At the end of my days when I'm called to go

di LilacLilium
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non sono ancora un vecchio ***
Capitolo 2: *** Bilbo Baggins ***
Capitolo 3: *** Impegni reali ***
Capitolo 4: *** Sordido buco ***
Capitolo 5: *** Una controllatina ***
Capitolo 6: *** Preparati a brillare! ***
Capitolo 7: *** L'anima della festa ***
Capitolo 8: *** Un tuffo nei ricordi ***
Capitolo 9: *** Dolore ***
Capitolo 10: *** Cena fredda ***
Capitolo 11: *** Fazzoletto ***
Capitolo 12: *** Liberi. ***



Capitolo 1
*** Non sono ancora un vecchio ***


Non sono ancora un vecchio
 
Il cielo grigio chiaro si intravedeva appena attraverso le finestre scavate nella roccia della montagna. A Erebor non faceva mai troppo freddo per un nano: l'aria calda delle fornaci saliva fino alle stanze abitate vicino alla cima.
Thorin aveva abbandonato il mantello di pelliccia ai piedi del suo letto e si era avventurato in punta di piedi fino alle cucine indossando solo una tunica blu notte. Era presto e tutti dormivano ancora.
Il re conosceva alla perfezione ogni galleria e in men che non si dica si ritrovò nella dispensa reale senza passare per la porta sorvegliata. Prese del pane e del latte e sgattaiolò via silenzioso.
 
-Fili, nelle sue stanze non c'è, ho trovato solo il mantello...-
-Deve essersene di nuovo andato a gironzolare da solo...- bofonchiò cupo Fili lanciando un'occhiata preoccupata al fratello. Rivolgendosi poi ad una guardia aggiunse: -Cercatelo.-
La guardia si inchinò e sparì nel buio del corridoio.
Fili si appoggiò stancamente al muro massaggiandosi le tempie con una mano ricoperta da pesanti anelli. Lui e il fratello erano andati a svegliare lo zio un po' prima del solito per sistemarlo in previsione della giornata piena di impegni; avevano trovato il letto sfatto, il mantello abbandonato e la corona appesa sbadatamente allo schienale di una sedia.
-Buongiorno ragazzi-
Fili riaprì gli occhi di scatto per trovarsi davanti il re in persona scalzo con pane e una brocca di latte in mano. Kili rideva scuotendo la testa.
-Zio, lo sai che non puoi andare in giro da solo...-
Thorin sospirò gonfiando il petto e ritrovando l'espressione rigida di un tempo -Fili, non sono ancora un vecchio, e per di più sono il re. Posso fare quello che voglio. Era finito il latte-
Fili sbuffò lanciando un'occhiata implorante al cielo.
 
-Sono tornato- annunciò sottovoce Thorin chiudendosi la porta massiccia alle sue spalle.
Bilbo giaceva arrotolato tra le lenzuola di seta ricamate del letto regale. Si girò assonnato e socchiudendo gli occhi verdi gli sorrise. Aveva le pieghe del cuscino stampate sulla guancia e i ricci spettinati.
-Hai preso anche il pane?- domandò con voce assonnata.
Thorin annuì depositando il bottino su un tavolo rotondo già imbandito per la colazione. Da qualche anno usavano la gran sala di Thror solo per le occasioni speciali, e i pasti venivano consumati in camera.
-Hai fatto bene.- borbottò Bilbo stiracchiandosi. Si alzò dal letto avvolgendosi nella prima cosa a portata di mano: il mantello di Thorin.
-Fa sempre un freddo cane nella tua montagna, sai? Non me l'avevi detto quando siamo partiti...-
-Se ti ricordi non ti avevo detto proprio nulla...-
-Ah- disse Bilbo spalmando del miele su una fetta di pane -è vero. Mi hai detto solo che sembravo un droghiere.-
Thorin sogghignò concentrato sulla propria tazza -Hai messo troppo miele...-
-A me piace.- ribatté Bilbo con tono offeso.
-Mangiati l’uovo. Quella roba dolciastra può piacere solo a te...-
La porta si aprì. Thorin si interruppe e guardò il maggiore dei suoi nipoti con aria interrogativa.
Fili stava per ricordargli di non lasciare in giro la corona quando il suo sguardo si posò sulla tavola apparecchiata per due: Thorin seduto con aria indifesa di fronte a un posto vuoto.
 

 
 
Buongiorno! Ecco il primo capitolo di quella che probabilmente sarà (fino ad ora) la più lunga tra le mie storie. Se siete rimasti un po’ straniti dalla fine di questa prima parte, beh pazienza miei prodi, capirete in seguito! Ho dovuto iniziare a pubblicarla perché è già da un po' che mi frulla in mente e continuavo a scriverla e riscriverla in modo diverso... così eccola qua, soddisfatta o no, almeno l'ho cominciata.
Spero che vi piacerà, e naturalmente lasciatemi un commento –anche critico- così posso aggiustare eventuali errori e distrazioni :) A presto!

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Capitolo 2
*** Bilbo Baggins ***


Bilbo Baggins
 
Thorin sbirciò dalla porta della sua camera. I suoi nipoti, ormai forti e massicci, borbottavano con aria preoccupata fra loro.
-I ragazzi sono proprio strani oggi, non trovi?- chiese Bilbo con la bocca piena.
Thorin lanciò un grugnito d'assenso -Sono cresciuti così in fretta...-
-Mmh?- bilbo mandò giù il boccone pulendosi la bocca con il tovagliolo -Non così in fretta come sembra. Però Fili ti somiglia parecchio, sai?-
Thorin sbirciò di nuovo. Fili si era irrobustito e con gli anni aveva sviluppato le stesse rughe d'espressione dello zio. L'unico particolare era la chioma biondo grano appena striata d'argento sulle tempie.
-Intendo, quando eri giovane... non un vecchietto come adesso insomma.-
Thorin lo guardò con una smorfia di rimprovero.
Bilbo continuava ad ingurgitare pane e miele, tranquillamente seduto a tavola e sfogliando la pergamena con le notizie del mattino.
Un vecchietto, pensò amareggiato il re, ecco come lo consideravano i suoi sudditi; non avevano nemmeno tutti i torti.
-Anche tu però sei cambiato, hobbit. Quando ti ho conosciuto eri più magro e più ammodo.- ribatté Thorin rabbuiato -E' stato tanto tempo fa...-
 
Thorin era seduto su una piccola sedia di legno imbottita, piccola persino per un nano, ma comodissima. Si guardò in giro interessato: quelle piccole creature sembravano amare tutto ciò che è tondo e morbido. Persino le case degli hobbit erano tondeggianti e accoglienti.
Si soffermò con lo sguardo sull'arco di pietra del caminetto. Storse la bocca in una smorfia alla vista delle fiamme: faceva troppo caldo.
Era stata una lunga giornata di viaggio ed era stanco. Si era persino perduto in quel labirinto di colline verdi e giardinetti fioriti che era la Contea…
Il piccolo proprietario dell'abitazione era indaffarato a servire agli ospiti tutto quello che domandavano. Lo osservò in silenzio pulirsi le mani sul grembiule che aveva legato in vita.
Thorin si chiese come facessero le sue piccole mani ad essere così bianche e lisce, senza un graffio, i polsi esili... possibile che non avessero mai lavorato? Che fine avrebbe fatto il suo glorioso regno se avesse lasciato la sua missione in quelle mani paffute?
Il nano, completamente isolato dalla confusione dei compagni, si mise a fumare pensieroso. Non si accorse nemmeno quando lo hobbit gli si avvicinò e gli chiese se poteva prendere il piatto vuoto.
Non ottenendo risposta e pensando di essere stato volutamente ignorato, Bilbo, dispiaciuto, si allungò sul tavolo per afferrare il piatto e sfiorò involontariamente la manica del nano.
Thorin sussultò e incrociò lo sguardo con quello verde-oro della creatura: Bilbo mormorò qualche parola di scusa ritraendo velocemente mano e piatto. Thorin rimase a fissarlo finché lo scassinatore, imbarazzato, gli sorrise nervosamente.
Il nano lo guardò con attenzione per la prima volta: per un attimo smise di dubitare della scelta di Gandalf e ammirò la forza presente in quegli occhi dallo sguardo dolcissimo.
 
-Thorin?-
Il vecchio re si riscosse con un sussulto. Guardò con la bocca socchiusa lo hobbit che gli si era piazzato davanti sventolandogli una mano sotto al naso.
-A cosa stavi pensando? Oh, lascia stare. Io sto uscendo, vado a prendere un po’ d’aria fresca.-
-Tutta quell’aria fresca mi ucciderà.- brontolò il re appoggiando il mento su una mano.
-Bah, allora resta qui ad ammuffire nella tua montagna.- gli rispose Bilbo ridendo e dandogli un bacino sul naso.
-Mettiti un mantello.- disse Thorin con voce sommessa.
Qualche minuto più tardi, quando Bilbo era già uscito, gli capitò fra le mani il mantello di lana verde con la fibbia dorata del compagno. –Ohh! Non se lo è messo…- borbottò scuotendo il capo.
 
 
Ciaooo! Eccolo qui, il nuovo capitolo in anticipo di qualche giorno!
Bene, allora, ho ricevuto tante domande, ma solo poche troveranno risposta qui. Fili e Kili, che ormai sono adulti, hanno l’incaico di “sorvegliare” lo zio, che nonostante l’età se ne va in giro a fare quello che gli pare senza avvisare nessuno. Per quanto riguarda il resto, lo capirete più avanti J
A presto!

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Capitolo 3
*** Impegni reali ***


Impegni regali
 
Thorin stava cercando con tutte le sue forze di rimanere dritto con la schiena nonostante si sentisse lentamente cedere. Per fortuna indossava la vecchia corazza di placche dorate che lo teneva su, adeguatamente coperto da una pelliccia drappeggiata e tempestata di gemme per celare la magrezza. Da quando non combatteva più aveva perso tono muscolare, e a detta delle cuoche che ogni volta si vedevano ritornare in cucina i piatti quasi intatti, mangiava come un uccellino.
Il re sbuffò sentendosi scivolare la corona sulla fronte.
Lanciò uno sguardo disperato a suo nipote. Fili, impettito rivolgeva il suo sguardo all'ospite, un qualche ambasciatore degli uomini, che parlava da un quarto d'ora buono. Probabilmente voleva del denaro.
Kili si accorse che lo zio iniziava a barcollare e con movimenti svelti gli si avvicinò, rimanendo sempre un gradino più in basso sulla scalinata del trono.
-Vostra maestà, prego, sedetevi al vostro trono- sussurrò osservandolo con quei suoi occhi scuri e gentili. Thorin lo fulminò.
-Non sono un vecchietto.-
-Zio, per favore.-
Thorin cedette, e dopo essersi scusato con l'uomo, si lasciò accompagnare al trono di pietra. Fili liquidò in fretta l'ambasciatore: praticamente ora era lui a svolgere tutto ciò che riguardava le pubbliche relazioni (non che Thorin ne fosse mai stato capace).
Sorrise lievemente ai nipoti, più per abitudine ormai che per gratitudine, mentre questi gli passavano un carrello con una pila di documenti da firmare.
-Prima che di iniziare- disse Fili srotolando una pergamena -ecco qui gli impegni della settimana: inaugurazioni, discorsi, le solite cose insomma, e venerdì un ballo...-
-Sarà divertente.- commentò il re intingendo la penna nell'inchiostro e allontanando con un gesto imperioso della mano i nipoti.
-Zio, ci sarebbe ancora quella questione. Bisogna svuotare i guardaroba...-
-Ne riparliamo.- tagliò corto severo.
Osservò le carte che aveva davanti. Richieste, annunci, tributi: firma e timbro reale.
Sospirò e cominciò sistematicamente la noiosissima operazione. Thorin, figlio di Durin, Thorin, figlio di Durin e così all'infinito.
Il suo nome era una foresta di linee sottili e appuntite, leggermente oblique. Indugiò un momento sull'ultimo foglio. Imprecò fra i denti e strappò la pergamena scuotendo la testa: aveva scritto Thror, il nome di suo nonno.
 
La battaglia infuriava, la terra era rossa di sangue e il cielo pesante era plumbeo. L'unico rumore che sentiva era il proprio respiro e il sottofondo ovattato delle grida e del cozzare di lame.
Sfilò la spada dal corpo di un orco appena ucciso, il metallo tiepido e gocciolante di sangue nero che già si coagulava a contatto con l'aria. Stava per lanciarsi su un nuovo nemico quando un rumore mandò in frantumi la sua concentrazione: un sibilo e un grido di battaglia.
Si voltò lentamente come in un sogno e vide un orco pallido che reggeva la testa mozzata del re.
Gli occhi del nonno, spalancati per l'orrore erano vitrei e immobili su Thorin.
Fu come se una lama di ghiaccio gli avesse trapassato il cuore. Il dolore gli si riversò dentro.
 
-Thror. No, non sono come lui.- borbottò infastidito passandosi una mano sugli occhi. Era stanco, aveva bisogno di dormire.

 
 
Ah il nostro vecchietto! Allora, ditemi che cosa ne pensate e soprattutto se cominciate a capire che cosa sta succedendo in questo autolesionistico prodotto
 della mia mente malata. Avanti, voglio proprio sentire :)

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Capitolo 4
*** Sordido buco ***


Sordido buco

 

La luna spandeva nel cielo blu una luce argentea e soffusa dalle nuvole sottili che la velavano. Thorin aveva lasciato le pesanti tende dell'unica finestra della camera (e una delle poche di tutte le camere della montagna) appena socchiuse.

A Bilbo piaceva che ci fosse sempre un po' di luce naturale in quel “sordido buco”, come chiamava scherzosamente il sontuoso palazzo di Thorin.

Lo hobbit era disteso, affondato nei morbidi cuscini ricamati e coperto fino alla vita: stava leggendo un vecchio libro di leggende che aveva fatto arrivare dalla Contea. La candela sul comodino proiettava una dolce luce dorata sui suoi lineamenti e sulle sottili lenti che portava appoggiate sul naso.

Anche Thorin con l'età aveva sviluppato qualche problemino di vista, è normale, ma si rifiutava di portare quelle diavolerie degli uomini.

Il re era seduto davanti al grande specchio appeso al muro. Si stava sciogliendo l'elaborata acconciatura di trecce evitando di osservare troppo la propria immagine. Lo faceva da quando le leggere striature argentee della sua chioma corvina si erano ispessite.

-Sai, mi faranno un nuovo ritratto- disse distrattamente, alle prese con un fermaglio d'argento impigliato.

-Mhh-mhh.-

-Lo appenderanno nella sala dei re, accanto a quelli dei miei antenati.- disse con una punta di orgoglio.

-Ah.- Bilbo girò una pagina del libro, senza alzare gli occhi.

Thorin gli gettò un'occhiata nello specchio: era praticamente certo che non avesse ascoltato una parola. Sospirò e continuò imperterrito:

-Hanno detto che sostituiranno con questo nuovo quello vecchio, che avevamo fatto fare subito dopo l'incoronazione...-

Bilbo chiuse infastidito il libro e guardò il nano da sopra gli occhiali.

-Tu hai sempre avuto una gran passione per i discorsi, sai? Sei proprio un chiacchierone quando vuoi.-

Thorin si girò e gli sorrise compiaciuto. Era riuscito a farlo smettere di leggere.

-Una volta forse. Ma le cose cambiano-

Bilbo si stiracchiò -Ah, è vero. Da quando hai smesso di cianciare? Ricordi quell'artificioso discorso che hai fatto a casa mia quella sera della riunione? Mi hai quasi spedito oltre il grande mare...-

-Umf.- Thorin si alzò lentamente e raggiunse il letto scostando le tende rosse del baldacchino -Non esagerare, hobbit. E comunque sono sempre stato un tipo riservato.-

Bilbo si scostò per fargli spazio accanto a sé -Thorin Scudodiquercia, il Silenzioso Signore della Montagna- scandì con un tono basso. Era tutto vero: da anni Thorin non teneva gli estenuanti discorsi per cui era famoso negli anni d'oro. Si era lentamente chiuso al mondo esterno, barricato nelle viscere della sua montagna e della sua mente.

A nulla aveva permesso di entrare e nulla ne era più uscito, ma ormai la memoria delle cose recenti si comprimeva e lasciava il posto a malinconiche riflessioni e tuffi nel passato.

Nessuno sarebbe mai più riuscito a tirarlo fuori dall'abisso tenebroso che era diventato il suo regno interiore.

Il nano e lo hobbit rimasero così a lungo, entrambi sprofondati nella nebbia argentea dei tempi lontani, spalla contro spalla, le mani intrecciate strette sotto al tepore della trapunta.

-Tesoro, sai qual è la cosa peggiore?- ruppe il silenzio Bilbo strofinando il naso sulla spalla dell'altro -è che da vecchi ci si ammala con una terribile facilità. Quando ero un ragazzetto me ne andavo a fare il bagno nel fiume fino alla metà di ottobre, e adesso mi basta uno spiffero per iniziare a tossire come un asino.- si accoccolò un po' più sotto alla coperta.

-Senza parlare del fatto che dalla mia graziosa Contea sono finito a imputridire in questo sordido buco a fianco di un nano decrepito.- concluse sorridendogli con un luccichio negli occhi.

-Primo,- protestò Thorin sistemandosi accanto ad egli -non chiamare la mia montagna “sordido buco”, secondo, decrepito sarà tuo nonno, io no.- e con un soffio spense la candela.

 

Ciao, belli. Ho avuto il capitolo pronto per una settimana senza avere la voglia di pubblicarlo. Probabilmente riceverò il nobel per la pigrizia e se lasciate un commento, (se avrò voglia), vi citerò nel mio discorso di ringraziamento :)

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Capitolo 5
*** Una controllatina ***


Una controllatina

 

Oh grande Mahal, manda un fulmine e spediscimi all'altro mondo, ti prego, pensò Thorin sforzandosi di rimanere impassibile. La schiena gli doleva e le ginocchia cedevano sotto il peso dell'armatura tempestata di diamanti e del mantello bianco.

Aveva caldo, i capelli argentei gli si stavano appiccicando al collo, e non poteva assolutamente muoversi.

-Fili!- urlò con tutto il fiato che aveva -Vieni qui, ragazzo mio-

Il principe si affrettò quasi correndo attraverso la sala, seguito a ruota dal fratello minore. A Thorin venne in mente che diversi anni prima non li chiamava nemmeno; erano loro a catapultarglisi addosso tutte le volte che lo vedevano.

-Zio, stai male?-

-Ma no. Ho sete e inizio a stancarmi, a che punto siamo?-

I due eredi si guardarono negli occhi con la stessa espressione colpevole che avevano da piccoli.

-Lo schizzo preparatorio è quasi finito- borbottò Kili abbassando gli occhi.

Lo zio sospirò rassegnato.

-Portate dell’acqua.- ordinò Fili a una guardia. –Zio, sei sicuro di stare bene? Sai, siamo tutti un po’ preoccupati per te. Hai 300 anni, forse sarebbe ora di farti dare una controllatina…-

-Una controllatina?- chiese Thorin sospettoso alzando un sopracciglio –Che cosa avete intenzione di fare, voi due? Questo è tradimento, è inaccettabile.-

-Oh ma per favore!- intervenne Kili –è solo per una visita di controllo. Abbiamo trovato un medico veramente qualificato…-

-Niente medicina elfica, vorrei sperare- bofonchiò Thorin fra i denti.

-E anche molto costoso, se vuoi saperlo. Ti darà un’occhiata, giusto per le ossa.-

Certo, per le ossa. Thorin sapeva benissimo che tutto quanto il regno lo considerava un vecchio pazzo decrepito. Era umiliante per un sovrano dover finire i propri giorni a quel modo.

-Va bene. Lo farò, però dovete promettermi che mi lascerete in pace, poi. Soprattutto tu, Fili, che ti preoccupi troppo.-

Fili gli lanciò un’occhiataccia di traverso.

-Non va affatto bene, e non è indicato per un principe. Alla tua età avevo ben altro da fare che stare sempre dietro ai vecchi. Andate.-

 

Fili e Kili si ritirarono insieme, sbirciando la tela sulla quale il pigmento brillante ricavato dalle pietre preziose veniva spalmato e tirato. Kili diede una pacca amichevole sulle spalle del fratello.

-Non prendertela, è sempre stato un po’ ruvido.-

Fili scosse la testa preoccupato –Ha ragione: avrei ben altro da fare, ma lui non ha nessuno. È mio dovere seguirlo…-

Kili si limitò ad annuire assorto.

-Ho paura che così non si possa andare avanti. Lo sai com’è lo zio, vuole sempre fare tutto da solo, si sente responsabile per tutto… temo che non prenda le sue medicine.-

Fili ripensò a tutte le volte che aveva guardato gli occhi di suo zio senza trovarvi dentro nulla: erano vitrei, persi in qualche memoria del passato. Aveva iniziato a preoccuparsi seriamente quando lo aveva visto gesticolare e borbottare da solo alla finestra; all’inizio non ci aveva dato molto peso, si sa che gli anziani fanno cose strane.

Si rese presto conto che non era una cosa normale. Di notte si sentivano dei singhiozzi riecheggiare nelle gallerie di pietra, gli incubi non davano pace al re e lo tormentavano nel momento in cui le difese della mente si abbassano.

Più volte avevano dovuto sorreggerlo o trascinarlo via dalle sale pubbliche perché colto da un capogiro, e temevano che una brutta caduta sarebbe potuta essere fatale per le sue ossa. A malincuore l’avevano relegato nei suoi quartieri e lui non aveva opposto particolare resistenza, se non per qualche inspiegabile fuga all’interno del palazzo.

-Vedrai che andrà bene.- assicurò Kili battendo di nuovo la mano sulle spalle di Fili.

 

 

Buonasera, signorine, buonasera!

Devo ringraziarvi tantissimo per il sostegno e le recensioni che mi avete lasciato. Come avrete capito, la storia non finisce affatto! Stiamo appena entrando nel vivo e nei contorti meandri della vecchia mente del nostro eroe.

Stavolta mi dilungherò: mi compiaccio nel dire che sono stata puntuale nella pubblicazione, anche se la stesura non avanza (sono ferma come una tartaruga con l'artrite) a causa di impegni scolastici, personali, raffreddori importuni e una convulsa parodia di labor limae. Il fatto è che non sono mai molto sicura di quello che pubblico e continuo a smanettare con i miei scritti fino all'esasperazione... beh, vi sto annoiando.

A presto, se la fortuna ci assiste!

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Capitolo 6
*** Preparati a brillare! ***


Prepararti a brillare!

 

Thorin seguiva con gli occhi celesti i movimenti guizzanti dei piccoli nani che giocavano sul prato. Uno di loro aveva una spada di legno e batteva scompostamente la lama dipinta d'argento contro lo scudo di un altro, mentre tutti ridevano e gridavano di eccitazione.

Il piccolo principe arricciò il naso sottile in una smorfia infastidita: avrebbe voluto essere anche lui a giocare con loro sul prato, e invece era rinchiuso in quella stanza silenziosa, obbligato a stare dritto e composto accanto al trono di suo nonno.

Ormai gli altri bambini non lo invitavano nemmeno più a prender parte ai loro giochi: erano consapevoli che sarebbe stato costretto a rifiutare. Thorin, che non era abituato alla compagnia dei coetanei, si limitava a osservarli incuriosito mentre quelli gli facevano boccacce ripetendo “non può giocare, è un principe”

 

Il sole estivo calava lasciando il posto alla luce grigia e soffusa dell'autunno e Thorin iniziava a mostrare una barba rispettabile. Ora non guardava più con curiosità i giovani nani: era continuamente preso alla sprovvista dalla comparsa di graziose ragazze dalle chiome intrecciate che gli lanciavano sorrisini e battiti frementi di ciglia.

Ancora una volta il giovane principe poteva solo limitarsi a osservarle con desiderio a distanza; non gli era in alcun modo permesso di incontrarsi con delle cortigiane. Riusciva a stento a dominare la curiosità.

 

Suo nonno lo fece alzare dalla scomoda posizione prostrata sulle scale di pietra del trono. L'aveva convocato per complimentarsi con lui. Thorin aveva appena concluso gli studi letterari e giuridici che portava avanti da settant'anni...

Dietro le sue spalle poteva scorgere le risatine soffocate dei suoi coetanei e delle nane che mormoravano e gli lanciavano occhiate furtive.

possibile che non sia mai stato con nessuno?” altri trilli argentini di fanciulle.

 

Thorin si svegliò disturbato da quel suono e di malumore.

-Che ore sono?- chiese con la bocca impastata di sonno rigirandosi nel letto.

-Il sole è già calato, capitano. É l'ora del tè!-

Thorin si tirò a sedere. Si era appisolato e aveva perso la concezione del tempo.

Bilbo era in piedi in mezzo alla stanza e indossava un vestito leggero verde tempestato di foglie d'argento lucide e tintinnanti. Ecco da dove era venuto il suono molesto.

Lo hobbit stava piroettando davanti allo specchio facendo svolazzare gli orli verde pallido della tunica.

-Ma come ti sei conciato? Sei ridicolo- protestò Thorin. Quell'abbigliamento era decisamente troppo elfico. Bilbo si fermò a metà di un passo di danza e inclinando la testa chiese:

-Perchè, al capo non piace?-

-No, al capo non piace affatto. Togliti quella roba di...-

Venne interrotto bruscamente da un bussare cortese alla porta.

-Sì- disse mettendosi in piedi e lisciandosi gli abiti scuri.

Fili entrò e si inchinò educatamente.

-Puoi anche non farlo quando siamo soli, lo sai- bofonchiò Thorin sorridendogli.

-Ciao, zio. Ti ho portato il vestito come mi avevi chiesto.-

Thorin era perplesso. Vestito per cosa? E quando mai glielo aveva chiesto?

Dall'espressione confusa dello zio il nano biondo balbettò imbarazzato:

-L'abito... quello per il ballo.-

-Ah, il ballo!- Thorin si battè una mano sulla fronte -Era oggi?-

-E' stasera. Ti serve una mano per prepararti? Posso mandare qualcuno...-

-No, tutto a posto, ce la faccio.-

Fili uscì dalla stanza.

Bilbo era seduto sul letto a gambe incrociate -Preparati a brillare principessa, questa è la sera buona!-

Thorin sbuffò infastidito dal commento e tirò fuori l'abito dalla scatola.

 

 

Ecco il nuovo capitolo!

Devo ammettere che sono un po' delusa... mi aspettavo qualche commento in più, comunque ringrazio tutti quelli che continuano a leggere :)

(qui ritorna Bilbo con i suoi commenti taglienti, per chi ne avesse sentito la mancanza)

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Capitolo 7
*** L'anima della festa ***


Aveva indossato l'abito di velluto blu notte per l'occasione: niente armatura e corona pesante. Nella chioma argentea portava intrecciato un sottile filo di argento scintillante.

Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.

Sentiva le voci degli invitati nel salone: un gran fracasso e il tintinnio di gioielli, passi, grida e risate. Suoni da festa, pensò.

 

La cerimonia era stata formale ed elegante, nulla di eccessivo. Thorin indossava un mantello porpora sopra l'armatura di mithril e stranamente aveva sorriso per tutto il tempo.

Quando aveva visto arrivare Bilbo, vestito di bianco e di oro, gli era mancato il respiro e per un attimo si era sciolto nei suoi occhi felici. Un battito di quelle ciglia dorate, un sorriso. L'aveva preso sottobraccio e l'aveva condotto davanti a tutto il regno.

Bilbo si stringeva al suo fianco cercando un po' di coraggio, Thorin sentiva il profumo dei fiori di melo che erano intrecciati nei ricci color rame dello hobbit. Le loro dita erano intrecciate saldamente.

Quando arrivarono sul terrazzo li accolse il boato assordante dei sudditi. Thorin si staccò, prese il capo di Bilbo fra le mani e poggiò delicatamente la fronte contro la sua, socchiudendo gli occhi e sorridendo lievemente.

 

Thorin storse la bocca. Ricordava ogni momento di quel giorno lontano e non riusciva a ricordare cosa aveva mangiato a colazione. Scese lentamente le scale tenendosi appoggiato alla ringhiera.

La sala era colma di nani e nane nobili che si inchinavano al suo passaggio.

Fili e Kili erano già in piedi ai lati del trono.

Ignorando i saluti e le trombe che lo accoglievano, il re si diresse imperioso al trono e diede svogliatamente il via alle danze. Intorno a lui stoffe e pietre preziose iniziarono a vorticare brillando, infinite macchie di colore a ritmo di musica.

 

Fu Bilbo a prenderlo per mano e trascinarlo in mezzo alla sala. Per i nani non era tradizione che fosse la coppia reale ad aprire le danze; era decisamente una cosa hobbit.

Il re sentiva le mani calde di Bilbo nelle sue, lo guardava ballare e lo seguiva lento e felice, senza essere pienamente consapevole di cosa stava accadendo.

La sua mano sinistra si era posata sul fianco del compagno e la destra era poggiata su quella dello hobbit che lo stringeva a sé. Erano loro a girare intorno guardandosi negli occhi, non la massa dei ballerini come al solito. Erano loro il centro di tutto.

 

Thorin sospirò annoiato. Non gli erano mai piaciuti i balli, lui aveva sempre preferito le cene. I suoi nipoti si erano dileguati e mentre Fili parlava appartato con un ricco mercante d'oro, Kili volteggiava attraverso la sala tra le braccia di una nana dalla folta chioma corvina.

Un cameriere gli si avvicinò con un vassoio pieno di bicchieri di vino.

Thorin si riscosse e chiese qualcosa di più forte, approfittando dell'assenza dei nipoti. Socchiuse di nuovo gli occhi, schermandosi dalla luce sfolgorante con le ciglia tremanti. Avrebbe voluto andarsene e starsene un po' per conto proprio.

Aveva bisogno di silenzio.

Bilbo invece aveva sempre amato le feste, la musica e la folla. Era sempre stato lui ad accogliere gli invitati, lui a sorridere e a salutare. Thorin si limitava ai discorsi importanti e alle decisioni di stato.

Ed era strano come un popolo tradizionalista e conservatore come quello dei nani abbia approvato fin da subito con tanto calore la loro unione. Bilbo Baggins aveva sempre avuto un ascendente favorevole su tutti.

Thorin alzò lo sguardo e incrociò quello dell'amante, dall'altra parte del salone, che gli rivolse un sorriso smagliante e gli strizzò l'occhio.

Il nano arricciò il naso (un gesto che aveva acquisito proprio dallo hobbit), scosse la testa e buttò giù in un sorso il bicchiere di liquore che gli era stato portato.

 

 

Piccola precisazione: ho immaginato che per i nani, popolo pragmatico e spiccio, la cerimonia del matrimonio consista solo in un sacrificio a Mahal e, nel caso della coppia reale, il “sovrano consorte” venga mostrato al regno dal balcone (vedi Rupe dei Re del Re Leone, piuttosto patetica come idea, lo so).

Inoltre ho pensato, visto che nei film lo fanno spesso, che un bacio equivalga a far sfiorare insieme le due fronti. I fiori che Bilbo porta nei capelli sono stati espressamente richiesti da lui stesso, così come la musica della contea (i nani fanno solo banchetti e canti solenni).

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Capitolo 8
*** Un tuffo nei ricordi ***


La musica era cessata lasciando il posto a un silenzio ozioso e ovattato.

Le orecchie di Thorin ronzavano vuote nel tentativo di captare qualche suono. Il palazzo sembrava morto, anzi, sembrava che le camere reali si fossero staccate dalla montagna e stessero fluttuando intorno al nulla.

Thorin chiuse gli occhi e la testa cominciò a girargli, con fitte cadenzate e acute. Fece una smorfia nel buio.

-Te l'avevo detto di non bere-

Quelle parole gli rimbombarono nel cervello con un eco penetrante e fastidioso.

-Mmh- mugugnò Thorin in risposta. Era verissimo, ma mai e poi mai avrebbe dato ragione al suo compagno quando gli diceva “te l'avevo detto”. Era una questione di principio.

-E' inutile caro, che fai finta di niente.-

-Taci.- scandì Thorin rivolto all'oscurità della stanza -Il capo sono io.- affermò lentamente, quasi a ribadirlo a sé stesso, per mettere bene in chiaro le cose.

Non era mai stato vero del tutto. Certo, lui era un re, ma era sempre stato in balia delle sue pessime scelte e delle coincidenze sfortunate.

Il re scacciò via il pensiero come una mosca importuna. Sbatté le palpebre per riassaporare le sagome colorate della luce impresse nella sua retina. Ripiombò nel nero accogliente.

Manwe aveva forgiato il popolo dei nani dalle rocce, e aveva creato i loro occhi per vedere anche nell'oscurità delle miniere. Dunque Thorin aveva sperimentato poche volte il vero buio, e da un lato gli dispiaceva. Subito i contorni delle cose prendevano forma, e dalla rassicurante oscurità capitombolava nella ignota realtà.

Sospirò iniziando a distinguere i mobili della camera.

Ovviamente non sarebbe riuscito a dormire in modo appagante con quel mal di testa, le ombre del suo passato, circondate dalle fiamme e da tanto sangue sarebbero tornate a tormentarlo.

Si alzò faticosamente, solo per ritrovarsi Bilbo al suo fianco, con quella familiare vestaglia a quadri colorati con cui l'aveva visto per la prima volta.

Lo hobbit gli diede una pacca sulla schiena.

-Ancora sveglio, vecchio mio?-

-Potrei dire lo stesso di te, caro.- ringhiò Thorin zoppicando verso la specchiera. Voleva sciogliersi la complessa acconciatura di trecce nella barba e nei capelli: quelle dannate perline erano una tortura. Si sedette distrattamente e aprì il cassetto da cui tirò fuori una spazzola e un groviglio di nastri di velluto. Sul fondo del cassetto erano stipate vecchie lettere e disegni.

Thorin li prese con la mano sinistra, mentre con la destra si dava da fare con gli intrecci.

Sorrise lievemente: erano letterine scritte da Fili e Kili, i suoi nipotini. C'erano lettere per lo zio lontano per lavoro, auguri di compleanno, disegni infantili di orchi e nani, un ritratto fatto da Kili di Thorin (una specie di rettangolo con la faccia imbronciata), qualche compito di Khuzdul, le lettere che gli scriveva Dìs...

 

-E così Mahal creò il sette principi dei nani, tra cui Durin, il più forte e il più saggio...-

Thorin era seduto sul fondo di un lettino di legno rozzamente scolpito con sagome di animali. Fuori infuriava un temporale e i suoi nipoti erano avvolti nello stesso letto in una coperta di lana fatta a maglia.

-E poi?- chiese curioso Fili sbucando appena dal rifugio di coperte e sgranando gli occhi castani pieni di aspettativa.

-E poi...- Thorin era ormai a corto di storie -eh... ora, si sta facendo tardi, cari.-

-Ma ziooo- piagnucolarono in coro allungando le manine paffute per trattenerlo. Thorin pensava che ci avrebbe impiegato molto meno tempo a farli addormentare. Prese mentalmente nota del fatto che storie di déi e battaglie avevano sortito l'effetto contrario. Un tuono preceduto da un lampo irruppe fragoroso nel silenzio dorato della casa, facendola tremare fin dalle fondamenta. I piccoli urlarono spaventati nascondendosi sotto alle coperte e Thorin non poté fare a meno di ridere e confortarli:

-Su, su. Sentite? È il grande Mahal che batte la sua incudine nelle profondità di Valinor- disse loro accarezzandoli.

 

Thorin ripiegò le lettere e le mise via.

-Ma guarda. Non è proprio da te rifugiarsi nei ricordi.- borbottò Bilbo.

-Era tutto così semplice allora- disse Thorin in tono vago spazzolandosi la chioma.

-Certo- rispose Bilbo -Non eri un re, eri solo uno zio affettuoso, un maniscalco. La vita non è semplice, Thorin. Non è lineare, anzi è contorta, piena di strade, di scelte, di opportunità. Tu hai fatto le tue che in un modo o nell'altro hanno cambiato le cose. E hanno cambiato anche te, vecchio mio.-

Thorin non lo ascoltava già più, perso a contemplare con tristezza la sua immagine riflessa.

 

 

Scusatemiiii! Sono in stra-ritardo. E' colpa della scuola, non prendetevela con me (ok, è anche colpa mia). Cosa ne dite? Vi piace il capitolo triste di stasera??? L'ho scritto in 15 minuti adesso, quindi se ci sono errori o cose che non hanno senso avvisatemi, grazie!

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Capitolo 9
*** Dolore ***


Thorin aveva rifiutato di seguire il digiuno che gli era stato consigliato prima della visita. Non che avesse particolare bisogno di fare colazione, ma ci era ormai abituato: da quando si era sposato Bilbo lo aveva obbligato a mangiare regolarmente e con la giusta misura.

Era stato scortato da un drappello di guardie in alta uniforme (tanto per non dare nell'occhio) e non aveva assolutamente voluto vedere il medico reale.

-Il re sono io. Mi avete già obbligato a questa ridicola messa in scena per nulla, ora, di grazia, spetta a me dire la mia.- aveva ringhiato minaccioso ai suoi nipoti.

 

La pietra era fredda e dura anche attraverso il cuscino di velluto che era stato posto sul tavolo del dottore appositamente per il re.

Thorin, con indosso solo la tunica di lino bianca che portava sotto ai vestiti, rabbrividiva per gli spifferi freddi che gli solleticavano il corpo.

Stava aspettando pazientemente l'ordine di rivestirsi mentre il medico scribacchiava degli appunti su un quaderno. Il re faceva dondolare distrattamente le gambe giù dal tavolo come un bambino.

Tossicchiò nervosamente per attirare su di sé l'attenzione. Il dottore alzò le lenti tonde dal naso e si avvicinò di nuovo con aria professionale. Era un giovane nano guaritore con la barba corvina e gli occhi guizzanti.

-Allora, vostra maestà... come vi sentite?-

Thorin sospirò: tutte le volte la stessa storia -Bene, sto benissimo, davvero.-

-Dormite?-

-Quattro, cinque ore a notte. Ho sempre dormito poco-

Gli incubi continuavano a tormentarlo ormai da anni. Era la normalità.

-Mangiate?-

-Certo. Pasti regolari ed equilibrati.- recitò compostamente il re. Era la solita formuletta che ripeteva sempre Bilbo.

Il dottore riposizionò gli occhiali scrutandolo come in cerca di un sintomo rivelatore.

-Avete allucinazioni?- chiese con una garbata esitazione.

-No- rispose subito Thorin fissando ostinatamente una bilancia d'argento sullo scaffale dietro al medico. Che razza di domanda, allucinazioni...

Il guaritore si sedette sulla poltrona accanto alla scrivania sospirando.

-Vostra maestà, il dolore è un processo del tutto naturale, sapete... non dovete sentirvi a disagio...-

-Non sono a disagio- il silenzio fischiava nelle orecchie del re come vento gelido d'inverno.

Il dottore sospirò ancora protendendosi in avanti -Vostro marito è morto...-

-Da un centinaio di anni.- concluse Thorin sbrigativo senza lasciarlo finire -Sa mio caro dottore, una brutta tosse che si è aggravata. Avrebbe dovuto tornare in una zona più temperata, tiepida.-

-Non dovete sentirvi in colpa, sire.-

-Non lo faccio.- ribatté secco Thorin.

La porta dell'ambulatorio si aprì rivelando il viso di un giovane infermiere.

-Dottore, un'urgenza...- balbettò spostando freneticamente lo sguardo timido dal re al medico.

Il dottore lo liquidò con un cenno tornando a osservare il re.

-Dottore, vada per piacere. Forse c'è qualcuno che ha davvero bisogno di lei...- mormorò Thorin iniziando a rivestirsi.

 

 

Capitolo breve, brevissimo, ma non aveva bisogno di tanti giri di parole. Siamo arrivati alla grande rivelazione, e dopo questo capitolo, credo che siamo quasi in dirittura d'arrivo.

Beh, la verità è stata sbattuta in faccia a Thorin così come a voi, miei pochi fedeli lettori. Vedremo le reazioni (di Thorin, che già un po' lo sapeva, e le vostre!)

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Capitolo 10
*** Cena fredda ***


Thorin rientrò innervosito e più corrucciato del solito. Abbandonò la pelliccia con cui si era coperto su una poltrona e si avviò con passi pesanti vesto il massiccio tavolo di legno in mezzo alla stanza. Sotto a un grosso piatto d'argento c'era ad aspettarlo una cena a base di prosciutto e sottaceti.

-Mmm... cena fredda! Come siamo caduti in basso, caro.- esclamò Bilbo alle sue spalle facendolo sobbalzare.

Thorin sospirò e iniziò a contare.

-Allora come è andata dal dottore? Ti hanno dato una bella controllata, eh? Non ignorarmi, caro-

Thorin in silenzio sedeva stringendo i pugni sul tavolo.

-Be' almeno ti ricordi chi ti ha preparato questa roba? O sei troppo vecchio?-

Thorin si sforzò disperatamente di ricordarsi quel nome. Era una donna, una cameriera, nome lungo...

-Cinque lettere, fa rima con sberla.-

-Ah...Perla!- disse Thorin sollevato dopo un momento di esitazione, rendendosi conto solo allora di aver ceduto. Non avrebbe dovuto rispondere. Sbattè rumorosamente il pugno sul tavolo.

-Zitto, non devi parlare, zitto. Tu non esisti. ZITTO- gridò.

Silenzio. Thorin iniziò a ripetersi mentalmente una vecchia canzone che aveva imparato da bambino, per tenersi occupato, concentrato su qualcos'altro.

-NON IGNORARMI-

La voce di Bilbo riecheggiò nella stanza.

-Non ti voglio più vedere, non ti voglio più sentire. Sei morto, morto! Lasciami in pace...-

Thorin era sconvolto; cercò di coprirsi le orecchie con le mani. Se non lo sentiva non esisteva.

 

Fili entrò negli appartamenti del re con la spada sguainata. Si guardò in giro perplesso:

-Zio, ho sentito gridare...-

-Oh, nulla, caro- rispose Thorin ricomponendosi -Mi sono solo scottato con...- con cosa? Con la cena fredda? -non importa.-

-Ah- fece il principe rinfoderando la spada con l'aria un po' delusa. Thorin pensò che sicuramente si stava annoiando come si era annoiato lui, a fare l'erede al trono. Mai un vero combattimento.

Il re continuò a fissare il nipote con quel suo sguardo impassibile e con un lieve sorriso forzato, alquanto preoccupante.

-C'è qualcosa che posso fare per te, zio?- chiese Fili dubbioso.

Thorin esitò in silenzio.

-Sì. Riguardo a quella cosa... Balin che cosa ne pensa?-

Fili lo guardò smarrito. Balin non era più consigliere del re da moltissimi anni. Tempo fa era partito per Moria, senza dare più notizie.

-Zio, Balin non è qui. È a Moria, ricordi?- disse cautamente.

Thorin non ricordava. Ci rimase male.

-Sì, giusto... non fa nulla. Penso che sia giunto il momento di farlo. Mi porteresti dei sacchi?-

Fili si illuminò. -Certo! Sai, era proprio ora. Te li farò avere nel pomeriggio-

-Aha.- fece Thorin con voce atona -E' tutta roba molto bella, pregiata e di ottima fattura. Taglie piccole purtroppo, ma sono sicuro che ci sarà qualche bambino umano in quella città che ha bisogno di un mantello nuovo...-

-Sicuro. Ti darò una mano... domani, però.- e detto questo si fiondò fuori dalla porta come un bambino che può finalmente andare a giocare.

Thorin tese le orecchie. Silenzio. Forse ce l'aveva fatta.

 

Chiedo scusa per il ritardo, ma queste ultime settimane di scuola sono state allucinanti.

Non sono ancora andata a vedere il fatidico film. La mia morte è solo rimandata.

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Capitolo 11
*** Fazzoletto ***


Il re esitò dubbioso davanti alle ante aperte del polveroso guardaroba. Tese una mano e accarezzò dolcemente la fila di pesanti indumenti appesi. Ogni stoffa, disegno, ogni fibbia gli ricordava qualcosa. Qualcosa di passato.

Staccò una gruccia dalla barra di metallo: era la giacca di velluto color amaranto che Bilbo indossava durante il loro viaggio. Il collo e i risvolti delle maniche erano ancora morbidi.

Thorin se la portò al viso con la speranza di sentirne ancora una volta il profumo: nulla, solo polvere e odore di vecchio. Una lacrima rotolò lungo il naso affilato del nano, per poi precipitare nel vuoto, sfera perfetta di cristallo, e infrangersi a terra.

Non gli restava che immaginarlo, ormai. Si concentrò: biscotti al cioccolato (quelli che piacevano tanto a Dwalin), mele, hum... cannella, miele, casa. Un vano ricordo e null'altro.

Un'altra lacrima fu intercettata nella sua traiettoria dal dito del re. La osservò, limpida, tremante e luminosa. Thorin la lasciò cadere.

Sospirò a occhi chiusi. Era il momento, inutile rimandare.

Iniziò a spostare i vestiti sul letto senza pensarci troppo, indugiando qualche volta a spazzolare con la mano una manica di felpa o un colletto spiegazzato. Aveva quasi finito ormai.

D'un tratto si fermò perplesso, guardando una scatola di cartone azzurro in un angolo sul fondo. Thorin la tirò fuori e la aprì.

Le lacrime ricominciarono a scorrere e a cadere al ritmo dei singhiozzi trattenuti che gli scuotevano la cassa toracica. La scatola conteneva un diario, fiori essiccati, qualche ritratto, lettere e biglietti. I ricordi di Bilbo.

Thorin estrasse un cartoncino colorato delicatamente: era sicuramente di fattura elfica, un piccolo ritratto. Al centro vi erano Elrond e Bilbo, con quel ridicolo vestito verde pallido (ecco da dove veniva!), e di lato, imbronciato, c'era lui, Thorin.

Il nano si rimise a frugare. Appiattita sul fondo trovò la mappa, quella mappa che li aveva ricondotti alla montagna tanti anni prima. Accarezzò col dito la sagoma rossa del drago svolazzante sopra Erebor.

-Mahal...- mormorò tenendosi le tempie fra le mani -Io volevo solo... fare bene.-

Si alzò dal letto incrociando il proprio riflesso nello specchio. Rimase a fissarlo confuso avvicinandosi e sfiorando la cornice d'argento.

Vedeva un vecchio, completamente grigio, scarmigliato. Gli occhi rossi dal pianto erano blu acceso, ma avevano perso luce. Le guance pallide, segni profondi e severi sul viso.

-Io non mi riconosco- sussurrò sconcertato allontanandosi.

 

Le borse erano quasi tutte pronte: eccezion fatta per qualche mantello e altri accessori che non aveva saputo con certezza dove mettere. Era notte fonda. Era riuscito a fare tutto da solo.

Soddisfatto, si accostò al comodino per spegnere la luce una volta per tutte e gettarsi sul letto a riposare un op' prima dell'alba.

Sul comodino c'erano gli occhiali di Bilbo. Li prese delicatamente per le sottili stanghette dorate e pulì le lenti con un lembo della sua tunica.

-Sono ancora in castigo?- domandò una voce alle sue spalle. Thorin sorrise e sbuffò sollevato.

-No...-

-Menomale.- Bilbo si sedette sulla trapunta accanto a lui, prendendogli la mano. -Alla fine ce l'hai fatta, eh? Ci hai messo un secolo, davvero.-

-Mi sono preso il mio tempo, caro- mormorò Thorin.

-Puoi dirlo. Sai, mi viene quasi voglia di ballare, ma siamo troppo vecchi e stasera è tardi.-

-Troppo tardi.- confermò Thorin annuendo.

-Devo andare, lo sai? Sono contento che tu mi abbia preparato i bagagli... oggi non avrei proprio avuto tempo-

-Cosa stai dicendo?- chiese Thorin smarrito -Non puoi andartene...-

-Devo, caro.- Bilbo prese una sciarpa e se la avvolse al collo. A Thorin sembrò molto stanco e vecchio.

-No- gridò Thorin, -Non puoi andare, te lo proibisco-

Bilbo aveva aperto la porta della camera. La prima luce del mattino ne stagliava netta la sagoma nell'ombra scura della stanza.

-Oh, avanti, non rendere le cose più difficili: starò bene, e anche tu-

-No- gemette il re -Ti prego, non lasciarmi solo... Guarda! Guarda, non puoi andartene: hai dimenticato il fazzoletto- gridò fra le lacrime stringendo un quadratino di tessuto bianco orlato di pizzo. Ormai la sagoma di Bilbo era lontana, ma si girò e salutò con la mano:

-Te la caverai benissimo da solo, amore; in fondo lo hai sempre fatto.-

La sua voce giunse lontanissima alle orecchie del re, ma non vi era traccia di risentimento, né di tristezza.

Thorin si accasciò al suolo singhiozzando disperatamente. Era solo, come sempre lo era stato prima di Bilbo. Solo, egoista, così egoista da non pensare a ciò che avrebbe potuto salvare suo marito. Colpevole, anche se Bilbo lo aveva perdonato.

Un raggio si sole filtrato dalle alte finestre colpì le sue iridi chiare, e alzò lo sguardo nel silenzio dell'alba.

 

 

Sorpresa! Era per farmi perdonare di tutti i ritardi di questa storia.

Questo è il penultimo capitolo, come avrete capito (un po' più lungo del solito, perché mi dispiaceva spezzarlo). I ringraziamenti li lascio al prossimo.

A presto!

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Capitolo 12
*** Liberi. ***


Era stata una buona giornata.

I principi avevano trovato lo zio, addormentato vestito sul letto, con delle occhiaie spaventose (segno che era stato sveglio tutta la notte come faceva spesso) e con le borse già preparate sparse sul pavimento. Avrebbero dovuto aspettarselo: il re faceva sempre di testa sua.

Le ore erano scivolate via indisturbate e tranquille, quasi piacevoli.

 

Il sole stava ormai tramontando, e i raggi scintillavano di un bel giallo dorato sui residui di neve ghiacciata che incrostavano le pareti della montagna. Il vento forte che aveva trascinato in giro per il cielo le nubi durante il giorno si era calmato, e l'aria fredda faceva pizzicare le narici e lacrimare gli occhi.

Thorin non ricordava affatto che quella scala scavata nella roccia fosse così ripida e faticosa. L'ultima volta che era uscito dalla montagna non era di certo così affannato. Si fermò un momento per riprendere fiato, appoggiandosi alla parete. Si strinse nel suo mantello blu notte. Era il suo preferito, e anche il preferito di Bilbo a quanto ricordava.

Gli piaceva arrotolarcisi dentro e aspettare Thorin davanti al caminetto quando il clima della montagna si faceva troppo rigido e il re era impegnato a svolgere “affari da re”, come li chiamava lui.

Il re sorrise al ricordo, spostandosi un ciuffo di capelli argentei dalla faccia. Aveva lasciato in camera la corona, ed era uscito senza avvisare nessuno. Non voleva seccatori tra i piedi, e in ogni caso sarebbe potuto rientrare da una porta segreta. Riprese la discesa lungo gli alti scalini ghiacciati.

Man mano che si avvicinava alle pendici della montagna la neve diminuiva, lasciando il posto a muschio scuro e ruvido.

Si fermò di nuovo, osservando la parete ripida di roccia grigia. Si sporse fino ad afferrare un ciuffo di erica bianca selvatica, sbuffando per la fatica e l'impaccio del mantello. Era quasi arrivato.

 

Bilbo aveva sempre avuto poca simpatia per le altezze. Non gli piacevano le scale vertiginose di Erebor, i bastioni e le miniere profonde come abissi neri. Lui preferiva le sue dolci colline verde tenero, tempestate di fiori e circondate da boschi impenetrabili.

Gli era tanto mancata casa sua. Thorin lo sapeva perfettamente: era un sentimento che poteva capire, ma l'attaccamento per il compagno lo aveva reso sordo alle sue timide richieste. Non gli permise più di ritornare stabilmente nella Contea.

Era stata una decisione sofferta per entrambi, ma alla fine lo hobbit rimase, più per amore che per rispetto verso l'autorità del re. Aveva capito che senza di lui Thorin sarebbe ricaduto in quell'orrenda malattia, e anche il re se n'era reso conto.

Bilbo era la sua medicina, il rifugio della sua anima, e senza di lui sarebbe stato perso. Lo aveva praticamente imprigionato nella montagna, come un animale raro e prezioso, uno dei suoi tesori. E Bilbo, che un tesoro lo era davvero, glielo aveva lasciato fare.

Si erano amati per tanti anni, di un sentimento forte, a tratti morboso. Amici, erano stati, ancor prima che compagni.

Prima della morte di Bilbo, ormai debole, pallido e fragile, Thorin aveva ordinato di far chiudere a chiave le sale del tesoro. La chiave era stata nascosta, e le finanze del regno erano regolate da nani esperti, scelti appositamente e non appartenenti neanche alla lontana alla stirpe regale. Era stata una precauzione necessaria per la salute sua e dei suoi nipoti.

Cent'anni erano passati. Thorin aveva fatto seppellire il suo amato alle pendici della montagna. Lo aveva costretto a una vita da recluso, almeno ora voleva garantirgli la tanto agognata libertà. E finalmente, dopo un secolo, Thorin era riuscito a concedergliela.

Lo aveva lasciato andare, anche quell'ombra, residuo nella sua coscienza, che si era dovuto creare per andare avanti da solo.

 

Thorin si fermò a riprendere fiato. Non ricordava più la morbidezza dell'erba sotto ai piedi, e anche se alla fine dell'inverno era secca e schiacciata sotto il peso di una neve ormai sciolta, era piacevole. Con le gambe tremanti per lo sforzo si avvicinò alla grande quercia che stendeva i rami contorti alle pendici rocciose.

Tra le sue radici riposava Bilbo Baggins, lo scassinatore che per lui aveva rinunciato a scappare.

Thorin sorrise tristemente. Una lacrima calda gli scivolò giù dalla punta del naso.

Si inginocchiò; non c'era una lapide, nulla che potesse segnalare la presenza di una tomba, solo la quercia (quella che avrebbe voluto piantare nel giardino di Bag End) e qualche tenero germoglio di mughetto che iniziava a spuntare dal terreno duro.

Depose il mazzo di erica sulle radici umide:

-Scusa...- singhiozzò il re coprendosi il volto. Si lasciò andare a un pianto vero, dopo tanto tempo, tanto male represso.

Nessuno rispose. Il sole calava, una nebbia sottile e dorata saliva dal terreno.

Un rumore ovattato di piume fece alzare lo sguardo del re: un pettirosso lo guardava con il capino piegato da un ramo della quercia. Cinguettò due note e volò via veloce.

Thorin sorrise, con gli occhi increspati e scintillanti. Erano entrambi liberi.

 

 

Nota finale

Oh, sono tremendamente in ritardo, lo so! Ci sono state le vacanze, ho ripreso la scuola, tanti impegni... chiedo scusa. Ho anche visto BOFA e ho avuto bisogno di qualche giorno di convalescenza per riprendermi. Finire questa storia dopo il fatale film è stato ancora più duro... sapete, bisogna essere dell'umore giusto, altrimenti si finisce giù nell'abisso della disperazione e buonanotte al secchio.

Almeno ce l'ho fatta. É la storia più lunga che ho mai scritto, giuro. Dopo questa mi butterò a pesce nel fluff e nelle fix... ne abbiamo bisogno un po' tutte.

Ora, per i ringraziamenti non devo nominare nessuno se non voi! Grazie davvero a tutti i lettori e sopratutto i recensori: il sostegno e la motivazione sono fondamentali quando si scrive una storia capitolo per volta. Ancora grazie.

Un'ultima cosa: il titolo è preso da una canzone “Shelter for my soul”, colonna sonora del film Ned Kelly (che non c'entra assolutamente niente con la mia storia). Il testo è molto bello, e la melodia era molto bagginshield a mio parere.

Bene, allora a presto, e continuate a shippare!

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