Tre segni del destino

di littlebebe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


 Era una mattina di primavera, e come tutte le mattine, intorno a ‘Villa Margherita’, regnava il silenzio più assoluto. E’ chiamata così in onore di una signora di origini italiane da parte della madre, nata e morta in quella casa. Era una villa con intorno un giardino immenso, in cui crescevano alberi da frutta e fiori talmente belli da non riuscire a resistere dal raccoglierli e metterli come centrotavola.
La casa venne costruita circa un secolo prima dal padre di Margherita, un certo signor Lewis, Peter Lewis. In seguito la pitturarono di un color rosa pesca, e così era rimasta sempre, dando l’impressione alle persone che capitavano lì davanti, che chi ci abitasse, fosse gente gentile e altruista. Era una casa che trasmetteva molta dolcezza.
Da un anno ci abitavano tre ragazze, giovani, belle e indipendenti. Sono amiche da quando avevano dodici anni, si conobbero alla scuola secondaria in Inghilterra, luogo in cui nacquero tutte e tre. All’età di vent’anni decisero di trasferirsi a New York, in merito alle loro capacità professionali e perché New York, in confronto a Londra, per loro è sempre stato un vero paradiso, e si son sempre promesse, sin da adolescenti, di andarci ad abitare un giorno. E così avvenne.
Hanno molte cose in comune, come ad esempio, la timidezza, o almeno, fino a qualche anno fa era così, ma da quando abitano insieme, sono riuscite a superarla e le loro capacità di esprimersi davanti alle persone, sono migliorate molto, anche grazie ai loro lavori. Un’altra cosa che le lega molto, è la passione di ognuna, appunto, per il proprio lavoro. Non possono mai fare a meno di parlarne e, infatti, tra loro tre prevale molto il dialogo.
Grace Howell, si occupa di fotografia, principalmente ai matrimoni, ma ogni tanto la chiamano anche per eventi speciali come una festa di compleanno di un attore di Hollywood.
Con una banale foto lei riesce ad esprimere qualsiasi tipo di sua emozione o sensazione. Tutto ciò che prova, racchiuso in una semplice foto.
Melanie Forrest, un’attrice non ancora di successo, ma quando era a Londra ha partecipato a molti spettacoli teatrali, tra cui due in cui era la protagonista e ha fatto dei ruoli non molto importanti in tre serie televisive. La gente per strada la riconosce, ma non viene assalita solo per fare una foto con lei, o per un autografo, capita giusto ogni tanto che qualcuno glielo chiede.
Janet Baker, è la pronipote di Margherita Lewis, e lavora in un laboratorio di biotecnologie, ingegnandosi per trovare nuove medicine per le varie malattie esistenti nel mondo. Ha fatto i giusti studi per arrivare a questa professione, è sempre stato il suo sogno fin da bambina, e non ha mai cambiato idea. In ogni cosa è una persona molto determinata.
-Buongiorno Jan!-
-Buongiorno tesoro.-  rispose Janet alla sua amica Grace, appena scesa dalle scale dal secondo piano della casa.
-Come mai sei già pronta? Non ti alzi a quest’ora di solito?-
-Sì, Grace. Ma oggi purtroppo mi son dovuta alzare alle sei, devo stare un’ora prima a lavoro perché Jade arriva tardi e mi ha dato a me l’incarico di aprire il laboratorio.-
-Ah! E.. come va con lei?-
-Come al solito. Si fa le sue belle seratine nei pub facendo chissà cosa, per poi venire a lavoro stanca e facendo fare tutto il suo dovere a noi. Mi chiedo come hanno fatto ad assumerla come capo. Non porta rispetto a nessuno, ma ovviamente lo pretende da noi.-
-Capisco. Però invidio la sua bellezza, avrà sicuramente la lista dei ragazzi che le vanno dietro.-
-Quella non è bellezza, Grace. Quello si chiama ‘mostrare troppo del proprio corpo’.-
-Mh, sì, forse. Melanie è sveglia?-
-Quando mi sono alzata era qui in cucina a bere un bicchiere di latte, mi ha dato il buongiorno ed è tornata subito a letto. E’ giù di morale, non le è passata ancora.-
-La capisco, anche io l’avrei presa male. Poi lei sicuramente non sarebbe tornata a casa col sorriso ieri, odia essere rifiutata.-
-Già, ma vorrei sapere come è andata la situazione precisamente. Mi dispiace per lei, se non sarei dovuta andare a lavoro così presto mi sarei impegnata a prepararle il rotolo con la nutella per farle almeno spuntare un sorriso.-
-Sei sempre un amore, Janet, ma non ce n’è bisogno, mi basta il vostro abbraccio mattutino per essere felice, venite qua!- Scese all’improvviso anche Melanie, che mentre entrava in cucina sentì le ultime parole delle sue amiche.
-Ehy, ben svegliata!- le urlò Grace andandole incontro, seguita da Janet.
-Ho ancora altri dieci minuti, poi devo andare, ti va di spiegarci come è andata ieri?- disse Janet a Melanie.
Melanie si sedette sullo sgabello iniziando a mangiare alcune fette biscottate con la marmellata di albicocche che si trovavano del piattino davanti a lei.
-In pratica sono andata a fare questo provino. E’ andato tutto bene, ho recitato una parte di Emma, il film tratto dal libro di Jane Austen, e ero convinta di averlo fatto benissimo, non ho fatto errori di nessun tipo, e infatti i giudici mi hanno fatto moltissimi complimenti alla fine, tanto che, tra le ventinove partecipanti, per fare la protagonista di un nuovo film, avevano preso proprio me. Non potevo crederci, ero emozionatissima. Mi hanno detto anche che hanno visto le serie televisive a cui ho partecipato e che anche non avendo un ruolo da protagonista la mia bravura si nota subito. Poi a un certo punto si è presentata una ragazza, sui trent’anni circa, la trentesima partecipante che non era riuscita ad arrivare in tempo e anche dopo aver scelto me per il film, hanno fatto provare anche a lei. E indovinate?-
-Non ci credo, alla fine hanno preso lei?- esclamò sorpresa Janet.
-Esatto. Per carità, una bellissima ragazza. Ma si è presentata con una minigonna e una maglietta che le scopriva tutta la pancia. E i giudici, tra cui tre uomini e una donna, ovviamente l’hanno presa.-
-Ma questo non è giusto! E a te poi che ti hanno detto?- Chiese Grace incuriosita.
-“Signorina, lei è stata incredibile, ma abbiamo trovato una persona che ha avuto quel qualcosa in più per convincerci a prendere lei, mi dispiace.”-
-Sì certo, che cosa? Le chiappe di fuori e l’ombelico scoperto!? Io non ho parole, è anche arrivata tardi, non se lo merita.- disse Janet con aria arrabbiata più dell’amica.
-Comunque ragazze, ora vado, se no faccio tardi, ci vediamo all’ora di pranzo.- Janet si alzò dalla sedia e si avvicinò alle altre due per dare un bacio a entrambe, dopo di che si avvicinò alla porta d’uscita, fatta in legno e decorata con dei girasoli e delle margherite intorno, probabilmente raccolti nel loro giardino. Quando Janet aprì trovò due occhi che la fissavano, qualcuno con aria sorpresa perché stava per suonare il campanello ma guarda caso la porta si aprì prima. Era una ragazza bella e molto affascinante, con la carnagione scura e i capelli lisci e castani, forse con una passata di piastra, e i suoi occhi color verde smeraldo risaltavano il suo viso. Pancia piatta e cosce praticamente invisibili. Una ragazza da invidiare, sicuramente.
-Jade! Che ci fai qui?-
-Ciao tesoro! Menomale che non sei partita ancora, ho una notizia bellissima e non sapevo a chi raccontarla, così ho deciso di piombarmi in casa tua, ti dispiace?-
Jade aveva una voce molto civettuola e questa cosa irritava abbastanza Janet da impedire di sorridere alla sua collega.
“Ho una notizia bellissima e non sapevo a chi raccontarla”, ‘ovvio, non può avere amiche una come lei’, fu la prima cosa a cui pensò e nel frattempo sul suo volto Jade notò un’espressione perplessa.
-Oh, non ti preoccupare. Ho chiesto a Liam di andare ad aprire, gli ho lasciato le chiavi ieri sera tardi, credo che dormiva, poverino. E inoltre ti do il permesso di entrare più tardi anche tu oggi, perché passeremo un’oretta insieme prima. Che dici mi farai rimanere sulla porta tutto il tempo o posso entrare?- Odiava il suo modo di parlare così veloce e con aria da snob, odiava la sua bellezza, odiava il suo modo menefreghista di parlare alle persone, odiava tutto di lei, e sperava di liberarsene al più presto.
-Sì, okay, Jade. Ma non in casa, andiamo al bar a prenderci un caffè e mi dici lì la tua notizia, va bene?-
-D’accordo, andiamo!-
Insieme uscirono dal giardino di casa e si recarono a piedi al bar più vicino. Jade solitamente fa colazione a casa, spesso insieme a Melanie e Grace e in quel bar, in un anno, ci sarà andata massimo tre volte, e per quanto riguarda il caffè, non c’è bisogno di uscire per andarlo a prendere se hai Grace Howell dentro casa che prepara il caffè più buono del mondo, con anche la schiuma sopra.
Per la prima volta, Janet, notò l’insegna del bar, “Bar Lewis”. Si fermò lì davanti a pensare. ‘Lewis’, il cognome della sua bisnonna, Margherita Lewis. Ed essendo a pochi metri da casa sua, probabilmente era un bar che apparteneva alla sua famiglia.
-Ehy, che ti prende?- le domandò Jade.
-Nulla, entriamo.-
Le ragazze si sedettero aspettando i due caffè che avevano ordinato, e Janet non vedeva già l’ora di andare a lavoro e di non dover ascoltare più la voce del suo capo di lavoro, perché almeno lì l’avrebbe sentita pochissimo, dato che lei non faceva altro che dormire sulla cattedra del suo ufficio.
-Allora, cos’hai da dirmi di così interessante?-
-Intanto volevo farti una proposta, che credo ti piacerà molto.-
-Va bene, dimmi.-
-E’ che.. non so proprio da dove cominciare.-
-Non so, comincia dall’inizio.-
-Sì, ma il fatto è che non so se farti prima la proposta o dirti prima cosa è accaduto a me.-
-Jade, siccome siamo al di fuori del laboratorio già mi sono permessa di darti del tu, e vedo che non ti sei fatta problemi, ma ora permettimi di dire che sono abbastanza nervosa questa mattina, quindi dimmi subito quello che hai da rivelarmi perché se no esco e me ne vado, okay?-
Janet non credeva alle parole che le erano appena uscite dalla bocca, visto che non aveva mai avuto il coraggio di spazientirsi davanti a Jade, o meglio, si spazientiva, ma lo teneva sempre per se. Ma non fece notare la sua faccia stupita da ciò che aveva appena detto, e questo le riusciva molto bene.
-Hai ragione, scusami.-
‘Jade che chiede scusa? Non ci posso credere.’ Pensò Janet, e ora non era stupita solo da se stessa, ma anche dalla ragazza che aveva di fronte.
-Allora, vorrei che tu accettassi di diventare capo del nostro laboratorio al mio posto, questa è la mia proposta!- disse Jade con un sorriso a trentadue denti.
-Che cosa?- domandò perplessa Janet.
-Sì, tesoro. Hai sentito bene. Ecco, il fatto è che ho trovato un altro lavoro, che mi piace molto di più, e non posso lasciarmi sfuggire questa occasione. Così ho deciso di licenziarmi.-
-Ah, e per quale motivo lo chiedi a me? Cioè voglio dire, abbiamo molte persone brave, che sarebbero in grado di gestire il laboratorio meglio di me, come Selene o Liam.-
-No, io vorrei che prendessi tu il mio posto. Non ho dovuto pensarci due volte, ho pensato subito a te, e sai che sono abbastanza testarda, quindi non cambierò la mia idea.-
Janet era molto felice della proposta di Jade, ma non sapeva se accettare o no. Non sapeva se fosse stata capace di avere un ruolo così importante nel suo lavoro, c’erano sicuramente persone più brave di lei. E infatti le venne un dubbio: ‘Jade avrà scelto me solo perché sono l’unica che non le è mai andata contro e non le ha mai risposto male quando ci chiedeva di fare qualcosa al suo posto?’
-Okay, ci penso. Ma per quale lavoro hai preso questa decisione? Non mi sarei mai aspettata un tuo licenziamento.-
-Mi hanno presa ad un provino per fare la protagonista di un film. Ti rendi contro, Janet? Tu sai che mi sarebbe sempre piaciuto fare l’attrice e così avevo pensato di fare questo provino. Ma non ci speravo, sai? Non mi ero illusa che mi avrebbero presa, e invece sì. Pensa, non ho mai fatto nulla in televisione, nemmeno a teatro, a parte quando facevo lezioni di recitazione a sei anni, e come se non bastasse, sono arrivata quando avevano già scelto chi avrebbe fatto il film, con circa un’ora di ritardo, ma per fortuna mi hanno fatto fare la prova lo stesso, e alla fine l’altra l’hanno buttata fuori dicendole che avevano scelto me. Ero talmente contenta, che per quella ragazza non mi è dispiaciuto affatto.-
Janet non credeva a ciò che aveva appena sentito. Jade. E’ Jade la ragazza che hanno preso al provino al posto di Melanie. Era arrabbiata e allo stesso tempo confusa perché non sapeva come comportarsi in quel momento. Sarebbe dovuta andare subito a casa a dirlo a Melanie e Grace? O avrebbe dovuto dire a Jade che era ingiusto che avevano preso lei al provino, visto che era arrivata un’ora più tardi?
-Ecco a voi il caffè, signorine.- Il barista poggiò le due tazzine, una di colore viola e una di colore verde, sul tavolo, insieme allo zucchero.
Janet reagì d’istinto e si alzò prendendo con forza dalla sedia accanto alla sua, la borsa, lasciando il caffè senza averne bevuto nemmeno un sorso.
-Devo andare, Jade.-
-Janet, dove vai? Dobbiamo andare a lavoro insieme, entriamo tutte e due alle nove e mezza oggi.-
-No, scusami, vengo da sola a lavoro. Mi sono ricordata di fare una cosa importante a casa.-
-Va bene, ma.. accetterai quindi la mia proposta?-
Janet rimase a fissarla per qualche secondo e poi pronunciò la risposta che avrebbe voluto dirle: -No, Jade. Non accetto la tua proposta.-
Girò i tacchi e uscì di corsa fuori dal bar.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


In ‘Villa Margherita’ c’erano per l’esattezza quattro bagni, tre piccoli, uno nella stanza di Grace, uno nella stanza di Melanie e uno nella stanza di Janet, tutti al secondo piano della casa, più uno grande che le ragazze avevano in comune al piano di sotto, in cui in quel momento c’era Grace, davanti allo specchio a forma di foglia, che tentava di sistemare i suoi biondi boccoli che le scendevano fino ai fianchi. I suoi occhi azzurri, messi in risalto da una leggera linea di matita nera e l’eyeliner sulle palpebre, in quell’istante, davano al suo volto un’espressione sconsolata e anche un po’ schifata. Lei non amava i suoi capelli, mentre Melanie e Janet avrebbero pagato oro per averli. Ha sempre voluto i capelli lisci e infatti a forza di fare tiraggi e piastra tutti i giorni le sono rimasti i boccoli, ma in realtà li ha sempre avuti ricci, molto ricci.
Non aveva idea di come sistemarli, in qualsiasi modo metteva la sua chioma bionda non si piaceva, fino a quando poi trovò la giusta soluzione e li raccolse tutti i una lunghissima treccia che la faceva sembrare una cavallerizza.
Mentre Grace era alle prese con l’ultimo giro dell’elastico, sperando che non si rompesse per quanto era stretto, entrò Melanie nel bagno, con una cuffietta a un orecchio e lo straccio per pulire i pavimenti in mano.
-Oh, scusami Grace! Pensavo fossi nella tua stanza.- disse, con un sorriso colpevole, Melanie.
-Non ti preoccupare, ho fatto! Se devi pulire, il bagno è tutto tuo.-
-Sì, grazie. Senti.. prima volevo chiedertelo ma poi mi sono dimenticata, visto che mi volevo mettere subito a lavoro con le pulizie di casa, per ora mi resta solo quello da fare.- Melanie assunse un’aria triste pronunciando le sue ultime parole, ma non era quello che voleva dire alla sua amica.
-Mi dispiace, Mel. Vedrai che si risolve presto la tua situazione. Ma cos’è che devi chiedermi?-
-Prima, quando Janet è uscita di casa, l’hai sentita anche tu parlare con qualcuno?-
-Sì, era una telefonata probabilmente.-
-Forse, ma a me è sembrato di aver sentito anche un’altra voce, quindi io credo che c’era qualcuno fuori la porta.-
-No, io ho sentito solo lei. Che tipo di voce hai udito?-
-Femminile. E molto acuta.-
-Non so chi potrebbe essere, dopo glielo chiediamo.-
Con una alzata di spalle e un dolce sguardo, Grace si allontanò verso la cucina, un luogo della loro casa molto accogliente, sicuramente: le pareti sono di un lilla molto chiaro, mentre il soffitto è bianco e appesi ad esso vi sono tre lampadari posti in fila che ricordano tre soffioni, quei fiori che mentre ci soffi sopra, esprimi un desiderio. I lampadari scendono verso un tavolo grigio, non ha le gambe, è come il bancone di un bar, e intorno ha sei sgabelli viola, tre da una parte e tre dall’altra. I mobili e gli elettrodomestici hanno un’alternanza di colori, alcuni sono grigi, molto più chiari rispetto al tavolo, e altri viola, proprio come gli sgabelli. La prima cosa che si nota, se si entra in quella cucina per la prima volta, è la grande vetrata che occupa mezza parete con delle tende color lilla su cui sono disegnati dei gigli bianchi. Dalla grande finestra entra abbastanza luce per far crescere la piantina di limoni che Melanie ha deciso di postare in un angolo della stanza, e anche l’intera cucina è stata scelta da lei, e le sue amiche ovviamente, hanno acconsentito. A chi non piace cucinare in una stanza così graziosa?
Grace prese una carota da dentro al frigo, per una piccola merendina mattutina e la inzuppò dentro al barattolo di maionese. Una schifezza che a lei non schifava per niente. Ma poi si rese conto di essersi dimenticata anche lei di dire una cosa a Melanie.
-Ehy, Mel?-
Non ricevette alcuna risposta. Inoltre, in quel momento, le si oscurò un po’ la vista.
Fece un secondo tentativo.
-Melanie?-
Nessun suono della voce della sua amica.
-Melanie? Dove sei?-
Si iniziò ad avvicinare alla porta del bagno, con la speranza di trovarla lì a pulire ancora, ma la porta era chiusa. Così provò a bussare.
-Melanie, sei in bagno?-
Come è possibile che non rispondeva? Era sicura di averla lasciata lì solo cinque minuti prima.
Provò ad urlare più forte di prima.
-Melaaaaaaaniee?-
Ma ad un’ennesima non-risposta, aprì di scatto la porta del bagno.
Qualcosa cadde dall’alto e la vista di Grace si oscurò. Si sentiva come se fosse svenuta. Non capiva bene cosa fosse accaduto, sapeva solo di non riuscire a respirare per un forte dolore.
Quando riprese i sensi, si rese conto di essersi coperta gli occhi con la mano, e una lacrima le scese sul viso. Si scoprì gli occhi e guardò prima nello specchio, c’era solamente il suo riflesso, ovviamente, e subito dopo posò gli occhi a terra.
Mezza carota era stata lanciata da lei stessa, a due centimetri dal water e i piedi di Grace erano circondati da un liquido un po’ troppo profumato e da vetri di tutte le forme e dimensioni.
Il suo profumo. Il profumo di sua sorella maggiore che le regalò prima di partire per New York, e lei non lo aveva mai usato, proprio per non sprecarlo per i momenti in cui avrebbe avuto bisogno di lei.
Sua sorella Jayla è stata il suo grande punto di riferimento in tutti i suoi vent’anni di esistenza, non ha mai provato invidia nei suoi confronti, ma le sarebbe piaciuto diventare come lei, sia fisicamente che caratterialmente. E inoltre era un’ottima consigliera, per questo ha sempre fatto affidamento su di lei. E ora che erano quasi sette mesi che non la vedeva, le mancava da morire. Non si vedevano dal giorno in cui Jayla e il suo fidanzato Travis la andarono a trovare a Villa Margherita.
Grace rimase immobile davanti allo specchio, non sapendo bene che cosa fare. Il profumo che la faceva sentire vicina a sua sorella, era rotto in mille pezzi. Il dolore al piede non le ha permesso nemmeno di fare un urlo per quanto faceva male. E poi, come ha fatto a cadere proprio quel profumo? Era postato al centro, nella terza fila di profumi. Come hanno fatto a non cadere anche quelli davanti?
Qualcosa non tornava, ma ora che il dolore iniziava a placarsi, aveva bisogno di una sciacquata di viso. Così, in punta di piedi, si avvicinò al lavandino e si buttò l’acqua in faccia, togliendosi quel poco di fondotinta che aveva.
Avrebbe dovuto togliere i vetri e il liquido per terra, prima che rischiava di farsi male di nuovo, ma vide che sul suo piede scalzo iniziava a comparire il rossore di tre graffi, molto grandi, ma non profondi per fortuna.
Aprì l’armadietto verde acqua sotto al lavandino e prese dei cerotti per metterli sulle ferite. Nel frattempo le tornò in mente Melanie. Dov’era finita?
 
****
“Ti prego, svegliati. Perché ti sanguina il viso? Perché sei venuta qui nella casetta degli attrezzi senza avvisarmi? Dovevamo andare insieme! Non doveva accaderti questo, tu non te lo meritavi. Ti prego, non mi lasciare.
Cos’è questo? L’hai presa tu questa, vero? Dove l’hai trovata? Ho bisogno di saperlo. Se fosse stata proprio questa a farti del male? Che stupida, perché continuo a parlarti? Tu non mi rispondi. Non riesco a capire se tu sia ancora viva. Non so cos’altro fare. Riesco solo a parlarti mentre butto fuori lacrime a più non posso.
Ho paura di aprirla. Dimmi almeno, è stata questa a farti del male? Dimmelo, ti prego. Parlami. Svegliati. Io non posso stare senza di te. Noi non possiamo stare senza di te. Hai avuto paura? Ho bisogno di sapere io, lo capisci? Ho bisogno che mi parli. Che apri gli occhi. Cavolo, perché sei venuta qui, eh? Che dovevi fare qui? Non c’è nulla di interessante. Ci sono solo pochi attrezzi inutili. Tu non dovevi venire.
Continua a sanguinarti il viso. Esce sangue al posto del sudore. Questo succede quando qualcuno ha davvero tanta paura. Avrei dovuto esserci io al tuo posto, o almeno sarei dovuta essere con te in quel momento.
Ti prego. Prendimi almeno la mano, fammi sentire che ci sei ancora, che hai ancora il cuore che batte.
Ecco che devo fare! Devo sentirti il cuore.
Oh, cielo! E’ ancora in movimento. Questo vuol dire che sei viva.
Allora che aspetti, eh? Mi hai fatta preoccupare tanto.
Svegliati, ti prego. Ti prego, svegliati, Melanie.”
“Janet, ha detto il mio nome. Vuol dire che sta sognando me. Sono io quella che sanguina, quella che non si sveglia.”
“Melanie, non so che fare. Non ha mai fatto una cosa del genere. Da quanto tempo è che ha questo comportamento?”
“Era in bagno prima, io poi sono entrata per pulire e lei mi ha lasciato il bagno libero andando in cucina. Dopo di che ho sentito che mi ha chiamata, e quando sono andata da lei per sentire che cosa volesse dirmi, l’ho trovata seduta davanti al frigorifero, con gli occhi chiusi. E nel frattempo, continuava ad urlare il mio nome nel sonno.”
“E poi che cosa ha fatto?” Domandò Janet molto preoccupata.
“Era strana. Per un po’ non ha detto nulla. Ma stringeva forte gli occhi. Io la osservavo, ero indecisa su cosa fare. Ma ho pensato che non avrei dovuto svegliarla. A un certo punto le è scesa una lacrima sul viso. Intanto aveva anche la mano che copriva i suoi occhi, poi l’ha tolta dopo un po’.”
“Come hai fatto a portarla qui, nel suo letto?”
“Per un po’ non ha parlato. Muoveva soltanto il viso e faceva qualche espressione insolita, così ho pensato che quello fosse il momento giusto per prenderla e portarla nella sua camera.”
“Hai fatto bene. Mel, ho troppa paura. Che facciamo adesso?”
“Ora sembra stia riposando tranquillamente. Forse a breve si sveglierà.”
“Speriamo. Intanto vado a prenderle un bicchiere di acqua fresca. Magari ne avrà bisogno appena si sveglia.”
Grace era sdraiata nel suo letto, senza dire una parola e senza fare espressioni preoccupanti, in quel momento. Al contrario, il suo viso sembrava molto rilassato, nonostante ciò che era appena successo.
Era la prima volta che Grace parlava nel sonno.
Melanie e Janet erano abbastanza spaventate. Avevano deciso che non l’avrebbero svegliata. Forse non sarebbe stata una giusta decisione, non potevano sapere come avrebbe reagito la loro amica.
Nel frattempo Melanie guardava fuori dalla finestra, immersa nei suoi pensieri. Pensava a ciò che aveva appena sentito dire da Grace.
C’era un qualcosa di particolare in quel sogno. Qualcosa che non le dava pace, ma non sapeva esattamente che cos’era. Tra le varie parole urlate da Grace, non c’era il nome dell’oggetto che lei pensava avesse fatto del male a Melanie. E quest’ultima non poteva far altro che cercare di capire a cosa si riferisse.  
La finestra della stanza di Grace si affacciava proprio dalla parte principale del giardino, in cui c’era al centro un tavolino di legno con delle sedie di plastica intorno, e poco distante da esso c’era la casetta degli attrezzi, costruita da Liam, il ragazzo che lavora con Janet. In quel periodo lui era praticamente tutti i giorni a pranzo da loro, e Melanie, osservando la sua costruzione, si ricordò che aveva preso una cotta per lui in quei giorni, ma che le passò non appena lo confessò a Janet che subito la informò che il suo amico, biondo cenere, con gli occhi azzurri e molto affascinante, purtroppo non sarebbe mai stato interessato a lei, semplicemente perché aveva altri gusti. Eppure Melanie non avrebbe mai pensato che fosse gay. Ma per fortuna la sua non era una grandissima passione per quel ragazzo, riuscì a dimenticarlo in fretta.
Continuò ad osservare la casetta degli attrezzi dalla finestra, ricordandosi il momento in cui lei e le sue amiche si divertirono a pitturarla con una vernice color giallo sabbia. Chissà quanti altri momenti belli come quello avrebbero passato insieme. Ma c’era sempre un pensiero in lei che la faceva riflettere molto: ‘cosa succederà quando ognuna di noi troverà l’amore? L’amore quello vero?’ Si sarebbero separate, non starebbero più insieme nella loro casa, questo probabilmente doveva accadere se incontravano l’uomo dei loro sogni. Ma era sicura che la loro amicizia non sarebbe mai finita, per qualsiasi ragione. Magari potrebbero condividere insieme la loro felicità continuando ad abitare insieme anche con i loro futuri mariti, sempre se si sarebbero sposate, pensava Melanie.
Mentre Janet entrava in camera con un bicchiere pieno d’acqua con del ghiaccio dentro, Grace ricominciò a parlare, ma questa volta non stava dormendo.
“Melanie, tu sei qui, per fortuna. Credevo di averti perso per sempre.”
“Grace!” Urlarono contemporaneamente Janet e Melanie.
Le ragazze si avvicinarono al letto mentre la loro amica si strofinava gli occhi sbafandosi un po’ il trucco degli occhi e mettendosi poi una mano in fronte.
“Ti senti bene?” Le chiese Janet.
“Ho un po’ di mal di testa. Ho avuto troppa paura.”
“Anche noi, Grace. Che cosa hai visto? Stavi facendo un brutto sogno.” Melanie mentre le parlava le stringeva la mano.
“Sì. Ve ne siete accorte?”
“Ce lo hai praticamente raccontato quasi tutto.” Disse Janet lanciando un’occhiata complice a Melanie.
“Hai parlato nel sonno. Ma eri strana, facevi espressioni che mi hanno intimorita molto. E poi stavi sognando me. Raccontaci più precisamente il pezzo in cui io ero svenuta, credo.”
“Esatto. Eri svenuta. E io credevo fossi morta, che sogno orribile.”
“C’era un qualcosa che tu hai nominato. Che cos’era? Te lo ricordi? Dicevi che c’era questo oggetto che secondo te aveva fatto del male a Mel.”
“Sì, mi ricordo bene. Era una scatola. Sembrava una scatola di gioielli. Era semplice, marroncino era il colore, ma non aveva nessuna decorazione. C’era soltanto una scritta su di essa, in basso a destra, ma non ricordo che cosa era scritto. Anzi, in realtà non l’ho saputo leggere. Non erano proprio lettere, ma dei segni strani. Mai visti prima. Tu, Melanie, stavi sdraiata a terra e questa scatola si trovava sul tuo petto e tu posavi la tua mano sopra al suo coperchio.”
“Ti è mai successo di parlare nel sonno, tesoro?” domandò Janet.
“Prima d’ora no, che io sappia. Credete sia grave? Infondo succede a molti.”
“Sì, ma solitamente è un’abitudine. E poi il tuo sogno era un po’ particolare, e tu avevi comportamenti strani. Che ne dici se io e Melanie ti accompagniamo da uno psichiatra? Giusto per avere qualche informazione. Te la senti ora, o hai bisogno di altro riposo?”
“No, va bene. Andiamo.”

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