'Io ti salverò'.

di SurviveYou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


~Prima Parte.

'Quando avrai paura di qualcosa, dimmelo ed io ti salverò'.
Le sue ultime parole famose, poi nessuno contatto. Sono passati tre anni ed ancora devo ricevere sue notizie. Ho provato a cercarlo, ma sembrava essere scomparso dalla faccia della terra.
Simone era un professore del mio liceo, fin dal primo giorno in cui misi piede in quella scuola, lo notai. Era diverso, era semplice e complesso al tempo stesso. Sapeva essere amico di tutti e di nessuno, intelligente ed idiota, simpatico ed antipatico. Quell'uomo era un imprevisto, un mutamento. Una costante non impossibile, ma solo poco probabile. Eppure esisteva.
Era il tipico insegnante giovane in un covo di antichi professori, amato da tutti per questo. Era anche bello, molto bello. Decisamente troppo bello per lavorare in un liceo quasi completamente femminile. Occhi di ghiaccio, così freddi da congelare un uragano ma così caldi da riscaldare un mondo.
All'apparenza, il tipico principe azzurro che tutte sognano, ma in realtà un'arma a doppio taglio. Buono e gentile con chi voleva lui e bastardo con tutti gli altri.
Solo durante il mio quarto anno si accorse di me, io che ero una specie di ombra, un fantasma. La tipica ragazza anonima, quella che non si fa notare per il look o per la bellezza, o per qualsiasi altra cosa. Ero come un punto di domanda senza frase, e forse era lui la mia frase.
Durante una lezione integrativa, aperta a tutti gli studenti, presentò il suo ultimo libro e parlò del lavoro che c'era dietro. Non eravamo molti in quell'aula, giusto io e le mie amiche costrette ad accompagnarmi e le 'primine' pronte a sbavargli dietro. All'inizio, ad essere sincera, anche io ero preparata a quello ma poi saputo l'argomento della lezione cambiai di un po' il mio pensiero.
La scrittura per me è sempre stata una fuga dal mondo in cui vivo ogni giorno, fatto di stupidi liceali ed inutili pregiudizi. Inoltre era un modo per isolarmi da quello che accadeva a casa, discussioni dirette o indirette che fossero. Insomma, era la mia salvezza prima di lui. Sapere che condividevamo questa passione era una luce nel buio, era essere quasi sulla stessa lunghezza d'onda.
Alla domanda 'Qualcuno di voi scrive?', alzai timidamente la mano, spronata dalle mie fedeli compagne. Sembrava sorpreso, ma sicuramente era una mia impressione. A fine lezione, uscirono tutti e in punta di piedi mi avvicinai alla cattedra, era impegnato a riordinare le sue cose e non volevo violare i suoi spazi.
'Scusi prof, posso farle una domanda?'.
'Si, dimmi'.
'Lei perchè scrive?'.
Lo vidi fermarsi a pensare, come se dovesse pesare ogni parola.
'Per dire la mia, per esprimere il mio pensiero. Tu invece, perchè scrivi?'.
'Perché mi fa sentire libera, nessuno schema, nessun pregiudizio, niente di niente'.
'Sei il Dio del mondo che crei'.
Ecco, da qui era cominciato tutto, e quelle parole le avevo stampate nella mente ma anche nel cuore.
All'inizio scambiavamo due parole al cambio dell'ora oppure quando ci beccavamo all'uscita di scuola, nulla di speciale. Un giorno però accettai di partecipare ad un concorso per giovani scrittori indetto da una nota casa editrice, non ero molto convinta ma le mie amiche mi obbligarono, sapevano farsi ubbidire.
Dato che non avevo la minima idea di come funzionassero queste cose, decisi di rivolgermi all'unica persona che poteva aiutarmi, lui.
Sembrava contento all'idea di darmi una mano, di solito tra i vari scrittori c'è sempre competizione. Simone era l'opposto di tutto.
Ci incontravamo a casa sua o a scuola, non nascondo che entrare nella sua vita mi faceva un po' paura, ma passo dopo passo ce la feci. Cercavo di non sbilanciarmi troppo nei commenti o nei discorsi del privato, era pur sempre un professore. Scoprii che aveva appena divorziato e che non intendeva impegnarsi per il resto dei suoi giorni.
A volte mi raccontava di qualche autore famoso, di come aveva iniziato a scrivere e vederlo spiegare era semplicemente fantastico. La sua cultura era affascinante, il suo sguardo scintillava e le sue mani non smettevano di muoversi sinuose. Era come un mago che incantava il suo pubblico con qualche trucco, con la sua magia. La magia di Simone non era altro che amore nei confronti della letteratura e della storia.
Dopo l'ennesimo problema in casa, decisi di non tornare a casa. Corsi a cercare un riparo dalla tristezza, e anche dalla pioggia che incorniciava quella giornata da dimenticare. Dopo aver vagato come una vagabonda, suonai alla sua porta sperando di non ricevere un rifiuto. Era l'ultimo tentativo, o lì o all'inferno.
Quando aprii la porta, rimase immobile ad osservarmi. Poi mi tirò dentro e mi abbracciò, in quel momento realizzai che avevo bisogno di lui, veramente. Mi trattò come un cucciolo ferito, mi strinse tra le sue braccia, mi diede degli asciugamani per asciugarmi e mi preparò una tazzà di thè.
Solo quando mi calmai, iniziò a parlare. Gli raccontai tutto, quello che era successo, quello che non dicevo a nessuno, quello che pensavo ma riteveno stupido raccontare. Mi scaricai da tutto quel peso che portavo con me da anni, non ero quel tipo di ragazza da piangere e sfogarsi, ero quella che nascondeva.
Disse di volermi proteggere perchè ero diversa, e non meritavo un trattamento del genere. Promise di non spifferare nulla in giro e mi diede un consiglio. Quello che mi davano da sempre, ma che io ignoravo.
'Non tenerti ogni cosa per te, parlane, sempre. E con chi vuoi, con i tuoi, con le tue amiche, con me...con chiunque. Ma smetti di far finta che va tutto bene. Promettimelo'.
'Te lo prometto'.
D'istinto chiusi gli occhi e lo baciai, lui ricambiò. Pensavo di fare un tentativo a vuoto, ed invece era un sogno che si realizzava.
Tra noi le cose cambiarono, non eravamo alunna e professore, non eravamo amica e amico, bensì donna e uomo che si amano. E' così da sempre, nessun ruolo sociale, solo l'essenziale.
Il periodo più bello che avessi mai passato, finalmento ero serena. Stavamo insieme ed eravamo felici, tutto il resto non contava. Ovviamente stavamo attenti a non farci scoprire perchè entrambi rischiavamo grosso, ma per le cose importanti ci si butta.
Purtroppo il mio romanzo non rientrò tra i primi tre e quindi non fu scleto, ma poco importava perchè nel frattempo avevo conquistato la tappa più difficile.
A casa nessuno sapeva niente di questa mia relazione, ma si accorsero subito che qualcosa era cambiato. Furono talmente curiosi, per non dire impiccioni, da seguirmi e scoprirmi con Siomne. Ricordo che quando tornai a casa i miei erano su tutte le furie, tentai di spiegare ma nessuno voleva ascoltare. Già perchè quando si è alterati si tappano le orecchie e si da fiato alla gola per nulla.
Tanto fecero che Simone fu licenziato, o meglio, trasferito. Un professore come lui non poteva di certo essere tagliato fuori, era troppo prezioso. Per giorni e giorni non rivolsi la parola ai miei genitori, quei stessi che affermavano 'E' per il tuo bene'. Stronzate. Io stavo bene con lui.
Pur di correre alla stazione a salutarlo, scappai di casa e ruppi la punizione che mi era stata assegnata. Non feci di nascosto, anzi, volevo che mi vedessero e che mi seguissero di nuovo. Dovevano capire che non l'avrei dimenticato neanche se fosse stato spedito in Antartide.
Il treno era alle 17.30, mancavano solo dieci minuti, dovevo farcela. Chiesi all'autista dell'autobus di accelerare, non potevo perdere il mio appuntamento con il destino.
Quando arrivai, cercai subito tra la folla quei due occhi color ghiaccio. Era dall'altra parte dei binari, ma non potevo prendere le scale, i miei erano arrivati. Scesi sulle rotaie, tirai fuori il coraggio ed attraversai. Simone preoccupato mi aiutò a salire di nuovo sul marciapiede. La gente intorno a noi mi fissava sconvolta, ma non mi interessava. Ero finalmente arrivata a destinazione: tra le braccia del mio angelo custode.
'Volevo dirti che questo non è un addio, ci terremo in contatto' affermai.
'Ti amo, non dimenticarlo mai'.
'Ti amo'.
Sentii una forte presa al braccio, e riconobbi mio padre. Mi strattonò solo per qualche centimetro, tanta era la mia forza di opposizione.
'Quando avrai paura di qualcosa, dimmelo ed io ti salverò'.
Così si chiuse questa storia, solo mio padre che mi spingeva lontano ed il fracasso delle ruote sulle rotaie. Trasformai quelle sue parole in una preghiera, perchè io non l'avrei perso, anche se il tempo prese il sopravvento.

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


~Seconda parte
Dal giorno in cui partì erano passati 3 anni, 2 mesi, 11 giorni, 4 ore, 39 minuti. Cercai di tenere il conto, era un modo per sentirlo ancora accanto me. Aspettavo il suo ritorno, ma mi sarei accontentata di un sms o di una chiamata. Forse io non ero importante per lui, come lui lo era per me.
Purtroppo la destinazione non la sapevo, era segreta a posta per non farci più incontrare. Tutti volevano che lo dimenticassi, e ci provai, ma non funzionò. Conobbi dei ragazzi, simpatici e anche carini, che però potevano diventare amici e soltanto amici per me.
I miei genitori, dopo la partenza di Simone, fecero finta di niente e ripresero la vita famigliare come se nulla fosse accaduto. Mi stupii del loro totale disinteresse nei miei confronti, era come se i miei sentimenti potessero essere calpestati tranquillamente.
A scuola tornai ad essere mediocre, all'esame di maturità uscii abbastanza bene, nulla di speciale. La ragazza che era uscita dall'anonimia, alla fine ci ritornò con la coda fra le gambe. Trovai lavoro per mia fortuna, ero maggiorenne e stavo diventando autonoma. Ma non c'era giorno che passava, in cui non pensavo almeno una volta a lui. Chissà cosa faceva, con chi stava, come si trovava, chissà se mi aveva cancellata. 
Stufa delle mille ipotesi, decisi di rintracciarlo, non era per niente facile. Simone sembrava come un protetto della CIA, avvolto da un alone di mistero. Provai a contattare il suo vecchio numero di cellulare, ma rispondeva quella stupida registrazione 'Il numero da lei chiamato non è più attivo'.
Simone, dove sei finito? Questa era la domande che mi ponevo ogni singolo minuto. 
Passai a casa sua, o meglio, in quella vecchia. Sembrava abitata, magari sapevano qualcosa. I nuovi inquilini mi dissero solo che se n'era andato per motivi di lavoro ma non sapevano bene dove. Avevano cambiato la disposizione dei mobili, ed il pianoforte in salotto, che mi aveva colpita tanto, non c'era più. Passai altri giorni a ricercarlo, mi sentivo come Zenigata sulle tracce di Lupin, così vicino ma così lontano dal traguardo.
'Fino a che punto si arriva per amore?'.
Io ero arrivata a mollare il lavoro e correre in stazione, non potevo perdere l'unica occasione davvero valida che avevo. Già, partii con la certezza di trovarlo, questa volta sapevo a quale porta bussare.
Dopo l'ennesimo tentativo fallito, mio fratello, che si tagliava fuori da questa storia, stanco di vedermi sempre triste, fece delle ricerche per conto suo. Mi diede un bliglietto con il nome di un paese, una via, un numero civico.
'Sono stufo di trovarti sempre giù, a volte mi sei parsa anche spaventata. Se quest'uomo ti rende felice, allora va bene. Basta che torni a sorridere'.
Mio fratello era stato, fin dall'inizio, fuori da tutto questo intreccio. Lui era fatto così, mi voleva bene ma preferiva non intromettersi. Non avrei mai immaginato che fosse proprio lui ad aiutarmi.
Arrivata a destinazione, dopo alcune ore di viaggio, mi ritrovai in un paese pressochè sconosciuto, o perlomeno a me. Era il tipico paesaggio di montagna, l'aria era gelida in confronto a quella di casa. L'avevano spedito veramente lontano da me, non ci sarei mai arrivata quassù.
Elettrizzata girai sperando di beccare la via giusta, sbagliai almeno cinque volte prima di arrivare al posto giuto. Chissà che faccia avrebbe fatto...ma, se invece fosse con un'altra ragazza? Che figura avrei fatto? Non era il momento per abbattersi, perchè a separarci era solo un portone in legno, era il momento di tirare fuori il coraggio.
Respirai a pieni polmoni, mi impegnai a non tremare o piangere, suonai. Quando aprii la porta restò a fissarmi incredulo, mentre la mia espressione era da incantata.
'Ciao, sono esattamente 3 anni, 3 mesi, 6 giorni, 14 ore e 23 minuti che ho paura di dimenticarti'.
Avrei potuto saltargli al collo e dirgli qualche frase romantica, ma questa frase aveva più senso per me. I suoi occhi si fecero più lucidi e le sue labbra si unirono in un sorriso.
'Avevo promesso che ti avrei salvata'.
Mi abbracciò, ma dalla sua stretta era come se volesse capire se ero in carne ed ossa oppure un miraggio. Il suo profumo tornò a riempirmi le narici, il calore del suo corpo si unì al mio infreddolito, esattamente come la prima volta.
'Ti amo'.
'Io non ho mai smesso, Arianna'.
Finalmente le bostre bocche si ritrovarono, il sapore era rimasto lo stesso, così dolce ed aspro al tempo stesso. L'eterna opposizione, c'era in lui.
In seguito mi spiegò che il ministero l'obbligò a cambiare numero e a tagliare tutti i ponti con me altrimenti avremmo passato entrambi seri guai. Così, da perfetto angelo custode, accettò. Scoprii anche che per tutto il tempo che ci separò, mi scrisse delle lettere che però non spedii mai, le lessi praticamente tutte in una volta.
Lui, l'uomo che mi salvò.

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