Il piccolo mondo dell'amore.

di Ness14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter uno ***
Capitolo 2: *** Chapter due. ***



Capitolo 1
*** Chapter uno ***


Aprii di scatto gli occhi. Ed ecco che rifacevo uno dei miei insoliti sogni. Mi stiracchiai e sbadigliai al tempo stesso. Il quattordici Settembre, iniziava il mio primo giorno da universitaria. Molti mi dicevano “Non ci riuscirai mai, sei una ragazza svogliata” e altri mi dicevano “Ci riuscirai di sicuro, sei una ragazza intelligente e piena di volontà”. Chi non mi incoraggiava? Mio padre e i miei parenti paterni, non ho mai avuto un buon rapporto con loro. Chi mi incoraggiava? Mia madre, amici e parenti materni. Avevo sempre desiderato andare all’università, sin da piccola e sentirmi dire che non ce l’avrei mai fatta, non mi faceva alzare l’autostima. Era il mio sogno e finalmente l’avevo realizzato. Non so dire perché di preciso desideravo andarci, forse perché sarei diventata indipendente, dicevo sempre che appena avrei frequentato l’università mi sarei comprata una casa tutta mia e un lavoro che mi mantenesse, e infatti vivevo in un appartamento accogliente, una camera da letto, una cucina-soggiorno, un bagno e un piccolo terrazzino. Ah e trovai un lavoro part-time, facevo la cameriera in uno di quei fast food vicino al mio appartamento. La cosa che mi mancava? Un’auto, infatti andavo a scuola con la bicicletta ed è brutto andare al primo giorno da universitaria un po’ sudaticcia solo perché mi ero ammazzata per venire. Quando varcai il cancello d’ingresso, davanti a me una confusione totale. Studenti che parlottavano fra loro, studenti che erano appoggiati al muro e altri erano coricati sull’erba. Mi guardai disorientata attorno, non sapevo dove andare. Sembravano tutti cosi calmi, “Sono l’unica in ansia qui dentro?”pensai. Avevo lo stomaco in subbuglio, fortuna che i minuti passarono in fretta ed erano finalmente le otto e dieci, le due porte d’ingresso si aprirono e si creò una certa confusione davanti ad esse. Quando finalmente entrai –dopo varie spintonate-, ci dissero l’aula, la mia era la 1°E. Noi studenti ci sedemmo ognuno in che posto voleva, io scelsi il primo posto vicino alla porta perché è sempre stato il mio preferito. Qualche istante dopo noi, arrivò l’insegnate; una donna paffutella e bassa, capelli corti e castani, occhi verdi, occhiali al naso, le guancie leggermente colorate di rosa e le labbra esageratamente colorate di un rosso porpora, vestiva con una gonna lunga sin sotto le ginocchia, beige, un maglioncino rosso e le scarpe abbinate a quest’ultimo. «Buongiorno studenti, sono la Professoressa Sanders, insegnate di letteratura. Entro un mese dovrete leggere questo libro di seicentotrenta pagine. Ogni settimana vi lascerò un tot di pagine e voi dovrete farne un riassunto orale. A fine mese faremo un compito e dovrete scrivere un riassunto scritto del libro» Disse con tono inquietante, passando dai nostri banchi ci scaraventava nel banco quel librone che dovevamo leggere entro un mese. Sospirai rumorosamente. La professoressa si soffermò al mio banco, mi rivolse un sorriso non tanto amichevole. «Signorina Called, ha qualcosa da dire?» Mi chiese, ingoiai quel groppo di saliva che si era incastrata alla gola. «No professoressa Sanders.» Cercai di rivolgerle uno dei miei sorrisi migliori, ma credo che seppur mi ero impegnata tanto, non ci ero riuscita. La professoressa continuò la lezione, dopo quello capì che dovevo sopportare difficili e inquietanti ore. Mi stava per scoppiare la testa, ma il “Ho finito a descrivere il libro, potete andare” della professoressa, mi salvò. La professoressa Sanders, aveva parlato per due ore intere del libro che dovevamo studiare. Una marmaglia di studenti, appena la prof se ne andò, sgattaiolarono fuori dalla classe, il restante invece era rimasto in classe a rilassarsi, tra quelli c’ero io. Raccolsi le mie cose, decisi di andare in cortile, anche se non ne avevo voglia, ma era per uscire da quella classe che era diventata fin troppo soffocante. Nel corridoio trovai una ragazza a quattro zampe intenta a cercare qualcosa. Mi accovacciai alla sua altezza. «Hai bisogno d’aiuto?» Le chiesi gentilmente. La ragazza annuii. «Ho perso i miei occhiali mentre ero in mezzo agli altri studenti, mi hanno spinta involontariamente e i miei occhiali sono volati, ma adesso non riesco a trovarli.» Mi spiegò tastando il pavimento. L’aiutai nella ricerca, alla fine li trovai vicino ad un cestino. «Sono per caso questi?» Glieli porsi, lei li mise. «Oh si grazie mille, adesso ci vedo molto più chiaramente. Io mi chiamo Noah, e tu?» Mi domandò facendo un enorme sorriso. Noah aveva i capelli lunghi quanto ai miei e castani, dei meravigliosi occhi color glauco, molto magrolina ed era bassa. «Io mi chiamo Roxanne.»Risposi. Un ragazzo dietro alle mie spalle, la chiamò e lei se ne andò. Controllai il cellulare, mi resi conto che se non correvo subito in cortile, sta volta, mi scoppiava veramente la testa. Inspirai e respirai l’aria. “Aria, aria, aria, finalmente aria!” Pensai. Mi stiracchiai sedendomi in una panchina, volevo fare una bella pennichella, ma non era il luogo adatto, e soprattutto il momento adatto. Decisi, che tanto per fare qualcosa, lessi il libro. «Roxanne giusto?» Il sole, che qualche secondo prima, mi arrivava in piena faccia, un’ombra la coprii. Alzai lentamente il capo. «Esatto»Dissi titubante, sembravo quasi incerta di essere io Roxanne. Due occhi verde prato mi fissavano. Come fa un ragazzo, mai visto prima d’allora, dai lunghi capelli neri a rasta, occhi verdi prato, alto, la pelle leggermente scura, a conoscere il mio nome? «Bene, allora questo è tuo.» Mi porse un foglietto piegato in quattro parti, lo afferrai, sempre titubante. Appena il ragazzo se ne andò aprii velocemente il foglietto.

“Roxanne, se stai leggendo questa lettera significa che Owen ti ha trovata –fortunatamente, temevo che non ti avrebbe riconosciuta dalla mia descrizione- Comunque, ti stavo dicendo… Sono finalmente arrivato in Inghilterra e non vedo l’ora di riabbracciarti, devo raccontarti un mucchio di cose, sai quante ne sono successe in questi due anni che non ci siamo visti? Non puoi capire. Ti scrivo qui sotto il mio nuovo numero, così quando sarai libera ti racconterò meglio. Baci il tuo New.
Numero: 3247345689”

Strillai dalla gioia una volta finito di leggere, tutti mi guardavano inquieti, ma non ci badai. Strinsi la lettera al mio petto, New, il mio New, era finalmente ritornato. Adoravo leggere un bel libro sdraiata nel letto, con la finestra aperta e i raggi del sole che filtrano da essa, dando un effetto magico alla stanza creando una bella atmosfera. Era rilassante. Accanto al letto, il comodino con sopra la lettera di New, guardandola mi ricordai di chiamarlo non appena avevo del tempo libero. Smisi di leggere e presi il mio cellulare e iniziai a digitare il numero. Ero agitata, emozionata, felice, da tanto non vedevo New e finalmente potevo incontrarlo.

#Flashback : Tredici anni fa.

Mentre giocavo con la corda, mi arrivò una pallonata in piena faccia. Iniziai a piangere come una fontana. «Scusa! Ti sei fatta male?» Alzai il viso lentamente, mi asciugai le lacrime e davanti a me si piazzò un bambino dai capelli color cioccolato, dei bellissimo occhi color grigio argentino, pelle candida e delle labbra carnose rosse che spiccavano in confronto alla sua carnagione. Aveva un’espressione preoccupata, mi tese la mano. Lo guardai confusa. “A cosa serve la mano? Ce la faccio ad alzarmi” mi chiesi tra me e me. Il bambino, ancora del tutto sconosciuto, rise. «Faccio così ridere?» Gli domandai offesa. Mi guardai; il viso leggermente arrossato per via della pallonata, naso e occhi rossi perché avevo pianto, e a causa che mi buttai a terra mi sporcai tutto il vestitino, ero veramente buffa. Iniziai a ridere anch’io. «Io mi chiamo Roxanne, e tu?» Domandai dopo aver smesso di ridere. «Io sono New» Mi mostrò un sorriso a trentadue denti. «Vuoi giocare con me? Vieni!» mi prese la mano e mi trascinò via correndo, non sapevo dove stessimo andando, ma lo seguii.

#Fineflashback:

Sentii il telefono squillare, l’ansia saliva sempre di più. «Pronto?» E quando sentii il suo “Pronto”, mi si scaldò il cuore. Tanto, tantissimo tempo che non sentivo la sua voce. «New!» Urlai scattando in piedi. «Roxanne!» Disse a suo volta. Iniziai a saltellare per tutta la stanza ed urlare di gioia, ed ecco che rise, la sua risata soave, che ho sempre adorato. «Roxanne finalmente mi chiami, è da ore che aspetto la tua chiamata!»Disse quasi rimproverandomi. «Perdonami, ma mi sono messa a leggere.. e sai cosa succede.. perdo la condizione del tempo» Dissi giustificandomi. «Ci incontriamo al ‘nostro’ posto?» Aggiunsi sottolineando la parola “nostro”. «Si! Ti aspetto lì.»

#Flashback:

«Vuoi vedere un posto bellissimo?» Mi chiese New. Io annuii. Cominciò a correre, io lo seguii. “Perché corre sempre” pensai scocciata. Dopo un paio di minuti arrivammo in un posto assolutamente splendido. Ero stanca, ma ne era valsa la pena. Dinanzi a me un’enorme ampio prato verde, riempito da fiori da ogni tipo di colori e di genere, rossi, gialli, rosa, bianchi, viola, tulipani, margherite ecc… Un grande albero di mele alla mia destra dove ci si può tranquillamente leggere un buon libro o farci una pennichella, accanto un vasto fiume di un azzurro lucente, illuminato dalla luce del sole. «Ti piace?» Mi chiese infine New. Avanzai lentamente, quel posto incantevole non mi piaceva, lo adoravo. «E’-è fantastico» dissi balbettando. «Come l’hai trovato?» Aggiunsi infine. «Correndo, correndo. Sai che sono un tipo che mi piace correre» Mi disse sorridendo.

#Fineflashback

Quando arrivai, trovai seduto con la schiena contro il tronco New. «Roxanne!» Urlò. Gli corsi incontro per abbracciarlo. Ci stringemmo in un caloroso abbraccio. Dopo esserci abbracciati, lui mi raccontò tutto quello che era successo in due anni. «Ho finito l’università in Inghilterra, mi sono trovato bene, e tu? Che mi racconti?» Concluse con un sorriso. «Ho un appartamento tutto mio, un lavoro tutto mio, vado all’università e che altro? Ho passato questi due anni leggendo molti, tantissimi libri e aspettando questo giorno.» Certo che io ero molto più breve di lui. New mi raccontò la sua vita in questi due anni in un’ora ed io avevo finito in meno di un minuto. «Molto interessante la tua vita» Disse ridendo, mi unii alla sua risata anch’io. «Ti devo dire una cosa importante.» Mi disse New diventando serio, la cosa mi preoccupò.


Spazio Autrice: Cieu gente che avete cliccato e letto questa fiction, innanzitutto ringrazio a voi, poi mia sorella @Darkessa per avermi sopportato e aiutato a correggere la fiction. Vi avviso che amo i flashback, quindi qui ce ne saranno a bizzeffe:'3! Un'ultima cosa : se trovate errori, non esitate ad elencarmeli!

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Capitolo 2
*** Chapter due. ***


Il suo viso era così serio, che mi fece preoccupare. «Dimmi!». New abbassò il capo, era diventato leggermente rosso in viso, corrugai la fronte “Che ha?” Mi chiesi. «Non ti ho raccontato la parte più fondamentale» Disse infine alzando di scatto la testa e rivolgendomi un sorrisone. «Dimmi, dimmi!» Continuai io. «In questi due anni all’università, ho conosciuto una ragazza che pian piano è diventata veramente importante per me. Adesso stiamo insieme da tre mesi. Lei si chiama Avril, è una ragazza adorabile, vedrai che l’adorerai anche tu.» Ero contenta per lui, ma io ero gelosa. Sono sempre stata gelosa delle cose che pensavo ”appartenessero” a me, o nel caso di New – che non è un oggetto- persone a cui tengo. Rimasi sorpresa, ma lo abbracciai, in fin dei conti, ero felice per lui. Ad interrompere il nostro abbraccio fu il rumore di un cellulare, del suo cellulare. Lo estrasse dalla tasca. Sorrise davanti allo schermo. «Adesso devo andare, ci sentiamo dopo» Disse velocemente, mi diede un bacio sulla fronte e scappò via. Ci rimasi male e poi perché sorrise davanti allo schermo? Pensai. Decisi di non restare lì impalata a perder tempo. Mi alzai e mi incamminai anch’io, ma non verso casa, non volevo andarci, andai in un posto che adoravo, la biblioteca. Quando entrai, il signor Richard mi rivolse un enorme sorriso. Erano anni che venivo lì, di solito quando ero triste o non sapevo che fare. Feci un cenno col capo al signor Richard e andai verso la categoria ‘Fantasy’, adoravo quel genere. Cercai per un po’ un libro che mi attirasse. Quando finalmente lo trovai, lo presi mi girai alla mia sinistra non badando a chi avevo davanti e ci sbattei contro. «Ops, mi scusi» dissi poi alzando il viso. «Owen?» Dissi corrugando la fronte. Mi ritrovai di nuovo quegli occhi verde prato puntati addosso. «Roxanne.» Mi disse abbozzando un sorriso. «Come fai a sapere il mio nome?» Mi domandò perplesso. «Oh.. New». Owen aveva fra le mani un libro, cercai di leggere il titolo per capire di cosa si trattasse. «Le avventure di Robin Hood, libro di avventura» Disse lui puntandomi il libro davanti. Notò che stavo osservando il suo libro, arrossì leggermente, “Che figuraccia” pensai. «Ti piacciono i libri di avventura?» Dissi io dirigendomi verso le poltrone, lui mi seguii. «Si, li leggevo da quando ero bambino, a casa ho una libreria piena di libri di questo genere» Mi sembrò soddisfatto, doveva esserne fiero per la sua “collezione” .. «A te che libri piacciono?» Aggiunse sorridendomi. «A me piacciono qualsiasi tipo, anche se ultimamente mi sto interessando ai libri fantasy.» Parlammo per un po’ , mi fece leggere la trama del suo libro, era interessante, mi disse che un giorno me lo avrebbe prestato. Di Owen scoprii che suonava la chitarra classica, cosa che io adoravo, ascoltava dei gruppi rock, hard rock che ascoltavo io, come i Beatles, Coldplay, Acdc e molti altri. A troncare la nostra conversazione fu il suono di un cellulare, che sta volta era mio. Risposi alla chiamata. «Roxanne,lo sai che Avril vuole conoscerti oggi? Ci vediamo al ‘nostro’ posto alle diciotto e trenta, vestiti elegante, ceneremo li.» Disse New velocemente senza neanche darmi il tempo di rispondere. Sospirai. «Scusa Owen, ma adesso devo andare. La ragazza di New vuole conoscermi quindi devo proprio andare» Dissi alzandomi, Owen fece lo stesso. «Allora ci vediamo Roxanne» Disse facendomi un mezzo sorriso. «Ci vediamo» Dissi io ricambiando il sorriso. Presi la mia giacca e andai verso Richard e pagai il libro con la tessera. Tornai a casa con la bicicletta, una volta tornata a casa iniziai a prepararmi. New aveva detto ad Avril del “nostro” posto, quindi adesso, non c’era più bisogno di chiamarlo “nostro”. Andai al punto d’incontro con la bici, non ero molto elegante, ero scomoda, ma purtroppo era l’unico mio mezzo di trasporto. Avevo un vestito lungo blu fin sotto le ginocchia, verso il busto era stretto, ma scendeva poi morbido dai fianchi in poi, un cinturone sotto il seno nero e le scarpe abbinate a quest’ultimo. Quando arrivai, li trovai ridere e scherzare. Avril aveva lunghi capelli biondo miele, occhi di un castano molto chiaro, era magra e alta. Un vestito corto color panna le avvolgeva il corpo, aveva degli accessori dorati e le scarpe a spillo anch’esse dorate. Era una ragazza stupenda. «Ei finalmente sei arrivata!» Disse New abbracciandomi. Notai lo sguardo di Avril infastidito dal nostro abbraccio, mi staccai bruscamente, New mi guardò perplesso per una frazione di secondi. «Tu sei Roxanne vero? Avril, piacere di conoscerti»Disse facendomi un sorriso forzato e mi tese la mano. «Esatto, in carne ed ossa. Il piacere è tutto mio Avril» Le sorrisi a mia volta. Accanto all’albero c’era un tavolo ricoperto di cibo di ogni tipo. Mi venne l’acquolina in bocca. Mentre cenavamo parlammo del più e del meno. «Quindi vai ancora all’università..» Mi disse Avril. Mi infastidii che usò il termine “ancora”, io ero più piccola di loro di tre anni, era normale che facevo l’università. Annuii. Parlammo per un altro po’. Avril ed io non andavamo molto d’accordo, non avevamo gli stessi gusti né in fatto di musica, né in fatto di libri, e in nessun’altro argomento. Mi chiesi come faceva New a sopportarla, eppure non sembrava che loro avessero qualcosa in comune, ma come dice il detto “Gli opposti si attraggono”. Molto spesso mi sentii il terzo incomodo, loro si coccolavano e si sussurravano qualcosa all’orecchio, lo trovai fastidioso. Volevo bene a New, ma iniziavo ad odiarlo –ovviamente per dire-, un New sdolcinato non si era mai visto “Adesso posso dire di aver visto tutto” pensai. Ad un certo punto mi scocciai ad aspettare che mi calcolassero, quindi inventai una scusa. «Scusate, mi sono scordata che ho un impegno. Adesso vado, ciao!» Mi alzai e agitai la mano in segno di saluto velocemente, mi diressi nella bici e sgattaiolai da quel posto meraviglioso. Entrai a casa sfinita, mi misi il pigiama e mi buttai nel letto. Ancora era presto per dormire, così decisi di leggere un libro. La mattina seguente era fredda, non mi andava di alzarmi e affrontare il freddo, ma dovetti farlo. Scostai il piumone, subito un brivido mi percorse lungo la schiena. Sfregai le mani contro le braccia per riscaldarmi. La sera precedente mi portò a capire solo che Avril non era la tipa giusta per New, insomma.. era troppo raffinata per i suoi gusti e soprattutto non credo che avevano qualcosa in comune. Beh se dovevo dire la verità, preferivo restare a conversare con Owen. Arrivata all’università mi diressi subito in aula, faceva troppo freddo per aspettare fuori. In classe trovai una ragazza concentrata a leggere un libro, notai subito che era lo stesso libro che avevo preso il pomeriggio prima in biblioteca. Il suo viso mi ricordava vagamente qualcuno. I suoi capelli rossi e corti, spiccavano in confronto alla sua carnagione scura, i suoi occhi grandi, che erano concentrati a leggere le righe di quel libro, erano di un verde prato. Era alta e un fisico sportivo, ma la cosa che mi colpì, era il suo look molto particolare, specie fantasy, ma adorai quel suo modo di vestire. La ragazza si accorse della mia presenza. «Scusa, ho qualcosa di strano in faccia?» Sbottò infastidita. «No, per niente. Notavo solo che stai leggendo il mio stesso libro.» Le dissi indicando il libro. La ragazza guardò la copertina, come se dovesse ricordarsi il titolo, subito dopo sorrise. «E’ il mio preferito! L’ho letto tre volte.» Doveva amare proprio assai il fantasy se la metteva di buon’umore. «Io ho cominciato a leggerlo ieri sera, sembra piuttosto bello.» Mi avvicinai al suo banco, più mi avvicinavo e più mi ricordava qualcuno. «Senti, tu hai qualche parente qui?» Le chiesi infine curiosa. La ragazza mi guardò perplessa, “Stiamo parlando di libri e tu mi vieni a parlare se ho qualche parente?” Sembrava dire il suo sguardo. «Si, mio fratello Owen» Disse posando il libro. Adesso mi era tutto più chiaro, ecco perché mi ricordava qualcuno. «Owen? Si lo conosco, e con lui che ho comprato questo libro» Le dico sorridendo. Ma il suo sorriso invece scomparve, sembrava che l’argomento “Owen” non le piacesse. «Comunque io sono Roxanne, piacere.» Aggiunsi, cercando di cambiare discorso. Certo che la presunta sorella di Owen avrà pensato che ero una pazza che cambia sempre argomento. «Mabel!» Disse tendendomi la mano, la afferrai. La campanella suonò. La professoressa Jackson, insegnante di storia, ci aveva lasciato una relazione scritta sulla vita e le scoperte di Galileo Galilei. Quando uscì dall’università, trovai ad aspettarmi, New. Ci andai incontro. «Che bella sorpresa, quale buon vento ti porta qui?» Gli dissi salendo nella sua macchina, lui fece lo stesso. «Volevo parlarti.» Rispose. «Non farmi venire un’altra volta ansia, mi hai già fatto preoccupare quando mi hai detto “Ti devo dire una cosa”» Dissi ridendo e imitando la sua voce, rise anche lui. «No, no, è diverso. Volevo chiederti.. Cosa ne pensi di Avril?» Disse guidando. Dovevo dirgli la verità. «Sinceramente? Non ci vado molto d’accordo, non so se hai notato, ma abbiamo zero cose in comune, se non che entrambe ti vogliamo bene» Dissi con un’espressione preoccupata. Avevo paura della sua reazione. New è sempre stato un ragazzo che voleva che le cose che piacevano a lui dovevano piacere a tutti, per questo ero preoccupata. «In che senso? Avril è una ragazza adorabile!» Capii che stava iniziando ad agitarsi. «New non agitarti, può capitare che la ragazza del proprio migliore amico non ti va a genio.» Dissi sempre abbassando il tono di voce. «Ma stai scherzando? No, non può capitare! ». «New non alzare il tono di voce con me. E poi posso dirti una cosa? Perché hai detto ad Avril del “nostro” posto? Che senso ha adesso di chiamarlo “il nostro posto”?» Dissi alzando sempre di più la voce. «Sai una cosa? Ho capito cos’hai.. tu sei solo gelosa. Gelosa del fatto che io mi sono fidanzato. Gelosa del fatto che tu non hai nessun ragazzo ed io invece ho Avril!» Disse New. Capii che era davvero arrabbiato. «Stai delirando, non sai cosa stai dicendo. Fammi scendere qui» Dissi con un tono di voce calmo. Abbassai il capo, ero offesa, lui pensava davvero questo di me? «Casa tua non è qui!» Urlò. «So dov’è casa mia meglio di te! Adesso fammi scendere qui» Lui si fermò ed io scesi. «Scemo!» Gli urlai prima di chiudere la portiera. Per arrivare al mio appartamento dovevo camminare per un altro po’ e così feci. Quando arrivai non trovai affatto una bella sorpresa. I miei genitori erano davanti alla porta, probabilmente mi aspettavano. Mio padre era con le mani in tasca e lo sguardo disinteressato, mentre mia madre sembrava elettrizzata, non sapevo di preciso perché. «Ma che ci fate voi qua?» Domandai sorpresa e ansiosa per la presenza di mio padre. «Che bella accoglienza» Disse sarcastico papà. «Vogliamo vedere il tuo appartamento! Oh ma come sei fatta bella, fatti abbracciare!» Esclamò mia madre abbracciandomi. Mio padre mi salutò con un mezzo sorriso forzato e una pacca sulla spalla. Ricordo ancora il perché di tanto “odio” nei miei confronti.

#Flashback: Sei anni fa

Scesi le scale. Dovevo annunciare la mia notizia, ero preoccupata, avrebbe dispiaciuto mio padre. «Mamma, papà»Dissi ingoiando un groppo di saliva, la loro attenzione si rivolse a me. «Papà, mamma volevo dirvi che ho deciso che liceo fare.» Continuai. «Voglio fare il liceo scientifico.» Ed ecco che mio padre roteò gli occhi in cielo. Lui ci teneva che io frequentassi una scuola per cuochi, in modo che io diventassi una cuoca e il suo ristorante passava a me, ma decido io, questa è la mia vita e non sono mai stata d’accordo con l’idea di mio padre. Sapevo che da li a poco sarebbe successo il fine mondo, ma non che il nostro rapporto veniva rovinato per una semplice e stupida decisione. «Eravamo rimasti che tu dovevi frequentare una scuola per cuochi!» Disse mio padre cercando di mantenere la calma. «Papà no! Tu eri rimasto a quell’idea, io voglio fare il liceo scientifico e voglio pure frequentare l’università!» Ribattei io. «Ti rendi conto in che guaio mi stai mettendo? Ed io a chi lo lascio il ristorante? Eh? Sei solo un’egoista!» Urlò mio padre puntandomi un dito contro. «Egoista io? Papà, l’egoista sei tu! Tu vuoi che io divento una stupida cuoca, ma non è il mio “sogno”, non è questa la vita che voglio fare. Tu non sei nessuno per decidere cosa o non cosa devo frequentare!» Gli urlai, mi veniva da piangere ma cercai di trattenermi. Perché doveva sempre dirmi quello che dovevo fare? Mi faceva innervosire. «Come ti permetti a parlarmi in questo modo!» Mio padre mi dette uno schiaffo così forte che mi rimase l’impronta delle cinque dita sulla guancia. Mi portai una mano sul viso e me ne scappai in camera mia piangendo. «Tu al liceo scientifico? Sei un’incapace per frequentare quel liceo.» Urlò infine mio padre. La porta della mia camera sbattuta troppo violentemente, fu l’ultimo rumore di quella sera.

#Fineflashback.

I miei genitori visitarono il mio appartamento, un po’ in disordine perché non ne avevo ancora avuto l’occasione di aggiustarlo. Mamma e papà si sedettero nel divano aspettando il caffè. «Ecco a voi il caffè!» Dissi facendo un sorriso. «Roxanne dovresti mettere in ordine, è tutto sottosopra qui dentro!» Disse mio padre guardandosi intorno. «Sono tornata a casa solo adesso, non ne ho avuto il tempo.» Dissi guardandolo negli occhi. La tensione, in quel momento, si poteva tagliare con un coltello. Mia madre se ne accorse e cercò di cambiare argomento. «Caro lascia stare. Allora Roxanne come ti trovi all’università?» Mi chiese mia madre facendo un sorriso. «Bene mamma. Ho conosciuto nuove persone. Sai che New è tornato in città?» Dissi. Mio padre, che si stava ancora guardando intorno, mi guardò. «Allora, che lavoro fai?» Mi domandò con disinteresse. «Al momento faccio la cameriera in un fast food.» Risposi. «Cameriera in un fast food? Un lavoro perfetto per te!» Mia madre lo guardò malissimo perché sapeva, che quelle parole mi facevano stare male . Mio padre con le sue critiche, non mi faceva andare avanti, mi faceva solo abbassare l’autostima. Abbassai il capo.«Smettila, smettila di prendermi sempre in giro, di non trovare mai una cosa buona in me. Se non mi accetti allora sarei molto grata se esci da casa mia!» Dissi, sempre col viso verso il basso, indicandogli la porta d’uscita. «Dov’è la tua educazione? Non ti devi permettere di parlarmi così» Disse mio padre alzandosi. Mi sentii come sei anni fa. Feci un respiro profondo, cercando di trattenere le lacrime. «Caro, adesso si sta facendo tardi. Andiamo» Mia madre si alzò e mi diede un bacio sulla guancia.«Scusami tesoro per quello che è successo» Disse mia madre, dopo di ché se ne andò trascinando via mio padre. Chiusi la porta e ci poggiai la schiena, scivolando lentamente. Avevo bisogno di qualcuno che mi facesse salire su di morale. L’unica persona che ne era capace era New, non sapevo cosa fare. Dovevo andarci? Mi avrebbe accolta a casa sua? Non ci pensai due volte, mi misi il cappotto e uscii di casa. Corsi, corsi verso casa sua e quando mi trovai la porta d’entrata, suonai il campanello più e più volte. «Arrivo, arrivo» Si sentii dall’interno. Avevo paura che mi avrebbe cacciata via, ma poi pensandoci capii che non era da New. Quando aprii la porta lo abbracciai piangendo, all’inizio lui rimase paralizzato, cercando di capire cosa fosse successo, ma poi mi strinse a se. In quel momento avevo bisogno solo di un suo abbraccio che mi facesse sentire al sicuro.

Spazio Autrice: Salve salvino gentaglia, ed eccoci al secondo capitolo! Nonostante non abbiate commentato, l'ho pubblicato comunque. Vi ricordo che ne posto uno ogni settimana. Bene, spero che vi piaccia e grazie per aver letto, mi farebbe piacere un vostro commento, un bacio, Patt c;

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