori, si metteva in allarme, come quando vedeva qualcosa di nuovo, sconosciuto e quindi potenzialmente minaccioso, se pur attraente.
Allora anche Liam si avvicinò alla porta a vedere che diavolo fosse preso a tutte le streghe del circondario!
Di una cosa si era accorto...che l’aria sembrava pervasa di un’elettricità che gli correva sottopelle in mille piccoli brividi.
Intanto, Sìle osservava Lily, che sembrava divenuta una specie di calamita per tutto ciò che le viveva intorno; aveva lo sguardo freddo e vuoto, quasi ostile, proprio come lo avevano descritto Cary e la moglie a Liam, e fissava l’auto intensamente.
Sìle non poteva staccare gli occhi da lei e non vide ciò che accadeva, ma Gore ebbe l’impulso, neppure conscio forse, di sollevare la testa e guardare...
Fece per puntare l’obiettivo sulla piccola, la mise a fuoco, ma appena guardò dentro...non capì cosa vide...era la bambina e al contempo non era lei, era...
Qualcosa iniziò a serrargli il cuore in una morsa di paura, una paura irrefrenabile, un istinto di fuga a cui lui non riuscì ad opporsi.
Sìle infatti sentì il rumore del motore che si accendeva, richiamata da quello, vide l’auto partire molto di fretta e allontanarsi lungo il lago, verso il paese.
- Sembra impossibile eh?- disse la voce di Dorcas appena dietro di lei.
Sìle non si rivolse a lei, rimase ferma con le braccia conserte, dirigendo l’attenzione ancora sulla macchina, come fosse paralizzata da un gelo che le veniva da dentro mentre intorno tutto riprendeva a muoversi, lento e timido come un canarino che fosse stato interrotto nel cantare da uno spavento.
- Che cosa?- domandò pensosa.
- Che una creaturina così piccola e tenera, possa causare un terrore tanto profondo da indurre qualcuno alla fuga con un solo sguardo...o da far tacere le voci degli alberi...-
Allora, senza aspettarselo, comprese che Dorcas in quel momento aveva conosciuto in maniera definitiva ed inequivocabile il tipo di paura che aveva già provato Sìle altre volte, e lo stesso Ceday.
In Dorcas non si notava quanto in lei o nell’amica la paura, quelle variazioni di tono nel colore degli occhi, ma quando la donna guardò Liam, un’occhiata di riflesso per aver visto Ceday che si chinava ad osservare Lily quasi sconcertata, lui si rese conto che in Dorcas le cose non cambiavano...lei era sempre così.
Non celava la sua natura a nessuno, così nessuno la sospettava davvero.


”Sono solo una piccola, indaffarata donna scoiattolo...mi piace essere impegnata, aiuto con la magia, tengo d’occhio le cose da fare e do un sacco di buoni consigli, ma non mi piace prendermi troppo sul serio...quel piccolo animaletto timido, forse non si direbbe, ma è il mio legame con la terra: ognuna di noi ne ha uno più di altri...”


Ricordò le parole di Dorcas quando un giorno lui le aveva chiesto come potesse indovinare tante cose, con così tanta facilità, dare sempre il consiglio giusto anche a chi le andava a chiedere, cosa che vedeva accadere spesso, aiuto per le più disparate problematiche, fisiche o esistenziali.
...piccola donna scoiattolo...ragazza gatto, Ceday come un’aquila...pensò Liam, ognuna la sua appartenenza, la sua corrispondenza, bastava cercare per trovarla e riconoscerla.
Dorcas lo guardò e gli si avvicinò...quando gli fu sotto il naso gli strizzò l’occhio e gli diede un buffetto sulla pancia, come congratulandosi dell’intuito o come dicendogli...Oh! Alla fine ce l’hai fatta! Ti aspettavo!
Sìle arrivò dietro di lei e lo fissò per un attimo.
- Forse ci sarà davvero bisogno di George eh?- mormorò mentre lui la abbracciava.
- Di sicuro dopo questo, quel rompiscatole non sarà scoraggiato a ritentare...quelli come lui non si lasciano fermare dalla paura e alla fine qualcosa troverà temo...- commentò Liam.
Sìle annuì.
Mentre rientravano lui si accorse che Lily era rimasta ferma, seduta sui gradini davanti alla porta, impegnatissima a fare qualcosa con quelle sue minuscole manine, stava aggeggiando con un nastrino preso chissà dove, così si avvicinò e si chinò davanti a lei.
Sìle rientrò e rimase vicina alla finestra appena oltre la porta, osservandoli, ma non si fece vedere.
- Ehi pulce...- la chiamò lui serio, ma con dolcezza.
La piccola lo guardò come dirgli che aveva la sua attenzione, poi riabbassò gli occhioni sul lavoro che stava facendo.
-...guardami un attimo...- le disse allungando un indice a sfiorarle una guanciotta: lei non si ribellò e lo guardò molto seria.
Liam la osservò come cercando anche in lei un cambiamento e lo colse per un breve istante...fu un lampo in risposta a quando le chiese...
- Volevi mandare via quell’uomo? Sei stata tu?-
Lily non gli diede risposte certe, ma una conferma per Liam arrivò quando vide qualcosa di incredibilmente vivo brillarle nello sguardo, ma di così vecchio da far paura...non avrebbe saputo dirlo in modo diverso.
Qualcosa di selvaggio, di lontanissimo, di antico...ed era spaventoso, sì, scoprire qualcosa di tanto ancestrale, sconosciuto in un essere tanto minuto e adorabile come sapeva essere Lily a momenti.
Liam non capì bene se fosse una volontà di Lily mostrargli quella luce o se fosse una parte di lei che diventava sempre più preponderante e forte, in qualunque modo anche lui comprese che Sìle potesse essere tanto spaventata quanto sofferente.
Comunque era Lily, sempre lei...
Le tese le mani incontro e lei si alzò, gli si infilò tra le gambe e gli cinse il collo facendosi prendere per sotto il sederino con la mano.
Profumava di borotalco, il suo respiro sapeva un po’ di biscotto e la boccuccia le pesava, affondando nelle guance paffute mentre teneva lo sguardo basso sul nastrino che continuava ad arrotolarsi sulle dita: non aveva più nulla di minaccioso.
Liam le diede un bacetto sui capelli, ma lei non si lasciò distrarre.
- Andiamo dentro dai...-


- Dove vai tu?-
- A parlare con Gore...-
- Liam...
- Ced, non aver paura, non voglio fargli del male, voglio solo cercare di fargli capire che...-
- Che cosa? Ma davvero non ti entra in testa che se vai da lui è la volta buona che gli dai una conferma di tutto quello che va cercando?-
Tutto un dialogo avvenuto sottovoce tra loro due in un momento di solitudine nel pub di Gillian, qualche giorno dopo...a seguito di un altro paio di visite ricevute, un Boggart e uno Squinter.
-Un Beggy o uno Squinter, non mi importa Dorcas, io non ci riesco a chiamarli per nome, mi sembro un maledettissimo acchiappafantasmi!-
- Ma che posso farci io se si chiamano così?-
- Ma insomma che che vuole?-
- Amano il freddo, ha nevicato e lui è uscito a farsi due passi, che c’è di strano?-
- Che ha riempito casa di sale! Ne ha buttate via sei scatole!-
- Certo, non gli piace il sale, lo sanno tutti...odiano il sale, la luce artificiale e i frassini...-
- Che mi paiono tutte cose legate da una logica ferrea, sì...e col fatto che era nudo e con quei piedi?-
- Non fargli mai osservazioni sui piedi! Sono suscettibilissimi! Iniziano ad inveire e a fare boccacce in maniera sfrenata!-
- Per i piedi?-
- E per i frassini...o il caldo...ma per i piedi se la prendono in qualunque stagione...e diventano anche volgari a volte...-
- Oh Dio! Garlicky! Scrivimi una letterina mi manchi tanto! -
- Ma non se n’è mica andato...-
- Era per dire Dorcas... -

A tutto ciò si aggiungeva Il compulsivo che continuava imperterrito a far sparire roba con i suoi ”Mio! Mio! Miiiiooooooo!!!” che diventavano quasi rissosi, di quello che si conteneva a fatica dal prendere qualcuno per la collottola quando si accorgeva che l’oggetto del suo interesse gli veniva allontanato, perché comunque aveva paura di mostrarsi, e poi Imnì che aveva preso ad angosciare Ceday, cosa di cui Liam nel suo intimo, non poteva che essere grato, ma per cavalleria lo taceva.
Dopo tutto quel tempo era diventato facile riconoscere le presenze che orbitavano attorno alla casa con più assiduità, se ne iniziava a riconoscere la voce o la presenza con la familiarità con cui si riconosceva un cigolìo o il cane del vicino che abbaiava.
Non occorreva vederli...
Poi c’erao gli altri, quelli che andavano e venivano, quelli che lasciavano caos, nervosa o rassegnata ilarità...inquietudine... come al solito insomma.
Il tutto, questo era il nodo cruciale che faceva la differenza, avveniva sotto gli occhi sempre più curiosi, sospettosi e attenti di Gore che sì, si era spaventato, ma l’ambizione era un bel rimedio contro la paura e prima o poi, Liam era sicuro di questo, sarebbe successo qualcosa al momento giusto per il suo malefico obiettivo.
Sbuffò e guardò fuori dalla finestra, addobbata di luci e rami di abete che profumavano con delicatezza lo spazio sopra il tavolo, nella luce bianca di quella giornata nuvolosa: era quasi il solstizio ormai e quella notte era caduta una spolverata di neve che il freddo non faceva ancora sciogliere.
C’era un bel traffico di spazzaneve che spargevano sale infatti, ogni tanto ne passava uno anche lì davanti.
- Il problema è che a lui non serve una conferma di quello che crede, ma una prova che io e Sìle e Dorcas e...chi per noi, mentiamo...-
- Certo questo è vero, ma l’hai mai sentito dire excusatio non petita, accusatio manifesta o... dum excusare credis, accusas...- sentenziò lei levando un dito con l’aria dell’arringatore e quindi annuendo con una certa soddisfazione per aver infilato due piccole perle di retorica nel filo del discorso.
- Accidenti una strega latinista?- chiese Liam inarcando le sopracciglia con ammirazione.
- No...- rispose lei fissando con una faccia vaga la tazza che aveva davanti – è quando fai quello che faccio io...più paroloni usi, più ottieni l’effetto Nostradamus...quindi ho un bel dizionario di sentenze e massime latine da spulciare all’occorrenza proprio vicino al letto. Nel caso particolare ti stavo dicendo: se mentre sei in spiaggia a prendere il sole in topless, ti alzi e anche se nessuno ti guarda urli ai quattro venti ”Gente scusate, è stato un incidente, sono mortificata!” tutti penseranno che l’hai fatto apposta...-
Liam ci pensò un momento, bevve lui un sorso di caffè e quindi, riuscendo a rimanere serio, ma prendendola in giro, le diede un cenno d’intesa.
- Quindi tu mi stai dicendo che se Gore mi sorprendesse in topless, cosa che faccio di continuo come immaginerai visto questo ben di Dio che mi ritrovo, dovrei lasciarmi guardare le tette e distrarlo dai folletti giusto?-
Ceday si mise a ridere e gli allungò una manata su un braccio mentre Liam rideva un po’meno perché nell’arco di pochi millesimi di secondo, si chiedeva se per caso non fosse opportuno dare un’occhiata alla camera da letto la sera...tante volte Gore decidesse di sbirciare un po’ più delle tette di Sìle e si dava dell’idiota: molto meglio andargli a rompere il muso che mettere le tende!
- Ma che stronzo...- bisbigliò.
- Ehi, piantala, non può diventare un’abitudine darmi dello stronzo!-
- E tu non farlo!-
- Non lo faccio, ok...-
- Con quella faccia?-
- Ced io ho questa di faccia, ma guarda che hai delle pretese!-
Lei rise e gli mostrò la lingua, poi però allungò una mano a toccargli il braccio.
- Senti siamo seri...io non pretendo che tu mi dia retta, ma...- gli disse, poi levò gli occhi nei suoi e Liam ci lesse dentro quasi della preoccupazione – Sìle ha visto quella cosa...c’eri tu, c’era Gore...- Ceday sospirò stringendo un po’ la mano sul suo braccio – non avvicinarti a lui, non da solo, lui non ha amici nel mondo in cui tu sei potuto entrare, tu hai avuto un privilegio che è molto facile perdere e se tu lo porti da loro, magari non sarai suo amico, ma diventerai un loro nemico...e non è un mondo di mezze misure quello...-
Guardandola Liam sentì tutto il peso di quell’avvertimento, Ceday gli mostrò che anche lei era come Dorcas e Sìle, malgrado i suoi modi da cittadina schizzinosa e viziata dalla vita comoda e quasi asettica di Londra, gli fece vedere che sentiva e vedeva tutto quanto era loro intorno e lo recepiva con eguale intensità e allarme rispetto alle sue due “colleghe”.
- Mi stai minacciando?- le chiese mascherando da battuta scherzosa quel brividino che gli dava guardarla negli occhi e vedersi fissato da due iridi ambrate di rapace, quando fino ad un momento prima erano verdi.
- Ti sto avvertendo di non azzardare troppo, anche se per amore di Sìle o di Lily...puoi aiutarle, ma solo seguendo delle regole, insegnarti quali è compito di Dorcas...- gli rispose lei quasi dicendogli che c’era già una strada da percorrere che iniziava ad aprirsi innanzi a lui e in cui alcuni ruoli erano già stati assegnati.
Arrivò Charlie, la sera era calata e vedendolo avvicinarsi, Liam fece cenno a Ceday di chiudere il discorso.
Scambiarono due chiacchiere con lui e Gillian, che ormai aveva deciso di lasciare i disegni a Liam perché si era convinta che lì avrebbero solo languito chiusi da qualche parte, dimenticati da lì all’eternità, quindi se ne tornarono a casa con un bel carico di spese natalizie di cui alleggerire il bagagliaio e i sedili posteriori della BMW.
- Mi hai comprato un bel regalo per Natale vero Kerr?- gli chiese Ceday mentre si avvicinavano alla porta.
- Ma è naturale...- le rispose lui che era rimasto un po’ indietro per chiudere l’auto – speriamo solo di riuscire a festeggiarlo in pace...-
- Ti ho messo davvero paura prima eh?-
- Ma piantala...- le disse lui, ma con la coda dell’occhio colse la solita presenza indigesta, la solita sagoma ingobbita in un cappotto troppo ampio, i soliti capelli unticci lasciati a languire sulle spalle come filamenti collosi.
Ceday si accorse che si era fermato a guardarlo.
- Liam lascia perdere dai...- lo pregò.
Gore però lo aspettava a quanto pareva, perché appena lo vide guardarlo, gli andò incontro.
- Non preoccuparti...- le rispose lasciandole le due buste piene di roba vicine alla porta.
Mosse anche lui qualche passo verso l’uomo e si fermò tra lui e la porta di casa, incombendogli sopra come uno dei leoni di Micene: non sarebbe passato neppure con la fantasia oltre lui.
- Tu vuoi sul serio mandare sprecato tutto questo?- gli domandò Gore indicando la casa – sei un pazzo! Non capisci che è qualcosa che non hai il diritto di celare?-
- Senti, non farmi pentire di non averti già rotto il naso eh? -
- Ma perché fai questo?-
- Perché ne ho viste un bel po’ di cose distrutte dopo che qualcuno non si era sentito in diritto di nasconderle alla conoscenza dell’umanità! Non è un diritto! Non ce l’abbiamo il diritto! Perciò mettiti il cuore in pace perché a meno di non farmi fuori in termini biologici e organizzare un commando armato, tu in quella casa e in qualunque altro posto possano portare quelle stranezze che hai visto, non ci butti neanche un occhio!-
- Tu pensi che non lo farei?-
E lì Liam gli fece un esempio pratico di quanto la sua pazienza diminuisse ad ogni secondo di più di fronte lui.
- Ascoltami bene pezzo di imbecille...- borbottò prendendolo per un braccio e iniziando a trascinarlo quasi a peso morto verso la fine del vialetto - quello che tu pretenderesti di rendere pubblico, non è una cosa così facile e scontata come la consideri tu! Non stiamo parlando di qualche lucertolone del cretaceo redivivo! Né di qualche fottuta sirena dell’isoletta tropicale di turno! Se non hai capito che è pericoloso io non so cosa farci e sei libero di rischiare il collo fino a che ti pare, ma non venire a cercare il mio sostegno! Il che implica, e scusa se divento ripetitivo, stare alla larga da me e dalle persone che vivono vicine a me!-
Gore ebbe un inatteso impeto di coraggio però , perché si scrollò la sua mano di dosso e gli puntò un dito contro il petto.
- Beh è un gran peccato ragazzo mio, perché si da il caso che la tua passerina, la sua bambina e miei attuali interessi coincidano come matrice e stampo...e io l’osso non lo mollo bello, quindi o tu fai fuori me in termini biologici...o ti rassegni a correre il rischio che io scopra qualcosa di grosso e non me lo tenga stretto come fai tu...-
Liam con un gesto secco, gli scostò la mano da sé e lo spinse via, ma poi lo riagguantò per il collo.
- Fatti uscire ancora una parola su Sìle e ti spello vivo!- sibilò in maniera piuttosto convincente, perché Gore quasi sobbalzò anche se non demorse.
- Non cambiare discorso andiamo! Quanto pensavi che potessero funzionare le balle di un vecchio prete o di quattro zitelle pettegole? Mi credi così idiota da credere alla streghe che volano a dorso di scopa?-
Liam, in modo inaspettato, quasi sorrise e annuì.
- Sì...- momorò – perché c’è una cosa che ancora non è cambiata...e cioè che tu non sai neppure di che cosa parli, di che cosa ridi, non sai nemmeno davvero cosa stai cercando...- gli disse prima di voltargli le spalle e avviarsi verso casa – tienilo a mente, chissà che non serva a salvarti il culo...- gli suggerì allungando un braccio all’indietro invece che girarsi e dover guardare ancora quella faccia.
Entrambi un attimo dopo si accorsero di Lily che da un finestra, spingeva i suoi occhi profondi e imperscrutabili oltre i vetri, guardandoli.
Liam avvertì quello sguardo come una stretta fredda, come una sorsata di acqua densa e gelida ingollata per non soffocare, che gli freddasse nel petto polmoni, sterno ed esofago, anche se non era diretto a lui, ma a Gore...
Poi arrivò Dorcas che chiuse con un gesto brusco le tende vedendo l’americano e portò via Lily.
Lui e Liam si scambiarono un ultimo sguardo ostile e si separarono.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 - Suddenly ***


Capitolo 22 –

Da rileggere!!!!


Chiedo perdono per il solito mio ritardo, ma inizia una parte della storia alquanto sofferta :)


“Lily! Tesoro la zia Dorcas ha fatto i biscottini alla carota, non vieni ad assaggiarli?”
“No se ci tiene a non ritrovarsi la lingua come una jacket potato…comunque Sìle è andata verso il retro a cercarla…”
“Non essere velenoso tu…dove di là?”
“Sì…Ced guarda che hai mosso…”
“Non è vero…”
“Sì che è vero...”
“Da uno con un occhio solo buono, che tiene fisso sul deretano della sua fidanzata e per di più mezzo strizzato sotto il fumo di sigaretta, non accetto osservazioni…”
“Ma se ha fatto un salto di una spanna andiamo!”
“Hai detto che non giocavi Kerr, attieniti ai tuoi voti…non vale fare squadra con Sìle, io non ho nessuno con me, brutto infame…”
“Potevi approfittare di me prima che conoscessi Sìle, avevi un bel vantaggio!”
“Punto primo adesso non venirmi a dire che mi avevi notata; punto secondo, mi sarebbe venuto un esaurimento nervoso dopo trenta secondi…”
“Perché? Hai mosso di nuovo…”
“Sono gelosa dei miei oggetti di piacere…la pianti?”
“No sei tu che devi piantarla, Venere in pelliccia, hai mosso, ti devi fermare e passare la mano, funziona così a shangai…”
“Come mi hai chiamata scusa?”
“Non fare finta d’offenderti, li ho visti i tacchi che porti, ti piace fare la dominatrice…”
“Ma…quanto non posso dirti cosa sei con la bambina in giro, ma scommetto che ci arrivi da solo se ci pensi un attimo!”
“Ottimo riassunto del concetto V. “
“Smettila, mi deconcentri con questi discorsi e vai prima che me lo riprenda io il turno…”
“Oh quanta sportività…ok vediamo…Shiny, shiny, shiny boots of leather/Whiplash girlchild in the dark…”
“Finiscila e pensa a quegli odiosi stecchini cinesi! E finiscila con quella canzone! Non ero neppure nata! E non farlo con la voce roca…o non riuscirei più a darti dello stronzo con convinzione…”
“…Comes in bells, your servant, don't forsake him…quale voce?”
“Lo sai…”
“Strike, dear mistress, and cure his heart…mi sa che ho vinto io Ginger. Ha vinto Sìle anzi, ma per mano mia…”
“Stronzo!”
“Ehi hai detto che non eri più convinta!”

Era il pomeriggio dell’antivigilia e un attimo dopo, ecco Sìle arrivare trafelata.
Lily era sparita di casa, la porta sul retro era aperta, lei e Dorcas erano uscite a dare un’occhiata, ma non avevano trovato altro che l’auto di Gore parcheggiata una ventina di metri più lontana, in uno spiazzo lungo la strada.
Ciò che era allarmante era la concomitanza della sparizione della bambina, della vicinanza dell’uomo e del fatto che la macchina, paresse essere stata lasciata lì da un po’ perché lo sportello del conducente era spalancato e dallo spazio aperto, erano entrate delle foglie.
“Andiamo a vedere…” le aveva detto Liam saltando in piedi per prendere la giacca.
Avevano lasciato Dorcas che partiva verso il cottage nel bosco e Ceday a casa, tante volte Lily avesse deciso di rientrare.
Si erano inoltrati nel bosco, ancora non pioveva, ma il freddo era intensissimo e solo grazie al movimento che facevano per sbrigarsi a cercare, riuscivano a scaldarsi un po’.
Visto l’incrocio limitato di strade e sentieri che correvano lì intorno, Sìle e Liam conclusero che se non avevano incrociato nessuno dal b&b a lì, l’alternativa era solo il sentiero che andava verso il cottage di Liam.
Si diressero verso quello, ma ad un certo punto la via si biforcava: una piccola, impercettibile deviazione che saliva su, verso il crinale delle collina.
Sìle era certissima, per una sensazione spiccata, come una traccia olfattiva, disse a lui, che Lily era andata da quella parte e non era certo Liam a dubitare delle intuizioni di Sìle riguardo Lily, ormai era sufficientemente persuaso che fossero legate a doppio filo.
La invitò a lasciare andare lui per quel sentierucolo e andare a vedere lei a casa sua, così si erano divisi per pochi minuti, Sìle aveva controllato velocemente in casa, ma né fuori né dentro c’era traccia di passaggi recenti di chi che fosse, neppure dei soliti visitatori, allora era corsa di nuovo fuori, ma questo Liam non lo sapeva.
Liam rivedeva soltanto quella corsa su per la salita, per quel sentiero che a malapena si distingueva nel buio se lo si illuminava con la torcia.
Ricordava la pioggia che a tratti lo bagnava cadendo dalle fronde degli alberi che aveva innaffiato per tutto il giorno, la terra che spremeva acqua solo camminandoci sopra.
”Stai vicino alle rocce, non ti allontanare dalle rocce e tieniti alla larga dall'acqua…” si era raccomandata Sìle quando l’aveva lasciato andare, e aveva visto giusto: man mano che si saliva, tra gli alberi si alzavano spuntoni di pietra basaltica su cui cresceva muschio spesso e morbido e lì, non c’erano impaludamenti, ma intorno, quello era il vero pericolo di notte e nelle vicinanze di laghi e ruscelli da quelle parti, perché se si guardava con un po’ di attenzione, si scorgevano specchi d’acqua stagnante alla base dei tronchi antichi e forti.
E maledizione! Lui avrebbe dovuto capirlo che aveva paura dell'acqua per via di quel suo sogno in cui lo vedeva, vedeva Gore e Lily e il lago...
Invece sul momento non ci aveva pensato, era partito per cercare l'americano e la bambina senza pensare ad altro, benché sapesse che c'era pericolo, perché Lily era spaventosa quando c'era Gore vicino a lei o a uno qualunque di loro, lo aveva provato nel profondo dell'anima poco tempo prima.
Avanzando c'era una cosa che non si coglieva chiaramente se si stava al livello del lago, e cioè che il bosco non era estesissimo, era fitto, ma si interrompeva abbastanza presto in quella direzione, lasciando spazio alla brughiera, alle betulle nane che costeggiavano le piccole gole scavate da fiumi e fiumiciattoli e ruscelli che alimentavano vegetazione e pascoli lungo la costa occidentale del lago.
Lì, il pericolo degli acquitrini, era ancora più serio.
Pecore e pony Shetland, sapevano evitarli, le persone no.
La pioggia peggiorava sensibilmente le cose, per cui alla fine, Liam decise di rischiare e arrampicarsi per un po’ sulla roccia che offriva percorsi non disagevoli e avanzare dove c’era erba bassa: più era bassa, più significava che il bestiame lì pascolava, quindi più peso era facile che sostenesse.
Proprio mentre pensava questo, gli occhi gli erano caduti su una sciarpa rossa rimasta impigliata in una betulla nana…
Prudentemente, percorse i pochi passi che lo separavano dal piccolo albero, azzardando a scendere sul prato(perché almeno un altro indizio degli impaludamenti esisteva: piccole isole d’erba lunga e più coriacea, giallastra, non più grandi di due pugni appaiati che crescevano qua e là tra le pozze che rendevano il terreno molle e fangoso).
Si allungò per afferrare un lembo della sciarpa che sventolava male, appesantita dall’umidità.
Gore aveva una sciarpa rossa…
Si guardò intorno e, per un caso che definire fortuito era una presa in giro, lo intravide inerpicarsi lungo un pendio non lungo, ma un po’ ripido.
Aveva i vestiti sporchi di fango, la luna piena che lasciava filtrare i suoi raggi tra uno spesso banco di nuvole nere, lo rivelava più chiaramente.
L’aveva richiamato subito, ma un attimo dopo era già partito di corsa per andarlo ad agguantare, scivolando anche lui nel fango, aveva potuto sorreggersi solo grazie ad una piccola quercia che protendeva i suoi rami verso di lui, ma per un pelo non era finito nel greto di un piccolo torrente.
Gore si era voltato, l’aveva guardato riprendere un equilibrio più stabile e poi era ripartito di corsa: qualcosa diceva a Liam che Lily era esattamente nel luogo che Gore si affrettava tanto a raggiungere, così riprese a correre, ance se con più prudenza.
Chiamò Sìle mentre camminava e il telefono, chissà come mai lui non si aspettava che l’avrebbe fatto, docilmente aveva effettuato la chiamata.
“Ti raggiungo…”
“Non venire da sola, è pericoloso…chiama Charlie, l’ho visto rientrare dal lavoro prima, ci vogliono cinque minuti da casa sua…”
”Stai attento però”
Lui aveva proseguito, aveva scavalcato il pendio dietro cui Gore era già sparito e tutto era cambiato…
Niente vento, niente pioggia…solo freddo, anche nel petto, in gola, sempre di più, man mano che si avanzava.
L’erba alta e gialla arrivava alle ginocchia, bagnata, pesante, un tappeto di lunghi fili dorati sotto la luna d’inverno…Gore immobile in mezzo alla distesa…Lily, la sua testolina nera, inconfondibile, nascosta tra l’erba, come se la piccola fosse china in avanti…
Liam aveva un senso di paura che gli attanagliava il petto insieme al nodo doloroso che la corsa e lo sforzo gli avevano provocato, quell’immobilità, quel silenzio, non un uccello che osasse cantare.
[…]Di già appassite son le cipree del lago e non cantan gli uccelli…[…]
Gli era venuto in mente quel verso di John Keats…La Belle Dame sans Merci.
Gli uccelli che non cantano non sono un buon segno…perché questo silenzio? si chiedeva mentre senza realmente volerlo, iniziava a muovere passi più lenti, guardinghi…
Era arrivato al fianco di Gore e quello lo aveva sentito, lo aveva avvertito.
“Lo senti anche tu vero? È un miracolo…”
“Che cosa?”
“Questo silenzio…questa pace…”
“La chiami pace tu? A me da i brividi…”
aveva detto Liam riscuotendosi ancora una volta unicamente grazie all’insofferenza che gli creava quell’uomo.
Partito con decisione, aveva raggiunto Lily, le rimaneva di pochi passi indietro.
”Che fai? Non disturbarla…”
L’inadeguatezza di quella frase, l’aveva davvero fatto imbestialire e quella volta non c’era nessuno che potesse impedirgli di andare a mollare almeno un pugno a quel lombrico e infatti non si trattenne: si fermò, si girò e come un ariete gli puntò contro.
Spintonandolo lo aveva fatto cadere di nuovo nel fango, così si era chinato verso di lui e gli aveva puntato un dito in faccia.
”Ti avevo avvertito…ti avevo detto di stare lontano da me, da Sìle e da Lily, adesso mi hai fatto stancare mi hai capito? Ora decidi se devo andare a prendere la bambina o devo spaccarti la faccia, ma guarda che ho una gran voglia di farlo a pedate!”
”Ma non lo vedi cosa sta succedendo? Non te ne accorgi che è una cosa in cui non si può interferire?” e indicava Lily e…un piccolo lago che Liam era sicuro di non aver visto mai, neanche quando dieci secondi prima aveva guardato la piccola: ci si rifletteva sopra la luna.
Ricordò improvvisamente quello che gli aveva raccontato Sìle: il lago di Lily, quello che non si ritrovava mai, quello che lei non sapeva con che intenzioni stesse guardando tanto affascinata…
Si era spaventato di nuovo…tuttavia non aveva avuto impulsi di fuga e con lui Gore, che vedendolo distratto da quanto vedeva, si era rialzato.
Liam aveva pensato solo a Lily dall’inizio…e Lily vicina al lago era in pericolo, si diceva di pensare solo a quello, a prenderla e portarla via da lì.
Tornato verso di lei, si era accucciato al suo fianco.
”Pulce…”
La bimba lo aveva guardato col solito ditino appoggiato alle labbra, l’espressione di quella che dicesse aspetta, sta’ a guardare…
”Lily…per favore, vieni da me?” l’aveva pregata dando una rapida occhiata alle canne e quegli strani steli piumati che oscillavano languidamente nell’aria che però era ferma.
No, aveva detto quella testolina impertinente e poi lei aveva indicato il lago che pareva crescere di livello attimo per attimo.
”Non è incredibile?”
”Sta’zitto idiota…non è niente da cui lasciarsi incantare, credimi…”
Lily si era voltata a guardarlo come a saggiare la sua reazione perché nell’aria, iniziava a levarsi una voce…una voce di donna, cantilenante, dolente, spventosa…dolcissima…e non era il vento a portarla e non era il vento a produrla perché veniva da più vicino: saliva dall’acqua stessa.
”Lily…ti prego…andiamo via…”
Di nuovo no e poi di nuovo quell’ombra selvaggia e antica negli occhi della piccola che fissava Gore, intensamente, insistentemente e Gore che si era fermato proprio dove l’erba chiara, iniziava a venire sommersa.
Liam osservava Lily sconcertato da quanto fosse diventata spaventosa, davano le vertigini quegli occhioni dolcissimi, vertigini per quanto erano terrificanti.
O forse era quella voce che arrivava sempre più dentro la testa, il petto e lo stomaco, con quella sua nenia inquietante, nel silenzio rotto solo da lei stessa e da un cupo e lontano sciabordìo d’acqua: era assordante quella voce, ecco perché faceva perdere la testa, eppure non si riusciva a smettere d’ascoltarla…
E lui vedeva, bene come non aveva mai visto neppure prima dell’incidente, perfino la nitidezza delle immagini intorno a sé lo spaventava.
Gore entrava nel lago intanto, come un pazzo, come in uno stato d’allucinazione, lo sentiva ridere estasiato, ma smise di curarsi di lui quando qualcosa si mosse a pelo della sorgente, senza incresparlo, senza produrre un riflesso…un suono…
”Liam!” sentì chiamare da Sìle e poi di nuovo da Charlie, gli parve…possibile? …sì certo che era possibile, Sìle l’aveva chiamato.
E poi perché quell’angoscia? Era ipnotico quello che sentiva, anche se aveva paura, sembrava promettergli tutto il meglio che un uomo potesse desiderare quella voce di donna che man mano diveniva anche irresistibilmente sensuale.
La gobba sotto la superficie del lago si mosse ancora, la voce si fece più forte, tanto che lo costrinse a ripararsi un po’ le orecchie, ma in quell’attimo fu testimone della cosa più terrificante di quella notte…
Un’onda d’acqua nera gli si sollevò di fronte, d’improvviso ed era acqua pur non avendo riflessi…
“Liam!” sentì di nuovo e fu mentre si voltava perché d’un tratto l’istinto di sopravvivenza era riuscito a raggiungerlo nella coscienza, che l’aveva vista…


…scacciava ostinatamente quella visione, perché gli faceva paura e perché subito rivedeva Sìle riversa sull’erba, bagnata e gelida, con Lily accanto, immobile, forse un po’ perplessa, che la osservava, Charlie che dopo avergli assestato un paio di schiaffoni in pieno viso, guardandola, aiutava lui a tirarsi su perché era sdraiato tra l'erba.
La vista gli tornava lucida a stento...
“Svegliati Liam, devi rimetterti in piedi…coraggio, apri gli occhi ragazzo, sveglia!” gli aveva intimato colpendolo al viso; poi, quando lui aveva visto Sìle, gli aveva stretto una spalla per incoraggiarlo a sollevarsi a sedere “l’ho trovata così Liam, non so dirti altro…si è buttata dietro di te che affondavi senza che riuscissi a fermarla, sei tornato vicino a riva tu per primo, poi lei…non so come né quando, non ho visto, stavo aiutando te e…che diavolo t'ha preso?”
Liam scuoteva la testa, perché non sapeva che Sìle fosse finita nel lago con lui, non si era accorto d'essere svenuto, sentiva solo un sapore nauseabondo di terra e acqua in bocca e non sapeva nemmeno come potesse essere possibile...non poteva immaginare perché la ragazza fosse priva di sensi, non sapeva niente e Charlie non riusciva ad aiutarlo.
”l’americano è scomparso…” aveva detto sconvolto, la voce tremante, ma Liam non lo ascoltava del tutto.
”…si fotta l’americano…” aveva risposto fissando Sìle e odiando profondamente Gore, tanto da sentire dentro di sé che se fosse comaprso da qualche parte attorno a loro, l’avrebbe fatto a pezzi con le sue stesse mani.
Si augurò per lui che fosse già lontano mille miglia perché in quel momento, mentre realizzava che Sìle non si sarebbe svegliata tanto facilmente, temeva seriamente di essere capace di qualche sciocchezza.
Aveva guardato Lily in faccia mentre pensava a lui, e gli era balenata dentro la certezza che lei sapesse cos’era successo, pur senza esserne stata l’artefice diretta, ma poi aveva trovato Sìle in quel modo...
Ricordava di stare in piedi a fatica, con il corpo indolenzito in ogni sua parte dal freddo e da una stanchezza innaturale, gli abiti pesanti da morire addosso, ma al contempo sapeva di non essere del tutto senza forze; l’aveva raggiunta avanzando quasi carponi per terra per quei pochi passi che li separavano.
”…no…no…Sìle…Sìle svegliati…” le diceva mentre la girava sulla schiena resistendo a malapena dallo stringerla al petto per paura di farle male e la prendeva lui a schiaffi, come Charlie aveva fatto poco prima, per farla rinvenire “…dai tesoro apri gli occhi…ti prego…ti prego, rispondimi, Sìle…”
Era viva perché respirava e si era lamentata leggermente chiamandolo, per cui lui, senza curarsi di niente altro, l’aveva sollevata tra le braccia con Charlie dietro che prendeva Lily.
Non pesava niente, o forse era lui che si faceva più forza di quanta pensasse per la preoccupazione e la paura di perderla.
“…sei qui…” aveva bisbigliato lei d’un tratto, ma anche se reagiva alla voce di Liam, era ancora incosciente.
“Sì piccola, sono qui con te…”
”L’acqua…”
“Cosa?”
”…è fredda…è scura… non…non andare…” gli diceva con un filo di voce, aggrappandosi alla maglia bagnata sul suo petto, stringendo forte le dita…eppure, curiosamente, a pensarci più a freddo, lo diceva più come quando lo tratteneva a letto, piuttosto che avvertendolo di qualcosa che la spaventava.
”Stai tranquilla, è tutto a posto adesso…”
La luna brillava a quel punto, come volendo illuminare loro la strada e Liam, che si teneva Sìle stretta tra le braccia, la guardò come sperando che fosse per lei che si era aperta quell’ampio varco tra le nubi nere.
Quando arrivarono al fuoristrada di Charlie, Liam si mise dietro, sdraiandosela sulle gambe, coprendola con il plaid che l’amico teneva nell’auto.
”Ti portiamo a casa tesoro…” le diceva sottovoce, sfiorandole la fronte gelida con le labbra ”ma tu non andare via…resta con me” e lei di quando in quando, con qualche flebile lamento gli rispondeva.
”No, no…io ti aspetto qui…” gli diceva ciangottando come in un bel sonno profondo, ma Liam già si sentiva dentro che quella placidità, non era niente che potesse lasciar sperare bene.
Lily intanto, mentre Charlie chiamava nell’ordine soccorsi, medico e Dorcas, li osservava senza un’apparente reazione.
Ogni tanto allungava una manina ad accarezzare la fronte di Sìle, poi faceva lo stesso con Liam.


Da quando erano arrivati a casa poi, Liam si era chiuso in un silenzio che sembrava non essere in grado di rompere: stava in piedi davanti alla finestra del salotto da un tempo che non avrebbe saputo calcolare, immobile come una statua di marmo…sembrava enorme e allo stesso tempo in un progressivo stato di consunzione.
Dorcas gli aveva chiesto se voleva entrare lui a sentire cosa diceva il medico visitandola, ma lui aveva rifiutato.
Aveva ancora indosso i vestiti zuppi e sporchi di fango, tremava, ma non di freddo, non solo almeno.
Pareva guardare fuori, ma probabilmente non vedeva niente di quello che aveva davanti…oppure sì…vedeva con gli occhi della coscienza che gli suggeriva immagini senza disturbare i suoi pensieri.
Se ci faceva caso, con la coda dell’occhio sinistro vedeva Ceday accoccolata sul divano, i capelli rossi che le incorniciavano il capo contrastavano col maglione nero che indossava; invece fuori vedeva le foglie, l’erba, gli alberi, mossi dal vento, dalla pioggia che di nuovo cadeva insistentemente, pesante, fredda.
La famosa pioggia a doccia, quella che lì, nel Lake District, cadeva più che in ogni altra parte del Regno.
Però non ci faceva caso, quelle erano solo immagini latenti che gli lambivano una sfera di consapevolezza periferica perché davanti ai suoi occhi e nelle sue orecchie, c’era solo un reiterarsi confuso di ricordi.
Non avevano portato Sìle in ospedale perché la strada era interrotta da un brutto allagamento che aveva fatto cedere anche un tratto di muratura a secco lungo la carreggiata, e quando era arrivato il dottor Clawley, era stato concorde nel non muovere Sìle in condizioni tanto disagevoli.
Era un medico esperto e molto capace, preparato e abbastanza giovane da non lasciarsi legare nei giudizi; di certo era uno di quelli che preferiva lesinare sui medicinali piuttosto che assecondare il bisogno di prescrizioni rassicuranti più che necessarie, ma nel suo non essere allarmista, quella notte si dimostrò piuttosto impensierito.
Esaminò Sìle con tutti gli scrupoli necessari, aiutato pazientemente da Dorcas nello scoprirla , nel girarla.
- E’ un po’ fredda…- mormorò Dorcas ricoprendola e ponendole addosso la quarta coperta.
Clawley annuì.
- Sì, ma non credo sia grave, teniamola sotto controllo, assicuratevi che la stanza sia sempre calda e che sia sempre ben coperta…- sbuffò passando una mano sulla fronte di Sìle mentre le provocava un piccolo taglio sotto un palmo a cui lei reagì con una smorfia e una stretta delle dita lì dove aveva avvertito fastidio.
Clawley si lasciò sfuggire un leggero gesto di disappunto per il suo non riuscire a capire, ma fu molto contenuto.
- Non mi rendo conto: la signorina versa in quella che si direbbe un’ostinata e al momento stabile e persistente fase REM da cui non la si riesce a risollevare e…- aveva detto quanto meno un po’ dubbioso, allargando le braccia – non so cosa dire…non mi era mai successa una cosa simile!-
Dorcas annuì prendendo una mano a Sìle che in quel momento si mosse leggermente e mugolò con voce flebile.
- Cosa le è successo esattamente?- domandò Clawley mettendo via i suoi attrezzi.
- Solo Charlie Moore e Liam erano con lei -
- In questo caso…lei permette che io mi trattenga e faccia loro qualche domanda Mss Patel?-
- Ma certo, è naturale…-
Dorcas non credeva d’aver bisogno di un medico per aiutare Sìle, quante ne esistevano di storie di gente caduta in un sonno profondo durato anni? Ma di Clawley aveva rispetto e in fondo poteva anche ben capire che dire che Sìle fosse finita in quelle condizioni per un incontro ravvicinato con delle fate…sarebbe risultato un po’ troppo, considerato oltretutto che di Gore ancora non c’era traccia e come minimo la questione andava presa sul serio.
Quell’uomo odioso pareva scomparso, come inghiottito dalla terra, dall’acqua.
Charlie era andato con la squadra di soccorso a cercarlo, ma da un’ora buona non davano notizie.
Quando tornarono in salotto, Ceday li guardò, si alzò e si avvicinò a Liam; gli pose con cautela le mani sulle spalle per richiamarlo.
Lui volse appena il capo, capì perché lei l’avesse riscosso e allora si voltò, permettendo a Clawley di spiegare ciò che era la sua perplessità, a lui come a Ceday, e tutto quello che aveva appena detto a Dorcas.
- Quindi cosa significa di preciso? Che dorme?- chiese Ceday.
- Tecnicamente sì…ma devo sapere cosa le è successo per quanto possibile…- disse allora Clawley.
Liam tenne lo sguardo basso ancora per qualche momento, ci pensò e di nuovo ebbe il lampo su quello che aveva visto nell’onda nera, ma di nuovo lo scacciò e si riscosse come da un incubo.
- Deve essersi buttata nel lago di fronte a cui ci trovavamo…io c’ero già dentro veramente, anche se non so come o perché e lei ha seguito me…era limaccioso e molto freddo e…- la voce gli mancò per un momento, come gli parve di sentirsi mancare le gambe, le braccia, il respiro; si passò le mani sul viso sentendo gli occhi scaldarsi leggermente, come se si stessero inumidendo…allora li nascose per un attimo – io non lo so quanto può esserci rimasta dentro…non so dirlo, non so neppure come abbia fatto ad uscire da quel maledetto lago…-
- Beh ad ogni modo, escluderei altri traumi, non ne ho trovata alcuna traccia quindi…- sbuffò quasi rammaricato – quanto potevo concludere e fare per lei qui e in queste condizioni, l’ho fatto…ora non rimane che aspettare e stare a vedere. Io torno alla clinica ora, ma vi lascio un numero a cui sono raggiungibile a qualunque ora del giorno o della notte, non esitate ad usarlo e tenete sempre un telefono vicino perché se la strada viene liberata, la prima cosa da fare è portarla in un ospedale- si raccomandò estraendo dalla tasca del cappotto un biglietto da visita e lasciandolo a Liam che lo ringraziò - e ora vorrei dare un'occhiata a lei - annunciò il dottore guardandolo.
- Io sto bene...- brontolò Liam, ma Clawley non sentì ragioni.
- Mi permetta di dubitarne...sbaglio o Mss Patel mi ha detto...-
Liam si arrese perché evidentemente Dorcas non aveva taciuto il fatto che lui non avesse coscienza di quanto occorso a Sìle perché era privo di sensi a sua volta.
Clawley non trovò niente che non andasse, quindi si limitò a convincerlo ad ingollare un paio di antipiretici e a prescrivergli un calmante che Liam sapeva già che non avrebbe preso, ma questo non lo disse e di nuovo, ringraziò il dottore e quando questo li lasciò, si guardarono, Dorcas, lui e Ceday.
Dopo qualche secondo Liam sospirò profondamente.
- Dorcas...- chiamò e quando la donna lo guardò le andò a mettere una mano su una spalla, massaggiandola appena.
- Sì…- rispose la donna: aveva gli occhi così accesi in quel momento che si stentava a riconoscerla, ma era l’ansia per Sìle, solo quella.
Liam si fece guardare.
- Chiamiamo sua madre…- le disse seriamente.
Dorcas esitò un attimo, ma lui le impedì di recriminare.
- Dorcas guarda che ha ragione, non è giusto non dire niente, se non la chiami tu lo facciamo io o Liam…- intervenne Ceday.
La donna non senza qualche racalcitranza ancora, ammise che fosse la cosa più giusta da fare e così promise che avrebbe avvisato subito Morgan.
- Va bene…allora io faccio un salto a casa, mi tolgo questa roba bagnata e torno…- annunciò.
Ceday si offrì di accompagnarlo, ma lui rifiutò dicendo che andava tutto bene…solo che non era vero.
Mantenne il controllo, ma si rese conto che mettersi alla guida da solo, non era stata una buona idea: gli tremavano le mani e le gambe in maniera non spasmodica, ma abbastanza sensibile.
Accostò e prese fiato per un attimo.
“Che cazzo! Eppure una volta eri abituato alle tempeste in mare! Tira fuori le palle se le hai ancora da qualche parte!” si disse massaggiandosi le ginocchia che sembravano fatte di burro in quel momento.
Non era facile però…Sìle lo tormentava, aveva una sensazione terribile addosso e non riusciva a non sentire un peso doloroso in mezzo al petto, l’unico segnale tangibile dell’angoscia di non vederla più svegliarsi.
Gli tornò in mente Manute e quel senso di impotenza mentre il sangue gli usciva in un fiotto dalla bocca…
“Ehi! E’ la tua poca razionalità residua che ti parla, coglione! Sìle è ancora qui, non raccontiamoci stronzate!”
Insomma quando arrivò a casa, per poco non si sbatteva la porta in faccia da solo per quanto si era venuto a noia…aveva più confusione in testa che se si fosse fatto di hashish per giorni e una volta smaltita la botta, ci avesse bevuto sopra un goccetto di rinforzo.
C’era una strana pace lì dentro, anche se sentiva di non essere più solo del solito.
Per qualche istante non ci pensò su, ma dopo un po', iniziò ad avere la certezza che se si fosse voltato, forse avrebbe visto una piccola ombra dal naso adunco che lo guardava dalla cima della prima rampa di scale...o magari avrebbe avvertito una forma rotondeggiante e pelosa rotolare furtiva verso un angolo nascosto; quella sera però, nel loro immancabile essere presenti, sembravano avere più...rispetto, era stupido pensarlo?
Che i piccoli scocciatori, capissero che lui stava male, ma non volessero lasciarlo solo?
Non lo sapeva, magari era solo che a ben pensare, il fatto era che dopo quello che aveva visto, se la vecchia Annis gli fosse andata incontro chiedendogli ancora cioccolata, non avrebbe battuto ciglio e finalmente realizzò il motivo di quella confusione: Sìle era in quello stato ed era sicuramente il motivo principale di preoccupazione…ma lui aveva rischiato la pelle!
Gli venne in mente una cosa che volle verificare, perché una lampadina gli si era accesa nel cervello, di qualcosa di letto, di intravisto una delle tante volte che aveva spulciato quei quaderni, quei diari, quei disegni…
Paulie aveva senz’altro scritto qualcosa di simile a quello che gli era capitato, ecco perché gli era venuto in mente Keats!
- Maledizione eppure io l’avevo vista…- disse mentre scorreva i disegni facendoli anche scivolare in terra per la fretta….e alla fine la trovò.
Fideal la chiamava Paulie.
”[…]il suo canto è triste e irresistibilmente seducente. Il suo bacio è freddo e sa di terra. Le sue mani ti accarezzano e ti tirano a fondo, sempre più giù, in acque gelide. Saresti felice di giacere con lei per sempre, intrappolato nel suo liquido abbraccio, ma lei è scomparsa. E’ tornata alla riva scura, e tu sei già dimenticato. La Fideal canta mentre cammina tra i canneti, richiamando il suo prossimo amante…lasciandoti nelle fredde profondità del lago, con occhi spenti e la bocca traboccante di alghe.”
Gli tornò in mente tutto in un lampo…e poco dopo eccoli lui e Ceday, seduti accanto a Sìle, lui anzi semisdraiato sul suo letto, a guardarla tenere gli occhi chiusi, ma come se vedesse cose dietro la lieve barriera delle palpebre, cose che ogni tanto commentava, anche solo tra sé e in maniera non comprensibile o percettibile in maniera chiara.
- Sembra che stia sognando…- bisbigliò accarezzandole la mano.
Ceday gli fece cenno di sì e gli prese la mano per tranquillizzarlo.
- E’ ancora qui con te…- gli disse.
Liam le sorrise poco convinto, ma con gratitudine, poi sospirò – e Lily?-
Ceday si accigliò e si strinse un po’ nelle spalle.
- Dorme come un sasso. E’ andata a letto con una docilità incredibile e non ha chiesto neanche per un attimo di Sìle, non è strano?-
- Sì e no…- rispose Liam risolutamente, ma restando molto, molto calmo– perché secondo me Lily lo sa cosa sta succedendo a Sìle…-
- Cosa?! Ma…Lily?-
- C’era qualcosa nell’acqua Ced, qualcosa che di cinque persone che ci siamo ritrovati ad essere lassù stasera, Lily era l’unica a non temere…- disse lui.
Ceday lo guardò un po’ pietrificata.
- Cosa c’era?-
Liam si rabbuiò, ma si sforzò di ricordare, di resistere all’inquietudine che gli provocava quel ricordo.
-C’era una voce…una voce di donna, io non l’avevo mai sentita una voce così, era bella da impazzire e mentre ero vicino a Lily…mi sono ritrovato a mollo fino alle ginocchia d’un tratto, senza essermi accorto d’aver camminato, la bambina invece aveva indietreggiato e…Sìle e Charlie mi chiamavano e c’era Gore appena più in là…- spiegò – poi Gore non l’ho più visto, non gli ho più prestato attenzione perché…vedevo qualcosa muoversi nel lago, attorno a me e un attimo dopo, mi si è levata di fronte quest’onda nera, densa, opaca…capisci la luce non la attraversava né ci si rifletteva sopra…e poi non so, è stato come se si fosse girata, all’altezza della mia pancia più o meno, io ho visto una creatura girarsi verso di me…-
- Una…creatura?-
- Sì…una creatura. Una specie di bambinetta sgraziata con l'aspetto da vecchia, o un’adulta piccola e con la faccia da bambina, non saprei dire…ma aveva la pelle bianca come un cadavere, i capelli appiccicati di alghe e fango sciolto liquefatto che le colava sul viso e…la pelle pareva viscida come quella dei pesci ed era nuda, completamente…- si fermò un attimo a pensare meglio, fissando il ricamo della trapunta che copriva il letto di Sìle – aveva il corpo di un’adolescente…e gli occhi più orribili che abbia mai visto, erano così vischiosi…-
Gli arrivava sì e no alla cintura e quando lui si era girato verso Sìle, se l’era ritrovata di nuovo davanti, come si fosse immersa di nuovo e fosse riemersa, come volesse impedirgli di distrarsi da lei.
Gli aveva proteso incontro le mani, lo aveva guardato in un modo che lo aveva fatto rabbrividire sembrava…lascivo, smanioso, patetico nel suo ricercare attenzione.
Aveva cercato d’afferrargli il viso, arrampicandosi su di lui o forse costringendolo a chinarsi…
- Mi ha dato la nausea Ced…era…non lo so…-
- Non è vero, lo sai, è che non riesci a dirlo…- rispose lei - è quella sensazione di sporco e di ribrezzo che da essere desiderati spasmodicamente da qualcuno che ripugna…-
Di che si stupiva? Ceday era una strega, le sentiva certe cose, non era strano che avesse colto esattamente nel segno…ma perché quella creatura avrebbe dovuto dargli quella sensazione? E perché Sìle era lì in quelle condizioni?
- Sì…- confermò e quindi le raccontò quello che aveva ricordato vedendo l’immagine di Paulie.
- Ora lo so che mi prenderai per pazzo Ced, ma…ripensandoci, forse mi sono ricordato e ho capito perché abbiamo ritrovato Sìle in quel modo: quella…cosa…quella creatura…l’ultimo ricordo chiaro che ne ho, è che mi si stava avvinghiando addosso e mi stava prendendo il viso tra le mani come volesse baciarmi, te lo giuro! Mi stava baciando e forse c’è anche riuscita perché ricordo solo che ad un certo punto è diventato tutto nero ed è stato come se qualcuno mi stesse spingendo in profondità sott’acqua, in un buio che non credevo potesse esistere e…- si fermò perché Sìle si agitò leggermente e gli strinse fortissimo la mano, lo chiamò pronunciando l’unica parola che avesse ripetuto più chiaramente da quando era caduta in quello stato di sonno: Liam.
Ceday lo tranquillizzò.
- Sente che hai paura…e sente cosa mi racconti…non è assente quanto credi -
Liam aggrottò le sopracciglia e si portò la mano di Sìle alle labbra prima di proseguire.
- Qualcuno mi ha afferrato per le braccia, intorno al petto e il peso dell’acqua è diminuito, ho capito solo dopo che era lei. Ho perso i sensi però e quando mi sono risvegliato sentivo in bocca sapore di fango e di acqua putrida…e…avevo un forte dolore al collo, come se lo avessi girato o torto in maniera innaturale all’indietro e avevo la sensazione dell’acqua entrata nel naso…-
Ceday lo ascoltava attenta e seria e quando lui si fermò, ponderando le sue parole, sospirò appena.
- Pensi che quella creatura abbia ridotto così Sìle quindi?-
- Charlie ha detto che Sìle si è buttata in acqua appena mi ha visto andare giù mentre lui prendeva Lily, poi messa la piccola a riparo, ha preso me e…nel tempo che ho messo io a rinvenire, con Charlie che mi prendeva sberle, Sìle era uscita dall’acqua in queste condizioni, quindi neppure saprei dire come abbia fatto- replicò solamente lui, come invitandola a trarre lei le sue conclusioni.
In effetti anche Dorcas non ebbe poi molti dubbi sulla teoria di Liam: che la chiamassero Fideal, Leanan Sidhe, Bella Dama senza pietà o Josephine, i fatti la qualificavano come una di quelle fate oscure che riempivano un sacco di vecchie storie.
E, conclusione, era anche molto facile che la creatura, se Sìle si era opposta al suo tentare di prendersi Liam, l’avesse in qualche modo neutralizzata.
E Gore? Perché aveva preso Liam e non Gore? Perché non aveva rinunciato a Liam visto che aveva due prede a disposizione?
- Neanche una zecca si attaccherebbe a Gore, neppure se fosse l’ultimo essere dotato di circolazione sanguigna sul pianeta…- commentò Ceday.
- Non credo funzioni così Ced…senza contare che ancora non sappiamo che fine abbia fatto quell’idiota - aveva sospirato Liam, poi si era alzato dal letto di Sìle, si era fermato dietro la sedia di Dorcas, le aveva massaggiato le spalle e le aveva fatto una carezza su una guancia – faccio una telefonata e torno…- disse.
- La nonna di Sìle forse potrà aiutarci…lei ha un legame speciale con l’acqua e le sue creature…- mormorò la donna rispondendo alla carezza di Liam con una sul suo braccio mentre gli faceva cenno di sì col capo.
Lui non cedette alla tentazione di attaccarsi a quella speranza, uscì silenziosamente, prese il cellulare e compose il numero di casa di sua madre.
“Eccoti, ti aspettavo…”
Aveva la voce allegra e tranquilla, lo rasserenò, lo riportò a pensieri rassicuranti.
- Come stai?-
“Bene, ma ho un sacco da fare con tutta la famiglia in arrivo. Sto facendo…il pane allo zenzero e il Forfar Bridie richiesto espressamente da zio Harry, piace anche a te vero?”
Lui già si era distratto di nuovo.
- Come? Ah…sì, sì mi piace…- disse molto passivamente e Jane, puntuale come un orologio svizzero, capì.
“William che hai?”
Tanto le aveva telefonato per dirglielo.
- E’ che…ho un problema mamma, non riuscirò a venire domani…-
“Non gliel’hai detto vero? A Sìle intendo…”
In effetti non aveva mai avuto l’intenzione di portarla a Glasgow per Natale, non sapeva come ne sarebbe uscita.
-No, ma non è per quello è che…- prese un altro respiro profondo perché sentì di nuovo un nodo alla gola mentre si andava a sedere al tavolo della cucina di Dorcas: appoggiò la fronte a una mano, abbassandosi in avanti – c’è stato un incidente…e io non mi posso muovere mamma -
Ogni suono attorno a Jane ammutolì all’istante.
“Un incidente? Che incidente?” e dopo un attimo di silenzio da parte di lui che non riusciva a trovare qualcosa da dirle per farle capire senza dover dettagliare troppo il racconto, incalzò “Liam che incidente?”
- Sìle è caduta in stato d’incoscienza dopo un tuffo in un lago qui vicino, c’è…entrata per aiutare me e…è complicato da raccontare mamma…- silenzio…troppo silenzio – mamma?-
“ Sì sono qui. Tu stai bene?”
- Beh…sì, è stata una cosa strana, ma sto bene…-
“L’importante è quello. Arrivo comunque…”
Jane aveva questi superpoteri insospettabili, sarebbe riuscita a lasciarlo allibito anche se avesse avuto davanti un asino volante in giarrettiere rosa.
- Come arrivi?-
“Certo che arrivo, tontolone, sono sempre tua madre, se non ti sto vicino in queste situazioni per una volta che non servono dodici vaccini e tre giorni di viaggio per raggiungerti, mi dici a che servo ormai? “
- Ma no, mamma non è necessario…-
“Come?”
Rischiava di diventare offensivo se non le spiegava il motivo della sua reticenza: sbuffò appena e si decise.
- Mamma, non voglio che tu la veda…non so neanche se si risveglierà…non…-
“Di’ un po’, uomo forte…”lo richiamò facendolo sorridere perché così ci chiamava anche Alec a volte, quando non lo chiamava Capitano.
- Sì…-
“Lo sai che il mio primo pensiero sei tu dal giorno in cui ho guardato quel tuo grugnetto indispettito per il freddo che avevi trovato fuori dalla mia pancia?” gli disse smuovendogli qualcosa dentro, che sapeva tanto di commozione.
- Sì lo so…- rispose ricordandosi che effettivamente, nelle foto che gli avevano fatto Alec e zio Harry quella notte d'autunno in cui era nato, che era stata la festa di tutti gli uomini della famiglia da parte paterna quanto materna, visto che lui era il primo maschio nato della nuova generazione composta fino a quel momento da quattro femmine, aveva davvero l'aria di quello che tra sé pensava "Dannati scocciatori...io stavo così bene...qui si gela altro che! E poi che cavolo! E' scomodissimo questo posto! E sì, sono grasso, allora? Adesso piango...sì, sì...io vi avverto, adesso piango...sto per piangere gente...ecco, ho pianto...e forse ho fatto anche altro, contenti?" pareva di vederceli quei pensieri nelle foto.
“Se vengo, è per te, prima di tutto…”


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Capitolo 29
*** Capitolo 29 - Suddenly (II - Gineceo) ***


Capitolo 22 –

Chiedo scusa, anche questo è da sottoporre ad accurata rilettura, ma essendo questi capitoli un po' complessi, richiedono tempi più lunghi per il controllo.


Per prima era arrivata Jane ovviamente.
Liam era andato a prenderla alla stazione di Kendal e l’aveva portata al cottage.
Dopo essersi sistemata, Jane lo aveva raggiunto in salotto dove lo aveva trovato semiaddormentato, con la testa riversa all’indietro e un cuscino stretto al petto.
Anche da bambino faceva così, non voleva pupazzi per compagnia, solo un bel cuscino per tenere impegnate le braccia, diceva lui, che altrimenti non sapeva bene dove mettere.
Somigliava a suo padre molto più di quanto non credesse ormai, Jane lo vedeva bene, anche nel carattere.
Gli si sedette accanto e lui riaprì gli occhi quasi subito e sorrise appena quando lei allungò una mano ad accarezzargli la fronte.
- Mi dispiace, non volevo rovinarti il Natale…- le disse sottovoce.
- Che razza di discorsi, da quando in qua noi due siamo diventati così estranei? E poi non l’hai fatto mica apposta…-
- No…non direi proprio…- bisbigliò lui spostando il cuscino, stiracchiandosi appena e allungandosi verso il tavolino davanti al divano per prendere le sigarette.
- Che stai facendo?-
- Ma’…-
- Non fumare…William!- lo sgridò togliendogli l’accendino di mano e la sigaretta di bocca - non fumare, non risolve i problemi…ne hai infilate cinque solo da Kendal a qui e hai detto che è da ieri mattina che non mangi! Avanti!- disse severamente – anzi, adesso vediamo di ingollare qualcosa per favore…-
- Non ho fame…-
- E pensi che me ne importi qualcosa? Di certo se tu digiuni, Sìle non guarisce. Piuttosto, come sta?-
Liam la seguì in cucina abbastanza stancamente e stringendosi le braccia al petto come avesse freddo, si strinse nelle spalle.
- Se ci fossero stati cambiamenti l’avrei saputo credo…- rispose senza traccia di ottimismo.
Parlava come se la cosa non lo riguardasse così da vicino in fondo, Jane lo avvertì con chiarezza quanto il figlio stesse cercando di estraniarsi – oggi dovrebbero arrivare anche sua madre e sua nonna, da Man…- aggiunse lui senza guardarla.
- Certo non è una bella circostanza per incontrarsi tra consuocere…-
- Mamma…-
- Era per dire Liam, io non so come altro dirlo in una parola che due donne sono madri di due che stanno insieme, non metterti lì a farmi le pulci!- replicò lei un po’ seccata da quello che considerava solo uno stupido puntiglio formale.
Liam sbuffò e appoggiò la testa alla parete scusandosi mentre la guardava armeggiare in cucina dove Dorcas, puntualmente, imbucava chili e chili di roba che secondo lei a Liam faceva bene e dove Jane aveva a sua volta imbucato chili e chili di roba appena entrata, prima ancora di togliersi il cappotto.
Lei si era meravigliata di quanto fosse piena ogni singola mensola e lui si era meravigliato di quanto sua madre lo credesse ancora incapace di badare a sé stesso(anche se in effetti, era appunto Dorcas ad aver imbottito di qualunque cosa tutti gli angoli).
- Ti va di…- fece per chiedere Jane, ma qualcuno bussò e Liam corse ad aprire.
Davanti alla porta c’erano Charlie Moore con un altro uomo che Liam conosceva sempre di vista, ma sul momento non seppe collocare nella memoria.
Charlie gli andò incontro senza bisogno di chiedere.
- Liam, ti ricordi il sergente Bagshaw?-
Gli si accese una lampadina.
A Ambleside i forestieri erano tre: lui, Ross Chamberlain, il gallese, e Freddie Bagshaw, dal Derbyshire, trasferito a Windermere con moglie e figlioletti più o meno un paio d’anni prima che lui se ne andasse da lì.
- William…- lo salutò l’uomo che teneva il cappello in mano.
- Sergente…- rispose lui mentre faceva cenno loro di entrare e si faceva da parte.
- Il sergente ha in mano il caso di Gore…- disse Charlie.
Liam lo guardò un po’ allarmato e sorpreso, ma più per essersi scordato Gore che altro.
- Come?-
- William, chi è?- chiese Jane arrivando davanti a loro tre e fermandosi con un sorriso leggermente incerto vedendo il poliziotto.
- Signora Kerr, che piacere vederla…- la salutò Charlie riconoscendola subito.
- Buongiorno signor Moore…- rispose Jane con molta gentilezza, quindi guardò Bagshaw che era un uomo sulla cinquantina, ben piazzato anche se non imponente quanto Liam, e dal viso dolce e pacifico, per quanto molto serio in quel momento.
- Mia madre, Jane…mamma, questo è il sergente Bagshaw - li presentò Liam.
Bagshaw salutò Jane che, una volta risposto con la consueta buona grazia, si eclissò immediatamente perché non riusciva proprio a resistere dall’appropriarsi di tutti i compiti della perfetta donna di casa e quindi dovette proprio andare a preparare tè e caffè.
Liam, Charlie e Bagshaw si accomodarono sul divano.
- Come sta la signorina Kennaugh?- domandò per prima cosa e con molta gentilezza Bagshaw.
- Non sono stato informato di alcun cambiamento…ma grazie…- rispose Liam, quindi sospirò guardando Charlie per un attimo e poi di nuovo il sergente – posso chiedere cos’è questa storia di Gore?- domandò.
Charlie lasciò che fosse il poliziotto a parlare, anche se era stato presente.
- Questa mattina, è stato rinvenuto il corpo dell’uomo che i soccorsi cercavano ieri sera col Signor Moore…nella brughiera…- spiegò abbastanza freddamente, senza toni insinuanti, ma era comprensibile che quello che diceva lo insospettisse un po’ o non sarebbe stato un buon poliziotto.
- Nella brughiera?- domandò Liam altrettanto stupito – è uscito dal lago allora…-
- Di questo parleremo dopo William…- disse Bagshaw – il signor Moore ci ha dato una versione dei fatti, ora avrei bisogno anche della sua testimonianza…le dispiace se prendo qualche appunto su quello che mi dice?-
Liam acconsentì e senza pensarci neanche un momento, si mise a riflettere su come poter organizzare lo svolgersi degli eventi.
Dall’inizio, si disse, da quando abbiamo iniziato a seguire Lily nel bosco.
Spiegò quale fosse la situazione al momento in cui erano usciti di casa, chi fosse presente, perché si fossero messi in moto così improvvisamente.
Bagshaw annuiva, lo ringraziò per avergli fornito altri due testimoni da sentire, Dorcas e Ceday, e prese qualche appunto, rileggendo di quando in quando anche quanto dettogli da Charlie.
- Bene e…quando lei e la signorina Kennaugh vi siete separati cos’è accaduto? Il signor Moore mi ha detto che Sìle lo ha chiamato da qui chiedendogli di raggiungerla…-
Liam confermò.
- Su mio consiglio…io sono andato dietro Lily e Gore…-
- Come sapeva che si erano inoltrati proprio in quella direzione?-
Ahi…brutta domanda quella, come spiegarglielo?
- Beh…- sbuffò Liam passandosi una mano dietro il collo mentre Jane ritornava da loro portando tè e caffè – è che la bambina si diverte spesso a girellare per il bosco, ad allontanarsi, ma ormai sappiamo abbastanza bene quali sentieri le piacciono, anche se disagevoli a volte…penso sia stato facile da arguire per questo motivo. E poi Sìle è piuttosto intuitiva riguardo Lily… -
Bagshaw annuì senza commentare e lo invitò a proseguire mentre Jane si sedeva accanto al figlio.
- E poi…ho risalito il fianco della collina fino ad uscire del bosco e quando sono arrivato oltre gli alberi ho visto Gore…no in realtà prima ho visto quella che mi sembrava la sua sciarpa, poi guardandomi intorno ho visto lui e ero più che sicuro che stesse seguendo Lily…-
- Perché?-
- Perché…- sbuffò Liam – perché era ossessionato da lei. Da quando è arrivato qui non ha dato pace né a Sìle, né a Dorcas…tentava di avvicinare Lily in ogni modo. Lo chieda anche a Cary e Celia Brown, perfino loro hanno dovuto averci a che fare, e comunque non mi sbagliavo, Lily era venti passi avanti a lui…-
- Sentiremo anche i signori Brown allora…comunque: lei ha raggiunto il signor Gore? Ha…parlato con lui?-
- Per poco non gli rompo il muso a dirla tutta, quindi direi di sì, che l’ho raggiunto e ci ho parlato…poi però…ho visto Lily e allora ho pensato a lei. Era ferma davanti a un piccolo lago e ho cercato di farla allontanare dall’acqua…a lei piace molto l’acqua. Solo che… -
- Sì?-
Liam sbuffò mentre Bagshaw si prendeva un attimo per bere un sorso di caffè e confrontare di nuovo da lì in poi le versioni di Liam e Charlie.
- Beh da qui iniziano i ricordi un po’ confusi…-
- Mi dica…-
Liam chiuse gli occhi cercando di ricordare quanto più lucidamente poteva.
- C’era molto silenzio…l’aria molto ferma e la luna, si vedeva tutto molto chiaramente. Io mi sono abbassato verso Lily, l’ho chiamata, l’ho pregata di venire via dal lago, ma lei non ha voluto saperne e così io mi sono fermato lì con lei per cercare di convincerla e…poi è arrivato Gore, alla mia sinistra, l’ho intravisto con la coda dell’occhio. Ha attraversato un po’ d’erba alta e si è infilato nel lago: rideva, come un pazzo, era estasiato…diceva di stare assistendo ad un miracolo perché quel lago fino a due minuti prima pareva non esserci e…- si interruppe per un momento e riaprì gli occhi – era una serata molto strana davvero…sembrava di sentire una voce nell’aria…o nell’acqua forse…e non lo so…Gore l’ho perso di vista nel momento in cui mi sono accorto che la bambina mi era sparita da sotto il naso, che anche io, come Gore, ero nell’acqua fino alle ginocchia e ho iniziato a sentire la voce di Charlie e di Sìle che mi chiamavano…poi credo d’essere andato giù…-
- Nell’acqua?- chiese Bagshaw e Liam annuì.
- Non so come o perché…so solo che mi sono svegliato con tutta un serie di immagini allucinate in testa e Charlie che mi riempiva la faccia di sberle per svegliarmi e Sìle era già in stato d’incoscienza…-
- Sì per il resto il signor Moore mi ha spiegato per quanto poteva…a quanto pare quella sensazione di confusione, aveva colto anche lui per un momento…-
Charlie fece cenno di sì e guardò Liam.
- Dopo che Sìle si è buttata, quel…rumore, quella specie di voce che dicevi, è diventata davvero assordante, come un sibilo intensissimo e io non sono riuscito a resistere e per qualche secondo ho chiuso occhi e orecchie…e quando mi sono svegliato ho visto te che galleggiavi sull’acqua…-
Liam si passò una mano sul viso e guardò Jane che lo osservava alquanto sconcertata: le prese la mano tra le sue e le sorrise cercando di tranquillizzarla.
- Ora rimane solo un punto oscuro e non trascurabile, signori…- disse Bagshaw finendo di scrivere e guardando entrambi loro – è un fatto che del lago di cui fate cenno nella brughiera…-
- Non ci sia più traccia…- lo anticipò Liam.
Bagshaw inarcò la sopracciglia come dire “eh già…”.
- E i soccorsi?- domandò Liam a Charlie.
- Non abbiamo trovato il lago Liam…- gli disse – solo una piccola pozzanghera…nulla di più. Nulla in cui un uomo potesse affondare -
- Ciò non toglie che il signor Gore, risulti morto per annegamento a quanto pare…- riferì il sergente.
- E quindi?- chiese Liam.
- E quindi…aspetteremo l’autopsia per ora…-
- Ma dobbiamo ritenerci in qualche modo sospettati di qualcosa?- domandò ancora Liam.
Bagshaw finì il suo caffè e rilesse gli appunti.
- Mettiamola così…- disse – per quanto posso dirvi adesso, rimangono alcuni fatti in piedi: che è morto un uomo in circostanze non molto chiare, che voi due, la bambina e la signorina Kennaugh eravate gli unici presenti oltre a lui, ma che niente prova che il fatto sia avvenuto dove dite…cosa di cui personalmente non dubito per principio, ma perché oggettivamente, prove della presenza di un lago tanto profondo da condurre un uomo all’annegamento lassù, per ora, non ne esistono. Rimane comunque il fatto che Gore a quanto ho capito, era divenuto piuttosto imprudente per seguire questa sua ossessione per la piccola Lily e la sua ragazza e…che lei lo avesse…pregato più di una volta di starvi lontano a quanto ne so…-
- Diciamo le cose come stanno…- lo fermò Liam abbastanza seccamente – io Gore l’avrei strangolato l’altra notte e visto che se non fosse stato per lui Sìle in quelle condizioni non ci sarebbe, se non l’aveste ritrovato voi morto nel lago, forse l’avrei spedito io in ospedale con la faccia ridotta ad un puzzle…-
- William, non è consigliabile tutta questa sincerità…-
- Me ne sbatto…tanto non gli ho torto un capello alla fine e di certo non l’ho messo io in acqua…-
- William, controllati…- gli disse la madre – è un ufficiale di polizia…-
Bagshaw dopo qualche attimo si alzò e prese congedo dicendo per il momento aveva finito, ma a Liam nacque una necessità improvvisa di togliersi almeno quel pensiero.
- Senta sergente…- disse all’uomo che lo ascoltò – andiamo a vedere…-
- Certo, stavo proprio per chiederle di portarmi lassù se non aveva urgenza di fare altro…-
- Sanno tutti come rintracciarmi se c’è bisogno di me e io in questo momento a stare fermo proprio non ci riesco, quindi andiamo…-
- Bene, prendiamo l’auto di servizio?-
- Non serve, è perfettamente raggiungibile a piedi- rispose Liam.
- D’accordo andiamo…- disse il sergente mentre Liam andava a prendere il giaccone.
Jane rimase lì con Charlie e Liam e Bagshaw partirono.
Liam rifece mentalmente il percorso che poteva aver coperto la notte del lago insieme a Sìle e lo intraprese con decisione.
Indicò a Bagshaw il punto in cui lui e lei si erano separati, poi proseguì, iniziò la salita.
Ricordava un grosso masso squadrato, spaccato a metà, in mezzo a cui stava iniziando a crescere una quercia e lo trovò; dopo quello era andato a dritto e in salita.
Riconobbe le rocce su cui si era arrampicato per evitare il terreno acquitrinoso intorno e invitò Bagshaw a fare lo stesso.
Cercava quella maledetta sciarpa rossa, non l’aveva tolta da dov’era, l’aveva solo toccata, aveva solo sentito che era umida e in quel verde e grigio doveva essere visibile quanto un razzo di segnalazione.
Procedeva con decisione in quella che ricordava essere la direzione, almeno gli sembrava e ad un certo punto gli alberi si diradarono, quindi erano arrivati…ma non c’erano quelle betulle nane…e il torrente e…la sciarpa che sventolava da uno dei rami…
- Era qui, sono quasi sicuro…- disse parlando col fiato più corto che avesse mai avuto.
- Cosa?- domandò Bagshaw guardandosi intorno anche lui.
- Quando ho visto Gore salire lungo il crinale ero a quest’altezza e…- percorse il profilo della collina davanti a loro con gli occhi cercando qualcosa che gli fosse familiare in qualche modo…l’unica cosa che gli parve di ricordare fu uno di quei passaggi che venivano creati appositamente per gli escursionisti che attraversavano a piedi i pascoli senza dover aprire le recinzioni – forse là…- disse a bassa voce.
Si diresse verso le tavole incrociate in maniera da creare uno scalino, un piccolo ponte per oltrepassare la recinzione, e un altro scalino…lo superò e finalmente ritrovò l’orientamento.
Il torrente scorreva un po’ sotto di loro e le betulle nane erano lì, era sicuro che fosse quello il posto perché quando scese, ritrovò anche il ramo che aveva spezzato sorreggendosi quando era scivolato.
- Ecco…Gore era là sopra…- spiegò a Bagshaw che gli teneva dietro: avevano entrambi il fiatone e il freddo era particolarmente fastidioso se sotto i giacconi si era accaldati.
Il sergente annuì seguendo le sue indicazioni e d’un tratto vide qualcosa.
Mosse qualche passo in avanti, scese prudentemente verso il torrente, un paio di metri più in basso, e dall’acqua gelida estrasse la sciarpa rossa di Gore.
- Era questa che ha visto l’altra notte?- chiese ad alta voce e Liam annuì rincuorato dal trovare almeno un riscontro con ciò che ricordava.
- Era impigliata nei rami, ma forse il vento l’ha strappata via…- confermò.
Bagshaw fu d’accordo e quando ritornò da lui, mettendo via la sciarpa in una busta trasparente che aveva in tasca, gli mostrò una lacerazione nelle maglie.
- Pensa di poter raggiungere il lago che dice di aver visto da qui?-
Liam lo guardò sorpreso.
- Ma ha detto che non c’è più…-
- Non importa, mi ci porti…- insisté il poliziotto.
Liam non recriminò oltre, perché capì che Bagshaw in qualche modo gli stava tendendo una mano per accertarsi che effettivamente quel posto fosse noto ad entrambi, lui e Charlie, e quindi, unitamente alla sciarpa dell’americano, potesse costituire una prova a favore della loro versione.
Il corpo di Gore doveva essere spostato a Carlisle per l’autopsia, c’era da aspettare che la strada fosse percorribile, ma l’ora della morte così a un primo sguardo, per il medico legale risaliva più o meno al momento in cui Liam e Charlie dicevano d’essersi trovati lassù, nella brughiera.
Liam lo condusse esattamente dove si aspettava.
- Ecco io mi sono accorto di Lily quando ero qui…e…la bambina era laggiù, là dove l’erba è più alta…- spiegò camminando in quella direzione, riparandosi dando le spalle al vento che sferzava il viso insieme alla pioggia che ora cadeva di nuovo battente.
Si avvicinarono a quel punto ed era vero maledizione…non c’era altro che un pallido reflusso d’acqua che copriva di pochissimi pollici l’erba.
Liam era sconcertato.
Allargò le braccia con fare desolato e scosse la testa.
- Era qui…proprio dove siamo noi…io mi sono fermato non più di due metri più avanti di qui quando mi sono trovato nell’acqua. Non c’era fango, non era neanche limacciosa a vederla, erano due piedi e mezzo d’acqua maledizione! -
Bagshaw annuì pensosamente.
- E’ strano, è decisamente strano…ma non è la prima volta che accade…-
Liam rimase sorpreso da quelle parole.
- Prego?- domandò.
Bagshaw scosse una mano in aria come dicendogli di lasciar perdere e con lo sguardo percorse brevemente il terreno, si chinò a raccogliere qualcosa dall’erba e lo tirò su, lo esaminò per un istante e poi lo rilasciò.
- A volte…in queste brughiere…è successo in passato che qualcuno avesse brutte avventure con queste infiltrazioni d’acqua, questi impaludamenti…– disse vagamente, senza quasi porre attenzione a ciò che diceva.
Tornarono al cottage dove Jane e Charlie li aspettavano.
Jane vedendo Liam rientrare smise di parlare e si mise in attesa di avere notizie, come del resto l’uomo accanto a lei.
Bagshaw lo aveva lasciato fuori della porta raccomandandogli di tenersi a disposizione e promettendogli di far avere notizie a lui e compagnia quanto prima fosse stato possibile.
- Questo è quanto…- concluse Liam riferendo il tutto – il lago non c’era, ma abbiamo ritrovato la sciarpa di quell’idiota dove l’avevo vista…-
- Liam…- lo redarguì sua madre – ad avere rispetto dei morti te l’ho insegnato mi sembra di ricordare…-
- Beh riposi in pace, da vivo era un coglione! Guarda che se è morto, è perché ha fatto tutto da solo mamma, salvo per il fatto che per poco non è riuscito a portarsi dietro anche me e Sìle! Devo portargli proprio tanto rispetto?-
Jane capì che non era il caso di insistere.
- Ha chiamato nessuno?- le chiese il figlio.
- No, nessuno…-
- Ti dispiace se faccio una corsa da Dorcas e…-
Mentre Jane stava per dirgli di no, suonò il telefono ed era George, quel giorno forse era destino venire interrotti per lui e sua madre.
“Liam…”
- George…-
“Ho provato a chiamarti al cellulare prima, non mi hai risposto…ma che diamine sta succedendo? E’ vero di Gore?”
Liam si strofinò l’occhio destro, che in quel momento era abbastanza ostinatamente appannato.
- Sì…sì è vero…l’hanno ritrovato stamattina…tu come lo sai?-
“Walter ha sentito la polizia, era l’unico riferimento che abbiano trovato indosso a quel tizio…ma com’è successo?”
- E’ un po’ lunga da spiegare…tra l’altro ci siamo finiti in mezzo anche io e Sìle…quel demente si è messo a inseguire la bambina di Sìle in mezzo alla brughiera e noi gli siamo andati dietro e…- continuò fino a che, con quanta più brevità gli fosse possibile, non ebbe reso George partecipe della cosa.
Alla fine, l’aplombe tipicamente britannica dell’amico, era venuta un tantino meno…si lasciò andare a un commento quanto mai colorito per lui:
“Sei nella merda fino al collo per caso? Lo sai che puoi dirmelo vero? Ho ancora il numero di quell’avvocato che…”
- George, no, George, frena…frena…-
“Sì…”
- Non sono nella merda fino al collo per ora…non gli ho fatto niente io e non credo che arriverebbero a niente di diverso indagando, mi hanno solo pregato di tenermi a disposizione. Adesso mi serve solo che tu parli con Walter e gli spieghi perché in tutta sincerità…la voglia di ripeter per la quarta o quinta volta quello che è successo…con Sìle in quelle condizioni…-
“Non ti va, lo capisco, è normale…d’accordo ci parlo io…”
- Grazie…e…-
Tanto per gradire, in tutto ciò, Liam mentre parlava vide Charlie congedarsi, gli fece un cenno con la mano, poi Jane si fermò sulla porta e sorridendo all’amico del figlio attese che si allontanasse.
Liam si aspettava di vederla richiudere, ma non lo fece, quindi stava succedendo altro lì fuori.
“E?” fece George.
- No niente, tutto qui…scusa sono un po’ stanco, sono appena tornato da lassù con un poliziotto, per fargli vedere che nessuno s’era inventato niente…-
“Una bella rogna sì…”
- Già…-
- Salve…- sentì dire d’un tratto…e non da Jane, bensì…
- Dorcas?- si chiese ad alta voce mentre la donnetta e Ceday facevano il loro ingresso davanti a Jane che le guardava un po’ sorpresa.
- Buongiorno…- le salutò quella, poi sentendo Liam chiamare la strega, sorrise appena – oh, lei deve essere la signora Patel…- disse con gentilezza.
Dorcas aggrottò le sopracciglia come a soppesare per un attimo quel sorriso, poi decise che poteva andare evidentemente perché tese la mano a Jane con Ceday dietro le spalle che strizzò l’occhio a Liam.
- E lei è la signora mamma presumo…-
- Sì, Jane…-
- Piacere…-
- Tutto mio…-
“Che succede?” chiese George sentendo le voci.
- Sto assistendo a una scena che ricorda tanto il duetto Livingstone- Stanley, hai presente?- rispose Liam appoggiandosi con le spalle al muro e osservando la scenetta delle presentazioni.
Anche lui aveva usato quella famosa citazione scoprendo d’aver fotografato Garlicky che aveva prontamente commentato, ma quella volta era diverso, era proprio una specie di incontro epocale.
Sì perché Liam, tra sé, in quelle ultime ore, aveva temuto molto di più quel momento di quanto, ad esempio, non temesse il suo con Morgan e la nonna di Sìle, o di sua madre con le due.
Dorcas e Jane, che se lui aveva quasi quarant’anni, ormai viaggiava allegramente e senza paura per i sessantasette, erano innanzitutto più vicine come età di quanto non fossero Jane e Morgan, e poi erano due donne di quella buona, vecchia fatta del periodo bellico.
Della serie non le fanno più come una volta!
Era senz’altro un marchio di qualità quel carattere saldo e coraggioso, ma certo se iniziavano a fare scintille…c’era da aver paura…
Per fortuna c’era anche Ceday, direttamente dagli anni settanta, che sdrammatizzava parecchio la questione.
Si presentò a Jane dicendole…
- Ceday Clopton, un’amica della sua futura ufficiale ma non ufficiosa non nuora: posso complimentarmi per la maestria creativa? O creazionista? Come si dice?-
- Oh beh…io non…- balbettò Jane.
- Parla di suo figlio, non riesce proprio a farsi una ragione di tanto ben di Dio – spiegò Dorcas.
Jane rimase un pochino allibita, ma in fondo ci fu un lampo di orgoglio nei suoi occhi quando guardò Liam; il problema era che l’orgoglio, da brava signora cattolica osservante, era peccato…quindi mezzo secondo dopo, già lo stava rimproverando aspramente chissà per cosa…magari per intrattenere doppie, triple relazioni contemporanee e promiscue.
- Dorcas?- chiamò Liam colto da un leggero nervosismo.
- Sì?- rispose lei girandosi.
- Abbi pietà di me eh? E spegni Ced per favore…- la pregò quando gli fu andata vicina - E’ di Londra mamma...- spiegò quindi rivolto alla madre. Come se essere londinesi bastasse a spiegare molte cose, osservò giustamente George, ma Liam, vedendo Jane prenderla per una spiegazione più che valida, con tono trionfante disse all’amico – per mia madre spiega quasi tutto, credimi…adesso ti lascio prima che Ceday riesca a farmi passare per un bigamo, a quello potrei non sopravvivere…-
“Fammi sapere di Sìle…non ti trattengo di più”
- Grazie…- rispose Liam riattaccando e andando di corsa ad afferrare Ceday per le spalle proprio mentre la sentiva dire…
- Guardi che non vengono mica sempre così sa?-
- Ced, tesoro…-
- Sì?-
- Se mi dici cosa ci fate qui tu e Dorcas invece che essere con Sìle, non facciamo il giochino di Torquemada che stacca la lingua alle streghe inglesi coi capelli rossi, che ne dici?-
- William!- esclamò Jane.
E lui si trovò a dover arginare le ire materne, a dover frenare Dorcas che era partita alla carica verso la cucina e Ceday che gli stava demolendo a picconate quel briciolo di funzionalità cerebrale che gli rimaneva…le prese tutte nell’ordine.
- Non è un gioco erotico mamma, non chiamare il prete, non ce n’è bisogno. Dorcas la cucina trabocca, puoi anche evitare l’esplorazione. Allora Ginger?-
Ceday sorrise a Jane.
- Lo scusi, Sìle gli da proprio alla testa povero caro…e comunque tu non preoccuparti perché con Sìle ci sono Celia Brown e Miss Curl…Durilda, Doretta…-
- Dorinda…- la corresse Liam – e ringraziamo il cielo che voi altre non facciate incantesimi da imparare a memoria…-
- E Morgan e Una sono arrivate a Liverpool, tra non molto saranno qui…- lo avvertì Dorcas, quindi gli andò a porre una mano sulla spalla – tu però forse dovresti venire da lei…- gli disse con un’espressione che non aveva niente della sua solita ironia.
- E’ peggiorata?- chiese.
- No…- disse Dorcas – ma non parla quando non ci sei tu…si allontana…-
Liam a quel punto dovette caricarle tutte in macchina, consapevole del rischio che tra Jane e Dorcas poteva scoppiare un incendio, una grande amicizia, o entrambe le cose insieme, ma in qualunque caso, sarebbe diventato uno tsunami per lui.
Già se le immaginava litigare tra loro, poi trovare qualcosa da criticargli su cui erano d’accordo e allora allearsi tra loro…e Morgan? Non la conosceva abbastanza, ma forse lei gli avrebbe semplicemente detto…
“Sei solo un’appendice, di che ti preoccupi?”
E Sìle che magari era troppo presa dal chiacchierare con Ceday, la quale non faeva altro che infierire sul suo imbarazzo per i complimenti troppo sperticati.
E non erano neppure finite! C’era Una ancora… La Grande Strega Nonna
“Addio nervi, è stato bello conoscervi…”
“Cerca di capire, abbiamo retto fino a che potevamo ma…”
“Ma sì certo, è chiaro…amici come prima…”
- Ho un’amica che ha una fattoria a Dumfries…- sentì dire da Dorcas mentre guidava verso il B&B – Grace Graham -
- Tra Drumrash e New Galloway e menomale che conosco la zona…- la corresse Liam.
- Quello che é, pignolo!-
- Oh Santo Cielo! A Drumrash…ma non sarà mica Grace Graham di…aspetti aspetti…come si chiama…-
Liam sgranò gli occhi e guardò la madre attraverso lo specchietto per un attimo.
- Old Bridge End?- suggerì.
- Sì!- esclamò Jane dandogli un colpetto al cuore per poi rivolgersi tutta contenta a Dorcas - non ci posso credere, lei conosce Grace?-
- Ma sì!Siamo amiche da tanti anni!-
- Siamo cugine per un quarto lo sa?-
- Davvero?-
- Sì, sì: sua nonna era la cugina del bisnonno di William, Donal, che poi era mio nonno materno…-
- Oh Dio…- mormorò lui mentre sentiva Dorcas e la madre cinguettare allegramente delle loro conoscenze comuni – ma le senti?- chiese a Ceday.
- Sono proprio carine, smettila di avere quell’aria atterrita perché è bello scoprire di avere un legame inatteso…-
- No Ced, tu non capisci, è che…-
- Ehi tu! Bell’imbusto!- Dorcas.
- William?- madre.
- Ora vedrai…- disse lui guardando Ceday – agli ordini signore…-
- Perché non mi hai detto che Grace conosceva Mss Patel?- e via! Iniziavano le alleanze ai suoi danni…
- Ma perché io la conosco Grace mamma?-
- Certo che la conosci, le hai fatto pipì addosso una volta…era il giugno del settantuno, me lo ricordo benissimo…-
- Non ne dubito mamma, hai sempre avuta una memoria di ferro, ma io avevo due anni scarsi e pipì la facevo dove mi capitava: su te, su papà, sulla poltrona appena rivestita dal tappezziere, su Grace. E poi scusa…tu non ridere Ginger…-
- Io? No, no…-
- Ok. Dicevo mamma, non è che fare pipì addosso a qualcuno in età neonatale sia proprio da considerare una presentazione ufficiale no?-
- Oh quanto sei polemico! Tutto tuo…-
- Mio padre, sì mamma, hai ragione mamma…ora inizio a ricordarmi perché me ne sono andato di casa a diciassette anni! Porca miseria mamma!-
- Guarda la strada!- Dorcas e Jane insieme…cazzo! Peggio che con sua zia!
Liam iniziava a non vedere l’ora di ributtarsi a capofitto nell’atmosfera silenziosa e un po’ preoccupante della camera di Sìle, anche se non lo ammetteva del tutto.
In realtà era che gli sembrava molto inappropriato non pensarci di continuo, ma Ceday lo richiamò e gli sorrise.
- Calma highlander…e guarda che non c’è niente di male a distrarsi un momento…- gli disse.
Anche perché , quando arrivarono al B&B, da rilassarsi c’era veramente poco.
Dorinda e Celia quando sentirono aprirsi la porta, si mossero con la velocità di due formichine quando, per caso o anche a farlo apposta, qualcuno interrompeva la perfetta linearità della loro catena di lavoro.
Iniziarono a pigolare una qui e una là di qualcuno che era arrivato…
Due donne…una più giovane, una più anziana…che loro non si erano neppure accorte che fossero arrivate lì, non avevano proprio visto né un’auto lasciarle né nessuno allontanarsi…
Non avevano detto molto e loro non sapevano come spiegarsi la loro presenza lì e…
- Dorinda, adesso si calmi per favore, anche lei Celia…- disse Liam prendendo la prima delicatamente per le spalle e accompagnandola dentro seguito da Dorcas, Jane e Ceday – probabilmente sono la madre e la nonna di Sìle…-
- Sì, Dorcas ci aveva detto che sarebbero arrivate a breve, ma non credevamo così presto…- disse Celia – comunque Dorinda ha fatto il tè…-
- Ecco visto? Che problema c’è?- commentò Liam, quindi si rivolse alla madre – mamma tu ti ricordi Miss Curl e Mrs.Brown?-
- Certamente…- disse Jane andando a salutare le due signore che effettivamente ricordava abbastanza bene.
Le lasciò a sedersi nel salotto davanti al fuoco e seguì Dorcas attraverso la casa lasciando madre e signore nella imprevedibili mani di Ceday augurandosi che Charlie arrivasse presto, aveva detto che sarebbe passato da lì.
Quando arrivarono in cucina, Liam riconobbe all’istante Morgan, ferma di fronte alla finestra, con le braccia incrociate davanti al petto…aveva la stessa espressione calma e consapevole di come la ricordava, anche se quando lo guardò, non aveva quegli stessi occhi sornioni.
- Morgan…-
- Dorcas…-
Si salutarono da lontano, poi andarono una incontro all’altra e si scambiarono un leggero bacio su una guancia.
- Ben arrivate – disse Dorcas – l’avete vista?- domandò parlando di Sìle.
Morgan annuì…e a Liam fece quasi male vedere che abbassando leggermente gli occhi, si tirò i lunghi capelli scuri dietro l’orecchio in un modo che ricordava tantissimo quello della figlia e lui in quel momento sentì un bisogno quasi vitale di vederlo fare a Sìle.
E di nuovo Morgan lo catturò quel suo sentimento, neanche il tempo di formularlo chiaramente per lui, che lei lo aveva già afferrato.
Lo fissò per un lungo momento, poi lo raggiunse.
Lui aveva avuto l’impulso di voltare loro le spalle per non farsi guardare, ma in un attimo, si trovò le mani fredde di Morgan attorno al viso che lo portavano a guardarla.
Gli accarezzò la fronte con una mano e lui si trovò incapace di reagire tranne in un modo…e lei glielo raccontò tutto tenendo il suo sguardo fisso su di sé.
-Ti accigli come un bambino spaventato…- gli disse Morgan con la sua voce afona – hai la stessa rabbia dentro…-
Liam non rispose, ma non negò neppure e mentre gli sembrava che lei stesse per dire altro, sentì un’altra voce ancora, una totalmente nuova, stranamente bassa.
- Se è come i bambini, tanto meglio...noi non possiamo farci niente, si è riavvicinata solo quando ha sentito lui vicino…è lui no? L’uomo…-
- Sì, è lui…- rispose Dorcas – dov’è Lily?-
- Con Sileas…-
Dorcas annuì e Liam si girò verso la persona con cui aveva parlato…ma non la trovò all’altezza che si sarebbe aspettato, ovvero una statura media tra Morgan e Dorcas, la trovò più giù.
Era una donnina piccola piccola, con candidi capelli bianchi che sporgevano sulla fronte da sotto un berretto jamaicano e un viso piccolissimo e pieno di rughe, con due grandi occhioni scuri in qualche modo simili a quelli di Dorcas per vivacità e una boccuccia piccolina e sempre in movimento, come quella di una piccola tartarughina.
Non si poteva dire nana, era solo molto piccola…come Lily era molto piccola nel suo essere bambina: una personcina piccola.
Addosso portava un paio di scarpette di foggia cinese sotto un paio di pantaloni neri e una tunica viola scuro e sopra ancora portava un cardigan decisamente hippy, fatto di tanti riquadri intrecciati all’uncinetto, di mille lane colorate.
Corredava il tutto una bella pipa dal cannello lungo e arcuato, che emanava fumo profumatissimo, sembrava quasi oppio…e se lo fosse stato tutto sommato Liam non se ne sarebbe sorpreso, sarebbe stato forse un po’ banale in quel contesto stregonesco.
La donnina passò dietro Liam e si avvicinò a Dorcas, salì su un piccolo sgabello che quella aveva preparato per lei davanti al lavandino e ficcandosi la pipa in bocca, iniziò a rovistare in un contenitore pieno di boccette e boccettine di vetro.
- E’ un ragazzone…pensavo che a Sileas piacessero uomini più piccoli - commentò.
Liam non seppe dire perché, avvertì in quel commento qualcosa che lo fece pensare all’intimità…sua con Sìle…perché?
- Non è strano – osservò pacatamente Morgan – ha bisogno di sentirsi protetta…- disse accennando un sorriso verso di lui, lasciandogli andare il viso con una specie di carezza che non si sarebbe aspettato da lei…gli sembrò di sentirci un alito di senso di colpa in quelle poche parole.
- Già.…tu lì…come ti chiami? William…Liam…- lo richiamò Una.
- Sì, Strega nonna…- rispose d’istinto, poi però gli venne un dubbio – Strega nonna?- domandò rivolto a Dorcas.
- Strega nonna…- confermò quella, poi richiamò la donnina – che te ne pare della piccola?- chiese pensando a Sìle.
Una continuò a frugare tra le boccette e sbuffò una nuvoletta di fumo più consistente.
- Se qualcuno si perde in un lago, è sempre più difficile richiamarlo…- dichiarò abbastanza seriamente – nemmeno il mare è così oscuro…- alla fine, come si fosse ricordata d’un tratto di qualcosa, sollevò lo sguardo verso l’esterno, poi lo puntò verso Liam – vieni qui tu o no?-
Lui si sentì redarguito come uno scolaretto disobbediente, così nell’arco di pochi secondi si trovò seduto su una sedia con le tre donne che lo fissavano intensamente.
Quella che lo metteva meno a disagio in quel momento, per assurdo, era Morgan…Dorcas e Una sembravano stare davvero eviscerandolo.
- Secondo me potrebbe riuscirci, hai detto che può entrare no?-
- In genere sì…-
Confabulazione tra Strega Madre putativa di compagne e Strega nonna.
- Entrare dove?-
- Non te lo dico o dici subito una parolaccia e Una qui è molto suscettibile…- Dorcas.
- Che? Ehi che diavolo state macchinando? Guardate che ormai la conosco un po’ la categoria…-
- La vuoi aiutare Sìle o no?- sempre Dorcas.
- Ma sì!-
- E allora fidati e zitto!-
- No che non mi fido! Dove devo entrare? E perché proprio io?-
- Perché Sileas ha preso il tuo posto, ma lei non la voleva!- Strega Nonna, abbassare lo sguardo se la si vuole guardare in faccia.
- Lei? Lei chi? Quella cosa?-
- Sì…- Morgan, risollevare la testa di mezzo metro buono.
- E ora la piccola non sa ritrovare la strada per tornare e l’unico legame che ha con questo mondo sei tu, adesso ti fidi?- portare lo sguardo a circa tre palmi più in basso per guardare Dorcas.
- No Dorcas, neanche per idea, ma ormai sono abituato a tutto, quindi quando servo fate un fischio, adesso mi mandate da Sìle per favore?-
Si lazò in piedi con fare determinato, da uomo di casa in una casa infestata da femmine ingovernabili, come a voler mettere in chiaro che lui da quel momento in poi sarebbe stato in piedi e padrone di sé stesso.
- Lo pensavo molto più testardo…- commentò Una verso Dorcas mentre lui usciva dalla stanza chiedendo scusa, anche se non si capiva bene per cosa.
Morgan rimaneva in silenzio invece, ma lo guardò uscire di sottecchi.
- Che hai?- le chiese Dorcas.
Lei scosse appena la testa e rispose “Niente…”, ma le altre due colsero subito il motivo del suo dubbio: e se avessi sbagliato io? Quest’uomo ama mia figlia come forse qualcuno ha amato me una volta...e io l’ho scacciato e ho biasimato lei per aver voluto essere diversa da così…e così ho scacciato anche lei alla fine.


Liam aveva trovato Sìle ancora addormentata, con Lily sdraiata vicina a lei.
- Pulce…- l’aveva chiamata sottovoce, appoggiando una mano vicina alla sua testolina – dormi?- le aveva chiesto sbirciandola da sopra e vedendola con gli occhioni aperti, fissi su Sìle.
La bimba aveva scosso la testa e si era girata, gli aveva teso incontro le manine per essere presa in braccio.
Lui aveva annuito, però prima aveva sfiorato la fronte a Sìle.
- Ehi bella addormentata…-
Un attimo di silenzio in più gli aveva fatto fermare il cuore nel petto, ma poi lei aveva sorriso e quasi sembrava essersi stiracchiata.
- Sei tu…- aveva detto a mezza voce – dove sei?-
- Sono qui adesso…vicino a te…-
Sìle aveva fatto cenno di sì con la testa mentre lui le dava un bacio sui capelli.
- Non andare più via…è freddo qui…è buio…-
Detto questo aveva smesso di parlare…lui aveva tentato di chiederle dove, fosse freddo e buio, che cosa vedesse, ma niente, lei gli sorrideva e ad un certo punto aveva perfino sollevato la mano e fargli una carezza sugli occhi, come dirgli di stare tranquillo.
Lily lo richiamò per essere presa in braccio e lui le sorrise.
- Vieni qui…- disse prendendola su e sedendosi sulla poltrona che Dorcas aveva avvicinato al letto.
Lily gli si accoccolò sul petto, sempre così piccola, e iniziò a giocherellare con uno dei tre bottoni della maglietta di cotone di Liam.
Lui la studiò a lungo, di nuovo con quel senso di inquietudine che l’aveva colto un paio di volte negli ultimi tempi stando a contatto con al piccola.
- Tu lo sai cosa vede vero pulce?-
Lily annuì.
- Non me lo vuoi dire?-
No…
- Ti fa paura?-
No, di nuovo no, poi gli si strinse contro il collo e lui non poté fare a meno di pensare che le voleva troppo bene per arrabbiarsi con lei e i suoi no…
La pose una mano sulla schiena e iniziò a cullarla un po’…alla fine, come al solito, si addormentò anche lui.
Inizialmente fu un sonno pesante, senza sogni, poi pian piano gli parve di essersi dimenticato che stava camminando da tempo, in un sentiero nel bosco, un bosco scuro e silenzioso, illuminato da un morbido bagliore caldo che non permetteva di spingere lo sguardo oltre le prime file di alberi.
Sentiva un po’ freddo, si strinse le braccia attorno al petto guardandosi intorno.
L’atmosfera era strana, sembrava quasi una scenografia teatrale, c’era silenzio ovattato attorno e quella luce sembrava proprio quella creata ad arte nelle rappresentazioni su un palco…di quando in quando cadevano foglie gialle e rosse dall’alto, ma se si guardava in su, non si riusciva a vedere cielo, non si coglieva neppure dove finisse la chioma degli alberi.
C’era odore di bosco però e sentiva di stare calpestando foglie e erba e terra…anzi, se abbassava gli occhi, vedeva piccoli insetti e vermi muoversi nella terra smossa.
“Non ricordavo nemmeno d’essere uscito io…” pensò girandosi all’indietro.
“Non ti allontanare troppo! Tra poco è ora!” gli disse Una affacciandosi da una porta che si apriva in una grande roccia…e nemmeno quello gli sembrò strano.
“Va bene…” le rispose.
E di nuovo silenzio, ma solo per un po’…
Pian piano iniziò a sentire un suono, un suono familiare che riconobbe lentamente: qualcuno che fischiava un po ‘in lontananza, il fischio che rimbalzava tra gli alberi e lui conosceva anche cosa stava intonando…sì…quella vecchia canzone che piaceva tanto a Jane…
“Ah eccolo là, adesso glielo chiedo come si chiamava! Devo sbrigarmi però, qui è troppo freddo…glielo chiedo e torno a casa…” si disse vedendo un uomo di spalle, seduto su un’altra roccia, vestito di scuro e impegnato nell’intagliare un piccolo cilindro di legno.
Non gli diede un nome, non ce n’era bisogno, lo conosceva così bene che neanche lo chiamò.
Proprio mentre muoveva il primo passo verso di lui però, qualcuno lo prese per una spalla e lo scosse leggermente…
- Svegliati Liam…è arrivato il dottore…- gli disse Ceday e in effetti, riaprendo gli occhi con un po’ di fatica dal sogno, vide Clawley proprio sulla porta.


La visita a Sìle durò giusto il tempo di far conoscere Lily, Morgan e Una a Jane, e viceversa, e di spiegare a Jane perché e per come tutte quelle signore fossero lì, darle qualche ragguaglio sul fatto che se per caso sospettava che Liam le avesse tenuta un’intera famiglia nascosta per quattro anni e mezzo, come c’era quasi da scommettere avesse ipotizzato zia Molly, beh non era esattamente quello il messaggio che avevano tentato di lanciarle mettendole di fronte Lily.
- E poi figurarsi se Miss Dawn non le avrebbe telefonato cara…avrebbe saputo di diventare nonna, prima che suo figlio di diventare padre!- intervenne provvidenzialmente Dorinda.
- Immagino di sì…- convenne Jane guardando Liam che giocava con Lily seduto davanti al divano.
- No! Brutta imbrogliona! Non puoi guardare dietro!- diceva alla piccola che tentava di carpire con lo sguardo dove lui stesse nascondendo qualcosa che la interessava e lei rideva, sempre nel silenzio più assoluto, e poi risolveva la questione arrampicandosi sulla seduta del divano e attaccandolo da sopra…al che Liam la circondò con un braccio attorno al torace e se la portò di nuovo sdraiata sulle ginocchia facendole solletico.
La donna rimase colpita nel vedere il figlio così affettuoso con quello scriccioletto di bambina, e quando pensò che le sarebbe piaciuto davvero conoscerla quella ragazza che pareva solo dormire nell’altra stanza e che lei però, per rispetto di Liam e della ragazza stessa, non aveva ancora neppure visto, sentì un pizzico di commozione che lui colse perché si sentì osservato.
- Un attacco di nonnite Mrs.Kerr?- le chiese ironicamente, con uno sguardo scherzoso.
Fu un momento fugacissimo però: i suoi occhi smisero presto di essere ridenti, malgrado le affettuosità che dedicava alla bimba, per lo più pensava a Sìle e al fatto che il medico fosse stato chiamato perché Ceday si era accorta che stava diventando gelata.
A quanto pareva Una e Dorcas, non volevano, pensavano che fosse del tutto inutile, ma Ceday si era imposta e Morgan, strano più che mai visto il suo scetticismo verso i medici, la scienza e gli uomini in genere, le aveva dato ragione.
Era più una questione formale comunque: aveva convenuto con Ceday che ci sarebbero state meno seccature comportandosi secondo le consuetudini.
Arrivò perfino Maggie Mills ad un certo punto e per un caso fu proprio Liam ad andarle ad aprire.
- Maggie…- la salutò sorpreso.
Lei gli sorrise appena stringendo le mani in grembo, visibilmente imbarazzata: non sapeva da dove cominciare, sentiva di essere nel posto giusto, ma di non aver fatto prima niente, o non abbastanza, perché lui se lo aspettasse.
- Ho Saputo di…-
- Ah…sì…- rispose lui molto laconico, ma non scortese o sbrigativo.
Lei prese coraggio e gli accarezzò un braccio.
- E’ una bruttissima cosa, spero davvero che si risolva al più presto, è una brava ragazza…- gli disse tutto d’un fiato perché l’ammissione le costava più di qualche spicciolo d’orgoglio – se potessi…-
Liam la fermò prima che continuasse perché visto il gesto, non voleva infierire e farle dire cose facilmente fraintendibili come“Se potessi fare qualcosa per te…”.
- Grazie Maggie…- le disse prendendole la mano tra le sue e stringendola leggermente.
Quando si congedarono, Liam passò per caso davanti al piccolo studio in cui si trovavano cassettiere, librerie e una scrivania in cui ormai sapeva essere tutti i documenti e dentro vide Dorcas.
Si affacciò sulla soglia, ma non occorreva farsi notare.
- Cos’è? Quella piccola arpia è venuta a controllare qualcosa?- protestò con una voce aspra come Liam non gliel’aveva mai sentita.
- Ehi...- la richiamò intuendo che fosse una reazione all’ansia e al dispiacere di quel momento – è stata gentile invece…- disse dolcemente.
Dorcas annuì con fare molto scettico, troppo a dirla tutta, infatti lui entrò e le andò vicino.
- Cos’è tutto questo veleno d’improvviso?- le chiese abbracciandola attorno alle spalle per farla sciogliere un po’ – non sei una vipera, sei una piccola donna scoiattolo…- mormorò abbassandosi sulla sua spalla mentre la sentiva da una parte sorridere, dall’altra quasi piangere.
Aveva una lettera in mano.
- E’ che…- prese a dire con la voce che tremava appena, che si sforzava di finire quanto aveva da dire – c’è la madre di quella ragazza, di là, quella vera…- bisbigliò – e io non posso farmi vedere così. Ma la mia Sìle…- cercò di dire, ma a quel punto le mancò il fiato e allora Liam l’abbracciò forte sentendo il bisogno di sfogarsi anche lui almeno un po’, ma sapeva che non ci sarebbe riuscito fino a quando non avesse saputo come sarebbe finita.
- Cos’è quella?- chiese a Dorcas che passato un momento di pianto molto silenzioso, appena si sentì richiamare, guardò la lettere cui Liam si riferiva, tirò leggermente su col naso, se lo asciugò con un fazzoletto che aveva già in mano da prima e sorrise appena.
- Era un regalo di Natale extra…- rispose – è arrivata un mese e mezzo fa: hanno accettato la richiesta di adozione per la piccola…- gli spiegò, poi le venne un dubbio retroattivo e tornò la solita vecchia Dorcas, anche se con i lucciconi agli occhi – tu saresti stato contento no? – gli domandò e lui le sorrise affettuosamente; anche se non le rispose in modo esplicito, lei gli diede un buffetto sulla pancia – lo so, lo so…-
Qualcuno bussò facendoli girare: era Jane che si scusò.
- Il dottore è uscito…- annunciò, quindi li aspettò e raggiunse con loro il salotto, Morgan però chiese il permesso di andare dalla figlia, non assistette a spiegazioni.
Una invece era scomparsa, si era chiusa in cantina da un po’, con la sua pipetta, i suoi abiti variopinti, mezza popolazione felina del Lake District che pareva aver virato la sua attenzione da Dorcas a lei e un sacco di boccette di erbe e polverine.
Nessuno si interrogò apertamente sulla legalità di quello che potesse stare combinando lì sotto, ma Liam e Ceday di sicuro si erano scambiati uno sguardo significativo vedendola sparire.
-No, nessun cambiamento, tranne il sopraggiunto problema della temperatura, è quello che davvero mi preoccupa: per ora è stabile intorno ai trentadue, ma sono propenso a pensare, proprio in virtù dello stato letargico, è proprio il caso di dirlo, in cui versa la ragazza, che possa ancora scendere e questo non deve accadere…-
- Cosa possiamo fare noi qui?- domandò Ceday.
- Certamente portarla in ospedale a Carlisle o in qualche centro più attrezzato sarebbe utile, quindi tenetevi pronti per spostarla, ma in tutta onestà sono davvero confuso: l’ipotesi più probabile che mi sento di tenere in considerazione è quella del forte shock ipotermico di cui parlavo e ad ogni modo, direi che per ora è il caso di concentrarsi nel limitare questo progressivo abbassamento di temperatura, almeno per essere certi che la situazione non degeneri fino a che la strada sarà bloccata. Per cominciare quindi farei una cosa molto semplice: qualcuno stia a letto con lei, possibilmente standole abbracciato ma senza tentare di scaldarla con frizioni o altre fonti di calore troppo dirette…e speriamo che quel maledetto allagamento lo facciano rientrare in nottata, così da poter prendere provvedimenti più efficaci -
Liam guardava il pavimento, stringendosi le braccia al corpo, le labbra che si piegavano all’ingiù senza che lui lo volesse o lo notasse, gli occhi nascosti sotto le sopracciglia corrucciate e scure.
Ceday gli passò una mano sulla schiena massaggiandolo un po’.
- Vai tu highlander?- gli chiese dolcemente – se tua madre ha voglia di tornare a casa tua, la accompagno io, sto io con lei...-
- Sì, è meglio…- disse Morgan ricomparendo nella stanza – lei è molto più presente quando sente te…-
Lui annuì senza nessuna esitazione, senza considerare nessuno intorno apparentemente.
- E’ abituata a stare da sola, non preoccuparti…- disse poi a Ceday.
- Beh appunto, se fossimo sicuri che sarebbe sola, tutto a posto, ma visti i tuoi coinquilini…- commentò, allora Liam capì, ormai proprio non ci pensava a certe cose. Sorrise appena e ringraziò Ceday, poi andò dalla madre, le spiegò la proposta dell’amica.
- E’ londinese mamma, ma per il resto è innocua…-
Jane gli diede un buffetto sulla pancia.
- Ma che stupido che sei! Avanti vattene dalla tua ragazza, ha bisogno più lei di te ora…-
- Meno sei vestito meglio è…-gli disse Dorcas – tanto qui lo sanno tutte come siete fatti voialtri, vero signore?-
Venne un coro di risposte affermative che misero Liam un po’ in imbarazzo, visto che la più giovane presente era Ceday e le altre avevano tutte un’età variabile tra una sorella maggiore e una trisavola.
Il “Diamine!” di Dorinda, fu una vera sorpresa.
- Avevo in mente di fare le cose in maniera un po’ più discreta, ma grazie delle parole tranquillizzanti…- disse lui avviandosi verso le scale e la camera di Sìle.
- Con delicatezza!- gli disse Dorcas.
- Lo so, non sono un panzer…- rispose lui, per la prima volta non contento di spogliarsi per entrare a letto con Sìle.
Soprattutto lo sconvolgeva leggermente quell’alito di ridicolo, che rischiava sempre di diventare una bufera sopra la sua testa, anche in circostanze poco allegre, che si annusava in quella casa da quando ci si era riunita dentro quella piccola truppa di donne, streghe e non.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 - al Ratty Arms ***


Capitolo 22 –

Solito avviso di rilettura in itinere ^^'


Entrò nella stanza di Sìle, silenziosa e calda, troppo calda.
Si spogliò del tutto e si infilò sotto le coperte con lei.
Dorcas, sotto indicazione di Clawley, l’aveva avvolta bene in un lenzuolo di cotone, ma Liam allentò l’involto e si prese Sìle tra le braccia.
Era nuda anche lei e sembrava piccolissima in quel momento, indifesa e fragile.
Quando si accostò al corpo anche il suo viso, lei disse qualcosa come parlando nel sonno…qualcosa che gli sembrò, cosa meno assurda di quanto lui non l’avesse considerata sul momento, ti amo…, detto come se lui fosse semplicemente appena rientrato da fuori e l’avesse raggiunta a letto.
Si sentì chiudere la gola e dovette trattenersi dal rabbrividire sentendola così fredda rispetto al normale.
Qualche minuto dopo si era un po’ abituato alla sensazione di freddo e aveva un caldo terribile sotto quelle coperte, ma non abbastanza da sudare…forse effettivamente qualcosa di lui stava passando alla ragazza regolando così la temperatura.
Poi Ceday bussò e aprì la porta con delicatezza, lui allora le sorrise mentre accarezzava i capelli a Sìle e le fece cenno d’entrare, tanto non c’era molto da vedere.
- Tu dovresti lasciare giudicare a me, quanto ci sia da vedere lì sotto – scherzò, ma senza troppa insistenza. Si avvicinò al letto e si sedette lungo le gambe di Liam - come sta?- chiese cercando di guardare l’amica che era visibile solo per la nuca nera, rannicchiata contro Liam.
Lui scosse la testa con fare vago.
- Ha detto qualcosa, ma…- tanto non c’è da illudersi, pensò senza dirlo.
Ceday gli accarezzò un braccio e sospirò appena.
- E’ molto fredda?-
- Abbastanza, sì - confermò Liam.
Lei prese atto, poi come a volerlo distrarre per un mezzo secondo, indicò verso la porta.
- Accompagno tua madre al cottage, stiamo aspettando che Dorcas e Una finiscano di darle tutte le istruzioni contro i tuoi coinquilini…-
Liam la fermò come non avesse sentito bene.
- Ced, mia madre?-
- Sì…-
- Tu stai veramente dicendo che Jane sta…prendendo istruzioni su come difendersi dalle fate?-
- Ma perché te ne stupisci scusa?-
- Perché ancora non mi perdona di averle risposto “Allah è grande e misericordioso” quando invece di rompermi l’osso del collo cadendo da un albero da venti metri, mi sono lussato una spalla…-
- Secondo me è meno rigida di quanto non pensi…-
Qualcuno chiamò Ceday da sotto.
- Ora vado, trattamela bene la mia amichetta…- si raccomandò tradendo un briciolo di accoramento in più rispetto ai momenti precedenti; fece una leggera carezza sui capelli di Sìle – non dormire troppo tu, piccolina, abbiamo un sacco di cose da fare ancora…- le disse.
- Adesso arrivo…- brontolò Sìle.
Parlava ancora, sì, ma la voce diventava più flebile e sembrava tremare un po’.
Liam guardò Ceday uscire, si era fatta più seria anche lei e anche se non disse niente e sorrise a Liam nell’uscire, lui intuì che era più allarmata.
Comunque rimase solo con lei da quel momento in poi.
Non poteva neppure guardare Sìle perché il suo viso rimaneva nascosto contro di lui, poteva solo ascoltare…il respiro, gli aliti di voce che ogni tanto lei lasciava uscire, le sue piccole e belle mani che si chiudevano appena a tratti per poi rilasciarsi.
Non riusciva neppure a concedersi molte libertà, il massimo che si sentiva di poter fare era accarezzarle delicatamente la schiena, tanto per non cedere al torpore che gli coglieva le braccia per via della posizione troppo fissa, ma poi aveva paura che non bastasse a scaldarla, allora la abbracciava ancora.
Alla fine però cedette al sonno, di nuovo, e di nuovo sognò.
Ancora quel posto, quella foresta che pareva finta…davanti a lui un sentiero che si incuneava nel buio tra gli alberi, dietro di lui la roccia con la porta in mezzo…beh non proprio la stessa roccia, aveva cambiato forma.
“La gobba mobile di Igor…” si disse pensando alla famosa parodia di Frankenstein con Marty Feldman nei panni del servitore irriverente e un po’ pazzoide.
Marty Feldman…Garlicky somiglia a Marty Feldman, ricordò e rise appena.
“Qui fa un freddo cane però, non posso stare in giro…ehi…ci credo che ho freddo, sono in mutande…” poi lo colse un momento di panico perché la voce di Ceday lo richiamò.
“Quali mutande highlander?” gli chiese impietosamente e lui infatti si guardò e si trovò le parti basse coperte dal cuscino che aveva rubato dal letto che occupava quella volta con Eva.
Per precauzione si toccò la schiena dove lei lo aveva “ferito”, ma non c’erano artigli conficcati.
“Ehi ma io non posso andare in giro così…”
“E perché no? Non c’è nessuno…”
La voce di Ceday veniva da ogni dove, se si girava gli pareva di vederla quella nuvola di capelli rossi che spariva inghiottita dal buio, ma poi lei gli parlava da altrove.
“Intanto ci sei tu…dovunque tu sia…”
“E allora?”
“E allora non guardarmi!” ordinò lui cercando di ripararsi il di dietro nascondendosi contro un albero.
“Che noia che sei Kerr! Aspetta…”
“Sì…” rispose, poi gli venne proprio spontaneo dirle “ehi non lasciarmi qui da solo nudo come un verme!”
Nessuna risposta.
“Ced…”
Niente…
“Ced!”
Ancora niente.
“Ma che razza di stron...”
“Come? Come?” rieccola…che razza di stronza! Però non lo poteva dire ad alta voce.
“Niente, lascia stare, è che sto congelando…”
E un attimo dopo qualcosa gli cadde in testa coprendogli qualunque spiraglio di visuale intorno, la qual cosa, a parte il normale fastidio di ritrovarsi con gli occhi coperti e nel buio più assoluto, in quell’occasione gli diede proprio una sensazione di panico, perché lui sapeva che non vedere niente di vivo intorno eccetto qualche coniglio selvatico, uno scoiattolo e una civetta, non significava affatto essere solo.
Con un gesto un po’ goffo, si liberò della cosa che gli era cascata in testa e la guardò.
“Contento?” chiese Ceday.
Liam si rigirò la grande stola di stoffa in mano, aggrottò le sopracciglia.
“Ma mi prendi per il culo?”
“Pensavo fosse un’idea carina…”
“Un kilt?” e oltretutto di quelli originari, fatti di un unico , lungo pezzo di tartan da avvolgersi attorno al corpo.
“Certo…o quello o niente dolcezza. D’altronde il sogno è tuo, non posso mica decidere io per te…”
Liam si arrese e si vestì.
“Insomma dici che questo posto è un mio sogno?”
“Beh non del tutto credo, ma alcuni elementi li imponi senz’altro tu…lo dice Una”
“Ah…beh ma…perché mi ritrovo sempre qui?” chiese vedendo che seduto nello stesso punto c’era sempre lui che fischiettava…si perse un attimo nella contemplazione di quella figura tanto nota, come non l’avesse mai persa di vista.
Smise di osservarlo quando si accorse che c’era di nuovo silenzio…provò a richiamare Ceday, ma stavolta se n’era andata veramente.
Si guardò intorno, come cercando di capire dove andare, ma qualcosa gli colpì lo sguardo(ah…neanche a dirlo, ci vedeva meglio di un’aquila).
Era una figura umana, almeno con la coda dell’occhio quello sembrava, che si stagliava contro l’oscurità del corridoio di foglie percorribile tra gli alberi…una figura imponente che man mano che lui si girava a guardare però, diventava sempre meno normale.
Quando fu in grado di osservarlo bene, l’uomo che aveva di fronte era enorme in altezza, più alto di lui di almeno un piede…aveva braccia e gambe lunghe, il corpo ricoperto di foglie e sul viso pareva portare una maschera, anch’essa costituita da una foglia.
Gli occhi erano invisibili, ma si intuivano neri e scintillanti.
Rimaneva immobile, eppure in qualche modo, Liam intuì che non era sicuro rimanere lì, fermo, davanti a quella creatura.
Per la prima volta ebbe l’impressione di sentire il vento tra quelle fronde, ma non era vento, era una voce…un’altra voce sussurrante che pareva lo stormire di foglie…ma al contempo diceva…
“La porta…rientra…svelto!”
Una voce di donna poteva sembrare.
Alla sua destra cresceva un grande albero, una vecchia betulla dal tronco tanto chiaro da essere leggermente rilucente…e la voce pareva venire da lì.
“Fuggi da lui…” continuò la voce e Liam sbirciando tra una foglia e l’altra, iniziò a vedere comporsi l’immagine di un viso e poi di un corpo femminili che parevano parte del tronco del grande albero, ma non c’erano prima, lo ricordava bene.
Eppure davanti a lui andava componendosi quella figura di donna, inglobata nella corteccia stessa dell’albero, dai lunghi capelli fatti di foglie di betulla.
“Presto…corri! Non è ancora il momento! Vattene da qui!” lo esortava.
Quella voce impalpabile e urgente, che Liam non era neppure sicuro di sentire con le orecchie o con la testa, in qualche modo riuscì a comunicargli un senso di fretta e di allarme che lo fece muovere verso la grande roccia con la porta, prima ancora di voltarsi.
Quando lo fece poi, vide l’essere che dal fondo di quello strano spazio, d’improvviso prese a corrergli contro, come volendolo caricare, aggredire, non capiva bene, comunque corse via, verso la porta, ci sbatté e l’uomo era sempre più vicino, correva a grandi falcate e la porta non si apriva così facilmente, sembrava una serratura vecchia e arrugginita, ma alla fine cedette, si aprì verso l’interno, Liam entrò e mentre stava per richiuderla, l’essere riuscì a ferigli un braccio con un’artiglio che pareva fatto di legno.
Gli provocò dolore, ma si rese subito conto che non era niente di grave e presto dimenticò quel graffio perché si ritrovò nella cucina del vecchio cottage di Dorcas.
C’erano lei e Morgan, che preparavano intrugli profumati, ma di una natura che per lui era assolutamente ignota.
Nell’aria iniziò a sentire una musica che conosceva, una musica vecchia, suonata da un vecchio grammofono…”My Woman” di Al Bowlly.
La ricordava benissimo perché quel motivetto iniziale, un po’ lagnoso e non proprio allegro, lo aveva sempre affascinato e disturbato insieme…gli metteva ansia, ma non riusciva a smettere di ascoltarlo.
Si mise a fischiettarlo mentre, non si capiva bene come, salendo le scale, sempre in kilt tra l’altro e con Dorcas e Morgan che lo ignoravano completamente come non lo vedessero, si ritrovava nel ballatoio che portava in camera di Sìle.
“Ma come mai sono così canterino io?” si domandò rendendosi conto che negli ultimi tempi, ogni momento lo passava canticchiando qua e là.
Passò davanti a una camera in cui vide Una armeggiare con il famoso grammofono e allora capì da dove veniva la musica, poi però tirò dritto verso la stanza di Sìle e quando si chiese che diavolo ci facesse lui a letto con lei, se era lì in piedi, si svegliò bruscamente ritrovandosi, com’era ovvio, a letto con Sìle stretta tra le braccia.
Al Bowlly suonava la sua nenia dalla stanza accanto però…e da dietro la testa di Sìle, sul suo avambraccio spuntava un graffio rosso, fresco, leggermente sanguinante.


Sìle pareva essere stabile, ad ogni modo Morgan diede il cambio a Liam che aveva bisogno di sgranchirsi un po’.
Una visto il graffio, insieme con Dorcas, prese Liam da una parte, lo fece sedere, su un piccolo pouff morbido che era di Lily in realtà, ma serviva a poterlo guardare in faccia per lei, e gli si piazzò davanti.
La bambina non era in giro, ma a quanto pareva, sembrava soffrire d’un qualche malessere, pareva calda come avesse la febbre e non voleva uscire dal suo lettino neppure per vedere Sìle.
-Allora…- iniziò Dorcas – Una vuole sapere da dove viene quel graffio…-
- Non lo so…- disse Liam mentre la donnina gli scrutava il braccio con attenzione, con gli occhiali sulla punta del naso che teneva arricciato.
- Ieri sera non ce l’avevi…- sentenziò.
- No, in effetti no, me lo sono trovato quando mi sono svegliato – rispose lui – mi sarò grattato nel sonno, ogni tanto mi si addormentava il braccio…-
Una però scosse la testina, quel giorno coperta da un’altra cuffia non giamaicana e, usando le minuscole dita come pinzette, estrasse qualcosa dalla pelle di Liam e gliela mostrò: una lunga e grossa spina.
Liam sospirò profondamente e finalmente successe quello che si aspettava da tempo.
- Io, che così a occhio stanotte me ne sono andato in giro almeno in parte per qualche accidente di mondo parallelo, potrei seriamente iniziare ad incazzarmi a questo punto…- mugugnò e vide che Dorcas tentava di avvisarlo di qualcosa, ma non fecero in tempo a capirsi che Una aveva allungato la manina, l’altra, a dargli una tirata secca ad un orecchio mentre neppure si sognava di smettere di guardare la spina – Ahu! Ma che cavolo! - protestò Liam.
- Te l’ho detto che è suscettibile alle parolacce…-
- Beh allora la prossima volta resto in piedi. Insomma che significa?- domandò verso Una riferito alla spina.
Dorcas osservò l’altra seriamente a sua volta, impensierita.
- Se sai da dove viene, farai meglio a parlare uomo…potresti avere poco tempo per dirlo…-
Liam si sentì raggelare a quelle parole, ma Una lo rassicurò a modo suo…
- Se morirai è perché è ora, non certo per una spina, quella non c’entra niente…allora?-
Lui si grattò dietro la nuca e allargò le braccia, quindi spiegò loro del sogno.
- L’uomo Verde - disse Dorcas quando lui ebbe finito di spiegare come pensava d’essersi ritrovato quel graffio e la spina conficcato nel braccio proprio lungo il segno rosso e un po’ insanguinato.
- Jack dei boschi?-
- Non è la stessa cosa…-
- Oh andiamo, ormai lo so, ma sono verdi tutti e due e si fa prima a chiamarlo…se vuoi diciamo Bobby dei cespugli, ma ci siamo capiti. Insomma che vuole da me? Usarmi come punta spilli? -
- Hai detto che c’era un’altra creatura vero?-
- Sì…una donna che sembrava far parte di una grande betulla, aveva i capelli fatti di foglie…che mi ha detto di scappare perché non era ancora il momento -
Una si toccò il mento e guardò Dorcas, le porse la spina invitandola ad annusare…
- Mh… la disgrazia delle galline…- le disse.
- No…- dissentì Dorcas, quindi entrambe si avvicinarono ad una pila di vecchi libroni che Liam non aveva notato, ma che riconobbe come molto simili a quelli del vecchio cottage nel bosco.
- Siete andate là vero? Tu e Morgan…-
- Certo…- rispose Dorcas senza stupirsi apparentemente – forse la vecchia signora…-
- Sì…forse...-
- Scusate, ma tra una gallina e l’altra, ci sarebbe un pollo qui interessato a capire di che vecchia signora si tratta, strega zia e strega nonna…- si permise di obiettare Liam.
- Belladonna?-
E a Liam lì prese un mezzo accidente perché capì che forse si parlava di veleni.
- Ehi!- esclamò.
Dorcas levò gli occhi al cielo dal libro che teneva sotto mano, mai Liam avrebbe pensato di vedere Dorcas levare gli occhi al cielo…
- Giusquiamo, mandragora e belladonna! Tre puzzolentissime piantine di cui il tuo braccio potrebbe essere intriso - elencò piuttosto spazientita – ma se era belladonna, caro mio, eri già bello che morto, quindi rilassati, male che vada tra poco inizi ad avere qualche allucinazione. Adesso zitto a meno che tu non cominci a vedere donnine mantate di azzurro che ti rivelano grandi segreti!-
Liam rimase immobilizzato, ma in effetti il discorso filava se fatto da Dorcas: per lei la Madonna poteva tranquillamente essere un’allucinazione quanto per il resto dell’umanità cattolica un folletto.
- Io dico la vecchia…- concluse Una dopo un po’ che spulciavano testi polverosi e mangiucchiati dai topi e annusavano la spina.
- Anch’io…che si fa?-
- Fallo uscire e dallo alla ragazza…-
E mentre Dorcas lo sollecitava ad alzarsi e andare da Ceday che tanto era già di sotto con Jane, Liam non poté trattenersi dal dire a Una che poteva anche semplicemente dirgli di levarsi di torno, senza trattarlo come un orsacchiotto di pelouche.
Quando arrivò al piano di sotto trovò due cose un po’ sconvolgenti: la prima era che fossero le cinque del pomeriggio e la seconda era vedere Ceday che da brava ragazza inglese, prendeva il tè.
- Non guardarmi così Kerr, sono pur sempre una di Mayfair…- gli disse lei – e uscita da un collegio per di più…- aggiunse mentre gli faceva un caffè in cucina.
- Tu sei stata in collegio?-
- Sì…ma niente suore…forse è per questo che non ho mai avuto esperienze omosessuali, non avevo nessuno da scandalizzare troppo…-
- Di solito si hanno per quello le esperienze omosessuali?-
- Quando sei un’adoratrice del sesso forte come me, facoltà mentali escluse, se non è per scandalizzare qualcuno o per fare la strana, non le cerchi di certo -
Liam si accorse che il caffè proprio non gli andava in quel momento, si sentiva strano, pensò di aver dormito troppo.
- Tu queste cose a mia madre non le hai dette vero?- chiese a Ceday con un po’ di ansia nel tono.
- Tua madre non è così bacchettona come la dipingi, comunque no…-
- Non è che la consideri bacchettona, ma a parte il suo essere una cattolica di ferro che ancora non mi perdona certe partecipazioni a cerimonie tribali, il punto è che certe cose meglio se non le sa, perché poi, se le sfuggono con sua sorella, è la fine per me…-
Ceday annuì sospirando appena mentre Jane entrava in cucina e si avvicinava al figlio, gli metteva le mani sulle spalle e poi, amorevolmente, gli ripettinava i capelli ancora sempre troppo corti per spettinarsi.
- Avevi un po’ di sonno arretrato tu?- gli chiese.
Liam si strofinò un occhio mentre sbadigliava e scosse la testa.
- Non lo so…forse sì -
- E Sìle?-
Lui si strinse nelle spalle e disse che dormiva ancora, ma senza alcun cambiamento evidente.
- Certo che potevi anche dirmelo che la tua Sìle aveva una bambina così bella…- osservò Jane dopo aver annuito.
- Non sapevo da che parte prenderla mamma, puoi capirlo da te immagino…- le rispose alludendo al contesto un po’ bizzarro che di certo Jane aveva potuto constatare.
Lei infatti gli sorrise senza alcuna traccia di biasimo nello sguardo, anzi gli fece una carezza sul viso e se lo strinse appena al fianco.
- A proposito, dov’è Lily?-
- Ancora di sopra, adesso vado da lei, è troppo giù povero amore…- disse Ceday.
- Vengo con te, ti spiace?- le domandò Liam e lei ovviamente rispose di no.
Quella giornata tutto sembrava meno un Natale, per tutti, nessuno pareva ricordarsene se non per qualche telefonata che arrivava di quando in quando a risvegliarli dai loro pensieri.
Quando arrivarono di sopra, Lily se ne stava rannicchiata sul suo lettino, avvolta in una pesante coperta, con gli occhi aperti sulla finestra.
Sembrò non accorgersi neppure di loro, nemmeno quando Liam la richiamò si riscosse, sembrava triste e debole.
- Morgan ha detto una cosa stamattina…forse avevi ragione…- gli disse Ceday vedendolo accarezzare un braccino alla bimba.
- Cioè?-
- Cioè…che Lily si sta estraniando da questo mondo, sempre di più…da quando Sìle non riesce più a svegliarsi, è come se stesse abbandonando quella parte di sé che la tiene legata a questo posto, queste persone…- spiegò, quindi dopo una breve pausa, perché si accorse che a Liam quelle parole stavano facendo forse più male di quanto avrebbe pensato, aggiunse – lei sa dove trovare Sìle…basta che decida di dircelo in qualche modo -
Liam allora si girò a guardarla.
- Solo che non vuole, giusto?-
- E’ possibile di no…e allora dobbiamo cercare di capirlo noi in tempo -
Liam dopo quelle parole di Ceday, fece una prova: si abbassò davanti al visetto della bimba e la chiamò…lei mosse gli occhi, lo lambì con lo sguardo per una frazione di secondo e poi tornò a guardare fuori, ma bastò a fargli capire che lo aveva sentito.
- Dimmi dov’è Sìle, Lily, voglio saperlo…- sussurrò.
E Lily di nuovo lo guardò, ma stavolta quella che toccò Liam con gli occhi, non fu la bambina triste, ma la creatura selvaggia e antica che a volte si era già affacciata attraverso il suo sguardo.
- Guarda…- disse lui a Ceday quando si accorse che la piccola non smetteva di scrutarlo quella volta, glielo disse come se avesse appena ottenuto un briciolo di confidenza da un piccolo animale selvatico, sembrava prudente e affascinato insieme.
Ceday si abbassò a sua volta e vide, mentre Liam le accarezzava la testolina, quell’ombra selvaggia negli occhi di Lily acquietarsi mentre lui le diceva di stare calma, di stare tranquilla.
Sospirò seriamente mentre si rendeva conto di quello che vedeva.
Guardò Liam e lui accorgendosi che lei aveva capito cosa intendeva, tornò a scrutare gli occhi di Lily: dopo un attimo ebbe una strana sensazione di capogiro, chiuse gli occhi e scrollò leggermente la testa per riprendersi.
- Che hai?- gli domandò Ceday.
- Non lo so…mi sento la testa pesante…-
- Mettiti seduto vieni...- gli disse tendendogli la mano – ce la fai?-
- Ma sì Ced, non sto svenendo, ho solo un po’ di confusione in testa…- le rispose lui seguendola verso la grande sedia a dondolo che stava nella cameretta di Lily: era irresistibilmente comoda con quel rivestimento imbottito e a Liam parve di non aver mai provato nulla di così rilassante.
- Ti vedo un po’ troppo felice lì sopra Kerr…aspetta un attimo…- disse la ragazza, quindi uscì lasciandolo con Lily e andò a chiamare Una e Dorcas, ma solo Una salì di sopra perché Dorcas era impegnatissima con un calderone fumante sul camino.
Una riesaminò con cura il graffio sul braccio di Liam e per l’occasione lo cosparse di una gelatina un po’ puzzolente anche quella.
- Che roba è?-
- Ti stupirà per la sua semplicità: gel di aloe…lo conoscevo perfino io…- disse Ceday.
- Serve per la ferita…- spiegò Una massaggiando il gel col ditino paffuto e un po’ ruvido – ora dimmi, e cerca di farlo in fretta…il sogno che hai fatto…-
- Sì…-
- Hai detto che non era la prima volta che lo facevi…-
- Infatti…- e in quel momento gli venne da sbadigliare, così appoggiò la testa al cuscino della sedia.
- Cosa hai visto a parte l’uomo e la creatura tra le foglie? Hai detto che c’era qualcun altro…-
- Sì beh…la prima volta ho visto lei che mi ha detto di non allontanarmi tanto perché era quasi ora – rispose a Una, poi fece un cenno a Ceday – stavolta invece c’eri tu che mi parlavi, anche se non sono sicuro d’averti vista e…come l’altra volta c’era un uomo che sembrava tanto uno che conoscevo troppo bene per non riconoscerlo al volo…- disse senza approfondire troppo - e stavolta con lui c’era un’altra persona, sempre un uomo e poi…- dovette fermarsi e rifiatare, come se parlare gli costasse una gran fatica.
- Finisci di parlare…-
Liam si strofinò il naso con energia, pareva gli prudesse furiosamente la punta.
- C’eravate di nuovo voi…Dorcas, Morgan…lei -
Arrivò anche Dorcas con una tazza in mano che porse a Liam.
- Bevi…-
- Cos’è?-
- Una cosa che ti farà dormire, è meglio mentre aspetti che passi l’effetto della madragora…avanti…- lo incoraggiò.
Liam bevve e non capì bene cosa stesse ingurgitando, sento molto forte il chiodo di garofano però, quello lo riconosceva bene.
- Sei sicuro di conoscere così bene l’uomo che vedevi?- incalzò Una un attimo dopo averlo visto posare la tazza.
Liam annuì.
- Come sono sicuro che è morto e sepolto…-
Una allora lo prese per il mento e si fece guardare…lo fissò negli occhi per qualche secondo.
- Ascoltami bene…- gli disse - chiunque incontrerai in sogno, non devi mai perdere di vista ciò che stai cercando o non arriverai mai dove devi e ti perderai anche tu…non è tuo nemico, ma non fargli mai prendere il sopravvento…-
- Che vuol dire?- chiese Ceday improvvisamente colta da un po’ di paura mentre vedeva Liam che, quasi come sotto ipnosi, sotto una leggera pressione della mano di Una sulla fronte, abbandonava il capo all’indietro e cadeva addormentato.
Dorcas rimaneva immobile e seria di fronte a quella vista e d’un tratto si presentò anche Morgan, avvolta in un pesante scialle di lana nera, segno che le signore presenti, non erano del tutto convinte che il problema fosse ipotermia.
Ceday vedendo tutto questo, capì che c’era qualcosa di concordato in atto, qualcosa che le altre avevano deciso di mettere in pratica.
- Che significa? Che state facendo? Dorcas…-
- Quel graffio che ha sul braccio gli è stato fatto da uno Sidhe molto vecchio, che lo ha segnato mentre Liam si trovava nel suo mondo e alla presenza di un altro antico Sidhe, forse il primo di tutti…- rispose Dorcas: a quella conclusione erano arrivate lei Una, consultandosi riguardo quanto raccontato da Liam della figura di donna nella betulla che gli aveva detto che non doveva ancora rimanere lì in quella parte di mondo - e non è stato ferito per essere scacciato, ma perché potesse entrare più facilmente: ora il suo sangue è misto alla loro essenza…-
- Perché lo hanno fatto?-
- Perché il legame con Sìle tiene aperto un varco nel loro mondo…quando neppure lei ne è parte. Una strega non può vivere nel mondo degli Sidhe, o ne esce…o è destinata a spegnersi, in quel mondo quanto in questo -
- E se dovesse spegnersi anche Liam? Non è affatto detto che sia tanto facile per lui!- protestò Ceday leggermente alterata.
- No…- fu la risposta granitica di Morgan, dal tono sembrava la speranza a dettargliela, piuttosto che la convinzione – nessuna di noi può farlo, lei…- si fermò e sottolineò - lei - intendendo Sìle – è ancora con noi solo perché lui l’ha legata a sé, l’ha portata a desiderare quel vincolo senza doverlo chiedere: è il suo richiamo a tenerla ancora qui e il richiamo di Sìle a portare lui in quel mondo -
- E Jane?- ultima insistenza di Ceday, espressa guardando Liam che ormai dormiva beato almeno quanto pareva beata Sìle – Dorcas?-
La donna le fece cenno di tacere e di aspettare mentre Una posava una mano sul petto di Liam e poi ci si abbassava con l’orecchio.
- Sta rallentando…sta iniziando il viaggio...- bisbigliò – tra poco sarà con loro…-
Ceday allora decise di tacere e nel silenzio, finalmente iniziò a sentire l’aria vibrare del potere che le altre tre streghe lasciavano fuoriuscire dal loro essere.
Lei stessa sentiva di stare accendendosi dentro, di contribuire a quella sensazione pulsante e vitale che girava loro intorno.
E c’era anche Jane che osservava la scena: Ceday si stupì di vederla così tranquilla.
La percepiva allarmata certo, ma consapevole, ben conscia di ciò che stava succedendo al figlio…per quanto niente facesse venire a Ceday il sospetto che Liam potesse essere stato in qualche modo informato.
La donna le sorrise…aveva gli occhi un po’ lucidi le parve.
Andò a circondarle la spalla con un braccio e Jane le sorrise.
- Non avrebbe mai rifiutato, lo so…ma Dorcas dice che era meglio che non lo sapesse - bisbigliò parlando di Liam che rimaneva in mezzo alle altre tre donne – è davvero tutto suo padre sai?-
Ceday accennò un sorriso affettuoso.
- Mi ricordo che da piccola lessi la storia di Ulisse…- raccontò fissando il figlio - forse per questo mi sono innamorata così ciecamente di quel musone di Alec: aveva gli occhi che risplendevano di intelligenza, di curiosità…si accendevano di fronte alle scoperte, ai nuovi posti da vedere, le persone da incontrare. Credo non avrebbe mai potuto fare nulla di diverso dal marinaio, anche se col cuore era prigioniero di casa sua – ammise, e Ceday colse quell’accenno di senso di colpa in Jane, per aver cercato qualche volta di staccare il marito dalla sua nave e dall’oceano - Quando Liam lo seguì in mare, e io li vedevo andare insieme verso il porto…sembravano uno lo specchio dell’altro quando si guardavano…-
Dopo un attimo di silenzio, Jane guardò Ceday e lei le restituì lo sguardo.
- Ho già rischiato di perderlo una volta…ma so che non posso imporgli niente…e dopo averlo visto qui, con voi, la bambina, meno ancora -
La ragazza intuì il pensiero che attraversava gli occhi dolci e chiari di Jane e le strinse un po’ di più il braccio attorno alle spalle mentre cercava qualcosa da dirle senza sembrare inutilmente troppo rilassata.
- Ha solo preso un bel sonnifero in fondo, non si senta colpevole per aver acconsentito…- le disse seguendo con lo sguardo Morgan che dopo un breve consulto con la madre e Dorcas, tornava verso la stanza di Sìle.
Dorcas dopo un attimo richiamò l’attenzione di Ceday.
- Meglio metterli vicini, chiamo Charlie o il bambino lì, non lo sposteremo mai…- quindi a Jane – senza offesa cara, scoppia di salute, è un piacere per gli occhi, ma…-
- Non mi illudo certo di aver messo al mondo un fuscellino- rispose la donna sorridendo appena.
- Scusate ma non è meglio spostare tutta la sedia?- propose Ceday, ma Dorcas disse di no.
- Meglio metterli abbastanza vicini da toccarsi…-


- Liam…-
- Mh?-
- Svegliati…-
- Mh…sì sono sveglio…-
- No che non sei sveglio…-
- E no che non sono sveglio! – rispose lui quasi ridendo sotto i baffi.
- Ma che fai? Prendi anche in giro?-
- No, non prendo niente grazie…-
- Ehi ma che gli ha preso?- chiese giustamente Charlie Moore trovato Liam che dormiva come un angioletto e anche lui parlava come immerso in un bel sogno.
E non voleva proprio saperne di svegliarsi! Neanche preso a sberle!
- Charlie, gli sta facendo la faccia nera di schiaffi in questi giorni, basta, tanto non si sveglia…- intervenne Jane gentilmente.
– Mi scusi Mrs. Kerr…-
- Si figuri, non si rompe il mio William, ma non serve proprio, è uno spreco di energie… – rispose la donna accomodante, dando un’occhiata al figlio.
Charlie si grattò la testa con fare dubbioso.
- Ma che avete qui? Un allevamento di mosche cavalline?- aggiunse.
- Senti, perché non la smetti di fare domande e non ci aiuti a portarlo in camera di Sìle?-
L’uomo squadrò per un momento Dorcas che l’aveva appena ripreso, poi annuì.
- Dai, prendiamolo in due per le spalle e in due per le gambe…-
Si posizionarono attorno a Liam, Charlie e Ceday ai lati della testa mentre Dorcas e Jane gli prendevano i piedi.
Lo spostamento per fortuna avvenne senza troppi intoppi, esclusa una testata che Liam diede contro un mobile perché, avendola abbandonata all’indietro, nel fare una curva, veniva a trovarsi proprio nella traiettoria dello spigolo.
- Attento!- esclamò Dorcas verso Charlie, ma l’uomo, quando ormai la botta s’era sentita per tutto il corridoio, fece spallucce.
- Sa quante ne ha prese questo qui?-
- Sì ma non c’è bisogno di farne proprio uno stralunato cronico…- si permise di osservare Ceday quando, ormai arrivati davanti al letto di Sìle, stavano cercando di far stare il dormiente in piedi per non dovercelo caricare sopra di peso.
Fortunatamente era stato più forte il rumore dell’urto.
- Stralunata sarai tu Ginger…- commentò Liam un po’ risentito, gravando con tutto il suo peso su Charlie.
- Zitto e dormi - intimò Jane.
- Sì mamma…-
Non fosse per il rischio che stavano correndo Sìle e Liam, quella situazione sarebbe stata perfino comica.
Un attimo dopo eccoli tutti e due lì, fermi, addormentati uno di fianco all’altra: Morgan aveva lasciato il posto libero e si era andata a rivestire prima che entrassero nella camera di Sìle.
- Ora che si fa?- chiese Ceday.
Dorcas ci pensò un momento, poi prese da parte Jane, confabularono un istante, quindi si scambiarono un cenno d‘intesa e alla fine Jane invitò Charlie a seguirla di sotto per un tè.
Charlie era sinceramente preoccupato per l’amico, perfino lui si era scordato che il giorno di Natale era praticamente finito.
Dopo qualche minuto che i due erano usciti, arrivò Una.
- Dobbiamo restare qui con loro, non vanno mai lasciati soli…- disse – la mente dell’uomo non è libera da pensieri e intrusioni, dobbiamo essere certe che non perda mai la strada -
Morgan, che era rientrata, nella stanza, silenziosa e riservata, ma sempre molto austera, si avvicinò al letto e prese una mano di Sìle mettendola con dolcezza in quella di Liam che la strinse all’istante.
Lui si girò verso Sìle poi, le si avvicinò molto e lei, che aveva reazioni sempre più deboli e pareva sempre più tesa nell’espressione, non appena lo sentì vicino, accennò un sorriso.


La stanza di Lily…e lei seduta sul letto: forse sta meglio.
“Che fai pulce?”
Non ha voglia di rispondere, nemmeno mi guarda…pazienza, tanto è così con lei.
Ma dove sono tutte?

Si alzò dalla sedia a dondolo e si avvicinò alla porta dopo uno sguardo fuori: niente pioggia, niente vento…niente luce stradale, solo una cascata dorata e sanguigna di foglie appena oltre il vetro.
C’era silenzio in casa.
”Ehi scricciolo…non c’è più nessuno?” chiese a Lily.
Lei lo guardò e a Liam parve di essere tornato a guardare negli occhi quella creatura che aveva trovato tempo prima nella sua cucina: orbite completamente nere, con una minuscola stella di luce come unico accenno espressivo.
Niente di rassicurante a dirla tutta.
Ci sono tutti…basta vederli…
Di nuovo una voce che pareva venire da ogni dove, ma principalmente da dentro la sua testa…una voce sconosciuta, fatta di diverse voci pur trattandosi della risposta di Lily.
Liam però non reagì male, prese atto e annuì aprendo la porta e uscendo in corridoio.
”A dopo allora eh?” disse alla bambina.
Attraversò anche il ballatoio, passò davanti alla porta in cui aveva visto Una col grammofono, ma stavolta c’era solo l’apparecchio che, finito di riprodurre la musica, emetteva solo il suono ritmico e polveroso che la puntina faceva girando a vuoto.
Entrò, lo fermò e istintivamente cercò con lo sguardo il disco di Al Bowlly, che infatti era lì.
My Woman, 1932…pareva che quel disco avesse un’unica traccia incisa da un lato e dall’altro.
”…giuro che non ho niente contro di te, ma non aiuti contro gli attacchi d’ansia…” gli disse rimettendolo giù subito dopo.
Quando fece per voltare le spalle e uscire, sentì un piccolo miagolìo ronfante, così lieve che dubitò d’averlo effettivamente udito, ma forse meritava concedersi un momento d’attesa per essere certi…e infatti il miagolìo si ripeté.
Liam cercò con lo sguardo intorno, negli angoli da cui ogni tanto arrivava un miao timido o qualche ronfata prudente…
Alla fine, tornando a guardare verso il grammofono che continuava a girare, trovò seduto sul piatto un piccolissimo micetto nero, uno che non aveva mai visto in giro per casa ed era decisamente di età tenerissima.
Sorrise vedendolo girare sul piatto, ma rimanendo seduto, composto come una piccola sfinge, con la testolina rotonda e le piccole orecchie dritte e attente che roteavano a seconda del bisogno per continuare a guardare lui.
”Ti verrà il mal di mare alla fine…” gli disse avvicinandosi per prenderlo in mano.
La bestiolina non solo si fece prendere, ma non appena gli fu un mano, allungò una zampina verso il suo viso come per fargli una carezza a cui Liam non si sottrasse e mentre si lasciava sfiorare il mento dalla zampina, si trovò anche il nasetto del micio proteso incontro.
”Sei un ragazzo amichevole tu…” bisbigliò dolcemente e gli diede un piccolo bacetto tra le orecchie, poi se lo girò appena in mano per accarezzargli con un dito il pancino tondo e allora si corresse ”Ragazza, chiedo scusa…vieni, andiamo di sotto…” la invitò decidendo all’istante che quel batuffoletto ronfante gli dava un senso di consolazione e di compagnia a cui non voleva rinunciare in quel momento.
Uscì dalla camera e scese le scale che man mano iniziarono a cambiare in quelle del cottage nel bosco.
Aspetta, questa fammela capire bene…due gradini indietro…mi giro…e infatti, il bed and breakfast; due gradini avanti e via, nel bosco…fico!
Fece un risolino tra sé maneggiando con attenzione la micetta che gli si aggrappava alla mano; sperava di trovare una qualche tasca in cui infilarla momentaneamente, ne ricordava una sul petto del maglione, ma non ne trovò traccia, anzi guardandosi…trovò il kilt.
”Oh no!” protestò, poi si accorse che almeno era di una foggia un po' più moderna, aveva un'allacciatura più comoda, e che insieme a quello aveva indosso un paio di scarponi simile a vecchi anfibi e una t-shirt, solo che non lo entusiasmava la prospettiva di muoversi in quel modo per un mondo inesplorato, così decise di provare a chiedere aiuto a qualcuno ”Ehi! Ya-ya sisters! Devo girare ancora per parecchio vestito come Axl Rose?” domandò convinto chissà perché che lo avrebbero sentito.


-Ya-ya che?- chiese Dorcas sentendo Liam ciangottare quelle poche parole nel sonno.
- Credo parli di noi Dorcas…- le disse Ceday.
- Voglio un paio di pantaloni…voglio un accidenti di paio di pantaloni!- mugugnò Liam addormentato, ma un po’ incarognito.
Come Sìle, parlava con una discreta chiarezza e come Sìle sentiva chi gli parlava e gli rispondeva in maniera pertinente.
- Li hai addosso i pantaloni - gli disse Dorcas.


” E’ un kilt questo, lo so riconoscere ancora bene…”
” Peccato non esserci…lo porti come si deve spero, highlander…”
gli disse la voce di Ceday dall’alto.
“Ginger non cominciamo!” si guardò addosso ”Insomma come me lo metto un paio di pantaloni qui?”
“Sei nella tua testa, dipende tutto da te…”
spiegò Dorcas.
”Che palle…” sbuffò.
Beh…nudo non era in fondo no? Uscire poteva anche così, non è che lì ci fosse chissà quale traffico di gente.
Si arrese a quel pensiero, sistemò la micetta nello sporran di cuoio che gli pendeva davanti all’inguine lasciandolo aperto di modo che la testina della piccola fuoriuscisse, e si avviò verso la porta.
La aprì e come si aspettava, uscì nel bosco.
Diede una sbirciatina attorno prima d’uscire, tanto per assicurarsi che non ci fossero uomini vegetale troppo nei pressi.
No, non c’è, almeno non in vista…e però come cavolo faccio se arriva d’improvviso? Dove scappo?
Un problema alla volta accidenti!
Allora…intanto bisogna capire in che direzione bisogna andare…vediamo…
“Tu che ne dici?”
chiese alla micia che rispose, prevedibilmente, con un ”Miao!” energico, ma non troppo esplicito ”non è che mi sia di grande aiuto…”
Dietro di lui c’era sempre la solita roccia, di forma diversa rispetto alle altre due volte precedenti, ma era solo un particolare, con la porta dipinta di un colore poco distinguibile sia per la luce, sia perché sembrava davvero vecchia quella mano di vernice.
Era superfluo chiedersi perché della casa all’interno di quella porta non ci fosse traccia all’esterno no?
Di fronte a lui il solito sentiero che veniva inghiottito dal buio e ai lati solo alberi.
Dopo un momento di riflessione, decise di tentare un punto di osservazione leggermente diverso: si arrampicò sulla grande roccia con la porta e guardò oltre, dando le spalle al sentiero e là dove fino a pochi secondi prima non c’era stato altro che buio ulteriore, non appena si ritrovò in piedi sulla roccia, vide un paesaggio piuttosto preciso.
“Ravenglass?” si chiese un po’ perplesso ”Che ci faccio io a Ravenglass?”
Non si diede risposta, ormai aveva capito che c’erano cose che dipendevano unicamente da lui, così, dando un breve sguardo all’indietro per essere sicuro che nulla fosse comparso anche alle sue spalle, ma vedendo che non era così, pensò che fosse più ovvio andare avanti.
Scese una piccola serie di gradini scavati nella roccia e prese un sentiero di terra battuta e morbida; era sempre scuro e freddo intorno, ma tutto più verde: c’erano felci fitte di foglie, muschio spesso e piacevole al tatto, terra grassa e piccoli rivoli d’acqua che filtravano attraverso i muri a secco e riflettevano la poca luce intorno.
Sembrava più vecchia la foresta lì.
Se guardava avanti vedeva le due lunghe strisce di sabbia create dall’estuario che era illuminato come da un bagliore crepuscolare.
Il solo alberi che si era detto poco prima, significava che non stava facendo caso e tutte le figurine e le facce dalle fisionomie a dir poco bizzarre che gli sembrava di intravedere qua e là: nasi incredibilmente lunghi, barbe fatte d’erba, funghi usati per cappello.
Incrociò con lo sguardo anche un qualcosa di nudo con strani piedi, ma non commentò onde evitare turpiloqui fatati.
Proseguì verso Ravenglass senza chiedersi neanche perché c’era, in cima ad un basso terrapieno, tutta una nutrita popolazione di monticelli di pietre traballanti e che, a guardarli meglio, sembravano tanto degli esserini un po’ strambi che parevano stare facendo una gara a chi rimaneva più a lungo in un equilibrio alquanto precario.
”Sìle…siamo qui per lei micia, ricordamelo se mi vedi distratto…” disse e la gattina ronfò rumorosamente come se la cosa la aggradasse in modo particolare.
La strada verso Ravenglass sembrava molta di più, invece arrivò in pochissimo tempo a passare davanti alle due casette vittoriane di legno dipinte di rosso scuro, che precedevano l’ingresso allo spiazzo adibito a parcheggio, aperto davanti alla vecchia stazione, anch’essa vittoriana, e che ora ospitava un simpatico pub arredato con sedili e tavolini di un vagone ristorante.
"Deve essermi proprio piaciuto quel Ratty Arms..." considerò tra sé.
Senza esitare un momento, si avviò verso il locale.
L’interno era certo più invitante dell’esterno che non conservava nulla del vecchio e più pittoresco stile, ma in quell’atmosfera fredda, umida e quasi serale, con le nuvole un po’ violacee e un po’ rosate e intorno solo uccelli e vento(benché tutto continuasse a sembrare come la fantasia di un artigiano di giochi meccanici più che naturale), era molto accogliente comunque.
Quando entrò sentì rumori come di presenze che trafficavano qua e là, ma quelli che vedeva intorno a sé, sembravano uomini cristallizzati in un breve istante di vita: chi con un boccale vicino alle labbra, chi con una saliera in mano intento a condire un bel piattone di fishcakes e insalata…chi a mirare un bersaglio con una frecetta.
C’era Gillian dietro il bancone, che mostrava il suo bel paio di tette a un tizio che non era Charlie in apparenza, ma Liam era sicuro che fosse lui.
L’unico movimento era quello di un oggetto piccolo e veloce stretto in una mano, che quando riuscì ad identificarlo, Liam riconobbe essere un lungo pennino in mano ad un uomo vecchio e magro, con un berretto in testa.
Sedeva oltre la sala più grande, la prima in cui ci si trovava ad entrare, occupava uno dei famosi sedili del vagone ristorante che erano sistemati in una stanza che era più un corridoio che altro, lungo cui si aprivano grandi finestre che davano sulla linea ferroviaria e attraverso cui ora era visibile una delle vecchie locomotive a vapore che venivano ancora usate per i giri turistici nei dintorni.
Malgrado la luce interna al locale, che però era in effetti piuttosto soffusa e sonnacchiosa, il profilo dell’uomo si stagliava contro la finestra come un’ombra nera, quasi disegnata: aveva naso adunco e mento prominente, niente barba e il collo della camicia gli stava largo.
Aveva una pinta davanti da cui prendeva un sorso di quando in quando, osservando la bassa collina verde che saliva di sette o otto metri, dieci forse, coperta di sassi e betulle nane dal consueto aspetto zen.
Pareva concentrarsi l’uomo quando guardava fuori, perché quando riabbassava gli occhi, scriveva qualche parola…poi intingeva la punta del pennino in un calamaio che teneva lì accanto.
Liam gli andò vicino e lo guardò per qualche istante, affascinato dalla fisionomia che andava componendosi man mano che gli si avvicinava.
Gli zigomi scavati dall’età, gli occhi chiari e vivi, i capelli bianchi e le mani nodose, ma ancora agili, spedite nel compilare quel vecchio diario fatto di fogli ingialliti.
Era vestito bene, se pure con abiti vecchi, risultava elegante pur senza ricercare di esserlo…aveva un garbo particolare anche in quei pochi gesti che compiva.
“Il ragazzo è arrivato, Long John…” disse d’un tratto.
”Prego?” domandò d’istinto Liam, ma poi qualcuno tossì leggermente dietro le sue spalle e allora capì che il vecchio non diceva a lui.
”Era ora…” rispose l’altro uomo, seduto a un paio di posti di distanza, impegnato ad intagliare un pezzo di legno ma rivolto col viso verso il vecchio.
Detto questo si mise a fischiettare di nuovo quella vecchia canzone che piaceva a Jane.
”Papà?” chiese Liam finalmente.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 - La neve si scioglie in fretta ***


Capitolo 22 –

Solita serie di raccomandazioni:
- capitolo sempre suscettibile a variazioni, provvederò quanto prima a una rilettura accurata.
- ritorna per un attimo la vecchia Black Annis, la quale come suo solito parla in Scots, ma c'è la traduzione.
- per chi fosse interessato a sentire la canzone che da il titolo al capitolo e viene citata in esso, questa è la versione che mi ha ispirata: "The snow it melts the soonest"



”Come stai William?” fu la risposta laconica di Alec.
”Bene credo e tu?”
”Morto, lo sai…”
”Ah già…”
Liam lo guardava, sorpreso di quanto non lo sorprendesse trovarselo di fronte.
Lo sorprendeva così poco che si girò verso il vecchio e con curiosità gli chiese…
”Long John?”
Il vecchio gli sorrise appena facendogli capire che era un modo affettuoso di chiamare l’uomo.
”Scusi ma…” disse Liam abbassandosi appena per guardarlo meglio in faccia ”ci conosciamo noi due?”
“In un certo senso…”

Mentre Liam guardava entrambi quegli uomini, il vecchio si prese tutto il tempo per un sorso di birra, un altro sguardo cogitabondo fuori dalla finestra mentre si ripuliva il labbro superiore dai consueti baffi di schiuma.
Fatto questo, fece per scrivere qualcosa, posò il pennino sul foglio, ma quello non produsse segni sulla carta.
”Accidenti…” brontolò l’uomo, quindi guardò Liam ”certi pensieri è difficile coglierli, se non ci si sbriga ad annotarli è un guaio…” considerò.
Liam annuì mentre lo guardava allungare la mano ossuta verso un calamaio che era costituito da una simpatica statuetta che riproduceva un folletto dalla folta barbetta rossa e il naso a patata: aveva una buffa pelatina delineata da un cerchio d’inchiostro, che trovava un contenitore nel cappello, proprio sulla fronte.
”E poi tu ne fai una miriade ragazzo mio…è davvero un’impresa starti dietro sai?”
“Ancora?”
domandò Alec.
Liam annuì vedendo che il calamaio si animava porgendo al vecchio uomo il cappello, facendogli intingere il pennino…lasciava una scia di piccole gocce bluastre sul legno del tavolo.
Poi, una volta fatto questo, si distraeva un istante perché una lumachina gli passava vicino, una delle migliaia di lumache che strisciavano in giro per il locale umido, muschioso e con qualche accenno neonatale di foresta, e quindi provava a rimetterselo il cappello.
”Ehi no, ti sporchi…” gli disse Liam, dovendo constatare un attimo dopo che sì…in effetti aveva avuto un impeto di premura verso una specie di leprechaun.
“Lui è un voghee lyno” spiegò l’anziano quasi leggendo nei suoi pensieri, guardando il folletto che sorrideva a Liam con fare un po’ confuso e assonnato.
”Ehi…hai ragione amico…” bofonchiò il folletto che guardò prima Liam, poi il vecchio, poi Liam, poi nel cappello che si mise tra le gambe; ci chinò il capo sopra, più che altro anzi, sembrò che la testa gli ci crollasse dentro perché gli pesava troppo, poi ci ficcò una mano dentro fin sopra la manica, uscendone con mezza faccia sporca di blu e una bella giacca verde prato di foggia settecentesca inzuppata d’inchiostro “ecco cos’era quel cerchio alla testa eh? Di’…buona questa vero?”
Liam inarcò le sopracciglia.
“Sembra anche ubriaco a dirla tutta…”
“Certo che lo è…Tirlogh è sempre brillo”
confermò Alec.
E di nuovo il folletto a Liam, dopo un bel singhiozzo.
“Senti un po’ ragazzo…non è che hai una pignatta lì dentro insieme al tuo gatto? Poi te la restituisco…” aggiunse inserendo ad arte anche un rutto e una scusa.
Eppure prima era immobile!
Liam guardò la micetta che lasciava spuntare le orecchie dallo sporran e quindi guardò Tirlogh.
“No, mi spiace, ho lasciato la mia dentro l’altro kilt…”
”Vacca miseria!” replicò il voghee lyno.
”Che vuoi farci?”
”Neanche una piccola? Magari sotto…”
”Fritto e scroccone eh? Non ho neanche le mutande sotto il kilt amico, e per quanto io possa andarne orgoglioso, Pignatta, non l’ho mai chiamato il mio tesoro nascosto…” gli disse Liam, quindi si abbassò davanti a lui “Di’ un po’ Tirlogh…non è che forse è meglio se ti dai una pulita al naso e ti fai un sonnetto?”
”Mh…dici?”
Liam annuì.
”Dico…”
Sguardo vacuo ma ponderante sul viso rosso di Tirlogh.
”…”
Crollò addormentato col naso nel cappello nell’arco di tre secondi.
Liam rimase ammirato per le sue doti di persuasione.
”Devo provarci con quelle scalmanate di Loughrigg…” si disse mentre tornava a guardare il vecchio.
L’uomo non distoglieva molto l’attenzione da ciò che faceva lui però.
Scriveva, scarabocchiava, annotava vicino a dei disegni…
”Garlicky…” disse Liam vedendo uno scarabocchio sgraziato che diceva qualcosa a Mr.Dunno.
L’uomo fece una risatina divertita e annuì.
”Eh già…mi fa ancora compagnia…” bisbigliò l’uomo provocando in Liam un improvviso brividino di apprensione.
Si guardò intorno: era in un posto in cui sapeva di non potersi trovare, ma d’altronde la particolare immobilità dell’ambiente faceva capire abbastanza bene quanto non fosse reale il contesto…d’altronde poi era in compagnia di due uomini morti tra i quaranta e vent’anni prima e di un folletto che russava provocando bolle d’inchiostro che scoppiando schizzavano il tavolo.
O sognava…o…
”Scusate, ma sono morto?”
Alec grugnì qualcosa che voleva essere una risposta negativa, Liam sapeva ancora interpretarlo bene suo padre.
”Allora voi siete sogni…”
“Ma siamo anche morti…”
gli rispose Paulie, perché, se per caso prima aveva qualche dubbio giusto per evitare figure da presuntuoso, ormai era chiaro che si trattasse di lui.
Liam li guardò entrambi.
”Ah…” fece come uno che non aveva capito davvero niente ”Ma che ci facciamo tutti qui? Quando uno muore diventa un sogno?” domandò infatti.
”Ma che domande fai?” gli chiese Alec un po’ irritato, probabilmente più dalla prospettiva di dover dare spiegazioni che altro.
”Guarda che…”
“Mh-mh?”
“Scusa ma io mi ricordavo d’averti lasciato sei piedi sotto terra Akhab…”
“Long John…e poi proprio per quello: ancora ti domandi che ci faccio io qui?”
“Per me puoi anche essere Edward Teach, Davy Jones o il Capitano Nemo: ero al tuo funerale, è inutile che ti incazzi se mi trovi un po’ sorpreso dopo quasi vent’anni!”
“Non dire parolacce!”
“Dorcas, la tua voce non può uscire da mio padre!”
breve momento di stacco dallo scambio di battute con Alec che portò Liam a guardarsi intorno come cercando una direzione verso cui farsi sentire meglio dalla strega che era intervenuta nello scambio di opinioni attraverso la bocca di suo padre.
”Beh ha ragione comunque…” gli disse Alec di nuovo con la sua voce.
Liam si fece una risata.
”Detto da te poi…lo sa signor Dunne da chi ho imparato…”
“Devo darti ancora lezione di buone maniere ragazzo?”
disse Alec in tono cupo, la voce cavernosa invece che roca e spessa, cosa che la rese piuttosto innaturale.
Fece per alzarsi in piedi, come faceva quando Liam era bambino e aveva combinato qualcosa per cui Jane, magari impegnata in altro, chiedeva ad Alec di occuparsene.
Liam se lo ricordava benissimo: appoggiava le mani sul tavolo con i palmi e pareva darsi una spinta per alzarsi.
Solo che Liam ricordava benissimo anche un’altra cosa…
”Senti pa’, sono più alto di te, sono vivo e tu non hai mai fatto sul serio quando facevi così, quindi risparmiati le scene autoritarie…”
Alec però più che per un ripensamento, parve come un bamboccio meccanico che dietro un preciso ordine, si rimetteva nella stessa posizione di prima, pipa in bocca e braccia appoggiate la tavolo…sembrava muoversi a ritroso.
Sì ora gli risultava più chiaro: Alec, quanto Paulie, sembravano pupazzi in realtà…certo vivi, interagenti con lui, ma con delle limitazioni.
Lo vide meglio quando si accorse che Paulie, non riusciva ad allungare la mano verso la micetta che si sporgeva verso il tavolo.
Ci provava, ma era come se un meccanismo nella sua spalla e nelle articolazioni del suo braccio, gli consentisse solo un certo determinato raggio d’azione, ovvero quello tra il calamaio e il quaderno, a destra, e quello tra la pinta e la bocca e sinistra.
Poteva lasciare il bicchiere, poteva pulirsi le labbra, poteva scuotere il pennino se lo vedeva troppo carico d’inchiostro, ma nulla più.
L’unica cosa libera erano gli occhi.
Per Alec non era diverso: poteva fumare la pipa, svuotarla, accenderla o spegnerla, ma non poteva alzarsi da lì dov’era.
“Voi due…siete bloccati qui?” chiese Liam rivolgendosi a Paulie.
”Ci voleva tanto?” mugugnò Alec.
“Ma che significa? Non sono mica il Padreterno!” replicò Liam.
“E allora che ci fai qui?”
Paulie si fece un risata tentando però di trattenerla.
”Signor Long John, mi perdoni, ma credo che suo figlio non abbia tutti i torti…non può saperle certe cose…”
Alec aggrottò le sopracciglia sugli occhi chiari e si passò le dita sotto il mento, solleticandole un poco con la barba: una delle espressioni in cui Liam somigliava al padre e che piacevano a Sìle.
Pensando a Sìle gli venne istintivo guardare la gattina e grattarla con dolcezza sotto un orecchio.
”Io devo andare tra poco…” disse Alec proprio in quel momento, ma fu strano il modo…pareva parlare come uno che si sentisse di troppo, che si stesse ritirando in buon ordine.
Liam si girò a guardarlo annuendo: non riuscì a dirgli nulla per trattenerlo, neppure di aspettare un solo attimo, perché si ricordò che Una gli aveva raccomandato di non farsi distrarre da altro e si rese conto di aver già cominciato a farlo.
Alec gli concesse uno sguardo affettuoso.
”Non è mica l’ultima volta che mi sogni, amico…” gli disse mentre pareva testare la libertà di movimento che man mano sembrava venirgli concessa un po’ di più ” ma di’ a tua madre, che mi faccia cremare e tutto il resto, se uno crepa, Cristo Santo, avrà diritto a un po’ di tranquillità, non mi va di sentire le idiozie di tua zia Polly anche il giorno dei morti!”
Liam piegò un angolo della bocca, ironico, ma un po’ malinconico.
”E abbiamo dovuto quasi litigare prima che ti decidessi a dirmelo?” gli rispose guardandolo mettersi in piedi, svuotare la pipa nel posacenere e poi stringerla in mano per sentirne il calore.
Alec sorrise appena e guardò fuori anche lui, sospirando appena mentre con l’altra mano, si frugava in tasca e, prendendolo da lì, posava sul divisorio tra il sedile di Liam e quello alle sue spalle, il suo vecchio coltello.
”…lo sai ragazzo?” fece dopo aver invitato il figlio a prendere il coltello ”sei un testone, orgoglioso e anarchico…ma credo che mi piaccia come sei diventato. Tratta quella ragazza un po’ meglio di come ho fatto io con tua madre…” ammise sorprendendolo.
A Liam però parve proprio un addio definitivo quello.
”Aye aye, Sir…” gli rispose con un sorriso, esaminando il coltello che aveva preso e che sognava di poter usare da bambino; sempre secondo le buone vecchie abitudini della Royal Navy, per salutare il padre si portò alla fronte l’indice destro piegato su sé stesso, ma un po’ sollevato rispetto alle altre dita chiuse contro il palmo e mentre lo guardava uscire, da una porta che nella realtà, al vero Ratty Arms, era interdetta al pubblico e comunque sempre chiusa a chiave, e poi ricomparire sul piccolo ponte che poco più lontano attraversava i binari, riprese ad accarezzare la gattina.


Una, notando che le parole che Liam pronunciava erano sempre più fitte e sempre più flebili, tanto che bisognava avvicinarsi alle sue labbra per afferrarle, stava iniziando a preoccuparsi.
Aveva già detto che si stava lasciando distrarre troppo da quelle due presenze, che si stava facendo fuorviare.
Poi però, ad un certo punto lo avevano visto iniziare a muovere il pollice sulla mano si Sìle.
Non sapevano cosa stesse vedendo lui in quel momento, ma Una si era tranquillizzata.
- Sta passando troppo tempo ma la sente ancora…- aveva detto sottovoce mentre Sìle, sempre più debole, accennava un sospiro soddisfatto…anzi…
- Che sfacciata…- commentò Ceday prendendo di sorpresa le altre presenti.
- Perché?- chiese Jane che era l’unica a sorprendersi ancora di qualcosa, forse più per staccare qualche istante dall’apprensione per il figlio che altro però.
Ceday si abbassò appena su Sìle e si rialzò con un risolino.
- Sembra stia facendo le fusa…-


Infatti la micetta nera, sotto le dita di Liam, ronfava che era un piacere.
”Ti voleva molto bene…”
“A modo suo…sempre troppo laconico. Non avevamo mai parlato così tanto quando era vivo…”
disse Liam guardando Alec che prendeva a camminare lungo il marciapiede dal lato opposto dei binari.
Alla fine ricordò la canzone, perché lui si rimise a fischiettarla e mentre usciva l’aveva anche accennata con la voce: The Snow it melts the soonest”.
Liam si trovò di nuovo a chiedersi perché si fosse tanto appassionato al canto negli ultimi tempi.
”Ah sono loro...amano moltissimo la musica" gli spiegò Paulie alludendo, senza bisogno di specificarlo, alle fate...non c'era neppure bisogno di chiedersi come l'avesse capito che Liam si stesse domandando proprio quello, lo sapeva, punto.
"Vedi ragazzo…” riprese a dire Paulie, poi però si fermò ”scusa, mi sono lasciato influenzare dal capitano…”
Liam sollevò gli occhi su di lui e gli sorrise.
”Non c’è problema, tra poco dovrò iniziare a crescere, mi mancherà…” rispose, poi indicò la panca di fronte all’uomo, dall’altro lato del tavolo ”posso?” chiese e quando Paulie gli rispose con un sì un po’ metallico, come non fosse tra le cose che era programmato per fare in autonomia di intenti, Liam si accomodò e si prese la gattina in mano.
”Dicevo…quello che tu vedi qui…è un mondo di passaggio. Qui risiedono i sogni in tutte le loro forme ed accezioni…non solo di chi dorme…anche di chi, alla fine della sua vita, li lascia privi di una realizzazione…o di chi li attraversa per un momento e deve stare attento a mantenere ben presente qual è la via del ritorno” detto questo sorrise appena e gli indicò la gattina ”perché pensi che le streghe vadano così d’accordo con i gatti?” gli chiese poi quasi senza considerare il discorso che facevano.
Liam fece spallucce.
”Perché…non appartengono a niente e a nessuno e se ti seguono, ti si affezionano…è perché lo decidono loro…”
Paulie fu d’accordo.
”Eppure sono capaci di un amore incondizionato verso chi scelgono…cieco chi non ha la pazienza di guardare per capirlo e muoia impiccato chi fa loro del male…ma c’è una cosa forse vera, in quella follia dilagante che regnava qualche secolo fa, e solo un po’ meno oggi, anche ai loro danni…”
“E cioè?”

Paulie sorrise di nuovo e invitò Liam a guardare il musetto della gattina…che pareva essere un po’ cresciuta, ma Liam non si chiese se fosse possibile, ormai non si chiedeva più niente in quel senso.
”In ogni gatto…può nascondersi una strega…” disse Paulie.
Liam allora ricordò un paio di cose…tipo l’aver sentito dire che i gatti vanno e vengono attraverso mondi diversi, ecco perché li si vede comparire e scomparire in un lampo…o che…
Le streghe sono visitatrici ben accette nel mondo degli Sidhe…piccole donne scoiattolo, rosse con occhi da rapace…stregatte dalle ciglia lunghe…
”Sìle…” bisbigliò Liam prendendo il musetto della bestiola e facendosi guardare sfiorandole il pelo in mezzo agli occhi.
”Chiunque lei sia, non ti ha abbandonato e tu non devi abbandonare lei. Ora possiamo andare…prendi il coltello, è importante” gli disse Paulie.
Si alzò un po’ a fatica, si appoggiò ad un bastone ricoperto di edera e si mise in tasca il quaderno e Tirlogh, prima scrollandolo un po’ in aria per scolarlo dell’inchiostro.
”E perché prima no?” gli domandò Liam alzandosi a sua volta e rimettendo la gattina, Sìle, nello sporran, e infilando il coltello nella cintura che aveva in vita.
”Prima non sapevo cosa cercassi…ora lo so…”
“Perché ora sì?”
“Perché anche lei canta quella canzone…”

Perché lui glielo aveva detto a Sìle, che Alec, cosa in cui erano molto diversi, cantava più di quanto non sorridesse…e che quando cantava quella canzone e vedeva Jane arrossire, allora sorrideva…
“Sìle? E’ qui davvero?”
“Certo che è qui, altrimenti tu che ci fai, qui?”
“Beh a dirla tutta io ero convinto d’essere a Ambleside o dintorni e mi ritrovo a Ravenglass…”

Paulie si fermò, sbuffò un po’ spazientito, si girò come per recriminare, ma poi rinunciò.
”Che diavolo…ha ragione…non l’ha mica deciso lui come funzionano i sogni…” borbottò uscendo dalla stessa porta da cui era uscito Alec.
Percorsero il parcheggio deserto, si avviarono verso la scaletta, poi salita quella sul ponte e quindi attraverso il vialetto che passando tra due file di casette, tre o quattro al massimo, sbucava sull’ingresso di un campeggio…
”Ehi Liam!” chiamò una voce femminile.
Lui aveva appena passato il cancello che usciva sulla strada quando sollevò gli occhi.
”Come va Susan?”
“Sono sola…”
“Ah sì?”
domandò lui vedendola coperta, se così si poteva dire, solo da un asciugamano da doccia.
”Una settimana memorabile quella eh?” commentò Paulie.
”Non sono cose che riguardino un maestro elementare irlandese…” ribatté Liam, poi però voltandosi a salutare Susan, ricordando quella bella settimana passata chiusi in una tenda in Spagna senza prendere un raggio di sole, dovette ammettere qualcosa “beh sì…sa fare certe cose quella ragazza che neanche...”
“William!”
“E ricordati che sei in nostro potere e che io sono la migliore amica della tua fidanzata highlander! Dopo Sìle e prima di ogni altra donna, vengo io!”

Mamma e Ceday…rispettivamente per bocca di Susan e di Paulie.
“Sentite basta con questi giochetti da esorcista! Non mi angosciate!” protestò.
Paulie sghignazzò e indicò, come incitandolo a continuare, la strada sotto gli alberi che correva davanti a loro, quella che portava ai “bagni” romani.
”Cosa devo fare?” si informò Liam tanto per capire cosa lo aspettava.
Paulie allargò le braccia.
“Le risposte spesso vengono da sole…basta guardarsi intorno, interpretare i segnali che arrivano da ciò che ci circonda…vedere, ascoltare…”
Allargò un braccio accompagnando quella frase e a Liam venne istintivo guardarsi intorno: vide volti tra le foglie, ombre tra i rami, udì voci bisbigliare.
”Non esiste un attimo, in cui sei solo qui…e loro ti conoscono ormai…”
Da dietro le spalle, Liam si sentì toccare, si voltò di scatto…
”Mynd o cannie Nansie, hinnie?”
“Oh cazzo!”
esclamò.
Se si ricordava della vecchia Annis? Che lo chiamava tesoro? E come scordarsene?
Ritrovandosi di fronte la vecchia fata che sghignazzava sgranocchiando la cioccolata che le sporcava il viso e i capelli, sobbalzò e mosse due o tre passi frettolosi all’indietro, “riparandosi” in modo un tantino vigliacco dietro Paulie, che invece, vedendola, si fermò, si girò e le puntò il bastone contro.
”Che ci fai qui, vecchia cariatide? Non è il tuo posto questo, fila via!”
“Ill, auld erse! Ill!”
cattivo, vecchio irlandese, cattivo, gracchiò la megera prima di ripiegarsi quasi su sé stessa e strisciare di nuovo nell’ombra del bosco.


Avevano sobbalzato tutte, quando Liam era stato scosso da un tremito profondo, Una e Dorcas si erano avvicinate a lui per controllare che stesse bene.
Era ovvio che non sapevano cosa avesse visto.
Jane si fece più avanti, una mano sulle labbra, gli occhi sgranati, Ceday che le stringeva le spalle.
- Tutto a posto…- disse Dorcas alla donna, con un sorriso rassicurante – dovrà arrivare in fondo prima di risalire…e la discesa è iniziata da poco…- spiegò.
Jane inspirò a fondo, rifacendo un passo indietro.



”Così…è questo che devo fare? Camminare la dove vedo strada libera?”
Paulie annuì.
”Quando sono entrato dalla porta nella roccia…ho visto l’uomo verde e quella figura tra i rami della betulla…lei lo sa vero?” domandò e Paulie annuì, ma poi si ricordò di qualcosa di importante.
Si fermò e si voltò verso Liam posandogli una mano sul petto.
”A lei devi stare molto attento…l’uomo verde ti porta alla tua vera essenza e questo può spaventare davvero, ma la betulla, è assai più pericolosa! La Madre, lei è lo spirito più antico di tutti, ricorda sempre: colei che ha bianche dita, può essere amorevole e benevolente, ma se pensasse che hai cattive intenzioni…se pensasse che vuoi portare via la ragazza alla piccola fata…”
Liam d’improvviso afferrò il braccio di Paulie che sembrava un po’ troppo eccitato dai suoi pensieri e disattento.
“Lily?” chiese serio ”…allora è davvero lei che tiene qui Sìle?”
Paulie non rispose, ma era come avesse detto di sì.
“La piccola fata, non sa che la strega morirà e la giovane strega non è forte abbastanza, da sola, per opporsi all’influenza di questo luogo…” gli disse Paulie toccandogli ancora il petto con l’indice e poi lo guardò negli occhi ”…la Bianca Madre ti ha concesso di entrare, ti concede d’andare avanti e forse ti permetterà ti portare a termine il tuo intento, ma fa’ che non ti creda mai un nemico suo o di uno qualunque dei suoi figli…perché allora la vedrai mutare e se toccherà il tuo capo, ti porterà alla follia, e se toccherà il tuo cuore…non avrai più vita cui tornare”.
Liam rimase immobile sotto lo sguardo chiaro e pulito di Paulie.
”La piccola fata, deve lasciare di sua volontà la giovane strega libera di abbandonare questo luogo…” gli disse.
Liam era spaventato…non poteva negarselo.
Rimase fermo in mezzo al sentiero mentre Paulie si rimetteva in cammino…si girò come per essere sicuro di vedere ancora la via da percorrere per tornare, ma non c’era più nulla dietro di lui…solo brughiera alla luce crepuscolare, solo vento che non sembrava soffiare, solo rumore d’acqua…ecco quella, in un piccolo rivolo che scorreva nel bosco, c’era davvero, o almeno così pareva.
”Non guardarti indietro…” lo avvisò Paulie scuotendo la testa, ma senza guardarlo ”non è mai la stessa la via per uscire…anzi” disse chiamandolo a sé con un gesto stanco della mano: pareva stare invecchiando di attimo in attimo, quando Liam lo raggiunse, era ancora più ricurvo sul bastone, il viso era più scavato, le mani più magre. Si frugava in tasca ”…ricordi questa?” gli chiese prendendo una pagina volante dalla tasca della giacca e porgendogliela.
Liam la prese e la scorse: era scritta da lui, non da Paulie, anche se le frasi riportate erano quelle di Dunne.
”Prendila con te…potrebbe servirti…e attento alle voci d’ora in poi…”
Liam lo ringraziò.
”Vuol dire che dovrò andare avanti da solo?”
L’irlandese lo scrutò per un attimo.
”Saprai come fare, conosci abbastanza gli abitanti di questo luogo ormai…io devo solo indicarti la via maestra…”
“ E lei?”
domandò Liam mentre prendevano un sentiero che attraversava un prato su cui si intuiva la rimanenza di un terrapieno circolare.
Non c’erano terrapieni circolari nei pressi dei bagni romani di Ravenglass, ma quella sembrava proprio(pur non ricordandone i nomi in quel momento preciso) la Round Table di Mayburgh, quella che poi, qualche decina di metri più in là, aveva come vicina di casa la solitaria pietra di Mayburgh Henge…
Paulie camminava senza curarsi dell’acqua che gli bagnava la punta delle scarpe.
”Io appartengo a queste creature più di quanto non sia mai appartenuto al Signore; loro di contro sono piuttosto aggreganti, a ben vedere. Io vengo…” lo anticipò Paulie, poi sbuffò un sorriso ”gentilmente ospitato, mettiamola così…la mia pace è poco meno che eterna, diciamo che io mi occupo di aprire una delle porte che introducono in questo mondo di interminabile tramonto…”.
Liam si sentì cogliere da uno strano senso di angoscia a sentirlo parlare così: come poteva essere pace quella? Era una prigionia…
”Come c’è arrivato qui, signor Dunne?” gli chiese mentre percorrevano il prato proprio verso la pietra eretta.
Paulie sghignazzò di nuovo.
”Per seguire un violino…” disse, quindi guardò fuori e seguendo il suo sguardo, Liam vide che guardava sulla sommità della collina che era creata dal terrapieno attorno a Mayburgh Henge ”è molto tempo che dormo ormai…credo di iniziare a somigliare ad un vecchio ramo ritorto…”


Dorcas aveva lasciato da qualche minuto la stanza in cui si trovavano Liam e Sìle, era andata da Lily.
La bambina era distesa sul suo lettino, con gli occhioni lucidi e sembrava lontana, come insensibile a qualunque richiamo e inaccessibile da qualunque porta.
Sembrava più pallida, meno bambina…i suoi capelli odoravano di terra e bosco e aveva quell’ombra antica e selvaggia nello sguardo.
Stava succedendo senza alcun dubbio ora: il richiamo della sua origine, stava facendo mutare Lily e questo stringeva il cuore dell’anziana strega in una morsa di dispiacere.
Le accarezzò una guancia con le dita e sentì la gola chiudersi, le labbra contrarsi.
Lily le diede un’occhiata che aveva qualcosa di vivace in fondo, ma pareva quella che avrebbe dato ad un’estranea che poteva trovare simpatica a prima vista, che poteva magari incuriosirla.
Dorcas, per non contrariarla, le rispose al sorriso, ma con quanta fatica...
-Come sta?- domandò Jane affacciandosi dopo aver bussato.
Dorcas si strinse nelle spalle, non sapeva dirlo davvero.
- Venga…- la invitò – venga pure avanti, non credo sia di disturbo…-
Jane accettò l’invito, ma fu delicata e prudente nell’entrare: era una donna molto dolce…la stessa dolcezza e delicatezza di cui a volte era capace Liam, anche se in modo più sornione e ironico.
Dorcas la guardò osservare la stanzetta della bambina.
- E’ un posto molto accogliente…- commentò studiando il lettino accostato al muro, pieno di pupazzi di stoffa fatti in casa e dalle fisionomie un po’ folli(Jane non poteva sapere dei vari visitatori che frequentavano anche quel cottage).
- Sìle è bravissima per queste cose…ruba tutto con gli occhi e sa indovinare benissimo cosa può piacere a Lily…-
Jane annuì e quindi sbirciò con prudenza la bimba.
- Io non credevo potesse essere…- si interruppe come temendo di dire qualcosa di importuno forse – …Ceday mi ha detto alcune cose di lei e…-
- Sembravano solo vecchie fandonie da ubriaconi vero?-
Jane fece un sorriso imbarazzato e dondolò il capo in segno affermativo.
- Che cos’ha?- domandò dopo un attimo a Dorcas, ma sempre osservando la bimba.
Dorcas si passò una mano sul viso e si strinse nelle spalle di nuovo.
- E’ legata a Sìle in un modo vitale…la sua stessa presenza qui, è dovuta ad un evento che vedeva Sìle ferma al bivio tra vita e morte…- spiegò – Lily ha riportato Sìle in sé, l’ha salvata, e forse, ora che Sìle è entrata nel suo mondo, vuole seguirla…-
Jane era stupefatta, ma niente in lei lasciava pensare che potesse deridere o sottovalutare la spiegazione che Dorcas le stava fornendo.
- E Liam come c’entra?-
Dorcas fece un sorriso affettuoso al pensiero di Liam.
- Liam è un uomo straordinario…- disse guardando negli occhi Jane che lo prese per un complimento eccessivo lì per lì.
– Non lo dico per compiacenza o gratitudine, sono seria. E’ straordinario nel senso più profondo del termine: è una persona non comune, ha qualcosa di diverso da molti altri. Nella sua semplicità, nella sua praticità…ha un grande cuore, è forte, ma soprattutto è pieno di una sensibilità e una grazia che sono doni molto umani, ma rari quanto uno degli animali che lui va fotografando in giro per il mondo perché almeno non se ne perda la memoria…- spiegò e allora Jane si rese conto che parlava davvero al di fuori di gentilezza, riconoscenza e formalità. Si appoggiò al davanzale della finestra e si strinse il cardigan addosso mentre ascoltava Dorcas che riprese subito - Sìle grazie a lui è tornata ad irrigare una parte di sé che stava lasciando inaridire dopo quell’evento tragico, mentre cresceva rigogliosa quella che lei dedicava in tutto e per tutto alla piccola. Lily era un linimento, un oppiaceo, se vogliamo dire…e credo che Lily, da una parte, lo capisca, sappia che il suo compito qui è terminato e senta che è ora di tornare al suo posto…e Sìle questo lo sa, ma non può accettarlo, mentre Liam lo capisce...-
Jane era seria e pensosa.
- Questo cosa significa?-
Dorcas gonfiò il petto e trattenne il fiato per qualche istante.
- Liam ha, d’istinto, instaurato un legame con Lily che nessuna di noi, io o Sìle, si sarebbe aspettata. E’ stato come un segno capisce? Lily rifugge gli uomini per lo più, ma Liam è stato la sua passione quasi dal primo momento, sembra davvero innamorata di lui certe volte. Ci sono attimi durante la giornata, in cui Liam è di Lily più di quanto non sia di Sìle…e Lily sa, che non c’è una persona al mondo più giusta di lui cui lasciare Sìle. Ma poi c’è un altro fatto: Sìle non vuole lasciare Lily e Lily…-
- E’ pur sempre una bambina che vede in Sìle la sua mamma…- intuì Jane.
Dorcas le fece segno di sì e per la prima volta, vide che sul viso della donna, c’era un’espressione cupa e scura.
- E’ un ruolo molto infelice, e ingiusto, in cui mettere un uomo – sentenziò in modo piuttosto dogmatico, se pure non arrogante - metterlo in condizione di doverle separare. Come un padre che deve dire ad una madre che non può lasciarsi morire dietro suo figlio mentre anche lui ne soffre la perdita; sentirsi dire che lui non può capire…lui non lo sa…cosa si sente…- le tremò un po’ la voce e si portò una mano alla gola, abbozzando un sorriso verso Dorcas – ma per una volta ci sarebbe davvero da sperare che per una madre adottiva, sia diverso…- aggiunse.
Dorcas la guardava soltanto, ma Jane capì che aveva intuito qualcosa.
- Un anno prima che Liam nascesse, io e Alec perdemmo un bambino, Robbie…aveva due anni. Era sano come un pesce, biondo con due belle guanciotte rosse e una mattina non si è svegliato - raccontò, poi guardò Dorcas che si era stupita di trascurare una cosa così importante, Liam non le sembrava tipo da nascondere un fatto che si, era delicato senza dubbio, ma in fondo non lo poteva toccare troppo da vicino un fratello mai conosciuto – Liam non lo sa neppure…non gliene parlammo mai - aggiunse infatti Jane –perché io non volevo altri bambini, io volevo solo morire…avevo dentro un vuoto che mi aveva convinta che se mi avessero dato una coltellata in pieno petto, avrebbe attutito il dolore…forse neppure l’avrei sentito…e Alec lo vedeva. Ricordo che due mattine dopo, mi portò via Robbie di nascosto, lo seppellirono lui, il prete e mio cognato, non lo dissero a nessuno, poi tornò da me. Sapeva che non poteva fare altrimenti. Quando me lo disse, io lo odiai come non credevo sarei stata capace di fare con nessuno in vita mia e lui aveva quasi la stessa espressione di Liam quando mi è venuto a prendere l’altro giorno: sembrava gli stessero strappando via il cuore e lui non fosse capace neppure di lamentarsi…eppure mi riprese. Fu come se mi stesse tirando via per i capelli da una tempesta di quelle che a volte mi raccontava e in cui io volevo solo sprofondare…e aveva ragione a dirmi che non era tutto finito, perché poi è nato Liam e io e suo padre eravamo più forti insieme – accennò un inatteso sorriso – non abbiamo neppure mai soffocato Liam con l’ansia o la troppa protettività, siamo stati bravi in questo – si riconobbe-…ma a mio marito io non ho fatto in tempo a chiedere perdono per quell’odio che non meritava, per non aver capito che anche lui soffriva e perché altrimenti non avrei avuto Liam, che è stato la cosa più bella che Alec potesse regalarmi, e ora non sono felice di non poter evitare a mio figlio di rischiare lo stesso trattamento…-
Ci fu ancora un attimo di silenzio che Dorcas non si sentì di interrompere, Jane si asciugò di nascosto una lacrima.
- Ma…anche se ho rischiato di perdere anche lui, quando ormai era grande, e…ora lo stesso…so che per quella ragazza sopporterebbe tutto e che non sarebbe contento altrimenti. Avrei solo voluto poterlo avvertire… -
Dorcas a quel punto, accarezzò di nuovo i capelli a Lily, poi però si alzò e si mise vicina a Jane, circondandole le spalle con un braccio.
- Liam sa come fare…- la tranquillizzò – conosce Sìle e conosce Lily e se capirà qual’è il nodo che le lega davvero, riuscirà a scioglierlo senza far loro del male…-
- Lei dice?-
Dorcas annuì con decisione.


”Cos’è questo posto?” chiese Liam trovandosi in cima ad una collina rocciosa che apriva una bella vista su un panorama fatto di erba e piccole paludi e…cerchi di pietre integri, antichi come non ne esistevano più in nessun luogo forse.
”E’ la tua strada…devi andare avanti” rispose Paulie indicando con la mano sempre più magra che un attimo dopo, gli fece cenno verso la gattina ”manda lei avanti…” gli suggerì.
Liam guardò la bestiola e aggrottò le sopracciglia dubbioso, poi sbirciò in direzione della processione di megaliti: in qualche modo era certo che fossero “abitati”.
”Non voglio che le succeda niente…” mormorò.
”Lei sa dove andare…vedrai…coraggio ragazzo…”lo spronò sedendosi con l’aiuto del bastone su un grosso macigno muschioso ”più avanti di così, io non credo di poter andare…” sospirò, quindi gli fece ancora cenno verso un tronco cavo e tagliato a poco più di un metro d’altezza ”metti qui il coltello…questa sarà la tua porta, devi mantenerla aperta “ e mentre Liam eseguiva, faceva mente locale su quanto aveva da raccomandargli ancora ”…quella pagina di appunti che hai, non dimenticarla e non dimenticare che l’unica protezione che avrai qui, sarai tu stesso: niente vecchi chiodi, niente erbe in tasca, solo te stesso...per impedire loro di operare su di te, devi metterti a testa in giù o dire qualcosa al contrario”
Liam che fino a quel momento era rimasto serio e attento a quello che poteva esserci intorno, si voltò con gli occhi sgranati.
”E come diavolo faccio a sapere cosa dire anche facessi qualcosa di così strambo? E poi non ha detto che la porta per uscire non è mai la stessa?”
“Oh beh qualcosa ti verrà…”
rispose Paulie con una voce che sapeva…di legno…come venisse dalla pancia di un vecchio albero…un vecchio tronco ritorto"...e una porta l'importante è lasciarla aperta, non dove si apre..." aggiunse con un po' di sforzo.
Quando gli venne in mente questo, Liam lo guardò e sotto i suoi occhi Paulie iniziò a mutare davvero in legno e corteccia e muschio…le sue gambe, mentre lui pareva abbandonarsi alla stanchezza, venivano avvolte da terra, erba e foglie, divenendo pian piano radici.
”Paulie, che sta succedendo?” chiese Liam quasi tentato di aiutarlo anche se non sapeva proprio da che parte iniziare per farlo.
Gli faceva una certa impressione vedere quel cambiamento in atto, non era affatto divertente o interessante.
L’uomo intanto però parlava, parlava come per placare la sua ansia.
”Dicono di oscuri e sinuosi incanti, intricati e insidiosi come i rami degli alberi stessi…anche l’albero più nodoso, è generoso di parole per raccontare la sua storia…” disse mentre un serpeggiante ramo di edera, lo cingeva in un abbraccio ”…e se è vero che Loro, ti mostrano quella che la reale è l’essenza della tua anima…sono contento d’essere un albero nella brughiera…”
Liam ricordava che gli avessero detto qualcosa riguardo il Glenridding Dodd, parlando di Paulie, il forte delle fate nei pressi di Ullswater…proprio Sìle glielo aveva detto anzi…e sul Glenridding Dodd, c'era in effetti un piccolo castagno, forse dell'età giusta per essere nato ai tempi della morte di Paulie e di certo non il tipo di albero più comune nel Lake District.
Sembrava che il pensiero di Sìle, desse sempre adito a cambiamenti: non appena la sua immagine gli si compose in mente, la gattina, saltò via dallo sporran e si fermò a uno o due passi da Liam.
Non era più piccola come prima, ora era una aggraziata, filiforme micetta, dalla lunga coda in incessante movimento.
Si fermò, si stiracchiò protendendo in avanti le zampette anteriori, sollevò il posteriore, quindi si rimise dritta, si sedette, si diede una leccatina ad una zampetta.
”Ehi micia…” la chiamò Liam.
Lei si girò, lo guardò come dire beh? Che aspetti? e quindi si incamminò attraverso una stradina che correva proprio verso i megaliti.
”Dove vai?” le gridò dietro Liam, ma vedeva che lei non accennava neppure a fermarsi; diede un’occhiata a Paulie che ormai pareva davvero dormire come un sasso.
Gli dispiacque ringraziarlo quando ormai forse non lo sentiva più.
L’ultimo gesto cosciente che aveva fatto, era stato estrarre Tirlogh dalla tasca e deporlo con cura su un lettino di muschio dove ora il folletto dormiva beato, russando come una trebbiatrice.
Prima di seguire la gattina, si assicurò che il coltello di Alec fosse ben piantato nel legno e che la pagina del quaderno fosse lì, nello sporran.
La prese per tranquillità…e la prima cosa che gli capitò di rileggere fu tutta una serie di annotazione sul lato oscuro delle fate, raccomandazioni con tanto di esempi.
[…]Il Piccolo Popolo, come l’umanità, è legato alla natura e alla sua capacità di generare quanto di distruggere, il lato oscuro degli Sidhe non è da trascurare, perché si presenta con tutta la rude potenza naturale.[…]
[…]Molti racconti insegnano a guardarsi dal pericolo di incontrarli, di disturbarli…
I nixies sono adorabili da guardare mentre giocano nell’acqua, ma se si viene scoperti, si rischia di finire a mollo e di annegare; i Cappelli Rossi, prendono il loro nome dall’abitudine di usare sangue umano, per tingere i loro simpatici berretti.[…]
[…]Uno dei peggiori difetti che si possono trovare nelle fate, è la mancanza di emozioni: esse appartengono ad un mondo in cui ogni singola creatura è legata all’altra e ai fenomeni naturali, solo così raggiungono una forma di completezza, ma questo fa sì, che in ogni singolo individuo possa nascondersi anche soltanto oscurità o assenza di emozioni.[…]

”Questo sì che è consolante…”
Liam si strofinò l’occhio destro, per una volta solo per un attacco improvviso di stanchezza, e poi guardò verso la gattina che pareva aspettarlo.
Miagolò un po’ impaziente.
”Arrivo, arrivo…” le disse, poi quando la raggiunse, lei lo guardò con un po’ di stizza ”Sembri la mia professoressa di letteratura quando arrivavo in ritardo…”
Brontolone…
pareva dire il miagolio successivo.
Continuarono a camminare, attraversarono la radura del cerchio di pietre senza attraversarlo, passandoci intorno.
La gattina pareva non curarsi di quello che avveniva al suo interno, invece Liam dovette fare un grosso sforzo per non mettersi a sbirciare tutte quelle piccole sagome e ombre che si muovevano tra cespugli e pietre.
Si ripetè più di una volta quello che aveva appena letto sulla pagina.
Con la coda dell’occhio, passando, poteva vedere delle creature con i capelli dritti, appiccicati e sporchi, ribelli come non ne aveva mai visti, figure per lo più scure, dalle lunghe braccia e grandi mani e piedi nodosi.
Strepitando e ridacchiando, si muovevano all’interno del cerchio, intorno ad una grossa pietra eretta, tutti tranne uno che era impegnatissimo nell’affilare un coltello su una pietra levigata.
Un altro gli rubò una ghinea da un sacchetto che teneva legato alla vita e lui per tutta risposta, tanto per saggiare la lama, gli punse il sedere con violenza.
L’altro per il dolore sobbalzò e lasciò andare la moneta in aria.
”Ha ragione…” commentò Liam a bassa voce, ma un altro verso un po’ impaziente della gatta lo richiamò.
Iniziarono gli alberi, il sentiero ora ci si incuneava di nuovo dentro, così si inoltrarono per un po’ nella foresta e camminarono fino a che il viottolo non si interrompeva bruscamente a causa di un possente, unico blocco di roccia che si innalzava di una buona decina di metri proprio davanti a loro, come un muro.
Intorno non sembravano esserci vie alternative, tra gli alberi era tutto come all’inizio: una cortina nera come il retro del palco in un teatro.
Liam arguì che se c’era una strada da prendere, era quella che portava in alto, sopra la roccia.
”Non proprio, non proprio…” commentò una voce allegra di cui Liam non riuscì a individuare subito la provenienza.
Anzi no, non era una voce…era come una ventata sonora che articolava parole.
Si guardò un po’ intorno, ma non vedeva nessuno se non la gattina che, dopo un attimo passato in una elegante posizione di agguato, si slanciava verso una pianta dalle larghe foglie che cresceva non lontana da una polla di acqua sorgiva.
”Ehi signorina!” la richiamò facendola girare: le fece cenno di non proseguire ”se sei davvero quella che penso, la coda ti è spuntata dopo un tuffo di troppo giusto?” osservò.
La gattina quasi con leggero imbarazzo si ritrasse dalla sorgente, ma ci rimase seduta abbastanza vicino.
”…hai paura dell’acqua?” domandò la voce, come roteandogli attorno al capo, tant’è che Liam girò su sé stesso cercando di intravedere qualcosa.
Quando gli parve di cogliere un’immagine umana, si fermò, gli occhi fissi su una figura femminile, vestita in modo lussuoso, con un abito di foggia cinque-seicentesca.
Teneva sul viso una maschera a forma di foglia, una foglia d’acero del colore autunnale, tra giallo cadmio e rosso, per il resto l’abito e il suo incarnato erano una gamma di verde pallido e grigio-verde, incarnato e capelli compresi, capelli che prendevano forma di licheni attorno al viso.
”No…” rispose vedendola abbassare la maschera fino a scoprire gli occhi che erano di una trasparenza assoluta, ma color turchese. “…non ho paura dell’acqua…ho paura di cosa c’è dentro, l’acqua”
Perché l’acqua teneva lontane alcune fate, diceva Paulie, ma bisognava stare attenti a non caderci dentro o si finiva dritti nelle mani di quelle ch l’acqua la abitavano.
Non era sicuro fosse stata quella donna a parlare, la bocca gli era rimasta coperta dalla maschera che lei teneva davanti al viso, ma i suoi occhi sembravano parlare per lei.
La gattina intanto si era avvicinata a lui e ora stava avvicinandosi alla figura femminile, incuriosita da un nastro fatto di lunghi filamenti erbosi intrecciati a pietre trasparenti e rotonde, come piccole gocce di luce.
La micetta pensò bene che fossero adatte ad un attimo di gioco, così con un balzo tentò di afferrarle.
“Oh…no, no, no, no!” esclamò la voce mentre la donna si disfaceva, senza mezzi termini,in un mucchio di foglie che crollò al suolo come da un albero secco che venisse scosso con violenza.
Liam rimase a bocca aperta per un attimo.
”Di che ti preoccupi? Sono solo foglie…” disse ancora la voce.
”Ma…prima…” tentò di dire Liam avvicinandosi al mucchio e individuando tra le tante la foglia che era la maschera.
”E adesso?” domandò di nuovo la voce venendo da molto vicino alle sue orecchie, costringendolo a voltarsi come si fosse sentito toccare.
Girandosi vide un’altra maschera a forma di foglia che lo scrutava, ma i suoi occhi erano vuoti, non copriva alcun volto…
”D’accordo, d’accordo…ho ancora l’illusione di essere in un mondo almeno in parte normale, chiedo scusa, forse sono ancora troppo sveglio e qui è troppo simile a casa…” sbuffò distogliendo gli occhi dalla maschera e guardandosi intorno, sempre in cerca di chi parlava e rispondeva alle sue domande da ogni dove.
”Stai andando bene…”
“Davvero?”
“Sì…hai smesso di sentire le streghe no?”
“Non sono sicuro sia un bene in termini assoluti, potrebbe anche voler dire che sto morendo…”
e quella volta non venne risposta ”Ehi? Chi tace acconsente? La vogliamo mettere così?” ancora niente ”ehi! C’è nessuno?”
Il silenzio così ostinato lo angosciava un po’, c’era solo il lievi gorgoglio della sorgente e la gattina, che però ora stava accoccolata sopra una pietra.
Liam si guardò intorno e non c’era neanche l’ombra di una creatura.
”Fantastico…” brontolò.
Rifletté un momento sul da farsi: la voce aveva detto che non era proprio in alto la direzione da prendere…non proprio sopra la roccia.
Non rimaneva che provare, lui lì, di certo non ci sarebbe rimasto.
Si fece largo tra le felci, diede un’occhiata alla conformazione della roccia…lisciata dal vento, ma ruvida in superficie, con delle fessure orizzontali che potevano fungere benissimo da appoggio e da appiglio per piedi e mani.
Strofinò le mani tra loro, quindi chiamò a sé la gattina che arrivò subito e si fece rimettere nello sporran, ma miagolò come invitandolo alla prudenza.
”Beh tanto se sono morto o sto morendo, che vuoi che sia?” commentò lui.
Prese a salire, l’arrampicata non fu neppure faticosa, era come una grossa, fredda scala a pioli in fondo.
Arrivò in cima, si mise in piedi sulla parte più alta della roccia, ma quando fece per raddrizzarsi sulle gambe, diede una testata fortissima, come se sopra di lui non ci fosse il cielo che vedeva, ma altra roccia.
”Ma che cazzo…” mugugnò massaggiandosi dove aveva sbattuto.
Cercò comunque di sbirciare oltre la roccia, ma c’erano sempre, solo i solito alberi disegnati nel buio da quella luce artificiale.
”Sono finito in un maledetto videogioco…”riflettè notando la somiglianza tra quel luogo e certi giochi di avventura in cui si doveva esplorare un mondo affrontando ogni genere di nemici, salvo poi trovarsi chiusi in angoli morti e inattivi che stavano a significare che lì, non c’erano accessi né motivo di inoltrarsi, semplicemente non esisteva nulla oltre quel punto.
Sospirò e decise di scendere dalla cima della roccia, fermandosi su un gradino più largo che correva tutto intorno alla formazione come una specie di cornicione.
Lo percorse con attenzione, lo percorse tutto, fino a quando non girò all’estremità destra del grande macigno, lì, per fortuna premurandosi di protendere prima in avanti una mano, di nuovo trovò un muro di foglie e rovi attraverso cui poteva spingere lo sguardo ma non il corpo.
Prima di scoraggiarsi, decise di dare un’occhiata alla pagina di diario, sentendosi tra l’altro piuttosto idiota, come un turista sperduto in qualche grande città, ma soprassedette, aveva altro cui pensare.
La cosa, tra le tante scritte, che gli saltò agli occhi in quel momento, fu il consiglio di fare la cose al contrario, di nuovo.
L’utilità di camminare a testa in giù non la vedeva in quel frangente però…non c’era nessuno cui dire parole al contrario…non c’era niente cui girare intorno “widdershin”, ovvero in senso antiorario.
Rimaneva solo tentare di camminare all’indietro.
Provò, in fondo chi lo vedeva? Forse Garlicky se proprio andava male, e fu sollevato di accorgersi che riusciva ancora a procedere, quindi quella era la strada giusta.
Un volta oltrepassato l’angolo però, decise che poteva bastare, preferiva sbattere una nasata ma tentare di piegare almeno in minima parte quel posto assurdo ai suoi criteri di normalità.
Non c’erano controindicazioni per fortuna, poté avanzare senza ostacoli, addirittura, la roccia da quella parte, iniziava ad essere scavata in modo da creare dei comodi gradini per scendere al di là.
Liam lo fece.
Proseguì lungo uno stretto sentiero che passava tra roccia, muretto a secco, felci, rigagnoli muschiosi che rendevano di un verde quasi accecante l’ambiente intorno.
A volte comparivano dal nulla strane sculture umanoidi su rocce e tronchi e tra gli alberi, Liam poteva sempre intuire piccole ombre, avvertire lievi sussurri, risatine…non ne aveva paura, ma non era molto rilassante quel momento.
Finì la foresta e allora passò attraverso una vallata simile a quella che portava a Rievaulx o a Tintern, poi però gli alberi intorno si diradavano e iniziavano ad esserci massi pesanti, affondati nel terreno durante i secoli a circondare la via.
Immancabile, il ruscello continuava a corrergli al fianco.
Nei tratti in cui l’acqua era più placida, sembrava di poter scorgere piccole figure in trasparenza.
Una poi la vide molto bene: una figurina femminile, nuda, in piedi sulla sponda di una pozza…appena lo vide, si sciolse divenendo una pozzanghera a sua volta.
Strano, era convinto d’aver letto di fate che facevano così solo colpite da un raggio di sole.
Più avanti ancora, incrociò un’altra figuretta femminile, questa alquanto brutta, mentre la precedente era di una bellezza abbagliante, che pareva intentissima a fare un impegnativa seduta di bucato nel ruscello.
Peccato tuffasse in acqua sudari sporchi di sangue.
Questa è una bean nighe, me lo ricordo…, si disse e al contempo si suggerì di girarle un po’ a largo, era innocua, ma non gli sarebbe piaciuto scoprire magari che il sudario fosse il suo.
Da un certo momento in poi invece si accorse di venire seguito da due presenze: uno era, ci avrebbe giurato, un Ghilly Dhu.
Si muoveva stando abbarbicato a questo o a quell’albero, come una specie di piccolo bradipo, ma più veloce e a aprte i primi momenti in cui gli veniva spontaneo cercarlo con lo sguardo per prudenza, pian piano Liam iniziò a sentirlo come una compagnia.
Si fermava quando lui smetteva di camminare, lo guardava un po’, magari raccoglieva una nocciola o una bacca da sgranocchiare e ricominciava a seguirlo.
Quando Liam provava a guardarlo più meglio però, si intrufolava tra rami e foglie con l’agilità di un felino.
In alto invece, là dove c’erano quei grossi massi e pietroni crollati dalle creste montuose intorno alla valle…c’era qualcuno di diverso.
Un’altra figuretta femminile che se ne stava appollaiata sulle rocce, come un grosso animale un po’ intontito, se fosse stata un animale, ma Liam si rendeva conto che dopo la prima volta che si era accorto di lei, ogni volta che l’aveva guardata, l’aveva percepita più vicina.
Alla fine non la vide più guardando di lato, ma portando lo sguardo in avanti, si accorse che se ne stava accovacciata su uno dei massi che lambivano la strada, per metà immersi nel ruscello.
Una leggera ansia lo colse alla prospettiva di passarle vicino, come la previsione di qualcosa di inatteso da parte sua.
Era delle dimensioni di un corvo più o meno e pareva grigiastra di colore, coperta solo dei proprio capelli, si teneva le ginocchia con le mani e appoggiava il petto contro le cosce.
Aveva le unghie dei piedi nere e lunghe, proprio come quelle di un corvo.
Liam già si figurava sé stesso intento a staccarsi una specie di piccolo vampiro dal collo.
Comunque avanzò e alla fine non successe niente…lei si limitò a guardarlo con inquietante insistenza…e lui, visto questo e visto che lei non pareva intenzionata a fare altro, pensò che forse quella creatura altro non faceva che guardare storto i passanti.
Comunque il sentiero finiva con il rituffarsi tra gli alberi, dove la piccola seccatrice non lo seguì, e con lo sbucare in uno spiazzetto di terra battuta non più largo di tre o quattro metri.
Lì Liam si trovò di nuovo nell’oscurità, nella luce crepuscolare, nel silenzio ovattato, eppure sentiva di non essere solo…
La sentì allora, dopo qualche minuto, anche se non aveva certo una cognizione temporale molto lucida lì…
La sentì aleggiare tra gli alberi, echeggiare languida nell’aria, lontana, delicata e dolcissima…


Oh the snow it melts the soonest when the winds begin to sing
And the corn it ripens fastest when the frosts are setting in
And when a young man tells me that my face he'll soon forget
Before we part, I'd better croon, he'd be fain to follow it yet

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 - Descent deep ***


Capitolo 22 – L'avviso consueto sulla rilettura non serve ripeterlo vero? :P
Ah ulteriore avviso: questo capitolo potrebbe essere veramente ostico, non so ancora...



Rimase fermo, ad ascoltare quella voce cantare lontana.
A momenti scompariva del tutto, come fosse il vento a portarla e arrivava attraverso gli alberi, lungo la corrente del fiumiciattolo lì accanto, dall’alto, dal crinale che si levava imponente e ripido al suo fianco…da dovunque.
Sembrava non esserci modo di comprenderne l’origine.
Liam pensò che sarebbe stato abbastanza facile decidere quale strada prendere: bastava stabilire in quale intervallo di spazio non si davano testate, un po’ come prima, su quella roccia…e poi c’era la gattina con lui, Sìle, che di sapeva dove andare.
Se aveva capito almeno qualcosa di ciò che succedeva, lei era una parte di Sìle no?
La cercò con lo sguardo nello sporran, ma ricordò invece che dopo averla sentita soffiare alla Bean Nighe, l’aveva vista scivolare ancora fuori dalla sacca e prendere a camminare davanti a lui, come in avanscoperta…poi non l’aveva più vista.
Iniziò a temere d’averla persa, il che coincise con l’insorgere della sensazione di sconforto.
La voce aveva smesso di cantare, così ora non avrebbe nemmeno potuto intuire da che parte dirigersi, la gatta non c’era più…c’era il Ghilly Dhu, ma continuava a rintanarsi qua e là al solo vedersi guardare!
”Guarda che non mordo…” gli disse mentre si sedeva sul muretto a secco che delimitava la strada.
Come al solito funzionò la tattica dell’attesa silenziosa, anche se avrebbe aiutato molto una sigaretta, perché rimanendo lì, seduto e fermo, iniziò a rendersi conto della situazione e del suo mutamento.
Sembrò venire più luce da chissà dove, come se un pallido giorno si fosse levato attorno a lui che aveva di fronte solo quella foresta intricata e vecchissima che finiva per ostruire anche il passaggio della strada.
Era distratto dai suoi pensieri quando si accorse che stava guardando un punto imprecisato del sottobosco e lo notò perché la gattina si ripresentò.
Se ne stava seduta tra le felci, nascosta da un albero, lasciando spuntare solo un orecchio e un occhio.
Liam sorrise tra sé, saltò giù dal muretto e si incamminò in quella direzione.
Aveva abbandonato la strada e qualunque altro riferimento per orientarsi, e non se ne accorse, perché teneva solo a non perdere di vista la gatta.
Camminò a lungo, il bosco era fitto e buio e più andava avanti e più si infittiva, ma sembrava che al di fuori di esso ci fosse un sole splendente, la luce che filtrava dall’alto era intrisa del verde del fogliame lì sotto.
Non c’erano sentieri, non un segno di altri passaggi prima del suo, non c’era più nulla che gli dicesse che quella era la via da seguire, c’era solo il ruscello però, o almeno una sua diramazione, e l’acqua era una cosa da cui guardarsi, non doveva mai dimenticarselo.
Si fermò guardando la gatta…
”Dove stiamo andando?” le domandò, ma lei quella volta non si fermò, non lo guardò, non lo aspettò, era come sapesse con sicurezza qual’era la strada da fare, ma non volesse distrarsene, era un atteggiamento molto più umano che animale.
E lui, che fino a quel punto aveva affrontato la situazione con quel minimo di leggerezza che gli dava la coscienza di stare in fondo solo sognando, e per di più controllato dagli sguardi attenti ed esperti di Dorcas e Una, iniziò a provare tutt’altro tipo di stati d’animo.
Ad esempio, gli venne da chiedersi mentre seguiva la gattina, come diavolo avrebbe fatto ad uscire da lì?
Tutto quello che aveva intorno pareva virare su toni sempre più cupi e…beh forse non proprio minacciosi, ma c’era qualcosa di inquietante.
Gli sembrava di sentire sempre quel troppo silenzio, ma proprio per questo, per ogni passo che muoveva più in avanti, aveva la sensazione di stare attraversando un corridoio di occhi e voci che sussurravano tra loro o a lui, avvisandolo e invitandolo al contempo e facendo entrambe le cose con un tono ambiguo e poco interpretabile.
L’unico suo riferimento era la gattina che continuava a muoversi con una certa sicurezza.
La seguì attraverso la vegetazione fittissima che da un certo momento in poi gli parve diventare tanto antica da dubitare di poter aver mai visto alberi come quelli, infestati da insetti come quelli che vedeva aggirarsi sui loro fusti.
Il muschio creava uno strato spessissimo su tutto il sottobosco roccioso o sui tronchi caduti e tutto continuava ad essere di quel verde abbagliante, se pure quasi cupo nel colore.
La gattina si fermò quando si ritrovarono ai margini di una piccola radura, o meglio quella che era stata una piccola radura, e si mise seduta, ferma, tranquilla, senza alcuna apparente intenzione a spostarsi di lì.
Liam la guardò, poi sollevò lo sguardo sullo spiazzo verde.
Studiò la situazione per qualche momento, sondando con lo sguardo il terreno, gli alberi.
In alcuni punti c’erano le solite infiltrazione d’acqua, sorgenti che quasi affioravano al suolo, ma riuscivano soltanto a rendere molle il terreno e a ridurlo a palude in qualche zona più intrisa d’acqua.
La radura aveva il suo centro in una dozzina di grandi volumi ricoperti di muschio, ma era facile intuire che fosse un altro cerchio di pietre.
Altre due rocce, erano state sistemate in punti più esterni rispetto al cerchio: anche lì niente di nuovo, erano l’est e l’ovest, o qualunque altro punto cardinale vigesse in quella realtà.
Preso da un po’ di curiosità e abbastanza persuaso del fatto che se si era ritrovato lì, forse un motivo c’era, si decise a muovere qualche passo verso le rocce.
Scavalcò un grosso tronco, cercò di scegliere un percorso che gli consentisse di evitare l’acqua, riuscì ad accostarsi alla prima delle pietre senza neppure sporcarsi di fango.
Tentò di grattare via il muschio senza danneggiarlo, sollevandolo dalla superficie liscia del monolite in una piccola zolla intera, non era difficile, era morbido e…
”Blah…” mugugnò scoprendo una bella colonia di lombrichi, vermi e piccoli insettini pieni di zampe che brulicavano al di sotto della pianta ”e lo sapevo anche…” si rimproverò deponendo di nuovo la zolla al suo posto prima di ripulirsi le mani dal terriccio sottile e profumato.
Amava quell’odore quanto, di tante cose forse più schifose che esistevano al mondo, lo disgustavano i vermi.
Comunque scoprì che quelle erano le solite pietre blu di Stonehenge, solo più piccole.
Fece il giro intorno alla roccia e si ritrovò all’interno del cerchio.
All’interno, alcune delle pietre erano più pulite, lasciavano intravedere incisioni ondulate, circolari o puntiformi sul loro corpo e poi ce n’era una che aveva l’aspetto di un largo sedile e…infatti c’era qualcuno seduto sopra.
Liam non sobbalzò solo perché la paura glielo impediva.
Era un uomo con una fluente chioma, intrecciata attorno a ramificazioni come di corna e con tante foglie sia secche che verdi incastrate tra una ciocca e l’altra.
Se ne stava con le mani adagiate su due escrescenze della roccia che fungevano quasi da braccioli, abbandonandole verso il basso: sembravano forti, non si sarebbero dette vecchie anche se non si potevano definire nemmeno giovanili.
Era così immobile da sembrare una statua, il corpo coperto da una stola fatta di foglie e fili d’erba e strani filamenti rilucenti, come fili di ragnatela; pareva avere la pelle fatta della stessa pietra del cerchio, ma a ben guardare forse era solo il colore a ricordarla, come fosse ricoperto dell’estratto di guado, anche sui capelli, e per un attimo pensò anche che Dorcas sarebbe stata orgogliosa di sentirgli ricordare una sua lezione: ”Erba di guado, woad, la tintura blu indaco con cui i britanni si decoravano il corpo, ma io preferisco tingerci la lana cotta…”.
Già, ma rimaneva il fatto che ora aveva di fronte quell’essere che sì, sembrava una statua, ma stava levando con una lentezza esasperante gli occhi su di lui e poi lo fissava con un occhio cieco e uno no e se lo guardava bene somigliava tantissimo…proprio a lui…
”Ognuno ha il suo specchio…” disse una voce che suonò come fosse la sua, ma più profonda e roca, allora sì che sobbalzò.
Anzi, tentando di arretrare, inciampò anche su una radice e solo perché si ritrovò a sbattere contro un’altra delle pietre non si trovò col sedere nel fango.
La creatura ora pareva viva solo dalla vita in su, come se per il resto fosse parte integrante della roccia su cui sedeva.
Liam aveva il cuore in gola…guardava l’essere e d’improvviso rivisse la sensazione ci cecità dall’occhio destro, ma in un modo ancora differente: da quella parte, era come se guardasse sé stesso attraverso l’occhio della creatura che aveva di fronte.
Gli diede un senso di vertigine talmente intenso che una fitta dolorosa gli trapanò la fronte.
Fu così profondo quel dolore, che gli diede la nausea, e più ancora lo accentuava vedersi dall’esterno, in quel modo innaturale e inatteso, perché lo aveva vissuto solo qualche volta in sogno.
Si guardava barcollare, con la testa ripiegata contro il petto e le mani raccolte sulla fronte e anche se era certo, sapeva di avere gli occhi chiusi, continuava a vedersi.
“Hai paura…come tutti…” domandò l’uomo.
In quello stesso istante, tutto si interruppe, il dolore svanì e con esso la vertigine, rimase solo un vago sibilo nella sua testa.
Con il respiro affannoso, Liam si fece scivolare le mani sugli occhi e man mano le abbassò contro il petto.
“Cosa sei tu?” chiese guardando la sua stessa faccia, anche se nascosta da una folta barba ”perché sei…così?”
L’uomo chinò il capo verso una spalla, come si stesse ponendo lui stesso la domanda per la prima volta.
“Non lo sono per tutti…” disse.
Liam non domandò cosa intendesse a parole, ma quello parve afferrare lo stesso il senso di tutte le domande che si stava ponendo.
”Ognuno ha il suo specchio…” ripeté ”ha in me il riflesso di sé stesso, di ciò che è stato, ciò che è…” si interruppe, strizzò l’occhio “vivo” lasciando in vista solo l’orbita bianca come una perla ”ciò che sarà, anche se non sa in che modo vederlo…”
“Non mi stai rispondendo…”
“Tu, vuoi che io ti dica il mio nome allora…”

Per un attimo a Liam sembrò che l’uomo pronunciasse le sue stesse parole e di stare lui stesso pronunciando quelle dell’altro.
La creatura rise per un attimo.
”Crono…Giano…Dagda…quale ti piace di più?”
Liam a quel punto, non se lo aspettava, riuscì di nuovo a ridere…incredulo, frastornato, sperduto più di prima, riuscì a ridere.
”Mi stai dicendo che sei il tempo?Con la T maiuscola? Orologi, pendole e lancette, ticchettano allegri e felici per te? Meridiane, calendari…io sono di fronte all’unica cosa che credo sinceramente possa essere identificata con Dio , croce e delizia di tutta l’umanità dai suoi albori?”
L’altro tacque e Liam lo guardò bene, poi con un altro risolino lo indicò.
”E hai la mia faccia…” disse con un po’ di scetticismo.
”Per te sì…”
“Vale a dire che cambi aspetto a seconda di chi ti guarda e allora diventi lui?”
“Io sono l’unica cosa davvero comune a tutto e tutti eppure per tutto e tutti sono differente…”

Liam decise che poteva tornargli.
Ragionò sul fatto che ognuno viveva la vita a velocità diversa, aggredendola e brucia o temendola e sprecandola…o affrontandola un passo per volta, senza pensare al domani.
Alec diceva sempre che il tempo a terra era troppo lento.
Sìle, all’inizio, con lui, aveva paura di stare facendolo correre troppo…
Lui aveva avuto bisogno di fermarlo per un po’, ma ora l’aveva fatto ripartire.
”…e cosa significa la tua presenza qui?” gli chiese andando a sedersi su un vecchio tronco ricurvo, basso sul suolo e senza più foglie.
”Gli antichi Dèi non cadono mai, camminano in questo mondo potenti quanto lo erano al loro inizio…e io sono nato di sicuro prima di tutti…sempre che io sia mai nato. Se l’ho fatto è stato sempre un giorno prima…”
“Prima di quando?”
“Prima di sempre…”
“Mi gira la testa, non essere criptico…”
“Non sono criptico, sono così…”
“Mi somigli anche nel carattere eh?”
“In qualche modo sono te…”

Meglio non chiedersi se avesse mai incontrato Hitler, si disse Liam, ma poi tornò ad argomenti che lo interessavano di più.
”Vorrei solo capire perché sono arrivato qui dove sei tu…io non cercavo te…”
“Cercavi te…”
“Nemmeno, lo so dove sono e chi cercavo…”
“No, non lo sai, tu immagini di essere dove credi di dover essere”
“Va bene, diciamo che immagino di cercare Sìle, ti torna di più?”
“E’ più vero. Ma io posso aiutarti in questo, sono qui apposta…”
“Non confondermi le idee allora, ti prego…”

Anche perché era una continua sensazione di sdoppiamento: ogni tanto la creatura parlava all’unisono con lui, dicendo le stesse, identiche cose, le stesse parole, con lo stesso tono.
L’essere gli sorrise quasi con complicità accorgendosi del suo allarme.
”Lungo il cammino hai sempre avuto un fiume accanto…”
“Sì…”
”Un fiume fluisce in un unico senso…”
“Sì…”
“E tu come lo stavi percorrendo?”

Liam si fermò a pensare per un momento.
”Contro corrente…” rispose.
Il suo gemello gli sorrise quasi con soddisfazione.
”E dove arrivi così?”
“Alla sorgente…”
rispose di nuovo Liam, poi si guardò intorno ”…ma di quale fiume e dov’è la sorgente?”
Un cenno della creatura lo mise in attesa.
”Questo dove ti trovi, non è un posto tuo…è un luogo in cui sei stato invitato ad entrare e in cui devi seguire una via. Il fiume è la traccia che chi cerchi ha lasciato per te in questo mondo…”
Liam annuì silenzioso.
”Ma non posso proseguire lungo il fiume…e non sento neanche più quella voce che pensavo di dover ascoltare…” disse indicando la direzione in cui era, forse, al strada che stava percorrendo e che si era interrotta così di colpo, portandolo al cospetto di quell’entità che aveva preso le sue sembianze.
”A volte i fiumi scompaiono sottoterra, per poi ricomparire altrove…si dividono per poi riunirsi...altrove” gli suggerì indicando tra gli alberi”…uno stesso fiume può avere una parte sotterranea e una superficiale…”
Liam aguzzò un po’ le orecchie perché in quel momento gli parve di avvertire di nuovo il gorgogliare dell’acqua del ruscello, che fino a quel momento aveva prodotto solo un tenue rumore di fondo, quasi irriconoscibile o impercettibile.
L’aveva quasi scordato eppure aveva un impulso fortissimo di muoversi e di correre, affrettarsi a raggiungere qualcosa.
”Non vedo acqua…” mormorò cercando con lo sguardo, tentando di darsi un ordine logico prima di fare qualcosa.
”Non è sempre necessario vedere…”
Sì era vero glielo diceva tutto il suo corpo: non era la vista a guidarlo, era tutto, non ne aveva bisogno, poteva fidarsi di sé stesso…
Gli tornarono in mente alcune parole di Sìle: col tempo ho imparato a capire che in realtà funziona un po’ tutto come un enorme magnete...
E pensando a lei e al momento in cui gliele aveva dette, rivide loro due, sulla porta di casa sua, seminascosti dallo sguardo impiccione di Clara.
Ahi...temo che ti metterò nei guai se esco ora, gli aveva detto lei.
Allora non uscire... le aveva risposto lui.
E in una piccola tempesta di parole, tutte quelle che si erano detti, tutte quelle parole che gliel’avevano fatta esplorare, capire, conoscere, ne colse altre poche che lei aveva detto sempre quella volta:io penso che tu abbia trovato il tuo nord…
E lui era come l’ago di una bussola in quel momento, anche se non vedeva niente tranne alberi e foglie e ombre, sapeva quale direzione prendere d’improvviso.
Il suo nord era quello che doveva sbrigarsi a riportare indietro, non poteva lasciarselo sfuggire.
”Non avere fretta…” lo ammonì l’uomo vicino a lui ”non devi essere avventato, non puoi permettertelo qui: ricorda che qualunque passo muoverai d’ora in avanti, andrà a calpestare terra sempre più antica e in questo luogo, non è concluso il tuo cammino…” detto questo gli pose una mano sulla spalla, poi la seconda sull’altra e lo trasse a sé.
Liam non si era accorto che gli fosse così vicino da poterlo afferrare, eppure ora sentiva il suo respiro nell’orecchio.
Accennò una torsione del capo verso di lui, ma lui lo fermò con le dita, tenendolo per il collo.
”Vai ora: ricorda che questo è un mondo di capovolgimenti, il vostro inverno è la nostra estate e un attimo che trascorri qui, possono essere anni al di fuori, non devi attardarti più di così, ma non andare più in fretta, guarda e ascolta le voci della vecchia foresta…”
Ancora?
Questa vecchia foresta non si azzittava un momento!
Non espresse quel pensiero, ma Liam era sempre stato uno che i…come si diceva?Ah sì! I Memento Mori troppo reiterati, li tollerava male, gli sapevano di menagramo, ma certo non poteva girarsi verso… il tempo e dirgli di piantarla di fare lo iettatore.


Iniziavano ad essere molte ore ormai, Liam aveva chiuso gli occhi da molto tempo.
Il sergente Bagshaw passò per informare che l’autopsia a quanto pareva confermava che Gore era morto annegato.
Dorcas e Jane si misero sedute con lui e Charlie che aveva insistito perché il sergente comunicasse la cosa anche a Liam.
- Da quanto dice il medico legale, è possibile che abbia avuto un’ischemia miocardica dovuta ad una cardiopatia congenita. L’ischemia può causare insufficienza respiratoria e perdita di conoscenza…e…in quelle condizioni, se non si ha la prontezza o la forza di rialzarsi, è assai facile anche morire annegati in pochi centimetri d’acqua…- spiegò Bagshaw, ma non aveva finito – il problema è che in gola aveva una quantità di alghe che spiegherebbe molto meglio l’asfissia che potrebbe aver dato origine al problema cardiaco…e non c’è un motivo che mi venga in mente per cui un uomo debba farsi una tale scorpacciata di alghe e fango…-
Jane e Dorcas annuirono, ma poi quasi insieme si accorsero che il tono del sergente era quantomeno sospettoso e rivolto soprattutto a Charlie.
Anche lui se ne accorse e allora guardò Bagshaw.
- Tutto quello che sapevamo io e Liam glielo abbiamo detto…e Liam ne sa ancora meno di me, visto che era svenuto -
Bagshaw lo tranquillizzò subito.
- E in effetti quanto mi avete detto è confermato dal luogo del ritrovamento del corpo e dalla traccia che esso ha lasciato nell’erba. Dal fatto che sugli abiti di Gore sia stata ritrovata una quantità di elementi vegetali e animali che di certo in fondo ad un lago non vivono e non c’è da dimenticare che, stando all’esame autoptico, quell’uomo è morto all’incirca dieci minuti dopo la vostra chiamata ai soccorsi, quindi anche volendo, voi non eravate lì quando quelle alghe gli sono state ficcate in gola…-
Sospirò e scosse la testa.
- Non me le spiegherò mai queste cose…-
- Vuol dire che è già successo?- chiese Jane – che qualcuno morisse…così?-
Bagshaw annuì.
- Sissignora…almeno due volte che io sappia, l’ultima è stata un anno dopo che avevo preso servizio qui. C’era un tizio, un geologo, un tipo un po’ strambo che venne a fare ricerche qui in zona: secondo lui questi reflussi d’acqua, in una zona così piovosa come il Lake District, potrebbero anche essere dovuti a compressioni e decompressioni del terreno magari a causa di piccoli smottamenti, frane, che proprio in virtù di questi sfoghi che l’acqua trova attraverso la terra, non sono percettibili ad occhio nudo…ma non so, non ci capisco molto…e di certo non spiega le alghe -
Detto questo chiese di Liam.
- D’improvviso gli è venuto un febbrone da cavallo sergente, fors el’altra notte di acqua ne ha presa troppa e non credo sia il caso di svegliarlo…- gli disse Jane – ma gli dirò che è passato…-
Bagshaw la ringraziò, la tranquillizzò e poi aggiunse che, non che lo credesse necessario, ma era suo dovere raccomandarsi con Liam di tenersi a disposizione.
- Potrebbe esserci bisogno di qualche testimonianza, anche se non credo…parrebbe evidente la morte accidentale, a meno che qualcuno non scopra che c’è un serial killer in giro che si diverte e ingozzare la gente di insalate di lago-
Detto questo si preparò ad andarsene seguito da Charlie, che però si fermò sulla porta rivolgendosi a Jane e Dorcas.
- Ma dorme ancora?- domandò preoccupato.
- Ha avuto delle giornate pesanti, ma non stia a preoccuparsi signor Moore, davvero…- rispose Jane cercando di mostrarsi quanto più tranquilla poteva.
Charlie si allontanò chiedendo che gli venisse salutato dopo aver domandato anche di Sìle: lei preoccupava tutti un po’ di più.
- E’ assurdo che per un autopsia riescano a muovere mari e monti e per portare lei…-
- L’autopsia la fanno su persone già morte, Charlie, ma il medico dice che Sìle è meglio non muoverla fino a che la strada non è libera e percorribile senza problemi – gli disse Dorcas – in fondo sta solo dormendo…-
Charlie annuì, capì che non c’era spazio per recriminare in quel momento e salutò raggiungendo il sergente che lo aspettava fuori.
Dorcas affacciandosi vide lungo la strada Maggie Mill e Clara.
Sbuffando si rivolse a Jane.
- Impiccione…guardale là…- mugugnò – si sono sempre tenute lontane mille miglia da qui…-
Vedendo Jane, Clara diede uno strattone a Maggie per incoraggiarla ad andare un po’ oltre, fino addirittura al cancelletto d’ingresso del B&B.
- Cercano lei…io torno di sopra – annunciò allora Dorcas.
Jane le sorrise e andò incontro alla due donne.
Dorcas, una volta di sopra, si affacciò senza farsi vedere alla finestra della sua camera, per dare un’occhiata, ma poi si disinteressò: di sicuro Clara aveva trascinato Maggie a ingraziarsi un po’ la mancata potenziale suocera, magari in un’ultima, flebile speranza che mammina convincesse un certo bel ragazzone a rivedere qualche punto importante della sua esistenza.
Ma Liam era tutto di Sìle ormai, non ci sarebbero stati appelli materni che potessero tenere…altrimenti non si sarebbe infilato in quella situazione che…
- Ma quanto tempo è che…- si disse guardando con un po’ di allarme l’orologio a pendolo che ticchettava tranquillo appeso alla parete – troppo tempo…- bisbigliò tra sé uscendo dalla stanza e tornando dove Una, Morgan e Ceday stavano assistendo a quello strano sonno che aveva colto Liam quanto Sìle.
Che succede?, domandò a sé stessa, avvertendo una fortissima sensazione di ansia, dove sei ragazzo?, chiese invocando l’immagine di Liam nella propria mente.
Un attimo dopo, la voce di Ceday la chiamò e lei corse nell’altra stanza.
Trovò Una china su di lui, lo esaminava con accuratezza, adoperando le mani, passandole sul suo collo, sul suo petto e poi lungo le braccia fino ad arrivare ai polsi.
Teneva gli occhi chiusi.
- Si è allontanato vero? Non è più a portata della nostra voce…-
- Non lo è più da molto…- rispose Una – ma il suo cuore è forte e presente, solo più lento…strano…affascinante…-
- Perché?- domandò Ceday.
- Perché significa che ha preso un’altra via…una via che noi non possiamo seguire -
Ceday si portò le mani tra i capelli e scosse la testa.
- Io chiamo il medico…- disse con una certa risolutezza, ma Dorcas la fermò chiedendole di aspettare – aspettare cosa? Che ci muoiano sotto il naso? Forse tra noi possiamo spiegarcelo, ma a chi ci sta intorno?-
Dorcas guardò Una che pareva non sentire neppure.
Rifletté per qualche attimo e cercò Morgan con lo sguardo.
Ceday le disse che era da Lily.
- Era strana però…è solo seduta lì a guardarla, sembra non essere neppure presente. Ha detto che la bambina la incuriosisce, che vuole tenerla d’occhio…- spiegò.
Dorcas allora annuì e prendendo Ceday da una parte, le parlò a voce molto bassa.
- Aspettiamo ancora un po’…solo qualche ora, vediamo cosa succede –
- Io ne aspetto al massimo una di ora Dorcas, capisco tenere segrete certe faccende, ma rischiare la loro vita no, non me lo chiedere -
- Ma sì, hai ragione, ti sto solo chiedendo un po’ di tempo ancora...chissà che non riusciamo a fare qualcosa per loro …-
- Servirà anche il tuo aiuto ragazza…- disse Una unendosi d’improvviso alla conversazione.
- Il mio aiuto?- chiese Ceday sorpresa mentre Una si allontanava da Liam e si avviava verso la porta della camera e poi giù per le scale.
Da sotto il letto su cui stavano Liam e Sìle, sgusciarono fuori sei o sette gatti che si accodarono immediatamente dietro di lei.
- Servono tre streghe – dichiarò Dorcas cogliendo l’idea dell’altra donna – andiamo…-


Liam aveva ripreso a muoversi, a camminare attraverso il bosco.
”Devi decidere quale strada percorrere adesso, forse è già tracciata e devi solo trovarla, ma dovrai riconoscerla. Ci saranno dei segni, lungo quel cammino, che ti guideranno fino al cospetto di colei che porta i veri emblemi di potere qui. Non potrai sbagliare, anche se esistono molte vie, perché non sarai solo, ma potrebbe fare paura. Non cedere alla paura…”
Così lo aveva congedato il Tempo …Giano…Crono o Dagda o si chiamasse come voleva, e lui ora stava camminando in una bassa foresta di alberi tortuosi, solite betulle nane, carpini, sormontati da aceri e querce.
Certo si faceva presto a dire di non cedere alla paura, lui aveva tutta la vita…
”Al diavolo! Non c’è niente di sensato che si possa dire di lui!” borbottò tra sé Liam.
E poi aveva già paura, perché qualcosa era cambiato ancora.
Innanzitutto si era ritrovato vestito come ricordava d’essersi svegliato, quindi niente più kilt, niente più sporran, niente più “Guida per perfetti idioti sperduti nel paese delle meraviglie” scritta da Paulie, e la gattina era sparita, non si era nascosta, non si era allontanata…era solo scomparsa.
Non aveva più i riferimenti che aveva seguito fino a quel momento, era davvero solo e, si sperava, sufficiente a sé stesso.
E ora, mentre avanzava, di quando in quando scorgeva nella foresta delle sagome che nulla avevano a che vedere con le piccole creature del mondo che andava attraversando.
Ricordò un libro che aveva letto qualche anno prima, durante un lungo viaggio attraverso la Turchia, letto per non annoiarsi più che altro, visto che il genere fantasy non lo appassionava molto(e chi l’avrebbe mai detto?).
Era ambientato nell’Herefordshire negli anni ’40.
Un uomo ritornato dalla guerra, ritrovava la vecchia casa di famiglia lasciata a sé stessa, il fratello divenuto una specie di selvaggio perché preda, al pari del padre già a suo tempo impazzito nella sua ricerca, di un’ossessione per il bosco circostante l’edificio.
Un bosco rimasto circa inviolato dai tempi delle glaciazioni, in apparenza esteso di pochi chilometri, ma all’interno interminabile e sempre più profondo e antico, popolato di una sorta di fantasmi, apparizioni che avevano la loro origine nella coscienza ancestrale dell’imaginifico umano…era tanto diverso quello che gli stava capitando?
Avrebbe potuto imbattersi anche lui in una bellissima ragazza dai capelli rossi o in un’inquietante figura col viso coperto da una testa di cinghiale.
Invece no…
C’erano senz’altro delle figure che si aggiravano nel folto della foresta, ma nessuna si avvicinava, era come…con un sorriso Liam pensò che si sentiva come quando era bambino e sognava di essere un qualche personaggio mitico la cui storia appena sentita, gli aveva stimolato la fantasia.
Aggirarsi per sentieri oscuri, con uno scopo preciso e solo la determinazione di raggiungerlo a tenerti ben saldo sulle gambe…e se incontri Merlino o Re Artù non è neanche così strano, siete quasi colleghi, si disse.
Perché non si sentiva più sperduto.
Sentiva una cosa strana dentro, come la certezza d’esserne parte di quel mondo a quel punto, anche se a tempo molto, molto determinato, anche questo avvertiva.
Attraversava un sentiero costruito apposta per lui che a breve si sarebbe riconfuso con quella foresta interminabile, che ormai non aveva più quell’aspetto così immobile e scenografico, adesso era foresta vera, profonda, reale.
Adesso gli si mostrava davvero.
C’erano alberi dal tronco mobile, ma poi a ben guardare, erano creature che per nascondersi prendevano quella stessa forma e posizione, perfino il colore della loro pelle era lo stesso della corteccia e avevano corna e rami tra i capelli che le rendevano un misto di…
“Caspita! Un classico caso di antropomorfismo ovino-ungulato arborescente…sì, e perdindirina dove l’hai lasciato?” si suggerì spaventandosi di essere capace di dire simili sconcezze.
Però mentre rifletteva su questo, si accorse di qualcosa che gli colpiva lo sguardo e l’attenzione.
Su una pietra, un grosso macigno basaltico, vide incise delle parole.


”Peerie gadgie’s growen, nou’s a braw knicht recitavano L’ometto è cresciuto e ora è uno splendido cavaliere…


Quella cosa che gli diceva sempre la bisnonna, quando lui si lamentava d’essere piccolo, che un giorno, peerie gadgie, il suo piccolo uomo, sarebbe diventato un cavaliere…
La strada quindi si biforcava.
Da una parte era più larga, ma tornava a dare quella sensazione di immobilità teatrale…certo sembrava più comoda, ma a pelle non gli piacque più del sentiero che, dall’altro lato, si incuneava tra la roccia dell’incisione e un muro a secco, in un corridoio stretto e sormontato ancora da alberi, scendeva giù sul fianco d’un crinale di cui non si intuiva l’esistenza.
Era scura e tortuosa quella via, ma era viva, pareva di sentire un suo respiro attraversala.
Liam non sapeva che altrove, nel posto in cui era addormentato al fianco di Sìle, Jane rientrando in casa aveva visto tre streghe dall’aria furtiva infilarsi nel bosco e lì sparire seguite da mezza dozzina di gatti.
- Dove sono andate?- chiese Jane a Morgan trovandosi sola con lei in casa.
- In un posto più adatto…- rispose quella.
Prime parole che si rivolgevano tra consuocere al di fuori delle presentazioni.
- Adatto a cosa?-
- A cambiarsi d’abito diciamo…io non sono in grado, per questo c’è andata la strega giovane- disse Morgan parlando di Ceday.
Liam stava iniziando a percepire quel cambiamento d’abito.
Dorcas e Una sapevano, come spiegarono anche a Ceday, che la loro essenza più legata alla natura, quella che testimoniava il loro legame con il mondo naturale, aveva più facilità a penetrare nell’universo che Liam stava percorrendo.
Quando arrivarono al cottage nel bosco, Una e Dorcas raccolsero una ciotola di legno scuro, un sacchettino di stoffa e l’occorrente per accendere un fuoco, poi si diressero più a fondo nel bosco, fino ad arrivare ad una radura nei pressi di una piccola sorgente al centro della quale crescevano cinque alberi.
Era una radura appena rilevata che recava una sorta di tracciato circolare di non più di sei metri di diametro attorno al gruppo di piante.
Il fuoco tra i cinque vecchi alberi, il più grande e centrale dei quali era un ontano, fu difficile da accendere, ma alla fine prese e sottolineò dolcemente le ombre lunghe dei tronchi che andavano a lambire la linea del doppio solco nel terreno: il resto del bosco non aveva invaso neanche un millimetro di quella circonferenza, come non osasse mettere radici lì per non cancellare quella sagoma perfetta.
Ceday riempì la ciotola d’acqua mentre Una poneva, basandosi ormai sulle stelle, due grossi sassi che solo per miracolo non si tirò sui piedi, uno in corrispondenza del nord e uno in corrispondenza del sud.
- Ora siediti ragazza…devi fare una cosa che non credo tu abbia mai fatto, ma so che riuscirai: è la tua natura - ordinò a Ceday dopo averlo fatto – devi aiutarci ad aprire un’altra porta…- aggiunse guardando verso il grande ontano e indicandolo con fare significativo.
- E cioè?- chiese Ceday obbedendo, raccogliendosi la gonna attorno alle gambe e sistemandosi sull’erba.
- E cioè devi radicarti, ragazza…- rispose Una porgendo a lei pre prima la ciotola mentre Dorcas si avvicinava e prendeva da terra la ciotola, portandola con prudenza verso Ceday - sentire il tocco dell’aria su di te e vedere il fuoco…lasciar scorrere l’acqua in te, divenire parte della terra – mormorò Una posizionandosi dietro la ragazza e prendendo a passarle le mani tra i capelli.
Ceday sentì un rilassamento immediato dovuto alla voce di Una che le sussurrava tante altre parole e alle sue mani che la accarezzavano.
Dorcas le avvicinò porse la ciotola a Una, frugò nel sacchettino di stoffa, ne estrasse una polvere sottilissima e profumata.
Noce moscata e cannella e…
- Apri la bocca…- ordinò Dorcas mentre Ceday cercava di individuare l’odore.
Dischiuse le labbra, la ragazza sentì la polvere depositarsi sulla lingua.
- Bevi…premi la lingua sul palato e lascia che la polvere defluisca piano nella tua bocca – le disse Una mentre Dorcas prendeva la ciotola e la avvicinava alla bocca di Ceday.
Lei poco dopo si trovò con gli occhi fissi nelle fiamme, una percezione di tutto molto più acuta, sembrava l’effetto di droghe assai più potenti che semplici spezie.
Il vento pareva filtrare sotto gli abiti e avviluppare in una carezza vellutata la pelle del corpo, il fuoco sembrava assumere forme e fisionomie umane, l’acqua che le aveva raffreddato l’esofago e poi lo stomaco, le dava una sensazione di frescura che le correva nelle vene e, posando le dita al suolo, lo sentiva così morbido, cedevole e avvolgente, che era quasi irresistibile la tentazione di lasciarsene inghiottire.
Non aveva nulla di minaccioso in quel momento.
Intorno a lei, Una e Dorcas fecero lo stesso, ma per Ceday, provare quella sensazione primordiale, che partiva dal centro del corpo e le si diffondeva in ogni cellula con la dolcezza di una nuova linfa vitale, era del tutto nuova:a lei nessuno aveva insegnato niente del genere, troppa new age nella testa di sua madre e la strega vera in famiglia era la zia paterna, che lei non aveva mai conosciuto.
Iniziò a provare una sensazione di leggerezza che non si aspettava, ma se ne lasciò trascinare senza opporre la minima resistenza.
La porta che si aprì ai suoi occhi, aiutati da quello stato di grazia, era proprio sotto le radici del grande ontano.


L’ultimo attimo di esitazione a quel bivio, Liam lo dissipò grazie ad un movimento improvviso, che non aveva previsto nel modo più assoluto: in mezzo al sentiero, tra la roccia e il muro, sull’erba umida, c’era un piccolo scoiattolo che lo fissava, seduto sulle zampette posteriori.
”Dorcas…” bisbigliò e in quello stesso istante, l’animaletto sparì più avanti.
Non sapeva se fosse lei davvero, ma il pensiero lo confortava un po’.
Intraprese il percorso che disegnava quel budello bagnaticcio e buio…sulla roccia c’erano salnitro, muschio, ragnetele e sentieri di lumaca che rilucevano appena.
E continuavano ad esserci insetti e bruchi e vermi…una quantità di minuscoli funghetti che crescevano a mazzolini tra le fessure della roccia.
Faceva freddo ora.
Si strinse nelle spalle, affondò le mani in tasca dei jeans e avanzò.
Un altro bivio gli si presentò davanti, due viottoli che si diramavano, uno di nuovo verso l’alto, l’altro verso il basso e di nuovo un’incisione su una pietra.
Stavolta era una scritta fatta di caratteri runici che componevano parole di antico inglese e benché non avesse idea del loro suono, per qualche motivo gli risultarono chiarissimi nel loro significato.


Guarda, ascolta, vai in profondità.


Quindi, si disse, niente di nuovo salvo un invito a scendere forse…risalendo si tornava solo indietro in qualche modo.
E poi aveva sempre quella sensazione di respiro vitale che veniva da un’unica, precisa direzione…
Proseguì, anche se il sentiero diveniva sempre più stretto e impervio, non si fermava.
Ad un certo punto dovette risalire un po’, come avesse attraversato una piccola valle e lì il viottolo diveniva davvero stretto, non più di una spaccatura con la sezione di un imbuto, scavata nella roccia, che gli lasciava spazio per porre un piede esattamente davanti all’altro e puntellarsi con le mani ai lati del corpo lì dove era un po’ più larga.
Alla fine però il viottolo, divenne una specie di scala scavata nella roccia, anche se non più larga di quanto fosse fino a poco prima, e salendo la scala, Liam sbucò in un altro spiazzo circolare.
Era un posto strano…più strano degli altri, non meno minaccioso, ma almeno lì c’era spazio per respirare.
Innanzitutto era tornata la luce del crepuscolo, anche se Liam non avrebbe saputo dire da quanto tempo stesse camminando, il bosco quindi era nero e incombente.
Lo slargo era illuminato da due candele, che erano null’altro che i margini di un enorme cappello a forma mezza luna, trattenuto da un soggolo sul capo di una figurina piccola e nanesca che fluttuava su un specchio d’acqua.
Aveva gli occhi fissi innanzi a sé, completamente privi di pupilla, del tutto bianchi.
In mano, mani che non riuscivano a spuntare da sotto le maniche lunghe e di stoffa preziosa come tutto il suo abito, tratteneva un piccolo scrigno che conteneva una stella.
Non era un gioiello, né una pietra, era una vera e propria sfera di luce azzurro- violacea, ma grande come il palmo della mano di Liam.
Oltre alle due candele, illuminavano la radura dei fuochi che ardevano al di sopra di ceppi di pietra, cavi sulla sommità e incisi lungo tutto il fusto.
Erano quattro e nell’intervallo tra ogni due, erano sedute tre figure femminili.
All’estrema sinistra una donna dai lunghi capelli castani e mossi, che ricadevano lungo la schiena, trattenuti attorno al capo da un diadema di sottilissimo argento e granati.
Aveva la testa voltata all’indietro, non la si poteva vedere in faccia e in una mano tratteneva un lungo torciglione di corno, tenuto come uno scettro; nell’altra un pendente composto da una goccia di adularia, una perla e una goccia simile alla prima di labradorite appese ad una spirale di tessuto color bronzo e argentato.
Al centro, la seconda tratteneva in mano una maschera che aveva al centro della fronte una vera e propria fiamma guizzante, e così celava il viso, con quella maschera rosso sangue coronata da una grande e vaporosa chioma di riccioli nero corvino intrecciati con foglie e fiori bianchi e perle.
Degli occhi verdi e luminosi scrutavano attraverso le orbite.
Infine veniva la terza dama.
Al contrario delle altre due, che indossavano rispettivamente abiti di un luminoso grigio argentato bordato di bronzo e un rosso cremisi che virava in viola, era vestita di nero.
Un nero lucido, rilucente, guizzante sotto ogni stilla di luce che catturava.
Portava un copricapo grigio, con filamenti argentati, che ricordava nella forma una composizione di foglie molto appuntite e affusolate, posato a tenere fermo un ampio e leggerissimo velo biancastro che le celava il viso fino a sotto gli occhi che guardavano in basso.
In mano teneva una melagrana e alle sue spalle, appollaiato sul trono di pietra su cui lei sedeva, stava un grosso gufo, dagli occhi grandi e luminosi e il petto ampio e folto di piume.
Erano figure diverse da quelle che aveva incrociato fino a quel momento, queste sembravano uscite da quadri rinascimentali.
Liam rimase immobile per qualche istante, eppure sembrava che le tre donne aspettassero proprio lui.
Mosse un passo avanti, cauto e prudente, non conoscendo nessuna delle tre signore, chi poteva dire che non fossero pericolose?
Dopotutto, una delle ultime cose che aveva scoperto riguardo alle creature di quel mondo dalle ricerche che si era messo a fare, era che tutte, nessuna esclusa, avevano la capacità di cambiare forma a loro piacimento e soprattutto aveva avuto più volte la conferma che nessuna era del tutto innocua.
Il problema però era uno ed era bello grosso…e cioè che nessuna via d’uscita pareva esistere da quel luogo e ora che aveva superato il passaggio nella roccia, girandosi, si accorse che si era richiuso alle sue spalle.
La sensazione d’essere prigioniero, fu quasi peggiore di quella d’essersi perso, ma era tanto profonda da rendergli impossibile una reazione diversa dallo stupore.
E poi anche avesse voluto reagire, che poteva fare? Prendere a testate la parete di roccia?
Le tre donne restavano ferme, con gli occhi fissi sulla sorgente d’acqua sopra cui galleggiava la figuretta dal bizzarro cappello ed erano della stessa immobilità innaturale dell’uomo, del Tempo.
Liam restava con la schiena appoggiata al costone roccioso guardandole.
Attorno a lui, le fiamme scoppiettavano sui bracieri e la sorgente d’acqua, a volte veniva mossa da un gocciolamento irregolare.
Il resto era silenzioso e fermo, ma quando decise di muoversi, le tre figure sui troni di pietra si mossero nello stesso momento: la prima, quella con lo scettro di corno, volse il capo a guardarlo con un movimento improvviso, ma non scattoso.
La seconda, quella con la maschera, la abbassò lasciando spuntare uno dei suoi splendidi occhi illuminato da quella fiamma che ardeva senza bruciarla.
La terza, sollevò lo sguardo su di lui e con esso il viso.
Non proferirono verbo, produssero solo il classico fruscio denso di stoffa preziosa, niente di diverso da quello che ci si sarebbe aspettato dai loro abiti.
Liam si bloccò come fosse entrato senza invito in un posto in cui non credeva di dover entrare e sapeva di non potere.
”Chiedo scusa…” disse “…non volevo disturbare, ma non credo di poter uscire da dove…”
La donna con la maschera aveva sollevato una mano in segno di ammonimento.
”Uscire?” chiese quella con l’abito nero in tono suadente.
”E perché?” soggiunse quella con lo scettro, sussurrante e maliziosa.
Liam non la prese per una domanda provocatoria.
”Beh io…”
”Non c’è altro posto al mondo in cui vorresti essere…” sussurrò la donna con la maschera scoprendo un viso stupendo e protendendosi languidamente verso di lui col busto e con una mano ”vieni…” gli disse invitandolo.
Liam tentò di opporsi a quello che già sentiva come un ordine insindacabile…si aggrappò ad un ramo che pendeva dall’alto e lo strinse forte, ma gli sembrava di non averlo nemmeno toccato.
”Io…” disse scuotendo la testa prima di parlare.
”Avvicinati…” sussurrò la donna vestita di nero, allungandogli incontro la melagrana rotta e piena di semi di cui sembrava di sentire già il profumo da lontano.
Un nuovo impulso di ribellione gli fece distogliere lo sguardo e la sua mente gli ripropose l’immagine delle tre donne come tre statue immobili e in prossimità di esse…ancora lo scoiattolo.
Lo scoiattolo non c’è se apro gli occhi, si suggerì aprendoli, e infatti non c’era traccia dell’animaletto, ma ora c’erano di nuovo le tre donne che lo richiamavano e lui aveva già mosso i suoi primi passi verso di loro.
”Abbandonati…” gli disse la donna con lo scettro lasciandogli pendere il ciondolo sul petto, insieme ai suoi capelli morbidissimi e profumati.
Non aveva calore corporeo, era come un abbraccio fatto di vento quello in cui lo avvolgeva.
Liam si sentì mancare le gambe per quanto era morbido e invitante quel richiamo e quella donna era di una bellezza stravolgente…tutte e tre, ora che le guardava, erano stupende.
”No…” rispose liberandosi quasi a fatica e controvoglia da quel contatto, infatti poi si sorprese a lasciarsi trattenere la mano da lei.
”Non sei stanco?”
“Quanto ancora vuoi andare avanti?”
“Non troverai ciò che cerchi…”
“Nessuno qui…”
“Trova niente…”
“Qui ci si perde soltanto…”

Continuavano a parlare una dopo l’altra, con voci simili, ma differenti, lo confondevano, lo ipnotizzavano quasi e lui stava per abbandonarsi davvero, aveva il corpo pervaso di una sensazione splendida e voluttuosa in cui si stava perdendo, ma c’era qualcosa che non andava, qualcosa che mancava.
Richiuse gli occhi, stringendoli per concentrarsi meglio e riuscì a vedere: il gufo, lo scoiattolo e ora altri due animali che si aggiravano intorno alle tre figure statuarie, un falco e una lontra, non c’erano se apriva gli occhi.
Le Sirene! Sono come le Sirene di Ulisse…ricorda cosa succedeva a chi le ascoltava, gli suggerì la memoria, non è reale quello che vedi e senti, non è vero…gli animali. Gli animali non tradiscono mai, lo sai che è così, che puoi fidarti di loro, l’hai imparato così bene. Loro sono reali…loro...lo scoiattolo…Dorcas è lo scoiattolo….
Riaprendo gli occhi si accorse che già quella sensazione fisica così intensa, era meno preponderante e ora poteva vedere il piccolo roditore dove lo vedeva nella sua mente, allora richiuse gli occhi.
Il falco…il falco…l’automobile, il viaggio da Glasgow…gli occhi di Ceday, gialli come quelli di un rapace: Ceday è il falco!
E ancora un po’ quella sensazione e il potere che le tre figure esercitavano su di lui, andava scemando mentre ecco che il falco era comparso, stava appollaiato su uno spesso ramo, con gli occhi luminosi fissi su di lui.
Restava la lontra.
Una piccola lontra eurasiatica, di quelle comuni in Scozia.
La lontra…chi è la lontra? Chi può essere? si domandava Liam.
Se prima era frenetico quel suo domandarsi con chi identificare ciascuno dei tre animali, ora iniziava a diventare più curioso, man mano che si concentrava sul quel pensiero, le tre donne sembravano diventare più simili a come le aveva viste appena arrivato lì.
Si liberò con più decisione dalle mani della donna col ciondolo e lei oppose meno resistenza, fu come se lei si arrendesse alla sua volontà.
Lui si girò a guardarla per un momento, come dovesse scoraggiare un’avance perché aveva qualcosa di più interessante da fare, ma volesse scusarsi in qualche modo.
Sì fermò neanche un passo più avanti e si mise a riflettere; nelle orecchie aveva solo flebili e insinuanti sussurri che avevano la voce delle tre dame, ma ciò non lo distolse dal pensare che se aveva ragione e Dorcas e Ceday, in qualche modo, si erano materializzate alla sua vista, era piuttosto logico pensare che anche la piccola lontra fosse qualcuno che gli era vicino in quel momento.
Riaprendo gli occhi, resistendo alla tentazione, del tutto innaturale, lo sapeva da sé, ma prepotente e ancora intensa, di vedere muoversi incontro a lui quelle tre donne, contemplò l’animaletto che si nascondeva dietro uno dei troni di roccia.
Si chinò e lo osservò per un attimo.
Rimanevano Una e Morgan, “la bianca onda” e “colei che è nata dal mare”, così gliele aveva descritte Dorcas, due streghe con un fortissimo legame con l’acqua.
Non era insensato credere che la lontra potesse essere una delle due, ma per quel poco che aveva visto e compreso, ognuna di loro, ognuna delle streghe che aveva conosciuto, aveva un legame col mondo naturale che si manifestava nel loro carattere.
Sìle possedeva quella dolcezza sensuale che la faceva assomigliare ai gatti, e forse anche all’acqua, in questo assomigliava alla madre e alla nonna, si spinse ad ipotizzare.
Ceday era decisa e mordace, ma anche altruista e amorevole, e questo era il bello dei rapaci.
Dorcas aveva davvero tutto degli scoiattoli, eccetto forse la prudenza…per il resto le mancavano solo i denti da roditore.
Allora Morgan, non poteva essere una lontra dentro.
Troppo giocosa e anarcoide, la bestiola…
”Strega nonna…” sussurrò allora richiudendo gli occhi e vedendo aggiungersi allo scenario anche lei.
In quello stesso istante, tutto tornò com’era, come se quegli ultimi minuti non fossero mai trascorsi.
Si decise a riaprire gli occhi fidandosi di quella sensazione e scoprì d'avere ragione: le tre dame erano intente a fissarlo, tutto era silenzio, i tre animali parevano vegliare su di lui come balie ansiose.
Il gufo produsse un moto di disordine in quell’immobilità, perché sventolò le ali come spazientito.
La dama in nero lo rabbonì con uno shh appena percettibile a cui l’uccello rispose con un verso stridulo.
”Non avere paura…” disse la donna con la maschera rompendo il silenzio “…è quella che ti fa vedere certe cose” gli disse.
"Ma tu sai affrontarla" aggiunse la donna in nero, rassicurante.
Liam inspirò profondamente e trattenendo il fiato per qualche secondo, si guardò intorno.
”Si è aperto un varco…” spiegò la donna del ciondolo, quindi rivolse lo sguardo verso quella in nero, come passandole la parola, che quella infatti colse.
”Non possono esserci due porte aperte su questo mondo…” E di nuovo iniziarono a parlare come facendo rimbalzare parole una sulla bocca dell’altra...
”Le streghe sono entrate…”
“La lama si è spezzata…”
“La tua porta è stata chiusa”
gli dissero sempre con quei loro sussurri lontani.
Liam si voltò di spalle e poi guardò le donne.
”Significa che non posso più andarmene?”
La donna con la maschera sorrise, ma da dietro il suo viso artificiale, fu solo un ansito tranquillo a tradirla.
”Devi raggiungere il fondo e poi risalire” spiegò la donna in nero.
”Attraversare gli antri più bui e poi tornare alla luce…” aggiunse quella col ciondolo.
Liam si portò le mani sopra la testa, si strofinò il viso come per svegliarsi e quindi guardò verso la donna con la maschera.
”Io devo trovare qualcuno, qualcuno che deve tornare indietro con me…” spiegò, pur immaginando che con buona probabilità a quelle tre, che quasi di certo erano a conoscenza di quel fatto, non importava niente ”mi è stato detto di raggiungere colei che detiene veri simboli di potere e…devo trovare Sìle maledizione…” si arrese infine, cedendo ad un attimo di scoramento.
Le tre donne lo guardarono in silenzio, poi di nuovo una di loro, la dama nera, parlò.
”Sei arrivato dove dovevi e troverai ciò che cerchi” gli disse riaccendendo un filo di speranza che provvide a spezzare in un istante con la frase successiva”se saprai dire quale di noi detiene simboli di potere…”

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 - Wake up (Oedipus or Morpheus?) ***


Capitolo 22 –

Chiedo scusa per questo altro mese di attesa, ma la parte che stavo scrivendo era complicata.
Spero che ne sia valsa la pena :)



Liam rimase a bocca aperta per un tempo che, per quanto lo riguardava, poteva variare da mezzo millesimo di secondo e svariati anni della sua esistenza.
Identificare simboli di potere, come diavolo si faceva?
E a quel punto si trovò costretto ad una ulteriore ed accurata analisi di sé.
In tutta onestà, non poteva, non riusciva ad accusarsi di superficialità.
Aveva un forte contatto con la realtà, non gli piaceva distaccarsi dal concreto, ma al contempo non aveva dimenticato che esistevano cose al mondo che potessero affascinare e far sognare.
E cosa lo faceva sognare ancora?
Tante cose…
Ogni volta che si trovava di fronte a spettacoli naturali, umani e non.
Lo colpivano i comportamenti di un animale come lo colpivano le tantissime spiegazioni, più o meno primitive e ingenue, che si davano gli uomini per certe cose.
Non era un insicuro in generale, ma non aveva la presunzione di avere risposte certe ed assolute…così amava ascoltare, riflettere, rimuginare sulle tante cose che si potevano scoprire approfittando della fortuna di un lavoro che costringeva a viaggiare.
Sapeva da sé di non essere un uomo di cultura nel senso stretto del termine, ma aveva imparato anche che spesso, il vero sapere, veniva dalla curiosità, dalla voglia di scoprire…e se non avesse avuto voglia di scoprire…che diavolo ci faceva in quella situazione assurda?
Fin dall’inizio, dal momento in cui ci si era ritrovato: c’era stato tirato dentro era vero, ma lui non aveva certo premuto per uscire.
E di cose ne aveva scoperte e imparate tante…a quella risposta doveva averla qualche arma per arrivarci.
”Simboli di potere…”ripeté annuendo un attimo dopo la conferma che gli venne dalla fissità marmorea dei volti delle tre donne ”d’accordo…” sospirò.
”Non puoi sbagliare…” lo ammonì quella con lo scettro di corno.
Liam non reagì se non mettendosi seduto per terra, con le mani incrociate davanti alle ginocchia e lo sguardo che vagava di continuo sulle tre figure.
Iniziò a pensare.
Simboli...ogni cosa poteva essere un simbolo.
Decise di analizzare ognuna delle tre donne.
La maschera di fuoco…senza fuoco non si può vivere. E il fuoco può anche uccidere...quante cose si associano al fuoco? Passione, distruzione, ispirazione….è lei, è facile, pensò, ma al momento di rispondere si immobilizzò.
Osservò le altre due donne e analizzò di nuovo le loro figure perché c’erano tante, troppe cose che gli frullavano in mente.
La dama in nero ad esempio.
Escludendo le migliaia di dame nere, e quindi messaggere di morte, prese da secolare infestazione di questo o quel cumulo di ruderi contro cui si sbatteva il naso qua e là per il Regno Unito, quello che lo portò a dirigere su di lei l’attenzione fu il frutto che teneva in mano.
Il melograno.
Ricordò due cose: la spiegazione che gli aveva dato un religioso italiano a Gerusalemme, in una certa occasione in cui lui si era trovato a potersi concedere qualche giorno per visitare la città insieme ad un amico studioso di teologia, e un collegamento che aveva fatto in seguito al riguardo, dopo una scoperta fatta in India.
La spiegazione di Padre Lorenzi era stata questa:
- Il melograno è un frutto dal forte peso simbolico, Signor Kerr. E’ di solito ritenuto simbolo di fertilità, rinnovamento, rinascita. Nelle tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo e Cristianesimo nella loro parte comune, e Islam, lo considerano rispettivamente l’albero del Frutto Proibito nell’Eden e l'albero del Paradiso; non solo: il Corano lo annovera tra le cose buone fatte da Dio. L’Ebraismo poi lo tiene in enorme considerazione. Lo ritengono simbolo di onestà e rettezza, poiché si credeva avesse 613 semi al suo interno, come 613 sono le prescrizioni della Torah, divise in leggi e divieti, i dettami per una vita di rettitudine. Sempre nella Torah, che vene conservata in gusci d’argento a forma di melograno, sono descritti in forma di questo frutto i capitelli del Tempio di Salomone qui a Gerusalemme e sacerdoti ebrei e cristiani, indossano paramenti decorati da melograni disegnati. E cosa dire dei legami di Cibele o di Ishtar, con quel frutto, o di Era e Persefone. Quando Ade, fu costretto a restituire Persefone a sua madre, Demetra, le diede da mangiare chicchi di melograno per assicurarsi il suo ritorno nel Regno dei Morti, come sua sposa. E che dire del fatto che abbia significati analoghi in tutto il territorio di Armenia ed Azerbaijan…-
Qualche anno dopo, in India, aveva scoperto qualcosa riguardo il dio Indù Ganesha.
Il dio Elefante, il signore del buon auspicio, colui che incarna gli equilibri, tra uomo e donna, tra bellezza e potenza, tra forza e dolcezza, anche associato a istinto di conservazione e procreazione, veniva chiamato in un modo quasi irripetibile che però significava Colui che gradisce il frutto dai molti semi, ovvero il melograno.
E poi il melograno, questo lo sentiva dire spesso, simboleggiava il sangue, sangue vitale e vivente.
E tuttavia, sempre la dama in nero, già nefasta per suo conto, aveva dietro le spalle quel grosso gufo…un messaggero di morte quasi per qualunque fantasia umana.
E la terza.
Le non era certo da meno delle altre, come carico di simboli.
Del pendente che teneva in mano, Liam sapeva che quelle tre pietre, la perla, l’adularia e la labradorite, avevano significati diversi a seconda dei posti in cui se ne parlava, ma tutti legati alla vita sensoriale.
Desiderio, sesso, amore fisico, fantasie, fertilità.
E il torciglione era un lungo corno appuntito…come quello degli unicorni, che nelle leggende si voleva essere curativo contro i veleni.
La dame à la Licorne, il ciclo di cinque arazzi allegorici del Musée de Cluny a Parigi, e dei cinque, quello che veniva comunemente intitolato “A mon seul desire” ovvero ”Per mio solo desiderio”.
Ancora desiderio.
E l’unicorno che si lascia sedurre dalla fanciulla…l’unicorno di quel racconto che piaceva tanto a una certa ragazza che conosceva, che da innamorato della fanciulla di cui visitava i sogni fin da bambina, diveniva amante violento e furibondo di gelosia quando lei si concedeva ad un uomo, tanto colmo d’ira da fuoriuscire dall’arazzo e riversare su di lei la sua furia…
…e sono tre…come le Parche… pensò.
Rifletteva così intensamente che alla fine, aveva iniziato a sentirsi intorpidito, insonnolito quasi.
Aveva la sensazione di non stare ragionando in maniera del tutto lucida e attribuiva la cosa allo strano stato in cui si trovava e pensare che, tanto per cambiare, una certa riflessione di Paulie forse era vera.
”Le fate ti nascondono ciò che vuoi per mostrarti ciò di cui hai bisogno”
Sentiva di stare rivangando ricordi e conoscenze che in condizioni normali non avrebbe mai annoverato tra le sue nozioni, pensò che forse non c’entrava niente quello a cui pensava, se non nei limiti di una frase sentita e risentita, mille e mille volte: in ogni leggenda c’è un fondo di verità.
E se tutte quelle leggende, perché in fondo questo erano, andavano così d’accordo, forse un fondo di verità c’era davvero.
L’unica cosa che gli sfuggiva in quel momento, era che ad aiutarlo nell’indirizzare pensieri e attenzione, c’erano anche tre streghe che in quello stesso istante, nella loro vita umana, sedevano intorno ad un fuoco, sotto un gruppetto di alberi in mezzo alla foresta, le mani ben piantate a contatto col terreno umido e odoroso.


Non c’era nessuno intorno a loro, ma se ci fosse stato, forse avrebbe potuto accorgersi che bisbigliavano parole a fior di labbra, senza la cognizione di starlo facendo all’unisono una con l’altra, come una specie di sconnessa giagulatoria.
- Sotto il frassino Parca fila, Stame di vita; Nona-Destino tesse; Decima, Inevitabile, stronca la vita -


e poi le Moire, sì le tre Moire e quel nome stranissimo…l’Yggdrasil, l’albero della mitologia scandinava. Anche lì sotto c’erano tre vecchie donne intente a tessere l’arazzo del destino. si disse Liam.
La Brigida dal Mantello delle preghiere serali delle Aran…anche lei ha tre facce, la fanciulla, la madre e la vecchia…
Non c’erano fanciulle o vecchie di fronte a lui, ma in ognuna di loro scorgeva simboli di vita e di morte, corpo e mente, anima e sangue.
Cedette senza volerlo alla tentazione di rispondere, si accorse d’aver parlato solo quando lo aveva già fatto.
”Tutte e tre” aveva detto, e subito dopo”…e nessuna di voi…”
Gli rimbombò in testa la sua voce che rimbalzava in quella piccola radura da un lato all’altro.
Lo attanagliò il terrore di aver sbagliato subito dopo, da seduto, si ritrovò in ginocchio nell’attesa di una risposta che non arrivava da nessuna delle tre donne.
Il silenzio continuava e durò troppo per non sprofondarlo nella disperata convinzione d’aver sbagliato, d’aver condannato Sìle a rimanere lì, d’aver condannato anche sé stesso per uno stupido, stupidissimo e presuntuoso impulso d’avere in mano la risposta giusta.
Chi credeva di essere per pensare di sapere una cosa simile?
L’immobilità di quei tre visi era raggelante e ostinata come certe giornate di pioggia, di quelle durante cui il suono continuo e picchiettante delle gocce tutto intorno, diventava fonte di stordimento e sofferenza fisica per l’umidità che si insinuava nella ossa.
Fu la prima volta da quando era lì, in cui sentì che avrebbe potuto mettersi a piangere come un bambino.
”Vi prego ditemi qualcosa…” bisbigliò rimanendo inginocchiato, le mani appoggiate col palmo alla terra “ditemi cosa ho fatto a Sìle…”
Finalmente il silenzio fu rotto.
La donna con la maschera di fuoco, lo richiamò a sé con un fruscio di stoffa e Liam non sollevò gli occhi su di lei, ma lei sapeva che lui ascoltava benissimo.
”Perché l’hai detto?” gli chiese.
Lui avvertì due cose in quel momento: la prima era lo stupore e il timore con cui lei gli poneva quella domanda, la seconda fu uno stormire, un ronzare forse…no…era un bisbigliare, ma non erano i soliti aliti di parole che sfioravano le orecchie, questo lo sentì in modo distinto nella sua testa e non riconosceva le voci, ma recepiva con chiarezza il senso.


- La scintilla e il ceppo nutrono La fiamma di vita…- ripeterono all’unisono le tre streghe perse in quella sorta di trance.


”Rispondi, perché dici questo?” insisté la donna con la maschera con voce tremante, quasi offesa, delusa come la strega di Biancaneve di fronte alla rivelazione dello specchio di non essere lei la più bella del reame.
Liam si sentì un po’ più sicuro avvertendo quel tono indispettito, era molto “umano”.
Si disse che se avesse sbagliato, lei, la donna con la maschera, non avrebbe avuto motivo di avere la voce tremante di stizza e che in fondo, se su quel mondo che stava attraversando poteva avere una qualche influenza, forse bastava pensare che non aveva nulla da perdere se ormai aveva sbagliato, più male che ucciderlo o lasciarlo lì, in quei boschi senza fine, a vagare all’infinito, non potevano fargli quelle tre in quel momento esatto.
Protese una mano e indicò la donna in nero che lo guardava sibillina come una sfinge, ma tenendo gli occhi ben fermi sull’altra.
”Perché tu non vivi senza una di loro…” disse scuotendo appena la testa e quindi guardò anche le altre due ”Ognuna di voi, è necessaria al potere delle altre…se una di voi non ci fosse, le altre smetterebbero di esistere…”
La maschera sul volto della donna, divenne incandescente e la fiamma al suo centro guizzò più alta e lei cacciò uno strillo rabbioso e fortissimo al quale seguì una folata di vento di una forza inaspettata in quel posto.
D’istinto Liam levò in alto gli occhi e vide che in alto c’erano nuvole, nuvole nere in un cielo quasi notturno che correvano vie veloci come non le aveva mai viste muoversi.
Lo scoiattolo e la lontra, si rintanarono sotto le radici degli alberi, il falco si slanciò dal ramo su cui stava verso Liam, per aggrapparsi al suo braccio.
Lo ferì con gli artigli delle zampe, Liam si ritrasse per il dolore, ma quando si trovò l’animale ai piedi, si chinò, circondandogli il corpo con le mani per trattenerlo e proteggerlo da quel vento innaturale che lo costrinse a chiudere gli occhi e a cercare di esporre le spalle al suo alito gelato.
Per quello che aveva visto fino a quel momento, la donna col corno, quella mascherata e la donna in nero con il gufo invece rimanevano immobili, come se il vento non li toccasse e ben presto comunque anche quello si placò.
Man mano tornò un grande silenzio intorno, allora Liam, quando vide che anche lo scoiattolo e la lontra spuntavano fuori dai loro nascondigli, lasciò andare con prudenza il rapace.
Quando guardò verso le tre donne…erano scomparse, non c’era più traccia di loro tranne il gufo, ma in compenso, proprio quando stava per uscirgli dalla bocca tutta una serie di imprecazioni che con quella situazione avevano davvero poco a che fare, un segno di vita arrivò dalla figuretta che fluttuava lì vicino e che fino a quel momento era stata ignorata perché silenziosa e inerte.
Lei era rimasta e non fece niente di speciale: rise.
Una risata cristallina e fanciullesca, ma vecchia al contempo.
Quando Liam la guardò, come sedesse su un invisibile piattaforma girevole appesa a un filo, girò verso di lui.
Quel vento non le aveva spiegazzato neppure un drappeggio e le due fiammelle che ardevano sulle punte del suo velo, continuavano a brillare immobili, senza un tremore.
Non sarebbe mai stato possibile spiegare il motivo per cui in un frangente simile a Liam fosse venuto di fare una cosa stupida come passarci un dito in mezzo per vedere se bruciavano, ma non aveva resistito alla curiosità.
”Ah! Maledizione!” esclamò quando si fu bruciato il dito.
La creaturina rise di nuovo e in modo molto eloquente.
”Scusa…hai ragione…” ammise lui allora.
Lei sorrise nella sua direzione, ma non proprio verso di lui, si muoveva da cieca d’altronde.
”…dimmi che se sei rimasta qui è una buona notizia…ne ho tanto, tanto bisogno sai?” le disse lui chinandosi di fronte a lei, guardandola in faccia.
Anzi prima abbassò un po’ lo sguardo per controllare i graffi che gli aveva provocato Ceday sull’avambraccio e mentre lo faceva, si accorse dei piedini minuscoli dell’esserino che quasi gli fecero tenerezza.
La piccola donna fece un altro sorriso e arricciò il naso.
Non aveva più lo scrigno in mano, teneva le manine chiuse a conchiglia una sull’altra, le dita della destra a sfiorare l’attaccatura del palmo della sinistra e tra le dita, si avvertiva una luminescenza tenue.
”E’ un sì quello?” le chiese e lei annuì con un'altra risatina a cui Liam rispose, incerto se prenderla per una cosa positiva o negativa.
”Senti, ho capito che è meglio se tengo le mani a posto, quindi te lo chiedo: hai qualcosa per me in mano?”
La donnina fece cenno di no e con un gesto rapido, sollevò le mani in alto sul capo.
Liam non capì il motivo di quel gesto fino a che non sentì uno spostamento d’aria sulla propria testa e non vide i poderosi artigli del grosso gufo abbassarsi su di lei e carpire quello, qualunque cosa fosse, che produceva quel lucore.
”Ehi no!”esclamò Liam ignorando la creaturina e mettendosi ad inseguire il gufo senza neanche pensarci ”ehi tu! Non puoi!” protestò infilandosi senza neanche accorgersene in una nuova porzione di foresta, questa davvero nera, fatta di rami ritorti e spinosi, sempre più umida e scivolosa e buia.
Il gufo svolazzava basso e pesante, ma evitava con agilità i rami che gli intralciavano la via.
Liam gli teneva dietro facendo poco caso anche ai graffi e alle escoriazioni che si provocava anche al disotto dei vestiti, per forza di sfregamento.
Si fermò solo quando urtò con violenza un vecchio tronco con un ginocchio.
Allora notò che il gufo si fermava e si appollaiava su un ramo ad aspettarlo e che il falco, lo scoiattolo e la lontra continuavano a seguirlo, ma ora sembravano solo ombre che scivolavano intorno a lui.
Il gufo invece no, era ben visibile nonostante il buio e lo fissava, con stretta tra le forti zampe la “cosa” luminescente.
Liam si appoggiò al tronco contro cui aveva picchiato il ginocchio approfittando per riprendere fiato.
Il gufo emise un verso interrogativo, ma Liam non era in vena di sopportare esortazioni.
”Anacleto guarda che ti faccio diventare uomo, funziona con te? Perché anche se non ho una barba lunga tanto da inciamparci dentro, inizio ad essere troppo vecchio per queste cose e davvero di cattivo umore…”
Il gufo torse di poco la testa, gli mostrò gli occhi riflettenti e rimase lì fino a che Liam non si alzò spolverandosi i pantaloni.
”Va bene, possiamo andare…fai strada…” gli disse, ma poi ci ripensò ”e per favore calcola che io non volo…” cercò di puntualizzare, ma l’uccello era partito di nuovo e non lo considerava.


Ceday riaprì gli occhi d’improvviso, come risvegliandosi da un sonno agitato e cercò con lo sguardo Dorcas e Una: erano anche loro ferme sulle ginocchia, le mani posate a terra.
- Ora ha ritrovato la via…- disse Una.
- Liam?- chiese Ceday – è al sicuro ora?-
Una fece cenno di no, ma fu Dorcas a parlare.
- Ha imboccato la via giusta, gli abbiamo aperto un varco più vicino, più facile da intravedere, ma uscire da lì e come farlo sta a lui…-
- Cioè lo abbiamo piantato in asso? Lui e Sìle?- protestò la ragazza.
Una si alzò con fatica, appoggiandosi su un ginocchio e quando fu in piedi, prese un piccolo bastone dal fuoco che Dorcas, ormai in piedi a sua volta, spense compiendo qualche piccolo gesto rituale, si avvicinò a Ceday e le prese la mano destra e la illuminò con la torcia.
Lei ancora la teneva affondata nell’erba e nella terra che aveva ceduto sotto la sua stretta: aveva due dita velate di rosso, oltre che sporche di terra.
- Anche tu hai un legame con lui ora…-
Ceday toccò tra loro le punte delle dita e la guardò perplessa e mortificata.
- Ho avuto paura, non volevo fargli del male…-
- Hai avuto paura perché non avevi mai fatto nulla del genere, non avevi controllo di ciò che avveniva, ma involontariamente hai dato un aiuto a noi e a lui, perché terrai aperto meglio quel varco…vedrai che ti sarà grato di quelle cicatrici…- la consolò Dorcas dandole un buffetto sulla guancia – alzati avanti, è ora di tornare a casa -
Ceday si alzò in piedi con qualche difficoltà perché aveva le gambe intorpidite e le ginocchia gelate, umide e dolenti.
- E chi lo sentirebbe?- bisbigliò tra sé pensando che se Liam fosse stato lì e l’avesse vista, avrebbe ironizzato senza alcuna pietà riguardo i collants che indossava, scartati e smagliati nell’arco di tre ore.


Liam intanto, tenendosi il braccio ferito perché gli bruciava da impazzire e imprecando tra sé contro la unghie di Ceday, seguiva il gufo.
A volte però si distraeva, perché lì, le ombre e le presenze erano davvero inquietanti.
Era normale scorgerle a quel punto.
Le figure maschili erano inquietanti, ma per lo più in modo ridicolo, grottesco, più o meno facevano l’effetto dei pagliacci per chi soffre di quella fobia.
Quelle femminili invece erano più sinistre.
Era facile vederle rintanate in qualche anfratto, a sbirciare tra l’erba, con occhi languidi e febbricitanti, la pelle livida e fredda anche solo alla vista.
Avevano piccole mani dalle dita gommose, informi quasi, che tormentavano i capelli bagnati e appiccicati al loro viso o venivano mordicchiate da denti piccoli, simili a quelli di pesci.
Spesso avevano la pelle lucida come quella degli anfibi e in quelle di cui poteva scorgere gli arti inferiori, non di rado li scopriva essere zampe caprine, cavalline o di rana e in quell’ultimo caso, le creature avevano anche la parte inferiore del corpo maculata come quella di rane e rospi.
Era inquietante passare in mezzo a loro che ridevano sottovoce, in modo quasi isterico.
Gli facevano scorrere lungo la schiena dei leggeri brividi d’apprensione, lo costringevano a guardarsi indietro per essere sicuro di non venire seguito o di non stare per finire vittima di qualche scherzo maligno, ma in quei momenti la voce severa e cupa del gufo lo richiamava.
Ad un certo punto però si soffermò un istante di più a guardare una di quelle creature.
All’inizio pareva essere più rassicurante alla vista.
Sedeva su una mela in parte annerita ed era nuda, ma aveva la pelle rosea e il corpo pieno, grandi seni e fianchi larghi, lunghi e morbidi capelli biondi intrecciati con foglie secche e fiori bianchi, ma il viso era strano.
Aveva occhi troppo grandi, il naso a patata, le labbra troppo gonfie e tumide, aveva qualcosa di sgradevole, di volgare.
Addentò una minuscola bacca mentre lui la guardava, ma era marcia, ed era circondata di insetti simili ad api che le si posavano addosso, ed erano molto grandi rispetto a lei che poteva essere alta una quarantina di centimetri; a momenti sembravano pungerla perché lei faceva dei gesti di stizza e di ribellione, ma poi tornava ad addentare quella bacca e sembrava tanto che provasse piacere nell’esporsi nella sua nudità ai pungiglioni degli insetti.
Liam ne fu disturbato, ma non riusciva a distrarsi molto, lo fece solo quando lei si mise a ridere, seguì con lo sguardo un movimento tra le foglie, indicando in una certa direzione.
A quel gesto seguì l’improvviso comporsi di tutta una piccola selva di facce e corpi che per lui erano solo foglie secche e marce fino a mezzo secondo prima.
Distolse lo sguardo da quel gruppo di esseri e proprio voltandosi indietro, in mezzo alla specie di sentiero che percorreva zoppicando, gli si parò davanti un essere piuttosto normale alla vista, peloso come un uomo, con pochi capelli, un gran nasone, nudo anche lui.
Energico e forte come lo erano quegli uomini resi muscolosi dal lavoro, perciò aveva una gran pancia che strideva molto con le gambe e le braccia muscolose.
Armato di una falce e con l’evidente intento di ucciderla, stava inseguendo la cosa che la fata aveva indicato, che era simile a un coniglio ma con le zampe di rana, cosa su cui Liam non cercò conferma,non gli pareva utile, e comunque l’essere vedendolo, si immobilizzò e si mise a guardarlo con occhi ottusi, posandosi in spalla la falce.
Non aveva alcun problema nel mostrargli i suoi notevoli attributi.
”Neanche un paio di mutande modello foglia di fico?” osò domandare Liam.
Non avrebbe dovuto farlo:l’essere iniziò a sgranare gli occhi sotto le sopracciglia pelose, dilatò le narici sbuffando come un toro, contrasse le labbra tra loro, sembrò ringhiare dalla gola anche e in un attimo, afferrò la falce come stava facendo un istante prima e si lanciò verso Liam.
”Ehi! Scusa! Scusa! Scusa!” bofonchiò lui trovandosi a dover scappare di corsa, per quanto gli permetteva il ginocchio ”scherzavo!” tentò di spiegargli mentre quello fendeva erba, foglie, rovi e arbusti con la falce.
Pareva davvero determinato a fargliela pagare e Liam ad un certo punto disperò di potergli sfuggire, ma, fortuna o sfortuna, visto che stava scappando muovendosi all’indietro, abbe la percezione di un ostacolo dietro le spalle che però sotto il suo peso cedeva in un fragore di rami secchi che andavano in frantumi e terra che si sfaldava.
Cadde all’indietro per qualche metro, l’essere nudo, gli inveì contro dall’alto, scalciandogli contro un po’ di terra e appena dopo quell’immagine Liam trattenne il fiato nel cadere preso da una paura improvvisa…
E se quando atterro qualcosa mi infilza? E se muoio senza concludere niente?
Più o meno era questo, ma non fece in tempo a elaborare il pensiero in maniera organica perché atterro e non lo infilzò niente.
Tutto quello che era caduto con lui, sotto il suo peso si disfece senza opporre la minima resistenza.
Ne uscì illeso insomma, ma non del tutto indenne perché quando si rialzò, una spalla gli dolse in modo piuttosto intenso, quindi doveva averla sbattuta cadendo.
”Ah…cavolo…”protestò a bassa voce mentre cercava di capire dove diavolo fosse finito.
Era una radura di terra battuta, buia, circondata di alberi senza foglie e immersa di nuovo in quel silenzio irreale.
Il gufo planò tranquillo su un tronco caduto poco lontano da lui e si mise a guardarlo come in attesa che lui si decidesse a muoversi.
La fonte di lucore tra i suoi artigli era ancora lì.
”Sì va bene, hai ragione, mi sono distratto e non dovevo, chiedo scusa…” gli disse mentre tentava di rialzarsi.
Dovette farlo con molta cautela, avendo cura di non pretendere troppo dal ginocchio ammaccato, poi quando fu in piedi, cercò di capire da che parte convenisse andare.
Non c’era niente di troppo minaccioso o di troppo invitante, era tutto immobile, silenzioso…morto, veniva da dire, ed era quel pensiero a rendere tutto spaventoso.
Davanti a lui c’era una specie di alba, nuvolosa, ma limpida, tutta sui toni di oro e viola plumbeo, si intravedeva tra gli alberi secchi ma sembrava finta, solo che indietro non si poteva tornare, quindi Liam decise di avanzare là dove vedeva una strada percorribile.
Iniziò con cautela, costringendo il gufo a piccoli e prudenti voli, ma l’animale era paziente.
Aveva dolore al ginocchio, la spalla la muoveva male e iniziava ad essere stanco, molto stanco, credeva di non essere più in grado d’andare avanti con più energia.
E poi andare dove? pensò rendendosi conto di aver seguito d’impulso il gufo, ma senza avere la certezza che fosse quello che andava fatto e d’aver percorso chissà quanta strada dietro un istinto che poteva essere sbagliato.
Si fermò di nuovo, appoggiandosi ad un vecchio, decrepito pezzo di muro.
Il braccio sanguinava, aveva la mano striata di rosso e quella vista gli fece tornare in mente per la seconda volta l'agguato in cui era morto Manute: il momento più brutto che avesse mai trascorso in vita sua, prima di ritrovarsi con Sìle svenuta in braccio lungo la discesa verso l’auto di Charlie.
Sentì che sudava freddo e iniziava ad avere un fastidioso senso di vertigine.
”No, non è proprio il momento questo…non facciamo scherzi” si disse appoggiandosi ad un albero.
Risentire la voce cantare come a volergli indicare la via, lo fece rimettere in movimento con un’energia che davvero non seppe da dove fosse arrivata.
Si rimise in piedi con una leggera spinta e fece due o tre passi, poi si fermò di nuovo per capire se l’impressione che aveva, e cioè che venisse da molto vicino, tanto che neppure sembrava echeggiare, fosse giusta.
E lo era…accidenti se lo era, poteva giurarci: veniva da poco oltre un gruppetto di betulle nane e vedeva perfino un po’ di luce filtrare tra i rami fitti e sottili che ondeggiavano un po’ al vento.
Si affrettò per quanto riusciva verso quel punto, il gufo lo seguì senza esitazione e lo superò, entrando per primo in mezzo agli alberi e Liam lo seguì con lo sguardo, ormai aveva capito che almeno come “navigatore” era affidabile.
Abbassò gli occhi solo quando ebbe la percezione di qualcosa che iniziava a comparirgli davanti, qualcosa di chiaro, di luminoso, una figura umana, femminile, dal viso pallido e nuda.
Era lei che cantava e intanto sembrava pettinarsi i lunghi capelli scuri con movimenti lenti e sensuali.
La nudità era una costante da quelle parti, si disse, però lui quella figura non l’avrebbe confusa con nessun’altra al mondo, si disse anche.
”Sìle…” chiamò esitando.
Lei smise di cantare, ma non si voltò subito…guardò innanzi a sé e abbandonò le mani lungo i fianchi, a sfiorare la terra.
Liam non osò chiamarla ancora, ma era sicuro fosse lei.
Andò avanti fino a poter vedere con chiarezza dove lei si trovasse.
Di fronte a lei non c’era nulla a prima vista, solo alberi e buio, ma Liam ad un certo punto vide un’altra figura guizzare davanti a lei; sobbalzò prima di rendersi conto che era uno specchio incastrato tra rami ritorti e che quella riflessa era lei stessa, ma era una visione inquietante.
I capelli le ricadevano davanti al torace appiccicandosi sulla pelle umida e bianca, i seni erano seminascosti tra le ciocche e il sesso rimaneva celato dalla piega delle cosce che lei teneva unite tra loro.
Aveva le mani sporche di terra, il corpo non era quello magro, ma bello di sempre, questo sembrava emaciato e nervoso e ora lo guardava attraverso lo specchio.
Gli sorrideva, ma le sue labbra erano tirate e i suoi occhi erano iniettati di rosso attorno alle iridi.
Sembrava vecchia.
”Sei qui…” gli disse con una voce sussurrante, quasi un sibilo, ma sembrò venire solo dall’immagine riflessa; da lei, che stava di spalle, venne la sua voce normale, anche se un po’ stanca forse.
Lo raggelò quella vista, quasi più del vedere il gufo che con delicatezza, posava la cosa che teneva tra le zampe in mano a qualcuno che rimaneva del tutto celato da un sudario.
L’idea che gli balenò in mente, non gli piacque per niente…
”…Sìle mi guardi per favore?” chiese cercando di distrarsi da quell’immagine, ma lei continuava a sorridergli attraverso lo specchio, come non l’avesse sentito ”…streghetta…” la chiamò allora ”…girati e guardami…” ordinò e lei lo fece.
Quella che si girò era lei, come la ricordava e anche gli occhi avevano avuto il solito baluginare felino nel toccarlo.
Ringraziando chissà chi o chissà cosa, rifiatò e quando la vide allungargli incontro una mano, si avvicinò a lei.
”Finalmente…” bisbigliò lei aggrappandoglisi al polso e afferrandogli anche l’altro con una forza che non era davvero solita usare.
Liam non si ribellò a quella presa, ma capì che Sìle non era del tutto in sé, anche perché si spostò per inginocchiarsi di fronte a lui, stringendosi alle sue gambe, strofinandosi davvero come una gatta.
”Sìle…” tentò di richiamarla Liam, ma lei non pareva ascoltarlo.
”Ci hai messo così tanto…” gli disse con la voce ronfante, provocante e in effetti il suo modo di toccarlo e di strofinarsi contro di lui, non era proprio scevro di significati di natura erotica.
Quel pensiero lo turbava e lo disturbava al contempo.
”Sìle fermati…” brontolò più severo nel tono, cercando di prenderla per il mento, ma lei si accorse della ferita sul suo braccio, gli prese la mano, la esaminò per un momento con aria preoccupata, ma poi si leccò le labbra come se la cosa la eccitasse ” Sìle smettila di fare così, non mi piaci così…” le disse costringendola con un po’ di prepotenza a guardarlo, ma lei, e questo in qualche modo lo stesso Liam lo avvertì in anticipo, sentiva che c’era qualcosa in lui che rispondeva a quelle piccole provocazioni.
Mentre lo guardava negli occhi, lui ci vide dentro un guizzo febbrile prima che divenissero del tutto riflettenti.
”Non è vero…” sussurrò lei aggrappandosi ai suoi pantaloni e tirandolo verso il basso, cosa a cui Liam non si oppose perché starle faccia a faccia, era meno destabilizzante che averla nuda contro le parti basse.
Le prese il viso tra le mani e le scostò un po’ i capelli dal viso, lasciando che lei lo baciasse sul viso e sulle labbra tra un parola e l’altra.
”Sìle ascoltami, ti prego…ho bisogno che tu parli con me eh?” la invitò, poi ci pensò meglio “anzi aspetta…guarda, guarda cosa ti do…” le disse staccandola da sé, sfilandosi il maglione, rimanendo con una t-shirt “dai mettilo, sei gelata…” e senza aspettare glielo infilò sulla testa.
Lei fu obbediente e lo infilò, poi gli mise le braccia attorno al collo e gli si appoggiò addosso.
“Non mi vuoi più?” gli domandò.
”Ma certo che ti voglio, che ci farei qui altrimenti?” la tranquillizzò accarezzandole i capelli ”solo che non mi piace questo posto per certe cose…” cercò di persuaderla.
Lei si guardò intorno e annuì.
”Hai ragione, ma è colpa di Lilu sai? Lei…fa venire sempre certe idee…” scherzò stringendosi nelle spalle e poi serrando di più le braccia attorno a lui, come sistemandosi sul cuscino in modo più comodo.
Lilu gliel'aveva giànominata altre volte, era sempre quella famosa fata che induceva pensieri maliziosi.
Lui non rispose e la abbracciò, massaggiandole la schiena magra mentre, di nascosto, guardava lo specchio in cui l’aveva vista così diversa.
”Cosa fai qui?” le chiese.
”Mi ci ha portata Lily…” fu la risposta inquietante.
Le mani di Liam si fermarono.
”E lei dov’è?” le chiese.
Sìle si sollevò a guardarlo in faccia, gli sorrise e gli indicò lo specchio.
”Lì…” rispose, poi si girò verso la superficie riflettente e sorrise ”le piace giocare a farmi da specchio, fa tutto quello che faccio io…vero tesoro?” chiese all’immagine riflessa.
Eccolo il momento più brutto che si possa vivere, pensò, il dubbio che la persona che ami sia impazzita…, ma almeno c’era la speranza, ancora una, che lì fosse tutto così strano perché era quel particolare posto.
Facendosi coraggio, Liam guardò l’immagine ed era di nuovo quella di prima, spaventosa.
“Quella è Lily?” chiese cercando di non lasciar trapelare lo stato d’animo in cui versava.
Sìle non rispose, ma l’immagine lo fissò, e il fatto che guardasse lui invece che Sìle, gli fece capire che non era un semplice riflesso e che quello che diceva Sìle era vero.
In qualche modo, forse per quella luce sinistra nelle sue orbite, Liam capì che quell’ombra in fondo agli occhi della piccola, quella che avevano iniziato a scorgere negli ultimi tempi, si rivelava per qual’era in realtà in quel momento, sotto i suoi occhi, la riconobbe, la sensazione che davano quegli occhi era inconfondibile.
Perché però somigliava così a Sìle?
”Vuoi dire che…se fosse grande, lei…sarebbe così?” domandò.
Sìle disse di sì.
”Non credevo potesse somigliarmi tanto…” commentò poi sorridendo, quindi si rivolse di nuovo all’immagine e quella per qualche secondo le obbedì come se davvero fosse solo un riflesso.
”Già…invece sembra la tua gemella…” mugugnò Liam mentre lei allungava una mano a sfiorare la punta delle dita dell’immagine, che neanche a dirlo parvero spuntare dalla superficie riflettente.
Liam si sentì di nuovo stanco, non era affatto sollevato anche se l’aveva trovata, perché si rendeva conto che tutto sarebbe stato portarla via, meno che facile.
”Ascolta tesoro…mi dici come ci sei finita qui?” domandò toccandole con delicatezza le spalle.
Lei fece una faccia dubbiosa e disse di non ricordarlo bene, che aveva avuto la sensazione di venire risucchiata in basso da tanta acqua gelida e fangosa, ma poi si era risvegliata lì, in quel posto dove all’inizio sentiva lui chiamarla, c’era più luce, ma poi era diventato tutto silenzioso e freddo.
” Solo Lily e una gattina nera erano con me. All’inizio erano piccole entrambe…poi però la gattina se n’è andata e Lily è cambiata così come la vedi…” Liam ebbe un’illuminazione improvvisa quando la gattina, come richiamata da Sìle, sbucò fuori da quello stesso specchio.
Se la gattina era Sìle…e ora Lily, cresciuta, era come Sìle…
La gattina si accovacciò in un punto buio, dove non si vedeva.
”Lily… vieni qui da me…” provò a dire disperando in realtà che fosse la cosa giusta, ma dopo qualche attimo in cui Sìle parve assentarsi, come svuotata da qualunque flusso vitale, un piedino nudo sbucò dallo specchio, poi una manina…e poi tutta Lily vestita solo di una camicina bianca, che andò ad accovacciarsi tra lui e Sìle, seduta di spalle a lei e di fronte a lui, prendendo la mano di Liam, spostandola dalla spalla di Sìle e tenendosela lei ben stretta tra le sue.
L’immagine nello specchio ora rifletteva solo Sìle, così com’era sempre stata e Liam capì che era riuscito in una parte del suo intento: in qualche modo, aveva potuto intuire come stavano le cose, perché e come Lily e Sìle fossero così legate tra loro.
”…ehi scricciolo…” salutò verso Lily e lei gli sorrise “anche tu mi aspettavi?” le chiese dandole una piccola stretta alle manine.
Lei annuì e sembrò tutta emozionata da quel piccolo gesto di affetto da parte di lui.
Liam le toccò la punta del nasetto, poi, senza calcolarlo, d’istinto, cercò allungare l’altra mano verso Sìle, ma Lily, quasi offesa, lo colpì, come si faceva con i bambini quando cercavano di toccare qualcosa che non dovevano, ma quello che Liam non doveva fare in quel momento, era occuparsi di Sìle invece che di lei.
Si era sporcata le dita del sangue di Liam e a quella vista, si fece seria e preoccupata e gli fece un sacco di piccole carezze.
”Grazie…” le disse lui.
Guardava Sìle di quando in quando, vedendola sempre più lontana, sempre meno presente e più distratta da sé stessa nello specchio.
E nello specchio si presentò un’altra immagine che a Liam fece salire di nuovo la paura nel cuore: un movimento dietro l’immagine di Sìle, lento ma inesorabile, di qualcosa dalla forma umanoide, ma strana…sembrava avere lunghi capelli stoppacciosi e delle lunghe, lunghissime braccia e stava avanzando dall’ombra verso la ragazza che non muoveva un muscolo.
”Lily ascoltami…” prese a dire allora lui cercando di non mostrarsi allarmato ”…tu vuoi bene a Sìle vero?” chiese e Lily fece cenno di sì senza alcuna esitazione “e sai quanto te ne vuole lei…”
Mentre Lily lo ascoltava senza apparente interesse o intenzione di smettere di accarezzargli la mano, la figura dietro Sìle andava prendendo forma, diventava pian piano una pallida e spettrale fisionomia di vecchia, emaciata, con gli occhi vitrei…e le lunghe braccia si sollevavano iniziando a mostrare lunghe dita bianche, sottili come zampe di ragno.
”…sta rischiando di morire. Se resta qui, Sìle potrebbe morire…” disse allora iniziando a pensare a quegli avvertimenti riguardo le betulle che, guarda caso, circondavano per intero quel luogo.
Lily lo guardò alzando di scatto gli occhi su di lui e Liam si ritrovò prigioniero del suo richiamo.
Gli attraversò la mente un pensiero che sembrava scorrere scritto in chiaro nello sguardo della piccola: resta anche tu. Con me, con lei, è lo stesso.
”No Lily, non è lo stesso…neppure io posso restare qui…non è il nostro posto qui” rispose lui.
Lily era seria e lo ascoltava, ma non sembrava convinta, mentre le scheletriche dita di ragno della creatura che si muoveva nello specchio alle spalle di Sìle, si posavano sulle spalle di lei, sempre senza che lei reagisse in alcun modo.
E insieme, la figura avvolta dal sudario, nascondeva sempre di più la sfera di luce che il gufo le aveva lasciato tra le mani, come a volerla spegnere.
Se tocca il cuore lei muore, se tocca la fronte...ripeté dentro di sé Liam.
”Lily…se Sìle muore qui, non rimarrà con te comunque…sarà tutto finito. E lo stesso io…” le disse guardando le dita della creatura che scendevano verso il petto di Sìle, verso il suo cuore.
La conferma di ciò che sospettava gli venne data quando Lily e Sìle, quella davanti allo specchio, nello stesso istante, si portarono una mano alla gola, come stesse mancando loro il respiro e in quel momento Lily aveva lo stesso sguardo di Sìle, terrorizzato ma pulito, limpido, quello della bambina, non dell’essere inquietante di quel mondo.
Si sentì malissimo, ma decise di dirla lo stesso la cosa più crudele che gli potesse venire in quel momento.
“…e se muore lei, morirai anche tu…”
Lily per un attimo ebbe di nuovo negli occhi l’ombra della sua essenza più antica e Liam sentì che avrebbe voluto aggredirlo, fargli del male forse.
”Non farlo…” le disse senza opporle resistenza e cercando anzi di farle capire che era lei che voleva aiutare ”…non voglio farti del male. Non ho mai fatto del male a nessuno di voi, lo sai che sono vostro amico…sei tu che hai portato Sìle da me, Lily… ” mormorò tenendo d’occhio l’immagine nello specchio.
Le dita della creatura non si avvicinavano più al cuore di Sìle, rimanevano ferme, arcuandosi e producendo un suono come di piccoli legnetti cavi che schioccavano e scricchiolavano, le mani inguainate dal sudario dell’altro essere, avevano smesso di avvolgere la sfera, ma non la liberavano; Lily intanto lo fissava con i suoi grandi occhi luminosi, in cui si rifletteva Sìle.
”…se amo lei, è anche per quello che sei tu…non c’è mai stato un momento in cui non ci fossi anche tu in lei scricciolo…” bisbigliò allungando una mano a cercare di accarezzarle una guancia, sentendo un magone doloroso salirgli alla gola di fronte alla bimba.
La piccola si ritrasse all’inizio da quella carezza, ma poi guardò meglio Liam e piegò la testina da un lato…protese lei un ditino verso il suo viso e gli sfiorò la pelle dello zigomo.
Liam non aveva ancora mai pianto all’idea di perdere Sìle e ora, se pure solo con un velo liquido che gli faceva brillare di più gli occhi, lo stava facendo per Lily, per l’affetto che sentiva per lei e il dolore che gli causava, oltre a tutto il resto, la paura di doverle dire addio.
Lily allora fece quel suo solito gesto, quello di portarsi il ditino alle labbra…poi gli sorrise come dire era uno scherzo, ci sei cascato! e un attimo dopo lo abbracciò forte.
Liam le rispose a quell’abbraccio e fece per dirle qualcosa, ma proprio in quel momento l’aria ebbe un tremito profondo, come un impulso sonoro che gli fce vibrare il torace in profondità…un’aura luminosa, come un arco dorato, attraversò il cielo e senza neppure il tempo di stupirsene, Liam vide Sìle accasciarsi all’indietro, come svenuta.
”No! Sìle no!”” gridò cercando di slanciarsi verso di lei, convinto d’averla persa.


Si trovò a saltare a sedere sul letto e la prima persona che vide fu padre Chalke.
- Bentornato…- gli disse con un sorriso.
Liam dopo uno o due secondi di immobilità, si girò a cercare Sìle.
- Dov’è? Sìle…dov’è?- chiese angosciato.
Padre Chalke si alzò in piedi e gli mise una mano sulla spalla con fare rassicurante.
- Si è svegliata un’ora fa, non aver paura…- gli disse – ma la stanno portando a Carlisle, il dottor Clawley non ha sentito ragioni…-
Liam respirò per la prima volta in quei lunghi momenti, si passò le mani sugli occhi e si distese di nuovo: aveva dolori ovunque addosso.
- Bravo, riposa…vado a chiamare tua madre – e così dicendo, Padre Chalke uscì dalla stanza lasciandolo solo.
Quando Jane entrò, gli si sedette vicina, posò sul comodino un bel bicchierone d’acqua e gli accarezzò la fronte; lui le prese la mano.
- Mi hai fatto morire di paura lo sai, sì?- lo rimproverò lei, la voce piena di amore.
Liam la guardò senza rispondere.
- Devi bere…-
- Dov’è Lily?- domandò Liam.
Jane sospirò e gli sorrise.
- E’ tutto a posto William, non preoccuparti…- rispose.
Era il ventisette dicembre, aveva dormito per un tempo lunghissimo eppure era distrutto.
Era troppo stanco per insistere, anche se avrebbe voluto con tutto sé stesso saltare in macchina e correre a Carlisle, la febbre che gli salì violenta nel corso del pomeriggio, non gli permise di fare altro che stare a letto con le ossa tutte rotte.
Dorcas era sparita e con lei Una e Lily.
Ceday gli telefonò verso le sette di sera.
“Sta bene, non aver paura…la vogliono tenere sotto osservazione per uno o due giorni, imbottirla di soluzioni saline e quant’altro, accertarsi che non abbia ricadute e la dimettono…”
- Posso parlarci?-
“Non parla con nessuno Liam…è…scossa…è molto scossa. C’è qualcosa che le frulla in mente come un uragano, ma non spiccica parola…”
-…ho capito…-
Dopo un istante di silenzio sentì Ceday sorridere.
“In tuttà sincerità, secondo me è Morgan che la mette un po’ in crisi tra le altre cose. Vedi di rimetterti in piedi e di venire a salvare la Bella Addormentata come solo tu sai fare. Scommetto che appena rivede quei tuoi occhioni meravigliosi, si risveglia come la City il lunedì mattina!”
- Ottimo paragone Ginger…grazie…ricordami che ti devo un consulto -
“Tanto sono in debito…” replicò lei e quando Liam le chiese spiegazioni, si schiarì la voce “non so se hai notato quel bel cerottone che hai sul braccio…”
- Ah sì…beh…trova una spiegazione valida e ti perdono…-
Detto questo la salutò, riagganciò e si rimise sdraiato, in paziente attesa che le ossa decidessero di non farlo più sentire come uno che avesse deciso di fare da ponte a un camion con rimorchio.
Uno dei gatti di casa decise di fargli visita e così Charlie Moore.
George gli telefonò un paio di volte per sentire come stava, Dorinda insisté per aiutare Jane a cucinare, Padre Chalke rimase lì fino a tarda sera.
Dorcas invece arrivò, entrò dal retro e non si fece vedere da nessuno.
Andò dritta da Liam.
- Come stai?- gli chiese sedendosi sul letto vicino a lui.
- Sono a pezzi e non so che accidenti è successo…non sono neppure sicuro di ricordarmi tutto…-
La donna gli fece una carezza sulla guancia.
- Sei stato bravo. Alcune cose però sono cambiate e ora bisogna cercare loro un posto nuovo…tu devi solo pensare a Sìle -
Liam aggrottò le sopracciglia.
- E Lily?-
- Starà bene…vedrai…- gli disse Dorcas.
Liam si riaddormentò guardandola, ricordandosi d’improvviso che doveva dire a Jane che Alec voleva essere cremato…

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 - Ritrovarsi (I) ***


Capitolo 22 –

Niente paura, il 35 è già scritto per metà, giuro che non arriva tra un altro mese ^^'


Durante la notte, anche se non lo aveva notato, Liam non era stato sempre da solo.
Se ne accorse la mattina dopo.
Si alzò sfinito e senza febbre, la stanchezza Clawley gli aveva promesso senza tema di smentita che se la sarebbe portata dietro almeno un giorno, dopo quell’alterazione così improvvisa della temperatura.
Aveva promesso di passare a dargli un’occhiata quando fosse rientrato da Carlisle.
Liam si avvicinò alla finestra della camera in cui aveva dormito e guardò fuori: aveva nevicato, c’era un sottile velo bianco che copriva tutto, prati e colline e nel giardino dietro la casa, appesa al ramo di un piccolo albero spoglio di foglie, c’era una mangiatoia per gli uccelli da cui però si stava servendo con grande soddisfazione un bello scoiattolo rosso.
Aprì la finestra a scorrimento verticale e infilò la testa fuori piegandosi di un bel po’.
Era abbastanza presto, non oltre le otto e trenta a giudicare dalla luce, e un pallido raggio di sole colpiva trasversalmente il suolo bitorzoluto ed erboso di uno dei bassi rilievi circostanti, illuminando anche un gruppetto di tre o quattro pecore.
L’aria pungeva, ma il tempo prometteva bene per quel giorno.
Era tutto tranquillo, tutto normale, ma Liam sapeva che non era così, per di più a ricordarglielo, nel momento in cui rientrando richiuse la porta, ci pensarono una serie di strane impronte fangose sul vetro.
Potevano sembrare mani di un bambino dalle dimensione, ma non lo erano.
Liam provò due sensazione contrastanti in quel momento: da una parte ebbe quasi un impeto di stanchezza e rifiuto per quelle presenze che lo circondavano, aveva bisogno di una vacanza da loro dopo quegli ultimi avvenimenti, dall’altra sentì un moto di affetto per chi l’aveva osservato senza però volerlo disturbare.
In un modo o nell’altro comunque, quei pochi minuti di tranquillità erano passati.
Qualcuno bussò alla porta e un attimo dopo Jane si affacciò sorridendogli.
- Buongiorno…- gli disse e vedendolo sorriderle soltanto e con poca convinzione, fu lei a fargli un sorriso più ampio – Ceday ha telefonato di nuovo, domani al massimo Sìle torna a casa…che ne dici ora di mettere qualcosa nello stomaco?- propose tornando la pragmatica madre proletaria di Glasgow.
Liam ci pensò un attimo assottigliando le palpebre, autointerrogandosi in merito e lo stomaco rispose all’istante con un lungo gorgogliare languido.
- Sì, Mrs.Kerr, direi di sì…- le rispose.
- Tattie scones, oatcake? E Dorcas ha portato una splendida marmellata di lamponi, ti conviene venirla ad assaggiare…-
Ah! I famosi lamponi…
- Penso che c’entrino tutte e tre le cose…- scherzò, poi ci pensò meglio – Dorcas è tornata? Quando?- chiese.
Jane si strinse nelle spalle.
- Ieri sera intorno alle sei mi ha dato la stanza migliore della casa ed è sparita con Una e la bambina, ma stamattina alle cinque era già qui…coraggio datti una rinfrescata e scendi. Ma copriti, è davvero freddo oggi: al nord stanno avendo un sacco di problemi col maltempo, c’è stato anche un brutto incidente nell’Aberdeenshire, dobbiamo telefonare a Libbie…-
Liam annuì prendendo atto del bollettino meteorologico che significava: guarda che la mamma, appena scendi, ti mette al telefono con la tua pseudo- cugina maggiore e intanto controlla quanti strati hai addosso, attento a te!
Sapeva che in camera di Sìle c’era un suo maglione più pesante, quello che portava la notte dell’incidente: Dorcas lo aveva lavato e lasciato lì, su un mobile.
Gli ci vollero dieci minuti di doccia e altri due o tre fermo davanti alla porta prima di decidersi a rientrare in quella stanza.
Era partito con la tranquillità con cui in genere una persona si muove in un ambiente molto familiare, con i soliti gesti istintivi, non fatti oggetto di attenzione, ma quando si trovò a stringere in mano il pomello della maniglia, spinse la porta per aprirla senza però riuscire a muoversi.
Rimase lì, immobile, con gli occhi fermi sul piccolo insieme di vestiti ripiegati sulla poltrona, con le narici sfiorate dal quel misto di odore di incenso e del profumo di lei.
Per decidersi ad entrare, si costrinse a trattenere il respiro, a non guardarsi intorno. Aveva dormito in un’altra camera quella notte perché Dorcas e Una, appena anche lui si era ripreso, avevano detto di doversene occupare, così Liam non aveva avuto molto modo di guardarsi intorno al suo risveglio e ora gli pareva di non entrare lì dentro da una vita.
Era già partito per uscire, quando gli occhi gli caddero su una fotografia, una vecchia foto in bianco e nero che sbucava appena da sotto il maglione che aveva appena indossato, che non aveva mai visto prima e forse nemmeno c’era mai stata lì, prima.
Si fermò a guardarla e scorse due cose molto familiari: la fisionomia di una bambina che somigliava in tutto a Lily, gli stessi occhi, lo stesso gesto del ditino appoggiato al labbro inferiore con aria riflessiva e un cappottino pesante su cui si notava la lucentezza dei lunghi capelli scuri colpiti dal sole; e il castello di Peel, che si stagliava sullo sfondo di una giornata soleggiata, ma con nuvole basse all’orizzonte.
La girò e lesse, scritto da una calligrafia femminile e di gusto molto arcaico, Per Paul, Sìleas, Febbraio 1983 firmato Una.
Liam nascose a tutti quel suo ritrovamento e si convinse perfino a resistere alla tentazione di partire per Carlisle non appena riempito lo stomaco, perché decise di andare a cercare Una.
Promise a Jane di tornare presto e la pregò di accettare l’offerta di Charlie di portarla a casa sua, già che quest’ultimo era capitato a trovare l’amico per vedere come stava, si infilò il giaccone e partì a piedi dritto attraverso il bosco, puntando verso il cottage come l’ago di una bussola.
- E tu che ci fai qui?- gli chiese Dorcas aprendogli.
- Voglio capirci qualcosa su Sìle, se devo prendermene cura come dici tu…- disse piuttosto impositivo – credo d’aver diritto a qualche spiegazione ancora e che quelle spiegazioni ci sia chi sa darmele meglio di lei…-
Dorcas esitò un altro momento.
- Lo dici sempre anche tu che per sé stessa non sa essere lucida no?- incalzò Liam.
Lei lo guardò fino a che al suo fianco non comparve Una.
In realtà Liam vide uno sbuffò di fumo azzurrognolo, ne sentì il profumo dolce, quindi vide una manina spuntare da un fianco di Dorcas e la sentì avvinghiarsi al suo polso.
- Ha ragione – disse mentre tirava lui verso l’interno sorridendo all’amica – ha ragione…-
Una lo portò fino a una delle vecchie poltrone all’interno del cottage, ce lo fece sedere, ma Liam si rialzò, o almeno ci provò.
- Dov’è Lily?- chiese sentendosi prendere energicamente intorno al collo e rimettere giù da Dorcas.
- Sta bene…-
- Sì, ma dove?-
- Qui; vuoi stare seduto?-
Una intanto si era sistemata su una bella sedia a dondolo di legno, senza arrivare a toccare terra, e lo fissava sbuffando a ritmo sostenuto nuvolette di fumo dalla pipa, tenendosi un gatto in grembo.
Quando anche Dorcas si fu seduta, allora prese a parlare.
- Come mai tanta fretta? Sei arrivato qui quasi di corsa, non hai neppure le mani fredde…- domandò indicandolo con la manina con cui teneva la pipa.
Liam si tolse il giaccone, lo lasciò appoggiato sul bracciolo della poltrona accanto a sé e sospirò frugandosi in tasca dei pantaloni.
- Ho trovato questa…- disse mostrando alle due donne la foto – credevo fosse Lily ad un primo sguardo, ma poi ovviamente ho capito di no…-
Dorcas prese la foto, la guardò per il tempo che le servì ad passarla ad Una che ricordò, annuì, sorrise.
- Chi è Paul?- domandò Liam per prima cosa.
- Suo padre…- rispose Una – ma Morgan deve aver scoperto che gli mandavo notizie della bambina e deve averla tenuta lei per tutto questo tempo…- ipotizzò, quindi strinse la foto tra i palmi, socchiuse gli occhi e disse di sì tra sé – già…- confermò come se la foto stessa le avesse dato quella risposta.
Liam non fece domande, aveva capito abbastanza di come erano andate le cose tra Sìle e suo padre e ora c’era altro su cui indagare.
Una gli sorrise per la prima volta.
- Dimmi cosa pensi…- lo incoraggiò.
Lui mise insieme un po’ di pensieri che gli frullavano in mente in poche parole.
- Ho capito che Lily è un riflesso di Sìle…una parte di lei…-
Dorcas e Una si guardarono.
- In qualche modo è così…- disse Dorcas tornando a rivolgersi direttamente a lui – è un calcolo piuttosto facile vero? Mettere insieme il momento in cui è arrivata da noi, il suo aspetto…la sua propensione per te…mh?-
Liam rimase in silenzio, non c’era bisogno di replicare.
- Ormai sai che gli Sidhe sono spiriti che comunicano con noi attraverso le emozioni e che sono emozioni molto intense, quasi violente, benché questo non significhi che sono negative -
- Sì…-
- E queste emozioni variano molto durante la nostra vita, non sono sempre così intense e non sono sempre le stesse. Ecco quindi che il manifestarsi della loro presenza al nostro fianco, dipende dal nostro trasporto interiore di quel particolare momento…- aggiunse Dorcas fermandosi per essere sicura che lui capisse, cosa di cui non aveva dubbio alcuno, infatti riprese subito.
Spiegò a Liam di come Lily si fosse manifestata al fianco di Sìle in un momento in cui lei si sentiva completamente e terribilmente sola.
- Era convinta che suo padre, cosa non vera come avrai capito, l’avesse abbandonata per rifiuto, che John fosse morto per colpa sua, che forse anche Morgan, fosse troppo delusa da lei per volerla vicina come vedeva fare ad ogni madre verso il suo bambino. Sìle in quel momento, per vivere, per voler vivere ancora, aveva bisogno di darsi un senso, e questo è forse il motivo per cui Lily si è mostrata come una neonata destinata a morte certa -
Liam si ricordò di come Sìle gli avesse descritto con quale confusione ed inconsapevolezza si fosse trovata davanti al lago dove poi aveva trovato Lily, ma solo le parole di Dorcas gli chiarirono davvero quanto disperata fosse lei in quel momento.
Rabbrividì leggermente, senza darlo a vedere.
- Poi però sei arrivato tu, e Lily, ovvero la parte di Sìle che viveva in lei, ha esaurito il suo compito…o meglio…- si corresse Dorcas – in realtà è arrivato il momento in cui, naturalmente, Sìle e Lily dovessero riunirsi in un’unica persona…-
Liam fissò il pavimento, ma non lo vedeva, stava pensando tra sé.
- Quindi, se ho capito bene…è un po’ come se Sìle avesse curato da sola la parte sofferente di sé, con la convinzione che l’aiuto le stesse venendo tutto dall’esterno…magari perché si sentiva così male, da non credere di poter essere utile neppure a sé stessa… – ipotizzò Liam – e quello che è successo con Gore e quella creatura che ha…portato via Sìle, ha solo accelerato un processo che già da sé stava avendo un compimento…-
Una guardò Dorcas come se avesse perso una scommessa, cosa che lo indispettì un po’.
- Senta, ammetto una particolare suscettibilità in questo momento, quindi perdoni se mi altero, ma perché non prova a concedermi almeno le facoltà intellettive di un criceto? - si ribellò infatti.
- Non ho mai detto che tu fossi uno stupido, ma sei un uomo…-
- Nemmeno io ho mai detto che lei è antipatica, ma è una tale…-
- Non dire parolacce!- lo ammonì Dorcas.
- Stavo per dire vespa infatti…- puntualizzò Liam - credevo fosse solo sua figlia ad essere così misandra! Ci speravo davvero tanto!-
- Io non le faccio certe cose…- replicò piccata Una.
- Quali cose? Che roba è? - chiese Dorcas.
- Mai sentito parlare di misoginia? L’odio verso le donne?- chiese Liam.
- Sì…- rispose un simpatico coretto di entrambe le signore.
- Ecco: la misandria è il contrario…- e menomale che c’era George che si prendeva la responsabilità di insegnargli certe parole diaboliche.
- E così si spiega perché non l’avevo mai sentito: come al solito la parola che maltratta le donne esiste, ma l’equivalente maschile no…- borbottò Dorcas ricevendo immediato sostegno da Una che sbuffò un po’ di fumo dalla sua pipetta e quindi con tono granitico dichiarò...
- O se esiste te la tengono nascosta. Castrati…-
Liam si sentì nell’ordine in colpa, mortificato, profondamente insicuro e poi un tantino spaventato, a nome e in quanto unico rappresentante presente del genere, di fronte a due streghe che stavano riflettendo sull’ennesima discriminazione sessuale ai danni delle donne.
- Beh…se un domani decideste di operare un incantesimo globale di circoncisione a sfumatura alta, ricordatevi che vi ha edotte un uomo. Proprio quest’uomo, magari…ora possiamo tornare a Sìle, mi sentivo meno a disagio in mezzo a quelle piccole carogne…- disse schiarendosi appena la voce.
Aspettò che le due gli dicessero un esplicito e non fraintendibile sì.
A quel punto, su loro richiesta, parlò loro di come si era svolto il suo viaggio.
Raccontò di come fosse iniziato, di cosa avesse visto, provato e sentito.
Era iniziato tutto da dove aveva lasciato il sogno in cui Jack dei boschi, o chi per lui, lo aveva aggredito e ferito, da una porta che si apriva in una roccia e che dalla realtà quotidiana, un po’ alterata, portava in quel mondo parallelo, di certezze rarefatte per quello che era normale aspettarsi o considerare vero, ma di apparizioni assurde e al contempo concrete quanto le pareti del cottage che ora li circondava.
Disse loro che fino ad un certo punto, aveva avuto la compagnia di Ceday, per quanto altalenante, o meglio la consapevolezza della sua vicinanza, che a tratti aveva incrociato segnali anche di loro due, Dorcas e Una, e che la gattina nera da subito era stata con lui, che poi aveva incontrato Paulie e Alec.
- Ceday era la parte di sogno elaborata da te, la gattina era quel filo che tiene legati te e Sìle nel vostro io più profondo…era la manifestazione della sua natura più intima – gli spiegò Una – è stato quello che ti ha fatto da bussola, che ti ha fatto distaccare dall’altro tuo affetto…-
A Liam venne da chiedersi che cosa avrebbe visto Sìle di lui o quale sarebbe stata la sua manifestazione più intima, ma non credeva di poter avere risposta, così non chiese nulla.
Piuttosto, per la prima volta, pensò a come si sentiva dopo aver quasi di nuovo toccato Alec e a ritrovarsi di nuovo senza di lui: per lui suo padre era stato importante e gli mancava, molto di quello che era, lo doveva a lui, oltre che alla pazienza di Jane che viveva da tanto rassegnata all’idea che gli uomini di casa sua, fossero spiriti erranti.
Non aveva corso il rischio di dimenticare Sìle in verità, non poteva dirlo questo, però certo per qualche momento la sua testa era stata occupata anche da un altro pensiero.
Senza esprimere nessuno di questi pensieri, Liam proseguì nel raccontare.
Disse di come aveva lasciato Paulie e di come, sempre seguendo la gattina, era riuscito a inoltrarsi lungo la strada, seguendo il fiume e poi dentro la foresta.
Man mano che andava avanti, descriveva a Dorcas e Una le piccole creature incontrate.
Il loro interesse ovviamente lo destarono più di tutto gli incontri con quelle entità di maggiore e più evidente potere, peso: Giano e le tre dame.
Una e Dorcas non commentavano, non intervennero riguardo le conclusioni di Liam su quella strana figura che aveva le sue sembianze.
In fondo non c’era molto da spiegargli se pensava, come disse, che forse era perché se lui per primo non sapeva dove fosse andato a finire, sarebbe stato molto difficile che potesse aiutare Sìle a uscire da quella situazione, quindi forse gli serviva di rimettere in sesto qualche punto di riferimento fondamentale.
Di conseguenza, aveva capito da solo che c’era qualcosa che dipendeva da lui e da lui soltanto in quel momento, perché era solo, non sentiva più le voci di chi lo guardava dormire accanto a Sìle, non poteva contare che su sé stesso, e non a caso l’essere gli aveva detto d’essere uno specchio per chiunque, quindi guardandolo, ci si guardava in parte dentro, ci si dava forse anche qualche buon consiglio.
Aveva senso solo facilitarsi la vita.
Tant’è che da lì aveva ripreso a guardare le cose dalla giusta prospettiva ed era andato nella direzione che doveva prendere.
In qualche modo era stata una boccata d’ossigeno in un’apnea che rischiava di diventare troppo lunga; un momento di riposo per i pensieri che iniziavano ad essere stanchi e confusi.
Sulle tre Dame invece, le due streghe gli concessero qualche spiegazione di più.
- A quel punto siamo intervenute perché vi avevamo perduti entrambi. Abbiamo cercato di venirti incontro, e per fortuna tu hai dimostrato una grande forza d’animo e un buon intuito, non hai fatto resistenza al mondo che attraversavi e così hai potuto ottenere che lui ti concedesse qualcosa. Hai perfino potuto imporre dei simboli, dei marchi, cose che per te avevano un senso e un’utilità in quel momento- e Liam ascoltando Una che gli parlava ripensò a suo padre, sì, ma poi anche a quelle strane frasi incise sulle rocce - ma ormai ti aveva inghiottito: è stato necessario che creassimo noi un varco da cui potessi uscire…- gli spiegò Dorcas.
- Già perché voi streghe…lì potete entrarci senza rischiare la pelle giusto? -
- Se opportunamente abbigliate…- confermò Dorcas strizzandogli l’occhio.
- Qualcosa, di fronte alle Tre Signore ti è stato suggerito da noi…- aggiunse Una – ma molte cose le stavi già elaborando da te. Il fatto che ognuna di loro detenesse il simbolo di qualcosa che le altre rappresentavano ad esempio; che fossero la rappresentazione di spirito, corpo e mente; gioventù, maturità e vecchiaia; nascita, vita e morte; amore, passione e desiderio. Che ognuna di loro non potesse essere senza l’altra. Tutto questo lo hai capito da solo e probabilmente hai anche fatto in modo che le tre Dame ti si presentassero in modo da suggerirti la risposta che ti chiedevano…-
- Insomma ho…fatto…qualcosa di…- fece lui sgranando gli occhi, ma senza poter finire la frase.
Era magico la parola che non riusciva proprio a dire.
- In qualche modo, ma stavi sognando: quante volte hai sognato di volare?…- gli disse Una.
- Oh un milione…- ammise lui
- Ma non puoi volare -
- Nah…-
- Ecco vedi?-
- Sì, sì…-
Dorcas vedendolo sconcertato, si piegò in avanti e gli diede un buffetto sul ginocchio con il dorso della mano.
- Da quando ti conosco, se c’è una cosa che ho capito è che tu non te ne accorgi nemmeno di quanto vali. E di quanto sai del mondo cui noi apparteniamo…credi che ti sarebbe stato così facile riconoscerci?-
Liam si riprese tutto d’un tratto.
- Allora eravate davvero voi! E allora Ceday mi ha davvero fatto questo!- esclamò quasi offeso, mostrando il braccio incerottato.
- Certo! Vedevamo tutto quello che vedevi tu!- esclamò Una.
Liam allora tornò più serio e fece una domanda che non gli piacque porre, ma che non riuscì a trattenere.
- Io ho visto un intero zoo in quel posto…voi, Ceday, Sìle, il gufo. Dov’era Morgan?-
- Non era lì – rispose Una senza esitazione alcuna, confermando a Liam la sensazione che il gufo non fosse il riflesso della madre di Sìle.
- Perché lei no?-
- Perché è stata la prima a capire tutto, appena ha visto Lily. Ci ha detto lei, mentre ancora tu dormivi, del probabile legame tra la bambina e Sìle…-
- E quindi?- chiese Liam che quella donna, Morgan, ancora non era proprio riuscito a capirla…oppure l’aveva capita fin troppo bene, cosa che gli piaceva ancora meno.
- Di questo è meglio che tu parli con lei, facendolo prima di pensare che l’abbia abbandonata di nuovo…- lo consigliò Dorcas.
Liam decise di seguire il suggerimento.
- E il gufo?- chiese allora – e quella cosa luminosa che ha portato via con sé?-
Una aspirò a lungo dalla pipa, carezzando la testina del gatto.
- Ci sono alcuni animali che difficilmente concedono la propria vicinanza all’uomo...- brontolò pensosa - il gufo non la concede affatto…è un animale della notte. Un guardiano dei regni dell’ombra. Nulla gli può essere celato, i suoi occhi vedono nella notte più nera e nell’anima più cupa. E’ l’uccello della morte, ma come tale è anche testimone e portatore di cambiamenti profondi. E’ l’unico a poter penetrare da questa realtà ai più oscuri recessi del mondo del crepuscolo. Nemmeno il più saggio e sereno degli uomini, potrebbe condividere con lui tutto questo…-
Liam rimase in silenzio in attesa che lei finisse di parlare, prima di farlo lui.
- Ha posato quella sfera luminosa in mano ad una figura avvolta in un sudario…-
- Sìléas era alla fine di un viaggio, come lo era la bambina, come lo eri tu…Morte non è solo una mietitrice, può anche decidere per un nuovo inizio. Quella sfera luminosa probabilmente era l’oggetto della tua ricerca, poco importa che fosse l’anima, il cuore o la stilla vitale che teneva in vita mia nipote: tu avevi bisogno di qualcosa da seguire e di capire che quel qualcosa determinava la vita o la morte di Siléas -
- Vuole dire che quella…quella, era la Morte? Quella con la falce?-
- Ora non fare domande a cui non è facile dare risposta…è una creatura molto misteriosa, non a caso si cela nelle profondità di quei luoghi: non è dato vederla se non in situazioni estreme -
Certo, era ovvio, e non che a Liam interessasse poi molto stringere amicizia con quella figura.
- D’accordo: ora posso sapere di Lily invece? Che cos’ha? Dov’è?-
Una distolse lo sguardo e si ritirò in un mondo di riflessioni tutte sue, quindi lasciò la parola a Dorcas.
- Lily è ancora qui…- prese a dire indicando la stanza dove si era introdotta Black Annis a suo tempo – e sta bene…-
- Ma?- incalzò Liam.
Dorcas era molto seria.
Fissava il pavimento con le sopracciglia corrugate sugli occhi e le labbra contratte tra loro.
- Ma…- mormorò – è cambiata, come avrai notato...e non può continuare a vivere come prima…- disse, quindi risollevò gli occhi su Liam e gli sorrise – Morgan e Una se ne occuperanno. Si fermeranno qui fino a quando sarà necessario… -
- Che significa? Che le succederà?-
- Niente. Ma è ora che riprenda il suo posto e adesso che il suo legame vitale con Sìle si è interrotto, non possiamo più permetterci di trattenerla. Non ci appartiene -
Liam ebbe un moto di ribellione di fronte a quella prospettiva, gli sembrò che Sìle in tutto questo venisse prevaricata decisamente troppo.
- Liam, no…non è così…credi, non è davvero così. Nessuno vuole fare niente alle spalle di Sìle, non lo permetterei io per prima e Sìle stessa sa benissimo quale sia la fine che questa parte della sua vita deve avere. Non soffrirà quanto credi – lo rassicurò Dorcas andando a sedersi vicina a lui e prendendogli la mano – ti fidi un po’ di me?-
Lui sbuffò abbandonando la schiena contro la spalliera della poltrona e ci pensò su un momento.
- Ho paura di stare perdendomi dei pezzi…- disse a mezza bocca – insomma io non vorrei altro che poterla vedere, poterle parlare…- borbottò guardando la foto di Sìle bambina che ora stava appoggiata sul bracciolo della poltrona - e invece questa situazione immobile non la capisco! Perché non mi cerca? Non chiede di me…-
- Non avere paura…- gli disse Dorcas quasi intimandoglielo, anche se con pazienza – adesso che sai perché alcune cose sono successe, sai che alcune dovranno succederne ancora, puoi immaginare da te che abbia bisogno di ritrovare un minimo di ordine dentro di sé no?-
- Sì…- convenne lui.
- Allora va’ da lei. Tu la capisci, sai bene quando è il momento di invitarla ad aprirsi e quando ha bisogno di silenzio…aspettala -
- E’ quello che ho sempre fatto mi pare…-
- Fallo ancora una volta…- suggerì Una come riemergendo dal sonno.
E Liam tra sé, pensò che in quel momento, sarebbe stato pronto a farlo altre mille.
Chiese di poter vedere Lily prima di andare via: le due donne glielo concessero.
Entrò nella stanza e trovò Lily seduta sulla soglia della porta aperta.
- Ehi tu…- la chiamò dolcemente.
La piccola si voltò e lo guardò.
- Che intenzioni hai?- le chiese andandole vicino per abbassarsi al suo fianco.
Aveva gli occhi neri e senza pupilla, un sorrisetto dispettoso e sempre quello strano sguardo a metà tra l’infantile e il vecchio.
E forse era un po’ più gracile e pallida.
Gli indicò il bosco.
- Te ne andrai?- le chiese lui.
Lei non rispose in nessun modo, ma a Liam ispirò molto un no, come risposta, e non fu sicuro che a dettargli quell’impressione fosse stata la speranza.
- Non proprio?- le domandò allora sedendosi con le braccia appoggiate alle ginocchia.
Lily annuì e Liam sorrise, anche se con molta malinconia.
- Ci mancherai comunque…- le disse mentre lei si alzava e, come d’abitudine, gli si andava a sedere tra le gambe, appoggiandosi al suo torace.
Lo costrinse a nascondersi il viso con una mano per non farle vedere che aveva gli occhi umidi, ma non era la commozione per un addio scampato, o forse solo rimandato, quella che prese Liam: fu accorgersi che c’era ancora qualcosa che lo legava a quella piccolissima creatura, qualcosa anche al di fuori di Sìle, che lo rendeva speciale per lei e che in lui infondeva una sensazione insostenibile di tenerezza.
Riprendendosi da quel momento, se la strinse un po’ contro e le diede un bacetto sulla testa.
- Beh non so quali saranno i tuoi impegni d’ora in poi, ma vedi di non lasciarmi troppo solo con Garlicky va bene? Tu hai un odore molto migliore…- le disse.
Rimase con lei per un po’, fino a che non la vide distrarsi e non la sentì allontanarsi con l’attenzione da lui.
Restò seduto sul pavimento per uno o due minuti, guardandola avviarsi verso il bosco più fitto, fino a che non avvertì una presenza dietro le spalle: era Una.
- Ha nostalgia del suo mondo…- disse, quindi con la piccola mano strinse la spalla di Liam – è importante che Siléas accetti questo…che capisca che è l’inizio di una nuova vita per lei questo, non la fine di una vecchia -
Liam non si girò a guardarla, ma le promise che avrebbe parlato con Sìle a proposito.
- Io spero che lo sappia già…- rifletté ripensando a quando Sìle gli aveva detto che temeva la fine di quella storia - il problema più grande sarà spiegare a coloro che ci sono intono dove sia andata a finire – osservò.
Quello era un problema che Una, quanto Dorcas e forse Morgan, non calcolavano molto: loro non rispondevano alle leggi degli altri uomini, ne erano fermamente convinte.
Non ricevendo risposta, come prevedeva, Liam si alzò in piedi e si ritrovò di fronte alla donnina in tutta la sua piccolezza.
Lei lo guardò a lungo negli occhi e quindi gli puntò l’indice vicino all’ombelico all’incirca.
- Tu sei un lupo…- stabilì.
Liam inarcò un sopracciglio.
- Ed è una buona cosa?- domandò.
- A volte sì…- gli rispose lei, gli voltò le spalle e se ne andò prima che lui potesse chiedergli altro.
Capendo che la questione era momentaneamente accantonata, Liam salutò entrambe le signore streghe, tornò indietro, fino al b&b.
C’era un’immobilità del tutto invernale tra gli alberi, come l’aveva sempre vista prima di quell’ultimo anno passato…ora gli sembrava strana quella.
L’occhio destro era tornato ostinatamente cieco, anche a quello non era più abituato.
Per la prima volta dopo tanto tempo, si ricordò che doveva starci attento e doveva tenerlo sotto controllo e che era passato già più del tempo previsto dall’ultima visita.
Prese un appunto mentale per quel pomeriggio, per prendere un appuntamento.
Sbucò sul retro del b&b molto preso dai suoi pensieri e fu Agernore e richiamare la sua attenzione trotterellandogli incontro per prendere a strofinarsi contro le sue gambe miagolando.
- Ehi gatto…- gli disse lui chinandosi a prenderlo per sotto la pancia cicciotta – qual è l’urgenza?- gli chiese portandolo con sé, appoggiandolo poi sul muretto a secco che divideva la parte posteriore da quella anteriore della casa e lasciandolo lì, che decideva se aspettarsi altre attenzioni o no.
Gli faceva effetto sentire quel posto così silenzioso: niente pentole che sbatacchiavano qua e là, niente bollitori che fischiavano, niente voci dalle stanze ai piani superiori.
Il b&b era chiuso in via straordinaria in quei giorni, ma Dorcas, o chi per lei, solitamente avvisava eventuali clienti al telefono, Liam invece trovò un’auto parcheggiata vicino alla sua.
Erano due ragazze, due americane, una bionda e una rossa, studentesse in visita nei luoghi che avevano ispirato Wordsworth, Coleridge e via dicendo.
Avevano pensato fosse carino passare il Natale a Londra e poi fare un giretto per il Paese…
- Al pub poco fuori Ambleside ci hanno indicato questo posto, volevamo fermarci una settimana. Però non ci apre nessuno…non è che tu…-
Tono confidenziale classico delle ventenni consapevoli delle proprie attrattive.
- Io non sono il proprietario, ma sono di casa e…c’è stato un problema, non prendono ospiti in questi giorni. Però posso darvi il numero e l’indirizzo di una persona che può aiutarvi…- disse pensando a Charlie.
La rossa gli porse la penna, la bionda l’agenda e gli si misero accanto mentre lui scriveva.
- Ecco fatto…-
- E’ lontano da qui?- chiese la bionda leggendo l’indirizzo che Liam le aveva appuntato su un’agendina – è che sono quasi sicura che ci perderemmo, è già stato un po’ difficile arrivare qui…- gli disse.
Liam sorrise appena e guardò verso la strada facendo mente locale, cercando il modo più agevole per indicare loro la via.
- Ok, allora…da qui tornate sulla strada principale, scendete di nuovo verso il lago e poi seguite a ritroso la A593 fino a Clappersgate. Da lì, prendete la B5286 per Loanthwaite tirate dritto per circa quattro miglia, ci sono un po’ di curve, ma non fermatevi. Appena trovate l’indicazione per Hawkshead siete circa arrivate…-
- Mi sono già persa…-
- Io mi ero già persa a Clappersgate…-
Liam rise leggermente.
- Mh…beh sì, è facile da queste parti…- riconobbe, quindi ci pensò un momento, sospirò e annuì tra sé- Ok. Se mi seguite, vi porto a casa mia…-
Risolino compiacente delle due che fece notare a Liam che aveva omesso qualche spicciolo di spiegazione, ma anche che non c’erano particolari obiezioni nell’eventualità.
Sorrise grattandosi la fronte.
- L’amico in questione, affitta diversi cottages nel circondario, forse può anche darvi qualche dritta. Dovrebbe essere a casa mia ora…- specificò immaginando che Charlie avesse accompagnato Jane.
In caso contrario avrebbe chiamato Charlie al telefono, avrebbe aspettato che arrivasse con le due studentesse e poi sarebbe partito per Carlisle.
Non servì: Charlie stava giusto rimontando in auto quando arrivarono e si fermò vedendo la BMW di Liam.
Liam gli spiegò brevemente la situazione, lasciò le due americane in custodia a Charlie, salutò Jane, le disse che andava a Carlisle e ricevendo saluti e ringraziamenti dalle due ragazze, montò in auto e partì.
Non gli sembrò strano che la chiara disponibilità all’amicizia delle due, lo avesse quasi irritato: aveva fretta di andare da Sìle e non ci pensava nemmeno a perdersi dietro qualche culo fasciato in pantaloni troppo aderenti perfino per essere comodi.


Mentre era per strada chiamò Ceday.
“Senti io ho fame e Sìle sta dormendo: se gli spiego dov’è, il mio amichetto col gonnellino, me lo porta un Kebab vegetariano?”
- Mi pare il minimo…-
“Panino…”
- Ok-
“E niente burro!”
-Bene…-
“Tanto yogurt…”
- Sì…-
“Se ci mettono le patatine, inceneriscili…”
- Sarà fatto -
“Ah! E niente cipolla!”
- Sì…ok…guarda che se per caso devo scrivermelo hai dimenticato di dirmi di accostare, Ced…-
“No ho finito…”
Quando Liam la raggiunse davanti all’ospedale, la fece salire in auto perché fuori pioveva e faceva un freddo davvero perfido, e la vide addentare il panino con l’aria di quella che si fosse appena fatta di morfina sospirò.
- Che donna…- le disse – fai diventare sexy anche i baffi di yogurt lo sai?-
- Mangio per dimenticare…-
- Cosa?-
- Non so…qualcosa da dimenticare c’è sempre no? Senti…- gli disse, poi gli porse un tovagliolo di carta – toglimi i baffi prima…-
- Agli ordini…- rispose lui eseguendo – col fish&chips non capitano certi incidenti però…-
- Non mi piacciono i fritti. Ascolta: io devo tornare a Londra, non posso proprio trattenermi di più…-
Liam annuì in silenzio.
- Quando devi partire?- le chiese poi.
- Beh, visto che a quanto pare Sìle la dimettono prima, probabilmente in serata, pensavo di salutarla una volta uscita e poi tornare a Londra -
Liam intuì un’esitazione in lei.
- Guarda che non la lasci sola…- le disse dandole una spintarella molle con un gomito.
- Lo so…è che mi sembra brutto. In fondo non è un vero e proprio obbligo e potrei…-
- Ced…la rimandano a casa, c’è Dorcas, ci sono sua madre e sua nonna, c’è Dorinda, Charlie…-
- E tu dove sei?-
- Appunto, era per non sembrare presenzialista…-
Ceday gli sorrise e gli diede dello stupido, ma poi tornò seria.
-In realtà volevo dirti un’altra cosa…- riprese e senza aspettare risposta continuò – c’è stato un momento in cui tutte noi, perfino tua madre, abbiamo sentito che eravate fuori pericolo…così abbiamo discusso della situazione. Lo abbiamo fatto ancora quando Sìle si è svegliata e ci ha detto qualche parola. E Morgan è una donna un po’ fatta a modo suo e…probabilmente sbaglia il modo, ma le intenzioni credo siano le migliori riguardo Sìle e Lily. Non è una cosa incredibile quella?- domandò distraendosi dalla linea principale del discorso per condividere con lui un po’ dell’incredulità che aveva causato in tutti loro quell’evoluzione delle cose tra la ragazza e la bambina.
Liam tacque e fece un timido cenno di assenso: non gli piaceva parlare di quella cosa.
- Comunque è facile che non ti venga spontaneo appoggiarla nelle sue intenzioni riguardo Lily…-
- Perché mi dici questo Ced?-
- Perché c’è il rischio che Sìle la prenda per il verso sbagliato. E’ molto chiusa rispetto alla madre, non crede che Morgan possa voler fare qualcosa solo perché le vuole bene. Sono quasi sicura che penserà che Morgan lo faccia perché ha l’ansia di non irritare i simili di Lily piuttosto che mossa da un pensiero per lei…-
Liam guardò fuori: un’ambulanza partì speditamente, i lampeggianti per qualche attimo andarono all’unisono con la decorazione luminosa che stava di qualche metro avanti all’automobile.
- Ced mi dici una cosa?- domandò cambiando completamente pensiero e argomento: gli era venuta una curiosità strana, che non aveva mai avuto, ma che in quel momento gli causava insicurezza.
- Cosa?-
- Com’era con John?-
Ceday fece un risolino.
- Perché mi chiedi questa cosa?-
Liam si strinse nelle spalle e scosse il capo.
- Non lo so…mi sono reso conto che non le ho mai chiesto niente. Conoscevo John, conosco lei e non so niente di loro due insieme…-
- E ti preoccupa?-
Liam si rabbuiò un po’.
- John era una persona eccezionale…e lei si è costruita quel bozzolo di protezione dopo la sua morte. Ora quella protezione è sparita e se…quello che vede, non le piacesse più?-
- Parli di te?-
- Anche…-
Ceday masticò a lungo, sembrava una bambina piccola con tutto l’impegno che ci metteva.
- Mh…- scosse la testa, ma forse non era convinta, allora ci pensò ancora un momento – quando stava insieme a John era serena, aveva la testa piena di sogni, di progetti…lui non l’ho conosciuto bene, ma mi pareva un ragazzo così solare…-
Liam annuì con consapevolezza.
- Lo era…- le disse e si indicò le labbra – aveva sempre gli angoli della bocca piegati in su, come stesse trattenendosi a stento dal riderti in faccia. E…- un ricordo di John lo fece ridere – era stonato come una campana, era incredibile! -
Ceday sorrise.
- Anzi no, scusa...- ritrattò Liam dopo un attimo - mi correggo, non era stonato. Era monocorde. Sapeva suonare benissimo, ma se gli chiedevi di cantare, non era in grado di emettere più di una nota per canzone...- disse ridendo al ricordo di sé stesso o altri che tentavano di fargli intonare qualcosa in maniera accettabile.
- Sìle rideva molto con lui, è vero, e lui la faceva sentire speciale…-
Liam era sempre più corrucciato.
”Ehi Liam…”
“Ehi…Mr.Moore! A cosa devo l’onore?”

Charlie aveva esitato un attimo.
”Charlie? Tutto a posto?”
“E’ successa una cosa Liam…e…io pensavo dovessi saperla ecco… io ho chiesto il tuo numero a tua madre, scusami forse ho fatto male, ma credevo di dovertelo dire e così…””

Di nuovo un silenzio pesante e gravoso.
”Charlie mi stai facendo preoccupare…mi dici che è successo? Stai bene?”
“Oh io sì…sì…certo, io sto bene, ma…John. E’ morto Liam…

Ricordò che si era bloccato nella stanza in cui si trovava, in mezzo a uno stanzone di New York in cui si aggiravano un sacco di persone ben vestite che visitavano una mostra d’arte.
”Quando?”
“Ieri sera…aveva bevuto, c’era un tempo da lupi. Un ramo della quercia davanti casa degli Smith è crollato sotto un colpo di vento più forte…dritto sulla sua auto e lui non l’ha potuto evitare…”

A Liam le spiegazioni di Charlie sembrarono distanti, come se non stessero parlando tra loro ma con persone diverse, o di qualcosa di diverso.
Stava per dirgli ma dai…John? Il John che conosco io sta benissimo, se lo conosco un po’ sta…giocando a freccette con gli altri ragazzini del pub e…
John non era più un ragazzino, erano passati undici anni da quando John era un ragazzino e forse no, non era al pub.
”Come…cosa l’ha ucciso?”
“Emorragia interna…la cassa toracica era schiacciata. E’ successo velocemente dicono…e lui non ha ripreso conoscenza…e…”
Charlie non era riuscito a continuare.
Liam si sentiva male dentro.
John era un ricordo affettuoso per lui, si volevano bene, ma...non c’era Sìle quando erano insieme loro due e gli altri ragazzi.
- Mi sento uno schifo Ced. Mi dico di continuo che se John fosse ancora qui, con Sìle…forse non ci sarei io…-
Ceday non gli rispose, lo guardò soltanto mentre masticava un altro morso di kebab.
- Io non lo so cosa mi sia successo. Non mi ero mai sentito così per una ragazza…voglio dire…- si schiarì la voce guardando fuori – ritrovarmi sprovvisto di orgoglio tanto da dire …ehi che culo! Il mio amico è diventato suo ex perché è morto, non c’è pericolo di ritorni di fiamma!, mi fa sentire…-
- Sì, ok, ho capito…fermati prima di dire altre idiozie!- lo interruppe autoritariamente Ceday – guardami bene in faccia Kerr, perché guarda che chiamo qualcuno dal pronto soccorso per farti fare qualche controllino al cervello! Adesso ascoltami molto attentamente: quella ragazza là dentro, famosa come mia migliore amica, nota come tua ragazza, nonché conosciuta come strega, detta anche Sìle, non ha neanche la più pallida ombra di un dubbio tra te e John, sono stata chiara? Puoi rispondere di sì -
Liam la guardava preoccupato e annuì per evitare di irritarla dicendole che a parte la spiccata nota di egocentrismo nell’elencare le peculiarità identificative di Sìle, sì, era stata chiara.
- Beh, come detto. John è morto e lei era innamorata di lui, ma c’è qualcosa che tu non stai considerando…-
- Cosa?-
- John l’ha abbandonata come gli altri. Sìle era felice con John perché lui la faceva vivere in modo normale…accettabile per tutti. E lei si sentiva tranquilla, si illudeva che prima o poi tutti si sarebbero convinti che lei non aveva niente di speciale su cui spettegolare o che potesse farle del male, bastava avere pazienza…-
Sìle si confidava con Ceday quasi su tutto, ma quelle erano cose che non le aveva detto esplicitamente; quelle erano cose che Ceday aveva percepito nell’amica, perché neppure lei forse ne era del tutto cosciente.
- La sua sbronza fatale, quella che l’ha ucciso, John se l’era presa perché da bravo, tipicamente stupido uomo, ha pensato che Sìle si fosse inventata la balla dell’essere una strega perché lo considerava un provincialotto babbeo che saputa quella cosa sarebbe scappato a gambe levate. Era convinto che non avesse il coraggio di lasciarlo e si stesse inventando una scusa assurda. La capisci la differenza tra te e John brutto zuccone?- gli chiese dandogli un pugno su una spalla – e guarda che io lo so che era un bravo ragazzo e che era innamorato di lei. Ma io non sono sicura che dopo quella notte, se fosse sopravvissuto, Sìle l’avrebbe voluto ancora…e se ha vissuto quel lutto tutto personale, di quattro anni, è stato perché in qualche modo si sentiva d’aver provocato la sua morte per un motivo stupido. Qualcosa che poteva benissimo tacere, che poteva benissimo nascondere. Tu non immagini quante volte io mi sono domandata se tutti quelli che mi mollano perché sono strana, anche quelli per cui sto male come una disperata, valgono la rinuncia a quello che sono…-
Liam si ritrovò sorpreso di fronte a quella confessione di Ceday: era la prima volta che manifestava una sofferenza.
- In tutta onestà, non potrei mai dire che è giusto nascondere la mia natura per la tranquillità del bestione che mi scalda il letto. Quello può farlo chiunque. Io mi merito qualcosa di più che essere tollerata e aiutata a dominarmi e in tutta sincerità, da amica, non potrei dare a Sìle un consiglio diverso dal dirle: hai trovato un uomo che ti vuole vicina esattamente per come sei? Beh tanti saluti ai cari estinti, rimarranno sempre nei nostri cuori, ma tieniti stretto lui!- disse concludendo il discorso con un’altra manata sulla spalla di Liam, tanto per sottolineare Lui saresti Tu.
Lui si portò una mano lì dove lei lo aveva colpito e fece una smorfia.
- Va bene, va bene, ho capito…grazie del sostegno morale. Hai finito di farmi nero?- protestò pigramente.
- Sì…ma se fai una sola parola a Sìle di questi dubbi cretini, giuro che ti stacco un orecchio a morsi!-
E tanto per esemplificare, gli tirò la cartilagine dell’orecchio più vicino a lei.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 - Ritrovarsi (II) ***


Capitolo 22 –

Sìle aveva la sensazione d’aver perso un sacco di cose importanti che potevano essere successe, le sembrava d’aver dormito per mesi.
Vedeva tutto come dopo un lungo viaggio, aveva bisogno di far tornare nella sua normalità anche la luce del giorno.
Le mancava Liam, ma già temeva di stare perdendo dei particolari di lui, ad esempio il non riuscire a richiamare alla mente il suo profumo con assoluta certezza…o il suono della sua voce.
Quella la ritrovava in un piccolo antro della sua memoria che le suggeriva alcune frasi, parole, momenti.
Avrebbe potuto chiamarlo no? Si diceva a momenti.
No, si rispondeva poi, perché aveva paura di sentirlo estraneo come tutto il resto e non era disposta a concedersi tempo per riconciliarsi con lui, la sua presenza, o di affrontare la sua eventuale diffidenza.
Sentiva il legame con lui più di prima, ma non era sicura che lui rivedendola o risentendola, avrebbe sentito lo stesso.
Il vantaggio in tutto quello spaesamento, era che la presenza di Morgan risultava meno estranea in quelle condizioni.
Sìle la lasciava avvicinare con più disponibilità, benché non le concedesse particolari confidenze.
Lasciava che la madre le pettinasse i capelli ad esempio, un gesto che risultava quasi ancestrale in quelle sale dai colori asettici, ma era la cosa più familiare che avvenisse tra loro due.
I medici avevano dato molte spiegazioni a Sìle su quale tipo di stress avesse subìto il suo corpo, almeno in apparenza, pareva in uno iniziale di denutrizione, come se avesse sostenuto uno sforzo immenso senza ricevere nessun sostentamento in termini energetici.
E poi quel coma, l'ipotermia, due cose avvenute in maniera non proprio consueta, che bisognava tenere sotto controllo in futuro.
Per il resto stava bene, ma il cuore era stato soggetto e frequenti aritmie, l’avevano liberata di flebo e sensori premettendole comunque l’esigenza di altre visite mediche, quindi sarebbe dovuta tornare a Carlisle nei giorni successivi.
Quando l’aveva vista preoccuparsi che a Liam potesse succedere lo stesso, Clawley, che si era premurato di rimanere nei paraggi quanto più spesso gli consentissero i suoi impegni, le aveva detto che avrebbe insistito che anche lui si lasciasse dare un’occhiata appena possibile: il medico era il primo con cui aveva spiccicato qualche parola.
Non sembrava abbattuta, ma molto distratta e pareva interessarsi solo a Liam, pur non avendo accennato a cercarlo.
Morgan ad un certo punto, la lasciò sola anche quel giorno.
Sìle non si preoccupò e non controllò dove andasse perché non si allontanava mai oltre il corridoio. Sentì che stava arrivando Ceday e rimase seduta sul letto, con le gambe incrociate e un pesante cardigan nero e morbido infilato addosso, ma poi avvertì anche la presenza di Lui e allora ebbe l’impulso di alzarsi.
Eccola di nuovo quella scritta del suo nome, William, luminosa, a caratteri cubitali, che aveva smesso di lampeggiare per pochi attimi.
Sentì che il cuore le tremava in petto, ci si portò una mano sopra, poi tentò di alzarsi.
- Ehi no…- la fermò Ceday vedendola mettere i piedi in terra dalla porta– hanno detto che non devi stancarti. Ti vengono a visitare tra poco, dopo potrai girare quanto vuoi. Come va?- le chiese.
Sìle le sorrise sollevando lo sguardo, con gli occhi lucidi.
- E’ qui vero?-
Ceday le sorrise a sua volta.
- Stai diventando sempre più brava eh?- osservò l’amica mentre Liam faceva il suo ingresso nella stanza, infatti quando si accorse di lui, raggiunse Morgan all’esterno lasciando soli i due.
Lei e Liam si fermarono vicini per un istante nell’incrociarsi.
- Ricordati che un orecchio mozzo nuoce all’estetica Highlander…- bisbigliò Ceday reiterando la minaccia cannibale.
- Bene Mike, quando torni sul ring mi fai uno squillo?- rispose lui ironico.
Sìle guardando Liam, si sentì di nuovo come se stesse vedendo qualcosa di molto familiare, ma dopo tanto tempo e un attimo dopo, si portò le mani alle guance: si ricordò che, guardandosi allo specchio quella mattina, si era trovata molto pallida e smunta.
Liam la guardava come la vedesse per la prima volta invece.
Aveva qualcosa di diverso, forse l’essere un po’ dimagrita accentuava i lineamenti, la profondità degli occhi, che però in quel momento, erano quelli di gatto: di questo fu contento, significava che era vigile e presente.
La cosa incredibile poi erano i suoi capelli…pareva fossero ancora più lucidi.
Dopo qualche secondo in cui entrambi ebbero la sensazione di faticare anche solo a respirare, Liam sgonfiò il petto, le andò incontro, si chinò vicino al letto lasciando il giaccone su una sedia lì vicina, le sfiorò le braccia quasi accertandosi che avesse una consistenza, che fosse vera, e si accorse che lei, per quanto pallida, bruciava come avesse la febbre e tremava.
Morgan e Ceday osservarono la scena da fuori.
Quando Liam si mise seduto sul letto vicino a lei, Sìle sembrava quasi volersi nascondere ai suoi occhi, ma lui le parlava, le sorrideva, con la sua solita calma e molta dolcezza.
Alla fine lo videro avvicinarsi guardingo a lei e alla fine li videro baciarsi a fior di labbra, senza dare molto spettacolo.
Sìle mentre lo baciava, sentì come rinvigorirsi ogni sua consapevolezza di Liam.
Il suo odore, il suo sapore, la consistenza del suo corpo, la forma del suo viso e della sua testa mentre lo accarezzava, la sensazione della sua bocca, del modo in cui muoveva le labbra sulle sue, il modo che aveva lui di accarezzarla…in cui cambiava il ritmo del suo respiro quando provava qualcosa di eccitante, in qualunque modo lo fosse.
Al contempo sentì che da parte di Liam c’era solo il bisogno di sentirla, sentire che era viva e che era sua.
Quando si guardarono negli occhi, lei gli prese il viso tra le mani e gli accarezzò le guance con i pollici mentre lui la guardava.
I suoi occhi avevano il colore dell’acquamarina, proprio quel colore.
Gli sorrise come dicendogli Sì, sei proprio tu…
Tuttavia non si dissero quasi niente per un po’: si sorridevano, si scambiavano qualche affettuosità, ma quasi non parlavano.
Lei strofinava spesso il viso contro il suo, la fronte, con la punta del naso toccava quella di lui e poi gli sorrideva.
Liam non la spingeva a parlare se non voleva, in quel momento gli bastava stare ricevendo conferma da Sìle stessa che le sue paure, quelle confidate a Ceday, non erano fondate.
John si era sentito preso in giro da Sìle perché semplicemente non credeva possibile la sua esistenza al di fuori della ragazza dolcissima e bella in quel modo tutto speciale, si disse Liam.
Non poteva credere che ci fosse davvero qualcosa di più particolare il lei con cui confrontarsi un giorno o l’altro, non l’aveva messo in conto o non ce lo aveva voluto mettere.
Per lui invece Sìle era tutto quello che conosceva e sapeva di lei e che, in minima parte, aveva anche capito di poter temere, visto tutto quello che comportava...e allora? si chiese...dove la trovo un'altra che mi guarda così? Come se fossi l'unica cosa per cui vale la pena esistere...
- Voglio tornare a casa, voglio stare con te…- bisbigliò d’un tratto lei, mentre gli baciava un angolo delle labbra.
Lui fece un sospiro languido e sorrise.
- Streghetta non lo so quanto ti conviene…l’ultima volta che ci siamo visti sei stata piuttosto provocante. Se ci ripenso rischio di non rispettare molto il tuo stato di convalescenza…- le disse, poi quando vide che lei lo guardava non proprio serena le sfiorò il mento con un dito – ehi…tutto bene?- le chiese.
Lei disse di sì e gli strinse le mani nelle sue, come tornando d’improvviso del tutto alla realtà.
- Lily è ancora…-
- Con Dorcas…- le confermò Liam.
Sìle annuì e distolse lo sguardo per portarlo verso la finestra.
- Che ti ha detto Dorcas?- domandò.
Liam sospirò e si schiarì la voce.
- Non è meglio se ci pensi quando saremo a casa?- propose, ma lei scosse la testa.
- No…- disse senza ostinazione – io ho bisogno di qualcuno che mi dica come sta senza parlarmi di quello che la sua natura vuole che accada…capisci?- gli spiegò.
Lui cercò di sorriderle, ma sapeva di non poterle dire molto o di molto diverso.
- L’hai vista?- chiese Sìle.
- Sì…- rispose lui alzandosi e andando vicino alla finestra – sì…- ripetè serio, incrociando le braccia sul petto – lei è…beh sta bene, sembra tranquilla. Sembra…-
Si fermò e si portò il dorso di una mano sulle labbra mentre cercava le parole, cercava di sceglierle.
-…tua madre ti ha parlato? Ti ha detto qualcosa riguardo lei?- chiese dopo un attimo.
Sìle disse di no, che avevano parlato pochissimo ma che aveva capito che aveva qualcosa che le covava dentro.
Liam allora si voltò, guardò per un momento Sìle negli occhi, poi guardò verso l’esterno: vide Ceday e Morgan che scambiavano poche parole tra loro.
Tornò a guardare Sìle e si passò la mano dietro il collo.
- Lei e Una, a quanto ho capito…hanno intenzione di…indirizzarla verso il posto che è giusto che occupi…- disse, poi fece una smorfia – scusa, non so come altro dirlo, lo so che sembro una di loro, ma…-
Sìle lo guardò e gli sorrise per tranquillizzarlo, ma Liam vide che non era così calma come voleva sembrare.
Capì che Ceday aveva di nuovo ragione: Sìle in quel momento stava provando un risentimento estremo verso la madre, perché l’aveva lasciata sola e perché anche ora, non stava pensando alla parte umana, e sofferente, di lei, ma alla sua natura magica e di quella si stava curando.
Sbuffò e alternando ancora lo sguardo tra Sìle e Morgan per pochi secondi, prese una decisione.
- Basta con questa storia…- mugugnò mentre si dirigeva verso la porta a chiamare Morgan.
Quando la donna si accorse di lui, non si lasciò intimidire.
- Lei perdonerà un inutile appendice XY che osa intromettersi nelle vostre faccende da sacri esseri XX superiori, ma forse è ora che parli con sua figlia: venga dentro per favore- le disse invitandola un po’ per le spicciole ad entrare e affrontare Sìle.
Morgan lo guardò come se la sconcertasse scoprirlo in grado di parlare.
- Guardi che non ho intenzione di essere più gentile di così, Morgan…- aggiunse quasi imperioso.
La donna con il suo contegno austero e granitico, fece il suo ingresso nella stanza, guardò Sìle e quindi si voltò verso Liam, facendogli cenno, chiedendogli senza parole di aspettare, di darle un attimo di tempo.
Lui allora rimase lì con Ceday e non sentirono molto del dialogo in corso, più che altro arguirono i toni e gli stati d'animo.
Madre e figlia si fronteggiarono per qualche secondo.
- Sei diventata forte…- furono le prima parole di Morgan.
Sìle tacque.
- Mi hai stupita…- ammise allora Morgan.
- Devo scusarmene?- le domandò la figlia con una voce molto ferma, senza ombra di stanchezza.
- No…- disse la madre, pacata nel tono – sono contenta d’essermi sbagliata…-
- Si sbaglia spesso su quello che non si conosce…-
- Io ti conosco…-
- Molto poco…- replicò con fermezza Sìle.
Morgan incassò e ci fu di nuovo silenzio.
- Non sono abituata ad affidarmi alle parole degli altri per capire le cose…- riprese dopo un po’, sedendosi sul letto, proprio dove poco prima era Liam – ma…qualche lezione fa bene riceverla qualche volta -
Sìle cambiò espressione, pur non abbandonando la diffidenza divenne curiosa, le sembrò di scoprire una faccia nuova della madre.
- Ho imparato molte cose in questi pochi giorni…- continuò quella guardando il pavimento.
- Che cosa?- chiese Sìle.
- Intanto che non è vero che una di noi, se si concentra su sé stessa e su quanto di più simile ha intorno, come una madre o una sorella o una figlia…- parlava di sé e di Una e di Sìle – escludendo altri legami…- parlava di Liam – è più forte o più radicata nella sua antica coscienza…- sospirò – ho imparato che non sempre la presenza di un uomo, coincide con una rinuncia a noi stesse e che ci sono uomini in grado di capirci al punto da poterci seguire nei posti più impensabili -
Sìle non si girò a guardare Liam, ma volse un poco il viso nella sua direzione.
- Ho fatto degli errori, non lo nego, ma fino adesso, non avevo trovato nessuno in grado di farmi ricredere o di farmi rivedere le mie posizioni…- aggiunse Morgan.
Sìle in quel momento, forse proprio grazie a quel distacco tanto lungo tra lei e sua madre, si accorse che quel suo atteggiamento così intransigente, così poco clemente verso chi era diverso da lei, altro non era che una forma di difesa.
Morgan era molto diversa da Una, che viveva la sua vita con la stessa naturalezza e libertà con cui la viveva Dorcas, senza rispondere a nessuna particolare regola o limitazione.
Lei invece era figlia di una generazione diversa, una generazione in cui certe cose, come la natura di una strega, potevano essere affascinanti per certe ondate di nuovi pretesi intellettuali hippie, ma per lo più svanito l'interesse, venivano emarginate, derise, escluse.
Certo questo non era mai stato un problema, nei secoli ognuna di loro aveva avuto come unica compagnia affidabile le sue simili, ma Sìle non aveva mai riflettuto sul fatto che per Morgan potesse essere destabilizzante uscire da quelle abitudini quotidiane, che potesse farle temere di perdere il controllo su cose più importanti, se fosse diventata motivo di sofferenza quell’apertura al mondo.
C’era del disincanto alla base della sicurezza che Sìle sentiva in sua madre ora, una sicurezza che non era uscita indebolita dall’esperienza di quegli ultimi giorni, ma aveva assunto contorni forse un po’ più sfumati.
- Non dovevo allontanarmi…mi ero sbagliata anche su di te. Credevo che fossi troppo simile a tuo padre…-
Sìle ebbe il primo moto di ribellione verso Morgan da quando si era svegliata e l’aveva trovata al suo fianco.
- Magari lo sono davvero. Sarebbe così orribile?- le chiese in modo brusco– se un domani io avessi un figlio da Liam, pregherei con tutta me stessa che gli somigliasse! Più a lui che a me!-
Morgan la guardò con un lampo d’apprensione negli occhi.
- Ma tu non sei peggiore di lui!-
- E chi dice che sia migliore? Chi dice che tu fossi migliore di mio padre tanto da disprezzare il suo amore per te e per me? Da sentirti in diritto di poter provare delusione verso quello che di lui poteva esserci in me?-
- Non era questo…non ero delusa da te…-
- E da cosa allora?-
- Da niente!- esclamò Morgan alzando per la prima volta la voce tanto da far girare Liam, Ceday e un’infermiera di passaggio che portava in mano uno scatolone con delle decorazioni natalizie più vecchie, forse sostituite con altre.
Sìle vide negli occhi di sua madre un lampo luminoso, un po’ come quello che succedeva a lei e poi la vide passarsi una mano sui capelli raccolti in una coda bassa sulla nuca, come in un gesto di disimpegno per ovviare a quella perdita di autocontrollo.
- Avevo paura d’aver sbagliato…- disse poi – già allora. D’aver voluto come compagno un uomo troppo…-
- Inutile?-
- Al contrario…troppo importante. Era un uomo dolcissimo, di una tenerezza e una dedizione a cui era difficile resistere e opporsi. Era difficile perfino litigare con lui, sempre che te ne desse motivo. Forse proprio per questo non era adatto ad un modo di vivere, di concepire le cose che a volte può essere crudele, come lo era il mio, quello di mia madre. Io avevo paura che tu, come unione tra noi due, ne risultassi invece troppo indifesa. Per colpa mia e della mia debolezza verso di lui che era un uomo troppo buono -
Stranamente Morgan, quando si mosse, lo fece per guardare Liam, non Sìle, e non gli nascose che stesse parlando proprio di lui in quel momento.
Ceday guardò Liam, capì che teneva d’occhio le cose, che non voleva che Sìle stesse ancora male; non dava segni di nervosismo, ma era allertato come se un campanello d’allarme gli risuonasse in testa.
- Placa la tua foga, guerriero…- gli disse Ceday sottovoce.
- Mh? Come scusa?-
- Stanno solo parlando, ne hanno bisogno. Morgan non vuole farle del male, fidati…- lo tranquillizzò lei facendogli una carezza su un braccio.
- Lo so che lo sai Tyson…- le riconobbe Liam(al nuovo soprannome Ceday non si era ancora ribellata) – però quando una cosa fa male per troppo tempo, forse tu non ti accorgi più del dolore perché hai imparato a conviverci, ma se qualcuno prova a farti una carezza, può farti vedere le stelle…- mormorò uscendo in corridoio, facendo un mezzo passo in avanti, girando su sé stesso con un leggero stiracchiamento per tornare dov’era.
Vide che Morgan parlava di nuovo.
- Lui è diverso da tuo padre…lo so io come lo sapresti tu se lo avessi conosciuto. Si sente. Lui non è fragile…lui ti sostiene, non ha paura di te…o di noi per ciò che siamo – disse Morgan guardandolo appoggiato allo stipite della porta, qualche metro più distante – lui è il tuo Derwen…- le disse allungando una mano a sfiorare il petto della figlia – tuo padre non poteva esserlo per me…-
Derwen era l’albero di quercia, un modo che Una usava per definire le persone forti e solide.
Sìle abbassò gli occhi e ancora ricercò di nascosto l’immagine di Liam, poi guardò Morgan.
- Ma forse poteva essere un un padre per me…- mormorò – poteva farmi sentire meno sola. Lui mi voleva!- esclamò tornando ad alterarsi.
- Anche io ti volevo!- le rispose Morgan.
I toni più concitati riportarono l’attenzione di Liam e Ceday nella stanza.
- Ahi…- mormorò lei mentre Liam stava già preparandosi ad intervenire in qualche modo.
Infatti Sìle, uno dei rari casi in cui le succedeva da quando lui, ma anche Ceday, l’avevano conosciuta, alzò di nuovo il tono di voce e stavolta con molta più decisione.
- E te ne sei ricordata proprio ora vero? Ora che la tua indifesa figlia troppo umana, ha dimostrato di essere qualcosa di più interessante! Qualcosa di meno normale! Non eri così ansiosa di parlare con me neanche quando Eric…- si interruppe un momento e la guardò bene – te lo ricordi vero cosa stavano per farmi? Almeno questo di me te lo ricordi?-
- Ehi…- la richiamò Liam entrando mentre Ceday accostava la porta.
Sìle si portò una mano sulle labbra soffocando un singhiozzo, Morgan era immobile, come pietrificata e Liam capì che Sìle aveva colpito con una durezza che lei non si aspettava di dover fronteggiare, che non sapeva gestire.
Sentendosi in dovere di correggere Sìle in un errore che poteva essere grave, si avvicinò al letto e le pose una mano sulla spalla.
- Non è così…- disse con calma e lei lo guardò come se le avesse fatto mancare una mano vedendola precipitare in un burrone, ma Liam non se ne lasciò turbare – è venuta solo per te…di Lily non sapeva ancora niente…- le spiegò.
Sìle nascose il viso tra le mani e poi si andò a rifugiare contro il corpo di Liam che allora guardò Morgan.
Quello che a Morgan piaceva di Liam era proprio lì davanti a lei: non era mai troppo né troppo poco quello che faceva o diceva.
In quel momento era entrato per difendere la posizione di una persona che avrebbe potuto forse perfino odiare, per come si era comportata in passato, contro l’aggressione di quella verso cui aveva più obblighi e che ora si rannicchiava tremante contro di lui.
Era pronto ad uscire e a lasciarle di nuovo sole se gliel’avessero chiesto, ma sentiva che non poteva farlo di sua iniziativa, perché Sìle aveva bisogno di lui e forse anche Morgan in parte.
Era stato autorevole nel parlarle poco prima, e ora non era diverso il suo atteggiamento, non aveva intenzione di concederle scappatoie, ma neppure di metterla alla gogna.
- Non riuscivo a dire niente, perché ero convinta fosse colpa mia anche quella…- disse guardando lui.
Liam tacque, accarezzava i capelli a Sìle e rimaneva in silenzio.
- Credevo fosse colpa di com’ero, di come mi mostravo…non avevo motivo di vergognarmi di me, nessuna intorno era come me e lo sentivo. Sapevo d’essere sola per quel motivo, ma a causa di questo ero diventata così orgogliosa. Credevo che il male peggiore lo portasse chi voleva cambiarci e non avevo messo in conto che ci fosse chi invece poteva approfittare di noi…di te…di non averti saputa aiutare, armare...-
Sìle la scrutò di sottecchi, confortata dalla vicinanza di Liam.
Morgan accennò un sorriso.
- Non pretendo che mi perdoni…so che magari nemmeno ci riuscirai, lo so da anni, ma non potevo rimanere lontana -
Sìle tirò su col naso e si asciugò una lacrima, mentre l’altra cadeva pesante sulla coperta.
- E Lily?- domandò.
- Lily non è tua…- rispose Morgan tornando forse troppo dura nel tono – ha risanato la tua ferita, ti ha prestato qualcosa di sé per lenire il tuo dolore, ha preso un po’ di quella sofferenza in sé, ma ora è tutto sanato -
Sìle portò uno sguardo implorante su Liam, come una bambina, ma sapeva che non avrebbe ricevuto la risposta che le sarebbe piaciuta di più.
- Ha ragione…- le disse con tono malinconico.
Sìle avvertì la fitta di dispiacere che gli trapanò il petto, somigliava tanto a quella che sentiva lei.
- Ma non è sanato niente se mi portano via la mia bambina!- protestò, ma Morgan le afferrò le mani con forza e la costrinse a guardarla.
- Non è la tua bambina. Sei tu. Non ti verrà portato via nulla, è tutto dentro di te ora…-
- Cosa?- domandò lei rimanendo senza fiato. Un attimo dopo scosse la testa, certa di aver ascoltato un’assurdità, una bugia – no…come può essere? Lily è…così piccola…è…- balbettò tornando a guardare Liam – diglielo che non è così…-
Liam contro ogni sua inclinazione e contro ogni volontà, dovette dirle di no.
- Sta dicendo la verità. Ricordi qualcosa di quel sogno?- le chiese – la radura, lo specchio…quella strana immagine di te riflessa…-
Sìle doveva aver rimosso alcune cose e solo in quel momento le tornarono alla mente, ascoltando Liam.
Acquisì d’un tratto la consapevolezza di cosa le stava accadendo, qualcosa quindi che nessuno degli altri, Liam o le altre streghe, potevano sapere.
Quando si era trovata in quel luogo buio e freddo, aveva visto sé stessa e Lily nello specchio, la sua Lily, ma ne aveva avuto paura, come quella volta al lago in cui la bimba le aveva fatto male per trattenerla lì con lei.
Aveva la consapevolezza che non l’avrebbe lasciata allontanare da lì…allora era comparsa la gattina e se n’era andata poco dopo e da quel momento in poi, le sembrava, doveva essersi divisa, trovando in quella forma una via di fuga.
Ricordava perfino alcuni dei momenti che aveva vissuto Liam, aveva la coscienza della sensazione di dondolio che dava starsene rintanata nello sporran davanti alle sue gambe. E ricordava di averlo perso Liam a volte, senza sapere come o dove.
Capì anche che cosa aveva visto lui di così sgradevole in quello strano specchio…vide in quel momento, tra i suoi ricordi, il riflesso di Lily e di sé stessa come l’aveva visti lui, non come le sembrava nel momento stesso.
E si accorse anche che in quello specchio, lei, la sua immagine, non veniva riflessa.
Lily era il suo riflesso.
Ed era una creatura così spaventosa nella sua forma reale?
O era ciò che sarebbe divenuta rimanendo imprigionata in quella vita?
Sarebbe divenuta una creatura meschina e raccapricciante forse…
La conversazione venne interrotta da un’infermiera che annunciava la visita di controllo per Sìle e lei si riscosse; guardò Morgan, guardò Liam.
- Io…sì – rispose a lui, si ricordava. Annuì - ho capito credo…- aggiunse bisbigliando incredula – ma…-
L’infermiera si fece più avanti annunciando che era proprio il momento.
- Scusate, ma devo chiedervi di uscire…- disse con gentilezza – vi chiamiamo appena finito, potete aspettare qui fuori -
Sìle fece loro cenno di andare pure tranquilli.
- Sto bene…- disse con molta serietà, senza un accenno di forzatura: aveva qualcosa da rimuginare con calma e in solitudine, tutto lì.
Morgan e Liam uscirono, Sìle trattenne per un attimo lui per chiedergli un bacio, poi con lei, anche se fuori dalla stanza, rimase Ceday.


Liam e Morgan si trovarono di nuovo soli, come quella volta sulle scogliere di Man, e come per un tacito accordo, si allontanarono insieme fino all’esterno dell’ospedale: sapevano che la visita sarebbe durata un po’.
Come prevedibile la sensazione che Morgan lo stesse esplorando, per Liam non mancava nemmeno quella volta, ma per lo meno in quel momento, aveva come il sospetto che lo stesse facendo cercando un appoggio, non curiosando in lui senza invito.
Camminarono fino ai campi erbosi che costeggiavano il fiume e dopo un iniziale silenzio, fu Liam a prendere l’iniziativa di parlare.
- Mi dice come mai lei non è comparsa in quel posto assurdo?- domandò senza preamboli.
Morgan gli era sempre più grata dell’essere così diretto.
- Perché ho capito che Lily era preponderante su Sìle. Che la stava trascinando via con sé…Lily è la parte irrazionale di Sìle, capricciosa e ostinata. E se lo è, la colpa è mia e della mia lontananza da mia figlia…-
- Quindi lei è stata con Lily?-
Morgan annuì.
- E cos’è successo?- domandò Liam.
Lei scosse la testa.
- L’ho presa in braccio. L’ho cullata. L’ho tenuta stretta…e lei pian piano si è fatta meno dura, mi ha concesso di avvicinarmi, si è aperta a me -
Morgan in quelle ore, aveva sperimentato la sensazione di fare tutto ciò che non aveva fatto prima e che forse, a distanza di anni, era mancato anche a lei.
- Ma non avevo abbastanza energie per il resto…è molto debilitante a volte, il contatto cosciente e volontario con una creatura come Lily. Vengono attacchi di tachicardia, febbre, si perde peso. E' successo anche a te…- spiegò, poi accennò a scuotere il capo – io non l’avevo mai provato su di me, l’avevo solo sentito dire…-
- Sìle non sembra accusarlo tanto…-osservò Liam.
- Sìle ha avuto modo di assuefarsi a quel contatto. E’ un po’ come quando gli antichi si immunizzavano al veleno...a piccole dosi può essere un antidoto, ma una dose massiccia può uccidere…-
- Oh certo…questo sì…- rispose Liam allora.
- E poi Lily non era così aggressiva mi è parso di capire. Fino a poco tempo fa era serena, adagiata sulla sua vita di bambina normale…la sua inquietudine ha reso l’impresa più difficile – aggiunse Morgan sospirando e riprendendo a parlare qualche attimo dopo – non se ne andrà del tutto comunque…- disse a Liam –riprenderà senz’altro il suo posto, ma per un po’ rimarrà vicina a quello che era il suo mondo. Forse per sempre, forse solo per qualche giorno…dipende da lei – detto questo i suoi occhi si diressero su di lui con una determinazione che gli provocò un senso di allarme – Sìle rifiuterà l’idea di essersi liberata, ma nei fatti sarà così. La presenza di Lily al suo fianco, non era del tutto sana o innocua…lo capisci questo tu?-
- Credo di sì…- mugugnò Liam.
- Lo so che anche tu sei legato a Lily…- gli rispose lei sfiorandogli un braccio in un inatteso gesto affettuoso – ma Sìle deve vivere la sua vita. Lily l’ha accompagnata fino a te, ma ora tu devi convincerla che può ricominciare a vivere da dove ha smesso: questo lei lo teme ancora…-
Liam non rispose, non aveva bisogno di provare a nessuno che era esattamente dove desiderava essere e che da lì non l’avrebbe smosso nessuno, tranne forse Sìle se gli avesse dato un buon motivo per rifiutarlo, ma così non sembrava.
- E lei? Cosa farà?- domandò allora.
Morgan abbassò lo sguardo.
- Io non posso impormi a Sìle. Cercherò di farle capire che non voglio che le cose continuino così tra noi, cercherò di esserci di più, ma voglio che si senta libera di agire come si sente…- di nuovo guardò Liam – lo so cosa stai pensando…-
- Senta se anche lo sa, non me lo dica, non so mai quando fate sul serio o quando volete essere retoriche in questi casi…-
Morgan fece una risata.
Era una donna molto attraente quella, pensò lui tra sé, come colto da una folgorazione: fascinosa più che bella, e quella sua voce bassa e afona era come un guanto di velluto e non si ricordava fosse così tanto magnetica.
E quando voleva sapeva essere una stronza colossale, ma questo lo ammetteva lei per prima anche se in termini meno drastici.
- Perdonami…- gli disse portandosi una mano davanti alle labbra come cercando di nascondere il riso di poco prima – era retorico stavolta, ma non mi succede spesso…-
- Bene, almeno posso continuare a sperare -
La donna smise piano di ridere, ma non di sorridere.
- Intendevo dire che è facile pensare che io stia nascondendomi dietro la libertà che voglio lasciare a mia figlia, per continuare a vivere la mia vita senza obblighi. Non è così…- spiegò – per quanto possiamo essere lontane, io e Sìle ci sentiamo, come io sento mia madre e lei sente me. Come mia madre, sente mia figlia. Quello che voglio fare ora è dimostrarle nei fatti, che voglio esserci per lei, ma non posso obbligarla a cambiare idea solo perché ho passato qualche giorno con lei qui…e non posso aspettarmi che quando ripartiremo per l’isola, lei mi trattenga con tutte le sue forze qui -
- E’ normale credo…-
- Certo che lo è. In questo senso dico che non posso imporre la mia presenza se non è desiderata o i miei tempi…lei ora vuole te vicino -
- Me lo auguro, ma non voglio mica prendermi tutto il posto: posso mettermi Una sulle spalle, Sìle sulle ginocchia e lei si siede lì accanto…-
Morgan gli sorrise di nuovo: in quel momento sembrava non le costasse alcuno sforzo essere gentile e disponibile verso un uomo.
- Mi faccia capire una cosa, se posso domandare da non addetto ai lavori…-
- Se ci riesco…- rispose lei con ulteriore, inaspettata disponibilità.
- Lei e Una…- prese a dire Liam - rimanete qui per Lily, perché siete necessarie entrambe e dovete fare qualcosa di specifico?-
- Non siamo necessarie, ma è bene che siamo in più d’una: come ti dicevo il contatto col mondo di Lily, è vessante. Per Dorcas lo è meno che per noi, ma lo è sempre. Ceday è una strega molto dotata, lo ha dimostrato in quest’occasione, ma per lei potrebbe essere addirittura più pericoloso che per me. E tu, è questo che ti salva, sei molto aperto a quel mondo, ma hai bisogno d’essere invitato. Se non lo sei, non subisci più di tanto la sua influenza. E non credo tu sia in condizioni di sostenere un’altra esperienza come quella che hai appena vissuto. Ti sei ripreso bene, non ti è successo niente di grave, ma devi sempre tenere presente che hai rischiato la vita in più d’un momento senza neppure avvertirlo. Ti era rimasto solo un po’ del tuo istinto di conservazione…-
Liam si incuriosì.
- L’istinto di conservazione è una cosa primordiale…- considerò - questo c’entra qualcosa con la questione del contatto con un animale piuttosto che un altro?- domandò – voglio dire…-
Morgan gli fece cenno di ritornare verso l’ospedale, poi lo prese sottobraccio e riprese a parlargli.
- Sì, ho capito. Certo, c’entra…il modo in cui ognuno affronta i problemi, le difficoltà, spesso è l’espressione più chiara di quell’affinità…-
Lui fece cenno di sì, di aver capito, poi provò a indagare.
- Una ha detto…-
- Che sei un lupo?- chiese lei sorridendo.
- Sì…- rispose Liam – insomma, mio padre era un marinaio e neanche a dirlo c’era gente che lo chiamava Vecchio lupo di mare, ma non credo si possa considerare un precedente…-
- No, in effetti no…- confermò lei, poi però gli spiegò - il lupo è uno degli animali in cui fin dai tempi più antichi, l’uomo ha riconosciuto un simbolo. E’ un animale che sceglie la sua vita. In branco, in solitudine, con un compagno o una compagna, per cui è disposto a morire. Si cura di coloro che ama ben più che di sé stesso, ma solo se sceglie lui di vincolarsi e proprio per questo a volte diventa un nemico per l’uomo:perché sono tanto simili da sentirsi rivali…ma il lupo è senz’altro il più nobile dei due, l’uomo gli invidia questa nobiltà, e così non possono essere sempre amici. E poi è un messaggero di morte e una guida nel mondo delle ombre…- gli raccontò.
Liam prese atto e gli piacque anche scoprire quella cosa, ma aveva bisogno di capire bene.
- Perché Una mi ha detto che a volte è una buona cosa?-
- Perché il lupo è uno di quegli animali che non concedono spesso qualcosa di loro all’uomo; proprio per quella rivalità di cui ti parlavo…sono pochi quelli che trovano un legame con lui e quando questo accade, può essere per profonda lealtà, amore, altruismo…ma anche per solitudine, volontà di supremazia, istinto di prevaricazione. In età antica colui che portava il segno del lupo, in quest’isola, era un capo guerriero, ma poteva esserlo anche di un branco di fuorilegge o essere un mercenario indipendente da tutti. In questo senso è una buona cosa a volte …nel tuo caso, mia madre sostiene che ci sia più di un aspetto di un lupo in te, ma soprattutto coraggio, generosità, intelligenza. E’ un padre potente, sei fortunato -
- E Una c’è arrivata per deduzione o perché mi ha sentito ululare alla luna nel sonno?- chiese lui.
Come al solito, a qualcosa che gli pareva un po’ troppo lusinghiero, rispondeva con parole ironiche.
Immaginò il dialogo con George, se mai al mondo fosse divenuto normale parlare di certe cose come fossero assodate:
”Insomma ho fatto quella cosa sai, quella storia dell’animale guida. Quella mi ha fissato dritto negli occhi e mi ha detto cosa sono…”
“E cosa sei?”
“Un galletto”
diceva George con una certa soddisfazione. Allora Liam vedeva sé stesso rispondere all’amico con un’espressione spavalda, ma abbastanza signorile.
”Capirai…io sono un lupo…”
“Ma piantala!”

Sì, lo imbarazzava. Molto. E gli sembrava perfino banale: da quando era diventato il prescelto a diventare la recluta della squadra degli Uomini Straordinari insieme a Quatermain e Dorian Gray? Quanto odiava quell’accozzaglia indegna di personaggi!
Morgan, nell’arco di tutte quelle sue riflessioni, gli scoccò un’occhiata significativa.
- Il fatto che tu abbia scelto una Figlia della luna come compagna, non credi sia un altro indizio?-
Il lupo e la luna, si disse Liam, certo, che idiota, è come dire…non gli veniva un’accoppiata storica che non fosse Stanlio e Ollio o Fish & Chips, visti i recenti riferimenti fatti con Ceday, e non gli sembrava molto mistico.
- Ma è una cosa che si può scegliere?-
- Non proprio. Influisce il carattere e l’inclinazione personale, perfino l’elemento naturale a cui si è più vicini. Per chi è come me, è più facile capirlo e si riesce addirittura a dominarla quella parte di sé, ad invocarla all’occorrenza –
Morgan parlava senza bisogno di venire stimolata più di tanto e a Liam interessava, quindi non la interrompeva.
-…io e mia madre ad esempio siamo legate all’acqua, anche se in maniera diversa. Io sono, come presumo tu abbia capito, piuttosto solitaria e imprevedibile, amo l’indipendenza e sono anche una narcisista. Accetto malissimo di sbagliare. Mia madre invece è molto più serena e giocosa, scherza sui suoi errori e accetta senza sforzo di avere dei limiti facendosi forte delle sue abilità più spiccate. Io ho avuto Sìle in età molto giovane e non nascondo che in parte era perché avevo deciso, come molti giovani, di fare tutto e subito: l’attenzione riservata a una donna in attesa e la prospettiva del ritorno di un potere antico e profondo per merito mio - Liam pensò, nell'ascoltarla, che Morgan parlava sapendo alla perfezione che Dorcas gli aveva raccontato di quell'antica setta religiosa sull'Isola di Man. Tutto regolare quindi.
- Io invece sono nata quando Una aveva quasi quarant’anni…per lei non era una rinuncia grave. Lei si diceva che se non fosse stato destino avere una sua progenie, c’erano altre cose per cui sarebbe vissuta e sarebbe stata utile…-
Camminavano tenendo un passo lento e tranquillo.
Liam procedeva guardando in basso per evitare che il vento gelido lo colpisse proprio in faccia.
Lasciava che lei gli si accomodasse al braccio…un paio di persone che li incrociarono, forse pensarono che fossero una coppia, si disse vedendosi osservato, e al contempo si disse che di certo con Morgan vicina, un uomo non sfigurava.
- Se avessi visto anche me in quel mondo, avresti visto un airone…-
- Un airone? Bello…-
- Egocentrico e narcisista…- scherzò lei.
- Non l’ho detto…-
- L’hai pensato. Lo so -
- E questa non è retorica immagino…- disse lui vedendola scuotere la testa- E Sìle? Dorcas? Ced? Ora sono curioso…-
- Beh…Dorcas è legata alla terra. Ha un dono speciale per le piante, sa riconoscere di foglia in foglia, tutto ciò che la terra è disposta a dare, in quale momento e per quale uso senza paura di sbagliare. E’ una cosa che si può imparare certo, ma lei lo sente come un richiamo. Quando esce per raccogliere quest’erba o quel fiore, è perché sa che troverà qualcosa. Ed è precisa e meticolosa in tutto quello che fa… anche gli scoiattoli sono molto organizzati. Quanto a Ceday, direi che quel cerotto che so essere sul tuo braccio, sia un buon esempio del suo riflesso animale: è decisa, è forte, non ha paura di sfidare la vita o la gente…-
- Sfacciata, invadente e impertinente. Ficca il naso nelle vite altrui come stesse consultando l’elenco telefonico…è una belva se vuole…- soggiunse Liam.
- E tu le vuoi bene…-
- Ovvio, ma non sparga la voce…- rispose lui – comunque dev’essere dura ricordarsi tutto questo. Io vivrei nell’ansia di presentare come canarino qualcuno che magari si sente molto intensamente un cinghiale…-
Morgan dondolò il capo sorridendo.
- Funziona in modo più semplice, basta guardarli gli animali per coglierne l’indole, come per le persone…-
- E cosa c’entra una gatta con un lupo, già che siamo in argomento?
Morgan sorrise cogliendo la piccola espressione di timore che Liam stava concedendo.
- Ci sono punti in comune un po’ più sottili in effetti. Hanno entrambi una spiccata attitudine al silenzio e all’attenzione, questo lo avete entrambi voi, tu e Sìle. L’intelligenza è una caratteristica del lupo, quanto del gatto. Un gatto non è scontroso come un lupo e là dove un gatto si esprime con sensualità, un lupo lo fa con timidezza, quasi con ritrosìa, ma entrambi hanno un istinto molto spiccato al legame affettivo. In voi due ad esempio è evidentissimo. Il modo in cui vi rapportate…Sìle cerca molto il contatto fisico con te e tu le rispondi con prontezza, tendi a nasconderti se non siete soli, ma non rimandi mai quei momenti e sono prontissima a scommettere che in certi frangenti, tu sia molto più impetuoso ed esigente di lei...-
Morgan si accorse che lo imbarazzava un po’ essere così scoperto nell’intimità.
- E poi…inutile che te lo dica…-
- Oh mio Dio!- esclamò Liam temendo di sentire qualcosa di davvero imbarazzante.
Si era fermato in mezzo al sentiero guardando Morgan con l'aria risentita di quello che sta passando una giornata in cui gli capita di tutto ed era convinto che l'orologio avesse battuto la mezzanotte, finalmente.
La donna fece un risolino dispettoso, poi lo spronò a riprendere a camminare mentre gli diceva ciò che pensava.
- Il fatto che siate entrambi usciti vivi e forti da quell’avventura, è l’altro carattere comune dei due animali: una straordinaria compenetrazione col mondo magico e con quello dell’aldilà…- disse impietosita.
Lo vide girarsi a guardarla dopo un attimo.
- Tutto qui?-
- Sì-
- Niente di più scabroso?-
- Credevo ne avessi abbastanza…-
- Infatti, infatti, non serve approfondire ancora…ho capito…-
Fecero qualche passo senza parlare.
- Dovresti essere contento…-
- Ma lo sono! Solo che…insomma, io sono cresciuto con una certa abitudine al pudore, parlare di come Sìle strofina la coda sulla mia pelliccia e quanto uggiolo io in risposta, mi fa sentire nudo. Se lo ricorda il lupo in visibilio di fronte a Cappuccetto Rosso che ballava in guepiere, in quel cartone dei tempi della guerra?-
- Mh…mi pare di sì…- ammise lei con un sorrisetto.
- Ecco. E io lo so che per voi è tutto molto naturale, è una cosa fantastica, ma…parlarne così, per me è un po’ diverso capisce?- le chiese.
Morgan sorrise e annuì.
- E poi io non sono abituato a vedermi così…non so neppure perché mi ritrovo a parlare di me in questi termini. Non credevo succedesse anche a quelli che non sono streghe. Anzi nemmeno alle streghe…anzi per la verità non sapevo niente di niente, se parliamo di consapevolezze reali e per me, se mi fermo a pensarci, è tutto un bel po’caotico ancora…-
- Ma per noi è diverso. Per noi è una mancanza forte, se non lo si cerca. E’ come essere davanti ad un libro senza saperlo leggere. E per altri non è neppure detto che si scopra mai nel corso della vita sai? E spesso non è una cosa che si ricorda o si sa essere importante…-
- Io però me lo ricordo forse…- disse Liam tornando più riflessivo.
C’era una specie di istantanea che si portava nella memoria fin da piccolo.
Tutti dicevano che in Scozia, di lupi non ce n’erano più in generale, ma a volte qualche avvistamento di individui solitari(forse) c’era.
Lui, era stato uno dei pochi fortunati (forse).
Lì, in quel posto che, si disse, avrebbe chiesto a Jane di ricordargli dove e quando fosse, in mezzo a un sentiero ombroso, c’era un animale, un grosso cane con occhi luminosi e orecchie puntute, che lo guardava da lontano, immobile e ben piantato su lunghe zampe anteriori, la testa abbassata e gli occhi rivolti a lui mentre annusava il terreno.
Le immagini che gli suggeriva la memoria erano pochi istanti: lui, piccolo, non più di quattro anni, girava intorno a un gruppo di persone sedute sulla sponda di un fiume.
”Alec, il bambino!” diceva Jane.
“Ehi, piccoletto, dove te ne vai? Fai preoccupare Mrs.Kerr così…” chiedeva poi Alec: Liam ricordava benissimo la sensazione della grande mano di suo padre che gli accarezzava i capelli, ma lì per lì non lo aveva distolto dall’animale quel gesto, anzi lui lo aveva indicato ad Alec che dopo un attimo lo aveva avvistato, ma quando ormai quello aveva percepito con allarme la presenza di altri uomini e si stava dileguando tra le foglie.
”…era una volpe forse” aveva commentato Alec senza meraviglia e un attimo dopo la bestia era già scomparsa…o forse non era mai stata lì.
La prima volta che aveva visto dei lupi in età adulta però, in Canada, durante uno dei molti viaggi in mare, Liam si era reso conto con certezza che non era una volpe quella che aveva visto quel giorno.
- Non sono più sicuro che sia un ricordo. In parte potrebbe essere una fantasia, suggestione dovuta a cose che avevo visto…-
Morgan annuì.
- Certo, ma è molto facile che tu abbia visto o sognato qualcosa che fosse un lupo. Il fatto importante sta nel suo essere un’immagine primitiva per te. Anzi, nel nostro linguaggio la definiamo primigenia , proprio per la sua funzione di completamento alla nascita di un essere. Non importa che la si incontri in età infantile quell’entità, è originaria per via di una specie di marchio che ti porti dietro fin dal momento del concepimento. Ci sono dati genetici, provenienti dalla linea di sangue di ciascuno di noi, che per risvegliare la traccia di quel marchio, non risponderanno mai a niente altro che non sia quell’immagine…-
- E siamo proprio sicuri che in tutto ciò non ci sia magia eh?- domandò Liam ricordando di come Dorcas e Sìle, i primi tempi della loro conoscenza, avevano semplificato la questione.
- E’ una forma di magia, ma parte tutta dalla terra. Non ci sono incantesimi...-
- Però Dorcas e Una hanno passato quanto tempo chiuse in camera di Sìle a giocare tra loro?-
- Quella è una cosa diversa. Non sono incantesimi veri e propri. E’ porre qualcosa che limiti l’ingerenza di un mondo nell’altro…ma sono pur sempre elementi narturali e quotidiani -
- Erba di San Giovanni, chiodi vecchi e latte rancido…ho capito…- sospirò lui – tutti i cerchi si chiudono. Yogurt eri e yogurt tornerai...menomale che abbiamo anche l’Aglio, possiamo aprire un ristorante greco…- ipotizzò pensando a Garlicky.
Morgan rise un poco.
- Parli del goblin che ti scrive vero?- indovinò.
- Sì…lo conosce?-
- No, ma deve aver scritto qualcosa anche mentre c’era tua madre credo…non so -
- Oh beh non credo abbia sospettato niente di inquietante, me l’avrebbe detto altrimenti…- rispose Liam mentre sentiva il cellulare vibrare nella sua tasca.
Si scusò con Morgan e rispose.
Era Jane che chiedeva notizie.
Liam la tranquillizzò, le disse che appena possibile le avrebbe fatto sapere quando sarebbero rientrati e riattaccò.
- Tua madre è una donna in gamba…anche se non so che idea possa essersi fatta di noi…- disse Morgan mentre rientravano in ospedale, accolti dal calore dell’interno.
Liam sorrise togliendosi subito il giaccone.
- In effetti Dorcas è stata favorita: hanno scoperto di avere un’amicizia comune e quindi si sono alleate contro di me in mezzo minuto dalla presentazione perché secondo loro lo sapevo e non gliel’ho detto…perciò mia madre era troppo impegnata a disapprovare me in quel momento, per farsi idee strane su Dorcas -
- E tu lo sapevi?-
- Ma neanche per idea! Comunque era per dire che posso suggerirle qualche nome che possa fare da passepartout…-


Nell’attesa che Sìle venisse dimessa, capitò in ospedale anche Clawley.
Liam venne obbligato da lui, Sìle e Ceday a lasciarsi controllare.
- Ma io sto bene, è lei quella fredda e pallida…-
Sìle si era alzata e stava bene, ma era molto infreddolita malgrado il riscaldamento dell’ospedale, e certo non era proprio pimpante, sia per le poche energie, sia per i pensieri.
Però la vicinanza di Liam le faceva molto bene.
- Mi hanno appena controllata, hanno detto che sto bene. Poi se sono fredda e pallida significa che sono morta e quindi comunque ogni problema è risolto no?- gli disse infatti appoggiandogli la fronte sul petto e parlando a bassa voce, come le costasse molta fatica, ma sorridendo e scherzando.
- Se adesso pensi di spaventarmi con le storie di fantasmi, non attacca…-
- Non voglio spaventarti, voglio che tu, come regalo di Natale, ti faccia fare una bella visita dal dottor Clawley per vedere se è tutto a posto…-
Liam la guardò sospettoso.
- Tu avresti intenzione di farmi passare tutti i Natali futuri così? Devo farti esorcizzare dallo spirito di Dickens prima di portarti a casa?- rispose facendola ridere.
- Io non lavoro ogni Natale, se può consolarla…- intervenne Clawley – da domani in poi, mi auguro che mi consideriate il fantasma del Natale passato…- disse in senso benaugurale.
– Senza offesa ma sì, mi consola molto…- gli disse Liam, poi si rivolse Sìle - va bene…vado col dottore. Ci vediamo dopo…spero!- aggiunse in tono significativo.
- Ma piantala! Ci vorrebbe un veterinario per te, specie di bisonte!- lo rimbeccò Ceday che, mentre lui si allontanava, circondò con un braccio Sìle e le strofinò con energia le braccia per scaldarla un po’.
Morgan rimaneva alle spalle della figlia, silenziosa, ma presente e Sìle questo lo sentiva.
Mentre Liam si allontanava, si voltò a guardarla e le tese una mano.
Morgan la prese tra le sue e se la portò sul petto.
Fu solo un gesto calmo e silenzioso, perfino timido, ma almeno poteva essere un inizio, pensò Liam accorgendosene quando si voltò verso di loro nell’entrare nello studio del dottore.

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 - Sweet Farewell ***


Capitolo 22 –

Quella sera, Ceday non tornò a casa con loro, con qualche recalcitranza ripartì per Londra.
Liam riuscì a convincerla dicendole che gli sarebbe servito un sacco qualcuno che aiutasse George a raccontare qualche balla.
- E chi meglio della rossa più bollente del Regno?-
- Stronzo, lo so che lo dici solo per utilitarismo…-
- Stronza, lo so che lo dici solo perché ti piace sentirti dire che è vero…-
Si salutarono così mentre lei saliva sul treno.
Quando risalirono in auto, Liam e Morgan fecero mettere Sìle sul sedile posteriore e lui, per tenerla più al caldo, la avvolse nel suo giaccone.
Nel modo in cui lei lo guardò, anche se gli pareva presuntuoso dirsene sicuro, gli parve di cogliere qualcosa di Lily.
- Si è addormentata…- disse Morgan mentre erano fermi a causa di un ingorgo che si era venuto a creare all’ingresso della M5 per Penrith.
Liam si girò a guardare Sìle per un momento e poi tornò a fissare i fanali dell’auto che avevano di fronte: era pensieroso.
- Sei preoccupato?- domandò Morgan.
- Un po’…- borbottò lui – con Lily come la mettiamo? Chi lo dice che per Sìle sarà così semplice?-
Morgan appoggiò la testa al sedile e guardò fuori.
- Forse non sarà semplice, ma probabilmente non sarà così doloroso come ti aspetti tu o si aspetta lei...-
- Mh…- fu la replica di Liam, che da lì in poi rimase alquanto silenzioso.
Arrivati a Penrith e diretti ad Ambleside, incontrarono la neve che presto andò infittendosi, ma le strade erano agibili e arrivarono a casa solo con un po’ di ritardo.
Dorcas e Una non erano lì e non servì spiegare il motivo a Sìle che, non appena arrivata, volle fare un bagno.
- Non so se sia il caso…- osservò la madre.
- Ho bisogno di scaldarmi un po’…- disse lei.
- Beh non da sola però…andresti con lei?- chiese Morgan a Liam.
Lui annuì e accompagnò Sìle di sopra.
- Mi tratta come una bambina piccola. Come avesse paura che mi chiuda a chiave in bagno…- protestò leggermente Sìle quando arrivò in camera sua.
Liam le si chinò davanti, quando si fu seduta sul letto le accarezzò le gambe e prese a toglierle gli stivali.
- Guarda che non ha tutti i torti...hai avuto a lungo la pressione bassa e il cuore è stato sotto stress…-
Sìle sorrise guardandolo e gli fece una carezza sui capelli.
- Opportunista…-
- Sì, è vero: almeno posso approfittare di te senza che tu opponga troppa resistenza…- rispose lui senza tentare di difendersi – non è che ti serve una mano per il resto eh?- le chiese poi, quando ebbe finito di liberarle i piedi dagli stivali e le gambe dai leggins.
Era rimasta solo con le mutandine, una maglietta grigio melange e il cardigan nero, lungo fino alle cosce e Liam cercava di non darlo a vedere, ma gli faceva un effetto poco ignorabile averla davanti così.
Lei si guardò le dita dei piedi e lui lo fece con lei.
- Parrebbero due. Chiunque penserebbe tu sia tutta intera…- le disse cercando di distrarsi da altre idee.
- E’ come se dovessi spiegare a una parte di me com’è, essere me…- mormorò Sìle sorridendo.
Liam sorrise a sua volta.
- Dici che ci vorranno altri ventinove anni? E’ meglio se mi tengo occupato nel frattempo?-
Lei lo guardò e lo prese per il collo del maglione per farlo avvicinare a sé.
- Solo se rimani a portata di mano…- sussurrò fissandolo significativamente negli occhi, con tanto di riflesso felino…e tutta la buona volontà del mondo, almeno in quel momento, non bastò a tenere lui a freno.
Appoggiando la mani attorno a lei la baciò e stavolta non lo fece con la delicatezza e la prudenza che aveva usato prima, in ospedale.
Alla fine si trovò sdraiato su di lei e si accorse che le cose stavano degenerando anche se in senso più che positivo, allora si fermò, fermò lei e tornò a sedersi sul bordo del letto.
- No, no, aspetta…- le disse – scusa…-
- Di cosa?- gli chiese Sìle con un sorriso, ma era affannata e stanca e Liam si rese conto d’aver fatto bene e seguire quella vocina che lo frenava.
- No niente è che…- sbuffò un po’ ansante anche lui, togliendosi il maglione per il caldo che gli era salito dentro in quei pochi secondi. Guardò di nuovo Sìle che rimaneva sdraiata sul letto e con un leggero rantolo scherzoso, tornò ad abbassarsi su di lei – lo sai cos’è…- le disse.
Lei rise e scosse la testa.
-No, non lo so…-
- Sì che lo sai…- ripeté lui – lo sai eccome…- mormorò guardandole le gambe nude e accarezzandole una coscia.
Sìle socchiuse gli occhi sotto quella carezza e gli sfiorò il petto.
- Lo sai fare anche piano…-
- E non sai quanto ne avrei voglia...ma…- le fece una carezza sulla fronte e la trovò leggermente imperlata di sudore, allora posò la mano sul suo cuore; sentendolo molto accelerato, prese la mano di lei e ce la accompagnò sopra – senti?- le chiese.
Lei se ne rese conto e gli si rannicchiò contro raccogliendo le gambe sul petto.
Lui le baciò la testa.
- Così prendi freddo…- sussurrò - riempio la vasca…-
- Va bene…-
Sìle lo seguì nel piccolo bagno della camera, si mise seduta sul bordo della vasca, scelse quale bagnoschiuma voleva e, quando la vasca fu piena, si spogliò.
Si lasciò aiutare da lui con la docilità e la distrazione rispetto a sé stessa di una bambina, poi scivolò nell’acqua calda.
- Prima, quando siamo passati davanti alla camera di Lily…- prese a dire poco dopo con fare pensoso.
Liam si mise dove era seduta lei poco prima e lei gli prese la mano, notando il cerotto sul suo braccio.
- Sì…-
- E’ stato strano…-
- In che senso?-
Sìle sospirò fissando le dita di lui che si muovevano insieme alle sue, intrecciandosi e accarezzandosi.
- E’ una brutta cosa forse…-
Liam non rispose, capì che lei glielo avrebbe detto.
- E’ stato come se fosse un posto del mio passato…- disse lei, poi riformulò la cosa – intendo…del mio passato come se ci fossi cresciuta io in quella cameretta. Come avessi giocato io con quegli animali di pelouche…-
Lui, quando lei lo guardò come chiedendogli se potesse avere un senso ciò che diceva, le sorrise appena.
- Non è una brutta cosa…- le rispose – è quello che è successo. Parte di Lily eri tu. Ti sei presa cura di te come avresti bisogno che fosse stato da bambina…-
Sìle abbassò gli occhi sulla schiuma che copriva l’acqua e annuì.
- A te mancherà Lily?-
Liam sospirò e la richiamò con una piccola carezza sul mento.
- Ascolta: lo so che hai paura…che è tutto molto più strano per te che per noi, ma non è nemmeno detto che se ne vada o che lo faccia del tutto…d’accordo?-
- D’accordo…- bisbigliò Sìle.
- E’ solo che non dobbiamo trattenerla se vorrà farlo. Non possiamo…-
- D’accordo…- ripeté Sìle meno tesa.
Per non pensarci troppo, si concentrò sul braccio di Liam e sul cerotto.
- Che ti è successo?- gli chiese.
- E’ una storia lunga…- disse lui studiando la medicazione e domandandosi come, con quale meccanica potesse essere successo.
Chissà cosa si era visto quando quella ferita era comparsa sul suo braccio?
Non gli interessava in fondo: quello era il segno di qualcosa che era successo per arrivare a lei, a Sìle, che ora gli stava davanti, avvolta dalla schiuma che però non arrivava a coprirle del tutto il seno, i capelli raccolti sulla nuca.
Quella ferita l’aveva ricevuta per non perdere la possibilità di vivere un altro momento normale come quello.
- Sei bella da togliere il fiato lo sai?-
Sìle gli sorrise e arrossendo si nascose con una mano.
- Non è vero…-
- Invece sì…lo sei sempre stata -
Lei lo guardò da dietro la mano.
- Ma ho le occhiaie…sembro un cadavere-
- Vedrai che te le tolgo io le occhiaie…- le rispose lui schizzandole un po’ di schiuma contro.
Lei si riparò e rise, poi gli restituì il dispetto coprendogli il naso con un fiocco bianco.
- Ma se non hai voluto prima…-
- Dovevi fare il bagnetto, di sotto c’è mamma strega, poi arrivano strega nonna e strega madre putativa…e…ah…- si interruppe lui cambiando da scherzoso a imbarazzato.
Sìle rise capendo qual’era il problema di lui.
- Guarda che l’ho conosciuta tua madre…- gli disse.
- Quando?-
- Appena sveglia. E’ stata la prima che ho visto quando mi sono svegliata vicina a te. E’ dolcissima, è stata un amore con me…però ero un po’ confusa. Mi piacerebbe rivederla ora che sto meglio. Anche domani…-
Liam fece cenno di sì con la testa, ma era occupato a pensare a qualcosa che espresse di lì a un attimo.
- Non me l’ha detto…-
Sìle scosse la testa con consapevolezza.
- Lo so…ha detto che le avresti fatto un sacco di domande inutili su cosa ci eravamo dette…-
Liam aggrottò le sopracciglia.
- Ha detto proprio inutili?-
- No. Veramente ha detto idiote…-
- Mi stima mia madre eh?-


Quella notte, Liam rimase al B&B, dormì con Sìle e lei gli si accoccolò contro calma e tranquilla, senza provocarlo in alcun modo.
Il giorno dopo, Morgan non c’era: aveva dato il cambio a Dorcas che era tornata a casa molto presto, si erano organizzate in quel modo tra loro tre.
Dorcas ovviamente, vedendo Sìle, la abbracciò e la baciò strizzandola come un limone, programmando fin dall’immediato una dieta rinforzante.
Liam, sicuro di lasciare tutto in buone mani, si allontanò per un po’, andando a casa per tranquillizzare Jane sull’andamento delle cose.
- Ah sono così contenta…- disse lei abbracciandolo.
- Non mi avevi detto di aver conosciuto Sìle…- le rispose lui tenendole un braccio attorno alla spalla.
Jane si strinse nelle spalle.
- Non ci ho pensato…quando lei si è svegliata, tu dormivi ancora e io ero fuori di me dalla preoccupazione…ho cercato di essere pratica, tutto qui. Poi però a tutto ho pensato meno che ad avvisarti che avevo passato un paio d’ore con la tua ragazza: non volevo che mi svenissi davanti!- lo schernì.
- Ma dai, non è così…-
- Lo spero bene – ribatté Jane che ovviamente stava mettendo a posto.
Non importava che la casa o la stanza fossero in effettivo disordine, qualcosa da mettere a posto c’era di sicuro e lei lo avrebbe trovato. In quel momento stava sprimacciando i cuscini del divano e decise che almeno ad un paio era ora di dare una lavata, così li scoprì dalle federe.
- E’ una ragazza davvero particolare. E’ molto bella. Più bella delle altre che hai avuto, più fine…- commentò con attentissima e accurata distrazione, infatti Liam si appoggiò a uno stipite per godersi la recita.
La volgarità, pensò, è il difetto più ricorrente che le donne trovano in altre donne che non piacciono loro, per qualunque motivo.
- Mh-mh…- fece.
- E molto dolce, anche se, poverina, era così frastornata…-
- Mh-mh…-
- Beh…- disse Jane e Liam capì che aveva messo in crisi la sua strategia con quei due “Mh-mh” così flemmatici: Jane stava di nuovo cercando qualcosa da mettere a posto.
- Mamma…-
- Sì?-
- Guarda che mi ha già chiesto lei per prima di rivederti –
Jane si voltò verso di lui sorridendo sollevata.
- Oh! Ne sarei felice!-
- Lo so…- le rispose lui andandole a dare un bacetto sulla guancia – ma tu non dire in giro che faccio domande idiote. Non ho fatto domande idiote no?-
Jane con una reazione un po’ imbarazzata, e quindi condita anche con una goccia di stizza, fece un gesto come per scacciare una mosca che la infastidiva e si infilò in cucina con una certa determinazione mettendosi subito ad armeggiare col bollitore e due tazze.
Quella volta prese anche il caffè da preparare.
Liam sorrise sotto i baffi.
- Ha chiamato Bagshaw…- gli disse un momento dopo Jane, togliendogli il sorriso.
- Cosa ha detto?-
La madre si strinse nelle spalle e scosse appena il capo.
- Che tendono a confermare la morte accidentale, ma che dovrete testimoniare, tu, Charlie, forse Sìle, quando verrete convocati…e che passerà lui a spiegarti meglio di persona -
- Va bene…- mormorò Liam.
Jane gli andò vicina, lo invitò a sedersi sul divano e poco dopo gli portò il caffè.
Gli si mise accanto con una tazza fumante che profumava di arancia, bevve un sorso e mentre lo deglutiva, sembrò tornarle in mente qualcosa perché indicò il tavolino davanti a loro: c’era un foglietto stropicciato e pedestremente scarabocchiato.
- C’era un messaggio per te lì sopra quando sono rientrata, deve essere del signor Moore…era un po’ strano però…-
Liam sviluppò un sospetto immediato, ma non si espresse.
- Era qualcosa riguardo una mummia e un…aspetta…ah sì! UnCokin, è qualcosa che usi per lavoro vero? Hai fotografato qualche mummia? Non sapevo ti occupassi di certe cose…-
Liam prese il foglietto e riconobbe, dopo un bel po’, l’impronta inconfondibile di Garlicky. Quella volta diceva:
La mummia di Liam fa Cokin sgargiante! Liam torna sole! Garlicky aspetta!”
- Mamma hai cucinato di recente?-
- Intendi qui?-
Liam annuì.
- Un paio di volte, per togliere un pensiero a Dorcas…-
- Ah ecco…- rispose lui interpretando in pochi secondi: la mamma di Liam cucina molto bene! Liam torna presto! Garlicky (lo)aspetta!
Gli strappò un sorriso quel foglietto, così lo ripiegò e lo mise in tasca.
- Comunque credo ci siano dei topi sai?- gli disse Jane.
- Topi?-
- Sì. Proprio cucinando, mi sono accorta di roba che spariva…e poi di sotto, nel sotterraneo…fanno dei rumori strani, sembra qualcuno che russa come un mantice!- osservò la madre.
Ellery Brown se la dorme ancora, pensò Liam tra sé.
Quando tornò al B&B portandosi Jane, trovò anche Una, che aveva evidentemente bisogno di un po’ di riposo, non era affatto arzilla rispetto alle condizioni in cui si mostrava di solito.
- Sicura di stare bene? Non è meglio se va a stendersi un po’?- le propose Liam.
La donnina disse con decisione di no e lo ringraziò del pensiero.
Nell’arco della giornata, a tutti loro si unirono anche altre visite: Dorinda e Charlie in testa a tutti, poi padre Chalke.
Clara si informò velocemente da Jane e la salutò tanto da parte di Miss Dawn e Maggie.
- Le ringrazi tanto…-
- Quando torna a Glasgow? Maggie avrebbe tanto piacere se andasse a prendere un tè da lei e sua madre…-
Ancora non mollavano lei e Miss Dawn, ancora speravano che Liam mettesse la testa a posto e prendesse in maggiore considerazione Maggie.
Jane capì il perché di tutta la stizza con cui Liam reagiva sentendo nominare certe persone, proprio in quel momento. Non solo capì, ma addirittura condivise. E reagì.
- Oh che care, lo farei volentieri…- rispose Jane con un sorriso amabile, ma Clara non colse quel piccolo lampo di malizia che le attraversò gli occhi per un attimo – appena mia nuora starà meglio, lo farò senz’altro… -
Mentre guardava Clara sgranare gli occhi e “appuntire” naso e bocca più di quanto già non fossero, Jane pensò che se Liam l’avesse sentita pronunciare quella parola, nuora, avrebbe potuto barrire come un elefante infuriato.
- Ma che stupida…ci spero così tanto che lo dico senza accorgermene!- aggiunse portandosi le dita davanti alle labbra quasi con un gesto pudico.
Clara fece un risolino acido, come le fosse andato per traverso un intero limone.
- Non lo dica a Liam, non vorrei si arrabbiasse!- aggiunse Jane tanto per rincarare la dose.
- Dovrebbe esserne contento invece…- disse la postina in un ultimo impeto di speranza, quasi si aspettasse di sentire una flebile lamentela, un alito di scontento nel tono di Jane.
- Io non potrei chiedere di meglio per mio figlio…- disse quella senza il minimo accenno a sarcasmo, ironia o causticità: insomma era bene che Clara avesse ben chiara in mente la posizione della famiglia in merito.
- Maw…- chiamò la voce di Liam approssimandosi a loro, evidentemente cercava Jane, non era lì per caso.
Clara si preparò all’istante a ripartire e salutò Liam da lontano, prima ancora di vederlo, quindi sorrise a Jane e sfrecciò via quanto la sua bicicletta le permetteva.
Liam vedendola andarsene così di fretta la salutò, poi guardò Jane.
- Ho ringhiato?- le chiese.
- No, tesoro…-
- Ho ululato?-
- No, tesoro…-
- Ho l’aria di uno che nasconde un tomahawk dietro la schiena?-
- No, tesoro…-
- Allora perché Clara scappa?-
- Perché aveva fretta tesoro…-
- Mamma se mi dici un altro tesoro vado da Chalkie a farmi fare un esorcismo…-
Jane gli fece una carezza sulla testa arrivandoci con qualche sforzo, ma Liam si sentì trattato come se non avesse più di…quattro o cinque anni.
- Volevi qualcosa?-
- No, io no, Dorcas voleva. Una mano in cucina nello specifico…-
- Andiamo…-
Nell’arco della mattinata di furono altre visite, tutte abbastanza brevi e precedute da telefonate per assicurarsi di non disturbare. Sìle diceva di sì a tutti, Dorinda, Charlie, i signori Brown, e le faceva piacere vederli, ma era un po’ frastornata e non si allontanava mai da Liam.
Non dava particolari segni di disagio, sembrava piuttosto tranquilla e solo distratta, come se qualche pensiero la portasse ad estraniarsi per qualche momento un po’ più lungo del dovuto.
Si assentava come se il suo corpo rimanesse lì, a guardare sé stessa allontanarsi per chissà dove…o meglio, per dove lo si intuiva con molta facilità: pensava a Lily.
Liam in uno di quei momenti, quando ormai era pomeriggio e stava venendo il buio, le si avvicinò approfittando di un attimo in cui erano soli e si sedette vicino a lei sul divano.
- Ehi…- la chiamò toccandole un ginocchio.
Sìle, che guardava fuori da una finestra assorta nei suoi pensieri, si girò e gli sorrise, gli prese la mano e piegò la testa verso lo schienale del sofa.
- Vuoi andare da lei?- le domandò.
La ragazza fece un respiro lungo e profondo, spinse lo sguardo nella semioscurità dell’esterno e rabbrividì appena.
Liam si aspettava un rifiuto, ma invece la vide annuire.
- Ho freddo…- disse, però non pareva scoraggiata – e tu vieni con me?- gli chiese poi.
- Certo che vengo…- rispose Liam senza esitazione.
Quando si trovarono all’esterno, in quel tratto di bosco che li separava dal vecchio cottage di Dorcas, Liam camminava al suo fianco, ma sembrava quasi intimidito, come temesse di disturbarla.
C’era qualcosa in lei, qualcosa che non aveva mai visto.
Una volta usciti fuori, pareva che il freddo le fosse passato già dopo i primi passi, si era liberata dell’ampia sciarpa che portava a coprire il capo e la teneva a penzoloni dalle braccia.
Si guardava intorno come se tutto la colpisse in modo diverso dal solito e di quando in quando si voltava a guardare lui come assicurandosi che non la lasciasse.
Pareva protendere il collo per curiosità, ma insieme sembrava non trovare il coraggio di spingersi più avanti di tanto. Si fermava, osservava, ascoltava, di quando in quando Liam intravedeva il riflesso dei suoi occhi nell’oscurità e un accenno di sorriso sulle sue labbra.
Alla fine lei gli andò incontro e gli prese le mani. Gli sorrise e si sollevò a baciarlo.
- E’ tutto come prima…- bisbigliò – sento ogni cosa…non c’è niente che mi sia lontano…avevo così paura...- disse, quindi sorrise – non credevo che avrei avuto il terrore di perdere tutto questo…invece è tutto perfino più forte di prima -
Liam si lasciò prendere per mano e portare avanti.
Contrariamente a Sìle, per lui quella passeggiata notturna nel bosco, non era così entusiasmante. Per qualche motivo avvertiva una nota un po’ troppo incombente nell’aria.
Sembrava tutto troppo freddo, troppo nitido, troppo buio e al contempo troppo visibile, come il blu di certi dipinti trecenteschi: scurissimo, ma brillante.
Nell’arte era un senza dubbio un dato di merito, ma in quella situazione dava un po’ l’idea di quando, sognando, si sogna di cadere.
Il buio più intenso, sembrava un continuo farsi e disfarsi di forme. Qualcosa di liquido, di mobile.
Non c’era molta luce, la luna illuminava, ma solo perché l’aria era di un limpidezza particolare.
Quello che inquietava Liam, lui se lo chiese e si analizzò con attenzione, come sua abitudine, era qualcosa di molto normale in fondo, una reazione di pancia come succedeva a qualunque animale di fronte a qualcosa di troppo acuto…non era paura, era attenzione allertata.
Se avesse sentito paura, la cosa non gli sarebbe piaciuta affatto. Non gli sarebbe piaciuto pensare di dover provare paura vicino a Sìle.
E poi, pensò, forse sto accusando io un po’ di stress adesso…
Arrivarono al cottage e quando Morgan aprì, Liam si rese conto che non era sorpresa, che forse li aspettava.
Li fece entrare, si fermò al fianco di Liam mentre Sìle puntava lo sguardo esattamente verso la direzione che doveva prendere per raggiungere Lily.
- Sarà troppo presto?- domandò Liam.
- Per cosa?-
- Lei ha detto che…è faticoso stare vicino a Lily. E’ voluta venire lei, ma forse dovevo dissuaderla…-
Morgan incrociò le braccia sotto il seno guardando la figlia.
- No. Probabilmente rimandare questo momento per lei sarebbe stato ancora peggio…-
Rimasero lì, in attesa di vedere cosa sarebbe successo e Sìle, senza esitare molto, si avviò verso la cucina, senza voltarsi a guardarli, senza chiedere la vicinanza di nessuno.
Si voltò solo quando stava per entrare nella stanza e di Lily, da dove era Liam, non si vedeva neppure l’ombra.
Si sentiva solo qualche rumore, come un cozzare di pentole, aprirsi e chiudersi di cassetti.
Sìle si fermò sulla soglia e guardò dentro: Morgan e Liam si accorsero subito di quando vide Lily, perché sorrise.


Stava seduta in un angolo, giocava con un coperchio di latta, le piaceva il suono che produceva.
Era gracile, sembrava piccola come al solito, ma diversamente proporzionata: aveva braccia e gambe sottili e lunghe, le manine ossute, invece che paffutelle e tonde.
Pareva una bambina di qualche anno più grande.
Aveva i capelli più lunghi, il visetto più affilato, con sopracciglia quasi invisibili, un bel nasetto affilato e una minuscola boccuccia; gli occhi erano orbite di un blu-verde profondissimo, con una luminescenza simile a quella che avrebbe attraversato una sfera di vetro…eppure quando la videro, si accesero di un lampo affettuoso.
Sìle era prontissima a sostenere l’attacco di pianto che si aspettava di sentire arrivare, ma invece avvertì una sensazione tutta diversa.
Si sentì come ritrovando una vecchia amica.
Qualcuno con cui era in contatto più profondo, con cui condivideva tante cose, di cui riconosceva come familiari alcuni gesti, alcuni tratti, ma non come una parte di sé. Quella ce l’aveva dentro.
Si mise seduta sul pavimento vicina a lei e Lily non la calcolò poi molto, quel coperchio la teneva molto impegnata…aveva un suono troppo affascinante per distrarsene.
Non produceva rumori fastidiosi, era più interessata al suono che produceva se veniva spostato a contatto del pavimento o percosso con la punta dei polpastrelli.
Sìle non sapeva se dire qualcosa, aveva quasi la certezza che non avrebbe ottenuto risposta né considerazione da Lily…se poi aveva un senso chiamarla ancora così.
Per lei rimaneva Lily comunque.
Ad un certo punto la vide mettere da parte il coperchio e girarsi verso di lei, stando accucciata sui talloni: aveva i piedini sporchi di terra e la pelle pareva aver assunto una colorazione azzurrognola.
Scrutava Sìle con un sorriso curioso, batteva le palpebre velocemente, come lo facesse più volte in pochissime frazioni di secondo.
Allungò una mano a sfiorarle una guancia e allora lei si accorse che voleva richiamare la sua attenzione sul suo viso.
Da quel momento in poi, in un silenzio quasi assoluto, Sìle iniziò a percepire tutta una serie di…concetti? No, era un modo troppo asettico e complesso di definirli…erano sentimenti, pensieri, che intercorrevano tra loro due prendendo corpo in delle parole che le si articolavano in mente come un sussurro delicato.
“Sono contenta che tu stia bene…non volevo farti del male”
Sìle non era sicura di poter rispondere, si rese conto che lo faceva d’istinto però, le reazioni che aveva, Lily le sentiva arrivare da dentro di lei, dal profondo della sua coscienza.
Non me ne hai fatto, ero io che rischiavo di farti diventare un mostro, voleva dirle, e Lily lo sentì.
Le sorrise e le fece un’altra carezza.
“E’ stato bello stare insieme vero?”
“Sì…”
“Era bello quello che facevi per noi”
Sìle capì che la stava ringraziando per aver trattato amorevolmente anche lei, chiusa nella figura di bambina.
Sentì allora un nodo di commozione salirle alla gola, ma non c’era dolore in quel momento, perché quella che aveva davanti non era la sua bambina, era qualcuno di nuovo, qualcuno con cui sentiva un legame forte, ma come fosse una persona pensata a lungo con gratitudine e affetto senza averla mai conosciuta.
Venne voglia a lei di accarezzarla, così allungò una mano. Esitò però, non sapeva se poteva farlo, se era in diritto di farlo, così si fermò. Poi però pensò che forse Lily sapeva che lo avrebbe fatto con dolcezza e affetto.
Lily intanto la guardava ancora con quell’espressione curiosa, quasi si domandasse di continuo cosa stesse facendo, cosa le passasse per la testa.
Alla fine la mano di Sìle si avvicinò fino a poter sfiorare i capelli folti, eccessivamente folti della bambina, li toccò con la leggerezza di un respiro, Lily se ne accorse e non accennò a ritrarsi…allora Sìle si fece un po’ di coraggio.
La sua mano affondò tra i capelli che alla vista non si sarebbero detti così soffici.
Lily sorrise appena dietro quel suo sguardo profondo e labirintico.
“Non avere paura di me…”
“Non ne ho” le rispose Sìle osservandola bene “ma sei diversa. Non so nemmeno più se sei una bambina. Se hai un nome. Qual è la tua età…”
La creaturina le appoggiò il visetto sul palmo della mano: era un po’ fredda, ma aveva la pelle vellutata.
“Ho sempre saputo che eri qualcosa di molto speciale, ma ora che lo vedo è diverso”
Si accorse che non sapeva neppure se era suo diritto farle quella carezza.
“Anche tu sei speciale…” e mentre le comunicava questo, negli occhi di Lily si compose il riflesso dell’immagine di Liam, come se la piccola le stesse suggerendo la sua immagine, ma poi sparì.
Lui aveva messo a rischio la sua vita senza nemmeno pensarci per lei, questo la rendeva più speciale di qualunque potere dovesse derivarle dalla sua natura, ecco cosa significava.
“Devi proprio andare?”
Probabilmente glielo domandava da chissà quanto, ma solo in quel momento le parve di coglierlo come pensiero composto.
“Andrò…e tornerò, se non mi scaccerai. Noi torniamo sempre dove stiamo bene”
Sìle si accorse di avere gli occhi pieni di lacrime. Si abbassò verso Lily, posando la fronte contro la sua e lei non si ribellò.
“Lo sai che non succederà…”pensò Sìle mentre con un ditino freddo, Lily la portava via una lacrima dalla guancia.
Sìle sentì un mormorio che le ricordò la presenza di Liam e Morgan nell’altra stanza.
Tirò su col naso e prese il visetto di Lily tra le mani.
- Mi aspetti qui?- le chiese e quella annuì accettando un piccolo bacio sul naso.
Sìle si alzò in piedi e andò ad affacciarsi alla porta della cucina.
- Vorrei rimanere con lei stanotte…- disse a Morgan quando ebbe chiamato lei e Liam perché si avvicinassero.
Ci fu un breve scambio di opinioni: Liam era preoccupato per le condizioni di Sìle, Morgan non sembrava altrettanto allarmata, ma per non scontentare né Liam né la figlia, propose loro di rimanere lì insieme, così se Sìle avesse avuto bisogno di qualcosa, lui sarebbe potuto intervenire immediatamente.
Parve a tutti un buon compromesso.
Quando Morgan se ne andò, Lily, o qualunque fosse la sua identità, si fece vedere appena da Liam e lui tutto sommato ne fu contento: non gli piaceva l’idea di vederla andare via, preferiva pensare d’averla salutata mentre lei gli stava accovacciata contro un paio di giorni prima.
Sìle non tornò subito da lei, ammise che in effetti si sentiva un po’ stanca, così rimase con Liam fino a che non si sentì un po’ più in forze, quindi prese dei cuscini e una coperta e li sistemò sulla poltrona della cucina.
Rimasto solo Liam ritrovò su uno dei vecchi tavoli del cottage la cartella dei disegni di Paulie e per passare il tempo sdraiato sul divano, si mise a risfogliarla, prendendo il secondo appunto mentale di quei pochi giorni: restituire tutto a Gilly.
Dopo un po’, Sìle sentì la sua mancanza e si affacciò a guardarlo dalla porta per un momento: si era addormentato.
Gli si avvicinò per coprirlo con un altro plaid che Dorcas teneva sempre lì a disposizione, lo baciò senza svegliarlo e tornò da Lily.
L’aspetto della piccola non cambiava, ma il suo modo di comportarsi sì: più passavano le ore, più sembrava un animaletto, se ne stava rannicchiata in angoletti bui e riparati e Sìle si rese conto che più stava ferma, lasciando che fosse lei ad avvicinarla, meglio era.
Sentì un po’ di tristezza accorgendosi che invece di un avvicinamento, stava verificandosi un distacco, ma d’altra parte, era un distacco che non le portava via quanto avrebbe creduto, la immalinconiva soltanto, le faceva pungere il naso e sentire uno struggimento continuo a latente in mezzo al petto…ma non le dava sofferenza.
Era una bella sensazione a modo suo e la stava facendo rilassare, come un gran pianto liberatorio.
Stava per assopirsi quando sentì che Lily, proprio come forse avrebbe fatto un animaletto dispettoso, stava infilandosi sotto la coperta che si era buttata addosso.
Poi la sentì strusciare contro la sue gambe e alla fine insinuare la testolina sotto il suo braccio per accoccolarsi vicina a lei.
Sìle si addormentò con un buon odore di alberi nelle narici, la piacevole sensazione tattile della pelle di Lily sotto una mano e del battito velocissimo del suo cuore.
Non era più la sua bambina, non era neppure una creatura umana…
“Ma mi hai salvato la vita” pensò “chiunque tu sia…”


La svegliarono dei rumori lievi e quotidiani insieme ad un piacevole odore di caffè.
Già prima di aprire gli occhi, si rese conto che era sola sulla poltrona, Lily non c’era e la stanza era molto fredda.
Si alzò a sedere e si guardò intorno, vide la porta della cucina che era semiaperta e una giornata ancora serena all’esterno che era tutto di un bianco candido.
- E’ qui fuori…- le disse Liam girandosi appena a guardarla: si era accorto che si stava svegliando cercando Lily – sul secondo albero da destra appena ti affacci…ci guarda – spiegò.
Sìle invece guardò lui che armeggiava con i fornelli: una diavoleria tecnologica ma quelli almeno Dorcas li aveva accettati anche lì. Insieme allo scaldabagno.
- Lo vuoi un po’ di caffè? – domandò.
- Hai trovato del caffè qui?-
Lui annuì.
- E non è nemmeno dell’anteguerra: la signorina Patel inizia a rivelare il suo lato perverso…-
Il tono era leggero, ma forse meno di quanto non fosse il suo umore.
Sìle si alzò dalla poltrona e gli andò vicina tenendosi la coperta stretta addosso ringraziandolo e dicendogli che gliene sarebbe andato un po’. Gli si appoggiò a una spalla con la testa e guardò fuori mentre lui glielo preparava riaccendendo il fuoco sotto il bollitore: il sole era sorto, ma non era ancora alto.
- Se n’è andata che era ancora buio. Ho sentito la porta cigolare…- le spiegò riguardo Lily, ma continuando a non guardare fuori.
- La ignori perché ti dispiace vederla andare via?- gli chiese Sìle intravedendo Lily spiarli da dietro un tronco e nascondersi appena si vide scoperta.
- In parte sì…- rispose lui.
- E in parte?-
- Perché se si nasconde forse non vuole essere vista. O meglio ancora…- aggiunse Liam emettendo un lieve sbuffo pensoso – mi verrebbe da dire che vuole essere sicura che non siamo in ansia per lei e che viviamo ugualmente…come gli altri…-
Sìle lo osservò per qualche momento e intuì qualcosa.
- Che vuoi dire?- gli domandò.
Liam finì di sciacquare una tazza usata, concentrato e cogitabondo, ma non turbato e questo tranquillizzò Sìle.
- Prima, tu dormivi ancora, ho fatto un giro verso qui intorno, sono arrivato quasi lungo il lago…sono stato fuori una ventina di minuti in tutto, non era da stare fuori. Per la strada ho incontrato Celia Brown…- disse, quindi si interruppe.
Lei lo esortò a parlare ancora.
- Allora?- chiese.
- Allora…mi ha chiesto come stavi tu…-
- Sì…-
- Come stavo io…-
- Sì…-
- E poi si allontanata dicendomi di salutarle tanto mia madre e Dorcas…-
Sìle non afferrò al volo cosa avesse colpito così tanto Liam, disse che non ci vedeva nulla di strano, che Celia era sempre molto gentile e non dimenticava mai nessuno…
- Appunto…- fu la replica prontissima di Liam – non ti pare strano che abbia dimenticato proprio Lily?-
- Ma forse lo avrà dato per scontato o ha pensato che non fosse necessario…- commentò lei.
Liam non diede segno di insistenza, annuì soltanto e quando lei lo abbracciò, le rispose alla stretta con la solita dolcezza, ma Sìle lo sentiva che stava rimuginando.
Lo lasciò fare, gli diede un bacio e uscì fuori, all’aria pungente e dolciastra…c’era una gran pace in quel momento, era tutto tranquillo e normale, malgrado quella coltre bianca e gelida di neve e ghiaccio, cosa che le risultava molto consolante visto che l’ultimo ricordo che aveva di casa era una notte umida e minacciosa.
Avvertì un movimento con la coda dell’occhio e capì che Lily si era nascosta.
- Quanto pensi che possa durare così?- chiese a Liam che le porgeva la tazza fumante.
- Sei tu la strega…-
- E dai…- lo rimbeccò lei.
Liam le pose le mani sulle spalle, massaggiandola dolcemente.
- Ho fatto mente locale… - disse dopo qualche attimo, allora indicò davanti a lei, alla base dell’albero dove era annidata Lily - Vecchio Uomo Quercia si raggiunge bene da lì…se vuole tornare, lui è la via più facile…-
- Ma lei ama l’acqua…- obiettò dubbiosa Sìle prendendo un sorso di caffè.
- E’ tutto ghiacciato qui intorno. Non c’è una pozzanghera che non abbia gelato stanotte, Celia ha detto che siamo arrivati un bel po’ sotto lo zero…sotto il bosco non sembrava così freddo, ma è iniziato ieri pomeriggio…-
E in effetti cosa diavolo ci facesse Celia Brown in giro da sola, a piedi, tutta imbacuccata come un eschimese certo, ma con un naso che avrebbe fatto concorrenza a una luce natalizia, era tutta da spiegare…
“Rinunciare a fare due passi la mattina, proprio non è da me!” gli aveva detto lei interrogata in merito.
Ma si crepa di freddo, aveva risposto lui.
“Ma l’umidità è tutta caduta a terra, non c’è da preoccuparsi!” aveva replicato lei, e via, ripartita per il sentierino di terra battuta, che effettivamente risultava di certo meno scivoloso.
E Liam doveva anche ammettere che il freddo, con quel gelo, incredibile a dirsi nel Lake District, era quasi secco e non lo si soffriva così tanto…anzi, lui stava quasi bene col giaccone e senza neanche una sciarpa. A quel punto si era detto che forse già rischiava di morire senza nemmeno accorgersene! Meglio tornare a casa! E via verso il cottage di Dorcas quasi di corsa.
Il lago a vederlo, ghiaccio sotto e neve sopra, sembrava una distesa di batuffoli di cotone con le barche incastrate in mezzo.
-Ma quanto pensi che ci metterà? A decidere di allontanarsi definitivamente intendo…-
La voce di Sìle lo richiamò, fino a quel momento si era perso in un piacevole attimo di distrazione fatto di un’immagine insolita e della piacevolezza del contatto con la ragazza.
Lei lo sentì sospirare e rabbrividendo appena, si accostò al suo corpo per rubargli un po’ di calore; lui la circondò con le braccia e le baciò la testa.
- Tu come stai?- le chiese – rispetto a lei, come ti senti?-
Lei ci pensò un attimo lasciandosi avvolgere dall’abbraccio di lui, deglutì, guardò altrove tra gli alberi gelati, non verso Lily.
- Aveva ragione mia madre – ammise.
Liam rimase in silenzio.
- Non sto soffrendo. Ho solo un po’ di tristezza dentro, ma è giusto così…non sto male per lei, anzi…mi sentirei in torto se tentassi di trattenerla. Forse le stavo già facendo del male anche non volendo - rispose.
- Già…- disse lui abbassandosi appena sul suo viso – e io penso che lei ti abbia aspettato solo per assicurarsi che l’avessi capito…ora sa che stai bene. Non ha più motivo di aspettare a riprendere la sua strada…è anche possibile che finisca col dimenticarsi di quello che ha vissuto qui. Non sarebbe sbagliato o strano se accadesse, sta già diventando qualcuno di diverso in fondo…-
Sìle sapeva che lui aveva ragione, ma non sapeva come si facesse a muovere il primo passo.
- Come faccio?- gli chiese – come faccio a farle capire che voglio che sia libera senza che lei creda che la sto dimenticando?-
Lui le parlò ancora più da vicino.
- Salutala, dille che le vuoi bene, girati e vieni via con me…torna qui domani, lascia qui qualcosa che le faccia capire che non la temi. Che se viene a curiosare o a fare danni, sarà sempre la benvenuta. Io con Garlicky non mi spreco in nessuna cerimonia e non riesco a liberarmene, loro lo sanno no?-
Sìle abbassò il viso asciugandosi una lacrima che le aveva riempito l’occhio, poi si voltò verso di lui, si sforzò di sorridergli.
- D’accordo…hai ragione…- bisbigliò.
Liam le asciugò l’altra guancia, le baciò la fronte e si allontanò.
- Ti aspetto di là…- annunciò preparandosi a chiudersi la porta alle spalle.
Quando era rimasta sola, non fece molto: si mise seduta sul primo gradino della porta della cucina, guardò nel fitto degli alberi e cantò.
Dorcas, e Una tanti anni prima di lei, le dicevano sempre che gli Sìdhe amavano cantare e ballare, ma benché attratti dalla musica degli uomini, che comunque li divertiva, quello che usavano per comunicare non era un canto come lo intendono le persone.
Bisognava respirare, a fondo, lentamente, concentrarsi sul proprio respiro, sul battito del proprio cuore, svuotare la mente dalle regole, prendere l’onda dell’emozione del momento e quando ci si sentiva riempire la gola da quell’emozione, lasciare uscire la voce come veniva.
Non serviva farlo con tanta voce, loro sentivano e capivano tutto anche se il suono non era che un filo sottile di fiato e spesso diventava qualcosa di bellissimo.
Sìle lo fece, si abbandonò a sé stessa per un tempo che poi si rese conto essere durato pochi minuti tutto sommato, e quando avvertì in qualche modo che Lily l’aveva ascoltata, riaprì gli occhi, guardò in direzione del bosco, seppe ce lei la stava guardando, ma non voleva farsi vedere e allora capì che era il momento di andare.
Sorrise, si posò un bacio sulla punta delle dita, poi toccò la terra ghiacciata e alzandosi si girò, andò da Liam e insieme lasciarono il cottage nel silenzio di quella mattina invernale.


Liam osservò Sìle con attenzione durante quella giornata ed escluso un rapido passaggio a casa propria, non si allontanò mai da lei.
Si teneva in qualche modo a distanza, non si dimostrava apprensivo o preoccupato, aspettava che fosse lei a ricercare la sua vicinanza e lei, in effetti, lo faceva ogni volta che poteva.
Se le capitava di passargli vicina, non mancava mai di passargli una mano attorno ai fianchi o tra le spalle o dietro il collo, e non le importava che lui desse a vedere che l’aveva notata, le bastava vedere quel leggero volgersi del suo viso nella sua direzione, percepire un minimo cambiamento di ritmo o di volume nella sua voce in quei momenti.
Jane osservava tutto di sottecchi, ma più di una volta Liam scorse un sorrisetto soddisfatto sul suo viso, ma non aveva bisogno né voglia di chiederle di smetterla.
Inoltre era distratto, distratto da quella apparente distrazione di tutte da quello che gli sarebbe invece sembrato il pensiero più naturale: Lily.
Pareva che nessuna di loro se ne facesse un problema, ma intuì da uno sguardo di Dorcas che lei aveva afferrato quella sua riflessione e che aveva anche qualcosa da dirgli, ma quello era più facile da intendere visto che lo chiamò esplicitamente da parte ad un certo punto.
Approfittò del fatto che Sìle fosse presa da quattro chiacchiere con Jane.
- E’ successa una cosa strana…- gli disse, eppure sembrava così poco sorpresa…
Lo guidò nella stanzetta in cui teneva tutti i documenti e in cui quel giorno gli aveva fatto vedere la lettera che ufficializzava l’adozione di Lily.
Quando Liam si ritrovò un foglio bianco in mano, mai impresso da latro che non fosse l’intestazione dell’ufficio adozioni, neanche lui fu molto sorpreso.
- E’ strano?- chiese a Dorcas – Come Celia Brown o mia madre che non fanno parola di Lily? Vuoi dirmi che è davvero così che funziona? -
In effetti doveva capire già quando Jane parlandogli di Sìle, non gli aveva fatto il minimo cenno alla bambina, ma non doveva essere successo troppo bruscamente che dimenticassero.
La lettera in bianco era effettivamente molto strano come elemento, era l'unica cosa davvero inspiegabile, ma calzava con la situazione.
- Io non perdo mai nulla, lo sai…la lettera è quella che hai in mano. Era, anzi- ribatté Dorcas indispettita.
La strega lo guardava con la sua più classica espressione furbetta, come dirgli che la risposta ce l’aveva davanti agli occhi, ma Liam non poteva farla così facile, aveva passato diverse ore quella notte e la notte precedente a cheidersi come avrebbero potuto fare da lì in poi.
“Potremmo dire che Lily se la sono portata via Una e Morgan, in fondo sono la nonna e la bisnonna in termini legali. Ma poi sarebbe strano se Sìle continuasse a vivere qui senza mai muoversi o se Lily non ricomparisse mai. Allora potremmo andarcene io e Sìle…ma non sarebbe fattibile, dovremmo comunque dare spiegazioni che prima opoi farebbero sorgere qualche dubbio…e poi non siamo nemmeno sicuri che legalmente gli obblighi di Sìle siano finiti…e poi le indagini su Gore? C’era anche Lily lassù…”
D’improvviso, mentre si avvicinava al telefono, si spiegò come mai quella mattina si era svegliato così stanco.
- Cosa fai?- gli chiese Dorcas vedendolo sedersi alla scrivania con il foglio intestato in mano e comporre un numero.
Liam coprì la cornetta del telefono con la mano e le fece cenno di accostare la porta.
- Guarda che non arrivi mia madre…sì? Sì, salve, mi chiamo William Kerr, starei cercando delle informazioni su una persona che dovrebbe aver concluso una pratica di adozione all’incirca…- si fermò un momento per cercare il sostegno di Dorcas che gli suggerì la data – beh diciamo il mese scorso. Posso chiedere a lei o il riferimento è un altro?...beh no, in realtà mi servirebbe soltanto una conferma, sapere se la persona in questione è quella che credo io. Ah davvero? E lei potrebbe…- si fermò giocherellando con una penna appoggiata sul ripiano davanti a lui che lasciò andare - oh certo capisco. Beh sì se potesse…Kennaugh, Sileas Kennaugh. Sì aspetto, grazie…- mentre aspettava e sentiva di sottofondo il suo interlocutore chiamare qualche suo collega, si rivolse a Dorcas che lo guardava con stampato in faccia qualunque cosa mi dirai, la so già, a che serve tutta questa scena? - scommetto che del tilt di stanotte nel database del registro adozioni lo sapevi già vero?-
Lei si schiarì la voce.
- Non in questi termini…- rispose alludendo alla parola database soprattutto, che probabilmente per lei suonava davvero incognita.
Pochi secondi dopo, Liam ebbe conferma che di Kennaugh nei registri cartacei ne risultavano due: una era una famiglia del Dorset, l’altra del Derbyshire.
Niente tra le adozioni di genitori single.
L’impiegato, la cui disponibilità avrebbe incoraggiato Liam a interrogarlo su qualunque cosa, tempo e quotazioni di borsa compresi, gli suggerì qualche altra via da percorrere.
Dopo averlo ringraziato, Liam riagganciò e rimase in silenzio per qualche attimo.
- Allora è così che succede?- domandò a Dorcas – spariscono tutti i ricordi di Lily, le sue tracce e…basta?-
Lei si rese conto che quell’eventualità, lo intristiva davvero.
Capiva che Liam avrebbe preferito un milione di volte conservare la nostalgia o la malinconia che dava la consapevolezza della fine di una cosa bella, che dimenticare tutto, anche il piccolo dolore.
Incrociò le mani davanti alla pancia rotonda e sollevò le spalle.
- A volte rimangono immagini come di sogni. A volte cambia la cognizione delle cose…prendi Dorinda ad esempio: adesso associa l’immagine di Lily a quella di Sìle. Tutto il paese adesso pensa di conoscere Sìle da quando, bambina, veniva a passare l’estate qui dalla vecchia zia Dorcas…- gli raccontò sorridendo – e chi sono io per dire loro che si sbagliano?-
Liam non sorrise, non replicò: prese atto e non aggiunse altro, così Dorcas gli andò vicino, gli mise le mani alla base del collo e lo scrollò appena.
- E poi…- gli disse a bassa voce – ci sarà un motivo se c’è un unico essere umano non strega nel circondario a non aver dimenticato Lily?- gli chiese, poi gli diede un colpetto col dorso della mano contro una spalla – sto parlando di te tante volte non ti fosse chiaro...-
- Va bene, ho capito, mi è concessa almeno una preoccupazione stupida alla settimana? In genere non durano più di un quarto d’ora…- le rispose lui ridendo un po’.
- Te ne concedo due al mese…-
- Tre. Tre da dieci minuti…-
- Va bene. Ma assaggi tu quello che cucino, caldo o freddo che sia. Hai più palato di Sìle…-
- Andata…-
Stipulato il contratto, si strinsero la mano e Dorcas fece per andarsene.
- Posso vedere quella foto che ho fatto a Lily? Ti ricordi quale?- mormorò Liam dopo qualche attimo e Dorcas sorridendo, tornò indietro e si avvicinò ad uno scaffale per estrarne una scatola in cui teneva molte foto.
Gliela posò davanti, la aprì e gli porse la foto.
Lui dopo un iniziale momento di sorpresa, appoggiò il viso al palmo della mano e accennò un sorriso.
Là dove inizialmente era ritratta Lily molto da vicino col lago sullo sfondo, ora era visibile Sìle più in lontananza che arrivava correndo, così come lui l’aveva vista la prima volta…pochi secondi dopo si sarebbe fermata, avrebbe appoggiato le mani sulle ginocchia, i capelli le sarebbero scivolati sulla spalla, si sarebbe scusata per l’invadenza della bambina, lui le avrebbe risposto che forse era lui l’intruso e via dicendo a parlare di dita che facevano venire il singhiozzo e di gatti orrendi che facevano irrancidire il latte appena comprato.
Era iniziato tutto appena scattata quella foto.
- Adesso mi piace quasi di più…- commentò mentre osservava la scena ritratta, ma parlava con Dorcas e infatti un momento dopo le puntò un dito contro alzandosi – e se mi vieni a dire che la magia non c’è…-
- Cosa mi fai?- replicò lei spavalda.
Lui per tutta risposta le schioccò un bacione su una guancia.
- Assolutamente niente…e poi hai ragione: una perdita di dati informatici e una scheda scomparsa, non sono magia in fondo -
Detto questo se ne andò in cerca di Sìle: era meglio spiegarle che probabilmente Jane, se l’avesse sentita parlare di una bambina, non ci avrebbe capito niente e allora...meglio sbrigarsi prima di dover ricominciare a spiegare tutto da capo!


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Capitolo 37
*** Capitolo 37 - Everyday uniqueness ***


Capitolo 22 –

ok...questa è la fine praticamente. Mi prende malissimo perché mi dispiace lasciare questa storia e perché ho un panico allucinante d'averla rovinata.


Era quasi metà ottobre, di nuovo, quasi un anno era passato da quel Natale inconsueto ed era già una decina di giorni dopo il rientro da quel lungo viaggio che con Sìle avevano fatto.
Anzi per la precisione, quando Liam guardò l’orologio del cellulare, vide che erano quasi le sette di mattina del dodici del mese.
Guardò fuori e notò il lieve chiarore che preannunciava una bella e placida alba autunnale.
Però c’era qualcosa che lo aveva fatto svegliare e voltandosi si rese conto che era stata Sìle alzandosi dal letto.
Sollevandosi appoggiato ai gomiti, si accorse che anche i due gatti, ormai adulti, ma sempre molto bambini nell’animo, si erano alzati. Li sentì miagolare come due povere anime sperdute in una tempesta di sabbia, segno che lei stava dando loro da mangiare o stava per farlo.
Il problema era che, essendo loro due rientrati da pochissimo dal viaggio che si erano concessi durante l’estate, le bestiole non avevano ancora deciso di perdonarli di quell’abbandono…quindi da giorni, ogni scusa era buona per piangere e protestare il loro ingrato destino.
Sentì Sìle consolarli con dolcezza e pazienza, il suono dei croccantini che piovevano nelle ciotole e qualche miagolio di ringraziamento, dopo di che solo rumore di sgranocchiamenti.
Erano suoni normali, che si sarebbero sentiti in ogni casa abitata anche da animali, ma ciò non toglieva che in quella particolare casa, come al B&B e al cottage nel bosco, continuare ad essere consueto trovare oggetti spostati, disordine di medio-alta entità, ma a volte anche piccoli regali, come ricci di castagne o ghiande o piccoli sassi, che comunque Sìle e Dorcas apprezzavano.
Liam doveva ancora accontentarsi di oggetti impiastricciati di marmellata o scarabocchiati invece, ma in fondo veniva ripagato con sgargianti quanto sgrammaticate esternazioni di stima, cosa che alle due signore streghe invece non accadeva.
Ah e nel frattempo, Ellery “Nap”Brown, se n’era andato, aveva passato la primavera fuori e quando era tornato l’autunno, si era rimesso sotto il suo sasso, ma in un altro punto del sotterraneo, più vicino ad una stufa che a volte Sìle accendeva.
L’unica creatura che seguisse i consueti ritmi letargici.
Una mattina Liam aveva trovato il sasso rovesciato e nella terra sottostante, la traccia dell’occupante dormiente.
Aveva pensato che, ora che in quella casa ci vivevano in due, Nap in qualche modo si sentisse disturbato dall’accresciuto traffico umano, così lo aveva salutato col pensiero, aveva riappoggiato il sasso a terra, ma per un presentimento, quando Charlie gli aveva cheisto se voleva che gli mandasse qualcuno per coprire quella parte di pavimento che non aveva copertura, aveva rifiutato.
Poi loro due erano partiti, e al ritorno Nap aveva traslocato di qualche metro col suo sasso e dormiva già, ronfando più forte di prima.
Se n’erano stati per due mesi in giro tra Peloponneso e Turchia, perché alla fine lei si era convinta che Lily comunque girellava spesso fuori e dentro casa di Liam, si intrufolava quasi quotidianamente nel cottage di Dorcas e che, anche se evitava il B&B e di farsi vedere, considerava sempre quei posti come amichevoli ed accoglienti, quindi Sìle si poteva permettere di andare e venire anche come voleva, e come a quel punto Liam aveva tutto il diritto di chiederle.
Avevano avuto anche delle discussioni per quel motivo.
“Io ho paura che Lily pensi che non vedevo l’ora di liberarmene”, diceva Sìle.
“Senti Sìle, credimi non voglio sembrare disinteressato a Lily, io sono felicissimo che venga a rotolarsi sulle mie magliette bianche appena lavate con i suoi bei piedini sporchi di fango, ma possiamo provare a pensare un po’ a noi due adesso?”replicava Liam.
“Io ci penso a noi due…lo sai…”
“Sì, certo, lo so. Tu pensi a noi due e a me anche troppo. Infatti fino a che io resto qui, piantato tra casa mia, nostra e quella di Dorcas, va bene e appena mi allontano per lavoro che succede? Che a te prende l’ansia, telefoni a Ceday dicendole che hai paura d’avermi lasciato troppo solo e Ceday telefona a me chiedendomi con quante sono a letto tutte insieme in un attimo solo. Poi arriva Dorcas che mi dice che sei agitata perché mi senti distante e poi mia madre che mi minaccia quasi di disconoscimento genitoriale se faccio lo stronzo! Vogliamo andare avanti così o facciamo qualcosa per limitare i tuoi timori e i loro voli di fantasia senza che l’unica soluzione sia una cintura di castità col fiocco azzurro?”
“Ti dispiace che io abbia paura di perderti?”
“No, non mi dispiace. E’ ovvio che non mi dispiace. Vorrei solo farti capire che rimarrà un cane che si morde la coda fino a che tu non decidi di schiodare quel culetto, che io adoro come sai, da questo posto per paura di offendere Lily che non solo non è più così dipendente da te, ma non manifesta la benché minima intenzione di andarsene poi così lontana, per venire con me e stare con me, è del tutto inutile che tu ti maceri nella paura che io prima o poi possa sbattere in qualche mammifero antropomorfo di mio gusto!”
“Ma io non voglio controllarti. Non mi importa!”
“Non sto parlando di controllo Sìle, sto parlando di vicinanza. Di intimità. Quella cosa che tra me e te ha sempre funzionato alla grande, ma che se io per caso un domani me ne dovessi andare per sei mesi in Australia, andrebbe bel bella a farsi friggere…e non sarebbe necessariamente colpa di un’altra o di un altro. Sarebbe solo naturale. Non si può avere intimità stando a tre pianeti, due pizzerie e quattro fiordi di distanza…”
“Io non mi scorderei di te…”
“Sìle…non è questo il punto. E’ che io vorrei poterti avere più vicina, vorrei portarti in un milione di posti, vorrei farti vedere un’infinità di cose! Se sapessi che non ti interessa forse sarei meno testardo nel chiedertelo, ma siccome ogni volta ti brillano gli occhi a sentir parlare di viaggi…insomma vuoi prendertela una vacanza una volta tanto?”
Sìle lo sapeva benissimo quanto Liam avesse ragione e diritto di imporsi almeno per quel verso.
Lily non era un problema su nessun fronte.
La sua esistenza e la sua vita al fianco di Sìle, già dalla notte del suo arrivo tra le mura del B&B, erano state condotte con la massima normalità, certo, almeno Sìle lo credeva, ma a distanza di tempo iniziava a porsi delle domande.
Perché era stato così facile per lei ottenere in affidamento una bambina così piccola? Perché era sempre andato tutto così liscio? Certo, senza dubbio Sìle si comportava nel migliore dei modi, cercava di fare tutto seguendo con uno scrupolo quasi parossistico ogni minima regola…ma perché non le si era mai presentato un intoppo o un incontro con i vari supervisori più difficoltoso del solito?
Sìle non era abituata ad insinuarsi nella volontà altrui, benché sapesse bene che c’erano suoi simili capaci di farlo; a parte quella volta in cui aveva deliberatamente tentato di intimidire Gore, non avrebbe mai e poi mai osato agire su qualcuno che in fondo, come nel caso di chi si occupava degli affidamenti, cercava di fare al meglio un lavoro delicato e di grande responsabilità.
Alla fine quindi, anche consultandosi con Dorcas, Ceday, Morgan, Una e lo stesso Liam, erano giunti tutti insieme alla conclusione che forse, come la gente aveva conservato parte della storia di Lily legandola a Sìle e quindi perdendo cognizione di ciò che era stato e come le tracce di Lily erano scomparse, allo stesso modo Lily, o comunque l’aura del suo mondo, che includeva anche loro e tutti quelli che entravano in contatto con la bambina, agiva più o meno di forza sulla realtà delle cose e la coscienza delle persone in modo tale da proteggersi in qualche modo.
Magari rendeva tutto un ricordo vago, come la traccia di un sogno, e quindi poco affidabile? Magari, dalle solite mani ignote, ma in fondo ben conosciute almeno all’interno di quella cerchia ristretta di persone, venivano fatti sparire fogli da borse, valigette e cartelle varie?
E che ci sarebbe stato di strano? In fondo c’era una parte di loro che interagiva nella quotidianità degli uomini: le scritte di Garlicky le poteva vedere chiunque, il latte rancido sul pavimento della cucina di Liam era concreto quanto la sua puzza e…George aveva addirittura, attraverso il telefono, sentito cantare quelli che Dorcas sosteneva essere folletti.
Certo, era noto da secoli: loro invadevano il mondo degli uomini con apparente noncuranza, ma poi stavano bene attenti a nascondersi o a sparire in tutta fretta per non essere visti o presi, quindi erano ben consci di doversi difendere.
E Lily era sempre lì con loro.
Più schiva, più distante, meno disponibile, molto dispettosa in certi casi, ma molto presente.
Una mattina in cui Dorcas aveva chiesto a Liam di aiutarla a segare le zampe di un vecchio tavolo che sarebbe diventato legna da ardere, Lily si godeva lo spettacolo stando accoccolata tra le felci, poi quando si sentiva trascurata, non faceva altro che prendere pigne o piccoli sassi da terra e scagliarli contro Liam che lavorava.
A fine mattinata il giardino del B&B era pieno di pietruzze e pigne e Liam sfoggiava un bel bernoccolo sulla nuca.
“Insomma…loro erano qui da prima che tu e io nascessimo, sono in giro per tutto il mondo da millenni! Vuoi che spariscano se io e te ce ne andiamo per qualche settimana?”
E così alla fine, Sìle si era decisa.
Si era decisa così bene che una vacanza di due o tre settimane, era diventata di due mesi e quella era la decima mattina consecutiva in cui si svegliavano a casa loro.
Sì perché prima dei due mesi di vacanza, c’era stato il trasloco ufficiale di Sìle a casa di Liam.
Era diverso così.
Non erano lontani da niente di tutto quello che li aveva legati, ma erano solo loro due e potevano avere un loro mondo privato.
Sìle andava via ogni mattina per lavorare al B&B e tornava la sera, Liam invece aveva tutti i suoi impegni dietro a cui stare.
Ad esempio stava iniziando a sviluppare un certo interesse per lo scrivere.
Aveva da sempre l’abitudine di tenere dei diari e di prendere appunti durante i suoi viaggi…aveva due scatole piene di quaderni e taccuini, appoggiate accanto alla scrivania che aveva sistemato nella serra sul retro del cottage, e spesso, mentre Sìle in un altro angolo lavorava a qualcuna delle sue sculture o magari si prendeva cura delle piante, perché Dorcas aveva deciso di fargliene adottare qualcuna delle sue, lui si metteva a rileggerli e a riscorrerli.
George era passato a trovarli, nei primi giorni in cui Sìle viveva lì, e una sera in cui lui e Liam erano seduti nella serra chiacchierando tra loro mentre Sìle cucinava, l’amico gli aveva chiesto di poterli sfogliare.
“Perché non provi a riordinarli e metterli insieme?”
“Dici?”
“Sull’Africa hai abbastanza materiale per un intero libro. E tutto quello che hai scritto nelle traversate in mare…sugli animali…secondo me valgono più di qualcosa. Oltretutto hai una buona capacità descrittiva…inaspettata, questo è ovvio…”
“Senti…va’a farti fare quello che immagini va bene? Lo sai che mi imbarazzano queste cose, non mi mettere in difficoltà!”
“Quanto sei permaloso…non posso mica farti un complimento così alla leggera no?”
“Oh certo che no…”
E così aveva iniziato ad occupare il tempo che non spendeva in qualche viaggio qua e là per il mondo, a riportare cose scritte negli anni sulla più fredda e asettica pagina che gli presentava il computer e quando era stanco, qualcosa da fare lo trovava comunque.
Magari farsi un giro qua e là per trovare qualche ispirazione fotografica o semplicemente accompagnare Dorcas a fare la spesa o, al solito, mettersi a studiare quel fantastico e pazzesco turbinio di esistenze che aveva ormai preso possesso della sua vita.
Era inutile negare che esercitasse un fascino magnetico, anche se lo spaventava a volte, e ovviamente quella serie di appunti, ora si guardava bene dal tenerla insieme agli argomenti più consueti, per quanto affascinanti.
Quando poi non c'erano ospiti e lui e Sìle si ritrovavano a casa, chiunque di loro fosse quello che rientrava per secondo, c’era qualcosa di dolce, di caldo, di prezioso che si apriva dietro quella porta.
La sensazione della presenza di Liam, del suo passaggio testimoniato magari da un libro, da una particolare attrezzatura posata sul tavolo del salotto in attesa di venire ancora considerata perché intanto era sopraggiunta qualche altra ispirazione.
Il fumo di una sigaretta abbandonata che saliva da un posacenere o il giaccone lasciato sullo schienale del divano.
Tutte cose che sarebbero tornate al loro posto molto presto, ma a Sìle non dispiaceva occuparsene, perché sapere che Liam era lì che la aspettava fin dal primo sguardo dato dall’ingresso, era bello così.
Vederselo spuntare dalle scale, assorto in qualche lettura o nella scelta di quale maglietta mettere a lavare e quale usare ancora per una sera. Trovarlo appoggiato al ripiano della cucina assorto in qualche telefonata che richiedeva prendere qualche appunto o magari impegnato in una lunga conversazione filosofica con uno dei gatti.
E per Liam non era diverso.
Rientrare e trovarsi davanti Sìle senza essersi accorto che era tornata, capire dai suoni domestici che cambiavano che stava rientrando da fuori e poi sentirsi abbracciare da dietro poi baciare sulla guancia, era qualcosa che risultava nuovo perché non era nelle sue abitudini condividere così a lungo uno spazio con una donna, ma non c’era niente, neanche un momento che gli facesse rimpiangere la decisione di averle chiesto di farlo.
Era una novità venire accolto in casa propria da invitanti odorini di cucina, a volte anche sperimentale e azzardata, venire liquidato con frasi tipo “Se hai bisogno di una rinfrescata, non c’è fretta, tanto è meglio lasciarlo raffreddare un po’…” e al ritorno trovarla ancora presa dagli ultimi preparativi.
A volte ci si mettevano insieme a cucinare, chiacchierando, lui le raccontava di un nuovo progetto che gli frullava in mente e lei di quella bizzarra famiglia di olandesi o di quel tipo che si portava dietro un bulldog francese identico a lui nell’espressione e nel fisico.
Poi come in ogni coppia, capitava qualche discussione, ma erano davvero cose da poco.
Quelle più serie erano di solito dovute all’insicurezza di Sìle rispetto all’indipendenza di Liam, cosa che a volte questi percepiva come scarsa fiducia nei suoi riguardi, o alla difficoltà in cui lui si trovava quando Sìle si chiudeva a riccio rimuginando su quelle percezioni più profonde che non era in grado di avere e che lo facevano sentire un po’ inutile.
Erano comunque piccoli screzi di un momento che defluivano velocemente, magari per voglia di fare pace o magari perché succedeva qualcosa che li costringeva a collaborare per essere risolta…e una volta o due, anche se non se lo erano detto, avevano pensato entrambi che forse qualche manina pacificatrice, aveva pensato bene di intervenire.
Rubare un barattolo di chutney di ananas con cui accompagnare il maiale in casseruola, era senz’altro un ottimo modo per far smettere quei due di discutere sul perché lui dovesse andare in crisi di fronte all’idea di andare a Glasgow per il compleanno di sua madre, solo perché ci sarebbero state zia e cugine che avrebbero senza meno stilato un dettagliato rapporto di tutti i difetti della fidanzata strana di Liam che lo aveva tenuto lontano da casa per Natale.
“Perché non ho voglia di incazzarmi, ecco perché vado in crisi…non ho voglia di litigare con nessuno o di rovinare la festa a mia madre”
“Ma se non sai nemmeno se lo faranno! Stai facendo un processo alle intenzioni di tutta una famiglia solo perché…”
“Fanno sempre così?”
“Non è detto, non puoi saperlo prima…”
“Certo che lo so! Le conosco da quarant’anni!”
“E allora? Ma pensi che io abbia sempre bisogno di te per difendermi? E’ una vita che mi trovo di fronte a gente che mi indica come quella strana. Come pensi che fosse trovarmi a incrociare la madre di John per strada e pensare che in qualche modo mi riteneva responsabile della morte del figlio?”
“Oh beh scusa se mi preoccupo di non farti trovare in imbarazzo…”
“Non sarà che hai paura di trovartici tu in imbarazzo?”
“Non dire stronzate…”
“Risparmiati le volgarità, non ti fanno avere più ragione”
“Io me ne sbatto della ragione Sìle. Ci andiamo a Glasgow, stai tranquilla, nessuno ti negherebbe mai l’ebbrezza di quest’incontro campale!”
“Possibile che la tua famiglia per te debba essere quest’incubo? Mi pareva d’essere io quella con i trascorsi problematici…”
“Ah sono diritti in esclusiva?”
“Quanto sei infantile…dove vai ora?”
“Ho voglia di una sigaretta, chiedo scusa…”
“Proprio non si può parlare oggi eh? Aspetta! Liam! Dove l’hai messa l’ananas?”
“Sono infantile e mi vergogno di te, di che altro parliamo?…l’ananas? Quale ananas?”
“Devo fare il maiale al chutney di ananas, tra un’ora Charlie e Gill arrivano, il maiale è lì che cuoce e il chutney era qui, ora dov’è?”
“Non lo so…”
“Grazie della disponibilità tanto Charlie e Gill sono solo amici miei vero?”
Poi capitava che mentre uno era lì che smaltiva la stizza in giardino, si accorgeva d’essersi fermato proprio a un mezzo passo dal calciare via il barattolo con dentro l’ananas chutney.
Che era un piccolo aiuto venuto da parte di qualcuno, si capiva dal fatto che Liam non avrebbe avuto idea di come scusarsi per la sua testardaggine e quel barattolo invece, era la chiave per costringere Sìle a doverlo almeno guardare in faccia contenta di aver recuperato la sua preziosa ananas.
La sentiva da fuori protestare perché le era venuta così bene, e chissà se sarebbe riuscita a rifarla per tempo, e se non ci fosse riuscita cosa avrebbe messo insieme al maiale.
Quando Liam le aveva riportato il vasetto, era piegata in avanti a cercare sotto un mobile, si era rialzata e lui le aveva messo davanti agli occhi l’ananas.
“Charlie e Gill sono anche miei amici, andiamo a Glasgow anche con una settimana di anticipo se vuoi, hai ragione a non voler essere tenuta sotto una campana di vetro, ma perché devi fare sempre finta di non saperlo che fosse per me monterei delle gigantografie di te in giro per il mondo con su scritto questa qui sta insieme a me e se non ci fosse bisognerebbe inventarla?” le aveva detto.
“Perché sei uno zuccone pieno di complicazioni, ecco perché!”aveva risposto lei prendendo l’ananas, mettendola da parte e abbracciandolo.
“Non sono pieno di complicazioni…infatti in quelle gigantografie ti immagino sempre nuda. E’ per quello che non le faccio…”
Pace fatta e chissà se per merito di Lily o di Garlicky? E se fosse stata la palla di pelo cleptomane?
Quando Sìle tornò a letto, si accorse che Liam era sveglio e gli sorrise, ma come con debolezza: aveva l’aria stanca e poco pimpante.
- Tutto bene?-
- Non so…mi sento strana...ho mal di testa e ho dormito pochissimo - spiegò Sìle sedendosi con le gambe incrociate – c’è un’aspirina da qualche parte?-
- Non lo so…ne ho prese un paio io l’altro giorno, ho paura d’averle finite. Forse in auto ne è rimasta qualcuna, vado a vedere…-
- Posso andare io, tu dormi ancora un po’. Eri stanco ieri sera…- sussurrò lei accarezzandogli una spalla.
- No, ero già sveglio – e mentre si alzava guardò fuori dalla finestra.
Si stiracchiò, si infilò un altro paio di pantaloni e in t-shirt si avviò verso la porta.
- Copriti, non è così caldo…-
- Ma dai…-
Sìle ci provava ogni tanto a sondare quanto fosse effettiva indifferenza al freddo e quanto qualche traccia di orgogolio virile da sfoggiare, ma non era ancora arrivata a capire in quali dosi le due cose convivessero in Liam.
Sorridendo si rannicchiò nel letto e si ricoprì.
L’auto di Liam era parcheggiata dietro l’angolo di casa e dalla camera da letto si sentivano bene i rumori che lui faceva: il comando a distanza che sbloccava le portiere, lo sportello che si apriva, si richiudeva, un altro aperto e richiuso, ma stavolta dopo un intervallo più lungo.
Di lì a poco lo sentì rientrare in casa.
- Eccomi. Ne ho trovate due, ma devo andare a ricomprarle…- le disse arrivando in camera dopo una breve sosta in cucina, al piano di sotto, per riempirle un bicchiere d’acqua.
Quando arrivò in camera da letto, accese una delle lampade sopra il letto e posando il bicchiere e le aspirine sul comodino, le si mise seduto vicino, aspettando lì fino a che non fu sicuro che stesse meglio, la lasciò solo per darsi una sciacquata al viso con l’acqua gelata per svegliarsi di più.
- Hai qualche presentimento preoccupante?- domandò sdraiandosi di nuovo sul letto.
Lei negò fissando il fondo del bicchiere prima di finire l’acqua.
Quando lo ebbe posato sul comodino, tornò a sdraiarsi a sua volta per accoccolarsi contro di lui, intrecciando una gamba con una delle sue.
- Streghetta, lo sai che la mattina è un momento delicato…- mormorò Liam con il suo solito tono da micione.
Sìle sorrise, gli strofinò la punta del naso contro una guancia.
- Sei orribile, pensi sempre a quello!-
- Tu potresti reggerti le cosce da sola invece che metterle in mano a me ogni volta che ti pesano…-
- Scusa…- fece Sìle fingendo di rimanerci male e cercando di sfilargli il ginocchio di sotto la mano, ma lui la trattenne.
- Prendi tutto troppo sul serio tu, ecco perché non dormi la notte…- bisbigliò.
Mentre gli si stringeva contro, Sìle guardò fuori e sospirò.
- Quando devi partire per Berlino allora? Domani?-
Liam sbadigliò cercando di non darlo molto a vedere e disse di sì.
- Quanto starai via?-
- Tre giorni, quattro al massimo, te l’ho detto. Perché?-
- No, niente…-
- Sìle se c’è qualche problema dimmelo, non ci vado…- insisté Liam girandosi a guardarla in faccia.
Lei gli diede un bacio sulle labbra.
- Non pensarci nemmeno. Sono solo in ansia senza saperne il motivo, lo sai che poi smanio se non posso tenere tutto e tutti al sicuro quand’è così…-
- Non puoi tenere sempre tutti al sicuro da sola -
- Lo so, lo so…lascia stare…è che mi piacerebbe venire con te…-
Lo sentì sorridere e sospirare, stiracchiarsi un po’.
- Allora avevo ragione quando insistevo per partire – sentenziò con una sfumatura di trionfo nella voce – non che avessi dubbi. Se ripenso a tutte le manifestazioni di apprezzamento e gratitudine in cui ti sei profusa nei miei riguardi…era da fare invidia alle fantasie di Sherazade…-
Sìle si alzò a sedere e gli diede uno schiaffetto su una gamba.
- Ma che sfacciato! Non era gratitudine!- esclamò risentita.
- Ah no?-
- Mi fai sembrare una repressa! Invece…-
Quando lo vide ridere sotto i baffi si fermò e gli chiese cosa avesse da ridere.
- Invece sono io che sono un attentato alla pace ormonale di ogni donna? Lo sapevo che era Ceday l’altra sera… -
- Ma che stronzo!- protestò Sìle ridendo di nuovo e prendendo un cuscino per sbatterglielo sullo stomaco – guarda che è una cosa bella per me!- continuò mentre lui catturava guanciale e lei insieme, costringendola a subire una specie di brutalizzazione solleticosa.
- Anche per me è bella, ma non ti avevo mai sentita così. Alla fine mi ha meravigliato, ho dubitato perfino che fossi sveglia a momenti…– le rispose Liam allentando man mano la presa e soffermandosi sopra di lei, stando sollevato sui gomiti. Con le dita le accarezzava i capelli e la guardava con un sorriso che andava affievolendosi.
- Ero sveglia! Ma perché svilisci tutto…- dopo un’altra breve scintilla di ribellione, Sìle si fermò di nuovo - così? Così come?-
- Così…- le disse lui dopo un sorrisetto allusivo – così…dunque vediamo, come avrebbero detto quei sant’uomini di certi imparzialissimi tribunali inquisitori? Degenerata, impudica, perversa, depravata, lussuriosa, lasciva, concupiscente…e poi te ne dico altre tre o quattro quando sono abbastanza sveglio per rapportarmi con una lettura più impegnativa dei Peanuts -
Sìle si rimise a ridere e lo spinse via raggomitolandosi su un fianco per nascondersi.
- Mi prendi in giro…- protestò.
- Un po’…- sghignazzò Liam avvicinandosi e cercando di farla girare - ma hai ragione…- sussurrò scostandole i capelli dal viso e dal collo – è fantastico quando sei così, fallo ancora…-
A forza di parlarle e dirle cose carine, l’aveva fatta girare.
Era successo qualcosa quando erano in viaggio.
In primo luogo erano soli loro due, davvero soli, lontani da ogni contatto quotidiano, per Sìle era una condizione nuova, se non altro per il tipo di ambiente in cui si trovavano, per Liam invece no, non lo era affatto.
Lui si muoveva con la tranquillità di sempre tra gente e posti per lei diversi da casa in tutto e per tutto, eccetto le normali tracce di civilizzazione non c’era niente che le ricordasse casa.
Sentirlo esprimersi in lingue diverse, lasciarsi portare da lui in posti sconosciuti e affascinanti, ascoltarlo raccontare e spiegare di cose che per Sìle erano note, ma di cui non aveva mai avuto una manifestazione concreta di fronte, la affascinava moltissimo.
Lui, la affascinava, mentre le apriva una specie di libro su di sé e quello che faceva quando non era con lei.
Più del resto la colpiva il fatto che gli venisse spontaneo diventare più padrone delle cose, quasi si sentisse in dovere di farla stare tranquilla, di proteggerla in qualche modo.
Di solito era Liam che si trovava spiazzato, anche se affrontava tutto con disinvoltura e autoironia tali da sembrare il classico tipo che in un modo o nell’altro era comunque caduto in piedi; in quei giorni invece, era lei, che a cadere sempre in piedi non sarebbe mai riuscita con troppa tranquillità e rimaneva più guardinga rispetto al mondo, ad affidarsi a lui.
Poi però c’era quella parte di sé che recepiva tutto solo come quelli come lei potevano fare e che certi posti, così antichi, così carichi della magia umana, il Mediterraneo e il Mar Egeo, tenevano tanto vigile.
C’era qualcosa che le destava dentro una sensibilità davvero primordiale.
Aveva provato una serie di sensazioni sconosciute durante quel viaggio: la quasi totale assenza di umidità, il frinire incessante delle cicale che faceva fischiare le orecchie anche dopo essersene allontanati, l’acqua del mare così tiepida da non causare neppure un brivido entrandoci, nonostante l’aria fosse caldissima.
Una pietra gelida come era abituata a sentire il marmo, che invece invitava a lasciarsi percorrere con i piedi nudi per quanto il sole la scaldava.
Si era concessa quella piccola libertà ai Propilei dell’Acropoli di Atene e di quella breve passeggiata rimaneva evidente prova in alcune foto che Liam aveva scattato quel pomeriggio.
E poi c’erano i colori così diversi, il riverbero non aveva nulla a che vedere con quello che conosceva, come era nuova la sensazione di sollievo nel rientrare nell’ombra di una casa vecchia e rustica, dopo una mattinata passata sulla spiaggia.
Erano tutte cose che eccitavano ogni suo senso e la vicinanza con Liam, anche quella un po’ nuova, era come un risveglio lento, ma costante, una specie di liquefazione continua di freni e timidezza.
Le piaceva come si scuriva la pelle di Liam sotto il sole, come si accendeva di più il colore dei suoi occhi e come si imbiondiva la peluria sul suo corpo o si schiarivano appena i capelli.
A Sìle non succedeva così, aveva la pelle troppo chiara e i capelli troppo scuri, ma le stavano succedendo altre cose.
Infatti quando Liam al ritorno da fuori, per gioco, mentre lei apriva la porta di casa e nessuno li vedeva, le scostava il costume sul sedere o sul seno con la scusa di vedere se si era bruciata o le succhiava via il sale dal collo o dalle spalle, in diverse occasioni si era ritrovato a doversi prendere immediata responsabilità delle proprie provocazioni, senza neanche il tempo di chiudere la porta quasi.
Poi arrivavano quelle lunghe ore del primo pomeriggio, in cui se non si trovava riparo tra le viuzze strette delle città vecchie, mangiando insalate e ntakos, l’unica cosa da fare era rimanersene nella penombra e nel refrigerio che regalavano le mura spesse della tipica, bellissima casa cretese di Soutraki che un amico di Liam aveva segnalato loro.
Lì dentro, era sempre caldo, ma c’era anche aria, fili di vento che accarezzavano la pelle, che di notte portavano l’odore del mare misto a quello delle pesche che maturavano nel frutteto della casa vicina, che la padrona di casa non mancava mai di regalare a Sìle non appena la vedeva passare.
Nei supermercati inglesi non avevano certo quel profumo!
A volte la svegliava quel profumo, allora si affacciava sulla porta o a una finestra per sentirlo meglio, poi tornava da Liam e lo svegliava accarezzandolo e stuzzicandolo.
Insomma certe cose tra loro due erano successe con molta più frequenza in quel contesto e Sìle lo sentiva che Liam era sempre attento, che la studiava e la scrutava e la capiva, avvertiva quell’elettricità che la percorreva in quei momenti, la sviluppava a sua volta e rispondeva sempre con prontezza, a volte con più dolcezza, a volte con più determinazione.
Anche in altre situazioni e momenti se n’era accorta.
Lui pareva non guardarla, non fare molto caso a ciò che faceva, a dove curiosava, ma l’aveva tenuta spesso come soggetto più o meno centrale delle sue foto e ce n’erano tre che lui teneva nascoste nella moleskine che stava compilando in quel periodo.
Una era l’immagine che aveva scattato a Micene, mentre Sìle, attraversando il lungo corridoio in penombra, entrava da sola, complice forse l’orario di chiusura del sito in avvicinamento, nella tomba di Clitennestra.
Si vedeva lei che, piccola e vestita di chiaro, contro il buio dell’antro imponente in cui si era avventurata, si delineava quasi come un’apparizione fantasmatica.
Un’altra era una foto che le aveva fatto mentre parlavano tra loro: un primo piano di Sìle che, seduta sul muretto bianco che si allungava poco oltre la porta della casa in cui stavano passando quei giorni, sorrideva serena e allegra, guardando Liam dietro l’obiettivo.
Vedendosi, Sìle si era sembrata più bambina, ma Liam dietro la foto aveva annotato delle parole da una canzone(come altre volte aveva fatto)Lady Jane, la mia…, e allora non si era più sentita piccola, era stata bene.
L’ultima invece, sempre scattata in quella casa a Creta, era fatta in una strana penombra, come di mattina molto presto, mentre lei dormiva ancora.
Si vedeva la sua figura, in mutandine e canottiera bianca, sdraiata tra le lenzuola spiegazzate.
Liam non sapeva che Sìle le aveva viste quelle fotografie e lei non glielo aveva detto: aveva urtato per incidente l’agenda, le foto cadendo si erano sparse un po’ intorno, Sìle le aveva sbirciate per un po’, ritrovandocene insieme anche di più vecchie, ma poi le aveva rimesse a posto lasciandogli il suo piccolo segreto.
Era bello pensare che lui potesse volersela guardare un po’ in privato, quando nessuno, nemmeno lei lo vedeva.
Si alzarono un’ora dopo, anche se Liam tentò di trattenere Sìle a letto più di una volta.
- Ma non devi andare a comprare l’aspirina?-
- Ti è passato il mal di testa no?-
- Sì, ma possono servire…-
- Io sto benissimo, tu no?-
- Beh…sì, ma non significa che…dammi la maglietta. Liam! Devo alzarmi, ridammi la maglietta dai!-
- Non tirare, si rompe alla fine!-
- E tu lasciami andare no?-
- No!-
- Va bene, tienitela, tanto mi hai già vista nuda -
- Io sì, ma loro no…-
- Loro chi?-
- Non lo so. Vedi qualcuno fuori?-
- Oh!-
Sìle non prendeva ancora bene l’abitudine a certe parti della casa più esposte alla strada e in quel momento stava facendo bella mostra della parte superiore del suo addome dalla finestra sopra il letto.
Corse a nascondersi in bagno dando a Liam della carogna e si infilò nella doccia, ma lui la raggiunse poco dopo.
Si fermò sulla porta del bagno con gambe e bacino avvolti nel lenzuolo.
- Serve una mano?-
- Ne ho già due grazie…-
- Va bene…io lo dicevo per te – si arrese guardandosi allo specchio e spettinandosi un po’ i capelli che ora portava un po’ più lunghi sulla sommità del capo.
- Dorcas mi aspetta…- aggiunse lei – oggi arriva un gruppo di nove persone di cui cinque sono bambini…-
- E dove le mette?-
- Non prende altre prenotazioni, ma sarà un caos e il fango tra scarponi e biciclette…già me la sento invocare qualche aiuto improbabile e minacciare infusi diuretici o soporiferi…-
- Magari minacciasse solo quelli!- ridacchiò Liam.
Sìle sospirando chiuse l’acqua.
- Mi passeresti l’asciugamano?-
- Sì…-
- Ah! E poi ci sarebbero i risultati delle analisi di Agenore da andare a ritirare a Kendal…non è che…-
Liam la guardò un po’ di traverso, quindi si voltò indicandola con un dito.
- Ascoltami bene: io ci vado, ma se tu pensi che io mi avvicini ancora ad Agenore con un trasportino solo perché la tua amica Dorcas mi prende per gola e tu per quello da cui sei fuggita due minuti fa, ti sbagli di grosso. Vi, sbagliate di grosso. Avevo più graffi addosso di quante righe ha un abito di tweed e la mia macchina lo sai quanto ci abbiamo messo io e Charlie a renderla di nuovo respirabile? La mia BMW?-
- Sì, quella lì fuori no?-
- Esatto. Io adoro quella macchina. Passo un sacco di momenti bellissimi su quella macchina…-
- Oh anche io…-
- Ecco. E quella specie di tigre lillipuziana ci ha…-
- Tutti i gatti fanno pipì quando hanno paura -
- Ma se l’ho portato a Kendal perché è il veterinario di Keswick ad avere paura di quel gatto!-
- Esagerato!-
- Non tanto quanto credi…-
- Agenore è buonissimo!-
- L’hai mai fatto arrabbiare?-
Mentre Liam snocciolava tutta la sua sequela di protesta, Sìle gli andò incontro e lo abbracciò intorno alla vita prendendo a sbaciucchiarlo intorno al collo.
- Piantala...non mi parla ancora lo sai? E ti rendi conto che ti ho appena detto che il gatto di Dorcas non mi parla più?-
- Povero amore mio, hai ragione, ma vedrai che farete pace e…- e via dicendo.
Ecco questa era diventata la quotidianità: momenti di tensione più o meno seri, una prevalenza di serenità, un sacco di gatti.
Il paese continuava a girare intorno a loro senza ricordare Lily, questo no, ma ricordando molto bene tutto quello che riguardava Dorcas.
I suoi comportamenti strani, ma non molesti, i suoi modi un po’ sbrigativi se la si disturbava o la si indispettiva, le sue uscite notturne, tornava tutto con la routine di sempre salvo che ogni tanto, ovvero quando Jane andava a trovarli, le ombre che si aggiravano agli orari più disparati in cerca di erbe o funghi, seguite dal solito stuolo di gatti, erano due.
Jane stava scoprendo un sacco di cose interessanti e divertenti e non le importava proprio niente di venire presa per matta.
Liam dal canto suo non commentava, non rimostrava, si limitava a farsi una risata quando qualcuno gli diceva ”Ho visto tua madre ieri sera…con…sai no?” senza specificare per paura di offenderlo.
Quel giorno invece, quando uscirono di casa, trovarono Clara in compagnia di un nuovo collega, un ragazzetto di forse vent’anni, forse neanche.
- Una vera fortuna che ci abbiate trovato ancora in casa Rupert…- osservò Liam dopo che Clara gli ebbe presentato il ragazzo e quello gli ebbe consegnato la posta.
- Beh io non ero sicuro, ma Miss Clara mi ha detto di…- il ragazzo si interruppe d’improvviso vedendo Sìle che arrivava e arrossì con tanta violenza, si trovò in un imbarazzo tale, che dimenticò di abbassare il dito che indicava la finestra da cui poco prima Sìle era comparsa non proprio vestita.
Liam capì e annuì mentre lei invece, rimaneva un po’ incerta sul motivo per cui quel ragazzo fosse rimasto impalato come uno stoccafisso vedendola.
- Beh la prossima volta, di’ a Miss Clara che il campanello funziona benissimo e che guardare da quella finestra non serve a niente…-
- Sì, signore…-
- Bravo…-
Tutto come sempre insomma salvo quanto accadde il pomeriggio del suo ritorno da Berlino.


Liam aveva tardato un po’ perché aveva una sorpresa che era sicuro che sia Sìle che Dorcas avrebbero gradito, se non subito, di lì a qualche tempo almeno, e non vedeva l’ora di renderle partecipi della novità.
Quando arrivò al b&b però, non trovò l’accoglienza che si era aspettato.
Era tutto silenzio quando si avvicinò alla casa, nessuno che facesse rumore in cucina, che richiamasse gatti, e quello dal suo punto di vista poteva risultare un vantaggio in quel momento, ma temeva fosse successo qualcosa , quel posto non era mai stato così silenzioso.
Aprì la porta tenendosi il giubbotto arrotolato sul petto, nascondendo qualcosa, e attraversò il corridoio fino in cucina: niente e nessuno tranne Agenore che sonnecchiava sulla solita poltrona e che gli miagolò incontro, ma senza scomodarsi.
- Va bene, va bene, non siamo ancora amici come prima…- gli concesse Liam.
Un attimo dopo sentì la voce di Dorcas dal piano di sopra.
- Ma non hai l’influenza! Paula è andata al lavoro come sempre oggi!-
- E che significa?-
Paula Logan era la felice madre di quattro bambini stupendi, ma tutti in età da untore.
Come spirava un alito di virus influenzale o intestinale, un herpes o una congiuntivite, uno dei suoi quattro tesori lo portava a casa e Paula, da brava mamma che mai e poi mai avrebbe negato a un figlio una coccola nella malattia, non riusciva a scamparne una.
- Che non è influenza! Ha ragione Ceday! -
- Ma da qualcuno la prenderanno l’influenza quei quattro no? E tu e Ced vi siete fissate su questa storia. Va bene, sono quattro giorni che…oh…-
- Che hai?-
- Oh no…-
- Che c’è? Di nuovo? Ma non hai mangiato niente!-
Liam assistette a questo scambio di battute da metà della scala.
- Disturbo? Siete impegnate?- chiese. Dopo qualche secondo di immobilità interrotta soltanto dal suono dello sciacquone in bagno, Dorcas gli comparve davanti.
- No, per fortuna non abbiamo più clienti per due giorni, ma Sìle non si sente bene, ha la nuasea e dice di avere l’influenza…-
- Ma tu hai appena detto di no…-
- Arrivo subito! Sto molto meglio! - li informò Sìle da lontano.
Dorcas allora lo invitò a seguirla.
- Beh se lo stomaco non è mio, posso sbagliarmi. Com’è andato il viaggio? Ha tardato il volo? Dovevi essere qui due ore fa - gli chiese scendendo le scale.
Liam rimase un attimo in attesa di Sìle, ma poi pensò che forse era meglio aspettarla di sotto.
- Come? Ah no…no è che…sono passato dalla clinica veterinaria a Kendal, il dottore mi aveva chiesto un favore e…-
- Favore? Che favore? Per Agenore?- domandò Dorcas mentre entrava in cucina, gli teneva aperta la porta e notava, nel girarsi verso di lui, il fagotto del suo giubbotto – che hai lì?-
- No, Agenore camperà altri cento anni anche senza di lui e qui ho il favore…- rispose Liam – vieni a vedere…- la invitò ammiccando.
- Si muove…-
- Eh già…-
- Non potete tenerlo, avete già due gatti-
- Non serve tenerlo forse e comunque non sai nemmeno cos’è. Vieni a vederlo, secondo me ti piace -
- Non è un gatto -
- No…- confermò Liam infilando le mani tra le pieghe del suo giubbotto, giocando con qualcosa.
- Allora non possiamo tenerlo…-
- Noi?- chiese Liam intuendo che già Dorcas stava perdendo di rigidità.
La guardò e lei sbuffò irritata, agitando appena una mano in aria per dirgli di tacere.
- Beh ma che ha?- chiese comunque senza ancora decidersi a guardare cosa fosse quell’animale.
- La madre non lo allatta…e non piaceva né a me né al veterinario l’idea di farlo sopprimere come voleva il padrone. Ancora un’ora e gli avrebbero fatto una bella punturina…-
Dorcas commentò con un grugnito di disapprovazione per la prospettiva che aspettava quella cosa, ma ancora si teneva a distanza dal tavolo, mentre invece Agenore si era alzato, stiracchiato, aveva annusato un po’ l’aria e sentendo forse un odore nuovo, si era spinto in avanscoperta passando di sedia in sedia attorno al tavolo.
- Eccomi!- chiamò Sìle dal corridoio.
Liam lasciò il fagotto sul tavolo assicurandosi che non rischiasse di cadere e uscì raggiungendola.
- Ehi…come stai?- le chiese lasciandosi prendere le mani – sei pallida…- aggiunse quando la vide meglio in faccia.
Sìle annuì e si schiarì la voce portandolo verso un’altra stanza.
- Sì lo so…ho un problema…-
- Che problema?-
- Più che altro un dubbio che…beh Dorcas e Ceday sono convinte di una cosa, ma io preferisco accertarmene…- iniziò lei, ma un urlo di Dorcas li interruppe.
Non era proprio un urlo, era un’esclamazione di sorpresa molto sentita.
- Dorcas, va tutto bene?- chiese Sìle, ma non ci fu replica, così con Liam tornarono indietro dopo essersi scambiati uno sguardo di consulto.
Quando Liam aprì la porta della cucina, gli si presentò davanti una scena cui aveva già ampiamente previsto di assistere: Dorcas seduta davanti al suo giubbotto con, cullato tra le mani, un cagnolino, un batuffolino di pelo bianco e grigio, un po’ spettinato, uggiolante e sperduto, che le annusava il mento.
- Amore della nonna, quanto sei stato fortunato…- fu la prima frase chiara che le sentirono proferire nell’inconsapevolezza di essere osservata.
Sìle si voltò verso Liam con un punto interrogativo stampato in faccia e lui le sorrise con aria un po’ colpevole.
- Poteva essere morto a quest’ora…- si giustificò con tono serio e grave, infatti Sìle si preoccupò subito.
- Cosa?-
- E’ vero! Ce l’aveva il veterinario a Kendal, me l’ha fatto vedere, la madre non lo vuole e…beh guardalo poveraccio, la sua prima settimana di vita è già stata una schifezza, potevo lasciarlo lì? Ho pensato che in fondo…beh…insomma la madre è piccola, il padre è piccolo, lui non potrà uscirne un gigante…e noi…e poi è maschio…- vide che Sìle lo fissava con un’espressione un po’ sibillina che gli fece temere di non averle fatto cosa gradita – va bene…lo do a mia madre se vuoi…-
Lei fece finta di non aver sentito, entrò in cucina e ricordò a Dorcas che forse, dall’ultima cucciolata felina, non molte settimane prima, era avanzato del latte in polvere.
Dorcas le affidò il cucciolo e Liam, da come Sìle se lo portò vicino al viso per dargli un bacetto sulla testolina, capì che quella del latte era una scusa per farselo lasciare.
Dopo qualche secondo in cui sembrò riflettere, tornò vicina a lui con il cagnolino che pareva essersi addormentato o comunque molto rilassato in mano a lei.
- Possiamo tenerlo, abbiamo spazio…- disse sottovoce, quindi annuì e dopo un attimo aggiunse– sarà come avere già un bambino in qualche modo no?-
- Beh…-
Liam stava rispondendo che certo, un cane sarebbe rimasto in una perenne infanzia, cosa che i gatti non facevano, ma gli passò di mente, guardò Sìle e aggrottò le sopracciglia.
- Sappi che non mi spaventa la prospettiva di un cucciolo di uomo, anzi…-
Lei sorrise e annuì sedendosi al tavolo.
- Ma che mi stavi dicendo prima? Di un dubbio?- chiese Liam ricordandosi del momento in cui erano stati interrotti.
- Oh…è passato…- lo tranquillizzò mentre la raggiungeva e si sedeva accanto a lei.
- E lo stomaco?-
Sìle lo guardò, posò il cucciolo sul tavolo tra loro due e quello barcollando si avvicinò a Liam, forse riconoscendo un odore più noto.
Liam lo circondò con le mani e lui gli si accoccolò contro il palmo.
- Anche quello per ora...- mormorò lei, quindi aggrottando un po’ le sopracciglia, si schiarì la voce – mi accompagneresti da Clawley domani?-
Liam per rispondere aspettò che Dorcas facesse un po’ di rumore dopo essere tornata senza aver trovato il latte in polvere.
- Sì…ma devo preoccuparmi?-
- E’ tutto a posto…- bisbigliò Sìle dandogli un bacio con gli occhi puntati dritti nei suoi e quel solito riflesso luminoso, ma più morbido.
Colpì Liam quella luce, lo fece insospettire, ma non preoccupare, però per domandare altro aspettò un altro momento fortuito di solitudine che il telefono garantì loro richiamando a sé Dorcas.
Sìle gli passò il piccolo biberon in cui, supplendo alla mancanza di quello in polvere, aveva messo un po’ di latte con un tuorlo d’uovo e altre componenti vitaminiche immediatamente reperibili suggerite dal veterinario.
Liam lo avvicinò al cucciolo che dopo un primo assaggino dal dito di lui, anche se con qualche incertezza, si allungò verso il ciuccio e iniziò a succhiare con grandissima soddisfazione.
Entrambi loro risero e commentarono tutta l’energia che ci metteva e tutti i gorgoglii di consolazione che emetteva.
- Ehi Streghetta…- chiamò Liam dopo un po’, anche se non guardava Sìle.
- Sì?- mormorò lei tornando a sedersi vicina a lui, guardando anche la bestiolina tra le mani di Liam.
- Sei felice vero?- le chiese, allora sollevò lo sguardo e la studiò – più del solito intendo…-
- Sì…-
Liam diede un cenno di assenso, come avesse ricavato un indizio importante su quello che sospettava, ma, rispettando la riservatezza di Sìle, tacque e riprese a curare il cucciolotto e quando lei gli accarezzò il viso, le sfiorò il palmo della mano con le labbra.
- Lo posso chiamare Pluffie? Ha l’aria di un mangione questa palletta di pelo…- propose osservando il cagnolino.
- Non essere cattivo, poverino…-
- Non sono cattivo…-

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 - In the end is the beginning... ***


Capitolo 22 –

...quasi quasi piango, ma a parte il dover ancora rileggere proprio per bene, premetto che forse i nostri eroi, miei sicuramente, il modo di non perderli di vista lo sto cercando ;)


Una notte di qualche settimana dopo, Sìle si svegliò per una sensazione di freddo che le percorreva le gambe.
Aprì gli occhi, cercò con lo sguardo la causa di quel disagio, si accorse che la finestra era aperta di qualche pollice, poi si voltò verso Liam, ma lui non era a letto.
Alzandosi sentì qualcosa rotolare giù dal suo corpo, sulle coperte, lo cercò a tastoni mentre accendeva la luce, ma già sentì che si trattava di un peluche un po’ incrostato di fango.
Quando lo vide, riconobbe un coniglietto di Lily che era convinta fosse andato perduto almeno un anno prima e allora capì che forse c’era stata una visita.
Lo tenne in mano, chiuse la finestra cercando con lo sguardo tra rami ed erba, ma lei non c’era, allora andò a cercare Liam.
Non era stata una buona giornata quella passata.
Liam era forte per molte cose e Sìle confidava in quella sua forza, ma a volte questo portava ai momenti di incomunicabilità che facevano parte del carattere a tratti un po’ troppo granitico di lui.
In realtà non aveva mai raggiunto picchi di particolare rigidità, ma quella volta si erano fuse insieme alcune componenti più serie: la prospettiva di un bambino era nuova anche per lui, il bisogno di poterne parlare insieme e l’impossibilità di farlo perché forse le idee erano ancora un po’ confuse.
Non era ancora riuscito ad avere una reazione esplicita.
E poi erano arrivate tutte le donne di casa.
Prima Jane che, per la felicità di diventare nonna, quando vide Sìle andarle incontro lungo il vialetto di casa, fu presa da un tale entusiasmo che Liam, che stava scaricando i bagagli dall’auto, si trovò un dito schiacciato dallo sportello della bauliera che la madre chiuse con una certa energia e un po’ troppo anticipo…
Per poco non soffocava dal dolore, ma Jane e Sìle erano presissime dall’abbracciarsi e sbaciucchiarsi.
- E tu che non mi dicevi niente! Ti paiono segreti da tenere questi?- lo rimproverava Jane, poi dopo qualche attimo senza ricevere risposta – ehi dico a te, si può sapere cosa…oh! Oh mio Dio tesoro! Scusami! Sono stata io! – fiondandosi a dare al figlio un bacio di consolazione.
Liam sorrideva, cercava di non farla sentire troppo in difficoltà.
- Sì, ma non è niente…-
- Fammi vedere!- si preoccupò Sìle e Liam stava per farlo, ma poi, vedendo la mano, aiuto!
- Forse è meglio di no sai?- aveva concluso.
- Ma dai…-
- No davvero…è…meglio di no…non somiglia al mio dito -
-Ma stai piangendo…- aveva detto Sìle vedendo i suoi occhi diventati di un verde quasi fosforescente, da tanto erano arrossati.
- Sì, credo proprio di sì…infatti io andrei da Clawley ora se non vi spiace -
Clawley lo aveva fatto entrare subito, non appena visto il suo dito.
- Oh è lussato!- aveva esclamato il dottore, come contento di una novità.
- Oh è fantastico!- replica di Liam condita di comprensibile sarcasmo, della serie “lo esponiamo al MOMA o lo rimettiamo a posto?”.
E quando era tornato a casa, Sìle era ovviamente preda di Jane e Dorcas.
Poi erano arrivate Una e Morgan.
Lhiannoo sei tu? Stai bene?” chiese Una il giorno in cui Sìle aveva appena ricevuta la conferma che aspettava, senza quindi aver avuto modo di comunicarla a nessuno.
- Non proprio, mwarree, la bambina sta vomitando anche l’anima per la quarta volta nell’ultima mezz’ora -
Lhiannoo, bambina, e mwarree, nonna, erano parole che aveva imparate anche lui in manx alla fine.
“Davvero?”
- Davvero. Ed è tutta colpa mia!- confermò Liam gonfiando il petto con un certo orgoglio.
“Hai sentito? Sta vomitando per la quarta volta, avevi ragione!” riferì la nonna con voce stentorea: probabilmente parlava con Morgan.
- …non c’è bisogno di dirlo a tutta Ambleside però!- protestò lui.
“L’ho detto solo a mia figlia. Comunque arriviamo!”
Linea interrotta, Liam riattaccò e nell’andare a prendersi una sigaretta riferì alle presenti quanto concluso da Una.
- Arrivano le streghe dell’isola, trema terra dei laghi!-
E trenta secondi dopo, altra telefonata.
- William! Rispondi tu?- Jane dalla cucina che lo incitava a rendersi utile, poco importava che lui potesse stare affrontando una serie di malviventi armati o magari una mandria di elefanti imbizzarriti: lei e Dorcas erano prese dalle loro misteriose faccende e dalle loro chiacchiere, quindi il resto era secondario.
- Sì, faccio io…- rispose lui.
- Bravo!- aggiunse Dorcas.
- Grazie!- Sìle, tono un po’ sfinito.
- Di niente…pronto -
“Che diavolo hai combinato alla mia amica?”
- Ma in genere non ci si congratula Ced?-
“Mi congratulo quando ti vedo: mi vieni incontro vero? Sono rimasta a piedi a Scafell…”
- Dove?!-
“Scafell…”
- …e che posto è?-
“Non ridere brutto stronzo! Che vuoi che ne sappia io? Sono di Londra accidenti!”
- Ced, calmati, dai non rido, aspetta un attimo- si staccò dalla cornetta del telefono e guardò in cucina – Dorcas…che accidenti di posto è Scafell?-
- Scafell?-
- Sì…-
- Non ne ho idea, non credo esista -
- Esiste perché Ceday ci è rimasta senza benzina davanti…-
La porta del bagno si aprì e ne uscì Sìle stravolta.
- E’ un hotel di Rosthwaite…- li illuminò – vi spiace se vado a stendermi?-
- Portati i biscotti!- le raccomandò Jane.
- Ok Ced, ci sei?- riprese Liam.
“Non so dove, ma ci sono…”
- Guarda che Scafell è un hotel, vedrai che è nelle vicinanze, aspettami lì così sono sicuro di trovarti –
“Bravo…”
Liam arrivò all’hotel e scoprì che Ceday era entrata neanche due minuti prima di lui.
- Ho girato per mezz’ora nel bosco prima di trovare quel buco!- protestò mentre tornavano verso l’auto.
- Ma come diavolo ci sei finita qui?- domandò Liam guardandosi indietro sperando che nessuno sentisse l’amica inveire contro l’hotel.
- In macchina no?-
- Sì, questo l’ho capito, ma come hai fatto ad arrivare qui…- specificò prendendola per un braccio e facendola andare verso la sua auto, invece che a cercare di scassinare per la rabbia quella di qualche cliente dello Scaffel.
Ceday fece un mezzo giro su sé stessa, una specie di passo di danza che la portò a sbattere contro il petto di Liam con una certa grazia.
- E che cavolo ne so? Da queste parti…guarda! – esclamò partendo in quarta verso un segnale per schiaffeggiare un ramo fitto di foglie che ci pendeva sopra - Guarda, ti pare possibile? E poi eccola l’indicazione, vedi? Scaf…oh…- si fermò scoprendo un altro segnale in fondo non così invisibile.
- Oh…- ripeté Liam.
- Quindi siamo a Rosthwaite…-
- Eh già…-
Per un attimo parve arrendersi, ma l’ultima parola doveva averla lei.
- Ma non ce l’avete un giardiniere in questo cavolo di posto? Come pretendevi che lo leggessi quel cartello?-
- Forse il giardiniere pensava che le londinesi sapessero distinguere tra l’insegna di un hotel e un segnale stradale…-
- Che hai fatto al dito?-
- Mia madre festeggiava...-
Liam non avrebbe mai potuto soffrire come un peso Dorcas o qualcuna di loro, per non parlare di Jane, era ovvio, ma Sìle non si era resa conto che forse, a forza di raccontare, di spiegare, di seguire consigli e di assecondare gli entusiasmi delle sue colleghe, aveva confidato un po’ troppo nell’indipendenza e la fermezza di Liam e non aveva messo in conto che lui potesse avere qualche tentennamento.
Di quella cosa se n’era accorta solo quando lui il giorno prima, senza dare troppe spiegazioni, era partito per Manchester dove lo aspettava George e non era tornato che a notte fonda, senza una telefonata, senza nessuna spiegazione ulteriore.
Non era da lui comportarsi così, Sìle non se ne capacitava, e ancora meno di lei Jane.
- Io glielo chiederei quando torna. Non è mica matto…- aveva detto Dorcas.
- Certo che non lo è…- aveva sottoscritto Una.
La sera, la notte anzi, Liam tornò tranquillo a prima vista, ma Sìle non era affatto tranquilla.
Lo aspettava seduta sul divano e quando lo sentì rientrare, neanche si alzò o si voltò a guardare verso di lui.
Lo sentì fermarsi sulla porta e guardarla, in attesa di una reazione, ma lei non ne ebbe di reazioni. Era tornato sano e salvo e lei aveva sonno, così andò a letto senza dirgli una parola.
La mattina dopo lo trovò addormentato sul divano, vestito, ma in modo diverso dalla sera, lo aveva sentito muoversi per casa durante la notte, ma allora sì che le saltarono i nervi.
Lo svegliò tirandogli in faccia un cuscino.
- Ehi!- esclamò lui risentito – ma che…- quando la vide ferma dietro lo schienale del divano, pronta per uscire e arrabbiatissima, rinunciò a protestare -…buongiorno…-
- Lo sai dove te lo puoi infilare il buongiorno? Mentre indovini io vado a fare l’ecografia, mi accompagna Ced…- gli disse partendo per la porta.
- Cosa?- esclamò lui saltando in piedi – come scusa? Ti accompagna chi?-
Sìle si accorse che la cosa lo faceva arrabbiare.
- Ceday! Visto che tu eri così impegnato a fare il desaparecido ieri!-
- E domandarsene il motivo sarebbe troppo vero?-
- E aprire quella maledetta boccaccia per parlare di un problema è troppo? Senti io devo andare, ne parliamo dopo…-
- No. L’ecografia ce l’hai tra un’ora Sìle, non prendermi in giro -
- Guarda che se c’è qualcuno che dovrebbe cambiare atteggiamento quello sei tu, perché l’alzata d’ingegno di ieri, non l’ha capita nessuno qui!-
- Certo che non l’ha capita nessuno, perché non ve ne siete nemmeno accorte voi. Neppure mia madre se n’è accorta…-
Sìle allora aspettò un paio di secondi e decise di prendere le cose con un po’ più di calma.
- Di che cosa? Cos’è successo?-
E Liam invece, sentendo il clacson dell’auto di Ceday, venne colto da uno dei suoi eccessi di laconicità.
- Niente…- fece.
- Come niente?-
- Niente davvero…ne riparliamo dopo. Ceday ti aspetta…-
Sìle evitò di mandarlo a quel paese, durante il tragitto in auto si sfogò con Ceday piangendo come una disperata perché era sicura che lui dovesse dirle qualcosa di tremendo, quando arrivò dalla dottoressa Somers, visto che c’era da aspettare un po’ per un problema tecnico, quella le ordinò di andare a farsi fare una camomilla e Ceday la obbligò ad una lunga seduta di respirazione yoga.
- Gliela faccio vedere io a quel bestione appena lo vedo…-
- Che cosa mi fai vedere Ced?- chiese la voce di Liam cogliendole ovviamente di sorpresa, infatti Ceday non osò replicare se non con un sorrisetto imbarazzato.
Non le aveva proprio inseguite, ma appena Sìle era uscita di casa e gli era capitato di guardarsi in uno specchio, si era voluto così male che si era lanciato in macchina nell’arco di un quarto d’ora.
- Vi lascio soli?- propose Ceday.
Sìle fece per trattenerla, ma Liam la precedette.
- Magari grazie…- concordò con gentilezza.
- Ma ti pare, tanto devo telefonare a…beh qualcuno lo trovo…-
Quando Ceday se ne fu andata e Liam si mise seduto vicino a Sìle però, rimasero in silenzio entrambi sulle prime.
- Non sono impazzito…- iniziò.
- No?- chiese lei con un po’ di sarcasmo.
- No…ma ho avuto bisogno di allontanarmi…-
- Da cosa? Da me? E’ già la seconda volta, iniziano ad essere un po’ troppe per i miei gusti…-
- No, non da te stavolta, davvero. Però mi stava scoppiando il cervello…-
- Ma perché non puoi dirmene il motivo? Io non ho sempre le tenaglie in tasca per tirarti fuori le parole di bocca!-
- Perché non è facile Sìle. Ci sono cose che non è facile affrontare…-
- E allora scappi via, non mi rispondi al telefono e sparisci per tutto il giorno? Ma ti pare logico?-
Qualcuno li richiamò sul tono di voce e allora Liam riprese a volume più basso.
- Non sono scappato. Ma avevo bisogno di qualcuno che mi stesse a sentire -
- Io ti sto a sentire…-
- No, non è vero. Tu non mi stai a sentire da settimane…tu da me pretendi una sicurezza e una fermezza che io a volte non posso avere…i dubbi prendono anche me ogni tanto…-
- Ti spiace spiegarmi almeno quali dubbi o devo telefonare a George?-
Liam si trovò di nuovo in difficoltà nel parlare, ma non era proprio il caso di tergiversare, sapeva di dovere a Sìle delle spiegazioni.
Si chinò in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e si passò una mano dietro il collo.
- L’altra sera, mentre ero in giardino con Pluffie, ho sentito che parlavi con tua madre…-
Sìle capì dopo un attimo perché ricordo più o meno il dialogo che stavano avendo.
- Credevo che mi sarei sentita più strana…che avrei avuto una sensazione più forte della sua presenza…è sempre così?-
- E’ diverso per ogni donna e per ogni bambino che si porta in grembo…è una cosa che devi sentire da sola, che nessuno può condividere o spiegare -
Non le sembrava qualcosa per cui Liam dovesse andare in crisi, infatti fece per dirglielo.
- No, aspetta. Non fraintendermi, io l’ho capito di cosa parlavate e lo so che Morgan non stava dicendo niente di sbagliato…-
- Va bene…-
- Solo che poi mi si è infilato in testa un tarlo. Da quando hai rivisto Morgan per fortuna, tu hai ricominciato a desiderarlo un rapporto con lei. Hai voglia di stare con lei e di sentirla e di parlarle e questo è fantastico, credimi, io ne sono davvero contento perché ti vedo più serena…-le disse lui, poi però veniva la parte che gli costava ammettere – è solo che più vi vedo insieme e più vi somigliate. E poi avere intorno tutte donne, che capiscono così bene come stai, che sanno dirti cosa aspettarti, che ti tranquillizzano se ti vedono agitata e sanno cosa si sente, cosa si fa. E io invece? Cosa sono ora? Devo fare come Agenore che si occupa solo di inseminazione e riconoscimento della prole? – domandò provocatoriamente.
- Ma che dici?-
- Senti, vuoi sapere cos’ho? Te lo sto dicendo, arrabbiati pure, ma fammi finire…-
- Certo che mi arrabbio! Finisci prima…-
Liam esitò un attimo, la guardò con aria dubbiosa, ma poi riprese.
- Beh tu forse non te ne sei accorta, ma sei partita dal tenermi in sospeso su un dubbio, al dirmi che eri alla quinta settimana, al dirmi “Dici che Pluffie ha mangiato abbastanza oggi? Ah! Domani arrivano mia madre e mia nonna”, e mentre io gioco con la palla di pelo, loro sanno tutto prima di me. Oggi mi sveglio e tu stai andando via con Ceday, lo so che forse sarà un pensiero idiota, ma dopo che ho sentito te e Morgan parlare, ho iniziato a pensare che forse io sto diventando un’appendice anche per te…che in qualche modo, di te me ne sono appropriato, ti ho legata a qualcosa che magari non mi prevede invece… ho iniziato ad aver paura che tu potessi fare come tua madre. Che potessi non voler più stare con me. E lasciamo perdere di cosa mi sono scoperto capace di pensare immaginando la mia reazione…-
Aveva finito e Sìle aveva capito benissimo come aveva funzionato la sua testa, ma proprio non si capacitava di come lui potesse essersi perso in quello stupido bicchier d’acqua.
- Se pensi questo che ci fai ancora qui?- gli chiese in tono molto fermo – se pensi questo di me, se credi che avrei qualche motivo per comportarmi così, perché siamo ancora insieme?-
- Ma non lo penso! Ci ho pensato, ho calcolato l’eventualità. Ho messo in conto che tu possa somigliare a tua madre in questo in un momento in cui mi sono sentito inutile! E se ce l’avevo con qualcuno ieri, quando sono andato a cercare George, ce l’avevo con me stesso! Sono gli unici momenti in cui mi succede dic omportarmi così-
- E di come mi sarei sentita io te ne sei preoccupato? Lo sai cosa significa passare anche solo un minuto pensando di aspettare un figlio da un uomo che non vedrai più, che ti sta abbandonando nel momento in cui hai più bisogno di lui? Che non credevi un vigliacco e invece potrebbe esserlo?-
Lo sguardo di Liam divenne così rabbioso che quasi la spaventò, anche se sapeva di non aver motivo di temere e in fondo lo stava provocando volutamente, per costringerlo a parlare.
-Non accusarmi di abbandonarti. Non farlo Sìle, lo sai che non è giusto…-
Mentre lo fissava negli occhi, anche se era ancora arrabbiata e non gli avrebbe perdonato proprio subito il comportamento del giorno prima, attraversò un momento in cui si sentì davvero più forte di lui e sentì davvero che anche lui aveva bisogno di lei, e non per via del bambino in arrivo.
Ma Liam non lo sapeva questo, non ci pensava in quel frangente al fatto che lei poteva vedergli dentro, non gli importava.
Però era un brutto momento, per entrambi loro: tutto sommato tutto il dialogo si era svolto in toni abbastanza pacati, ma forse proprio per quello era ancora più serio.
Una porta si aprì e la dottoressa Somers comparve con un bel sorriso.
- Signorina Kennaugh?-
- Sì?- rispose Sìle guardando Liam che si era alzato in piedi.
- Siamo pronte, venga…e lui è Wiliam?- domandò la dottoressa.
Liam si trovò colto alla sprovvista e annuì un po’ immusonito.
- Avanti!- lo esortò la donna con un gesto d’invito.
Era entrato, ma quell’ultima frase di Sìle l’aveva presa davvero male, era offeso e invece di guardare quello che succedeva sullo schermo dell’ecografo, guardava lei, come cercando di capire cosa pensasse.
Sìle capì in quel momento che quando le aveva detto di aver paura di lei, cosa suonata positiva alle sue orecchie sentendosela dire, era sincero e che non era una cosa così positiva, perché non lo aveva mai sentito così in difficoltà rispetto a lei.
Avrebbe voluto chiamarlo a sé, abbracciarlo, fargli vedere…
“E’ il tuo bambino quello, brutto scemo! Guarda lui! Di me sai già tutto, lo sai, perché fai così?” gli diceva mentalmente.
Lui sembrò sentirla perché alla fine le si avvicinò e le prese la mano, ma quando la dottoressa gli chiese se avesse visto tutto, lui le rispose con decisione di sì e la ringraziò quando gli diede in mano la registrazione su dvd dell’ecografia.
Sìle non glielo aveva detto, non lo aveva detto neppure a Ceday più tardi, ma anche se la dottoressa, molto intuitiva con tutta evidenza, le aveva strizzato l’occhio e le aveva detto di aspettare e dargli tempo, l’aveva delusa quella fretta da parte di lui.
- Ha due occhi meravigliosi questo papà…non sono indifferenti…- aveva aggiunto salutandola, quando lui era già uscito e stava parlando con Ceday appena oltre la porta.
Quando quella notte vide il letto vuoto e si alzò, cercando Liam lo trovò seduto alla scrivania nella serra, davanti al computer che gli illuminava il viso, con Pluffie in braccio, addormentato sul petto nudo: intorno a lui aleggiava un suono frettoloso, ritmico e prepotente.
Lo avevano già sentito quella mattina quel suono, era stato allora che lui era andato a prenderle la mano.
Sìle senza farsi sentire gli si avvicinò, ma lui non si accorse di lei, così poté guardarlo bene.
Teneva una mano sulla testina di Pluffie, con l’altra si teneva il viso e aveva gli occhi riempiti da due bei lacrimoni, uno dei quali dispettosamente cadde quando alla fine lui avvertì la vicinanza di Sìle.
Lei se ne accorse e le si chiuse la gola dall’emozione, ma non lo diede a vedere subito.
Liam si schiarì la voce, si asciugò di nascosto l’altro occhio e poi la guardò di nuovo.
- Non…non l’avevo sentito bene oggi…- le disse – e non riuscivo a dormire…-
Lei gli sorrise soltanto, allora Liam prese Pluffie, addormentato com’era lo appoggiò sulla poltrona lì accanto, poi prese le mani di Sìle e se la tirò contro, le posò la fronte in grembo passandole le mani attorno al corpo.
Sìle gli passò le mani sulla schiena mentre lui faceva un respiro profondo e poi le dava un bacio sulla pancia.
- Mi dispiace…- bisbigliò Liam.
Lei gli prese il viso tra le mani e si fece guardare, gli passò le dita sotto gli occhi e sentì che erano ancora umidi.
Glieli baciò uno per uno e poi le labbra.
- E’ che non ci posso ancora credere…- gli rispose perdendosi nel suo sguardo – ancora non riesco a credere che tu possa volermi con te. Mi sento un tale impiastro e tu sei…-
Lui aggrottò le sopracciglia con aria interrogativa mentre anche lei ci pensava.
- …sei tu – concluse con un risolino – e io quando ti guardo non riesco a pensare che tu possa aver bisogno di me quanto ne ho io di te -
Liam se la mise seduta sulle ginocchia e mentre lei gli si stringeva al collo, le diede una sculacciata su una coscia.
Aveva sempre un po’ di profumo che gli rimaneva sulla pelle la sera, le piaceva riempirsene le narici.
- Impiastro…- ridacchiò lui – stai gelando…torniamo a letto – disse.
In qualche modo arrivò a prendere Pluffie per la collottola con una mano e a darlo a Sìle.
- Tu tieni lui…- mormorò e quando fu sicuro che il cucciolo fosse ben saldo in mano a Sìle che lo accarezzava – e io tengo te…- aggiunse alzandosi.
- Attento al dito...-
- Sì-
La portò a letto in braccio e si distese accanto a lei.
Pluffie si accoccolò tra loro due e Sìle, lisciandogli il pelo di un orecchio, con l’altra mano si mise a giocherellare con il peluche.
- Cos’è?- chiese Liam.
Sìle sorrise.
- Era di Lily…il suo preferito. Credevo l’avesse perso, invece me lo ha riportato -
Lui protese una mano per toccare una zampetta del peluche.
- Ce l’avevi sulla pancia quando mi sono alzato - le disse, poi indicò la finestra – e lei era lì…sul davanzale…-
Sìle guardò dove Liam le indicava e allora lui le raccontò quanto aveva visto.
- Prima era entrata, l’ho sentita ma ho fatto finta di dormire…così è venuta anche qui, si è mossa attorno a te e a me, a Pluffie…è diventata più piccola. Più o meno alta due palmi. E ha un buon odore -
- Sì?-
Lui annuì.
- Quando si è accorta che io avevo visto il suo regalo per te, mi è sembrato abbia sorriso. Poi è andata via…-
Sìle sospirò e si girò verso di lui, sul fianco.
- Io ho capito che tu eri l’unico uomo con cui avrei potuto passare il resto della mia vita, quando hai sbattuto contro tutto questo. Altrimenti meglio sola…e lei lo sapeva da prima di me - gli disse, poi lo guardò e gli puntò un dito contro il petto – tu sei il mio Derwen …-
- Il tuo cosa?- domandò Liam sgranando gli occhi.
- Derwen …abituati, non puoi farci niente…- disse lei posando il peluche, coprendosi e spegnendo la luce dal suo lato del letto.
Liam per un momento la fissò, poi però fece lo stesso infilandosi sotto le coperte.
- Buonanotte papà…- bisbigliò Sìle cercandogli la mano sotto le lenzuola per invitarlo ad appoggiarsi contro la sua schiena, come si addormentavano ogni sera.
Liam lo fece, come ogni sera le spostò i capelli per non ritrovarseli in bocca e si appoggiò al cuscino.
- Un Derwen…- disse in tono riflessivo dopo qualche minuto.
- Già…- rispose Sìle con voce assonnata.
- Deve essere buono…- concluse come parlando di un dolce mentre aspettando di dormire, pensava ad un futuro di cui sapeva non importargli poi molto, se fosse stato troppo lontano da quella ragazza con gli occhi da gatto.
Cosa sarebbe venuto fuori da una Streghetta-gatta e un Uomo-Lupo-Derwen?


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