Flashpoint - La nuova arrivata

di Louvers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Allarme Bomba ***
Capitolo 3: *** Buongiorno Ed Lane ***
Capitolo 4: *** La prima missione ***
Capitolo 5: *** Sotto copertura ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Estate 2010 - Toronto 
"Dovete entrare nella mente della persona che avete di fronte, capire cosa vuole, cosa lo fa star male, cosa lo rende vulnerabile. Per quei pochi secondi di tempo, dovete essere lui, dovete entrare nella mente del soggetto" 
Laura, primo banco, i ricci castani scivolavano sul gomito poggiato sulla guancia. Sembrava la più annoiata in quella classe di 100 persone, ma in realtà pendeva dalle labbra del sergente. Quasi sicuramente era la più piccola li in mezzo, 19 anni, e sicuramente la meno "massiccia". Era in forma, muscolosa e dal fisico atletico (merito degli anni di ginnastica artistica), ma in confronti agli altri, sembrava veramente piccola. Colpa del metro e 60 di statura, dannati geni italiani. Aveva sempre vissuto tra l'Italia e il Canada, sua madre era italiana, suo padre canadese, era nata in Italia, a Milano e vi aveva vissuto fino a 10 anni. Poi si erano trasferiti a Toronto, per 6 anni, e poi di nuovo in Italia. Durante la permanenza a Toronto, era rimasta affascinata dalla squadra  d'intervento strategico, letteralmente incollata al telegiornale per carpire informazioni su quell'unità inarrivabile. In Italia non esisteva niente di simile, e forse era quello il problema. Gli zii l'avevano informata di quel corso, un sergente dell'unità che istruiva poliziotti, o aspiranti tali, all'arte della negoziazione, ed eccola che era volata su quell'aereo, rinunciando all' "estate della maturità"
"La prossima settimana ci sarà una prova pratica, servirà da esercizio per l'esame conclusivo. I tre mesi che abbiamo passato insieme stanno per finire, otto ore al giorno sei giorni su sette sono pesanti, inizio a non poterne più di voi" quel mezzo sorriso, e quell'ironia, allentavano sempre la tensione. "A domani ragazzi. Laura, tu resta qui"

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Allarme Bomba ***


Toronto 2014 
Un mese, questo continuava a ripetere nella sua testa, era la sola cosa alla quale riusciva a pensare. Sono a Toronto da un mese e ancora non sono riuscita a mandare quel video e fare quel colloquio. Le prime settimane erano passate in fretta, il tempo era dalla sua parte, le forniva una scusa per non sostenere l'esame. Devo trovare un'appartamento, non posso vivere alle spalle dei miei zii, non ora che sono adulta, e sto per intraprendere una vita mia. E aveva trovato la casa. Un bilocale in centro, un bagno, una cucina e la sua camera, scatoloni ovunque e un letto una piazza e mezzo che era la sua zattera. Computer, libri, manuali, questionari, tutto arenato su quella piazza e mezzo. Devo prendere conoscenza con la zona, non posso servire la legge, se non riesco neanche a muovermi in questa città. Questa era solo l'ultima di infinite scuse che aveva creato ella sua testa, la verita è che aveva paura. Erano passati quattro anni da quando Grek Parker l'aveva riempita d'orgoglio "sei in gamba, hai un talento naturale" quattro anni da quando le aveva consigliato di frequentare l'accademia a Toronto. Lei invece era tornata a casa, in Italia. I suoi genitori erano stati intransigenti, non era riuscita  a convincerli in nessun modo,  troppo piccola, troppo lontano. Quelle parole le erano state ripetute fino alla nausea. In realta avevano ragione, ora era esattamente dove voleva essere, ma non riusciva a fare quelle che avrebbe sempre voluto fare. Aveva finito l'Accademia in Italia, ed ora voleva entrare nell'intervento strategico.
Era una tranquilla domenica pomeriggio, girava e pensava e si trovò davanti una chiesa. Erano le sei, e le campane suonavano per richiamare i fedeli. Entrò. Quell'edificio era rassicurante, le ricodava sua madre e le tradizioni italiane che aveva insistito per inculcarle. In realtà questo bilinguismo, questa doppia nazionalità non di rado le creava problemi, la faceva sentire fuori luogo, ma non oggi. La chiesa era immensa, due navate laterali, piccole e buie, e due grandi navate centrali. La funzione era appena iniziata, si sedette su una panca nella navata laterale, in seconda fila. Sua madre faceva sempre cosi, navata laterale ma una fila molto vicina all'altare. Voleva essere vicina, ma passare inosservata, lei era brava a capire le persone. La funzione iniziò mestamente, e Laura si fece cullare e rassicurare dalla litania. Le candele si muovono al suono delle voci dell'assemblea, rosse, una fiamma ondeggiante. Sono tre, dovrebbero essere tre, ne vedo solo due, ma sono diverse. Che luce strana, non è calda. C'erano tre candele dietro il parroco, ne vedeva solo due, una era coperta alla sua visuale, ma di quelle due che vedeva, una era diversa. Candele rosse da funzione, ma il lampeggìo di una delle due sembrava quello di un timer, di un orologio, di una bomba. Stropicciò gli occhi, la stanchezza e la voglia di essere utile, la consapevolezza di non avere fatto nulla di buono in un mese,  le stavano giocando un brutto scherzo, sicuramente. Li riaprì, la luce era sempre li, il lampeggìo era diverso da quelle delle normali candele, come se dietro la fiamma ci fosse qualche cosa. Le sembrava una bomba, ma poteva mai essere? 
Cazzo Laura, ragiona, sua madre le ripeteva sempre che sotto pressione diventata scurrile. Sei addestrata anche per questo. Ragiona. "911 chi parla" - "c'è una bomba nella chiesa di St Thomas in centro, mandate qualcuno" . Questa era fatta, ora doveva fare allontanare il prete senza destare sospetti. Si avvicinò ad un sagrestano, aveva un cestino per le offerte in mano, lo riconobbe per questo. "Senta, mi ascolti, sono un poliziotto. Capisco che è confuso, e che non mi crede, ma vede quella luce che lampeggia dietro l'altare? E' una bomba, bisogna allontanare il sacerdote" Il panico si insinuò nell'anziano signore. Era stata brava, aveva parlato con voce calma e tranquilla, come da manuale, il signore doveva fidarsi, crederle ed aiutarla. 
Il sagrestano fece quello che lei gli aveva chiesto, avvisò il prete. Si allontanò "tranquillo" dall'altare verso il fondo della chiesa, era consapevole di avere un ruolo da compiere, guidare i fedeli. In pochi minuti, guidati dal prete si sistemarono tutti a terra davanti all'ingresso principale, senza sapere bene il motivo, ma avendo fede. L'ingresso era stato chiuso, nessuno doveva uscire, chi aveva messo la bomba poteva essere ancora li, e sicuramente non doveva essere allarmato. La chiesa era molto grande, tra l'altare principale e la bomba c'erano circa 25 metri e l'ordigno sembrava piccolo per poter fare danni da quella distanza, lo stesso soffito era troppo alto per cedere, magari un attacco terroristico, vogliono colpire un simbolo, l'altare, non le persone. Laura si era mossa in fretta, aveva controllato il resto della chiesa, per cercare altri ordigni, ma non sembrava ci fosse altro. Aveva fatto quello che poteva, la polizia sarebbe arrivata di li a poco. Rimaneva solo da controllare piu da vicino la bomba, a distanza di sicurezza, ma piu da vicino.

"Maledizione, la porta è chiusa dall'interno! Proviamo dal retro" un allarme bomba in una chiesa, dannati terroristi. Ed Lane era arrivato con la sua squadra sul posto. La porta della sagrestia  fu facile da sfondare, un colpo di pistola e la serratura era  già saltata. Ed era il Team Leader, un punto di riferimento per tutta la sua squadra, un uomo concreto, un poliziotto efficiente. Quando entrò però, non era preparato a quello che vide. Un gruppo di un centinaio di persone ordinatamente seduti in fondo alla chiesa, in ginocchio, pregavano. Ad un paio di metri  dall'altare una ragazza. Era assorta in qualcosa, e da principio Ed non capì su cosa fosse concentrata la sua attenzione, poi vide la bomba. "Sam, Jules, andate a parlare con i testimoni e con il prete, cercate di capire cosa è successo. Spike, sai cosa fare" ordinò, indicando la direzione della bomba a Spike. "A TERRA O SPARO" urlò con il fucile puntato, avanzando. 


L'urlo colse Laura alla sprovvista, si buttò a terra, come da comando, e venne ammanettata. Riconobbe le uniforme, aveva fantasticato tante volte sul primo incontro con la quadra tattica, non avrebbe mai pensato che sarebbe stato in quel modo. Una volta a terra, riuscì a stento a guardare in faccia il poliziotto, cercava di girare il volto per poter parlare e raccontare cosa fosse successo,  "Ho visto la bomba, ho chiamato il 911... " . Domande e ancora domande, non sarebbe stato facile convincere il poliziotto che non era stata lei a mettere la bomba, era convinto della colpevolezza. "Soggetto in contenimento" informò i compagni via radio.


Il sergente Parker e Wordy erano rimasti fuori per controllare il perimetro circostante la chiesa, come da protocollo. Una volta sentito l'annuncio di Ed alla radio, entrarono dentro. Il soggetto era a terra, era una ragazza, capelli ricci, piccola di corporatura, cercava di parlare, girando la testa verso l'alto, rivolta al suo interlocutore. Più si avvicinava, più quella capigliatura sembrava familiare, c'era qualche cosa di conosciuto in quella ragazza. "Ed, togliele le manette, conosco questa ragazza"


Laura si alzò in piedi, e porse i polsi per farsi togliere le manette, nel frattempo spiegava nuovamente cosa fosse successo, e come avesse affrontato la situazione. Il tizio pelato accanto al sergente era restio a crederle, e non si spiegava come il sergente conoscesse quella ragazza. "Capo, qui i testimoni confermano la versione della ragazza. Il prete è a conoscenza della bomba, ed ha contribuito a tenere i fedeli sotto controllo, ha detto loro di seguirlo in fondo alla chiesa e di mettersi in ginocchio" Era la voce di Jules alla radio. "Spike, la bomba può fare danno a quella distanza?" chiese il sergente. "No capo, ha una potenza limitata, è un ordigno fatto in casa, instabile, ma non letale a queste distanza" . "Laura, non so cosa ci faccia tu qui, come tu ti sia trovata in questa situazione e ci dovrai molte spiegazioni, non pensare di cavartela in questo modo. Sono anni che non ti vedo, ringrazia il cielo che ti ho riconosciuto, altrimenti saresti stata trattata esattamente come qualunque altro soggetto! Dovevi aspettare la polizia, e non agire, non sei un poliziotto, cosa pensavi di fare!" Greg era furioso, esattamente come quando parlava con lei anni fa, la rimproverava sempre per il suo spirito di iniziativa. Questa volta però c'era qualche cosa di diverso, era vero quello che aveva detto, non sapeva cosa pensare, non riconosceva del tutto la persona che aveva davanti. "La bomba non aveva timer, ho pensato che il soggetto con il detonarore, potesse essere dentro. Se avessi fatto uscire la folla non lo avremmo piu trovato" dopo uno sguardo arcigno del suo mentore si corresse, "non lo avreste piu trovato. Sapevo che la bomba non poteva fare danni a quella distanza, e non ha una potenza sufficiente da fare crollare la struttura" . "Capo, la ragazza ha ragione, la bomba non è cosi potente, e va azionata con un detonatore" Spike alla radio aveva sentito tutto, e si percepiva un certo fremito nella voce. Voleva conoscere questa tizia riconosciuta dal sergente, ed esperta di ordigni. "Sam, Jules, controllate tutto il contenuto delle borse dei presenti. Ed, Wordy, andate a guardare fuori, e cercate qualcuno che possa voler azionare questa bomba, dubito che sia tra i presenti, a lei penso io" disse indicando Laura. Spyke era riuscito facilmente a disinnescare la bomba. Nel frattempo Ed e Wordy avevano preso in custodia il soggetto con il detonatore, un uomo islamico che si era accovacciato dietro un cespuglio nel parco vicono la chiesa, con un cane. Voleva colpire il prete al momento della comunione, aveva un messaggio da mandare. Si era tenuto a distanza, cronometrando la durata della messa, per premere il pulsante al momento giusto.


Quella sera, seduti ad un tavolo in un pub, Laura stava raccontando la sua storia al sergente. L'accademia in Italia, il sogno dell'unità speciale. "Lo sai che non ti posso aiutare, dovrai fare una selezione come tutti gli altri. Manda il tuo curriculum e preparati alle prove. L'ultima volta che ti ho visto eri una ragazzina, tremendamente portata per il negoziato, ma una ragazzina. Ora non devo più valutarti come studentessa, ma come poliziotto. Facci vedere quello che hai imparato Laura Thomas"

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Capitolo 3
*** Buongiorno Ed Lane ***


Buongiorno.
Sono Ed Lane, team leader  della squadra Uno dell'unità di intervento strategico. Sono un padre, e un marito. Un poliziotto. Sono due persone, e porto dentro di me il fardello di molte altre vite. Negli ultimi anni qualcosa dentro di me sta cambiando. Provo sensazioni che prima riuscivo a controllare, perdo il controllo, e mi perdo io stesso. Ho fatto cose che non riesco a dimenticare, la mia mente ritorna indietro nel tempo, sempre agli stessi momenti. Un gioco di ricordi che mi impediscono di cambiare quello che ormai è accaduto.


La sveglia suonava sempre alla stessa ora in casa Lane. Ed si alzò, veloce come ogni mattina, silenzioso per non svegliare nessuno. I fantasmi che invadevano la sua mente, lo abbandonavo sempre per il tempo della doccia. L'acqua calda aveva la capacità di rilassarlo, lì sotto non doveva fingere, e anche le lacrime, andavano confuse con il getto insistente e costante dell'acqua. L'entusiasmo dei primi anni cedeva il passo all'esperienza. E' un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, questo pensiero riuscì a strappargli un sorriso, il ricordo di giorni più spensierati. 

Salito in macchina si sentiva sempre rassicurato, gli automatismi della sua vita lo confortavano. La sveglia sempre alla stessa ora, lo stesso tragitto, la stessa destinazione, le stesse persone. Bastava il suo lavoro ad essere imprevedibile. La costante attesa di una chiamata era quanto di più snervante conoscesse. L'attesa non lo teneva impegnato, anzi, gli permetteva di pensare, e riflettere, e pensare, e ricordare. Una morsa di panico gli invadeva il petto, il controllo gli sfuggiva, il fiato veniva meno. Aveva trovato un modo per affrontare queste sensazioni, per abbandonarsi al dolore e per non essere sopraffatto. Ora le cose stavano migliorando, si avvicinava di più alla persona che era, allontanandosi da quello che stava diventando. 

Arrivato in centrale Ed si cambiò, pronto per l'allenamento mattutino, con gli altri, giù nella palestra.

Vedere la sua squadra lo riempiva d'orgoglio. La perfezione non è umana, questo lo aveva imparato a proprie spese, ma l'uomo è un animale sociale, e lui nella sua squadra vedeva quanto di più vicino potesse esserci alla perfezione. Da soli erano vulnerabili, insieme invincibili. I suoi pensieri non erano frutto della superbia, Ed lo sapeva. Era sincero in quello che diceva, avevano creato un incastro perfetto di persone e di poliziotti. "C'è sempre un buon motivo per sciogliere una squadra" ricordava le parole dell'esaminatore esterno, e sapeva che aveva ragione. Anche nella sua squadra c'erano motivi per scioglierla, ma fare di quei motivi il punto di forza della squadra,  quella era stata la loro vittoria. 
Quando incrociava lo sguardo di Spike poteva vedere nei suoi occhi il dolore della perdita, era nascosto e ben celato agli sguardi indiscreti. Sapeva che non lo avrebbe mai superato, ma sapeva anche che era andato avanti, non si sarebbe mai bloccato di fronte ad un emergenza, pronto a reagire, in ricordo di quel giorno e di quella perdita.  I ricordi che abbiamo ci rendono quelli che siamo. E spike era cresciuto, l'agente Scarlatti aveva conosciuto il dolore della perdita, ma era sopravvissuto.


Jules uscì dallo spogliatoio femminile proprio in quel momento. I capelli raccolti in una coda,  e il sorriso sulle labbra.

Adorava quel sorriso. Quel sorriso che riusciva a riservare tanto al suo uomo, quanto al resto della squadra. Quella ragazza portava una leggerezza che solo una donna può portare in una stanza. Piccola ma letale, fin da subito aveva sentito un senso di protezione nei confronti di quella ragazza, che era diventata, sotto i suoi occhi, una donna. In principio Sophie era gelosa di questa presenza femminile nella squadra, poi li aveva visti tutti insieme, e aveva capito.
Si trovava sempre più spesso a fare pensieri del genere, stava diventando un mollacchione, questa era la verità. Da quando la dottoressa gli aveva consigliato di aprirsi al dolore, aveva iniziato a provare dentro di se, una serie di sensazioni che aveva sempre tenuto nascoste. 


Era un duro Ed Lane, i glaciali occhi azzurri ne erano la prova, ma ora stava imparando a convivere con una gamma nuova di sentimenti, fino a quel momento pseudosconosciuti. Osservando la squadra da lontano si poteva notare un sorriso sul viso di quelle persone, una complicità tutta loro. Affrontavano situazioni estreme, e l'unico modo per sopravvivere, era sdrammatizzare e restare insieme. 
Lo sforzo, il sudore, i sorrisi  dell'allenamento vennero interrotti dall'orda scalpitante dei nuovi candidati, stavano arrivando nella sala. Si percepiva in loro l'adrenalina pura per l'imminente selezione. 

Uno di loro potrebbe entrare nella squadra. 

Erano sotto di un membro, facevano selezioni di continuo, e quel posto continuava a restare vuoto. Difficilmente qualcuno si dimostrava all'altezza, e non di rado un candidato, dopo poco tempo di servizio non reggeva la pressione e andava via, diretto a qualche altra unità meno problematica. 

Qualcuno di loro sarà all'atezza?

Non sarebbe stato facile conquistare la stima del caposquadra. Laura avanzava vero la stanza, passo deciso e nessuna espressione sul volto. Era la preferita di Greg al momento.

E se questa volta il capo stesse sbagliando?

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Capitolo 4
*** La prima missione ***


Quando la sveglia suonò, Laura era sveglia,stesa sul letto del piccolo bilocale in centro, in attesa. Non aveva chiuso occhio, oggi tutto sarebbe cambiato. 
La breve passeggiata che la separava dalla centrale servì a rinfrescarle le idee, a capire come doveva comportarsi. Incontrò Greg nel parcheggio ed entrarono insieme. 
"Spike, come va oggi con la principessina?" scherzò il Capo riferendosi alla macchina di rilevazione degli ordigni. Vorrei essere io la sua principessina. Pensò maliziosamente Laura. Spike era diventato in fretta il suo preferito, il suo modo di scherzare, la sua risata, la affascinavano.  "Fa i capricci Capo" sbuffò Spike. 
Si diressero verso la palestra ed iniziarono gli allenamenti, Laura aveva ancora molto da fare per raggiungere il livello di preparazione atletica degli altri.  Ed non mi vorrebbe qui, ma che gli ho fatto?  Vedere Ed la sconfortava sempre un pò, si sentiva respinta. Non poteva sapere che non dipendeva da lei, era il suo modo di reagire ai nuovi arrivati. Solo Dana tempo prima  era riuscita a conquistarlo subito, neanche Sam, per quanto fosse bravo. Tempo al tempo, sospirò.

UEEEEEEEEEEE 
Il suono della chiamata di emergenza risuonò nell'ambiente. "Squadra Uno prepararsi, chiamata urgente dalla Scuola privata St Patrick in centro, un ragazzo sul tetto minaccia di buttarsi" Winni, efficiente come sempre, chiamò la squadra. La squadra Uno uscì di corsa e la centrale divenne più silenziosa, svuotata di una parte dei suoi componenti. 

Laura si sentì sola. Durante le selezioni se l'era cavata alla grande. Anche Greg era rimasto piacevolmente colpito di quanto fosse brava. Ma nessuno arriva alla Squadra Uno dal nulla. "Non potevi veramente pensare di essere direttamente operativa nella squadra Uno, serve un pò di esperienza, e tu non ne hai. La squadra due ti permetterà di prendere confidenza con la realtà di questo mondo, e in poco tempo sarai dei nostri" Greg aveva provato a tranquillizzarla, era sempre stato protettivo nei suoi confronti. Laura continuò il suo allenamento, sforzando il suo corpo, voleva migliorare, sempre più in fretta. Dana non è mica male come capo, ma non è Greg.

UEEEEEEEEEEE
Un'altra sirena risuonò. "Effrazione in una casa in centro. Un vicino ha visto dei movimenti sospetti nella casa di fronte ed ha chiamato il 911. Il soggetto potrebbe essere armato. Squadra Due, vi mando l'indirizzo sul palmare" Si entra in scena, pensò Laura. E dopo questo breve pensiero la testa si svuotò, c'era tempo e concentrazione solo per la missione. La mia prima missione. Laura era in macchina con Dana, e in pochi minuti arrivarono sul posto. La zona era residenziale, una casa a due piani con la staccionata bianca. La porta di ingresso era aperta. La squadra scese dalle macchine. "Smith, vai a parlare con il vicino che ha chiamato il 911. Confermaci che si tratti di un solo uomo" - "Robin e Kevin controllate il retro e tenetevi pronti ad entrare" "Io e Laura entreremo dall'ingresso principale" la voce autoritaria di Dana risuonò  alla radio. "Si capo" risposero gli agenti. Tutti si mossero. 
Smith confermò che il soggetto era un maschio bianco di 25 anni circa, armato. Aveva fatto saltare la serratura. 
"Avete sentito? Soggetto armato. Entriamo con la massima cautela" Laura e Dana entrarono dall'ingresso principale. Il soggiorno era libero. Robin e Kevin entrarono dal retro per trovarsi nella cucina, libera. Il piano terra era vuoto. Nessun segno di lotta. Coprendosi a vicenda le spalle, salirono al primo piano. 
"Bagno libero" disse Robin alla radio. "Camera studio libera" rispose Smith che nel frattempo, dopo avere finito con il testimone, aveva raggiunto i compagni. "Sento rumori dalla camera da letto. Confluire con cautela" ordinò Dana. Aprirono piano la porta della camera, e videro il ragazzo seduto a terra, con le mani dentro un cassetto. Cercava affannosamente qualcosa, mentre il contenuto del cassetto (biancheria e foulard) rovinava per terra. Rimasero sull'uscio della porta con le pistole puntate contro il soggetto. "Butta la pistola" la voce di Dana era calma. Aveva impartito l'ordine, ma non pensava che il soggetto potesse essere un pericolo, sembrava disorientato e confuso, magari un tossico in cerca di denaro. L'ordine del poliziotto colse il ragazzo alla sprovvista, aveva la mente annebbiata. Laura era accanto al caposquadra, con la pistola puntata, pronta a coprire il suo compagno nel caso in cui la situazione fossse degenerata. 
"Andate via. Andate viaaaa" urlò disperato il ragazzo. "Andate via o le sparo!" Spara a chi? Laura si guardò  intorno confusa. Non c'era nessuno nella stanza. Anche il ragazzo sembrò realizzare che nella stanza era solo, e allora, mestamente, sollevò la pistola contro la sua testa. "Andate via o mi sparo" la sua voce questa volta era rassegnata.
"Possibile suicida, il caposquadra Dana stabilisce un contatto col soggetto" disse Smith dietro di loro al trascrittore automatico. 
"Ciao, mi chiamo Dana, e sono qui per aiutarti. Vuoi dirmi come ti chiami?"
"Andate viaaaaaa. Andate viaaaa"
"Noi non possiamo andare via, siamo qui per aiutarti. Quello che è successo oggi non è niente"
"Perchè mi guardi, provi pietà per me, non sono un caso pietoso! Non sono il vostro caso pietoso!!" Questa volta il ragazzo parlava con Laura, che era sempre rimasta leggermente in disparte, sempre con la pistola puntata, per coprire Dana. Laura non rispose. Si negoziava da soli. Ed ora lo stava facendo Dana. Non poteva intromettersi. "Rispondimi!"  Dana fece un segno col la testa a Laura, poteva rispondere.
"Lo so, non sei un caso pietoso" la voce di Laura era calma. Ma perchè si è convinto di sta cosa, cazzo! Che ho fatto di male. Il soggetto è instabile. In evidente stato di astinenza. Devo essere sincera, e riportarlo alla realtà, stabilire punti di contatto, rispondere alla sua domanda, e lasciare che si concentri nuovamente su Dana. "Non guardo te, sono concentrata sulla pistola. Sto facendo il mio lavoro"
"Parla con me, vuoi dirmi come ti chiami?" Dana cercò di concentrare l'attenzione su di lei.
"E perche punti la pistola contro di me?" Parlava sempre con Laura. Aveva stabilito un contatto. probabilmente per la vicinanza di età.
"La negoziazione passa all'agente Thomas" . Laura sentì Thomas aggiornare il trascrittore. Un breve movimento, e Laura abbassò la pistola, e si avvicinò al soggetto, per permettere a Dana di arretrare e tenerlo sotto tiro. 
"Come ti chiami?" Adesso era Laura a parlare.
"Andrews Mcmahon" rispose.
"Hai sentito Winni, cerca informazioni. Fedina penale, malattie. E manda qui i genitori" ordinò Dana.
"Io mi chiamo Laura. E sono qui per aiutarti. Tu perchè sei qui?" Sguardo perso nel vuoto, non rispondeva.  "Andrews, prima mi parlavi, continua a parlare con me. Perchè sei qui"
I minuti passavano e il soggetto continuava a non parlare. E se stessi sbagliando tutto? Dana le appoggiò lievemente una mano sulla spalla, per incoraggiarla. Altro che caso pietoso lui. Qui se c'è un caso pietoso in questa stanza sono io. Pensò Laura al limite tra lo sconfortato e il sarcastico, in realtà sapeva di non essere un caso pietoso. 
"Il ragazzo è stato adottato, ed è scappato dall'ultima famiglia affidataria quando aveva 18 anni. Da quel momento non si sono avute più sue tracce. La casa nella quale vi trovate è quella della penultima famiglia nella quala aveva vissuto, vi era rimasto per più tempo rispetto alle altre. Due anni" . "Perchè alla fine scappo?" Dana cercava di vederci chiaro. "Non scappò da questa famiglia, venne mandato via perchè i genitori dovettero trasferirsi all'estero per motivi di lavoro. Gli assistenti sociali pensarono che un trasferimento così lontano potesse creare problemi al ragazzo. Sono tornati in città da un paio di mesi." "Grazie Winni. Laura?" chiese Dana.
"Si capo, ci sono" rispose Laura. Il ragazzo era un tossico, probabilmente lo era diventato da quando aveva abbandonato l'ultima famiglia, altrimenti sarebbe stato segnalato nel suo fascicolo. Stava cercando dei soldi, ed era entrato in quella casa perchè sapeva dove trovarli.  E se invece fosse entrato in quella casa per farsi scoprire? Se era vero che con quella famiglia si era trovato bene, magari voleva essere aiutato. "Andrews, sappiamo che qui abitano i tuoi vecchi genitori adottivi. Giusto?" . Un cenno del capo come risposta. "Sei entrato in casa loro perchè la conoscevi e sapevi dove trovare i soldi?" Silenzio. Di nuovo lo sguardo perso nel vuoto. "Sei entrato in casa loro perchè ti servivano dei soldi?" . "TU NON SAI NIENTEEEE" urlò di soprassalto. Cazzo, devo abituarmi a questi scatti. Ricominciamo. "Perchè sei qui Andrews?" Laura stava iniziando a stancarsi, la tensione si faceva sentire, e quel ragazzo muoveva la pistola continuamente, senza mai smettere di puntarla contro se stesso. Ancora silenzio. Qui non arriviamo da nessuna parte. "Andrews, invece penso di sapere molte cose. Non sei qui solo per rubare, non è vero?" Aveva volutamente marcato la parola, solo. "Sapevi che i tuoi genitori adottivi erano tornati in città, li hai visti. Non ti hanno cercato. Ti sei sentito messo da parte"
"Laura, che stai facendo così lo fai sentire inutile!" si agitò Dana. "Ho un'idea" sbisbigliò al capo. 
Il ragazzo la ascoltava, a tratti perso nel suo mondo, a tratti lucido. "E quindi li volevi vedere, e volevi farti vedere. Volevi mostrare loro come stai. Volevi che loro ti riprendessero! Volesi essere aiutato. Non sono io a vederti come un caso pietoso. Sei tu che vedi te stesso così." Breve pausa. "Questo è un bene Andrews, perchè vuol dire che sai di volere di meglio per te stesso. Sai di meritare di più. Butta la pistola, fallo per i tuoi genitori" Ho finito, se va male non ho capito un cazzo di questo ragazzo, e muore. Bene, avrò una vita sulla coscienza per la prima missione.
Il ragazzo non si muoveva, non parlava. La mano tremava. 
"Abbassa la pistola" Laura si stava avvicinando piano piano, e lui non dava segni di respingerla. Un passo alla volta. Ti prego, abbassa la pistola. "Andrews, abbassa la pistola" cercò il suo sguardo. E poi lui la abbassò. Con uno scatto Laura si avvicinò verso di lui. "Soggetto in contenimento" disse alla radio, con un pò troppo entustiamo nella voce.

"Ti dico che hai fatto tutto il possibile Parker! Lo abbiamo visto tutti. Hai stabilito un rapporto con il ragazzo, hai insinuato in lui la consapevolezza dell'irreversibilità del gesto che stava per compiere. Hai provato a farlo ragionare. Il ragazzo non ascoltava, dannazione Greg, aveva già deciso. Il ragazzo aveva già deciso di buttarsi prima ancora che arrivassimo!" La voce di Ed tuonò all'interno della sala riunioni. La squadra Uno era seduta al tavolo, Jules aveva tutte le trascrizioni in mano.
Avevano fatto tutto come da protocollo quella mattina. Erano arrivati sul posto, Wordy e Jules avevano montato la rete di sicurezza ai piedi dell'edificio. Doveva essere di "sicurezza" appunto, di solito il soggetto non andava mai fino in fondo. Lui e Ed erano saliti veloci sul tetto, Ed doveva cercare un modo per agganciare il soggeto, magari dal piano inferiore dell'edificio, e lui doveva parlare con il ragazzo. Era così giovane, aveva solo 17 anni, George Green. Sam e Spyke avevano cercato informazioni, chiedendo ai genitori, ai docenti e ai compagni. Non era servito a nulla, studente modello, buona famiglia, ottimi rapporti con i compagni. Nessuno aveva notato nulla di strano nell'ultimo periodo, intendendo per ultimo periodo l'ultimo mese, l'ultima settimana. Solo un amico si era sbilanciato "Ieri, dopo le lezioni non era più lui, era... non so come dire, spento" Era veramente troppo poco su cui basare un discorso. Aveva iniziato parlando di se, cercando di far parlare il ragazzo. Ma questo non si girava, non lo guardava. Allora aveva cambiato tattica, meglio riportarlo alla realtà. "Per tutto c'è rimedio, qualunque cosa fosse successa il giorno prima, poteva parlargliene, e avrebbero trovato una soluzione" Niente. Aveva esaurito le possibilità, non era riuscito a fare aprire bocca a quel ragazzo, era evidentemente in stato di shock. Però temporeggiava, perchè stava aspettando tanto a buttarsi? Non capiva, non riusciva a capire, gli sfuggiva qualcosa. Il ragazzo era risoluto, ma gli mancava ancora qualcosa. Il processo mentale del suicida non era completo. Ma cosa mancava?
Poi fu un momento, il ragazzo si voltò inpercettibilmente verso sinistra, il lato opposto al suo, qualcosa era riuscito ad attirare la sua attenzione, era riuscito in quello in cui lui aveva fallito. E poi si era buttato. "NOOOOOOOOO" Greg sentiva ancora l'urlo disperato della sua voce, tolse il berretto e mise le mani sulla testa. Si accovacciò a terra. Poi si alzò per vedere. La rete non era servita a nulla, il ragazzo l'aveva vista, e l'aveva evitata buttandosi a ridosso del muro. Prima ancora di arrivare a terra, era pieno di escoriazioni. Il suo corpo scomposto, la testa in una posizione innaturale, l'osso del collo spezzato. La testa contro l'asfalto. Non si poteva vedere la faccia, ma gli occhi del ragazzo, Greg non li avrebbe mai dimenticati.
"Voi non capite, ha visto qualcosa prima di buttarsi, qualcosa che ha completato la sua decisione, ed io dovevo capire cosa fosse!" Devo capire cosa fosse. Era questa la frase che Greg ripeteva ormai da un'ora. 
"Capo, ai piedi dell'edificio c'era una piccola folla, avrebbe potuto vedere chiunque. E può essere anche che in realtà non abbia visto niente, ma quello che voleva vedere era solo nella sua testa" Questa era la teoria di Wordy. "E' tutto scritto qui, il verbale è completo, abbiamo seguito la procedura, abbiamo fatto tutto quello che si può fare in queste situazioni...anche se un ragazzo è morto" Il discorso di Jules era iniziato nel migliore dei modi, voleva essere di conforto al Sergente, ovviamente non era colpa sua, avevano seguito la procedura, ma poi, a metà frase aveva cambiato tono, la morte cambia sempre le cose. 
"Capo" entrò Winni nella sala ruionione "c'è qualcosa che dovete vedere". Portava con se un fascicolo. "Sono tutte le informazioni che ho raccolto sulla scuola. Non è stato facile ottenerle perchè è un Liceo privato, storico, tiene molto al prestigio del proprio nome. Ho dovuto chiedere un mandato e sono stati costretti a darci le informazioni" . "Grazie Winni, ma non penso che serva più a molto, qualsiasi informazione ci sia in quel fascicolo, non cambierà.." il sergente non concluse la frase. "Capo, li guardi" Winni lasciò il fascicolo aperto sul tavolo e andò a rispondere all telefono che squillava. Sam era il più vicino al fascicolo, e quando lo lesse la sua espressione cambiò. "Capo, è troppo tardi per salvare George, ma non per salvare tutti gli altri" era riuscito ad attirare l'attenzione del capo e dei compagni su di se "la scuola ha registrato un suicidio all'anno negli ultimi tre anni. E prima ancora, a distanza di un anno dagli altri, un quarto suicidio. Sta succedendo qualcosa"
Un incubo, come facevano a non avere avuto quell'informazione. Come era stato possibile!
"Possiamo avvisare la narcotici, magari potrebbe mandare un agente sotto copertura. Sono i migliori sotto copertura" Ed cercava di metabolizzare lo shock della notizia proponendo soluzioni. "Sono sommersi di lavoro, non manderanno mai qualcuno a tenere d'occhio degli studenti, è sicuro" ribattè Wordy "E allora cosa dovremmo fare? Stare ad aspettare che il prossimo si butti? Non capisco come abbia fatto il preside ad omettere questa informazione! Con quale coraggio dorme la notte!" Jules era furiosa, finalmente aveva qualcuno da incolpare per la morte di quel ragazzo. Spike stava al suo posto, quelle riunioni lo sfiancavano più della stessa missione "Potrebbe andare uno dei nostri" si stropicciava gli occhi mentre lo diceva, non poteva stare zitto, doveva proporre qualcosa anche lui, operarsi come gli altri, anche se in realtà non ci credeva nemmeno lui in quella soluzione. "No, non rinuncio ad uno della squadra, ognuno di voi mi serve qui. Salviamo delle vite, ed ogni singolo membro della squadra è necessario." Ed era risoluto, rinunciare ad uno di loro per mandarlo a giocare alla spia per scoprire chissà quale inganno all'interno di quella lurida scuola privata, no. "E comunque, ci hanno visti oggi, ci rinoscerebbero"

"Vado io" L'agente Thomas non era riuscita tenere a freno la lingua. Che diavolo mi è saltato in mente, pensò disperata. Stavo origliando, dovevo stare zitta!

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Capitolo 5
*** Sotto copertura ***


La sveglia continuava a suonare nella camera da letto del piccolo bilocale in centro, ma Laura era già in cucina che si godeva una abbondante colazione a base di pancake e sciroppo d'acero. La sveglia alle sette era un lusso che non si godeva da molto tempo, di solito per quell'ora era già operativa, con due ore di palestra alle spalle. Ecco, se mi sforzo riesco anche a trovare un lato positivo in questa situazione. Il suo lavoro sotto copertura era iniziato una settimana prima. Era rimasta un pò ferita di come nessuno avesse opposto resistenza alla sua candidatura. Ed aveva sottolineato come non volesse rinunciare a nessun membro della squadra, io non sono della squadra....Non ancora! Non c'è spazio per l'autocommiserazione, pensò risoluta. La routine era sempre la stessa, prima che iniziassero le lezioni, alle otto, passava sempre dalla Centrale per vedere Spyke. Doveva controllare il supporto audio/video che portava sempre con se, appuntato sulla cravatta della divisa. Arrivata alla Centrale scese nella palestra, i ragazzi erano li ad allenarsi. "Spyke, sono qui" la sua voce era tranquilla, non provava più imbarazzo a parlare con il bell'agente Scarlatti. Il mio cervello si è finalmente ricordato di non avere 15 anni, pensò. "Arrivo Lau" corse verso di lei, alzandosi dalla panca per gli addominali. "Ti senti pronta per oggi? Tranquilla piccolina, andrà bene, hai studiato" scherzò, mentre un sorriso sghembo si allargava sulla sua faccia. Questo era il loro scherzo mattutino, lui la prendeva in giro per l'avvincente giornata che l'aspettava. Come dargli torto, da una settimana a questa parte non faceva altro che fare i compiti, e parlare con i professori. La cosa più avvincente che aveva affrontato, era la punizione pomeridiana. Aveva sperato di conoscere ragazzi problematici, ma anche quello era stato un buco nell'acqua. Iniziava a dubitare che in quella scuola ci fosse realmente qualche cosa da scoprire.

Non era ancora riuscita a farsi degli amici. I ragazzi ricchi non la guardavano di buon occhio, e il sentimento era reciproco, inoltre non erano sicuramente loro i soggetti a rischio. I ragazzi che si erano suicidati, nei modi più disparati, erano tutti studenti con una borsa di studio. Ragazzi provenienti da famiglie normali, o medio/basse particolarmente meritevoli. Erano quelli i ragazzi che stava cercando di avvicinare, fino a quel momento, con pessimi risultati. Sembra che il mio destino sia quello di sentirmi sempre fuori luogo. Al suono della campanella, la mandria scalpitante di studenti si diresse verso la mensa. Laura era seduta ad un tavolo laterale, in disparte, apparentemente sovrappensiero, scrutava attentamente la folla. Il cellulare che aveva in borsa squillò, puntuale come sempre, pensò. "Ciao Winni" normalmente, se le squadre erano in missione e non avevano bisogno di lei, la giovane centralinista chiamava Laura. Poteva vedere che mangiava da sola dal monitor, cosi le teneva compagnia, e si scambiavano reciproche informazioni. "Cosa hai scoperto oggi?" chiese, sapendo già la risposta. "Quello che scopro tutti i giorni, che faccio schifo in matematica!". Questo era lo scambio di battute che apriva ogni loro conversazione. "Vedi quel ragazzo alla tua destra? Quello con la sacca blu, seduto al tavolo insieme alla ragazza bionda" , Laura sapeva di chi stesse parlando, li aveva già notati. Erano due ragazzi che seguivano tutti i corsi avanzati, e che rispondevano al profilo dei soggeti a rischio. "Si, sono Annette Douvealt, e Antony Drafthor. Hanno entrambi una borsa di studio, sono inseparabili. Sarà difficile avvicinarli" rispose Laura, parlando più a se stessa che a Winni. "Si, ma trova un modo per farlo, non penso che tu voglia passare tutta la tua vita al liceo, o mi sbaglio?" Laura poteva sentire il sarcasmo nella voce della ragazza, ma non se la prese, era una situazione troppo divertente perchè gli altri non ci scherzassero, tornare al liceo, chi lo avrebbe mai detto! "Scusa Laura, devo chiudere, mi sta chiamando il Capo, hanno bisogno di me" e riattaccò, lasciando Laura sola con i suoi pensieri. Non era la prima volta che la telefonata veniva interrotta dalla chiamata del Capo. Dove sarà la squadra, cosa staranno facendo? Diamo un senso a questa missione, pensò alzandosi dalla sedia. 
"Ciao ragazzi, posso sedermi?" niente convenevoli. "Tu sei la ragazza nuova, vero? Laura." chiese Annette, con una punta di ostilità nella voce. Antony non la guardò nemmeno. "Si sono io" rispose sedendosi. "Volevo fare l'elaborato sul ruolo della donna nell'800, insieme a voi." Se voleva avvicinarli, doveva studiare con loro. "Pensavo che un punto di vista continentale potesse tornarvi utile. Analizziamo il ruolo della donna partendo dalla letteratura oltre oceano per poi arrivare a quelle delle colonie, e concludiamo con un breve escursus sulla modernità. La Signorina Sworthood apprezzerà" non aveva dato il tempo alla ragazza di ribattere, aveva parlato in fretta, ed ora Annette era colpita, pregustava una bella A per quell'elaborato. "Se hai tutte queste idee, perchè non consegni il lavoro da sola?" Antony aveva alzato lo sguardo dai fogli che aveva davanti. Oh signore, guarda che opera di convincimento mi tocca fare per uno stupido compito. "Qualora non lo avessi notato non ho molti amici, pensi davvero che il mio status sociale migliorerebbe se diventassi anche la più brava della classe?" la risposta le era uscita più stizzita di quanto non volesse, ti sto servendo una A su un piatto d'argento, cretino! Questo riuscì a non dirlo. "Zitto Antony. Ci vediamo alle sei a casa mia, tieni" disse scarabocchiando un indirizzo su un pezzo di carta e porgendoglielo. "Abito qui" Nel modo in cui prese in mano il foglietto fece in modo di inquadrare l'indirizzo dalla telecamera, se le fosse successo qualche cosa, avrebbero saputo dove trovarla. "Ok, ci vediamo dopo" disse allontanandosi definitivamente dalla coppia. 

La giornata proseguì con le lezioni pomeridiane. Fisica, e per concludere ginnastica. Magari è il troppo studio, un'esaurimento nervoso per gli standard troppo alti da mantenere. Il confronto con i loro compagni ricchi che hanno ottenuto tutto dalla vita, li ha fatti mollare? Mentre faceva i giri di campo, cercando di smaltire il pancake della mattina, Laura cercava di costruire un profilo che fosse comune a tutti i ragazzi che si erano suicidati nel corso degli anni. Mi sfugge qualcosa, non ha senso. Un solo ragazzo può compiere un gesto estremo per questi motivi, ma quattro. Va contro ogni statistica! Finalmente suonò la campana. 

Prese l'autobus per arrivare a casa di Annette. Il viaggio sembrò infinito, la casa si trovava dall'altro lato della città, in un quartiere malfamato. La strada era costeggiata da prefebbricati, e la famiglia Douvealt abitava nel quarto edificio sulla destra. Aveva calcolato male il tempo e le distanze, ed era arrivata in ritardo, erano già passate le 18.30, scrisse velocemente un sms a Winni, lo avrebbe riferito al resto della squadra se fosse stato necessario, e fece il suo ingresso nella casa. "Sei in ritardo!" la aggredì Annette. Si comincia, pensò.

Uscì dalla casa che erano le dieci di sera, avevano finito la tesina, ed erano rimasti soddisfatti del lavoro. Si mise ad aspettare alla fermata dell'autobus rimuginando su quel poco che aveva scoperto. La sua giornata non era ancora finita, doveva passare dalla centrale per compilare uno scarno verbale della giornata. E' una così brava ragazza, la sua rabbia è la sua difesa, non conosce altro modo di rapportarsi che non questo, non conosce realtà che che non sia fatta sforzo e la sofferenza. Una macchina accostò, "Sali" le disse Greg abbassando il finestrino. Laura salì e si mise comoda sul sedile davanti, era felice che il Capo fosse andata a prenderla, un gesto inaspettato che la faceva sentire importante, ultile, anche in questa missione così strana. "A quest'ora gli autobus passano ogni mezz'ora, se va bene. Non saresti più arrivata a casa" le disse Greg. "Grazie" rispose lei. "Cosa hai scoperto?" domandò. "Niente di importante neanche oggi, temo. Questi ragazzi stravedono per i propri insegnati, sono i migliori in tutto quello che fanno, potrebbe essere la pressione a farli crollare. Ho chiesto se conoscessero George, mi hanno detto che era un degno rivale, e che per il resto non sapevano molto di lui. Non hanno mai lavorato insieme, ma avevano in comune il contendersi l'attenzione dei docenti. Questi ragazzi vivono per lo studio. Non fanno altro. Non ho potuto chiedere degli altri ragazzi morti, non volevo che sospettassero qualcosa, sono furbi. Sinceramente non vedo nessun collegamento tra quello che è successo a George e agli altri. Sembrerebbe che le borse di studio siano maledette." Aveva pronunciato l'ultima frase volutamente in modo scherzoso, voleva allentare la tensione, ma aveva sbagliato, Greg si era irrigidito. Il ricordo del fallimento era ancora fresco in lui, una ferita aperta. Non l'aveva interrotta, bramava informazioni che non erano ancora arrivate. Non parlarono per tutto il resto del viaggio. "Devo andare alla centrale" disse Laura quando vide Greg girare a destra, invece che a sinistra. "Ti lascio a casa, non c'è niente da verbalizzare che non possa essere fatto anche domani, è tardi". Quelle parole trafissero Laura, il rimprovero velato che si celava in esse le fece male, anche oggi, non hai scoperto niente, si rimproverò. 
Greg accostò l'auto davanti casa sua, la fece scendere e poi, prima di partire le disse "Ben fatto, ci vediamo domani" con un tenativo di sorriso appena accennato. Poi l'auto partì, lasciandola sola sul ciglio della strada, la falsità di quelle parole, le riecheggiava nelle orecchie.  
 
Scusate per l'assenza prolungata, ringrazio _Rachel Elizabeth Dare_ , ed anche voi, lettori silenziosi. A presto 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


I giorni continuavano a passare, tutti uguali. Due settimane di questa vita, non ne posso più. Quelli sarebbero stati gli ultimi giorni di scuola per l'agente Thomas. Era passato troppo tempo senza che nulla venisse scoperto, quei suicidi erano destinati a rimanere un mistero. Possibile che non sia riuscita a venire a capo di questa storia? Sembra che la sola cosa che questi ragazzi abbiano in comune siano i Sworthood. L'edificio della scuola si stava svuotando, i ragazzi si preparavano a tornare a casa, infervorati per il week end alle porte, i corridoi erano bui, colpa del cielo cupo che sovrastata Toronto. Laura stava uscendo dagli spogliatoi femminili mentre questi pensieri affollavano la sua testa. Non aveva detto a nessuno del collegamento tra gli alunni e i signori Sworthood, non pensava fosse rilevante, e non voleva passare per la paranoica della situazione. O peggio per l'agente inesperto. Sono studenti modello, ovvio che seguissero inglese e matematica avanzati, erano... Erano studenti modello. Mai prima di quel momento si era sentita così demoralizzata per il suo lavoro. Quando Greg, settimane prima, le aveva detto che non aveva esperienza sufficiente per entrare nella squadra Uno, aveva pensato che si riferisse all'esperienza tecnica, alla prima linea. Solo ora capiva che quello era solo un minimo aspetto del suo lavoro, non era la preparazione fisica a preoccupare il Capo, ma la tensione, le preoccupazioni. Erano i sentimenti, le emozioni e le esperienze, a caratterizzare le persone, ed era la capacità di tenere fuori tutto quel bagaglio emotivo, a caratterizzare un buon agente. Mi sono offerta volontaria, origliando una conversazione che non avrei nemmeno dovuto ascoltare perchè ero sicura di riuscire! Ho vissuto quello che è un lavoro, come un gioco. Mi sono presa in giro. Ed Lane aveva ragione.. ha sempre avuto ragione. Una folata di vento, non appena varcò la porta d'ingresso la fece tornare alla realtà, non più in balia dei suoi pensieri. Ho dimenticato la giacca. Rientrò controvoglia nell'istituto, diretta al suo armadietto ormai vuoto. Prese la giacca, e ritornò sui suoi passi, ripercorrendo quel corridoio che aveva percorso pochi minuti prima, totalmente assorta nei suoi pensieri. Il cellulare nella giacca vibrava. "Pronto. Si ciao Winni. No, aspettami, sto arrivando in Centrale, riguardo gli ultimi appunti e poi potrai archiviare il fascicolo" . Laura camminava in maniera scomposta, stava cercando di infilarsi la giacca tenendo il telefono poggiato su una spalla, mentre Winni, ancora in linea, continuava a parlare. La sua attenzione venne attirata da una porta accostata in fondo al corridoio, oltre la porta d'ingresso. Era illuminata. Proseguì piano verso la porta, Winni ancora al telefono, continuava a parlare, ma ormai aveva perso interesse. La porta normalmente era chiusa, dava su un corridoio che portava al Rettorato. Continuò ad avanzare. Quella zona normalmente era chiusa agli studenti, Laura si era recata li, per parlare con il Rettore, quando aveva iniziato la missione. "Laura, ci sei?" chiese la voce all'altro capo del cellulare. "Si Winni, sto solo controllando una stanza" rispose parlando sottovoce, sempre più vicina all'unica porta aperta in fondo al corridoio. Una luce lebile fuoriusciva dalla stanza. Arrivata più vicina, vide che era uno stanzino delle scope, da fuori poteva vedere scaffali e cianfrusaglie alle pareti, probabilmente oggetti sequestrati dagli armadietti di qualche studente. Quando ebbe la visuale completa della stanza, quello che vide le raggelò il sangue. 
Al centro c'era una poltrona impolverata e una cattedra, dietro la cattedra Annette si dimenava, imbavagliata, la camicetta della divisa della scuola aperta, mostrava un piccolo reggiseno bianco, e il signor Sworthood imcombeva su di lei. Laura si avventò contro l'uomo, riuscendo a buttarlo a terra grazie soprattutto all'effetto sorpresa. Sbattè la sua testa contro il pavimento, tenendo ben ferme le mani dietro la schiena. Mi farebbero comodo delle manette. "Signor Sworthood" incominciò Laura, non riuscendo a chiamarlo in nessun altro modo, tanto era lo stupore che le aveva causato quella scena. "Come ha potuto, una studentessa! Lei sarà condannato per stupro!" la sua voce, si faceva sempre più stridula ogni parola che pronunciava. E se fosse questo il segreto della scuola, stupri agli studenti. Il quadro stava iniziando a delinearsi. "So tutto dei suicidi degli ultimi anni, questo era il motivo! Come ha potuto". Annette nel frattempo era rimasta per terra, non si muoveva, il respiro affannato. "Andrà tutto bene" cercò di rassicurarla Laura. "Sono un poliziotto. Passami quella corda" Annette si alzò con movimenti scomposti, ed un evidente sforzo, era ancora sotto shock. "Stia Fermo!" urlò Laura mentre con la corda stava legando le mani del professore. BOOOOM. Poi tutto buio.
Cos'è successo? Buio e dolore. Aprì gli occhi e portò la mano alla testa dolorante, sangue. Sentiva delle voci in lontananza. "Cosa ne facciamo di lei?" era una voce stridula e lontana. "E' un poliziotto, ho sentito che diceva così ad Annette" disse la voce dell' uomo. Dov'è Annette? Che cretina sono stata! Ho perso tempo, non sono riuscita a neutralizzare il soggetto, non ho chiamato rinforzi. Brava, tanto valeva che mi buttassi in una fossa di leoni. La lucidità e gli accadimenti di poco prima stavano affiorando alla mente. Sono svenuta, qualcosa di duro mi ha colpito alla testa, ed ora sono legata e imbavagliata. Cercò di allentare i nodi delle corde delle mani dietro la schiena. Ci posso lavorare
"Portiamola in piscina, .... , non riuscirà a nuotare. Sembrerà un incidente ... la mazza è stata provvidenziale...Amore!" . Le voci che prima aveva sentito distintamente avevano iniziato a bisbligliare. Sono in due. Cercò di ricordare se Winni fosse ancora in linea, quando il telefono le era caduto dalle mani, sperò di si, ed iniziò ad allentare i nodi.

Tu tu tu tu "Pronto Winni" rispose Greg dal cellulare personale. "Si Capo, penso che Laura abbia qualche problema. Eravamo al telefono, quando ho sentito un tonfo, e poi nessun segnale". "Dov'era?" chiese Greg, allarmato. "A scuola" . "Ok Winni, il turno è finito, vedi se riesci a rintracciare gli altri. Io sono in macchina con Ed, andiamo sul posto." riattaccò, senza aspettare risposta. 
"Ed anche questa volta dovrò dire a Sofia di tenere in caldo la cena" disse Ed, questo era il suo modo per affrontare gli imprevisti, scherzare, era il solo modo che conosceva. "Che succede?" continuò, subito tornato serio. "Winni crede che sia successo qualche cosa a Laura" 
Arrivarono sul posto in 10 minuti. "Greg, l'edificio è grande, non possiamo controllarlo tutto, ci vorrebbe troppo tempo" Ed si guardava intorno, il Capo era assente, quell'edificio risvegliava in lui brutte sensazioni. "Abbiamo un possibile agente a terra, dividiamoci. Greg, GREG, vieni!" urlò varcando la porta d'ingresso. Si separarono, Greg a destra, e Ed a sinistra. L'edificio era buio, le pistole puntate, iniziarono a cercare. 

"Annette, lo sai che quello che è successo è colpa tua vero?" Laura era ancora a terra, gli occhi chiusi, fingendo di essere ancora svenuta, era in ascolto, vigile. Una voce melliflua di donna stava parlando con la ragazza. Aveva riconosciuto quella voce, ed a stento era riuscita a trattenere i conati di vomito. Era la signora Sworthood, il marito stuprava, e lei colpevolizzava le vittime, e chissà che altro fanno questi due pervertiti! "Tu, stronzetta, volevi portarmi via mio marito. Non è cosi? Io ti ho sempre dato tutto, ottimi voti, affetto. Quello che sei lo devi a me! La tua borsa di studio la devi a me!" Aveva marcato queste ultime parole,  Annette piangeva. "Non parlerai mai a nessuno di questa storia, sai quanto ci metto io a distruggerti? L'anno prossimo andrai al college, e non sentirai più parlare di noi. Mantieni il segreto, e la tua vita proseguirà come se niente fosse successo" . Strinse il viso della ragazza, e questa pianse più forte. "E ricorda, anche se deciderai di parlare, nessuno ti crederà. Sarebbe la tua parola contro la nostra" continuava a parlare, incalzante, stava riuscendo nel suo intento. La ragazza era a pezzi, non stento a credere che poi gli studenti arrivassero al suicidio. Ma perchè protegge il marito? Ci penserò dopo. Non c'era tempo per le domande.
Laura aprì lentamente gli occhi, la professoressa, quella donna che fino a qualche ora prima rispettava, le dava le spalle. Era riuscita a liberarsi le mani. Lentamente si sedette per slegare le corde che legevano i piedi. Con un rapido movimento fu in piedi, fulminea e silenziosa. La testa le pulsava, e il dolore era praticamente insopportabile, un capogiro rischiò di farle perdere l'equilibrio. Vide la mazza con la quale poco prima era stata colpita, la impugnò ed avanzò verso la donna. Annette la vide, e non riuscì a trattenere un gemito, che fortunatamente non destò sospetto nella professoressa. Ora che Laura vedeva la sua figura, non poteva non notare la pazzia che trasmetteva il corpo della donna. Tremava, e la voce trasudava odio, e qualcos'altro, eccitazione. Laura la colpì con forza, prima alle spalla, e poi alle gambe. La signora Sworthood, colta di sopresa, perse l'equilibro e cadde a terra, svenuta. 
Laura si avvicinò ad Annette sconvolta, madida di sudore, ed impaurita. Quella ragazza forte e risoluta, che avrebbe fatto di tutto per prendere una A  ed eccellere, era sparita. Al posto del fervore, che aveva visto nei suoi occhi appena qualche giorno prima, c'era solo terrore e vuoto. Come distruggere una persona, questo dovrebbero insegnare questi due mostri! pensò. "Resta qui" le disse facendola accovacciare dietro la cattedra, cercando di impartire alla sua voce un tono rassicurante. "Vado a cercare..rlo" la sua voce uscì strozzata, non sapeva bene come chiamare quell'essere che aveva davanti. Con la mazza in mano, uscì piano dalla stanza, un pò a fatica. La testa le doleva.

"Fermo o sparo!" Ed, avanzando verso il corridoio, aveva incontrato un professore che camminava spedito. "E', e' successo qualcosa?" Balbettò quell'insulso ometto. Aveva la camicia fuori dai pantaloni, sudato e abbastanza sconvolto. "Sto cercando, Laura..?" Diamine, non ricordo il nome che usava sotto copertura. Lasciò la frase a metà. Questo è un brutto lavoro, Ed. Si rimproverò. Mai in anni di onorata carriera, si era trovato impreparato. La realtà è che aveva sottovalutato la missione, fosse dipeso da lui, nemmeno ci sarebbe stata una missione. Laura però ha trovato qualcosa, mi sbagliavo. "Senta, sto cercando una studentessa, ha visto Laura?" riformulò la domanda, la pistola davanti a se, ma non più puntata contro l'uomo. "Io, io non lo so" blaterò il professore prima di mettersi in preda al panico.

Laura uscì in corridoio facendo appello a tutte le forze che le restavano, la testa pulsava e il sangue usciva. In corridoio vide Ed che bloccava il professor Sworthood.

"Ei, non vai da nessuna parte" sogghignò Ed, bloccando immediatamente il tentativo di fuga dell'uomo. "Non mi sembra il comportamente di una persona che sa niente". Mentre lo teneva di spalle, vide in fondo al corriodoio una sagoma che arrancava.  "E' LUIII, QUI C'E'... l'altr..a, urlò Laura, mentre la sua voce diventava sempre più bassa,  prima di svenire. Ed mise velocemente le manette all'uomo, e lo lasciò. Estrasse il cellualare per chiamare un'ambulanza, mentre l'eco del corpo caduto al suolo, riecheggiava lungo il corridoio vuoto. 

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