A Drop In The Ocean

di Bradamantee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


CAPITOLO 1
 


“Ci trasferiamo!”
Queste erano le parole che mi aveva detto mio padre due mesi fa mentre stavamo guardando un episodio di “How I met your mother”.
Per poco non mi strozzai col boccone di pizza che avevo appena preso.
Trasferirci? Ma perché! Stavamo così bene, noi due, nella nostra casa che non riuscivo a capire il motivo che lo aveva spinto a questa decisione.
Forse a causa di mia madre? Impossibile, erano passati troppi anni.
Mia mamma era morta quando ancora andavo alle elementari e da quel momento fu mio padre ad occuparsi di me con tutte le sue forze e dovevo ammettere che aveva fatto un ottimo lavoro.
Non dico di essere la figlia modello, tutta perfetta, ho fatto anche io qualche cavolata, parecchie, ma nel complesso mio padre è riuscito davvero bene nel suo lavoro da genitore.
Perciò, se non per via dei ricordi che ancora conservava questa casa di mia madre, perché dovevamo andarcene?
Mio padre mi aveva spiegato che gli avevano offerto un posto importante nella sede centrale dell’azienda per cui lavorava, che tuttavia si trovava dall’altra parte del paese, per questo non aveva potuto rifiutare.
Ma le notizie non erano ancora terminate.
Già, perché il nostro non sarebbe stato un vero e proprio trasferimento con tanto di casa nuova in una nuova città. No, noi saremmo andati a vivere a casa di un vecchio compagno di università di mio padre.
Amico che, per la cronaca, io non avevo mai sentito nominare.
“Vedrai Spencer che la famiglia di Carl ti piacerà, starai bene con loro, hanno anche un figlio della tua età”
Aspetta, perché continuava a rassicurare solamente me?
“Ah, non te l’avevo detto?”
“No papà, quale dettaglio hai dimenticato di dirmi?”
Mio papà continuava a guardare la televisione senza il minimo accenno ad alcuna risposta.
“Papà!” urlai lanciandogli contro una crosta della pizza che non avevo mangiato e che ormai era diventata fredda.
“In pratica il mio nuovo datore di lavoro mi ha detto che dovrò viaggiare parecchio quando mi sarò sistemato nella nuova sede”
“Definisci parecchio” non capivo, ci dovevamo spostare entrambi in una nuova città e poi sarei rimasta lì da sola per chissà quanto. Non aveva molto senso, tanto valeva rimanere qua.
“Non lo so di preciso, mi hanno detto che dovrò andare in giro per il paese a promuovere i nuovi modelli usciti sul mercato e, visto che non mi fido a lasciarti da sola a casa per troppo tempo e poiché sei ancora minorenne, ho chiesto a Carl se per lui non era un problema ospitarci, te soprattutto. Il mio sarà per lo più un “tocca e fuggi” da quanto mi hanno spiegato”
Avevo capito bene, lui non ci sarebbe stato, mio padre che per dieci anni era rimasto al mio fianco senza mai abbandonarmi nemmeno una volta, adesso mi lasciava da sola a vivere con una famiglia di estranei per quanto ne sapevo. No, non mi andava bene.
Ma tutti i miei tentativi per fargli cambiare idea si rivelarono inutili, a volte gli ero stata talmente addosso che mio padre aveva perso la pazienza urlandomi contro.
Insomma, ciò che era stato deciso non si poteva cambiare.
Così dopo due mesi mi ritrovai in macchina a guardare fuori dal finestrino le case che sfrecciavano velocemente andando a confondersi col passato che mi stavo lasciando alle spalle.
Fu guardando quelle abitazioni e ascoltando le canzoni che passavano alla radio che mi addormentai.
Mi svegliai un paio d’ore dopo quando fuori c’era già la luna ad illuminare quella notte.
“Siamo quasi arrivati tesoro”
Ci misi un po’ a mettere a fuoco il paesaggio fuori poiché tutto era buio ma non i sembrava poi così differente da quello di casa mia.
Magari in questo modo mi sarei ambientata più facilmente. Mi piaceva essere ottimista.
Raggiungemmo la casa dell’amico di mio padre, mi risultava difficile pensarla come casa mia, che erano ormai le dieci di sera passate. Avevamo viaggiato per tutto il giorno e quello di cui avevo bisogno in questo momento era un bel letto dove sprofondare.
Il sonnellino in macchina non mi era bastato.
“Eccoci arrivati” esordì mio padre col sorriso stampato in faccia anche se dal suo volto si vedeva tutto il bisogno che aveva di riposare.
Scesi dall’auto con zero voglia di metter piede in quella casa, che più che casa sembrava una villa in pieno stile hollywoodiano.
Se questo era l’effetto che faceva al buio figuriamoci alla luce del giorno!
Avevamo lasciato l’auto fuori dal cancello che si era subito aperto non appena citofonammo.
Percorremmo un lungo vialetto di ciottoli con affianco siepi di cui non riuscivo ad identificarne il tipo per la scarsa luce.
Un piccolo portico riparava l’ingresso della casa.
Non avevamo nemmeno poggiato il piede sulla soglia che la porta si spalancò lasciando uscire un signore di bassa statura e con una calvizie prominente che si gettò letteralmente tra le braccia di mio padre.
“Simon, amico mio! Che bello rivederti, era da troppo che non ci vedevamo, dalla riunione degli ex alunni tre anni fa!”
“Ciao Carl, anche per me è un piacere rivederti” e si abbracciarono allegramente.
“E questa ragazza deve essere Spencer. Ragazza mia lasciatelo dire sei proprio una bella signorina!” arrossii e ringraziai mentalmente la fioca luce che riusciva a nasconderlo.
“Grazie Mr. Smith, è un piacere per me conoscerla” sorrisi porgendogli la mano che lui rifiutò poiché mi cinse tra le sue braccia.
“Suvvia lascia perdere tutte queste formalità e chiamami semplicemente Carl. Ora entriamo che dentro sono impazienti di conoscervi”
Detto questo entrammo e ci ritrovammo in un immenso salone luminoso, vi erano persino delle candele sulle mensole che creavano un’atmosfera di pace e ospitalità.
Appena ci vide la signora Smith che era seduta sul divano si alzò e ci accolse con un sorriso caldo e accogliente.
“Tu devi essere Spencer!” urlò a momenti mentre mi stritolava nella morsa delle sue braccia.
C’era un qualche tipo di fissa per gli abbracci da lasciare, letteralmente, senza respiro in quella casa?
“Sono così felice che tu sia arrivata, ci voleva proprio un’altra femmina in questa casa di maschi nullafacenti”
“Nullafacenti a chi mamma?” disse il ragazzo che era appena entrato nella sala da una stanza laterale.
Era davvero un bel ragazzo: capelli neri, occhi verdi e fisico da atleta. Sì, proprio un bel ragazzo.
“Piacere io sono David” si rivolse a mio padre porgendogli la mano.
Chissà se anche lui aveva la fissa per gli abbracci stritolanti...
“Piacere Spencer” sorrisi e fece anche lui di rimando.
Era anche gentile; magari il soggiorno in questa casa non sarebbe stato poi così male.
“Ma il piccolo di casa dov’è?” chiese mio padre a Lydia, la signora Smith.
“L’ho mandato a dormire perché si stava facendo troppo tardi ma di certo domani non vi darà pace curioso com’è” e ridemmo tutti alla sua affermazione.
“Spencer, immagino che tu sia stanca, se vuoi ti mostro dov’è la tua stanza” si offrì David prendendo la mia valigia. Acconsentì e lo seguì su per e scale finché non si fermò in fondo al corridoio di fronte a quella che sarebbe stata la mia camera.
Entrai e un forte rosa shocking mi colpì immediatamente.
Passi per l’eccentrico colore delle pareti la camera non era niente male: un letto a una piazza e mezza, una scrivania dal lato opposto affiancata da un armadio doppio a parete. Molto carina.
“Spero che la stanza ti piaccia” mi disse alle spalle David.
Stavo per voltarmi e ringraziarlo quando il colpo secco della valigia che toccò il pavimento mi colse di sorpresa.
Mi voltai di scatto vendendo…un altro David?
Mi si avvicinò, scuro in volto e con un ghigno sadico che non prometteva nulla di buono.
“Stammi a sentire ragazzina. Potrai aver abbindolato i miei genitori col tuo faccino da angioletto ma non l’hai di certo data a bere a me”
Deglutì non sapendo dove volesse andare a parare con quel suo discorso senza senso ma iniziava a inquietarmi.
“Tu qui sei solo un’intrusa, un’approfittatrice quindi non provare nemmeno a pensare di fare di testa tua perché, in questa casa, tu non sei nessuno.  Perciò patti chiari e…no, nessuna amicizia. Guardati bene le spalle” disse infine mentre si richiudeva la porta dietro di sé.
Forse mi ero sbilanciata un po’ troppo presto e la mia permanenza qui sarebbe stata tutt’altro che tranquilla.




SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti!
Pubblico questa nuova storia a cui tengo molto e mi piacerebbe davvero tanto sapere cosa ne pensate con una recensione.
Non vi chiedo molto, semplicemente di perdere pochi attimi del vostro tempo per rendere felice questa pazza ragazza cche ha bisogno del vostro supporto.
Al prossimo capitolo
Ale

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


CAPITOLO 2
 


Stavo dormendo tranquillamente nel mio nuovo letto quando sentii qualcosa di fastidioso posarsi sul mio naso.
Cercai si scacciarlo con la mano e mi voltai dall’altro lato portandomi le coperte sopra la testa.
Sentii una leggera risata provenire alle mie spalle ma poteva benissimo essere che avessi immaginato tutto.
Ma quella cosa continuava a infastidirmi, adesso continuava a tocchicciare la mia schiena.
Cosa cavolo era?!
Mi voltai di scatto e aprii gli occhi.
Urlai per lo spavento.
Un bambino, più che altro la sua faccia, mi fissava con un sorrisone prima di scoppiare a ridere.
Chi era? Cosa ci faceva nella mia stanza? Aiuto!
 “Sei proprio buffa!” disse indicando la mia faccia e continuando a ridere fino a rotolarsi sul
pavimento.
“Chi sei?” domandai cercando di dare una sistemata ai miei capelli che sicuramente non sarebbero stati un bello spettacolo, soprattutto di prima mattina. Al diavolo chi dice che i ricci sono così belli e sexy. Ti fanno passare le pene dell’inferno con i nodi che si formano.
Il bambino nel frattempo si era seduto a gambe incrociate fissandomi curioso.
“Io sono Tom, il tuo nuovo fratellino” disse tutto raggiante mentre si alzava e mi veniva ad abbracciare.
Un attimo..fratellino?! Avevo capito bene?!
“Fr-fratellino?” domandai confusa.
“Certo! Tu adesso vivrai qui quindi è come se fossi mia sorella…sarai la mia sorellona, vero?” mi chiese con gli occhioni dolce e il labbro inferiore all’infuori.
E ora cosa dovevo dire…
“Ah Tom sei qua, non dirmi che hai svegliato Spencer! Ha fatto un viaggio lungo e ha bisogno di riposare” lo richiamò sua madre ma lui non le dava retta, continuava a guardarmi aspettando una risposta.
“Ehm..veramente ero già sveglia Lydia” mentii, non volevo far passare dei guai al piccolo.
“D’accordo, allora quando sei pronta ti aspetto giù che la colazione è pronta. Su Tom andiamo giù ad aspettare Spencer”
Il piccolo si spostò da me e, rivolgendomi un ultimo sorriso, raggiunse la madre al piano da basso.
Rimasta sola mi rigettai a peso morto sul letto.
Guardai il soffitto e ripensai a quanto accaduto: mi ero appena trasferita a casa di un amico di mio padre di cui non conoscevo l’esistenza, mio padre per giunta non sarebbe rimasto per il suo lavoro e i figli di coloro che mi ospitavano soffriva di disturbi della personalità perché prima faceva l’amicone davanti ai genitori e poi, quando rimaneva da solo con me, mi diceva che ero solo un’approfittatrice.
Dimenticavo qualcosa? Ah, sì, il membro più piccolo della famiglia, oltre a farmi prendere un mezzo infarto la mattina, mi reputava già sua sorella.
Direi che non si poteva che sorridere di fronte alla mia immensa fortuna.
Mi tirai giù dal letto e andai in bagno per rendermi un minimo presentabile.
A quanto pare la mia fortuna non aveva fine perché appena arrivata di fronte al bagno la porta si spalancò beccandomi in pieno la faccia.
“Dovresti guardare dove vai, ragazzina” disse il membro più simpatico della famiglia.
“E tu dovresti evitare di aprire con questa foga le porte, idiota” risposi.
“Questa è casa mia e faccio come mi pare quindi fai attenzione la prossima volta” disse a un soffio dal mio naso col tono più minaccioso che avesse per poi scendere da basso.
Sbuffai, esasperata. Un inizio migliore della giornata non potevo proprio averlo.
Mi sciacquai il viso e diedi un’occhiata ai danni provocatomi dall’imbecille.
A parte il naso dolorante non c’erano segni della botta e questo era un bene, seppur in minima parte.
“Forze e coraggio Spencer, è solo il primo giorno, fai un bel sorriso!” cercai di infondermi un po’ di coraggio per affrontare quello che mi sarebbe aspettato da quel momento in avanti.
Scesi al piano di sotto e salutai tutti che erano già seduti intorno al tavolo a fare colazione.
Mi sedetti tra mio padre e Tom che si era illuminato vedendomi entrare.
“Vuoi assaggiare i miei cereali?” mi chiesi offrendomi la sua scatola di Coco Pops.
Sorrisi e me ne versai un po’ nella ciotola.
“Allora, Spencer, che ne dici di fare un giro della città oggi? David potrebbe accompagnarti, che dici tesoro?” si rivolse Lydia al figlio.
Per poco non mi strozzai con i cereali.
Passare la giornata da sola con lui mi faceva sentire in ansia, mi metteva a disagio l’idea di stare da sola con lui. Chissà cosa avrebbe potuto fare, o farmi.
“N-non c’è problema Lydia, p-posso fare benissimo da sola” mi affrettai a dire prima che lui rispondesse.
“Oh ma per me non ci sarebbe nessun problema, anzi mi farebbe molto piacere, potrei presentarti i miei amici” sorrise, malignamente, David ma forse l’avevo notato solo io.
“Oh tesoro sarebbe perfetto!” disse tutta contenta sua madre e fui costretta a fare un sorriso tirato.
Cosa aspettarmi da quella giornata?
 
 

“Ma’ noi usciamo!” urlò dalla porta David mentre io fuori aspettavo quello che ne sarebbe stato di me una volta rimasta da sola con lui.
“Ok, divertitevi e a casa per le sette” fu la sua risposta.
Le sette?! E cosa avrei fatto per tutto quel tempo con lui! Avevo paura al solo pensiero.
“Muoviti” disse, a denti stretti, e lo seguì in silenzio per il tragitto.
Continuavamo a camminare e io mi guardavo bene di stare dietro di lui, a debita distanza.
Stavo guardando i miei piedi che non mi ero accorta che si fosse fermato e gli finii contro.
“Ma allora sei svampita di natura eh!” disse subito, simpatico come suo solito.
Guardai in aria, seccata, di certo non mi sarei scusata a un imbecille come lui.
“Senti le cose stanno così. Io adesso vado laggiù dai miei amici e non pensare di seguirmi, non voglio farmi vedere in giro con una come te” sorrise lo stronzo.
“Ma si può sapere chi ti credi di essere!” sbottai, non ce la facevo più a stare con uno come lui.
“Sicuramente uno migliore di te ragazzia, quindi fatti un bel giretto da sola e torna a casa in orario, non ho voglia di sorbirmi la solita ramanzina di mia madre, chiaro?”
“E se invece facessi tardi?” lo sfidai alzando lo sguardo.
“Beh, sei tu che devi adattarti al mio stile di vita che non è conosciuto come uno dei migliori quindi…a te la scelta” rispose per poi avvicinarsi al mio orecchio.
“Sappi che sono un tipo vendicativo” sussurrò prima di andarsene.
Lo vidi raggiungere sull’altro lato della strada i suoi amici e scambiarsi il cinque come se niente fosse.
Ero davvero tentata di andare lì e tirargli una cinquina di quelle che si sarebbe ricordato per il resto della sua vita, mi aveva davvero fatto venire un diavolo per capello.
Ma io ero superiore quindi iniziai a camminare dal lato opposto al suo osservando attentamente quello che mi circondava per non perdere l’orientamento.
Fortunatamente mi ero portata dietro l’Ipod con la musica così riuscii a distrarmi e a non pensare a quello sgorbio.
Passai così la mattinata e il primo pomeriggio fra vetrine e bancarelle per ammazzare il tempo.
A pranzo mi ero fermata in un piccolo cafè ad angolo davvero carino dove potei rivedere un po’ di gentilezza, una rarità da quelle parti.
Si erano fatte le tre ormai e i miei piedi chiedevano pietà così decisi di raggiungere la spiaggia li vicino e di rilassarmi sulla sabbia.
Dove abitavo prima bisognava prendere la macchina se voleva andare al mare mentre adesso ce l’avevo a pochi minuti da casa.
Ho sempre amato il mare, durante l’estate quando ero piccola i miei genitori mi ci portavano sempre e mi divertivo un mondo a costruire castelli, a fare il morto che galleggiava e a cercare conchiglie sul bagnasciuga.
Guardai l’orizzonte e vidi quell’immensa distesa azzurra che circondava ogni cosa. In lontananza vedevo dei surfisti in cerca dell’onda migliore da cavalcare.
Non li avevo mai visti dal vivo, solo alla tv.
“Ti piace quello che vedi?” mi chiese un ragazzo seduto vicino a me di cui non mi ero nemmeno accorta.
“Non li avevo mai visti da vicino. Sembra fantastico” dissi col sorriso sulle labbra.
“Oh lo è, davvero” mi sorrise di rimando.
Si era avvicinato e vidi che indossava la muta mentre alle sue spalle c’era quella che ritenni la sua tavola da surf.
“Perché non sei in acqua con gli altri?” domandai
Si passò una mano fra i capelli biondi e mi sorrise.
“Perché ho visto una bella ragazza tutta sola e ho preferito farle compagnia” e mi fece l’occhiolino.
Arrossii, inevitabilmente, ma non mi facevo abbindolare dal primo che mi faceva un complimento.
“E cosa ti fa credere che cercassi compagnia?” chiesi iniziando a giocare, in fondo sembrava simpatico il ragazzo.
“Il fatto che sei venuta in spiaggia, da sola, e per di più vestita” rispose con ovvietà.
In effetti non aveva tutti i torti; guardandomi attorno vedevo solo gruppi di persone tutte in costume ridere e scherzare fra di loro.
“Hai ragione ma anche te sei tutto solo o sbaglio?” non vedevo nessuno vicino a lui o che lo cercasse con lo sguardo.
“Ma io non sono solo! Ci sono la mia tavola e le mie onde con me e poi…ci sei tu” rise e io insieme a lui.
Così passai il resto del pomeriggio a parlare con Jason, il surfista biondo, davvero molto simpatico.
Gli raccontai del trasferimento, della mia vecchia città, dei miei vecchi amici mentre lui mi ascoltava bloccandomi per dire la sua qualche volta.
“Come fa a non piacerti il cioccolato al latte! Ragazza mia sei davvero strana” ridemmo.
Di lui avevo scoperto che aveva la mia età, che il suo sogno era viaggiare e fare surf in tutti e tre gli oceani, che odiava i  cartoni della Disney perché era costretto a vederli con la sua sorellina.
Intanto il tempo passava finché non mi resi conto che quasi tutti se ne erano andati.
Controllai l’orario e quasi mi venne un colpo: le sette e venti.
Dovevo sbrigarmi se non volevo fare ancora più tardi.
Mi alzai velocemente prendendo la borsa.
Salutai velocemente Jason e mi avviai in strada solo che…non sapevo da che parte andare!
Cavoli, questa non ci voleva proprio.
Sussultai quando sentii una mano posarsi sulla mia spalla.
“Ehi, non volevo spaventarti!” mi sorrise mentre cercavo di calmarmi.
“Scusa, Jason è che sto andando nel panico. Non mi ricordo più da che parte devo andare, sono già in ritardo e come se non bastasse appena arrivo a casa quello la mi…”
“Frena, frena, frena. Respira” mi bloccò prima che finissi la frase.
“Se vuoi posso darti un passaggio io con la mia auto se ti ricordi l’indirizzo”.
Sorrisi riconoscente e lo seguii alla sua auto.
Il tragitto fu breve e Jason mi spiegò anche come avrei fatto ad arrivare a casa a piedi per la prossima volta.
“Grazie mille per il passaggio Jason, non so come avrei fatto senza di te davvero” lo ringraziai e scesi dall’auto ma mi chiamò dal finestrino.
“Che ne dici se ci vedessimo uno di questi giorni, tanto per conoscerci meglio?” mi chiese.
Mi sarebbe davvero piaciuto rivederlo ma con il trasferimento e tutte queste novità al momento non avevo molto tempo per pensare a queste cose.
“Mi piacerebbe ma prima di uscire con qualcuno dovrei almeno sistemarmi”  cercai di scusarmi e lui sembrò capire le mie perplessità.
Mi disse che se fossi tornata alla spiaggia sicuramente ci saremmo rivisti e se ne andò.
Mi voltai e entrai nel vialetto.
Non feci nemmeno in tempo ad aprire la porta di casa che questa si era già spalancata mostrando un David più incazzato che mai.
Mandai giù un groppo ed entrai aspettandomi di tutto da quella serata.




SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutti!! Eccomi di nuovo col secondo capitolo della storia.
So che siamo solo agli inizi ma mi farebbe davvero piacere che mi diceste la vostra su quello che pensate della storia, ci tengo davvero molto.
Quindi tutti a recensire!!! :) Ahahahaha
Coomunque ringrazio le persone che hanno messo la storia fra le ricordate, seguite e preferite, mi avete regalato un sorriso.
Al prossimo capitolo
Bacioni
Ale

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


CAPITOLO 3
 


“Dove eri finita Spencer, eravamo così preoccupati!” disse subito Lydia abbracciandomi.
In effetti ero in ritardo di quasi un’ora e non avevo avvisato nessuno.
“La prossima volta vedi di non allontanarti mai da David sono stato chiaro?” mi rimproverò mio padre.
Guardai David  nella speranza di un aiuto, non sapevo cosa avesse detto ai suoi ma dal suo sguardo si capiva che avrei dovuto arrangiarmi da sola.
“Scusa papà, mi ero distratta guardando le vetrine dei negozi” sorrisi, cercando di sembrare convincente e tutti sembrarono cascarci. Quasi tutti.
“E da quando le vetrine dei negozi sono bionde e fanno surf?” domandò David facendo saltare il mio piano. Perché diamine non era rimasto zitto, cavoli.
“Come prego?” chiese mio padre allo spione in cerca di delucidazioni.
Col suo solito ghigno si affrettò a rispondere mandandomi ancora più in bestia.
“Le avevo detto di aspettarmi davanti al negozio mentre andavo a chiamare i miei amici per presentarglieli ma quando sono tornato l’ho trovata in compagnia di quel ragazzo e mi ha detto di lasciarla sola con lui” si giustificò quello spregevole.
“Che cosa?!” disse mio padre.
“Figliolo, e tu l’hai lasciata da sola con uno sconosciuto?” chiese Carl.
“Certo che no! Da bravo ragazzo gli ho detto di lasciarlo perdere e di rimanere con me e gli altri ma, se mi permetti Simon, tua figlia è davvero cocciuta e non ha voluto sentire ragioni. È salita in macchina con quel tipo e l’ho persa di vista”
Razza di..stronzo!
Si stava inventando tutto l’idiota per passare dalla parte del dolce e tenero figlioletto quando quello che se ne era andato lasciandomi da sola era stato proprio lui!
Ah, ma se credeva che rimanessi zitta zitta a subire si sbagliava di grosso.
“È vero quello che dice Spencer?” mi chiese Lydia preoccupata.
“Beh..veramente non è andata proprio così”
Adesso te l’avrei fatta pagare David. Infatti lui mi fissò confuso, non sapeva dove volessi andare a parare.
“Ah no? E sentiamo allora come è andata e non prendermi in giro ragazza mia” mio padre stava perdendo la pazienza.
È sempre stato protettivo nei miei confronti quindi l’idea che sua figlia fosse salita in macchina con uno sconosciuto l’infastidiva, e parecchio anche.
“È vero, David mi aveva detto di aspettarlo solo che non lo vedevo più tornare. Se ne era andato via da parecchio tempo così sono andata a sedermi su una panchina li vicino. È arrivato questo ragazzo e abbiamo iniziato a chiacchierare, mi ha detto che l’aveva mandato David perché lui si era fermato a fare la conoscenza di due tipe. Poi quando li abbiamo raggiunti David ha detto che aveva trovato di meglio da fare e aveva detto che il giro della città poteva farmelo fare Jason, il suo amico. Per questo sono andata via con lui, sapevo che David lo conosceva e potevo fidarmi e di certo non volevo dargli fastidio con le sue conquiste. Dico bene David?” lo guardai, sorridendo vittoriosa.
Lui sembrava stupito, non credeva che potessi rigirare il tutto a mio favore.
Se la sua vendetta consisteva in questo devo ammettere che non gli sia riuscita tanto bene, proprio per nulla direi.
“David! Ma come ti sei permesso! Credevo fossi diverso dagli altri ragazzi che hanno solo le ragazze per la testa, non me l’aspettavo proprio da te. Sono scioccata, lasciare questa cara ragazza da sola”
“Ma mamma veramente io..”
“No, tu hai già detto fin troppo, adesso andiamo a mangiare”
Così ci sedemmo tutti attorno al tavolo e i nostri genitori cominciarono a parlare di politica ponendo fine al discorso di prima.
Per tutta la durata della cena rimasi in silenzio, a capo chino, perché di fronte a me David mi stava incenerendo con gli occhi.
Non doveva aver preso bene il mio intervento e sicuramente me l’avrebbe fatta pagare ma per il momento mi gustavo il sapore di questa prima vittoria.
Dopo il dolce aiutai Lydia a sparecchiare ma mi disse di non preoccuparmi, che ci avrebbe pensato suo figlio per farsi perdonare.
Sorrisi e guardai divertita il volto dell’idiota quando ricevette la notizia. Dentro di me ridevo come una pazza.
“Ehi Spencer ti va di giocare con me?” mi chiese il piccolo Tom.
“Ma certo!” probabilmente se avessi passato il mio tempo con Tom il fratello non sarebbe venuto a disturbarmi.
Quanto mi sbagliavo.
“Scusami fratellino ma te la rubo per un attimo” disse prima di prendermi per il braccio e trascinarmi in camera sua.
Appena entrai mi spinse contro la porta bloccandomi con il suo corpo.
“Ti sei divertita a prenderti gioco di me vero?” mi domandò.
Era scocciato, lo si capiva benissimo dal suo tono.
“Sai com’è, dovevo pur difendermi in qualche modo” risposi cercando di togliermi da quella scomoda posizione. Ma ogni tentativo fu vano perché mi prese per i polsi bloccando ogni mia mossa.
“Ti ho già detto che tu qui non sei nessuno perciò evita di darmi noie la prossima volta perché non sarò così remissivo nei tuoi confronti” detto questo sul suo volto ricomparse quel sorrisetto sadico che tanto mi infastidiva.
“Dovrei prenderla come una minaccia?”
“Prendila come ti pare ma stammi alla larga, ti è chiaro?”
“Chiarissimo” sibilai e mi liberai finalmente dalla sua presa.
“Ah un’ultima cosa” mi disse prima che uscissi dalla sua stanza.
“Salutami Jason la prossima volta che lo vedi” e rise.
Uscii sbattendo la porta, non mi importava se si fosse rotta.
Andai in camera mia e mi gettai sul letto affondando la faccia nel cuscino e urlai.
Poco dopo entrò Tom e mi chiese se avevo ancora voglia di giocare con lui.
Gli dissi di sì e ci mettemmo a colorare dei disegni da un suo album.
Perché suo fratello non poteva essere carino e dolce come lui?  Ok che è un bambino di sette anni e a quella età tutti sono teneri, ma perché suo fratello, sangue del suo sangue, doveva essere così…così fastidioso davvero non riuscivo a capirlo.
Io e Tom colorammo tutta la sera ridendo e scherzando e per poco non mi saltò addosso quando gli dissi che mi sarebbe piaciuto essere la sua sorellona.
Era davvero un tesoro quel bambino e fu solo grazie a lui se riuscii ad addormentarmi senza pensare allo sgorbio nella stanza affianco.
 
 
“Pronta per il tuo primo giorno di scuola?” mi chiese aprendo le tende della mia camera Lydia.
“Mmm dovrei?” mugugnai mentre mi stiracchiavo sul mio letto.
“Ma certo, tesoro, vedrai che ti divertirai un mondo e farai un sacco di amicizie”
Sorrisi, mi ricordò mia mamma quando mi buttò giù dal letto il mio primo giorno di scuola alle elementari.
Dovevo ancora abituarmi all’idea di vivere in una casa con un’altra presenza femminile così grande. Per dieci anni eravamo sempre stati solo io e il mio papà e adesso mi ritrovavo con un’altra famiglia quasi.
“Forza e coraggio cara. Ti ho preparato la colazione”
Andai in bagno a farmi una veloce doccia e ringraziai per non aver incontrato nessuno sul mio cammino.
Optai per un semplice jeans e una canotta e scesi a mangiare.
Al tavolo erano seduti mio padre che leggeva il giornale e David intento a divorare la sua brioche. Tom era ancora a letto perché la sua scuola iniziava più tardi mentre Carl doveva già essere andato al lavoro, Lydia invece indossava già il camice da infermiera pronta per uscire.
“Buongiorno” salutai ricevendo un bacio da mio padre e un grugnito dall’animale.
“Pronta per la scuola piccola?” mi chiese mio padre mettendo da parte il giornale e prestandomi tutta la sua attenzione.
“Ah ah” dissi mentre mi versavo il latte nei cereali.
“Se fate in fretta riesco ad accompagnarvi io in auto” ci disse Lydia.
“Come mai questa offerta mamma? Da quando vado a scuola non mi hai mai portato in auto” disse David senza mostrare un minimo di riconoscenza.
“Ma tesoro tu conosci bene la strada e Spencer invece no, mi sembra giusto che il primo giorno la accompagni per farle vedere dove andare. Sai, non vorrei che rimanesse sola perché devi andare da qualche ragazza”
Ahia, frecciatina.
In quel momento Lydia era diventata il mio idolo.
David infatti sbuffò in tutta risposta e andò di sopra.
Finii i miei cereali, presi la mia borsa con lo stretto necessario per quel primo giorno e raggiunsi Lydia e suo figlio, già seduto davanti, in auto.
La strada per arrivare a scuola non era poi così complicata, l’avevo già memorizzata.
Appena arrivammo David scese velocemente dall’auto e andò a raggiungere il suo gruppo di amici mentre Lydia mi abbracciò forte e mi augurò buona giornata.
Coraggio Spencer, prendi un bel respiro e vedrai che la giornata finirà presto cercai di ripetermi mentre attraversavo i corridoi tutti gremiti di ragazzi.
Raggiunsi la segreteria non sapevo nemmeno io come e mi feci dare l’elenco delle lezioni.
Matematica in prima ora, perfetto non sarebbe stato un problema visto che nella mia vecchia scuola ero un asso nelle materie scientifiche.
Nella foga che aveva creato il suono della campanella nemmeno mi accorsi di essere andata contro un ragazzo e di aver fatto cadere tutti i fogli che aveva con sé.
“M-mi dispiace un sacco, non ti ho proprio visto scusa” gli diedi una mano a tirarsi su e per poco non mi venne un colpo quando lo riconobbi.
“Jason?”
“Ehi Spencer, anche tu frequenti questa scuola?” mi chiese regalandomi un enorme sorriso che mostrava una fila perfetta di denti bianchissimi.
“Ehm già, oggi è il mio primo giorno” dissi un po’ timida ma lui mi prese sotto braccio e mi portò nell’aula dove avrei avuto la mia prima lezione.
“Eccoci arrivati, aula B22, se hai bisogno di aiuto non esitare a chiamarmi anzi ti lascio il mio numero così è più facile.
Sorrisi mentre mi scriveva le nove cifre sul foglietto con le lezioni.
“Che dire Spencer, direi che questo è un segno del destino” e con un ultimo occhiolino mi salutò ed io entrai pronta ad incominciare il mio primo giorno di scuola.



ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!!
Eccomi di nuovo con un nuovo capitolo, finalmente stiamo entrando nel vivo della storia quindi fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, mi farebbe davvero piacere.
Ringrazio Blu_River per aver recensito i precedenti capitolo, grazie mille!!!
Spero che in questo capitolo lasciate in molti un vostro commento
Bacione
Ale

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


CAPITOLO 4
 




Appena entrai notai che tutti gli sguardi degli altri studenti erano puntati su di me.
La lezione era già cominciata infatti il professore stava in piedi davanti alla cattedra.
“Salve, lei deve essere la signorina Brown, giusto?”
Feci sì con la testa mentre osservavo i volti dei miei nuovi compagni di classe.
Chissà se avrei fatto amicizia con qualcuno di loro.
“Prego si accomodi pure in quel posto vuoto”
Mi andai a sedere nell’unico banco libero vicino a una ragazza dai capelli rossi tinti. Aveva un viso dolce con diverse efelidi sparse che la facevano sembrare una ragazzina.
“Piacere mi chiamo Claire” si presentò quando presi posto.
“Spencer” risposi con una stretta di mano e un sorriso sul volto.
Il resto delle lezioni prestai attenzione ai professori e a quanto stavano spiegando distraendomi ogni tanto per approfondire la conoscenza della mia vicina che a sua volta ricambiava la curiosità nei miei confronti.
“Davvero ti piace giocare a pallavolo?” mi chiese mentre sistemavamo i libri finita la lezione di letteratura.
“Sì, prima di trasferirmi giocavo nella squadra della scuola” spiegai mentre mi accompagnava al mio armadietto.
Adesso c’era la pausa pranzo e tutti gli studenti si affrettavano a raggiungere la mensa per trovare un tavolo libero.
“Wow, io con gli sport invece sono un’impedita. Non fanno proprio per me. Il professor Gomez mi richiama sempre per le mie “scarse doti mobili”” mimò le virgolette ripetendo quello che il professore diceva sulla sua preparazione.
Ridemmo entrambe ed entrammo in mensa.
Si potevano distinguere chiaramente i vari gruppi di ragazzi seduti a mangiare: c’era il tavolo dei giocatori di football stranamente vicino a quello delle cheerleader, un gruppo di punkettari seduti nell’angolo e di fronte a loro quello che identificai come il tavolo degli studiosi visto che stavano tutti ripassando coi libri aperti sul vassoio.
Poi vidi lui.
David era seduto in un tavolo al centro della mensa circondato da un gruppo che presupposi fosse dei suoi amici ma non riconobbi nessuno visto che il giorno prima non mi erano sati presentati.
Ben lungi dall’avvicinarmi per chiedergli di mangiare insieme scrutai la sala alla ricerca di Jason sperando di poter mangiare in sua compagnia ma non lo vidi.
“Senti Claire è un problema se mangio con te?” chiesi timidamente sperando di non ricevere un rifiuto come risposta.
“Che domande fai, certo! D’altronde siamo amiche adesso” disse facendomi l’occhiolino e io non potei che sorridere.
Mi ero appena fatta un’amica ed ero felicissima.
La seguii fino al tavolo dove erano già seduti i suoi amici e per mia grande sfortuna si trovava vicino a quello dell’idiota.
Speravo non si accorgesse della mia presenza perché non volevo farmi rovinare la giornata dai suoi modi scortesi.
“Amici questa è Spencer, la nuova arrivata nonché mia compagna di banco nonché nuova amica. Su da bravi dite “Ciao Spencer”
“Ciao Spencer” dissero i ragazzi seduti al tavolo per poi scoppiare a ridere, me compresa.
Gli amici di Claire si presentarono e mi sembrarono sin da subito molto simpatici.
Sophie era alta bionda con qualche curvetta che rendeva più armonico il suo corpo slanciato, Jenna invece era mora come me ma liscia e con gli occhi verdi, la solita bella da mozzare il fiato, ma mi era sembrata una con la testa sulle spalle, difficile da abbindolare.
Infine Tobias, unico ragazzo del gruppo, piuttosto gracilino ma dal gran cuore, infatti con lui legai immediatamente anche perché scoprii che aveva la parlantina facile.
Parlammo del più e del meno per tutta la pausa pranzo, mi fecero domande di ogni genere e non mi esclusero mai dai loro discorsi. Anzi, mi aggiornarono su tutto quello che c‘era da sapere li a scuola in materia di gossip.
Per essere la nuova arrivata sapevo già più cose di un normale studente.
“Allora..” iniziò Sophie rivolta verso di me “come mai David sonoilpiùfigodellascuola continua a fissarti da quando ti sei seduta?” disse alzando il sopracciglio e mostrando un sorrisetto furbo.
Tossii più volte colta all’improvviso dalla sua domanda ma non volli girarmi per trovare la conferma alle sue parole.
Cosa dovevo dirle? Che abitavo da lui a tempo indeterminato? Lui cosa aveva detto in giro?
Mi limitai a una scrollata di spalle fingendo indifferenza così passammo ad un altro discorso continuando a sentire il suo sguardo sulla mia schiena.
All’improvviso qualcosa volò nel purè di Claire schizzandole in faccia.
“Ma sei deficiente?!” urlò rivolta al tavolo alle mie spalle dove sapevo perfettamente chi vi era seduto.
“Che devo dire, a quanto pare attiri wurstel rossa” disse ridendo come gli altri uno degli amici di David.
Ma si poteva essere così infantili da giocare con il cibo.
Jenna tenne Claire ferma per la maglietta altrimenti nessuno l’avrebbe fermata da andare da quel troglodita a spaccargli la faccia.
Evidentemente Jenna doveva aver sottovalutato la forza di una ragazza umiliata davanti a tutti perché con uno strattone Claire partì contro il tavolo dei ragazzi imprecando contro la loro immaturità.
Io non sapevo cosa fare, dove andare, ma sapevo che dovevo aiutare la mia amica.
Mi alzai e cercai di separarla dal petto di Brad, l’amico del cafone.
“Dai Claire andiamo, è inutile perdere tempo con imbecilli del genere” feci per trascinarla via quando un ragazzo ormai troppo familiare mi si piazzò di fronte.
“Maccome Brown te ne vai di già, non ti facevo una senza palle” sorrise lo stronzo.
Da persona matura quale avrei dovuto essere, sarei dovuta andare via senza abbassarmi al suo livello…ma quello mi aveva definita una senza palle e non glielo avrei perdonato.
“Non sono una senza palle, caro il mio David, come ben sai. Semplicemente trovo inutile stare a parlare a dei senza cervello come voi”
Dalla mensa si alzarono degli "ohh" e dei “tosta la ragazza” ma non mi importava. Avevo detto quello che pensavo.
“Zuccherino, farei attenzione a come parli qui, non sempre riesci a rigirarti le persone in tuo favore” disse minaccioso. Probabilmente gli rosicava ancora che l’avessi avuta vinta con i suoi genitori.
“Primo, zuccherino a me non chiami, secondo, dico quello che penso e ti conviene farci l’abitudine”
“Urca come siamo acide qui, sei mestruata per caso?”
Basta era troppo, oramai ci vedevo rosso, doveva smetterla una volta per tutte.
Presi la torta che c’era sul suo vassoio e approfittando del momento in cui rideva alla sua uscita gliela spiaccicai in faccia.
“Vediamo se cosi ti addolcisci di più” detto questo mi voltai e uscii dalla mensa seguita da Claire non prima di aver visto la sua faccia piena di panna incazzata nera.
Appena misi piede in cortile respirai a pieni polmoni, non pensavo di riuscire a fare una cosa del genere ma non me ne ero pentita, affatto.
“O.Mio.Dio” disse la mia amica seguita dagli altri tre.
“Ragazza sai cosa hai appena fatto?” mi disse Jenna a voce bassissima, quasi impaurita.
In effetti tutti avevano la faccia da spaventati ma non ne capivo il motivo.
“Ho fatto ciò che andava fatto, non vedo dove sia il problema” dissi risoluta incrociando le braccia sotto il petto.
Era infastidita, pensavo che mi avrebbero appoggiato perché da quanto avevo capito non erano dei fan sfegatati dei David&Co.
Il silenzio fu interrotto dalla fragorosa risata di Tobias.
“Tu..ragazza..se fossi etero..giuro uscirei con te” disse fra una risata e l’altra.
Quando si riprese fece un respiro profondo e ricominciò a parlare.
“Sei stata una grande, non sai da quanto tempo aspettavo che qualcuno lo trattasse come si merita. Hai tutta la mia stima, davvero, e conta pure su di me” concluse.
“Contare su di te per cosa?” chiesi io, confusa.
“Tesoro, nessuno umilia mai David Smith in quel modo. Sappi che da adesso in avanti te la farà pagare cara” mi informò Sophia dispiaciuta.
Ero preoccupata, non volevo di certo avere problemi, soprattutto con lui visto che ci dovevo vivere assieme. Ma se l’era meritata anche se il prezzo più caro l’avrei pagato io.
“Non ti preoccupare, Spens, ci saremo noi con te” mi rassicurò Claire e l’abbracciai.
Forse insieme a loro ce l’avrei fatta.
 
 



Arrivai a ccasa ma non c’era nessuno, strano di solito c’era sempre Lydia ad accogliermi all’ingresso.
Andai in cucina a prendere un bicchiere d’acqua e notai sul frigorifero un biglietto:
“Siamo andati a trovare la nonna, torniamo stasera, la cena è nel forno”
Perfetto, avevo la casa tutta per me.
La famiglia Smith era uscita e mio papà probabilmente era al lavoro.
Avevo tutto un pomeriggio da dedicare a me stessa senza pensare all’episodio di oggi a scuola. In effetti ho trovato un gran modo per farmi conoscere da subito.
Già dopo pranzo sentivo bisbigliare nei corridoi quello che era successo e quando passavo notavo gli sguardi di tutti addosso: chi mi guardava ammirato, altri con disprezzo, per lo più ragazze, ma proseguì dritta senza abbassare lo sguardo.
Era stata dura ma, come continuavo a ripetermi, se l’era meritata.
La porta che sbatté all’improvviso mi fece destare dai miei pensieri.
Forse avevo sperato troppo che tutta la famiglia Smith non fosse in casa. Quanto mi sbagliavo.
David era davanti a me, più infuriato che mai, gettò lo zaino sulla penisola con rabbia e i suoi occhi non mollavano un secondo i miei.
Inghiottì un fiotto di saliva e ressi lo sguardo, se credeva che avrei ceduto si sbagliava di grosso, aveva trovato pane per i suoi denti.
“Brown” tonò “preparati a pagarla” disse prima di avvicinarsi pericolosamente.







~ANGOLO DELLA RAGAZZA SCOMPARSA DA TROPPO TEMPO~

volevo iniziare con lo scusarmi per l'enorme, immenso, megagiga ritardo.
non voglio inventare scuse, volevo prendermi un po' di tempo per riordinare le idee perchè mi sono trovata davanti a un blocco che non sapevo come abbattere.
detto questo volevo augurare a tutti BUON ANNO!
che ne dite del capitolo? chissà cosa avrà in mente di fare David alla nostra piccola, ma agguerrita, Spencer.
fatemi sapere con una vostra recensione cosa ne pensate, per me è davvero molto importante
ancora tantissimi auguri a voi tutti

bacioni

Bradamantee

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


CAPITOLO 5
 



Non sapevo dove muovermi, i suoi occhi guardavano fissi nei miei immobilizzandomi.
Le mani cominciavano a sudare. Faceva paura. Avevo paura.
Il suo sguardo era davvero minaccioso, sembrava un predatore e io la sua preda.
Con uno scatto mi prese i polsi e mi fece indietreggiare andando a sbattere contro il frigorifero.
Provai a liberarmi, a muovere le gambe ma lui le bloccò con le sue.
Il suo corpo mi teneva intrappolata e la vicinanza non mi piaceva.
“Sai, dovrei proprio darti una lezione così capisci una volta per tutte chi comanda qui, a casa, a scuola, ovunque in città”
Il tono era freddo, glaciale quasi, tale da farmi venire i brividi lungo la schiena.
“C-cosa vuoi farmi?” il mio era un sussurro, dubitavo avesse sentito, ma il suo ghigno rivelò il contrario.
“Oh adesso vedrai” bisbigliò all’orecchio.
Accadde in un attimo.
Mi caricò di peso sulle spalle e cominciò a salire le scale.
Lo sbalzo doveva avermi fatto riprendere lucidità infatti cominciai a dimenarmi a più non posso.
Gli tirai pugni sulla schiena con tutta la forza che avevo, iniziai a graffiarlo, a morderlo, ma lui rise ad ogni mio futile tentativo di liberarmi.
“Addirittura i morsi? Non ti facevo così focosa anzi hai l’aria più della frigida”
Urlai, imprecai contro di lui, gliene tirai dietro di tutti i colori.
A un certo punto diede un calcio a una porta e mi lasciò cadere, per cui finì, ovviamente, col sedere a terra.
“Che cazzo vuoi fare?!” sbottai.
Non ce la facevo più, mi stava dando sui nervi e tutto quello che volevo io era un attimo di pace.
“Adesso te ne stai qua zitta e buona, magari così capirai chi è che comanda”
Detto questo chiuse la porta a chiave e io mi ritrovai da sola, al buio, rinchiusa nello sgabuzzino.
“Ma sei coglione?! Ma quanti anni hai, ma ti sembra?! Apri questa stramaledetta porta, cazzo!” ma il mio fu fiato sprecato perché non ricevetti nessuna risposta
Peggio di così non poteva andare.
Soffrivo di claustrofobia da quando ero piccola perché ero rimasta bloccata in ascensore per un black out.
Ricominciai a urlare e a tirare pugni alla porta mentre sentivo già le lacrime pungermi gli occhi.
In tutta risposta sentii una porta in lontananza sbattere.
Se ne era andato.
Non potevo crederci.
Mi rannicchiai in posizione fetale e misi le mani tra i capelli tirandoli leggermente.
Di riflesso iniziai a dondolare cercando di calmarmi, ma bastava che ripensassi a dove mi trovavo che l’ansia riprendeva velocemente possesso di me.
Fu in quel momento che ripensai a mia mamma.
Lei sapeva sempre come aiutarmi: per farmi calmare mi cantava sempre una ninna nanna che subito riusciva a tranquillizzarmi.
Provai a canticchiarla sperando di ottenere lo stesso effetto ma fu tutto inutile.
Le lacrime scendevano copiose sul mio volto, la vista si offuscava sempre di più e ben presto crollai senza rendermene conto.
Mamma aiutami tu.
 
 


Non sapevo dopo quanto tempo avevo riaperto gli occhi ma mi ritrovavo ancora in quel ripostiglio e non sentivo nessun rumore fuori dalla porta.
Non rimaneva che stare seduta e aspettare che tornasse qualcuno, possibilmente Lydia così, magari, si sarebbe resa conto del degenerato che aveva per figlio.
Un improvviso scatto della serratura mi fece alzare il capo.
Finalmente era tornato qualcuno.
I passi erano pesanti, trascinati a forza, di certo non potevano essere della signora Smith. Solo di una persona. Quella  persona.
Aspettai che arrivasse al piano di sopra e aprisse la porta per scaricare tutta la mia rabbia su di lui, unico colpevole del mio stato.
Infatti non appena aprì la porta mi buttai su di lui.
Il rumore dello schiaffo sulla guancia riecheggiò per il corridoio.
“Sei uno stronzo! Come hai potuto rinchiudermi là dentro, sei un’idiota, un deficiente! Fai un favore a tutti, va’ all’inferno!” continuai a urlare riempiendo il suo petto di pugni mentre le lacrime ripreso a scorrere sulle mie guance.
“Smettila di fare la ragazzina frignona, non lo sopporto” sbottò.
“E tu smettila di fare lo stronzo! Tu non hai la più pallida idea di come mi sia sentita a stare rinchiusa la dentro, sono claustrofobica cazzo!”
“Beh spero che sia servito a farti imparare la lezione” disse tranquillamente come se nulla fosse, come se non avesse capito che io li dentro avrei potuto avere un collasso.
“Vaffanculo!” gli urlai in faccia per poi entrare in camera mia e gettarmi sul letto dove ripresi a piangere inzuppando tutto il cuscino.
Per quattro ore ero rimasta chiusa in quel buco, quattro!
Non appena il pianto terminò mi addormentai ormai priva di forze.
 
 
 



A risvegliarmi fu la sveglia, segno che un nuovo straziante giorno era cominciato.
Per inerzia mi trascinai in bagno dove i segni del giorno precedente erano ben visibili sul mio volto.
I capelli erano tutti arruffati come se un uccello ci avesse fatto un nido, gli occhi erano rossi e gonfi circondati da due profonde occhiaie.
Una doccia rigenerante era quello d cui avevo bisogno.
Mi lasciai cullare dall’acqua calda che scorreva lungo il mio corpo inebriandomi di quel torpore che risvegliava il mio animo.
A destarmi dal mio momento di beatitudine furono dei ripetuti colpi alla porta.
Sapevo benissimo chi fosse ma cercavo di non pensarci.
Lentamente mi rivestii, mi asciugai i capelli e mi truccai per nascondere i segni di una notte tormentata.
Quando fui pronta feci un respiro e aprii la porta.
Lui era appoggiato al muro a braccia conserte, una posa da duro per confermare la sua immagine. Indossava dei jeans chiari strappati sul ginocchio e una T-shirt bianca con lo scollo a V. Non si poteva dire che non fosse un bel ragazzo, se non fosse per il suo atteggiamento.
“Per averci messo tutto questo tempo speravo almeno in un risultato migliore”
Lo ignorai e mi avviai in camera mia quando lui mi bloccò prendendomi il braccio.
“Hai deciso di non rivolgermi più la parola?” chiese serio.
“Non. Toccarmi” dissi a denti stretti liberando il mio braccio dalla sua presa e guardandolo cercando di trasmettergli tutto l’odio che provavo nei suoi confronti.
“Hai capito finalmente” fu tutto quello che disse prima di chiudersi in bagno.
Una lacrima sfuggì senza che me ne rendessi conto.
No, non dovevo più piangere, non per questo.
Scesi in cucina e dopo aver preso una fetta di pane e marmellata salutai tutti dicendo che avevo voglia di fare quattro passi.
Quando stavo per uscire lui entrò nella stanza ma non mi degnò di alcuno sguardo. Meglio così.
Uscii e l’aria frizzante di prima mattina mi investì appieno.
Mi era sempre piaciuto passeggiare, mi aiutava a riordinare le idee e allo stesso tempo mi distraeva da tutto ciò che mi circondava.
“Ehi Spencer!” sentii qualcuno gridare da dietro di me.
“Ciao Jason” dissi prima di venire racchiusa tra le sue possenti braccia.
Era confortevole il suo abbraccio, racchiudeva in sé tutto quello di cui avevo bisogno al momento.
“Che faccia che hai, sembri stravolta. È successo qualcosa?” chiese, realmente preoccupato.
Era bello vedere qualcuno interessarsi a come mi sentivo, ma non mi sentivo ancora pronta a confidarmi con lui, d’altronde ci eravamo appena conosciuti.
“No, non è nulla, solo un po’ di stanchezza. Devo ancora abituarmi alla routine” sorrisi per sembrare più sincera.
“Eh dimmi, non è che centra per caso quello sbruffone di un David?”
Oddio, come faceva a saperlo? Era così palese, si vedeva tanto che stavo male per quello che mi aveva fatto?
“Sai a scuola non si parla d’altro se non della nuova arrivata che ha umiliato David davanti a tutti” disse per poi scoppiare a ridere.
Senza farmi vedere tirai un sospiro i sollievo. Fortunatamente si riferiva a quello che era successo in mensa, il colpo che aveva segnato la mia rovina.
“Sei stata una grande, dico davvero, era ora che qualcuno desse una lezione a quel pallone gonfiato. E dire che un tempo eravamo amici” disse scuotendo la testa.
“E poi che è successo?” chiesi curiosa.
“Non so di preciso, penso sia stata colpa di una serie di eventi che hanno portato alla rottura della nostra amicizia, ma forse era tutta una finzione la sua. Forse non è mai stata vera la sua amicizia nei miei confronti” gli dispiaceva ancora, si vedeva che ci stava male, ma ancora non riuscivo a capire perché.
“Come mai dici così?”
“Devi sapere che lui è sempre stato invidioso di me perché ero il migliore con la tavola, vincevo sempre,e a lui questo non andava bene. Voleva essere lui il campione”
Si fermò a guardarmi e vedendo che aveva tutta la mia intenzione continuò il suo discorso.
“Un giorno fece in modo che non venissi ammesso alla gara più importante della stagione così vinse lui e ottenne il suo tanto agognato titolo di campione. Fu in quel momento che capii che per lui non valevo niente, non gli importava di me o della mia amicizia, se ne era solo approfittato. È da quel momento che penso a come vendicarmi ma so che non lo farò mai perché non ne ho il coraggio” ammise alla fine del discorso.
Non credevo che potesse essere tanto meschino e spregevole.
Credevo che ce l’avesse solo con me ma invece se la prendeva con tutti.
Ma era tempo di cambiare. era tempo che qualcuno sistemasse quel viscido farabutto e gli facesse capire che non poteva approfittarsi delle persone a suo piacimento.
“Non preoccuparti Jason, ci vendicheremo insieme”
E su questo non avevo dubbi.





~ANGOLO AUTRICE~
Rieccomi qui in perfetto orario sulla tabella di marcia questa volta!
volevo iniziare col ringraziare mariaannachiara, silvia_1990, light10 e Blu_River per aver recensito lo scoroso capitolo: grazie a tutte per le vostre belle parole mi hanno fatto davvero tanto piacere.
che dire di questo capitolo: assistiamo finalmente alla tanto aspettata vendetta del nostro amato bad boy che, devo dire, ci è andato giù pesante con la povera Spencer.
ma i colpi di scena non sono finiti qui! ahahah ho in serbo molte altre cose per questi due.
anyway, se vi sta piacendo la mia storia non posso che essernefelice e contenta.
sarebbe magnifico se qualcuna vdi voi si fermasse a lasciarmi un suo piccolo pensiero, bello o brutto che sia, riguardo alla storia.
alla prossima settimana con un altro emozionante (si spera) capitolo.
bacioni


Bradamantee

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


CAPITOLO 6
 



Quel giorno in mensa io e Jason pranzammo insieme escogitando il modo migliore e più efficace per vendicarci di quel viscido farabutto.
Ci vennero in mente numerose idee ma a noi serviva qualcosa di più forte, che gli lasciasse un segno perenne.
Da quanto mi aveva detto Jason a David piaceva molto il surf, come quasi a tutti i ragazzi della California credo, quindi quale momento migliore per attaccare se non durante la gara che ci sarebbe stata quel fine settimana?
“Secondo me potremmo distrarlo e nel mentre rubargli la tavola all’ultimo momento così perderebbe tempo a cercarla e non parteciperebbe” proposi immaginandomi già la sua faccia disperata. Un ghigno malefico si formò sul mio volto, mi sentivo molto il signor Burns dei Simpson in quel momento.
“Non credo sia una buona idea” disse Jason “potremmo anche farlo, è vero, però credo che a quel punto qualsiasi tavola, anche se non la sua, gli andrebbe bene pur di gareggiare. Io direi di puntare sulla sua persona” propose.
“Vuoi fargli del male? Tipo rompergli una gamba?” chiesi iniziando un po’ a preoccuparmi. Vada per la vendetta, ma non volevo arrivare a fargli del male fisico.
“Perché no? Così se ne starebbe buono per un bel po’” disse con una luce negli occhi che non gli avevo mai visto.
“N-non credo sia una buona idea. Pensavo più a un semplice scherzetto” ammisi.
“Un semplice scherzetto!? Non dire cavolate Spencer per favore, bisogna fargliela pagare a quello lì e non con degli stupidi giochini. Pensavo lo volessi anche tu!” urlò quasi. Fortunatamente eravamo rimasti in pochi in mensa e non attirammo troppo l’attenzione.
Lui continuava a fissarmi, con gli occhi offuscati dalla rabbia.
Non ci sarebbe andato leggero, no, ma era un prezzo che non ero disposta a pagare.
“Mi dispiace Jason, ma se tu vuoi fare in questo modo io non ci sto più. Non sono quel tipo di persona”
Detto questo mi alzai e uscì dalla mensa. Fra poco sarebbe iniziata la lezione di fisica e non volevo fare tardi.
Stavo prendendo il libri che mi servivano dall’armadietto quando l’anta di questo si chiuse con un colpo secco che mi fece spaventare.
“Cos’è adesso te la fai con Ridley? Non credevo che avessi dei gusti così pessimi in fatto di ragazzi” era sbucato dal nulla e pareva divertirsi a prendermi in giro.
“Non devi andare in classe o da qualunque altra parte invece di darmi fastidio? Cos’è adesso non riesci a stare lontano da me?” lo presi in giro a mia volta.
“Zuccherino lo so che muori dalla voglia di saltarmi addosso ma devi sapere che non sei esattamente il mio tipo. Preferisco le ragazze sexy a delle racchie come te” disse tutto tranquillo col suo solito sorrisetto.
“Vai a ‘fanculo David” feci per andarmene ma mi bloccò col suo corpo contro gli armadietti.
“Di cosa stavate parlando tu e Jason in mensa?” chiese facendosi serio.
“Non sono fatti tuoi e ora, scusami, ma devo andare in classe” cercai di spostarlo movendomi ma risultava difficile avendo le mani occupate dai libri.
“In realtà penso che mi riguardi eccome, sai mi sono giunte delle voci. Sappi che qualunque cosa abbiate in mente di fare non ci riuscirete” disse a pochi centimetri dal mio viso.
Potevo sentire il suo respiro caldo accarezzarmi la pelle e il suo profumo invadermi le narici. Mandai giù un fiotto di saliva, perché mi agitavo tanto?
“L-lasciami andare” sussurrai guardandolo negli occhi.
Da questa micro distanza si riuscivano a vedere delle pagliuzze dorate incorniciargli la pupilla rendendo il suo sguardo più affascinante…ma cosa stavo farneticando? Mi stavo rimbecillendo o cosa, basta dovevo allontanarmi. Lo sgorbio mi stava rubando tutta l’aria e avevo assolutamente bisogno di respirare.
Si allontanò velocemente, guardandomi da capo a piedi, si fermò per un tempo indefinito a fissarmi negli occhi. Mantenni lo sguardo, anche perché con qualche metro a separarci riuscivo a concentrarmi meglio, poi si voltò e se ne andò.
Perché ce l’aveva tanto con me?
Arrivai in classe giusto in tempo, ringraziai tutti i santi che il professore non era ancora arrivato e andai a sedermi vicino a Claire che mi aveva tenuto il posto.
“Si può sapere perché non arrivavi più?!” mi chiese curiosa mentre il professore stava entrando intimandoci di fare silenzio.
“Sono stata bloccata dal solito scemo”
“Ti ha assalito ancora?” mi chiese preoccupata. Da quando le avevo detto cosa mi aveva fatto David per vendicarsi della torta in faccia la sua antipatia nei confronti di quell’essere era aumentata esponenzialmente. Poi quando ha saputo che vivevamo nella stessa casa ha dato di matto e mi ha fatto le sue più sincere condoglianze
“Mi ha chiesto cosa ci facevo n mensa con Jason e di cosa avevamo discusso” dissi.
“Beh se devo essere sincera interessa molto anche a me quindi sputa il rospo” curiosa come sempre, le raccontai del nostro piano di vendicarci e della sua voglia di spingersi troppo oltre.
Lei stette in silenzio per tutto il discorso. Mentre stava per parlare per dirmi la sua il professore la chiamò alla lavagna per svolgere un esercizio. Iniziai così a seguire la lezione a dieci minuti dalla campanella.
Una volta finite le lezioni andammo in cortile ad aspettare Sophie, Tobias e Jenna per andare insieme a prenderci un gelato.
“Ragazze, ragazze, ragazze ci sono delle novità!” urlò Jenna venendo verso di noi tutta di corsa.
“Ehi riprendi fiato e dicci tutto, chica” disse Sophie mentre le porgeva una bottiglietta d’acqua.
Dopo essersi sgolata quasi tutto il contenuto (aveva corso per caso la maratona per venire fin qui?) iniziò a raccontarci.
“Allora ero in palestra a fare gli esercizi che ci ha dato quel mostro della Rodriguez quando a un certo punto arriva tutto incazzato David seguito dalla sua banda di babbuini e..” fece un attimo di pausa per riprendere fiato.
“E? Continua che cavolo Jenna non lasciarci così!” disse spazientito Tobias curioso ancor più di una donna.
“Dammi un attimo, che cavolo, non mi sono nemmeno sistemata i capelli per venire subito qui e raccontarvi tutto. Che schifo sono tutta sudata, ci ha massacrato proprio oggi a lezione, avrà avuto le sue cose o avrà litigato con suo marito, che ne so io, però non può scaricare la sua frustrazione su noi poveri studenti innocenti..”
“JENNA!” urlammo noi quattro per farla riprendere dalla sua invettiva contro l’insegnante.
“Allora dove ero rimasta? Ah si! Arrivano i ragazzi e vanno verso Jason” iniziai a preoccuparmi e anche Claire si voltò a guardami. Chissà cosa volevano da Jason, speravo non centrasse nulla col nostro discorso di oggi a pranzo.
“David gli si è avvicinato e lo ha preso per il colletto della maglia e lo ha sbattuto contro al muro. Ora, non ho sentito bene quello che si sono detti perché è arrivata    quasi subito la Rodriguez a interromperli ma quando stava per uscire dalla palestra David si è voltato e gli ha detto, testuali parole: “Ti conviene starle lontano e non coinvolgerla nei tuoi stupidi giochetti se non vuoi che te ne faccia pentire, chiaro?”. Poi se ne è andato”
Ci fu un momento di silenzio mentre assimilavamo la notizia.
“Non capisco, ma a chi si stava riferendo David?” chiese Sophie confusa.
Mentre tutti cercavano di scoprire l’identità di questa misteriosa ragazza mi decisi a parlare.
“Ehm, forse è meglio che vi racconti cosa è successo oggi a pranzo” dissi ottenendo tre paia di occhi addosso mentre quelli di Claire mi guardavano come a darmi coraggio.
Così mi ritrovai a raccontare per la seconda volta quello che era successo in mensa e poi agli armadietti.
“Wow” fu tutto quello che disse Tobias alla fine del mio monologo.
“Quando aspettavi a dircelo ragazzina?! Queste cose vanno dette subito quando la notizia è ancora calda!” disse Jenna mentre mi tirava un buffetto sulla spalla.
Nel frattempo eravamo arrivati in gelateria e mi ero preso il mio adorato frappé al cocco e cioccolato.
“Quindi il nostro bad boy ha preso le tue difese” se ne uscì tranquilla Claire come se fosse stata la cosa più normale da parte di quel ragazzo.
“Si e vorrei ricordarti che stiamo parlando dello stesso bad boy che mi ha chiuso dentro uno sgabuzzino per quattro ore”
“Che cosa?” urlarono nello stesso momento gli altri tre.
Merda, e adesso come glielo avrei spiegato?
“È venuto a casa tua? Come? Quando? Cacchio! Stai bene? Perché diamine gli hai aperto la porta Spencer!” continuava imperterrito Tobias mentre Jenna e Sophie  mi guardavano preoccupate.
“Ragazzi sto bene ora, state tranquilli, c’è una cosa che non vi ho ancora detto ma dovete promettermi che non ne farete parola con nessuno, nemmeno col vostro gatto”
“Io non ho un gatto!” puntualizzò subito la mora.
“Era per dirvi di stare muti come un pesce”
Sospirai prima di sganciare la bomba.
Volevo essere sincera con loro, come lo ero stata con Claire.
Loro annuirono tutti seri e fecero giurin giurello con le dita facendomi sorridere.
Sapevo che potevo fidarmi di loro.
“Abito a casa Smith”
Silenzio.
Non una parola volò per i minuti seguenti. Jenna apriva e chiudeva subito la bocca, Sophie mi guardava con bocca e occhi spalancati mentre Tobias per poco non cadeva dalla sedia.
“Non. Ci. Credo. Ragazza mia dimmi ce stai scherzando, non è possibile! C’è, o mio Dio, tu vivi con un figo del genere e non ci dici niente? Ok adesso sputa il rospo e dimmi: come è la sua camera? Gli hai visto i tatuaggi sulla spalla? Ha i peli sul petto?” continuò a chiedere velocemente Tobias guadagnandosi una gomitata nelle costole da parte i Sophie mentre anche Jenna sembrava interessata alle questioni.
Io per tutta risposta scoppia a ridere e ben presto venni seguita da tutti loro.
“Ragazzi sapete questo che cosa significa?” chiese Claire, asciugandosi l’ultima lacrima per le troppe risate, mentre tutti noi facemmo no con la testa.
“Che domani si entra nella tana del lupo!”
Tutti loro urlarono, si diedero il cinque, erano felici dell’idea avuta dalla loro amica.
L’unica preoccupata per le possibili reazioni di questo piano ero io.
Che qualcuno mi aiuti!





~ANGOLO AUTRICE~
Rieccomi qui ancora una volta puntuale come previsto!
partiamo dall'inizio: ci sono Spencer e Jason che discutono su come vendicarsi del povero David, solo che Spencer non vorrebbe arrivare a fargli del male fisico e Jason non è d'accordo. violento il ragazzo.
poi ecco che arriva David nelle sue solite vesti da bad boy, povera la nostra Spencer costretta tutti i giorni ad avere a che faare con uno stronzo patentato come lui.
e la notizzia di Jenna? chissà perchè David lo ha fatto... :)
alla fine Spencer lancia la bomba! ahahahah staremo a vdere nel prossimo capitolo se ci sarà o meno la visita alla casa del lupo.
fatemi sapere le vostre opinioni sulla storia con una recensione, mi fareste davvero felice felice felice!!!
al prossimo capitolo di giovedì prossimo che probabilmente aggiornerò nel pomeriggio
bacioni

Bradamantee 
 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7
 
 


Da quando avevo confessato ai ragazzi di vivere nella stessa casa di David, questi non smettevano di tormentarmi con le solite domande: “Allora quando possiamo venire?” “Quando ci inviti a pranzo da te?” “Lo hai già visto nudo?”, ovviamente questo lo voleva sapere Tobias.
“Certo che una sbirciatina mentre si fa la doccia potresti anche dargliela. Eddai Spencer ti devo insegnare tutto io!” ridemmo tutte quante alla sua uscita.
Mi ero sempre più legata a loro col passare dei giorni, ormai ero diventata anche io parte di quel gruppo pazzo che erano i miei nuovi amici.
In questi giorni David non aveva fatto sentire troppo la sua presenza frustrante, almeno non con me.
Potevo tirare un sospiro di sollievo ma era meglio non abbassare la guardia.
“Allora girls pronte per la gara di domani?” chiese Jenna tutta euforica di poter vedere tutti quei bellimbusti abbronzati in mezzo al mare.
Come darle torto.
“Altroché! Avevo in mente di andare a fare qualche acquisto oggi pomeriggio, qualcuna ha voglia di venire?” chiese Claire. Io confermai subito la mia presenza e fui anche l’unica: Tobias doveva andare con i suoi a trovare la nonna, Sophie doveva uscire con Matt, il suo ragazzo, e Jenna doveva studiare.
“Perfetto allora Spencer passo a prenderti a casa tua alle quattro” mi informò la mia amica.
“Ehi non è giusto che tu veda casa sua prima di noi!” intervenne Jenna mettendo il broncio.
“Non volete venire a fare shopping con noi? Cavolacci vostri! Io colgo al volo tutte le opportunità che mi si presentano. CARPE DIEM ragazzuoli”
Ridemmo tutti quanti tranne Jenna che teneva ancora il muso.
Quanto volevo bene a queste ragazze!
Quando arrivai a casa informai Lydia dei miei piani per il pomeriggio e mi chiese se potevo passare a comprare il latte già che ero fuori.
“Spencer, Spencer, Spencer!” continuava a urlare Tom per richiamare la mia attenzione.
“Cosa c’è piccola pulce?” mi abbassai alla sua altezza.
“Posso venire anche io con te?” mi chiese con quei suoi occhioni da cucciolo a cui era impossibile resistere.
“Devo sentire prima cosa dice la tua mamma, per me non ci sono problemi, sarebbe davvero bello” gli dissi con un grande sorriso al che lui mi saltò al collo abbracciandomi.
“Mamma! Posso uscire anche io con Spencer, ti preeego?” implorò sua madre che alla fine acconsentì all’uscita. Nessuno resisteva agli occhioni di questa piccola peste, eccetto uno forse.
“Ehi Tom m raccomando non dirle quanto le staranno male tutti i vestiti che si proverà” gli disse il suo adorabile fratellone.
“Sarò bravissimo e non dirò bugie” confermò il piccoletto.
“Quindi pomeriggio di shopping?” mi chiese David non appena suo fratello andò di sopra a cambiarsi.
Era sdraiato sul divano intento a guardare una partita di football. Indossava solamente un paio di pantaloncini da basket e una canotta bianca che aderiva perfettamente al suo petto scolpito.
“Ti piace ciò che vedi?” mi chiese sempre con gli occhi fissi sul televisore.
Beccata! Che figura da scema che avevo fatto.
“Stavo pensando a come facciano quei giocatori ad avere tutti i muscoli al punto giusto ma a quanto pare non posso chiederlo a te”
Ottima trovata Spencer. Mi diedi un cinque mentale nella mia testa e godetti nel vedere la sua espressione imbronciarsi.
Fosse stato almeno vero quello che avevo detto, comunque lui non poteva saperlo.
“Rimangiati subito quello che hai detto” disse in tono serio mentre io con molta nonchalance mi fissavo le unghie.
“E perché mai? Io non dico mai bugie, adoro la sincerità. Se vuoi posso chiedere in giro per una buona palestra così riesci a mantenerti in forma oppure potresti..” non feci in tempo a finire la frase che venni caricata, ancora, sulle sue spalle e gettata di peso sul divano.
Non ebbi nemmeno il  tempo di sollevarmi che venni sovrastata dal suo corpo.
Si teneva sollevato con le sue braccia ai lati della mia testa mentre le sue gambe tenevano ferme le mie.
Perché quando succedevano queste cose non c’era mai nessuno che poteva fermarlo, sua madre per esempio che era al piano di sopra non poteva scendere, immediatamente magari?
Una scia di brividi mi percorse  tutta la schiena arrivando fino alle dita dei piedi quando si abbassò sul mio collo dove potevo sentire il suo respiro farmi il solletico.
Cercai di muovermi ma mi fu impossibile.
Ero bloccata sotto di lui.
“A quanto pare il mio corpo non ti fa così schifo come dici” soffiò con voce bassa nel mio orecchio facendomi aprire immediatamente gli occhi.
Ma quando li avevo chiusi?
“A quanto pare nemmeno il mio ti schifa così tanto” dissi senza farmi confondere dal suo respiro ancora sulla mia pelle.
Avevo sentito qualcosa muoversi nei piani bassi e avevo notato la sua vena sul collo pulsare, adesso ero io ad avere il coltello dalla parte del manico.
Lui si risollevò di scatto controllando la situazione. Non sembrava crederci nemmeno lui riguardo quanto appena successo.
Mi guardò con aria truce, stava per ribattere quando fu interrotto dal suono del campanello.
Claire sia lodata!
Mi scansai ed andai ad aprire la porta.
Come una furia la rossa entrò in fretta nel salone ma appena vide David sul divano con la faccia arrabbiata si bloccò.
Lui subito si voltò a fissarmi, sicuramente voleva una spiegazione per il fatto che Claire si trovasse qui, ma senza dargli il tempo di dire qualcosa chiamai Tom che velocemente arrivò giù dalle scale.
Salutammo tutti e uscimmo rapidamente.
Non volevo pensare a cosa mi avrebbe detto una volta tornata, ora era tempo di shopping.
 
 
 
 
“Mi spieghi cosa è successo?” mi domandò Claire dopo che fummo fuori dall’ennesimo negozio con l’ennesima busta in mano. Avevo comprato due costumi molto carini e dei prendisole da abbinarci più alcune magliette e pantaloncini.
“Riguardo a cosa scusa?” domandai a mia volta non sapendo a cosa si riferisse. O meglio, speravo non fosse riguardo ciò che pensavo.
“Quando sono entrata ti ho trovato tutta scombussolata e con la canotta fuori posto e David non mi sembrava nella posizione più comoda in cui stare su un divano”
Mannaggia, perché era così attenta ai dettagli quando si trattava di queste cose? Non poteva sfuggirle qualcosa come in un problema di matematica?
“Mi ero appena svegliata e sono corsa ad aprirti e non ho notato come stava seduto David” mentii sperando di dargliela a bere ma non fu così.
“Non dirmi cavolate Spens! Allora che è successo?”
Sconsolata inizia a raccontare del battibecco e di come si era evoluta la situazione sul divano.
Per tutto il tempo rimase in silenzio ma quando finii di parlare iniziò a elencarmi tutte le sue, a parer mio improbabili, teorie riguardo il comportamento di David.
“Secondo me prova attrazione nei tuoi confronti solo che non vuole capacitarsene” per lei era semplice ma secondo me non era assolutamente vero.
Ok, c’era stato quell’imprevisto nei pantaloni ma noi eravamo in una situazione compromettente. Pensavo fosse nomale la sua reazione, o almeno credevo.
Si certo perché adesso ci si eccita così facilmente disse una vocina nella mia testa.
“Fidati di me Spencer, ho fiuto per queste cose” disse tutta seria e fiera di aver risolto il mistero.
“Spencer posso mangiare un gelato?” mi chiese Tom che era andato a giocare nel parco dove ci eravamo fermate per riprenderci dalla lunga camminata. Era davvero stancante fare shopping, dovrebbe diventare una disciplina olimpica.
“Certo adesso te lo vado a prendere, tu rimani qui con Claire che arrivo subito” dopo che mi disse i gusti mi avviai verso il bar che c’era vicino agli scivoli e presi il cono fragola e puffo che mi aveva chiesto il piccolo.
“Non pensavo di trovarti in un parco giochi”
Mi voltai e incontrai due occhi nocciola fissarmi e un sorriso sul volto.
“Ehi Jason che ci fai qui?” gli chiesi dopo averlo salutato.
“Sono venuto a portare la mia sorellina, si stava annoiando in casa e quindi mi ha costretto a portarla qui” rise e io con lui.
“Ti lasci abbindolare facilmente vedo”
“Non posso resistere ai suoi occhietti azzurri, cedo ogni volta che mi chiede qualcosa” come dargli torto, anche a me succedeva lo stesso con Tom.
“Vieni che te la presento” mi prese la mano che avevo libera e mi portò con lui verso le altalene dove c’era una piccola bimba con lunghi capelli biondi ricci che si dondolava.
“Prendimi Jay!” disse la piccola prima di saltargli addosso.
“Al volo!” e la fece roteare attorno a sé facendola ridere.
Non potei trattenere un sorriso vedendo quella scenetta davvero adorabile.
“Summer ti presento Spencer, Spencer questo piccolo scricciolo è la mia sorellina Summer”
“È davvero un piacere conoscerti Summer” mi abbassai alla sua altezza per  stringerle la mano.
“È al puffo il gelato?” mi chiese indicando il cono che avevo in mano.
“Sì, è per il mio amichetto laggiù in fondo, è il suo gusto preferito”
“È anche il mio!” disse allegra.
Mi accompagnarono verso Tom e Claire che stavano giocando a sasso carta forbice mentre mi aspettavano.
Quando arrivai Tom corse ad abbraccia Summer che ricambiò, non sapevo si conoscessero.
“Anche tu conosci Summer Spencer?” mi chiese Tom mentre con una mano stringeva quella della bambina e con l’altra mangiava il suo gelato.
“L’ho appena conosciuta”
“Lo sai che è la mia fidanzata?” tutti noi, io, Claire e Jason, li guardammo con gli occhi spalancati mentre facevano a turno per mangiare il gelato al puffo.
“S-summer non mi avevi detto di avere un fidanzato” disse il fratello abbastanza in imbarazzo.
“Non te l’ho detto perché altrimenti diventavi geloso” rispose tranquillamente la sorellina mentre leccava il gelato.
“E tu giovanotto? Tuo fratello lo sa che hai la ragazza?” chiese Claire a Tom.
“Sì e ha anche detto che sono un figo per averla trovata già a sette anni” ribatté tutto orgoglioso.
Non ci potevo credere, il piccolo Smith che si era già sistemato e il grande che approvava, infatti scoppia a ridere e feci le mie congratulazioni alla coppia.
“Quello non è mica il fratellino di David?” chiese a un certo punto Jason.
Perfetto, e ora che gli avrei detto, come spiegavo che andavo in giro dopo una settimana che ero in città con lo Smith più giovane?
“È con me” disse Claire “ gli faccio da babysitter mentre i genitori sono al lavoro e il fratello sta fuori a spassarsela” mentì e la ringraziai con lo sguardo.
“Immaginavo che non fosse per nulla affidabile quello li, spero solo che il più piccolo non diventi come lui”
Forse era meglio andare via prima che venissero fuori altre domande.
Claire aveva richiamato i due piccioncini e stavamo andando quando Jason mi chiamò.
“Senti Spencer, so che te lo avevo già chiesto qualche tempo fa ma ti andrebbe di uscire con me uno di questi giorni?”
Non sapevo cosa rispondere, da un lato ero appena arrivata e non mi sembrava il caso di uscire subito con qualcuno, meglio ambientarsi prima, dall’altro però mi trovavo bene con Jason, eccetto quella volta in mensa, quindi perché non dargli una possibilità?
“Mi piacerebbe” risposi con un sorriso e anche lui era contento della risposta.
Ci mettemmo d’accordo per uscire la sera seguente e poi ci salutammo.
“Uhuh qualcuno qui ha un appuntamento!” disse tutta felice Claire mentre io sorrisi e continuai a camminare.
Arrivati a casa Tom andò subito da sua mamma a dirle quanto si era divertito questo pomeriggio mentre io andai in camera mia a sistemare i miei acquisti.
Mi girai quando sentii la porta sbattere alle mie spalle e mi ritrovai di fronte David.
“A quanto pare non hai saputo tener la bocca chiusa” disse mentre si avvicinava sempre più lentamente verso di me.
“Non pensavo fosse un segreto di Stato” risposi continuando a rimettere a posto i vestiti.
“Forse non mi sono spiegato bene. Non voglio che si sappia in giro che condivido la casa con una come te, mi metteresti solo in imbarazzo e non sarei contento. Spero per il tuo bene che quelle oche delle tue amiche e quell’altro frocetto non vadano in giro a dirlo a tutti quanti altrimenti per te sarebbe un problema”
Detto ciò uscì dalla camera e non lo rividi nemmeno a cena perché era uscito.
Che avevo fatto di male per ritrovarmi a vivere con un essere come lui?






~ANGOLO AUTRICE~
Ciao a tutte! Rieccomi di nuovo qui con un capitolo, diciamo, di passaggio.
Scusate se vi sono errori ma non ho avuto molto tempo per ricontrollare il testo.
Detto questo, che ve ne pare?
Aspetto una vostra recensione, o critica che sia, per sapere se la storia vi stia piacendo o meno.
Alla prossima settimana dove vedremo, o meglio leggeremo, anche noi quei surfisti bellimbusti che tento piacciono a Jenna e Tobias
Bacioni


Bradamantee

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 ***


CAPITOLO 8
 



Oggi era il grande giorno. La gara di surf
Mi ero data appuntamento con Claire e gli altri alle tre al molo per andare insieme al punto in cui si sarebbe tenuto il torneo.
Da quanto avevo capito queste gare erano le selezioni per poter partecipare al campionato nazionale che si teneva ogni anno in quel periodo.
Io ero piuttosto emozionata.
Non avevo mai visto una gara di surf in vita mia, solo sporadici episodi in qualche film o serie tv.
Ma se già sbavavo per gli attori che cavalcavano le onde, figuriamoci vedere tanti bei baldi giovani dal vivo stretti nelle loro mute.
Colpa di Tobias se mi venivano certi pensieri, lui era il più esaltato fra tutte e non stentavo a crederci.
“Chi lo sa, magari incontrerò l’uomo della mia vita su questa spiaggia” continuava a ripetere e a fantasticare con gli occhi a cuoricino.
Indossai il bikini bianco che avevo comprato il giorno prima con Claire, fortunatamente ero nata con un incarnato olivastro che mi permetteva di non sembrare una mozzarella con quel costume chiaro, infatti anche d’inverno mantenevo un leggero strato di abbronzatura.
Indossai sopra un vestitino estivo con una fantasia floreale molto allegra, occhiali da sole, cappello ed ero pronta.
A casa c’erano solo Lydia e Tom che stavano facendo un puzzle in salotto, il signor Smith era ancora al lavoro mentre mio padre era partito ieri sera dopo cena. Aveva detto che sarebbe rimasto via per un paio di mesi, per questo lo strinsi forte prima che uscisse dalla porta.
David invece era già andato in spiaggia a riscaldarsi prima della gara.
“Augura un in bocca al lupo a mio figlio Spencer” mi disse Lydia prima che uscissi.
“Il mio fratello vincerà sicuramente” riuscii a sentire prima di chiudere la porta.
Il sole era altro nel cielo, nessuna nuvola a coprirlo, ma per fortuna c’era un leggera brezza che non faceva sentire il peso di tutto quel caldo afoso.
Quando arrivai al molo erano già tutti lì, mancavo solo io che mi ero dilungata ad osservare il panorama dell’oceano dal lungomare.
“Finalmente sei arrivata! Muoviamoci che altrimenti non riusciremo a vedere la parte più bella” Tobias mi prese per mano e in fretta e furia raggiungemmo quell’enorme massa di persone in trepidante attesa che i surfisti si buttassero in acqua.
Non lontano da dove ci eravamo fermati vidi Jason in compagnia di qualche suo amico con la tavola incastrata nella sabbia alle sue spalle.
Magari sarei potuta andare ad augurargli buona fortuna e a dirgli che avrei tifato per lui dal momento che non conoscevo nessun altro concorrente e di certo non avrei sprecato le mi grida d’incitamento per quel cafone.
“Ragazzi vado a salutare Jason, torno subito” avvertii i miei amici che stavano già passando al radar i possibili pezzi di manzo su cui puntare. La gioia di essere adolescenti e di avere gli ormoni a palla!
“Ciao futuro campione” dissi quando ancora gli ero alle spalle.
“S-spencer! Ciao non sapevo venissi alla gara” mi salutò abbracciandomi.
“Mi sono chiesta: dove posso andare a trovare il prossimo bel fustacchione da accalappiare? Per cui eccomi qui. Pronto per la gara?” chiesi mentre ancora lui rideva per la mia uscita.
“Ahia vorrà dire che se ne vedo qualcuno in girò dovrò dirgli di fare attenzione a non farsi ammaliare da questa bellissima sirenetta” arrossii per via del suo paragone mentre lui si avvicinò per sistemarmi una ciocca dietro l’orecchio. Indugiò a lungo con la mano sul mio volto ma quando stava per parlare fummo interrotti da una voce, purtroppo, conosciuta.
“Ma guarda un po’ chi abbiamo qui, il biondo ossigenato con la sua groupie” disse Tarzan accompagnato dalle sue scimmie.
“Che cosa vuoi David?” sbottai già al limite della pazienza. Bastava giusto la sua presenza per farmi salire i nervi a fior di pelle.
“Ehi miss acidità stai calma, sono venuto ad augurare buona fortuna al mio avversario e a dirgli di fare attenzione a non cadere dalla tavola questa volta” il branco di animali che aveva con sé scoppiò a ridere mentre Jason faceva fatica a rimanere fermo e a non ribattere da come teneva stretti i pugni lungo i fianchi.
Questi due proprio non si sopportavano.
“E tu fai attenzione a dove andare con la tavola se non vuoi che ti soffi l’onda da sotto il naso come l’ultima volta” ribatté Jason con voce leggermente tesa ma gli occhi puntati dritti in quelli di David a mo’ di sfida.
Questo gli si avvicinò pericolosamente al suo viso ma il biondo continuò a rimanere fermo. Io guardavo tutta la scena non sapendo se intervenire o lasciarli fare.
“Ora basta, David non hai di meglio da fare che venire qui a romperci le scatole? Tornatene da quel gruppo di oche laggiù con l’ormone a palla” intervenni sperando che si allontanasse.
Ma quando mai quello lì mi dava ascolto?
“Zuccherino non dirmi che sei per caso gelosa?” e scoppiò a ridere all’idea.
Per poco a me non venne quasi da vomitare.
Sicuramente ero gelosa di un pallone gonfiato, pompato e con un ego smisurato come lui.
“Se stai cercando di farmi dare di stomaco ci stai riuscendo egregiamente”
“Maccome? Mi sembra di ricordare che non ti facessi così schifo ieri o sbaglio? Non eri tu quella che aveva i brividi su tutto il corpo al mio tocco?” rispose con quel sorrisino da strafottente che odiavo.
Sbiancai nel sentire quelle parole.
Non era mica lui il primo che non voleva saperne di farsi vedere con una come me? E adesso se ne veniva fuori con questa frase.
“Spencer ma cosa sta dicendo?” chiese Jason confuso dalle parole del troglodita.
“Nulla, dice una marea di cavolate come suo solito” lo presi così da un braccio cercando di allontanarci da quel posto ma la sua mano che mi bloccò il polso non me lo permise.
Anzi, con un solo strattone mi portò attaccata al suo petto e il suo sguardo non prometteva nulla di buono.
“Ah sì, vediamo se anche questo ti schifa”
Detto questo poso le sue labbra sulle mie in un bacio rude, prepotente che non aveva nulla di dolce. Le sue labbra premevano duramente contro le mie, quel gesto mi trasmetteva solamente odio.
Tenni gli occhi aperti tutto il tempo shoccata dal suo gesto, tentai di spingerlo via con le mani ma la sua presa ferrea sulle mie braccia me lo impedì.
A un certo punto indietreggiò improvvisamente portandosi la mano sulla faccia.
Al mio fianco c’era Jason col pugno ancora alzato e uno sguardo assassino sul volto.
David si riprese subito e sogghignando disse: “Pessima mossa Ridley, te la farò pagare cara. Grazie mille del bacio portafortuna zuccherino” mi fece un occhiolino, che contribuì a farmi salire la bile su in gola, e poi si allontanò e tutto intorno a noi tacque.
“Bastardo” sussurrò Jason prima di voltarsi e guardarmi senza più quella rabbia negli occhi.
“Tutto bene?” mi chiese dolce mentre mi prese per mano e incominciò a giocare con le mie dita.
“S-si si è tutto ok. Ho semplicemente voglia di spaccare la faccia a quel brutto stronzo ma mi hai anticipato tu” lui sorrise e dopo avermi salutato si allontanò perché stavano per iniziare.
Tornai anche io dai miei amici che sembravano non essersi accorti di quanto avvenuto a pochi metri da loro.
“Ok io ho deciso, tiferò per il numero 62 guarda come la muta gli segna bene il culetto, è davvero perfetto e poi mi piacciono i castani” affermò tutta convinta Claire mentre Tobias ribatteva che il sedere più bello ce l’avesse il 48 e asserendo che i biondi erano decisamente meglio dei castani.
Io partecipai per un po’ al battibecco finché una voce meccanica non disse ai partecipanti di prepararsi che si iniziava.
Fu in quel momento che spostai la mia attenzione su una testa mora più avanti di me, concentrata a guardare le onde in cerca di quella migliore da cavalcare.
Forse perché sentiva uno sguardo puntato sulla nuca, il moro si girò e mi fissò per tutto il conto alla rovescia dello speaker.
Quando mancavano pochi secondi all’inizio mi fece un sorriso che mi lasciò basita e, poco prima di lanciarsi in acqua, alzò la sua mano.
Che volesse salutarmi prima di cominciare? No, quello che fece fu mostrarmi il suo dito medio.
Fottiti David Smith pensai prima di vederlo gettarsi in acqua.




~ANGOLO AUTRICE~
Rieccomi qui con tanti bei maschioni pronti a cavalcare le onde, li stavate aspettando? :)
Non mi dilungo troppo perchè sono in ritardo ma faccio in tempo a ringraziare Blu_River per aver recensito il capitolo precedente e Light10 che mi aiuta a ricontrollare ogni capitolo della storia. Grazie mielle ragazze siete fantastiche, davvero.
Fatemi sapere se il capitolo e la storia vi hanno caolpito, mi farebbe davvero piacere sapere le vostre opinioni che per me sono importantissimissime.
Un saluto e al prossimo capitolo
Bacioni

Bradamantee


 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 ***


CAPITOLO 9
 




Per mia somma sfortuna a vincere la gara fu proprio il peggior individuo che avessi mai conosciuto in tutta la mia vita.
Lodato da tutti gli esseri di sesso femminile presenti sulla spiaggia, fu innalzato sulle spalle dei suoi amici e portato a ritirare la sua stramaledetta coppa sul podio.
Che nervi, quel ragazzo mi faceva salire il crimine!
E come se non bastasse, sfoggiava anche quell’aria da “sono più figo di tutti voi e lo so”.
Tagliargli la testa, ecco cosa si doveva fare.
Mentre tutti seguivano il vincitore, io mi avvicinai a Jason che, abbattuto, seguiva il corteo per andare a ritirare il suo dignitoso terzo posto.
“Vedrai che la prossima volta gli farai il culo!” cercai di incoraggiarlo e di risollevargli il morale e sembrò che ci fossi riuscita.
“Non importa” disse col sorriso “tanto il premio più importante ce l’ho qui davanti agli occhi. Ti vengo a prendere alle otto”. A volte poteva sembrare un po’ troppo finto continuando a venire fuori con queste frasi già sentite e già citate, tuttavia riusciva comunque a farmi arrossire ogni volta.
Per cui eccomi qui davanti all’armadio indecisa su cosa indossare per la cena.
Sicuramente non mi avrebbe portato in un ristorante super lusso, non mi sembrava il tipo, ma non saremmo andati nemmeno in un fast food.
Optai per una gonna a vita alta e una maglietta corta abbinata alle ballerine, i tacchi mi sembravano troppo importanti per una cena.
Una volta scelto il look, approvato anche dai messaggi delle ragazze dopo che avevo inviato loro una foto, andai in bagno a truccarmi.
Ombretto, mascara, matita e lucidalabbra mentre per i capelli optai per tenerli lisci e raccoglierli in una treccia a lisca di pesce laterale. Non ero né troppo semplice né troppo elegante.
Ero semplicemente una ragazza al suo primo appuntamento con un ragazzo carino.
Quando uscii dal bagno, la dea bendata doveva avercela con me per forza, mi ritrovai di fronte David in tutta la sua bellezza esaltata da quella camicia nera e dai jeans.
“Non male Brown” disse avvicinandosi. Non ci credevo, era riuscito a farmi una sorta di complimento.
L’apocalisse stava arrivando.
“Mi sembra comunque troppo sprecato per uscire con un’ameba”
“Sta zitto” e me ne andai.
Jason sarebbe arrivato tra pochi minuti e non volevo che venisse a suonare al campanello perché chi sa chi sarebbe potuto andare ad aprirgli.
No, meglio farsi trovare già fuori davanti al cancelletto.
Andai in cucina dove salutai gli altri componenti della famiglia Smith che stavano per sedersi a tavola.
“Mi raccomando Spencer fai attenzione. Tuo padre mi ha dato il permesso di prendere a mazzate chiunque osi farti soffrire, quindi avvisa il ragazzo con cui stai uscendo di pensarci bene prima di commettere qualche sciocchezza di cui potrebbe pentirsi” mi informò Carl prendendo seriamente gli ordini impostigli da mio padre.
“Signor sì, signore” sorrisi e uscii.
Raggiunsi il cancello d’entrata nell’esatto istante in cui vidi la macchina di Jason arrestarsi.
Lui scese e si fermò a guardarmi con uno sguardo che mi fece arrossire.
“Sei davvero bellissima Spencer” mi sorrise prendendomi la mano e baciandola come un perfetto cavaliere.
“Grazie, anche tu stai molto bene” ed era vero. Indossava una camicia bianca con dei pantaloni beige che gli donavano parecchio.
Mi aprii la portiera prima di andare a prendere posto davanti al volante e far partire l’auto verso una destinazione a me ancora sconosciuta.
Il tragitto in macchina fu molto tranquillo, non ci furono silenzi imbarazzanti perché Jason continuava a farmi domande sulla mia vita prima del trasferimento. Era molto curioso ed io fui felice di rispondere a tutte le sue domande.
Si fermò davanti a una pizzeria e quando entrammo potei notare il classico tocco italiano del locale: tovaglie a quadretti rossi e bianchi, grissini sui tavoli, canzoni dei grandi artisti italiani in sottofondo e quadri delle sue magnifiche città appese ai muri.
Il ragazzo aveva azzeccato il posto, un punto a suo favore.
“Ti piace?” mi sussurrò all’orecchio mentre venivamo accompagnati al nostro tavolo.
“È fantastico”
Mi aiutò a sedermi spostandomi la sedia e alla fine rimanemmo soli dopo che la cameriera ci aveva consegnato i menù.
Nel giro di poco arrivarono a prendere le nostre ordinazioni e ci lasciarono una bottiglia di vino come omaggio della casa.
“Ma se guidi non puoi bere” dissi mentre Jason si portava il bicchiere alle labbra.
Non aveva aspettato che facessimo un brindisi quindi aveva perso un punto.
“Tranquilla, ho intenzione di passare molto tempo in tua compagnia che per quando riprenderemo la macchina sarò lucidissimo” ammise per poi riprendere il bicchiere in mano e fissarmi con uno strano sorriso.
Arrivarono le nostre pizze e continuammo ad approfondire la nostra conoscenza mentre mangiavamo.
Ordinammo anche il dessert, tanto avrebbe pagato lui il conto, e quando avemmo finito Jason mi chiese se volevo fare una passeggiata sul lungomare. Accettai volentieri.
Era piacevole stare in sua compagnia, riusciva a mettermi a mio agio in qualunque situazione e, quando voleva, riusciva ad essere anche dolce.
Tutto il contrario di David che di dolce non aveva proprio nulla.
Ma perché mi ritrovavo a pensare a lui in questo momento? Riprenditi Spencer!
“Posso farti una domanda?” se ne uscì di punto in bianco mentre attraversavamo la strada ed iniziavamo a camminare per il lungomare.
“Mi hai fatto domande per tutta le cena, perché mi chiedi il permesso adesso?” sorrisi.
Lo vidi abbassare la testa leggermente in imbarazzo.
“Hai ragione” scosse la testa sorridendo e feci anch’io di rimando.
“Cosa c’è fra te e David?” il mio sorriso si spense nell’esatto istante in cui pronunciò quella domanda. Mi bloccai, come mai mi aveva chiesto questo?
“N-non c’è nulla fra di noi Jason, se non del sano odio reciproco” ed era la verità.
Tra noi due non scorreva buon sangue, per motivi a me sconosciuti, ed io reagivo di conseguenza a come si comportava nei miei confronti.
“Scusami, è che oggi pomeriggio in spiaggia…scusa ma quando quello li ti ha baciato non ci ho visto più” gli dava ancora fastidio quando accaduto dopo la gara e come dargli torto, avrei voluto affogare quel pesce lesso per quello che aveva fatto!
Un momento…che fosse geloso?
No, non poteva essere, noi…sono appena arrivata…cioè…ci conosciamo da poco.
“Tranquillo…è tutto ok” lo rassicurai anche se adesso mi sentivo un po’ agitata.
“So che ci conosciamo da poco” semplicemente d’accordo “ma mi trovo bene con te e vorrei avere l’opportunità di conoscerti meglio” disse mentre mi teneva stretta per mano.
Cosa avrei potuto dirgli? Sì, anche io stavo bene con lui ma mi sembrava ancora troppo presto per uscire con qualcuno. Ero confusa.
“Anche io mi trovo bene con te ma non vorrei affrettare i tempi” ammisi.
“Capisco” mi sembrò triste, abbattuto.
“Ehi” cercai di riprendere la sua attenzione “comunque anche se ci conosciamo da poco ci tengo a te e vorrei vedere come vanno le cose prima. Quindi…continuiamo ad essere amici?” chiesi, sperando di non averlo abbattuto ulteriormente con questa proposta molto da friendzone.
“Se per ora non posso avere di più, allora va bene!. Amici” e con un’altra stretta di mano firmammo l’accordo.
Continuammo la nostra passeggiata fino a che non vedemmo davanti ai nostri occhi una grande insegna al neon con la scritta Lunapark.
“Possiamo andare a fare un giro?” lo pregai con voce alquanto fastidiosa ma ero troppo felice, mi sentivo come una bambina in un negozio di caramelle. Amavo le giostre, da piccola i miei genitori mi portavano sempre e mi divertivo sempre un sacco.
Con fare sconsolato, Jason si vide costretto ad accompagnarmi, anche perché lo stavo letteralmente trascinando tirandolo per un braccio, non avevo intenzione di sentire obiezioni.
“Allora da cosa vuoi cominciare?” mi chiese guardandosi attorno in cerca di un possibile attrazione.
In effetti c’era l’imbarazzo della scelta. Dietro di noi c’era la casa stregata, ma non avevo voglia di vedere quei finti bambolotti sporchi di colore rosso che cadevano dal soffitto, insomma non mi impressionavo così facilmente, il tunnel dell’amore direi che era proprio da evitare…trovato!
“Che ne dici del labirinto degli specchi?” proposi.
“Ci sto. L’ultimo che esce paga lo zucchero filato all’altro”
Dopo aver fissato i punti della scommessa ci incamminammo verso l’ingresso ma ci fu una brutta sorpresa ad attendermi.
“Ma come è piccolo il mondo, anche voi qui?” possibile che ovunque andassi me lo ritrovavo sempre tra i piedi. Che mi avesse messo un cip addosso di nascosto? Impossibile, chi glielo faceva di seguirmi ogni volta.
“Smith, cos’è la ragazza di turno ti ha dato buca? È strano vederti da solo” rincarò la dose il mio accompagnatore.
“Oh tranquillo, non sono mai solo. Laurel è andati a sistemarsi in bagno, sai com’è, quando si fanno certe cose” disse mostrando il suo solito ghigno.
“Ah già ma tu non puoi capire, sei addirittura andato a prenderti la frigida qui presente. Poveri voi”
“Ma vuoi stare zitto una cavolo di volta? Insomma, smettila con le tue cavolo di battute, risultano noiose quando continui a ripeterle!” sbottai per l’ennesima volta quando c’era lui nelle vicinanze
“E un’ultima cosa, se insisti ancora col chiamarmi in quel modo sappi che non ti resteranno più molte occasioni per divertirti, sai è difficile farlo con il gingillo rotto…e tu sai che di occasioni per cogliere il momento ne ho parecchie” aggiunsi al suo orecchio per non farmi sentire da Jason.
David, al contrario, si irrigidì alle mie parole e mi guardò in cagnesco per poi allontanarsi, forse per raggiungere la sua “amica”.
Prima che Jason potesse dire qualcosa lo presi per mano ed entrammo nel labirinto.
“Ci vediamo al baracchino dello zucchero filato!” gli dissi prima di inoltrarmi per quelle strette vie.
Ma avevo dimenticato una regola importante dei labirinti: non puoi mai immaginare cosa troverai dietro l’angolo.



~ANGOLO AUTRICE~

ed eccomi col capitolo nove! che ne dite? come vi sembra? mi farebbe davvero piacere sapere la vostra opinione.
detto questo volevo ringraziare le fantastiche persone che hanno recensito tutti i capitoli precedenti e chi ha aggiunto la storia fra le preferite,seguite e ricordate. mi rendete davvero felice!

al prossimo aggiornamento
bacioni

Bradamantee

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 ***


CAPITOLO 10
 




Dovevo immaginarmi che non mi avrebbe perdonato tanto facilmente dopo l’uscita di poco fa, dopotutto dovevo aspettarmelo, ero stata io a provocarlo infatti il suo sguardo inceneritore era riservato tutto per me.
“Possibile che tu non capisca mai?” disse con voce ferma, troppo tranquilla se messa a confronto con i suoi occhi di bragia, infernali.
“Neanche tu capisci quando stare zitto” mi impuntai incrociando le braccia e tenendo il capo alzato, fiero.
Lui continuò ad avanzare, oramai era a pochi passi da me.
Cercare una via di fuga era pressoché inutile: intorno a me c’erano solo specchi dove su ognuno si distingueva la sua figura da tutti i possibili punti di vista.
Ero in trappola e lui lo sapeva.
“Sai, ti meriteresti proprio una bella lezione” adesso era di fronte a me. Non mi ero nemmeno accorta di essere indietreggiata finendo con le spalle contro la superficie liscia.
“Sono stufa dei tuoi giochetti David, spostati” lo spintonai con una spallata ma anche se ero riuscita a spostarmi lui mi riprese velocemente per il polso facendomi voltare. Mi ritrovai così spiaccicata contro il suo petto.
Stava per ribattere quando una voce lo zittì.
“David? Sei qui? Andiamo non ho voglia di giocare, pensavo dovessimo fare altro” probabilmente quella voce doveva essere di Laurel che stava cercando il  suo amato per potersi tanto divertire.
Sentivo i passi che si avvicinavano ma la presa ferrea sulla mia schiena mi impediva di voltarmi.
Improvvisamente mi trascinò dietro uno specchio e mi intimò di rimanere zitta.
“E se invece mi mettessi ad urlare?” lo provocai nuovamente, era più forte di me. Trovavo piacere nel dargli fastidio, cosa che probabilmente anche lui ricambiava.
“Troverei un modo per farti stare zitta” ribatté in risposta.
Ci fu un momento di silenzio in cui ci fissammo negli occhi per interminabili istanti, sfidando l’altro a fare la prima mossa.
Ovviamente quando si trattava di una sfida non mi tiravo mai indietro.
Aprii la bocca pronta per levare il mio grido ma non feci in tempo a far uscire nessun suono perché venni zittita.
Furono le sue labbra che bloccarono qualsiasi mia parola in gola.
Aveva sigillato le sue labbra con le mie, non in modo rude come sulla spiaggia, questa volte era un contatto dolce, premuroso, quasi romantico.
Sicuramente fu questo che mi bloccò: il suo modo di baciare, di baciarmi, proprio come se fosse una cosa che avesse sempre voluto fare.
Ad un certo punto sentii la punta della sua lingua che tracciava il contorno del mio labbro superiore e cercava di spingere per potersi insinuare oltre.
Realizzai forse con qualche attimo di ritardo quello che realmente stava accadendo e mi staccai subito.
“C-cosa stai facendo?” urlai, raggiungendo troppo tardi il mio scopo, mentre lo guardavo con gli occhi spalancati.
“Ti avevo avvertito che ti avrei zittito” rispose con tutta calma, infilando le mani nelle tasche dei suoi jeans e alzando le spalle.
“Tu mi hai baciata!”  affermai con tono leggermente disgustato per quanto avvenuto.
“Eh allora? Non è stata mica la prima volta” mi guardò divertito riferendosi a quanto avvenuto il giorno precedente.
“Ma mi hai baciata sul serio!” sbottai esasperata.
Perché diamine lo aveva fatto? Davvero, questo ragazzo era capace di mandare in crisi la mia sacrosanta pazienza, che di solito si ritrovava in uno stato precario.
Riusciva a mettere a dura prova i miei nervi che pian piano risalivano a fior di pelle.
“Non vedo dove sia il problema, non sei la prima ragazza che bacio”
A lui non importava nulla del gesto appena fatto, avrei dovuto capirlo subito, anche se la mia mente si era ritrovata in uno stato poco lucido in quel momento.
“E comunque non è stato nemmeno un gran che, avresti dovuto interagire di più invece di rimanere ferma immobile come uno stoccafisso. Per la cronaca quello non è stato nemmeno un vero bacio”
Ovviamente aveva sempre qualcosa da criticare, quel maledetto sbruffone.
“Oh ma perché perdo ancora tempo con  te! Me ne vado” e inizia ad incamminarmi “ E per la cronaca nemmeno a me è piaciuto. Sicuramente non sarei rimasta ferma se avessi ricevuto un bacio degno di tale nome” aggiunsi mentre continuavo a dargli le spalle.
Sentivo i suoi passi dietro di me ma dopo la mia uscita non disse più nulla.
Continuavo a svoltare a destra e a sinistra sperando di trovare quella maledetta uscita ma sembravo sempre tornare al punto di partenza.
“Ti sei persa per caso?” chiese divertito quella fastidiosa presenza.
“Certo che no!” dissi mentre mi ritrovai di fronte a un bivio.
E adesso: destra o sinistra?
“Se fossi in te andrei a destra, sicuramente l’uscita si trova da quella parte” disse il piccolo boyscout.
“Perché tu conosci la strada giusta, non è vero lupetto?” risposi acida e, testa dura quale ero, mi incamminai verso sinistra.
“Dovresti affidarti al mio senso dell’orientamento, non sbaglia mai un colpo” si pavoneggiò ma io non gli diedi retta.
Il mio orgoglio mi suggeriva che la mia era la strada giusta.
“Non vuoi proprio darmi retta, ho ragione?”
“Esatto, quindi se non ti dispiace, anche se so che per te sarà difficile, sta zitto”
Non sapevo da quanto tempo eravamo in quel labirinto a girare e girare, Jason mi aveva anche mandato un messaggio dicendomi che era rimasto sorpreso quando non mi aveva visto al carretto dello zucchero filato. Tutta colpa di piccoli, grossi, inconvenienti.
“Ok mi sono stufato di girare in tondo” se ne uscì mettendosi di fronte a me e bloccandomi la strada.
“Spostati, fammi passare” cercai di spostarlo ma era più pesante del previsto.
“No” rispose deciso.
Continuai a dargli dei colpi sul petto, sulle spalle, provai in tutti i modi a smuoverlo dalla sua posizione ma ogni mio tentativo fu vano.
“Bene, sentiamo allora, cosa vuoi fare?” il mio acidume aveva raggiunto i massimi livelli, sarà per l’esaurimento nervoso che da li a poco avrei avuto se non fossi riuscita ad uscire al più presto.
“Certo che il tuo senso dell’orientamento è proprio pari a zero! Hai avuto l’uscita sempre sotto il naso e non te ne sei mai accorta” scoppiò a ridere appena finì di parlare mentre io mi innervosivo sempre di più.
“Tu invece da quanto ho capito lo hai sempre saputo”
“Esattamente, ma mi sono divertito a vederti disperare nella ricerca della via per la libertà” disse continuando a ridere.
“Adesso mi hai proprio stufato: o mi dici da dove cavolo si esce da questo fottuto labirinto o giuro che non rispondo più delle mie azioni e comincio a sclerare come una pazza finché tu non ne avrai abbastanza e mi darai la risposta che voglio”
Non ce la facevo più a rimanere rinchiusa e schiacciata fra quelle mura, mi stava per venire un attacco di claustrofobia. Perché mai avevo voluto venire qui dentro e scavarmi la fossa da sola, anche se in parte mi aveva aiutato anche il cretino qui presente.
“Io l’ho sempre detto che tu sei una mestruata cronica e, visto che ci tengo alla mia sanità mentale, ti porterò fuori di qui. Per stasera mi sono divertito abbastanza” detto ciò, mi prese per mano e mi condusse avanti a uno specchio.
Lo guardai con un sopraciglio alzato, ero piuttosto confusa. Lui per tutta risposta mi indicò in altro dove sulla cornice c’era scritto a caratteri cubitali la parola USCITA.
Tutto questo era un fottuto scherzo.
“Dopo di te” scherzò dopo aver sposato lo specchio di lato per farmi passare.
Una volta ritrovatami alla luce della luna emisi un profondo sospiro.
Finalmente ero fuori.
“Avvisami la prossima volta che decidi di vagare per vie sconosciute, mi assicurerò di darti una bussola”
“Stronzo” dissi ma non potei fare altro che unirmi alla sua risata.
Vista da fuori la situazione era proprio comica.
“Mi duole ammetterlo ma grazie” strinsi gli occhi per via di quello che avevo detto, aveva un suono davvero strano detto per lui.
Anche lui infatti sgranò gli occhi, sorpreso che quella parola fosse indirizzata a lui, ma poi mi sorrise. E questa volta il suo fu un sorriso sincero.
“Se la madamigella sarà in pericolo non dovrà che fischiare” risi immaginandomelo nelle vesti di prode cavaliere.
“Anche se la colpa è dovuta tutta al sottoscritto”
“Ehi così mi offendi”
Era la prima volta da quando ero arrivata in città che scherzavamo come due persone normali.
Poteva sembrare strano, ed in un primo momento lo era, ma non mi sarebbe dispiaciuto continuare per questa strada.
“Sarà meglio che tu vada, il tuo cavaliere ti starà aspettando” disse con una smorfia quando si riferì a Jason.
Annui e dopo che lo ebbi salutato mi voltai.
“Spencer!” mi richiamò quando ormai eravamo distanti
Mi voltai per sentire cosa aveva da dire.
“Comunque, le cose tra noi non sono cambiate, zuccherino” mi avvertì e io non potei che sorridere per il nomignolo che mi aveva affibbiato.
“Non l’ho mai pensato, idiota” gli strizzai l’occhio e svoltai l’angolo, non prima però di aver visto il sorriso sulle sue labbra.
Quelle stesse labbra che poco prima si erano posate sulle mie…ah, ma non dovevo più pensarci e sicuramente non dovevo darci peso.
Raggiunsi un ormai rassegnato Jason e mi scusai per il ritardo che ci avevo messo ad uscire dal labirinto.
“Se lo avessi saputo che non sapevi orientarti ti avrei guidato io” mi sorrise.
Mi offrì comunque lo zucchero filato perché avevo proprio bisogno di qualcosa di dolce da mangiare.
Passammo ancora un po’ di tempo sulle giostre per poi ritornare a casa.
Il viaggio in macchina fu breve anche se lo passai per la maggior parte a guardare fuori dal finestrino, sia perché ero stanca sia perché ripensai a quando era accaduto quella sera.
Forse io e David saremmo rimasti per sempre cane e gatto, ma mi piaceva pensare che forse, dopo stasera, qualcosa fra di noi fosse cambiato..e non mi riferivo solamente al bacio.




~ANGOLO AUTRICE~
inizio con lo scusarmi per il ritardo dovuto ad impegni scolastici che mi hanno impedito di aggiornare ieri.
tornando a noi..che ne pensate di questo capitolo?
quanti di voi non si aspettavano questi sviluppi?
fatemi sapere cosa ne pensate, per me è molto importante la votra opinione.
vorrei ringraziare Blu_River e silvia_1990 per aver recensito lo scorso capitolo e per le vostre belle parole, grazie mille ragazze.
bacioni

Bradamantee

 

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